I need your blood di Billie_Jean (/viewuser.php?uid=44436)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Hallo a tutti!! Eccovi qui un’altra mia ff… vorrei
precisare una cosa. Sono certa che il mio pubblico più
affezionato, vale a dire chi ha letto anche le mie altre tre ff, ha
notato che nelle mie storie non ci sono mai Gustav e Georg, i miei
adoratissimi. Ebbene, il motivo è semplicemente che,
nonostante sono i miei preferito, non mi danno ispirazione per scrivere
le ff. Detto questo vi lascio e vi auguro una BUONA LETTURA!!!!
CAPITOLO 1
-Tom, Bill, è tardi! È ora di dormire!-
esclamò una donna, ormai non più così
giovane, comparendo sulla porta del salotto. I due ragazzi seduti sul
divano neppure la sentirono, concentrati com’erano sul film
che stavano guardando. Allora la madre
s’impossessò del telecomando, spense il televisore
e vi si piazzò davanti, con espressione severa. Due
identiche paia di occhi si posarono su di lei. Uno dei gemelli
sbuffò.
-Ma mamma…- protestò.
-Niente “ma” signorini! A letto, subito!
Domani dovete andare a scuola, ricordate?-
A giudicare dalle espressioni di Tom e Bill, non se lo ricordavano; fu
il turno della madre di sbuffare.
-Ma come si fa con voi due?- sospirò –Ad
ogni modo, sarebbe tardi comunque! Filate a letto, velocemente!-
-Abbiamo quindici anni e dobbiamo rispettare gli orari di
quando ne avevamo dodici?- si lamentò Tom.
Lamentandosi sulle ingiustizie che la vita ti pone davanti, i ragazzi
se ne andarono su per le scale, fino alle rispettive stanze. Da qualche
anno vivevano in quella piccola città nel centro-est della
Germania e nella nuova casa avevano stanze separate, anche se a volte
preferivano dormire insieme. Loro due erano gemelli omozigoti,
cioè erano identici: stessi occhi nocciola, stesso viso,
stessa corporatura minuta, stesso naso, stessa bocca, stesse
mani… tuttavia distinguerli era semplice, perché
avevano entrambi un look molto particolare: Bill portava vestiti in
stile dark, si era tinto i capelli di nero e li portava corti, sparati
un po’ in aria e con un ciuffo che gli copriva parte del
viso; Tom aveva un look hip hop, vale a dire jeans larghissimi e maglie
ancora più larghe; i suoi capelli erano pettinati alla moda
dei rasta ed erano color biondo scuro. In ultimo, ma non per
importanza, Bill si truccava gli occhi di nero, piuttosto singolare per
un ragazzo della sua età.
Quando andarono a dormire, era quasi l’una di notte. La madre
sbraitava infuriata che non potevano andare a letto così
tardi quando avevano la scuola, ma nessuno dei due le diede ascolto.
Tuttavia, alle sette meno un quarto, quando la sveglia
suonò, sembravano due zombie. Ignorando i commenti della
madre, mangiarono la colazione ed uscirono di casa dimenticando gli
zaini; non avevano fatto che pochi metri, quando se ne accorsero e
tornarono a casa di corsa, a prenderli.
Alle otto e cinque erano appena scesi alla fermata
dell’autobus, correndo a perdifiato per non arrivare troppo
in ritardo, ma senza risultato. Alle otto e un quarto entrarono in
classe, cercando di evitare lo sguardo inceneritore della professoressa
di geografia.
-Un quarto d’ora! Un quarto d’ora!-
sbraitò -È la terza volta che arrivate in ritardo
quest’anno! La prossima sarà l’ultima,
vi avverto!-
I due gemelli cercarono di rendersi invisibili, scomparendo dietro una
pila di libri assolutamente superflua. Quando, finalmente, la prof
smise di berciare, annunciò che avrebbe interrogato
qualcuno. Bill e Tom si scambiarono uno sguardo, da una parte
all’altra dell’aula, mentre questa scorreva
l’elenco di nomi con lo sguardo.
-Dunque, vediamo…- disse –Tom
Kaulitz…-
Lanciando un’altra occhiata, ansiosa, al fratello, Tom si
alzò e raggiunse la cattedra. Con gli occhi, aveva
comunicato a Bill che non aveva aperto un libro.
-…e Bill Kaulitz!-
Senza troppa sorpresa, Bill lasciò il banco per accostarsi a
Tom, attendendo l’inevitabile. Gli toccava ancora una volta
salvare Tom da un’insufficienza.
-Molto, bene, ora vedremo se avete fatto tardi
perché dovevate ripassare.- ghignò la prof,
squadrandoli –Chi vuole cominciare?-
Bill fece un passo avanti.
-Molto bene. Parlami dell’America, in generale.-
Bill rimase in silenzio per un attimo, poi incominciò a
esporre tutto quello che sapeva sull’America, cercando di far
durare l’interrogazione per tutta l’ora, in modo da
non lasciare tempo per quella di Tom. Considerando che sapeva vita,
morte e miracoli di minimo dieci stati dell’America, ce la
fece. A due minuti dal suono della campana, l’insegnante lo
fermò. Lievemente intontita dalla parlantina di Bill, che
era arrivato giusto a enunciare i settori principali
dell’economia dello Utah, li rispedì entrambi a
posto, segnando un “10” sotto il nome nel moro, e
avvertendo Tom che l’avrebbe interrogato il lunedì
successivo. Lo sguardo pieno di gratitudine del biondo
riempì gli occhi di Bill, mentre si voltava verso il proprio
compagno di banco che aveva esclamato:
-Sei un mostro!-
-No, ho solo sprecato tre interi pomeriggi.-
A casa, la madre fu più che contenta scoprendo del voto, ma
non venne a conoscenza del fatto che anche Tom avrebbe dovuto essere
interrogato. Siccome era sabato, pensavano, almeno quella sera potevano
evitare di andare a letto alle dieci… invece no!
-A dormire!- strepitò mamma –Dovrete
pulire la soffitta, domani, credete che la scopa stia su da sola???-
Nonostante le vivide proteste dei gemelli, dovettero andare a letto
(sotto minacce pesantissime) che erano appena le dieci e mezzo. Certe
volte, si disse Bill, mi chiedo se mamma ha mai avuto quindici anni, o
se è passata dai dodici ai quarantatre direttamente!
La mattina seguente, Tom si svegliò per primo, come sempre.
Erano le otto e mezzo, era domenica, e Bill dormiva beatamente.
Sbadigliando, Tom si diresse in cucina, dove lo aspettava la mamma,
già vestita e pimpante, che lo accolse con un:
-Finalmente vi siete svegliati! La soffitta attende!- Tom
sbadigliò di nuovo –Dov’è
Bill?-
-Dorme…- fu la risposta del ragazzo. La madre
scosse la testa.
-Vado a svegliarlo.- disse Tom, con un ghigno. La madre
scosse la testa di nuovo. Poco dopo un urlo agghiacciante
rimbombò per tutta la casa e una risata lo seguì.
Tom aveva preso le cuffie dell’iPod e le aveva infilate nelle
orecchie di Bill, mettendo a massimo volume una canzone rock pesante.
-TOOOOOOOOOOOOOM!- gridò infuriato Bill, balzando
in piedi. Rincorse il fratello fino in bagno, afferrò il
tubetto del dentifricio e glielo spalmò in faccia; infine
scesero entrambi in cucina, tranquilli come se non fosse successo
nulla. Nonostante cercassero di prolungare la colazione il
più possibile, per togliere tempo alla soffitta, non
riuscirono a scampare al dovere, e si ritrovarono alle nove e mezzo,
con in mano scopa e paletta, davanti alla porta della maledetta stanza.
Dopo ore che rovistavano, pulivano, spazzavano, cestinavano e
spolveravano, trovarono un vecchio baule di legno di quercia. Bill,
appassionato di magia e simili, si entusiasmò subito.
-Apriamolo, dai!- esclamò elettrizzato.
Il baule aveva un’apertura a scatto, molto vecchia. Quando
sollevarono il coperchio, venne fuori una nuvola di polvere che li
aggredì e li lasciò a tossire come degli
asmatici. Bill non si fece scoraggiare e appena respirò di
nuovo, si tuffò all’interno della cassa che
avevano trovato e ne emerse con un libro. Era molto vecchio, con una
copertina nera piuttosto anonima, e le pagine ingiallite. Eccitatissimo
per la scoperta, Bill s’immerse nella lettura della prima
pagina:
-È una storia di vampiri!- esclamò
quando ebbe terminato.
-Ah, sì?- rispose Tom, cercando di ricambiare
l’entusiasmo del fratello, ma senza riuscirci molto bene.
Bill lo guardò storto.
-Lo so che non te ne frega nulla, sai?- disse.
-Ah, ecco. Be’, sei tu che lo leggerai, non deve
interessare a me. L’importante è che ti piaccia.-
fece Tom, riprendendo a spazzare.
Impiegarono tutta la giornata a pulire quella maledetta soffitta,
interrompendosi solo a mezzogiorno per la pausa panino, ed infine, la
sera, poterono andare a dormire, spossati come non mai. Tuttavia la
stanchezza non impedì alla curiosità di Bill di
spingere il ragazzo a leggere almeno la prima pagina del libro che
aveva trovato.
Sdraiato nel suo letto, con la schiena appoggiata al muro,
prese tra le mani quel volume dalla copertina nera e le pagine
ingiallite soppesandolo con lo sguardo. Prima non ci aveva fatto caso,
ma ora notava che era davvero molto pesante. Molto, molto pesante.
Troppo pesante. Eccitato, sfogliò le pagine fino a giungere
a quella che cercava:
“Capitolo 1
La notte buia e silenziosa si apriva davanti a lui. Gli edifici scuri
erano illuminati fiocamente dalla luce della luna piena, che era sorta
da poco; il viso del giovane, pallido e magro, si dipingeva di
un’euforica gioia, al pensiero di quello che lo attendeva.
Finalmente, avrebbe sentito sangue caldo. Sangue umano. Sangue vero.
Ghignò, scoprendo uno ad uno i denti bianchi, tra i quali si
nascondevano lunghi e appuntiti canini.”
Questo era l’incipit a dir poco attraente del libro che Bill
aveva trovato in soffitta. E dire che si riteneva un esperto di
racconti di magia, vampiri e creature varie! Bene, vi dirò
soltanto che il giovane ragazzo era stato davvero incauto; tutti sanno
che, da un vecchio libro nero trovato in un baule in soffitta non ci si
può aspettare nulla di buono… tutti meno Bill.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO
2
Alle 6.30 del lunedì, il suono trapanante due sveglie
riempì casa Kaulitz. Solo una però, fu spenta;
l’altra continuò decisa a trillare impaziente e
furiosa, finché Tom ringhiando come un cane arrabbiato, non
si precipitò nella stanza del gemello per placarla. Siccome
dal mucchio informe sul letto non giungeva alcun segno di vita, il
rasta, progettando un altro piano malefico, prese l’iPod dal
comodino e vi si sedette accanto.
-…on...i…pro…are…-
mugugnò il groviglio di coperte.
Tom ridacchiò, vedendo sbucare dalla matassa accanto a lui
prima un dito, poi una mano e infine tutto il braccio di Bill che,
annaspando e sbuffando, venne fuori dalle coperte. Non aveva un
bell’aspetto: era pallidissimo, e gli occhi erano segnati da
due occhiaie scure.
-Che cos’hai, non stai bene?- gli
domandò Tom. Bill scosse la testa.
-Sto malissimo.- annunciò con voce flebile
–Mi sento la testa divisa in due, è come se
qualcosa ci stesse strisciando dentro.- aggiunse poi. Tom
posò le labbra sulla sua fronte.
-Non hai la febbre.- gli disse, quasi a mo’ di
scusa.
Bill borbottò qualcosa appoggiando la testa al cuscino e
chiudendo gli occhi. Allora Tom scese a dire alla madre che Bill non
stava bene. Lei ne venne fuori con una tragedia degna di Shakespeare,
ma infine decretò semplicemente che il ragazzo sarebbe
rimasto a casa.
-Dovrò prendermi un permesso…
accidenti, però oggi dovevo incontrare quel
rappresentante…- borbottò la mamma, tra
sé e sé. Tom colse la palla al balzo.
-Non preoccuparti mamma, resto io con lui.- disse, con aria
da santo immacolato.
La madre sembrò prendere in considerazione l’idea,
ma si riscosse subito.
-Nemmeno per sogno. Tu oggi vai a scuola.- decretò
con voce ferma.
Tom non aveva intenzione di cedere.
-Ma mamma, tu devi assolutamente incontrare quel
rappresentante giapponese… è un grosso affare,
non puoi sprecarlo così e poi, ripensandoci, dire:
“Potevo avere una grande occasione, migliorare le condizioni
di vita di molti e guadagnare un sacco di soldi, ma sono rimasta a casa
con Bill, mentre Tom poteva benissimo stare con lui!”.
È questo che vuoi, mamma?, avere dei così grossi
ripensamenti?- disse. Certo che l’aveva proprio messa sul
tragico. Rimase in attesa di un verdetto, fissando la madre con gli
occhi sgranati, come sorpreso da tanto
“egoismo”. Infatti, non fallì.
Sospirando come un mulino, infine, Simone disse:
-Beh non puoi saltare un giorno di scuola… ma quel
rappresentante giapponese…- guardò esasperata
Tom, poi divenne apprensiva e rivolse lo sguardo a Bill che, steso nel
letto, si massaggiava le tempie –D’accordo.- si
arrese. Tom cercò di contenere l’entusiasmo per
non peggiorare il mal di testa di Bill, accompagnando la madre in
ingresso, promettendole che avrebbe fatto il bravo e che avrebbe
studiato (eeehhh come no!, pensava intanto). Simone, ancora non troppo
convinta della decisione che aveva preso, uscì di casa,
chiedendosi come mai ancora una volta si era lasciata abbindolare da
quel volpone di Tom.
Intanto il volpone era tornato da Bill, che si domandava
perché proprio a lui era toccata quella sofferenza,
massaggiandosi le tempie e sperando che tutto passasse in fretta.
-Ce l’ho fatta!- esclamò il rasta,
allegramente.
-Bene.- rispose Bill, senza entusiasmo.
-Non sei contento?- gli chiese Tom accigliato.
Bill aprì un poco gli occhi.
-Sì che sono contento, ma non mi sento in vena di
baldoria.- sussurrò.
-Vuoi un’aspirina, o qualcos’altro?- fece
il maggiore dei due, premuroso. Bill annuì.
Nonostante le quantità di medicinali diversi che il ragazzo
prese, compreso lo sciroppo per la tosse e le gocce per il naso, la
situazione non migliorò per niente, né
peggiorò; semplicemente Bill stava malissimo. Poi ogni tanto
chiamava il patrigno, incaricato da Simone (impegnata con il
rappresentante), per sentire come andava.
-Non c’è bisogno che chiami ogni
mezz’ora, so cavarmela!- sbottò Tom alla quinta
telefonata nel giro di un’ora e mezzo.
-Modera il tono, prima di tutto- rispose l’uomo
dall’altra parte del filo –Come sta Bill?-
-Te l’ho già detto.- sospirò
Tom esasperato –Non è cambiato di una virgola.-
-Va bene. Richiamo tra…-
Tom lo interruppe.
-Non c’è bisogno che richiami tra
mezz’ora, ok? Richiama verso l’una.-
-Sei davvero incredibile. Comunque, non fare confusione.-
-Confusione con un fratello con la testa che scoppia?-
-Comportati bene. Studia.-
-Sì…-
-Ciao Tom.-
-Ciao.-
Sospirando, Tom mise giù la cornetta e tornò da
Bill.
-Non stai meglio vero?-
-Be’, un po’ sì…-
rispose lui.
-Davvero?- chiese Tom sgranando gli occhi per la sorpresa.
-Sì, però…-
-Cosa?-
-Ho un gran freddo!- si lamentò Bill,
strofinandosi le braccia per riscaldarsi.
-Quando ti è venuto freddo?-
-Adesso, un attimo fa! HO FREDDO!- gridò.
Tom prese una coperta di lana e gliela mise addosso. Tremando come una
foglia, Bill si coprì fino al naso.
-Non migliora.- balbettò, con i denti che
tremavano. Tre coperte e un piumone dopo, continuava a lamentarsi.
-Come accidenti è possibile che il mal di testa
sia stato all’improvviso sostituito da un freddo
così terribile?- chiese Tom, quasi a se stesso.
-Non lo so! Tom, io ho freddo!-
-Cos’hai addosso?-
-I…il pi…pipipigiagiama…-
rispose Bill, i cui denti battevano così forte da non farlo
parlare bene.
-Hai davvero così freddo?-
-Ssssiiii-
Tom si avvicinò all’armadio e ne estrasse due paia
di calzettoni da sci, un paio di pantaloni pesanti, una maglia a
maniche lunghe di tessuto spesso e…
-Non hai una felpa?-
-No.-
Sbuffando, Tom andò a prendere una delle sue, la
più pesante che aveva, misura XXXXXXXXXXXXXXL. A Bill
sarebbe arrivata alle ginocchia ma meglio così. Il moro
tremava come una foglia anche sotto quella montagna di coperte, e
quando Tom lo scoprì lanciò un urlo.
-TOM! MUOIO DAL FREDDO!-
-Se stai coperto, come fai a vestirti?- obbiettò
Tom.
-Ma io HO FREDDO!- protestò Bill, tuffandosi di
nuovo sotto i plaid e piumoni.
-Bill, non fare il deficiente.- disse Tom, prendendo il braccio di
Bill, ma lasciandolo subito con un’esclamazione di stupore.
Era freddo come il ghiaccio, se non di più.
-Ma…sei gelato!-
-Ehhhh, ma va’?- rispose Bill sarcastico, nascosto
nel letto. Tom si avvicinò al bordo e scoprì i
piedi del ragazzo.
-Toom!!-
-Stai buono!- gli ordinò Tom. Dovette faticare per
riuscire a infilargli i calzini, primo perché tremava
spaventosamente, secondo perché era così
ghiacciato che riusciva a malapena a tenerlo fermo. Tuttavia ci
riuscì, e Bill gli comunicò che era un
po’ meglio, ma tremava ancora incontrollabilmente.
-Bill devi scoprirti. Per pochissimo, giusto il tempo di
cambiarti la maglia!-
Dopo lunghe proteste, Bill accettò. Tom gli sfilò
la maglia il più velocemente possibile, e gli mise quella
pesante, nonostante si contorcesse come un’anguilla.
Riuscì anche a mettergli felpa e pantaloni, ed entrambi
furono solo felici quando ebbe terminato.
-Tom, io non ce la faccio!- singhiozzò Bill
–Ho freddissimo!!!-
-Ma com’è possibile?-
protestò Tom –Come fai ad avere così
freddo?-
Andò ad alzare il riscaldamento (28°C il 27
marzo!!!), e gli fece un the bollente. Niente di tutto ciò
servì, mentre Tom sudava un sacco nonostante fosse rimasto
in canottiera e boxer.
Tanto per passare il tempo, si mise a fissare l’orologio che
erano le 10.29.
50…51…52…53…54…55…56…57…58…59…ecco,
erano le 10.30 esatte. In quel momento, la voce flebile di Bill,
sepolto sotto le coperte, lo raggiunse.
-Tom…-
-Mmm?-
-Ho un gran caldo!-
Tom alzò lo sguardo su di lui, perplesso. Il moro
gettò via le coperte, e lo fissò. Era tutto rosso
e sudato; Tom gli toccò il braccio: bruciava, nel vero senso
della parola.
-Bill, ma che ti succede?- domandò Tom,
preoccupato.
-Non ne ho idea! HO CALDO!- gridò Bill,
liberandosi il più velocemente possibile da tutti quei
vestiti pesanti e gettandosi indietro sul letto, ansimando. Tom si
affrettò ad abbassare il riscaldamento finché non
divenne freddissimo, accese il condizionatore e fu costretto a vestirsi
pesantemente lui stesso, mentre Bill, steso sulle lenzuola, sudava
impressionantemente. Il biondo provò a mettergli in testa la
borsa del ghiaccio, ma si sciolse dopo pochissimo tempo; allora
preparò delle pezze intrise d’acqua gelida, che
però si riscaldavano in pochi minuti.
-Che accidenti ti succede, Bill?- fece Tom, guardando con
apprensione suo fratello, che emetteva strani gemiti non identificabili
come parole. Un’ora dopo la situazione non era migliorata, ma
arrivò un’altra chiamata del patrigno.
-No, non ha più mal di testa…-
sospirò Tom rivolto alla cornetta che squillava, prima di
alzarla.
-Pronto?-
-Ciao Tom, sono io.-
-Oh, ma che sorpresa!- esclamò Tom con sarcasmo
nella voce. Udì Gordon fare una smorfia.
-Come vanno le cose? Bill come sta?-
-Non ha più mal di testa, prima aveva freddo e ora
ha caldo.- spiegò il ragazzo.
-Prima aveva freddo e ora ha caldo?- ripeté
stupito l’uomo –Che cos’ha?-
-Non ne ho idea, non sono un medico.- rispose Tom stizzito.
-Hai provato a dargli qualcosa?-
-Ho provato di tutto, dagli antidolorifici allo sciroppo, ma
non è servito niente…-
-Mmm… è strano…
vabbè, mi raccomando fammi sapere se succede qualcosa,
d’accordo?-
-Va bene. Ciao.-
-Ciao.-
Tom tornò da Bill, che ansimava da ore, sdraiato nel suo
letto, sempre più rosso e sempre più sudato.
-Sai, pensavo di farmi un uovo per pranzo; potrei cuocerlo
sulle tue guance.- gli disse, sedendosi accanto a lui.
-Divertente.- mormorò Bill, quasi senza forze. Tom
si allungò e prese dal comodino il termometro.
-Ti provi la febbre?-
-Mmh-mmh.- rispose il ragazzo, piegando la testa da un lato
sul cuscino. Tom gli infilò il termometro sotto
l’ascella.
-Ce la fai a stare fermo per dieci minuti?-
-Mmh-mmh.- fece di nuovo Bill.
Dieci minuti dopo, il bastoncino di vetro pieno di mercurio
rivelò che Bill non aveva una linea di febbre.
-Ma com’è possibile?- esclamò
Tom stupefatto –Non può essere, sei un forno!-
Gli provò la febbre altre due volte, ma il risultato era
sempre lo stesso.
-Mah! Io rinuncio a capirci!- si arrese infine lasciandosi
cadere indietro sulla sedia che aveva accostato al letto.
-Non so… senti perché non vai a
mangiare? È mezzogiorno e mezza, avrai fame, non hai fatto
colazione…- rispose Bill, puntellandosi coi gomiti per stare
su.
-Pensavo che fossi prosciugato dalle tue forze.-
-Non più. Mi sento benissimo.-
Tom sgranò gli occhi.
-Come benissimo? Ma se fino ad un momento fa eri quasi sul
letto di morte?- esclamò stupefatto. Bill fece spallucce.
-Bo. So solo che ora sto bene.- disse semplicemente
–Anzi, fa piuttosto freddino qui; sembra di essere in alta
montagna.-
Tom gli posò una mano sulla fronte; era fresco come una
rosa. All’improvviso, l’occhio gli cadde
sull’orologio. Erano le 12.31. Molto, molto strano.
-Sai che è proprio assurdo?- disse al gemello, che
lo guardava.
-Cosa?-
-Dunque, supponendo che il mal di testa ti sia venuto alle
6.30, quando ti sei svegliato, e che ti è passato
immediatamente sostituendosi con il freddo due ore dopo, alle 8.30,
sapendo che alle 10.30 precise ti è venuto caldo e che alle
12.30 ti è passato tutto… è davvero
assurdo.- spiegò Tom, appoggiandosi indietro sulla sedia.
-Davvero? È stata una cosa scandita da orari
precisi?-
-Già.-
-Che strano.- commentarono contemporaneamente Bill e Tom.
Rimasero qualche istante in silenzio, poi Tom suggerì al
fratello di andarsi a fare una doccia e, mentre toglieva le lenzuola
ancora intrise di sudore, pensò:
“Certo che è proprio
strano…”
Mentre se ne andava, gli cadde lo sguardo sul libro nero sul comodino e
venne percorso da un brivido istintivo. Restò immobile a
fissarlo per qualche secondo, poi lasciò la stanza
chiudendosi la porta alle spalle.
Scusate il ritardo, ho avuto problemi... comunque spero che vi piaccia
e vi ringrazio per i complimenti!! Bacioni!
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
Le settimane passarono tranquillamente. A Bill non successe
più nulla di così strano e, nonostante lui e Tom
avessero passato molto tempo a parlarne, non riuscirono a venirne a
capo. Dopotutto, Bill non era cambiato affatto; studiava e otteneva
ottimi risultati (mentre per Tom, come sempre, era il
contrario…), usciva con gli amici, litigava con la madre che
pretendeva ordine in quella sottospecie di camera da letto che si
ritrovava e faceva, insomma, quello che faceva di solito.
Tuttavia, se la notte Tom non riusciva ad addormentarsi, sentiva degli
strani rumori provenire dalla stanza del fratello; come dei ringhi, o
strani mugolii. Però, ogni volta che andava a controllare,
trovava Bill rannicchiato nella solita posizione da bambino indifeso,
che respirava regolarmente. O, pensava Tom ridacchiando tra
sé, si teneva una ragazza nascosta nell’armadio o,
probabilmente, stava avendo degli incubi.
Una notte, però, Tom udì qualcosa di diverso.
Come dei passi, dei rumori sul tetto. Si alzò cauto dal
letto, ma nel farlo urtò la sveglia, che segnava
l’orario: mezzanotte e dieci. Si accostò alla
finestra e, cautamente, la aprì, guardando in alto. Non
c’era nulla. I passi si erano allontanati dalla sua zona di
tetto, poi si fecero più veloci ed infine, silenzio per
qualche secondo. Poi, un tonfo lieve, lontano. Strano, molto strano.
L’aria fresca della notte tra il 26 e il 27 aprile pizzicava
il viso del ragazzo che, con le spalle scosse da un brivido
involontario, scrutava i tetti, finché il suo sguardo non si
interruppe a causa dell’orizzonte limitato. Nulla sembrava
strano, o diverso dal solito. A un tratto, un’ombra su un
tetto catturò la sua attenzione, ma era solo un gatto
girovago che si dileguò nell’ombra scura della
notte. Costringendosi a pensare che se l’era solo immaginato,
Tom rientrò, e tornò al letto, dopo aver chiuso
la finestra. Si stese, ma rimase rigido, nella posizione di un cadavere
all’obitorio [ND: scusate il penoso paragone, ma è
l’unico che mi è venuto! XD] e fissò il
soffitto cercando di prendere sonno, ma troppo incuriosito dai rumori,
non ci riuscì. Solo quando, ore dopo, le palpebre
pizzicavano e gli intimavano di chiudere gli occhi, Tom si
addormentò, sognando qualcosa che lo fece svegliare sudato e
agitato, ma non ricordando perché.
Dal tetto la notte si apriva solo per lui. Era mezzanotte passata da
una decina di minuti e lui, finalmente, era libero. Libero di fare
ciò che voleva, libero di cacciare, di nutrirsi…
nutrirsi, era quello che voleva fare più di ogni cosa. Aveva
troppa fame per aspettare. Ma si costrinse a farlo. Aveva atteso tanto
tempo, quello era il momento di goderselo. Spiccò una corsa,
e saltò sul tetto più vicino, a cinquanta metri
di distanza. Spalancò le braccia, sorridendo euforico alle
stelle. Che sensazione magnifica, era quasi come volare…
solo che si trovava costretto ad atterrare, prima o poi. Questo
però non gli impediva di saltare di nuovo. Con un ghigno,
raggiunse più di un tetto, a distanze anche maggiori di
cinquanta metri. Si stava sfidando da solo? Quanto lontano riusciva a
saltare? Settanta metri. Novanta. Cento metri. Centodieci metri. Basta,
o si sarebbe suicidato. Rise, una risata senza allegria, che
aggredì la quiete della notte spazzandola via violentemente.
Rideva, perché aveva pensato una cosa molto stupida. Era
forse un comune essere umano, la cui vita poteva finire così
semplicemente, cadendo da un tetto? Rise di nuovo. Com’erano
fragili gli esseri umani. Bastava anche solo un morsetto per
ucciderli… fortuna che lui non era un umano. Quelli come lui
in altre epoche erano stati condannati dalla Chiesa per aver stretto
patti con il demonio. Quelli come lui in altre epoche erano stati
sottoposti a lunghe e terribili torture, finché, finalmente,
non imploravano la morte rivelando l’unico vero modo per
ucciderli. Per ognuno di loro era diverso. Dipendeva da ognuno. E
lui… lui credeva di sapere cosa poteva ucciderlo, ma
preferì allontanare certi pensieri. Si riscorre. Un
venticello fresco gli fece sventolare il mantello attorno al corpo e i
capelli attorno al viso. Sorrise. Adorava quel venticello. Inoltre, gli
dava eccitazione e lo stimolava alla caccia. Ormai non si tratteneva
più, doveva assolutamente sentirlo, sentire il sapore del
sangue in bocca, non resisteva. Aveva atteso così a
lungo… si calò lungo il muro del palazzo,
sbirciando in ogni finestra che trovava aperta. Uhm… una
bambina addormentata non gli sembrava il caso. Il sangue delle bambine
era aspro ripugnante, lasciava un cattivo sapore. Lo sapeva
perché aveva provato, una volta, ma se n’era
pentito. Non certo per aver sentito le urla strazianti della madre che
aveva scoperto il cadavere della figlioletta ancora sporco di sangue
che lui non aveva finito di bere, perché troppo schifato dal
sapore, ma perché temeva seriamente per le proprie papille
gustative. Vagò silenzioso tra la gente addormentata,
schivando qualche drogato in un vicolo buio, per ore,
finché, all’ultimo piano di un palazzo piuttosto
alto, una finestra aperta gli permise di sbirciare
all’interno di una stanza fiocamente illuminata dalla luna.
Era una camera da letto; sulle pareti stavano affissi numerosi poster
di una band musicale, sotto la finestra dalla quale lui guardava
c’era una scrivania di legno di mogano occupata per buona
parte da un computer, e su un letto dall’altra parte della
stanza era sdraiata una ragazza. Era giovane, bella e molto invitante.
Silenziosamente, si arrampicò all’interno, e si
accostò al letto, guardando l’adolescente.
Sorrideva, forse stava sognando qualcosa di bello…con un
ghigno, lui pensò che era l’ultima cosa che
avrebbe sognato. Dimostrava sì e no vent’anni; la
carnagione chiara e i capelli lunghi e biondi la facevano sembrare di
origine nordica; gli occhi azzurri della foto sul comodino lo
confermarono. Le sue fattezze erano delicate e gentili, il naso
all’insù e le lentiggini sul viso non facevano che
renderla più bella. In un’altra foto, un bel
ragazzo sorrideva dal centro di una cornice a forma di cuore.
Probabilmente era il suo fidanzato. Peccato, un po’ gli
dispiaceva per lui. Ghignò. Ma cosa stava dicendo? Non era
affatto vero che gli dispiaceva, anzi, pensò, tra
sé: “La prossima volta te la terrai più
stretta…” come se sarebbe potuto essere utile.
Voltò la testa della ragazza e la spinse
all’indietro, scoprendo il collo bianco e
all’apparenza puro. Dio, com’era invitante. Pian
piano, si chinò su di lei, fino ad appoggiare le labbra su
un punto vicino alla sua gola. Le dischiuse, scoprì i denti
e li affondò nella sua carne, lentamente, per assaporarla
bene. Aveva un ottimo sapore, ed era così morbida e
dolce… succhiò con delicatezza e
assaporò il sangue caldo, e ancora più buono
della carne della ragazza. Rimase in quella posizione per molto tempo,
finché il sangue fu finito. Non ne lasciò nemmeno
una goccia. La giovane era di un pallore mortale e non respirava
più. Come avrebbe potuto, dopotutto? Ghignando, e leccandosi
le labbra per trattenere il sapore del sangue che sentiva ancora
fresco. Si allontanò dal letto, senza un briciolo di senso
di colpa, o dispiacere per quello che aveva appena fatto; aveva ucciso
per dissanguamento una giovane ragazza, bevendo il suo sangue.
Attraversò la finestra e balzò giù,
atterrando con leggerezza sul marciapiede. Si arrampicò
lungo il muro e arrivò sul tetto, inspirando, soddisfatto di
se stesso. Aveva placato, almeno per stasera, la sua terribile sete, o
fame, era la stessa cosa. La notte ormai si stava schiarendo. Era
passato molto tempo, ci aveva messo un sacco per bere tutto il sangue,
ma non si poteva certo dire che era stata una notte sprecata, anzi.
Già, era stata davvero una gran nottata; la prima, dopo
tantissimo tempo. Inspirò a fondo ancora una volta. Gli
edifici erano tutti lì, davanti a lui. Quasi nessuno si
poteva dire al sicuro se c’era lui in giro. Ad ogni modo, era
ora che tornasse. Non poteva rischiare di farsi scoprire
dall’alba ancora in giro. In pochi minuti, tornò
nel luogo dal quale era partito, quella stanza da letto così
insignificante per lui, soltanto il luogo dove si svegliava a
mezzanotte precisa, e dove doveva tornare prima che sorgesse
l’alba. Perché? Perché doveva,
semplicemente. Si sfilò le vesti e le ripose nel solito
nascondiglio, si mise quello stupido pigiama e si stese in quel letto
così anonimo, che per lui non era nulla se non la sua
copertura diurna. Chiuse gli occhi, aspettando di addormentarsi, o
meglio, di perdere conoscenza una volta illuminato dai raggi del sole
nascente. Non dovette attendere, tutto sommato, molto:
all’incirca un quarto d’ora dopo, sentì
la testa farsi più pesante e in pochi istanti svenne,
lasciando che il sole invadesse di luce la camera.
Tom si svegliò mugolando poco prima che suonasse la sveglia.
Aspettò finché non accadde e la spense
all’istante. Scese in cucina. Non aveva proprio voglia di
andare a scuola, oggi più del solito. Arraffando una
ciotola, la riempì di cereali e latte, poi iniziò
svogliatamente a mangiare. Bill arrivò poco dopo,
decisamente più sveglio.
-Dormito bene?- gli chiese, vedendo il fratello rischiare di
versarsi la colazione sul pigiama.
-Mah… non so, credo di aver fatto un incubo, ma
non ricordo nulla.- mormorò Tom. Bill gli si sedette di
fronte.
-Ah sì? Come mai hai fatto un incubo? Non mi
sembrava di aver visto un film dell’orrore ieri, e dubito
fortemente che tu abbia letto qualcosa.- disse, incuriosito.
-Bhe, ieri notte ho sentito qualcosa…-
-Cosa?- chiese Bill, curioso. La situazione diventava
interessante.
-Dei…passi.- Tom guardò Bill esitante,
temendo che lo prendesse per scemo. Invece non accadde. Bill era
semplicemente curiosissimo.
-Passi? Sicuro che non fosse un gatto?-
-Impossibile.- decretò Tom deciso. Gli descrisse
precisamente quello che aveva sentito, e alla fine Bill fece spallucce.
-Boh… è strano…- fece
spallucce ancora –Vabbè, andiamo, è
meglio che andiamo, se non rischiamo di fare tardi.-
Tom annuì, e posò la tazza vuota nel lavello,
cercando con tutte le sue forze di non farsi inquietare.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
“E oggi, per
le notizie di cronaca nera, annunciamo la morte di una ragazza, Milly
Graufen, trovata senza vita nel suo letto questa mattina, dalla madre.
Il medico, ha costatato che nel suo corpo non c’è
più una goccia di sangue, ed è stato trovato un
taglio vicino alla gola. Nella stanza, nessun segno di effrazione. La
polizia non sa come muoversi.”
Tom sentì Bill rabbrividire contro
di lui, sul divano. Si voltò a guardarlo. Aveva
l’espressione ansiosa, era come spaventato.
-Cos’hai?- gli chiese. Bill sussultò, e
gli rivolse lo sguardo.
-Mah… è solo che questa storia non mi
piace… trovata morta dissanguata senza neppure una goccia di
sangue, e senza segni di passaggio nella stanza. Non mi piace, mi sento
inquieto.- rivelò, arrossendo un poco.
-Ma dai, Bill, stai tranquillo…- cercò
di tranquillizzarlo Tom –Non credo che la cosa
toccherà noi. Non preoccuparti.-
Bill annuì, senza riuscire a nascondere la leggere paura.
-Non penso che dormirò, stanotte…-
bisbigliò a se stesso. Il fratello lo sentì.
-Ma va là! Non esagerare Bill, stai tranquillo!
Fai così, prendi un po’ di quelle erbe calmanti
della mamma, quelle che fanno dormire.-
Bill accettò il consiglio, e si diresse in cucina, verso la
scatola dei medicinali.
Lentamente, aprì gli occhi. Era pronto per
un’altra nottata di caccia. Questa volta, però,
avrebbe dovuto fare più attenzione. Se ogni notte qualche
ragazza moriva dissanguata, qualcuno prima o poi si sarebbe
insospettito. No, doveva scegliersi la vittima con più
attenzione, e soprattutto doveva farla sparire.
Mentre formulava questi pensieri, si mise i soliti vestiti: un paio di
pantaloni neri, una camicia nera ed un mantello, sempre nero.
Aprì la finestra, e sentì l’aria fresca
della notte che gli pizzicava il volto. Balzò sul davanzale
e si arrampicò sul tetto, come un ragno. Spalancò
le braccia, guardandosi intorno e cercando di abbracciare tutto quello
splendore. Non si sarebbe mai abituato al fascino irresistibile della
città a mezzanotte, che si stendeva sotto ai suoi occhi
troppo sensibili alla luce, perfettamente adattabili al buio. Prese la
rincorsa, raggiunse il bordo e saltò, per ricadere con
grazia su un tetto a cinquanta metri di distanza. Saltò di
tetto in tetto, fino a giungere ad un palazzo che sfiorava le altezze
di un grattacielo, rivestito di pannelli di vetro. Lo
esaminò per bene: era troppo alto perché potesse
saltarvi sopra, non rimaneva che arrampicarsi. Si aggrappò
alla superficie vetrosa del palazzo, scalandolo come se avesse delle
ventose nelle dita, un po’ nella stessa posizione di
Spider-Man. Mentre saliva, sbirciava nelle finestre. La maggior parte
erano uffici, ma c’era anche qualche appartamento. Nessuna
vittima interessante, peccato. Arrivato in cima, rimase in piedi ad
annusare la notte. Non sentiva la puzza dello smog, o gli odori che
sentono di solito le persone; no, lui sentiva il loro odore: quello
degli umani. Stette immobile, annusando. All’improvviso,
sentì un profumo indescrivibile che lo colpì
moltissimo: era pungente, stimolante, dolce e amaro insieme. Era
l’odore più buono e seducente che avesse mai
sentito. In quel momento, sapeva solo una cosa: aveva scelto la sua
prossima vittima.
Mentre seguiva quella scia, euforico, pregustava già il
momento in cui avrebbe affondato i denti nella carne della ragazza di
turno. Sfrecciava tra i tetti ad una velocità spaventosa,
più veloce della luce, forse, e nel giro di pochissimo
arrivò sulla casa dalla quale proveniva l’odore.
Strano, il tetto pareva familiare. Con un lieve salto
atterrò sul balcone; l’odore era sempre
più forte. Si voltò e sbirciò
attraverso le tende: nella luce della luna si poteva distinguere una
figura addormentata in un letto. Si sentì pervadere da un
brivido d’eccitazione mentre sfiorava la porta finestra che,
nonostante fosse chiusa a chiave dall’interno, si
aprì piano. Entrò con passi lievi e silenziosi, e
si avvicinò al letto. Rimase stupito nel vedere che il volto
illuminato da un pallido raggio lunare, era quello di un ragazzo. Era
giovane, avrà avuto una quindicina d’anni, ed era
anche un bel ragazzo. Non gli importava l’aspetto esteriore,
era l’odore che lo attraeva. Si chinò e
strusciò il naso contro il suo collo, per imprimere meglio
il profumo. Inspirò a fondo, appoggiato alla gola del
ragazzo, poi si alzò. Voleva far durare quel momento,
quell’odore. Voleva ricordarlo. Si raddrizzò e
fissò il volto del giovane addormentato. Non riusciva a
resistere, ma doveva gustarselo. Con un dito lo accarezzò
dall’orecchio fino alla giugulare. Fu allora che accadde
qualcosa di imprevisto.
Tom sentì una specie di prurito, ma rimase immobile. Sentiva
che qualcuno lo stava annusando. Si irrigidì quando un dito
gli sfiorò il collo. Allora aprì gli
occhi. Vide una figura che, avvolta in un mantello nero, lo
scrutava con sguardo spaventoso. Pareva assatanato, sembrava che se lo
stesse mangiando con gli occhi. Mangiando? La figura
spalancò gli occhi e la bocca per la sorpresa… e
Tom rimase terrorizzato quando scoprì una fila di denti
bianchissimi, tra i quali spiccavano lunghi e affilati canini. Il
ragazzo gridò e la figura scappò via veloce come
il vento dalla finestra aperta; balzò giù, e Tom
lo vide saltare di tetto in tetto, sempre più lontano,
finché non scomparve. Il biondo chiuse la finestra e
tornò al letto, ancora profondamente scosso. Si
precipitò nella stanza di fronte alla sua. Come pensava era
vuota. Tornò nella sua camera e si risedette sul letto per
la seconda volta, scioccato. Tutto divenne chiaro. La strana malattia,
i passi sul tetto, i mugolii e i ringhi: Bill era un vampiro, ed era
assetato del suo sangue.
Eccomi qua con un nuovo capitolo!! lo so che è
corto, però... Ringrazio moltissimo tutti quelli che mi
hanno recensita e anche chi ha messo la mia ff tra le preferite e,
ovviamente, chi mi ha inserita tra gli autori preferiti…
Scusate il ritardo, continuate a recensire!!!!
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
Bill saltava di tetto in tetto, agitato. Si
fermò, infine, sulla cima di un palazzo molto alto(circa 20
piani), un hotel forse. Si rannicchiò avvolgendosi nel
mantello, respirando affannosamente. Cosa gli era successo?
Perché si era spaventato ed era scappato? Chi era quel
ragazzo? Sentiva bene il suo meraviglioso odore, così buono,
così intenso. Da quando in qua si faceva degli scrupoli per
uccidere qualcuno? Certo, si era svegliato e avrebbe potuto attirare
qualcuno, ma perché lui aveva reagito così?
Quell’odore… era così buono,
così dolce e amaro, così delicato… era
indescrivibile. Si strofinò il naso. L’istinto di
tornare era fortissimo, ma doveva resistere, doveva aspettare domani.
Domani, sì, l’avrebbe rapito quel ragazzo,
l’avrebbe portato via, lontano. Avrebbe anche potuto urlare
tanto nessuno lo avrebbe sentito. Un’altra domanda si
insinuò nella sua mente. Perché è un
ragazzo? Di solito, anzi sempre, le sue vittime erano giovani donne o
anche ragazzine. Il sangue migliore era quello delle adolescenti. Ma
quello di quel ragazzo… doveva essere sublime.
Ghignò scoprendo uno a uno i denti bianchi e perfetti, tra i
quali spiccavano canini affilatissimi. Ora doveva solo trovare un luogo
dove portare il ragazzo il giorno, o meglio, la notte dopo. Dopotutto,
si disse mentre riprendeva a saltare tra i tetti, il pasto è
più buono se cotto a fuoco lento. Avrebbe avuto un sapore
ancora migliore se lo assaggiava dopo aver superato scomodi ostacoli.
Tom si sedette in cucina, pensando intensamente. Cosa poteva fare?
Prima di tutto, doveva capire cos’era successo: Bill era
diventato un vampiro. Ma com’era accaduto? Gli vennero in
mente milioni di possibilità, ognuna più
improbabile delle altre, ma alla fine la risposta giunse a lui come se
fosse sempre stata lì ad aspettare. Il libro. La soffitta.
Certo! Doveva essere quello. Dunque, Bill aveva trovato in soffitta
quel vecchio libro, di quelli con le pagine ingiallite che gli
piacevano tanto. Aveva letto la prima pagina e se l’era
tenuto, siccome aveva detto che era la storia di un vampiro. Tom si
precipitò in camera del gemello, e trovò il
volume in un cassetto del comodino. Non lo ricordava così:
sulla copertina nera spiccava la parola “VAMPIR”
scritta in color rosso acceso, rosso… sangue. Tom
rabbrividì e lo prese in mano, ma lo lasciò
andare subito: scottava. Tenendo il lembo del lenzuolo come protezione
lo posò sul letto, lo aprì e lanciò un
grido. Sulla prima pagina risplendeva una macchia di sangue, accanto a
due iniziali che purtroppo Tom conosceva molto bene: BK. Bill era
diventato un vampiro tramite qualche strana stregoneria, e il problema
ora era capire da quanto tempo andava avanti la cosa; la risposta era
lì, sullo stesso foglio: 26-3.
Tom avvolse il libro in una maglietta posata sulla sedia lì
accanto e lo portò nella propria stanza, lo chiuse in un
cassetto della scrivania, poi tornò in cucina a pensare
ancora. Non aveva mai pensato tanto in vita sua! Si preparò
un the, tanto per calmarsi, e si sedette di fronte alla tazza,
osservando i fili di fumo salire verso l’alto creando
complicati disegni, dove Tom non vedeva che brutte cose. Preferiva non
leggere quel libro, per sicurezza. Forse, sarebbe potuto andare in
quella strana bottega poco lontana dalla scuola, una di quelle tipiche
dei film: con gli oggetti magici, i libri antichi e tutta quella roba
che Tom aveva sempre pensato fossero sciocchezze, ma che ora potevano
rappresentare la sua unica speranza. Ecco un altro problema, come se
non ne avesse già abbastanza: ma Bill lo sapeva di essere un
vampiro? E se lo era, perché si esponeva alla luce? Come mai
lui non si era mai accorto dei canini spropositatamente lunghi? Era
impossibile non notarli… ripensò a quando Bill
aveva riso prima di andare a letto; decisamente, i suoi denti erano
normalissimi. Però… però…
gli venne in mente quando, un mese prima, era stato male, e aveva
sofferto di mal di testa, freddo e poi caldo, ogni due ore esatte.
Forse diventava un vampiro dopo il tramonto? No, non era successo nulla
di strano. Forse, allora, era la mezzanotte? Possibile che
l’ora delle streghe fosse anche quella dei vampiri? E la
ragazza? Quella morta dissanguata? Di sicuro c’era lui
dietro… Tom non poteva nemmeno pensarci. Doveva trovare una
soluzione assolutamente, se non voleva finire allo stesso modo. Per
ora, la bottega sembrava l’unica luce
nell’oscurità delle tenebre di paura e sospetto
che si era creata attorno a Tom, intenzionato a raggiungerla il giorno
dopo.
Uno sbadiglio scoprì il ragazzo impreparato. Non aveva la
minima intenzione di dormire, ma gli occhi minacciavano di chiudersi da
un momento all’altro. Se Bill fosse tornato? Per precauzione,
Tom prese uno spicchio d’aglio e se lo portò in
camera, sul comodino. Poi s’infilò di nuovo sotto
le coperte e, sebbene contro la sua volontà, si
addormentò.
Bill posò una mano sulla maniglia della porta della casa
sgangherata di cui si era appropriato, a circa 20 km dalla
città. Nel piccolo ingresso polveroso filtrava dalla
finestra la luce pallida della luna, che dava a tutto un’aria
favolosamente spettrale. Il vampiro si diresse senza esitazione verso
le scale di legno; le tavole del pavimento scricchiolavano sotto i suoi
passi felpati. Sembrava in tutto e per tutto l’abitazione di
un vampiro. Al piano superiore c’era un corridoio, sul quale
si affacciavano cinque stanze. Una era il vecchio bagno, inutilizzato
da circa un secolo; due erano camere da letto, una il soggiorno ed una
la sala da pranzo. Entrò in quest’ultima; sul
tavolo di legno impolverato c’era solo un candelabro
d’argento che urgeva una lucidata, e attorno erano dieci
sedie. Le accatastò nell’angolo accanto alla
credenza che un tempo conteneva l’argenteria, poi
spolverò il tavolo finché non fu lucidissimo,
abbastanza da potervisi specchiare. Si chinò su di esso, ma
non vide nulla. Ovvio: era un vampiro, non vedeva la sua immagine da
nessuna parte. In effetti un po’ gli dava fastidio non sapere
com’era fatto. Riscuotendosi da questi pensieri,
uscì in corridoio e lo attraversò fino a giungere
alla camera da letto più vicina.c’era una finestra
sporca con i vetri rotti dalla quale passava la luce timida della luna,
il cui raggio cadeva proprio su un letto a baldacchino, molto bello e
impolverato, le cui coperte erano ingiallite dal tempo. Bill prese le
lenzuola e le esaminò: erano di lino grezzo, per nulla
mangiate dalle tarme e molto ampie. In due parole: quasi perfette. Le
stese sul tavolo in sala poi andò a cercare delle corde.
Scese le scale fino a giungere in cantina. Non ebbe bisogno
di accendere alcuna luce per trovare quello che cercava: grosse funi
dall’aspetto davvero resistente. Tornò nella sala
dove avrebbe “mangiato” la notte dopo, strinse il
capo di una delle corde fino a che non furono fredde come il ghiaccio e
lo premette contro il bordo del tavolo; esso vi si fissò
così saldamente che solo li, con un’altra magia,
avrebbe potuto scioglierlo. Ripeté il gesto tre volte, ed
infine ammirò la sua opera. Il tavolo di legno
d’ebano era coperto da un lenzuolo, sotto al quale spuntavano
quattro corde dall’aspetto minaccioso. Il tutto avrebbe messo
a chiunque una certa inquietudine, ma a Bill dava solo eccitazione ed
impazienza.
All’improvviso, gli odori iniziarono ad affievolirsi. Era
già quasi l’alba? Uscì velocemente,
chiuse di nuovo la porta poi, in pochi minuti, tornò nella
casa da dove era partito rimise il ridicolo pigiama, nascose i propri
abiti e si stese di nuovo nel letto, tornando ad essere il solito Bill.
Ok, ok, scusate per il
ritardone, ma sapete com’è, in questo periodo che
è verso la fine dell’anno, sono piena di compiti(e
non li faccio tutti!).
Ad ogni modo, ecco il nuovo capitolo, here for you!! Spero tanto che vi
piaccia, e vi prego di commentare!! Un bacione, Ary.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
Quando Bill si svegliò, poche ore dopo, attese
che come al solito Tom venisse a svegliarlo, ma siccome ciò
non avvenne, si diresse in camera del fratello. Lo trovò,
appallottolato tra le lenzuola, che ronfava agitato. Forse stava
facendo un incubo… meglio non svegliarlo facendogli prendere
paura, o lui sarebbe stato il primo a pagarne le conseguenze.
Gli fece una carezza sulla guancia sudata.
-Toom…- bisbigliò –che fai,
dormi?-
Tom mugolò qualcosa, che Bill
interpretò come:
-Lasciami stare… chiudi la bocca… NON
MORDERMI!-
Bill gli si sdraiò accanto, e gli diede un bacio sulla
guancia. Allora Tom aprì gli occhi, ma appena vide il
fratello fece un salto e gridò.
Quando Bill lo guardò preoccupato, la sua espressione
terrorizzata si rilassò.
-Scusa- mormorò passandosi una mano sul viso
–ho… fatto un incubo.-
Bill, in uno slancio di affetto, lo abbracciò.
-Bhe, ora è finito, no?- disse.
Magari, pensò Tom sussurrando un
“Sì”. Chi avrebbe mai detto che un
ragazzo così gentile e dolce di notte diventava un mostro
sanguinario senza scrupoli? Cerco di ricambiare il sorriso che Bill gli
rivolgeva. Quest’ultimo, annusando l’aria, chiese:
-Ma cos’è questo odore?-
Il cuore di Tom cessò di battere dalla paura improvvisa che
rischiò di sopraffarlo. Bill si voltò verso il
comodino ed afferrò qualcosa di bianco.
-Aglio! Ecco cos’è!- esclamò
–Cos’hai, paura dei vampiri?-
Tom si sforzò di ridere.
Anche a scuola rimase totalmente immerso nei suoi pensieri. Bill aveva
avuto come minimo una decina di occasioni per attaccarlo, se avesse
voluto, ma lo sguardo non era cambiato in quello assassino, non lo
aveva neanche sfiorato. Era sempre come al solito, prova evidente che
non sapeva di essere un vampiro. Doveva dirglielo? Certo che
sì, ma prima doveva andare in quella bottega, e pregare che
lo potessero aiutare.
Il furioso suono della campana lo risvegliò, insieme alla
prof di storia che entrò sbraitando:
-Banchi separati! Veloci! Togliete tutto dal tavolo! Veloci!-
all’ora di storia Bill e Tom erano compagni di banco, e il
rasta osservò il fratello allontanare il suo, perplesso.
Che hai?- gli chiese il moro –Non ricordi che
c’è il compito in classe?-
Tom scosse la testa. Era nei casini, per dirla come andava detta. Non
poteva prendere un’altra insufficienza, la mamma
l’avrebbe sbranato vivo..
La prof distribuì i fogli, ed annunciò che
avevano un’ora e mezzo di tempo.
Tre quarti d’ora dopo, Tom era disperato. Erano
cento domande a risposta multipla, e lui ne aveva messe venti,
nonostante fosse certo che almeno dieci fossero sbagliate.
Bill lo guardò apprensivo, e sussurrò:
-Tom…-
Tom si voltò impercettibilmente verso di lui.
-Dammi il tuo compito.-
Tom non se lo fece ripetere due volte, e Bill gli passò il
proprio. Aveva già finito! Era un mostro!
Rabbrividì al pensiero, e finse di continuare a fare la
verifica.
Bill era concentratissimo, cancellava mentà delle risposte
che aveva messo Tom e le riscriveva. Riuscì per un pelo a
restituirlo a Tom senza farsi vedere, ma alla fine lo consegnarono.
Durante l’intervallo, Tom rischiò di soffocarlo in
un abbraccio troppo entusiasta.
Grazie!- esclamò –Mi hai salvato!- lo
percorse un brivido dicendolo.
-Sì, certo, prego, ma mi lasci andare?-
-Oh… scusa.-
-Comunque- aggiunse Bill tornando a respirare –si
vedrà com’è andata.-
-Ma per favore!- commentò Tom –Sei un
genio!-
Bill sorrise per il complimento. Tuttavia non dovettero attendere molto
per sapere il risultato: la prof di inglese mancava, e quella di storia
faceva supplenza; decise di usare l’ora per correggere i
compiti. Bill prese 9-, Tom invece 8.
-Ho preso 8!- bisbigliò al fratello, eccitatissimo.
-Scusa se non ti ho fatto prendere un voto più
alto- rispose Bill –Solo che poi diventava sospetto.-
Tom scosse la testa.
-Comunque ti devo almeno una decina di favori.-
Bill ghignò, scoprendo i denti, e Tom deglutì.
Per un momento aveva dimenticato la notte passata, ma ora il ricordo
era lì, vivido e fresco come… come sangue.
Perché non riusciva a pensare ad altro? Era sconvolto dalla
scoperta che il suo dolce e gentile fratellino, quello che gli aveva
fatto prendere 8 in storia, quello che adorava svegliare con
l’ iPod a mille, quello che aveva una timidezza unica nei
confronti delle ragazze, fosse un vampiro. Un vampiro, un mostro, una
creatura assetata di sangue che l’aveva quasi ucciso. Quel
libro era stato letto dalla persona sbagliata, punto e basta.
L’aveva nello zaino, ora, se l’era portato dietro
per sicurezza. Inoltre, non aveva la più pallida idea di
quello che fosse successo. Forse quel libro era diventato
realtà, la storia aveva preso vita o qualcosa del genere.
Però Bill una volta gli aveva detto che c’entrava
una bellissima ragazza figlia del capo della città, che poi
era la vittima. Be’, lui non era una bellissima ragazza
figlia del capo della città, quindi doveva essere
qualcos’altro. Che cosa, però non sapeva dirlo.
Forse avrebbe dovuto fare più attenzione quando Bill gli
raccontava l’ultimo film dell’orrore che aveva
visto, o qualcosa del genere, magari c’era la risposta.
Certo, ormai era inutile, e non se la sentiva di chiederlo al fratello.
Se parlarne avesse risvegliato in lui l’istinto vampiresco e
avesse deciso di far fuori la prof, lì in quel momento?
Be’, non gliel’avrebbe certo impedito…
però era meglio non rischiare, o lui avrebbe di certo pagato.
Quando infine si riscosse da questi pensieri, era all’uscita
della scuola.
-Bill- disse Tom, voltandosi verso il gemello –Io
torno a casa più tardi, ok? Devo fare una cosa…-
Bill lo guardò curioso.
-Che cosa?-
-Ehm… una ragazza.- inventò Tom,
sperando che Bill non sentisse il cuore che minacciava di schizzargli
fuori dal petto.
-Ahh…- fece il moro, strizzandogli
l’occhio con aria complice e allontanandosi.
-Ciao!- lo salutò. Tom gli rispose con un cenno
della mano, poi sospirò e si diresse verso la fermata
dell’autobus.
Doveva funzionare, doveva trovare una soluzione, e l’unico
posto che gli era venuto in mente era la bottega. Salì
sull’autobus, e per poco non dimenticò di
scendere, sprofondato com’era nei suoi pensieri.
Girovagò per un po’, finché non si
trovò davanti ad una vetrina molto singolare: erano esposti
oggetti come sfere di cristallo, ampolle piene di liquidi
colorati, bacchette di legno molto simili a quelle di “Harry
Potter”, vasetti con erbe ed uno sulla quale etichetta era
scritto: “squame di drago”. Sembrava proprio quello
che cercava. Tirando un sospiro, aprì la porta; delle
campanelle tintinnarono quando entrò.
L’interno era molto piccolo: tutto era coperto di scaffali
dove erano stipati libri antichi, boccette, bacchette, e chi
più ne ha più ne metta. In fondo, davanti ad una
piccola porticina bianca dipinta con strani simboli, stava un piccolo
bancone, nascosto anch’esso da oggetti di ogni tipo. Stando
attento a non inciampare in tutto quel ciarpame, Tom vi si
avvicinò.
-Ehm… c’è nessuno?-
domandò, un po’esitante.
Da sotto il bancone comparve un vecchietto minuto, con capelli bianchi
scompigliati ed occhiali che correggevano la vista di due occhi grigi.
-Salve- disse con voce gentile –Come posso
aiutarla?-
Tom esitò un po’. Se lo avesse creduto matto?
-Ecco, io… mi servirebbe aiuto con un
problema…-
-Che problema?-
-Ecco, si tratta di un vampiro.-
il vecchi lo scrutò un momento, poi chiese:
-Ti serve un libro sui vampiri?-
-No, no- rispose Tom, sempre più esitante
–È proprio un vampiro, e centra con questo libro.-
Sfilò dallo zaino il volume nero, che era tornato ad essere
un comune libro. Lo porse all’uomo che lo esaminò
pagina per pagina. Arrivò esattamente a metà, ed
impallidì.
-Dove hai preso questo libro?- sibilò. Tom si
spaventò sul serio, trafitto da unpaio di occhi
fiammeggianti.
-Io e mio fratello lo abbiamo trovato in
soffitta…- balbettò.
L’uomo glielo mostrò: dove si univano le pagine,
c’era una sottile striscia bruciacchiata, color rosso sangue.
-Ti ha seguito qualcuno?- chiese il vecchio, scrutando
attraverso la vetrina.
-No, non credo…- rispose Tom agitato.
-Bene allora seguimi.-
il negoziante si avvicinò alla porta ed espose il cartello
CHIUSO, poi tornò al bancone ed aprì la
porticina, scomparendovi dentro. Tom, dopo qualche attimo di
esitazione, lo seguì.
Eccomi con un nuovo e, sono spiacente di dirlo,
cortissimo capitolo. scusate per l'attesa (lo so che lo dico sempre) e
spero che vi piaccia. Mi raccomando, recensite in tanti
perchè vorrei davvero sapere cosa ne pensate. Grazie molte
dei complimenti, e anche per aver messo la mias toria tra le preferite.
Un bacione vampiroso!!
Arianna
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Si trovavano in una piccola stanzetta circolare;
le pareti erano interamente coperte dalla libreria, fatta eccezione per
un vano nel muro, dal quale si intravedeva una cucina, una porta,
probabilmente del bagno, ed una piccola finestra. Al centro della
stanza stava un tavolino rotondo, con sopra un vaso di fiori, e due
sedie. In una nicchia c’era un letto coperto da una trapunta
di lana, e sul pavimento era steso un morbido tappeto persiano. Alzando
lo sguardo, Tom poté vedere che anche il soffitto era
rotondo e basso; infatti il lampadario di cristallo che pendeva
sfiorava quasi la testa del ragazzo.
Il vecchietto fece accomodare Tom e, prima di iniziare a parlare, lo
scrutò attentamente, quasi volesse leggergli
l’anima. Il biondo rabbrividì istintivamente sotto
quello sguardo.
-Bene, credo di essere stato maleducato- sorrise
l’uomo –non mi sono presentato. Sono Alfred Schein.-
Tese la mano, e Tom la strinse gentilmente.
-Piacere, Tom Kaulitz.-
-Bene Tom, vuoi raccontarmi tutto l’accaduto? Se
quello che penso sia successo è vero, allora dovrai
trattenerti per un po’.-
Tom annuì, e iniziò a esporre i fatti in ordine
di come si erano svolti. Non sapeva bene se fidarsi o no del signor
Schein, tuttavia decise che tentar non nuoce, e così non
omettè neanche un particolare. Arrivò a
raccontare del giorno in cui Bill aveva avuto quegli strani sintomi e
sbalzi di temperatura, anzi per la precisione a quando aveva detto di
avere mal di testa, quando il signor Schein lo interruppe.
-Un momento!- esclamò –Ricordi le esatte
parole che ha pronunciato per dirlo?-
Tom rimase pensieroso per un po’. Infine, lentamente, disse:
-Beh… è passato tempo…
però ricordo che aveva detto qualcosa come “Mi
sento la testa divisa in due, è come se qualcosa ci stesse
strisciando dentro”.-
Guardò orripilato il vecchio uomo seduto di fronte a lui,
che annuì alla sua silenziosa domanda.
-Sì, è come pensavo. Era il vampiro.
Comunque, vai avanti.- lo invitò gentilmente.
Tom riprese il racconto, un po’ scosso. Infine, quando
rivelò che Bill era entrato in camera sua, da vampiro,
probabilmente per ucciderlo, vide il signor Schein fare una smorfia
preoccupata. Finì il racconto con semplicità, e
attese che fosse il vecchio a prendere parola.
Fu presto accontentato.
-Molto bene, vedo che alcune cose le hai capite, come per
esempio che tu fratello, Bill giusto?, non è sempre un
vampiro. Tuttavia, prima di spiegarti quello che è successo
a lui, devi capire bene cosa c’era dentro il libro.-
Tom annuì.
-Vedi, quel volume era la dimora di uno spirito. Ci sono
tanti tipi di spiriti, è uno di questi è lo
spirito vampiro. Ucciderli è impossibile, l’unico
modo per sterminarli è pericolosissimo e difficile.
Tuttavia, anche allora non sono morti, perché uccidere uno
spirito è impossibile. Semplicemente, cessano di esistere. I
pochi che riescono a vederli, scorgono una nuvola di fumo nero e rosso,
che lascia dietro di sé gocce di sangue. Uno spirito
è eterno, se non lo si stermina, e vive possedendo le
persone. Si era nascosto in quel libro, rendendo la sua lettura
irresistibile, e i malcapitati che si avventuravano tra le sue righe,
leggendo aprivano la loro mente al vampiro che, appena riesce a
penetrarla a sufficienza, ne prende il controllo. Bill è
giovane e ingenuo, e chiaramente non sapeva nulla dello spirito, che
è riuscito a entrare nella sua debole mente con
facilità. Da allora, tutte le notti, da mezzanotte fino al
sorgere dell’alba, esso si è risvegliato, ma per
avvolgere completamente la sua volontà ha dovuto impiegare
un mese. Ora, ti chiederai perché questi istinti si
risvegliano in lui solo durante questo preciso lasso di tempo.-
Tom annuì di nuovo. La testa gli pulsava, sembrava un film.
-Bene, vedi, il motivo è semplice, eppure
misterioso. Il vampiro, nel corso della sua esistenza, si è
macchiato di terribili delitti, anche se io non posso conoscerli, e il
suo spirito si è sempre più sporcato. Certo, uno
come lui, o meglio esso, è da sempre impuro, al contrario
dell’anima di tuo fratello. Quella è la sua
salvezza, la sua unica salvezza. La sua anima è purissima, e
inattaccabile, sarebbe come mettersi a guardare il sole senza una
protezione, per il vampiro. Perciò non riesce a possederlo
completamente, perché la sua anima, come anche la tua, o la
mia, o quella di chiunque non abbia commesso omicidi, è
difesa da una protezione antica, diversa per ognuno di noi. Scoprire
quale è davvero difficile, ma quando lo capisci possiedi una
forza interiore incredibile. Riesci a immaginare quale potrebbe essere
quella di Bill?-
Tom ci pensò un poco, poi sorrise.
-L’ingenuità, forse.-
Già, Bill era davvero ingenuo, e ciò lo rendeva
dolcissimo. Ogni tanto Tom, prendendolo in giro, lo chiamava
zuccherino, e allora ecco che Bill s’infuriava. Sotto sotto,
però, Tom sapeva che gli faceva piacere, anche se non
l’avrebbe mai ammesso davanti a lui. Va bene che, proprio
come un bambino, non aveva peli sulla lingua, però un
po’ di dignità sì.
Anche il signor Schein sorrise.
-Sorridere è molto importante, sai? Anche in
momenti difficili come sarà questo, può aiutare
molto.-
Capendo che dovevano reiterarsi al discorso, Tom tornò serio.
-Dunque, Bill è un vampiro solo la notte
perché lo spirito non può possedere
un’anima come la sua. Tuttavia, il succo importante del
discorso è che tuo fratello voglia ucciderti. O meglio, lo
spirito che lo possiede vuole farlo. Tuttavia, anche se
l’essenza è un’altra, il corpo
è lo stesso, e qui viene il problema.
Se un vampiro beve il sangue di un suo familiare, anche se normalmente
non lo farebbe, il corpo che lo ospita viene affetto da una terribile
malattia, che preferisco non spiegarti ora, ma che può
portare alla morte dopo lunghe agonie.
Se invece beve il sangue di suo fratello o sorella gemella…
beh, la cosa è più violenta: muoiono entrambi.-
Tom trasalì.
-Perciò puoi capire da solo quanto ingrata e
pericolosa sia la vostra situazione. Se uno spirito sceglie la sua
vittima, nulla gli farà cambiare idea, e nasconderti non
servirebbe a nulla, perché esso sentirebbe il tuo odore a
chilometri di distanza.-
Tom si sentiva girare la testa sempre di più. Non doveva
farsi prendere dal panico, assolutamente.
-Ma… allora noi come faremo?- balbettò
confuso e spaventato.
Il signor Schein annuì seriamente.
-Certo.- disse –Giustissimo. Dunque, siccome non
esiste un modo per placare gli istinti a un vampiro, si
dovrà ricorrere a un altro metodo. Esiste una particolare
pozione, che impedisce al vampiro di sentire l’odore della
persona che vi mette dentro un piccolo pezzo di se stesso…
come un capello, per esempio.-
Tom era ancora più disorientato. Quella roba somigliava
spaventosamente alla pozione Polisucco di Harry Potter.
Sospirò profondamente. Ormai non era più nel
mondo a cui credeva di appartenere, ma in quello pieno di pericoli e
magia che vi si nascondeva dietro.
-D’accordo.- assentì –E
c’e l’ha lei questa pozione? La prego mi dica di
sì.-
Il signor Schein sorrise gentilmente.
-Non ho la pozione, ma ho gli ingredienti necessari a
prepararla. Ci vorrà un’oretta, non di
più. Ti aspettano a casa?- domandò.
Il ragazzo scosse la testa.
-No, ho detto a Bill che uscivo con una ragazza…
sa che non dovrei tornare presto.-
L’anziano uomo sorrise di nuovo.
-Molto bene, allora puoi aiutarmi se vuoi.-
Tom annuì. A Bill una cosa del genere avrebbe fatto girare
la testa dall’eccitazione, ma a lui girava per
tutt’altro motivo. Aiutò il signor Schein a
portare in cucina un grosso pentolone nero, che pose nel camino, e
posò sul tavolo una buona decina di provette che contenevano
strani liquidi colorati, una grossa bacinella piena di foglie di
chissà quale pianta, un grande contenitore di legno colmo di
una polverina rosso rubino, un pestello ed un mortaio.
Si sentiva sempre di più Harry Potter, anzi, il suo amico
imbranato, Ron Weasley.
Rimase a guardare il signor Schein che pestava le erbe e le metteva nel
calderone, aggiungendo più tardi un liquido viola. Dopo un
po’ fu incaricato di mescolare attentamente, prima due volte
in senso orario, poi tre in antiorario, e così via.
Ora era diventato Harry, gli mancavano occhiali e cicatrice.
Passò a mescolare almeno un quarto d’ora, prima
che il signor Schein, fino a quel momento impegnatissimo a pesare
attentamente polveri varie, gli chiedesse di lasciare stare la pozione
e metter su l’acqua per il the. Infine anche questo fu
pronto, e il ragazzo lo versò in due tazze, che
posò sul tavolo. Poco dopo, il vecchio lo raggiunse e
sorrise, tutto sudato.
-Come ti senti a preparare la pozione?-
-Harry Potter.- rispose –Mi sento incredibilmente
Harry Potter. Mancano giusto gli occhiali, la cicatrice e la bacchetta
magica, e sono perfetto.-
Il signor Schein rise.
-La vuoi una bacchetta magica?-
Tom lo imitò.
-Guardi, credo di poterne fare a meno.-
Pochi secondi dopo, però, tornò serio. Tutta
quella storia non era per niente divertente. C’erano in gioco
la vita sua e soprattutto quella di suo fratello, e il teatro del
pericolo era la notte, misteriosa e pericolosa, che con il suo buio
poteva nascondere qualsiasi omicidio da parte del vampiro. In quel
omento, una domanda gli sorse spontanea.
-Ma il vampiro… ecco, lui è Bill?
Intendo, è lui solo fisicamente, oppure anche la mente
è la stessa? Intendo dire, lui sa chi sono io?
Perché se lo sapesse non mi avrebbe ucciso…
saprebbe anche che rischia di morire anche lui…-
lasciò in sospeso la frase e guardò il signor
Schein, che aveva un’espressione pensierosa.
-Vedi, lo spirito non è Bill. La mente
è quella del vampiro, durante la notte, un vampiro che non
si cura di conoscere le sue vittime. Perché sai, se Bill
riuscisse ad ucciderti (Tom rabbrividì), morireste voi due,
ma non lui. Lui riuscirebbe a scappare. Perciò, in risposta
alla tua domanda, no, il vampiro non sa chi sei.-
Tom annuì, e riprese a vagare tra i propri pensieri,
finché uno, non importantissimo, ma martellante,
riuscì ad aprirsi un varco tra gli altri e convincerlo a
formularlo ad alta voce.
-Mi scusi signor Schein…- iniziò il
ragazzo timidamente, vedendo il vecchio alzare lo sguardo –Se
non sono indiscreto, posso chiederle come mai lei sa tutte queste
cose?-
Il signor Schein sorrise.
-Ma certo che non sei indiscreto. Vedi, il motivo di questa
mia conoscenza è il fatto che anche io una volta sono stato
posseduto da un vampiro, quando ero giovane. Un uomo cui
sarò grato per sempre mi aiutò a uscire da quella
prigione, e da allora iniziai a studiare per diventare come lui, un
esperto in magia e vampirologia.- spiegò semplicemente.
Tom annuì. Incredibile, era l’unica parola che gli
veniva in mente riguardo a tutto l’accaduto.
Poco dopo un fischio dal calderone annunciò che la pozione
era pronta. Sbirciandovi all’interno, Tom vide un liquido
color azzurro chiarissimo sul fondo, che il signor Schein
trasportò in una piccola boccetta di cristallo.
-Manca solo un tuo capello.- disse.
Il problema era che i capelli di Tom erano un po’
inaccessibili. Tuttavia, riuscì a trovare un capello corto,
nascente, e lo mise nella pozione. Quando venne a contatto con il
liquido, un sibilo si diffuse nell’aria e il capello di
sciolse come fosse acqua.
-Molto bene- concluse il vecchio –Deve prenderne
due gocce ogni sera, è inodore e incolore, e farà
sì che il vampiro non percepisca il tuo odore. Tutto chiaro?-
Mentre lo diceva, aveva riaccompagnato Tom dentro al negozio.
-Chiaro.- rispose il ragazzo, riponendo il prezioso liquido
nello zaino, insieme al libro nero –Senta, ma secondo lei
devo dire a Bill quello che sta succedendo? Insomma, lui non sa di
essere un vampiro…-
Il signor Schein annuì.
-Certo che devi dirglielo. Però, se non ti
crederà, dovrai comunque riuscire a somministrargli
l’antidoto… o sarà finita per entrambi.-
Anche Tom annuì era già alla porta, quando si
bloccò.
-Ehm, vorrei chiederle anche un’altra cosa.-
-Certo, dimmi pure.-
Tom tornò verso di lui e indicò i libri in
vendita.
-Tra questi libri, c’è anche una storia
di vampiri? Bill le adora, ed è un collezionista di vecchi
libri… siccome oggi mi ha fatto prendere 8 in storia, vorrei
fargli un regalo…-
Il vecchio sorrise, si avvicinò ad uno scaffale e
tornò poco dopo con un libro, già impacchettato i
carta da pacchi.
-Questo è molto raro, anzi direi unico, e sono
sicuro che se Bill è un collezionista, lo
apprezzerà.-
Tom ringraziò e fece per pagare, ma il signor Schein lo
fermò. Soppresse ogni protesta, dicendo che glielo regalava,
e così dicendo lo salutò.
Il ragazzo uscì dal negozio con il libro in mano, e con
mille preoccupazioni e paure ad assalirlo, si diresse alla fermata
dell’autobus, per tornare a casa, tornare da Bill, tornare
dal vampiro.
Ehm,
lo so, il ritardo è troppo, ma il tempo troppo poco! Questo
è il nuovo capitolo, e spero che vi sia piaciuto…
Ringrazio tanto kaulitz92 e _Glossy_ che mi recensiscono sempre, e vi
mando un mega bacione!
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
Tom entrò in casa con
l’ansia nel cuore.
Non temeva certo che Bill non avrebbe apprezzato il regalo, anzi, ma il
problema era la questione sanguinolenta del vampiro: se non gli avesse
creduto?
Si richiuse la porta alle spalle, ed una folata improvvisa di vento la
fece sbattere; pochi secondi dopo la voce del moretto fece capolino
dalle scale:
-Tom, sei tu?-
-Sì.- rispose l’altro, avviandosi al
piano di sopra.
Arrivato in cima, il viso sorridente di Bill lo accolse dalla sua
stanza.
-Allora, com’è andata con questa
fantomatica ragazza?-
Per un momento Tom rimase interdetto, poi capì.
-Oh!- fece un debole sorriso –Non
c’è nessuna ragazza.-
Bill spalancò gli occhi stupito.
-Ah no? E cosa sei andato a fare?-
Con un sorriso enigmatico, Tom entrò nella sua stanza e si
sedette sul letto, lasciando che il fratello si accomodasse subito
accanto a lui.
-Sono andato a prendere questo.-
Il rasta estrasse dallo zaino di scuola il libro che aveva
impacchettato alla bell’e meglio passando in una cartoleria,
e lo porse a Bill.
Questi, dal canto suo, era più che incredulo.
Spostava lo sguardo da Tom al pacco, e teneva gli occhi spalancati,
troppo stupito.
-È… è per me?-
domandò con voce tremante.
Tom colse la palla al balzo.
-Certo che no, è per mamma.- disse serio,
riprendendosi il pacchetto.
-Oh.- fece Bill deluso, abbassando lo sguardo sulle proprie
ginocchia.
Tom rise divertito.
-Ma certo che è per te, scemo!-
Bill fece un debole sorriso e riprese il pacco, con mani tremanti, le
stesse che strapparono la carta colorata e che rivelarono il contenuto
del misterioso involucro.
Il moretto lanciò un urlo.
-Grazie Tom!- gridò fuori di sé dalla
gioia, abbracciando di slancio il fratello, che quasi cadde dal letto,
vinto da tanta foga ed entusiasmo.
-Dove l’hai preso? E come facevi a sapere che lo
volevo?-
Tom ghignò, nascondendo la meraviglia nello scoprire che era
ciò che desiderava.
-Mai sentito parlare di telepatia tra gemelli?-
-Ceeeeerto… comunque, dov’è
che l’hai trovato?-
-Non te lo dico.
-Dai-.
-No.-
-Ti prego?-
-Nein.-
-Daaaiii!-
-Bill, guarda che me lo riprendo.-
Disse Tom seriamente, con occhio minaccioso.
-Va bene! Va bene, ero solo curioso…-
Lo sguardo di Bill si fece assente per qualche secondo, poi una lacrima
gli solcò la guancia destra.
Tom lo guardò stupefatto.
-Piangi?- domandò.
Bill scosse la testa, ancora turbato.
-Non è nulla, solo che…- Tom attese
trepidante –che tu non mi fai mai dei regali, tranne per
Natale e il compleanno…- mormorò Bill timidamente.
Ops, era vero.
-Ciò non significa che non possa farteli, specie
se mi fai prendere 8 in storia.- sorrise Tom.
Bill lo abbracciò di nuovo, e Tom si sciolse di tenerezza.
Suo fratello era così, un bambino troppo cresciuto che
adorava le coccole in tutto e per tutto, ma che, nonostante questo,
aveva un cervello, e una media scolastica, davvero invidiabili.
Poi il moretto si calmò, e Tom dovette raccogliere le sue
forze, per affrontare di petto la prossima questione.
Il vampiro.
-Bill?- lo chiamò, già immerso nella
lettura del libro.
Il ragazzo alzò la testa, ingenuamente.
-C’è… una cosa che devi
sapere.- disse Tom tutto d’un fiato, con il cuore che batteva
all’impazzata.
Bill continuava a fissarlo, così prese fiato, e
rivelò quello che lo preoccupava.
-Sei un vampiro.-
Lo sguardo dell’altro si fece scettico, e alzò un
sopracciglio.
-Certo- disse –Un discendente del conte Dracula.-
Tom sentì un’ondata di nausea, e si
lasciò assalire dallo sconforto più nero.
-No… ascolta, è una cosa seria.
Stanotte mi sono svegliato, e c’eri tu che mi annusavi. Ma
non eri tu tu, era il vampiro che si rifugiava all’interno
del vecchio libro che abbiamo trovato in soffitta! Oggi sono andato
nella vecchia bottega di stramberie che c’è vicino
a scuola, e il negoziante mi ha dato la conferma che tu sei un vampiro,
solo da mezzanotte fino all’alba, e che se mi morderai,
moriremo entrambi, perché quando un vampiro uccide suo
fratello gemello, muore anche lui!- spiegò il ragazzo con
enfasi.
Bill si alzò in piedi.
-Va bene, Tom, adesso fai una dormita, poi torni e smetterai
una volta per tutte di prendermi in giro, va bene?-
Anche Tom balzò in piedi, e strinse una mano attorno al suo
braccio.
-Non ti sto mentendo, fidati! È successo davvero,
e tu stanotte eri…-
-Basta.- lo interruppe il moretto con voce ferma -Ora basta.-
Tom non si diede per vinto.
-No, Bill! Questo è tutto vero, e moriremo
entrambi di una morte atroce se non mi ascolti!-
Bill, a quel punto, perse il controllo.
-SMETTILA!- urlò –DEVI SMETTERLA DI
PRENDERMI PER IL C**O, perché IO NON NE POSSO
Più! HO CAPITO CHE LA ROBA CHE LEGGO TI SEMBRA UNA CA**ATA,
VA BENE?- aveva il viso paonazzo –MAGARI NON TE NE ACCORGI,
MA I TUOI SCHERZI MI FANNO STARE MALE, OK? perché IO NON ME
NE VADO IN GIRO A SFOTTERTI APPENA PRENDI IN MANO UNA CHITARRA, ANCHE
SE PENSO CHE LA SUONI DA SCHIFO! QUNIDI PER CORTESIA SMETTILA DI
PRENDERMI IN GIRO, perché A MOMENTI TI PRENDO A SCHIAFFI!-
Cisì dicendo, con uno spasmodico singhiozzo, Bill
scappò via, portandosi dietro il libro che Tom gli aveva
appena regalato.
Quest’ultimo, rimase scioccato in piedi accanto al letto,
troppo stupito per muoversi.
Quello che aveva detto il moretto era una sorpresa assoluta per lui.
Certo, lo prendeva spesso in giro con stupidi scherzi, ma non si era
mai reso conto che rimaneva così male…
Il commento sulla chitarra, che normalmente lo avrebbe fatto infuriare,
non lo sfiorava neppure.
Il problema era che lui, Tom Kaulitz, aveva fatto soffrire a lungo suo
fratello, senza rendersene mai conto, e senza mai vedere quanto
l’anima della persona cui teneva di più al mondo
fosse lacerata.
Ed ora, lui aveva ricevuto l’effetto boomerang.
La sua vita e quella di Bill erano a grave rischio, e la colpa,
dopotutto, era sua.
Sua, che aveva fatto sì che il gemello gli sputasse contro
quanto odiasse le sue stupide prese in giro.
Sua, che aveva reso ancora più inverosimile la terribile
situazione in cui si trovavano.
Sua, sua, e ancora sua.
Bene, a questo punto rimaneva solo una cosa da fare: dare a Bill di
nascosto la pozione e soprattutto, porgergli mille scuse.
Tom si rannicchiò sul letto, cercando di non pensare a
nulla, soprattutto al senso di colpa strisciante che lo stava
dilaniando e divorando.
Scusate! Scusate tantissimo! Lo so che il ritardo è
imperdonabile, ma il problema è che non sono stata a casa in
questi ultimi tempi, perciò niente computer, niente Internet!
Vi avverto che quest’estate non scriverò molto,
cerco di andare il più possibile avanti in questi giorni, ma
non prometto nulla…
Un bacio e un grazie a tutti quelli che leggono e soprattutto a chi
commenta la mia storia! Un bacio grande!
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
Tom
aveva i nervi a fior di pelle.
Reagiva sempre così quando era preoccupato per qualcosa,
normalmente per i compiti in classe.
Era l’ora di cena, e lui e Bill sedevano uno di fronte
all’altro, mangiando in silenzio il pasticcio di carne che la
mamma aveva preparato.
Questa sedeva sbigottita tra di loro, e cercava inutilmente di fare
conversazione.
-Allora… com’è andata a
scuola oggi?- disse, sentendosi a disagio.
-Bene- risposero contemporaneamente i due gemelli, con voce
fredda.
Si guardarono per un secondo, poi ripresero a cenare, e la spessa
coltre di ghiaccio che andava formandosi tra di loro, si
rafforzò.
-Va tutto bene, ragazzi?- cercò ancora di chiedere
Simone.
-Sì.- rispose Bill alzandosi di scatto e mettendo
il suo piatto vuoto nel lavello.
Un attimo prima di uscire, disse:
-A proposito mamma, chiudi bene la finestra stanotte, che non
si sa mai che io diventi un vampiro e decida di ucciderti.-
Tom sentì una stretta allo stomaco, e alzò lo
sguardo per un momento, incontrando quello gelido del fratello, che
lasciò la stanza senza un ulteriore parola.
Simone guardò perplessa il figlio che ancora si trovava
lì.
-Cosa significa, Tom?- domandò.
-Non lo so.- mentì il ragazzo, alzandosi anche lui
da tavola.
Era intenzionato a fare pace con Bill, almeno sarebbe stato
più facile dargli la pozione di nascosto, siccome
evidentemente lui non aveva intenzione di credere alla sua storia.Tom
non si sarebbe arreso, mai.
Non poteva.
La sua vita e quella di suo fratello erano nelle sue mani, e non aveva
intenzione di lasciare che uno spirito li uccidesse entrambi.
Così si diresse verso la porta della stanza di Bill, e
bussò tre volte.
-Chi è?- domandò la voce del moretto
dall’altra parte.
-Sono Tom…-
-Vattene.-
Tom rimase spaventato dalla durezza della sua voce.
-Bill, ascolta, mi…-
-Non mi interessa.-
-Ma io…-
-Vattene Tom. Non ho nulla da dirti.-
-Senti, mi dispiace… vorrei fare pace con te.-
-Be’, io no, quindi vattene e non scocciarmi
più.-
Tom a quel punto si rassegnò, ma non si diede per vinto.
-D’accordo, ma se cambi idea…-
-Vattene!-
Tom appoggiò l’orecchio alla porta e
poté udire flebilmente un pianto sommesso. No…
era decisamente troppo.
Il ragazzo si allontanò, e si chiuse in camera
sua, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di sfuggire via
dai suoi occhi.
Passò quasi un’ora, prima che si udissero rumori
provenienti da qualunque parte della casa.
Simone era salita al piano di sopra, e aveva bussato alla camera di
Bill.
-Tesoro… ti ho preparato la camomilla…-
Non si udirono rumori in risposta.
-Te la lascio qui davanti alla porta, d’accordo?-
Ancora silenzio.
Simone se ne andò dopo qualche secondo, sospirando.
Tom capì che quello era il momento giusto.
Si alzò silenziosamente, afferrò la boccetta e
aprì la porta.
La tazza era lì, ed era la sua unica salvezza.
Stappò la fiala, e versò una goccia del liquido
nella camomilla, poi tornò svelto in camera sua. Rimase a
sbirciare, e vide che Bill apriva la porta, prendeva la tazza e ne
beveva qualche sorso.
Tom si sdraiò sul letto, con un enorme sorriso sulle labbra.
Aveva una gran voglia di ridere dal sollievo.
Ce l’aveva fatta.
Era salvo, almeno per quella notte.
Sempre sorridendo, si affrettò a lavarsi, svestirsi, e si
mise a letto, certo che avrebbe potuto fare sonni tranquilli.
Il vampiro raggiunse il solito edificio, quello alto 20 piani, e si
sedette sul tetto in attesa che l’olfatto si stabilizzasse.
Passarono pochi minuti, e un’improvvisa quantità
di odori lo investì, facendolo lievemente barcollare.
Respirò a fondo, e ghignò, cercando quello della
notte precedente.
Non vedeva l’ora.
Presto, però, divenne furioso.
L’odore era scomparso.
Non lo sentiva più!
Com’era possibile ciò?
Forse il ragazzo era morto… improbabile, ma plausibile.
Si affrettò a cercare un giornale di quel giorno, ma non
trovò alcun annuncio di morte, né una foto del
ragazzo.
Furioso, lanciò un urlo, senza curarsi se qualcuno
l’avrebbe sentito.
Non restava che cercare.
La strada… quella non la ricordava, non vi aveva prestato
attenzione la notte prima.
Che stupido era stato!
Le ore passavano, ma Bill non trovò nulla che potesse
suggerirgli l’abitazione del ragazzo.
La sua rabbia aumentava ogni minuto, ma l’alba giunse, e con
lei il momento di rientrare.
Si ritrovò nella solita stanza da letto, e con furia si
strappò gli abiti di dosso, si rimise il pigiama, che
sembrava più ridicolo ogni volta che lo guardava, e si
infilò sotto le coperte.
Quando la luce del sole entrò dalla finestra e gli
illuminò il viso, perse conoscenza, ma non l’ira
che lo assaliva.
Tom aprì gli occhi.
Era mattina presto, il sole era appena sorto.
Ciò significava che era sveglio, e se era sveglio voleva
dire che era vivo!
Se era vivo, la pozione aveva funzionato!
Scoppiò a ridere, felicissimo, così felice che
rimase senza fiato dalle risate.
Si rotolò per terra dal ridere, e quasi batté la
testa contro il comodino.
Era vivo!
Era vivo!
Era talmente contento che non si accorse neppure che la madre era
entrata, e lo guardava preoccupato.
-Tom, tesoro, è tutto a posto?-
-Eh? Cosa? Sì certo mamma non
preoccuparti… mi sono ricordato di una cosa divertente,
e…-
Tom non finì la frase e, come se nulla fosse, si
alzò e si diresse in bagno.
Le cose con Bill non migliorarono durante la giornata, e neppure nei
giorni seguenti.
Ad ogni modo, Tom riuscì sempre a somministrargli
l’antidoto, correndo anche il rischio di essere scoperto.
Passò un mese.
Uno dei mesi più brutti della vita di entrambi i gemelli.
Non si rivolgevano quasi parola.
Tuttavia, un giorno, le cose sembravano andare un pochino meglio.
Non tanto, ma un pochino.
I genitori erano fuori per il weekend, e i due ragazzi erano a casa da
soli.
Stavano cenando, rivolgendosi ogni tanto uno sguardo o una parola,
quando Bill si alzò per prendere dell’acqua.
Tom colse al volo l’occasione, e versò una goccia
del solito liquido nel bicchiere del fratello.
-Che diamine stai facendo?- la voce furiosa di Bill lo fece
sobbalzare.
Alzò lo sguardo: il moretto lo guardava furioso dal
frigorifero.
-Nulla…- si affrettò a rispondere Tom,
ritirando la mano.
Il fratello fece uno scatto e gli afferrò il polso in una
morsa ferrea, rischiando di slogarglielo.
-Che c***o è questa roba?- gridò di
nuovo, paonazzo dalla rabbia.
-Bill, lasciami! Mi fai male! Mollami!- rispose Tom,
strattonandolo e tirandolo.
Cadde dalla sedia portandosi dietro il fratello, che gli
rovinò addosso, e tutto il liquido finì per terra.
-NOOOOOOO!- gridò Tom, disperato.
-Che c***o è questa roba?- ripeté Bill,
riuscendo a strappargli la boccetta, ormai vuota, dalle mani.
-Anti vampiro?- lesse sgomento sull’etichetta, poi
tornò a fissare il fratello, che giaceva sotto di lui
terrorizzato.
-MA ALLORA CE L’HAI CON QUESTA STORIA!-
gridò –CONTINUI A CERCARE DI PRENDERMI PER IL
C**O! E IO CHE PENSAVO CHE FORSE ERA ORA DI FARE PACE, INVECE TU
CONTINUI CON QUESTA STORIA! BENE! GRAZIE! AVEVO PROPRIO VOGLIA DI
VEDERTI FARE UNA DELLE TUE SOLITE SCENE!-
-No, ascolta Bill, è una cosa seria,
io…-
Per tutta risposta, Bill gli mollò un potente schiaffo sulla
bocca.
-BASTA! SMETTILA! HO CAPITO! LA SAI UNA COSA? SEI ANHE
Più ST****O DI QUELLO CHE PENSAVO!-
Dicendo questo, Tom ricevette un altro schiaffo, questa volta sulla
guancia, e Bill lasciò la stanza velocemente,
un’altra volta in lacrime.
Tom era perduto.
Cercò di recuperare il liquido, ma non c’era nulla
da fare.
Quella notte sarebbe arrivata la sua fine, e anche quella di Bill.
Sapendo che ormai non c’era nulla da fare, si
avviò verso la stanza di suo fratello, scrisse un biglietto
e lo fece passare sotto la porta.
Non sapeva se Bill l’avrebbe letto, ma doveva provare.
“Caro
Bill, scusami per tutto. Non avrei mai voluto farti soffrire, ma
l’ho fatto, e a causa di questo stanotte moriremo tutti e
due. Ti giuro che è così. Ti voglio ringraziare
per essere un fratello fantastico e per avermi sempre aiutato anche se
non me lo meritavo. Scusa, e grazie. Sei la persona migliore che
conosca.
Tom”
Si diresse in cucina, e prese un po’ d’aglio, tanto
per provare.
Si mise il pigiama e si stese a letto, singhiozzando.
Il vampiro uscì e si diresse al solito posto.
Era quasi rassegnato, ma quando iniziò a captare gli
odori… eccolo lì, quello che aspettava da un mese.
Non poteva crederci.
Lanciò un urlo di gioia e si precipitò
all’inseguimento dell’odore.
Giunse al balcone, e un improvvisa folata di odore di aglio lo
investì
Non gli successe nulla, anzi, ghignò.
Quella stupida credenza dell’aglio era roba per vampiri
inglesi, quegli schizzinosi.
Lui certo non si faceva problemi.
Entrò nella stanza.
Eccola lì, la sua vittima.
Oddio…
potrò mai scusarmi abbastanza per il ritardo che ho fatto?
Credo di no, ma… ecco il nuovo capitolo! Penso che sia
l’ultimo per quest’estate, a settembre
riprenderò a scrivere con più
regolarità, ok? Un grazie enorme a tutti quelli che mi hanno
recensita, e grazie anche per i complimenti!
Ci
vediamo a settembre!
Buone
vacanze!
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
CAPITOLO
10
La prima cosa di cui Tom si rese conto, quando venne svegliato dalla
fredda aria della notte, fu un viso familiare.
La seconda cosa, fu che quel viso significava GUAI, GROSSI GUAI.
-Ti conviene restare fermo, o credo che potresti farti molto
male.-disse Bill, senza guardarlo.
Tom non aveva mai sentito la voce del fratello così fredda,
così crudele, distaccata…
Rimase immobile, terrorizzato.
Si rese conto che Bill lo teneva in braccio, e che stavano praticamente
volando tra un tetto e l’altro.
Dal canto suo, il vampiro era più che euforico.
Finalmente, il ragazzo era suo.
Nessuno avrebbe potuto fare nulla per salvarlo.
Arrivarono alla casa di campagna un’ora dopo.
Normalmente, Bill ci avrebbe messo pochi minuti, ma doveva stare
attento a non rischiare di far cadere Tom (anche se non sapeva che si
chiamasse così).
Spinse la porta, che si aprì cigolando.
Avvertì con piacere che il ragazzo aveva la pelle
d’oca, mentre si dirigevano verso le scale e salivano al
piano di sopra.
Nella sala da pranzo, il tavolo era preparato da circa un mese ad
accogliere Tom, che appena lo vide, iniziò a tremare come
una foglia.
-No… tu non capisci…- sussurrò.
Bill lo sbatté sul tavolo e lo fissò furioso.
-Io non capisco?- sibilò, avvicinando il proprio viso a
quello di Tom. –Sei tu che non capisci. Mi hai fatto dannare
per un mese, ed ora io ho intenzione di ricambiarti. Questo lo capisci?-
Tom deglutì.
Mentre Bill lo legava, cercò di dimenarsi ma il vampiro gli
affondò le unghie nel polpaccio e si immobilizzò.
Dopo che lo ebbe bloccato, Bill, che si sentiva percorso da brividi di
eccitazione, si avvicinò a lui, finché il suo
naso non fu a due millimetri da quello di Tom.
Gli alitò lievemente sul viso, e il rasta sentì
come se una sottile lingua di fuoco lo avesse sfiorato.
Bill lo accarezzò alla gola, e fu lieto di sentire ancora
una volta che aveva la pelle d’oca.
-Mi dispiace per te, sai?- mormorò, con una scintilla
famelica nello sguardo. –Avrei fatto una cosa molto
più veloce, ma dato come hai deciso di eludermi, ora ti
faccio desiderare di non essere mai nato.-
Tom deglutì per la seconda volta, tremando, ed una lacrima
gli scese dal viso.
-Hai paura?- gli domandò il vampiro. –Dovevi
pensarci prima di escogitare un trucchetto per non farmi trovare il tuo
odore, eh? A proposito, sai che è davvero buono? Il migliore
che abbia mai sentito.-
Tom era orripilato, all’udire quelle parole.
Doveva prendere tempo, assolutamente.
Tenendo a mente l’ammonimento del signor Schein, di non
rivelargli il suo nome, e nemmeno il proprio, disse:
-Ti prego, non uccidermi! Non sai… morirai anche tu, se mi
mordi!-
Bill lo fissò accigliato.
-Perché accidenti dovrei morire, scusa?-
Tom sgranò gli occhi.
Per un attimo sembrava essere tornato il solito Bill, quello che non
voleva mordergli il collo ed ucciderlo, ma subito tornò
l’espressione famelica che terrorizzava il rasta.
-Perché…siamo fratelli.- sussurrò, con
voce rotta.
Bill divenne una furia.
Lo afferrò per il colletto e lo tirò su, con
tanta forza da spezzare le corde che lo legavano.
-No.- sibilò. –Io non ho fratelli. Io non ho
genitori. Io non ho nulla.-
Quelle parole fecero pensare Tom.
In un secondo realizzò che quel vampiro doveva avere una
lunga storia alle spalle, prima di essere diventato quello che era.
-Noi abbiamo lo stesso sangue.- insisté Tom.
–Siamo fratelli.-
Bill gli mollò uno schiaffo.
Se fosse stato un umano, gli avrebbe fatto molto male; tuttavia era un
vampiro, dalla forza dieci volte superiore a quella di qualunque
persona, e Tom provò molto più dolore del normale.
-Tu non sei mio fratello.- disse. –Non so chi sei e non mi
interessa. Tu sei cibo.-
Lo spinse di nuovo sdraiato, ed avvicinò la bocca al suo
collo; lo mordicchiò leggermente.
Aveva una carne così morbida, così dolce e
profumata…
Tom sentiva che stava per morderlo definitivamente, ma si accorse anche
di un’altra cosa: era libero.
Lo strattone che aveva dato Bill, aveva spezzato le corde che lo
legavano, ed ora poteva afferrare di nascosto un pezzo di fune e
colpire con quello il fratello, appena si staccò dal suo
collo.
Bill gridò di dolore quando l’arma di Tom lo
ferì, e il biondo poté saltare giù dal
tavolo e tentare di raggiungere la porta.
Tuttavia il vampiro gli sbarrò la strada, e finirono
avvinghiati per terra.
Non sapeva come aveva fatto ma Tom riuscì a liberarsi e
attraversò di slancio la porta, si lanciò
giù per le scale ed infine uscì per strada,
correndo nonostante i piedi nudi.
Bill lo inseguiva.
Tom l’aveva indebolito, non solo fisicamente, ma anche
psicologicamente.
Ora il sangue che sgorgava dalla ferita sulla fronte, oltre a coprirgli
la visuale, copriva anche l’odore del ragazzo.
Non lo vedeva più.
Era circa cento metri dalla casa, la cui ombra si stagliava scura
contro la luna, e si trovava ai margini di un boschetto.
Non sentiva più i passi di Tom, quindi dedusse che si era
fermato.
Doveva pulirsi, assolutamente.
Si avviò nel boschetto; sapeva che pochi metri dopo avrebbe
incontrato un ruscello, e così fu.
Dopo essersi sciacquato, si mise immobile, scrutando
l’oscurità.
Smise di respirare, per poter sentire meglio.
Silenzio.
Allora annusò l’aria, e l’odore del
ragazzo lo colpì con una forza tale da farlo barcollare.
Era vicino.
Molto vicino.
In quel momento, un campanile lontano segnò che erano le
cinque.
Già le cinque?
Mancava poco.
Doveva sbrigarsi.
Non gli era mai capitato di dover oltrepassare tanti ostacoli prima di
poter uccider una preda.
Si gettò silenziosamente all’inseguimento della
scia di odore.
Non poteva sfuggirgli.
Tom stava rannicchiato contro il cespuglio, pregando che Bill non lo
trovasse. Non avrebbe mai voluto ferirlo, ma doveva salvare entrambi,
era suo dovere.
Una lacrima gli solcò il volto, ma Tom non si
azzardò a muoversi per asciugarla.
Erano le cinque.
Forse sarebbe riuscito a tirare avanti fino all’alba.
Un’altra lacrima sfuggì alle sue ciglia.
-Beccato…- sussurrò una voce beffarda
al suo orecchio.
Sentì delle mani afferrarlo, e gridò con quanto
fiato aveva in gola, mentre Bill lo tirava su e spiccava un salto
così potente da farli atterrare sul balcone della sala da
pranzo della casa abbandonata.
Il vampiro sfondò la porta con un calcio,
trascinò Tom dentro e lo sbattè sul tavolo.
Poi gli si avventò sopra, mirando al collo.
Tom riuscì ancora una volta a spingerlo via, trovando la
forza e il coraggio di agire nel pensiero di Bill.
Il vero Bill, quello che gli voleva bene, e al quale lui stesso teneva
più della sua vita.
Stava lottando per lui, non per se stesso.
Ora era un vampiro, ma solo con la mente; il cuore, Bill ne era certo,
era quello del suo gemello.
Lottarono.
A lungo, per delle ore forse.
Tom scivolò giù dal tavolo, ma non
smise di lottare.
Per Bill.
Per il suo fratellino, la cui anima era intrappolata in quella di un
essere orribile.
Lottarono, lottarono, lottarono.
Vampiro contro umano.
Gemello contro gemello.
Kaulitz contro Kaulitz.
Bill contro Tom.
Tom contro il vampiro.
Infine, con una forza sovrumana, Bill mandò il fratello a
sbattere contrò il muro.
Con un ultimo grido, il biondo si accasciò a tessa, privo di
sensi.
Il vampiro stava per avventarglisi sopra, quando dalla piccola finestra
sporca e attraverso la porta del balcone, entrò un timido
raggio di sole, che illuminò il viso pallido, sudato e
insanguinato del giovane.
Con un grido strozzato, Bill cadde a terra, svenuto come il fratello.
**********
Poco dopo, Bill aprì gli occhi.
Perplesso, si guardò intorno e si alzò da terra:
nella stanza dove si trovava, erano chiari i segni di una lotta.
Notò un tavolo, coperto da un lenzuolo e vi si
avvicinò, osservandolo curioso ma con un po’ di
timore.
Si voltò, tutto indolenzito, e scorse una figura
nell’angolo, dove la luce non era ancora arrivata.
-Tom!- gridò angosciato correndo verso di lui.
Si inginocchiò al suo fianco e, delicatamente, gli prese il
viso tra le mani.
Era tutto graffiato e sporco di sangue, e la cosa non piacque affatto a
Bill.
-Tom, Tom!- lo chiamò –Che ti succede?
Svegliati! Tom!-
Bill lo schiaffeggiò leggermente e pian piano Tom
aprì gli occhi.
Appena lo vide, balzò in piedi, gridando:
-NO!- ma poi ricadde a terra con un grido di dolore.
-Tom… che ti succede?- domandò Bill,
avvicinandosi al ragazzo, preoccupato e spaventato dalla sua reazione.
Tom alzò lo sguardo, il viso rigato di lacrime.
-Bill? Sei tu?-
-Sì… sì sono io…-
Tom singhiozzò, stringendosi il polso rotto, e Bill lo
abbracciò.
-Che cosa ti succede? Perché sei ridotto
così? Dove siamo?- sussurrò.
Tom lo guardò serio.
-Non ci arrivi?-
Bill rimase pensieroso per u secondo poi, orripilato, si
guardò i vestiti, strappati ma perfettamente riconoscibili.
Infine alzò lo sguardo fino ad incontrare quello di Tom.
-No…- mormorò con voce strozzata,
prendendo la testa fra le mani –Non è
possibile…- singhiozzò.
-Lo so che è assurdo, ma ora mi credi?- disse Tom
il più gentilmente possibile.
-Io… non… mi dispiace! Ho tentato di
ucciderti… NO, NO!- Bill urlava disperato, e si dimenava.
-No, Bill- rispose Tom, accarezzando dolcemente la guangia di
Bill con la mano buona, facendogli alzare lo sguardo –Non sei
stato tu. È stato il vampiro, tu sei buono, sei
meraviglioso. Tu non vuoi uccidermi.-
Si guardarono negli occhi per un po’ di tempo.
Tom accarezzava i capelli di Bill, cercando di convincerlo
silenziosamente che il mostro non era lui, ma quella creatura che gli
si era aggrappata all’anima.
Infine, gli afferrò delicatamente la testa, facendolo
piegare fino e che il capo del moro non fu posato contro il suo petto,
e così rimasero, uno tra le braccia dell’altro.
Ora i gemelli erano di nuovo uniti, e nulla poteva separarli.
Beh
avevo detto che no avrei postato fino a settembre, e invece... il
capitolo doveva essere più lungo, ma siccome ho poco tempo,
lo divido in due.
ad ogni modo, care le mie lettrici, devo annunciarvi che,
ahimè, il prossimo capitolo sarà il penultimo.
da ora in poi l'unica certezza che vi do è che se non posto
il prossimo entro la prossima settimana, allora posterò a
settembre.
vi rigrazio troppo per i commenti, e i complimenti, e per essere
così tanti che mi seguite!
Vi giuro, è un sogno!
un bacio a tutte, e non dimenticate che se vi svegliate con un vampiro
in camera... beh, portei essere io!
un bacio ancora!
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
CAPITOLO
11
-Cosa posso fare? Anzi, cosa devo fare?- chiese
Bill, ancora appoggiato a Tom.
-Devi venire con me in un posto.- rispose il fratello –Hai
presente quella strana bottega vicino alla scuola? Quella. Il
negoziante ci aiuterà. È lui che mi ha dato il
liquido che hai visto ieri sera. Te lo somministravo di nascosto da un
mese, faceva in modo che t… il vampiro non sentisse il mio
odore.-
-Mi dispiace di non averti creduto…- pianse Bill, alzando la
testa.
-Capisco, non era molto credibile, visti anche i miei precedenti.- lo
confortò il rasta, stringendogli la mano con dolcezza.
Il moro fissò lo sguardo sul polso di Tom.
-È rotto.-
Non era una domanda, ma un’affermazione.
-Ti fa male?-
Tom annuì, stringendo i denti.
Prima non lo aveva dato molto a vedere, ma ora lasciò che il
cervello si concentrasse sul dolore, che gli percorreva il braccio come
se avesse grosse schegge al posto delle ossa.
-Bisognerebbe fasciarlo.- osservò Bill, alzandosi in piedi e
guardandosi intorno.
-No… aspetta, cosa vuoi fare?- lo fermò
Tom, ansioso.
Bill sorrise divertito.
Prese un pezzo di legno lungo più o meno come
l’avambraccio di Tom, poi strappò un pezzo di
lenzuolo ed infine tornò dal fratello, la cui
espressione preoccupata tradiva la scarsa fiducia nei
confronti delle doti mediche di Bill.
-Sei sicuro?- domandò titubante.
-Hai altre idee?-
-In effetti no…- si arrese Tom –Ma lo sai fare?-
-L’ho visto nei film…- disse Bill a mo’
di scusa –Non ti fidi di me?-aggiunse, facendo gli occhioni.
Che colpo basso.
-Sì che mi fido di te.- rispose Tom quasi
meccanicamente.
Bill sorrise gongolante.
-Allora fammi vedere il polso.-
Seppur di malavoglia, Tom trascinò il polso rotto verso
Bill, che lo poso delicatamente sull’improvvisata stecca, ed
iniziò ad avvolgerlo nel lenzuolo che fungeva da benda.
Ogni tanto i gemiti di Tom diventavano urla, ma alla fine, tutto
sommato, il risultato non era niente male.
-Visto?- disse Bill compiaciuto, quando ebbe terminato.
Aveva anche fabbricato una fascia, così che Tom potesse
portare il polso appeso al collo.
Il biondo fu costretto ad ammettere che aveva ragione; il braccio non
faceva più così male e dovette proprio dire che
Bill era stato bravo.
-dobbiamo tornare a casa.- fece poi.
Il moretto annuì.
-Sai dove siamo?- chiese.
-Non ne ho idea.-
Rimasero in silenzio per qualche istante, guardandosi.
Erano entrambi coperti di lividi e graffi, sporchi di sangue rappreso e
e malconci in generale.
Gli abiti che indossava Bill erano strappati in più punti;
il pigiama di Tom era ridotto a brandelli.
-Secondo te ci sono vestiti da qualche parte?- chiese il
moretto.
-Se non li hanno mangiati le tarme…-
tuttavia, per quanto potessero cercare, frugare e rovistare, non
trovarono niente di niente.
Allora uscirono, stringendosi insieme nel mantello di Bill,
rabbrividendo nel freddo dell’alba.
Tom era a piedi nudi.
Poco dopo, si imbatterono nella fermata della corriera che,
fortunatamente, aveva il capolinea proprio davanti a casa loro.
Mentre aspettavano, Tom spiegò a Bill tutto quello che era
successo, le teorie che avevano lui e il signor Schein e il
perché dovevano assolutamente impedire che il vampiro lo
mordesse.
-Perché vedi, se un vampiro si nutre del sangue
del suo gemello, entrambi muoiono, ma lo spirito no. Lui riuscirebbe a
fuggire.-
Bill ascoltava attentamente.
-Quindi se io ti uccidessi, morirei anche io?-
-Esatto.-
-Quindi, il vampiro è entrato dentro di me
attraverso il libro?- chiese ancora.
-Sì.-
Bill sospirò, massaggiandosi le tempie.
-Mi dispiace tantissimo, sono stato un’idiota,
avrei dovuto crederti. Potevamo evitare tutto questo…-
Un’altra lacrima, di rabbia, scese lungo l guancia del
giovane, che la leccò via appena fu vicina alla bocca.
-L’importante è che ora mi credi e che
possiamo risolvere la questione insieme.-disse Tom, con un sorriso
d’incoraggiamento.
In quel momento dalla curva della strada spuntò la corriera.
I due gemelli si sedettero in fondo, Bill dalla parte del finestrino.
-Non abbiamo il biglietto.- sussurrò.
-Vuoi che ci capiti il controllore a quest’ora?-
ribatté Tom.
Alla fermata dopo, salì un controllore.
Bill scambiò un’occhiataccia con Tom, poi fecero
finta di niente.
C’erano altre tre persone sulla corriera con loro.
Sperando che la fermata arrivasse presto, i due gemelli rimasero
immobili al loro posto, cercando di diventare invisibili.
Poco dopo…
-I vostri biglietti, ragazzi.-
Bill e Tom alzarono lo sguardo sul controllore, fingendosi sorpresi.
-Come scusi?-
-Il biglietto.-
-Oh…-
Bill e Tom presero a frugarsi in tasca, ma ne emersero a mani vuote.
-Niente biglietto?- chiese il controllore, severamente.
I due scossero la testa.
-Bene, allora direi che una bella multa non ve la toglie
nessuno.- decretò, sfoderando un bloc-notes e una penna.
-NO!- lo fermò Bill, senza pensarci.
Il controllore lo guardò accigliato.
-Prego?-
-Mi scusi signore, ma la prego, non ci faccia la multa!-
supplicò –Guardi come siamo ridotti, ci siamo
svegliati in piena campagna, poi sono successe varie cose…
insomma, noi stavamo dormendo, non avevamo soldi con noi! Dobbiamo
tornare a casa, i nostri genitori saranno preoccupati…- lo
guardò con aria da cane bastonato.
L’uomo si accorse per la prima volta del loro aspetto.
-D’accordo, per questa volta passa. Ma va
tutto bene? Volete chiamare la polizia?- domandò con una
certa apprensione.
-No, non si preoccupi, grazie.- concluse Bill.
Quando l controllore si fu allontanato, Tom ridacchiò:
-Geniale!- disse.
-In un certo senso è vero.-
Finalmente giunsero al capolinea.
Per fortuna era troppo presto perché ci fosse in giro
qualcuno che li conosceva, così si precipitarono (per modo
di dire) verso casa.
Sotto il vaso di fiori c’era la chiave che la mamma teneva
nascosta in caso di esigenza.
Se non era un’esigenza quella…
Appena entrati, si lasciarono cadere sul divano, sospirando di sollievo.
-Casa dolce casa…- mormorò Tom.
Si lavarono e vestirono, o meglio, Bill si lavò e poi
aiutò Tom a fare lo stesso, poi si sedettero in cucina.
-Devi andare all’ospedale.- disse Bill, indicando
con lo sguardo il polso di Tom.
Il ragazzo scosse la testa.
-Non è importante. Ora dobbiamo pensare al tuo
problema.-
-Sei sicuro?-
-Certo, non preoccupati.-
Mentre facevano colazione, cercarono una giustificazione plausibile
all’infortunio di Tom.
-Scusa- disse questi ad un tratto –Ma hai appena
saputo che di notte diventi un vampiro assetato del mio sangue, che
morirai se lo bevi, e ti preoccupi di un polso rotto?-
Bill lo guardò senza batter ciglio.
-Voglio dire, non sei neanche lontanamente preoccupato?-
-Certo che lo sono.- rispose Bill semplicemente.
-Però, aggiunse, abbassando lo sguardo e riducendo
la voce ad un sussurro –non riesco ad avere paura come
dovrei. Sembra così irreale, anche se so che è
tutto vero… insomma, sono certo che quando mi
troverò davanti alla questione tremerò come una
foglia, ma ora… mi sembra così lontano, anche se
di fatto non lo è.-
Tom rimase in silenzio, concentrato sui cereali.
********
Bill e Tom si diressero verso la fermata dell’autobus che li
avrebbe portati vicino alla bottega.
Aspettarono il suo arrivo in silenzio, uno affianco all’altro.
Erano appena le sette di sabato mattina, e non c’era quasi
nessuno in giro.
Loro avrebbero dovuto andare a scuola, ma convenivano entrambi che le
loro vite erano molto più importanti.
Ad un tratto, Bill esclamò:
-Devo farmi perdonare.-
Tom lo guardò interrogativo, distogliendo lo sguardo dal suo
polso.
-Come?-
-Certo. È tutta colpa mia se ho tentato di
ucciderti, e tentato di uccidere anche me stesso. Avrei dovuto fidarmi
di te, ma non l’ho fatto, e ora voglio farmi perdonare. Come
posso fare?- spiegò Bill deciso.
-Non dire scemenze, è stata colpa mia. Non avrei
mai dovuto prenderti in giro, intanto, e non solo perché
così tu forse avresti creduto alla storia. Mi dispiace
tantissimo di averti fatto soffrire a quel modo, non
riuscirò mai a scusarmi abbastanza. Se
c’è qualcuno che deve farsi perdonare, quello sono
io.-
Nel frattempo salirono sull’autobus.
Si sedettero in fondo.
Erano soli, a parte il conducente.
-No, invece.- ribatté Bill
–C’è una cosa che devi sapere.-
arrossì, mentre Tom lo fissava con un inedito sguardo
severo.
Bill si sentiva tantissimo come un bambino che doveva confessare una
marachella al padre, sapendo che poi avrebbe ricevuto una sgridata o un
castigo.
Tenne lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia.
Sapeva di essere un codardo e un vigliacco, e si vergognava
di ciò che stava per rivelare.
Raccogliendo tutto il proprio coraggio, inspirò a fondo e
aprì la bocca.
***********
Ebbene, eccomi qui. Vi
avevo detto che non sapevo quando avrei postato, ma a questo punto
posso dire con certezza che questo sarà l’ultimo
capitolo per quest’estate… parto per la Francia
lunedì, e tornerò il 31… in tempo per
i compleanno dei miei gemellini!!
Dunque, per vostra fortuna
(o sfortuna) sono riuscita a scribacchiare questo ammasso di rifiuti
che può essere definito un capitolo, non volevo lasciarvi
così… insomma, so che fa schifo, ma gradire
commenti, belli o brutti.
Vi manderò un
bacio dalla tour Eiffel, chissà che anche i castelli della
Loira non mi ispirino qualche storiella!!
Un bacio, ci vediamo al
prossimo capitolo, che sarà probabilmente l’ultimo.
A bloody kiss,
Arianna.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
CAPITOLO
12
Bill inspirò a fondo e rivolse lo sguardo al gemello, che
ancora lo fissava severamente. Era proprio strano vedere Tom
così: sembrava quasi un ragazzo maturo. Bill non aveva per
niente voglia di parlare, voleva solo starsene a contemplare
quell’espressione strana e nuova che aveva il fratello, ma
non poteva. Non c’era abbastanza tempo.
-Vedi, io in fondo sapevo che era vero.- disse –Il
libro che mi hai regalato, non è una storia di vampiri, ma
un trattato su come riconoscerli, e tutto quello che si deve sapere su
di loro. Io sapevo già che esistono realmente, e che non
sono tanto rari. Si confondono con la gente normale, e una volta al
mese vanno a caccia. La maggior parte di loro, però,
è prudente, e cerca persone che danno poco
nell’occhio, non come quello che vive dentro di me. Ho letto
solo il primo capitolo, poi ho preferito smettere. Insomma, io sentivo
che avevi ragione, ma non volevo crederti, era troppo orribile
pensarci. Non potevo immaginare di essere un mostro sanguinario, anche
se una vocina dentro di me mi diceva che era così... certo,
un po’ credevo anche che mi stessi prendendo in giro, ma
quella era principalmente una scusa per non voler aprire gli occhi
sulla realtà... sono stato un vigliacco e un codardo, e non
so se riuscirò mai a perdonarmi, figurarsi se potrai farlo
tu.- Bill abbassò lo sguardo, pieno di vergogna per se
stesso. I sensi di colpa lo rodevano, e non riusciva a pensare ad altro
se non al fatto che, se erano vivi, era solo per pura fortuna. Non
aveva nemmeno il coraggio di pensare a quello che avrebbe detto Tom,
figurarsi guardarlo in faccia. Nel frattempo giunsero alla loro
fermata, ma si sedettero su una panchina in silenzio, non molto lontani
dalla loro scuola.
Bill teneva lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia, e aveva gli occhi
pieni di lacrime. Dopo circa un minuto, sentì la mano di Tom
posarsi sulla sua guania, e il pollice che lo accarezzava dolcemente.
Gli fece alzare la testa, in modo da poterlo guardare.
-Sei stato un idiota.- disse.
-Lo so...- mormorò Bill pieno di disperazione
–Mi sento così in colpa...-
Tom sospirò.
-Ti capisco, sai.- disse –So che non
dev’essere facile accettare che una bestia assetata di sangue
viva dentro di te, aggrappata alla tua anima. Hai finto
perchè avevi paura, paura di te stesso, paura delle
conseguenze. Lo posso capire. Quello che non capisco...- qui la voce
aumentò di intensità -... è
perchè te la sei presa con me a quel modo. Perchè
mi hai fatto sentire come un verme per un mese, e mi hai perfino
picchiato. C’è una ragione particolare?-
Bill arrossì, e abbassò di nuovo lo sguardo,
sotto gli occhi fiammeggianti di Tom.
-Mi dispiace tanto... è che ho passato un sacco di
tempo a convincermi che mi stavi prendendo in giro, che poi ci sono
riuscito davvero. Mi sono lasciato prendere la mano...-
-Oh, ti sei lasciato prendere la mano?- esclamò Tom
gesticolando –Ma certo, povero cucciolo indifeso, fai pure
quello che ti pare quando ti pare, non importa se poi perchè
devi coprirti il C**O rischiamo entrambi la vita! Certo, picchiami
quando vuoi, l’importante è mantenere la propria
reputazione da bravo bambino! Reputazione da deficiente, ecco cosa sei!
Uno st****o! Capisco le difficoltà a voler accettare di
essere un vampiro, ma farmi sentire una m***a perchè tu hai
troppa paura per affrontare la realtà, mi fa inca**are sul
serio!-
Tom si interruppe un secondo per riprendere fiato. Bill aveva lo
sguardo fisso su di lui, ferito e stupefatto, con gli occhi pieni di
lacrime.
-E piantala una buona volta con quell’espressione
da povero cane, chiaro? Fai pena! Non pensare che basti! Ogni volta ti
metti a piangere come un moccioso viziato, che è proprio
quello che sei, e io da bravo stupido ti vengo a consolare. Ma ora
basta. Ora basta, devi crescere Bill, non puoi lasciare che gli altri
affrontino disgrazie e tragedie per te. Sarai dolce e amorevole quanto
ti pare, ma non ho intenzione di rischiare ancora la mia
vita solo perchè tu hai paura di quello che succede
realmente. Piangere non serve a niente, capito? Non ci sarò
sempre io a proteggerti da qualsiasi cosa! È ora che ti
svegli dal sonno, Bella Addormentata, e cominci a vivere un
po’!-
Con quelle semplici ma dure parole, Tom diede sfogo a tutta la sua
rabbia, e si ritrovò col fiatone, a fissare il gemello con
una furia che non pensava avrebbe mai potuto provare verso di lui.
-Picchiami.- disse infine Bill, dopo un lungo silenzio,
alzando uno sguardo spento, vuoto –So che vuoi farlo, quindi,
cosa aspetti? Forza, dammi uno schiaffo, un pugno, anche dieci, come ti
pare. Me lo merito.-
Il fratello lo guardò con un velo di preoccupazione.
-Bill, cosa stai dicendo?- chiese, allarmato da quello
sguardo vacuo.
-Hai ragione, sono solo un bambino piagnucoloso, ma
d’ora in poi le cose cambieranno. Niente più
comportamenti sdolcinati, niente più incubi, niente
più lacrime durante i film tristi. Niente di niente.
D’ora in poi io vivrò la mia vita, e tu la tua, e
non ti scoccerò più. Così dovrebbe
andare bene.- continuò il moro senza perdere il tono di voce
spento e, forse, anche rassegnato. –In effetti lo sapevo
già, anche questo. Lo dicono tutti che per colpa mia tu non
riesci ad avere un briciolo di vita sociale...- si strinse nelle spalle
-...che sono solo una palla al piede, che anche tu ti vergogni di farti
vedere in giro con un fr***o come me, solo che non vuoi dirmelo... beh,
speravo che non fosse vero, ma sono costretto a ricredermi.- nonostante
il tono di voce che voleva far intuire il contrario, si sentiva che
Bill faticava a mantenere la calma. All’udire quelle parole,
Tom sbiancò.
-Chi dice cosa?- sibilò, riducendo gli occhi a due
fessure e dirigendoli verso il gemello, che si era stravaccato sulla
panchina, con le palpebre abbassate come se stesse prendendo il sole
(alle 7.30 di mattina...). Bill lo ignorò.
-Bill rispondimi! Chi ti ha detto quelle cose?-
Bill sbuffò.
-Tutti...- rispose con voce piatta e annoiata.
-Tutti e basta... Karl, Dennis...- buttò
lì il ragazzo con finta noncuranza, citando i nomi dei due
migliori amici del fratello, alias, i suoi peggiori aguzzini.
-Cosa?- fece Tom con voce strozzata, sgranando gli occhi.
-Non prendertela con loro perchè mi hanno detto la
verità, hanno solo fatto bene.-
Tom, ancora lievemente sotto shock, iniziò a preoccuparsi
sul serio, e posando una mano sul braccio del fratello,
esclamò:
-Bill, non penserai che sia vero?!-
-Certo che lo penso, come tutti.-
Tom non riusciva a crederci. Per quale motivo avrebbero dovuto
raccontare a Bill quelle bugie? I suoi migliori amici? Lui si fidava di
loro... come avevano potuto farlo? Non sapevano che ferire Bill era
come ferire lui? La situazione era terribile, Tom era sicuro della
sincerità di Bill. La sua capacità di raccontare
bugie credibili, meritava uno zero pieno. Tuttavia, la vera domanda era
un’altra. Perchè lui, Tom Kaulitz, non sapeva
nulla di tutto ciò?
-Se ci credi davvero, sei proprio uno sciocco- disse Tom
cercando di sorridere –perchè tu sei in assoluto
la persona più importante della mia vita, e tutta quella
gente che ti racconta bugie , lo fa solo perchè è
invidiosa. Come puoi credere che mi vergogni di te, e soprattutto, come
puoi credere di essere una palla al piede? Sei mio fratello, tengo a te
più della mia stessa vita-.
Bill voltò lievemente la testa. Il suo sguardo faticava a
rimanere spento e vacuo.
-No, non preoccuparti di raccontarmi fesserie. Non importa.
Te l’ho detto, mi leverò di torno. E se
è mamma che ti impensierisce, non preoccuparti. Mi
inventerò una scusa, o comunque mi prenderò la
colpa io, se necessario. Qualsiasi cosa per farmi perdonare la
stupidità che mi ha tappato gli occhi, impedendomi di
rendermi conto che non ero altro che una seccatura. Non preoccuparti di
fingere nulla, non c’è bisogno.-
Tom lo incenerì con uno sguardo furioso.
-Smettila! Lo sai benissimo che non c’è
nulla che superi te, in scala di importanza! Bill - lo sguardo del
biondino si fece più supplicante – come puoi
lasciare che quattro stupidaggini ti facciano dubitare del fatto che ti
voglio bene sopra a qualsiasi cosa? Io... mi sento ferito! Hai
così poca fiducia in me? Sei mio fratello, il mio gemello,
la seconda metà della mela... come credi che potrei esistere
senza di te?-
Bill abbozzò un sorriso, deformato dal tremore del mento. I
suoi occhi erano pieni di lacrime.
-Dici davvero?- mormorò flebilmente, lottando per
non scoppiare a piangere.
-Ma certo che sì- rispose il fratello
–vieni qua, su.-
Senza farselo ripetere due volte, Bill si gettò tra le sue
braccia (il plurale è solo per modo di dire), e si
lasciò accarezzare e confortare nel modo in cui solo Tom era
capace. Questi, dal canto suo, si accorse di avere la maglietta ancora
completamente asciutta.
-Non trattenerti.- disse. Bill non aspettava altro. Subito un
fiume di lacrime amare lo travolse, ma nonostante questo, non
tentò nemmeno per un istante di calmare il fratello: voleva
che si sfogasse, così da potere poi parlare con calma. Per
ottenere questo, ci vollero almeno cinque minuti, ma infine Bill si
rimise in posizione eretta, e si asciugò le lacrime. Tom
sorrise dolcemente.
-Non sei molto bravo a mantenere le scommesse.-
Il moretto abbassò lo sguardo, mortificato.
-Scusa.-
-Ma di cosa? Chi ha detto che non voglio che tu ti comporti
nel solito? Credi che resisterei senza farti nemmeno un po’
di coccole?- ribattè Tom, dandogli un buffetto sulla guancia.
Bill arrossì, e sbuffò.
-Mi tratti come se avessi cinque anni.-
-Perchè in fondo ti piace, ammettilo.-
Il moretto rise divertito.
-E allora- fece Tom dopo un po’ –Mi vuoi
raccontare tutto, e per bene?-
Bill abbassò lo sguardo, e scosse la testa.
-No?- esclamò Tom sbalordito
–Perchè no?-
-Perchè temo che tu faresti una stupidaggine.-
spiegò l’altro, dando ancora una volta prova del
fatto che quando voleva era molto sveglio.
Tom sospirò.
-E se ti prometto che non ne farò?-
Bill lo fissò intensamente. Sotto uno sguardo
così, mentire era impensabile.
-Promettilo.- ordinò.
Tom si sentiva in difficoltà.
-Bill, in teoria io e te dovremo dirci tutto...-
-Promettilo!- ripetè Bill, il cui tono di voce
aveva guadagnato ben quattro ottave.
-D’accordo, d’accordo, lo prometto...
tranquillo...- borbottò Tom incrociando le dita dietro la
schiena.
Bill sospirò a sua volta, ma rimase in silenzio.
-Allora?- incitò Tom impaziente.
-Non so da dove iniziare...- si scusò il moretto,
scrollando le spalle.
-Perchè non cominci dall’inizio?-
suggerì il fratello.
-Inizio inizio?-
-Sì.-
Bill inspirò a fondo poi, senza staccare lo sguardo dalle
proprie mani, incominciò.
-È dalla terza media che mi danno il tormento.
Quasi tutti i giorni, dopo scuola, nell’intervallo, quando li
incrocio nei corridoi. Non fanno che ripetermi che sono uno stupido a
non capire che tu tieni di più ad un pezzo di carta igienica
usato, e che con il mio solito comportamento non faccio che
imbarazzarti, ma tu sei troppo buono per dirmelo in faccia.- Bill si
strinse nelle spalle. Fingeva indifferenza, ma era lampante che si
sentiva ferito da quelle parole. –Insomma, più o
meno dicevano così... poi dopo un po’ hanno
iniziato a minacciarmi, dicendo che se non ti avessi lasciato in pace
avrebbero iniziato a fare sul serio... ma io non ci credevo. Pensavo
che semplicemente gli stessi antipatico, e non li ho ascoltati. La
settimana dopo, come promesso, sono passati ai fatti. Per tutta la
seconda metà della terza, passavano gli intervalli a
infilarmi la testa nel water... un classico.- si interruppe e
lanciò a Tom un occhiata di sbieco: il ragazzo ascoltava a
bocca aperta. –Poi l’anno scorso si sono
sbizzarriti in quanto a creatività, divertendosi a conciarmi
in tutti i modi possibili per provare che sono gay… non hai
idea di quanti volantini hanno sparso in giro per la scuola. A quel
punto, ormai una parte di me credeva a Mark e Dennis, così
per un po’ ti ho evitato. È stato quando mi
fingevo furioso e tu non capivi perché… in
effetti quella settimana mi hanno lasciato in pace, ma vedevo che
soffrivi, non riuscendo a capire cosa mi avessi fatto, e non sono
riuscito a non tornare da te.- Tom annuì. Ricordava
quell’ episodio.
-Da allora Mark e Dennis sono diventati ancora più
cattivi…hanno…. Sì va be’
non importa.-Bill arrossì e distolse lo sguardo.
Il fratello sentiva che la parte peggiore doveva ancora arrivare, anzi,
era proprio quella che Bill aveva omesso.
-Importa eccome!- esclamò con furia
–Voglio sapere cosa è successo? Cosa ti hanno
fatto, Bill?-
Questi scosse la testa ancora una volta.
-Non ci provare neppure! Cosa ti hanno fatto? Ti
hanno…- Tom s’interruppe di colpo, con
l’orrore dipinto in viso.
Bill sgranò gli occhi.
-No, no no1 non sono arrivati a quello, Tom! Mi hanno
picchiato, ma non mi hanno mai…-
-CHE COSA?- urlò Tom balzando in piedi, con furia
sufficiente a terrorizzare un bue inferocito.
Bill si portò le mani alla bocca, rendendosi conto di aver
confessato.
-Quante volte?- sbraitò il biondo, puntando il
dito tremante di rabbia contro il fratello.
-Quattro o cinque…- deglutì - al
mese…- aggiunse sottovoce, ma Tom lo sentì
comunque.
-CHE COSA HAI DETTO??-
gridò di nuovo Tom, così forte da far venire un
principio d’infarto al moretto.
-Abbassa la voce, Tom!- esclamò questi, tirandolo
di nuovo a sedere.
Il rasta respirava affannosamente, come un toro inferocito, ma pian
piano si calmò e fissò il gemello con sguardo
più triste.
-Perché non mi hai mai detto niente?- chiese.
-Io… ecco loro sono tuoi amici… non
volevo ferirti…- balbettò in risposta
l’altro.
-Bill come puoi credere che qualcuno che se la prende con te
può essere mio amico?- esclamò Tom quasi
rimproverandolo –E comunque, hai ragione. La domanda
è un’altra. Come ho fatto a non accorgermene?-
mormorò con voce lamentosa –Sono un fratello di
merda.-
Con queste parole il giovane si coprì il volto con le mani,
sepolto nella vergogna e nei sensi di colpa.
-Questo non è assolutamente vero- si
affrettò a ribattere Bill –non l’hai mai
saputo perché ho fatto di tutto per non fartelo sapere.
Temevo che tu avessi fatto una stupidaggine. Sei un fratello
meraviglioso che mi ha salvato la vita. Ma di questo tu non hai
l’ombra di una colpa. Nessuno sa nulla.-
Tom scosse la testa come per negare, e il moretto prese ad
accarezzargli dolcemente il capo, sfiorandogli il collo con le labbra
nel tentativo di calmarlo.
Dopo un po’ anche Tom iniziò a lambire dolcemente
la nuca del fratello, e rimasero così per un po’
di tempo, guancia contro guancia, a coccolarsi a vicenda.
Poteva sembrare una scena un po’ equivoca, ma il loro era
puro e semplice affetto fraterno, e lo sapevano bene.
Dopo qualche minuto Tom si alzò in piedi e si diresse con
fare deciso verso la strada che portava a scuola, e il fratello,
preoccupato, lo seguì.
-Tom! Aspetta! Torna qui!-
Il ragazzo non lo ascoltò neppure, e continuò
imperterrito la sua marcia.
Allora Bill lo afferrò per il braccio buono, costringendolo
a fermarsi.
-Tom, non fare un altro passo! Non ti permetterò
di fare quello che stai pensando! Hai anche un polso fuori uso, e senza
una fasciatura seria! Non puoi pensare di farlo!- strillò il
moretto, usando tutte le proprie forze per trattenerlo.
-Bill, non fare il bambino. Sto per vendicare tutto quello
che quei due stro**i ti hanno fatto, lasciami andare.-
Bill scosse la testa con vigore.
-Tu, non fare il bambino! Senti, se mi prendono di nuovo in
mezzo vado dal preside e gli racconto tutto, ma non voglio che tu ti
ritrovi coinvolto in qualche rissa per causa mia!
-Scusa, ma non potevi andarci tre anni fa dal preside?-
ribatté Tom testardo.
-No, perché non m’importava.-
-Non t’importava che ti picchiassero?-
-Mi importava che tu non lo venissi a sapere, e basta.
Finché io ero il bersaglio, non me ne fregava niente, ma non
volevo, e non voglio che tu sia coinvolto. Se fossi andato dal preside
tu lo saresti venuto a sapere, e avresti fatto una stupidaggine.-
Al contrario delle aspettative di Bill, Tom rimase in silenzio.
I due si guadarono negli occhi per qualche secondo.
-Tu… tu ti sei fatto maltrattare per tre anni solo
perché non volevi che lo venissi a sapere?-
mormorò quasi sconvolto.
Dopo un po’ di esitazione, Bill annuì.
Il fratello sorrise, e scosse la testa.
-Sei incredibile…- sussurrò
abbracciandolo –E sei anche un’enorme testa di
cavolo, lo sai Bill? Non puoi essere così privo di egoismo.-
Il moretto sorrise gongolante.
-Invece lo sono… ti dispiace?-
-Sì, e molto anche. Non voglio che questo un
giorno ti possa mettere in pericolo.-
Bill si separò dall’abbraccio, e lo
fissò con serietà.
-In pericolo lo sono già, Tomi, e lo sei anche tu,
anche senza bisogno del mio non-egoismo. Perciò possiamo
andare, e discutere di questo più tardi?-
Tom trasalì, ricordandosi all’improvviso di tutta
la faccenda del vampiro.
-Accidenti, hai ragione, me n’ero quasi
dimenticato… scusa, andiamo.-
Così dicendo prese il fratello per mano, e si avviarono
insieme verso la bottega del signor Schein.
Prima
di tutto, devo proprio scusarmi con voi, perché vi ho
mentito.
Non
l’ho fatto intenzionalmente ma l’ho fatto, e non
potrò mai perdonarmelo.
Vi
ho detto che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo, ma
è una bugia.
Come
avevo predetto, girando per i castelli della Loira mi sono venute
ispirazioni per le ff.
Vi
confesso che prima non avevo bene in chiaro di come sarebbe finita la
storia, ma ora sì.
Ci
sarà ancora qualche capitolo, quindi, ahimè, vi
toccherà sopportarmi per un bel po’ di tempo
ancora.
Comunque,
vi mando un bacione e vi prometto che la prossima volta che dico che
è l’ultimo, sarà davvero
così.
Grazie
mille a tutti voi, che mi recensite e mi riempite di complimenti, e che
mi spronate a continuare.
Una
bacione enorme!
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo
13
Quando i due ragazzi giunsero davanti all’entrata,
Bill lanciò un’esclamazione di meraviglia alla
vista della vetrina.
Vi spiaccicò sopra il naso, lanciando urletti e versi non
identificabili come parole, mentre Tom rideva di gusto.
Gli afferrò la mano e lo tirò verso la porta.
-Questo posto è incredibile!- sospirò
Bill estasiato.
Tom sorrise felice: sembrava un bambino nel negozio di giocattoli.
Aprirono la porta e, sempre tenendosi per mano, entrarono.
Bill strillò di nuovo, quando furono dentro.
-Ormai è ufficiale, mi traferisco a vivere qui.-
proclamò, guardando da vicino un vaso pieno di quelle che
dovevano essere squame di drago.
-Temo che vivere qui non ti sarà possibile- disse
una voce da dietro lo scaffale, e i gemelli fecero un salto per la
sorpresa, rischiando di mandare in frantumi un centinaio di barattoli e
sfere di cristallo –Ma se ti interessa, ho bisogno di un
aiutante part time.-
Bill arrossì, mentre un anziano uomo
dall’età incalcolabile si faceva strada attraverso
tutto il ciarpame che riempiva la stanza, e li raggiungeva.
Il primo a cui si rivolse fu il biondino.
-Ciao Tom, è un piacere rivederti.- disse con un
sorriso accogliente.
-Il piacere è tutto mio, signor Schein.- rispose
educatamente il ragazzo.
-E tu devi essere Bill.- aggiunse il vecchio, tendendo la
mano verso il secondo Kaulitz, senza scalfire il sorriso –Tom
mi ha parlato molto di te.-
Bill sorrise timidamente, stringendo la mano che gli veniva offerta.
Infine il signor Schein li guardò entrambi, sempre
sorridendo.
-Siete proprio una bella coppia, voi due.-
commentò.
I due ragazzi avvamparono.
-Grazie.- risposero all’unisono.
-Ad ogni modo, iniziavo a chiedermi quando sareste venuti,
è passato più di un mese…- lo sguardo
penetrante del del signor Schein passò da uno
all’altro dei ragazzi, notando che Bill aveva preso a fissare
il pavimento, in preda alla vergogna.
-Ci sono state… complicazioni.- spiegò
Tom guardando il fratello di sbieco.
Il vecchio sorrise ancora.
-Oh, l’avevo immaginato. Sono sicuro che potrete
raccontarmi tutto non appena ci troveremo davanti ad una bella tazza di
the caldo, che ne dite? Stavo giusto per farne, sono in piedi dalle sei
e non ho ancora fatto colazione… volete favorire?- disse.
-Sì grazie.- rispose Tom, tenendo un braccio
attorno alle spalle del fratello e seguendo il signor Schein attraverso
il piccolo negozio fino alla porticina bianca che conduceva al suo
alloggio.
Quando la oltrepassarono, e i loro occhi si furono abituati alla
penombra, il moro non poté trattenersi dal lanciare
un’esclamazione di meraviglia.
Un posto del genere era quello che sognava da sempre fosse la sua
camera.
Lasciò vagare lo sguardo sugli scaffali, stracolmi di libri
antichi e polverosi, ancor più attraenti di quelli che
c’erano in vendita.
Di sicuro erano molto preziosi, e zeppi di formule magiche…
al solo pensiero, il ragazzo si sciolse in un sorriso emozionato.
Tom ridacchiò, scuotendo la testa con esasperato
divertimento, e lo trascinò verso una sedia, sulla quale lo
fece sedere mentre ancora il suo sguardo vagava in giro per la stanza.
-Bill… torna tra noi per cortesia…
Terra chiama Bill, Terra chiama Bill! Lo sai che hai un’aria
davvero stupida? Bill, sei un deficiente. Bill, sembri un bradipo che
ha appena fatto a botte.-
A quell’ultima affermazione il moretto spostò lo
sguardo perplesso sul fratello.
-Scusami?- disse con voce perplessa e sbalordita.
-Niente, era un bel po’ che desideravo fartelo
sapere…- ridacchiò Tom in risposta.
Bill spalancò la bocca indignato per rispondergli con vari
improperi decisamente poco educati, ma un rumore proveniente dalla
cucina lo interruppe: il signor Schein stava tornando con il the.
Si voltarono entrambi verso di lui e lo aiutarono a portare una terza
sedia, siccome nella stanzetta ce n’erano solo due, poi,
infine si sedettero tutti e tre al tavolo, con la propria tazza fumante
davanti.
In un’altra occasione Tom avrebbe scherzato sul fatto che
sembrava fossero ad una seduta spiritica, ma si era resoconto che, in
quel momento, forse era qualcosa del genere.
I due gemelli rimasero in silenzio, passando lo sguardo su di essi e il
vecchio uomo, in attesa di istruzioni, o frasi particolarmente sagge.
Lentamente, il signor Schein si portò la tazza alle labbra,
e bevve un poco di the; poi la posò di nuovo e
iniziò a fissare i due ragazzi, con sguardo serio e
impenetrabile.
Rimasero così immobili per diversi minuti, finché
l’anziano non spezzò il silenzio.
-Allora- disse –Credo sia giunto il momento per voi
di raccontarmi tutto… o almeno, tutto ciò che
riguarda il vampiro. Del resto- li fissò, ed entrambi i
ragazzi ebbero la certezza che sapesse già tutto quello che
era loro successo quella mattina –Non mi interessa sapere.-
Ci fu una breve pausa, poi i due gemelli si scambiarono uno sguardo
d’intesa e Bill incominciò a raccontare.
Parlarono a lungo, spiegandogli quello che era successo la sera, quando
aveva scoperto la boccetta; poi continuò Tom, raccontando
ogni cosa della notte appena trascorsa, da quando si era svegliato in
braccio a Bill, a quando era svenuto.
Allora fu il fratello a proseguire, e spiegò di quello che
aveva visto quando lui si era svegliato, riferendo di come se
n’erano andati e cercando di dare una descrizione il
più precisa possibile della casa, e di dove pensava si
trovasse; infine terminò menzionando anche quello che aveva
confessato a Tom sull’autobus.
Di lì in poi, il vampiro c’entrava poco, o niente,
perciò lasciò cadere il racconto.
Quando il ragazzo ebbe finito, ci fu una lunga pausa di silenzio,
durante la quale il vecchio negoziante non smise un secondo di fissare
i due fratelli con sguardo grave.
Questi, dal canto loro, tenevano gli occhi abbassati sulle proprie
mani, lanciandosi ogni tanto occhiate di sfuggita.
-E così- disse infine l’anziano,
spezzando la quiete –l’avete proprio scampata
bella.-
-Già…- soffiò Tom, mentre
piccole goccioline di sudore imperlavano la sua fronte, al ricordo.
Il signor Schein fermò lo sguardo su di lui.
-Devi essere davvero forte, per poter tenere testa ad un
vampiro…- commentò.
-Ancora di più di quello che pensa-
confermò Bill –Io non ho la minima speranza contro
di lui.-
-L’avevo ferito- si affrettò a precisare
Tom, non volendo passare per una specie di Ercole.
-Probabilmente la ferita che gli avevo provocato lo aveva
indebolito. E poi, ha scelto un corpo molto gracilino. Può
essere forte quanto gli pare, ma fino ad un certo punto. Non
è possibile che un’assenza quasi totale di muscoli
gli permetta di sollevare un albero senza difficoltà,
né tantomeno sostenere una lotta. Insomma, la magia e
l’anima sono una cosa, ma non cambiano proprio tutto.- questo
discorso gli era uscito all’improvviso, e diceva le parole
nell’istante in cui capiva le cose.
Si trattenne a stento da fare un’espressione stupita per
quello che aveva ribadito lui stesso.
Quando guardò verso di lui, Bill gli scoccò uno
sguardo offeso, facendogli alzare gli occhi al cielo, sospirando.
Il signor Schein invece pareva ammirato.
-Sai, quello che hai detto è molto sensato. Credo
proprio che tu abbia ragione. Di sicuro la corporatura di Bill ha un
ruolo in questa parte della storia.-
Tom alitò sulle proprie dita per poi sfregarle sul petto,
con l’aria di chi era certo di aver fatto o detto la cosa
giusta, come sempre.
-D’accordo, certo, di sicuro il fatto che sono
magro ha influito sulla lotta, ma ora devo confessare che mi piacerebbe
molto sapere come fare a liberarmi di questo maledettissimo vampiro una
volta per tutte… chiedo troppo?- saltò su il
moretto, permaloso come al solito.
Il signor Schein lo si voltò verso di lui e
sbattè le palpebre un paio di volte, come accorgendosi solo
in quel momento di lui.
-Certo.- rispose –Mi sembra ovvio.-
poi scosse la testa un paio di volte, e parve concentrarsi per qualche
secondo: Bill e Tom si scambiarono uno sguardo stranito.
-Bene.- disse poi il vecchio, tornando a fissarli
–Direi che il momento è arrivato.- il suo sguardo
si spostò su Tom –Tom, devo chiederti di uscire.
Ci sono alcune cose che soltanto Bill può sapere.-
-Perché?- chiesero all’unisono i due
gemelli, guardandosi, e guardando il signor Schein.
Questi sorrise loro.
-Vedete, liberarsi da un vampiro richiede un procedimento
molto complicato- spiegò –E non è che
tutti possono conoscerlo. Alcune cose, si possono sapere. Altre,
invece, è meglio che siano custodite solo dalla persona che
deve purificarsi.-
-Purificarsi?- ripeté Bill perplesso.
Il signor Schein annuì.
-Sì. È così che si definisce
il processo di… devampirizzazione. Un vampiro è
un essere impuro, maledetto, dannato. Immagino che sia più
facile così capire.-
Il moretto annuì.
-Bene- concluse quindi il vecchio –Quindi, Tom, mi
dispiace molto, ma devo chiederti di uscire. Non preoccuparti, non ci
vorrà troppo tempo.-
Tom sospirò, le spalle piegate sotto il peso della
rassegnazione, ed annuì.
-Allora ci vediamo dopo. Ciao.- disse, facendo un cenno con
la mano all’indirizzo del fratello, e uno col capo a quello
del signor Schein.
Entrambi risposero, e lui si avviò alla porta.
Bill lo seguì, tenendo gli occhi fissi sulla sua schiena,
finché non la raggiunse e la aprì.
Un attimo prima di chiudersela alle spalle, però, gli
lanciò uno sguardo, breve ma denso di significato: era
preoccupato per lui.
La sensazione di saperlo, diffuse in Bill un piacevole tepore, che lo
calmò e lo rilassò, schiarendogli bene la mente
da tutte le domande e le paure, e preparandolo a prestare attenzione
alle parole del signor Schein.
-Molto bene.- disse questi –Possiamo cominciare.-
Bill si raddrizzò un poco sulla sedia, come uno studente
attento alla lezione –Dunque, immagino che Tom ti abbia
spiegato quello che gli ho detto, no?- Bill annuì
–Ottimo. Quindi saprai che il vampiro che vive dentro di te
è un essere troppo impuro per poter impossessarsi totalmente
della tua anima, perciò prende il sopravvento solo la notte,
quando sei debole e non hai difese. Ora, ricordi quello che hai sognato
nell’ultimo mese?-
Il ragazzo si fece pensieroso per un po’, cercando di
ricordare.
-Be’…- cominciò lentamente,
misurando le parole –Per quel che ricordo, sognavo sempre
episodi passati della vita… ed ero sempre con Tom, per cui
ho immaginato che fosse dovuto al fatto che mi sentivo in colpa verso
di lui… non è così?- guardò
interrogativo il vecchio.
-No, non è così.- rispose questi
–Vedi, in realtà, il vampiro stava sfogliando
tutti i tuoi ricordi, cercando poi un punto debole nel quale
attaccarti. Il vampiro vive dentro di te… e vive anche nelle
situazioni che hai vissuto e ricordato. Quello che sto cercando di
spiegarti, è che lui vuole approfittare delle tue debolezze
passate per impadronirsi definitivamente della tua anima.-
Bill deglutì rumorosamente.
-E… che cosa succede se si impadronisce della mia
anima?- domandò, mentre goccioline di sudore freddo gli
imperlavano la fronte.
Il signor Schein aggrottò le sopracciglia.
Evidentemente la risposta non doveva essere molto bella.
-Vedi, se si impadronisce della tua anima, la tua
personalità scompare. I tuoi pensieri, tutto. Il tuo corpo
sarà solo un guscio vuoto, insensibile alla fame e ai
normali bisogni fisiologici, anche al sonno, che desidera in ogni
momento solo bere sangue umano. In pratica, esteriormente sarai ancora
te stesso, se non per i denti che diventeranno automaticamente
affilatissimi, come rasoi, ma dentro, tu non esisterai più.
Ci sarà solo il vampiro.-
Bill rabbrividì, e impallidì improvvisamente.
I denti gli battevano per la paura.
-Ma è orribile…- mormorò,
terrorizzato.
Il vecchio uomo annuì brevemente.
-Sì lo è. È per questo che
ci troviamo qui, adesso. Dobbiamo impedirlo a tutti costi. Vedi, ormai
il vampiro si è fatto una buona idea dei tuoi ricordi, dei
tuoi punti deboli passati, e ogni minuto che passa lui diventa sempre
più forte. Quindi, quello che devi sapere ora, è
come sconfiggerlo.
-Tra poco, io ti insegnerò una particolare magia,
che ti permetterà di ritrovarti all’interno della
tua anima. Ovviamente, quel luogo non ha confini precisi, ma
l’anima di ogni uomo è rappresentata da un
labirinto immenso, che ha come centro il cuore. Certo, non il cuore
pulsante, ma, a seconda della persona, un raggio di luce.
Com’è giusto che sia, più la persona
è buona, più il raggio è luminoso: il
cuore di un essere infimo e perfido, sarebbe solo un alone di
oscurità. Nel tuo caso, si tratterebbe di un raggio di luce
purissima, accecante: quella che il vampiro non può
sopraffare senza essersi alimentato dei tuoi momenti più
bui.-
-Un labirinto?- chiese Bill stupito –Io mi
troverò nella mia anima… che è un
labirinto?-
-Esattamente.- rispose il signor Schein –Dovrai
attraversarlo, seguendo solo e soltanto quello che ti dice il tuo
cuore. Ogni tanto, sul tuo percorso, incontrerai degli ostacoli: sono i
tuoi ricordi che il vampiro ha focalizzato. Lui cercherà di
impadronirsene, e tu dovrai impedirlo.-
-Come farà a impadronirsene?- domandò
Bill perplesso.
Sotto il terrore, lo stupore, e la confusione, aleggiava un grande
spirito d’avventura, che esultava euforico all’idea
di ciò che lo aspettava.
-E soprattutto, come farò io a impedirglielo?-
aggiunse, avvicinandosi un po’ di più al vecchio
saggio, come se questi emanasse un’aurea di sicurezza che era
in grado di avvolgere e tranquillizzare il ragazzo.
L’anziano uomo si grattò il mento, aggiustandosi
gli occhiali sul naso.
-Be’, lui tenterà di arrivare a te, in
modi sempre diversi, senza mai assumere l’aspetto di quello
che era stato prima di diventare uno spirito. Devi sapere, che prima di
quello, ha passato secoli in una forma più umana, ma
restando sempre un vampiro. Quello che tu dovrai fare, sarà
impedirgli in tutti i modi possibili di raggiungere il te stesso del
passato, senza ovviamente interferire con il ricordo. Quello che voglio
dire è che nessuno di quelli che fanno parte della tua
memoria dovrà vederti, o tutto si
sconvolgerà… insomma, immagina se ti trovassi
davanti a te stesso: sarebbe un tantino scioccante e, nella migliore
delle possibilità impazziresti.- spiegò.
-Perché impazzirei?- domandò Bill
perplesso, nascondendo un filo d’ansia che cresceva sempre di
più.
-Be’- rispose il signor Schein –Non
è che sia una cosa proprio normale, vedere se stessi del
futuro…-
Bill annuì, come folgorato.
-Giusto, ha ragione. Scusi.-
L’anziano fece un cenno del capo, e proseguì.
-Dunque, dicevo: cercherà di raggiungerti in modi
e forme sempre diversi. Starà a te riconoscerlo. Per farlo,
dovrai accorgerti di un particolare che lo contraddistingue, e
riconoscerlo da quello. Non è facile, lo so- aggiunse
vedendo l’espressione stralunata del ragazzo –Ma
devi farlo, se tieni a te stesso.-
Bill pensò per un momento al fatto che sarebbe scomparso:
sarebbe stato come morire?
In ogni caso, doveva essere orribile.
Poi pensò a Tom, a cosa sarebbe successo se il vampiro
avesse preso il sopravvento su di lui.
Tom sarebbe morto, di sicuro, e nel peggiore dei modi, probabilmente
dopo una lenta tortura.
No.
Non poteva permetterlo, mai.
Tom non avrebbe pagato per una sua paura, una sua debolezza.
Doveva lottare, doveva farlo per suo fratello, per Tom.
Strinse i pugni e ridusse gli occhi a fessura, assumendo
un’espressione decisa e risoluta.
Si accorse che il Signor Schein lo guardava incuriosito.
-C’è qualcosa che non va?- gli
domandò gentilmente, immaginando che probabilmente doveva
essere molto spaventato.
Bill lo fissò.
-Lotterò.- disse serio –Ce la
metterò tutta perché quell’orribile
essere se ne vada. Tuttavia, non voglio farlo per me. Lo
farò per Tom, lui non deve pagare per una mia debolezza. Se
il vampiro vincesse, morirebbe di sicuro, e io non ho intenzione di
lasciare che questo accada.-
L’anziano lo guardò con un’espressione
indecifrabile.
-Vedi- disse, molto lentamente –Ognuno di noi, di
quelli che hanno un’anima pura come la tua, possiede per essa
una protezione speciale. Un qualcosa che, se conosciuto e sfruttato a
dovere, è in grado di fornire una forza interiore
incredibile, di una potenza infinita. Ora, Tom ed io avevamo formulato
alcune ipotesi su quale poteva essere (ND: v. capitolo 7), ma infine io
credo di aver capito. Non dev’essere per forza una
qualità, o un aspetto del carattere. Sai…- lo
fissò per un momento al di sopra degli occhialetti
rettangolari –Io penso che sia Tom in grado di fornirti la
tua forza interiore.-
Bill strabuzzò gli occhi.
-Tom? Cioè… in che senso?- chiese
perplesso.
-Oh, è molto semplice da spiegare- rispose il
signor Schein –ma è molto complesso. Tu e Tom
siete gemelli, e siete legatissimi l’uno all’altro.
Penso di non aver visto un legame simile in tutta la mia vita. Sono
certo che non possiate vivere l’uno separato
dall’altro… e ci sono poche cose al mondo senza le
quali sarebbe davvero inconcepibile continuare a respirare.
Una di queste è la propria anima. Come vedi, in questa
storia l’anima c’è ovunque,
perché è la cosa più importante che
abbiamo. Ora… voi siete gemelli. Ovviamente, non siete un
caso poi così raro, di gemelli è pieno il mondo.
Ma una cosa molto, molto più difficile da trovare, sono le
vostre anime. Anche le vostre anime sono gemelle. Generalmente, questa
espressione si usa per indicare due persone che si amano molto, ma in
questo caso è molto più letterale. Gemelli fuori,
gemelli dentro. È questo ciò che siete.
Perciò, credo che sia lui ciò che ti rafforza, e
di certo, è la stessa cosa anche per lui. Ci sono
cerature… rarissime, è vero, che sono state
create insieme e devono restare insieme. Queste cerature sono molto
rare, ma voi siete tra questi. C’è una magia che
vi lega, ma non è questo che vi tiene insieme. È
l’amore che provate l’uno per l’altro,
quello che ti ha spinto a voler lottare, non per te stesso, ma per tuo
fratello, quello che vi unisce perfettamente. Le vostre anime, se
fossero complete, sarebbero due tessere di un puzzle, che combaciano e
insieme formano la figura chiave, la più importante di
tutte: l’amore.-
Bill rimase in silenzio.
E così, lui e Tom erano anime gemelle, dovevano stare
insieme per sempre ed erano legati da una forza indissolubile.
Certo, lui aveva sempre saputo che Tom era la sua più
profonda ragione di vita, anche se forse non ci aveva mai realmente
pensato.
Tutto quello era bellissimo, e dopotutto, lui non poteva nemmeno
immaginarsi che cosa sarebbe stata una vita senza il
gemello… improponibile.
Rialzò lo sguardo, sentendo che a tutto quello mancava un
pezzo molto importante.
-Ora… voglio dire, è
meraviglioso… ma io come faccio a liberarmi del vampiro?
Insomma, non vorrei che diventasse troppo forte… e non posso
lasciare che prenda il sopravvento… uccidere Tom sarebbe la
seconda cosa che farebbe, dopo averlo torturato… ed io non
posso permetterlo. Che cosa faccio quando riesco ad arrivare al centro
del labirinto?- chiese.
Il signor Schein annuì.
-Giusto, giusto. Dunque, una volta arrivato al centro,
probabilmente ti si manifesterà davanti il vampiro, nella
sua forma più umana possibile. Tutto ciò che tu
dovrai fare sarà spingerlo nel raggio di luce, e con questo
lui sarà costretto a lasciare il tuo corpo. Attento,
però, perché tu non dovrai avvicinarti troppo al
raggio. E, soprattutto, non sottovalutare mai il vampiro. Mai, in
qualsiasi momento, perché è una creatura
terribile, malvagia e senza scrupoli. Dovrai sempre vigilare, non
abbassare mai la guardia. Mi sono spiegato?- disse, guardandolo con
sguardo perentorio.
Bill fece cenno di sì con la testa.
Ora era piuttosto terrorizzato.
Avrebbe dovuto affrontare il vampiro in persona?
E se non ce l’avesse fatta… ?
Il ragazzo non premise all’idea di formarsi nella sua mente,
mentre si passava una manica della maglietta sulla fronte imperlata di
sudore freddo.
Rivolse di nuovo lo sguardo all’anziano, che lo guardava con
gentilezza, in attesa di una reazione.
-D’accordo- disse Bill –Facciamolo ora.
Prima è, meglio è per tutti.-
Il vecchio sorrise.
-Ragazzo, così agitato on farai proprio nulla.
Devi essere tranquillo, e credo proprio di sapere di cosa tu abbia
bisogno.- accennò alla porta con la testa
–Va’ da Tom, e spiegagli un po’ quello di
cui abbiamo parlato. Ovviamente non puoi dirgli nulla sul processo di
purificazione, ma sono sicuro che gli interesserà sapere la
parte delle anime gemelle. Su, vai-.
L’uomo sorrise gentilmente, mentre Bill si alzava e
raggiungeva la porta.
-Lei resta qui?- chiese prima di aprirla.
Il signor Schein annuì.
-Devo preparare un paio di cose per la magia. Tu vai, quando
sarete pronti tornate dentro.-
Bill assentì, ed uscì dalla stanza. Quando si fu
chiuso la porta alle spalle, notò il fratello. Era seduto su
una sedia poco distante, con la testa fra le meni, e sembrava distrutto.
-Tom?- chiamò il ragazzo.
Questi alzò la testa di scatto, e balzò in piedi.
-Bill!- esclamò avvicinandosi a lui
–Stai bene? Hai un’aria stravolta…- lo
guardò apprensivo, posandogli una mano sulla fronte quasi a
voler controllare se aveva la febbre.
Il moro sorrise.
-Sto bene, sto bene… è che ho un
po’ paura…- mormorò abbassando lo
sguardo.
Un attimo dopo, si sentì avvolgere da due calde braccia che
lo strinsero dolcemente.
-Stai tranquillo.- Gli sussurrò Tom
–Andrà tutto bene.-
Per qualche secondo nessuno dei due parlò, poi il rasta
sciolse l’abbraccio e condusse il fratello verso una sedia,
sul quale lo fece sedere.
Lui ne prese un’altra, identica, (gemella, pensò
Bill) e vi si accomodò.
-Immagino che tu non possa dirmi come funziona il processo di
purificazione, vero?- chiese.
Bill scosse la testa.
-Mi dispiace, ma no.-
Tom annuì.
-È molto difficile?-
-E pericoloso- aggiunse il fratello -però, il
signor Schein ha capito cos’è che mi da forza
interiore, sai?-
E gli raccontò per filo e per segno tutto quello che gli era
stato detto.
Quando terminò, fissò gli occhi scuri in quelli
identici del gemello.
Rimasero immobili a guardarsi per qualche minuto.
Le loro anime erano create per restare unite.
Loro erano stati creati per restare sempre uniti.
Loro, erano i gemelli Kaulitz, e nulla li avrebbe mai divisi.
All’improvviso, contemporaneamente, scattarono entrambi in
avanti, stringendosi in un abbraccio di una forza e
sincerità tale da poter spiazzare ogni creatura vivente
sulla terra, e Bill, in quel momento, si sentì in grado di
scalare di corsa una montagna senza fermarsi mai.
-Noi siamo legati indissolubilmente, Tom- sussurrò
Bill –Niente ci divederà mai.-
Tom sorrise, e lo baciò sulla fronte.
-Niente.- promise.
I due ragazzi rimasero lì ancora un po’, nessuno
dei due aveva tanta voglia di spezzare quel bellissimo momento.
Tom cercò di confortare Bill il più possibile,
coccolandolo e sussurrandogli parole dolci e rassicuranti
all’orecchio.
Aveva capito che era questo ciò che doveva fare per aiutarlo
a vincere la sua battaglia.
Infine, però, la mante di Bill tornò ben lucida.
-Ora dobbiamo andare- disse flebilmente
–Prima mi sbarazzo di quel maledetto vampiro,
meglio sarà per tutti.-
Tom annuì, ed entrambi si alzarono in piedi, per rientrare
nella piccola stanza dove il signor Schein li aspettava da almeno
mezz’ora.
Trovarono il vecchio ad aspettarli in piedi.
A dispetto della sua immagine gracilina, doveva essere molto forte se
era riuscito da solo a spostare il tavolo dal centro della stanza.
Quando incrociarono il suo sguardo, videro che sorrideva.
Si avvicinarono a lui.
-Visto che avevo ragione?- disse rivolto a Bill.
Il ragazzo sorrise.
-Già!- rispose guardando il gemello, che
ricambiò il sorriso.
-Bene, vogliano cominciare?- fece l’uomo.
-Certo- risposero all’unisono i due gemelli.
-Mettetevi al centro della stanza, e prendetevi le mani.
Dovete stare uno di fronte all’altro, così.-
comandò il vecchio, mentre i gemelli eseguivano
–Ora, Bill pensa intensamente al motivo per cui vuoi
liberarti del vampiro.-
Nulla di più facile.
Il ragazzo fisso negli occhi il gemello, perdendosi in quella
profondità meravigliosa, e sorise.
Tom fece lo stesso.
Ecco perché voleva liberarsi del vampiro.
Doveva farlo per Tom, doveva salvarlo.
Tom, Tom, Tom…
Il rasta non smetteva di sorridere, e Bill sentì montare
dentro di sé una forza incredibile, più potente
di quella che aveva sentito poco prima, potentissima…
guardò un’ultima volta gli occhi del gemello, e
svenne.
**************
Ebbene,
eccovi il 13° capitolo.
Mi scuso tantissimo per il ritardo stratosferico, ma questa volta ho
una buona scusa! (hehe! XD)
Ci ho messo tanto ma alla fine è venuto fuori un capitolo
più lungo di quanto abbia mai scritto, e ciò non
può che essere una buona cosa, no?
Forse no...
Ad ogni modo, non so dirvi quando posterò il seguito,
perchè la scuola mi sta prendendo molto, e non sono molto
veloce a scrivere...
Aggiungendo che sono occupatissima per la maggior parte dei giorni
della settimana, spero possiate capirmi se ritarderò molto
anche la prossima volta.
Ad ogni modo, spero tanto che vi sia piaciuto, e spero che mi
recensiate in tanti.
Ein Kuss!
Tschuss!!
Die Vampir
Ary
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo
14
Bill
sbatté un paio di volte le palpebre.
Dovettero passare dei secondi prima che la sua mente e
capacità di pensiero si ristabilisse e cominciasse a
lavorare.
Punto primo: era sdraiato su qualcosa di morbido e verde, che dedusse
essere erba.
Secondo: riusciva a muovere le mani e i piedi, come ogni parte del
corpo era perfettamente funzionante.
Terzo: per quale motivo doveva rimanere lì come un
baccalà a fissare il vuoto?
Una volta che si posto questa domanda, riuscì a giungere
alla seguente operazione da compiere: alzarsi in piedi.
Si tirò su di scatto e iniziò a guardarsi attorno.
Il luogo in cui si trovava, aveva un che di inquietante.
La luce era poca, non si riusciva a capire da dove venisse, e davanti a
sé il ragazzo vedeva erigersi un’altissima siepe,
che lo circondava.
Preferiva non sapere quanto era grande il labirinto, per non farsi
prendere dal panico.
Alla sua destra, si diramavano tre differenti strade da percorrere.
Con sollievo, Bill si accorse che una aveva le foglie rosse, una le
foglie gialle e l’ultima le foglie verdi.
-Meno male che sono segnate da colori diversi,
sarà più facile seguirle.- si disse.
Pessimo errore.
La sua voce rimbombava tra i cunicoli del labirinto, e l’eco
giungeva da lontanissimo, facendo venire la pelle d’oca al
poveretto, che decise all’istante che sarebbe rimasto zitto.
Dopo una breve riflessione, decise di imboccare il sentiero verde, che
sembrava il più semplice, anche se in cuor suo, avrebbe
preferito quello dalle foglie rosse.
La ragione era semplice: se doveva affrontare un vampiro, non era
più logico che il colore delle foglie fosse rosso come il
sangue?
Scacciò il pensiero, e si avviò lungo la
stradina, ma non aveva percorso che pochi passi, che un muro di spine
di rosa gli sbarrò la strada, comparso dal nulla,
graffiandogli il braccio.
Bill trattenne a stento un urlo di sorpresa, ed indietreggiò
all’istante.
Che diavolo era successo?
Poi capì.
Sempre guardando con occhi sbarrati il muro di spine,
ricordò l’avvertimento del signor Schein:
“Segui solo il tuo cuore”.
Quindi, doveva scegliere con il cuore e non con la mente.
Scuotendo la testa, si affrettò ad imboccare il bivio rosso.
Procedette più lentamente, controllando che non spuntassero
all’improvviso altri muri di rose, ma non accadde nulla.
Osservando la siepe man mano che procedeva, Bill si accorse che da
rosse le foglie sfumavano, finché non raggiunsero ancora una
volta quella tonalità grigio verdastra che le caratterizzava
tutte.
Una leggera nebbiolina aleggiava su tutto il labirinto, una nebbiolina
gelata che lo faceva rabbrividire, non solo per il freddo, ma anche per
il terrore e l’inquietudine che albergavano nel suo cuore.
Inoltre, notò il ragazzo, le siepi erano altissime.
O forse, l’aggettivo altissime era un tantino riduttivo: le
siepi erano talmente alte che non si riusciva a vederne la fine.
Semplicemente continuavano a perdita d’occhio,
finché non venivano inghiottite
dall’oscurità che troneggiava sopra alla nebbia,
ricoprendo il labirinto come una grande tenda.
Continuò ad andare avanti per un tempo indefinibile, non
riusciva a capire se fossero passate ore, giorni o solo pochi minuti,
quando giunse davanti ad un lunghissimo passaggio del labirinto.
Bill impallidì all’istante.
Sarà stato lungo una cinquantina di metri, era perfettamente
dritto e piuttosto largo, ma era totalmente esposto e non
c’erano possibilità di nascondersi da qualcosa che
sicuramente l’avrebbe attaccato.
Infatti, Bill era certo che stava per correre un immenso pericolo, ma
di sicuro non si aspettava che cosa l’avrebbe attaccato.
Il ragazzo deglutì terrorizzato.
Si rifiutava completamente di compiere anche un solo passo in quel
lunghissimo varco, non ne aveva la minima intenzione.
Indietreggiò, ma subito lanciò un urlo di dolore
e si voltò, con il volto contratto in
un’espressione sofferente.
Un altro muro di spine si era eretto per impedirgli di fuggire, solo
che questa volta erano molto più grosse ed affilate di
prima, e si erano conficcate nella schiena di Bill, che ora sanguinava.
Il ragazzo deglutì ancora una volta: ora non aveva scelta, e
per di più la schiena gli faceva un male terribile.
Doveva trovare un luogo in cui fermarsi, al più presto,
perciò prima attraversava quel maledetto passaggio, meglio
sarebbe stato.
Si raddrizzò un poco, per quanto le ferite glielo
permettessero, ed avanzò di alcuni passi.
Non aveva percorso che due metri, che delle lame affilate e lunghissime
uscirono dalla siepe, mirando alla parte del suo corpo che andava dalla
vita al capo.
Terrorizzato, il ragazzo lanciò un grido e si
chinò per evitarle, e queste si conficcarono nella siepe
dalla parte opposta.
Formavano come una sbarra.
Sempre più terrorizzato, Bill incominciò a
strisciare per terra più velocemente che poteva, mentre
sopra la testa continuava a sentire il sibilo delle lame che, una ad
una si conficcavano nella siepe, agendo d’istinto, senza
ragionare.
Si rese conto più tardi di come il panico danneggiasse le
capacità intellettive.
Ad un tratto si accorse che non c’erano più lame
sopra di lui, così si arrischiò ad alzare la
testa.
Pareva che non fosse successo nulla, non fosse stato per gli oggetti
lunghi e scintillanti che stavano conficcati nella siepe per almeno
dieci metri, e gli impedivano qualsiasi possibilità di
tornare indietro.
Bill tentò di regolarizzare la respirazione ed il battito
cardiaco, che andavano così veloce da poter coprire in pochi
minuti, se misurati in chilometri, la distanza tra la Francia e
l’Inghilterra sul canale della manica.
Quando vi riuscì, trasse un lungo respiro, ma non appena
tentò di voltarsi verso la fine del passaggio e proseguire,
qualcosa gli si allacciò alla caviglia, tirandolo in basso e
trascinandolo via a velocità sempre maggiore.
Il ragazzo urlò di dolore: aveva sbattuto con forza il viso
contro il terreno duro, ed ora il sangue caldo che usciva dal naso e
dalla bocca gli imbrattava tutto il viso.
Intanto la liana che aveva alla caviglia lo stava trascinando verso il
luogo da cui veniva, un grosso buco nel terreno dal quale sbucavano,
come grossi vermi marroni da una tana, altre liane striscianti.
A quella vista Bill sbarrò gli occhi terrorizzato, e prese a
dimenarsi come un pazzo, tentando di liberarsi, si aggrappò
ad una radice che sbucava dal terreno per cercare di opporre resistenza
e, per un attimo funzionò.
Subito però anche quella rivelò essere viva, e si
arrotolò attorno al suo polso, stringendosi ed annodandosi
in modo che non fosse possibile liberarsi.
Come per magia, da ogni parte attorno a Bill, radici di ogni misura si
liberarono dal terreno e lo legarono stretto ai polsi, alle caviglie,
si allacciarono attorno alla sua vita ed alla sua bocca, rendendo
impossibile ogni tentativo di fuga, e lo sollevarono.
Così, il ragazzo era sospeso a mezz’aria,
sostenuto da funi, con le braccia e le gambe aperte e tese, un
po’ come il disegno del corpo umano di Leonardo Da Vinci.
Chinò il capo, il dolore che provava era terribile, e non
sapeva che il peggio doveva ancora venire.
All’improvviso, dalle siepi ai suoi lati, dei rami si
allungarono poi, con grande orrore di Bill, iniziarono a colpirlo.
La forza dei rami era tale che le radici che lo tenevano si spezzarono,
ed il ragazzo cade a terra in preda a tremendi spasmi di dolore, mentre
la foresta sempre più intricata di rami lo frustava su tutto
il corpo, gli strappava i vestiti e gli impediva di vedere altro che
non fosse il suo sangue.
Fu in quel momento che Bill comprese che se fosse rimasto immobile, i
rami avrebbero continuato a fustigarlo per
l’eternità, e per quanto si desse
dell’idiota da solo, doveva scappare.
Certo, riusciva a malapena a tenersi in piedi, ma doveva fuggire.
Lottando e piangendo, sputando e vomitando sempre più
sangue, il ragazzo riuscì a farsi strada attraverso la
giungla terribile finché, con suo sommo stupore,
riuscì ad uscirne.
Tremava come una foglia, ed era ridotto in condizioni pietose, ma era
fuori, e dietro di lui, i rami continuavano a contorcersi e a colpire
qualcosa che però non c’era più.
Ansimando tra gli spasmi di dolore, Bill tentò di alzarsi in
piedi e, barcollando, ci riuscì. Ormai mancavano solo una
quindicina di metri alla fine del passaggio.
Strinse i denti tra le lacrime ed il sangue.
Ce la posso fare.
Inspirò a fondo, ed avanzò.
Una radice si contorse a pochissimo dai suoi piedi, ma lui la
saltò, per poi abbassarsi e schivare una lama argentata.
Prese a correre e strisciare, saltando e schivando vari ostacoli che si
frapponevano fra lui e la fine del lungo e travagliato percorso,
finché finalmente, non giunse al traguardo.
Prese la rincorsa stringendo i denti, e saltò
l’ultima radice.
Troppo tardi si accorse che stava per sbattere contro ad uno strano
strato azzurrino, che segnava la fine del vicolo cieco,
così, spaventato più che mai, si
preparò al doloroso impatto.
Quando Bill riaprì gli occhi, si stupì di
ritrovarsi sdraiato su qualcosa di morbido.
Sbatté le palpebre e si guardò intorno: si
trovava in una radura in mezzo ad un bosco, i cui alberi erano coperti
di neve.
Udiva chiaramente il dolce scorrere di un ruscello, lì
vicino, e la notte buia era illuminata dalla luce della luna piena,
grande e pallida, che dalla sua altezza sorvegliava tutto e tutti.
Nonostante fosse sdraiato su un cumulo di neve, non sentiva freddo:
l’unica cosa che percepiva era il dolore.
Un dolore straziante e terribile ad ogni membra del corpo, un dolore
che lo dilaniava e lo distruggeva, un dolore insopportabile.
Non aveva neppure la forza di piangere, non aveva la forza di fare
nulla.
Tanto valeva lasciarsi morire così, niente gli importava
ormai.
-Non t’importa neanche di me?- domandò
una voce accanto a lui.
Bill si alzò di scatto, ma ricadde subito indietro sulla
neve sporca di sangue, con un grido di dolore.
Tom..?
-Sì Bill, sono io.- rispose la voce del fratello.
Pochi attimi dopo, la sua figura lo sovrastava.
Tuttavia, aveva qualcosa di strano.
Era come sbiadito, troppo pallido, sembrava un fantasma proveniente da
un sogno lontano.
-Cosa… come puoi essere qui?- mormorò
Bill con voce flebile, tentando di muovere la mano per stringere la
sua, ed il gemello gli venne incontro.
-Sono parte della tua anima, Bill- disse, con un piccolo
sorriso –Lo sai bene.-
Il ragazzo chiuse gli occhi ed annuì debolmente.
-Tuttavia, sono qui per un altro motivo.- continuò
Tom con voce seria, e il fratello lo guardò: aveva
un’ espressione severa –Hai detto, insomma,
pensato, che non t’importa più niente?-
Bill distolse lo sguardo, vergognandosi.
-Non t’importa di te stesso? Non
t’importa di me e di tutti i poveretti che diverranno vittime
del vampiro se non ti ribellerai? Ti rendi conto anche solo minimamente
di quello che puoi fare TU, e ripeto, tu soltanto, per il bene di ogni
uomo sulla terra?- proseguì Tom con voce sempre
più alta, ed una nota nella voce che non poteva essere altro
che furia.
Bill la notò, e tornò a cercare lo sguardo del
gemello timidamente, quasi avesse paura di lui.
Sapeva che aveva ragione, e sapeva anche che ascoltarlo era la cosa
giusta da fare, in quel momento.
Tom rappresentava la parte della sua anima e della sua coscienza che
sapeva che non doveva arrendersi, quella parte che o spronava e lo
confortava, che in fondo sapeva qual’era la via da seguire.
Negli occhi del gemello-fantasma, Bill poté leggere
tantissimi sentimenti, come se questi non fossero altro che un libro
aperto.
Il più facile, era la rabbia.
Rabbia, perché non doveva lasciarsi andare, doveva
continuare a combattere e salvare se stesso e il fratello dal vampiro
che li minacciava.
Preoccupazione.
Preoccupazione per Bill, che stava lì, disteso sulla neve,
incapace di qualsiasi movimento, coperto di sangue e di ferite
brucianti, quasi morente e demoralizzato.
Determinazione.
Non voleva che si lasciasse morire, doveva vincere, vincere, lottare,
combattere, sopravvivere, e Tom era lì proprio per
ricordarglielo.
Non aveva intenzione di lasciar perdere.
Paura.
E non solo paura, terrore.
Temeva che Bill non ce la facesse, che permettesse al vampiro di
sopraffarlo, che la sua anima potesse scomparire.
Ma, soprattutto, negli occhi di Tom, Bill leggeva l’amore.
L’amore incommensurabile che il fratello provava per lui,
l’origine di tutti gli altri sentimenti, quello che lo
spingeva a stringergli la mano e incitarlo e confortarlo anche quando
tutto sembrava finito.
Bill non doveva lasciarsi andare, lo sapeva anche lui, aveva solo
bisogno di qualcuno che glielo ricordasse, e Tom era lì per
quello.
-Mi dispiace…- bisbigliò il ragazzo con
un filo di voce.
Il fratello rimase a guardarlo negli occhi per qualche secondo, poi
scosse il capo.
-Stai tranquillo Bill.- mormorò in risposta
–Capisco perfettamente come ti devi sentire tu ora.-
Bill cercò di sorridere, ma non gli uscì altro
che una smorfia.
-Lo so. Sei parte di me, e bla, bla, bla… tutto il
resto.- disse.
Tom sorrise in risposta, poi sospirò.
-Bill- fece, guardando il fratello fisso negli occhi
–Giurami che andrai avanti, giuralo. Prometti che farai tutto
ciò che è in tuo potere per fermare il vampiro.-
Il ragazzo ricambiò lo sguardo, e grosse lacrime gli
scivolarono lungo le tempie, per morire sulla neve con estrema
delicatezza.
-Io… io non so se ce la faccio…-
bisbigliò, spaventato dal peso che gravava sulle sue spalle.
Tom scosse subito la testa.
-Tu ce la farai, e lo sai bene. Devi solo impegnarti e
credere che puoi farlo. Allora sarà tutto più
facile. Allora, me lo giuri?-
Bill era indeciso, e aveva paura, tantissima paura, di sbagliare, di
deludere Tom, di scomparire e di vederlo scomparire… ma
sapeva che c’era solo una cosa che poteva fare.
-Sì.- sussurrò –Te lo giuro.-
A quelle parole Tom s’illuminò di un gran sorriso.
-Sapevo che ci saresti riuscito!- esultò.
Bill tentò, debolmente, di ricambiare il sorriso.
Non riusciva ad ignorare il dolore che straziava ogni membra del suo
corpo.
Il viso di Tom si fece premuroso.
Alzò la mano del fratello vicino al proprio viso, e la
baciò con dolcezza.
Subito, un tiepido calore lo pervase, a partire dalla punta delle dita
fino al polso, e quando Tom gliela mostrò, la mano non era
più ferita, né dolorante.
Bill sgranò gli occhi per lo stupore, ma il fratello sorrise
e gli baciò anche la fronte, che subito guarì.
-Ora dormi, Bill.- mormorò piano –Dormi
e non preoccuparti più di nulla.-
Gli posò le dita sulle palpebre, chiudendole dolcemente.
-Aspetta- biascicò Bill, già mezzo
addormentato, tentando di combattere contro il non voluto sonno
–resterai?- chiese.
Udì Tom ridere, ma la sua risata era echeggiante, come
proveniente da un sogno –Certo che resterò. Io
sono parte di te, ricordi?-
Disse anche qualcos’altro, ma a quel punto Bill dormiva, e
non lo sentì.
Tempo dopo, forse ore, minuti, o parecchi giorni, Bill
riaprì gli occhi.
Nella radura splendeva il sole, e il suo riflesso produceva sulla neve
meravigliosi luccichii.
Il ragazzo, lievemente stordito, si alzò a sedere, e si
guardò attorno.
La foresta in cui si trovava era immobile e silenziosa, non fosse stato
per il dolce rumore di un ruscello che sentiva scorrere lì
vicino.
Memore dell’avventura trascorsa, si stiracchiò le
membra, e constatò che era tutto a posto, non provava dolore
ed anche i vestiti, prima ridotti a brandelli, ora erano perfetti come
prima di attraversare il labirinto.
Ricordò anche dell’apparizione e del discorso
avuto con il suo gemello, e dell’ultima cosa che gli aveva
detto.
“Sono parte di te!” pensò Bill
scocciato “Gran bella risposta!”
Si riscosse da questi pensieri, concentrandosi sul suo prossimo
compito, e si guardò intorno perplesso.
Si trovava in una radura, ma nel bel mezzo del nulla.
Non aveva idea del perché si trovasse lì,
né di dove sarebbe dovuto andare.
Cercò di tenere a mente che doveva seguire il proprio cuore.
Perciò, il signor cuore, cosa diceva ora?
Bill chiuse gli occhi, decidendo di muoversi alla cieca e non pensare.
Mosse qualche passo barcollante in una direzione a caso, e decise che
quella avrebbe seguito.
Riaprì gli occhi ed iniziò spedito a camminare
nel folto degli alberi.
La sua marcia continuò per molto tempo, e ciononostante, la
vegetazione subiva minuscoli cambiamenti.
Non si vedevano in giro animali, ed il silenzio era tale che, se solo
si fosse fermato un attimo, avrebbe potuto udire gli alberi che
crescevano.
Tuttavia non si fermò, finché
all’improvviso non udì un vociare, dapprima
flebile, poi più forte man mano che proseguiva.
Motivato, accelerò il passo e, dopo poco tempo, si
ritrovò davanti ad una scena che lo sorprese moltissimo.
Davanti a lui si estendeva un enorme spiazzo innevato e pieno di
persone.
Verso sud-est, stava una grande baita, mentre più a nord si
trovava lì impianto di partenza di una funivia.
Era in una stazione sciistica.
Mentre tentava di capire cosa ci faceva lì, lo
attirò una voce, e subito tutto divenne chiaro.
-Mamma!- strillò un bambino –Tom mi ha
tirato della neve addosso!-
Bill ricordava quel periodo.
Erano le vacanze di Natale del 1995, le ultime che avevano passato
tutti insieme, prima che i genitori si separassero, ed erano andati a
sciare.
Per i bambini era la prima volta, e ricordavano quelle vacanze come un
periodo molto speciale.
Ad ogni modo, Bill vide, nascosto dietro ad un albero a poca distanza,
un bambino biondo, che si rese conto essere lui da piccolo, correre
verso la madre, strillando nella sua tuta da neve arancione.
-Non è vero!- protestò un altro
bambino, identico in tutto e per tutto, tranne che per la tuta viola
–Lui è caduto da solo, io non ho fatto nulla!- ed
anche Tom raggiunse la madre e il fratellino.
-Bambini, quando la smetterete di litigare?- li
rimproverò la mamma, mentre spolverava Bill dalla neve, ed
il suo omonimo più grande osservava di nascosto la scena.
Tom sbuffò.
-Dai Bill, scusa, non volevo tirarti la neve, mi dispiace.-
disse schiettamente –Ora vieni a giocare.-
Il fratellino lo guardò un attimo, indeciso se tenergli o no
il broncio, poi sorrise e si avviò con lui verso il pupazzo
di neve che stavano facendo prima.
Nel frattempo, la versione large di Bill si guardava intorno,
pensierosa, cercando di capire da dove potesse venire il pericolo che
da un momento all’altro avrebbe minacciato il se stesso di
nove anni prima.
Solo quando i due piccoli commentarono che il pupazzo avesse bisogno di
rami per le braccia, e vide il piccolo sé dirigersi verso il
bosco, dalla sua parte, comprese.
Pochi metri dopo il limitare degli alberi, si ergeva un fusto diverso
dagli altri.
Era nero, lucido e bellissimo. Le sue foglie invece erano
rosse… di un colore che ricordava terribilmente il sangue.
Il ragazzo osservò orripilato per un attimo il bambino, che
si avvicinava sempre di più all’albero magico,
come ne fosse ipnotizzato, prima di riscuotersi.
Bill non poteva avvicinarsi a quell’albero, o sarebbe stata
la fine.
Si guardò intorno, disperato, alla ricerca di una soluzione
che non riusciva a trovare.
Non poteva farsi vedere dal piccolo, da sua madre, suo fratello o suo
padre.
Doveva trovare un altro modo.
Il bambino si avvicinava sempre di più, voglioso di toccare
quella liscia corteccia nera, ed ormai gli mancavano pochi metri.
Il cuore del ragazzo invece batteva sempre più veloce, ad
ogni passo che il suo passato faceva.
Un passo del suo passato verso il suo futuro.
Un futuro che avrebbe potuto cessare all’istante di esistere,
se lui non avesse cambiato il passato.
Il bambino era a soli due metri dalla fine della sua vita, e Bill era
disperato.
Per un attimo prese in seria considerazione l’idea di
lanciarsi addosso a lui, ma la respinse con violenza.
Poi, la soluzione giunse, chiara e semplice.
Il ragazzo, ben nascosto tra gli alberi, lanciò un urlo,
forte, a pieni polmoni.
Per un attimo il silenzio calò sulla zona circostante, poi
si udì un’altra voce.
-Bill! Che fai lì?- gridò Simone,
accorrendo incontro al figlio -che succede, tesoro?-
-Niente mamma.- rispose lui, corrucciato –Non sono
stato io a urlare.-
Simone scrutò tra gli alberi, in direzione opposta a quella
dove si trovava il ragazzo, poi scosse la testa.
-Non importa. Vieni via, su.- disse.
Il bambino si lasciò trascinare dalla mamma, del tutto
indifferente a ciò che era successo.
Il suo omonimo, invece, tirò un enorme sospiro di sollievo.
“Ce l’ho fatta…”
pensò.
E, mentre si lasciva scivolare lungo la corteccia dell’albero
contro cui poggiava la schiena, venne investito da un abbagliante
raggio di luce bianca.
†††•••†††
Buon
pomeriggio, gente!
Eccomi qui, come promesso, con un nuovo capitolo di questa fan fiction.
È molto più movimentato dei precedenti, spero che
la cosa non vi dispiaccia.
Mi scuso molto con voi, perché è passato troppo
tempo dall’ultimo post, ma d’altronde, la scuola e
i vari impegni mi prendono molto, perciò… non vi
farò promesse che non sono sicura di mantenere!
Questo è il mio regalo di Natale per voi, perché
non penso ci sentiremo prima.
Un grosso bacio, e soprattutto, mille ringraziamenti a chi recensisce,
a chi mi sostiene e a chiunque abbia letto la mia fan fiction!
Auguri di buone feste,
†ArY_EnGeL†
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