Solo mia

di goccia_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'incontro ***
Capitolo 2: *** Karakura High ***



Capitolo 1
*** l'incontro ***


Capitolo 1 - L’incontro
 
 
La vide salire tra la folla nello scomparto della metro. Si faceva largo a fatica per riuscire a passare tra la gente che la pressava per riuscire a raggiungere un appiglio dove aggrapparsi per non rischiare di cadere ogni volta che il mezzo rallentava. Impossibile non notarla, anche tra la folla. I capelli mossi biondo miele ondeggiavano delicati incorniciando il viso angelico e ricadevano morbidi sulle spalle, il corpo snello e sinuoso rendeva la figura fine e slanciata. Notò l’uniforme scolastica, era quella della sua scuola, strano… non gli sembrava di averla mai vista, anche se era da parecchio che tutti lo schivavano.
Non si poteva certo definirlo un tipo socievole, anzi… se c’era da fare a botte era sempre in prima linea, non provava alcun interesse verso nessuno, a meno che non lottasse, non lo facesse incazzare o disturbasse la sua falsa quiete…in quel momento il disgraziato di turno catturava si la sua attenzione, ma solo per prenderle di santa ragione.
Odiava tutti, non voleva avere a che fare con nessuno. Tutto il suo corpo, tutto il suo essere bruciava di costantemente di rabbia, sin da quando era bambino, sin da quando…
 
«io me la farei volentieri la biondina»

 
Grimmjow venne riscosso immediatamente dai suoi pensieri.

 
«non dirlo a me..»
 
Due idioti stavano osservando la ragazza che aveva notato anche lui poco prima. Gli venne una gran voglia di pestarli a sangue, ma si trattenne. Erano solo le 7 e 30 del mattino e a giudicare dalla puzza di alcool avevano già alzato il gomito. Continuavano a scambiarsi opinioni non proprio eleganti sulla malcapitata e a ogni commento la sua irritazione aumentava sempre di più. Più parlavano più dimostravano ciò che erano: stupidi sacchi di spazzatura che meritavano soltanto di essere pestati.
La metro rallentò, era la fermata della scuola. La ragazza si avvicinò all’uscita e Grimmjow vide i due uomini scambiarsi un’occhiata di intesa e seguirla.
 
*
 
Gran bella idea. Già una grandissima idea. Trasferirsi l’ultimo anno delle scuole superiori in un'altra scuola. Ovvio…perché lasciare la città e gli amici dove si è vissuti per una vita intera e buttarsi in una scuola sconosciuta di una città dove non si era mai stati l’anno della maturità poteva solo definirsi così: una gran bella idea del cavolo.
Sospirò, infondo i suoi avevano traslocato per lavoro, non poteva certo fargliene una colpa.
 
Scese dalla metro e si guardò intorno cercando l’uscita e imboccandola. Doveva arrivare a scuola in orario, non poteva perdersi come al solito.
Peccato che arrivata a uno incrocio non si ricordava assolutamente da che parte dovesse proseguire. Estrasse un foglietto dalla tasca della giacca della divisa, aveva preso qualche appunto sul tragitto il giorno prima, quando l’aveva percorso per la prima e unica volta. Fece scorrere lo sguardo sul pezzetto di carta  e lesse strada piccolina a destra con i fiori. Ok alla sua destra la via era poco più piccola delle altre, ai bordi di tanto in tanto si insinuava tra le crepe dell’asfalto qualche ciuffo d’erba e un paio di fiori, doveva essere quella. Imboccò la strada e la percorse.
 

Dove cazzo sta andando?
 

Camminò fino ad arrivare a una svolta obbligata e percorrendola, trovandosi di fronte a un muro.

Fantastico un vicolo cieco... Miracolo che avesse sbagliato strada… perché sua madre non l’aveva munita di un briciolo di senso dell’orientamento? O di una bussola almeno

Si voltò sbuffando indispettita per tornare al punto di partenza. Due uomini le stavano serrando la strada. La ragazza sbarrò gli occhi per la sorpresa e per il timore.
Come aveva fato a non accorgersi di quei due? Da quanto la stavano seguendo? E perché? Le loro facce non promettevano niente di buono.
«Ciao dolcezza…ti sei persa?» ghignò uno dei due.
«Possiamo accompagnarti se vuoi» fece eco l’altro.

Deglutì nonostante la bocca arida. Che diavolo volevano? «Ehm no grazie, sono sicura di riuscire a trovare la strada da sola» sfoderando un falso sorriso di cortesia.
 Gli uomini si avvicinarono facendola indietreggiare.
«Non vuoi un po’ di compagnia?»
«Insieme possiamo divertirci» Uno dei due scattò in avanti e l’afferrò per un braccio facendola urlare.
«Lasciami!» gridò disperata cercando di liberarsi .
L’altro si avvicinò per afferrarla, ma lei si difese cercando di colpirlo inutilmente con la cartella.

 Aveva il cuore in gola, non avrebbe mai e poi mai voluto trovarsi in una situazione simile, doveva uscirne, doveva farcela! In preda all’adrenalina e all’impulso di sopravvivenza sferrò un calcio alla gamba destra dell’uomo che la tratteneva con tutta la forza di cui era capace, riuscendo finalmente a farsi mollare. Gesto che il compagno non apprezzò poiché la spinse facendola finire a terra.
«stupida puttanella, vedi di collaborare!» si avvicinò sovrastandola.
Il suo corpo si irrigidì e iniziò a tremare, aveva una paura folle, sentì le guance inumidirsi, stava piangendo, si sentiva incapace di reagire dal terrore. Voleva urlare, dibattersi, ma il suo corpo era immobile, dalla gola non fuoriusciva un filo di voce. Quando l’uomo fece per gettarsi sopra di lei chiuse gli occhi e si raggomitolò spaventata.

Ma non successe nulla.

Sentì solo il rumore di un tonfo e una persona che rotolava. Riaprì gli occhi e con lo sguardo appannato dalla lacrime riuscì a vedere un ragazzo alto e muscoloso  con i capelli azzurri che le si era parato di fronte.

Era sotto shock , ma osservò attenta la battaglia che si svolse di fronte ai suoi occhi: quel ragazzo comparso dal nulla si stava battendo come una belva, da solo, contro due uomini e li stava massacrando di botte. Li colpiva a ripetizione con calci e pugni senza alcuna pietà, più loro reagivano, più lui li colpiva duramente fino a quando non si videro costretti a ritirarsi ormai picchiti selvaggiamente.

Grimmjow si avvicinò alla ragazza che era ancora seduta a terra atterrita.
«tutto ok?»
La giovane accennò un live si con la testa, ancora sotto shock, lo sguardo perso nel vuoto.
«alzati, dobbiamo andare a scuola»
Lei si alzò ubbidendo meccanicamente, faticando a rimanere in piedi sulle gambe molli.
«andiamo» Grimmjow si voltò di spalle e si incamminò, la ragazza lo seguì a ruota.
 
Ecco ora non solo si era persa, ma aveva anche fatto la figura dell’idiota cadendo vittima di due ubriaconi. Menomale che era arrivato quel ragazzo che si era battuto come una furia e l’aveva salvata. E adesso la stava pure accompagnando a scuola!
 
Come diavolo sa dove vado a scuola???
 
Il pensiero la sorprese paralizzandola per una frazione di secondo. Guardò la divisa. Era identica alla sua se non per il fatto che lui al posto della corta gonna a pieghe grigia portava dei pantaloni. Certo che era stata proprio un genio a non notarla fino a quel momento. Guardò meglio il suo salvatore. Era decisamente alto, lei doveva arrivargli si e no alla spalla, e muscoloso, i capelli erano di un azzurro quasi accecante ed erano ingellati spettinati all’insù. Ma la cosa che più l’aveva colpita erano stati i suoi occhi. Quando, pochi istanti prima, lui le aveva rivolto la parola aveva incrociato quegli occhi azzurri che sprizzavano magnetismo da tutti i pori dai quali non sarebbe mai riuscita a togliere lo sguardo.
Imboccarono una piccola via a destra dove tutte la case avevano appeso ai balconi e alle finestre vasi e vasi di fiori variopinti.

Strada piccolina a destra con i fiori...ma certo…che idiota…

Era proprio una stupida, aveva fatto il tragitto il giorno prima ed era riuscita a perdersi anche con i suoi stessi appunti. Quanto doveva essere sembrata goffa e ridicola a quel ragazzo? Quel ragazzo che oltre ad averla salvata la stava pure accompagnando. Doveva essere una bella seccatura per lui e lei non lo aveva nemmeno ringraziato. Ecco, oltre che stupida pure irriconoscente. Inutile, era un disastro su tutta la linea.
Doveva ringraziarlo, almeno quello doveva farlo come si deve.
E scusarsi. Scusarsi per avergli procurato solo guai.
 
Grimmjow si sentì afferrare per la manica della camicia e si voltò «che c’è?»

«i-io» gli occhi le si riempirono di nuovo di lacrime.
Addio buoni propositi di scusarsi in un modo decente.
Si sfregò il dorso della mano libera sugli occhi verdi leggermente arrossati per asciugarli. Strinse di più la stoffa della camicia che continuava a trattenere «g-grazie»
Lui estrasse una mano dalla tasca dei pantaloni e le porse un fazzoletto di stoffa completamente bianco.
«come ti chiami?» le chiese  lasciandola totalmente perplessa.
«Namiko, Namiko Sakurai»
«Grimmjow Jaegerjaques»

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Capitolo 2
*** Karakura High ***


Continuò a seguirlo, in silenzio, come se fosse la sua ombra.
Erano tante le domande che le frullavano per la testa: come aveva fatto a notare i due che la seguivano, perché aveva deciso di battersi anche se lei era una totale sconosciuta, come era riuscito a battere due uomini lui da solo, in che classe era, come era il liceo, se si sarebbero rivisti…

«siamo arrivati»

La ragazza si riscosse dai suoi pensieri e si ritrovò a osservare l’imponente edificio scolastico. Un’enorme cancellata in ferro battuto si apriva su un selciato che portava all’ingresso principale dello stabile circondato da un grande prato verdeggiante. Sulla destra della scuola si potevano intravedere gli impianti sportivi, probabilmente un campo da calcio e una piscina.

Si voltò per chiedere al ragazzo dove fosse l’ufficio della preside ma lui era già sparito.

Lei non se ne era nemmeno accorta.
Adesso come avrebbe fatto a ritrovarlo?
Quando lo avrebbe rivisto?
Era sparito senza nemmeno salutarla, senza dirle nulla.
Si era dileguato silenzioso, quasi non volesse avere più nulla che fare con lei.
Si sentì triste.
Voleva veramente poter parlare con lui un'altra volta, poterlo veramente ringraziare per ciò che aveva fatto per lei.
 
Il fazzoletto!
Doveva assolutamente ridarglielo anche a costo di cerarlo per tutta la scuola!
 
Una volta entrata dal preside, dopo essersi persa altre tre/quattro volte all’interno della scuola, Namiko completò tutte la scartoffie: pagine  e pagine di fogli da firmare tra il trasferimento, il programma scolastico, le regole della scuola ecc… con quelli entrava ufficialmente a far parte dell’istituto “Karakura High”.
Il preside l’accompagnò dall’insegnante della sua classe, Misato Ochi; una donna piuttosto alta, dall’aspetto un po’ maschile, con gli occhiali e i lunghi capelli castani raccolti in una semplice coda di cavallo.
La accolse con gentilezza, sembrava molto premurosa.
Fece fare a Namiko un rapido giro della scuola e dei luoghi più importanti fino ad accompagnarla all’entrata della classe.

Come se potesse realmente sperare di ritrovare tutti qui luoghi dopo che le erano stati mostrati una sola volta…

A lato della porta della classe sporgeva un cartellino su cui era incisa la sua sezione : 5C.

Chissà come erano i suoi compagni.
Ormai era l’ultimo anno, i gruppi di amicizie erano già ben consolidati, sarebbe riuscita a integrarsi?
Sentì chiamare il suo nome, era ora di entrare.
Strinse nella mano il fazzoletto portogli qualche ora prima dal quel ragazzo dagli occhi azzurri e felini per darsi coraggio. La stoffa era ancora umida.
 
Quanto aveva pianto…
Tutta la tensione e la paura si erano allentate subito dopo aver saputo il nome del suo protettore facendola esplodere in un mare di lacrime.
Lui era rimasto lì, fermo, a guardarla in silenzio, lasciandola sfogare senza proferire una parola, aspettando semplicemente che si sfogasse e si calmasse.
Quanto doveva essere sembrata patetica in quel momento? Una patetica lagnona piagnona.
 
Entrò in classe con passo deciso e tutte le sue paure si sciolsero, per la seconda volta quella mattina, quando vide in fondo alla classe due occhi azzurri che la guardavano stupiti.
 
Era lei.
Era lei, di nuovo.
Gli stava sorridendo.
Nel momento in cui i loro sguardi si erano incrociati lei aveva sorriso.
Un sorriso felice, un sorriso dolce, un sorriso sincero.
Perché era contenta di vederlo?
Non aveva avuto paura di lui?
Non aveva visto come era stato in grado di pestare selvaggiamente due uomini a mani nude?
Perché al posto di fuggire terrorizzata come tutti gli altri sorrideva?
Era forse diversa dagli altri? Da tutti quelli che fino ad ora lo avevano evitato come la peste? O da chi lo aveva provocato come si fa con una bestia feroce in gabbia?
Impossibile.
Inutile farsi illusioni.
Eppure dal suo sguardo, da quegli occhi verdi vivaci e profondi traspariva solo felicità, pura e semplice…come lei. Come lei quella stessa mattina quando si era messa a piangere come una bambina dopo l’accaduto. Gli era sembrata così fragile, talmente tanto che se l’avesse toccata o anche solo sfiorata si sarebbe spezzata.
 
Nuova alunna.
Ecco svelato il mistero del perché non l’avesse mai vista. Tanto importava poco, dopo qualche giorno in quella classe, in quella scuola, avrebbe iniziato anche lei ad evitarlo  come tutti quanti.
 
 
Namiko si incamminò lungo il corridoio formato dalle file dei bachi avanzando lentamente. Si sentiva scrutata da quegli sguardi indagatori che la osservavano e si scambiavano occhiate di reciproco rammarico. Un bisbiglio sordo e continuo la accompagnava lungo il tragitto che le sembrava infinito tanto si sentiva a disagio in quel momento.  Ok che era nuova nella classe ma non si aspettava una accoglienza del genere. Era pronta a essere osservata, a qualche sguardo stupito e qualche bisbiglio, ma quello era veramente troppo.
 «poverina»
«vicino a lui»
Riuscì a captare da qualche sussurro.
Ma che stava succedendo?
Arrivata finalmente in prossimità del banco tirò un sospiro di sollievo, finalmente stava per finire quell’inferno.
La ragazza a cui stava passando a fianco e che sarebbe stata quella di fronte a lei nei posti a sedere la bloccò trattenendola per la manica della giacca grigia.
«stai attenta»
Namiko si sedette al suo posto frastornata. Che avrà voluto dire quella ragazza? A cosa avrebbe dovuto stare attenta?  Forse lei era solo l’oggetto indiretto di quegli sguardi e bisbigli di prima…
Si voltò verso il ragazzo cercando di rivolgergli la parola ma lui distolse immediatamente lo sguardo come infastidito.
Non voleva proprio avere più niente a che fare con lei…sospirò.
Eppure lei era così felice di averlo appena rivisto….
Tirò fuori il libro dalla cartella e iniziò la lezione che Namiko tentò di seguire con tutte le sue forze inutilmente: ogni 5 minuti il suo pensiero tornava fisso sul ragazzo che le sedeva accanto e che sbirciava di tanto in tanto di sottecchi.

Toc.

Un bigliettino cadde e rimbalzò un paio di volte sul suo banco.
Stavolta la sua ennesima distrazione era più che giustificabile…
Prese tra le mani il pezzetto di carta e lo aprì.

Alla fine della lezione esci subito dalla classe. Così ti spiego
 
Namiko si voltò subito a destra e a sinistra per capre chi le avesse mandato quel messaggio, ma non si musse una mosca.
Grimmjow era intento a guardare fuori dalla finestra evidentemente perso nei suoi pensieri.

«ehi!»

Di fronte a sé la ragazza di prima le fece segno di essere stata lei a lanciarlo. Finalmente si intravedeva il capo della matassa.
Non appena suonò la campanella si lanciò fuori dalla classe, stava morendo dalla curiosità, voleva sapere.

«ciao, sono Kaori Shimizu» si presentò
«Io Namiko Sakurai, puoi spiegarmi cosa è successo in classe? A cosa dovrei stare attenta?»
«A Grimmjow»

Ma come?

«È pericoloso. Nessuno parla mai con lui. Tutti quelli che lo hanno fatto sono finiti in infermeria o peggio all’ospedale… al primo anno alcuni studenti del quinto hanno provato a fare i gradassi, erano quattro contro uno….a uno ha rotto la mandibola, due di loro non riuscivano nemmeno a rialzarsi tanto li aveva picchiati, il quarto lo ha trascinato in cortile di fronte a tutti e lo ha preso a calci come avvertimento per gli altri. Una volta diffusa la notizia sono stati parecchi che hanno voluto sfidarlo, anche dalle altre scuole, e pure alcuni teppisti di strada e lui li ha sempre massacrati. Prima reagiva solo alle sfide dirette, adesso scatta a ogni minima provocazione, a volte anche senza motivo. Una volta un ragazzo lo ha urtato e lui lo ha scaraventato fuori dalla finestra, fortunatamente era il piano terra. Il banco vicino al suo è sempre stato vuoto, troppo pericoloso, troppo vicino a lui per non fare qualcosa che gli dia fastidio. Dammi retta non parlargli nemmeno e appena puoi cambia posto. Anche stamattina è arrivato in classe con le maniche sporche di sangue»
«veramente quello è successo stamattina perché mi ha difeso »
La ragazza la scrutò stupita con i suoi grandi occhi nocciola che si intonavano perfettamente con i capelli lisci castani tagliati a caschetto.
«stamattina mentre venivo a scuola sono stata aggredita da due uomini»  le tremò la voce al solo ricordo «e Grimmjow mi ha aiutata, è stato lui salvarmi»
«fidati, era solo una scusa per massacrare qualcuno»

Lo studente dai capelli azzurri fece capolino dalla porta della classe e osservò per un attimo le due ragazze che stavano dialogando.
Ecco…che iniziava la solita storia. Gente su gente che si parlano tra di loro, inventando fandonie, schivandolo come un reietto. Perché non lo lasciavano in pace?
Strinse i pugni fino a far impallidire le nocche, era maledettamente nervoso.
Eppure cosa si aspettava, una medaglia?
Anche se lo aveva fatto per difendere quella ragazza la sostanza non cambiava, aveva pur sempre massacrato due uomini di fronte a lei. Si sarebbe aggiunta un'altra nuova bella storia, pronta da raccontare.
Si voltò per andarsene al più presto da quel posto, non voleva vedere altro. Fece giusto qualche passo e un ragazzo lo urtò cadendo a terra.
Grimmjow lo guardò dall’alto al basso con lo sguardo truce, pure lui doveva finirgli tra i piedi?

«Scusami! P..perdonami …ti prego!»

Quella mezza mammoletta si era pure messa strillare in corridoio.

«Fuori dai piedi!»

«Si! Si….subito! »il ragazzo si rialzò e si mise a correre a gambe levate con le lacrime agli occhi, terrorizzato.

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo.
«Hai visto?»
 
 

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