Il Dominatore del Mondo di Ashwini (/viewuser.php?uid=297530)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: In principio fu caos. ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo: Il gelo nei suoi occhi. ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo: Verso un nuovo futuro. ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo: Rivedersi. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto: Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni. ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto: Confronto, dolore e strane reazioni. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto: Insieme, entrambi turbati dal passato. ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo: Dubbi e legami. ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo: Amicizia. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono: All'ombra di un ciliegio. ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo: Quel qualcosa di speciale. ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo: Il pezzo mancante. ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo: Quel demone... irraggiungibile. ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo: La prima leggenda: le prescelte. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo: Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni. ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo: Accettare o no? Nuove e pericolose alleanze. ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo: Oscuri misteri. ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassettesimo: Un risveglio particolare, fraintendimenti ed audaci provocazioni. ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciottesimo: E poi ci sono quelle rivelazioni che hanno il potere di lasciarti senza parole. ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannovesimo: Promesse di vendetta. I pensieri di un amico. ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventesimo: Orgoglio demoniaco. ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventunesimo: Trasportati alla deriva. ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventiduesimo: Perché alla fine si sistema tutto, in un modo o nell'altro... ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitreesimo: La città di metallo. I misteri vengono svelati. ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattresimo: Fiducia reciproca. ***
Capitolo 26: *** Capitolo venticinquesimo: Traditore. ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventiseiesimo: Inconsapevoli. Il traditore e l'orgoglioso. ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventisettesimo: Comprensioni. ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventottesimo: I Guardiani dell'Occhio. ***
Capitolo 30: *** Capitolo ventinovesimo: La seconda leggenda: il potere di scambio. ***
Capitolo 1 *** Prologo: In principio fu caos. ***
00 PROLOGO- In principio fu caos
Buonasera a tutti! ^-^
Questo che, adesso, vi state apprestando a leggere è il prologo della prima storia che pubblico qui sul sito di EFP.
Spero vivamente che la seguiate, facendomi sapere, magari, anche cosa
ne pensate in una recensione. A tal proposito, non fatevi problemi:
accetto sia i complimenti che, a maggior ragione, le critiche; le quali
mi potranno solo aiutare a migliorare.
Detto questo,
BUONA LETTURA!
****
Una donna che si rialza fa sempre un po' paura.
Una
donna che non dipende dagli uomini può intimorire.
E se tornano, e tu li mandi a quel paese, ti vorranno fare a pezzi.
Ma tu non ricadere. Tu non temere. Preparati.
Le persone vogliono sempre distruggere qualcosa che
non sono riusciti a far crollare del tutto.
(Deborah Simeoni)
Prologo: In principio fu caos.
Ricordo
che quando l'inevitabile accadde, ero ancora un'ingenua ragazzina di
diciott'anni che si credeva già adulta, già capace di
affrontare il mondo intero da sola. Con le sue sole forze.
A
quel tempo, il mondo non era ancora pronto per ciò che sarebbe
di lì a poco avvenuto, non era consapevole dell'implacabile
destino che si era appena messo in moto. Destino che avrebbe fatto
precipitare l'intero pianeta Terra nel caos più totale.
E mentre l'umanità si apprestava a festeggiare una delle festività più amate, la cosiddetta Apocalypse Demons War divagò maligna per il globo terrestre, devastandolo e portando con se la venuta di una nuova razza di potenti demoni.
Intere
città vennero rase al suolo, interi popoli furono sterminati e
schiavizzati da quegli esseri privi di ogni scrupolo e sentimento.
La gioia sparì dai volti di ognuno.
Fu così che gran parte del territorio terrestre cadde nelle loro avide mani.
Poco prima dell'inizio della catastrofe, si stava festeggiando la
Vigilia di Natale per le strade affollate di New York; la gente
camminava spensierata e, ridendo felice, si godeva le parate lungo le
strade rese chiassose da sorprendenti animazioni e dall'inizio nei vari
locali di feste private che sarebbero durate tutta la notte.
C'erano
pure i bambini, che correvano gioiosi per i prati dei parchi pubblici
ed i loro genitori, che li guardavano con sguardi pieni di un amore che
solo un genitore può e sa dare. Le bancarelle erano piene zeppe
di oggetti di vario genere e riempivano i marciapiedi delle strade,
attirando gli sguardi curiosi e ansiosi di chi si affrettava a comprare
i regali dell'ultimo minuto sperando di trovare qualcosa di buono.
Festoni di tutti i tipi, dai più colorati ai più luminosi e appariscenti, agghindavano i palazzi, i grattacieli e i pali della luce.
C'era anche il beniamino di tutti i bambini: Santa Claus, che riceveva
senza sosta le ultime richieste dei bambini che si erano riuniti,
felici, nei centri commerciali della ''grande mela''.
L'atmosfera
era calda e familiare, e la gioia traspariva da ogni poro, quando
invece per me le risate rimbombavano nella testa come pesanti macigni.
Avevo sempre guardato con una dolorosa invidia le famigliole felici e
''perfette''. La mia non lo era affatto, perché era una famiglia
disastrata e sull'orlo del fallimento. Mio padre era un alcolizzato
all'ultimo stadio e spesso capitava che quando tornava da lavoro
picchiasse pesantemente me e mia madre. E noi che potevamo fare se non
subire tristemente in silenzio? Incapaci di reagire perché
paurose di una qualche possibile reazione da parte sua, ci rifugiavamo
nella speranza di un futuro migliore che, in cuor nostro, sapevamo non
sarebbe mai arrivato.
Mia
madre piangeva ogni notte ed io, piccola bambina traumatizzata, stavo
rannicchiata in posizione fetale nel suo lettone accanto a lei,
impaurita e scossa dai singhiozzi, temendo il ritorno a casa di mio
padre.
Quando
fui un po' più grande e matura, le dissi piangendo che non
sopportavo più quella situazione, che volevo andarmene da quella
casa maledetta e da colui che da anni non faceva altro che tormentare
le mie giornate.
Lei,
le cui lacrime scorrevano consapevoli sul viso rovinato, mi rammendava
che non era sempre stato così e che, nonostante tutto, lo amava
ancora come un tempo; un tempo in cui viveva felice con il padre di sua
figlia; un tempo dove tutto andava bene.
Di abbandonare mio padre, poi, non se ne parlava neppure. Mia madre, infatti, temeva
che, se noi due ce ne fossimo andate, lui avrebbe commesso quell'enorme
pazzia quale è il suicidio. La cui sola immaginazione era
impensabile per una donna tremendamente innamorata del marito.
Allora ero debole e, impietosita dalla scena che mi presentava
continuamente difronte, accettavo riluttante le umili preghiere di mia
madre, tornando alla schifosa vita di sempre.
Dopo non molto però i lividi provocati dagli abusi di mio padre
furono impossibili da nascondere al mondo esterno e da lì in
poi, il caos si impadronì della mia esistenza.
A scuola, di conseguenza, la situazione degenerò: i miei
presunti amici, ed i professori soprattutto, cominciarono a pormi
domande su domande, le quali non facevano altro che ricordarmi quanto
misera fosse la mia vita.
Le poche amiche a cui avevo raccontato la mia situazione familiare
arrivarono anche a chiedermi di denunciare mio padre ma io rispondevo
sempre con la solita cantilena: << Non mi dà fastidio,
ragazze. Va tutto bene, sul serio. Non c'è alcun bisogno di
preoccuparsi tanto. >>
Ma non ero credibile perché la voce, a quelle parole, mi tremava inevitabilmente.
Fra sguardi ansiosi e pieni di pietà andavo avanti, costantemente attorniata da un'ombra oscura.
La mia vita era ormai diventata un peso troppo grande da sostenere ed i
giorni passavano uno alla volta, tutti uguali, mentre la vita
continuava monotona e senza un senso reale. O almeno, così era
per me.
La
mia famiglia andava avanti grazie ai numerosi lavori di mia madre ed
alle mie altrettanto infinite occupazioni part-time. Spesso rinunciavo
anche ad uscire con le amiche perché sapevo di non potermi
permettere un tale dispendio di soldi in inutili sciocchezze come
vestiti e scarpe, quando a noi i soldi servivano per pagare le bollette
e mangiare.
Così, il giorno in cui tutto successe, stanca di tutto questo,
decisi finalmente di affrontare una volta per tutte mia madre e dirle
che io me ne sarei andata via, definitivamente stavolta. Limitandomi ad
andarla a trovare quando mio padre non era a casa.
Ma quello che trovai fu il corpo gelato di mia madre, la quale se ne
stava stesa a terra con la testa sanguinante e con gli occhi spalancati
ormai del colore delle nuvole in cielo. Scena che andava oltre ogni mia
più longeva immaginazione; causata da quel padre che,
invece, era in piedi lì vicino con una bottiglia rotta di whisky
colante in mano che rideva come il pazzo quale era diventato ormai da
molti, troppi, anni.
Ridendo
ubriaco, arrivò persino a chiedermi di prendere un sacco logoro
per sbarazzarsi del cadavere. Ed io, ancora parzialmente preda del
dolore causatomi dallo shock che mi aveva travolta come un pugno in
pieno stomaco, riuscii solo ad urlargli contro che, stavolta, lo avrei denunciato sul serio, andandomene via per sempre da lui e dalla sua immane follia.
Le gambe, a quel punto, si mossero da sole, ansiose di portarmi fuori da quella casa ricca di sventura.
Per un tempo che a me parve infinito, corsi a perdifiato per le strade
affollate di New York, la culla del disastro, diretta verso la centrale
di polizia più vicina, sconvolta e in un mare di lacrime amare.
Mia madre, l'unica persona che mi aveva voluto veramente bene, adesso era... morta. Morta!
Strinsi i pugni ed irrigidì la mascella. Non era giusto.
Perché dovevo provare tutto questo dolore? Non ne avevo forse
già provato abbastanza in passato?! Quanto ancora dovevo perdere
prima di riuscire a scappare dalla giostra di dolore nella quale ero
finita?
Con la perdita di mia madre, se ne era andata anche l'unica fonte di luce che ancora rischiarava, fioca, la mia vita.
Sì, perché mai più avrei potuto essere stritolata
da un suo caldo abbraccio, provando quel piacevole torpore che rendeva
viva la mia anima resa gelida dalle troppe sofferenze.
Mai più avrei avrei avuto l'occasione di dirle che le volevo
bene, che lei era l'unica che mi faceva sentire in pace col mondo e con
me stessa soprattutto.
Mai più avrei risentito i suoi dolci ed amorevoli consigli nei
momenti bui, i quali mi sostenevano fedeli, permettendomi di non
cadere nell'oblio.
Per me la vita non ha più senso. Solo questo riuscivo a pensare, incapace di qualsiasi altro pensiero logico.
Ma quel giorno, non ebbi il tempo di raggiungere la centrale.
Perché fu proprio il quel preciso istante che la terra
cominciò a tremare, mentre la gente iniziava ad urlare disperata
ed in preda al panico cercando, come me d'altronde, un qualche riparo
sicuro dove potersi rifugiare. Il quel momento, solo tenersi aggrappati
alla vita aveva senso.
All'improvviso,
si sentirono dei rumori assordanti e, mentre mi mettevo le mani alle
orecchie, vidi delle ombre oscure e come infiammate che si spargevano
per tutta la città, inghiottendo maligne ogni cosa che si
metteva sulla loro strada. Fermandosi solo ad una decina di metri di distanza da dove mi trovavo.
Da esse comparve una schiera piuttosto numerosa e compatta di uomini,
soldati probabilmente. E, proprio davanti a questi ultimi, se ne misero
in fila altri cinque dotati di una perfezione innaturale ed inumana. La
caratteristica che spiccava, in particolare, erano i loro occhi
rosso scuro dominati da un gelo freddo come la morte.
Al loro apparire la folla impaurita si bloccò, come ipnotizzata.
Notai, infatti, che tutti fissavano qualcosa ed io, sporgendomi quanto
bastava dal mio nascondiglio, capì che erano proprio i loro
magnifici occhi. Causa, in qualche modo, di una sorta di potere
ipnotico. Mi ripromisi, quindi, di non fissarli mai direttamente negli
occhi.
Un'ombra
oscura calò, infine, su di noi e fu come se tutta la
felicità del mondo, e che poco prima aveva riempito le strade
addobbate, fosse stata risucchiata da quell'unica fonte che a me, per
quanto fosse oscura, appariva terribilmente affascinante.
Successivamente
i cinque uomini, che molto probabilmente erano i generali più
illustri di quell'esercito invasore, si spostarono, ed al loro centro
comparve un altro personaggio. Un dio greco che emanava forza e
controllo. Potere e lussuria. Bellezza e morte.
Fisico
statuario e muscoli ben definiti si intravedevano dalla nera
giacca militare che indossava, la cui particolarità era una
fascia blu alla fine. Vi spiccavano, inoltre, varie medaglie
onorifiche. I pantaloni erano dello stesso colore della fascia della
giacca e si presentavano in uno strano tessuto che non riuscì ad
identificare.
Era molto alto ed i capelli un po' più lunghi del normale erano
di un profondo nero petrolio; gli occhi invece erano di un impossibile
rosso cremisi e brillavano come fiamme ardenti in mezzo a tutto quel
buio angosciante. Le
labbra carnose, il naso dritto e la carnagione chiara, finivano il
quadro dell'aspetto fisico, facendo di lui un angelo oscuro portatore
di morte.Tanto affascinante quanto pericoloso.
Gli occhi dell'uomo squadrarono attenti tutto il paesaggio circostante
e, quando si rivolsero dalla mia parte, non potei evitare di cedere
alla tentazione di incontrare quei meravigliosi quanto spaventosi
occhi; desiderosa di prendere, almeno in minima parte, quella strana
luce che sembrava emanare il suo sguardo.
Ma aggrapparmi ad essa fu un
errore, perché con quell'atto segnai la mia condanna, da
quell'istante non fui più capace di lasciare quello sguardo
così tormentato e tanto simile al mio.
Era
come se fosse scattato qualcosa dentro di me, qualcosa di altamente
sconvolgente ed inspiegabile. E che in un certo senso faceva anche
paura, perché mai mi era capitato di vedere in uno sguardo un
qualcosa di tanto misterioso e magnetico.
Che la storia che tutt'ora viene tramandata dagli anziani alle attuali generazioni, abbia inizio.
Preparatevi ad entrare in un mondo totalmente nuovo.
***
ANGOLO AUTRICE:
Allora cari lettori, eccoci qui!
Ditemi, vi è piaciuto il prologo?
E cosa ne pensate, in particolare, di questa prima visione della
protagonista? La vita per lei non sarà facile, credo che questo
si sia capito, ma posso assicurarvi che la ragazza è ben
determinata a non lasciarsi abbattere da niente e nessuno. Nemmeno dal
protagonista maschile.
La lotta tra i due protagonisti sarà dura e ricca di colpi di
scena dato che entrambi sono dotati di due caratteri forti e decisi, ma
la vera domanda è: fino a dove sono disposti a spingersi per
l'altro?
Infine,
vorrei ricordarvi che anche se vado avanti con i capitoli, potete
comunque lasciare una recensione in quelli precedenti, perché
ripeto: ogni recensione è ben accetta!
GRAZIE di cuore a tutti per aver letto! < 3
Baci, vostra Ashwini. :*
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Capitolo 2 *** Capitolo primo: Il gelo nei suoi occhi. ***
CAPITOLO PRIMO- Il gelo nei suoi occhi
Buonasera ragazze che mi seguite! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi piaccia.
BUONA LETTURA!
La paura è un'amica pericolosa: devi imparare a controllarla,
ad ascoltare quello che ti dice.
Se ci riuscirai ti aiuterà a fare bene il tuo dovere.
Se lasci che sia lei a dominarti, ti porterà alla fossa.
(Licia Troisi)
Capitolo primo: Il gelo nei suoi occhi.
Era incredibile vedere i grattacieli di New York,
famosi in tutto il mondo, ridotti in quelle così pietose
condizioni: completamente distrutti e rasi al suolo. Abbandonati a se
stessi.
Le
tenebre in cielo sembravano aver oscurato persino il sole ed il
silenzio dominava incontrastato mentre l'intero popolo newyorkese
restava impietrito ed impotente difronte l'immane forza distruttiva di
quegli uomini che sembravano avere tutt'altro che buone
intenzioni. I
quali sembravano curiosi di vedere le nostre prossime mosse, ed anche
oltremodo divertiti dagli sguardi di puro terrore dipinti nei visi di
ogni individuo presente in quella strada devastata.
Io, invece, ero ancora lì: ferma ed immobile nel mio rifugio
improvvisato come una fredda statua di marmo. Incapace di muovere anche
un solo muscolo; mentre la mente restava, tutt'ora, in completa balia di quello sguardo così duro, freddo ed ostile. Impenetrabile.
Congelata in quella posizione per non so quanto tempo,
sentivo distrattamente i bisbigli ed i sussurri di paura delle persone
affianco a me. Ormai era ben chiaro a tutti che ciò che di
lì a poco sarebbe accaduto non sarebbe stato di certo a nostro
vantaggio, anzi: il peggio doveva ancora arrivare.
All'improvviso, il contatto fra i miei ed i suoi occhi fu rotto da lui
stesso. Il misterioso conquistatore, infatti, distolse lo sguardo come
infastidito da qualcosa a me ignota, e quelle che a me sembrarono ore
di perenne attesa si rivelarono essere soli pochi attimi pieni di uno
sgomento ed una confusione totale.
Che diamine era appena accaduto?
Scuotendo con grande enfasi la testa cercai di riprendere il corretto
uso delle mie facoltà mentali e, dopo non molto, riuscii
a riscuotermi da quella sensazione di gelo che sembrava aver
avvolto la mia anima in una sorta di morsa terribile e tornando, in tal
modo, a ragionare lucidamente.
Subito
notai che lui aveva rivolto il suo viso dall'inumana bellezza verso il
magnifico albero di Natale che ogni anno veniva eretto a Rockefeller
Center, per farsi ammirare dagli
sguardi degli abitanti di tutto il mondo. Non si poteva, infatti, non
guardare strabiliati quel capolavoro. Ricordo che da bambina ci andavo
spesso con i miei genitori: non potrò
mai scordare quegli anni così belli della mia vita, forse gli
unici fino ad ora, i quali conserverò per sempre nella mia
memoria con un sorriso. E, forse, anche con una sola, piccola, lacrima nostalgica.
Allora,
andavo lì per pattinare nella grande pista di pattinaggio
difronte all'albero, con gli sguardi pieni d'orgoglio dei miei genitori
puntati addosso. Ah, quanto mi piaceva quella sensazione, unica e
preziosa, che provavo ogni qual volta mio padre mi lodava, sereno, per
poi abbracciarmi. Già, a quel tempo lui mi amava ancora.
L'uomo,
o forse sarebbe meglio dire ragazzo dato che dimostrava non più
di venticinque anni, voltò il viso verso la folla sempre
più intimorita e parlò con una voce così fredda e dura
che mi si raggelò il sangue nelle vene. Ciò che disse
fece crollare il mondo addosso a tutti noi: << Bene bene, cosa
abbiamo qui? Una festa! Stavate
festeggiando qualcosa, miseri esseri umani? Tzè! Siete solo dei
parassiti nati per servire ed infatti da adesso in poi diventerete le
mie bestie da macello. Obbedirete
senza discutere. Sarete veloci e scattanti. Questi signori... >>
Fece una pausa in cui si sentirono i suoi soldati ridere sommessamente
mentre si davano pesanti gomitate d'intesa, non lasciando presagire
nulla di buono.
Con
un sorriso malvagio in volto, che si scontrava con la sua bellezza
angelica, continuò dicendo: << ... vi porteranno
nelle prigioni di Stato dove verrete smistati per le varie occupazioni.
Ciò che sta accadendo qui, ora, si
sta verificando in ogni parte del vostro lurido pianeta, quindi non
sperate di ricevere un qualche aiuto. Da oggi siete di proprietà
del Grande Impero di Alloces ed io, l'Imperatore Andras detto
il Conquistatore, avrò ogni genere di potere su di voi,
compreso quello di morte, ovviamente. >>
Successivamente
si rivolse ai cinque uomini dietro di lui, che sembravano essere degli
importanti ufficiali militari, dicendo loro con serietà:<<
Occupatevi voi del resto e sbrigatevi a tornare nella Capitale insieme
all'esercito. >>
Secco e conciso come solo un dominatore sapeva e poteva essere.
Poco prima di andarsene mi rivolse un'ultima raggelante occhiata e,
inoltrandosi nelle nubi di fiamme nere, scomparve nell'oscurità
assoluta di quella sorta di portale tra mondi lontani.
Scomparso
lui, scoppiarono subito le urla di paura dei cittadini che, impauriti,
si accorsero che ormai eravamo completamente circondati da quelle nubi
e che quindi eravamo come topi in trappola. Il tempo di pace a nostra
disposizione era finito. Definitivamente.
Rivolsi
lo sguardo da tutte le parti ma mi accorsi con terrore che proprio non
c'era via d'uscita. Dannazione: mi rifiutavo di morire o peggio di
diventare una
schiava di quei mostri, avevo ancora tanto, troppo, da fare prima! Ero
una donna libera per diamine e si sbagliavano di grosso se credevano di
potermi domare così facilmente!
Mentre
quei colossi cominciavano una strage tra la folla agonizzante, io presi
quindi la mia decisione. Se quel bastardo credeva di poter vincere
così, giocando a fare il
dittatore... beh si sbagliava di grosso! Avrei preso in mano le redini
della mia vita una volta per tutte e avrei conquistato, se necessario,
la mia tanto agognata libertà. Lo avrei fatto per mia madre ed anche per quello che un tempo era stato mio padre.
Sì, io sarei sopravvissuta a tutti i costi. Era una promessa.
Nessuno
badò a me in mezzo a quella devastazione. Chi avrebbe mai
pensato che una ragazza si sarebbe proprio diretta in quella che
sembrava essere la cosiddetta tana del lupo?
Correndo come mai in vita mia, mi diressi verso il varco da cui erano apparsi quei mostri e il loro maledetto imperatore - lui
era scomparso proprio nel punto in cui mi stavo dirigendo dopo che
aveva finito il suo discorso - così mi ci gettai dentro, ben
decisa a dargli una lezione.
Sentii solo altre urla e grida di misera disperazione prima di entrarvi completamente. Dentro era tutto buio, freddo, umido e... possibile che emanasse anche una sorta di tristezza?
Non
potei, però, analizzare meglio quella sensazione perché
il tempo di realizzare ciò che fui catapultata in un luogo a me
sconosciuto. E che, per quanto fosse simile alla Terra, presentava
tante piccole differenze naturali nell'habitat che mi si presentava
difronte.
Bene.
Di sicuro quello non era un luogo terrestre. Ero sola, infreddolita e
sperduta chissà dove. Non poteva andare meglio, direi, ma
dopotutto io avevo un compito da portare a termine adesso, quindi non
mi restava altro che adattarmi ed andare, in qualche modo, avanti per
la strada che avevo scelto di percorrere.
Poi,
osservando meglio il paesaggio, mi resi conto che il freddo era dovuto
al fatto che stava nevicando: tutto, infatti, era di un
meraviglioso bianco candido e puro. Sorrisi. Amavo la neve, era
fredda ed apparentemente ostile alla vita, eppure
sotto nascondeva quel prezioso tesoro composto da fiori
e vegetazione che si rivelava essere una gradita sorpresa non
appena arrivava l'avvento della primavera: per ognuna di quelle piccole
foglioline era come essere nel grembo materno prima poter nascere
e crescere sotto lo splendente
sole primaverile. Il quale apriva infiniti scrigni di neve in attesa
per poi rivelarne la ricchezza interna a tutto il mondo. Era uno
spettacolo bellissimo.
Vagando
con lo sguardo notai anche che non molto lontano si ergeva in tutta la
sua maestosità un palazzo, il quale si trovava sopra un'ampia
cascata dove vi erano una moltitudine di costruzioni in pietra molto
lavorata da cui sgorgava un'acqua limpida e luminosa sotto i raggi di
uno sfocato sole invernale. Quest'ultima si andava a riversare in un
grande lago proprio sotto il sontuoso castello.
A circondare il tutto vi era quella che doveva essere una città
ricca e prosperosa: molto probabilmente la Capitale di cui parlava
prima l'imperatore. In essa si scorgevano, inoltre, alti palazzi -
alcuni moderni come i grattacieli di New York, altri dotati di uno
stile più classico ed aristocratico.
Sulle sponde del lago, infine, facevano bella mostra di se varie ville che, sicuramente, appartenevano ai nobili del luogo.
Tutt'intorno vi era un'enorme cinta muraria che passava proprio dietro di me ed il bosco che circondava tutti i dintorni. Io mi trovavo esattamente all'inizio di quest'ultimo.
Notai che sopra le possenti mura vi erano dei soldati che si
stavano avvicinando pericolosamente al punto in cui mi trovavo,
così provvedei a nascondermi subito dietro gli alberi più
alti. In seguito, stando ben attenta a non fare nessun rumore sospetto,
mi addentrai nella vegetazione e, forte degli insegnamenti acquisiti
durante le numerose scampagnate in montagna con gli scout, cercai subito un posto riparato dove passare la notte: il buio era sempre più fitto.
Dopo
non molto trovai una piccola grotta nelle vicinanze che fece proprio al
caso mio. Purtroppo dovetti accontentarmi di dormire in quell'angusto
luogo umido e freddo dato che, per ovvi motivi, ero priva di coperte.
Per fortuna avevo dalla mia parte alcuni maglioni pesanti, una lunga sciarpa e dei guanti ben imbottiti che, almeno in parte, mi riscaldarono dal freddo gelo notturno.
Poco prima di addormentarmi, rivolsi un'ultima volta gli occhi verso l'uscita della
grotta, pensando che l'indomani sarebbe stata una giornata veramente
dura da affrontare. Anche perché non avevo la minima idea di
cosa fare se non trovare un posto sicuro dove sistemarmi per un po'.
Rivolsi un'occhiataccia alla pietra sopra la quale mi ero sdraiata per
dormire: non potevo di certo continuare a dormire in una sudicia grotta
per sempre.
Ma soprattutto dovevo farlo perché solo
così avrei potuto ottenere le informazioni che cercavo, solo
così avrei trovato il punto debole che mi avrebbe permesso di
sconfiggere quei mostri assetati di
potere. In seguito lo avrei riferito il prima possibile, ed in qualche
modo, a quelle forze militari umane che speravo sarebbero sopravvissute
all'attacco nemico e tutto sarebbe finalmente tornato alla
normalità.
Era questo il piano. Ma adesso ero davvero troppo stanca per pensare ad
altro, così decisi di sottrarmi al duro peso del dovere a
vantaggio del dolce e meritato riposo.
E mentre chiudevo gli occhi, sprofondando in sonno senza sogni, mi
augurai tristemente il Buon Natale, non immaginando minimamente che il
giorno dopo sarebbe stato tutt'altro che roseo.
Avrei imparato a mie spese che niente va mai secondo i nostri piani,
che molto spesso la fortuna non gira dalla nostra parte e che esistevano luoghi ben peggiori dell'inferno dantesco, dove sopravvivere non è per niente facile.
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno popolo di EFP!
Come avrete sicuramente notato ho sistemato per bene il prologo e questo primo capitolo che spero vi piaccia. :)
Allora, cosa ne pensate di
questi due capitoli? La storia è di vostro gradimento?
C'è qualcosa che non vi quadra? Perché, se è
così, fatemi sapere il tutto tramite una, anche piccola,
recensione. Sono sempre aperta sia ai complimenti che alle critiche,
ragazze.
Ho visto che in molti hanno aperto la mia storia e ne sono felicissima!
Ringrazio moltissimo le undici ragazze che hanno recensito il prologo ed in particolare ringrazio la gentilissima StellaChiara per aver recensito entrambi i capitoli! <3
Un GRAZIE speciale lo meritano anche coloro che hanno inserito la storia fra le preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo capitolo, già in fase di stesura!
Baci, ASHWINI! :*
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Capitolo 3 *** Capitolo secondo: Verso un nuovo futuro. ***
02 CAPITOLO SECONDO- Verso un nuovo futuro.
Buonasera ragazze! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi piaccia. :)
Vi avviso che questo è un capitolo di passaggio che
servirà per spiegare alcune cose, la vera avventura
inizierà dal prossimo capitolo.
Seguite Amia nel suo viaggio, provate le emozioni che prova lei e
tentate anche di immedesimarvici, voi cosa fareste al suo posto?
Adesso vi lascio alla lettura del capitolo, ci vediamo sotto.
BUONA LETTURA!
****
Una persona riesce a diventare veramente forte solo quando
ha qualcosa per cui valga la pena di combattere e per cui
farebbe qualsiasi cosa pur di non perderla!
Capitolo secondo: Verso un nuovo futuro.
Quella
mattina, mi svegliai grazie ai tiepidi raggi del sole che già
facevano capolino dall'orizzonte, era l'alba di un nuovo giorno e,
chiamatelo sesto senso, sentivo che quella sarebbe stata una giornata
pessima.
Mi sentivo
strana e inquieta, da quando gli occhi dell'imperatore si erano
distolti dai miei mi sentivo come se una parte di me mancasse, come se
con quell'atto si fosse portato via un frammento importante della mia
anima.
Una sensazione terribilmente inquietante.
Non
capivo cosa diavolo mi aveva fatto, il perché mi sentissi
così dipendente da un nuovo contatto con i suoi occhi, e il solo
pensiero di ciò mi mandava in bestia, non capivo questa mia
nuova e prepotente esigenza di averlo vicino, insomma io neanche lo
conoscevo! Odiavo il solo pensiero di sentirmi dipendente da qualcuno in modo così morboso e poi, non era neanche normale!
Scacciai con forza quei pensieri dalla mia mente, pensando che
avevo cose molto più urgenti da fare al momento e, facendo mente
locale, decisi che la prima tappa era trovare il più in fretta
possibile un rifugio, possibilmente più comodo della caverna in
cui avevo dormito, ma soprattutto sicuro, da cui mettere in atto il mio
piano. Anche se mi sarei imbattuta in molte difficoltà,
qualcosa avrei sicuramente trovato; ero determinata e niente avrebbe
potuto fermarmi.
Niente, nemmeno lui.
Uscii
cauta e il più silenziosamente possibile dalla caverna in cui
avevo passato la notte, dicendomi che non dovevo essere avventata,
nessun passo falso o avrei potuto rimetterci la pelle. Avevo visto con
i miei occhi di cosa erano capaci quei mostri e non volevo averci nulla
a che fare.
Dopo
non molto arrivai nuovamente all'entrata del bosco e, guardando verso
le mura, notai con sollievo che non vi erano guardie, forse era ancora
troppo presto...
Bene. Avrei avuto meno problemi.
Guardandomi
intorno scorsi una strada che doveva sicuramente portare alla capitale
dato che era rivolta verso di essa. Mi resi conto con orrore che
però sarei stata completamente allo scoperto dato che non vi
erano alberi o altro a coprirmi le spalle, e che se fosse passato, per
disgrazia, uno di quei soldati di ronda sarei finita dritta
dritta nei guai. A quel pensiero, mi vennero in mente le mille e
più torture che avrebbero potuto infliggermi prima di morire,
provocandomi brividi di freddo simili a lamine appuntite che passarono
lungo tutta la mia spina dorsale.
Ok, dovevo calmarmi e pensare lucidamente, potevo farcela.
Bene... pensa Amia, pensa, cosa si può fare adesso?
Sorrisi pensando che anche Winnie Pooh faceva così e... cielo,
come diavolo potevo mettermi a pensare a quell'orsetto proprio adesso!
Dovevo restare concentrata!
Mentre
ero impegnata nelle mie inutili e fuori luogo elucubrazioni mentali non
mi accorsi minimamente di essere osservata da qualcuno dietro le mie
spalle.
All'improvviso,
infatti, qualcuno mi prese da dietro con forza, intrappolandomi in una
presa d'acciaio, cercai allora di liberarmi muovendomi come un'ossessa
ma non ebbi nemmeno il tempo di girarmi per vedere chi fosse o fossero
i miei aggressori, perché subito ricevetti un forte colpo alla
testa e il buio assoluto avvolse la mia mente.
Odore di ferro e ruggine, puzza di sudore e sangue rappreso, furono
questi gli sgradevoli odori che mi avvolsero al mio turbolento
risveglio causato da una profonda buca in mezzo alla strada.
Mettendomi seduta, mi stropicciai gli occhi con una mano, cercando di
mettere a fuoco il luogo in cui mi trovavo, e mi paralizzai sul posto
non appena mi accorsi di essere dentro le sbarre di una cella
incastonata sopra un carro malandato.
Ero stata davvero catturata allora, non me l'ero sognato... No, no, no, no. E adesso come facevo ad uscire?!
Ancora una volta la mia mente fu invasa dalle immagini raccapriccianti delle peggiori torture possibili.
Accidenti!
Smarrita e preoccupata mi guardai intorno e notai che con me c'erano
altre cinque persone, due ragazze e tre ragazzi che dovevano avere
pressoché la mia età. Mmh, forse potevo chiedere a loro
se sapevano qualcosa, così, con voce pacata, chiesi
loro: << Ehm... Scusate, ma voi sapete per caso dove ci stanno
portando? >>
Quattro
di loro alzarono lo sguardo da terra e puntarono i loro occhi su di me.
Erano tutti stremati e sofferenti oltre ogni dire; chissà quante
ne avevano passate quei poveretti...
Sospirai, forse dovevo starmene zitta e non infierire su di loro ulteriormente...
<< Ci stiamo dirigendo alla capitale per essere venduti ai demoni come schiavi. >>
Colui che parlò fu uno dei ragazzi, quello seduto in un angolo
della cella in disparte, aveva lo sguardo rivolto verso il cielo, come
se solo ciò potesse dargli un qualche sollievo. Aveva i capelli
rosso ruggine, gli occhi verde prato e una carnagione chiara. Le labbra
sottili avevano pronunciato quelle poche parole con chiaro disprezzo.
Come lo capivo... ma aspetta. Aveva forse detto... Demoni?!
Sapevo che con quegli straordinari poteri non potevano essere dei
normali esseri umani ma... demoni?! Andiamo, erano creature
fantastiche, frutto di menti umane perverse, i demoni non esistevano! Era assurdo! Tutte
queste storielle su angeli, demoni, vampiri e compagnia bella sono solo
baggianate, per impaurire i bambini, nulla più, nulla meno.
Ma, adesso, avevo visto con i miei stessi occhi di che cosa erano
capaci quegli esseri: ormai non mi restava che arrendermi
all'evidenza dei fatti, anche perché non c'era nessun'altra
spiegazione logica al problema.
Perfetto, avevo a che fare con potenti demoni assetati di potere e pronti ad uccidere. Direi che, ora come ora, va proprio tutto alla grande, pensai sarcastica.
Fissai intensamente il ragazzo ed in un attimo decisi che dovevo
assolutamente saperne di più sulla questione, la
curiosità era un'altra delle mie peculiarità ed io avevo
un urgente bisogno di sapere al momento.
<<
Posso chiederti come sai che sono per certo dei demoni? >> mi
informai gentilmente, ma il mio tono tradiva la mia reale impazienza.
<< Come, tu non c'eri quando ci hanno attaccati? >> domandò incredulo il ragazzo.
<<
No, io c'ero, ma prima che mi catturassero sono scappata attraverso un
portale e sono arrivata nel bosco di prima, credevo che così non
sarei stata catturata ma... beh come puoi vedere sono stata presa
comunque. Non ho assistito al resto degli eventi accaduti a casa... Ma
tu di dove sei? Se non sono indiscreta... >> chiesi incerta,
torturandomi le mani.
<<
Tranquilla, non farti alcun problema. Io sono di Londra comunque.
Allora, per fartela breve, c'è stata una strage, gente che
urlava disperata, chi cercava di scappare, chi paralizzato dallo
shock... insomma, siamo stati presi, se non tutti, buona parte.
Successivamente ci hanno messi in carri come questo e ci hanno fatto
attraversare un portale, poi ci siamo fermati e, dopo averci
legato con manette d'acciaio, ci hanno condotti in una cabina di
controllo difronte le mura per registraci credo, non conosco la lingua
in un cui parlano questi demoni ma a giudicare da quanto fatto deve
essere stato così. Credo sia stato allora che ti hanno caricata
qui dato che quando siamo risaliti nel carro, tu già eri qui
priva di sensi. Posso poi dirti con certezza che sono demoni
perché i conducenti del carro, ci hanno presi costantemente in
giro dicendo che ora non avremmo più fatto quei deliranti
discorsi sul fatto di essere la razza più evoluta e dominante
dell'universo. Che ora avremmo conosciuto il vero inferno e che loro
erano dei demoni notevolmente più forti di noi. Il tutto ridendo
e schermendoci. Questo è tutto ciò che so al momento, mi
dispiace. Tu di dove sei invece? >> Mi disse con la voce di chi
è consapevole di essere impotente difronte a fatti più
grandi di lui.
<<
Io invece vengo da New York... quindi... è vero che stavano
attaccando tutte le città del mondo... Cavoli, la cosa è
molto più grave di quanto già non credessi... >>
sospirai affranta ma con gli occhi fiammeggianti d'ira.
Da quel momento in poi nessuno dei due parlò più, sentivo
che l'aria si era fatta più tesa e pesante sulle mie giovani
spalle. A quel punto, mi chiesi se avrei veramente potuto
portare a termine la missione che mi ero prefissata il giorno
prima. Insomma, ero sola in un mondo sconosciuto, in mani nemiche e in
procinto di essere venduta come schiava. La situazione andava di bene
in meglio.
Però una cosa era certa, io non mi sarei mai fatta sottomettere da uno di quei dannati mostri!
Avrei resistito ad ogni cosa mi si fosse parata difronte, combattendo
per i valori che mia madre mi aveva insegnato. Anche stavolta sarebbe
stata così, sicuramente.
Tanto meglio se sarei stata venduta ad uno di quei demoni. Avrei fatto
in modo di finire nelle mani di una famiglia potente, vicina
all'imperatore. Successivamente mi sarei premurata di sopravvivere in
tutta tranquillità, senza dare nell'occhio. Nel frattempo
però, avrei cercato ogni informazione possibile sull'impero e il
suo sovrano, cercandone i punti deboli poi, come già detto in
precedenza, avrei riferito tutto alle forze militari che erano riuscite
a sopravvivere all'attacco nemico.
Un sadico sorriso spuntò sulle mie labbra rosse come ciliegie
mature. Si, ce l'avrei fatta e alla fine avrei gongolato difronte la
faccia stupita di quel bastardo dagli occhi rossi e... No!
Ecco che mi ritornavano in mente i suoi maledetti occhi, ecco che
quella strana sensazione si faceva risentire prepotente in me,
consumandomi e tormentandomi, seppur piacevolmente, l'anima.
Dovevo smetterla accidenti! Non dovevo avere distrazioni di nessun genere o avrei rischiato di compromettere tutto.
Mi sento tanto James Bond in questo momento.
A quel pensiero risi come una scema e gli altri ragazzi mi guardarono
come se fossi pazza, e come dargli torto, insomma, chi rideva mentre
era in procinto di essere schiavizzata? Beh, forse non era un buon
momento, ma una delle cose che mi diceva sempre mia madre era
che bisogna affrontare tutti i problemi con un sorriso.
Ed è proprio per tale motivo che io avrei sempre sorriso,
mostrando a tutti quei mostri che io sarei andata avanti sempre e
comunque, non importa cosa loro avrebbero fatto per abbattermi, avrei
trovato la forza di rialzarmi semplicemente perché volevo essere
libera di vivere la mia vita.
Occhi rosso cremisi, penetrati e profondi come i rubini più preziosi.
Scossi la testa, no, nemmeno lui
avrebbe potuto reprimere il mio animo battagliero. Guardando le nuvole
in cielo, fissai con sfida l'immagine dell'imperatore che era comparsa
prepotente nella mia mente.
Il signorino voleva la guerra?
Bene. Aveva trovato pane per i suoi denti.
E mentre sorpassavamo le porte della città e un leggero
venticello mi sferzava il viso, guardai con ritrovata speranza la
città che mi si parò difronte.
Ed allora sorrisi nuovamente, sorrisi al cielo e fu come risentire il caldo abbraccio di mia madre avvolgermi.
Sì, sarei sopravvissuta anche per lei.
***
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutti! ^-^
Allora, iniziamo col dire che mi rende enormemente felice vedere che in molti stiate seguendo la mia storia! *-*
Ringrazio
coloro che recensiscono e mi fanno sapere ciò che pensano,
davvero, così mi spronate a continuare con sempre più
vigore! <3
Ringrazio
anche chi semplicemente legge la storia. Magari in futuro
riuscirò a sorprenderlo e a farlo recensire, chissà!
Questi
sono stati dei capitoli di passaggio, un'introduzione a quella che
sarà la vera e propria storia, infatti dal prossimo
risulteranno più lunghi di così.
Spero che non vi creino disturbo, ditemi voi se li volete sempre
così corti... in questo modo però si allungherà la
storia e voi saprete dopo cosa accade perché io potrei decidere
di fare la cattiva e interrompere il tutto in un momento
cruciale...
Ma tanto lo farò comunque, ahahahah.
Nel
prossimo capitolo vi anticipo che ci sarà il tanto atteso
secondo incontro tra la nostra protagonista ed il co-protagonista della
storia! Faranno scintille, ve lo assicuro! ;)
Baci a tutti, vostra Ashwini. ;*
|
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Capitolo 4 *** Capitolo terzo: Rivedersi. ***
03 CAPITOLO TERZO- Rivedersi.
Buonasera ragazze che mi seguite! ^-^
Vi annuncio che... *rullo di tamburi* ... HO SCELTO COME SARANNO AMIA E ANDRAS! *-*
Ci terrei a sapere se vi piace o meno. Ovviamente voi potete
immaginarli come più vi aggrada, ma io li immagino così
quando scrivo su di loro, ci tenevo solo a farveli vedere. Magari
potete inviarmi le immagini di come voi ve li immaginate se questi
attori non vi piacciono, sapete che sono sempre contenta di sapere le
vostre opinioni.
Dato che sicuramente appariranno nuovi personaggi, li andrò aggiungendo.
Detto questo vi lascio alla lettura del capitolo, ci vediamo sotto.
BUONA LETTURA!
*AMIA:
*ANDRAS:
Quando due destini si incrociano è difficile separarli,
e quando l'amore va oltre ogni immaginazione,
possono passare anni, decenni, ma i destini rimarranno sempre incrociati, indissolubili.
Capitolo terzo: Rivedersi.
Appena
il carro che ci trasportava varcò la soglia di quella che doveva
essere la porta principale della città, essa si richiuse con un
sonoro tonfo alle nostre spalle, come a rammendarci ancora una volta
che la nostra libertà era definitivamente finita.
Oltre
alle mura esterne, quelle poco prima del bosco in cui mi ero rifugiata
la notte prima, c'erano anche queste che invece circondavano l'intero
limitare della ricca capitale. Era ovvio che si sentissero tanto
sicuri, avevano mura fortificate e soldati armati pronti a difendere la
popolazione all'interno della città, immaginai che doveva essere
così anche altrove dato che sembravano una vera e propria
società guerriera. Anche se subito aggiunsi mentalmente che
erano anche all'avanguardia: cavoli, erano avanzati tecnologicamente
quanto e, forse, più di noi!
Come
avevo notato precedentemente, la città era piena di edifici
altissimi e simili ai grattacieli umani, c'erano anche delle automobili
che sembravano essere magnetiche al suolo dato che risultavano
sollevate di un cinque centimetri circa da esso. Cosa che solo nelle
megalopoli umane più avanzate tecnologicamente si vedeva nel
mondo umano. Vi erano tante di quelle cose affascinanti che la mia
bocca doveva aver assunto la forma di un perfetto ovale.
A quanto pare, notai con stizza, i carri arretrati li riservavano solo a noi poveri prigionieri di guerra.
Questo posto trasudava bellezza, ricchezza e potenza da tutti i pori. In un certo senso li ammiravo.
Mentre
percorrevamo le strade della città osservai che era davvero
enorme, i cittadini camminavano tranquilli nei marciapiedi, incuranti
di noi, come se avessero visto questa scena così tante volte da
non notarla neppure ormai e forse, pensai con improvvisa
consapevolezza, doveva essere proprio così.
Arrivammo
difronte un grande muro di ferro, e i conduttori del carro scesero ed
andarono in una cabina lì vicino, parlottarono con un uomo
all'interno e successivamente l'imponente portone si aprì
dinanzi a noi. I due tornarono e ci condussero all'interno di quella
sottospecie di area militare. Doveva essere certamente qui il tanto
odiato smistamento ai nostri nuovi padroni, come dicevano loro.
Ci
fermammo in una grande piazza ovale e non potei non guardare con grande
pietà la grande quantità di gente che già si
trovava sopra gli spalti di una costruzione in legno al centro della
piazza, tutti rigorosamente legati con catene in ferro ai polsi a dei
bastoni dello stesso materiale fissati nel legno. Agli estremi vi erano
altri soldati di controllo. Sicuramente molta altra gente sarebbe
arrivata qui ed in altre città dell'impero per subire la stessa
sorte.
Dopo
pochi istanti ci fecero scendere, subito dopo averci legati con le
catene di cui parlavo prima. Era inutile ribellarsi, eravamo circondati
da tutte le parti da soldati che erano sicuramente e perfettamente
addestrati all'omicidio, seri ed impassibili.
Ci
disposero anche a noi nello stesso modo degli altri ed aspettammo.
Aspettammo per non so quanto chissà cosa. Cominciai dopo ben
poco a perdere la pazienza: insomma, cosa o chi mai stavamo aspettando
di tanto importante da... Oh.
Bloccai subito il fluire dei miei pensieri non appena, dalla medesima
entrata da cui ero passata io, si fece largo, dopo uno squillo di
tromba, una specie di limousine nera subito seguita da una scorta di
guardie a cavallo di bestie simili ad enormi lucertole. Che orrore, pensai.
Dopo
che macchina si fu fermata proprio difronte a tutti noi, una guardia
lì vicino si avvicinò subito ad essa, in modo
da aprirne una portiera e lasciar fuoriuscire, dopo un basso
inchino, l'elegante figura dell'imperatore: lo stesso ragazzo che il
giorno precedente aveva sconvolto la vita dell'intera umanità,
lo stesso che comandava un impero che doveva essere vastissimo. Lo stesso che con i suoi bellissimi occhi mi aveva completamente ipnotizzata.
Impassibile
e fiero salì le scalette di legno e osservò silenzioso
tutta la massa di schiavi lì riunita in fila. Fino a quando si
fermò esattamente difronte a me. Merda.
Mi
guardò con attenzione e, dopo non molto, vidi come un lampo di
non so che cosa attraversare quelle sue iridi di un blu impossibile,
inumano, simile alle profondità dell'oceano ma più, come
dire, irreale. Inoltre, ad un attento osservatore non potevano di certo
sfuggire quei piccoli frammenti violacei presenti nell'iride,
vicinissimi alla pupilla.
Non so per quanto tempo restammo ad osservarci così, immersi
l'uno negli occhi dell'altro, fatto sta che ad un certo punto fu
proprio lui a distogliere improvvisamente lo sguardo dal mio ed a richiamare a se un uomo non molto lontano da lui, tramite un breve ma autoritario cenno della mano.
<<
Portala a palazzo, fai in modo che venga ripulita, quindi, fatela anche
portare nelle mie stanze. La voglio pronta entro il dopo cena. Nessun
ritardo è concesso. >> la sua voce era esattamente come la
ricordavo: gelida come l'inverno più ostile, tanto priva di ogni
emozione che potei percepire un brivido attraversarmi la schiena.
<<
Come lei desidera, mio signore. >> L'uomo fece un inchino e
subito fece avvicinare i soldati di controllo a me in modo che mi
slegassero.
Il
tempo di ciò che mi riscossi dalla sensazione di gelo che mi
aveva avvolto, replicando subito: << Brutto cafone, cosa ti
sembro un oggetto?! E guardami in faccia quando ti parlo! >>
Subito venni schiaffeggiata con forza dall'uomo che poco prima aveva parlato con l'imperatore:
<< Osa dire di nuovo una cosa del genere che ti staccherò
immediatamente la testa con le mie stesse mani, ci siamo capiti?!
>>
Mi
raggelai impaurita, non tanto per la minaccia subita, no. Ciò
che mi aveva bloccata dall'insorgere ancora contro quel maleducato fu
l'occhiata di sbieco che ricevetti dall'imperatore. Terribile.
Mi appuntai mentalmente di fargliela pagare: avrebbe scontato ogni singola umiliazione che mi stava infliggendo. Decisi, infatti, che sarebbe arrivato il mio momento e che per ora potevo pure starmene zitta. Per ora.
L'uomo
che nel frattempo mi aveva sbraitato contro chissà cosa fece
quanto ordinato dal suo signore. Quest'ultimo se ne andò,
invece, così come era arrivato, diretto probabilmente al palazzo
reale.
Sorrisi
diabolica pensando che ora che sarei diventata la sua serva personale
avrei avuto meno difficoltà a scovare i suoi punti deboli.
Insomma, ero vicinissima a lui! Forse qualcuno mi voleva bene
lassù!
<<
Stupida umana sbrigati a salire in macchina! Hai sentito sua
maestà, ti vuole pronta per stasera e... >> sorrise in un
modo che non prometteva nulla di buono e continuò: << ...
credo proprio che vorrà fatto qualche servizietto, non so se mi
spiego... >> rise malignamente mentre mi spingeva a forza dentro
l'auto che avevano portato per condurmi a palazzo.
Alla
sua esclamazione feci subito una faccia a dir poco sconvolta e... Ok,
ripensandoci, credo che nessuno mi voglia bene lassù. Sì,
decisamente oggi non era la mia giornata.
Il
cielo, nel frattempo, era diventato di un tenue azzurro pastello:
mancavano poche ore alla sera ed io non avevo neanche pranzato, avevo
una fame tremenda, accidenti. Speriamo che arrivata lì mi diano qualcosa da mangiare, pensai speranzosa.
Attraversammo la città e, sorpassato anche il lago sotto la
cascata alle cui sponde si trovava il castello, proseguimmo per una
lunga salita dove svoltata l'ultima curva mi si parò difronte un
qualcosa di davvero stupefacente.
Una
enorme distesa di verde mi si stagliò dinanzi in tutta la sua
lucentezza, si trovava dietro un imponente cancello in oro che si
aprì e fece entrare l'auto che percorse il lunghissimo viale
lentamente, permettendomi di vedere il trionfo di colori dei vari fiori
che abbellivano il prato.
Il
loro buonissimo odore mi penetrò nelle narici attraverso il
finestrino aperto. I cespugli erano stati tagliati da un abile
giardiniere che li aveva fatti di varie forme: cervi, cherubini,
piccole tartarughe e molto altro ancora.
Tutto era curato nei minimi dettagli, mi sembrava di essere in un giardino principesco d'ottocento.
Poi,
ecco davanti a me ergersi in tutto il suo splendore il palazzo reale
più bello che avessi mai visto: tutto era in marmo bianco e
azzurro, decorazioni di vario tipo in oro adornavano le finestre e le
porte, sopra la porta principale, più alta e larga delle due a
fianco, faceva bella mostra di se un mosaico ritraente un paesaggio
alpino e notai che anche le finestre avevano i vetri a mosaico.
Poco
prima dell'entra vi era una piccola piazzetta in cui una grande e
circolare fontana sprizzava acqua limpida e lucente dall'anfora di un
cherubino in marmo bianco.
Certamente non avevano badato a spese e se l'esterno era così non osavo immaginare come fosse l'interno!
Mi
fecero scendere, e presa malamente per in braccio destro mi
trascinarono verso un'altra entrata, dietro il palazzo. Certo mica mi
potevano far entrare dall'entrata primaria!
Vidi
poi un affaccendarsi di gente di qua e di là, con vari pacchi e
casse in mano: c'era frutta, cibo di ogni genere ed addirittura pesanti
casse con polli vivi dentro! Ma cosa diamine stava succedendo?
<< Katia! Katia! Sbrigati, c'è qui una novellina da educare! >> sbraitò l'uomo.
Dall'uscio
vidi uscire tutta trafelata una donna robusta sulla cinquantina, aveva
i capelli castani legati in uno schignon e un vestito umile ma ben
pulito. Dalla faccia un po' paffutella mi sembrava simpatica.
Si
avvicinò velocemente a noi e facendo un cenno di saluto ad
entrambi mi chiese gentile: << Chi? Questa povera creatura! Ma
è così giovane, povera cara, ti hanno trattata
male?>>
<<
Katia, per l'amor del cielo! Il padrone la vuole nelle sue stanze entro
il dopo cena, quindi sbrigati a renderla presentabile che puzza come un
cane bagnato! >>
Ma che gentile! Grazie che non odoravo di pesca, avevo dormito in una sudicia grotta! Che maleducato!
La
donna lo ammonì con lo sguardo e disse: << Sì,
vado, vado! Ah, piccola cara vieni sù, vediamo di renderti una
bambolina! >>
Detto
questo mi prese per il polso, gentilmente e non in modo brusco come
l'altro. Apprezzai molto il gesto e la seguii
volentieri attraverso le stanze della servitù, non prima di
aver rivolto un'occhiataccia altamente ricambiata dal demone.
Mi
portò davanti una porta color pesca e con una chiave la
aprì, mi si presentò una stanzetta molto carina, color
rosa pallido e con i mobili primari, vi era poi una porta a destra del
letto che doveva portare al bagno.
<<
Bene cara, questa da oggi in poi sarà la tua stanza! Ecco le
chiavi, brava, mettile in tasca e non le perdere! Ora andiamo in bagno
a lavarti. Che il cielo ci aiuti, è già molto tardi
ragazza mia! >>
Ci
richiudemmo la porta alle spalle e ci dirigemmo nel bagno della camera
in cui mi aiutò dicendomi dove erano il bagnoschiuma, il balsamo
e tutto il resto ed io provvedei a lavarmi il più in fretta
possibile.
Successivamente
mi diede l'intimo e dopo essermelo messa uscì dal bagno tutta
profumata, mi sentivo decisamente meglio adesso!
Mi
disse che mentre mi lavavo aveva provveduto a procurarmi dei vestiti:
jeans chiari, felpa rossa e ballerine del medesimo colore della felpa.
Così
mi vestii velocemente e ringraziata la donna per il gentile aiuto
datomi mi diressi con lei verso le stanze dell'imperatore.
A dire il vero ero un po' spaventata, insomma cosa voleva da me? Cosa mi avrebbe fatto? Perché proprio io tra tutti?
Tutte domande a cui non sapevo dare una risposta e che da tempo ormai mi frullavano nella mente.
Le
stanze che attraversammo erano tutte sfarzose e anche qui vi era un via
vai di gente agitata. Così chiesi timidamente a Katia: <<
Mi scusi signora, ma come mai c'è tutta questa agitazione, l'ho
notata anche fuori... >>
<<
Cara, chiamami pure Katia, se mi chiami così mi fai sentire
più vecchia di quanto già non sia! Comunque stellina,
tutto questo è dovuto al rientro a casa della regina madre, sta
tornando da un viaggio di lavoro e noi, su ordini dell'imperatore suo
figlio, stiamo preparando un grande banchetto in suo onore, capisci?
>> mi rispose con una voce dolce come il miele.
Feci segno di ''sì'' con la testa e senza fare più domande mi lasciai condurre da lei.
Ecco
spiegato il motivo di tutta quell'agitazione! Chissà com'era la
regina madre, sicuramente bellissima come il figlio. Mi morsi il labbro
inferiore, frustrata. Dovevo smetterla di pensare simili cose del mio
peggior nemico, non era normale, accidenti. Lui doveva restare
solo ''il bastardo che aveva conquistato il mio pianeta'' per me,
nient'altro che questo.
E
mentre mi rimproveravo mentalmente arrivammo difronte un'ampia porta,
la donna bussò e nessuno rispose, così entrammo e mi
disse di aspettare lì il rientro del padrone. Mi diede, poi, un
pezzo di pane preso dalle cucine per placare il mio stomaco brontolante, raccomandandomi anche di sbrigarmi a mangiarlo. La ringraziai, sinceramente grata.
Dopo un rapido saluto, la donna si dileguò quindi dietro la
porta, chiudendosela alle spalle e lasciandomi in balia delle mie
numerose incognite. Sola.
Non
appena finii di mangiare, aspettai il ritorno del demone lì
davanti alla finestra che dava sull'ampio giardino reale, muovendomi
sul posto un po' agitata.
Si
era già fatta sera inoltrata e pensai che quindi la serata
doveva già esser quasi finita se non lo era già.
Le
domande di prima e molte altre si riappropriarono della mente ed il
pensiero di cosa sarebbe potuto accadere di lì a poco mi rendeva
altamente inquieta.
Poi
ecco il leggero cigolio della porta, il rumore di essa che si
richiudeva e soprattutto i leggeri passi di qualcuno. Mi immobilizzai
sul posto.
Ma dovevo muovermi, accidenti, non potevo mostrargli di essere così in soggezione in sua presenza.
Bene Amia, rilassa i muscoli e girati come se nulla fosse! Forza e coraggio!
Mi
girai lentamente e, dopo averlo fatto, non potei fare a meno di pensare
a quanto fosse dotato di una bellezza disumana, sembrava un dio greco.
Scacciai quei pensieri dalla mente, ammonendomi nuovamente, e gli
rivolsi lo sguardo più duro ed indifferente di cui ero capace.
Sì,
e adesso? Lui non faceva altro che starsene lì, fresco come una
rosa a guardarmi impassibile come se fosse stato una statua di fredda
roccia e non un essere vivente.
All'improvviso
lo vidi assottigliare gli occhi e parlare con voce meccanica:
<< Bene, vedo che ti hanno già portata qui. Allora
ragazzina, vediamo di essere chiari: obbedirai ad ogni mio ordine senza
discutere, sarai veloce nel svolgere le tue mansioni e ti consiglio di
fare la brava se non vuoi morire precocemente. Non sono il tipo che
perdona o che concede seconde possibilità. >>
<< Forse io
non sono stata chiara prima quando mi hai scelta: non sono un oggetto
di tua proprietà, ti odio già e non ho alcuna intenzione
di... >> non finii la frase che mi ritrovai sbattuta
violentemente al muro con la sua mano destra che mi teneva saldamente
per la gola, lasciandomi a malapena il modo di poter respirare.
Spalancai gli occhi impaurita.
<<
Vedi di rigare dritto misera umana, te l'ho detto: nessuna seconda
possibilità e sappi che con questo tuo atto di presunzione ti
sei già giocata la prima . >> mi freddò, spietato.
I nostri occhi si fissavano con astio e odio, sembrava mandassero scintille.
<<
Adesso vai in camera, per stasera non mi servi. Presentati domani qui
all'alba. >> continuò impassibile e lasciandomi finalmente
la gola. Caddi poi al suolo tossendo convulsamente e lo vidi entrare in
bagno dopo avermi sorpassata.
Mi
dissi che per oggi potevo pure smetterla di farmi tanti problemi e di
rischiare la vita per questioni così stupide, ero stanca e
sinceramente non vedevo l'ora di andarmene a letto. Dovevo ricordarmi
che tutto questo era la vera e pure realtà, non un gioco per
bambini, se volevo fare qualcosa per salvare il mio pianeta dovevo
restare viva. Sarebbe stato difficile, ne ero consapevole, ma dovevo
farcela per tutte le migliaia di persone che erano morte e anche per
quelli che adesso si trovavano in condizione di schiavitù.
Uscii
dalla camera ancora sofferente e, ricordandomi la strada
precedentemente percorsa con Katia, tornai nella mia nuova camera,
esausta.
Mi buttai, quindi, sul letto, crollando definitivamente tra le braccia di Morfeo.
Beh, non era andata così male, no?
ANGOLO AUTRICE:
Buonasera care lettrici! ^-^
Ebbene sì, ho aggiornato pure oggi! XD
Sapete, mi è venuta l'ispirazione e così una cosa tira l'altra, eccomi qui!
Allora cosa ne pensate del capitolo? Vi piace? Spero vivamente di sì!
Come avrete letto, i due si sono reincontrati e il loro incontro non
è stato dei migliori, voi che dite? ahahahah e ancora non avete
visto nulla!
Fatemi, come sempre, sapere cosa ne pensate di tutto tramite una, anche
piccola, recensione. Mi sarebbe davvero gradita, ragazze, non sapete
quanto.
Comunque adesso vi saluto, bacioni a tutti! :*
Vostra Ashwini. <3
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Capitolo 5 *** Capitolo quarto: Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni. ***
04 CAPITOLO QUARTO- Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni.
Allora
ragazze, prima di lasciarvi alla lettura del nuovo capitolo, volevo
ringraziare moltissimo e con tutto il cuore le ragazze che hanno
lasciato una recensione e che continuano a seguire la storia con
dedizione, vi voglio bene ragazze, GRAZIE di tutto! <3
GRAZIE anche a chi l'ha messa tra le seguite/ricordate/preferite! *-*
Con tutto questo mi fate sempre spuntare il sorriso in viso! :)
Detto questo:
BUONA LETTURA!
Il dolore è sordo, il dolore è muto.
Il dolore è sordomuto.
Sordo perché ascolta solo se stesso,
muto perché non ci sono parole che possano parlarne.
(A. G. Pinketts)
Capitolo quarto: Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni.
<< Mami, mami guarda che bel disegno che ho fatto! >> disse una bimba di circa sei anni contenta del lavoro svolto.
<< Vediamo
tesoro? Oh, ma che bello cucciola, l'hai fatto a scuola? >> chiese
la madre dolcemente, fiera della sua bambina.
<< Sì
mami! La maestra dice che sono stata molto brava! Posso farlo vedere
anche a papi? >> chiese timidamente la bambina, sapeva che il
padre era molto occupato per via del lavoro, ma sperava vivamente che
potesse dedicarle un momentino.
<< Non
lo so tesoro mio, papà è chiuso nel suo studio da stamani
e... >> la donna si bloccò vedendo la bambina abbassare
tristemente il visetto paffutello.
<< Aspetta tesoro... vado a vedere, che ne dici? >> disse seppur dubbiosa dell'esito.
La bimba sorrise felice ed esclamò: << Sì mami, sì! >>
La
donna si diresse al piano di sopra della casa e bussò piano alla
porta d'ebano dello studio del marito. Dopo poco arrivò un
''Avanti'' alquanto seccato e la donna entrò timidamente dalla
porta richiudendosela alle spalle, con un profondo sospiro.
Un uomo stava seduto dritto su di una poltrona rosso cremisi, leggeva un documento serio e zitto.
La
donna si fece coraggio e disse: << Caro... Amia vorrebbe farti
vedere un disegno che ha fatto a scuola... potresti dedicarle un
momento? >>
L'uomo
alzò gli occhi di un bellissimo azzurro cielo dal documento che
stava leggendo e disse: << Non vedi che sto esaminando un caso
importante? Non ho tempo per certe stupidaggini >>
<< Ma
Alphonse! Tua figlia vorrebbe passare del tempo con te, tu non ci sei
mai nella sua vita, lei ne soffre anche se non lo da a vedere! Non
l'hai sentita piangere in queste notti?! Una vola mi ha chiesto se tu
non la volevi più bene e io... >> la voce fu rotta da un
pianto che pareva non scuotere l'uomo difronte a lei.
Quest'ultimo
la guardò e disse sospirando: << Marie-Anne... faccio
tutto questo per un motivo... le cose potrebbero peggiorare da un
momento all'altro e voglio che Amia sia pronta. Ora vai. >>
<< Pronta?!
Per cosa?! Non mi dici più niente ormai... io... io non
riconosco più l'uomo che ho sposato... >> disse scossa dai
singhiozzi e se ne andò da quella stanza velocemente,
sbattendosi la porta alle spalle. La donna si rinchiuse a piangere
nella propria camera da letto, come accadeva da mesi ormai. Guardava
con nostalgia le foto disposte ordinatamente nel comodino, che fine
aveva fatto l'uomo che rideva sempre, che giocava amabilmente con la
figlia al mare e in montagna... dov'era finito?!
La
bambina aveva sentito tutto e, abituata alle frequenti litigate dei
genitori, ritornò in salotto e fece da sola i compiti
assegnatogli a scuola. Voleva diventare la più brava della
classe, forse così il suo papà le avrebbe nuovamente
detto che la voleva tanto bene. Nel frattempo una lacrima solitaria
scendeva da quegli occhi così simili al padre.
Mi risvegliai dal sogno fatto sudata e ancora
tremendamente scossa. Odiavo fare quei sogni, odiavo ricordare il
passato, volevo rinchiudere tutti i ricordi passati in un scrigno in un
angolo remoto della mia mente e non aprirlo più. Volevo
dimenticare tutto. Ma a quanto pare i ricordi tornavano ancora a
tormentarmi ... Sospirai.
Guardai, ancora assonnata, la sveglia sul comodino vicino al letto e
siccome tra non molto sarebbe stata l'alba mi sbrigai a prepararmi per
il mio primo giorno di lavoro. Aprii le tende notai che la mia camera
dava sul giardino posteriore e, aperta anche la finestra, aspirai a
pieni polmoni l'aria fresca e pulita che veniva trasportata dal leggero
vento mattutino fino alla mia finestra al pian terreno.
Dopo pochi istanti richiusi la finestra e, accesa la luce, anche le
tende. Mi lavai e vestii, poi mi controllai allo specchio del bagno.
<< Forza Amia, energia al massimo! >> sorrisi al mio riflesso nello specchio con speranza e fiducia nel futuro.
Feci un giro su me stessa ed uscii dalla mia camera correndo verso le cucine per fare colazione.
Entrai e al loro interno fui contenta di trovare Katia che stava
preparando una squisita colazione a base di uova fritte, bacon, frutta,
pane appena sfornato e un bicchiere di succo d'arancia. Appena dispose
il tutto su un vassoio d'argento, alzò gli occhi e mi
notò. Mi rivolse un caldo sorriso e disse dolcemente: << Ben svegliata stellina, come stai? >>
<< Bene Katia! Tu? Per chi è la colazione? >> sperando che non si notasse il mio impellente bisogno di cibo.
La donna sorrise furba e disse: << È per l'imperatore cara, ma non preoccuparti, ne ho fatta una altrettanto gustosa anche per te! >>
Detto questo mi porse un altro vassoio con la mia colazione. I miei occhi dovevano luccicare in quel momento.
Ringraziai e
mangiai tutto cercando di rimanere composta, ma anche velocemente
perché non volevo che la colazione dell'idiota si freddasse o
chissà a quale santo mi sarei dovuta rivolgere per non scatenare
la sua ira funesta!
Salutai
frettolosamente la donna e, stando ben attenta a non rovesciare il
contenuto del vassoio, lo portai nella camera dell'imperatore; bussai
lievemente e una voce dura mi rispose di entrare.
Aperta la
porta notai che lui era già perfettamente pronto e stava seduto
tranquillamente in una delle sedie vicine al tavolino che c'era nel suo
terrazzo
personale, guardando l'orizzonte. Guardai ammirata il suo profilo
perfetto, alle prime luci dell'alba sembrava ancora più bello...
No, accidenti! Basta pensare a lui in quel modo!
Sì certo, detto così sembrava facile...
La sua voce mi riscosse: << Hai intenzione di fissarmi come se fossi dell'acqua nel deserto ancora per molto? >>
Cavolo, se ne era accorto! Che figura!
Abbattuta e
sconfitta, portai il vassoio al tavolino difronte al quale era seduto
e, non sapendo che fare, me ne stesi lì ferma ad aspettare che
dicesse qualcosa.
Lo vidi
mangiare in silenzio, con le maniere eleganti che si addicevano al
nobile quale era. Incredibile, era uno spettacolo anche solo vederlo
mangiare!
Appena ebbe
finito, si pulì gli angoli della bocca con un fazzoletto di seta
e posatolo nuovamente sul vassoio disse: << Noto con piacere che
non vi è stato bisogno di chiederti di portarmi la colazione,
ottimo: impari in fretta. Fai così tutte le mattine. Ora sistema
la camera e poi vai da Katia: ti dirà lei cosa fare. Nel
pomeriggio, invece, vieni nella palestra all'aperto e porta con te dei
dolci . >>
Appena finì di dirmi questo mi rivolse un'occhiata appena accennata e poi se ne andò via, chissà dove.
Perché
i nostri incontri avvenivano sempre così? Due battute e via,
nient'altro. Non so neanche io cosa volessi, ma... non so, trovavo
tutto questo così strano...
Di questo
passo non sarei riuscita a trovare niente di compromettente sul suo
conto! Dovevo farmi amico qualcuno vicino a lui dato che quest'ultimo
mi ignorava alla grande.
Con questi
pensieri nella testa, feci come mi era stato detto e mi diressi con
passo lento verso le cucine, sperando di trovarvi ancora Katia al loro
interno. Speranza vana, lei non si trovava più lì,
così chiesi alle altre cameriere dove si trovasse e loro
risposero che la capo-cameriera si trovava in giardino a parlare di
alcune cose con il giardiniere.
Così mi
fece indicare l'uscita per il suddetto giardino e, grazie al mio ampio
senso dell'orientamento, lo trovai piuttosto facilmente.
Katia era,
proprio come mi era stato detto precedentemente, lì. Sorrideva
amabilmente al giardiniere, ridendo spensierata.
Mi imbarazzava un po' andare a disturbarli, sembravano immersi in un modo tutto loro.
Facendomi forza mi avvicinai e con un colpo di finta tosse attirai finalmente la loro attenzione su di me.
I due mi
guardarono stralunati e poi, guardandosi a vicenda, scoppiarono in una
fragorosa risata. Ma che avevano da ridere?! Bah!
Una cosa era certa però: i due si piacevano, ed anche parecchio direi: si capiva dai loro sguardi . Che dolci, pensai con un sorriso.
<< Come mai sorridi cara? >> mi chiese la donna.
<< Chi,
io? Nulla, nulla! Piuttosto Katia, l'imperatore mi ha mandata da te per
farmi dare qualche lavoretto da poter fare. >> dissi facendo
finta di cadere dalle nuvole e salutando con un cenno il giardiniere.
Katia mi
guardò dapprima dubbiosa, forse spaventata che io l'avessi
scoperta, come una bimba che veniva beccata dalla mamma a prendere e
caramelle senza permesso. Io feci nuovamente finta di nulla e lei parve
cascarci come una pera cotta.
<< Stellina, credo che potresti aiutare Klaus con i vasi delle rose... >> disse rivolgendo un'occhiata al suddetto.
Lui disse di
si e indicandomi i vasi mi disse di portarli nella serra lì
vicino, disponendoli ordinatamente sul tavolo rotondo centrale.
Mentre mi
dirigevo alla serra con il primo vaso in mano, vidi che i due avevano
ripreso a parlare come prima: a chi volevano darla a bere di non
piacersi a vicenda? Non sarò un'esperta in amore ma certe cose
le so pure io!
In effetti,
pensai mentre riponevo il vaso sul tavolo indicatomi, non mi ero mai
innamorata sul serio, solo piccole ed innocenti cottarelle da
adolescente, nulla di importante dato che avevo i problemi della mia
famiglia a cui pensare. Ogni volta mi dicevo che tanto avevo tempo per
innamorarmi seriamente, ma in realtà ero sempre stata bisognosa
di affetto, desideravo ardentemente qualcuno che mi amasse per
ciò che ero veramente. E desideravo anch'io guardare qualcuno
come Katia e Klaus si guardavano: con amore sincero.
Uscii dalla
serra sospirando pesantemente, pensando se avrei mai trovato anch'io
qualcuno di così speciale per me un giorno.
Notai con disappunto che stavo sospirando anche troppo oggi per i miei gusti. Dovevo assolutamente pensare ad altro!
Mi concentrai
definitivamente sul mio lavoro e lo finii in poco tempo, guadagnandomi
un po' di meritato riposo fino all'ora di pranzo.
Tutto sommato, se la mia vita qui a palazzo continuava così, avrei passato un buon soggiorno in quel luogo a me alieno.
<< Cara, sto andando a preparare il pranzo a sua altezza l'imperatore, verresti ad aiutarmi? >>
Sbattei gli
occhi più volte, ridestandomi dai miei pensieri e, rivolgendo un
sorriso a Katia, la seguì ben volentieri nelle cucine del
palazzo.
Passammo il
resto della mattinata a cucinare, la cucina era una delle mie tante
passioni, con la mia situazione familiare avevo imparato presto l'arte
del cucinare e ormai ero diventata brava a fare molti piatti, anche di
diversa nazionalità.
<< Tesoro, vedo che te la cavi bene in cucina! >> mi disse Katia.
<< Già,
cucino sin da quando ero piccola. >> le risposi sorridendole
forzatamente, per via del motivo per cui era così. Lei parve
notarlo ma non mi chiese nulla al riguardo ed io la ringrazia
sinceramente con lo sguardo.
Appena finimmo, lasciammo che i camerieri di sala portassero via tutto per poi disporlo in sala da pranzo.
Io mi
affacciai dalla porta della cucina da cui uscirono e li osservai
compiere i l loro lavoro con grande maestria ed esperienza.
Osservai che
alcuni erano umani e altri invece erano demoni, la differenza si capiva
specialmente dalle orecchie un po' più appuntite di alcuni di
loro, cosa che avevo notato anche nell'imperatore.
Finito il loro
lavoro ritornarono nelle cucine, disposti ordinatamente in fila
difronte i lunghi tavoli presenti in cucina, in attesa di portare i
piatti con il cibo in sala.
Rivolsi lo
sguardo verso Katia, anche lei come gli altri a palazzo lavorava sodo e
con grande energia, tutti sembravano essere contenti dei loro ruoli.
Tutti rispettavano l'imperatore e vivevano in pace la loro vita
all'interno delle istituzioni dell'impero di Alloces. Nessuno di loro
sembrava avere quel terrore nei riguardi dell'imperatore che avevamo
provato noi esseri umani all'arrivo dell'armata nemica due giorni fa.
Possibile che fosse un così buon sovrano?
Eppure... eppure sembrava un essere tanto spietato e privo di sentimenti!
In quel momento realizzai che dovevo andare affondo nella faccenda, indagare bene su tutto prima di compiere azioni avventate.
Per adesso
avevo trovato una buona amica in Katia e anche il giardiniere Klaus
sarebbe diventato un ottimo amico col tempo. Speravo vivamente di farmi
nuovi amici oltre a loro, volevo approfittare della situazione e
trovare persone sincere che potessero consigliarmi in meglio e per il
mio bene, desideravo provare quelle emozioni che solo un vero amico ti
sa dare e passare con lui le mie giornate, tra risate e affetto.
Cose che non avevo potuto approfondire sulla Terra, cose di cui mi accorgevo di avere un disperato bisogno.
Ora che ci pensavo, dovevo premurarmi di chiedere a qualcuno com'era la situazione sulla Terra! Che sbadata che ero stata!
Poi sentii il
rumore delle imponenti porte della sala da pranzo aprirsi e rivolsi lo
sguardo nuovamente lì. Da esse entrarono due maggiordomi che si
diressero uno a sinistra e uno a destra e, con un profondo inchino,
annunciarono l'entrata di sua maestà l'imperatore Andras.
Quest'ultimo entrò con il suo solito passo elegante e fiero,
consapevole del suo status sociale e della sua enorme forza. Si
andò a sedere a capo di quel lungo tavolo da pranzo finemente
decorato come le sedie, su cui erano disposti i cibi portati in
precedenza.
Troppo
impegnata ad osservare la sua figura non avevo notato l'altrettanto
elegante figura di una splendida donna, essa doveva essere la madre
dato che si sedette proprio accanto all'uomo, somigliava molto al
figlio, le uniche differenze erano gli occhi, infatti quelli del figlio
erano di un blu impossibile con delle piccole pietruzze violacee
attorno alla pupilla, mentre quelli della madre erano di un verde
smeraldo, più scuri ai margini dell'iride. Mentre l'altra
differenza erano le labbra, il figlio le aveva più carnose della
madre che, al contrario, le aveva molto fini.
I due
mangiarono in religioso silenzio, quest'ultimo rotto solo dai lievi
rumori delle posate e dai passi dei camerieri che portavano subito via
i piatti consumati e altri ancora versavano da bere ai due reali.
Mi chiesi dove
fosse il padre dell'imperatore ma probabilmente doveva essere morto se
c'era Andras al suo posto a regnare. Mi bloccai sul posto raggelata,
come se mi avessero buttato addosso dell'acqua fredda. Io... io lo
avevo chiamato per nome... o meglio pensato, ma è la stessa
cosa, ma... come cavolo mi era venuto in mente di farlo? Ero forse
impazzita?! In poco tempo quell'uomo mi era entrato dentro come se la
mia anima non aspettasse altro da tempo. Perché provavo tutto
questo, cosa mi stava accadendo?
Infuriata
rivolsi un'occhiata di fuoco alla persona che stava ormai prendendo
possesso della mia mente e quello come richiamato da una qualche forza
si girò verso di me di scatto. I nostri occhi si incontrarono e
ancora provai quel vortice di emozioni mai provate e a cui non sapevo
ancora dare un nome ben preciso. Distolsi per prima lo sguardo e mi
maledì per questo.
Poi mi
sentì picchiettare alla spalla e girandomi completamente mi
accorsi che Katia mi faceva cenno di chiudere l'uscio della porta
così feci quanto detto ed andai ad aiutarla a lavare i primi
piatti sporchi.
<< Katia,
posso chiederti una cosa? >> domandai piano alla donna al mio
fianco che asciugava i piatti che io lavavo e le porgevo.
<< Certamente
mia cara, cosa c'è? >> rispose altrettanto piano, forse
non volendo attirare l'attenzione degli altri su di noi.
<< Ecco,
mi chiedevo se fosse sempre così... intendo se i pasti sono
sempre tanto silenziosi. >> mi feci coraggio a chiedere, sperando
di non risultare troppo curiosa dei fatti altrui.
<< Si
stellina, è sempre stato così da quando ho memoria. Vedi,
io ho sempre lavorato in questo castello, servendo con dedizione la
famiglia reale, avrai certamente capito che io sono una dei pochi
esseri umani presenti qui a palazzo. Anch'io come te sono stata portata
qui da soldati dell'impero quando ero ancora una vispa
giovinetta.>> disse alzando lo sguardo al soffitto, come preda
dei ricordi del passato.
<< Ma...
come?! Io credevo che solo ora, con la guerra, avessero deportato noi
esseri umani qui nell'impero! >> dissi incredula.
<< No
cara, devi sapere che tempo fa già alcuni di loro sono venuti
sulla Terra ad ispezionare i nostri territori, così da essere
preparati per la successiva invasione che è per l'appunto
accaduta due giorni fa. Durante quest'ispezione e altre successive
prelevarono alcuni esseri umani e li portarono qui. Hanno compiuto
questo procedimento non solo per noi ma anche per altre razze, se vai
in città noterai che non tutti hanno le stesse caratteristiche
fisiche, anzi l'impero vanta molte varietà di razze provenienti
da altri pianeti e relativi regni. L'impero è molto vasto cara,
il padrone domina incontrastato su almeno una ventina di pianeti, e
nessuno di questi è mai tornato ad essere libero come un tempo.
Questo è uno degli imperi più vasti e potenti che
esistano. >> disse seria e, per la prima volta da quando la
conoscevo, senza nessun accenno di sorriso.
L'enormità di questa realtà mi cadde addosso come un
macigno. Quindi, non c'erano davvero speranze di ritornare ad essere un
mondo libero? Davvero era tutto perduto?
Il mio sguardo
si fece assente, perduto nel vuoto, era come se un'ombra oscura fosse
calata nella stanza, avvolgendomi nella sua morsa.
Fu come se il tempo si fosse bloccato, tutto sembrava immobile e terribilmente inquietante.
No... no... non poteva essere davvero così! Mi rifiutavo di accettarlo!
<< So che
la situazione sulla Terra non è delle migliori, mi sono giunte
voci sul fatto che ormai ben pochi stati stiano riuscendo a porre
resistenza. Ma ciò è dovuto ad un dispendio di vite umane
enorme. L'esercito dell'impero è troppo forte. >>
continuò la donna.
<< Tu
continui a servire questi mostri con devozione dopo che ci stanno
schiavizzando così?! >> dissi tremante di rabbia.
Katia mi
guardò attentamente e sospirando disse: << Credi che in
passato non abbia provato a scappare? Credi che non mi sia chiesta
più volte cosa avessi fatto di male nella mia vita per meritarmi
tutto questo? I primi tempi fu dura, credevo che sarei impazzita, poi
però ho incontrato Klaus... lui mi è stato d'aiuto e mi
ha tenuto compagnia in questi anni, mi ha presentato le mie attuali
amiche ed è grazie a lui se adesso vivo felice qui, se mi sono
adattata. Anche tu imparerai con le giuste compagnie che si sta molto
meglio qui che sul nostro pianeta, l'imperatore governa con saggezza e
giustizia, sotto il suo regno le popolazioni conquistate hanno
acquistato una ricchezza mai avuta in passato e vivono in pace tra
loro. >>
Posai i piatti
di fine porcellana che stavo lavando sul tavolo da cucina così
duramente che per poco non si ruppero e dissi con in viso una smorfia
di disgusto: << No, io non mi arrenderò mai, non
avrò pace finché la Terra non tornerà ad essere il
mondo libero di una volta! Non sarà un posto perfetto pieno di
gente perfetta, ma è casa mia e io intendo ritornarci! >>
Vidi che aveva
assunto un'espressione triste ma troppo presa dalla rabbia mi girai
velocemente e mi diressi a grandi falcate in camera mia.
Mi richiusi la
porta alle spalle con un sonoro tonfo e fermandomi rabbiosa al centro
della camera dissi: << No, io non mi sottometterò mai a
loro. Mai! >>
L'idea che nel
pomeriggio sarei dovuta andare a portare dei dolci a quel bell'imbusto
mi disgustava profondamente. Non volevo passare un minuto di più
in quel posto!
La sola idea
di essere di nuovo guardata dall'alto in basso mi faceva montare su una
furia cieca. Lo odiavo, odiavo tutto di quel perfido essere!
All'improvviso, sentii bussare alla porta e, cercando di calmarmi, andai ad aprire alla persona dietro di essa.
ANGOLO AUTRICE:
Buonasera care lettrici che mi seguite! Avete visto? Ho aggiornato un giorno prima del previsto: sono fiera di me stessa! ^-^
Allora, il capitolo vi è piaciuto? Cosa ne pensate della storia? Procede bene? XD
Infine, vi
piace il banner con il titolo e i protagonisti della storia che ho
provveduto ad inserire all'inizio di ogni capitolo?
E avrete
certamente notato il banner personale di Amia! Provvederò a
mettere anche quello di Andras nel prossimo capitolo!
E vi dico di più: ce ne sarà uno per ogni personaggio importante della storia! Vi piace l'idea?
Per entrambi e per i successivi, ringrazio Jess' Graphic, che è stata così gentile da farmeli dato che io sono una frana in queste cose, ahahahah.
Ed infine, cosa ne pensate dei personaggi fin qui apparsi?
A me
personalmente piace molto Katia, sarà d'aiuto e di grande
sostegno morale alla nostra protagonista con l'andare avanti della
storia. :)
Bene, vi
lascio con queste domande a cui spero darete risposta nelle recensioni,
non mi stancherò mai di dirvi che mi interessano moltissimo i
vostri pareri! <3
Baci, Ashwini. :*
|
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Capitolo 6 *** Capitolo quinto: Confronto, dolore e strane reazioni. ***
df
Buonasera care lettrici che mi seguite! ^-^
Come promesso qui sotto troverete il banner personale del nostro tenebroso Andras! *-*
Spero vi piaccia e, ovviamente, anche per questo ringrazio Jess' Graphic.
Ringrazio moltissimo anche tutte
coloro che recensiscono i capitoli della storia e anche chi l'ha messa
tra le preferite/ricordate/seguite!
Non sapete quanto ne sia felice, quindi GRAZIE! <3
Credo proprio che il capitolo vi sorprenderà, soprattutto alla fine. Basta, non dico altro. XD
BUONA LETTURA!
A volte quello che è più giusto per te non è giusto per il tuo cuore.
A volte è difficile scegliere fra la cosa giusta per te ma che non ti
renderà mai veramente felice e quelle giusta per il tuo cuore che
ti renderà sia felice che triste.
Capitolo quinto: Confronto, dolore e strane reazioni.
Mi
sono sempre chiesta fin dove il dolore e l'odio possano spingere una
persona. In giro ho visto persone che venivano consumate dal dolore,
trasformandosi in reietti della società, privi di qualsiasi
ragione di vita, immobili nel tempo.
Ho
visto altri ancora cadere in baratri così profondi e bui da non
riuscire più a risalirne, restando intrappolati nell'odio
profondo, corrosi irrimediabilmente nell'anima, perché l'odio
solo a questo porta se se ne fa la propria ragione di vita. Ho sempre
pensato che è da sciocchi consumare la propria vita per odiare
una persona, l'odio non porta a nulla se non ad una vita priva di
significato, fredda come la morte. Molti mi dicevano che finché
non provi un dolore così acuto da smuoverti l'anima e causarti
la rottura di un qualcosa presente nel tuo cuore, allora non sai
cos'è veramente odiare qualcuno.
Che
poi cos'è veramente l'odio? Io non ho mai odiato una persona,
si, devo pur ammettere almeno a me stessa che nella mia vita ne ho
incontrate di persone altamente antipatiche, che evitavo peggio della
peste ma... Odiare? No, l'odio è un sentimento troppo forte e
oscuro, se affermi di odiare una persona devi prima essere sicuro di
non sopportarla in tutti i sensi, insomma non si può dire '' Lo
odio'' così, dal nulla! Almeno, io ho sempre pensato così.
Eppure...
eppure penso di capire solo adesso come si sente una persona che odia
con tutta l'anima un'altra persona, perché si dopo tutto quello
che mi era accaduto non potevo non odiare Andras, si, lo odiavo, ormai
ne ero certa.
Ed
era proprio odio quello che adesso traspariva con tutto il suo fervore
dai miei occhi color del cielo, rivolti verso di lui. Già,
perché era lui che aveva bussato e a cui ero andata ad aprire
alla porta della mia camera.
Devo ammetterlo, lui era di certo l'ultima persona al mondo che mi aspettavo di trovare dietro di essa.
L'odio
profondo con cui lo guardavo era ben ricambiato ovviamente, ormai mi
chiedevo se quel demone potesse mai provare un qualche sentimento oltre
l'indifferenza e l'odio per gli esseri che riteneva inferiori a lui.
L'azzurro cielo dei miei occhi sprofondava come risucchiato dalle profondità degli oceani che aveva al posto dei suoi.
Non
ebbi il tempo di dire qualcosa, di poco carino ovviamente, che la sua
mano partì a tutta velocità per darmi uno schiaffo che mi
colpì la guancia con tutta la sua potenza, lasciandomi
sicuramente un segno rosso su di essa che sarebbe restato per un bel
po'. Ero a dir poco sconvolta e facendo ricorso a tutto l'orgoglio che
possedevo cercai di trattenere le calde lacrime che minacciavo di
fuoriuscire dai miei occhi spalancati per lo shock.
<<
Credevo di essere stato chiaro quando stamattina ti avevo ordinato di
essere in giardino nella mia personale palestra all'aperto a portare
dei dolci da mangiare dopo l'allenamento per me e il mio amico, ma vedo
che forse tu sei dura di comprendonio. Già, forse ti serve una
lezione così che prima di disobbedire ai miei ordini tu ci pensi
su due volte, eh? Che dici?! >> mi ringhiò ad un passo dal
fisso.
La
sua frase era chiaramente ironica, infatti non mi diede il tempo di
rispondere perché mi trascinò violentemente per il polso
lungo i corridoi dell'area del palazzo riservata alla servitù.
Gemetti per il dolore.
Arrivammo
davanti ad un portone, poi lui lo aprì con una sola mano come a
dimostrarmi la sua enorme forza e mi buttò malamente a terra,
nel bel mezzo del giardino esterno. Alzai lo sguardo sofferente ma lo
fissai ancora con odio perché non volevo assolutamente che
vedesse quanto profondamente mi avesse ferita nell'orgoglio, non me lo
potevo permettere.
Lo
vidi urlare a tutti i servitori, che stavano svolgendo qualche mansione
in giardino, di avvicinarsi immediatamente nel luogo in cui ci
trovavamo.
Appena
questi ultimi fecero quanto ordinato lui disse apparentemente calmo ma
con tutta la rabbia che traspariva dal suo sguardo:
<< Vedete? Questa ragazza ha osato disobbedire ad un mio ordine! >>
A
quelle parole tutti si bloccarono impietriti sul posto e mentre
parlottavano di non so cosa, li vidi guardarmi con compassione evidente.
<< Bene, che dite, gli facciamo vedere come puniamo quelli come lei qui? >> continuò imperterrito.
Non
appena finì la frase alzò il braccio destro e vidi le sue
unghie diventare lunghe e taglienti, esse risplendevano di un rosso
fuoco. Mosse la mano come a darmi un'artigliata e fu come se delle lame
infuocate taglienti si dirigessero a gran velocità verso di me.
Chiusi gli occhi di scatto.
Sentì
chiaramente i miei vestiti strapparsi e aperti gli occhi non seppi se
sospirare di sollievo perché non ero ferita o sotterrarmi nel
terreno per sempre dato che mi ritrovai semi-nuda difronte a tutta
quella gente. Arrossì violentemente per la vergogna cercando di
coprirmi come meglio potevo, cercando con foga di non far scivolare dal
mio corpo anche quei pochi stracci che ancora mi ritrovavo addosso per
non so quale miracolo.
Arrivato
a velocità disumana vicinissimo a me e con la sua bocca che
sfiorava il mio orecchio mi sussurrò minaccioso: << Spero
che adesso tu abbia imparato la lezione perché credimi quando ti
dico che la prossima volta non straccerò in mille pezzi solo i
tuoi preziosi vestiti... >> lasciò la frase in sospeso
lasciandomi intendere con orrore cosa avesse omesso di dire.
Con
la stessa velocità si dileguò chissà dove,
lasciandomi lì a morire dalla vergogna. Furiosa mi rialzai e
corsi subito dentro, diretta nuovamente nella mia camera per darmi una
sistemata.
Arrivata
a destinazione caddi a terra scivolando con la schiena sulla porta
appena richiusa e piansi tutte le lacrime che fino ad allora avevo
trattenuto con grande sforzo.
Probabilmente
qualcuno che passava di lì mi sentì e busso con fervore
alla porta su cui ero appoggiata con la schiena, dicendomi di aprire
subito. Beh, peggio di così...
Aprii e mi ritrovai difronte la faccia preoccupata di Katia che mi si gettò addosso abbracciandomi.
E che, subito dopo aver richiuso la porta, mi chiese piano, forse per
paura di turbarmi troppo: << Cara, ma cosa ti è accaduto?
Chi ti ha ridotto in questo stato, eh? >>
<<
L'imperatore... mi... ha punita... e... squarciato... i... vestiti...
>> risposi preda dei singhiozzi, cercando di asciugare le lacrime.
Ormai ero definitivamente crollata, era stato troppo anche per una come me.
<< Mio Dio... Vieni stellina, diamoci una sistemata! >> mi disse ancora piano con dolcezza.
Mi
portò in bagno, mi aiutò a lavarmi e dopo anche a
vestirmi. Non mi chiese più nulla e di questo gliene fui molto
grata ma tanto quelli che avevano assistito alla scena le avrebbero
certamente raccontato tutto nei minimi dettagli. Sarei stata il
pettegolezzo del giorno dopo, pensai tristemente rannicchiandomi nel
letto in posizione fetale. Katia mi mise addosso una coperta e dandomi
una carezza e un bacio in fronte se ne andò silenziosamente via.
Aprii
gli occhi ancora assonnata, cavolo, dovevo essermi addormentata dalla
stanchezza... Sbadigliai e mi guardai attorno. La stanza era buia,
ormai il sole era calato all'orizzonte lasciando il posto a quella che
doveva essere la luna piena di quel pianeta, che risplendeva alta nel
cielo in tutta la sua bellezza. La guardai ammirata.
<< Mami, mami! Com'è bella la luna! >> disse una bambina di circa otto anni sorridendo felice al cielo.
<<
Si tesoro, è stupenda. E la sai una cosa? >> disse
dolcemente la madre alla figlia, abbracciandola da dietro.
Madre e figlia si trovavano nel giardino sul retro della casa ad osservare la luna piena.
<< Cosa mami? >> rispose incuriosita la figlia girandosi a guardare la madre.
<<
La luna splende nel cielo illuminando la notte... beh tesoro mio, tu
sei la luna che splende e illumina la mia vita. >> disse la donna
con gli occhi pieni d'amore materno.
La bambina pianse di gioia gettandosi tra le braccia della madre, bisognosa d'affetto.
Perché il padre non le diceva mai queste cose? La odiava, forse?
Una
lacrima ribelle scese dal mio viso a quel piacevole quanto doloroso
ricordo. La asciugai con rabbia, basta... volevo dimenticare tutto!
Perché mi tornavano in mente quei ricordi, perché?!
Poi
il mio stomaco brontolò, facendomi presente che io non avevo
cenato quella sera. Così con uno sbuffo mi alzai dal letto e
dopo essermi messa le scarpe uscì dalla mia camera e mi diressi
lentamente verso le cucine, sperando di trovare qualcosa da
sgranocchiare.
Percorsi
tranquilla i corridoi, cercando però di fare meno rumore
possibile così che non rischiassi di svegliare qualcuno.
Nel
frattempo mi guardavo intorno annoiata, priva di un reale interesse.
Sospirai, affranta, pensando che ero lì da già tre giorni
e ancora non avevo scoperto nulla di utile alla mio obbiettivo.
Poi
mi bloccai scorgendo una figura camminare silenziosa nel buio della
notte. Assottigliai lo sguardo, cercando di mettere a fuoco quella
persona per vedere se la conoscevo. Magari era Katia che... No,
decisamente non era Katia! Quello era... era Andras!
Agitata mi nascosi immediatamente dietro una colonna che separava il corridoio all'aperto dal giardino.
Ma
che cavolo ci faceva quello li nel giardino in piena notte! Sembrava
tanto un anima in pena con quello sguardo così... possibile che
fosse veramente triste? Insomma stiamo parlando di Mr. Ghiacciolo!
Sembrava così assurdo, eppure...
Mi sporsi da dietro la colonna per vedere dov'era e... Non c'era più, era sparito! Ma un attimo fa era lì!
Poi sentii dietro di me lo spostamento di una massa d'aria che mi scompigliò i capelli. Che cosa... ?
Mi girai e pregai i santi e gli dei di tutte le religioni perché quello che avevo davanti fosse solo un'allucinazione.
Lo
sguardo di Andras si fece più cupo e ostile, mi fissava
dall'alto in basso con superiorità e una smorfia dipinta in
quello splendido viso che sembrava essere stato scolpito ad arte da
Michelangelo.
Okay,
adesso sì che mi avrebbe scuoiata viva! Dovevo trovare il modo
per defilarmela, accidenti a me che mi era venuta la malsana idea di
andare in giro di notte in cerca di cibo! Guardai con la coda
dell'occhio dietro di lui e vidi che avevo solo le due direzioni del
corridoio come via di fuga, poi mi rigirai verso di lui e... Cazzo, mi
aveva beccata!
Mi
osservava con un certo divertimento negli occhi blu resi ancora
più profondi dall'oscurità della notte. Aspetta!
Divertimento negli occhi? Dovevo avere le allucinazioni!
<<
Credevi non mi fossi accorto di te? Il tuo odore è così
puzzolente... e poi... noto una certa agitazione in te, che c'è
scocciatura, hai paura di restare da sola con me? >> mi chiese
con un'aria di sadico compiacimento negli occhi.
Sì cazzo, sì! Cioè no! Arg... !
Mentre
mi maledicevo ancora per la pazza idea che avevo avuto, lui continuava
a guardarmi aspettando una risposta e successivamente mise le mani ai
lati della mia testa, appoggiandole al muro dietro di me e
intrappolandomi tra le sue braccia muscolose.
<< Vedo che il gatto ti ha mangiato la lingua! >> continuò.
<<
Ehm... >> Cavolo, ma perché mi doveva fissare
così?! Quando lo faceva non riuscivo più a formulare una
frase di senso compiuto, accidenti a lui!
<<
No! >> gracchiai << Mi stavo dirigendo nelle cucine per
fare uno spuntino dato che non ho cenato... >> terminai con voce
lieve.
<< Capisco... >> disse togliendo le braccia appoggiate al muro e girandosi.
Ma
io potei vedere lo stesso il suo sguardo riprendere quella sfumatura
triste di poco prima. Mi chiesi ingenuamente cosa fosse successo, cosa
rendesse la sua anima così tormentata. Mi chiesi se io potessi
fare qualcosa per curare quelle ferite che sembravano straziarla e per
questi sciocchi pensieri mi maledì ancora di più. Lui era
un tiranno, mi aveva umiliata davanti a tutti, non dovevo pensare certe
cose su di lui!
Basta!
Mi lascia sopraffare dall'istinto, mi spinsi verso di lui allargando le
braccia e... lo abbracciai da dietro, avvolgendolo tra le mie braccia e
poggiando la guancia sulla sua schiena.
Fu come se il gelo che albergava dentro di lui si insediasse un po' in me, rendendo il suo peso più leggero.
Eppure era tutto così caldo e... piacevole.
ANGOLO AUTRICE:
Bene bene... *sorride a trentadue denti* ... Vi ho sorpresi, adesso? XD
Credo che tutti volevamo uccidere nel peggior modo possibile
Andras all'inizio del capitolo, ditemi ve lo aspettavate che fosse
proprio lui che aveva bussato alla porta nel precedente capitolo?
ahahahah.
La fine è stata decisamente bella, eh? Voi che dite? XD
Insomma, in quante ve lo sareste mai immaginati quello che ha fatto Amia alla fine del capitolo?
Magari che dite di farmi contenta facendomi sapere tutti i vostri
pareri in qualche bella recensione? *occhi cucciolosi del gatto con gli
stivali di Shrek*
Inoltre avete anche un motivo in più per recensire
stavolta: Volete che ne prossimo capitolo ci sia un Pov. Andras? Volete
sapere cosa passa per la testa del bel demone? Beh, ditelo in una
recensione! Che dite, ci arriviamo a cinque o sei?
Baci, vostra Ashwini. :*
Spazio pubblicità:
Vi consiglio una storia che sto attualmente seguendo con grande
passione: ''Wolf's Blood'' di xlovefood, veramente ben fatta e di
grande interesse! ;)
*Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053
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Capitolo 7 *** Capitolo sesto: Insieme, entrambi turbati dal passato. ***
fd
Hallo everyone! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo, vi avviso che è un po' più
lunghetto del solito. Sapete l'ispirazione mi ha posseduta! XD
Spero non vi dia noia e che vi piaccia.
Come avvisato nel precedente capitolo, ho provveduto ad inserire per la
prima volta in questa storia... *musica avvincente in sottofondo* ...
il pov. Andras!
Ho cercato di immedesimarmi il più possibile, cercando di rendere al meglio ciò che prova e i suoi pensieri.
A me è piaciuto molto scrivere questa parte. :)
Speriamo solo che vi piaccia! Il suo Pov sarà circa a metà del capitolo.
Bene, adesso vi lascio alla lettura del capitolo. Quindi...
... BUONA LETTURA!
Se rimaniamo troppo legati al passato
il futuro potrebbe non arrivare mai.
Capitolo sesto: Insieme, entrambi turbati dal passato.
Pov. Amia
Un piacevole torpore si espanse attraverso ogni fibra del mio
corpo arrivando fino al cuore che prese a battere furiosamente nel
petto.
Fu allora che il mio cervello realizzò veramente quanto era
accaduto, scosso da quella reazione improvvisa del mio cuore mai
avvenuta in vita mia, inspiegabile e misteriosa. Non capivo cosa mi
stava accadendo. Era tutto nuovo per me... e la cosa mi spaventava,
terribilmente. Così mi staccai come scottata e indietreggiai,
ancora stordita, verso la parete e, appoggiandomi ad essa, vidi Andras
ancora lì, dove lo avevo lasciato, immobile come una statua.
Era un buon segno? Pensai spaventata da una alquanto possibile risposta negativa.
Bene, ero fottuta.
Vidi tutta la scena a rallentatore: lui che si girava verso di me, lui
che mi guardava con occhi spalancati, sorpreso forse ed effettivamente
ne aveva tutto il diritto dato che io stessa ancora non mi capacitavo
del mio assurdo gesto. Poi il mio cuore iniziò a battere
furiosamente nel petto quando lui riprese in meno di un nano secondo la
sua facciata da demone insensibile e spietato, ma quando lui mi
lanciò un'occhiata che avrebbe fatto raggelare il sangue nelle
vene persino a Satana in persona pensai che dovevo per forza essere
impazzita a compiere quel gesto. Per cosa poi? Per averlo visto...
triste? Nah, lui era Mr. Ghiacciolo, non poteva essere triste! Era
assurdo!
Giusto... ?
A quel punto non sapevo più cosa pensare, era tutto così strano...
Presa dalle mie elucubrazioni mentali non mi accorsi minimamente che si
era avvicinato a me ad una velocità sovrumana, comparendomi
difronte come il giustiziere divino.
Oh. Cazzo.
Era arrivata la mia ora. Me lo sentivo.
Stupida, stupida, stupida.
Perché ero sempre così impulsiva?! Perché cavolo me le andavo a cercare le cose?!
Beh... stavolta non era certo colpa mia però!
Ormai quando c'era lui di mezzo mi comportavo in modo totalmente diverso dal normale, addio Amia e benvenuta Miss Balbuziente!
<< Perché? >> mi domandò poi lui
all'improvviso, freddo e glaciale come solo lui sapeva essere. Ma
riuscì chiaramente a percepire una nota di confusione nella sua
voce. E ora? Cosa gli rispondevo? Anch'io ero confusa e non sapevo che
cosa mi era preso!
Inventa una scusa , inventa una scusa, mi dissi, ansiosa.
Al diavolo, avrei improvvisato!
<< Così... insomma, eri lì ed io... ehm... >>
cavolo, non sapevo davvero che dire poi, l'illuminazione di Budda.
<< ... sono inciampata! >> quasi strillai con voce isterica.
Ed il premio per la più grande cavolata mai detta va a... Amia Prime! Sì!
Però, ripeto: era solo colpa di Andras se l'Amia di sempre se ne andava in vacanza ai Caraibi in sua presenza.
<< Inciampata...? >> ripeté lui e giurai sembrasse quasi divertito dalla situazione.
E grazie, qui quella che stava facendo la figura della scema ero io, non lui!
<< Beh sì! Problemi?! >> dissi stizzita dalla situazione.
<< Figurati, ma cerca una scusa più credibile la prossima
volta, almeno non ci fai la figura della gallina senza cervello.
Insomma, avrei giurato fossi un tantino più... come dire... ah
sì! Intelligente, ma forse non sai neanche cosa significhi
questo vocabolo, vero? >> disse con un mezzo sorriso che a me
sembrò lo stesso del gatto di Cenerentola.
Voleva giocare il signorino? Bene.
<< Sei tu quello che spera l'abbia fatto apposta non io! >>
dissi orgoiosa dalla mia trovata, incrociando le braccia sotto il seno
e sperando così di risultare il più minacciosa possibile.
Altra trovata geniale.
Lui alzò un sopracciglio e storse il naso, poi indicandomi con
un dito e alzando il mento in modo altezzoso disse: << Questo
doveva essere un gesto intimidatorio? >>
<< Sì! Comunque non cambiare discorso! >> risposi a tono.
<< Io non cambio discorso, semplicemente trovo tutto ciò
che fai molto buffo. >> disse incrociando anche lui le braccia al
petto.
E notai con grande disappunto che si, decisamente lui era molto più minaccioso di me.
<< Allora? >> dissi riprendendo il discorso. Se sperava di farla franca si sbagliava!
<< Allora, cosa? >> rispose facendo finta di nulla.
<< Lo sai! >> quasi urlai esasperata. Non lo avrei ripetuto
ancora semplicemente perché sapevo che i suoi erano solo dei
metodi per prendimi in giro e farmi sembrare il giullare di corte.
Lui alzò le spalle facendo ancora finta di non sapere a cosa mi
stessi riferendo, così seccata ed esasperata lo sorpassai e mi
avviai verso la mia camera, ormai mi era passata anche la fame. Parlare
con lui era fin troppo stancante per i miei gusti.
Ma non feci molta strada perché mi bloccò trattenendomi con una presa ferrea per il polso.
Però... non era come quella che questa mattina mi aveva
trascinata verso la mia prima umiliazione infertami da lui stesso.
Ferrea ma... non aggressiva ecco.
Mi scappò un sorriso che lui non mancò di notare, infatti
mi guardò come se fossi pazza. E forse un po' lo ero, mi dissi
allargando ancora di più il sorriso, ormai neanche io sapevo
più che pesci prendere, quindi... Allegria!
Lui alzò gli occhi al cielo e, pensando forse che fosse meglio
ignorare le mie stranezze, disse calmo: << La verità
è che sono sorpreso. Nessuno lo aveva mai fatto prima d'ora...
Comunque devi ammettere di averlo fatto apposta, è praticamente
impossibile un'altra ipotesi che non sia questa! >>
Altra cosa che non sopportavo di lui: il suo essere freddo e scostante in qualsiasi situazione.
Inoltre, appena notavi un minimo cambiamento d'umore lui subito ergeva
muri su muri. In quei pochi giorni potevo affermare con certezza che
era praticamente impossibile capire quel demone, ero sicura che a forza
di cercare di trovare una spiegazione logica ai suoi comportamenti
sarei diventata pazza!
<< Uffa, credi quello che vuoi. Adesso posso andare?! >>
gli risposi ancora di spalle, ero certa che se avrei incontrato i suoi
occhi ad una distanza così ravvicinata mi sarei nuovamente
bloccata e questo non doveva assolutamente succedere. Non volevo fargli
vedere l'ascendente che già possedeva su di me.
Lui inaspettatamente mi lasciò il polso e seppur girata potei
sentire i suoi passi silenziosi percorrere il corridoio dal lato
opposto al mio.
Solo allora mi girai verso di lui. Lo vidi camminare lentamente e con
il suo caratteristico passo elegante. Sembrava che un'aria oscura lo
accompagnasse perennemente.
Strinsi i pugni.
Voglio davvero lasciarlo andare via
così? Eppure sembrava che ad entrambi facesse bene la rispettiva
compagnia, almeno questo devo pur ammetterlo. Lui appariva
più...umano.
No, non potevo. Chiudendo forzatamente gli occhi mi dissi che era
maledettamente vero. Solo che io... io non potevo farlo, dannazione.
Volevo ma non potevo, il che era ancora più grave.
Sospirai, frustrata. Volevo davvero farlo e cacciarmi in guai ancora
più grossi se possibile? Volevo davvero espormi così
tanto con lui? Volevo davvero stargli accanto dopo quello che aveva
fatto al mio popolo e soprattutto a me?
Sì. Lo volevo.
Aprii di scatto gli occhi e presa la mia pazza decisione lo chiamai
piano, sicura che con il suo fine udito mi avrebbe comunque sentita
perfettamente.
Infatti non appena pronunciai il suo nome lui si fermò senza però girarsi.
Così prendendo un bel respiro per farmi coraggio, mi avvicinai
lentamente a lui e non appena gli fui vicino lo tirai lievemente per la
manica della giacca in pelle nera, facendogli così segno di
seguirmi.
La cosa che più mi sorprese fu che lui lo fece.
Non conoscevo ancora bene il palazzo ma fino ad ora il mio luogo
preferito era senz'altro la serra delle rose. Mi era piaciuto
sistemarne i vasetti la mattina in essa, beandomi del loro squisito
odore ed anche di quello degli altri meravigliosi fiori lì
presenti, tutti colorati e profumati. Allora mi ero ripromessa di
andarci nuovamente, magari per leggere un buon libro nei momenti
liberi, ma non mi sarei mai aspettata di riandarci insieme a lui.
Così mi diressi proprio lì, entarmbi eravamo silenziosi
ma l'atmosfera creatosi risultava comunque piacevole in un certo senso,
stavamo in armonia.
Ma tu non eri quella che dicevi di odiarlo? Ed ora guardati, te lo
porti d'appresso per cosa? Consolarlo? Certo, e per cosa poi, non sei
neanche sicura di ciò che prova e neanche di cosa sia accaduto
per far si che fosse così!
Mi fece presente la voce petulante nella mia testa che io, come
prima, ignorai alla grande. Ormai la decisione era stata presa ed io
ero una che portava sempre a termine i propri obbiettivi, senza
guardare in faccia nessuno.
Aprii senza indugio la porta della serra non appena le arrivai difronte, entrando sicura di me.
Chissà cosa stava pensando lui in questo momento...
Pov. Andras
Quella sera stavo seriamente male. Altrimenti come cazzo mi era venuta in mente la malsana idea di seguire quella mocciosa?!
Notai che mi aveva portato in una serra piena di fiori, soprattutto di rose di ogni genere. Che schifo, odiavo i fiori.
E poi che cosa credeva di fare? Mi era ignota la risposta.
Eppure non avevo potuto fare altro che seguirla stressato com'ero. Quel
giorno avevo avuto una riunione davvero pesante, problemi nei paesi ad
ovest del paese. Insurrezioni e carestie vi dilagavano ed ancora non
trovavo un rimedio funzionante che fosse però anche permanente.
Non potevo ordinare di uccidere tutti, sarebbe stato sciocco ed
inutile, un comportamento che avrebbe fatto sembrare l'Impero di
Alloces debole e ciò era assolutamente inconcepibile.
Il mio era uno dei grandi imperi che dominavano la galassia e tale doveva restare.
Mi passai una mano sul viso, cercando di scacciare i cattivi pensieri.
Sapevo di apparire duro ed insensibile agli occhi degli altri. Ma
sapevo anche di non poter fare altrimenti, il mondo in cui vivevo aveva
bisogno di un sovrano forte e che sapesse mantenere un governo saldo e
sicuro, impenetrabile.
Così ero stato cresciuto, privo di una qualsiasi forma di affetto.
A cinque anni mio padre mi aveva già spedito in Accademia ad
imparare l'arte della guerra e le materie inerenti a tutte le forme di
conoscenza.
Forte ed intelligente, questo era ciò che richiedeva essere un principe.
Doveri ed obblighi, questo era ciò che si andava addossando
sulle mie spalle di anno in anno. Il carico sempre più pesante.
Sopportarlo sempre e comunque, questo era ciò che mi insegnavano.
Vissi lì in Accademia molti anni della mia vita, tornando solo
per le feste mondane a cui ero tenuto a partecipare e ad eventi
politici a cui l'erede doveva essere presente accanto ai sovrani.
Ma quando tornavo a casa in quei brevi periodi era tutto meccanico, freddo e privo di sentimento.
Sapevo che i miei genitori si erano sposati solo per fattori di
convenienza politica, il loro era un matrimonio senza... senza
ciò che la gente chiamava... Amore. Che parolona, io non sapevo
minimamente cos'era quel sentimento.
In molti libri e raccolte poetiche ne parlano, lo definiscono un
sentimento puro ed universale, unica ragione di vita di un essere
vivente.
Tutti lo cercano e passano addirittura anni della loro vita a cercare
quello vero, quello che li faccia sentire finalmente completi.
Tutte cazzate.
Io non lo avevo mai conosciuto e sinceramente non mi interessava
conoscerlo. L'amore era una cosa per deboli, solo ed unicamente questo.
Diventato imperatore le cose peggiorarono, tutto si fece doppiamente
più duro. Ora che ero io a prendere le redini del comando dovevo
badare a molte più cose. Non mi erano concessi errori.
Mio padre, dopo avermi ceduto la corona, si ritirò ai confini dell'impero, veniva di rado a palazzo.
Mia madre aveva sempre amato viaggiare, il suo era un continuo
spostarsi di regione in regione, di città in città. Anche
lei tornava di rado a corte.
Entrambi si evitavano, finalmente liberi l'uno dall'altro, ora che ero
io il sovrano non era più necessaria la loro presenza a corte
insieme.
Ed entrambi erano completamente disinteressati della mia vita, mi
avevano dato alla luce solo perché serviva un erede all'impero.
E di questo ne ero perfettamente consapevole.
A me non importava nulla, con gli anni avevo imparato che era meglio
contare solo sulle proprie forse e a non fidarmi di nessuno.
Amici? Beh, di fidati ne avevo uno: Damien, ragazzo conosciuto durante la mia permanenza in Accademia.
Dovevo ammettere che di lui mi fidavo però, era il mio migliore
amico, per me era come il fratello che non avevo mai avuto.
Era con lui che mi allenavo durante i momenti liberi e con cui parlavo di tutto.
Relegai in un angolo i cattivi pensieri, concentrandomi sulla
scocciatura che aevo deciso di rendere mia schiva. Chissà poi
perchè avevo scelto proprio lei...
Sospirai, era inutile giraci attorno, sapevo il perché.
La prima volta che l'ho vista fu quando attacai il suo misero pianeta.
Quando incontrai per la prima volta i suoi occhi ero ancora trasformato
nella mia forma demoniaca: occhi rosso cremisi, canini ben in vista,
vene nei muscoli più accentuate e unghie allungate rosso
fiammeggiante.
Mostro, mostro, mostro. Queste erano le voci che sentivo in sottofondo,
esse cominciavano a girare intorno alla mia figura non appena passavo
da qualche parte.
Sapevo che avevano pienamente ragione. Ero freddo, duro, spietato e
malvagio con chiunque mi capitasse a tiro. Se non ero un mostro allora
cos'ero?
Appena lei si girò verso di me, bloccandosi in mezzo alla stanza
ed appoggiandosi dolcemente al tavolo circolare, incontrai nuovamente i
suoi occhi azzurro ghiaccio.
Sì, ricordavo la ragione per cui l'avevo scelta. Perfettamente.
I suoi occhi mi avevano osservato con sfida, fieri ed era come se
guizzassero come cavalli impazziti. Mai aveva distolto lo sguardo da
me, mai lo aveva abbassato.
Era questo che all'inizio mi aveva fatto innervosire, facendomi prudere
le mani che mi urlavano di ucciderla seduta stante per quell'affronto.
Ma fu solo per poco, perchè nella mia mente cominciò a
dilagare la curiosità. Volevo sapere cosa aveva reso quegl'occhi
così combattivi e pieni di un dolore nascosto sotto chili di
orgoglio. Ma io l'avevo scorto subito, e come poteva essere altrimenti,
era lo stesso che ero sicuro si riflettesse nei miei.
Tutto quello mi aveva affascinato, fu così che decisi che lei
doveva essere mia, a qualsiasi costo, e soprattutto volevo essere io a
piegarla.
Poi ricevetti la notizia che l'avevano persa di vista. Inutile dire che
colui che me lo aveva riferito era stato brutalmente ucciso dal
sottoscritto.
Quando dicevo che i miei ordini dovevano essere seguiti alla lettera non scherzavo.
Al contrario fui compiaciuto di sapere che l'avevano ritrovata e
portata al mercato degli schiavi in uno degli stabilimenti militari
della Capitale.
Subito mi feci portare lì e, adocchiandola immediatamente, la
scelsi senza indugio, facendomela sistemare e portare a palazzo.
Sorrisi al pensiero dei suoi goffi tentativi di ribbellione. Adoravo
terribilmente comprimere quel suo carattere ribelle, mi soddisfava
enormemente.
La cosa che più mi divertiva erano le sue espressioni, forse lei
non se ne rendeva conto ma risultava tutto tranne che minacciosa come
credo volesse apparire ai miei occhi. Apprezzavo comunque i suoi deboli
sforzi.
La vidi aspettare in silenzio difronte a me, che ormai le ero arrivato vicino.
Entrambi ci scrutavamo, aspettando la mossa dell'altro. Guardinghi, senza abbassare mai la guardia.
Dovevo ammettere però che la ragazza ci sapeva fare.
ANGOLO AUTRICE:
Buonasera cari lettori! ^-^
Eccoci arrivati all'angolo autrice, il percorso è stato faticoso? Ci sono state difficoltà? XD
Apparte gli scherzi, il capitolo vi è piaciuto? Spero di
sì, magari fatemi sapere le vostre opinioni in una recensione,
non vedo l'ora di sapere i vostri pensieri. *-*
Non potete immaginare quanto sia felice che la storia abbia già
ricevuto tante recensioni, sono le gioie della vita. <3
Ci tengo a ringraziare enormemente tutti coloro che recensiscono, GRAZIE davvero a tutti voi!
Ringrazio moltissimo anche coloro che hanno inserito la storia fra le
ricordate, fra le preferite e chi l'ha inserita fra le seguite.
Sul serio, non ho parole. :')
Vi volevo avvisare che il nuovo personaggio che avrà un ruolo
importante nella storia comparirà già nel prossimo
capitolo.
Mmh, vi dico chi è? *ci pensa*
Okay, vi dico solo che sarà la futura migliore amica di Amia. :D
Sul capitolo vorrei dire solo alcune cose che credo siano importanti:
1)Alcuni di voi mi hanno chiesto delle cose sulla storia su cui avevano
dei dubbi e io ho provveduto a rispondere cercando di non spoilerare
troppo. In questo capitolo la maggior parte di questi dubbi sono stati
chiariti. Manca solo una cosuccia che verrà svelata solo in
seguito.
2) Ragazze non proccupatevi di lasciare una recensione solo
perché dovete dirmi una cosa che non vi piace, sapete
perfettamente che a me interessano molto i vostri pareri e se voi
esprimete le vostre opinioni io posso migliorare quei punti che a voi
non vi piacciono, rendendo a voi la storia più piacevole da
leggere e seguire. Come tutti amo i complimenti, ma le critiche sono
altrettanto importanti secondo me.
Detto questo, vi saluto calorosamente.
GRAZIE ancora a tutti voi! <3
Bacioni a tutti, vostra Ashwini.
Spazio pubblicità:
Come sempre ecco quì lo spazio pubblicità. :)
Una storia molto bella, che mi sta appassionando è ''Wolf's
Blood'' di xlovefood. Vi consiglio di darci un'occhiata e non ve ne
pentirete. ;)
*Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
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Capitolo 8 *** Capitolo settimo: Dubbi e legami. ***
07 CAPITOLO SETTIMO- Dubbi e legami.
Ciao a tutti! ^-^
Eccomi
qua con un nuovo capitolo, anche questo come l'altro è
decisamente più lungo, se questi capitoli più lunghi
dovessero annoiarvi fatemi sapere tramite recensione, provvederò
a scriverne di più corti in futuro.
Sopra avrete certamente notato il banner personale della nuova amica di Amia, Raina, come la trovate? Vi piace? :)
Nel seguente capitolo si vedrà, verso la fine, come le due
ragazze si sono conosciute; il carattere di Raina verrà
delineato meglio nel prossimo e nei successivi capitoli, come per gli
altri personaggi.
All'inizio invece troverete il seguito dello scorso capitolo, che spero
troverete appagante, e in seguito anche un altro Pov. Andras, che ho
scritto con grande piacere dopo aver letto nelle vostre recensioni che
vi era piaciuto quello che avevo scritto e che ve ne sarebbe piaciuto
un altro.
Detto questo vi lascio alla lettura del nuovo capitolo.
BUONA LETTURA!
L’amicizia e l’amore non si chiedono come l’acqua, ma si offrono come il tè.
(Detto Zen)
Capitolo settimo: Dubbi e legami.
Pov. Amia
I
nostri sguardi erano come incatenati l'uno all'altro, incapaci di
staccarsi o forse eravamo noi a non voler rompere quel contatto
così intimo. Entrambi cercavamo un qualsiasi cedimento da parte
dell'altro.
Entrambi non eravamo intenzionati a perdere nemmeno quella battaglia fatta di sguardi di fuoco, ardenti come lava scottante.
La tensione nell'aria si era fatta pesante e quasi insostenibile.
Neanche un suono osava spezzare quel silenzio assordante creatosi.
Nella
mia mente vorticavano mille pensieri diversi, ancora non riuscivo a
capacitarmi del mio assurdo comportamento. Sia chiaro, non me ne
pentivo, avevo fatto una scelta e ciò significava che quando
l'avevo decisa era la cosa che secondo me era più giusta da fare.
Non
mi capacitavo solo del perché l'avessi fatto, insomma io neanche
lo conoscevo Andras, non conoscevo la sua storia, l'unica cosa certa
era che lui era il demone che mi aveva distrutto la vita e che per
ciò andava punito, me lo ero ripromessa e lo avrei sicuramente
fatto. In qualche modo.
Possibile che il suo sguardo mi avesse scossa a tal punto? Possibile che...
Scossi
frustrata la testa, non dovevo pensarci perché se lo avessi
fatto avrei potuto arrivare a risoluzioni troppo affrettate,
conoscendomi mi sarei fatta mille film mentali e sarei arrivata solo ad
una confusione ancora più fitta di quella in cui mi trovavo
adesso.
Anche
se la risposta alla prima domanda ce l'avevo, si, il suo sguardo mi
aveva come scavato dentro, trasmettendomi tutto il suo immenso dolore.
Come poteva una sola persona covare dentro di se tutto quel dolore e sopportarlo?
Appena focalizzai di nuovo i suoi splendidi occhi blu notte mi morsi a sangue il labbro inferiore.
Accidenti
a me, scuotendo la testa avevo involontariamente distolto lo sguardo
dal suo, perdendo quella battaglia fino ad allora combattuta dai nostri
sguardi profondi.
Lo
vidi sorridere compiaciuto e, oltre che me, cominciai a maledirlo
silenziosamente, gettandogli quante più maledizioni possibili in
tutte le lingue che conoscevo.
<<
Cosa stai borbottando ragazzina? Non sarai arrabbiata spero, non ne
avresti alcun motivo... >> ma si interruppe per scoppiare in una
fragorosa risata che trovai alquanto sadica e derisoria.
Sapeva
perfettamente che ero a dir poco furiosa per aver perso quel nostro
gioco di sguardi, faceva tanto il finto tonto ma sapevo benissimo
quanto un essere tanto sadico potesse trovare questa situazione
esilarante.
Decisi di negare spudoratamente.
<<
Io non sto borbottando! E comunque se mi hai seguita solo per prendermi
in giro puoi pure tornartene da dove sei venuto! >> grugnì
stizzita, gettandogli un'occhiataccia della peggior specie.
Lui
mi guardò scettico ed alzando un sopracciglio disse: << Ma
se sei stata tu a farmi segno di seguirmi, io me ne stavo
tranquillamente andando via prima. >>
<< Solo perché... Arg, non capisci nulla! >> gli gridai avvicinandomi pericolosamente al suo viso.
Eravamo a pochi centimetri di distanza ormai e il bello era che nessuno
dei due se ne era accorto prima di adesso, ora che potevamo sentire il
fresco respiro dell'altro sul nostro viso.
Fu come se il tempo si fosse improvvisamente bloccato, come se entrambi
fossimo finiti in un universo a parte e, seppur fossimo soli in quel
luogo, a noi bastava la pura e semplice presenza dell'altro.
Era come se tutto il nostro mondo fosse lì, finalmente completo.
Sensazioni mai provate e a cui non sapevo dare un nome ben preciso si
propagarono per tutto il mio corpo, scuotendolo fin dentro l'anima.
Ma forse, pensai, tutto quello lo provavo solo ed unicamente io.
Figuriamoci se lui aveva anche solo provato una minima parte di
ciò che avevo e stavo provando io.
All'improvviso si allontanò da me come scottato e giurai di aver
scorto un pizzico di confusione dovuta chissà a che cosa passare
troppo velocemente nel suo sguardo di ghiaccio per essere ben
analizzata.
Si mise subito in una posizione ben distante da me e ciò mi...
ferì. Quelle bellissime sensazioni di completezza svanirono in
un sonoro ''Puff'' e mi lasciarono con un profondo gesto di angoscia
addosso.
Era incredibile, lo conoscevo da così poco... eppure... fin dal
primo sguardo c'era stato un qualcosa per cui, tutt'ora, mi sentivo
legata indissolubilmente a lui. Qualcosa di misterioso che ancora non
riuscivo a capire.
Troppe domande si affollarono nella mia mente, rendendomi ancora più confusa se possibile.
Non ci capivo più nulla accidenti.
Ero così assorta nei miei pensieri che non ascoltai nulla di
ciò che mi disse dopo, guadagnandomi un'occhiataccia da parte
sua.
Sorrisi, ormai avevo imparato che odiava essere ignorato.
<< E adesso che c'è da ridere?! >> mi disse risentito e visibilmente seccato.
<< Nulla, nulla! Comunque cos'è che stavi dicendo?
>> domandai mettendomi una mano sopra la bocca per nascondere un
altro sorriso.
Lui sorrise in modo alquanto derisorio e mi disse: << Dicevo, che
se c'è una cosa che in questi giorni ho sicuramente capito su di
te è che sei parecchio suscettibile e... >> fece una
pausa, forse cercando la parola adatta, poi continuò dicendo con
un sorriso sghembo << ... non sai perdere! >>
Lo sapevo! Sapevo che stava fingendo prima a far finta di non sapere per cosa fossi arrabbiata!
Stronzo...
<<
Beh io invece in questi giorni ho sicuramente capito che quando una
situazione si fa spinosa tendi a chiuderti a riccio. Non sarai un
codardo spero... ! >> risposi scimmiottandolo mentre incrociavo
le braccia sotto il seno e alludendo al suo improvviso allontanamento
di prima.
E quando lo vidi perdere quel suo sorrisetto irritante, sorrisi compiaciuta.
Ero riuscita a zittirlo per una volta! Evviva!
Ma
il mio sorriso ebbe vita breve perché lo sguardo di fuoco
dell'imperatore mi fece gelare il sangue nelle vene. Cavolo, forse
avevo esagerato...
Beh, peggio per lui! Così imparava a prendermi in giro come se fossi un babbuino non pensante!
In
meno di un secondo si riavvicinò nuovamente a me, ancora una
volta ci trovavamo ad un palmo dal naso, vicini, troppo vicini per i
miei gusti.
<< Ti avverto ragazzina, non sono un tipo paziente anzi, tendo a
non dare nemmeno la prima di possibilità alle persone. Fossi in
te non farei tanto la spavalda difronte un essere con cui non puoi
minimamente sperare di competere. >> mi freddò gelido.
<< Ma... >> provai a dire battagliera come sempre, immediatamente fermata da lui.
Il mio cuore perse un battito, perché per fermare il mio
discorso sul nascere lui... aveva portato il suo indice sulle mie
labbra.
Spalancai gli occhi sorpresa e mentre lui si allontanava da me, non
riuscì a pronunciare nemmeno una sillaba, troppo sconvolta per
formulare una qualsiasi frase di senso compiuto.
Vidi come a rallentatore il suo allontanarsi di spalle, quelle stesse spalle su cui sembrava gravare il peso del mondo.
E ancora una volta provai lo sconfinato ed inspiegabile desiderio di essere io ad alleviare il suo immenso dolore.
Come un automa me ne tornai lentamente nella mia camera, gli occhi perduti nel vuoto.
Arrivata a destinazione mi tolsi meccanicamente i vestiti e le scarpe,
riponendo il tutto ordinatamente nell'armadio color crema della stanza.
Poi, dopo essermi messa il pigiama, mi trascinai forzatamente in bagno per lavarmi i denti.
Avendo finito, mi appoggiai strenuamente con le braccia ai lati del
lavandino, sollevando stancamente la testa in modo da poter vedere la
mia immagine riflessa nello specchio.
Occhi spenti e perduti nel vuoto, come un cielo pallido e smorto.
Viso pallido, privo del mio solito colorito color ciliegia che aveva sempre caratterizzato le mie guance.
Capelli in disordine a causa del mio vizio di passare le mani sulla testa quando ero frustrata e confusa.
Quella non ero io, non mi riconoscevo più ormai.
Come mi ero ridotta...
Strinsi i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
Era tutta colpa sua...!
Sua, solo sua... pensai portandomi una mano sopra gli occhi.
Rialzai lo sguardo decisa, dovevo reagire in qualche modo. Piangermi addosso non sarebbe servito a nulla.
Tornai in camera e mi infilai svelta sotto le coperte. Quella notte era più fredda del normale.
Rannicchiata sotto le coperte caddi in sonno profondo, privo di sogni.
L'indomani mi svegliai a causa della pioggia che batteva violentemente sui vetri della finestra della mia camera.
Mi
alzai di malavoglia, ancora intontita per via del brusco risveglio e,
scostando le tende, assottigliai lo sguardo contrariata.
Se
il buon giorno si vedeva dal mattino quella sarebbe stata di certo una
pessima giornata, pensai di malumore osservando il cielo grigio e pieno
di nuvole scure da cui usciva una pioggia incessante.
Richiusi
le tende, rifiutandomi di guardare ancora quello spettacolo,
dirigendomi verso l'armadio a prendere dei nuovi vestiti da indossare
quel giorno.
Optai
per un maglione di lana pesante nero e un jeans chiaro con abbinate
delle converse nere con decori floreali azzurri. Così,
soddisfatta della mia scelta, mi diressi in bagno e dopo una doccia
veloce mi vestì e, guardandomi allo specchio, mi sistemai anche
i capelli, facendo il tutto molto velocemente, temendo di far tardi per
la colazione di Mr. Ghiacciolo dato che volevo avere il tempo per
mangiare pure io.
Successivamente me ne andai subito nelle cucine e sorrisi felice quando al loro interno vi trovai già Katia.
<<
Buongiorno Katia! >> dissi piena di ritrovata felicità,
vedere un volto amico mi era molto utile in giornate cupe come quella
che mi si era presentata davanti oggi.
Speravo che Katia riuscisse a levarmi di dosso un po' di quella
malinconia che ancora mi trascinavo addosso dalla notte prima.
<<
Buongiorno anche a te stellina, dormito bene? >> si
informò cordiale la donna, osservandomi con tenerezza.
<<
Beh, oggi non è una bella giornata, piove a dirotto e il mio
umore ne risente un po'... Ma spero che migliori così che io
possa andare nella serra in giardino a leggere un po' nel tardo
pomeriggio. >> risposi osservandola e notai che aveva già
preparato la mia colazione. Guardai tutte quelle prelibatezze
estasiata, cosa che notò anche Katia che mi disse ridendo:
<< Vedo che siamo affamate stamattina! Ecco cara, mangia pure, io
invece finisco di preparare la colazione per il padrone. >>
Mangiai tranquilla vedendo che l'ora sull'orologio appeso alla parete difronte a me segnava ancora le sette del mattino.
<<
Tesoro, la colazione del padrone è pronta, sbrigati a
portargliela prima che si raffreddi. >> mi disse Katia appena
finì di mangiare.
<<
Certo Katia, corro! >> risposi facendole un segno di saluto con
la mano dopo aver preso al volo il vassoio col cibo.
Mi
addentrai per i corridoi del palazzo e raggiunsi velocemente le stanze
di Andras e dopo aver bussato piano entrai, avendo ricevuto un
''avanti'' in risposta.
Andras
si trovava come la mattina precedente nel balconcino privato della sua
stanza, seduto nella solita sedia difronte al tavolino finemente
decorato.
Mi
avvicinai silenziosa e, dopo aver posato il vassoio d'argento sul
tavolino, rimasi ferma in attesa di un qualche altro ordine da parte
sua.
Ma lui continuava a mangiare in assoluto silenzio senza neanche degnarmi di uno sguardo.
L'eleganza era padrona di ogni suo movimento.
Come
faceva a mantenere in ogni situazione quel comportamento così
etereo, sembrava non appartenere neanche a questo di mondo!
Dopo poco però, stizzita per il suo continuo ignorarmi, feci per andarmene ma fui subito fermata da lui.
<<
Questo pomeriggio porta qualche cosa da mangiare e da bere nello
spiazzale dietro il palazzo. Cerca di non tardare o peggio mancare come
ieri, ti avverto che non sarò così magnanimo come l'altra
volta. >> mi disse rivolgendomi un'occhiata fredda e di serio
avvertimento.
<< Ho capito perfettamente. >> risposi altrettanto fredda e girandomi sfuggì a quello sguardo di ghiaccio.
Uscire da quella camera fu un sollievo enorme per me .
Non
capivo, ieri era come se si fosse creato un contatto tra noi due, come
se un ponte avesse unito le nostre anime per quel lasso di tempo.
Ovviamente questo non riguardava l'ultima parte del nostro incontro che
decisamente non era stata delle migliori, ma per il resto era tutto
normale, uguale a come era sempre stato fra noi.
Non capivo il suo comportamento.
Si
comportava come se nulla fosse successo, freddo e meccanico come
sempre. E la cosa non mi piaceva per niente, insomma non capivo
più quale fosse la sua vera personalità: gelida ma
amabile o fredda e totalmente insensibile? Possibile che quella di ieri
fosse solo un facciata per ingannarmi?
Eppure i suoi occhi mi erano sembrati così sinceri...
Pov. Andras
Appena sentì la porta richiudersi tirai un sospiro di sollievo, rilassandomi nuovamente.
Accidenti
a lei e ai suoi occhi di quarzo blu, erano come pezzi di cielo che
minacciavano di riversarsi nei miei blu come gli abissi degli oceani,
tentando in tutti i modi di riscaldarli ed eliminare quel freddo eterno
che sembrava avvolgerli.
Ma io non glielo avrei permesso. Mai.
Quella
ragazzina era pericolosa e se non volevo avere delle ripercussioni
sgradite sulla mia anima dovevo mantenere le più efferate
distanze.
Per tutto questo l'avevo trattata così freddamente, mandandola subito via.
Dovevamo stare lontani, nessun contatto era concesso.
Lei era quanto di più provocante esistesse e il bello era che neanche se ne rendeva conto!
Bastava
pensare al suo continuo passare le mani fra i capelli ribelli, o ancora
al suo mordicchiarsi le labbra quando non sapeva come controbattere.
Quando le avevo poggiato il dito sulle labbra poi... vedere comparire
sul suo viso quella sua espressione da cucciolo smarrito mi aveva
disabilitato completamente.
Arricciai il naso infastidito.
Un'altra cosa che odiavo di lei era che non appena entrava in una stanza la riempiva del suo inebriante profumo di rosa.
Stupida
umana, adesso avrei pure dovuto tenere le finestre aperte nella
speranza che il suo odore andasse via il più velocemente
possibile.
Mi
bloccai sul posto come pietrificato quando mi resi conto che nonostante
i miei pensieri negativi sul suo odore io stavo annusando l'aria
circostante come un cane.
Cazzo. Cazzo. Cazzo!
Infuriato
come non mai mi alzai velocemente dalla sedia, facendo anche rovesciare
la sedia e il tavolino con tutto ciò che vi era posato sopra per
terra.
Irrigidì
la mascella mentre i miei occhi diventarono di fuoco ardente sia per il
colore che per il sentimento di furia cieca che mi aveva avvolto.
I
canini si fecero più pronunciati e il mio unico pensiero era che
dovevo assolutamente far fuori qualcuno per calmarmi e scacciare via
quella misera umana dai miei pensieri.
Uscì fuori dalle mie stanze sbattendo violentemente la porta, tanto che anche i cardini tremarono.
Al
mio passare nei corridoi tutti i servi che stavano pulendo o
semplicemente passando di lì si bloccarono impauriti, tremando
come foglie scosse dal freddo vento invernale.
Si,
perché il quel momento ero così arrabbiato che tutti
sapevano che se avessero anche solo emesso un misero suono avrebbero
rischiato di morire inceneriti da me.
I miei passi pesanti risuonavano per i corridoi come annunciatori di morte.
Direzione? Il campo di battaglia nei confini dell'impero, dove vi erano alcuni ribelli.
Si, pensai con un sorriso omicida dipinto in volto, molti sarebbero morti oggi.
POV Amia
Dire che ero inviperita era decisamente riduttivo.
Sembrava quasi che fumassi dalle orecchie come il fumaiolo di un treno a vapore.
Basta,
era l'ultima volta che cercavo di alleviare il perenne dolore che
sembrava albergare dentro di lui! Che si rivolgesse pure a qualcun
altro!
Mr. Ghiacciolo era quanto di più irritante esistesse a questo mondo, sicuramente!
In
quello stato mi dissi che solo la lettura di un buon libro avrebbe
potuto lenire la rabbia che provavo così cercai di pensare a
dove potesse trovarsi Katia in questo momento.
Guardai
fuori da una delle tante finestre imponenti che adornavano i corridoi
del piano, il sole era ancora basso nel cielo, segno che ancora era
piuttosto presto e, facendo mente locale, ricordai che ieri a quest'ora
Katia si trovava in giardino a parlare amabilmente con il giardiniere
Klaus.
Feci un lieve sorriso di tenerezza a quel pensiero. Loro sembravano avere un così saldo e bel rapporto.
Poi mi bloccai spalancando gli occhi per lo stupore.
Io.. io avevo davvero associato quell'immagine ad una possibile futura tra me e... Andras?!
No, non poteva essere!
Mi misi le mani ai capelli frustrata e sconvolta.
Perché cavolo? Perché?!
Dovevo assolutamente distrarmi con un buon libro o avrei rischiato di impazzire seriamente oggi.
Anzi, no. Dovevo smetterla di pensare a lui e basta cazzo!
Mi diressi a passo di marcia verso lo stesso giardino di ieri.
Leggere era la soluzione mi dissi sorridendo in preda ad una crisi di panico.
Se qualcuno mi avesse vista avrebbe sicuramente pensato che fossi da manicomio.
Arrivata
a destinazione sospirai di sollievo non appena intravidi la figura di
Katia proprio accanto a Klaus che tagliava ad arte dei cespugli.
Mi
avvicinai velocemente alla coppia e non appena si accorsero di me
entrambi mi sorrisero dolci in segno di saluto, ricambiato da me
ampiamente. Il solo vedere delle facce amiche migliorava di molto il
mio umore, decisamente.
<< Ciao stellina, hai già portato la colazione al padrone? >> si informò cordiale Katia.
<<
Sì Katia, tutto fatto. Scusa il disturbo, ma volevo chiederti se
potevi dirmi dove si trovava la biblioteca di palazzo, se c'è
ovviamente... >> dissi timidamente, temendo una risposta negativa.
<<
Se c'è? Ma è ovvio cara, è una delle più
grandi dello stato! Vedrai, sono sicura che la amerai a prima vista!
Non potrai leggere solo alcuni libri scritti in demoniaco antico, sai
quella lingua morta la conoscono solo i nobili più istruiti.
>> mi rispose lei.
Capì dal suo sguardo che quei libri erano scritti in quella lingua per un qualche motivo specifico.
Interessante, davvero interessante.
Forse
se trovavo qualcuno disposto e capace di leggermeli avrei scoperto
qualcosa di oscuro sulla loro razza che mi avrebbe permesso di trovare
i loro punti deboli.
Mi
appuntai mentalmente di farmi amico qualcuno con questa
capacità. Anche se conoscendo uno dei soggetti mi sembrava molto
difficile, pensai stizzita al ricordo del viso di Andras.
Dopo
aver salutato Klaus, entrambe ci dirigemmo in biblioteca e feci in modo
di memorizzarmi il percorso da poter poi fare in futuro.
Appena
Katia la fece fermare difronte un ampio portone color argento finemente
decorato da svariate figure e simboli degni del miglior architetto, trattenni a stento un ''Oh'' colossale.
Se questo era l'esterno non osavo immaginare come fosse l'interno!
Katia
mi fissò con un sorriso e aprì le due ante del portone,
facendosi poi da parte e permettendomi così di vedere l'interno
della biblioteca.
Un
calore piacevole mi avvolse e non potei evitare di saltellare in giro,
contenta come una bambina difronte i regali di Natale.
Il mio sorriso arrivava da una parte all'altra del mio viso, illuminandolo di luce nuova.
Irradiavo felicità da tutti i pori.
Mi
fiondai dentro come un fulmine a ciel sereno e cominciai a vagare
elettrizzata per l'enorme stanza, sentendo a malapena il saluto
divertito rivoltami da Katia.
Vidi
distrattamente un bancone in ebano scuro all'angolo destro del locale e
intravedendo una figura minuta seduta dietro di esso, mi ci diressi
saltellando come un coniglio sul prato.
Appena
vi arrivai difronte sorrisi ampiamente alla ragazza che, forse
dubitando della mia sanità mentale, mi rivolse un timido sorriso
in risposta.
Osservai
che era davvero giovane per essere una bibliotecaria, io in ogni
biblioteca in cui andavo nella mia città vi trovavo sempre delle
signore vecchie quanto un vaso Ming.
La
ragazza che avevo davanti invece, aveva lunghi capelli castani, mossi e
leggermente più chiari sulle punte. Aveva una carnagione chiara,
le labbra sottili ma carnose di un bel rosa pesca. Ma la cosa
più bella di lei erano senz'altro gli occhi, erano verde scuro
ai margini ma diventavano di un nocciola dorato vicino alla pupilla.
Come avevo in precedenza notato era magra e alta un po' meno di me.
Sperai vivamente, come sembrava dal viso ovale, che fosse simpatica.
<<
Ciao! >> le dissi salutandola cordiale ma forse con troppo
entusiasmo. Tutta colpa della vista della biblioteca mi dissi, avevano
sempre quell'effetto esplosivo su di me.
<<
Ciao anche a te. Hai bisogno d'aiuto? >> rispose lei
riprendendosi, forse capendo che nonostante tutto stavo bene
mentalmente.
<< Si, ecco cercavo qualche libro di genere romantico... ne avete? >> chiesi speranzosa.
<<
Ma certamente! Vieni ti porto subito nella sezione della biblioteca
adibita al genere. >> mi rispose educatamente.
Annuì energicamente in risposta e mi lasciai condurre da lei.
<<
Eccoci arrivati, qui troverai sicuramente qualcosa di interessante!
>> disse allargando le braccia, facendomi notare che vi erano ben
due enormi costruzioni in ebano scuro i cui scaffali arrivavano fino
all'alto soffitto. Negli angoli vi erano due scale scorrevoli attaccate
alla costruzione con cui si potevano raggiungere facilmente anche gli
scaffali più alti.
<<
Grazie mille dell'aiuto! Io mi chiamo Amia e sono nuova di qua, tu?
>> le chiesi sperando di trovare un'amica in lei.
<< Dovere! Il mio nome invece è Raina, piacere! >> mi rispose felice.
<< Scusa la domanda ma tu... insomma sei un'umana anche tu vero? >> le dissi grattandomi la nuca e sorridendo.
<< Oh, sì certo. Sono arrivata alcuni giorni fa, tu? >> mi chiese lei inclinando un po' la testa.
<<
Anch'io! Senti, dato che mi sembri amare molto anche tu i libri, ti
andrebbe di passare un po' di tempo con me e consigliarmene qualcuno
non solo di genere romantico? >> le chiesi prendendole le mani
tra le mie, come ad enfatizzare la domanda. Volevo instaurare una
conversazione con lei e dall'espressione del suo viso capì di
esserci riuscita.
<<
Certo che mi va! Vieni, ho alcuni titoli la cui trama ti farà
sicuramente impazzire! >> mi rispose sciogliendo la presa delle
mie mani e, prendendomi per mano come si fa con una vecchia amica, mi
fece strada.
La seguì e, ridendo allegramente come se ci conoscessimo da sempre, passammo tutta la mattinata insieme.
Parlammo
tutto il tempo, ma non solo di libri, anche dei nostri altri interessi,
cominciando a conoscerci. E fui subito certa che tra noi sarebbe nata
una splendida amicizia destinata a durare nel tempo.
Avevo trovato una nuova amica e ne ero davvero felice.
Finalmente non ero più sola. Finalmente potevo ridere e scherzare con qualcuno.
E, fregandocene del luogo in cui ci trovavamo, facemmo risuonare le nostre risate spensierate per tutta la biblioteca.
Forse il sole era tornato a splendere vivo nella mia vita.
Un
uomo stava ritto difronte all'ampia finestra del suo studio, osservando
cupo il cielo che invece era di uno sfavillante azzurro.
Non una nuvola vi era ad intaccare la pura continuità di quel colore tanto simile agli occhi della figlia.
Pensò alla sua bambina con un moto di improvvisa tristezza.
Amia
giocava allegra correndo per il giardino, subito inseguita dalla madre
che correva piano per far si che vincesse la bambina.
Una volta anche lui giocava con loro, la sua famiglia, ma adesso era tutto completamente diverso.
Non poteva più farlo.
Se lo avesse fatto Amia sarebbe cresciuta in un mondo pieno d'amore e con pochissime difficoltà.
Il suo carattere sarebbe stato debole e facilmente manovrabile. E questo non doveva accadere.
Lei doveva crescere in un mondo difficile, dove doveva faticare per mangiare e crescere con non troppo amore.
Quello
della madre sarebbe stato abbastanza forte da non farla diventare
insensibile ma la privazione di quello del padre l'avrebbe resa meno
incline alle relazioni.
Vedeva quanto Amia soffrisse per questo, vedeva quanto i suoi occhioni lo imploravano di abbracciarla e riempirla di amore.
Ma lui non poteva.
Il
suo cuore ne risentiva anche se agli occhi degli altri si mostrava
forte, soffriva anche lui a non poter riempire d'amore la vita della
moglie e della figlia.
Il suo sguardo cadde sulla lettera poggiata sulla scrivania.
Sospirò stanco, tutto quello che in poche righe era lì descritto aveva sconvolto la sua vita.
Anni
fa leggere quella lettera gli aveva dato un colpo netto e letale al
cuore, fu ciò che lo fece cambiare. Dopo qualche anno sarebbe
cambiato di nuovo, tutto per preparare Amia, solo per lei.
Sapeva che così lo avrebbe odiato ma lui doveva farlo.
Si
girò e, dopo essersi riseduto nella poltrona difronte la
scrivania, osservò con insistenza il marchio che spiccava nel
fregio di chiusura.
''CGE'', questa sigla stava per ''Cavalieri della Giustizia Eterna'', un'organizzazione crudele e calcolatrice.
Nella
lettera erano scritte cose terribili, istruzioni precise a cui lui
doveva obbedire se non voleva che la sua famiglia avesse delle
''casuali'' ripercussioni anche mortali.
Si chiedeva se, nonostante i suoi sforzi, la figlia sarebbe riuscita a cavarsela.
Se avrebbe preso le decisioni giuste.
Perché i nostri peggiori nemici sono quelli che non sapevamo di avere.
E i nostri alleati sono quelli che mai ci saremmo immaginati avremmo potuto definire tali.
ANGOLO AUTRICE:
Allora cari lettori, eccoci arrivati alla fine del capitolo! :D
Come sempre, vi chiedo se vi è piaciuto e di esprimere
tranquillamente le vostre più sincere opinioni in una recensione.
Risponderò alle vostre eventuali domande e dubbi con i più dettagliati chiarimenti possibili.
Che dire, in questo capitolo succedono un bel po' di cose, tutte molto importanti per il giusto proseguimento della storia.
I
battibecchi tra i due protagonisti non mancheranno mai, ci saranno
quelli più divertenti così come avverranno anche quelli
più seri e spinosi.
Avrete
notato che entrambi sono parecchio stizziti dal nuovo e persistente
bisogno di attenzioni da parte dell'altro, non vogliono contatti per
evitare di scottarsi ed esporsi troppo col ''nemico''.
Fin quando ci riusciranno? E chi sarà il primo a cedere e ad ammettere a se stesso/a di amare l'altro?
Beh, da questo punto di vista decido io, voi che dite? ahahahah XD
Ovviamente si accettano suggerimenti. <3
Amia
reagisce sfogandosi su di un bel libro, Andras invece... beh, lui al
contrario di molti di noi, che hanno istinti omicidi ma per legge non
li possono sfogare, se ne va ''tranquillamente'' ad ammazzare qualcuno
ai confini dell'impero per sbollire la rabbia.
Che vita complicata la sua eh? :3
Infine,
cosa ne pensate del flasback finale? Cosa nasconde il padre di Amia? E
cos'è l'organizzazione ''CGE''? Cosa c'entra nella vita della
protagonista?
Tante domande che penso vi faranno riflettere ed impazzire, ma mi duole
dirvi che solo seguendo la storia avrete le risposte tanto attese.
E c'è ancora molto altro, credetemi. Ma tranquilli, tutto verrà svelato a suo tempo. :3
Mi spiace ma sono cattivella e non posso dirvi altro! :P
Vi informo poi che nel prossimo capitolo comparirà finalmente
anche Damien con associato il suo banner personale come per gli altri.
:)
Credo proprio che lui vi piacerà parecchio! XD
Ci tengo poi a ringraziare infinitamente
tutti coloro che recensiscono i capitoli della storia, coloro che hanno
inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite ed anche i
lettori silenziosi. Ed infine ringrazio molto xlovefood che mi ha inserita come autrice preferita.
GRAZIE a tutti. < 3
Detto questo, vi saluto calorosamente!
Bacioni, vostra Ashwini. :*
P.S.: Con questo capitolo arriviamo a... 6-7 recensioni, please? Mi fate contenta per una volta? *occhi cucciolosi*
Spazio pubblicità:
Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, una storia davvero ben fatta che mi ha subito affascinata, consigliata ampiamente.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
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Capitolo 9 *** Capitolo ottavo: Amicizia. ***
08 CAPITOLO OTTAVO- Amicizia.
Ciao a tutti! ^-^
Eccomi qua con un nuovo capitolo cari lettori, spero vivamente che vi piaccia!
Allora, in questo capitolo ho
delineato un po' meglio l'amicizia tra Amia e Raina e Andras e Damien.
Comunque è un processo che continuerà anche nei prossimi
capitoli.
A proposito di Damien, come vedrete farà la sua prima comparsa nella storia, un po' divertente ecco. Vedrete. XD
Sopra troverete anche il suo banner personale, come per Amia, Andras e Raina.
Bene, detto questo vi lascio alla lettura del capitolo.
BUONA LETTURA!
L’amicizia quella vera la senti quando inizi a preoccuparti dell’altro,
quando riesci a percepire i battiti del suo cuore, a sentirne la stanchezza, la gioia.
Per questa amicizia saresti pronto a stendere un tappeto rosso sul suo cammino
per non farla inciampare nelle difficoltà della vita.
(Gaetano Cioppa)
Capitolo ottavo: Amicizia.
Pov. Amia
Tornai
felice nella mia camera come non lo ero da tanto, troppo tempo.
Sicuramente ora che, oltre Katia, avevo Raina come amica, la mia vita a
palazzo sarebbe stata notevolmente più piacevole. Sorridevo da
così tanto tempo che ormai credevo che mi sarebbe venuta una
paralisi facciale!
Non
appena mi fui richiusa la porta alle spalle però, notai che
poggiate sul mio letto vi erano delle valigie nere l'una messa accanto
all'altra.
Mi
avvicinai confusa, osservandole da vicino però vidi che sopra
una di esse vi era un biglietto destinato a me a quanto diceva la
scritta incisa sopra.
Lo
presi tra le mie mani e lessi ad alta voce: << Ciao stellina,
sono Katia, ti volevo informare che dentro queste valigie ci sono i
tuoi affetti personali prelevati direttamente da casa tua. Dopo aver
sistemato tutto vieni nelle cucine, troverai un buon pranzetto ad
aspettarti. Baci, Katia. >>
Hanno provveduto a portare qui le mie cose?!
Osservai
le valigie per un secondo sorpresa, poi urlai dalla felicità che
mi invase: << Oggi deve essere proprio il mio giorno
fortunato! >>
Con
foga aprii tutte le valigie e gli occhi mi diventarono a cuoricino non
appena scorsi tra tutta quella roba il mio iPod. Finalmente potevo
ascoltare nuovamente le mie canzoni preferite!
Subito
mi misi le cuffie alle orecchie e, con la canzone ''Hall of fame'',
disposi ordinatamente e a tempo di musica tutte le mie cose nei vari
cassetti e armadi notando con grande piacere che c'era proprio tutto.
Dai miei libri ai miei CD, dai vestiti ai profumi. Il mio mondo insomma!
Misi
con gioia il mio maglione preferito color pesca, reso particolare dai
decori in brillantini rosa e bianchi sul fianco destro che andavano a
formare una splendida rosa, e i miei jeans azzurro chiaro. Indossai poi
le mie converse bianche con decori floreali rosa e, dopo aver riposto
sul letto l'iPod, corsi in bagno con in mano la mia fedelissima trousse
piena di ogni genere di trucco femminile.
Avevo
avuto poche occasioni per usare i trucchi contenuti al suo interno dato
che, per ovvi motivi familiari, ero uscita con le amiche solo rare
volte.
Mi
truccai leggera, non ero una ragazza che si metteva in viso chili di
fondotinta e altro, ero piuttosto la classica ragazza acqua e sapone
che ogni tanto amava mettere un filo di trucco.
Guardandomi
allo specchio sorrisi alla mia immagine riflessa in esso e, dopo aver
fatto un giro su me stessa, uscii dal bagno e mi fiondai
letteralmente fuori dalla mia camera.
Direzione? Le cucine di palazzo ovviamente!
Mi veniva una fame al solo pensare alle squisitezze che preparava Katia!
Ma ebbi il
tempo di compiere pochi passi, perché non appena uscì
fuori dalla camera sbattei violentemente contro un qualcuno, anzi era
meglio dire un ammasso di muscoli.
Caddi a terra per il contraccolpo, causandomi sicuramente un bel livido nel sedere.
Alzai gli occhi
inferocita, pronta a cercare di uccidere con lo sguardo colui che aveva
osato buttarmi a terra, accidentalmente lo so, ma ciò che era
fatto era fatto!
La saliva quasi
mi andò di traverso quando mi ritrovai difronte un angelo biondo
dagli occhi azzurri, labbra piene, il naso dritto ed alto e muscoloso.
La sua muscolatura ben definita si vedeva chiaramente dalla maglietta
bianca attillata e dai jeans scuri che gli fasciavano perfettamente le
gambe.
Andras è molto meglio però, pensai senza riflettere.
Mi morsi il labbro accigliata, com'è che si finiva sempre col parlare di lui, eh?!
<< Cerca
di stare attenta la prossima volta stupida umana o non sarà un
livido la tua prima preoccupazione. >> mi freddò quello
distogliendomi dai miei pensieri.
Mi correggo,
non era un angelo, ma un un demone! E suppongo anche di fatto non solo
di carattere, data la sfacciataggine con cui girava per i corridoi del
palazzo reale.
<< Che c'è umana sei restata folgorata dalla mia bellezza? >> mi disse poi il ragazzo con un ghigno.
<< Tsk! Da uno come te? Mai! >> risposi a tono.
<< Sei lesbica, allora. >> mi disse tranquillamente.
Spalancai gli occhi, allibita.
<< C-Cosa?! Mai tu stai male! Certo che no! >>
<< Non credo, è praticamente impossibile che uno come me non ti piaccia! >> mi disse scettico alzando un sopracciglio.
<< Sei anche modesto vedo! >> ironizzai io alzando gli occhi al cielo.
<< E tu non sei divertente... carotina. >> mi disse ad un palmo dal viso ghignando spudoratamente.
Aspetta, aspetta! Come aveva osato chiamarmi?! Ma io lo ammazzo questo!
Mi rialzai in
piedi pronta a dare battaglia ma lui si girò di spalle e
inclinando indietro la testa verso di me in un modo maledettamente
sensuale disse: << A presto carotina, se mai volessi il mio numero il mio nome è Damien, generale dell'esercito imperiale. Demone purosangue, ovviamente. >>
Dopo aver detto questo se ne andò via, lasciando dietro di se una scia di profumo al cioccolato.
Era snervante il modo con cui calcava sulla parola ''carotina'', chiaro riferimento ai miei capelli.
Idiota! Come tutta la sua orribile razza d'altronde!
Col cavolo che avrei chiesto in giro per avere il suo numero! Voleva che fossi io poi a cercarlo per prima, faceva il prezioso!
Come odiavo i montati come lui.
Risi ironica al pensiero che quel suo atteggiamento doveva far ridere piacevolmente tutti quelli che lo conoscevano.
Mi diressi, come da programma, verso le cucine, imprecando mentalmente contro quell'energumeno.
Ma poco prima di aprire le porte della cucina fui fermata da un picchiettare sulla mia spalla.
Mi girai scocciata di un'altra interruzione verso colui che mia aveva chiamata.
<< Ehi, anche io sono felice di rivederti! >> ironizzò con un sorriso Raina.
<< Oh, sei tu! Scusa ma prima ho incontrata un certo Damien che... >>
<< Tu hai
incontrato il generale Damien?! Racconta, racconta! >> mi disse
mettendomi le mani sulle spalle convinta e in attesa di chissà
quale gossip del secolo.
<< Stavo
dicendo, l'ho incontrato poco fa nel corridoio, certo che è un
tipo pieno di autostima... >> dissi sprezzante.
<< Io lo trovo così simpatico, invece... >> disse lievemente lei.
In quel momento
fui sicura di due cose: uno, gli occhi mi erano sicuramente diventati a
palla dalla sorpresa e due, a lei Mr. Sono-Figo-E-Lo-So piaceva, e
anche parecchio a giudicare dal lieve rossore sulle sue guance.
<< No, lui ti piace! >> dissi infatti, puntandola con il dito.
Sì, ero a dir poco sconvolta dalla notizia.
<< Ecco,
non è che mi piaccia... è carino... >>
minimizzò lei, e vidi chiaramente quanto si stava trattenendo
dall'aggiungere molto altro.
<< Guarda
non voglio sapere ne come ne per quale colpo del diavolo possa piacerti
quel tizio. Mi ha anche chiamata ''carotina''! >> dissi
assottigliando gli occhi.
<< Beh, lui è fatto così... >> disse in evidente imbarazzo.
Faceva quell'effetto essere innamorati di qualcuno?
Blah, che schifo.
Ero una ragazza
romantica certo, ma lei si comportava come... come... come
un'adolescente in crisi ormonale ed una bambina eccitata, un mix
esplosivo insomma!
<< Andiamo a pranzare, va'! >> dissi prendendola per il braccio e trascinandola dentro la stanza.
Salutammo calorosamente Katia e iniziammo a mangiare tranquillamente.
<< Sai io
sono la sua schiava personale oltre che la bibliotecaria. >>
buttò lì come se non fosse nulla.
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.
Tossì
convulsamente, e credetti davvero di morire per soffocamento per un
istante. O per lo stupore, dipende dai punti di vista.
<< COSA?! >> dissi alzando di diverse ottave il suono della mia voce.
<< Sì,
ecco, mi ha scelta poco prima che l'imperatore scegliesse te... >>
disse unendo entrambi gli indici e guardandomi colpevole.
Mi passai stressata una mano in faccia, poi sorrisi.
<< Quindi è così che è iniziata, eh? >>
<< Sì! >> si illuminò lei.
<< Sai che è un casanova, vero? >> dissi con un mezzo sorriso.
<< Certo, ma io compirò il miracolo di farlo innamorare! >> disse alzando un pugno al cielo.
A quel punto ci guardammo in faccia e scoppiammo a ridere come due cretine.
Era una forza della natura quella ragazza.
Pensai che
forse qualcosa in comune quei due ce l'avevano: l'ineguagliabile
capacità di far ridere le persone con le proprie battute.
Perché
dovevo ammetterlo, il suo atteggiamento faceva ridere parecchio ora che
ci riflettevo su, esattamente come quello di Raina in certe occasioni.
La osservai mangiare l'ultimo boccone di pasta.
Sì, decisamente era molto buffa in molte occasioni, mi dissi con un sorriso.
Dopo aver
finito di pranzare con le prelibatezze che ci aveva gentilmente
cucinato Katia e dopo averla per questo abbracciata calorosamente,
quasi a strozzarla, ci dirigemmo verso la biblioteca.
<< Allora... >> iniziai io ad un certo punto alzando gli occhi dal libro che stavo leggendo.
Raina accanto alla poltrona su cui ero seduta io fece lo stesso, osservandomi con curiosità.
<< Cosa
fate tu e Damien di solito e come si comporta lui con te? >>
dissi a razzo mettendomi le mani in perfetto stile Montgomery Burns dei
Simpson.
<< Ma nulla di così speciale! >> quasi si strozzò con la sua stessa saliva lei.
Faceva la preziosa, eh? Eccellente.
<< Certo, certo. Passa ai fatti piccanti ora. >> dissi con nonchalance, muovendo la mano come a scacciare una mosca.
<< Normalmente. Lui neanche mi calcola in effetti. Mi dice cosa fare e basta. >> disse lei tristemente.
<< Oh. >> dissi secca.
La tua amica sta male e tu te ne esci fuori con un semplice ''Oh''? mi ammonì il mio cervello.
<< Beh,
scusa tanto!>> risposi incavolata alzandomi di scatto
dalla poltrona. Adesso anche il mio cervello mi faceva la predica!
Poi il mio occhio cadde su Raina che mi guardava scandalizzata, sicuramente credendo che fossi pazza.
L'avevo davvero detto ad alta voce? Mi bastò riguardare Raina per capire che sì, l'avevo davvero fatto.
Bella. Figura. Di. Merda.
Deglutii agitata.<<
Non mi riferivo a te! Stavo... oh, al diavolo. >> risposi
risedendomi di scatto ed incrociando le braccia sotto al seno.
Raina si piegò in due dalle risate.
<< Sei uno spasso Amia! >> rise a crepapelle lei.
Si divertiva anche!
Sorrisi maligna.
<< Adesso ti faccio ridere io signorinella! >> le dissi saltandole addosso e cominciando a farle il solletico.
<< No... Amia... basta... soffro... il... solletico... >> disse in preda alle risate lei.
<< No, mia cara, adesso la paghi per avermi presa in giro! >> risposi sadica.
A quel punto cominciò una vera e propria battaglia all'ultimo solletico.
Pov. Andras
Tornai
a palazzo con i nervi decisamente rilassati. Uccidere quei vermi
mi aveva fatto da calmante ed in più mi ero divertito a vederli
agonizzare al suolo. Che dire, ho preso due piccioni con una fava, mi dissi sorridendo malefico.
Dopo aver risolto con successo il problema del fronte ed aver discusso
di alcune questioni importanti con i capi militari del luogo, avevo
deciso che potevo pure tornarmene a casa per quel giorno.
Non vedevo l'ora che arrivasse il pomeriggio per torturare quella
ragazzina impertinente. Le avrei fatto patire le pene dell'inferno.
<< Mio signore siamo arrivati. >> mi informò l'autista della limousine con cui avevo viaggiato.
Scesi senza degnarlo di uno sguardo dalla portiera appena apertami da
un maggiordomo. Quest'ultimo al mio passare si inchinò,
così come tutte le cameriere i camerieri disposti in fila ai due
lati del viale che precedeva l'entrata del palazzo. Sembravano tanti
pezzi di un domino, pensai guardandoli dall'alto in basso.
Lei non lo avrebbe fatto neanche sotto tortura, pensai con un sorriso.
Dio, perché il discorso andava a finire sempre su di lei?!
Era la mia maledizione quella ragazza.
Neanche il tempo di sorpassare la soglia del monumentale portone del
palazzo che venni travolto dall'abbraccio di quel decerebrato del mio
migliore amico.
<< Cazzo, Damien, levati subito di dosso! >> gli dissi
sottovoce all'orecchio mentre assumevo l'espressione facciale
più indifferente di cui ero capace.
Ero pur sempre l'imperatore e non potevo certo urlare come una bestia in mezzo alla servitù.
Damien, conoscendomi, ricevette il messaggio di levarsi subito se non
voleva sottoporsi ad una lenta e crudele tortura punitiva.
<< Amico ma sei stato fuori tutta la giornata! Io torno dalla
guerra e tu neanche ti fai trovare a casa? Mi aspettavo una
festa!>> disse quel cretino abbassando la testa.
Il mio sopracciglio scatto subito all'insù.
<< Dì la verità, tu volevi la festa solo per
rimorchiare qualche bella ragazza. Non certo per la mia
compagnia.>> gli risposi ovvio.
Lui rialzò il capo stupito, e mettendosi una mano sopra al cuore
disse: << Andras giuro che però ti avrei trovato una bella
gnocca pure a te! >>
Mi passai una mano sul volto e dopo averlo sorpassato gli
dissi:<< Damien non è giornata. E per la
cronaca...>> mi fermai girandomi leggermente, fissandolo
superiore:<< ... io non ho bisogno di qualcuno che mi procuri le ragazze, vengono da sole. >>
Detto questo mi rigirai soddisfatto della mia risposta e mi diressi
subito verso le mie stanze per farmi un bel bagno ristoratore prima
dell'allenamento serale con Damien.
Da lontano sentii la sua risposta: << Sei forte amico! Hai tutta la mia stima! >>
Lo so Damien, lo so.
Dopo che
mi fui lavato, indossai una delle mie tute da allenamento e, uscito
dalla stanza, andai nello spiazzale all'aperto in cui di solito mi
allenavo con Damien nelle arti marziali ed anche con le armi.
Eravamo entrambi molto forti, i migliori dell'intero mondo demoniaco.
Infatti era proprio il mio migliore amico il mio generale più
fidato, a lui avevo lasciato il comando del mio enorme e potente
esercito.
Guerriero capace e talentoso, Damien era secondo solo a me.
Era anche colto, faceva infatti parte di una delle più nobili e antiche famiglie aristocratiche.
Per quanto si comportasse da perenne bambino, non lo si sarebbe
più riconosciuto in un campo di battaglia. Diventava un'altra
persona, un uomo dal cipiglio severo, un uomo crudele e senza
pietà. Se si parlava di questioni serie, come quelle inerenti
alla politica, lui non scherzava mai.
Da quando ho memoria lui è sempre stato al mio fianco, i suoi genitori erano e sono tutt'ora i migliori amici dei miei.
Praticamente eravamo cresciuti insieme, solo lui conosceva tutti i tratti oscuri del mio passato.
Ricordo che una volta, preso dalla foga per una delusione datami dai
miei genitori, feci una strage in una città appena conquistata.
Se loro mi ritenevano un figlio inadatto al ruolo che riponevo, inutile
e causa di profonde delusioni beh, allora mi sarei comportato come tale.
Ricordo ancora oggi che tornai a casa ricoperto di sangue...
Entrai a palazzo completamente bagnato d'acqua e sangue. Le goccioline
color cremisi scivolavano velocemente tra i miei pettorali, lasciando
lunghe strisce d'armano al loro passaggio.
Il mio viso non esprimeva nessuna emozione, gli occhi erano vitrei, nessuna luce brillava in essi.
Ad un tratto sentì il rumore cigolante di una porta.
Rivolsi stanco lo sguardo verso di essa e ne vidi uscire Damien con
un'espressione stizzita in volto, forse a causa del non previsto
risveglio a quest'ora. Era infatti tarda notte e la luna splendeva
candida nel cielo notturno.
Non appena fui riconosciuto da lui, lo vidi spalancare gli occhi,
improvvisamente sveglio. Subito il suo viso, da stanco e assonnato,
divenne furioso. Gli occhi azzurri divennero rosso sangue e i canini si
misero ben in vista, così come le unghie che avevano assunto un
colore bluastro fiammeggiante.
Con uno scatto felino mi si scagliò addosso, buttandomi per terra.
Mi diede un pugno ben assestato sulla mascella e poi mi disse
infuriato: << Andras ma dove sei stato?! Ti cercavamo tutti!
Cazzo, ma avvisare no?! >>
Io lo fissai con ancora gli occhi persi nel vuoto, immobile.
<< Rispondimi! >> continuò lui a voce ancora più alta.
<< Rischi di svegliare tutti idiota. >> risposi semplicemente con voce atona.
<< Non me ne frega nulla, che si sveglino pure! Ora tu mi dici
che cavolo ti è passato per la testa oggi! Sei anche ricoperto
di sangue per Dio! Che hai combinato?! >> mi disse prendendomi
per le spalle, ferendomi così con le unghie ancora lunghe e
affilate come rasoi.
<< Ho ucciso parecchia gente... >> risposi girando la testa di lato.
<< Dio, Andras perché?! Poi ti lamenti che i tuoi non ti
rispettino come dovrebbero! Come pretendi che ti stimino se tu continui
a comportarti da bambino?! Eh? Rispondi! >> mi disse prendendo a
forza il mio viso e girandolo fino a farmi incrociare i suoi occhi.
Delusione, tanta delusione. Questo esprimevano sotto chili di rabbia.
<< Mi comporto così proprio per questo, non importa cosa
faccia, non sarò mai il figlio che avrebbero voluto che
fossi!>> urlai anche io rabbioso.
<< Andras... >> cominciò, ma io lo fermai subito.
<< Andras niente, Damien! Sono stufo di tutto questo! Basta! >> dissi togliendomelo di dosso e alzandomi da terra.
Mi incamminai verso le mie stanze quando mi sentì fermare da una ferrea presa alla spalla destra.
Mi voltai verso di lui infastidito.
<< Amico, non importa quanto i tuoi ti feriscano, perché
è inutile che continui a fingere che il loro comportamento non
ti scalfisca per niente. Non con me. Ti dico solo questo: Quando stai
per cadere, c'è qualcosa che devi fare prima di chiedere aiuto.
Ed è... cadere del tutto. Non puoi rialzarti se non sei
completamente caduto. Una persona può rialzarsi per la prima
volta solo dopo che è caduta completamente. Con le sue gambe,
con decisione. Adesso che tu sei caduto devi chiedere aiuto e guarda
caso ci sono io qua. >> mi disse con un sorriso.
Era tornato normale, con il solito viso d'angelo che trasudava allegria da tutti i pori.
A quel punto le mie difese caddero e per la prima volta in vita mia,
una sola e calda lacrima cadde dal mio occhio. Mischiandosi al sangue
rappreso.
Gli sorrisi sincero come rare volte lo ero stato in vita mia.
Mi diressi poi verso le scale che mi avrebbero condotto alle mie stanze.
Sentii i suoi passi leggeri dirigersi lentamente verso la porta da cui era poco prima entrato.
<< Grazie. >> dissi in un sussurro, sapendo benissimo che comunque lui mi avrebbe sentito.
In un soffio sparì nell'oscurità dei corridoi al piano
superiore, non prima però di aver sentito il suo sussurrato "Di nulla amico."
Credo sia allora che lo cominciai a considerare davvero il mio migliore amico, il fratello che non avevo mai avuto.
Sì, dopotutto a lui volevo bene.
Lui mi aveva insegnato il vero significato della parola "Amicizia". E di questo gliene sarò eternamente grato.
Ad un tratto ripensai al discorso di poco prima fatto con lui.
Era ovvio che avrei organizzato una festa in suo onore, avevo
già dato tutte le disposizioni per alcuni giorni dopo. Per
quanto riguardava la vera e propria organizzazione però se ne
sarebbe poi occupata mia madre; mi aveva detto che sarebbe rimasta
giusto il tempo di accogliere al meglio Damien ed approfittare
dell'occasione per fare una rimpatriata fra amici di vecchia data con i
suoi genitori, che sarebbero appunto arrivati il giorno prima della
festa. Anche mio padre sarebbe stato presente per l'occasione; giusto
per far vedere che era ancora vivo, pensai con stizza.
Personamente, odiavo queste feste mondane, ma ogni tanto dovevo per
forza mostrarmi in pubblico difronte all'alta società.
Balli e chiacchiere futili come quelle che vi si sarebbero tenute non erano certo la mia migliore prospettiva di divertimento.
Ma per quel punto forse potevo fare qualcosa, pensai con un sadico sorriso.
La ragazzina sarebbe venuta con me e mi sarei divertito a stuzzicarla, magari facendole fare qualche figuraccia.
Tutto pur di riavere i suoi occhi puntati su di me.
Occhi che sembravano scavarmi fin dentro l'anima.
Scacciai con forza questi assurdi pensieri pensando che, per come era
fatta lei, potevo pure sognarmi che sarebbe caduta facilmente ai miei
piedi come le altre sgualdrine.
Perché lei non era come le altre, questo lo avevo capito fin dal primo istante.
Lei si sarebbe sempre rialzata e questo da un lato mi mandava in
bestia, odiavo profondamente che qualcuno si ribellasse ai miei ordini
e che qualcosa non andasse come era nei miei piani.
Ma dall'altro... questo aspetto di lei mi affascinava. Terribilmente.
Arrivato a destinazione cominciai a fare del riscaldamento dato che
Damien non era ancora arrivato. Il solito ritardatario cronico.
Preso dall'allenamento non notai minimamente la presenza che mi si
stava avvicinando fino a che non fu abbastanza vicina da poterne
sentire l'odore.
Petali di rose fresche il cui odore si espandeva nell'aria.
Amia.
ANGOLO AUTRICE:
Bene bene, eccoci arrivati alla fine del capitolo! ^-^
Come sempre vi chiedo se potreste lasciarmi qualche recensione per
farmi sapere cosa ne pensate, le vostre opinioni sono molto importanti
per me, lo sapete ormai.
Ringrazio moltissimo tutti coloro che hanno recensito, che hanno
inserito la storia tra le preferite, tra le ricordate, tra le seguite e
chi mi ha inserita tra gli autori preferiti.GRAZIE davvero a tutti! <3
Allora detto questo, vi anticipo che nel prossimo capitolo ci
sarà il tanto atteso pomeriggio, credo proprio che vi
sorprenderò parecchio! u.u
In questo invece ho preferito mettere in evidenza il rapporto di
amicizia tra i due protagonisti e i loro amici. Credo fosse necessario
per il giusto proseguimento della storia ed anche per farvi capire
meglio le cose.
Spero che vi siate divertiti a leggere questo capitolo perché io
mi sono piegata in due dalle risate a scriverlo, devo dire che mi
è venuto abbastanza bene, voi che dite? :)
E Damien? Cosa ne pensate di lui, vi piace?
Io personalmente lo adoro!
Il flashback è stato ricco di emozioni e si cominciano a capire meglio molti degli attuali comportamenti di Andras.
Infine mi sembra doveroso farvi sapere che la frase ''Quando stai per
cadere, c'è...'' fino a '' con decisione.'' è stata presa
dall'anime/manga Aquarion, detta dal personaggio Gen Fudo. Il resto
della frase di Damien è mia però.
Bene, adesso vi lascio, ancora grazie per tutto! :D
Bacioni, Ashwini. :*
Spazio pubblicità:
Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
E ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perchè davvero merita attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
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Capitolo 10 *** Capitolo nono: All'ombra di un ciliegio. ***
g
Buonasera a tutti voi care lettrici! ^-^
Eccomi qua con un capitolo appena sfornato dalla mia mente contorta, spero
vivamente che vi piaccia!
Bene bene, il capitolo seguente credo vi stupirà alla fine, accade una certa
cosa che lascierà tutti di stucco! XD
Per il resto è normale, diciamo, si vede che esclusa Raina che è cotta di
Damien, tutti non sanno cosa provano, ancora è troppo presto. Ma questo nuovo e
inspiegabile sentimento, che accomuna i pensonaggi, li confonde e li porta a
fare pensieri spesso contorti e a dire il contrario di ciò che pensano
realmente.
Ognuno ha le proprie ferite passate e soprattutto Amia e Andras sono due
testoni cronici, quindi odiano la situazione corrente, opponendosi ai loro
stessi pensieri con ardore.
Adesso vi lascio al capitolo.
BUONA LETTURA!
Spesso si preferisce
non dare ascolto ai propri sentimenti perché si teme
di soffrire e ci si inganna di
provare qualcos'altro.
Capitolo
nono: All'ombra di un ciliegio.
Pov. Amia
Come
accordato, verso il tardo pomeriggio mi diressi verso lo spiazzale esterno
adibito agli allenamenti con un vassoio d'argento pieno di ogni tipo di
leccornia, alcune di esse avevano delle forme strane, frutti e dolci mai visti
in vita mia e sicuramente tipici dei vari luoghi conquistati dall'impero.
Dopo una breve chiacchierata con Katia mi ero subito diretta nel posto
stabilito per evitare una spiacevole situazione come quella accaduta ieri. Ero
una ragazza che imparava dai propri errori... o almeno per la maggior parte
delle volte, pensai con un sorriso ironico.
Il percorso me lo aveva gentilmente spiegato Katia e così eccomi qua, difronte
l'immenso spiazzale.
Vidi in lontananza una figura muoversi a velocità disumana, il sudore imperlava
la sua fronte e i pettorali scoperti, rendendo il suo corpo uno scintillio di
luci al sole. I movimenti erano aggraziati ed eleganti come sempre.
Sembrava così concentrato ed assorto in tutto ciò che stava facendo, in ogni
calcio ed in ogni pugno rivolti verso un avversario immaginario.
La sua espressione era davvero bella in quel momento, gli occhi ardevano di
passione per ciò per cui era nato: combattere.
Gli occhi erano leggermente assottigliati, le labbra dischiuse e piegate in una
smorfia, forse dovuta allo sforzo fisico, anche se sembrava che compisse quei
movimenti fluidi senza la minima fatica, naturalmente.
I capelli si muovevano in morbide onde, ora rivolti verso il suo viso, come ad
affondare nei suoi profondi occhi, ora liberi di essere accarezzati dal leggero
venticello che aveva cominciato a disturbare quell'immobilità che poco prima
caratterizzava il luogo.
Uno spettacolo meraviglioso ed unico.
Poi, riscossa dal cinguettare di alcuni eccelli, mi diressi lentamente verso di
lui.
Passo dopo passo sentivo come un peso al cuore, come se già da quella distanza
la sua anima tormentata si appoggiasse alla mia.
Arrivatagli abbastanza vicino, lo vidi bloccarsi improvvisamente, immobile e
rigido come una delle tante statue presenti nell'enorme giardino che
circondava il palazzo reale.
Improvvisamente si girò di scatto con un’espressione indecifrabile in volto.
Gli occhi fiammeggianti sembravano volermi incenerire.
Deglutii rumorosamente, ero appena arrivata per Dio! Cosa mai gli avevo fatto
senza neanche aprire bocca?!
Mentre lui stava ancora lì a guardarmi male per chissà quale oscuro motivo, io
osservai ancora il luogo, ammirata da tanto splendore.
Poi sentendomi osservata insistentemente mi rigirai verso Andras. Quest'ultimo
aveva assunto un'espressione ancora più corrucciata se possibile.
<< Ehm... io avrei fatto come mi hai detto... ecco qua il vassoio.
>> dissi incerta e sbrigativa.
<< Posalo su quel tavolino laggiù. Poi siediti sulla panchina e aspetta
nuovi ordini.>> rispose lui squadrandomi da capo a piedi.
<< Okay. >> risposi semplicemente.
Proprio oggi non volevo litigare con lui, era stata una così bella giornata che
avrei fatto di tutto pur di farla restare tale.
Feci quanto detto e preso un libro dalla borsa a tracolla, che mi ero premurata
di portare con dentro tutto i beni di prima necessità, mi misi tranquillamente
a leggere.
Pov. Andras
Maledetta ragazzina! Accidenti a lei e
al suo odore!
Non appena lo avevo captato il mio corpo si era immobilizzato, incapace di
muoversi, desideroso di godersi a pieno quella sensazione di torpore che mi
aveva avvolto.
Ringraziai mentalmente anni e anni di allenamento sull'autocontrollo per
essermi ripreso così velocemente. Ora dovevo solo sperare che lei non si fosse
accorta di nulla.
Contrariato fino al midollo mi accorsi che invece la rovina della mia vita se
ne era ben accorta. Con ancora più fastidio notai che aveva assunto
un'espressione troppo tranquilla per i miei gusti.
Io stavo qua a rodermi l'anima e lei guardava il paesaggio circostante come se
io non esistessi nemmeno!
Poi, finalmente, parve ridestarsi dalle sue considerazioni mentali e girandosi
verso di me mi disse che come detto aveva portato il vassoio con il cibo, io le
ordinai semplicemente di posarlo sul tavolinetto lì vicino e di sedersi sulla
panca affianco.
Osservandola notai che rispetto alla mattina si era cambiata.
Mi morsi a sangue il labbro inferiore non appena mi accorsi che la stavo
guardando troppo per i miei standard. Era pure la mia inutile schiava umana
cavolo, come potevo interessarmi a lei in quel senso?!
Il sole mi aveva dato alla testa - sicuramente era questo! - mi dissi cercando
di convincere anche in minima parte il mio cervello.
Mi stiracchiai un po' dopo che si fu allontanata, lei e anche il suo maledetto
profumo notai con sollievo.
Ma mentre mi guardavo intorno infastidito del ritardo di Damien, l'occhio mi
cadde sulla sua figura seduta sulla panca, all'ombra di un albero di ciliege.
Le ombre avvolgevano la sua figura ma dagli spiragli delle foglie, i caldi
raggi solari si andavano ad infrangersi in piccole scie luminose sul suo viso.
Restai incantato difronte quella vista.
Com'era...
<< Bella, vero? >> mi disse improvvisamente una voce alla mie
spalle.
Girandomi mi accorsi che era quell'idiota di Damien.
Sbuffai stizzito, distogliendo lo sguardo.
<< Io la reputo un'inutile umana buona a nulla. >> risposi
minimizzando.
Lui alzò subito un sopracciglio.
<< Da come la guardavi fino a un momento fa non sembra. >> mi disse
lui beffardo e con un irritante sorriso compiaciuto in volto.
Lo fulminai con lo sguardo, facendolo sussultare.
Bene, Damien era sistemato. Per ora,
pensai esasperato. Quel ragazzo parlava più di una vecchia pettegola a volte.
Facendogli segno di spostarci in mezzo allo spiazzale, mi dissi mentalmente che
dovevo solo concentrarmi sul combattimento adesso così, carico di
energie, diedi inizio all'allenamento scagliandomi contro il mio amico,
entrambi demmo il meglio di noi stessi, sforzando i muscoli fino al limite.
Pov. Amia
Mi immersi completamente nella lettura,
crogiolandomi nel piacere. Ma riuscì a rilassarmi solo per poco perché un
rumore improvviso mi fece alzare lo sguardo dal libro che avevo tra le mani.
Andras aveva scagliato violentemente Damien contro il muro a ben venti metri di
distanza senza il minimo sforzo, sorridendo compiaciuto.
Damien però si riprese velocemente, restituendo il favore con un ben assestato
pugno in pieno volto ad Andras.
Notai con gli occhi fuori dalle orbite che quelli erano solo alcuni dei colpi
che compivano che riuscivo ad individuare, a distanza di ognuno di quei potenti
attacchi vi era il nulla, i due guerrieri si muovevano troppo velocemente per
essere visti da un occhio umano. E in quel lasso di tempo chissà quanti altri
colpi si accavallavano, pensai sinceramente impressionata da tanta potenza. I
loro movimenti si riuscivano ad individuare solo dallo spostamento delle masse
d'aria che si smuovevano al loro passaggio.
Ad un tratto mi sentii chiamare il lontananza da una voce familiare. Distolsi
così lo sguardo dai due guerrieri e lo rivolsi invece alla mia destra dove, con
un gran sorriso, mi accorsi dell'avvicinamento veloce di Raina.
Mi alzai dalla panca e le andai incontro, quando poi mi arrivò abbastanza
vicino mi si gettò fra le braccia, stritolandomi in un abbraccio caloroso che
fui felice di ricambiare.
Dopo non molto ci staccammo e facendomi segno con la testa verso il luogo in
cui Andras e Damien si allenavano, mi disse, con gli occhi che luccicavano:
<< Sono davvero spettacolari, non credi? >>
Io a quella frase alzai gli occhi al cielo poi, guardandola attentamente, le
dissi con l'aria di chi la sa lunga e nascondendo allo stesso tempo una risata:
<< Certo Raina, so benissimo chi è spettacolare.
>>
Lei arrossì di botto, colta in fragrante.
Aprì la bocca per ribattere ma io la fermai subito dicendole: <<
Argomento off limits, capito. >>
Lei allora mi rispose con un sorriso di gratitudine e mi fece poi segno di
andarci a sedere nella panca in cui ero poco prima seduta.
Sapevo che i demoni avevano un udito al di fuori del comune e sapevo anche che
Andras e Damien non facevano certo eccezione, quindi in loro presenza non si
poteva toccare l'argomento o avremmo rischiato che scoprissero la cotta della
mia amica per il biondo.
Sedutaci entrambe, cominciammo a parlare del più e del meno, argomenti che
comunque non erano di grande importanza.
Dopo un po' ci bloccammo alla vista dei due guerrieri che venivano verso di noi
con una camminata degna del miglior fotomodello, sperai vivamente che non
notassero lo sguardo da maniaca di Raina.
Perché, il tuo com'è?! disse, beffarda, una vocina dentro di me.
La maledissi più volte, cavolo non era vero! Insomma... okay, lo ammetto, anche
io immaginavo di non avere uno sguardo migliore del suo ma, per Dio, come
si poteva restare impassibili difronte uno spettacolo da film come quello?! Ero
una donna anch'io!
I due però cambiarono traiettoria andandosi a gustare le prelibatezze preparate
da Katia.
La faccia delusa della mia amica era palese. Cosa credeva, che Damien le si
sarebbe gettato ai piedi dichiarandole di punto in bianco il suo amore?
Sospirai, era decisamente stracotta quella ragazza, per la nascita dell'amore
vero ci voleva tempo non si poteva certo pretendere che accadesse tutto subito.
Incontrai il suo sguardo e per mezzo di questo cercai di comunicarle i miei
pensieri. Ero certa che ce l'avrebbe fatta a conquistarlo, ma ci voleva tempo.
Una ragazza determinata, solare e dolce come lei poteva compiere il miracolo di
cambiare quel casanova da strapazzo. O almeno lo speravo con tutto il cuore.
<< Come fai a reggere con così tanta facilità la presenza di... lui?
>> mi domandò sussurrando affranta Raina, riferendosi chiaramente ad
Andras.
Sapessi Raina, sapessi!
Scacciando quel pensiero risposi : << È un idiota, non capisco
perché mai dovrei provare interesse per uno come lui. >>
Era una bugia, ne ero perfettamente consapevole, ma forse se lo ripetevo più
volte me ne sarei convinta pure io.
Come mi ero ridotta... mi facevo pena da sola.
Pov. Andras
Stupida umana, una folata di vento più
forte delle altre le aveva scompigliato i capelli e il suo dannato odore mi
aveva distratto, permettendo a Damien di colpirmi.
La odiavo profondamente, da quando era
arrivata non faceva altro che infastidirmi, era una seccatura, una bambinetta
irritante.
Sfogai le mie frustrazioni nel cibo, mandando al diavole le buone maniere.
<< Ehi amico, calma! Il cibo mica scappa! >> mi prese bellamente in
giro Damien.
Lo fulminai con lo sguardo.
<< Sta' zitto e mangia! >> risposi incazzato. Ci mancava solo lui
ora!
<< Non sarai seccato perchè la carotina è l'unica donna che non ti fila
neppure di striscio?! >> continuò ridendo come un pazzo quello che tra
poco sarebbe stato un demone morto.
<< Figurati! Io la odio quella, è così irritante, mi dici come potrei
essere interessato ad una come lei?! É solo una misera umana!>>
risposi infuriato.
Lui osservò attentamente tutte le mie reazioni e poi con un sospiro disse:
<< Se lo dici tu. >>
<> lo freddai con un'occhiata di fuoco.
Figuriamoci se adesso io, imperatore di Alloces, mi fissavo con un'umana!
Pov. Amia
Li vidi discutere animatamente, Andras
sembrava davvero furioso. Chissà di che cosa stavano parlando...
<< Amia vieni, andiamo a vedere se hanno bisogno di qualcosa. >> mi
disse Raina ad un certo punto, osservando insistentemente Damien.
<< Se continui così lo capirà. >> le risposi ovvia.
<< Nah, è troppo preso dal suo mondo per notarmi, per ora. >> disse
con uno strano sorriso in volto.
<< Ok, ma io mi rifiuto di fare la brava servetta, tu vai pure se ci
tieni. >> risposi altezzosa.
<< Non dovresti provocarlo Amia, sfidi la sua autorità così.
>> mi consigliò la mia amica.
<< Non. Me. Ne. Frega. Nulla. >> scandì bene le parole.
Lei sospirò e disse: << Allora io vado. >>
La vidi inchinarsi al cospetto di Damien e chiedere qualcosa, forse cosa
desiderava che lei facesse. Cominciarono a parlare ed io pensai che se lei
continuava imperterrita a mostrasi così docile ed ubbidiente, lui non l'avrebbe
mai notata.
Doveva fare la difficile o ai suoi occhi sarebbe sembrata una comune serva!
Eppure Raina sostenava che lui si comportava in modo leggermente diverso con
lei. Forse quando erano soli succedevano cose che appunto portavano a questi,
per me, inverosimili comportamenti. Mi appuntai mentalmente di chiederle i
dettagli quando saremmo state sole.
Più sapevo più avrei avuto modo di aiutarla nella sua missione di conquista del
cuore di Damien.
Presa dai miei pensieri notai solo quando fu troppo tardi l'ombra di qualcuno
accanto a me. Sollevai il viso e mi paralizzai non appena vidi che quella era
l'ombra di Andras.
<< Tu non vieni a chiedermi cosa desidero? Ti consideri tanto superiore
ragazzina? >> mi disse gelido.
<< Come hai fatto ora puoi fare tutte le volte, non credo sia necessario
che venga sempre io da te. >> dissi saccente, sfidando la sorte.
<< Oh capisco, allora che dici se stasera resti qua a pulire tutto il
capo di allenamento? >> mi domandò chiaramente retorico.
<< Ma... mi ci vorrà tutta la notte! Questo posto è enorme! >>
risposi sconcertata.
<< Niente ''Ma'' e ubbidisci se non vuoi una punizione più severa per il
tuo comportamento sfacciato. Ti insegnerò io le buone maniere e con la forza se
necessario. >> mi freddò il moro.
Detto questo se ne andò via, successivamente raggiunto dal biondo che, prima di
andarsene, mi fece l'occhiolino.
Maniaco e casanova.
Il cielo doveva mandare un aiuto alla mia amica. Come faceva a sopportarlo e ad
avere anche una cotta per lui dico io? Mah, i misteri della vita.
Raina mi si avvicinò tutta contenta e raggiante mi disse: << A te come è
andata? A me benissimo!>>
<< Ma sei scema? Come accidenti doveva andare? Abbiamo solo discusso,
come da programma del resto. Il cretino mi ha pure dato una punizione “per il
mio comportamento sfacciato”. >> dissi imitando la sua voce e facendo
ridere di gusto la mia amica.
<< Dovresti agire d’astuzia e parlargli dolcemente, così da tentare un
approccio migliore in vista di una sana amicizia! >> mi disse annuendo
come a dare maggior enfasi alle sue parole.
<< Certo, e a tal proposito, magari, lo potrei invitare a bere un tè
insieme. >> risposi, sarcastica, alzando le braccia al cielo.
<< Sei impossibile. Amia. >> disse lei, esasperata, cominciando ad
incamminarsi verso il palazzo.
<< Ciao, Raina, io devo restare qua, lo sai. >> le dissi a voce
alta per farmi sentire.
<< Ciao! Ci vediamo domani a colazione! >> mi rispose di rimando
lei, scomparendo all'interno del maestoso edificio.
Girandomi osservai con una smorfia il luogo.
Forza, mettiamoci al lavoro! Mi dissi puntando un pugno al cielo.
Ormai era notte fonda ed io non avevo ancora finito, sapevo che un dannato
maniaco della perfezione come Andras non avrebbe ammesso neanche una
piccolissima briciola, quindi tutto doveva risplendere.
Ero stanchissima, mi reggevo a malapena in piedi, ma dovevo resistere. Avrei
dimostrato a quel pallone gonfiato quanto valeva la sottoscritta!
Era una questione d'onore.
Questo e molto altro, tra cui maledizioni dette in mille lingue diverse contro
l'imperatore, pensavo e mi ripetevo per farmi forza.
Dopo un po' decisi di fare una pausa, mi era necessaria o sarei crollata al
suolo.
Posai gli attrezzi, che avevo preso dalla casetta di uno dei tanti giardinieri
di corte, vicino ad una panca e mi sedetti proprio su quest'ultima, rilassando
i muscoli. Chiusi poi stancamente gli occhi, reclinado la testa all'indietro.
Riaprii gli occhi solo dopo parecchi minuti, scostandomi dal viso quello che
realizzai essere un petalo del fiore di un albero di ciliegio.
Sollevai quindi lo sguardo, puntandolo al bellissimo albero che con i suoi rami
fioriti mi faceva ombra.
Una leggere brezza notturna ne muoveva dolcemente i fiori, facendo cadere qua e
là alcuni petali rosa.
Sul mio palmo aperto se ne depositò qualcuno ed io, avvicinado il viso, odorai
quel meraviglioso profumo.
Poi osservai il cielo, qua eravamo decisamente più in alto che nella piana in
cui si trovava la capitale e le stelle puntellavano sgargianti il cielo
notturno.
Era uno spettacolo senza pari io, vivendo in una grande metropoli quale era New
York, non vedevo bene le stelle e per farlo dovevo per forza recarmi in posti
dove l'accecante luce dei grattacieli non arrivava.
Qua era come se avessi il cielo ad un palmo dal viso così, ammirata da tanta
bellezza, scesi dalla panca sulla quale ero comodamente seduta e mi sdraiai a
terra lì vicino, sempre all'ombra del ciliegio.
Osservai rapita le numerose stelle in cielo per non so quanto tempo fino a
quando non sentì un rumore di passi farsi sempre più vicino.
Distolsi lo sguardo dal cielo, annoiata e seccata dell'interruzione, quando,
vedendo chi era la causa di quei passi, quasi non mi strozzai con la
mia stezza saliva.
Andras.
Andras è qua.
Andras è qua e sembra molto incavolato.
Sono fottuta.
Mi alzai con il busto di scatto e feci per alzarmi completamente quando lui,
più svelto di me, si abbassò alla mia altezza.
I suoi occhi mandavano scintille e vi lessi un chiaro desiderio di uccidere.
Un brivido mi passò per tutta la spina dorsale.
Non immaginavo che sarebbe venuto a controllare il mio lavoro accidenti!
Non avevo ancora finito, mancava l'angolo a nord-est dello spiazzale. E ora
cosa gli dicevo?
Dovevo inventarmi una scusa plausibile e alla svelta anche!
<< Ehm, io stavo facendo una pausa, mi manca solo quell'angolo
lì.>> gli dissi indicando il suddetto angolo con un dito.
Lui stese zitto, mi osservava in un modo strano adesso, quasi più... dolce?
No, non era dolce ma... più calmo, ecco. Il fatto era che mi risultava
difficile definirlo, troppi muri facevano da schermo alla sua anima.
E poi proprio non riuscivo a comprenderlo quel demone. Come diavolo faceva a
cambiare umore ed espressione così, come a comando?!
Ad un certo punto sollevò il braccio verso di me ed io mi ritrassi indietro
seriamente spaventata.
<< Non hai specificato quando lo volevi pronto il lavoro! >>
gracchiai, appaggiondomi ad ogni scusa possibile.
E ora cosa mi avrebbe fatto? Mi avrebbe punita con la forza, mi avrebbe
sfregiata magari?
Avevo paura della possibile risposta.
I nostri occhi si incatenarono l'uno all'altro. Il mondo parve scomparire,
esistevamo solo noi due ormai.
Vidi la sua mano avvicinarsi piano al mio viso e non appena mi fu vicina chiusi
di scatto gli occhi, aspettandomi uno schiaffo o qualcosa di simile.
Poi successe.
La sua mano mi sistemò dietro l'orecchio, con una delicatezza che non gli
apparteneva, una ciocca di capelli ribelle.
Riaprii gli occhi che sicuramente avevano assunto la loro espressione più
sbalordita.
Che... Che cosa aveva appena fatto?!
ANGOLO AUTRICE:
Eccoci arrivati alla fine del capitolo! ^-^
Allora vi è piaciuto? Cosa ne pensate della scena finale? Siete ancora vivi o
siete caduti dalla sedia per lo shock? Ahahahaha. XD
Okay, sono stata decisamente cattiva a lasciarvi così, ma ho dovuto farlo,
credetemi!
Ah! Posate i coltelli e tutte le altre armi e ascoltatemi, è importante!
Bene, nel prossimo capitolo ho intenzione di mettere una cosa davvero ma
davvero portentosa, una cosa che vi farà urlare come ragazzine alla prima
cotta, ve lo dico perchè io faccio così al solo pensiero di scrivere questa
''cosa''. u.u
Ora, la ''cosa'' però potrebbe pure aspettare di un due o tre capitoli se non
arrivano abbastanza recensioni... a voi la scelta...
Dato che però voi giustamente potreste pensare sia una cosa inventata vi do un
minuscolo spoiler della parte in questione: ''[...]Ormai le nostre
mani erano irrimediabilmente intrecciate fra loro[...]'' Bene, bene, che ne
dite? La volete questa parte? E allora... mmh, tutti coloro che la vogliono scrivano
anche solo una minuscola recensione, è uno scambio equivalente, voi che dite?
XD Dite che sono troppo cattiva? *ci pensa ed annuisce*
Adesso vi lascio, al prossimo capitolo e mi raccomando, recensite in tanti! *-*
Infine ringrazio, come sempre, coloro che recensiscono, mi hanno inserita fra
gli autori preferiti e che hanno messo la storia tra le
preferite/ricordate/seguite. GRAZIE davvero!
Bacioni, vostra Ashwini. <3
|
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Capitolo 11 *** Capitolo decimo: Quel qualcosa di speciale. ***
g
Ciao a tutti voi cari lettori! ^-^
Ecco qui un
nuovo capitolo, come promesso ho inserito quella ''cosa'', non aspettavi
moltissimo però, è ancora troppo presto per cose più dolci (come baci ecc,
ecc...), però vi avviso che già da questo capitolo qualcosa sta cambiando. A
poco a poco i due protagonisti si avvicineranno sempre di più… :3 Per quanto mi
riguarda questo è uno dei miei capitoli preferiti, ma lascio a voi il giudizio
finale.
Non vi anticipo
nient'altro. :)
BUONA LETTURA!
Sai dirmi cosa c'è tra due mani quando vengono premute una contro
l'altra? Tra mano destra e mano sinistra, tra angeli e esseri umani, tra uomo e
donna, tra yin e yang... cosa c'è fra le due cose? Tra mano destra e mano
sinistra c'è... il buio. Tra le due mani non c'è niente, e nonostante non ci
sia niente... è caldo. Una luce che nasce dall'oscurità.
(Gen Fudo-Sousei no Aquarion)
Capitolo decimo: Quel qualcosa di
speciale
Pov. Amia
Un colpo di vento più forte degli altri sferzò
improvvisamente vicino a mio viso, scompigliandomi i capelli. Sembrava che quel
semplice tocco avesse bloccato ogni cosa nell'universo, come se tutte le cose
ed ogni essere vivente si fosse fermato ad osservare quella scena che aveva a
dir poco dell'incredibile, assurda direi.
Quell'uomo non
faceva altro che confondermi sempre di più, quando sembrava che stessi
arrivando a pormi in una situazione stabile, ecco che arrivava lui e
sconvolgeva tutti i miei buoni propositi! Era frustrante, accidenti!
Non sopportavo
più quella situazione, dannazione sembrava proprio che si divertisse a
prendermi in giro, un giorno era gelido e odioso, il seguente più calmo e poi
il ciclo riprendeva all'infinito!
Il bello però
era che a lui non gli bastava questo, assolutamente no! Il signorino doveva
pure uscirsene con simili azioni certe volte, come se già di suo non fosse
abbastanza da rendermi pazza!
Dio, aveva uno
sguardo così serio mentre mi sistemava nuovamente dietro l'orecchio la
precedente ciocca di capelli che a causa del nuovo colpo di vento si era
disfatta.
La cosa più
assurda era che mentre lo faceva non smetteva un attimo di guardarmi dritto
negli occhi. Ed essi esprimevano tutta la confusione che ero certa di provare
anch'io in quel momento.
Bene. Neanche
lui sapeva che diavolo stava facendo!
La sua mano da
quando mi aveva sistemato la ciocca di capelli rossi non si era mossa da lì,
immobile nel tempo.
Beh... dato che
quello sembrava essere il ''Comportamenti Strani Time''... ma sì! Mi butto pure
io e non se ne fa più nulla, al diavolo tutto e tutti!
Spensi il
cervello perché sapevo che altrimenti sarebbero partiti a raffica una serie
infinita di auto-insulti che mi avrebbero fatto desistere dalla mia pazzia,
perché quella che stavo per fare era una pazzia, non si poteva chiamare in
altro modo.
La mia mano
destra si mosse automatica, si sollevò ed andò a coprire dolcemente quella di
Andras.
All'inizio la
sfiorai soltanto, volevo vedere se lui avrebbe ritratto schifato la sua ma
contro ogni logica lui stese fermo in quella posizione ed anzi potei notare un
lampo di curiosità passare per i suoi splendidi occhi blu come la notte che
stava ci stava facendo da spettatrice.
Poi la posai
delicatamente sulla sua mano che nel frattempo era scesa fino a poggiarsi sulla
mia guancia, tutto senza staccare i suoi occhi magnetici dai miei. Ero come
ipnotizzata.
Ad un certo
punto il semplice scontro tra il freddo gelido della sua mano e il caldo
perenne della mia non ci bastò più. Tolsi la mano dalla sua e lui tolse la
propria dalla mia guancia che era ormai diventata bollente come lava vulcanica.
Aprii il palmo
della mia mano sollevata leggermente dal suolo, mano che fu subito incontrata
dalla sua.
Entrambi non sapevamo
cosa stavamo facendo, si poteva chiaramente leggere nei nostri sguardi, eppure
allo stesso tempo era come se lo sapessimo, spinti da una misteriosa forza che
guidava le nostre azioni.
Le nostre mani
si studiarono, le dita si muovevano quasi frenetiche ad un certo punto,
desiderose di trovare il loro esatto posto, finché... non lo trovarono.
Ormai le nostre
mani erano irrimediabilmente intrecciate fra loro, una stretta forte e mistica
quasi, proprio come il legame che in quell'istante sembrava unire i due ponti
delle nostre anime che si incontravano per formarne uno solo.
Un piacevole
torpore si espanse velocemente attraverso ogni fibra del mio essere, ancora una
volta quella sensazione di completezza e pace interiore mi pervase.
Sensazioni mai
provate, se non con lui, affollarono il mio cuore e sconvolsero la mia anima.
Era bellissimo.
Era elettrizzante.
Era unico.
Eravamo noi.
Poi sentimmo un
''crack'', come se si fosse rotto un ramo spezzato, entrambi distogliemmo
repentini lo sguardo l'uno dall'altro. In quell'oscurità non vidi nulla se non
un'ombra che, fulminea, si dileguava nel buio della notte.
Oh. Mio. Dio.
Qualcuno ci
aveva visti, qualcuno ci aveva visti cazzo!
Andras si alzò
da terra rapidamente, facendo sollevare molta polvere che mi fece tossire
convulsamente. Successivamente lo vidi guardarsi attorno, aveva gli occhi rosso
cremisi, come la prima volta che ci eravamo incontrati, i canini pronunciati
così come le unghie che avevano assunto un colore rosso fuoco lucente. Si mosse
come un fulmine per tutto lo spiazzale e dintorni, tornando accanto a me con
un'espressione furiosa in viso, i pugni stretti tanto fortemente da fargli
diventare le nocche bianche e far uscire qualche rivolo di sangue a causa dei
tagli delle unghie lunghe ancora ben visibili. Tramava di rabbia, la mascella
rigida così come tutti i muscoli perfettamente tesi.
Quella visione
mi fece rabbrividire, io... io non volevo che i suoi occhi trasmettessero
rabbia e morte. Volevo che fossero simbolo di felicità e spensieratezza.
Volevo che
fossi io la causa della sua gioia.
Mi alzai di
scatto, lo fissai per ancora qualche secondo e, facendomi il segno della croce
mentalmente, mi diressi a passo di marcia verso di lui. Non appena lo raggiunsi
gli presi le mani fra le mie e guardandolo intensamente negli occhi gli dissi
severa: << Vuoi forse ferirti idiota?! Smettila di agitarti, non ti
riconosco più! Tu sei l'imperatore Andras, tu non crolli davanti a niente e
nessuno, tu resti sempre calmo ed impassibile, tu non ti comporti da ragazzino
in preda al panico, okay?! >>
Avevo detto
tutto così in fretta che adesso avevo il respiro affannato. Dannato, quando
c'era lui di mezzo non ragionavo più, sembravo tanto una ragazzina alla prima
cotta, accidenti! Cosa falsissima, a me lui non piaceva per niente, io lo
odiavo! Lui...
Mi bloccai
quando vidi i suoi occhi riprendere quella calma che li aveva sempre caratterizzati,
tornando del loro bel blu cobalto con sfumature violacee attorno alla pupilla,
i canini e le unghie si ritrassero, i muscoli si rilassarono così come la
mascella.
Le sue mani si
intrecciarono nuovamente con le mie ridandomi quelle medesime piacevoli
sensazioni di calore di prima.
Il suo volto si
avvicinò pericolosamente al mio deviando poi per il mio orecchio. Il suo
respiro andò a solleticare quella parte sensibile del mio corpo,
destabilizzandomi quasi del tutto. Dovevo ringraziare il mio autocontrollo se
ancora non ero partita per un viaggio di sola andata per un mondo fatto di
dolci e... Andras. Arrossii di botto.
Bastardo...
doveva marcire all'inferno solo per il fatto di farmi fare simili pensieri! Mi
stava facendo diventare una pervertita!
<<
Cos'era quello, un tentativo di aiuto? Una consolazione? Cosa? >> mi
sussurrò sensuale all'orecchio.
<<
Ecco... ehm... io... non lo so. >> mi arresi, affranta. Era vero ciò che
avevo appena detto, non sapevo con esattezza cosa mi avesse mosso, avevo agito
d'istinto. Volevo farlo e l'ho fatto, punto.
Ma come
spiegarglielo? Come, se neanche io sapevo spiegarmi tutto quel gomitolo di
emozioni che mi avvolgeva ogni volta che io e lui ci trovavamo vicini? Come?
<< Sei
una creatura unica, ragazzina, devo ammetterlo. >> sorrise divertito con
ancora le labbra a contatto con il mio orecchio.
Deglutì
nervosa. Ormai stavo sudando le sette camicie. E non era normale! Giusto... ?
Dovevo
riprendermi cavolo! Se lui voleva giocare allora avrei giocato, sì!
<< Era
una specie di... complimento questo? >> dissi stando al suo gioco e
sorridendo anch'io.
<< Mmh,
forse, non saprei. >> rispose accennando ad una risata.
<< Come
siamo cattivi stasera mio signore... >> gli sussurrai all'orecchio
girando di poco la testa e calcando le ultime due parole in modo sensuale. O
almeno sperai che fosse risultato tale… Non ero esperta in certi... argomenti.
Lo sentì
irrigidirsi improvvisamente.
Evviva, ero
riuscita nel mio intento, allora!
Risi come una
bambina che scartava i regali il giorno di Natale, cosa che fece scattare
all'insù un sopracciglio di Andras.
<< Che
hai da ridere adesso? >> mi disse offeso, pensando forse che stessi
ridendo di lui.
<< Nulla,
nulla! Lascia perdere. Ora devo proprio andare... >> dissi nascondendo un
altro attacco di risate improvvise.
Non ce la
facevo più a restare così a contatto con lui, era meglio andarsene prima che
non riuscissi più a mantenere la facciata da femmina alfa.
Mi allontanai
dal suo corpo caldo e sodo ma venni trattenuta per il polso dalla sua presa
ferrea.
<< Sai,
ragazzina, sei una continua sorpresa e la cosa... mi piace. >> mi soffiò
all'orecchio poco prima di sparire a velocità disumana nel buio della notte.
Oh santa vergine Maria!
Mi misi le mani
nei capelli. Non si poteva continuare così, eh no!
Fissai il punto
in cui era sparito, quell'uomo era illegale, da rinchiudere!
Sì, e tu vorresti stare rinchiusa con lui in cella,
magari in una insonorizzata eh? rise bellamente di me la mia vocina interiore.
Strinsi i
pugni. Accidenti!
Dopo essere
stata lì, ferma ed incapace di muovere anche un solo muscolo per almeno
un'altra decina di minuti, mi ero finalmente decisa a tornarmene in camera per
farmi una sana e meritata dormita.
Mi ero buttata
nel letto come un sacco di patate, la mia finezza femminile abbondava,
decisamente. Non appena avevo appoggiato la testa nel cuscino mi ero
definitivamente arresa al sonno, crollando fra le braccia di Morfeo.
L'indomani mi
svegliai grazie all'idilliaco suono di quello che mi sembrava un taglia erba. E
se non si era capito, ero altamente ironica.
Fumando come un
trattore, mi diressi a passo di marcia verso la finestra e, scostando le tende
con un unico colpo, mi guardai intorno cercando la causa di quel rumore
maledetto che aveva osato disturbare il mio sonno alle... mi girai verso il
comodino per vedere dalla sveglia che ore erano e... OH MIO DIO! Sono le sette
e mezza! Non arriverò mai in tempo da Andras per portargli la sua benedetta
colazione e lui mi ucciderà nel modo più lento e doloroso possibile!
Merda. Merda.
Merda!
Come una furia
mi fiondai in bagno con in mano i primi vestiti che avevo afferrato
dall'armadio, mi lavai e vestì a tempo di record. Uscii dal bagno e, come un
maratoneta, raggiunsi le cucine.
Katia quasi non
saltava in aria rovesciando il contenuto del vassoio in argento al delicato
spalancamento della porta da parte mia.
<< Santo
cielo stellina ma cosa... >> provò a dire ma io le presi dalle mani il
vassoio e, dandole un veloce bacio sulla guancia, le risposi: << Scusa
Katia, ma sono in ritardo! Ci vediamo a pranzo, okay? >>
Con la coda
dell'occhio la vidi annuire stordita e, trasformandomi in Bip Bip, mi diressi
verso le stanze di Mr. Ghiacciolo.
Arrivai con il
fiato corto e, appoggiandomi stancamente alla porta con il gomito, bussai.
Sentii il
solito ''Avanti'' ed entrai dentro.
Andras si
trovava in piedi difronte una delle sue personali librerie con un libro
piuttosto voluminoso aperto fra le mani. Gli occhi erano seri e attenti a ciò
che stavano leggendo, le sopracciglia erano leggermente aggrottate e le labbra
piene erano piegate in una leggere smorfia.
Sobbalzai
quando chiuse di scatto il libro, riponendolo accuratamente nella libreria.
<<
Ragazzina se continui a fissarmi in quel modo tutte le volte rischi seriamente
di sciuparmi. >> disse rivolgendomi un'occhiata decisamente derisoria.
In meno di un
secondo il mio viso assunse tutte le possibili ed inimmaginabili sfumature di
rosso. Cavolo, mi aveva beccata.
<< Io? Ma
scherzi?! Ah, come se potessi mai fare una cosa del genere... a te poi!
>> dissi cercando di apparire il più convincente possibile. La mia
filosofia di oggi? Negare, sempre negare.
Il suo
sopracciglio scatto subito all'insù.
<< Ma
davvero? >> ghignò sadico per poi continuare << Allora immagino che
se facessi questo... >> e si avvicinò in un soffio a me << ... e
questo... >> mi prese per la vita tirandomi a se fino a farmi sbattere
contro il suo petto muscoloso << ... a te non farebbe né caldo né freddo,
giusto? >>
Ormai il mio
volto scottava, il mio cervello era andato il tilt. Inutili erano stati i suoi
precedenti avvertimenti di ''Pericolo Andras'', il mio animo aveva già
categoricamente rifiutato di allontanarsi da lui.
Ci trovavamo
così vicini... mi sembrava di sentire pure il battere calmo del suo cuore, il
mio invece batteva frenetico contro la cassa toracica e sperai vivamente che
non riuscisse a sentirlo o sarebbe stata proprio una bella figura da fare in
sua presenza.
Il mio sguardo
si andò a posare sul suo braccio la cui mano premeva forte sulla mia schiena e
a quella visione non potei evitare che un brivido di piacere scorresse per
tutta la mia spina dorsale.
Ovviamente il
signorino notò ogni minima azione e reazione da parte mia, sorridendo beffardo
come a dire ''Avevo ragione''. Io puntai il mio sguardo su di lui,
fulminandolo. Nessuno e dico nessuno poteva permettersi di prendermi in giro
così, specialmente in mia presenza.
Bene. Vediamo
di stabilire una volta per tutte i ruoli del gioco.
Azzerai tutte
le distanze che ci separavano e mi appiattì contro il suo petto, posandovi le
mie mani. Alzai il volto e avvicinandomi al suo viso gli sussurrai cercando di
apparire sensuale e sicura di me: << Immagino che questo non ti dia
fastidio, giusto? >>
Lo vidi
sgranare gli occhi sorpreso.
Sorrisi
compiaciuta, non si aspettava che avrei reagito eh? Beh, vediamo di
dimostrargli che lui non è l'unico a saper giocare sporco in certi casi.
Con la mano
andai a delineare il suo profilo, soffermandomi di più sulle labbra appena
dischiuse. Un sospiro di piacere uscì da esse, i suoi occhi invece si chiusero
sotto le mie carezze.
Poi, vedendo
che la sua presa si era allentata, mi staccai improvvisamente da lui.
Lo vidi aprire
gli occhi di scatto, spaesato all'inizio per poi guardarmi torvo.
<< A
quanto vedo entrambi siamo completamente indifferenti l'uno all'altro...
>> dissi, sarcastica.
<< Non
provocarmi, ragazzina. Sai di cosa sono capace! >> rispose, alterato.
<< Sì, sì
lo sappiamo tutti. Ora scusami ma avevo promesso a Katia di aiutarla
stamattina. >> dissi alzando gli occhi al cielo e dirigendomi verso la
porta per andarmene da quella stanza che si era fatta troppo calda per i miei
gusti. Dovevo mantenere la facciata dell'indifferente ancora per qualche
secondo, potevo farcela. Sì, perché dentro stavo bruciando come mille soli,
accidenti a lui.
Poco prima di
aprire la porta mi sentì strattonare per il polso, in poco tempo mi ritrovai di
nuovo vicinissima a lui. I suoi occhi mandavano scintille, promesse di
vendetta.
<< Dopo
pranzo raggiungimi nella serra dell'altra notte. Vedremo chi avrà più
autocontrollo. >> ghignò sicuro di se.
<< Sì,
vedremo. Niente regole. >> risposi già eccitata all'idea di un nostro
nuovo scontro.
<< Niente
regole. >> ripeté sorridendo sadico, forse pregustando la vittoria che io
non gli avrei mai permesso di ottenere.
Vedremo chi
vincerà Andras, vedremo.
Lui mi lasciò
andare il polso e io potei finalmente uscire da quella maledetta camera.
Pensai che tra
poche ore io e lui saremmo di nuovo stati soli in una stanza a provocarci in
chissà quali modi perversi.
Mi bloccai come
pietrificata in mezzo al corridoio.
In che guaio mi
ero andata a cacciare?!
Pov. Andras
La guardai andare via seccato. Ogni santa volta che ci
ritrovavamo da soli lei dopo poco se ne andava con una qualche scusa, a tal
punto mi odiava? Tanto non sopportava la mia presenza?
Diedi un pugno
violento al mobiletto vicino a me, frantumandolo.
Stupida
ragazzina umana. Perché diavolo le avevo permesso di toccarmi in quel modo,
perché?! Sia ieri notte che adesso eravamo stati così vicini che i nostri
respiri si erano mischiati l'un l'altro, diventando un tutt'uno. Il calore del
suo corpo era andato a riscaldare il mio, gelido come il marmo. Non capivo
perché le avevo permesso di starmi accanto in quel modo, perché non l'avessi
scansata via in malo modo come facevo con tutti. Anzi, avevo perfino desiderato
che non si staccasse più.
Strinsi i
pugni, maledetta strega incantatrice, l'avevo decisamente sottovalutata.
Questa sera
dovevo fare in modo che fosse lei a cedere alle mie carezze, dovevo farle
vedere che ero io colui che aveva in mano le redini del gioco.
<< Wow,
Andras, ma ti sei visto prima? Mio Dio sembravi un drogato in compagnia della
sua droga preferita! >> rise bellamente quel coglione di Damien.
<< Che
cazzo stai dicendo? E poi da quand'è che sei qua a spiare, eh? >> risposi
alterandomi ancora di più se possibile.
<<
Abbastanza da vedere che la carotina ti ha completamente stregato, amico.
>> mi disse con un alzata di spalle Damien, sorridendo compiaciuto.
<< Cosa?!
Ma... >> comincia ma lui rispose subito alla domanda che stavo per
porgli.
<< Eravate
così presi l'uno dall'altra che non mi avete sentito entrare, sai che io non
busso per entrare nella tua stanza comunque, ho visto e sentito tutto poi
quando lei ha detto che doveva uscire mi sono nascosto dietro la colonna vicino
alla porta e dopo averla vista allontanarsi nel corridoio sono entrato ed
eccomi qua! >> disse allargando le braccia.
<< E non
è tutto!>> continuò l'idiota << Non preoccuparti per ieri notte,
ero io. >> disse più lieve, temendo la mia ira che non si fece attendere
oltre.
<< CHE
COSA?! Tu... io ti uccido! Come hai osato fare tutto questo, eh? E comunque io
non sono preso da lei! >> urlai con gli occhi rosso cremisi.
<< Amico,
vedi che io ancora ci vedo e i vostri sguardi... >> provò a dire ma non
lo feci continuare.
<< Basta!
Non c'è niente e mai ci sarà e poi mi sembra che quello tra noi due che è preso
da qualcuno sia tu. Come si chiama la tua serva? Ah sì. Raina, giusto? >>
ghignai malvagio.
Lui si
pietrificò sul posto e disse gesticolando nervoso: << Ma tu stai male! Io
e Raina? Mai! >>
Poi lo vidi
bloccarsi e abbassando lo sguardo dire piano: << Hai mai pensato a...
>>
<< No,
non è possibile ciò che pensi, mi rifiuto anche solo di pensare che sia così,
non può essere lei. >> dissi duro, riprendendo il mio tono gelido di
sempre.
<<
Andras... >> disse alzando lo sguardo da terra.
<< Damien,
smettila. Chiudiamo il discorso. Ora dimmi perché eri venuto qui. >>
dissi passandomi una mano in viso.
Lo sentì
sospirare per poi dire: << Abbiamo ricevuto una lettera da tu padre. Vuole
che tu vada da lui immediatamente, ti deve parlare di una cosa urgente.>>
<<
Capisco, risolverò tutto più tardi. Adesso andiamo alla riunione. >>
dissi sorpassandolo.
Mi diressi
verso la sala riunioni con mille pensieri per la testa.
No… non poteva essere lei. Rifiutavo di crederci!
Pov. Amia
Entrai nelle
cucine con un diavolo per capello, sembrava quasi che ci fosse un'aura oscura
attorno a me, cosa che fece allontanare subito da me tutti i cuochi intenti a
preparare il pranzo.
In mezzo a
tutto quello scorrere di gente vidi Katia e Raina che conversavano mentre
pelavano le patate. Facendomi largo tra i cuochi e facendo attenzione a non
combinare danni le raggiunsi ponendomi davanti a loro con ancora in volto
un'espressione corrucciata.
Le due donne
appena mi videro smisero di pelare le patate e subito mi travolsero di domande,
io le bloccai dicendo che avrei spiegato loro tutto quando saremmo state in un
posto più appartato. Guardandosi intorno capirono che la cosa che dovevo dire
loro non poteva essere sbandierata ai quattro venti così annuirono e, mentre mi
mettevo anche io a lavoro, parlammo del più e del meno.
<<
Allora? Perché sei entrata con quella faccia prima? >> mi assalì Raina
non appena uscimmo tutte e tre dalle cucine.
Ci stavamo
dirigendo verso un luogo appartato del giardino per fare un picnic ed avere
così modo di parlare di ciò che mi era accaduto senza sguardi curiosi intorno.
<< Appena
arriviamo ti dirò tutto, Raina, promesso! >> dissi esasperata.
In realtà non è
che avessi così tanta voglia di parlare di ciò che era successo, mi
imbarazzava, ma sapevo anche che se mi fossi tenuta tutto dentro sarei
impazzita, dovevo parlare con qualcuno di amico per farmi dare un consiglio sul
da farsi.
Arrivammo al
luogo prestabilito e, sistemato tutto l'occorrente per il picnic, la sensazione
di essere osservata mi travolse. Alzando lo sguardo dalle posate appena
sistemate, mi accorsi infatti di avere puntati contro ben due paia di occhi
desiderosi di sapere. Sospirai arrendevole, era arrivato il momento della
verità.
Presa di
coraggio raccontai loro ogni cosa, mi sembrava tanto di essere un peccatore che
confessa i suoi orribili peccati al prete della chiesa.
Mentre
raccontavo le vedevo spalancare gli occhi e la bocca sempre di più, incredule e
direi anche sconvolte. Appena finii un silenzio imbarazzante calò su di noi.
Deglutii
agitata e dissi: << Allora, voi che ne dite? >>
Le due si
guardarono in faccia ancora allibite e poi, annuendo, dissero all'unisono:
<< Sei cotta. >>
<< Che
cosa?! >> gracchiai con voce strozzata.
Erano forse
impazzite?
<< E non
è tutto, anche lui sembra interessato... >> disse maliziosa Raina.
<<
Stellina sono così felice per te! >> fece invece Katia con occhi
sognanti, quasi quasi mi immaginavo che tra poco avrebbero preso la forma di
due cuoricini.
<< Ma voi
state male! Io vi racconto i miei dilemmi esistenziali e voi mi rispondete con
un semplice e conciso ''Sei cotta''?! Che poi non è assolutamente vero!
>> dissi incrociando le braccia sotto il seno.
Raina mi fissò
con lo guardo di chi la sa lunga e disse ovvia: << Certo, Amia, certo.
Guarda che da quanto ci hai detto sembri veramente presa da lui. E poi parlavi
per me e Damien! >>
<< Non è
la stessa cosa! A te lui piace io invece odio Andras, come potrei amare l'uomo
che mi ha rovinato la vita e che continua a rendermela impossibile, eh?
>> risposi alterandomi.
<< Non
c'è un ''perché'', quando ami qualcuno è così e basta. >> disse con i
suoi occhi da cerbiatta maledettamente seri.
<<
Raina... >> cominciai, ma lei mi interruppe mettendomi una mano tesa
davanti alla faccia.
<< Amia,
capisco perfettamente il tuo punto di vista, sia io che Katia abbiamo perso le
nostre famiglie e la nostra quotidianità a causa dell'impero ma non possiamo
vivere col costante pensiero della vendetta, è sbagliato. Verremmo consumate
dall'odio. >>
<<
Tesoro, Raina ha ragione... dovresti dare una possibilità a questo mondo, te
l'ho detto anche l'altro giorno. >> disse invece Katia con voce dolce.
<< Io...
mi spiace ma non ce la faccio. Magari più avanti, ma adesso proprio non ci
riesco. Ora come ora non mi sento abbastanza pronta. >> risposi loro
abbassando lo sguardo e delineando con un dito figure concentriche sulla
tovaglia da picnic.
<< Sì, credo
che ognuno di noi abbia i suoi tempi, prenditi tutto il tempo che ti serve
stellina. >> disse Katia comprensiva.
<< Basta
che però ci pensi, ok? Non voglio che poi ti penti di non aver colto l'attimo,
ricorda che il tempo non può tornare indietro. >> aggiunse Raina con
ancora in viso quello sguardo serio.
<< Sì, lo
farò sicuramente. Grazie a tutte e due. >> dissi gettandomi fra le loro
braccia.
Pensai che ero
davvero fortunata ad avere delle amiche così speciali, non so come avrei fatto
a sopravvivere in questo luogo senza di loro. Mi ripromisi di pensare davvero
seriamente alle loro preziose parole, mia madre mi aveva sempre detto di
ascoltare i consigli degli amici sinceri. Ed ero certa che di Raina e Katia si
ci potesse fidare ciecamente, i loro occhi trasmettevano vera amicizia.
<< Bene,
adesso lasciamo perdere questi discorsi così seriosi e mangiamo! >> dissi
con ritrovata allegria.
Mangiammo tra
una risata e l'altra, raccontandoci aneddoti buffi ma parlammo anche di cose
serie, scoprendo sempre più cose sul conto di ognuna di noi.
Appena finimmo
ci mettemmo a lavoro per sistemare i piatti sporchi e tutto il resto dentro i
cestini, successivamente ci dirigemmo verso le cucine per posare il tutto.
Mentre percorrevamo i corridoi sentii Raina sussurrarmi: << Cosa hai
intenzione di fare dopo, quando andrai da lui? >>
<<
Qualcosa che lo farà certamente impazzire. >> sorrisi maliziosa.
<< Stai
attenta, potresti uscirne scottata pure tu. Non esagerare. >> continuò
lei.
<< Sì,
farò attenzione, promesso. >> risposi facendole l'okay con il pollice in
su.
La vidi annuire
poco convinta, sapevamo entrambe che con il mio carattere ribelle avrei
sicuramente fatto qualcosa, era più forte di me.
Sospirai,
affranta.
A quel punto
speravo solo che non fosse troppo grave.
ANGOLO
AUTRICE:
Allora gente eccoci arrivati a fine capitolo! ^-^
Ditemi, vi è
piaciuto? Spero vivamente di sì, io mi sono impegnata tanto nello scriverlo.
Decisamente è
il più romantico scritto fino ad ora, eh? XD
Ma non
allarmatevi, ce ne saranno molti altri di momenti come questi, non vedo l'ora
di arrivare al bacio e credo anche voi! u.u
Come poi avrete
certamente notato qualcosa sta cambiando nell'aria, anche se Amia e Andras si
rifiutano di vederlo. C'è da dire che ognuno ha le proprie ragioni per farlo,
non si può cancellare tutto con un colpo secco di spugna, varie cose però
porteranno al superamento di questi ostacoli tranquilli, sono un'amante dei
lieto fini io!
Piccola cosa:
cosa avrà voluto dire Andras con quel '' Non può essere lei''? A cosa si
riferiva secondo voi?
Ovviamente io
lo so, ma mi piacerebbe sapere cosa frulla nella vostra testa! :)
L'ultima parte
invece ci ha mostrato che Raina e Katia tengono davvero molto ad Amia, Raina
poi si è dimostrata capace di grande serietà e giudizio in momenti delicati
come quello affrontato.
La prima
parte... beh quella è stata certamente il top del capitolo, vero? *-*
Spero di aver descritto bene le emozioni che provavano
i protagonisti e che ci tenevo molto a trasmettervi!
Adesso forza
gente, niente paura e recensioni a tutto spiano, prometto che non vi mangierò!
;)
In molti mi
seguite e mi domando sempre come mai non recensiate, sapete che mi preoccupo di
non deludere nessuno ma se non mi dite cosa ne pensate dei capitoli come posso
migliorare?
Ringrazio moltissimo coloro che hanno inserito la
storia fra le:
-preferite: 12
-ricordate: 10
-seguite: 27
e me come autrice preferita: 3.
Ringrazio con
tutto il cuore anche chi recensisce con costanza, chi a volte ed anche i
lettori silenziosi. GRAZIE davvero a tutti, siete fantastici! <3
Adesso vi saluto, al prossimo capitolo!
Bacioni, vostra
Ashwini. :*
P.S.: Ho
pubblicato il prologo di un'altra storia, spero ci darete un'occhiata e magari
lascerete qualche recensione:
Eternity
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio,
cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto
nello studio, si è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene
dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Qui incontrerà Raphael, giovane e bellissimo
cardiologo che lavora nell'ospedale della città, nonché sede principale del
grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è infatti formata da
una lunga dinastia di medici che lavorano in molte filiali sparse per tutto il
paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito
odio a prima vista.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo undicesimo: Il pezzo mancante. ***
dddd
Ciao a tutti! ^-^
Eccomi qua con un nuovissimo capitolo tutto per voi!
Cosa succederà? Beh, questo è IL capitolo care lettrici,
quello che sicuramente tutte voi stavate aspettando con ansia! XD
Indovinato di cosa si tratta? u.u
Spero che il capitolo vi piaccia, godetevelo fino in fondo
perché, per un po', momenti come questo saranno rari. Ahahaha,
l'autrice è cattiva.
Inoltre, in questo capitolo è presente solo il pov Amia, quello
del nostro bel tenebroso ci sarà nel prossimo però, non
disperate! XD
Non mi dilungo oltre e vi aspetto sotto.
BUONA LETTURA!
La solitudine è meno pesante se qualcuno pensa a te.
Il pensiero è come una radio ricetrasmittente e non ti
lascia mai sola/o.
E riceve ovunque, universale e potente il suo segnale!
(Mario Enrione)
Capitolo undicesimo: Il pezzo mancante.
Pov. Amia
Dopo
che finii di lavare la mia parte di piatti e posate sporche
salutai Katia e Raina che, ancora una volta, mi raccomandarono di non
esagerare con le parole dato che si parlava sempre del più
temibile dei demoni. Con un sorriso cercai di rassicurarle e, carica di
energia, mi diressi verso la serra.
Mentre
percorrevo i corridoi deserti ripensavo a quel giorno che mi sconvolse
la vita ed ai miei primi giorni qui a palazzo. Certo che ne avevo fatta
di strada, senza neanche accorgermene ero cambiata, maturata in alcune
piccole cose. Il mio caratteraccio restava ma, come dire, mi sentivo
più leggera in un certo senso. Forse dipendeva dal fatto che
adesso non ero più sola.
Katia e Raina.
Sì,
sorrisi, ora avevo loro al mio fianco. Dopotutto, pensai, questa guerra
non aveva portato solo cose negative nella mia vita. Nella mia vecchia
scuola ero sempre stata una ragazza normale, nascondevo il mio vero
carattere turbolento e ribelle mettendomi la maschera dell'anonima
ragazza brava a scuola. Prestavo gli appunti quando richiesto, davo
ripetizioni ai miei compagni di classe se non avevano capito un
argomento, ma la mia vita scolastica finiva lì. Il brutto era
arrivato dopo, quando iniziai il secondo anno di liceo.
Mio padre
iniziò a drogarsi e a bere sempre di più, lo faceva
anche prima, non si poteva mai sapere quando sarebbe tornato a casa
ubriaco fradicio, ma da allora accadde tutti i giorni, nessuno escluso.
A scuola
cominciarono i pettegolezzi sui miei lividi, sparsi in tutto il corpo
non sempre riuscivo a nasconderli, nel periodo estivo poi era
un'impresa impossibile. Gli insegnanti e i compagni di classe
più vicini a me cominciarono a pormi domande su domande, la vita
per me divenne insostenibile. Non potevo dire loro la reale causa dei
lividi, avrei certamente condannato mio padre al carcere. Certo, ad un
certo punto, vedendo soffrire terribilmente anche mia madre, avevo pure
deciso di denunciarlo ma fu proprio la mia genitrice a fermarmi
dicendomi, pregandomi di non farlo, di sopportare. Accettai ma con
tutti i problemi familiari che ne seguirono non mi feci mai delle vere
amiche, tutti mi vedevano come quella strana, in molti mi evitavano
anche. Ed io sopportavo in silenzio, soffocando la vera me stessa
dietro una barriera di cemento fortificato, facendo finta di restare
impassibile difronte tutto quello ma dentro la mia anima veniva
continuamente lacerata.
L'unica a
volermi realmente bene era la mamma, solo lei. Mio padre finì
così di esistere per me, mi costrinsi ad odiarlo ma il ricordo
dei primi anni della mia vita mi ritornavano sempre in mente, tutt'ora
succede, impedendomi di odiarlo realmente. Non so, ma c'era sempre
stato qualcosa di strano nei suoi comportamenti, a volte lo avevo
beccato a fissare con orgoglio le mie pagelle scolastiche e così
mi chiedevo perché accidenti mi dimostrava solo indifferenza
quando ero presente. Ad un certo punto della mia vita decisi di
chiudere per sempre con il passato, volevo vivere il presente a favore
del futuro. Anche adesso continuavo a reprimere i ricordi dolorosi del
mio passato ma certe attimi, certi sentimenti erano troppo forti per
essere dimenticati e tornavano a galla sotto l'orribile forma di incubi.
Grazie a Katia
e Raina però una luce era apparsa nel cielo scuro della mia
esistenza, le nuvole si erano quasi del tutto dissolte. Quasi,
perché percepivo che ancora mi mancava un tassello importante
per illuminare definitivamente quel cielo. E quel qualcosa di
così speciale ed unico al mondo sentivo di provarlo quando
Andras era accanto a me. Ogni santa volta mi ripetevo che non poteva
essere lui la mia persona speciale, andiamo era Andras! La cosa era del
tutto inverosimile!
Eppure... eppure non potevo fare finta di nulla perché era la mia stessa anima che ricercava la sua.
Purificare l'oscurità con l'oscurità.
Sorrisi
sconsolata, già, andarmi a cacciare in simili intrighi era
proprio da me. La mia vita, evidentemente, non poteva scorrere
tranquilla. Ma se per purificare del tutto la mia anima dovevo lottare
con le unghie e con i denti, dovevo piangere ed urlare ma soprattutto
dovevo stare accanto a quel demone di ghiaccio... beh, allora forse ne
valeva la pena, perché dopo la notte c'è sempre il giorno
e per arrivarci dovevo passare per quell'oscurità che per me era
rappresentata da Andras allora sarebbe stata senz'altro una bella ed
intrigante fermata. Chissà, forse con me avrei potuto portare
pure lui perché quell'inspiegabile e contorto desiderio di
lenire, almeno in minima parte, il suo perenne dolore ancora non mi era
passato dalla testa anzi, si era radicato sempre più in
profondità.
Lui era il mio
ultimo ostacola per la pace eterna era vero, ma nel mio futuro volevo
ardentemente che fosse presente anche lui. Non mi spiegavo il
perché, mi era ancora oscuro il motivo, sapevo solo che era
così e basta.
Dovevo quindi
ammettere almeno a me stessa che non tutti i mali vengono per nuocere,
che adesso la mia vita era molto meglio di prima per molti aspetti e
che la distruzione della mia precedente vita aveva portato alla nascita
di quella nuova.
Forse Katia
aveva ragione, forse bastava che io accettassi tutto quello che la mia
nuova vita mi stava donando e tutto sarebbe andato per il meglio.
Dopotutto dovevo almeno provarci. C'erano migliaia di persone che erano
in condizioni ben peggiori della mia e io non potevo di certo buttare
nel dimenticatoio l'opportunità che mi stava offrendo il destino.
Con questi
pensieri, che ancora vorticavano nella mia testa, arrivai difronte la
porta della serra. Aprì la porta ed entrai dentro.
L'interno
della costruzione era pieno di fiori di ogni genere, soprattutto rose.
Ve ne erano di tutti i colori ma le mie preferite restavano sempre
quelle rosse, simbolo dell'amore vero, anche se amavo molto anche
quelle bianche, il cui significato era: ''Io sono degno di te'',
magnifico e significativo secondo me.
Vagai con lo
sguardo ma di Andras nemmeno l'ombra, eppure ero arrivata puntuale come
un orologio svizzero. Sospirai, era pure un ritardatario Mr.
Ghiacciolo. Decisamente i punti a suo favore aumentavano sempre di
più.
Dato che
ancora il signorino non si decideva ad arrivare decisi di girovagare un
po' in giro, fermandomi di tanto in tanto per odorare quelle
magnifiche rose. Vedendone una in particolar modo affascinate e bella
allungai una mano per prenderla, ma essendoci molte rose l'una accanto
all'altra ed essendo la solita sbadata mi punsi con una spina ad un
dito. Ritrassi subito la mano e, come facevo sempre in quelle
situazioni, mi portai il dito ferito alla bocca. La cosa che
però non mi sarei mai aspettata è che poco prima di
toccare le mie labbra il dito fu afferrato da un'altra mano e portato
alle soffici labbra di un altra persona. Inutile dire che il sangue mi
si gelò nelle vene non appena mi accorsi che quella persona
altri non era che Andras.
Spalancai gli
occhi sinceramente sorpresa, non l'avevo nemmeno sentito entrare. Poi
però mi ricordai ciò che ci eravamo detti la stessa
mattina e pensai che quello doveva essere uno dei suoi sporchi
tentativi di farmi cedere a lui, ma si sbagliava di grosso se credeva
che mi sarei lasciata imbambolare così facilmente!
Sorrisi saccente facendogli vedere che con me non attaccava e ottenendo in risposta uno dei suoi famosi ghigni.
<<
Immaginavo che con te non sarebbe bastato così poco, ma ci ho
voluto provare lo stesso. >> disse con un alzata di spalle.
<<
Già. Adesso posso giocare anche io? >> dissi passandomi la
lingua sul labbro inferiore, atto seguito con grande attenzione dagli
occhi blu cobalto del demone.
<< Certo. >> rispose semplicemente lui e notai che mentre rispondeva stava ancora fissando le mie labbra.
Sorrisi. Bene, vediamo di divertirci.
Mi avvicinai a
lui che nel frattempo era restato immobile al suo posto e gli presi il
volto fra le mani. Incatenai i miei occhi ai suoi e poi distolsi lo
sguardo per poi andarlo a posare sulle sue labbra. Mi umettai le mie,
notando con piacere che tutto era stato seguito dai suoi occhi che
erano improvvisamente diventati più scuri, che sia per il
desiderio? Mi dissi che se volevo davvero scoprirlo dovevo giocare
pesante per smuovere una roccia come lui.
Così
con lo stesso dito di poco prima andai a tracciare i contorni delle sue
labbra piene e morbide. Lo vidi sospirare e chiudere gli occhi. Sorrisi
vittoriosa ma indietreggiai di un po' quando lo vidi spalancare
gli occhi diventati improvvisamente rossi. Ma cosa... ?
Venni sbattuta
al muro con i polsi sollevati sopra la testa da una sua mano. Il suo
volto si fece sempre più vicino al mio fino a che non
depositò un bacio rovente all'angolo della mia bocca.
OH. CAZZO.
Stava
scherzando? Non si era parlato di cose del genere! Se faceva
così le mie certezze sul vincere cominciavano a vacillare. Dio
non immaginavo sarebbe arrivato davvero a quel punto.
Dovevi immaginarlo invece, ricordi? Niente regole... mi ricordò il mio cervello.
<< Credevi davvero che avrei lasciato divertire solo te? >> mi sorrise maligno Andras.
Con la mano
libera andò a riservare lo stesso trattamento che gli avevo
fatto io alle mie labbra. E per Dio, come faceva a risultare mille
volte più sensuale di me?!
Era tutto così maledettamente eccitante... mi morsi il labbro inferiore.
<< Non
provocarmi ragazzina. >> disse Andras in un sussurro appena
udibile, osservandomi con gli occhi ancora rossi. Non capivo
perché non li ritrasformasse.
<<
Rivoglio il colore blu nei tuoi occhi, questo non mi piace. >>
dissi pentendomene subito dopo averlo detto. Accidenti a me, parlavo
sempre troppo.
Lo vidi
sorridere per poi dire in modo più calmo: << Davvero?
Deduco quindo che ti piacciono i miei occhi. >>
Non sapevo che dire, verità o bugia? Che fare?
Lo osservai, sembrava fosse impaziente di sapere la mia risposta.
Com'è che si diceva? Ah sì, si vive una volta sola nella vita.
<< Sì, sono la parte più bella di te. >> dissi di getto.
A quel punto per la prima volta in vita mia lo vidi sorridere sinceramente... contento? Possibile?
Ricambia il sorriso e dissi: << Dovresti farlo più spesso. >>
<< Cosa?
>> rispose un tantino confuso, abbassando leggermente la testa di
lato. Sembrava tanto un cucciolo in quel momento, non più Andras
''Il Conquistatore'' ma... Andras e basta, solo ed unicamente lui.
<<
Sorridere, sei più... più bello. >> dissi
imbarazzata. Ero sicuramente diventata di tutte le possibili sfumature
di rosso. Era una mia impressione o l'atmosfera si stava facendo
veramente un po' troppo calda?
<< Questo
non dovevi dirlo... >> disse ancora più vicino al mio
viso, ormai c'erano solo pochi centimetri a dividerci<< ... Amia.>>
e a quel punto si gettò sulle mie labbra come un assetato nel
deserto, divorandole, mordendole e succhiandole con foga. Poi la sua
lingua andò a contornarle, chiedendo il permesso per entrare.
Cosa che subito gli concessi, ormai era il mio cuore a dettare le
regole e voleva ardentemente continuare quella paradisiaca danza fra le
nostre lingue che si cercavano, si trovavano per poi attorcigliarsi
l'una all'altra.
Il mio primo bacio...
Stavo dando il
mio primo bacio ad Andras, l'uomo che odio e che mi odia, l'uomo che ha
conquistato il mio pianeta devastandolo e distruggendone la
civiltà e la cultura, l'uomo che... Oh al diavolo tutto!
Strinsi tra le
mie mani i suoi capelli corvini, muovendo frenetica le dita che
scorrevano tra quelle soffici ciocche. Era come se volessi imprimere a
fuoco nella mia mente quel preciso istante e forse era proprio
così.
Non volevo
più smettere di baciarlo, finalmente il tassello mancante si era
ricongiunto agli altri pezzi del puzzle. Mi sentivo completa, intera.
Il mondo sembrava aver trovato il suo esatto equilibrio.
Le nostre
labbra combaciavano perfettamente come se fossero state create per
unirsi e si staccavano solo per far riprendere fiato ai loro padroni,
poi ricominciava quell'antica danza che esisteva dall'alba dei tempi.
Non so con
esattezza per quanto tempo continuammo a baciarci, potevano essere
passati solo pochi attimi così come potevano essere passate
intere ore. Ad un certo punto le nostre labbra si staccarono
definitamente, ma erano ancora troppo vicine l'un l'altra,
minacciandosi a vicenda di un nuovo e passionale attacco.
Ci guardammo negli occhi, entrambi desiderosi di un nuovo contatto. Ci stavamo trattenendo era evidente.
Mi morsi il
labbro inferiore come ero solita fare quando ero nervosa ma la sua
frase mi colpì: << Sei fai così... smettila.
>>
Era nervoso anche lui ma la domanda era: Perché?
Però
adesso ero confusa anche su un altro punto e cioè cosa intendeva
con quella sua affermazione. Poi collegai, lui stava fissando le mie
labbra dischiuse... e anche prima quando mi ero mordicchiata il labbro
si era irrigidito allo stesso modo, quindi... Bingo!
Sorrisi come un'ebete e dissi allegra: << Cosa? >>
<< Non fare finta di nulla! So benissimo che lo stai facendo apposta. >> rispose inflessibile.
<< Cosa intendi? Questo forse? >> dissi innocentemente e mordicchiandomi il labbro di nuovo.
Non appena lo
feci venni sbattuta violentemente al muro, ritrovandomi il corpo di
Andras a stretto contatto col mio. I suoi occhi mandavano scintille, era vagamente seccato.
<< Amia
non farmi arrabbiare più di quanto già non sia! >>
disse stringendomi per la vita e provocandomi così piacevoli
brividi per tutto il corpo.
Stavo per
rispondere quando riflettei di più sulle sue parole. Lui... mi
aveva davvero chiamate per nome?! Di solito usava nomignoli irritanti
come ''misera umana'' o ''ragazzina'', sputandoli come veleno.
Era già la seconda volta che lo faceva e... Dio come suonava bene il mio nome pronunciato dalle sue meravigliose labbra!
<< Ancora. >> dissi perdendomi in quella turbolenta tempesta che erano i suoi occhi.
<< Ancora cosa? >> disse confuso.
<< Il mio nome, ripetilo ancora. >> risposi sussurrando, come a non voler spezzare l'atmosfera creatosi.
Lo vidi spalancare gli occhi per poi distogliere velocemente lo sguardo dal mio. E adesso che aveva?
<< Devi
dire il mio prima. Così siamo pari. >> sussurrò
ostinandosi a non incontrare i miei occhi. Perché? Qua gatta ci
cova mi sa.
<< Tu guardami negli occhi però. >> dissi in tono di sfida.
A quelle
parole si girò subito verso di me, sapevo che un tipo
egocentrico e orgoglioso come lui non poteva resistere ad una mia
provocazione. Ormai ci avevo preso la mano, sapevo come destreggiarmi
con lui in un certo senso.
<< Allora
che aspetti? Dillo. >> disse avvicinando di un po' il viso al
mio. Subito sentì l'aria farsi più pesante, mi sembrava
di essere su Mercurio accidenti, faceva troppo caldo.
Deglutii rumorosamente. Cavolo, dovevo davvero dirlo?
Ormai ciò che è fatto e fatto, pensai, un nome, solo un nome. Posso farcela.
Lo guardai negli occhi intensamente e dalle mie labbra uscì nel tono più dolce che avessi mai usato: << Andras. >>
Sorrise.
Sorrise come mai gli avevo visto fare. Che fossi riuscita ad abbattere
almeno una di quelle maledette mura che avvolgevano il suo cuore?
Si avvicinò ancora di più al mio volto, sfiorandomi le labbra con le sue. Sospirò eccitato.
<< Amia...
>> disse calcando sul mio nome << ... mi fai impazzire.
>> terminò per poi darmi il mio secondo bacio. Ma questo
fu diverso, più dolce e potevo sentire che stavolta c'era una
sorta di sentimento che mi trasmetteva.
Che sciocca
che ero a contarli, me ne rendevo perfettamente conto, eppure lo
trovavo un modo per imprimere a fuoco nella mia mente e nel mio cuore
quei piccoli ma intensi istanti.
Se qualche
giorno fa mi avessero detto che io e lui ci saremmo ritrovati in una
situazione del genere... beh, come minimo gli sarei scoppiata a ridere
in faccia come una pazza da ricoverare. Così, era questo che si
intendeva per ''Tutto è possibile'', eh? Dovevo rivalutare la
mia scetticità su tutte queste sciocche frasi che fino ad allora
ritenevo prive di senso, decisamente.
Ancora una
volta ci baciammo con passione, le sue mani stringevano possessive i
miei fianchi, come se volesse impedirmi di scappare da lui. Ma io non
l'avrei fatto. E poi chi voleva più farlo dopo tutto quello che
stavo provando? Per quanto mi riguardava sarei volentieri stata fra
quelle solide e muscolose braccia per l'eternità.
Poi spostò la sua attenzione al mio collo, mordendolo e baciandolo per tutta la sua lunghezza.
Baciava da Dio...
Un gemito uscì dalle mie labbra, provocando una risata da parte del demone.
<< E così... ti faccio ridere, eh? >> dissi ansante, le labbra gonfie a causa dei suoi baci.
<< Sì, ti trovo buffa. >> disse mordicchiandomi un lobo in modo sensuale.
<< Adesso basta Andras... >> provai a dire incerta.
Non volevo
separarmi da lui ma la situazione stava precipitando, non ero
più così certa di mantenere il controllo ancora per molto.
Bel controllo Amia, dopotutto ti fai solo sbattere al muro come se niente fosse... disse il mio cervello sarcastico.
Accidenti.
Lo
sentì bloccarsi e rialzare velocemente lo sguardo per poi
portarlo fisso sul mio. Era seccato, furioso. Ma che avevo detto di
male?
<< Cosa?! >> grugnì come un animale.
<< Ecco... dovrei... andare. Penso che per oggi abbiamo giocato abbastanza. >> dissi con voce strozzata.
<< Questo lo decido io. Ora stai ferma. >> disse duro riavvicinandosi al mio collo.
<< No!
>> poggiai con forza le mie mani sul suo petto muscoloso e lo
scansai approfittando della sua momentanea distrazione.
Dovevo
assolutamente andarmene da lì e alla svelta anche. Mi diressi
verso l'uscita ma fui bloccata per il polso da lui. Gemetti per il
dolore, stringeva forte, troppo forte cavolo.
<< Dove credi di andare?! >> disse alzando la voce.
<<
Lasciami! Ho da fare adesso. >> risposi agitata non girandomi, se
lo avessi guardato negli occhi sarebbe stata la fine.
<<
Perché cazzo?! Dimmi perché cazzo scappi sempre da me
ogni santa volta?! >> urlò furioso.
A quella
sua frase però mi voltai arrabbiata e dissi alzando la voce
anche io: << Che stai dicendo? Io non scappo! >>
Assottigliò gli occhi, guardandomi truce, e rispose velenoso: << Ah no? A me sembra il contrario. >>
Stavo per
ribattere quando sentì un rumore provenire dall'esterno della
serra. Qualcuno, probabilmente il giardiniere, stava venendo qui. Oh
no. Ci avrebbe visti! Insieme e per di più in quelle condizioni!
Andras parve
intuire i miei pensieri ed anzi pensai che lui, con i suoi fini sensi
da demone, avesse sentito molto tempo prima l'intruso arrivare. Mi
lasciò il polso e mi fece notare un'uscita secondaria. Insieme,
ci dirigemmo verso di essa e, senza compiere il minimo
rumore, uscimmo.
Senza dirmi
nulla o degnarmi di un solo sguardo se ne andò via, lasciandomi
lì da sola. Strinsi i pugni, me lo meritavo un simile
trattamento. La verità è che aveva perfettamente ragione,
ogni volta che la situazione si faceva più seria io scappavo da
brava codarda. Ma cavolo, non capiva che la sua presenza mi
destabilizzava? Non capiva che tutto ciò mi faceva troppa paura?
Perché la verità era che io non ero ancora pronta per avvicinarmi così tanto a lui.
Eppure,
pensai, gli avevo permesso di darmi non uno ma ben due, mille baci che
mi avevano fatto andare dritta in paradiso. Ma era stato più
forte di me, lo desideravo troppo in quel momento. Non avevo più
capito cosa fosse giusto e cosa invece fosse sbagliato.
Ma poi la paura si era rifatta viva in me e lo avevo allontanato. Avevo dovuto farlo, per me e la mia sanità mentale.
Avevo anche
capito che baciarlo era stato sbagliato, ma questo era ciò che
diceva la parte razionale di me. La parte più istintiva e
libertina invece era stata felice di sbagliare. Io, che ero sempre
stata attenta alle regole e che pensavo mille volte su di una cosa
prima di farla ero stata felice di sbagliare, arrivando a ritenere quel
gesto come giusto.
Ero impazzita insomma.
Poi guardai
verso la direzione in cui si era incamminato e spalancai gli occhi,
portandomi anche le mani alla bocca, non appena notai che l'erba e i
dintorni, nei punti in cui era passato, erano completamente bruciati.
Tutti i fiori e i meravigliosi cespugli erano morti, bruciati dalle
fiamme.
Tutto questo... era davvero successo per causa mia?
Indietreggiai sconvolta e, scuotendo violentemente la testa, corsi verso l'entrata del palazzo. Dannazione, non ne combinavo una giusta.
Potevamo
conversare per qualche minuto, anche senza attaccarci costantemente con
degli insulti della peggior specie, ma finiva sempre così: io me
ne andavo via, paurosa delle nuove emozioni che stavo provando, e lui
si arrabbiava. Non capivo perché se la prendesse così
tanto, noi due ci odiavamo no? Allora perché prendersela per un
banale rifiuto da parte mia?! Aveva milioni di donne disposte a cadere
subito ai suoi piedi e soddisfarlo in tutti i modi possibili, non
doveva nemmeno chiedere, loro venivano da sole già a gambe
aperte. Ma no, lui doveva per forza intestardirsi con me! E non ne
capivo il motivo poi, non ribadiva forse ogni santa volta che ero solo
una misera umana per lui?
Arrivata anche
a chiedermi perché scappassi via da lui! Era ovvio no?! I suoi
comportamenti erano così contorti che preferivo mille volte
rimanere nel dubbio di scoprire cosa avrebbe fatto dopo che scoprirlo
rischiando magari di scottarmi irrimediabilmente. Dopotutto ogni cosa
era possibile quando c'era quel dannato demone di mezzo.
Sospirai frustrata, pensare a lui mi faceva venire sempre una forte emicrania.
Il problema
adesso era come dovevo comportarmi con lui non appena lo avrei rivisto.
Ignorare tutto ciò che era accaduto o... provare a parlarne con
lui in qualche modo?
Mi mordicchiai le labbra al ricordo delle sue soffici labbra che si buttavano fameliche sulle mie.
No, decisamente il problema non poteva essere ignorato.
Grugnii infastidita, in poco tempo il suo volto aveva preso il completo controllo della mia mente cavolo.
Lungo
il percorso sbattei contro qualcuno ma, senza nemmeno alzare lo
sguardo, mugugnai solo un debole ''Scusa'' e poi continuai a
correre per i corridoi. Non volevo vedere nessuno, volevo solo stare
sola in quel momento. Se qualcuno che conoscevo mi avesse vista in
quelle condizioni, avrebbe sicuramente chiesto spiegazioni sul mio
malumore e io ero decisa a non darne. Non ora almeno. Se prima non
sbollivo la rabbia e la frustrazione non potevo ragionare lucidamente e
se non lo facevo avrei finito solo per confondermi ancora di più
le idee.
Entrai
nella mia camera come una furia, sbattendomi violentemente la porta
alle spalle. Sentì subito dopo bussare alla porta ed ero ben
decisa a non aprire a nessuno, ma il persistere insistente mi fece
alzare con furia dal letto su cui mi ero distesa. Chi diavolo era
adesso?!
<<
Amia, sono ore che ti cerco, prima sei scappata via come un fulmine
e... Oh santo cielo, ma che cosa ti è successo? Sembri
sconvolta! >> disse Raina agitando le braccia convulsamente.
Sospirai
e la invitai dentro poi, chiusa la porta, ci sedemmo sul mio letto in
religioso silenzio. Apprezzai molto che Raina non mi avesse ancora
detto nulla, aspettando che fossi io a parlare per prima ma dal suo
sguardo avevo comunque capito che moriva dalla voglia di sapere ogni
minimo particolare su ciò che mi aveva procurato una faccia da
funerale come quella.
<<
Noi... >> cominciai fissando insistentemente il vuoto. Come
accidenti glielo andavo a dire quello che era accaduto poco prima? Era
assurdo persino per me!
<< Amia se adesso non te la senti... >> disse lei falsamente comprensiva.
Scossi la testa. Alla fine volevo davvero parlarne con lei.
<< Io ed Andras... >> continuai incerta girando la testa per guardarla finalmente negli occhi.
<<
Tu e lui cosa? >> disse confusa, osservandomi però con
quella sua solita ed esagerata curiosità di quando si parlava di
me ed Andras.
<< Ecco... Io ed Andras ci siamo baciati. >> dissi tutto d'un fiato.
Un pesante silenzio calò sulla stanza.
I suoi occhi erano subito diventati a palla e la bocca si era spalancata all'inverosimile. Era scioccata.
Okay, forse, e dico forse, ero stata un po' troppo diretta.
<<
CHE COSA?! >> urlò preda di una crisi isterica prendendomi
improvvisamente per le spalle e scuotendomi come una pazza furiosa.
Dovetti però constatare che si riprendeva in fretta dagli shock.
ANGOLO AUTRICE:
*Parte la sigla della 20th century fox*
*L'autrice esce da un tassello nascosto della scritta*
Allora, cosa ne pensate, IL capitolo è venuto abbastanza bene? XD
Direi che finalmente possiamo prendere gli champagne e fare tutte insieme un bel brindisi!
Confesso che scrivere quella scena
mi ha un po' imbarazzato, ok, non è ancora accaduto il grande
passo, ma è la prima volta che scrivo la scena del bacio fra i
protagonisti ed ero ansiosa perchè non sapevo se mi sarebbe
venuta bene come la immaginavo nella mia testa(credetemi, lì
è tutto chiarissimo! XD). Spero vivamente che vi sia piaciuta,
mi impegnerò per essere sempre più brava però, ve
lo prometto!
Poi che dire? La povera Amia
è molto confusa su ciò che realmente prova, dice di
odiare Andras ma poi pensa ed agisce in tutt'altro modo. Però,
come dice lei stessa, è colpa del fascino demoniaco di Andras;
anche io sarei caduta ai suoi piedi, devo ammetterlo. Ahahahah
Ma non tarderà ancora per
molto a fare chiarimento sui suoi sentimenti per lui, è solo un
tipo che richiede di più tempo anche perché, come ha
detto, ha paura di quello che sta nascendo in lei.
Nel prossimo capitolo ci
sarà l'apocalisse vi avverto, tra spiegazioni alle amiche e
burrascosi scontri fra i due protagonisti, ci sarà da mettersi
le mani nei capelli. XD
Adesso vi saluto gente, alla prossima!
Bacioni, Ashwini. <3
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Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
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* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
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* ''Follie'' di Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
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Capitolo 13 *** Capitolo dodicesimo: Quel demone... irraggiungibile. ***
CAPITOLO DODICESIMO- Quel demone... irraggiungibile
Ciao a tutte! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo, come vedete sono stata puntuale come sempre. :)
Allora... devo però dirvi che è stato... difficile
scrivere questo capitolo, nel senso che verso la fine accadono delle
cose piuttosto spiacevoli ad Amia, forse mi vorrete lanciare i pomodori
ma, credetemi, tutto ciò che ho scritto è necessario
per altre cose che succederanno in futuro.
Però c'è una piccola parte bella fra i protagonisti!
Detto questo vi lascio al capitolo. :D
BUONA LETTURA!
Alcuni dicono che la pioggia è brutta, ma non sanno
che permette di girare a testa alta con il viso coperto dalle lacrime.
(Jim Morrison)
Capitolo dodicesimo: Quel demone... irraggiungibile.
Pov. Amia
Non so di preciso da quanto tempo cercassi di fermare, invano, quel
vulcano in ebollizione quale ormai era diventata Raina. Non faceva
altro che farneticare cose senza la minima logica, prima aveva gli
occhi a cuoricino poi, questi ultimi, sembravano aver preso le
sembianze di due fiamme ardenti come bracieri, non si capiva più
se era felice o arrabbiata per ciò che era accaduto poco tempo
prima.
Ad un certo punto sospirai esasperata, ci mancava solo lei adesso.
Già il mio umore non era dei migliori, se poi lei continuava a
comportarsi come un personaggio comico di un banale film americano,
potevo pure prendere un paletto di legno e conficcarmelo nel cuore,
così da porre fine all'agonia che sembrava avvolgere fra le sue
spire la mia anima.
Alzai gli occhi dal suolo su cui si erano posati stanchi poco prima, non appena lei aveva iniziato le sue illuminanti diatribe.
<< Raina, ti prego adesso basta. Sono già frustrata di mio
se poi... >> cominciai, subito interrotta dalle sue urla
scandalizzate.
<< Frustrata? Tu dici di essere frustrata? Hai baciato Andras e
ti senti frustrata?! >> disse ridendo nervosamente quella pazza
della mia amica, ormai sembrava che quel tic nervoso all'occhio destro
non volesse più andarsene via.
<< Beh sì... >> risposi in un sussurro. Non sapevo come
spiegarle il mio stato d'animo, e come poi se neppure io sapevo
spiegare il sentimento che era sbocciato in me non appena le labbra del
demone avevano sfiorato le mie? Come?
<< Amia... >> cominciò Raina, finalmente sembrava
aver ripreso il controllo sul corretto uso del suo cervello.
<< Amia niente. Non lo so neppure io, okay?! >> dissi quasi
urlando, mettendo la testa fra le gambe. Come se solo quello poi fosse
bastato per far scomparire i miei problemi.
<< Amia, ma come è successo? Com'è stato? Voglio
dire... >> disse arrossendo leggermente. Sorrisi, era così
buffa in quel momento.
<< Sai che dovevo raggiungerlo nella serra delle rose, no? Per la
sfida che avevamo deciso di fare questa mattina. >> dissi
sollevando la testa e guardandola dritta negli splendidi occhi verdi.
Annuì energicamente ed io sorrisi lievemente, sì, era decisamente buffa.
<< Bene, ci sono andata e... insomma, abbiamo iniziato a
stuzzicarci. Poi però... >> dissi ripensando ai nostri
discorsi, e solo in quel momento realizzai che i segnali per cui la
situazione sarebbe poi degenerata c'erano stati tutti, a cominciare da
quando i suoi occhi erano diventati rosso cremisi.
<< Poi però... >>> mi incitò Raina, sempre
più curiosa. Sembrava tanto una fan sfegatata di una qualche
telenovela che aspetta con ansia sempre crescente il momento del bacio
fra i protagonisti. Ed in effetti...
<< Poi però la situazione mi è sfuggita di mano. E
abbiamo cominciato a giocare un po' troppo pesante. Baci sull'angolo
della bocca, l'avvicinamento progressivo fra i nostri corpi... e poi...
beh, per fartela breve è successo. Ci siamo baciati e non solo
una volta. Non riuscivamo a staccarci, poi fortunatamente mi sono
riprese e l'ho spinto via da me. Poi... >> dissi sempre
più imbarazzata di parlare di simili argomenti, ma fui
interrotta da lei che mi si gettò addosso prendendomi fortemente
per le spalle.
<< Tu stavi baciando quel dio di Andras e lo hai spinto via?!
Cioè avevi quel figo della Madonna addosso e... L'HAI SPINTO
VIA?! >> dire che era scandalizzata era molto, ma molto,
riduttivo.
<< Sì! >> dissi fiera del mio autocontrollo. Okay, prima mi
ero fatta baciare ma l'importante era che poi mi fossi ripresa, giusto?
<< Tu non sei normale! Io pagherei per baciare Damien e tu...
>> strinse i pugni, guardando in basso con lo sguardo acceso.
<< Raina io non provo ciò che tu provi per Damien. La cosa
è nettamente diversa, credimi. >> risposi pacatamente.
Sapevo quanto lei desiderasse baciare Damien, si vedeva chiaramente dai
suoi occhi che ne era innamorata. Ed era proprio questa la differenza fra noi. Lei era certa di amarlo, io invece ero ancora confusa sui miei veri sentimenti verso l'imperatore.
<< Sì, capisco. Ma ti consiglio di fare chiarezza sui tuoi
sentimenti prima che sia troppo tardi. >> disse scura in volto,
alzandosi dal letto su cui eravamo comodamente sedute.
<< Raina... io... senti non è facile per me. Credi che io
stessa non sia consapevole di questo? Credi forse che a me piaccia
questa situazione?! >> dissi mentre una lacrima sfuggiva al mio
controllo, scivolando velocemente sulla mia guancia.
<< Amia no... mi spiace. Ho reagito in modo sbagliato, solo
che... ti invidio in un certo senso. Tu hai potuto baciare Andras ma
io... io con Damien sono ancora in un punto morto. >> disse
abbracciandomi con forza e nascondendo il suo viso fra i miei capelli
ribelli.
<< Siamo delle stupide, non credi? >> dissi sorridendo.
<< Sì, proprio delle stupide irrecuperabili. >> rispose ricambiando il sorriso.
A quel punto ci abbracciammo come vecchie amiche, consapevoli che quei
due demoni ci avevano irrimediabilmente cambiato la vita. In meglio? In
peggio? Domande che, molto probabilmente, avrebbero trovato risposta
solo tra molto, troppo, tempo.
<< E dopo che cosa è accaduto? >> disse dopo aver sciolto l'abbraccio, risedendosi al mio fianco.
<< Dopo abbiamo sentito arrivare qualcuno e così,
dall'entrata secondaria, siamo usciti dalla serra. Poi lui si è
allontanato senza degnarmi di un minimo sguardo, bruciando ogni cosa si
trovasse lungo il suo cammino. >> finì il racconto con un
lungo sospiro. Era come se mi fossi tolta un peso dal cuore.
<< Ah. >> disse semplicemente. Secca e concisa.
<< Io ti racconto tutto questo e tu rispondi con un misero
''Ah''? >> dissi incredula. Non mi aspettavo che prendesse una
bottiglia di champagne e dei bicchieri per brindare allegramente,
è ovvio, ma il suo comportamento indifferente mi aveva colto di
sorpresa.
Poi fu come se una lampadina si materializzasse magicamente sopra la mia testa.
<< Tu sai qualcosa che io non so! Voglio saperlo. ORA! >>
dissi puntandole l'indice contro. Ok, ora quella buffa ero io.
<< Beh, adesso si è capita la causa del nervosismo di
Andras. Poco prima di venire da te, da una delle finestre ho visto
passare lui, stava camminando nel giardino diretto forse nello
spiazzale dove di solito si allena con Damien. E.. come hai detto tu
stava bruciando tutto ciò che si trovava intorno a lui. E
così... era arrabbiato perché tu lo hai respinto, eh?
>> terminò il suo discorso con uno sguardo decisamente da
pazza.
<< Aspetta un momento tu! Conosco quello sguardo, a cosa diavolo
stai pensando? >> le dissi alzando gli occhi al cielo. Ormai
sapevo che quella ragazza avrebbe sparato una cazzata, ma ormai che
c'ero volevo sapere cosa accidenti stava tramando la sua testolina.
<< Cosa penso? Mi sembra ovvio no? Se ha reagito così vuol
dire che tiene a te più di quanto dia a vedere! >>
concluse orgogliosa, gonfiando il petto e dondolandosi come una bambina
che ha appena scoperto un segreto degli adulti.
<< Certo, e io sono la regina Elisabetta. >> dissi ironicamente.
<< Oh no, tu non sarai la regina Elisabetta, tu diventerai la sua
imperatrice. >> disse sorridendo come una scema, immaginando
chissà quale assurdo futuro nel quale io ed Andras eravamo
felicemente sposati.
Assunsi immediatamente una delle mie famose smorfie disgustate. E posso
affermare che ero brava a farle dato che, dopo esserci trasferiti in un
nuova casa, vivevo vicino ad una piccola costruzione dove bruciavano i
rifiuti.
<< Raina, ti prego! >> dissi esasperata. Quella ragazza aveva una grande fantasia però, dovevo ammetterlo.
<< Okay, scommetto ciò che vuoi che tra qualche anno voi due vi sposerete! >> affermò sicura di se.
<< Senti, chiudiamo il discorso per oggi. Andiamo a trovare
Katia? Magari ci prepara una delle sue meravigliose torte! >>
dissi raggiante, immaginandomi una fetta di torta al cioccolato.
<< Ho capito, vuoi cambiare discorso. Ma stai pur certa che non
finisce qua! >> mi minacciò Raina, assottigliando lo
sguardo.
<< Va bene, adesso andiamo. >> dissi prendendola per un braccio e trascinandomela dietro.
Ma non appena aprì la porta mi trovai difronte Damien con il
pugno alzato ed immaginai che forse poco prima che uscissimo stava per
bussare alla mia porta.
<< D-Damien ciao! >> disse Raina balbettando. Mi stupivo di
come Damien non si accorgesse della cotta che la mia amica aveva nei
suoi confronti, era veramente ottuso quel ragazzo.
Un'altra cosa da sottolineare era che Raina e lui si chiamavano per
nome. Io ed Andras ci avevamo impiegato giorni a farlo e per di
più, almeno per me, era come se avessi partorito quel maledetto
nome.
Li vidi parlare normalmente e pensai che erano davvero belli insieme.
Loro non litigavano, oserei dire che parlavano da pari. Sorrisi amara.
Andras non l'avrebbe mai fatto con me.
<< Raina io vado, vedo che Damien ha bisogno di te. >> dissi e li salutai entrambi.
<< Ciao! >> rispose Raina, felice come una Pasqua.
<< Ci vediamo carotina!
>> disse quell'idiota di Damien, facendomi l'occhiolino. Io
drizzai le spalle al sentire quello stupido nomignolo e mi girai pronta
a ribattere sonoramente quando li vidi. Avevano ripreso a parlare
normalmente. Sospirai e sorrisi dolcemente allo stesso tempo, era
meglio non disturbali quei due.
Camminai diretta verso le cucine, sperando di trovarvi Katia, quando ripensai a ciò che aveva detto Raina poco prima.
Lui... si era diretto verso il campo di allenamento.
Mi morsi il labbro inferiore indecisa, muovendo freneticamente gli
occhi fra i due corridoi. Uno portava dalla mia adorata torta al
cioccolato. L'altro verso il mio inferno personale.
Ancora una volta mi lasciai sopraffare dall'istinto ed andai incontro
al mio destino. Gli avrei dimostrato chi ero, si, gli avrei fatto
vedere che io i problemi li affrontavo a testa alta e che non scappavo
difronte a loro.
Risi nervosamente.
Certo, a parole era tutto semplice ma riguardo i fatti...
Arrivai in poco tempo sul limitare dell'enorme spiazzale e con orrore
mi accorsi che ogni cosa si trovasse in esso era completamente
carbonizzata, il piacevole paesaggio che vi era fino al giorno prima,
ora era sostituito da uno desolato e morto. Era come se esso ritraesse
lo stato d'animo del padrone del castello.
All'improvviso un leggero vento cominciò a soffiare, ed era come
se mi spingesse verso la casetta del giardiniere lì vicino.
Rigida come un manico di scopa mi diressi verso di essa, ma non
appena vi fui difronte mi bloccai. Ero ancora in tempo, potevo scappare
se lo desideravo, perché dopo mi sarebbe stato impossibile, lo
sapevo.
No.
Adesso basta fuggire.
Misi una mano sulla maniglia della porta in legno ed,
abbassatola completamente, entrai dentro la vecchia costruzione. Era
piccola e stretta, solo una piccola lampadina nel soffitto illuminava
debolmente l'interno.
Poi lo vidi.
Appoggiato al muro, una gamba piegata e l'altra distesa, le braccia
conserte e lo sguardo rivolto nel verso opposto al mio. Assorto in
chissà quali pensieri. Se ne stava lì, silenzioso come
cobra che aspetta il suo topolino. Ed il topolino in quel caso ero
proprio io.
Piegò leggermente la testa all'indietro e, girandosi a guardarmi, mi disse gelido: << Che cosa vuoi adesso, misera umana? >>
Fu come se migliaia di pugnali si conficcassero nel mio cuore.
Aveva già ricominciato a chiamarmi in quel modo?
Strinsi energicamente i pugni, tanto da conficcarmi le unghie nella
carne. Lo sguardo rivolto verso il basso. Gli occhi che mandavano
scintille di pura consapevolezza.
Cosa volevo?
Sorrisi improvvisamente, ridendo senza un vero e proprio motivo. Anzi,
si poteva dire che il motivo c'era solo che, era così assurdo.
<< Cosa voglio? >> cominciai a dire dopo aver rialzato repentina lo sguardo verso di lui.
<< Cosa voglio. >> ripetei calma per poi dire più decisa: << Non te lo dirò. Te lo mostrerò. >>
Detto questo mi gettai letteralmente addosso a lui, presi il suo viso
fra le mani e, dopo averlo guardato intensamente negli occhi,
unì le mie labbra alle sue.
Lui però se ne stese immobile, non ricambiò il mio bacio,
così mi allontanai subito imbarazzata. Dio e adesso? Che
figura... Basta, dovevo andarmene.
Ma non ebbi il tempo di muovere un solo passo che la mano di Andras era
subito scattata in avanti, mettendosi dietro la mia nuca e spingendo la
mia testa verso la sua. Catturò voracemente la mia bocca, morse
e succhiò le mie labbra.
A quel punto gli misi le braccia intorno al collo e lui sistemò
le sue sopra i miei fianchi, stringendomi possessivamente a se.
A quanto sembrava, pensai felice, era solo rimasto sorpreso dal mio
gesto improvviso. Sorrisi, sorrisi sincera come poche volte nella mia
vita, sulle sue morbide labbra.
Lui, dopo un po', ribaltò le posizioni e mi spinse verso il
muro, sovrastandomi col suo corpo. Le sue mani vagavano frenetiche in
ogni parte del mio corpo, come se volessero memorizzarne ogni
più piccola curva.
Io invece scompigliavo i suoi capelli, passandoci velocemente le mie
mani. Amavo i suoi capelli, erano così soffici e piacevoli al
tatto...
Dopo non so quanto tempo si staccò da me ansante ma aveva ancora
le labbra così vicine da sfiorare le mie, facendomi venire
l'enorme tentazione di rituffarmi nel mio peccato personale.
Si, lui era il peccato ed io ero la peccatrice più felice del mondo.
Oh Andras, che diavolo mi hai fatto?
<< Perché sei tornata? >> disse con il respiro che tornava ad essere regolare.
<< Perché... volevo dimostrarti che io non fuggo
davanti alle situazioni difficili... >> risposi fissando con
desiderio le sue labbra.
Lui parve accorgersene e disse ridendo: << Solo per questo? Ne sei sicura? >>
<< Si... ma adesso baciami. >> dissi bisognosa, per un qualche assurdo motivo, di un nuovo contatto.
<< No, voglio che sia tu a baciarmi. >> rispose calcando deciso la parola ''tu''.
<< Ma io ti ho già baciato prima! >> dissi imbronciandomi come una bambina piccola.
<< Si, ma mi è piaciuto così tanto che voglio che lo rifai... Amia. >> disse sensuale mordendomi il lobo di un orecchio.
Deglutì rumorosamente, arrossendo di colpo.
Ok, potevo farcela.
Ma cavolo, se voleva che lo facessi doveva smetterla di fissarmi con quel dannato sorriso compiaciuto in volto!
Così, prendendo tutto il coraggio di cui disponevo, lo baciai io per prima.
Lo sentì ridere sulle mie labbra, si divertiva lo stronzo. Beh, si meritava una punizione!
Mi staccai dalle sue labbra all'improvviso e gli dissi: << Avrai
altri baci solo se riesci a prendermi, senza la super velocità
da demone però! >>
Ridendo spensierata sfuggì alla sua presa e corsi verso l'uscita
ma fui subito bloccata, era veloce anche normalmente dannazione.
<< Presa. Adesso mantieni la tua promessa. >> mi disse, stringendomi fra le sue braccia da dietro.
<< Mmmh. >> mugugnai, ormai avevo perso anche l'uso della parola oltre che la ragione.
Ancora una volta ci baciammo con foga.
Quei momenti fra noi non li avrei mai dimenticati, questo era certo.
Mai.
Era ironico pensare che quelle stesse mani che ora mi accarezzavano di
solito uccidevano le persone. Ma, allontanando quell'oscuro pensiero,
mi beai del fatto che, molto probabilmente, lui riservava tutto questo
solo a me. Perché non poteva essere così... dolce...
anche con altre donne. Non era il tipo.
Ma la vera domanda era: perché io?
<< Cosa c'è? >> mi domandò staccandosi e
sciogliendo quel magico intreccio che si era creato fra le nostre
lingue.
<< Nulla, non preoccuparti. Ero... sovrappensiero. >> risposi con lo sguardo basso.
Lui allora mi rialzò il mento con un dito, portando i miei occhi
alla stessa altezza dei suoi. Ancora una volta si creò quel
misterioso ed intimo contatto fra le nostre anime. Di nuovo mi
sentì completa, intera.
Allora mi chiesi se anche lui provava tutto questo, se anche lui
sentiva di appartenere a me come io sentivo di appartenere a lui.
Dopo poco però, lo vidi sbattere velocemente le palpebre ed
allontanarsi in fretta dal mio corpo, portandosi poi una mano sopra gli
occhi e strofinandola furiosamente su di essi. Sul suo viso comparve
una smorfia di disgusto, era come se provasse ribrezzo per se stesso.
Ma cosa...
<< Vattene. >> grugnì lui come un animale. I tratti del suo viso che mutavano nella loro forma demoniaca.
<< Andras cosa... >> dissi confusa dal suo repentino cambio
d'umore. Perché accidenti si comportava così adesso? Fino
a poco tempo prima sembrava che andasse finalmente tutto bene fra di
noi...
<< Vattene via ho detto. ORA! >> urlò fuori di se,
battendo ferocemente la mano libera nel muro dietro di se e facendo
così tremare tutto.
Illusa.
Ero solo una povera illusa che stava cominciando a credere in qualcosa
di assolutamente impossibile. Quel demone era irraggiungibile per me,
dovevo accettarlo.
Lui mi odiava, non mi voleva accanto a sé. Gli rivolsi un'ultima
occhiata e vidi che lui era ancora lì, fermo nella stessa
posizione.
Strinsi i pugni.
Io... io mi ero fatta avanti per prima, e per farlo avevo preso tutto
il coraggio di cui disponevo. Mi ero umiliata. E lui... lui ora si
permetteva di trattarmi in quel modo? Come se io fossi solo una pezza vecchia da gettare via?
Bene.
Se in futuro avrebbe voluto ancora un contatto più intimo fra noi, lui avrebbe dovuto avvicinarsi a me. Perché dalla sottoscritta non avrebbe avuto più niente se non pura indifferenza.
Ricorda Andras, se dai dolore devi essere pronto a riceverne la stessa quantità in cambio.
Così, scura in volto ma a testa alta, mi dirigei silenziosamente
verso la vecchia porta in legno, via d'uscita che mi avrebbe permesso
di uscire da quel luogo che aveva assistito al mio peccato.
L'ultimo.
Poggiai una mano sulla maniglia della porta e dissi gelida: <<
Scordati ogni cosa, i nostri baci, le carezze e tutto il resto.
È stato tutto un errore. Un errore che non ricapiterà
più. >>
Mi richiusi la porta alle spalle, appoggiandomici stancamente con la schiena.
Calde lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso sconvolto da una
smorfia di dolore, non fisico ma dell'anima. Un'anima che era stufa di
soffrire, stanca di essere continuamente ferita per venire poi riparata
con sempre più fatica.
Basta.
Basta.
Basta!
Corsi via, mentre un furioso temporale sconvolgeva quel luogo. La
pioggia batteva insistentemente sul terreno e mi inzuppò tutta.
Ringraziai la pioggia perché nascondeva al mondo il pianto. Ringraziai di essere riuscita a trattenermi fino ad allora.
Poco prima di arrivare all'entrata del palazzo scivolai in una pozzanghera, ferendomi al ginocchio.
Mettendomi le mani sopra la ferita alzai il volto verso il cielo in
tempesta, le cui nuvole venivano mosse da un vento feroce, vento che
per poco non sradicava gli alberi circostanti dal loro posto.
Peggio di così...
Mi rialzai a fatica, raggiungendo lentamente la mia stanza. E solo
lì mi sfogai nel vero senso della parola, piangendo tutte quelle
lacrime che avevo fino ad allora trattenuto.
Piangevo.
Piangevo lacrime di dolore.
Piangevo lacrime di rabbia.
Guardando fuori dalla finestra mi ripromisi che mai più avrei
pianto per quell'essere senza cuore. Da domani avrei dato tutta me
stessa per la mia missione originaria: trovare il punto debole
dell'impero e schiacciarlo.
Un fulmine più forte degli altri squarciò il cielo,
potente ed inarrestabile. E fu allora che presi la mia decisione
definitiva.
Adesso basta giocare a fare la brava bambina.
ANGOLO AUTRICE:
Ben arrivate alla fine ragazze! *Fa la finta tonta*
... Ok, vorrete uccidere Andras per aver fatto soffrire Amia e me per
avergli fatto fare questo ma... mi giustifico dicendo che è
stato necessario per il giusto proseguimento della storia, giuro!
Servono esperienze per formare il carattere e allo stesso tempo queste
esperienze servono per... giustificare certi atteggiamenti futuri ecco.
Mi spiace ma non posso dirvi altro. Chiedo umilmente venia!
E poi se mi uccidete non saprete mai come andrà a finire la storia, no? *dice speranzosa*
Va bene, ora che, spero, avete posato tutte le armi vi chiedo: vi
è piaciuto il capitolo, nonostante l'ultima parte più
dura?
All'inizio abbiamo il discorso fra Amia e Raina, in cui capiamo che
Raina e Damien hanno una vista decisamente lunga sui sentimenti dei
loro migliori amici ma piuttosto corta per la loro di vita
sentimentale. Ironico, eh? XD
Poi Raina e Damien sono due personaggi, ahahah, inoltre trovo che
stiano veramente bene insieme e ho anche in programma di fare alcuni
dei loro pov in futuro. Sono troppo dolci!
Poi, Amia si fa coraggio e prende la via del peccato(XD), dirigendosi
verso il bel demone dagli occhi color delle profondità marine.
Fino a qua credevate sarebbe stato un altro capitolo tutte rose e baci, vero? Dite la verità! Ahahahah
Ma dovreste ormai conoscermi e sapere che sono una tipa imprevedibile io!
Infatti avviene il colpo di scena e Andras manda tutto a quel paese.
Anche io l'ho odiato in quel punto ragazze, Amia non si meritava certo
quel brutto trattamento! :(
Ora la domanda è: cosa succederà? ... Mistero...
Per scoprirlo non perdete il prossimo capitolo! ;)
Mi scuso se in questi ultimi due capitoli non ci sono stati pov Andras,
ma non temete, ci saranno sicuramente nel prossimo. Ho preferito
dedicarmi ai sentimenti di Amia, avevo paura che aggiungendo anche
quelli di Andras vi sarebbe risultato troppo pesante il capitolo. Nel
prossimo scoprirete il perché degli atteggiamenti
dell'imperatore, dovete ricordate che con me niente è come
può sembrare. u.u
Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:
-Le preferite: 9
-Le ricordate: 4
-Le seguite: 26
e me fra le autrici preferite: 2.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono! Nello scorso capitolo ci sono state ben 6 recensioni! <3
Adesso vi saluto gente, alla prossima!
Bacioni, vostra Ashwini. <3
*L'altra mia storia in corso a cui spero darete un'occhiata:
ETERNITY
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si
è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Quì incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo
che lavora nell'ospedale della città, nonchè sede
principale del grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia,
questa è infatti formata da una lunga dinastia di medici che
lavorano in molte filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista.
Ma cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Eternity... ''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)
*Spazio pubblicità:
Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie'' di Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.
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Capitolo 14 *** Capitolo tredicesimo: La prima leggenda: le prescelte. ***
CAPITOLO TREDICESIMO- La prima leggenda le prescelte
Ciao a tutte ragazze! ^-^
Ecco a voi il nuovo
capitolo, come potete vedere sono stata puntuale come sempre. ;)
Bene, bene,
inizio col dire che questo è un capitolo molto importante, vi avverto.
All'inizio troverete un pov Andras, come promesso, ma sarà la seconda metà del
capitolo ad essere veramente rilevante per la storia.
Vi voglio dire solo questo stavolta e vi
lascio quindi alla lettura del capitolo.
BUONA LETTURA!
Quando due destini si incrociano è difficile separarli,
e quando l'amore va oltre ogni immaginazione,
possono passare anni, decenni, millenni,
ma i destini rimarranno sempre incrociati,
indissolubili.
Capitolo tredicesimo: La prima leggenda: le
prescelte.
Pov. Andras
Fermo in quella baracca, gli unici rumori che si
propagavano nell'aria erano i tuoni causati dal furioso temporale che era da
poco scoppiato e i pugni violenti che continuavo a dare al muro dietro di me,
rischiando seriamente di far crollare la fragile struttura. Ma era più forte di
me, dovevo in qualche modo sfogare la rabbia che mi aveva invaso poco
prima.
Era tutta colpa sua.
Quella dannata ragazzina era riuscita in poco tempo
a fare ciò che prima d'allora nessun altro era riuscito a fare.
Occupare un posto fisso nella mia
testa.
Tutto questo era
inconcepibile per me, io non mi ero mai interessato in particolare modo a
qualcun altro, ero un demone e come tale avevo una
predisposizione ad interessarmi solo alla mia persona. Non era ammissibile che
un demone del mio rango si interessasse così ad un altro essere vivente. Un
umana poi, assurdo!
Eppure... provavo il desiderio di averla accanto
cazzo!
Come diavolo era possibile?! In tutti i miei secoli
di vita avevo fatto in modo che mai nessuno si avvicinasse troppo a me, erigendo
muri su muri intorno alla mia anima già nera e corrotta dal
male.
Amore?
Nessuno me ne aveva mai dato dimostrazione, ero
nato solo perché serviva un erede all'impero, quindi non sapevo nemmeno cosa
significasse quella parola, mai avevo amato e non intendevo cominciare a farlo
adesso. Ero il più potente fra i demoni e uno come me non poteva in alcun modo
amare perché un demone non ama nessun altro al di fuori di se stesso, era sempre
stato così e sempre continuerà ad esserlo.
Amare poi era
del tutto inutile, un sentimento fittizio che rendeva le persone schiavi della
persona amata e che rendeva gli uomini deboli ed incapaci di agire se non per il
bene della propria donna. Provavo disgusto al solo pensiero di quei miserabili
che si guardavano con amore, disposti a far di tutto l'uno per
l'altro.
Per questi e per altri validi motivi non potevo
permettermi di provare qualcosa per quella mocciosa impertinente. Avevo quindi
tentato di starle lontano il più possibile, eccome se ci avevo
provato.
Avevo addirittura chiamato delle sporche prostitute
per calmare i miei bollenti spiriti, sfogandomi su di esse ma niente. Il volto
della ragazzina si andava sempre frapponendo con il loro, facendomi montare su
una furia cieca che mi faceva allontanare bruscamente quelle donne prive di
onore. Nulla di tutto quello però era servito per togliermela definitivamente
dalla testa.
Ma cazzo, doveva pur esserci un modo!
Non potevo certo
continuare così, baciarla, toccarla o... No, lei era territorio proibito, dovevo
mettermelo bene in testa.
Eppure... Dio solo sa quanto mi era piaciuto
baciarla, sfiorare per poi divorare quelle labbra di rosa che sembravano create
per toccare solo le
mie.
Quella pomeriggio, alla serra delle rose, non so
perché mai l'avessi baciata, mi era venuto come un atto istintivo e naturale,
come se avessi compiuto quel gesto altre migliaia di volte in passato. Sentire
il mio nome pronunciato dalle sue soffici labbra poi era stato il massimo
però... cazzo come si ci poteva eccitare per un solo nome?!
E poi mi era
anche piaciuto sapere che le piacevano i miei occhi e il mio... sorriso. Si,
perché dovevo ammettere che quella volta avevo sorriso
sinceramente.
Felicità?
Altra parola a me completamente sconosciuta, nella
mia vita avevo sempre provato solo sofferenza, rari momenti sereni vi erano
stati. Solitudine e gelo dominavano da sempre il mio animo semplicemente perché
era così che doveva essere per un demone come me.
Ma lei... lei
sembrava essere la causa della mia ritrovata felicità, se così potevo chiamare
quella strana sensazione che mi aveva riscaldato il cuore per un attimo quando
l'avevo abbracciata da dietro poco prima.
Con lei poi
riuscivo... ad aprirmi in un certo senso...
A lungo mi ero
chiesto il perché di tale motivo ma ad un certo punto avevo rinunciato a trovare
una risposta, dicendomi che quella maledetta risposta che cominciava da un po' a
frullarmi nella testa era assolutamente impossibile. Era solo una stupida
leggenda popolare, quei demoni che sostenevano che a loro era capitato veramente
quello che diceva erano dei bugiardi, ciò che gli era accaduto era una pura
casualità del destino, solo questo. Si, doveva per forza essere così, mi
rifiutavo anche solo di prendere in considerazione quell'idea malsana delle
prescelte.
Basta, dovevo
smettere di pensarla, lei non doveva avere tanta rilevanza nella mia vita. Ad un
tratto però, mi tornò in mente la sua frase di poco prima.
Scordare tutto?
I nostri baci, le carezze, tutto? Come accidenti poteva chiedermi una cosa
simile?!
Forse lei non lo aveva notato, ma non appena ci
staccavamo i miei occhi cercavano automaticamente di nuovo le sue labbra,
desiderosi di attuare un altro contatto tra le mie e le sue. Quindi non
poteva chiedermi di dimenticare tutto cazzo!
Errore. Lei poi
aveva chiamato ciò che era successo un... errore.
Ed io? Io lo
consideravo come tale? Sinceramente, ero sicuro di no. Volevo baciarla di nuovo,
non capivo ancora per quale motivo, ma volevo farlo.
Mi ero
arrabbiato in quel modo proprio per questo, per quel mio assurdo desiderio di
baciarla ancora, perché io non potevo averne voglia, era assurdo!
Lei... beh,
avevo capito dal suo sguardo che ne era ferita, ma non riuscivo a capire perché
poi si fosse arrabbiata così tanto da dirmi quelle cose.
Ok, l'avevo
trattata decisamente male scostandola in modo così violento, ammetto di essere
una facile preda dell'ira, ma la sua reazione mi sembrava esagerata! Sa
perfettamente come sono fatto e dal suo sguardo anche lei mi è sembrata
piuttosto confusa su ciò che stava accadendo fra noi, quindi non si poteva certo
permettere di biasimarmi.
Aspetta, noi?
Da
quando pensavo a me e lei come ad un... noi?
Dannazione... non era normale quello che avevamo
fatto e non era normale neanche quello che stavo cominciando a provare, per
Dio!
Per tale motivo avevo dovuto allontanarla in quel modo, com'è che non lo aveva
capito?!
Amia.. quella
ragazza sarebbe stata la mia rovina, ne ero sicuro ormai. Ma se pensava che
sarei stato io il primo a riavvicinarmi si sbagliava. Mai avrei fatto una cosa
del genere.
POV Amia
Mi svegliai nel mio letto, nel quale mi ero distesa
poche ore prima, quando ormai era già sera; la stanza buia sembrava riflettere
il mio umore nero come la notte che si apprestava a giungere.
Alzandomi di malavoglia mi diressi in
bagno per lavarmi e per cercare di togliere di dosso quelle brutte sensazioni
che non mi avevano abbandonata neppure durante il sonno, facendomi fare sogni
oscuri che però non riuscivo a ricordare.
Uscita dal box doccia mi vestì,
mettendomi un maglione nero e dei jeans chiari, completando poi il tutto con le
mie adorate converse decorate a scacchiera. Successivamente mi pettinai, anzi
sarebbe meglio dire cercai di pettinare, quell'ammasso di capelli in disordine
che mi ritrovavo. Non appena valutai di aver raggiunto un risultato abbastanza
decente, uscì dalla camera per dirigermi verso il mio solito appuntamento con le
cucine di palazzo.
Non ero però sicura di voler incontrare Katia, temevo un
confronto perché non volevo mostrarmi debole, neanche difronte i mie amici se
possibile. La verità è che sono troppo orgogliosa e questo, spesso, è un difetto
me ne rendo perfettamente conto, ma non riesco ad agire diversamente. So che
sarebbe meglio sfogarsi ma io tendo a chiudermi a riccio la maggior parte delle
volte, a nascondere le mie vere emozioni semplicemente perché mi viene naturale,
sono sempre stata sola nella mia vita e ancora non mi sono ben abituata ad avere
persone fidate che mi chiedono come stia, preoccupandosi per me.
Per adesso non me la sentivo di
raccontare a nessuno cosa era successo fra me ed Andras, temevo di scoppiare di
nuovo a piangere, ma soprattutto non volevo incontrare Katia e Raina perché
avrei avuto la tentazione di rivelare loro il mio obbiettivo di far crollare l'impero.
Entrambe mi avevano fatto capire che stavano bene così ma io ormai avevo preso
la mia decisione, non sarei tornata indietro. Non più. Arrivata a destinazione
entrai e vidi, con un certo sollievo, che non vi era nessuno all'interno delle
cucine, così mi dirigei verso uno dei frigoriferi prendendo da esso del
formaggio e del prosciutto che misi successivamente in uno dei panini disposti
ordinatamente nella dispensa, infine presi un bicchiere in cui misi dell'acqua.
Mangiai il tutto tranquillamente, bevendo ogni tanto.
Bene, adesso dovevo
solo pensare ad un piano d'azione.
Dopo un po' sospirai sconsolata, cavolo
non mi veniva nulla di buono in mente. All'improvviso però, guardando dei libri
di cucina, mi venne un vero e proprio lampo di genio.
I libri è ovvio!
Saltai dalla sedia e
corsi come un lampo verso la biblioteca del palazzo reale. Cosa aveva detto
Katia? Che in essa vi erano dei libri scritti in demoniaco antico? Beh, allora
molto probabilmente avrei trovato lì la soluzione, qualcosa per incastrare quei
maledetti demoni! Un motivo per cui solo pochi eletti sapevano leggerli c'era ed
era sicuramente importante, anche se non sapevo cosa vi era scritto volevo
almeno vederli. Avrei deciso dopo sul da farsi.
Così, carica di speranza,
arrivai difronte l'imponente ed
ampio portone color argento, lo aprì e mi intrufolai silenziosamente dentro. Ma
feci in tempo a muovere solo pochi passi, perché un fulmine dai capelli color
nocciola mi saltò addosso, stritolandomi in un forte abbraccio.
Raina.
Accidenti, ora come facevo a svolgere le
mie indagini con lei intorno?
Sbuffai, facendo alzare di scatto la testa alla
mia amica che adesso mi guardava piuttosto confusa dal mio
comportamento.
<< Che hai Amia? Mi sembri strana. >> disse
infatti inclinando di poco la testa.
<< Nulla Raina, sono solo stanca, non centri
tu tranquilla. >> mentì e mi congratulai da sola per la mia bravura,
perché se non avessi saputo io stessa che era una bugia mi sarei creduta persino
io.
<< Ok allora. Come mai qui in biblioteca? Hai
già finito i libri che ti ho dato e vuoi un nuovo libro da leggere? >>
disse con un sorriso.
<< Si... ecco mi chiedevo se potevo fare un
giro, magari trovo un libro che mi piace ma che sia di un altro genere invece
del solito romantico. >> risposi calma ricambiando il sorriso.
<< Va
bene, se hai bisogno d'aiuto chiama. Io sono al bancone, devo sbrigare alcune
cose per la riorganizzazione di alcuni libri della biblioteca. >> disse
facendomi un cenno di saluto e ritornando al bancone della biblioteca.
Mi sentivo così
male al pensiero di mentire a Raina... ma dovevo farlo, lei non avrebbe capito.
Non ora che amava Damien.
Sospirai.
Ancora una volta ero sola. La mia vita sembrava
maledetta.
Mi diressi verso quella moltitudine di scaffali,
vagando con lo sguardo per i vari titoli, usai anche la scala per arrivare ai
libri disposti in alto ma niente, sembrava che non vi fosse nulla in demoniaco
antico, tutti erano scritti in quello moderno.
La sera, prima
di andare a letto, o a notte fonda ormai mi mettevo a studiarlo il demoniaco
attuale, non lo parlavo ancora molto bene ma per quanto riguardava il leggerlo e
lo scriverlo me la cavavo abbastanza bene. Avevo sempre amato le lingue e
studiarne una nuova, specialmente ora che non avevo altre incombenze
scolastiche, era piacevole per me.
Incredibile, avevo setacciato tutta la biblioteca e
non avevo trovato niente di niente!
Mi misi le mani nei capelli, accidenti, dovevo
immaginarlo che non sarebbero stati in vista, erano certamente in qualche stanza
segreta e chiusa a chiave. Ero stata troppo impulsiva.
Aspetta un
secondo, Raina era la bibliotecaria... quindi doveva per forza sapere dove fosse
la stanza con i libri antichi ed anche la sua chiave doveva avercela
lei!
Mi sporsi da dietro lo scaffale in cui ero e puntai
lo sguardo sulla mia amica. Era troppo concentrata sul suo lavoro per accorgersi
di me che la fissavo con insistenza.
E adesso? Come
facevo ad ottenere le informazioni che mi servivano senza destare
sospetti?
Bella domanda, davvero, ma dovevo almeno
provarci!
Mi dirigei con passo lento verso di lei il più
naturalmente possibile, cercando di apparire serena e senza pensieri. Arrivata
da lei dissi con nonchalance: << Raina, mi è venuta in mente una cosa ma
non sapevo se potevo chiedertela, forse ti secchi... sai, stai lavorando su una
cosa molto importante... >>
<< Sai che per te ci sono sempre Amia, dimmi
pure. >> rispose sorridendo sincera.
Mi morsi il
labbro inferiore. Ero davvero sicura di voler fare il doppio gioco e di mentire
alla mia nuova amica?
Le immagini di milioni di morti e di gente che
urlava disperata invasero la mia mente, così come le varie umiliazioni subite in
quei giorni da Andras.
Si. Lo ero, ed era per una buona causa.
<< Katia
l'altro giorno mi diceva che ci sono dei libri molto interessanti sulla storia
dei demoni e mi era venuta voglia di leggerli. >> dissi tranquilla,
accennando un sorriso.
<< Ce ne sono molti nel reparto a destra, lì
vedi... >> disse ma non la lasciai finire e, muovendo una mano come per
scacciare una mosca, la fermai.
<< No, quelli li ho visti, io intendevo
quelli... speciali ecco. >> dissi spingendomi in avanti sul
bancone.
<< Ah, quelli. Mi dispiace Amia ma non si
può, sono proibiti per la gente comune, pensa per gli umani come noi. >>
rispose improvvisamente seria in volto.
La cosa si
faceva sempre più interessante. Ma anche se lei faceva la preziosa io non avrei
demorso per nulla al mondo. Così chiesi: << Dai Raina, solo un'occhiata...
sai che sono una curiosona! >>
<< Amia, anche se ti portassi nel luogo dove
sono tenuti, non sapresti leggerli, è inutile. >> ribatté
convinta.
<< Tu potresti tradurmi qualcosa. >>
risposi ovvia.
<< Io non so leggerli. >> disse
distogliendo lo sguardo da me. Sorrisi.
Beccata!
<< Non
mentire, so che li sai leggere, fa sicuramente parte del tuo lavoro e ora che
hai distolto lo sguardo da me, lo hai pure dimostrato! >> risposi
gongolando felice.
<< Ok Amia, ma solo una piccola cosa.
>> contrattò la mia amica sospirando.
<< Per me
va più che bene! >> dissi abbracciandola.
<< Si, si,
adesso basta. Andiamo dai. >> disse ridendo e sciogliendo
l'abbraccio.
La seguì contenta, finalmente avrei scoperto
qualcosa in più sui demoni, speravo solo che quel poco che avrei letto sarebbe
stato qualcosa di rilevante.
Mi portò difronte una libreria che a me sembrò
uguale alle altre ma lei, con un sorriso furbo, mi fece capire che non lo era
affatto e a sua dimostrazione pigiò un tassello in legno del quinto scaffale.
Sentì un rumore metallico e poi, con sguardo allibito, osservai che la libreria
si stava dividendo in due parti che si ritirarono una a destra e l'altra a
sinistra, lasciando vedere al centro un tunnel che poteva venire sceso tramite
delle scale che sembravano non finire più, tanto era profondo.
<< Wow.
>> riuscì solo a dire, mio Dio, mi sembrava di essere in uno dei miei film
preferiti.
<< Sbalorditivo vero? Anche io ho fatto la
tua stessa faccia la prima volta che ho visto quest'entrata. Ma aspetta di
vedere com'è sotto! >> disse nascondendo una risata divertita.
Così, dopo che
lei ebbe acceso la luce, scesimo le scale. Lungo il tunnel vi erano vari quadri
antichi di chissà quanti anni, tutti ritraenti uomini dallo sguardo altero,
molto probabilmente vecchi nobili di corte.
Man mano che
scendevo sentivo un peso sempre più pesante sul cuore. Cominciavo ad avere un
po' paura di quello che di lì a poco avrei scoperto, ma la mia curiosità ebbe la
meglio, così alla fine eccomi qua. Finalmente arrivata nell'enorme sala
circolare che conteneva i libri proibiti.
Il pavimento era
ricoperto da un tappeto rotondo decorato con vari disegni geometrici, mentre
tutta la parete circolare era occupata da varie librerie messe l'una di fianco
all'altra, solo un tratto difronte a me non ospitava una libreria ma un grande
quadro che ritraeva Andras con una corona in testa. Bellissimo, davvero
bellissimo. Il quadro, come era fatto intendo! Non lui... Ah, ma a chi volevo
darla a bere! Andras era un uomo davvero affascinante, bello oltre ogni dire,
dovevo ammetterlo almeno a me stessa.
<< Stai
sbavando... >> disse Raina dandomi un colpetto sulla spalla, accorgendosi
del mio sguardo rivolto verso il quadro.
<< Ma non
è vero! >> risposi rossa in viso, distogliendo lo sguardo da
lei.
<< Certo, certo. Bene, hai una sola
possibilità, cosa vorresti leggere? >> disse stavolta seria.
<< Beh, io
avevo in mente qualcosa di... speciale! >> risposi
illuminandomi.
<< Io, sinceramente, ancora non ho letto
nessuno di questi libri, ma so tutti i titoli ed il loro contenuto. Posso quindi
dirti che ci sarebbe una cosa che piacerebbe molto leggere anche a me. Vuoi?
>> disse indicandomi una libreria alla nostra destra.
<< Va
bene, mi fido di te. >> risposi con un sorriso sincero.
Lei ricambiò e
mi portò difronte alla libreria prima indicata. Estrasse da quest'ultima un
libro non troppo grande ma che sembrava essere comunque piuttosto pesante. Poi
ci soffiò sopra, togliendo gran parte della polvere che vi era.
<< La
leggenda delle prescelte. >> disse Raina leggendo il titolo, e sembrava
essere ipnotizzata da quel libro. Io allora lo osservai a mia volta con
attenzione. Era blu con il titolo scritto in rosso e vari decori in oro
abbellivano la copertina.
<< La leggo allora? >> continuò la mia
amica, osservandomi intensamente negli occhi.
Annuì convinta e
così lei cominciò a leggere.
<< Brano primo: La leggenda
narra che ogni demone sia destinato ad un'unica compagna, la donna che lo
renderà completo e che renderà intera la sua anima. Queste donne vengono
comunemente chiamate ''Prescelte'', destinate sin dalla nascita al loro
compagno, sono inoltre le uniche in grado di dare alla luce i famosi e rari
demoni leggendari. Questi demoni, rispetto agli altri, sono nettamente più
potenti in quanto in grado di richiamare gli ''Antichi poteri'' ed usufruire di
essi alla perfezione. Non si hanno molte altre notizie su di essi dato che
pochissimi demoni si accoppiano con le loro prescelte, la maggior parte procrea
con altre donne demone qualunque. Questo perché essi ignorano codesta leggenda,
deridendola ma che molti ricercatori, tramite opportune ricerche, hanno
affermato essere vera e quindi non una semplice leggenda popolare. Eppure i
demoni, al giorno d'oggi, preferiscono generare i loro figli con altre donne
molto probabilmente perché, spesso, la ricerca della prescelta è lunga, infatti
si potrebbero aspettare secoli, millenni prima che essa nasca.
Ma il legame che vi è fra la prescelta e
il demone ad essa predestinato è unico, indissolubile. Il demone non proverà mai
un interesse reale per altre donne e saprà amare solo la prescelta, a lei donerà
poi il suo cuore sotto forma di lacrima di sangue.
Un demone non ama, ma amerà la
prescelta. Un demone non piange mai, ma l'unica lacrima che uscirà dal suo
occhio destro sarà per la prescelta, a dimostrazione del suo amore profondo. La
prescelta la indosserà per sempre al collo sotto forma di collana e la lacrima
assumerà il colore bicrome degli occhi degli amanti.
Riconoscere di essere una prescelta non
è difficile: la donna, come il demone, sentirà un legame fin dal primo scontro
di sguardi, un contatto si creerà così fra le anime dei due amanti e che non
mancherà mai di farsi sentire, ma finché i due non si renderanno conto di
amarsi, si farà presente sempre con più urgenza grazie al bisogno assoluto
dell'altro ed ad inspiegabili, all'inizio, emozioni verso l'altro individuo.
Fondamentale è per la prescelta capire di essere tale perché il demone, suo
compagno, per natura tenderà sempre ad ignorare il legame. La prescelta dovrà
quindi avere il compito di convincere l'amante.
Un avvertimento importante va però dato
al demone: se la donna muore anche il demone morirà in quanto ad essa ha donato
il suo cuore sotto forma di lacrima che continuerà a brillare solo finché la
donna sarà in vita. Invece se dovesse morire il demone, la donna non
morirà.
Bisogna anche dire che vi
sono stati casi in cui il demone si sacrificasse per la propria compagna che, in
alcuni casi lo avesse prima tradito, si consiglia per questo al demone di non
donare tanto facilmente la lacrima alla prescelta, prima è bene assicurarsi che
non sia sotto qualche incantesimo o subisca altro da parte di fattori
esterni.
La prescelta però non
tradirà mai il suo compagno se non sotto incantesimo o altri fattori esterni
perché la sua stessa natura glielo impedisce.
Ognuno degli amanti si completa
a vicenda, il loro è l'amore per eccellenza.
Questo è tutto ciò che fino ad
ora si è riusciti a ricavare dai pochi casi a noi rinvenuti.
(Da ''Leggende del mondo demoniaco''-
Consiglio dei supremi anziani del monte Catoth) >>
Dopo che Raina ebbe letto il primo brano calò un
pesante silenzio nella stanza. Ma dopo poco, ci guardammo negli occhi e si
poteva ben capire che entrambe eravamo molto confuse da tutto ciò che avevamo
letto.
Cosa... cosa
significava?
Ma arriva sempre
il momento in cui la verità ti cade addosso con tutto il suo peso e tu non puoi
più fare a meno di capire, di accettarla.
Distogliemmo lo
sguardo e capimmo, adesso eravamo finalmente consapevoli.
Noi...
... Noi eravamo delle
prescelte.
ANGOLO
AUTRICE:
Allora ragazze, che ne
dite di questo capitolo? Abbastanza soddisfacente no?
Finalmente si comincia
a scoprire qualcosa in più sul mondo dei demoni, noterete però dal titolo che
questa è solo la prima leggenda, da qui poi potete facilmente dedurre che ce ne
saranno altre, anche queste molto importanti. Quindi vi chiedo: cosa ne pensate
della prima leggenda?
Come alcune di voi avevano già intuito, Amia e Raina
sono le donne destinate ai nostri bei demoni. Il percorso per far ricongiungere
le coppie però non sarà facile, ci saranno varie prove da superare prima e, come
credo abbiate intuito, Amia ed Andras faranno un po' più fatica a ricongiungersi
rispetto a Raina e Damien, ma tranquille, le coppie si formeranno. ;)
Nel
prossimo capitolo vi anticipo che le due amiche faranno le loro riflessioni su
quanto appena letto e scoperto, c'è chi la prenderà bene(chissà chi... XD) e chi
invece... non tanto. u.u
Ovviamente non ci sarà solo questo, ma il resto lo
scoprirete da sole. XD
Infine, cosa ne pensate dei pensieri di Andras? Dite
che ce la farà a resistere ad Amia? E lei?
Come
sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia
fra:
-Le
preferite: 11
-Le
ricordate: 5
-Le
seguite: 33
e
me fra le autrici preferite: 2.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che
recensiscono!
*-*
Non perdete il prossimo capitolo ragazze, alla
prossima.
Bacioni, vostra Ashwini.
<3
*L'altra mia storia in corso a cui spero darete
un'occhiata:
ETERNITY
Lucinda
è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo
gestiscono.
Simpatica
e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è sempre fatta amare
da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata
alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo
nella grande New York.
Qui
incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora nell'ospedale
della città, nonché sede principale del grande impero della sua facoltosa e
ricca famiglia, questa è infatti formata da una lunga dinastia di medici che
lavorano in molte filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro
tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista.
Ma
cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso
tetto?
Eternity...
''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)
*Spazio
pubblicità:
Ecco
come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito
conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli''
di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo
perché davvero merita tante attenzioni.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie''
di Little liar,
una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the
chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto
bella e ben fatta.
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Capitolo 15 *** Capitolo quattordicesimo: Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni. ***
14 CAPITOLO QUATTORDICESIMO- Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni
Ciao a tutte ragazze! ^-^
Ecco
a voi il nuovo capitolo, l'ho pubblicato alcuni giorni prima del
previsto perché sono stata davvero tanto felice di ricevere ben
otto recensioni nello scorso capitolo. *-*
Allora, come vedrete, in questo capitolo c'è una novità: finalmente, chiesto da molte di voi, il Pov. Raina! :D
Non vi dico altro e vi lascio subito alla lettura. u.u
BUONA LETTURA!
Il tempo è come un fiocco di
neve,
scompare mentre cerchiamo di decidere
cosa farne.
(Romano Battaglia-Il fiume della vita)
Capitolo Quattordicesimo: Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni
Pov. Raina
Io... io ero una prescelta...
Ero una prescelta.
Oh Dio... Ero una prescelta!
Lo
sapevo, io e Damien siamo destinati a stare insieme. Tutte quelle
sensazioni, tutta quella pace che mi invadeva quando ero con lui, come
se improvvisamente il mondo fosse diventato perfetto, non potevano
essere solo delle mere fantasie da ragazzina innamorata!
Da
quando avevo memoria, io e lui avevamo sempre parlato tranquillamente,
non mi aveva mai trattata come una schiava da sottomettere e forse
è proprio questo che mi fece innamorare perdutamente di lui dopo
il primo sguardo.
Dal
principio ho subito capito che era lui l'uomo della mia vita e forse
sono stata troppo avventata, insomma mi sono innamorata di colui che
dovrebbe essere il mio carnefice ma sinceramente non mi pento di un
solo istante passato in compagnia del mio bel demone. Ogni giorno
questo mio amore cresce sempre di più ed è per tale
motivo che sarei disposta a fare qualsiasi cosa per lui, anche morire
se necessario.
Ammetto
di averlo notato per la sua immensa bellezza ed ammetto anche che
inizialmente c'era di mezzo ciò che adesso comprendo essere la
leggenda delle prescelte, ma sono più che certa che da un po' di
tempo è amore ciò che sento di provare per Damien. Si,
adesso non c'è più solo la leggenda di mezzo, adesso
c'è amore. Vero ed eterno amore.
Sorrisi nostalgica.
Ricordo ancora oggi il nostro primo incontro...
<< Stai ferma stupida umana! Mettiti in fila e stai composta come
gli altri! >> mi urlò contro un uomo robusto e decisamente
più alto di me, tanto da sovrastarmi con la sua grande mole.
Erano
ore che stavo lì, in piedi sulla costruzione in legno al centro
della grande piazza ovale in cui tutti quelli che erano stati catturati
e resi schiavi dall'impero dovevano aspettare di venire scelti dai loro
nuovi padroni.
Io
mi muovevo nervosa sul posto da un po' di tempo perché avevo
molto freddo e, muovendomi come un'anguilla cercavo solo di riscaldarmi
anche solo leggermente. E quel demone non poteva certo biasimarmi dato
che, al contrario di lui, io ero molto più vulnerabile agli
eventi atmosferici, ma ero certa che lui e gli altri della sua razza se
ne fregassero altamente di noi umani, si vedeva lontano un miglio che
non vedevano l'ora di sbarazzarsi finalmente di noi, magari speravano
che morissimo tutti assiderati.
Però,
al contrario delle altre persone accanto a me che sembravano essere
state impossessate dalla paura, io ero calma. Sapevo che era inutile
ribellarsi ad una forza nettamente superiore alla nostra, quindi
aspettavo pazientemente mentre il tempo scorreva inesorabile, sperando
però in un roseo futuro.
Alzai
allora il volto verso il cielo che stava rilasciando migliaia di
fiocchi di neve, questi ultimi cadevano lentamente sul suolo ma alcuni
si andavano a dissolvere sui miei indumenti e sui capelli, bagnandoli
leggermente. Uno poi si andò a posare sul mio naso
all'insù, facendomi sorridere. Amavo la neve, rendeva tutto
più bello secondo me. Intrappolava per mesi la bellezza della
natura per poi farla risplendere, viva, una volta venuta la primavera,
la quale avrebbe sciolto quel gelo.
Perché anche il gelo più profondo nasconde gelosamente dentro di se un cuore caldo che batte forte e sicuro.
<< Bella la neve, vero? >> disse una voce calda e profonda, ridestandomi dai miei pensieri.
Mi
girai di scatto verso di essa e fui sicura che il mio cuore perse un
battito alla vista di quei meravigliosi capelli biondi che ondeggiavano
liberi al vento che si era da poco creato, ma ciò che mi
colpì maggiormente furono i suoi limpidi occhi color del mare.
Erano così puri ed... eterei...
<<
Sì, la trovo stupenda. >> solo questo riuscii a dire
perché la mia mente, alla vista di quell'angelo sceso in terra,
era incapace di formulare una frase logica migliore di quella appena
detta purtroppo.
I
nostri sguardi si intrecciarono e fu come se il tempo si fosse fermato
per permettere alle nostre anime di studiarsi, di conoscersi.
Lui,
dopo un po', distolse lo sguardo dal mio, girando la testa verso
sinistra ed interrompendo per primo quel contatto così intimo
che sembrava essersi creato fra noi.
<<
Questa sarà la mia schiava. Portala a palazzo il prima
possibile. >> disse rivolto all'uomo robusto che mi aveva
sgridata poco prima.
Poi
il biondo si girò nuovamente verso di me, scrutandomi fin dentro
l'anima. I suoi occhi era limpidi e puri, ma coglievo anche la presenza
di una durezza che solo chi aveva visto la morte in faccia sapeva
riprodurre così perfettamente.
<<
Il mio nome è Damien, dolcezza. >> mi disse il biondo con
voce suadente ad un palmo dal mio viso, toccandomi poi la punta del
naso in un chiaro invito a dire il mio.
<<
Raina. >> risposi semplicemente, rapita da tanta bellezza. Ormai
quell'uomo mi aveva completamente ipnotizzata con la sua voce profonda,
simile al canto soave di un angelo.
<<
Ci vediamo Raina. >> disse per poi voltarsi ed incamminarsi verso
una limousine bianca dai vetri scuri. Mentre era girato, notai che le
sue spalle larghe sembravano essere capaci di sopportare tutto il peso
del mondo e che... mi morsi il labbro inferiore. Dio, aveva un sedere
così... sodo. Okay, potevo sembrare una piccola pervertita ma,
ehi, chi non avrebbe fatto almeno un pensierino su quel demone che
pareva essere uscito da una rivista di Playboy?
<<
Aspetta. Io... >> cominciai a dire debolmente, dopo essermi
rifatta gli occhi, ma ancora scossa da quel turbinio di emozioni che mi
aveva avvolta poco tempo prima in sua presenza. Venni però
subito interrotta da lui.
<<
Tranquilla dolcezza, ci divertiremo insieme. >> disse passandosi
la lingua sul labbro inferiore in un modo che a me parve altamente
erotico.
Successivamente entrò nella limousine diretta chissà dove, sparendo definitivamente dalla mia visuale.
All'improvviso
venni tirata violentemente, per le catene che stringevano i miei polsi
sottili, verso un carro in legno trainato da esseri orribili simili a
delle enormi lucertole.
Prima
di salirvi però, rivolsi un'ultima occhiata al punto in cui era
sparito il bel demone dai capelli color del sole primaverile e sorrisi
sincera al pensiero che lo avrei rivisto ancora.
Sì, ci saremmo sicuramente divertiti molto.
Ripresomi dal piacevole turbinio di ricordi nel quale ero finita, mi
girai verso Amia e la trovai intenta a scompigliarsi i già
ribelli capelli con le mani, era nervosa a quanto pare. Beh, immaginavo
che lei non l'avrebbe presa bene come me la notizia appena appresa, ma
lei era esagerata, neanche le fosse caduto il mondo addosso! Insomma,
era destinata a quel gran figo di Andras, l'imperatore di un vastissimo
impero quale era quello di Alloces, tirando le somme, era tutto a suo
favore!
Non
capivo questa sua poca inclinazione alla nuova vita che svolgevamo qui
a palazzo, non era male, entrambe eravamo in una posizione nettamente
superiore alle altre schiave di corte, noi infatti avevamo degli
obblighi esclusivamente verso i nostri singoli padroni, Damien ed
Andras. Ma lei, nonostante le continue prediche fatte da me e Katia, si
ostinava nella sua campagna d'odio contro l'impero.
Inoltre,
in questi giorni, avevo notato che Amia covava dentro di se un segreto,
qualcosa che ancora non mi aveva rivelato. E potevo facilmente dedurre
che tutti i suoi comportamenti erano collegati a tale segreto.
Pov Amia
Una prescelta.
Ero una dannata prescelta.
No, non era possibile, non ora, non a me!
Dio, perché la mia vita non poteva scorrere tranquilla, senza
intoppi di nessun genere, perché non potevo vivere in pace?!
Avevo perduto tutto, in quei giorni la mia vita era stata completamente
stravolta da esseri terribili che avevano devastato il mio mondo,
schiavizzandolo e mettendolo in ginocchio difronte la sua schiacciante
potenza.
La mia famiglia... mia madre era... morta. Mai più avrei rivisto
il suo dolce e materno sorriso, mai più avrei assaporato il
calore che proveniva dal suo amorevole abbraccio.
Ed era tutta colpa sua.
Come potevo essere la prescelta di Andras in queste condizioni, come mi si poteva chiedere di amarlo? Come?!
Ammetto che ero attratta assolutamente ed incondizionatamente da lui,
altrimenti non si sarebbe spiegato il mio assecondarlo nei baci che ci
eravamo scambiati. Ammetto anche che mi... piaceva in un certo senso il
suo carattere da dominatore, la sua determinazione, il suo coraggio, la
sua eleganza nei movimenti, la sua... bellezza divina. Lui era forte e
deciso, intelligente e molto altro ancora. Questi aspetti del suo
carattere mi affascinavano, ma allo stesso tempo mi spaventavano.
Perché voleva dire che la mia stessa anima richiamava con forza
prepotente la sua e ciò era sbagliato.
La cosa buffa in tutto questo?
A me piaceva da morire sbagliare.
Non appena formulavo il pensiero di odiarlo, subito un altro
sentimento a me sconosciuto si insediava in me, impedendomi di
ragionare lucidamente. Ma adesso tutto aveva un senso, ora che sapevo
della leggenda delle prescelte capivo cos'era quella misteriosa forza
che mi spingeva verso Andras.
Dovevo trovare un modo per sciogliere quella specie di legame che ci
univa saldamente come un unico essere, insomma ogni cosa aveva i suoi
punti deboli, giusto? Bastava cercare, ne ero... sicura.
No, ancora quella maledetta sensazione!
Perché? Perché il mio intero essere soffriva al solo pensiero di separarsi dal mio demone, perché...
Aspetta un attimo.
Io... io avevo definito Andras... mio?
Stavo impazzendo, pensai mentre mi muovevo nervosamente le mani nei
capelli, come se già non fossero abbastanza ribelli e
disordinati.
Ad un
tratto mi sentii osservata e, girandomi, notai che Raina mi stava
fissando insistentemente con uno sguardo pensieroso, fin troppo direi.
<< Senti Raina, non cominciare anche tu adesso, ok? Già mi
sento confusa di mio, ci manchi solo tu guarda. >> dissi
esasperata, alzando gli occhi al cielo.
<< Amia, c'è qualcosa che devi dirmi? >> disse
avvicinandosi a me e potevo leggere nel suo sguardo una serietà
che stonava fin troppo con la sua solita aria sbarazzina. Ma che le era
preso?
Oh Dio. E se... se lei avesse intuito che ero scesa in quel luogo per cercare un qualcosa di incriminante sui demoni?
No, era impossibile... giusto?
<< Non capisco a cosa ti riferisci. Adesso faremmo meglio ad
andarcene da qui e... >> dissi frettolosa, gesticolando agitata.
Ma lei fermò il fiume delle mie parole con una sola occhiataccia.
Merda.
<< Okay, facciamo finta che tu non mi stia nascondendo qualcosa.
Ma voglio avvisarti Amia, se io dovessi mai venire a sapere questa cosa da altri, non ti perdonerò così facilmente. >> disse quasi sibilando.
Era molto arrabbiata, si vedeva. Accidenti.
La vidi incamminarsi verso le scale, ma in un impeto di coraggio la
fermai per il polso e le dissi frustrata: << Santo cielo Raina,
anche se te lo dicessi, tu non capiresti! >>
<< Non capirei?! Ah, grazie della fiducia Amia! >> disse girandosi verso di me ancora più seccata.
Guardai le scale, poi lei, poi nuovamente le scale per poi posare definitivamente il mio sguardo sulla mia amica.
Sospirai arrendevole. Voleva la verità? Bene, l'avrebbe avuta.
<< Lui ha
distrutto tutto ciò che mie era caro, deve pagarla. >>
dissi facendomi scura in volto, mentre quella brutta sensazione al
basso ventre si faceva nuovamente strada in me.
<< Amia cosa... >> cominciò ma subito venne interrotta bruscamente da me.
<< Già da tempo ho preso la decisione di trovare il punto
debole dell'impero per poi riferirlo a una qualche unità umana,
che avrebbe usato la mia scoperta per far crollare l'impero. >>
dissi in un sussurro, specchiandomi nei suoi occhi color smeraldo.
<< Dio Amia, sei forse impazzita? Ti rendi conto di quello che
stai dicendo? >> mi disse scandalizzata, mettendosi una mano
sopra la bocca.
<< Raina ti rendi conto o no che la loro razza ha distrutto il nostro mondo?! >> risposi alzando il tono della voce.
<<
Sì, ma non puoi permettere che l'odio ti consumi. >>
rispose semplicemente, addolcendo lo sguardo. E mi parve di rivedere
mia madre in lei, sempre gentile con il prossimo, come Raina, lei amava
incondizionatamente mio padre.
Ritrassi la mano come scottata, stringendo i pugni.
Quindi... io stavo davvero sbagliando tutto?
<< Raina, io non so più che cosa devo fare. >> dissi con la voce incrinata.
A quel punto la mia amica mi si gettò addosso, avvolgendomi in un caloroso abbraccio.
<< Adesso ci siamo io e Katia con te, siamo noi la tua nuova famiglia perché ricorda: finché sarai nel cuore di qualcuno, non verrai mai dimenticato. >> disse stringendomi forte a se.
<< Raina io... non so che dire... grazie. >>risposi
per poi scoppiare in un pianto liberatorio, come se finalmente tutto il
peso che gravava sul mio cuore fosse scomparso e forse, era proprio
così.
Dopo
l'abbraccio, ci eravamo separate con un sorriso radioso sulle labbra,
successivamente, appena risalimmo le scale, lei si diresse verso il
bancone della biblioteca per completare il suo lavoro di archivio dei
nuovi libri, mentre io mi ero diretta verso l'ala riservata alla
lettura con in mano un libro, romantico ovviamente.
Per un bel po'
regnò una pace totale nell'enorme sala, poi lo sbattere violento
di una mano, sul tavolo al quale era poggiato il libro che stavo
tranquillamente leggendo, interruppe quell'idilliaco silenzio.
Chiusi di
scatto il libro con un sospiro seccato, odiavo essere interrotta mentre
ero immersa nella lettura. E odiavo ancora di più se ad
interrompermi era una persona che non sopportavo.
Andras.
Come
sapevo che era lui? Semplice, il suo odore di menta si sentiva da
chilometri e poi, quale altro demone era tanto arrogante da fare una
cosa del genere? Solo lui, ovvio.
<< Cosa
vuoi? >> dissi senza neanche alzare gli occhi verso il
demone, ed appoggiando stancamente la testa su di una mano.
<< Ti ho cercata per ore ragazzina, dove cavolo era
finita?>> rispose alterandosi ancora di più per un
qualcosa che non riuscivo a percepire.
<< Ero qui. Ti serve qualcosa suppongo. >> dissi facendo
dei cerchi immaginari col dito sulla copertina del libro, annoiata.
<< Guardami negli occhi quando ti parlo, cazzo! >> urlò prendendomi violentemente il mento fra due dita.
Quando i nostri occhi si incontrarono non ci fu più alcun
rimedio, dopo che si furono incontrati il legame fra me ed Andras si
fece vivo più che mai, impedendomi di scansarmi dal demone.
Accidenti!
<< Lasciami... >> dissi, ma ero consapevole di non essere
risultata credibile perché la realtà era che il mio
intero essere urlava a gran voce un contatto con lui.
<< Perché ti trovavi qui? >> disse a voce più
bassa e con un sorriso arrogante in volto, compiaciuto di avere
quell'effetto su di me.
<< Secondo te cosa ci facevo qua in biblioteca? Stendevo i
panni?>> dissi facendo appello a tutta la mia forza di
volontà e recuperando così un po' del mio carattere
combattivo.
<< Divertente ragazzina, ma io intendo cosa leggevi? >> disse facendosi improvvisamente serio ed avvicinandosi ancora di più al mio volto.
Cercai di arretrare ma lui, a velocità sovrumana, si pose
davanti a me, mettendo poi le braccia ai lati del mio corpo ed
imprigionandomi così fra lui e il tavolo.
<< Io... >> dissi lievemente per poi guardarmi in giro, non
avevo né vie di fuga né qualcuno nei paraggi che potesse
aiutarmi in qualche modo.
Bene. Ero definitivamente fottuta.
Cavolo,
possibile che avesse intuito che ero andata lì per cercare un
libro che mi desse informazioni su come sconfiggere l'impero?
No, nel suo
sguardo leggevo un sentimento simile all'ansia. Ma certo, era
ovvio, lui, il demone più potente di tutti non poteva temere una
ragazzina e le sue piccole ricerche.
Lui temeva che io avessi scoperto altro.
In effetti,
pensandoci, lui doveva certamente sapere della leggenda e... che avesse
davvero pensato all'eventualità che io fossi la sua prescelta?
A quel pensiero sentii un piacevole dolore all'altezza dello stomaco. Chissà se ne era felice...
No! Dio, non dovevo pensare a simili sciocchezze, lui era il mio nemico, io dovevo solo odiarlo!
Certo, era tutto semplice a parole...
<< Allora ragazzina? >> disse minaccioso, chiudendo le mani a pugno sul tavolo.
Dovevo
prendere tempo, magari Raina, vedendo che non tornavo più da
lei, si sarebbe insospettita e sarebbe venuta a cercami!
<< Se stai pensando alla tua amica, mi duole dirti che l'ho appena mandata via dicendole che Damien la cercava. Siamo soli. >> soffiò al mio orecchio con voce roca.
<<
Che c'è Andras, volevi restare solo con me? >> dissi
beffarda, poggiando una mano sul suo ampio e muscoloso petto.
Sorrisi
non appena notai che si era leggermente irrigidito al mio tocco. Forse
il signorino non aveva capito che qui si giocava in due. Il mio sorriso
però si spense non appena vidi che stava sorridendo compiaciuto.
Che cosa...
<<
Ma tu non eri quella che diceva che mai più si sarebbe
avvicinata così tanto a me? >> disse mordicchiandomi il
lobo dell'orecchio.
Oh Dio, era vero! Quel demone aveva una memoria... aspetta, ho trovato!
<<
Beh, se dobbiamo dire le cose come stanno, io avevo detto che mai
più mi sarei avvicinata a te se tu non ti fossi avvicinato per primo a
me. >> disse girando la testa per guardarlo dritto negli occhi e
fissandolo con sfida. Vediamo cosa si sarebbe inventato adesso.
<< Mi hai toccato tu per prima! >> ringhiò infastidito.
<< Sì, ma tu ti sei avvicinato prima di me! >> risposi a tono mettendo anche l'altra mano sul suo petto.
Che diavolo stavo facendo?
<<
Bene, allora adesso io ti bacerò. Se, come fai intendere, tu non
sei minimamente attratta da me allora ti scanserai, in caso tu
ricambiassi però... >> cominciò a dire suadente ad
un millimetro dalle mie labbra.
<< Sarai mia. >> terminò baciandomi con passione.
Lui
ti ha umiliata, ha devastato il tuo mondo, radendo a suolo ogni cosa a
te cara e portandoti così via tutto. Cederai anche stavolta?
Queste erano le parole che mi invasero la mente nel momento in cui le sue labbra carnose toccarono le mie con prepotenza.
No. Stavolta non avrei ceduto.
Mi
staccai con forza da lui, liberandomi dalla sua presa ed appoggiandomi
affannosamente ad una delle grandi librerie. Il respiro irregolare
faceva ben intendere quanto mi fosse in realtà costato quel
gesto. Perché c'era sempre, relegata in un angolo della mia
anima, quella parte di me che non voleva essere separata dal suo
complementare.
Lo
vidi stringere fortemente i pugni sul tavolo, abbassare lo sguardo,
scuro in volto, ed irrigidire sia i muscoli che la mascella.
<< Tu osi rifiutare me? >>disse
duro, girandosi improvvisamente verso il luogo in cui mi trovavo,
inchiodandomi sul posto con un solo e raggelante sguardo.
Deglutì agitata, e adesso? In che guaio mi sono andata a cacciare?
Non
lo vidi nemmeno, il suo spostamento fu troppo veloce per essere visto
ad occhio umano. Arrivandomi difronte mi prese poi per il polso con una
mano, successivamente mise l'altra dietro la mia schiena, facendo
scontrare i nostri bacini.
<< Tu mi desideri, lo vedo dal tuo sguardo... >> sussurrò rabbioso al mio orecchio, facendomi sussultare.
<< Solo nei tuoi sogni! >> dissi cercando di apparire convinta.
Una potente scossa mi percuoté le membra non appena lo sentì leccarmi con malizia il collo.
Oh. Mio. Dio.
<<
Lasciami Andras! >> urlai cercando di divincolarmi dalla sua
presa, fallendo miseramente, era troppo forte per me.
<< Amia,
che cosa devo fare con te? Non capisci che così non fai altro
che peggiorare la tua situazione? >> rise sadico mentre
appoggiava definitivamente le labbra sul mio collo.
<< Andras... >> dissi con voce strozzata. Era troppo, di questo passo avrei certamente ceduto per prima.
<< Gemi Amia, gemi per me. >> disse succhiando e mordendo con foga poco sopra la giugulare.
Lo fissai truce e dissi: << Mai! >>
<< Ma davvero? Vediamo se si può fare qualcosa al riguardo allora. >> sorrise maligno.
I miei occhi si spalancarono all'inverosimile quando una sua mano
andò a posarsi, audace, sul mio seno. A quel punto
qualcosa dentro di me si risvegliò e, posando l'unica mano
libera su quella che aveva appoggiato sul seno, feci leva per
spostarla ma, come era ovvio, non riuscì a spostarla di un solo
millimetro. Accidenti a lui e alla sua forza!
<< Non... oseresti... >> gracchiai cominciando a respirare affannosamente, in evidente difficoltà.
<< Oh sì che lo farò. >> disse con voce roca ad un passo dal mio volto.
Cominciò a muovere la mano, toccando e torturando il mio seno. Mi morsi a sangue le labbra.
Io. Non. Dovevo. Farlo.
Poi però successe. Il dignitoso fiore che non si era mai
lasciato piegare, era infine stato costretto ad inchinarsi al gelido
vento invernale.
<< Ah! >> gemetti, inarcando la schiena, in completa balia
delle sue carezze. Il predatore aveva infine conquistato la sua preda,
pensai maledicendomi.
Tornando a concentrarsi sul mio collo, succhiò avidamente un'ultima volta.
<< Bene, adesso tutti sapranno che appartieni solo al
sottoscritto. >> disse staccandosi compiaciuto ed orgoglioso del
suo operato.
Ma aspetta, che cosa diavolo intendeva?
Poi
capii. Andai a tastare, con mano tremante, il punto in cui mi
aveva mordicchiata e mi si raggelò il sangue nelle vene non
appena compresi che mi aveva fatto un succhiotto. Aveva marcato il
territorio come un animale il bastardo!
<< Che
ti serva da lezione per la prossima volta, ragazzina. Ah, ovviamente
quel succhiotto dovrà stare in bella mostra, guai a te se oserai
coprirlo. >> mi avvertì minaccioso, socchiudendo gli occhi.
Lo
vidi andarsene con il suo caratteristico passo elegante e fiero, ed era
assai difficile da ammettere per me ma... trasudava sesso da tutti i
pori.
ANGOLO AUTRICE:
Eccoci arrivate alla fine del capitolo ragazze! ^-^
Allora, vi è piaciuto?
Spero che il Pov. Raina sia
stato di vostro gradimento, me lo avevate chiesto in molte recensioni e
così, finalmente, ho deciso di inserirlo per la prima, e non
ultima, volta. :)
Poi in questo capitolo abbiamo un flashback molto importante, e
cioè vediamo come Raina e Damien si sono conosciuti. Mi era
stato chiesto di dare più spazio a loro due ed anche a Damien e
Katia. Riguardo questi ultimi provvederò certamente ad inserire
qualcosa anche per loro nei prossimi capitoli.
Altra cosa importante: la storia si, sarà a 360° e per
ciò vedremo bene tutti i personaggi importanti della storia, ma
ci terrei a precisare che però tutto ruota intorno alle due
figure di Amia ed Andras, loro sono i protagonisti e non posso certo
togliere spazio a loro, no?
Comunque
non preoccupatevi, anche gli altri personaggi saranno ben
caratterizzati, ma tutto avverrà secondo un preciso ordine, non
posso certo rivelare tutto subito. :)
Come vedete, dopo la discussione fra Amia e Raina, tutto si è
risolto al meglio e sembra che Amia stia veramente cercando di
abituarsi alla vita di corte, ce la farà?
Poi, abbiamo un nuovo incontro/scontro, decisamente piccante fra i due protagonisti, che ne pensate?
Sono unici questi due, vero? Hanno un modo tutto loro di ottenere le cose. XD
Pare che stavolta abbia vinto Andras, ma nel prossimo round lui saprà resistere ad Amia?
Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:
-Le preferite: 14
-Le ricordate: 7
-Le seguite: 34
e me fra le autrici preferite: 3.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono! *-*
Non perdete il prossimo capitolo ragazze, alla prossima.
Bacioni, vostra Ashwini. <3
*L'altra mia storia in corso a cui spero darete un'occhiata:
ETERNITY
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica
e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è
sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Qui
incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora
nell'ospedale della città, nonché sede principale del
grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è
infatti formata da una lunga dinastia di medici che lavorano in molte
filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista.
Ma cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Eternity... ''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)
*Spazio pubblicità:
Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di SweetWorld, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie'' di MeLiIiI, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.
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Capitolo 16 *** Capitolo quindicesimo: Accettare o no? Nuove e pericolose alleanze. ***
ddd
Ciao a tutte ragazze! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo e spero, come sempre, che vi piaccia. :)
Vi avviso solo che in questo capitolo comparirà per la prima
volta l'organizzazione della CGE, importante per lo svolgimento della
storia dato che è l'antagonista principale.
Non dico altro, ci vediamo sotto. :D
BUONA LETTURA!
Spesso si preferisce non dare ascolto ai
propri sentimenti
perché si teme di soffrire e ci si
inganna di provare qualcos'altro.
Capitolo quindicesimo: Accettare o no? Nuove e pericolose alleanze.
Pov. Amia
Guardavo,
assorta nei meandri dei miei pensieri, la luna che splendeva
luminosa e benevola nel cielo impreziosito da milioni di stelle, un
cielo penetrante ed infinito. Mi ricordava tanto una mamma che accudiva
amorevolmente i propri figli.
Già, come la mia mamma...
Ogni singolo istante passato in sua
compagnia lo ricordo alla perfezione, tutti momenti felici e pieni di
un amore che solo una madre sa dare. Ricordo anche quei piccoli litigi
a causa del comportamento sconsiderato di mio padre, le nostre urla, i
pianti nascosti in un angolo buio della mia stanza... E mi si stringe
il cuore pensando che avremmo potuto passare quei momenti in un modo
assai migliore.
Solo adesso mi rendo conto di volere che quei piccoli attimi in sua compagnia fossero durati di più.
La mia mamma, la donna che mi aveva dato la vita, amandomi fino al suo ultimo respiro.
Lei, che mia aveva tenuto saldamente la mano il primo giorno di scuola davanti al cancello, sorridendomi rassicurante.
Lei, che riempiva le mie giornate con la sua naturale gentilezza.
Lei, che adesso non era più accanto a me per consigliarmi ed amarmi.
Ogni giorno, ogni istante, ogni
tutto, anche se non lo esprimevo a parole, perché altrimenti
sarebbe stato troppo doloroso, pensavo a lei.
Tra le candide coperte, si forma
nella mia testa il suo volto sereno ed io stringo convulsamente una
mano sul morbido cuscino. Le persone buone come lei tendono ad
andarsene troppo presto, nella mia vita ogni persona che avevo ritenuto
speciale mi aveva sempre abbandonata alla fine. Prima mio padre, poi
quelle persone che consideravo miei amici ed infine... anche la mia
dolce mamma.
Ero come maledetta, tutti quelli a
cui volevo bene prima o poi mi lasciavano sola. Per questo, in tutti
questi anni, non mi ero mai voluta affezionare troppo a qualcuno, per
questo, adesso, temevo di perdere Katia e Raina.
Ed Andras...
Scacciai con forza quell'inutile pensiero dalla mia mente e voltai la testa verso la finestra. Da
questa vidi, con gli occhi appesantiti dal sonno, le foglie dei rami di
un albero di ciliegio muoversi lentamente, scosse da un leggero
venticello notturno. Scioccamente mi ritrovai a desiderare che i miei
pensieri, trasportati dal vento, superassero le barriere del tempo e
dello spazio per raggiungere il luogo in cui si trovava la mia mamma.
Magari lei avrebbe saputo darmi uno dei suoi saggi consigli ed aiutarmi
in quell'eterna battaglia che era oramai diventata la mia vita.
Sorrisi malinconica pensando che
lei mi avrebbe certamente detto, con quel suo particolare sorriso
angelico, che l'unica cosa che dovevo fare era seguire il mio cuore.
Si, ma cosa diceva il mio cuore? I sentimenti che sentivo di provare per quel demone erano tutti contrastanti e confusi.
Se solo potessi diventare una farfalla che vola nel tuo cielo mamma,
questa tristezza, questa sofferenza e questa confusione, sparirebbero
dal mio cuore e non m'importerebbe neanche più se fosse un
demone a consumarle.
Un demone...
Mi rigirai frustrata dall'altra
parte del letto. Andras era ormai diventato una costante nella mia vita
così come nei miei pensieri, ogni cosa si andava sempre ed
inevitabilmente a ricollegare a lui, il demone che era riuscito a
scuotermi l'anima fin dove mai nessuno primo d'ora vi era arrivato.
Il legame... già, adesso che
sapevo di questo importante particolare molte cose si spiegavano, ma
una domanda mi sorgeva spontanea. E cioè, veramente è solo il legame che tiene così saldamente unite le nostre anime o c'è dell'altro?
Quelle piacevoli sensazioni di torpore che mi invadevano quando stavo accanto ad Andras erano solo provocate dalla leggenda?
Il fatto che il mio sguardo si soffermasse su di lui sempre un secondo in più del normale era solo dovuto alla leggenda?
I dolci sorrisi che gli avevo rivolto durante i nostri baci erano solo frutto del legame?
Ed infine, i nostri baci... erano stati scatenati solo dal legame?
La verità era che avevo paura dei miei stessi sentimenti.
Mi misi supina sul letto,
allargando le braccia. Chiusi poi gli occhi, concentrandomi sul
regolare battito del mio cuore e poi, spalancai gli occhi allarmata non
appena mi resi conto che, all'immagine mentale di Andras, esso
diventava stranamente ed improvvisamente irregolare.
E questo cosa diavolo significava?!
Mi alzai di scatto dal letto,
mettendomi poi le mani nei capelli. No, non poteva succedere, non a me,
non ora e non di lui! Dio, era tutto così sbagliato!
Caddi stancamente sul letto con un
sonoro tonfo e sorrisi amara. Ero io ad essere sbagliata, perché
una persona normale non proverebbe interesse per il proprio carnefice,
non desidererebbe stargli accanto dopo tutto quello che le aveva fatto
e continuava a farle.
Non c'è nulla di sbagliato
nell'amare qualcuno, a volte è proprio la persona sbagliata
quella più giusta per noi.
Amore?
Io non mi ero mai innamorata in
vita mia, solo cotte adolescenziali passeggere. E poi, nelle condizioni
in cui vivevo, non era l'amore la mia principale priorità.
Ma adesso?
Non provavo amore nei confronti di
Andras, non ancora almeno, ma... ammetto che provavo un certo interesse
nei suoi confronti, mi piaceva.
Toccando il punto in cui mi aveva fatto il famigerato succhiotto, maledissi prima lui e poi me stessa.
Come diavolo era possibile che i
miei occhi vedessero e recepissero di lui solo gli aspetti, tra
virgolette, positivi e scartavano immediatamente quelli negativi? E
poi, come se non bastasse, non appena lui mi puniva, in qualche modo,
io dimenticavo subito dopo l'accaduto! Concentrandomi solo sulle dolci
emozioni che scoppiavano nel mio cuore.
Tutto questo era illogico da qualsiasi punto di vista!
Eppure... a me stava accadendo.
La mia solita fortuna, pensai, sorridendo sarcastica.
Il sole stava sorgendo proprio il
quel momento, la sottile linea di luce all'orizzonte splendeva in tutta
la sua bellezza, annunciando l'alba di un nuovo giorno.
Non avevo chiuso occhio questa
notte e dovevo già alzarmi. Soffocai un urlo frustrato nel
cuscino poi, dopo essermi calmata, mi diressi come uno zombie verso
l'armadio per prendere dei vestiti, che poi indossai in bagno dopo
essermi svegliata per bene tramite una rinfrescante doccia mattutina.
Successivamente andai verso la
finestra della mia camera e l'aprì decisa. Guardando il sole che
ormai era ben visibile nel cielo, mi preparai mentalmente alla giornata.
Se Andras pensava che avrei
obbedito ad ogni suo richiamo come un cane da compagnia, si sbagliava
di grosso. Avrei fatto, come sempre, le cose a modo mio.
Aprì di scatto la porta
della camera ed uscì fiera di me stessa, niente avrebbe potuto
scalfirmi quel giorno.
Mi sentì però leggermente a
disagio, quando vidi che tutti i servi che passavano accanto a me mi
guardavano scioccati, ognuno di loro fissava un punto ben preciso del
mio collo. Essendo la schiava personale dell'imperatore, sapevano
benissimo che solo lui poteva essere l'artefice di quel maledetto
succhiotto.
<< Che avete tutti da guardare?! >> dissi mettendomi le mani sui fianchi e fulminandoli tutti con lo sguardo.
Immediatamente ognuno di loro
abbassò lo sguardo e, facendo finta di nulla, se ne andarono
velocemente via. Cominciavo a pensare che qui la gente non aspettasse
altro che un buon pettegolezzo su cui sparlare per passare così
la giornata. E il pensiero che il pettegolezzo del giorno fossi io, mi
faceva infuriare, terribilmente.
Di coprire il succhiotto non se ne
parlava, non volevo scatenare la furia del demone per un mio capriccio
personale. Se in quei giorni avevo imparato qualcosa, era che dovevo
imparare ad essere meno impulsiva e più matura. Prima o poi
sarebbe arrivato il mio momento, aspettare un po' non mi sarebbe
costato nulla.
Così, contando fino a dieci
per calmarmi, me ne andai dritta nelle cucine a prendere la colazione
della mia disgrazia personale. Sperando con ardore che una volta
mangiata gli sarebbe andata di traverso, così giustizia sarebbe
stata fatta.
Pensiero stupido ovviamente,
figuriamoci se solo questo sarebbe bastato per far fuori quel demone,
non ero un'esperta di queste cose, ma avevo notato l'enorme aura oscura
che emanava quando si alterava. Da un po' mi chiedevo se veramente
esisteva un modo per neutralizzarlo.
Interrompendo il fluire dei miei
pensieri entrai nelle cucine di palazzo, gettando un'occhiata di fuoco
a tutti i cuochi e le cameriere che avevano interrotto il loro lavoro
per fissare sbalorditi il succhiotto. Quelli di loro che erano demoni
mi guardavano invece con un disprezzo evidente e a loro riservai un bel
dito medio, soddisfatta, mi diressi poi verso Katia. Lei aveva notato
il motivo di tante chiacchiere ma aveva subito distolto lo sguardo per
guardarmi dritta negli occhi. Santa donna!
Quando la raggiunsi, mi rivolse un
sorriso radioso e mi abbracciò con forza per poi dirmi
dolcemente all'orecchio: << Tesoro, mi spieghi cos'è
accaduto? >>
<< Lunga storia Katia. Diciamo che, come al solito, me la sono andata a cercare. >> dissi con un'alzata di spalle.
<< Capisco cara, c'entra il padrone, vero? >> disse dispiaciuta.
<< Ovvio, no? Quel demone non
riesce proprio a starmi lontano. >> ironizzai. E forse, dico
forse, una piccola parte di me aveva sussultato speranzosa a quella
frase.
<< Comunque stellina, ho una
notizia stupenda da darti! >> disse eccitata come una bambina,
battendo le mani velocemente.
<< Una bella notizia? Quale? >> dissi sinceramente stupita dalle sue parole.
<< Allora cara, questo
pomeriggio io e altre cameriere andremo nella capitale per fare alcune
spese. Puoi venire con noi ma... il padrone deve darti il suo
consenso... >> disse abbassando lo sguardo quando disse l'ultima
parte della frase.
Sospirai tristemente. Andras non mi avrebbe mai dato il permesso di uscire dal palazzo, era una causa persa in partenza.
<< Stellina, bisogna sempre
tentare nella vita! Su con il morale! Informerò anche Raina di
questa nostra uscita e... >> disse mettendomi energicamente le
mani sulle spalle.
<< Per Raina è
diverso. Damien le darà sicuramente il permesso, ma riguardo
Andras... >> la interruppi sconsolata, lasciando la frase in
sospeso.
<< Tesoro io potrei provare a parlargli se vuoi. >> disse incoraggiante. Quella donna era troppo positiva.
<< No, lascia stare,
finiresti nei guai anche tu. Ci provo io, okay? Poi ti faccio sapere, ma
non ti assicuro niente. >> risposi con un debole sorriso.
<< Va bene. Tieni, la
colazione per il padrone è pronta. Buona fortuna cara! >>
mi disse facendomi l'okay con una mano.
La salutai ed uscì dalle cucine per poi dirigermi verso le stanze del demone. Che Dio me la mandi buona per una volta!
Ci tenevo moltissimo ad uscire da
questo palazzo, ormai erano giorni che ero rinchiusa qui, volevo vedere
il mondo esterno e magari osservare com'era la vita nella capitale
dell'impero. Un'uscita senz'altro istruttiva ed anche piena di
divertimento se c'era anche Raina con me.
Arrivai in poco tempo difronte
l'imponente portone e, mentre stavo per bussare, la mano mi
restò in aria. Come avrei dovuto porgli la fatidica domanda?
Una cosa era certa, mai l'avrei supplicato di farmi uscire, non era da me. Ma... se me lo avesse chiesto come prezzo?
Mi morsi il labbro inferiore, agitata.
Sacrificare l'orgoglio ed uscire o non farlo e restare qua?
Bussai energicamente, che si
fottesse l'orgoglio per una volta e poi, forse, avremmo trovato un
punto d'incontro, si, l'importante era crederci fino alla fine.
Un ''avanti'' appena udibile mi
diede il permesso di entrare e, non appena fui dentro, mi immobilizzai
scioccata sul posto, sperando che non si dovessero prendere dei secchi
per contenere la mia bava. Il motivo di ciò? Beh, la risposta
era piuttosto semplice a dir la verità.
Al centro della stanza c'era un
Andras mezzo nudo, con solo dei miseri pantaloncini addosso, in pieno
inverno! Quel demone era illegale, gli doveva essere vietato di
presentarsi così o qualcuno ci avrebbe rimesso la pelle con un
piacevolissimo infarto.
Dio, che cavolo stavo farneticando adesso?
<< Se continui a fissarmi con
quello sguardo da maniaca mi consumerai. >> disse lui con un
sorriso diabolicamente divertito in volto e, forse era stata una mia
impressione ma... era soddisfazione quello che avevo letto per un
secondo nei suoi occhi color cobalto?
Arrossì di botto e distolsi
velocemente lo sguardo da lui, accidenti a me. Dovevo essergli sembrata
una ninfomane senza pudore!
Ad un tratto uno spostamento d'aria
mi fece alzare lo sguardo, e mi ritrovai due penetranti e profondi
occhi blu che mi osservavano ad un palmo dal naso decisamente divertiti.
<< Ti diverte tutto questo? >> dissi imbronciata ed offesa dalla sua ilarità non giustificata.
<< Sì, dovresti vederti. >> rise bellamente di me, ignorando alla grande le mie occhiatacce.
Poi il suo braccio sinistro si
andò a posizionare dietro la mia schiena, stringendomi
possessivamente ed avvicinandomi a lui.
<< Andras perché
diavolo sei ancora qui?! Vatti a vestire! >> quasi strillai,
spalancando gli occhi sorpresa e cercando allo stesso tempo di togliere
il suo braccio dalla mia schiena.
<< La tua bocca dice questo ma... il tuo corpo sembra dire tutt'altro. >> sussurrò sensuale al mio orecchio.
Aveva dannatamente ragione. Al suo
tocco esperto, un piacevole torpore si era impossessato di ogni parte
del mio corpo, mandandomi brividi di piacere lungo tutta la spina
dorsale.
Mi maledissi per la mia scarsa capacità di resistergli.
<< La risposta è sempre la stessa. >> deglutì agitata, girando leggermente la testa di lato.
<< È forse rossore quello che vedo sulle tue guance, Amia? >> rispose con un ghigno.
<< No, ti stai sbagliando, io... >> dissi sulla difensiva, cercando di inventare una scusa credibile.
Già perché la mia era una bugia. Una grossa bugia.
Bene, cominciavo anche ad arrossire adesso, ora si che andava tutto perfettamente!
Misi le meni sul suo petto per allontanarlo ma.. mai mossa fu più sbagliata.
Io. Lui. Petto nudo. Muscoli.
Solo questo riusciva a formulare il
mio cervello, troppo impegnato ad analizzare e memorizzare ogni lembo
di pelle di quel corpo divino.
<< Lo vedi allora che sei una
piccola pervertita? >> mi riprese ridendo Andras, accorgendosi
del mio sguardo insistente rivolto verso il suo petto.
<< Adesso basta! Devo
chiederti una cosa importante! >> dissi scansandomi da lui come
scottata, approfittando della sua momentanea distrazione.
<< C'è davvero qualcosa di più importante che prendere in giro te? >> rispose fintamente stupito.
Odioso bastardo.
<< Molto divertente.
Comunque, Katia ed altre donne di servizio andranno in città a
fare spese, molto probabilmente verrà anche Raina e... >>
cominciai torturandomi le mani.
<< E tu vuoi che io ti dia il mio permesso per andare con loro, giusto? >> finì per me la frase.
<< Ecco... sì. Insomma Damien
manderà sicuramente Raina e non capisco perché tu non
dovresti farlo! >> dissi puntando i miei occhi nei suoi.
<< Io non ho ancora detto di no. >> mi fece notare.
<< Allora è un sì? >> dissi con gli occhi che mi brillavano dalla felicità.
<< No. Ma a giudicare dalla
tua reazione ci tieni molto ad andarci... >> disse avvicinando il
suo viso al mio, chiaramente interessato alla piega che aveva preso il
discorso.
Bene, era arrivato il tempo di contrattare.
<< Cosa devo fare in cambio
per andarci? >> dissi infatti, intuendo i suoi pensieri e
facendolo sorridere compiaciuto.
<< Vedo che hai imparato a
conoscermi ragazzina. >> rispose con uno sguardo che non
prometteva nulla di buono. Oh no, a questo punto era peggio di quanto
pensassi!
<< Allora? Arriva dritto al
punto. >> dissi fissandolo truce, cercando di apparire più
coraggiosa di quel che ero.
<< Voglio che tu domani faccia ogni cosa che ti chiederò, senza discutere. >> disse, improvvisamente serio in viso.
<< Ma... >> provai a dire subito interrotta da un suo sguardo raggelante.
<< Questa è la mia condizione. Accetti o no? >> disse gelido ed irremovibile.
Avevo paura di accettare, qualsiasi
cosa mi avrebbe chiesto a me non sarebbe piaciuta, ne ero certa. Era
sicuramente qualcosa di grosso se me lo diceva con quel tono e con
quello sguardo.
Ora la domanda era: rischiare o no? Mi morsi il labbro inferiore, indecisa e combattuta con me stessa.
Abbassai lo sguardo, pensando che
la vita era un'eterna partita tutta da giocare. Niente veniva regalato,
si doveva sempre dare qualcosa in cambio per ottenerne un'altra. E poi,
non stavo cedendo ad una sua richiesta, lui avrebbe ottenuto una cosa
ed io un'altra, uno scambio equivalente.
Rialzai lo sguardo su di lui, avevo preso la mia decisione definitiva. Qualsiasi cosa mi avrebbe chiesto, io ero pronta.
<< Accetto. >>
... Nel frattempo sul pianeta Terra ...
Un
uomo sulla cinquantina entrò dalle porte in ottone dell'ampia
stanza, andandosi a sedere nella poltrona in pelle verde a lui
destinata.
La stanza brulicava di chiacchiere, battiti violenti di mani sul lungo
tavolo ovale, grida furiose. Il disordine regnava sovrano.
Vi erano in tutto una decina di uomini, ognuno di essi era il
rappresentante dei dieci governi che si erano istituiti sul poco terreno rimasto in mano all'Umanità.
Nella stanza del Consiglio dei Dieci si discuteva a gran voce su cosa
si dovesse fare per abbattere il potente nemico che infuriava alla
prima delle tre barriere di energia avanzata.
Le barriere erano tre in tutto: Warbis, Eren, Miran. Erette per proteggere i territori che si erano riusciti a salvare durante l'Apocalypse Demons War.
Questi territori si trovavano in
Mesopotamia ed erano stati divisi in dieci stati. Tre si dividevano fra
la prima barriera, Warbis, e la seconda, Eren. Altri tre si
trovavano fra la seconda e la terza, Miran. Infine, gli ultimi quattro
si trovavano al centro di tutto, difesi dalla terza ed ultima barriera
d'energia. Era una tipica struttura a Matrioska Russa.
I governi avevano impiegato le
tecnologie più avanzate per difendersi ma l'Impero di Alloces
era ancora più preparato in quel campo e, oltre alle armi di
ultima generazione, aveva a disposizione demoni dalla forza sovrumana,
troppo forti per i deboli soldati umani.
Si era arrivati ad impiegare anche
uomini addestrati per combattere con un armatura robotica, ma i
generali dell'impero accartocciavano quelle macchine tecnologiche come
carta stagnola. Inarrestabili e invincibili.
Oltre agli invasori, vi erano i
gravi problemi della crisi alimentare e un calo demografico spaventoso,
entrambi stavano imperversando all'interno delle barriere, mettendo
l'intera umanità in ginocchio difronte i nuovi dominatori. Il
popolo sopravvissuto viveva ormai nel terrore assoluto e varie guerre
civili erano scoppiate negli ultimi giorni.
La paura era ormai diventata una
costante nella vita terrestre. Ogni essere umano aveva visto la morte
con gli occhi, perso familiari e ogni affetto personale. La gente non
ne poteva più, voleva risposte dai governi che si erano
autoproclamati reggenti, e le voleva il prima possibile.
<< Dobbiamo fare qualcosa! Quei bastardi devono morire tutti! >> urlava qualcuno in preda all'ira.
<< Usiamo le armi nucleari! >> gridava qualcun altro disperato.
In quel trambusto, un uomo
osservava in silenzio lo spettacolo pietoso che si ritrovava davanti e,
non potendone più, si alzò e disse duramente:
<< Adesso basta! Fate tutti silenzio! >>
<< Che cazzo vuoi Roland? Tu hai idee migliori delle nostre forse?! >> rispose un vecchio uomo pelato.
L'uomo di nome Roland sorrise e affermò fiero: << A dir la verità, si. >>
<< C-Cosa?! Brutto... come osi parlare così a me?! >> rispose quello, livido di rabbia.
<< Calmati William, lascialo
parlare. In situazioni come questa non abbiamo né il tempo
né le ragioni per discutere fra noi. >> disse calmo l'uomo
più giovane fra i dieci lì riuniti.
Il vecchio William borbottò
qualcosa di offensivo sui giovani d'oggi, per poi sedersi finalmente
composto sulla poltrona. Il ragazzo in questione rise sommessamente,
infine diede l'ok per parlare, a Roland.
<< Bene. Come dicevo, ho
trovato la soluzione a tutti i nostri problemi. >> riprese a dire
l'uomo, mettendo entrambe le mani sul tavolo difronte a lui.
<< Ebbene? >> chiese serio un altro.
<< La CGE. >> finì secco Roland.
Subito si levarono grida di protesta, era inaccettabile per i loro governi affidarsi a quell'organizzazione.
La CGE, ovvero i Cavalieri della
Giustizia Eterna, erano un'organizzazione criminale ed illegale nata
agli inizi dello scorso secolo ma, specialmente negli ultimi anni,
sempre più stati si erano affidati ai loro servigi
per scopi personali. Diventata ormai legale era cresciuta sempre
di più inglobando fra le sue file i migliori soldati e
scienziati esistenti sul pianeta. Ogni individuo che veniva da loro
selezionato doveva presentarsi alla sede centrale, ad Istanbul, per
firmare il contratto. Chi si rifiutava veniva subito eliminato.
L'organizzazione era oscura,
nessuno, tranne i membri, sapeva cosa si nascondeva fra quelle solide
mura d'acciaio. Erano potenti e non fallivano mai, e Roland pensava che
loro fossero l'unica arma a loro rimasta. Arrivati a questo punto, si
doveva tentare il tutto per tutto.
<< Sei forse impazzito del tutto anche tu?! >> disse William scandalizzato.
<< Sai benissimo anche tu che sono la nostra unica speranza. >> rispose semplicemente l'uomo.
<< Facciamo un patto con loro allora. >> disse il ragazzo che poco prima aveva risposto a William.
<< Grazie Steve. >> rispose Roland con un sorriso di gratitudine.
<< Li hai già convocati in sede? >> chiese un altro, interessato alla questione.
<< Certamente. Maria, fai
pure entrare il comandante. >> rispose Roland, facendo segno alla
cameriera messa in disparte nella stanza.
La donna uscì dalla stanza
ottagonale e rientrò subito dopo con al seguito un uomo sulla
trentina. Era alto, muscoloso e serio in viso. Gli occhi neri come il
petrolio osservavano indifferenti e superiori le dieci persone sedute
al tavolo.
Dopo un breve saluto generale si
andò ad affiancare a Roland, che occupava il posto di capo
tavola, e parlò: << Credo che voi tutti mi conosciate, ma
ribadisco che il mio nome è Edward Price e sono il comandante
supremo dell'organizzazione. Da questo momento prendo io le redini del
comando, da voi mi aspetto solo che ubbidiate ai miei ordini. Prometto
che sterminerò gli invasori. Questo è tutto, avete
domande? >>
Un uomo alzò timidamente la
mano, impaurito da tanta prestanza fisica e un tale carisma. Il
comandante annuì e gli diede così il permesso di parlare.
<< Vorrei sapere come intende
farlo... se possibile. >> disse a bassa voce quello,
affrettandosi poi ad aggiungere l'ultima parte della frase.
<< Sono informazioni
riservate ma posso dirvi che ho un asso nella manica che ci
tornerà molto utile in futuro. >> rispose come
sovrappensiero e con un mezzo sorriso, che non prometteva nulla di
buono, il comandante Price.
L'uomo annuì ammirato e un sorriso carico di speranza gli comparì nel volto segnato dalla vecchiaia.
<< Altro? >> continuò il comandante supremo.
Nessuno osò fiatare.
<< Bene. Roland, ti aspetto
tra due giorni ad Istanbul per svolgere le ultime pratiche. >>
disse il comandante rivolgendosi all'uomo al suo fianco che rispose con
un cenno d'assenso.
Edward Price se ne andò via,
scortato dalla cameriera di poco prima, in assoluto silenzio. Un
silenzio carico di promesse ed oscure combutte.
<< Come avete appena sentito
tra due giorni andrò nella sede centrale della CGE, ci riuniremo
quindi di nuovo fra quattro giorni e vi farò sapere tutto.
Da quel giorno in poi, metteremo in atto il piano di riconquista del
nostro pianeta. Con qualsiasi mezzo. >>
ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio ragazze che mi seguite! :D
Eccoci arrivate alla fine del capitolo, avete notato che è più lungo dei precedenti? *dice sorridendo orgogliosa*
Allora, questo è certamente un capitolo molto intenso, accadono molte cose, ma partiamo dall'inizio:
1) Amia sta cominciando ad aprire gli occhi, finalmente riflette sui
suoi sentimenti per Andras, anche se ancora è un po' remissiva.
2) Amia ha i primi sintomi di quel meraviglioso sentimento quale
è l'amore. Ma specifico che al momento sa solo che le piace
Andras, non è ancora innamorata sul serio.
3) Appare l'organizzazione della CGE(Cavalieri della Giustizia Eterna).
La scena mostra la decisione del Consiglio dei Dieci di allearsi con la
CGE per riconquistare il pianeta. Nei prossimi capitoli vedremo tutto
ciò che comporterà tale pericolosa alleanza.
Nel prossimo capitolo ci sarà la famosa uscita in città e
penso sia inutile dirvi che Amia non farà solo compere. XD
Ci saranno tante piccole sorprese! :3
Aggiornerò o questo giovedì o venerdì. :)
Devo poi dirvi che io l'otto giugno parto per andare in vacanza e
tornerò il quindici, per tale motivo aggiornerò alcuni
giorni dopo essere tornata. Ma tranquille, non vi farò aspettare
molto! ;)
Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:
-Le preferite: 20
-Le ricordate: 10
-Le seguite: 39
e me fra le autrici preferite: 4.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono, siete fantastiche ragazze! *-*
Non perdete il prossimo capitolo, alla prossima!
Bacioni, vostra Ashwini. <3
P.S.: Per questo capitolo arriviamo a sei/sette recensioni? *-* (Ovviamente se sono di più non mi offendo! XD)
*L'altra mia storia in corso a cui spero darete un'occhiata:
ETERNITY
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica
e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è
sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Qui
incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora
nell'ospedale della città, nonché sede principale del
grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è
infatti formata da una lunga dinastia di medici che lavorano in molte
filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista.
Ma cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Eternity... ''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)
*Spazio pubblicità:
Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie'' di Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.
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Capitolo 17 *** Capitolo sedicesimo: Oscuri misteri. ***
CAPITOLO SEDICESIMO- Oscuri misteri
Buongiorno
a tutte voi ragazze! ^-^
Finalmente la vostra pazza autrice è tornata
dalla sua vacanza, piena di ispirazione ed energia, è quindi pronta a stupirvi.
;)
Bene, dopo quest'entrata teatrale(XD), passiamo al nostro nuovo
capitolo.
Come già anticipato, la nostra beniamina va in città a fare compere
per ciò che scoprirete qui di seguito, ma non è finita certo qua! u.u
Tante
piccole cose importanti avverranno, una però spiccherà fra le altre, vi avverto
già da adesso. Credo, infatti, che quest'ultima cosa vi lascierà molto, molto
sorprese... muawahahah *risata malefica*
Detto questo:
BUONA
LETTURA!
Ci sono segreti che
è meglio non scoprire.
Ci sono segreti
che è meglio non avere.
E ci sono segreti che
è meglio lasciare al tempo, perché è ciò
che sono.
Segreti del Tempo.
Capitolo sedicesimo: Oscuri
misteri.
POV
Amia
Mentre percorrevo i
silenziosi corridoi del palazzo reale, non riuscivo a distogliere i miei
pensieri dalla discussione che era avvenuta poco tempo prima. Andras era stato
piuttosto chiaro sul fatto che, l'indomani, avrei dovuto fare qualsiasi cosa mi
avesse ordinato, senza ribellarmi al suo volere. Ma... perché? Insomma, lui
avrebbe anche potuto obbligarmi a fare la qualunque anche adesso, quindi che
motivo aveva di usare la mia uscita in città come pretesto? Cosa diavolo gli era
passato nella testa quando mi aveva posto la domanda?
Qui c'era
qualcosa che non quadrava e, chiamatelo sesto senso, immaginavo che la cosa in
questione non mi sarebbe affatto piaciuta. Anche perché, poco prima di
oltrepassare la soia della sua stanza, avevo visto un pericoloso lampo di pura
impazienza passare per i suoi occhi color cobalto. E Dio solo sa per quale
oscuro motivo, certamente non piacevole data la fama del demone.
A quel punto,
sapevo perfettamente che la decisione che avevo preso era stata soltanto
l’inizio di un qualcosa di più grande.
Perché quando si
prende una decisione, qualsiasi essa sia, gli ingranaggi del destino si mettono
inevitabilmente in moto e si comincia a scivolare verso una forte corrente che
porta in un luogo che mai avremmo potuto immaginare al momento della
decisione.
A me però non interessava tanto la destinazione del
viaggio che stavo intraprendendo, no, io speravo solo di potervi trovare alla
fine la felicità che da tempo attendevo. Ed avrei lottato per essa, con tutte le
mie forze. Avevo anche capito, ormai, che la vera felicità si poteva raggiungere
solo stando accanto alle persone che si amano e, per quanto mi riguardava, tali
individui si trovavano proprio qui, a corte. Dopo aver perso mia madre infatti,
non c'era più nulla che mi legava al mio luogo d'origine, provavo nostalgia è
vero, ma adesso la mia casa erano i miei amici, coloro che mi volevano veramente
bene, non i cumuli di macerie che avrei certamente trovato sul mio pianeta.
Quindi, se dovevo lottare, lo avrei fatto solo per loro. Katia e Raina erano,
per ciò, la mia nuova casa, il posto a cui realmente appartenevo.
I propositi di
vendetta non mi avrebbero portato a nulla se non ad una vita fatta di odio e
rancore, sentimenti che, come diceva Raina, mi avrebbero consumato l'anima prima
o poi.
E poi, anche volendo, ero troppo coinvolta in
questa storia per compiere seriamente una missione di vendetta contro l'impero.
Prima a causa della leggenda delle prescelte, ora per il nuovo sentimento che
stava germogliando nel mio cuore verso... Andras...
Arrossì
violentemente, non ero ancora abituata a pensare a lui in quel modo. Eppure, allo stesso tempo, mi sembrava tutto
così tremendamente naturale...
Mi fermai in mezzo al corridoio, scioccata dei miei
stessi pensieri. Domani il mondo sarebbe crollato, ne ero sicura.
Troppo
concentrata nei miei pensieri, non mi resi conto della presenza di un altro
individuo, tanto che, all'improvviso, venni quasi buttata a terra da un altro
corpo che si era gettato, da dietro e con tutto il suo peso, su di me. Chi
diavolo...
<< AMIA! >> mi urlò una voce familiare
all'orecchio, quasi privandomi dell'udito data la sua voce acuta.
Alzai gli occhi
al cielo, divertita. Dopotutto, chi altri poteva essere se non la mia pazza
amica Raina?
<< Ciao anche a te Raina, si, sto bene
anch'io, tu? >> risposi scrollandomela di dosso ed incrociando le braccia
al petto, fissandola con un'espressione ironica sul volto.
<< Sì,
sto
bene. Ma non è questo il punto! >> disse frettolosa, agitando le braccia
come un'ossessa.
Non so perché ma qualcosa mi diceva che le avevano
appena riferito dell'uscita in città.
<< Andremo
a fare spese nella capitale oggi pomeriggio! >> urlò infatti alzando le
braccia al cielo. Mi sembrava tanto un personaggio dei cartoni animati in questo
momento, pensai, sorridendo sincera.
<< Guarda
che io l'ho saputo prima di te. Sono già andata a chiedere il permesso ad Andras
e... >> lasciai la frase in sospeso, sapendo benissimo che così l'avrei
fatta morire di curiosità. Ed infatti, vidi i suoi occhi spalancarsi, chiaro
segno della sua agitazione.
<< E... >> mi incitò, annuendo
freneticamente con la testa.
<< E mi ha dato il suo consenso,
alla
fine. >> sorrisi facendole
l'ok con una mano.
<< Okay, allora... Aspetta, aspetta! Che
cosa significa quel ''alla fine''? >> chiese con la paura negli occhi,
molto probabilmente immaginando già chi era la causa di
quelle due paroline.
<< Andras ha posto la condizione che io
domani faccia ogni cosa lui mi ordini di fare, senza obbiezioni. >> dissi
in un soffio, torturandomi le mani.
<< Ah. >> rispose semplicemente lei,
distogliendo lo sguardo dal mio.
All'inizio,
sorrisi divertita, pensando a come era facile scoprire se la mia amica mi
nascondeva delle cose. Ma poi, riflettendo meglio sulle sue parole, mi accorsi
che aveva enfatizzato un po' troppo, per i miei gusti, quell'unica sillaba e
quando faceva così c'era solo da preoccuparsi.
<< Cosa
significa quel ''Ah''? Raina... >> dissi assottigliando lo
sguardo.
<< Beh... io credo di conoscere il motivo per
cui lo abbia fatto. >> rispose in un sussurro.
<< E che
aspetti a dirmelo?! >> dissi esasperata dalla lentezza con cui mi diceva
le cose. Ogni volta dovevo tirargliele con le pinze le risposte alle mie
domande.
<< Oggi andiamo a fare spese in città.
>> rispose sollevando leggermente lo sguardo su di me.
<< Sì,
fino a qua grazie al cielo ci sono. Ma non capisco cosa c'entri adesso sul
motivo per cui Andras mi abbia fatto quella strana richiesta. >> dissi
alzando spazientita un sopracciglio.
<< Noi
andiamo lì perché dobbiamo acquistare delle cose per la festa che si terrà
domani sera a palazzo. >> confessò con evidente sforzo.
<< Ah, non
lo sapevo. Beh, che male c'è? >> dissi non capendo dove volesse andare a
parare, facendo poi una smorfia contrariata. Possibile che fossi sempre l'ultima
a sapere le cose?!
<< Sai, pochi giorni fa Damien è tornato a
corte, dopo una missione e, come tradizione, quando torna un ufficiale
importante si organizza una festa in suo onore. In questi giorni non si è avuto
tempo per vari motivi e così la sua festa di bentornato è stata spostata a
domani sera. E... >> deglutì non sapendo più dove guardare.
<< Forza
Raina, arriva al punto della situazione! >> dissi seccata.
<< ... Ed
è concesso portare i propri servi alla festa, sai, per qualsiasi evenienza...
>> finì in un debole sussurro.
Nel momento
esatto in cui Raina finì di pronunciare quella frase, fui quasi certa che il mio
cuore avesse smesso di battere per qualche secondo. Perché adesso, non mi era
più difficile fare due più due e sapere che, accettando la condizione di Andras,
mi ero scavata la fossa da sola.
Quel demone mi avrebbe sicuramente umiliato
difronte l'intera nobiltà demoniaca ed io non avrei potuto fare assolutamente
nulla per evitarlo. Sì, perché il sorriso raccapricciante che aveva fatto poco
prima che uscissi dalla stanza, prometteva esattamente questo.
Strinsi i pugni
con così tanta forza da far sbiancare le nocche. Il bastardo, con quella
condizione, mi aveva legato le mani. Sapeva perfettamente che, per una donna
d'onore come me, era d'obbligo rispettare i patti stabiliti.
Dannazione!
<< Amia...
>> mi disse Raina mettendomi affettuosamente una mano sulla
spalla.
<< Tranquilla, sto bene. Me la vedrò io
stessa con Andras domani. >> dissi trattenendo a stento un urlo
frustrato.
La vidi annuire incerta per poi osservare con occhi
adoranti qualcosa alle mie spalle. Mi girai lentamente, sapendo benissimo chi
poteva far illuminare tanto il volto della mia amica. Infatti non mi stupì per
niente quando vidi arrivare da lontano Damien, che più che camminare sembrava
partecipare ad una sfilata di moda maschile. Il solito egocentrico vanitoso,
pensai divertita, perché si, nonostante tutto, Damien mi stava simpatico. Lui
infatti non mi aveva mai trattata come la schiava personale dell'imperatore,
primo punto a suo favore. Era gentile con la mia amica, secondo punto positivo,
ed infine era simpatico e divertente da quel che avevo potuto vedere e capire,
quindi potevo pure affermare che passava a pieni voti.
<<
Buongiorno ragazze! >> salutò con un gran sorriso.
Mi chiedevo
sempre più spesso come un personaggio del genere potesse essere amico di Mr.
Ghiacciolo. Insomma, Andras non avrebbe mai sorriso così, nevicherà in Agosto
prima che succeda, pensai sconsolata.
Mi
morsi il labbro inferiore. Però... quanto mi era piaciuto vederlo sorridere leggermente
quelle poche volte che eravamo stati insieme...
<< Carotina, posso sapere a
chi stai pensando con quello sguardo da maniaca?
>> disse ridendo Damien.
<< A nessuno! E poi io non ho uno sguardo da
maniaca! >> risposi sulla difensiva, arrossendo
involontariamente.
<< Quindi un certo demone di mia conoscenza
non c'entra nulla. >> disse il biondo sorridendo sornione.
<< No,
Andras non c'entra minimamente. >> risposi cercando di sembrare abbastanza
convincente.
<< Io però non ho mai citato il nome di
Andras... >> affermò il demone con uno sguardo da ''Ormai ti ho beccata, è
inutile che provi a negare''.
Spalancai gli occhi e la bocca, non sapendo più che
inventarmi. Mi aveva appena beccata e fregata allo stesso tempo. Si, era
sicuramente un degno amico di Andras.
<< Andiamo
Raina? >> dissi ignorando il demone biondo, per poi girarmi con un sorriso
forzato verso la mia amica, ritrovandomela però davanti con la stessa
espressione compiaciuta di quel depravato di Damien.
Questo
significava solo una cosa: quando saremmo state sole, Raina mi avrebbe imbottita
di domande a cui, come sempre, non avrei potuto sfuggire. La paura mi assalì,
niente era peggio di un interrogatorio con lei.
Stavo per
ammonirla con lo sguardo ma quando osservai meglio i due piccioncini, mi resi
conto, con un sorriso, che quei due erano sul serio delle anime gemelle, uguali
in tutto e per tutto.
Certo che... doveva essere bello avere un legame
tanto stretto con un'altra persona, un'intesa così... forte...
Le immagini di
me ed Andras che litigavamo furiosamente mi tornarono, dolorose, alla
mente.
Mi misi entrambe le mani ai lati della
testa.
No, adesso basta, dovevo smetterla di paragonare
loro due con me ed Andras. Noi eravamo diversi da loro.
Già. Troppo
diversi... l'uno dall'altra...
<< Ehi, perché sei diventata triste adesso?
>> mi chiese Raina allarmata.
<< Niente, lascia stare. Possiamo andare a
prepararci per la nostra uscita in città, per favore? >> dissi con voce
strozzata.
<< Certo. >> mi rispose << Noi ci
vediamo stasera, Damien? >> continuò rivolta al demone biondo che annuì in
risposta.
<< Carotina, se è per ciò che ho detto
prima... >> cominciò il demone.
<< No, tu
non hai colpe, sono io. Ma ora non voglio parlarne, okay? >> dissi
abbassando lo sguardo.
<< Sì
, capisco. Allora divertitevi ragazze.
>> ci salutò, voltandosi ed andandosene dopo aver scambiato un ultimo
sguardo d'intesa con la mia amica.
Io e Raina,
stavamo camminando in direzione delle cucine da ben dieci minuti, ma ancora la
mia amica non aveva proferito parola. Strano, molto strano. Dovevo forse
prenderlo per un cattivo segno?
Le lanciai un'occhiata di sottecchi e notai che
aveva lo sguardo perso nel vuoto, sembrava che stesse riflettendo su un qualcosa
di molto importante. Presa dalla mia solita curiosità mi feci avanti
chiedendole: << Raina? Tutto bene? >>
Lei parve
ridestarsi da un sogno ad occhi aperti e mi disse stranulata: << Cosa?
>>
<< Ho detto, che cosa ti prende? Stai bene?
>> dissi cominciando a preoccuparmi seriamente per lo strano atteggiamento
della mia amica. Da quando la conoscevo, solo poche volte aveva assunto
quell'espressione così assorta e tutte le volte non era stato un buon segno dato
che poi si finiva sempre per parlare di argomenti molto spinosi per la
sottoscritta.
<< Si... >> rispose mesta.
<< Raina,
dimmi pure, sono psicologicamente pronta. >> la rassicurai allora con un
sorriso, non troppo convinta delle mie stesse parole.
Fa che non sia
nulla di grave. Fa che non sia nulla di grave. Fa che non sia nulla di
grave.
<< A te piace
Andras, vero? >> gettò la bomba, penetrandomi con lo sguardo.
Oh
cazzo.
Sospirai. Dovevo aspettarmi una domanda del genere
dopotutto.
<< Beh... sì.
>> confessai dopo un
attimo di titubanza. Era inutile continuare a negare l'evidenza, si era capito
ormai e poi, mi fidavo della mia amica, quindi a lei potevo pure dirlo ma...
cavolo. Era la prima volta che confessavo i miei sentimenti ad alta voce e devo
dire che faceva veramente uno strano effetto.
Piacevole da un
lato, perché era come se mi fossi tolta un peso dal cuore, ma sconvolgente
dall'altro dato che, ora che l'avevo ammesso ad alta voce, era
ufficiale:
a me piaceva
Andras.
<< Perché
accidenti non me lo hai detto?! >> mi accusò offesa, interrompendo il
fluire dei miei pensieri.
<< Eri triste perché non ti ho rivelato che
mi piace Andras? >> dissi improvvisamente consapevole. Più che una
domanda, infatti, la mia frase era suonata come un'affermazione.
<< Ovvio,
no? Pensavo fossimo amiche, perché accidenti non me lo hai detto prima?!
>> continuò la sua predica con fervore.
<< Perché
l'ho scoperto praticamente un'ora fa. Fammi elaborare il concetto almeno a me,
sai quanto è stato difficile ammetterlo a me stessa? Adesso poi, l'ho detto per
la prima volta ad alta voce... >> confessai arrossendo
leggermente.
<< Quindi sono la prima a cui l'hai detto?
>> disse illuminandosi di luce propria.
<< Sì
e...
>> cominciai, ma venni subito interrotta dall'abbraccio mozzafiato di
quella pazza di Raina.
Lei era fatta così, passava da un polo all'altro
della scaletta delle emozioni. Bastava un nulla per farla sprofondare in un
baratro oscuro, così come una sola parola aveva il potere di renderla
incredibilmente felice.
<< Allora sei perdonata! >> mi assicurò
con un sorriso radioso.
<< Oh, grazie. Mi sento onorata. >>
risposi sarcastica.
<< Bene. Adesso che entrambe siamo innamorate
dei nostri bei demoni, possiamo cominciare il piano di conquista e... >>
cominciò euforica, con gli occhi che sognavano chissà quale possibile futuro fra
le rispettive coppie.
<< Raina, io ho detto che Andras mi
piace, non che ne sono innamorata. >> la
interruppi bruscamente, precisando i miei attuali
sentimenti.
Insomma, mi sembrava ancora troppo presto per
l'amore, non poteva certo pretendere che così, di punto in bianco, mi
innamorassi pazzamente di lui! Era assurdo.
Anche se...
Mi
morsi agitata l'interno guancia, mentre un'improvvisa paura avvolgeva in una
dura morsa il mio cuore.
Avevo paura.
Si, paura,
perché il rischio di innamorarmene c'era. Eccome se c'era.
<< Amia...
>> riprese Raina, raddolcendosi difronte il mio sguardo smarrito, per poi
mettermi una mano sulla spalla.
Ma i miei occhi, carichi di stanchezza, fermarono
sul nascere il suo discorso.
Ero stanca. Stanca di parlare sempre e solo di una
cosa: il rapporto fra me ed Andras.
Continuando così
sarei certamente crollata come un castello di carte, perché il punto era che non
sapevo nemmeno io cosa mi aspettavo dal nostro rapporto, se così si poteva
definire ciò che c'era fra noi, e tutta questa pressione da parte di Raina non
faceva altro che confondermi ancora di più le idee.
Avevo bisogno di
tempo per riflettere meglio su tutto quello che fino ad ora era avvenuto fra me
ed il demone e lei, fortunatamente, parve capire questa mia esigenza, dato che
mi rivolse un sorriso consapevole che io ricambiai con profonda gratitudine,
ringraziandola silenziosamente. Avrebbe aspettato e ciò, fatto da una ragazza
tutto pepe come lei, era davvero una cosa di grande valore.
<< Ragazze
mie, ma dov'eravate andate a finire? Dobbiamo partire! >> esordì Katia,
piombando dal nulla, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi sul viso
paffuto.
<< Adesso? Ma l'uscita non era programmata
per questo pomeriggio? >> disse Raina confusa.
<< Sì, ma
c'è stato un cambio di programma. Allora, siete pronte? >> annunciò come
una scolaretta alla prima gita scolastica.
Io e Raina ci
guardammo ed annuendo decise dicemmo all'unisono: << Sì parte!
>>
Appena fummo
scese dall'auto scura che aveva condotto me, Katia, Raina e le altre donne
adibite alle commissioni nella grande capitale, ci dirigemmo verso una delle
strade che si slogava dalla vasta piazza circolare in cui ci
trovavamo.
Sia io che Raina, non avevamo mai visto la
capitale, che avevo scoperto si
chiamasse Aranel, così
da vicino. Infatti, l'avevamo potuta osservare, vagamente, solo per quel poco
tempo passato in auto durante il tragitto dalla piazza militare, dove eravamo
state portate in prigionia, al palazzo reale. Quindi, era più che plausibile
che, adesso, avessimo entrambe un'espressione a dir poco allibita in
viso.
Ricchezza, magnificenza, potere. Tutto questo
trasudava, infatti, da ogni poro delle mura cittadine, rendendo l'intero luogo
la punta di diamante dell'Impero di Alloces.
I palazzi erano
decorati tramite varie rifiniture eleganti e materiali dall'aspetto molto
prezioso, ogni cosa era pulita alla perfezione e niente era fuori posto.
Sembrava quasi che la grande città fosse immutabile nel tempo, eterna nella sua
perfezione.
Notai poi che la via che stavamo percorrendo era
particolare, i suoi muri infatti, al contrario degli altri in marmo bianco,
erano decorati da diversi mosaici colorati, che donavano agli osservatori un
vago senso di movimento verso la fine della via dato che le figure disegnate
sembravano formare alte onde marine.
Nella via vi
erano moltissimi negozi, e mi accorsi che ognuno di essi esponeva nelle vetrine
prodotti di decorazione degli interni, mobili, luci e quadri. E non mi ci volle
troppo per capire che, nel loro genere, erano i negozi più prestigiosi della
città; infatti vedevo le donne che ci avevano accompagnate osservare con invidia
il contenuto dei locali, consapevoli di non potersi permettere in alcun modo
quei magnifici oggetti.
Andras, essendo l'imperatore, poteva invece
permettersi quello e molti altri lussi, così come tutti gli altri nobili di alto
rango dell'impero.
All'improvviso Katia si fermò difronte un'alta
porta in legno pregiato e l'aprì, facendo tintinnare il campanello dorato in
alto. Appena entrata osservai che in quel luogo si vendevano oggetti di vario
genere e vidi, con poca sorpresa, che il negozio era sfarzoso in ogni suo
aspetto dato che persino le commesse indossavano vestiti firmati.
Scossi la testa.
Era triste vedere quanta ricchezza veniva ostentata dagli aristocratici in
confronto alla povertà che vagava fra gli umili servi al loro servizio, anche se
si poteva notare che quelli di corte erano di un gradino più alto rispetto agli
altri dato che, al contrario degli altri, portavano vestiti non strappati seppur
non fossero della migliore stoffa. Constatai quindi che la situazione in cui io
e Raina ci trovavamo era decisamente privilegiata, considerando poi che avevamo
scoperto di essere delle prescelte...
<< Amia!
Vieni a vedere cosa ho trovato! >> urlò Raina, guadagnandosi
un'occhiataccia da parte delle commesse che fu però altamente ignorata da lei,
osservai con un sorriso divertito.
La raggiunsi, per poi seguirla in un corridoio a
sinistra del locale che terminava in un ampia stanza ottagonale decorata con
molti quadri ritraenti cavalieri e nobili a me sconosciuti, di cui ne riconobbi
solo due: Andras e Damien, i quali indossavano armature aderenti e lucenti nere.
Il primo però portava sopra la nuca una corona adornata da migliaia di pietre
preziose, indicante il suo status di regnante.
<< Incredibile, ti incanti anche davanti
ad un suo ritratto adesso? >> mi prese in giro la
mia amica, nascondendo una risata.
Io, per niente
scomposta, le dissi con un ghigno: << Disse quella che si trovava proprio
difronte il ritratto del suo amato. >>
Lei allora
borbottò qualcosa e, con un broncio, si diresse verso una teca in vetro che si
trovava nella parte est della camera. Appena le arrivai accanto, spalancai la
bocca ammirata. Esposti nella teca, infatti, vi erano i più bei gioielli che
avessi mai visto. In particolare, uno aveva attirato la mia attenzione: aveva
una forma ovale ed era sfaccettato in una moltitudine di facce che, colpite
dalla forte luce del lampadario in argento e oro, facevano risplendere di luce
propria il magnifico gioiello dalla pietra blu. Una spilla degna di
nota.
Esattamente lo stesso
colore degli occhi di Andras...
<< Perché non glielo regali? >> mi chiese dolce Raina,
arrivandomi affianco e sporgendosi anche lei ad osservare il gioiello.
<< Ma che
dici?! >> risposi rossa in viso, allontanandomi leggermente da
lei.
<< Sei un caso perso. >> continuò
lei.
<< Anche se volessi comprarlo, dimmi tu con
quali soldi potrei farlo! >> dissi, stizzita.
<< Ci
hanno dato parecchi soldi a corte, prima di partire, potresti usare quelli.
>> affermò con nonchalance la mia amica.
<< Tu sei
pazza. >> le risposi incredula da tanta sfacciataggine. Insomma, tutto
aveva un limite, ma lei sembrava agire seguendo solo le sue personali
regole.
<< Dài, nessuno lo verrà mai a sapere! Diremo
che è un regalo per Damien così come farò io con questo! >> disse
indicandomi con un dito un gioiello dalla pietra color dell'oro.
Spalancai gli
occhi per poi dire: << Gli farai un regalo? >>
<< Sì, per
adesso non posso comprarglielo con i miei soldi, dato che non ne possiedo, ma...
è il pensiero che conta, no? >> continuò sicura di sé.
Che fare?
Una
parte di me diceva di non prendere quell'oggetto tentatore, sarebbe stato
sciocco e fuori luogo. Ma, in un angolo remoto del mio cuore, un'altra voce
urlava invece di comprarlo, speranzosa di poter rivedere così lo splendido
sorriso del demone di ghiaccio.
Mi morsi il labbro inferiore, indecisa sul da
farsi.
<< Non credo che ad Andras piacciano queste
cose... materiali... >> obbiettai, cercando di farla ragionare.
<<
Sciocchezze. Questo non è un semplice regalo, ma un atto simbolico che sancisce
il vostro legame in attesa del ciondolo che un giorno ti donerà come simbolo del
suo amore per te. >> disse solenne.
Risi amara per
poi affermare con voce rotta: << Non credo che quel giorno arriverà mai
Raina. Lui...
non sa
amare. >>
<<
Avverrà, è scritto nel vostro destino. >> rispose con gli occhi accesi da
una fiamma ardente.
Rimasi interdetta dalle sue parole, il suo
tono, le parole che aveva usato... Raina, dimostrava sempre una tale calma e
capacità di logica in simili situazioni da sorprendermi e lasciarmi sempre con
l'amaro in bocca. Perché anche io avrei voluto avere le sue capacità, seppur
fossi forte di carattere, infatti, tendevo a lasciarmi trasportare troppo dalle
emozioni. Dovevo imparare a controllarmi.
Annuì decisa, lo
avrei fatto. Al momento adatto gli avrei consegnato personalmente la
spilla.
<< Posso aiutarvi? >> chiese
apparentemente gentile una commessa appena entrata dal corridoio che, poco
prima, io e Raina avevamo percorso per arrivare nella stanza ottagonale.
Infatti, l'espressione altezzosa e sprezzante tradiva la buona educazione che
tentava di far trasparire, rendendo il tutto piuttosto grottesco.
<< Vorremmo queste due spille,
grazie. >> le rispose Raina con tono
superiore.
Le due donne si osservarono minacciose per qualche
istante, poi la donna si diresse verso la teca e, dopo aver preso i gioielli che
le avevamo indicato, disse: << Seguitemi, prego, di qua. >>
Durante il
tragitto, la commessa non fece domande riguardo i nostri acquisti, quindi non
dovemmo nemmeno inventare la scusa che aveva proposto la mia amica. Ero più che
mai convinta che l'avremmo fatta franca a quel punto quando, non appena
raggiungemmo il bancone per il pagamento, io e Raina ci ritrovammo addosso ben
otto paia di occhi puntati su di noi.
Merda.
<< La
madre dell'imperatore mi ha ordinato, poco prima di uscire, di comprare delle
spille preziose. Da mettere sulle divise militari, suppongo, per il figlio e il
primo generale. >>
Vidi, con la coda dell'occhio, il viso di Raina
scattare scioccato verso il mio, in cerca del mio sguardo. Sguardo, che trovò
serio e a prova di bomba. Sì, perché a parlare era stata proprio la
sottoscritta.
Un coro di applausi si scatenò dentro di me non
appena vidi i vari volti presenti nella stanza rilassarsi e le commesse battere
i prezzi sulla cassa come se niente fosse accaduto.
Potevo fare
l'attrice professionista, mi complimentai mentalmente con me stessa mentre
aiutavo Katia e le altre a portare le buste con i nostri acquisti, fuori dal
locale.
<< Katia, noi vorremmo fare un giro qua nei
dintorni, ci aspettereste nella piazza che abbiamo sorpassato prima, per favore?
>> chiese con un sorriso che voleva sembrare innocente, Raina.
<< Certo
cara, noi compriamo altre due cosette e poi vi attendiamo lì. Non fate tardi
però, mi raccomando. >> rispose la donna.
Raina annuì
energicamente e, con un occhiata, mi fece segno di fare lo stesso.
Dopo che Katia e
le altre donne che ci avevano accompagnate girarono l'angolo, Raina mi diede una
pacca sulla spalla dicendo: << Sei stata grande! Se non avessi saputo la
verità, ti avrei creduto anche io guarda! Ma dove diavolo la tenevi questa tua
dote nascosta, eh? >>
<< Beh, a dir la verità sono sorpresa pure
io. >> risi.
<< Okay, detto questo possiamo andare, ma molto
lentamente, voglio godermi questi ultimi istanti di libertà. >> disse la
mia amica con espressione rilassata.
Alzai un
sopracciglio, ridendo scettica: << Ma come, non vuoi tornare subito fra le
braccia del tuo unico amore? >>
Raina mi rifilò
un'occhiataccia per poi dire: << Se fosse veramente così, non ti avrei già
mollata qua da un pezzo, secondo te? >>
<< Ah,
grazie! >> risposi, fingendomi offesa.
Entrambe
scoppiammo a ridere, felici di poter passeggiare insieme, anche se per i pochi
tratti poco prima percorsi, dato che non volevamo rischiare di perderci per
delle vie a noi sconosciute. Così, fra aperte risate, ci incamminammo
allegramente verso il punto di ritrovo prestabilito.
Dopo non molto però, una strana ed inquietante
sensazione si fece strada in me, facendomi venire i brividi. Un gelo molto più
freddo di quello che stava cominciando a spirare fra le fronde degli alberi nei
viali, mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. Il cuore accelerò i suoi
battiti, che divennero in breve tempo frenetici.
<< Amia?
Amia?! >> mi richiamò la voce di Raina. La mia amica si trovava proprio
accanto a me eppure... la sua voce mi arrivava così lontana... perché? Cosa
diavolo mi stava accadendo?
Aprì la bocca per parlare, ma dalle mie labbra non
uscì nessun suono, la voce era come scomparsa nel nulla. Mi portai allora una
mano alla gola, mentre gli occhi mi cominciarono a bruciare dolorosamente. La
vista che si appannava.
Non molto lontana da me, riuscì però a scorgere,
fra la massa di gente che camminava intorno a noi, una figura incappucciata
avvolta da uno scuro mantello. Il quale svolazzava libero, mosso da un vento
soprannaturale, troppo forte per essere paragonato al gelido soffio di vento già
presente.
A causa della vista appannata, non fui in grado di
scorgere il viso della figura misteriosa, che sembrava ulteriormente nascosto
dal cappuccio del lungo mantello.
Mi si mozzò il fiato quando, dall'oscurità del
cappuccio, comparvero due occhi rossi come il sangue. I quali, mi accorsi con
orrore, stavano fissando proprio me.
Perché Raina non si accorge di niente? Perché tutto
questo sta accadendo solo a me? Chi è quell'essere mostruoso e cosa diamine
vuole da me?
Ormai non
sentivo più niente, se non un dolore lancinante alla mia anima, sembrava che il
mondo avesse smesso di ruotare. Esistevamo solo io e l'oscura figura
incappucciata, che continuava ad inchiodarmi con quegli occhi rosso cremisi,
come a studiare smaniosa la mia anima, il mio intero essere.
Paura ed
inquietudine mi avvolsero allora prepotenti, mentre una voce dentro di me
continuava a gridare di scappare, di fuggire dallo sguardo oscuro e senza tempo
della misteriosa figura. Ed io volevo farlo, disperatamente, ma non potevo. Non
potevo perché una strana forza mi teneva in pugno, non lasciandomi possibilità
di movimento.
Andras,
aiutami!
Urlai in preda al
panico nella mia mente, cercando di far arrivare il mio messaggio d'aiuto al
demone. Che cosa sciocca poi, io non avevo certo un simile potere... si, ma
forse, tramite il legame che ci univa... dovevo tentare almeno. Perché c'era qualcosa dentro di me,
che mi diceva che quell'essere era pericoloso. Molto
pericoloso.
Andras, Andras!
Aiutami ti prego!
All'improvviso la figura incappucciata mosse
impercettibilmente una mano da sotto il mantello e fu come se venissi
risucchiata da essa. In pochi istanti, mi ritrovai impotente davanti ad essa.
Inerme difronte ciò che era ormai diventato il mio incubo personale.
Poi, da sotto il
mantello si fece strada un altro braccio muscoloso, che si avvicinò
pericolosamente al mio viso. Con due dita andò a toccare la mia fronte ed il
buio mi avvolse definitivamente.
Muffa, odore di sangue rappreso, puzza di
acido.
Aprii gli occhi in preda all'affanno, respirando a stento. Che cosa
era successo? Cosa...
... Oh mio Dio...
Stupita come mai in vita
mia, vidi che mi trovavo in una valle in fiamme che si estendeva intorno a me
per chilometri. I palazzi che vi si trovavano, infatti, bruciavano senza sosta,
preda di alte fiamme inarrestabili e furiose.
In lontananza, invece, si
sentivano le urla strazianti di donne e bambini e le grida disperate degli
uomini.
Guardandomi
intorno, frenetica, non scorsi però nulla, seppur continuassi a sentire quelle
urla e quei gridi, io ero sola. Sola in un luogo a me
sconosciuto.
Successivamente però, spalancai ancora di più gli occhi quando,
con orrore, mi resi conto che in realtà io sapevo dove mi trovavo. Focalizzando
meglio il posto, infatti, mi accorsi che ciò che avevo davanti era Aranel, la
capitale dell'impero.
Sul terreno, sangue, bambole strappate in più punti,
armi spezzate, facevano bella mostra di se, rendendo il paesaggio circostante
ancora più triste e devastato irreparabilmente.
Improvvisamente, sentì una
potente scossa ed ancora il paesaggio mutò. Davanti a me, adesso, si stagliava
il palazzo reale, anch'esso in balia delle fiamme e cadente a pezzi. Le sue mura
crollavano e le alte torri si sgretolavano come sabbia fra le dita, impotenti
difronte la superiorità delle fiamme ardenti.
Che diavola sta accadendo?!
Dove mi trovo?!
Mi scoppia la testa... pensai mettendomi le mani fra i
capelli e stringendo i denti.
<< Benvenuta. >> disse una voce
pesante, che sembrava provenire da un altro tempo, riscuotendomi dai miei
pensieri.
Mi girai verso il luogo da cui proveniva la voce e mi accorsi,
tremante, che essa era scaturita dalla stessa figura incappucciata che avevo
visto poco prima nella strada.
Indietreggiai, impaurita, mettendomi poi una
mano alla bocca, per trattenere un urlo, non appena notai di essere seduta sopra
ad un ammasso di ossa a cui, ad alcune, era ancora attaccato qualche pezzo di
carne.
Un conato di vomito mi salì, prepotente, alla bocca.
Tolsi, dopo
non molto, la mano da essa, accorgendomi solo ora di un particolare piuttosto
rilevante. Guardando attentamente la mia mano infatti, mi accorsi, impaurita,
della grande quantità di sangue che vi era sparso sopra.
Le mani mi
cominciarono a tremare, incapaci di fermarsi.
<< Sorpresa? Guarda che
la causa di tutto questo sei stata proprio tu... >> continuò la voce,
ridendo maligna.
<< Chi diavolo sei?! Cosa vuoi da me?! >> gli
gridai contro furiosa, cercando, invano, di togliere il sangue dalle
mani.
<< Questo non posso ancora rivelartelo prescelta. Sappi soltanto
che a causa tua tutti coloro che ami moriranno, tutto ciò che conosci
scomparirà. >> disse l'essere che, senza che me ne accorgessi, si era
avvicinato a me.
<< Dove sono? >> ebbi la forza di chiedere, con
voce rotta da un pianto che minacciava di scoppiare da un momento
all'altro.
<< Nel futuro! Te l'ho appena detto, questo è ciò che
accadrà per colpa tua. >> rivelò con voce grave.
<< Come? Ma...
>> mi interruppi, sentendo una lacrima scorrermi sulla guancia.
Non ci
stavo capendo più nulla. Che diamine voleva dire?! E perché mi sentivo così
tremendamente debole ed indifesa?! Dovevo reagire in qualche modo,
cazzo!
<< Se vuoi evitare tutto questo, devi andartene via, lontano
dall'imperatore. >> mi ordinò perentoria la voce della misteriosa
figura.
<< Perché? Cosa c'entra in tutto ciò Andras, adesso? >>
chiesi, bisognosa di sapere.
<< Oh, piccola prescelta, il tuo amato
nasconde segreti così oscuri... atrocità che tu nemmeno immagini... >>
soffiò sul mio viso, rilasciando una nebbia che mi fece tossire
convulsamente.
Detto questo, si alzò e si allontanò, con mio sommo sollievo,
da me. Poi, girando lievemente la testa in mia direzione, disse con voce
raccapricciante: << Segui il mio consiglio, prescelta. Se vuoi evitare che
si scateni l'apocalisse, abbandona l'imperatore. >>
Appena finì di
pronunciare quella frase, scomparve, portato via da una nebbia oscura che
inghiottì completamente la sua figura. La stessa nebbia poi, si diresse
velocemente verso di me ed io, allora, cominciai a correre a perdifiato,
cercando di sfuggirvi.
Ma il mio tentativo di fuga fu vano perché, dopo poco,
la nebbia inghiottì anche me, facendomi sprofondare di nuovo nel buio
assoluto.
ANGOLO
AUTRICE:
Eh voilà! *fa un
inchino*
Eccoci arrivati alla fine di questo lungo capitolo. Finalmente
arrivato a voi, dopo giorni di attesa. XD
Bene, bene. Come vi è sembrato? Vi
è piaciuto?
Fatemi sapere tutto ciò che vi passa per la mente tramite una,
anche piccola, recensione, sapete che sono sempre molto curiosa e felice di
leggere quello che, pazientemente, scrivete nelle recensioni. Mi fareste davvero
contenta, sul serio, anche perché, abbiamo molti punti da discutere grazie a
questo capitolo. :D
Insomma, Amia(grazie al cielo XD) rivela per la prima
volta ad alta voce i suoi veri sentimenti per il bel tenebroso, poi c'è la gita
nella capitale, Aranel(si, io scelgo sempre nomi strani u.u) ed infine abbiamo
l'evento... Che cosa è successo alla protagonista? Volete scoprirlo, eh?
Ahahahah, beh, lo saprete nel prossimo episodio care mie, mi spiace. XD
Però
voglio essere buona: a coloro che lasceranno una recensione, infatti, dirò in
anticipo una piccola cosa che accadrà nel prossimo capitolo e non aspettate che
siano le altre a recensire, perché ogni piccola cosa sarà diversa dall'altra,
quindi più cose volete sapere, più recensioni dovete lasciare ma, ovviamente,
nessuno vi obbliga. u.u
Ok, sono cattiva, altro che buona. Ahahaha
Però le
promesse che faccio le mantengo sempre, lo sapete, quindi... :3
Spero di
avervi lasciato a bocca aperta, lo scopo era quello, ahahah, quindi aspetto con
ansia le vostre recensioni. :)
Nel prossimo capitolo si svolgerà il famoso
ballo, cosa accadrà? Qualcuna di voi lo immagina?
Beh, che scoppieranno
scintille fra Amia ed Andras lo sappiamo, ma... come e perché accadranno no.
é_é
Per eventuali domande, non avete quindi che da contattarmi ragazze, nei
limiti, risponderò con grande piacere a tutte voi. ;)
Come
sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia
fra:
-Le
preferite: 18
-Le
ricordate: 9
-Le
seguite: 46
e
me fra le autrici preferite: 5.
Inoltre,
GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono,
siete fantastiche ragazze! *-*
Non perdete il prossimo capitolo, alla
prossima!
Bacioni, vostra Ashwini. <3
P.S.:
Volevo avvisarvi che ho apportato delle modifiche ad alcuni capitoli,
specialemente nel prologo, alcune sono banali(ad esempio ho tolto il
''inizio/fine flashback'' su consiglio di una di voi), ma gradirei ci deste
un'occhiata per eventuali incomprensioni.
P.S.2: Inoltre, avevo una richiesta
per voi: sapreste dirmi se qualcuna è disposta o conosce qualche altra persona
in grado di fare il trailer della storia su YouTube?
P.S.3: Con una delle
ragazze che recensiscono abitualmente i capitoli della storia e con cui ho
instaurato un buon rapporto di amicizia, MeliIiIi, sto scrivendo una nuova storia di genere
romantico. Mi farebbe molto piacere che ci deste una piccola occhiata, non ve ne
pentirete. ;)
L'armonia del
silenzio
Nella grande metropoli
londinese, Alicia, ragazza universitaria vispa e senza peli sulla lingua, si
ritroverà a condividere l'appartamento con l'arrogante amico d'infanzia, Nathan.
Fra litigi e aspre discussioni, la
convivenza sarà tutt'altro che semplice e, contro ogni previsione, una
discussione più accesa delle altre sfocerà in una reazione decisamente diversa
dalle precedenti.
Passione ed attrazione sconvolgeranno
irrimediabilmente la normale routine dei protagonisti che, alla fine, cederanno
alle tentazioni, credendo di riuscire a gestire la situazione.
Ma se qualcosa
andasse storto?
Ci firmiamo con il nome Luthien_13.
:D
*Spazio
pubblicità:
Ecco
come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito
conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli''
di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo
perché davvero merita tante attenzioni.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie''
di
Little liar,
una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the
chosen'' di
nian07, dateci
un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.
|
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Capitolo 18 *** Capitolo diciassettesimo: Un risveglio particolare, fraintendimenti ed audaci provocazioni. ***
CAPITOLO DICIASSETTESIMO- Un risveglio particolare fraintendimenti ed audaci provocazioni
Ciao a tutte voi ragazze! ^-^
Ecco il
nuovo capitolo, appena sfornato. :D
Bene, bene. In questo capitolo accadono
molte cose, tra cui alcune che vi faranno certamente ridere contente(la vostra
autrice è stata buona :3). Non vi dico altro, non vorrei rovinarvi la sorpresa.
BUONA
LETTURA!
Vαle ѕeмpre lα peɴα
rιѕcнιαre
per qυello cнe ѕι deѕιderα
verαмeɴтe.
Capitolo diciassettesimo:
Un risveglio particolare, fraintendimenti ed audaci
provocazioni
Pov.
Amia
Amia...
svegliati.
Mossi impercettibilmente le palpebre, disturbata da
quella voce che riecheggiava nella mia testa. I sensi che si risvegliavano da un
sonno senza sogni, oscuro e profondo come la notte
eterna.
Olfatto... sentivo, vagamente, un odore di pesche accanto a
me, soffice e delicato.
Tatto... mossi le dita della mano, accorgendomi di star
toccando un tessuto liscio e dalla fattura pregiata... un odore di menta e gigli bianchi mi
invase...
Aprii leggermente la bocca, preda di un'improvvisa
sete acuta. La gola era diventata secca come le piante negli aridi
deserti.
Udito... in lontananza, sentì dei silenziosi ed accurati
movimenti; ancora stordita, non riuscì ad identificare da dove provenissero quei
misteriosi rumori in sottofondo.
Mossi,
allora, nuovamente le palpebre, con non poco sforzo, cercando di svegliarmi. Con
tutta la forza di volontà di cui disponevo in quel momento di confusione, alzai
debolmente una mano, muovendo con una lentezza esasperante le dita, come a voler
acchiappare l'aria che mi circondava.
Mi bloccai
sorpresa non appena sentì una mano maschile abbassare, senza il minimo sforzo
data la mia debolezza, il braccio teso sul morbido lenzuolo. Poi, sentii un
rumore di porcellane che si scontravano, mentre lo sconosciuto metteva un dito
sotto il mio mento per poi alzarmelo
leggermente.
Apri la
bocca.
Sentii
dirmi, anzi era più corretto dire ordinarmi, dalla misteriosa voce di poco
prima. Corrugai la fronte, riflettendo sul fatto che io la conoscevo quella
voce, mi era familiare...
dura, fredda ed
autoritaria... eppure,
vi scorgevo un filo di... sollievo?
Come
ipnotizzata dal suono tremendamente familiare di quella voce, feci come mi aveva
ordinato di fare, ricevendo in risposta un risata compiaciuta. Successivamente
sentì lo sconosciuto bere ma, aguzzando l'udito, capì che però non aveva
inghiottito il contenuto di quanto bevuto. Poco dopo, percepii, con mia enorme
sorpresa, le sue soffici labbra che si posavano dolcemente sulle mie, spingendo
per aprire ancora di più la mia bocca che reagì consenziente, richiamata dal
loro tocco ormai riconosciuto.
Gusto... un liquido fresco e dal sapore dolce si riversò nel
mio palato, assolvendo il mio desiderio di bere.
Sospirai
appagata, era come se quella bevanda mi avesse restituito un po' di forza in
più, forza che usai per aprire i miei occhi ed osservare, piena del nuovo
sentimento che stava pian piano crescendo in me, il demone dagli occhi color
cobalto.
Sorrisi sincera. Il bacio ricevuto non poteva
essere d'altri se non del mio imperatore. E per un attimo, uno soltanto, fui
sconvolta da quel pensiero; perché anche per me era difficile capire se in
quella frase ci fosse nascosto dietro un altro, ben più profondo,
significato.
Hai... sentito il mio richiamo e sei venuto a
salvarmi?
Domandai mentalmente con ancora un evidente
stanchezza, ma seppur sentissi il bisogno di riposare, io dovevo sapere.
Potevamo davvero comunicare tramite il solo pensiero? E se era così, come era
possibile?
Una risposta vorticò allora nella mia testa. E se
fosse dovuto all'aver ammesso di provare qualcosa per lui?
Si, mentre ero in riunione ho sentito una voce
nella mia testa che mi chiedeva aiuto, all'inizio era confusa ma poi, al tuo
secondo richiamo, si è fatta più chiara e, dopo averti riconosciuta, sono corso
da te.
Mi
arrivò immediata la sua risposta.
Spalancai gli occhi. Che cosa? Ma come sapeva dove
mi trovavo?
Glielo chiesi, allora, sempre
mentalmente.
Non capisco come sia possibile ragazzina ma a
quanto sembra, oltre a poterti parlare tramite il pensiero, adesso riesco anche
a percepire la tua presenza in qualunque posto tu ti trovi nei momenti di
pericolo. Concentrandomi ho quindi potuto scoprire dove ti trovavi.
Santo cielo, ma era davvero tutto merito della mia
ammissione? No... c'era ben altro, doveva esserci maledizione!
Lo guardai
gongolando con un sorriso malizioso. Dopotutto chi me lo diceva che anche lui
non avesse fatto, in qualche modo, un passo avanti nel rafforzamento del nostro
legame?
<< A che diavolo
stai pensando, ragazzina?! >> mi ammonì Andras con sguardo severo, notando
sicuramente il mio sorriso.
<< A quanto ho capito sei corso subito da
me... eri forse preoccupato per la mia incolumità? >> risposi vittoriosa.
Non potevo farci nulla, mi sentivo importante in quel momento e ciò, ne ero
certa, mi faceva sorridere come un ebete.
Lui però, al
contrario delle mie aspettative, si avvicinò serio e per nulla scomposto a me,
arrivando a sfiorarmi il naso con il suo. Cosa che fece aumentare
inevitabilmente i battiti del mio cuore. Imprecai mentalmente. Dannato organo
pompa sangue.
<< Ero preoccupato di dover perdere tempo a
cercarti una fossa. Tu non conti e non conterai mai nulla per me Amia, fattene
una ragione. >> mi sibilò gelido.
Strinsi con
forza le lenzuola del letto matrimoniale in cui mi trovavo ancora sdraiata,
troppo debole per riuscire anche solo ad alzare il busto e sedermi.
Faceva male,
maledettamente male. Odiavo sentirmi tanto dipendente da una persona ma ormai
non riuscivo più ad ignorare le sue cattiverie come un tempo, non ci riuscivo
perché ero troppo coinvolta e ciò mi impediva di essere la giovane donna sicura
di un tempo, lo ero ancora certo, ma era come se con lui le mie difese si
abbassassero e mi rendessero così più vulnerabile alle sue frecciatine.
Si,
ma questo non toglieva il fatto che io fossi ancora l'Amia di una volta e come
tale avrei risposto a dovere.
<< A me non interessa essere qualcuno per te.
Io ti odio e non smetterò mai di odiarti perché sei un essere orribile Andras. E
poi, chi potrebbe mai amare un mostro? >> dissi a denti stretti, sputando
fuori quelle parole velenose con non poca difficoltà che però, seppi abilmente
mascherare sotto chili di risentimento per il torto appena subito. Il tutto
fissandolo apertamente, se avessi anche solo abbassato lo sguardo, avrebbe
capito che stavo mentendo e ciò non potevo permetterlo.
Lui sorrise
maligno per poi dirmi: << Bene, vedo che il mio sentimento è ricambiato.
Credevo che anche tu saresti caduta ai miei piedi come le altre sgualdrine, beh
menomale, non sai quanto
odi deludere le
loro aspettative. >>
<< Io non sono una delle tue puttane e mai lo
diventerò. Il solo pensiero di avere un qualche contatto intimo con te, mi
disgusta. >> risposi sostenendo il suo sguardo.
Voleva
abbattermi, avevo capito che tutto quello era un suo gioco per distruggere la
mia dignità, ma se sperava che sarebbe stato semplice, si sbagliava.
<< Eppure
non hai mai rifiutato i mie baci. >> continuò, piegando la testa per
mordendomi sensualmente il lobo di un orecchio.
Feci un mezzo
sorriso: << Se non ricordo male quella volta, alla serra delle rose, ti ho
spinto via. Quindi una volta c'è, mio caro. Ah, no, come dimenticare quell'altro
episodio in biblioteca. Quella volta tu hai insistito per marchiarmi come un animale. Posso
quindi dedurre che hai la memoria corta? >>
Alzò repentino
la testa dal mio collo, su cui aveva iniziato a dare dei piccoli morsi,
mandandomi sguardi di fuoco.
Un forte vento dai sapori delle profondità marine
invase la mia mente e la sua voce, dura e perentoria, si fece
sentire.
Adesso stai osando troppo,
Amia.
Non
risposi, quella discussione era durata anche troppo per i miei gusti. Mi
concentrai allora sull'ambiente circostante, notando alla mia sinistra una sedia
in legno d'acero, su cui era posata una sciarpa arancione. L'odore di pesca
proveniva da lì... che fosse...
Andras, Raina è forse stata qua?
Chiesi quindi
al demone, ansiosa di ricevere una risposta. Ero più che sicura che quell'odore
appartenesse a lei, ma perché c'era solo la sua sciarpa qui, lei
dov'era?
Che poi, io in quale stanza mi trovavo? Di sicuro
non nella mia data la preziosità delle coperte color avorio.
Come se fossi un
cane osservai, dopo una breve inspirazione, che le lenzuola su cui ero distesa
profumavano di menta e gigli bianchi, quindi... sbiancai tutto d'un colpo. Mossi
allora, frenetica, la testa a destra e a sinistra, causandomi anche un forte mal
di testa, notando solo ora che la stanza e soprattutto il letto in cui riposavo
erano niente poco di meno che di Andras!
Oh Signore, lui
mi aveva portata nella sua stanza da letto!
<< Sì
ragazzina, la tua amica se ne è appena andata nelle cucine per prendere qualcosa
da mangiare, oltre che per lei, anche per te. Ho sentito che ti stavi per
svegliare così lo inviata lì. >> rispose il demone dirigendosi verso
l'ampia finestra la cui vista dava sul giardino reale.
Le ampie e
muscolose spalle di Andras sembravano portare un peso troppo grande per un uomo
solo e chiuso come lui, eppure non passava giorno che non dimostrasse di esserne
perfettamente in grado, assolvendo ai suoi doveri nel migliore dei modi e dando
prova delle sue innate capacità. Guardandolo, il desiderio di portare con lui
quel gravoso peso di responsabilità verso il suo regno ed il suo popolo, si fece
spazio nel mio cuore. E ciò, non faceva altro se non sancire definitivamente
l'affetto che ormai capivo di provare per lui, il demone dall'animo oscuro.
Chissà a cosa stava pensando in questo momento...
Sbuffai. Perché diavolo non avevo il potere di
leggere nel pensiero, eh?
Magari un giorno... pensai con occhi sognanti, poi
però mi bloccai. Si, ma solo io avrei dovuto esserne capace, se anche lui avesse
avuto un simile potere... mi vennero i brividi dalla paura al pensiero di quale
inferno sarebbe diventata la mia vita in quel caso.
Il lieve bussare
alla porta mi distolse dai miei pensieri, facendomi voltare verso quest'ultima
con un gran sorriso. Era sicuramente Raina!
Dopo che Andras
diede il consenso di entrare, un uomo dalla folta capigliatura bionda fece il
suo ingresso ed io, nascondendo una risata, feci sparire il sorriso.
<< Ah,
Damien, sei solo tu. >> dissi, girando il capo nel lato opposto al suo,
gli occhi traditori che ridevano.
<< Davvero una bella accoglienza carotina! Un
amico viene a trovarti e tu lo tratti così. >> rispose facendo il finto
offeso, avendo già capito il mio gioco.
Mi rigirai
sorridente: << Scherzavo, sono felice di vederti. >>
Lui rise allegro
per poi fare un cenno di saluto anche ad Andras che, con mio sommo stupore,
rispose con un grugnito infastidito.
<< Ehi
amico, che hai? >> chiese il demone biondo, anche lui confuso dallo strano
comportamento di Andras.
<< Nulla, vado a farmi un giro. Oh,
tranquilli, continuate pure la vostra rimpatriata senza di me. >> disse a
denti stretti e scuro in volto, sbattendo violentemente la porta dopo che fu
uscito dalla camera.
Io e Damien ci guardammo disorientati. E adesso che
accidenti gli era preso? Mah, chi capisce quel demone è bravo.
Ad un tratto
vidi il demone biondo sorridere come un ebete e pensai seriamente che un qualche
virus letale avesse colpito i due amici, per forza, altrimenti come si
spiegavano tutti quegli strani comportamenti?
<< Scusa
carotina, raggiungo Andras e gli spiego tutto, come al solito avrà frainteso.
>> rise a gran voce Damien e quasi immaginai che si piegasse in due dalle
risate da un momento all'altro.
Incerta annuii in risposta, domandandomi se non
fosse il caso di chiamare un medico per verificare la sanità mentale del demone
difronte a me, dato che in meno di cinque minuti aveva cambiato più di mille
espressioni facciali.
Dopo un breve saluto si dileguò anche lui,
lasciandomi sola nella stanza dell'imperatore e con un grosso punto
interrogativo sopra la testa. Insomma, che diavolo era preso a tutti oggi? E
soprattutto, cosa voleva dire Damien con il fatto che Andras ha frainteso? Cosa
c'era da fraintendere?
Pov.
Andras
Camminavo per i corridoi del palazzo con passo
pesante, incurante degli sguardi di puro terrore dipinti sui volti dei
domestici. Il motivo non era difficile da intuire dato che i miei occhi, ormai
diventati di un brillante rosso cremisi, facevano scoppiare in mille pezzi ogni
vaso o quadro su cui ricadeva il mio sguardo, sconvolto dall'onda d'urto del mio
potere demoniaco.
Ed io ridevo, ridevo malignamente, perché
distruggere riusciva, seppur per pochi secondi, a distrarmi dalla vera causa del
mio malumore.
Lei. Sempre e solo lei,
dannazione!
Io l'avevo riportata a palazzo, dopo averla ritrovata
svenuta sul suolo cittadino, pallida come un lenzuolo e con un'espressione
sofferente in viso. E sempre io avevo atteso per un'intera notte il suo
risveglio davanti al capezzale in cui riposava! Io non Damien, cazzo!
E allora perché
aveva detto solo a lui di essere felice di rivederlo, eh? Perché gli aveva
rivolto tutti quegli stupidi sorrisi?!
<<
Maledizione! >> urlai in preda all'ira, dando un pugno al muro difronte al
quale mi ero fermato e facendo così un grosso buco.
Lanciai
un'occhiata raggelante ad una cameriera che passava di lì: << E tu
sbrigati, inutile essere umano! Vai a chiamare qualcuno per riparare questo
dannato muro se non vuoi morire seduta stante! >>
Quella sussultò
impaurita, annuendo freneticamente e correndo via quasi in lacrime.
Tzè, gli umani
erano così deboli.
Infuriato come non mai diedi un altro pugno al
muro, facendo tremare l'intera struttura.
Perché cazzo me
la prendevo tanto per un'umana, allora?! A me che importava se lei flirtava
amabilmente con il mio migliore amico? Che facessero pure i loro sporchi
comodi!
Uno strano dolore all'altezza dello stomaco mi fece
capire che, nonostante le mie parole, c'era una parte di me che era
profondamente contraria al riguardo.
Alzai nuovamente
la mano, pronto a colpire ancora il muro, ma una risata sommessa mi fece girare
infastidito. Una smorfia di disappunto si manifestò sul mio volto non appena mi
ritrovai davanti la faccia da schiaffi di Damien.
Ma bene, si
divertiva anche lo stronzo!
<< Se continui così, farai del palazzo un
cumulo di macerie. >> disse scoppiando in una fragorosa risata per un
motivo a me sconosciuto.
<< Hai paura che la tua ragazza resti ferita?
>> risposi innervosito.
Lui sorrise: << Se parli di Amia amico...
>>
<< E non chiamarmi ''amico''! Basta!
Ritornatene pure da lei, non mi interessa! >> quasi urlai, fulminandolo
con lo sguardo.
<< Oh, la situazione sta peggiorando... a
quanto sembra la carotina non ti è più indifferente come un tempo. >>
constatò, incrociando le braccia al petto.
<< Non
capisco a cosa ti riferisci. >> risposi semplicemente.
<< Si che
lo sai, non fingere con me. Comunque ti posso assicurare che tra me e lei non
c'è niente. Solo una comune simpatia. >> mi assicurò, serio in
volto.
Lo fissai, allora, cercando di capire se diceva il
vero o no. Sospirando poi sollevato quando mi accertai della veridicità delle
sue parole.
<< Ti sei calmato? >> mi chiese il mio
amico.
Grugnì in risposta, ricomponendo subito dopo i
pezzi del mio sguardo gelido di sempre e facendo ritornare gli occhi del loro
colore naturale.
<< Non so davvero cosa mi sia preso. >>
dissi quasi in sussurro, dando le spalle al demone biondo.
<< Io si,
ma non te lo dirò o rischio sul serio di scatenare la tua ira funesta. >>
rispose.
Sorrisi amaro: << Sei sempre stato migliore
di me sul campo dei sentimenti. Io... non credo neanche di sapere cosa siano.
>>
<< Non dire assurdità, è solo che non ci sei
abituato. >> disse, ponendo una mano sulla mia spalla destra.
<< Forse.
>> risposi secco, facendogli capire che per me il discorso finiva
là.
Pov.
Amia
Sbuffai per l'ennesima volta da quando anche Damien
se ne era andato lasciandomi sola in quella stanza che trasudava tutto fuorché
buoni propositi. Dio, era normale che dall'altra parte della stanza intravedessi
vari aggeggi infernali facenti parte di una stanza personale adibita agli
allenamenti? Quel demone era ossessionato dal potere che derivava dalla sua
immane forza fisica!
Ma un nuovo sorriso di speranza si accese nel mio
volto non appena bussarono timidamente alla porta. E, allo stesso tempo, una
risata mi uscì spontanea quando realizzai che se questa non fosse stata la
camera da letto del potente demone, la mia amica avrebbe bussato senza sosta
finché non le avessi aperto. A quanto pare, Andras metteva timore perfino ad una
tipa tutto pepe come lei.
<< Avanti! >> quasi strillai per la
gioia; cercando di non badare al fatto che se la persona che aveva bussato fosse
stata veramente la mia amica, come credevo, sarei nuovamente svenuta a causa
dell'interrogatorio a sangue freddo che mi avrebbe rifilato.
Cominciai a
muovermi sul letto, agitata.
<< Amia! Santo cielo, allora era vero che ti
stavi svegliando! >> mi salutò con enfasi Raina, quasi buttandosi di peso
sul letto dalla felicità.
<< Già. >> risposi con sempre più
affanno. Ne ero certa, quella era solo la calma prima delle tempesta.
<<
Allora... sai già chi ti ha portata qua? >> disse tutta contenta, la frase
piena di sottintesi.
Alzai gli occhi al cielo: << Si, ne sono al
corrente. Però ho bisogno di sapere una cosa: c'era... qualcun altro accanto a
me nel luogo in cui mi ha trovata? >>
Lei mi guardò
confusa: << No, solo io. Ad un certo punto sei svenuta ed io ho urlato il
tuo nome, anche più volte, ma tu non davi segni di vita. Poi, neanche il tempo
di chiamare aiuto che Andras è comparso in mezzo alla strada e, senza neanche
degnarmi di uno sguardo, è scomparso nel nulla, portandoti qua. Perché, chi
altri ci sarebbe dovuto essere? >>
<< Lascia
stare. Ma in che senso è ''comparso'' e ''scomparso nel nulla''? >> chiesi
curiosa.
<< Hai presente la nube di fiamme nere di due
settimane fa? Quella con cui l'esercito ha abbattuto ogni difesa umana? >>
cominciò gesticolando con le mani.
Annuì in risposta. Come scordare quel fatidico
giorno? La mia vita era stata praticamente sconvolta.
<< Ebbene,
credo che sia Andras il responsabile di ciò dato che, come quella volta, è
comparso e scomparso dal nulla attraverso la stessa nube. >> rivelò con
tono solenne.
In effetti, il suo discorso non faceva una piega,
constatai. Andras era più potente di quanto avessi immaginato arrivati a questo
punto, se quella sola nube aveva scatenato la distruzione assoluta in ogni
angolo del pianeta seppur lui si trovasse solo a New York, serio e per nulla
scomposto, era devastante provare ad immaginare cosa avrebbe potuto fare in un
solo attimo d'ira.
Io e Raina ci guardammo, consapevoli, mentre un
pesante silenzio calava nella stanza.
<<
Allora... come è andata? >> provò a risollevare, inutilmente, la
situazione la mia amica.
Sospirai: << Beh, poteva andare peggio.
>>
Le mi guardò esasperata: << Amia, ti rendi
conto o no che stai parlando con la sottoscritta e che quindi devi raccontare
tutto senza trascurare il minimo dettaglio? >>
<< Speravo
di evitare il problema, sinceramente. >> risposi.
<<
Tranquilla, forse un giorno riuscirai a farmi tacere. >> disse con un
ghigno.
Certo, quel giorno io sarei diventata un agnellino
senza spina dorsale.
<< Praticamente Andras sapeva dov'ero perché
adesso sa percepire la mia presenza nei momenti di pericolo e, ciliegina sulla
torta, sappiamo anche comunicare con il pensiero. >> le feci l'occhiolino,
facendo definitivamente crollare la sua mascella.
<< Come è
possibile una cosa del genere? Parla! >> chiese scuotendomi leggermente
per le spalle, forse per paura che mi sentissi di nuovo male.
<< Credo
sia perché ho ammesso ad alta voce di provare interesse per lui. Anche se ciò
spiegherebbe solo la faccenda del comunicare tramite il pensiero dato che
sentire la mia presenza riguarda solo ed unicamente lui. >> spiegai
sovrappensiero.
<< Ovvio, anche il signorino deve aver fatto
qualcosa che spiega ciò. Chissà cosa... >> disse mettendosi un unghia in
bocca, frustrata di non sapere qualcosa di così fondamentale.
<< Senti,
non pensiamo adesso. Sbaglio o stasera c'è la festa di un certo demone biondo?
>> chiesi con un sorriso.
Raina parve illuminarsi per poi spegnersi
nuovamente subito dopo.
<< Ma tu stai male... rinuncierò al ballo e
starò qui con te, sono sicura che Damien me lo concederà. >> rispose
determinata.
Mi venne da piangere, insomma, una cosa del genere
detta da lei valeva tanto. Eccome se valeva.
<< Raina,
credimi, mi sento bene adesso. Non so cosa diavolo ci fosse nella bevanda che mi
ha dato Andras, ma mi sento come nuova, pronta a dare battaglia a quei demoni
aristocratici! >> dissi alzandomi con il busto ed appoggiandomi allo
schienale del letto per poi incrociare le mani in grembo, come a dimostrare
quanto appena detto.
La ragazza dagli occhi verdi mi fissò incerta per
qualche istante poi, accertatosi della mie buone condizioni, mi avvolse in un
caloroso abbraccio.
<< Ci divertiremo! >> mi disse
sprizzando gioia da tutti i pori.
Chissà perché avevo qualche
piccolo dubbio al riguardo.
Dopo quella discussione nella stanza da letto di
Andras, la mia amica mi aveva spedita dritta nella mia camera, dicendo sicura di
se che ci avrebbe pensato lei a riferire i nostri programmi per la serata a
Damien e, soprattutto, all'imperatore.
Facendo quanto
detto mi ero rilassata sul mio letto, maledicendomi non appena il pensiero mi
cadeva sull'argomento ''Il letto che profuma di Andras è migliore''. Sul serio,
stavo diventando patetica e prevedibile e ciò mi faceva diventare un cerbero
infuriato.
Poi Raina era entrata con fare teatrale dalla mia
porta, la quale avevo lasciato aperta e non chiusa a chiave, intimandomi di
sedermi sul piccolo sgabello difronte la specchiera antica sul lato ovest della
mia camera e, testuali parole, chiudere gli occhi per non aprirli più finché lei
non me lo avrebbe concesso. A quanto pare era anche andata a cercare i vestiti e
i trucchi per prepararci a dovere per il ballo.
Dopo un
estenuante ora mi aveva fatta alzare sempre ad occhi chiusi, i quali aveva anche
provveduto a bendare perché a sua detta non si fidava di me e della mia spiccata
curiosità, per poi mettermi quello che capì essere un lungo vestito da
sera.
A quel punto avevo già iniziato a sudare freddo,
avevo sempre odiato quegli abiti, tanto che non ero mai andata nemmeno ad un
solo ballo scolastico, rabbrividendo alla sola idea di mettermi dentro quegli
oggetti infernali.
Semplice ed anonimo. Semplice ed anonimo.
Semplice ed anonimo.
Continuavo a ripetermi e sperare nella mia
testa.
<< Bene, adesso ti tolgo la benda... >>
mi comunicò Raina ed anche se non potevo vederla, avrei giurato che stesse
sorridendo compiaciuta del risultato.
La sentì
armeggiare con la benda legata dietro il mio capo, che scivolò poi leggera sul
lucido pavimento del bagno dove poco prima mi aveva condotta.
Riflessa sullo
specchio vidi una ragazza alta e slanciata che indossava un lungo abito di un
azzurro chiaro che andava scurendosi sul fondo fino a diventare di un puro blu
notte. L'abito ricadeva in morbidi veli sulle curve femminili, risaltandole.
Aveva poi una fascia color oro stretta sotto al seno che, girandomi, notai
scendere in piccole onde lungo tutta la lunghezza dell'abito nella parte
posteriore di quest'ultimo.
I capelli erano raccolti in alto da un nastro color
oro e ricadevano in curati ed ordinati riccioli rossi sulla schiena.
Il tessuto blu
notte delle ballerine indossate era arricchito da stelle sotto forma di
brillantini bianchi.
Infine, un ombretto dorato e bianco faceva
risaltare i quarzi blu degli occhi, mentre il rosa perlato rendeva ancora più
lucide e piene le labbra sottili.
<< Non ho potuto fare altro Amia, dopotutto
siamo delle serve ed un abito pomposo come quello che indosseranno le nobili non
è permesso, quindi... >> iniziò la mia amica che interruppi con un gesto
della mano.
<< No, è... perfetto. >> confessai con
un leggero rossore sulle guance rosee. Quella ragazza riflessa nello specchio...
ero veramente io? Possibile?
Vidi Raina scuotere la testa per poi correre
nell'altra stanza e ritornare con un cofanetto rosso fra le mani. La guardai
interrogativa.
<< Manca ancora una cosa per completare il
tutto. >> rispose alla mia domanda silenziosa con un dolce
sorriso.
Tenendo il cofanetto in una mano, l'aprì con
l'altra, tirandone fuori un braccialetto d'oro bianco da cui pendevano dei
rubini rosso fuoco. Prese allora il mio braccio sinistro, mettendomelo poi al
polso sottile.
<< Ti sta d'incanto. >> mi rivelò
commossa.
<< Ma Raina, dove hai trovato i soldi per
comprarlo? >> chiesi osservando rapita quel meraviglioso oggetto. Era
stupendo.
<< Non l'ho comprato, era di mia sorella.
Glielo avevo regalato per il suo undicesimo compleanno e da allora non se l'è
più tolto poi... beh, sai come è andata, la guerra... lei non lo può più
indossare quindi voglio che l'abbia tu. Ormai ti considero una sorella
acquisita. >> confessò con gli occhi lucidi.
Corsi ad
abbracciarla, quasi sull'orlo delle lacrime: << Grazie Raina, ma è troppo
io... non ho niente... >>
<< Ehi, ferma le lacrime o rovinerai tutto il
mio duro lavoro! E poi... a me basti tu, non voglio nient'altro. >> mi
rassicurò.
Le sorrisi grata, in un silenzio carico di
significati.
<< Bene, adesso però è il tuo turno! >>
la minacciai.
Lei sbiancò: << C-Cosa? >>
Un'altra ora dopo anche Raina era pronta,
bellissima nel suo abito color pesca impreziosito da una spessa fascia verde
prato sotto al seno che finiva dietro la schiena con un grosso fiocco. Per il
trucco avevo usato un ombretto verde chiaro sfumato verso la coda dell'occhio e
un rossetto rosa acceso.
Le misi le mani sulle spalle e, sporgendomi da un
lato, le dissi: << Adesso sei perfetta anche tu! >>
Annuendo
contente ci dirigemmo, quindi, verso la sala da ballo nel lato est del palazzo
reale. Lei felice come una pasqua, ansiosa di passare del tempo con il bel
demone biondo, io ancora preda della brutta sensazione di poche ore fa,
sensazione amplificata dai mille dubbi riguardo le buone intenzioni di Andras.
Sospirai,
sarebbe stata una lunga serata e francamente, al contrario di Raina, non vedevo
l'ora che finisse.
Arrivate difronte l'imponente portone finemente
decorato ci bloccammo, vedendo i nostri demoni fermi a parlare lì accanto.
Entrambi indossavano delle divise militari, simili a quelle che già avevo visto
quel famoso giorno a New York durante la conquista del mio pianeta, ma di gran
lunga più eleganti e ricche di dettagli. Inoltre, i due demoni portavano delle
fasce oblique al busto, piene di medaglie onorifiche.
L'unica evidente
differenza era la preziosa corona che Andras portava sul capo, simbolo del suo
status di regnante dell'Impero di Alloces. Era...
<<
Bellissimo. >> sospirò Raina con gli occhi sognanti rivolti verso Damien.
<< Forza Miss Sospiri Sognanti, andiamo a
salutarli. >> le dissi prendendola per un braccio e trascinandola verso i
due demoni. Poi, come fulminata da un'illuminazione, mi venne un'idea diabolica.
Andras aveva ragione quando diceva che lui non mi era indifferente ma... vediamo
un po' di ristabilire gli equilibri.
<< Raina,
raggiungi pure Damien. Io devo fare una cosa. >> le dissi mentre un
pericoloso sorriso mi spuntava in volto.
Raina si
allarmò: << Che diavolo hai in mente? >>
<< Oh, lo
vedrai. Il signorino lì ha bisogno di una... svegliata. >> le sussurrai minacciosa e pregustando già
la vittoria finale.
Lei annuì preoccupata in risposta, dirigendosi
velocemente verso il suo demone.
Salii di corsa le scale che io e Raina avevamo
appena sceso per poi nascondermi dietro una colonna lì vicino, in modo da non
essere vista. Infine, espirai ed inspirai più volte, preparandomi
psicologicamente a ciò che di lì a poco avrei fatto. Una follia, una vera e
propria pazzia. Ma era necessario se volevo che Andras cominciasse ad accorgersi
di me.
Bene. Che lo spettacolo abbia
inizio.
Andras. Lo chiamai mentalmente.
Ragazzina, dove diavolo sei finita? Il
ballo sta per iniziare! Rispose infuriato.
Guarda verso le scale e vedrai.
Dissi
semplicemente.
Uscii da dietro il mio nascondiglio improvvisato,
arrivando fino al centro del primo gradino con passo lento e altamente misurato,
ondeggiando leggermente i fianchi in una danza sensuale. Il vestito che
svolazzava libero nell'aria.
Che cazzo stai facendo?! Mi arrivò immediata la sua
risposta.
Non risposi, iniziando a scendere le scale allo
stesso modo. Poi, rialzai con uno scatto lo sguardo che avevo precedentemente
abbassato. Lasciai che un sopracciglio scattasse verso l'alto mentre anche
l'angolo destro della bocca faceva lo stesso. Infine, fermandomi a metà del
percorso, misi audace una mano su di un
fianco.
Ti piace
ciò che vedi, demone dagli occhi di ghiaccio?
ANGOLO
AUTRICE:
*Parte
la sigla della 20th century fox*
*L'autrice esce da un tassello nascosto
della scritta*
Buonasera gente!
^-^
Allora, siamo infine giunti alla fine del capitolo, come vi è sembrato?
Vi è piaciuto?
Vi ho fatte aspettare più del previsto è vero, ma credo ne sia
valsa la pena. Non potete immaginare quanto mi sia impegnata nello scrivere
quest'ultimo capitolo. Spero quindi che anche a voi abbia saputo comunicare
quelle emozioni e quelle immagini mentali che io ho immaginato durante
l'elaborazione del capitolo.
Ho preferito interromperlo a quel punto perché
già era titanico e ricco di eventi, se aggiungevo altro rischiavo di farvi
venire un grosso mal di testa!
Il prossimo capitolo tratterà degli
eventi(disastrosi-positivi e negativi) del ballo a corte e delle conseguenze di
ciò che Amia ha fatto nell'ultima scena... u.u
Voi che dite, Andras come
reagirà alle provocazioni di Amia?
Ed Amia saprà tenere a freno il suo
carattere ribelle e quindi gestire la situazione da lei stessa scatenata?
Per
scoprirlo non perdete il prossimo emozionante capitolo, ragazze!
:D
Per eventuali
domande, non avete che da contattarmi ragazze, nei limiti, risponderò con grande
piacere a tutte voi. ;)
Come
sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia
fra:
-Le
preferite: 21
-Le
ricordate: 8
-Le
seguite: 50
e
me fra le autrici preferite: 6.
Inoltre,GRAZIE
infinite a tutte coloro che recensiscono, siete fantastiche ragazze,
nello scorso capitolo avete stabilito un vero e proprio record: ben 10
recensioni! Vi giuro che sono impazzita dalla gioia. :')
Bacioni, vostra Ashwini. <3
P.S.: Inoltre,
avevo una richiesta per voi: sapreste dirmi se qualcuna è disposta o conosce
qualche altra persona in grado di fare il trailer della storia su YouTube?
P.S.2: Con una delle ragazze che recensiscono abitualmente i capitoli della
storia e con cui ho instaurato un buon rapporto di amicizia, Little liar, sto scrivendo una nuova storia di genere
romantico. Mi farebbe molto piacere che ci deste una piccola occhiata, non ve ne
pentirete. ;)
L'armonia del
silenzio
Nella grande metropoli
londinese, Alicia, ragazza universitaria vispa e senza peli sulla lingua, si
ritroverà a condividere l'appartamento con l'arrogante amico d'infanzia, Nathan.
Fra litigi e aspre discussioni, la
convivenza sarà tutt'altro che semplice e, contro ogni previsione, una
discussione più accesa delle altre sfocerà in una reazione decisamente diversa
dalle precedenti.
Passione ed attrazione sconvolgeranno
irrimediabilmente la normale routine dei protagonisti che, alla fine, cederanno
alle tentazioni, credendo di riuscire a gestire la situazione.
Ma se qualcosa
andasse storto?
Ci firmiamo con il nome Luthien_13.
:D
*Spazio
pubblicità:
Ecco
come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito
conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli''
di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo
perché davvero merita tante attenzioni.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie''
di
Little liar,
una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the
chosen'' di
nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben
fatta.
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Capitolo 19 *** Capitolo diciottesimo: E poi ci sono quelle rivelazioni che hanno il potere di lasciarti senza parole. ***
g
Buongiorno a tutte voi,
ragazze! ^_^
Eh sì, sono ancora viva e vegeta per vostra somma sfortuna, ahahah. Comunque, a
parte gli scherzi, ecco a voi il nuovo capitolo. Vi ho fatto aspettare più del
solito, è vero, ma spero che alla fine mi direte che ne è valsa la pena.
Detto questo:
BUONA LETTURA!
Penso sia sempre così,
c'è sempre qualcosa più importante di noi stessi,
dei nostri sogni.
(Edward Elric-Full Metal Alchemist)
Capitolo diciottesimo: E poi ci sono quelle rivelazioni che hanno il potere di
lasciarti senza parole
Pov Amia
Il piacevole
suono della musica classica accarezzava morbido l'aria circostante, diffondendo
le sue delicate note e donando così un'innata armonia all'ambiente sontuoso del
palazzo reale e ad ogni cosa fosse presente al suo interno. La calma piatta ed
il silenzio quasi opprimente che aleggiava intorno alla mia figura e a quella
imponente dell'imperatore era un qualcosa di unico e pericoloso.
Due esseri come noi, nati per combattere e dominare incontrastati, erano
estranei alla sinfonia dei violini e dei violoncelli, ai melodiosi suoni del
pianoforte a corda e delle arpe.
Chiacchiere confuse, risa piene di una nobile allegria e passi lenti ed
eleganti: gli unici rumori che osavano disturbare quella quiete, vorticando
come pedine danzanti intorno ai due fuochi che si erano accesi nei nostri
animi. Fiamme ardenti fuoriuscivano dagli argini dei nostri occhi, minacciose.
Dall'azzurro cielo dei miei occhi la promessa di una potente rivalsa faceva
bella mostra di se, determinata a vincere la silenziosa sfida fra i nostri
sguardi.
Il mare in tempesta degli occhi del dominatore dinanzi a me, invece, assicurava
una dolorosa e lenta vendetta per l'irrispettoso comportamento con cui stavo
agendo. Una furia cieca, adornata da un oscuro desiderio, riempiva le pupille
dei suoi occhi.
Immobile ed eterea come una statua di cristallo, attendevo sicura di me sopra
il gradino in marmo bianco della scalinata appena discesa tramite quelle
provocanti movenze sinuose di poco prima. I tratti del mio viso, resi ancora
audaci dall'irrefrenabile eccitazione per la battaglia appena iniziata, non
accennavano a sciogliersi.
Non avevo paura di lui ed ero ben decisa a dimostrarglielo; e se con le buone
non ero riuscita nel mio intento allora, adesso, avrei tentato con le cattive.
A quanto pare il suo animo da guerriero poteva essere smosso solo dall'uso
continuo del mio forte temperamento. Fare la brava servetta non mi avrebbe
quindi aiutata nel mio obbiettivo di farmi notare da lui.
Se giocavo bene le mie carte potevo farcela, ne ero più che certa.
Ora che avevo riscaldato l'acciaio nell'afoso calore della fornace, dovevo solo
batterlo finché era ben caldo.
Risoluta e composta scesi gli ultimi gradini che mi separavano dal demone. Il
cielo dei miei occhi, resisteva sapientemente al richiamo tentatore degli
abissi marini che aveva al posto degli occhi. Congratulandomi mentalmente con
me stessa, arrivai senza esitazione alcuna difronte il mio personale peccato.
Notai che il suo petto muscoloso, fasciato con cura dalla giacca militare, si
abbassava e rialzava con un leggero e quasi impercettibile movimento
accelerato.
Sorrisi compiaciuta. Il signorino era nervosetto.
A quanto sembrava non aveva gradito il mio piccolo
ed innocente scherzetto quanto me. Peccato.
<< Sono felice che almeno tu trovi tutto questo divertente, Amia. E sono
altrettanto lieto di comunicarti che questo tuo atto di ribellione verrà
duramente represso. >> avvisò con un tono che avrebbe risvegliato perfino
un morto dal suo sonno eterno.
<< Se non sbaglio c'è un ballo che ci aspetta, signore. >> lo liquidai, avanzando sicura fra gli
aristocratici in direzione della mia amica e di Damien. Se voleva punirmi lo
avrebbe fatto soltanto nel caso in cui saremmo stati soli, non poteva mica dare
spettacolo davanti ai suoi preziosi ospiti!
Appena vi arrivai davanti osservai con una punta di divertimento le diverse
reazioni che avevo suscitato nei due: Raina mi guardava preoccupata e a dir
poco scioccata da ciò che avevo appena fatto; Damien, al contrario, mi
rivolgeva sguardi carichi di ammirazione ed orgoglio.
<< Finalmente qualcuno che ha il coraggio di sfidare apertamente quel
coglione. >> sussurrò il biondo al mio orecchio.
Sorrisi, grata di tanto sostegno, in risposta. Con questo, Damien era appena
salito in terza posizione nella lista delle mie simpatie dopo Raina e Katia.
Mi sentì tirare per il braccio e, giratomi, guardai con disappunto Andras che
però non si rivolse a me ma all'amico: << Dimmi Damien, ma tu da che
parte stai, eh? >>
Oh, aveva sentito tutto. Alzai gli occhi al cielo, sorridendo birichina: dovevo
immaginarlo.
<< Amico, questa ragazza qui... >> indicò me per poi fare una pausa
ad effetto << ... ha abbastanza palle per stare con te. >>
Vidi Andras strabuzzare gli occhi e spalancare leggermente la bocca: <<
Damien, ma che vai dicendo? >>
<< Solo che approvo la vostra relazione! >> gongolò quello in
risposta.
Arrossii inevitabilmente. Io e... Andras? Insieme?
Dio... perché stavo sorridendo come un'adolescente alla prima cotta, adesso?
Mi battei le mani su entrambe le guance, cercando di recuperare il controllo di
me stessa. Se volevo sopravvivere stasera dovevo restare lucida e pronta
all'attacco. Girai, allora, la testa verso Raina, in cerca di un qualche
supporto morale. La mia amica però portava un'insopportabile faccia di bronzo,
allegra nel suo mimare un ''Sei cotta'' con le labbra piene.
Dannazione, si era accorta che ero arrossita!
<< Amia mettiti dietro di me, a debita distanza naturalmente, e cerca di
non inciampare durante il percorso! >> mi ordinò autoritaria la voce
della causa delle mie disgrazie; la quale gettò subito dopo un'eloquente
occhiataccia al demone biondo.
Alzai gli occhi al cielo, consapevole che non poteva vedermi, per poi fare
quanto detto. Bel modo di iniziare una festa, davvero, ma dopotutto me l'ero
cercata.
Raina mi imitò, posizionandosi con grazia alle spalle di Damien che, anche se
cercava di nasconderlo, sorrideva complice ed appagato. Incredula difronte il
loro flirtare tranquillamente in pubblico, concentrai la mia totale attenzione
su Mr. Ghiacciolo.
<< Si può sapere cosa diavolo stiamo aspettando? >> sussurrai in
sua direzione.
<< Che annuncino la nostra entrata, ovvio. >> spiegò senza
voltarsi.
Oh, era tutto come nei film d'epoca!
Sorrisi emozionata. Seppur fossi lì in qualità di schiava
dell'imperatore, mi sentivo come una giovane principessa al suo debutto in
società. Mi ripromisi quindi di fare una bella figura, dimostrando ad ogni
singolo demone presente in sala quel che valevo.
All'improvviso, una tromba ed un trombone si esibirono in un suono chiaro e
possente, di grande impatto e le alte porte in oro, finemente decorate da
ghirigori degni del miglior artista, si aprirono producendo un debole rumore
cigolante. Un'abbagliante luce bianca si riversò dalla stanza in cui mi
apprestavo ad entrare.
Andras e Damien fecero qualche passo in avanti ed io e Raina ci affrettammo a
seguirli, bloccandoci ad un metro da loro quando i due demoni si furono
fermati. Oltrepassata la porta, vidi che eravamo giunti sopra un ampia
balconata dal lussuoso pavimento dipinto; davanti a me si estendeva invece un
lungo scalone d'onore su cui era steso un tappeto rosso dai bordi dorati.
Quest'ultimo finiva ai piedi di un maestoso salone, una sala da ballo
rettangolare ai cui lati laterali vi erano varie portefinestre in legno d'ebano
e vetro che, molto probabilmente, portavano a grandi terrazze esterne. Inoltre
la sala, che si sviluppava in verticale dal punto in cui mi trovavo, finiva ai
piedi di un'altra scalinata alla cui fine si trovava un'altra balconata su cui
erano disposti tre troni quasi identici per decorazione; l'unica differenza fra
i tre, infatti, era che quello centrale era ben più alto e prestigioso. Da ciò
dedussi che quest'ultimo appartenesse ad Andras, dato che era il sovrano, e gli
altri due ai suoi genitori. I quali però non erano ancora giunti per prender
posto.
Mi domandavo oziosamente il perché, insomma, il figlio partecipava ad una
cerimonia importante e loro non erano nemmeno lì per accorglielo come si deve?
Ok, data l'occasione ed il loro rango, non mi aspettavo certo calorosi abbracci
e urla gioiose ma... neanche un saluto di presenza?
Molti giorni prima, quando avevo spiato Andras dalla porta della cucina, avevo
notato un notevole distacco tra madre e figlio ma non avrei mai immaginato che
si promulgasse fino a questo punto. Avevano davvero così poca considerazione
per il figlio? E lui, perché non era affatto sorpreso della loro assenza?
Il suo sguardo non si era nemmeno posato sui troni, gelido ed impassibile
nell'osservare i nobili che avevano interrotto ciò che stavano facendo poco
prima del suo ingresso, per disporsi ordinatamente difronte la scalinata.
Il silenzio regnava sovrano.
<< Sua Maestà l'imperatore Andras vi Alloces e il Sommo generale Damien
Sinch. >> annunciò solenne la voce bassa e profonda di un vecchio demone
che sostava nell'angolo, perfettamente impettito e rigido come il suo ruolo
richiedeva.
Avvolti dal suono combinato delle trombe e dei tromboni, scendemmo le scale, la
cui melodia fu subito sostituita da un turbinio di applausi ed inchini al
passaggio dei due demoni. I quali riservavano a quei boriosi aristocratici
saluti di pura cortesia. Superiori ed irraggiungibili come solo loro sapevano
essere.
Damien, che di solito si dimostrava sempre allegro e di buona compagnia, adesso
aveva abbandonato quel suo animo da eterno bambino, trasformandosi nel perfetto
generale a capo delle forze armate dell'Impero quale era in realtà, freddo e
distaccato dal mondo che lo circondava. Del tutto irriconoscibile ai mie occhi
e a quelli di Raina che stentava ad esternare il suo sgomento.
Ovvio, se si parlava di Andras questo comportamento era normale, da tutti i
giorni, ma riguardo Damien... era così... strano. Bisognava dire però che un
tale mutamento era necessario se si voleva sopravvivere in mezzo a quegli
sciacalli che guardavano i due demoni come carne da macello. Pronti ad usare
come loro arma anche il più misero cedimento.
Solo adesso mi rendevo conto di quanto la vita di Andras dovesse essere dura,
priva di affetto e carica di doveri. In mezzo a tutto quel caos lui era...
solo. Oddio, c'era sempre Damien al suo fianco eppure... non era abbastanza,
ero più che convinta che avesse bisogno di una presenza costante e in certo
senso speciale ed unica accanto.
Qualcuno come... me.
Forse era presuntuoso da parte mia dire così ma io ne ero certa; ero pronta
a farmi carico di quel peso ostile che gravava sul suo cuore perché, nonostante
tutto, lui un cuore ce lo aveva. Anche se sommerso sotto chili di orgoglio ed
oscurità era lì. Ed io potevo trascinarlo con me nella luce, e lo avrei fatto.
Per lui. Per me. Ma soprattutto per noi. Perché adesso avevo finalmente
compreso che un noi c'era.
Gli lanciai
un'occhiata ilare di sottecchi. Sì, ma per stasera avevo intenzione di
divertirmi a sue spese! In questo modo, magari, avrei fatto ridere pure lui e
quel raro sorriso che mi aveva rivolto una volta, sarebbe riapparso sul suo
volto. Dopotutto, aveva solo bisogno che qualcuno gli rallegrasse un po' la
giornata!
Decisi però che fino a che non saremmo stati soli era meglio starmene zitta o
questa volta mi avrebbe fatto fuori sul serio, e solo per avergli rivolto la
parola in pubblico; così mi limitai ad osservare il posto, per niente
intimidita dalle facce inorridite dei nobili, forse contrari al fatto che, come
i loro servi, io non tenessi lo sguardo basso e sottomesso.
Mi sporsi di lato per guardare Andras in viso e, scorta l'ombra di un sorriso,
mi rimisi al mio posto per poi guardare altezzosa i presenti, come a dire
''Visto? All'imperatore va bene!''.
Raggiunta la base della scalinata che portata ai troni reali, ci fermammo, in
attesa.
E adesso perché ci eravamo fermati?
Rivolsi una rapida occhiata ai demoni intorno a noi, sorridendo fra me e me.
Ora che ci pensavo, un modo per comunicare con Andras senza farmi sentire dai
presenti c'era.
Andras, cosa o chi stiamo aspettando, adesso? Chiesi mentalmente
al demone che avevo davanti.
I miei genitori. Le guardie del perimetro esterno delle mura cittadine mi
hanno riferito che sarebbero arrivati a breve. Rispose, avvolgendo la mia
mente fra gelide spire di ghiaccio.
Rabbrividii. Qualcosa mi diceva che lui non ne era tanto contento. Dio, i
rapporti con i suoi erano tanto critici? Chissà se un giorno mi avrebbe
raccontato qualcosa del suo passato, così che io potessi capire meglio il
perché delle sue azioni e soprattutto aiutarlo a fuoriuscire dal giro di morte
in cui era finito.
Un ulteriore squillo di tromba annunciò l'entrata in scena dei genitori
dell'imperatore che, come il figlio, dimostravano una bellezza ed un'eleganza
innata in ogni loro movimento.
La donna era giovane e non dimostrava più di una quarantina d'anni. Non era
molto alta ma la sua figura veniva messa in risalto da forme e curve femminili
ben proporzionate, che le donavano un fascino tanto ultraterreno quanto letale.
Il viso a cuore era adornato da una cascata di capelli corvini, lisci come la
seta più pregiata.
Da sotto le lunghe ciglia scure, i suoi occhi color smeraldo osservavano, con
superiorità evidente, gli spettatori lì riuniti, rivolgendo rapide occhiate ad
ognuno dei presenti. Sembrava tanto un avvoltoio che squadrava attentamente le
sue prede prima di divorarle.
Osservando l'uomo al fianco della donna, mi resi conto che era davvero simile
al figlio, stessa espressione da signore dei ghiacci e stesso portamento
austero oltre che una somiglianza fisica impressionante.
I due coniugi, dopo che furono annunciati come poco prima era avvenuto per
Damien ed Andras, scesero lentamente i gradini della scalinata, come a farsi
ammirare ulteriormente dai nobili lì raccolti.
Mi accorsi di star trattenendo il fiato solo quando i due arrivarono difronte
al figlio; neanche un'emozione traspariva dai loro imperturbabili volti.
<< Madre. >> salutò Andras duro, esibendosi in un perfetto
baciamano con inchino.
<< Padre. >> continuò freddo, stringendo saldamente la mano al
suddetto. Una dimostrazione di forza, pensai.
Mio Dio, entrambi i reali mettevano una soggezione senza pari! E, notai con
sorpresa, non ero l'unica a soffrirne dato che ogni demone presente in sala
osservava la scena con ansia, quasi aspettandosi che quei tre si scannassero a
vicenda da un momento all'altro. Evidentemente era risaputo che fra il figlio e
i genitori non scorreva buon sangue.
<< Figlio mio, mi è giunta voce che la conquista della Terra sta andando
un po' a rilento rispetto ai tuoi standard precedenti. Devo forse dedurre che
stai perdendo il tuo solito smalto? >> chiese inflessibile il padre del
mio demone.
Spalancai gli occhi. Per la miseria, mi auguro che questo tizio sappia quel che
dice o la sua testa si ritroverà felicemente impalata su di un paletto prima
del dessert.
Allora, mi spinsi di lato per osservare meglio il viso di Andras.
Poteva pure apparire come il dominatore freddo ed impassibile di sempre, ma un
attento osservatore avrebbe subito notato la rabbia che adesso avvolgeva le
pupille dei suoi occhi, velati da leggere e quasi impercettibili sfumature
rosse.
Ohi, ohi paparino. Sei nei guai adesso.
<<
Alla totale conquista del pianeta manca un misero territorio che raggiunge a
malapena i 69.510 km². Ci sono dei
ribelli che fanno resistenza. E padre, non è tecnologia umana quella che usano.
>> spiegò Andras con tono tecnico, quasi fosse una macchina. La frase
poi, conteneva migliaia di sottintesi, come a dire ''In privato vi metterò al
corrente del resto, non ora e soprattutto: non qui, in pubblico''.
Un'ammonizione dura e decisa. Ovvia se si considerava la situazione in cui si
trovavano.
<< Capisco. >> replicò il padre con tono fermo. Orgoglioso fino al
midollo come il figlio.
Sorrisi fiera. Niente e nessuno poteva battere Andras in una conversazione a
viso aperto.
<< Damien caro, è un vero piacere averti qui con noi. Spero che la festa
che ho organizzato in tuo onore sia, fino ad ora, di tuo gradimento. >>
cambiò in fretta discorso la madre di Andras. Il tono mellifluo.
<< Certamente, Neha. Posso confessarvi che questa sera avete un aspetto
ancora più divino, se possibile. >> rispose con garbo il biondo,
replicando il baciamano di Andras. Ruffiano come al solito, pensai divertita.
Neha parve compiaciuta del complimento e ciò mi fece pensare che, dopotutto,
lei e il figlio avevano in comune l'ego spropositato che li caratterizzava.
<< Direi che adesso possiamo iniziare i festeggiamenti, che ne dici
tesoro? >> chiese quindi al figlio, il quale rispose affermativamente con
un cenno del capo.
<< Signori e signore, che il ballo di bentornato per il generale Sinch
abbia inizio! >> disse Andras, alzando il tono di voce ed aprendo leggermente
le braccia, lo sguardo rivolto all'aristocrazia che attendeva silenziosa e
composta al suo cospetto. La quale fece un profondo inchino difronte i reali e
il Sommo generale prima di disperdersi ordinatamente nella sala; chi andava
verso i lunghi banconi disposti ai suoi lati, ricchi di varie leccornie
dall'aspetto più che invitante, chi preferiva sostare nelle terrazze
all'esterno, gustandosi un buon cocktail e chi, invece, preferiva divulgarsi in
chiacchiere e pettegolezzi.
Il clima era mite ed io avrei quasi potuto godermi la serata se non fosse stato
per il braciere che imperversava davanti a me. Andras era inquieto ed anche se
tentava di nascondere la sua rabbia sotto i sui soliti muri protettivi, io
riuscivo perfettamente a percepire il suo tormentato stato d'animo.
Sospirai frustrata. Io dovevo farmi valere, dovevo farlo impazzire stasera ed
invece, per colpa di quei vecchi acidi dei suoi, mi ritrovavo a desiderare
ardentemente che ritornasse il ghiacciolo di sempre. E, ironia della sorte, volevo
essere io e solo io a calmarlo.
Da quando ero diventata così masochista?
Fissai le sue ampie e muscolose spalle che all'improvviso sembravano essere
appesantite da un nuovo ed insopportabile peso. Sembrava così... solo.
Oh, al diavolo le piccole vendette, devo fare qualcosa per lui!
Allungai timidamente una mano, ritraendola subito dopo, preda di
ulteriori dubbi.
Lui mi avrebbe certamente aggredita non appena saremmo stati fuori da soli. Ero
davvero disposta a subirmi la sua ira solo per fargli sbollire la rabbia
rappresa?
All'improvviso vari flashback che avevano noi due come protagonisti si fecero
largo nella mia mente.
Noi due che litigavamo...
I nostri sguardi di fuoco...
I semplici tocchi che poi si erano trasformati in carezze infuocate...
Il mio primo bacio dato nella serra delle rose... ed i baci audaci che ne erano
seguiti...
Strinsi i pugni ed irrigidii la mascella.
No. Non potevo ignorare tutto quello che c'era stato fra noi.
Era... era troppo importante per me, cazzo!
Sollevai, stavolta con decisione, la mano, ponendola poi a palmo aperto a metà
della sua spina dorsale. Lo sentii irrigidirsi.
Andras... possiamo andare fuori in terrazza... da soli? Gli
chiesi mentalmente.
Lui non rispose, semplicemente si limitò a salutare i genitori e Damien,
assicurandogli che sarebbe tornato il prima possibile dopo aver risolto una
certa faccenda. Quindi, si diresse verso una delle portefinestre dai vetri
oscurati, diversamente dalle altre presenti in sala. Con occhio attento però,
constatai che seppur avesse le sue caratteristiche movenze eleganti, queste
erano rese meno incisive dagli inusuali passi pesanti con cui procedeva
spedito. Quasi volesse liberarsi al più presto della presenza opprimente dei
genitori; perché ormai ero sicura che la causa del suo strano comportamento
fossero loro, non c'era altra spiegazione: era cambiato esattamente nel momento
in cui questi ultimi avevano fatto la loro comparsa nell'immenso salone da
ballo.
Oh, Andras, che cosa ti hanno mai fatto per farti arrivare a tal punto?
Oltrepassata la soia della porta-finestra, il demone si diresse, sempre
senza proferire parola, verso delle scale a destra della grande terrazza a
semicerchio, le quali portavano ad uno dei tanti giardini che circondavano il
palazzo.
Lo seguii, chiedendomi in che luogo mi stesse portando dato che io, poco prima,
gli avevo detto di fermarci in terrazza. Probabilmente temeva che qualcuno
degli ospiti comparisse proprio dalla porta-finestra da cui eravamo usciti
noi...
Camminammo fino a raggiungere l'entrata di un bellissimo gazebo, di cui rose
gialle e bianche avevano fatto la loro dimora in un modo che definirei assai
originale. Uno spettacolo magnifico, non c'è che dire.
Scioccamente pensai che quello fosse un gesto romantico da fidanzati novelli,
ma lui non era e non sarebbe mai diventato un tipo da simili comportamenti né
avrebbe mai potuto essere il mio ragazzo.
Dio, da quando ero diventata così smielata?
<< Da piccolo, quando avevo l'opportunità di uscire dall'Accademia,
venivo spesso a giocare qui. >> disse ad un certo punto, gli occhi persi
nel vuoto dei ricordi, assenti.
Mi appoggiai con la schiena ad una delle nove colonne corinzie, sconvolta da
quanto rivelato. Le gambe che minacciavano di cedere.
Lui... mi aveva portata in un luogo importante per lui...
<< E che cosa facevi? >> chiesi in un sussurro, non volendo rompere
la bolla intima che ci aveva avvolti.
<< Ci portavo il mio piroi, ricordo che era molto grande, quasi quanto
me, ed aveva un pelo nero e lucente come la pece. Ma la sua particolarità erano
delle piccole macchie all'apice dell'orecchi sinistro, rare per la sua razza.
>> rispose con l'ombra di un sorriso.
<< Un... piroi? >> chiesi
confusa, piegando la testa di lato.
<< Si tratta di un animale domestico del mio mondo, simile al vostro cane.
>> spiegò, girandosi a guardarmi. Gli occhi pieni di un sentimento che
non riuscivo ad identificare.
Aveva già sbollito la rabbia?
<< Perché mi stai raccontando questo? >> dissi posando lo sguardo
sulle mattonelle azzurro pallido del gazebo.
Un colpo di vento sferzò allora fra i miei capelli, facendoli svolazzare per
qualche secondo nell'aria fresca della notte; mentre alcuni insetti simili alle
lucciole terrestri cominciavano a volare a caso intorno alla costruzione in
marmo bianco e blu.
<< Non lo so... >> cominciò muovendosi nella mia direzione <<
... la cosa ti reca disturbo? >>
Ormai mancava poco e mi avrebbe raggiunta.
<< No, sono solo... sorpresa. Non mi avevi mai detto nulla riguardo il
tuo passato. Nulla di così importante per te. >> dissi rialzando lo
sguardo da terra e puntando gli occhi sulla maestosa figura che ora troneggiava
su di me.
<< Posso sapere in che modo enunci ciò? >> mormorò avvicinando di
poco il suo viso al mio.
<< Dai tuoi occhi. Loro non mi mentono mai. >> sorrisi leggermente.
Si scompigliò i capelli con una mano, sbuffando: << In effetti Iax, il
piroi, è stato il mio primo vero amico. >>
A quella piccola grande confessione mi sciolsi definitivamente, azzerando tutte
le mie difese. E non accorgendomi, in tal modo, della sua mano che si allungava
verso il mio volto e che lui si curò di poggiare delicatamente sulla mia
guancia destra: << Se non sbaglio una volta mi hai detto che ti piacciono
i miei occhi. È ancora così? >>
Deglutii, incapace di mentire ancora: << Sì. >>
<< Bene. >> asserì poco prima di tuffarsi a capofitto sulle mie
labbra, già dischiuse e pronte ad accogliere la sua lingua infuocata dal
desiderio.
Quella magica danza che ormai avevo imparato a riconoscere si fece ben presto
forte e prepotente, passionale e... disperata. Si, lui aveva accettato, seppur
indirettamente, la mia silenziosa offerta d'aiuto.
Allacciai, vogliosa, entrambe le mani al suo collo, passando con frenesia
crescente le mani fra i suoi soffici capelli. Possibile che li avesse sempre
così ribelli? Non si rendeva conto che erano una pericolosa tentazione per le
mie mani che, alla loro sola vista, prudevano impazienti di un nuovo possibile
contatto?
Aumentai ancora il ritmo del bacio, pensando che probabilmente il bastardo lo
sapeva e lo faceva pure apposta. Dopotutto, sarebbe stata una cosa
perfettamente normale per un sadico come lui.
<< Ti ricordo... che io... sono... un'umana... e dovrei... respirare...
per vivere... >> riuscii a dire fra un assalto e l'altro.
Lui si staccò ansante, infiammando il mio basso ventre con una sola seducente
occhiata. Prese poi, una piccola ciocca di capelli rossi, arrotolandosela
diverse volte fra le dita affusolate. Mani da pianista, pensai in un momento di
lucidità.
<< Sei ancora adirato? >> chiesi dopo qualche minuto di silenzio;
una breve pausa interrotta solo dai nostri respiri che, lentamente, si
regolarizzavano in armonia.
Lui distolse lo sguardo dai miei capelli, dicendo: << Non mi piaci con i
capelli raccolti. >>
Alzai gli occhi al cielo, un gesto che notai essere diventato usuale per me in
sua compagnia: << Non hai risposto alla mia domanda. E comunque a me
garbano così. >>
Lui, in tutta risposta, sciolse in un sol colpo il nastro color oro che legava
i miei capelli, facendo così ricadere in morbide onde i miei riccioli.
<< Ehi, mi hai guastato l'acconciatura! >> protestai seccamente.
Lui non rispose, concentrandosi invece sulla ben più che piacevole tortura del
mio collo. Mordicchiò, succhiò e leccò con strana calma e dedizione ogni
singolo lembo di pelle scoperto.
<< Che non ti venga... in mente... di farmi un altro... succhiotto.
>> sospirai di piacere, inondata da un'onda improvvisa di estrema
felicità. Mi sentivo tremendamente bene fra le sue forti braccia... Sentivo che
era quello il mio posto, l'unico in cui avrei voluto essere per l'eternità.
Succhiò avidamente un'ultima volta: << Troppo tardi. >>
Stronzo.
Ti odio. Espressi a mente quella che, ormai, sapevo essere una
perfetta bugia. In realtà... provavo tutt'altro.
Anch'io. E sorrise.
Sorrise come quella volta alla serra delle rose. Incurvò le labbra in quella
dolce e morbida curva, la quale era resa da lui in un modo così speciale ed
unico che, ne ero certa, nessun altro essere vivente avrebbe mai saputo fare
altrettanto. Quel sorriso sincero che per notti avevo sognato e sperato di
poter rivedere e che, adesso, era davanti ai miei occhi. Finalmente.
E la cosa più bella era che lui stava sorridendo a me, quel sorriso
era spuntato sul suo bellissimo viso... grazie a
me!
<< C'è qualcosa che non va? >> domandò facendo scattare in
alto il sopracciglio sinistro.
Scossi la testa divertita, un radioso sorriso adornava ora il mio volto:
<< No, va tutto alla grande direi! >>
Lui sbatté le palpebre più volte, forse dubitando della mia sanità mentale e
sì, forse non aveva poi tutti i torti. Insomma, chi è che salta di gioia dopo
aver ricevuto la conferma di essere odiata?
Ero strana e, molto probabilmente, anche una pazza irrecuperabile ma... lui
aveva sorriso e niente aveva più importanza adesso. O magari, era la curiosa
sensazione che si stesse parlando di un altro sentimento in gioco...
Gli occhi divennero inevitabilmente lucidi. O ancora, ero io che mi facevo
troppe fantasie mentali. Vane speranze che non avrebbero portato altro che
amare delusioni. Ed io, di delusioni, ne avevo avute fin troppe nella mia vita.
Rinunciare quindi al sentimento che stava pian piano sbocciando nel mio cuore
martoriato?
Lo fissai attentamente, il sorriso era scomparso ma nel suo volto aleggiava
ancora un'aria serena e giocosa. Scossi la testa. Ero masochista per natura e
per quanto fosse difficile da ammettere, Andras era quel qualcosa di speciale
di cui mai avrei potuto fare a meno. Era così ed era giusto che se proprio
dovevo soffrire, andare all'infermo o chissà cos'altro, beh... che almeno lo
facessi per lui. Il sacrificio era qualcosa che sarei sempre stata disposta a
compiere per lui. Lui che, con un solo sorriso, riusciva a farmi dimenticare,
seppur per quei pochi istanti, i demoni che da tempo turbavano il mio animo. E
questo per me valeva più della mia stessa vita, più della mia stessa anima.
Perché senza di lui, quella fioca luce che ancora rischiarava a tratti
l'oscurità del mio cuore, si sarebbe spenta per l'eternità. Ma se mai lui
avesse avuto bisogno anche di quella, io ero decisa a dargliela. Avrei
rinunciato anche all'eternità per lui. E questo
era qualcosa che andava ben oltre quel raro sentimento chiamato ''Amore''.
<< No. >> affermò serio il demone, riscuotendomi dai
miei pensieri.
<< Cosa? >> chiesi confusa, non capendo a cosa si riferisse.
Quest'uomo aveva la spiccata dote di cambiare discorso con la stessa facilità
con cui cambiava le proprie mutande. Non stavamo parlando del fatto che mi
odiava? Mi ero forse persa qualcosa?
<< No, non sono più arrabbiato. Credo che la terapia ''Bacia Amia''
funzioni alla perfezione in questi casi, o almeno per quanto mi riguarda.
>> spiegò ironico, facendo però subito dopo una smorfia di
disapprovazione.
<< Che cosa c'è adesso? >> esclamai, il sopracciglio alzato per
l'esasperazione. Mi ero dimenticata che era anche lunatico.
<< Non voglio che altri, a parte me, osino toccare o anche solo sfiorare
le tue labbra. >> rivelò serio in viso, gli occhi scuri e profondi come
la notte più buia. La frase velata da minacce sottintese per colui che avesse
mai disgraziatamente infranto quanto appena detto.
Ah.
Beh... in fin dei conti, qualche speranza ce l'avevo ancora.
ANGOLO AUTRICE:
Bene ragazze, eccoci arrivate a fine capitolo. Complimenti per aver letto anche
questo perché, sul serio, stanno diventando davvero titanici ultimamente. Spero
perlomeno di non avervi annoiate!
Passando agli eventi descritti in questo capitolo, credo che siano stati
abbastanza interessanti, no? Che dite, ho soddisfatto il vostro desiderio di
avere più Andras ed Amia? XD
Oh, ma la punizione che spetta ad Amia mica si è dissolta nel nulla, al momento
giusto Andras rivendicherà il suo diritto. Più come scusa che per altro a dir
la verità, già, ma scusa per cosa? é.é
Ricordate che con me le cose tornano sempre, nulla verrà lasciato al caso. Le
spille che Raina ed Amia hanno comprato al negozio per esempio...
Poi che dire, la faccenda su Iax(il piroi) non è ancora conclusa e vi rivelo
che i genitori di Andras c'entrano sulla sua prematura scomparsa(se notate
Andras parla di lui al passato).
Sulla sua storia c'è da piangere. T.T
Altra cosa, io li odio i genitori di Andras, voi? Vedrete che li odierete di
più in futuro(già nel prossimo capitolo credo).
Infine: ma la scena finale? :3
Io mi sono impegnata tanto per farla venire al meglio possibile, quindi spero
che vi sia piaciuta. Ditemi voi in una, anche piccola, recensione. :)
Insomma, Amia fa sempre più chiarezza su ciò che prova e che è disposta a fare.
Andras ammette chiaramente che vuole essere l'unico a poterla baciare e
toccare, ma testone per com'è pensa che si tratti solo di attrazione e senso di
possesso nei confronti della rossa. Sarà così o c'è dell'altro? *fischietta
innocente*
Il titolo di questo capitolo si riferisce a due cose distinte: per prima cosa
ad Amia che comprende cosa è disposta a sacrificare per Andras, questo credo
che lasci senza parole tutte noi, ahahah. E secondo, alla protagonista che non
riesce a proferire nulla difronte la confessione/minaccia(che volete Andras fa
le cose a modo suo u.u.) del demone. Ok, forse anche quest'ultima ci fa restare
allibite. XD Voglio dire, è già un passo avanti per Andras, no?
Importante!
Inoltre ragazze, volevo informarvi che ho creato un gruppo su facebook per
spoiler, curiosità sulla storia, immagini dei personaggi(sì, ci sono foto anche
di Andras e Damien XD) e la possibilità di farmi qualsiasi domanda(sia
riguardante questa storia che le altre che ho in corso, dato che è un gruppo
firmato col mio nome autrice), sarò felice di rispondervi al più presto in
tutta sincerità, promesso. ;D
Spero che molte di voi facciano richiesta, mi piacerebbe molto conoscervi
meglio, dopotutto siete voi la struttura portante della storia!
- Ecco il link: https://www.facebook.com/efpfanfic#!/groups/609887295711387/?fref=ts
< ---Basta andare sulla mia pagina autrice e cliccare sull'ultimo bottone a
destra oppure fare copia e incolla. :D
Detto questo: ma quanto vi posso amare, eh? Voglio dire, negli scorsi capitoli
ho avuto ben 11 e 13 recensioni! Un vero record per la sottoscritta. *_*
GRAZIE GRAZIE GRAZIE a tutte! <3
Come sempre ringrazio coloro che hanno inserito me fra le autrici preferite: 6.
Le ragazze che hanno messo la storia fra le preferite(23), le ricordate(9) e le
seguite(57). Aumentate di volta in volta ed io non posso che esserne felice.
:')
Grazie anche ai lettori silenziosi. :)
Baci e alla prossima,
vostra Ashwini. :*
Spazio pubblicità:
Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Eternity'' di Ashwini, l'altra mia storia in corso di genere
romantico. Spero ci darete un'occhiata, mi farebbe davvero piacere.
* ''L'armonia del silenzio'' di Luthien_13(nickname unico delle singole
autrici Ashwini e Little Liar_), io e la mia amica saremmo molto
felici se passaste anche qua, insieme ci stiamo impegnando molto e leggere
un'opinione esterna ci aiuterebbe a migliorare.
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito
conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché
davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie'' di Little Liar_, una storia veramente interessante e che
dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella
e ben fatta.
|
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Capitolo 20 *** Capitolo diciannovesimo: Promesse di vendetta. I pensieri di un amico. ***
dddd
Ciao a tutte, ragazze! ^_^
Lo so, ho fatto più tardi del previsto ma... giuro che presto mi
farò perdonare! Scrivere questo capitolo è stato
più difficile del previsto, anche perché ho completamente
stravolto la mia idea iniziale. Non chiedetemi né il come
né il perché di tale gesto, so solo che il mio istinto mi
diceva questo ed io, a conseguenza dei miei princìpi, l'ho
seguito.
Spero che il seguente capitolo vi piaccia.
BUONA LETTURA!
Se ne sentiva attratto più di quanto gli facesse piacere.
(Orgoglio e pregiudizio-Jane
Austen)
CAPITOLO DICIANNOVESIMO: Promesse di vendetta. I pensieri di un amico.
Pov. Amia
Il sole tramontò dolcemente, infiammando il cielo di mille
sfumature, naturali colpi di un pennello divino, che andavano dal rosa
pallido all'arancione, esplodendo infine in un rosso ardente; la cui
linea sfavillante tremulava in una moltitudine di code infinite di
fiamma, che si dimenavano impazzite all'orizzonte.
Le nuvole che poco prima erano ancora di un puro bianco latteo, ora si
erano colorate degli oscuri pigmenti della notte. Notte che faceva il
suo regale ingresso nella volta celeste tramite un lungo tappeto
cosparso di stelle. Alcune piccole e delicate come la punta di una
matita appena temperata, altre luminose come i diamanti di una corona.
Ognuna di esse però, era innegabilmente unica
nell'immensità dell'universo.
La padrona indiscussa di quel manto stellato però, era la luna.
Scomparsa la palla infuocata del sole, essa faceva capolino in tutto il
suo splendore dall'alta catena montuosa che, da dietro, circondava per
metà il palazzo come le braccia di una madre amorevole.
Un fresco ma leggero vento cominciò, allora, a spirare fra le
fronde degli alberi circostanti. I miei capelli, così come il
lungo abito da sera, ne furono sapientemente aspirati; i boccoli
dell'acconciatura ormai disfatta assunsero, quindi, lo stesso movimento
delle onde del mare che si intravedeva ad est della residenza reale.
Sospinta dalla brezza notturna, la massa informe delle piccole lucciole
si spostò verso ovest. Una buona parte di loro prese riparo
all'interno del gazebo, e fu come ritrovarsi dentro un oceano infinito
di corpi celesti.
L'atmosfera, carica della tensione scaturita dalla rivelazione
dell'imperatore, cambiò. Mutò il suo aspetto. E la calma
piatta della notte si fece così largo fra le nostre due figure.
Prendendomi di coraggio, ripresi l'uso della parola: << Credo che
adesso dovremmo andare... i tuoi genitori ti staranno aspettando.
>>
<< Che attendano. >> rispose secco. Una strana luce negli occhi.
<< Allora che facciamo? >> sbuffai.
<< Ho carta bianca? >> chiese sorridendo malizioso.
Risi sarcastica: << Cambierebbe forse qualcosa se dicessi di no? >>
Fece un'alzata di spalle: << La mia è stata una semplice domanda dettata dalla buona educazione. >>
Lo guardai male. Sottendeva, forse, che io ne ero sprovvista?!
<< Se non sbaglio ho ben due possibilità per umiliarti.
>> rifletté con un dito posato sul mento scolpito nel
marmo ed il suo caratteristico ghigno in volto, segno di chissà
quali progetti di tortura.
<< Due? >> chiesi incredula.
<< Sì, oltre ad un'adeguata punizione per
ciò che hai fatto prima sui gradini dello scalone, mi spetta
anche il giusto pagamento per la tua uscita di ieri nella Capitale
dell'Impero. >> spiegò saccente.
Merda, aveva ragione. Presa com'ero dall'euforia per il ricevimento, l'avevo completamente dimenticato.
<< Quindi? >> sbottai inviperita. Se pensava di spaventarmi
con così poco, si sbagliava di grosso. Avrei rispettato i patti
certo, ma con dignità!
Avvicinò, allora, il volto al mio, deviandolo poi vicino
all'orecchio. Mordicchiando con cura quest'ultimo, soffiò
leggero: << Non perdiamoci in inutili discussioni... Amia. Abbiamo poco tempo. >>
Mi morsi con forza il labbro inferiore. Sentire il modo con cui la sua
lingua accarezzava vogliosa il mio nome era... così
terribilmente eccitante...
<< E allora, perché ricordarmelo adesso? >> chiesi
con voce flebile. Gli occhi fissi sulle sue morbide labbra.
<< Perché pretendo che tu agisca nell'immediato quando farò le mie richieste. Obbediente. >> rispose ovvio. Certo, dovevo immaginarlo.
Sospirai seccata. All'improvviso mi era passata la voglia di baciarlo.
Perché farlo poi, se per lui era solo un mero contatto? Non gli
ero indifferente, certo, questo era piuttosto palese ma io, da un po'
di giorni a questa parte, mi ero resa conto di volere di più.
Non sapevo ancora bene cosa e... neanche fino a quando tutto ciò
mi sarebbe bastato. Era per questo che avevo deciso di provocarlo. Era
per questo che cercavo disperatamente di apparire più donna ai
suoi occhi. Ma lui, tutto questo, non sembrava minimamente notarlo.
Ero davvero così priva di significato per lui?
Allora attaccalo, forza. Vendicati del dolore subito. Una voce roca ed oscura invase la mia mente. Metallica.
Girai la testa da tutte le parti con non poco sforzo, provata da
tremende fitte pulsanti alla testa, non scorgendo però nessuno
nei dintorni. Che quella voce che mi aveva appena parlato fosse solo
nella mia testa? No, non era possibile. Solo Andras poteva farlo...
giusto?
Mi portai una mano al petto, confusa. Sentivo un peso opprimente sul cuore. E faceva un male tremendo...
<< Ehi Amia, va tutto bene? >> sentii chiedermi dal demone, il quale mi pose subito dopo una mano sulla spalla.
Mi scostai infastidita. Disgustata quasi. Una rabbia immotivata che
prendeva il posto di quel dolore sconosciuto all'interno del petto.
Bene? Bene?! Dio, mi scoppiava la testa.
<< Non toccarmi! >> urlai furente, chiudendo di scatto gli
occhi a causa di un ulteriore fitta alle tempie. La testa che
cominciava a girare, preda di un vortice oscuro.
Mi misi le mani fra i capelli, sconvolta. Che cosa diamine mi stava accadendo? Perché reagivo il quel modo poi?
Era come se non fossi più padrona del mio stesso corpo.
Sì, perché quella che aveva appena parlato non ero stata
io, qualcun altro l'aveva fatto al mio posto. Ma chi?
Attaccalo sciocca, attaccalo. Sbrigati!
Crollai in ginocchio ansimando. No, no, no. Io non volevo
fargli del male... e quella rabbia che mi sentivo crescere dentro...
non proveniva da me. Le mie emozioni erano come condizionate da un
fattore esterno. Che la causa di ciò fosse il proprietario di
quella stessa voce?
Attaccalo... Attaccalo... Attaccalo. Ed ancora quella voce che ora, spazientita, ripeteva incessantemente quella dannata cantilena.
Non ce la facevo più: il dolore al petto era diventato
insopportabile, e mi sembrava che si stesse espandendo anche in tutto
il resto del corpo. Ormai non lo sentivo più come mio; sembrava
che fossi diventata un'anima che guarda il suo involucro terreno
dall'esterno.
Stavo perdendo il contatto con la realtà. Lo sentivo.
<< Amia, rispondimi cazzo. Dimmi come posso aiutarti! >>
grugnì esasperato Andras, inginocchiandosi dinanzi a me in modo
da scuotermi per bene le spalle. Gli occhi accesi da quella che
riconobbi essere preoccupazione.
Oh... allora di me gliene importata qualcosa... Pensai con un debole sorriso prima di cadere nel buio. Le tenebre avevano ormai invaso la mia mente.
Bene, se non farai tu, di tua spontanea volontà, allora ci penserò io.
Pov. Andras
<< Amia! >> gridai allarmato, vedendola svenire, inerme, fra le mie braccia.
Che cosa accidenti le era successo? Perché stava così
male? Fino a poco tempo fa stava bene, non mostrava certo i sintomi di
ciò che era le appena accaduto... Accidenti... Era tutta colpa
mia, non avrei dovuto permetterle di venire al ballo stasera; non dopo
averla ritrovata priva di sensi in mezzo alla strada solo il giorno
prima. Cazzo!
Per prima cosa è necessario che la riporti nella mia camera da
letto, poi chiamerò nuovamente il medico di corte per visitarla
e poi... cazzo, non lo so. Non mi ero mai preso cura di nessuno per
centinaia d'anni ed adesso guarda come mi sono ridotto: a riflettere su
cosa era meglio fare come una misera mammina che si preoccupa per i
suoi bambini.
Mi sentivo anche in colpa, porca puttana!
La guardai e, trovandola troppo pallida in volto, provai un'inusuale senso d'ansia.
Odiavo sentirmi così, non era da me. Per niente.
Era strano provare tanta preoccupazione per un altro essere vivente,
prima d'allora mi ero solo curato del benessere di me stesso; senza
neanche badare che le mie azioni non si ripercuotessero in peggio sugli
altri. Che motivo ne avevo poi? L'importante era che io dominassi
incontrastato su tutto il mondo conosciuto.
Al diavolo i deboli ed i miserabili. Meritava di sopravvivere solo il più forte.
Questa era l'unica regola, legge morale assoluta, a cui mi ero sottoposto per secoli. Ma adesso...
La fissai ancora una volta, digrignando amaramente i denti.
Prova a morirmi fra le braccia Amia e giuro che, dovessi anche andare
all'inferno, ti riporterò indietro da me. Anche a mani nude se
necessario!
<< Ma che pensieri sdolcinati che fai, mio caro
imperatore... da te proprio non me lo sarei mai aspettato! >>
rise malvagia una voce metallica. Vicina, troppo vicina.
Abbassai lo sguardo, notando con sgomento che era stata Amia a parlare. Che diavolo...
<< Mollami idiota! >> scalciò lei, allentando con
furia la presa con cui poco prima l'avevo stretta a me, ed allentandosi
di qualche passo.
Si schiarì teatralmente la voce per poi dire beffarda ed
ironica: << Calmati tesoro, non sono la tua Amia. O meglio, ho
deciso di prendere possesso del suo bel corpicino per un po', spero non
ti dispiaccia. >>
Strinsi i pugni fino a ficcarmi le unghie nei palmi delle mani,
sentendo poco dopo dei rivoli di sangue che scendevano rapidi fin lungo
le dita per poi cadere al suolo ed infine scoppiare in mille gocce
cremisi.
Chiusi nervosamente gli occhi, riaprendoli subito dopo con uno scatto. Ormai avevano assunto lo stesso colore del sangue.
Riaprii in seguito anche le mani, e lunghi artigli infiammati presero il posto delle comuni unghie.
Con velocità sovrumana presi, poi, Amia per il collo sottile con
una mano, facendo però attenzione a non ferirla con gli artigli.
Tendendola ben ferma, la bloccai saldamente ad un albero nodoso
lì vicino.
<< Chi. Cazzo. Sei? >> sibilai, scandendo velenoso ogni singola parola.
Aumentai i miei sensi da demone, riuscendo così a focalizzare
l'essenza stessa di Amia. Storsi il naso contrariato. La sua anima era
come avvolta a bozzolo da un altro spirito. La intravedevo nitida
attraverso quella intrusa.
Un'anima intrusa che però... spalancai gli occhi sorpreso... le somigliava in un modo impressionante.
<< Notato qualcosa, fustacchione? >> sorrise malvagio quell'essere.
Questa non è un'espressione
che appartiene ad Amia, lei non sarebbe mai capace di distendere i suoi
tratti facciali in un ghigno tanto orribile.
Le stava deturpando il volto il bastardo!
<< Chi cazzo sei? >> ripetei la domanda di poco prima,
infuriato. Era così frustrante non poter fare del male al mio
avversario!
<< Una parente! >> rispose allegro il parassita. Aspetta, aveva detto... ''una''?
<< Sei una sudicia donna? >> chiesi infatti, alzando un sopracciglio.
<< Certo... >> rispose quella offesa << ... e sono
venuta qui per ucciderti! Per vendicarmi finalmente! >>
Avvicinai minaccioso il mio volto al suo, cercando di ignorare chi
fosse la proprietaria del corpo da cui quella voce mi stava parlando.
Perché se lo avessi fatto, non ero sicuro di riuscire a
mantenere intatta la mia caratteristica impassibilità e
freddezza. Di solito, infatti, con Amia ne usavo una ben minore
quantità ultimamente.
<< Parente? A quanto ne so Amia non ha più nessuno. Tutti
i componenti della sua famiglia sono morti. E poi dimmi, per quale
assurdo motivo dovrei crederti, eh? >> sibilai con un ghigno
vittorioso in viso.
Mi credeva forse tanto stupido? Insomma, era abbastanza ovvio che
facessi delle ricerche approfondite su tutti coloro che venivano a
contatto con il sottoscritto, faceva parte della mia sicurezza. Anche
se ammettevo che quelle riguardo Amia, erano state dettate dalla pura e
semplice curiosità.
<< Purtroppo per te, il tempo a mia disposizione sta scadendo,
quindi devo concludere la faccenda in fretta. Mi spiace, ma la nostra
conversazione finisce qua. >> rispose seria, alzando un braccio e
puntandone poi il palmo aperto verso il mio petto. Una chiara minaccia
di morte negli occhi.
Feci una risata sarcastica: << Non so ancora come tu sia riuscita
ad impossessarti del corpo della ragazza, ma parente o no, forse non
sei a conoscenza di un piccolissimo dettaglio: Amia non ha poteri, è un'umana. >>
Quella sorrise furba, come a conoscenza di un segreto tutto suo: << Ne sei sicuro? Guardami allora. >>
Cosa... ?
Mi immobilizzai, sorpreso, quando mi resi conto che la sua mano, la
mano di Amia, aveva iniziato ad irradiare un debole luce color
verde-acqua.
Non era possibile, una cosa del genere era assolutamente assurda! Amia
era una semplice umana, ne ero sicuro! Ma allora, come diavolo era
plausibile tutto ciò?!
<< Magari non riuscirò ad ammazzarti adesso, mia nipote
è ancora troppo debole ma... forse una piccola dimostrazione del
suo potere te la posso dare. >> disse la sconosciuta in tono
macabro.
Ad un certo punto, la luce che scaturiva dalla sua mano aumentò
notevolmente d'intensità. Quasi a farsi accecante. Ma comunque
sopportabile per i miei sviluppati occhi da demone.
Mi allontanai allora da lei, volendo ben vedere fin dove si sarebbe
spinta. Quindi, con espressione superiore, le dissi: << Vediamo
allora. >>
Avevo un'irrefrenabile voglia di scoppiarle a ridere in faccia.
Andiamo, credeva davvero di mettermi paura? A me? Ero l'imperatore di
uno dei tre regni demoniaci in cui si divideva la galassia, un
dominatore universale del mio mondo! Figuriamoci se potevo venir scosso
da uno spirito parassita che aveva bisogno della nipote per agire. A
tal proposito poi, avrei fatto delle accurate ricerche. Ci credevo poco
in realtà, dato che non avevo mai individuato nessun aspetto
estraneo alla naturale natura di Amia; tuttavia avevo imparato che
niente è mai come sembra e la possibilità che la ragazza
avesse un potere sconosciuto dentro di se era davvero... affascinante. Oh, se davvero non era una semplice umana, allora avrei potuto scatenarmi con lei. In tutti i modi.
Una cosa era sicura però: Uram, il demone addetto alle ricerche
personali, era licenziato. Avrei provveduto io stesso ad impartirgli
anche un'adeguata punizione per aver tralasciato un simile dettaglio
sulla vita di Amia.
Quella ragazza era una continua sorpresa, non c'è che dire.
Concentrandomi sulla presunta ''parente'', notai che stava recitando
dei versi in una lingua antica. Mi sembrava di riconoscerla, ma al
momento me ne sfuggiva l'esatto nome. Anche se...
<< Sei una sacerdotessa. >> mormorai più a me stesso
che a lei, trovando finalmente risposta alle mie domande inespresse.
Amia era davvero la discendente diretta di una sacerdotessa? No, non
era possibile. Era nata sulla Terra, cazzo, non nel mio mondo. E poi si
erano praticamente estinte ormai. Certo, sapevo con certezza che alcune
di loro erano sopravvissute al massacro, ma si erano comunque tutte
nascoste, in un esilio volontario, in angoli remoti e sconosciuti della
galassia, questo a causa delle persecuzioni scoppiate qualche secolo
fa. Lì, non nuocendo più a nessuno e ritenute di
conseguenza praticamente innocue, erano state lasciate in pace. Questo
era quanto era stato deciso dai tre membri del Quadro, tra cui anche il
sottoscritto, all'epoca del Concilio di Mistrans.
Contrassi i muscoli ed irrigidii la mascella. Ma certo, quella puttana
poteva benissimo aver fatto reincarnare una sua discendente in un
comune essere umano, in un altro pianeta ben lontano dai miei
possedimenti, così che non ne percepissi in alcun modo il potere
fino all'adeguato risveglio. Con tutte quelle loro dannate pratiche
spirituali, poi, doveva anche esser stato abbastanza semplice: un
banale sacrificio di una di loro distesa su di una lastra di pietra
nera difronte il loro stupido Dio. Legata alla fredda pietra da tutti e
quattro gli arti, immobile. Poi vi erano altre pratiche sanguinose che
portavano alla purificazione del corpo, cosa da loro ritenuta sacra ed
inviolabile per ottenere il diritto di essere sepolte nei sotterranei
di uno dei loro numerosi templi. Usufruivano poi, di vari incantesimi e
preghiere spirituali per arrivare infine alla giusta fuoriuscita di un
frammento dell'anima del soggetto sacrificato. Frammento che veniva da
loro inviato dentro il corpo della loro prescelta per creare
così le cosiddette ''reincarnate''.
Un tempo questa era una pratica molto usata, non solo fra le
sacerdotesse, ma anche da altre specie del mio mondo. Poi era caduta in
disuso, fino ad essere usata solo in casi estremi e, per lo più,
a scopi puramente politici e ritenuti vantaggiosi per il futuro.
C'era quindi da chiedersi il ''perché'' questa presunta
''parente'' l'avesse fatto. Aveva precedentemente rivelato che era qui
per ammazzarmi a scopo vendicativo. Ma, ironia della sorte, non ne
capivo ancora il motivo o forse, semplicemente, mi sfuggiva. E poi, nel
caso si riferisse alle persecuzioni, si doveva anche dire che non ero
stato l'unico ad approvarle. Quindi, se era intelligente, al momento
aveva inviato altre sue sottoposte negli altri due regni in cui si
divideva la galassia. In caso si riferisse ad altro invece, un qualcosa
che riguardava solo me, allora non ne sapevo proprio nulla. Se era
arrivata fino a questo punto però, contattandomi direttamente,
era davvero grosso questo motivo.
Bene, in seguito avrei provveduto ad informarmi anche sul fatto appena
analizzato. Soprattutto se, nei secoli passati, le sacerdotesse
perseguitate avevano avuto contatti con altri individui. Si,
perché non era da escludere che ci fossero dei complici. In casi
come questo era piuttosto raro che si agisse da soli.
Sbuffai infastidito. Non bastavano i miei attuali problemi, no, adesso
dovevo anche riprendere una causa che si era ritenuta morta e sepolta,
maledizione!
<< Te ne sei reso conto, finalmente. >> disse
all'improvviso la donna, che nel frattempo aveva finito di recitare la
litania di poco prima. Dalla sua mano destra, ormai, faceva bella
mostra di se una sfera d'energia di notevoli dimensioni. Spera che,
subito dopo, venne sospinta a gran velocità da un raggio da lei
prodotto, verso di me.
Non mi spostai. Perché farlo poi? Ero di una potenza ben
superiore alla sua e di rischi non ne correvo. Anche in caso contrario
comunque, ero un guerriero, il migliore, e come tale non sarei mai
scappato difronte a niente e nessuno.
Fatti sotto puttana. Le comunicai con il pensiero.
Con grande piacere. Rispose con odio, mentre la sua figura
venne interamente coperta dalla sfera che, durante il percorso, si era
ingrandita ancora di più.
Sollevai un braccio, quasi annoiato, fermando il suo colpo d'energia
con una sola mano. Scagliai, quindi, senza il benché minimo
sforzo, la sfera dal lato opposto al mio, scaraventandola su di un
gruppo abbastanza corposo di alberi che, al solo contatto, presero
subito fuoco.
Osservai per un breve istante lo spettacolo per poi voltare, beffardo,
il viso verso colei che aveva compiuto tale inutile gesto. Deludente, davvero deludente.
<< Andiamo, riprova, magari sarai più fortunata. >> dissi con tono ilare.
Lei in tutta risposta allargò le braccia e, avvolta da una
moltitudine di vortici color zaffiro, si sollevò in aria di
almeno un metro.
Aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo ed immaginai che si
stesse ancora abituando a quel corpo per lei estraneo. Senz'altro
cercava anche di controllare al meglio gli ancora deboli poteri di
Amia. Ma, vedendo che ogni tanto faceva qualche smorfia di
disapprovazione, sorrisi orgoglioso. La ragazzina impertinente a quanto
pare opponeva resistenza a questo spirito che si era introdotto senza
permesso dentro di lei. Purtroppo, però, non disponeva ancora
della forza necessaria per compire un tale sforzo quale era il cacciare
da se un'anima intrusa. Uno spirito che molto probabilmente stava
agendo, dal luogo sconosciuto in cui si trovava il suo reale corpo,
tramite il frammento dell'anima della sua discendente diretta che era
in Amia.
Pensavo con sempre più insistenza che questa donna fosse solo una misera parassita.
La vidi unire le mani in alto e, dopo averle sbattute, un'altra sfera
si formò fra di esse. Stavolta però, usò le mani
per modellarla, trasformandola in un piatto luminoso dai bordi
taglienti che giravano vorticosamente sul nucleo centrale di media
grandezza.
Aprì gli occhi e, con un colpo secco e deciso, mi scagliò
contro anche quell'altra diavoleria. Agile come sempre, la schivai,
sorridendo vittorioso ancora una volta. Il mio sorriso, però,
sparì immediatamente quando vidi che anche la sacerdotessa stava
ghignando. Che cazzo... ?
Un soffio di vento dietro di me mi fece da linea guida ed io riuscii,
appena in tempo, a schivare il piatto d'energia che ritornava indietro,
pronto a tagliarmi in due.
Ah, è un catalizzatore
d'energia spirituale che non si ferma finché non ha raggiunto il
bersaglio impartitogli dal padrone. Riflettei, ammirato. Amavo simili sotterfugi, dopotutto, anche io ne facevo un largo uso in battaglia.
Infatti, ottima osservazione. Rispose secca la sacerdotessa.
Risi fra me e me, divertito dalla situazione, mentre saltavo
abilmente da un ramo all'altro degli alberi. Tutti abbattuti man mano
che il piatto d'energia proseguiva la sua avanzata verso di me.
All'improvviso saltai elegantemente all'indietro per aria, il piatto
che mi passava minaccioso al di sotto. E, approfittando di quella
frazione di secondo a mio vantaggio, mossi con velocità il
polso, facendo fuoriuscire dai miei artigli potenti flussi di energia
demonica color rosso cremisi. Questi ultimi presero in pieno il piatto
vorticante, distruggendolo in mille piccoli frammenti che si dispersero
nell'aria fredda della notte.
Mi passai una mano fra i capelli spettinati e leggermente imperlati
sudore, audace come solo un predatore della mia stazza sapeva essere;
pronto a ridere della prossima diavoleria di quella strega arrogante.
Volsi, quindi, lo sguardo nel luogo in cui prima l'avevo scorta,
trovandomi però davanti la pietosa vista del corpo di Amia che
cadeva miseramente sul suolo erboso in un sonoro tonfo.
Senza neanche riflettere più di tanto sulla mia prossima mossa, la raggiunsi a velocità sovrumana, prendendola nuovamente fra le mie forti braccia. Dio, era diventata così fredda...
Anche stavolta agii senza pensare e, dopo un altro scatto fulmineo,
percorsi a gran velocità il giardino reale. Attanagliato allo
stomaco da uno strano senso d'ansia, mi ritrovai in poco tempo sotto la
porta-finestra della mia camera da letto. E, compiuto un elegante balzo
privo di imprecisioni, atterrai direttamente sull'ampio balcone in
marmo bianco finemente decorato.
Damien, ho avuto un problema. Di' a miei genitori che tarderò al banchetto, che inizino pure senza di me. Comunicai mentalmente al mio amico.
Ho capito. Dove sei? La risposta non si fece attendere.
Nella mia stanza. Fai in modo che vi venga nessuno, voglio essere lasciato solo con Amia. Risposi tecnico.
Ok amico, ma pretendo delle spiegazioni dopo. Chiuse il contatto mentale, stizzito per il fatto di non poter sapere ogni cosa subito.
Sorrisi compiaciuto. Damien aveva ben intuito dal
mio tono autoritario che, anche se avesse chiesto qualcosa adesso, io
lo avrei bellamente ignorato. Che dire, il mio migliore amico mi
conosceva alla perfezione ormai.
Con calma apparente, deposi l'esile corpo di Amia nel mio letto
matrimoniale. E, copertola con una pesante coperta presa da dentro il
baule in fondo al letto, mi adagiai comodamente sulla vicina poltrona
in pelle nera.
Dire che ero furioso era davvero riduttivo.
Ormai era troppo tardi per organizzare qualcosa, meglio non sconvolgere
troppo gli animi stasera. Avrei provveduto ad organizzare una riunione
fuori programma l'indomani stesso. In mattinata. Era meglio discutere
quanto prima del nuovo problema appena sorto. Dopo, avrei contattato
anche gli altri membri del Quadro. Quelle pazze dovevano essere
eliminate.
Rivolsi un'occhiata alla ragazza distesa sul letto. Non c'era neanche
bisogno di chiamare un medico ormai. Sapevo bene cosa le era successo e
potevo anche giurare sul fatto che lei non ne sapesse nulla al
riguardo. Probabilmente, al suo risveglio, non si sarebbe neppure
ricordata di ciò che le era appena accaduto. Meglio, avrei avuto
più tempo per svolgere le mie ricerche.
Mi piegai in avanti, passandomi successivamente una mano sul volto stanco.
Questa ragazza non faceva altro che portarmi problemi su problemi. Il
bello era che, se fosse stata un'altra, non avrei esitato un attimo a
spezzarle il collo con un colpo netto. Invece adesso me ne stavo qui,
preda dei miei demoni interiori, a guardarla dormire.
Almeno sembrava essersi calmata, il respiro le era tornato regolare.
Sospirai frustrato, scompigliandomi ulteriormente i capelli con le mani che vi vagavano con frenesia.
Perché non riuscivo neanche a concepire l'idea di ucciderla?
Perché?
Perché il solo guardarla dormire mi donava una così tanta serenità interiore?
Perché?
Perché desideravo con tanto ardore proteggerla?
Perché?
Pov. Damien
Alzai gli occhi al cielo per l'ennesima volta, da quando avevo chiuso
il contatto mentale con Andras. Oh, se credeva di potermi sfuggire una
volta finita questa maledetta festa, aveva sbagliato soggetto. Avrei
preteso di sapere tutti i minimi dettagli riguardo la faccenda.
Sorrisi malizioso. Ah, chissà quali azioni peccaminose stavano facendo quei due adesso!
Forse si era finalmente deciso a far sua la carotina. Per l'amor del
cielo, erano soli, nella sua stanza da letto aggiungerei, che altro
potevano voler fare?
Insomma, io ne avrei approfittato...
Ghignai, gongolante di gioia fraterna. Anche se cercava di nasconderlo,
si vedeva lontano un miglio che non vedeva l'ora di saltarle addosso.
Di farla sua in tutti i modi fisicamente possibili.
E lei non era certo da meno, lo guardava in un modo così
adorante. Non mi sarei stupito di scoprire che avrebbe fatto qualsiasi
cosa per lui. Ci teneva nonostante tutto quello che lui le faceva
passare, e si vedeva. Perfettamente.
Andras era un personaggio difficile da capire, bisognava interpretarlo,
analizzare con attenzione ogni sua mossa. Negli anni avevo imparato a
non prendere alla leggera nulla di ciò che gli usciva dalla
bocca, perché dietro le sue parole si nascondeva un oceano
infinito di altri mille significati.
Fortunatamente avevo assunto la capacità di trarre sempre il
giusto da quello che diceva; agendo, di conseguenza, esattamente come
desiderava. Il che era molto utile in battaglia, sorprendere a morte i
nemici era ormai diventato il mio passatempo preferito. Il tutto mi
aveva portato alla definitiva fama del demone imprevedibile, quando
invece era più corretto parlare di una grande ed impareggiabile
affinità tra me ed il mio migliore amico. Potevo infatti dire di
conoscerlo alla perfezione, di sapere quali spettri tormentavano da
tempo immemore le sue notti.
Andras dopotutto aveva soltanto bisogno di un àncora ben salda a
cui aggrapparsi, non perché era un debole, certo che no, ma
qualcuno di speciale che sconvolgesse la sua noiosa immortalità,
qualcuno capace di farlo sorridere anche nei momenti più bui gli
ci voleva, disperatamente. O avrebbe rischiato di annegare in quel mare
di sangue nero in cui, per ora, navigava.
Ero suo amico, il fratello che non aveva mai avuto, ed era inutile dire
che gli ero di grande sostegno ma non sarei mai riuscito a colmare quel
profondo vuoto che ancora persisteva nel suo cuore. Era qualcosa che
andava ben oltre le mie capacità, purtroppo.
Ma Amia... sì, ero convinto che lei potesse farcela. Ne aveva tutte le qualità.
Dal primo momento in cui l'avevo vista in compagnia del mio amico mi
ero reso conto che lei era quella giusta per lui. La donna che, per
amor suo, si sarebbe spinta là dove mai nessuno aveva osato
entrare: i sui incubi.
Andras si rifiutava di affrontare i propri
problemi, sia con se stesso che con me, affermando di star benissimo
così com'era;
ma forse la carotina avrebbe saputo tirar le corde giuste. Sicuramente
però, la ragazza aveva un bel lavoro da fare prima di riuscire a
farlo aprire del tutto, perché quel demone era capace di una
cocciutaggine mai vista.
Difficile certo, ma non impossibile.
Approvavo anche una loro possibile relazione, vedere Andras sereno era
una vista davvero appagante, a dir poco rara. Lui, sino ad ora, si era
sempre dotato di una maschera di freddezza tanto radicata che credevo
che mai nessuno sarebbe riuscito a scioglierla dal suo volto. Amia
però, con la sua sola presenza, era arrivata a farlo rilassare
finalmente, a fargli deporre l'ascia di guerra.
Quella benedetta ragazza meritava una medaglia onorifica solo per questo!
Grazie a lei, la speranza che il mio migliore amico uscisse dalle tenebre era riapparsa.
Sbuffai esasperato. Speravo solo che lui riuscisse a capirlo, zuccone com'era.
<< Damien? >> mi sentii chiamare da dietro.
Mi girai, sorridendo come un idiota quando scorsi la formosa figura di
Raina che si stava pian piano avvicinando a me. Un dolce sorriso le
adornava il volto, le guance leggermente arrossate.
Il sorriso mi si allargò in modo impressionate non appena
realizzai che lei si imbarazzava solo ed unicamente a causa mia. Donna
forte o no, avevo la spiccata capacità di farla anche balbettare
a volte. Inutile dire che con lei mi divertivo alla grande, era dotata
di un tale umorismo quella ragazza!
La raggiunsi a grandi falcate. << Sono qui, scusami ma mi sono
dovuto allontanare un attimo. Sono già richiesto? Dopo neanche
due minuti d'assenza? >> le risposi divertito.
Lei annuì, distogliendo lo sguardo dal mio: << La madre di
Andras mi ha mandata a chiamarti, i tuoi genitori sono arrivati in
sala. >>
Feci una smorfia contrariata. << Guardami in faccia quando mi parli. >>
<< Ah... Ecco, sì... sarà meglio andare. >>
replicò evidentemente agitata. Che fosse perché mi ero
avvicinato troppo?
Mi abbassai, in modo da guardarla dritta negli occhi. << Mi piaci
quando arrossisci, significa che ti faccio un certo effetto. >>
<< Come potrebbe essere altrimenti. >> borbottò,
spalancando subito dopo gli occhi e mettendosi entrambe le mani alla
bocca.
<< Se te lo stai chiedendo, sì, l'hai detto ad alta voce.
>> sorrisi malizioso per poi sollevarle il mento con un dito
<< Ehi, mi fa piacere. >>
<< Davvero? >> chiese sorpresa.
<< Certo. Adesso andiamo o perderò il mio posto d'onore
nel cuore dell'imperatrice madre. >> dissi sarcastico e divertito
all'idea di vedere l'impassibile volto di Neha che si contraeva per lo
sdegno.
Anche se era da tempo che mi domandavo se quella donna avesse veramente
un cuore. Il comportamento che assumeva con il figlio era a dir poco
spregevole.
I miei genitori, invece, era decisamente di larghe vedute, moderni ed
affabili, gentili e di buon cuore. Erano l'esatto opposto di Neha e
Nadiel, i genitori di Andras.
In passato, quando ancora io ed il mio migliore amico eravamo bambini,
mi domandavo ingenuamente come potesse essere possibile che un padre ed
una madre odiassero il proprio figlio. Perché era esattamente
questo ciò che sembravano provare nei confronti di Andras: odio.
I miei mi adoravano e, tutt'ora, non mancavano mai di viziarmi in tutti
i modi possibili. Ma la cosa più importante era che mi avevano
sempre riempito di un costante d'affetto, affetto che ad Andras,
invece, era sempre mancato.
Il bambino che era in lui era stato duramente soppresso, sostituito da
un piccolo soldato devoto al suo paese. I giochi che a me non erano mai
mancati a lui, al contrario, non erano neanche mai stati regalati.
Il divertimento che aveva colorato le mie giornate a lui era stato presentato come un freddo allenamento militare.
Ricordo perfettamente il giorno in cui ci siamo parlati per la prima volta, il giorno in cui siamo diventati amici.
Accadde tutto secoli e secoli fa.
Milioni di gocce di pioggia battevano leggere ma insistenti sui vetri delle alte finestre in ottone della sala ricevimenti; ed il loro veloce susseguirsi, provocava il rimbombare nella stanza di rumori brevi e secchi.
Con la pioggia come sottofondo, gli aristocratici presenti nella sala
si allietavano nel parlare di politica mentre le donne, dall'altra
parte della stanza, discutevano con garbo dei nuovi pettegolezzi di
corte.
Tutto era come doveva essere e, d'altronde, come era sempre stato.
Anche la presenza, accanto ad una finestra, di un piccolo bambino in
uniforme militare era più che normale.
I suoi occhi, di un blu impossibile, scrutavano attenti lo spettacolo
messo in scena da madre natura. Ed avendo un'espressione tanto
impassibile, il suo viso risultava fin troppo serio per essere quello
di un bambino che poteva avere sì e no otto anni.
Non si muoveva, se stava semplicemente lì davanti, silenzioso e
con la schiena dritta, in totale armonia con una postura a dir poco
perfetta. Osservandolo, si poteva notare un rigore elegante e severo,
degno del principe ereditario quale era. Sembrava una statua, una
meravigliosa scultura realizzata dal miglior artigiano che, se non
fosse stato per la vista del piccolo petto che si alzava ed abbassava
con regolarità, si sarebbe detta vera.
<< Ciao! >> squillò, pimpante, un bimbo dalla folta capigliatura bionda.
Il moro girò di poco la testa, per poi guardare con severità il suo coetaneo. << È da maleducati presentarsi con un misero ''Ciao''. >>
Il biondo sussultò mortificato. << Mi dispiace, anche mia madre mi rimprovera sempre per questo. >>
<< Faresti bene ad ascoltarla, allora. >> replicò senza scomporsi l'altro bambino.
<< Perdoni la mia imperdonabile
mancanza d'educazione mio principe. Mi presento, il mio nome è
Damien Sinch. Sono il primogenito del Sommo generale dell'Impero di cui
vostro padre è imperatore. >> disse solenne il bambino dai
capelli color dell'oro.
Il moro si voltò di scatto,
scuro in volto. << Ah, quindi sai chi sono. Suppongo che tu,
adesso, voglia fare amicizia col sottoscritto in modo da garantire a
tuo padre i favori del mio. >>
Il piccolo Damien sobbalzò e rispose con ardore, portandosi
anche il pugno chiuso sul cuore, come a voler enfatizzare le proprie
parole: << Certo che no, gli affari di mio padre non mi
riguardano, e poi non sono stato educato in una tale misera maniera,
mio principe. Poco fa, mentre attraversavo questo lato della sala, vi
avevo visto triste e solo, così avevo sperato di poter rialzare
il vostro nobile umore. >>
Il principe fece un mezzo sorriso, divertito dai continui sforzi che il
biondo faceva per sembrare educato ed in tal modo degno della sua
attenzione. Forse l'aveva veramente giudicato male.
<< Non era nelle mie intenzioni essere impertinente Sinch, ma
devi capire che sono abituato ad avere intorno molti arrampicatori
sociali. >> spiegò il moro.
L'altro annuì. << Ne sono consapevole. Comunque, potete
chiamarmi per nome e darmi anche del tu, mio principe. Ci terrei
davvero tanto a diventare un vostro amico. >>
<< Va bene, fai pure lo stesso, Damien. Riguardo al diventare mio
amico... ecco, ci sono molti buoni motivi per cui non dovresti
diventarlo. >> avvertì il principe.
<< Credo proprio che correrò tutti i rischi, Andras. >> sorrise radioso il biondo.
Andras sospirò, rassegnato ed allo stesso tempo appagato da
un'improvvisa felicità; quel bambino era dotato di una
testardaggine che... inaspettatamente, gli piaceva. Sì,
perché confermava che gli sarebbe sempre stato accanto se lui
glielo avrebbe permesso.
I due bambini, inconsapevolmente, avevano appena sancito l'inizio della loro eterna amicizia.
ANGOLO AUTRICE:
Ed eccoci giunti alla fine di quest'altro capitolo care ragazze. :D
Già, adesso starete pensando: ancora altra carne sulla brace?!
La mia risposta è: assolutamente no. è.è
Voglio dire, il fatto che ci sia questo nuovo nemico non è una
cosa che dovrebbe risultarvi nuova, eh no. Se siete state delle
lettrici attente saprete che ciò è legato ad un'altra
cosa già detta in un capitolo passato... Una certa frase, detta
dal comandante supremo della CGE(Edward Price), non vi dice nulla?
(capitolo quindicesimo)
Spero che tutto vi sia risultato ben chiaro, in caso contrario fatemi
pure le vostre domande sulla questione, provvederò quanto prima
a rispondervi(nei limiti del possibile). ;)
Beh, che dire, senz'altro non vi sarete annoiate. O almeno spero... XD
Come sempre, mi sottopongo al vostro utilissimo giudizio!
Un'altra cosa che sicuramente avrete notato e per cui, credo, starete
anche sclerando: il primo pov Damien è finalmente arrivato sotto
i vostri occhi! Spero che vi sia piaciuto ragazze. <3
Purtroppo c'è solo un piccolo scambio di battute con Raina, in
realtà il suo pov mi è servito per ben altre cose. Per un
parere esterno e sull'intera faccenda, ecco. Prometto però che,
presto, ne metterò altri più concentrati sul rapporto con
Raina!
Intanto vi ho fatto questa piccola sorpresa. Ahahahah, chissà
che espressione avevate in viso quando avete visto la scritta ''Pov
Damien''! XD
Infine, abbiamo il flashback sul primo incontro tra Andras e Damien. Che ne pensate?
Ve li immaginate da piccoli? :3
Vi volevo anche chiedere se vi è piaciuto il nuovo banner creato dall'abilissima Jess' Graphic. :D
Importante!
Inoltre ragazze, volevo informarvi
che ho creato un gruppo su facebook per spoiler, curiosità sulla
storia, immagini dei personaggi(sì, ci sono foto anche di Andras
e Damien XD) e la possibilità di farmi qualsiasi domanda(sia
riguardante questa storia che le altre che ho in corso, dato che
è un gruppo firmato col mio nome autrice), sarò felice di
rispondervi al più presto in tutta sincerità, promesso. ;D
Spero che molte di voi facciano
richiesta, mi piacerebbe molto conoscervi meglio, dopotutto siete voi
la struttura portante della storia!
- Ecco il link:
https://www.facebook.com/efpfanfic#!/groups/609887295711387/?fref=ts
<--- Basta andare sulla mia pagina autrice e cliccare sull'ultimo
bottone a destra oppure fare copia e incolla. :D
Detto questo: ma quanto vi posso amare, eh? Voglio dire, anche nello scorso capitolo ho avuto ben 14 recensioni! *_*
GRAZIE GRAZIE GRAZIE a tutte! <3
Come sempre ringrazio coloro che hanno inserito me fra le autrici preferite: 9.
Le ragazze che hanno messo la storia
fra le preferite(29), le ricordate(10) e le seguite(63). Aumentate di
volta in volta ed io non posso che esserne felice. :')
Grazie anche ai lettori silenziosi. :)
Baci e alla prossima,
vostra Ashwini. :*
Spazio pubblicità:
* ''Eternity'' di Ashwini, l'altra mia storia in corso di genere romantico. Spero ci darete un'occhiata, mi farebbe davvero piacere.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1834458&i=1
* ''L'armonia del silenzio'' di Luthien_13(nickname unico delle singole autrici Ashwini e Little Liar_),
io e la mia amica saremmo molto felici se passaste anche qua, insieme
ci stiamo impegnando molto e leggere un'opinione esterna ci aiuterebbe
a migliorare.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1918949&i=1
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie'' di Little Liar_, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta, ve lo posso assicurare.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1930904&i=1
* ''Dream Of A Kiss'' di Damie, un'avventura emozionante che vi catturerà tutte.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1419921
* ''Psicopatici - Jake di Cuori'' di sxds, una storia romantica dalla trama particolare ed originale.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1886355&i=1
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Capitolo 21 *** Capitolo ventesimo: Orgoglio demoniaco. ***
d
Ciao a tutte, ragazze!
Eccomi qui con un nuovo capitolo e... il trailer ufficiale della
storia! Sorpresa! ----> Sotto, nell'angolo autrice, troverete il
link.
Beh... spero vi piaccia. :D
BUONA LETTURA!
****
Le persone orgogliose allevano le pene tristi dentro se stesse.
(Emily Bronte)
Capitolo ventesimo: Orgoglio demoniaco.
Pov. Amia
Mi svegliai di soprassalto, ansimando vergognosamente e piegandomi
stancamente su me stessa. I capelli mi erano, in tal modo, ricaduti con
pesantezza in avanti, nascondendo alla vista il mio volto sconvolto e
madido di sudore. Entrambe le mani, invece, tremavano, arpionando con
forza le profumate lenzuola in seta color panna.
Ancora scossa, portai le mani alla testa, scompigliandomi furiosamente
i capelli; come a voler scacciare via un incubo di cui avevo solo pochi
e fulminanti ricordi. Visioni sfocate e poco chiare continuavano ad
apparirmi davanti agli occhi, confondendomi.
Sussultai quando sentii delle forti braccia avvolgermi ed un corpo caldo e muscoloso appoggiarsi a me.
<< Ssh... è tutto apposto. Sei al sicuro adesso. >>
la voce profonda e seducente di Andras mi arrivò dritta nelle
orecchie, rassicurante come un fresco vento primaverile.
Subito mi rilassai. << Ho vaghi ricordi di ciò che
è successo, ero presente ma... non riuscivo più ad
emergere e... lei mi aveva imprigionata dentro una bolla oscura. Ero
impotente, debole... >>
<< Amia, calmati. Nessuno ti toccherà più, me ne
assicurerò io stesso. >> disse lui senza scomporsi.
<< Come puoi dirlo, come?! Eri presente, se non sbaglio, quando
quella... donna ha preso possesso del mio corpo. Hai detto che sentivi
quando ero in pericolo! La verità è che tu non mi hai
voluta salvare in tempo! >> gridai, irata.
Andras sospirò contro i miei capelli. << Pensi davvero questo? >>
<< Ecco, io... >> ero spaventata, il tono della sua voce
era tagliente, come se si stesse trattenendo dall'urlarmi contro.
<< Rispondimi, Amia! >> disse seccamente, prendendomi il
mento fra due dita ed alzandomelo fino a far incrociare il cielo dei
miei occhi col il mare in tempesta dei suoi.
<< Scusami, ero ancora scossa da... >> mi interruppi, indecisa se continuare o meno << ... tutto. >> finii mordendomi il labbro inferiore.
Il demone fece scattare in alto il sopracciglio destro, mentre l'ombra
di un sorriso gli increspava vagamente le morbide labbra. << E in
quel tutto, includi anche me? >>
Lo fissai intensamente, optando, alla fine, per la cruda verità. << Sì. >>
Lui si alzò dal letto, silenzioso come solo un predatore sapeva
essere, dirigendosi verso la scrivania in ebano in fondo alla stanza.
Sentii il lieve aprirsi e chiudersi di un cassetto, poi i suoi
passi che ritornavano da me. Dopo essersi nuovamente seduto sul grande
letto matrimoniale, mi porse un libro dalla fattura antica,
invitandomi, con sguardo penetrante, ad aprirlo.
Confusa dal perché di tale gesto, osservai il libro che ora
tenevo in grembo tra le mani. Nessun titolo adornava la copertina,
anzi, per la precisione sembrava esserci stato in un tempo passato, ma
adesso apparivano solo dei profondi graffi e vari incisioni al suo
posto. Me ne domandai oziosamente il perché.
Animata dalla mia caratteristica curiosità, feci quanto
suggerito e, aperta delicatamente la copertina, mi ritrovai difronte un
carattere abbastanza spesso di scrittura, svolazzante. Sembrava essere
stato scritto a mano da qualcuno, uno scrivano forse.
Storsi il naso. << È demoniaco antico. Io non lo so leggere. >>
<< Quella che vedi è la copia originale del libro del
potere. Ovviamente è scritto in lingua antica, ma questo non
riserba alcun problema. Te la insegnerò, in modo che tu possa
studiare, ed imparare, ciò che qua viene descritto. >>
spiegò, serio ed autoritario come suo solito.
<< C-Cosa? Perché mai dovresti fare una cosa del
genere? >> chiesi turbata. C'entrava forse quella donna? Colei che
mi aveva definita come sua nipote?
<< Parleremo in seguito di questo. Seguirò personalmente
la tua istruzione alle arti sacerdotali. Avremo modo di passare molto
più tempo insieme d'ora in poi. >> sorrise sghembo. Un
luccichio pericoloso negli occhi color zaffiro.
Bene. Ero fottuta.
Anche se la prospettiva di stare con lui, nel tempo libero, mi eccitava. Terribilmente.
Mmh, le cose si fanno interessanti.
<< La festa? Non dovresti raggiungere Damien ed i tuoi
genitori? >> mi informai, fintamente disinteressata e cambiando
volutamente argomento.
Avvicinò il volto al mio, alitandomi in faccia la risposta. << Non hai fatto la domanda giusta, Amia. Tu vuoi che io resti, qui con te? >>
Se lo volevo?
Armata di coraggio e sfacciataggine, appoggiai le labbra sulle
sue. Delicata e senza spingermi troppo in là, volendo prima
aspettare il suo consenso per poter continuare.
Il demone sorrise sulle mie labbra prima di aumentare il contatto e
piegare, in seguito, la testa in modo da disegnare il contorno di esse
con la punta della sua lingua tentatrice. Passò poi una mano tra
i miei capelli, sciogliendo i nodi e tirandoli indietro con forza,
così che il mio collo diafano gli fosse ben esposto. Contrariata
dal fatto che mi avesse negato un bacio più intimo, cercai di
ribellarmi, ma la stretta tra le ciocche rosse era troppo pressante
perché io potessi oppormi.
Emettendo un primitivo verso gutturale, Andras poggiò avidamente
le labbra sulla vena pulsante del mio collo. Lasciando una lunga serie
di baci, raggiunse la mascella, depositandone anche lì ma
intrattenendosi maggiormente prima di ogni schiocco. Alla bocca si
aggiunse poi anche la lingua e fu proprio in quell'istante che persi
totalmente il controllo di me e del mio corpo.
Non essendo più in grado di intendere e volere, caddi fra le sue mani esperte.
Quando Andras mi lasciò andare i capelli, spingendomi senza
troppi preamboli sul morbido materasso in raso blu notte, non riuscii a
trattenere un gridolino di sorpresa.
Oh. Mio. Dio.
<< Cosa vuoi che faccia adesso, Amia? >> mi chiese in
un sussurro il demone, prendendomi l'orecchio sinistro tra i denti e
tirando leggermente verso di se.
Mi sfuggì un sospiro di piacere. << Baciami. Ora. >>
<< Mi piaci quando prendi l'iniziativa. >> confessò
lui, sorreggendosi sui gomiti per non pesarmi e guardandomi dritta
negli occhi.
Il cielo ed il mare si fusero in un unico, magnifico, essere.
Il mio sguardo si addolcì, rapito dalla sovrannaturale bellezza
dell'uomo che, adesso, mi sovrastava col suo corpo possente. La nera
seta dei suoi capelli incorniciava il suo giovane viso perfetto,
dotando il suo padrone del fascino mortale di un oscuro cavaliere nero.
Le sue labbra carnose erano dischiuse, ed un respiro irregolare usciva
da esse. Gli occhi, invece, erano oscurati da ciò che riconobbi
essere desiderio. Puro e sconvolgente desiderio.
Deglutii eccitata. << Allora? Il mio bacio dov'è? >>
Il mio demone sbatté
più volte le palpebre, sorpreso. << Noto con piacere che
stai diventando sempre più audace, ragazzina. >>
Prendendolo, con entrambe le mani, per il colletto della giacca
militare, lo avvicinai ancora di più a me. << Puoi forse
biasimarmi? >> dissi a denti stretti e dicendo, probabilmente,
più del dovuto.
Impedendo ogni sua possibile replica, mi tuffai a capofitto sulle sue
labbra d'amaranto, non sopportando l'idea di un'ulteriore attesa.
E quando protesi la lingua per toccare la sua, lui decise, saggiamente, di accordarmi quel sublime atto divino.
Esplorai il suo palato con foga, come se fosse l'ultima volta,
baciandolo fino allo sfinimento. Ma... Dio, non ne avevo mai abbastanza
di lui. Mai.
Con gioia, infilai le mani fra i suoi capelli setosi, trattenendolo a
me. Lui, senza smettere di baciarmi, alzò un attimo il bacino,
scostando velocemente il lenzuolo che, fino a poco prima, separava
ancora i nostri corpi accaldati. Adesso, solo i vestiti che indossavamo
impedivano alle nostre pelli di sfiorarsi.
Mentre Andras faceva scorrere, ripetutamente, la mano lungo tutta la
lunghezza della mia gamba destra, alzando in tal modo il lungo abito da
sera fin sopra la coscia, con l'altra mi sfiorava con delicatezza
un fianco.
Senza quasi rendermene conto, inarcai vogliosa la schiena, cercando un
contatto più intimo col corpo possente del mio amante.
Grugnendo, il demone mi prese per entrambi i polsi, assestandoli con un
unico colpo al materasso. << Stiamo esagerando, Amia. >>
Come un fulmine che squarcia un cielo oscurato dalle nubi, le parole di Andras ebbero il potere di farmi riprendere. Oh, Dio. Che stavamo facendo? Che caspita ci era preso?
Ero stata così imprudente, se avessimo continuato... Rabbrividii. Non osavo immaginare cosa sarebbe accaduto.
Donarmi a lui in questo modo era stato un... errore. Sì, un
errore. E allora perché, pur ripetendomelo in testa, non
riuscivo a convincermene?
Ah, cosa c'era di sbagliato in me? Continuavo a voler risalire su
quella pericolosa giostra quale era il demone dagli occhi di ghiaccio,
che mi tormentava la mente ed il cuore. Soprattutto il cuore. Stupido organo traditore che continuava, imperterrito, la sua corsa sfrenata nel mio petto.
Petto che risultava ancora più disonesto nel suo venir ancora scosso dagli spasmi violenti del desiderio.
Per la milionesima volta da quando ero arrivata in quel mondo, mi morsi
il labbro inferiore, arrabbiata con me stessa. Non potevo farci nulla,
il linguaggio del mio stesso corpo mi tradiva, mostrando a tutti quanto
io fossi coinvolta sentimentalmente in quella storia.
L'attrazione, innegabile, fra noi c'era sempre stata, sin dall'inizio
di tutto. Ed il legame che ne era scaturito era ormai indissolubile. O
forse, lo era sempre stato.
Nonostante tutto ciò che era successo, l'avevo capito. Avevo
compreso che allontanarmi da Andras mi era impossibile. Ne sarei uscita
completamente distrutta, altrimenti.
La leggenda delle prescelte, all'inizio, era stata un ottimo calmante
per i miei neuroni. Mi cullavo dicendomi che se non ci fosse stata, io
non avrei mai provato nulla per l'imperatore.
Cazzate. La verità era che mi ero innamorata di lui spontaneamente.
Senza neppure accorgermene avevo intrapreso la via del peccato, amando
ogni suo singolo difetto. Sempre. Perché ogni sua più
piccola sfumatura assumeva un nuovo significato per me. Ogni suo
aspetto diventava migliore ed unico ai miei occhi.
Ignorando il problema per settimane, non avevo fatto altro che stringermi il cappio al collo da sola.
E se ero arrivata a pensare che con Andras l'esagerare non era un
opzione considerabile, allora, potevo dire con assoluta certezza di
amarlo. Era così, punto. Mentire ancora, ignorando la vera
risposta a tutte le mie domande, non avrebbe giovato a niente se non a
scombussolarmi la vita più di quanto già non lo fosse di
suo. E sinceramente, di questo non ne avevo proprio bisogno al momento.
Lo volevo, disperatamente e per varie ragioni. Tutte di una loro notevole importanza.
Forse, però, aveva ragione lui stavolta: avevamo corso troppo.
Il momento giusto sarebbe arrivato - il suo sguardo parlava chiaro - ma
non si sarebbe svolto oggi. Ed io, almeno per una volta, decisi di essere d'accordo con lui.
Annuii. << Andiamo nella mia camera, allora? >> chiesi, speranzosa e con un'idea ben precisa in mente.
Gli occhi di Andras si ridussero a due fessure. << Per quale assurdo motivo dovremmo farlo? Qua si sta meglio. >>
Sbuffando, alzai gli occhi al cielo: certe volte sembrava proprio un
bambino capriccioso. << Prometto che non te ne
pentirai. >> assicurai convinta.
Lui sembrò soppesare la mia risposta per un attimo, per poi
dire: << Tu stai tramando qualcosa, te lo si legge negli
occhi. >>
Avvampai. Ma era mai possibile che non riuscissi a nascondergli nulla?
<< Perfetto. Vuol dire che farò vedere questa cosa a Damien. >> buttai lì con nonchalance, nascondendo un sorriso di vendetta.
L'effetto della mia risposta fu più che immediato. <<
Vogliamo andare? Prima mi fai vedere questa cosa e prima potremo
tornarcene qui.>> asserì Andras, alzandosi con uno scatto
da sopra di me e porgendomi anche una mano per aiutarmi a
scendere dal letto; forse temendo che avessi qualche capogiro che
però, fortunatamente, non avvenne.
Scossi la testa, divertita. Quanto è vero che per saper prendere le persone, bisogna prima conoscerle a fondo.
<< Perché ridi? >> domandò il demone, risentito.
Risi di cuore, immaginando che pensasse che ridessi di lui. Il che, in parte, era vero.
Gli sorrisi. << Non è nulla, lascia stare. Vieni. >> risposi, prendendolo per mano.
Lui non obbiettò per quel nuovo contatto fra noi, e di questo
gliene fui segretamente grata. Perché era proprio ciò di
cui avevo più bisogno: qualcosa che mi dimostrasse quanto noi
fossimo interamente connessi.
Uscita dalla sontuosa camera da letto del demone che mi camminava
silenziosamente accanto, non potei fare a meno di chiedermi a cosa
diavolo stesse pensando. Odiavo questo suo ostentato mutismo. Odiavo
non sapere cosa gli frullava per la testa, accidenti!
Rivolsi una rapida occhiata alle nostre mani intrecciate per poi
cercare, invano, di divincolare la mia mano dalla sua. Invano
perché, a questa mia mossa, la sua stretta si fece ancora
più ferrea e risoluta.
No, decisamente non stava pensando che gli desse fastidio il tenermi per mano. Ma allora, cosa?!
Mi morsi l'interno guancia, in un disperato tentativo di tenere a freno
la lingua. Era meglio non peggiorargli l'umore, non prima che avesse
visto il mio regalo per lui, almeno.
Arrivati difronte la porta della mia umile stanza, si curò lui di aprirla, dato che io avevo la mano destra ancora piacevolmente
impegnata. Dopo che l'ebbe anche chiusa tramite la chiave di scorta
appoggiata sopra un mobile in legno lì accanto, mi lasciò
la mano, andandosi a sedere sulla morbida trapunta blu del mio letto.
Gongolai soddisfatta quando lo vidi incrociare le forti braccia muscolose al petto, in trepidante attesa.
<< Non vedi l'ora di ricevere il tuo regalo, eh? >> gli sorrisi complice.
Lui, come previsto, parve ridestarsi dal suo sogno ad occhi aperti. << Il mio
regalo? Vuoi dire che la cosa di cui mi parlavi prima è sempre
stata mia? >> mi sembrava sorpreso, ma se quello fosse un segnale
positivo o negativo non mi era possibile saperlo. Il tono per nulla
seccato che aveva usato però, mi incoraggiò a parlare.
<< Certo. >> risposi con un'alzata di spalle.
<< Allora mi hai mentito, dicendo che l'avresti fatta vedere a
Damien. >> non era una domanda, ma una semplice constatazione.
Ancora una volta, il suo volto appariva calmo e rilassato. Quasi
appagato.
<< Ho solo puntato sulla tattica della gelosia. >> dissi
con nonchalance, rendendomi conto solo dopo di aver osato troppo.
Ebbi appena il tempo di sbattere le palpebre degli occhi che me lo
ritrovai, in tutto il suo splendore, ad un palmo dal naso. << Io
non sono geloso. >> disse a denti stretti. Le labbra piegate in
una linea dura come l'acciaio.
Roteai gli occhi al cielo, esasperata: non poteva di certo nascondere l'evidenza, adesso!
Senza dire una parola in sua risposta, mi diressi verso l'armadio in
legno d'acero in fondo alla stanza e, frugando fra i cassetti, ne
estrassi fuori un piccolo pacchetto color lavanda. Stessa
tonalità di cui erano dotate le pagliuzze intorno alle sue
pupille.
Mordendomi il labbro inferiore, me ne ritornai poi dal demone, rigida ed ansiosa. Speriamo solo che il mio regalo gli piaccia.
<< Tieni. >> mormorai senza guardarlo; allungandogli, timidamente, l'oggetto che tenevo fra le mani.
Bene, era arrivato il momento della verità. E, dopotutto, il
peggio che poteva capitarmi era che mi scoppiasse a ridere in faccia.
Avrebbe fatto male ma, dopo lunghe meditazioni, ero pronta anche a
quello. O almeno, lo speravo.
Stringendomi nelle spalle, aspettai che il lieve suono della carta strappata cessasse.
Uno, due minuti d'attesa. Poi il silenzio.
Lo guardai, percependo distintamente una goccia di sudore che mi
percorreva la tempia pulsante, scivolando giù fino in fondo al
collo del maglione che indossavo.
Deglutii rumorosamente. << Allora, che ne dici? Ti piace? >> ebbi la forza di chiedere.
Dopo un tempo che a me parve infinito, lo vidi alzare gli occhi dalla
scatolina in velluto blu che conteneva il gioiello. << Mi hai
regalato una spilla, la cui pietra è dello stesso colore dei
miei occhi. Perché? >>
Feci un respiro profondo. << Quando combatti, che sia una
battaglia fisica o psicologica, la forza immane del tuo essere un
dominatore di mondi viene messa a nudo grazie alle incredibili
capacità ipnotiche delle tue iridi rosso cremisi. Grazie ad
esse, riesci a mantenere un controllo costante e duraturo su ogni cosa
e persona che ti circondi, compreso il tuo essere. Ma ciò che ne
traspare è solo l'uso, quasi urgente, di un espediente tramite
il quale mantenere il tuo stesso equilibrio interno. Come se l'usare
quel potere fosse l'unico modo per sopportare il peso che ti porti
dentro. Come se tu dovessi dimostrare chi sei persino a te
stesso. >> gli accarezzai una guancia con il dorso della mano,
ripetutamente << Quello che non comprendi è che i tuoi
occhi sono splendidi così come sono, credimi, ed emanano
perfettamente l'indole coraggiosa e decisa che ti caratterizza. Ti ho
fatto dono di questo gioiello proprio per tale motivo: volevo che,
semplicemente guardandolo, ti ricordassi che nonostante tutto vai bene
così come sei. Forse non te ne rendi conto, ma sono quegli occhi
che spesso tendi a nascondere, il tuo aspetto migliore. Perché,
appunto, emanano sicurezza e protezione contro ogni intemperia. Un
conforto che usi contro te stesso quando, invece, dovresti condividerlo
con il resto del mondo. >> Con me.
Terminato il mio discorso, Andras pose la sua mano sopra la mia,
fermandone il movimento. << Vanti un animo senza paura quando
invece ciò che più brami è l'essere custodita
gelosamente da qualcuno. >> sussurrò, assorto in
chissà quali pensieri. Sì, da te.
A quell'affermazione, trattenni con forza l'impulso d'abbracciarlo
e, silenziosa come una notte d'inverno, presi la spilla adagiata dentro
il piccolo cofanetto tra le sue mani. Con cura, gliela appuntai
esattamente dove batteva cuore e, spiegata un po' la stoffa della
giacca militare, osservai con un debole sorriso il lavoro compiuto.
Perfetto.
<< È sorprendente questa tua capacità di leggermi dentro. >> dissi dopo qualche istante d'indecisione.
<< Potrei dire lo stesso. >> rispose a denti stretti, come se il solo ammetterlo fosse causa di vergogna.
Sorrisi amara. << E questo ti dà fastidio. >> constatai, dura. Anche se, dopotutto, me l'aspettavo.
Con gli occhi gelidi e persi nel vuoto, lo vidi allontanarsi da me a
passi lenti e misurati: la solita, perfetta, camminata elegante. Ormai
credevo che niente al mondo avrebbe mai potuto realmente scalfire il
suo animo a tal punto da radere al suolo quella sua tanto ostinata
impassibilità. Più volte ero riuscita nell'impresa di
farlo cadere in un minimo, importante, cedimento, certo, ma la mia
attuale abilità si fermava qui. Purtroppo.
Andras fece qualche altro passo, fino a fermarsi definitivamente
davanti l'unica finestra della camera. Dal cui vetro entravano i
primi, deboli, raggi del sole all'alba.
La stanza, illuminata soltanto da una piccola lampada posta sul
comodino accanto al letto, risultava relativamente buia. Al che, quei
confortevoli spiragli di luce, giocavano come impazziti sul volto
turbato del demone dagli occhi di ghiaccio. Ed era come se, adesso, vi
fossero delle misteriose creature marine che si muovevano palpitanti
dentro il suo sguardo così simile alle profondità
più remote dell'oceano.
Oh, Andras...
Un leggero tremore al labbro inferiore mi accompagnò,
infelice, alla porta in legno d'acero del bagno: arrivata a questo
punto era meglio conservare almeno quel briciolo di dignità che
mi era rimasto.
Poggiai, stancamente, una mano sulla maniglia in ottone, sentendola
lontana al contatto. Sospirai. Ora come ora, l'unica cosa che mi
avrebbe risollevato un po' il morale era un buon bagno ristoratore
con schiuma e bollicine comprese.
<< Sono esausta, Andras. Ti dispiacerebbe andare, adesso? Tanto
non credo che tu abbia altro da aggiungere. >> asserii, fredda.
Se lui voleva l'indifferenza allora l'avrebbe avuta. Non era di certo
l'unico qui che si era esposto all'altro. Ero disposta a compiere molti
passi in sua direzione, per trovare un qualsiasi punto d'incontro, ma
se lui non collaborava era inutile continuare questa farsa.
I miei lunghi capelli si mossero, sospinti da un leggero quanto
sovrannaturale colpo d'aria. Una mano dalla presa forte e decisa si
impossessò, subito dopo, del mio avambraccio; facendo, in tal
modo, ruotare velocemente il mio corpo verso il proprio padrone. Il cui
spirito bellico sembrava sgorgare, impazzito, dai suoi occhi.
<< Lasciami. >>
Rabbia mista ad una nuova consapevolezza.
Seppur, a modo suo, dimostri di tenere a me, non è ancora abbastanza.
<< Questo tuo comportamento sta superando l'infantile,
Amia. Smettila di comportarti come una bambina capricciosa, adesso. Per
cosa, poi? >>
Ordine e dura imposizione.
Indifferenza e dolorosa repressione.
Perché? Io desidero solo stargli accanto e lui mi ripaga così?
Adesso, basta.
<< Non so se tu finga di non capire o non capisca davvero,
Andras. Ma sai una cosa? Non importa più. Non ora che ho
compreso di essere stanca. Stanca della tua continua
indifferenza, stanca di essere salvata da te che, fino ad ora, non hai
fatto altro che strapparmi al mio pianeta, per... cosa
esattamente? Sfruttarmi per l'eternità? Sfogare i tuoi bisogni?
O forse per poter continuare quel gioco d'umiliazione da te per me
intrapreso, eh? >> domandai, cavalcando l'onda del risentimento.
<< Se lo desideri così tanto, rinchiuditi pure tra quelle
fredde mura che tu stesso hai eretto intorno a
te. Fallo e continua per la tua strada. Ma da solo.
Perché non puoi di certo pretendere
che, per i tuoi stupidi scopi egoistici, qualcuno venga a salvarti
dalla tua solitudine rinunciando per sempre alla sua corsa verso la
felicità quando tu stesso lo respingi per orgoglio. Orgoglio!
>> continuai, stringendo con fermezza le braccia ai fianchi.
<< È giunto il momento di prendere una decisione. Quindi, scegli. O sii
disposto a farti da parte. >> dissi con tono severo. Il mento alzato come simbolo di pericolosa serietà.
Il demone corrugò la fronte ed una piccola ruga gli si
formò, di conseguenza, in mezzo alle sopracciglia corrucciate.
<< E con questo dove vorresti arrivare? >>
<< Che se
tu ti intestardirai a scegliere ancora una volta l'orgoglio, io
rinuncerò, Andras. Rinuncerò a te e a tutto ciò
che è stato. Ma per sempre, stavolta. >>
***
ANGOLO AUTRICE:
Ehm... ciao. XD
Innanzitutto, vi do il link del trailer(cliccate sulle parole in rosso): Il Dominatore del Mondo - Trailer
Okay, con questo finale sono stata a dir poco cattiva ma, ehi, sfido
chiunque a dirmi che non è una frase ad effetto. Insomma, vi sto
facendo sclerare abbastanza o devo fare ancora del mio peggio?
Non credo che ci sia una parte noiosa in tutto il capitolo ma, come
sempre, mi attendo al vostro utilissimo giudizio. Io mi sono davvero
impegnata per farvi interessare ad ogni singola questione trattata
poi...
Ma ditemi, qual'è stata la parte che vi è piaciuta di più? E perché? Sono tanto curiosa di saperlo!
Comunque... speravate che, all'inizio del capitolo, quei due ci dessero dentro fino in fondo, vero? Ahahahah, povere illuse!
Però posso dirvi che ci arriveremo molto presto. Sono indecisa
se mettere LA scena nel prossimo capitolo o nel successivo ancora...
mmh... *ci pensa*
Come sempre, ringrazio con tutto il
cuore coloro che si premurano sempre di recensire con passione e
dedizione. Siete davvero fantastiche ragazze!
Un GRAZIE enorme va anche a tutte le
ragazze che mi hanno inserita fra le autrici preferite(10) ed a quelle
che hanno messo la storia fra le: seguite(66), ricordate(12)
e preferite(30). <3
Grazie anche alle lettrici silenziose, spero che il capitolo sia piaciuto anche a voi, care ragazze!
*Come ultimo punto, ci terrei a ringraziare la bravissima ragazza che
mi ha realizzato il trailer della storia: l'amministratrice della
pagina fecebook ''La vida es un Carnaval''(link:
https://www.facebook.com/pages/La-vida-es-un-Carnaval/391574604237473?ref=ts&fref=ts).
Se avete qualche richiesta video da fare, rivolgetevi a lei, vi
assicuro che non ve ne pentirete. ;)
Baci e alla prossima,
vostra Ashwini.
Spazio pubblicità:
* ''Eternity'' di Ashwini, l'altra mia storia in corso di genere romantico. Spero ci darete un'occhiata, mi farebbe davvero piacere.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1834458&i=1
* ''L'armonia del silenzio'' di Luthien_13(nickname unico delle singole autrici Ashwini e Little Liar_),
io e la mia amica saremmo molto felici se passaste anche qua, insieme
ci stiamo impegnando molto e leggere un'opinione esterna ci aiuterebbe
a migliorare.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1918949&i=1
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie'' di Little Liar_, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''The Chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta, ve lo posso assicurare.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1930904&i=1
* ''Dream Of A Kiss'' di Damie, un'avventura emozionante che vi catturerà tutte.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1419921
* ''Psicopatici - Jake di Cuori'' di sxds, una storia romantica dalla trama particolare ed originale.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1886355&i=1
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Capitolo 22 *** Capitolo ventunesimo: Trasportati alla deriva. ***
ANDRAS 2.0
Ogni parola, per quanto sincera, è pur sempre una citazione.
Non ci appartiene del tutto.
È stata già pensata, scritta, pronunciata, e ascoltata da qualcuno prima di noi.
I silenzi, invece, non li puoi citare.
Ogni silenzio è unico. Appartiene esclusivamente a chi lo vive.
Ecco perché posso dirtelo a parole, ma devo spiegartelo in silenzio.
Capitolo ventunesimo: Trasportati alla deriva.
Pov. Amia
Una goccia di pioggia si infranse, improvvisa ed
inattesa, sul davanzale esterno della finestra. In quel lugubre e
minaccioso silenzio in cui era calata la stanza, lo scoppio in mille
frammenti d'acqua della piccola goccia solitaria, arrivò alle
mie orecchie deciso e distante allo stesso tempo. I timpani crudelmente
feriti delle mie orecchie assimilarono, senza reale interesse, quel
fragile e rimbombante rumore salato. Il quale, risucchiato dalla
mia stessa mente vuota e sola, risultava, apparentemente, consolatorio.
Era come se la natura mi stesse dando prova della sua
solidarietà. Solidarietà che, però, veniva resa
dal mio cuore martoriato come un atto terribilmente derisorio.
La pena della lacrima del cielo era sorda al dolore del cuore. Insensibile al mio animo in lutto.
Una cruenta battaglia interiore vi era poi, tra il dover restare
lì - ad attendere ancora una risposta che non sembrava voler
arrivare - ed il fuggire via - scappando, in tal modo, da una sempre
più prossima realtà. Il futuro non mi era ma apparso
più incerto ed instabile.
Riflettendo, constatai che l'allontanarsi dal freddo gelo del nord che
aleggiava, persistente, fra le spire delle brezze invernali di un cuore
lontano da demone, mi era impossibile, contrariamente a quella minima
parte di me che lo desiderava per proteggersi da ulteriori ferite.
Probabilmente, però, non ci sarei riuscita nemmeno volendolo. Il
perché era facile, e quasi scontato, da immaginare: lo amavo.
Ed amare, per me, significava sancire un patto stabile fra
i cardini in pietra divina che collegavano le due sponde opposte di un
ponte eterno dall'aspetto etereo. Un ponte che, adesso, si presentava
ai miei chiari occhi da cerbiatta come un'unica certezza. Segno che,
fortunatamente, possedevo ancora un qualcosa di reale a cui aggrapparmi: il mio amore per lui.
Una pazzia? Forse. Ma ne valeva la pena, dopotutto. Fu per questo che,
alla fine, dopo svariati minuti d'attesa, domandai: << Andras, io
sto aspettando. E da tempo ormai. Hai una risposta per me, oppure no?
>>
Un'ultima possibilità.
Il demone, sovrano di quel mondo sovrannaturale in cui ero piombata
settimane fa, mi fissava ora come prima. Sempre intrappolato fra le
onde di pensieri persi in quell'oceano di quarzi blu quali erano le
profondità marine dei suoi occhi. Sembrava non volersene
distaccare, come se ciò gli si fosse radicato della mente come
un atto strettamente necessario per la sua sopravvivenza al potere.
Ridicolo.
Oppure... che stia, al contrario, davvero valutando tutte le possibili soluzioni al problema posto dalla mia domanda?
Che poi, era davvero tanto complicato rispondere per lui?
Beh, riguardo quest'ultimo punto, c'era anche da considerare che quel
suo stile di vita odierno era nato e maturato dentro di lui per anni e
anni senza la minima interferenza. Quindi, in un certo senso, era
più che normale che lui, adesso, reagisse in un modo tanto
remissivo. Proteggendosi fino all'ultimo secondo dietro le sue
invalicabili mura d'acciaio.
Fare come se nulla fosse accaduto, quindi? Ignorare ancora una volta il problema?
No, non sarei andata da nessuna parte. E questo l'avevo già
appurato in precedenza, raggiungendo tante di quelle volte la linea di
partenza da aver avuto, appunto, l'esigenza di quell'ultima domanda.
Quel tragico confine che si frapponeva fra me e lui.
Strinsi i pugni, rigida nel rimembrare gli altri tentativi del passato.
Seduzione. Sciocca tattica fallita miseramente ben prima di quanto mi aspettassi.
Provocare il suo orgoglio.
Banale e servito ancor meno: lui aveva alle spalle troppa esperienza in
questo campo, mentre io vi ero nuova, una novellina addirittura.
Arrivata a questo punto, qualunque altra donna si sarebbe arresa
all'evidenza dei fatti, avendo più che ragione a lasciar perdere
una volta per tutte quell'esemplare di maschio dominante. Magari,
puntando subito gli occhi su ben altra merce più alla sua
portata.
Le pupille mi si dilatarono, rapide. Che sia giunto anche per me il momento di lasciar perdere definitivamente? Di lasciarlo... andare?
<< Ho capito. Non c'è bisogno che tu aggiunga altro.
>> mormorai con un familiare pizzichino agli occhi. Ma no, non
avrei pianto, non adesso, non davanti a lui. Avrei lasciato la stanza, lui, con dignità. Sì, io... lo avrei... fatto.
<< Amia... >> disse atono, assente quasi.
<< Quella donna aveva ragione! E tu... tu... >> quasi strillai, senza ritegno, mentre il risentimento ed il dolore, possedevano le mie membra << ... sei un mostro, anche peggiore di lei! Io... >>
Sto davvero per dirlo?
<< ... ti odio! >>
Un tuono squarciò
l'aria, dando inizio ad un funesto temporale dalla furia divampante: la
solitaria goccia di prima, non era altro se non il preludio di
ciò.
La pioggia che imperversava fece da sedativo, tant'è che la vita sembrò rianimare l'imperatore dal suo coma.
<< Stai mentendo, su tutto.
>> sussurrò lui in risposta. La testa, ora, leggermente
inclinata all'indietro a scoprire un collo robusto dalla pelle
diafana. Simbolo che, ancora, non era presente in tutto e per
tutto.
Il mio centro emotivo vacillò ulteriormente. << Che
c'è, Andras, la verità fa male? >> risi ironica per
cercare di mascherare la ferita scaturita dalla consapevolezza che una
cosa del genere fosse impossibile.
Lui, di colpo, reclinò il capo in avanti, facendo sì che
scure ciocche di capelli gli ricadessero sopra gli occhi blu. <<
Tu ci tieni a me. >>
affermò sicuro di se con una voce tanto profonda e
tonante da oscurare il temporale. << O non avresti tentato,
seppur con scarsi risultati, di ribellarti alla tua antenata per
proteggermi. >>
Sussultai impercettibilmente, colpita. << Volevo ritornare
padrona del mio corpo, solo questo, nient'altro. >> mentii.
Il suo sguardo, ora di un blu sfavillante di potere, planò
rapido su di me. << Oh, ma certo. Vogliamo parlare, allora, dei
tuoi continui sguardi? Credevi, forse, che non mi fossi ancora accorto di come, da un po' di tempo, mi guardi? >>
Quella risposta rimbombò fra le pareti del mio subconscio
per svariati secondi, poi, osservando che le creature d'ombra che poco
prima vagavano nel suo sguardo avevano improvvisamente cessato
d'esistere, segno che ormai era del tutto lucido, dissi acida:
<< Sono attratta dal tuo corpo, ma credevo che questo ti fosse
già ovvio. >>
Mi prese per il polso, strattonandomi con forza contro il suo petto marmoreo. << Dillo guardandomi negli occhi. >>
Sorpresa ancora una volta dalle crude osservazioni dei suoi occhi di
falco, risposi: << Stai cambiando discorso, ora sei tu che vuoi
fuggire da ciò che senti per me? >>
<< La tua domanda ed i tuoi sentimenti sono correlati, e tu lo
sai. Inoltre, io non sento nulla per te, te l'ho già detto mi
pare. C'è solo attrazione da parte mia. >> esclamò lui, piccato.
Al suono delle sue ultime parole, la mia anima si agitò,
bruciante, dentro di me, tanto che per liberarmi di quel orrido sentore
di rottura, credetti di doverla vomitare.
<< Vuoi che io risponda sinceramente alla tua constatazione?
>> dissi, allora, asciutta. Lui annuì, esasperato.
<< Bene, lo farò. Ma prima rispondi tu alla mia domanda. >> continuai, irremovibile e con ancora un vago senso di delusione per le sue dure parole.
Seppur fuori piovesse il gelo del cielo, qui, dentro la stanza, la
furia dello scontro di due fuochi era tale che fece subito alzare la
temperatura. L'uno ben deciso a non cedere alla provocazione, l'altro
altrettanto indisposto a perdere posizione.
Sembrano passare secoli di scintille minacciose, prima che la voce
profonda ed autoritaria di Andras, rispondesse. << Non
perderò mai il mio orgoglio. Sono cresciuto in modo tale che sia così. Sono stato addestrato a non cedere difronte a nulla,perseverando nelle mie decisioni. Sono nato per dominare e sottomettere ogni cosa su cui si posasse il mio sguardo. >>
Una sua mano si posò delicata sopra la mia guancia destra mentre
l'altra lasciò andare il polso per andare a stringere possessiva
il mio fianco sinistro. << Ma un buon sovrano deve anche saper
scegliere tra cosa è giusto e cosa è necessario.
>>
Le sue labbra d'amaranto si posarono lievi sulla mia fronte per poi
staccarsi in modo che gli occhi di un blu elettrico incontrassero i
miei color zaffiro. << Scelgo te, Amia, perché al momento ciò che più mi è necessario sei tu. >>
I suoi occhi, incorniciati da quell'intricato disegno di ciocche di
tenebra, riflettevano ciò che non era stato detto meglio di
quanto avrebbero potuto fare le semplici parole.
E cos'erano, poi, queste ultime difronte la verità riflessa
dallo specchio dell'anima di colui che si riteneva immobile nel tempo
ai mutamenti dei sentimenti?
Non mi aveva detto che mi amava. In realtà, non aveva proprio
accennato a nessun possibile sentimento nei miei confronti. Tramite le parole.
Ma aveva dimostrato di tenere a me nel modo più unico possibile. Mi aveva trasmesso se stesso attraverso ciò che più amavo di lui: gli occhi.
Sorrisi, quindi, come mai avevo fatto nella mia vita. Curvai le labbra
in quella piacevole piega tanto amata da mia madre. Esternai, nel
pratico uso dei muscoli facciali, la gioia più pura.
Era forse questa la felicità?
Gli presi il volto fra le mani ancora tremanti. << Non ti odio,
Andras. E come potrei, dopo tutto quello che è accaduto fin'ora?
>>
Lui mi strinse a se e, facendo scontrare i nostri bacini, disse: << Non dopo tutto ciò che è stato. Ma dopo tutto quello che accadrà. >>
Come richiamato dalle sue parole, un raggio di sole entrò
timidamente dalla finestra gelata, oltrepassando il sottile strato di
vetro e gettandosi in un turbinio di riflessi colorati nel piccolo
specchio quadrato appeso al muro opposto. I quali, benevoli, mi
rimbalzarono sugli strati scoperti di pelle del viso e del collo,
donando un'incredibile sensazione di sicurezza e conforto ai nervi che
subito si rilassarono sotto l'attento sguardo di colui che mi stava
davanti.
Come un avvoltoio che aspetta il momento giusto per planare sulla sua
preda prediletta, Andras parve decidersi che fosse giunto il tempo di
agire. Infatti, rapido ma cauto come una pantera che avanza verso un
animale fragile ed indifeso, tolse entrambe le mani dal mio
fondoschiena per poi poggiarle deciso ai lati delle mie spalle.
Applicando una lieve pressione a queste ultime, si sporse, quindi, col
viso verso la morbida curva del collo teso. Subito avvertii la
punta bagnata della sua lingua lambirne la carne centimetro per
centimetro, come a voler prima pregustare l'attimo in cui avrebbe
potuto poggiargli le labbra. Labbra smaniose che, dopotutto, non si
fecero attendere oltre: con passione, cominciò infatti a
succhiare un lembo di pelle poco al di sotto dell'orecchio con sempre
più crescente avidità.
Certa che ormai mi avesse adornato il corpo di un altro vistoso
succhiotto, cominciai a muovermi anch'io: presi fra l'indice ed il
pollice una spessa ciocca ribelle dei suoi capelli e, tirandola
indietro con un veloce movimento del polso, esposi il collo e la
mascella. Leccandomi le labbra sotto sua sadica attenzione, gli
strofinai la punta del naso sul mento e poi per tutta la lunghezza del
collo, godendo dei silenziosi sospiri di piacere appena fuoriusciti
dalla sua bocca. Posto un bacio sul pomo d'Adamo, rivolsi le mie cure
alle sue labbra già dischiuse e pronte ad accogliermi. Gli diedi
tre semplici ma significativi baci a stampo, prima di approfondire ed
iniziare la nostra magica danza. Con passione e desiderio, con
dolcezza e con amore, mi premurai di rendere l'esperienza il più
unica possibile, perché volevo che ciò che stava per
divenire realtà fosse ben costruito in ogni suo più
piccolo dettaglio come sotto le mani del più abile degli
artigiani. Aiutata anche dai tocchi esperti di Andras, riuscii, quindi,
a smuovere qualcosa di molto antico dentro entrambi.
<< Sei... sicura... di voler... continuare? >> mi chiese
con una remota punta di dolcezza e premura. Remota perché
appesantita dal desiderio ancora appena trattenuto e pronto a
straripare dagli argini del buon senso al mio minimo cenno.
Mossi, frenetica, le mani sulle giunture dei tondi bottoni in oro della
lussuosa giacca della sua divisa in modo da sbottonargliela, provocando
l'ilarità del demone.
<< Quanta fretta, piccola. >> rise, prendendo le mie mani
inesperte fra le sue segnate da anni ed anni di guerre ed allenamenti
frequenti. Erano tanto calde... chissà che i suoi tocchi sul
resto del mio corpo non sarebbero stati altrettanto roventi?
La risposta alla mia muta domanda arrivò poco dopo: Andras,
infatti, adottò con diligenza il mio esempio, prendendo in mano
la situazione. Certamente più veloce di me, mi sfilò
quindi il lungo abito da sera in un sol colpo, lasciandolo scivolare
sinuoso sulle mie trepidanti curve femminili. Quello, caduto in
disgrazia con un leggero tonfo sul pavimento, venne rapidamente
liquidato da un mio disinteressato calcio sulla morbida stoffa blu
notte: incredibile come un oggetto tanto
bello potesse diventare insignificante in una situazione
tremendamente eccitante come quella che stavo vivendo io adesso.
Ben presto riuscii anch'io nel mio intento e, dopo aver fatto scivolare
le mani fra il velluto dei suoi muscoli, le feci addentrare nel buio
interno della camicia. Ed il bianco purificatore di quest'ultima
rendeva l'esperienza ancora più peccaminosa di quel che
già era appunto perché ciò che ci accingevamo a
fare non aveva proprio nulla di angelico.
Graffiai con tocchi ribelli la magnifica schiena inarcata, sospingendo
poi il viso all'interno della pesante giacca, aperta esattamente come
la camicia sotto di essa. Assaporando per qualche secondo il fresco
odore di pulito della sua pelle, mi accinsi, infine, a leccarla e
succhiarla con interesse. Gli addominali, con mio sommo piacere, si
flettevano agitati sotto le mie attente cure, segno che qualcuno stava proprio perdendo il controllo di sé.
Ti piace avere il comando, eh? Ansimò Andras nella mia testa, inebriandomi i sensi.
Lascia fare a me, adesso, rispose, mellifluo.
Con forza e perfetto equilibrio, mi sollevò prendendomi
prima per le natiche e poi, sorreggendomi con entrambe le mani, mi
trasportò fino al piccolo tavolino nell'angolo destro della
camera bollente. Accaldata e scossa dall'elettricità che vagava
nell'aria, ebbi appena il tempo di sistemarmi su di esso, che mi venne
immediatamente strappato di dosso il reggiseno. Istintivamente mi
portai le mani al petto per nascondermi alla sua vista. Dio, era
così imbarazzante...
<< Non voglio che tu ti nasconda a me, Amia. Desidero che tu ti
mostri interamente a me. Senza remora, senza vergogna. >>
mormorò prendendomi le mani fra le sue. Quindi, stringendomele
leggermente, me le scostò con garbo dai seni prosperosi.
Voltai il viso di lato, evitando con cura di incrociare i suoi occhi
tempestosi. << Nessun uomo mi ha mai vista così prima
d'ora. >> confessai, ritenendo opportuno che lui fosse a
conoscenza del mio essere completamente inesperta.
<< Lo sospettavo. >> disse prendendomi il mento fra due
dita per poi dirigerlo verso di se << Il rossore fanciullesco
sulle tue guance non poteva certo dimostrare il contrario. >>
Arrossì ancora di più, sorridendo poi birichina. << E ne sei felice? >>
L'altra sua mano si chiuse a coppa su di un seno, strizzandolo
leggermente. << Credevo di essermi spiegato bene, giorni fa:
nessun altro dovrà mai toccarti, o anche solo sfiorarti con uno
sguardo troppo indugiante, Amia. Perché
se dovesse succedere, credimi, la punizione che gli verrà
inferta sarà tanto brutale da essere ricordata per intere
generazioni. >> sibilò seccamente.
Sussultai. << E a me? A me cosa accadrà? >>
Cominciò a muovere la mano sul seno con più forza,
titillandone il capezzolo inturgidito quasi come se si stesse
aggrappando ad esso per non esplodere. << Sarà meglio che
tu non lo venga mai a sapere. >> soffiò soltanto,
apprestandosi a mordere l'altro capezzolo, anch'esso ormai
eretto. Inarcai la schiena di scatto, posseduta da un piacere antico.
Ridacchiai sommessamente, prima di infilargli le dita fra i morbidi
capelli scompigliati e dirgli in un sussulto di gemiti poco ben
nascosti: << Anch'io credevo di essere stata chiara prima.
>>
Lui rialzò la testa, lasciando un'umida scia di baci lungo il
suo percorso. << Desidero fare sul serio adesso, Amia. >>
disse, quindi, in un misto di sensualità ed eccitazione. La voce
resa roca e sconnessa dall'alchimia del momento.
Allora, socchiudendo gli occhi, pensai che se volevo davvero sfiorargli l'anima
nel mio muto consenso, dovevo dargli più di un semplice bacio,
molto di più. Così, riempiendo il mio gesto d'amore,
adagiai le labbra sulle pieghe dei suoi occhi.
Le sue palpebre chiuse tremarono appena qualche secondo di troppo, e
furono proprio quegli attimi preziosi e quasi insperati che mi
servirono per comprendere che avevo fatto centro stavolta.
Sorrisi felice e senza più nessun pensiero, mi lasciai trasportare alla deriva di quel reale sogno ultraterreno.
Sentii con estrema lussuria Andras far scorrere le mani lungo ogni
centimetro di pelle candida e scoperta che riusciva a raggiungere
dalla sua attuale posizione. Ed i tocchi erano stranamente leggeri e
lenti per quelle mani tanto forti: sembrava quasi che il momento
d'agitazione iniziale fosse passato e che lui, ora, volesse solo
assaporare quel piacere del tutto nuovo. Estraneo.
Gemetti sonoramente quando una sua mano si andò a posare con
decisione improvvisa sulla mia intimità protetta ormai solo dal
sottile strato di cotone delle mutandine.
<< Andras... ah! >>
<< Ssh... >> sussurrò lui come la brezza veloce del
vento. Una ventata d'aria fresca sui miei nervi tesi come le corde di
un violino.
Ad un'ulteriore carezza, i muscoli del ventre mi si contrassero
energicamente ed una potente sensazione di appagamento nacque nelle
profondità più recondite del mio essere. Non avevo mai
provato nulla di simile.
Mi privò anche dell'ultimo indumento rimastomi addosso e io cominciai
a respirare con affanno. Mi sentivo sul punto di scoppiare. Non ce la
facevo più, quelle carezze decise ma fin troppo lente per i miei
gusti mi stavano portando sull'orlo di un pendio in pericolosa discesa
verso il manicomio più vicino. Volevo di più, ancora,
sempre di più.
Non perse altro tempo e mi spinse subito di qualche centimetro ancora
verso il bordo opposto del tavolino, mentre io mi lasciavo comodamente
cullare dalle sue calde e forti mani.
Poi però, l'inatteso pensiero del nostro avvicinarci sempre più al famoso "dunque" cominciò ad opprimermi il petto.
Ce l'avrei veramente fatta, alla fine? Il mio corpo sarebbe
riuscito a sopportare le attenzioni di quel concentrato di muscoli
incredibilmente possenti? O mi sarei spezzata come un fragile pezzo di
vetro che colpisce il duro pavimento?
Non lo sapevo e la cosa, seppur minimamente, mi spaventava.
Quasi senza accorgermene, presi a stringere con quanta più forza
avessi in corpo i bordi finemente cesellati del tavolino.
Lui, accorgendosi di ciò, rialzò di poco la testa, lo
sguardo che scrutava attentamente i particolari del mio viso. <<
Amia, forse... >>
<< No. >> mi uscì di getto e quasi non riconobbi la
mia voce. Sembrava provenire da un'altra persona ma, mi dissi con
orgoglio, colei che aveva pronunciato quell'unica parola ero proprio io.
Ero determinata a continuare e niente mi avrebbe fermata. Niente,
nemmeno quel briciolo di paura che ancora sentivo di provare in fondo
al cuore. L'avrei soppresso, perché il timore dell'inesperienza
non era nulla difronte l'assolutezza della mia decisione. Io dovevo
congiungermi ad Andras, dovevo perché sentivo che era importante.
<< Continua. >> dissi, fermandomi qualche secondo di
più ad osservare le profondità di quei occhi color
del mare in estate.
Lui annuì in risposta, ricambiando il mio sguardo con fierezza.
Stavolta mi premurai di rilassare subito i muscoli ed i nervi in
tensione, espirando ed inspirando alcune volte prima di chiudere
definitivamente gli occhi, in placida attesa.
Improvvisamente, sentii crescere qualcosa di sconosciuto nel mio basso
ventre, qualcosa che però non mi rendeva inquieta, anzi, era...piacevole.
Quel qualcosa dentro me parve impennasi come un cavallo infuriato e io
sentii montarmi dentro un urlo potente e liberatorio che però...
non avvenne: Andras si era bruscamente fermato ed allontanato.
Aprii gli occhi di scatto. << Cosa...? >>
Lui, sorprendentemente, ridacchiò. << Il tuo viso... Sei così rossa e buffa. Deliziosamente imbarazzata. >>
Entrò dentro di me con la forza di un onda che si infrange sulla
spiaggia, con il tocco leggero ma spumeggiante di fresche gocce di
schiuma che avevano attraversato interi oceani per giungere a quel
caldo terreno di granelli di sabbia dolcemente baciati dal sole.
Ogni nostro sospiro era un timido paguro che usciva dalla sua conchiglia.
Un gemito diventava una perla gelosamente nascosta in un'ostrica in
fondo alle acque. E il piacere diveniva l'unico utensile in grado di
aprirla. Il suo tesoro si tramutava, poi, in un morbido velo di velluto
capace di alleviare il dolore di un qualcosa di rotto nei recessi di me.
Mi girava la testa e ogni pensiero scivolava via come una tremula foglia che si stacca dal sostegno del suo albero.
Mi tremavano le gambe ed era del tutto impossibile fermare la loro corsa furiosa verso quel traguardo immaginario.
E credo che fu allora che compresi che gli abbracci servivano a
sorreggersi a vicenda; che in mancanza di un nostro naturale centro di
controllo, la ricerca dell'ausilio dell'altro nasceva spontanea come lo
schiudersi di un fiore in primavera.
Per questo, quando sentii che entrambi eravamo vicini al punto di non
ritorno, tesi in alto la mano, invogliando la sua ad incontrare la mia.
Come c'era da aspettarsi, da parte sua ci fu un attimo di esitazione,
una frazione di secondo in cui temetti di aver rovinato tutto con quel
piccolo quanto grande segno d'affetto. Richiusi quindi le dita aperte,
come ritornando sui miei passi, non appena lo vidi stringere le labbra
in una linea dura, temendo che si fosse arrabbiato; ma invece, contro
ogni mia più rosea aspettativa, lui quasi si costrinse a tendere
il palmo aperto a sua volta, sollecitando le mie dita ancora, per
questo, dubbiose.
Occhi contro occhi, ci studiammo entrambi, ansanti per la passione che
sembrava stesse per consumarci anche l'anima quasi come se fosse messa
al rogo.
Scoprendolo deciso in ciò che faceva, avvicinai quindi di nuovo
la mano alla sua. L'adrenalina che scorreva sempre più veloce
nelle vene; il cuore che sbatteva furioso contro la cassa
toracica.
Fu curioso vedere come le nostre mani si incontrarono pian piano,
incastrandosi l'una all'altra come per effetto di una magia antica
quanto il tempo, timide e febbricitanti.
Le lacrime, allora, mi salirono agli occhi, prepotenti: adesso era Andras il mio porto sicuro, la mia casa e famiglia.
Stare con lui era per me come sentire sulla pelle il dolce calore del
camino in inverno, come assaggiare quel confortevole odore dopo la
pioggia.
Le sue forti braccia erano il mio rispettivo luogo d'appartenenza.
All'improvviso, mi fu perfettamente chiaro che tutto ciò che era stato fin'ora era solo servito ad arrivare a questo. A lui.
Azzerando l'ultimo sfavillio di luce che ancora si interponeva fra loro
con la velocità di un battito d'ali, le nostre mani si
strinsero per sancire l'unione dei corpi così come quella delle
nostre anime perdute ed ora finalmente ritrovate.
Prenditi cura di me d'ora in poi.
Lo farò.
***
A te, Chiara(iloveromanzirosa),
un'amica, un sostegno. A te, dico grazie.
***
ANGOLO AUTRICE:
Ehm... eccoci qua, siamo arrivati alla fine. Che dire, lascio a voi i
commenti su tutto ciò che è stato scritto(credo di aver
rispettato il rating arancione...).
Allora, come vi è sembrata la loro prima volta? Le ho reso
giustizia oppure no? Spero vi sia piaciuta, sto tremando in questo
momento ed una calda rassicurazione da parte vostra mi servirebbe
proprio.
E poi, cosa accadrà nel prossimo capitolo? Come reagiranno i due protagonisti al dopo? Di cosa discuteranno? Cosa faranno?
Al solito, vi lascio con almeno una decina di incognite. Ma sì, da oggi chiamatemi Miss Incognita. XD
Ancora una volta vi metto il link diretto del trailer ufficiale della
storia(per chi l'ha visto e lo vuole rivedere e per chi ancora non ne
ha avuto l'occasione): Il Dominatore del Mondo - Trailer
Come sempre, ringrazio di cuore tutte
coloro che hanno inserito la storia fra le loro preferite(31),
ricordate(13) e seguite(73). Chi mi ha messa fra le autrici
preferite(10).
Aumentate di volta in volta ragazze:
non sapete quanto questo mi renda felice! GRAZIE di cuore a tutte voi
ed anche alle lettrici silenziose, perché TUTTE, nessuna
esclusa, è meno dell'altra: ognuna di voi è uno dei tanti
piccoli ingranaggi che muovono la storia ed il mio impegno verso un
gradino sempre più alto.
Bacioni ed alla prossima,
vostra Ashwini. <3
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Capitolo 23 *** Capitolo ventiduesimo: Perché alla fine si sistema tutto, in un modo o nell'altro... ***
ddd
Buonasera, ragazze mie! ^_^
Ecco a voi un altro capitolo,
fresco di stampa: finito e subito pubblicato. Preferisco così, almeno
evito di farmi prendere dall'ansia e ritardare.
Spero tanto che vi piaccia. *_*
BUONA LETTURA!
Poi arriverà quella persona con cui potrai guardare il mare e fare le tue facce buffe,
e allora capirai che ne sono valse la pena tutte quelle delusioni e quelle attese.
***
CAPITOLO VENTIDUESIMO: Perché alla fine si sistema tutto, in un modo o nell'altro...
Pov. Amia
Storsi ripetutamente il naso, infastidita dal pungente odore di carne
grigliata e frutta secca. Innervosita e ancora intrappolata dal
piacevole torpore del sonno, mi rigirai nel letto, per poi sbuffare
sconfitta. Adesso, sentivo anche un profumo davvero stuzzicante di
dolci appena sfornati. Mi stiracchiai con una smorfia in viso.
Allungando le braccia verso l'alto per fare un ultimo stiramento
mattutino, mi convissi ad aprire leggermente l'occhio destro.
Come un vecchio puzzle di cui si conoscono già a memoria i
pezzi, così la mia stanza si compose nitida alla mia vista.
Nella camera risplendevano i tiepidi raggi gialli ed arancioni
dell'alba. E, mentre avvertivo la stessa brezza di poco prima entrare dalla finestra aperta poco più in là, portando con se altri odori dalle vicine cucine, riflettei che probabilmente le cuoche stavano preparando la colazione per gli abitanti del castello.
Vagando ancora con lo sguardo per tutto l'ambiente circostante, scorsi,
con piacere, i libri che avevo preso in prestito qualche giorno fa
dalla biblioteca di corte: tutti e quattro erano ordinatamente disposti
nella mensola sopra la scrivania.
Appesa ad un pomello dell'armadio stava, invece, la mia sciarpa
blu. Sospinta dal vento, si esibiva in un curioso movimento fatto di
placide onde fluttuanti.
Poi, sorridendo nostalgica, mi soffermai a
guardare i giochi di luce che il piccolo specchio in fondo alla stanza
rifletteva sull'unica foto che mi era rimasta della mamma. Lì,
poggiata sul mobiletto in legno che fungeva da comò, sembrava
molto più vecchia.
Tutt'a un tratto, sentii un fruscio appena al di sopra della testa.
Incuriosita, alzai leggermente il capo, imbattendomi nel viso
addormentato di Andras. A quel punto, venni assalita dai ricordi. Io e
lui avevamo... avevamo davvero... oddio.
Percepii subito un forte calore affluire alle guance.
Non mi sembrava ancora vero ciò che era successo... ad un certo punto, era tutto così perfetto
che credevo proprio di essermelo immaginata. Ed invece, eccomi qua:
placidamente accoccolata fra le braccia del mio demone dagli occhi di
ghiaccio. Pozze d'oceano gelato che speravo sarebbero state meno fredde
da ora in poi.
Calamitata dai ciuffi di petrolio che gli ricadevano sugli occhi,
mi accinsi a scostarglieli dalle palpebre chiuse. Le quali tremarono
leggermente, disturbate dal loro sonno. Dalle labbra piene uscì,
invece, un lieve sospiro.
Senza fare rumore, cercai di sollevarmi per avere una migliore visuale
del suo volto: non capitava di certo tutti i giorni di vedere un Andras
così perfettamente calmo e sereno, come se tutti i suoi problemi
si fossero magicamente dissolti in un comico puff.
Non appena mi sollevai di un altro paio di centimetri, però,
avvertii il braccio di Andras stringersi un po' più forte
intorno al mio fianco. Che fosse sveglio?
Gli lancia un'occhiata preoccupata. No, sembrava ancora addormentato.
Ripresi la mia avanzata. In breve, riuscii ad alzare completamente il
busto. Il braccio del demone ricadde sul materasso. A quel punto, con
un leggero sospetto, mi bloccai per qualche secondo.
Scuotendo la testa, mi rimproverai per le mie sciocche preoccupazioni.
Spingendo un po' più in là il braccio, mi inginocchiai
sulle lenzuola di seta, pregando che tutto filasse liscio. Poggiando
prima l'uno e poi anche l'altro palmo aperto ai lati della sua testa
piegata di lato, scavalcai con la gamba destra il suo corpo. In pochi
secondi, sovrastai quella perfetta visione marmorea sostenendomi
con l'unico ausilio degli arti. Un'abbondante ciocca di capelli mi
ricadde a sinistra del viso in fiamme.
A conclusione dell'impresa, calai il viso in basso, fino a sospirare
sulle sue labbra d'amaranto. Chiudendo gli occhi dopo un
ultimo battito di ciglia, lo baciai, ma senza muovermi. E non so
per quanto tempo stesi così: immobile ad assaporare ancora una
volta il ricordo di quelle soffici labbra sul mio corpo.
Quello che però mi sorprese, fu che poco dopo il mio bacio fu ricambiato.
Mi scostai allarmata, ricadendo all'indietro sulle lenzuola. La mano destra a coprirmi la bocca.
Ad un tratto, nella stanza risuonò il fragore di una risata
maschile. Da parte mia, non feci altro se non osservare impietrita
l'andar su e giù del petto di Andras: il suo divertimento era
palese.
Gli puntai il dito contro. << Eri sveglio! >> dissi << Eri sveglio sin dall'inizio! >>
Lui si appoggiò alla sbarra del letto con le spalle, trattenendo
una risata. << Già. Bella pensata, comunque. >>
Avvampai. << Sono contenta che ti abbia fatto piacere. >> soffiai, incrociando le braccia sotto al seno.
<< Oh sì, moltissimo. >> mi sfidò il demone con lo sguardo, come attendendo una mia ulteriore mossa.
Perché non accontentarlo?
Gattonando, mi mossi furtiva in sua direzione. Poi, a una ventina di
centimetri da lui, mi fermai. << E cos'altro ti piacerebbe?
>> cominciai lasciva, accarezzando il materasso come avrei fatto
col suo braccio.
Gli occhi di Andras si velarono d'ombra. << Sorprendimi. >>
Sorrisi birichina. Poi, alzando una mano, gli sventolai davanti l'indice a destra ed a sinistra, ripetutamente.
Andras sbuffò. << Il momento dell'azzardo è già finito? >>
Annuii soddisfatta. << Credo... >> dissi pronta a
continuare il mio gioco, ma non feci in tempo a dire altro che me lo
ritrovai ad un palmo dal naso. << Adesso basta scherzare, Amia.
>>
Sentimmo bussare violentemente alla porta. Le nostre teste scattarono all'unisono.
<< Amia? Ci sei? >>
Raina.
Con una spinta, allontanai subito Andras da me. << Devi
andartene! >> esclamai << Non puoi mica farti trovare qui
da lei! >> scoccai un'occhiata al lenzuolo che a malapena copriva
la parte inferiore del suo corpo. << In questo stato poi...
>> sussurrai debolmente, neanche stessi dicendo la peggiore delle
eresie.
<< Le stesse identiche condizioni in cui sei tu, mi sembra...
>> rispose maliziosamente, prendendo il mio mento fra due dita ed
avvicinandoselo al viso. Fece quindi per baciarmi, ma io mi tuffai fra
le coperte: all'improvviso mi ricordai di essere completamente nuda. Oddio, che vergogna. E lui mi aveva visto così per tutto il tempo!
<< Presentati nelle mie stanze verso metà mattinata,
domani. Ricorda di mettere la tuta. >> disse Andras muovendosi
per la stanza.
Sollevai la testa da sopra il lenzuolo. << E la colazione?
>> mi informai, pensando distrattamente al perché dovessi
indossare indumenti sportivi.
<< Annullata. Ho da fare. >> spiegò, sintetico.
E con un colpo di vento che spazzò l'aria nella stanza,
uscì dalla finestra aperta. La camera non mi era mai sembrata
più vuota.
<< Amia! >> sentii urlare da fuori la porta.
Mi battei una mano sulla fronte: mi ero scordata della presenza della mia amica.
Senza perdere altro tempo, mi infilai quindi l'intimo ed il pigiama.
Infine, corsi ad aprire la porta in legno che sembrava voler
uscire dai propri cardini in ferro.
<< Oh, ciao, Raina. Perché non entri? >> dissi con un finto sbadiglio.
La mia amica mi superò con il passo di una mandria di elefanti
inferociti. << Dove diavolo eri finita?! Damien non mi ha voluto
dire niente! E quel suo sorriso? Vogliamo parlare del sorriso di
Damien? Dimmi subito che cosa è successo! >>
<< Frena, frena, frena! >> esclamai mentre mi accingevo a
chiudere la porta. Ormai non mi preoccupavo nemmeno di assumere
un'espressione vagamente assonnata: ero fin troppo sveglia.
Raina mi guardò male. Il piede che picchiettava impaziente a terra.
<< Allora, io ed Andras abbiamo fatto una passeggiata fino al
gazebo con le rose in giardino... >> cominciai, premurandomi di
raccontarle tutto ciò che era successo: l'attacco della mia
presunta antenata, il mio risveglio nel letto di Andras, ogni singolo
particolare sino al dono della spilla blu.
<< Nient'altro? >> chiese Raina con sguardo indagatore.
Maledii Damien per la sua poca discrezione nel nascondere i sentimenti
riguardanti certe cose.
<< Io... ecco... >> lanciai un'occhiata significativa al
letto sfatto. Raina seguì il mio sguardo con noia evidente,
spalancando poi la bocca che circoscrisse un cerchio quasi perfetto:
aveva capito.
<< Oh mio Dio... tu... lui... oddio.
>> farfugliò, guardandosi bene dall'avvicinarsi al letto e
sedendosi, dunque, sulla sedia difronte alla scrivania.
<< Non era certo previsto... >> cominciai con imbarazzo, unendo gli indici ed i pollici.
Lei saltò dalla sedia, battendo le mani come una dodicenne in preda agli ormoni. << Ma è magnifico!
Oh Amia... >> mormorò avvicinandosi di nuovo a me <<
... sono molto, molto, molto contenta per te. E dimmi, è stato
cauto? Insomma, era la tua prima volta, no? >>
<< Beh, non credo ti interessino i particolari ma... è
andata bene. Più che bene! Okay: è stato bellissimo,
unico. Speciale. Ho sentito
le nostre anime ricongiungersi come i due pezzi complementari di una
sola, Raina. >> confessai, non nascondendo l'enorme
felicità che provavo in quel momento.
La mia amica mi sorrise, raggiante. Poi, corse ad avvolgermi in uno dei
suoi tipici abbracci stritolatori. << E dopo? Lui è appena
uscito dalla stanza, vero? Ho sentito un'altra voce oltre la tua,
prima. >>
Arrossii. << Già. Abbiamo dormito insieme, abbracciati, fino a poco fa. Credo mi abbia portata lui a letto dopo... dopo averlo fatto, ecco. >>
<< Avete dormito insieme. Abbracciati. >> ripeté
lei, sognante << Chi si è svegliato prima? >>
<< Io. >> risposi, per poi dirle gli ultimi svolgimenti.
Raina scoppiò a ridere. << Dovevi immaginarlo che fosse
sveglio. È un demone, Amia. Probabilmente era già sveglio
da un po': quelli come lui non hanno bisogno di riposare
granché, sono molto resistenti. >>
<< E tu che mi dici? Che avete fatto di bello tu e Damien?
>> le chiesi curiosa, preferendo spostare il centro delle
conversazione su di lei.
<< Niente di che... le solite chiacchiere fra noi. Sai come
funziona il nostro rapporto. Lui mi piace, e molto anche. Ma credo che
Damien, per quanto libertino sia, non sia tanto facile da conquistare.
>> rispose mesta.
<< Dovresti prendere l'iniziativa! >> le suggerii.
<< Come hai fatto tu? >> mi sorrise << No, per noi è diverso. Non siamo come te ed Andras. >>
<< In effetti io con Andras ci litigo, soprattutto. >> dissi.
<< Non dire sciocchezze, Amia. Non credo che esista qualcuno al mondo che ti guardi come ti guarda lui ultimamente. >> rispose lei, annuendo come ad enfatizzare le proprie parole.
Mi illuminai. << Lo pensi davvero? >>
<< Parola mia. Sai quanto sono diretta nel dire le cose, con te poi. >> mi fece l'occhiolino.
<< Mi ha detto di andare da lui domattina dopo colazione, sai? >> aggiunsi.
Raina batté il pugno destro sul palmo sinistro aperto. << Fantastico! >>
Guardai la macchia rossa che si intravedeva fra le coperte. <<
Non abbiamo usato protezioni. >> constatai con paura.
All'improvviso, quel piccolo quanto grande particolare mi percosse ogni
singolo nervo del corpo.
Raina fece un gesto annoiato con la mano. << Non ti devi
preoccupare di questo, Amia. Andras non ha provveduto a questo
perché i demoni purosangue come lui sono quasi sterili. Hanno
grosse difficoltà ad avere degli eredi, figurati che spesso
passato anche molti anni prima che riescano ad avere un figlio. Al
giorno d'oggi tutti i demoni si accoppiano con donne che non sono le
loro legittime compagne, ed è proprio questo che determina la
loro quasi impossibilità ad avere figli. Nella maggior parte
delle famiglie, vedrai anche che ci sono esclusivamente figli unici.
Inoltre, i demoni non possono avere figli con altre razze, solo fra
loro. Quando si parla di purezza del sangue, si intende la potenza
derivata nei secoli trascorsi grazie agli incroci fra famiglie
più o meno potenti. >>
<< Ma io sono la prescelta di Andras, anche se sono umana... oh,
il frammento della sacerdotessa che è in me! Questo potrebbe
fare qualche differenza? >> chiesi, allarmata. Dopotutto,
specialmente ora che avevo perso la mia famiglia, ci tenevo, un giorno,
a crearne una tutta mia.
Raina mi sorrise, incoraggiante. << Sei la sua legittima
compagna: questo basta a far di te la possibile madre dei suoi figli.
Con te, farà subito centro una volta che la leggenda
giungerà a compimento. >>
<< E perché, allora, ora non è possibile? >> chiesi ancora dubbiosa.
<< Te l'ho appena detto, perché tu lo ami ma lui ancora
no. Non c'è un legame completo, in sostanza. Certo, ti ho
anche detto che prova un certo interesse per te, ma questo non è
sufficiente: deve capire di amarti e, soprattutto, ammetterlo a se
stesso. Anche se sei in parte sacerdotessa poi, rimani pur sempre
un'umana. Per cui non potrete avere figli fintanto che la leggenda
delle prescelte non venga realizzata da entrambe le parti, da te e da
lui. >> mi spiegò con un cipiglio da maestrina saccente.
<< Oh... >> mormorai, sforzandomi di apparire sollevata e... sì, lo ero in parte ma...
<< Amia, che hai? Credevo... >> disse Raina, non capendo.
<< Questo dimostra che io non valgo ancora abbastanza per
Andras, quando lui per me è già diventato tanto
importante. >> dissi, aggiungendo altro peso sulle spalle.
Raina mi fissò intensamente, indulgente: eravamo sulla stessa barca riguardo questo punto.
<< Bene! >> esclamò tutt'a un tratto << Credo
sia ora di andare a dormire, domani dovrai essere al pieno delle forze.
>> concluse, energica.
Annuii in risposta, con l'ombra di un sorriso in volto. Dopotutto, ero sinceramente felice per quello che era successo ore fa.
Quella notte, non dormii molto. E quel poco che sognai bastò a turbarmi parecchio.
Camminavo lungo un freddo corridoio
dal pavimento fatto di mattonelle in marmo bianco e nero, a colori
alternati come in una scacchiera. Vagava un'aria secca nell'aria,
rarefatta addirittura: mi sembrava di essere sottoterra.
Il lungo corridoio si allungava a
perdita d'occhio, stretto e luccicante d'ombra lucida. La bara di un
morto sarebbe stata più felice come luogo.
I miei tacchi alti risuonavano nel silenzio. Quel posto somigliava al nulla dei sensi.
Poi, dei passi leggeri ma
perfettamente udibili evasero dalle tenebre del fondo: qualcuno si
stava avvicinando. Una presenza malvagia.
<< Rea, quale piacere. >> disse cortesemente una voce profonda e dal suono antico.
L'uomo che avevo difronte aveva dei
lunghi capelli bianchi, la pelle chiara e tremendamente pallida. Era
anche alto e slanciato. Ma erano gli occhi a colpire, furono quelli a
farmi sussultare dentro: erano scure orbite vuote.
Porsi la mano guantata di viola. << Marcus. >>
L'uomo di nome Marcus mi fece un perfetto baciamano. << Incantato. >>
Insieme raggiungemmo la fine del
corridoio, una porta nera dall'aspetto sinistro. Quasi più
dell'uomo in abito grigio gessato che avevo accanto.
Marcus mi aprì la porta. << Prego, prima lei. >>
Entrai a testa alta, muovendomi sinuosa nell'aria stantia. Non avevo paura, io ero una di quelle al comando.
<< La riunione sta per
iniziare, mia signora. Il Comandante Supremo ed il rappresentante del
Consiglio dei Dieci l'aspettano già dentro. >> mi disse un
vecchio dall'aria stanca non appena arrivai ad una seconda porta.
Stupidi umani, credevano di avere la
situazione in pugno. Si sbagliavano. Io, e solo io, avrei creato e
dominato il nuovo mondo scaturito dalle ceneri di guerra del vecchio.
Vendetta. Sì, mi sarei vendicata di coloro che mi avevano tradito.
E sangue. Lui l'avrebbe pagata per primo.
<< Andras! >> urlai in preda al panico, ansimando e grondante di sudore.
Mi guardai intorno, agitata: ero sola, distesa nel mio letto. Il
corridoio... le porte nere... Marcus... il vecchio... era tutto
scomparso.
C’era talmente tanta roba nella mia testa, allora, che il mondo fuori lo sentivo appena, ma mi
strofinai lo stesso gli occhi, sforzandomi di mettere a fuoco
l'ambiente circostante. Sì, ero da sola nella mia stanza. Al
sicuro, finalmente. Perché prima mi sembrava di vagare nel corpo
di un'altra, prigioniera di un'anima non mia, simile, ma non mia.
Quella donna... Rea... non ero io. Era...
<< Amia? Apri, dobbiamo fare subito colazione. È
tardissimo, non te ne sei accorta? >> sentii urlare da fuori la
porta.
Mi alzai a fatica, sospirando. Dovevo assolutamente parlare del mio
sogno ad Andras. Forse lui avrebbe saputo dirmi di cosa si trattava con
esattezza.
<< Ma sei ancora in pigiama?! >> mi disse scandalizzata,
Raina. La mia amica si era infilata dentro la camera non appena le
avevo dato lo spazio necessario per entrare.
<< Ehm... già. Aspetta, faccio in un attimo. >>
risposi, correndo in bagno a cambiarmi. Una semplice canotta sportiva e
dei pantaloni della tuta neri ed aderenti sarebbero andati bene per
oggi.
Pochi minuti dopo, io e Raina percorrevamo velocemente i corridoi del palazzo reale, dirette alle cucine.
<< Ehi, ragazze! >> sentimmo chiamarci da una voce allegra.
<< Damien! >> squittì Raina, improvvisamente illuminata di luce propria. Sorrisi, addolcita.
Il demone biondo si fece facilmente largo fra i servi affaccendati in
varie mansioni. Mi fece l'occhiolino. << Allora, carotina... hai dormito bene stanotte? >> mi disse, allusivo. E, stranamente, intento ad annusare con un sorriso l'aria.
Non potei evitare di arrossire. << Non sono affari tuoi! E poi,
credo che ti sarai già fatto dare un buon resoconto dal tuo
amico, no? >>
Lui sorrise sornione. << Mi hai preso per un impiccione, carotina? >>
Sollevai gli occhi al cielo. Poi, proprio quando stavo per aprire bocca
e ribattere, mi venne in mente un'idea. << Damien,
potresti farmi un favore? >>
Il biondo mi fissò, confuso. << Che tipo di favore? >>
Lanciai un'occhiata a Raina. << Sai il gazebo in giardino? Quello con le rose gialle... >>
Damien annuii. << Certo. >>
Presi Raina per il braccio e la spinsi fra le braccia del demone
biondo. << Raina, vai con lui. Credo che tu sappia di cosa
sto parlando. >>
Lei sbatté più volte le ciglia. << Oh, Amia...
>> mi rispose, guardandomi grata. Le avevo dato un'occasione per
parlare da sola con Damien in un luogo appartato. Per un po' avrebbero
avuto di che parlare, e che importava se sarai stata io quella al
centro dell'attenzione?
I due sparirono in fretta dal corridoio e dalla mia visuale.
Entrai in cucina con un gran sorriso. << Katia! >> chiamai a gran voce.
Una faccia amica si sporse dalla fila di cuochi indaffarati a cucinare
o a pulire utensili già usati. << Tesoro, ciao! Era da un
po' che non ti vedevo! >>
<< Già, sono stata... occupata in questi giorni. Come
stai? Tutto bene? >> chiesi, avvicinandomi per dare una mano.
<< Oh, no, cara. Siediti, su: ti preparo subito una colazione con
i fiocchi, la tua preferita! >> esclamò la donna come una
vecchia nonna d'altri tempi.
In poco tempo finii la mia porzione di uova, bacon ed uva fresca.
Bevvi, poi, un bel po' di spremuta d'arancia e sospirai appagata.
Questa sì che era una sana colazione per cominciare bene la
giornata.
Vendetta...
... E sangue.
All'improvviso mi tornarono in mente le parole di quella donna, Rea.
Sentii una stretta alla bocca dello stomaco. L'anima simile alla
mia che avevo percepito in sogno mi era familiare. Ero anche sicura di
averla già sentita una volta a contatto con la mia.
Un brutto presentimento, allora, si fece spazio fra i miei pensieri, un
dettaglio che mi aveva tormentata sin dal mio risveglio: quella donna
era sicuramente la stessa che mi aveva posseduta giorni fa, la mia
presunta antenata. E a questo punto, c'era da presupporre che
quell'iniziale contatto aveva creato una sorta di ponte comunicante fra
le nostre menti. Un fattore che poteva essere considerato sia un
vantaggio che uno svantaggio, dipende da che parte lo si guardava.
Per ora, ero certa solo di una cosa: non mi aveva scoperta stanotte. E
questo era certamente un bene. Ma se, involontariamente, in futuro
sarebbe ricapitato e lei mi avrebbe presa con le mani nel sacco?
Avrebbe usato la cosa a suo vantaggio, poco ma sicuro. Potente ed
esperta com'era, ci avrebbe messo un attimo a evadere le difese di una
novellina come me.
Mi morsi il labbro inferiore, nervosa. Questo sì che era un bel problema.
Katia mi si fece vicina. << C'è qualcosa che non va,
stellina? La colazione non ti è piaciuta, forse? >>
Ma da come lo disse, capii immediatamente che lei aveva compreso che
qualcosa non andava. Semplicemente, cercava di non essere invadente, di
darmi la possibilità di scegliere se parlarne o meno.
<< No, no, tranquilla. Stavo solo riflettendo su un sogno che ho
fatto stanotte. Nulla di importante, comunque. >> risposi,
esitante, strofinandomi i palmi sudati delle mani sui pantaloni della
tuta.
La donna strinse gli occhi per un attimo. << Capisco, ma se ci pensi, deve
essere rilevante. >> mi fece presente; per la prima volta, non
preoccupandosi minimamente di nascondere un cipiglio curioso e
preoccupato allo stesso tempo.
Leggermente sorpresa, ribattei: << Credo che sia meglio che vada,
adesso. Ehm... so che dovrei darti delle spiegazioni, ma davvero... non posso. Non al momento, almeno. >>
Una parte di me, quella ancora bambina, lottava per rifugiarsi fra le
braccia materne di Katia, ma l'altra, quella adulta ed innamorata,
sapeva che rivelando un segreto del genere avrebbe messo in pericolo la
vita di Andras. Non so come, ma ero certa che fosse così. Non si
poteva mai sapere chi ascoltava.
Lanciai uno sguardo veloce ai muri ed al soffitto della cucina.
<< Io sarò sempre qui per te, cara, lo sai. >> mi sorrise la cuoca.
Annuii, per poi alzarmi ed andarmene.
Dopo una decina di metri mi bloccai in mezzo al corridoio adornato da
due file di armature di bronzo su ogni lato. Quindi, girai di poco la
testa, in direzione delle cucine.
O stavo diventando paranoica, o avevo veramente
sentito qualcuno osservarmi per tutto il tempo. E,
inspiegabilmente, il mio primo pensiero volò a Marcus, l'uomo
dalle orbite vuote.
Mentre mi avvicinavo alle stanze di Andras, notai con un certo
nervosismo che molti servi appartenenti alla razza demoniaca,
interrompevano le loro mansioni per poi fissarmi insistentemente, quasi
come se fossero a conoscenza del segreto che condividevo con il loro
signore. Ma questo era impossibile, giusto? Giusto?!
Avanzai a grandi passi per ancora qualche minuto, affrettandomi a
girare gli angoli con un groppo in gola. Infine, con il fiato grosso,
giunsi dinanzi il maestoso portone finemente decorato della sua stanza.
Mi presi un paio di secondi per riordinare le idee, poi bussai. Il
solito "Avanti" profondo mi arrivò alle orecchie come una
deliziosa pugnalata al cuore.
Aprii il portone e me lo richiusi velocemente alle spalle con un
sospiro. << Andras, i demoni là fuori... loro... >>
deglutii << ... sanno? >>
Andras, intento a sfogliare un voluminoso libro della sua personale
libreria, alzò le spalle in un gesto incurante. <<
Ovviamente, sentono che il tuo odore è cambiato, che adesso
porta il mio marchio. >>
<< Che cosa?! >> strillai, imbarazzata. Ecco perché
Damien aveva annusato l'aria con un certo piacere prima!
Il demone dai capelli d'ossidiana si voltò verso di me. <<
Abbiamo faccende più importanti di cui parlare, però.
>> disse serio.
Dopo un istante, piegai la testa di lato, annuendo. << Dobbiamo
cominciare l'addestramento, vero? Mi porterai nella tua palestra?
>>
Il demone mi fece cenno di avvicinarmi a lui. Senza scompormi, gli
arrivai davanti. I nostri occhi, come calamitati, si incontrarono in
uno scoppio di scintille blu ed azzurre. Finalmente mi sentivo a casa.
Gli poggiai una mano sul braccio destro. << Ci andrai pesante con me. >> supposi.
Andras abbassò lievemente le palpebre. << Devo, almeno per le prime settimane. >>
Calò il silenzio. Ed ora? Sapevo solo che avevo un'incredibile
voglia di baciarlo e non potevo. O almeno... beh, in verità non
sapevo più come comportarmi. Prima era tutto un gioco per me,
una specie di sfida personale che avevo con lui. Ma ora, specialmente
dopo che avevamo fatto l'amore,
mi sentivo estranea a quel modo di fare. Il punto era che non potevo
più ignorare ciò che sentivo allo scoccare dei nostri
baci. Inoltre, non sarei mai riuscita a non esprimere i miei
sentimenti senza che questi apparissero palesi ai suoi occhi. Certo, il
dubbio che lui un po' avesse capito la situazione rimaneva, ma... non
lo sapeva per certo, ecco. Il solo pensiero di confessargli quelle due
paroline, poi, mi spaventava.
Inquieta, spostai il peso del corpo da un piede all'altro. << Andiamo? >> chiesi.
Il sopracciglio di Andras scattò in automatico. << Tutto qui? Davvero non farai niente? >>
Lo guardai male. << Perché devo essere sempre io a fare qualcosa? >> risposi, ostinata.
<< Sempre. >> ripeté lui, sovrappensiero. E quella parola parve riferirsi ad altro.
Infastidita, sbuffai. Poi, feci per poggiare le labbra sulle sue,
ritraendomi all'ultimo secondo. << Ti propongo un patto: se oggi
riuscirò ad atterrarti almeno una volta, tu esaudirai un mio
desiderio. >> cambiai discorso, riflettendo sui misteriosi fatti
della mattinata.
<< So cosa vuoi e ti dico già che non è fattibile. >> rispose lui con un'occhiata penetrante.
Lo sai per via del legame?
Sei perspicace, ragazzina.
Subito mi affrettai a raccontargli il sogno di stanotte e la sensazione che avevo provato in cucina poco tempo fa.
Gli occhi di Andras fiammeggiarono d'ira mal repressa. << Non
possono esserci spie nella Capitale, figuriamoci a palazzo. >>
Poggia la mano destra sul suo ampio petto d'acciaio. << Non dico
ora, ma dopo alcune sessioni d'allenamento dovremmo recarci nel luogo
in cui una volta risiedevano le Sacerdotesse. Ho bisogno di sapere
qualcosa di più su di loro, qualcosa che nei tuoi libri non
troverò. Non chiedermi come, ma sento che è così. >>
<< E sia. Ma andremo solo noi due. Inoltre, nessuno dovrà sapere nulla di questa impresa. >> rispose lui.
<< Nemmeno Raina e Damien? Potrebbero aiutarci... >> cominciai dubbiosa.
<< Nessuno. >> ribadì Andras.
Annuii in segno d'assenso. << Andiamo, dunque? >> dissi, facendo cenno alla porta dietro di me.
Tra non molto avrei finalmente iniziato l'allenamento speciale. Sarei
diventata più forte, capace di affrontare a viso aperto il
nemico. E, forse, invincibile alla penetrazione della mente.
L'adrenalina mi pervase il corpo come una ventata d'aria calda. La
porta metallica che avevo difronte mi avrebbe condotta al mio destino.
Il tempo dei giochi era finito. Ora, era giunto il momento di combattere la guerra che batteva alle porte.
Molto, molto sangue sarebbe stato versato. Ma io avrei tenuto duro, tutto pur di dare un futuro a me ed al mio demone dagli occhi di ghiaccio.
Un'antica vendetta non mi avrebbe impedito di avere una famiglia.
E quel giorno, gli
attimi in cui tutto mi è sempre andato storto, le
volte che accadeva l’opposto di ciò che mi aspettavo, i
pianti trattenuti... ne varranno la pena.
Perché, alla fine, è sempre così: dopo amare delusioni, mancate attenzioni e sofferenze, l'ansia di sbagliare scompare.
Poi, senza quest'ultima, arriveranno i cosiddetti momenti ''giusti'',
''perfetti'', quelli che ci faranno sorridere con un ''ne è
valsa la pena''.
Il coraggio di oggi sarà il mio trampolino di lancio per il domani. Io credo nel mio duro viaggio in bianco e nero.
Pov. Raina
Non so di preciso quanto tempo sia passato. Secondi, minuti... possono
persino essere passate svariate ore. Io e Damien, nel frattempo,
avevamo chiacchierato come nostro solito in un'ennesima e banale
conversazione a volte carica d'imbarazzo. Come quella volta in cui se
ne uscì con una cosa del genere: << Chissà cos'ha
fatto Andras... nel particolare intendo... mmh, devo assolutamente
chiedergli se le ha... >>
Spalancai gli occhi, come perduta. << Ehm... non credo che noi dovremmo... hai capito. >>
<< Oh! Certo. >>
E dopo questo minuscolo scambio di battute ci eravamo definitivamente
chiusi in noi stessi: avevamo finito gli argomenti comuni e non
possibili.
Mi sentivo fiacca in un certo senso. Stanca di questa situazione
diventata, ormai, insostenibile. Volevo solo che mi considerasse di
più, che mi desse un segno, insomma, del fatto che provasse
qualcosa per me. Qualcosa di serio.
<< Siamo quasi arrivati. Ecco, guarda laggiù: quello
è il gazebo di cui parlava prima Amia. >> fece ad un certo
punto il biondino al centro dei miei pensieri.
Annuii assente. Ero molto grata alla mia amica per avermi dato
l'occasione di passare un po' di tempo extra con Damien, ma il punto
era che non sapevo proprio che fare adesso.
Mi misi a pensare follemente alla venuta di un miracolo.
<< Allora... >> disse Damien << ... ora che l'hai visto possiamo anche andarcene, no? >>
Mi lanciò un'occhiata significativa di sottecchi.
Per un momento non compresi cosa intendesse realmente, poi, decisi che
mi stava solo dando l'opportunità di scegliere se rimanere
lì al sole con lui o andarmene per la mia strada da sola.
Allora, riflettei su molte cose che si mischiarono confuse nella mia
mente. Ora come ora, non riesco nemmeno a ricordarmele tutte o a dare a
quelle riconosciute un senso logico.
Parole non dette, parole agitate fatte uscire troppo in fretta...
parole rinchiuse a chiave nel mio cuore, parole buttate e perse nel
vento... parole amiche e consolatrici. Ognuna delle quali era un
pensiero più o meno importante che si accavallò insieme
ai suoi compagni tentatori fra le spire del mio animo.
<< Restiamo, desidero porti alcune domande. >> feci dopo un po'.
Una grande nuvola si posò sul sole, mettendo in ombra il curato giardino reale.
<< Te ne concedo due. >> contrattò Damien con un
sorriso compiaciuto in volto, appoggiandosi con una spalla ad una colonna. Quella dolce curva mi diede speranza.
<< Bene, cominciamo dall'inizio allora. Non so te, ma io credo
che noi dovremmo chiarire su alcune cose. >> dissi, avvicinandomi
a lui. Cominciavo già a sentire il suo caratteristico profumo al
miele... una sensazione afrodisiaca mi si espanse attorno,
racchiudendomi in una bolla fatta delle stessa sostanza del sogno.
<< Percorrere la via di un simile discorso ci porterà al
punto di scissione definitiva. Non potremo più tornare
indietro... cambierà tutto, te ne rendi conto? >> rispose
lui, guardando il cielo ombroso. I luminosi capelli biondi erano mossi
dalla tiepida ondata di un vento che sapeva di primavera. E la vista
era resa ancora più idilliaca dalla magica presenza di piccoli
petali di rosa trasportati dalla brezza. La perfezione fatta persona,
insomma. Mentre io ero... io. Solo io.
<< Primo quesito: hai una compagna? Un'amante? >> esplosi,
prima che il mio buonsenso costringesse la me impulsiva a battere in
ritirata.
Damien scosse il capo, ridendo con piacere. << Al momento no. Ma chissà... in futuro forse... >>
Era una mia rosea immaginazione, o mi stava davvero guardando con desiderio?
Non osai comunque sperare che parlasse di me. Non ancora.
<< Ultima domanda: ti piace qualcuna? Voglio dire, c'è una
ragazza in particolare che ha attirato la tua attenzione negli ultimi
tempi? >> mormorai, atterrita da tutte le possibili risposte con
cui Damien avrebbe potuto rispondermi.
Odiavo sentirmi così vulnerabile. Non mi riconoscevo più
e questo era un male perché non riuscivo a capire come
riprendere il controllo di me. E cosa ancora più sorprendente,
lui aveva il dono di trasformare il mio essere con la stessa
facilità con cui si cambiavano le lenzuola.
Sentii il bisogno d'essere abbracciata, ma mi trattenni dal tuffarmi fra le sue braccia.
<< Sì, una c'è. >> se ne uscì lui con un sospiro.
Mi passai una mano fra i capelli, nervosa. Questo significava solo una
cosa: avevo una rivale in amore ed anche molto pericolosa a
giudicare dalla profondità nel suo sguardo. I suoi occhi azzurri
sembravano mandare sprizzi d'energia allo stato puro.
Respirai a pieni polmoni. << Capisco. >>
<< No, tu non hai capito proprio niente, Raina. Niente. >>
sussurrò il demone, girando il capo per osservarmi meglio. Poi,
mi scoccò un'occhiata che mi trapassò per intero con la
forza travolgente di un tornado subacqueo.
<< Aiutami tu, allora. Forza. >> dissi, stringendo i denti.
<< Anche a te piace qualcuno, si vede lontano un miglio che sei totalmente fra le nuvole a volte. >> rispose secco.
<< Beh, e quindi? Avresti forse da ridire su questo? >> lo sfidai, facendo ricorso al mio lato ribelle.
Damien diede un'ultima occhiata al cielo, per poi staccarsi dalla
colonna a cui era appoggiato e dirigersi con passo sicuro verso di me:
aveva azzerato tutte le distanze che si frapponevano fra noi. Ed anche
se per un certo verso non era un buon segno, dato il suo improvviso
malumore, mi sentii sollevata. La sua sola presenza vicina bastava a
rasserenarmi totalmente.
<< In effetti sì: mi da parecchio fastidio. Tu sei diventata mia nell'esatto momento in cui ti ho scelta in piazza. >> disse lui con una strana voce che non pareva appartenergli.
Dov'era finito il mio Damien? Chi era il demone dalla sostanza eterna e devastante che mi stava difronte?
<< Non mi avevi mai parlato così. >> dissi sconcertata.
Damien rise forte. << Te l'avevo detto, Raina: ora che siamo partiti, potremo solo continuare a correre. >>
<< Benissimo, permetti che te la dica io una cosa ora! Ti ho
mentito l'altro giorno! Sai quando ti ho detto che non ho mai
avuto un ragazzo? Ebbene, non è così. Già, la
tua servetta ha già dato il suo primo bacio. >>
sputai velenosa con la prima cosa che mi venne in mente, ma pentendomi l'attimo seguente di aver iniziato proprio questo discorso. Anche se... perché trattenermi oltre, dopotutto? Lui
chissà quante esperienze aveva fatto in tutti i suoi secoli
d'esistenza!
Evidentemente avevo sbagliato a rapportarmi in quel modo, perché
il viso di Damien si scurì pericolosamente. << Tu... cosa?
>>
Gonfiai il petto, osando alzare ancora di più la cresta, anche
per cercare di leccarmi le ferite da sola. << E lui mi ha
lasciato il segno. Sì! >> ... nel modo errato però... pensai.
Il mio ex fidanzato era stato solo una piccola cotta
adolescenziale, sin dal primo anno delle superiori mi era piaciuto e
quando mi aveva notata e proposto di diventare la sua ragazza, avevo
accettato al volo. Le mie amiche mi avevano anche supportata nella
relazione. Fra noi, però, non era durata: appena un anno. Un
periodo che oggi reputo completamente inutile, brutto e buio; ed anche se ci sono stati
momenti in cui credevo sul serio di stare bene sia con me stessa che
con lui, oggi mi pento di essermi aperta quel poco che ho fatto con lui.
Il mio grosso sbaglio si cominciò a notare quando i litigi fra
noi si fecero più frequenti e quasi violenti da parte sua...
Ci lasciammo nel peggiore dei modi. Ricordo che
piansi per giorni...
<< Ehi... scusa, io... non piangere. No. >> esclamò
Damien, slanciandosi verso di me e accudendomi poi fra le sue forti
braccia. Mi sentii subito al sicuro.
Mi portai una mano alla guancia sinistra: stavo piangendo. Io
stavo piangendo. Oh, non ricordavo più questa sensazione. Mi
sembra tanto strano perché mi ero ripromessa di non farlo mai
più dopo... dopo...
<< Lui mi ha lasciata, sai. Ero solo un passatempo, ha detto.
Solo un giocattolo, ha riso. Credevo che mi volesse bene. Sognavo
già un futuro radioso per noi due, ma ero piccola ed ingenua.
>>
Damien strinse i pugni, trattenendo gli impulsi demoniaci. << Che ti ha fatto quel bastardo? >>
I miei occhi si fecero vitrei. << Tutto cominciò quando
mia madre e mia sorella morirono in un incidente d'auto. Un
guidatore ubriaco fradicio perse il controllo del suo camion
trasporti e... ed è successo. Era la sera del mio sedicesimo
compleanno, sai. Ricordo che io e papà le abbiamo aspettate
invano, finché non ha bussato un poliziotto alla porta del
nostro appartamento e ci ha dato la... la notizia. >>
singhiozzai. Giorni fa, avevo mentito ad Amia... mia sorella non era
morta per la guerra scatenata dall'Impero di Alloces... era morte in
quell'incidente maledetto. Dopo, mi ero sentita male al pensiero di
averle detto una bugia, ma ero stata costretta a farlo... proprio non
ce l'avevo fatta a confessarglielo. E
poi, non era la sola a cui avevo nascosto la verità... non avevo
mai raccontato tutto questo ad anima viva. Ed ora come ora, Damien mi
sembrava la sola persona giusta per iniziare. Sì, sfogarmi con
l'uomo che amavo era l'unica soluzione per tirare
fuori il dolore e sanare le ferite del cuore una volta per tutte.
<< Se non te la senti, non devi... >> disse il biondo, interrotto poi da una mia occhiata supplichevole.
<< No, ce la faccio. >> dissi, tremando per un freddo che
veniva da dentro << Dopo un po' di tempo, mio padre si
risposò con una donna molto più giovane di lui. La mia
matrigna era una donna orribile, ma decisi di sopportarla per il
mio povero papà. Credevo che la compagnia di quella giovane
donna gli avrebbe fatto bene in qualche modo... speravo che si sarebbe
innamorata di mio padre e non dei suoi soldi come immaginavo che fosse
in realtà. >>
Damien mi prese il volto fra le mani, muovendo le dita su e giù
per le guance arrossate in modo da asciugarmi le lacrime. <<
Continua, ti ascolto. >>
Mi presi due minuti per pensare al modo migliore per continuare, ma mi
accorsi con rammarico che non ce n'era neanche uno. << Come ti
dicevo prima, incontrai questo ragazzo, più grande di me di un paio d'anni, e poi, tempo dopo, ci mettemmo
insieme. Le cose fra noi andavano più o meno bene, eccetto i normali
alti e bassi di una giovane coppia. >> rabbrividii, ma mi feci coraggio per finire il
discorso << Alla fine, comunque, il nostro rapporto
degenerò. Un giorno, quando stavo andando da lui in una visita
non programmata per dirgli che fra noi doveva finire, scoprii...
scoprii lui e la mia matrigna... insieme. Insieme,
capisci?! Ero
entrata dalla porta del retro, quella sempre aperta come sapevo, anche
se c'era la chiave sotto lo zerbino, in ogni caso. Entrai in casa e
sentii dei
rumori sospetti al piano di sopra. Incuriosita, salii le scale. Trovai
il mio
ragazzo e la moglie di mio padre in corridoio a baciarsi
appassionatamente. Sospettavo
che quella donna tradisse il mio povero papà con uomini
più
giovani ma addirittura... questo... >> mi bloccai per un secondo
<< ... il mio ragazzo, così come la mia matrigna, si comportava stranamente negli
ultimi tempi... noi, dal canto nostro, litigavamo molto soprattutto perché io non
volevo ancora andare a letto con lui dopo mesi che stavamo insieme. >>
risi amara, strizzando più volte le palpebre << Ha trovato il suo passatempo, comunque. Conosceva
la mia matrigna dato che una volta l'avevo invitato a casa mia per
cena... e, dalle mie sciocche confidenze, sapeva anche dei miei sospetti riguardo i suoi schifosi
tradimenti. Tradimenti che io non avevo mai avuto il cuore di
raccontare a mio padre... ah, quanto me ne sono pentita in seguito! Se
solo... se solo... allora, forse... >> balbettai, scossa.
Damien mi abbracciò forte, ed io tornai a respirare serenamente. << Ssh... calmati. Ci sono io,
adesso. Con me accanto non hai nulla da temere, non succederanno
più cose del genere, te lo prometto. >>
<< Lo so. Tu sei diverso da loro. >> dissi, sforzandomi di vedere i lati positivi del presente.
<< Raina, mi dispiace, io non sapevo, non potevo sapere...
>> sospirò stancamente guardandomi dritta negli occhi
lucidi << Critico tanto Andras, ma alla fine la gelosia sta
prendendo il
sopravvento anche su di me, facendomi parlare a sproposito. >> confessò con una leggera e
forzata risata. Per tirarmi su di
morale, credo: sapeva quanto amavo il suo sorriso.
Alzai lo sguardo appannato dalle lacrime. << Tu sei... geloso? Geloso di... me? >>
<< Certo. Prima ho reagito così per questo. >> disse con un mal celato imbarazzo.
<< Anch'io sono gelosa. >> ammisi con un sorriso complice.
Ci studiammo a vicenda, come a voler imprimere nella mente quegli attimi preziosi prima del gran finale.
<< Credo che tu mi piaccia. >> sussurrò, appoggiando la fronte sulla mia. Gli occhi azzurri carichi di sentimento.
Io, invece, mi accinsi a intrecciare le dita delle mani alle sue. Un
immenso calore si irradiò, allora, per il mio corpo come lo
scoppio contemporaneo di migliaia di soli. Il fuoco generatosi agì da
condensatore e risanatore di pezzi di vetro infranti. E per le persone
rotte dentro come me, che hanno solo bisogno di qualcuno che abbia la
voglia,
il tempo e la pazienza di regalare loro qualche goccia d'amore per
rimettere insieme i pezzi, questo è il massimo dell'aspirazione.
<< Abbracciami forte, Damien, tienimi stretta con la promessa che non mi lascerai andare mai più. >> risposi, inclinando il volto di lato.
Allora, ci fu un forte rumore di uccelli che si alzavano in volo, le
loro ali risuonarono potenti nell'aria circostante. Gli alberi, scossi
dall'impetuoso movimento, si inclinarono ed ondeggiarono, sospinti
anche dal vento appena formatosi.
Molti odori provenienti dalla rigogliosa natura mi arrivarono alle
narici mentre congiungevo le mie labbra a quelle di Damien. E noi
cantammo la nostra canzone nel più intimo silenzio delle corde
del cuore.
***
A te, carissima Francesca(StellaChiara),
una simpatica e sempre presente amica.
Sono onorata di avere una lettrice al seguito come te.
Grazie di cuore.
***
ANGOLO AUTRICE:
Eccoci arrivate alla fine di questo capitolo, care ragazze. Spero tanto
che ne sia valsa la pena... scusate se vi ho fatte aspettare troppo ma,
come ben sapete, ci tengo a darvi sempre il mio miglior lavoro
possibile.
Come avrete notato ci sono molte spiegazioni(che ho ritenuto d'obbligo
inserire) e fatti. Non credo manchi nulla: vedremo la prima sessione
d'allenamento di Amia nel prossimo capitolo(oltre ad altre cose,
ovviamente). Comunque i due piccioncini parleranno molto e di cose
serie anche. Immagino che avrete capito che ormai ci saranno sempre
più pezzi importanti sul nemico centrale della storia. Le cose
si mettono male, ragazze.
Per equiparare le cose, ho invece voluto scrivere di Raina e Damien. Ho
anche messo qualcosa di molto significativo riguardo il passato di
Raina. Il loro discorso continuerà nel prossimo capitolo. Anche
perché il ruolo di prescelta di Raina non è ancora venuto
a galla. Amia combatterà al fianco di Andras, poi vedrete come
nello specifico. Raina, invece, agirà diversamente quando si
scatenerà la guerra.
Ah, non vedo l'ora... sarà divertente descrivere quelle scene! *_*
Bene, ho finito per oggi: spero di ricevere molti pareri e supposizioni
nelle recensioni, a questo punto mi servirebbero parecchio, ragazze!
Giuro che è così... ma non posso svelarvi di più,
mi spiace. <3
Per ogni domanda in più, vi ricordo, c'è il gruppo(Ashwini EFP).
Come sempre, ringrazio di cuore tutte
coloro che hanno inserito la storia fra le loro preferite(32),
ricordate(14) e seguite(75). Chi mi ha messa fra le autrici
preferite(10).
Aumentate di volta in volta ragazze:
non sapete quanto questo mi renda felice! GRAZIE di cuore a tutte voi
ed anche alle lettrici silenziose, perché TUTTE, nessuna
esclusa, è meno dell'altra: ognuna di voi è uno dei tanti
piccoli ingranaggi che muovono la storia ed il mio impegno verso un
gradino sempre più alto.
Bacioni ed alla prossima,
vostra Ashwini. <3
Spazio pubblicità:
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1
* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1
* ''Follie'' di Little Liar_, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1
* ''The Chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta, ve lo posso assicurare.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1930904&i=1
* ''Dream Of A Kiss'' di Damie, un'avventura emozionante che vi catturerà tutte.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1419921
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Capitolo 24 *** Capitolo ventitreesimo: La città di metallo. I misteri vengono svelati. ***
G
Buongiorno a tutte, ragazze. Mi scuso
enormemente per il terribile ritardo ma non è proprio un bel
periodo... spero possiate perdonarmi.
Questo capitolo è molto importante, quindi spero vivamente che vi piaccia!
BUONA LETTURA!
***
CAPITOLO VENTITREESIMO: La città di metallo. I misteri vengono svelati.
All'inizio credevo che la palestra personale di Andras fosse in
un'area riservata del palazzo reale, severamente sorvegliata da alcune
delle migliori guardie di corte, le quali, armate fino ai
denti, proteggevano il luogo in cui risiedevano gli strumenti e
gli attrezzi con cui il loro signore si allenava per mantenere il pugno
di ferro. In realtà non era così. La palestra non si
trovava nel castello, bensì sotto
di esso. Andras, infatti, mi aveva riferito che, per ragioni di
sicurezza e segretezza, le stanze in cui mi avrebbe formato
militarmente potevano essere raggiunte solo da un scala che portava ai
sotterranei. Da qui si procedeva per un lungo corridoio continuamente
sorvegliato da telecamere e sensori di movimento ultrasensibili. Una
volta che si era scesi di diversi metri sottoterra si giungeva, infine,
ad una porta che, una volta aperta con il giusto codice, dava sulle
diverse aree d'allenamento.
Sin da quando Andras mi aveva riferito della sua esistenza ero stata
parecchio curiosa di vedere con i miei occhi la palestra, ma ora come
ora anche un lieve senso di ansia mia aveva raggiunta senza preavviso.
Anche se ero molto determinata a migliorare le mie capacità di
sacerdotessa, infatti, non possedevo la certezza che i progressi fatti
sarebbero stati in qualche modo utili per la missione solitaria
promessa da Andras. E se fossi stata proprio io a mandare all'aria
tutto? Io che tanto volevo scoprire la verità sulla storia nella
quale ero stata trascinata?
<< Qualcosa non va? >>
La voce di Andras mi giunse lontana alle orecchie, come un debole gorgoglio in fondo all'oceano.
Nulla mi uscì, però, dalle labbra leggermente dischiuse.
Non risposi perché mi imbarazzava mettere a nudo, proprio di
fronte a lui, i miei timori.
Andras, quindi, mi fermò con uno strattone al polso destro,
inchiodandomi sul posto con forza. Poi, alzò con due dita
il mio mento. << Mi sorprende che tu adesso abbia dei dubbi.
>> disse duro.
Sospirai, improvvisamente triste. << Il problema è che non
voglio deluderti. Fra tutti, tu sei quello che meno vorrei vedere
insoddisfatto. >>
Lui, allora, si chinò su di me. Il suo odore, che sapeva
d'oceano, mi incendiò le membra. Infine, posò le labbra
sulle mie. Da parte mia, non potei evitare di allacciargli le braccia
al collo, stringendolo quanto più possibile a me. Il nostro
abbraccio, come già era accaduto, mi rinvigorì
totalmente.
Il paradisiaco bacio che ci aveva uniti, tuttavia, finì troppo presto.
<< Va meglio, ora? >> mi sorrise sincero. Ed era...
compiaciuto? No. Era felice. Felice come poche volte lo era stato in
mia presenza. Felice come solo
con me accadeva sempre più spesso.
<< Andras... ti senti bene? >> dissi, sbattendo più
volte le ciglia. Ero tanto sorpresa da immaginare persino di star
sognando il suo sorriso.
Il demone mosse la mano per aria, come per scacciare una mosca
fastidiosa. << Certamente. Adesso andiamo, non abbiamo tempo da
perdere. >> rispose, prendendomi per mano e conducendomi verso la
scala dagli scalini in marmo bianco a pochi metri da noi. Finalmente
saremmo scesi nei sotterranei.
In quel momento, pensai che Andras non era minimamente consapevole
dell'effetto che le sue azioni avevano sui miei sentimenti. Della
forza, simile ad un'onda anomala, con cui riusciva a sconvolgerli. Ma
era un qualcosa di così piacevole da provare che sarei potuta
anche affondare pur di continuare a sentirla.
<< Come procederemo in queste settimane? Hai già un
programma da seguire? >> dissi mentre scendevamo velocemente i
gradini.
Andras mi lanciò una breve occhiata. << Ho intenzione di
darti un'istruzione prettamente militare di base per quanto riguarda
questa prima settimana, così che il tuo fisico si abitui ai
grandi sforzi. È fondamentale che tu apprenda capacità
come la resistenza e la prontezza di riflessi. >>
<< Ho capito. Dopo che faremo? >> risposi inclinando la testa di lato per guardarlo bene in viso.
<< Dopo comincieremo un'alternanza tra combattimenti corpo a
corpo, armi e i fondamenti della magia sacerdotale tipica della tua
razza. >> affermò non appena arrivammo alla fine della
lunga scala a chiocciola.
Procedemmo in silenzio lungo un largo corridoio sterile ai suoni.
Ogni tanto io mi volgevo verso di lui, ma Andras pareva completamente
immerso nei suoi pensieri.
Osservai, allora, il posto, cercando le fatidiche telecamere. Seppur mi
sforzassi di localizzarle, però, non ne vidi nessuna.
Probabilmente erano tanto piccole che non si notavano ad occhio nudo,
oppure erano fuse con i muri stessi.
Arrivati alla fine del corridoio, ci lasciammo le mani. Andras
portò dunque la sua, che prima teneva la mia, verso un pannello
metallico pieno di pulsanti rossi, blu e gialli che chissà a
cosa corrispondevano nel complicato sistema interno.
Inclinai, poi, il capo quando notai che le porte in realtà era
due, una all'estrema destra, verso cui si era diretto Andras, ed una
all'estrema sinistra, anch'essa dotata di un pannello rettangolare. Mi
domandai dove portasse quella di sinistra, trattenendomi a stento dal
chiederlo.
<< Posso decidere la mia arma o ne hai già una in
mente tu? >> mi informai curiosa, anche se, sinceramente, avevo
una preferenza al riguardo.
Andras digitò con la sua solita rapidità sconvolgente una
sequenza di tasti che via via si illuminavano ed emettevano dei bip
affermativi. Nel frattempo, dei numeri, o almeno quelli che credevo
essere numeri dato che erano diversi dal sistema di numerazione
terrestre, comparvero su una barra grigia in alto alla grande porta in
acciaio che mi era davanti. Un bagliore rosso avvolse, infine, la barra
mentre la scritta "Permesso accordato" vi compariva al posto dei numeri.
<< Prima di sceglierti l'arma dovremmo provarle tutte per vedere
a quale sei più indicata, no? >> rispose Andras senza
battere ciglio.
Annuii in risposta per poi guardare la porta aprirsi automaticamente.
Qui sotto tutto era super tecnologico. Non c'era nulla che non fosse
all'avanguardia, contrariamente ai piani superiori in stile classico.
<< Credevo che fossimo già arrivati! >> esclamai
sorpresa quando riconobbi che l'abitacolo era in realtà
un ascensore ultramoderno dalle pareti di vetro resistente.
Andras mi spinse dentro con una mano poggiata sulla schiena.
Rabbrividii di piacere, arrossendo subito dopo. Non mi ero ancora
abituata ai suoi tocchi frequenti.
<< E non hai ancora visto niente. Goditi il panorama. >> rispose divertito.
Capii a cosa si riferiva non appena premette un pulsante e l'ascensore
prese a scendere. Dalle pareti di vetro vidi stagliarmisi sotto
un'intera città di metallo. Piani su piani formavano quella che
doveva essere una struttura di proporzioni gigantesche. Mentre
scendevamo vidi un piano dedicato ai computer e ad ogni sorta di
ben di Dio per cervelloni. Guardai anche con gli occhi luccicanti un
piano adibito a biblioteca.
Poggiai entrambe le mani sul vetro. << Avete anche qui una biblioteca? >>
<< Sì, ma sono tutti libri che trattano materie scientifiche e strategiche. >> mi informò Andras.
<< Mi hai portata al quartier generale dell'impero? >> sussurrai stupita.
Lui fece un cenno d'assenso. << All'inizio dovevamo prendere la
porta di sinistra che portava direttamente alla palestra all'ultimo
piano, poi ho cambiato idea per farti vedere tutto questo. Converrai
con me, però, che il giro turistico lo faremo un'altra volta,
oggi non ne abbiamo proprio il tempo. >>
<< Perché? >> chiesi semplicemente.
Andras si sporse verso il mio orecchio destro, mi scostò i
capelli dal viso e mormorò: << Anche io mi fido di te.
Inoltre, sono certo che non mi deluderai così come io non
deluderò te. >>
<< In cosa potresti deludermi? >> dissi, pensando allo stesso tempo “Oltre spezzarmi il cuore, probabilmente”
con un groppo in gola. Non dovevo pensarci, non ora che la mia
lucidità doveva mantenersi al massimo quanto più
possibile.
<< Tuo padre, Amia, è ancora vivo. Le mie spie mi hanno
riferito che sta dalla parte del nemico, corrotto dal potere della tua
antenata. Credo che lei lo stia usando per ricattare te in futuro,
quando affronterai la battaglia finale. Il potere spirituale applicato
su di lui dalla sacerdotessa è grande, molto grande, non so se
riuscirò a salvarlo. >> rispose serio. Gli occhi che
vagavano sul mio volto in cerca di ogni più banale sfumatura
d'emozione.
Per una manciata di secondi tremai convulsamente, sconvolta dal
flashback dell'assassinio di mia madre. Poi, mi costrinsi ad assumere
un'espressione impassibile e fredda.
<< Non m'importa di lui, per quanto mi riguarda non lo considero più mio padre. >> affermai con la voce roca.
Andras mi fissò intensamente a sua volta. << Mi sembra di
avertelo già detto, Amia: non serve mentirmi. >>
<< È la verità, ti dico! Lui... lui ha ucciso mia madre! Ubriaco fradicio! >> urlai arrabbiata.
La mano del demone mi sfiorò una guancia. << Prima di
azzardare simili accuse dovresti riflettere meglio sull'intera vicenda.
Pensa, perché tuo padre è cambiato? Davvero non ti viene
in mente nulla? >>
<< Rea... la mia antenata... c'entra sempre lei, non
è vero? Dimmelo, dimmi tutto quello che sai! >> continuai
imperterrita.
Andras scoccò un'occhiata severa.
Arrossii. << Scusa, sai che non ce l'ho con te. >>
Lui sospirò piano. << Le mie spie hanno trovato una
lettera indirizzata a tuo padre. Risale a molti anni fa, ma
contiene cose che sono certo ti interesseranno sapere. >>
<< Hai mandato degli estranei a casa mia? >> dissi.
<< Dopo che Rea ti ha posseduta l'ho ritenuto necessario. Capirai
che era, ed è, mio interesse trovare ogni indizio utile alla
nostra causa. >> rispose tranquillo.
Annuii. << Dove tieni la lettera in questione? >>
<< Ce l'ho in tasca, appena arriveremo in palestra te la farò leggere. >>
<< Hai trovato altro per caso? >> chiesi alzando un po' di più il mento.
<< No. Ho fatto fare ricerche approfondite in tutti i luoghi
collegati alla tua famiglia ma non è stato rinvenuto
nient'altro. >> rispose, togliendomi una ciocca ribelle dalla
fronte proprio quando l'ascensore si fermò all'ultimo piano
della città di metallo.
Insieme, ci dirigemmo verso quella che sembrava in tutto e per tutto la porta di un cavò inespugnabile.
<< Ti tratti bene a quanto vedo. >> constatai sarcastica.
<< Ne dubitavi forse? >> fece Andras con il mio stesso
tono, apprestandosi ad aprire l'enorme porta circolare con un ulteriore
codice segreto.
Oltrepassando la soia, mi guardai intorno con aria circospetta. << Non ci sono guardie in giro? >> domandai.
Andras alzò un sopracciglio. << Certo, solo che tu, come chiunque altro, non le può vedere. >>
<< Nemmeno tu, quindi. >> esclamai divertita.
Il demone rise sardonico. << Ti piacerebbe. >>
<< Eh? Come puoi vederle se gli altri non ci riescono?! >> dissi mentre lo tallonavo da dietro lungo la galleria.
<< Ne sento l'aura. Il potere, se non viene abilmente nascosto
con una magia, è come una luce in mezzo al buio. Percepire
l'aura altrui è una delle prime cose che ti insegnerò,
così potrai avvertire la presenza del nemico prima che esso ti
trovi. >> mi spiegò pratico.
<< Potrò sentire le auree dei nemici deboli, quelli che
non sanno nascondere il loro potere. Come farò con gli altri? E
poi, i nostri nemici più potenti non potrebbero entrare qui, in
qualche modo, e percepire anch'essi le auree delle guardie? >>
chiesi, avida di risposte.
<< L'aura può essere controllata come e quando la si
vuole, ovviamente: le guardie sono state addestrate a renderla
visibile in minima parte, così da essere comunque sicuri,
solo a me. Per visualizzare nella tua mente i nemici più capaci
a nasconderla dovrai allenarti a cogliere le minime sfumature di
aura in battaglia. L'aura, infatti, può essere nascosta fino ad
un certo punto, perché una piccolissima parte, quella
dell'energia vitale, è quasi sempre visibile ai guerrieri
più forti ed allenati se non è offuscata da una
particolare magia che confonde. >> rispose girandosi verso di me.
Abbassai lo sguardo, incrociando le braccia.
Andras mi aveva fatto capire che per lui potevo farcela, che con le sue
lezioni sarei diventata più forte, tanto da poter andare con lui
in missione nell'antica dimora delle sacerdotesse. E chissà,
magari anche affiancarlo nella battaglia finale se fossi stata in grado
di difendermi totalmente da sola.
Ero quindi sicura che insieme avremmo lavorato sodo per ottenere il
massimo da me, ma... qual era il mio reale potenziale? Sapevo di avere
in me il potere di una discendente di Rea, questo era vero, eppure
nessuno, a parte lei probabilmente, conosceva fino a dove potevo
spingermi. Il solo fatto che non fossi nata nel mondo di
Andras era a mio sfavore. Oltre, ovviamente, all'opportunità
persa di crescere
fra le mie simili ed imparare, quindi, tutte le formule ed i riti
spirituali tipici dell'ordine. E, non sapendo come muovermi nel loro
ambiente, il pericolo di cadere in una trappola era sicuramente
elevato. Andras, nonostante sapessi già che mi avrebbe
insegnato molto, non poteva certo prendere il posto di una maestra
dell'ordine.
Anche lui, come me, era limitato su questo fronte. Il suo lavoro,
così impoverito di conoscenze forse molto importanti per il
futuro, sarebbe stato incompleto sotto un tale punto di vista.
<< Dobbiamo trovare una sacerdotessa che, più avanti, mi
insegni la materia più approfonditamente. >> riflettei a
voce alta.
Andras si fermò alla fine della galleria per poi poggiarsi con
la schiena alla porta di vetro scuro alle sue spalle. << Lo so,
ma non sarà facile convincerne una a collaborare con noi. Sono
tutte donne estremamente fedeli alla tua antenata. >>
Mi portai l'indice ed il pollice sul mento. << Potremmo sempre
contattarne una in esilio... una che si è separata, per
volontà sua o meno, dall'ordine. Sai se esiste una persona del
genere che possa aiutarci? >>
Andras si scurì in viso. << Non metterti in testa altre
strane idee, Amia. Corri già troppi pericoli per i miei gusti.
>>
Mi diressi a passo di marcia verso di lui. << Sto solo cercando di rendermi utile! >>
Andras scosse la testa. << Se prometti di non insistere per venire porterò io l'esiliata qui da te. >>
Assottigliai gli occhi, con un velo malcelato di rassegnazione. Era
inutile discutere oltre con lui sulla mia sicurezza, avrei solo preso
una batosta al momento. << Va bene, te lo prometto. Chi è
lei, a proposito? >>
<< Secoli fa, prima che io nascessi, è stata espulsa
dall'ordine per aver frequentato un demone. >> mi informò.
Mi portai una mano alla bocca, scossa. << E poi com'è finita? Lei
è riuscita a stare con il suo compagno, alla fine? >>
<< No. Una storia fra un demone ed una sacerdotessa non ha
futuro. I due sono stati separati dalla morte di lui, il demone in
questione è caduto per proteggere l'amata dall'ira delle sue
parenti. L'ha spedita in un luogo lontano, dove loro non l'avrebbero
più potuta trovare, poi, anche per quest'ultimo sforzo, è
morto. >> concluse rapido.
Indietreggiai di qualche passo. << Capisco. >>
<< No, Amia, tu non capisci. Noi due non siamo come loro, la nostra storia è diversa. >> disse serio.
<< Noi non siamo come loro perché non siamo innamorai l'uno dell'altra. >> ... Tu non lo sei... << È questa l'unica, fondamentale, differenza. >>
Andras, allora, mi afferrò per un braccio, mi spinse dentro la
porta di vetro che nel frattempo aveva aperto e mi inchiodò al
muro fra le sue braccia tese ai lati della mia testa.
<< Tu mi ami. >> disse.
<< Stai vaneggiando, tu non mi piaci per niente, sono solo
estremamente attratta da te, fine della questione. Ora mollami, abbiamo
da fare un allenamento. >> risposi distogliendo lo sguardo mentre
mi mordevo il labbro inferiore.
<< Parli di attrazione quando il tuo cuore adesso batte forte per me. Solo per me. >> insistette.
Perché diavolo avevamo preso questa piega della conversazione?!
<< Mi sembra piuttosto ovvio dato che mi sei così vicino! >> tentai di rimediare.
Andras grugnì seccato. << Cazzate. Ammettilo una buona
volta invece di fare sempre la figura della perfetta codarda! >>
Mi tremò involontariamente il labbro prima che potessi
anche solo pensare di fermarlo. << Quanta sicurezza... >>
biascicai, incapace di trovare altro di meglio con cui controbattere.
Poi le parole mi uscirono di bocca prima che potessi fermarle. Prima
che il mio buon senso si rifacesse vivo. Prima che io potessi
desiderare di fuggire e mentire ancora. Le labbra si schiusero da sole,
gli occhi pizzicarono un'ultima volta, i brividi lungo la schiena
scomparvero. Ed io parlai. << Ciò che provo per te
è nato solo per influenza della leggenda delle prescelte. So che
la conosci, quel giorno in biblioteca temevi che io l'avessi scoperta e
letta. Ti ho distratto ed alla fine non ne abbiamo più parlato,
è vero, ma la leggenda non ha mai cessato di immischiarsi nella
mia vita. È a causa sua che adesso mi
ritrovo in questa situazione. Se non fosse per la leggenda, non credere
che io mi sarei mai potuta innamorare di un essere malvagio come te,
che non fa altro che divertirsi a vedermi soffrire per ovviare alla
noia dell'immortalità. >>
Attesi una punizione qualunque per la mia insolenza, ma non arrivò nulla. Solo indifferenza. Solo silenzio.
Andras, silenzioso come un'ombra, mi lasciò libera dalla sua
presa, quindi mi superò ed entrò nella palestra adiacente
all'atrio in cui ci trovavamo.
Scivolai lungo la parete, portandomi le mani alla testa che nel
frattempo si era piegata per rifugiarsi fra le ginocchia. Il pavimento
era freddo ma non mi disturbava: ne avevo bisogno per non concentrarmi
su altro, su niente che riguardasse Andras.
Prima avevo detto una mezza bugia... dopotutto, era vero che all'inizio
mi ero interessata a lui per via della leggenda. Gli avevo poi mentito
sull'esserne ancora innamorata solo a causa di quell'influsso.
Perché alla fine... alla fine mi ero innamorata di lui
veramente. Avevo accettato da un po' di amarlo incontrastatamente. Ma
non ero riuscita ad espormi così tanto per rivelarglielo. Non mi
sentivo pronta per un grande passo come questo, era troppo per me. La
paura di essere respinta, poi, era terribile, pressante e dietro
l'angolo a tendermi un agguato. Non volevo rischiare.
Andras aveva ragione: ero una codarda.
Singhiozzai in silenzio, cercando di calmarmi per seguire Andras ed incominciare l'allenamento.
Ma come avrei fatto a guardarlo ancora negli occhi? Come?
Sospirando, mi asciugai le poche lacrime che mi erano cadute sulle
guance accaldate. Infine, mi rialzai da terra, sollevai la testa ed
imposi al mio corpo l'autocontrollo. Almeno questo dato che la mia
mente era già in subbuglio.
Stanca ed appesantita da nuovi guai, mi feci strada nella palestra.
L'ambiente che mi si parava davanti era, come previsto, enorme. La sala
centrale della palestra, infatti, si stendeva per almeno venti metri in
lunghezza e trenta in larghezza. Vi erano poi quattro porte metalliche
automatiche per ogni lato a me laterale che, supposi, conducevano in
altre stanze.
Osservai che la sala in cui mi trovavo adesso conteneva le più
inimmaginabili diavolerie meccaniche. Macchinari ed attrezzi super
tecnologici erano disponibili in abbondanza per qualunque uso. Numerosi
pannelli touch erano, inoltre, disposti loro accanto così da
poter programmare la sessione d'allenamento voluta.
In tutto quel lusso di metallo, notai in particolare una porta
imponente di vetro scuro all'estremità opposta della stanza.
Chissà dove portava...
Fui però distratta dall'assenza di Andras. Dov'era finito? Lo avevo visto entrare qui, ne ero sicura, ma adesso dov'era?
Mi guardai intorno, cercandolo con occhi preoccupati.
Da questa parte. Mi sentii dire nella mente.
Seguendo la voce dura di Andras, capii che voleva che entrassi nella
stanza con la porta di vetro nero di fronte a me. Con passo fermo e deciso
feci quanto detto, ritrovandomi però ansiosa lì davanti.
Ancora una volta, maledii con tutto il cuore la mia lingua lunga. Se
poco fa non avessi parlato sarebbe stato meglio per entrambi, per me e
per lui. Io non avrei avuto tutta quest'ansia di guardarlo negli occhi
e rivelare così la mia bugia, lui non avrebbe avuto motivo
di trattarmi come una pezza vecchia da buttare.
Strinsi i pugni. Non dovevo cedere.
Poco tempo dopo, compresi che la stanza quadrata in cui ero
entrata era lo studio privato di Andras. Nella camera vi era una
pregiata scrivania in ebano davanti a cui facevano bella mostra
di se due comode poltrone di pelle marrone. A circa due metri da esse
era sistemato un lungo divano, anch'esso in pelle, che aveva ai lati
due alte lampade in stile classico. Dall'altro lato della stanza,
invece, c'era un minibar da ufficio con tanto di casse musicali a
fianco per l'intrattenimento personale. La musica però era
spenta, come a volermi ricordare che non meritavo alcuna melodia nella
mia vita dopo quello che avevo detto ad Andras.
Il mio demone dagli occhi di ghiaccio mi osservava superiore dalla scrivania alla quale era appoggiato.
Deglutii, distogliendo lo sguardo dalla sua elegante e tentatrice figura.
Mi domandai, allora, come facesse a credere che provavo qualcosa di
molto profondo per lui solo per via della leggenda delle prescelte.
Andiamo, anche un ceco si sarebbe accorto che lo amavo veramente!
Ovviamente, tenni per me quei pensieri.
<< Mi hai portata qui per leggere la lettera indirizzata a mio
padre, vero? >> dissi a voce bassa, sapendo perfettamente che lui
mi avrebbe sentita lo stesso.
Andras annuii, allungando un braccio per prendere una carta da lettere
poggiata con cura accanto a lui sulla scrivania. Me la porse senza dire
una parola.
Ferita dal suo comportamento, mi avvicinai barcollando. Non avrei retto
quella situazione a lungo, lo sapevo, non dopo tutto quello che avevo
condiviso con lui. Cercai lo stesso di resistere.
Presi la lettera dalla sua mano tesa e la spiegai per bene affinché potessi leggerne il misterioso contenuto.
“Egregio Mr. Prime,
le scrivo questa lettera per via di un increscioso cambiamento nel
corso degli eventi. Come lei ben sa, l'organizzazione a cui sono a
capo, la CGE, fa ormai da molto tempo continue ed approfondite ricerche
su chi possa essere la prescelta dell'imperatore di Alloces. Come le
avevo già riferito nella mia precedente lettera, i dubbi che
nutrivamo su sua figlia erano scomparsi quando notammo il caso
particolare di una ragazza di Berlino che, contrariamente alle altre,
non fece ritorno in tempo breve sulla Terra dopo esser stata prelevata
come amante per il sovrano. Giustamente credemmo che lui, provando il
famoso interesse di cui parla la leggenda delle prescelte, la
volesse tenere per sempre con se come compagna. Ci sbagliavamo. La
ragazza, infatti, è tornata due settimane fa con un messaggio
per noi dell'organizzazione da parte dell'imperatore Andras. Tale
messaggio ci comunicava che da un po' di tempo le spie personali
dell'imperatore ci tenevano d'occhio. Prelevare per più tempo la
ragazza tedesca era stato solo un espediente per provare il dubbio
sorto al sovrano circa la nostra ricerca della sua vera compagna
di vita. La ragazza era stata scoperta in relazione con noi dopo che,
in un impeto di passione voluta a tal fine, aveva rivelato
all'imperatore di esser stata contatta da noi per distruggerlo.
L'imperatore aveva così compreso i nostri piani e ci invitava a
non immischiarci in situazioni più grandi di noi se non volevamo
avere delle terribili ripercussioni. Comprenderà, Mr. Prime, che
i nostri obbiettivi hanno un nobile fine, così, affinché
la razza umana progredisca come nostra precisa decisione, abbiamo
inviato a nostra volta un messaggio intimidatorio all'imperatore
Andras. Lei sa, Mr. Prime che abbiamo armi segrete di distruzione di
massa avanzatissime nei nostri arsenali. Nel messaggio inviato abbiamo
detto, quindi, all'imperatore che eravamo pronti ad usarle sui suoi
domini di cui, nel frattempo, avevamo scoperto la locazione grazie ad
una spia inaspettata, mia moglie. Ho da poco scoperto, infatti, che la
mia consorte proviene da un luogo vicino Alloces. Un regno in cui una
volta dimoravano delle potenti sacerdotesse nemiche dei demoni
dell'impero. Mia moglie, giorni fa, mi ha convinto a richiamare sotto
la mia protezione le sue compagne per aiutarci nella conquista
dell'impero e delle sue innumerevoli ricchezze. In cambio, mia moglie
chiedeva solo che la sua sovrana ottenesse personale vendetta
sull'imperatore Andras. Non sono però a conoscenza, come lei
stessa, per via di cosa. Ovviamente, dopo un colloquio con la loro
sovrana, Rea, ho accettato l'alleanza fra le nostre due fazioni. Il
pomeriggio stesso un emissario dell'impero mi ha comunicato la
dichiarazione di guerra che avevo previsto. Essa prevedeva che
l'esercito imperiale avrebbe fatto irruzione sulla Terra fra una decina
d'anni. Non c'era alcun cenno alla mia alleanza con le sacerdotesse
perché esse avevano la capacità sorprendente di
nascondersi agli occhi onnipotenti del sovrano di Alloces. In questi
giorni, dunque, stiamo elaborando un piano di azione per adempiere ai
nostri scopi. Il motivo di questa lettera è comunicarle che i
nostri precedenti dubbi su sua figlia sono ora definitivamente
confermati: Amia è la prescelta dell'imperatore Andras. Rea mi
ha infatti riferito che ha fatto in modo che in lei dimorasse lo
spirito di una sua discendente proprio perché il loro oracolo
aveva predetto la sua nascita. Rea intende, come me ovviamente,
servirsi di Amia per distruggere l'imperatore. Siamo certi, per
fortuna, che lui non sappia ancora della sua esistenza. La invito
espressamente, dunque, a renderla il più anonima possibile,
così da non attirare le attenzioni delle spie dell'impero che,
come lei ben sa, hanno sul nostro pianeta come in altri il compito di
prelevare amanti per il loro sovrano. L'imperatore Andras, come abbiamo
fatto noi per anni, cerca infatti da moltissimo tempo la sua prescelta
in tutte le fanciulle della galassia degne del suo interesse. Tutto
questo per dare alla luce il suo erede, il demone leggendario dagli
illimitati poteri che potrebbe conquistare facilmente l'intera galassia
una volta cresciuto ed addestrato. La leggenda delle prescelte dice
questo e questo non mettiamo in dubbio che accadrà se noi della
CGE non facciamo qualcosa prima per evitarlo. Per ironia della sorte,
l'impedimento di questo evento coincide con i nostri obbiettivi di
conquista e distruzione dell'impero di Alloces. Si goda quindi gli
ultimi anni di pace con sua figlia, Mr. Prime. Io l'aspetto come sempre
nella sede principale dell'organizzazione per il consueto incontro fra
i membri ufficiali della CGE e gli adepti come lei. Parleremo meglio
delle questione che le ho qui esposto in quell'occasione. Le ricordo
infine di fare come le ho chiesto se non vuole delle gradite
ripercussioni sulla sua famiglia. Sappia, infatti, che è tenuta
severamente d'occhio.
Cordiali saluti,
Edward Price, comandante supremo dell'organizzazione.”
Sollevai, tremante, gli occhi dalla lettera, la quale mi cadde subito dalle mani.
Tutto questa storia era assurda.
<< Da quanto tempo sai che sono la tua prescelta? >>
riuscii a mormorare, sconvolta. Fino ad ora avevo sempre creduto che
lui non lo sapesse.
Andras mi inchiodò sul posto con lo sguardo.
<<
Prima ti ho detto che le mie spie sono state inviate a fare ricerche
approfondite a casa tua, in cerca di qualcosa che fosse collegato alla
tua antenata, Rea, dopo che l'altro giorno ti ha posseduta. Dopo che ci
siamo uniti, mentre eri ancora a letto, ti ho appunto detto che la
colazione era annullata perché avevo degli affari da sbrigare...
ebbene, mi riferivo proprio alla lettera. Il capo delle mie spie sulla
Terra mi aveva infatti riferito del suo ritrovamento con un veloce
messaggio mentale. Ho quindi esaminato la
lettera stamattina presto, prima che tu arrivassi nelle mie stanze.
>>
Barcollai fino al divano in pelle marrone, crollandoci sopra. <<
Mio padre è un adepto della CGE... lui sapeva tutto... sapeva
cosa avrei dovuto affrontare e mi ha cresciuta con indifferenza solo
per preparami ad essere una perfetta padrona di me... lui è
degenerato solo per darmi uno dei più duri esempi su quanto
siano crudeli il mondo e la vita. Si è sacrificato per me... per
darmi un futuro in cui io avrei saputo cavarmela date le mie già
tragiche esperienze. Ed io che l'ho sempre odiato... >>
Andras si avvicinò, inginocchiandosi al mio cospetto e
prendendomi le mani fra le sue. << Faremo in modo di salvarlo
dalle grinfie di Rea e riportarlo lucido da te. Così potrete
finalmente riavere il rapporto padre e figlia di una volta. Ce la
faremo, Amia, te lo prometto. >>
<< Gli ho urlato di odiarlo. >> dissi debolmente. Con
quella lettera tutte le mie precedenti convinzioni era andate in fumo.
<< Sono sicuro che lui non è arrabbiato con te per questo.
Credo che sapesse benissimo a cosa andava incontro comportandosi con te
in quel modo. >> rispose sedendosi al mio fianco. Le mie mani
erano ancora fra le sue, calde e accoglienti.
Lo guardai negli occhi, seccata. << Se solo non fossi stata destinata a te, tutto questo non sarebbe successo. >>
<< Non dire cose di cui poi potresti pentirti, Amia. L'hai
già fatto altre volte e non ti ha mai portata a nulla di buono.
Questa tua tendenza a seccarti con tutto e con tutti quando sei nervosa
è davvero insopportabile. >> disse sospirando.
Sì, era un vizio del quale mi ero sempre lamentata io stessa, ammisi mentalmente.
E poi non ero sul serio pentita di aver incontrato Andras... anzi, me ne ero pazzamente innamorata.
<< E quindi hai avuto centinaia di amanti prima di me. >> buttai lì ad un certo punto.
Andras non si scompose. << L'hai letto anche tu nella lettera: l'ho fatto solo per trovare te. >>
<< Tu mi hai cercata con tanto impegno solo perché vuoi un
figlio da me! >> lo accusai. Sia la leggenda che la lettera erano
chiare su questo punto.
Andras alzò gli occhi al cielo. << Hai letto anche tu
nella leggenda delle prescelte di cosa sarà capace nostro
figlio. Ammetterai pure tu che un simile potere farebbe molto comodo
all'impero. >>
Lo fissai indignata. << E tu, ovviamente, sei convinto che io ti
darò un figlio senza opporre la minima resistenza al riguardo,
giusto? >> dissi sarcastica.
Andras si mise comodo sul divano, sciogliendo le mani dalle mie ed
incrociando le braccia. << Non dico adesso, Amia, ma in futuro
sì, accadrà. >>
Gli scoccai un'occhiataccia. << Ti rendi conto di quello che
dici, Andras? Tu desideri un figlio solo per poterlo usare per i tuoi
scopi di conquista! Non sei poi tanto diverso dalla CGE per questo, non
trovi? >>
Lui ridacchiò. << Già, dimenticavo il tuo spiccato
sentimentalismo. Scommetto che hai sempre sognato il principe azzurro
ed una felice famigliola con lui. >>
Sbuffai. << E guarda invece chi mi ritrovo. >>
Andras si sporse verso di me. << Adesso lo ammetti, dunque? >>
<< Cosa? >> chiesi, confusa.
<< Che mi ami. >> rispose ovvio, incominciando a pestare ritmicamente il piede sul pavimento.
Allora, scoppia in una fragorosa risata. << Te lo puoi pure
scordare. Quando lo dirò sarà solo perché
l'occasione è quella giusta. Rivelare un sentimento tanto forte come
l'amore non è una cosa da prendere alla leggera. >>
Andras sollevò un sopracciglio, innervosito. << Ma lo pensi. >>
<< Forse sì, forse no. Chi lo sa. >> risposi
misteriosa. Mi divertiva un mondo vederlo così in
difficoltà: mica era una cosa che succedeva tutti i giorni!
Intendevo quindi godermi l'esperienza fino in fondo.
Lui parve capirlo, forse sempre per via del legame che ci univa. << Benissimo. Allora, non ti dispiacerà
se io farò altrettanto solo dopo che me l'avrai detto tu.
>> ghignò.
Il mio cuore perse un battito. << Che... che cosa? >> balbettai.
<< Hai capito perfettamente. >> concluse sadicamente.
A quel punto della conversazione, però, sorrisi radiosa.
Probabilmente non era ancora innamorato di me, ma la leggenda delle
prescelte diceva chiaramente che un giorno lo sarebbe stato.
Questa luminosa speranza bastava a farmi continuare a lottare per
farmi amare da lui che, comunque, stava dimostrando di tenere a me.
Un angolo delle labbra di Andras si piegò in un mezzo sorriso. Accidenti quanto era bello...
Mi morsi il labbro inferiore e, per evitare di saltargli addosso, mi
alzai dal comodo divano, dirigendomi al minibar con la scusa di
prendere un bicchiere d'acqua.
Andras, una volta che mi ebbe raggiunta, mi mise possessivamente le mani sui fianchi.
<< Anche se non dobbiamo avere subito un figlio, possiamo sempre
darci alla pazza gioia, lo sai, vero? >> mormorò malizioso
mentre mi mordicchiava suadente l'orecchio sinistro.
Gemetti, già eccitata. << Non avevamo un allenamento in programma? >>
Andras sogghignò. << Propongo di iniziare con le basi di un semplice corpo a corpo, allora. >>
Decisi di stare al suo gioco. << Solo le basi? Semplice? >> dissi sbattendo le ciglia con aria innocente.
Andras premette il bacino contro il mio, dimostrandomi che avevo tutta la sua attenzione.
Ridacchiai. << Non sia mai che io contraddica il mio istruttore. >>
Amavo anche per questo il nostro rapporto: per quanto potessimo
litigare, alla fine ritornavamo sempre l'uno fra le calde braccia
dell'altro.
***
ANGOLO AUTRICE:
Allora, eccoci in fine giunti alla conclusione di questo capitolo. Spero che vi sia piaciuto! ^_^
Direi che la prima parte della storia può considerarsi conclusa,
ora entriamo in una fascia d'azione più ampia sotto molti punti
di vista.
Ormai molte cose prima sconosciute sono state svelate. Altre ancora
restano irrisolte: ad esempio, perché Rea, l'antenata di Amia,
vuole vendetta su Andras?
Lo scopriremo, tranquille.
La battaglia finale è sempre più vicina, progetto solo
altri sette/otto capitoli alla fine della storia. Wow... mi sembra ieri
che l'ho iniziata ed invece è quasi passato un anno.
Come avrete notato, Andras si apre con Amia nei momenti cruciali ed
importanti della storia. Lei per ora non se ne rende quasi conto, ma
presto noterà il cambiamento che Andras assume solo con lei.
Come è stato detto, Andras non è ancora innamorato di
lei, non completamente, ma ci siamo quasi, manca solo una piccola
quanto decisa spinta in più. Tiene però a lei più
di quanto sia mai successo con anima viva. Non sa stare lontano da Amia
e questo pare ormai accettarlo!
Lei sa quello che prova e vuole, ed è paziente con Andras.
Presto però non sarà Amia a costringere il demone a fare
una scelta importante per il futuro di entrambi. Ma ci sarà
sempre Amia accanto a lui per sostenerlo. ;)
Rea deve essere eliminata, ma anche la nostra nemica pensa lo stesso di
Andras. Chi ferirà di più chi? Cosa, chi, verrà
perso per la causa dei nostri protagonisti?
Ricapitolando: Rea sapeva della nascita di Amia come prescelta di
Andras, così le ha infuso lo spirito di una sua discendente.
Amia è così nel centro del mirino della sua antenata che
intende usarla per distruggere la minaccia rappresentata per lei da
Andras. Lui già intendeva trovare la sua compagna di vita, ma
non era ancora certo che fosse Amia prima di leggere la lettera. Ora
che lo sa le cose fra i due protagonisti cambieranno.
La moglie del capo della CGE è una sacerdotessa inviata sulla
Terra da Rea per ottenere i favori di un umano potente sul pianeta, ora
divenuto suo marito. Edward pensa che il suo accordo con Rea sia
conveniente per entrambi... ma sarà veramente così alla
fine? Otterrà, come desidera da tempo, le ricchezze di Alloces
in cambio del suo aiuto nella battaglia finale?
Scopriremo tutto questo nei prossimi capitoli: non vedo l'ora! :D
Nel frattempo che aspettate il prossimo capitolo, Amia ed Andras si danno da fare... u.u
Ringrazio, come sempre, tutte
coloro che mi seguono. Vi amo tutte, ragazze! GRAZIE, GRAZIE per tutto
il tempo che spendete per me e la mia storia. <3
Spero che anche stavolta ne
spendiate una manciata in più per darmi il vostro prezioso
parere sul capitolo. Sapete, poi, quanto io ci tenga.
Bacioni e alla prossima,
vostra Ashwini. :*
|
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Capitolo 25 *** Capitolo ventiquattresimo: Fiducia reciproca. ***
Amia 2.o
Buonasera! ^_^
Ecco a voi il nuovo capitolo: visto che stavolta ci ho messo poco? Beh... non troppo almeno.
Spero tanto che il capitolo vi piaccia e che mi facciate leggere una
vostra preziosissima opinione al riguardo. Questo è un altro
passo importante per la storia e ci terrei davvero, davvero
molto riguardo quest'ultimo punto. Quindi, mi fareste un regalo
speciale stavolta? *fa degli occhi da cucciolo*
Detto questo...
... BUONA LETTURA!
***
CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO: Fiducia reciproca.
I nostri
colpi si susseguivano troppo lenti per i gusti di Andras, il quale
desiderava andare oltre il basso livello con cui stavamo proseguendo
già da un paio d'ore.
Purtroppo, le mie scarse
capacità nel combattimento corpo a corpo si erano fatte
notare sin da subito. Infatti, quando ci eravamo posti sulla spaziosa
pedana rossa al centro dell'area numero tre di allenamento, Andras mi
aveva dapprima istruita su ciò che avremmo dovuto fare per quel
giorno. Poi, mi aveva fatto ripetere centinaia di volte le stesse
mosse, mostrandomi lui stesso come in realtà andavano fatte. Ed
era stato anche paziente per un bel po' di tempo, come gli dovetti
riconoscere. Ma dopotutto, da perfetta principiante quale ero, potei
solo sospirare di sollievo per il clima calmo che si era stabilito fra
noi due.
Andras, però,
purtroppo per me, aveva in seguito preteso che gli dimostrassi
direttamente quello che avevo appena imparato con grande fatica. Ed il
risultato, come c'era da aspettarsi, fu davvero imbarazzante per la
sottoscritta. Infatti, ero stata atterrata dopo appena qualche mossa
d'attacco. Non avendo visto arrivare il suo colpo studiato alle
gambe, né il seguente pugno centrato allo stomaco, ero
stata sconfitta alla grande.
Andras sbuffò per l'ennesima volta nel giro di pochi minuti.
<< Non ti stai impegnando abbastanza, Amia! >> mi rimproverò severo.
Lo guardai male. <<
Non puoi pretendere che applichi i tuoi insegnamenti proprio con te!
Sei ovviamente di un altro livello! >> risposi, incrociando le
braccia per bloccare un suo colpo.
Lui rise sarcastico.
<< E con chi vorresti allenarti, eh? Con Katia, magari? Certo,
con lei vinceresti di sicuro. >> scherzò.
Gli mollai un pugno alla
mascella, ma lui non si mosse di un millimetro. Non aveva neppure
cercato di schivarmi in realtà. << Ma di cosa accidenti
sei fatto? >> sbottai seccata. Colpire lui era come cercare di
spezzare un diamante a mani nude. Inutile.
<< Certo che no.
Però potrei allenarmi con Raina, non ti pare? >> chiesi,
speranzosa. Allenarmi con la mia amica sarebbe stato il massimo.
Andras inarcò un
sopracciglio. << Anche se mentissimo sullo scopo degli
allenamenti, non servirebbe a nulla. Sono sicuro che Damien proibirebbe
a Raina di accettare. >>
<< Perché?
La guerra coinvolgerà tutti, non solo te, me o lui. Se Raina
sarà pronta a difendersi da sola, per quanto le sarà
possibile, anche lui a quel punto starebbe più rilassato nei
suoi confronti. >> dissi, indietreggiando ad una distanza di
sicurezza dai suoi attacchi.
Andras scroccò le
nocche delle mani, scurendosi in volto. << Sarebbe peggio,
invece. Pensaci, come ti comporteresti se sapessi che la persona che
ami fosse nel bel mezzo della battaglia a darci dentro senza la tua
supervisione? Senza che tu possa starle sempre accanto per avere, se
fosse necessario, l'occasione di farle da scudo umano? >>
Le sue parole mi
arrivarono dritte al cuore che, immediatamente, prese a battere
più forte del normale. Da quando pensava certe cose?
<< Non ci avevo
pensato... che stupida... hai ragione, è meglio lasciar perdere
e continuare solo noi due. >> sussurrai, riprendendo la posizione
d'attacco che mi aveva insegnato ore fa.
Andras, però, non
si preparò a ricevere i miei colpi, anzi, si avvicinò a
me con espressione seria. I suoi passi risuonarono nella palestra come
amplificatori dei battiti del mio cuore innamorato. Mi diedi
mentalmente della stupida per i miei comportamenti infantili.
La mano destra di Andras
si posò cauta sulla mia guancia. << Non voglio che anche
lui abbia il costante pensiero di poter perdere la sua prescelta.
>> mi spiegò con una voce tanto carezzevole che non
sembrava nemmeno la sua.
Lo fissai sgomenta non appena capì l'allusione nascosta dietro le sue parole. << Tu hai paura di perdermi? >>
<< Sei proprio una
stupida se non l'avevi ancora capito. >> disse per poi alzare gli
occhi al cielo dopo aver distolto lo sguardo da me.
Trattenni il fiato,
quindi presi un bel respiro prima di rispondere. << Quindi
è certo che Raina è la prescelta di Damien? >>
Avevo cambiato argomento. Avevo dovuto farlo.
Non ero certa di poter reggere la piega che avrebbe preso altrimenti la
nostra conversazione se avessi posto le mie ben altre domande.
Spiegazioni più che altro.
<< Sì, i
segnali sono chiari. Con Damien abbiamo anche discusso sull'intera
faccenda, e siamo d'accordo sul darvi ancora qualche tempo prima di
ufficializzare la cosa con il resto del nostro mondo. >> rispose,
stavolta riprendendo la sua solita durezza nella voce. Evidentemente si
era ripreso.
Inclinai la testa di lato. << Ufficializzare? >> chiesi in cerca di una spiegazione.
Andras mi lasciò
andare la guancia che, appena l'attimo seguente, mi parve
irrimediabilmente fredda come il ghiaccio. << Ufficializzare il
nostro rapporto con voi due, Amia. Rendere pubblica la nostra
relazione. >>
Assottigliai gli occhi. << Forse a Raina andrà bene, ma a me no. >>
Andras mi guardò confuso e... timoroso? E di cosa? Oh!
Il mio cuore accelerò i battiti, pompandomi furiosamente il sangue al cervello. Lui aveva paura di perdermi... oddio.
Mi mossi irrequieta
sul posto. Odiavo essere tanto vulnerabile nei suoi confronti. Mi
sentivo sempre di cristallo in sua compagnia.
<< Che intendi dire? >> mi chiese dopo il pesante silenzio che ci aveva avvolto.
Strinsi i pugni. << Quanto tempo avete deciso di darci? >> cominciai, cercando di restare calma.
<< Due mesi, più o meno. >> rispose per poi aggiungere << Qualche problema? >>
<< In effetti, sì, Andras. Chi ti dice che io voglia diventare la tua ragazza? >> dissi seccamente.
Okay, in realtà lo
desideravo sin da quando avevo compreso di amarlo, ma non era questo il
punto. Ci conoscevamo da poco. Troppo poco per poter dire di essere
pronti ad una relazione ufficiale. Davanti l'intero impero, poi! Ma
scherziamo? No, su questo ero irremovibile. Potevamo frequentarci - se
sempre così si poteva dire con uno come lui - per un po' di
tempo, poi si sarebbe parlato del passo successivo.
Eppure avevamo già fatto l'amore...
Mi mordicchiai un'unghia,
perché contro le mie parole ed i miei pensieri c'erano quei
sentimenti che nel mio cuore avevano già deciso di assecondarlo.
E... infondo perché non provare con una relazione seria fin da
subito? Magari avrebbe pure funzionato.
Andras sospirò. << Amia, non stavo parlando di un fidanzamento ufficiale... >>
Sorrisi sollevata, seppur
anche un po' delusa, mentre mi mettevo una mano sul cuore. << Ah,
allora va bene. Prima pensavo che potremmo frequentarci e poi...
>>
<< ... intendevo rendere pubblico il nostro imminente matrimonio. >> finì lui, calcando l'ultima parola e dandomi il colpo di grazia.
Spalancai gli occhi,
allibita. Questa proprio non me l'aspettavo. << Che cosa?! Ma
siete diventati matti tutti e due? >>
<< Non possiamo
dare alla luce un erede illegittimo, Amia. E solo un matrimonio
può rendere un figlio reale successore del padre. >>
replicò il demone incrociando le braccia al petto.
Gli puntai un dito
contro, mettendo l'altra mano sul fianco. << Si può sapere
perché ci tieni tanto ad avere un bambino? Perché
così in fretta, poi? Abbiamo tutto il tempo per... >>
<< Amia. >> mi bloccò lui.
Io sbuffai, attendendo che continuasse. Ero proprio curiosa di sapere cosa mi avrebbe risposto!
<< In tutti questi
anni, non sono state solo le sacerdotesse a dare problemi all'impero.
Attualmente, non solo sono impegnato a risolvere tutti i punti deboli
dell'economia terrestre, ma anche su altri fronti. Ben più
ardui, aggiungerei. Ora che una parte del tuo pianeta è stata
soggiogata dall'influsso delle sacerdotesse dovrò doppiamente
impegnarmi su quel fronte per non parlare poi degli enormi sforzi che
di conseguenza dovrò fare per mantenere stabile la situazione a
nord dell'impero. Ricollegandoci alla leggenda, io e Damien abbiamo
pensato che i poteri dei nostri figli ci saranno un bel po' utili per
evadere le difese del nord mentre noi sfruttiamo anche l'est per
espanderci. >> spiegò con la sua solita chiarezza.
Sbattei più volte
le palpebre. Cominciavo a capire. << Volete aspettare due mesi
perché è questo l'arco di tempo previsto per l'elusione
totale della minaccia costituita dalla sacerdotesse, vero? >>
Andras annuì, compiaciuto della mia scaltrezza. << Esattamente. >>
<< Tanto per saperlo, una gravidanza demoniaca quanto dura in media? >> mi informai curiosa.
<< Sei mesi.
>> rispose il demone con ghigno << Diventerai grassa in
fretta. >> concluse beffandosi di me.
Gli feci la linguaccia,
fregandomene della probabile immagine da bambina immatura che dovevo
dargli. << Allora sarà meglio per te trovare al più
presto un'altra donna su cui sfogare i tuoi bassi istinti! >>
Andras alzò le spalle, sorridendo furbo. << Se per te va bene... >>
Pestai un piede,
inviperita. << Vai al diavolo. >> grugnii, facendogli
capire ciò che pensavo realmente << A proposito, in cosa
consiste questo problema a nord? >>
Era meglio approfittare di questa sua improvvisa loquacità.
<< In questa
galassia, ovviamente, non esiste solo l'Impero di Alloces. Vi sono
anche altri regni vicini, tutti più piccoli ma comunque forti e
pericolosi, oltre che ricchi. Il regno a nord, in particolare, ha
sviluppato nell'ultimo mezzo secolo una fastidiosa tendenza
d'espansione verso il mio impero. All'inizio la situazione era a mio
favore, poi le carte in tavola sono cambiate per via delle nuove
trovate del re di Rostam, il regno del nord. Attualmente, siamo in una
situazione di stallo. >> disse Andras, allungando un braccio ed
avvicinandomi a se.
Mi morsi il labbro
inferiore quando il mio corpo risvegliò ogni senso a causa
della sua vicinanza. << Damien quella volta è tornato da
una spedizione fatta lì? >>
Il demone annuì.
<< L'ho fatto ritornare dopo un aiuto militare suo e di altre
cinque truppe d'assalto durato ben tre mesi. Grazie alla sua guida
abbiamo recuperato due basi a sud della linea di trincea allora in
vigore. Inoltre, il solo supporto della presenza del Generale Supremo
dell'impero è di grande portata per i soldati. Anche io sono
andato parecchie volte lì in missione. Ma per il momento la
situazione non mi consente di allontanarmi per troppo tempo dalla sede
centrale dell'impero. Servo più qui per ora. Ovviamente, se
là la faccenda dovesse peggiorare partirei subito in via del
tutto eccezionale. >>
Speriamo di no, allora. Non voglio che tu ti allontani troppo da me.
Che fai, ragazzina, ti preoccupi per me adesso?
Io combatto ogni giorno in memoria di coloro che ho perso, ma
soprattutto per i miei cari che sono ancora vivi. E tu sei uno di
questi. Quindi sì, mi preoccupo.
Andras rispose al mio
messaggio mentale con un bacio da far girare la testa. Accidenti, se
era un bravo baciatore! Non avevo termini di paragone ma... wow...
Rabbrividii eccitata prima di esporre la mia approvazione ricambiando il suo bacio con altrettanta passione.
Le nostre lingue si
intrecciarono per danzare nei cieli del paradiso. Le nostre mani,
invece, si cercarono, ansiose di un contatto più intimo che le
facesse elettrizzare.
Ti amo, pensai.
E grazie a Dio lui non poteva leggere nel pensiero.
<< Ti proteggerò, Amia. Questa è una promessa. >> disse dopo un ultimo bacio a stampo.
<< Ci proteggeremo a vicenda. >> risposi, socchiudendo gli occhi con dolcezza.
Ti amo, pensai di nuovo.
Andras, inaspettatamente, mi sorrise. << Che ne dici se continuiamo ad allenarci, adesso? >>
Ricambiai il sorriso, radiosa, per poi sfregarmi energicamente le mani. << Pronto a perdere? >>
Andras si allontanò da me per mettersi in posizione di difesa. << A te la prima mossa, piccola. >>
Barcollai, scossa. << Che cosa hai detto? >> balbettai mentre il volto mi si illuminava di luce propria.
Andras mi invitò con una mano ad agire. << Se riuscirai a sorprendermi te lo ridirò. >>
Bastardo, pensai. Quindi, mi lanciai contro di lui con tutta la forza che riuscii a racimolare.
Glie l'avrei fatta vedere io a quell'arrogante, stanca e provata o no!
Le ultime parole famose.
Dopo un'altra ora ero ancora là che sudavo come mai in vita mia mentre cercavo di riprendere fiato.
Andras non solo non aveva
rallentato il ritmo di prima, ma aveva pure aumentato, seppur di poco,
la velocità d'azione, vanificando i miei sforzi con tutto
il sadismo di cui era capace. E già questo era tutto dire.
Caddi all'indietro quando mi fece girare il polso per poi darmi una decisa gomitata al fianco sinistro.
Imprecai a bassa voce.
Andras non dava colpi molto forti per ora, sapevo che si stava
trattenendo, ma il solo fatto di non riuscire a bloccarlo nonostante
questo era davvero frustrante.
Feci una smorfia. << Sei duro da mettere all'angolo, eh? >>
Il demone mi diede una
mano per rialzarmi. Scuotendo la testa l'afferrai, pentendomene un
attimo dopo. L'idiota mi aveva ributtata a terra senza tanti
complimenti dopo un'artistica giravolta con calcio ben assestato nel
didietro.
Digrignai i denti, furiosa. Ora basta giocare pulito.
Mi rialzai, dunque, con
l'aria più malandata possibile. Non che fosse poi tanto
difficile, ero già messa abbastanza male. << Credo di
essermi slogata il polso... >> dissi mesta.
Andras scosse la testa, seccato. << Diavolo, Amia, non ho nemmeno stretto troppo la presa! >>
Mi strinsi il polso,
cadendo in ginocchio. << Potremmo chiamare il medico di corte?
Non credo di poter proseguire, davvero, Andras. >>
L'espressione da cucciolo ferito di Bambi della Disney, allora, fu niente in confronto alla mia.
Andras si avvicinò
con passo pesante. << Se cominciamo così possiamo pure
metterci l'anima in pace riguardo la nostra missione. >>
borbottò mentre si inginocchiava davanti a me.
Un guizzo passò,
allora, per i miei occhi azzurri e con entrambe le mani mi affrettai a
spingerlo a terra, mettendomi in seguito a cavalcioni su di lui.
Infine, sfregai seducente i seni sul suo petto muscoloso.
Gli occhi di Andras si velarono di lussuria. << Ma non eri ferita? >>
Schioccai la lingua. << In verità, cercavo una scusa per... >> Portai, audace, una mano sul suo petto.
Dalla bocca del demone uscì un sospiro di piacere. << Mmh... Capisco. >>
Sorrisi maligna. Voleva che lo sorprendessi, no? Bene.
Mi chinai a baciargli il
collo, mentre con la mano accarezzavo i suoi addominali scolpiti. Nel
frattempo, allungai l'altra mano verso i suoi capelli di seta nera,
accarezzandoli e giocandoci con le dita.
La vendetta era squisitamente piacevole, dovevo ammetterlo.
<< Andras? >> feci mentre mi alzavo leggermente dal suo corpo.
Lui, contrariato che avessi smesso con le carezze, mi guardò scocciato. << Che c'è adesso? >>
A sorpresa, gli diedi una
poderosa ginocchiata al basso ventre per poi fare una veloce
capriola di lato proprio come mi aveva insegnato lui. Soddisfatta, mi
sistemai dietro l'orecchio una ciocca ribelle sfuggita alla coda.
Il demone si mise subito seduto con un'aura piuttosto minacciosa attorno. << Che diavolo... >>
Io mi arricciai con gusto una ciocca di capelli rossi al dito, quindi gattonai in mezzo alle sue gambe aperte.
<< Amia... ? >> disse Andras, incerto, non capendo che diamine mi stesse prendendo.
Gli presi il mento con una mano, premendo forte. << Sorpreso? >>
Lui sorrise per quanto gli fosse possibile. Aveva, in fine, capito il mio gioco. << Non ancora... >>
Ghignai. << Potevo mirare un po' più in basso prima. >>
<< Vero, piccola. >> mi accontentò, allora, lui, ridacchiando.
Battei le mani, come una
bambina contenta di aver finalmente avuto il suo quotidiano gelato
estivo. << Sono stata brava, eh? >> mi vantai
spudoratamente.
Le labbra di Andras
furono subito ad un centimetro dalle mie. << Sì sì,
ma perché non concludiamo lo stesso il lavoro? >> disse,
lanciandomi un'occhiata allusiva.
Gli intrecciai entrambe le mani dietro la testa, accondiscendente. << Secondo round della giornata, allora? >>
Lui, in risposta, mi mordicchiò il labbro inferiore.
Le sue mani, poi, mi presero per i fianchi, portandomi sopra di lui. Il suo bacino si scontrò con il mio.
<< Okay. >>
Mi tolsi in un unico
colpo la maglia, gettandola con violenza dall'altra parte della stanza.
Ma quando feci per sganciarmi il reggiseno le mani di Andras si posero
sulle mie.
Lo guardai interrogativa.
Lui, agile come sempre, mi levò l'indumento e gli fece fare un lungo volo per far compagnia alla mia maglia.
Gemetti mentre gettaiìvo la testa all'indietro.
Le sue labbra si
rituffarono sulle mie mentre con le mani torturava i mie seni. La sua
lingua tentatrice, poi, lambì le mie labbra in un tacito invito
a schiudersi. Ovviamente gli concessi il diritto di entrare per
approfondire il bacio in una maniera che mi fece drizzare i capelli in
testa.
Le sue labbra sapevano di
menta fresca e io me ne beai, tranquilla di poter godere solo io delle
sue premurose attenzioni. << Andras... >> mugolai, labbra
contro labbra.
Lui mi fissò
intensamente negli occhi. Il cielo dei miei affondò nelle
profondità dei suoi ed il confine fra realtà e sogno
scomparve, sostituito dal nostro particolare universo.
<< Spogliami. >> mi ordinò.
Ridacchiai. Per certi versi non sarebbe mai cambiato.
Feci quanto detto,
lasciando indugiare più del necessario le mie mani sui suoi
pettorali ben fasciati dalla maglietta con scollo a V. Lui, per
facilitarmi il compito, alzò le braccia, ed anche la sua maglia
ci lasciò.
Il mio stomaco fece una felice capriola quando mi strinse a sé.
Gli passai il palmo della
mano destra su di una guancia, e notai che aveva una leggera barbetta
da far andare letteralmente fuori di testa una povera ragazza come me.
Il suo guardarmi sincero
come se fossi l'unica donna nell'universo mi incendiò
completamente. Inevitabile fu, poi, il mio sospiro innamorato.
Mi maledissi, ma pensai
anche che non era mica colpa mia se ormai stavo perdendo la
capacità di resistere a manifestare il mio amore per lui. La
nostra situazione, sempre più complessa, infatti, non la rendeva
cosa facile.
Andras mi baciò la punta del naso. << Rilassati, sei con me. >>
Sbattei più volte
le palpebre quando mi accorsi di essermi irrigidita. << Scusa.
>> mormorai, dispiaciuta. Ero proprio un disastro...
Il mio demone dagli occhi di ghiaccio mi guardò interrogativo. << Che hai? >>
Mi presi un momento prima
di rispondere. << Nulla... io... >> mi bloccai per poi
continuare << ... senti, non ci pensare, okay? >>
Andras mi sistemò
meglio sopra di lui. << Perché non sei ancora felice?
Perché?! >> disse a denti stretti.
Cosa?
<< Sono più
che felice, davvero! >> risposi. Non era di certo la mia
felicità il problema, o meglio, non direttamente. Il fatto era
che non riuscivo più a trattenermi dall'esprimerla chiaramente,
paurosa com'ero della sua reazione.
Andras chiuse gli occhi e quando li riaprì si colorarono di rosso cremisi.
Sussultai inevitabilmente. << Andras...? >>
Con gli occhi
fiammeggianti mi strappò magicamente i leggins di dosso,
lasciandomi come unica barriera intima le mutandine.
<< Andras,
perché... cosa stai...? >> lo richiamai, ma ancora una
volta non fui ascoltata. Lui, infatti, continuò imperterrito la
sua avanzata e calò la testa fra le mie gambe che, nel
frattempo, aveva divaricato con forza.
A quel punto incominciai a preoccuparmi seriamente. << Andras, fermati. Fermati! >>
Lui, allora, si decise a
degnarmi di uno sguardo. I suoi occhi ancora rossi, trasformati
dall'energia demoniaca che gli scorreva nelle vene, mi fissarono
molesti. << Cosa? Cosa, Amia? Credevo ti piacessero le mie
attenzioni. >>
<< Non... così... >> riuscii a dire, trattenendo a stento le lacrime.
Mi morsi il labbro
inferiore. Nonostante tutto, non avevo paura di lui, mi fidavo
ciecamente ormai, e sapevo che si sarebbe sempre trattenuto dal farmi
sul serio del male. << Che diavolo ti prende? Perché ti
stai comportando così? Credevo andasse tutto bene... >>
ripresi.
Andras si rialzò
da me, togliendosi velocemente i pantaloni neri aderenti e i boxer. Di
nuovo, si calò vorace suoi miei seni, mordendone i capezzoli.
Tentai di richiudere le
gambe quando fece per insinuarsi fra esse, ma non fui abbastanza
veloce. Si alzò sui gomiti per rivolgermi un'occhiata di fuoco.
<< Cosa devo fare con te, Amia? Sono così... stanco. >> Le ultime parole crearono una sorta di mescolanza rosso-blu nei suoi occhi.
Gli avvolsi le braccia al
collo, stringendolo forte a me. << Non devi fare nulla... io mi
fido di te, te l'ho già detto. >>
<< Non mi riferivo a questo. Intendevo dire che, per quanto ci provi, tu non sei ancora felice. Io non
ti rendo felice. >> disse mentre gli occhi perdevano la
malignità che li aveva compromessi e tornavano del loro consueto
blu notte.
Scossi la testa. << Che devo fare per dimostrarti il contrario? >>
<< Dimmi che avevi prima. Dimmi perché mi hai guardato con quegli occhi da donna ferita e scossa. >> disse.
E adesso cosa potevo rispondergli? Verità o bugia?
Lo guardai negli occhi e,
oltrepassandone le barriere come mai ero riuscita a fare fino ad ora,
capii ciò che dovevo fare.
Accadde come succede che
il sole sorge. Accadde come fa un fiore a sbocciare. Accadde come
riesce un guscio a schiudersi. Accadde come fa il cuore di ogni essere
vivente a battere.
Fu naturale. Fu spontaneo. Fu amore.
<< Stavo pensando a come dirtelo. >> cominciai << Stavo pensando a come rivelarti che ti amo. >>
Andras per un attimo
sembro visibilmente combattuto tra migliaia di emozioni contrastanti,
poi parve riprendersi abbastanza da soffiarmi ad un palmo dal naso:
<< L'hai detto... finalmente l'hai detto. >>
Deglutii per poi accarezzargli timidamente una guancia. << Sei arrabbiato? >>
Andras, contro ogni mia
convinzione, mi stupì avvolgendomi fra le sue braccia. <<
E come potrei esserlo proprio ora? Come? >>
Entrò dentro di me
con un'insolita dolcezza, con una cura che mi fece rinascere mille
volte in contemporanea. E fu anche diverso dal solito, come se la mia
confessione a lungo trattenuta avesse sbloccato qualcosa in lui.
Qualcosa di veramente bello.
Dopo quella che a me
parve la pausa migliore della mia vita, ci sistemammo in un silenzio
imbarazzato, almeno per quanto mi riguardava, ed intraprendemmo la via
del ritorno alle nostre camere per darci una ripulita prima di cena.
Dopo la nostra unione,
non aveva detto nulla. Non aveva risposto al mio "Ti amo" con un
"Anch'io" o altro. Mi aveva amata a modo suo, come aveva fatto sin
dalla mia - dalla nostra - prima volta. Aveva stretto saldamente le mie
mani, baciandomi con trasporto e guardandomi, però, con una
nuova luce negli occhi. Mi aveva persino regalato uno dei suoi rari
sorrisi da batticuore. Certo, non nascondevo a me stessa che un po'
c'ero rimasta male, anch'io avrei voluto sentirgli dire quelle due
parole nei miei confronti. Ma forse, pensai, non era ancora pronto per
farlo. Dopotutto, non potevo pretendere di rivoluzionarlo così
su due piedi.
Arrivati in cima alle
scale ci fermammo per discutere un momento del programma del giorno
dopo. Optammo per un'altra manche di combattimento corpo a corpo
così che io potessi affinare meglio alcune mosse ancora incerte.
Andras, quindi, mi disse
di farmi vedere davanti le sue stanze poco prima di cena. Quando fece
per voltarsi, però, lo bloccai per un braccio. Lui inarcò
un sopracciglio.
<< Ci vediamo dopo.
>> mormorai dandogli un veloce bacio a stampo prima di poterci
anche solo ripensare. Inutile dire che fossi imbarazzata da morire,
insomma... era un evidente segno d'affetto, ma dopo quello che c'era
stato prima fra noi sentivo di potermelo permettere.
Andras, contro ogni mia più rosea aspettativa, ricambiò il gesto. << A più tardi. >>
<< E quindi vi siete lasciati così? Oddio, che romantico! >> gridò Raina da dietro la porta del bagno.
Appena arrivata in camera
mia, l'avevo trovata ad aspettarmi lì davanti per farsi
raccontare le ultime notizie della giornata. In cambio, lei mi aveva
riferito della sua fruttuosa chiacchierata con Damien.
<< Già,
sembra che le cose vadano finalmente per il verso giusto fra noi. Tu
non mi dici nient'altro? >> risposi mentre uscivo dal box doccia
e mi avvolgevo nel mio morbido accappatoio bianco. Pensai di nuovo
alla faccia della mia amica quando le avevo detto della mia
confessione amorosa e ridacchiai. Era stata così buffa!
<< No, purtroppo
oggi non è proprio stato qui a palazzo. È uscito
già di prima mattina per andare ad una riunione importante.
>> mi disse dispiaciuta.
Aprii la porta del bagno, fiondandomi ad abbracciarla stretta. << Vedrai che stasera vi rifarete. >>
Era ovvio, Damien le
aveva chiaramente detto che gli piaceva. E da come era fatto quel
ragazzo, sicuramente non ci avrebbe messo molto a coinvolgere Raina in
tutte le coccole possibili.
<< Magari... >> rispose allusiva, guardandomi complice.
<< Raina! >> esclamai rossa come un peperone.
<< Ehi, >> si difese << da quello che mi racconti i tempi da santa vergine sono ormai tramontati! >>
La mia amica scoppiò in una fragorosa risata non appena le tirai un leggero pugno sul braccio.
<< Beh, a giudicare dalla tua accurata recensione, tu e Damien avete già fatto l'amore con quel bacio... >> ghignai.
Poi, all'improvviso, mi ricordai di un particolare che mi ero dimentica
di riferire a Raina. << Ah! Giusto. Ho una grande notizia per te.
>>
Il viso di Raina si illuminò di curiosità.
Mi diressi verso lo
specchio per usare l'asciugacapelli. Sospirai dopo una sola occhiata.
Ce l'avrei mai fatta a domare quelle lingue di fuoco?
<< Allora? >> mi incitò Raina guardandomi trepidante attraverso lo specchio.
Feci una smorfia. << Forse non dovrei essere io a dirtelo... in effetti Damien potrebbe... >>
<< C'entra Damien?! >> urlò e per poco non mi privò dell'udito.
Mi massaggiai le
orecchie, prendendomi tempo per inventare una scusa plausibile.
<< Sì... ehm... a quanto sembra ti porterà un
regalo stasera. Dopo cena, ecco. >>
Raina saltellò in giro contenta, emettendo tutta una serie di risatine di gioia.
La guardai con un sorriso
in volto. Sì, era molto meglio che la grande notizia gliela
dicesse Damien. Chissà che faccia avrebbe fatto allora!
Mentre mi dirigevo
tranquillamente verso le stanze di Andras, mi chiesi come mai volesse
vedermi prima di cena. Avevamo discusso prima del programma di domani,
quindi perché vederci ancora? Oh beh, tanto meglio. Ogni scusa
era buona per vederlo.
Sospirai, domandandomi
fino a quando sarebbe durato questo piccolo periodo felice. Fu con
questo pensiero che mi arrestai di fronte l'imponente porta a due
battenti della camera di Andras.
Guardai con un pizzico di
tristezza il leone d'oro dalla fauci spalancate sopra l'arco della
porta. E mai come in quel momento ebbi paura di perdere la mia
felicità.
Un battente si aprii con un leggero cigolio ed io sobbalzai.
L'elegante figura
slanciata di Andras si fece avanti. << Amia, perché stai
aspettando qua fuori? Ti ho sentita arrivare parecchi minuti fa, ma non
entravi e così... che hai? È forse successo qualcosa? >>
Abbozzai un sorriso. << No, non preoccuparti. Sai, poco fa stavo
per dire a Raina del futuro matrimonio fra lei e Damien, ma poi mi sono
trattenuta. Ho pensato che spettava a Damien stesso dirglielo. >>
dissi mentre lo sorpassavo per entrare nell'ampia stanza da letto.
Andras si richiuse la porta alle spalle, appoggiandovisi con il busto
dopo aver incrociato le braccia al petto. << Anche noi ci
sposeremo. >> specificò subito dopo.
Feci un cenno distratto con la mano. Questo era ancora da vedere, ma
preferii non entrare di più nell'argomento: sapevo quanto era
cocciuto nelle sue decisioni quando ci si metteva, ed io ero ancora
indecisa al riguardo.
<< Allora, come mai volevi vedermi? >> domandai, cambiando discorso e fermandomi al centro della stanza.
Andras mi raggiunse. << Ci saranno anche i miei
genitori stasera ed io vorrei che tu mi accompagnassi a cena con
loro. >>
Deglutii, agitata. << Ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? >>
<< Certamente, e ci ho già pensato abbastanza. >> mi rispose senza esitazione, anticipando la mia domanda.
Mentre mi immergevo nei suoi occhi del colore dell'oceano infinito,
realizzai che non me lo stavo ordinando, ma me lo stavo proprio
chiedendo. Potevo rifiutare se lo volevo. Accidenti, questa sì
che era una vera svolta nel nostro rapporto. E bella grossa anche.
Lo abbracciai. << Va bene, facciamolo. Quel che sarà,
sarà. >> acconsentii. Un passo lui, un altro passo io. Era
così che doveva essere per poter continuare la nostra
relazione.
Andras restò rigido per un attimo, poi ricambiò l'abbracciò. << Certo che sei strana. >>
Risi. << Vado in camera mia, allora. >>
<< Per fare cosa? >> mi domandò il demone con un velo di curiosità negli occhi blu.
Mi indicai il semplice maglione di lana calda ed i jeans chiari che
portavo. << Non posso di certo venire vestita così con i
tuoi genitori presenti. >>
Andras mi guardò scocciato. << Ma a chi vuoi che importi cosa indossi? >>
Gli gettai un'occhiataccia. << Vuoi farmi fare una brutta impressione per caso? >>
Andras mi strinse a se. << Sei la mia prescelta, e loro devono saperlo. Sei la mia donna, e loro dovranno accettarlo. Sei mia,
e nessuno potrà mai permettersi di giudicarti male, nemmeno i
miei genitori. Intesi? Tu dovrai preoccuparti solo di me d'ora in
poi. E si dia il caso che a me piaci veramente molto stasera. >>
Il labbro inferiore mi tremò inevitabilmente. << Okay.
>> Seppi dire solo questo, nient'altro. L'emozione era troppa.
<< Non ce la faccio. >> sentenziai una volta arrivati in
sala. Quest'ultima, maestosa e ricca di decorazioni di ogni tipo, mi
aveva fatto retrocedere non appena vi avevo scorto dentro i pesanti
tendaggi drappeggiati e l'enorme lampadario di cristallo appeso al
soffitto dipinto.
Andras mi strinse forte il braccio, sollecitandomi a fiancheggiarlo
vicino alla lunga tavola su cui avremmo cenato di lì a poco.
<< Non dire sciocchezze. >>
Lo fulminai con un'occhiataccia risentita. << Ti ricordo che
quella cresciuta fra maestri d'alta classe e buone maniere non sono io.
>>
<< Avrai tempo per imparare tutte quelle pratiche, è
usanza che sia la madre stessa dello sposo ad istruire la nuora al suo
nuovo ruolo. >> mi rispose lui mentre disponeva le mani unite
dietro la schiena ed aspettava l'entrata in scena dei genitori con
rigida compostezza.
<< Agitato? >> lo punzecchiai.
Lui non si scompose minimamente. << Te l'ho già detto, la loro opinione su di te non conta nulla per me. >>
Sbuffai, sconfitta. Già, lui era perfetto in ogni sua movenza per semplice natura.
Senza preavviso, uno squillante suono di tromba annunciò la
presenza delle reali maestà fuori dalla grande porta intarsiata
della sala.
Cominciai a sudare freddo. Una cosa era una veloce occhiata data alla serva del figlio, un'altra alla sua futura moglie.
Maledissi Andras in tutte le lingue che conoscevo: era tutta colpa sua
se mi ero cacciata in questa situazione. Diamine, perché
informarli della cosa due mesi prima?!
Subito dopo, i due battenti si aprirono e fecero la loro comparsa i genitori di Andras, Nadiel e Neha. Come
ricordavo dal ballo in onore di Damien, la madre di Andras non era
molto alta ma le sue curve femminili ben proporzionate le donavano un
fascino innato. Il suo viso a cuore, adornato da una cascata di capelli
corvini, lisci come la seta più pregiata, era impassibile come
si richiedeva ad una donna del suo rango. Posandosi su di me, i suoi
occhi color smeraldo mi osservarono curiosi seppur con
superiorità evidente.
Il padre di Andras, tanto simile al figlio, aveva la sua solita
espressione da signore dei ghiacci privo di reale interesse per
nient'altro che non fossero i suoi scopi.
Sospirai. << Ti sto odiando in questo momento. >> sussurrai rivolta al demone al mio fianco.
Lui mi strinse possessivo un braccio intorno alla vita. << È una normale cena fra parenti, per conoscerci meglio. >>
<< Non credo che loro vogliano conoscermi. >>
controbattei pronta. Nel frattempo i due reali erano ormai arrivati a
pochi metri da noi due. Ed i loro movimenti eleganti erano fatti per
catturare lo sguardo di ogni essere vivente dotato dell'uso della vista.
Presi la mano di Andras con la mia, cosa che, non appena mi
arrivò davanti, la madre di Andras guardò con disappunto.
<< Le effusioni in pubblico sono proibite, mia cara. Non stanno bene. Andras, mi stupisco di te, non gliel'hai ancora detto? >>
L'interpellato non mi lasciò la mano, anzi, la strinse ancora di
più con un sorriso di circostanza rivolto a Neha. << Sono
convinto che tutte le regole possano essere cambiate, madre. E poi, non
sono forse io l'imperatore qui? Padre, buonasera a voi. >>
concluse, rivolgendosi educatamente a Nadiel.
<< Figlio, buonasera anche a te. E tu, mia cara, potresti
ripeterci il tuo nome? Andras ce l'ha detto, ovviamente, ma vorremo
sentirlo pronunciato dalle tue labbra. >> mi invitò a
parlare Nadiel dopo avermi fatto un elegante baciamano.
Non sapendo che altro fare, mi limitai a rispondere con un deciso:
<< Amia Prime, signore. E, Signora, Andras scherza, è solo
colpa mia... vede, non sono di quest'ambiente e quindi... >>
cominciai, volgendo il capo verso Neha e cercando, inutilmente, di
buttarla sul ridere << ... ma le prometto che mi impegnerò
a dovere per svolgere adeguatamente i miei impegni futuri. >>
Neha dapprima mi squadrò da capo a piedi, soppesando la situazione, infine disse: << Con il mio aiuto ce la farai sicuramente, mia cara. Andras, tesoro, mi accompagneresti a tavola? >>
Era più che ovvio che non le stessi minimamente simpatica, ma
sorvolai e le sorrisi di rimando. Non volevo che Andras facesse una
brutta figura per causa mia.
Andras mi lasciò la mano e porse la sua alla madre,
accompagnandola al suo posto a tavola. Nadiel, a sua volta, mi porse il
braccio ed io gli infilai dentro il mio così da poterci avviare
insieme al seguito di Andras e Neha ai nostri posti.
Una volta che fummo tutti seduti ci osservammo ciascuno in silenzio.
L'aria si fece improvvisamente più pesante e rarefatta. Come
già avevo notato molti giorni fa, il clima che vigeva fra Andras
e la sua famiglia non era dei migliori, né piacevole.
<< Mia cara, >> ruppe il silenzio Neha << parlaci dei tuoi interessi quotidiani, vuoi? >>
Gonfiai il petto per cercare di mostrarmi la persona sicura di me che
ero. << Certamente. Mi piace molto dipingere, leggere e scrivere.
Sul mio pianeta facevo anche parte di un club di letteratura
classica inglese e latina. >>
Neha inarcò un sopracciglio nello stesso modo in cui lo avrebbe fatto il figlio. << Davvero? Interessante. >>
Di poche parole la signora, pensai stizzita. Quella conversazione era
iniziata decisamente male e sospettavo che sarebbe finita peggio.
<< A proposito del nostro discorso di ieri, madre, ci tenevo a
rassicurarvi sui nostri dubbi: Amia è la mia prescelta, l'ho
trovata alla fine. >> si inserì Andras quando i camerieri
ci servirono i gustosi antipasti. Pensai a Katia, che a quest'ora si
trovava sicuramente in cucina, e risollevai da terra il mio umore.
Neha, allora, sorrise per la prima volta da quando era entrata in sala.
Il padre di Andras fece lo stesso. Io rabbrividii, avvertendo
improvvisamente sulla pelle l'importanza di quelle parole.
<< Spero vi sposerete presto, allora. Sono convinto che il popolo
ne sarebbe davvero lieto. >> disse Nadiel dopo aver posato la
forchetta sulla candida tovaglia di pizzo.
Sobbalzai inevitabilmente. << Non subito, però. >>
<< Presto. >> sentenziò Neha, rivolgendomi un'occhiata carica d'ammonimento.
<< Tra due mesi. >> concluse Andras, mettendo una mano
sopra la mia << Prima abbiamo questioni più urgenti da
svolgere. >>
<< Ti riferisci a Rostam, il regno del nord? >> chiese il
padre, poggiando il mento sulle dita incrociate fra loro delle mani
giunte.
Andras annuì, serio. << Anche alle ultime resistenze terrestri come ben sai. >>
Nadiel storse la bocca per un attimo. << Ancora con questa
storia, Andras? Credevo di averti insegnato che quando la situazione
è in un tale stallo va risolta con ogni mezzo, se possibile come
in questo caso. >>
A quelle parole, per poco non mi strozzai con l'acqua che stavo bevendo. << Che cosa volete dire esattamente? >>
Neha mi sorrise maligna. << Abbiamo tecnologie molto più avanzate di quelle del tuo pianeta, mia cara.
Ed anche se i terrestri stanno ricevendo un sostanziale aiuto dalle
sacerdotesse, non possono di certo difendersi da un cannone che
sparerà loro contro una massa d'energia tale che la Terra e
tutti i suoi abitanti verranno spazzati via come polvere al vento.
>>
Nadiel strinse le labbra, annuendo con espressione dura. La mascella e
le spalle erano invece contratte in un vano tentativo di non espandere
il suo compiacimento.
Mi alzai dalla sedia sulla quale ero seduta con un tale impeto che
quasi me ne stupii io stessa. Il padre e la madre di Andras mi
guardarono scioccati. E dire che volevo mostrarmi gentile ed educata,
composta ed elegante... oh, al diavolo, si stava pur sempre parlando
del mio pianeta d'origine! Per non parlare del fatto che lì
c'era ancora mio padre da salvare! << Osate permettere una cosa
del genere e giuro su quanto ho di più caro che da me non avrete
nessun erede al trono! >> dissi con la mani che tremavano di una
rabbia mal repressa sulla tovaglia stretta dai miei pugni chiusi.
Gettai un'occhiata in tralice ad Andras che, proprio come mi aveva
detto tempo prima, non era minimamente interessato a ciò che
pensavano e dicevano i suoi genitori. Era, infatti, comodamente seduto
al suo posto accanto a me senza battere ciglio.
<< Andras! >> strillò Neha, abbandonando il suo
contegno aristocratico. Inutile dire che me ne compiacqui, e molto
anche.
Andras la guardò impassibile. << Io sto dalla sua parte, in ogni caso. >>
Trattenni il fiato. Oddio, l'aveva detto davvero?
Se non ne fossi stata già così follemente
innamorata, il mio cuore avrebbe iniziato a battere per lui proprio per
quelle parole.
Sei sicuro di quello che dici? Gli chiesi mentalmente per evitare che Neha e Nadiel ci potessero sentire.
Andras si girò a fissarmi con una tale intensità negli
occhi blu che quasi rischiai di sciogliermi per unirmi a quella
moltitudine di particelle d'acqua infinita. Sono sicuro, Amia. E lo sarò sempre per ciò che ti riguarda, ora come tra un secolo.
Per me è lo stesso. Risposi
con il cuore gonfio d'amore, perché tutto ciò che aveva
fatto e detto fino ad ora non aveva fatto altro che confermare la sua
piena fiducia in me.
Il nostro rapporto stava finalmente poggiando su una base solida, quella della fiducia reciproca. Ora
mancava solo che anche lui mi esponesse fino in fondo i suoi
sentimenti, anche se per me andava già bene così.
Sentivo, infatti, quanto ci teneva a me, perché era un qualcosa
di palpabile nell'aria. Per questo, e perché lo amavo, gli avrei
dato tutto il tempo possibile per ricambiare a pieno le parole che
gli avevo detto quel pomeriggio stesso. Dopotutto, mi bastava stargli
accanto con tutta me stessa. Già questo mi rendeva estremamente
felice.
E mai come in quel momento l'ultima scintilla che avrebbe fomentato il
fuoco del nostro rapporto mi parve più vicina. Perché
Andras non era più solo il Dominatore del suo mondo... ma era
anche il Dominatore del mio cuore. La mia unica realtà.
***
Un ringraziamento speciale a pillina28(Priscilla)
che in questi ultimi tempi è diventata
una persona davvero cara per me.
GRAZIE del tuo sostegno.
***
ANGOLO AUTRICE:
Siete contente adesso? XD
Già, e chi se lo aspettava che finiva così? Chi si
aspettava che Amia si dichiarasse? Chi si aspettava che Andras, seppur
indirettamente, dicesse cose che, per forza di cose, abbiamo
compreso si riconducano ad altre? Ah, giusto: io. AHAHAHAH.
Beh, è chiaro che ad Andras piaccia(solo questo, siamo sicure?
u.u) Amia. Ormai credo lo abbiano capito tutte. Ma ancora si ostina a
non dire nulla ad Amia apertamente... povera ragazza(quanto sono
cattiva! u.u). Se prima sapevamo che ci teneva ad Amia, ora abbiamo
anche la certezza che si fidi completamente di lei. Per la
confessione che tutte attendiamo(io compresa, lo ammetto) ci
toccherà aspettare giusto qualche altro capitolo(credo quattro o
cinque al massimo, non mi uccidete, vi scongiuro!). Però non so
ancora se farla dal suo punto di vista, da quello di Amia o da quello
di entrambi... voi che dite? Avete una preferenza?
Il ruolo che ricoprirà Raina nella battaglia finale si
vedrà più avanti, non nel prossimo, quanto più nel
successivo ancora. Al momento credo che sarà così. ;)
Damien, ovviamente, sarà in prima linea con Andras, ma ad un
certo punto gli farò fare qualcosa di speciale pure a lui.
*guarda ammiccante le fans di Damien*
Infine,
mandiamo insieme al diavolo i genitori di Andras! Per fortuna il nostro
demone preferito ha occhi solo per Amia e la sostiene in ogni sua
scelta(quanto mi è piaciuto scrivere questa parte!). :3
La scena finale è stata carina, vero? Voi che dite?
GRAZIE di cuore alle 38 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 16 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 88 ragazze che hanno messo "Il Dominatore del Mondo" fra le seguite. GRAZIE,
infine, alle 12 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori
preferiti. Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative!
<3
Ora, secondo voi cosa succederà nel prossimo capitolo? Avete idee al riguardo? Fatemi sapere, mi raccomando.
Io, anche per oggi, vi lascio.
Bacioni, vostra Ashwini. <3
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Capitolo 26 *** Capitolo venticinquesimo: Traditore. ***
Buonasera,
ragazze! ^_^
Ehm...
SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE per il tremendo, imperdonabile, ritardo.
Confido nella vostra pazienza.
Comunque,
ecco a voi il capitolo che avete tanto aspettato. Spero vi piaccia!
Come sempre, fatemi sapere!
BUONA
LETTURA!
***
Capitolo
venticinquesimo: Traditore.
Pov.
Raina
Continuavo
a camminare avanti ed indietro davanti l'imponente porta a due
battenti dell'ingresso, torcendomi allo stesso tempo le mani.
Diventavo sempre più nervosa ogni minuto che passava, sempre
più ansiosa di rivedere il mio Damien. Mancava da appena una
giornata e già mi mancava terribilmente. Il problema era che,
dopo tutto quello che era accaduto fra noi, la paura di non vederlo
ritornare fra le mie braccia si era fatta più persistente. Più
dolorosa. Sapevo di star esagerando adesso, insomma, non era mica
andato in battaglia, solo ad una normalissima riunione, ma non
riuscivo a levarmi dal cuore il peso di un brutto presentimento. Già
da stamattina, infatti, mi sentivo strana, come se i miei sensi
all'improvviso fossero stati amplificati a dismisura verso una nuova
dimensione, verso un sapere che non sapevo nemmeno di conoscere.
Certo, passando le mie giornate in biblioteca avevo notevolmente
aumentato il mio bagaglio culturale, soprattutto riguardo il mondo di
Damien, ma questa sensazione era diversa. Non sapevo ancora definirla
entro un qualcosa di chiaro, quindi non ne avevo ancora fatto parola
con nessuno, nemmeno con Amia o con Damien, ma sentivo che era
importante capirne l'origine e l'utilizzo.
Scossi
la testa, frustrata. Mi sentivo tanto una sensitiva al momento.
Improvvisamente,
degli squilli di tromba mi distolsero dai miei pensieri, facendomi
bloccare con un sussulto emozionato sul posto mentre volgevo la mia
completa attenzione lungo il viale che portava all'ingresso del
palazzo reale. E subito mi illuminai radiosa quando scorsi oltre la
curva una carrozza ricca di particolari e gemme che si avvicinava
rapidamente.
Mi
precipitai, allora, per la scalinata in marmo bianco così da
potermi trovare già lì davanti quando Damien sarebbe
sceso dal mezzo. Trepidante di gioia, mi fermai non appena raggiunsi
la meta.
Nel
frattempo, la carrozza trainata da enormi cavalli bianchi giunse alla
fine della sua corsa ed un valletto scese per aprirne la portiera di
destra. Trattenni il fiato finché non scorsi i caratteristici
capelli biondi di Damien uscire dall'abitacolo, infine, mi gettai fra
le sue braccia senza pensare minimamente all'impressione che potevo
aver dato a chiunque ci avesse guardati. Non mi importava.
<<
Damien. >> sussurrai contro il suo collo, aspirandone l'odore
che sapeva di vaniglia.
Le
braccia del demone mi avvolsero in un abbraccio caloroso. <<
Buonasera, Raina. >>
Alzai
il volto dal suo petto muscoloso. << Hai cenato, vero? >>
Lui,
in tutta risposta, scoppiò in una fragorosa risata. <<
Sono appena tornato e tu mi chiedi se ho cenato? >>
<<
Beh, sì, mi preoccupo per te... >> esclami risentita ma
anche leggermente divertita. Non sapevo proprio rimanere un minimo
arrabbiata con lui.
Damien
mi diede un bacio sulle labbra, prendendomi il viso fra le mani, poi
si staccò e mi fissò con uno sguardo dolce. <<
Sto bene, e stai pure tranquilla: ho già cenato
abbondantemente con i miei compagni dopo la riunione. >>
Sorrisi,
soddisfatta. << Okay. Ora, credo che sarai stanco, sarà
meglio che tu vada a letto a riposare. Io ci tenevo solo ad
aspettarti prima di andarmene a letto. >>
Damien
mi diede un altro veloce bacio prima di poggiare la fronte contro la
mia. << Grazie del pensiero, davvero, ma avrei una piccola
richiesta da farti. >>
<<
Va bene... qual'è? >> chiesi, curiosa.
Lui
accostò il volto al mio, sussurrandomi poi nell'orecchio: <<
Devo parlarti urgentemente di una cosa e gradirei farlo in un posto
appartato, così da potercene stare tranquilli da soli... la
mia stanza, magari. >>
Arrossii
di botto. Che cosa?!
<<
Oh... ehm... >> ero senza parole, non sapevo proprio che dire.
<<
È importante. >> insistette lui.
Annuii
in segno d'assenso. Mi fidavo ciecamente di lui e se voleva parlarmi
di una cosa di massima importanza allora lo avremmo fatto. Per quanto
Damien fosse simpatico, divertente e libertino, sapevo che nascondeva
anche un lato più serio e riservato. Ed erano proprio queste
sue qualità che adesso trasparivano dal suo sguardo,
incantandomi.
Scoprire
sempre più lati di lui era davvero elettrizzante!
Damien
mi prese per mano e mi condusse dentro il palazzo sino alla sua
stanza in un imbarazzante silenzio. Di che cosa mai intendeva
parlarmi? Era diventato così strano negli ultimi minuti...
Seduta
sulla sedia della scrivania, guardavo l'elegante profilo di Damien,
il quale si intratteneva già da un po' ad osservare il
paesaggio fuori dalla finestra con sguardo assorto, come ricercando
lì le parole più adatte per iniziare il suo discorso.
Mi
schiarii la voce e Damien parve riscuotersi dallo stato di trans nel
quale era caduto. << Sì, scusa, ora possiamo iniziare.
>> disse subito dopo essersi inginocchiato davanti a me.
<<
Damien... cosa c'è? Eh? >> chiesi, piegando la testa di
lato.
Lui
mise entrambe le mani sulle mie ginocchia. << Ho parlato con
Andras di una cosa e... >>
<<
Oh, sì! Il regalo! >> dissi impulsivamente, tappandomi
la bocca l'attimo seguente. Dio, che figura...
Damien
parve confuso poi scosse la testa. << Non è questo...
senti, è già difficile da dire, quindi... fai parlare
solo me per ora, okay? >>
Annuii,
imbarazzata.
Damien
prese un bel respiro, poi continuò dicendo: << Dicevo,
io ed Andras abbiamo discusso sul destino tuo e di Amia e tra tutte
una soluzione ci è parsa la più adatta per ovviare ad
ogni nostro problema. >>
Sorrisi,
tranquilla. << Sarebbe? >>
Pov.
Andras
Allungai
una mano verso Amia, scostandole piano una ciocca ribelle dal viso
placidamente addormentato, così da non rischiare di svegliarla
prima del dovuto. Lei, nel sonno, storse comunque il naso per poi
accennare ad un sorriso sereno. Le misi, allora, un braccio attorno
alla vita, stringendola possessivamente a me.
Dopo
cena ci eravamo intrattenuti con i miei genitori per qualche ora,
discutendo dei doveri e delle nuove responsabilità di Amia
solo nei primi minuti, poi, stanco di tornare sempre e solo sullo
stesso argomento di prima, li avevo azzittiti come ero solito fare
con chi mi annoiava. Genitori o no, dovevano portare rispetto a me
come ad Amia, dopotutto, ora faceva praticamente parte della
famiglia. Avrebbero dovuto farsene una ragione, soprattutto perché,
almeno per quanto mi riguardava, lei era molto più importante
di loro. Amia era l'unica persona di cui probabilmente non avrei più
potuto fare a meno. Ormai, mi era inconcepibile pensare che qualcosa,
o qualcuno, ci avrebbe mai divisi. E, comunque, avrei fatto tutto ciò
che era in mio potere per impedirlo. Lei era mia, e questo non era
più una cosa su cui discutere ulteriormente. Persino i miei
genitori, alla fine della serata appena trascorsa, l'avevano capito.
E poi, in fin dei conti, loro erano il male minore.
Ed
ora, sdraiato nel mio, nel nostro, letto non riuscivo più a
staccare gli occhi dalla mia... dalla mia...
<<
Mmh... Andras... >> mormorò Amia nel sonno, sorridendo
ancora una volta.
Le
accarezzai i capelli, sorridendo a mia volta. Certo che quando
dormiva era proprio un angelo... il
mio angelo.
Ma la preferivo comunque da sveglia, così che io potessi
stuzzicarla quanto e quando volevo. Amavo quella sfumatura minacciosa
e ribelle che assumevano i suoi occhi azzurri quando le rendevo la
vita poco facile. Amavo anche i suoi piccoli pugni che si stringevano
quando mi rispondeva a tono e quelle labbra tentatrici che,
indisponenti, mi scatenavano contro i più fantasiosi epiteti.
Tolsi
la mano dai suoi capelli rossi e la posai sul suo fianco nudo ad di
sotto della coperta che ci copriva entrambi sin da quando l'ultimo
orgasmo ci aveva colti. Insaziabile, le avevo, infatti, messo le mani
addosso non appena ci eravamo richiusi la porta della mia camera alle
spalle. Lei, ridacchiando, mi aveva subito intrecciato le braccia
dietro al collo per poi baciarmi appassionatamente. Inutile dire che
il suo essere sempre meno pudica nei miei confronti mi eccitava da
morire.
Amia
si rigirò nel letto, sospirando con le braccia strette al
petto. Non resistendo oltre, mi chinai per baciarla.
Sbuffando,
mi lasciai ricadere sul letto. Stavo diventando pazzo, non c'erano
altre spiegazioni per il mio assurdo comportamento negli ultimi
tempi. Più volte avevo cercato di trattenermi dal mostrare ad
Amia più del necessario, ma poi mi ero puntualmente
contraddetto agendo d'impulso nel modo opposto.
Le
lanciai un'occhiata di sbieco. Era tutta colpa sua e del suo essere
così dannatamente perfetta per me.
Mi
presi la testa fra le mani. Ma che diavolo andavo a pensare, adesso?
Merda.
<<
Andras? >> mi sentii chiamare dopo un po'.
Voltandomi,
mi scontrai con quei luminosi zaffiri che Amia aveva al posto degli
occhi. Senza quasi rendermene conto, scattai in avanti e l'attirai
completamente a me.
<<
Buongiorno. >> sussurrai.
Amia
strofinò il naso sul mio, stiracchiandosi nel tentativo di
liberarsi più in fretta dello stato di torpore che l'aveva
avvolta nel sonno.
<<
Che ore sono? >> chiese, stropicciandosi gli occhi.
Le
modellai il labbro inferiore con il pollice della mano. << Se
vuoi puoi continuare a dormire, è ancora presto per alzarsi.
>>
Amia
mi sorrise. << No, sono sveglia, ormai non mi addormento più.
Tu hai dormito bene? >>
Alzai
le spalle. << Abbastanza. >> feci una pausa e le
accarezzai una natica << Tu? >>
Lei
si alzò dopo aver dato una veloce scrollata ai capelli e mi
sovrastò con entrambe le braccia poggiate ai lati della mia
testa. << Benissimo. >>
La
avvolsi tra le mie braccia, ghignando maliziosamente. << Mi
stavi sognando prima. Posso sapere a cosa era dovuto il tuo
pronunciare il mio nome nel sonno? >>
Amia
avvampò ed io sogghignai compiaciuto. Dopotutto, era ancora la
ragazzina pura ed innocente di una volta.
<<
Vorrei fare colazione. >> disse, cercando di cambiare
argomento.
Spinsi
il suo bacino più a contatto con il mio e lo scontro delle
nostre rispettive intimità mi provocò un piacevole
brivido lungo la schiena.
Amia
gemette. << Mmh... >>
<<
E sentiamo, cosa desidereresti mangiare? >> risposi,
guardandola con desiderio. Io sapevo già cosa volevo, e
credevo anche di conoscere la sua di risposta, ma volevo sentirgliela
dire o non ci sarebbe stato alcun gusto.
Amia
sembrò pensarci su, poi inclinò la testa di lato con un
mezzo sorriso. << Oh, qualcosa di molto speciale, te lo
assicuro. Vuoi che te lo mostri? >>
Schioccai
la lingua con in mente la lussuria più sfrenata. <<
Sorprendimi. >>
Pov.
Amia
Molte
ore dopo, mentre ero in bagno a vestirmi per rendermi presentabile,
sentii un'ormai familiare presenza alle mie spalle. Due grandi mani
si posarono sulle mie intente ad abbottonare la camicetta che mi ero
fatta portare poco prima da una cameriera.
<<
Andras... >> cominciai, severa.
Lui
soffiò sul mio orecchio sinistro, sussurrandomi: << È
colpa tua, Amia. Se tu non avessi lasciato la porta aperta, il tuo
profumo alle rose non mi sarebbe arrivato alle narici ed io non avrei
avuto la tentazione di entrare qui per dare un'occhiata più da
vicino al tuo splendido corpo. >>
Sbuffai,
leggermente divertita ed ingentilita dal suo commento. << Sei
insaziabile, te ne rendi conto, vero? >>
Fui
orgogliosa del tono fermo che ero riuscita a tirar fuori: era
importante mantenere una certa posizione.
Andras
restò qualche attimo in silenzio, poi poggiò il mento
sulla mia spalla. << Mmh, ho appena ricevuto un messaggio
mentale da Damien. A quanto sembra, la tua amica è restata
piacevolmente sorpresa del suo ormai prossimo matrimonio. Al
contrario di te, lei apprezza i vantaggi che ne deriveranno. >>
Non
potei fare a meno di notare un certo nervosismo nella sua voce.
Ridacchiai.
<< Raina è fatta così, sapevo già come
avrebbe reagito alla notizia. Ah, non vedo l'ora di parlarne con lei!
Mmh... credo che ci andrò subito, tanto ho ancora un po' di
tempo prima della nostra sessione d'allenamento. >>
Feci,
quindi, per uscire dal bagno, ma Andras mi riavvicinò a sé
con una mossa veloce del braccio. << Dove pensi di andare, eh?
Noi non abbiamo ancora concluso il discorso. >>
Mi
voltai, cercando di essere convincente. << Lo continueremo più
tardi, tranquillo. >>
Andras
inarcò un sopracciglio, scettico.
Mi
morsi il labbro inferiore ed Andras mi lasciò andare, seccato.
<< Fai in fretta e non ti dilungare troppo con quella pettegola
della tua amica. >>
<<
Che, tra parentesi, è la prescelta del tuo migliore amico. >>
finii per lui la frase con un sorriso divertito.
Lo
sentii borbottare qualcosa che non riuscii ad afferrare mentre si
dirigeva con il suo solito passo elegante verso la libreria nello
studio. Lo seguii in silenzio per poi prenderlo per la manica della
camicia, così da poter richiamare la sua attenzione che, ora
come ora, sembrava altrove.
<<
Ne vuoi parlare adesso? >> chiesi, un tantino titubante. In
realtà era l'ultima cosa che volevo, ma l'espressione tetra
che aveva assunto Andras mi preoccupava.
Il
mio demone, ancora concentrato nel cercare qualcosa in particolare
fra i vari documenti, mi ignorò.
Strinsi
le labbra in una linea dura. << Sto parlando con te! >>
A
quel punto, lui si girò leggermente. << Ho sentito. >>
<<
Quindi? >> dissi, spazientita.
<<
Quindi, vai pure. >> rispose.
Mi
intrufolai fra le sue braccia. << Sei arrabbiato? >>
<<
Sì, ma non con te. Stavo solo... riflettendo su una cosa che
mi hanno riferito. Dopo Damien, sono stato velocemente contattato
anche da un mio altro sottoposto. Mi servono dei documenti, così
che io possa convocare una riunione fuori programma per discutere del
nuovo problema. >>
Spalancai
gli occhi, sorpresa. << Cosa? Ma... parlamene, forse posso...
aiutarti... in qualche modo. >>
<<
No. >>
Secco
e conciso come sempre. Anzi, come una volta.
Lo
presi per il bavero della camicia. << No un corno, Andras.
Accidenti, perché ti ostini ancora a tenermi nascoste delle
cose?! >>
Andras
sospirò mentre si passava una mano sulla faccia. Nell'altra
mano, invece, teneva i documenti di cui aveva bisogno.
Mi
feci coraggio e continuai: << Ci fidiamo l'uno dell'altra, no?
Siamo una squadra, ormai, io e te. Ed appunto per questo dobbiamo
collaborare. Insieme, faremo tutto meglio e prima. Insieme, possiamo
farcela. Io sarò la tua prescelta, ma anche tu sei il mio
compagno, o sbaglio? >>
Andras
mi mise le mani sui fianchi, guardandomi serio con quegli occhi blu
mare che sembravano sondarmi a fondo l'anima. << Non sono cose
per te, Amia. Come mia prescelta non ti si chiede di... >>
<<
Non mi interessa cosa non mi si chieda, okay?! >> grugnii,
infastidita.
<<
E allora cosa ti interessa? >> mi chiese lui.
Poggiai
una guancia sul suo ampio petto muscoloso, avvolgendolo fra le mie
braccia. << Te. Mi interessa di te. Voglio sapere tutto ciò
che ti riguarda, anche se ciò potrebbe turbarmi o mettermi in
pericolo. >>
Andras
mi scostò piano e mi alzò il mento con due dita. <<
Finché io vivrò, tu non sarai mai in pericolo.
Comunque, se proprio ci tieni, verrai con me alla riunione per
sentire tutto con le tue orecchie. >>
Spiazzata,
boccheggiai per qualche secondo. Wow... non immaginavo di spuntarla
tanto in fretta.
<<
Per me va benissimo, dammi il tempo di mettermi i pantaloni e arrivo.
>> affermai, già alla porta del bagno per finire di
sistemarmi a dovere.
Sentii
lo sguardo insistente di Andras sulla schiena e mi voltai, inclinando
la testa.
<<
Qualsiasi cosa sentirai fra poco, promettimi che resterai lucida e
razionale. Promettimi che non ti butterai alla cieca, e che prima di
decidere di fare qualunque cosa mi consulterai. >> disse, e
sembrava mi stesse pregando.
La
mano che stavo tenendo sulla maniglia in oro della porta del bagno,
tremò. Perché adesso mi stava ponendo tutte quelle
richieste? Cosa c'era sotto?
<<
Te lo prometto, Andras. >> dissi, e qualcosa nella parte più
oscura della mia testa sapeva già che non avrei mantenuto la
parola.
...
Nel frattempo sul pianeta Terra ...
Pov.
Rea
<<
La ragazza deve essere portata qua, subito. >> disse Marcus,
osservandomi con durezza.
Alzai
il mento, lanciandogli uno sguardo di sfida. << Accadrà
presto, non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo. E la mia spia,
peraltro, mi ha riferito che lei e l'imperatore si sono già
uniti. Confido, dunque, in un loro matrimonio imminente. >>
spiegai, pragmatica.
Edward
Price, l'attuale Comandante Supremo della CGE, mi fissò a sua
volta con il gelo negli occhi. << Forse mi sbaglio, Rea, ma
sento che lei qui ci stia nascondendo un pezzo fondamentale del
puzzle. >>
Guardai
la moglie del Comandante con rimprovero. Quella stupida non riusciva
neanche a tenere a bada un misero essere umano.
<<
Tesoro, la mia signora sta già facendo tutto ciò che è
necessario alla nostra causa. Credimi, avrai le ricchezze dell'Impero
di Alloces prima di quanto tu creda. >> disse quella,
arricchendo le sue parole con la magia.
Edward
Price assottigliò lo sguardo per un attimo mentre le mani si
chiudevano a pugno sulle carte ordinatamente disposte sul tavolo di
vetro della stanza. La moglie vacillò, sorpresa che il marito
non avesse immediatamente ceduto sotto il suo incantesimo. Anche io
ammettevo di non capire la ragione del fallimento della mia seguace.
Non era una delle sacerdotesse più dotate, certo, ma sapeva
cavarsela contro la mente primitiva di un umano. E sapeva anche come
annebbiare i sensi senza che il diretto interessato lo notasse.
A
quanto sembrava, non ero l'unica a nascondere qualcosa.
Mi
concentrai, allora, sul Comandante Supremo e, ricorrendo ad i miei
poteri, analizzai con cura la sua aura. Aura che appariva in tutto e
per tutto normale.
Dischiusi
leggermente le labbra per poi umettarmele.
Quell'uomo
doveva essere eliminato. Era meglio farlo fuori prima che potesse
immischiarsi in cose che avrebbero rischiato di rovinarmi i piani con
le loro alterazioni.
<<
Rea, non possiamo attendere oltre. È necessario che la ragazza
parli con noi prima del suo matrimonio con l'imperatore. Quel demone
ha distorto abbastanza la sua mente. >> disse Marcus ad un
certo punto.
Osservai
con attenzione i suoi lunghi capelli bianchi che discendevano in
morbide onde sulle spalle. Da quanto lo conoscevo? Anni? No, secoli.
Secoli trascorsi in un'alleanza profonda e fertile.
<<
Proprio per questo dobbiamo attendere che dia alla luce l'erede al
trono, il demone leggendario di cui parla la leggenda. Pensateci,
credete davvero che dopo quello che le diremo avrà ancora
intenzione di unirsi all'imperatore? E dopo, dopo cosa faremo?
Costringerla non servirebbe, lo sapete anche voi. L'erede non può
essere concepito senza il consenso d'amore reciproco della prescelta
e del suo compagno. Invece, se procederemo come dico io, non solo
avremo un'altra potente sacerdotessa ai nostri comandi, in grado di
influenzare l'imperatore, ma anche mio nipote. Il potere di mio
nipote, per la precisione, che ci aiuterà a conquistare non
solo l'Impero ma anche i regni vicini. Ed appena il suo potere si
sarà perfettamente formato, potremo prelevarlo senza problemi
dal bambino subito dopo aver reso innocua la mia discendente che,
converrete con me, per quanto estremamente dotata, non ha la mia
immane esperienza con la magia sacerdotale. >> dissi, ghignando
pericolosamente e pregustando già il dolce piacere della
vendetta.
Marcus
incrociò le braccia al petto, ancora indeciso sul da farsi. <<
E tu sei assolutamente certa che riusciremo a convincere la ragazza a
stare dalla nostra parte? A tradire il suo compagno? Io non credo.
Hai sentito il rapporto del nostro inviato: lo ama. Troppo per
pensare anche solo di arrecargli un qualsiasi danno. Riguardo
l'imperatore, poi, non so che dire... prova interesse per la ragazza,
dopotutto, tra loro vige il legame della leggenda, ma non saprei dire
se il sentimento è già tanto forte da potersi
considerare amore. E, come ci hai appena ricordato tu, l'erede non
può nascere in simili condizioni. No, secondo me dobbiamo
informarla prima di ciò che sappiamo, così sarà
più decisa nell'intento di farlo innamorare di lei. La ragazza
troverà, quindi, il modo di unirsi a lui e, amandosi, faranno
proprio il nostro gioco. Dopo, a conseguenza di ciò, ferirà
l'imperatore lasciandolo solo e verrà dritta dritta da noi con
l'erede in grembo. Che modo migliore di ottenere vendetta se non
mollare l'amato immediatamente dopo l'atto d'amore? Sarà un
lavoro pulito, semplice e che porterà alla distruzione di
entrambi. >>
<<
Giusta osservazione. >> sogghignò il rappresentante del
Consiglio dei Dieci, Roland.
Edward
Price annuii, convinto anche lui delle parole di Marcus. La moglie,
al contrario, guardava alternativamente il marito e me, agitata,
anche se era più che ovvio che la sua unica preoccupazione
fosse quella di evitare che il suo sciocco marito mi facesse
innervosire, perché in tal caso io l'avrei severamente punita.
Figuriamoci se a lei importava della vita del marito. No, era la sua
ad interessarle. A me, invece, non importava della vita di nessuno
dei due.
Impassibile,
soppesai le parole di Marcus per qualche istante. Non era male come
piano, in fondo. Ma...
<<
Mi preoccupa la reazione che potrebbe avere l'imperatore se
all'improvviso si ritrovasse solo. Quel demone è pericoloso,
immaginate cosa potrebbe fare una volta fuori controllo. >>
dissi, pensierosa.
Edward
Price incrociò le mani davanti al volto. << Appunto, non
avrà la mente lucida e, pensando unicamente al modo di
riportare la ragazzina indietro da lui, agirà irrazionalmente
e noi potremmo colpirlo là dove è più debole
senza troppe difficoltà. La ragazzina, la sua sola debolezza,
gli impedirà di pensare alla sua sicurezza. >>
Picchiettai
ritmicamente un'unghia sul tavolo. << Bene, faremo così
allora, ma ricordate che l'imperatore è mio. Desidero essere
io a dargli il colpo di grazia. >>
<<
Certamente, Rea. Ora, perché non ci rilassiamo un po'? Faccio
subito portare un tè per tutti. Discuteremo più tardi
dei particolari dell'operazione. >>
<<
Un attimo, il messaggio è già stata inviato? >>
chiesi.
A
quel punto, non c'era volto che non avesse un pericoloso ghigno in
faccia.
Sorrisi
anch'io, soddisfatta. Quella ragazzina sarebbe subito corsa da noi,
cadendo dritta dritta nella mia trappola. Ormai, era solo questione
di tempo.
Pov.
Amia
La
sala riunioni era circolare e molto spaziosa, ricca e severa in ogni
suo particolare. Io, con le mani giunte in grembo, me ne stavo
comodamente seduta nella sedia accanto al mio demone che, ovviamente,
occupava una regale poltrona a capotavola.
Non
molto tempo dopo, vennero annunciati i consiglieri e i capi militari
di corte più importanti e, una volta entrati, si erano seduti
ai loro posti a seguito di un inchino ad Andras e a me.
Arrossii,
piena di imbarazzo. Andras doveva aver riferito a tutti della mia
nuova posizione e se da un lato ne ero felice e lusingata, dall'altro
ero nervosa. Ormai, non potevo più comportarmi con leggerezza,
dovevo mostrami forte e sicura di me, degna di stare al fianco di
Andras. Dopotutto, un giorno avrei regnato al suo fianco.
Pensare
a me come l'imperatrice dell'Impero di Alloces mi fece venire un
capogiro. Non riuscivo ancora ad immaginarmi così.
Mi
sistemai meglio al mio posto e feci un cenno di cordiale saluto ai
nuovi arrivati in sala. In più, sorrisi a Damien mentre questi
si andava a sedere alla sinistra di Andras.
"Ciao,
carotina." mimò con le labbra.
<<
Michael, aggiornami. >> disse semplicemente Andras ad un uomo
seduto all'altro capo della lunga ed ampia tavolata.
Il
demone appena interpellato aveva sulla divisa numerose medaglie, il
che mi fece pensare che doveva essere molto forte, anche perché
emanava una professionalità davvero stupefacente.
<<
Come avevamo previsto, il Sud e l'Ovest sono ormai nelle nostre mani,
mio Signore. Le guerre che avevamo in corso sono finalmente finite e
stiamo, dunque, provvedendo a far tornare a casa gli eserciti con
parte degli armamenti. Ovviamente, un buon numero di soldati resterà
sul posto finché non stabilizzeremo il nostro dominio militare
e governativo sui loro regni. Mancano solo da sbrigare le ultime
formalità riguardo alcuni aspetti burocratici. Nulla di
impegnativo, comunque. Rixon e Jev partiranno stasera stesso per
controllare che tutto venga fatto secondo la tua volontà. >>
disse Michael mentre Rixon e Jev annuivano con solennità.
Nessuno
sorrideva, nessuno fiatava o si muoveva sulla sedia. La serietà
era assoluta.
Andras
si grattò il mento con due dita, poi riposò la mano sul
tavolo. << Bene, non mi aspettavo di meglio da voi. Ottimo
lavoro. Dopo questa e la scorsa riunione possiamo anche chiudere
l'argomento: da adesso in poi sapete cosa fare. Il fatto che sia il
Sud che l'Ovest siano stabili è un punto a nostro favore, e le
minacce che ci restano saranno certamente più semplici da
eludere. Dopo che tutto verrà sistemato, faremo in modo di
rendere utili queste nuove conquiste per la guerra che ci aspetta
contro la resistenza terrestre. Vi raccomando di informarmi su ogni
cosa, perché anche il minimo errore potrebbe costarci caro.
Ora, Michael, vediamo di discutere di Rostam. >>
<<
Il Regno del Nord sta ancora manifestando una tenace capacità
di resistenza ai nostri attacchi, ma come avevamo intuito le
sacerdotesse non c'entrano nulla in questa faccenda. A quanto pare
non sono arrivate fin lì. Dai dati raccolti, risulta che solo
il loro luogo d'esilio ed il territorio della resistenza terrestre
sono nelle loro mani. Ovviamente, non stiamo cessando nemmeno per un
attimo di pressarle ai confini. Qualche punto sembra cedere ma ancora
non siamo riusciti a penetrare le loro difese. Il potere che stanno
esercitando è grande, mio Signore. Le barriere che hanno
eretto ancora di più. Fortunatamente, però, noi non
siamo da meno. Ricollegandoci al Regno del Nord, Rostam, posso
assicurare che niente sta interferendo in questa guerra. Inoltre,
abbiamo fatto in modo che degli infiltrati entrassero entro le mura
reali. >> riprese il demone di nome Michael.
Andras
sorrise soddisfatto. << Magnifico. Quindi? >>
<<
Per ora non abbiamo ricevuto informazioni utili al nostro caso, ma ho
avuto notizia di un'arma speciale. >> rispose l'altro.
<<
Si sa già di che si tratta? >> si inserì Damien.
Michael
scosse la testa. << No, purtroppo, ma stiamo facendo di tutto
per saperne qualcosa di più. Contiamo di conoscere altri
particolari entro la prossima settimana. >>
Damien
si scambiò un'occhiata con Andras che mi parve davvero
sospetta. Che sapessero più di quanto davano a vedere? E cosa
di preciso?
Tu
ne sai qualcosa, vero?
Chiesi mentalmente.
Sì,
poco, ma ciò che ho sentito è stato abbastanza da
confermare i miei dubbi. Mi
rispose Andras.
Me
lo spiegherai più tardi?
Certo,
eravamo d'accordo.
Avevo
capito che ora non era possibile perché non si ci poteva
fidare di nessuno in questi casi. C'era troppo in ballo. Per fortuna,
però, io e Damien eravamo dei privileggiati in tutta questa
faccenda perché avevamo la piena fiducia di Andras.
<<
Veniamo al dunque. >> disse Andras dopo un attimo di silenzio
<< Che sappiamo sulle sacerdotesse e le loro armi? Riassumiamo
il tutto e aggiungiamo il nuovo. >>
A
quel punto tutti coloro che erano seduti al tavolo si girarono a
guardarmi.
Sentendomi
osservata, dissi: << Presumo che a tal punto dovrò dire
anche io la mia. Bene, ditemi pure. >>
Un
demone seduto accanto a Michael gonfiò il petto e fece capire
a tutti che voleva prendere lui per primo la parola. Annuii in segno
d'assenso.
<<
Mi chiamo Strauss, mia Signora. >> si presentò il demone
dopo aver chinato rispettosamente la testa << Volevo sapere se
lei è capace di entrare nella testa delle altre sacerdotesse e
spiare così
le
loro mosse per noi. >>
Subito
avvertii un groppo in gola. Non mi aspettavo che la domanda che più
temevo mi sarebbe stata posta sin dal primo confronto.
Rispondi.
Mi incoraggiò Andras.
Presi
un bel respiro e risposi: << Sì, ne sono capace, ma non
riesco a farlo intenzionalmente. Ho scoperto da poco le mie origini e
non sono ancora brava ad utilizzare i miei poteri. Vi assicuro che
imparerò presto così che possa rendermi utile. >>
Strauss
annuii. << Capisco perfettamente, mia Signora, e sono certo che
farà un ottimo lavoro. >>
Mi
sentii importante per la missione e ripresi con più sicurezza:
<< E posso dirvi di più: ho un collegamento psichico
diretto con nientepopodimeno del capo delle sacerdotesse. >>
Attesi
soddisfatta durante i pochi secondi di suspence che seguirono alla
mia rivelazione, immediatamente appagati dalle successive
esclamazioni di gioia e trionfo dei presenti.
Andras
riportò l'ordine nell'ampia stanza con un pugno battuto sul
tavolo. Il silenzio calò e tutti noi tesimo le orecchie per
ascoltare ciò che aveva da dire. Era incredibile come la sua
presenza fosse prestante, forte e possente, ma soprattutto incapace
di essere ignorata: tanto faceva vibrare l'aria circostante.
<<
Calmatevi, prego. Amia non è ancora pronta per fronteggiare la
mente di Rea. Credo che tutti voi sappiate che persino i più
bravi hanno ceduto a lei in più di un'occasione. Purtroppo,
quella donna è estremamente potente, troppo pericolosa per
un'inesperta. Amia è alle prime armi in molte cose, ve lo dico
sin da ora. Comunque, sta dimostrando una tenacia ammirevole che
gioverà ai nostri allenamenti speciali, specialmente a quelli
che terremo sul campo quando la riterrò abbastanza capace. Vi
chiedo, quindi, altro tempo per prepararla, poi potrete certamente
confidare nel suo aiuto. >> disse, gettando un'occhiata
ammonitrice agli altri demoni che subito annuirono.
Strinsi
i pugni sotto al tavolo. Io volevo rendermi utile adesso. Fare
qualcosa che mi rendesse speciale e facesse parlare bene di me in
tutto l'impero. Desideravo ardentemente mettermi alla prova.
Amia,
ricorda la tua promessa. Niente mosse azzardate.
Voltai
leggermente il capo verso Andras per poi assottigliare gli occhi. Sì,
lo so, non c'è bisogno di farmelo presente.
Il
modo in cui Andras inarcò un sopracciglio non mi piacque per
niente. Mi preparai al peggio.
<<
Bene, direi che possiamo passare al prossimo argomento della
giornata. >> cominciò Damien, lanciando un'occhiata
preoccupata prima ad Andras, che subito incrociò le braccia al
petto, e poi a me << Dunque, di recente abbiamo ricevuto un
messaggio da parte dell'uomo a guida della CGE. >> proseguì,
sospirando << Ecco, ora ve lo leggo: Sommo
imperatore, il mio sarà un breve messaggio, ma vi suggerisco
di darvi molto importanza, oltre che attenzione. So che nessuno di
voi verrà a reclamare i soldati che i miei uomini hanno
abilmente catturato: li avete addestrati molto bene, preferiscono
morire piuttosto che rivelare qualcosa, e nemmeno le mie alleate
riescono a penetrare la loro mente prima che si suicidino attivando
un microchip che provoca l'arresto cardiaco. Ma forse vi disturberà
sapere che stavolta abbiamo un prigioniero decisamente più
interessante. Credo che già lo sospettavate, in ogni caso, vi
comunico ufficialmente che...
>> la voce di Damien si interruppe per un attimo, poi riprese
<< ...
il padre della vostra protetta è dalla nostra parte,
completamente soggiogato dal potere di Rea. Ormai, non prova più
nulla per sua figlia. Niente di niente. Anzi, vi dirò di più:
lui
vuole ucciderla di persona.
>>
A
quelle ultime parole, il mio cuore mancò un battito. La stanza
prese a girare e dovetti fare pressione con le braccia sul tavolo per
non svenire all'istante. Mi aggrappai all'ultimo briciolo di lucidità
rimasta per mettere di nuovo a fuoco la sala riunioni e le figure dei
demoni che mi circondavano. Spostai rapidamente gli occhi da una
parte all'altra, non sapendo bene cosa fare o dire. Non mi sentivo
più padrona del mio corpo ed il mio subconscio stava cedendo
il passo ad un lacerante urlo interiore. Perché se fuori ero
paralizzata, dentro stavo impazzendo. Mi sentivo morire, non c'era
altro modo per spiegare il mio attuale stato d'animo.
Distrattamente
sentii la voce di Andras nella mente, accompagnata dalla solita
brezza marina. Amia,
avevi promesso...
Al
diavolo ciò che avevo detto.
Mi
alzai di scatto dalla sedia su cui poco prima mi ero afflosciata,
distrutta da ciò che diceva il messaggio. << Scusate. >>
mormorai soltanto, già alla porta.
Con
gli occhi appannati dalle lacrime che premevano per uscire, notai
Damien che mi guardava con tristezza mista a pietà, mentre
Andras, come sempre, era impenetrabile.
Corsi
fuori, liberando gli argini che fino ad allora ero riuscita a non far
straripare. Corsi via, fuggii da una verità troppo grande per
me.
Non
ero in grado di reggere proprio quel peso.
Qualche
settimana prima avrei detto che della vita di mio padre non me ne
importava più, non dopo che aveva ucciso la mamma. Ma ora, ora
che sapevo tutta la verità, ciò che realmente lo aveva
mosso a comportarsi male con me e mia madre in tutti quegli anni, non
potevo ridere della sua sorte.
Avevo
sempre aspirato all'amore di mio padre, mi ero sempre fatta in
quattro per compiacerlo, per potergli far dire di essere orgoglioso
di me. Me, che una volta ero la sua principessa. Me, che in passato
ero persino riuscita a farlo ridere come mai nessuno prima di allora.
Me,
che improvvisamente ero diventata invisibile ai suoi occhi.
Avevo
sofferto, terribilmente, ma il mio cuore aveva sempre sperato in una
nostra riappacificazione. Sempre.
Anche quando mi capitava di cedere e dubitare, l'avevo guardato da
lontano con gli occhi in fiamme, pronta a rialzarmi e a lottare con
ancora più tenacia per lui. Inconsapevole che anche lui stava
lottando per me ed il mio futuro.
Sì,
ora sapevo che non aveva mai cessato di volermi bene. E fino a poco
fa avevo anche creduto possibile una vita insieme a lui.
Mi
asciugai gli occhi con forza, singhiozzando. Perché non
potevamo essere felici, di nuovo insieme e pronti a riconciare da
capo? Perché a noi? Perché?!
Scivolando
con la schiena sul muro, piombai a terra con un tonfo che rimbombò
per il corridoio.
Sta
andando tutto a rotoli,
pensai.
Nascosi
la testa fra le ginocchia, tentando di regolarizzare il respiro
accelerato.
Non
potevo permettermi di perdere mio padre adesso, proprio ora che avevo
compreso le sue buone intenzioni nei miei riguardi e desideravo
soltanto riabbracciarlo e non lasciarlo andare mai più via da
me, la sua famiglia.
Diedi
un pugno rabbioso al muro dietro di me. Ormai, ero fuori controllo.
Mio
padre non poteva odiarmi, non sul serio. Non l'avrei mai accettato
questo. Mai. Dovevo riportarlo da me il prima possibile. Forse, se ci
avessi parlato, avrei potuto tentare di farlo ragionare. Magari,
ascoltando le mie parole, avrebbe riavuto la ragione e mi avrebbe
riconosciuta come la figlia che aveva sempre amato più di se
stesso.
Appoggiandomi
alla parete, mi rialzai. Un'impresa che mi sembrò titanica in
quel momento.
L'avrei
salvato, qualunque fosse stato il prezzo da pagare, gli avrei ridato
la libertà che meritava.
Strinsi
i pugni fino a farmi sbiancare le nocche e, prendendo un bel respiro
profondo, mi incamminai verso la mia stanza. Non ero dell'umore
adatto per andare negli alloggi di Andras, intendevo restare da sola
a riflettere ancora per un po'. Poi, l'avrei cercato io.
Papà
non morirà finché non gli avrò chiesto perdono e
detto quanto gli voglio bene,
pensai.
Quel
messaggio non poteva essere del tutto vero. Mio padre non mi avrebbe
mai fatto del male volontariamente, di questo ne ero assolutamente
sicura. Per questo mi imposi di pensare positivo. Dovevo farlo, o
sarei crollata definitivamente.
Ma
quanto ancora potevo sopportare?
Mi
ritrovai a chiedermi se tutta quella faccenda sarebbe finita bene o
meno. Se tutti ne saremmo usciti vivi.
Scossi
la testa. Il piano adesso era pensare assolutamente positivo, nel
bene e nel male.
Bel
piano del cavolo, davvero.
Dall'ora
segnata sull'orologio appeso alla parete, notai distrattamente che
erano appena passate le due di notte.
Ritornata
in camera mia, mi ero subito buttata a peso morto sul letto, senza
neanche curarmi di mettermi sotto le coperte. Poi, chissà
quando, mi ero addormentata.
Mi
sollevai col busto e la coperta di lana che mi copriva scivolò
leggermente.
Aspetta,
una coperta?
Mi
guardai intorno e, abituati gli occhi all'oscurità in cui era
calata la stanza, vidi l'ombra di qualcuno appoggiato all'armadio di
fronte al letto.
Andras
è qui,
pensai agitata, subito dopo averne riconosciuto il familiare profilo.
<<
Davvero una bella performance quella di prima. >> lo sentii
dire nel buio. Ancora non si avvicinava e questo poteva essere
interpretato solo come un brutto segno.
Deglutii.
<< Non ho saputo fare altro. >> confessai.
<<
Sì, si è visto perfettamente. >> rispose, duro.
Mi
misi a sedere, arrabbiata. Voleva forse biasimarmi per come avevo
agito? Era il colmo!
<<
Con quale diritto vieni quì alle due di notte a farmi la
ramanzina per qualcosa che, tra parentesi, nemmeno sei in grado di
comprendere? >> urlai. Non stava a lui dirmi come reagire ad
una notizia della portata di quella che mi era appena stata sbattuta
in faccia. Non lo accettavo.
Vidi
un bagliore rosso illuminare la stanza per un lungo attimo.
Gonfiai
il petto. Se credeva che avrei ceduto così facilmente si
sbagliava di grosso. Lo amavo, ma questo non significava che avrebbe
avuto un trattamento di lusso ogni qual volta mi faceva arrabbiare.
<<
Non farai nulla
a proposito della situazione di tuo padre. >> affermò
Andras, deciso e tagliente.
Scoppiai
in una risata ironica. << E sarai tu ad impedirmelo, giusto? >>
<<
Era proprio per questo che non volevo che assistessi alla riunione.
>> sospirò lui.
Sbuffai.
<< Già, fosse stato per te non l'avrei neanche sentito
per caso. >>
Uno
sbuffo di vento sulla faccia ed Andras erà già in piedi
accanto al mio letto. Non ne rimasi sorpresa, perché ormai mi
ci ero abituata.
Non
cessai di guardarlo male.
<<
Sto facendo tutto questo per il tuo bene, Amia. >> mormorò.
Con
non poco fastidio notai che il suo commento mi aveva fatto
terribilmente piacere.
Sentii
un piacevole calore espandersi per tutto il corpo, al che mi lasciai
andare. << Mi sei mancato. >>
Quando
Andras si sedette sul mio letto, tutte le mie paure parvero
dissolversi in un soffio. Mi resi conto che in tutto quel tempo avevo
solo sentito l'urgenza della sua presenza vicino a me.
Le
lacrime premettero di nuovo per uscire ed io mi gettai fra le braccia
del mio demone. Subito le sue braccia mi avvolsero nel più
bello degli abbracci.
<<
Non volevo che lo venissi a sapere così, ma tu hai insistito
tanto per venire che semplicemente non me la sono sentita di negarti
anche questo piacere. Voglio solo... renderti felice. >>
sussurrò dopo parecchi minuti di silenzio in cui io mi ero
nuovamente sfogata.
Sollevai
il mento sul suo ampio petto muscoloso. << Lo so, e mi dispiace
di essermi comportata male con te prima. >>
<<
No, ho sbagliato io ad iniziare male il discorso. Il fatto è
che adesso ho il costante timore che tu all'improvviso sparisca per
combattere da sola cose più grandi di te. Non voglio
rimpiangere per il resto della mia vita di averti perso. >>
disse, accarezzandomi piano i capelli.
Lo
guardai intensamente negli occhi, lasciandomi trasportare dal mare
nei suoi occhi. << Rivoglio mio padre con me, Andras. >>
Lui
inspirò forte. Era evidente che si stava contenendo. Apprezzai
quel suo gesto di premura e mi preparai mentalmente a sentire cosa
aveva da dirmi.
<<
Mi sembrava che fossimo d'accordo riguardo all'essere pazienti, ad
aspettare il momento giusto per agire. L'ho anche ribadito alla
riunione, Amia: non sei ancora pronta per affrontare Rea. Ed io non
voglio che ti accada niente di male. Non lo permetterò mai.
Per nessun motivo ti farò correre inutili rischi. E se per
tenerti viva al mio fianco dovrò anche andarti contro... beh,
sappi che lo farò. >> disse con voce ferma mentre le sue
mani interrompevano la loro esplorazione sulla mia schiena.
Non
risposi, preferendo di gran lunga alzarmi ed allontanarmi un po' da
lui.
Andras
si affrettò a raggiungermi. << Amia, cerca di capire...
>>
Lo
bloccai con un gesto veloce della mano destra. << No, Andras,
tu capisci me: non posso lasciar morire mio padre. Non ora che
conosco tutta la verità sul suo conto. Ho bisogno di mio
padre. >>
<<
Anch'io ho bisogno di te. >> disse, allora, lui. Dal suo tono
capii che si stava giocando tutte le sue carte e non seppi come
interpretare la cosa. Era la prima volta che succedeva.
Mi
voltai, quindi, a guardarlo, sorpresa che si fosse aperto tanto a me.
<< Sai che non è questo il punto. >> balbettai.
<<
E qual'è, allora? >> continuò con gli occhi
fiammeggianti d'ira. Era più che evidente che non si sarebbe
arreso.
<<
Trova un modo per far tornare vivo mio padre da me, e anche sano di
mente, se possibile. Fallo per me, Andras, ti prego. >>
risposi, stringendomi tra le braccia perché improvvisamente mi
sentivo debole e vulnerabile. Se c'era qualcuno in grado di fare
quanto avevo detto era proprio lui. Andras era potente, molto più
forte di quella pazza della mia antenata, ne ero sicura.
Negli
occhi di Andras passò l'ombra di quella che mi parve pena. <<
Farò del mio meglio, Amia, ma non posso assicurarti nulla. Se
dovrò scegliere fra la vita di tuo padre e la tua sai già
quale sarà la mia scelta. >>
<<
Non farai di tutto per salvarlo, dunque. >> conclusi, secca,
per poi voltargli le spalle.
<<
Hai capito quello che volevo dire. >> ribatté.
Sì,
l'avevo capito anche fin troppo bene, e la cosa non mi andava proprio
giù. Probabilmente, mi stavo comportando come una ragazzina
immatura ed irresponsabile, che non sa apprezzare quello che le viene
dato, ma non mi importava. Per me, la vita di una delle persone che
amavo era molto più importante della mia. Andras aveva
ragione: non avrei esitato a fare una pazzia per salvare mio padre.
Ma, in fin dei conti, avrei fatto lo stesso anche per Damien, Raina,
Katia o lui. Soprattutto per lui.
<<
Allora non abbiamo nient'altro da dirci. >> dissi, tremando di
collera. Un solo favore gli avevo chiesto, uno solo da quando lo
conoscevo, e lui osava negarmelo quando sapeva benissimo la portata
della sua importanza per me.
Andras
mi mise entrambe le mani sulle spalle, provocandomi tutta una serie
di brividi lungo la schiena. << Se per salvare tuo padre
dovessi mettere a rischio non la tua, ma la mia vita, ti andrebbe
bene lo stesso? >>
Era
serio, terribilmente serio e questo mi fece paura. Al che, mi voltai
per dirgli: << Sai che non ti chiederei mai di farlo! >>
<<
Ma se fosse necessario, chi tra i due sceglieresti? >> chiese,
lo sguardo impassibile e gli occhi di ghiaccio.
Mi
tremò il labbro inferiore. << Sai quanto ti amo, Andras,
per me non c'è nessuno che valga più di te.
Sacrificherei me stessa per te. >> mormorai, portandomi una
mano a coprire la bocca.
Andras
si chinò a baciarmi. << È deciso, allora: se sarà
nelle nostre possibilità, salveremo tuo padre. Altrimenti...
>>
Non
c'era bisogno che continuasse, la gravità di quelle poche
parole bastava ed avanzava.
Lo
spinsi via da me. << Lasciami da sola, per favore. Ho bisogno
di riflettere. >>
Andras
inarcò un sopracciglio. << Riflettere su cosa? Abbiamo
risolto, no? >>
No
che non lo avevamo fatto, non con gli esiti che volevo io, comunque.
Il punto, però, era che lo volevo fuori di quì per
tentare di risolvere sul serio il mio problema. Con lui in giro
sapevo che avevo le mani legate. Dovevo per forza escogitare un
sistema per farlo allontanare da me. Preferivo di gran lunga scusarmi
dopo aver fatto ciò che avevo in mente, che chiedere un
permesso che non sarebbe mai stato accordato. Certo, considerando il
tutto, era da vedere se alla fine del mio piano sarei sopravvissuta o
no. Ero conscia del fatto che nonostante tutte le mie buone
intenzioni non avessi molte speranze, comunque, ero pienamente
convinta che il gioco valeva la candela. O almeno, era questo quello
che mi ripetevo nella testa come un mantra.
<<
Sì, dopo che tu mi hai imposto di scegliere fra te e mio
padre. >> masticai fra i denti. Bene, direi che
l'interpretazione della "ragazza decisamente arrabbiata e non
ancora pronta a ragionare" che avevo appena fatto era più
che ottima. In fin dei conti, era come mi sentivo, anche se non al
livello di sbatterlo in faccia ad Andras: al contrario suo, io di
solito avevo un minimo di tatto.
Andras
mi fissò per un attimo che mi parve incredibilmente lungo,
poi, si girò per andarsene dopo avermi rivolto un'ultima
occhiata di delusione e scuse. Non era da lui avere uno sguardo così,
ma mi dissi che dovevo resistere dal correre da lui per stringerlo
fra le braccia, chiedendogli di restare e dicendogli che tutto andava
bene.
Non
lo feci. L'immagine di mio padre, solo in balia di Rea e della CGE,
mi permise di restare fedele al piano che avevo escogitato.
Il
lieve rumore che fece la porta mentre si chiudeva mi provocò
tremende fitte al cuore. Non volevo che mi lasciasse, ma avevo dovuto
chiederglielo per arrivare dove volevo. Sapevo che se glielo avessi
chiesto mi avrebbe concesso di starmene in pace per almeno un paio
d'ore. E sapevo anche che proprio per questo dovevo agire in fretta.
Preparai
velocemente un borsone con il minimo indispensabile: due cambi di
vestiti, scarpe da tennis, qualche merendina, due bottiglie d'acqua e
il kit di pronto soccorso per ogni evenienza.
Ero
pronta.
Guardai
un'ultima volta la camera che mi aveva fatto da nuova casa in quelle
settimane. Avrei portato per sempre nel mio cuore i ricordi legati ad
essa ed al castello.
Una
sola lacrima mi scese sulla guancia quando uscii dalla finestra. La
mia vita lì era giunta al termine, dovevo farmene una ragione.
Inspirai
a pieni polmoni l'aria pungente del primo mattino. Il cielo era
ancora buio, un'indistinta massa nero petrolio priva di nuvole. La
poca luce che c'era proveniva dai lampioni del giardino.
Arrivata
a quel punto, mi presi un momento per pensare a Raina, la migliore
amica che io abbia mai avuto, la migliore che si potesse desiderare,
e sperai con tutto il cuore che almeno lei avesse il suo finale
felice. Io con Andras non potevo più, non dopo quello che
stavo per fare.
Poi,
pensai a Damien, la sua era stata la più divertente e
piacevole delle compagnie. Pensai anche che sarebbe stato bello
approfondire di più il nostro rapporto. Ora, speravo che
avesse cura di Raina anche per me, anche dopo che io non ci sarei
stata più.
Per
ultimo, richiamai alla mente il mio Andras. L'avevo amato oltre ogni
limite, per questo sapevo che il mio amore per lui avrebbe vinto
anche la morte. Andras
era la vetrata che dava vita al mio cuore: brillava di luce propria
senza l'ausilio del sole, e persino al buio risplendeva dei colori
dell'oceano infinito.
Speravo solo che avrebbe saputo perdonarmi un giorno e che non
avrebbe pensato a me con una nota di dolore, ma con un sorriso negli
occhi e nel cuore.
Tutti
loro dovevano capire che nel mio cuore adesso non c'era più
pace e che essa poteva ritornare da me solo dopo la guerra
angosciante che mi apprestavo a combattere.
O,
almeno, pregavo che capissero. Io stavo solo seguendo i passi che mi
suggeriva il cuore.
Quando
giunsi in prossimità dei muri esterni che circondavano il
castello, mi bloccai.
Ed
ora come facevo ad uscire senza farmi scoprire e riportare subito
indietro? Prima, non avevo minimamente pensato alle guardie che
percorrevano le mura o alle sentinelle che osservavano tutto dalle
loro alte torri. Eppure, era così logico che ci dovessero
essere. La verità era che, presa dall'istinto, non avevo
ragionato a fondo sulle fondamenta del mio piano, perché non
facevo altro che ripassare ed arricchire il discorso che avrei fatto
a Rea, la mia antenata, una volta che l'avrei incontrata di persona
per contrattare la liberazione di mio padre.
All'improvviso,
un ampio cerchio di luce si spostò verso la zona alberata in
cui ero nascosta, facendomi sussultare. E non ce n'era solo uno, ma
molti, molti altri che vagavano nei punti vicini alla cinta muraria
su cui sospettavo ci fossero anche delle minuscole telecamere
invisibili alla vista.
Mi
guardai intorno, circospetta. E se c'erano delle telecamere applicate
anche agli alberi, ai loro tronchi o ai loro rami, magari? In questo
caso, ero perduta. Ed Andras, se mi avesse scoperta, mi avrebbe
certamente rinchiusa nella mia stanza fino a nuovo ordine, priva di
qualunque contatto con il mondo esterno.
Sentii
distintamente delle gocce di sudore scendermi dalle tempie.
Era
necessario che nessuno mi vedesse. Dovevo fare più attenzione
possibile senza farmi condizionare dall'ansia di essere colta sul
fatto.
Ma...
diamine, non avevo tempo! Dovevo subito trovare una soluzione per
oltrepassare le mura o...
<<
Se stai cercando di scappare, forse potrei aiutarti io. So
esattamente come arrivare alla roccaforte segreta della tua antenata.
>>
Quella
voce ruppe il silenzio che fino ad allora mi aveva avvolta ed io
iniziai a sudare freddo.
Lentamente,
mi voltai verso colui che aveva parlato, per poi raggelarmi sul
posto. No, non era possibile. Tutti, ma non lui.
<<
Ciao, Amia, sorpresa di vedermi? >> continuò l'uomo con
un ghigno in volto.
Deglutii
con la gola improvvisamente secca. << Tu...
perché? >>
In
quel fragile momento della mia vita riuscivo a pensare solo ad una
parola adatta a quell'uomo: traditore.
***
ANGOLO
AUTRICE:
Allora,
ragazze, cosa ve ne pare? A me, dopo aver scritto l'ultimo pezzo del
capitolo, mi è venuto spontaneo esordire con un “Lol”
decisamente prolungato. XD
Insomma,
chi sarà mai il traditore di cui parla Amia? Beh, una cosa è
certa: se lo conosce lei, lo conoscete pure voi. u.u Forza, che
comincino pure le scommesse sulla sua identità!
E
a proposito dell'arma speciale? Chissà cosa sarà...
mmh, vedrete.
Ora
che Amia se ne andata, però, come lo saprà? E dire che
è una cosa molto importante... peccato, muawahahahah.
Altro
bel particolare: come avete appena letto, Raina sembra aver
sviluppato un potere speciale. A cosa è riferito il suo brutto
presentimento? Rifletteteci, sono sicura che alcune di voi, se non
tutte, ci arriveranno! :D
Approvate
che Amia sia scappata di nascosto per salvare il padre? Cosa pensate
che succederà ora che sta per incontrare la sua antenata, Rea?
Sapete, però, che così farà il gioco di Rea,
perché, come era nei suoi piani, Amia sta andando da lei.
Posso assicurarvi che la conversazione fra Amia e Rea sarà
parecchio interessante, soprattutto perché scoprirete cosa ha
fatto Andras per farla infuriare tanto da desiderare vendetta.
Spero
abbiate apprezzato e goduto le prime due parti, perché non ce
ne saranno di così dolci per un po'. è.è
Comunque,
c'è da dire che Andras ha usato il verbo amare riferito ad
alcuni aspetti di Amia: resta solo che capisca di amarla, che lo
ammetta, ecco. Ma già questo è un bel passo avanti, non
credete?
(Io
ho già scritto quando lo capirà in un momento di
massima ispirazione, lol)
GRAZIE
di cuore alle 39 persone che hanno inserito la storia fra le
preferite. GRAZIE
mille alle 19 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE
enorme va anche alle ben 98 ragazze che hanno messo "Il
Dominatore del Mondo" fra le seguite. GRAZIE,
infine, alle 12 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori
preferiti. Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative!
<3
Bacioni
e alla prossima,
vostra
Ashwini. <3
|
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Capitolo 27 *** Capitolo ventiseiesimo: Inconsapevoli. Il traditore e l'orgoglioso. ***
Buon
pomeriggio, ragazze! ^_^
Sono
contenta di vedere che aumentate di volta in volta: a seguirmi siete
già in 161! *_* GRAZIE di cuore a tutte, davvero.
Allora,
questo capitolo è pesante come il precedente per molti
aspetti: la storia ormai sta diventando sempre più seria.
Però, spero sarete felici di sapere che ci sono anche vari
momenti più dolci che credo vi faranno sorridere contente. E
finalmente appagate(sì, Francesca Caruso, mi riferisco proprio
a te u.u). Ora, non so come dirvelo, ma... state per scoprire chi è
il traditore di cui avete letto nella parte finale dello scorso
capitolo. Volevo solo pregarvi di non rivoltarvi in massa contro di
me, anche perché, poi, chi scrive il continuo della storia?
Comunque,
basta con le chiacchere e...
… BUONA
LETTURA!
***
CAPITOLO VENTISEIESIMO:
Inconsapevoli. Il traditore e l'orgoglioso.
Pov.
Damien
Mi
massaggiai nervosamente le tempie. Ero stanco di questo continuo mal
di testa che trapanava il mio cervello, facendomi anche strizzare gli
occhi per vederci di nuovo dopo ogni vertigine. Il peggio, però,
era che tra una vertigine e l'altra non ricordavo cosa mi succedeva.
C'era il buio più totale nella mia testa. Mi sembrava di
perdere inconsapevolmente pezzi importanti della mia memoria. Più
volte, negli ultimi tempi, mi era capitato tutto questo e mai ero
venuto a capo del problema, né riuscivo a ricordare cosa
diamine faceva il mio corpo tra un capogiro e l'altro, perché
almeno di questo ero sicuro: non ero io a comandarlo.
Forse
era giunto il momento di parlarne con Andras, soprattutto perché
la sensazione di far qualcosa di terribilmente sbagliato quando non
ero in me era diventata insostenibile. E poi, non mi andava più
di agire contro la mia volontà per fare chissà che
cosa. Però, quando ero sul punto di raccontare al mio migliore
amico i miei dubbi, qualcosa prendeva possesso di me e mi faceva
rapidamente cambiare idea, spingendomi al silenzio. Era un fattore
paurosamente incontrollabile per me.
Mi
presi la testa fra le mani, mormorando a denti stretti: <<
Basta... basta.... basta! >>
Prima,
poi, Raina mi aveva guardato con uno strano sospetto nello sguardo.
Come se all'improvviso vedesse del male in me e non si fidasse più.
Questo suo atteggiamento mi aveva profondamente ferito e, forse, era
per aver notato questa mia delusione negli occhi che aveva subito
cambiato espressione, sorridendo dopo aver scosso la testa, come a
scacciare via un brutto pensiero.
Le
avevo anche chiesto delle spiegazioni, ma lei aveva insistito nel
dire che non era nulla di importante. Certo, come no. Eppure, avevo
lasciato perdere perché per la prima volta in vita mia avevo
paura di me stesso, di quello che inconsapevolmente mi stava
accadendo. Volevo una risposta ai miei malanni, ma allo stesso tempo
preferivo ignorare ancora per un po' il problema. Temevo cosa
avrebbero potuto pensare di me Raina ed Andras. L'ultima cosa che
desideravo era averli contro.
Basta,
non dovevo pensarci. Era meglio se mi distraevo pensando al modo
migliore per salvare Amia dalle grinfie di Rea. Perché, come
mi aveva telepaticamente detto poco prima Andras, era stata
sicuramente lei ad aver appena rapito Amia. Il mio amico mi aveva
contatto per dirmi che dovevo andare immediatamente da lui per
organizzare un piano di salvataggio ed io avevo risposto
affermativamente, pensando che non c'era tempo da perdere.
Ma
il problema era che, forse, Raina aveva ragione a guardarmi con
sospetto: non ricordavo cosa avevo fatto dopo averla lasciata nella
mia camera. Di nuovo, il buio mi aveva avvolto la mente e, come le
altre volte, mi ero ritrovato al risveglio con una forte emicrania.
Cosa
avevo fatto? Cosa mi stava succedendo?
Pov.
Andras
<<
Fuori! Fuori, ho detto! >> urlai in preda all'ira più
profonda, scagliando contro la cameriera di turno la sedia della
scrivania. La donna, terrorizzata, fece appena in tempo a fuggire via
di corsa, inciampando sui suoi stessi piedi per la fretta. La sedia,
invece, si frantumò contro la porta a due battenti della mia
camera. I pezzi di legno pregiato volarono da tutte le parti. Ne
presi uno ai miei piedi e strinsi la mano a pugno. Quando la riaprii,
il legno era diventato polvere che mi scivolò fra le dita.
<<
Davvero, Andras, dovresti darti una calmata. >> mi sentii dire
da Damien. La sua voce era ridotta ad un sussurro.
Il
mio migliore amico era arrivato da me da poco, scuro in volto anche,
ma io non vi avevo dato importanza: avevo altro a cui pensare.
Lo
fulminai con un'occhiataccia. << Calmarmi? Come posso calmarmi
sapendo Amia nelle mani del nemico? Come?! >> gridai ancora più
forte, tanto che i mobili della stanza tremarono per qualche secondo.
Damien,
cauto, mi posò una mano sulla spalla. << Amico, la
riporteremo a casa. Ora, però, cerca di ritrovare la lucidità
o non verremo a capo di nulla. >>
Lasciai
ricadere pesantemente il pugno chiuso sulla scrivania, la quale si
spezzò subito in due. Damien gettò un'occhiata
preoccupata prima alla scrivania in ebano e poi a me. Sapeva
benissimo che ora come ora qualunque cosa avrebbe potuto farmi
scoppiare.
<<
Mi ha chiesto di lasciarla da sola per riflettere. Io, allora, me ne
sono andato via con tutte le intenzioni di ritornare da lei entro due
ore. Non mi piaceva l'idea di farla stare in quella stanza con
nessun'altra compagnia se non quella dei suoi tormentati pensieri,
ma... non volevo litigare ancora con lei. Credevo che per quel giorno
avessimo fatto già abbastanza. >> raccontai, guardando
fuori dalla finestra nella vana speranza di scorgere un qualunque
indizio su dove Amia fosse andata.
Quando
avevo scoperto la sua stanza vuota ed in disordine, ero subito corso
fuori in giardino a cercarla. Vedendo la finestra aperta, infatti,
ero giunto alla conclusione che intendesse fuggire dalle mura esterne
per andare a salvare il padre. Avevo anche riso nervoso perché
così facendo si era messa in trappola da sola. Le sentinelle
l'avrebbero vista se si fosse avvicinata, trattenendola il tempo
necessario a farmi arrivare per riprenderla. Purtroppo, arrivato alle
mura, nessuna delle guardie di ronda mi aveva saputo dire nulla, né
avevo trovato risposte nelle telecamere fissate alle mura.
Amia
non si trovava. Era scomparsa da appena tre ore ed io ero già
pazzo per la paura di non rivederla più. Mi mancava
terribilmente ed il saperla in mano nemica non era per niente
rassicurante sulle sue attuali condizioni di salute. Potevano farle
qualsiasi cosa ed io non ero lì con lei per proteggerla.
<<
Sai dove è sparita? >> mi chiese Damien con una strana
smorfia in viso, come se all'improvviso qualcosa stesse lottando per
uscire fuori dalla sua bocca.
Stavolta,
mi soffermai a guardarlo con la dovuta attenzione. Damien, allora,
cambiò subito espressione e quella cosa che avevo scorto prima
nel suo sguardo sparì veloce come era arrivata.
Annuii,
dandomi dell'idiota. Sicuramente avevo visto male, preso com'ero
dalla preoccupazione per le condizioni di Amia. << Il suo odore
mi ha portato fino ad una zona non molto alberata ad una decina di
metri dalle mura di cinta. L'odore era fresco: doveva essere stata lì
fino a poco tempo prima del mio arrivo. Comunque, qualcuno l'ha
catturata, altrimenti non si spiegherebbe come abbia fatto a
volatilizzarsi nel nulla. Qui c'è lo zampino di Rea e della
CGE, Damien, me lo sento. >>
<<
Sì, penso proprio che tu abbia ragione. A questo punto, Amia
aveva ragione a dire di aver percepito la presenza di una spia nel
palazzo. Il rapitore l'avrà spiata e, vedendola finalmente
sola ed indifesa, avrà approfittato della situazione per
portarla via con se. >> ragionò Damien con le braccia
incrociate davanti al petto. Ancora, sembrò che verso la fine
della frase stesse per aggiungere altro, ma non lo fece.
Lo
guardai con un ben celato sospetto, senza dire nulla.
<<
Com'è possibile che né io né tu abbiamo notato
nulla? >> masticai, dopo un po', fra i denti. Se solo le avessi
creduto quella volta, forse non mi sarei ritrovato in questa assurda
situazione.
<<
Le sacerdotesse avranno aiutato con la loro magia questa misteriosa
spia a fare bene il suo lavoro. >> rispose lui.
Mi
presi la testa fra le mani, cercando riprendere il controllo di me.
Mi
sentivo perso senza Amia. Avevo come la sensazione di aver perduto
tutto, perché Amia era il mio tutto, ciò che veramente
contava per me. E mi era stata brutalmente strappata via, rendendomi
prigioniero di un'ansia cieca alla ragione.
Guardai
Damien percorrere a grandi passi la stanza: come me non sapeva ancora
cosa fosse meglio fare. Ma dovevamo agire alla svelta se non volevamo
incorrere in problematiche più spiacevoli. A queste ultime,
non mi diedi la pena di pensarci o chissà come avrei reagito.
Damien,
all'improvviso, schioccò le dita. << Non c'è
altra soluzione, Andras: andremo direttamente sulla Terra a cercare
Amia. >>
<<
Certo, in due potremmo sicuramente violare le difese della CGE. >>
risposi, ironico.
<<
Pensaci, Andras: non si aspetteranno mai che solo noi due proveremo
ad entrare alla loro base. Conoscendo il tuo metro di misura,
penseranno che a quest'ora starai già mobilitando l'esercito.
Invece, agiremo d'astuzia! Saremo agili e veloci come solo noi due
sappiamo essere e li coglieremo di sorpresa attaccandoli poco per
volta, insediandoci nei posti più impensabili dentro le tre
mura che circondano il quartier generale della CGE. Come a vecchi
tempi, in cui tu non eri ancora imperatore ed io non ero ancora stato
nominato generale! >> disse con enfasi il mio amico.
<<
Non lo so, Damien... insomma, quelli dell'Organizzazione non ci
metteranno molto a fare due più due quando si spargerà
la voce della nostra partenza. >> ribattei in risposta. Il suo
era un piano che faceva acqua da tutte le parti. Ce ne serviva uno
migliore se volevamo sperare di salvare Amia.
<<
E se... >> riflettei a voce alta tra me e me << …
e se sfruttassimo l'arte demoniaca che abbiamo appreso anni fa nelle
Terre dell'Oltre? >>
Il
volto di Damien si illuminò all'istante. << Ma certo!
Come ho fatto a non arrivarci prima io? >>
Pov.
Damien
<<
L'arte demoniaca? Non ho mai letto nulla del genere... nemmeno nella
Sezione Proibita della biblioteca. Come l'avete scoperta tu ed
Andras? Ed in che cosa consiste esattamente? >> mi chiese Raina
una volta che l'ebbi raggiunta in camera dopo aver discusso con
Andras i vari punti fondamentali del nostro piano. Perché sì,
adesso ne avevamo uno ed era anche bello tosto. Quegli idioti della
CGE non ci avrebbero mai scoperti, non se facevamo le cose pulite
pulite come io ed Andras le avevamo progettate. Ci saremmo infiltrati
fra le file nemiche dall'interno ed il bello era che nessuno avrebbe
notato la nostra presenza nonostante saremmo stati a viso aperto per
tutto il tempo richiesto dalla missione.
Sogghignai.
<< Io ed Andras, all'incirca vent'anni fa, ci siamo recati
nelle cosiddette Terre dell'Oltre per una missione segreta
importantissima. Non sapevamo cosa aspettarci, perché su quel
posto aleggiava il mistero più fitto. Ma ci siamo buttati lo
stesso: niente ci faceva paura. E poi, avevamo ricevuto una soffiata
da un tizio incappucciato che diceva di provenire da quel luogo. Ci
promise che se l'avessimo condotto lì con noi ci avrebbe
facilitato il compito di trovare qualcuno che ci aiutasse per i
nostri scopi, qualunque essi fossero. Accettammo. Il fatto era che il
poveretto aveva perso ogni ricchezza e non aveva più i mezzi
per ritornare nella sua terra natia. Ci disse anche che non poteva
dire a chiunque di aiutarlo perché quelle terre erano
considerato maledette, una leggenda oscura che solo i pazzi
cercavano, ma che per noi aveva fatto un'eccezione dato che ci aveva
riconosciuti come il sovrano ed il generale dell'Impero. In poche
parole: gli conveniva farsi portare là dai più potenti
dell'Impero di Alloces perché così era praticamente
certo che si sarebbe salvato la pelle in ogni caso. Durante il
viaggio, comunque, gli chiedemmo come mai quelle terre fossero
guardate con tanto sospetto e lui ci rispose che era per via
dell'arte demoniaca che praticavano gli abitanti. >>
Raina
si sporse verso di me, visibilmente interessata a proseguire il
racconto. << E poi che successe? >>
L'avvicinai
a me mettendole un braccio in vita. Eravamo seduti sul letto ed era
da svariati minuti che la osservavo, bramoso com'ero di un contatto
più ravvicinato fra i nostri corpi.
<<
L'arte demoniaca permette a chi la pratica di appropriarsi dei corpi
altrui per farne ciò che si vuole. È la
versione oscura della magia sacerdotale che usano le nostre nemiche.
L'unica differenza è che provoca la morte della persona
posseduta entro due settimane. Questo perché l'anima di un
demone non si adatta bene ad un corpo che non è il suo. Se il
corpo che si intende possedere è umano, e quindi di una specie
totalmente diversa, le cose si complicano ancora di più ed il
corpo umano degenera molto più velocemente. Io ed Andras
avremo circa una settimana, la metà del tempo che si ha
normalmente, per portare in salvo Amia e filarcela prima che i membri
della CGE scoprano il nostro stratagemma. >>
Raina
spalancò i suoi grandi occhi verdi. Sapevo che non le sarebbe
piaciuto sentire che io ed il mio amico avremmo praticamente
sacrificato due vite umane, anche se membri della CGE, ma allo stesso
tempo appariva sollevata del fatto che la sua migliore amica sarebbe
presto tornata da lei. << Ma le sacerdotesse non noteranno che
ci siete voi dentro i corpi di quegli esseri umani? >> si
informò, quindi, Raina.
Scossi
il capo. << Assolutamente no. L'arte demoniaca è sicura
sotto ogni punto di vista. Andras sta già provvedendo a rapire
due uomini della CGE per impossessarcene e partire per la Terra al
più presto. Dovresti vedere quanto è agitato... non lo
riconosceresti, davvero. >>
Raina
appoggiò la testa sulla mia spalla. << E tu? Tu che
faresti se al posto di Amia ci fossi io? >>
Mi
irrigidii, infine, ricaddi sul letto, sbuffando. << Credo
proprio che mi comporterei come lui. >> sussurrai. Criticavo
tanto Andras, ma alla fine ero tale e quale a lui. Né lui né
io avremmo mai rinunciato alle nostre prescelte, specialmente perché
adesso non era più solo una questione d'interesse. Io ero
pienamente convinto di provare qualcosa di molto forte per Raina,
forse proprio amore.
Guardai
il verde dei suoi occhi, così luminoso da farmi sentire come
immerso in mezzo ad una splendida radura. Sorrisi, felice. Con lei
ero sempre nel centro del mio mondo. Mi bastava Raina per vedere la
luce. Lei era tutto ciò di cui avevo bisogno per vivere.
Le
presi il polso e la feci distendere sul mio petto. Anche se aveva
voltato il capo, sapevo perfettamente che era arrossita. Lo faceva
sempre in mia presenza e questo mi piaceva da matti. Era più
carina quando si imbarazzava.
Le
accarezzai i morbidi capelli castani, beandomi del loro profumo. Poi,
mi feci forza per dirle una cosa che mi premeva già
dall'inizio della nostra conversazione: << Quando me ne andrò,
tu resterai qui ad aspettarmi, d'accordo? Ci manca solo che pure tu
scompaia nel nulla. Ti voglio al sicuro. Fai ciò che vuoi
ma... resta sana e salva. Okay? >>
Raina
si alzò sui gomiti ai lati della mia testa e mi guardò
male. << Stiamo parlando del salvataggio della mia migliore
amica. Tu ed Andras avete intenzione di infiltrarvi fra i membri
dell'Organizzazione attraverso l'arte demoniaca. Siamo sull'orlo di
una guerra. E tu mi dici anche di starmene qui buona? Col cavolo,
Damien. Io vengo con te, che tu lo voglia o no. Guarda com'è
finita fra Andras ed Amia. Non so te, ma l'ultima cosa che desidero è
dover fare tutto di testa mia come Amia per colpa del tuo
comportamento da prima donna. >>
Aprii
la bocca per replicare, poi la richiusi di scatto. Non sapevo come
controbattere a quello.
<<
Non c'è proprio nulla che io possa fare? >> continuò
Raina facendomi falsamente gli occhi dolci.
Alzai
gli occhi al cielo, poi mi alzai col busto e avvicinai la mia bocca
alla sua. Raina si ritrasse in fretta. << Non sperare di
distrarmi, signorino. >> sibilò.
Ridacchiai.
<< Dovevo provarci. >>
Raina
alzò un sopracciglio, in attesa. Ah, certo, la sua domanda. <<
Non credo proprio che Andras accetterà di portarsi dietro una
ragazzina. >>
Lei
si sistemò meglio sopra di me. << Oh, ma io non sono una
qualunque ragazzina. Sono la tua ragazzina. O
sbaglio? >>
<<
Sai che la posizione in cui ci troviamo è particolarmente
ambigua? Così messi, a chiunque sembrerebbe che abbiamo voglia
di fare altro che parlare. >> dissi, sperando che non notasse
la mia crescente eccitazione.
Raina
si mosse ancora, infine, sussultò.
Ops.
Come non detto.
<<
Oh. >> mormorò soltanto.
Già. Oh.
<<
Vuoi che... vuoi che me ne vada? >> farfugliò, rossa
come un pomodoro maturo.
<<
E vuoi lasciarmi così? >> risposi, allusivo.
Raina,
in evidente difficoltà, boccheggiò, indecisa su cosa
dire adesso che le avevo indirettamente fatto la proposta di
andare oltre per la prima volta. Le accarezzai una
guancia per cercare di tranquillizzarla. Lei si sciolse sotto il mio
tocco ma restò ancora un po' reticente a lasciarsi andare del
tutto.
<<
Non faremo nulla che tu non vuoi, solo... vorrei che, in caso mi
succedesse qualcosa, tu abbia un bel ricordo di noi due. >>
dissi. Non volevo mentirle, dirle che tutto andava bene quando non
era affatto così. Fra non molto sarebbe iniziata una guerra
che sicuramente avrebbe avuto la sua buona quantità di morti.
Nessuno poteva prevedere come sarebbe andata a finire, nessuno sapeva
se la propria vita sarebbe stata risparmiata. Nemmeno io, per quanto
fosse brutto ammetterlo. Raina doveva saperlo. Doveva sapere che la
guerra era quanto di più orribile ci fosse al mondo e che le
sue conseguenze cambiavano le vite di moltissime persone senza la
minima pietà o cenno di rimorso. Non volevo che si illudesse
troppo, la speranza in un futuro roseo c'era, doveva esserci,
ma era anche vero che l'eccessiva speranza velava a chiunque gli
occhi di nero.
<<
Quindi hai già deciso di mollarmi qui, da sola. >>
rispose con voce rotta.
La
trascinai in un bacio disperato, passionale, pieno di un desiderio
che straziò l'anima di entrambi. La strinsi di più a
me, facendo aderire perfettamente i nostri corpi, allacciandoli e
plasmandoli in un solo essere. Perché noi, alla fin fine,
eravamo una cosa sola, anche quando eravamo separati, e questo niente
e nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Noi non l'avremmo permesso.
Raina
gemette, ma nel suo sospiro di piacere colsi una nota di tristezza e
mi fermai. Respirammo all'unisono, consci che dopo oggi ci saremmo
separati per non rivederci per chissà quanto tempo. Non
sapevamo nemmeno come ci saremmo ritrovati.
Appoggiai
la mia fronte alla sua e la guardai dritto negli occhi. << In
un modo o nell'altro tu ed io staremo insieme, te lo prometto. Sii
forte e coraggiosa per me ed io lo sarò per te. Non posso
dirti che andrà tutto bene, ma posso sempre giurarti che nel
futuro che verrà i nostri occhi si poseranno gli uni negli
altri con un amore senza fine. >>
Una
lacrima solcò il suo bellissimo viso pieno d'emozione. La sua
attenzione era rivolta esclusivamente a me, a ciò che avevo
dentro. Lei era l'unica che mi vedeva veramente.
Qualcosa
di nuovo scattò in me, facendo muovere uno sconosciuto
meccanismo che armonizzò la mia anima con quella di Raina. Non
avevo mai provato nulla di simile. Solo con lei.
<< Sei
mio, Damien. Per sempre. >> mi promise con la
prima ombra di un sorriso.
Le
baciai il naso. Amavo il suo piccolo nasino leggermente all'insù.
<< E
tu sei mia, Raina. Per sempre. >> giurai a mia
volta.
Lentamente,
per assaporare ogni momento, avvicinai la bocca alla sua fronte,
baciandola per una buona manciata di secondi, infine, scesi a
congiungere le mie labbra alle sue. All'inizio, fu un semplice
sfiorarsi di labbra, ma ben presto entrambi ci lasciammo travolgere
dal desiderio che provavamo l'uno per l'altra. Trasformammo il bacio
in un contatto estremamente intimo, caldo e talmente invitante da non
riuscire più a dividerci. Concedevo a Raina a malapena il
tempo di riprendere fiato.
Lei
mi accarezzava, ormai decisa, avvolgendomi fra le sue accoglienti
braccia. Io feci scorrere le mani sulle sue cosce, soffermandomi
maggiormente sui glutei sodi ed alti. Sia io che lei eravamo presi
dai gemiti di piacere ed agivamo seguendo esclusivamente l'istinto.
Era
tutto molto più bello di quanto l'avevo immaginato.
Alternavo
baci infuocati a baci più dolci per abituarla a ciò che
stavamo per fare. Lei mi seguiva accondiscendente.
<<
Non sono mai stata più felice di adesso. >> sussurrò
al mio orecchio.
Spinsi
il mio bacino contro il suo e le feci notare quanto anch'io fossi
felice di tutto quello. Lei rise, allegra.
<<
Sei bellissima. >> dissi subito dopo << Quando ridi, ogni
cosa intorno a te risplende della tua particolare luce interiore. >>
Raina
cominciò a scendere a baciare vogliosa il mio collo, la mia
clavicola... infine, dopo aver borbottato contro la mia camicia, la
tolse in fretta, decisa a baciare anche i miei pettorali. A quel
punto, notando con una smorfia che lei era troppo vestita, le sfilai
il vestito che portava, il pullover che aveva sotto e le calze
pesanti.
In
reggiseno e mutandine era decisamente il mio sogno erotico ideale.
Lei
armeggiò con la cintura dei miei jeans e proseguì
accarezzando il mio basso ventre, il tutto guardandomi intensamente
negli occhi. Questa ragazza era proprio da sposare.
Infilai
una mano nelle sue mutandine già fradice e la lasciai in balia
dei miei tocchi. Lei stringeva convulsamente la coperta del letto,
mordendosi le labbra già gonfie dei miei baci.
Quando
le infilai un dito dentro, si inarcò immediatamente,
sospirando di piacere.
<<
Wow... >> disse con gli occhi chiusi.
Poggiai
con dolcezza le labbra sulle sue palpebre. << E non hai ancora
visto niente, bellezza.
>>
<<
Mi piace. >> rispose lei.
Le
lanciai un'occhiata interrogativa. Raina arrossì. << Il
soprannome. >> specificò.
<<
Davvero? E allora bellezza,
sia! >> dissi.
Presi
il suo volto fra le mani, vagando con il pollice fin dove potevo
arrivare, poi, con due dita, percorsi il resto del suo splendido
viso. Lasciando una mano sulla sua guancia, presi con l'altra a
lisciarle quei capelli che tanto mi facevano sognare la notte. Amavo
i suoi capelli, erano così morbidi e lucenti!
Raina
mi guardò in faccia con occhi scrutatori. << Voglio
osservarti per imprimere bene nella memoria il tuo volto com'è
adesso, perché Amia mi ha detto che dopo che lei ed Andras si
erano uniti il volto del suo demone è cambiato. Era diverso,
in senso positivo, ovvio. Più simile al suo, come se
improvvisamente vedesse la sua anima riflessa in ogni parte di lui.
>>
Annuii,
capendo perfettamente cosa intendesse. Quindi, le chiesi: <<
Pronta? >>
In
risposta, Raina fece scorrere le mani sulla mia schiena muscolosa,
bloccandole saldamente alla sua metà. << Quando vuoi. >>
Tolta
ogni barriera, mi immersi in lei con una dolcezza che quasi sorprese
anche me, poiché mai ero stato tanto cauto con una donna
seppur, comunque, non fossi mai stato nemmeno lontanamente animalesco
come Andras. Non ero neanche mai stato con una vergine, in effetti.
Ma
la mia Raina era diversa dalle altre, lei era speciale. Per me lei
era il più prezioso dei gioielli, il più luminoso dei
soli, la mia stella del mattino.
Raina,
dopo qualche secondo di dolori e smorfie, si adeguò ad avermi
in lei e fece per assecondare i miei ancora attenti movimenti. Ci
andavo con calma perché volevo che fosse il più bel
ricordo che avesse di noi due come un solo essere. Finalmente uniti
nella speranza di un futuro insieme, come amanti, come coppia, come
anime gemelle.
Arrivato
ad un certo punto, non mi seppi più trattenere, accecato dalla
passione che mi ardeva dentro per lei, ed iniziai a spingere sempre
più forte. Raina non protestò, anzi, mi lasciò
fare tranquillamente. Beh, tranquillamente era un modo di dire dato
che ci stavamo dando letteralmente dentro come due assetati nel
deserto. Non avevamo freni inibitori. C'eravamo solo noi due al mondo
adesso.
Con
un grugnito di piacere mi accasciai affianco a lei dopo aver atteso
dentro di lei ancora qualche secondo dopo l'orgasmo. Raina, invece,
sembrava persa in un mondo tutto suo, tanto che aveva gli occhi
luccicanti che viaggiavano per chissà quali pensieri.
La
baciai con tutto l'amore che sentivo di provare per lei. << Ti
amo. >>
Raina
sembrò risvegliarsi dallo stato di trance in cui era caduta,
girò il capo verso di me e disse con gli occhi sgranati dallo
stupore: << Che cosa? >>
Le
sorrisi malizioso. << Oh, hai capito benissimo. >>
Lei
si alzò col busto e cominciò ad agitare le mani per
aria come era solita fare quando era agitata. << Ero distratta!
Damien, ti prego, ripetimelo! Non ero ben attenta a ciò che
dicevi! >>
Chiusi
gli occhi, lasciandomi trasportare dal piacevole torpore che ancora
mi invadeva ogni molecola del corpo.
Raina
represse uno sbuffo.
Ridacchiai
per una buona manciata di minuti, infine, le dissi: << Dovresti
vederti in faccia adesso, bellezza, davvero. Sei uno
spasso. >>
Lei
mi fissò furente, poi mi voltò le spalle sussurrando
qualcosa tanto piano che nemmeno io riuscii a sentire.
All'inizio,
feci una faccia confusa, cercando di capire, poi una lampadina mi si
accese in testa. La presi immediatamente per il polso, facendola
scontrare così con il mio corpo.
<<
L'hai detto, vero? Hai appena detto che mi ami! Ora lo ripeti perché
non ti ho affatto sentito! >> mi lamentai, rendendomi poco dopo
conto che così avevo solo fatto il suo gioco.
Eh,
certo, era questo che lei voleva: farmi impazzire dalla voglia di
sentire una risposta adeguata alla mia dichiarazione. E finché
io non le avessi ripetuto le mie parole, lei non avrebbe ridetto le
sue.
Ero
incastrato. Incredibile.
Presi
un bel respiro, strinsi le labbra e dissi forte e deciso: << Ti
amo, Raina. >>
Perché
alla fine era sempre così, e sempre così sarebbe stato.
Io che mi arrendevo e lei che vinceva, e non su una cosa in
particolare, ma su tutto, accidenti.
Mi
resi conto troppo tardi di star sorridendo come un idiota, tanto che
Raina colse la palla al balzo con una velocità disarmante. <<
Ho capito che ti faccio impazzire, Damien, ma, cavolo, riprenditi
adesso. >>
Con
l'intento di sorprenderla, l'attirai a me in un abbraccio da mozzare
il fiato. << Tu non hai la minima idea dell'intensità
con cui tu influisci sui miei stati d'animo. >>
Raina,
spiazzata, aprì e chiuse la bocca senza proferire parola. Poi,
sorridendo imbarazzata, disse: << Prova a entrare nei miei
sogni, Damien, e poi ne riparliamo. >>
Felice
come un bambino, la riempì di tanti baci affettuosi su tutta
la faccia.
Raina
appoggiò la fronte alla mia, prendendomi allo stesso tempo il
viso fra le mani. << Ti amo. >> disse << Ti amo. >>
ripeté << Ti amo. >> mormorò
prima di suggellare i nostri sentimenti in un bacio senza tempo, dove
solo l'amore che sentivamo l'uno per l'altra esisteva.
Ora,
era veramente tutto totalmente, incondizionatamente perfetto. Ci
amavamo così tanto... poteva esserci qualcosa di meglio al
mondo? Non lo credevo affatto.
Io
ero suo, lei era era mia: niente avrebbe più potuto fermarci
perché avremmo combattuto per amore. Niente, nemmeno i miei
misteriosi momenti di buio.
Pov.
Andras
Oscillavo
fra uno stato d'apatia ed uno di totale sconforto. Fra il silenzio e
le urla di impotenza a malapena trattenute.
Dentro
di me c'era il buio. Solo l'oscurità, adesso, mi sembrava
adatta a me. Confortevole perché familiare al mio vecchio modo
di essere. Ogni sentimento negativo era buono per farmi sentire vivo,
perché in me non trovavo più nessun segno di vita.
Non
mi sentivo bene. Anzi, era come se avessi scordato come fosse
sentirsi bene con se stessi.
Sospirai
per l'ennesima volta in quella giornata.
Avevo
pure saltato il pranzo. Lo stomaco mi si era completamente chiuso.
I
minuti scorrevano veloci, così come le ore, dato che non
passavo istante senza correre di qua e di là per sistemare
tutto per la partenza mia e di Damien. Avevo insistito per partire la
sera stessa: non avrei tollerato un secondo di ritardo sulla tabella
di marcia. Amia poteva aver bisogno di me in qualunque momento ed io
dovevo essere lì con lei per sostenerla.
Mi
mancava, Amia. Mi mancava come l'aria quando ti impediscono di
respirare. Mi sentivo impotente come un uccello in gabbia che non può
raggiungere il suo nido.
Ero
bloccato qui, senza di lei, senza la luce che illuminava il mio buio
interiore. Perché Amia era in grado di farmi dimenticare il
mio oscuro passato e trasportarmi in un presente in cui prima non
avevo osato sperare. In poche parole, mi aveva reso la vita migliore,
degna di essere vissuta.
Per
questo, adesso, mi sentivo terribilmente solo, abbandonato e
desideravo solo riavere Amia al mio fianco. Per guardarla,
toccarla... e farla mia. Per parlare con lei. Anche per litigarci
così da poter fare pace a modo nostro. Volevo più di
ogni altra cosa sentirla ridere per me e con me e giocare con i suoi
splendidi capelli rossi. Abbracciarla e baciarla. Vivere con lei per
sempre. E l'avrei riportata da me perché la... perché
la volevo troppo, ecco. Semplicemente questo.
Al
momento, ero appoggiato con le mani sulla scrivania del mio studio,
curvo sugli ultimi documenti. Avrei lasciato la reggenza dell'Impero
a mio padre.
Curvo
com'ero, diedi un forte pugno al legno che si spezzò in due,
crollando sotto il peso dei numerosi libri che vi erano sopra. Poco
importava: mi sarei fatto portare un'altra scrivania su cui lavorare.
O sfogare la mia rabbia, dipende da come la si vedeva.
Ancora
una volta, il viso di Amia mi si impresse nella mente, angosciante
come solo un dolce e felice ricordo poteva essere.
Frantumai
la libreria al mio fianco.
Lei
mi aveva mentito. Aveva detto, giurato, che io contavo più del
padre per lei e, nonostante questo, era corsa da lui non appena me ne
ero andato! Aveva preferito lui a me! Me, colui che aveva detto di
amare con tutta se stessa, dannazione!
Affermava
di amarmi come non aveva mai amato nessuno. Mi aveva anche promesso
assoluta fedeltà e sincerità fra noi. E poi mi lasciava
qui, senza degnarmi di una spiegazione, dopo che avevamo concordato
di fare e decidere tutto insieme d'ora in poi, come una squadra.
<<
Dopo che ti avrò salvata, Amia, stai pur certa che verrai
punita per quello che mi stai facendo passare. >> borbottai fra
me e me.
Non
mi ero mai sentito tanto distrutto dentro. Ero come un vetro
in frantumi che cercava disperatamente di tornare integro per
riflettere ancora una volta l'immagine più bella che vi si
fosse mai specchiata. La mia immagine più bella era Amia,
la mia splendida Amia.
Passai
una mano sul mio volto, stanco di questa insostenibile situazione in
cui quella stupida ragazzina mi aveva cacciato.
Non
l'avrei perdonata facilmente, questo era poco ma sicuro. Avrebbe
dovuto sudarsi la mia magnanimità!
Ero
furioso con lei. Arrabbiato come mai in vita mia. Tutto perché
non sopportavo il fatto che la cieca preoccupazione che provavo per
la sua vita oscurasse i miei obbiettivi di conquista. Non tolleravo
che lei fosse diventata il mio unico scopo nella vita. Ormai pensavo
solo a proteggerla, a tenermela stretta al petto. E questo non andava
affatto bene.
Mi
diressi in bagno, osservandomi allo specchio. Ciò che vidi, fu
il volto sconvolto di un estraneo. Perché mi rifiutavo anche
solo di credere che quello lì fossi io.
<<
La cosa è più grave di quanto pensassi. >> dissi
alla mia immagine riflessa nello specchio.
Con
due dita mi massaggiai l'attaccatura del naso.
Quello
che provavo per Amia stava seriamente sconfinando in un territorio
sconosciuto ed altamente pericoloso per la mia salute mentale dato
che non ero preparato a provare tutti questi sentimenti messi insieme
con una tale intensità. Ero sconvolto di essere tanto
coinvolto da lei da non poter nemmeno lontanamente immaginare di
disfarmene.
Avere
un cuore, o meglio, sentire di averlo, era una
novità assoluta per me. Una novità che, per quanto
brusca, mi faceva sentire vivo come mai mi ero
sentito in vita mia. Quindi, se da un lato mi raccomandavo di andarci
piano con Amia, dall'altro non vedevo l'ora di sperimentare nuovi
modi per rapportarmi con lei.
Irrigidii
la mascella. Come avevo previsto, Amia si stava rivelando la peggiore
delle distrazioni. Ma anche la più
piacevole... pensai.
Inutile
dire che ero distrutto, sconvolto, preoccupato per la sua improvvisa
scomparsa. Mi sentivo perso senza di lei, e non la sentivo né
vedevo da solo un giorno. Uno stramaledetto, lunghissimo giorno.
Che
diamine significava?
Io
non potevo... non potevo realmente... no, non dovevo nemmeno
pensarci, ma levarmi dalla testa l'ipotetico caso in cui... in cui
io... no, adesso basta. Avevo un urgente bisogno di riprendere il
controllo di me, controllo che con Amia presente o nella testa non
riuscivo più a mantenere stabile, purtroppo.
Sentii
bussare alla porta e, una volta che ebbi dato il permesso di entrare,
mi vidi comparire davanti mio padre. Allungai il viso, ma, con mio
grande sollievo, non vi vidi al seguito mia madre. Comunque, la
visita di mio padre mi era ugualmente sgradita. Ora come ora, le sue
parole sarebbero solo servite a farmi innervosire ancora di più
dato che ero già nervoso di mio per la scomparsa di Amia.
<<
Quindi hai deciso di seguirla, figlio mio. >> disse cupo,
notando i bagagli già pronti per il viaggio.
Incrociai
le braccia al petto, indispettito. Amia non aveva fatto una bella
impressione sui miei genitori, i quali mi avevano già detto
che la mia futura moglie doveva essere domata con la frusta di ferro
prima dell'incoronazione se volevo evitare che girassero delle brutte
voci sul nostro conto. Per loro l'onore veniva prima di tutto,
ovviamente.
<<
Non posso certo avere un erede al trono da solo, no? >>
risposi, brusco. Volevo chiudere il discorso con mio padre sul
nascere, perché non avrei tollerato ulteriori commenti sulla
mia...
<<
Andras, stai... stai per caso arrossendo? >> chiese
mio padre, sbattendo più volte le palpebre, allibito.
Mi
voltai di scatto dall'altra parte, per non guardarlo negli occhi.
Merda.
Merda. Merda!
Non
stava davvero succedendo a me. Non era possibile!
Mio
padre mi picchiettò titubante sulla spalla. Io, allora, presi
un profondo respiro e mi rigirai verso di lui. << Devo
preparare le ultime cose, padre. Se volete scusarmi... >>
dissi, facendo un cenno verso la porta.
Lui
mi guardò ancora piuttosto confuso.
<<
Padre, tornerò presto, vi chiedo solo di reggere il trono in
mia assenza. Almeno questo favore me lo farete, spero. >>
esclamai, esasperato. Che diamine voleva ancora? Avevo spiegato tutta
la faccenda a lui e a mia madre un'ora prima, armato di una pazienza
infinita. Sfortunatamente per lui, adesso era definitivamente finita.
Ero stufo delle continue domande dei miei genitori, stavano
diventando insistenti in un modo che mi dava davvero sui nervi.
<<
Ero venuto per avere delle adeguate risposte. Non mi hai mai spiegato
perché... >> iniziò, ma io lo bloccai con un
cenno della mano.
<<
Vi avverto, padre, un'altra parola sulla mia... sulla mia... >>
cominciai furente ma, all'ultimo, mi bloccai. Non ce la facevo
proprio a dirlo.
<<
… fidanzata? >> concluse mio padre per me.
Di
nuovo avvertii uno strano calore affluirmi alle guance e mi voltai,
facendo finta di aver notato qualcosa di particolare fuori dalla
finestra. Amia avrebbe pagato per questo, oh sì che lo avrebbe
fatto. Insomma, come diamine mi aveva ridotto?!
<<
Sì, esattamente. >> sospirai. Altro che grave, qui la
faccenda era proprio irrecuperabile.
Quando
mio padre se ne fu andato, finalmente potei riprendere a respirare
con regolarità. Mi chiedevo se mai avrei avuto un buon
rapporto con i miei genitori, anche se le probabilità erano
piuttosto scarse dato che finché Amia non sarebbe entrata
nelle loro grazie io avrei continuato a riprenderli duramente. Loro
non erano fondamentali per me come lo era Amia. Avrei sempre scelto
lei a chiunque e a qualunque altra cosa, di questo ero certo. Amia mi
aveva consigliato più volte di riprendere i contatti con i
miei genitori ed io ne ero rimasto sorpreso all'inizio dato che loro
erano i primi ad offenderla. Poi, con un lieve sorriso, avevo pensato
che era da Amia pensarla così: lei era convinta che bisognasse
restare fedeli alla propria famiglia, anche nei casi peggiori. Io non
ne ero molto convinto a dir la verità, poiché non ero
cresciuto con il vero amore di un padre ed una madre, ero nato solo
per dare una degna discendenza a mio padre e al suo impero. Amia
aveva avuto lo sconfinato amore di sua madre da piccola e adesso era
persino scappata per cercare di recuperare il rapporto con suo padre.
Sinceramente, io non so se avrei fatto lo stesso per i miei genitori.
So solo che per lei farei qualunque cosa pur di farla restare al
sicuro fra le mie braccia.
Con
lei al mio fianco è possibile superare ogni dolore.
La
mia esperienza sul campo di battaglia con lei non serve, perché
ogni volta sarà una nuova sfida.
Non
serve usare la ragione con lei per il semplice fatto che è
inutile provare a resisterle.
Per
lei il mio cuore batterà sempre più forte del normale,
sussurrando di lasciarsi andare alle emozioni poiché ne varrà
sempre la pena.
Non
sarò mai abbastanza pronto per lei, perché lei da sola
basterà a sconvolgere ogni mio piano.
Più
tardi, un'ora prima di partire per la Terra, ripensai a Damien e allo
strano comportamento che aveva avuto oggi durante la nostra
conversazione. Mi era sembrato strano, più strano del solito,
per la precisione. Non era spensierato come le altre volte, ma come
combattuto con se stesso per qualcosa di davvero preoccupante. Non
avevo indagato perché il suo malessere mi era parso
sconosciuto anche a lui, ma ciò non toglieva il fatto che
sentivo che aveva bisogno d'aiuto.
Feci
mandare a chiamare la sua prescelta, Raina, così da poter
analizzare meglio la situazione con lei che, più di chiunque
altro, era vicina al mio amico. Non si fece attendere molto e quando
bussò le diedi immediatamente il permesso di entrare.
<<
Damien non dovrà sapere nulla di questa conversazione, chiaro?
>> iniziai, severo.
La
ragazza, titubante, annuì.
<<
Bene, detto questo, veniamo al sodo. Voglio sapere se anche tu, come
me, hai trovato qualcosa di insolito in Damien. >> proseguii.
Raina
sobbalzò, cercando inutilmente di nascondere l'agitazione. <<
Ecco, io... non so... forse... cosa intendete di preciso? >>
<<
Dammi pure del tu, Raina, dopotutto sei la donna del mio migliore
amico. Ora, come dicevo, prima ho notato che negli occhi di Damien è
passata un'ombra stranamente familiare a quella che ho visto nello
sguardo di Amia quando è stata posseduta dalla sua antenata.
Per tale motivo ho lo spiacevole sospetto che Rea stia manipolando
anche Damien. >> spiegai.
<<
Beh... in effetti anche io ho avuto l'impressione che Damien non sia
in se a volte. In particolare, quando oggi è tornato dalla sua
riunione fuori dal castello, ho avvertito un brutto presentimento su
di lui, come se un fattore esterno stesse distorcendo il
suo spirito. >> ammise Raina con lo sguardo basso.
Sollevai
un sopracciglio, interrogativo.
Lei,
allora, si affrettò a dire: << Ecco, negli ultimi tempi
sto avendo la possibilità di vedere, in qualche modo, l'anima
delle persone. Per questo ho riconosciuto l'anima intrusa dentro
quella di Damien. Non so ancora individuare le anime che non ho mai
visto, solo quelle che ho analizzato almeno una volta. Quindi, solo
ora che me lo stai dicendo so che l'anima intrusa in Damien era
quella di Rea. Grazie a te, però, da oggi saprò
riconoscerla. Ovviamente, ti avviserò se la scorgerò
ancora in Damien. >>
<<
Non ho la certezza che fosse proprio Rea, ma in linea di massima
credo che questa mia teoria sia abbastanza plausibile. >>
specificai.
Quando
Raina rialzò lo sguardo da terra, aveva gli occhi lucidi. <<
Non voglio che accada qualcosa di brutto a Damien. Ti prego,
proteggilo. >> supplicò.
<<
Lo farò, non preoccuparti. >> risposi per cercare di
rassicurarla. Non sopportavo che qualcuno piangesse davanti a me e
l'ultima cosa che volevo era ritrovarmi quella ragazzina in lacrime.
<<
Non possa fare niente per lui? >> si informò Raina.
Scossi
la testa. << No, tu non sei una sacerdotessa. Forse Amia ci
sarebbe stata utile, ma lei non è qui al momento, quindi
dovremo solo assicurarci che Damien non sappia più nulla né
della missione di salvataggio di Amia né dei programmi per la
guerra. Non mi piace dirlo, ma probabilmente è per questo che
Rea e la CGE stanno riuscendo a contrastare le mie mosse contro di
loro. >>
<<
Vuoi dire che Damien è una spia? >> mormorò
Raina, scossa da violenti tremiti in tutto il corpo.
<<
Indirettamente, ma sì, Damien è una loro spia. >>
confermai, cupo.
<<
Già, non credo proprio che lui sappia di essere comandato da
quella strega. >> disse seccamente Raina. Era furiosa e si
vedeva.
<<
E non dovrà mai saperlo o rischiamo che Rea manipoli qualcun
altro a nostra insaputa e questo non possiamo permettercelo. Faremo
di tutto per togliere la sua mente dall'influsso di quella di Rea, ma
agiremo in incognito, come se ancora fossimo all'oscuro di ciò.
Dobbiamo farle credere di essere ancora in vantaggio su di noi, solo
così potremo coglierla di sorpresa e sconfiggerla una volta
per tutte. >> la istruii.
<<
Quindi, suggerisci di far finta di niente con lui? >> chiese,
allora, lei.
Annuii
affermativamente.
Raina
mi fissò intensamente negli occhi. << Credi che Damien
c'entri qualcosa nella scomparsa di Amia? >>
La
guardai a mia volta, stringendo i pugni. << Forse, dopotutto
Amia mi aveva riferito di essersi sentita osservata da qualcuno una
volta e Damien sembra essere l'unica risposta possibile considerando
tutto quello che abbiamo appena detto. >>
<<
Per tutto questo tempo siamo stati in balia del gioco di Rea e non ce
ne siamo nemmeno accorti. >> sussurrò Raina,
stringendosi fra le braccia. Dicendo questo, si era fatta piccola
piccola di fronte a me.
<<
Già. >> dissi fra i denti << Sta giocando con le
vite delle due persone più importanti nella mia vita, e per
questo soffrirà molto prima che le dia il permesso di morire.
Con lei metterò in atto tutte le mie più sfrenate
fantasie di tortura. Sarà divertente vederla implorare pietà
sotto i miei colpi. Pietà che io non le concederò mai:
quella stronza non merita alcuna grazia da parte mia. >>
Notai
che Raina si era fatta pericolosamente pallida, quasi fosse sul punto
di svenire, così conclusi: << Ovviamente, a Damien non
verrà fatto nulla. Non sa di agire per conto di Rea, quindi è
del tutto innocente. >>
Raina
sembrò visibilmente sollevata dalle mie parole.
<<
Preparati per la partenza, adesso fai attivamente parte della
squadra. Verrai con me e Damien sulla Terra, così da poterlo
tenere d'occhi e informami in caso lui fosse di nuovo soggetto alla
magia di Rea. >> dissi mentre l'accompagnavo alla porta.
Lei
annuì energicamente. << Sarà fatto. >>
<<
Che ci fa lei qui?
>> esclamò con disappunto Damien, puntando il dito
contro Raina.
<<
Raina verrà con noi, Damien. Credo che ci potrebbe essere
molto utile. >> risposi, tendendo il braccio e usando i miei
poteri per aprire un varco sulla Terra. Immediatamente, un cerchio di
fiamme nere rispose al mio comando ed io mi incamminai verso di esso
dopo aver fatto un cenno a Damien e Raina. La ragazza fece per
seguirmi ma il mio amico la bloccò per un braccio, guardandola
storto.
<<
Tu resti qua. >> le disse, autoritario.
Raina,
allora, si voltò verso di me, in cerca di un sostegno contro
il ragazzo.
<<
Damien, lasciala. Non le accadrà niente di male, dopotutto ci
siamo noi due con lei. >> dissi, provando a farlo ragionare
senza dirgli il vero motivo per cui Raina dovesse venire con noi.
<<
Sei forse impazzito, Andras? Contavo almeno su di te per obbligarla a
rimanere a corte! >> protestò Damien, seccato.
Mi
imposi di restare calmo e concentrato. Non dovevo perdere la pazienza
per nulla al mondo, anche se era piuttosto difficile riuscire
nell'intento dato che avevo fretta di partire per salvare Amia.
<<
Damien, ti ordino, in quanto tuo imperatore, di lasciarla subito. >>
sbottai, minaccioso. A mali estremi, estremi rimedi.
<<
Pensavo fossi il mio migliore amico, non il mio signore. >>
ribatté lui, deluso.
<<
Anche. >> risposi semplicemente << Ora sbrigati che
dobbiamo andare. >>
Damien
sospirò, stanco e sconfitto: sapeva benissimo che quella era
la mia ultima parola.
Io,
Damien e Raina attraversammo il portale che avevo aperto in assoluto
silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Amia,
aspettami. Sto arrivando da te.
***
ANGOLO
AUTRICE:
Il traditore è Damien.
LOL (Quando
ho deciso che sarebbe stato lui il traditore ho saputo esclamare solo
questo. Scusate, ma volevo rendervi partecipi della mia reazione alla
cosa. XD)
Vi
ricordo i segnali: la brutta sensazione di Raina che, ora, avete
scoperto fosse proprio a causa sua; in più dovevate
immaginarlo perché Damien è, oltre ad Amia, la persona
più vicina ad Andras e, quindi, è sempre informato su
ogni cosa che riguardi l'Impero di Alloces, cosa molto utile ai piani
di Rea e della CGE che, appunto, hanno sfruttato ogni informazione
per difendersi dagli attacchi dell'esercito di Andras. Inoltre, Rea
ha deciso di prelevare ora Amia perché sapeva che lei ormai
era innamorata pazza di Andras, oltre al fatto che si fosse già
unita a lui, cosa che a palazzo, per via di un certo cambiamento
nell'odore in Amia come avete letto negli scorsi capitoli, la
potevano sapere solo i demoni e, quindi, anche Damien.
Dalle
recensioni, so che solo Anastasia_Belle ci è arrivata.
Complimenti! :D
Bene,
detto questo, avete visto come ha reagito Andras alla scomparsa di
Amia e che il suo orgoglio sta tentennando sempre di più
riguardo i suoi sentimenti verso di lei. Forza, che ci stai
arrivando, Andras! *alza in aria i pon pon*
A
proposito... avete notato che Andras è arrossito?
(Un bel LOL anche
qua ci sta. XD) Che dolce che è quando vuole(o meglio, quando
voglio io, ma è uguale. u.u)!
Poi...
altra bella notizia: Raina
ha finalmente fatto l'amore con Damien!
EVVIVA! :D (Ora puoi morire in pace, Francesca Caruso. XD)
Alla
fine del capitolo, avete anche visto la partenza di Andras, Damien e
Raina per la Terra. Ovviamente, per prima cosa si stanno dirigendo
nei domini dell'Impero di Alloces, poi andranno verso i territori
protetti dalla CGE.
Vi
informo che nel prossimo capitolo parleranno Andras ed Amia. In
questo capitolo Amia non c'è stata, ma nel prossimo vedrete
cosa le è accaduto dopo che Damien l'ha consegnata a Rea.
Volevo
anche dire che il titolo del capitolo significa che gli inconsapevoli
sono due: Damien, che non sa di essere sfruttato da Rea, l'antenata
di Amia, ed Andras perché è ancora inconsapevole di
amare Amia dato che si nasconde dietro il suo orgoglio(da qui,
l'orgoglioso del titolo).
Infine,
volevo specificare che non basta che Damien si sia dichiarato a Raina
per fargli uscire fuori la lacrima di sangue della leggenda. Serve
un'altra cosa che accadrà tra un po'.
GRAZIE di
cuore alle 44 persone
che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille
alle 19 che
l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIEenorme
va anche alle ben 98 ragazze
che hanno messo "Il
Dominatore del Mondo"
fra le seguite. GRAZIE,
infine, alle 12 ragazze
che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti. Spero davvero di
non deludere mai le vostre aspettative! <3
Bacioni
e alla prossima,
vostra Ashwini.
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Capitolo 28 *** Capitolo ventisettesimo: Comprensioni. ***
CAPITOLO
VENTISETTESIMO: Comprensioni.
Pov.
Amia
Tempo
fa, quando realizzai di amare Andras seppi sin da subito che il mio
era un sentimento che mi avrebbe condotto alla pazzia. Questo perché
amavo Andras oltre ogni limite ed io, almeno una volta, non ero una
ragazza che amava il brivido dell'eccesso, anzi, ci tenevo a starmene
lontana dai guai il più possibile proprio per il mio
caratteristico spirito di autoconservazione. Non intendevo provare
più dolore di quanto già ne stessi subendo in quel
periodo. Per tale motivo, quando scoprii di amare Andras, restai
molto sorpresa. Piacevolmente sorpresa.
Andras era il terremoto che aveva scosso le fondamenta del mio cuore
quando meno me l'aspettavo. Sentivo che ormai le nostre anime erano
così inestricabilmente intrecciate che il solo pensiero di
separarle era inconcepibile. Il mio amore per lui non era dettato da
una semplice eccitazione nell'immaginare di baciare ogni centimetro
del suo splendido corpo, non attesa smaniosa di essere posseduta da
lui ogni notte, ogni momento. L'amavo semplicemente perché era
lui, perché mi completava alla perfezione come nessun altro
avrebbe potuto fare. Ne ero innamorata e sapevo che mai avrei cessato
di esserlo. Ora che ci penso, all'inizio della nostra storia avevo
sperato che fosse lui il mio principe azzurro, poi avevo visto che in
realtà era un cavaliere oscuro. E la cosa mi stuzzicava
parecchio. Da allora avevo iniziato a vederlo sotto una nuova luce ed
il mio mondo cambiò radicalmente. In meglio, s'intende. Anche
lui, inconsapevolmente, aveva fatto notevoli passi in avanti con me.
Io ed Andras, infatti, non lasciavamo che la tempesta ci travolgesse:
noi l'affrontavamo a viso aperto con le mani saldamente unite.
Sapevamo entrambi, ormai, che solo insieme potevamo farcela.
E
allora perché, pensai, mi trovo qui, nella
tana del lupo, da sola?
Beh,
non è che avessi avuto molta scelta: o restavo al sicuro con
Andras o mi facevo forza per andare a salvare mio padre dalle grinfie
della mia antenata. Avevo scelto la seconda opzione e tutt'ora non me
ne pentivo. Quando mi mettevo in testa di far qualcosa, infatti, la
facevo e basta, senza ripensamenti. Ero fatta così. Inutile
dire che la cosa aveva, oltre i pro, anche i contro. Comunque, anche
se ero consapevole di non avere molte speranze contro Rea, mi sarei
impegnata per darle filo da torcere. E poi, avevo ancora la speranza
di riuscire a portar fuori di qui, sani e salvi, me e mio padre. Non
era ancora stata scritta l'ultima parola: questa dipendeva
esclusivamente da come avrei giocato le mie carte.
Indipendentemente
da come sarebbe finita, però, ero molto contenta delle scelte
che avevo fatto, compresa quella di amare Andras.
<<
Da questa parte, signorina. >> mi disse all'improvviso l'uomo
vestito di nero che mi stava accompagnando da Rea. L'avevo
riconosciuto subito: era Marcus, l'uomo delle mie visioni.
Dopo
che Damien mi aveva lasciata nelle sue mani, non avevo fatto molto
caso a ciò che mi circondava: ero troppo sconvolta. Mi era
passato tutto davanti senza che io battessi ciglio. Ormai, ero
convinta di averle viste proprio tutte.
Chissà,
però, magari la mia antenata sarà l'eccezione che
confermerà la regola...
Non
fui per niente contenta di quel pensiero, così lo scacciai in
fretta dalla mia testa. Mi imposi, quindi, di concentrarmi.
<<
Sapevate che sarei venuta, vero? >> dissi. Era tutto talmente
organizzato e perfetto che mi era impossibile non pensare che io non
ero un ospite inatteso lì, al quartier generale della CGE.
L'uomo
annuii. Aveva un perenne sorriso in volto. Un sorriso sinistro.
Rabbrividii.
<<
Lei com'è? Rea, intendo. >> chiesi con finta
nonchalance.
L'altro
si girò leggermente per potermi guardare meglio in viso. <<
Vi somigliate molto per certi aspetti. >>
Arricciai
il naso, disgustata. << Non credo proprio. >>
Marcus
piegò la testa all'indietro e rise piano. << Tu non la
conosci come la conosco io. Vedrai, ad un certo punto vi intenderete
alla grande. Dopotutto, buon sangue non mente. >>
Non
parlai per tutto il resto del tragitto dall'ingresso dell'enorme
struttura d'acciaio alla fine del corridoio in cui poco prima mi
aveva introdotta. Giungemmo davanti una porta in legno chiaro. Marcus
bussò e, quando una vellutata voce femminile ci diede il
permesso di entrare, mi aprì galantemente la porta.
Mentre
varcavo la soglia per entrare nella stanza, Marcus mi seguì
con lo sguardo maligno che mi aveva rivolto prima. Gli rifilai la
peggiore occhiataccia del mio repertorio e, alla fine, gli chiusi
violentemente la porta in faccia.
<<
Credevo che conoscessi almeno la buona educazione, mia cara nipote.
>> mi sentii richiamare.
Mi
voltai, trovandomi di fronte una giovane donna dai tratti delicati.
Era davvero bellissima con quei capelli rosso fuoco e gli occhi color
cioccolato.
Ha
i miei stessi capelli...
Indurii
il mio sguardo. << In questo luogo nessuno la merita. >>
Lei
si portò una mano alla bocca, nascondendo una risata. Il
sorriso non raggiunse gli occhi, però, e questo mi mise in
guardia.
<<
Vieni, cara. >> disse in seguito << Siediti pure. Noi due
abbiamo molto di cui parlare. >> finì, gentile,
indicandomi la poltrona rossa al suo fianco.
Incrociai
le braccia sotto al seno per poi alzare il mento, spavalda. <<
Non mi fido di te. >>
Gli
occhi di Rea divennero di ghiaccio. << Ho detto: siediti!
>>
Dopo
quelle parole, non riuscii più a controllare il mio corpo.
Infatti, senza nemmeno rendermene conto, mi ero già seduta
sulla morbida poltrona. Rapida, cercai di alzarmi ma, ancora una
volta, qualcosa mi impedì di farlo. Ricaddi seduta, esausta.
<<
Ti odio. >> sputai fra i denti.
Rea
si sedette composta sulla poltrona davanti a me. Infine, giunse le
mani sotto il mento. << Voglio che tu mi ascolti per tutto il
tempo che mi necessita. >>
<<
Non mi interessa ciò che hai da dirmi. Incatenami pure in una
squallida prigione! Fallo, ma libera mio padre! >> risposi,
rancorosa.
La
mia antenata mi guardò per un attimo, dall'alto in basso, poi
rimise al suo posto la maschera gentile di poco fa. Non mi lasciai
ingannare, restando in posizione di difesa.
<<
Ti farò vedere tuo padre, dopo, te lo prometto. >>
garantì << Ma credo che quello che ho da dirti ti
interesserà molto più di quanto immagini. Ti conviene
ascoltarmi. >>
Strinsi
le labbra in una linea dura, pensando che forse, se non avessi
acconsentito, lei avrebbe fatto ancora del male a mio padre.
Annuii.
Il
tempo, nonostante tutto, passa prima o poi. Sarebbe trascorso anche
stavolta portandosi dietro le orribili parole di Rea.
<<
Bene, direi di iniziare dal principio. >> disse paziente la
donna << Sai, non è sempre stato tutto così. C'è
stato un tempo in cui io e le mie compagne vivevamo in pace col mondo
che ci circondava, beh... è vero, anche allora qualcuno ci
guardava con sospetto, ma noi non facevamo davvero del male a
nessuno, solo ai demoni che se lo meritavano. Secoli fa, come oggi
d'altronde, c'erano mele marce da eliminare una volta per tutte, e
noi sacerdotesse agivamo in nome della sacra giustizia. Dopo, ci
ritiravamo tranquille nei nostri templi, in pace. Non chiedevamo
nulla in cambio delle nostre buone azioni, ci bastava il pensiero di
aver salvato innumerevoli vite dalle sudice mani di quei mostri. >>
<<
Andras non è un mostro. >> la interruppi, sapendo
benissimo dove voleva arrivare. Il mio amore per Andras non
avrebbe mai ceduto. Questa strega poteva dire quello
che voleva. Ero sorda alle sue sporche accuse. << Tu
lo sei per tutto quello che stai facendo. >>
Rea
sospirò, ma non riuscii a capire se per la stanchezza o per la
rabbia di essere stata interrotta nel bel mezzo del discorso. <<
Lui non è l'uomo che credi di conoscere. Lui è
malvagio, Amia. >>
<<
Perché tu, ovviamente, lo conosci. >> scattai.
Lei
fece un gesto veloce con la mano e riprese da dove l'avevo
interrotta: << Odiavo i demoni, li odiavo tutti. Tutti... tutti
tranne uno. Indovina chi. >>
Trasalii.
No, non era possibile.
<<
Già, Amia, il tuo caro Andras. Lui mi ha ingannata. E sai
perché? Perché voleva una cosa che solo io potevo
dargli. >> continuò, brutale. La sua faccia si scurì
pericolosamente ed io rabbrividii.
<<
Cosa... cosa voleva? >> chiesi, cercando inutilmente di non far
tremare la voce.
<<
Le mie sacerdotesse ed io non siamo le uniche in questo universo. C'è
un altro gruppo che pratica la magia sacerdotale. >> disse <<
Si fanno chiamare i Guardiani dell'Occhio e servono chiunque
paghi profumatamente il loro servizio. Io li ho sempre disprezzati
per questo. Il nostro dono non si usa per arricchirsi. Comunque, come
dicevo, questi Guardiani predissero, a suo tempo, al padre di Andras
che il figlio avrebbe trovato la sua prescelta in una mia
discendente. L'imperatore, ovviamente, lo riferì al giovane
principe, il quale, una volta sovrano, mi cercò. >>
Stavo
cadendo come un castello di carte e questo mi spaventava. Cos'altro
ancora avrei dovuto sentire?
Avevo
un brutto presentimento e le gelide occhiate di Rea non facevano che
fomentare le mie paure.
Deglutii,
ma mi raddrizzai sulla poltrona per farmi vedere più sicura di
quel che in realtà ero.
<<
Continua. >> dissi con voce incredibilmente ferma. Potevo
farcela.
<<
Un giorno, Andras mi intrappolò alla fine di un passaggio
dalla alte mura di pietra e mi disse che voleva solo parlare. >>
disse << Lo ascoltai, sapendo benissimo che non ero abbastanza
forte per combatterlo. Allora non ero pronta per affrontare i suoi
poteri, purtroppo. >>
La
osservai stringere le mani in pugni chiusi.
<<
Di cosa parlaste? >> chiesi, sinceramente curiosa.
Rea
si sistemò accuratamente le pieghe del lungo abito giallo che
indossava. << Volle diventare mio amico a tutti i costi, Amia,
e io ci cascai come una stupida, volendo credere alle sue persuasive
parole per dargli almeno una possibilità. Non c'è
giorno che non mi maledica per questo mio atto di ingenuità.
>>
Chiusi
per un attimo gli occhi, ferita che Andras non me ne avesse mai
parlato. << Voglio i dettagli. >>
A
questo punto tanto valeva concludere il discorso. Tanto, peggio di
così...
<<
Non successe niente fra noi, se te lo stai chiedendo. Solo... solo un
bacio che io un giorno gli diedi a tradimento. Mi innamorai
follemente di lui, anche se Andras non mi aveva mai incoraggiato. Lui
mi rifiutò subito, urlandomi contro. >> raccontò
dopo qualche secondo di pausa << Solo molto tempo dopo che mi
lasciò, venni a sapere che era voluto diventare mio amico solo
per convincermi ad unirmi con qualcuno per generare te. >>
La
fissai intensamente e mi sorpresi di trovarla tanto vulnerabile.
Sembrava davvero scossa a ricordare quel pezzo della sua vita. Io,
comunque, non abbassai la guardia. Era meglio essere prudente fino
alla fine.
<<
Andras mi ha detto che lui ti ha vista la prima volta quando ti sei
impossessata del mio corpo. Non ti conosceva, non sapeva perché
lo odiassi tanto da desiderare vendetta. >> dissi, decisa a non
farmi abbindolare. Io credevo ad Andras e per questo non avrei mai
dubitato di lui. Sapevo che non mi aveva mai mentito da quando il
nostro rapporto si era saldato giorni fa.
Rea
non batté ciglio. << Anch'io ne sono restata sorpresa, a
dir la verità. All'inizio, ho pensato che mentisse per non
perderti, poi ho capito che lui realmente non sapeva chi fossi. O
meglio, non sapeva più chi fossi stata per
lui. >>
Sbattei
ripetutamente le palpebre, confusa.
<<
Qualcuno gli ha cancellato la memoria. >> spiegò,
quindi.
Mi
portai una mano alla bocca, stupita. << Sai chi è stato?
>>
Rea
scosse la testa, pensierosa. << No... non proprio. Ho
un'ipotesi, però. >>
Con
un cenno del capo la invitai a continuare.
<<
Potrebbe benissimo essere stato suo padre. Ricordo che era abilissimo
nel fare simili trucchetti mentali da giovane. >> rispose la
donna, immersa nei propri pensieri.
<<
A quanto ho capito non hai prove di ciò che dici, ma
ammettiamo per un attimo che sia così. Perché Nadiel
avrebbe dovuto fare una cosa del genere a suo figlio? Perché
fargli dimenticare di te? >>
<<
Intanto, Nadiel non avrebbe completamente cancellato la memoria ad
Andras quella volta: lui ricordava ancora il suo obiettivo di
trovarti per avere il suo erede. Il fatto di farmi dimenticare da
Andras suppongo sia accaduto sempre per causa tua. Ragiona: se tu
avessi saputo prima tutta questa storia, l'avresti mai amato? Ti
saresti sforzata di accettare quel mostro così com'è se
avessi saputo gli intrighi che hanno portato al vostro incontro? >>
mi chiese Rea.
<<
La tua teoria non è plausibile: il mio amore per Andras non
è mai stato forzato. >> dissi <<
Mi sono innamorata naturalmente di lui. Non ho mai
nemmeno associato il mio sentimento alla leggenda delle prescelte. Lo
amo perché è lui, punto e basta. Anche adesso che mi
hai rivelato queste cose lo amo. E lo amerò sempre,
in ogni caso. >> ribattei, convinta, mentre il
mio cervello lavorava senza sosta. C'era qualcosa che non quadrava.
<< Chi mi dice che non abbia cancellato tu la memoria ad
Andras? >>
<<
Perché mai avrei dovuto farlo? >> rispose, incredula.
<<
Mettiamo allora che non sia stata tu. >> continuai, esasperata
<< Non c'è davvero nessun altro che avrebbe potuto fare
una cosa del genere? >> chiesi, sospettosa << Come hai
detto tu, i Guardiani dell'Occhio servono chiunque abbia le
tasche piene... non devono fedeltà a nessuno. Avrebbero potuto
dire ciò che hanno detto al padre di Andras anche ad altri. >>
Rea
esitò, infine disse:<< No, nessuno a parte me e la
famiglia reale di Alloces sapeva di te. >>
Inarcai
un sopracciglio, scettica. Stava mentendo, era chiaro. Ma chi stava
tentando di coprire? << Non capisco ancora cosa questo qualcuno
abbia ricavato nel far perdere parte della sua memoria ad Andras, ma
una cosa la so per certo: tu sei arrabbiata perché lui ti ha
fatto un torto un tempo. Cioè ingannarti con una falsa
amicizia e facendoti, seppur inconsapevolmente, innamorare di lui. Un
torto che ti ha portata a fare proprio quello che voleva Andras:
farmi nascere, certo, ma con un'eccezione, e cioè potermi
sfruttare contro di lui, perché so che sono qui anche per
questo, non credere che sia stupida. >> dissi << Ora, mi
viene da pensare che il fatto che io sia nata come una sacerdotessa
non fosse previsto, da te, intendo. Credo che tu abbia voluto la mia
nascita per poter sfruttare i miei e i poteri di mio figlio un
giorno, ma se io invece fossi nata umana, tua erede dopo una miriade
di generazioni, cosa sarebbe cambiato? >>
Ero
certa che qualcuno l'avesse influenzata nella sua scelta di farmi
nascere come una sacerdotessa ed ero decisa ad indagare sulla
faccenda il più a fondo possibile.
Rea
rifletté per qualche secondo con una strana smorfia dipinta in
volto. << Se tu fossi stata umana non... non... >> si
bloccò, quindi si alzò dalla poltrona e andò di
fronte la sua scrivania. Era di spalle, perciò non vidi cosa
stesse facendo, ma la sentii armeggiare con un qualcosa di metallico.
Subito dopo, si sentì un clic e poi la scrivania si spostò
di lato, rivelando una scala che portava di sotto.
Mi
alzai a mia volta, affiancandola. << Dove porta? >>
Rea
indicò il passaggio segreto con un dito teso. << Al mio
laboratorio personale e alla mia biblioteca. C'è un libro che
voglio mostrarti; un libro che è entrato in mio possesso dopo
che io e Andras ci siamo conosciuti tramite un mio amico. >>
Amico?
Mmh... forse era questo misterioso amico di Rea ad averla convinta a
far di me la sua erede, mostrandole il libro in questione.
Annuii,
curiosa, e la seguii di sotto stando poi in silenzio per tutto il
tragitto. Scendemmo parecchio sottoterra, tanto che gli scalini mi
sembrarono infiniti ad un certo punto, comunque, non mi lamentai.
Rea
inserì un codice nel piano metallico affianco alla porta
d'acciaio di fronte alla quale eravamo giunte e mi fece segno di
accomodarmi dentro.
Quando
entrai nella stanza venni abbagliata da una forte luce, poi,
scostando dopo un po' la mano dagli occhi, mettei a fuoco la più
grande biblioteca che avessi mai visto, anche più grande di
quella del palazzo di Andras.
Stupita
ed affascinata feci un giro su me stessa per guardarmi attorno. <<
Wow! >>
<<
Vieni, per di qua. >> mi richiamò Rea.
Mi
portò davanti un bellissimo supporto in legno d'acero con una
teca di vetro appoggiata sopra. Dentro la teca individuai un
libriccino dall'aspetto antico e consumato dal tempo. Rea lo prese
delicatamente fra le mani e lo aprì per farmelo vedere meglio.
<<
Avrai letto della leggenda delle prescelte nel libro delle ''Leggende
del mondo demoniaco''' scritto
dal Consiglio dei supremi anziani del monte Catoth, il sacro monte
dell'Impero di Alloces. >> esclamò la donna mentre io
annuivo parola per parola. Ricordavo perfettamente il giorno il cui
io e Raina leggemmo il primo brano del libro.
<<
Bene, saprai anche che quel libro non è completo, che mancano
delle informazioni. >> continuò.
<<
Certo. >> risposi senza scompormi.
<< È una
raccolta di pagine di diario, non un semplice documento. Colei che
parla nei brani che mi accingo a leggerti è una prescelta di
tanti anni fa. Ho scelto le sue memorie perché anche lei, come
te, era contemporaneamente una prescelta ed una sacerdotessa. Casi
come il vostro sono molto, molto rari. >> spiegò.
<<
Sì, Andras me l'aveva accennato. >> confermai,
tranquilla. Andras e le sue parole erano il mio unico punto fermo.
Rea
mi lanciò un'ultima occhiata carica di significati e cominciò
a leggere: << Caro diario, per la prima volta in vita
mia sono innamorata. È
una sensazione meravigliosa e vorrei tanto continuare a provarla...
purtroppo, sai bene che devo per forza tenermi tutto dentro se non
voglio che le mie compagne puniscano me e si adirino con lui. Lui, il
mio Aspen... Aspen è un demone, per cui il nostro è un
amore impossibile. Lo sappiamo entrambi, ma non riusciamo lo stesso a
stare lontani l'uno dall'altra. Anche lui mi ama, io lo so. Non me
l'ha ancora detto ma è così. Mi guarda come io guardo
lui. Stasera abbiamo un appuntamento segreto al lago, caro diario.
Augurami buona fortuna! >>
si interruppe per girare pagina << Non
è andata bene. Qualcuno sapeva di noi, qualcuno ha fatto la
spia. Verrò giustiziata questa notte. Non potrò
scriverti più, caro diario. Addio. >>
<<
Dice solo questo nella seconda pagina? >> chiesi, triste per la
sorte della ragazza.
<<
Sì, come vedi ha scritto queste poche frasi velocemente, è
molto probabile che dovesse chiudere in fretta il discorso. Però,
c'è dell'altro. Alla fine, ha potuto scrivere dell'altro nel
suo diario. >>
<<
Come? Non doveva essere giustiziata? >> domandai, storcendo il
naso.
<<
Aspen l'ha salvata, sacrificandosi per lei. Ha proposto uno scambio:
la sua morte al posto di quella della sua amata. Lei è stata
esiliata. Non so dirti se oggi sia ancora viva. >>
<<
Lui poteva salvarsi, ma non l'ha fatto. Si è sacrificato per
amore... >> mormorai, pensando che io avrei fatto lo stesso per
Andras. << Leggimi le altre memorie del suo diario. >>
<< Caro
diario, sono ancora qua, viva. Viva per modo di dire, perché
il mio amore non c'è più... è morto per me. Ho
pianto per settimane... neanche adesso sto bene, in verità. Mi
sento morta dentro, nell'anima, perché una parte di me se ne è
andata via con lui. Lo rivoglio indietro! Lo rivoglio! Ma come posso
riportare in vita un morto? Non posso... non esiste modo... Non ho
nemmeno la forza di vendicarmi contro le mie vecchie compagne: sono
completamente sola. Mi sento inutile. La mia vita non ha più
un senso, caro diario. Scrivere di lui, però, mi tiene in
qualche modo ancorata alla realtà. Ormai, le mie uniche
ricchezze sono i ricordi che ho con Aspen. Avrei comunque preferito
morire con lui. Dato che lui è morto al posto mio, io non sono
morta... se fossi morta io prima, entrambi saremmo potuti stare
insieme nell'altra vita. Lui, però, ha voluto che io vivessi e
per questo non me la sento di sprecare la vita che mi ha donato. Che
ci ha donato... sì, caro diario, sono incinta. Ho deciso che
proteggerò il mio bambino ad ogni costo. Spero che assomigli a
lui... ci spero tanto. >>
girò ancora pagina << Caro
diario, ho chiamato il bambino come il padre, Aspen. Cresce sano e
forte. Potente proprio come il suo papà. Forse di più...
manifesta strani poteri... sembra avere persino i miei... è
davvero strano. Siamo solo io e lui in casa, ma stiamo bene. Aspen mi
chiede sempre del suo bel papà ed io gli dico tutto ciò
che so. Ultimamente, Aspen mi ha chiesto di insegnargli la magia.
Impara molto in fretta. Oltre che abile nella magia sacerdotale sa
manovrare i poteri demoniaci. Ormai, sono convinta che abbia
ereditato tutte le capacità mie e del padre, anche se quando
le usa ne amplifica notevolmente la potenza. Mio figlio è
straordinario, caro diario, sono molto, molto fiera di lui. Anche suo
padre lo sarebbe, è un vero peccato che non possa vederlo
crescere e diventare adulto. >>
<<
Non c'è nient'altro? >> chiesi, alzando gli occhi dal
diario segreto per osservare Rea.
<<
No, il resto delle pagine sono strappate. Non so chi le abbia
prese... forse le ha tolte la sacerdotessa stessa oppure l'ha fatto
suo figlio. >> rispose, guardandomi a sua volta.
<<
Aspen, il figlio di lei intendo, dov'è finito? Si sa? >>
mi informai, sinceramente curiosa.
<<
Nelle pagine precedenti si dice che un demone leggendario, quale
Aspen era, non può in nessun caso morire. Nemmeno la magia
sacerdotale può ucciderlo. Quindi, è sicuramente vivo
da qualche parte... forse è ancora a casa della madre, ma nel
diario non viene detto nulla a proposito di dove lui e lei vivessero.
Questioni di sicurezza, suppongo. >> spiegò, riponendo
con estrema cura il diario nella teca di vetro.
Perché
lo posa? Non posso leggere le altre memorie della sacerdotessa?
Sbuffai.
<<
Tutto ciò per farmi capire che il figlio mio e di Andras sarà
anche più potente di un normale demone leggendario? >>
conclusi.
Rea
annuì. << Già, vostro figlio sarà più
forte di quello che nascerà dalla tua amica e da Damien. Lui
potrà usare la magia sacerdotale, come hai appena sentito.
Cosa non trascurabile se consideri che le sacerdotesse sono le
nemiche mortali dei demoni. Vostro figlio, invece, sarà
praticamente intoccabile. >>
<<
Sono sempre più convinta del fatto che qualcuno ti abbia
convinta a farmi nascere come tua diretta erede. Dopotutto, un demone
con una simile dote metterebbe in fuga ogni sacerdotessa con un
minimo di buon senso, o sbaglio? >> osservai.
La
donna accanto a me sospirò. << Marcus. >> confessò
<< Marcus è l'unico con cui abbia mai parlato sul serio
di te e dei miei intenti contro Andras. Ma di lui mi fido, Amia. Non
credo mi tradirebbe mai. >>
<<
E se qualcuno gli avesse scavato nella mente? >> proposi,
mettendomi un dito sul mento.
<<
Marcus è esperto quanto me nel chiudere la mente a chiunque
tenti di penetrarla. >> assicurò, decisa.
Ma
se non era Marcus colui che aveva cancellato parzialmente la memoria
ad Andras e messo contro con ancora più enfasi Rea contro il
mio demone, chi altri poteva essere? Se Rea, poi, mi assicurava che
nessun altro prima d'ora sapeva di me... non avevo altri indiziati.
Ero in un vicolo cieco, insomma. A meno che Marcus non ce la stesse
raccontando giusta... infatti, mi rifiutavo di escluderlo come
possibile colpevole finché non fossi stata completamente
sicura della sua innocenza.
Non
sapendo più che altro dire, mi zittii.
Avevo
finito le ipotesi al momento e avevo già la testa in fiamme
per il forte mal di testa. Dovevo necessariamente riposare un po' e
Rea, col suo occhio attento, se ne accorse.
<<
Vieni, ti porto nella tua stanza. >> disse all'improvviso.
<<
Ho una stanza? >> chiesi, sorpresa. Pensavo che avrei dormito
in una cella, esclusa da tutto e da tutti.
<<
Certo, nei sotterranei. >> disse con nonchalance.
Ah,
ecco, mi sembrava troppo bello per essere vero.
<<
Mi farete degli esperimenti? Mi farete... del male? >>
continuai con ansia crescente. Grazie a Dio, però, riuscii a
mantenere freddo il mio tono di voce.
<<
Niente di tutto ciò, Amia, non preoccuparti. Tu ci servi ad
altro. >> fece uno strano sorriso. Enigmatico, addirittura.
A
quel punto mi ricordai di un particolare piuttosto importante che
avevo quasi dimenticato. << Posso vedere mio padre, adesso? >>
<<
Oh, sì, giusto... tuo padre... sai che ho alterato i suoi
ricordi, no? Non ti riconoscerà come la figlia che ha sempre
amato più di se stesso... ti vedrà come io gli ho
ordinato di fare, cioè come una nemica da eliminare. Ti senti
pronta a vederlo in queste condizioni? >> disse con una nota
maligna nella voce. Si vedeva che godeva nel fare del male agli
altri. Quindi, o mentiva quando diceva di essere stata buona e giusta
un tempo, o la ferita che Andras le aveva inferto l'aveva troppo
segnata, o ancora sempre quel misterioso qualcuno la stava seriamente
influenzando nelle sue scelte. Ero più propensa verso la terza
ipotesi, ma non dissi nulla a tal proposito, preferendo piuttosto
indagare da sola senza attirare l'attenzione.
Mi
sentii stringere il cuore, ma pensai che la voglia che avevo di
vedere mio padre era comunque troppo grande per aspettare ancora,
così le dissi di portarmi subito da lui.
Non
ci impiegammo molto ad arrivare nella cella in cui tenevano il mio
povero papà. Non era tenuto in pessime condizioni, ma non era
nemmeno possibile giudicare l'ambiente senza storcere il naso.
Innanzitutto, c'era un tanfo terribile, poi, se si aggiungeva anche
la scarsa pulizia, il disgusto che si poteva provare vedendo quella
scena era alle stelle. Che schifo, davvero, ma perlomeno non era
legato ad una macchina di tortura di chissà quale tipo.
Rea
mi disse di non entrare perché era pericoloso farlo per me
che, ora come ora, non godevo dell'apprezzamento di papà, così
mi limitai a stringere convulsamente le sbarre della cella.
Osservai
i capelli sporchi e grigi di mio padre con estremo rammarico.
Sospirai triste quando vidi i suoi vestiti stracciati e bucati in più
punti. Inoltre, era tanto magro che gli si potevano contare le
costole una ad una. Gli erano anche comparse delle nuove rughe sul
viso. Non c'era, insomma, più nulla che facesse pensare che un
tempo era stato un bell'uomo, serio e pulito.
<<
Papà? Papà, sono io, Amia... tua figlia. >>
sussurrai, rivolta all'uomo rannicchiato nell'ombra in un angolo.
Mio
padre grugnì qualcosa che non compresi e si alzò
malamente da terra, sorreggendosi al muro per avvicinarsi alle
sbarre. Stava veramente male...
Una
lacrima mi bruciò la guancia mentre scendeva ed io mi preparai
psicologicamente ad affrontare mio padre. Gli occhi dell'uomo che mi
giunse davanti ardevano per la rabbia e la stanchezza. Spaventata,
arretrai leggermente, senza comunque togliergli gli occhi di dosso.
Improvvisamente,
mi sentii soffocare da dentro da una morsa d'acciaio. Allora, tentai
disperatamente di aggrapparmi all'unica cosa logica dentro di me: il
mio Andras. A quel punto, riuscii a non lasciarmi trascinare giù
dal peso che mi opprimeva i polmoni e mi risollevai grazie al
confortante pensiero del nostro amore.
Andras
forse non lo sapeva, ma, anche se non era fisicamente lì, il
suo solo pensiero mi dava coraggio.
<<
Potresti lasciarci da soli per un istante? >> chiesi a Rea, la
quale mi osservava con sguardo inquisitore. Sospettai che tentasse in
tutti i modi di vedere quanto le sue parole mi avessero turbata, ma i
miei occhi in quel momento erano di ghiaccio.
Rea
scosse la testa. << Saresti comunque osservata. >>
Telecamere?
Spie? Forse entrambe?
Sconfitta,
mi rivolsi a mio padre. << Papà... mi dispiace così
tanto di averti accusato di qualcosa in cui tu non c'entravi
assolutamente nulla... volevi proteggermi, ora lo so. Grazie.
>>
Qualcosa
di dolce negli occhi di mio padre si mosse, facendomi comprendere che
una parte di lui, quella ancora sana, aveva capito e perdonato.
Mi
morsi il labbro inferiore, cercando di nascondere il dolore, poi
affiancai Rea ergendomi in tutta la mia altezza. La superavo di
qualche centimetro e ciò, stupidamente, mi fece sentire
potente.
<<
Possiamo andare. >> dissi soltanto, fredda.
La
mia antenata non disse nulla, limitandosi ad accompagnarmi alla mia
cella, ben lontana da quella del mio povero papà. Mi ripromisi
di andarlo a trovare un'altra volta. Però, era un vero peccato
che non potessi confidarmi con lui... tentare di riallacciare i
rapporti come desideravo... certo, con lui mezzo matto non è
che ne avessi la possibilità. Come avrei fatto a salvarlo? A
riportarlo da me con tutto il suo affetto? Io non ero per nulla
esperta di magia sacerdotale... non gli sarei stata utile...
<<
A cosa hai detto che ti servo qui? >> domandai, digrignando i
denti.
<<
Non l'ho detto. >> disse Rea una volta che mi ebbe aperto le
sbarre della mia solitaria cella << Riposati, domani ne
riparleremo con più calma. Per oggi hai già saputo
abbastanza. >>
Non
ero d'accordo, ma annuii, pensando che mostrandomi accondiscendente
l'avrei invogliata a fidarsi di me. Perché sospettavo che era
questo quello che voleva da me, e per un ben preciso motivo. Se avevo
ragione, infatti, il suo piano era di istigarmi contro Andras,
dopotutto, aveva tentato in tutti i modi di sminuirlo davanti ai miei
occhi.
Rea
parve soddisfatta e mi lasciò da sola a rimuginare sugli
eventi di quella sconvolgente giornata. Ed era solo l'inizio.
Pov.
Andras
<<
Andras, davvero... non credo che... >> mi sussurrò
Damien all'orecchio, guardando alternativamente me e Raina dietro di
noi. La sua ragazza osservava curiosa il posto in cui li avevo
portati, euforica di partecipare al salvataggio di Amia.
<<
Non capisco dove sia il problema, siamo stati in posti peggiori. >>
risposi, incamminandomi con decisione verso la locanda diroccata che
avevamo davanti. In realtà, quella malridotta e puzzolente
struttura era una copertura per qualcosa di più grande. Ed era
lì che eravamo diretti per quanto a Damien non piacesse
l'idea.
<< È questo
il punto, Andras: noi due, non Raina. Non voglio esporla nel nostro
mondo di distruzione più di quanto non sia necessario. >>
bisbigliò, agitato.
<<
Mmh. >> borbottai distrattamente mentre bussavo alla porta dai
cardini arrugginiti. Subito il viso di un tizio dalla faccia
completamente bendata fece capolino dalla grata sopra la porta. Non
appena abbassai il cappuccio del mantello, quello strabuzzò un
attimo gli occhi, sorpreso, poi ci aprì e mi fece una profonda
riverenza. << Signore. >> disse a capo chino. Io, nel
frattempo, rimisi a posto il cappuccio.
Senza
rispondergli mi diressi verso il bancone con al seguito Damien e
Raina. La ragazza, vedendo l'ambiente e coloro che lo popolavano, si
strinse di più al mio migliore amico.
L'aria
odorava di marcio e dei rutti si levavano con regolarità dai
tavoli del locale, mettendo in mostra la grande educazione posseduta
dagli uomini rozzi e sporchi che sedevano ai tavoli. Con la coda
dell'occhio vidi Raina fare una smorfia disgustata.
<<
Tom, la chiave. >> ordinai al barista. Una volta presa,
sorpassai il bancone e, dopo aver fatto scorrere rapidamente lo
sguardo attorno a me, inserii la chiave nella serratura nascosta fra
le assi del pavimento. Un clic e potei finalmente far cenno ai miei
due amici di scendere le scale sotto la botola.
Raina,
dimostrando tutto il suo coraggio, si fece avanti per prima. Damien
la guardò affascinato per un attimo per poi affrettarsi a
seguirla di sotto.
Richiudendomi
il coperchio alle spalle, dissi piano: << Attenzione ai gradini
finali: mancano. >>
Anche
attraverso il buio totale che ci circondava notai Damien fulminarmi
con lo sguardo. << E come faremo a capire quali sono i gradini
finali? >> replicò stizzito. Giusto, lui non era ancora
stato in questa base segreta. O beh... poco male.
Raina
squittì mentre faceva un ampio salto in avanti.
<<
La tua ragazza è sveglia, vedo. >> osservai.
Damien
sollevò gli occhi al cielo, esasperato. << Amia non è
l'unica ragazza sorprendente nei dintorni, sai. >>
<<
No, infatti, lei non è sorprendente. Lei
è speciale. >>
mormorai più a me stesso che a lui.
Anche
molti anni dopo, ripensando agli occhi pieni d'amore con cui Amia mi
aveva guardato e alle parole a cui non avevo dato risposta, il mio
cuore sarebbe stato trafitto dal rimorso. Pensandoci ora che non
l'avevo più con me, era spontaneo rimproverare me stesso per
non averle risposto adeguatamente quella volta. Il punto era che
io volevo risponderle, dirle ciò che provavo,
ma... non ce l'avevo fatta alla fine, e proprio quando quelle due
parole mi erano state sulla punta della lingua. In verità, non
capivo come mai il mio subconscio mi frenasse ancora dopo tutto
quello che io e Amia avevamo passato insieme. Mi odiavo profondamente
per questo.
Portai
Damien e Raina nell'appartamento che mi ero fatto costruire come
rifugio per quella zona del paese. Era comodo ed aveva tutto quello
che avrebbe potuto servirmi in caso di emergenza, compresa
un'immediata via di fuga se fossero entrati i nemici, cosa assai
improbabile viste le numerose misure di sicurezza.
Quei
due sono peggio dei bambini, pensai, osservando i piccioncini
vagare eccitati e quasi saltellando per l'appartamento.
Li
lasciai nella camera degli ospiti e mi diressi nella mia. Sedendomi
sul letto, tirai fuori dalla camicia scura che indossavo sotto al
mantello una catenina d'oro con tanto di medaglione.
Contemporaneamente, sfiorai la spilla blu che mi aveva regalato Amia.
Aprii
il medaglione dalla forma ovale e baciai la foto al suo interno. Amia
sorrideva nella foto che segretamente le avevo scattato mentre
dormiva beata nel mio letto. Aveva mormorato il mio nome nel sonno
quella volta.
Imprecai.
Da quando ero diventato tanto sentimentale?
Subito
dopo bussarono alla porta e, una volta che ebbi dato il permesso di
entrare, fece capolino dalla porta la testa bionda del mio migliore
amico.
<<
Ma come? Avete già finito di sconvolgere il povero letto della
camera degli ospiti? >> scherzai.
Damien
si venne a sedere affianco a me, sorprendentemente serio. Inarcai un
sopracciglio, in attesa.
<<
Io e Raina ci siamo dichiarati l'uno all'altra, lo sai. Quando lo
dirai tu ad Amia? >> andò dritto al punto.
Oh,
tasto dolente.
<<
Non lo so... vedremo. >> borbottai, fintamente annoiato.
Damien
sbatté un pugno sul letto ed io lo guardai male. Come si
permetteva?
<<
Credo che sia importante esprimere i propri sentimenti alla donna che
si ama. Soprattutto quando si è poco sicuri di averne la
possibilità in futuro. Vuoi forse lasciarla andare via da te
con il rimorso di non averglielo detto in faccia almeno una volta
nella vita? >> ribatté, risoluto.
Sbuffai,
infastidito dalla piega che aveva preso il discorso. << Che ne
sai tu di quello che penso io di Amia? >>
<<
Si vede che la ami. >> disse semplicemente.
Davvero? Pensai,
sapendo già la risposta.
<<
Non hai mai voluto innamorarti... dicevi sempre che era una perdita
di tempo... parlavi sempre di come aumentare il tuo potere. È da un
bel po' che non lo fai più, Andras. >> continuò.
Non
risposi, chiedendomi invece da quando ero diventato un vigliacco in
qualcosa.
Amia
mi aveva cambiato in molti, moltissimi aspetti di me e il bello era
che mi piacevo com'ero adesso.
Mi
alzai, lasciando la successiva frase di Damien a metà.
Arrivato in cucina, poggiai entrambe le mani sul lavello dopo aver
aperto il rubinetto per far scorrere l'acqua e coprire in tal modo i
miei borbottii frustrati.
Damien
aveva ragione... lui mi conosceva perfettamente. Io... io...
Strinsi
le labbra.
L'ho
respinta tante di quelle volte... e ferita in modi imperdonabili...
eppure lei si è innamorata di me, pensai.
Fra
noi si era sempre messa in mezzo la leggenda delle prescelte, creando
in entrambi una profonda confusione riguardo i sentimenti verso
l'altro. Sentimenti che solo di recente avevo compreso essere reali e
del tutto spontanei. Sentivo di provare ciò che provava lei
per me in ogni fibra del corpo. Era qualcosa che non avrei mai
creduto di poter provare. Adesso, guardavo il mondo con occhi nuovi,
come se prima non avessi visto veramente, ma solo attraverso un velo.
Chiusi
il rubinetto dell'acqua e sospirai.
Tentai
per l'ennesima volta da quando era scomparsa di entrare nella mente
di Amia, ma fallii. Qualcuno aveva eretto una barriera impenetrabile
persino per me. Sicuramente, la colpevole di ciò era Rea.
Con
l'espressione più tetra del mio repertorio mi diressi in
soggiorno per comunicare a Damien e Raina che avevo intenzione di
partire fra qualche ora al massimo, il tempo di far sistemare le
ultime misure di sicurezza ai soldati che perlustravano il confine
con i territori della CGE, quando mi bloccai a metà strada.
Riconoscendo il tipo di rumori che provenivano da dietro la porta, me
ne tornai in camera mia.
Avranno
tutto il tempo di farlo a casa, ma no, loro devono spassarsela pure
qui, pensai, stizzito.
In
camera mia, ripassai a mente i punti fondamentali del piano di
salvataggio fino a che non fui perfettamente sicuro che quei due si
fossero risistemati. Quindi, gli andai incontro e li guardai
eloquentemente dall'alto in basso, facendo arrossire Raina. Damien
ridacchiò. Spazientito, spiegai ai due quello che avevo in
mente. Damien annuii, già consapevole di gran parte di quello
che avevo detto, Raina sorrise battagliera. Insieme, ci avviammo di
nuovo di sopra dopo aver mangiato qualcosa. Ci eravamo riposati solo
per qualche ora, ma dovevamo accontentarci. Amia era in serio
pericolo.
Oh,
Amia... mi manchi così tanto...
Raina
mi posò una mano sulla spalla. << Andrà tutto
bene, vedrai. >>
<<
Damien come sta? Hai notato qualcosa di strano in lui? >>
chiesi, cambiando discorso. Il mio migliore amico procedeva
tranquillo davanti a noi.
La
ragazza scosse la testa. << No, è tutto okay. >>
lo fissò intensamente, preoccupata << Per ora, almeno.
>>
<<
Finché sarà sotto il controllo di Rea non credo che
potrete procreare. Se si è influenzati da qualsiasi sorta di
magia, non si soddisfano le condizioni per generare un demone
leggendario. >> spiegai, parlandole sottovoce così che
solo lei potesse sentirmi.
Raina
sussultò. << Ah... sì, certo, lo immaginavo. >>
<<
Presto usciremo da questa storia. >> tentai goffamente di
rassicurarla.
<<
Non ci sai proprio fare con le donne. >> sorrise.
Ghignai,
malizioso. << Amia non la pensa in questo modo, sai? >>
Raina
capì la mia allusione e borbottò qualcosa fra sé
e sé, imbarazzata.
<<
Ehi, voi due, vi sbrigate o no? >> ci rimproverò Damien.
<<
Arriviamo, amore! >> gli rispose Raina, agitando
allegra il braccio destro.
Vidi
Damien spalancare la bocca, sorpreso, per poi dire: << Raina...
non qui, davanti ad Andras... >>
Scoppiai
a ridere e li superai. Erano una coppia di matti, decisamente fatti
l'uno per l'altra.
ANGOLO
AUTRICE:
Allora,
ragazze, eccoci giunte alla fine di quest'altro capitolo. Spero non
vi sia risultato troppo corto... o noioso... e , mmh, non sono
sicura di aver reso al meglio tutto quello che volevo, ma mi seccava
prolungare oltre la vostra paziente attesa. A tal proposito, vi
ringrazio infinitamente.
Dunque,
la fine del capitolo è piuttosto leggera per compensare il
resto più pesante e serio. Mi sono decisamente divertita a
scrivere il pov. Andras. XD Comunque, avete letto anche molte cose
importanti, e cioè i suoi pensieri riguardo Amia. Il signorino
sembra ormai sicuro di quello che prova e di questo voi(come me)
potete solo gioirne. u.u
GRAZIE di
cuore alle 53 persone
che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille
alle 19 che
l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE
enorme
va anche alle ben 102 ragazze
che hanno messo "Il
Dominatore del Mondo"
fra le seguite. GRAZIE,
infine, alle 12 ragazze
che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti. Spero davvero di
non deludere mai le vostre aspettative!
Bacioni,
Ashwini. <3
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Capitolo 29 *** Capitolo ventottesimo: I Guardiani dell'Occhio. ***
ggg
Capitolo ventottesimo
I Guardiani dell’Occhio
Pov. Andras
Avevo giurato a me stesso che mai più, per
nessuna ragione, sarei ricorso all’aiuto dei Guardiani dell’Occhio.
Mio padre si rivolse
a loro perché, quando lui era il sovrano reggente, l’Impero di Alloces stava
fronteggiando un nemico che avanzava a pericolosa velocità verso la capitale.
Si trattò di una
razza demoniaca simile a quella a cui appartenevo io, con una sola ma
sostanziale differenza: in loro c’era un gene che, se stimolato da particolari
situazioni, tendeva a farli impazzire. Ovviamente, in questi demoni il processo
involutivo non avveniva nell’arco di una notte, la loro follia si mostrava
gradualmente, veniva fuori col tempo. Il gene non era dominante in tutti ma gli
sfortunati venivano arruolati nell’esercito perché la pazzia inibiva ogni loro
paura o tentennamento e li rendeva macchine da guerra molto temibili, quasi
invincibili. Contro un esercito che vantava soldati del genere, c’era da
correre ai ripari nel caso in cui avesse deciso di attaccare.
Quando questi demoni
conquistarono il pianeta più vicino al nostro, tra il popolo iniziò a circolare
la voce che presto anche noi saremmo stati presi di mira data la grande
ricchezza che ci rendeva famosi in ogni dove. Qualche giorno dopo, intervenni
personalmente in una manifestazione pubblica, dal balcone di un alto palazzo,
per tranquillizzare tutti. Feci presente che non eravamo solo una potenza ricca
e prospera, ma forte di armi di distruzione di massa, di difese d’alta
tecnologia, nonché patria di eroi grandiosi. Che avremmo potuto sconfiggerli
era vero, ma sarebbe servito un piano ben congeniato.
Io ero il principe
ereditario, quindi decisi di occuparmi delle strategie militari mentre mio
padre partì per il luogo in cui, secondo lui, avrebbe trovato quell’arma
segreta che in mano mia sarebbe brillata come la più luminosa delle stelle in
cielo. Le straordinarie capacità fisiche e mentali di cui ero dotato non erano
abbastanza predominanti nel mio giovane spirito da non renderlo facilmente influenzabile
dalle promesse di gloria che mio padre mi elargì in abbondanza per convincermi
a seguire le sue linee di pensiero. Il popolo mi amava già, ma io desiderai
dargli una più che notevole dimostrazione di ciò che ero in grado di fare, così
lasciai che mio padre organizzasse un incontro con i Guardiani dell’Occhio.
I Guardiani
arrivavano ai due metri di altezza, erano scheletrici e la loro pelle
giallognola sembrava molto sottile. Nonostante non fossi un demone facilmente
impressionabile, li trovai parecchio inquietanti.
Ci diedero
appuntamento al Castello a Tre Occhi, loro proprietà da secoli, in un
pomeriggio d’autunno. Si fecero subito pagare profumatamente, poi io e mio
padre potemmo esporre loro la nostra situazione.
Non sapevo
esattamente cosa mi fecero quella volta poiché mi addormentarono, e nemmeno mio
padre visto che non ebbe il permesso di assistere alla procedura. In ogni caso,
diventai tanto potente che da solo sbaragliai mezzo esercito nemico.
La memoria di quell’ultimo
giorno di battaglia era stata a lungo offuscata da una nebbia magica, e
stranamente anche ogni abitante dell’impero affermava ancora oggi i miei stessi
sintomi. Da allora, comunque, nessun’altra razza demoniaca osava tentare la
sorte con l’Impero di Alloces, quindi avevo sempre ipotizzato di esser stato impressionante.
Ora so che fu davvero così.
Lo avevo giurato.
Sapevo che avrei fatto meglio a rimaner
fedele a me stesso.
Ma dovevo salvare la mia Amia e il l’aiuto dei
Guardiani dell’Occhio mi necessitava.
Presi una fiala di
vetro dalla tasca interna del mio giubbotto in pelle nera. «Di nuovo qui, Sua Maestà?» avevano ridacchiato i Guardiani. «Ecco a
Lei… prenda, prenda!
Con il contenuto di questa fiala il potere che vi avevamo donato una volta si
ripresenterà ancora più forte». Riposai la fiala al suo posto.
Sospirai: i Guardiani
dell’Occhio predissero anche che la mia prescelta, discendente della
sacerdotessa Rea, avrebbe avuto i capelli rossi e gli occhi azzurri. Amia, pensai, malinconico, con una dolorosa
stretta al cuore.
Diedi un’occhiata a
Damien e Raina. I due piccioncini stavano camminando a braccetto due metri
scarsi davanti a me. Li chiamai per farli fermare un attimo.
«Siamo vicini,
finalmente.» dissi al mio migliore amico.
«Già… Sei proprio sicuro
di voler andare da solo?»
«È meglio così,
credimi. Voglio occuparmi personalmente di Rea ora che i ricordi su di lei mi
sono stati restituiti. Procediamo come abbiamo deciso, Damien, e vedrai che
andrà tutto bene per tutti e quattro.»
Salutai con un
semplice cenno del capo i miei amici e li precedetti per spianar loro la
strada.
Amore mio, non devi aspettare ancora per
molto il mio arrivo. Stiamo per rivederci, e allora non ti perderò più
d’occhio. Non sono abituato a sentire la tua mancanza. È
questa un'abitudine che non sono disposto a sopportare ancora per molto. Ragion
per cui non smetterò di cercarti finché non riavrò il tuo calore a proteggermi
dall'inverno che arriva a me senza te vicino.
Pov. Damien
Lanciai un’occhiata a
Raina. Se mi concentravo abbastanza potevo ancora sentire le sue calde mani
addosso, sotto la maglia. Un brivido mi attraversò la spina dorsale dal basso verso
l’alto, arrivando dritto al cuore, poi ridiscese e toccò il mio punto più
sensibile mandandomi la testa altrove, precisamente dove riposavano i ricordi
di due giorni prima nel rifugio sotto la locanda.
Sorpresi Raina da
dietro e abbassai il volto fra i suoi morbidi capelli per aspirarne il profumo
delizioso. «Ti amo.»
«Anch’io ti amo,
Damien.» rispose in un dolce sussurro, lasciandosi cullare fra le mie braccia.
Quando i nostri
abbracci si incontravano era pura magia, un incontro di sentimenti che
aumentava la voglia che avevamo l’uno dell’altra.
Ci guardammo negli
occhi, ora seri. «Andiamo!» dicemmo all’unisono con decisione.
Seguimmo con
minuziosa precisione il piano di Andras, che ci aveva ripetuto spesso di
evitare rischi inutili e che alle cose più importanti avrebbe pensato lui
stesso. Io e la mia ragazza, tuttavia, eravamo pronti a tutto pur di sapere
Amia in salute e al sicuro a palazzo con Andras, e non ci saremmo fatti nessuno
scrupolo a passare oltre gli ordini di Andras se avessimo saputo di poter
aiutare lui e Amia con il nostro ultimo gesto. Dopotutto, loro due avrebbero
fatto lo stesso per me e Raina.
Per fare la nostra
parte, io dovevo prima riuscire a entrare nell’edificio di proprietà della CGE.
Concentrai quindi l’attenzione del mio sguardo sull’entrata: un uomo incrociò i
miei occhi con i suoi. Andras ha già usato
l’arte demoniaca prendendo possesso del corpo di quella guardia, pensai, e allora è arrivato il momento di usufruirne anch’io.
Inspirai
profondamente, attivando ogni centro di energia. Strinsi per qualche secondo la
mano della mia ragazza per darle fiducia e riceverne altrettanta da lei.
La guardia, ovvero
Andras, rientrò dentro l’edificio; quando uscì con accanto un altro uomo,
fissai intensamente quest’ultimo e buttai fuori l’aria che avevo trattenuto dal
respiro preso prima. Sentii come uno strappo all’anima, una piccola e veloce
punta di dolore. Il secondo dopo sbattei le palpebre dell’uomo che Andras aveva
portato apposta per me. Sorrisi ad Andras, contento che almeno fino a questo
punto fosse filato tutto liscio. «Raina terrà al sicuro i nostri corpi come
d’accordo» dissi a bassa voce. Andras annuì, strizzandomi amichevolmente
l’occhio.
Insieme, fianco a
fianco come era sempre stato, marciammo sicuri in cerca di due sacerdotesse da
possedere per raggiungere stanze solo a loro accessibili, poiché pensavamo che
Amia si trovasse in una di queste. Non impiegammo molto a trovare le vittime
perfette: senza battere ciglio ci impossessammo dei loro corpi per poi
sbarazzarci di quelli delle due guardie, ormai morte.
Stavamo per aprire
una porta qualsiasi, quando una mano si poggiò sulla mia spalla. Lentamente, mi
girai. Vidi davanti a me un uomo vestito interamente di nero che mi sembrava
piuttosto familiare ma che proprio non riuscivo a ricollocare in un punto
preciso della mia vita. Era alto e aveva lunghi capelli bianchi che scendevano
ondulati sulle spalle larghe, gli occhi piccoli e cattivi di una strana
sfumatura dorata, mentre le labbra erano piegate in un sorriso di circostanza
falso e di brutto auspicio. Marcus,
pensai in un lampo, e questo pensiero per un motivo che ancora non riuscivo ad
afferrare mi turbò profondamente.
All’improvviso, la
testa iniziò a farmi male, così mi massaggiai nervosamente le tempie in cerca
di conforto. Ma poi una vertigine improvvisa mi fece barcollare per qualche
terribile secondo e io caddi in ginocchio con un gemito di acuto dolore.
Andras mi si fece
subito vicino. «Damien?» disse, visibilmente preoccupato. «Amico, calmati. Tra
un po’ passa, eh? Tranquillo, tranquillo. Damien? Damien, apri gli occhi… ti
prego, amico. Mi senti?!»
Pov. Andras
Furioso, sollevai gli
occhi verso il nemico. «Cosa gli hai fatto, bastardo?! Dimmelo!» urlai.
Marcus fece
spallucce, incrociando poi le braccia al petto e alzando il mento in segno di
sfida. «Sappi soltanto che è vivo… per ora.» disse tranquillamente.
Strinsi forte i pugni
mentre lo guardavo con odio profondo. «Ho recuperato la memoria perduta… Marcus,
giusto?» risi prima di sospirare e scuotere la testa con amarezza. «Tu non mi
sei mai piaciuto. Sei subdolo. Sei anche un doppiogiochista?»
L’altro si fece
gradualmente scuro in volto. «Non ti seguo.»
Alzai anch’io il
mento, spavaldo, e mi rialzai per fronteggiarlo meglio in questa accesa
discussione. «I Guardiani dell’Occhio. Tu sei in combutta con loro. Trami
contro Rea. Mi fai schifo.»
Marcus iniziò subito
a sghignazzare con gusto. «Te la stai prendendo con l’uomo sbagliato. È con
quello che sto coprendo che dovresti parlare.»
Marcus era il
complice del vero nemico, dunque. Chi stava proteggendo? E perché, soprattutto,
se la sua fedeltà a Rea era risaputa in ogni dove? Questo qualcuno lo stava
ricattando, non c’era altra spiegazione.
«Devo vedere Rea.»
dissi, serio. Parlarle era diventato di vitale importanza. Le sorti della
guerra potevano e dovevano essere ribaltate. Potevamo uscirne tutti vincitori.
«È occupata con la
tua prescelta.» rispose Marcus inarcando un sopracciglio.
«Sono venuto a
riprendermela.»
«Questo è evidente.»
ghignò.
«Ci troviamo in una
scomoda situazione, e per risolverla propongo di batterci.» dissi per poi
mettermi in posizione di difesa. Vidi il mio avversario fare lo stesso e
sorrisi, esaltato. I miei muscoli erano ormai rigidi come un’asta di duro
metallo; il sangue pompato dal cuore infervorato era freddo come quello di un
serpente pronto a sbranare la sua preda.
Tuttavia, mi restava
un’ultima domanda da porre.
«L’uomo che come un
ombra sta dietro di te è lo stesso che mi ha cancellato la memoria dei tempi
passati con Rea?»
Marcus annuì.
Istintivamente, io contrassi la mascella in un crescendo di sentimenti
negativi. Desideravo moltissimo fare a pezzi Marcus, ma non potevo
permettermelo se prima non scoprivo l’identità del vero traditore. Decisi
quindi di renderlo innocuo fino a nuovo ordine: era ovvio che quando non mi
sarebbe stato più utile lo avrei eliminato.
Feci per scattare in
avanti, ma mi ricordai di non essere in possesso del mio corpo bensì di quello
ben più debole di una sacerdotessa e imprecai sottovoce.
Marcus, vedendomi in
difficoltà, attaccò. Mi prese per la gola, stringendo forte abbastanza da farmi
annaspare in cerca d’aria. Non sapevo che fare, come reagire e liberarmi, eppure
in qualche modo dovevo…
Un odore familiare invase
le mie sensibili narici: petali di rose fresche il cui odore si espandeva a
flussi continui nell'aria.
«Amia.» mormorai,
felice, tendendo una mano verso di lei.
«Andras.» disse lei,
commossa, portandosi le mani giunte proprio dove stava il cuore.
I miei occhi si
arresero ai suoi, bellissimi e ammalianti. Ero certo che mai avrei visto nulla
di altrettanto perfetto per me da pensare di poter vivere un sentimento più
intensamente di così.
Adesso volevo soltanto
immergere il naso fra le ciocche rosse dei suoi capelli e sfiorare le nocche
delle sue pallide mani dalle dita affusolate.
In passato mi ero
negato l’amore: volevo essere lasciato libero di respirare. Poi, con
Amia accanto, avevo capito che se respiri perdi Amore perché amare ti toglie il
fiato. La svolta avvenne poco tempo dopo, quando mi dissi: in nome del proprio
amore verso una persona non è davvero toppo triste sacrificare proprio una vita
d'amore con quella stessa persona? Così eccomi qui, con gli occhi impazziti nel
tentativo di registrare velocemente, con animo vorace, ogni più piccolo
particolare della figura della mia bella Amia. Mi era mancata.
Il mio sguardo cadde
su Marcus, che ancora mi stringeva le dita attorno al collo. Corrugai la fronte
e digrignai i denti come una belva inferocita che sente la sua femmina
minacciata. Ero così disperatamente innamorato di Amia che avrei preso i calci
e i pugni di tutto il male del mondo pur di non veder quest'ultimo accanirsi su
di lei.
Sputai in faccia al
mio rivale, disgustato da tutto ciò che rappresentava ed era. Lui allentò la
presa giusto un attimo e io ne approfittai per rifilargli un calcio nel punto
debole di ogni uomo. A Marcus sfuggì un grugnito di profonda indignazione.
Rapido, corsi in
direzione di Amia; lei mi tendeva amorevolmente le braccia. Poi la sua faccia
venne deformata dal dolore e il secondo dopo la vidi cadere in ginocchio
davanti a me. Dietro di lei stava Rea con una lancia fra le mani. Guardai
quest’ultima con odio e feci per lanciarmi su di lei, quando delle braccia mi
trattennero. Era Marcus, tornato all’attacco. Scalciai e tentai di divincolarmi
dalla sua presa, ma il corpo della sacerdotessa che avevo posseduto era troppo
debole. Imprecai ad alta voce per la disperazione di veder Amia afferrata per i
capelli da Rea.
«Ho ricordato tutto,
Rea: lascia andare Amia e parla con me!» urlai.
Rea socchiuse gli
occhi e scosse il capo. «Amia non vuole collaborare con me. La tua ragazza è
tenace e ti è fedele, devo ammetterlo, ma questo l’ha solo condannata. Non avrò
pietà né di te né di lei, e anche i vostri amici pagheranno il conto che la mia
vendetta esige.» rispose.
«Rea, per favore… in
nome dei vecchi tempi. Quelli belli… della nostra amicizia.» tentai di farla
ragionare.
Rea scambiò
un’occhiata con Marcus. Io imprecai mentalmente perché sapevo che Marcus mi
detestava e non me l’avrebbe fatta passare liscia. Infatti Rea riprese a
guardarmi con odio. Merda, pensai.
All’improvviso Rea
scattò via da Amia come indemoniata, toccandosi le parti del corpo che poteva
raggiungere con le mani.
Inarcai un
sopracciglio, perplesso, poi vidi Amia sorridere vittoriosa e ghignai. Marcus,
visibilmente preoccupato per la sua amica, andò da lei e cercò di calmarla.
Amia si posizionò al
mio fianco. «Le sto facendo vivere l’illusione di essere avvolta dalle fiamme.»
spiegò.
«Brava. Almeno la tua
fuga è servita a farti fare pratica come sacerdotessa.» volli pungolarla,
perché mi aveva ferito andando via senza prima consultarmi.
Amia sbuffò. «Siamo
di nuovo insieme.» disse. «Potresti essere più gentile con me.»
Alzai gli occhi al
cielo per mostrale quanto mi esasperava. Segretamente, invece, la felicità di
poterle finalmente parlare faccia a faccia mi stava infiammando il cuore. Mi è mancata, pensai per l’ennesima
volta.
Osservai attentamente
Rea e Marcus. Rea aveva infine sciolto l’illusione creata dalla mia ragazza e
ci stava guardando disgustata.
«Puoi ascoltarmi,
Rea, oppure fare a modo tuo e tentare invano di battermi.» dissi, serio, con
cipiglio severo.
Lei rise, beffarda. «Non
sono più la ragazzina inesperta di una volta. Sono molto, molto più forte! E ho
Marcus al mio fianco. Tu una sacerdotessa con capacità passabili.»
Incrociai le braccia
al petto. «Vuoi la guerra, dunque. Va bene.»
Amia sospirò e si
mise in posizione di difesa. Io scossi la testa e dissi: «No, Amia, tu devi
metterti al sicuro. Lascia fare a me.»
«Siamo una squadra,
ricordi?» mi rimbeccò lei, offesa. «Tu difendi me e io proteggo te.»
Prima di conoscere
Amia non trovavo il mio posto nel mondo. Ero come smarrito. Poi, trovando lei,
mi ero sentito capito. Stavo bene perché con lei vedevo a tutto tondo. Spalla a
spalla, coprendoci a vicenda, uno vedeva una metà del mondo e l'altro il pezzo
mancante per richiudere il cerchio visivo. Il mio posto felice era dove avevo lei
a guardarmi le spalle. Così sapevo com'era il mondo visto dalla sua prospettiva
e lei a sua volta sapeva com'era lo stesso mondo visto dalla mia. Quindi, Amia
aveva ragione: dovevamo combattere i nostri nemici insieme.
Annuii e lei sorrise,
contenta. Poi entrambi ci facemmo seri. Entrai nella sua testa mentre anche lei
invadeva la mia. Eravamo una cosa sola, adesso.
Rea scattò verso di
me mentre Amia dovette fronteggiare Marcus, un famoso ex membro dei Guardiani
dell’Occhio.
Scoppiò il caos.
La sala dove ci
trovavamo cadde letteralmente a pezzi.
Presto spuntarono i
soldati della CGE e le sacerdotesse seguaci di Rea, richiamati dai forti rumori
che lo scontro stava provocando. Rea intimò subito alle ragazze di procedere
col piano stabilito e di aiutare la CGE a fare la sua parte, così nell’edificio
restammo solo noi quattro a combattere.
Alla fine, com’era
prevedibile dato il debole corpo che stavo possedendo, mi ritrovai Rea sopra
con le sue mani a stringere il mio collo. Ero distrutto. Amia, invece, non era
messa male e si trovava dall’altra parte della stanza con le mani avvolte da
sfere di energia sacerdotale puntate con i palmi aperti contro il petto di
Marcus.
«Rea, o lasci il mio
ragazzo o io uccido il tuo amico.» minacciò Amia.
«Non ne saresti
capace.» rise Rea.
Amia poggiò le mani
sul torace di Marcus e a lui si rizzarono i capelli sulla testa. Marcus stava
soffrendo, era evidente da come serrava le palpebre degli occhi e si mordeva le
labbra a sangue nel tentativo di non urlare.
«Ferma! Ferma!» gridò
Rea, liberandomi dalla morsa delle sue mani e allontanandosi da me.
In quel momento dalle
macerie dell’edificio spuntò Raina. Vedendo il mio corpo nel carretto che stava
tirando, mi catapultai a riprendermelo. Una volta tornato me stesso, pieno di
gratitudine, diedi una pacca sulla spalla della ragazza del mio migliore amico
e le indicai dove lo avevo lasciato, ma vidi che lui non era più lì. Preso
dalla battaglia, non mi ero reso conto della sua scomparsa. Allora, dissi a
Raina di scendere nei sotterranei, perché era il posto più ovvio da dove
cominciare le ricerche. Lei annuì e corse via subito dopo aver sorriso ad Amia.
Raggiunsi in fretta
Amia. Entrambi guardavamo con severità Marcus, che nel frattempo era stato
liberato dalla mia ragazza, e Rea, più furiosa che mai. Improvvisamente, Marcus
si voltò e corse via: nonostante avessi notato che si fosse gettato
all’inseguimento di Raina, non potei fermarlo poiché Rea gli fece da scudo umano.
Amia mi prese per
mano come a volermi rassicurare che i nostri amici se la sarebbero cavata.
«Rea…» iniziai.
«Ci rivedremo molto
presto, ve lo assicuro.» disse lei, interrompendo il mio discorso sul nascere.
Aprì un portale e vi scomparve per ricomparire chissà dove.
Avrei voluto
parlarle, ma era andata così e in ogni caso mi stava bene perché Amia non
riportava gravi ferite e io potevo ricondurla a palazzo.
Sorrisi. Amia era
dolce e forte insieme, una creatura meravigliosa che sembrava uscita da una
squisita poesia d’arme e d’amori. Era quell’unica donna speciale ingarbugliata
fra i miei pensieri, e non potevo più tenerla lontana dal mio cuore. Nel futuro
a cui aspiravo lei era l’unica costante.
Io… io…
Impaziente, la presi
sotto le ascelle e la feci volteggiare per uno, due, tre giri di seguito.
Il petto mi si infiammò
e le lingue di fuoco mi fecero ardere il cuore e fomentarono quel sentimento
segreto che vi custodivo gelosamente senza mai riuscire a trovar riposo per via
della sua crescente intensità scottante.
Pov. Damien
Sputai due volte a
terra non appena ripresi conoscenza, scuotendo poi il capo per risvegliare i
cinque sensi intorpiditi e tossendo un paio di volte a causa della gola secca.
Quando, un minuto
dopo, riuscii a mettere a fuoco il luogo dove mi trovavo, sbattei ripetutamente
le palpebre per l’incredulità. Una cella… Ero probabilmente in una cella dei
sotterranei. Ed ero solo, ma soprattutto all’oscuro di cosa fosse successo dopo
che ero svenuto e di dove fosse adesso il mio migliore amico. E poi Marcus
dov’era finito? Non mi sentivo tranquillo a pensare Andras ancora con lui, il
fidato alleato di Rea. Era forse stato Marcus a portarmi qui? Non ne ero certo,
ma se non era stato lui, allora chi altri…? In questo più probabile caso potevo
soltanto supporre che quest’altro uomo mi avesse rapito mentre Marcus teneva
occupato Andras. Perché era impossibile credere che il mio amico fosse stato
sconfitto e Marcus fosse stato ancora abbastanza in forze per occuparsi anche
di me.
Con non poca fatica,
e appoggiandomi con la schiena e con entrambe le mani a una parete di acciaio,
mi rialzai.
Inspirai ed espirai
profondamente. Andras è vivo… deve essere
così!
Dopo circa cinque
minuti, sentii dei passi veloci in lontananza.
Damien! Damien, amore mio?!
Raina… Amore, vattene… o cattureranno anche
te.
Indicami la tua posizione, stupido! È quasi
un’ora che vago senza meta.
Cosa? E non hai incontrato nessuno? Non hai
visto guardie della CGE o sacerdotesse al servizio di Rea?
No, non so dove siano finiti tutti. Ora,
Damien, dimmi dove diavolo sei!
Mi avvicinai alle
sbarre senza però toccarne una (la cautela non era mai troppa). Non riesco a capirlo, Raina.
Merda… Sei da solo?
Sì.
Okay, allora urla così seguo la tua voce.
E se qualcuno mi sentisse? Raina, tu
dovresti…
Ti ho già detto che non c’è più nessuno
nell’edificio. Saranno sicuramente fuggiti via con la coda tra le gambe dopo il
putiferio che hanno scatenato Andras e Amia!
Eh?!
Andras è stato pazzesco! E Amia non è stata
da meno: dovevi vedere come le dava di santa ragione a Marcus! Se non hai
sentito nulla è solo perché i sotterranei sono molto al di sotto del suolo.
Sopra, dove prima c’era l’edificio, non c’è più muro che tenga! Dai, urla, così
ti raggiungo!
Urlai a squarciagola
per farmi sentire dalla mia ragazza. E poi ancora e ancora, fino a che non me
la ritrovai davanti con il fiato corto e il petto ansante. Gli occhi verdi di
Raina brillavano per il sollievo di vedermi ancora vivo.
Stavo per
raccomandarle di non toccare le sbarre, nel caso in cui fossero elettrificate,
quando un’ombra si mise rapida dietro Raina e le puntò la lama affilata di un
coltello alla gola. Raina si immobilizzò mentre nei suoi occhi da cerbiatta si
affacciava la paura. A me mancò un battito non appena riconobbi il volto di
Marcus.
«Credevo che Amia ti
avesse tolto di mezzo.» disse coraggiosamente Raina.
«Taci, puttana.» la
liquidò Marcus, aspro.
Lanciai un’occhiata
di ammonimento a Raina, quindi rivolsi la mia attenzione a Marcus. «Un cane
fedele alla sua padrona non dovrebbe essere con lei in questo momento?»
«Rea e io siamo
amici, alleati da sempre. Non ci diamo ordini a vicenda, ragazzo, ma consigli,
e alla fine decidiamo con la nostra testa per un bene comune a ciascuno. Se
così non fosse stato, Amia non sarebbe qui adesso per come la conosci tu.»
Mi chiesi cosa
intendesse dire con ciò e stavo quasi per domandarglielo, quando un altro
quesito premette sulla punta della mia lingua per esprimersi ad alta voce.
«Perché sono qui? E
chi mi ci ha portato?»
«Non io. I vostri
amici mi hanno trattenuto.» grugnì, arrabbiato. «Ma sono stato io a ordinare al
mio complice di farlo. Sai, perdere una buona pedina come te non sarebbe
produttivo… anzi, a me e a Rea, oltre che alla CGE, verrebbe meno un’utile
risorsa.»
«Damien,» fece Raina,
triste, con gli occhi lucidi «la verità è che sei controllato da Rea… e non so
se senza un suo diretto intervento c’è rimedio.»
Mi si mozzò il
respiro. I miei occhi cercarono disperatamente di rubare una risposta chiarificatrice
ai suoi; presto si annebbiarono quasi del tutto per il forte shock. Mi prese
una forte nausea. «Spiegati… spiegati meglio, Raina.» balbettai con il labbro
inferiore che tremava.
«Non c’è alcun punto
da chiarire» riprese la parola Marcus. «Detto in due parole… morirai, ragazzo!
Rea non sta in nessun modo frenando quei flussi di energia negativa che sono le
dovute conseguenze del suo comportamento non conforme a quello di una
sacerdotessa. Sono scarti mortali, capisci? Se non li desse a qualcuno, a te
per tua sfortuna, sarebbe lei a morire… invece toccherà a te! A meno che la tua
prescelta rinunci ad essere tale come tributo ai Guardiani dell’Occhio, gli
unici a poter fare qualcosa oltre a Rea stessa» rise con grande malvagità
Marcus, lasciandosi sfuggire un particolare decisamente degno d’importanza.
Quando l’uomo finì di
parlare mi sentii mancare le forze, ma con uno sforzo riuscii a restare fermo
in piedi al mio posto. Non intendevo mostrarmi debole nemmeno quella volta che
avrei anche potuto permettermelo poiché non avevo davvero più nulla da perdere.
Intontito, guardai il
corpo di Marcus iniziare a sbiadire, presto la sua figura si fece traballante, un
secondo c’era e il seguente no. Raina venne liberata; tossì un paio di volte
prima di lanciarmi un’occhiata perplessa. Un minuto dopo di Marcus non restava
più niente. Ipotizzai che Rea avesse richiamato a sé il suo fedele servitore. Non
c’era più nulla da temere per me e la mia ragazza, la quale corse veloce fra le
mie braccia. Decisi che della rivelazione sfuggita a Marcus ne avremmo discusso
più in là con Andras e Amia presenti a darci consiglio.
Io e Raina decidemmo
di raggiungere Andras e Amia per fuggire insieme a loro prima che qualcosa ce
lo impedisse. Innanzitutto ripresi possesso del mio corpo, diligentemente
portatomi dalla mia ragazza, poi partimmo.
Svoltammo l’ultimo
angolo subito dopo aver sceso di corsa l’ennesima rampa di scale, qualche
minuto dopo cioè, poi sia io che Raina ci bloccammo in mezzo al corridoio,
piacevolmente sorpresi. Lì, infatti, le anime dei nostri amici stavano facendo
l’amore.
Andras stava
strofinando il naso contro quello di Amia con una dolcezza per lui un tempo
inaudita. Le stava ricordando che lei, per lui, era la persona più importante
della sua vita e che per questo mai l’avrebbe
persa di nuovo. Amia arrossì e si alzò sulle punte delle scarpe per dare ad
Andras un veloce bacio a stampo, una carezza di velluto che gli prometteva che
anche lei si sarebbe presa più cura di lui d’ora in avanti. Entrambi si erano
fatti carico dell’importante impegno di non scordarsi più tanto facilmente di
amarsi così tanto.
Amia attirò a sé
Andras, possessiva; a sua volta, lui la strinse forte tra le sue braccia. Amia
disse: «Ti ho visto, ho incrociato i miei occhi con i tuoi. Ti ho conosciuto,
ho intrecciato le fibre della traccia della mia vita con le tue. Ti ho guardato
dentro, ho voluto te nella mia storia e me nella tua. Ti ho amato, ho
combattuto, mi sto battendo, ci sto difendendo per farti restare lungo il mio
percorso, ma mai ai suoi confini perché lì c'è solo dolore. Ti ho visto, ti ho
conosciuto, ti ho guardato dentro, ti ho amato. Ti vedo e ti vedrò ogni giorno
chiaramente, ti conoscerò sempre di più, ti affonderò ancora dentro, ti amo e sarò innamorata di te in
eterno.»
Ora che Amia e Andras si sono silenziosamente
perdonati per quegli errori che li hanno fino ad ora divisi, pensai con un sorriso, va tutto bene.
Amia e Andras si
erano aspettati e adesso si erano ritrovati. La ricerca dei loro cuori era
finalmente conclusa: potevamo tornarcene tutti e quattro a casa.
Inaspettatamente, Andras
poggiò la fronte contro quella di Amia e, sorridendo come un monello di strada
che aveva appena fregato la pistola sotto al naso del poliziotto da cui
scappava, disse: «Per valere qualcosa si deve avere la capacità di dare amore.
Non si ci può limitare a riceverlo più o meno passivamente. Non è giusto nei
confronti di chi ti ama e ti rispetta. Quindi, adesso, ti confesso che senza
ragione né controllo ti penso, e sorrido così come tu prima hai sorriso a me
nel rivedermi, con la felicità di un innamorato che ha accanto il suo vero amore
ricambiato. Ti guardo, e da un po’ nei miei occhi si riflette il tuo amore
sincero, ma d’ora in poi voglio che ai tuoi arrivi anche il mio. Per me tenerti
la mano è come abbracciare la tua anima con la mia. Le nostre dita si sono
prima sfiorate e poi strette tante di quelle volte… ho sempre sentito lo
sprigionarsi del loro calore come espressione del tuo amore verso di me, e te
ne sono immensamente grato. Sappi che mai una volta è stato facile contenere
questo grande sentimento senza dartene qualche esplicita goccia del mio. Questi
giorni senza di te mi hanno schiaffeggiato, sono stati una dolorosa punizione
per non averti mai detto in tempo quanto io ti ricambi, amore mio. L’ho capito
e accettato tempo fa, sai… ma mi dicevo che non serviva dirtelo apertamente,
che tanto mi capissi e lo sapessi già nonostante io non lo dimostrassi nei modi
più romantici. Invece è importante che tu senta le parole che marcano il mio
cuore come tuo affinché nulla più faccia pensare che non è così. E anche se
tutto intorno a noi emana odio, voglia di far del male e desiderio di vendetta
e quelle persone sono cattive e piene di disprezzo per noi… Ti amo, Amia!»
Grazie,
Pan_di_Stelle. Grazie, StellaChiara. Questo capitolo è dedicato a voi due.
Mi
avete incoraggiata a continuare questa storia con i vostri due messaggi... Di
questo non ve ne sarò mai grata abbastanza.
ANGOLO AUTRICE
Buonasera e ben ritrovate, care ragazze! ^__^
Chi non muore si rivede…
Sono sparita dalla circolazione per un bel po’ di tempo, forse troppo.
Sì, devo aver esagerato stavolta. Ho delle spiegazioni, però! Sono successe
tante di quelle cose impegnative che se erano belle non avevo tempo per
scrivere e se erano brutte non ne avevo la voglia. Mi scuso con voi tutte e
spero che mi potrete perdonare presto o tardi che sia. Vi chiedo umilmente di
credermi: sono davvero mortificata! D:
Detto questo…
Sarà stato un caso che Marcus non si sia portato dietro Damien? Mmh, io
credo di no. XD Per il povero demone biondo le brutte sorprese non sono ancora
finite (ho in serbo per lui grandi cose!).
In ogni caso… Damien x Raina 4 ever. Non sono pucciosi pucciosissimi?!
<3
Ah, vi sono piaciute le informazioni sui Guardiani dell’Occhio (citati,
se ricordate, nello scorso capitolo da Rea)? Perché li rivedrete nel prossimo
capitolo (e anche negli ultimi inerenti alla battaglia finale) più cattivi che
mai!
A proposito di Rea: chi la sta tradendo? Domanda domandona del momento
la cui risposta la so solo io (forse, perché degli indizi su questo tizio ve li
ho dati). u.u
Di cos’altro avranno parlato Amia e Rea prima che Amia riuscisse a
raggiungere Andras, venuto per salvarla? Altra bella domandina, eh eh.
Ehm, ehm… Giusto giusto… in questo capitolo Andras si è dichiarato ad
Amia! TA TA TA TA!!! :D Non è stato meraviglioso?! *^* Io l’ho amato tantissimo
perché non solo ha detto quelle due paroline speciali ma l’ha fatto con stile e
grande romanticismo! *__*
Ma questo significa grossi grassi guai in arrivo per la coppia…
Ora, come sapete, il famoso demone leggendario voluto da Rea può essere
generato… ma non è questo il punto! XD
La seconda leggenda inerente alle prescelte (“il potere di scambio”) si
farà presto viva!!!
Infine, vi dico che nel prossimo capitolo potete aspettarvi dell’intenso
romanticismo fra le due coppie della storia… ;)
Anche perché poi ci sarà una calata di combattimenti e sofferenze varie…
Andras (proprio lui? XD), fra l’altro, userà il potere liquido contenuto nella
fiala che gli hanno dato i Guardiani dell’Occhio e che nel salvare Amia in
questo capitolo non ha avuto occasione di usare.
GRAZIE di cuore alle 64 persone che hanno inserito la storia fra le preferite.
GRAZIE mille alle 20 che l'hanno
messa fra le ricordate. Un GRAZIE
enorme va anche alle ben 106 ragazze che hanno messo Il Dominatore del Mondo fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 14 ragazze che mi hanno inserita fra i loro
autori preferiti… Vi voglio tutte bene, care ragazze! Spero davvero di non
deludere mai le vostre aspettative!
Se volete qualche spiegazione in più o avete altro da dirmi, lasciate
pure una recensione. J
Bacioni,
la vostra Ashwini. :*
|
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Capitolo 30 *** Capitolo ventinovesimo: La seconda leggenda: il potere di scambio. ***
Cap.29
Capitolo ventinovesimo
La seconda
leggenda: il potere di scambio
Pov. Amia
«Non ho dimenticato,
sai? Avevi promesso che mi avresti consultato prima di buttarti in imprese
suicide. Non sono state le cattive intenzioni a guidarti, ma resta il fatto che
mi hai mentito e ingannato per fuggire di nascosto. Sei scappata da palazzo!
Hai lasciato i nostri amici e soprattutto me…»
tuonò Andras, sciogliendo quel dolce abbraccio che, fino a un attimo prima,
aveva premuto pelle contro pelle come nel tentativo di fondere l’una con
l’altra per lo spasmodico desiderio di diventare una cosa sola ed indivisibile.
«… E hai affrontato Rea a testa alta, da vera guerriera, per salvare tuo padre
dalla follia della tua antenata e dei suoi complici. Mi hai reso fiero di te,
Amia» concluse.
«Grazie per avermi capita»
dissi piena di gratitudine per le sue ultime parole.
Il mio ragazzo sbuffò,
spostando altrove lo sguardo e passandosi con nervosismo la mano destra fra i
neri capelli scompigliati. «Troverò il modo per farti pagare ogni singola
preoccupazione che mi hai causato in questi giorni, ma per adesso direi di
accantonare la faccenda per recuperare tuo padre e tornarcene finalmente a
casa.» Posò nuovamente gli occhi blu zaffiro su di me e mi accarezzò il viso
con aria improvvisamente ansiosa. «Sei troppo pallida: devi assolutamente
riposare in un letto caldo e accogliente.»
«Il nostro» dissi,
ricordando le stanze private del dominatore di un mondo che, pian piano, stavo
accettando come mio.
Lui annuì. «Sì, il nostro letto» confermò accompagnando la
risposta con l’accenno di un sorriso.
Poco dopo Damien e
Raina ci corsero incontro e ci si gettarono addosso, unendo il gruppo in un
grande abbraccio come a sancire in modo ufficioso l’avvenuta rimpatriata.
Andras fece una
smorfia e scostò presto tutti da sé. «Come siete appiccicosi voi due!» si
lamentò con i nostri amici.
Scossi la testa, divertita:
l’amore aveva infine raggiunto il suo cuore, ma questo non cambiava il fatto
che Andras restava il Mr. Ghiacciolo di sempre.
E poi, dentro di me,
sorse la felice constatazione che Andras, ora come in futuro, avrebbe
acconsentito a delle coccole solo nel caso in cui queste ultime sarebbero
provenute dalla sottoscritta.
Damien fece la
linguaccia al mio ragazzo e gli girò le spalle con aria offesa e perfettamente
in linea con il suo carattere spiccatamente teatrale. «Volevo soltanto alleggerire
la tensione…» borbottò sottovoce.
Andras lo ignorò come
se nulla fosse e si rivolse a me dicendo: «Su, raggiugiamo tuo padre.»
«Credo sia meglio far
andare me e Damien, Andras. Nonostante Rea si sia allontanata da qui,
probabilmente il padre di Amia ha la mente ancora soggiogata dai suoi trucchi
magici e, vedendo la figlia in quanto primo nemico da eliminare, potrebbe
azzardare mosse pericolose non solo per lei ma per tutti noi che, naturalmente,
accorreremmo a difendere Amia con il rischio di ferire lui nel piccolo scontro»
intervenne ragionevolmente Raina.
Abbassai tristemente
lo sguardo sul pavimento: era una sensazione terribile quella che stava
sopraggiungendo al mio cuore nel sapere di esser vista da mio padre come la
preda di un’insensata caccia a causa della magia sacerdotale. E il male che
sentivo era peggiore adesso che una volta, ormai che sapevo di non esser mai
stata davvero odiata da mio padre quando ero piccola.
Raina notò il mio umore
afflitto e mi prese amichevolmente entrambe le mani con le sue. «Ehi…
tranquilla» iniziò, sfregando i pollici contro la pelle dei dorsi delle mie
mani tremanti. «Tutto si sistemerà. E sai perché ne sono certa?»
Dato il considerevole
sforzo che già stavo esercitando per mantenere l’autocontrollo, così da
accertarmi che nessuna lacrima uscisse dai miei occhi per manifestare
apertamente il mio dolore, mi limitai a far segno di no scuotendo lentamente il
capo.
La mia amica sorrise,
e il suo era un sorriso fatto di incontaminata speranza. «Perché i tasselli
giusti tendono sempre a unirsi a quello che rappresenta la vita di una persona
che li merita tutti e lotta lungo l’intero arco della sua vita per stringerli a
sé. E ti giuro che tu, amica mia, sei degna dell’amore di tuo padre tanto
quanto hai dimostrato di esserlo di quello dei tuoi amici e del tuo ragazzo.»
Dopo ciò, lasciai
andare Raina e Damien a cuor leggero.
Andras poggiò
delicatamente una mano sulla mia schiena e mi invitò a sedermi per riposare un
po’ in modo da distendere almeno in parte i nervi tesi prima di tornare a casa,
dove avrebbe avuto inizio una routine a dir poco frenetica in vista della
guerra. Data la mancanza di solide mura a cui appoggiarci, ci sostenemmo a
vicenda alla buona ed efficace vecchia maniera: schiena contro schiena.
«Stavo combattendo
con Marcus quando tu mi hai raggiunto… Mi hai trovato o sei capitata in questa
sala per caso?» mi chiese, spezzando il silenzio e allungando la mano destra a stringere
la mia sinistra.
«Ti ho… come dire… visto nella mia testa, e mi sono
precipitata da te per aiutarti nel difficile confronto con quell’uomo.»
«Ti vedo pure io adesso che ho accettato e
confessato apertamente di essermi innamorato di te» rivelò a brucia pelo.
«Centra la leggenda
delle prescelte, allora» dedussi con la pelle d’oca.
«È così» confermò. «Visti
anche i precedenti, credo proprio che d’ora in poi i nostri poteri individuali
andranno aumentando.»
«Si fermeranno un
giorno?»
«Nessuno ne sa
abbastanza sull’argomento per affermarlo con certezza.»
Seguì qualche minuto
di pesante silenzio: la tensione, invece di diminuire, era aumentata.
«Andras… Ecco, io…»
esordii, titubante.
«Amia...?»
Sospirai stancamente.
«Devi sapere che in questi giorni Rea mi ha detto delle cose piuttosto…»
Inspirai ed espirai. «…
particolari.»
Andras lasciò passare
circa un minuto prima di decidersi a prendere la parola. «Su di me, immagino.»
«Non le credo quando
dice che sei un mostro assetato di potere. Ma, Andras… è vero che in un brutto
periodo della tua vita hai… stuprato… delle donne umane?»
Andras si girò
immediatamente e mi prese per le spalle, voltandomi verso la sua parte e
incrociando il suo intenso sguardo con il mio, leggermente scosso. «Rifiutando
l’amore di Rea, l’ho profondamente offesa e ferita. Io ero alla disperata
ricerca della mia prescelta e, dopo tutto quel tempo passato lontano da casa,
mi sarei fiondato sulla prima ragazza che qualcuno mi avesse indicato come
tale. Rea, volendo vendicarsi del torto secondo lei subito, soggiogò molte
persone e, attraverso la loro bocca, mi spinse tra le braccia di altrettante
povere innocenti di cui io abusai… sessualmente…»
«A volte, il tuo
desiderio di diventare padre di un demone leggendario mi spaventa» confessai.
«Ti ho già spiegato
perché dovremmo avere un figlio al più presto» ribadì, duro.
«Ricordo ciò che mi
hai detto.»
Andras mi lasciò
andare e si rialzò in piedi; notai che stava guardando nella direzione in cui
poco fa erano spariti Damien e Raina.
Allarmata, gli
chiesi: «È successo qualcosa ai nostri amici?!»
«No» mi
tranquillizzò. «Al contrario, sono vicini.»
Visibilmente
sollevata, mi rialzai anch’io.
Dalle scale
semidistrutte che conducevano ai sotterranei spuntò Raina per prima, subito
seguita da Damien, che vidi avere mio padre svenuto caricato sulle spalle.
Non aspettai che ci
raggiungessero loro e gli corsi incontro per assicurarmi delle condizioni di
salute di mio padre. Aveva numerose ferite ancora sanguinanti sparse qua e là e
non ci voleva un esperto in materia per capire che non erano state causate da
semplici pezzi cadenti delle macerie dell’edificio.
Mio padre è stato… torturato.
«Oddio… papà. Che ti
hanno fatto?» mormorai, sconvolta.
Torturato.
«Amia.»
Papà…
«Amia!»
… mi dispiace. È
tutta colpa mia.
Venni presi bruscamente
per le spalle. «Amia, non è grave. Ha qualche costola rotta, ma nulla che i
medici di palazzo non possano curare.»
Spostai lo sguardo
dal corpo malandato di mio padre e guardai Andras con occhi spenti. Mi sforzai
di annuire. Evitai di prendere la parola perché sicuramente dalla mia bocca
sarebbe uscito unicamente un grido strozzato.
Benché stordita dai
colpi psicologici ricevuti in quelle ultime frenetiche ore, ad un certo punto
del viaggio di ritorno ebbi la classica sensazione di déjà-vu che avvolge casi
analoghi.
Attraversammo la capitale dell’Impero di
Alloces e, sorpassato anche il bel lago sotto la grande cascata alle cui sponde
si trovava il castello, proseguimmo per una lunga salita dove, svoltata
l'ultima curva, mi si parò di fronte un qualcosa di davvero stupefacente.
Dietro un imponente cancello in oro bianco
stava, in tutta la sua verde lucentezza, una vastissima distesa di erba e
foglie cadute; il cancello si aprì e fece entrare l'auto. Potei ammirare con
calma il lunghissimo viale, dove vidi un trionfo di colori nei vari fiori che
abbellivano il prato. Il buon odore dei fiori stranieri penetrò le mie narici
attraverso il finestrino aperto; i cespugli erano chiaramente stati tagliati e
rifiniti da un abile giardiniere che li aveva realizzati in diverse e
particolari forme: cervi, cherubini, piccole tartarughe e molto altro ancora. Tutto
era curato nei minimi dettagli: mi sembrava di essere in un giardino
principesco dell'ottocento.
Poi ecco ergersi davanti a me, in tutto il
suo splendore, il palazzo reale più bello su cui avessi mai posato gli occhi:
tutto era in marmo bianco e azzurro, mentre decorazioni di vario tipo in oro bianco
e rosso adornavano le numerose finestre dai vetri a mosaico e le tante porte. Poco
prima dell'entrata vi era una piazzetta in cui una grande e circolare fontana
sprizzava acqua limpida e lucente dall'anfora di un cherubino in marmo bianco.
E, anche questa
volta, fu la buona e simpatica Katia a venirmi incontro. Era una donna robusta sulla cinquantina i cui capelli castano chiaro
erano legati in un severo chignon; indossava un vestito umile ma sapientemente
pulito e stirato.
Katia piangeva senza
imporsi alcun freno, evidentemente sollevata di vedermi in grado di reggermi da
sola sulle gambe. Mi strinse in un abbraccio caloroso, pieno d’amore materno.
«Piccola cara… Oh,
per l’amor del Cielo! Dove sei stata? Stai bene adesso? Oh, quanto ti ho
pensata in questi giorni! Andartene così, senza dir nulla a nessuno… che brutta
faccenda! Ma sei tornata qui, grazie a Dio, sana e salva, e… fatti abbracciare
ancora un po’, stellina mia!»
Andras, sostenuto a
gran voce da Katia e con il vivo supporto di Damien e Raina, insistette per
farmi visitare dagli esperti medici di corte. Ovviamente, anche i miei tre
compagni d’avventure si sottoposero a dei controlli, ma io fui quella
trattenuta di più con mio enorme disappunto. Infatti non ero tanto preoccupata
per me stessa quanto per il mio povero padre, che venne immediatamente preso
sotto l’ala protettiva di Andras e condotto da chi di dovere. Appurato il fatto
che fisicamente avrei potuto riscontrare di peggio e che la mia mente fosse nel
mio pieno possesso, nonché medicato alla perfezione ogni ferita e il minimo
graffio su preciso ordine dell’imperatore, Andras finalmente si decise a
concedermi un confronto diretto con colui che aveva appena finito di studiare
lo stato di mio padre. Il medico mi informò di ciò che già sapevo, e cioè che
mio padre era stato sapientemente soggiogato da Rea, facendomi restare
profondamente delusa e amareggiata termine tecnico dopo sinonimo altrettanto
freddo. Volevo delle risposte precise e… possibile che nessuno sapesse aiutarmi
in merito?! Avevo già perso mia madre… non avrei retto anche la scomparsa
definitiva dell’altro genitore. Prima di congedarmi, il medico ebbe pietà di me
e mi consigliò di tentare un approccio diverso dall’immaginabile con mio padre,
vale a dire rimboccarmi le maniche e usufruire al massimo della magia
sacerdotale di cui ero dotata, benché la mia faccia scettica e parecchio
confusa la dicesse lunga a tal proposito. Insomma, non ero mica una
sacerdotessa con una considerevole esperienza alle spalle alla pari di Rea e
delle sue sottoposte…
Sempre più afflitta,
me ne tornai in camera da letto per riposare un altro po’ prima di rimettermi
in carreggiata con gli allenamenti speciali messi appunto apposta per me da
Andras in persona.
Sospirai pesantemente
mentre poggiavo l’avambraccio destro sopra gli occhi stanchi e mi distendevo.
Riflettei a lungo su
due punti in particolare: primo, le sacerdotesse al fianco di Rea non avrebbero
mai tradito quest’ultima; secondo, con ogni probabilità l’unica chance che
avevo era quella di recarmi dai Guardiani dell’Occhio per ricevere da loro
istruzioni circa il modo secondo cui la magia sacerdotale avrebbe risolto il
dramma di mio padre.
Sbuffai. Andras non mi permetterà di vedere i
Guardiani dell’Occhio neanche a distanza di un solo pianeta. Certo, visto
il caso delicato, il mio ragazzo aveva ragione di essere tanto apprensivo, ma
io avevo un problema piuttosto urgente e, l’avrebbe riconosciuto pure un cinico
come lui, mi erano rimasti solo quegli strani individui per aiutarmi a
risolverlo: non potevo proprio lasciarmi sfuggire quest’occasione d’oro,
compenso elevato o meno.
Scattai a sedere sul
letto pensando che non potevo restarmene lì ferma ad aspettare chissà quale
miracolo rimuginando ancora sulle cose il cui accesso mi era negato. Avrei
fatto a modo mio e…
Andras. Raina.
Damien.
Come avrei potuto
lasciarli senza dir loro nulla una seconda volta? No, dovevo almeno
comunicargli le mie intenzioni. Era giusto così.
L’attimo dopo, nella
stanza entrò Andras con un cofanetto blu zaffiro fra le mani che io osservai
incuriosita; il cofanetto era rettangolare ed era grande quanto due pugni
chiusi messi l’uno accanto all’altro.
Andras venne a
sedersi sul bordo del grande letto matrimoniale. Mi accarezzò dolcemente una
guancia mentre con gli occhi mi comunicava tutto il suo amore nei miei
confronti. «Ti ho portato un regalo» disse.
Venne fuori solo un
sorriso tirato, perché nonostante il mio sentirmi lusingata per questo suo
gesto c’era nel mio animo un turbamento troppo logorante per essere messo da
parte anche per un piccolo momento. «Oh, Andras… non dovevi» gracchiai
tossicchiando un po’ per il mal di gola.
Lui prese la mia mano
destra ed eseguì un perfetto baciamano, quindi mise avanti il cofanetto e lo
aprì rivelandone il prezioso contenuto. Portai istantaneamente una mano a
coprire la mia bocca spalancata per lo stupore. Lì sotto i miei occhi, su
soffice seta rossa, c’era incastonato un anello contornato da numerosi petali
di rose bianche.
«Mi stai donando un anello di fidanzamento?!» esclamai.
Andras arrossì appena
sulle gote, sicuramente in imbarazzo – è
adorabile! – e annuì. «Nel mio mondo non si usa regalare un anello alla
propria fidanzata per chiederla in moglie, ma so che invece sulla Terra è
pratica usuale per tradizione, così ecco qua l’anello che ho personalmente
scelto per te. Vorrei che tu portassi quest’anello sull’anulare sinistro, come
dice la tradizione umana, e fargli seguire la fede nuziale il giorno del nostro
matrimonio spostando l’anello di fidanzamento sull’altra mano. Poi, se vorrai,
potrai indossare entrambi gli anelli sullo stesso dito.»
Corrugò la fronte. «Tutto questo
perché è credenza diffusa che proprio dall’anulare sinistro passi una piccola
arteria che risalendo lungo il braccio arriva direttamente al cuore.»
Per farmi piacere si è informato proprio bene!
Lasciai che mi
infilasse il solitario in oro bianco e rosa con brillanti ai lati al dito; il
diamante al centro era a dir poco enorme e plasmato come una rosa sbocciata.
«Sai sempre come
amarmi» dissi, felice che si interessasse della mia cultura d’origine.
«Per raggiungere il
tuo cuore non ho bisogno di seguire alcuna indicazione. So dov'è l'amore che
ama il mio» sottolineò in tono appassionato e vibrante.
A queste sue parole
il mio cuore tremò e si scaldò.
«Siamo l'amore che ha
plasmato un mondo solo nostro» confermai con un ampio sorriso, un po’ più
serena.
Andras si sporse per
baciarmi. All’iniziale tocco pacato delle sue soffici labbra subentrò a poco a
poco una sempre meno accorta prudenza, poi al successivo slancio passionale si
sostituì un grandioso impeto amoroso e scoppiò un bacio… immenso, una svolta capitale. Capii che non ci saremo fermati, che
avremo continuato ad amarci sino al culmine del piacere. E così fu, nonostante
le mie continue raccomandazioni circa il suo non venire dentro di me.
Unire il mio corpo al
suo mi sollevò l’animo. Finalmente, infatti, dopo giorni di forzata prigionia e
straziante lontananza dal mio Andras, mi svegliai tranquilla, in pace con me
stessa e fiduciosa nel lieto fine della nostra relazione.
Sorridere alla vista
del volto addormentato del mio amato non fu mai così spontaneo. Con la mano
destra, libera dall’intrico di coperta e lenzuola, gli accarezzai la leggera
barbetta percorrendo per intero la linea della mascella. Lo vidi sorridere nel
sonno, poi lo sentii mormorare con voce impastata il mio nome più di una volta.
Andras era tanto tenero in quel momento… così bello. E io molto fortunata ad
essere sua.
Ripensai alla sua
meravigliosa dichiarazione d’amore e il mio sorriso si ampliò mentre le guance
si coloravano rapidamente di un imbarazzato e altamente lusingato color
porpora. Non avrei mai dimenticato una sola parola, anzi una ad una avrebbero
per sempre assunto il ruolo di scaldarmi corpo, cuore e anima.
«Ti amo immensamente,
Andras» sussurrai dolcemente.
Il mio ragazzo aprì
prima un occhio e infine l’altro. Il suo sguardo, posato sul mio viso, era a
dir poco adorante. «Ti amo anch’io, amor mio» soffiò mentre con la mano destra
mi scostava un ciuffo di capelli rossi dalla fronte con innamorata delicatezza.
Oh, era così bello, e
appagante, sentirgli dire quelle due speciali paroline senza pensarci su
nemmeno un attimo!
Lanciai un’occhiata
veloce alla finestra e feci una smorfia di disappunto. «Il sole è già sorto…
Dovremmo alzarci.»
«Mmh» fece soltanto,
continuando ad accarezzarmi i capelli.
Ridacchiai, contenta
di ricevere tante coccole di prima mattina. Neanche io avevo voglia di lasciare
quelle lenzuola ancora roventi delle effusioni scambiate durante la notte.
«Damien e Raina ci
aspettano tra meno di un’ora nel tuo studio, lo sai» gli ricordai a malincuore.
«Mmh» fece di nuovo,
baciandomi la spalla destra una… due… tre volte. Dalle mie labbra uscì un
sospiro di puro piacere. Andras era un demone tentatore e… dannatamente sexy.
Posai gli occhi sulle
sue labbra dischiuse mentre i suoi, brillando di rinnovato desiderio, già
osservavano le mie, ormai bramose di un contatto più che soddisfacente. Ma
arrivammo a scambiarci soltanto un semplice bacio a stampo perché un insistente
bussare alla porta ci interruppe sul più bello.
«Andras, so che siete
l’uno appiccicato all’altra come un granello di sabbia ad un altro nel cocente
deserto di mezzogiorno, dunque non entro, ma volevo assolutamente ricordarvi
che dobbiamo discutere di questioni piuttosto urgenti e che quindi non avete
nemmeno il tempo dei preliminari mattutini» ci informò Damien, divertito, da
dietro la porta.
Sentii Andras
borbottare numerosi insulti contro il suo “invadente e maleducato” migliore
amico e risi di cuore. Il mio ragazzo, allora, con un’espressione teatralmente
offesa che fomentò le mie risate, si staccò da me non senza un’evidente
malavoglia. Alzato lui, io dovetti far lo stesso.
Ci vestimmo
velocemente per evitare che gli occhi dell’uno indugiassero pericolosamente sul
corpo nudo dell’altra. In meno di un quarto di giro d’orologio uscimmo dalla
stanza.
Una volta fuori,
girai la testa prima a destra e poi a sinistra ma di Damien non c’era nemmeno
l’ombra. Con sguardo interrogativo mi voltai verso Andras. Lui, in risposta, mi
fece cenno col capo di seguirlo con l’aria di chi la sapeva lunga.
Svoltammo l’angolo
prima del quale c’era il corridoio su cui si affacciava la nostra stanza e vi
trovammo una scena sicuramente vietata alla vista di minori.
Andras e io ci
schiarimmo la voce, lui scocciato e io imbarazzata. Damien e Raina, allora, con
evidente fatica si divisero. Mi sorpresi, perché fino a un secondo prima erano
così stretti l’uno all’altra che avevo seriamente pensato si fossero per sempre
fuse ossa e carne e vestiti di entrambi.
«E così…» Andras fece
schioccare la lingua sul palato. «… non c’era nemmeno il tempo dei preliminari»
finì, battendo a intermittenza regolare il piede destro sul pavimento.
Damien e Raina si
ricomposero alla bell’e meglio.
«Per te, che hai
scioccanti progetti erotici, no di sicuro. Per un tipo più umile come me,
invece, sì. Non negare, amico. Ho visto il
quaderno…» disse, allusivo, senza alcun pudore.
La mia testa scattò
immediatamente in direzione del mio ragazzo. Ero a bocca aperta.
Andras quasi si
strozzò con la sua stessa saliva. «Eh?!» sbottò, rivolto al demone biondo.
«Scusami, ma ho dovuto leggerlo. Per prenderne spunto e
avere geniali ispirazioni per i miei, di rapporti sessuali.»
Raina, scioccata
almeno quanto me, disse: «Stai scherzando, vero?!»
Damien si piegò in
due dalle risate. «Ovviamente! L’unico quaderno intimo che Andras possiede
riguarda segrete e zuccherose poesie d’amore dedicate ad
Amia!» Guardò me e Raina. «Oh, andiamo, ragazze mie, credevate davvero che un
bigotto come Andras potesse avere sogni erotici migliori dei miei?»
Andras arrossì come
mai l’avevo visto fare.
Gli posai la mano
destra su una spalla. «Un quaderno di poesie, eh?» chiesi conferma in un tono
di voce che di serio non aveva proprio nulla.
Il mio ragazzo
ridusse gli occhi a due sottilissime fessure a dir poco minacciose, sfidandoci
a osare pronunciare un’altra sillaba, per poi proseguire con passo veloce e
andatura indignata verso il suo studio.
Io, Raina e Damien ci
scambiammo diverse lunghe occhiate, tentando di trattenerci, ma quando Andras
svoltò il successivo angolo ci risultò impossibile non scoppiare a ridere come
tre folli.
Oh, devo assolutamente scovare quel quaderno
e leggere dalla prima all’ultima poesia!
Aspettammo un po’
prima di raggiungere Andras nel suo studio: era meglio fargli sbollire la
rabbia prima di azzardarci a mettere fra noi e lui una distanza inferiore ai
dieci metri. O meglio, a me e Raina non avrebbe torto un capello, ma per
solidarietà nei confronti di Damien ci organizzammo così.
Una volta davanti
l’imponente porta a due battenti dello studio privato del mio ragazzo, bussai.
Quindi entrai io, poi la mia amica e infine l’impertinente demone biondo, che
ancora sorrideva sfacciatamente con aria bonaria. Non fosse stato l’amico di
lunga data di Andras, a quest’ora Damien avrebbe sicuramente avuto il cuore
strappato dal petto, pensai.
Naturalmente,
l’accoglienza di Andras fu tutt’altro che calorosa, ma nessuno ci badò troppo e
tutti preferimmo non perdere altro tempo utile perché c’era in ballo una
guerra.
Tutto iniziò da un
libro.
Il libro fra le mani di Raina non era molto
grande, ma la copertina rigida blu notte dai morbidi e sinuosi decori dorati
dava al volume un’aria solenne, quasi severa. Con una certa impazienza, lessi
il titolo in rosso: Raina era in possesso del libro in cui erano narrate le leggende
riguardanti le prescelte.
Sorrisi, divertita
dalle facce sorprese dei nostri ragazzi. «Per fortuna, ci sei tu a pensare alle
cose importanti, Raina!»
«Ah, evitiamo le
chiacchiere inutili! Piuttosto, vediamo di trovare un brano che contenga le
informazioni che ci servono» borbottò Andras, sicuramente infastidito
dall’inconfutabile verità di non aver pensato per primo a procurarsi La leggenda delle prescelte, la raccolta
di tutti i brani sulle ragazze come me e Raina che diverse persone sagge e
autorevoli avevano incluso nei loro libri.
Raina scoppiò a
ridere e si indicò con l’indice della mano destra. «Leggo io, siete d’accordo?»
Damien si mise al suo
fianco. «Dunque sai dove cercare…» fece, e il suo sguardo era inquisitorio.
La mia amica arrossì,
colpevole. «È possibile che io abbia
letto l’intero libro, sì.»
Il demone biondo e il
mio ragazzo la guardarono torvi per un attimo, poi sollevarono gli occhi al
cielo e sbuffarono.
Io feci spallucce,
per nulla offesa. Raina era stata previdente e solo grazie alla sua brillante
intuizione adesso potevamo usufruire del prezioso aiuto del libro. Con
giudizio, dopo la lettura, avremmo agito insieme perché eravamo ormai diventati
una squadra, e per tale motivo ci fidavamo ciecamente l’uno dell’altra.
«Puoi iniziare a
leggere, amica mia» dissi con fermezza mentre mettevo una mano sulla spalla di
Raina, che annuì.
«Già, illuminaci» si
intromise Andras, sarcastico, ma dal luccichio malizioso nei suoi occhi era
evidente che stava solo scherzando e che quindi non era veramente arrabbiato
con Raina. A modo suo voleva essere simpatico: il giusto relazionarsi con
persone che non conosceva da molto era per Andras un traguardo non ancora
raggiunto, benché gli mancasse davvero poco.
Raina, come me, capì
le buone intenzioni di Andras e gli fece l’occhiolino. Successivamente si
schiarì la voce prima di iniziare a leggere con immensa serietà. «Brano secondo;
primo paragrafo, “Il potere di scambio”: Il potere di scambio è
una qualità della coppia demone-prescelta che si sviluppa quando ormai il
legame fra l’uno e l’altra è sancito non solo dalla premessa costituita dalla
dichiarazione d’amore di entrambi ma anche e soprattutto dalla lacrima di sangue
che simboleggia il cuore del demone donato alla sua prescelta. Il legame
indissolubile fra un demone e la sua prescelta permette alla coppia di andare
oltre l’uso del potere proprio del singolo. L’unico limite di un amante che ha
trovato il suo vero amore è l’esserci o no della volontà. Dunque, se il demone
intende usufruire delle capacità della sua donna può farlo; viceversa anche la
prescelta può fregiarsi delle doti del suo demone. Non esiste un tempo massimo
riguardo il possesso dei poteri dell'altro, benché è bene far notare che più si
usa un potere non proprio più è forte il pericolo di perdere tracce importanti
o meno di tale potere al momento della sua restituzione al legittimo
proprietario. Da Leggende sui poteri congiunti, autore
sconosciuto.»
«Interessante» disse Andras, sorpreso e visibilmente
ammirato, grattandosi il mento con l’indice e il pollice della mano destra. Si
girò a guardarmi negli occhi con seria attenzione. «Proviamoci subito, Amia!»
«Dovremmo prima vedere se il fatto che io non sia una
semplice prescelta sia determinante o no. La fondamentale domanda da porci è:
la mia natura di sacerdotessa risulterebbe pericolosa per la tua salute nel
caso in cui usassimo il potere di scambio?» gli feci notare.
Damien annuì, pensieroso. «Carotina ha ragione, amico» mi supportò; come me, era preoccupato
per Andras.
Il diretto interessato roteò gli occhi. «E va bene…»
sbottò. «Raina, per favore guarda se nelle pagine a seguire c’è un passaggio a
tal proposito.»
La mia amica si mise subito all’opera. Un minuto dopo
puntò il dito su una frase precisa e ce la lesse: «È curioso il rarissimo caso
in cui la prescelta di un demone è una sacerdotessa.»
«Nient’altro?! Oh, che assurdità! Che libro inutile!»
fece Andras, esasperato, a seguito del silenzio in cui lui, io e Damien avevamo
atteso invano che Raina continuasse a darci informazioni.
«Almeno abbiamo questo!» ribatté Raina, che non
tollerava parole denigratorie nei confronti dei libri e della cultura in
generale.
Raggiunsi Andras in due falcate e gli abbracciai il
busto con un braccio. «Ascolta, troveremo un metodo alternativo per cavarcela
con Rea e la CGE…» dissi, intimamente insicura sul da farsi.
Il mio ragazzo scosse la testa. «No, voglio tentare la
strada del potere di scambio.»
«Beh, io non sono d’accordo, quindi non se ne fa
nulla!» protestai, pensando ancora una volta alla possibilità che le
conseguenze sulle sue condizioni di salute sarebbero potute essere disastrose.
Tra i nostri occhi iniziò una battaglia a chi lanciava
l’occhiataccia migliore.
Ero certa che per quanto ci amassimo non avremmo mai
smesso di battibeccare.
Damien e Raina si strinsero a noi nel chiaro intento
di dare alla luce un caloroso abbraccio di gruppo per fare una pace generale.
Di fronte a due personaggi tanto bizzarri io e Andras alzammo simultaneamente
gli occhi al cielo. Notando nell’altro la medesima reazione, un sorriso affiorò
sulle labbra di entrambi.
Ero sicura anche del fatto che ogni discussione,
piccola o grande che fosse, era destinata a produrre in ciascuno di noi due una
brevissima arrabbiatura.
Andras incrociò volontariamente il suo sguardo con il
mio. Più tardi, da soli, approfondiremo
la faccenda, mi comunicò mentalmente. Io, non potendo negarmi con alcuna
scusa, annuii.
Sciolto l’abbraccio di gruppo, sospirai e mi preparai
psicologicamente ad affrontare un secondo importante discorso.
«Anch’io ho qualcosa
da farvi vedere. Mentre ero prigioniera di Rea, la mia antenata mi ha mostrato
e letto questo» dissi, tirando fuori il diario contenente le memorie della
madre di Aspen, il demone leggendario che un giorno avrei tanto voluto
incontrare con il mio Andras presente.
Lessi ai miei amici e
al mio ragazzo quello che Rea aveva letto a me.
«Dopo ciò non è stato
scritto nient’altro, purtroppo. Nelle pagine precedenti, invece, ho letto solo
ricordi di coppia. Queste parti che avete appena ascoltato sono sicuramente le
più interessanti per noi. Quindi… che ne dite?» continuai, seria, guardandoli
uno a uno.
Andras era senz’altro
il più curioso: dopotutto nostro figlio sarebbe stato come Aspen. Andras era
ansioso di avere un erede da crescere, educare e addestrare. Io, al contrario, pensai
per l’ennesima volta che avrei volentieri aspettato qualche altro anno poiché
mi ritenevo davvero troppo giovane per diventare madre. «Dovremmo fare due
chiacchiere con madre e figlio» propose immediatamente.
Annuii. «Hai ragione.
E poi, se questo Aspen decidesse di dare una mano alla nostra causa con i suoi
straordinari poteri, non sarebbe affatto una cattiva idea… Più alleati validi
abbiamo, meglio è!»
«Sono d’accordo, ma
come troviamo questi due?» chiese Raina, con la fronte corrugata.
«Potrei provare a
instaurare un contatto mentale con la madre di Aspen» riflettei ad alta voce.
«Giusto. Lei è una
sacerdotessa come te, quindi hai buone possibilità di farcela» convenne Damien.
La nostra piccola
riunione si concluse così: io avrei cercato di contattare la madre di Aspen e
di convincerla a rivelarmi dove si trovassero lei e il figlio per incontrarci;
Raina avrebbe messo mano al maggior numero di libri nella sezione proibita
della biblioteca reale per vedere se c’era qualcosa che avrebbe potuto
interessarci; Damien e Andras avrebbero rispettivamente riorganizzato esercito
e politica in vista della guerra contro Rea e la CGE.
***
ANGOLO DELL’AUTRICE
Buonasera, care
ragazze! ^__^
Questo capitolo è
ricco di news e sguardi a una rinnovata quotidianità fra Andras e Amia. Non
sentite una brezza più leggera soffiare sul rapporto dei protagonisti?
Finalmente, infatti, i due si stanno lasciando andare anche riguardo i
rispettivi scheletri nell’armadio. La relazione amorosa di Andras e Amia si sta
rafforzando ancora di più! A mio parere, pregi e difetti individuali a parte,
stanno diventando un modello di comportamento da seguire. Voi che ne dite?
Spero che questa mia
storia vi stia insegnando qualcosa, che abbia insomma una sua morale! :D
E poi… Amia
incontrerà i Guardiani dell’Occhio? Sarà produttivo per lei farlo (sempre che
Andras glielo permetta)?
“Il potere di
scambio” verrà usato? Secondo voi Amia accetterà di usufruire appieno di questo
vantaggio?
E ancora: Amia
riuscirà a mettersi in contatto con la madre di Aspen?
GRAZIE di cuore alle
64 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 20
che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 110
ragazze che hanno messo Il Dominatore del Mondo fra le seguite. GRAZIE, infine,
alle 14 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti… Vi voglio
tutte bene, care ragazze! Spero davvero di non deludere mai le vostre
aspettative!
Baci a tutte voi,
Ashwini. :*
P.S.: Credo che il
capitolo ispiri qualche buona e intelligente domanda, quindi non indugiate e
recensite quando e come volete. Mi fareste molto, molto felice! :3 (Siete
libere di farmi anche una o più richieste, e io vedrò di allineare la mia
creatività con la vostra linea d’onda.)
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