I need your blood

di Billie_Jean
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Hallo a tutti!! Eccovi qui un’altra mia ff… vorrei precisare una cosa. Sono certa che il mio pubblico più affezionato, vale a dire chi ha letto anche le mie altre tre ff, ha notato che nelle mie storie non ci sono mai Gustav e Georg, i miei adoratissimi. Ebbene, il motivo è semplicemente che, nonostante sono i miei preferito, non mi danno ispirazione per scrivere le ff. Detto questo vi lascio e vi auguro una BUONA LETTURA!!!!

CAPITOLO 1


-Tom, Bill, è tardi! È ora di dormire!- esclamò una donna, ormai non più così giovane, comparendo sulla porta del salotto. I due ragazzi seduti sul divano neppure la sentirono, concentrati com’erano sul film che stavano guardando. Allora la madre s’impossessò del telecomando, spense il televisore e vi si piazzò davanti, con espressione severa. Due identiche paia di occhi si posarono su di lei. Uno dei gemelli sbuffò.
-Ma mamma…- protestò.
-Niente “ma” signorini! A letto, subito! Domani dovete andare a scuola, ricordate?-
A giudicare dalle espressioni di Tom e Bill, non se lo ricordavano; fu il turno della madre di sbuffare.
-Ma come si fa con voi due?- sospirò –Ad ogni modo, sarebbe tardi comunque! Filate a letto, velocemente!-
-Abbiamo quindici anni e dobbiamo rispettare gli orari di quando ne avevamo dodici?- si lamentò Tom.
Lamentandosi sulle ingiustizie che la vita ti pone davanti, i ragazzi se ne andarono su per le scale, fino alle rispettive stanze. Da qualche anno vivevano in quella piccola città nel centro-est della Germania e nella nuova casa avevano stanze separate, anche se a volte preferivano dormire insieme. Loro due erano gemelli omozigoti, cioè erano identici: stessi occhi nocciola, stesso viso, stessa corporatura minuta, stesso naso, stessa bocca, stesse mani… tuttavia distinguerli era semplice, perché avevano entrambi un look molto particolare: Bill portava vestiti in stile dark, si era tinto i capelli di nero e li portava corti, sparati un po’ in aria e con un ciuffo che gli copriva parte del viso; Tom aveva un look hip hop, vale a dire jeans larghissimi e maglie ancora più larghe; i suoi capelli erano pettinati alla moda dei rasta ed erano color biondo scuro. In ultimo, ma non per importanza, Bill si truccava gli occhi di nero, piuttosto singolare per un ragazzo della sua età.
Quando andarono a dormire, era quasi l’una di notte. La madre sbraitava infuriata che non potevano andare a letto così tardi quando avevano la scuola, ma nessuno dei due le diede ascolto. Tuttavia, alle sette meno un quarto, quando la sveglia suonò, sembravano due zombie. Ignorando i commenti della madre, mangiarono la colazione ed uscirono di casa dimenticando gli zaini; non avevano fatto che pochi metri, quando se ne accorsero e tornarono a casa di corsa, a prenderli.
Alle otto e cinque erano appena scesi alla fermata dell’autobus, correndo a perdifiato per non arrivare troppo in ritardo, ma senza risultato. Alle otto e un quarto entrarono in classe, cercando di evitare lo sguardo inceneritore della professoressa di geografia.
-Un quarto d’ora! Un quarto d’ora!- sbraitò -È la terza volta che arrivate in ritardo quest’anno! La prossima sarà l’ultima, vi avverto!-
I due gemelli cercarono di rendersi invisibili, scomparendo dietro una pila di libri assolutamente superflua. Quando, finalmente, la prof smise di berciare, annunciò che avrebbe interrogato qualcuno. Bill e Tom si scambiarono uno sguardo, da una parte all’altra dell’aula, mentre questa scorreva l’elenco di nomi con lo sguardo.
-Dunque, vediamo…- disse –Tom Kaulitz…-
Lanciando un’altra occhiata, ansiosa, al fratello, Tom si alzò e raggiunse la cattedra. Con gli occhi, aveva comunicato a Bill che non aveva aperto un libro.
-…e Bill Kaulitz!-
Senza troppa sorpresa, Bill lasciò il banco per accostarsi a Tom, attendendo l’inevitabile. Gli toccava ancora una volta salvare Tom da un’insufficienza.
-Molto, bene, ora vedremo se avete fatto tardi perché dovevate ripassare.- ghignò la prof, squadrandoli –Chi vuole cominciare?-
Bill fece un passo avanti.
-Molto bene. Parlami dell’America, in generale.-
Bill rimase in silenzio per un attimo, poi incominciò a esporre tutto quello che sapeva sull’America, cercando di far durare l’interrogazione per tutta l’ora, in modo da non lasciare tempo per quella di Tom. Considerando che sapeva vita, morte e miracoli di minimo dieci stati dell’America, ce la fece. A due minuti dal suono della campana, l’insegnante lo fermò. Lievemente intontita dalla parlantina di Bill, che era arrivato giusto a enunciare i settori principali dell’economia dello Utah, li rispedì entrambi a posto, segnando un “10” sotto il nome nel moro, e avvertendo Tom che l’avrebbe interrogato il lunedì successivo. Lo sguardo pieno di gratitudine del biondo riempì gli occhi di Bill, mentre si voltava verso il proprio compagno di banco che aveva esclamato:
-Sei un mostro!-
-No, ho solo sprecato tre interi pomeriggi.-

A casa, la madre fu più che contenta scoprendo del voto, ma non venne a conoscenza del fatto che anche Tom avrebbe dovuto essere interrogato. Siccome era sabato, pensavano, almeno quella sera potevano evitare di andare a letto alle dieci… invece no!
-A dormire!- strepitò mamma –Dovrete pulire la soffitta, domani, credete che la scopa stia su da sola???-
Nonostante le vivide proteste dei gemelli, dovettero andare a letto (sotto minacce pesantissime) che erano appena le dieci e mezzo. Certe volte, si disse Bill, mi chiedo se mamma ha mai avuto quindici anni, o se è passata dai dodici ai quarantatre direttamente!
La mattina seguente, Tom si svegliò per primo, come sempre. Erano le otto e mezzo, era domenica, e Bill dormiva beatamente. Sbadigliando, Tom si diresse in cucina, dove lo aspettava la mamma, già vestita e pimpante, che lo accolse con un:
-Finalmente vi siete svegliati! La soffitta attende!- Tom sbadigliò di nuovo –Dov’è Bill?-
-Dorme…- fu la risposta del ragazzo. La madre scosse la testa.
-Vado a svegliarlo.- disse Tom, con un ghigno. La madre scosse la testa di nuovo. Poco dopo un urlo agghiacciante rimbombò per tutta la casa e una risata lo seguì. Tom aveva preso le cuffie dell’iPod e le aveva infilate nelle orecchie di Bill, mettendo a massimo volume una canzone rock pesante.
-TOOOOOOOOOOOOOM!- gridò infuriato Bill, balzando in piedi. Rincorse il fratello fino in bagno, afferrò il tubetto del dentifricio e glielo spalmò in faccia; infine scesero entrambi in cucina, tranquilli come se non fosse successo nulla. Nonostante cercassero di prolungare la colazione il più possibile, per togliere tempo alla soffitta, non riuscirono a scampare al dovere, e si ritrovarono alle nove e mezzo, con in mano scopa e paletta, davanti alla porta della maledetta stanza. Dopo ore che rovistavano, pulivano, spazzavano, cestinavano e spolveravano, trovarono un vecchio baule di legno di quercia. Bill, appassionato di magia e simili, si entusiasmò subito.
-Apriamolo, dai!- esclamò elettrizzato.
Il baule aveva un’apertura a scatto, molto vecchia. Quando sollevarono il coperchio, venne fuori una nuvola di polvere che li aggredì e li lasciò a tossire come degli asmatici. Bill non si fece scoraggiare e appena respirò di nuovo, si tuffò all’interno della cassa che avevano trovato e ne emerse con un libro. Era molto vecchio, con una copertina nera piuttosto anonima, e le pagine ingiallite. Eccitatissimo per la scoperta, Bill s’immerse nella lettura della prima pagina:
-È una storia di vampiri!- esclamò quando ebbe terminato.
-Ah, sì?- rispose Tom, cercando di ricambiare l’entusiasmo del fratello, ma senza riuscirci molto bene. Bill lo guardò storto.
-Lo so che non te ne frega nulla, sai?- disse.
-Ah, ecco. Be’, sei tu che lo leggerai, non deve interessare a me. L’importante è che ti piaccia.- fece Tom, riprendendo a spazzare.
Impiegarono tutta la giornata a pulire quella maledetta soffitta, interrompendosi solo a mezzogiorno per la pausa panino, ed infine, la sera, poterono andare a dormire, spossati come non mai. Tuttavia la stanchezza non impedì alla curiosità di Bill di spingere il ragazzo a leggere almeno la prima pagina del libro che aveva trovato.
Sdraiato nel suo letto, con la schiena appoggiata al muro, prese tra le mani quel volume dalla copertina nera e le pagine ingiallite soppesandolo con lo sguardo. Prima non ci aveva fatto caso, ma ora notava che era davvero molto pesante. Molto, molto pesante. Troppo pesante. Eccitato, sfogliò le pagine fino a giungere a quella che cercava:
“Capitolo 1
La notte buia e silenziosa si apriva davanti a lui. Gli edifici scuri erano illuminati fiocamente dalla luce della luna piena, che era sorta da poco; il viso del giovane, pallido e magro, si dipingeva di un’euforica gioia, al pensiero di quello che lo attendeva. Finalmente, avrebbe sentito sangue caldo. Sangue umano. Sangue vero. Ghignò, scoprendo uno ad uno i denti bianchi, tra i quali si nascondevano lunghi e appuntiti canini.”

Questo era l’incipit a dir poco attraente del libro che Bill aveva trovato in soffitta. E dire che si riteneva un esperto di racconti di magia, vampiri e creature varie! Bene, vi dirò soltanto che il giovane ragazzo era stato davvero incauto; tutti sanno che, da un vecchio libro nero trovato in un baule in soffitta non ci si può aspettare nulla di buono… tutti meno Bill.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Alle 6.30 del lunedì, il suono trapanante due sveglie riempì casa Kaulitz. Solo una però, fu spenta; l’altra continuò decisa a trillare impaziente e furiosa, finché Tom ringhiando come un cane arrabbiato, non si precipitò nella stanza del gemello per placarla. Siccome dal mucchio informe sul letto non giungeva alcun segno di vita, il rasta, progettando un altro piano malefico, prese l’iPod dal comodino e vi si sedette accanto.
 -…on...i…pro…are…- mugugnò il groviglio di coperte.
Tom ridacchiò, vedendo sbucare dalla matassa accanto a lui prima un dito, poi una mano e infine tutto il braccio di Bill che, annaspando e sbuffando, venne fuori dalle coperte. Non aveva un bell’aspetto: era pallidissimo, e gli occhi erano segnati da due occhiaie scure.
 -Che cos’hai, non stai bene?- gli domandò Tom. Bill scosse la testa.
 -Sto malissimo.- annunciò con voce flebile –Mi sento la testa divisa in due, è come se qualcosa ci stesse strisciando dentro.- aggiunse poi. Tom posò le labbra sulla sua fronte.
 -Non hai la febbre.- gli disse, quasi a mo’ di scusa.
Bill borbottò qualcosa appoggiando la testa al cuscino e chiudendo gli occhi. Allora Tom scese a dire alla madre che Bill non stava bene. Lei ne venne fuori con una tragedia degna di Shakespeare, ma infine decretò semplicemente che il ragazzo sarebbe rimasto a casa.  
 -Dovrò prendermi un permesso… accidenti, però oggi dovevo incontrare quel rappresentante…- borbottò la mamma, tra sé e sé. Tom colse la palla al balzo.
 -Non preoccuparti mamma, resto io con lui.- disse, con aria da santo immacolato.
La madre sembrò prendere in considerazione l’idea, ma si riscosse subito.
 -Nemmeno per sogno. Tu oggi vai a scuola.- decretò con voce ferma.
Tom non aveva intenzione di cedere.
 -Ma mamma, tu devi assolutamente incontrare quel rappresentante giapponese… è un grosso affare, non puoi sprecarlo così e poi, ripensandoci, dire: “Potevo avere una grande occasione, migliorare le condizioni di vita di molti e guadagnare un sacco di soldi, ma sono rimasta a casa con Bill, mentre Tom poteva benissimo stare con lui!”. È questo che vuoi, mamma?, avere dei così grossi ripensamenti?- disse. Certo che l’aveva proprio messa sul tragico. Rimase in attesa di un verdetto, fissando la madre con gli occhi sgranati, come sorpreso da tanto “egoismo”.  Infatti, non fallì. Sospirando come un mulino, infine, Simone disse:
 -Beh non puoi saltare un giorno di scuola… ma quel rappresentante giapponese…- guardò esasperata Tom, poi divenne apprensiva e rivolse lo sguardo a Bill che, steso nel letto, si massaggiava le tempie –D’accordo.- si arrese. Tom cercò di contenere l’entusiasmo per non peggiorare il mal di testa di Bill, accompagnando la madre in ingresso, promettendole che avrebbe fatto il bravo e che avrebbe studiato (eeehhh come no!, pensava intanto). Simone, ancora non troppo convinta della decisione che aveva preso, uscì di casa, chiedendosi come mai ancora una volta si era lasciata abbindolare da quel volpone di Tom.
Intanto il volpone era tornato da Bill, che si domandava perché proprio a lui era toccata quella sofferenza, massaggiandosi le tempie e sperando che tutto passasse in fretta.
 -Ce l’ho fatta!- esclamò il rasta, allegramente.
 -Bene.- rispose Bill, senza entusiasmo.
 -Non sei contento?- gli chiese Tom accigliato.
Bill aprì un poco gli occhi.
 -Sì che sono contento, ma non mi sento in vena di baldoria.- sussurrò.
 -Vuoi un’aspirina, o qualcos’altro?- fece il maggiore dei due, premuroso. Bill annuì.
Nonostante le quantità di medicinali diversi che il ragazzo prese, compreso lo sciroppo per la tosse e le gocce per il naso, la situazione non migliorò per niente, né peggiorò; semplicemente Bill stava malissimo. Poi ogni tanto chiamava il patrigno, incaricato da Simone (impegnata con il rappresentante), per sentire come andava.
 -Non c’è bisogno che chiami ogni mezz’ora, so cavarmela!- sbottò Tom alla quinta telefonata nel giro di un’ora e mezzo.
 -Modera il tono, prima di tutto- rispose l’uomo dall’altra parte del filo –Come sta Bill?-
 -Te l’ho già detto.- sospirò Tom esasperato –Non è cambiato di una virgola.-
 -Va bene. Richiamo tra…-
Tom lo interruppe.
 -Non c’è bisogno che richiami tra mezz’ora, ok? Richiama verso l’una.-
 -Sei davvero incredibile. Comunque, non fare confusione.-
 -Confusione con un fratello con la testa che scoppia?-
 -Comportati bene. Studia.-
 -Sì…-
 -Ciao Tom.-
 -Ciao.-
Sospirando, Tom mise giù la cornetta e tornò da Bill.
 -Non stai meglio vero?-
 -Be’, un po’ sì…- rispose lui.
 -Davvero?- chiese Tom sgranando gli occhi per la sorpresa.
 -Sì, però…-
 -Cosa?-
 -Ho un gran freddo!- si lamentò Bill, strofinandosi le braccia per riscaldarsi.
 -Quando ti è venuto freddo?-
 -Adesso, un attimo fa! HO FREDDO!- gridò.
Tom prese una coperta di lana e gliela mise addosso. Tremando come una foglia, Bill si coprì fino al naso.
 -Non migliora.- balbettò, con i denti che tremavano. Tre coperte e un piumone dopo, continuava a lamentarsi.
 -Come accidenti è possibile che il mal di testa sia stato all’improvviso sostituito da un freddo così terribile?- chiese Tom, quasi a se stesso.
 -Non lo so! Tom, io ho freddo!-
 -Cos’hai addosso?-
 -I…il pi…pipipigiagiama…- rispose Bill, i cui denti battevano così forte da non farlo parlare bene.
 -Hai davvero così freddo?-
 -Ssssiiii-
Tom si avvicinò all’armadio e ne estrasse due paia di calzettoni da sci, un paio di pantaloni pesanti, una maglia a maniche lunghe di tessuto spesso e…
 -Non hai una felpa?-
 -No.-
Sbuffando, Tom andò a prendere una delle sue, la più pesante che aveva, misura XXXXXXXXXXXXXXL. A Bill sarebbe arrivata alle ginocchia ma meglio così. Il moro tremava come una foglia anche sotto quella montagna di coperte, e quando Tom lo scoprì lanciò un urlo.
 -TOM! MUOIO DAL FREDDO!-
 -Se stai coperto, come fai a vestirti?- obbiettò Tom.
 -Ma io HO FREDDO!- protestò Bill, tuffandosi di nuovo sotto i plaid e piumoni.
-Bill, non fare il deficiente.- disse Tom, prendendo il braccio di Bill, ma lasciandolo subito con un’esclamazione di stupore. Era freddo come il ghiaccio, se non di più.
 -Ma…sei gelato!-
 -Ehhhh, ma va’?- rispose Bill sarcastico, nascosto nel letto. Tom si avvicinò al bordo e scoprì i piedi del ragazzo.
 -Toom!!-
 -Stai buono!- gli ordinò Tom. Dovette faticare per riuscire a infilargli i calzini, primo perché tremava spaventosamente, secondo perché era così ghiacciato che riusciva a malapena a tenerlo fermo. Tuttavia ci riuscì, e Bill gli comunicò che era un po’ meglio, ma tremava ancora incontrollabilmente.
 -Bill devi scoprirti. Per pochissimo, giusto il tempo di cambiarti la maglia!-
Dopo lunghe proteste, Bill accettò. Tom gli sfilò la maglia il più velocemente possibile, e gli mise quella pesante, nonostante si contorcesse come un’anguilla. Riuscì anche a mettergli felpa e pantaloni, ed entrambi furono solo felici quando ebbe terminato.
 -Tom, io non ce la faccio!- singhiozzò Bill –Ho freddissimo!!!-
 -Ma com’è possibile?- protestò Tom –Come fai ad avere così freddo?-
Andò ad alzare il riscaldamento (28°C il 27 marzo!!!), e gli fece un the bollente. Niente di tutto ciò servì, mentre Tom sudava un sacco nonostante fosse rimasto in canottiera e boxer.
Tanto per passare il tempo, si mise a fissare l’orologio che erano le 10.29.
50…51…52…53…54…55…56…57…58…59…ecco, erano le 10.30 esatte. In quel momento, la voce flebile di Bill, sepolto sotto le coperte, lo raggiunse.
 -Tom…-
 -Mmm?-
 -Ho un gran caldo!-
Tom alzò lo sguardo su di lui, perplesso. Il moro gettò via le coperte, e lo fissò. Era tutto rosso e sudato; Tom gli toccò il braccio: bruciava, nel vero senso della parola.
 -Bill, ma che ti succede?- domandò Tom, preoccupato.
 -Non ne ho idea! HO CALDO!- gridò Bill, liberandosi il più velocemente possibile da tutti quei vestiti pesanti e gettandosi indietro sul letto, ansimando. Tom si affrettò ad abbassare il riscaldamento finché non divenne freddissimo, accese il condizionatore e fu costretto a vestirsi pesantemente lui stesso, mentre Bill, steso sulle lenzuola, sudava impressionantemente. Il biondo provò a mettergli in testa la borsa del ghiaccio, ma si sciolse dopo pochissimo tempo; allora preparò delle pezze intrise d’acqua gelida, che però si riscaldavano in pochi minuti.
 -Che accidenti ti succede, Bill?- fece Tom, guardando con apprensione suo fratello, che emetteva strani gemiti non identificabili come parole. Un’ora dopo la situazione non era migliorata, ma arrivò un’altra chiamata del patrigno.
 -No, non ha più mal di testa…- sospirò Tom rivolto alla cornetta che squillava, prima di alzarla.
 -Pronto?-
 -Ciao Tom, sono io.-
 -Oh, ma che sorpresa!- esclamò Tom con sarcasmo nella voce. Udì Gordon fare una smorfia.
 -Come vanno le cose? Bill come sta?-
 -Non ha più mal di testa, prima aveva freddo e ora ha caldo.- spiegò il ragazzo.
 -Prima aveva freddo e ora ha caldo?- ripeté stupito l’uomo –Che cos’ha?-
 -Non ne ho idea, non sono un medico.- rispose Tom stizzito.
 -Hai provato a dargli qualcosa?-
 -Ho provato di tutto, dagli antidolorifici allo sciroppo, ma non è servito niente…-
 -Mmm… è strano… vabbè, mi raccomando fammi sapere se succede qualcosa, d’accordo?-
 -Va bene. Ciao.-
 -Ciao.-
Tom tornò da Bill, che ansimava da ore, sdraiato nel suo letto, sempre più rosso e sempre più sudato.
 -Sai, pensavo di farmi un uovo per pranzo; potrei cuocerlo sulle tue guance.- gli disse, sedendosi accanto a lui.
 -Divertente.- mormorò Bill, quasi senza forze. Tom si allungò e prese dal comodino il termometro.
 -Ti provi la febbre?-
 -Mmh-mmh.- rispose il ragazzo, piegando la testa da un lato sul cuscino. Tom gli infilò il termometro sotto l’ascella.
 -Ce la fai a stare fermo per dieci minuti?-
 -Mmh-mmh.- fece di nuovo Bill.
Dieci minuti dopo, il bastoncino di vetro pieno di mercurio rivelò che Bill non aveva una linea di febbre.
 -Ma com’è possibile?- esclamò Tom stupefatto –Non può essere, sei un forno!-
Gli provò la febbre altre due volte, ma il risultato era sempre lo stesso.
 -Mah! Io rinuncio a capirci!- si arrese infine lasciandosi cadere indietro sulla sedia che aveva accostato al letto.
 -Non so… senti perché non vai a mangiare? È mezzogiorno e mezza, avrai fame, non hai fatto colazione…- rispose Bill, puntellandosi coi gomiti per stare su.
 -Pensavo che fossi prosciugato dalle tue forze.-
 -Non più. Mi sento benissimo.-
Tom sgranò gli occhi.
 -Come benissimo? Ma se fino ad un momento fa eri quasi sul letto di morte?- esclamò stupefatto. Bill fece spallucce.
 -Bo. So solo che ora sto bene.- disse semplicemente –Anzi, fa piuttosto freddino qui; sembra di essere in alta montagna.-
Tom gli posò una mano sulla fronte; era fresco come una rosa. All’improvviso, l’occhio gli cadde sull’orologio. Erano le 12.31. Molto, molto strano.
 -Sai che è proprio assurdo?- disse al gemello, che lo guardava.
 -Cosa?-
 -Dunque, supponendo che il mal di testa ti sia venuto alle 6.30, quando ti sei svegliato, e che ti è passato immediatamente sostituendosi con il freddo due ore dopo, alle 8.30, sapendo che alle 10.30 precise ti è venuto caldo e che alle 12.30 ti è passato tutto… è davvero assurdo.- spiegò Tom, appoggiandosi indietro sulla sedia.
 -Davvero? È stata una cosa scandita da orari precisi?-
 -Già.-
 -Che strano.- commentarono contemporaneamente Bill e Tom.
Rimasero qualche istante in silenzio, poi Tom suggerì al fratello di andarsi a fare una doccia e, mentre toglieva le lenzuola ancora intrise di sudore, pensò:
 “Certo che è proprio strano…”
Mentre se ne andava, gli cadde lo sguardo sul libro nero sul comodino e venne percorso da un brivido istintivo. Restò immobile a fissarlo per qualche secondo, poi lasciò la stanza chiudendosi la porta alle spalle.


Scusate il ritardo, ho avuto problemi... comunque spero che vi piaccia e vi ringrazio per i complimenti!! Bacioni!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Le settimane passarono tranquillamente. A Bill non successe più nulla di così strano e, nonostante lui e Tom avessero passato molto tempo a parlarne, non riuscirono a venirne a capo. Dopotutto, Bill non era cambiato affatto; studiava e otteneva ottimi risultati (mentre per Tom, come sempre, era il contrario…), usciva con gli amici, litigava con la madre che pretendeva ordine in quella sottospecie di camera da letto che si ritrovava e faceva, insomma, quello che faceva di solito.
Tuttavia, se la notte Tom non riusciva ad addormentarsi, sentiva degli strani rumori provenire dalla stanza del fratello; come dei ringhi, o strani mugolii. Però, ogni volta che andava a controllare, trovava Bill rannicchiato nella solita posizione da bambino indifeso, che respirava regolarmente. O, pensava Tom ridacchiando tra sé, si teneva una ragazza nascosta nell’armadio o, probabilmente, stava avendo degli incubi.
Una notte, però, Tom udì qualcosa di diverso. Come dei passi, dei rumori sul tetto. Si alzò cauto dal letto, ma nel farlo urtò la sveglia, che segnava l’orario: mezzanotte e dieci. Si accostò alla finestra e, cautamente, la aprì, guardando in alto. Non c’era nulla. I passi si erano allontanati dalla sua zona di tetto, poi si fecero più veloci ed infine, silenzio per qualche secondo. Poi, un tonfo lieve, lontano. Strano, molto strano.
L’aria fresca della notte tra il 26 e il 27 aprile pizzicava il viso del ragazzo che, con le spalle scosse da un brivido involontario, scrutava i tetti, finché il suo sguardo non si interruppe a causa dell’orizzonte limitato. Nulla sembrava strano, o diverso dal solito. A un tratto, un’ombra su un tetto catturò la sua attenzione, ma era solo un gatto girovago che si dileguò nell’ombra scura della notte. Costringendosi a pensare che se l’era solo immaginato, Tom rientrò, e tornò al letto, dopo aver chiuso la finestra. Si stese, ma rimase rigido, nella posizione di un cadavere all’obitorio [ND: scusate il penoso paragone, ma è l’unico che mi è venuto! XD] e fissò il soffitto cercando di prendere sonno, ma troppo incuriosito dai rumori, non ci riuscì. Solo quando, ore dopo, le palpebre pizzicavano e gli intimavano di chiudere gli occhi, Tom si addormentò, sognando qualcosa che lo fece svegliare sudato e agitato, ma non ricordando perché.

Dal tetto la notte si apriva solo per lui. Era mezzanotte passata da una decina di minuti e lui, finalmente, era libero. Libero di fare ciò che voleva, libero di cacciare, di nutrirsi… nutrirsi, era quello che voleva fare più di ogni cosa. Aveva troppa fame per aspettare. Ma si costrinse a farlo. Aveva atteso tanto tempo, quello era il momento di goderselo. Spiccò una corsa, e saltò sul tetto più vicino, a cinquanta metri di distanza. Spalancò le braccia, sorridendo euforico alle stelle. Che sensazione magnifica, era quasi come volare… solo che si trovava costretto ad atterrare, prima o poi. Questo però non gli impediva di saltare di nuovo. Con un ghigno, raggiunse più di un tetto, a distanze anche maggiori di cinquanta metri. Si stava sfidando da solo? Quanto lontano riusciva a saltare? Settanta metri. Novanta. Cento metri. Centodieci metri. Basta, o si sarebbe suicidato. Rise, una risata senza allegria, che aggredì la quiete della notte spazzandola via violentemente. Rideva, perché aveva pensato una cosa molto stupida. Era forse un comune essere umano, la cui vita poteva finire così semplicemente, cadendo da un tetto? Rise di nuovo. Com’erano fragili gli esseri umani. Bastava anche solo un morsetto per ucciderli… fortuna che lui non era un umano. Quelli come lui in altre epoche erano stati condannati dalla Chiesa per aver stretto patti con il demonio. Quelli come lui in altre epoche erano stati sottoposti a lunghe e terribili torture, finché, finalmente, non imploravano la morte rivelando l’unico vero modo per ucciderli. Per ognuno di loro era diverso. Dipendeva da ognuno. E lui… lui credeva di sapere cosa poteva ucciderlo, ma preferì allontanare certi pensieri. Si riscorre. Un venticello fresco gli fece sventolare il mantello attorno al corpo e i capelli attorno al viso. Sorrise. Adorava quel venticello. Inoltre, gli dava eccitazione e lo stimolava alla caccia. Ormai non si tratteneva più, doveva assolutamente sentirlo, sentire il sapore del sangue in bocca, non resisteva. Aveva atteso così a lungo… si calò lungo il muro del palazzo, sbirciando in ogni finestra che trovava aperta. Uhm… una bambina addormentata non gli sembrava il caso. Il sangue delle bambine era aspro ripugnante, lasciava un cattivo sapore. Lo sapeva perché aveva provato, una volta, ma se n’era pentito. Non certo per aver sentito le urla strazianti della madre che aveva scoperto il cadavere della figlioletta ancora sporco di sangue che lui non aveva finito di bere, perché troppo schifato dal sapore, ma perché temeva seriamente per le proprie papille gustative. Vagò silenzioso tra la gente addormentata, schivando qualche drogato in un vicolo buio, per ore, finché, all’ultimo piano di un palazzo piuttosto alto, una finestra aperta gli permise di sbirciare all’interno di una stanza fiocamente illuminata dalla luna. Era una camera da letto; sulle pareti stavano affissi numerosi poster di una band musicale, sotto la finestra dalla quale lui guardava c’era una scrivania di legno di mogano occupata per buona parte da un computer, e su un letto dall’altra parte della stanza era sdraiata una ragazza. Era giovane, bella e molto invitante.
Silenziosamente, si arrampicò all’interno, e si accostò al letto, guardando l’adolescente. Sorrideva, forse stava sognando qualcosa di bello…con un ghigno, lui pensò che era l’ultima cosa che avrebbe sognato. Dimostrava sì e no vent’anni; la carnagione chiara e i capelli lunghi e biondi la facevano sembrare di origine nordica; gli occhi azzurri della foto sul comodino lo confermarono. Le sue fattezze erano delicate e gentili, il naso all’insù e le lentiggini sul viso non facevano che renderla più bella. In un’altra foto, un bel ragazzo sorrideva dal centro di una cornice a forma di cuore. Probabilmente era il suo fidanzato. Peccato, un po’ gli dispiaceva per lui. Ghignò. Ma cosa stava dicendo? Non era affatto vero che gli dispiaceva, anzi, pensò, tra sé: “La prossima volta te la terrai più stretta…” come se sarebbe potuto essere utile. Voltò la testa della ragazza e la spinse all’indietro, scoprendo il collo bianco e all’apparenza puro. Dio, com’era invitante. Pian piano, si chinò su di lei, fino ad appoggiare le labbra su un punto vicino alla sua gola. Le dischiuse, scoprì i denti e li affondò nella sua carne, lentamente, per assaporarla bene. Aveva un ottimo sapore, ed era così morbida e dolce… succhiò con delicatezza e assaporò il sangue caldo, e ancora più buono della carne della ragazza. Rimase in quella posizione per molto tempo, finché il sangue fu finito. Non ne lasciò nemmeno una goccia. La giovane era di un pallore mortale e non respirava più. Come avrebbe potuto, dopotutto? Ghignando, e leccandosi le labbra per trattenere il sapore del sangue che sentiva ancora fresco. Si allontanò dal letto, senza un briciolo di senso di colpa, o dispiacere per quello che aveva appena fatto; aveva ucciso per dissanguamento una giovane ragazza, bevendo il suo sangue. Attraversò la finestra e balzò giù, atterrando con leggerezza sul marciapiede. Si arrampicò lungo il muro e arrivò sul tetto, inspirando, soddisfatto di se stesso. Aveva placato, almeno per stasera, la sua terribile sete, o fame, era la stessa cosa. La notte ormai si stava schiarendo. Era passato molto tempo, ci aveva messo un sacco per bere tutto il sangue, ma non si poteva certo dire che era stata una notte sprecata, anzi. Già, era stata davvero una gran nottata; la prima, dopo tantissimo tempo. Inspirò a fondo ancora una volta. Gli edifici erano tutti lì, davanti a lui. Quasi nessuno si poteva dire al sicuro se c’era lui in giro. Ad ogni modo, era ora che tornasse. Non poteva rischiare di farsi scoprire dall’alba ancora in giro. In pochi minuti, tornò nel luogo dal quale era partito, quella stanza da letto così insignificante per lui, soltanto il luogo dove si svegliava a mezzanotte precisa, e dove doveva tornare prima che sorgesse l’alba. Perché? Perché doveva, semplicemente. Si sfilò le vesti e le ripose nel solito nascondiglio, si mise quello stupido pigiama e si stese in quel letto così anonimo, che per lui non era nulla se non la sua copertura diurna. Chiuse gli occhi, aspettando di addormentarsi, o meglio, di perdere conoscenza una volta illuminato dai raggi del sole nascente. Non dovette attendere, tutto sommato, molto: all’incirca un quarto d’ora dopo, sentì la testa farsi più pesante e in pochi istanti svenne, lasciando che il sole invadesse di luce la camera.

Tom si svegliò mugolando poco prima che suonasse la sveglia. Aspettò finché non accadde e la spense all’istante. Scese in cucina. Non aveva proprio voglia di andare a scuola, oggi più del solito. Arraffando una ciotola, la riempì di cereali e latte, poi iniziò svogliatamente a mangiare. Bill arrivò poco dopo, decisamente più sveglio.
-Dormito bene?- gli chiese, vedendo il fratello rischiare di versarsi la colazione sul pigiama.
-Mah… non so, credo di aver fatto un incubo, ma non ricordo nulla.- mormorò Tom. Bill gli si sedette di fronte.
-Ah sì? Come mai hai fatto un incubo? Non mi sembrava di aver visto un film dell’orrore ieri, e dubito fortemente che tu abbia letto qualcosa.- disse, incuriosito.
-Bhe, ieri notte ho sentito qualcosa…-
-Cosa?- chiese Bill, curioso. La situazione diventava interessante.
-Dei…passi.- Tom guardò Bill esitante, temendo che lo prendesse per scemo. Invece non accadde. Bill era semplicemente curiosissimo.
-Passi? Sicuro che non fosse un gatto?-
-Impossibile.- decretò Tom deciso. Gli descrisse precisamente quello che aveva sentito, e alla fine Bill fece spallucce.
-Boh… è strano…- fece spallucce ancora –Vabbè, andiamo, è meglio che andiamo, se non rischiamo di fare tardi.-
Tom annuì, e posò la tazza vuota nel lavello, cercando con tutte le sue forze di non farsi inquietare
.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

“E oggi, per le notizie di cronaca nera, annunciamo la morte di una ragazza, Milly Graufen, trovata senza vita nel suo letto questa mattina, dalla madre. Il medico, ha costatato che nel suo corpo non c’è più una goccia di sangue, ed è stato trovato un taglio vicino alla gola. Nella stanza, nessun segno di effrazione. La polizia non sa come muoversi.”


Tom sentì Bill rabbrividire contro di lui, sul divano. Si voltò a guardarlo. Aveva l’espressione ansiosa, era come spaventato.
-Cos’hai?- gli chiese. Bill sussultò, e gli rivolse lo sguardo.
-Mah… è solo che questa storia non mi piace… trovata morta dissanguata senza neppure una goccia di sangue, e senza segni di passaggio nella stanza. Non mi piace, mi sento inquieto.- rivelò, arrossendo un poco.
-Ma dai, Bill, stai tranquillo…- cercò di tranquillizzarlo Tom –Non credo che la cosa toccherà noi. Non preoccuparti.-
Bill annuì, senza riuscire a nascondere la leggere paura.
-Non penso che dormirò, stanotte…- bisbigliò a se stesso. Il fratello lo sentì.
-Ma va là! Non esagerare Bill, stai tranquillo! Fai così, prendi un po’ di quelle erbe calmanti della mamma, quelle che fanno dormire.-
Bill accettò il consiglio, e si diresse in cucina, verso la scatola dei medicinali.


Lentamente, aprì gli occhi. Era pronto per un’altra nottata di caccia. Questa volta, però, avrebbe dovuto fare più attenzione. Se ogni notte qualche ragazza moriva dissanguata, qualcuno prima o poi si sarebbe insospettito. No, doveva scegliersi la vittima con più attenzione, e soprattutto doveva farla sparire.
Mentre formulava questi pensieri, si mise i soliti vestiti: un paio di pantaloni neri, una camicia nera ed un mantello, sempre nero. Aprì la finestra, e sentì l’aria fresca della notte che gli pizzicava il volto. Balzò sul davanzale e si arrampicò sul tetto, come un ragno. Spalancò le braccia, guardandosi intorno e cercando di abbracciare tutto quello splendore. Non si sarebbe mai abituato al fascino irresistibile della città a mezzanotte, che si stendeva sotto ai suoi occhi troppo sensibili alla luce, perfettamente adattabili al buio. Prese la rincorsa, raggiunse il bordo e saltò, per ricadere con grazia su un tetto a cinquanta metri di distanza. Saltò di tetto in tetto, fino a giungere ad un palazzo che sfiorava le altezze di un grattacielo, rivestito di pannelli di vetro. Lo esaminò per bene: era troppo alto perché potesse saltarvi sopra, non rimaneva che arrampicarsi. Si aggrappò alla superficie vetrosa del palazzo, scalandolo come se avesse delle ventose nelle dita, un po’ nella stessa posizione di Spider-Man. Mentre saliva, sbirciava nelle finestre. La maggior parte erano uffici, ma c’era anche qualche appartamento. Nessuna vittima interessante, peccato. Arrivato in cima, rimase in piedi ad annusare la notte. Non sentiva la puzza dello smog, o gli odori che sentono di solito le persone; no, lui sentiva il loro odore: quello degli umani. Stette immobile, annusando. All’improvviso, sentì un profumo indescrivibile che lo colpì moltissimo: era pungente, stimolante, dolce e amaro insieme. Era l’odore più buono e seducente che avesse mai sentito. In quel momento, sapeva solo una cosa: aveva scelto la sua prossima vittima.
Mentre seguiva quella scia, euforico, pregustava già il momento in cui avrebbe affondato i denti nella carne della ragazza di turno. Sfrecciava tra i tetti ad una velocità spaventosa, più veloce della luce, forse, e nel giro di pochissimo arrivò sulla casa dalla quale proveniva l’odore. Strano, il tetto pareva familiare. Con un lieve salto atterrò sul balcone; l’odore era sempre più forte. Si voltò e sbirciò attraverso le tende: nella luce della luna si poteva distinguere una figura addormentata in un letto. Si sentì pervadere da un brivido d’eccitazione mentre sfiorava la porta finestra che, nonostante fosse chiusa a chiave dall’interno, si aprì piano. Entrò con passi lievi e silenziosi, e si avvicinò al letto. Rimase stupito nel vedere che il volto illuminato da un pallido raggio lunare, era quello di un ragazzo. Era giovane, avrà avuto una quindicina d’anni, ed era anche un bel ragazzo. Non gli importava l’aspetto esteriore, era l’odore che lo attraeva. Si chinò e strusciò il naso contro il suo collo, per imprimere meglio il profumo. Inspirò a fondo, appoggiato alla gola del ragazzo, poi si alzò. Voleva far durare quel momento, quell’odore. Voleva ricordarlo. Si raddrizzò e fissò il volto del giovane addormentato. Non riusciva a resistere, ma doveva gustarselo. Con un dito lo accarezzò dall’orecchio fino alla giugulare. Fu allora che accadde qualcosa di imprevisto.
Tom sentì una specie di prurito, ma rimase immobile. Sentiva che qualcuno lo stava annusando. Si irrigidì quando un dito gli sfiorò il collo. Allora aprì gli occhi. Vide una figura che, avvolta in un mantello nero, lo scrutava con sguardo spaventoso. Pareva assatanato, sembrava che se lo stesse mangiando con gli occhi. Mangiando? La figura spalancò gli occhi e la bocca per la sorpresa… e Tom rimase terrorizzato quando scoprì una fila di denti bianchissimi, tra i quali spiccavano lunghi e affilati canini. Il ragazzo gridò e la figura scappò via veloce come il vento dalla finestra aperta; balzò giù, e Tom lo vide saltare di tetto in tetto, sempre più lontano, finché non scomparve. Il biondo chiuse la finestra e tornò al letto, ancora profondamente scosso. Si precipitò nella stanza di fronte alla sua. Come pensava era vuota. Tornò nella sua camera e si risedette sul letto per la seconda volta, scioccato. Tutto divenne chiaro. La strana malattia, i passi sul tetto, i mugolii e i ringhi: Bill era un vampiro, ed era assetato del suo sangue.

Eccomi qua con un nuovo capitolo!! lo so che è corto, però... Ringrazio moltissimo tutti quelli che mi hanno recensita e anche chi ha messo la mia ff tra le preferite e, ovviamente, chi mi ha inserita tra gli autori preferiti…
Scusate il ritardo, continuate a recensire!!!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Bill saltava di tetto in tetto, agitato. Si fermò, infine, sulla cima di un palazzo molto alto(circa 20 piani), un hotel forse. Si rannicchiò avvolgendosi nel mantello, respirando affannosamente. Cosa gli era successo? Perché si era spaventato ed era scappato? Chi era quel ragazzo? Sentiva bene il suo meraviglioso odore, così buono, così intenso. Da quando in qua si faceva degli scrupoli per uccidere qualcuno? Certo, si era svegliato e avrebbe potuto attirare qualcuno, ma perché lui aveva reagito così? Quell’odore… era così buono, così dolce e amaro, così delicato… era indescrivibile. Si strofinò il naso. L’istinto di tornare era fortissimo, ma doveva resistere, doveva aspettare domani. Domani, sì, l’avrebbe rapito quel ragazzo, l’avrebbe portato via, lontano. Avrebbe anche potuto urlare tanto nessuno lo avrebbe sentito. Un’altra domanda si insinuò nella sua mente. Perché è un ragazzo? Di solito, anzi sempre, le sue vittime erano giovani donne o anche ragazzine. Il sangue migliore era quello delle adolescenti. Ma quello di quel ragazzo… doveva essere sublime. Ghignò scoprendo uno a uno i denti bianchi e perfetti, tra i quali spiccavano canini affilatissimi. Ora doveva solo trovare un luogo dove portare il ragazzo il giorno, o meglio, la notte dopo. Dopotutto, si disse mentre riprendeva a saltare tra i tetti, il pasto è più buono se cotto a fuoco lento. Avrebbe avuto un sapore ancora migliore se lo assaggiava dopo aver superato scomodi ostacoli.

Tom si sedette in cucina, pensando intensamente. Cosa poteva fare? Prima di tutto, doveva capire cos’era successo: Bill era diventato un vampiro. Ma com’era accaduto? Gli vennero in mente milioni di possibilità, ognuna più improbabile delle altre, ma alla fine la risposta giunse a lui come se fosse sempre stata lì ad aspettare. Il libro. La soffitta. Certo! Doveva essere quello. Dunque, Bill aveva trovato in soffitta quel vecchio libro, di quelli con le pagine ingiallite che gli piacevano tanto. Aveva letto la prima pagina e se l’era tenuto, siccome aveva detto che era la storia di un vampiro. Tom si precipitò in camera del gemello, e trovò il volume in un cassetto del comodino. Non lo ricordava così: sulla copertina nera spiccava la parola “VAMPIR” scritta in color rosso acceso, rosso… sangue. Tom rabbrividì e lo prese in mano, ma lo lasciò andare subito: scottava. Tenendo il lembo del lenzuolo come protezione lo posò sul letto, lo aprì e lanciò un grido. Sulla prima pagina risplendeva una macchia di sangue, accanto a due iniziali che purtroppo Tom conosceva molto bene: BK. Bill era diventato un vampiro tramite qualche strana stregoneria, e il problema ora era capire da quanto tempo andava avanti la cosa; la risposta era lì, sullo stesso foglio: 26-3.
Tom avvolse il libro in una maglietta posata sulla sedia lì accanto e lo portò nella propria stanza, lo chiuse in un cassetto della scrivania, poi tornò in cucina a pensare ancora. Non aveva mai pensato tanto in vita sua! Si preparò un the, tanto per calmarsi, e si sedette di fronte alla tazza, osservando i fili di fumo salire verso l’alto creando complicati disegni, dove Tom non vedeva che brutte cose. Preferiva non leggere quel libro, per sicurezza. Forse, sarebbe potuto andare in quella strana bottega poco lontana dalla scuola, una di quelle tipiche dei film: con gli oggetti magici, i libri antichi e tutta quella roba che Tom aveva sempre pensato fossero sciocchezze, ma che ora potevano rappresentare la sua unica speranza. Ecco un altro problema, come se non ne avesse già abbastanza: ma Bill lo sapeva di essere un vampiro? E se lo era, perché si esponeva alla luce? Come mai lui non si era mai accorto dei canini spropositatamente lunghi? Era impossibile non notarli… ripensò a quando Bill aveva riso prima di andare a letto; decisamente, i suoi denti erano normalissimi. Però… però… gli venne in mente quando, un mese prima, era stato male, e aveva sofferto di mal di testa, freddo e poi caldo, ogni due ore esatte. Forse diventava un vampiro dopo il tramonto? No, non era successo nulla di strano. Forse, allora, era la mezzanotte? Possibile che l’ora delle streghe fosse anche quella dei vampiri? E la ragazza? Quella morta dissanguata? Di sicuro c’era lui dietro… Tom non poteva nemmeno pensarci. Doveva trovare una soluzione assolutamente, se non voleva finire allo stesso modo. Per ora, la bottega sembrava l’unica luce nell’oscurità delle tenebre di paura e sospetto che si era creata attorno a Tom, intenzionato a raggiungerla il giorno dopo.
Uno sbadiglio scoprì il ragazzo impreparato. Non aveva la minima intenzione di dormire, ma gli occhi minacciavano di chiudersi da un momento all’altro. Se Bill fosse tornato? Per precauzione, Tom prese uno spicchio d’aglio e se lo portò in camera, sul comodino. Poi s’infilò di nuovo sotto le coperte e, sebbene contro la sua volontà, si addormentò.

Bill posò una mano sulla maniglia della porta della casa sgangherata di cui si era appropriato, a circa 20 km dalla città. Nel piccolo ingresso polveroso filtrava dalla finestra la luce pallida della luna, che dava a tutto un’aria favolosamente spettrale. Il vampiro si diresse senza esitazione verso le scale di legno; le tavole del pavimento scricchiolavano sotto i suoi passi felpati. Sembrava in tutto e per tutto l’abitazione di un vampiro. Al piano superiore c’era un corridoio, sul quale si affacciavano cinque stanze. Una era il vecchio bagno, inutilizzato da circa un secolo; due erano camere da letto, una il soggiorno ed una la sala da pranzo. Entrò in quest’ultima; sul tavolo di legno impolverato c’era solo un candelabro d’argento che urgeva una lucidata, e attorno erano dieci sedie. Le accatastò nell’angolo accanto alla credenza che un tempo conteneva l’argenteria, poi spolverò il tavolo finché non fu lucidissimo, abbastanza da potervisi specchiare. Si chinò su di esso, ma non vide nulla. Ovvio: era un vampiro, non vedeva la sua immagine da nessuna parte. In effetti un po’ gli dava fastidio non sapere com’era fatto. Riscuotendosi da questi pensieri, uscì in corridoio e lo attraversò fino a giungere alla camera da letto più vicina.c’era una finestra sporca con i vetri rotti dalla quale passava la luce timida della luna, il cui raggio cadeva proprio su un letto a baldacchino, molto bello e impolverato, le cui coperte erano ingiallite dal tempo. Bill prese le lenzuola e le esaminò: erano di lino grezzo, per nulla mangiate dalle tarme e molto ampie. In due parole: quasi perfette. Le stese sul tavolo in sala poi andò a cercare delle corde. Scese le scale fino a giungere in cantina. Non ebbe bisogno di accendere alcuna luce per trovare quello che cercava: grosse funi dall’aspetto davvero resistente. Tornò nella sala dove avrebbe “mangiato” la notte dopo, strinse il capo di una delle corde fino a che non furono fredde come il ghiaccio e lo premette contro il bordo del tavolo; esso vi si fissò così saldamente che solo li, con un’altra magia, avrebbe potuto scioglierlo. Ripeté il gesto tre volte, ed infine ammirò la sua opera. Il tavolo di legno d’ebano era coperto da un lenzuolo, sotto al quale spuntavano quattro corde dall’aspetto minaccioso. Il tutto avrebbe messo a chiunque una certa inquietudine, ma a Bill dava solo eccitazione ed impazienza.
All’improvviso, gli odori iniziarono ad affievolirsi. Era già quasi l’alba? Uscì velocemente, chiuse di nuovo la porta poi, in pochi minuti, tornò nella casa da dove era partito rimise il ridicolo pigiama, nascose i propri abiti e si stese di nuovo nel letto, tornando ad essere il solito Bill.


Ok, ok, scusate per il ritardone, ma sapete com’è, in questo periodo che è verso la fine dell’anno, sono piena di compiti(e non li faccio tutti!).
Ad ogni modo, ecco il nuovo capitolo, here for you!! Spero tanto che vi piaccia, e vi prego di commentare!! Un bacione, Ary.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Quando Bill si svegliò, poche ore dopo, attese che come al solito Tom venisse a svegliarlo, ma siccome ciò non avvenne, si diresse in camera del fratello. Lo trovò, appallottolato tra le lenzuola, che ronfava agitato. Forse stava facendo un incubo… meglio non svegliarlo facendogli prendere paura, o lui sarebbe stato il primo a pagarne le conseguenze.
Gli fece una carezza sulla guancia sudata.
-Toom…- bisbigliò –che fai, dormi?-
Tom mugolò qualcosa, che Bill interpretò come:
-Lasciami stare… chiudi la bocca… NON MORDERMI!-
Bill gli si sdraiò accanto, e gli diede un bacio sulla guancia. Allora Tom aprì gli occhi, ma appena vide il fratello fece un salto e gridò.
Quando Bill lo guardò preoccupato, la sua espressione terrorizzata si rilassò.
-Scusa- mormorò passandosi una mano sul viso –ho… fatto un incubo.-
Bill, in uno slancio di affetto, lo abbracciò.
-Bhe, ora è finito, no?- disse.
Magari, pensò Tom sussurrando un “Sì”. Chi avrebbe mai detto che un ragazzo così gentile e dolce di notte diventava un mostro sanguinario senza scrupoli? Cerco di ricambiare il sorriso che Bill gli rivolgeva. Quest’ultimo, annusando l’aria, chiese:
-Ma cos’è questo odore?-
Il cuore di Tom cessò di battere dalla paura improvvisa che rischiò di sopraffarlo. Bill si voltò verso il comodino ed afferrò qualcosa di bianco.
-Aglio! Ecco cos’è!- esclamò –Cos’hai, paura dei vampiri?-
Tom si sforzò di ridere.
Anche a scuola rimase totalmente immerso nei suoi pensieri. Bill aveva avuto come minimo una decina di occasioni per attaccarlo, se avesse voluto, ma lo sguardo non era cambiato in quello assassino, non lo aveva neanche sfiorato. Era sempre come al solito, prova evidente che non sapeva di essere un vampiro. Doveva dirglielo? Certo che sì, ma prima doveva andare in quella bottega, e pregare che lo potessero aiutare.
Il furioso suono della campana lo risvegliò, insieme alla prof di storia che entrò sbraitando:
-Banchi separati! Veloci! Togliete tutto dal tavolo! Veloci!-
all’ora di storia Bill e Tom erano compagni di banco, e il rasta osservò il fratello allontanare il suo, perplesso.
Che hai?- gli chiese il moro –Non ricordi che c’è il compito in classe?-
Tom scosse la testa. Era nei casini, per dirla come andava detta. Non poteva prendere un’altra insufficienza, la mamma l’avrebbe sbranato vivo..
La prof distribuì i fogli, ed annunciò che avevano un’ora e mezzo di tempo.
Tre quarti d’ora dopo, Tom era disperato. Erano cento domande a risposta multipla, e lui ne aveva messe venti, nonostante fosse certo che almeno dieci fossero sbagliate.
Bill lo guardò apprensivo, e sussurrò:
-Tom…-
Tom si voltò impercettibilmente verso di lui.
-Dammi il tuo compito.-
Tom non se lo fece ripetere due volte, e Bill gli passò il proprio. Aveva già finito! Era un mostro! Rabbrividì al pensiero, e finse di continuare a fare la verifica.
Bill era concentratissimo, cancellava mentà delle risposte che aveva messo Tom e le riscriveva. Riuscì per un pelo a restituirlo a Tom senza farsi vedere, ma alla fine lo consegnarono.
Durante l’intervallo, Tom rischiò di soffocarlo in un abbraccio troppo entusiasta.
Grazie!- esclamò –Mi hai salvato!- lo percorse un brivido dicendolo.
-Sì, certo, prego, ma mi lasci andare?-
-Oh… scusa.-
-Comunque- aggiunse Bill tornando a respirare –si vedrà com’è andata.-
-Ma per favore!- commentò Tom –Sei un genio!-
Bill sorrise per il complimento. Tuttavia non dovettero attendere molto per sapere il risultato: la prof di inglese mancava, e quella di storia faceva supplenza; decise di usare l’ora per correggere i compiti. Bill prese 9-, Tom invece 8.
-Ho preso 8!- bisbigliò al fratello, eccitatissimo.
-Scusa se non ti ho fatto prendere un voto più alto- rispose Bill –Solo che poi diventava sospetto.-
Tom scosse la testa.
-Comunque ti devo almeno una decina di favori.-
Bill ghignò, scoprendo i denti, e Tom deglutì. Per un momento aveva dimenticato la notte passata, ma ora il ricordo era lì, vivido e fresco come… come sangue. Perché non riusciva a pensare ad altro? Era sconvolto dalla scoperta che il suo dolce e gentile fratellino, quello che gli aveva fatto prendere 8 in storia, quello che adorava svegliare con l’ iPod a mille, quello che aveva una timidezza unica nei confronti delle ragazze, fosse un vampiro. Un vampiro, un mostro, una creatura assetata di sangue che l’aveva quasi ucciso. Quel libro era stato letto dalla persona sbagliata, punto e basta. L’aveva nello zaino, ora, se l’era portato dietro per sicurezza. Inoltre, non aveva la più pallida idea di quello che fosse successo. Forse quel libro era diventato realtà, la storia aveva preso vita o qualcosa del genere. Però Bill una volta gli aveva detto che c’entrava una bellissima ragazza figlia del capo della città, che poi era la vittima. Be’, lui non era una bellissima ragazza figlia del capo della città, quindi doveva essere qualcos’altro. Che cosa, però non sapeva dirlo. Forse avrebbe dovuto fare più attenzione quando Bill gli raccontava l’ultimo film dell’orrore che aveva visto, o qualcosa del genere, magari c’era la risposta. Certo, ormai era inutile, e non se la sentiva di chiederlo al fratello. Se parlarne avesse risvegliato in lui l’istinto vampiresco e avesse deciso di far fuori la prof, lì in quel momento? Be’, non gliel’avrebbe certo impedito… però era meglio non rischiare, o lui avrebbe di certo pagato.
Quando infine si riscosse da questi pensieri, era all’uscita della scuola.
-Bill- disse Tom, voltandosi verso il gemello –Io torno a casa più tardi, ok? Devo fare una cosa…-
Bill lo guardò curioso.
-Che cosa?-
-Ehm… una ragazza.- inventò Tom, sperando che Bill non sentisse il cuore che minacciava di schizzargli fuori dal petto.
-Ahh…- fece il moro, strizzandogli l’occhio con aria complice e allontanandosi.
-Ciao!- lo salutò. Tom gli rispose con un cenno della mano, poi sospirò e si diresse verso la fermata dell’autobus.
Doveva funzionare, doveva trovare una soluzione, e l’unico posto che gli era venuto in mente era la bottega. Salì sull’autobus, e per poco non dimenticò di scendere, sprofondato com’era nei suoi pensieri. Girovagò per un po’, finché non si trovò davanti ad una vetrina molto singolare: erano esposti oggetti come sfere di cristallo, ampolle piene di liquidi colorati, bacchette di legno molto simili a quelle di “Harry Potter”, vasetti con erbe ed uno sulla quale etichetta era scritto: “squame di drago”. Sembrava proprio quello che cercava. Tirando un sospiro, aprì la porta; delle campanelle tintinnarono quando entrò.
L’interno era molto piccolo: tutto era coperto di scaffali dove erano stipati libri antichi, boccette, bacchette, e chi più ne ha più ne metta. In fondo, davanti ad una piccola porticina bianca dipinta con strani simboli, stava un piccolo bancone, nascosto anch’esso da oggetti di ogni tipo. Stando attento a non inciampare in tutto quel ciarpame, Tom vi si avvicinò.
-Ehm… c’è nessuno?- domandò, un po’esitante.
Da sotto il bancone comparve un vecchietto minuto, con capelli bianchi scompigliati ed occhiali che correggevano la vista di due occhi grigi.
-Salve- disse con voce gentile –Come posso aiutarla?-
Tom esitò un po’. Se lo avesse creduto matto?
-Ecco, io… mi servirebbe aiuto con un problema…-
-Che problema?-
-Ecco, si tratta di un vampiro.-
il vecchi lo scrutò un momento, poi chiese:
-Ti serve un libro sui vampiri?-
-No, no- rispose Tom, sempre più esitante –È proprio un vampiro, e centra con questo libro.-
Sfilò dallo zaino il volume nero, che era tornato ad essere un comune libro. Lo porse all’uomo che lo esaminò pagina per pagina. Arrivò esattamente a metà, ed impallidì.
-Dove hai preso questo libro?- sibilò. Tom si spaventò sul serio, trafitto da unpaio di occhi fiammeggianti.
-Io e mio fratello lo abbiamo trovato in soffitta…- balbettò.
L’uomo glielo mostrò: dove si univano le pagine, c’era una sottile striscia bruciacchiata, color rosso sangue.
-Ti ha seguito qualcuno?- chiese il vecchio, scrutando attraverso la vetrina.
-No, non credo…- rispose Tom agitato.
-Bene allora seguimi.-
il negoziante si avvicinò alla porta ed espose il cartello CHIUSO, poi tornò al bancone ed aprì la porticina, scomparendovi dentro. Tom, dopo qualche attimo di esitazione, lo seguì.

Eccomi con un nuovo e, sono spiacente di dirlo, cortissimo capitolo. scusate per l'attesa (lo so che lo dico sempre) e spero che vi piaccia. Mi raccomando, recensite in tanti perchè vorrei davvero sapere cosa ne pensate. Grazie molte dei complimenti, e anche per aver messo la mias toria tra le preferite. Un bacione vampiroso!!
Arianna

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


Si trovavano in una piccola stanzetta circolare; le pareti erano interamente coperte dalla libreria, fatta eccezione per un vano nel muro, dal quale si intravedeva una cucina, una porta, probabilmente del bagno, ed una piccola finestra. Al centro della stanza stava un tavolino rotondo, con sopra un vaso di fiori, e due sedie. In una nicchia c’era un letto coperto da una trapunta di lana, e sul pavimento era steso un morbido tappeto persiano. Alzando lo sguardo, Tom poté vedere che anche il soffitto era rotondo e basso; infatti il lampadario di cristallo che pendeva sfiorava quasi la testa del ragazzo.
Il vecchietto fece accomodare Tom e, prima di iniziare a parlare, lo scrutò attentamente, quasi volesse leggergli l’anima. Il biondo rabbrividì istintivamente sotto quello sguardo.
-Bene, credo di essere stato maleducato- sorrise l’uomo –non mi sono presentato. Sono Alfred Schein.-
Tese la mano, e Tom la strinse gentilmente.
-Piacere, Tom Kaulitz.-
-Bene Tom, vuoi raccontarmi tutto l’accaduto? Se quello che penso sia successo è vero, allora dovrai trattenerti per un po’.-
Tom annuì, e iniziò a esporre i fatti in ordine di come si erano svolti. Non sapeva bene se fidarsi o no del signor Schein, tuttavia decise che tentar non nuoce, e così non omettè neanche un particolare. Arrivò a raccontare del giorno in cui Bill aveva avuto quegli strani sintomi e sbalzi di temperatura, anzi per la precisione a quando aveva detto di avere mal di testa, quando il signor Schein lo interruppe.
-Un momento!- esclamò –Ricordi le esatte parole che ha pronunciato per dirlo?-
Tom rimase pensieroso per un po’. Infine, lentamente, disse:
-Beh… è passato tempo… però ricordo che aveva detto qualcosa come “Mi sento la testa divisa in due, è come se qualcosa ci stesse strisciando dentro”.-
Guardò orripilato il vecchio uomo seduto di fronte a lui, che annuì alla sua silenziosa domanda.
-Sì, è come pensavo. Era il vampiro. Comunque, vai avanti.- lo invitò gentilmente.
Tom riprese il racconto, un po’ scosso. Infine, quando rivelò che Bill era entrato in camera sua, da vampiro, probabilmente per ucciderlo, vide il signor Schein fare una smorfia preoccupata. Finì il racconto con semplicità, e attese che fosse il vecchio a prendere parola.
Fu presto accontentato.
-Molto bene, vedo che alcune cose le hai capite, come per esempio che tu fratello, Bill giusto?, non è sempre un vampiro. Tuttavia, prima di spiegarti quello che è successo a lui, devi capire bene cosa c’era dentro il libro.-
Tom annuì.
-Vedi, quel volume era la dimora di uno spirito. Ci sono tanti tipi di spiriti, è uno di questi è lo spirito vampiro. Ucciderli è impossibile, l’unico modo per sterminarli è pericolosissimo e difficile. Tuttavia, anche allora non sono morti, perché uccidere uno spirito è impossibile. Semplicemente, cessano di esistere. I pochi che riescono a vederli, scorgono una nuvola di fumo nero e rosso, che lascia dietro di sé gocce di sangue. Uno spirito è eterno, se non lo si stermina, e vive possedendo le persone. Si era nascosto in quel libro, rendendo la sua lettura irresistibile, e i malcapitati che si avventuravano tra le sue righe, leggendo aprivano la loro mente al vampiro che, appena riesce a penetrarla a sufficienza, ne prende il controllo. Bill è giovane e ingenuo, e chiaramente non sapeva nulla dello spirito, che è riuscito a entrare nella sua debole mente con facilità. Da allora, tutte le notti, da mezzanotte fino al sorgere dell’alba, esso si è risvegliato, ma per avvolgere completamente la sua volontà ha dovuto impiegare un mese. Ora, ti chiederai perché questi istinti si risvegliano in lui solo durante questo preciso lasso di tempo.-
Tom annuì di nuovo. La testa gli pulsava, sembrava un film.
-Bene, vedi, il motivo è semplice, eppure misterioso. Il vampiro, nel corso della sua esistenza, si è macchiato di terribili delitti, anche se io non posso conoscerli, e il suo spirito si è sempre più sporcato. Certo, uno come lui, o meglio esso, è da sempre impuro, al contrario dell’anima di tuo fratello. Quella è la sua salvezza, la sua unica salvezza. La sua anima è purissima, e inattaccabile, sarebbe come mettersi a guardare il sole senza una protezione, per il vampiro. Perciò non riesce a possederlo completamente, perché la sua anima, come anche la tua, o la mia, o quella di chiunque non abbia commesso omicidi, è difesa da una protezione antica, diversa per ognuno di noi. Scoprire quale è davvero difficile, ma quando lo capisci possiedi una forza interiore incredibile. Riesci a immaginare quale potrebbe essere quella di Bill?-
Tom ci pensò un poco, poi sorrise.
-L’ingenuità, forse.-
Già, Bill era davvero ingenuo, e ciò lo rendeva dolcissimo. Ogni tanto Tom, prendendolo in giro, lo chiamava zuccherino, e allora ecco che Bill s’infuriava. Sotto sotto, però, Tom sapeva che gli faceva piacere, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a lui. Va bene che, proprio come un bambino, non aveva peli sulla lingua, però un po’ di dignità sì.
Anche il signor Schein sorrise.
-Sorridere è molto importante, sai? Anche in momenti difficili come sarà questo, può aiutare molto.-
Capendo che dovevano reiterarsi al discorso, Tom tornò serio.
-Dunque, Bill è un vampiro solo la notte perché lo spirito non può possedere un’anima come la sua. Tuttavia, il succo importante del discorso è che tuo fratello voglia ucciderti. O meglio, lo spirito che lo possiede vuole farlo. Tuttavia, anche se l’essenza è un’altra, il corpo è lo stesso, e qui viene il problema.
Se un vampiro beve il sangue di un suo familiare, anche se normalmente non lo farebbe, il corpo che lo ospita viene affetto da una terribile malattia, che preferisco non spiegarti ora, ma che può portare alla morte dopo lunghe agonie.
Se invece beve il sangue di suo fratello o sorella gemella… beh, la cosa è più violenta: muoiono entrambi.-
Tom trasalì.
-Perciò puoi capire da solo quanto ingrata e pericolosa sia la vostra situazione. Se uno spirito sceglie la sua vittima, nulla gli farà cambiare idea, e nasconderti non servirebbe a nulla, perché esso sentirebbe il tuo odore a chilometri di distanza.-
Tom si sentiva girare la testa sempre di più. Non doveva farsi prendere dal panico, assolutamente.
-Ma… allora noi come faremo?- balbettò confuso e spaventato.
Il signor Schein annuì seriamente.
-Certo.- disse –Giustissimo. Dunque, siccome non esiste un modo per placare gli istinti a un vampiro, si dovrà ricorrere a un altro metodo. Esiste una particolare pozione, che impedisce al vampiro di sentire l’odore della persona che vi mette dentro un piccolo pezzo di se stesso… come un capello, per esempio.-
Tom era ancora più disorientato. Quella roba somigliava spaventosamente alla pozione Polisucco di Harry Potter. Sospirò profondamente. Ormai non era più nel mondo a cui credeva di appartenere, ma in quello pieno di pericoli e magia che vi si nascondeva dietro.
-D’accordo.- assentì –E c’e l’ha lei questa pozione? La prego mi dica di sì.-
Il signor Schein sorrise gentilmente.
-Non ho la pozione, ma ho gli ingredienti necessari a prepararla. Ci vorrà un’oretta, non di più. Ti aspettano a casa?- domandò.
Il ragazzo scosse la testa.
-No, ho detto a Bill che uscivo con una ragazza… sa che non dovrei tornare presto.-
L’anziano uomo sorrise di nuovo.
-Molto bene, allora puoi aiutarmi se vuoi.-
Tom annuì. A Bill una cosa del genere avrebbe fatto girare la testa dall’eccitazione, ma a lui girava per tutt’altro motivo. Aiutò il signor Schein a portare in cucina un grosso pentolone nero, che pose nel camino, e posò sul tavolo una buona decina di provette che contenevano strani liquidi colorati, una grossa bacinella piena di foglie di chissà quale pianta, un grande contenitore di legno colmo di una polverina rosso rubino, un pestello ed un mortaio.
Si sentiva sempre di più Harry Potter, anzi, il suo amico imbranato, Ron Weasley.
Rimase a guardare il signor Schein che pestava le erbe e le metteva nel calderone, aggiungendo più tardi un liquido viola. Dopo un po’ fu incaricato di mescolare attentamente, prima due volte in senso orario, poi tre in antiorario, e così via.
Ora era diventato Harry, gli mancavano occhiali e cicatrice.
Passò a mescolare almeno un quarto d’ora, prima che il signor Schein, fino a quel momento impegnatissimo a pesare attentamente polveri varie, gli chiedesse di lasciare stare la pozione e metter su l’acqua per il the. Infine anche questo fu pronto, e il ragazzo lo versò in due tazze, che posò sul tavolo. Poco dopo, il vecchio lo raggiunse e sorrise, tutto sudato.
-Come ti senti a preparare la pozione?-
-Harry Potter.- rispose –Mi sento incredibilmente Harry Potter. Mancano giusto gli occhiali, la cicatrice e la bacchetta magica, e sono perfetto.-
Il signor Schein rise.
-La vuoi una bacchetta magica?-
Tom lo imitò.
-Guardi, credo di poterne fare a meno.-
Pochi secondi dopo, però, tornò serio. Tutta quella storia non era per niente divertente. C’erano in gioco la vita sua e soprattutto quella di suo fratello, e il teatro del pericolo era la notte, misteriosa e pericolosa, che con il suo buio poteva nascondere qualsiasi omicidio da parte del vampiro. In quel omento, una domanda gli sorse spontanea.
-Ma il vampiro… ecco, lui è Bill? Intendo, è lui solo fisicamente, oppure anche la mente è la stessa? Intendo dire, lui sa chi sono io? Perché se lo sapesse non mi avrebbe ucciso… saprebbe anche che rischia di morire anche lui…- lasciò in sospeso la frase e guardò il signor Schein, che aveva un’espressione pensierosa.
-Vedi, lo spirito non è Bill. La mente è quella del vampiro, durante la notte, un vampiro che non si cura di conoscere le sue vittime. Perché sai, se Bill riuscisse ad ucciderti (Tom rabbrividì), morireste voi due, ma non lui. Lui riuscirebbe a scappare. Perciò, in risposta alla tua domanda, no, il vampiro non sa chi sei.-
Tom annuì, e riprese a vagare tra i propri pensieri, finché uno, non importantissimo, ma martellante, riuscì ad aprirsi un varco tra gli altri e convincerlo a formularlo ad alta voce.
-Mi scusi signor Schein…- iniziò il ragazzo timidamente, vedendo il vecchio alzare lo sguardo –Se non sono indiscreto, posso chiederle come mai lei sa tutte queste cose?-
Il signor Schein sorrise.
-Ma certo che non sei indiscreto. Vedi, il motivo di questa mia conoscenza è il fatto che anche io una volta sono stato posseduto da un vampiro, quando ero giovane. Un uomo cui sarò grato per sempre mi aiutò a uscire da quella prigione, e da allora iniziai a studiare per diventare come lui, un esperto in magia e vampirologia.- spiegò semplicemente.
Tom annuì. Incredibile, era l’unica parola che gli veniva in mente riguardo a tutto l’accaduto.
Poco dopo un fischio dal calderone annunciò che la pozione era pronta. Sbirciandovi all’interno, Tom vide un liquido color azzurro chiarissimo sul fondo, che il signor Schein trasportò in una piccola boccetta di cristallo.
-Manca solo un tuo capello.- disse.
Il problema era che i capelli di Tom erano un po’ inaccessibili. Tuttavia, riuscì a trovare un capello corto, nascente, e lo mise nella pozione. Quando venne a contatto con il liquido, un sibilo si diffuse nell’aria e il capello di sciolse come fosse acqua.
-Molto bene- concluse il vecchio –Deve prenderne due gocce ogni sera, è inodore e incolore, e farà sì che il vampiro non percepisca il tuo odore. Tutto chiaro?-
Mentre lo diceva, aveva riaccompagnato Tom dentro al negozio.
-Chiaro.- rispose il ragazzo, riponendo il prezioso liquido nello zaino, insieme al libro nero –Senta, ma secondo lei devo dire a Bill quello che sta succedendo? Insomma, lui non sa di essere un vampiro…-
Il signor Schein annuì.
-Certo che devi dirglielo. Però, se non ti crederà, dovrai comunque riuscire a somministrargli l’antidoto… o sarà finita per entrambi.-
Anche Tom annuì era già alla porta, quando si bloccò.
-Ehm, vorrei chiederle anche un’altra cosa.-
-Certo, dimmi pure.-
Tom tornò verso di lui e indicò i libri in vendita.
-Tra questi libri, c’è anche una storia di vampiri? Bill le adora, ed è un collezionista di vecchi libri… siccome oggi mi ha fatto prendere 8 in storia, vorrei fargli un regalo…-
Il vecchio sorrise, si avvicinò ad uno scaffale e tornò poco dopo con un libro, già impacchettato i carta da pacchi.
-Questo è molto raro, anzi direi unico, e sono sicuro che se Bill è un collezionista, lo apprezzerà.-
Tom ringraziò e fece per pagare, ma il signor Schein lo fermò. Soppresse ogni protesta, dicendo che glielo regalava, e così dicendo lo salutò.
Il ragazzo uscì dal negozio con il libro in mano, e con mille preoccupazioni e paure ad assalirlo, si diresse alla fermata dell’autobus, per tornare a casa, tornare da Bill, tornare dal vampiro.


Ehm, lo so, il ritardo è troppo, ma il tempo troppo poco! Questo è il nuovo capitolo, e spero che vi sia piaciuto…
Ringrazio tanto kaulitz92 e _Glossy_ che mi recensiscono sempre, e vi mando un mega bacione!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Tom entrò in casa con l’ansia nel cuore.
Non temeva certo che Bill non avrebbe apprezzato il regalo, anzi, ma il problema era la questione sanguinolenta del vampiro: se non gli avesse creduto?
Si richiuse la porta alle spalle, ed una folata improvvisa di vento la fece sbattere; pochi secondi dopo la voce del moretto fece capolino dalle scale:
-Tom, sei tu?-
-Sì.- rispose l’altro, avviandosi al piano di sopra.
Arrivato in cima, il viso sorridente di Bill lo accolse dalla sua stanza.
-Allora, com’è andata con questa fantomatica ragazza?-
Per un momento Tom rimase interdetto, poi capì.
-Oh!- fece un debole sorriso –Non c’è nessuna ragazza.-
Bill spalancò gli occhi stupito.
-Ah no? E cosa sei andato a fare?-
Con un sorriso enigmatico, Tom entrò nella sua stanza e si sedette sul letto, lasciando che il fratello si accomodasse subito accanto a lui.
-Sono andato a prendere questo.-
Il rasta estrasse dallo zaino di scuola il libro che aveva impacchettato alla bell’e meglio passando in una cartoleria, e lo porse a Bill.
Questi, dal canto suo, era più che incredulo.
Spostava lo sguardo da Tom al pacco, e teneva gli occhi spalancati, troppo stupito.
-È… è per me?- domandò con voce tremante.
Tom colse la palla al balzo.
-Certo che no, è per mamma.- disse serio, riprendendosi il pacchetto.
-Oh.- fece Bill deluso, abbassando lo sguardo sulle proprie ginocchia.
Tom rise divertito.
-Ma certo che è per te, scemo!-
Bill fece un debole sorriso e riprese il pacco, con mani tremanti, le stesse che strapparono la carta colorata e che rivelarono il contenuto del misterioso involucro.
Il moretto lanciò un urlo.
-Grazie Tom!- gridò fuori di sé dalla gioia, abbracciando di slancio il fratello, che quasi cadde dal letto, vinto da tanta foga ed entusiasmo.
-Dove l’hai preso? E come facevi a sapere che lo volevo?-
Tom ghignò, nascondendo la meraviglia nello scoprire che era ciò che desiderava.
-Mai sentito parlare di telepatia tra gemelli?-
-Ceeeeerto… comunque, dov’è che l’hai trovato?-
-Non te lo dico.
-Dai-.
-No.-
-Ti prego?-
-Nein.-
-Daaaiii!-
-Bill, guarda che me lo riprendo.-
Disse Tom seriamente, con occhio minaccioso.
-Va bene! Va bene, ero solo curioso…-
Lo sguardo di Bill si fece assente per qualche secondo, poi una lacrima gli solcò la guancia destra.
Tom lo guardò stupefatto.
-Piangi?- domandò.
Bill scosse la testa, ancora turbato.
-Non è nulla, solo che…- Tom attese trepidante –che tu non mi fai mai dei regali, tranne per Natale e il compleanno…- mormorò Bill timidamente.
Ops, era vero.
-Ciò non significa che non possa farteli, specie se mi fai prendere 8 in storia.- sorrise Tom.
Bill lo abbracciò di nuovo, e Tom si sciolse di tenerezza.
Suo fratello era così, un bambino troppo cresciuto che adorava le coccole in tutto e per tutto, ma che, nonostante questo, aveva un cervello, e una media scolastica, davvero invidiabili.
Poi il moretto si calmò, e Tom dovette raccogliere le sue forze, per affrontare di petto la prossima questione.
Il vampiro.
-Bill?- lo chiamò, già immerso nella lettura del libro.
Il ragazzo alzò la testa, ingenuamente.
-C’è… una cosa che devi sapere.- disse Tom tutto d’un fiato, con il cuore che batteva all’impazzata.
Bill continuava a fissarlo, così prese fiato, e rivelò quello che lo preoccupava.
-Sei un vampiro.-
Lo sguardo dell’altro si fece scettico, e alzò un sopracciglio.
-Certo- disse –Un discendente del conte Dracula.-
Tom sentì un’ondata di nausea, e si lasciò assalire dallo sconforto più nero.
-No… ascolta, è una cosa seria. Stanotte mi sono svegliato, e c’eri tu che mi annusavi. Ma non eri tu tu, era il vampiro che si rifugiava all’interno del vecchio libro che abbiamo trovato in soffitta! Oggi sono andato nella vecchia bottega di stramberie che c’è vicino a scuola, e il negoziante mi ha dato la conferma che tu sei un vampiro, solo da mezzanotte fino all’alba, e che se mi morderai, moriremo entrambi, perché quando un vampiro uccide suo fratello gemello, muore anche lui!- spiegò il ragazzo con enfasi.
Bill si alzò in piedi.
-Va bene, Tom, adesso fai una dormita, poi torni e smetterai una volta per tutte di prendermi in giro, va bene?-
Anche Tom balzò in piedi, e strinse una mano attorno al suo braccio.
-Non ti sto mentendo, fidati! È successo davvero, e tu stanotte eri…-
-Basta.- lo interruppe il moretto con voce ferma -Ora basta.-
Tom non si diede per vinto.
-No, Bill! Questo è tutto vero, e moriremo entrambi di una morte atroce se non mi ascolti!-
Bill, a quel punto, perse il controllo.
-SMETTILA!- urlò –DEVI SMETTERLA DI PRENDERMI PER IL C**O, perché IO NON NE POSSO Più! HO CAPITO CHE LA ROBA CHE LEGGO TI SEMBRA UNA CA**ATA, VA BENE?- aveva il viso paonazzo –MAGARI NON TE NE ACCORGI, MA I TUOI SCHERZI MI FANNO STARE MALE, OK? perché IO NON ME NE VADO IN GIRO A SFOTTERTI APPENA PRENDI IN MANO UNA CHITARRA, ANCHE SE PENSO CHE LA SUONI DA SCHIFO! QUNIDI PER CORTESIA SMETTILA DI PRENDERMI IN GIRO, perché A MOMENTI TI PRENDO A SCHIAFFI!-
Cisì dicendo, con uno spasmodico singhiozzo, Bill scappò via, portandosi dietro il libro che Tom gli aveva appena regalato.
Quest’ultimo, rimase scioccato in piedi accanto al letto, troppo stupito per muoversi.
Quello che aveva detto il moretto era una sorpresa assoluta per lui.
Certo, lo prendeva spesso in giro con stupidi scherzi, ma non si era mai reso conto che rimaneva così male…
Il commento sulla chitarra, che normalmente lo avrebbe fatto infuriare, non lo sfiorava neppure.
Il problema era che lui, Tom Kaulitz, aveva fatto soffrire a lungo suo fratello, senza rendersene mai conto, e senza mai vedere quanto l’anima della persona cui teneva di più al mondo fosse lacerata.
Ed ora, lui aveva ricevuto l’effetto boomerang.
La sua vita e quella di Bill erano a grave rischio, e la colpa, dopotutto, era sua.
Sua, che aveva fatto sì che il gemello gli sputasse contro quanto odiasse le sue stupide prese in giro.
Sua, che aveva reso ancora più inverosimile la terribile situazione in cui si trovavano.
Sua, sua, e ancora sua.
Bene, a questo punto rimaneva solo una cosa da fare: dare a Bill di nascosto la pozione e soprattutto, porgergli mille scuse.
Tom si rannicchiò sul letto, cercando di non pensare a nulla, soprattutto al senso di colpa strisciante che lo stava dilaniando e divorando.


Scusate! Scusate tantissimo! Lo so che il ritardo è imperdonabile, ma il problema è che non sono stata a casa in questi ultimi tempi, perciò niente computer, niente Internet!
Vi avverto che quest’estate non scriverò molto, cerco di andare il più possibile avanti in questi giorni, ma non prometto nulla…
Un bacio e un grazie a tutti quelli che leggono e soprattutto a chi commenta la mia storia! Un bacio grande!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Tom aveva i nervi a fior di pelle.
Reagiva sempre così quando era preoccupato per qualcosa, normalmente per i compiti in classe.
Era l’ora di cena, e lui e Bill sedevano uno di fronte all’altro, mangiando in silenzio il pasticcio di carne che la mamma aveva preparato.
Questa sedeva sbigottita tra di loro, e cercava inutilmente di fare conversazione.
-Allora… com’è andata a scuola oggi?- disse, sentendosi a disagio.
-Bene- risposero contemporaneamente i due gemelli, con voce fredda.
Si guardarono per un secondo, poi ripresero a cenare, e la spessa coltre di ghiaccio che andava formandosi tra di loro, si rafforzò.
-Va tutto bene, ragazzi?- cercò ancora di chiedere Simone.
-Sì.- rispose Bill alzandosi di scatto e mettendo il suo piatto vuoto nel lavello.
Un attimo prima di uscire, disse:
-A proposito mamma, chiudi bene la finestra stanotte, che non si sa mai che io diventi un vampiro e decida di ucciderti.-
Tom sentì una stretta allo stomaco, e alzò lo sguardo per un momento, incontrando quello gelido del fratello, che lasciò la stanza senza un ulteriore parola.
Simone guardò perplessa il figlio che ancora si trovava lì.
-Cosa significa, Tom?- domandò.
-Non lo so.- mentì il ragazzo, alzandosi anche lui da tavola.
Era intenzionato a fare pace con Bill, almeno sarebbe stato più facile dargli la pozione di nascosto, siccome evidentemente lui non aveva intenzione di credere alla sua storia.Tom non si sarebbe arreso, mai.
Non poteva.
La sua vita e quella di suo fratello erano nelle sue mani, e non aveva intenzione di lasciare che uno spirito li uccidesse entrambi.
Così si diresse verso la porta della stanza di Bill, e bussò tre volte.
-Chi è?- domandò la voce del moretto dall’altra parte.
-Sono Tom…-
-Vattene.-
Tom rimase spaventato dalla durezza della sua voce.
-Bill, ascolta, mi…-
-Non mi interessa.-
-Ma io…-
-Vattene Tom. Non ho nulla da dirti.-
-Senti, mi dispiace… vorrei fare pace con te.-
-Be’, io no, quindi vattene e non scocciarmi più.-
Tom a quel punto si rassegnò, ma non si diede per vinto.
-D’accordo, ma se cambi idea…-
-Vattene!-
Tom appoggiò l’orecchio alla porta e poté udire flebilmente un pianto sommesso. No… era decisamente troppo.
Il ragazzo si allontanò, e si chiuse in camera sua, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di sfuggire via dai suoi occhi.
Passò quasi un’ora, prima che si udissero rumori provenienti da qualunque parte della casa.
Simone era salita al piano di sopra, e aveva bussato alla camera di Bill.
-Tesoro… ti ho preparato la camomilla…-
Non si udirono rumori in risposta.
-Te la lascio qui davanti alla porta, d’accordo?-
Ancora silenzio.
Simone se ne andò dopo qualche secondo, sospirando.
Tom capì che quello era il momento giusto.
Si alzò silenziosamente, afferrò la boccetta e aprì la porta.
La tazza era lì, ed era la sua unica salvezza.
Stappò la fiala, e versò una goccia del liquido nella camomilla, poi tornò svelto in camera sua. Rimase a sbirciare, e vide che Bill apriva la porta, prendeva la tazza e ne beveva qualche sorso.
Tom si sdraiò sul letto, con un enorme sorriso sulle labbra.
Aveva una gran voglia di ridere dal sollievo.
Ce l’aveva fatta.
Era salvo, almeno per quella notte.
Sempre sorridendo, si affrettò a lavarsi, svestirsi, e si mise a letto, certo che avrebbe potuto fare sonni tranquilli.

Il vampiro raggiunse il solito edificio, quello alto 20 piani, e si sedette sul tetto in attesa che l’olfatto si stabilizzasse.
Passarono pochi minuti, e un’improvvisa quantità di odori lo investì, facendolo lievemente barcollare.
Respirò a fondo, e ghignò, cercando quello della notte precedente.
Non vedeva l’ora.
Presto, però, divenne furioso.
L’odore era scomparso.
Non lo sentiva più!
Com’era possibile ciò?
Forse il ragazzo era morto… improbabile, ma plausibile.
Si affrettò a cercare un giornale di quel giorno, ma non trovò alcun annuncio di morte, né una foto del ragazzo.
Furioso, lanciò un urlo, senza curarsi se qualcuno l’avrebbe sentito.
Non restava che cercare.
La strada… quella non la ricordava, non vi aveva prestato attenzione la notte prima.
Che stupido era stato!
Le ore passavano, ma Bill non trovò nulla che potesse suggerirgli l’abitazione del ragazzo.
La sua rabbia aumentava ogni minuto, ma l’alba giunse, e con lei il momento di rientrare.
Si ritrovò nella solita stanza da letto, e con furia si strappò gli abiti di dosso, si rimise il pigiama, che sembrava più ridicolo ogni volta che lo guardava, e si infilò sotto le coperte.
Quando la luce del sole entrò dalla finestra e gli illuminò il viso, perse conoscenza, ma non l’ira che lo assaliva.

Tom aprì gli occhi.
Era mattina presto, il sole era appena sorto.
Ciò significava che era sveglio, e se era sveglio voleva dire che era vivo!
Se era vivo, la pozione aveva funzionato!
Scoppiò a ridere, felicissimo, così felice che rimase senza fiato dalle risate.
Si rotolò per terra dal ridere, e quasi batté la testa contro il comodino.
Era vivo!
Era vivo!
Era talmente contento che non si accorse neppure che la madre era entrata, e lo guardava preoccupato.
-Tom, tesoro, è tutto a posto?-
-Eh? Cosa? Sì certo mamma non preoccuparti… mi sono ricordato di una cosa divertente, e…-
Tom non finì la frase e, come se nulla fosse, si alzò e si diresse in bagno.
Le cose con Bill non migliorarono durante la giornata, e neppure nei giorni seguenti.
Ad ogni modo, Tom riuscì sempre a somministrargli l’antidoto, correndo anche il rischio di essere scoperto.
Passò un mese.
Uno dei mesi più brutti della vita di entrambi i gemelli.
Non si rivolgevano quasi parola.
Tuttavia, un giorno, le cose sembravano andare un pochino meglio.
Non tanto, ma un pochino.
I genitori erano fuori per il weekend, e i due ragazzi erano a casa da soli.
Stavano cenando, rivolgendosi ogni tanto uno sguardo o una parola, quando Bill si alzò per prendere dell’acqua.
Tom colse al volo l’occasione, e versò una goccia del solito liquido nel bicchiere del fratello.
-Che diamine stai facendo?- la voce furiosa di Bill lo fece sobbalzare.
Alzò lo sguardo: il moretto lo guardava furioso dal frigorifero.
-Nulla…- si affrettò a rispondere Tom, ritirando la mano.
Il fratello fece uno scatto e gli afferrò il polso in una morsa ferrea, rischiando di slogarglielo.
-Che c***o è questa roba?- gridò di nuovo, paonazzo dalla rabbia.
-Bill, lasciami! Mi fai male! Mollami!- rispose Tom, strattonandolo e tirandolo.
Cadde dalla sedia portandosi dietro il fratello, che gli rovinò addosso, e tutto il liquido finì per terra.
-NOOOOOOO!- gridò Tom, disperato.
-Che c***o è questa roba?- ripeté Bill, riuscendo a strappargli la boccetta, ormai vuota, dalle mani.
-Anti vampiro?- lesse sgomento sull’etichetta, poi tornò a fissare il fratello, che giaceva sotto di lui terrorizzato.
-MA ALLORA CE L’HAI CON QUESTA STORIA!- gridò –CONTINUI A CERCARE DI PRENDERMI PER IL C**O! E IO CHE PENSAVO CHE FORSE ERA ORA DI FARE PACE, INVECE TU CONTINUI CON QUESTA STORIA! BENE! GRAZIE! AVEVO PROPRIO VOGLIA DI VEDERTI FARE UNA DELLE TUE SOLITE SCENE!-
-No, ascolta Bill, è una cosa seria, io…-
Per tutta risposta, Bill gli mollò un potente schiaffo sulla bocca.
-BASTA! SMETTILA! HO CAPITO! LA SAI UNA COSA? SEI ANHE Più ST****O DI QUELLO CHE PENSAVO!-
Dicendo questo, Tom ricevette un altro schiaffo, questa volta sulla guancia, e Bill lasciò la stanza velocemente, un’altra volta in lacrime.
Tom era perduto.
Cercò di recuperare il liquido, ma non c’era nulla da fare.
Quella notte sarebbe arrivata la sua fine, e anche quella di Bill.
Sapendo che ormai non c’era nulla da fare, si avviò verso la stanza di suo fratello, scrisse un biglietto e lo fece passare sotto la porta.
Non sapeva se Bill l’avrebbe letto, ma doveva provare.

“Caro Bill, scusami per tutto. Non avrei mai voluto farti soffrire, ma l’ho fatto, e a causa di questo stanotte moriremo tutti e due. Ti giuro che è così. Ti voglio ringraziare per essere un fratello fantastico e per avermi sempre aiutato anche se non me lo meritavo. Scusa, e grazie. Sei la persona migliore che conosca.
Tom”

Si diresse in cucina, e prese un po’ d’aglio, tanto per provare.
Si mise il pigiama e si stese a letto, singhiozzando.

Il vampiro uscì e si diresse al solito posto.
Era quasi rassegnato, ma quando iniziò a captare gli odori… eccolo lì, quello che aspettava da un mese.
Non poteva crederci.
Lanciò un urlo di gioia e si precipitò all’inseguimento dell’odore.
Giunse al balcone, e un improvvisa folata di odore di aglio lo investì
Non gli successe nulla, anzi, ghignò.
Quella stupida credenza dell’aglio era roba per vampiri inglesi, quegli schizzinosi.
Lui certo non si faceva problemi.
Entrò nella stanza.
Eccola lì, la sua vittima.


Oddio… potrò mai scusarmi abbastanza per il ritardo che ho fatto? Credo di no, ma… ecco il nuovo capitolo! Penso che sia l’ultimo per quest’estate, a settembre riprenderò a scrivere con più regolarità, ok? Un grazie enorme a tutti quelli che mi hanno recensita, e grazie anche per i complimenti!
Ci vediamo a settembre!
Buone vacanze!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10


La prima cosa di cui Tom si rese conto, quando venne svegliato dalla fredda aria della notte, fu un viso familiare.
La seconda cosa, fu che quel viso significava GUAI, GROSSI GUAI.
-Ti conviene restare fermo, o credo che potresti farti molto male.-disse Bill, senza guardarlo.
Tom non aveva mai sentito la voce del fratello così fredda, così crudele, distaccata…
Rimase immobile, terrorizzato.
Si rese conto che Bill lo teneva in braccio, e che stavano praticamente volando tra un tetto e l’altro.
Dal canto suo, il vampiro era più che euforico.
Finalmente, il ragazzo era suo.
Nessuno avrebbe potuto fare nulla per salvarlo.
Arrivarono alla casa di campagna un’ora dopo.
Normalmente, Bill ci avrebbe messo pochi minuti, ma doveva stare attento a non rischiare di far cadere Tom (anche se non sapeva che si chiamasse così).
Spinse la porta, che si aprì cigolando.
Avvertì con piacere che il ragazzo aveva la pelle d’oca, mentre si dirigevano verso le scale e salivano al piano di sopra.
Nella sala da pranzo, il tavolo era preparato da circa un mese ad accogliere Tom, che appena lo vide, iniziò a tremare come una foglia.
-No… tu non capisci…- sussurrò.
Bill lo sbatté sul tavolo e lo fissò furioso.
-Io non capisco?- sibilò, avvicinando il proprio viso a quello di Tom. –Sei tu che non capisci. Mi hai fatto dannare per un mese, ed ora io ho intenzione di ricambiarti. Questo lo capisci?-
Tom deglutì.
Mentre Bill lo legava, cercò di dimenarsi ma il vampiro gli affondò le unghie nel polpaccio e si immobilizzò.
Dopo che lo ebbe bloccato, Bill, che si sentiva percorso da brividi di eccitazione, si avvicinò a lui, finché il suo naso non fu a due millimetri da quello di Tom.
Gli alitò lievemente sul viso, e il rasta sentì come se una sottile lingua di fuoco lo avesse sfiorato.
Bill lo accarezzò alla gola, e fu lieto di sentire ancora una volta che aveva la pelle d’oca.
-Mi dispiace per te, sai?- mormorò, con una scintilla famelica nello sguardo. –Avrei fatto una cosa molto più veloce, ma dato come hai deciso di eludermi, ora ti faccio desiderare di non essere mai nato.-
Tom deglutì per la seconda volta, tremando, ed una lacrima gli scese dal viso.
-Hai paura?- gli domandò il vampiro. –Dovevi pensarci prima di escogitare un trucchetto per non farmi trovare il tuo odore, eh? A proposito, sai che è davvero buono? Il migliore che abbia mai sentito.-
Tom era orripilato, all’udire quelle parole.
Doveva prendere tempo, assolutamente.
Tenendo a mente l’ammonimento del signor Schein, di non rivelargli il suo nome, e nemmeno il proprio, disse:
-Ti prego, non uccidermi! Non sai… morirai anche tu, se mi mordi!-
Bill lo fissò accigliato.
-Perché accidenti dovrei morire, scusa?-
Tom sgranò gli occhi.
Per un attimo sembrava essere tornato il solito Bill, quello che non voleva mordergli il collo ed ucciderlo, ma subito tornò l’espressione famelica che terrorizzava il rasta.
-Perché…siamo fratelli.- sussurrò, con voce rotta.
Bill divenne una furia.
Lo afferrò per il colletto e lo tirò su, con tanta forza da spezzare le corde che lo legavano.
-No.- sibilò. –Io non ho fratelli. Io non ho genitori. Io non ho nulla.-
Quelle parole fecero pensare Tom.
In un secondo realizzò che quel vampiro doveva avere una lunga storia alle spalle, prima di essere diventato quello che era.
-Noi abbiamo lo stesso sangue.- insisté Tom. –Siamo fratelli.-
Bill gli mollò uno schiaffo.
Se fosse stato un umano, gli avrebbe fatto molto male; tuttavia era un vampiro, dalla forza dieci volte superiore a quella di qualunque persona, e Tom provò molto più dolore del normale.
-Tu non sei mio fratello.- disse. –Non so chi sei e non mi interessa. Tu sei cibo.-
Lo spinse di nuovo sdraiato, ed avvicinò la bocca al suo collo; lo mordicchiò leggermente.
Aveva una carne così morbida, così dolce e profumata…
Tom sentiva che stava per morderlo definitivamente, ma si accorse anche di un’altra cosa: era libero.
Lo strattone che aveva dato Bill, aveva spezzato le corde che lo legavano, ed ora poteva afferrare di nascosto un pezzo di fune e colpire con quello il fratello, appena si staccò dal suo collo.
Bill gridò di dolore quando l’arma di Tom lo ferì, e il biondo poté saltare giù dal tavolo e tentare di raggiungere la porta.
Tuttavia il vampiro gli sbarrò la strada, e finirono avvinghiati per terra.
Non sapeva come aveva fatto ma Tom riuscì a liberarsi e attraversò di slancio la porta, si lanciò giù per le scale ed infine uscì per strada, correndo nonostante i piedi nudi.
Bill lo inseguiva.
Tom l’aveva indebolito, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente.
Ora il sangue che sgorgava dalla ferita sulla fronte, oltre a coprirgli la visuale, copriva anche l’odore del ragazzo.
Non lo vedeva più.
Era circa cento metri dalla casa, la cui ombra si stagliava scura contro la luna, e si trovava ai margini di un boschetto.
Non sentiva più i passi di Tom, quindi dedusse che si era fermato.
Doveva pulirsi, assolutamente.
Si avviò nel boschetto; sapeva che pochi metri dopo avrebbe incontrato un ruscello, e così fu.
Dopo essersi sciacquato, si mise immobile, scrutando l’oscurità.
Smise di respirare, per poter sentire meglio.
Silenzio.
Allora annusò l’aria, e l’odore del ragazzo lo colpì con una forza tale da farlo barcollare.
Era vicino.
Molto vicino.
In quel momento, un campanile lontano segnò che erano le cinque.
Già le cinque?
Mancava poco.
Doveva sbrigarsi.
Non gli era mai capitato di dover oltrepassare tanti ostacoli prima di poter uccider una preda.
Si gettò silenziosamente all’inseguimento della scia di odore.
Non poteva sfuggirgli.

Tom stava rannicchiato contro il cespuglio, pregando che Bill non lo trovasse. Non avrebbe mai voluto ferirlo, ma doveva salvare entrambi, era suo dovere.
Una lacrima gli solcò il volto, ma Tom non si azzardò a muoversi per asciugarla.
Erano le cinque.
Forse sarebbe riuscito a tirare avanti fino all’alba.
Un’altra lacrima sfuggì alle sue ciglia.
-Beccato…- sussurrò una voce beffarda al suo orecchio.
Sentì delle mani afferrarlo, e gridò con quanto fiato aveva in gola, mentre Bill lo tirava su e spiccava un salto così potente da farli atterrare sul balcone della sala da pranzo della casa abbandonata.
Il vampiro sfondò la porta con un calcio, trascinò Tom dentro e lo sbattè sul tavolo.
Poi gli si avventò sopra, mirando al collo.
Tom riuscì ancora una volta a spingerlo via, trovando la forza e il coraggio di agire nel pensiero di Bill.
Il vero Bill, quello che gli voleva bene, e al quale lui stesso teneva più della sua vita.
Stava lottando per lui, non per se stesso.
Ora era un vampiro, ma solo con la mente; il cuore, Bill ne era certo, era quello del suo gemello.
Lottarono.
A lungo, per delle ore forse.
Tom scivolò giù dal tavolo, ma non smise di lottare.
Per Bill.
Per il suo fratellino, la cui anima era intrappolata in quella di un essere orribile.
Lottarono, lottarono, lottarono.
Vampiro contro umano.
Gemello contro gemello.
Kaulitz contro Kaulitz.
Bill contro Tom.
Tom contro il vampiro.
Infine, con una forza sovrumana, Bill mandò il fratello a sbattere contrò il muro.
Con un ultimo grido, il biondo si accasciò a tessa, privo di sensi.
Il vampiro stava per avventarglisi sopra, quando dalla piccola finestra sporca e attraverso la porta del balcone, entrò un timido raggio di sole, che illuminò il viso pallido, sudato e insanguinato del giovane.
Con un grido strozzato, Bill cadde a terra, svenuto come il fratello.

**********

Poco dopo, Bill aprì gli occhi.
Perplesso, si guardò intorno e si alzò da terra: nella stanza dove si trovava, erano chiari i segni di una lotta.
Notò un tavolo, coperto da un lenzuolo e vi si avvicinò, osservandolo curioso ma con un po’ di timore.
Si voltò, tutto indolenzito, e scorse una figura nell’angolo, dove la luce non era ancora arrivata.
-Tom!- gridò angosciato correndo verso di lui.
Si inginocchiò al suo fianco e, delicatamente, gli prese il viso tra le mani.
Era tutto graffiato e sporco di sangue, e la cosa non piacque affatto a Bill.
-Tom, Tom!- lo chiamò –Che ti succede? Svegliati! Tom!-
Bill lo schiaffeggiò leggermente e pian piano Tom aprì gli occhi.
Appena lo vide, balzò in piedi, gridando:
-NO!- ma poi ricadde a terra con un grido di dolore.
-Tom… che ti succede?- domandò Bill, avvicinandosi al ragazzo, preoccupato e spaventato dalla sua reazione.
Tom alzò lo sguardo, il viso rigato di lacrime.
-Bill? Sei tu?-
-Sì… sì sono io…-
Tom singhiozzò, stringendosi il polso rotto, e Bill lo abbracciò.
-Che cosa ti succede? Perché sei ridotto così? Dove siamo?- sussurrò.
Tom lo guardò serio.
-Non ci arrivi?-
Bill rimase pensieroso per u secondo poi, orripilato, si guardò i vestiti, strappati ma perfettamente riconoscibili.
Infine alzò lo sguardo fino ad incontrare quello di Tom.
-No…- mormorò con voce strozzata, prendendo la testa fra le mani –Non è possibile…- singhiozzò.
-Lo so che è assurdo, ma ora mi credi?- disse Tom il più gentilmente possibile.
-Io… non… mi dispiace! Ho tentato di ucciderti… NO, NO!- Bill urlava disperato, e si dimenava.
-No, Bill- rispose Tom, accarezzando dolcemente la guangia di Bill con la mano buona, facendogli alzare lo sguardo –Non sei stato tu. È stato il vampiro, tu sei buono, sei meraviglioso. Tu non vuoi uccidermi.-
Si guardarono negli occhi per un po’ di tempo.
Tom accarezzava i capelli di Bill, cercando di convincerlo silenziosamente che il mostro non era lui, ma quella creatura che gli si era aggrappata all’anima.
Infine, gli afferrò delicatamente la testa, facendolo piegare fino e che il capo del moro non fu posato contro il suo petto, e così rimasero, uno tra le braccia dell’altro.
Ora i gemelli erano di nuovo uniti, e nulla poteva separarli.

Beh avevo detto che no avrei postato fino a settembre, e invece... il capitolo doveva essere più lungo, ma siccome ho poco tempo, lo divido in due.
ad ogni modo, care le mie lettrici, devo annunciarvi che, ahimè, il prossimo capitolo sarà il penultimo.
da ora in poi l'unica certezza che vi do è che se non posto il prossimo entro la prossima settimana, allora posterò a settembre.
vi rigrazio troppo per i commenti, e i complimenti, e per essere così tanti che mi seguite!
Vi giuro, è un sogno!
un bacio a tutte, e non dimenticate che se vi svegliate con un vampiro in camera... beh, portei essere io!
un bacio ancora!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11

-Cosa posso fare? Anzi, cosa devo fare?- chiese Bill, ancora appoggiato a Tom.
-Devi venire con me in un posto.- rispose il fratello –Hai presente quella strana bottega vicino alla scuola? Quella. Il negoziante ci aiuterà. È lui che mi ha dato il liquido che hai visto ieri sera. Te lo somministravo di nascosto da un mese, faceva in modo che t… il vampiro non sentisse il mio odore.-
-Mi dispiace di non averti creduto…- pianse Bill, alzando la testa.
-Capisco, non era molto credibile, visti anche i miei precedenti.- lo confortò il rasta, stringendogli la mano con dolcezza.
Il moro fissò lo sguardo sul polso di Tom.
-È rotto.-
Non era una domanda, ma un’affermazione.
-Ti fa male?-
Tom annuì, stringendo i denti.
Prima non lo aveva dato molto a vedere, ma ora lasciò che il cervello si concentrasse sul dolore, che gli percorreva il braccio come se avesse grosse schegge al posto delle ossa.
-Bisognerebbe fasciarlo.- osservò Bill, alzandosi in piedi e guardandosi intorno.
-No… aspetta, cosa vuoi fare?- lo fermò Tom, ansioso.
Bill sorrise divertito.
Prese un pezzo di legno lungo più o meno come l’avambraccio di Tom, poi strappò un pezzo di lenzuolo ed infine tornò dal fratello, la cui espressione preoccupata tradiva la scarsa fiducia nei confronti delle doti mediche di Bill.
-Sei sicuro?- domandò titubante.
-Hai altre idee?-
-In effetti no…- si arrese Tom –Ma lo sai fare?-
-L’ho visto nei film…- disse Bill a mo’ di scusa –Non ti fidi di me?-aggiunse, facendo gli occhioni.
Che colpo basso.
-Sì che mi fido di te.- rispose Tom quasi meccanicamente.
Bill sorrise gongolante.
-Allora fammi vedere il polso.-
Seppur di malavoglia, Tom trascinò il polso rotto verso Bill, che lo poso delicatamente sull’improvvisata stecca, ed iniziò ad avvolgerlo nel lenzuolo che fungeva da benda.
Ogni tanto i gemiti di Tom diventavano urla, ma alla fine, tutto sommato, il risultato non era niente male.
-Visto?- disse Bill compiaciuto, quando ebbe terminato.
Aveva anche fabbricato una fascia, così che Tom potesse portare il polso appeso al collo.
Il biondo fu costretto ad ammettere che aveva ragione; il braccio non faceva più così male e dovette proprio dire che Bill era stato bravo.
-dobbiamo tornare a casa.- fece poi.
Il moretto annuì.
-Sai dove siamo?- chiese.
-Non ne ho idea.-
Rimasero in silenzio per qualche istante, guardandosi.
Erano entrambi coperti di lividi e graffi, sporchi di sangue rappreso e e malconci in generale.
Gli abiti che indossava Bill erano strappati in più punti; il pigiama di Tom era ridotto a brandelli.
-Secondo te ci sono vestiti da qualche parte?- chiese il moretto.
-Se non li hanno mangiati le tarme…-
tuttavia, per quanto potessero cercare, frugare e rovistare, non trovarono niente di niente.
Allora uscirono, stringendosi insieme nel mantello di Bill, rabbrividendo nel freddo dell’alba.
Tom era a piedi nudi.
Poco dopo, si imbatterono nella fermata della corriera che, fortunatamente, aveva il capolinea proprio davanti a casa loro.
Mentre aspettavano, Tom spiegò a Bill tutto quello che era successo, le teorie che avevano lui e il signor Schein e il perché dovevano assolutamente impedire che il vampiro lo mordesse.
-Perché vedi, se un vampiro si nutre del sangue del suo gemello, entrambi muoiono, ma lo spirito no. Lui riuscirebbe a fuggire.-
Bill ascoltava attentamente.
-Quindi se io ti uccidessi, morirei anche io?-
-Esatto.-
-Quindi, il vampiro è entrato dentro di me attraverso il libro?- chiese ancora.
-Sì.-
Bill sospirò, massaggiandosi le tempie.
-Mi dispiace tantissimo, sono stato un’idiota, avrei dovuto crederti. Potevamo evitare tutto questo…-
Un’altra lacrima, di rabbia, scese lungo l guancia del giovane, che la leccò via appena fu vicina alla bocca.
-L’importante è che ora mi credi e che possiamo risolvere la questione insieme.-disse Tom, con un sorriso d’incoraggiamento.
In quel momento dalla curva della strada spuntò la corriera.
I due gemelli si sedettero in fondo, Bill dalla parte del finestrino.
-Non abbiamo il biglietto.- sussurrò.
-Vuoi che ci capiti il controllore a quest’ora?- ribatté Tom.
Alla fermata dopo, salì un controllore.
Bill scambiò un’occhiataccia con Tom, poi fecero finta di niente.
C’erano altre tre persone sulla corriera con loro.
Sperando che la fermata arrivasse presto, i due gemelli rimasero immobili al loro posto, cercando di diventare invisibili.
Poco dopo…
-I vostri biglietti, ragazzi.-
Bill e Tom alzarono lo sguardo sul controllore, fingendosi sorpresi.
-Come scusi?-
-Il biglietto.-
-Oh…-
Bill e Tom presero a frugarsi in tasca, ma ne emersero a mani vuote.
-Niente biglietto?- chiese il controllore, severamente.
I due scossero la testa.
-Bene, allora direi che una bella multa non ve la toglie nessuno.- decretò, sfoderando un bloc-notes e una penna.
-NO!- lo fermò Bill, senza pensarci.
Il controllore lo guardò accigliato.
-Prego?-
-Mi scusi signore, ma la prego, non ci faccia la multa!- supplicò –Guardi come siamo ridotti, ci siamo svegliati in piena campagna, poi sono successe varie cose… insomma, noi stavamo dormendo, non avevamo soldi con noi! Dobbiamo tornare a casa, i nostri genitori saranno preoccupati…- lo guardò con aria da cane bastonato.
L’uomo si accorse per la prima volta del loro aspetto.
-D’accordo, per questa volta passa. Ma va tutto bene? Volete chiamare la polizia?- domandò con una certa apprensione.
-No, non si preoccupi, grazie.- concluse Bill.
Quando l controllore si fu allontanato, Tom ridacchiò:
-Geniale!- disse.
-In un certo senso è vero.-
Finalmente giunsero al capolinea.
Per fortuna era troppo presto perché ci fosse in giro qualcuno che li conosceva, così si precipitarono (per modo di dire) verso casa.
Sotto il vaso di fiori c’era la chiave che la mamma teneva nascosta in caso di esigenza.
Se non era un’esigenza quella…
Appena entrati, si lasciarono cadere sul divano, sospirando di sollievo.
-Casa dolce casa…- mormorò Tom.
Si lavarono e vestirono, o meglio, Bill si lavò e poi aiutò Tom a fare lo stesso, poi si sedettero in cucina.
-Devi andare all’ospedale.- disse Bill, indicando con lo sguardo il polso di Tom.
Il ragazzo scosse la testa.
-Non è importante. Ora dobbiamo pensare al tuo problema.-
-Sei sicuro?-
-Certo, non preoccupati.-
Mentre facevano colazione, cercarono una giustificazione plausibile all’infortunio di Tom.
-Scusa- disse questi ad un tratto –Ma hai appena saputo che di notte diventi un vampiro assetato del mio sangue, che morirai se lo bevi, e ti preoccupi di un polso rotto?-
Bill lo guardò senza batter ciglio.
-Voglio dire, non sei neanche lontanamente preoccupato?-
-Certo che lo sono.- rispose Bill semplicemente.
-Però, aggiunse, abbassando lo sguardo e riducendo la voce ad un sussurro –non riesco ad avere paura come dovrei. Sembra così irreale, anche se so che è tutto vero… insomma, sono certo che quando mi troverò davanti alla questione tremerò come una foglia, ma ora… mi sembra così lontano, anche se di fatto non lo è.-
Tom rimase in silenzio, concentrato sui cereali.

********

Bill e Tom si diressero verso la fermata dell’autobus che li avrebbe portati vicino alla bottega.
Aspettarono il suo arrivo in silenzio, uno affianco all’altro.
Erano appena le sette di sabato mattina, e non c’era quasi nessuno in giro.
Loro avrebbero dovuto andare a scuola, ma convenivano entrambi che le loro vite erano molto più importanti.
Ad un tratto, Bill esclamò:
-Devo farmi perdonare.-
Tom lo guardò interrogativo, distogliendo lo sguardo dal suo polso.
-Come?-
-Certo. È tutta colpa mia se ho tentato di ucciderti, e tentato di uccidere anche me stesso. Avrei dovuto fidarmi di te, ma non l’ho fatto, e ora voglio farmi perdonare. Come posso fare?- spiegò Bill deciso.
-Non dire scemenze, è stata colpa mia. Non avrei mai dovuto prenderti in giro, intanto, e non solo perché così tu forse avresti creduto alla storia. Mi dispiace tantissimo di averti fatto soffrire a quel modo, non riuscirò mai a scusarmi abbastanza. Se c’è qualcuno che deve farsi perdonare, quello sono io.-
Nel frattempo salirono sull’autobus.
Si sedettero in fondo.
Erano soli, a parte il conducente.
-No, invece.- ribatté Bill –C’è una cosa che devi sapere.- arrossì, mentre Tom lo fissava con un inedito sguardo severo.
Bill si sentiva tantissimo come un bambino che doveva confessare una marachella al padre, sapendo che poi avrebbe ricevuto una sgridata o un castigo.
Tenne lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia.
Sapeva di essere un codardo e un vigliacco, e si vergognava di ciò che stava per rivelare.
Raccogliendo tutto il proprio coraggio, inspirò a fondo e aprì la bocca.

***********

Ebbene, eccomi qui. Vi avevo detto che non sapevo quando avrei postato, ma a questo punto posso dire con certezza che questo sarà l’ultimo capitolo per quest’estate… parto per la Francia lunedì, e tornerò il 31… in tempo per i compleanno dei miei gemellini!!
Dunque, per vostra fortuna (o sfortuna) sono riuscita a scribacchiare questo ammasso di rifiuti che può essere definito un capitolo, non volevo lasciarvi così… insomma, so che fa schifo, ma gradire commenti, belli o brutti.
Vi manderò un bacio dalla tour Eiffel, chissà che anche i castelli della Loira non mi ispirino qualche storiella!!
Un bacio, ci vediamo al prossimo capitolo, che sarà probabilmente l’ultimo.

A bloody kiss,

Arianna.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12

Bill inspirò a fondo e rivolse lo sguardo al gemello, che ancora lo fissava severamente. Era proprio strano vedere Tom così: sembrava quasi un ragazzo maturo. Bill non aveva per niente voglia di parlare, voleva solo starsene a contemplare quell’espressione strana e nuova che aveva il fratello, ma non poteva. Non c’era abbastanza tempo.
-Vedi, io in fondo sapevo che era vero.- disse –Il libro che mi hai regalato, non è una storia di vampiri, ma un trattato su come riconoscerli, e tutto quello che si deve sapere su di loro. Io sapevo già che esistono realmente, e che non sono tanto rari. Si confondono con la gente normale, e una volta al mese vanno a caccia. La maggior parte di loro, però, è prudente, e cerca persone che danno poco nell’occhio, non come quello che vive dentro di me. Ho letto solo il primo capitolo, poi ho preferito smettere. Insomma, io sentivo che avevi ragione, ma non volevo crederti, era troppo orribile pensarci. Non potevo immaginare di essere un mostro sanguinario, anche se una vocina dentro di me mi diceva che era così... certo, un po’ credevo anche che mi stessi prendendo in giro, ma quella era principalmente una scusa per non voler aprire gli occhi sulla realtà... sono stato un vigliacco e un codardo, e non so se riuscirò mai a perdonarmi, figurarsi se potrai farlo tu.- Bill abbassò lo sguardo, pieno di vergogna per se stesso. I sensi di colpa lo rodevano, e non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che, se erano vivi, era solo per pura fortuna. Non aveva nemmeno il coraggio di pensare a quello che avrebbe detto Tom, figurarsi guardarlo in faccia. Nel frattempo giunsero alla loro fermata, ma si sedettero su una panchina in silenzio, non molto lontani dalla loro scuola.
Bill teneva lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia, e aveva gli occhi pieni di lacrime. Dopo circa un minuto, sentì la mano di Tom posarsi sulla sua guania, e il pollice che lo accarezzava dolcemente. Gli fece alzare la testa, in modo da poterlo guardare.
-Sei stato un idiota.- disse.
-Lo so...- mormorò Bill pieno di disperazione –Mi sento così in colpa...-
Tom sospirò.
-Ti capisco, sai.- disse –So che non dev’essere facile accettare che una bestia assetata di sangue viva dentro di te, aggrappata alla tua anima. Hai finto perchè avevi paura, paura di te stesso, paura delle conseguenze. Lo posso capire. Quello che non capisco...- qui la voce aumentò di intensità -... è perchè te la sei presa con me a quel modo. Perchè mi hai fatto sentire come un verme per un mese, e mi hai perfino picchiato. C’è una ragione particolare?-
Bill arrossì, e abbassò di nuovo lo sguardo, sotto gli occhi fiammeggianti di Tom.
-Mi dispiace tanto... è che ho passato un sacco di tempo a convincermi che mi stavi prendendo in giro, che poi ci sono riuscito davvero. Mi sono lasciato prendere la mano...-
-Oh, ti sei lasciato prendere la mano?- esclamò Tom gesticolando –Ma certo, povero cucciolo indifeso, fai pure quello che ti pare quando ti pare, non importa se poi perchè devi coprirti il C**O rischiamo entrambi la vita! Certo, picchiami quando vuoi, l’importante è mantenere la propria reputazione da bravo bambino! Reputazione da deficiente, ecco cosa sei! Uno st****o! Capisco le difficoltà a voler accettare di essere un vampiro, ma farmi sentire una m***a perchè tu hai troppa paura per affrontare la realtà, mi fa inca**are sul serio!-
Tom si interruppe un secondo per riprendere fiato. Bill aveva lo sguardo fisso su di lui, ferito e stupefatto, con gli occhi pieni di lacrime.
-E piantala una buona volta con quell’espressione da povero cane, chiaro? Fai pena! Non pensare che basti! Ogni volta ti metti a piangere come un moccioso viziato, che è proprio quello che sei, e io da bravo stupido ti vengo a consolare. Ma ora basta. Ora basta, devi crescere Bill, non puoi lasciare che gli altri affrontino disgrazie e tragedie per te. Sarai dolce e amorevole quanto ti pare, ma non ho intenzione di rischiare ancora la mia vita solo perchè tu hai paura di quello che succede realmente. Piangere non serve a niente, capito? Non ci sarò sempre io a proteggerti da qualsiasi cosa! È ora che ti svegli dal sonno, Bella Addormentata, e cominci a vivere un po’!-
Con quelle semplici ma dure parole, Tom diede sfogo a tutta la sua rabbia, e si ritrovò col fiatone, a fissare il gemello con una furia che non pensava avrebbe mai potuto provare verso di lui.
-Picchiami.- disse infine Bill, dopo un lungo silenzio, alzando uno sguardo spento, vuoto –So che vuoi farlo, quindi, cosa aspetti? Forza, dammi uno schiaffo, un pugno, anche dieci, come ti pare. Me lo merito.-
Il fratello lo guardò con un velo di preoccupazione.
-Bill, cosa stai dicendo?- chiese, allarmato da quello sguardo vacuo.
-Hai ragione, sono solo un bambino piagnucoloso, ma d’ora in poi le cose cambieranno. Niente più comportamenti sdolcinati, niente più incubi, niente più lacrime durante i film tristi. Niente di niente. D’ora in poi io vivrò la mia vita, e tu la tua, e non ti scoccerò più. Così dovrebbe andare bene.- continuò il moro senza perdere il tono di voce spento e, forse, anche rassegnato. –In effetti lo sapevo già, anche questo. Lo dicono tutti che per colpa mia tu non riesci ad avere un briciolo di vita sociale...- si strinse nelle spalle -...che sono solo una palla al piede, che anche tu ti vergogni di farti vedere in giro con un fr***o come me, solo che non vuoi dirmelo... beh, speravo che non fosse vero, ma sono costretto a ricredermi.- nonostante il tono di voce che voleva far intuire il contrario, si sentiva che Bill faticava a mantenere la calma. All’udire quelle parole, Tom sbiancò.
-Chi dice cosa?- sibilò, riducendo gli occhi a due fessure e dirigendoli verso il gemello, che si era stravaccato sulla panchina, con le palpebre abbassate come se stesse prendendo il sole (alle 7.30 di mattina...). Bill lo ignorò.
-Bill rispondimi! Chi ti ha detto quelle cose?-
Bill sbuffò.
-Tutti...- rispose con voce piatta e annoiata.
-Tutti e basta... Karl, Dennis...- buttò lì il ragazzo con finta noncuranza, citando i nomi dei due migliori amici del fratello, alias, i suoi peggiori aguzzini.
-Cosa?- fece Tom con voce strozzata, sgranando gli occhi.
-Non prendertela con loro perchè mi hanno detto la verità, hanno solo fatto bene.-
Tom, ancora lievemente sotto shock, iniziò a preoccuparsi sul serio, e posando una mano sul braccio del fratello, esclamò:
-Bill, non penserai che sia vero?!-
-Certo che lo penso, come tutti.-
Tom non riusciva a crederci. Per quale motivo avrebbero dovuto raccontare a Bill quelle bugie? I suoi migliori amici? Lui si fidava di loro... come avevano potuto farlo? Non sapevano che ferire Bill era come ferire lui? La situazione era terribile, Tom era sicuro della sincerità di Bill. La sua capacità di raccontare bugie credibili, meritava uno zero pieno. Tuttavia, la vera domanda era un’altra. Perchè lui, Tom Kaulitz, non sapeva nulla di tutto ciò?
-Se ci credi davvero, sei proprio uno sciocco- disse Tom cercando di sorridere –perchè tu sei in assoluto la persona più importante della mia vita, e tutta quella gente che ti racconta bugie , lo fa solo perchè è invidiosa. Come puoi credere che mi vergogni di te, e soprattutto, come puoi credere di essere una palla al piede? Sei mio fratello, tengo a te più della mia stessa vita-.
Bill voltò lievemente la testa. Il suo sguardo faticava a rimanere spento e vacuo.
-No, non preoccuparti di raccontarmi fesserie. Non importa. Te l’ho detto, mi leverò di torno. E se è mamma che ti impensierisce, non preoccuparti. Mi inventerò una scusa, o comunque mi prenderò la colpa io, se necessario. Qualsiasi cosa per farmi perdonare la stupidità che mi ha tappato gli occhi, impedendomi di rendermi conto che non ero altro che una seccatura. Non preoccuparti di fingere nulla, non c’è bisogno.-
Tom lo incenerì con uno sguardo furioso.
-Smettila! Lo sai benissimo che non c’è nulla che superi te, in scala di importanza! Bill - lo sguardo del biondino si fece più supplicante – come puoi lasciare che quattro stupidaggini ti facciano dubitare del fatto che ti voglio bene sopra a qualsiasi cosa? Io... mi sento ferito! Hai così poca fiducia in me? Sei mio fratello, il mio gemello, la seconda metà della mela... come credi che potrei esistere senza di te?-
Bill abbozzò un sorriso, deformato dal tremore del mento. I suoi occhi erano pieni di lacrime.
-Dici davvero?- mormorò flebilmente, lottando per non scoppiare a piangere.
-Ma certo che sì- rispose il fratello –vieni qua, su.-
Senza farselo ripetere due volte, Bill si gettò tra le sue braccia (il plurale è solo per modo di dire), e si lasciò accarezzare e confortare nel modo in cui solo Tom era capace. Questi, dal canto suo, si accorse di avere la maglietta ancora completamente asciutta.
-Non trattenerti.- disse. Bill non aspettava altro. Subito un fiume di lacrime amare lo travolse, ma nonostante questo, non tentò nemmeno per un istante di calmare il fratello: voleva che si sfogasse, così da potere poi parlare con calma. Per ottenere questo, ci vollero almeno cinque minuti, ma infine Bill si rimise in posizione eretta, e si asciugò le lacrime. Tom sorrise dolcemente.
-Non sei molto bravo a mantenere le scommesse.-
Il moretto abbassò lo sguardo, mortificato.
-Scusa.-
-Ma di cosa? Chi ha detto che non voglio che tu ti comporti nel solito? Credi che resisterei senza farti nemmeno un po’ di coccole?- ribattè Tom, dandogli un buffetto sulla guancia.
Bill arrossì, e sbuffò.
-Mi tratti come se avessi cinque anni.-
-Perchè in fondo ti piace, ammettilo.-
Il moretto rise divertito.
-E allora- fece Tom dopo un po’ –Mi vuoi raccontare tutto, e per bene?-
Bill abbassò lo sguardo, e scosse la testa.
-No?- esclamò Tom sbalordito –Perchè no?-
-Perchè temo che tu faresti una stupidaggine.- spiegò l’altro, dando ancora una volta prova del fatto che quando voleva era molto sveglio.
Tom sospirò.
-E se ti prometto che non ne farò?-
Bill lo fissò intensamente. Sotto uno sguardo così, mentire era impensabile.
-Promettilo.- ordinò.
Tom si sentiva in difficoltà.
-Bill, in teoria io e te dovremo dirci tutto...-
-Promettilo!- ripetè Bill, il cui tono di voce aveva guadagnato ben quattro ottave.
-D’accordo, d’accordo, lo prometto... tranquillo...- borbottò Tom incrociando le dita dietro la schiena.
Bill sospirò a sua volta, ma rimase in silenzio.
-Allora?- incitò Tom impaziente.
-Non so da dove iniziare...- si scusò il moretto, scrollando le spalle.
-Perchè non cominci dall’inizio?- suggerì il fratello.
-Inizio inizio?-
-Sì.-
Bill inspirò a fondo poi, senza staccare lo sguardo dalle proprie mani, incominciò.
-È dalla terza media che mi danno il tormento. Quasi tutti i giorni, dopo scuola, nell’intervallo, quando li incrocio nei corridoi. Non fanno che ripetermi che sono uno stupido a non capire che tu tieni di più ad un pezzo di carta igienica usato, e che con il mio solito comportamento non faccio che imbarazzarti, ma tu sei troppo buono per dirmelo in faccia.- Bill si strinse nelle spalle. Fingeva indifferenza, ma era lampante che si sentiva ferito da quelle parole. –Insomma, più o meno dicevano così... poi dopo un po’ hanno iniziato a minacciarmi, dicendo che se non ti avessi lasciato in pace avrebbero iniziato a fare sul serio... ma io non ci credevo. Pensavo che semplicemente gli stessi antipatico, e non li ho ascoltati. La settimana dopo, come promesso, sono passati ai fatti. Per tutta la seconda metà della terza, passavano gli intervalli a infilarmi la testa nel water... un classico.- si interruppe e lanciò a Tom un occhiata di sbieco: il ragazzo ascoltava a bocca aperta. –Poi l’anno scorso si sono sbizzarriti in quanto a creatività, divertendosi a conciarmi in tutti i modi possibili per provare che sono gay… non hai idea di quanti volantini hanno sparso in giro per la scuola. A quel punto, ormai una parte di me credeva a Mark e Dennis, così per un po’ ti ho evitato. È stato quando mi fingevo furioso e tu non capivi perché… in effetti quella settimana mi hanno lasciato in pace, ma vedevo che soffrivi, non riuscendo a capire cosa mi avessi fatto, e non sono riuscito a non tornare da te.- Tom annuì. Ricordava quell’ episodio.
-Da allora Mark e Dennis sono diventati ancora più cattivi…hanno…. Sì va be’ non importa.-Bill arrossì e distolse lo sguardo.
Il fratello sentiva che la parte peggiore doveva ancora arrivare, anzi, era proprio quella che Bill aveva omesso.
-Importa eccome!- esclamò con furia –Voglio sapere cosa è successo? Cosa ti hanno fatto, Bill?-
Questi scosse la testa ancora una volta.
-Non ci provare neppure! Cosa ti hanno fatto? Ti hanno…- Tom s’interruppe di colpo, con l’orrore dipinto in viso.
Bill sgranò gli occhi.
-No, no no1 non sono arrivati a quello, Tom! Mi hanno picchiato, ma non mi hanno mai…-
-CHE COSA?- urlò Tom balzando in piedi, con furia sufficiente a terrorizzare un bue inferocito.
Bill si portò le mani alla bocca, rendendosi conto di aver confessato.
-Quante volte?- sbraitò il biondo, puntando il dito tremante di rabbia contro il fratello.
-Quattro o cinque…- deglutì - al mese…- aggiunse sottovoce, ma Tom lo sentì comunque.
-CHE COSA HAI DETTO??- gridò di nuovo Tom, così forte da far venire un principio d’infarto al moretto.
-Abbassa la voce, Tom!- esclamò questi, tirandolo di nuovo a sedere.
Il rasta respirava affannosamente, come un toro inferocito, ma pian piano si calmò e fissò il gemello con sguardo più triste.
-Perché non mi hai mai detto niente?- chiese.
-Io… ecco loro sono tuoi amici… non volevo ferirti…- balbettò in risposta l’altro.
-Bill come puoi credere che qualcuno che se la prende con te può essere mio amico?- esclamò Tom quasi rimproverandolo –E comunque, hai ragione. La domanda è un’altra. Come ho fatto a non accorgermene?- mormorò con voce lamentosa –Sono un fratello di merda.-
Con queste parole il giovane si coprì il volto con le mani, sepolto nella vergogna e nei sensi di colpa.
-Questo non è assolutamente vero- si affrettò a ribattere Bill –non l’hai mai saputo perché ho fatto di tutto per non fartelo sapere. Temevo che tu avessi fatto una stupidaggine. Sei un fratello meraviglioso che mi ha salvato la vita. Ma di questo tu non hai l’ombra di una colpa. Nessuno sa nulla.-
Tom scosse la testa come per negare, e il moretto prese ad accarezzargli dolcemente il capo, sfiorandogli il collo con le labbra nel tentativo di calmarlo.
Dopo un po’ anche Tom iniziò a lambire dolcemente la nuca del fratello, e rimasero così per un po’ di tempo, guancia contro guancia, a coccolarsi a vicenda.
Poteva sembrare una scena un po’ equivoca, ma il loro era puro e semplice affetto fraterno, e lo sapevano bene.
Dopo qualche minuto Tom si alzò in piedi e si diresse con fare deciso verso la strada che portava a scuola, e il fratello, preoccupato, lo seguì.
-Tom! Aspetta! Torna qui!-
Il ragazzo non lo ascoltò neppure, e continuò imperterrito la sua marcia.
Allora Bill lo afferrò per il braccio buono, costringendolo a fermarsi.
-Tom, non fare un altro passo! Non ti permetterò di fare quello che stai pensando! Hai anche un polso fuori uso, e senza una fasciatura seria! Non puoi pensare di farlo!- strillò il moretto, usando tutte le proprie forze per trattenerlo.
-Bill, non fare il bambino. Sto per vendicare tutto quello che quei due stro**i ti hanno fatto, lasciami andare.-
Bill scosse la testa con vigore.
-Tu, non fare il bambino! Senti, se mi prendono di nuovo in mezzo vado dal preside e gli racconto tutto, ma non voglio che tu ti ritrovi coinvolto in qualche rissa per causa mia!
-Scusa, ma non potevi andarci tre anni fa dal preside?- ribatté Tom testardo.
-No, perché non m’importava.-
-Non t’importava che ti picchiassero?-
-Mi importava che tu non lo venissi a sapere, e basta. Finché io ero il bersaglio, non me ne fregava niente, ma non volevo, e non voglio che tu sia coinvolto. Se fossi andato dal preside tu lo saresti venuto a sapere, e avresti fatto una stupidaggine.-
Al contrario delle aspettative di Bill, Tom rimase in silenzio.
I due si guadarono negli occhi per qualche secondo.
-Tu… tu ti sei fatto maltrattare per tre anni solo perché non volevi che lo venissi a sapere?- mormorò quasi sconvolto.
Dopo un po’ di esitazione, Bill annuì.
Il fratello sorrise, e scosse la testa.
-Sei incredibile…- sussurrò abbracciandolo –E sei anche un’enorme testa di cavolo, lo sai Bill? Non puoi essere così privo di egoismo.-
Il moretto sorrise gongolante.
-Invece lo sono… ti dispiace?-
-Sì, e molto anche. Non voglio che questo un giorno ti possa mettere in pericolo.-
Bill si separò dall’abbraccio, e lo fissò con serietà.
-In pericolo lo sono già, Tomi, e lo sei anche tu, anche senza bisogno del mio non-egoismo. Perciò possiamo andare, e discutere di questo più tardi?-
Tom trasalì, ricordandosi all’improvviso di tutta la faccenda del vampiro.
-Accidenti, hai ragione, me n’ero quasi dimenticato… scusa, andiamo.-
Così dicendo prese il fratello per mano, e si avviarono insieme verso la bottega del signor Schein.



Prima di tutto, devo proprio scusarmi con voi, perché vi ho mentito.
Non l’ho fatto intenzionalmente ma l’ho fatto, e non potrò mai perdonarmelo.
Vi ho detto che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo, ma è una bugia.
Come avevo predetto, girando per i castelli della Loira mi sono venute ispirazioni per le ff.
Vi confesso che prima non avevo bene in chiaro di come sarebbe finita la storia, ma ora sì.
Ci sarà ancora qualche capitolo, quindi, ahimè, vi toccherà sopportarmi per un bel po’ di tempo ancora.
Comunque, vi mando un bacione e vi prometto che la prossima volta che dico che è l’ultimo, sarà davvero così.
Grazie mille a tutti voi, che mi recensite e mi riempite di complimenti, e che mi spronate a continuare.
Una bacione enorme!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13


Quando i due ragazzi giunsero davanti all’entrata, Bill lanciò un’esclamazione di meraviglia alla vista della vetrina.
Vi spiaccicò sopra il naso, lanciando urletti e versi non identificabili come parole, mentre Tom rideva di gusto.
Gli afferrò la mano e lo tirò verso la porta.
-Questo posto è incredibile!- sospirò Bill estasiato.
Tom sorrise felice: sembrava un bambino nel negozio di giocattoli.
Aprirono la porta e, sempre tenendosi per mano, entrarono.
Bill strillò di nuovo, quando furono dentro.
-Ormai è ufficiale, mi traferisco a vivere qui.- proclamò, guardando da vicino un vaso pieno di quelle che dovevano essere squame di drago.
-Temo che vivere qui non ti sarà possibile- disse una voce da dietro lo scaffale, e i gemelli fecero un salto per la sorpresa, rischiando di mandare in frantumi un centinaio di barattoli e sfere di cristallo –Ma se ti interessa, ho bisogno di un aiutante part time.-
Bill arrossì, mentre un anziano uomo dall’età incalcolabile si faceva strada attraverso tutto il ciarpame che riempiva la stanza, e li raggiungeva.
Il primo a cui si rivolse fu il biondino.
-Ciao Tom, è un piacere rivederti.- disse con un sorriso accogliente.
-Il piacere è tutto mio, signor Schein.- rispose educatamente il ragazzo.
-E tu devi essere Bill.- aggiunse il vecchio, tendendo la mano verso il secondo Kaulitz, senza scalfire il sorriso –Tom mi ha parlato molto di te.-
Bill sorrise timidamente, stringendo la mano che gli veniva offerta.
Infine il signor Schein li guardò entrambi, sempre sorridendo.
-Siete proprio una bella coppia, voi due.- commentò.
I due ragazzi avvamparono.
-Grazie.- risposero all’unisono.
-Ad ogni modo, iniziavo a chiedermi quando sareste venuti, è passato più di un mese…- lo sguardo penetrante del del signor Schein passò da uno all’altro dei ragazzi, notando che Bill aveva preso a fissare il pavimento, in preda alla vergogna.
-Ci sono state… complicazioni.- spiegò Tom guardando il fratello di sbieco.
Il vecchio sorrise ancora.
-Oh, l’avevo immaginato. Sono sicuro che potrete raccontarmi tutto non appena ci troveremo davanti ad una bella tazza di the caldo, che ne dite? Stavo giusto per farne, sono in piedi dalle sei e non ho ancora fatto colazione… volete favorire?- disse.
-Sì grazie.- rispose Tom, tenendo un braccio attorno alle spalle del fratello e seguendo il signor Schein attraverso il piccolo negozio fino alla porticina bianca che conduceva al suo alloggio.
Quando la oltrepassarono, e i loro occhi si furono abituati alla penombra, il moro non poté trattenersi dal lanciare un’esclamazione di meraviglia.
Un posto del genere era quello che sognava da sempre fosse la sua camera.
Lasciò vagare lo sguardo sugli scaffali, stracolmi di libri antichi e polverosi, ancor più attraenti di quelli che c’erano in vendita.
Di sicuro erano molto preziosi, e zeppi di formule magiche… al solo pensiero, il ragazzo si sciolse in un sorriso emozionato.
Tom ridacchiò, scuotendo la testa con esasperato divertimento, e lo trascinò verso una sedia, sulla quale lo fece sedere mentre ancora il suo sguardo vagava in giro per la stanza.
-Bill… torna tra noi per cortesia… Terra chiama Bill, Terra chiama Bill! Lo sai che hai un’aria davvero stupida? Bill, sei un deficiente. Bill, sembri un bradipo che ha appena fatto a botte.-
A quell’ultima affermazione il moretto spostò lo sguardo perplesso sul fratello.
-Scusami?- disse con voce perplessa e sbalordita.
-Niente, era un bel po’ che desideravo fartelo sapere…- ridacchiò Tom in risposta.
Bill spalancò la bocca indignato per rispondergli con vari improperi decisamente poco educati, ma un rumore proveniente dalla cucina lo interruppe: il signor Schein stava tornando con il the.
Si voltarono entrambi verso di lui e lo aiutarono a portare una terza sedia, siccome nella stanzetta ce n’erano solo due, poi, infine si sedettero tutti e tre al tavolo, con la propria tazza fumante davanti.
In un’altra occasione Tom avrebbe scherzato sul fatto che sembrava fossero ad una seduta spiritica, ma si era resoconto che, in quel momento, forse era qualcosa del genere.
I due gemelli rimasero in silenzio, passando lo sguardo su di essi e il vecchio uomo, in attesa di istruzioni, o frasi particolarmente sagge.
Lentamente, il signor Schein si portò la tazza alle labbra, e bevve un poco di the; poi la posò di nuovo e iniziò a fissare i due ragazzi, con sguardo serio e impenetrabile.
Rimasero così immobili per diversi minuti, finché l’anziano non spezzò il silenzio.
-Allora- disse –Credo sia giunto il momento per voi di raccontarmi tutto… o almeno, tutto ciò che riguarda il vampiro. Del resto- li fissò, ed entrambi i ragazzi ebbero la certezza che sapesse già tutto quello che era loro successo quella mattina –Non mi interessa sapere.-
Ci fu una breve pausa, poi i due gemelli si scambiarono uno sguardo d’intesa e Bill incominciò a raccontare.
Parlarono a lungo, spiegandogli quello che era successo la sera, quando aveva scoperto la boccetta; poi continuò Tom, raccontando ogni cosa della notte appena trascorsa, da quando si era svegliato in braccio a Bill, a quando era svenuto.
Allora fu il fratello a proseguire, e spiegò di quello che aveva visto quando lui si era svegliato, riferendo di come se n’erano andati e cercando di dare una descrizione il più precisa possibile della casa, e di dove pensava si trovasse; infine terminò menzionando anche quello che aveva confessato a Tom sull’autobus.
Di lì in poi, il vampiro c’entrava poco, o niente, perciò lasciò cadere il racconto.
Quando il ragazzo ebbe finito, ci fu una lunga pausa di silenzio, durante la quale il vecchio negoziante non smise un secondo di fissare i due fratelli con sguardo grave.
Questi, dal canto loro, tenevano gli occhi abbassati sulle proprie mani, lanciandosi ogni tanto occhiate di sfuggita.
-E così- disse infine l’anziano, spezzando la quiete –l’avete proprio scampata bella.-
-Già…- soffiò Tom, mentre piccole goccioline di sudore imperlavano la sua fronte, al ricordo.
Il signor Schein fermò lo sguardo su di lui.
-Devi essere davvero forte, per poter tenere testa ad un vampiro…- commentò.
-Ancora di più di quello che pensa- confermò Bill –Io non ho la minima speranza contro di lui.-
-L’avevo ferito- si affrettò a precisare Tom, non volendo passare per una specie di Ercole.
-Probabilmente la ferita che gli avevo provocato lo aveva indebolito. E poi, ha scelto un corpo molto gracilino. Può essere forte quanto gli pare, ma fino ad un certo punto. Non è possibile che un’assenza quasi totale di muscoli gli permetta di sollevare un albero senza difficoltà, né tantomeno sostenere una lotta. Insomma, la magia e l’anima sono una cosa, ma non cambiano proprio tutto.- questo discorso gli era uscito all’improvviso, e diceva le parole nell’istante in cui capiva le cose.
Si trattenne a stento da fare un’espressione stupita per quello che aveva ribadito lui stesso.
Quando guardò verso di lui, Bill gli scoccò uno sguardo offeso, facendogli alzare gli occhi al cielo, sospirando.
Il signor Schein invece pareva ammirato.
-Sai, quello che hai detto è molto sensato. Credo proprio che tu abbia ragione. Di sicuro la corporatura di Bill ha un ruolo in questa parte della storia.-
Tom alitò sulle proprie dita per poi sfregarle sul petto, con l’aria di chi era certo di aver fatto o detto la cosa giusta, come sempre.
-D’accordo, certo, di sicuro il fatto che sono magro ha influito sulla lotta, ma ora devo confessare che mi piacerebbe molto sapere come fare a liberarmi di questo maledettissimo vampiro una volta per tutte… chiedo troppo?- saltò su il moretto, permaloso come al solito.
Il signor Schein lo si voltò verso di lui e sbattè le palpebre un paio di volte, come accorgendosi solo in quel momento di lui.
-Certo.- rispose –Mi sembra ovvio.-
poi scosse la testa un paio di volte, e parve concentrarsi per qualche secondo: Bill e Tom si scambiarono uno sguardo stranito.
-Bene.- disse poi il vecchio, tornando a fissarli –Direi che il momento è arrivato.- il suo sguardo si spostò su Tom –Tom, devo chiederti di uscire. Ci sono alcune cose che soltanto Bill può sapere.-
-Perché?- chiesero all’unisono i due gemelli, guardandosi, e guardando il signor Schein.
Questi sorrise loro.
-Vedete, liberarsi da un vampiro richiede un procedimento molto complicato- spiegò –E non è che tutti possono conoscerlo. Alcune cose, si possono sapere. Altre, invece, è meglio che siano custodite solo dalla persona che deve purificarsi.-
-Purificarsi?- ripeté Bill perplesso.
Il signor Schein annuì.
-Sì. È così che si definisce il processo di… devampirizzazione. Un vampiro è un essere impuro, maledetto, dannato. Immagino che sia più facile così capire.-
Il moretto annuì.
-Bene- concluse quindi il vecchio –Quindi, Tom, mi dispiace molto, ma devo chiederti di uscire. Non preoccuparti, non ci vorrà troppo tempo.-
Tom sospirò, le spalle piegate sotto il peso della rassegnazione, ed annuì.
-Allora ci vediamo dopo. Ciao.- disse, facendo un cenno con la mano all’indirizzo del fratello, e uno col capo a quello del signor Schein.
Entrambi risposero, e lui si avviò alla porta.
Bill lo seguì, tenendo gli occhi fissi sulla sua schiena, finché non la raggiunse e la aprì.
Un attimo prima di chiudersela alle spalle, però, gli lanciò uno sguardo, breve ma denso di significato: era preoccupato per lui.
La sensazione di saperlo, diffuse in Bill un piacevole tepore, che lo calmò e lo rilassò, schiarendogli bene la mente da tutte le domande e le paure, e preparandolo a prestare attenzione alle parole del signor Schein.
-Molto bene.- disse questi –Possiamo cominciare.- Bill si raddrizzò un poco sulla sedia, come uno studente attento alla lezione –Dunque, immagino che Tom ti abbia spiegato quello che gli ho detto, no?- Bill annuì –Ottimo. Quindi saprai che il vampiro che vive dentro di te è un essere troppo impuro per poter impossessarsi totalmente della tua anima, perciò prende il sopravvento solo la notte, quando sei debole e non hai difese. Ora, ricordi quello che hai sognato nell’ultimo mese?-
Il ragazzo si fece pensieroso per un po’, cercando di ricordare.
-Be’…- cominciò lentamente, misurando le parole –Per quel che ricordo, sognavo sempre episodi passati della vita… ed ero sempre con Tom, per cui ho immaginato che fosse dovuto al fatto che mi sentivo in colpa verso di lui… non è così?- guardò interrogativo il vecchio.
-No, non è così.- rispose questi –Vedi, in realtà, il vampiro stava sfogliando tutti i tuoi ricordi, cercando poi un punto debole nel quale attaccarti. Il vampiro vive dentro di te… e vive anche nelle situazioni che hai vissuto e ricordato. Quello che sto cercando di spiegarti, è che lui vuole approfittare delle tue debolezze passate per impadronirsi definitivamente della tua anima.-
Bill deglutì rumorosamente.
-E… che cosa succede se si impadronisce della mia anima?- domandò, mentre goccioline di sudore freddo gli imperlavano la fronte.
Il signor Schein aggrottò le sopracciglia.
Evidentemente la risposta non doveva essere molto bella.
-Vedi, se si impadronisce della tua anima, la tua personalità scompare. I tuoi pensieri, tutto. Il tuo corpo sarà solo un guscio vuoto, insensibile alla fame e ai normali bisogni fisiologici, anche al sonno, che desidera in ogni momento solo bere sangue umano. In pratica, esteriormente sarai ancora te stesso, se non per i denti che diventeranno automaticamente affilatissimi, come rasoi, ma dentro, tu non esisterai più. Ci sarà solo il vampiro.-
Bill rabbrividì, e impallidì improvvisamente.
I denti gli battevano per la paura.
-Ma è orribile…- mormorò, terrorizzato.
Il vecchio uomo annuì brevemente.
-Sì lo è. È per questo che ci troviamo qui, adesso. Dobbiamo impedirlo a tutti costi. Vedi, ormai il vampiro si è fatto una buona idea dei tuoi ricordi, dei tuoi punti deboli passati, e ogni minuto che passa lui diventa sempre più forte. Quindi, quello che devi sapere ora, è come sconfiggerlo.
-Tra poco, io ti insegnerò una particolare magia, che ti permetterà di ritrovarti all’interno della tua anima. Ovviamente, quel luogo non ha confini precisi, ma l’anima di ogni uomo è rappresentata da un labirinto immenso, che ha come centro il cuore. Certo, non il cuore pulsante, ma, a seconda della persona, un raggio di luce. Com’è giusto che sia, più la persona è buona, più il raggio è luminoso: il cuore di un essere infimo e perfido, sarebbe solo un alone di oscurità. Nel tuo caso, si tratterebbe di un raggio di luce purissima, accecante: quella che il vampiro non può sopraffare senza essersi alimentato dei tuoi momenti più bui.-
-Un labirinto?- chiese Bill stupito –Io mi troverò nella mia anima… che è un labirinto?-
-Esattamente.- rispose il signor Schein –Dovrai attraversarlo, seguendo solo e soltanto quello che ti dice il tuo cuore. Ogni tanto, sul tuo percorso, incontrerai degli ostacoli: sono i tuoi ricordi che il vampiro ha focalizzato. Lui cercherà di impadronirsene, e tu dovrai impedirlo.-
-Come farà a impadronirsene?- domandò Bill perplesso.
Sotto il terrore, lo stupore, e la confusione, aleggiava un grande spirito d’avventura, che esultava euforico all’idea di ciò che lo aspettava.
-E soprattutto, come farò io a impedirglielo?- aggiunse, avvicinandosi un po’ di più al vecchio saggio, come se questi emanasse un’aurea di sicurezza che era in grado di avvolgere e tranquillizzare il ragazzo.
L’anziano uomo si grattò il mento, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
-Be’, lui tenterà di arrivare a te, in modi sempre diversi, senza mai assumere l’aspetto di quello che era stato prima di diventare uno spirito. Devi sapere, che prima di quello, ha passato secoli in una forma più umana, ma restando sempre un vampiro. Quello che tu dovrai fare, sarà impedirgli in tutti i modi possibili di raggiungere il te stesso del passato, senza ovviamente interferire con il ricordo. Quello che voglio dire è che nessuno di quelli che fanno parte della tua memoria dovrà vederti, o tutto si sconvolgerà… insomma, immagina se ti trovassi davanti a te stesso: sarebbe un tantino scioccante e, nella migliore delle possibilità impazziresti.- spiegò.
-Perché impazzirei?- domandò Bill perplesso, nascondendo un filo d’ansia che cresceva sempre di più.
-Be’- rispose il signor Schein –Non è che sia una cosa proprio normale, vedere se stessi del futuro…-
Bill annuì, come folgorato.
-Giusto, ha ragione. Scusi.-
L’anziano fece un cenno del capo, e proseguì.
-Dunque, dicevo: cercherà di raggiungerti in modi e forme sempre diversi. Starà a te riconoscerlo. Per farlo, dovrai accorgerti di un particolare che lo contraddistingue, e riconoscerlo da quello. Non è facile, lo so- aggiunse vedendo l’espressione stralunata del ragazzo –Ma devi farlo, se tieni a te stesso.-
Bill pensò per un momento al fatto che sarebbe scomparso: sarebbe stato come morire?
In ogni caso, doveva essere orribile.
Poi pensò a Tom, a cosa sarebbe successo se il vampiro avesse preso il sopravvento su di lui.
Tom sarebbe morto, di sicuro, e nel peggiore dei modi, probabilmente dopo una lenta tortura.
No.
Non poteva permetterlo, mai.
Tom non avrebbe pagato per una sua paura, una sua debolezza.
Doveva lottare, doveva farlo per suo fratello, per Tom.
Strinse i pugni e ridusse gli occhi a fessura, assumendo un’espressione decisa e risoluta.
Si accorse che il Signor Schein lo guardava incuriosito.
-C’è qualcosa che non va?- gli domandò gentilmente, immaginando che probabilmente doveva essere molto spaventato.
Bill lo fissò.
-Lotterò.- disse serio –Ce la metterò tutta perché quell’orribile essere se ne vada. Tuttavia, non voglio farlo per me. Lo farò per Tom, lui non deve pagare per una mia debolezza. Se il vampiro vincesse, morirebbe di sicuro, e io non ho intenzione di lasciare che questo accada.-
L’anziano lo guardò con un’espressione indecifrabile.
-Vedi- disse, molto lentamente –Ognuno di noi, di quelli che hanno un’anima pura come la tua, possiede per essa una protezione speciale. Un qualcosa che, se conosciuto e sfruttato a dovere, è in grado di fornire una forza interiore incredibile, di una potenza infinita. Ora, Tom ed io avevamo formulato alcune ipotesi su quale poteva essere (ND: v. capitolo 7), ma infine io credo di aver capito. Non dev’essere per forza una qualità, o un aspetto del carattere. Sai…- lo fissò per un momento al di sopra degli occhialetti rettangolari –Io penso che sia Tom in grado di fornirti la tua forza interiore.-
Bill strabuzzò gli occhi.
-Tom? Cioè… in che senso?- chiese perplesso.
-Oh, è molto semplice da spiegare- rispose il signor Schein –ma è molto complesso. Tu e Tom siete gemelli, e siete legatissimi l’uno all’altro. Penso di non aver visto un legame simile in tutta la mia vita. Sono certo che non possiate vivere l’uno separato dall’altro… e ci sono poche cose al mondo senza le quali sarebbe davvero inconcepibile continuare a respirare. Una di queste è la propria anima. Come vedi, in questa storia l’anima c’è ovunque, perché è la cosa più importante che abbiamo. Ora… voi siete gemelli. Ovviamente, non siete un caso poi così raro, di gemelli è pieno il mondo. Ma una cosa molto, molto più difficile da trovare, sono le vostre anime. Anche le vostre anime sono gemelle. Generalmente, questa espressione si usa per indicare due persone che si amano molto, ma in questo caso è molto più letterale. Gemelli fuori, gemelli dentro. È questo ciò che siete. Perciò, credo che sia lui ciò che ti rafforza, e di certo, è la stessa cosa anche per lui. Ci sono cerature… rarissime, è vero, che sono state create insieme e devono restare insieme. Queste cerature sono molto rare, ma voi siete tra questi. C’è una magia che vi lega, ma non è questo che vi tiene insieme. È l’amore che provate l’uno per l’altro, quello che ti ha spinto a voler lottare, non per te stesso, ma per tuo fratello, quello che vi unisce perfettamente. Le vostre anime, se fossero complete, sarebbero due tessere di un puzzle, che combaciano e insieme formano la figura chiave, la più importante di tutte: l’amore.-
Bill rimase in silenzio.
E così, lui e Tom erano anime gemelle, dovevano stare insieme per sempre ed erano legati da una forza indissolubile.
Certo, lui aveva sempre saputo che Tom era la sua più profonda ragione di vita, anche se forse non ci aveva mai realmente pensato.
Tutto quello era bellissimo, e dopotutto, lui non poteva nemmeno immaginarsi che cosa sarebbe stata una vita senza il gemello… improponibile.
Rialzò lo sguardo, sentendo che a tutto quello mancava un pezzo molto importante.
-Ora… voglio dire, è meraviglioso… ma io come faccio a liberarmi del vampiro? Insomma, non vorrei che diventasse troppo forte… e non posso lasciare che prenda il sopravvento… uccidere Tom sarebbe la seconda cosa che farebbe, dopo averlo torturato… ed io non posso permetterlo. Che cosa faccio quando riesco ad arrivare al centro del labirinto?- chiese.
Il signor Schein annuì.
-Giusto, giusto. Dunque, una volta arrivato al centro, probabilmente ti si manifesterà davanti il vampiro, nella sua forma più umana possibile. Tutto ciò che tu dovrai fare sarà spingerlo nel raggio di luce, e con questo lui sarà costretto a lasciare il tuo corpo. Attento, però, perché tu non dovrai avvicinarti troppo al raggio. E, soprattutto, non sottovalutare mai il vampiro. Mai, in qualsiasi momento, perché è una creatura terribile, malvagia e senza scrupoli. Dovrai sempre vigilare, non abbassare mai la guardia. Mi sono spiegato?- disse, guardandolo con sguardo perentorio.
Bill fece cenno di sì con la testa.
Ora era piuttosto terrorizzato.
Avrebbe dovuto affrontare il vampiro in persona?
E se non ce l’avesse fatta… ?
Il ragazzo non premise all’idea di formarsi nella sua mente, mentre si passava una manica della maglietta sulla fronte imperlata di sudore freddo.
Rivolse di nuovo lo sguardo all’anziano, che lo guardava con gentilezza, in attesa di una reazione.
-D’accordo- disse Bill –Facciamolo ora. Prima è, meglio è per tutti.-
Il vecchio sorrise.
-Ragazzo, così agitato on farai proprio nulla. Devi essere tranquillo, e credo proprio di sapere di cosa tu abbia bisogno.- accennò alla porta con la testa –Va’ da Tom, e spiegagli un po’ quello di cui abbiamo parlato. Ovviamente non puoi dirgli nulla sul processo di purificazione, ma sono sicuro che gli interesserà sapere la parte delle anime gemelle. Su, vai-.
L’uomo sorrise gentilmente, mentre Bill si alzava e raggiungeva la porta.
-Lei resta qui?- chiese prima di aprirla.
Il signor Schein annuì.
-Devo preparare un paio di cose per la magia. Tu vai, quando sarete pronti tornate dentro.-
Bill assentì, ed uscì dalla stanza. Quando si fu chiuso la porta alle spalle, notò il fratello. Era seduto su una sedia poco distante, con la testa fra le meni, e sembrava distrutto.
-Tom?- chiamò il ragazzo.
Questi alzò la testa di scatto, e balzò in piedi.
-Bill!- esclamò avvicinandosi a lui –Stai bene? Hai un’aria stravolta…- lo guardò apprensivo, posandogli una mano sulla fronte quasi a voler controllare se aveva la febbre.
Il moro sorrise.
-Sto bene, sto bene… è che ho un po’ paura…- mormorò abbassando lo sguardo.
Un attimo dopo, si sentì avvolgere da due calde braccia che lo strinsero dolcemente.
-Stai tranquillo.- Gli sussurrò Tom –Andrà tutto bene.-
Per qualche secondo nessuno dei due parlò, poi il rasta sciolse l’abbraccio e condusse il fratello verso una sedia, sul quale lo fece sedere.
Lui ne prese un’altra, identica, (gemella, pensò Bill) e vi si accomodò.
-Immagino che tu non possa dirmi come funziona il processo di purificazione, vero?- chiese.
Bill scosse la testa.
-Mi dispiace, ma no.-
Tom annuì.
-È molto difficile?-
-E pericoloso- aggiunse il fratello -però, il signor Schein ha capito cos’è che mi da forza interiore, sai?-
E gli raccontò per filo e per segno tutto quello che gli era stato detto.
Quando terminò, fissò gli occhi scuri in quelli identici del gemello.
Rimasero immobili a guardarsi per qualche minuto.
Le loro anime erano create per restare unite.
Loro erano stati creati per restare sempre uniti.
Loro, erano i gemelli Kaulitz, e nulla li avrebbe mai divisi.
All’improvviso, contemporaneamente, scattarono entrambi in avanti, stringendosi in un abbraccio di una forza e sincerità tale da poter spiazzare ogni creatura vivente sulla terra, e Bill, in quel momento, si sentì in grado di scalare di corsa una montagna senza fermarsi mai.
-Noi siamo legati indissolubilmente, Tom- sussurrò Bill –Niente ci divederà mai.-
Tom sorrise, e lo baciò sulla fronte.
-Niente.- promise.
I due ragazzi rimasero lì ancora un po’, nessuno dei due aveva tanta voglia di spezzare quel bellissimo momento.
Tom cercò di confortare Bill il più possibile, coccolandolo e sussurrandogli parole dolci e rassicuranti all’orecchio.
Aveva capito che era questo ciò che doveva fare per aiutarlo a vincere la sua battaglia.
Infine, però, la mante di Bill tornò ben lucida.
-Ora dobbiamo andare- disse flebilmente –Prima mi sbarazzo di quel maledetto vampiro, meglio sarà per tutti.-
Tom annuì, ed entrambi si alzarono in piedi, per rientrare nella piccola stanza dove il signor Schein li aspettava da almeno mezz’ora.
Trovarono il vecchio ad aspettarli in piedi.
A dispetto della sua immagine gracilina, doveva essere molto forte se era riuscito da solo a spostare il tavolo dal centro della stanza.
Quando incrociarono il suo sguardo, videro che sorrideva.
Si avvicinarono a lui.
-Visto che avevo ragione?- disse rivolto a Bill.
Il ragazzo sorrise.
-Già!- rispose guardando il gemello, che ricambiò il sorriso.
-Bene, vogliano cominciare?- fece l’uomo.
-Certo- risposero all’unisono i due gemelli.
-Mettetevi al centro della stanza, e prendetevi le mani. Dovete stare uno di fronte all’altro, così.- comandò il vecchio, mentre i gemelli eseguivano –Ora, Bill pensa intensamente al motivo per cui vuoi liberarti del vampiro.-
Nulla di più facile.
Il ragazzo fisso negli occhi il gemello, perdendosi in quella profondità meravigliosa, e sorise.
Tom fece lo stesso.
Ecco perché voleva liberarsi del vampiro.
Doveva farlo per Tom, doveva salvarlo.
Tom, Tom, Tom…
Il rasta non smetteva di sorridere, e Bill sentì montare dentro di sé una forza incredibile, più potente di quella che aveva sentito poco prima, potentissima… guardò un’ultima volta gli occhi del gemello, e svenne.


**************

Ebbene, eccovi il 13° capitolo.
Mi scuso tantissimo per il ritardo stratosferico, ma questa volta ho una buona scusa! (hehe! XD)
Ci ho messo tanto ma alla fine è venuto fuori un capitolo più lungo di quanto abbia mai scritto, e ciò non può che essere una buona cosa, no?
Forse no...
Ad ogni modo, non so dirvi quando posterò il seguito, perchè la scuola mi sta prendendo molto, e non sono molto veloce a scrivere...
Aggiungendo che sono occupatissima per la maggior parte dei giorni della settimana, spero possiate capirmi se ritarderò molto anche la prossima volta.
Ad ogni modo, spero tanto che vi sia piaciuto, e spero che mi recensiate in tanti.
Ein Kuss!
Tschuss!!
Die Vampir
Ary

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Bill sbatté un paio di volte le palpebre.
Dovettero passare dei secondi prima che la sua mente e capacità di pensiero si ristabilisse e cominciasse a lavorare.
Punto primo: era sdraiato su qualcosa di morbido e verde, che dedusse essere erba.
Secondo: riusciva a muovere le mani e i piedi, come ogni parte del corpo era perfettamente funzionante.
Terzo: per quale motivo doveva rimanere lì come un baccalà a fissare il vuoto?
Una volta che si posto questa domanda, riuscì a giungere alla seguente operazione da compiere: alzarsi in piedi.
Si tirò su di scatto e iniziò a guardarsi attorno.
Il luogo in cui si trovava, aveva un che di inquietante.
La luce era poca, non si riusciva a capire da dove venisse, e davanti a sé il ragazzo vedeva erigersi un’altissima siepe, che lo circondava.
Preferiva non sapere quanto era grande il labirinto, per non farsi prendere dal panico.
Alla sua destra, si diramavano tre differenti strade da percorrere.
Con sollievo, Bill si accorse che una aveva le foglie rosse, una le foglie gialle e l’ultima le foglie verdi.
 -Meno male che sono segnate da colori diversi, sarà più facile seguirle.- si disse.
Pessimo errore.
La sua voce rimbombava tra i cunicoli del labirinto, e l’eco giungeva da lontanissimo, facendo venire la pelle d’oca al poveretto, che decise all’istante che sarebbe rimasto zitto.
Dopo una breve riflessione, decise di imboccare il sentiero verde, che sembrava il più semplice, anche se in cuor suo, avrebbe preferito quello dalle foglie rosse.
La ragione era semplice: se doveva affrontare un vampiro, non era più logico che il colore delle foglie fosse rosso come il sangue?
Scacciò il pensiero, e si avviò lungo la stradina, ma non aveva percorso che pochi passi, che un muro di spine di rosa gli sbarrò la strada, comparso dal nulla, graffiandogli il braccio.
Bill trattenne a stento un urlo di sorpresa, ed indietreggiò all’istante.
Che diavolo era successo?
Poi capì.
Sempre guardando con occhi sbarrati il muro di spine, ricordò l’avvertimento del signor Schein: “Segui solo il tuo cuore”.
Quindi, doveva scegliere con il cuore e non con la mente.
Scuotendo la testa, si affrettò ad imboccare il bivio rosso.
Procedette più lentamente, controllando che non spuntassero all’improvviso altri muri di rose, ma non accadde nulla.
Osservando la siepe man mano che procedeva, Bill si accorse che da rosse le foglie sfumavano, finché non raggiunsero ancora una volta quella tonalità grigio verdastra che le caratterizzava tutte.
Una leggera nebbiolina aleggiava su tutto il labirinto, una nebbiolina gelata che lo faceva rabbrividire, non solo per il freddo, ma anche per il terrore e l’inquietudine che albergavano nel suo cuore.
Inoltre, notò il ragazzo, le siepi erano altissime.
O forse, l’aggettivo altissime era un tantino riduttivo: le siepi erano talmente alte che non si riusciva a vederne la fine.
Semplicemente continuavano a perdita d’occhio, finché non venivano inghiottite dall’oscurità che troneggiava sopra alla nebbia, ricoprendo il labirinto come una grande tenda.
Continuò ad andare avanti per un tempo indefinibile, non riusciva a capire se fossero passate ore, giorni o solo pochi minuti, quando giunse davanti ad un lunghissimo passaggio del labirinto.
Bill impallidì all’istante.
Sarà stato lungo una cinquantina di metri, era perfettamente dritto e piuttosto largo, ma era totalmente esposto e non c’erano possibilità di nascondersi da qualcosa che sicuramente l’avrebbe attaccato.
Infatti, Bill era certo che stava per correre un immenso pericolo, ma di sicuro non si aspettava che cosa l’avrebbe attaccato.
Il ragazzo deglutì terrorizzato.
Si rifiutava completamente di compiere anche un solo passo in quel lunghissimo varco, non ne aveva la minima intenzione.
Indietreggiò, ma subito lanciò un urlo di dolore e si voltò, con il volto contratto in un’espressione sofferente.
Un altro muro di spine si era eretto per impedirgli di fuggire, solo che questa volta erano molto più grosse ed affilate di prima, e si erano conficcate nella schiena di Bill, che ora sanguinava.
Il ragazzo deglutì ancora una volta: ora non aveva scelta, e per di più la schiena gli faceva un male terribile.
Doveva trovare un luogo in cui fermarsi, al più presto, perciò prima attraversava quel maledetto passaggio, meglio sarebbe stato.
Si raddrizzò un poco, per quanto le ferite glielo permettessero, ed avanzò di alcuni passi.
Non aveva percorso che due metri, che delle lame affilate e lunghissime uscirono dalla siepe, mirando alla parte del suo corpo che andava dalla vita al capo.
Terrorizzato, il ragazzo lanciò un grido e si chinò per evitarle, e queste si conficcarono nella siepe dalla parte opposta.
Formavano come una sbarra.
Sempre più terrorizzato, Bill incominciò a strisciare per terra più velocemente che poteva, mentre sopra la testa continuava a sentire il sibilo delle lame che, una ad una si conficcavano nella siepe, agendo d’istinto, senza ragionare.
Si rese conto più tardi di come il panico danneggiasse le capacità intellettive.
Ad un tratto si accorse che non c’erano più lame sopra di lui, così si arrischiò ad alzare la testa.
Pareva che non fosse successo nulla, non fosse stato per gli oggetti lunghi e scintillanti che stavano conficcati nella siepe per almeno dieci metri, e gli impedivano qualsiasi possibilità di tornare indietro.
Bill tentò di regolarizzare la respirazione ed il battito cardiaco, che andavano così veloce da poter coprire in pochi minuti, se misurati in chilometri, la distanza tra la Francia e l’Inghilterra sul canale della manica.
Quando vi riuscì, trasse un lungo respiro, ma non appena tentò di voltarsi verso la fine del passaggio e proseguire, qualcosa gli si allacciò alla caviglia, tirandolo in basso e trascinandolo via a velocità sempre maggiore.
Il ragazzo urlò di dolore: aveva sbattuto con forza il viso contro il terreno duro, ed ora il sangue caldo che usciva dal naso e dalla bocca gli imbrattava tutto il viso.
Intanto la liana che aveva alla caviglia lo stava trascinando verso il luogo da cui veniva, un grosso buco nel terreno dal quale sbucavano, come grossi vermi marroni da una tana, altre liane striscianti.
A quella vista Bill sbarrò gli occhi terrorizzato, e prese a dimenarsi come un pazzo, tentando di liberarsi, si aggrappò ad una radice che sbucava dal terreno per cercare di opporre resistenza e, per un attimo funzionò.
Subito però anche quella rivelò essere viva, e si arrotolò attorno al suo polso, stringendosi ed annodandosi in modo che non fosse possibile liberarsi.
Come per magia, da ogni parte attorno a Bill, radici di ogni misura si liberarono dal terreno e lo legarono stretto ai polsi, alle caviglie, si allacciarono attorno alla sua vita ed alla sua bocca, rendendo impossibile ogni tentativo di fuga, e lo sollevarono.
Così, il ragazzo era sospeso a mezz’aria, sostenuto da funi, con le braccia e le gambe aperte e tese, un po’ come il disegno del corpo umano di Leonardo Da Vinci.
Chinò il capo, il dolore che provava era terribile, e non sapeva che il peggio doveva ancora venire.
All’improvviso, dalle siepi ai suoi lati, dei rami si allungarono poi, con grande orrore di Bill, iniziarono a colpirlo.
La forza dei rami era tale che le radici che lo tenevano si spezzarono, ed il ragazzo cade a terra in preda a tremendi spasmi di dolore, mentre la foresta sempre più intricata di rami lo frustava su tutto il corpo, gli strappava i vestiti e gli impediva di vedere altro che non fosse il suo sangue.
Fu in quel momento che Bill comprese che se fosse rimasto immobile, i rami avrebbero continuato a fustigarlo per l’eternità, e per quanto si desse dell’idiota da solo, doveva scappare.
Certo, riusciva a malapena a tenersi in piedi, ma doveva fuggire.
Lottando e piangendo, sputando e vomitando sempre più sangue, il ragazzo riuscì a farsi strada attraverso la giungla terribile finché, con suo sommo stupore, riuscì ad uscirne.
Tremava come una foglia, ed era ridotto in condizioni pietose, ma era fuori, e dietro di lui, i rami continuavano a contorcersi e a colpire qualcosa che però non c’era più.
Ansimando tra gli spasmi di dolore, Bill tentò di alzarsi in piedi e, barcollando, ci riuscì. Ormai mancavano solo una quindicina di metri alla fine del passaggio.
Strinse i denti tra le lacrime ed il sangue.
Ce la posso fare.
Inspirò a fondo, ed avanzò.
Una radice si contorse a pochissimo dai suoi piedi, ma lui la saltò, per poi abbassarsi e schivare una lama argentata.
Prese a correre e strisciare, saltando e schivando vari ostacoli che si frapponevano fra lui e la fine del lungo e travagliato percorso, finché finalmente, non giunse al traguardo.
Prese la rincorsa stringendo i denti, e saltò l’ultima radice.
Troppo tardi si accorse che stava per sbattere contro ad uno strano strato azzurrino, che segnava la fine del vicolo cieco, così, spaventato più che mai, si preparò al doloroso impatto.

Quando Bill riaprì gli occhi, si stupì di ritrovarsi sdraiato su qualcosa di morbido.
Sbatté le palpebre e si guardò intorno: si trovava in una radura in mezzo ad un bosco, i cui alberi erano coperti di neve.
Udiva chiaramente il dolce scorrere di un ruscello, lì vicino, e la notte buia era illuminata dalla luce della luna piena, grande e pallida, che dalla sua altezza sorvegliava tutto e tutti.
Nonostante fosse sdraiato su un cumulo di neve, non sentiva freddo: l’unica cosa che percepiva era il dolore.
Un dolore straziante e terribile ad ogni membra del corpo, un dolore che lo dilaniava e lo distruggeva, un dolore insopportabile.
Non aveva neppure la forza di piangere, non aveva la forza di fare nulla.
Tanto valeva lasciarsi morire così, niente gli importava ormai.
 -Non t’importa neanche di me?- domandò una voce accanto a lui.
Bill si alzò di scatto, ma ricadde subito indietro sulla neve sporca di sangue, con un grido di dolore.
Tom..?
 -Sì Bill, sono io.- rispose la voce del fratello.
Pochi attimi dopo, la sua figura lo sovrastava.
Tuttavia, aveva qualcosa di strano.
Era come sbiadito, troppo pallido, sembrava un fantasma proveniente da un sogno lontano.
 -Cosa… come puoi essere qui?- mormorò Bill con voce flebile, tentando di muovere la mano per stringere la sua, ed il gemello gli venne incontro.
 -Sono parte della tua anima, Bill- disse, con un piccolo sorriso –Lo sai bene.-
Il ragazzo chiuse gli occhi ed annuì debolmente.
 -Tuttavia, sono qui per un altro motivo.- continuò Tom con voce seria, e il fratello lo guardò: aveva un’ espressione severa –Hai detto, insomma, pensato, che non t’importa più niente?-
Bill distolse lo sguardo, vergognandosi.
 -Non t’importa di te stesso? Non t’importa di me e di tutti i poveretti che diverranno vittime del vampiro se non ti ribellerai? Ti rendi conto anche solo minimamente di quello che puoi fare TU, e ripeto, tu soltanto, per il bene di ogni uomo sulla terra?- proseguì Tom con voce sempre più alta, ed una nota nella voce che non poteva essere altro che furia.
Bill la notò, e tornò a cercare lo sguardo del gemello timidamente, quasi avesse paura di lui.
Sapeva che aveva ragione, e sapeva anche che ascoltarlo era la cosa giusta da fare, in quel momento.
Tom rappresentava la parte della sua anima e della sua coscienza che sapeva che non doveva arrendersi, quella parte che o spronava e lo confortava, che in fondo sapeva qual’era la via da seguire.
Negli occhi del gemello-fantasma, Bill poté leggere tantissimi sentimenti, come se questi non fossero altro che un libro aperto.
Il più facile, era la rabbia.
Rabbia, perché non doveva lasciarsi andare, doveva continuare a combattere e salvare se stesso e il fratello dal vampiro che li minacciava.
Preoccupazione.
Preoccupazione per Bill, che stava lì, disteso sulla neve, incapace di qualsiasi movimento, coperto di sangue e di ferite brucianti, quasi morente e demoralizzato.
Determinazione.
Non voleva che si lasciasse morire, doveva vincere, vincere, lottare, combattere, sopravvivere, e Tom era lì proprio per ricordarglielo.
Non aveva intenzione di lasciar perdere.
Paura.
E non solo paura, terrore.
Temeva che Bill non ce la facesse, che permettesse al vampiro di sopraffarlo, che la sua anima potesse scomparire.
Ma, soprattutto, negli occhi di Tom, Bill leggeva l’amore.
L’amore incommensurabile che il fratello provava per lui, l’origine di tutti gli altri sentimenti, quello che lo spingeva a stringergli la mano e incitarlo e confortarlo anche quando tutto sembrava finito.
Bill non doveva lasciarsi andare, lo sapeva anche lui, aveva solo bisogno di qualcuno che glielo ricordasse, e Tom era lì per quello.
 -Mi dispiace…- bisbigliò il ragazzo con un filo di voce.
Il fratello rimase a guardarlo negli occhi per qualche secondo, poi scosse il capo.
 -Stai tranquillo Bill.- mormorò in risposta –Capisco perfettamente come ti devi sentire tu ora.-
Bill cercò di sorridere, ma non gli uscì altro che una smorfia.
 -Lo so. Sei parte di me, e bla, bla, bla… tutto il resto.- disse.
Tom sorrise in risposta, poi sospirò.
 -Bill- fece, guardando il fratello fisso negli occhi –Giurami che andrai avanti, giuralo. Prometti che farai tutto ciò che è in tuo potere per fermare il vampiro.-
Il ragazzo ricambiò lo sguardo, e grosse lacrime gli scivolarono lungo le tempie, per morire sulla neve con estrema delicatezza.
 -Io… io non so se ce la faccio…- bisbigliò, spaventato dal peso che gravava sulle sue spalle.
Tom scosse subito la testa.
 -Tu ce la farai, e lo sai bene. Devi solo impegnarti e credere che puoi farlo. Allora sarà tutto più facile. Allora, me lo giuri?-
Bill era indeciso, e aveva paura, tantissima paura, di sbagliare, di deludere Tom, di scomparire e di vederlo scomparire… ma sapeva che c’era solo una cosa che poteva fare.
 -Sì.- sussurrò –Te lo giuro.-
A quelle parole Tom s’illuminò di un gran sorriso.
 -Sapevo che ci saresti riuscito!- esultò.
Bill tentò, debolmente, di ricambiare il sorriso.
Non riusciva ad ignorare il dolore che straziava ogni membra del suo corpo.
Il viso di Tom si fece premuroso.
Alzò la mano del fratello vicino al proprio viso, e la baciò con dolcezza.
Subito, un tiepido calore lo pervase, a partire dalla punta delle dita fino al polso, e quando Tom gliela mostrò, la mano non era più ferita, né dolorante.
Bill sgranò gli occhi per lo stupore, ma il fratello sorrise e gli baciò anche la fronte, che subito guarì.
 -Ora dormi, Bill.- mormorò piano –Dormi e non preoccuparti più di nulla.-
Gli posò le dita sulle palpebre, chiudendole dolcemente.
 -Aspetta- biascicò Bill, già mezzo addormentato, tentando di combattere contro il non voluto sonno –resterai?- chiese.
Udì Tom ridere, ma la sua risata era echeggiante, come proveniente da un sogno –Certo che resterò. Io sono parte di te, ricordi?-
Disse anche qualcos’altro, ma a quel punto Bill dormiva, e non lo sentì.

Tempo dopo, forse ore, minuti, o parecchi giorni, Bill riaprì gli occhi.
Nella radura splendeva il sole, e il suo riflesso produceva sulla neve meravigliosi luccichii.
Il ragazzo, lievemente stordito, si alzò a sedere, e si guardò attorno.
La foresta in cui si trovava era immobile e silenziosa, non fosse stato per il dolce rumore di un ruscello che sentiva scorrere lì vicino.
Memore dell’avventura trascorsa, si stiracchiò le membra, e constatò che era tutto a posto, non provava dolore ed anche i vestiti, prima ridotti a brandelli, ora erano perfetti come prima di attraversare il labirinto.
Ricordò anche dell’apparizione e del discorso avuto con il suo gemello, e dell’ultima cosa che gli aveva detto.
 “Sono parte di te!” pensò Bill scocciato “Gran bella risposta!”
Si riscosse da questi pensieri, concentrandosi sul suo prossimo compito, e si guardò intorno perplesso.
Si trovava in una radura, ma nel bel mezzo del nulla.
Non aveva idea del perché si trovasse lì, né di dove sarebbe dovuto andare.
Cercò di tenere a mente che doveva seguire il proprio cuore.
Perciò, il signor cuore, cosa diceva ora?
Bill chiuse gli occhi, decidendo di muoversi alla cieca e non pensare.
Mosse qualche passo barcollante in una direzione a caso, e decise che quella avrebbe seguito.
Riaprì gli occhi ed iniziò spedito a camminare nel folto degli alberi.
La sua marcia continuò per molto tempo, e ciononostante, la vegetazione subiva minuscoli cambiamenti.
Non si vedevano in giro animali, ed il silenzio era tale che, se solo si fosse fermato un attimo, avrebbe potuto udire gli alberi che crescevano.
Tuttavia non si fermò, finché all’improvviso non udì un vociare, dapprima flebile, poi più forte man mano che proseguiva.
Motivato, accelerò il passo e, dopo poco tempo, si ritrovò davanti ad una scena che lo sorprese moltissimo.
Davanti a lui si estendeva un enorme spiazzo innevato e pieno di persone.
Verso sud-est, stava una grande baita, mentre più a nord si trovava lì impianto di partenza di una funivia.
Era in una stazione sciistica.
Mentre tentava di capire cosa ci faceva lì, lo attirò una voce, e subito tutto divenne chiaro.
 -Mamma!- strillò un bambino –Tom mi ha tirato della neve addosso!-
Bill ricordava quel periodo.
Erano le vacanze di Natale del 1995, le ultime che avevano passato tutti insieme, prima che i genitori si separassero, ed erano andati a sciare.
Per i bambini era la prima volta, e ricordavano quelle vacanze come un periodo molto speciale.
Ad ogni modo, Bill vide, nascosto dietro ad un albero a poca distanza, un bambino biondo, che si rese conto essere lui da piccolo, correre verso la madre, strillando nella sua tuta da neve arancione.
 -Non è vero!- protestò un altro bambino, identico in tutto e per tutto, tranne che per la tuta viola –Lui è caduto da solo, io non ho fatto nulla!- ed anche Tom raggiunse la madre e il fratellino.
 -Bambini, quando la smetterete di litigare?- li rimproverò la mamma, mentre spolverava Bill dalla neve, ed il suo omonimo più grande osservava di nascosto la scena.
Tom sbuffò.
 -Dai Bill, scusa, non volevo tirarti la neve, mi dispiace.- disse schiettamente –Ora vieni a giocare.-
Il fratellino lo guardò un attimo, indeciso se tenergli o no il broncio, poi sorrise e si avviò con lui verso il pupazzo di neve che stavano facendo prima.
Nel frattempo, la versione large di Bill si guardava intorno, pensierosa, cercando di capire da dove potesse venire il pericolo che da un momento all’altro avrebbe minacciato il se stesso di nove anni prima.
Solo quando i due piccoli commentarono che il pupazzo avesse bisogno di rami per le braccia, e vide il piccolo sé dirigersi verso il bosco, dalla sua parte, comprese.
Pochi metri dopo il limitare degli alberi, si ergeva un fusto diverso dagli altri.
Era nero, lucido e bellissimo. Le sue foglie invece erano rosse… di un colore che ricordava terribilmente il sangue.
Il ragazzo osservò orripilato per un attimo il bambino, che si avvicinava sempre di più all’albero magico, come ne fosse ipnotizzato, prima di riscuotersi.
Bill non poteva avvicinarsi a quell’albero, o sarebbe stata la fine.
Si guardò intorno, disperato, alla ricerca di una soluzione che non riusciva a trovare.
Non poteva farsi vedere dal piccolo, da sua madre, suo fratello o suo padre.
Doveva trovare un altro modo.
Il bambino si avvicinava sempre di più, voglioso di toccare quella liscia corteccia nera, ed ormai gli mancavano pochi metri.
Il cuore del ragazzo invece batteva sempre più veloce, ad ogni passo che il suo passato faceva.
Un passo del suo passato verso il suo futuro.
Un futuro che avrebbe potuto cessare all’istante di esistere, se lui non avesse cambiato il passato.
Il bambino era a soli due metri dalla fine della sua vita, e Bill era disperato.
Per un attimo prese in seria considerazione l’idea di lanciarsi addosso a lui, ma la respinse con violenza.
Poi, la soluzione giunse, chiara e semplice.
Il ragazzo, ben nascosto tra gli alberi, lanciò un urlo, forte, a pieni polmoni.
Per un attimo il silenzio calò sulla zona circostante, poi si udì un’altra voce.
 -Bill! Che fai lì?- gridò Simone, accorrendo incontro al figlio -che succede, tesoro?-
 -Niente mamma.- rispose lui, corrucciato –Non sono stato io a urlare.-
Simone scrutò tra gli alberi, in direzione opposta a quella dove si trovava il ragazzo, poi scosse la testa.
 -Non importa. Vieni via, su.- disse.
Il bambino si lasciò trascinare dalla mamma, del tutto indifferente a ciò che era successo.
Il suo omonimo, invece, tirò un enorme sospiro di sollievo.
 “Ce l’ho fatta…” pensò.
E, mentre si lasciva scivolare lungo la corteccia dell’albero contro cui poggiava la schiena, venne investito da un abbagliante raggio di luce bianca.

†††•••†††

Buon pomeriggio, gente!
Eccomi qui, come promesso, con un nuovo capitolo di questa fan fiction.
È molto più movimentato dei precedenti, spero che la cosa non vi dispiaccia.
Mi scuso molto con voi, perché è passato troppo tempo dall’ultimo post, ma d’altronde, la scuola e i vari impegni mi prendono molto, perciò… non vi farò promesse che non sono sicura di mantenere!
Questo è il mio regalo di Natale per voi, perché non penso ci sentiremo prima.
Un grosso bacio, e soprattutto, mille ringraziamenti a chi recensisce, a chi mi sostiene e a chiunque abbia letto la mia fan fiction!
Auguri di buone feste,
†ArY_EnGeL†

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