Greco fenotipo recessivo feat. 1D

di Lice_n_Catz
(/viewuser.php?uid=708166)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I. I Greci non son fatti per volare.. ***
Capitolo 3: *** II. Pioggia, boy-band ed altri imprevisti ***
Capitolo 4: *** III. Cinque beoti, una sola Direzione ***
Capitolo 5: *** IV. Quasi una mensa dei poveri ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



Mi chiamo OPA. OPA Vasilakis. Ho 19 anni, compiuti tredici giorni fa. Sono alta un metro e una mentos, ho i capelli biondi, lunghi e lisci fino a metà schiena, la pelle color porcellana e gli occhi azzurri azzurri. Possiedo anche un'incantevole erre moscia, e sono ampiamente mancina. Tutto questo sarebbe anche fantastico, e mi crederei una gran figa..
Se solo non fossi greca. 
E no, non pensiate sia figlia di qualche strana coppia di americani scoppiati giunti in Grecia per rifarsi una vita, né che io sia adottata. I miei genitori si chiamano Zosimos e Delphina Vasilakis, e nella miglior tradizione greca di sempre, sono piccoli, scuri e abbronzati. Anche i miei zii, i miei cugini, i nonni, i prozii, i parenti di secondo, terzo, quarto, millesimo grado sono piccoli, scuri e abbronzati. Perfino bisnonna Xanthippe è piccola, scura e abbronzata.
Io sono la pecora nera.. ops, la pecora bianca della famiglia. Perché a causa di uno stupido, cretino, maledettissimo allele recessivo ribelle, spuntato chissà da dove, chissà perché, probabilmente silente dai tempi dell'uomo del Paleolitico, sono nata con le sembianze di una danese. Sono un fenotipo recessivo ambulante, capite? Mi dovrebbero studiare, i dottori. Ho tutte le carte in tavola per essere considerata animale raro ed esser messa nella lista di quelli in via d'estinzione insieme ai panda, accidenti. 
Ora vi racconterò cosa successe quando nacqui. Ebbene, quando venni alla luce, mio padre rimase sgomento dinnanzi al ciuffo di capelli biondi che mi coronava la testolina e mi faceva apparire quasi pelata. Tutti i miei cugini erano sempre stati pelosissimi e scurissimi alla nascita. I miei genitori invece mi ricordano come un cosetto grinzoso, rosso come un'aragosta bollita e praticamente privo di chioma Vasilakisiana. 
"E' normale, dottore?" chiese mio padre. 
"Insomma.." fece il medico. Molto confortante, non trovate? "Aspettiamo un poco, forse è una di quei bambini che vengono al mondo chiari e poi diventano scuri."
Non so dove abbia preso la laurea quel dottore, ma sicuramente esiste un'alta percentuale di probabilità che l'abbia trovata nelle patatine. In ogni caso, purtroppo, le sue previsioni non ci presero, perché bionda ero e bionda rimanevo. Inoltre, non ero scura di carnagione. E quando aprii gli occhi, i miei genitori bisbigliarono in preda all'orrore. Erano azzurri. Non marrone scuro, o al massimo nocciola. Erano azzurri, azzurri come il mare Egeo. 
"Per tutti i santi, com'è possibile ciò!?" chiese allora mio padre, che non ha una laurea in genetica, ma ci arriva lo stesso a ritenere che nero più nero dovrebbe fare nero, e non verde o rosso "Perché è uscita così?"
Fu in quel momento che si voltò verso mia madre e cominciò ad impazzire.
"Mi hai tradito! L'hai fatta con quel belloccio americano giunto qui mesi fa! E' biondo proprio come lei, ammettilo! Non è figlia mia!"
Al che mia madre, donna gentile e dalla calma biblica, disse semplicemente: "Caro, ero già incinta di tre mesi. Non ti ricordi più? Abbiamo anche le ecografie."
Mancò poco che a mio padre venisse un coccolone: si ricordò immediatamente di ogni cosa, corse a chiedere scusa a quella santa di sua moglie e io venni finalmente presentata in famiglia. 
Oddio. L'Apocalisse in Terra. 
Quasi tutta la mia famiglia abita sull'isola di Anafi, vicino a Santorini, nelle Cicladi, più precisamente nel piccolo paesino di Chora. Ci saranno in tutto 200 abitanti, e parecchi sono imparentati con me. I miei gestiscono un piccolissimo hotel con esattamente sei camere e un minuscolo ristorante annesso. Qui si ritrovò tutta la famiglia Vasilakis per conoscere la nuova arrivata.
Non presero tanto bene il fatto che fossi.. diversa. 
"E' scolorita." sentenziò bisnonna Xanthippe, appena mi vide. E questo fu il sunto dei pensieri di tutto il mio parentado "Ai miei tempi, una cosetta così malaticcia, sarebbe stata affogata su due piedi."
Visto che la guardarono abbastanza male, si strinse nelle spalle e corresse: "Ma è meglio che voi la battezziate."
Così ricevetti la quasi-approvazione di tutti e fui davvero battezzata nella chiesina greco-ortodossa bianca e blu presente in paese, col nome incredibile di OPA Aikaterina Callidora Vasilakis.
Qui c'è da fare un piccolo appunto. Qualcuno potrebbe chiedersi perché io continui a scrivere il mio bizzarro nome maiuscolo. Ebbene, la risposta è semplice: il mio nome si scrive solo in maiuscolo. Così sono stata registrata all'anagrafe di Chora, così c'è scritto sulla mia carta d'identità. 
OPA.. non è un nome molto comune. In realtà non è manco un nome, sarebbe un'onomatopea, un'esclamazione utile per esprimere la propria gioia, la propria sorpresa in greco. 
Quando si alza il calice con il liquore alla liquirizia per brindare si dice OPA! 
Quando si danza il sirtaki, un ballo abbastanza diffuso dalle mie parti, di cui i miei genitori sono grandissimi fan, ogni tanto si esce, quando si salta o si fanno giravolte, con un OPA!
Anche quando nacqui io, con tutte le mie stranezze, mio padre disse OPA! 
E quindi OPA è il mio nome. Un po' per il sirtaki, un po' per lo stupore delle mie caratteristiche. Probabilmente se fossi stata un maschio, mi avrebbero chiamato proprio col nome della danza. 
Ma questi sono evidentemente dei dettagli. Il mio nome è solo una delle innumerevoli cose che mi resero immediatamente strana dinnanzi agli occhi degli altri bambini, quando fui abbastanza grande per stringere dei rapporti sociali con gente che non facesse parte della mia famiglia. Andavo a scuola a piedi e anche in Inverno, quando c'era il sole e faceva abbastanza caldo, dovevo uscire con le maniche lunghe o quantomeno con la crema solare e un cappellino, perché altrimenti, in 10 minuti, riuscivo ad andare arrosto e tornavo a casa con delle scottature imbarazzanti su naso, spalle e guance. Gli altri bambini non avevano ovviamente di questi problemi e, come succede in tutte le classi fantasiose, anche a me fu trovato un soprannome. 
Lattosio
Non ci ho mai trovato niente da ridere, in realtà, ma sapevo rispondere con brutte parole imparate dai miei cugini più grandi, Myron, Naos e Yanni, tanto da meritarmi un certo rispetto, soprattutto tra i maschi. Però non ricevetti mai inviti per andare in spiaggia, purtroppo. Sarei stata d'intralcio, sempre protetta per non ustionarmi, e mamma non mi avrebbe mai lasciata andare. 
Crescendo, poi, entrai nella fase adolescenziale, anche detta del turbine ormonale, nella quale cominciai a pigliarmi cotte per i miei compagni di classe e a trovare escamotage per sembrare più.. greca. Iniziai a fare il bagno nel fondotinta, per cominciare. E tentai anche di cambiare colore ai miei capelli con un colorante fatto in casa, ma non ottenni grandi risultati, visto che per almeno due mesi andai in giro con una chioma color fuoco, ancora più appariscente del mio biondo naturale. Nel mentre studiai. Feci il Ginnasio, quindi il Liceo (a Santorini) e scoprii una certa inclinazione per la Storia antica. Ora sono intenzionata ad andare all'Università, ho mandato richieste sia nel continente, sia in altri Paesi europei, sperando di essere accettata in qualche posto abbastanza prestigioso. Non so se vorrei andarmene dalla Grecia, ma forse il mio posto non è qui.
Forse io vorrAJnFJHEjvdoensxiGHGJJRRRRRRRnNDDEXZ..DFDEshfsnfcjsottFREEEENONJOH


"No, Dadou! Smettila, no!"
La pagina di Word si chiuse all'improvviso e il vetusto PC si impallò di colpo. Il responsabile del danno, un massiccio gattone bianco a chiazze rosse, si sedette tronfiamente sulla tastiera del computer, e squadrò OPA come a dire: "Dovevi smetterla di scrivere. Dovevi guardare me." e sbadigliò sonoramente. La sua padrona lo guardò fremente di rabbia, con la mosca al naso. Non aveva salvato l'incipit della sua biografia. 
"Sei il solito gatto cretino. Togliti." gli disse, e tentò di spostarlo. Il micione miagolò protestando e le saltò in grembo, dove iniziò a fare le fusa come un trattore. OPA sospirò e guardò con tristezza il PC. Sembrava morto. Deceduto. Di nuovo. Ci avrebbe messo ore per risvegliarsi dal coma. Sospirò scocciata, scostò la sedia dalla scrivania e prese ad accarezzare il bestione seduto sulle sue gambe, che approvò aumentando il volume delle proprie fusa. 
"Non ci sarò per sempre." ci tenne a fargli sapere "Se mi prendono in Inghilterra, dovrai andare da papà a farti coccolare. E lo sai come ti coccola, lui. A calci in quel tuo sederone peloso."
Dadou aprì un occhio ambrato per squadrarla. OPA vi lesse un "Tanto non ti prendono. Starai qui per sempre. Con me." 
Lei sbuffò e gli picchiettò tra le orecchie.
"Non essere così negativo. Magari ad Oxford no, ma in qualche altra università sì. Come fai ad essere sicuro che così non sarà?"
Il gatto preferì non risponderle. Si era addormentato.     





Spazio autrici

Buongiorno, adorabili personcine! Ci presentiamo: noi siamo Lice e Catz, le creatrici e le curatrici di questa FF.. un po' particolare. Per il momento non abbiamo nulla d'importante da dirvi, speriamo che il nostro lavoro vi garbi e che continuerete a leggere le avventure di questo piccolo pulcino.. biondo. E greco. 

Lice&Catz


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I. I Greci non son fatti per volare.. ***


I. I Greci non son fatti per volare..


"E' proprio strana, quella ragazza."
"E' molto agitata, sì."
"Secondo me ha la coda di paglia."
"Non dire sciocchezze, Denise."
"Sì sì, secondo me nasconde qualcosa. Metti caso.. metti caso che.. oddio, oddio, Elissa, e se.. se fosse una kamikaze!?"
"Denise, calmati! E abbassa la voce, che ti sentono tutti. Vuoi che i passeggeri impazziscano per una sciocchezza? Calmati."
La donna rimproverata, una francese bassa e magra, col fazzoletto da hostess arrotolato con civetteria attorno al collo, lanciò l'ennesima occhiata sospettosa alla bionda ragazza seduta tra le ultime file dell'aereo, decollato da circa un'ora. Aveva qualcosa di strano, lo vedeva benissimo. Era nervosa. Ma non nervosa come accade a tutti, la prima volta di volare, nossignore! Si vedeva benissimo che dietro c'era qualcosa di molto più profondo e importante. Probabilmente.. una bomba. 
L'assistente di viaggio seduta sullo sgabellino al suo fianco, una greca dal generoso davanzale, mal contenuto nell'immacolata camicetta lavorativa, sospirò rumorosamente e scosse con decisione la testa.
"Denise, smettila. Quella ragazza è nervosa per una semplicissima ragione."
"Ovverosia!?"
"E' un'isolana. Non è mai salita su un aereo."
La francese si voltò verso di lei, stupita. Dopodiché riportò gli occhi sulla biondina, e sussurrò: "Isolana!? Greca? Semmai è una turista. Impossibile che sia greca."
"Ho letto il suo nome nella prenotazione, per curiosità, prima. E' greca esattamente come me. Probabilmente sua madre è inglese o olandese."
Denise non le distolse gli occhi di dosso, poco convinta. 
"Secondo me ha qualcosa che non va. Non è così semplice. Non può essere così semplice."
"Solo perché sei la solita complottara che grida al lupo! per niente. Vediamo subito se c'è qualcosa che non va."
E dicendo così, Elissa si alzò, iniziando a marciare verso la giovane, seguita dai sibili isterici di Denise, che continuava a dire: "Elissa, torna quiiii! Torna qui, immediiiiatamente!"
La donna la ignorò e si piantò al fianco della vittima dei loro pettegolezzi.
"Va tutto bene, cara? La vedo un po' pallida. Desidera un caffé, o un goccio d'acqua?"
OPA aveva i nervi a fior di pelle da quando l'aereo si era staccato da terra. Anzi, diciamo anche da quando avevo appoggiato il piede sul primo scalino per salire su quel dannato aggeggio volante nell'areoporto di Santorini, il più vicino della zona. Era la sua prima volta, e sapeva di farlo notare benissimo, dato che aveva piantato le unghie nei poggioli del suo sedile e manteneva sul suo bel viso un colorito tendente ormai al cianotico. Perciò fece un salto vero e proprio dallo spavento quando una delle hostess, quella maggiorata e abbronzata, le si avvicinò e addirittura le poggiò una mano sulla spalla. 
"Scusi.. scusi.. può ripetere?" chiese, balbettando, e sudando freddo. Evitava di guardare da qualunque finestrino, ma quei maledetti oblò sembravano aprirsi lungo tutto l'aereo. L'assistente di viaggio le fece un sorriso rassicurante, e disse: "Cara, ti ho chiesto se vuoi bere qualcosa. Mi sembri molto agitata."
"Lo sono." confermò OPA "Odio volare."
"Dovrai pazientare solo altre due ore, per arrivare all'Humberside Airport. Intanto ti consiglio di dormire."
"Non ci riesco.."
"Allora tieniti impegnata. Io ora ti porto qualcosa di caldo. Dimenticati di essere su un aereo."
OPA annuì, e la guardò allontanarsi ancheggiando sui tacchi. Si chiese come fosse possibile camminare su degli spilli così alti mentre si volava. Lei avrebbe voluto solo appiattirsi in un angolo e nascondere la testa tra le braccia, un po' come faceva Dadou quando a casa temporaleggiava. 
Casa.. oddio, le mancava da morire. Era lontana da Chora da meno di dodici ore e già ne sentiva la mancanza. Ovviamente non ancora di tutto il parentado - figurarsi, era talmente intossicata dalla sua famiglia che avrebbe potuto vivere lontana da lei per almeno un mese! - ma di mamma e papà di sicuro. Era la prima volta che si allontava tanto da loro in diciannove anni di vita. E non sarebbe stata una gitarella di una settimana, oh no. Sarebbe stata via almeno sei mesi, tutto il primo semestre di università.
Sì. Di università. Perché OPA era stata accettata, finalmente. E non in una comune università greca, ma all'estero, in Inghilterra! Certo, come aveva pronosticato non si trattava di Oxford.. e nemmeno Londra.. ma poco importava! Kingston upon Hull sarebbe andata benissimo comunque.
La lettera di conferma era giunta due giorni prima. Aaron Alexopoulos, il figlio più piccolo del postino, era stato spedito direttamente a casa Vasilakis con la busta ben chiusa in mano. Tutta la città sapeva di OPA, e tutti facevano il tifo per lei. Per questo Amaranthos Alexopoulos aveva mandato il suo ambasciatore più pié veloce.
"OPA! OPA! E' ARRIVATA, E' ARRIVATA!"
Lei stava ordinando la sala da pranzo dell'hotel con mamma, e aveva avuto un mezzo infarto quando il ragazzino si era gettato al suo interno sventolando la lettera, con un sorriso a quarantacinque denti. La mamma gli aveva regalato un paio di biscotti e poi, tutte eccitate, avevano chiamato anche papà, per leggerla assieme.
"Viene dall'Inghilterra! Viene dall'Inghilterra!" non riusciva a smettere di ripetere Delphina, fuori di sé dalla gioia "Da un posto che si chiama Kingston qualcosa! La mia bambina va in Europa!"
E OPA si era ritrovata orgogliosamente immatricolata.
Ovviamente la notizia si era diffusa alla velocità della luce tra tutti i parenti Vasilakis: quella stessa sera tutti quanti, anche gli zii abitanti sulla costa opposta di Anafi, ne erano al corrente. E in breve fu organizzata una festa per celebrare il grande evento, con tutta, tutta, tutta la famiglia, sempre nel tipico luogo di ritrovo vasilakisiano: l'hotel. Tanto che alla festa si ritrovò imbucata anche una fedelissima coppia di anziani turisti tedeschi, che avevano visto crescere la piccola biondina. Vennero trattati esattamente come se fossero parenti.  
OPA sorrise senza volerlo al ricordo dei tre brindisi - perché i Greci non si accontentano di uno solo - indetti a suo nome, nel vero senso della parola.
"Per OPA!" aveva urlato zio Kleophas, alzando il bicchierino colmo di ouzo, il tipico liquore greco ad altissima gradazione alcolica. Tutti avevano risposto: "OPA!" ed erano scoppiati a ridere, per il gioco di parole. Un OPA! per OPA!, sì sì. Anche la ragazza si era divertita, nonostante si sentisse addosso almeno cinquanta persone, tutte pronte ad afferrarla per le braccia per abbracciarla, baciarla, farle gli auguri, ricordarle di pregare i santi ogni sera e raccomandarla al Signore Onnipotente.
Il top era stata, come al solito, bisnonna Xanthippe. Le aveva ordinato di sedersi di fianco a lei, le aveva ghermito una mano e lasciato scivolare al suo polso un braccialettino blu di pietruzze tonde tonde. Dopodiché le aveva agguantato la testa per darle un bacio in fronte.
"Stai bene attenta, Melitta. Porta onore alla tua famiglia. Nessuno ti attaccherà il matiasma con questo bracciale. L'ho fatto benedire dal Pastore in persona."
Il matiasma era il malocchio. Bisnonna Xanthippe era un'esperta nell'evitarlo. 
"Grazie, ya-ya." aveva risposto OPA, cercando di guardarla nonostante le tenesse saldamente la testa. La donnetta le aveva alzato il viso e aveva sputato tre volte su di lei in maniera simbolica, dicendo ftu ftu ftu. OPA non si era stupita più di tanto: anche quello era un modo per augurare buona fortuna. Decisamente strano per un turista, ma aveva vissuto abbastanza in quella famiglia per non sorprendersi più di nulla. Aveva pensato che la bisnonna avesse finito, ma si sbagliava: venne infatti afferrata per un braccio e in un sussurro, la vecchia disse al suo orecchio: "E ricordati: hai gli occhi azzurri. Puoi lanciarlo tu il malocchio, se necessario."
"Ma, ya-ya!"
Bisnonna Xanthippe si era stretta nelle sue ossute spalle scure. "Non si sa mai. Sii sempre pronta. Bisogna anticipare le mosse dei nemici. Anche ai miei tempi, per accaparrarsi i ragazzi più belli del paese, bisognava fare il malocchio alle avversarie prima che quelle lo facessero a te. Non sai che magie ho dovuto fare per avere il tuo bisnonno, Zosimos come tuo padre, pace all'anima sua!"
"Va bene, ya-ya, lo terrò a mente."
"Brava, brava ragazza. E ricordati di star attenta a quei barbari. Quando noi.."
"Quando noi insegnavamo Filosofia nell'Accademia, loro stavano ancora a spulciarsi. Lo so."
Xanthippe aveva sorriso con la sua bocca sdentata e aveva detto: "Non sembri una Greca fuori, ma dentro lo sei di certo."
E questo era il più bel ricordo della sua grande festa di addio.
"Ecco qui, cara."
OPA si voltò giusto in tempo per vedere l'hostess di poco prima tornare da lei con un'elegante mug bianca. Gliela porse.
"Grazie, è stata davvero molto gentile." disse, notando che era cioccolata. La donna sorrise.
"Mi sembri molto più calma di prima." 
"Lo sono. Ho seguito il suo consiglio: ho pensato un po' ad altro."
"Brava. Quanti anni hai?"
"Diciannove. Sto andando in Inghilterra per studiare."
"Oh, che bello. Hai dei parenti che ti ospiteranno?"
OPA scosse la testa, tutta la sua massa di lisci capelli biondi ondeggiò con lei.
"No. Ma mio padre ha delle conoscenze. Ho l'indirizzo di una casa in affitto. Sa.. una di quelle per universitari, con le spese in comune con altri studenti. Diciamo che vivrò da coinquilina."
"E sai già parlar bene l'Inglese?"
"Abbastanza. I miei gestiscono un hotel."
L'hostess sorrise. OPA pensò che fosse giusto un poco più giovane di sua madre. Le assomigliava anche. Come tutti i Greci per eccellenza era infatti piccola, scura e abbronzata. La salutò con garbo quando se ne tornò al suo sgabello, vicino all'altra assistente di viaggio, bionda e nervosa, e si mise a sorseggiare la propria cioccolata, dimentica dell'aereo.
"Cosa ti avevo detto, Denise?"
"A me sembra comunque strana. E' più bionda di me, e sembra anche naturale. Solo che lei è Greca. E non dovrebbe essere bionda."
"Stereotipi, stereotipi da tutte le parti. Ma ti senti? Esistono Greci biondi."
"Sì, ma io di Greci con l'erre moscia, non ne avevo mai sentiti."
"Per questo fai l'hostess. Non si finisce mai di conoscere il Mondo."
"Già. Ma che Mondo strano." 
Elissa smise di ascoltare i borbottii della sua collega e lanciò uno sguardo al finestrino più vicino. Il continente era ormai sotto di loro. Gettò quindi un'occhiata alla ragazza bionda intenta a bere e pensò: Benvenuta in Europa.
     

 

 

Angolo Autrici  

Eccoci finalmente al primo vero capitolo delle avventure di OPA! Non vi anticipiamo nulla - bisogna saper pazientare un poco, no? - ma vi vogliamo comunque dire che dal prossimo episodio la nostra protagonista comincerà ad avere a che fare con certe persone.. che sicuramente voi conoscete. Vi promettiamo che sarà divertente. Detto questo, un avviso personale dalla nostra Catz: presto saranno aggiunte delle illustrazioni alla storia! Buona lettura, Ellenici!

Ecco la prima: Image and video hosting by TinyPic Lice&Catz

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** II. Pioggia, boy-band ed altri imprevisti ***


 

II. Pioggia, boy-band ed altri imprevisti



Freddo. Faceva tanto, tanto freddo. 
OPA tremava dalla testa ai piedi, nonostante il maglione che aveva comprato prima di partire. Maglione che mai avrebbe indossato a casa, perfino in Inverno. Di lana. Assurdo. Non la scaldava nemmeno un po'. 
Aveva previsto che il clima in Inghilterra sarebbe stato più freddo, ma non pensava tanto gelido. Soffiava un vento polare. Stava congelando lì, dinnanzi al più grande negozio di alimentari mai visto in vita sua, che portava la scritta in inglese: Sainsbury's. Lo osservava stolidamente, ancora incapace di rendersi conto di essere finalmente giunta in Inghilterra. In una città che poteva essere tranquillamente grande quanto l'intera isola di Anafi. In cui ogni cosa, perfino un supermercato, sembrava assolutamente sproporzionata. Santa Maria Egiziaca, il market più grande di Chora, gestito dai Palamara, una famiglia composta da padre, madre e sette figli, si trovava in un locale tanto piccolo che tutti assieme manco ci stavano! Però quantomeno avevano sempre pesce e verdura freschissimi, direttamente dalla costa e dalla campagna. Non era sicura che si potesse dire lo stesso per il Sainsbury's. Aveva visto ben pochi campi nel suo viaggio dall'aeroporto alla città di Kingston upon Hull, e il mare che, sapeva, lambiva la costa della città le dava l'idea di non essere esattamente comparabile al suo cristallino mar Egeo.
E poi era tutto così grigio. Grigie le strade, grigio il cielo, grigie le persone. Sul bus che aveva preso per arrivare in centro e che l'aveva scaricata dinnanzi al supermercato vi erano in tutto sei persone, e tutte quante sembravano ingrigite, nonostante fossero giovani: un paio di ragazzini con strani vestiti ed cuffie nelle orecchie, una donna con due borse per la spesa, un tizio di colore con lo sguardo smarrito, una coppia di uomini ben vestiti ma impegnati col loro blackberry. Tutti. Incredibilmente. Grigi. Quando era salita sull'autobus aveva salutato l'autista e aveva rivolto un sorriso ai presenti. Nessuno l'aveva degnata di uno sguardo, e presto era giunta alla conclusione che non l'avrebbero fatto in ogni caso. Solo la signora con le borse l'aveva guardata. E non era sembrata molto amichevole.
Nella sua testa erano risuonate nitide le parole di bisnonna Xanthippe: sono barbari!
Di sicuro non conoscevano le buone maniere. Fin da piccola a casa Vasilakis si insegnava ai bambini ad essere educati, salutare e ringraziare sempre, e soprattutto ad essere gentili con gli altri. Di due opzioni, una: o sembrava tanto bizzarra, con quel suo maglione di lana rosso brillante, da essere reputata pericolosa, o la gente in Inghilterra non riceveva la stessa educazione greca. Chissà come mai propendeva fortemente per la seconda.
"Ma dove diavolo sei, Mila!?" sibilò, battendo i denti, con le gambe tremanti. Stringeva con tanta forza la mano sinistra attorno al manico del trolley che le nocche le si erano sbiancate anche più del normale: erano ormai livide. Pensò che fosse meglio telefonarle e con fatica iniziò a rovistare nella borsona a tracolla in cerca del suo cellulare d'epoca. Fortunatamente per i suoi nervi, non ci fu bisogno di trovarlo, perché in fondo alla via si udì il rumore di freni mal oliati e una vecchissima Fiat 500 Giardiniera color fuoco sbucò nella strada alla velocità della luce.. o almeno, a quella consentita dalla vecchia carcassa del suo motore. OPA tirò un immediato sospiro di sollievo, quando il vetusto macinino si fermò con uno scossone dinnanzi a lei e il guidatore si sporse per abbassare il finestrino con la manovella. Il volto sorridente di Mila Papadiamantopoulos, una vivace quarantenne greca, fu una vera gioia per il povero cuore della ragazza.
"OPA! Mia cara ragazza! Salta su, salta su!" le ordinò allegramente, facendole ampi cenni per convincerla a salire in macchina. OPA non se lo fece ripetere due volte: corse a caricare il trolley e il borsone nel piccolo bagagliaio e poi s'infilò nell'auto con sollievo, soprattutto quando percepì il calore del riscaldamento in funzione. Si sciolse sul sedile spellato e si rilassò. 
"Fortuna che sei arrivata, Mila. Sarei congelata."
"Sì, beh, ho avuto un qualche problemuccio. Ma l'importante è arrivare, sì? Sì, decisamente." ribatté lei, aggiustandosi i ricci capelli castani che proprio non ne volevano sapere di starsene nella treccia spettinata che probabilmente si era fatta prima di uscire di casa. OPA pensò che fosse la greca meno greca mai conosciuta come aspetto, oltre a se stessa. Mila aveva degli incantevoli occhi ambrati. 
Come faceva suo padre a conoscerla? Semplice: era cugina di un cugino di secondo grado di Zosimos Vasilakis. E non solo! Era nata a Chora, ma poi aveva conosciuto un inglese lì in visita e aveva deciso di fare con lui una romantica fuga d'amore nella fumosa Londra. Il matrimonio non aveva avuto buon fine, visto che si erano lasciati circa sette mesi dopo, ma in ogni caso l'Inghilterra aveva rubato il cuore a Mila e lì aveva voluto rimanere, gestendo un piccolo bar grecizzante e affittando la sua ex casa agli studenti universitari. Un'amicizia perfetta al momento adatto. Oh sì, il signor Vasilakis ci sapeva proprio fare.
"Sei stata molto gentile ad offrirmi una stanza, comunque. Senza di te non avrei mai trovato un posto dove stare in meno di ventiquattro ore." disse la ragazza, sorridendo e fregandosi le mani per scandarle. Mila si strinse nelle spalle senza togliere gli occhi dalla strada, mentre riprendeva a sbandare gioiosamente nelle vie deserte di Kingston.
"Figurati. Rimani pur sempre una mia parente. Anche se non ti ricordavo così grande."
"E' da circa sette anni che non vieni a Chora."
"Eh già.. non ho mai tempo. Il mio bar non chiude mai! Agli Inglesi piace far l'aperitivo greco, mia cara biondina. Comunque tutto bene a casa, sì? Zosimos mi sembrava in forma, al telefono."
"Oh sì, tutto a posto. Abbiamo aggiunto una nuova camera all'hotel da quando Tonia Irvinis ha deciso di andare a vivere con la figlia. Ci ha venduto la sua stanzetta. Così ora abbiamo ben sei camere."
"Questa è una gran bella notizia! E tua madre, invece?"
"Anche lei sta bene. E anche nonna Diamantina."
Mila ridacchiò un poco prima di chiedere, con fare sornione: "E la bisnonna?"
"Benissimo. E' la più in forma di tutte."
"Ti ha sputato addosso prima di partire?"
"Ovviamente. E mi ha anche regalato un bracciale contro il matiasma." disse OPA, e alzò il braccio, scostando il maglione, per mostrare il filo di pietruzze blu. Mila rise apertamente questa volta.
"Sempre la solita, sempre la solita.. non cambia mai.. anche con me lo fece, anche se non ero sua nipote diretta come te. Ci tiene proprio a determinate tradizioni."
"O alla concorrenza sleale." ribatté la ragazza, ricordando chiaramente la parte relativa ai malocchi gettati sulle spasimanti del bisnonno. La donna si strinse di nuovo nelle spalle.
"Furba è e furba rimane."
Di colpo cominciò a piovere. Una pioggerella fine fine ma dall'aspetto gelido iniziò a cadere dal cielo e a confondere la visuale alle due sedute in auto, come una sorta di nebbia mobile. Mila sbuffò e accese il tergicristalli, che fece hic hic un paio di volte prima di zittirsi e continuare in pace il proprio lavoro. OPA inorridì.
"Il tempo fa schifo." disse.
"Oh, abituati." rispose con nonchalance l'altra "E' sempre così."
"Sempre!?"
"Beh, cara, siamo in Inghilterra. In Inghilterra il tempo fa sempre schifo."
"Pensavo fosse un modo di dire."
"Oh, no. Non lo è. Assolutamente. Poi figurati.. con la stagione fredda.. qui da Settembre a Maggio è così. E molte volte anche a Giugno."
"Buon cielo." sussurrò OPA, squadrando con sospetto il cielo grigio "E fa sempre così freddo?"
"Sempre." rispose in maniera solenne Mila, facendo precipitare l'umore della ragazza sotto i tacchi. 
"Allora mi converrà comprare un po' di vestiti caldi."
"Ti consiglierei di non tirar fuori quelli leggeri dalla valigia. Sarebbe inutile."
"Mila, in realtà non stai aiutando."
"Ci si abitua, tesoro. Ci si abitua."
Rimasero zitte per qualche istante, la donna concentrata sulla strada ormai bagnata, la ragazza immersa nei suoi cupi pensieri e nel pieno magone per il caldo di casa propria. Kingston sotto la pioggia sfilava triste di fianco a lei. Forse anche un po' squallida. Grigio, grigio ovunque!
"Ah.. senti.."
Mila riprese a parlare quasi a sorpresa. E lo fece con un tono molto differente da come aveva ciaccolato allegramente fino a due minuti prima. Questo mise immediatamente in agitazione OPA.
"Sì?"
"Tuo padre mi ha detto che non ci sarebbe stato alcun problema, se tu avessi avuto dei coinquilini.."
"Sì, ovviamente."
"Bene, meno male.. perché ho affittato da due o tre giorni due delle tre stanze dell'appartamento."
"Oh." disse OPA, cercando di capire perché una notizia così innocente dovesse essere annunciata con un tono tanto bizzarro. Quasi.. imbarazzato. "E c'è qualche problema con questi coinquilini?"
"Non.. penso ce ne saranno. Ma c'è una cosa che ti devo dire, prima di arrivare."
"Okay." disse, ansiosa, mentre la macchina svoltava in una strada alberata, più bella delle altre. In lontananza, oltre gli alti olmi, si scorgeva un'enorme costruzione. Probabilmente era l'università. Sembrava bella, quanto meno. 
"Vedi, OPA, è successa una cosa un po' particolare.. anche divertente, diciamo. Settimana scorsa mi ha chiamato un signore.. che io ovviamente non conoscevo. Beh.. si è presentato come Simon Cowell.. lo conosci, per caso?"
"Mai sentito." rispose la ragazza, aggrottando la fronte. Mila sembrò crucciarsi ancora di più.
"Ebbene.. è un gentile signore che lavora per una casa discografica."
"Oh, bello. E che voleva?"
"Sistemare.. un gruppo di.. non so come definirli.. diciamo ragazzi. Mi stai seguendo? Stai capendo?"
"Sinceramente, Mila, no. Cioè, non so per chi lavori questo qui. E non.. cioè, sono cantanti?"
"Sì! Sono un gruppo di cantanti."
"Oh, buon cielo." si sentì in dovere di ripetere OPA "Perché?"
"Non lo so, so solo che.. diciamo.. mi ha fatto un'offerta che non ho potuto rifiutare."
"Ti hanno pagato bene."
"Esatto. Brava. Vedo che hai testa per gli affari."
"In pratica mi stai dicendo che dovrò convivere con un gruppo di cantanti."
"Sì. E molto conosciuti."
"Molto conosciuti!?" 
"Ma non ti preoccupare, sono protetti dall'anonimato! La mia casa è stata scelta apposta. Sai com'è, intorno ci sono solo prati e in fondo l'università... a proposito, eccoci. Finalmente in Ferens Ave. Quella è la casa." disse, indicando una villetta a due piani di un intenso color mattone, con un'alta cancellata in ferro battuto. OPA deglutì a fatica, confusa dalle molte notizie ricevute.  
"Quindi non avrai il minimo problema. Vivrai in pace, tranquilla."
"Mila, quanti sono?"
"Cinque."
"Tutti maschi?"
"Ah-a. E' una boy-band."
"Come.. come si chiamano?"
"One Direction."
OPA sgranò gli occhi. Sembrò aver realizzato qualcosa di molto importante.. ma poi scosse con decisione la testa.
"Mila, ma sei così sicura che siano tanto famosi? Non ho mai sentito questo nome."
"Perché tu abiti alla fine del mondo, cara mia! Impossibile tu non abbia mai visto loro locandine. Ma non ce l'hai internet?"
"Sì, ma.."
"Bah. Greci." tagliò corto la donna, parcheggiando con una sbandata spettacolare nell'unico, minuscolo parcheggio presente di fronte alla cancellata. Spalancò la portiera e scese. Beh, una cosa aveva delle tipiche fattezze greche: era piccola e tarchiatella. OPA mise un po' il muso, mentre scendeva sotto la gelida pioggerellina inglese.
"Anche tu sei greca."
"Sì, ma io ho aperto la mia mente. Forza, sbarbatella. Tira giù le valigie, intanto io suono. C'è una specie di codice segreto per entrare."
"Dove mi sono cacciata, per tutti i santi." brontolò la ragazza, cercando di evitare di ritrovarsi il colletto del maglione pieno di goccine fredde gelate e intanto recuperare le valigie dal bagagliaio della Fiat. Si voltò appena in tempo per vedere Mila suonare tre volte il campanello, aspettare almeno dieci secondi, prima di fare una specie di motivetto a colpi di drin-drin. Non lo riconobbe, ma si fece pochi problemi. Il suo umore era più grigio delle nuvole in cielo. Ci mancavano anche le sorprese! Vivere con un gruppo di cantanti!? Sconosciuti, per di più. Perché lo erano quasi sicuramente. One Direction? Che nome idiota. Zoppicando a causa del trolley che propendeva per insabbiarsi prima di raggiungere la pavimentazione del cancello, si avvicinò alla donna. La porticina d'ingresso fece clic e dal citofono si udì un musicale: "E' apeeerta!"
"Bene." disse Mila, e sorrise ad OPA. OPA non rispose al sorriso. "Sarà divertente. Te li presento e poi me ne vado, il mio bar non attende!"
"Okay.." bofonchiò lei, trascinando le valigie verso i gradini della porta d'ingresso. Riuscì a farne esattamente uno, prima che la porta dinnanzi a loro si aprisse e cinque volti sorridentissimi spuntassero sulla soglia, nello spiraglio creato tra la parete e il battente. OPA si fermò ad osservarli, confusa, e fu a quel punto che i cinque, con un vocalizzo anche un po' ardito, dissero: "BENVENUTA, NUOVA COINQUILINA!"
Cominciamo bene pensò lei. Cominciamo proprio bene. 



 

Angolo Autrici


Buon pomeriggio a tutti, carissimi lettori! Finalmente, dopo un breve ritardo, torniamo con un nuovo capitolo - e qualche novità, sì? Finalmente i ragazzi! - per la nostra piccola e biondissima greca! Speriamo garbi a tutti! Probabilmente tra poco seguirà anche un nuovo disegno. Rimanete aggiornati! 


Lice&Catz

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** III. Cinque beoti, una sola Direzione ***


III. Cinque beoti, una sola Direzione



La prima cosa che OPA notò fu che erano un gruppo parecchio assortito. Tre avevano i capelli castani, un era biondo - ma probabilmente ossigenato - e l'ultimo moro. Variavano le tonalità delle pelle e degli occhi, dal verde al castano scuro. Quello più scuro non sembrava neanche inglese, forse era arabo. Tanti alleli diversi, altroché. Si sentì quasi inspiegabilmente consolata: per la prima volta nella sua vita una convivenza con persone diverse, e non tutte piccole, scure e abbronzate!
L'unica cosa bizzarra.. era che sorridevano tutti alla stessa maniera. Alla stessa ebete maniera. Il momento di consolazione passò subito: si procedette direttamente a spron battuto verso l'inquietudine. 
"Forza, tesoro, entra. Non ti mangiano mica, sai!"
Mila aveva il brutto vizio di anticipare i fatti alle parole, quindi la gettò letteralmente dentro casa con un mezzo spintone, senza attendere che fosse lei a decidere di muovere i piedi. Per poco OPA non cadde tra le braccia del ragazzo più vicino, quello coi capelli ricci e castani, ma la valigia pesante quanto un masso riuscì a salvarla da un inarrestabile effetto-a-cascata di momenti imbarazzanti che sarebbero sicuramente seguiti al salvataggio in extremis. Il tipo ebbe però il tempo di dirle: "Stai attenta, chicca!" e si tese addirittura, in un fluido movimento, nel tentativo di salvarla dalle sue stesse scarpe. OPA ritrovò l'equilibrio e si ritrasse. Tutti e cinque la stavano fissando col sorriso ebete di prima. Lei provò il desiderio di correre via il più velocemente possibile.
Ma ormai la porta era chiusa. 
"Perché siamo tutti fermi in corridoio? Su, ragazzi, mostratele dove sta il salotto. Andiamo, su. Vi presento e poi vado." esclamò Mila, scocciata per l'ingorgo in tangenziale creato dai sei ragazzi e valigia annessa. I beoti parvero risvegliarsi a quell'ordine. Non smisero di sorridere, ma quanto meno si fecero da parte, lasciando spazio ad OPA per passare. Uno le afferrò addirittura la valigia con un lesto movimento. 
"Lascia che la porti io." disse gentile. 
"Oh, grazie, ma.."
La ragazza riuscì a lanciargli solo un'occhiata, sufficiente a notare che si trattava del biondo ossigenato, prima che Mila la spintonasse oltre la soglia di un locale che dava sul corridoio, che altro non era se non un salotto di dimensioni discrete con una finestra sulla parete di fondo, seminascosta dalla rientranza della stanza di fianco. Addossato al muro di fronte l'ingresso vi era un lungo divano color cioccolato, al suo fianco un paio di poltrone scompagnate - una bianca a righe verdi e una rossa a righe bianche - e davanti un tavolino ovale su cui troneggiava un televisore piuttosto vecchiotto e massiccio. Sotto tutti questi mobili era disteso un tappeto dall'aria vissuta a greche multicolori, e sulle pareti, di uno strano marroncino aranciato stavano mensole straripanti soprammobili e un'accozzaglia di quadri, piatti e arazzi formato mignon, provenienti da svariati posti, dalla Grecia al vicino supermercato. OPA pensò che fosse proprio un salotto in stile Papadiamantopoulos, e il tocco di classe che confermò questa sua idea fu l'insieme di riviste gettate un po' alla rinfusa tra i cuscini del divano, attorno e sopra la televisione e per terra. Come ogni buona ellenica che si rispetti, Mila adorava il gossip.
"Su, OPA, siediti. Ti pare che abbia tempo? Su, su." la sgridò quest'ultima, andandosi a sedere proprio nel centro del divano e picchiettando di fianco a lei per invitarla a fare lo stesso. I cinque ragazzi si appollaiarono tutti attorno, sui braccioli delle poltrone. Solo il biondo con la valigia rimase in piedi, da parte al televisore. 
Mila aspettò giusto tre secondi per accertarsi che tutti fossero perfettamente sintonizzati sulla sua frequenza prima di battere le mani e dire, soddisfatta: "Bene. Finalmente ci siamo. Tesoro, ti presento i tuoi nuovi coinquilini. OPA, questi sono Liam.."
Il castano senza ricci con gli occhi scuri alzò una mano e le fece un cenno, con un mezzo sorriso. 
".. Louis.."
L'altro castano liscio con gli occhi chiari, indossante una maglietta a righe bianche e nere piuttosto bruttina, le sorrise e domandò: "Come va?"
"Bene, grazie. Tu?" rispose d'istinto la ragazza, prendendosi una lieve gomitata da Mila, che continuò imperterrita. 
".. Niall.."
Il biondo che aveva arpionato la sua valigia si agitò improvvisamente e quasi sbracciandosi disse: "Sono io! L'irlandese cucciolone del gruppo!"
E sbattè le ciglia, come per dare senso alle sue parole. Il sorriso si congelò sul viso di OPA quando lei si costrinse ad emettere una risatina. 
".. Zayno.."
"E' Zayn, Mila. Non Zayno. Comunque piacere, biondina." la salutò quello con l'aspetto più orientale, facendole un ammiccante occhiolino. Alla ragazza venne da ridere al pensiero che se fosse stata greca come il Cielo comandava che i greci fossero, sarebbe stata molto simile a lui. E invece assomigliava più all'irlandese cucciolone. Il nosense di certi alleli riottosi..
.. E per ultimo il caro, caro Harry."
Il castano riccio che aveva tentato di salvarla prima le sorrise e si tese a porgerle la mano. 
"Piacere di conoscerti, chicca."
"Oh, che carino." esalò sottovoce Mila. OPA si voltò a guardarla e sibilò: "Mila. Per piacere." 
Dopodiché guardò Harry e rispose: "Piacere mio, Harry." ed infine, rivolgendosi a tutti disse: "Piacere di conoscervi tutti, io sono OPA Vasilakis e.."
"E sono sicura che farete subito amicizia!" tagliò corto Mila, alzandosi all'improvviso "Io devo andare. Vi ho presentati, ma siete ragazzi grandi e vaccinati, quindi continuate pure senza di me."
Fece due passi nel salotto, diretta verso la porta ma poi, all'improvviso, girò su se stessa e guardò OPA.
"Mi stavo dimenticando. Questi ragazzi non possono uscire per nessunissimo motivo. Così mi ha detto il loro manager. Devono stare in casa e avere il minimo rapporto col mondo esterno. Okay, OPA?"
"Il minimo.. mondo esterno.. cosa?"
"Vedo che hai capito. Ci sentiamo, dolcezza! Se hai qualche problema, hai il mio numero, sì? Sì. Ciao, ragazzi!"
"Ciao, Mila!" risposero col solito vocalizzo i cinque, guardandosi con quel sorriso scemo in faccia. Ad OPA venne la pelle d'oca, e deglutì con molta, molta fatica quando sentì la porta di casa fare clack.
Era sola. Completamente sola.
Sola con un gruppo di cantanti. Sì, perché a quanto pare questo erano: cantanti di una boy-band. Com'è che si chiamava? One Direction, ecco. E chi li aveva mai sentiti, 'sti One Direction? Ma soprattutto.. perché mai non potevano uscire di casa? 
Riuscì solo a riflettere su queste due pressanti domande, prima che si accorgesse di essere divenuta repentinamente il centro dell'attenzione di tutti i maschi presenti. Due si sedettero meglio sulle poltrone libere, altri due cambiarono trespolo e si aggrapparono al bracciolo del divano mentre il biondo mollò la sua valigia e andò a sedersi proprio accanto a lei. OPA non si rese conto di avere l'aspetto di un topino in gabbia fino a quando Niall, il tipo che le si era appressato, non le disse: "Ti senti bene? Hai un colorito un po' strano."
"Magari ha fame." ipotizzò Louis, il tizio con la maglietta marinaresca "Hai mangiato mentre venivi qui?"
"O magari ha freddo." commentò il simil arabo "Fuori si gela." 
"Non dite sciocchezze." 
Era stato Harry ad interrompere tutte le elocubrazioni degli altri. Lo guardarono, anche OPA, per sentire cosa avrebbe detto. Lui abbassò gli occhi in maniera teatrale, li rialzò, agganciandoli in quelli della ragazza, prese fiato e se ne uscì con un..
"Ci ha semplicemente riconosciuti e ora pensa che sia tutto un sogno!"
Ci fu un coro di Aaahh, ma certo! e tutti si rilassarono.
"E' ovvio che è così. Povera cara.. non ti devi preoccupare, facciamo spesso questo effetto." affermò Louis.
"Ma come vedi siamo ragazzi normali. Come te, vedi?" sorrise Liam.
"Proprio come te. Vuoi toccarmi? Sono fatte di carne anche io." propose Niall, e le tese un braccio, come per farsi tastare. OPA ritrovò la lingua che aveva perso in fondo alla gola e fece solo una cosa.
Rise. 
Scoppiò in una risata incontrollata, che zittì tutti i presenti per almeno due minuti, tempo che ci volle per calmare l'ilarità della situazione. 
"Scu.. scusate, rag.. ragazzi.." boccheggiò quando riuscì a controllarsi, col singhiozzo "Ma.. ma.. io non so.. non so neanche chi voi siate."
Calò velocemente il gelo. Tutti e cinque parvero irrigidirsi alle loro postazioni. OPA si asciugò una lacrima.
"Mi dispiace.. non ho mai sentito parlare del vostro gruppo."
"Come.. come no?" domandò sconvolto Zayn "Ma noi siamo famosi in tutto il mondo. Da dove vieni?"
"Dalla Grecia. Un'isoletta nel mezzo del Mar Egeo."
"Abbiamo mai fatto un tour in Grecia?" chiese dubbioso il ragazzo ai suoi amici. Liam scosse la testa.
"Non ancora. Simon ne parlava per il 2015. Ma con questo disastro.."
"Ma ce l'hai internet a casa?"
"Sì. Ma in ogni caso non ho mai sentito il nome del vostro gruppo."
"Ragazzi.. ragazzi, è semplice. Bisogna rinfrescarle la memoria." disse Harry, alzandosi dalla poltrona su cui si era acciambellato "Venite qui tutti."
Richiamò tutto il gruppo dinnanzi al televisore e sotto gli occhi increduli di OPA accennò un: E one.. e one.. e one, two, three, four! e tutti e cinque attaccarono a cantare una canzone a cappella. Alla ragazza ricordò immediatamente qualcosa e li lasciò fare fino alla seconda strofa, prima di esclamare: "Ci sono, ci sono!"
Tutti e cinque si illuminarono.
"Ti ricordi, quindi? One Direction.. What makes you beautiful.."
"What makes cosa? Ma no, questa è la musica della pubblicità dei biscotti Papadopoulos. I biscotti più buoni della Grecia. Non sapevo fosse una vostra canzone." 
A vedere le espressioni sui loro volti, OPA capì che piantare un coltello nel loro petto avrebbe fatto meno male. 
"Mi dispiace."
"Milioni di fan in tutto il mondo.. e ci doveva capitare l'unica che ci conosce perché facciamo pubblicità per biscotti greci." brontolò Louis, evidentemente offeso dalla questione. Forse non gli garbavano più di tanto i biscotti Papadopoulos. D'altronde, come diceva sempre bisnonna Xanthippe, si trattava di un barbaro. 
Tornarono a sedersi tutti e cinque, con l'aria abbattuta. Fu solo uno, Liam, ad abbozzare un sorriso in direzione di OPA e dire "Beh, almeno non dovrò chiudermi a chiave in camera per paura di un assalto notturno."
"Già." convenne Niall, osservando OPA "Non mi sembri una scalmanata con gli ormoni a palla."
"Non sono il tipo." ribatté lei, con un sorriso di scuse. Si sentiva le occhiate torve di Louis e Zayn addosso, così decise di ribaltare la questione. 
"Ma sentite un po'.. se siete una band tanto famosa, cosa ci fate in un piovoso paese sperduto dell'Inghilterra, trincerati in una casa di periferia da cui non potete manco uscire?"
L'idea ebbe successo. Gli sguardi scuri si abbassarono per l'imbarazzo. Oh oh.. avevano combinato qualcosa di grave, allora. 
"Allora?"
"E' una storia.. un po' lunga." abbozzò Niall, ad occhi bassi "Abbiamo combinato un pasticcio."
"Forse è meglio se nel mentre metto su un po' di tè." propose Liam, e sparì nel corridoio, probabilmente diretto in cucina. 
"Ti do una mano." si offrì Louis, e anche lui evaporò dalla vista. Quando OPA notò che anche Zayn puntava alla porta, fece per la prima volta quello che si sarebbe abituata a fare nelle settimane successive. 
Dare ordini.
"Dove pensi di andare, Zayn? Voglio sapere cosa avete combinato, devo capire se posso dormire con la porta aperta o è meglio che chiami subito Mila per dirle che con dei pazzi non ci voglio abitare."
Il ragazzo tornò a sedersi con la nonchalance tipica di un tipo abituato ad essere rimproverato e disse: "Beh.. beh.. Harry, cosa aspetti? Spiegale tutto."
"Perché io? Niall.. tu.."
"Io sono innocente." sentenziò il biondo e fece gli occhi dolci ad OPA "Tu credi che questo cucciolo gaelico sia innocente, vero?"
L'attacco sguardo-tenereggiante non ebbe successo su OPA, che ricambiò con un'occhiata molto greca, che tradotta in inglese sarebbe suonata tipo: mi-sto-stancando, tanto che Niall si ritrasse, intimorito.
"Ebbene?"
"Ci siamo cacciati nei guai nell'ultimo tour." spiegò rapido Harry "E siamo finiti su tutti i giornali."
"Ma cosa avete fatto di preciso?"
"Fai prima a leggere qui." ribatté Zayn, e le lanciò il giornale che stava sotto il cuscino della sua poltrona. OPA lo prese al volo e si ritrovò in mano una copia di uno di quei giornali gossippari inglesi pieni di titoloni. Sulla copertina vi era la foto un po' sfocata di un'automobile decappottabile con un sacco di persone nelle più svariate posizioni. Un paio sembravano fondersi, incollate com'erano.
"Quello sono io.. già." disse Zayn "Stavo limonando una."
"Oh." fu la sagace risposta di OPA.     
"Sì beh, ero ubriaco. Non lo faccio con le prime che vedo."
"Meno male." ribatté lei, prendendo in considerazione la propria posizione, mentre sfogliava il giornale. In effetti i cinque non avevano mentito: dalla grandezza dei titoli, dovevano essere famosi. Vi erano scritte da prima pagina di pettegolezzi con domande ansiogene. Sotto la foto di Zayn con la ragazza, vi era la scritta: Fugace passione o nuova fiamma? e intorno alle altre, come tanti arzigogoli, fioccavano le più strane ipotesi.. sul fatto che Niall fosse diventato un alcolista, che Harry e Louis provassero qualcosa l'uno per l'altro, che Liam avesse la patente per guidare quel macchinone.. 
"Cioè, in pratica voi cinque vi siete ubriacati, avete rubato una Ferrari e vi siete dati al bisboccio pazzo?" chiese incredula. Zayn si strinse nelle spalle, mentre Niall alzò un dito, agitandosi e rispose: "Si dice presa in prestito, non rubata! Alla fine l'abbiamo ridata!"
"Un po' a pezzi.." sussurrò Harry, trovando nel contempo molto interessanti le proprie unghie.
"Un po' a pezzi!?"
"Perché credi che Simon ci abbia cacciato in questo posto? Siamo in castigo."
"E il vostro lavoro?"
"Abbiamo terminato il tour il mese scorso. Fino all'Estate prossima saremo confinati qui." spiegò Niall, prima di illuminarsi tutto ed aggiungere: "Ma con te sarà tutta un'altra storia."
"A proposito, come hai detto di chiamarti, biondina?" domandò Zayn. 
"OPA Vasilakis. E OPA si scrive tutto maiuscolo."
"Genitori americani invasati per tutto ciò che è greco?"
Louis e Liam erano tornati, il primo aveva posto la domanda con un certo divertimento nella voce. La ragazza sospirò. Certe domande erano così prevedibili..
"No. Sono greca. Greca completa."
"Sei albina?" domandò Zayn.
"Ma a me sembri più irlandese che greca." fece notare riottosamente Niall. OPA sospirò di nuovo. 
"Avete mai sentito parlare di.."
"Quanto zucchero vuoi nel té?" la interruppe Liam.
"Una zolletta grazie. Dicevo.. avete mai sentito parlare di alleli recessivi?"
I cinque si guardarono. Alla fine annuirono tutti, ma con una certa reticenza. 
"Più o meno.. vecchi ricordi di scuola. Genetica..?"
"Esatto. Tutti i miei parenti sono tipicamente greci.. piccoli, scuri ed abbronzati.. e io.. sono semplicemente nata così perché ho ereditato i caratteri recessivi di qualche avo che fino al momento del mio concepimento se ne erano stati silenti silenti nei geni dei miei genitori. Capite?"
"Sei strana." fu il saggio commento di Zayn "Mi piace."
"Anche a me." convenne Harry.
"Anche a me piace." annuì Liam. 
"Andata. Mi vai bene." acconsentì Louis. 
Niall si strinse al suo braccio e con gli occhi più teneri che gli riuscirono bisbigliò velocissimamente: "OPPINA. Già ti amo."

 

Spazio autrici

Dopo un certo ritardo causato dalle ferie, eccoci finalmente di ritorno! Speriamo come al solito che il capitolo vi garbi - finalmente son giunti i ragazzi! - e che continuerete a leggerci. Alla prossima, piccoli ballerini di sirtaki!

Lice_n_Catz

  

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** IV. Quasi una mensa dei poveri ***


IV. Quasi una mensa dei poveri

 
 
Il tè aveva un sapore strano.
OPA lo notò al primo sorso. Sapeva di sapone per piatti e di bruciato, più che di acqua calda e limone. Si costrinse a sorbirlo come se fosse una medicina, cercando di non fare smorfie o anche semplicemente non mettersi a lacrimare dal disgusto. Già che c'era pregò un paio di santi affinché non finisse in ospedale per una lavanda gastrica o a ruttare bolle di sapone.
I cinque beoti non facevano altro che fissarla, mentre sorseggiava quel miscuglio nauseante. Sembrava che stessero aspettando qualcosa.
"E allora... com'è?" domandò alla fine del terzo, orribile sorso, Liam.
OPA si costrinse a mentire. "Buono, grazie."
Non era vero. Assolutamente. Era il tè meno tè che avesse mai bevuto. Era il liquido meno bevibile che avesse mai bevuto, a dirla tutta: nemmeno l'acqua del mare era così disgustosa. Dopo il quarto, nauseante sorso, decise di prendersi un minuto prima di proseguire chiedendo: "Se non potete uscire... cosa fate tutto il giorno?"
Si strinsero nelle spalle, Niall si strinse di nuovo al suo braccio. La tazzina nelle mani di OPA ebbe un tremito. Il biondino non si era ancora scollato da lei.
"Ci annoiamo."
"Giochiamo ai videogiochi sul PC. Abbiamo Spider, sul PC."
"Leggiamo le riviste di Mila. Ogni quattro giorni ce ne porta di nuove."
"Anche se sono tutte di gossip." aggiunse Liam, indicando quella sul tavolino dal quale la ragazza aveva letto la notizia della causa del loro internamento.
OPA aspettò che qualcuno continuasse a illustrare i loro gloriosi pomeriggi immersi nel dolce far nulla, ma nessuno aggiunse più una sillaba. Li guardò, uno ad uno, prima confusa, poi scandalizzata.
"Basta? Finito?"
Quattro si strinsero di nuovo nelle spalle, il biondo si strinse a lei. Pensò fosse il momento giusto per liberarsi della piovra irlandese e del tè taroccato in una mossa sola, quindi, fingendo fervore e decisione, sgusciò dall'abbraccio non voluto di Niall e si piegò ad appoggiare la tazzina sul tavolino.
"Mi state dicendo che la vostra vita si sta trascinando nel nulla assoluto?" chiese, puntando le braccia sui fianchi come aveva visto fare a sua madre con quasi due decenni di bambini ospiti maleducati in hotel. Fissò uno a uno a uno i cinque. Loro la guardarono a loro volta, come confusi da quel tono di voce. Fu solo Zayn a trovare il coraggio di chiedere: "E... cosa dovremmo fare? Non possiamo usare Internet, non possiamo uscire."
"Di libri in casa ce ne sono pochi." sentenziò Liam.
"E fare le pulizie non sembra la cosa più divertente del mondo." concluse Harry. Tutti fecero sì con la testa, confermando le sue parole. OPA capì subito di trovarsi in un bel guaio. Non solo doveva abitare con quel gruppetto di così famosi [citazione necessaria] cantanti e nel mentre tentare di studiare: avrebbe dovuto anche badare al fatto che non si annoiassero troppo. Era abbastanza sveglia da capire che ben presto la noia avrebbe avuto il sopravvento sull'ubbidienza e avrebbero trovato modi per evadere in tutti i sensi, dalla normale routine come da quella casa. Aveva avuto a che fare con un sacco di bambini maschi. E i bambini maschi di norma cominciano a pensare come adulti intorno ai 30 anni, se tutto va bene. Ben lontano dai ventenni, al massimo ventunenni presenti in quella stanza. Perché le interessava tanto che non facessero azioni avventate? Nah, non si era ancora affezionata così tanto a tutti loro: voleva solo evitare di diventare famosa e di finire su ogni singolo giornale scandalistico inglese ed europeo. S’immaginava già titoloni assurdi: Gli One Direction e l'islandese. Chi è la bella bionda che abita con loro?
Poi, una volta che avessero scoperto che era greca: Greca recessiva o semplice pubblicità della Daygum Protex? Orgia dionisiaca in corso? Ma che razza di greca è bionda con gli occhi azzurri e la erre moscia?
Il tutto seguito da relativi talk show con pseudo-genetisti che avrebbero confermato o smentito la possibilità che una greca potesse assomigliare a una Vichinga (in formato tascabile). Doveva assolutamente impedirlo. Non aveva la benché minima voglia di essere conosciuta più di quanto già non lo fosse nella sua isola.
"Beh, da oggi si cambia registro."
"Eh?" chiesero in coro. OPA accennò un sorrisetto.
"Io non sono qui a perdere tempo. Sono greca nel sangue e noi greci non perdiamo mai tempo. Lo dice sempre la mia bisnonna."
"Lo diceva, forse." pensò bene di correggere Louis. La ragazza gli fece no no coll'indice sinistro e rispose: "Ha 90 e passa anni ed è più in forma di tutti voi messi assieme. Quindi ora vi chiederei gentilmente di mostrarmi la mia camera e poi ci metteremo al lavoro."
"Al lavoro?" esclamarono Zayn e Niall.
"Oh, sì. Non ditemi che non avete intenzione di offrirmi una cena di benvenuto! Il fatto di essere cantanti famosi non vi esonera dal dovere di ospitalità. Zeus Xenios si arrabbierebbe moltissimo. E noi non vogliamo scatenare l'ira d’irascibili, antiche divinità elleniche."
"Ma di cosa diavolo sta parlando." pensò a voce alta Zayn. Gli altri però sembravano aver capito. Infatti sorridevano. Un uomo di solito non ha molti collegamenti mentali, si disse OPA, ma quando si parla di cibo ogni neurone viene attivato in un secondo.
"Tanto per sapere... in questi giorni avete cucinato voi?"
"Sì."
Dato che aveva provato il tè, poteva comprendere appieno lo sguardo famelico che si era rapidamente insinuato nei loro occhi (che, ricordò con piacere OPA, erano derivati dai più disparati alleli). Lei sorrise di risposta e aggiunse: "Allora, chi mi mostra la camera?"
Si alzarono tutti e cinque, ma il primo a venirle incontro fu Harry. Si slanciò dalla poltrona con un singolo, fluido movimento, superò il tavolino e la prese a braccetto mentre gli altri ancora tentavano di prendere confidenza con le proprie gambe.
"Ti accompagno io, chicca."
E a dire che OPA aveva sperato proprio che non fosse lui il prescelto. Era il tipo che le metteva più ansia, anche più del cucciolotto irlandese (che, per la cronaca, li guardava imbronciato a braccia incrociate). Ma non poteva essere maleducata con persone appena conosciute e con cui avrebbe dovuto convivere, quindi sorridicchiò e rispose: "Bene, andiamo."
Harry fece un cenno agli altri e afferrò i bagagli con la mano libera. La ragazza si chiese quanto avrebbe resistito, visto che in quella valigia in sostanza vi era il suo armadio.
"Voi cominciate a sistemare la cucina. Torniamo subito. Sarà una cosa veloce." ordinò ai suoi colleghi, che non apparivano per niente contenti di aver perso il privilegio di occuparsi personalmente della greca recessiva, tanto che si alzò un brusio immusonito. Le sorrise come se non li sentisse o come se semplicemente la cosa lo tangesse meno di zero e gli indicò con un gesto sinuoso l'entrata da cui era passata prima.
"Le stanze sono al piano di sopra." le spiegò, cominciando ad avanzare sicuro. OPA non rispose, attenta com'era a notare in lui anche il minimo cambiamento o sbilanciamento dato dal peso immane della valigia. Increspò le labbra in un sogghigno soddisfatto quando, dopo tre passi, Harry iniziò a dimostrare segni di cedimento.
E non siamo ancora arrivati alle scale... pensò in un impeto di pura bontà. Bontà per modo di dire, ovviamente. Era greca, e greco non è sinonimo di misericordioso. Non so se ricordate bisnonna Xanthippe. Ecco, quella ya-ya dà perfettamente il senso di quanto sia misericordioso un greco. Tendente a meno infinito, direi.
"Wow..." accennò ad un certo punto lui, cinque passi dopo "Cosa hai messo in questa valigia?"
"Tutto il mio armadio invernale più i vestiti che mia madre ed io abbiamo comprato per l'occasione."
"Beh… mi pare tanta roba."
Dieci passi, primo gradino in fondo al corridoio dall'entrata, fiatone già apprezzabile.
"Se vuoi la porto io."
Harry rispose con un ruggito. "Assolutamente no. Ci mancherebbe. Ce la faccio benissimo."
"Guarda che non sto mettendo in dubbio la tua virilità. Solo che sembra che tu stia per avere un coccolone."
Harry, per tutta risposta, sollevò la valigia con entrambe le mani e la calò sul secondo scalino. OPA comprese subito che quello sarebbe stato l’andazzo fino al piano superiore.
Il riccio fece sentire ogni singolo, benedetto gradino, colpendolo con precisione con il bagaglio. Tum. Tum. Tum. I nervi della ragazza cominciarono a saltare dopo mezzo minuto, ma il gene greco della pazienza ereditato da generazioni di donne che avevano avuto a che fare con ogni genere di trogloditi di sesso maschile si attivò miracolosamente in quel momento, concedendole di arrivare sul pianerottolo del primo piano senza aver compiuto alcun cantanticidio.
“Perfetto.” disse, una volta che Harry ebbe fatto sapere a tutta la casa di essere giunto alla fine del viaggio con un ultimo cigolio di assi moribonde “Ora dalla a me.”
“Non preferiresti che io…”
“No, dai, va già bene così.”
Prima che lui potesse ribattere, OPA afferrò ciò di cui era proprietaria e chiese: “Dove andiamo?”
Harry indicò la fine del pianerottolo. “Da lì a sinistra. Davanti al bagno c’è una camera vuota.”
“Perfetto.” ripeté OPA. Vi si diresse. Poi si fermò e si voltò a guardarlo. Era ancora lì. “Tu torna pure dai tuoi amici, io arrivo subito. Mi sistemo e torno.”
Ma il riccio non parve dello stesso avviso. Fece un passo avanti quando lei ne mosse uno. E un altro. E un altro ancora. OPA se lo ritrovò in camera, ovverosia nella stanzetta modello base IKEA provvista di un letto, una scrivania e una sedia.
“Sei fidanzata?” le buttò lì, mentre si chiudeva. La porta. Alle spalle. Probabilmente questa storia avrebbe preso una piega completamente diversa se solo la nostra protagonista non fosse stata una greca recessiva. Fortunatamente, lo era.
“Riapri. Subito.”
Harry tentennò, preso alla sprovvista. OPA gli fece capire che non scherzava, ruotando il trolley nella sua direzione con una manovra ardita. Lui capì che sarebbe stato meglio evitare un investimento, quindi ubbidì.
“Eh? Sei fidanzata?”
“No.”
“No?”
“Cosa non hai capito del monosillabo?”
“Sono solo stupito, tutto qui. Insomma, sei carina.”
“Grazie.”
“E mi stupisce che tu non sia fidanzata.”
“Dalle mie parti i miei colori non sono molto apprezzati.” rispose lei, caustica. L’unica cosa che voleva evitare era un interrogatorio riguardo la sua (inesistente) storia amorosa. Lo guardò negli occhi e notò qualcosa che non le piacque per niente. Fece come le era stato insegnato.
“Forza. Io non ho tempo da perdere. Voi non mi avete preparato niente e dovrò pensarci io.”
Harry finalmente chiarì i suoi drammi interiori che tanto stavano irritando la sua ospite. “Non posso ancora credere che tu non ci riconosca, chicca. Io sono praticamente la mascotte della band e non… non…”
OPA lo osservò con uno sguardo eloquente mentre lui agonizzava cercando il modo di spiegarle quanto fosse spiacevole la propria posizione in quanto cantante più amato degli One Direction non riconosciuto da una ragazza perfettamente dell’età delle sue normali fans. Poi si ruppe le palle.
“Senti, Harry, mi dispiace non aver soddisfatto i tuoi bisogni da primadonna, ma io proprio non posso farci nulla. Non conosco le vostre canzoni e non sapevo della vostra esistenza prima di capitombolare qua.” lo fermò alzando imperiosamente una mano, prima che lui prendesse abbastanza aria da ribattere “E in ogni caso non ho intenzione di diventare la vostra groupie. Io sono qui per studiare. Voi siete i miei coinquilini, non le mie rockstar-in-incognito. Te lo dico subito: non ti mettere in testa strane idee. E ora scendiamo in cucina.”
“Non vuoi svuotare la valigia?” domandò il riccio, in evidente crisi esistenziale. OPA scosse la testa.
“Ci penserò io. Da sola. Grazie comunque per la proposta, Harry. Andiamo.”
Non aspettò oltre. Con una sola mossa, imparata in anni di gavetta in hotel, parcheggiò il trolley nello spazio vuoto di fianco alla testata del letto, volteggiò su se stessa e marciò Panzeramente verso la porta, pronta ad asfaltare il riccio se necessario. Lui fa abbastanza sveglio da lasciarla passare e poi seguirla, silente e abbacchiato.   
In cucina l’accolse il delirio.
La tavola era stata preparata, per modo di dire. Una tovaglia ampiamente macchiata faceva da fondo comune a un’accozzaglia di stoviglie dalle più svariate origini: c’erano piatti di porcellana fine mischiati a ciarpame di ceramica, bicchieri di plastica, di vetro e addirittura un improbabile calice da degustazione vini. Le posate, grazie a Dio, erano semplici e banali coppie forchetta-coltello.
“Santa Matrona di Chio.” mormorò a bassa voce, osservando la tavolata variopinta e chiedendosi dove Mila avesse potuto recuperare tutto quella paccottiglia.
“Abbiamo preparato tutto, OPA.” le fece notare Liam, con un sorriso a trentadue denti “Proprio come ci hai chiesto.”
“E guarda cosa abbiamo tirato fuori per stasera.” Niall alzò in aria un paio di confezioni di cibo surgelato “Lasagne! Lasagne per tutti!”
“O così crediamo.” lo corresse Zayn, a braccia incrociate, appoggiato al mobile del forno “In realtà abbiamo solo due portate da un paio di bocche per uno. E siamo in sei.”
“Ce le faremo bastare.” tagliò corto Louis, girando la manopola del forno “Niall, togli la plastica che le inforniamo. Ho fame.”
Fu a quel punto che OPA si riprese abbastanza dallo stupore da capire che cosa stavano facendo.
Stavano per oltraggiare Zeus Xenios.
“Fermi! Fermi tutti! Non vorrete sul serio scaldare un paio di lasagne come cena di benvenuto, vero!?”
Il silenzio cadde su tutti gli astanti. Quattro paia di occhi (più uno dietro di lei) le si fissarono addosso, presi alla sprovvista.
“… Sì?” abbozzò infine il coraggioso cucciolotto irlandese.
La ragazza esplose. “No! Ma siete matti, tutti matti! Mettete subito via quelle cose! Cosa avete in frigorifero?”
“Nel freezer di tutto, nel frigo… un po’ di birra.”
Sudore freddo cominciò a scorrere lungo la spina dorsale della greca fuori sede.
“Fatemi vedere.”
Louis, che era il più vicino, spalancò l’anta del frigorifero. Orrore e raccapriccio comparvero sul volto di OPA.
“Non ci credo. Mila vi ha preso queste tre cose e basta?” domandò incredula, spirito ellenico in agonia alla vista di cinque pomodori rinsecchiti, qualche sottaceto, una mozzarella solitaria e una cipolla abbandonata nel più recondito ripiano buio dell’oscuro luogo di peccato che quel frigorifero era divenuto dopo la fatal spesa.
Tutti e cinque i beoti annuirono seriosi, come consci della disastrosa situazione.
OPA capì che solo lei avrebbe potuto salvare la cena.
“Non importa. Non mangeremo quelle lasagne in ogni caso.”
“E allora cosa facciamo?” chiese riottoso Zayn “Non mangiamo?”
“Ovvio che lo faremo. Ma a modo mio. Tirate fuori tutto dal frigorifero. Prendetemi una ciotola. Trovatemi un grembiule.”
Nessuno si mosse.
“ORA!”
Un sissignora! Si alzò nella cucina e ognuno dei cinque cantanti in castigo corse a ubbidire alla coinquilina. In meno di quattro minuti riuscirono a radunare ogni cosa. OPA recuperò un tagliere vecchio e rovinato dall’armadio sopra il lavello e un coltello affilato. Il lavoro di sminuzzamento non richiese più di un quarto d’ora, sotto gli occhi attoniti di tutti.
“Ecco fatto.” disse soddisfatta, mescolando nell’insalatiera i pomodori a rondelle, i cetriolini e le olive sottaceto affettati, la mozzarella a cubetti e la cipolla “Una vera insalata greca alternativa.”
“E dove sta l’insalata?” domandò curioso Niall.
“Non c’è l’insalata nell’insalata greca. Di solito si usano solo pomodori e cetrioli. E la feta. Ma noi non l’abbiamo e ci accontentiamo di questo. Per questo è alternativa.”
Mise in tavola la grossa ciotola col suo contenuto, ripiegò il grembiule e li guardò a braccia incrociate.
“Sedetevi. La cena è servita.”
Meccanicamente tutti si accomodarono ai propri posti. OPA si sentì in dovere di recuperare il posto a capotavola. Niall tentò di agganciarsi di nuovo al suo braccio, ma lei evitò la cosa alzando il bicchiere (il calice) dicendo: “Che sia propizio all’inizio della nostra nuova convivenza.”
“Se non moriamo per la cipolla.” bisbigliò Louis, che aggiunse subito un ahi! quando Liam gli tirò un calcio sotto il tavolo.
Alzarono anche loro il proprio bicchiere e furono spartite le dosi dell’insalata alternativa. Nessuno osò lamentarsi del suo contenuto, piuttosto furono tutti piuttosto sorpresi dal fatto che fosse buona.
OPA li osservò mangiare colla sensazione che avrebbe avuto un City Angel guardando i propri clochard divorare una minestra calda per la prima volta all’ospizio dei poveri.

 

Spazio autrici

Ebbene sì, cari danzatori di sirtaki! Siamo tornate!





 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2686200