Slayers Challenge

di Sabu_chan
(/viewuser.php?uid=4069)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mantello ***
Capitolo 2: *** La spada ***
Capitolo 3: *** L('altra) Spada ***
Capitolo 4: *** I due puntini ***
Capitolo 5: *** La coppa ***
Capitolo 6: *** La risata ***
Capitolo 7: *** Il sorriso ***
Capitolo 8: *** La più grande vittoria ***



Capitolo 1
*** Il mantello ***


Il mantello

 

Del loro gruppo, lui era l’unico che non indossava un mantello.
La ragione? Essendo principalmente, anzi, totalmente uno spadaccino, lo sfarfallio di tessuto attorno a sé avrebbe reso ostico il libero movimento delle braccia nel roteare la spada. Già i lunghi capelli biondi, che più volte gli coprivano il volto, davano il loro bel daffare, ma fortunatamente svolazzavano liberi senza stringergli le spalle. Un giorno li avrebbe tagliati. Forse. Forse no.
Una volta, fortunatamente prima ed ultima, gli è toccato indossarne uno. Ma la sua coscienza era stata ingabbiata da un signore dei demoni, uno di quelli a cui non era bastato semplicemente prendere possesso di sé, ma aveva anche tentato di porre fine all’esistenza dei suoi amici.
E di lei.
Sì, sicuramente il mantello in quel momento era l’ultimo dei suoi problemi.
Casualmente gli era capitato di chiedere ai suoi compagni cosa aveva di così importante l’utilizzo di un mantello tra i loro accessori. Gli venne risposto che in realtà non c’era una ragione. Una principessa doveva indossare qualcosa di lungo e signorile, quindi in mancanza di un abito regale usava un mantello. La chimera lo indossava per proteggere il suo corpo dalla vista indiscreta degli sconosciuti, come se già non fosse abbastanza bardato di suo. Ragioni piuttosto semplici e futili.
Poi lo chiese a lei. La risposta non lo sorprese più di tanto, anche se ci volle un lungo attimo per comprendere appieno il funzionamento della sua bardatura. Si trattava di un tessuto incantato al cui interno erano celate diverse tasche, ognuna delle quali zeppa di strumenti e ricchezze. Il resto tentò di farselo spiegare, ma dopo pochi minuti decise che era meglio lasciare ai maghi le conoscenze dei maghi.
Quel mantello, nero come la notte all’esterno e violaceo come l’imbrunire all’interno, richiamava completamente la magia oscura di cui si serviva la maga, avvolgendola in un’aura ancor più misteriosa. In totale contrasto con il resto della sua veste e il fiammeggiare dei suoi capelli.
A lui non piaceva del tutto, proprio perché gli ricordava gli incantesimi più pericolosi che la ragazza aveva usato per salvare tutti loro. Richiamava la notte, e poteva finirci dentro per sempre.
La stagione si faceva fredda, il vento serale diventava un vero tormento anche per un uomo robusto come lui. Non poteva permettersi di tremare come una foglia e ostentare debolezza.
La maga l’aveva notato e per questo gli prestò il suo mantello. Tanto poteva usare un incantesimo di fuoco per scaldare l’area, gli rispose beffarda. Roba da maghi, sanno loro di cosa parlano.
Quel mantello aveva il suo odore.
Chissà, forse un giorno gli avrebbe concesso di avvolgervisi dentro, ma in sua compagnia.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La spada ***


La Spada

 
 
Lei ama quella spada.
Sa brandirla, potenziarla, usarla in ogni occasione concessale.
Purtroppo il suo proprietario non le concede anche il possesso assoluto su quell'arma.
La Spada di Luce è un oggetto misterioso e leggendario, che solo alcuni fortunati sono in grado di possedere per eredità da padre in figlio.
Ovviamente lei non era parente di quei maledetti fortunelli, quanto invece lo era lui.
Sono state molte le volte in cui la ragazza ha cercato di appropriarsene, arrivando persino a tentare di rubarla nei momenti di riposo dello spadaccino. Fatica sprecata, dato che lui se la teneva bene legata al collo e non è un modo di dire.
Però è anche capitato che gliela prestasse, per abbattere un signore dei demoni o due che capitava a tiro. La ragazza sapeva il fatto suo in merito alla magia e riusciva sempre a trarne il miglior potenziale misto ai suoi incantesimi. La Spada era adatta a lei.
La sua indole spregiudicata, però, faceva intendere che non si sarebbe servita dell’arma esclusivamente per combattere i nemici, e questo il ragazzo lo sapeva, facendosela restituire subito dopo le battaglie a costo di litigare per l’oggetto che a lui stesso apparteneva.
Attualmente, la Spada riposa nel fodero di pelle al fianco dello spadaccino, logora dalle molte lotte e finalmente non necessaria nelle loro avventure.
Ci sarebbe da aggiungere un particolare divertente.
Spesso lei si avvicina al biondo e proclama il suo desiderio di possessione della Spada, che ovviamente lui le nega.
Con quel ciuffo sugli occhi e i suoi sospetti fondati, spesso non volge lo sguardo alla maga dai capelli infuocati. Crede di conoscere bene l’utilizzo che ne farebbe.
Quindi la ignora, non vedendo così l'espressione maliziosa che si dipinge sul volto della ragazza.
Lei desidera la Spada, sì.
Ma non solo quella che emette luce.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** L('altra) Spada ***


  L('altra) Spada

 


Non riusciva a spiegarsi come né quando avvenne tutto ciò che stava appunto avvenendo. Capitò e basta, forse grazie alla spintarella data da quel boccale di troppo o forse ancora dalla spinta fisica che le diede la sua amica principessa, anche lei alticcia, con l'augurio che succedesse qualcosa di interessante. Giustizia, la chiamava.

Non sapeva nemmeno quanto fosse giusto quel che stava succedendo, in effetti. Anche la chimera le sorrise quella sera, come ad intendere che ci sarebbe stato da divertirsi. Che poi, parlando francamente, il divertimento risiedeva più nei pettegolezzi dei due succitati che nella sua situazione.

Stava di fatto che la maga dai capelli infuocati si trovava lì, in una camera che non conosceva, con una persona che conosceva benissimo, in una situazione che avrebbe voluto disconoscere.

Quell'altro, dal canto suo e aggiungerei come al solito, non capiva assolutamente come erano finiti in quell'assurdo gioco di sguardi.

Lei era sobria, in quel momento. Capiva e non voleva capire, ma in fondo cosa le costava?

La Spada era andata perduta in uno dei passati combattimenti. Non poteva più entrarne in possesso, che Lon fosse dannata sapendo quanto la desiderava. Non c'era nessun altro motivo per cui continuasse a stare incollata a quell'altro. Forse. Già, forse c'era una motivazione, ma nella sua mente albergava solo il totale dissenso.

Era sobria, probabilmente sarebbe stato più facile e spontaneo se non lo fosse stata.

Aveva un'altra Spada tra le mani, di cui non aveva ancora conosciuto le potenzialità magiche, le proprietà curative, le incredibili avventure che le avrebbe donato.

Non sapeva bene usarla, o meglio le avevano illustrato a lungo il suo utilizzo ma l'impaccio era enorme. L'altro conosceva bene l'Arma ma, stupisciti, in quell'istante aveva completamente dimenticato come si doveva usare. Un bel dilemma.

Nell'oscurità della stanza, la maga sorrise.

Essendo geniale, astuta e, a sua detta, dannatamente affascinante, doveva essere il mentore per quel povero inetto dalla lunga chioma dorata. Era la sua missione, se proprio voleva dare un nome a quel piacevole disastro.

A pensarci bene, non sarebbero stati solo i pettegolezzi degli amici a far divertire il gruppo. Era ora di insegnare a qualcuno a utilizzare la nuova arma nel modo corretto.

Sobria o no, quella Spada doveva in qualche modo possederla.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I due puntini ***


I due puntini


 

Li aveva notati quel giorno alle terme, ma non si era mai presa la briga di parlarne. Sembravano lì per caso e forse la sua compagna nemmeno li aveva intravisti tra le ciocche di capelli che le ricadevano sulla fronte.

Stava di fatto che continuare a pizzicarla sulla questione del suo petto minuto non era più così tanto divertente, quindi decise di inventarsi qualcosa di nuovo andando a parare su quei rotondi particolari, sicuramente più tondeggianti delle sue forme non ancora sviluppate.

In un momento lontano dalle scorribande, mentre passeggiavano quiete lungo un sentiero fuori città, decise di rompere il silenzio a cui non era affatto abituata e, con uno dei suoi sorrisi più beffardi, le fece notare quanto la fascia attorno al capo non riusciva a coprire quei notevoli nei ben allineati sulla sua fronte.

La sua compagna si fermò improvvisamente, saettando con lo sguardo da una sponda all'altra della strada, come se creature terribili scaturite dalla sua stessa mente dovessero saltarle addosso da un momento all'altro.

Era curioso vedere come la ragazzina dalla terribile fama si fosse irrigidita al solo nominare quei due punti neri. Forse era solo una sua impressione, ma la sua compagna di viaggio stava tremando.

Lei le chiese di non nominarli mai più. Ovviamente non fu ascoltata. La maga del Serpente domandò ancora e ancora e ancora, fino a notare una massa di energia cremisi formarsi tra le mani della ragazzina.

Non capì perchè l'aveva fatta saltare in aria, proprio non riusciva a trovare una spiegazione. Erano nei! Grandi, tondi e allineati. Cosa c'era di così terribile in questo?

Ma non sapeva darsi pace, o meglio dare pace alla sua compagna. Quando meno se l'aspettava, accennava alla questione e si divertiva a notare la rigidità improvvisa che pervadeva la famosa Dramata.

Quando questo nuovo gioco divenne noioso anche per la donna pettoruta, finalmente l'altra decise di confidarle quanto aveva commesso qualche anno addietro, volendosi guadagnare la scena trasmettendo immagini in movimento della sorella maggiore durante un momento piuttosto privato.

Quest'ultima, scoperta la bravata, non si limitò a fare la ramanzina alla ragazza e darle uno scappellotto sulla testa. Anzi, proprio su di essa fece crescere due prolungamenti simili ad antenne, per annullare l'effetto poco dopo ma lasciandole un marchio che avrebbe ricordato a vita. Ah, senza dimenticare altre terribili minacce che percorrevano la schiena della maga sotto forma di brividi gelati.

La sua compagna di viaggio pregò la maga del Serpente di non nominare mai più la questione.

Pare superfluo, ma ve lo dirò: non venne esaudita.

Tutto ciò era così tanto divertente che doveva assolutamente protrarre il sollazzo anche a costo di vederla correre via dalla disperazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La coppa ***


La coppa

 

 

Non era stata una lotta come le altre, né corpi di demoni né di banditi cospargevano il terreno di combattimento. Stringeva ancora in mano un'arma insolita a cui si era abituata per costrizione, una racchetta magica o quel che si definiva tale. E tutto per cosa?

La promessa di una copia di quel dannato libro storico era stata infranta, quando vide il direttore di gara consegnare ai suoi amici una misera coppa ricordo. Voglio dire, era capitato un piccolo e innocuo incidente che aveva fatto saltare in aria l'intero stadio e ora davano quella sottospecie di premio ai suoi compagni?

Mentre si spolverò le vesti, lanciò un'occhiata alla principessa che, sorriso dipinto sulle labbra, porgeva la coppa all'uomo dal volto di roccia che le stava di fianco.

Un altro sorriso, due mani che si sfioravano, il lento passaggio del premio.

C'era dell'altro in quella lentezza.

Se ne era accorta con il tempo passato a viaggiare in loro compagnia. Era una piccola luce ma si faceva man mano più forte, accompagnata da un timido languore e lievi rossori di guance.

Erano lì a guardarsi, la figlia della famiglia reale e la chimera senza meta.

Due universi diversi si stavano osservando con incertezza e imbarazzo, ma anche parecchia armonia. La coppa era solo una scusa per sfiorarsi? La principessa desiderava comunicare qualcosa, premiando ipoteticamente l'amico che non aveva partecipato alla gara?

Forse ne stava vincendo un'altra, in un insolito rispettoso silenzio.

Osservarli le fece venire presto la pelle d'oca. Quanto insulso miele intendevano ancora mettere in quella scenetta d'epilogo di una vicenda strampalata come quella?

In fondo, da qualche parte chiusa bene nel cassetto del suo cervello, provava una punta di invidia.

Un oggetto pacchiano al posto di un sacro testo magico. Un pezzo di latta in cambio del divertimento dei paesani. Un oggetto che sarebbe risultato orribile perfino sulla mensola di una catapecchia.

Tanto valeva che l'avesse ricevuta lei, invece di sorbirsi quello spettacolo melenso.

Una coppa, due manici, due mani diverse a entrambe i lati.

La parte centrale a tenerli uniti.

Sì, era decisamente ora di far saltare in aria qualcuno, tipo una principessa di Zoana a caso, per levarsi di dosso tutto quello zucchero prima che le causasse le carie.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La risata ***


La risata

 

 

Un brivido lungo la schiena, una vena gonfia in fronte, un tremolio alle mani.

Immediatamente, senza stare troppo a pensarci, partiva qualche casuale incantesimo. Non c'era una ragione particolare, era l'istinto animale che lampeggiava nella sua mente ed emetteva la parola Pericolo ad ogni nota udita.

Le sue orecchie chiedevano pietà, ma come puoi chiedere la grazia ad una donna che di grazioso ha solo le forme e il portamento? Del suo carattere non ne voleva nemmeno parlare.

Dalla sua posizione bassa ammirava quella donna di alta statura esibirsi nel suo spettacolo quotidiano, o orario, anzi si poteva ripetere in qualsiasi momento. La stabilità e tranquillità di ogni minuto potevano essere messi in dubbio dalla sua esplosione di ilarità e, oh, che razza di risata usciva da quella bocca larga.

Premersi le mani ai lati del viso non aiutava di certo contro quel suono perforante. Cosa ci trovasse di così eccitante nel tormentare ogni essere vivente con quell'espressione lo sapeva solo lei.

Una volta le spiegò di che si trattava, una sorta di impronta sul mondo, un modo per rendersi forte di fronte a chiunque le capitasse a tiro. Non importava se un bandito o una innocente vecchina, lei sentiva il bisogno di affermarsi con la risata, che era ormai diventata il suo marchio di fabbrica.

Perchè aveva così tanto bisogno di mostrarsi forte? Non le bastava l'immenso potere di cui era dotata, ma che purtroppo non controllava a dovere a causa del suo fare esagerato?

Se lo chiedeva, voleva davvero conoscere la ragione. Poi lei rideva e qualsiasi voglia scemava, lasciando spazio a irritazione e palle di fuoco.

La sua compagna poteva diventare davvero irritante, specie negli spazi piccoli dove rimbombava così bene. Le pareti tremavano, i suoi timpani pure. L'altra non se ne curava, così intenta a rafforzarsi.

Un giorno avrebbe scoperto il perchè.

Un secondo dopo, desiderava semplicemente il momento in lei sarebbe stata lontana dalle sue orecchie.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il sorriso ***


Il Sorriso

 
 

Alzò un dito e il cielo tremò.

Davvero, sto parlando del cielo. Le ovattate nuvole oscillarono improvvisamente e i venti si alzarono. Un terremoto aereo, e tutto dovuto a un suo gesto semplice e armonioso.

Sorrideva osservando la scena tutt'altro che divertente: centinaia di corpi, che prima si trovavano a mezz'aria e puntava dritti a un punto preciso, ora ricadevano esanimi al suolo mentre tutto attorno a loro tremava. Esplosioni e sangue di drago.

Sorrise ancora per qualche istante, poi le sue labbra tornarono piatte. Gli occhi si schiusero non a osservare ma semplicemente ad adornare quell'espressione già morta di suo. Non si poteva certo dire che fosse in qualche modo “vivo”.

Il suo compito era stato portato a termine, la padrona attendeva la conferma del successo della missione. Tutto era stato completato nel migliore dei modi, i suoi modi. Poteva dunque finire anche di indossare quella maschera.

In realtà il suo sorridere non era sinonimo di allegria o divertimento. I suoi simili si sarebbero sganasciati dalle risate e brividi caldi li avrebbero pervasi a quello spettacolo.

Lui era molti gradini più in alto di questi simili, di cui condivideva solo la razza. Nemmeno i sentimenti potevano dirsi uguali, sempre che avesse provato qualcosa di simile a un sentimento secondo la concezione umana.

Dal momento della sua creazione, investito di poteri al di sopra di qualunque altro individuo con la sua carica, gli era stato insegnato a prendere il suo lavoro come un gioco. E si sa, quando si gioca ci si diverte, si sorride.

Inoltre, il sorriso può incutere timore.

Si guardò le mani, percependo le vibrazioni di quel potere. L'espressione non cambiò.

Poteva elaborare pensieri e poteva permettersi di chiedere delucidazioni alla sua padrona, ma non gli era concesso di provare sentimenti al di là della devozione e del rispetto. In qualsiasi espressione si torcesse il suo volto, nessuna sarebbe stata vera, provata.

Spesso pensava che sorridere fosse stancante, ma l'abitudine è dura a morire e ogni giorno, a ogni nuova missione, a ogni nuovo incontro, riprendeva il suo ballo in maschera.

Sorridi per non destare sospetti.

Sorridi per terrorizzare i nemici.

Sorridi per emulare il divertimento altrui.

Sorridi sempre.

Sentendo niente.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La più grande vittoria ***


Di incantesimi si intendeva discretamente. Aveva seguito molte lezioni, alla maggiore obbligatorie per ovvi motivi formativi dettati dalla sua situazione famigliare, e testato le sue capacità in svariati modi, con la scusa di fornire la giusta punizione a chi meritava di pagare i propri debiti verso il mondo. Diciamolo, in fin dei conti si divertiva. Era un gioco insegnatole dal caro amato padre, e ormai troppo radicato nel suo animo fanciullesco per poter negare quanto le desse brio e soddisfazione sfoggiare la magia a tali scopi.
Certo la vita al di là di quei alti muri non rispecchiava la sua idea di mondo, un luogo in cui amore e benessere erano sovrani. Un po' come la sua famiglia, cercando però di accantonare le minacce e le perdite dolorose che negli anni avevano scalfito anche quel nido perfetto. Accantoniamo, si disse un giorno, ma non dimentichiamo. Ogni piccola esperienza, sia essa la più soffocante, deve darmi energia per combattere il domani e rendere l'altra parte il mondo più giusto... del mondo!
Viaggiando aveva incontrato altre valide figure da cui assimilare le migliori strategie e affinare le basi degli incantesimi. A dir la verità, alcune di queste figure non avevano fatto altro che farle vacillare i pensieri, chiedendosi quanto l'uso sconsiderato della magia o la brama dei beni materiali potessero davvero considerarsi per una giusta causa.
Altre figure, tanto più amabili, avevano indirettamente insegnato che c'è del buono anche dove cade l'ombra, e che in essa risiede il potere del sacrificio, del condividere momenti buoni e brutti, o più semplicemente che la compagnia della più improbabile tra le compagne di viaggio potesse rivelarsi preziosa. Non erano necessarie spiegazioni complesse e condite di termini tutt'altro che intuitivi: bastava dire partiamo e si partiva, per spirito di avventura, perchè l'aver accanto persone speciali è la migliore medicina per iniziare ogni viaggio.
Nemici, ahimè, esistevano e non era affatto pochi. Tremendi, malvagi, pronti a ogni sorta di crudeltà pur di affermare il proprio vantaggio sul debole prossimo. Quanti erano stati i combattimenti che si potevano evitare, e quanti ancora quelli giustificati da assurde motivazioni? I ricordi affioravano ogni volta da quel cassetto che mai si era chiuso del tutto e ogni volta davano una fitta al profondo. Un attacco all'orgoglio. Il mondo tanto sognato e per cui ogni secondo è stato speso, era forse un sogno infantile? Un modo per fuggire dal passato e credere che la speranza, la giustizia esiste davvero?
Poi, al termine di ogni lotta, una mano le si poggia sulla spalla.
Una mano ferita, pesante, dal guanto sgualcito e impolverato, dalla pelle che non è pelle. Un tocco sempre inaspettato, per quanto ormai ben memorizzato.
E' piacevole, quel gesto. Come lo è la figura che le fa questo dono. Non te lo aspetteresti mai, dal silenzio che lo avvolge ad ogni passo calcolato, dagli occhi addombrati da quella freddezza costante, da quel volto sfigurato dalla stessa magia che lei brandisce in nome di una qualche fantastica giustizia, ma la gentilezza che accompagna quelle dure labbra fa diventare tutto improvvisamente più bello.
E dire che, fino a qualche tempo prima, stentava a convincersi che non si trattasse di uno dei peggiori mostri scaturiti dalla sua fantasia di bambina.
Ora che aveva imparato cosa fosse la vita dopo le mura della città, come si ci sentisse ad essere liberi ma restando (di tanto in tanto, sforzandosi di non salire sulle cime degli alberi) con i piedi fermi per terra, a gustare il sapore dello scorrere del tempo con i giusti compagni di viaggio, poteva finalmente chiudere a chiave lo scrigno delle tristi memorie, pur senza mai gettarlo dal primo dirupo. A meno che si gettasse lei per prima.
Di mostri ve ne erano ancora tanti, malvagi o di animo buono che fossero. Di mostri nel cassetto rimanevano pochissime gocce e proseguendo la strada le avrebbe fatte asciugare. Quanto a chi le camminava a fianco, sorretto alla sua spalla dopo la battaglia, non vedeva traccia di mostruosità alcuna ma solo umanità, quella di cui sognava da piccola e che suo padre le narrava. 
Così anche domani partirà, un piede dopo l'altro, tra fuochi e fiamme, sorrisi e calore, per portare la vittoria della giustizia sul mondo.



Pur versando qualche lacrima dignitosa, non rinunciare ai tuoi sentimenti. Un giorno un miracolo verrà, prendilo come una possibilità.*









*
dal testo della canzone Stand Up!  di Masami Suzuki
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1480016