Un Diario di bordo.

di Poisonous chaos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pugni allo stomaco. ***
Capitolo 2: *** Giorno 1 ***
Capitolo 3: *** Giorno 2 ***



Capitolo 1
*** Pugni allo stomaco. ***


Giorno 0



Forse sta arrivando la primavera.
O forse sono solo io che mi illudo. Il sole però era presente oggi, e mi ha tenuto compagnia. Mi ha riscaldato come il fumo della sigaretta dentro i polmoni. Nonostante il freddo sono uscita solo con la mia felpa addosso. In effetti, devo riconoscermi un'amante del freddo. Mi piace come si intrufola tra i tessuti mentre cerca avido la pelle, forse per trovare un pizzico di calore in più. Un abbraccio caldo e accogliente di cui tutti hanno bisogno. 
E le mie braccia lo accolgono volentieri il freddo. Molto meglio di tanti bugiardi che ti abbracciano e intanto sputano alle tue spalle qualche parola acida, mentre le loro dita strette sul manico di un pugnale, sono pronte a colpire quando meno te lo aspetti. Il freddo, a differenza loro, non ha mani. Non ha neanche una bocca per sputare, orecchie per sentire o occhi per parlare. Il freddo è. E basta. Un po' come me.
No, forse non sono poi così silenziosa come il freddo. Il freddo non si fa riconoscere, il freddo resta in disparte, ma quando arriva, crea il caos. Sì, ecco, caos
La parola che cercavo è proprio quella, caos. La mia vita è un caos, chi mi sta attorno crea caos, io sono caos.
E cerco di rialzarmi inutilmente quando cado, anche se spesso non ci riesco. Resto seduta sul cemento freddo, o sull'erba bagnata, e piango. Piango perchè è l'unica cosa che rimane da fare. 
Chi prendiamo in giro, dopo esser caduti, nessuno ha la forza di rialzarsi. E' meglio autocommiserarsi un po' e poi provare a rialzarsi. Come quando qualcuno arriva con un pugno diretto allo stomaco. 
Il pugno arriva, inaspettato e toglie tutta l'aria dai polmoni, ti lascia senza forze, nauseato, senza parole, senza vita. Ed ecco che così inizia a prender forma la mia vita. 
Sono il conato di disprezzo nella bocca dell'ubriaco, o il dito medio alzato dell'audace studente contro il professore stronzo, sono la bestemmia urlata contro un prete da un barbone senza vita. 
Tanto o vivi, o muori.
Tanto meglio vivere secondo le mie regole.









Angolo del Caos
Salve, chiunque sia riuscito ad arrivare a leggere fino a qua.
Questa è un'introduzione breve di ciò che questo diventerà..
un diario di bordo dove racconto "robe" che sento.. o che vivo.
Spero vi piaccia. (?) 
:3

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Capitolo 2
*** Giorno 1 ***


Giorno 1
 



Sii il capitano della tua anima.
Eccomi, il Capitano in persona. La mia nave, bandiera nera levata al vento, solca un mare d'inchiostro tra nuvole bianche e penne a sfera con sopra scritto il nome di qualche azienda sconosciuta o farmacia dal nome impronunciabile. Una di quelle penne che funzionano due volte, poi le smonti preso da un momento di noia, la molla cade e addio. Muoiono. Tanto la molla non riuscirai mai più a trovarla.. chissà dove si è nascosta. Forse dietro a quel mobile che non spolveri da anni. No, sto divagando. 
Dicevo, sto guidando il mio veliero che crolla su se stesso verso quella prigione di corpi flaccidi più comunemente conosciuta come scuola. Sì, proprio là, dove dicono di promuovere l'istruzione, l'educazione, la morale e poi ti trovi un preside dal faccione sporco d'olio di panino, con un caffè -ovviamente non si è alzato lui per prenderlo- tra le mani e i piedi sulla scrivania. Ovviamente, lui è solo uno dei tanti animali da circo che conosco. Di loro, lo prometto, parlerò.

Autobus. Che dire, niente di particolare. Strade che vanno in malora, buche ovunque, seggiolini sporchi, sballottamenti da una parte all'altra, vetri appannati, odore di chiuso e muffa. Il posto peggiore di questo mondo che sa offrire un posto tranquillo, personale, per poter riflettere. Un po' come la doccia. Solo che qua, se ti addormenti a bocca aperta, qualcuno ti scatta una foto e ti sputtana su tutti i social network. Vi siete mai addormentati nella doccia?
Devo aggiungere un promemoria, devo scrivermelo sulla fronte, non devo divagare.
Seduta su quel maledetto seggiolino inizio a pensare; cuffie alle orecchie, testa appoggiata al vetro, un amico davanti a me che di tanto in tanto mi picchietta il ginocchio per raccontarmi qualcosa. Routine di tutte le mattine. Solo che oggi, ho più sonno di ieri. 
Fermata; il pullman riparte mugolando come un vecchio cane zoppo che non riesce più a reggersi in piedi; nuova fermata; arrivo
Ed eccola, la mia scuola, il mio carcere, la città dell'ipocrisia. Più la guardo e più mi ricorda una puttana di vecchia data, con il rossetto sbafato, gli occhi ricoperti da ombretto nero pesante, le costole che si vedono da sotto il corpetto di pelle e la minigonna che ostenta due gambe troppo magre e una camel tra le labbra. Sì, una di quelle che ormai, il suo lavoro l'ha finito da tempo, ma che si è talmente abituata a farlo che non può fare a meno, ogni tanto, di tornare sulla strada a mostrare i glutei -ormai non più sodi come un tempo- a qualche camionista sposato. E poi, per i nuovi arrivi, i filetti di manzo al pepe verde, si mette in tiro come non mai, mostrando anche ciò che non ha. Ecco che agli open day, la mia scuola diventa una escort. Detto tra noi, una escort di poco valore. Anche io mi sono fatta ammaliare dalle labbra rosse e dalle belle parole della mia scuola. Non passa giorno senza che io non mi maledica una buona mezz'ora per questo.
Fuori, intorno alle mura dipinte con scritte incomprensibili, si ritrovano la maggior parte degli studenti che aspettano di entrare con una sigaretta -e non solo- in bocca, nonostanto il divieto di fumo. Passai -sempre con il mio amico del pullman di prima accanto- vicino ad un gruppo di ragazzine che avranno avuto sì e no 14 anni e il mio orecchio, che sia maledetto, non ha potuto fare a meno di captare una frase ricca di significato e talmente aulica da essere incomprensibile. 
No, ma ieri, Teo mi ha fatto fare un personal e poi mi ha messo le mani nelle mutandine! 
Rido. Rido di gusto, e la risata sgorga dalle mie labbra così impetuosa che penso abbia raggiunto anche il preside spaparanzato nel suo ufficio. Rido talmente forte, che la ragazzina in questione si gira verso di me con occhi languidi e azzurri, le guance arrossate e le sopracciglia corrucciate. Ups, la conoscevo. Ed è pure una mia vicina di casa. 
Il seguito lo racconterò la prossima volta, forse.
Come sempre, come di routine, la mia giornata è corsa fino ad ora, 20.23 di sera. 
Compito di latino, due chiacchere con gli amici, sigaretta, braccia coperte, pullman, casa, vuoto. 
Eh sì, sono il Capitano di una Nave fantasma che cade a pezzi e che non ha più senso di esistere, che si regge, però, ancora in piedi perchè non c'è niente di peggio che morire da vivi. 
Ogni giorno lotto affinchè queste stramaledette assi di legno restino insieme ancora un po'. I mozzi sulla nave però si ammutinano, si lanciano in mare e invocano leviatani, o qualsiasi bestia marina mitologica, per essere divorati. Tutto è meglio di stare su questa nave, dicono. Beh, non li biasimo. 
Il capitano non può abbandonare la sua nave, però. E io, non abbandonerò il mio derelitto nero, nemmeno per tutto l'oro del mondo. Affonderò insieme a lui, quando sarà giunta l'ora, e nessuno mi riconoscera e mi porterà per bocca come "colui che ha abbandonato la nave per primo e poi ha tenuto corsi antipanico all'università". Una vittoria, no?

Basta, ho confuso anche troppe menti ora. Spegnete i cervelli e fateli riposare davanti a qualche programma spazzatura. Alla fine, è a questo che servono, giusto?

Il Capitano va a far compagnia al mostro sotto al letto. 

Passo e chiudo.





Angolo del Caos
Vi chiedo un po' di pazienza.. è la prima cosa ufficiale che scrivo,
non sono bravissima e..come se non si fosse capito,sono caotica.
Se avete consigli,o pareri, scrivete, fa sempre piacere.

Grazie per aver letto/sopportato.

Poisonous Chaos.

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Capitolo 3
*** Giorno 2 ***


Giorno 2

Candle in the Wind

 


Oggi la carta ha il sapore di una canzone.
Una di quelle canzoni che segnano la tua anima nel profondo, la cambiano e poi ti riportano alla mente tanti di quei ricordi, tanti di quegli odori e sapori che credevi aver perduto in qualche cassettone polveroso della memoria. Una di quelle canzoni che ti hanno fatto pensare, magari col naso appoggiato su un vetro e gli occhi che corrono lontani verso l'orizzonte invisibile di qualche città nebbiosa. 
La mia canzone, quella che se tutt'oggi riascolto fa tremare pesantemente le enormi palizzate che bloccano le scorte di lacrime, racconta di un viaggio e una battaglia che non doveva esser combattuta, di persone che sono state vicine per una vita e che all'improvviso hanno deciso di schierarsi contro il tuo esercito, contro di te. 
Ero in una città lontana, lontana dal piacevole/spiacevole tepore di camera mia, in un'altro posto dove l'ora era completamente diversa, il sole era quasi sempre velato da uno strato grigio di inquinamento e simpatiche persone da occhi a mandorla viaggiavano frenetiche a tutte le ore del giorno. 
L'aria estiva era pesante ma, nonostante tutto, c'era un'atmosfera fantastica, pacifica, che qua in Italia è difficile trovare. Un'aria completamente diversa, piena di aspettative, sogni, ricchezze di ogni genere e storie fantastiche. 
Uno degli ultimi giorni di quel viaggio che ha segnato la mia pelle, oltre che alla memoria, ero fuori dal palazzo in cui vivevo per la vacanza. Era altissimo, circa una trentina di piani, se non ricordo male. Sotto di esso, come un parco, si snodavano alberi dalle chiome verdi, un laghetto pieno di pesci di tutti i colori, passaggi segreti nascosti tra pareti fatte di rose selvatiche e piccoli gazebo di legno chiaro che ospitavano chiunque volesse godersi un po' di ombra e di tregua dalla calura estiva, mettendo i piedi a mollo nell'acqua gelida del piccolo fiumiciattolo che circondava il giardino. 
Era un posto perfetto, in pace col mondo, costellato da qualche risata cristallina di bambini di tanto in tanto e da chiacchere di anziane signore che passeggiavano insieme, a braccetto ricordando i vecchi tempi.
Ecco, ero fuori da quel piccolo "angolo di paradiso", e guardavo. Il palazzo che si stagliava alto nel cielo, con le sue numerose vetrate, gli alberi che muovevano leggermente i loro rami, spinti da un lieve vento fresco serale, e il sole che tramontava, libero da qualsiasi nube. I suoi raggi accarezzavano il profilo di quel grattacielo, vetro per vetro, mostrandosi a chiunque volesse godere dello spettacolo della loro discesa dietro le montagne che ospitavano la Grande Muraglia. Ero appoggiata ad un muro dopo una camminata, "Candle in the Wind" di Elton John nelle orecchie, e in quel momento, sono sicura, la mia testa ha scattato una foto di quello scenario. Una polaroid che si ripresenta ogni volta che il pianoforte di quella canzone parte a suonare.
E' così nitida, perfetta, chiara, che se chiudo gli occhi posso di nuovo sentire il profumo di quella terra dai mille colori e il tepore dei raggi sulla pelle. 
Posso anche "zoomare" su di essa, consapevole del fatto che non c'è un limite. Ogni angolo della mia polaroid è perfetto, nitido, senza pixel fuori posto che "sgranano" l'immagine. Una visione HD perfetta di un ricordo che non potrò mai dimenticare.
Nel dubbio, ho scattato anche una foto.
Però è l'immagine nella mia testa quella che preferisco. Certo, sempre insieme alla canzone, altrimenti non ha senso. Altrimenti non riesce a prendere vita insieme agli accordi di chitarra, alle voci del coro e ai tasti del pianoforte.
La nave del Capitano senza meta, vorrebbe tanto salpare nuovamente verso quelle terre, nonostante le numerose battaglie che hanno distrutto gran parte della nave stessa. E anche del Capitano.
Nonostante tutto, il mio piccolo veliero e il mio corpo logoro, siamo ancora in piedi. Forse, un ultima risistemata a qualche trave traballante, un piccolo controllo alle vele e poi, potremo anche salpare di nuovo, verso quella polaroid che tengo nel cuore e che sarà meta di un nuovo sogno da realizzare.


Beh, Carissima pagina che anche oggi ha saputo accogliere le mie parole al meglio, non c'è più altro da raccontare.
Un breve flashback della mia vita che ho voluto imprimere anche su di te, così che tu possa conservarlo per un prossimo futuro.
Il Capitano della Nave oggi è malinconico. Ma non troppo.



Che il vento sia con te.




Angolo del Caos
Oggi, piccolo capitolo su un breve flashback.
Non è niente di particolarmente sorprendente, scusate la banalità.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e che seguono il mio "caos".
Non potete immaginare quanto possa far piacere.
Beh, detto questo.. spero che sia piaciuto.
Capitan Caos.

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