The paths of living

di Aya88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Farewell (KakaSaku) ***
Capitolo 2: *** Friends (accenno GaaNaru) ***
Capitolo 3: *** Di libri e consigli (accenno TsuJira) ***
Capitolo 4: *** Questioni in sospeso (KakaTen) ***
Capitolo 5: *** Carpe diem (SakuShika) ***
Capitolo 6: *** Solo per noi (KakaSaku) ***
Capitolo 7: *** Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse (KakaSaku) ***
Capitolo 8: *** La vita nei tuoi occhi (SasoSaku) ***
Capitolo 9: *** Mal comune... e il terzo gode (TenSaku, KakaSaku) ***
Capitolo 10: *** Perfect you ***



Capitolo 1
*** Farewell (KakaSaku) ***





Con rabbia getti nella valigia gli indumenti sparsi sul letto, mentre io rimprovero me stesso; avrei dovuto prevedere i segni invisibili che questa storia ha inciso su di noi, ma mi sono lasciato illudere dall’amore e dalla tua giovane audacia.
Ricordo ancora la notte quando accettasti di sopportare la clandestinità, spinta da una promessa che vorrei tuttora mantenere.
Non intendo perderti, così afferro un tuo polso ripetendo il consueto ritornello: “Resta, sistemerò tutto”.
Nel sentirlo ti volti, e il dolore nei tuoi occhi mi ferisce come la freddezza della tua voce: “No, non continuerò a sbagliare aspettando che la malattia la uccida”.
Qualcosa s’infrange: è il mio cuore nella certezza dell’addio.

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Capitolo 2
*** Friends (accenno GaaNaru) ***


friends

Dunque, la fic è ambientata poco dopo la morte di Jiraya e prima che Naruto parta per l’allenamento. Ho immaginato che Gaara giungesse a Konoha per informarsi sullo stato d’animo di Naruto, soffrendo per la continua sofferenza dell’amico, mentre lui grazie al suo aiuto e alla liberazione dal demone è riuscito a raggiungere un equilibrio e un po’ di serenità. Oltre a questo, non credo di dover dire altro; quindi buona lettura(si fa per dire… ) XD         

 

     Dedicata a slice e a storyteller lover, 

per il sostegno morale durante la stesura e non solo per quello.

Seguito da Temari e Kankuro, Gaara sfrecciava rapido saltando con agilità da un ramo all’altro, mentre i raggi del sole che filtravano attraverso le fronde degli alberi lo colpivano con il loro calore ancora tenue. I tre ninja sarebbero giunti a Konoha nel giro di poche ore, e procedevano verso la loro meta ognuno immerso nei propri pensieri, scambiandosi a stento qualche parola.
La decisione di partire era stata presa dal Kazekage pochi giorni prima, quando si era diffusa anche nel paese del vento la notizia della morte del Sennin Jiraya.
La sua scelta aveva repentinamente suscitato l’opposizione del consiglio, che ne riteneva ingiustificata e pericolosa l’assenza, considerando quanto fosse difficile e delicata la situazione generale dopo le ultime mosse dell’Akatsuki. Gaara, tuttavia, era riuscito a volgere a suo favore l’obiezione: proprio i recenti avvenimenti implicavano la necessità di consolidare le alleanze, pertanto un incontro diplomatico con l’Hokage, seppur breve e motivato da solidarietà, sarebbe risultato senza dubbio utile.
In tal modo aveva vinto le resistenze degli oppositori, ma non aveva convinto i suoi fratelli. Negli ultimi anni il ninja era cambiato totalmente, ma i due avevano ormai imparato a capirlo, tanto da poter intravedere nel viaggio intrapreso anche qualcosa che andasse al di là della politica. Dal canto suo, il giovane Kage si era reso perfettamente conto che avessero intuito la verità. L’aveva compreso dal loro stupore quando li aveva messi a corrente della situazione; dalle occhiate interrogative che si erano scambiati più volte; dagli sguardi che anche in quell’istante avvertiva su di sé; e dalle parole che ancora aleggiavano silenziose senza giungere a destinazione. Ma, se interrogava se stesso, non riusciva ad attribuire a quella verità il giusto peso; non sapeva se l’amicizia con Naruto fosse stata davvero determinante.
Nell’apprendere della morte di Jiraya aveva pensato subito a lui, su questo non aveva alcun dubbio, ma era anche vero che altrettanto velocemente si erano imposte alla sua attenzione le implicazioni istituzionali, che forse avevano preso il sopravvento. Tale dubbio razionale, però, contrastava con ciò che provava: più si avvicinavano a Konoha, più il desiderio di incontrarlo e di sapere come stava si faceva chiaro e intenso, mandandolo in crisi. Poteva essere il semplice affetto la motivazione di quell’impulso? Trovare una risposta che non risuonasse confusa gli risultava difficile.

 

Il sole, ormai alto nel cielo, illuminava l’imponente palazzo dell’Hokage e la montagna retrostante, creando alternanze di luce ed ombra sulla facciata circolare dell’edificio, ritmata da spioventi di legno, e sui volti scolpiti nella roccia. A pochi metri di distanza, Naruto osservava lo scenario con espressione seria e pensierosa.
Potevano trascorrere gli anni con il consueto alternarsi delle stagioni, potevano cambiare gli esponenti politici del villaggio o mutare i volti di chi vi viveva, ma quel posto di Konoha avrebbe continuato a costituire un saldo punto di riferimento per le generazioni future di ninja e di semplici civili.
Proprio tale consapevolezza, insinuandosi all’improvviso nella mente del ragazzo, l’aveva indotto a fermarsi e a riflettere.
Per lui diventare Hokage era sempre stato il sogno da realizzare, forse all’inizio per il solo desiderio di affermazione, per essere riconosciuto e accettato, ma, col tempo e col nascere di veri legami, quell’aspirazione aveva acquisito un valore ancora più intenso: avrebbe protetto il proprio villaggio e insieme ad esso le persone che più amava.
Il compito di un kage, d’altronde, era proprio guidare chi riponeva fiducia in lui e garantirne la sicurezza; un compito che implicava delle enormi responsabilità, ne era ormai cosciente, ma non avrebbe mai pensato che saperlo dovesse essere così doloroso.

“Tu l’hai lasciato andare… come hai potuto permettere che facesse un’idiozia del genere?!”
Le parole di pochi giorni prima, ancora vivide come solo la sofferenza poteva renderle, riecheggiarono nella sua testa con un fragore assordante, costringendolo ad abbassare lo sguardo.
Mentre Tsunade aveva svolto semplicemente il suo ruolo di guida, celando ogni angoscia nel profondo, lui come uno sciocco le aveva gridato contro un rimprovero ingiustificato; e ora il senso di colpa lo assaliva con il suo morso.
Se era giunto fin lì, infatti, era perché doveva e voleva chiederle scusa.
Dopo qualche istante alzò il capo, con negli occhi una luce di determinazione offuscata dal velo di tristezza, guardò fisso davanti a sé rimanendo ancora immobile, poi si diresse verso una delle scale che conducevano all’interno dell’edificio rosso.
Percorse il tragitto in breve tempo, e salì i gradini abbastanza speditamente fino a raggiungere l’ultimo piano. Una volta entrato si incamminò verso l’ufficio di Tsunade, seguendo l’andamento circolare delle pareti, adornate con serie di quadri e con lunghe pergamene disposte verticalmente. Nonostante si fosse nel pieno della mattina, il corridoio era insolitamente silenzioso e deserto; non si udiva nessuna voce provenire dagli uffici, né vi erano ninja che svolgessero i propri compiti burocratici trasportando carte da una parte all’altra del palazzo.
Naruto, però, non attribuì particolare peso alla cosa, almeno finché non si ritrovò davanti alla porta sorvegliata da due ambu. Sorpreso domandò spiegazioni e venne così a conoscenza della presenza di Gaara, notizia che incrementò la sua meraviglia e lo rese consapevole che non l’avrebbero lasciato passare facilmente. Chiese, quindi, solo di informare l’Hokage che voleva parlarle. Dopo un primo momento di esitazione, gli uomini con le maschere feline acconsentirono alla sua richiesta; il più alto bussò e attese che la voce della donna gli concedesse il permesso di entrare, poi, quando uscì, diede il via libera al ragazzo. Quest’ultimo non se lo fece ripetere due volte e superò il ninja, che subito richiuse la porta dietro di sé.
Una volta dentro, si ritrovò a pensare che sembrava trascorsa un’eternità, ma quell’ufficio sempre identico divergeva dalla sua percezione del tempo: come al solito era ben illuminato, grazie alla lunga serie di finestre che occupava la parte superiore della parete, e la scrivania di Tsunade era piena di pile di documenti.
“Buon giorno, Naruto. Devo dire che hai avuto un ottimo tempismo”, esordì la kunoichi. “Io e il kazekage abbiamo appena finito, ma credo che voglia parlarti”, continuò cogliendo alla sprovvista tutti i presenti.
Pur essendosi accorta della reazione generale non aggiunse ulteriori spiegazioni, ma ignorando i loro sguardi che esprimevano confusione si alzò lentamente. Avanzò fino a fermarsi al centro della stanza, poi invitò Temari e Kankuro a seguirla in modo da lasciare soli i due amici; i ninja di Suna si limitarono ad esprimere il loro consenso annuendo e Tsunade proseguì verso l’uscita.
“Aspetta, soba-chan! Io volevo…”, cercò di trattenerla Naruto, ma la donna, che gli dava ormai le spalle, lo interruppe prima che potesse continuare.
“Non c’è nessun problema”, disse immobile, con tono pacato e fermo, mentre a tremare dentro di lei era qualcosa dalle molteplici sfumature.
Un senso di colpa che la coscienza del proprio ruolo avrebbe dovuto attenuare, un dolore sfogato nelle lacrime giorni prima e che non l’avrebbe mai abbandonata, la consapevolezza della precarietà di ogni cosa e molto altro.
Ma il genin non c’entrava assolutamente, né tanto meno doveva addossare su di sé anche una piccola parte di quel fardello; pertanto, ancora una volta, nascose la fragilità dietro una maschera di forza.
“Davvero, è tutto a posto. Non è successo niente”, continuò voltandosi verso di lui con un’espressione serena e rilassata.
Dopodichè lasciò il proprio ufficio insieme ai fratelli Sabaku.         
L’Uzumaki, non pronto ad una simile reazione, rimase a contemplare per un po’ le venature della porta in legno, poi sospirò pensando che non potesse andare tutto bene, ma che le sue scuse non avrebbero cambiato nulla.
“Naruto”, si sentì chiamare all’improvviso, ricordando quasi solo in quel momento che Gaara era venuto fin lì anche per lui; era come se le prime parole di Tsunade fossero state risucchiate da un vortice di ben altri pensieri. Quindi si girò concentrando la sua attenzione sull’amico. 
“Ah, scusami… dovevo cercare di chiarire”, spiegò piegando le labbra in una smorfia. “Ma, piuttosto, volevi parlarmi?”.
“Sì, ho saputo del tuo maestro e mi dispiace… se hai bisogno di confidarti con qualcuno… insomma, volevo sapere come stavi”, rispose l’altro tentennando, distogliendo per un breve istante lo sguardo prima di pronunciare l’ultima frase, impacciato in panni che vestiva da poco.
“Grazie”, disse il genin di Konoha sorridendo amaramente. “L’unica cosa che spero è che Jiraya possa continuare ad essere orgoglioso di me, che io non finisca alla fine per deluderlo”, continuò dopo una breve pausa affranto, assalito da dubbi che oscurarono il suo volto solitamente solare.
“Sono sicuro che non succederà. Ovunque sia, un giorno ti vedrà diventare Hokage, perché sei un ninja e una persona in gamba e meriti un po’ di felicità senza più ombre… come quella che grazie al tuo aiuto sto iniziando a costruire”, replicò Gaara con tono deciso, superate ormai le difficoltà iniziali.
A quel punto seguirono momenti di silenzio che sembrarono al giovane kage interminabili, come se il tempo fosse sospeso, perché finalmente era riuscito ad esternare ciò che negli ultimi giorni aveva tenuto solo per sé. Aveva l’impressione di essere in fallo; nonostante sapesse che fosse assurdo comparare due dolori, riteneva ingiusto che Naruto continuasse a soffrire in quanto contenitore del Kyubi, per le decisioni di Sasuke, e in più per la scomparsa di una persona importante.
Ascoltando le sue parole, ricordi non molto lontani erano affiorati nella mente dell’Uzumaki. Quando Gaara era stato rapito dall’Akatsuki, aveva pensato con rabbia e dispiacere che, dopo aver vissuto una solitudine più intensa e duratura della sua, l’amico dovesse avere un po’ di serenità.  
Il rendersi conto che uno stato d’animo simile aveva assalito entrambi fece apparire sul suo volto un sorriso, non più amaro ma sincero, un sorriso che si tramutò in una risata cristallina, spezzando il silenzio e liberandolo da un peso.
L’altro rimase perplesso, non capendone la motivazione.
“Sei un vero amico”, gli disse Naruto, una volta tornato serio.
E lui si ritrovò a riflettere che, in effetti, era proprio quello ciò che contava; scoprire se oltre all’amicizia ci fosse amore non avrebbe cambiato l’importanza del legame che li univa da anni.       

   

Nick: Aya88
Titolo: Friends
Grammatica, ortografia e sintassi: 4/5
Stile, scorrevolezza e stesura: 4/5
Originalità: 3.5/5
IC dei personaggi: 4/5
Sviluppo della trama, caratterizzazione dei personaggi e descrizione del luogo: 4/5
Giudizio personale: 7.8/10
Totale:   27.3/35

Commento
Un aggettivo per descriverla, sinceramente, non lo trovo.
Però credo che bella basti – e forse avanzi un poco. Di errori grammaticali non ce ne sono (tranne l'aver scritto svariate volte 'kage' o 'kazekage' senza 'K' maiuscola). L'argomento mi è piaciuto, soprattutto la frase finale che secondo me contiene l'essenza della fic. L'unica cosa, un po' la scorrevolezza. Non fraintendermi, ho capito tutto ciò che volevo dire... Solo che dopo un po' mi sono persa, perché i pensieri sono mischiati e non capivo il collegamento. Dopo averla letta due volte però sono riuscita a capirla. E mi è piaciuta, davvero. Non ho nient'altro da dirti se non un 'brava' ed una frase che può sembrare fatta ma non lo è: questa sì che si può chiamare fic. 

Note dell’autrice
Che dire, i problemi con la scorrevolezza non me li aspettavo. Mi sembrava abbastanza chiara, ma forse perché l’ho scritta io^^ Comunque a parte questo non mi posso lamentare, il giudizio alla fin fine è buono. Ringrazio la giudicia e spero di leggere al più presto le fic delle altre partecipanti; considerando che il contest era a sorteggio, sono curiosa di sapere le combinazioni^^
Passando a qualche notiziola di cronaca, l’approfondimento di Farewell ci sarà(quando precisamente è un mistero anche per me XD) e la prossima fic sarà una KakaTen tutta dedicata ad Urdi per il suo compleanno, sorvolando sul dettaglio che è già passato ^^
Ora le risposte alle recensioni, ringraziando intanto chi ha messo la fic tra i preferiti o tra i seguiti, e anche chi l’ha solo letta. Sono sempre felice di ricevere la vostra opinione^^

slice: Il dono della sintesi è l’unica cosa che si fa notare, in effetti… ok,ok, sto scherzando, non mi sgridare -_- comunque grazie per le belle parole, spero che anche questa ti sia piaciuta, dedica a parte. Un bacio^^
story: E io adoro te e le tue recensioni, sempre così poetica, mora *_*  Dici che Kakashi è lui..meno male che ci sei tu, e cerchiamo di procurarci anche lui, che te ne pare come proposta? Ops, John non si dispiacerà, vero? ^^Un bacio, cara!!
kikina: Cara, grazie mille per la recensione, soprattutto per gli aggettivi incisiva e delicata, sono felice che ti piaccia. Baci!
Shatzy: E pensare che non mi sembrava per nulla originale, a parte la variante della moglie malata, ma a quanto pare errore di giudizio. Comunque l’ampliamento ci sarà, prima o poi, spero che tu possa ritrovarti a leggerlo. Grazie per la recensione XD
Urdi: In effetti che la moglie fosse Kurenai non era un dettaglio importante, come dire, serviva a me e alla mia testa^^ Nel pensare alla storia per la drabble ho praticamente ideato anche tutta una trama semplice semplice(si fa per direXD) ed è questo che mi ha fregata probabilmente. Comunque mi fa piacere che ti piaccia. Come ho già fatto capire un approfondimento ci sarà, riguardo al seguito non credo, il titolo è eloquente. Ma mai dire mai. Un bacio, caraXD

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Capitolo 3
*** Di libri e consigli (accenno TsuJira) ***


dsacfda

Dunque piccola premessa, il tema della sfida era quello di dar vita ad una situazione in cui uno dei protagonisti sbottasse in un'espressione del tipo 'E tu che ne sai della magia, Merlino?' con evidente contraddizione perché rivolta a qualcuno esperto dell'argomento. Il resto era a nostra discrezione. Tutto ciò mi ha permesso di scrivere, per la prima volta, qualcosa di leggero e vagamente divertente, quindi direi di ringraziare slice che ha indetto la sfida, un amore di donna^^ Mi raccomando correte a leggere le altre fic partecipanti, se verranno postate anche su efp, e i premi realizzati per me e storyteller lover. Buona, si spera, lettura^^    

Di libri e consigli


In quel momento avrebbe dovuto essere altrove, per la precisione seduta alla scrivania del suo ufficio, alle prese con scartoffie da firmare e missioni da organizzare, invece era in una libreria di Konoha. La situazione in sé poteva anche sembrare normale, ma solo agli occhi di un estraneo, perché chi la conosceva bene sapeva che leggere non rientrava nelle sue passioni. Certo, aveva dovuto studiare libri su libri per diventare il bravo medico che tutti apprezzavano e ammiravano, ma non si era mai dedicata a letture di piacere. O meglio qualche volta ci aveva tentato, e puntualmente si era fermata alle prime pagine abbandonando il libro in un cassetto per inseguire ben altri interessi, in alto alla classifica il gioco d’azzardo e il sakè. Tuttavia, al di là del suo rapporto personale con la lettura, si cimentava nella ricerca del romanzo giusto da regalare; infatti, in occasione del compleanno di Shizune, aveva deciso di seguire il consiglio di Sakura avendolo considerato una buonissima idea. Però, più rimaneva impalata davanti agli scaffali, più si rendeva conto che si era sbagliata; la faccenda si rivelava alquanto complicata.
Scrutò ancora una volta le indicazioni sui generi letterari, avanzando lentamente mentre si poneva di nuovo gli stessi quesiti con un pizzico in più di nervosismo.
In quella mattinata, nell’arco di appena cinque minuti, aveva scoperto delle distinzioni che non credeva esistessero e su di esse convergevano le sue perplessità.
Giallo, thriller, nero, horror, possibile che non riuscisse a cogliere delle rilevanti differenze? Da quello che sapeva un giallo si incentrava su un delitto da risolvere, e un thriller di che diavolo trattava? Erano affiancati, quindi forse affrontavano tematiche simili, ma dovevano pur distinguersi per qualche motivo! Poi romanzo nero, romanzo horror, fosse stato per lei avrebbe associato ad entrambi storie inquietanti. E il secondo scaffale non dava meno grattacapi: rosa, psicologico, sociale, storico, avrebbe eliminato volentieri tutte quelle voci. Se un libro era ambientato in una determinata epoca storica, come poteva non ricadere anche in tematiche sociali?! E se narrava una storia d’amore o metteva in luce un problema della società, come poteva non analizzare anche la psicologia dei personaggi coinvolti?!
Si fermò sbuffando. Doveva assolutamente ignorare quelle inutili classificazioni di genere, creavano solo confusione.
Scegliendo di affidarsi all’intuito, si concentrò sul dorso dei libri disposti in fila sui ripiani e incominciò a leggere tra sé e sé i titoli. Dei primi che sfilarono davanti ai suoi occhi nocciola nessuno riuscì a suscitarne la curiosità, allora proseguì nella sua indagine fino ad individuare nella seconda fila un romanzo che sembrava essere interessante. Lo recuperò, gettando un rapido sguardo all’immagine incisa sulla copertina rigida, un anonimo paesaggio che non offriva alcun indizio sul contenuto, sfogliò le prime pagine bianche, superò il frontespizio e si immerse nella lettura della prefazione augurandosi di ricavarne informazioni utili, ma le sue speranze furono troncate praticamente sul nascere.
“Heilà, Tsunade!” Esclamò all’improvviso una voce familiare facendola sobbalzare; non si aspettava affatto di essere interrotta, né tanto meno in modo così poco ortodosso.
Peccato che con Jiraya non esistesse la normalità.
Sentì i passi dell’uomo mentre si avvicinava e, prima che la raggiungesse, si voltò verso di lui, con il libro ancora aperto tra le mani, rivolgendogli un’espressione annoiata e infastidita.
“Si può sapere che diavolo hai da sbraitare?” Esordì con tono altrettanto eloquente.
Aduso al suo carattere suscettibile, l’ex compagno di team non si scompose, ma sorvolò sulla domanda postagli e ricambiò la calda accoglienza con un sorriso abbozzato.
“Mi chiedevo semplicemente che ci facessi da questi parti. Vuoi provare di nuovo con la narrativa?” le chiese curioso.
Tsunade afferrò l’allusione ai suoi tentativi di gioventù e si accigliò scoccandogli una brutta occhiataccia.
“Non sono affari tuoi.” Replicò secca, cercando poi di ritornare alla prefazione.
“Suvvia, posso darti qualche consiglio.” Insistette Jiraya. “Per esempio, il libro che stai sfogliando non è adatto a te, è una storia d’amore un po’ troppo sdolcinata. Non ti piacerebbe. Dovresti orientarti piuttosto verso… “.
“Smettila di blaterare!” Lo interruppe brusca il neo-Hokage, alle prese con un crescente nervosismo, senza distogliere l’attenzione dagli ideogrammi del testo.
“Non è per me, è un regalo per Shizune.” Spiegò lapidaria, sperando di levarselo dai piedi o quanto meno di metterlo a tacere, e per un po’ credette di aver raggiunto il suo intento. L’uomo infatti mormorò un rapido ‘capisco’ e poi rimase in silenzio con un’espressione pensierosa sul volto.
“Allora potrebbe andare.” Riprese però dopo pochi istanti, imperterrito. “Anche se sarebbe meglio qualcosa di più profondo, una storia meno piatta. Ad esempio, mi vengono in mente alcune opere della Nakazawa o di Matsui, mescolano amore ed interessanti spunti sociali sulla base di una buona introspezione. Bisogna solo capire dove li ha messi Isoshi, gli ho sempre detto di non ricorrere a tutte queste classificazioni di genere. Non si può pensare di etichettare un romanzo.”
Jiraya continuò a discorrere tranquillamente perdendosi in ragionamenti letterari, mentre ispezionava gli scaffali alla ricerca dei libri che riteneva adatti, il tutto senza preoccuparsi della reazione di Tsunade, che durante quel fiume di parole sentì la rabbia avvolgerla sempre più. Chiunque l’avesse osservata anche solo di sfuggita avrebbe colto nel suo aspetto i segni evidenti del pessimo umore: le mani che stringevano convulsamente la rilegatura dorata, la fronte e le sopracciglia aggrottate, gli occhi serrati e le labbra distorte da una smorfia.
“Ah, basta!” Esplose all’improvviso, chiudendo sonoramente il romanzo sventurato. “Che diavolo vuoi saperne tu di libri?!” Sbottò stizzita mentre voltava di scatto il capo verso l’uomo.
Lo fulminò con lo sguardo per alcuni brevi ma intensi istanti, poi si allontanò da lui a grandi falcate e, ricordatosi del volume che aveva ancora con sé, lo lanciò alle sue spalle senza curarsi della traiettoria e delle conseguenze.
Quello stesso giorno, a distanza di poche ore, la Kunoichi si ritrovò a ripensare a quel gesto inconsulto e al controsenso racchiuso nelle sue parole, e ne attribuì la colpa alla sua scarsa capacità di sopportazione, oltre che, fu costretta ad ammetterlo, al suo orgoglio. E, in fondo in fondo, quando le fu recapitato un pacco regalo da parte di Jiraya, si sentì anche un po’ in colpa. Recuperò il biglietto che lo accompagnava e lo lesse mentalmente: ”Un libro appassionante, romantico e a suo modo filosofico, sono sicuro che a Shizune piacerà”. Lo fissò qualche altro istante e sorrise tra sé e sé, pensando che forse avrebbe dovuto ringraziare l’ex compagno di team, dopotutto lui era uno dei pochi che riuscivano ad andare al di là dei suoi difetti; ma, l’indomani, quella possibilità svanì dai suoi programmi, così velocemente come vi era comparsa.
Affidandosi senza rifletterci troppo ai gusti dell’ero-sennin, Tsunade consegnò a Shizune il regalo, augurandole un buon compleanno, e fu subito felice di veder apparire sul volto della sua assistente un’espressione allegra e riconoscente. Quando pèrò ad essa subentrò l’imbarazzo, intuì che qualcosa non andava, guardò sospettosa il libro e sbiancò: davanti ai suoi occhi vi era l’ultimo romanzo della serie ‘Il paradiso della pomiciata’, in una appariscente copertina rossa.
Romantico, appassionante, a suo modo filosofico, quelle parole ronzavano rumorose nella sua testa.
Romantico, appassionante, filosofico, quel giorno avrebbe strozzato Jiraya con le sue stesse mani.
Scattò con i nervi a fior di pelle dalla sedia, facendola cadere rovinosamente alle sue spalle, poi abbandonò l’ufficio senza fornire alcuna spiegazione.
Furono solo i fatti a rendere chiara la situazione a Shizune: un inseguimento precipitoso, tra le strade e i tetti di Konoha, turbò per due lunghe ore le attività quotidiane dei poveri abitanti. E tutti, anche i più curiosi, non vennero mai a conoscenza delle motivazioni e dell’esito di quell’evento, che rimase per sempre nella storia del villaggio avvolto dal più totale mistero.



Note dell'autruce
Sì, lo so, avrebbe dovuto esserci la KakashiTenzo e invece ancora nulla, ma salvo altre ispirazioni impreviste sarà la prossima^^

slice: oh, sì, te la meriti la dedica, perchè sei sempre adorabile, punto^^ sn davvero contenta che la fic ti sia piaciuta e che l'atmosfera non sia troppo pesante. Grazie caraXD
verolax: è il tirare per le lunghe che a me riesce poco, però, avendo riletta la fic, credo che forse si poteva approfondire. Purtroppo al momento della stesura, la situazione si è sviluppata così... comunque grazie per la recensione e per la personalissima opinione che il più delle volte è quello che serve per capire ciò che sfugge a chi scrive^^

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Capitolo 4
*** Questioni in sospeso (KakaTen) ***


Questioni in sospeso 2

Questa shot è dedicata a Urdi, perché oggi è il suo compleanno e un regalo se lo merita tutto, perché è una bella persona e sono molto contenta di conoscerla, perché è una bravissima autrice e il KakaTen(o anche detta sindrome Over) è tutta opera sua, quindi questo primo esperimento sulla coppia non può che essere dedicato a lei. E poi ci sarebbero tanti altri perché, ma purtroppo sono baka, perdonami caraXD Un grosso bacione e tantissimi auguri! Spero ti piaccia^^

 

 

 

Con l’inizio della terza giornata il convegno entrava finalmente nel vivo, incentrando il dibattito su una questione di forte attualità che avrebbe di sicuro sollevato accesi interventi; tuttavia, quando raggiunse l’aula in cui si sarebbe svolta la conferenza, Kakashi Hatake non provava interesse ma piuttosto una certa ansia: era da una settimana che non incontrava Tenzo, e l’idea che potesse avvenire non contribuiva affatto a renderlo tranquillo. Avrebbe potuto evitare di partecipare, se lo ripeteva da quando era arrivato all’università, ma in fondo era consapevole che non serviva a nulla ritardare in eterno un chiarimento. Quello che era successo semplicemente non sarebbe dovuto accadere. Era stato bello e piacevole, non poteva ingannare se stesso, ma non avrebbe avuto mai un seguito; da anni ormai era stanco di illudersi, stanco di aspettarsi qualcosa di buono dalla vita, e non voleva coinvolgere nessun altro nei suoi tormenti. Perché diavolo allora non era riuscito a fermarsi prima non lo sapeva. Se lo era chiesto anche la notte stessa senza trovare una risposta soddisfacente, mentre il rumore del treno in corsa, attutito dalle pareti, accompagnava i suoi pensieri insieme al respiro regolare di Tenzo, placidamente addormentato al suo fianco. Forse aveva avvertito il bisogno di sentire qualcuno accanto in un giorno in cui i ricordi erano diventati insopportabili, forse l’attrazione fisica aveva vinto le sue resistenze, o forse il sentimento che lo legava al collega era qualcosa in più dell’amicizia. Tutte spiegazioni plausibili, e probabilmente anche vere, ma non sufficienti per dissolvere un cumulo di paure e incertezze che sentiva ormai consolidato nel suo animo.
Lasciò che anche gli ultimi studiosi che avrebbero preso parte alla discussione lo superassero, poi sospirò inclinando leggermente il capo, cercando di appianare una volta per tutte il disagio che lo tratteneva dall’entrare. Non aveva la più pallida idea di come si sarebbe comportato quando l’avrebbe avuto di fronte, che cosa avrebbe provato o sarebbe stato in grado di dire, ma in un modo o nell’altro avrebbe fatto bene a sfruttare l’occasione per parlargli e sistemare le cose, quanto meno per ristabilire un tranquillo rapporto professionale tra due docenti che lavoravano non solo in una stessa università ma anche a comuni progetti di ricerca.
Sulla scia di uno dei pochi punti fermi in mezzo alla confusione che aveva in testa, si spronò a recuperare un contegno consono al contesto accademico in cui si trovava e fece finalmente il suo ingresso nell’aula. I noti scienziati che avrebbero illustrato l’argomento della giornata circondavano già la cattedra da cui avrebbero parlato, intrattenendosi con due professori che Kakashi conosceva di vista e che erano tra gli organizzatori del convegno. Sperò vivamente che quest’ultimi non si accorgessero di lui- non aveva proprio voglia di presentazioni e formalità- poi spostò la sua attenzione sulle file di sedie, disposte in modo ascendente per gran parte dell’ambiente, rendendosi conto, come d’altronde era prevedibile, che erano in maggioranza occupate. Si avventurò comunque alla ricerca di un posto libero, salendo lentamente delle scalinate laterali e scrutando inquieto gli astanti, preoccupato di incrociare subito due familiari occhi scuri; ma, prima che una simile eventualità potesse verificarsi, riuscì a individuare una sedia disponibile e si affrettò a raggiungerla. Quando però si sedette, non poté evitare di chiedersi se per caso Tenzo l’avesse intravisto, e d’istinto lo cercò con lo sguardo. Fu solo così che lo vide, poche file davanti a sé, intento a conversare tranquillamente con un’espressione seria ma rilassata sul volto. Dentro di lui, invece, qualcosa nato da lontano vacillò. Per un breve istante, breve quanto intenso, quel filo sottile su cui si ostinava a rimanere in equilibrio ondeggiò sotto i suoi piedi, agitato dalla sensazione calda che invase il suo petto. Pur provandoci, non fu in grado di interpretarla davvero. Troppo difficile attribuirle il giusto peso, troppo difficile razionalizzarla come faceva con tutto. L’unico motivo che seppe cogliere fu il più semplice, quello più tranquillizzante, perché meno scavava nel profondo del suo animo. Diversamente da quanto immaginasse, non avrebbe dimenticato tanto facilmente ciò che era accaduto una settimana prima; quell’imprevista notte di sesso aveva finito per rivelare un sentimento che non poteva ignorare, non quando suscitava in lui pensieri a cui generalmente non avrebbe mai ceduto durante un convegno scientifico. Ricordava con vivezza il calore e la consistenza del corpo di Tenzo, sdraiato seminudo su di lui, i muscoli della sua schiena sotto le proprie mani, l’incontro senza fretta delle loro lingue, e soprattutto aveva voglia di rivivere ancora quelle stesse sensazioni. Si passò una mano tra i capelli, socchiudendo gli occhi in un’espressione assorta. Meglio accantonare desideri e aspettative; non era la prima volta che si innamorava di qualcuno e gli era difficile credere che quella sarebbe stata diversa della altre. Quello che aveva con Tenzo era un bel rapporto e sperava davvero di poterlo conservare, ma non avrebbe permesso che vi fosse dell’altro, perché avrebbe rovinato ogni cosa. Gli lanciò un’ultima occhiata, poi si sforzò di concentrarsi una volta per tutte sulla conferenza che da lì a breve sarebbe iniziata.

 

Mentre i partecipanti abbandonavano la sala creando una inevitabile confusione, Kakashi tentava di non perdere di vista Tenzo, superando ogni tanto qualcuno che si fermava a parlare e seguendo con lo sguardo la schiena dell’amico che si allontanava tra la folla. In quei momenti non riusciva a elaborare nessun pensiero se non quello di raggiungerlo e fermarlo; così, si salvava dal ricadere in nuove esitazioni, ma non da quella prepotente agitazione che volente o nolente l’accompagnava fin dall’inizio. Quando lo vide uscire dalla porta accelerò leggermente, chiedendo il permesso di passare a chi ostacolava il suo percorso, e raggiunse anche lui i corridoi della facoltà che ospitava il convegno. Attese alcuni minuti affinché l’amico si congedasse da dei colleghi e rimanesse solo, poi lo chiamò. Nel sentire il suo nome Tenzo si voltò quasi subito, mostrando sulle prime un attimo di sorpresa, poi i lineamenti del suo viso si distesero e nei suoi occhi a Kakashi parve di cogliere un velo di comprensione.
“Hei. Non ti ho proprio visto durante la conferenza, pensavo non ci fossi.” Gli rispose con tono calmo e con la solita naturalezza.
“In effetti, sono arrivato un po’ in ritardo.” Spiegò l’Hatake, le mani nelle tasche dei pantaloni, lo sguardo serio. Era teso e non riusciva proprio a nasconderlo. Lasciò che calassero alcuni istanti di silenzio, poi proseguì cercando di arrivare al punto.
“Comunque Tenzo. Io credo che...”
“Kakashi, non devi spiegarmi nulla.” Lo interruppe prontamente l’altro, facendo qualche passo verso di lui. “ E’ tutto chiaro e non c’è nessun problema.” Continuò poco dopo.
Di fronte a quelle affermazioni e al tono rassicurante con cui erano state pronunciate, Kakashi provò un senso di sollievo; qualcosa gli diceva che l’amico aveva capito di lui più di quanto immaginasse. Fu per questo che la richiesta successiva non gli sembrò fuori luogo, ma solo necessaria per annullare una distanza che non piaceva a nessuno dei due.
“Piuttosto, ti va un caffè?” Gli chiese infatti Tenzo, dopo averlo fissato in silenzio per un po’.
E lui fu davvero felice di poter accettare.     

 

Note dell’autrice   

 

Dunque, una fanfiction KakaTen l’ho annunciata da un anno e alla fine non è questa^^ Diciamo che per il momento si tratta solo di una piccola preview, infatti è vagamente inconcludente e ci sono questioni non svelate. Ovviamente ci sarà un seguito, date tempo al tempo e arriverà. Grazie a chi segue questa raccolta e chi ha recensito fino ad adessoXD                          

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Capitolo 5
*** Carpe diem (SakuShika) ***


Carpe diem
Fanfiction partecipante al Lovely Valentine - II  edition , indetto dal << Collection of starlight >>, said Mr Fanfiction Contest, since << 01.06.08>>



In piedi al fianco di Tsunade, che sedeva come al solito alla sua scrivania, Sakura ascoltava il rapporto di Shikamaru sull’ultima missione che gli era stata affidata. O meglio cercava di farlo, perché la sua mente faceva brutti scherzi, percorrendo strade ben lontane dai problemi di confine. Non si erano visti ne parlati dal suo compleanno, un po’ a causa dei rispettivi impegni, un po’ sicuramente per libera scelta, e ora non poteva fare a meno di ripensare, per l’ennesima volta nell’ultima settimana, a quello che era successo. Dal canto suo, non aveva voluto mettergli pressione, ma aveva preferito concedergli il tempo necessario per riordinare le idee; solo che non era così semplice aspettare come se nulla fosse. Mentre lo osservava discorrere tranquillamente con l’Hokage, esponendo riflessioni e suggerimenti con espressione sagace e seria, le sensazioni di quella sera tornavano a galla.

“Ehm… non è che puoi restare un attimo, Shikamaru?” Chiese Sakura titubante, mentre l’amico si apprestava a lasciare casa sua insieme a Chouji e Kiba.
La festa che su incitamento di Naruto aveva organizzato per il proprio compleanno volgeva ormai al termine, e Shikamaru era tra gli ultimi ad andare via. Non seppe proprio dove trovò la voce per pronunciare le poche parole necessarie per trattenerlo, ma evidentemente il bisogno di parlargli quella sera stessa aveva vinto l’imbarazzo per la situazione. Aveva infatti previsto lo sguardo indagatore e malizioso che l’Inuzuka gli puntò addosso non appena espresse la sua richiesta, sguardo che cercò di ignorare. Alla fine, tuttavia, si ritrovò a doverlo ringraziare mentalmente, dato che fu lui stesso a permettere che rimanessero da soli, intervenendo prima ancora che il diretto interessato potesse accettare o rifiutare la proposta rivoltagli.
“Ma certo che rimane! Perché non dovrebbe?” Disse con un’espressione furbesca sul volto, e Shikamaru si voltò verso di lui spiazzato, aggrottando leggermente le sopracciglia.
Per tutta risposta, Kiba sollevò un lato della bocca in un sorrisetto abbozzato.
“Noi allora andiamo. Ancora auguri, Sakura.” Continuò poco dopo, circondando il collo di Chouji con un braccio, per poi trascinarlo con sé fuori dall’appartamento, mentre alzava l’altro braccio in segno di saluto.
Nara li osservò serio finché non uscirono, pensando che a quanto sembrava la situazione tra lui e Sakura era di dominio pubblico, o per lo meno più evidente di quello che immaginava. Poi sospirò rassegnato, reclinando un po’ il capo; l’essere stato incastrato da Kiba non era altro che un’ulteriore prova che non poteva eludere in eterno il problema. Si ricompose e si voltò allora verso la kunoichi, tentando di mantenersi il più possibile tranquillo, così come vi provò Sakura.
“Non pensarci, è il sempre il solito.” Commentò la giovane donna, conscia che Shikamaru non avesse per nulla bisogno di quell’osservazione, ma non trovando altro modo per iniziare la conversazione.
“Già.” Assentì l’altro. “Comunque, cosa volevi dirmi?” Continuò dopo un breve istante di silenzio.
“Ecco, sì. Io… volevo ringraziarti. Per il regalo, intendo.”
“Beh, l’hai già fatto. Non ce n’è bisogno.” Replicò il jonin.
“Sì, ma l’ho apprezzato particolarmente.” Spiegò Sakura, abbassando lo sguardo.
Shikamaru le aveva regalato un romanzo d’amore e, tra i regali che aveva ricevuto, alcuni molto utili, altri alquanto curiosi, quello aveva acquistato per lei un valore diverso. Aveva ormai ventitré anni, era diventata un ninja medico di tutto rispetto e ufficialmente assistente dell’Hokage; tuttavia, per quanto potesse apparire agli altri una persona con i piedi ben piantati per terra, non voleva, nonostante le delusioni del passato e la dura realtà del mondo ninja, rinunciare ai sogni d’amore o semplicemente smettere di sognare, e lui con quella scelta aveva dimostrato di averlo capito. Nel momento in cui aveva scoperto in che cosa consisteva il suo dono, l’aveva sentito più vicino di quanto non l'avesse sentito in quegli anni, in seguito alla morte di Ino; una consapevolezza che aveva fatto sparire le sue esitazioni.  
“Perché il tempo, le esperienze non cambiano tutto.” Asserì, tornando a guardarlo, sicura che avrebbe colto senza difficoltà il significato della sua affermazione.
Fece poi un mezzo passo verso di lui, così da averlo a pochi centimetri di distanza, mentre il battito del suo cuore seguiva un ritmo irregolare; allungò un braccio per potergli sfiorare il viso e sperò ardentemente che non si ritraesse. Di fronte a quel semplice gesto, Shikamaru rimase immobile, teso come una corda di violino, limitandosi a osservare i lineamenti e le iridi smeraldo dell’amica. Fin dal primo istante sapeva che sarebbe finita in quel modo, così come sapeva che avrebbe potuto solo lasciarsi andare per capire se stesso una volta per tutte.
Sentì le dita affusolate di Sakura scivolare dietro la nuca e vide il suo viso farsi sempre più vicino finché non chiuse gli occhi, accogliendo un caldo bacio. Con calma, senza fretta, si perse nelle sensazioni che esso gli trasmetteva, circondando d’istinto la vita della giovane donna.
Quando però la kunoichi scese con le mani sul suo petto, stringendo la maglietta che indossava e approfondendo il bacio, qualcosa dentro di lui scattò; automaticamente si allontanò da lei, interrompendo il gioco delle loro lingue. La guardò in silenzio per qualche istante, poi riportò le braccia lungo i fianchi.
“E’ meglio che vada.” Sussurrò.
Sakura, confusa dall’improvviso dissolversi di quell’incontro ravvicinato in cui sperava da tempo, non si oppose, ma lasciò che se ne andasse, consapevole che qualunque cosa avrebbe detto non sarebbe servita a fermarlo.

Un lieve rossore le imporporò le guance. No, non era proprio il momento opportuno per certi pensieri, pensò, girando il capo verso la finestra e augurandosi che il suo calo di concentrazione passasse inosservato. Sapeva, però, che doveva assolutamente escogitare un modo per sbloccare quella situazione di stasi.
Pochi minuti dopo che Shikamaru era stato congedato da Tsunade e aveva abbandonato l’ufficio, Sakura chiese all’Hokage se per quella giornata la sua presenza fosse ancora necessaria. La donna la scrutò in silenzio, soppesando la sua richiesta; indubbiamente avrebbe avuto ancora bisogno del suo aiuto, nel caso fossero giunti dei dispacci importanti e avesse dovuto organizzare delle missioni, ma non era cieca e per una volta poteva arrangiarsi.
“No. Vai pure, Sakura.” Acconsentì.
La ragazza la ringraziò per il permesso ricevuto, poi uscì sperando che il jonin fosse ancora nei paraggi, e fortunatamente lo trovò nel corridoio, trattenuto da un chunin con cui aveva svolto la missione. Attese allora che fosse solo prima di chiamarlo.
Quando sentì la sua voce, Shikamaru cascò dalle nuvole; non si aspettava per niente che lo fermasse nel palazzo dell’Hokage. Di sicuro Sakura non voleva avere un confronto lì, ma qualunque cosa intendesse dirgli ruotava comunque intorno al problema e per tale evenienza avrebbe immaginato, o forse preferito, che scegliesse un luogo più informale.
Non appena poté guardarlo in volto, la kunoichi lo salutò con un semplice ‘ciao’; lui ricambiò in modo altrettanto stringato, non sapendo cos’altro aggiungere, e in effetti non ce ne fu bisogno.
“Ecco, per arrivare direttamente al punto”, continuò Sakura, procurandogli una leggera agitazione- era proprio il punto che lo metteva in crisi- “ mi chiedevo se per caso stasera fossi libero.”
A quella domanda indiretta, Shikamaru pensò che le possibilità fossero due, cioè inventare una scusa oppure accettare e, per quanto la sua pigrizia e l’impaccio che provava nell’affrontare le questioni amorose lo spingessero verso la prima, sapeva che era inutile ritardare ancora. Ormai doveva solo trovare il modo di spiegare ciò che provava.
“Sì, non ho impegni.” Le rispose, quindi, dopo qualche istante.
“Oh, bene. Allora sei invitato a cena.” Disse lei con tono deciso. “Verso le otto e mezza.”
E dopo quella precisazione lo lasciò di nuovo solo, andandosene dalla parte opposta del corridoio in cui si trovava il jonin.

La preparazione della cena aveva impegnato Sakura per diverse ore. Non che avesse preparato chissà quante pietanze, anzi si era limitata a un classico e leggero sushi, ma purtroppo si era ritrovata a fare i conti con la sua scarsa abilità in cucina; quel pomeriggio aveva scoperto di trovare meno difficoltà nel gestire un reparto d’ospedale o una missione piuttosto che pentole, fornelli e ingredienti. In ogni modo, a conclusione dei suoi sforzi, le polpette di sushi, nel loro vivace accostamento cromatico, occupavano un piccolo vassoio al centro della tavola.
Le esaminò con sguardo critico. Il risultato estetico non sembrava male, ma non poteva avere garanzie su quello gastronomico, poiché non essendo riuscita a regolarsi molto bene con le quantità, non poteva assaggiarne una. Sperò vivamente che fossero quantomeno commestibili; non sapeva come sarebbe andata la serata, quindi avrebbe almeno voluto evitare una brutta figura e il conseguente imbarazzo.
Terminò gli ultimi preparativi, recuperando bacchette, bicchieri e una bottiglia di sakè e sistemandoli al loro posto, poi si sedette inginocchiandosi sul tatami. Shikamaru sarebbe arrivato a momenti e, nonostante fosse stata lei ad architettare tutto, all’idea iniziava a sentirsi un po’ in ansia.
Per quanto cercasse di non pensarci, aveva paura di un rifiuto netto; quel sentimento che si era insinuato lentamente nel suo cuore, scontrandosi con sensi di colpa, dubbi e incertezze, sembrava essere diventato qualcosa di davvero importante.
Il suono improvviso del campanello evitò che quel timore si impossessasse completamente del suo animo, rendendo ancora più difficile lo svolgimento della serata. Si rialzò, tirando un sospiro che potesse sciogliere il nodo alla gola che provava, poi raggiunse l’ingresso per andare ad aprire, e quando si trovò di fronte la solita espressione seria e tranquilla del jonin, non poté fare a meno di salutarlo con un lieve sorriso, invitandolo subito dopo ad accomodarsi.
Shikamaru entrò nell’abitazione e si tolse le scarpe, mentre la kunoichi richiudeva la porta alle loro spalle e lo superava.
“Mi fa piacere che tu sia venuto.” Lo ringraziò, cercando di comportarsi nel modo più naturale possibile. ”Magari eri stanco per la missione.” Ipotizzò.
“No, tranquilla. Diciamo che ho recuperato oggi pomeriggio.”
Il che era vero, se tralasciava che il suo riposo era stato turbato da pensieri insistenti.
All’immagine del jonin stravaccato e sonnacchioso su un divano, Sakura rise sommessamente. “Immagino.” Sussurrò.
Nel sentire la sua risata Shikamaru provò un leggero imbarazzo, ma nello stesso tempo una piacevole sensazione. Si portò una mano dietro il capo, distogliendo lo sguardo dalla sua interlocutrice.
“Comunque è già tutto pronto. Andiamo di là.” Continuò quest’ultima, cambiando argomento anche per liberarlo dall’evidente disagio.
Si recarono così in cucina, dove si sedettero a tavola l’uno di fronte all’altro.
“Ho pensato a qualcosa di leggero.” Spiegò Sakura, indicando la pietanza che aveva preparato. “Spero che possa andare.”
“Ma sì.” Disse l’altro, prendendo le bacchette e recuperando dal vassoio un pezzo di sushi.
La ragazza fece lo stesso con un leggero ritardo, cercando di scrutare con la coda dell’occhio la sua espressione per poterne cogliere la reazione quando avrebbe iniziato a mangiare.
Sentendosi osservato, Shikamaru si bloccò e la fissò.
“Cosa c’è?” Le chiese, con le posate a mezz’aria.
“Eh. No, niente.” Replicò lei, fingendo noncuranza.
Accettando apparentemente quella risposta - non gli era infatti difficile capire il motivo dello strano comportamento della Kunoichi - il jonin tornò a dedicarsi al suo sushi, azzerando la distanza tra la pietanza e la sua bocca, mentre Sakura continuò a osservarlo, come se fosse naturale, con sguardo serio e con un pizzico di preoccupazione. Fortunatamente, non le parve di notare nessun segno evidente di disgusto sul volto dell’amico, così si tranquillizzò.
“Com’è?” Domandò dopo qualche istante per avere una conferma.
“Ecco, il riso è un po’ troppo bollito.” Le rispose l’altro con sincerità e lei non riuscì a non rimanerci male; non che avesse preferito una bugia, però aveva davvero sperato che quella di cimentarsi in cucina fosse stata una buona idea.
Squadrò delusa la polpetta di sushi tra le sue bacchette, poi ne assaggiò un pezzo, tanto per togliersi l’ultimo dubbio, e si rese conto che Shikamaru aveva proprio ragione.
Riadagiò tutto sulla tavola e si alzò, con l’intenzione di recuperare il vassoio e portarlo via.
“Forse è meglio se usciamo a prendere qualcos’altro.” Suggerì.
“Ma no, aspetta.” Cercò di correre ai ripari il jonin, solo in parte spiazzato da quella reazione.
Si alzò a sua volta e fece qualche passo verso di lei, ferma al lato destro del tavolo e già leggermente china in avanti per mettere in atto il suo proposito; le sfiorò allora un braccio con una mano, invitandola con quel gesto a fermarsi.
“Sarà più bollito del normale, però è buono lo stesso.” Precisò. “E poi, se fossi stato io, forse non avrei proprio provato a prepararlo.” Continuò, guardando altrove mentre pronunciava le ultime parole per non cadere nella rete dell’imbarazzo una seconda volta in quella serata. Ma quando rivolse di nuovo la sua attenzione sulla kunoichi, nessun espediente poté evitare che venisse catturato dal verde dei suoi occhi, fissi sul proprio volto.
Il silenzio che avvolse quell’istante sembrò dissolvere il tempo e ogni altro insignificante elemento esterno, caricandosi di tutti i dubbi, i timori e le sensazioni che aleggiavano dentro di loro.
“Io... io non voglio sostituire Ino.” Affermò Sakura con un lieve tremore nella voce, e Shikamaru percepì una fitta improvvisa all’altezza del petto.
Ma certo che lo sapeva, diamine, lo sapeva così come, da una settimana e forse anche di più, aveva capito di essersi innegabilmente innamorato di lei. Ino sarebbe rimasta per sempre nel suo cuore, per la persona che era stata e per ciò che di importante aveva rappresentato nella sua vita, niente avrebbe potuto alterare quel dato di fatto; il sentimento che provava per Sakura era invece qualcosa di nuovo che non escludeva il resto e soprattutto qualcosa di profondamente diverso. 
Senza alcuna esitazione immerse una mano tra i suoi capelli e face scivolare l’altra dietro la sua schiena, attirandola a sé, poi la baciò. Sulle prime, sorpresa dal comportamento dello shinobi, la giovane donna si irrigidì, ma ben presto si rilassò tra le sue braccia, assaporando quel momento.
Quando si staccò da lei, rimasero entrambi in silenzio, con i visi a pochi centimetri di distanza, capaci di sentire sulla pelle l’uno il respiro dell’altro.
“La verità è che ho paura… paura di soffrire di nuovo.” Confessò Shikamaru, rendendosi conto subito dopo che esternare il suo stato d’animo era stato più semplice di quanto avesse immaginato.
Da quando Ino era morta durante una missione, aveva escluso categoricamente la possibilità di innamorarsi ancora; così, nel momento in cui erano apparsi i primi indizi di un nuovo amore, aveva finito per non vedere, per non voler ascoltare quello che il suo cuore aveva da dirgli. Un semplice bacio, però, era bastato a metterlo di fronte all’evidenza e soprattutto a svelargli quell’inquietudine che lo paralizzava, frenando ogni pensiero sul futuro, su un loro due insieme.
Sakura lo guardò con tenerezza senza dire nulla, poi poggiò la fronte contro il suo petto, salendo leggermente con le mani lungo la sua schiena.
“In un modo o nell’altro,” cominciò dopo qualche istante, “questa è la nostra vita. Non sappiamo mai quello che accadrà domani, a noi e alle persone che amiamo. Però…”
Alzò il viso prima di continuare.
“Proprio per questo, perché non vivere ciò che abbiamo oggi?” Gli chiese, con un’espressione interrogativa che rivelava una sottile ansia.
Nell’ascoltare le sue parole, Shikamaru fu pervaso da una tranquillizzante sensazione di calore; forse perché era lei a dirlo, o semplicemente perché quella era una verità innegabile, ma gli sembrò che le sue titubanze svanissero nel nulla. Le accarezzò piano una guancia, poi si abbassò per baciarla di nuovo, suggellando così la decisione che quella serata aveva contribuito a fargli prendere.
Avrebbe provato a vivere quel sentimento senza più pensare ai se e ai ma.
“Tipo il sushi che hai preparato?” Le domandò semiserio, quando tornò a incrociarne le iridi smeraldo.
“Uhm, io pensavo ad altro.” Replicò Sakura con tono malizioso, finalmente sollevata e felice.
Gli circondò poi il collo con le braccia e il jonin non tardò ad accettare l’invito implicito in quel gesto.



Note dell'autrice

Non credo ci sia molto da dire: questa fic è una ShikamaruSakura o SakuraShikamaru, come preferite; ha casualmente vinto la sfida indetta da wari-chan sull'urdcafè; e spero di poterle dare un seguito, perchè la coppia mi ispira molto e mi è dispiaciuto doverla interrompere prorpio sul più bello.^^

Comunque un grazie a chi recensisce e a chi preferisce/segue/ricorda questa raccolta^^


 





 
 

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Capitolo 6
*** Solo per noi (KakaSaku) ***


Con un po’ di ritardo, ma questa fic è tutta dedicata per il suo compleanno a Nejiko, spacciatrice di fiducia di manga ed anime, santa donna che mi sopporta, confidente dei vari e frequenti fingirlamenti, mamma pucciosa ed estimatrice della coppia. Ti voglio bene, cara, e spero che la fic ti piaccia, anche se non è il massimo dell’originalità. Un bacioneXD 


Non si smentiva mai; ferma sotto il proprio appartamento, era ormai un quarto d’ora che aspettava Kakashi, ma della sua macchina nemmeno l’ombra. Aveva sempre saputo che erano le donne quelle a farsi attendere, ma evidentemente chi aveva messo in giro quella voce non aveva mai conosciuto qualcuno come lui. 
Sbuffò guardando per l’ennesima volta l’orologio.
In momenti come quelli lo detestava, ma era anche perfettamente consapevole che per perdonarlo sarebbero bastati pochi istanti, pochi istanti di quei lineamenti e di quegli occhi scuri che l’avevano incantata fin dal primo incontro davanti ad uno scaffale del supermercato; il tempo di un sorriso e avrebbe dimenticato l’attesa e il nervosismo per il suo consueto ritardo.
Averlo al suo fianco era in grado di farle dimenticare molte cose, forse troppe. Potergli parlare con calma del più e del meno, confidargli i propri problemi ricevendo consigli o parole di conforto, farsi raccontare di lui e della sua vita, baciarlo o semplicemente abbracciarlo se ne aveva voglia, tutte quelle azioni, così naturali per una coppia, facevano svanire i tredici anni di differenza, i loro ruoli di professore e studentessa, l’ansia di mostrarsi indifferente se lo incrociava casualmente per i corridoi della facoltà, il peso di doversi incontrare lontano dall’aria universitaria.
Anni prima, quando la sua principale preoccupazione sentimentale era trovare il modo per conquistare Sasuke Uchiha, il ragazzo da sempre agognato, non avrebbe mai immaginato che si sarebbe trovata in una situazione peggiore: essere ricambiata, ma dover vivere quell’amore calcolando ogni piccolo gesto, nascondendolo a occhi indiscreti come se fosse una colpa.     
Sospirò inquieta, cercando di scacciare quelle riflessioni che si erano intrufolate nella sua mente a tradimento, mentre avrebbe dovuto pensare solo a divertirsi, godendosi finalmente la compagnia di Kakashi in piena libertà. Nell’ultima settimana, infatti, a causa dei rispettivi impegni, si erano visti solo in aula durante il corso di letteratura, costretti a comportarsi da perfetti sconosciuti, una situazione alleggerita per fortuna dall’essersi sentiti per telefono tutte le volte che era possibile. Fu in quel momento che Intravide in lontananza una familiare autovettura e non vide l’ora che percorresse i metri che ancora la separavano da lei; voleva assolutamente vederlo, sentire la sua voce calma e profonda, il calore delle sue mani su di lei, essere rassicurata come sempre da parole e piccoli gesti, capaci di farle credere che esistessero davvero solo loro due.
Quando l’auto si accostò al ciglio del marciapiede, provò un moto di sollievo nel vedere la sua capigliatura ribelle e subito dopo il suo bel volto, si affrettò allora ad aprire la portiera e a salire a bordo, per una volta pressata solo dal desiderio e non dal timore che qualcuno li riconoscesse. Per quanto insolito a quell’ora, la strada era infatti poco trafficata, dettaglio che l’urgenza e l’abitudine le avevano fatto notare immediatamente. Senza dare il tempo all'uomo alla guida di dire qualcosa, gli gettò le braccia al collo, immergendo le dita nei suoi capelli argentati, lo fissò per un breve quanto intenso istante, poi lo baciò con una certa irruenza, intrecciando la lingua alla sua in un piacevole scontro. Superato un primo momento di sorpresa, Kakashi assecondò quel gesto imprevisto; chiuse gli occhi e lasciò scivolare le mani dietro la schiena della compagna, salendo lentamente da sotto le scapole fin sulle spalle, mentre assaporava i brividi che attraversavano il proprio corpo. Lo confondeva sempre scoprire quanto gli fosse mancato stringerla tra le sue braccia, quanto fosse stato arduo osservarla al di là di una cattedra, essere negli stessi metri quadrati ma nello stesso tempo su due pianeti diversi. Se poi, come in quel caso, non si trattava di uno o due giorni, al disorientamento si univa la speranza che la serata potesse durare il più a lungo possibile.
Quando la ragazza si allontanò da lui, senza però sciogliere l’abbraccio, le accarezzò con dolcezza una guancia, scostando alcune ciocche rosate dal suo viso. Avrebbe potuto chiederle se ci fosse qualcosa che non andava, dal momento che non era usale per lei comportarsi in modo impulsivo quando erano ancora sotto casa sua, ma la risposta la leggeva così chiaramente nel verde dei suoi occhi e rispecchiava alla perfezione il suo stesso stato d’animo che era del tutto inutile porle una domanda che tra l’altro sarebbe stata elusa.
“Scusa per il ritardo, c’era un po’ di traffico.” Si giustificò allora, spezzando il silenzio, e Sakura capì che lo sguardo dell’uomo non si era semplicemente riflesso nel suo.
Gli sorrise serena, tranquillizzata dalla sua capacità di capirla e dal suo tocco gentile.
“Come sempre, insomma.” Lo canzonò bonariamente, dopodiché lo baciò ancora a fior di labbra e si ricompose sul sedile, allacciando la cintura di sicurezza.
Kakashi ricambiò il sorriso, accettando stoicamente il consueto rimprovero, un po’ dispiaciuto dal venir meno del contatto caldo e morbido del suo corpo contro il proprio, poi le chiese dove preferisse andare, mentre ripartiva ritenendosi fortunato che nessuno li avessi interrotti col suono di un clacson o con qualche imprecazione a causa della mancanza delle quattro frecce.
Si accordarono alla fine per un pub in cui erano già stati la settimana prima, un locale in una posizione ottimale, lontano dalla zona universitaria ma non troppo, tranquillo e allietato da buona musica. Quando giunsero a destinazione, furono proprio le note di una vecchia canzone che non avrebbe mai smesso di riscuotere il suo successo ad accompagnare il loro ingresso, mentre luci multicolori illuminavano ad intermittenza l’ambiente. Sakura notò però quasi subito che non era solo la canzone quella ad ottenere il gradimento di alcune ragazze ferme ad un lato della pista da ballo, nei pressi dell’entrata. Seccata dai loro sguardi insistenti e ben poco innocenti, di cui l’uomo che camminava accanto a lei come al solito non si accorgeva o quanto meno fingeva di non accorgersi, strinse forte la sua mano, aggrappandosi con l’altra al suo braccio, in un gesto affettuoso e possessivo. Se in facoltà non poteva far altro che rodersi dentro per la gelosia, sfoderando il più finto sorriso che le riusciva, quando uscivano poteva almeno prendersi una piccola rivincita, di cui per fortuna il fastidio anestetizzava l’inevitabile retrogusto amaro. Provò, infatti, solo un’innegabile soddisfazione quando Kakashi si fermò un attimo ricambiando la sua stretta e le sorrise, per poi indicarle un tavolino in una zona appartata, dove il volume della musica si smorzava facilitando quattro chiacchierare. Dopo qualche minuto che si furono seduti, una cameriera si avvicinò loro; l’uomo ordinò una birra e Sakura fece altrettanto, non avendo un’idea precisa su cosa prendere e non volendo perdere troppo tempo con quella incombenza.
“Allora, cosa hai combinato oggi?” Le chiese lui, quando furono di nuovo soli.
“Eh, combinato?” Replicò la ragazza scoccandogli un’occhiata perplessa, decisa ad appurare i fatti prima di decidere se sentirsi offesa o meno dalle sue parole. “Perché suona tanto ‘in quale pasticcio ti sei cacciata oggi’?”
“Beh, ecco, non saprei… per i precedenti?” Suggerì Kakashi pacato, appoggiando un gomito sul tavolino e reclinando leggermente il capo contro la mano chiusa a pugno, mentre piegava le labbra in un’espressione divertita.   
Di fronte a quell’atteggiamento sicuro di sé e dolcemente provocatorio Sakura arrossì; come cavolo faceva ad innervosirsi davvero se l’unico pensiero che le passava in quell’istante per la testa era il fatto che fosse tremendamente affascinate?                            
Sbuffò, incrociando le braccia al petto, il battito leggermente accelerato del suo cuore celato sotto un debole broncio.
“L’altra volta era solo un falso allarme.” Puntualizzò sulla difensiva.
“Ah ah, e per fortuna direi…” Ridacchiò l’uomo, guardandola con tenerezza, come sempre incapace di rimproverarla in modo serio per disattenzioni o atteggiamenti impulsivi.
Per quanto lo riguardava, finché fosse stato il primo con cui si sarebbe confidata o il primo a soccorrerla, Sakura avrebbe potuto credere di aver dimenticato il gas accesso altre mille volte, così come litigare con i vicini quando era perfettamente evitabile oppure rischiare di essere travolta da una pioggia di confezioni in un supermercato, come la prima volta in cui l’aveva vista. 
“Stupido.” Sussurrò la ragazza senza troppa convinzione, consapevole che non poteva dargli torto, poi vide una sua mano avvicinarsi al proprio viso e socchiuse gli occhi in attesa di avvertire le sue dita sulla pelle. Poté però godere di quel nuovo contatto solo per qualche istante, perché una voce ironica lo spezzò bruscamente.
“Eh, ma tu guarda come sono carini!” Commentò una donna, costringendoli a voltarsi perplessi per quell’interruzione improvvisa.
In piedi a poca distanza dal loro tavolo, la nuova arrivata li osservava con un angolo della bocca sollevato in un sorrisetto malizioso e una luce di ambiguo divertimento nelle iridi nocciola.
“Anko?” Chiese atono Kakashi, aggrottando le sopracciglia, seccato dal suo intervento per nulla gradevole a dispetto delle parole utilizzate, che accompagnate da un differente tono e atteggiamento sarebbero potute risultare anche affettuose.
Le gote lievemente arrossate erano il chiaro indizio dell’alcool che aveva ingurgitato fino a quel momento e che ormai circolava nel suo corpo, ma tale dettaglio per i suoi gusti non la giustificava, soprattutto se pensava a ciò che avrebbe potuto dire e al conseguente effetto sulla sua accompagnatrice. Prima che potesse provare a zittirla, Anko continuò con tono asciutto. 
“Non lo sai che non dovresti uscire con le ragazzine, tanto più se possono essere studentesse?” Sentenziò a conferma del suo disappunto.
La prima conclusione che Sakura trasse dalla situazione fu che si trattasse di una ex, o qualcosa di simile, intenzionata a disturbarli, per cui si sforzò di mostrarsi calma, superiore alle sue frecciatine, sebbene la donna avesse toccato con una sola frase due punti dolenti; si limitò a stringere i pugni e ad assottigliare appena lo sguardo. Quando però notò l’uomo che l’affiancò afferrandola per un braccio, il nervosismo sfumò velocemente sostituito da una fredda scarica di tensione che le percorse la spina dorsale. Purtroppo sapeva perfettamente chi fosse, così come ricordava ancora in modo distinto la prima domanda che le aveva posto durante un esame nemmeno due settimane prima. Abbassò subito il capo affinché il professore non la riconoscesse, affinché i capelli le nascondessero a sufficienza il volto, sperando con tutta se stessa che non fosse già troppo tardi; il solo pensiero che quella serata che avrebbe dovuto essere un momento di libertà e spensieratezza si fosse tramutata nell’inizio di un incubo le chiudeva con forza la bocca dello stomaco al punto da farle male. Fissò con sguardo vacuo il tessuto dei pantaloni che indossava, oltre il colore scuro l’immagine di qualcosa che rischiava di andare a pezzi, mentre conficcava le unghie nei palmi delle mani come a voler frenare quella prevedibile e dolorosa frantumazione. Se mantenere il segreto era un peso difficile da sopportare, essere scoperti appariva ai suoi occhi mille volte peggio; se fosse accaduto, non sapeva quanto la loro relazione avrebbe potuto resistere a ciò che ne sarebbe derivato, dai giudizi malevoli ai pericolosi risvolti sulle rispettive carriere universitarie: niente riusciva a toglierle dalla testa che col tempo qualcosa avrebbe potuto incrinarsi. Da quando la loro storia era diventata qualcosa di reale, aveva relegato quel timore nel fondo del suo cuore, fuggendolo come un’ombra fredda e terribile, rifugiandosi nel calore e nella dolcezza che l’amore di Kakashi le trasmetteva, e sentirselo piombare addosso così all’improvviso con tutto il suo carico negativo la paralizzava.
Il resto della conversazione giunse alle sue orecchie come un’eco lontana.
“Eh, scusatela, ha bevuto un po’ troppo.” Intervenne mortificato il professore, passandosi una mano dietro la nuca.
“L’ho notato, Tenzo. Forse è meglio se la riporti a casa.” Replicò aspro Kakashi, a cui non era affatto sfuggita la reazione di Sakura alla comparsa del collega.
Non ce l’aveva con lui, né alla fin dei conti con Anko, forse semplicemente con una situazione che andava al di là di chi ne era coinvolto in quell’istante; tuttavia, voleva che se ne andassero il prima possibile per poter parlare con calma con la ragazza seduta al suo fianco.              
 “Sì, è quello che pensavo anch’io.” Disse Tenzo accogliendo il suo suggerimento.
“Ehi, avrò bevuto sì o no due bicchierini di troppo, sono perfettamente lucida!” Si difese la donna accigliata, provando inutilmente con uno strattone a liberarsi dalla presa del compagno, che mormorò un commento scettico e provvide a trascinarla al loro tavolo.
Mentre i due si allontanavano, Kakashi si voltò di nuovo verso Sakura e con l’intento di tranquillizzarla cercò di appoggiarle una mano su una spalla, ma non appena la sfiorò la ragazza si ritrasse irrigidendosi più di quanto già non fosse. L’uomo avvertì un pugno di ansia e sofferenza di fronte a quell’atteggiamento istintivo; anche se non ne avevano mai parlato, immaginava i pensieri silenziosi che le attraversavano la mente, perché in quell’anno e mezzo la paura che ciò che stavano vivendo fosse solo un’illusione destinata a dissolversi aveva perseguitato anche lui spesso e volentieri. Le posò allora con più decisione una mano sul braccio.
“E’ tutto apposto. Tenzo è un amico, non ci creerà problemi.” Disse con tono calmo e sicuro, ottenendo finalmente che lo guardasse.
Lei annuì con negli occhi un’ombra di incertezza e i lineamenti ancora segnati dallo spavento e dall’afflizione, mentre un nodo le bloccava le parole in gola, e Kakashi capì che forse quello era il momento giusto per comunicarle qualcosa che sperava si concretizzasse davvero. Aveva aspettato per dirglielo perché voleva prima una certezza, ma dato l’evolversi della serata gli sembrò inutile tacere ulteriormente.
Avvolse le sue mani chiuse a pugni tra le proprie, provando un indubbio sollievo quando poté stringere le sue dita affusolate, indizio che in qualche modo iniziava a rilassarsi.
“Ascoltami.” Esordì serio, con un’espressione tranquilla sul viso. “Da un po’ stavo pensando di tornare ad insegnare nelle scuole.” Le confessò dopo qualche istante di silenzio, generando nella sua interlocutrice un evidente moto di stupore, uno stupore che dopotutto aveva colto anche lui non appena quell’idea aveva fatto capolino nella sua testa.
Se infatti, prima di allora, qualcuno gli avesse annunciato che un giorno avrebbe preso una decisione così importante per il percorso della propria vita solo per amore di una donna, l’avrebbe considerata una battuta ben riuscita, convinto com’era a tenere lontano da sé quei sentimenti troppo profondi da non rischiare inevitabilmente di rimanerne ferito ancora. Fermo in quella sicurezza, la storia con Sakura, come altre, era cominciata come un gioco, un gioco apparso in tutta la sua pericolosità quando aveva scoperto che era una sua studentessa e non una studentessa qualunque; avrebbe potuto mettere un freno in quel preciso momento, invece era già troppo tardi, perché quando l’aveva rincontrata non era stato in grado di ristabilire la giusta distanza, sebbene ne avesse intenzione, ma solo di offrirle l’ennesimo caffè. Come non si era sottratto allora alla forza che lo trascinava verso di lei, così avrebbe continuato a non farlo, ne aveva ormai la certezza assoluta, e sperò che quel messaggio le arrivasse chiaramente.         
“Insomma, lasciare l’università appena si conclude l’anno accademico e tornare alle origini.” Spiegò mentre si immergeva nelle sue iridi smeraldine, attento alle appena percettibili sfumature di quel colore che amava, così da leggere in modo immediato attraverso di esse le sue reazioni.
“Kakashi… “ Mormorò Sakura con una lieve titubanza nella voce, divisa tra la confusione e il calore che le riscaldava il petto dissipando le emozioni negative dei minuti precedenti. 
Non le sembrava quasi vero di aver ascoltato proprio quelle parole, eppure erano ancora lì che riecheggiavano nelle sue orecchie, come una dolce promessa di primavera, una promessa a cui si sarebbe abbandonata con fiducia, se non avesse avuto la netta sensazione di pretendere troppo. Sapeva quanto fosse importante per lui il lavoro all’università, l’insegnamento specialistico e l’attività di ricerca, quel qualcosa in più a cui ad un certo punto si era ritrovato ad aspirare, come le aveva raccontato una volta, per cui si sentiva arrogante nell’accettare che vi rinunciasse per lei. Distolse lo sguardo dal suo viso posandolo sulle loro mani unite.        
“Non voglio che tu lasci qualcosa che ti piace solo per me.” Disse esponendogli il suo dubbio, rassegnata con quel rifiuto a sopportare la segretezza che avvolgeva la loro storia.
“Beh, volendo, niente mi impedirebbe di ritornare all’università più in là.” Rispose Kakashi con calma, poi le sollevò delicatamente il mento con un dito. “E comunque è per noi.” Asserì, cercando di infondere in quelle poche parole quanto averla incontrata, pur avendo travolto come un fiume in piena le sue convinzioni, gli avesse alla fine concesso un’insolita pace, più preziosa di quanto lei potesse immaginare.
Rimase in silenzio per qualche istante, poi proseguì motivando la sua scelta.
“Non possiamo andare avanti così, con la paura di essere scoperti ad ogni piccolo passo, e prima che tu finisca l’università ci vorrà un po’, quindi mi sembra la cosa migliore.”   
“E se per caso non dovesse funzionare… tra noi?” Domandò la ragazza assottigliando lo sguardo; per quanto fosse complicato da digerire, si trattava di una possibilità che non poteva escludere da quella conversazione. “Ti creeresti solo unitili difficoltà.” Continuò, ingoiato un grumo di angoscia.
Intenerito dalla premura e dall’altruismo che la sua esitazione rivelava, l’uomo fece scivolare le dita sul suo viso circondandole una guancia.
“Tutto può finire, ma non per questo non va vissuto nel miglior modo possibile, mi disse una volta qualcuno commentando un film, e da un bel po’ credo che avesse proprio ragione. Ci ho pensato bene prima di prendere questa decisione e sono sicuro che in ogni caso non me ne pentirò.” Le disse sincero, poi piegò le labbra in un sorriso accennato, accarezzandole con il pollice la pelle delicata, sperando di averla finalmente rassicurata che quello era ciò che voleva senza più dubbi, dal momento che sui se e sui ma aveva già riflettuto abbastanza.
Fu quando vide un’espressione serena illuminare i suoi lineamenti che capì di esserci riuscito. Ascoltando le sue parole, infatti, Sakura sentì sciogliersi come neve al sole anche l’ultimo freno che tratteneva la felicità provata dal primo istante in cui le aveva comunicato quella notizia inaspettata e improvvisa.       
“Credo di ricordare il film.” Gli sorrise con un pizzico di orgoglio, spezzando il silenzio.
“Beh, buon per te, perché non voglio altre obiezioni.” Rispose deciso Kakashi, con un vago tono di minaccia smentito dal divertimento leggibile nel suo sguardo.
Nel bisogno di averla più vicina, tirò poi con delicatezza la mano che ancora stringeva la sua verso di sé, mentre scendeva a sfiorarle l’altro braccio, invitandola indirettamente ad alzarsi. Notando che non si muoveva, Sakura intuì cosa volesse; abbandonò allora la sedia e si sedette sulle sue gambe, poi lo abbracciò circondandogli il collo mentre l’uomo le avvolgeva la vita.        
“Altrimenti che dovrebbe succedere?” Gli chiese curiosa, assaporando le sensazioni che il contatto caldo e protettivo con il suo corpo le procurava.  
“Uhm, altrimenti lunedì domande a sorpresa.” Replicò pacato l’altro, dopo averci pensato su un attimo.
“Beh, così non sono più domande a sorpresa, però.” Notò la ragazza con un sospiro divertito.
“Oh, sì che lo sono, dato che non puoi sapere su cosa verteranno.”
“Ma avvertita in anticipo posso prepararmi.”
Di fronte a quell’ultima osservazione Kakashi sorrise malizioso, mentre saliva lentamente con le mani lungo la sua schiena.
“Non credere che sia così semplice, e poi domani non avrai tempo per studiare.” Affermò con l’aria di chi la sapeva lunga.
“Uhm, e cos’altro avrei da fare?”
“Ecco, comincia col baciami, poi ti spiego il resto.”
L’uomo immerse allora le dita nei suoi capelli morbidi ed esercitò una piccola pressione per indurla a chinare il capo; Sakura gli rivolse un altro sorriso, poi lo assecondò avvicinando le labbra alle sue e lasciando che le loro lingue si intrecciassero in un incontro che aveva finalmente un sapore diverso, in cui dubbi, paure ed incertezze svanivano dissolte da un senso di autentica liberazione.  

Note dell'autrice

Dunque, che dire, questa storia è uscita dopo qualche prezioso imput sulla situazione direttamente by nejiko e nello scriverla ho fingirlato da morire. So che non è particolarmente originale, ma per una volta sono riuscita a mettere Kakashi e Sakura in modalità fluff, piccole rivincite insomma per soddisfare l’ispirazione. Sulla battuta finale, ‘il resto’ non è quello che sembra *prova invano a difendersi* ^^’
Non c’è altro da aggiungere se non un grazie a wari per averla betataXD

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Capitolo 7
*** Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse (KakaSaku) ***


"Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse"



Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

Questa fanfiction è ispirata al prompt ‘annusare i libri’, proposto da slice per il paring KakaSaku.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona
(Inferno V, vv 103)


Sakura Haruno non era nota per la sua capacità di pazientare.
Se qualcuno, in quel preciso istante, avesse notato le sue iridi serie e determinate, ne avrebbe avuto l’immediato sentore.
Attendere in buon ordine la conclusione di una situazione che andava per le lunghe, per giunta senza un motivo valido, rientrava alla perfezione tra le cose che la innervosivano. E, da quando era giunta davanti a quella porta chiusa, provava in modo ancora più nitido la sensazione di aver aspettato anche troppo. Era stanca di limitarsi ad incroci di sguardi, lunghe chiacchierate davanti a tazze di tè e momenti che avrebbero potuto concludersi con qualcosa in più di una carezza o di un abbraccio. Quel giorno avrebbe messo Kakashi alle strette una volta per tutte, pur di non rimanere intrappolata di nuovo dopo tanti anni in una sterile incertezza. Intendeva spazzare via con un’azione drastica l’ultima remora dell’uomo, quel rapporto insegnante-allieva che il tempo aveva ormai reso un ricordo lontano al punto da non poter più rappresentare un ostacolo. Tutte le volte che si incontravano per caso o che veniva a cercarla, il suo modo di guardarla non era affatto quello di un maestro e l’avrebbe costretto a fronteggiare in modo diretto quella inoppugnabile verità.
Un sorrisetto malizioso le increspò le labbra sottili, poi sparì sotto un’espressione tranquilla e professionale. La dottoressa abbassò con decisione la maniglia ed entrò.
La piccola stanza di ospedale era bianca e asettica come al solito, ma la luce solare che l’invadeva attraverso la finestra senza le tendine tirate e soprattutto il jonin che l’occupava le sembravano sufficienti a rendere l’atmosfera ben più che piacevole. Sdraiato sull’unico letto presente, con la schiena adagiata contro il materasso leggermente rialzato, l’Hatake stringeva tra le mani un romanzo di Jiraya. Non appena sentì la porta aprirsi e richiudersi subito dopo, interruppe la lettura in corso, si tirò su a sedere e rivolse alla sua visitatrice un’occhiata in cui si mescolavano stanchezza e un pizzico di perplessità, almeno fino a quando il volto familiare della giovane donna non entrò nella sua visuale attribuendo un senso alla mancanza di preavviso. I suoi lineamenti si distesero allora in un’espressione serena e rilassata e il suo sguardo si addolcì appena, mentre si intrufolava nella sua mente la consapevolezza di quanto fosse prezioso poterla rivedere ancora dopo l’ennesima missione, bella e irruente come al solito. Quello stesso pensiero l’aveva sfiorato anche troppo spesso negli ultimi giorni; nel realizzarlo, si sentì quasi in un vicolo cieco.
“Se riesci a leggere, direi che stai decisamente meglio”. Commentò intanto la kunoichi, pacata nonostante l’entrata improvvisa, puntando subito il suo interesse verso il mezzo che le avrebbe permesso di raggiungere il suo fine.
Il giorno prima, quando si era recata a trovarlo in un buco di tempo libero, aveva incrociato Jiraya proprio nel preciso istante in cui gli porgeva il libro, presentandolo come una delle ultime novità e decantandone la capacità di coinvolgere il lettore fin dalle prime pagine. Dopo essersi annunciata con un sonoro colpo di tosse, era entrata nella camera e aveva lanciato una eloquente occhiataccia ad entrambi, contrariata dal fatto che l’Hatake dovesse immergersi in una lettura di dubbio gusto piuttosto di riposare e recuperare le forze. Poche ore più tardi, però, ripensando a quel frangente ancora leggermente infastidita, le era balenata l’idea di sfruttare proprio il volume per attuare il proposito che già da qualche settimana le ronzava per la testa.
In seguito al suo bonario rimprovero, vide l’uomo richiudere e adagiare sulle gambe coperte da un lenzuolo bianco quello che sarebbe stato a breve il suo pretesto cartaceo, per poi passarsi una mano dietro il capo con buona pace della capigliatura ribelle.
“Suppongo di sì”. Assentì colto da un lieve imbarazzo, memore dell’aria seccata che si era dipinta sul viso di Sakura poco più di ventiquattro ore prima.
“In ogni caso, anche il quadro clinico sembrerebbe d’accordo“. Proseguì lei con tono professionale, mentre si fermava ai piedi del letto. “Ho controllato gli ultimi esami e la situazione è migliorata molto. C’è ancora qualche parametro che deve stabilizzarsi, ma non possiamo lamentarci”.
Anche se l’argomento non era proprio dei migliori, Kakashi non poté fare a meno di ascoltarla con piacere; sentirla parlare con cognizione di causa e totale sicurezza rivelava in modo chiaro la donna determinata che era diventata, infondendogli un‘inaspettata calma. In quel momento, solo perché era lei a dirlo, anche il più piccolo dubbio che ancora poteva avere sullo stato reale delle proprie condizioni fisiche si era dissolto nel nulla. Lo sguardo che posò sull’espressione concentrata della dottoressa, intenta a scrutare con attenzione i fogli recuperati dalla cartella infermieristica, era illuminato dall’ammirazione.
“E anche per quanto riguarda la terapia è tutto apposto, non c’è da cambiare nulla”. Lo informò ancora Sakura a conclusione della sua lettura, tornando a guardarlo. “Insomma, al massimo per dopodomani, potrai uscire dall’ospedale”.
Chiuse l’ultima frase con un mezzo sorriso, poi si chinò leggermente e rimise al loro posto i documenti clinici, accantonando così la parte lavorativa della sua visita.
Ormai non le restava che passare a quella più amena.
Con passo sicuro, si avvicinò al lato destro del letto in modo da accorciare le distanze tra di loro.
“Comunque preferirei di gran lunga che le cattive abitudini morissero”. Disse con tono serio. “Per fortuna anche questa volta ti è andata bene, però…”
Non continuò subito, ma si sedette accanto a lui, appoggiando le braccia sulle gambe, un gesto che volontariamente o meno attirò l’attenzione del suo interlocutore sulla pelle chiara che la gonna lasciava intravedere. Nonostante il corpo leggero della kunoichi, all’Hatake sembrò che il materasso si abbassasse in modo pericoloso. Evitò di indugiare con lo sguardo dove non avrebbe dovuto e si concentrò solo sul suo viso, messo in risalto dai capelli raccolti in una coda alta, mentre si dava dello stupido per essersi lasciato trascinare da così poco verso pensieri in netto contrasto con la serietà della conversazione e che da un bel po’ si sforzava di scacciare via. Forse l’ultimo pericolo mortale a cui era scampato gli stava giocando un brutto scherzo, ma cercò di non soffermarsi su quell’eventualità.
“Però la prossima missione potrebbe essere diversa”.
Nell’esternare a parole l’idea che aveva rappresentato la classica goccia che fa traboccare il vaso, la giovane donna sentì un grumo d’ansia salirle per la gola, al di là delle sue intenzioni, ma alla fine l’attimo di esitazione contribuì a rafforzare ancora di più la sua determinazione.
Kakashi notò la lieve alterazione nella sua voce e provò a rivolgerle l’espressione più rassicurante di cui era in grado.
“Farò tutto il possibile affinché non accada”. Le rispose con tono calmo e profondo.
Ascoltandolo, Sakura provò un caldo sollievo, che la spinse ad aggrapparsi con fiducia a quella promessa, nonostante fosse consapevole delle difficoltà della loro vita da ninja. Si rilassò e gli mostrò un nuovo sorriso, un sorriso che si colorò pian piano di una sfumatura maliziosa.
“Prova a mettere la stessa convinzione anche in qualcos’altro, però”. Lo esortò dopo qualche istante di silenzio, socchiudendo appena gli occhi, poi afferrò il libro abbandonato sulle sue gambe e lo sollevò tra di loro a mo’ di spiegazione.
“Per la precisione, smetti di leggere storie simili”. Chiarì ulteriormente. “Mi sono sempre domandata cosa avessero di interessante, ma non ho mai trovato una risposta convincente”.
Senza chiedere il permesso portò il romanzo verso di sé aprendolo.
Le sue dita che sfogliavano le prime pagine, occupate per il momento da pochi e innocui ideogrammi, procurarono al jonin seduto accanto a lei un brivido improvviso di ansia e imbarazzo; il coinvolgimento immediato a cui Jiraya aveva accennato il giorno prima equivaleva ad una iniziale scena di sesso tutt’altro che implicita e la possibilità che la dottoressa leggesse quelle colonne non lo rendeva affatto tranquillo. Scrutò a disagio il suo sguardo indagatore, cercando invano di escogitare un modo non troppo brusco con cui distoglierla dalla imminente lettura.
Consapevole di metterlo in difficoltà, la kunoichi sorrise interiormente; dalla sua angolazione non poteva guardarlo in volto senza svelare i suoi veri pensieri, ma non le era difficile sopperire con la fantasia immaginando l’espressione buffa che doveva avere. Girò un’altra pagina e arrivò all’incipit, fingendo a quel punto un interesse particolare. Curiosa di scoprire quale sarebbe stata la sua reazione, incominciò a leggere. Arrivata quasi a metà del testo piegò, però, le labbra in una smorfia di disappunto. Conoscendo il genere e l’autore, aveva già previsto di trovarsi di fronte a descrizioni erotiche con totale mancanza di veli, ma non avrebbe creduto che sarebbe potuto accadere fin dall’inizio del libro. La constatazione la spinse a salutare per la seconda volta la sua quasi inesistente pazienza; se Kakashi aveva tempo per immergersi in simili storie con ben poco spazio per l’immaginazione del lettore, poteva anche trovarne dell’altro per sbarazzarsi di stupide remore e mettere in pratica ciò che i suoi occhi non erano più in grado di nascondere dietro un velo di apparente autocontrollo.
Ignaro dei suoi percorsi mentali, l’uomo interpretò il movimento della sua bocca come l’annuncio di una infastidita ramanzina, rimanendo così sorpreso dal modo posato con cui invece gli parlò.
“Bah, davvero, perché non cambi genere? La letteratura è così vasta che senza alcun dubbio ce ne sono altri molto più interessanti”. Disse lei, riportando la sua attenzione sul jonin e richiudendo il volume con un gesto secco, poi tirò in ballo l’argomento che aveva pianificato di sfruttare per i suoi scopi. “E poi, se una storia è davvero interessante, sono sicura che l’inconfondibile profumo dei libri risulterebbe ancora più piacevole”. Affermò, mentre nelle sue iridi smeraldine compariva uno strano intreccio di risolutezza e malizia, che disorientò il suo interlocutore.
Abbandonato in modo repentino il romanzo nella posizione iniziale, appoggiò una mano sul letto, la fece scivolare in avanti verso di lui e, puntellandosi su di essa, si chinò lentamene.
“Perché quando leggi riesci a sentirlo, vero, sensei?” Gli domandò con un sorriso indecifrabile.
Spiazzato ancora di più da quell’azione improvvisa di avvicinamento, Kakashi la fissò immobile. La sua parte razionale gli suggeriva di allontanarla da sé, quella irrazionale, invece, lo spingeva verso un punto di non ritorno. Nonostante lo ritenesse un madornale errore, la vicinanza eccessiva non gli permetteva di controllare i suoi istinti come poco prima; le sue labbra sottili e il suo corpo snello gli apparivano terribilmente morbidi ed invitanti, al punto da rendere tutt’altro che cattiva l’idea di accarezzarli ed esplorali con calma.
Riuscì a tirare fuori solo un ‘direi di sì’ ben poco convincente, con un’espressione lontana dalla consueta impassibilità, infondendo nella sua tentatrice il dolce gusto della vittoria.
“Sicuro?” Sussurrò Sakura più che soddisfatta. “Eppure ho sempre pensato che questa potesse essere un problema”.
Con le dita affusolate gli sfiorò con lentezza una guancia, salendo fino al bordo della maschera.
Anche se ancora attutiti dal tessuto che gli copriva metà viso, il confondersi dei loro respiri e il tocco leggero e caldo della sua mano peggiorarono ulteriormente lo stato delle capacità razionali del jonin, che non fu nemmeno in grado di pronunciare il suo nome in un seppur debole e vano tentativo di arrestare la catastrofe, come fino a pochi secondi prima una vocina lontana nella sua testa gli aveva proposto.
Quando venne abbattuto anche l’ultimo ostacolo materiale, la lentezza dei gesti della dottoressa non gli sembrò più utile, ma solo esasperante. Mandò al diavolo pregiudizi, dubbi e incertezze e, per una delle poche volte nella sua vita, ascoltò il proprio cuore; con una presa decisa ma delicata, fermò la mano che si stava riavvicinando al suo volto e la strinse nella sua, rivolgendo finalmente alla kunoichi uno sguardo in cui, oltre al desiderio, c’era determinazione. Lei ricambiò con un lieve sorriso, un sorriso che sancì il tacito accordo nei loro occhi; abolirono così anche gli ultimi centimetri che li separavano con il bacio tanto atteso. Sakura assaporò con piacere il caldo e irruente incontro delle loro lingue e il contatto rassicurante della mano immersa nei suoi capelli, mentre tentava di imprimere quegli istanti preziosi nella memoria. Si spinse poi contro il suo corpo alla ricerca di qualcosa di più. Kakashi non tardò ad assecondarla; fece scivolare la mano dalla nuca al collo sottile e si abbassò lentamente all’indietro, trascinandola sul letto insieme a lui. Quando poté avvertirne il dolce peso su di sé, scese ad accarezzarle la schiena, continuando a baciarla e intrecciando alla sua la piccola mano che non aveva smesso di stringere. Uniti in quell’abbraccio, il tempo parve fermarsi e si insediò nei loro animi la certezza di aver ceduto solo all’inevitabile.



Note dell’autrice

Ora devo solo inginocchiarmi sui ceci e chiedere venia a Dante in latino e nel volgare del Duecento. L’ho sfruttato impunemente come titolo e un po’ nella parte finale, sono una profana u-u
L’idea del profumo dei libri è presente tipo per due o tre battute, ma l’idea è scaturita tutto da quello. Il guaio è il paring che mi monopolizza e fa quello che vuole. Scusami, Ali, spero che ti piaccia lo stesso^^
Per i credits, il titolo corrisponde al verso 137 del Canto V, da cui è tratta anche la citazione iniziale.



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Capitolo 8
*** La vita nei tuoi occhi (SasoSaku) ***


Attraverso i suoi occhi
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GOD SAVE THE SHIP!

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Questa fic è ispirata al seguente prompt, proposto da Skull_Mistress:

Amami, anche se io non ti amo.
Amami, anche se non merito l'amore.
Amami, anche se io non so amare e amami anche se non esiste l'amore.





Per Sasori l’amore era sempre stato un concetto vuoto, un guscio dorato creato per racchiudere qualcosa di inesistente; poi era arrivata lei a turbare la calma piatta del suo scetticismo, presentandosi nella sua vita con una macchina in panne e una richiesta d’aiuto.
Ricordava ancora l’espressione irritata che le offuscava il volto, ammorbidita da un senso di liberazione solo quando l’aveva visto fuori dal locale, ma soprattutto era nitida come quel giorno l’immagine del sorriso di ringraziamento che gli aveva rivolto, di gran lunga preferibile a quella del motore sotto le proprie mani.
Osservò i lunghi capelli di Sakura ondeggiarle lievemente sulla schiena, man mano che la ragazza  avanzava a passi lenti lungo il bagnasciuga, i piedi scalzi e i sandali in una mano.
Camminare sulla spiaggia con un paio di scarpe chiuse come quelle che indossava non era affatto il massimo, eppure continuava a seguirla, dopo essersi lasciato convincere da una evidente bugia ad accompagnarla fin lì. L’aveva trovata seduta ad un tavolino del pub, neanche un’ora prima, intenta a rigirarsi il bicchiere tra le mani e a vagare con lo sguardo per il locale, sperando di incontrarlo. Quando, infatti, le era passato accanto, l’aveva subito salutato con un sorriso, poi aveva giustificato la sua presenza ad un orario per lei insolito, lamentandosi del contrattempo che aveva fatto sfumare il progetto di una breve gita al mare con un’amica, il tutto con una lieve incertezza nella voce e con un’espressione che faceva trapelare ben poco il suo presunto fastidio. La successiva proposta di andarci insieme, sussurrata con un principio di rossore sulle guance, non aveva fatto altro che confermargli l’inesistenza di un qualsiasi appuntamento tra amiche. A quel punto niente gli avrebbe impedito di rifiutare e magari smascherare la finzione delle sue parole, ma non ne era stato in grado, perché, per la prima volta nella vita, ciò che vedeva nelle iridi smeraldine di quella ragazza che lo cercava con insistenza non era qualcosa di finto, ma di così vero e caldo da disorientarlo. L’idea che potesse essere proprio quello ciò che chiamavano amore era scivolata piano piano nel suo animo senza che se ne accorgesse, scombinando i frammenti della sua realtà. Dal giorno in cui era stato lasciato, ancora in fasce, all’ingresso di un orfanotrofio, per lui erano esistite soltanto la fredda solitudine dell’abbandono e la sterilità di affetti egoistici, ritrovate intatte nel mondo vuoto della delinquenza e del piacere, in cui si era lasciato risucchiare con facilità, cieco a qualsiasi alternativa. Aveva sempre creduto che non potesse esserci niente di diverso da quel mondo, ma la felicità sincera con cui Sakura lo guardava ogni volta si era scagliata con forza contro quella convinzione, facendola vacillare.
Quando la ragazza si fermò all’improvviso, Sasori fece altrettanto.
La vide girarsi completamente verso l’orizzonte marino, incrociando le braccia dietro la schiena, con le scarpe ancora sospese a mezz’aria, e osservare con un’espressione tranquilla e serena l’andirivieni delle onde, mentre il sole tiepido di fine estate le sfiorava il viso con un tocco gentile. Come al solito lei accoglieva i suoi silenzi senza spazientirsi, come se la sua compagnia fosse già un’importante conquista, e a lui toccava solo aspettare il suono della sua voce e l’arrivo di parole che, contro ogni aspettativa, gli avrebbero trasmesso una piacevole sensazione di leggerezza. Per l’ennesima volta, si chiese cosa vedesse di buono nelle poche frasi e nei rari gesti che le rivolgeva e come avrebbe reagito quando invece le sarebbe stato chiaro chi avesse davanti.
Gli era facile leggere nei suoi atteggiamenti la speranza di un amore vero e magari di un futuro sereno, ma sapeva che Sakura aveva scelto la persona sbagliata in cui riporre la sua fiducia. Quando la giovane si voltò leggermente verso di lui, pensò che per spegnere il sorriso che le increspava le labbra sarebbe bastato che intravedesse, anche per pochi istanti, il suo vero io dietro l’immagine ideale che si era costruita di lui, un io che non meritava di ricevere alcun sentimento puro e disinteressato.
“Ti piace il mare, Sasori?” Gli chiese lei con un pizzico di curiosità, accavallando la sua voce al suono dell’acqua che tornava ritmicamente a lambire la riva.  
Spiazzato da una domanda così semplice, l’uomo non rispose subito; come tante altre cose, il mare era per lui qualcosa che semplicemente c’era, senza influire sulla sua vita in modo positivo o negativo, quindi trovare una risposta da dare equivaleva a pensarci per la prima volta.  
“Non saprei, forse”. Disse atono, prima che il suo esitare si prolungasse tanto da farlo sentire ridicolo.
Incapace di trattenere l’ilarità Sakura scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con le dita affusolate e socchiudendo le palpebre in un’espressione divertita.
“Lo sospettavo”. Sussurrò poco dopo, e Sasori si perse per un lungo attimo nel verde intenso dei suoi occhi, di nuovo perfettamente visibile, mentre il timore di apparire un imbranato veniva risucchiato da un calore improvviso quanto momentaneo.  
“A me, invece, piace molto”. Affermò la ragazza, riportando il braccio lungo il fianco, per poi tornare a scrutare la distesa d’acqua. “Mi ha sempre fatto pensare che, qualunque cosa fosse successa, sarebbe rimasto sempre qui pronto ad offrirmi il suo conforto, con il suo movimento lento ed eterno”. Proseguì, motivando la sua opinione.
Gli istanti di silenzio che seguirono sembrarono all’uomo, fermo a poco più di un metro da lei, così inusuali da insinuargli il dubbio che il tono calmo stonasse nettamente con il contenuto delle parole appena pronunciate, come se sotto l’apparente serenità ci fosse un’inquietudine pronta a scalfirla. Era la prima volta da quando la conosceva che un simile sospetto affiorava nella sua mente e ciò gli confermò quanto fosse la persona meno indicata per darle quello che cercava; chiuso come era nel suo dolore, al punto da provare indifferenza per tutto e tutti, non avrebbe mai potuto garantirle comprensione e sostegno, una sola briciola di quello che il mondo definiva amore. Eppure, qualcosa di inatteso si agitò lo stesso nel suo petto e lo spinse a fare qualche passo in avanti verso Sakura, sollecitato dall’idea che un’ombra di tristezza potesse sopraggiungere da un momento all’altro ad offuscarle lo sguardo. Fu un istante in cui Sasori ignorò l’impiccio dei granelli di sabbia che rischiavano di intrufolarsi nelle scarpe, così come la vicinanza al bagnasciuga, muovendosi senza un’intenzione precisa se non quella di avvicinarsi a lei, un’azione a cui non seppe attribuire un significato. Finì così, per la prima volta da quando aveva memoria, col provare un forte imbarazzo nel momento in cui la ragazza si girò all’improvviso e schiuse leggermente le labbra, sorpresa di averlo così vicino. Lo stupore non alterò però la sua espressione, se non per il rossore repentino che le imporporò le guance, subito accompagnato da un lieve sorriso. Lui la fissò senza sapere cosa fare, una mano ancora in tasca, l’altra che sfiorava ormai il tessuto esterno del pantalone.
“È per questo che ogni volta che ci vengo cerco una conchiglia”, disse lei, completando il filo dei suoi pensieri e sollevandolo dal problema di giustificarsi in qualche modo, “così posso portare a casa con me il suono delle onde e immaginare di essere ancora qui ad osservarlo”.
Sulla scia di quelle nuove frasi, Sasori si domandò quante cose celassero i suoi occhi e quante altre ne vedessero che lui da solo non avrebbe mai potuto vedere. Quando poi il silenzio si allargò di nuovo tra di loro, si rese conto che avrebbe dovuto finalmente dire qualcosa, ma prima che potesse aprire bocca per pronunciare almeno un monosillabo di assenso un grosso cane bianco sopraggiunse a dare una svolta alla situazione. La voce del padrone che lo richiamava li avvertì, infatti, con troppo ritardo; si accorsero dell’animale decisamente prima di sentire il nome Akamaru, quando quest’ultimo addentò i sandali che Sakura reggeva ancora con una mano, avendoli trovati evidentemente di suo gusto. La ragazza, strattonata proprio nell’istante in cui la sua attenzione era tutta rivolta all’uomo che aveva davanti, non pensò affatto di lasciar andare le scarpe tirate da quella forza improvvisa e fece appena in tempo a scorgere con la coda dell’occhio il pelo arruffato dalla velocità e la coda scodinzolante prima di perdere l’equilibrio, sbilanciandosi all’indietro. Per sua fortuna, però, Sasori impedì la caduta; mosso dall’istinto, accorciò ancora di più la distanza tra di loro, le afferrò il polso con un movimento veloce e la tirò verso di sé, mentre le portava una mano dietro la schiena per sostenerla. Sì ritrovò così, con quei nuovi gesti fuori programma, a stringere le sue dita sottili e a scrutare i lineamenti delicati del suo viso per la prima volta da pochissimi centimetri. L’imbarazzo che Sakura provava era ormai molto più evidente di un minuto prima, ma non gli impedì di essere attratto dalle sue iridi color smeraldo. In quel momento, gli sembrarono più belle del solito e la luce calda che le animava tutte le volte che erano insieme più viva. Lo confondeva quella luce, eppure nello stesso tempo era incredibilmente tranquillizzante. Non amava la ragazza che teneva tra le braccia e non credeva che sarebbe mai giunto ad amarla, però non poté negare a se stesso che averla intorno alleviava per qualche ora il fondo di sofferenza che lo accompagnava da anni. Quell’ultimo pensiero scacciò lontano tutti i dubbi che nel corso di quella passeggiata lungo la riva erano tornati ad assalirlo, lasciando nel suo cuore solo un senso di pace.          



Note dell'autrice

Prima SasoSaku in assoluto, au ovviamente, perchè la mia mente non riesce a trattare il paring senza pensare al fatto che lui sia morto, insomma sono un'incapace u.u Comunque spero che il prompt non si sia perso, dal momento che è frammentato nel corso della storia. Sull'ic invece non mi pronuncio, perchè a me pare ooc anche Akamaru e Sasori mi sa troppo di Sasuke. Va beh, mi auguro che la lettura sia stata lo stesso piacevole. Un grazie a wari che ha cercato di betarla e ha sopportato scleri vari^^'



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Capitolo 9
*** Mal comune... e il terzo gode (TenSaku, KakaSaku) ***


Mal comune... e il terzo godeDedicata a Nejiko,
che è in parte la fonte ispiratrice di questa fic.




Se non avesse già concluso il giro di visite, forse avrebbe provato un vago senso di colpa. O forse no, si corresse mentalmente, mentre la bocca di Tenzo seguiva un lento e piacevole percorso lungo il suo collo. I suoi sospiri si confusero al rumore dei baci e al fruscio del camice, agitato dai movimenti sicuri dell’uomo seduto davanti a lei. Sentì l’indumento allentarsi col venir meno di ogni bottone, mentre la mano calda del capitano le accarezzava la pelle chiara sotto la maglietta. Quando scese a sfiorarle la schiena, seguita veloce dall’altra, Sakura non trattenne un gemito di piacere e lasciò che il jounin l’attirasse più vicino a sé. Godendosi il contatto rassicurante con il suo corpo, gli fece scivolare le braccia intorno al collo e chinò il viso per incontrare ancora le sue labbra. Si immerse in quel nuovo irruento scontro di lingue, soffocando definitivamente la vocina che le rammentava la sconvenienza della situazione. Qualcosa di indesiderato sopraggiunse però a turbare quel momento di piacevole oblio; all’improvviso, Tenzo si staccò bruscamente da lei con un mugugno di dolore, cominciando a massaggiarsi con cautela la nuca offesa.
“Ma che cazzo…?” Sbottò a metà tra lo stupore e l’irritazione.
“Che diavolo succede?” Gli chiese la kunoichi osservandolo sorpresa, il fiato ancora corto.
“Non si dovrebbe molestare il personale medico, Tenzo”. Intervenne una voce familiare ad entrambi, rispondendo alle loro domande.
Spiazzati i due ninja si voltarono di scatto, incrociando lo sguardo di Kakashi, fermo sul balcone di quella stanza d’ospedale, la consueta flemma a contraddistinguerlo. Imbarazzata, Sakura si allontanò bruscamente dal compagno, con un lieve rossore che le imporporava le guance.
“Kakashi-sensei…” Balbettò, la spiacevole sensazione di essere stata colta in fallo che si faceva strada nel suo petto.
Incapace di sostenere l’apparente apatia dell’occhio scuro del suo maestro, la kunoichi distolse lo sguardo intravedendo così l’oggetto che aveva colpito Tenzo interrompendoli: una copia dell’Icha Icha Paradise giaceva ben visibile sulle lenzuola bianche del letto occupato dal capitano.         
“La verità è che vorresti essere al mio posto, senpai”. Replicò intanto quest’ultimo, calcando con ironia l’onorifico e scoccando un’occhiataccia all’amico.
“Tenzo?!” Esclamò Sakura basita, per un attimo incerta se quelle parole avessero davvero il significato che la sua mente vi attribuiva; ma la risposta di Kakashi giunse rapida a dissipare il suo dubbio.
“Non tentarmi”. Disse conciso il jounin, con tono perfettamente calmo.
Confusa e ancora più sbalordita il ninja medico si voltò di nuovo verso l’uomo dai capelli argentati, cogliendo per la prima volta nel suo sguardo una luce di sfida al posto della solita indifferenza. Si rese conto di avere la bocca aperta solo dopo qualche istante, appena prima di sentirsi chiamare dalla voce insieme allarmata e rassegnata di un’infermiera.
“Haruno-san! Hatake-san è… è fuggito di nuovo”. L’informò la giovane donna, pronunciando le ultime parole con una lentezza che corrispose all’esame della scena che le si presentava davanti. 
Sakura non ebbe difficoltà a comprendere il percorso intrapreso dalla mente della collaboratrice: il suo camice aperto che rivelava la maglietta in parte sollevata, il coprifronte di Tenzo abbandonato ai piedi del letto e Kakashi come presunto osservatore erano dettagli terribilmente incriminanti.
La assalì un principio di agitazione, accentuato dalla immediata reazione dell’infermiera.
“Oh, io… io non volevo disturbare”. Disse quella con un evidente imbarazzo, abbassando appena il viso. “Torno a lavoro”. Annunciò sbrigativa, prima di lasciare di nuovo la stanza.
La kunoichi rimase per un po’ in una insolita immobilità, sotto la quale lo stupore, il disagio e l’irritazione si agitavano in un vortice pericoloso. Strinse i pugni e chinò il capo, un’ombra che calava veloce sui suoi lineamenti. Il capitano a pochi centimetri da lei presagì l’imminente esplosione, ma non ebbe il tempo per escogitare un modo per disinnescarla. La vide afferrare il romanzo dal letto e scaraventarlo con un lancio rapido e preciso contro Kakashi. Si sarebbe soffermato volentieri ad osservare l’esito di quell’improvviso tiro al bersaglio, ma non poté farlo; in un movimento altrettanto veloce, Sakura gli sferrò un inaspettato pugno in testa, andando ad ampliare la zona dolorante e strappandogli un nuovo mugolio.     
“Ohi, e io che diavolo c’entro?!” Farfugliò Tenzo, gli occhi socchiusi per la sofferenza, mentre si portava una mano al capo per la seconda volta nel giro di pochi minuti.
Appena fu in grado di incrociare le iridi smeraldo della compagna, trovò la sua risposta nella sfumatura di rabbia e ammonimento che le animava. Era chiaro che lo ritenesse responsabile per averla indotta a rischiose effusioni sul posto di lavoro. Che poi avesse visibilmente apprezzato quelle effusioni, era in quel frangente un mero e sorvolabile dettaglio. Conscio dell’inutilità di qualsiasi obiezione, si limitò a guardala andar via rassegnato, mentre si risistemava in fretta il camice, con i capelli chiari che le ondeggiavano liberi sulle spalle. Poco prima che Sakura oltrepassasse la soglia sparendo dalla sua vista, il capitano si voltò verso Kakashi lanciandogli un’occhiata colma di risentimento, appena in tempo per notare la direzione per nulla innocente del suo sguardo, che il libro aperto e sollevato con un gesto rapido non riuscì a nascondere. Con uno scatto nervoso, Tenzo recuperò da un carrello il primo strumento medico che trovò a portata di mano, uno stetoscopio ancora per poco in perfetto stato.
“Ed evita di guardarle il culo, almeno!” Sbottò, scagliandolo con forza contro il suo senpai, che lo schivò imperturbabile, un’espressione compiaciuta celata sotto la maschera ma svelata dall’unico occhio visibile.



Note dell'autrice              

Dunque, questa breve fic è il risultato di un fangirlamento su skype e, nonostante il mio tentativo di scaricare le responsabilità, pare che sia anche colpa mia (le conversazioni salvate non menteno u-u), indi chiedo venia per il nonsense che aleggia, imperturbabile anche lui come Kakashi. Non so perché sia quest'ultimo ad aver avuto la meglio, ma di sicuro Tenzo verrà curato a base di chakra e fluff, per cui non temete per luiXD
Un grazie a wari per il betaggio veloce e a chi continua a seguire questa raccolta^^


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Capitolo 10
*** Perfect you ***


Perfect you
Nick (sito ed eventualmente forum): Aya88
Titolo: Perfect you
Fandom: Naruto
Generi: Introspettivo
Rating: Verde
Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno
Pacchetto scelto: Chi – Incantesimo/Orgoglio
Prompt utilizzato/i: Orgoglio
Note o avvertimenti: What if?
Nda: Spero emerga chiaramente dal testo, in ogni caso lo annoto. Ho cercato di interpretare la parola orgoglio da un doppio punto di vista, da una parte l’orgoglio che si può provare verso qualcuno, dall’altra l’orgoglio che prova di una persona.    



Kakashi riaprì gli occhi tornando a fissare l’espressione di Sakura, le sopracciglia contratte e le labbra strette in un momento di viva concentrazione, mentre le mani sottili si soffermavano leggere sulle ferite aperte.
Non ricordava quando se ne fosse reso conto, ma osservarla impegnata nel suo lavoro si rivelava un utile diversivo per sfuggire ai postumi sia fisici che morali di una battaglia. La sicurezza dei suoi gesti e la determinazione che coglieva nelle sue iridi color smeraldo avevano l’insolito potere di calmarlo. Ogni volta una piacevole sensazione lo invadeva, attenuando il dolore, e solo col tempo era riuscito ad attribuirle un significato. Sebbene avesse avuto una parte minima nella sua formazione, era orgoglio ciò che provava mentre la scrutava in silenzio.      
A quel pensiero un sorriso incurvò le sue labbra nascoste.
Erano trascorsi lunghi anni dalla nascita del team 7, anni in cui Sakura era caduta e si era rialzata spesso, trovando il coraggio di intraprendere nuove strade fino a diventare la kunoichi che curava feriti a pochi metri da lui, con dedizione e abilità.
Per l’ennesima volta si chiese se sarebbe riuscito a rivelarle che per lui il risultato finale non era stato una sorpresa, se avrebbe condiviso finalmente con lei un ricordo lontano ma ancora vivido. Era il ricordo di un incontro casuale durante una missione di sorveglianza all’Accademia, l’immagine di una bambina testarda e orgogliosa, decisa a celare il proprio nervosismo davanti ai risolini di scherno causati da qualche insulto sussurrato. La ricordava in modo chiaro mentre fissava il bersaglio da colpire con un kunai, il viso turbato da un misto di rabbia e disagio e lo sguardo illuminato da una luce di fierezza, nonostante le lacrime trattenute a stento.
Lo stesso volto con lineamenti più maturi ma identica dignità comparve all’improvviso nel suo campo visivo ritrascinandolo nel presente.
“Reclini il capo all’indietro e chiuda l’occhio, sensei,” gli chiese una voce pacata.
Acconsentì rimanendo in silenzio, godendosi il contatto di dita fresche sulla palpebra dolorante dello sharingan, in attesa del rimprovero che sapeva sarebbe arrivato.
“Eh, come al solito ha esagerato” borbottò la kunoichi con una smorfia di disapprovazione.
Il jonin sarebbe quasi scoppiato a ridere se sulla prevedibilità della situazione non avesse prevalso la consueta soddisfazione.
“In futuro farò più attenzione” promise in un vago tono di scusa.
Sakura sbuffò, lo scetticismo evidente negli occhi chiari.
“Lo dice sempre, ma il risultato non cambia” replicò secca, prima di concentrarsi definitivamente sullo sharingan. 
Kakashi si rilassò man mano che il chakra fluiva benefico sul nervo ottico.
“A volte però è ugualmente perfetto” sussurrò dopo un istante di silenzio, percependo anche senza bisogno di guardarla la perplessità dell’ex-allieva, ignara del corso dei suoi pensieri.
Avrebbe potuto spiegarle il senso delle sue parole, eppure si trattenne liquidando la questione con un ‘niente’ e un cenno di mano. Forse era troppo presto, forse solo l’effetto di vecchie debolezze, ma conservò per sé il passato, l’orgoglio e probabilmente qualcosa di più, ancora troppo nebuloso per ricevere un nome.  

[498 parole]                



Note dell'autrice

Dopo una vita che non scrivevo qualcosa, sono riuscita a tirare fuori dal cilindro (?) una flash e senza sforare nel numero delle parole, un piccolo miracolo insomma ^^'
Comunque informo per chi segue la raccolta che questa sarà l'ultima fic, perchè trovo inutile trascinarla senza sapere se ci saranno mai altre storie che possano legarsi a quello che era il tema centrale (perchè c'era anche se non è sembrato, eheh^^?).
Quindi un grazie a chi ha messo la raccolta nei preferiti/ricordati/seguiti e a chi ha trovato il tempo di recensire^^





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