The paths of living di Aya88 (/viewuser.php?uid=15888)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Farewell (KakaSaku) ***
Capitolo 2: *** Friends (accenno GaaNaru) ***
Capitolo 3: *** Di libri e consigli (accenno TsuJira) ***
Capitolo 4: *** Questioni in sospeso (KakaTen) ***
Capitolo 5: *** Carpe diem (SakuShika) ***
Capitolo 6: *** Solo per noi (KakaSaku) ***
Capitolo 7: *** Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse (KakaSaku) ***
Capitolo 8: *** La vita nei tuoi occhi (SasoSaku) ***
Capitolo 9: *** Mal comune... e il terzo gode (TenSaku, KakaSaku) ***
Capitolo 10: *** Perfect you ***
Capitolo 1 *** Farewell (KakaSaku) ***
Con rabbia getti nella valigia gli indumenti sparsi sul letto, mentre
io rimprovero me stesso; avrei dovuto prevedere i segni invisibili che
questa storia ha inciso su di noi, ma mi sono lasciato illudere
dall’amore e dalla tua giovane audacia.
Ricordo ancora la notte quando accettasti di sopportare la
clandestinità, spinta da una promessa che vorrei tuttora mantenere.
Non intendo perderti, così afferro un tuo polso ripetendo il consueto
ritornello: “Resta, sistemerò tutto”.
Nel sentirlo ti volti, e il dolore nei tuoi occhi mi ferisce come la
freddezza della tua voce: “No, non continuerò a sbagliare aspettando
che la malattia la uccida”.
Qualcosa s’infrange: è il mio cuore nella certezza dell’addio.
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Capitolo 2 *** Friends (accenno GaaNaru) ***
friends
Dunque, la fic
è ambientata poco dopo la morte di Jiraya e prima che Naruto parta per
l’allenamento. Ho immaginato che Gaara giungesse a Konoha per informarsi
sullo
stato d’animo di Naruto, soffrendo per la continua sofferenza
dell’amico,
mentre lui grazie al suo aiuto e alla liberazione dal demone è riuscito a
raggiungere un equilibrio e un po’ di serenità. Oltre a questo, non
credo di
dover dire altro; quindi buona lettura(si fa per dire… ) XD
Dedicata a slice e a storyteller lover,
per il sostegno morale
durante la stesura e non solo per quello.
Seguito da Temari e
Kankuro, Gaara
sfrecciava rapido saltando con agilità da un ramo all’altro, mentre i
raggi del
sole che filtravano attraverso le fronde degli alberi lo colpivano con
il loro
calore ancora tenue. I tre ninja sarebbero giunti
a Konoha nel giro di poche ore, e procedevano verso la loro meta ognuno
immerso
nei propri pensieri, scambiandosi a stento qualche parola.
La decisione di partire era
stata presa dal Kazekage pochi giorni prima, quando si era diffusa anche
nel
paese del vento la notizia della morte del Sennin Jiraya.
La sua scelta aveva repentinamente
suscitato l’opposizione del consiglio, che ne riteneva ingiustificata e
pericolosa l’assenza, considerando quanto fosse difficile e delicata la
situazione generale dopo le ultime mosse dell’Akatsuki. Gaara, tuttavia,
era
riuscito a volgere a suo favore l’obiezione: proprio i recenti
avvenimenti
implicavano la necessità di consolidare le alleanze, pertanto un
incontro
diplomatico con l’Hokage, seppur breve e motivato da solidarietà,
sarebbe
risultato senza dubbio utile.
In tal modo aveva vinto le
resistenze degli oppositori, ma non aveva convinto i suoi fratelli.
Negli ultimi
anni il ninja era cambiato totalmente, ma i due avevano ormai imparato a
capirlo,
tanto da poter intravedere nel viaggio intrapreso anche qualcosa che
andasse al
di là della politica. Dal canto suo, il giovane Kage si era reso
perfettamente
conto che avessero intuito la verità. L’aveva compreso dal loro stupore
quando
li aveva messi a corrente della situazione; dalle occhiate interrogative
che si
erano scambiati più volte; dagli sguardi che anche in quell’istante
avvertiva su
di sé; e dalle parole che ancora aleggiavano silenziose senza giungere a
destinazione. Ma, se interrogava se stesso, non riusciva ad attribuire a
quella
verità il giusto peso; non sapeva se l’amicizia con Naruto fosse stata
davvero determinante.
Nell’apprendere della morte di
Jiraya aveva pensato subito a lui, su questo non aveva alcun dubbio, ma
era
anche vero che altrettanto velocemente si erano imposte alla sua
attenzione le
implicazioni istituzionali, che forse avevano preso il sopravvento. Tale
dubbio
razionale, però, contrastava con ciò che provava: più si avvicinavano a
Konoha,
più il desiderio di incontrarlo e di sapere come stava si faceva chiaro e
intenso,
mandandolo in crisi. Poteva essere il semplice affetto la motivazione di
quell’impulso? Trovare una risposta che non risuonasse confusa gli
risultava
difficile.
Il sole, ormai alto
nel cielo,
illuminava l’imponente palazzo dell’Hokage e la montagna retrostante,
creando
alternanze di luce ed ombra sulla facciata circolare dell’edificio,
ritmata da
spioventi di legno, e sui volti scolpiti nella roccia. A pochi metri di
distanza, Naruto osservava lo scenario con espressione seria e
pensierosa.
Potevano trascorrere gli anni
con il consueto alternarsi delle stagioni, potevano cambiare gli
esponenti politici
del villaggio o mutare i volti di chi vi viveva, ma quel posto di Konoha
avrebbe continuato a costituire un saldo punto di riferimento per le
generazioni
future di ninja e di semplici civili.
Proprio tale consapevolezza,
insinuandosi all’improvviso nella mente del ragazzo, l’aveva indotto a
fermarsi
e a riflettere.
Per lui diventare Hokage era
sempre stato il sogno da realizzare, forse all’inizio per il solo
desiderio di
affermazione, per essere riconosciuto e accettato, ma, col tempo e col
nascere
di veri legami, quell’aspirazione aveva acquisito un valore ancora più
intenso:
avrebbe protetto il proprio villaggio e insieme ad esso le persone che
più amava.
Il compito di un kage,
d’altronde, era proprio guidare chi riponeva fiducia in lui e garantirne
la
sicurezza; un compito che implicava delle enormi responsabilità, ne era
ormai
cosciente, ma non avrebbe mai pensato che saperlo dovesse essere così
doloroso.
“Tu l’hai lasciato andare…
come hai potuto permettere
che facesse un’idiozia del genere?!”
Le parole di pochi giorni
prima, ancora vivide come solo la sofferenza poteva renderle,
riecheggiarono
nella sua testa con un fragore assordante, costringendolo ad abbassare
lo
sguardo.
Mentre Tsunade aveva svolto
semplicemente il suo ruolo di guida, celando ogni angoscia nel profondo,
lui
come uno sciocco le aveva gridato contro un rimprovero ingiustificato; e
ora il
senso di colpa lo assaliva con il suo morso.
Se era giunto fin lì,
infatti, era perché doveva e voleva chiederle scusa.
Dopo qualche istante alzò il
capo, con negli occhi una luce di determinazione offuscata dal velo di
tristezza, guardò fisso davanti a sé rimanendo ancora immobile, poi si
diresse
verso una delle scale che conducevano all’interno dell’edificio rosso.
Percorse il tragitto in breve
tempo, e salì i gradini abbastanza speditamente fino a raggiungere
l’ultimo
piano. Una volta entrato si incamminò verso l’ufficio di Tsunade,
seguendo l’andamento
circolare delle pareti, adornate con serie di quadri e con lunghe
pergamene
disposte verticalmente. Nonostante si fosse nel pieno della mattina, il
corridoio era insolitamente silenzioso e deserto; non si udiva nessuna
voce
provenire dagli uffici, né vi erano ninja che svolgessero i propri
compiti
burocratici trasportando carte da una parte all’altra del palazzo.
Naruto, però, non attribuì
particolare peso alla cosa, almeno finché non si ritrovò davanti alla
porta
sorvegliata da due ambu. Sorpreso domandò spiegazioni e venne così a
conoscenza
della presenza di Gaara, notizia che incrementò la sua meraviglia e lo
rese consapevole
che non l’avrebbero lasciato passare facilmente. Chiese, quindi, solo di
informare l’Hokage che voleva parlarle. Dopo un primo momento di
esitazione,
gli uomini con le maschere feline acconsentirono alla sua richiesta; il
più
alto bussò e attese che la voce della donna gli concedesse il permesso
di
entrare, poi, quando uscì, diede il via libera al ragazzo. Quest’ultimo
non se
lo fece ripetere due volte e superò il ninja, che subito richiuse la
porta
dietro di sé.
Una volta dentro, si ritrovò
a pensare che sembrava trascorsa un’eternità, ma quell’ufficio sempre
identico divergeva dalla sua percezione del tempo: come al solito era
ben
illuminato, grazie alla lunga serie di finestre che occupava la parte
superiore
della parete, e la scrivania di Tsunade era piena di pile di documenti.
“Buon giorno, Naruto. Devo
dire che hai avuto un ottimo tempismo”, esordì la kunoichi. “Io e il
kazekage abbiamo
appena finito, ma credo che voglia parlarti”, continuò cogliendo alla
sprovvista tutti i presenti.
Pur essendosi accorta della
reazione generale non aggiunse ulteriori spiegazioni, ma ignorando i
loro sguardi
che esprimevano confusione si alzò lentamente. Avanzò fino a fermarsi al
centro
della stanza, poi invitò Temari e Kankuro a seguirla in modo da lasciare
soli i
due amici; i ninja di Suna si limitarono ad esprimere il loro consenso
annuendo
e Tsunade proseguì verso l’uscita.
“Aspetta, soba-chan! Io
volevo…”, cercò di trattenerla Naruto, ma la donna, che gli dava ormai
le
spalle, lo interruppe prima che potesse continuare.
“Non c’è nessun problema”,
disse immobile, con tono pacato e fermo, mentre a tremare dentro di lei
era
qualcosa dalle molteplici sfumature.
Un senso di colpa che la
coscienza del proprio ruolo avrebbe dovuto attenuare, un dolore sfogato
nelle
lacrime giorni prima e che non l’avrebbe mai abbandonata, la
consapevolezza
della precarietà di ogni cosa e molto altro.
Ma il genin non c’entrava
assolutamente, né tanto meno doveva addossare su di sé anche una piccola
parte
di quel fardello; pertanto, ancora una volta, nascose la fragilità
dietro una
maschera di forza.
“Davvero, è tutto a posto.
Non è successo niente”, continuò voltandosi verso di lui con
un’espressione
serena e rilassata.
Dopodichè lasciò il proprio
ufficio insieme ai fratelli Sabaku.
L’Uzumaki, non pronto ad una
simile reazione, rimase a contemplare per un po’ le venature della porta
in
legno, poi sospirò pensando che non potesse andare tutto bene, ma che le
sue
scuse non avrebbero cambiato nulla.
“Naruto”, si sentì chiamare
all’improvviso, ricordando quasi solo in quel momento che Gaara era
venuto fin lì
anche per lui; era come se le prime parole di Tsunade fossero state
risucchiate
da un vortice di ben altri pensieri. Quindi si girò concentrando la sua
attenzione sull’amico.
“Ah, scusami… dovevo cercare
di chiarire”, spiegò piegando le labbra in una smorfia. “Ma, piuttosto,
volevi
parlarmi?”.
“Sì, ho saputo del tuo
maestro e mi dispiace… se hai bisogno di confidarti con qualcuno…
insomma, volevo
sapere come stavi”, rispose l’altro tentennando, distogliendo per un
breve
istante lo sguardo prima di pronunciare l’ultima frase, impacciato in
panni che
vestiva da poco.
“Grazie”, disse il genin di
Konoha sorridendo amaramente. “L’unica cosa che spero è che Jiraya possa
continuare ad essere orgoglioso di me, che io non finisca alla fine per
deluderlo”, continuò dopo una breve pausa affranto, assalito da dubbi
che
oscurarono il suo volto solitamente solare.
“Sono sicuro che non
succederà. Ovunque sia, un giorno ti vedrà diventare Hokage, perché sei
un
ninja e una persona in gamba e meriti un po’ di felicità senza più
ombre… come
quella che grazie al tuo aiuto sto iniziando a costruire”, replicò Gaara
con
tono deciso, superate ormai le difficoltà iniziali.
A quel punto seguirono
momenti di silenzio che sembrarono al giovane kage interminabili, come
se il
tempo fosse sospeso, perché finalmente era riuscito ad esternare ciò che
negli
ultimi giorni aveva tenuto solo per sé. Aveva l’impressione di essere
in fallo; nonostante sapesse che fosse assurdo comparare due dolori,
riteneva
ingiusto che Naruto continuasse a soffrire in quanto contenitore del
Kyubi, per
le decisioni di Sasuke, e in più per la scomparsa di una persona
importante.
Ascoltando le sue parole, ricordi
non molto lontani erano affiorati nella mente dell’Uzumaki. Quando Gaara
era
stato rapito dall’Akatsuki, aveva pensato con rabbia e dispiacere che,
dopo
aver vissuto una solitudine più intensa e duratura della sua, l’amico
dovesse
avere un po’ di serenità.
Il rendersi conto che uno
stato d’animo simile aveva assalito entrambi fece apparire sul suo volto
un
sorriso, non più amaro ma sincero, un sorriso che si tramutò in una
risata
cristallina, spezzando il silenzio e liberandolo da un peso.
L’altro rimase perplesso, non
capendone la motivazione.
“Sei un vero amico”, gli
disse Naruto, una volta tornato serio.
E lui si ritrovò a riflettere
che, in effetti, era proprio quello ciò che contava; scoprire se oltre
all’amicizia ci fosse amore non avrebbe cambiato l’importanza del legame
che li
univa da anni.
Nick: Aya88
Titolo: Friends
Grammatica, ortografia e sintassi: 4/5
Stile, scorrevolezza e stesura: 4/5
Originalità: 3.5/5
IC dei personaggi: 4/5
Sviluppo della trama, caratterizzazione dei personaggi e descrizione
del
luogo: 4/5
Giudizio personale: 7.8/10
Totale: 27.3/35
Commento
Un aggettivo per descriverla, sinceramente, non lo trovo.
Però credo che bella basti – e forse avanzi un poco. Di errori
grammaticali non
ce ne sono (tranne l'aver scritto svariate volte 'kage' o 'kazekage'
senza 'K'
maiuscola). L'argomento mi è piaciuto, soprattutto la frase finale che
secondo
me contiene l'essenza della fic. L'unica cosa, un po' la scorrevolezza.
Non
fraintendermi, ho capito tutto ciò che volevo dire... Solo che dopo un
po' mi
sono persa, perché i pensieri sono mischiati e non capivo il
collegamento. Dopo
averla letta due volte però sono riuscita a capirla. E mi è piaciuta,
davvero. Non
ho nient'altro da dirti se non un 'brava' ed una frase che può sembrare
fatta
ma non lo è: questa sì che si può chiamare fic.
Note
dell’autrice
Che dire, i problemi con la scorrevolezza
non me li aspettavo. Mi sembrava abbastanza chiara, ma forse perché l’ho
scritta io^^ Comunque a parte questo non mi posso lamentare, il giudizio
alla
fin fine è buono. Ringrazio la giudicia e spero di leggere al più presto
le fic
delle altre partecipanti; considerando che il contest era a sorteggio,
sono
curiosa di sapere le combinazioni^^
Passando a qualche notiziola di cronaca,
l’approfondimento di Farewell ci sarà(quando precisamente è un mistero
anche
per me XD) e la prossima fic sarà una KakaTen tutta dedicata ad Urdi per
il suo
compleanno, sorvolando sul dettaglio che è già passato ^^
Ora le risposte alle recensioni,
ringraziando intanto chi ha messo la fic tra i preferiti o tra i
seguiti, e
anche chi l’ha solo letta. Sono sempre felice di ricevere la vostra
opinione^^
slice: Il dono della sintesi
è l’unica cosa che si fa notare, in effetti… ok,ok, sto scherzando, non
mi
sgridare -_- comunque grazie per le belle parole, spero che anche questa
ti sia
piaciuta, dedica a parte. Un bacio^^
story:
E
io adoro te e le tue recensioni, sempre così poetica, mora *_* Dici che Kakashi è lui..meno male che ci sei
tu, e cerchiamo di procurarci anche lui, che te ne pare come proposta?
Ops,
John non si dispiacerà, vero? ^^Un bacio, cara!!
kikina:
Cara,
grazie mille per la recensione, soprattutto per gli aggettivi incisiva e
delicata, sono felice che ti piaccia. Baci!
Shatzy:
E
pensare che non mi sembrava per nulla originale, a parte la variante
della
moglie malata, ma a quanto pare errore di giudizio. Comunque
l’ampliamento ci
sarà, prima o poi, spero che tu possa ritrovarti a leggerlo. Grazie per
la
recensione XD
Urdi:
In
effetti che la moglie fosse Kurenai non era un dettaglio importante,
come dire,
serviva a me e alla mia testa^^ Nel pensare alla storia per la drabble
ho praticamente
ideato anche tutta una trama semplice semplice(si fa per direXD) ed è
questo
che mi ha fregata probabilmente. Comunque mi fa piacere che ti piaccia.
Come ho
già fatto capire un approfondimento ci sarà, riguardo al seguito non
credo, il
titolo è eloquente. Ma mai dire mai. Un bacio, caraXD
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Capitolo 3 *** Di libri e consigli (accenno TsuJira) ***
dsacfda
Dunque
piccola premessa, il tema della sfida era quello di dar vita ad una situazione
in cui uno dei protagonisti sbottasse in un'espressione del tipo 'E tu che ne
sai della magia, Merlino?' con evidente contraddizione perché rivolta a
qualcuno esperto dell'argomento. Il resto era a nostra discrezione. Tutto
ciò mi ha permesso di scrivere, per la prima volta, qualcosa di leggero e
vagamente divertente, quindi direi di ringraziare slice che ha indetto la
sfida, un amore di donna^^ Mi raccomando correte a leggere le altre fic
partecipanti, se verranno postate anche su efp, e i premi realizzati per me e
storyteller lover. Buona, si spera, lettura^^
Di libri e
consigli
In quel
momento avrebbe dovuto essere altrove, per la precisione seduta alla scrivania
del suo ufficio, alle prese con scartoffie da firmare e missioni da
organizzare, invece era in una libreria di Konoha. La situazione in sé poteva
anche sembrare normale, ma solo agli occhi di un estraneo, perché chi la
conosceva bene sapeva che leggere non rientrava nelle sue passioni. Certo,
aveva dovuto studiare libri su libri per diventare il bravo medico che tutti
apprezzavano e ammiravano, ma non si era mai dedicata a letture di piacere. O meglio
qualche volta ci aveva tentato, e puntualmente si era fermata alle prime pagine
abbandonando il libro in un cassetto per inseguire ben altri interessi, in alto
alla classifica il gioco d’azzardo e il sakè. Tuttavia, al di là del suo
rapporto personale con la lettura, si cimentava nella ricerca del romanzo
giusto da regalare; infatti, in occasione del compleanno di Shizune, aveva
deciso di seguire il consiglio di Sakura avendolo considerato una buonissima
idea. Però, più rimaneva impalata davanti agli scaffali, più si rendeva conto
che si era sbagliata; la faccenda si rivelava alquanto complicata.
Scrutò ancora una volta le indicazioni sui generi letterari, avanzando
lentamente mentre si poneva di nuovo gli stessi quesiti con un pizzico in più
di nervosismo.
In quella mattinata, nell’arco di appena cinque minuti, aveva scoperto delle
distinzioni che non credeva esistessero e su di esse convergevano le sue
perplessità.
Giallo, thriller, nero, horror, possibile che non riuscisse a cogliere delle
rilevanti differenze? Da quello che sapeva un giallo si incentrava su un
delitto da risolvere, e un thriller di che diavolo trattava? Erano affiancati,
quindi forse affrontavano tematiche simili, ma dovevano pur distinguersi per
qualche motivo! Poi romanzo nero, romanzo horror, fosse stato per lei avrebbe
associato ad entrambi storie inquietanti. E il secondo scaffale non dava meno
grattacapi: rosa, psicologico, sociale, storico, avrebbe eliminato volentieri
tutte quelle voci. Se un libro era ambientato in una determinata epoca storica,
come poteva non ricadere anche in tematiche sociali?! E se narrava una storia
d’amore o metteva in luce un problema della società, come poteva non analizzare
anche la psicologia dei personaggi coinvolti?!
Si fermò sbuffando. Doveva assolutamente ignorare quelle inutili
classificazioni di genere, creavano solo confusione.
Scegliendo di affidarsi all’intuito, si concentrò sul dorso dei libri disposti
in fila sui ripiani e incominciò a leggere tra sé e sé i titoli. Dei primi che
sfilarono davanti ai suoi occhi nocciola nessuno riuscì a suscitarne la
curiosità, allora proseguì nella sua indagine fino ad individuare nella seconda
fila un romanzo che sembrava essere interessante. Lo recuperò, gettando un
rapido sguardo all’immagine incisa sulla copertina rigida, un anonimo paesaggio
che non offriva alcun indizio sul contenuto, sfogliò le prime pagine bianche,
superò il frontespizio e si immerse nella lettura della prefazione augurandosi
di ricavarne informazioni utili, ma le sue speranze furono troncate
praticamente sul nascere.
“Heilà, Tsunade!” Esclamò all’improvviso una voce familiare facendola
sobbalzare; non si aspettava affatto di essere interrotta, né tanto meno in
modo così poco ortodosso.
Peccato che con Jiraya non esistesse la normalità.
Sentì i passi dell’uomo mentre si avvicinava e, prima che la raggiungesse, si
voltò verso di lui, con il libro ancora aperto tra le mani, rivolgendogli
un’espressione annoiata e infastidita.
“Si può sapere che diavolo hai da sbraitare?” Esordì con tono altrettanto
eloquente.
Aduso al suo carattere suscettibile, l’ex compagno di team non si scompose, ma
sorvolò sulla domanda postagli e ricambiò la calda accoglienza con un sorriso
abbozzato.
“Mi chiedevo semplicemente che ci facessi da questi parti. Vuoi provare di
nuovo con la narrativa?” le chiese curioso.
Tsunade afferrò l’allusione ai suoi tentativi di gioventù e si accigliò
scoccandogli una brutta occhiataccia.
“Non sono affari tuoi.” Replicò secca, cercando poi di ritornare alla
prefazione.
“Suvvia, posso darti qualche consiglio.” Insistette Jiraya. “Per esempio, il
libro che stai sfogliando non è adatto a te, è una storia d’amore un po’ troppo
sdolcinata. Non ti piacerebbe. Dovresti orientarti piuttosto verso… “.
“Smettila di blaterare!” Lo interruppe brusca il neo-Hokage, alle prese con un
crescente nervosismo, senza distogliere l’attenzione dagli ideogrammi del
testo.
“Non è per me, è un regalo per Shizune.” Spiegò lapidaria, sperando di levarselo
dai piedi o quanto meno di metterlo a tacere, e per un po’ credette di aver
raggiunto il suo intento. L’uomo infatti mormorò un rapido ‘capisco’ e poi
rimase in silenzio con un’espressione pensierosa sul volto.
“Allora potrebbe andare.” Riprese però dopo pochi istanti, imperterrito. “Anche
se sarebbe meglio qualcosa di più profondo, una storia meno piatta. Ad esempio,
mi vengono in mente alcune opere della Nakazawa o di Matsui, mescolano amore ed
interessanti spunti sociali sulla base di una buona introspezione. Bisogna solo
capire dove li ha messi Isoshi, gli ho sempre detto di non ricorrere a tutte
queste classificazioni di genere. Non si può pensare di etichettare un
romanzo.”
Jiraya continuò a discorrere tranquillamente perdendosi in ragionamenti
letterari, mentre ispezionava gli scaffali alla ricerca dei libri che riteneva
adatti, il tutto senza preoccuparsi della reazione di Tsunade, che durante quel
fiume di parole sentì la rabbia avvolgerla sempre più. Chiunque l’avesse
osservata anche solo di sfuggita avrebbe colto nel suo aspetto i segni evidenti
del pessimo umore: le mani che stringevano convulsamente la rilegatura dorata,
la fronte e le sopracciglia aggrottate, gli occhi serrati e le labbra distorte
da una smorfia.
“Ah, basta!” Esplose all’improvviso, chiudendo sonoramente il romanzo
sventurato. “Che diavolo vuoi saperne tu di libri?!” Sbottò stizzita mentre
voltava di scatto il capo verso l’uomo.
Lo fulminò con lo sguardo per alcuni brevi ma intensi istanti, poi si allontanò
da lui a grandi falcate e, ricordatosi del volume che aveva ancora con sé, lo
lanciò alle sue spalle senza curarsi della traiettoria e delle conseguenze.
Quello stesso giorno, a distanza di poche ore, la Kunoichi si ritrovò a
ripensare a quel gesto inconsulto e al controsenso racchiuso nelle sue parole,
e ne attribuì la colpa alla sua scarsa capacità di sopportazione, oltre che, fu
costretta ad ammetterlo, al suo orgoglio. E, in fondo in fondo, quando le fu
recapitato un pacco regalo da parte di Jiraya, si sentì anche un po’ in colpa.
Recuperò il biglietto che lo accompagnava e lo lesse mentalmente: ”Un libro
appassionante, romantico e a suo modo filosofico, sono sicuro che a Shizune
piacerà”. Lo fissò qualche altro istante e sorrise tra sé e sé, pensando che
forse avrebbe dovuto ringraziare l’ex compagno di team, dopotutto lui era uno
dei pochi che riuscivano ad andare al di là dei suoi difetti; ma, l’indomani,
quella possibilità svanì dai suoi programmi, così velocemente come vi era
comparsa.
Affidandosi senza rifletterci troppo ai gusti dell’ero-sennin, Tsunade consegnò
a Shizune il regalo, augurandole un buon compleanno, e fu subito felice di
veder apparire sul volto della sua assistente un’espressione allegra e
riconoscente. Quando pèrò ad essa subentrò l’imbarazzo, intuì che qualcosa non
andava, guardò sospettosa il libro e sbiancò: davanti ai suoi occhi vi era
l’ultimo romanzo della serie ‘Il paradiso della pomiciata’, in una appariscente
copertina rossa.
Romantico, appassionante, a suo modo filosofico, quelle parole ronzavano
rumorose nella sua testa.
Romantico, appassionante, filosofico, quel giorno avrebbe strozzato Jiraya con
le sue stesse mani.
Scattò con i nervi a fior di pelle dalla sedia, facendola cadere rovinosamente
alle sue spalle, poi abbandonò l’ufficio senza fornire alcuna spiegazione.
Furono solo i fatti a rendere chiara la situazione a Shizune: un inseguimento
precipitoso, tra le strade e i tetti di Konoha, turbò per due lunghe ore le
attività quotidiane dei poveri abitanti. E tutti, anche i più curiosi, non
vennero mai a conoscenza delle motivazioni e dell’esito di quell’evento, che
rimase per sempre nella storia del villaggio avvolto dal più totale mistero.
Note dell'autruce
Sì, lo so, avrebbe dovuto esserci la KakashiTenzo e invece ancora nulla,
ma salvo altre ispirazioni impreviste sarà la prossima^^
slice: oh, sì, te la meriti la dedica, perchè sei sempre adorabile,
punto^^ sn davvero contenta che la fic ti sia piaciuta e che l'atmosfera non
sia troppo pesante. Grazie caraXD
verolax: è il tirare per le lunghe che a me riesce poco, però,
avendo riletta la fic, credo che forse si poteva approfondire. Purtroppo al
momento della stesura, la situazione si è sviluppata così... comunque grazie
per la recensione e per la personalissima opinione che il più delle volte è
quello che serve per capire ciò che sfugge a chi scrive^^
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Capitolo 4 *** Questioni in sospeso (KakaTen) ***
Questioni in sospeso 2
Questa
shot è dedicata a Urdi, perché oggi è il suo compleanno e un regalo se
lo
merita tutto, perché è una bella persona e sono molto contenta di
conoscerla,
perché è una bravissima autrice e il KakaTen(o anche detta sindrome
Over) è
tutta opera sua, quindi questo primo esperimento sulla coppia non può
che
essere dedicato a lei. E poi ci sarebbero tanti altri perché, ma
purtroppo sono
baka, perdonami caraXD Un grosso bacione e tantissimi auguri! Spero ti
piaccia^^
Con l’inizio
della terza giornata
il convegno entrava finalmente nel vivo, incentrando il dibattito su
una
questione di forte attualità che avrebbe di sicuro sollevato accesi
interventi;
tuttavia, quando raggiunse l’aula in cui si sarebbe svolta la
conferenza,
Kakashi Hatake non provava interesse ma piuttosto una certa ansia: era
da una
settimana che non incontrava Tenzo, e l’idea che potesse avvenire non
contribuiva affatto a renderlo tranquillo. Avrebbe potuto evitare di
partecipare, se lo ripeteva da quando era arrivato all’università, ma
in fondo
era consapevole che non serviva a nulla ritardare in eterno un
chiarimento.
Quello che era successo semplicemente non sarebbe dovuto accadere. Era
stato
bello e piacevole, non poteva ingannare se stesso, ma non avrebbe avuto
mai un
seguito; da anni ormai era stanco di illudersi, stanco di aspettarsi
qualcosa
di buono dalla vita, e non voleva coinvolgere nessun altro nei suoi
tormenti.
Perché diavolo allora non era riuscito a fermarsi prima non lo sapeva.
Se lo
era chiesto anche la notte stessa senza trovare una risposta
soddisfacente,
mentre il rumore del treno in corsa, attutito dalle pareti,
accompagnava i suoi
pensieri insieme al respiro regolare di Tenzo, placidamente
addormentato al suo
fianco. Forse aveva avvertito il bisogno di sentire qualcuno accanto in
un
giorno in cui i ricordi erano diventati insopportabili, forse
l’attrazione
fisica aveva vinto le sue resistenze, o forse il sentimento che lo
legava al
collega era qualcosa in più dell’amicizia. Tutte spiegazioni
plausibili, e
probabilmente anche vere, ma non sufficienti per dissolvere un cumulo
di paure
e incertezze che sentiva ormai consolidato nel suo animo.
Lasciò che anche gli ultimi
studiosi che avrebbero preso parte alla discussione lo superassero, poi
sospirò
inclinando leggermente il capo, cercando di appianare una volta per
tutte il
disagio che lo tratteneva dall’entrare. Non aveva la più pallida idea
di come
si sarebbe comportato quando l’avrebbe avuto di fronte, che cosa
avrebbe
provato o sarebbe stato in grado di dire, ma in un modo o nell’altro
avrebbe
fatto bene a sfruttare l’occasione per parlargli e sistemare le cose,
quanto
meno per ristabilire un tranquillo rapporto professionale tra due
docenti che
lavoravano non solo in una stessa università ma anche a comuni progetti
di ricerca.
Sulla scia di uno dei pochi punti
fermi in mezzo alla confusione che aveva in testa, si spronò a
recuperare un
contegno consono al contesto accademico in cui si trovava e fece
finalmente il
suo ingresso nell’aula. I noti scienziati che avrebbero illustrato
l’argomento
della giornata circondavano già la cattedra da cui avrebbero parlato,
intrattenendosi con due professori che Kakashi conosceva di vista e che
erano
tra gli organizzatori del convegno. Sperò vivamente che quest’ultimi
non si
accorgessero di lui- non aveva proprio voglia di presentazioni e
formalità- poi
spostò la sua attenzione sulle file di sedie, disposte in modo
ascendente per
gran parte dell’ambiente, rendendosi conto, come d’altronde era
prevedibile,
che erano in maggioranza occupate. Si avventurò comunque alla ricerca
di un
posto libero, salendo lentamente delle scalinate laterali e scrutando
inquieto
gli astanti, preoccupato di incrociare subito due familiari occhi
scuri; ma,
prima che una simile eventualità potesse verificarsi, riuscì a
individuare una
sedia disponibile e si affrettò a raggiungerla. Quando però si sedette,
non
poté evitare di chiedersi se per caso Tenzo l’avesse intravisto, e
d’istinto lo
cercò con lo sguardo. Fu solo così che lo vide, poche file davanti a
sé, intento
a conversare tranquillamente con un’espressione seria ma rilassata sul
volto.
Dentro di lui, invece, qualcosa nato da lontano vacillò. Per un breve
istante,
breve quanto intenso, quel filo sottile su cui si ostinava a rimanere
in
equilibrio ondeggiò sotto i suoi piedi, agitato dalla sensazione calda
che
invase il suo petto. Pur provandoci, non fu in grado di interpretarla
davvero.
Troppo difficile attribuirle il giusto peso, troppo difficile
razionalizzarla
come faceva con tutto. L’unico motivo che seppe cogliere fu il più
semplice,
quello più tranquillizzante, perché meno scavava nel profondo del suo
animo.
Diversamente da quanto immaginasse, non avrebbe dimenticato tanto
facilmente
ciò che era accaduto una settimana prima; quell’imprevista notte di
sesso aveva
finito per rivelare un sentimento che non poteva ignorare, non quando
suscitava
in lui pensieri a cui generalmente non avrebbe mai ceduto durante un
convegno
scientifico. Ricordava con vivezza il calore e la consistenza del corpo
di
Tenzo, sdraiato seminudo su di lui, i muscoli della sua schiena sotto
le
proprie mani, l’incontro senza fretta delle loro lingue, e soprattutto
aveva
voglia di rivivere ancora quelle stesse sensazioni. Si passò una mano
tra i
capelli, socchiudendo gli occhi in un’espressione assorta. Meglio
accantonare
desideri e aspettative; non era la prima volta che si innamorava di
qualcuno e
gli era difficile credere che quella sarebbe stata diversa della altre.
Quello
che aveva con Tenzo era un bel rapporto e sperava davvero di poterlo
conservare, ma non avrebbe permesso che vi fosse dell’altro, perché
avrebbe
rovinato ogni cosa. Gli lanciò un’ultima occhiata, poi si sforzò di
concentrarsi una volta per tutte sulla conferenza che da lì a breve
sarebbe
iniziata.
Mentre i
partecipanti abbandonavano
la sala creando una inevitabile confusione, Kakashi tentava di non
perdere di
vista Tenzo, superando ogni tanto qualcuno che si fermava a parlare e
seguendo
con lo sguardo la schiena dell’amico che si allontanava tra la folla.
In quei
momenti non riusciva a elaborare nessun pensiero se non quello di
raggiungerlo
e fermarlo; così, si salvava dal ricadere in nuove esitazioni, ma non
da quella
prepotente agitazione che volente o nolente l’accompagnava fin
dall’inizio.
Quando lo vide uscire dalla porta accelerò leggermente, chiedendo il
permesso
di passare a chi ostacolava il suo percorso, e raggiunse anche lui i
corridoi
della facoltà che ospitava il convegno. Attese alcuni minuti affinché
l’amico
si congedasse da dei colleghi e rimanesse solo, poi lo chiamò. Nel
sentire il
suo nome Tenzo si voltò quasi subito, mostrando sulle prime un attimo
di
sorpresa, poi i lineamenti del suo viso si distesero e nei suoi occhi a
Kakashi
parve di cogliere un velo di comprensione.
“Hei. Non ti ho proprio visto
durante la conferenza, pensavo non ci fossi.” Gli rispose con tono
calmo e con
la solita naturalezza.
“In effetti, sono arrivato un po’
in ritardo.” Spiegò l’Hatake, le mani nelle tasche dei pantaloni, lo
sguardo
serio. Era teso e non riusciva proprio a nasconderlo. Lasciò che
calassero
alcuni istanti di silenzio, poi proseguì cercando di arrivare al punto.
“Comunque Tenzo. Io credo che...”
“Kakashi, non devi spiegarmi
nulla.” Lo interruppe prontamente l’altro, facendo qualche passo verso
di lui.
“ E’ tutto chiaro e non c’è nessun problema.” Continuò poco dopo.
Di fronte a quelle affermazioni e
al tono rassicurante con cui erano state pronunciate, Kakashi provò un
senso di
sollievo; qualcosa gli diceva che l’amico aveva capito di lui più di
quanto
immaginasse. Fu per questo che la richiesta successiva non gli sembrò
fuori
luogo, ma solo necessaria per annullare una distanza che non piaceva a
nessuno
dei due.
“Piuttosto, ti va un caffè?” Gli
chiese infatti Tenzo, dopo averlo fissato in silenzio per un po’.
E lui fu davvero felice di poter
accettare.
Note
dell’autrice
Dunque, una fanfiction
KakaTen l’ho annunciata da un
anno e alla fine non è questa^^ Diciamo che per il momento si tratta
solo di
una piccola preview, infatti è vagamente inconcludente e ci sono
questioni non
svelate. Ovviamente ci sarà un seguito, date tempo al tempo e arriverà.
Grazie
a chi segue questa raccolta e chi ha recensito fino ad adessoXD
|
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Capitolo 5 *** Carpe diem (SakuShika) ***
Carpe diem
Fanfiction
partecipante al Lovely Valentine - II edition , indetto dal
<< Collection of starlight >>, said Mr Fanfiction Contest,
since << 01.06.08>>
In piedi al fianco di Tsunade, che sedeva come al solito alla sua
scrivania, Sakura ascoltava il rapporto di Shikamaru sull’ultima
missione che gli era stata affidata. O meglio cercava di farlo, perché
la sua mente faceva brutti scherzi, percorrendo strade ben lontane dai
problemi di confine. Non si erano visti ne parlati dal suo compleanno,
un po’ a causa dei rispettivi impegni, un po’ sicuramente per libera
scelta, e ora non poteva fare a meno di ripensare, per l’ennesima volta
nell’ultima settimana, a quello che era successo. Dal canto suo, non
aveva voluto mettergli pressione, ma aveva preferito concedergli il
tempo necessario per riordinare le idee; solo che non era così semplice
aspettare come se nulla fosse. Mentre lo osservava discorrere
tranquillamente con l’Hokage, esponendo riflessioni e suggerimenti con
espressione sagace e seria, le sensazioni di quella sera tornavano a
galla.
“Ehm… non è che puoi restare un
attimo, Shikamaru?” Chiese Sakura titubante, mentre l’amico si
apprestava a lasciare casa sua insieme a Chouji e Kiba.
La festa che su incitamento di Naruto
aveva organizzato per il proprio compleanno volgeva ormai al termine, e
Shikamaru era tra gli ultimi ad andare via. Non seppe proprio dove
trovò la voce per pronunciare le poche parole necessarie per
trattenerlo, ma evidentemente il bisogno di parlargli quella sera
stessa aveva vinto l’imbarazzo per la situazione. Aveva infatti
previsto lo sguardo indagatore e malizioso che l’Inuzuka gli puntò
addosso non appena espresse la sua richiesta, sguardo che cercò di
ignorare. Alla fine, tuttavia, si ritrovò a doverlo ringraziare
mentalmente, dato che fu lui stesso a permettere che rimanessero da
soli, intervenendo prima ancora che il diretto interessato potesse
accettare o rifiutare la proposta rivoltagli.
“Ma certo che rimane! Perché non
dovrebbe?” Disse con un’espressione furbesca sul volto, e Shikamaru si
voltò verso di lui spiazzato, aggrottando leggermente le sopracciglia.
Per tutta risposta, Kiba sollevò un lato della bocca in un sorrisetto abbozzato.
“Noi allora andiamo. Ancora auguri,
Sakura.” Continuò poco dopo, circondando il collo di Chouji con un
braccio, per poi trascinarlo con sé fuori dall’appartamento, mentre
alzava l’altro braccio in segno di saluto.
Nara li osservò serio finché non
uscirono, pensando che a quanto sembrava la situazione tra lui e Sakura
era di dominio pubblico, o per lo meno più evidente di quello che
immaginava. Poi sospirò rassegnato, reclinando un po’ il capo; l’essere
stato incastrato da Kiba non era altro che un’ulteriore prova che non
poteva eludere in eterno il problema. Si ricompose e si voltò allora
verso la kunoichi, tentando di mantenersi il più possibile tranquillo,
così come vi provò Sakura.
“Non pensarci, è il sempre il
solito.” Commentò la giovane donna, conscia che Shikamaru non avesse
per nulla bisogno di quell’osservazione, ma non trovando altro modo per
iniziare la conversazione.
“Già.” Assentì l’altro. “Comunque, cosa volevi dirmi?” Continuò dopo un breve istante di silenzio.
“Ecco, sì. Io… volevo ringraziarti. Per il regalo, intendo.”
“Beh, l’hai già fatto. Non ce n’è bisogno.” Replicò il jonin.
“Sì, ma l’ho apprezzato particolarmente.” Spiegò Sakura, abbassando lo sguardo.
Shikamaru le aveva regalato un
romanzo d’amore e, tra i regali che aveva ricevuto, alcuni molto utili,
altri alquanto curiosi, quello aveva acquistato per lei un valore
diverso. Aveva ormai ventitré anni, era diventata un ninja medico di
tutto rispetto e ufficialmente assistente dell’Hokage; tuttavia, per
quanto potesse apparire agli altri una persona con i piedi ben piantati
per terra, non voleva, nonostante le delusioni del passato e la dura
realtà del mondo ninja, rinunciare ai sogni d’amore o semplicemente
smettere di sognare, e lui con quella scelta aveva dimostrato di averlo
capito. Nel momento in cui aveva scoperto in che cosa consisteva il suo
dono, l’aveva sentito più vicino di quanto non l'avesse sentito in
quegli anni, in seguito alla morte di Ino; una consapevolezza che aveva
fatto sparire le sue esitazioni.
“Perché il tempo, le esperienze non
cambiano tutto.” Asserì, tornando a guardarlo, sicura che avrebbe colto
senza difficoltà il significato della sua affermazione.
Fece poi un mezzo passo verso di lui,
così da averlo a pochi centimetri di distanza, mentre il battito del
suo cuore seguiva un ritmo irregolare; allungò un braccio per potergli
sfiorare il viso e sperò ardentemente che non si ritraesse. Di fronte a
quel semplice gesto, Shikamaru rimase immobile, teso come una corda di
violino, limitandosi a osservare i lineamenti e le iridi smeraldo
dell’amica. Fin dal primo istante sapeva che sarebbe finita in quel
modo, così come sapeva che avrebbe potuto solo lasciarsi andare per
capire se stesso una volta per tutte.
Sentì le dita affusolate di Sakura
scivolare dietro la nuca e vide il suo viso farsi sempre più vicino
finché non chiuse gli occhi, accogliendo un caldo bacio. Con calma,
senza fretta, si perse nelle sensazioni che esso gli trasmetteva,
circondando d’istinto la vita della giovane donna.
Quando però la kunoichi scese con le
mani sul suo petto, stringendo la maglietta che indossava e
approfondendo il bacio, qualcosa dentro di lui scattò; automaticamente
si allontanò da lei, interrompendo il gioco delle loro lingue. La
guardò in silenzio per qualche istante, poi riportò le braccia lungo i
fianchi.
“E’ meglio che vada.” Sussurrò.
Sakura, confusa dall’improvviso
dissolversi di quell’incontro ravvicinato in cui sperava da tempo, non
si oppose, ma lasciò che se ne andasse, consapevole che qualunque cosa
avrebbe detto non sarebbe servita a fermarlo.
Un lieve rossore le imporporò le guance. No, non era proprio il momento
opportuno per certi pensieri, pensò, girando il capo verso la finestra
e augurandosi che il suo calo di concentrazione passasse inosservato.
Sapeva, però, che doveva assolutamente escogitare un modo per sbloccare
quella situazione di stasi.
Pochi minuti dopo che Shikamaru era stato congedato da Tsunade e aveva
abbandonato l’ufficio, Sakura chiese all’Hokage se per quella giornata
la sua presenza fosse ancora necessaria. La donna la scrutò in
silenzio, soppesando la sua richiesta; indubbiamente avrebbe avuto
ancora bisogno del suo aiuto, nel caso fossero giunti dei dispacci
importanti e avesse dovuto organizzare delle missioni, ma non era cieca
e per una volta poteva arrangiarsi.
“No. Vai pure, Sakura.” Acconsentì.
La ragazza la ringraziò per il permesso ricevuto, poi uscì sperando che
il jonin fosse ancora nei paraggi, e fortunatamente lo trovò nel
corridoio, trattenuto da un chunin con cui aveva svolto la missione.
Attese allora che fosse solo prima di chiamarlo.
Quando sentì la sua voce, Shikamaru cascò dalle nuvole; non si
aspettava per niente che lo fermasse nel palazzo dell’Hokage. Di sicuro
Sakura non voleva avere un confronto lì, ma qualunque cosa intendesse
dirgli ruotava comunque intorno al problema e per tale evenienza
avrebbe immaginato, o forse preferito, che scegliesse un luogo più
informale.
Non appena poté guardarlo in volto, la kunoichi lo salutò con un
semplice ‘ciao’; lui ricambiò in modo altrettanto stringato, non
sapendo cos’altro aggiungere, e in effetti non ce ne fu bisogno.
“Ecco, per arrivare direttamente al punto”, continuò Sakura,
procurandogli una leggera agitazione- era proprio il punto che lo
metteva in crisi- “ mi chiedevo se per caso stasera fossi libero.”
A quella domanda indiretta, Shikamaru pensò che le possibilità fossero
due, cioè inventare una scusa oppure accettare e, per quanto la sua
pigrizia e l’impaccio che provava nell’affrontare le questioni amorose
lo spingessero verso la prima, sapeva che era inutile ritardare ancora.
Ormai doveva solo trovare il modo di spiegare ciò che provava.
“Sì, non ho impegni.” Le rispose, quindi, dopo qualche istante.
“Oh, bene. Allora sei invitato a cena.” Disse lei con tono deciso. “Verso le otto e mezza.”
E dopo quella precisazione lo lasciò di nuovo solo, andandosene dalla parte opposta del corridoio in cui si trovava il jonin.
La preparazione della cena aveva impegnato Sakura per diverse ore. Non
che avesse preparato chissà quante pietanze, anzi si era limitata a un
classico e leggero sushi, ma purtroppo si era ritrovata a fare i conti
con la sua scarsa abilità in cucina; quel pomeriggio aveva scoperto
di trovare meno difficoltà nel gestire un reparto d’ospedale o una
missione piuttosto che pentole, fornelli e ingredienti. In ogni modo, a
conclusione dei suoi sforzi, le polpette di sushi, nel loro vivace
accostamento cromatico, occupavano un piccolo vassoio al centro della
tavola.
Le esaminò con sguardo critico. Il risultato estetico non sembrava
male, ma non poteva avere garanzie su quello gastronomico, poiché non
essendo riuscita a regolarsi molto bene con le quantità, non poteva
assaggiarne una. Sperò vivamente che fossero quantomeno commestibili;
non sapeva come sarebbe andata la serata, quindi avrebbe almeno voluto
evitare una brutta figura e il conseguente imbarazzo.
Terminò gli ultimi preparativi, recuperando bacchette, bicchieri e una
bottiglia di sakè e sistemandoli al loro posto, poi si sedette
inginocchiandosi sul tatami. Shikamaru sarebbe arrivato a momenti e,
nonostante fosse stata lei ad architettare tutto, all’idea iniziava a
sentirsi un po’ in ansia.
Per quanto cercasse di non pensarci, aveva paura di un rifiuto netto;
quel sentimento che si era insinuato lentamente nel suo cuore,
scontrandosi con sensi di colpa, dubbi e incertezze, sembrava essere
diventato qualcosa di davvero importante.
Il suono improvviso del campanello evitò che quel timore si
impossessasse completamente del suo animo, rendendo ancora più
difficile lo svolgimento della serata. Si rialzò, tirando un sospiro
che potesse sciogliere il nodo alla gola che provava, poi raggiunse
l’ingresso per andare ad aprire, e quando si trovò di fronte la solita
espressione seria e tranquilla del jonin, non poté fare a meno di
salutarlo con un lieve sorriso, invitandolo subito dopo ad accomodarsi.
Shikamaru entrò nell’abitazione e si tolse le scarpe, mentre la kunoichi richiudeva la porta alle loro spalle e lo superava.
“Mi fa piacere che tu sia venuto.” Lo ringraziò, cercando di
comportarsi nel modo più naturale possibile. ”Magari eri stanco per la
missione.” Ipotizzò.
“No, tranquilla. Diciamo che ho recuperato oggi pomeriggio.”
Il che era vero, se tralasciava che il suo riposo era stato turbato da pensieri insistenti.
All’immagine del jonin stravaccato e sonnacchioso su un divano, Sakura rise sommessamente. “Immagino.” Sussurrò.
Nel sentire la sua risata Shikamaru provò un leggero imbarazzo, ma
nello stesso tempo una piacevole sensazione. Si portò una mano dietro
il capo, distogliendo lo sguardo dalla sua interlocutrice.
“Comunque è già tutto pronto. Andiamo di là.” Continuò quest’ultima,
cambiando argomento anche per liberarlo dall’evidente disagio.
Si recarono così in cucina, dove si sedettero a tavola l’uno di fronte all’altro.
“Ho pensato a qualcosa di leggero.” Spiegò Sakura, indicando la pietanza che aveva preparato. “Spero che possa andare.”
“Ma sì.” Disse l’altro, prendendo le bacchette e recuperando dal vassoio un pezzo di sushi.
La ragazza fece lo stesso con un leggero ritardo, cercando di scrutare
con la coda dell’occhio la sua espressione per poterne cogliere la
reazione quando avrebbe iniziato a mangiare.
Sentendosi osservato, Shikamaru si bloccò e la fissò.
“Cosa c’è?” Le chiese, con le posate a mezz’aria.
“Eh. No, niente.” Replicò lei, fingendo noncuranza.
Accettando apparentemente quella risposta - non gli era infatti
difficile capire il motivo dello strano comportamento della Kunoichi -
il jonin tornò a dedicarsi al suo sushi, azzerando la distanza tra la
pietanza e la sua bocca, mentre Sakura continuò a osservarlo, come se
fosse naturale, con sguardo serio e con un pizzico di preoccupazione.
Fortunatamente, non le parve di notare nessun segno evidente di
disgusto sul volto dell’amico, così si tranquillizzò.
“Com’è?” Domandò dopo qualche istante per avere una conferma.
“Ecco, il riso è un po’ troppo bollito.” Le rispose l’altro con
sincerità e lei non riuscì a non rimanerci male; non che avesse
preferito una bugia, però aveva davvero sperato che quella di
cimentarsi in cucina fosse stata una buona idea.
Squadrò delusa la polpetta di sushi tra le sue bacchette, poi ne
assaggiò un pezzo, tanto per togliersi l’ultimo dubbio, e si rese conto
che Shikamaru aveva proprio ragione.
Riadagiò tutto sulla tavola e si alzò, con l’intenzione di recuperare il vassoio e portarlo via.
“Forse è meglio se usciamo a prendere qualcos’altro.” Suggerì.
“Ma no, aspetta.” Cercò di correre ai ripari il jonin, solo in parte spiazzato da quella reazione.
Si alzò a sua volta e fece qualche passo verso di lei, ferma al lato
destro del tavolo e già leggermente china in avanti per mettere in atto
il suo proposito; le sfiorò allora un braccio con una mano, invitandola
con quel gesto a fermarsi.
“Sarà più bollito del normale, però è buono lo stesso.” Precisò. “E
poi, se fossi stato io, forse non avrei proprio provato a prepararlo.”
Continuò, guardando altrove mentre pronunciava le ultime parole per non
cadere nella rete dell’imbarazzo una seconda volta in quella serata. Ma
quando rivolse di nuovo la sua attenzione sulla kunoichi, nessun
espediente poté evitare che venisse catturato dal verde dei suoi occhi,
fissi sul proprio volto.
Il silenzio che avvolse quell’istante sembrò dissolvere il tempo e ogni
altro insignificante elemento esterno, caricandosi di tutti i dubbi, i
timori e le sensazioni che aleggiavano dentro di loro.
“Io... io non voglio sostituire Ino.” Affermò Sakura con un lieve
tremore nella voce, e Shikamaru percepì una fitta improvvisa
all’altezza del petto.
Ma certo che lo sapeva, diamine, lo sapeva così come, da una settimana
e forse anche di più, aveva capito di essersi innegabilmente innamorato
di lei. Ino sarebbe rimasta per sempre nel suo cuore, per la persona
che era stata e per ciò che di importante aveva rappresentato nella sua
vita, niente avrebbe potuto alterare quel dato di fatto; il sentimento
che provava per Sakura era invece qualcosa di nuovo che non escludeva
il resto e soprattutto qualcosa di profondamente diverso.
Senza alcuna esitazione immerse una mano tra i suoi capelli e face
scivolare l’altra dietro la sua schiena, attirandola a sé, poi la
baciò. Sulle prime, sorpresa dal comportamento dello shinobi, la
giovane donna si irrigidì, ma ben presto si rilassò tra le sue braccia,
assaporando quel momento.
Quando si staccò da lei, rimasero entrambi in silenzio, con i visi a
pochi centimetri di distanza, capaci di sentire sulla pelle l’uno il
respiro dell’altro.
“La verità è che ho paura… paura di soffrire di nuovo.” Confessò
Shikamaru, rendendosi conto subito dopo che esternare il suo stato
d’animo era stato più semplice di quanto avesse immaginato.
Da quando Ino era morta durante una missione, aveva escluso
categoricamente la possibilità di innamorarsi ancora; così, nel momento
in cui erano apparsi i primi indizi di un nuovo amore, aveva finito per
non vedere, per non voler ascoltare quello che il suo cuore aveva da
dirgli. Un semplice bacio, però, era bastato a metterlo di fronte
all’evidenza e soprattutto a svelargli quell’inquietudine che lo
paralizzava, frenando ogni pensiero sul futuro, su un loro due insieme.
Sakura lo guardò con tenerezza senza dire nulla, poi poggiò la fronte
contro il suo petto, salendo leggermente con le mani lungo la sua
schiena.
“In un modo o nell’altro,” cominciò dopo qualche istante, “questa è la
nostra vita. Non sappiamo mai quello che accadrà domani, a noi e alle
persone che amiamo. Però…”
Alzò il viso prima di continuare.
“Proprio per questo, perché non vivere ciò che abbiamo oggi?” Gli
chiese, con un’espressione interrogativa che rivelava una sottile ansia.
Nell’ascoltare le sue parole, Shikamaru fu pervaso da una
tranquillizzante sensazione di calore; forse perché era lei a dirlo, o
semplicemente perché quella era una verità innegabile, ma gli sembrò
che le sue titubanze svanissero nel nulla. Le accarezzò piano una
guancia, poi si abbassò per baciarla di nuovo, suggellando così la
decisione che quella serata aveva contribuito a fargli prendere.
Avrebbe provato a vivere quel sentimento senza più pensare ai se e ai ma.
“Tipo il sushi che hai preparato?” Le domandò semiserio, quando tornò a incrociarne le iridi smeraldo.
“Uhm, io pensavo ad altro.” Replicò Sakura con tono malizioso, finalmente sollevata e felice.
Gli circondò poi il collo con le braccia e il jonin non tardò ad accettare l’invito implicito in quel gesto.
Note dell'autrice
Non credo ci sia
molto da dire: questa fic è una ShikamaruSakura o SakuraShikamaru, come
preferite; ha casualmente vinto la sfida indetta da wari-chan
sull'urdcafè; e spero di poterle dare un seguito, perchè la coppia mi
ispira molto e mi è dispiaciuto doverla interrompere prorpio sul più
bello.^^
Comunque un grazie a chi recensisce e a chi preferisce/segue/ricorda questa raccolta^^
|
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Capitolo 6 *** Solo per noi (KakaSaku) ***
Con un po’ di ritardo, ma questa fic è
tutta dedicata per il suo compleanno a Nejiko, spacciatrice di fiducia
di manga ed anime, santa donna che mi sopporta, confidente dei vari e
frequenti fingirlamenti, mamma pucciosa ed estimatrice della coppia. Ti
voglio bene, cara, e spero che la fic ti piaccia, anche se non è il
massimo dell’originalità. Un bacioneXD
Non si smentiva mai; ferma sotto il proprio appartamento, era ormai un
quarto d’ora che aspettava Kakashi, ma della sua macchina nemmeno
l’ombra. Aveva sempre saputo che erano le donne quelle a farsi
attendere, ma evidentemente chi aveva messo in giro quella voce non
aveva mai conosciuto qualcuno come lui.
Sbuffò guardando per l’ennesima volta l’orologio.
In momenti come quelli lo detestava, ma era anche perfettamente
consapevole che per perdonarlo sarebbero bastati pochi istanti, pochi
istanti di quei lineamenti e di quegli occhi scuri che l’avevano
incantata fin dal primo incontro davanti ad uno scaffale del
supermercato; il tempo di un sorriso e avrebbe dimenticato l’attesa e
il nervosismo per il suo consueto ritardo.
Averlo al suo fianco era in grado di farle dimenticare molte cose,
forse troppe. Potergli parlare con calma del più e del meno,
confidargli i propri problemi ricevendo consigli o parole di conforto,
farsi raccontare di lui e della sua vita, baciarlo o semplicemente
abbracciarlo se ne aveva voglia, tutte quelle azioni, così naturali per
una coppia, facevano svanire i tredici anni di differenza, i loro ruoli
di professore e studentessa, l’ansia di mostrarsi indifferente se lo
incrociava casualmente per i corridoi della facoltà, il peso di doversi
incontrare lontano dall’aria universitaria.
Anni prima, quando la sua principale preoccupazione sentimentale era
trovare il modo per conquistare Sasuke Uchiha, il ragazzo da sempre
agognato, non avrebbe mai immaginato che si sarebbe trovata in una
situazione peggiore: essere ricambiata, ma dover vivere quell’amore
calcolando ogni piccolo gesto, nascondendolo a occhi indiscreti come se
fosse una colpa.
Sospirò inquieta, cercando di scacciare quelle riflessioni che si erano
intrufolate nella sua mente a tradimento, mentre avrebbe dovuto pensare
solo a divertirsi, godendosi finalmente la compagnia di Kakashi in
piena libertà. Nell’ultima settimana, infatti, a causa dei rispettivi
impegni, si erano visti solo in aula durante il corso di letteratura,
costretti a comportarsi da perfetti sconosciuti, una situazione
alleggerita per fortuna dall’essersi sentiti per telefono tutte le
volte che era possibile. Fu in quel momento che Intravide in lontananza
una familiare autovettura e non vide l’ora che percorresse i metri che
ancora la separavano da lei; voleva assolutamente vederlo, sentire la
sua voce calma e profonda, il calore delle sue mani su di lei, essere
rassicurata come sempre da parole e piccoli gesti, capaci di farle
credere che esistessero davvero solo loro due.
Quando l’auto si accostò al ciglio del marciapiede, provò un moto di
sollievo nel vedere la sua capigliatura ribelle e subito dopo il suo
bel volto, si affrettò allora ad aprire la portiera e a salire a bordo,
per una volta pressata solo dal desiderio e non dal timore che qualcuno
li riconoscesse. Per quanto insolito a quell’ora, la strada era infatti
poco trafficata, dettaglio che l’urgenza e l’abitudine le avevano fatto
notare immediatamente. Senza dare il tempo all'uomo alla guida di dire
qualcosa, gli gettò le braccia al collo, immergendo le dita nei suoi
capelli argentati, lo fissò per un breve quanto intenso istante, poi lo
baciò con una certa irruenza, intrecciando la lingua alla sua in un
piacevole scontro. Superato un primo momento di sorpresa, Kakashi
assecondò quel gesto imprevisto; chiuse gli occhi e lasciò scivolare le
mani dietro la schiena della compagna, salendo lentamente da sotto le
scapole fin sulle spalle, mentre assaporava i brividi che
attraversavano il proprio corpo. Lo confondeva sempre scoprire quanto
gli fosse mancato stringerla tra le sue braccia, quanto fosse stato
arduo osservarla al di là di una cattedra, essere negli stessi metri
quadrati ma nello stesso tempo su due pianeti diversi. Se poi, come in
quel caso, non si trattava di uno o due giorni, al disorientamento si
univa la speranza che la serata potesse durare il più a lungo possibile.
Quando la ragazza si allontanò da lui, senza però sciogliere
l’abbraccio, le accarezzò con dolcezza una guancia, scostando alcune
ciocche rosate dal suo viso. Avrebbe potuto chiederle se ci fosse
qualcosa che non andava, dal momento che non era usale per lei
comportarsi in modo impulsivo quando erano ancora sotto casa sua, ma la
risposta la leggeva così chiaramente nel verde dei suoi occhi e
rispecchiava alla perfezione il suo stesso stato d’animo che era del
tutto inutile porle una domanda che tra l’altro sarebbe stata elusa.
“Scusa per il ritardo, c’era un po’ di traffico.” Si giustificò allora,
spezzando il silenzio, e Sakura capì che lo sguardo dell’uomo non si
era semplicemente riflesso nel suo.
Gli sorrise serena, tranquillizzata dalla sua capacità di capirla e dal
suo tocco gentile.
“Come sempre, insomma.” Lo canzonò bonariamente, dopodiché lo baciò
ancora a fior di labbra e si ricompose sul sedile, allacciando la
cintura di sicurezza.
Kakashi ricambiò il sorriso, accettando stoicamente il consueto
rimprovero, un po’ dispiaciuto dal venir meno del contatto caldo e
morbido del suo corpo contro il proprio, poi le chiese dove preferisse
andare, mentre ripartiva ritenendosi fortunato che nessuno li avessi
interrotti col suono di un clacson o con qualche imprecazione a causa
della mancanza delle quattro frecce.
Si accordarono alla fine per un pub in cui erano già stati la settimana
prima, un locale in una posizione ottimale, lontano dalla zona
universitaria ma non troppo, tranquillo e allietato da buona musica.
Quando giunsero a destinazione, furono proprio le note di una vecchia
canzone che non avrebbe mai smesso di riscuotere il suo successo ad
accompagnare il loro ingresso, mentre luci multicolori illuminavano ad
intermittenza l’ambiente. Sakura notò però quasi subito che non era
solo la canzone quella ad ottenere il gradimento di alcune ragazze
ferme ad un lato della pista da ballo, nei pressi dell’entrata. Seccata
dai loro sguardi insistenti e ben poco innocenti, di cui l’uomo che
camminava accanto a lei come al solito non si accorgeva o quanto meno
fingeva di non accorgersi, strinse forte la sua mano, aggrappandosi con
l’altra al suo braccio, in un gesto affettuoso e possessivo. Se in
facoltà non poteva far altro che rodersi dentro per la gelosia,
sfoderando il più finto sorriso che le riusciva, quando uscivano poteva
almeno prendersi una piccola rivincita, di cui per fortuna il fastidio
anestetizzava l’inevitabile retrogusto amaro. Provò, infatti, solo
un’innegabile soddisfazione quando Kakashi si fermò un attimo
ricambiando la sua stretta e le sorrise, per poi indicarle un tavolino
in una zona appartata, dove il volume della musica si smorzava
facilitando quattro chiacchierare. Dopo qualche minuto che si furono
seduti, una cameriera si avvicinò loro; l’uomo ordinò una birra e
Sakura fece altrettanto, non avendo un’idea precisa su cosa prendere e
non volendo perdere troppo tempo con quella incombenza.
“Allora, cosa hai combinato oggi?” Le chiese lui, quando furono di
nuovo soli.
“Eh, combinato?” Replicò la ragazza scoccandogli un’occhiata perplessa,
decisa ad appurare i fatti prima di decidere se sentirsi offesa o meno
dalle sue parole. “Perché suona tanto ‘in quale pasticcio ti sei
cacciata oggi’?”
“Beh, ecco, non saprei… per i precedenti?” Suggerì Kakashi pacato,
appoggiando un gomito sul tavolino e reclinando leggermente il capo
contro la mano chiusa a pugno, mentre piegava le labbra in
un’espressione divertita.
Di fronte a quell’atteggiamento sicuro di sé e dolcemente provocatorio
Sakura arrossì; come cavolo faceva ad innervosirsi davvero se l’unico
pensiero che le passava in quell’istante per la testa era il fatto che
fosse tremendamente
affascinate?
Sbuffò, incrociando le braccia al petto, il battito leggermente
accelerato del suo cuore celato sotto un debole broncio.
“L’altra volta era solo un falso allarme.” Puntualizzò sulla difensiva.
“Ah ah, e per fortuna direi…” Ridacchiò l’uomo, guardandola con
tenerezza, come sempre incapace di rimproverarla in modo serio per
disattenzioni o atteggiamenti impulsivi.
Per quanto lo riguardava, finché fosse stato il primo con cui si
sarebbe confidata o il primo a soccorrerla, Sakura avrebbe potuto
credere di aver dimenticato il gas accesso altre mille volte, così come
litigare con i vicini quando era perfettamente evitabile oppure
rischiare di essere travolta da una pioggia di confezioni in un
supermercato, come la prima volta in cui l’aveva vista.
“Stupido.” Sussurrò la ragazza senza troppa convinzione, consapevole
che non poteva dargli torto, poi vide una sua mano avvicinarsi al
proprio viso e socchiuse gli occhi in attesa di avvertire le sue dita
sulla pelle. Poté però godere di quel nuovo contatto solo per qualche
istante, perché una voce ironica lo spezzò bruscamente.
“Eh, ma tu guarda come sono carini!” Commentò una donna, costringendoli
a voltarsi perplessi per quell’interruzione improvvisa.
In piedi a poca distanza dal loro tavolo, la nuova arrivata li
osservava con un angolo della bocca sollevato in un sorrisetto
malizioso e una luce di ambiguo divertimento nelle iridi nocciola.
“Anko?” Chiese atono Kakashi, aggrottando le sopracciglia, seccato dal
suo intervento per nulla gradevole a dispetto delle parole utilizzate,
che accompagnate da un differente tono e atteggiamento sarebbero potute
risultare anche affettuose.
Le gote lievemente arrossate erano il chiaro indizio dell’alcool che
aveva ingurgitato fino a quel momento e che ormai circolava nel suo
corpo, ma tale dettaglio per i suoi gusti non la giustificava,
soprattutto se pensava a ciò che avrebbe potuto dire e al conseguente
effetto sulla sua accompagnatrice. Prima che potesse provare a
zittirla, Anko continuò con tono asciutto.
“Non lo sai che non dovresti uscire con le ragazzine, tanto più se
possono essere studentesse?” Sentenziò a conferma del suo disappunto.
La prima conclusione che Sakura trasse dalla situazione fu che si
trattasse di una ex, o qualcosa di simile, intenzionata a disturbarli,
per cui si sforzò di mostrarsi calma, superiore alle sue frecciatine,
sebbene la donna avesse toccato con una sola frase due punti dolenti;
si limitò a stringere i pugni e ad assottigliare appena lo sguardo.
Quando però notò l’uomo che l’affiancò afferrandola per un braccio, il
nervosismo sfumò velocemente sostituito da una fredda scarica di
tensione che le percorse la spina dorsale. Purtroppo sapeva
perfettamente chi fosse, così come ricordava ancora in modo distinto la
prima domanda che le aveva posto durante un esame nemmeno due settimane
prima. Abbassò subito il capo affinché il professore non la
riconoscesse, affinché i capelli le nascondessero a sufficienza il
volto, sperando con tutta se stessa che non fosse già troppo tardi; il
solo pensiero che quella serata che avrebbe dovuto essere un momento di
libertà e spensieratezza si fosse tramutata nell’inizio di un incubo le
chiudeva con forza la bocca dello stomaco al punto da farle male. Fissò
con sguardo vacuo il tessuto dei pantaloni che indossava, oltre il
colore scuro l’immagine di qualcosa che rischiava di andare a pezzi,
mentre conficcava le unghie nei palmi delle mani come a voler frenare
quella prevedibile e dolorosa frantumazione. Se mantenere il segreto
era un peso difficile da sopportare, essere scoperti appariva ai suoi
occhi mille volte peggio; se fosse accaduto, non sapeva quanto la loro
relazione avrebbe potuto resistere a ciò che ne sarebbe derivato, dai
giudizi malevoli ai pericolosi risvolti sulle rispettive carriere
universitarie: niente riusciva a toglierle dalla testa che col tempo
qualcosa avrebbe potuto incrinarsi. Da quando la loro storia era
diventata qualcosa di reale, aveva relegato quel timore nel fondo del
suo cuore, fuggendolo come un’ombra fredda e terribile, rifugiandosi
nel calore e nella dolcezza che l’amore di Kakashi le trasmetteva, e
sentirselo piombare addosso così all’improvviso con tutto il suo carico
negativo la paralizzava.
Il resto della conversazione giunse alle sue orecchie come un’eco
lontana.
“Eh, scusatela, ha bevuto un po’ troppo.” Intervenne mortificato il
professore, passandosi una mano dietro la nuca.
“L’ho notato, Tenzo. Forse è meglio se la riporti a casa.” Replicò
aspro Kakashi, a cui non era affatto sfuggita la reazione di Sakura
alla comparsa del collega.
Non ce l’aveva con lui, né alla fin dei conti con Anko, forse
semplicemente con una situazione che andava al di là di chi ne era
coinvolto in quell’istante; tuttavia, voleva che se ne andassero il
prima possibile per poter parlare con calma con la ragazza seduta al
suo
fianco.
“Sì, è quello che pensavo anch’io.” Disse Tenzo accogliendo il
suo suggerimento.
“Ehi, avrò bevuto sì o no due bicchierini di troppo, sono perfettamente
lucida!” Si difese la donna accigliata, provando inutilmente con uno
strattone a liberarsi dalla presa del compagno, che mormorò un commento
scettico e provvide a trascinarla al loro tavolo.
Mentre i due si allontanavano, Kakashi si voltò di nuovo verso Sakura e
con l’intento di tranquillizzarla cercò di appoggiarle una mano su una
spalla, ma non appena la sfiorò la ragazza si ritrasse irrigidendosi
più di quanto già non fosse. L’uomo avvertì un pugno di ansia e
sofferenza di fronte a quell’atteggiamento istintivo; anche se non ne
avevano mai parlato, immaginava i pensieri silenziosi che le
attraversavano la mente, perché in quell’anno e mezzo la paura che ciò
che stavano vivendo fosse solo un’illusione destinata a dissolversi
aveva perseguitato anche lui spesso e volentieri. Le posò allora con
più decisione una mano sul braccio.
“E’ tutto apposto. Tenzo è un amico, non ci creerà problemi.” Disse con
tono calmo e sicuro, ottenendo finalmente che lo guardasse.
Lei annuì con negli occhi un’ombra di incertezza e i lineamenti ancora
segnati dallo spavento e dall’afflizione, mentre un nodo le bloccava le
parole in gola, e Kakashi capì che forse quello era il momento giusto
per comunicarle qualcosa che sperava si concretizzasse davvero. Aveva
aspettato per dirglielo perché voleva prima una certezza, ma dato
l’evolversi della serata gli sembrò inutile tacere ulteriormente.
Avvolse le sue mani chiuse a pugni tra le proprie, provando un indubbio
sollievo quando poté stringere le sue dita affusolate, indizio che in
qualche modo iniziava a rilassarsi.
“Ascoltami.” Esordì serio, con un’espressione tranquilla sul viso. “Da
un po’ stavo pensando di tornare ad insegnare nelle scuole.” Le
confessò dopo qualche istante di silenzio, generando nella sua
interlocutrice un evidente moto di stupore, uno stupore che dopotutto
aveva colto anche lui non appena quell’idea aveva fatto capolino nella
sua testa.
Se infatti, prima di allora, qualcuno gli avesse annunciato che un
giorno avrebbe preso una decisione così importante per il percorso
della propria vita solo per amore di una donna, l’avrebbe considerata
una battuta ben riuscita, convinto com’era a tenere lontano da sé quei
sentimenti troppo profondi da non rischiare inevitabilmente di
rimanerne ferito ancora. Fermo in quella sicurezza, la storia con
Sakura, come altre, era cominciata come un gioco, un gioco apparso in
tutta la sua pericolosità quando aveva scoperto che era una sua
studentessa e non una studentessa qualunque; avrebbe potuto mettere un
freno in quel preciso momento, invece era già troppo tardi, perché
quando l’aveva rincontrata non era stato in grado di ristabilire la
giusta distanza, sebbene ne avesse intenzione, ma solo di offrirle
l’ennesimo caffè. Come non si era sottratto allora alla forza che lo
trascinava verso di lei, così avrebbe continuato a non farlo, ne aveva
ormai la certezza assoluta, e sperò che quel messaggio le arrivasse
chiaramente.
“Insomma, lasciare l’università appena si conclude l’anno accademico e
tornare alle origini.” Spiegò mentre si immergeva nelle sue iridi
smeraldine, attento alle appena percettibili sfumature di quel colore
che amava, così da leggere in modo immediato attraverso di esse le sue
reazioni.
“Kakashi… “ Mormorò Sakura con una lieve titubanza nella voce, divisa
tra la confusione e il calore che le riscaldava il petto dissipando le
emozioni negative dei minuti precedenti.
Non le sembrava quasi vero di aver ascoltato proprio quelle parole,
eppure erano ancora lì che riecheggiavano nelle sue orecchie, come una
dolce promessa di primavera, una promessa a cui si sarebbe abbandonata
con fiducia, se non avesse avuto la netta sensazione di pretendere
troppo. Sapeva quanto fosse importante per lui il lavoro
all’università, l’insegnamento specialistico e l’attività di ricerca,
quel qualcosa in più a cui ad un certo punto si era ritrovato ad
aspirare, come le aveva raccontato una volta, per cui si sentiva
arrogante nell’accettare che vi rinunciasse per lei. Distolse lo
sguardo dal suo viso posandolo sulle loro mani
unite.
“Non voglio che tu lasci qualcosa che ti piace solo per me.” Disse
esponendogli il suo dubbio, rassegnata con quel rifiuto a sopportare la
segretezza che avvolgeva la loro storia.
“Beh, volendo, niente mi impedirebbe di ritornare all’università più in
là.” Rispose Kakashi con calma, poi le sollevò delicatamente il mento
con un dito. “E comunque è per noi.” Asserì, cercando di infondere in
quelle poche parole quanto averla incontrata, pur avendo travolto come
un fiume in piena le sue convinzioni, gli avesse alla fine concesso
un’insolita pace, più preziosa di quanto lei potesse immaginare.
Rimase in silenzio per qualche istante, poi proseguì motivando la sua
scelta.
“Non possiamo andare avanti così, con la paura di essere scoperti ad
ogni piccolo passo, e prima che tu finisca l’università ci vorrà un
po’, quindi mi sembra la cosa migliore.”
“E se per caso non dovesse funzionare… tra noi?” Domandò la ragazza
assottigliando lo sguardo; per quanto fosse complicato da digerire, si
trattava di una possibilità che non poteva escludere da quella
conversazione. “Ti creeresti solo unitili difficoltà.” Continuò,
ingoiato un grumo di angoscia.
Intenerito dalla premura e dall’altruismo che la sua esitazione
rivelava, l’uomo fece scivolare le dita sul suo viso circondandole una
guancia.
“Tutto può finire, ma non per questo non va vissuto nel miglior modo
possibile, mi disse una volta qualcuno commentando un film, e da un bel
po’ credo che avesse proprio ragione. Ci ho pensato bene prima di
prendere questa decisione e sono sicuro che in ogni caso non me ne
pentirò.” Le disse sincero, poi piegò le labbra in un sorriso
accennato, accarezzandole con il pollice la pelle delicata, sperando di
averla finalmente rassicurata che quello era ciò che voleva senza più
dubbi, dal momento che sui se e sui ma aveva già riflettuto abbastanza.
Fu quando vide un’espressione serena illuminare i suoi lineamenti che
capì di esserci riuscito. Ascoltando le sue parole, infatti, Sakura
sentì sciogliersi come neve al sole anche l’ultimo freno che tratteneva
la felicità provata dal primo istante in cui le aveva comunicato quella
notizia inaspettata e
improvvisa.
“Credo di ricordare il film.” Gli sorrise con un pizzico di orgoglio,
spezzando il silenzio.
“Beh, buon per te, perché non voglio altre obiezioni.” Rispose deciso
Kakashi, con un vago tono di minaccia smentito dal divertimento
leggibile nel suo sguardo.
Nel bisogno di averla più vicina, tirò poi con delicatezza la mano che
ancora stringeva la sua verso di sé, mentre scendeva a sfiorarle
l’altro braccio, invitandola indirettamente ad alzarsi. Notando che non
si muoveva, Sakura intuì cosa volesse; abbandonò allora la sedia e si
sedette sulle sue gambe, poi lo abbracciò circondandogli il collo
mentre l’uomo le avvolgeva la
vita.
“Altrimenti che dovrebbe succedere?” Gli chiese curiosa, assaporando le
sensazioni che il contatto caldo e protettivo con il suo corpo le
procurava.
“Uhm, altrimenti lunedì domande a sorpresa.” Replicò pacato l’altro,
dopo averci pensato su un attimo.
“Beh, così non sono più domande a sorpresa, però.” Notò la ragazza con
un sospiro divertito.
“Oh, sì che lo sono, dato che non puoi sapere su cosa verteranno.”
“Ma avvertita in anticipo posso prepararmi.”
Di fronte a quell’ultima osservazione Kakashi sorrise malizioso, mentre
saliva lentamente con le mani lungo la sua schiena.
“Non credere che sia così semplice, e poi domani non avrai tempo per
studiare.” Affermò con l’aria di chi la sapeva lunga.
“Uhm, e cos’altro avrei da fare?”
“Ecco, comincia col baciami, poi ti spiego il resto.”
L’uomo immerse allora le dita nei suoi capelli morbidi ed esercitò una
piccola pressione per indurla a chinare il capo; Sakura gli rivolse un
altro sorriso, poi lo assecondò avvicinando le labbra alle sue e
lasciando che le loro lingue si intrecciassero in un incontro che aveva
finalmente un sapore diverso, in cui dubbi, paure ed incertezze
svanivano dissolte da un senso di autentica liberazione.
Note dell'autrice
Dunque, che dire, questa storia è uscita dopo qualche prezioso imput
sulla situazione direttamente by nejiko e nello scriverla ho fingirlato
da morire. So che non è particolarmente originale, ma per una volta
sono riuscita a mettere Kakashi e Sakura in modalità fluff, piccole
rivincite insomma per soddisfare l’ispirazione. Sulla battuta finale,
‘il resto’ non è quello che sembra *prova invano a difendersi* ^^’
Non c’è altro da aggiungere se non un grazie a wari per averla betataXD
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Capitolo 7 *** Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse (KakaSaku) ***
"Galeotto fu ‘l libro e chi
lo scrisse"
Crack,
fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥
Shipping è un'idea del « Collection of
Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
Questa fanfiction è ispirata al prompt ‘annusare i libri’, proposto da
slice per il paring KakaSaku.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona
(Inferno V, vv 103)
Sakura Haruno non era nota per la sua capacità di pazientare.
Se qualcuno, in quel preciso istante, avesse notato le sue iridi serie
e determinate, ne avrebbe avuto l’immediato sentore.
Attendere in buon ordine la conclusione di una situazione che andava
per le lunghe, per giunta senza un motivo valido, rientrava alla
perfezione tra le cose che la innervosivano. E, da quando era giunta
davanti a quella porta chiusa, provava in modo ancora più nitido la
sensazione di aver aspettato anche troppo. Era stanca di limitarsi ad
incroci di sguardi, lunghe chiacchierate davanti a tazze di tè e
momenti che avrebbero potuto concludersi con qualcosa in più di una
carezza o di un abbraccio. Quel giorno avrebbe messo Kakashi alle
strette una volta per tutte, pur di non rimanere intrappolata di nuovo
dopo tanti anni in una sterile incertezza. Intendeva spazzare via con
un’azione drastica l’ultima remora dell’uomo, quel rapporto
insegnante-allieva che il tempo aveva ormai reso un ricordo lontano al
punto da non poter più rappresentare un ostacolo. Tutte le volte che si
incontravano per caso o che veniva a cercarla, il suo modo di guardarla
non era affatto quello di un maestro e l’avrebbe costretto a
fronteggiare in modo diretto quella inoppugnabile verità.
Un sorrisetto malizioso le increspò le labbra sottili, poi sparì sotto
un’espressione tranquilla e professionale. La dottoressa abbassò con
decisione la maniglia ed entrò.
La piccola stanza di ospedale era bianca e asettica come al solito, ma
la luce solare che l’invadeva attraverso la finestra senza le tendine
tirate e soprattutto il jonin che l’occupava le sembravano sufficienti
a rendere l’atmosfera ben più che piacevole. Sdraiato sull’unico letto
presente, con la schiena adagiata contro il materasso leggermente
rialzato, l’Hatake stringeva tra le mani un romanzo di Jiraya. Non
appena sentì la porta aprirsi e richiudersi subito dopo, interruppe la
lettura in corso, si tirò su a sedere e rivolse alla sua visitatrice
un’occhiata in cui si mescolavano stanchezza e un pizzico di
perplessità, almeno fino a quando il volto familiare della giovane
donna non entrò nella sua visuale attribuendo un senso alla mancanza di preavviso. I suoi lineamenti si distesero allora in un’espressione serena e
rilassata e il suo sguardo si addolcì appena, mentre si intrufolava
nella sua mente la consapevolezza di quanto fosse prezioso poterla
rivedere ancora dopo l’ennesima missione, bella e irruente come al
solito. Quello stesso pensiero l’aveva sfiorato anche troppo spesso
negli ultimi giorni; nel realizzarlo, si sentì quasi in un vicolo
cieco.
“Se riesci a leggere, direi che stai decisamente meglio”. Commentò
intanto la kunoichi, pacata nonostante l’entrata improvvisa, puntando
subito il suo interesse verso il mezzo che le avrebbe permesso di
raggiungere il suo fine.
Il giorno prima, quando si era recata a trovarlo in un buco di tempo
libero, aveva incrociato Jiraya proprio nel preciso istante in cui gli
porgeva il libro, presentandolo come una delle ultime novità e
decantandone la capacità di coinvolgere il lettore fin dalle prime
pagine. Dopo essersi annunciata con un sonoro colpo di tosse, era
entrata nella camera e aveva lanciato una eloquente occhiataccia ad
entrambi, contrariata dal fatto che l’Hatake dovesse immergersi in una
lettura di dubbio gusto piuttosto di riposare e recuperare le forze.
Poche ore più tardi, però, ripensando a quel frangente ancora
leggermente infastidita, le era balenata l’idea di sfruttare proprio il
volume per attuare il proposito che già da qualche settimana le ronzava
per la testa.
In seguito al suo bonario rimprovero, vide l’uomo richiudere e adagiare
sulle gambe coperte da un lenzuolo bianco quello che sarebbe stato a
breve il suo pretesto cartaceo, per poi passarsi una mano dietro il capo
con buona pace della capigliatura
ribelle.
“Suppongo di sì”. Assentì colto da un lieve imbarazzo, memore dell’aria
seccata che si era dipinta sul viso di Sakura poco più di ventiquattro
ore prima.
“In ogni caso, anche il quadro clinico sembrerebbe d’accordo“. Proseguì
lei con tono professionale, mentre si fermava ai piedi del letto. “Ho
controllato gli ultimi esami e la situazione è migliorata molto. C’è
ancora qualche parametro che deve stabilizzarsi, ma non possiamo
lamentarci”.
Anche se l’argomento non era proprio dei migliori, Kakashi non poté
fare a meno di ascoltarla con piacere; sentirla parlare con cognizione
di causa e totale sicurezza rivelava in modo chiaro la donna
determinata che era diventata, infondendogli un‘inaspettata calma. In
quel momento, solo perché era lei a dirlo, anche il più piccolo dubbio
che ancora poteva avere sullo stato reale delle proprie condizioni
fisiche si era dissolto nel nulla. Lo sguardo che posò sull’espressione
concentrata della dottoressa, intenta a scrutare con attenzione i fogli
recuperati dalla cartella infermieristica, era illuminato
dall’ammirazione.
“E anche per quanto riguarda la terapia è tutto apposto, non c’è da
cambiare nulla”. Lo informò ancora Sakura a conclusione della sua
lettura, tornando a guardarlo. “Insomma, al massimo per dopodomani,
potrai uscire dall’ospedale”.
Chiuse l’ultima frase con un mezzo sorriso, poi si chinò leggermente e
rimise al loro posto i documenti clinici, accantonando così la parte
lavorativa della sua visita.
Ormai non le restava che passare a quella più amena.
Con passo sicuro, si avvicinò al lato destro del letto in modo da
accorciare le distanze tra di loro.
“Comunque preferirei di gran lunga che le cattive abitudini morissero”.
Disse con tono serio. “Per fortuna anche questa volta ti è andata bene,
però…”
Non continuò subito, ma si sedette accanto a lui, appoggiando le
braccia sulle gambe, un gesto che volontariamente o meno attirò
l’attenzione del suo interlocutore sulla pelle chiara che la gonna
lasciava intravedere. Nonostante il corpo leggero della kunoichi,
all’Hatake sembrò che il materasso si abbassasse in modo pericoloso.
Evitò di indugiare con lo sguardo dove non avrebbe dovuto e si
concentrò solo sul suo viso, messo in risalto dai capelli raccolti in
una coda alta, mentre si dava dello stupido per essersi lasciato
trascinare da così poco verso pensieri in netto contrasto con la
serietà della conversazione e che da un bel po’ si sforzava di
scacciare via. Forse l’ultimo pericolo mortale a cui era scampato gli
stava giocando un brutto scherzo, ma cercò di non soffermarsi su
quell’eventualità.
“Però la prossima missione potrebbe essere diversa”.
Nell’esternare a parole l’idea che aveva rappresentato la classica
goccia che fa traboccare il vaso, la giovane donna sentì un grumo
d’ansia salirle per la gola, al di là delle sue intenzioni, ma alla
fine l’attimo di esitazione contribuì a rafforzare ancora di più la sua
determinazione.
Kakashi notò la lieve alterazione nella sua voce e provò a rivolgerle
l’espressione più rassicurante di cui era in grado.
“Farò tutto il possibile affinché non accada”. Le rispose con tono
calmo e profondo.
Ascoltandolo, Sakura provò un caldo sollievo, che la spinse ad
aggrapparsi con fiducia a quella promessa, nonostante fosse consapevole
delle difficoltà della loro vita da ninja. Si rilassò e gli mostrò un
nuovo sorriso, un sorriso che si colorò pian piano di una sfumatura
maliziosa.
“Prova a mettere la stessa convinzione anche in qualcos’altro, però”.
Lo esortò dopo qualche istante di silenzio, socchiudendo appena gli
occhi, poi afferrò il libro abbandonato sulle sue gambe e lo sollevò
tra di loro a mo’ di spiegazione.
“Per la precisione, smetti di leggere storie simili”. Chiarì
ulteriormente. “Mi sono sempre domandata cosa avessero di interessante,
ma non ho mai trovato una risposta convincente”.
Senza chiedere il permesso portò il romanzo verso di sé aprendolo.
Le sue dita che sfogliavano le prime pagine, occupate per il momento da
pochi e innocui ideogrammi, procurarono al jonin seduto accanto a lei
un brivido improvviso di ansia e imbarazzo; il coinvolgimento immediato
a cui Jiraya aveva accennato il giorno prima equivaleva ad una iniziale
scena di sesso tutt’altro che implicita e la possibilità che la
dottoressa leggesse quelle colonne non lo rendeva affatto tranquillo.
Scrutò a disagio il suo sguardo indagatore, cercando invano di
escogitare un modo non troppo brusco con cui distoglierla dalla
imminente lettura.
Consapevole di metterlo in difficoltà, la kunoichi sorrise
interiormente; dalla sua angolazione non poteva guardarlo in volto
senza svelare i suoi veri pensieri, ma non le era difficile sopperire
con la fantasia immaginando l’espressione buffa che doveva avere. Girò
un’altra pagina e arrivò all’incipit, fingendo a quel punto un
interesse particolare. Curiosa di scoprire quale sarebbe stata la sua
reazione, incominciò a leggere. Arrivata quasi a metà del testo piegò, però, le labbra
in una smorfia di disappunto. Conoscendo il genere e l’autore, aveva
già previsto di trovarsi di fronte a descrizioni erotiche con totale
mancanza di veli, ma non avrebbe creduto che sarebbe potuto accadere
fin dall’inizio del libro. La constatazione la spinse a salutare per la
seconda volta la sua quasi inesistente pazienza; se Kakashi aveva tempo
per immergersi in simili storie con ben poco spazio per l’immaginazione
del lettore, poteva anche trovarne dell’altro per sbarazzarsi di
stupide remore e mettere in pratica ciò che i suoi occhi non erano più
in grado di nascondere dietro un velo di apparente autocontrollo.
Ignaro dei suoi percorsi mentali, l’uomo interpretò il movimento della
sua bocca come l’annuncio di una infastidita ramanzina, rimanendo così
sorpreso dal modo posato con cui invece gli parlò.
“Bah, davvero, perché non cambi genere? La letteratura è così vasta che
senza alcun dubbio ce ne sono altri molto più interessanti”. Disse lei,
riportando la sua attenzione sul jonin e richiudendo il volume con un
gesto secco, poi tirò in ballo l’argomento che aveva pianificato di
sfruttare per i suoi scopi. “E poi, se una storia è davvero
interessante, sono sicura che l’inconfondibile profumo dei libri
risulterebbe ancora più piacevole”. Affermò, mentre nelle sue iridi
smeraldine compariva uno strano intreccio di risolutezza e malizia, che
disorientò il suo interlocutore.
Abbandonato in modo repentino il romanzo nella posizione iniziale,
appoggiò una mano sul letto, la fece scivolare in avanti verso di lui
e, puntellandosi su di essa, si chinò lentamene.
“Perché quando leggi riesci a sentirlo, vero, sensei?” Gli domandò con
un sorriso indecifrabile.
Spiazzato ancora di più da quell’azione improvvisa di avvicinamento,
Kakashi la fissò immobile. La sua parte razionale gli suggeriva di
allontanarla da sé, quella irrazionale, invece, lo spingeva verso un
punto di non ritorno. Nonostante lo ritenesse un madornale errore, la
vicinanza eccessiva non gli permetteva di controllare i suoi istinti
come poco prima; le sue labbra sottili e il suo corpo snello gli
apparivano terribilmente morbidi ed invitanti, al punto da rendere
tutt’altro che cattiva l’idea di accarezzarli ed esplorali con calma.
Riuscì a tirare fuori solo un ‘direi di sì’ ben poco convincente, con
un’espressione lontana dalla consueta impassibilità, infondendo nella
sua tentatrice il dolce gusto della vittoria.
“Sicuro?” Sussurrò Sakura più che soddisfatta. “Eppure ho sempre
pensato che questa potesse essere un problema”.
Con le dita affusolate gli sfiorò con lentezza una guancia, salendo
fino al bordo della maschera.
Anche se ancora attutiti dal tessuto che gli copriva metà viso, il
confondersi dei loro respiri e il tocco leggero e caldo della sua mano
peggiorarono ulteriormente lo stato delle capacità razionali del jonin,
che non fu nemmeno in grado di pronunciare il suo nome in un seppur
debole e vano tentativo di arrestare la catastrofe, come fino a pochi
secondi prima una vocina lontana nella sua testa gli aveva proposto.
Quando venne abbattuto anche l’ultimo ostacolo materiale, la lentezza
dei gesti della dottoressa non gli sembrò più utile, ma solo
esasperante. Mandò al diavolo pregiudizi, dubbi e incertezze e, per una
delle poche volte nella sua vita, ascoltò il proprio cuore; con una
presa decisa ma delicata, fermò la mano che si stava riavvicinando al
suo volto e la strinse nella sua, rivolgendo finalmente alla kunoichi
uno sguardo in cui, oltre al desiderio, c’era determinazione. Lei
ricambiò con un lieve sorriso, un sorriso che sancì il tacito accordo
nei loro occhi; abolirono così anche gli ultimi centimetri che li
separavano con il bacio tanto atteso. Sakura assaporò con piacere il
caldo e irruente incontro delle loro lingue e il contatto rassicurante
della mano immersa nei suoi capelli, mentre tentava di imprimere quegli
istanti preziosi nella memoria. Si spinse poi contro il suo corpo alla
ricerca di qualcosa di più. Kakashi non tardò ad assecondarla; fece
scivolare la mano dalla nuca al collo sottile e si abbassò lentamente
all’indietro, trascinandola sul letto insieme a lui. Quando poté
avvertirne il dolce peso su di sé, scese ad accarezzarle la schiena,
continuando a baciarla e intrecciando alla sua la piccola mano che non
aveva smesso di stringere. Uniti in quell’abbraccio, il tempo parve
fermarsi e si insediò nei loro animi la certezza di aver ceduto solo
all’inevitabile.
Note dell’autrice
Ora devo solo inginocchiarmi sui ceci e chiedere venia a Dante in
latino e nel volgare del Duecento. L’ho sfruttato impunemente come
titolo e un po’ nella parte finale, sono una profana u-u
L’idea del profumo dei libri è presente tipo per due o tre battute, ma
l’idea è scaturita tutto da quello. Il guaio è il paring che mi
monopolizza e fa quello che vuole. Scusami, Ali, spero che ti piaccia
lo stesso^^
Per i credits, il titolo corrisponde al verso 137 del Canto V, da cui è
tratta anche la citazione iniziale.
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Capitolo 8 *** La vita nei tuoi occhi (SasoSaku) ***
Attraverso i suoi occhi
Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
Questa fic è ispirata al seguente prompt, proposto da Skull_Mistress:
Amami, anche se io non ti amo.
Amami, anche se non merito l'amore.
Amami, anche se io non so amare e amami anche se non esiste l'amore.
Per
Sasori l’amore era sempre stato un concetto vuoto, un guscio dorato
creato per racchiudere qualcosa di inesistente; poi era arrivata lei a
turbare la calma piatta del suo scetticismo, presentandosi nella sua
vita con una macchina in panne e una richiesta d’aiuto.
Ricordava ancora l’espressione
irritata che le offuscava il volto, ammorbidita da un senso di
liberazione solo quando l’aveva visto fuori dal locale, ma soprattutto
era nitida come quel giorno l’immagine del sorriso di ringraziamento
che gli aveva rivolto, di gran lunga preferibile a quella del motore
sotto le proprie mani.
Osservò i lunghi capelli di Sakura
ondeggiarle lievemente sulla schiena, man mano che la ragazza
avanzava a passi lenti lungo il bagnasciuga, i piedi scalzi e i sandali
in una mano.
Camminare sulla spiaggia con un
paio di scarpe chiuse come quelle che indossava non era affatto il
massimo, eppure continuava a seguirla, dopo essersi lasciato convincere
da una evidente bugia ad accompagnarla fin lì. L’aveva trovata seduta
ad un tavolino del pub, neanche un’ora prima, intenta a rigirarsi il
bicchiere tra le mani e a vagare con lo sguardo per il locale, sperando
di incontrarlo. Quando, infatti, le era passato accanto, l’aveva subito
salutato con un sorriso, poi aveva giustificato la sua presenza ad un
orario per lei insolito, lamentandosi del contrattempo che aveva fatto
sfumare il progetto di una breve gita al mare con un’amica, il tutto
con una lieve incertezza nella voce e con un’espressione che faceva
trapelare ben poco il suo presunto fastidio. La successiva proposta di
andarci insieme, sussurrata con un principio di rossore sulle guance,
non aveva fatto altro che confermargli l’inesistenza di un qualsiasi
appuntamento tra amiche. A quel punto niente gli avrebbe impedito di
rifiutare e magari smascherare la finzione delle sue parole, ma non ne
era stato in grado, perché, per la prima volta nella vita, ciò che
vedeva nelle iridi smeraldine di quella ragazza che lo cercava con
insistenza non era qualcosa di finto, ma di così vero e caldo da
disorientarlo. L’idea che potesse essere proprio quello ciò che
chiamavano amore era scivolata piano piano nel suo animo senza che se
ne accorgesse, scombinando i frammenti della sua realtà. Dal giorno in
cui era stato lasciato, ancora in fasce, all’ingresso di un
orfanotrofio, per lui erano esistite soltanto la fredda solitudine
dell’abbandono e la sterilità di affetti egoistici, ritrovate intatte
nel mondo vuoto della delinquenza e del piacere, in cui si era lasciato
risucchiare con facilità, cieco a qualsiasi alternativa. Aveva sempre
creduto che non potesse esserci niente di diverso da quel mondo, ma la
felicità sincera con cui Sakura lo guardava ogni volta si era scagliata
con forza contro quella convinzione, facendola vacillare.
Quando la ragazza si fermò all’improvviso, Sasori fece altrettanto.
La vide girarsi completamente verso
l’orizzonte marino, incrociando le braccia dietro la schiena, con le
scarpe ancora sospese a mezz’aria, e osservare con un’espressione
tranquilla e serena l’andirivieni delle onde, mentre il sole tiepido di
fine estate le sfiorava il viso con un tocco gentile. Come al solito
lei accoglieva i suoi silenzi senza spazientirsi, come se la sua
compagnia fosse già un’importante conquista, e a lui toccava solo
aspettare il suono della sua voce e l’arrivo di parole che, contro ogni
aspettativa, gli avrebbero trasmesso una piacevole sensazione di
leggerezza. Per l’ennesima volta, si
chiese cosa vedesse di buono nelle poche frasi e nei rari gesti che le
rivolgeva e come avrebbe reagito quando invece le sarebbe stato chiaro
chi avesse davanti.
Gli era facile leggere nei suoi
atteggiamenti la speranza di un amore vero e magari di un futuro
sereno, ma sapeva che Sakura aveva scelto la persona sbagliata in cui
riporre la sua fiducia. Quando la giovane si voltò leggermente verso di
lui, pensò che per spegnere il sorriso che le increspava le labbra
sarebbe bastato che intravedesse, anche per pochi istanti, il suo vero
io dietro l’immagine ideale che si era costruita di lui, un io che non
meritava di ricevere alcun sentimento puro e disinteressato.
“Ti piace il mare, Sasori?” Gli
chiese lei con un pizzico di curiosità, accavallando la sua voce al
suono dell’acqua che tornava ritmicamente a lambire la
riva.
Spiazzato da una domanda così
semplice, l’uomo non rispose subito; come tante altre cose, il mare era
per lui qualcosa che semplicemente c’era, senza influire sulla sua vita
in modo positivo o negativo, quindi trovare una risposta da dare
equivaleva a pensarci per la prima volta.
“Non saprei, forse”. Disse atono, prima che il suo esitare si prolungasse tanto da farlo sentire ridicolo.
Incapace di trattenere l’ilarità
Sakura scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con le dita affusolate e
socchiudendo le palpebre in un’espressione divertita.
“Lo sospettavo”. Sussurrò poco
dopo, e Sasori si perse per un lungo attimo nel verde intenso dei suoi
occhi, di nuovo perfettamente visibile, mentre il timore di apparire un
imbranato veniva risucchiato da un calore improvviso quanto
momentaneo.
“A me, invece, piace molto”.
Affermò la ragazza, riportando il braccio lungo il fianco, per poi
tornare a scrutare la distesa d’acqua. “Mi ha sempre fatto pensare che,
qualunque cosa fosse successa, sarebbe rimasto sempre qui pronto ad
offrirmi il suo conforto, con il suo movimento lento ed eterno”.
Proseguì, motivando la sua opinione.
Gli istanti di silenzio che
seguirono sembrarono all’uomo, fermo a poco più di un metro da lei,
così inusuali da insinuargli il dubbio che il tono calmo stonasse
nettamente con il contenuto delle parole appena pronunciate, come se
sotto l’apparente serenità ci fosse un’inquietudine pronta a scalfirla.
Era la prima volta da quando la conosceva che un simile sospetto
affiorava nella sua mente e ciò gli confermò quanto fosse la persona
meno indicata per darle quello che cercava; chiuso come era nel suo
dolore, al punto da provare indifferenza per tutto e tutti, non avrebbe
mai potuto garantirle comprensione e sostegno, una sola briciola di
quello che il mondo definiva amore. Eppure, qualcosa di inatteso si
agitò lo stesso nel suo petto e lo spinse a fare qualche passo in
avanti verso Sakura, sollecitato dall’idea che un’ombra di tristezza
potesse sopraggiungere da un momento all’altro ad offuscarle lo
sguardo. Fu un istante in cui Sasori ignorò l’impiccio dei granelli di
sabbia che rischiavano di intrufolarsi nelle scarpe, così come la
vicinanza al bagnasciuga, muovendosi senza un’intenzione precisa se non
quella di avvicinarsi a lei, un’azione a cui non seppe attribuire un
significato. Finì così, per la prima volta da quando aveva memoria, col
provare un forte imbarazzo nel momento in cui la ragazza si girò
all’improvviso e schiuse leggermente le labbra, sorpresa di averlo così
vicino. Lo stupore non alterò però la sua espressione, se non per il
rossore repentino che le imporporò le guance, subito accompagnato da un
lieve sorriso. Lui la fissò senza sapere cosa fare, una mano ancora in
tasca, l’altra che sfiorava ormai il tessuto esterno del pantalone.
“È per questo che ogni volta che ci
vengo cerco una conchiglia”, disse lei, completando il filo dei suoi
pensieri e sollevandolo dal problema di giustificarsi in qualche modo,
“così posso portare a casa con me il suono delle onde e immaginare di
essere ancora qui ad osservarlo”.
Sulla scia di quelle nuove frasi,
Sasori si domandò quante cose celassero i suoi occhi e quante altre ne
vedessero che lui da solo non avrebbe mai potuto vedere. Quando poi il
silenzio si allargò di nuovo tra di loro, si rese conto che avrebbe
dovuto finalmente dire qualcosa, ma prima che potesse aprire bocca per
pronunciare almeno un monosillabo di assenso un grosso cane bianco
sopraggiunse a dare una svolta alla situazione. La voce del padrone che
lo richiamava li avvertì, infatti, con troppo ritardo; si accorsero
dell’animale decisamente prima di sentire il nome Akamaru, quando
quest’ultimo addentò i sandali che Sakura reggeva ancora con una mano,
avendoli trovati evidentemente di suo gusto. La ragazza, strattonata
proprio nell’istante in cui la sua attenzione era tutta rivolta
all’uomo che aveva davanti, non pensò affatto di lasciar andare le
scarpe tirate da quella forza improvvisa e fece appena in tempo a
scorgere con la coda dell’occhio il pelo arruffato dalla velocità e la
coda scodinzolante prima di perdere l’equilibrio, sbilanciandosi
all’indietro. Per sua fortuna, però, Sasori impedì la caduta; mosso
dall’istinto, accorciò ancora di più la distanza tra di loro, le
afferrò il polso con un movimento veloce e la tirò verso di sé, mentre
le portava una mano dietro la schiena per sostenerla. Sì ritrovò così,
con quei nuovi gesti fuori programma, a stringere le sue dita sottili e
a scrutare i lineamenti delicati del suo viso per la prima volta da
pochissimi centimetri. L’imbarazzo che Sakura provava era ormai molto
più evidente di un minuto prima, ma non gli impedì di essere attratto
dalle sue iridi color smeraldo. In quel momento, gli sembrarono più
belle del solito e la luce calda che le animava tutte le volte che
erano insieme più viva. Lo confondeva quella luce, eppure nello stesso
tempo era incredibilmente tranquillizzante. Non amava la ragazza che
teneva tra le braccia e non credeva che sarebbe mai giunto ad amarla,
però non poté negare a se stesso che averla intorno alleviava per
qualche ora il fondo di sofferenza che lo accompagnava da anni.
Quell’ultimo pensiero scacciò lontano tutti i dubbi che nel corso di
quella passeggiata lungo la riva erano tornati ad assalirlo, lasciando
nel suo cuore solo un senso di
pace.
Note dell'autrice
Prima SasoSaku in
assoluto, au ovviamente, perchè la mia mente non riesce a trattare il
paring senza pensare al fatto che lui sia morto, insomma sono
un'incapace u.u Comunque spero che il prompt non si sia perso, dal
momento che è frammentato nel corso della storia. Sull'ic invece non mi
pronuncio, perchè a me pare ooc anche Akamaru e Sasori mi sa troppo di
Sasuke. Va beh, mi auguro che la lettura sia stata lo stesso piacevole.
Un grazie a wari che ha cercato di betarla e ha sopportato scleri
vari^^'
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Capitolo 9 *** Mal comune... e il terzo gode (TenSaku, KakaSaku) ***
Mal comune... e il terzo godeDedicata a Nejiko,
che è in parte la fonte ispiratrice di questa fic.
Se non avesse già concluso il giro di visite, forse avrebbe provato
un vago senso di colpa. O forse no, si corresse mentalmente, mentre la
bocca di Tenzo seguiva un lento e piacevole percorso lungo il suo
collo. I suoi sospiri si confusero al rumore dei baci e al fruscio del
camice, agitato dai movimenti sicuri dell’uomo seduto davanti a lei.
Sentì l’indumento allentarsi col venir meno di ogni bottone, mentre la
mano calda del capitano le accarezzava la pelle chiara sotto la
maglietta. Quando scese a sfiorarle la schiena, seguita veloce
dall’altra, Sakura non trattenne un gemito di piacere e lasciò che il
jounin l’attirasse più vicino a sé. Godendosi il contatto rassicurante
con il suo corpo, gli fece scivolare le braccia intorno al collo e
chinò il viso per incontrare ancora le sue labbra. Si immerse in quel
nuovo irruento scontro di lingue, soffocando definitivamente la vocina
che le rammentava la sconvenienza della situazione. Qualcosa di
indesiderato sopraggiunse però a turbare quel momento di piacevole
oblio; all’improvviso, Tenzo si staccò bruscamente da lei con un
mugugno di dolore, cominciando a massaggiarsi con cautela la nuca
offesa.
“Ma che cazzo…?” Sbottò a metà tra lo stupore e l’irritazione.
“Che diavolo succede?” Gli chiese la kunoichi osservandolo sorpresa, il fiato ancora corto.
“Non si dovrebbe molestare il personale medico, Tenzo”. Intervenne una
voce familiare ad entrambi, rispondendo alle loro domande.
Spiazzati i due ninja si voltarono di scatto, incrociando lo sguardo di
Kakashi, fermo sul balcone di quella stanza d’ospedale, la consueta
flemma a contraddistinguerlo. Imbarazzata, Sakura si allontanò
bruscamente dal compagno, con un lieve rossore che le imporporava le
guance.
“Kakashi-sensei…” Balbettò, la spiacevole sensazione di essere stata colta in fallo che si faceva strada nel suo petto.
Incapace di sostenere l’apparente apatia dell’occhio scuro del suo
maestro, la kunoichi distolse lo sguardo intravedendo così l’oggetto
che aveva colpito Tenzo interrompendoli: una copia dell’Icha Icha
Paradise giaceva ben visibile sulle lenzuola bianche del letto occupato
dal capitano.
“La verità è che vorresti essere al mio posto, senpai”. Replicò intanto
quest’ultimo, calcando con ironia l’onorifico e scoccando
un’occhiataccia all’amico.
“Tenzo?!” Esclamò Sakura basita, per un attimo incerta se quelle
parole avessero davvero il significato che la sua mente vi attribuiva;
ma la risposta di Kakashi giunse rapida a dissipare il suo dubbio.
“Non tentarmi”. Disse conciso il jounin, con tono perfettamente calmo.
Confusa e ancora più sbalordita il ninja medico si voltò di nuovo verso
l’uomo dai capelli argentati, cogliendo per la prima volta nel suo
sguardo una luce di sfida al posto della solita indifferenza. Si rese
conto di avere la bocca aperta solo dopo qualche istante, appena prima
di sentirsi chiamare dalla voce insieme allarmata e rassegnata di
un’infermiera.
“Haruno-san! Hatake-san è… è fuggito di nuovo”. L’informò la giovane
donna, pronunciando le ultime parole con una lentezza che corrispose
all’esame della scena che le si presentava davanti.
Sakura non ebbe difficoltà a comprendere il percorso intrapreso dalla
mente della collaboratrice: il suo camice aperto che rivelava la
maglietta in parte sollevata, il coprifronte di Tenzo abbandonato ai
piedi del letto e Kakashi come presunto osservatore erano dettagli
terribilmente incriminanti.
La assalì un principio di agitazione, accentuato dalla immediata reazione dell’infermiera.
“Oh, io… io non volevo disturbare”. Disse quella con un evidente
imbarazzo, abbassando appena il viso. “Torno a lavoro”. Annunciò
sbrigativa, prima di lasciare di nuovo la stanza.
La kunoichi rimase per un po’ in una insolita immobilità, sotto la
quale lo stupore, il disagio e l’irritazione si agitavano in un vortice
pericoloso. Strinse i pugni e chinò il capo, un’ombra che calava veloce
sui suoi lineamenti. Il capitano a pochi centimetri da lei presagì
l’imminente esplosione, ma non ebbe il tempo per escogitare un modo per
disinnescarla. La vide afferrare il romanzo dal letto e scaraventarlo
con un lancio rapido e preciso contro Kakashi. Si sarebbe soffermato
volentieri ad osservare l’esito di quell’improvviso tiro al bersaglio,
ma non poté farlo; in un movimento altrettanto veloce, Sakura gli
sferrò un inaspettato pugno in testa, andando ad ampliare la zona
dolorante e strappandogli un nuovo
mugolio.
“Ohi, e io che diavolo c’entro?!” Farfugliò Tenzo, gli occhi socchiusi
per la sofferenza, mentre si portava una mano al capo per la seconda
volta nel giro di pochi minuti.
Appena fu in grado di incrociare le iridi smeraldo della compagna,
trovò la sua risposta nella sfumatura di rabbia e ammonimento che le
animava. Era chiaro che lo ritenesse responsabile per averla indotta a
rischiose effusioni sul posto di lavoro. Che poi avesse visibilmente
apprezzato quelle effusioni, era in quel frangente un mero e
sorvolabile dettaglio. Conscio dell’inutilità di qualsiasi obiezione,
si limitò a guardala andar via rassegnato, mentre si risistemava in
fretta il camice, con i capelli chiari che le ondeggiavano liberi sulle
spalle. Poco prima che Sakura oltrepassasse la soglia sparendo dalla
sua vista, il capitano si voltò verso Kakashi lanciandogli un’occhiata
colma di risentimento, appena in tempo per notare la direzione per
nulla innocente del suo sguardo, che il libro aperto e sollevato con un
gesto rapido non riuscì a nascondere. Con uno scatto nervoso, Tenzo
recuperò da un carrello il primo strumento medico che trovò a portata
di mano, uno stetoscopio ancora per poco in perfetto stato.
“Ed evita di guardarle il culo, almeno!” Sbottò, scagliandolo con forza
contro il suo senpai, che lo schivò imperturbabile, un’espressione
compiaciuta celata sotto la maschera ma svelata dall’unico occhio
visibile.
Note dell'autrice
Dunque,
questa breve fic è il risultato di un fangirlamento su skype e,
nonostante il mio tentativo di scaricare le responsabilità, pare che
sia anche colpa mia (le conversazioni salvate non menteno u-u), indi
chiedo venia per il nonsense che aleggia, imperturbabile anche lui come
Kakashi. Non so perché sia quest'ultimo ad aver avuto la meglio, ma di
sicuro Tenzo verrà curato a base di chakra e fluff, per cui non temete
per luiXD
Un grazie a wari per il betaggio veloce e a chi continua a seguire questa raccolta^^
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Capitolo 10 *** Perfect you ***
Perfect you
Nick (sito ed eventualmente forum): Aya88
Titolo: Perfect you
Fandom: Naruto
Generi: Introspettivo
Rating: Verde
Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno
Pacchetto scelto: Chi – Incantesimo/Orgoglio
Prompt utilizzato/i: Orgoglio
Note o avvertimenti: What if?
Nda: Spero emerga chiaramente
dal testo, in ogni caso lo annoto. Ho cercato di interpretare la parola
orgoglio da un doppio punto di vista, da una parte l’orgoglio che si
può provare verso qualcuno, dall’altra l’orgoglio che prova di una
persona.
Kakashi riaprì gli occhi tornando a fissare l’espressione di Sakura, le
sopracciglia contratte e le labbra strette in un momento di viva
concentrazione, mentre le mani sottili si soffermavano leggere sulle
ferite aperte.
Non ricordava quando se ne fosse reso conto, ma osservarla impegnata
nel suo lavoro si rivelava un utile diversivo per sfuggire ai postumi
sia fisici che morali di una battaglia. La sicurezza dei suoi gesti e
la determinazione che coglieva nelle sue iridi color smeraldo avevano
l’insolito potere di calmarlo. Ogni volta una piacevole sensazione lo
invadeva, attenuando il dolore, e solo col tempo era riuscito ad
attribuirle un significato. Sebbene avesse avuto una parte minima nella
sua formazione, era orgoglio ciò che provava mentre la scrutava in
silenzio.
A quel pensiero un sorriso incurvò le sue labbra nascoste.
Erano trascorsi lunghi anni dalla nascita del team 7, anni in cui
Sakura era caduta e si era rialzata spesso, trovando il coraggio di
intraprendere nuove strade fino a diventare la kunoichi che curava
feriti a pochi metri da lui, con dedizione e abilità.
Per l’ennesima volta si chiese se sarebbe riuscito a rivelarle che per
lui il risultato finale non era stato una sorpresa, se avrebbe
condiviso finalmente con lei un ricordo lontano ma ancora vivido. Era
il ricordo di un incontro casuale durante una missione di sorveglianza
all’Accademia, l’immagine di una bambina testarda e orgogliosa, decisa
a celare il proprio nervosismo davanti ai risolini di scherno causati
da qualche insulto sussurrato. La ricordava in modo chiaro mentre
fissava il bersaglio da colpire con un kunai, il viso turbato da un
misto di rabbia e disagio e lo sguardo illuminato da una luce di
fierezza, nonostante le lacrime trattenute a stento.
Lo stesso volto con lineamenti più maturi ma identica dignità comparve
all’improvviso nel suo campo visivo ritrascinandolo nel presente.
“Reclini il capo all’indietro e chiuda l’occhio, sensei,” gli chiese una voce pacata.
Acconsentì rimanendo in silenzio, godendosi il contatto di dita fresche
sulla palpebra dolorante dello sharingan, in attesa del rimprovero che
sapeva sarebbe arrivato.
“Eh, come al solito ha esagerato” borbottò la kunoichi con una smorfia di disapprovazione.
Il jonin sarebbe quasi scoppiato a ridere se sulla prevedibilità della situazione non avesse prevalso la consueta soddisfazione.
“In futuro farò più attenzione” promise in un vago tono di scusa.
Sakura sbuffò, lo scetticismo evidente negli occhi chiari.
“Lo dice sempre, ma il risultato non cambia” replicò secca, prima di concentrarsi definitivamente sullo sharingan.
Kakashi si rilassò man mano che il chakra fluiva benefico sul nervo ottico.
“A volte però è ugualmente perfetto” sussurrò dopo un istante di
silenzio, percependo anche senza bisogno di guardarla la perplessità
dell’ex-allieva, ignara del corso dei suoi pensieri.
Avrebbe potuto spiegarle il senso delle sue parole, eppure si trattenne
liquidando la questione con un ‘niente’ e un cenno di mano. Forse era
troppo presto, forse solo l’effetto di vecchie debolezze, ma conservò
per sé il passato, l’orgoglio e probabilmente qualcosa di più, ancora
troppo nebuloso per ricevere un nome.
[498 parole]
Note dell'autrice
Dopo una vita che non scrivevo
qualcosa, sono riuscita a tirare fuori dal cilindro (?) una flash e
senza sforare nel numero delle parole, un piccolo miracolo insomma ^^'
Comunque informo per chi segue la
raccolta che questa sarà l'ultima fic, perchè trovo inutile trascinarla
senza sapere se ci saranno mai altre storie che possano legarsi a
quello che era il tema centrale (perchè c'era anche se non è sembrato,
eheh^^?).
Quindi un grazie a chi ha messo la raccolta nei preferiti/ricordati/seguiti e a chi ha trovato il tempo di recensire^^
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