Vissi d'arte, vissi d'amore

di Cabiria Minerva
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***



Capitolo 1
*** I. ***


I.

 

 

Gli avevano affibbiato quello stupido nome da talmente tanto tempo, e quando non lo usavano lo chiamavano semplicemente per cognome, che ormai quasi nessuno – forse nemmeno lui – ricordava quale fosse stato il suo vero nome. Non che a qualcuno importasse, ormai: con gli anni, se possibile, era diventato ancora più intrattabile e scontroso, usciva di casa solo per recarsi a teatro, dove comunicava il meno possibili con il resto della compagnia. Molti, sebbene non l'avrebbero mai ammesso, avevano sviluppato nei suoi confronti una strana ammirazione mista a soggezione, perciò erano ben contenti di non doversi trovare spesso soggetti a quello sguardo cupo che li metteva a disagio. Voci di corridoio sussurravano che fosse stata la guerra a renderlo così, ma nessuno osava appurare alla fonte quell'informazione.

«Buongiorno Mr. Piton.» Fanny Finnigan, l'anziana madre del portinaio, si appoggiò un istante alla scopa in saggina per rivolgergli il suo solito, caloroso saluto. Era una delle poche persone a non aver timore del primo cantante del Blanc Fauve; persino gli ospiti del teatro, pur rapiti dalla sua voce e dal suo talento, sembravano sentirsi a disagio in sua presenza.

«Mrs. Finnigan.» Chinò il capo in un cenno di saluto, forse un po' impettito, ma sufficiente per l'anziana donna, che tornò alla sua occupazione canticchiando una nenia sottovoce.

Attraversò il corridoio con lo sguardo perso in un punto distante davanti a sé, incurante delle persone che, nel vederlo, mormoravano i propri saluti con voce talmente sottile che non li avrebbe uditi nemmeno se avesse prestato attenzione a ciò che accadeva attorno a sé.

E certo chiunque, nel vederlo avanzare con quel portamento così rigido e lo sguardo fisso, lo avrebbe pensato un arrogante manichino impettito, troppo preso da sé e dalle sue doti per accorgersi della frenesia che lo circondava. E chiunque, così pensando, avrebbe completamente errato, poiché non erano le sue doti, ne il suo essere a distrarlo dal mondo, quanto un'innata avversione – dovuta forse ad una naturale incapacità – per quei contatti umani necessari per intrattenere quella che viene generalmente chiamata una sana vita sociale.

S'infilò nello stanzino che gli fungeva da camerino e solo quando la porta fu chiusa dietro di lui concesse ai suoi muscoli di rilassarsi un poco sotto la pelle tirata e pallida. L'ombra di un sorriso gli si formò sulle labbra al ricordo di sua madre che lo rimproverava per essere sempre così teso. «Non ti fa bene!» era solita ripetergli. «Prima o poi ti cederanno i nervi, e allora vedrai...» Non aveva mai scoperto che cosa avrebbe dovuto vedere: sua madre era morta quando lui era in collegio, uccisa di botte dal marito alcolizzato e violento da cui non era mai riuscita a fuggire, e il tanto temuto cedimento non era mai arrivato.

Si stava sbottonando la camicia, il colletto alzato che gli sfiorava i capelli ad ogni movimento, quando qualcuno bussò, chiamandolo con voce pacata. Nel riconoscerla, l'uomo alzò gli occhi neri al cielo. Abbandonò i bottoni, lasciando scoperto il petto fino a poco sotto lo sterno, ed aprì al direttore, chiedendosi per quale motivo avesse bisogno di parlargli con così tanta urgenza da non poter attendere l'inizio delle prove.

«Oh, Severus, che fortuna trovarti qui!» Un tempo quel dannato nome lo infastidiva – era stato battezzato con un nome, possibile che nessuno lo usasse? – ma ormai non lo toccava più.

Alzò un sopracciglio, irritato. Erano anni che arrivava a teatro alle 9, sempre puntuale, puntando dritto al camerino, da cui usciva alle 9.25, così da poter essere sul palco alle 9.30 spaccate, giusto in tempo per l'inizio delle prove.

«Ti va una tazza di tè?» continuò sorridendo l'anziano direttore mentre gli porgeva una delle due tazze che aveva portato con sé.

«Grazie.» Prese la tazza e la roteò gentilmente sotto il naso aquilino, assaporandone l'aroma. Earl Grey. Sorbì un sorso senza distogliere gli occhi dall'uomo che, per quanto naturalmente incline alla gentilezza, doveva sicuramente avere un motivo più che valido per disturbarlo che una mera tazza di tè. «Posso chiederle cosa l'ha spinta a cercarmi, Mr. Silente?»

«Non sei mai stato particolarmente paziente, non è vero, ragazzo?» Gli parlava ancora come quando l'aveva assunto, quasi trent'anni prima. «Sono venuto qui perché volevo comunicarti personalmente che, tra pochi giorni, ci saranno alcune aggiunte alla nostra compagnia.»

Se possibile, il sopracciglio di Mr. Piton s'alzò ancora di più. «La ringrazio per la premura, ma non vedo come ciò possa riguardarmi.» In molti erano arrivati e se n'erano andati durante la sua lunga carriera, e quasi tutti senza che lui se ne accorgesse.

«Oh, non è per le due nuove ballerine che sono qui, quanto per la nuova cantante.»

Mr. Piton appoggiò la tazza sul tavolino di noce, accanto ai trucchi di scena. «Una nuova cantante?» Scandì le parole – segno inequivocabile della sua crescente irritazione – ed assottigliò gli occhi. Silente aveva assunto una nuova cantante senza chiedergli un parere?

«Esatto.»

«Per quale motivo abbiamo bisogno una nuova cantante? Ms. Brown è più che sufficiente per i nostri bisogni.»

«Ms. Brown è diventata Mrs. Davies, ed è incinta.» disse Mr. Silente con condiscendenza – trovava fin divertente quella specie di indifferenza che Mr. Piton provava nei confronti del mondo e che gli faceva quindi sfuggire qualsiasi novità che non fosse più che eclatante. «E questa ragazza è un giovane talento, con ottime raccomandazioni.» Sorrise. «Talmente buone che appena ne ho avuto l'occasione non potevo lasciarmela scappare, perciò non ho avuto tempo di discuterne con te, e mi scuso per questo.»

«Spero non si sbagli riguardo il suo talento» gli disse in tono rancoroso, incapace di nascondere la stizza. Non gli importava di attori e ballerini, che lavoravano in ambiti dove Silente era sicuramente più esperto di lui, ma i (pochi) cantanti che salivano sul palco accanto a lui dovevano soddisfare i suoi alti standard.

«Sentirai con le tue orecchie, Severus. Una voce così non la si sente spesso. Sembra un uccellino e non diresti mai, a guardarla, che possa contenere tutta quella forza, quella passione...»

«Vedremo.» rispose a denti stretti.

«Inizierà giovedì, per cui ho posticipato le prove alle 13, così da darle il tempo di sistemarsi, di dare un'occhiata in giro e, se lo vuoi, per darti la possibilità di verificarne le capacità in anteprima» buttò là, sicuro che l'uomo non avrebbe rifiutato l'opportunità di studiare il fantomatico talento della giovane senza l'inevitabile rumore di fondo onnipresente durante le prove.

Dopo aver ricevuto un cenno d'assenso da parte del cantante, Silente si rilassò in un sorriso soddisfatto – aveva ottenuto ciò per cui era andato lì. «Perfetto! Le dirò di presentarsi sul palco diciamo alle... 12?»

«D'accordo.»

«Benissimo! Non voglio trattenerti oltre.» Indietreggiò fino alla porta. «Buona giornata!» Scomparve nel corridoio, lasciando un Severus irritato e, per di più, in ritardo. Ridacchiando tra sé e sé chiese mentalmente perdono a chi avrebbe dovuto passare le prossime ore accanto al cantante furente.


 

* * *


 

«Mama1, ti prego...» La ragazza abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzata dal comportamento della donna che, con un tono melodrammatico e le lacrime agli occhi, le stava facendo mille raccomandazioni d'ogni genere. Guardò i fratelli in cerca d'aiuto, ma entrambi stavano godendosi la scena, lo stesso ghigno sulle labbra. «Me la pagherete.» sillabò in silenzio. Certo comprendeva, in parte, la paura di quella donna: poco dopo la nascita della loro ultimogenita, Mr. Potter e sua moglie Ginevra, la figlia di Mrs. Weasley, erano partiti per lo –shire e non erano mai tornati: un incendio aveva inghiottito la locanda in cui alloggiavano. Non si era salvato nessuno. Quell'ennesima perdita – aveva già perso un figlio durante l'ultima guerra contro gli scozzesi e uno in un incidente di caccia – era stata molto pesante per Mrs. Weasley che, improvvisamente, si era anche ritrovata a fare da madre a tre bambini piccoli, il più grande avendo solo quattro anni.

«Su, su, Molly,» intervenne Arthur Weasley, appoggiando una mano sulla spalla della moglie. «sarà in buone mani; conosco Mr. Silente da molti anni, ed è una brava persona.» La staccò con delicatezza dalla nipote. «Oltretutto conosceva anche...» le parole gli morirono in bocca nel vedere lo sguardo della moglie, ancora incapace di parlare della figlia e del genero, deceduti da ormai sedici anni. «E poi non la stiamo mandando al fronte.» riparò, sperando di non aver fatto troppi danni.

«No, la mandiamo a Londra, da sola!, e non so cosa sia peggio.»

Mr. Weasley e la nipote alzarono gli occhi al cielo. «Suvvia, non esagerare.»

«Non esagerare, dice lui! Come se non avessimo tutti sentito le notizie di cronaca degli ultimi mesi, come se non sapessimo dei criminali, delle donnacce o non avessimo mai sentito di giovani ragazze per bene deviate, corrotte da qualche avvenente quanto spregiudicato truffatore!» A queste parole i due ragazzi, ormai talmente scossi dalle risate da aver mal di stomaco, ripararono in salotto, ma non prima di aver fatto alla sorella un cenno di saluto.

«Sono solo leggende metropolitane, mia cara.» la rassicurò. «Sono stato a Londra spesso, e qualche volta ci sei stata anche tu, e mi sembra di non aver mai visto nulla di particolarmente deplorevole.» concluse, allontanandola ancora un poco dalla nipote e lanciando un'occhiata al pendolo accanto alle scale. «Temo proprio che sia ora di salutarsi. Lily deve partire al più presto se vuole raggiungere –field2 prima che sia buio.»

«Arrivederci papa, a presto mama.» Diede un bacio a ciascuno. «Dite a Al e James che scriverò loro non appena sarò arrivata a Londra!» Inspirò profondamente, come a volersi far forza, poi girò su sé stessa e uscì di casa, dove la carrozza – sulla quale erano già stati caricati i suoi bagagli – era pronta per partire. Si lasciò aiutare dal cocchiere, Mr. Chimney, a salire i due scalini traballanti e si sistemò proprio accanto alla finestrella che dava sul portico.

Solo quando la casa dove era cresciuta iniziò a sparire dietro agli alberi si concesse di togliere la maschera di tranquillità che aveva indossato davanti alla sua famiglia in quei giorni e di lasciarsi inondare dalle mille sensazioni provocatele dal grande cambiamento che stava per vivere.

Certo, era stata a Londra altre volte, ma in quelle occasioni era sempre stata accompagnata dai suoi genitori e dai fratelli. Oltretutto, non si erano mai fermati per più di un mese – il tempo di visitare qualche parente o conoscente, di fare qualche spesa particolare. Ora, invece, sarebbe stata da sola – o quasi, dato che avrebbe alloggiato, almeno per i primi tempi, da suo zio Ronald, praticamente obbligato ad ospitarla dalle lettere minatorie speditegli da sua madre – e, come se questo non bastasse, a Londra l'attendeva un teatro pieno di persone che ancora non conosceva e che, sicuramente, avevano molta più esperienza di lei.

Si stropicciò nervosamente il bordo del vestito, agitata e al contempo ansiosa di iniziare quella vita a lei completamente estranea.

 


1 Dato che Lily Luna è stata cresciuta dai nonni (e dei genitori probabilmente non ha nessun ricordo) credo non sia così strano che li chiami mama e papa (leggermente influenzata da Pride and Prejudice, ho deciso di usare questi termini piuttosto che i più severi madre e padre).

2 La pratica di «censurare» in questo modo i luoghi era abbastanza comune nei romanzi gotici e nelle novelle ottocentesche.


Buonsalve! Ve l'avevo detto che sarebbe arrivata una nuova Repayment, giusto? ;) Ebbene, eccola qui!

Essendo questo il primo capitolo, ci terrei a specificare alcune cose... Innanzitutto, non sono una grande esperta di opera, teatro e via dicendo, quindi non offendetevi se ci sono inesattezze riguardanti questi ambiti. In secondo luogo, dato che non sono un'esperta ma mi piacciono lo stesso, nei prossimi capitoli inserirò canzoni provenienti da opere (e non.. sono quasi sicura che a un certo punto ci infilerò anche le canzoni de Les Misérables.. Versione 2012, dato che l'ho vista da poco - sì, le canzoni son sempre quelle, ma nella mia mente le cantano Crowe, Hathaway, Jackman, etc.), e probabilmente sbaglierò contesto, oppure qualcos'altro, e quindi vi pregherei già di non insultarmi, darmi dell'ignorante o mandarmi Gufi-bomba: faccio le mie ricerche, ma non posso promettere la perfezione in un campo in cui non sono particolarmente esperta :)

Fatta questa piiiiiccola premessa, torniamo alla storia per sé. Non so bene perché mi è venuto in mente di farla AU - genere in cui, tra l'altro, non mi sono mai cimentata prima d'ora - però mi era sembrata un'idea carina inserire questi personaggi in un contesto totalmente diverso (e poi sono influenzata dalle letture che sto facendo e da questo mio periodo ottocentesco - se mi seguite su facebook o avete letto le mie ultime storie sapete di cosa parlo :D). Spero quindi di incontrare il vostro consenso e ora, dopo questa.. ehm.. notina logorroica, vi saluto e ringrazio sia per aver letto che, eventualmente, per aver lasciato una recensione/commento/quel che vi pare ^^

Un ringraziamento speciale va a Unbreakable_Vow e a Blankette Girl, a cui ho rotto le scatole per un bel po' tra lettura della storia e ricerca di un titolo. Grazie per sopportarmi ❤

A presto,
Cabiria Minerva

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Capitolo 2
*** II. ***


II.


 

Quel giovedì Mr. Piton arrivò a teatro, alle 9 precise, quasi di buonumore. Non perché avrebbe finalmente conosciuto (e giudicato) la nuova cantante tanto acclamata dal vecchio direttore, bensì perché era una delle rare volte in cui avrebbe potuto avere un paio d'ore tutte per sé. Quasi tutti i membri della compagnia, infatti, avevano approfittato dell'inizio posticipato delle prove per rimanere a letto qualche ora in più, perciò il teatro – di solito brulicante di persone – sarebbe stato semi-deserto almeno fino alle 12.30, e il palco almeno fino alle 12.50. In altre parole, quasi nessuno lo avrebbe disturbato per un'intera mattinata.

Indossò una delle camicie che usava sempre per le prove: beige, un poco stinta, ed ampia, le maniche arrotolate fino al gomito e la stoffa morbida. Non ricordava con precisione quando avesse iniziato ad indossarle, ma sapeva che da allora non aveva mai più provato con le solite camicie candide ed inamidate. Con queste altre si sentiva molto più comodo, riusciva a muoversi senza problemi e, nella loro informità che nascondeva il corpo fin troppo magro, quelle camicie lo facevano sentire protetto dagli sguardi altrui.

Passeggiò sul palco mentre rileggeva uno dei nuovi brani, mormorando tra sé e sé di tanto in tanto, alzando lo sguardo solo per controllare di essere veramente solo – ah, che bella sensazione quella di essere sul palco senza nessuno seduto ai bordi, senza rumori che lo disturbassero in continuazione né pause imposte dalle esigenze altrui.

Si bagnò le labbra con un po' di vino dolce – un toccasana per la voce.

 

Ma il mio mistero è chiuso in me,
il nome mio nessun saprà!
No, no, sulla tua bocca lo dirò,
quando la luce splenderà!1

 

«Mmmh.» Mr. Piton aggrottò le sopracciglia, rileggendo la didascalia posta accanto al testo. Inspirò profondamente e provò nuovamente l'ultimo pezzo.

 

Ma il mio mistero è chiuso in me,
il nome mio nessun saprà!
No, no, sulla tua bocca lo dirò,
quando la luce splenderà!

 

Apparentemente soddisfatto, annuì e lasciò degli appunti, la scrittura minuta e precisa, accanto alle indicazioni sul modo in cui le parole avrebbero dovuto essere interpretate e rappresentate. «Alzare... ottava... pausa.» mormorò quasi senza accorgersene, facendo eco allo scricchiolio del pennino. Lesse le linee successive mimando le parole con le labbra. Annuì nuovamente tra sé e sé.


 

Ed il mio bacio scioglierà il silen–

 

Voltò la testa di scatto alla ricerca della fonte del rumore che l'aveva disturbato, socchiudendo appena gli occhi in un gesto che esprimeva la sua irritazione: quella mattina nessuno avrebbe dovuto essere lì, e lui non avrebbe certo accettato presenze importune in quell'oasi di pace.

Scorse una macchia rossa svanire dietro una tenda e si lasciò sfuggire un grugnito scocciato. «Chiunque sia, posso assicurarle che nascondersi dietro ad una tenda, per quanto spessa, non rende la sua presenza meno fastidiosa.»

Alle sue parole ci fu un movimento dietro la stoffa purpurea e pesante, che s'increspò prima di liberare dal suo abbraccio una giovane ragazza. «Mi dispiace, non volevo disturbare, volevo solo...»

«Chi è lei?» l'interruppe Mr. Piton, perplesso da quell'apparizione.

«Lily Luna Potter, signore.» rispose con voce pacata l'estranea, l'ammasso di boccoli rossi ondeggiante che incorniciava il lieve inchino.

«Mr. Piton.» borbottò, stranamente turbato. Quella ragazzina che lo fissava con occhi spalancati sembrava talmente tanto a... no, meglio non pensarci. Distolse con veemenza lo sguardo dal corpo sottile, e ancora un poco acerbo, fasciato in un semplice vestito azzurrino con appena un accenno di pizzo sugli orli – una cosa decisamente molto poco cosmopolita. Doveva venire dalla campagna.

«Mr. Piton.» La ragazza mormorò il suo nome con sguardo interrogativo. «Lei è il cantante, se non erro?»

«Esatto.»

«È talmente un onore conoscerla! Finalmente!» Improvvisamente scomparso il timore iniziale, gli occhi nocciola s'illuminarono. «Ho sentito parlare così tanto di lei.» Miss Potter mosse qualche passo verso il palco, fermandosi nel notare lo sguardo perplesso rivoltole dall'uomo. «Oh, pensavo che l'avessero avvisata del mio arrivo. Mr. Silente ha detto che avrei avuto un'audizione privata con lei, prima di iniziare con le prove vere e proprie. Sono la sostituta di Mrs. Davies.»

«La nuova cantante...» Decisamente non quello che si era aspettato; d'altronde, Mrs. Davies e la sua predecessora – Mrs.... Mrs...Bulstrode, ecco – avevano certamente voci eccellenti, ma non erano delle bellezze. A dire il vero, non erano né belle né brutte; erano, più che altro, vagamente insignificanti. Mentre la ragazzina che Mr. Piton si era trovato davanti era già piuttosto affascinante e prometteva di diventare una donna se non molto bella – aveva una costituzione piuttosto minuta – decisamente degna di attenzione. Si schiarì la voce. «L'audizione sarà solo tra qualche ora, Miss Potter.»

La giovane gli rivolse un sorriso – un sorriso che gli fece comprendere che l'emozione di trovarsi lì era talmente grande da impedire alla ragazza di provare la naturale soggezione che Mr. Piton era ben conscio d'inspirare: proprio come un bambino cresciuto in campagna che, arrivato in città per la prima volta, è troppo eccitato per provare timore. «Lo so, ma mentre seguivo il consiglio di Mr. Silente di curiosare un po' ho sentito qualcuno cantare. Allora ho seguito la sua voce e sono arrivata qui... Non intendevo disturbare, ma era una melodia così bella...»

«Non si deve scusare.» Mr. Piton chiuse e riaprì per alcuni istanti un pugno. Quella ragazzina lo innervosiva. Forse era il suo sguardo ingenuo, oppure la o formata dalle sue labbra mentre ammirava la sala, stupendosi degli affreschi e delle ricche stoffe dei tendaggi.

Miss Potter lo ringraziò con un altro piccolo inchino. «Se vuole la lascio solo, posso fare una capatina dietro le quinte e tornare quando avrà finito...» si mordicchiò spontaneamente un labbro e inghiottì un però, cosa che non sfuggì a Mr. Piton.

«Però?» le chiese quindi, facendola arrossire un poco.

«Però mi piacerebbe assistere alle sue prove.» Il rossore si sparse sulle guance e raggiunse le orecchie. «Solo se non sono di disturbo, ovviamente.»

Ovviamente. «Come preferisce.»

La osservò mentre si sedeva in una delle poltroncine di prima fila, sistemando il vestito affinché non facesse troppe pieghe. Quando Miss Potter si fu accomodata alzò lo sguardo su di lui, che distolse il proprio con uno scatto, come se si fosse bruciato, e lo rivolse al foglio che teneva in mano.


 

Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
che...

 

Mr. Piton lanciò un'occhiata alla giovane, che lo osservava con estrema attenzione. S'interruppe per schiarirsi la gola.


 

Che...


 

Accidenti! Era abituato ad esibirsi davanti a un pubblico decisamente molto più numeroso e raffinato, come mai la mera presenza di quella ragazzina sembrava deconcentrarlo così? S'interruppe nuovamente per bere un sorso di vino, furente senza nemmeno bene saperne il motivo.


 

Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
che ti fa mia.


 

Sorrise soddisfatto e continuò a provare, cercando di ignorare la presenza di Miss Potter.


 

* * *


 

Aveva lasciato il suo alloggio poco dopo la colazione – la cui partecipazione le era stata imposta da Hermione, la moglie di suo zio, che le aveva ripetuto fino allo sfinimento quanto fosse importante e necessaria affinché socializzasse con i suoi cugini. Certo, sua zia era una brava persona, una madre affettuosa e una donna molto colta, ma sapeva essere spossante, soprattutto quando decideva di far qualcosa (o meglio, di obbligare gli altri a far qualcosa, come le aveva confidato sua cugina Rose ridacchiando. «Una volta ha deciso che avrebbe fatto bene a tutti noi imparare una lingua orientale, soprattutto ora che viaggiare è diventato così semplice! Mio padre ha dovuto subire quattro ore di lezione prima che lei desistesse dal suo intento.»)

Era talmente emozionata che le sue mani inguantate avevano iniziato a tremare mentre saliva sulla carrozza mandatale da Mr. Silente, e ancora adesso che vagava tra i corridoi deserti del teatro – Mr. Silente, dopo averla accolta con tè e pasticcini, l'aveva licenziata dicendole che se la sarebbe sicuramente cavata benissimo – non riuscivano a calmarsi.

Inspirò profondamente e accarezzò quasi senza accorgersene una parete con la punta delle dita. Era in un teatro. Un teatro vero! Con cantanti, ballerini, … Si mordicchiò le labbra, eccitata da tutte quelle novità.

Una voce lontana la distrasse dall'esplorazione. Qualcuno stava cantando. Incuriosita, decise di andare alla ricerca del proprietario della voce – il magazzino, tappa caldamente consigliatale da Mr. Silente in quanto «piena di meraviglie», avrebbe sicuramente potuto aspettare un altro po'. Raggiunse la sala principale, la voce che man mano si faceva più chiara e distinta, e la vista che le si parò davanti accrebbe, se possibile, la sua meraviglia: pesanti drappeggi ricoprivano i muri, incorniciavano i balconcini le cui balaustre erano delle esplosioni dorate su uno sfondo bianco. Il rosso e l'oro erano ovunque, riempiendole gli occhi.

Rapita, entrò nella sala e, senza notare che una delle listelle di legno del pavimento era leggermente alzata, vi poggiò sopra un piede. Il rumore non fu esageratamente forte, ma di certo venne sentito dall'uomo che, solo, stava provando un'aria piuttosto famosa. S'interruppe, infatti, e Miss Potter non attese che si voltasse a guardarla per fiondarsi dietro una delle tende che aveva ammirato pochi istanti prima. Solo quando il tessuto le sfiorò il viso si rese conto di quanto fosse stata stupida quell'idea. E poi, perché mai avrebbe dovuto nascondersi?

«Chiunque sia, posso assicurarle che nascondersi dietro ad una tenda, per quanto spessa, non rende la sua presenza meno fastidiosa.»

Perfetto... Miss Potter inspirò profondamente e si liberò dalla stoffa che l'avvolgeva. «Mi dispiace,» cominciò «non volevo disturbare, volevo solo...»

«Chi è lei?»

Miss Potter si chiese se, per caso, non ci fosse qualcosa d'incastrato tra i suoi capelli – era stata una mattinata alquanto ventosa, in fondo – perché quell'uomo la guardava con perplessità. «Lily Luna Potter, signore.» Approfittò dell'inchino per osservarlo con discrezione: aveva un incarnato pallido, come se non fosse solito passare molto tempo all'esterno, e capelli neri che ondeggiavano ad ogni suo movimento, sfiorandogli le spalle. La giovane non avrebbe saputo dargli con precisione un'età – avrebbe potuto avere poco più di quarant'anni, ma non si sarebbe stupita troppo se avesse scoperto che, invece, era coetaneo di suo nonno. Malgrado la voce, profonda e particolare, per il resto l'uomo non era niente di che; Miss Potter non si sarebbe fatta troppe remore a dire che la bellezza non era sicuramente una delle sue doti. Non che fosse brutto, però con quell'aspetto gracile, il naso aquilino e lo sguardo truce... beh, non esattamente una delle creature con cui Dio era stato particolarmente generoso.

«Mr. Piton.» si presentò a sua volta l'uomo, inconsapevole dell'esame a cui era sottoposto.

«Mr. Piton...» Quel Mr. Piton? «Lei è il cantante, se non erro?»

«Esatto.»

Una nuova ondata d'eccitazione spazzò via l'iniziale imbarazzo. «È talmente un onore conoscerla! Finalmente!» Si mosse nella direzione dell'uomo, per fermarsi quasi immediatamente, spaesata dal suo sguardo basito. «Oh, pensavo che l'avessero avvisata del mio arrivo. Mr. Silente ha detto che avrei avuto un'audizione privata con lei, prima di iniziare con le prove vere e proprie. Sono la sostituta di Mrs. Davies.»

«La nuova cantante...»

Sembra quasi deluso. Forse pensa che io sia troppo giovane ed inesperta per poter cantare al suo fianco... E non credo di potergli dar torto.

«L'audizione sarà solo tra qualche ora, Miss Potter.»

«Lo so, ma mentre seguivo il consiglio di Mr. Silente di curiosare un po' ho sentito qualcuno cantare. Allora ho seguito la sua voce e sono arrivata qui... Non intendevo disturbare, ma era una melodia così bella...»

«Non si deve scusare.»

Dalla sua faccia non si direbbe, pensò, mordendosi la lingua per non pronunciare a voce alta le parole, preferendo un accenno d'inchino. «Se vuole la lascio solo, posso fare una capatina dietro le quinte e tornare quando avrà finito...» aggiunse titubante, questa volta non solo tra sé e sé.

«Però?» le chiese Mr. Piton come se le avesse letto nella mente.

«Però mi piacerebbe assistere alle sue prove.» Avvampò, e le vennero in mente i rimproveri di sua nonna ogniqualvolta – a parer suo – diceva più di quanto fosse onorevole per una giovane a modo. «Solo se non sono di disturbo, ovviamente.» Si affrettò ad aggiungere, per non sembrare troppo invadente.

«Come preferisce.»

Colse al volo la concessione e, prima che l'uomo potesse cambiare idea, si accomodò in una poltroncina.

Quando alzò nuovamente lo sguardo – abbassato per controllare che la gonna non s'incastrasse da qualche parte – su Mr. Piton, le sembrò che lui la stesse osservando. Ma i suoi occhi si spostarono sullo spartito talmente in fretta che Miss Potter quasi non fu più certa di ciò che aveva visto. Forse era già preso dal resto e lei si era semplicemente sbagliata.

Mr. Piton cominciò a cantare, e la giovane era talmente concentrata, talmente rapita da quella voce, che quasi non s'accorse dell'iniziale inciampo, di quella pausa in cui le aveva lanciato un'occhiata che avrebbe fatto fuggire molti. E se anche se ne accorse, si dimenticò dell'accaduto non appena il cantante riprese l'aria da dove l'aveva interrotta, con voce più certa, facendola perdere tra le parole e le note.
 


1 «Nessun Dorma», Turandot


Buonaseeeera! Avendo aggiornato Myosotis solo due giorni fa volevo provare ad aspettare un po' prima di aggiornare questa storia, ma ormai chi mi conosce anche solo un po' sa che la mia pazienza è spesso e volentieri in vacanza ;)
Pazienza a parte, vorrei fare una piccola nota sulla forma di questa ff: per ora ho preferito dividere i capitoli in due parti per poter esplorare entrambi i punti di vista, ma non so se continuerò così. Per il momento mi soddisfa, ma domani chissà.. quindi non rimanete delusi se il prossimo capitolo seguirà un altro pattern (o se terrà questo, nel caso non vi piacesse XD).

Naturalmente, non fatevi problemi se qualcosa vi turba/non vi piace/non vi soddisfa/etc etc - in fondo è la prima volta che scrivo un AU quindi non è esattamente il  mio pane quotidiano :) E se non vi va di farlo tramite recensione mandatemi pure un msg privato o scrivetemi via facebook: sono alquanto nerdeggiante, perciò difficilmente dovrete aspettar molto per una risposta :D

Concludendo il solito papiro (logorroica.. sono logorroica.. XD), spero che questo capitolo vi sia piaciuto (o almeno che non mi tiriate addosso uova marce.. bleah!) e vi ringrazio di esser sopravvissute fino a qui! E un grazie speciale, naturalmente, va alla mia adorata beta (che, a differenza di voi che leggete, non può fuggire.. muhahaha), Unbreakable_Vow *purr purr*

A presto,
Cabiria Minerva

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Capitolo 3
*** III. ***


III.

 

 

Mr. Piton aveva sperato che la giovane si sarebbe presto stancata di assistere alle sue prove – nulla di particolarmente divertente o a scopo d'intrattenimento, invero – ma lei aveva stoicamente resistito alle lunghe pause, ai borbottii e alle ripetizioni. In silenzio, per di più! E l'uomo non era sicuro se ciò lo indispettisse – possibile che non avesse altro da fare? – o se lo lusingasse.

Ad un certo punto aveva addirittura interrotto il brano per ricordarle che non era obbligata a rimanere per tutta la durata delle prove e che, nel caso in cui si fosse annoiata o avesse deciso di andare a bere qualcosa, non si sarebbe certamente offeso. Miss Potter si era limitata a sorridere, rassicurandolo sul fatto che non era affatto annoiata, anzi!

Solo quando era ormai agli sgoccioli e quasi tutti i fogli giacevano in una pila ordinata sul palco la vide agitarsi un poco, muovendosi leggermente sulla sedia. Quasi senza rendersene conto infilò una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo un orologio d'argento. Nel vedere l'ora fattasi tarda si rese conto di essere alquanto affamato – incredibile come le problematiche umane potessero svanire, rapite dalla concentrazione – ed immaginò che il problema fosse condiviso anche da Miss Potter, che sicuramente stava cercando di ignorare i borbottii del proprio stomaco. Si schiarò la voce e rimise l'orologio al suo posto.

«Credo sia opportuno fare una piccola pausa, prima d'iniziare con il provino.» L'ultima parola suonava un poco amara – poteva veramente chiamarsi provino, dato che ormai era stata assunta e difficilmente Mr. Piton avrebbe potuto cambiare le cose? «Avrà sicuramente fame.»

«Oh.» Miss Potter arrossì, come se si vergognasse di aver fame – che cosa stupida! «Sto bene così, grazie. Non si preoccupi per me. Possiamo iniziare anche subito, se preferisce.»

Cocciuta ragazzina... «Per quanto io possa essere felice di saperla immune a certe debolezze umane quali la fame e la sete, non posso dire di godere della stessa fortuna, quindi temo dovrà attendere in ogni caso.» Si chinò a raccogliere i fogli e la bottiglia di vino dolce, senza accorgersi del volto della giovane che avvampava ulteriormente. «Mi aspetto di trovarla qui tra venti minuti, Miss Potter. E sappia che non tollero i ritardi.» Mosse qualche passo verso la porta che dava sul corridoio dove si trovava il suo camerino. Notando che la ragazza non si era ancora mossa, però, si fermò. «Mi ha sentito? Le conviene muoversi se vuole riuscire a mangiare qualcosa.»

La studiò brevemente. «Mi faccia indovinare... Ha dimenticato che avrebbe dovuto mangiare, prima o poi, ed essendo arrivata da poco, non saprebbe nemmeno dove andare a pranzare, giusto?» Miss Potter annuì.

Ah, novellini. «Potrei indicarle alcune osterie non troppo lontane, ma non credo sarebbe appropriato che una ragazza così giovane le frequenti non accompagnata.» Notò lo sguardo vagamente offeso della giovane, che sicuramente si riteneva abbastanza indipendente da riuscire a pranzare senza qualcuno che la tenesse d'occhio, e trattenne a stento un ghigno. «D'altronde, non posso certo lasciarla a morire di fame. Sarebbe alquanto spiacevole se dovesse svenire durante la sua performance.» Sospirò, chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarsi una tale spina nel fianco. «Temo dovrà accontentarsi di un poco di frutta e formaggio. Non sono solito mangiare molto.»

Provò una certa soddisfazione nel vederla spalancare gli occhi e scusarsi, quasi balbettando, per il disturbo che gli stava creando. La zittì con un gesto della mano e, prima di pentirsi e di cambiare idea, le disse di seguirlo nel suo camerino, dove consumarono quel pasto frugale in perfetto silenzio.

Quando riguadagnarono il palco l'imbarazzo era ancora ben presente sul volto di Miss Potter. Era curioso l'impatto che una cosa così piccola, una mera dimenticanza di poco conto, potesse avere su una giovane. Anche per lei sarebbe arrivato il giorno in cui cose simili le avrebbero a malapena strappato un sorriso divertito, certo, ma per il momento Mr. Piton trovava quasi affascinante quel pudore sfacciato.

«Bene. Inizi pure.» Incrociò le braccia sul petto, lo sguardo improvvisamente austero.

Miss Potter lo fissò in silenzio per qualche istante prima di azzardare un «non preferirebbe sedersi, Mr. Piton?»

L'uomo socchiuse gli occhi e la squadrò. «Quando vuole, Miss Potter.» ribadì senza darle una risposta né accennando a muoversi.

«Ehm... D'accordo...» Si bilanciò sui piedi. «Posso scegliere un brano qualsiasi?»

«Sì.» Lapidario. Quasi inquietante, avrebbe potuto aggiungere Miss Potter.


 

Già la sento,

già la–1


 

La giovane s'interruppe, chiuse gli occhi e, dopo un profondo respiro, tentò nuovamente. L'agitazione era palese sul suo volto e nella sua voce un poco tremante.


 

Già la sento,
già la sento morir,
però è calma sembra voglia
dormir


 

Mr. Piton l'interruppe con un cenno della mano, che poi portò al mento con fare pensoso. Certamente doveva ammettere che Mr. Silente, per quanto la cosa potesse infastidirlo, aveva avuto le sue ragioni per assumerla in fretta e furia. Il suo talento era evidente, persino dietro il tremore e l'agitazione. Altrettanto certo era che Miss Potter, per quanto talentuosa, necessitasse urgentemente di esercizio costante.

«Ha avuto un istruttore di canto, Miss Potter?» inquisì.

«Miss Cooman, la mia insegnante di pianoforte, si è sempre premurata affinché dedicassi almeno mezz'ora al giorno al canto, Mr. Piton.»

L'insegnante di pianoforte... Mezz'ora. Oh,cielo. Mr. Piton sollevò un sopracciglio, palesando la propria irritazione. Possibile che un talento simile fosse stato ignorato dalla sua famiglia? Ah, il mondo moderno... Si dava sempre meno importanza all'educazione artistica dei giovani.

«Le basi ci sono naturalmente, tuttavia temo che dovrà esercitarsi costantemente, e ben più di mezz'ora al giorno, per supplire alle mancanze della sua passata educazione.»

Miss Potter abbassò lo sguardo, imbarazzata e un po' mortificata. «Sì, Mr. Piton.»

«Non faccia quell'espressione.» Nemmeno mi fossi messo ad affogare gattini appena nati nel mio bicchiere, per Dio! «Non ho detto che non ha talento e che dovrebbe tornare ad attività più consone ad una giovane dama. Deve semplicemente esercitarsi con un istruttore serio. Come tutti, d'altronde.»

La guardò annuire e, prima che se ne rendesse conto, gli scappò di bocca qualcosa che non avrebbe mai, mai detto coscientemente. «Purtroppo il teatro non dispone di istruttori, perciò credo dovrò occuparmene personalmente.» Sono forse diventato matto? «Naturalmente, solo finché Mr. Silente non riuscirà a trovarle una persona meglio qualificata per un simile lavoro.» Sì, così suonava decisamente meglio. E anche di breve durata. «Io non insegno.» concluse come a voler sottolineare che lo avrebbe fatto, sì, ma controvoglia. «Ma, d'altronde, esigo solo il meglio da chi mi affianca. E non posso ottenerlo senza impegnarmi in prima persona, temo.» Ecco! Ecco perché lo faceva. Per lo stesso motivo per cui passava ore e ore a provare brani che ormai conosceva a memoria, di cui sapeva quasi il gusto, talmente gli erano familiari. «Ma l'avviso, Miss Potter... Non ci saranno inutili chiacchiere o indulgenze, sotto la mia supervisione. Non mi aspetto che apprezzerà la mia presenza ed insistenza, ma se saprà apprendere, Miss Potter, potrò mostrarle come trasformare il suo talento in qualcosa di unico che le spalancherà le porte della fama.» Non è forse questo quello che vogliono tutti, ormai?

Miss Potter sorrise, ringraziandolo per la sua immensa disponibilità e assicurandogli che si sarebbe impegnata e non l'avrebbe deluso.

Vedremo.


 

* * *


 

Era stata talmente agitata, mentre cantava, che quasi aveva temuto che l'avrebbe derisa, forse anche mandata via. Per un attimo, quando Mr. Piton l'aveva interrotta con un cenno della mano, il sangue le si era gelato nelle vene all'idea che il cantante, palesemente perfezionista e in qualche modo persino eccentrico nella sua solitudine auto imposta (come l'aveva chiamata Mr. Silente in tono scherzoso mentre la metteva in guardia sul suo burbero prediletto), avrebbe riferito al direttore del suo errore e che egli, in men che non si dica, le avrebbe detto che non era più necessaria al Blanc Fauve e che quindi avrebbe potuto prendere la prima carrozza per il suo villaggio natio.

E invece Mr. Piton le aveva fatto un complimento. O qualcosa del genere. Certo, considerando la sua fama, già solo per il fatto che le desse dei consigli, Miss Potter doveva ritenersi fortunata. Ma mai avrebbe immaginato che la sua buona stella avrebbe potuto privilegiarla a tal punto! Lui, il suo istruttore. Quasi non riusciva a credere alle proprie orecchie.

«Ma l'avviso, Miss Potter... Non ci saranno inutili chiacchiere o indulgenze, sotto la mia supervisione. Non mi aspetto che apprezzerà la mia presenza ed insistenza, ma se saprà apprendere, Miss Potter, potrò mostrarle come trasformare il suo talento in qualcosa di unico che le spalancherà le porte della fama.»

Quella che a molti sarebbe sembrata una prospettiva poco allettante – una prospettiva fatta di fatica, di ore e ore di esercizio e di un tutore molto esigente e per niente propenso ad accontentarsi di qualcosa che fosse al di sotto della perfezione – a lei sembrava l'occasione di una vita. Avrebbe potuto imparare dal migliore e ambire alla fama.

Oh, se solo Mr. Piton avesse potuto sentire come batteva forte il suo cuore alla visione di quel brillante futuro!

Mentre l'uomo aveva ormai abbandonato i preamboli e si apprestava ad indicarle i primi miglioramenti che avrebbe dovuto apportare al suo stile, Miss Potter lo studiò di sottecchi. Che fosse un uomo particolare era innegabile. Però... c'era qualcosa, in lui... qualcosa che non stentava a credere risultasse deterrente per gran parte delle persone ma che stuzzicava la sua curiosità.

Ad esempio, come mai proprio lui che le aveva parlato di fama, indicandola quasi come fine ultimo del cantante, non sembrava volerne troppa per sé? Certo, era molto conosciuto – non c'era teatro, in Inghilterra, che non avesse cercato di rubarlo al Blanc Fauve – però i suoi modi schivi e lo sguardo perennemente adombrato palesavano un desiderio di solitudine che poco s'addiceva alla sua professione.

Anche quando, dopo esser stata introdotta alla compagnia, aver provato per l'intero pomeriggio ed essere finalmente tornata alla casa di suo zio, era crollata sulla chaise longue, continuava a persistere in lei la sensazione che Mr. Piton sembrasse più adatto ad un lugubre castello deserto, magari sperso tra le brulle colline su al nord.

E il modo in cui guardava un punto distante, come se vi vedesse qualcuno o qualcosa, per poi voltare il viso come a volerne fuggire... Sì, c'era qualcosa, in quell'uomo, che l'incuriosiva come niente prima d'allora.


 

* * *


 

Era passato meno di un mese dall'arrivo di Miss Potter e la sua curiosità, stimolata dalle chiacchiere e dai mormorii dei membri della compagnia, era dilagata, infiammandole la mente. Voleva sapere. Doveva sapere. Tutto. Le voci che giravano sul conto di Mr. Piton erano talmente copiose da confonderla: se avesse dovuto ascoltarle tutte, avrebbe creduto che l'uomo fosse in realtà un dissidente scozzese che era fuggito a Londra durante la guerra, non prima di aver sterminato la sua famiglia o di averla vista sterminare coi propri occhi – questo punto ancora non era chiaro, nemmeno alle stesse persone che andavano propagando queste informazioni di dubbia origine.

Certo, se Mr. Piton fosse stato un poco più cordiale, forse un po' più aperto alle frivole chiacchiere, magari la confusione di Miss Potter non sarebbe durata a lungo e sarebbe stata spenta in men che non si dica, forse con una storia totalmente priva di emozioni o di misteri. Ma era praticamente impossibile cavargli qualcosa. La giovane aveva provato più volte ad iniziare una conversazione, nelle pause, ma i suoi racconti famigliari – i disastri combinati dai fratelli, la nonna che correva qua e là urlando dietro alle oche o al marito, sempre distratto da qualche nuova invenzione raccattata da qualche inventore squattrinato e poco affidabile – non erano mai stati corrisposti. Di norma Mr. Piton l'ascoltava con espressione vuota, come se il suo volto e le sue orecchie fossero lì, ma i suoi occhi sembravano lontani.

Finché, un giorno, mentre Miss Potter stava raccontando ad una ballerina poco più vecchia di lei del viaggio che, anni addietro, aveva fatto in Scozia per visitare dei parenti, qualcosa si smosse.



1Romanza
, A. Bocelli

 

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Capitolo 4
*** IV. ***


IV.


 

Miss Potter stava descrivendo a Miss Abbott il paesaggio – stupendo, scogliere a picco sul mare gelido, arbusti sparsi tra le rocce, innumerevoli greggi – che aveva potuto ammirare durante un viaggio verso la Scozia quando Mr. Piton era tornato sul palco dopo una breve pausa. Per qualche istante l'uomo sembrò quasi non rendersi conto della presenza delle due giovani – se non per storcere un poco il naso in seguito ad una risatina troppo rumorosa. Poi, all'improvviso, Miss Potter disse qualcosa che attirò la sua attenzione. Un'unica parola che lo congelò dov'era, una mano a mezz'aria e le labbra aperte in un'espressione attonita.

Chiuse gli occhi. Forse aveva sentito male. Si voltò, posando lo sguardo, per la prima volta da quando era entrato, sulle due ragazze.

«Mi dispiace intromettermi nella vostra indubbiamente interessante conversazione, ma potrei chiederle di ripetere il nome del suo paese natale, Miss Potter?»

La giovane gli sorrise e ripeté: «Ayton.», ignara della reazione che quella singola, semplice parola avrebbe causato.

Mr. Piton sbiancò – cosa che molti avrebbero ritenuto impossibile, data la sua già pallida carnagione – e s'irrigidì, distanziandosi inconsciamente di qualche passo dalle due giovani. Gli occhi neri sembravano leggere qualcosa invisibile a tutti, muovendosi quasi febbricitanti.

Ayton. Scozia. Quei capelli. Ayton. Quanti anni erano passati? No. Non era possibile. Eppure, quel viso... Erano passati così tanti anni. Il rosso dei suoi capelli. No. No. No.

«Mr. Piton?» La voce preoccupata di Miss Potter lo riportò al Blanc Fauve.

«Devo andare...» sussurrò, distogliendo lo sguardo, cercando di non incrociare quello della giovane, nel quale avrebbe letto solo confusione. Per la prima volta da anni, Mr. Piton uscì dal teatro nel mezzo della giornata, senza aver portato a termine la tabella di marcia che si era imposto il mattino appena arrivato. Camminò speditamente in direzione del suo appartamento, fermandosi solo per acquistare una bottiglia di whiskey.

Quando tornò al Blanc Fauve, il giorno dopo, i suoi occhi erano contornati da ombre scure e sembrava anche più scontroso del solito, come imparò a sue spese un facchino che, cercando il direttore, era incappato nel cantante e aveva fatto l'errore di porgli una domanda. Malgrado Mr. Piton non avesse detto molte parole, il pover'uomo era fuggito quasi terrorizzato, balbettando a Mr. Silente, incontrato proprio sulla porta, di aver lasciato un pacco nel corridoio dei camerini. Anche i suoi colleghi non ci impiegarono molto a capire che sarebbe stato meglio stargli alla larga, almeno per qualche giorno, almeno finché non avesse metabolizzato qualsiasi cosa lo avesse fatto arrabbiare o indispettire. Solo Miss Potter, forse ancora poco abituata a questo uomo – in fondo, Mr. Piton con lei era sempre stato così gentile, mettendosi a disposizione per aiutarla a migliorare e usando così tante ore per controllare che facesse correttamente i suoi esercizi vocali – lo guardava, in silenzio, cercando di capire perché l'uomo sembrasse voler ignorarla. Beh, non solo lei, in effetti, ma soprattutto lei.

«Mi scusi se la disturbo, Mr. Piton...» azzardò quando molti dei ballerini erano andati a pranzare, chi nel proprio camerino, chi nell'osteria in fondo alla strada. Aveva atteso per alcuni istanti che l'uomo rispondesse o desse almeno segno d'averla sentita, ma lui non si voltò nemmeno a guardarla. «Ho forse fatto qualcosa di sbagliato?»

L'uomo continuò imperterrito con le sue faccende, e Miss Potter lo guardò in silenzio per svariati secondi, interrogandosi sul da farsi. Se, da un lato, il comportamento di Mr. Piton la intimoriva, dall'altro un sentimento di ribellione per questo suo inspiegabile silenzio le impediva di andarsene e di lasciare che l'uomo macerasse nei suoi pensieri iracondi.

Si sedette, facendo così scaturire la prima reazione da molti giorni; probabilmente Mr. Piton aveva immaginato che, ignorandola, la giovane avrebbe recepito un qualche messaggio che l'avrebbe indotta a lasciarlo solo. Evidentemente si sbagliava e, ancora più evidentemente, non aveva ancora capito appieno che, per quanto sembrasse innocua, quella ragazza sapeva essere più testarda di un mulo, come le ripeteva spesso il maggiore dei suoi fratelli. Fu quindi forse la sua falsa convinzione che lo fece vacillare, seppure solo per un istante. Non disse nulla, ma volse lo sguardo su Miss Potter in un misto di irritazione e sorpresa. Fu solo un istante, poi tornò a concentrarsi sulle carte che aveva tra le mani.

Rimasero così, l'uomo in piedi, indaffarato, e la ragazza seduta, in silenzio. Il teatro cominciò a riempirsi nuovamente di chiacchiere e canzoni, di passi e figure di danza. Nessuno si accorse della strana scenetta al lato del palco – o forse nessuno volle intromettersi in quella specie di battaglia fatta di silenzio e braccia conserte. In ogni caso, le prove continuarono indisturbate e, quando la luce cominciò ad aver bisogno del supporto di lampade e candele, il teatro si svuotò lentamente. Ballerini e attori, tecnici e sarte uscirono parlottando, sbadigliando, commentando lo stato delle prove e contando i giorni che mancavano alla prima, lasciando che i due cantanti sprofondassero nel silenzio sempre più spesso del teatro.


 

* * *

 

 

«Devo dedurre che sia capitato qualcosa di grave, Mr. Silente?» Mr. Piton aveva aperto la porta del proprio appartamento con un sorriso tirato ed ironico, come se avesse saputo chi si sarebbe ritrovato davanti ancor prima di vederne i chiari occhi pacati.

«Severus, suvvia! Un vecchio non può semplicemente cercare la compagnia di un amico di lunga data?» Il direttore del Blanc Fauve gli regalò uno dei suoi sorrisi più innocenti che, come sempre, non ingannò Mr. Piton. D'altronde, tra loro funzionava così – Mr. Silente, pacato e sorridente, Mr. Piton, adombrato e tetro, e nessuno dei due che badava veramente a ciò che sembrava. Mr. Silente avrebbe sempre visto un giovane disperato in cerca di redenzione, e Mr. Piton non avrebbe mai sottovalutato quel vecchio che d'innocuo aveva solo l'apparenza. «O devo forzatamente avere secondi fini?» Sorrise nuovamente e Mr. Piton sbuffò, più rassegnato che indispettito.

«No, certo che no.» Si scostò dalla porta per permettere a Mr. Silente di entrare, e lo osservò mentre lasciava cadere il lungo e pesante cappotto vinaccia su una sedia e si accomodava su una delle poltrone davanti al caminetto acceso.

«Hai ancora una bottiglia di quel buon vino francese che ti ho regalato lo scorso Natale?»

«Certo.» Sempre più adombrato in volto, Mr. Piton raggiunse un armadio nell'angolo del salotto, da cui estrasse una bottiglia dall'etichetta anonima, bianca, sporcata solo dal nome del paesello francese da cui proveniva. Ne versò un bicchiere per l'altro uomo e poi, come se avesse avuto un ripensamento, prese un altro bicchiere per sé e riempì anche quello – meglio non essere troppo lucidi quando Mr. Silente decideva di farti visita. Gli porse il bicchiere e lo osservò mentre lo inclinava, studiandone il colore.

«Sai, lo abbiamo scoperto quasi per caso.» Quante volte aveva sentito quella storia? «Passeggiavamo su una spiaggia a ridosso dei campi – non che credessimo veramente che l'aria salmastra potesse essere d'aiuto, però...» sospirò, l'ombra di una speranza ormai morta da tempo sulle labbra tirate. «... e abbiamo notato questo casolare, forse ad un chilometro di distanza, che spiccava nel paesaggio piatto. Era costruito in pietra e anche a quella distanza si potevano vedere chiaramente le piante di rose che si arrampicavano su di essa e il vigneto che partiva da lì accanto e si perdeva nell'orizzonte. Non volevo che Minerva si stancasse, ma eravamo entrambi incuriositi. I proprietari erano molto cordiali. Ci hanno offerto quest'ottimo vino, di loro produzione, e non abbiamo resistito alla tentazione di acquistarne delle bottiglie.» Bevve un sorso, assaporandolo come se il vino contenesse anche gli odori di quella giornata lontana. «Avrei voluto tornarci, portarla a rivedere quei luoghi che l'avevano affascinata, ma come ben sai non è stato possibile...» Sorrise, ma Mr. Piton sapeva bene che la perdita della moglie era una ferita ancora aperta. «Ma non sono certo venuto qui a tediarti con i sentimentalismi di un povero vecchio!» Si scrollò di dosso la tristezza, tornando ad osservare Mr. Piton, ancora in piedi e con il bicchiere intoccato. «Dimmi, come procedono le prove con la tua nuova collega? So che l'hai aiutata molto.»

Mr. Piton s'irrigidì un poco, e dalle sue labbra sfuggì un suono smorzato di irritazione. Ecco il motivo della visita disinteressata di Mr. Silente.

«Abbiamo convenuto che fosse giunto il momento di lasciare che si esercitasse da sola. Le ho dato le basi, ma ora deve far da sé.»

«Ah, certo.» Bevve un altro sorso di vino. «E lo avete convenuto assieme?»

Mr. Piton non rispose.

«Come pensavo.» Sorrise. «Forse dovresti comunicare a Miss Potter la tua decisione, dato che non sembra esserne al corrente. Anche se non credo che le tue motivazioni siano sincere, ragazzo. Non fraintendermi: non metto in dubbio che tu le abbia insegnato molto e che debba esercitarsi anche da sola, ma il tuo comportamento degli ultimi giorni mi fa sospettare che ci sia altro, dietro a questa decisione... O mi sbaglio?»

Mr. Piton lo guardò senza sbatter ciglio.

«Non credere che non sappia che Miss Potter sia rimasta ore ed ore in silenzio in attesa che tu le parlassi.» Il suo tono si era fatto ora più serio, e a Mr. Piton non sfuggì l'accenno di disappunto nella sua voce. «Le persone parlano, e le loro parole arrivano ovunque, persino nel mio ufficio.» Si lisciò la barba, pensoso. «Ora, mi chiedo, quale può essere il motivo per cui il già scontroso cantante del mio teatro è diventato persino più irascibile ed intrattabile, arrivando addirittura ad ignorare completamente l'unica altra cantante, con la quale dovrebbe invece mantenere un rapporto fondamentalmente collaborativo?»

«Miss Potter dovrebbe imparare a cavarsela da sé.» Rispose seccamente Mr. Piton, irritato da questo breve ma preciso resoconto degli ultimi giorni.

«Quindi devo dedurre che quest'atteggiamento non sia dovuto ad altri fattori? Niente di personale, è solo questione di indipendenza lavorativa...» Annuì con fare pensoso. «Bene, perché ho promesso ai suoi nonni materni che sarebbe stata trattata con riguardo, e non vorrei dover mancare alla parola data.»

«Non vedo come questo possa essere un problema mio.»

«Oh, non lo è, se mi assicuri che non ci siano motivi personali dietro a questo tuo comportamento scostante. Più scostante. Puoi farlo? Puoi assicurarmi che un certo discorso di Miss Potter non sia all'origine di tutto ciò?»

Lui sa, realizzò Mr. Piton, ha sempre saputo. Si irrigidì. Mr. Silente lo aveva ingannato, proprio lui che sapeva cos'era successo, che conosceva i rimpianti e le colpe che lo tormentavano.

«Non avevo capito. Mi sembrava così famigliare, ma non avevo capito, era impossibile...» confessò, il velo di scontrosità improvvisamente perso in un alone di confusione. «Stava raccontando ad una delle ragazze di una visita a dei parenti e quando ha detto il nome del suo paese natale...» Bevve del vino, come se volesse sciacquar via ciò che aveva capito.

«Ayton.» disse con calma quasi paterna Mr. Silente.

«Ayton.» confermò Mr. Piton.


 


Buon anno a tutti!
Sì, lo so.. sono tremendamente in ritardo, e me ne scuso! Ho purtroppo avuto un periodo molto stressante e il tempo era quello che era.. spero di riuscire ad aggiornare presto, ora che dovrei avere un po' più di tempo (i primi paragrafi del prossimo capitolo sono già scritti, quindi spero di finirlo in un tempo umanamente accettabile!).
Ringrazio di cuore chi non si fa abbattere dalle mie tempistiche ma anzi non abbandona la nave (non so come mi è uscita questa.. forse è a causa del diluvio che vedo fuori dalla finestra!) e auguro ancora a tutti un buon anno nuovo :)

A presto,
Cabiria Minerva

 

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Capitolo 5
*** V. ***


V.


 

La prima volta che l'aveva vista stava piangendo sulla riva di uno stagno. Non aveva osato avvicinarsi, rimanendo a guardare le sue guance rosate rigarsi di lacrime e i capelli svolazzarle attorno, cullati dal vento. Era rimasta così, immobile e piangente, per quasi un'ora, poi aveva asciugato le lacrime con il palmo della mano ed era tornata verso il nucleo di case in cui viveva, correndo velocemente tra i bassi arbusti che incorniciavano la strada.

Da quel giorno era tornato presso la pozza d'acqua ogni pomeriggio – non appena la campana della vecchia scuola che frequentava suonava, lui si precipitava fuori dall'aula, la cartelletta stretta tra le mani. Aveva dovuto attendere più di un mese prima di riuscire a vederla nuovamente.

Quando finalmente l'aveva rivista, la primavera aveva ormai preso il posto dell'inverno, scacciando l'aria gelida e la brina mattutina con il suo tepore. Per la seconda volta era rimasto a guardarla da lontano, nascosto tra i cespugli e i noccioli, affascinato non più dalle sue lacrime bensì dalla sua risata, dalla sua gioia nel vedere la vita esplodere attorno a sé – girava in tondo, le braccia allargate in un abbraccio rivolto a tutto, e rideva come solo i bambini sanno ridere, per poi buttarsi sull'erba fresca e ancora un po' umida, portando con sé le risate.

L'aveva guardata a lungo cercando il coraggio di avvicinarsi, di parlarle, di essere incluso in quell'abbraccio che sapeva d'innocenza. L'aveva guardata andarsene, ancora ignara della sua presenza. Con una smorfia che cercava inutilmente di sopprimere si era quindi avviato verso casa, lentamente, tentando di posticipare il suo rientro. Una volta varcata la porta era stato investito dalla rabbia del padre – o dell'alcool che così spesso s'impossessava di lui, infiammando la scintilla d'odio nei confronti di una vita non desiderata – Dove sei stato?, gli aveva chiesto, spero non a fraternizzare con quei... quei..., si era interrotto per ingollare un po' di birra ormai tiepida, quegli sporchi cattolici, e poi erano partite le solite invettive, contro loro, contro la moglie, sposata per una dote che non era mai arrivata, contro il lavoro che era stato obbligato ad accettare e che lo aveva trascinato in quel luogo.

La terza volta che l'aveva vista era accompagnata da una ragazzina poco più grande di lei, le spalle spioventi e la faccia cavallina contornata da una massa di capelli scuri come il suo sguardo. Non gli sarebbe mai stata simpatica, anzi, ma se non fosse stato per lei probabilmente non avrebbe mai trovato il coraggio di parlare con la ragazzina dai capelli rossi. Era capitato tutto molto in fretta, talmente in fretta che quel bambino spaurito e senza amici forse non si era nemmeno reso conto di essere intervenuto a difesa della giovane Lily Evans. Ricordava solo un'improvvisa, fortissima rabbia investirlo nel vedere la ragazza dalla faccia cavallina schernire la bambina dai capelli rossi. Le lanciava addosso parole taglienti come piccole briciole di vetro, ferendola con insinuazioni maligne e crudeli, così poco consone a due ragazzine così giovani... Quando la prima lacrima era sfuggita dall'angolo di un occhio smeraldino che il pallido ragazzino era scattato fuori dal suo nascondiglio e, con un coraggio che non sapeva di possedere, era intervenuto in difesa di Lily.

«È speciale, e tu sei solo invidiosa!» le aveva detto, i pugni stretti e le nocche esangui. Poi altre parole, che non ricordava, e la ragazzina era corsa a casa minacciando la sorella di riferire ai suoi genitori che il suo amichetto strano aveva osato parlarle in quel modo.

Ancora un poco stupita, la piccola Lily Evans aveva spostato lo sguardo dalla sorella al bambino, incerta sul da farsi. «Non avresti dovuto...» Si era asciugata le guance umide con il palmo della mano. «Non diceva sul serio... È solo arrabbiata...» Gli aveva porto la mano con aria estremamente greve. «Ma ti ringrazio.» Lui gliel'aveva stretta, iniziando a realizzare che ora avrebbe dovuto spiegarle cosa ci faceva dietro quei cespugli. Ma lei non gli chiese nulla. «Mi chiamo Lily Evans.»


 

* * *


 

«Lo sapeva, dunque?» Mr. Piton passò, inconsciamente, la lingua sulle labbra bagnate di whiskey. «Sapeva chi fosse, prima ancora di assumerla, non è vero?»

«Oh, Severus... Se non parlassi in tono accusatorio mi sentirei quasi onorato da queste tue insinuazioni. Sono solo un vecchio direttore teatrale, come avrei potuto sapere della sua esistenza?» Mr. Silente sorrise con condiscendenza. «No, temo che tu mi stia attribuendo capacità che, purtroppo, non posseggo.»


 

* * *


 

Da quel giorno i due bambini erano diventati inseparabili. In ogni momento libero, che fuori splendesse il sole o scrosciasse la fredda pioggia scozzese, quell'improbabile accoppiata si stendeva ai margini dei campi, giocava a rincorrersi sulle brulle colline – riempiendo i vestiti di piccoli fiori d'erica – o si rintanava in qualche stalla a ridacchiare e a raccontarsi storie. Separati durante le lezioni, si ritrovavano non appena la campana che indicava una pausa veniva suonata.

Gli anni passarono, e i due bambini un po' goffi e inseparabili divennero due adolescenti, diversi come il giorno e la notte ma che, stranamente, sembravano completarsi. L'uno, un po' schivo e sempre più oberato dalle lezioni scolastiche e da quelle del coro della parrocchia a cui la sua famiglia apparteneva, sembrava operare una sorta di effetto calmante sull'altra che, piena di energia e di sogni, lo ammaliava raccontandogli i grandi progetti che le affollavano la mente, i paesi che avrebbe voluto frequentare, le cose che avrebbe voluto imparare.

Poi, un giorno, l'idillo si era frantumato davanti ai loro occhi. I più avrebbero detto in seguito che c'era d'aspettarselo, che i segnali erano stati forti e chiari, e che solo un branco di stupidi incolti avrebbe potuto ignorarli in quel modo. Dall'oggi al domani il pacato paesino di Ayton venne raggiunto dal fuoco d'odio che stava sconquassando gran parte delle isole ormai da anni.


 

* * *


 

«Non mi menta, Mr. Silente.» Occhi scuri lo fissarono da sopra il bicchiere ormai vuoto. Occhi accusatori che lasciavano trapelare l'uomo dietro la figura che si era creato in tutti quegli anni, la sua insicurezza, i suoi rimorsi. «Lei sapeva, eppure ha deciso di assumerla. Perché?»


 

* * *

 

 

La guerra aveva travolto i due ragazzini in un vortice di violenza, di minacce, di paura. La cittadina senza pretese in cui erano cresciuti era improvvisamente svanita, lasciando al suo posto un continuo campo di battaglia in cui focolari d'odio e di violenza spuntavano nottetempo, senza altro motivo che quello di contribuire alla follia ereditata dagli inglesi.

La chiesa – costruita secoli addietro da uno dei primi insediamenti cattolici decisi a metter radici in Scozia – fu una delle prime costruzioni a venir bruciate. Poi toccò alla scuola, distrutta senza pietà da un gruppo di inglesi arrivati a dar man forte alla minoranza protestante, insensibili alle preghiere delle vecchie maestre e ai pianti dei bambini più piccoli, indifferenti al terrore dei ragazzi in grado di comprendere i risvolti di quel gesto. Severus e Lily assistettero alla mattanza con occhi sgranati, le dita intrecciate alla ricerca di un conforto che non avrebbe mai potuto cancellare quelle immagini.

Fu questione di pochi giorni prima che l'intera Ayton soccombesse al conflitto. Erano pochi coloro che ancora cercavano di astenersi dall'ennesima lotta religiosa irrazionale e devastante: l'isteria aveva contagiato chiunque – persone normalmente pacate, ragazzini che fino al giorno prima si ritrovavano a giocare nel parco dietro alla scuola, vicini di casa cresciuti praticamente assieme – come un'epidemia a cui non si potesse (o forse volesse) trovare cura.

Molti fuggirono giusto in tempo per evitare di vedere i loro averi, la loro casa, le stalle bruciate senza alcun rimorso. Altri non furono così fortunati.

Severus fuggiva in sordina dalla sua stanza, cogliendo discorsi irosi del padre e dei suoi amici, arrivati dal Norfolk non appena la notizia dei tafferugli vi era giunta, che gli facevano crescere la strana sensazione che le cose avrebbero solo potuto peggiorare. Quatto, si allontanava dalla casa che odiava e correva allo stagno, in attesa di Lily.

Lily.

In mezzo all'orrore lei era l'unica cosa che gli dava coraggio. Vederla correre verso di lui, le guance arrossate e gli occhi ormai perennemente lucidi di lacrime e paura, dissipava il terrore: l'abbracciava e le canticchiava canzoni che, un tempo, sua madre gli cantava per farlo calmare dopo un incubo, dopo l'ennesima scenata del padre.


 

* * *


 

«Ti sbagli, non sapevo chi fosse. Ho conosciuto Arthur, suo nonno, all'incirca nel periodo in cui sei stato arruolato sotto il mio comando, ma dalla fine della guerra i nostri incontri sono stati sporadici. Certo, le poche volte in cui, trovandosi a Londra, è venuto a trovare questo vecchio scheletro mi ha accennato alle sue vicende famigliari: sua figlia aveva sposato un certo Harry Potter e, poco dopo la nascita della loro terzogenita, erano morti entrambi in un tragico incidente. Ma non immaginavo fosse proprio la nipote di Arthur quando mi è stato chiesto di assistere al provino di una giovane promettente in un paesino al Nord.» Fece roteare lentamente il vino all'interno del bicchiere. «Quando l'ho vista ho subito pensato alla tua Lily, e quando ho visto Arthur andarle incontro, ho capito che era sua nipote e qualche domanda è bastata per avere le conferme che necessitavo.»


 

* * *


 

In seguito tutto era successo all'improvviso: una notte Severus si era svegliato al rumore raggelante delle urla, e una volta aperti gli occhi si era accorto che il cielo era troppo luminoso... Quella notte oltre una trentina di case erano state divorate dalle fiamme ed altrettante famiglie si erano ritrovate per strada: molte, troppe in lutto. Il giorno dopo suo padre aveva riempito alcune logore valigie, lo aveva caricato a forza su una carrozza ed erano tornati in Inghilterra.

Non aveva nemmeno potuto salutarla. Aveva solo intravisto i suoi occhi sgomenti mentre la carrozza si allontanava da ciò che restava di Ayton.

Per anni Severus aveva assistito all'aumentare della persecuzione dei cattolici: molti erano fuggiti in Irlanda o nel nord della Scozia non appena ne avevano avuto la possibilità, ma altri non erano stati così fortunati. L'atmosfera di odio, di violenza che lo avevano terrorizzato solo qualche anno prima ora lo lasciavano più che altro perplesso, ma i continui discorsi del padre e dei suoi compagni avevano ormai scavato nel cuore del ragazzo. Per quanto, in fondo a sé, sapesse che tutto ciò era sbagliato, non poteva impedirsi di partecipare con foga alle manifestazioni a cui partecipava col padre, alle incursioni in negozi appartenenti ai cattolici, ai terribili atti d'intolleranza perpetrati nei confronti delle loro case... Il brutale seme che era stato instillato in un Severus ancora bambino senza quasi che lui se ne accorgesse era stato nutrito e cresciuto fino a diventare un germoglio infiammato, pronto a seguire la folle crociata di quel padre che non avrebbe mai potuto amare.

Fu proprio suo padre a farlo arruolare, appena sedicenne – dopo tutti quegli anni nessuno aveva ancora potuto dimenticare gli innumerevoli ragazzini, quasi ancora dei bambini, sacrificati dai propri genitori per una battaglia non loro. Così, sempre lacerato tra ciò che sarebbe stato giusto e ciò che gli altri si aspettavano da lui, aveva indossato la divisa – di un rosso fin troppo accesso – ed era stato preparato a fare il suo dovere prima di essere inviato, un anno dopo, nel reggimento comandato da Silente e stazionato proprio al confine tra l'Inghilterra e la Scozia. Qui il ricordo della giovane Lily era tornato più forte che mai, portando con sé nuovi sensi di colpa per ogni colpo sparato dal suo fucile.

Certo, Mr. Silente non era il tipo di ufficiale che esortava i propri uomini allo sterminio sanguinolento, ma era pur sempre un maggiore di un esercito in stato di guerra. Un giorno aveva raccontato a Severus, che aveva preso in simpatia, di come considerasse la guerra un'incombenza deplorevole, ma pur sempre un'incombenza che avrebbe portato a termine.

Alcuni mesi dopo aveva incaricato un suo subordinato particolarmente cruento di fare una ricognizione in un villaggio poco distante con alcuni soldati, tra cui Severus. Una volta giunti a destinazione, uno di loro era stato preso dal panico alla vista di un non ben identificato uomo armato – che si era rivelato, troppo tardi, un semplice cacciatore – ed aveva sparato un colpo in aria, attirando sguardi terrorizzati dai pochi passanti e, purtroppo, attirando anche un dissidente particolarmente desideroso di contribuire alla battaglia. Il capitano Riddle non si era fatto sfuggire l'occasione ed aveva dato comandi che avevano tramutato quella che doveva essere una semplice ricognizione in una mattanza.


 

* * *

 

 

Mr. Piton lo guardava con astio, ma Mr. Silente si limitò a sorridere in maniera apologetica. «Ti chiedi perché ho comunque accettato di assumerla, non è vero?» Giocherellò distrattamente con la lunga barba. «Beh... Miss Potter ha indubbiamente un certo talento, e ho subito saputo che sarebbe sicuramente riuscita ad esprimerlo al meglio sotto la tua guida... Ma non nego di aver anche accettato nella speranza che conoscerla potesse permetterti di far pace con il tuo passato...»


 

* * *


 

Aveva sentito la voce pronunciare il suo nome ancora prima del fischio del proiettile che, partito pochi metri dietro a lui, gli accarezzasse le orecchie. Sconvolto, si era voltato di scatto, giusto in tempo per vedere due occhi verdi sgranarsi.

Lily.

Lily Evans.

Gli occhi chiari, le guance arrossate, i capelli infuocati che le incorniciavano il viso.

La guardò toccare il suolo come a rallentatore, le labbra appena aperte in un'espressione di stupore ed una lacrima che le attraversava il viso. Quasi senza rendersene conto, Severus aveva lasciato cadere a terra il fucile ed era corso, le ginocchia infangate, a raccogliere il corpo ormai inerme. Sotto choc, aveva provato inutilmente a far pressione sulla ferita: un colpo unico, nel mezzo del petto ora macchiato di rosso come la sua giubba. Lily aveva probabilmente avuto appena il tempo di un pensiero – forse nemmeno quello.

Qualcuno lo aveva quindi preso per le spalle e l'aveva scaraventato lontano da lei. Un uomo. Continuava ad urlare il suo nome, a scuoterla come se volesse svegliarla. Quando le aveva preso una mano aveva sentito il fine anello dorato sotto le dita, ma non ci aveva fatto caso. Ma era così giovane... come aveva potuto dimenticarlo e sposarsi? Qualcuno sparò anche a lui, ma Severus registrò appena il rumore, il sangue, il corpo che cadeva su quello ancora tiepido di Lily.

Lily.

Come aveva potuto? Si era sottomesso all'isteria irrazionale che li aveva separati, l'aveva abbracciata e talvolta l'aveva addirittura scusata. Ed ora lei gli aveva portato via qualsiasi speranza di poter rivedere la sua amata Lily. Sebbene non avesse premuto il grilletto, il suo sangue macchiava anche le sue mani – e non sarebbe bastata dell'acqua per poterlo lavare via.


 


Non so se qualcuno leggerà ancora questa storia - sono assolutamente conscia di aver trascurato la scrittura per decisamente troppo tempo - ma, nel caso, vorrei scusarmi per la lunga attesa. Ho desiderato più volte provare a scrivere qualcosa, ma gli impegni et inconvenienti della vita reale mi hanno completamente assorbita (e prosciugata d'energie). Avrei potuto ritagliarmi degli attimi per la scrittura? Forse, probabilmente, ma ero talmente stravolta da tutto che quando provavo ad aprire un file che non fosse correlato all'uni l'unica cosa che riuscivo a fare era fissarlo inebetita, deprimendomi alquanto (nemmeno immaginate quanto mi sia mancato tutto ciò.. scrivere e leggere ff.. il fandom..). Non prometto di riuscire ad aggiornare una volta a settimana (sto scrivendo la tesi di Master, capitemi), ma sto lentamente ricominciando a leggere fanfiction e - miracolo! - a scrivere.. quindi.. ecco.. mi dispiace, ma spero che capiate :)

Nella speranza di non ricevere maledizioni via gufo.. spero che la lettura vi sia piaciuta e - soprattutto - vi ringrazio per (eventualmente) essere ancora qui :)

Spero a presto,
Cabiria Minerva


 

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