Il Dominatore del Mondo

di Ashwini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: In principio fu caos. ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo: Il gelo nei suoi occhi. ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo: Verso un nuovo futuro. ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo: Rivedersi. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto: Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni. ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto: Confronto, dolore e strane reazioni. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto: Insieme, entrambi turbati dal passato. ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo: Dubbi e legami. ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo: Amicizia. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono: All'ombra di un ciliegio. ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo: Quel qualcosa di speciale. ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo: Il pezzo mancante. ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo: Quel demone... irraggiungibile. ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo: La prima leggenda: le prescelte. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo: Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni. ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo: Accettare o no? Nuove e pericolose alleanze. ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo: Oscuri misteri. ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassettesimo: Un risveglio particolare, fraintendimenti ed audaci provocazioni. ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciottesimo: E poi ci sono quelle rivelazioni che hanno il potere di lasciarti senza parole. ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannovesimo: Promesse di vendetta. I pensieri di un amico. ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventesimo: Orgoglio demoniaco. ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventunesimo: Trasportati alla deriva. ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventiduesimo: Perché alla fine si sistema tutto, in un modo o nell'altro... ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitreesimo: La città di metallo. I misteri vengono svelati. ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattresimo: Fiducia reciproca. ***
Capitolo 26: *** Capitolo venticinquesimo: Traditore. ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventiseiesimo: Inconsapevoli. Il traditore e l'orgoglioso. ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventisettesimo: Comprensioni. ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventottesimo: I Guardiani dell'Occhio. ***
Capitolo 30: *** Capitolo ventinovesimo: La seconda leggenda: il potere di scambio. ***



Capitolo 1
*** Prologo: In principio fu caos. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic 00 PROLOGO- In principio fu caos
Buonasera a tutti! ^-^

Questo che, adesso, vi state apprestando a leggere è il prologo della prima storia che pubblico qui sul sito di EFP. Spero vivamente che la seguiate, facendomi sapere, magari, anche cosa ne pensate in una recensione. A tal proposito, non fatevi problemi: accetto sia i complimenti che, a maggior ragione, le critiche; le quali mi potranno solo aiutare a migliorare.
Detto questo, 
BUONA LETTURA!

****


                                                                                                                                                                                                              Una donna che si rialza fa sempre un po' paura.
                                                                                                                                                                                                        Una donna che non dipende dagli uomini può intimorire.
E se tornano, e tu li mandi a quel paese, ti vorranno fare a pezzi.
Ma tu non ricadere. Tu non temere. Preparati.
Le persone vogliono sempre distruggere qualcosa che
non sono riusciti a far crollare del tutto.
(Deborah Simeoni)


Prologo:
In principio fu caos.




Ricordo che quando l'inevitabile accadde, ero ancora un'ingenua ragazzina di diciott'anni che si credeva già adulta, già capace di affrontare il mondo intero da sola. Con le sue sole forze.
A quel tempo, il mondo non era ancora pronto per ciò che sarebbe di lì a poco avvenuto, non era consapevole dell'implacabile destino che si era appena messo in moto. Destino che avrebbe fatto precipitare l'intero pianeta Terra nel caos più totale.
E mentre l'umanità si apprestava a festeggiare una delle festività più amate, la cosiddetta Apocalypse Demons War divagò maligna per il globo terrestre, devastandolo e portando con se la venuta di una nuova razza di potenti demoni.
Intere città vennero rase al suolo, interi popoli furono sterminati e schiavizzati da quegli esseri privi di ogni scrupolo e sentimento.
La gioia sparì dai volti di ognuno.

Fu così che gran parte del territorio terrestre cadde nelle loro avide mani.



Poco prima dell'inizio della catastrofe, si stava festeggiando la Vigilia di Natale per le strade affollate di New York; la gente camminava spensierata e, ridendo felice, si godeva le parate lungo le strade rese chiassose da sorprendenti animazioni e dall'inizio nei vari locali di feste private che sarebbero durate tutta la notte.

C'erano pure i bambini, che correvano gioiosi per i prati dei parchi pubblici ed i loro genitori, che li guardavano con sguardi pieni di un amore che solo un genitore può e sa dare. Le bancarelle erano piene zeppe di oggetti di vario genere e riempivano i marciapiedi delle strade, attirando gli sguardi curiosi e ansiosi di chi si affrettava a comprare i regali dell'ultimo minuto sperando di trovare qualcosa di buono.
Festoni di tutti i tipi, dai più colorati ai più luminosi e appariscenti, agghindavano i palazzi, i grattacieli e i pali della luce.
C'era anche il beniamino di tutti i bambini: Santa Claus, che riceveva senza sosta le ultime richieste dei bambini che si erano riuniti, felici, nei centri commerciali della ''grande mela''.

L'atmosfera era calda e familiare, e la gioia traspariva da ogni poro, quando invece per me le risate rimbombavano nella testa come pesanti macigni.

Avevo sempre guardato con una dolorosa invidia le famigliole felici e ''perfette''. La mia non lo era affatto, perché era una famiglia disastrata e sull'orlo del fallimento. Mio padre era un alcolizzato all'ultimo stadio e spesso capitava che quando tornava da lavoro picchiasse pesantemente me e mia madre. E noi che potevamo fare se non subire tristemente in silenzio? Incapaci di reagire perché paurose di una qualche possibile reazione da parte sua, ci rifugiavamo nella speranza di un futuro migliore che, in cuor nostro, sapevamo non sarebbe mai arrivato.

Mia madre piangeva ogni notte ed io, piccola bambina traumatizzata, stavo rannicchiata in posizione fetale nel suo lettone accanto a lei, impaurita e scossa dai singhiozzi, temendo il ritorno a casa di mio padre.
Quando fui un po' più grande e matura, le dissi piangendo che non sopportavo più quella situazione, che volevo andarmene da quella casa maledetta e da colui che da anni non faceva altro che tormentare le mie giornate.
Lei, le cui lacrime scorrevano consapevoli sul viso rovinato, mi rammendava che non era sempre stato così e che, nonostante tutto, lo amava ancora come un tempo; un tempo in cui viveva felice con il padre di sua figlia; un tempo dove tutto andava bene.
D
i abbandonare mio padre, poi, non se ne parlava neppure. Mia madre, infatti, temeva che, se noi due ce ne fossimo andate, lui avrebbe commesso quell'enorme pazzia quale è il suicidio. La cui sola immaginazione era impensabile per una donna tremendamente innamorata del marito.
Allora ero debole e, impietosita dalla scena che mi presentava continuamente difronte, accettavo riluttante le umili preghiere di mia madre, tornando alla schifosa vita di sempre.

Dopo non molto però i lividi provocati dagli abusi di mio padre furono impossibili da nascondere al mondo esterno e da lì in poi, il caos si impadronì della mia esistenza.
A scuola, di conseguenza, la situazione degenerò: i miei presunti amici, ed i professori soprattutto, cominciarono a pormi domande su domande, le quali non facevano altro che ricordarmi quanto misera fosse la mia vita.
Le poche amiche a cui avevo raccontato la mia situazione familiare arrivarono anche a chiedermi di denunciare mio padre ma io rispondevo sempre con la solita cantilena: << Non mi dà fastidio, ragazze. Va tutto bene, sul serio. Non c'è alcun bisogno di preoccuparsi tanto. >>
Ma non ero credibile perché la voce, a quelle parole, mi tremava inevitabilmente.
Fra sguardi ansiosi e pieni di pietà andavo avanti, costantemente attorniata da un'ombra oscura.
La mia vita era ormai diventata un peso troppo grande da sostenere ed i giorni passavano uno alla volta, tutti uguali, mentre la vita continuava monotona e senza un senso reale. O almeno, così era per me.
La mia famiglia andava avanti grazie ai numerosi lavori di mia madre ed alle mie altrettanto infinite occupazioni part-time. Spesso rinunciavo anche ad uscire con le amiche perché sapevo di non potermi permettere un tale dispendio di soldi in inutili sciocchezze come vestiti e scarpe, quando a noi i soldi servivano per pagare le bollette e mangiare.

Così, il giorno in cui tutto successe, stanca di tutto questo, decisi finalmente di affrontare una volta per tutte mia madre e dirle che io me ne sarei andata via, definitivamente stavolta. Limitandomi ad andarla a trovare quando mio padre non era a casa.
Ma quello che trovai fu il corpo gelato di mia madre, la quale se ne stava stesa a terra con la testa sanguinante e con gli occhi spalancati ormai del colore delle nuvole in cielo. Scena che andava oltre ogni mia più longeva immaginazione; causata da quel padre che, invece, era in piedi lì vicino con una bottiglia rotta di whisky colante in mano che rideva come il pazzo quale era diventato ormai da molti, troppi, anni.

Ridendo ubriaco, arrivò persino a chiedermi di prendere un sacco logoro per sbarazzarsi del cadavere. Ed io, ancora parzialmente preda del dolore causatomi dallo shock che mi aveva travolta come un pugno in pieno stomaco, riuscii solo ad urlargli contro che, stavolta, lo avrei denunciato sul serio, andandomene via per sempre da lui e dalla sua immane follia.
Le gambe, a quel punto, si mossero da sole, ansiose di portarmi fuori da quella casa ricca di sventura.

Per un tempo che a me parve infinito, corsi a perdifiato per le strade affollate di New York, la culla del disastro, diretta verso la centrale di polizia più vicina, sconvolta e in un mare di lacrime amare.

Mia madre, l'unica persona che mi aveva voluto veramente bene, adesso era... morta. Morta!
Strinsi i pugni ed irrigidì la mascella. Non era giusto. Perché dovevo provare tutto questo dolore? Non ne avevo forse già provato abbastanza in passato?! Quanto ancora dovevo perdere prima di riuscire a scappare dalla giostra di dolore nella quale ero finita?
Con la perdita di mia madre, se ne era andata anche l'unica fonte di luce che ancora rischiarava, fioca, la mia vita.
Sì, perché mai più avrei potuto essere stritolata da un suo caldo abbraccio, provando quel piacevole torpore che rendeva viva la mia anima resa gelida dalle troppe sofferenze.
Mai più avrei avrei avuto l'occasione di dirle che le volevo bene, che lei era l'unica che mi faceva sentire in pace col mondo e con me stessa soprattutto.
Mai più avrei risentito i suoi dolci ed amorevoli consigli nei momenti bui, i quali mi sostenevano fedeli, permettendomi di non cadere nell'oblio.

Per me la vita non ha più senso. Solo questo riuscivo a pensare, incapace di qualsiasi altro pensiero logico.

Ma quel giorno, non ebbi il tempo di raggiungere la centrale.

Perché fu proprio il quel preciso istante che la terra cominciò a tremare, mentre la gente iniziava ad urlare disperata ed in preda al panico cercando, come me d'altronde, un qualche riparo sicuro dove potersi rifugiare. Il quel momento, solo tenersi aggrappati alla vita aveva senso.

All'improvviso, si sentirono dei rumori assordanti e, mentre mi mettevo le mani alle orecchie, vidi delle ombre oscure e come infiammate che si spargevano per tutta la città, inghiottendo maligne ogni cosa che si metteva sulla loro strada. Fermandosi solo ad una decina di metri di distanza da dove mi trovavo.
Da esse comparve una schiera piuttosto numerosa e compatta di uomini, soldati probabilmente. E, proprio davanti a questi ultimi, se ne misero in fila altri cinque dotati
di una perfezione innaturale ed inumana. La caratteristica che spiccava, in particolare, erano i loro occhi rosso scuro dominati da un gelo freddo come la morte.
Al loro apparire la folla impaurita si bloccò, come ipnotizzata. Notai, infatti, che tutti fissavano qualcosa ed io, sporgendomi quanto bastava dal mio nascondiglio, capì che erano proprio i loro magnifici occhi. Causa, in qualche modo, di una sorta di potere ipnotico. Mi ripromisi, quindi, di non fissarli mai direttamente negli occhi.

Un'ombra oscura calò, infine, su di noi e fu come se tutta la felicità del mondo, e che poco prima aveva riempito le strade addobbate, fosse stata risucchiata da quell'unica fonte che a me, per quanto fosse oscura, appariva terribilmente affascinante.
Successivamente i cinque uomini, che molto probabilmente erano i generali più illustri di quell'esercito invasore, si spostarono, ed al loro centro comparve un altro personaggio. Un dio greco che emanava forza e controllo. Potere e lussuria. Bellezza e morte.
Fisico statuario e muscoli ben definiti si intravedevano dalla nera giacca militare che indossava, la cui particolarità era una fascia blu alla fine. Vi spiccavano, inoltre, varie medaglie onorifiche. I pantaloni erano dello stesso colore della fascia della giacca e si presentavano in uno strano tessuto che non riuscì ad identificare.
Era molto alto ed i capelli un po' più lunghi del normale erano di un profondo nero petrolio; gli occhi invece erano di un impossibile rosso cremisi e brillavano come fiamme ardenti in mezzo a tutto quel buio angosciante. L
e labbra carnose, il naso dritto e la carnagione chiara, finivano il quadro dell'aspetto fisico, facendo di lui un angelo oscuro portatore di morte.Tanto affascinante quanto pericoloso.

Gli occhi dell'uomo squadrarono attenti tutto il paesaggio circostante e, quando si rivolsero dalla mia parte, non potei evitare di cedere alla tentazione di incontrare quei meravigliosi quanto spaventosi occhi; desiderosa di prendere, almeno in minima parte, quella strana luce che sembrava emanare il suo sguardo.
Ma aggrapparmi ad essa
fu un errore, perché con quell'atto segnai la mia condanna, da quell'istante non fui più capace di lasciare quello sguardo così tormentato e tanto simile al mio.
Era come se fosse scattato qualcosa dentro di me, qualcosa di altamente sconvolgente ed inspiegabile. E che in un certo senso faceva anche paura, perché mai mi era capitato di vedere in uno sguardo un qualcosa di tanto misterioso e magnetico.


Che la storia che tutt'ora viene tramandata dagli anziani alle attuali generazioni, abbia inizio.
Preparatevi ad entrare in un mondo totalmente nuovo.



 ***


ANGOLO AUTRICE:

Allora cari lettori, eccoci qui! 

Ditemi, vi è piaciuto il prologo?
E cosa ne pensate, in particolare, di questa prima visione della protagonista? La vita per lei non sarà facile, credo che questo si sia capito, ma posso assicurarvi che la ragazza è ben determinata a non lasciarsi abbattere da niente e nessuno. Nemmeno dal protagonista maschile.
La lotta tra i due protagonisti sarà dura e ricca di colpi di scena dato che entrambi sono dotati di due caratteri forti e decisi, ma la vera domanda è: fino a dove sono disposti a spingersi per l'altro?
Infine, vorrei ricordarvi che anche se vado avanti con i capitoli, potete comunque lasciare una recensione in quelli precedenti, perché ripeto: ogni recensione è ben accetta!

GRAZIE di cuore a tutti per aver letto! < 3

Baci, vostra Ashwini. :*

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Capitolo 2
*** Capitolo primo: Il gelo nei suoi occhi. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic CAPITOLO PRIMO- Il gelo nei suoi occhi Buonasera ragazze che mi seguite! ^-^

Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi piaccia.


BUONA LETTURA!


****


La paura è un'amica pericolosa: devi imparare a controllarla,
ad ascoltare quello che ti dice.
Se ci riuscirai ti aiuterà a fare bene il tuo dovere.
Se lasci che sia lei a dominarti, ti porterà alla fossa.
(Licia Troisi)





Capitolo primo:
Il gelo nei suoi occhi.





Era incredibile vedere i grattacieli di New York, famosi in tutto il mondo, ridotti in quelle così pietose condizioni: completamente distrutti e rasi al suolo. Abbandonati a se stessi.

Le tenebre in cielo sembravano aver oscurato persino il sole ed il silenzio dominava incontrastato mentre l'intero popolo newyorkese restava impietrito ed impotente difronte l'immane forza distruttiva di quegli uomini che sembravano avere tutt'altro che buone intenzioni. I quali sembravano curiosi di vedere le nostre prossime mosse, ed anche oltremodo divertiti dagli sguardi di puro terrore dipinti nei visi di ogni individuo presente in quella strada devastata.
Io, invece, ero ancora lì: ferma ed immobile nel mio rifugio improvvisato come una fredda statua di marmo. Incapace di muovere anche un solo muscolo; mentre la
mente restava, tutt'ora, in completa balia di quello sguardo così duro, freddo ed ostile. Impenetrabile.
Congelata in quella posizione per non so quanto tempo,
sentivo distrattamente i bisbigli ed i sussurri di paura delle persone affianco a me. Ormai era ben chiaro a tutti che ciò che di lì a poco sarebbe accaduto non sarebbe stato di certo a nostro vantaggio, anzi: il peggio doveva ancora arrivare.
All'improvviso, il contatto fra i miei ed i suoi occhi fu rotto da lui stesso. Il misterioso conquistatore, infatti, distolse lo sguardo come infastidito da qualcosa a me ignota, e quelle che a me sembrarono ore di perenne attesa si rivelarono essere soli pochi attimi pieni di uno sgomento ed una confusione totale.

Che diamine era appena accaduto?


Scuotendo con grande enfasi la testa cercai di riprendere il corretto uso delle mie facoltà mentali e, dopo non molto, riuscii a riscuotermi da quella sensazione di gelo che sembrava aver avvolto la mia anima in una sorta di morsa terribile e tornando, in tal modo, a ragionare lucidamente.

Subito notai che lui aveva rivolto il suo viso dall'inumana bellezza verso il magnifico albero di Natale che ogni anno veniva eretto a Rockefeller Center, per farsi ammirare dagli sguardi degli abitanti di tutto il mondo. Non si poteva, infatti, non guardare strabiliati quel capolavoro. Ricordo che da bambina ci andavo spesso con i miei genitori: non potrò mai scordare quegli anni così belli della mia vita, forse gli unici fino ad ora, i quali conserverò per sempre nella mia memoria con un sorriso. E, forse, anche con una sola, piccola, lacrima nostalgica.
Allora, andavo lì per pattinare nella grande pista di pattinaggio difronte all'albero, con gli sguardi pieni d'orgoglio dei miei genitori puntati addosso. Ah, quanto mi piaceva quella sensazione, unica e preziosa, che provavo ogni qual volta mio padre mi lodava, sereno, per poi abbracciarmi. Già, a quel tempo lui mi amava ancora.
L'uomo, o forse sarebbe meglio dire ragazzo dato che dimostrava non più di venticinque anni, voltò il viso verso la folla sempre più intimorita e parlò con una voce così fredda e dura che mi si raggelò il sangue nelle vene. Ciò che disse fece crollare il mondo addosso a tutti noi: << Bene bene, cosa abbiamo qui? Una festa! Stavate festeggiando qualcosa, miseri esseri umani? Tzè! Siete solo dei parassiti nati per servire ed infatti da adesso in poi diventerete le mie bestie da macello. Obbedirete senza discutere. Sarete veloci e scattanti. Questi signori... >> Fece una pausa in cui si sentirono i suoi soldati ridere sommessamente mentre si davano pesanti gomitate d'intesa, non lasciando presagire nulla di buono.
Con un sorriso malvagio in volto, che si scontrava con la sua bellezza angelica, continuò dicendo: << ... vi porteranno nelle prigioni di Stato dove verrete smistati per le varie occupazioni. Ciò che sta accadendo qui, ora, si sta verificando in ogni parte del vostro lurido pianeta, quindi non sperate di ricevere un qualche aiuto. Da oggi siete di proprietà del Grande Impero di Alloces ed io, l'Imperatore Andras detto il Conquistatore, avrò ogni genere di potere su di voi, compreso quello di morte, ovviamente. >>
Successivamente si rivolse ai cinque uomini dietro di lui, che sembravano essere degli importanti ufficiali militari, dicendo loro con serietà:<< Occupatevi voi del resto e sbrigatevi a tornare nella Capitale insieme all'esercito. >>
Secco e conciso come solo un dominatore sapeva e poteva essere.

Poco prima di andarsene mi rivolse un'ultima raggelante occhiata e, inoltrandosi nelle nubi di fiamme nere, scomparve nell'oscurità assoluta di quella sorta di portale tra mondi lontani.

Scomparso lui, scoppiarono subito le urla di paura dei cittadini che, impauriti, si accorsero che ormai eravamo completamente circondati da quelle nubi e che quindi eravamo come topi in trappola. Il tempo di pace a nostra disposizione era finito. Definitivamente.
Rivolsi lo sguardo da tutte le parti ma mi accorsi con terrore che proprio non c'era via d'uscita. Dannazione: mi rifiutavo di morire o peggio di diventare una schiava di quei mostri, avevo ancora tanto, troppo, da fare prima! Ero una donna libera per diamine e si sbagliavano di grosso se credevano di potermi domare così facilmente!
Mentre quei colossi cominciavano una strage tra la folla agonizzante, io presi quindi la mia decisione. Se quel bastardo credeva di poter vincere così, giocando a fare il dittatore... beh si sbagliava di grosso! Avrei preso in mano le redini della mia vita una volta per tutte e avrei conquistato, se necessario, la mia tanto agognata libertà. Lo avrei fatto per mia madre ed anche per quello che un tempo era stato mio padre.
Sì, io sarei sopravvissuta a tutti i costi. Era una promessa.

Nessuno badò a me in mezzo a quella devastazione. Chi avrebbe mai pensato che una ragazza si sarebbe proprio diretta in quella che sembrava essere la cosiddetta tana del lupo?
Correndo come mai in vita mia, mi diressi verso il varco da cui erano apparsi quei mostri e il loro maledetto imperatore -
lui era scomparso proprio nel punto in cui mi stavo dirigendo dopo che aveva finito il suo discorso - così mi ci gettai dentro, ben decisa a dargli una lezione.
Sentii solo altre urla e grida di misera disperazione prima di entrarvi completamente.
Dentro era tutto buio, freddo, umido e... possibile che emanasse anche una sorta di tristezza?
Non potei, però, analizzare meglio quella sensazione perché il tempo di realizzare ciò che fui catapultata in un luogo a me sconosciuto. E che, per quanto fosse simile alla Terra, presentava tante piccole differenze naturali nell'habitat che mi si presentava difronte.
Bene. Di sicuro quello non era un luogo terrestre. Ero sola, infreddolita e sperduta chissà dove. Non poteva andare meglio, direi, ma dopotutto io avevo un compito da portare a termine adesso, quindi non mi restava altro che adattarmi ed andare, in qualche modo, avanti per la strada che avevo scelto di percorrere.
Poi, osservando meglio il paesaggio, mi resi conto che il freddo era dovuto al fatto che stava nevicando: tutto, infatti, era di un meraviglioso bianco candido e puro. Sorrisi. Amavo la neve, era fredda ed apparentemente ostile alla vita, eppure sotto nascondeva quel prezioso tesoro composto da fiori e vegetazione che si rivelava essere una gradita sorpresa non appena arrivava l'avvento della primavera: per ognuna di quelle piccole foglioline era come essere nel grembo materno prima poter nascere e crescere sotto lo splendente sole primaverile. Il quale apriva infiniti scrigni di neve in attesa per poi rivelarne la ricchezza interna a tutto il mondo. Era uno spettacolo bellissimo.
Vagando con lo sguardo notai anche che non molto lontano si ergeva in tutta la sua maestosità un palazzo, il quale si trovava sopra un'ampia cascata dove vi erano una moltitudine di costruzioni in pietra molto lavorata da cui sgorgava un'acqua limpida e luminosa sotto i raggi di uno sfocato sole invernale. Quest'ultima si andava a riversare in un grande lago proprio sotto il sontuoso castello.
A circondare il tutto vi era quella che doveva essere una città
ricca e prosperosa: molto probabilmente la Capitale di cui parlava prima l'imperatore. In essa si scorgevano, inoltre, alti palazzi - alcuni moderni come i grattacieli di New York, altri dotati di uno stile più classico ed aristocratico.
Sulle sponde del lago, infine, facevano bella mostra di se varie ville che, sicuramente, 
appartenevano ai nobili del luogo.
Tutt'intorno vi era un'enorme cinta muraria che passava proprio
dietro di me ed il bosco che circondava tutti i dintorni. Io mi trovavo esattamente all'inizio di quest'ultimo.
Notai che sopra le possenti mura vi erano dei soldati che
si stavano avvicinando pericolosamente al punto in cui mi trovavo, così provvedei a nascondermi subito dietro gli alberi più alti. In seguito, stando ben attenta a non fare nessun rumore sospetto, mi addentrai nella vegetazione e, forte degli insegnamenti acquisiti durante le numerose scampagnate in montagna con gli scout, cercai subito un posto riparato dove passare la notte: il buio era sempre più fitto.

Dopo non molto trovai una piccola grotta nelle vicinanze che fece proprio al caso mio. Purtroppo dovetti accontentarmi di dormire in quell'angusto luogo umido e freddo dato che, per ovvi motivi, ero priva di coperte. Per fortuna avevo dalla mia parte alcuni maglioni pesanti, una lunga sciarpa e dei guanti ben imbottiti che, almeno in parte, mi riscaldarono dal freddo gelo notturno.
Poco prima di addormentarmi, rivolsi un'ultima volta gli occhi verso l'uscita
della grotta, pensando che l'indomani sarebbe stata una giornata veramente dura da affrontare. Anche perché non avevo la minima idea di cosa fare se non trovare un posto sicuro dove sistemarmi per un po'. Rivolsi un'occhiataccia alla pietra sopra la quale mi ero sdraiata per dormire: non potevo di certo continuare a dormire in una sudicia grotta per sempre.
Ma soprattutto dovevo farlo perché solo
così avrei potuto ottenere le informazioni che cercavo, solo così avrei trovato il punto debole che mi avrebbe permesso di sconfiggere quei mostri assetati di potere. In seguito lo avrei riferito il prima possibile, ed in qualche modo, a quelle forze militari umane che speravo sarebbero sopravvissute all'attacco nemico e tutto sarebbe finalmente tornato alla normalità.
Era questo il piano. Ma adesso ero davvero troppo stanca per pensare ad altro, così decisi di sottrarmi al duro peso del dovere a vantaggio del dolce e meritato riposo.
E mentre chiudevo gli occhi, sprofondando in sonno senza sogni, mi augurai tristemente il Buon Natale, non immaginando minimamente che il giorno dopo
sarebbe stato tutt'altro che roseo.

Avrei imparato a mie spese che niente va mai secondo i nostri piani, che molto spesso la fortuna non gira dalla nostra parte e che esistevano
luoghi ben peggiori dell'inferno dantesco, dove sopravvivere non è per niente facile.

***








ANGOLO AUTRICE:


Buongiorno popolo di EFP!

Come avrete sicuramente notato ho sistemato per bene il prologo e questo primo capitolo che spero vi piaccia. :)

Allora, cosa ne pensate di questi due capitoli? La storia è di vostro gradimento? C'è qualcosa che non vi quadra? Perché, se è così, fatemi sapere il tutto tramite una, anche piccola, recensione. Sono sempre aperta sia ai complimenti che alle critiche, ragazze.
Ho visto che in molti hanno aperto la mia storia e ne sono felicissima!
Ringrazio
moltissimo le undici ragazze che hanno recensito il prologo ed in particolare ringrazio la gentilissima StellaChiara per aver recensito entrambi i capitoli! <3
Un GRAZIE speciale lo meritano anche coloro che hanno inserito la storia fra le preferite/ricordate/seguite.

Al prossimo capitolo, già in fase di stesura!


Baci, ASHWINI! :*

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo: Verso un nuovo futuro. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic 02 CAPITOLO SECONDO- Verso un nuovo futuro. Buonasera ragazze! ^-^

Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi piaccia. :)
Vi avviso che questo è un capitolo di passaggio che servirà per spiegare alcune cose, la vera avventura inizierà dal prossimo capitolo.
Seguite Amia nel suo viaggio, provate le emozioni che prova lei e tentate anche di immedesimarvici, voi cosa fareste al suo posto?
Adesso vi lascio alla lettura del capitolo, ci vediamo sotto.

BUONA LETTURA!

****





Una persona riesce a diventare veramente forte solo quando
ha qualcosa per cui valga la pena di combattere e per cui
farebbe qualsiasi cosa pur di non perderla!




Capitolo secondo: Verso un nuovo futuro.





Quella mattina, mi svegliai grazie ai tiepidi raggi del sole che già facevano capolino dall'orizzonte, era l'alba di un nuovo giorno e, chiamatelo sesto senso, sentivo che quella sarebbe stata una giornata pessima.
Mi sentivo strana e inquieta, da quando gli occhi dell'imperatore si erano distolti dai miei mi sentivo come se una parte di me mancasse, come se con quell'atto si fosse portato via un frammento importante della mia anima.
Una sensazione terribilmente inquietante.

Non capivo cosa diavolo mi aveva fatto, il perché mi sentissi così dipendente da un nuovo contatto con i suoi occhi, e il solo pensiero di ciò mi mandava in bestia, non capivo questa mia nuova e prepotente esigenza di averlo vicino, insomma io neanche lo conoscevo! Odiavo il solo pensiero di sentirmi dipendente da qualcuno in modo così morboso e poi, non era neanche normale!
Scacciai con forza quei pensieri dalla mia mente, pensando che avevo cose molto più urgenti da fare al momento e, facendo mente locale, decisi che la prima tappa era trovare il più in fretta possibile un rifugio, possibilmente più comodo della caverna in cui avevo dormito, ma soprattutto sicuro, da cui mettere in atto il mio piano. Anche se mi sarei imbattuta in molte difficoltà, qualcosa avrei sicuramente trovato; ero determinata e niente avrebbe potuto fermarmi.
Niente, nemmeno lui.

Uscii cauta e il più silenziosamente possibile dalla caverna in cui avevo passato la notte, dicendomi che non dovevo essere avventata, nessun passo falso o avrei potuto rimetterci la pelle. Avevo visto con i miei occhi di cosa erano capaci quei mostri e non volevo averci nulla a che fare.
Dopo non molto arrivai nuovamente all'entrata del bosco e, guardando verso le mura, notai con sollievo che non vi erano guardie, forse era ancora troppo presto...
Bene. Avrei avuto meno problemi.
Guardandomi intorno scorsi una strada che doveva sicuramente portare alla capitale dato che era rivolta verso di essa. Mi resi conto con orrore che però sarei stata completamente allo scoperto dato che non vi erano alberi o altro a coprirmi le spalle, e che se fosse passato, per disgrazia, uno di quei soldati di ronda sarei finita dritta dritta nei guai. A quel pensiero, mi vennero in mente le mille e più torture che avrebbero potuto infliggermi prima di morire, provocandomi brividi di freddo simili a lamine appuntite che passarono lungo tutta la mia spina dorsale.
Ok, dovevo calmarmi e pensare lucidamente, potevo farcela.
Bene... pensa Amia, pensa, cosa si può fare adesso?
Sorrisi pensando che anche Winnie Pooh faceva così e... cielo, come diavolo potevo mettermi a pensare a quell'orsetto proprio adesso! Dovevo restare concentrata!

Mentre ero impegnata nelle mie inutili e fuori luogo elucubrazioni mentali non mi accorsi minimamente di essere osservata da qualcuno dietro le mie spalle.
All'improvviso, infatti, qualcuno mi prese da dietro con forza, intrappolandomi in una presa d'acciaio, cercai allora di liberarmi muovendomi come un'ossessa ma non ebbi nemmeno il tempo di girarmi per vedere chi fosse o fossero i miei aggressori, perché subito ricevetti un forte colpo alla testa e il buio assoluto avvolse la mia mente.

Odore di ferro e ruggine, puzza di sudore e sangue rappreso, furono questi gli sgradevoli odori che mi avvolsero al mio turbolento risveglio causato da una profonda buca in mezzo alla strada.  
Mettendomi seduta, mi stropicciai gli occhi con una mano, cercando di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovavo, e mi paralizzai sul posto non appena mi accorsi di essere dentro le sbarre di una cella incastonata sopra un carro malandato.
Ero stata davvero catturata allora, non me l'ero sognato... No, no, no, no. E adesso come facevo ad uscire?!  
Ancora una volta la mia mente fu invasa dalle immagini raccapriccianti delle peggiori torture possibili.
Accidenti!
Smarrita e preoccupata mi guardai intorno e notai che con me c'erano altre cinque persone, due ragazze e tre ragazzi che dovevano avere pressoché la mia età. Mmh, forse potevo chiedere a loro se sapevano qualcosa, così, con voce pacata, chiesi loro: << Ehm... Scusate, ma voi sapete per caso dove ci stanno portando? >>

Quattro di loro alzarono lo sguardo da terra e puntarono i loro occhi su di me. Erano tutti stremati e sofferenti oltre ogni dire; chissà quante ne avevano passate quei poveretti...
Sospirai, forse dovevo starmene zitta e non infierire su di loro ulteriormente...

<< Ci stiamo dirigendo alla capitale per essere venduti ai demoni come schiavi. >>
Colui che parlò fu uno dei ragazzi, quello seduto in un angolo della cella in disparte, aveva lo sguardo rivolto verso il cielo, come se solo ciò potesse dargli un qualche sollievo. Aveva i capelli rosso ruggine, gli occhi verde prato e una carnagione chiara. Le labbra sottili avevano pronunciato quelle poche parole con chiaro disprezzo.
Come lo capivo... ma aspetta. Aveva forse detto... Demoni?!
Sapevo che con quegli straordinari poteri non potevano essere dei normali esseri umani ma... demoni?! Andiamo, erano creature fantastiche, frutto di menti umane perverse, i demoni non esistevano!  Era assurdo! Tutte queste storielle su angeli, demoni, vampiri e compagnia bella sono solo baggianate, per impaurire i bambini, nulla più, nulla meno.
Ma, adesso, avevo visto con i miei stessi occhi di che cosa erano capaci quegli esseri: ormai non mi restava che arrendermi all'evidenza dei fatti, anche perché non c'era nessun'altra spiegazione logica al problema.
Perfetto, avevo a che fare con potenti demoni assetati di potere e pronti ad uccidere. Direi che, ora come ora, va proprio tutto alla grande, pensai sarcastica.
Fissai intensamente il ragazzo ed in un attimo decisi che dovevo assolutamente saperne di più sulla questione, la curiosità era un'altra delle mie peculiarità ed io avevo un urgente bisogno di sapere al momento.

<< Posso chiederti come sai che sono per certo dei demoni? >> mi informai gentilmente, ma il mio tono tradiva la mia reale impazienza.
<< Come, tu non c'eri quando ci hanno attaccati? >> domandò incredulo il ragazzo.
<< No, io c'ero, ma prima che mi catturassero sono scappata attraverso un portale e sono arrivata nel bosco di prima, credevo che così non sarei stata catturata ma... beh come puoi vedere sono stata presa comunque. Non ho assistito al resto degli eventi accaduti a casa... Ma tu di dove sei? Se non sono indiscreta... >> chiesi incerta, torturandomi le mani.
<< Tranquilla, non farti alcun problema. Io sono di Londra comunque. Allora, per fartela breve, c'è stata una strage, gente che urlava disperata, chi cercava di scappare, chi paralizzato dallo shock... insomma, siamo stati presi, se non tutti, buona parte. Successivamente ci hanno messi in carri come questo e ci hanno fatto attraversare un portale, poi ci siamo fermati e, dopo averci legato con manette d'acciaio, ci hanno condotti in una cabina di controllo difronte le mura per registraci credo, non conosco la lingua in un cui parlano questi demoni ma a giudicare da quanto fatto deve essere stato così. Credo sia stato allora che ti hanno caricata qui dato che quando siamo risaliti nel carro, tu già eri qui priva di sensi. Posso poi dirti con certezza che sono demoni perché i conducenti del carro, ci hanno presi costantemente in giro dicendo che ora non avremmo più fatto quei deliranti discorsi sul fatto di essere la razza più evoluta e dominante dell'universo. Che ora avremmo conosciuto il vero inferno e che loro erano dei demoni notevolmente più forti di noi. Il tutto ridendo e schermendoci. Questo è tutto ciò che so al momento, mi dispiace. Tu di dove sei invece? >> Mi disse con la voce di chi è consapevole di essere impotente difronte a fatti più grandi di lui.
<< Io invece vengo da New York... quindi... è vero che stavano attaccando tutte le città del mondo... Cavoli, la cosa è molto più grave di quanto già non credessi... >> sospirai affranta ma con gli occhi fiammeggianti d'ira.
Da quel momento in poi nessuno dei due parlò più, sentivo che l'aria si era fatta più tesa e pesante sulle mie giovani spalle. A quel punto, mi chiesi se avrei veramente potuto portare a termine la missione che mi ero prefissata il giorno prima. Insomma, ero sola in un mondo sconosciuto, in mani nemiche e in procinto di essere venduta come schiava. La situazione andava di bene in meglio.
Però una cosa era certa, io non mi sarei mai fatta sottomettere da uno di quei dannati mostri!
Avrei resistito ad ogni cosa mi si fosse parata difronte, combattendo per i valori che mia madre mi aveva insegnato. Anche stavolta sarebbe stata così, sicuramente. 
Tanto meglio se sarei stata venduta ad uno di quei demoni. Avrei fatto in modo di finire nelle mani di una famiglia potente, vicina all'imperatore. Successivamente mi sarei premurata di sopravvivere in tutta tranquillità, senza dare nell'occhio. Nel frattempo però, avrei cercato ogni informazione possibile sull'impero e il suo sovrano, cercandone i punti deboli poi, come già detto in precedenza, avrei riferito tutto alle forze militari che erano riuscite a sopravvivere all'attacco nemico. 
Un sadico sorriso spuntò sulle mie labbra rosse come ciliegie mature. Si, ce l'avrei fatta e alla fine avrei gongolato difronte la faccia stupita di quel bastardo dagli occhi rossi e... No! Ecco che mi ritornavano in mente i suoi maledetti occhi, ecco che quella strana sensazione si faceva risentire prepotente in me, consumandomi e tormentandomi, seppur piacevolmente, l'anima.
Dovevo smetterla accidenti! Non dovevo avere distrazioni di nessun genere o avrei rischiato di compromettere tutto.
Mi sento tanto James Bond in questo momento. A quel pensiero risi come una scema e gli altri ragazzi mi guardarono come se fossi pazza, e come dargli torto, insomma, chi rideva mentre era in procinto di essere schiavizzata? Beh, forse non era un buon momento, ma una delle cose che mi diceva sempre mia madre era che bisogna affrontare tutti i problemi con un sorriso.
Ed è proprio per tale motivo che io avrei sempre sorriso, mostrando a tutti quei mostri che io sarei andata avanti sempre e comunque, non importa cosa loro avrebbero fatto per abbattermi, avrei trovato la forza di rialzarmi semplicemente perché volevo essere libera di vivere la mia vita.

Occhi rosso cremisi, penetrati e profondi come i rubini più preziosi.

Scossi la testa, no, nemmeno lui avrebbe potuto reprimere il mio animo battagliero. Guardando le nuvole in cielo, fissai con sfida l'immagine dell'imperatore che era comparsa prepotente nella mia mente.
Il signorino voleva la guerra?
Bene. Aveva trovato pane per i suoi denti.

E mentre sorpassavamo le porte della città e un leggero venticello mi sferzava il viso, guardai con ritrovata speranza la città che mi si parò difronte.
Ed allora sorrisi nuovamente, sorrisi al cielo e fu come risentire il caldo abbraccio di mia madre avvolgermi.

Sì, sarei sopravvissuta anche per lei.




***



ANGOLO AUTRICE:


Buongiorno a tutti! ^-^

Allora, iniziamo col dire che mi rende enormemente felice vedere che in molti stiate seguendo la mia storia! *-*

Ringrazio coloro che recensiscono e mi fanno sapere ciò che pensano, davvero, così mi spronate a continuare con sempre più vigore! <3
Ringrazio anche chi semplicemente legge la storia. Magari in futuro riuscirò a sorprenderlo e a farlo recensire, chissà! 
Questi sono stati dei capitoli di passaggio, un'introduzione a quella che sarà la vera e propria storia, infatti dal prossimo risulteranno più lunghi di così.
Spero che non vi creino disturbo, ditemi voi se li volete sempre così corti... in questo modo però si allungherà la storia e voi saprete dopo cosa accade perché io potrei decidere di fare la cattiva e interrompere il tutto in un momento cruciale... 
Ma tanto lo farò comunque, ahahahah.

Nel prossimo capitolo vi anticipo che ci sarà il tanto atteso secondo incontro tra la nostra protagonista ed il co-protagonista della storia! Faranno scintille, ve lo assicuro! ;)

Baci a tutti, vostra Ashwini. ;*

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo: Rivedersi. ***


Image and video hosting by TinyPic 03 CAPITOLO TERZO- Rivedersi. Buonasera ragazze che mi seguite! ^-^
Vi annuncio che... *rullo di tamburi* ... HO SCELTO COME SARANNO AMIA E ANDRAS! *-*
Ci terrei a sapere se vi piace o meno. Ovviamente voi potete immaginarli come più vi aggrada, ma io li immagino così quando scrivo su di loro, ci tenevo solo a farveli vedere. Magari potete inviarmi le immagini di come voi ve li immaginate se questi attori non vi piacciono, sapete che sono sempre contenta di sapere le vostre opinioni.
Dato che sicuramente appariranno nuovi personaggi, li andrò aggiungendo.
Detto questo vi lascio alla lettura del capitolo, ci vediamo sotto.

BUONA LETTURA!




*AMIA: Image and video hosting by TinyPic





*ANDRAS: Image and video hosting by TinyPic






Quando due destini si incrociano è difficile separarli,
e quando l'amore va oltre ogni immaginazione,
possono passare anni, decenni, ma i destini rimarranno sempre incrociati, indissolubili.





Capitolo terzo: Rivedersi.




Appena il carro che ci trasportava varcò la soglia di quella che doveva essere la porta principale della città, essa si richiuse con un sonoro tonfo alle nostre spalle, come a rammendarci ancora una volta che la nostra libertà era definitivamente finita.
Oltre alle mura esterne, quelle poco prima del bosco in cui mi ero rifugiata la notte prima, c'erano anche queste che invece circondavano l'intero limitare della ricca capitale. Era ovvio che si sentissero tanto sicuri, avevano mura fortificate e soldati armati pronti a difendere la popolazione all'interno della città, immaginai che doveva essere così anche altrove dato che sembravano una vera e propria società guerriera. Anche se subito aggiunsi mentalmente che erano anche all'avanguardia: cavoli, erano avanzati tecnologicamente quanto e, forse, più di noi!
Come avevo notato precedentemente, la città era piena di edifici altissimi e simili ai grattacieli umani, c'erano anche delle automobili che sembravano essere magnetiche al suolo dato che risultavano sollevate di un cinque centimetri circa da esso. Cosa che solo nelle megalopoli umane più avanzate tecnologicamente si vedeva nel mondo umano. Vi erano tante di quelle cose affascinanti che la mia bocca doveva aver assunto la forma di un perfetto ovale.
A quanto pare, notai con stizza, i carri arretrati li riservavano solo a noi poveri prigionieri di guerra.
Questo posto trasudava bellezza, ricchezza e potenza da tutti i pori. In un certo senso li ammiravo.
Mentre percorrevamo le strade della città osservai che era davvero enorme, i cittadini camminavano tranquilli nei marciapiedi, incuranti di noi, come se avessero visto questa scena così tante volte da non notarla neppure ormai e forse, pensai con improvvisa consapevolezza, doveva essere proprio così.
Arrivammo difronte un grande muro di ferro, e i conduttori del carro scesero ed andarono in una cabina lì vicino, parlottarono con un uomo all'interno e successivamente l'imponente portone si aprì dinanzi a noi. I due tornarono e ci condussero all'interno di quella sottospecie di area militare. Doveva essere certamente qui il tanto odiato smistamento ai nostri nuovi padroni, come dicevano loro.
Ci fermammo in una grande piazza ovale e non potei non guardare con grande pietà la grande quantità di gente che già si trovava sopra gli spalti di una costruzione in legno al centro della piazza, tutti rigorosamente legati con catene in ferro ai polsi a dei bastoni dello stesso materiale fissati nel legno. Agli estremi vi erano altri soldati di controllo. Sicuramente molta altra gente sarebbe arrivata qui ed in altre città dell'impero per subire la stessa sorte.
Dopo pochi istanti ci fecero scendere, subito dopo averci legati con le catene di cui parlavo prima. Era inutile ribellarsi, eravamo circondati da tutte le parti da soldati che erano sicuramente e perfettamente addestrati all'omicidio, seri ed impassibili.
Ci disposero anche a noi nello stesso modo degli altri ed aspettammo. Aspettammo per non so quanto chissà cosa. Cominciai dopo ben poco a perdere la pazienza: insomma, cosa o chi mai stavamo aspettando di tanto importante da... Oh. Bloccai subito il fluire dei miei pensieri non appena, dalla medesima entrata da cui ero passata io, si fece largo, dopo uno squillo di tromba, una specie di limousine nera subito seguita da una scorta di guardie a cavallo di bestie simili ad enormi lucertole. Che orrore, pensai.
Dopo che macchina si fu fermata proprio difronte a tutti noi, una guardia lì vicino si avvicinò subito ad essa, in modo da aprirne una portiera e lasciar fuoriuscire, dopo un basso inchino, l'elegante figura dell'imperatore: lo stesso ragazzo che il giorno precedente aveva sconvolto la vita dell'intera umanità, lo stesso che comandava un impero che doveva essere vastissimo. Lo stesso che con i suoi bellissimi occhi mi aveva completamente ipnotizzata. 
Impassibile e fiero salì le scalette di legno e osservò silenzioso tutta la massa di schiavi lì riunita in fila. Fino a quando si fermò esattamente difronte a me. Merda.
Mi guardò con attenzione e, dopo non molto, vidi come un lampo di non so che cosa attraversare quelle sue iridi di un blu impossibile, inumano, simile alle profondità dell'oceano ma più, come dire, irreale. Inoltre, ad un attento osservatore non potevano di certo sfuggire quei piccoli frammenti violacei presenti nell'iride, vicinissimi alla pupilla.
Non so per quanto tempo restammo ad osservarci così, immersi l'uno negli occhi dell'altro, fatto sta che ad un certo punto fu proprio lui a distogliere improvvisamente
lo sguardo dal mio ed a richiamare a se un uomo non molto lontano da lui, tramite un breve ma autoritario cenno della mano.
<< Portala a palazzo, fai in modo che venga ripulita, quindi, fatela anche portare nelle mie stanze. La voglio pronta entro il dopo cena. Nessun ritardo è concesso. >> la sua voce era esattamente come la ricordavo: gelida come l'inverno più ostile, tanto priva di ogni emozione che potei percepire un brivido attraversarmi la schiena.
<< Come lei desidera, mio signore. >> L'uomo fece un inchino e subito fece avvicinare i soldati di controllo a me in modo che mi slegassero.
Il tempo di ciò che mi riscossi dalla sensazione di gelo che mi aveva avvolto, replicando subito: << Brutto cafone, cosa ti sembro un oggetto?! E guardami in faccia quando ti parlo! >>
Subito venni schiaffeggiata con forza dall'uomo che poco prima aveva parlato con l'imperatore: << Osa dire di nuovo una cosa del genere che ti staccherò immediatamente la testa con le mie stesse mani, ci siamo capiti?! >> 
Mi raggelai impaurita, non tanto per la minaccia subita, no. Ciò che mi aveva bloccata dall'insorgere ancora contro quel maleducato fu l'occhiata di sbieco che ricevetti dall'imperatore. Terribile.
Mi appuntai mentalmente di fargliela pagare: avrebbe scontato ogni singola umiliazione che mi stava infliggendo. Decisi, infatti, che sarebbe arrivato il mio momento e che per ora potevo pure starmene zitta. Per ora.
L'uomo che nel frattempo mi aveva sbraitato contro chissà cosa fece quanto ordinato dal suo signore. Quest'ultimo se ne andò, invece, così come era arrivato, diretto probabilmente al palazzo reale.
Sorrisi diabolica pensando che ora che sarei diventata la sua serva personale avrei avuto meno difficoltà a scovare i suoi punti deboli. Insomma, ero vicinissima a lui! Forse qualcuno mi voleva bene lassù!
<< Stupida umana sbrigati a salire in macchina! Hai sentito sua maestà, ti vuole pronta per stasera e... >> sorrise in un modo che non prometteva nulla di buono e continuò: << ... credo proprio che vorrà fatto qualche servizietto, non so se mi spiego... >> rise malignamente mentre mi spingeva a forza dentro l'auto che avevano portato per condurmi a palazzo. 
Alla sua esclamazione feci subito una faccia a dir poco sconvolta e... Ok, ripensandoci, credo che nessuno mi voglia bene lassù. Sì, decisamente oggi non era la mia giornata.
Il cielo, nel frattempo, era diventato di un tenue azzurro pastello: mancavano poche ore alla sera ed io non avevo neanche pranzato, avevo una fame tremenda, accidenti. Speriamo che arrivata lì mi diano qualcosa da mangiare, pensai speranzosa.

Attraversammo la città e, sorpassato anche il lago sotto la cascata alle cui sponde si trovava il castello, proseguimmo per una lunga salita dove svoltata l'ultima curva mi si parò difronte un qualcosa di davvero stupefacente.

Una enorme distesa di verde mi si stagliò dinanzi in tutta la sua lucentezza, si trovava dietro un imponente cancello in oro che si aprì e fece entrare l'auto che percorse il lunghissimo viale lentamente, permettendomi di vedere il trionfo di colori dei vari fiori che abbellivano il prato.
Il loro buonissimo odore mi penetrò nelle narici attraverso il finestrino aperto. I cespugli erano stati tagliati da un abile giardiniere che li aveva fatti di varie forme: cervi, cherubini, piccole tartarughe e molto altro ancora. 
Tutto era curato nei minimi dettagli, mi sembrava di essere in un giardino principesco d'ottocento. 
Poi, ecco davanti a me ergersi in tutto il suo splendore il palazzo reale più bello che avessi mai visto: tutto era in marmo bianco e azzurro, decorazioni di vario tipo in oro adornavano le finestre e le porte, sopra la porta principale, più alta e larga delle due a fianco, faceva bella mostra di se un mosaico ritraente un paesaggio alpino e notai che anche le finestre avevano i vetri a mosaico.
Poco prima dell'entra vi era una piccola piazzetta in cui una grande e circolare fontana sprizzava acqua limpida e lucente dall'anfora di un cherubino in marmo bianco. 
Certamente non avevano badato a spese e se l'esterno era così non osavo immaginare come fosse l'interno!
Mi fecero scendere, e presa malamente per in braccio destro mi trascinarono verso un'altra entrata, dietro il palazzo. Certo mica mi potevano far entrare dall'entrata primaria! 
Vidi poi un affaccendarsi di gente di qua e di là, con vari pacchi e casse in mano: c'era frutta, cibo di ogni genere ed addirittura pesanti casse con polli vivi dentro! Ma cosa diamine stava succedendo?
<< Katia! Katia! Sbrigati, c'è qui una novellina da educare! >> sbraitò l'uomo.
Dall'uscio vidi uscire tutta trafelata una donna robusta sulla cinquantina, aveva i capelli castani legati in uno schignon e un vestito umile ma ben pulito. Dalla faccia un po' paffutella mi sembrava simpatica.
Si avvicinò velocemente a noi e facendo un cenno di saluto ad entrambi mi chiese gentile: << Chi? Questa povera creatura! Ma è così giovane, povera cara, ti hanno trattata male?>>  
<< Katia, per l'amor del cielo! Il padrone la vuole nelle sue stanze entro il dopo cena, quindi sbrigati a renderla presentabile che puzza come un cane bagnato! >> 
Ma che gentile! Grazie che non odoravo di pesca, avevo dormito in una sudicia grotta! Che maleducato!
La donna lo ammonì con lo sguardo e disse: << Sì, vado, vado! Ah, piccola cara vieni sù, vediamo di renderti una bambolina! >>
Detto questo mi prese per il polso, gentilmente e non in modo brusco come l'altro. Apprezzai molto il gesto e la seguii volentieri attraverso le stanze della servitù, non prima di aver rivolto un'occhiataccia altamente ricambiata dal demone.
Mi portò davanti una porta color pesca e con una chiave la aprì, mi si presentò una stanzetta molto carina, color rosa pallido e con i mobili primari, vi era poi una porta a destra del letto che doveva portare al bagno. 
<< Bene cara, questa da oggi in poi sarà la tua stanza! Ecco le chiavi, brava, mettile in tasca e non le perdere! Ora andiamo in bagno a lavarti. Che il cielo ci aiuti, è già molto tardi ragazza mia! >> 
Ci richiudemmo la porta alle spalle e ci dirigemmo nel bagno della camera in cui mi aiutò dicendomi dove erano il bagnoschiuma, il balsamo e tutto il resto ed io provvedei a lavarmi il più in fretta possibile.
Successivamente mi diede l'intimo e dopo essermelo messa uscì dal bagno tutta profumata, mi sentivo decisamente meglio adesso!
Mi disse che mentre mi lavavo aveva provveduto a procurarmi dei vestiti: jeans chiari, felpa rossa e ballerine del medesimo colore della felpa.
Così mi vestii velocemente e ringraziata la donna per il gentile aiuto datomi mi diressi con lei verso le stanze dell'imperatore.
A dire il vero ero un po' spaventata, insomma cosa voleva da me? Cosa mi avrebbe fatto? Perché proprio io tra tutti?
Tutte domande a cui non sapevo dare una risposta e che da tempo ormai mi frullavano nella mente.
Le stanze che attraversammo erano tutte sfarzose e anche qui vi era un via vai di gente agitata. Così chiesi timidamente a Katia: << Mi scusi signora, ma come mai c'è tutta questa agitazione, l'ho notata anche fuori... >> 
<< Cara, chiamami pure Katia, se mi chiami così mi fai sentire più vecchia di quanto già non sia! Comunque stellina, tutto questo è dovuto al rientro a casa della regina madre, sta tornando da un viaggio di lavoro e noi, su ordini dell'imperatore suo figlio, stiamo preparando un grande banchetto in suo onore, capisci? >> mi rispose con una voce dolce come il miele.
Feci segno di ''sì'' con la testa e senza fare più domande mi lasciai condurre da lei.
Ecco spiegato il motivo di tutta quell'agitazione! Chissà com'era la regina madre, sicuramente bellissima come il figlio. Mi morsi il labbro inferiore, frustrata. Dovevo smetterla di pensare simili cose del mio peggior nemico, non era normale, accidenti. Lui doveva restare solo ''il bastardo che aveva conquistato il mio pianeta'' per me, nient'altro che questo.
E mentre mi rimproveravo mentalmente arrivammo difronte un'ampia porta, la donna bussò e nessuno rispose, così entrammo e mi disse di aspettare lì il rientro del padrone. Mi diede, poi, un pezzo di pane
preso dalle cucine per placare il mio stomaco brontolante, raccomandandomi anche di sbrigarmi a mangiarlo. La ringraziai, sinceramente grata.
Dopo un rapido saluto, la donna si dileguò quindi dietro la porta, chiudendosela alle spalle e lasciandomi in balia delle mie numerose incognite. Sola.

Non appena finii di mangiare, aspettai il ritorno del demone lì davanti alla finestra che dava sull'ampio giardino reale, muovendomi sul posto un po' agitata. 
Si era già fatta sera inoltrata e pensai che quindi la serata doveva già esser quasi finita se non lo era già.
Le domande di prima e molte altre si riappropriarono della mente ed il pensiero di cosa sarebbe potuto accadere di lì a poco mi rendeva altamente inquieta.
Poi ecco il leggero cigolio della porta, il rumore di essa che si richiudeva e soprattutto i leggeri passi di qualcuno. Mi immobilizzai sul posto.
Ma dovevo muovermi, accidenti, non potevo mostrargli di essere così in soggezione in sua presenza.
Bene Amia, rilassa i muscoli e girati come se nulla fosse! Forza e coraggio!
Mi girai lentamente e, dopo averlo fatto, non potei fare a meno di pensare a quanto fosse dotato di una bellezza disumana, sembrava un dio greco. Scacciai quei pensieri dalla mente, ammonendomi nuovamente, e gli rivolsi lo sguardo più duro ed indifferente di cui ero capace. 
Sì, e adesso? Lui non faceva altro che starsene lì, fresco come una rosa a guardarmi impassibile come se fosse stato una statua di fredda roccia e non un essere vivente.
All'improvviso lo vidi assottigliare gli occhi e parlare con voce meccanica: << Bene, vedo che ti hanno già portata qui. Allora ragazzina, vediamo di essere chiari: obbedirai ad ogni mio ordine senza discutere, sarai veloce nel svolgere le tue mansioni e ti consiglio di fare la brava se non vuoi morire precocemente. Non sono il tipo che perdona o che concede seconde possibilità. >>
<< Forse io non sono stata chiara prima quando mi hai scelta: non sono un oggetto di tua proprietà, ti odio già e non ho alcuna intenzione di... >> non finii la frase che mi ritrovai sbattuta violentemente al muro con la sua mano destra che mi teneva saldamente per la gola, lasciandomi a malapena il modo di poter respirare. Spalancai gli occhi impaurita.
<< Vedi di rigare dritto misera umana, te l'ho detto: nessuna seconda possibilità e sappi che con questo tuo atto di presunzione ti sei già giocata la prima . >> mi freddò, spietato.
I nostri occhi si fissavano con astio e odio, sembrava mandassero scintille.
<< Adesso vai in camera, per stasera non mi servi. Presentati domani qui all'alba. >> continuò impassibile e lasciandomi finalmente la gola. Caddi poi al suolo tossendo convulsamente e lo vidi entrare in bagno dopo avermi sorpassata.
Mi dissi che per oggi potevo pure smetterla di farmi tanti problemi e di rischiare la vita per questioni così stupide, ero stanca e sinceramente non vedevo l'ora di andarmene a letto. Dovevo ricordarmi che tutto questo era la vera e pure realtà, non un gioco per bambini, se volevo fare qualcosa per salvare il mio pianeta dovevo restare viva. Sarebbe stato difficile, ne ero consapevole, ma dovevo farcela per tutte le migliaia di persone che erano morte e anche per quelli che adesso si trovavano in condizione di schiavitù. 
Uscii dalla camera ancora sofferente e, ricordandomi la strada precedentemente percorsa con Katia, tornai nella mia nuova camera, esausta.
Mi buttai, quindi, sul letto, crollando definitivamente tra le braccia di Morfeo.

Beh, non era andata così male, no?






ANGOLO AUTRICE:

Buonasera care lettrici! ^-^

Ebbene sì, ho aggiornato pure oggi! XD
Sapete, mi è venuta l'ispirazione e così una cosa tira l'altra, eccomi qui!
Allora cosa ne pensate del capitolo? Vi piace? Spero vivamente di sì! 
Come avrete letto, i due si sono reincontrati e il loro incontro non è stato dei migliori, voi che dite? ahahahah e ancora non avete visto nulla!
Fatemi, come sempre, sapere cosa ne pensate di tutto tramite una, anche piccola, recensione. Mi sarebbe davvero gradita, ragazze, non sapete quanto.
Comunque adesso vi saluto, bacioni a tutti! :*

Vostra Ashwini. <3

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto: Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic 04 CAPITOLO QUARTO- Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni. Allora ragazze, prima di lasciarvi alla lettura del nuovo capitolo, volevo ringraziare moltissimo e con tutto il cuore le ragazze che hanno lasciato una recensione e che continuano a seguire la storia con dedizione, vi voglio bene ragazze, GRAZIE di tutto! <3
GRAZIE anche a chi l'ha messa tra le seguite/ricordate/preferite! *-*
Con tutto questo mi fate sempre spuntare il sorriso in viso! :)
Detto questo:

BUONA LETTURA
!


Il dolore è sordo, il dolore è muto.
Il dolore è sordomuto.
Sordo perché ascolta solo se stesso,
muto perché non ci sono parole che possano parlarne.
(A. G. Pinketts)



Capitolo quarto: Vita a palazzo. Sconvolgenti rivelazioni.




<< Mami, mami guarda che bel disegno che ho fatto! >> disse una bimba di circa sei anni contenta del lavoro svolto.

<< Vediamo tesoro? Oh, ma che bello cucciola, l'hai fatto a scuola? >> chiese la madre dolcemente, fiera della sua bambina.
<< Sì mami! La maestra dice che sono stata molto brava! Posso farlo vedere anche a papi? >> chiese timidamente la bambina, sapeva che il padre era molto occupato per via del lavoro, ma sperava vivamente che potesse dedicarle un momentino.
<< Non lo so tesoro mio, papà è chiuso nel suo studio da stamani e... >> la donna si bloccò vedendo la bambina abbassare tristemente il visetto paffutello.
<< Aspetta tesoro... vado a vedere, che ne dici? >> disse seppur dubbiosa dell'esito.
La bimba sorrise felice ed esclamò: << Sì mami, sì! >>
La donna si diresse al piano di sopra della casa e bussò piano alla porta d'ebano dello studio del marito. Dopo poco arrivò un ''Avanti'' alquanto seccato e la donna entrò timidamente dalla porta richiudendosela alle spalle, con un profondo sospiro.
Un uomo stava seduto dritto su di una poltrona rosso cremisi, leggeva un documento serio e zitto.
La donna si fece coraggio e disse: << Caro... Amia vorrebbe farti vedere un disegno che ha fatto a scuola... potresti dedicarle un momento? >>
L'uomo alzò gli occhi di un bellissimo azzurro cielo dal documento che stava leggendo e disse: << Non vedi che sto esaminando un caso importante? Non ho tempo per certe stupidaggini >>
<< Ma Alphonse! Tua figlia vorrebbe passare del tempo con te, tu non ci sei mai nella sua vita, lei ne soffre anche se non lo da a vedere! Non l'hai sentita piangere in queste notti?! Una vola mi ha chiesto se tu non la volevi più bene e io... >> la voce fu rotta da un pianto che pareva non scuotere l'uomo difronte a lei.
Quest'ultimo la guardò e disse sospirando: << Marie-Anne... faccio tutto questo per un motivo... le cose potrebbero peggiorare da un momento all'altro e voglio che Amia sia pronta. Ora vai. >>
<< Pronta?! Per cosa?! Non mi dici più niente ormai... io... io non riconosco più l'uomo che ho sposato... >> disse scossa dai singhiozzi e se ne andò da quella stanza velocemente, sbattendosi la porta alle spalle. La donna si rinchiuse a piangere nella propria camera da letto, come accadeva da mesi ormai. Guardava con nostalgia le foto disposte ordinatamente nel comodino, che fine aveva fatto l'uomo che rideva sempre, che giocava amabilmente con la figlia al mare e in montagna... dov'era finito?!
La bambina aveva sentito tutto e, abituata alle frequenti litigate dei genitori, ritornò in salotto e fece da sola i compiti assegnatogli a scuola. Voleva diventare la più brava della classe, forse così il suo papà le avrebbe nuovamente detto che la voleva tanto bene. Nel frattempo una lacrima solitaria scendeva da quegli occhi così simili al padre.



Mi risvegliai dal sogno fatto sudata e ancora tremendamente scossa. Odiavo fare quei sogni, odiavo ricordare il passato, volevo rinchiudere tutti i ricordi passati in un scrigno in un angolo remoto della mia mente e non aprirlo più. Volevo dimenticare tutto. Ma a quanto pare i ricordi tornavano ancora a tormentarmi ... Sospirai.
Guardai, ancora assonnata, la sveglia sul comodino vicino al letto e siccome tra non molto sarebbe stata l'alba mi sbrigai a prepararmi per il mio primo giorno di lavoro. Aprii le tende notai che la mia camera dava sul giardino posteriore e, aperta anche la finestra, aspirai a pieni polmoni l'aria fresca e pulita che veniva trasportata dal leggero vento mattutino fino alla mia finestra al pian terreno.
Dopo pochi istanti richiusi la finestra e, accesa la luce, anche le tende. Mi lavai e vestii, poi mi controllai allo specchio del bagno.
<< Forza Amia, energia al massimo! >> sorrisi al mio riflesso nello specchio con speranza e fiducia nel futuro.
Feci un giro su me stessa ed uscii dalla mia camera correndo verso le cucine per fare colazione.
Entrai e al loro interno fui contenta di trovare Katia che stava preparando una squisita colazione a base di uova fritte, bacon, frutta, pane appena sfornato e un bicchiere di succo d'arancia. Appena dispose il tutto su un vassoio d'argento, alzò gli occhi e mi notò. Mi rivolse un caldo sorriso e disse dolcemente: << Ben svegliata stellina, come stai? >>
<< Bene Katia! Tu? Per chi è la colazione? >> sperando che non si notasse il mio impellente bisogno di cibo.
La donna sorrise furba e disse: <<
È
per l'imperatore cara, ma non preoccuparti, ne ho fatta una altrettanto gustosa anche per te! >>
Detto questo mi porse un altro vassoio con la mia colazione. I miei occhi dovevano luccicare in quel momento.
Ringraziai e mangiai tutto cercando di rimanere composta, ma anche velocemente perché non volevo che la colazione dell'idiota si freddasse o chissà a quale santo mi sarei dovuta rivolgere per non scatenare la sua ira funesta!
Salutai frettolosamente la donna e, stando ben attenta a non rovesciare il contenuto del vassoio, lo portai nella camera dell'imperatore; bussai lievemente e una voce dura mi rispose di entrare.
Aperta la porta notai che lui era già perfettamente pronto e stava seduto tranquillamente in una delle sedie vicine al tavolino che c'era nel suo
terrazzo personale, guardando l'orizzonte. Guardai ammirata il suo profilo perfetto, alle prime luci dell'alba sembrava ancora più bello... No, accidenti! Basta pensare a lui in quel modo!
Sì certo, detto così sembrava facile...

La sua voce mi riscosse: << Hai intenzione di fissarmi come se fossi dell'acqua nel deserto ancora per molto? >>
Cavolo, se ne era accorto! Che figura!
Abbattuta e sconfitta, portai il vassoio al tavolino difronte al quale era seduto e, non sapendo che fare, me ne stesi lì ferma ad aspettare che dicesse qualcosa.
Lo vidi mangiare in silenzio, con le maniere eleganti che si addicevano al nobile quale era. Incredibile, era uno spettacolo anche solo vederlo mangiare!
Appena ebbe finito, si pulì gli angoli della bocca con un fazzoletto di seta e posatolo nuovamente sul vassoio disse: << Noto con piacere che non vi è stato bisogno di chiederti di portarmi la colazione, ottimo: impari in fretta. Fai così tutte le mattine. Ora sistema la camera e poi vai da Katia: ti dirà lei cosa fare. Nel pomeriggio, invece, vieni nella palestra all'aperto e porta con te dei dolci . >>
Appena finì di dirmi questo mi rivolse un'occhiata appena accennata e poi se ne andò via, chissà dove.
Perché i nostri incontri avvenivano sempre così? Due battute e via, nient'altro. Non so neanche io cosa volessi, ma... non so, trovavo tutto questo così strano...
Di questo passo non sarei riuscita a trovare niente di compromettente sul suo conto! Dovevo farmi amico qualcuno vicino a lui dato che quest'ultimo mi ignorava alla grande.
Con questi pensieri nella testa, feci come mi era stato detto e mi diressi con passo lento verso le cucine, sperando di trovarvi ancora Katia al loro interno. Speranza vana, lei non si trovava più lì, così chiesi alle altre cameriere dove si trovasse e loro risposero che la capo-cameriera si trovava in giardino a parlare di alcune cose con il giardiniere.
Così mi fece indicare l'uscita per il suddetto giardino e, grazie al mio ampio senso dell'orientamento, lo trovai piuttosto facilmente.
Katia era, proprio come mi era stato detto precedentemente, lì. Sorrideva amabilmente al giardiniere, ridendo spensierata.
Mi imbarazzava un po' andare a disturbarli, sembravano immersi in un modo tutto loro.
Facendomi forza mi avvicinai e con un colpo di finta tosse attirai finalmente la loro attenzione su di me.
I due mi guardarono stralunati e poi, guardandosi a vicenda, scoppiarono in una fragorosa risata. Ma che avevano da ridere?! Bah!
Una cosa era certa però: i due si piacevano, ed anche parecchio direi: si capiva dai loro sguardi . Che dolci, pensai con un sorriso.
<< Come mai sorridi cara? >> mi chiese la donna.
<< Chi, io? Nulla, nulla! Piuttosto Katia, l'imperatore mi ha mandata da te per farmi dare qualche lavoretto da poter fare. >> dissi facendo finta di cadere dalle nuvole e salutando con un cenno il giardiniere.
Katia mi guardò dapprima dubbiosa, forse spaventata che io l'avessi scoperta, come una bimba che veniva beccata dalla mamma a prendere e caramelle senza permesso. Io feci nuovamente finta di nulla e lei parve cascarci come una pera cotta.
<< Stellina, credo che potresti aiutare Klaus con i vasi delle rose... >> disse rivolgendo un'occhiata al suddetto.
Lui disse di si e indicandomi i vasi mi disse di portarli nella serra lì vicino, disponendoli ordinatamente sul tavolo rotondo centrale.
Mentre mi dirigevo alla serra con il primo vaso in mano, vidi che i due avevano ripreso a parlare come prima: a chi volevano darla a bere di non piacersi a vicenda? Non sarò un'esperta in amore ma certe cose le so pure io!
In effetti, pensai mentre riponevo il vaso sul tavolo indicatomi, non mi ero mai innamorata sul serio, solo piccole ed innocenti cottarelle da adolescente, nulla di importante dato che avevo i problemi della mia famiglia a cui pensare. Ogni volta mi dicevo che tanto avevo tempo per innamorarmi seriamente, ma in realtà ero sempre stata bisognosa di affetto, desideravo ardentemente qualcuno che mi amasse per ciò che ero veramente. E desideravo anch'io guardare qualcuno come Katia e Klaus si guardavano: con amore sincero.
Uscii dalla serra sospirando pesantemente, pensando se avrei mai trovato anch'io qualcuno di così speciale per me un giorno.
Notai con disappunto che stavo sospirando anche troppo oggi per i miei gusti. Dovevo assolutamente pensare ad altro!
Mi concentrai definitivamente sul mio lavoro e lo finii in poco tempo, guadagnandomi un po' di meritato riposo fino all'ora di pranzo.
Tutto sommato, se la mia vita qui a palazzo continuava così, avrei passato un buon soggiorno in quel luogo a me alieno.
<< Cara, sto andando a preparare il pranzo a sua altezza l'imperatore, verresti ad aiutarmi? >>
Sbattei gli occhi più volte, ridestandomi dai miei pensieri e, rivolgendo un sorriso a Katia, la seguì ben volentieri nelle cucine del palazzo.
Passammo il resto della mattinata a cucinare, la cucina era una delle mie tante passioni, con la mia situazione familiare avevo imparato presto l'arte del cucinare e ormai ero diventata brava a fare molti piatti, anche di diversa nazionalità.
<< Tesoro, vedo che te la cavi bene in cucina! >> mi disse Katia.
<< Già, cucino sin da quando ero piccola. >> le risposi sorridendole forzatamente, per via del motivo per cui era così. Lei parve notarlo ma non mi chiese nulla al riguardo ed io la ringrazia sinceramente con lo sguardo.
Appena finimmo, lasciammo che i camerieri di sala portassero via tutto per poi disporlo in sala da pranzo.
Io mi affacciai dalla porta della cucina da cui uscirono e li osservai compiere i l loro lavoro con grande maestria ed esperienza.
Osservai che alcuni erano umani e altri invece erano demoni, la differenza si capiva specialmente dalle orecchie un po' più appuntite di alcuni di loro, cosa che avevo notato anche nell'imperatore.
Finito il loro lavoro ritornarono nelle cucine, disposti ordinatamente in fila difronte i lunghi tavoli presenti in cucina, in attesa di portare i piatti con il cibo in sala.
Rivolsi lo sguardo verso Katia, anche lei come gli altri a palazzo lavorava sodo e con grande energia, tutti sembravano essere contenti dei loro ruoli. Tutti rispettavano l'imperatore e vivevano in pace la loro vita all'interno delle istituzioni dell'impero di Alloces. Nessuno di loro sembrava avere quel terrore nei riguardi dell'imperatore che avevamo provato noi esseri umani all'arrivo dell'armata nemica due giorni fa.
Possibile che fosse un così buon sovrano?
Eppure... eppure sembrava un essere tanto spietato e privo di sentimenti!
In quel momento realizzai che dovevo andare affondo nella faccenda, indagare bene su tutto prima di compiere azioni avventate.
Per adesso avevo trovato una buona amica in Katia e anche il giardiniere Klaus sarebbe diventato un ottimo amico col tempo. Speravo vivamente di farmi nuovi amici oltre a loro, volevo approfittare della situazione e trovare persone sincere che potessero consigliarmi in meglio e per il mio bene, desideravo provare quelle emozioni che solo un vero amico ti sa dare e passare con lui le mie giornate, tra risate e affetto.
Cose che non avevo potuto approfondire sulla Terra, cose di cui mi accorgevo di avere un disperato bisogno.
Ora che ci pensavo, dovevo premurarmi di chiedere a qualcuno com'era la situazione sulla Terra! Che sbadata che ero stata!
Poi sentii il rumore delle imponenti porte della sala da pranzo aprirsi e rivolsi lo sguardo nuovamente lì. Da esse entrarono due maggiordomi che si diressero uno a sinistra e uno a destra e, con un profondo inchino, annunciarono l'entrata di sua maestà l'imperatore Andras. Quest'ultimo entrò con il suo solito passo elegante e fiero, consapevole del suo status sociale e della sua enorme forza. Si andò a sedere a capo di quel lungo tavolo da pranzo finemente decorato come le sedie, su cui erano disposti i cibi portati in precedenza.
Troppo impegnata ad osservare la sua figura non avevo notato l'altrettanto elegante figura di una splendida donna, essa doveva essere la madre dato che si sedette proprio accanto all'uomo, somigliava molto al figlio, le uniche differenze erano gli occhi, infatti quelli del figlio erano di un blu impossibile con delle piccole pietruzze violacee attorno alla pupilla, mentre quelli della madre erano di un verde smeraldo, più scuri ai margini dell'iride. Mentre l'altra differenza erano le labbra, il figlio le aveva più carnose della madre che, al contrario, le aveva molto fini.
I due mangiarono in religioso silenzio, quest'ultimo rotto solo dai lievi rumori delle posate e dai passi dei camerieri che portavano subito via i piatti consumati e altri ancora versavano da bere ai due reali.
Mi chiesi dove fosse il padre dell'imperatore ma probabilmente doveva essere morto se c'era Andras al suo posto a regnare. Mi bloccai sul posto raggelata, come se mi avessero buttato addosso dell'acqua fredda. Io... io lo avevo chiamato per nome... o meglio pensato, ma è la stessa cosa, ma... come cavolo mi era venuto in mente di farlo? Ero forse impazzita?! In poco tempo quell'uomo mi era entrato dentro come se la mia anima non aspettasse altro da tempo. Perché provavo tutto questo, cosa mi stava accadendo?
Infuriata rivolsi un'occhiata di fuoco alla persona che stava ormai prendendo possesso della mia mente e quello come richiamato da una qualche forza si girò verso di me di scatto. I nostri occhi si incontrarono e ancora provai quel vortice di emozioni mai provate e a cui non sapevo ancora dare un nome ben preciso. Distolsi per prima lo sguardo e mi maledì per questo.
Poi mi sentì picchiettare alla spalla e girandomi completamente mi accorsi che Katia mi faceva cenno di chiudere l'uscio della porta così feci quanto detto ed andai ad aiutarla a lavare i primi piatti sporchi.
<< Katia, posso chiederti una cosa? >> domandai piano alla donna al mio fianco che asciugava i piatti che io lavavo e le porgevo.
<< Certamente mia cara, cosa c'è? >> rispose altrettanto piano, forse non volendo attirare l'attenzione degli altri su di noi.
<< Ecco, mi chiedevo se fosse sempre così... intendo se i pasti sono sempre tanto silenziosi. >> mi feci coraggio a chiedere, sperando di non risultare troppo curiosa dei fatti altrui.
<< Si stellina, è sempre stato così da quando ho memoria. Vedi, io ho sempre lavorato in questo castello, servendo con dedizione la famiglia reale, avrai certamente capito che io sono una dei pochi esseri umani presenti qui a palazzo. Anch'io come te sono stata portata qui da soldati dell'impero quando ero ancora una vispa giovinetta.>> disse alzando lo sguardo al soffitto, come preda dei ricordi del passato.
<< Ma... come?! Io credevo che solo ora, con la guerra, avessero deportato noi esseri umani qui nell'impero! >> dissi incredula.
<< No cara, devi sapere che tempo fa già alcuni di loro sono venuti sulla Terra ad ispezionare i nostri territori, così da essere preparati per la successiva invasione che è per l'appunto accaduta due giorni fa. Durante quest'ispezione e altre successive prelevarono alcuni esseri umani e li portarono qui. Hanno compiuto questo procedimento non solo per noi ma anche per altre razze, se vai in città noterai che non tutti hanno le stesse caratteristiche fisiche, anzi l'impero vanta molte varietà di razze provenienti da altri pianeti e relativi regni. L'impero è molto vasto cara, il padrone domina incontrastato su almeno una ventina di pianeti, e nessuno di questi è mai tornato ad essere libero come un tempo. Questo è uno degli imperi più vasti e potenti che esistano. >> disse seria e, per la prima volta da quando la conoscevo, senza nessun accenno di sorriso.
L'enormità di questa realtà mi cadde addosso come un macigno. Quindi, non c'erano davvero speranze di ritornare ad essere un mondo libero? Davvero era tutto perduto?
Il mio sguardo si fece assente, perduto nel vuoto, era come se un'ombra oscura fosse calata nella stanza, avvolgendomi nella sua morsa.
Fu come se il tempo si fosse bloccato, tutto sembrava immobile e terribilmente inquietante.
No... no... non poteva essere davvero così! Mi rifiutavo di accettarlo!
<< So che la situazione sulla Terra non è delle migliori, mi sono giunte voci sul fatto che ormai ben pochi stati stiano riuscendo a porre resistenza. Ma ciò è dovuto ad un dispendio di vite umane enorme. L'esercito dell'impero è troppo forte. >> continuò la donna.
<< Tu continui a servire questi mostri con devozione dopo che ci stanno schiavizzando così?! >> dissi tremante di rabbia.
Katia mi guardò attentamente e sospirando disse: << Credi che in passato non abbia provato a scappare? Credi che non mi sia chiesta più volte cosa avessi fatto di male nella mia vita per meritarmi tutto questo? I primi tempi fu dura, credevo che sarei impazzita, poi però ho incontrato Klaus... lui mi è stato d'aiuto e mi ha tenuto compagnia in questi anni, mi ha presentato le mie attuali amiche ed è grazie a lui se adesso vivo felice qui, se mi sono adattata. Anche tu imparerai con le giuste compagnie che si sta molto meglio qui che sul nostro pianeta, l'imperatore governa con saggezza e giustizia, sotto il suo regno le popolazioni conquistate hanno acquistato una ricchezza mai avuta in passato e vivono in pace tra loro. >>
Posai i piatti di fine porcellana che stavo lavando sul tavolo da cucina così duramente che per poco non si ruppero e dissi con in viso una smorfia di disgusto: << No, io non mi arrenderò mai, non avrò pace finché la Terra non tornerà ad essere il mondo libero di una volta! Non sarà un posto perfetto pieno di gente perfetta, ma è casa mia e io intendo ritornarci! >>
Vidi che aveva assunto un'espressione triste ma troppo presa dalla rabbia mi girai velocemente e mi diressi a grandi falcate in camera mia.
Mi richiusi la porta alle spalle con un sonoro tonfo e fermandomi rabbiosa al centro della camera dissi: << No, io non mi sottometterò mai a loro. Mai! >>
L'idea che nel pomeriggio sarei dovuta andare a portare dei dolci a quel bell'imbusto mi disgustava profondamente. Non volevo passare un minuto di più in quel posto!
La sola idea di essere di nuovo guardata dall'alto in basso mi faceva montare su una furia cieca. Lo odiavo, odiavo tutto di quel perfido essere!
All'improvviso, sentii bussare alla porta e, cercando di calmarmi, andai ad aprire alla persona dietro di essa.





ANGOLO AUTRICE:

Buonasera care lettrici che mi seguite! Avete visto? Ho aggiornato un giorno prima del previsto: sono fiera di me stessa! ^-^
Allora, il capitolo vi è piaciuto? Cosa ne pensate della storia? Procede bene? XD
Infine, vi piace il banner con il titolo e i protagonisti della storia che ho provveduto ad inserire all'inizio di ogni capitolo?
E avrete certamente notato il banner personale di Amia! Provvederò a mettere anche quello di Andras nel prossimo capitolo!
E vi dico di più: ce ne sarà uno per ogni personaggio importante della storia! Vi piace l'idea?
Per entrambi e per i successivi, ringrazio Jess'  Graphic, che è stata così gentile da farmeli dato che io sono una frana in queste cose, ahahahah.
Ed infine, cosa ne pensate dei personaggi fin qui apparsi?
A me personalmente piace molto Katia, sarà d'aiuto e di grande sostegno morale alla nostra protagonista con l'andare avanti della storia. :)
Bene, vi lascio con queste domande a cui spero darete risposta nelle recensioni, non mi stancherò mai di dirvi che mi interessano moltissimo i vostri pareri! <3

Baci, Ashwini. :*

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto: Confronto, dolore e strane reazioni. ***


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Buonasera care lettrici che mi seguite! ^-^

Come promesso
qui sotto troverete il banner personale del nostro tenebroso Andras! *-*
Spero vi piaccia e, ovviamente, anche per questo ringrazio Jess' Graphic.
Ringrazio moltissimo anche tutte coloro che recensiscono i capitoli della storia e anche chi l'ha messa tra le preferite/ricordate/seguite!
Non sapete quanto ne sia felice, quindi GRAZIE
! <3
Credo proprio che il capitolo vi sorprenderà, soprattutto alla fine. Basta, non dico altro. XD

BUONA LETTURA!





A volte quello che è più giusto per te non è giusto per il tuo cuore.
A volte è difficile scegliere fra la cosa giusta per te ma che non ti
renderà mai veramente felice e quelle giusta per il tuo cuore che
ti renderà sia felice che triste.



Capitolo quinto:
Confronto, dolore e strane reazioni.





Mi sono sempre chiesta fin dove il dolore e l'odio possano spingere una persona. In giro ho visto persone che venivano consumate dal dolore, trasformandosi in reietti della società, privi di qualsiasi ragione di vita, immobili nel tempo.

Ho visto altri ancora cadere in baratri così profondi e bui da non riuscire più a risalirne, restando intrappolati nell'odio profondo, corrosi irrimediabilmente nell'anima, perché l'odio solo a questo porta se se ne fa la propria ragione di vita. Ho sempre pensato che è da sciocchi consumare la propria vita per odiare una persona, l'odio non porta a nulla se non ad una vita priva di significato, fredda come la morte. Molti mi dicevano che finché non provi un dolore così acuto da smuoverti l'anima e causarti la rottura di un qualcosa presente nel tuo cuore, allora non sai cos'è veramente odiare qualcuno.
Che poi cos'è veramente l'odio? Io non ho mai odiato una persona, si, devo pur ammettere almeno a me stessa che nella mia vita ne ho incontrate di persone altamente antipatiche, che evitavo peggio della peste ma... Odiare? No, l'odio è un sentimento troppo forte e oscuro, se affermi di odiare una persona devi prima essere sicuro di non sopportarla in tutti i sensi, insomma non si può dire '' Lo odio'' così, dal nulla! Almeno, io ho sempre pensato così.
Eppure... eppure penso di capire solo adesso come si sente una persona che odia con tutta l'anima un'altra persona, perché si dopo tutto quello che mi era accaduto non potevo non odiare Andras, si, lo odiavo, ormai ne ero certa.
Ed era proprio odio quello che adesso traspariva con tutto il suo fervore dai miei occhi color del cielo, rivolti verso di lui. Già, perché era lui che aveva bussato e a cui ero andata ad aprire alla porta della mia camera.
Devo ammetterlo, lui era di certo l'ultima persona al mondo che mi aspettavo di trovare dietro di essa.
L'odio profondo con cui lo guardavo era ben ricambiato ovviamente, ormai mi chiedevo se quel demone potesse mai provare un qualche sentimento oltre l'indifferenza e l'odio per gli esseri che riteneva inferiori a lui.
L'azzurro cielo dei miei occhi sprofondava come risucchiato dalle profondità degli oceani che aveva al posto dei suoi.
Non ebbi il tempo di dire qualcosa, di poco carino ovviamente, che la sua mano partì a tutta velocità per darmi uno schiaffo che mi colpì la guancia con tutta la sua potenza, lasciandomi sicuramente un segno rosso su di essa che sarebbe restato per un bel po'. Ero a dir poco sconvolta e facendo ricorso a tutto l'orgoglio che possedevo cercai di trattenere le calde lacrime che minacciavo di fuoriuscire dai miei occhi spalancati per lo shock.
<< Credevo di essere stato chiaro quando stamattina ti avevo ordinato di essere in giardino nella mia personale palestra all'aperto a portare dei dolci da mangiare dopo l'allenamento per me e il mio amico, ma vedo che forse tu sei dura di comprendonio. Già, forse ti serve una lezione così che prima di disobbedire ai miei ordini tu ci pensi su due volte, eh? Che dici?! >> mi ringhiò ad un passo dal fisso.
La sua frase era chiaramente ironica, infatti non mi diede il tempo di rispondere perché mi trascinò violentemente per il polso lungo i corridoi dell'area del palazzo riservata alla servitù. Gemetti per il dolore.
Arrivammo davanti ad un portone, poi lui lo aprì con una sola mano come a dimostrarmi la sua enorme forza e mi buttò malamente a terra, nel bel mezzo del giardino esterno. Alzai lo sguardo sofferente ma lo fissai ancora con odio perché non volevo assolutamente che vedesse quanto profondamente mi avesse ferita nell'orgoglio, non me lo potevo permettere.
Lo vidi urlare a tutti i servitori, che stavano svolgendo qualche mansione in giardino, di avvicinarsi immediatamente nel luogo in cui ci trovavamo.
Appena questi ultimi fecero quanto ordinato lui disse apparentemente calmo ma con tutta la rabbia che traspariva dal suo sguardo:
<< Vedete? Questa ragazza ha osato disobbedire ad un mio ordine! >>
A quelle parole tutti si bloccarono impietriti sul posto e mentre parlottavano di non so cosa, li vidi guardarmi con compassione evidente.
<< Bene, che dite, gli facciamo vedere come puniamo quelli come lei qui? >> continuò imperterrito.
Non appena finì la frase alzò il braccio destro e vidi le sue unghie diventare lunghe e taglienti, esse risplendevano di un rosso fuoco. Mosse la mano come a darmi un'artigliata e fu come se delle lame infuocate taglienti si dirigessero a gran velocità verso di me. Chiusi gli occhi di scatto.
Sentì chiaramente i miei vestiti strapparsi e aperti gli occhi non seppi se sospirare di sollievo perché non ero ferita o sotterrarmi nel terreno per sempre dato che mi ritrovai semi-nuda difronte a tutta quella gente. Arrossì violentemente per la vergogna cercando di coprirmi come meglio potevo, cercando con foga di non far scivolare dal mio corpo anche quei pochi stracci che ancora mi ritrovavo addosso per non so quale miracolo.
Arrivato a velocità disumana vicinissimo a me e con la sua bocca che sfiorava il mio orecchio mi sussurrò minaccioso: << Spero che adesso tu abbia imparato la lezione perché credimi quando ti dico che la prossima volta non straccerò in mille pezzi solo i tuoi preziosi vestiti... >> lasciò la frase in sospeso lasciandomi intendere con orrore cosa avesse omesso di dire.
Con la stessa velocità si dileguò chissà dove, lasciandomi lì a morire dalla vergogna. Furiosa mi rialzai e corsi subito dentro, diretta nuovamente nella mia camera per darmi una sistemata.
Arrivata a destinazione caddi a terra scivolando con la schiena sulla porta appena richiusa e piansi tutte le lacrime che fino ad allora avevo trattenuto con grande sforzo.
Probabilmente qualcuno che passava di lì mi sentì e busso con fervore alla porta su cui ero appoggiata con la schiena, dicendomi di aprire subito. Beh, peggio di così...
Aprii e mi ritrovai difronte la faccia preoccupata di Katia che mi si gettò addosso abbracciandomi.
E che, subito dopo aver richiuso la porta, mi chiese piano, forse per paura di turbarmi troppo: << Cara, ma cosa ti è accaduto? Chi ti ha ridotto in questo stato, eh? >>

<< L'imperatore... mi... ha punita... e... squarciato... i... vestiti... >> risposi preda dei singhiozzi, cercando di asciugare le lacrime.
Ormai ero definitivamente crollata, era stato troppo anche per una come me.
<< Mio Dio... Vieni stellina, diamoci una sistemata! >> mi disse ancora piano con dolcezza.
Mi portò in bagno, mi aiutò a lavarmi e dopo anche a vestirmi. Non mi chiese più nulla e di questo gliene fui molto grata ma tanto quelli che avevano assistito alla scena le avrebbero certamente raccontato tutto nei minimi dettagli. Sarei stata il pettegolezzo del giorno dopo, pensai tristemente rannicchiandomi nel letto in posizione fetale. Katia mi mise addosso una coperta e dandomi una carezza e un bacio in fronte se ne andò silenziosamente via.

Aprii gli occhi ancora assonnata, cavolo, dovevo essermi addormentata dalla stanchezza... Sbadigliai e mi guardai attorno. La stanza era buia, ormai il sole era calato all'orizzonte lasciando il posto a quella che doveva essere la luna piena di quel pianeta, che risplendeva alta nel cielo in tutta la sua bellezza. La guardai ammirata.


<< Mami, mami! Com'è bella la luna! >> disse una bambina di circa otto anni sorridendo felice al cielo.
<< Si tesoro, è stupenda. E la sai una cosa? >> disse dolcemente la madre alla figlia, abbracciandola da dietro.
Madre e figlia si trovavano nel giardino sul retro della casa ad osservare la luna piena.
<< Cosa mami? >> rispose incuriosita la figlia girandosi a guardare la madre.
<< La luna splende nel cielo illuminando la notte... beh tesoro mio, tu sei la luna che splende e illumina la mia vita. >> disse la donna con gli occhi pieni d'amore materno.
La bambina pianse di gioia gettandosi tra le braccia della madre, bisognosa d'affetto.
Perché il padre non le diceva mai queste cose? La odiava, forse?


Una lacrima ribelle scese dal mio viso a quel piacevole quanto doloroso ricordo. La asciugai con rabbia, basta... volevo dimenticare tutto! Perché mi tornavano in mente quei ricordi, perché?!
Poi il mio stomaco brontolò, facendomi presente che io non avevo cenato quella sera. Così con uno sbuffo mi alzai dal letto e dopo essermi messa le scarpe uscì dalla mia camera e mi diressi lentamente verso le cucine, sperando di trovare qualcosa da sgranocchiare.
Percorsi tranquilla i corridoi, cercando però di fare meno rumore possibile così che non rischiassi di svegliare qualcuno.
Nel frattempo mi guardavo intorno annoiata, priva di un reale interesse. Sospirai, affranta, pensando che ero lì da già tre giorni e ancora non avevo scoperto nulla di utile alla mio obbiettivo.
Poi mi bloccai scorgendo una figura camminare silenziosa nel buio della notte. Assottigliai lo sguardo, cercando di mettere a fuoco quella persona per vedere se la conoscevo. Magari era Katia che... No, decisamente non era Katia! Quello era... era Andras!
Agitata mi nascosi immediatamente dietro una colonna che separava il corridoio all'aperto dal giardino.
Ma che cavolo ci faceva quello li nel giardino in piena notte! Sembrava tanto un anima in pena con quello sguardo così... possibile che fosse veramente triste? Insomma stiamo parlando di Mr. Ghiacciolo! Sembrava così assurdo, eppure...
Mi sporsi da dietro la colonna per vedere dov'era e... Non c'era più, era sparito! Ma un attimo fa era lì!
Poi sentii dietro di me lo spostamento di una massa d'aria che mi scompigliò i capelli. Che cosa... ?
Mi girai e pregai i santi e gli dei di tutte le religioni perché quello che avevo davanti fosse solo un'allucinazione.
Lo sguardo di Andras si fece più cupo e ostile, mi fissava dall'alto in basso con superiorità e una smorfia dipinta in quello splendido viso che sembrava essere stato scolpito ad arte da Michelangelo.
Okay, adesso sì che mi avrebbe scuoiata viva! Dovevo trovare il modo per defilarmela, accidenti a me che mi era venuta la malsana idea di andare in giro di notte in cerca di cibo! Guardai con la coda dell'occhio dietro di lui e vidi che avevo solo le due direzioni del corridoio come via di fuga, poi mi rigirai verso di lui e... Cazzo, mi aveva beccata!
Mi osservava con un certo divertimento negli occhi blu resi ancora più profondi dall'oscurità della notte. Aspetta! Divertimento negli occhi? Dovevo avere le allucinazioni!
<< Credevi non mi fossi accorto di te? Il tuo odore è così puzzolente... e poi... noto una certa agitazione in te, che c'è scocciatura, hai paura di restare da sola con me? >> mi chiese con un'aria di sadico compiacimento negli occhi.
Sì cazzo, ! Cioè no! Arg... !
Mentre mi maledicevo ancora per la pazza idea che avevo avuto, lui continuava a guardarmi aspettando una risposta e successivamente mise le mani ai lati della mia testa, appoggiandole al muro dietro di me e intrappolandomi tra le sue braccia muscolose.
<< Vedo che il gatto ti ha mangiato la lingua! >> continuò.
<< Ehm... >> Cavolo, ma perché mi doveva fissare così?! Quando lo faceva non riuscivo più a formulare una frase di senso compiuto, accidenti a lui!
<< No! >> gracchiai << Mi stavo dirigendo nelle cucine per fare uno spuntino dato che non ho cenato... >> terminai con voce lieve.
<< Capisco... >> disse togliendo le braccia appoggiate al muro e girandosi.
Ma io potei vedere lo stesso il suo sguardo riprendere quella sfumatura triste di poco prima. Mi chiesi ingenuamente cosa fosse successo, cosa rendesse la sua anima così tormentata. Mi chiesi se io potessi fare qualcosa per curare quelle ferite che sembravano straziarla e per questi sciocchi pensieri mi maledì ancora di più. Lui era un tiranno, mi aveva umiliata davanti a tutti, non dovevo pensare certe cose su di lui!
Basta! Mi lascia sopraffare dall'istinto, mi spinsi verso di lui allargando le braccia e... lo abbracciai da dietro, avvolgendolo tra le mie braccia e poggiando la guancia sulla sua schiena.
Fu come se il gelo che albergava dentro di lui si insediasse un po' in me, rendendo il suo peso più leggero.
Eppure era tutto così caldo e... piacevole.







ANGOLO AUTRICE:

Bene bene... *sorride a trentadue denti* ... Vi ho sorpresi, adesso? XD
 Credo che tutti volevamo uccidere nel peggior modo possibile Andras all'inizio del capitolo, ditemi ve lo aspettavate che fosse proprio lui che aveva bussato alla porta nel precedente capitolo? ahahahah.
 La fine è stata decisamente bella, eh? Voi che dite? XD
 Insomma, in quante ve lo sareste mai immaginati quello che ha fatto Amia alla fine del capitolo?
Magari che dite di farmi contenta facendomi sapere tutti i vostri pareri in qualche bella recensione? *occhi cucciolosi del gatto con gli stivali di Shrek*
 Inoltre avete anche un motivo in più per recensire stavolta: Volete che ne prossimo capitolo ci sia un Pov. Andras? Volete sapere cosa passa per la testa del bel demone? Beh, ditelo in una recensione! Che dite, ci arriviamo a cinque o sei?

 Baci, vostra Ashwini. :*



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Capitolo 7
*** Capitolo sesto: Insieme, entrambi turbati dal passato. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic fd Hallo everyone! ^-^

Ecco a voi il nuovo capitolo, vi avviso che è un po' più lunghetto del solito. Sapete l'ispirazione mi ha posseduta! XD
Spero non vi dia noia e che vi piaccia.
Come avvisato nel precedente capitolo, ho provveduto ad inserire per la prima volta in questa storia... *musica avvincente in sottofondo* ... il pov. Andras!
Ho cercato di immedesimarmi il più possibile, cercando di rendere al meglio ciò che prova e i suoi pensieri.
A me è piaciuto molto scrivere questa parte. :)
Speriamo solo che vi piaccia! Il suo Pov sarà circa a metà del capitolo.
Bene, adesso vi lascio alla lettura del capitolo. Quindi...

 ... BUONA LETTURA!


 
Se rimaniamo troppo legati al passato
il futuro potrebbe non arrivare mai.




Capitolo sesto: Insieme, entrambi turbati dal passato.




Pov. Amia

 
Un piacevole torpore si espanse attraverso ogni fibra del mio corpo arrivando fino al cuore che prese a battere furiosamente nel petto.
Fu allora che il mio cervello realizzò veramente quanto era accaduto, scosso da quella reazione improvvisa del mio cuore mai avvenuta in vita mia, inspiegabile e misteriosa. Non capivo cosa mi stava accadendo. Era tutto nuovo per me... e la cosa mi spaventava, terribilmente. Così mi staccai come scottata e indietreggiai, ancora stordita, verso la parete e, appoggiandomi ad essa, vidi Andras ancora lì, dove lo avevo lasciato, immobile come una statua.
Era un buon segno? Pensai spaventata da una alquanto possibile risposta negativa.
Bene, ero fottuta.
Vidi tutta la scena a rallentatore: lui che si girava verso di me, lui che mi guardava con occhi spalancati, sorpreso forse ed effettivamente ne aveva tutto il diritto dato che io stessa ancora non mi capacitavo del mio assurdo gesto. Poi il mio cuore iniziò a battere furiosamente nel petto quando lui riprese in meno di un nano secondo la sua facciata da demone insensibile e spietato, ma quando lui mi lanciò un'occhiata che avrebbe fatto raggelare il sangue nelle vene persino a Satana in persona pensai che dovevo per forza essere impazzita a compiere quel gesto. Per cosa poi? Per averlo visto... triste? Nah, lui era Mr. Ghiacciolo, non poteva essere triste! Era assurdo!
Giusto... ?
A quel punto non sapevo più cosa pensare, era tutto così strano...
Presa dalle mie elucubrazioni mentali non mi accorsi minimamente che si era avvicinato a me ad una velocità sovrumana, comparendomi difronte come il giustiziere divino.
Oh. Cazzo.
Era arrivata la mia ora. Me lo sentivo.
Stupida, stupida, stupida.
Perché ero sempre così impulsiva?! Perché cavolo me le andavo a cercare le cose?!
Beh... stavolta non era certo colpa mia però!
Ormai quando c'era lui di mezzo mi comportavo in modo totalmente diverso dal normale, addio Amia e benvenuta Miss Balbuziente!
<< Perché? >> mi domandò poi lui all'improvviso, freddo e glaciale come solo lui sapeva essere. Ma riuscì chiaramente a percepire una nota di confusione nella sua voce. E ora? Cosa gli rispondevo? Anch'io ero confusa e non sapevo che cosa mi era preso!
Inventa una scusa , inventa una scusa, mi dissi, ansiosa.
Al diavolo, avrei improvvisato!
<< Così... insomma, eri lì ed io... ehm... >> cavolo, non sapevo davvero che dire poi, l'illuminazione di Budda. << ... sono inciampata! >> quasi strillai con voce isterica.
Ed il premio per la più grande cavolata mai detta va a... Amia Prime! Sì!
Però, ripeto: era solo colpa di Andras se l'Amia di sempre se ne andava in vacanza ai Caraibi in sua presenza.
<< Inciampata...? >> ripeté lui e giurai sembrasse quasi divertito dalla situazione.
E grazie, qui quella che stava facendo la figura della scema ero io, non lui!
<< Beh sì! Problemi?! >> dissi stizzita dalla situazione.
<< Figurati, ma cerca una scusa più credibile la prossima volta, almeno non ci fai la figura della gallina senza cervello. Insomma, avrei giurato fossi un tantino più... come dire... ah sì! Intelligente, ma forse non sai neanche cosa significhi questo vocabolo, vero? >> disse con un mezzo sorriso che a me sembrò lo stesso del gatto di Cenerentola.
Voleva giocare il signorino? Bene.
<< Sei tu quello che spera l'abbia fatto apposta non io! >> dissi orgoiosa dalla mia trovata, incrociando le braccia sotto il seno e sperando così di risultare il più minacciosa possibile.
Altra trovata geniale.
Lui alzò un sopracciglio e storse il naso, poi indicandomi con un dito e alzando il mento in modo altezzoso disse: << Questo doveva essere un gesto intimidatorio? >>
<< Sì! Comunque non cambiare discorso! >> risposi a tono.
<< Io non cambio discorso, semplicemente trovo tutto ciò che fai molto buffo. >> disse incrociando anche lui le braccia al petto.
E notai con grande disappunto che si, decisamente lui era molto più minaccioso di me.
<< Allora? >> dissi riprendendo il discorso. Se sperava di farla franca si sbagliava!
<< Allora, cosa? >> rispose facendo finta di nulla.
<< Lo sai! >> quasi urlai esasperata. Non lo avrei ripetuto ancora semplicemente perché sapevo che i suoi erano solo dei metodi per prendimi in giro e farmi sembrare il giullare di corte.
Lui alzò le spalle facendo ancora finta di non sapere a cosa mi stessi riferendo, così seccata ed esasperata lo sorpassai e mi avviai verso la mia camera, ormai mi era passata anche la fame. Parlare con lui era fin troppo stancante per i miei gusti.
Ma non feci molta strada perché mi bloccò trattenendomi con una presa ferrea per il polso.
Però... non era come quella che questa mattina mi aveva trascinata verso la mia prima umiliazione infertami da lui stesso. Ferrea ma... non aggressiva ecco.
Mi scappò un sorriso che lui non mancò di notare, infatti mi guardò come se fossi pazza. E forse un po' lo ero, mi dissi allargando ancora di più il sorriso, ormai neanche io sapevo più che pesci prendere, quindi... Allegria!
Lui alzò gli occhi al cielo e, pensando forse che fosse meglio ignorare le mie stranezze, disse calmo: << La verità è che sono sorpreso. Nessuno lo aveva mai fatto prima d'ora... Comunque devi ammettere di averlo fatto apposta, è praticamente impossibile un'altra ipotesi che non sia questa! >>
Altra cosa che non sopportavo di lui: il suo essere freddo e scostante in qualsiasi situazione.
Inoltre, appena notavi un minimo cambiamento d'umore lui subito ergeva muri su muri. In quei pochi giorni potevo affermare con certezza che era praticamente impossibile capire quel demone, ero sicura che a forza di cercare di trovare una spiegazione logica ai suoi comportamenti sarei diventata pazza!
<< Uffa, credi quello che vuoi. Adesso posso andare?! >> gli risposi ancora di spalle, ero certa che se avrei incontrato i suoi occhi ad una distanza così ravvicinata mi sarei nuovamente bloccata e questo non doveva assolutamente succedere. Non volevo fargli vedere l'ascendente che già possedeva su di me.
Lui inaspettatamente mi lasciò il polso e seppur girata potei sentire i suoi passi silenziosi percorrere il corridoio dal lato opposto al mio.
Solo allora mi girai verso di lui. Lo vidi camminare lentamente e con il suo caratteristico passo elegante. Sembrava che un'aria oscura lo accompagnasse perennemente.
Strinsi i pugni.

Voglio davvero lasciarlo andare via così? Eppure sembrava che ad entrambi facesse bene la rispettiva compagnia, almeno questo devo pur ammetterlo. Lui appariva più...umano.

No, non potevo. Chiudendo forzatamente gli occhi mi dissi che era maledettamente vero. Solo che io... io non potevo farlo, dannazione. Volevo ma non potevo, il che era ancora più grave.
Sospirai, frustrata. Volevo davvero farlo e cacciarmi in guai ancora più grossi se possibile? Volevo davvero espormi così tanto con lui? Volevo davvero stargli accanto dopo quello che aveva fatto al mio popolo e soprattutto a me?

 Sì. Lo volevo.

Aprii di scatto gli occhi e presa la mia pazza decisione lo chiamai piano, sicura che con il suo fine udito mi avrebbe comunque sentita perfettamente.
Infatti non appena pronunciai il suo nome lui si fermò senza però girarsi.
Così prendendo un bel respiro per farmi coraggio, mi avvicinai lentamente a lui e non appena gli fui vicino lo tirai lievemente per la manica della giacca in pelle nera, facendogli così segno di seguirmi.
La cosa che più mi sorprese fu che lui lo fece.
Non conoscevo ancora bene il palazzo ma fino ad ora il mio luogo preferito era senz'altro la serra delle rose. Mi era piaciuto sistemarne i vasetti la mattina in essa, beandomi del loro squisito odore ed anche di quello degli altri meravigliosi fiori lì presenti, tutti colorati e profumati. Allora mi ero ripromessa di andarci nuovamente, magari per leggere un buon libro nei momenti liberi, ma non mi sarei mai aspettata di riandarci insieme a lui.
Così mi diressi proprio lì, entarmbi eravamo silenziosi ma l'atmosfera creatosi risultava comunque piacevole in un certo senso, stavamo in armonia.

Ma tu non eri quella che dicevi di odiarlo? Ed ora guardati, te lo porti d'appresso per cosa? Consolarlo? Certo, e per cosa poi, non sei neanche sicura di ciò che prova e neanche di cosa sia accaduto per far si che fosse così!

Mi fece presente la voce petulante nella mia testa che io, come prima, ignorai alla grande. Ormai la decisione era stata presa ed io ero una che portava sempre a termine i propri obbiettivi, senza guardare in faccia nessuno.
Aprii senza indugio la porta della serra non appena le arrivai difronte, entrando sicura di me.
Chissà cosa stava pensando lui in questo momento...


Pov. Andras

Quella sera stavo seriamente male. Altrimenti come cazzo mi era venuta in mente la malsana idea di seguire quella mocciosa?!
Notai che mi aveva portato in una serra piena di fiori, soprattutto di rose di ogni genere. Che schifo, odiavo i fiori.
E poi che cosa credeva di fare? Mi era ignota la risposta.
Eppure non avevo potuto fare altro che seguirla stressato com'ero. Quel giorno avevo avuto una riunione davvero pesante, problemi nei paesi ad ovest del paese. Insurrezioni e carestie vi dilagavano ed ancora non trovavo un rimedio funzionante che fosse però anche permanente. Non potevo ordinare di uccidere tutti, sarebbe stato sciocco ed inutile, un comportamento che avrebbe fatto sembrare l'Impero di Alloces debole e ciò era assolutamente inconcepibile.
Il mio era uno dei grandi imperi che dominavano la galassia e tale doveva restare.
Mi passai una mano sul viso, cercando di scacciare i cattivi pensieri.
Sapevo di apparire duro ed insensibile agli occhi degli altri. Ma sapevo anche di non poter fare altrimenti, il mondo in cui vivevo aveva bisogno di un sovrano forte e che sapesse mantenere un governo saldo e sicuro, impenetrabile.
Così ero stato cresciuto, privo di una qualsiasi forma di affetto.
A cinque anni mio padre mi aveva già spedito in Accademia ad imparare l'arte della guerra e le materie inerenti a tutte le forme di conoscenza.
Forte ed intelligente, questo era ciò che richiedeva essere un principe.
Doveri ed obblighi, questo era ciò che si andava addossando sulle mie spalle di anno in anno. Il carico sempre più pesante.
Sopportarlo sempre e comunque, questo era ciò che mi insegnavano.
Vissi lì in Accademia molti anni della mia vita, tornando solo per le feste mondane a cui ero tenuto a partecipare e ad eventi politici a cui l'erede doveva essere presente accanto ai sovrani.
Ma quando tornavo a casa in quei brevi periodi era tutto meccanico, freddo e privo di sentimento.
Sapevo che i miei genitori si erano sposati solo per fattori di convenienza politica, il loro era un matrimonio senza... senza ciò che la gente chiamava... Amore. Che parolona, io non sapevo minimamente cos'era quel sentimento.
In molti libri e raccolte poetiche ne parlano, lo definiscono un sentimento puro ed universale, unica ragione di vita di un essere vivente.
Tutti lo cercano e passano addirittura anni della loro vita a cercare quello vero, quello che li faccia sentire finalmente completi.
Tutte cazzate.
Io non lo avevo mai conosciuto e sinceramente non mi interessava conoscerlo. L'amore era una cosa per deboli, solo ed unicamente questo.
Diventato imperatore le cose peggiorarono, tutto si fece doppiamente più duro. Ora che ero io a prendere le redini del comando dovevo badare a molte più cose. Non mi erano concessi errori.
Mio padre, dopo avermi ceduto la corona, si ritirò ai confini dell'impero, veniva di rado a palazzo.
Mia madre aveva sempre amato viaggiare, il suo era un continuo spostarsi di regione in regione, di città in città. Anche lei tornava di rado a corte.
Entrambi si evitavano, finalmente liberi l'uno dall'altro, ora che ero io il sovrano non era più necessaria la loro presenza a corte insieme.
Ed entrambi erano completamente disinteressati della mia vita, mi avevano dato alla luce solo perché serviva un erede all'impero. E di questo ne ero perfettamente consapevole.
A me non importava nulla, con gli anni avevo imparato che era meglio contare solo sulle proprie forse e a non fidarmi di nessuno.
Amici? Beh, di fidati ne avevo uno: Damien, ragazzo conosciuto durante la mia permanenza in Accademia.
Dovevo ammettere che di lui mi fidavo però, era il mio migliore amico, per me era come il fratello che non avevo mai avuto.
Era con lui che mi allenavo durante i momenti liberi e con cui parlavo di tutto.
Relegai in un angolo i cattivi pensieri, concentrandomi sulla scocciatura che aevo deciso di rendere mia schiva. Chissà poi perchè avevo scelto proprio lei...
Sospirai, era inutile giraci attorno, sapevo il perché.
La prima volta che l'ho vista fu quando attacai il suo misero pianeta. Quando incontrai per la prima volta i suoi occhi ero ancora trasformato nella mia forma demoniaca: occhi rosso cremisi, canini ben in vista, vene nei muscoli più accentuate e unghie allungate rosso fiammeggiante.
Mostro, mostro, mostro. Queste erano le voci che sentivo in sottofondo, esse cominciavano a girare intorno alla mia figura non appena passavo da qualche parte.
Sapevo che avevano pienamente ragione. Ero freddo, duro, spietato e malvagio con chiunque mi capitasse a tiro. Se non ero un mostro allora cos'ero?
Appena lei si girò verso di me, bloccandosi in mezzo alla stanza ed appoggiandosi dolcemente al tavolo circolare, incontrai nuovamente i suoi occhi azzurro ghiaccio.
Sì, ricordavo la ragione per cui l'avevo scelta. Perfettamente.
I suoi occhi mi avevano osservato con sfida, fieri ed era come se guizzassero come cavalli impazziti. Mai aveva distolto lo sguardo da me, mai lo aveva abbassato.
Era questo che all'inizio mi aveva fatto innervosire, facendomi prudere le mani che mi urlavano di ucciderla seduta stante per quell'affronto.
Ma fu solo per poco, perchè nella mia mente cominciò a dilagare la curiosità. Volevo sapere cosa aveva reso quegl'occhi così combattivi e pieni di un dolore nascosto sotto chili di orgoglio. Ma io l'avevo scorto subito, e come poteva essere altrimenti, era lo stesso che ero sicuro si riflettesse nei miei.
Tutto quello mi aveva affascinato, fu così che decisi che lei doveva essere mia, a qualsiasi costo, e soprattutto volevo essere io a piegarla.
Poi ricevetti la notizia che l'avevano persa di vista. Inutile dire che colui che me lo aveva riferito era stato brutalmente ucciso dal sottoscritto.
Quando dicevo che i miei ordini dovevano essere seguiti alla lettera non scherzavo.
Al contrario fui compiaciuto di sapere che l'avevano ritrovata e portata al mercato degli schiavi in uno degli stabilimenti militari della Capitale.
Subito mi feci portare lì e, adocchiandola immediatamente, la scelsi senza indugio, facendomela sistemare e portare a palazzo.
Sorrisi al pensiero dei suoi goffi tentativi di ribbellione. Adoravo terribilmente comprimere quel suo carattere ribelle, mi soddisfava enormemente.
La cosa che più mi divertiva erano le sue espressioni, forse lei non se ne rendeva conto ma risultava tutto tranne che minacciosa come credo volesse apparire ai miei occhi. Apprezzavo comunque i suoi deboli sforzi.
La vidi aspettare in silenzio difronte a me, che ormai le ero arrivato vicino.
Entrambi ci scrutavamo, aspettando la mossa dell'altro. Guardinghi, senza abbassare mai la guardia.

Dovevo ammettere però che la ragazza ci sapeva fare.




ANGOLO AUTRICE:

 Buonasera cari lettori! ^-^

Eccoci arrivati all'angolo autrice, il percorso è stato faticoso? Ci sono state difficoltà? XD
Apparte gli scherzi, il capitolo vi è piaciuto? Spero di sì, magari fatemi sapere le vostre opinioni in una recensione, non vedo l'ora di sapere i vostri pensieri. *-*
Non potete immaginare quanto sia felice che la storia abbia già ricevuto tante recensioni, sono le gioie della vita. <3
Ci tengo a ringraziare enormemente tutti coloro che recensiscono, GRAZIE davvero a tutti voi!
Ringrazio moltissimo anche coloro che hanno inserito la storia fra le ricordate, fra le preferite e chi l'ha inserita fra le seguite.
Sul serio, non ho parole. :')
Vi volevo avvisare che il nuovo personaggio che avrà un ruolo importante nella storia comparirà già nel prossimo capitolo.
Mmh, vi dico chi è? *ci pensa*
Okay, vi dico solo che sarà la futura migliore amica di Amia. :D
Sul capitolo vorrei dire solo alcune cose che credo siano importanti:
1)Alcuni di voi mi hanno chiesto delle cose sulla storia su cui avevano dei dubbi e io ho provveduto a rispondere cercando di non spoilerare troppo. In questo capitolo la maggior parte di questi dubbi sono stati chiariti. Manca solo una cosuccia che verrà svelata solo in seguito.
2) Ragazze non proccupatevi di lasciare una recensione solo perché dovete dirmi una cosa che non vi piace, sapete perfettamente che a me interessano molto i vostri pareri e se voi esprimete le vostre opinioni io posso migliorare quei punti che a voi non vi piacciono, rendendo a voi la storia più piacevole da leggere e seguire. Come tutti amo i complimenti, ma le critiche sono altrettanto importanti secondo me.
Detto questo, vi saluto calorosamente.
GRAZIE ancora a tutti voi! <3
Bacioni a tutti, vostra Ashwini.

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Una storia molto bella, che mi sta appassionando è ''Wolf's Blood'' di xlovefood. Vi consiglio di darci un'occhiata e non ve ne pentirete. ;)
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Capitolo 8
*** Capitolo settimo: Dubbi e legami. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic 07 CAPITOLO SETTIMO- Dubbi e legami. Ciao a tutti! ^-^
Eccomi qua con un nuovo capitolo, anche questo come l'altro è decisamente più lungo, se questi capitoli più lunghi dovessero annoiarvi fatemi sapere tramite recensione, provvederò a scriverne di più corti in futuro.
Sopra avrete certamente notato il banner personale della nuova amica di Amia, Raina, come la trovate? Vi piace? :)
Nel seguente capitolo si vedrà, verso la fine, come le due ragazze si sono conosciute; il carattere di Raina verrà delineato meglio nel prossimo e nei successivi capitoli, come per gli altri personaggi.
All'inizio invece troverete il seguito dello scorso capitolo, che spero troverete appagante, e in seguito anche un altro Pov. Andras, che ho scritto con grande piacere dopo aver letto nelle vostre recensioni che vi era piaciuto quello che avevo scritto e che ve ne sarebbe piaciuto un altro.
Detto questo vi lascio alla lettura del nuovo capitolo.

BUONA LETTURA!





L’amicizia e l’amore non si chiedono come l’acqua, ma si offrono come il tè.
(Detto Zen)






Capitolo settimo: Dubbi e legami.





Pov. Amia


I nostri sguardi erano come incatenati l'uno all'altro, incapaci di staccarsi o forse eravamo noi a non voler rompere quel contatto così intimo. Entrambi cercavamo un qualsiasi cedimento da parte dell'altro.
Entrambi non eravamo intenzionati a perdere nemmeno quella battaglia fatta di sguardi di fuoco, ardenti come lava scottante.
La tensione nell'aria si era fatta pesante e quasi insostenibile.
Neanche un suono osava spezzare quel silenzio assordante creatosi.
Nella mia mente vorticavano mille pensieri diversi, ancora non riuscivo a capacitarmi del mio assurdo comportamento. Sia chiaro, non me ne pentivo, avevo fatto una scelta e ciò significava che quando l'avevo decisa era la cosa che secondo me era più giusta da fare.
Non mi capacitavo solo del perché l'avessi fatto, insomma io neanche lo conoscevo Andras, non conoscevo la sua storia, l'unica cosa certa era che lui era il demone che mi aveva distrutto la vita e che per ciò andava punito, me lo ero ripromessa e lo avrei sicuramente fatto. In qualche modo.
Possibile che il suo sguardo mi avesse scossa a tal punto? Possibile che...
Scossi frustrata la testa, non dovevo pensarci perché se lo avessi fatto avrei potuto arrivare a risoluzioni troppo affrettate, conoscendomi mi sarei fatta mille film mentali e sarei arrivata solo ad una confusione ancora più fitta di quella in cui mi trovavo adesso.
Anche se la risposta alla prima domanda ce l'avevo, si, il suo sguardo mi aveva come scavato dentro, trasmettendomi tutto il suo immenso dolore.
Come poteva una sola persona covare dentro di se tutto quel dolore e sopportarlo?
Appena focalizzai di nuovo i suoi splendidi occhi blu notte mi morsi a sangue il labbro inferiore.
Accidenti a me, scuotendo la testa avevo involontariamente distolto lo sguardo dal suo, perdendo quella battaglia fino ad allora combattuta dai nostri sguardi profondi.
Lo vidi sorridere compiaciuto e, oltre che me, cominciai a maledirlo silenziosamente, gettandogli quante più maledizioni possibili in tutte le lingue che conoscevo.
<< Cosa stai borbottando ragazzina? Non sarai arrabbiata spero, non ne avresti alcun motivo... >> ma si interruppe per scoppiare in una fragorosa risata che trovai alquanto sadica e derisoria.
Sapeva perfettamente che ero a dir poco furiosa per aver perso quel nostro gioco di sguardi, faceva tanto il finto tonto ma sapevo benissimo quanto un essere tanto sadico potesse trovare questa situazione esilarante.
Decisi di negare spudoratamente.
<< Io non sto borbottando! E comunque se mi hai seguita solo per prendermi in giro puoi pure tornartene da dove sei venuto! >> grugnì stizzita, gettandogli un'occhiataccia della peggior specie.
Lui mi guardò scettico ed alzando un sopracciglio disse: << Ma se sei stata tu a farmi segno di seguirmi, io me ne stavo tranquillamente andando via prima. >>
<< Solo perché... Arg, non capisci nulla! >> gli gridai avvicinandomi pericolosamente al suo viso.
Eravamo a pochi centimetri di distanza ormai e il bello era che nessuno dei due se ne era accorto prima di adesso, ora che potevamo sentire il fresco respiro dell'altro sul nostro viso.
Fu come se il tempo si fosse improvvisamente bloccato, come se entrambi fossimo finiti in un universo a parte e, seppur fossimo soli in quel luogo, a noi bastava la pura e semplice presenza dell'altro.
Era come se tutto il nostro mondo fosse lì, finalmente completo.
Sensazioni mai provate e a cui non sapevo dare un nome ben preciso si propagarono per tutto il mio corpo, scuotendolo fin dentro l'anima.
Ma forse, pensai, tutto quello lo provavo solo ed unicamente io. Figuriamoci se lui aveva anche solo provato una minima parte di ciò che avevo e stavo provando io.
All'improvviso si allontanò da me come scottato e giurai di aver scorto un pizzico di confusione dovuta chissà a che cosa passare troppo velocemente nel suo sguardo di ghiaccio per essere ben analizzata.
Si mise subito in una posizione ben distante da me e ciò mi... ferì. Quelle bellissime sensazioni di completezza svanirono in un sonoro ''Puff'' e mi lasciarono con un profondo gesto di angoscia addosso.
Era incredibile, lo conoscevo da così poco... eppure... fin dal primo sguardo c'era stato un qualcosa per cui, tutt'ora, mi sentivo legata indissolubilmente a lui. Qualcosa di misterioso che ancora non riuscivo a capire.
Troppe domande si affollarono nella mia mente, rendendomi ancora più confusa se possibile.
Non ci capivo più nulla accidenti.
Ero così assorta nei miei pensieri che non ascoltai nulla di ciò che mi disse dopo, guadagnandomi un'occhiataccia da parte sua.
Sorrisi, ormai avevo imparato che odiava essere ignorato.
<< E adesso che c'è da ridere?! >> mi disse risentito e visibilmente seccato.
<< Nulla, nulla! Comunque cos'è che stavi dicendo? >> domandai mettendomi una mano sopra la bocca per nascondere un altro sorriso.
Lui sorrise in modo alquanto derisorio e mi disse: << Dicevo, che se c'è una cosa che in questi giorni ho sicuramente capito su di te è che sei parecchio suscettibile e... >> fece una pausa, forse cercando la parola adatta, poi continuò dicendo con un sorriso sghembo << ... non sai perdere! >>

Lo sapevo! Sapevo che stava fingendo prima a far finta di non sapere per cosa fossi arrabbiata!
Stronzo...
<< Beh io invece in questi giorni ho sicuramente capito che quando una situazione si fa spinosa tendi a chiuderti a riccio. Non sarai un codardo spero... ! >> risposi scimmiottandolo mentre incrociavo le braccia sotto il seno e alludendo al suo improvviso allontanamento di prima.
E quando lo vidi perdere quel suo sorrisetto irritante, sorrisi compiaciuta.

Ero riuscita a zittirlo per una volta! Evviva!
Ma il mio sorriso ebbe vita breve perché lo sguardo di fuoco dell'imperatore mi fece gelare il sangue nelle vene. Cavolo, forse avevo esagerato...
Beh, peggio per lui! Così imparava a prendermi in giro come se fossi un babbuino non pensante!
In meno di un secondo si riavvicinò nuovamente a me, ancora una volta ci trovavamo ad un palmo dal naso, vicini, troppo vicini per i miei gusti.
<< Ti avverto ragazzina, non sono un tipo paziente anzi, tendo a non dare nemmeno la prima di possibilità alle persone. Fossi in te non farei tanto la spavalda difronte un essere con cui non puoi minimamente sperare di competere. >> mi freddò gelido.
<< Ma... >> provai a dire battagliera come sempre, immediatamente fermata da lui.
Il mio cuore perse un battito, perché per fermare il mio discorso sul nascere lui... aveva portato il suo indice sulle mie labbra.
Spalancai gli occhi sorpresa e mentre lui si allontanava da me, non riuscì a pronunciare nemmeno una sillaba, troppo sconvolta per formulare una qualsiasi frase di senso compiuto.
Vidi come a rallentatore il suo allontanarsi di spalle, quelle stesse spalle su cui sembrava gravare il peso del mondo.
E ancora una volta provai lo sconfinato ed inspiegabile desiderio di essere io ad alleviare il suo immenso dolore.
Come un automa me ne tornai lentamente nella mia camera, gli occhi perduti nel vuoto.
Arrivata a destinazione mi tolsi meccanicamente i vestiti e le scarpe, riponendo il tutto ordinatamente nell'armadio color crema della stanza.
Poi, dopo essermi messa il pigiama, mi trascinai forzatamente in bagno
per lavarmi i denti.
Avendo finito, mi appoggiai strenuamente con le braccia ai lati del lavandino, sollevando stancamente la testa in modo da poter vedere la mia immagine riflessa nello specchio.
Occhi spenti e perduti nel vuoto, come un cielo pallido e smorto.
Viso pallido, privo del mio solito colorito color ciliegia che aveva sempre caratterizzato le mie guance.
Capelli in disordine a causa del mio vizio di passare le mani sulla testa quando ero frustrata e confusa.
Quella non ero io, non mi riconoscevo più ormai.
Come mi ero ridotta...
Strinsi i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
Era tutta colpa sua...!
Sua, solo sua... pensai portandomi una mano sopra gli occhi.
Rialzai lo sguardo decisa, dovevo reagire in qualche modo. Piangermi addosso non sarebbe servito a nulla.
Tornai in camera e mi infilai svelta sotto le coperte. Quella notte era più fredda del normale.
Rannicchiata sotto le coperte caddi in sonno profondo, privo di sogni.

L'indomani mi svegliai a causa della pioggia che batteva violentemente sui vetri della finestra della mia camera.

Mi alzai di malavoglia, ancora intontita per via del brusco risveglio e, scostando le tende, assottigliai lo sguardo contrariata.
Se il buon giorno si vedeva dal mattino quella sarebbe stata di certo una pessima giornata, pensai di malumore osservando il cielo grigio e pieno di nuvole scure da cui usciva una pioggia incessante.
Richiusi le tende, rifiutandomi di guardare ancora quello spettacolo, dirigendomi verso l'armadio a prendere dei nuovi vestiti da indossare quel giorno.
Optai per un maglione di lana pesante nero e un jeans chiaro con abbinate delle converse nere con decori floreali azzurri. Così, soddisfatta della mia scelta, mi diressi in bagno e dopo una doccia veloce mi vestì e, guardandomi allo specchio, mi sistemai anche i capelli, facendo il tutto molto velocemente, temendo di far tardi per la colazione di Mr. Ghiacciolo dato che volevo avere il tempo per mangiare pure io.
Successivamente me ne andai subito nelle cucine e sorrisi felice quando al loro interno vi trovai già Katia.
<< Buongiorno Katia! >> dissi piena di ritrovata felicità, vedere un volto amico mi era molto utile in giornate cupe come quella che mi si era presentata davanti oggi.
Speravo che Katia riuscisse a levarmi di dosso un po' di quella malinconia che ancora mi trascinavo addosso dalla notte prima.
<< Buongiorno anche a te stellina, dormito bene? >> si informò cordiale la donna, osservandomi con tenerezza.
<< Beh, oggi non è una bella giornata, piove a dirotto e il mio umore ne risente un po'... Ma spero che migliori così che io possa andare nella serra in giardino a leggere un po' nel tardo pomeriggio. >> risposi osservandola e notai che aveva già preparato la mia colazione. Guardai tutte quelle prelibatezze estasiata, cosa che notò anche Katia che mi disse ridendo: << Vedo che siamo affamate stamattina! Ecco cara, mangia pure, io invece finisco di preparare la colazione per il padrone. >>
Mangiai tranquilla vedendo che l'ora sull'orologio appeso alla parete difronte a me segnava ancora le sette del mattino.
<< Tesoro, la colazione del padrone è pronta, sbrigati a portargliela prima che si raffreddi. >> mi disse Katia appena finì di mangiare.
<< Certo Katia, corro! >> risposi facendole un segno di saluto con la mano dopo aver preso al volo il vassoio col cibo.
Mi addentrai per i corridoi del palazzo e raggiunsi velocemente le stanze di Andras e dopo aver bussato piano entrai, avendo ricevuto un ''avanti'' in risposta.
Andras si trovava come la mattina precedente nel balconcino privato della sua stanza, seduto nella solita sedia difronte al tavolino finemente decorato.
Mi avvicinai silenziosa e, dopo aver posato il vassoio d'argento sul tavolino, rimasi ferma in attesa di un qualche altro ordine da parte sua.
Ma lui continuava a mangiare in assoluto silenzio senza neanche degnarmi di uno sguardo.
L'eleganza era padrona di ogni suo movimento.
Come faceva a mantenere in ogni situazione quel comportamento così etereo, sembrava non appartenere neanche a questo di mondo!
Dopo poco però, stizzita per il suo continuo ignorarmi, feci per andarmene ma fui subito fermata da lui.
<< Questo pomeriggio porta qualche cosa da mangiare e da bere nello spiazzale dietro il palazzo. Cerca di non tardare o peggio mancare come ieri, ti avverto che non sarò così magnanimo come l'altra volta. >> mi disse rivolgendomi un'occhiata fredda e di serio avvertimento.
<< Ho capito perfettamente. >> risposi altrettanto fredda e girandomi sfuggì a quello sguardo di ghiaccio.
Uscire da quella camera fu un sollievo enorme per me .
Non capivo, ieri era come se si fosse creato un contatto tra noi due, come se un ponte avesse unito le nostre anime per quel lasso di tempo.
Ovviamente questo non riguardava l'ultima parte del nostro incontro che decisamente non era stata delle migliori, ma per il resto era tutto normale, uguale a come era sempre stato fra noi.
Non capivo il suo comportamento.
Si comportava come se nulla fosse successo, freddo e meccanico come sempre. E la cosa non mi piaceva per niente, insomma non capivo più quale fosse la sua vera personalità: gelida ma amabile o fredda e totalmente insensibile? Possibile che quella di ieri fosse solo un facciata per ingannarmi?
Eppure i suoi occhi mi erano sembrati così sinceri...


Pov. Andras


Appena sentì la porta richiudersi tirai un sospiro di sollievo, rilassandomi nuovamente.
Accidenti a lei e ai suoi occhi di quarzo blu, erano come pezzi di cielo che minacciavano di riversarsi nei miei blu come gli abissi degli oceani, tentando in tutti i modi di riscaldarli ed eliminare quel freddo eterno che sembrava avvolgerli.
Ma io non glielo avrei permesso. Mai.
Quella ragazzina era pericolosa e se non volevo avere delle ripercussioni sgradite sulla mia anima dovevo mantenere le più efferate distanze.
Per tutto questo l'avevo trattata così freddamente, mandandola subito via.
Dovevamo stare lontani, nessun contatto era concesso.
Lei era quanto di più provocante esistesse e il bello era che neanche se ne rendeva conto!
Bastava pensare al suo continuo passare le mani fra i capelli ribelli, o ancora al suo mordicchiarsi le labbra quando non sapeva come controbattere.
Quando le avevo poggiato il dito sulle labbra poi... vedere comparire sul suo viso quella sua espressione da cucciolo smarrito mi aveva disabilitato completamente.
Arricciai il naso infastidito.

Un'altra cosa che odiavo di lei era che non appena entrava in una stanza la riempiva del suo inebriante profumo di rosa.
Stupida umana, adesso avrei pure dovuto tenere le finestre aperte nella speranza che il suo odore andasse via il più velocemente possibile.
Mi bloccai sul posto come pietrificato quando mi resi conto che nonostante i miei pensieri negativi sul suo odore io stavo annusando l'aria circostante come un cane.
Cazzo. Cazzo. Cazzo!
Infuriato come non mai mi alzai velocemente dalla sedia, facendo anche rovesciare la sedia e il tavolino con tutto ciò che vi era posato sopra per terra.
Irrigidì la mascella mentre i miei occhi diventarono di fuoco ardente sia per il colore che per il sentimento di furia cieca che mi aveva avvolto.
I canini si fecero più pronunciati e il mio unico pensiero era che dovevo assolutamente far fuori qualcuno per calmarmi e scacciare via quella misera umana dai miei pensieri.
Uscì fuori dalle mie stanze sbattendo violentemente la porta, tanto che anche i cardini tremarono.
Al mio passare nei corridoi tutti i servi che stavano pulendo o semplicemente passando di lì si bloccarono impauriti, tremando come foglie scosse dal freddo vento invernale.
Si, perché il quel momento ero così arrabbiato che tutti sapevano che se avessero anche solo emesso un misero suono avrebbero rischiato di morire inceneriti da me.
I miei passi pesanti risuonavano per i corridoi come annunciatori di morte.
Direzione? Il campo di battaglia nei confini dell'impero, dove vi erano alcuni ribelli.
Si, pensai con un sorriso omicida dipinto in volto, molti sarebbero morti oggi.

POV Amia

Dire che ero inviperita era decisamente riduttivo.
Sembrava quasi che fumassi dalle orecchie come il fumaiolo di un treno a vapore.
Basta, era l'ultima volta che cercavo di alleviare il perenne dolore che sembrava albergare dentro di lui! Che si rivolgesse pure a qualcun altro!
Mr. Ghiacciolo era quanto di più irritante esistesse a questo mondo, sicuramente!
In quello stato mi dissi che solo la lettura di un buon libro avrebbe potuto lenire la rabbia che provavo così cercai di pensare a dove potesse trovarsi Katia in questo momento.
Guardai fuori da una delle tante finestre imponenti che adornavano i corridoi del piano, il sole era ancora basso nel cielo, segno che ancora era piuttosto presto e, facendo mente locale, ricordai che ieri a quest'ora Katia si trovava in giardino a parlare amabilmente con il giardiniere Klaus.
Feci un lieve sorriso di tenerezza a quel pensiero. Loro sembravano avere un così saldo e bel rapporto.
Poi mi bloccai spalancando gli occhi per lo stupore.
Io.. io avevo davvero associato quell'immagine ad una possibile futura tra me e... Andras?!
No, non poteva essere!
Mi misi le mani ai capelli frustrata e sconvolta.
Perché cavolo? Perché?!
Dovevo assolutamente distrarmi con un buon libro o avrei rischiato di impazzire seriamente oggi.
Anzi, no. Dovevo smetterla di pensare a lui e basta cazzo!
Mi diressi a passo di marcia verso lo stesso giardino di ieri.
Leggere era la soluzione mi dissi sorridendo in preda ad una crisi di panico.
Se qualcuno mi avesse vista avrebbe sicuramente pensato che fossi da manicomio.
Arrivata a destinazione sospirai di sollievo non appena intravidi la figura di Katia proprio accanto a Klaus che tagliava ad arte dei cespugli.
Mi avvicinai velocemente alla coppia e non appena si accorsero di me entrambi mi sorrisero dolci in segno di saluto, ricambiato da me ampiamente. Il solo vedere delle facce amiche migliorava di molto il mio umore, decisamente.
<< Ciao stellina, hai già portato la colazione al padrone? >> si informò cordiale Katia.
<< Sì Katia, tutto fatto. Scusa il disturbo, ma volevo chiederti se potevi dirmi dove si trovava la biblioteca di palazzo, se c'è ovviamente... >> dissi timidamente, temendo una risposta negativa.
<< Se c'è? Ma è ovvio cara, è una delle più grandi dello stato! Vedrai, sono sicura che la amerai a prima vista! Non potrai leggere solo alcuni libri scritti in demoniaco antico, sai quella lingua morta la conoscono solo i nobili più istruiti. >> mi rispose lei.
Capì dal suo sguardo che quei libri erano scritti in quella lingua per un qualche motivo specifico.
Interessante, davvero interessante.
Forse se trovavo qualcuno disposto e capace di leggermeli avrei scoperto qualcosa di oscuro sulla loro razza che mi avrebbe permesso di trovare i loro punti deboli.
Mi appuntai mentalmente di farmi amico qualcuno con questa capacità. Anche se conoscendo uno dei soggetti mi sembrava molto difficile, pensai stizzita al ricordo del viso di Andras.
Dopo aver salutato Klaus, entrambe ci dirigemmo in biblioteca e feci in modo di memorizzarmi il percorso da poter poi fare in futuro.
Appena Katia la fece fermare difronte un ampio portone color argento finemente decorato da svariate figure e simboli degni del miglior architetto, trattenni a stento un ''Oh'' colossale.
Se questo era l'esterno non osavo immaginare come fosse l'interno!
Katia mi fissò con un sorriso e aprì le due ante del portone, facendosi poi da parte e permettendomi così di vedere l'interno della biblioteca.
Un calore piacevole mi avvolse e non potei evitare di saltellare in giro, contenta come una bambina difronte i regali di Natale.
Il mio sorriso arrivava da una parte all'altra del mio viso, illuminandolo di luce nuova.
Irradiavo felicità da tutti i pori.
Mi fiondai dentro come un fulmine a ciel sereno e cominciai a vagare elettrizzata per l'enorme stanza, sentendo a malapena il saluto divertito rivoltami da Katia.
Vidi distrattamente un bancone in ebano scuro all'angolo destro del locale e intravedendo una figura minuta seduta dietro di esso, mi ci diressi saltellando come un coniglio sul prato.
Appena vi arrivai difronte sorrisi ampiamente alla ragazza che, forse dubitando della mia sanità mentale, mi rivolse un timido sorriso in risposta.
Osservai che era davvero giovane per essere una bibliotecaria, io in ogni biblioteca in cui andavo nella mia città vi trovavo sempre delle signore vecchie quanto un vaso Ming.
La ragazza che avevo davanti invece, aveva lunghi capelli castani, mossi e leggermente più chiari sulle punte. Aveva una carnagione chiara, le labbra sottili ma carnose di un bel rosa pesca. Ma la cosa più bella di lei erano senz'altro gli occhi, erano verde scuro ai margini ma diventavano di un nocciola dorato vicino alla pupilla.
Come avevo in precedenza notato era magra e alta un po' meno di me.
Sperai vivamente, come sembrava dal viso ovale, che fosse simpatica.
<< Ciao! >> le dissi salutandola cordiale ma forse con troppo entusiasmo. Tutta colpa della vista della biblioteca mi dissi, avevano sempre quell'effetto esplosivo su di me.
<< Ciao anche a te. Hai bisogno d'aiuto? >> rispose lei riprendendosi, forse capendo che nonostante tutto stavo bene mentalmente.
<< Si, ecco cercavo qualche libro di genere romantico... ne avete? >> chiesi speranzosa.
<< Ma certamente! Vieni ti porto subito nella sezione della biblioteca adibita al genere. >> mi rispose educatamente.
Annuì energicamente in risposta e mi lasciai condurre da lei.
<< Eccoci arrivati, qui troverai sicuramente qualcosa di interessante! >> disse allargando le braccia, facendomi notare che vi erano ben due enormi costruzioni in ebano scuro i cui scaffali arrivavano fino all'alto soffitto. Negli angoli vi erano due scale scorrevoli attaccate alla costruzione con cui si potevano raggiungere facilmente anche gli scaffali più alti.
<< Grazie mille dell'aiuto! Io mi chiamo Amia e sono nuova di qua, tu? >> le chiesi sperando di trovare un'amica in lei.
<< Dovere! Il mio nome invece è Raina, piacere! >> mi rispose felice.
<< Scusa la domanda ma tu... insomma sei un'umana anche tu vero? >> le dissi grattandomi la nuca e sorridendo.
<< Oh, sì certo. Sono arrivata alcuni giorni fa, tu? >> mi chiese lei inclinando un po' la testa.
<< Anch'io! Senti, dato che mi sembri amare molto anche tu i libri, ti andrebbe di passare un po' di tempo con me e consigliarmene qualcuno non solo di genere romantico? >> le chiesi prendendole le mani tra le mie, come ad enfatizzare la domanda. Volevo instaurare una conversazione con lei e dall'espressione del suo viso capì di esserci riuscita.
<< Certo che mi va! Vieni, ho alcuni titoli la cui trama ti farà sicuramente impazzire! >> mi rispose sciogliendo la presa delle mie mani e, prendendomi per mano come si fa con una vecchia amica, mi fece strada.
La seguì e, ridendo allegramente come se ci conoscessimo da sempre, passammo tutta la mattinata insieme.
Parlammo tutto il tempo, ma non solo di libri, anche dei nostri altri interessi, cominciando a conoscerci. E fui subito certa che tra noi sarebbe nata una splendida amicizia destinata a durare nel tempo.
Avevo trovato una nuova amica e ne ero davvero felice.
Finalmente non ero più sola. Finalmente potevo ridere e scherzare con qualcuno.
E, fregandocene del luogo in cui ci trovavamo, facemmo risuonare le nostre risate spensierate per tutta la biblioteca.
Forse il sole era tornato a splendere vivo nella mia vita.



Un uomo stava ritto difronte all'ampia finestra del suo studio, osservando cupo il cielo che invece era di uno sfavillante azzurro.
Non una nuvola vi era ad intaccare la pura continuità di quel colore tanto simile agli occhi della figlia.
Pensò alla sua bambina con un moto di improvvisa tristezza.
Amia giocava allegra correndo per il giardino, subito inseguita dalla madre che correva piano per far si che vincesse la bambina.
Una volta anche lui giocava con loro, la sua famiglia, ma adesso era tutto completamente diverso.
Non poteva più farlo.
Se lo avesse fatto Amia sarebbe cresciuta in un mondo pieno d'amore e con pochissime difficoltà.
Il suo carattere sarebbe stato debole e facilmente manovrabile. E questo non doveva accadere.
Lei doveva crescere in un mondo difficile, dove doveva faticare per mangiare e crescere con non troppo amore.
Quello della madre sarebbe stato abbastanza forte da non farla diventare insensibile ma la privazione di quello del padre l'avrebbe resa meno incline alle relazioni.
Vedeva quanto Amia soffrisse per questo, vedeva quanto i suoi occhioni lo imploravano di abbracciarla e riempirla di amore.
Ma lui non poteva.
Il suo cuore ne risentiva anche se agli occhi degli altri si mostrava forte, soffriva anche lui a non poter riempire d'amore la vita della moglie e della figlia.
Il suo sguardo cadde sulla lettera poggiata sulla scrivania.
Sospirò stanco, tutto quello che in poche righe era lì descritto aveva sconvolto la sua vita.
Anni fa leggere quella lettera gli aveva dato un colpo netto e letale al cuore, fu ciò che lo fece cambiare. Dopo qualche anno sarebbe cambiato di nuovo, tutto per preparare Amia, solo per lei.
Sapeva che così lo avrebbe odiato ma lui doveva farlo.
Si girò e, dopo essersi riseduto nella poltrona difronte la scrivania, osservò con insistenza il marchio che spiccava nel fregio di chiusura.
''CGE'', questa sigla stava per ''Cavalieri della Giustizia Eterna'', un'organizzazione crudele e calcolatrice.
Nella lettera erano scritte cose terribili, istruzioni precise a cui lui doveva obbedire se non voleva che la sua famiglia avesse delle ''casuali'' ripercussioni anche mortali.
Si chiedeva se, nonostante i suoi sforzi, la figlia sarebbe riuscita a cavarsela.
Se avrebbe preso le decisioni giuste.
Perché i nostri peggiori nemici sono quelli che non sapevamo di avere.
E i nostri alleati sono quelli che mai ci saremmo immaginati avremmo potuto definire tali.








ANGOLO AUTRICE:


Allora cari lettori, eccoci arrivati alla fine del capitolo! :D


Come sempre, vi chiedo se vi è piaciuto e di esprimere tranquillamente le vostre più sincere opinioni in una recensione.

Risponderò alle vostre eventuali domande e dubbi con i più dettagliati chiarimenti possibili.
Che dire, in questo capitolo succedono un bel po' di cose, tutte molto importanti per il giusto proseguimento della storia.
I battibecchi tra i due protagonisti non mancheranno mai, ci saranno quelli più divertenti così come avverranno anche quelli più seri e spinosi.
Avrete notato che entrambi sono parecchio stizziti dal nuovo e persistente bisogno di attenzioni da parte dell'altro, non vogliono contatti per evitare di scottarsi ed esporsi troppo col ''nemico''.
Fin quando ci riusciranno? E chi sarà il primo a cedere e ad ammettere a se stesso/a di amare l'altro?
Beh, da questo punto di vista decido io, voi che dite? ahahahah XD
Ovviamente si accettano suggerimenti. <3
Amia reagisce sfogandosi su di un bel libro, Andras invece... beh, lui al contrario di molti di noi, che hanno istinti omicidi ma per legge non li possono sfogare, se ne va ''tranquillamente'' ad ammazzare qualcuno ai confini dell'impero per sbollire la rabbia.
Che vita complicata la sua eh? :3
Infine, cosa ne pensate del flasback finale? Cosa nasconde il padre di Amia? E cos'è l'organizzazione ''CGE''? Cosa c'entra nella vita della protagonista?
Tante domande che penso vi faranno riflettere ed impazzire, ma mi duole dirvi che solo seguendo la storia avrete le risposte tanto attese.
E c'è ancora molto altro, credetemi. Ma tranquilli, tutto verrà svelato a suo tempo. :3
Mi spiace ma sono cattivella e non posso dirvi altro! :P
Vi informo poi che nel prossimo capitolo comparirà finalmente anche Damien con associato il suo banner personale come per gli altri. :)
Credo proprio che lui vi piacerà parecchio! XD
Ci tengo poi a ringraziare infinitamente tutti coloro che recensiscono i capitoli della storia, coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite ed anche i lettori silenziosi. Ed infine ringrazio molto xlovefood che mi ha inserita come autrice preferita.
GRAZIE a tutti. < 3

Detto questo, vi saluto calorosamente!

Bacioni, vostra Ashwini. :*

P.S.: Con questo capitolo arriviamo a... 6-7 recensioni, please? Mi fate contenta per una volta? *occhi cucciolosi*




Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)
* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di
iloveromanzirosa, una storia davvero ben fatta che mi ha subito affascinata, consigliata ampiamente.

Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo: Amicizia. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic 08 CAPITOLO OTTAVO- Amicizia. Ciao a tutti! ^-^
Eccomi qua con un nuovo capitolo cari lettori, spero vivamente che vi piaccia!
Allora, in questo capitolo ho delineato un po' meglio l'amicizia tra Amia e Raina e Andras e Damien. Comunque è un processo che continuerà anche nei prossimi capitoli.
A proposito di Damien, come vedrete farà la sua prima comparsa nella storia, un po' divertente ecco. Vedrete. XD
Sopra troverete anche il suo banner personale, come per Amia, Andras e Raina.
Bene, detto questo vi lascio alla lettura del capitolo.

BUONA LETTURA!




L’amicizia quella vera la senti quando inizi a preoccuparti dell’altro,
quando riesci a percepire i battiti del suo cuore, a sentirne la stanchezza, la gioia.
Per questa amicizia saresti pronto a stendere un tappeto rosso sul suo cammino
per non farla inciampare nelle difficoltà della vita.

(Gaetano Cioppa)



Capitolo ottavo: Amicizia.




Pov. Amia


Tornai felice nella mia camera come non lo ero da tanto, troppo tempo. Sicuramente ora che, oltre Katia, avevo Raina come amica, la mia vita a palazzo sarebbe stata notevolmente più piacevole. Sorridevo da così tanto tempo che ormai credevo che mi sarebbe venuta una paralisi facciale! 
Non appena mi fui richiusa la porta alle spalle però, notai che poggiate sul mio letto vi erano delle valigie nere l'una messa accanto all'altra.
Mi avvicinai confusa, osservandole da vicino però vidi che sopra una di esse vi era un biglietto destinato a me a quanto diceva la scritta incisa sopra.
Lo presi tra le mie mani e lessi ad alta voce: << Ciao stellina, sono Katia, ti volevo informare che dentro queste valigie ci sono i tuoi affetti personali prelevati direttamente da casa tua. Dopo aver sistemato tutto vieni nelle cucine, troverai un buon pranzetto ad aspettarti. Baci, Katia. >>
Hanno provveduto a portare qui le mie cose?!
Osservai le valigie per un secondo sorpresa, poi urlai dalla felicità che mi invase: << Oggi deve essere proprio il mio giorno fortunato! >>
Con foga aprii tutte le valigie e gli occhi mi diventarono a cuoricino non appena scorsi tra tutta quella roba il mio iPod. Finalmente potevo ascoltare nuovamente le mie canzoni preferite! 
Subito mi misi le cuffie alle orecchie e, con la canzone ''Hall of fame'', disposi ordinatamente e a tempo di musica tutte le mie cose nei vari cassetti e armadi notando con grande piacere che c'era proprio tutto. Dai miei libri ai miei CD, dai vestiti ai profumi. Il mio mondo insomma!
Misi con gioia il mio maglione preferito color pesca, reso particolare dai decori in brillantini rosa e bianchi sul fianco destro che andavano a formare una splendida rosa, e i miei jeans azzurro chiaro. Indossai poi le mie converse bianche con decori floreali rosa e, dopo aver riposto sul letto l'iPod, corsi in bagno con in mano la mia fedelissima trousse piena di ogni genere di trucco femminile.
Avevo avuto poche occasioni per usare i trucchi contenuti al suo interno dato che, per ovvi motivi familiari, ero uscita con le amiche solo rare volte.
Mi truccai leggera, non ero una ragazza che si metteva in viso chili di fondotinta e altro, ero piuttosto la classica ragazza acqua e sapone che ogni tanto amava mettere un filo di trucco.

Guardandomi allo specchio sorrisi alla mia immagine riflessa in esso e, dopo aver fatto un giro su me stessa, uscii dal bagno e mi fiondai letteralmente fuori dalla mia camera.

Direzione? Le cucine di palazzo ovviamente!
Mi veniva una fame al solo pensare alle squisitezze che preparava Katia!
Ma ebbi il tempo di compiere pochi passi, perché non appena uscì fuori dalla camera sbattei violentemente contro un qualcuno, anzi era meglio dire un ammasso di muscoli.
Caddi a terra per il contraccolpo, causandomi sicuramente un bel livido nel sedere.
Alzai gli occhi inferocita, pronta a cercare di uccidere con lo sguardo colui che aveva osato buttarmi a terra, accidentalmente lo so, ma ciò che era fatto era fatto!
La saliva quasi mi andò di traverso quando mi ritrovai difronte un angelo biondo dagli occhi azzurri, labbra piene, il naso dritto ed alto e muscoloso. La sua muscolatura ben definita si vedeva chiaramente dalla maglietta bianca attillata e dai jeans scuri che gli fasciavano perfettamente le gambe.
Andras è molto meglio però, pensai senza riflettere.
Mi morsi il labbro accigliata, com'è che si finiva sempre col parlare di lui, eh?!
<< Cerca di stare attenta la prossima volta stupida umana o non sarà un livido la tua prima preoccupazione. >> mi freddò quello distogliendomi dai miei pensieri.
Mi correggo, non era un angelo, ma un un demone! E suppongo anche di fatto non solo di carattere, data la sfacciataggine con cui girava per i corridoi del palazzo reale.
<< Che c'è umana sei restata folgorata dalla mia bellezza? >> mi disse poi il ragazzo con un ghigno.
<< Tsk! Da uno come te? Mai! >> risposi a tono.
<< Sei lesbica, allora. >> mi disse tranquillamente.
Spalancai gli occhi, allibita.
<< C-Cosa?! Mai tu stai male! Certo che no! >>
<< Non credo, è praticamente impossibile che uno come me non ti piaccia! >> mi disse scettico alzando un sopracciglio.
<< Sei anche modesto vedo! >> ironizzai io alzando gli occhi al cielo.
<< E tu non sei divertente... carotina. >> mi disse ad un palmo dal viso ghignando spudoratamente.
Aspetta, aspetta! Come aveva osato chiamarmi?! Ma io lo ammazzo questo!
Mi rialzai in piedi pronta a dare battaglia ma lui si girò di spalle e inclinando indietro la testa verso di me in un modo maledettamente sensuale disse: << A presto carotina, se mai volessi il mio numero il mio nome è Damien, generale dell'esercito imperiale. Demone purosangue, ovviamente. >>
Dopo aver detto questo se ne andò via, lasciando dietro di se una scia di profumo al cioccolato.
Era snervante il modo con cui calcava sulla parola ''carotina'', chiaro riferimento ai miei capelli.
Idiota! Come tutta la sua orribile razza d'altronde!
Col cavolo che avrei chiesto in giro per avere il suo numero! Voleva che fossi io poi a cercarlo per prima, faceva il prezioso!
Come odiavo i montati come lui.
Risi ironica al pensiero che quel suo atteggiamento doveva far ridere piacevolmente tutti quelli che lo conoscevano.

Mi diressi, come da programma, verso le cucine, imprecando mentalmente contro quell'energumeno.
Ma poco prima di aprire le porte della cucina fui fermata da un picchiettare sulla mia spalla.
Mi girai scocciata di un'altra interruzione verso colui che mia aveva chiamata.
<< Ehi, anche io sono felice di rivederti! >> ironizzò con un sorriso Raina.
<< Oh, sei tu! Scusa ma prima ho incontrata un certo Damien che... >>
<< Tu hai incontrato il generale Damien?! Racconta, racconta! >> mi disse mettendomi le mani sulle spalle convinta e in attesa di chissà quale gossip del secolo.
<< Stavo dicendo, l'ho incontrato poco fa nel corridoio, certo che è un tipo pieno di autostima... >> dissi sprezzante.
<< Io lo trovo così simpatico, invece... >> disse lievemente lei.
In quel momento fui sicura di due cose: uno, gli occhi mi erano sicuramente diventati a palla dalla sorpresa e due, a lei Mr. Sono-Figo-E-Lo-So piaceva, e anche parecchio a giudicare dal lieve rossore sulle sue guance.
<< No, lui ti piace! >> dissi infatti, puntandola con il dito.
Sì, ero a dir poco sconvolta dalla notizia.

<< Ecco, non è che mi piaccia... è carino... >> minimizzò lei, e vidi chiaramente quanto si stava trattenendo dall'aggiungere molto altro.
<< Guarda non voglio sapere ne come ne per quale colpo del diavolo possa piacerti quel tizio. Mi ha anche chiamata ''carotina''! >> dissi assottigliando gli occhi.
<< Beh, lui è fatto così... >> disse in evidente imbarazzo.
Faceva quell'effetto essere innamorati di qualcuno?
Blah, che schifo.
Ero una ragazza romantica certo, ma lei si comportava come... come... come un'adolescente in crisi ormonale ed una bambina eccitata, un mix esplosivo insomma!
<< Andiamo a pranzare, va'! >> dissi prendendola per il braccio e trascinandola dentro la stanza.
Salutammo calorosamente Katia e iniziammo a mangiare tranquillamente.
<< Sai io sono la sua schiava personale oltre che la bibliotecaria. >> buttò lì come se non fosse nulla.
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.
Tossì convulsamente, e credetti davvero di morire per soffocamento per un istante. O per lo stupore, dipende dai punti di vista.
<< COSA?! >> dissi alzando di diverse ottave il suono della mia voce.
<< Sì, ecco, mi ha scelta poco prima che l'imperatore scegliesse te... >> disse unendo entrambi gli indici e guardandomi colpevole.
Mi passai stressata una mano in faccia, poi sorrisi.
<< Quindi è così che è iniziata, eh? >>
<< Sì! >> si illuminò lei.
<< Sai che è un casanova, vero? >> dissi con un mezzo sorriso.
<< Certo, ma io compirò il miracolo di farlo innamorare! >> disse alzando un pugno al cielo.
A quel punto ci guardammo in faccia e scoppiammo a ridere come due cretine.
Era una forza della natura quella ragazza.
Pensai che forse qualcosa in comune quei due ce l'avevano: l'ineguagliabile capacità di far ridere le persone con le proprie battute.
Perché dovevo ammetterlo, il suo atteggiamento faceva ridere parecchio ora che ci riflettevo su, esattamente come quello di Raina in certe occasioni.
La osservai mangiare l'ultimo boccone di pasta.
Sì, decisamente era molto buffa in molte occasioni, mi dissi con un sorriso.

Dopo aver finito di pranzare con le prelibatezze che ci aveva gentilmente cucinato Katia e dopo averla per questo abbracciata calorosamente, quasi a strozzarla, ci dirigemmo verso la biblioteca.
<< Allora... >> iniziai io ad un certo punto alzando gli occhi dal libro che stavo leggendo.
Raina accanto alla poltrona su cui ero seduta io fece lo stesso, osservandomi con curiosità.
<< Cosa fate tu e Damien di solito e come si comporta lui con te? >> dissi a razzo mettendomi le mani in perfetto stile Montgomery Burns dei Simpson.
<< Ma nulla di così speciale! >> quasi si strozzò con la sua stessa saliva lei.
Faceva la preziosa, eh? Eccellente.
<< Certo, certo. Passa ai fatti piccanti ora. >> dissi con nonchalance, muovendo la mano come a scacciare una mosca.
<< Normalmente. Lui neanche mi calcola in effetti. Mi dice cosa fare e basta. >> disse lei tristemente.
<< Oh. >> dissi secca.
La tua amica sta male e tu te ne esci fuori con un semplice ''Oh''?  mi ammonì il mio cervello.
<< Beh, scusa tanto!>>   risposi incavolata alzandomi di scatto dalla poltrona. Adesso anche il mio cervello mi faceva la predica!
Poi il mio occhio cadde su Raina che mi guardava scandalizzata, sicuramente credendo che fossi pazza.
L'avevo davvero detto ad alta voce? Mi bastò riguardare Raina per capire che sì, l'avevo davvero fatto.
Bella. Figura. Di. Merda.
Deglutii agitata.<< Non mi riferivo a te! Stavo... oh, al diavolo. >> risposi risedendomi di scatto ed incrociando le braccia sotto al seno.
Raina si piegò in due dalle risate.
<< Sei uno spasso Amia! >> rise a crepapelle lei.
Si divertiva anche!
Sorrisi maligna.
<< Adesso ti faccio ridere io signorinella! >> le dissi saltandole addosso e cominciando a farle il solletico.
<< No... Amia... basta... soffro... il... solletico... >> disse in preda alle risate lei.
<< No, mia cara, adesso la paghi per avermi presa in giro! >> risposi sadica.
A quel punto cominciò una vera e propria battaglia all'ultimo solletico.



Pov. Andras


Tornai a palazzo con i nervi decisamente rilassati. Uccidere quei vermi mi aveva fatto da calmante ed in più mi ero divertito a vederli agonizzare al suolo. Che dire, ho preso due piccioni con una fava, mi dissi sorridendo malefico.
Dopo aver risolto con successo il problema del fronte ed aver discusso di alcune questioni importanti con i capi militari del luogo, avevo deciso che potevo pure tornarmene a casa per quel giorno.
Non vedevo l'ora che arrivasse il pomeriggio per torturare quella ragazzina impertinente. Le avrei fatto patire le pene dell'inferno.
<< Mio signore siamo arrivati. >> mi informò l'autista della limousine con cui avevo viaggiato.
Scesi senza degnarlo di uno sguardo dalla portiera appena apertami da un maggiordomo. Quest'ultimo al mio passare si inchinò, così come tutte le cameriere i camerieri disposti in fila ai due lati del viale che precedeva l'entrata del palazzo. Sembravano tanti pezzi di un domino, pensai guardandoli dall'alto in basso.
Lei non lo avrebbe fatto neanche sotto tortura, pensai con un sorriso.
Dio, perché il discorso andava a finire sempre su di lei?!
Era la mia maledizione quella ragazza.
Neanche il tempo di sorpassare la soglia del monumentale portone del palazzo che venni travolto dall'abbraccio di quel decerebrato del mio migliore amico.
<< Cazzo, Damien, levati subito di dosso! >> gli dissi sottovoce all'orecchio mentre assumevo l'espressione facciale più indifferente di cui ero capace.
Ero pur sempre l'imperatore e non potevo certo urlare come una bestia in mezzo alla servitù.
Damien, conoscendomi, ricevette il messaggio di levarsi subito se non voleva sottoporsi ad una lenta e crudele tortura punitiva.
<< Amico ma sei stato fuori tutta la giornata! Io torno dalla guerra e tu neanche ti fai trovare a casa? Mi aspettavo una festa!>> disse quel cretino abbassando la testa.
Il mio sopracciglio scatto subito all'insù.
<< Dì la verità, tu volevi la festa solo per rimorchiare qualche bella ragazza. Non certo per la mia compagnia.>> gli risposi ovvio.
Lui rialzò il capo stupito, e mettendosi una mano sopra al cuore disse: << Andras giuro che però ti avrei trovato una bella gnocca pure a te! >>
Mi passai una mano sul volto e dopo averlo sorpassato gli dissi:<< Damien non è giornata. E per la cronaca...>> mi fermai girandomi leggermente, fissandolo superiore:<< ... io non ho bisogno di qualcuno che mi procuri le ragazze, vengono da sole. >>
Detto questo mi rigirai soddisfatto della mia risposta e mi diressi subito verso le mie stanze per farmi un bel bagno ristoratore prima dell'allenamento serale con Damien.
Da lontano sentii la sua risposta: << Sei forte amico! Hai tutta la mia stima! >>
Lo so Damien, lo so.

Dopo che mi fui lavato, indossai una delle mie tute da allenamento e, uscito dalla stanza, andai nello spiazzale all'aperto in cui di solito mi allenavo con Damien nelle arti marziali ed anche con le armi. 
Eravamo entrambi molto forti, i migliori dell'intero mondo demoniaco. Infatti era proprio il mio migliore amico il mio generale più fidato, a lui avevo lasciato il comando del mio enorme e potente esercito.
Guerriero capace e talentoso, Damien era secondo solo a me.
Era anche colto, faceva infatti parte di una delle più nobili e antiche famiglie aristocratiche.
Per quanto si comportasse da perenne bambino, non lo si sarebbe più riconosciuto in un campo di battaglia. Diventava un'altra persona, un uomo dal cipiglio severo, un uomo crudele e senza pietà. Se si parlava di questioni serie, come quelle inerenti alla politica, lui non scherzava mai.
Da quando ho memoria lui è sempre stato al mio fianco, i suoi genitori erano e sono tutt'ora i migliori amici dei miei.
Praticamente eravamo cresciuti insieme, solo lui conosceva tutti i tratti oscuri del mio passato.
Ricordo che una volta, preso dalla foga per una delusione datami dai miei genitori, feci una strage in una città appena conquistata.
Se loro mi ritenevano un figlio inadatto al ruolo che riponevo, inutile e causa di profonde delusioni beh, allora mi sarei comportato come tale.
Ricordo ancora oggi che tornai a casa ricoperto di sangue...




Entrai a palazzo completamente bagnato d'acqua e sangue. Le goccioline color cremisi scivolavano velocemente tra i miei pettorali, lasciando lunghe strisce d'armano al loro passaggio.

Il mio viso non esprimeva nessuna emozione, gli occhi erano vitrei, nessuna luce brillava in essi.
Ad un tratto sentì il rumore cigolante di una porta.
Rivolsi stanco lo sguardo verso di essa e ne vidi uscire Damien con un'espressione stizzita in volto, forse a causa del non previsto risveglio a quest'ora. Era infatti tarda notte e la luna splendeva candida nel cielo notturno.
Non appena fui riconosciuto da lui, lo vidi spalancare gli occhi, improvvisamente sveglio. Subito il suo viso, da stanco e assonnato, divenne furioso. Gli occhi azzurri divennero rosso sangue e i canini si misero ben in vista, così come le unghie che avevano assunto un colore bluastro fiammeggiante.
Con uno scatto felino mi si scagliò addosso, buttandomi per terra.
Mi diede un pugno ben assestato sulla mascella e poi mi disse infuriato: << Andras ma dove sei stato?! Ti cercavamo tutti! Cazzo, ma avvisare no?! >>
Io lo fissai con ancora gli occhi persi nel vuoto, immobile.
<< Rispondimi! >> continuò lui a voce ancora più alta.
<< Rischi di svegliare tutti idiota. >> risposi semplicemente con voce atona.
<< Non me ne frega nulla, che si sveglino pure! Ora tu mi dici che cavolo ti è passato per la testa oggi! Sei anche ricoperto di sangue per Dio! Che hai combinato?! >> mi disse prendendomi per le spalle, ferendomi così con le unghie ancora lunghe e affilate come rasoi.
<< Ho ucciso parecchia gente... >> risposi girando la testa di lato.
<< Dio, Andras perché?! Poi ti lamenti che i tuoi non ti rispettino come dovrebbero! Come pretendi che ti stimino se tu continui a comportarti da bambino?! Eh? Rispondi! >> mi disse prendendo a forza il mio viso e girandolo fino a farmi incrociare i suoi occhi.
Delusione, tanta delusione. Questo esprimevano sotto chili di rabbia.
<< Mi comporto così proprio per questo, non importa cosa faccia, non sarò mai il figlio che avrebbero voluto che fossi!>> urlai anche io rabbioso.
<< Andras... >> cominciò, ma io lo fermai subito.
<< Andras niente, Damien! Sono stufo di tutto questo! Basta! >> dissi togliendomelo di dosso e alzandomi da terra.
Mi incamminai verso le mie stanze quando mi sentì fermare da una ferrea presa alla spalla destra.
Mi voltai verso di lui infastidito.
<< Amico, non importa quanto i tuoi ti feriscano, perché è inutile che continui a fingere che il loro comportamento non ti scalfisca per niente. Non con me. Ti dico solo questo: Quando stai per cadere, c'è qualcosa che devi fare prima di chiedere aiuto. Ed è... cadere del tutto. Non puoi rialzarti se non sei completamente caduto. Una persona può rialzarsi per la prima volta solo dopo che è caduta completamente. Con le sue gambe, con decisione. Adesso che tu sei caduto devi chiedere aiuto e guarda caso ci sono io qua. >> mi disse con un sorriso.
Era tornato normale, con il solito viso d'angelo che trasudava allegria da tutti i pori.
A quel punto le mie difese caddero e per la prima volta in vita mia, una sola e calda lacrima cadde dal mio occhio. Mischiandosi al sangue rappreso.
Gli sorrisi sincero come rare volte lo ero stato in vita mia.
Mi diressi poi verso le scale che mi avrebbero condotto alle mie stanze.
Sentii i suoi passi leggeri dirigersi lentamente verso la porta da cui era poco prima entrato.
<<  Grazie. >> dissi in un sussurro, sapendo benissimo che comunque lui mi avrebbe sentito.
In un soffio sparì nell'oscurità dei corridoi al piano superiore, non prima però di aver sentito il suo sussurrato "Di nulla amico."



Credo sia allora che lo cominciai a considerare davvero il mio migliore amico, il fratello che non avevo mai avuto.
Sì, dopotutto a lui volevo bene.
Lui mi aveva insegnato il vero significato della parola "Amicizia". E di questo gliene sarò eternamente grato.

Ad un tratto ripensai al discorso di poco prima fatto con lui.
Era ovvio che avrei organizzato una festa in suo onore, avevo già dato tutte le disposizioni per alcuni giorni dopo. Per quanto riguardava la vera e propria organizzazione però se ne sarebbe poi occupata mia madre; mi aveva detto che sarebbe rimasta giusto il tempo di accogliere al meglio Damien ed approfittare dell'occasione per fare una rimpatriata fra amici di vecchia data con i suoi genitori, che sarebbero appunto arrivati il giorno prima della festa. Anche mio padre sarebbe stato presente per l'occasione; giusto per far vedere che era ancora vivo, pensai con stizza.
Personamente, odiavo queste feste mondane, ma ogni tanto dovevo per forza mostrarmi in pubblico difronte all'alta società.
Balli e chiacchiere futili come quelle che vi si sarebbero tenute non erano certo la mia migliore prospettiva di divertimento.
Ma per quel punto forse potevo fare qualcosa, pensai con un sadico sorriso.
La ragazzina sarebbe venuta con me e mi sarei divertito a stuzzicarla, magari facendole fare qualche figuraccia.
Tutto pur di riavere i suoi occhi puntati su di me.
Occhi che sembravano scavarmi fin dentro l'anima.
Scacciai con forza questi assurdi pensieri pensando che, per come era fatta lei, potevo pure sognarmi che sarebbe caduta facilmente ai miei piedi come le altre sgualdrine.
Perché lei non era come le altre, questo lo avevo capito fin dal primo istante.
Lei si sarebbe sempre rialzata e questo da un lato mi mandava in bestia, odiavo profondamente che qualcuno si ribellasse ai miei ordini e che qualcosa non andasse come era nei miei piani.
Ma dall'altro... questo aspetto di lei mi affascinava. Terribilmente.

Arrivato a destinazione cominciai a fare del riscaldamento dato che Damien non era ancora arrivato. Il solito ritardatario cronico.
Preso dall'allenamento non notai minimamente la presenza che mi si stava avvicinando fino a che non fu abbastanza vicina da poterne sentire l'odore.

Petali di rose fresche il cui odore si espandeva nell'aria
.

Amia.





ANGOLO AUTRICE:

Bene bene, eccoci arrivati alla fine del capitolo! ^-^
Come sempre vi chiedo se potreste lasciarmi qualche recensione per farmi sapere cosa ne pensate, le vostre opinioni sono molto importanti per me, lo sapete ormai. 
Ringrazio moltissimo tutti coloro che hanno recensito, che hanno inserito la storia tra le preferite, tra le ricordate, tra le seguite e chi mi ha inserita tra gli autori preferiti.GRAZIE davvero a tutti! <3

Allora detto questo, vi anticipo che nel prossimo capitolo ci sarà il tanto atteso pomeriggio, credo proprio che vi sorprenderò parecchio! u.u
In questo invece ho preferito mettere in evidenza il rapporto di amicizia tra i due protagonisti e i loro amici. Credo fosse necessario per il giusto proseguimento della storia ed anche per farvi capire meglio le cose.
Spero che vi siate divertiti a leggere questo capitolo perché io mi sono piegata in due dalle risate a scriverlo, devo dire che mi è venuto abbastanza bene, voi che dite? :)
E Damien? Cosa ne pensate di lui, vi piace?
Io personalmente lo adoro!
Il flashback è stato ricco di emozioni e si cominciano a capire meglio molti degli attuali comportamenti di Andras.
Infine mi sembra doveroso farvi sapere che la frase ''Quando stai per cadere, c'è...'' fino a '' con decisione.'' è stata presa dall'anime/manga Aquarion, detta dal personaggio Gen Fudo. Il resto della frase di Damien è mia però. 
Bene, adesso vi lascio, ancora grazie per tutto! :D


Bacioni, Ashwini. :*




Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

E ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perchè davvero merita attenzioni.

Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

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Capitolo 10
*** Capitolo nono: All'ombra di un ciliegio. ***


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Buonasera a tutti voi care lettrici! ^-^

Eccomi qua con un capitolo appena sfornato dalla mia mente contorta, spero vivamente che vi piaccia!
Bene bene, il capitolo seguente credo vi stupirà alla fine, accade una certa cosa che lascierà tutti di stucco! XD
Per il resto è normale, diciamo, si vede che esclusa Raina che è cotta di Damien, tutti non sanno cosa provano, ancora è troppo presto. Ma questo nuovo e inspiegabile sentimento, che accomuna i pensonaggi, li confonde e li porta a fare pensieri spesso contorti e a dire il contrario di ciò che pensano realmente.
Ognuno ha le proprie ferite passate e soprattutto Amia e Andras sono due testoni cronici, quindi odiano la situazione corrente, opponendosi ai loro stessi pensieri con ardore.
Adesso vi lascio al capitolo.

BUONA LETTURA!




                                   

Spesso si preferisce non dare ascolto ai propri sentimenti perché si teme 
di soffrire e ci si inganna di provare qualcos'altro.







Capitolo nono: All'ombra di un ciliegio.




Pov. Amia


Come accordato, verso il tardo pomeriggio mi diressi verso lo spiazzale esterno adibito agli allenamenti con un vassoio d'argento pieno di ogni tipo di leccornia, alcune di esse avevano delle forme strane, frutti e dolci mai visti in vita mia e sicuramente tipici dei vari luoghi conquistati dall'impero.
Dopo una breve chiacchierata con Katia mi ero subito diretta nel posto stabilito per evitare una spiacevole situazione come quella accaduta ieri. Ero una ragazza che imparava dai propri errori... o almeno per la maggior parte delle volte, pensai con un sorriso ironico.
Il percorso me lo aveva gentilmente spiegato Katia e così eccomi qua, difronte l'immenso spiazzale.
Vidi in lontananza una figura muoversi a velocità disumana, il sudore imperlava la sua fronte e i pettorali scoperti, rendendo il suo corpo uno scintillio di luci al sole. I movimenti erano aggraziati ed eleganti come sempre.
Sembrava così concentrato ed assorto in tutto ciò che stava facendo, in ogni calcio ed in ogni pugno rivolti verso un avversario immaginario.
La sua espressione era davvero bella in quel momento, gli occhi ardevano di passione per ciò per cui era nato: combattere.
Gli occhi erano leggermente assottigliati, le labbra dischiuse e piegate in una smorfia, forse dovuta allo sforzo fisico, anche se sembrava che compisse quei movimenti fluidi senza la minima fatica, naturalmente.
I capelli si muovevano in morbide onde, ora rivolti verso il suo viso, come ad affondare nei suoi profondi occhi, ora liberi di essere accarezzati dal leggero venticello che aveva cominciato a disturbare quell'immobilità che poco prima caratterizzava il luogo.
Uno spettacolo meraviglioso ed unico.
Poi, riscossa dal cinguettare di alcuni eccelli, mi diressi lentamente verso di lui.
Passo dopo passo sentivo come un peso al cuore, come se già da quella distanza la sua anima tormentata si appoggiasse alla mia.
Arrivatagli abbastanza vicino, lo vidi bloccarsi improvvisamente, immobile e rigido come una delle tante statue presenti nell'enorme giardino che circondava il palazzo reale.
Improvvisamente si girò di scatto con un’espressione indecifrabile in volto. Gli occhi fiammeggianti sembravano volermi incenerire.
Deglutii rumorosamente, ero appena arrivata per Dio! Cosa mai gli avevo fatto senza neanche aprire bocca?!
Mentre lui stava ancora lì a guardarmi male per chissà quale oscuro motivo, io osservai ancora il luogo, ammirata da tanto splendore.
Poi sentendomi osservata insistentemente mi rigirai verso Andras. Quest'ultimo aveva assunto un'espressione ancora più corrucciata se possibile.
<< Ehm... io avrei fatto come mi hai detto... ecco qua il vassoio. >> dissi incerta e sbrigativa.
<< Posalo su quel tavolino laggiù. Poi siediti sulla panchina e aspetta nuovi ordini.>> rispose lui squadrandomi da capo a piedi.
<< Okay. >> risposi semplicemente. 
Proprio oggi non volevo litigare con lui, era stata una così bella giornata che avrei fatto di tutto pur di farla restare tale.
Feci quanto detto e preso un libro dalla borsa a tracolla, che mi ero premurata di portare con dentro tutto i beni di prima necessità, mi misi tranquillamente a leggere.


Pov. Andras

Maledetta ragazzina! Accidenti a lei e al suo odore!
Non appena lo avevo captato il mio corpo si era immobilizzato, incapace di muoversi, desideroso di godersi a pieno quella sensazione di torpore che mi aveva avvolto.
Ringraziai mentalmente anni e anni di allenamento sull'autocontrollo per essermi ripreso così velocemente. Ora dovevo solo sperare che lei non si fosse accorta di nulla.
Contrariato fino al midollo mi accorsi che invece la rovina della mia vita se ne era ben accorta. Con ancora più fastidio notai che aveva assunto un'espressione troppo tranquilla per i miei gusti.
Io stavo qua a rodermi l'anima e lei guardava il paesaggio circostante come se io non esistessi nemmeno!
Poi, finalmente, parve ridestarsi dalle sue considerazioni mentali e girandosi verso di me mi disse che come detto aveva portato il vassoio con il cibo, io le ordinai semplicemente di posarlo sul tavolinetto lì vicino e di sedersi sulla panca affianco.
Osservandola notai che rispetto alla mattina si era cambiata.
Mi morsi a sangue il labbro inferiore non appena mi accorsi che la stavo guardando troppo per i miei standard. Era pure la mia inutile schiava umana cavolo, come potevo interessarmi a lei in quel senso?!
Il sole mi aveva dato alla testa - sicuramente era questo! - mi dissi cercando di convincere anche in minima parte il mio cervello.
Mi stiracchiai un po' dopo che si fu allontanata, lei e anche il suo maledetto profumo notai con sollievo.
Ma mentre mi guardavo intorno infastidito del ritardo di Damien, l'occhio mi cadde sulla sua figura seduta sulla panca, all'ombra di un albero di ciliege.
Le ombre avvolgevano la sua figura ma dagli spiragli delle foglie, i caldi raggi solari si andavano ad infrangersi in piccole scie luminose sul suo viso.
Restai incantato difronte quella vista.
Com'era...
<< Bella, vero? >> mi disse improvvisamente una voce alla mie spalle.
Girandomi mi accorsi che era quell'idiota di Damien. 
Sbuffai stizzito, distogliendo lo sguardo.
<< Io la reputo un'inutile umana buona a nulla. >> risposi minimizzando.
Lui alzò subito un sopracciglio.
<< Da come la guardavi fino a un momento fa non sembra. >> mi disse lui beffardo e con un irritante sorriso compiaciuto in volto.
Lo fulminai con lo sguardo, facendolo sussultare.
Bene, Damien era sistemato. Per ora, pensai esasperato. Quel ragazzo parlava più di una vecchia pettegola a volte.
Facendogli segno di spostarci in mezzo allo spiazzale, mi dissi mentalmente che dovevo solo concentrarmi sul combattimento adesso così,  carico di energie, diedi inizio all'allenamento scagliandomi contro il mio amico, entrambi demmo il meglio di noi stessi, sforzando i muscoli fino al limite.


Pov. Amia

Mi immersi completamente nella lettura, crogiolandomi nel piacere. Ma riuscì a rilassarmi solo per poco perché un rumore improvviso mi fece alzare lo sguardo dal libro che avevo tra le mani.
Andras aveva scagliato violentemente Damien contro il muro a ben venti metri di distanza senza il minimo sforzo, sorridendo compiaciuto.
Damien però si riprese velocemente, restituendo il favore con un ben assestato pugno in pieno volto ad Andras.
Notai con gli occhi fuori dalle orbite che quelli erano solo alcuni dei colpi che compivano che riuscivo ad individuare, a distanza di ognuno di quei potenti attacchi vi era il nulla, i due guerrieri si muovevano troppo velocemente per essere visti da un occhio umano. E in quel lasso di tempo chissà quanti altri colpi si accavallavano, pensai sinceramente impressionata da tanta potenza. I loro movimenti si riuscivano ad individuare solo dallo spostamento delle masse d'aria che si smuovevano al loro passaggio.
Ad un tratto mi sentii chiamare il lontananza da una voce familiare. Distolsi così lo sguardo dai due guerrieri e lo rivolsi invece alla mia destra dove, con un gran sorriso, mi accorsi dell'avvicinamento veloce di Raina.
Mi alzai dalla panca e le andai incontro, quando poi mi arrivò abbastanza vicino mi si gettò fra le braccia, stritolandomi in un abbraccio caloroso che fui felice di ricambiare.
Dopo non molto ci staccammo e facendomi segno con la testa verso il luogo in cui Andras e Damien si allenavano, mi disse, con gli occhi che luccicavano: << Sono davvero spettacolari, non credi? >> 
Io a quella frase alzai gli occhi al cielo poi, guardandola attentamente, le dissi con l'aria di chi la sa lunga e nascondendo allo stesso tempo una risata: << Certo Raina, so benissimo chi è spettacolare. >>
Lei arrossì di botto, colta in fragrante. 
Aprì la bocca per ribattere ma io la fermai subito dicendole: << Argomento off limits, capito. >>
Lei allora mi rispose con un sorriso di gratitudine e mi fece poi segno di andarci a sedere nella panca in cui ero poco prima seduta.
Sapevo che i demoni avevano un udito al di fuori del comune e sapevo anche che Andras e Damien non facevano certo eccezione, quindi in loro presenza non si poteva toccare l'argomento o avremmo rischiato che scoprissero la cotta della mia amica per il biondo.
Sedutaci entrambe, cominciammo a parlare del più e del meno, argomenti che comunque non erano di grande importanza.

Dopo un po' ci bloccammo alla vista dei due guerrieri che venivano verso di noi con una camminata degna del miglior fotomodello, sperai vivamente che non notassero lo sguardo da maniaca di Raina.
Perché, il tuo com'è?! disse, beffarda, una vocina dentro di me.
La maledissi più volte, cavolo non era vero! Insomma... okay, lo ammetto, anche io immaginavo di non avere uno sguardo migliore del suo ma, per Dio, come si poteva restare impassibili difronte uno spettacolo da film come quello?! Ero una donna anch'io!
I due però cambiarono traiettoria andandosi a gustare le prelibatezze preparate da Katia.
La faccia delusa della mia amica era palese. Cosa credeva, che Damien le si sarebbe gettato ai piedi dichiarandole di punto in bianco il suo amore?
Sospirai, era decisamente stracotta quella ragazza, per la nascita dell'amore vero ci voleva tempo non si poteva certo pretendere che accadesse tutto subito.
Incontrai il suo sguardo e per mezzo di questo cercai di comunicarle i miei pensieri. Ero certa che ce l'avrebbe fatta a conquistarlo, ma ci voleva tempo. Una ragazza determinata, solare e dolce come lei poteva compiere il miracolo di cambiare quel casanova da strapazzo. O almeno lo speravo con tutto il cuore.
<< Come fai a reggere con così tanta facilità la presenza di... lui? >> mi domandò sussurrando affranta Raina, riferendosi chiaramente ad Andras.
Sapessi Raina, sapessi! 
Scacciando quel pensiero risposi : << È un idiota, non capisco perché mai dovrei provare interesse per uno come lui. >>
Era una bugia, ne ero perfettamente consapevole, ma forse se lo ripetevo più volte me ne sarei convinta pure io.
Come mi ero ridotta... mi facevo pena da sola.



Pov. Andras

Stupida umana, una folata di vento più forte delle altre le aveva scompigliato i capelli e il suo dannato odore mi aveva distratto, permettendo a Damien di colpirmi.
La odiavo profondamente, da quando era arrivata non faceva altro che infastidirmi, era una seccatura, una bambinetta irritante.
Sfogai le mie frustrazioni nel cibo, mandando al diavole le buone maniere.
<< Ehi amico, calma! Il cibo mica scappa! >> mi prese bellamente in giro Damien.
Lo fulminai con lo sguardo.
<< Sta' zitto e mangia! >> risposi incazzato. Ci mancava solo lui ora!
<< Non sarai seccato perchè la carotina è l'unica donna che non ti fila neppure di striscio?! >> continuò ridendo come un pazzo quello che tra poco sarebbe stato un demone morto.
<< Figurati! Io la odio quella, è così irritante, mi dici come potrei essere interessato ad una come lei?! É solo una misera umana!>> risposi infuriato.
Lui osservò attentamente tutte le mie reazioni e poi con un sospiro disse: << Se lo dici tu. >>
<> lo freddai con un'occhiata di fuoco.
Figuriamoci se adesso io, imperatore di Alloces, mi fissavo con un'umana! 


Pov. Amia

Li vidi discutere animatamente, Andras sembrava davvero furioso. Chissà di che cosa stavano parlando...
<< Amia vieni, andiamo a vedere se hanno bisogno di qualcosa. >> mi disse Raina ad un certo punto, osservando insistentemente Damien.
<< Se continui così lo capirà. >> le risposi ovvia.
<< Nah, è troppo preso dal suo mondo per notarmi, per ora. >> disse con uno strano sorriso in volto.
<< Ok, ma io mi rifiuto di fare la brava servetta, tu vai pure se ci tieni. >> risposi altezzosa.
<< Non dovresti provocarlo Amia, sfidi la sua autorità così. >> mi consigliò la mia amica.
<< Non. Me. Ne. Frega. Nulla. >> scandì bene le parole.
Lei sospirò e disse: << Allora io vado. >>
La vidi inchinarsi al cospetto di Damien e chiedere qualcosa, forse cosa desiderava che lei facesse. Cominciarono a parlare ed io pensai che se lei continuava imperterrita a mostrasi così docile ed ubbidiente, lui non l'avrebbe mai notata.
Doveva fare la difficile o ai suoi occhi sarebbe sembrata una comune serva!
Eppure Raina sostenava che lui si comportava in modo leggermente diverso con lei. Forse quando erano soli succedevano cose che appunto portavano a questi, per me, inverosimili comportamenti. Mi appuntai mentalmente di chiederle i dettagli quando saremmo state sole.
Più sapevo più avrei avuto modo di aiutarla nella sua missione di conquista del cuore di Damien.
Presa dai miei pensieri notai solo quando fu troppo tardi l'ombra di qualcuno accanto a me. Sollevai il viso e mi paralizzai non appena vidi che quella era l'ombra di Andras.
<< Tu non vieni a chiedermi cosa desidero? Ti consideri tanto superiore ragazzina? >> mi disse gelido.
<< Come hai fatto ora puoi fare tutte le volte, non credo sia necessario che venga sempre io da te. >> dissi saccente, sfidando la sorte.
<< Oh capisco, allora che dici se stasera resti qua a pulire tutto il capo di allenamento? >> mi domandò chiaramente retorico.
<< Ma... mi ci vorrà tutta la notte! Questo posto è enorme! >> risposi sconcertata.
<< Niente ''Ma'' e ubbidisci se non vuoi una punizione più severa per il tuo comportamento sfacciato. Ti insegnerò io le buone maniere e con la forza se necessario. >> mi freddò il moro.
Detto questo se ne andò via, successivamente raggiunto dal biondo che, prima di andarsene, mi fece l'occhiolino.
Maniaco e casanova. 
Il cielo doveva mandare un aiuto alla mia amica. Come faceva a sopportarlo e ad avere anche una cotta per lui dico io? Mah, i misteri della vita.
Raina mi si avvicinò tutta contenta e raggiante mi disse: << A te come è andata? A me benissimo!>>
<< Ma sei scema? Come accidenti doveva andare? Abbiamo solo discusso, come da programma del resto. Il cretino mi ha pure dato una punizione “per il mio comportamento sfacciato”. >> dissi imitando la sua voce e facendo ridere di gusto la mia amica.
<< Dovresti agire d’astuzia e parlargli dolcemente, così da tentare un approccio migliore in vista di una sana amicizia! >> mi disse annuendo come a dare maggior enfasi alle sue parole.
<< Certo, e a tal proposito, magari, lo potrei invitare a bere un tè insieme. >> risposi, sarcastica, alzando le braccia al cielo.
<< Sei impossibile. Amia. >> disse lei, esasperata, cominciando ad incamminarsi verso il palazzo.
<< Ciao, Raina, io devo restare qua, lo sai. >> le dissi a voce alta per farmi sentire.
<< Ciao! Ci vediamo domani a colazione! >> mi rispose di rimando lei, scomparendo all'interno del maestoso edificio.
Girandomi osservai con una smorfia il luogo.
Forza, mettiamoci al lavoro! Mi dissi puntando un pugno al cielo.

Ormai era notte fonda ed io non avevo ancora finito, sapevo che un dannato maniaco della perfezione come Andras non avrebbe ammesso neanche una piccolissima briciola, quindi tutto doveva risplendere.
Ero stanchissima, mi reggevo a malapena in piedi, ma dovevo resistere. Avrei dimostrato a quel pallone gonfiato quanto valeva la sottoscritta!
Era una questione d'onore.
Questo e molto altro, tra cui maledizioni dette in mille lingue diverse contro l'imperatore, pensavo e mi ripetevo per farmi forza.
Dopo un po' decisi di fare una pausa, mi era necessaria o sarei crollata al suolo.
Posai gli attrezzi, che avevo preso dalla casetta di uno dei tanti giardinieri di corte, vicino ad una panca e mi sedetti proprio su quest'ultima, rilassando i muscoli. Chiusi poi stancamente gli occhi, reclinado la testa all'indietro.
Riaprii gli occhi solo dopo parecchi minuti, scostandomi dal viso quello che realizzai essere un petalo del fiore di un albero di ciliegio.
Sollevai quindi lo sguardo, puntandolo al bellissimo albero che con i suoi rami fioriti mi faceva ombra.
Una leggere brezza notturna ne muoveva dolcemente i fiori, facendo cadere qua e là alcuni petali rosa.
Sul mio palmo aperto se ne depositò qualcuno ed io, avvicinado il viso, odorai quel meraviglioso profumo.
Poi osservai il cielo, qua eravamo decisamente più in alto che nella piana in cui si trovava la capitale e le stelle puntellavano sgargianti il cielo notturno.
Era uno spettacolo senza pari io, vivendo in una grande metropoli quale era New York, non vedevo bene le stelle e per farlo dovevo per forza recarmi in posti dove l'accecante luce dei grattacieli non arrivava.
Qua era come se avessi il cielo ad un palmo dal viso così, ammirata da tanta bellezza, scesi dalla panca sulla quale ero comodamente seduta e mi sdraiai a terra lì vicino, sempre all'ombra del ciliegio.
Osservai rapita le numerose stelle in cielo per non so quanto tempo fino a quando non sentì un rumore di passi farsi sempre più vicino.
Distolsi lo sguardo dal cielo, annoiata e seccata dell'interruzione, quando, vedendo chi era la causa di quei passi, quasi non mi strozzai con la mia stezza saliva.

Andras.
Andras è qua.
Andras è qua e sembra molto incavolato.
Sono fottuta.

Mi alzai con il busto di scatto e feci per alzarmi completamente quando lui, più svelto di me, si abbassò alla mia altezza.
I suoi occhi mandavano scintille e vi lessi un chiaro desiderio di uccidere.
Un brivido mi passò per tutta la spina dorsale.
Non immaginavo che sarebbe venuto a controllare il mio lavoro accidenti!
Non avevo ancora finito, mancava l'angolo a nord-est dello spiazzale. E ora cosa gli dicevo? 
Dovevo inventarmi una scusa plausibile e alla svelta anche!
<< Ehm, io stavo facendo una pausa, mi manca solo quell'angolo lì.>> gli dissi indicando il suddetto angolo con un dito.
Lui stese zitto, mi osservava in un modo strano adesso, quasi più... dolce?
No, non era dolce ma... più calmo, ecco. Il fatto era che mi risultava difficile definirlo, troppi muri facevano da schermo alla sua anima.
E poi proprio non riuscivo a comprenderlo quel demone. Come diavolo faceva a cambiare umore ed espressione così, come a comando?!
Ad un certo punto sollevò il braccio verso di me ed io mi ritrassi indietro seriamente spaventata.
<< Non hai specificato quando lo volevi pronto il lavoro! >> gracchiai, appaggiondomi ad ogni scusa possibile.
E ora cosa mi avrebbe fatto? Mi avrebbe punita con la forza, mi avrebbe sfregiata magari?
Avevo paura della possibile risposta.
I nostri occhi si incatenarono l'uno all'altro. Il mondo parve scomparire, esistevamo solo noi due ormai.
Vidi la sua mano avvicinarsi piano al mio viso e non appena mi fu vicina chiusi di scatto gli occhi, aspettandomi uno schiaffo o qualcosa di simile.
Poi successe.
La sua mano mi sistemò dietro l'orecchio, con una delicatezza che non gli apparteneva, una ciocca di capelli ribelle.
Riaprii gli occhi che sicuramente avevano assunto la loro espressione più sbalordita.

Che... Che cosa aveva appena fatto?!








ANGOLO AUTRICE:

Eccoci arrivati alla fine del capitolo! ^-^

Allora vi è piaciuto? Cosa ne pensate della scena finale? Siete ancora vivi o siete caduti dalla sedia per lo shock? Ahahahaha. XD
Okay, sono stata decisamente cattiva a lasciarvi così, ma ho dovuto farlo, credetemi!
Ah! Posate i coltelli e tutte le altre armi e ascoltatemi, è importante!
Bene, nel prossimo capitolo ho intenzione di mettere una cosa davvero ma davvero portentosa, una cosa che vi farà urlare come ragazzine alla prima cotta, ve lo dico perchè io faccio così al solo pensiero di scrivere questa ''cosa''. u.u
Ora, la ''cosa'' però potrebbe pure aspettare di un due o tre capitoli se non arrivano abbastanza recensioni... a voi la scelta...
Dato che però voi giustamente potreste pensare sia una cosa inventata vi do un minuscolo spoiler della parte in questione: ''[...]Ormai le nostre mani erano irrimediabilmente intrecciate fra loro[...]'' Bene, bene, che ne dite? La volete questa parte? E allora... mmh, tutti coloro che la vogliono scrivano anche solo una minuscola recensione, è uno scambio equivalente, voi che dite? XD Dite che sono troppo cattiva? *ci pensa ed annuisce*
Adesso vi lascio, al prossimo capitolo e mi raccomando, recensite in tanti! *-*
Infine ringrazio, come sempre, coloro che recensiscono, mi hanno inserita fra gli autori preferiti e che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite. GRAZIE davvero!

Bacioni, vostra Ashwini. <3





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Capitolo 11
*** Capitolo decimo: Quel qualcosa di speciale. ***


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Ciao a tutti voi cari lettori! ^-^

 Ecco qui un nuovo capitolo, come promesso ho inserito quella ''cosa'', non aspettavi moltissimo però, è ancora troppo presto per cose più dolci (come baci ecc, ecc...), però vi avviso che già da questo capitolo qualcosa sta cambiando. A poco a poco i due protagonisti si avvicineranno sempre di più… :3 Per quanto mi riguarda questo è uno dei miei capitoli preferiti, ma lascio a voi il giudizio finale.

 Non vi anticipo nient'altro. :)

 

 BUONA LETTURA!

 

 

 

 Sai dirmi cosa c'è tra due mani quando vengono premute una contro l'altra? Tra mano destra e mano sinistra, tra angeli e esseri umani, tra uomo e donna, tra yin e yang... cosa c'è fra le due cose? Tra mano destra e mano sinistra c'è... il buio. Tra le due mani non c'è niente, e nonostante non ci sia niente... è caldo. Una luce che nasce dall'oscurità.

 (Gen Fudo-Sousei no Aquarion)

 

 

 Capitolo decimo: Quel qualcosa di speciale

 

 

 Pov. Amia

 

Un colpo di vento più forte degli altri sferzò improvvisamente vicino a mio viso, scompigliandomi i capelli. Sembrava che quel semplice tocco avesse bloccato ogni cosa nell'universo, come se tutte le cose ed ogni essere vivente si fosse fermato ad osservare quella scena che aveva a dir poco dell'incredibile, assurda direi.

 Quell'uomo non faceva altro che confondermi sempre di più, quando sembrava che stessi arrivando a pormi in una situazione stabile, ecco che arrivava lui e sconvolgeva tutti i miei buoni propositi! Era frustrante, accidenti!

 Non sopportavo più quella situazione, dannazione sembrava proprio che si divertisse a prendermi in giro, un giorno era gelido e odioso, il seguente più calmo e poi il ciclo riprendeva all'infinito!

 Il bello però era che a lui non gli bastava questo, assolutamente no! Il signorino doveva pure uscirsene con simili azioni certe volte, come se già di suo non fosse abbastanza da rendermi pazza!

 Dio, aveva uno sguardo così serio mentre mi sistemava nuovamente dietro l'orecchio la precedente ciocca di capelli che a causa del nuovo colpo di vento si era disfatta.

 La cosa più assurda era che mentre lo faceva non smetteva un attimo di guardarmi dritto negli occhi. Ed essi esprimevano tutta la confusione che ero certa di provare anch'io in quel momento.

 Bene. Neanche lui sapeva che diavolo stava facendo!

 La sua mano da quando mi aveva sistemato la ciocca di capelli rossi non si era mossa da lì, immobile nel tempo.

 Beh... dato che quello sembrava essere il ''Comportamenti Strani Time''... ma sì! Mi butto pure io e non se ne fa più nulla, al diavolo tutto e tutti!

 Spensi il cervello perché sapevo che altrimenti sarebbero partiti a raffica una serie infinita di auto-insulti che mi avrebbero fatto desistere dalla mia pazzia, perché quella che stavo per fare era una pazzia, non si poteva chiamare in altro modo.

 La mia mano destra si mosse automatica, si sollevò ed andò a coprire dolcemente quella di Andras.

 All'inizio la sfiorai soltanto, volevo vedere se lui avrebbe ritratto schifato la sua ma contro ogni logica lui stese fermo in quella posizione ed anzi potei notare un lampo di curiosità passare per i suoi splendidi occhi blu come la notte che stava ci stava facendo da spettatrice.

 Poi la posai delicatamente sulla sua mano che nel frattempo era scesa fino a poggiarsi sulla mia guancia, tutto senza staccare i suoi occhi magnetici dai miei. Ero come ipnotizzata.

 Ad un certo punto il semplice scontro tra il freddo gelido della sua mano e il caldo perenne della mia non ci bastò più. Tolsi la mano dalla sua e lui tolse la propria dalla mia guancia che era ormai diventata bollente come lava vulcanica.

 Aprii il palmo della mia mano sollevata leggermente dal suolo, mano che fu subito incontrata dalla sua.

 Entrambi non sapevamo cosa stavamo facendo, si poteva chiaramente leggere nei nostri sguardi, eppure allo stesso tempo era come se lo sapessimo, spinti da una misteriosa forza che guidava le nostre azioni.

 Le nostre mani si studiarono, le dita si muovevano quasi frenetiche ad un certo punto, desiderose di trovare il loro esatto posto, finché... non lo trovarono.

 Ormai le nostre mani erano irrimediabilmente intrecciate fra loro, una stretta forte e mistica quasi, proprio come il legame che in quell'istante sembrava unire i due ponti delle nostre anime che si incontravano per formarne uno solo.

 Un piacevole torpore si espanse velocemente attraverso ogni fibra del mio essere, ancora una volta quella sensazione di completezza e pace interiore mi pervase.

 Sensazioni mai provate, se non con lui, affollarono il mio cuore e sconvolsero la mia anima.

 

Era bellissimo.

Era elettrizzante.

Era unico.

Eravamo noi.

 

 Poi sentimmo un ''crack'', come se si fosse rotto un ramo spezzato, entrambi distogliemmo repentini lo sguardo l'uno dall'altro. In quell'oscurità non vidi nulla se non un'ombra che, fulminea, si dileguava nel buio della notte.

 Oh. Mio. Dio.

 Qualcuno ci aveva visti, qualcuno ci aveva visti cazzo!

 Andras si alzò da terra rapidamente, facendo sollevare molta polvere che mi fece tossire convulsamente. Successivamente lo vidi guardarsi attorno, aveva gli occhi rosso cremisi, come la prima volta che ci eravamo incontrati, i canini pronunciati così come le unghie che avevano assunto un colore rosso fuoco lucente. Si mosse come un fulmine per tutto lo spiazzale e dintorni, tornando accanto a me con un'espressione furiosa in viso, i pugni stretti tanto fortemente da fargli diventare le nocche bianche e far uscire qualche rivolo di sangue a causa dei tagli delle unghie lunghe ancora ben visibili. Tramava di rabbia, la mascella rigida così come tutti i muscoli perfettamente tesi.

 Quella visione mi fece rabbrividire, io... io non volevo che i suoi occhi trasmettessero rabbia e morte. Volevo che fossero simbolo di felicità e spensieratezza.

 Volevo che fossi io la causa della sua gioia.

 Mi alzai di scatto, lo fissai per ancora qualche secondo e, facendomi il segno della croce mentalmente, mi diressi a passo di marcia verso di lui. Non appena lo raggiunsi gli presi le mani fra le mie e guardandolo intensamente negli occhi gli dissi severa: << Vuoi forse ferirti idiota?! Smettila di agitarti, non ti riconosco più! Tu sei l'imperatore Andras, tu non crolli davanti a niente e nessuno, tu resti sempre calmo ed impassibile, tu non ti comporti da ragazzino in preda al panico, okay?! >>

 Avevo detto tutto così in fretta che adesso avevo il respiro affannato. Dannato, quando c'era lui di mezzo non ragionavo più, sembravo tanto una ragazzina alla prima cotta, accidenti! Cosa falsissima, a me lui non piaceva per niente, io lo odiavo! Lui...

 Mi bloccai quando vidi i suoi occhi riprendere quella calma che li aveva sempre caratterizzati, tornando del loro bel blu cobalto con sfumature violacee attorno alla pupilla, i canini e le unghie si ritrassero, i muscoli si rilassarono così come la mascella.

 Le sue mani si intrecciarono nuovamente con le mie ridandomi quelle medesime piacevoli sensazioni di calore di prima.

 Il suo volto si avvicinò pericolosamente al mio deviando poi per il mio orecchio. Il suo respiro andò a solleticare quella parte sensibile del mio corpo, destabilizzandomi quasi del tutto. Dovevo ringraziare il mio autocontrollo se ancora non ero partita per un viaggio di sola andata per un mondo fatto di dolci e... Andras. Arrossii di botto.

 Bastardo... doveva marcire all'inferno solo per il fatto di farmi fare simili pensieri! Mi stava facendo diventare una pervertita!

 << Cos'era quello, un tentativo di aiuto? Una consolazione? Cosa? >> mi sussurrò sensuale all'orecchio.

 << Ecco... ehm... io... non lo so. >> mi arresi, affranta. Era vero ciò che avevo appena detto, non sapevo con esattezza cosa mi avesse mosso, avevo agito d'istinto. Volevo farlo e l'ho fatto, punto.

 Ma come spiegarglielo? Come, se neanche io sapevo spiegarmi tutto quel gomitolo di emozioni che mi avvolgeva ogni volta che io e lui ci trovavamo vicini? Come?

 << Sei una creatura unica, ragazzina, devo ammetterlo. >> sorrise divertito con ancora le labbra a contatto con il mio orecchio.

 Deglutì nervosa. Ormai stavo sudando le sette camicie. E non era normale! Giusto... ?

 Dovevo riprendermi cavolo! Se lui voleva giocare allora avrei giocato, sì!

 << Era una specie di... complimento questo? >> dissi stando al suo gioco e sorridendo anch'io.

 << Mmh, forse, non saprei. >> rispose accennando ad una risata.

 << Come siamo cattivi stasera mio signore... >> gli sussurrai all'orecchio girando di poco la testa e calcando le ultime due parole in modo sensuale. O almeno sperai che fosse risultato tale… Non ero esperta in certi... argomenti.

 Lo sentì irrigidirsi improvvisamente.

 Evviva, ero riuscita nel mio intento, allora!

 Risi come una bambina che scartava i regali il giorno di Natale, cosa che fece scattare all'insù un sopracciglio di Andras.

 << Che hai da ridere adesso? >> mi disse offeso, pensando forse che stessi ridendo di lui.

 << Nulla, nulla! Lascia perdere. Ora devo proprio andare... >> dissi nascondendo un altro attacco di risate improvvise.

 Non ce la facevo più a restare così a contatto con lui, era meglio andarsene prima che non riuscissi più a mantenere la facciata da femmina alfa.

 Mi allontanai dal suo corpo caldo e sodo ma venni trattenuta per il polso dalla sua presa ferrea.

 << Sai, ragazzina, sei una continua sorpresa e la cosa... mi piace. >> mi soffiò all'orecchio poco prima di sparire a velocità disumana nel buio della notte.

 Oh santa vergine Maria!

 Mi misi le mani nei capelli. Non si poteva continuare così, eh no!

 Fissai il punto in cui era sparito, quell'uomo era illegale, da rinchiudere!

Sì, e tu vorresti stare rinchiusa con lui in cella, magari in una insonorizzata eh? rise bellamente di me la mia vocina interiore.

 Strinsi i pugni. Accidenti!

 

 Dopo essere stata lì, ferma ed incapace di muovere anche un solo muscolo per almeno un'altra decina di minuti, mi ero finalmente decisa a tornarmene in camera per farmi una sana e meritata dormita.

 Mi ero buttata nel letto come un sacco di patate, la mia finezza femminile abbondava, decisamente. Non appena avevo appoggiato la testa nel cuscino mi ero definitivamente arresa al sonno, crollando fra le braccia di Morfeo.

 

 L'indomani mi svegliai grazie all'idilliaco suono di quello che mi sembrava un taglia erba. E se non si era capito, ero altamente ironica.

 Fumando come un trattore, mi diressi a passo di marcia verso la finestra e, scostando le tende con un unico colpo, mi guardai intorno cercando la causa di quel rumore maledetto che aveva osato disturbare il mio sonno alle... mi girai verso il comodino per vedere dalla sveglia che ore erano e... OH MIO DIO! Sono le sette e mezza! Non arriverò mai in tempo da Andras per portargli la sua benedetta colazione e lui mi ucciderà nel modo più lento e doloroso possibile!

 Merda. Merda. Merda!

 Come una furia mi fiondai in bagno con in mano i primi vestiti che avevo afferrato dall'armadio, mi lavai e vestì a tempo di record. Uscii dal bagno e, come un maratoneta, raggiunsi le cucine.

 Katia quasi non saltava in aria rovesciando il contenuto del vassoio in argento al delicato spalancamento della porta da parte mia.

 << Santo cielo stellina ma cosa... >> provò a dire ma io le presi dalle mani il vassoio e, dandole un veloce bacio sulla guancia, le risposi: << Scusa Katia, ma sono in ritardo! Ci vediamo a pranzo, okay? >>

 Con la coda dell'occhio la vidi annuire stordita e, trasformandomi in Bip Bip, mi diressi verso le stanze di Mr. Ghiacciolo.

 Arrivai con il fiato corto e, appoggiandomi stancamente alla porta con il gomito, bussai.

 Sentii il solito ''Avanti'' ed entrai dentro.

 Andras si trovava in piedi difronte una delle sue personali librerie con un libro piuttosto voluminoso aperto fra le mani. Gli occhi erano seri e attenti a ciò che stavano leggendo, le sopracciglia erano leggermente aggrottate e le labbra piene erano piegate in una leggere smorfia.

 Sobbalzai quando chiuse di scatto il libro, riponendolo accuratamente nella libreria.

 << Ragazzina se continui a fissarmi in quel modo tutte le volte rischi seriamente di sciuparmi. >> disse rivolgendomi un'occhiata decisamente derisoria.

 In meno di un secondo il mio viso assunse tutte le possibili ed inimmaginabili sfumature di rosso. Cavolo, mi aveva beccata.

 << Io? Ma scherzi?! Ah, come se potessi mai fare una cosa del genere... a te poi! >> dissi cercando di apparire il più convincente possibile. La mia filosofia di oggi? Negare, sempre negare.

 Il suo sopracciglio scatto subito all'insù.

 << Ma davvero? >> ghignò sadico per poi continuare << Allora immagino che se facessi questo... >> e si avvicinò in un soffio a me << ... e questo... >> mi prese per la vita tirandomi a se fino a farmi sbattere contro il suo petto muscoloso << ... a te non farebbe né caldo né freddo, giusto? >>

 Ormai il mio volto scottava, il mio cervello era andato il tilt. Inutili erano stati i suoi precedenti avvertimenti di ''Pericolo Andras'', il mio animo aveva già categoricamente rifiutato di allontanarsi da lui.

 Ci trovavamo così vicini... mi sembrava di sentire pure il battere calmo del suo cuore, il mio invece batteva frenetico contro la cassa toracica e sperai vivamente che non riuscisse a sentirlo o sarebbe stata proprio una bella figura da fare in sua presenza.

 Il mio sguardo si andò a posare sul suo braccio la cui mano premeva forte sulla mia schiena e a quella visione non potei evitare che un brivido di piacere scorresse per tutta la mia spina dorsale.

 Ovviamente il signorino notò ogni minima azione e reazione da parte mia, sorridendo beffardo come a dire ''Avevo ragione''. Io puntai il mio sguardo su di lui, fulminandolo. Nessuno e dico nessuno poteva permettersi di prendermi in giro così, specialmente in mia presenza.

 Bene. Vediamo di stabilire una volta per tutte i ruoli del gioco.

 Azzerai tutte le distanze che ci separavano e mi appiattì contro il suo petto, posandovi le mie mani. Alzai il volto e avvicinandomi al suo viso gli sussurrai cercando di apparire sensuale e sicura di me: << Immagino che questo non ti dia fastidio, giusto? >>

 Lo vidi sgranare gli occhi sorpreso.

 Sorrisi compiaciuta, non si aspettava che avrei reagito eh? Beh, vediamo di dimostrargli che lui non è l'unico a saper giocare sporco in certi casi.

 Con la mano andai a delineare il suo profilo, soffermandomi di più sulle labbra appena dischiuse. Un sospiro di piacere uscì da esse, i suoi occhi invece si chiusero sotto le mie carezze.

 Poi, vedendo che la sua presa si era allentata, mi staccai improvvisamente da lui.

 Lo vidi aprire gli occhi di scatto, spaesato all'inizio per poi guardarmi torvo.

 << A quanto vedo entrambi siamo completamente indifferenti l'uno all'altro... >> dissi, sarcastica.

 << Non provocarmi, ragazzina. Sai di cosa sono capace! >> rispose, alterato.

 << Sì, sì lo sappiamo tutti. Ora scusami ma avevo promesso a Katia di aiutarla stamattina. >> dissi alzando gli occhi al cielo e dirigendomi verso la porta per andarmene da quella stanza che si era fatta troppo calda per i miei gusti. Dovevo mantenere la facciata dell'indifferente ancora per qualche secondo, potevo farcela. Sì, perché dentro stavo bruciando come mille soli, accidenti a lui.

 Poco prima di aprire la porta mi sentì strattonare per il polso, in poco tempo mi ritrovai di nuovo vicinissima a lui. I suoi occhi mandavano scintille, promesse di vendetta.

 << Dopo pranzo raggiungimi nella serra dell'altra notte. Vedremo chi avrà più autocontrollo. >> ghignò sicuro di se.

 << Sì, vedremo. Niente regole. >> risposi già eccitata all'idea di un nostro nuovo scontro.

 << Niente regole. >> ripeté sorridendo sadico, forse pregustando la vittoria che io non gli avrei mai permesso di ottenere.

 Vedremo chi vincerà Andras, vedremo.

 Lui mi lasciò andare il polso e io potei finalmente uscire da quella maledetta camera.

 Pensai che tra poche ore io e lui saremmo di nuovo stati soli in una stanza a provocarci in chissà quali modi perversi.

 Mi bloccai come pietrificata in mezzo al corridoio.

 In che guaio mi ero andata a cacciare?!

 

Pov. Andras

 

La guardai andare via seccato. Ogni santa volta che ci ritrovavamo da soli lei dopo poco se ne andava con una qualche scusa, a tal punto mi odiava? Tanto non sopportava la mia presenza?

 Diedi un pugno violento al mobiletto vicino a me, frantumandolo.

 Stupida ragazzina umana. Perché diavolo le avevo permesso di toccarmi in quel modo, perché?! Sia ieri notte che adesso eravamo stati così vicini che i nostri respiri si erano mischiati l'un l'altro, diventando un tutt'uno. Il calore del suo corpo era andato a riscaldare il mio, gelido come il marmo. Non capivo perché le avevo permesso di starmi accanto in quel modo, perché non l'avessi scansata via in malo modo come facevo con tutti. Anzi, avevo perfino desiderato che non si staccasse più.

 Strinsi i pugni, maledetta strega incantatrice, l'avevo decisamente sottovalutata.

 Questa sera dovevo fare in modo che fosse lei a cedere alle mie carezze, dovevo farle vedere che ero io colui che aveva in mano le redini del gioco.

 << Wow, Andras, ma ti sei visto prima? Mio Dio sembravi un drogato in compagnia della sua droga preferita! >> rise bellamente quel coglione di Damien.

 << Che cazzo stai dicendo? E poi da quand'è che sei qua a spiare, eh? >> risposi alterandomi ancora di più se possibile.

 << Abbastanza da vedere che la carotina ti ha completamente stregato, amico. >> mi disse con un alzata di spalle Damien, sorridendo compiaciuto.

 << Cosa?! Ma... >> comincia ma lui rispose subito alla domanda che stavo per porgli.

 << Eravate così presi l'uno dall'altra che non mi avete sentito entrare, sai che io non busso per entrare nella tua stanza comunque, ho visto e sentito tutto poi quando lei ha detto che doveva uscire mi sono nascosto dietro la colonna vicino alla porta e dopo averla vista allontanarsi nel corridoio sono entrato ed eccomi qua! >> disse allargando le braccia.

 << E non è tutto!>> continuò l'idiota << Non preoccuparti per ieri notte, ero io. >> disse più lieve, temendo la mia ira che non si fece attendere oltre.

 << CHE COSA?! Tu... io ti uccido! Come hai osato fare tutto questo, eh? E comunque io non sono preso da lei! >> urlai con gli occhi rosso cremisi.

 << Amico, vedi che io ancora ci vedo e i vostri sguardi... >> provò a dire ma non lo feci continuare.

 << Basta! Non c'è niente e mai ci sarà e poi mi sembra che quello tra noi due che è preso da qualcuno sia tu. Come si chiama la tua serva? Ah sì. Raina, giusto? >> ghignai malvagio.

 Lui si pietrificò sul posto e disse gesticolando nervoso: << Ma tu stai male! Io e Raina? Mai! >>

 Poi lo vidi bloccarsi e abbassando lo sguardo dire piano: << Hai mai pensato a... >>

 << No, non è possibile ciò che pensi, mi rifiuto anche solo di pensare che sia così, non può essere lei. >> dissi duro, riprendendo il mio tono gelido di sempre.

 << Andras... >> disse alzando lo sguardo da terra.

 << Damien, smettila. Chiudiamo il discorso. Ora dimmi perché eri venuto qui. >> dissi passandomi una mano in viso.

 Lo sentì sospirare per poi dire: << Abbiamo ricevuto una lettera da tu padre. Vuole che tu vada da lui immediatamente, ti deve parlare di una cosa urgente.>>

 << Capisco, risolverò tutto più tardi. Adesso andiamo alla riunione. >> dissi sorpassandolo.

 Mi diressi verso la sala riunioni con mille pensieri per la testa.

No… non poteva essere lei. Rifiutavo di crederci!

 

 

 Pov. Amia

 

 Entrai nelle cucine con un diavolo per capello, sembrava quasi che ci fosse un'aura oscura attorno a me, cosa che fece allontanare subito da me tutti i cuochi intenti a preparare il pranzo.

 In mezzo a tutto quello scorrere di gente vidi Katia e Raina che conversavano mentre pelavano le patate. Facendomi largo tra i cuochi e facendo attenzione a non combinare danni le raggiunsi ponendomi davanti a loro con ancora in volto un'espressione corrucciata.

 Le due donne appena mi videro smisero di pelare le patate e subito mi travolsero di domande, io le bloccai dicendo che avrei spiegato loro tutto quando saremmo state in un posto più appartato. Guardandosi intorno capirono che la cosa che dovevo dire loro non poteva essere sbandierata ai quattro venti così annuirono e, mentre mi mettevo anche io a lavoro, parlammo del più e del meno.

 << Allora? Perché sei entrata con quella faccia prima? >> mi assalì Raina non appena uscimmo tutte e tre dalle cucine.

 Ci stavamo dirigendo verso un luogo appartato del giardino per fare un picnic ed avere così modo di parlare di ciò che mi era accaduto senza sguardi curiosi intorno.

 << Appena arriviamo ti dirò tutto, Raina, promesso! >> dissi esasperata.

 In realtà non è che avessi così tanta voglia di parlare di ciò che era successo, mi imbarazzava, ma sapevo anche che se mi fossi tenuta tutto dentro sarei impazzita, dovevo parlare con qualcuno di amico per farmi dare un consiglio sul da farsi.

 Arrivammo al luogo prestabilito e, sistemato tutto l'occorrente per il picnic, la sensazione di essere osservata mi travolse. Alzando lo sguardo dalle posate appena sistemate, mi accorsi infatti di avere puntati contro ben due paia di occhi desiderosi di sapere. Sospirai arrendevole, era arrivato il momento della verità.

 Presa di coraggio raccontai loro ogni cosa, mi sembrava tanto di essere un peccatore che confessa i suoi orribili peccati al prete della chiesa.

 Mentre raccontavo le vedevo spalancare gli occhi e la bocca sempre di più, incredule e direi anche sconvolte. Appena finii un silenzio imbarazzante calò su di noi.

 Deglutii agitata e dissi: << Allora, voi che ne dite? >>

 Le due si guardarono in faccia ancora allibite e poi, annuendo, dissero all'unisono: << Sei cotta. >>

 << Che cosa?! >> gracchiai con voce strozzata.

 Erano forse impazzite?

 << E non è tutto, anche lui sembra interessato... >> disse maliziosa Raina.

 << Stellina sono così felice per te! >> fece invece Katia con occhi sognanti, quasi quasi mi immaginavo che tra poco avrebbero preso la forma di due cuoricini.

 << Ma voi state male! Io vi racconto i miei dilemmi esistenziali e voi mi rispondete con un semplice e conciso ''Sei cotta''?! Che poi non è assolutamente vero! >> dissi incrociando le braccia sotto il seno.

 Raina mi fissò con lo guardo di chi la sa lunga e disse ovvia: << Certo, Amia, certo. Guarda che da quanto ci hai detto sembri veramente presa da lui. E poi parlavi per me e Damien! >>

 << Non è la stessa cosa! A te lui piace io invece odio Andras, come potrei amare l'uomo che mi ha rovinato la vita e che continua a rendermela impossibile, eh? >> risposi alterandomi.

 << Non c'è un ''perché'', quando ami qualcuno è così e basta. >> disse con i suoi occhi da cerbiatta maledettamente seri.

 << Raina... >> cominciai, ma lei mi interruppe mettendomi una mano tesa davanti alla faccia.

 << Amia, capisco perfettamente il tuo punto di vista, sia io che Katia abbiamo perso le nostre famiglie e la nostra quotidianità a causa dell'impero ma non possiamo vivere col costante pensiero della vendetta, è sbagliato. Verremmo consumate dall'odio. >>

 << Tesoro, Raina ha ragione... dovresti dare una possibilità a questo mondo, te l'ho detto anche l'altro giorno. >> disse invece Katia con voce dolce.

 << Io... mi spiace ma non ce la faccio. Magari più avanti, ma adesso proprio non ci riesco. Ora come ora non mi sento abbastanza pronta. >> risposi loro abbassando lo sguardo e delineando con un dito figure concentriche sulla tovaglia da picnic.

 << Sì, credo che ognuno di noi abbia i suoi tempi, prenditi tutto il tempo che ti serve stellina. >> disse Katia comprensiva.

 << Basta che però ci pensi, ok? Non voglio che poi ti penti di non aver colto l'attimo, ricorda che il tempo non può tornare indietro. >> aggiunse Raina con ancora in viso quello sguardo serio.

 << Sì, lo farò sicuramente. Grazie a tutte e due. >> dissi gettandomi fra le loro braccia.

 Pensai che ero davvero fortunata ad avere delle amiche così speciali, non so come avrei fatto a sopravvivere in questo luogo senza di loro. Mi ripromisi di pensare davvero seriamente alle loro preziose parole, mia madre mi aveva sempre detto di ascoltare i consigli degli amici sinceri. Ed ero certa che di Raina e Katia si ci potesse fidare ciecamente, i loro occhi trasmettevano vera amicizia.

 << Bene, adesso lasciamo perdere questi discorsi così seriosi e mangiamo! >> dissi con ritrovata allegria.

 Mangiammo tra una risata e l'altra, raccontandoci aneddoti buffi ma parlammo anche di cose serie, scoprendo sempre più cose sul conto di ognuna di noi.

 Appena finimmo ci mettemmo a lavoro per sistemare i piatti sporchi e tutto il resto dentro i cestini, successivamente ci dirigemmo verso le cucine per posare il tutto. Mentre percorrevamo i corridoi sentii Raina sussurrarmi: << Cosa hai intenzione di fare dopo, quando andrai da lui? >>

 << Qualcosa che lo farà certamente impazzire. >> sorrisi maliziosa.

 << Stai attenta, potresti uscirne scottata pure tu. Non esagerare. >> continuò lei.

 << Sì, farò attenzione, promesso. >> risposi facendole l'okay con il pollice in su.

 La vidi annuire poco convinta, sapevamo entrambe che con il mio carattere ribelle avrei sicuramente fatto qualcosa, era più forte di me.

 Sospirai, affranta.

 A quel punto speravo solo che non fosse troppo grave.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

Allora gente eccoci arrivati a fine capitolo! ^-^

 

 Ditemi, vi è piaciuto? Spero vivamente di sì, io mi sono impegnata tanto nello scriverlo.

 Decisamente è il più romantico scritto fino ad ora, eh? XD

 Ma non allarmatevi, ce ne saranno molti altri di momenti come questi, non vedo l'ora di arrivare al bacio e credo anche voi! u.u

 

 Come poi avrete certamente notato qualcosa sta cambiando nell'aria, anche se Amia e Andras si rifiutano di vederlo. C'è da dire che ognuno ha le proprie ragioni per farlo, non si può cancellare tutto con un colpo secco di spugna, varie cose però porteranno al superamento di questi ostacoli tranquilli, sono un'amante dei lieto fini io!

 Piccola cosa: cosa avrà voluto dire Andras con quel '' Non può essere lei''? A cosa si riferiva secondo voi?

 Ovviamente io lo so, ma mi piacerebbe sapere cosa frulla nella vostra testa! :)

 L'ultima parte invece ci ha mostrato che Raina e Katia tengono davvero molto ad Amia, Raina poi si è dimostrata capace di grande serietà e giudizio in momenti delicati come quello affrontato.

 La prima parte... beh quella è stata certamente il top del capitolo, vero? *-*

Spero di aver descritto bene le emozioni che provavano i protagonisti e che ci tenevo molto a trasmettervi!

 

 Adesso forza gente, niente paura e recensioni a tutto spiano, prometto che non vi mangierò! ;)

 In molti mi seguite e mi domando sempre come mai non recensiate, sapete che mi preoccupo di non deludere nessuno ma se non mi dite cosa ne pensate dei capitoli come posso migliorare?

 

Ringrazio moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra le:

-preferite: 12

-ricordate: 10

-seguite: 27

e me come autrice preferita: 3.

 Ringrazio con tutto il cuore anche chi recensisce con costanza, chi a volte ed anche i lettori silenziosi. GRAZIE davvero a tutti, siete fantastici! <3

 

Adesso vi saluto, al prossimo capitolo!

 

 Bacioni, vostra Ashwini. :*

 

 P.S.: Ho pubblicato il prologo di un'altra storia, spero ci darete un'occhiata e magari lascerete qualche recensione:

Eternity

Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.

Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.

Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.

Qui incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora nell'ospedale della città, nonché sede principale del grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è infatti formata da una lunga dinastia di medici che lavorano in molte filiali sparse per tutto il paese.

L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista.

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo: Il pezzo mancante. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic dddd Ciao a tutti! ^-^  
Eccomi qua con un nuovissimo capitolo tutto per voi!
Cosa succederà? Beh, questo è IL capitolo care lettrici, quello che sicuramente tutte voi stavate aspettando con ansia! XD
Indovinato di cosa si tratta? u.u
Spero che il capitolo vi piaccia, godetevelo fino in fondo perché, per un po', momenti come questo saranno rari. Ahahaha, l'autrice è cattiva.
Inoltre, in questo capitolo è presente solo il pov Amia, quello del nostro bel tenebroso ci sarà nel prossimo però, non disperate! XD
Non mi dilungo oltre e vi aspetto sotto.

BUONA LETTURA!


                                          
                                                              La solitudine è meno pesante se qualcuno pensa a te. 
                                                              Il pensiero è come una radio ricetrasmittente e non ti lascia mai sola/o. 
                                                              E riceve ovunque, universale e potente il suo segnale!
                                                             (Mario Enrione)






Capitolo undicesimo: Il pezzo mancante.




Pov. Amia


Dopo che finii di lavare la mia parte di piatti e posate sporche salutai Katia e Raina che, ancora una volta, mi raccomandarono di non esagerare con le parole dato che si parlava sempre del più temibile dei demoni. Con un sorriso cercai di rassicurarle e, carica di energia, mi diressi verso la serra.
Mentre percorrevo i corridoi deserti ripensavo a quel giorno che mi sconvolse la vita ed ai miei primi giorni qui a palazzo. Certo che ne avevo fatta di strada, senza neanche accorgermene ero cambiata, maturata in alcune piccole cose. Il mio caratteraccio restava ma, come dire, mi sentivo più leggera in un certo senso. Forse dipendeva dal fatto che adesso non ero più sola.
Katia e Raina.
Sì, sorrisi, ora avevo loro al mio fianco. Dopotutto, pensai, questa guerra non aveva portato solo cose negative nella mia vita. Nella mia vecchia scuola ero sempre stata una ragazza normale, nascondevo il mio vero carattere turbolento e ribelle mettendomi la maschera dell'anonima ragazza brava a scuola. Prestavo gli appunti quando richiesto, davo ripetizioni ai miei compagni di classe se non avevano capito un argomento, ma la mia vita scolastica finiva lì. Il brutto era arrivato dopo, quando iniziai il secondo anno di liceo.
Mio padre iniziò a drogarsi e a bere sempre di più, lo faceva anche prima, non si poteva mai sapere quando sarebbe tornato a casa ubriaco fradicio, ma da allora accadde tutti i giorni, nessuno escluso.
A scuola cominciarono i pettegolezzi sui miei lividi, sparsi in tutto il corpo non sempre riuscivo a nasconderli, nel periodo estivo poi era un'impresa impossibile. Gli insegnanti e i compagni di classe più vicini a me cominciarono a pormi domande su domande, la vita per me divenne insostenibile. Non potevo dire loro la reale causa dei lividi, avrei certamente condannato mio padre al carcere. Certo, ad un certo punto, vedendo soffrire terribilmente anche mia madre, avevo pure deciso di denunciarlo ma fu proprio la mia genitrice a fermarmi dicendomi, pregandomi di non farlo, di sopportare. Accettai ma con tutti i problemi familiari che ne seguirono non mi feci mai delle vere amiche, tutti mi vedevano come quella strana, in molti mi evitavano anche. Ed io sopportavo in silenzio, soffocando la vera me stessa dietro una barriera di cemento fortificato, facendo finta di restare impassibile difronte tutto quello ma dentro la mia anima veniva continuamente lacerata.
L'unica a volermi realmente bene era la mamma, solo lei. Mio padre finì così di esistere per me, mi costrinsi ad odiarlo ma il ricordo dei primi anni della mia vita mi ritornavano sempre in mente, tutt'ora succede, impedendomi di odiarlo realmente. Non so, ma c'era sempre stato qualcosa di strano nei suoi comportamenti, a volte lo avevo beccato a fissare con orgoglio le mie pagelle scolastiche e così mi chiedevo perché accidenti mi dimostrava solo indifferenza quando ero presente. Ad un certo punto della mia vita decisi di chiudere per sempre con il passato, volevo vivere il presente a favore del futuro. Anche adesso continuavo a reprimere i ricordi dolorosi del mio passato ma certe attimi, certi sentimenti erano troppo forti per essere dimenticati e tornavano a galla sotto l'orribile forma di incubi. 
Grazie a Katia e Raina però una luce era apparsa nel cielo scuro della mia esistenza, le nuvole si erano quasi del tutto dissolte. Quasi, perché percepivo che ancora mi mancava un tassello importante per illuminare definitivamente quel cielo. E quel qualcosa di così speciale ed unico al mondo sentivo di provarlo quando Andras era accanto a me. Ogni santa volta mi ripetevo che non poteva essere lui la mia persona speciale, andiamo era Andras! La cosa era del tutto inverosimile!
Eppure... eppure non potevo fare finta di nulla perché era la mia stessa anima che ricercava la sua. 
Purificare l'oscurità con l'oscurità.
Sorrisi sconsolata, già, andarmi a cacciare in simili intrighi era proprio da me. La mia vita, evidentemente, non poteva scorrere tranquilla. Ma se per purificare del tutto la mia anima dovevo lottare con le unghie e con i denti, dovevo piangere ed urlare ma soprattutto dovevo stare accanto a quel demone di ghiaccio... beh, allora forse ne valeva la pena, perché dopo la notte c'è sempre il giorno e per arrivarci dovevo passare per quell'oscurità che per me era rappresentata da Andras allora sarebbe stata senz'altro una bella ed intrigante fermata. Chissà, forse con me avrei potuto portare pure lui perché quell'inspiegabile e contorto desiderio di lenire, almeno in minima parte, il suo perenne dolore ancora non mi era passato dalla testa anzi, si era radicato sempre più in profondità.
Lui era il mio ultimo ostacola per la pace eterna era vero, ma nel mio futuro volevo ardentemente che fosse presente anche lui. Non mi spiegavo il perché, mi era ancora oscuro il motivo, sapevo solo che era così e basta. 
Dovevo quindi ammettere almeno a me stessa che non tutti i mali vengono per nuocere, che adesso la mia vita era molto meglio di prima per molti aspetti e che la distruzione della mia precedente vita aveva portato alla nascita di quella nuova.
Forse Katia aveva ragione, forse bastava che io accettassi tutto quello che la mia nuova vita mi stava donando e tutto sarebbe andato per il meglio. Dopotutto dovevo almeno provarci. C'erano migliaia di persone che erano in condizioni ben peggiori della mia e io non potevo di certo buttare nel dimenticatoio l'opportunità che mi stava offrendo il destino.
Con questi pensieri, che ancora vorticavano nella mia testa, arrivai difronte la porta della serra. Aprì la porta ed entrai dentro.
L'interno della costruzione era pieno di fiori di ogni genere, soprattutto rose. Ve ne erano di tutti i colori ma le mie preferite restavano sempre quelle rosse, simbolo dell'amore vero, anche se amavo molto anche quelle bianche, il cui significato era: ''Io sono degno di te'', magnifico e significativo secondo me.
Vagai con lo sguardo ma di Andras nemmeno l'ombra, eppure ero arrivata puntuale come un orologio svizzero. Sospirai, era pure un ritardatario Mr. Ghiacciolo. Decisamente i punti a suo favore aumentavano sempre di più.
Dato che ancora il signorino non si decideva ad arrivare decisi di girovagare un po' in giro, fermandomi di tanto in tanto per odorare quelle magnifiche rose. Vedendone una in particolar modo affascinate e bella allungai una mano per prenderla, ma essendoci molte rose l'una accanto all'altra ed essendo la solita sbadata mi punsi con una spina ad un dito. Ritrassi subito la mano e, come facevo sempre in quelle situazioni, mi portai il dito ferito alla bocca. La cosa che però non mi sarei mai aspettata è che poco prima di toccare le mie labbra il dito fu afferrato da un'altra mano e portato alle soffici labbra di un altra persona. Inutile dire che il sangue mi si gelò nelle vene non appena mi accorsi che quella persona altri non era che Andras.
Spalancai gli occhi sinceramente sorpresa, non l'avevo nemmeno sentito entrare. Poi però mi ricordai ciò che ci eravamo detti la stessa mattina e pensai che quello doveva essere uno dei suoi sporchi tentativi di farmi cedere a lui, ma si sbagliava di grosso se credeva che mi sarei lasciata imbambolare così facilmente!
Sorrisi saccente facendogli vedere che con me non attaccava e ottenendo in risposta uno dei suoi famosi ghigni.
<< Immaginavo che con te non sarebbe bastato così poco, ma ci ho voluto provare lo stesso. >> disse con un alzata di spalle.
<< Già. Adesso posso giocare anche io? >> dissi passandomi la lingua sul labbro inferiore, atto seguito con grande attenzione dagli occhi blu cobalto del demone.
<< Certo. >> rispose semplicemente lui e notai che mentre rispondeva stava ancora fissando le mie labbra.
Sorrisi. Bene, vediamo di divertirci.
Mi avvicinai a lui che nel frattempo era restato immobile al suo posto e gli presi il volto fra le mani. Incatenai i miei occhi ai suoi e poi distolsi lo sguardo per poi andarlo a posare sulle sue labbra. Mi umettai le mie, notando con piacere che tutto era stato seguito dai suoi occhi che erano improvvisamente diventati più scuri, che sia per il desiderio? Mi dissi che se volevo davvero scoprirlo dovevo giocare pesante per smuovere una roccia come lui.
Così con lo stesso dito di poco prima andai a tracciare i contorni delle sue labbra piene e morbide. Lo vidi sospirare e chiudere gli occhi. Sorrisi vittoriosa ma indietreggiai  di un po' quando lo vidi spalancare gli occhi diventati improvvisamente rossi. Ma cosa... ?
Venni sbattuta al muro con i polsi sollevati sopra la testa da una sua mano. Il suo volto si fece sempre più vicino al mio fino a che non depositò un bacio rovente all'angolo della mia bocca. 
OH. CAZZO.
Stava scherzando? Non si era parlato di cose del genere! Se faceva così le mie certezze sul vincere cominciavano a vacillare. Dio non immaginavo sarebbe arrivato davvero a quel punto. 
Dovevi immaginarlo invece, ricordi? Niente regole... mi ricordò il mio cervello.
<< Credevi davvero che avrei lasciato divertire solo te? >> mi sorrise maligno Andras.
Con la mano libera andò a riservare lo stesso trattamento che gli avevo fatto io alle mie labbra. E per Dio, come faceva a risultare mille volte più sensuale di me?!
Era tutto così maledettamente eccitante... mi morsi il labbro inferiore.
<< Non provocarmi ragazzina. >> disse Andras in un sussurro appena udibile, osservandomi con gli occhi ancora rossi. Non capivo perché non li ritrasformasse.
<< Rivoglio il colore blu nei tuoi occhi, questo non mi piace. >> dissi pentendomene subito dopo averlo detto. Accidenti a me, parlavo sempre troppo.
Lo vidi sorridere per poi dire in modo più calmo: << Davvero? Deduco quindo che ti piacciono i miei occhi. >>
Non sapevo che dire, verità o bugia? Che fare? 
Lo osservai, sembrava fosse impaziente di sapere la mia risposta. 
Com'è che si diceva? Ah sì, si vive una volta sola nella vita.
<< Sì, sono la parte più bella di te. >> dissi di getto.
A quel punto per la prima volta in vita mia lo vidi sorridere sinceramente... contento? Possibile? 
Ricambia il sorriso e dissi: << Dovresti farlo più spesso. >>
<< Cosa? >> rispose un tantino confuso, abbassando leggermente la testa di lato. Sembrava tanto un cucciolo in quel momento, non più Andras ''Il Conquistatore'' ma... Andras e basta, solo ed unicamente lui.
<< Sorridere, sei più... più bello. >> dissi imbarazzata. Ero sicuramente diventata di tutte le possibili sfumature di rosso. Era una mia impressione o l'atmosfera si stava facendo veramente un po' troppo calda?
<< Questo non dovevi dirlo... >> disse ancora più vicino al mio viso, ormai c'erano solo pochi centimetri a dividerci<< ... Amia.>> e a quel punto si gettò sulle mie labbra come un assetato nel deserto, divorandole, mordendole e succhiandole con foga. Poi la sua lingua andò a contornarle, chiedendo il permesso per entrare. Cosa che subito gli concessi, ormai era il mio cuore a dettare le regole e voleva ardentemente continuare quella paradisiaca danza fra le nostre lingue che si cercavano, si trovavano per poi attorcigliarsi l'una all'altra.
Il mio primo bacio...
Stavo dando il mio primo bacio ad Andras, l'uomo che odio e che mi odia, l'uomo che ha conquistato il mio pianeta devastandolo e distruggendone la civiltà e la cultura, l'uomo che... Oh al diavolo tutto!
Strinsi tra le mie mani i suoi capelli corvini, muovendo frenetica le dita che scorrevano tra quelle soffici ciocche. Era come se volessi imprimere a fuoco nella mia mente quel preciso istante e forse era proprio così.
Non volevo più smettere di baciarlo, finalmente il tassello mancante si era ricongiunto agli altri pezzi del puzzle. Mi sentivo completa, intera. Il mondo sembrava aver trovato il suo esatto equilibrio.
Le nostre labbra combaciavano perfettamente come se fossero state create per unirsi e si staccavano solo per far riprendere fiato ai loro padroni, poi ricominciava quell'antica danza che esisteva dall'alba dei tempi.
Non so con esattezza per quanto tempo continuammo a baciarci, potevano essere passati solo pochi attimi così come potevano essere passate intere ore. Ad un certo punto le nostre labbra si staccarono definitamente, ma erano ancora troppo vicine l'un l'altra, minacciandosi a vicenda di un nuovo e passionale attacco. 
Ci guardammo negli occhi, entrambi desiderosi di un nuovo contatto. Ci stavamo trattenendo era evidente.
Mi morsi il labbro inferiore come ero solita fare quando ero nervosa ma la sua frase mi colpì: << Sei fai così... smettila. >>
Era nervoso anche lui ma la domanda era: Perché?
Però adesso ero confusa anche su un altro punto e cioè cosa intendeva con quella sua affermazione. Poi collegai, lui stava fissando le mie labbra dischiuse... e anche prima quando mi ero mordicchiata il labbro si era irrigidito allo stesso modo, quindi... Bingo!
Sorrisi come un'ebete e dissi allegra: << Cosa? >>
<< Non fare finta di nulla! So benissimo che lo stai facendo apposta. >> rispose inflessibile.
<< Cosa intendi? Questo forse? >> dissi innocentemente e mordicchiandomi il labbro di nuovo.
Non appena lo feci venni sbattuta violentemente al muro, ritrovandomi il corpo di Andras a stretto contatto col mio. I suoi occhi mandavano scintille, era vagamente seccato.
<< Amia non farmi arrabbiare più di quanto già non sia! >> disse stringendomi per la vita e provocandomi così piacevoli brividi per tutto il corpo.
Stavo per rispondere quando riflettei di più sulle sue parole. Lui... mi aveva davvero chiamate per nome?! Di solito usava nomignoli irritanti come ''misera umana'' o ''ragazzina'', sputandoli come veleno. 
Era già la seconda volta che lo faceva e... Dio come suonava bene il mio nome pronunciato dalle sue meravigliose labbra! 
<< Ancora. >> dissi perdendomi in quella turbolenta tempesta che erano i suoi occhi.
<< Ancora cosa? >> disse confuso.
<< Il mio nome, ripetilo ancora. >> risposi sussurrando, come a non voler spezzare l'atmosfera creatosi.
Lo vidi spalancare gli occhi per poi distogliere velocemente lo sguardo dal mio. E adesso che aveva?
<< Devi dire il mio prima. Così siamo pari. >> sussurrò ostinandosi a non incontrare i miei occhi. Perché? Qua gatta ci cova mi sa.
<< Tu guardami negli occhi però. >> dissi in tono di sfida.
A quelle parole si girò subito verso di me, sapevo che un tipo egocentrico e orgoglioso come lui non poteva resistere ad una mia provocazione. Ormai ci avevo preso la mano, sapevo come destreggiarmi con lui in un certo senso.
<< Allora che aspetti? Dillo. >> disse avvicinando di un po' il viso al mio. Subito sentì l'aria farsi più pesante, mi sembrava di essere su Mercurio accidenti, faceva troppo caldo.
Deglutii rumorosamente. Cavolo, dovevo davvero dirlo?
Ormai ciò che è fatto e fatto, pensai, un nome, solo un nome. Posso farcela.
Lo guardai negli occhi intensamente e dalle mie labbra uscì nel tono più dolce che avessi mai usato: << Andras. >>
Sorrise. Sorrise come mai gli avevo visto fare. Che fossi riuscita ad abbattere almeno una di quelle maledette mura che avvolgevano il suo cuore? 
Si avvicinò ancora di più al mio volto, sfiorandomi le labbra con le sue. Sospirò eccitato.
<<  Amia... >> disse calcando sul mio nome << ... mi fai impazzire. >> terminò per poi darmi il mio secondo bacio. Ma questo fu diverso, più dolce e potevo sentire che stavolta c'era una sorta di sentimento che mi trasmetteva. 
Che sciocca che ero a contarli, me ne rendevo perfettamente conto, eppure lo trovavo un modo per imprimere a fuoco nella mia mente e nel mio cuore quei piccoli ma intensi istanti. 
Se qualche giorno fa mi avessero detto che io e lui ci saremmo ritrovati in una situazione del genere... beh, come minimo gli sarei scoppiata a ridere in faccia come una pazza da ricoverare. Così, era questo che si intendeva per ''Tutto è possibile'', eh? Dovevo rivalutare la mia scetticità su tutte queste sciocche frasi che fino ad allora ritenevo prive di senso, decisamente.
Ancora una volta ci baciammo con passione, le sue mani stringevano possessive i miei fianchi, come se volesse impedirmi di scappare da lui. Ma io non l'avrei fatto. E poi chi voleva più farlo dopo tutto quello che stavo provando? Per quanto mi riguardava sarei volentieri stata fra quelle solide e muscolose braccia per l'eternità.
Poi spostò la sua attenzione al mio collo, mordendolo e baciandolo per tutta la sua lunghezza. 
Baciava da Dio...
Un gemito uscì dalle mie labbra, provocando una risata da parte del demone.
<< E così... ti faccio ridere, eh? >> dissi ansante, le labbra gonfie a causa dei suoi baci.
<< Sì, ti trovo buffa. >> disse mordicchiandomi un lobo in modo sensuale.
<< Adesso basta Andras... >> provai a dire incerta.
Non volevo separarmi da lui ma la situazione stava precipitando, non ero più così certa di mantenere il controllo ancora per molto.
Bel controllo Amia, dopotutto ti fai solo sbattere al muro come se niente fosse... disse il mio cervello sarcastico.
Accidenti. 
Lo sentì bloccarsi e rialzare velocemente lo sguardo per poi portarlo fisso sul mio. Era seccato, furioso. Ma che avevo detto di male? 
<< Cosa?! >> grugnì come un animale.
<< Ecco... dovrei... andare. Penso che per oggi abbiamo giocato abbastanza. >> dissi con voce strozzata.
<< Questo lo decido io. Ora stai ferma. >> disse duro riavvicinandosi al mio collo.
<< No! >> poggiai con forza le mie mani sul suo petto muscoloso e lo scansai approfittando della sua momentanea distrazione. 
Dovevo assolutamente andarmene da lì e alla svelta anche. Mi diressi verso l'uscita ma fui bloccata per il polso da lui. Gemetti per il dolore, stringeva forte, troppo forte cavolo.
<< Dove credi di andare?! >> disse alzando la voce. 
<< Lasciami! Ho da fare adesso. >> risposi agitata non girandomi, se lo avessi guardato negli occhi sarebbe stata la fine.
<< Perché cazzo?! Dimmi perché cazzo scappi sempre da me ogni santa volta?! >> urlò furioso. 
A quella sua frase però mi voltai arrabbiata e dissi alzando la voce anche io: << Che stai dicendo? Io non scappo! >>
Assottigliò gli occhi, guardandomi truce, e rispose velenoso: << Ah no? A me sembra il contrario. >>
Stavo per ribattere quando sentì un rumore provenire dall'esterno della serra. Qualcuno, probabilmente il giardiniere, stava venendo qui. Oh no. Ci avrebbe visti! Insieme e per di più in quelle condizioni!
Andras parve intuire i miei pensieri ed anzi pensai che lui, con i suoi fini sensi da demone, avesse sentito molto tempo prima l'intruso arrivare. Mi lasciò il polso e mi fece notare un'uscita secondaria. Insieme, ci dirigemmo verso di essa e, senza compiere il minimo rumore, uscimmo.
Senza dirmi nulla o degnarmi di un solo sguardo se ne andò via, lasciandomi lì da sola. Strinsi i pugni, me lo meritavo un simile trattamento. La verità è che aveva perfettamente ragione, ogni volta che la situazione si faceva più seria io scappavo da brava codarda. Ma cavolo, non capiva che la sua presenza mi destabilizzava? Non capiva che tutto ciò mi faceva troppa paura? 
Perché la verità era che io non ero ancora pronta per avvicinarmi così tanto a lui. 
Eppure, pensai, gli avevo permesso di darmi non uno ma ben due, mille baci che mi avevano fatto andare dritta in paradiso. Ma era stato più forte di me, lo desideravo troppo in quel momento. Non avevo più capito cosa fosse giusto e cosa invece fosse sbagliato. 
Ma poi la paura si era rifatta viva in me e lo avevo allontanato. Avevo dovuto farlo, per me e la mia sanità mentale.
Avevo anche capito che baciarlo era stato sbagliato, ma questo era ciò che diceva la parte razionale di me. La parte più istintiva e libertina invece era stata felice di sbagliare. Io, che ero sempre stata attenta alle regole e che pensavo mille volte su di una cosa prima di farla ero stata felice di sbagliare, arrivando a ritenere quel gesto come giusto.
Ero impazzita insomma.
Poi guardai verso la direzione in cui si era incamminato e spalancai gli occhi, portandomi anche le mani alla bocca, non appena notai che l'erba e i dintorni, nei punti in cui era passato, erano completamente bruciati. Tutti i fiori e i meravigliosi cespugli erano morti, bruciati dalle fiamme.
Tutto questo... era davvero successo per causa mia?
Indietreggiai sconvolta e, scuotendo violentemente la testa, corsi verso l'entrata del palazzo. Dannazione, non ne combinavo una giusta. 
Potevamo conversare per qualche minuto, anche senza attaccarci costantemente con degli insulti della peggior specie, ma finiva sempre così: io me ne andavo via, paurosa delle nuove emozioni che stavo provando, e lui si arrabbiava. Non capivo perché se la prendesse così tanto, noi due ci odiavamo no? Allora perché prendersela per un banale rifiuto da parte mia?! Aveva milioni di donne disposte a cadere subito ai suoi piedi e soddisfarlo in tutti i modi possibili, non doveva nemmeno chiedere, loro venivano da sole già a gambe aperte. Ma no, lui doveva per forza intestardirsi con me! E non ne capivo il motivo poi, non ribadiva forse ogni santa volta che ero solo una misera umana per lui?
Arrivata anche a chiedermi perché scappassi via da lui! Era ovvio no?! I suoi comportamenti erano così contorti che preferivo mille volte rimanere nel dubbio di scoprire cosa avrebbe fatto dopo che scoprirlo rischiando magari di scottarmi irrimediabilmente. Dopotutto ogni cosa era possibile quando c'era quel dannato demone di mezzo.
Sospirai frustrata, pensare a lui mi faceva venire sempre una forte emicrania. 
Il problema adesso era come dovevo comportarmi con lui non appena lo avrei rivisto. Ignorare tutto ciò che era accaduto o... provare a parlarne con lui in qualche modo?
Mi mordicchiai le labbra al ricordo delle sue soffici labbra che si buttavano fameliche sulle mie.
No, decisamente il problema non poteva essere ignorato.
Grugnii infastidita, in poco tempo il suo volto aveva preso il completo controllo della mia mente cavolo.

Lungo il percorso sbattei contro qualcuno ma, senza nemmeno alzare lo sguardo, mugugnai solo un debole ''Scusa'' e poi continuai a correre per i corridoi. Non volevo vedere nessuno, volevo solo stare sola in quel momento. Se qualcuno che conoscevo mi avesse vista in quelle condizioni, avrebbe sicuramente chiesto spiegazioni sul mio malumore e io ero decisa a non darne. Non ora almeno. Se prima non sbollivo la rabbia e la frustrazione non potevo ragionare lucidamente e se non lo facevo avrei finito solo per confondermi ancora di più le idee.
Entrai nella mia camera come una furia, sbattendomi violentemente la porta alle spalle. Sentì subito dopo bussare alla porta ed ero ben decisa a non aprire a nessuno, ma il persistere insistente mi fece alzare con furia dal letto su cui mi ero distesa. Chi diavolo era adesso?!
<< Amia, sono ore che ti cerco, prima sei scappata via come un fulmine e... Oh santo cielo, ma che cosa ti è successo? Sembri sconvolta! >> disse Raina agitando le braccia convulsamente. 
Sospirai e la invitai dentro poi, chiusa la porta, ci sedemmo sul mio letto in religioso silenzio. Apprezzai molto che Raina non mi avesse ancora detto nulla, aspettando che fossi io a parlare per prima ma dal suo sguardo avevo comunque capito che moriva dalla voglia di sapere ogni minimo particolare su ciò che mi aveva procurato una faccia da funerale come quella.
<< Noi... >> cominciai fissando insistentemente il vuoto. Come accidenti glielo andavo a dire quello che era accaduto poco prima? Era assurdo persino per me!
<< Amia se adesso non te la senti... >> disse lei falsamente comprensiva.
Scossi la testa. Alla fine volevo davvero parlarne con lei.
<< Io ed Andras... >> continuai incerta girando la testa per guardarla finalmente negli occhi.
<< Tu e lui cosa? >> disse confusa, osservandomi però con quella sua solita ed esagerata curiosità di quando si parlava di me ed Andras.
<< Ecco... Io ed Andras ci siamo baciati. >> dissi tutto d'un fiato. 
Un pesante silenzio calò sulla stanza.
I suoi occhi erano subito diventati a palla e la bocca si era spalancata all'inverosimile. Era scioccata. 
Okay, forse, e dico forse, ero stata un po' troppo diretta.
<< CHE COSA?! >> urlò preda di una crisi isterica prendendomi improvvisamente per le spalle e scuotendomi come una pazza furiosa.
Dovetti però constatare che si riprendeva in fretta dagli shock.







ANGOLO AUTRICE:

*Parte la sigla della 20th century fox*
*L'autrice esce da un tassello nascosto della scritta*

Allora, cosa ne pensate, IL capitolo è venuto abbastanza bene? XD
Direi che finalmente possiamo prendere gli champagne e fare tutte insieme un bel brindisi!
Confesso che scrivere quella scena mi ha un po' imbarazzato, ok, non è ancora accaduto il grande passo, ma è la prima volta che scrivo la scena del bacio fra i protagonisti ed ero ansiosa perchè non sapevo se mi sarebbe venuta bene come la immaginavo nella mia testa(credetemi, lì è tutto chiarissimo! XD). Spero vivamente che vi sia piaciuta, mi impegnerò per essere sempre più brava però, ve lo prometto!
Poi che dire? La povera Amia è molto confusa su ciò che realmente prova, dice di odiare Andras ma poi pensa ed agisce in tutt'altro modo. Però, come dice lei stessa, è colpa del fascino demoniaco di Andras; anche io sarei caduta ai suoi piedi, devo ammetterlo. Ahahahah
Ma non tarderà ancora per molto a fare chiarimento sui suoi sentimenti per lui, è solo un tipo che richiede di più tempo anche perché, come ha detto, ha paura di quello che sta nascendo in lei. 
Nel prossimo capitolo ci sarà l'apocalisse vi avverto, tra spiegazioni alle amiche e burrascosi scontri fra i due protagonisti, ci sarà da mettersi le mani nei capelli. XD

Adesso vi saluto gente, alla prossima!

Bacioni, Ashwini. <3



Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1





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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo: Quel demone... irraggiungibile. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic CAPITOLO DODICESIMO- Quel demone... irraggiungibile Ciao a tutte! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo, come vedete sono stata puntuale come sempre. :)
Allora... devo però dirvi che è stato... difficile scrivere questo capitolo, nel senso che verso la fine accadono delle cose piuttosto spiacevoli ad Amia, forse mi vorrete lanciare i pomodori ma, credetemi, tutto ciò che ho scritto è necessario per altre cose che succederanno in futuro. 
Però c'è una piccola parte bella fra i protagonisti!
Detto questo vi lascio al capitolo. :D

BUONA LETTURA! 







                       Alcuni dicono che la pioggia è brutta, ma non sanno che permette di girare a testa alta con il viso coperto dalle lacrime.
                                                                                              (Jim Morrison)




Capitolo dodicesimo: Quel demone... irraggiungibile.




Pov. Amia


Non so di preciso da quanto tempo cercassi di fermare, invano, quel vulcano in ebollizione quale ormai era diventata Raina. Non faceva altro che farneticare cose senza la minima logica, prima aveva gli occhi a cuoricino poi, questi ultimi, sembravano aver preso le sembianze di due fiamme ardenti come bracieri, non si capiva più se era felice o arrabbiata per ciò che era accaduto poco tempo prima.
Ad un certo punto sospirai esasperata, ci mancava solo lei adesso. Già il mio umore non era dei migliori, se poi lei continuava a comportarsi come un personaggio comico di un banale film americano, potevo pure prendere un paletto di legno e conficcarmelo nel cuore, così da porre fine all'agonia che sembrava avvolgere fra le sue spire la mia anima.
Alzai gli occhi dal suolo su cui si erano posati stanchi poco prima, non appena lei aveva iniziato le sue illuminanti diatribe. 
<< Raina, ti prego adesso basta. Sono già frustrata di mio se poi... >> cominciai, subito interrotta dalle sue urla scandalizzate.
<< Frustrata? Tu dici di essere frustrata? Hai baciato Andras e ti senti frustrata?! >> disse ridendo nervosamente quella pazza della mia amica, ormai sembrava che quel tic nervoso all'occhio destro non volesse più andarsene via.
<< Beh sì... >> risposi in un sussurro. Non sapevo come spiegarle il mio stato d'animo, e come poi se neppure io sapevo spiegare il sentimento che era sbocciato in me non appena le labbra del demone avevano sfiorato le mie? Come?
<< Amia... >> cominciò Raina, finalmente sembrava aver ripreso il controllo sul corretto uso del suo cervello.
<< Amia niente. Non lo so neppure io, okay?! >> dissi quasi urlando, mettendo la testa fra le gambe. Come se solo quello poi fosse bastato per far scomparire i miei problemi.
<< Amia, ma come è successo? Com'è stato? Voglio dire... >> disse arrossendo leggermente. Sorrisi, era così buffa in quel momento.
<< Sai che dovevo raggiungerlo nella serra delle rose, no? Per la sfida che avevamo deciso di fare questa mattina. >> dissi sollevando la testa e guardandola dritta negli splendidi occhi verdi.
Annuì energicamente ed io sorrisi lievemente, sì, era decisamente buffa.
<< Bene, ci sono andata e... insomma, abbiamo iniziato a stuzzicarci. Poi però... >> dissi ripensando ai nostri discorsi, e solo in quel momento realizzai che i segnali per cui la situazione sarebbe poi degenerata c'erano stati tutti, a cominciare da quando i suoi occhi erano diventati rosso cremisi.
<< Poi però... >>> mi incitò Raina, sempre più curiosa. Sembrava tanto una fan sfegatata di una qualche telenovela che aspetta con ansia sempre crescente il momento del bacio fra i protagonisti. Ed in effetti...
<< Poi però la situazione mi è sfuggita di mano. E abbiamo cominciato a giocare un po' troppo pesante. Baci sull'angolo della bocca, l'avvicinamento progressivo fra i nostri corpi... e poi... beh, per fartela breve è successo. Ci siamo baciati e non solo una volta. Non riuscivamo a staccarci, poi fortunatamente mi sono riprese e l'ho spinto via da me. Poi... >> dissi sempre più imbarazzata di parlare di simili argomenti, ma fui interrotta da lei che mi si gettò addosso prendendomi fortemente per le spalle.
<< Tu stavi baciando quel dio di Andras e lo hai spinto via?! Cioè avevi quel figo della Madonna addosso e... L'HAI SPINTO VIA?! >> dire che era scandalizzata era molto, ma molto, riduttivo. 
<< Sì! >> dissi fiera del mio autocontrollo. Okay, prima mi ero fatta baciare ma l'importante era che poi mi fossi ripresa, giusto?
<< Tu non sei normale! Io pagherei per baciare Damien e tu... >> strinse i pugni, guardando in basso con lo sguardo acceso.
<< Raina io non provo ciò che tu provi per Damien. La cosa è nettamente diversa, credimi. >> risposi pacatamente. Sapevo quanto lei desiderasse baciare Damien, si vedeva chiaramente dai suoi occhi che ne era innamorata. Ed era proprio questa  la differenza fra noi. Lei era certa di amarlo, io invece ero ancora confusa sui miei veri sentimenti verso l'imperatore.
<< Sì, capisco. Ma ti consiglio di fare chiarezza sui tuoi sentimenti prima che sia troppo tardi. >> disse scura in volto, alzandosi dal letto su cui eravamo comodamente sedute.
<< Raina... io... senti non è facile per me. Credi che io stessa non sia consapevole di questo? Credi forse che a me piaccia questa situazione?! >> dissi mentre una lacrima sfuggiva al mio controllo, scivolando velocemente sulla mia guancia.
<< Amia no... mi spiace. Ho reagito in modo sbagliato, solo che... ti invidio in un certo senso. Tu hai potuto baciare Andras ma io... io con Damien sono ancora in un punto morto. >> disse abbracciandomi con forza e nascondendo il suo viso fra i miei capelli ribelli.
<< Siamo delle stupide, non credi? >> dissi sorridendo.
<< Sì, proprio delle stupide irrecuperabili. >> rispose ricambiando il sorriso.
A quel punto ci abbracciammo come vecchie amiche, consapevoli che quei due demoni ci avevano irrimediabilmente cambiato la vita. In meglio? In peggio? Domande che, molto probabilmente, avrebbero trovato risposta solo tra molto, troppo, tempo.
<< E dopo che cosa è accaduto? >> disse dopo aver sciolto l'abbraccio, risedendosi al mio fianco.
<< Dopo abbiamo sentito arrivare qualcuno e così, dall'entrata secondaria, siamo usciti dalla serra. Poi lui si è allontanato senza degnarmi di un minimo sguardo, bruciando ogni cosa si trovasse lungo il suo cammino. >> finì il racconto con un lungo sospiro. Era come se mi fossi tolta un peso dal cuore.
<< Ah. >> disse semplicemente. Secca e concisa.
<< Io ti racconto tutto questo e tu rispondi con un misero ''Ah''? >> dissi incredula. Non mi aspettavo che prendesse una bottiglia di champagne e dei bicchieri per brindare allegramente, è ovvio, ma il suo comportamento indifferente mi aveva colto di sorpresa.
Poi fu come se una lampadina si materializzasse magicamente sopra la mia testa.
<< Tu sai qualcosa che io non so! Voglio saperlo. ORA! >> dissi puntandole l'indice contro. Ok, ora quella buffa ero io.
<< Beh, adesso si è capita la causa del nervosismo di Andras. Poco prima di venire da te, da una delle finestre ho visto passare lui, stava camminando nel giardino diretto forse nello spiazzale dove di solito si allena con Damien. E.. come hai detto tu stava bruciando tutto ciò che si trovava intorno a lui. E così... era arrabbiato perché tu lo hai respinto, eh? >> terminò il suo discorso con uno sguardo decisamente da pazza.
<< Aspetta un momento tu! Conosco quello sguardo, a cosa diavolo stai pensando? >> le dissi alzando gli occhi al cielo. Ormai sapevo che quella ragazza avrebbe sparato una cazzata, ma ormai che c'ero volevo sapere cosa accidenti stava tramando la sua testolina.
<< Cosa penso? Mi sembra ovvio no? Se ha reagito così vuol dire che tiene a te più di quanto dia a vedere! >> concluse orgogliosa, gonfiando il petto e dondolandosi come una bambina che ha appena scoperto un segreto degli adulti.
<< Certo, e io sono la regina Elisabetta. >> dissi ironicamente.
<< Oh no, tu non sarai la regina Elisabetta, tu diventerai la sua imperatrice. >> disse sorridendo come una scema, immaginando chissà quale assurdo futuro nel quale io ed Andras eravamo felicemente sposati.
Assunsi immediatamente una delle mie famose smorfie disgustate. E posso affermare che ero brava a farle dato che, dopo esserci trasferiti in un nuova casa, vivevo vicino ad una piccola costruzione dove bruciavano i rifiuti.
<< Raina, ti prego! >> dissi esasperata. Quella ragazza aveva una grande fantasia però, dovevo ammetterlo.
<< Okay, scommetto ciò che vuoi che tra qualche anno voi due vi sposerete! >> affermò sicura di se.
<< Senti, chiudiamo il discorso per oggi. Andiamo a trovare Katia? Magari ci prepara una delle sue meravigliose torte! >> dissi raggiante, immaginandomi una fetta di torta al cioccolato.
<< Ho capito, vuoi cambiare discorso. Ma stai pur certa che non finisce qua! >> mi minacciò Raina, assottigliando lo sguardo.
<< Va bene, adesso andiamo. >> dissi prendendola per un braccio e trascinandomela dietro.
Ma non appena aprì la porta mi trovai difronte Damien con il pugno alzato ed immaginai che forse poco prima che uscissimo stava per bussare alla mia porta.
<< D-Damien ciao! >> disse Raina balbettando. Mi stupivo di come Damien non si accorgesse della cotta che la mia amica aveva nei suoi confronti, era veramente ottuso quel ragazzo.
Un'altra cosa da sottolineare era che Raina e lui si chiamavano per nome. Io ed Andras ci avevamo impiegato giorni a farlo e per di più, almeno per me, era come se avessi partorito quel maledetto nome.
Li vidi parlare normalmente e pensai che erano davvero belli insieme. Loro non litigavano, oserei dire che parlavano da pari. Sorrisi amara. Andras non l'avrebbe mai fatto con me.
<< Raina io vado, vedo che Damien ha bisogno di te. >> dissi e li salutai entrambi.
<< Ciao! >> rispose Raina, felice come una  Pasqua.
<< Ci vediamo carotina! >> disse quell'idiota di Damien, facendomi l'occhiolino. Io drizzai le spalle al sentire quello stupido nomignolo e mi girai pronta a ribattere sonoramente quando li vidi. Avevano ripreso a parlare normalmente. Sospirai e sorrisi dolcemente allo stesso tempo, era meglio non disturbali quei due.
Camminai diretta verso le cucine, sperando di trovarvi Katia, quando ripensai a ciò che aveva detto Raina poco prima.
Lui... si era diretto verso il campo di allenamento.
Mi morsi il labbro inferiore indecisa, muovendo freneticamente gli occhi fra i due corridoi. Uno portava dalla mia adorata torta al cioccolato. L'altro verso il mio inferno personale.
Ancora una volta mi lasciai sopraffare dall'istinto ed andai incontro al mio destino. Gli avrei dimostrato chi ero, si, gli avrei fatto vedere che io i problemi li affrontavo a testa alta e che non scappavo difronte a loro. 
Risi nervosamente.
Certo, a parole era tutto semplice ma riguardo i fatti... 

Arrivai in poco tempo sul limitare dell'enorme spiazzale e con orrore mi accorsi che ogni cosa si trovasse in esso era completamente carbonizzata, il piacevole paesaggio che vi era fino al giorno prima, ora era sostituito da uno desolato e morto. Era come se esso ritraesse lo stato d'animo del padrone del castello.
All'improvviso un leggero vento cominciò a soffiare, ed era come se mi spingesse verso la casetta del giardiniere lì vicino. 
Rigida come un manico di scopa mi diressi verso di essa, ma non appena vi fui difronte mi bloccai. Ero ancora in tempo, potevo scappare se lo desideravo, perché dopo mi sarebbe stato impossibile, lo sapevo.

No.
 
Adesso basta fuggire.

Misi una mano sulla maniglia della porta in legno ed, abbassatola completamente, entrai dentro la vecchia costruzione. Era piccola e stretta, solo una piccola lampadina nel soffitto illuminava debolmente l'interno. 
Poi lo vidi.
Appoggiato al muro, una gamba piegata e l'altra distesa, le braccia conserte e lo sguardo rivolto nel verso opposto al mio. Assorto in chissà quali pensieri. Se ne stava lì, silenzioso come cobra che aspetta il suo topolino. Ed il topolino in quel caso ero proprio io. 
Piegò leggermente la testa all'indietro e, girandosi a guardarmi, mi disse gelido: << Che cosa vuoi adesso, misera umana? >>
Fu come se migliaia di pugnali si conficcassero nel mio cuore. 
Aveva già ricominciato a chiamarmi in quel modo? 
Strinsi energicamente i pugni, tanto da conficcarmi le unghie nella carne. Lo sguardo rivolto verso il basso. Gli occhi che mandavano scintille di pura consapevolezza.
Cosa volevo? 
Sorrisi improvvisamente, ridendo senza un vero e proprio motivo. Anzi, si poteva dire che il motivo c'era solo che, era così assurdo. 
<< Cosa voglio? >> cominciai a dire dopo aver rialzato repentina lo sguardo verso di lui.
<< Cosa voglio. >> ripetei calma per poi dire più decisa: << Non te lo dirò. Te lo mostrerò. >>
Detto questo mi gettai letteralmente addosso a lui, presi il suo viso fra le mani e, dopo averlo guardato intensamente negli occhi, unì le mie labbra alle sue.
Lui però se ne stese immobile, non ricambiò il mio bacio, così mi allontanai subito imbarazzata. Dio e adesso? Che figura... Basta, dovevo andarmene.
Ma non ebbi il tempo di muovere un solo passo che la mano di Andras era subito scattata in avanti, mettendosi dietro la mia nuca e spingendo la mia testa verso la sua. Catturò voracemente la mia bocca, morse e succhiò le mie labbra. 
A quel punto gli misi le braccia intorno al collo e lui sistemò le sue sopra i miei fianchi, stringendomi possessivamente a se.
A quanto sembrava, pensai felice, era solo rimasto sorpreso dal mio gesto improvviso. Sorrisi, sorrisi sincera come poche volte nella mia vita, sulle sue morbide labbra. 
Lui, dopo un po', ribaltò le posizioni e mi spinse verso il muro, sovrastandomi col suo corpo. Le sue mani vagavano frenetiche in ogni parte del mio corpo, come se volessero memorizzarne ogni più piccola curva. 
Io invece scompigliavo i suoi capelli, passandoci velocemente le mie mani. Amavo i suoi capelli, erano così soffici e piacevoli al tatto...
Dopo non so quanto tempo si staccò da me ansante ma aveva ancora le labbra così vicine da sfiorare le mie, facendomi venire l'enorme tentazione di rituffarmi nel mio peccato personale. 
Si, lui era il peccato ed io ero la peccatrice più felice del mondo. 
Oh Andras, che diavolo mi hai fatto?
<< Perché sei tornata? >> disse con il respiro che tornava ad essere regolare.
<< Perché...  volevo dimostrarti che io non fuggo davanti alle situazioni difficili... >> risposi fissando con desiderio le sue labbra.
Lui parve accorgersene e disse ridendo: << Solo per questo? Ne sei sicura? >>
<< Si... ma adesso baciami. >> dissi bisognosa, per un qualche assurdo motivo, di un nuovo contatto.
<< No, voglio che sia tu a baciarmi. >> rispose calcando deciso la parola ''tu''. 
<< Ma io ti ho già baciato prima! >> dissi imbronciandomi come una bambina piccola.
<< Si, ma mi è piaciuto così tanto che voglio che lo rifai... Amia. >> disse sensuale mordendomi il lobo di un orecchio.
Deglutì rumorosamente, arrossendo di colpo.
Ok, potevo farcela.
Ma cavolo, se voleva che lo facessi doveva smetterla di fissarmi con quel dannato sorriso compiaciuto in volto!
Così, prendendo tutto il coraggio di cui disponevo, lo baciai io per prima.
Lo sentì ridere sulle mie labbra, si divertiva lo stronzo. Beh, si meritava una punizione!
Mi staccai dalle sue labbra all'improvviso e gli dissi: << Avrai altri baci solo se riesci a prendermi, senza la super velocità da demone però! >>
Ridendo spensierata sfuggì alla sua presa e corsi verso l'uscita ma fui subito bloccata, era veloce anche normalmente dannazione.
<< Presa. Adesso mantieni la tua promessa. >> mi disse, stringendomi fra le sue braccia da dietro. 
<< Mmmh. >> mugugnai, ormai avevo perso anche l'uso della parola oltre che la ragione.
Ancora una volta ci baciammo con foga.
Quei momenti fra noi non li avrei mai dimenticati, questo era certo. 
Mai.
Era ironico pensare che quelle stesse mani che ora mi accarezzavano di solito uccidevano le persone. Ma, allontanando quell'oscuro pensiero, mi beai del fatto che, molto probabilmente, lui riservava tutto questo solo a me. Perché non poteva essere così... dolce... anche con altre donne. Non era il tipo. 
Ma la vera domanda era: perché io?
<< Cosa c'è? >> mi domandò staccandosi e sciogliendo quel magico intreccio che si era creato fra le nostre lingue.
<< Nulla, non preoccuparti. Ero... sovrappensiero. >> risposi con lo sguardo basso.
Lui allora mi rialzò il mento con un dito, portando i miei occhi alla stessa altezza dei suoi. Ancora una volta si creò quel misterioso ed intimo contatto fra le nostre anime. Di nuovo mi sentì completa, intera.
Allora mi chiesi se anche lui provava tutto questo, se anche lui sentiva di appartenere a me come io sentivo di appartenere a lui.
Dopo poco però, lo vidi sbattere velocemente le palpebre ed allontanarsi in fretta dal mio corpo, portandosi poi una mano sopra gli occhi e strofinandola furiosamente su di essi. Sul suo viso comparve una smorfia di disgusto, era come se provasse ribrezzo per se stesso. 
Ma cosa...
<< Vattene. >> grugnì lui come un animale. I tratti del suo viso che mutavano nella loro forma demoniaca.
<< Andras cosa... >> dissi confusa dal suo repentino cambio d'umore. Perché accidenti si comportava così adesso? Fino a poco tempo prima sembrava che andasse finalmente tutto bene fra di noi...
<< Vattene via ho detto. ORA! >> urlò fuori di se, battendo ferocemente la mano libera nel muro dietro di se e facendo così tremare tutto.

Illusa.


Ero solo una povera illusa che stava cominciando a credere in qualcosa di assolutamente impossibile. Quel demone era irraggiungibile per me, dovevo accettarlo.
Lui mi odiava, non mi voleva accanto a sé. Gli rivolsi un'ultima occhiata e vidi che lui era ancora lì, fermo nella stessa posizione. 
Strinsi i pugni.
Io... io mi ero fatta avanti per prima, e per farlo avevo preso tutto il coraggio di cui disponevo. Mi ero umiliata. E lui... lui ora si permetteva di trattarmi in quel modo? Come se io fossi solo una pezza vecchia da gettare via?
Bene.
Se in futuro avrebbe voluto ancora un contatto più intimo fra noi, lui avrebbe dovuto avvicinarsi a me. Perché dalla sottoscritta non avrebbe avuto più niente se non pura indifferenza. 
Ricorda Andras, se dai dolore devi essere pronto a riceverne la stessa quantità in cambio.
Così, scura in volto ma a testa alta, mi dirigei silenziosamente verso la vecchia porta in legno, via d'uscita che mi avrebbe permesso di uscire da quel luogo che aveva assistito al mio peccato. 

L'ultimo.


Poggiai una mano sulla maniglia della porta e dissi gelida: << Scordati ogni cosa, i nostri baci, le carezze e tutto il resto. È stato tutto un errore. Un errore che non ricapiterà più. >>
Mi richiusi la porta alle spalle, appoggiandomici stancamente con la schiena. 
Calde lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso sconvolto da una smorfia di dolore, non fisico ma dell'anima. Un'anima che era stufa di soffrire, stanca di essere continuamente ferita per venire poi riparata con sempre più fatica. 
Basta.
Basta.
Basta!
Corsi via, mentre un furioso temporale sconvolgeva quel luogo. La pioggia batteva insistentemente sul terreno e mi inzuppò tutta.
Ringraziai la pioggia perché nascondeva al mondo il pianto. Ringraziai di essere riuscita a trattenermi fino ad allora.
Poco prima di arrivare all'entrata del palazzo scivolai in una pozzanghera, ferendomi al ginocchio. 
Mettendomi le mani sopra la ferita alzai il volto verso il cielo in tempesta, le cui nuvole venivano mosse da un vento feroce, vento che per poco non sradicava gli alberi circostanti dal loro posto.
Peggio di così...
Mi rialzai a fatica, raggiungendo lentamente la mia stanza. E solo lì mi sfogai nel vero senso della parola, piangendo tutte quelle lacrime che avevo fino ad allora trattenuto. 
Piangevo.
Piangevo lacrime di dolore.
Piangevo lacrime di rabbia.
Guardando fuori dalla finestra mi ripromisi che mai più avrei pianto per quell'essere senza cuore. Da domani avrei dato tutta me stessa per la mia missione originaria: trovare il punto debole dell'impero e schiacciarlo.
Un fulmine più forte degli altri squarciò il cielo, potente ed inarrestabile. E fu allora che presi la mia decisione definitiva.

Adesso basta giocare a fare la brava bambina.









ANGOLO AUTRICE:

Ben arrivate alla fine ragazze! *Fa la finta tonta*
... Ok, vorrete uccidere Andras per aver fatto soffrire Amia e me per avergli fatto fare questo ma... mi giustifico dicendo che è stato necessario per il giusto proseguimento della storia, giuro! 
Servono esperienze per formare il carattere e allo stesso tempo queste esperienze servono per... giustificare certi atteggiamenti futuri ecco.
Mi spiace ma non posso dirvi altro. Chiedo umilmente venia!
E poi se mi uccidete non saprete mai come andrà a finire la storia, no? *dice speranzosa*

Va bene, ora che, spero, avete posato tutte le armi vi chiedo: vi è piaciuto il capitolo, nonostante l'ultima parte più dura?
All'inizio abbiamo il discorso fra Amia e Raina, in cui capiamo che Raina e Damien hanno una vista decisamente lunga sui sentimenti dei loro migliori amici ma piuttosto corta per la loro di vita sentimentale. Ironico, eh? XD
Poi Raina e Damien sono due personaggi, ahahah, inoltre trovo che stiano veramente bene insieme e ho anche in programma di fare alcuni dei loro pov in futuro. Sono troppo dolci! 
Poi, Amia si fa coraggio e prende la via del peccato(XD), dirigendosi verso il bel demone dagli occhi color delle profondità marine.
Fino a qua credevate sarebbe stato un altro capitolo tutte rose e baci, vero? Dite la verità! Ahahahah
Ma dovreste ormai conoscermi e sapere che sono una tipa imprevedibile io! 
Infatti avviene il colpo di scena e Andras manda tutto a quel paese. Anche io l'ho odiato in quel punto ragazze, Amia non si meritava certo quel brutto trattamento! :(
Ora la domanda è: cosa succederà? ... Mistero...
Per scoprirlo non perdete il prossimo capitolo! ;)
Mi scuso se in questi ultimi due capitoli non ci sono stati pov Andras, ma non temete, ci saranno sicuramente nel prossimo. Ho preferito dedicarmi ai sentimenti di Amia, avevo paura che aggiungendo anche quelli di Andras vi sarebbe risultato troppo pesante il capitolo. Nel prossimo scoprirete il perché degli atteggiamenti dell'imperatore, dovete ricordate che con me niente è come può sembrare. u.u

Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:
-Le preferite: 9
-Le ricordate: 4
-Le seguite: 26
e me fra le autrici preferite: 2.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono! Nello scorso capitolo ci sono state ben 6 recensioni! <3

Adesso vi saluto gente, alla prossima!

Bacioni, vostra Ashwini. <3



*L'altra mia storia in corso a cui spero darete un'occhiata:

ETERNITY
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Quì incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora nell'ospedale della città, nonchè sede principale del grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è infatti formata da una lunga dinastia di medici che lavorano in molte filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista.
Ma cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Eternity... ''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)






*Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.





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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo: La prima leggenda: le prescelte. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic CAPITOLO TREDICESIMO- La prima leggenda le prescelte Ciao a tutte ragazze! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo, come potete vedere sono stata puntuale come sempre. ;)
Bene, bene, inizio col dire che questo è un capitolo molto importante, vi avverto. All'inizio troverete un pov Andras, come promesso, ma sarà la seconda metà del capitolo ad essere veramente rilevante per la storia.
Vi voglio dire solo questo stavolta e vi lascio quindi alla lettura del capitolo.

BUONA LETTURA!







Quando due destini si incrociano è difficile separarli,
e quando l'amore va oltre ogni immaginazione,
possono passare anni, decenni, millenni,
ma i destini rimarranno sempre incrociati, indissolubili.




Capitolo tredicesimo: La prima leggenda: le prescelte.



Pov. Andras

Fermo in quella baracca, gli unici rumori che si propagavano nell'aria erano i tuoni causati dal furioso temporale che era da poco scoppiato e i pugni violenti che continuavo a dare al muro dietro di me, rischiando seriamente di far crollare la fragile struttura. Ma era più forte di me, dovevo in qualche modo sfogare la rabbia che mi aveva invaso poco prima.
Era tutta colpa sua.
Quella dannata ragazzina era riuscita in poco tempo a fare ciò che prima d'allora nessun altro era riuscito a fare.

Occupare un posto fisso nella mia testa.

Tutto questo era inconcepibile per me, io non mi ero mai interessato in particolare modo a qualcun altro, ero un demone e come tale avevo una predisposizione ad interessarmi solo alla mia persona. Non era ammissibile che un demone del mio rango si interessasse così ad un altro essere vivente. Un umana poi, assurdo!
Eppure... provavo il desiderio di averla accanto cazzo!
Come diavolo era possibile?! In tutti i miei secoli di vita avevo fatto in modo che mai nessuno si avvicinasse troppo a me, erigendo muri su muri intorno alla mia anima già nera e corrotta dal male.

Amore?

Nessuno me ne aveva mai dato dimostrazione, ero nato solo perché serviva un erede all'impero, quindi non sapevo nemmeno cosa significasse quella parola, mai avevo amato e non intendevo cominciare a farlo adesso. Ero il più potente fra i demoni e uno come me non poteva in alcun modo amare perché un demone non ama nessun altro al di fuori di se stesso, era sempre stato così e sempre continuerà ad esserlo.
Amare poi era del tutto inutile, un sentimento fittizio che rendeva le persone schiavi della persona amata e che rendeva gli uomini deboli ed incapaci di agire se non per il bene della propria donna. Provavo disgusto al solo pensiero di quei miserabili che si guardavano con amore, disposti a far di tutto l'uno per l'altro.
Per questi e per altri validi motivi non potevo permettermi di provare qualcosa per quella mocciosa impertinente. Avevo quindi tentato di starle lontano il più possibile, eccome se ci avevo provato.
Avevo addirittura chiamato delle sporche prostitute per calmare i miei bollenti spiriti, sfogandomi su di esse ma niente. Il volto della ragazzina si andava sempre frapponendo con il loro, facendomi montare su una furia cieca che mi faceva allontanare bruscamente quelle donne prive di onore. Nulla di tutto quello però era servito per togliermela definitivamente dalla testa.
Ma cazzo, doveva pur esserci un modo!
Non potevo certo continuare così, baciarla, toccarla o... No, lei era territorio proibito, dovevo mettermelo bene in testa.
Eppure... Dio solo sa quanto mi era piaciuto baciarla, sfiorare per poi divorare quelle labbra di rosa che sembravano create per toccare solo le mie.
Quella pomeriggio, alla serra delle rose, non so perché mai l'avessi baciata, mi era venuto come un atto istintivo e naturale, come se avessi compiuto quel gesto altre migliaia di volte in passato. Sentire il mio nome pronunciato dalle sue soffici labbra poi era stato il massimo però... cazzo come si ci poteva eccitare per un solo nome?!
E poi mi era anche piaciuto sapere che le piacevano i miei occhi e il mio... sorriso. Si, perché dovevo ammettere che quella volta avevo sorriso sinceramente.

Felicità?

Altra parola a me completamente sconosciuta, nella mia vita avevo sempre provato solo sofferenza, rari momenti sereni vi erano stati. Solitudine e gelo dominavano da sempre il mio animo semplicemente perché era così che doveva essere per un demone come me.
Ma lei... lei sembrava essere la causa della mia ritrovata felicità, se così potevo chiamare quella strana sensazione che mi aveva riscaldato il cuore per un attimo quando l'avevo abbracciata da dietro poco prima.
Con lei poi riuscivo... ad aprirmi in un certo senso...
A lungo mi ero chiesto il perché di tale motivo ma ad un certo punto avevo rinunciato a trovare una risposta, dicendomi che quella maledetta risposta che cominciava da un po' a frullarmi nella testa era assolutamente impossibile. Era solo una stupida leggenda popolare, quei demoni che sostenevano che a loro era capitato veramente quello che diceva erano dei bugiardi, ciò che gli era accaduto era una pura casualità del destino, solo questo. Si, doveva per forza essere così, mi rifiutavo anche solo di prendere in considerazione quell'idea malsana delle prescelte.

Basta, dovevo smettere di pensarla, lei non doveva avere tanta rilevanza nella mia vita. Ad un tratto però, mi tornò in mente la sua frase di poco prima.
Scordare tutto? I nostri baci, le carezze, tutto? Come accidenti poteva chiedermi una cosa simile?!
Forse lei non lo aveva notato, ma non appena ci staccavamo i miei occhi cercavano automaticamente di nuovo le sue labbra, desiderosi di attuare un altro contatto tra le mie e le sue. Quindi non poteva chiedermi di dimenticare tutto cazzo!
Errore. Lei poi aveva chiamato ciò che era successo un... errore.
Ed io? Io lo consideravo come tale? Sinceramente, ero sicuro di no. Volevo baciarla di nuovo, non capivo ancora per quale motivo, ma volevo farlo.
Mi ero arrabbiato in quel modo proprio per questo, per quel mio assurdo desiderio di baciarla ancora, perché io non potevo averne voglia, era assurdo!
Lei... beh, avevo capito dal suo sguardo che ne era ferita, ma non riuscivo a capire perché poi si fosse arrabbiata così tanto da dirmi quelle cose.
Ok, l'avevo trattata decisamente male scostandola in modo così violento, ammetto di essere una facile preda dell'ira, ma la sua reazione mi sembrava esagerata! Sa perfettamente come sono fatto e dal suo sguardo anche lei mi è sembrata piuttosto confusa su ciò che stava accadendo fra noi, quindi non si poteva certo permettere di biasimarmi.
Aspetta, noi?
Da quando pensavo a me e lei come ad un... noi?
Dannazione... non era normale quello che avevamo fatto e non era normale neanche quello che stavo cominciando a provare, per Dio!
Per tale motivo avevo dovuto allontanarla in quel modo, com'è che non lo aveva capito?!
Amia.. quella ragazza sarebbe stata la mia rovina, ne ero sicuro ormai. Ma se pensava che sarei stato io il primo a riavvicinarmi si sbagliava. Mai avrei fatto una cosa del genere.

POV Amia

Mi svegliai nel mio letto, nel quale mi ero distesa poche ore prima, quando ormai era già sera; la stanza buia sembrava riflettere il mio umore nero come la notte che si apprestava a giungere.
Alzandomi di malavoglia mi diressi in bagno per lavarmi e per cercare di togliere di dosso quelle brutte sensazioni che non mi avevano abbandonata neppure durante il sonno, facendomi fare sogni oscuri che però non riuscivo a ricordare.
Uscita dal box doccia mi vestì, mettendomi un maglione nero e dei jeans chiari, completando poi il tutto con le mie adorate converse decorate a scacchiera. Successivamente mi pettinai, anzi sarebbe meglio dire cercai di pettinare, quell'ammasso di capelli in disordine che mi ritrovavo. Non appena valutai di aver raggiunto un risultato abbastanza decente, uscì dalla camera per dirigermi verso il mio solito appuntamento con le cucine di palazzo.
Non ero però sicura di voler incontrare Katia, temevo un confronto perché non volevo mostrarmi debole, neanche difronte i mie amici se possibile. La verità è che sono troppo orgogliosa e questo, spesso, è un difetto me ne rendo perfettamente conto, ma non riesco ad agire diversamente. So che sarebbe meglio sfogarsi ma io tendo a chiudermi a riccio la maggior parte delle volte, a nascondere le mie vere emozioni semplicemente perché mi viene naturale, sono sempre stata sola nella mia vita e ancora non mi sono ben abituata ad avere persone fidate che mi chiedono come stia, preoccupandosi per me.
Per adesso non me la sentivo di raccontare a nessuno cosa era successo fra me ed Andras, temevo di scoppiare di nuovo a piangere, ma soprattutto non volevo incontrare Katia e Raina perché avrei avuto la tentazione di rivelare loro
il mio obbiettivo di far crollare l'impero. Entrambe mi avevano fatto capire che stavano bene così ma io ormai avevo preso la mia decisione, non sarei tornata indietro. Non più. Arrivata a destinazione entrai e vidi, con un certo sollievo, che non vi era nessuno all'interno delle cucine, così mi dirigei verso uno dei frigoriferi prendendo da esso del formaggio e del prosciutto che misi successivamente in uno dei panini disposti ordinatamente nella dispensa, infine presi un bicchiere in cui misi dell'acqua. Mangiai il tutto tranquillamente, bevendo ogni tanto.
Bene, adesso dovevo solo pensare ad un piano d'azione.
Dopo un po' sospirai sconsolata, cavolo non mi veniva nulla di buono in mente. All'improvviso però, guardando dei libri di cucina, mi venne un vero e proprio lampo di genio.
I libri è ovvio!
Saltai dalla sedia e corsi come un lampo verso la biblioteca del palazzo reale. Cosa aveva detto Katia? Che in essa vi erano dei libri scritti in demoniaco antico? Beh, allora molto probabilmente avrei trovato lì la soluzione, qualcosa per incastrare quei maledetti demoni! Un motivo per cui solo pochi eletti sapevano leggerli c'era ed era sicuramente importante, anche se non sapevo cosa vi era scritto volevo almeno vederli. Avrei deciso dopo sul da farsi.
Così, carica di speranza, arrivai difronte l'imponente
ed ampio portone color argento, lo aprì e mi intrufolai silenziosamente dentro. Ma feci in tempo a muovere solo pochi passi, perché un fulmine dai capelli color nocciola mi saltò addosso, stritolandomi in un forte abbraccio.
Raina.
Accidenti, ora come facevo a svolgere le mie indagini con lei intorno?
Sbuffai, facendo alzare di scatto la testa alla mia amica che adesso mi guardava piuttosto confusa dal mio comportamento.
<< Che hai Amia? Mi sembri strana. >> disse infatti inclinando di poco la testa
.
<< Nulla Raina, sono solo stanca, non centri tu tranquilla. >> mentì e mi congratulai da sola per la mia bravura, perché se non avessi saputo io stessa che era una bugia mi sarei creduta persino io.
<< Ok allora. Come mai qui in biblioteca? Hai già finito i libri che ti ho dato e vuoi un nuovo libro da leggere? >> disse con un sorriso.
<< Si... ecco mi chiedevo se potevo fare un giro, magari trovo un libro che mi piace ma che sia di un altro genere invece del solito romantico. >> risposi calma ricambiando il sorriso.
<< Va bene, se hai bisogno d'aiuto chiama. Io sono al bancone, devo sbrigare alcune cose per la riorganizzazione di alcuni libri della biblioteca. >> disse facendomi un cenno di saluto e ritornando al bancone della biblioteca.
Mi sentivo così male al pensiero di mentire a Raina... ma dovevo farlo, lei non avrebbe capito. Non ora che amava Damien.
Sospirai.
Ancora una volta ero sola. La mia vita sembrava maledetta.
Mi diressi verso quella moltitudine di scaffali, vagando con lo sguardo per i vari titoli, usai anche la scala per arrivare ai libri disposti in alto ma niente, sembrava che non vi fosse nulla in demoniaco antico, tutti erano scritti in quello moderno.
La sera, prima di andare a letto, o a notte fonda ormai mi mettevo a studiarlo il demoniaco attuale, non lo parlavo ancora molto bene ma per quanto riguardava il leggerlo e lo scriverlo me la cavavo abbastanza bene. Avevo sempre amato le lingue e studiarne una nuova, specialmente ora che non avevo altre incombenze scolastiche, era piacevole per me.
Incredibile, avevo setacciato tutta la biblioteca e non avevo trovato niente di niente!
Mi misi le mani nei capelli, accidenti, dovevo immaginarlo che non sarebbero stati in vista, erano certamente in qualche stanza segreta e chiusa a chiave. Ero stata troppo impulsiva.
Aspetta un secondo, Raina era la bibliotecaria... quindi doveva per forza sapere dove fosse la stanza con i libri antichi ed anche la sua chiave doveva avercela lei!
Mi sporsi da dietro lo scaffale in cui ero e puntai lo sguardo sulla mia amica. Era troppo concentrata sul suo lavoro per accorgersi di me che la fissavo con insistenza.
E adesso? Come facevo ad ottenere le informazioni che mi servivano senza destare sospetti?
Bella domanda, davvero, ma dovevo almeno provarci!
Mi dirigei con passo lento verso di lei il più naturalmente possibile, cercando di apparire serena e senza pensieri. Arrivata da lei dissi con nonchalance: << Raina, mi è venuta in mente una cosa ma non sapevo se potevo chiedertela, forse ti secchi... sai, stai lavorando su una cosa molto importante... >>
<< Sai che per te ci sono sempre Amia, dimmi pure. >> rispose sorridendo sincera.
Mi morsi il labbro inferiore. Ero davvero sicura di voler fare il doppio gioco e di mentire alla mia nuova amica?
Le immagini di milioni di morti e di gente che urlava disperata invasero la mia mente, così come le varie umiliazioni subite in quei giorni da Andras.
Si. Lo ero, ed era per una buona causa.
<< Katia l'altro giorno mi diceva che ci sono dei libri molto interessanti sulla storia dei demoni e mi era venuta voglia di leggerli. >> dissi tranquilla, accennando un sorriso.
<< Ce ne sono molti nel reparto a destra, lì vedi... >> disse ma non la lasciai finire e, muovendo una mano come per scacciare una mosca, la fermai.
<< No, quelli li ho visti, io intendevo quelli... speciali ecco. >> dissi spingendomi in avanti sul bancone.
<< Ah, quelli. Mi dispiace Amia ma non si può, sono proibiti per la gente comune, pensa per gli umani come noi. >> rispose improvvisamente seria in volto.
La cosa si faceva sempre più interessante. Ma anche se lei faceva la preziosa io non avrei demorso per nulla al mondo. Così chiesi: << Dai Raina, solo un'occhiata... sai che sono una curiosona! >>
<< Amia, anche se ti portassi nel luogo dove sono tenuti, non sapresti leggerli, è inutile. >> ribatté convinta.
<< Tu potresti tradurmi qualcosa. >> risposi ovvia.
<< Io non so leggerli. >> disse distogliendo lo sguardo da me. Sorrisi.
Beccata!
<< Non mentire, so che li sai leggere, fa sicuramente parte del tuo lavoro e ora che hai distolto lo sguardo da me, lo hai pure dimostrato! >> risposi gongolando felice.
<< Ok Amia, ma solo una piccola cosa. >> contrattò la mia amica sospirando.
<< Per me va più che bene! >> dissi abbracciandola.
<< Si, si, adesso basta. Andiamo dai. >> disse ridendo e sciogliendo l'abbraccio.
La seguì contenta, finalmente avrei scoperto qualcosa in più sui demoni, speravo solo che quel poco che avrei letto sarebbe stato qualcosa di rilevante.
Mi portò difronte una libreria che a me sembrò uguale alle altre ma lei, con un sorriso furbo, mi fece capire che non lo era affatto e a sua dimostrazione pigiò un tassello in legno del quinto scaffale. Sentì un rumore metallico e poi, con sguardo allibito, osservai che la libreria si stava dividendo in due parti che si ritirarono una a destra e l'altra a sinistra, lasciando vedere al centro un tunnel che poteva venire sceso tramite delle scale che sembravano non finire più, tanto era profondo.
<< Wow. >> riuscì solo a dire, mio Dio, mi sembrava di essere in uno dei miei film preferiti.
<< Sbalorditivo vero? Anche io ho fatto la tua stessa faccia la prima volta che ho visto quest'entrata. Ma aspetta di vedere com'è sotto! >> disse nascondendo una risata divertita.
Così, dopo che lei ebbe acceso la luce, scesimo le scale. Lungo il tunnel vi erano vari quadri antichi di chissà quanti anni, tutti ritraenti uomini dallo sguardo altero, molto probabilmente vecchi nobili di corte.
Man mano che scendevo sentivo un peso sempre più pesante sul cuore. Cominciavo ad avere un po' paura di quello che di lì a poco avrei scoperto, ma la mia curiosità ebbe la meglio, così alla fine eccomi qua. Finalmente arrivata nell'enorme sala circolare che conteneva i libri proibiti.
Il pavimento era ricoperto da un tappeto rotondo decorato con vari disegni geometrici, mentre tutta la parete circolare era occupata da varie librerie messe l'una di fianco all'altra, solo un tratto difronte a me non ospitava una libreria ma un grande quadro che ritraeva Andras con una corona in testa. Bellissimo, davvero bellissimo. Il quadro, come era fatto intendo! Non lui... Ah, ma a chi volevo darla a bere! Andras era un uomo davvero affascinante, bello oltre ogni dire, dovevo ammetterlo almeno a me stessa.
<< Stai sbavando... >> disse Raina dandomi un colpetto sulla spalla, accorgendosi del mio sguardo rivolto verso il quadro.
<< Ma non è vero! >> risposi rossa in viso, distogliendo lo sguardo da lei.
<< Certo, certo. Bene, hai una sola possibilità, cosa vorresti leggere? >> disse stavolta seria.
<< Beh, io avevo in mente qualcosa di... speciale! >> risposi illuminandomi.
<< Io, sinceramente, ancora non ho letto nessuno di questi libri, ma so tutti i titoli ed il loro contenuto. Posso quindi dirti che ci sarebbe una cosa che piacerebbe molto leggere anche a me. Vuoi? >> disse indicandomi una libreria alla nostra destra.
<< Va bene, mi fido di te. >> risposi con un sorriso sincero.
Lei ricambiò e mi portò difronte alla libreria prima indicata. Estrasse da quest'ultima un libro non troppo grande ma che sembrava essere comunque piuttosto pesante. Poi ci soffiò sopra, togliendo gran parte della polvere che vi era.
<< La leggenda delle prescelte. >> disse Raina leggendo il titolo, e sembrava essere ipnotizzata da quel libro. Io allora lo osservai a mia volta con attenzione. Era blu con il titolo scritto in rosso e vari decori in oro abbellivano la copertina.
<< La leggo allora? >> continuò la mia amica, osservandomi intensamente negli occhi.
Annuì convinta e così lei cominciò a leggere.
<< Brano primo: La leggenda narra che ogni demone sia destinato ad un'unica compagna, la donna che lo renderà completo e che renderà intera la sua anima. Queste donne vengono comunemente chiamate ''Prescelte'', destinate sin dalla nascita al loro compagno, sono inoltre le uniche in grado di dare alla luce i famosi e rari demoni leggendari. Questi demoni, rispetto agli altri, sono nettamente più potenti in quanto in grado di richiamare gli ''Antichi poteri'' ed usufruire di essi alla perfezione. Non si hanno molte altre notizie su di essi dato che pochissimi demoni si accoppiano con le loro prescelte, la maggior parte procrea con altre donne demone qualunque. Questo perché essi ignorano codesta leggenda, deridendola ma che molti ricercatori, tramite opportune ricerche, hanno affermato essere vera e quindi non una semplice leggenda popolare. Eppure i demoni, al giorno d'oggi, preferiscono generare i loro figli con altre donne molto probabilmente perché, spesso, la ricerca della prescelta è lunga, infatti si potrebbero aspettare secoli, millenni prima che essa nasca.
Ma il legame che vi è fra la prescelta e il demone ad essa predestinato è unico, indissolubile. Il demone non proverà mai un interesse reale per altre donne e saprà amare solo la prescelta, a lei donerà poi il suo cuore sotto forma di lacrima di sangue.
Un demone non ama, ma amerà la prescelta. Un demone non piange mai, ma l'unica lacrima che uscirà dal suo occhio destro sarà per la prescelta, a dimostrazione del suo amore profondo. La prescelta la indosserà per sempre al collo sotto forma di collana e la lacrima assumerà il colore bicrome degli occhi degli amanti.
Riconoscere di essere una prescelta non è difficile: la donna, come il demone, sentirà un legame fin dal primo scontro di sguardi, un contatto si creerà così fra le anime dei due amanti e che non mancherà mai di farsi sentire, ma finché i due non si renderanno conto di amarsi, si farà presente sempre con più urgenza grazie al bisogno assoluto dell'altro ed ad inspiegabili, all'inizio, emozioni verso l'altro individuo. Fondamentale è per la prescelta capire di essere tale perché il demone, suo compagno, per natura tenderà sempre ad ignorare il legame. La prescelta dovrà quindi avere il compito di convincere l'amante.
Un avvertimento importante va però dato al demone: se la donna muore anche il demone morirà in quanto ad essa ha donato il suo cuore sotto forma di lacrima che continuerà a brillare solo finché la donna sarà in vita. Invece se dovesse morire il demone, la donna non morirà.
Bisogna anche dire che vi sono stati casi in cui il demone si sacrificasse per la propria compagna che, in alcuni casi lo avesse prima tradito, si consiglia per questo al demone di non donare tanto facilmente la lacrima alla prescelta, prima è bene assicurarsi che non sia sotto qualche incantesimo o subisca altro da parte di fattori esterni.
La prescelta però non tradirà mai il suo compagno se non sotto incantesimo o altri fattori esterni perché la sua stessa natura glielo impedisce.
Ognuno degli amanti si completa a vicenda, il loro è l'amore per eccellenza.
Questo è tutto ciò che fino ad ora si è riusciti a ricavare dai pochi casi a noi rinvenuti.
(Da ''Leggende del mondo demoniaco''- Consiglio dei supremi anziani del monte Catoth)
>>

Dopo che Raina ebbe letto il primo brano calò un pesante silenzio nella stanza. Ma dopo poco, ci guardammo negli occhi e si poteva ben capire che entrambe eravamo molto confuse da tutto ciò che avevamo letto.
Cosa... cosa significava?
Ma arriva sempre il momento in cui la verità ti cade addosso con tutto il suo peso e tu non puoi più fare a meno di capire, di accettarla.
Distogliemmo lo sguardo e capimmo, adesso eravamo finalmente consapevoli. Noi...

... Noi eravamo delle prescelte.



ANGOLO AUTRICE:

Allora ragazze, che ne dite di questo capitolo? Abbastanza soddisfacente no?
Finalmente si comincia a scoprire qualcosa in più sul mondo dei demoni, noterete però dal titolo che questa è solo la prima leggenda, da qui poi potete facilmente dedurre che ce ne saranno altre, anche queste molto importanti. Quindi vi chiedo: cosa ne pensate della prima leggenda?
Come alcune di voi avevano già intuito, Amia e Raina sono le donne destinate ai nostri bei demoni. Il percorso per far ricongiungere le coppie però non sarà facile, ci saranno varie prove da superare prima e, come credo abbiate intuito, Amia ed Andras faranno un po' più fatica a ricongiungersi rispetto a Raina e Damien, ma tranquille, le coppie si formeranno. ;)
Nel prossimo capitolo vi anticipo che le due amiche faranno le loro riflessioni su quanto appena letto e scoperto, c'è chi la prenderà bene(chissà chi... XD) e chi invece... non tanto. u.u
Ovviamente non ci sarà solo questo, ma il resto lo scoprirete da sole. XD
Infine, cosa ne pensate dei pensieri di Andras? Dite che ce la farà a resistere ad Amia? E lei?

Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:

-Le preferite: 11
-Le ricordate: 5
-Le seguite: 33
e me fra le autrici preferite: 2.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono!
*-*

Non perdete il prossimo capitolo ragazze, alla prossima.

Bacioni, vostra Ashwini. <3





*L'altra mia storia in corso a cui spero darete un'occhiata:

ETERNITY
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Qui incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora nell'ospedale della città, nonché sede principale del grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è infatti formata da una lunga dinastia di medici che lavorano in molte filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista.
Ma cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Eternity... ''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)





*Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.




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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo: Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic 14 CAPITOLO QUATTORDICESIMO- Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni Ciao a tutte ragazze! ^-^
 
Ecco a voi il nuovo capitolo, l'ho pubblicato alcuni giorni prima del previsto perché sono stata davvero tanto felice di ricevere ben otto recensioni nello scorso capitolo. *-*
Allora, come vedrete, in questo capitolo c'è una novità: finalmente, chiesto da molte di voi, il Pov. Raina! :D
Non vi dico altro e vi lascio subito alla lettura. u.u

BUONA LETTURA!




                                                                       Il tempo è come un fiocco di neve, 
                                                                       scompare mentre cerchiamo di decidere cosa farne.
                                                                       (Romano Battaglia-Il fiume della vita) 





Capitolo Quattordicesimo: Piacevoli ricordi ed altrettanto piacevoli punizioni




Pov. Raina


Io... io ero una prescelta... 
Ero una prescelta. 
Oh Dio... Ero una prescelta!
Lo sapevo, io e Damien siamo destinati a stare insieme. Tutte quelle sensazioni, tutta quella pace che mi invadeva quando ero con lui, come se improvvisamente il mondo fosse diventato perfetto, non potevano essere solo delle mere fantasie da ragazzina innamorata!
Da quando avevo memoria, io e lui avevamo sempre parlato tranquillamente, non mi aveva mai trattata come una schiava da sottomettere e forse è proprio questo che mi fece innamorare perdutamente di lui dopo il primo sguardo.
Dal principio ho subito capito che era lui l'uomo della mia vita e forse sono stata troppo avventata, insomma mi sono innamorata di colui che dovrebbe essere il mio carnefice ma sinceramente non mi pento di un solo istante passato in compagnia del mio bel demone. Ogni giorno questo mio amore cresce sempre di più ed è per tale motivo che sarei disposta a fare qualsiasi cosa per lui, anche morire se necessario.
Ammetto di averlo notato per la sua immensa bellezza ed ammetto anche che inizialmente c'era di mezzo ciò che adesso comprendo essere la leggenda delle prescelte, ma sono più che certa che da un po' di tempo è amore ciò che sento di provare per Damien. Si, adesso non c'è più solo la leggenda di mezzo, adesso c'è amore. Vero ed eterno amore.
Sorrisi nostalgica.
Ricordo ancora oggi il nostro primo incontro...



<< Stai ferma stupida umana! Mettiti in fila e stai composta come gli altri! >> mi urlò contro un uomo robusto e decisamente più alto di me, tanto da sovrastarmi con la sua grande mole.

Erano ore che stavo lì, in piedi sulla costruzione in legno al centro della grande piazza ovale in cui tutti quelli che erano stati catturati e resi schiavi dall'impero dovevano aspettare di venire scelti dai loro nuovi padroni. 
Io mi muovevo nervosa sul posto da un po' di tempo perché avevo molto freddo e, muovendomi come un'anguilla cercavo solo di riscaldarmi anche solo leggermente. E quel demone non poteva certo biasimarmi dato che, al contrario di lui, io ero molto più vulnerabile agli eventi atmosferici, ma ero certa che lui e gli altri della sua razza se ne fregassero altamente di noi umani, si vedeva lontano un miglio che non vedevano l'ora di sbarazzarsi finalmente di noi, magari speravano che morissimo tutti assiderati.
Però, al contrario delle altre persone accanto a me che sembravano essere state impossessate dalla paura, io ero calma. Sapevo che era inutile ribellarsi ad una forza nettamente superiore alla nostra, quindi aspettavo pazientemente mentre il tempo scorreva inesorabile, sperando però in un roseo futuro.
Alzai allora il volto verso il cielo che stava rilasciando migliaia di fiocchi di neve, questi ultimi cadevano lentamente sul suolo ma alcuni si andavano a dissolvere sui miei indumenti e sui capelli, bagnandoli leggermente. Uno poi si andò a posare sul mio naso all'insù, facendomi sorridere. Amavo la neve, rendeva tutto più bello secondo me. Intrappolava per mesi la bellezza della natura per poi farla risplendere, viva, una volta venuta la primavera, la quale avrebbe sciolto quel gelo.

Perché anche il gelo più profondo nasconde gelosamente dentro di se un cuore caldo che batte forte e sicuro.

<< Bella la neve, vero? >> disse una voce calda e profonda, ridestandomi dai miei pensieri.
Mi girai di scatto verso di essa e fui sicura che il mio cuore perse un battito alla vista di quei meravigliosi capelli biondi che ondeggiavano liberi al vento che si era da poco creato, ma ciò che mi colpì maggiormente furono i suoi limpidi occhi color del mare. Erano così puri ed... eterei...
<< Sì, la trovo stupenda. >> solo questo riuscii a dire perché la mia mente, alla vista di quell'angelo sceso in terra, era incapace di formulare una frase logica migliore di quella appena detta purtroppo.
I nostri sguardi si intrecciarono e fu come se il tempo si fosse fermato per permettere alle nostre anime di studiarsi, di conoscersi.
Lui, dopo un po', distolse lo sguardo dal mio, girando la testa verso sinistra ed interrompendo per primo quel contatto così intimo che sembrava essersi creato fra noi.
<< Questa sarà la mia schiava. Portala a palazzo il prima possibile. >> disse rivolto all'uomo robusto che mi aveva sgridata poco prima.
Poi il biondo si girò nuovamente verso di me, scrutandomi fin dentro l'anima. I suoi occhi era limpidi e puri, ma coglievo anche la presenza di una durezza che solo chi aveva visto la morte in faccia sapeva riprodurre così perfettamente.
<< Il mio nome è Damien, dolcezza. >> mi disse il biondo con voce suadente ad un palmo dal mio viso, toccandomi poi la punta del naso in un chiaro invito a dire il mio.
<< Raina. >> risposi semplicemente, rapita da tanta bellezza. Ormai quell'uomo mi aveva completamente ipnotizzata con la sua voce profonda, simile al canto soave di un angelo.
<< Ci vediamo Raina. >> disse per poi voltarsi ed incamminarsi verso una limousine bianca dai vetri scuri. Mentre era girato, notai che le sue spalle larghe sembravano essere capaci di sopportare tutto il peso del mondo e che... mi morsi il labbro inferiore. Dio, aveva un sedere così... sodo. Okay, potevo sembrare una piccola pervertita ma, ehi, chi non avrebbe fatto almeno un pensierino su quel demone che pareva essere uscito da una rivista di Playboy?
<< Aspetta. Io... >> cominciai a dire debolmente, dopo essermi rifatta gli occhi, ma ancora scossa da quel turbinio di emozioni che mi aveva avvolta poco tempo prima in sua presenza. Venni però subito interrotta da lui.
<< Tranquilla dolcezza, ci divertiremo insieme. >> disse passandosi la lingua sul labbro inferiore in un modo che a me parve altamente erotico.
Successivamente entrò nella limousine diretta chissà dove, sparendo definitivamente dalla mia visuale.
All'improvviso venni tirata violentemente, per le catene che stringevano i miei polsi sottili, verso un carro in legno trainato da esseri orribili simili a delle enormi lucertole.
Prima di salirvi però, rivolsi un'ultima occhiata al punto in cui era sparito il bel demone dai capelli color del sole primaverile e sorrisi sincera al pensiero che lo avrei rivisto ancora.
Sì, ci saremmo sicuramente divertiti molto.



Ripresomi dal piacevole turbinio di ricordi nel quale ero finita, mi girai verso Amia e la trovai intenta a scompigliarsi i già ribelli capelli con le mani, era nervosa a quanto pare. Beh, immaginavo che lei non l'avrebbe presa bene come me la notizia appena appresa, ma lei era esagerata, neanche le fosse caduto il mondo addosso! Insomma, era destinata a quel gran figo di Andras, l'imperatore di un vastissimo impero quale era quello di Alloces, tirando le somme, era tutto a suo favore!

Non capivo questa sua poca inclinazione alla nuova vita che svolgevamo qui a palazzo, non era male, entrambe eravamo in una posizione nettamente superiore alle altre schiave di corte, noi infatti avevamo degli obblighi esclusivamente verso i nostri singoli padroni, Damien ed Andras. Ma lei, nonostante le continue prediche fatte da me e Katia, si ostinava nella sua campagna d'odio contro l'impero. 
Inoltre, in questi giorni, avevo notato che Amia covava dentro di se un segreto, qualcosa che ancora non mi aveva rivelato. E potevo facilmente dedurre che tutti i suoi comportamenti erano collegati a tale segreto.

Pov Amia

Una prescelta.
Ero una dannata prescelta.
No, non era possibile, non ora, non a me!
Dio, perché la mia vita non poteva scorrere tranquilla, senza intoppi di nessun genere, perché non potevo vivere in pace?!

Avevo perduto tutto, in quei giorni la mia vita era stata completamente stravolta da esseri terribili che avevano devastato il mio mondo, schiavizzandolo e mettendolo in ginocchio difronte la sua schiacciante potenza.
La mia famiglia... mia madre era... morta. Mai più avrei rivisto il suo dolce e materno sorriso, mai più avrei assaporato il calore che proveniva dal suo amorevole abbraccio. 
Ed era tutta colpa sua.
Come potevo essere la prescelta di Andras in queste condizioni, come mi si poteva chiedere di amarlo? Come?!

Ammetto che ero attratta assolutamente ed incondizionatamente da lui, altrimenti non si sarebbe spiegato il mio assecondarlo nei baci che ci eravamo scambiati. Ammetto anche che mi... piaceva in un certo senso il suo carattere da dominatore, la sua determinazione, il suo coraggio, la sua eleganza nei movimenti, la sua... bellezza divina. Lui era forte e deciso, intelligente e molto altro ancora. Questi aspetti del suo carattere mi affascinavano, ma allo stesso tempo mi spaventavano. Perché voleva dire che la mia stessa anima richiamava con forza prepotente la sua e ciò era sbagliato.
La cosa buffa in tutto questo?

A me piaceva da morire sbagliare. 

Non appena formulavo il pensiero di odiarlo, subito un altro sentimento a me sconosciuto si insediava in me, impedendomi di ragionare lucidamente. Ma adesso tutto aveva un senso, ora che sapevo della leggenda delle prescelte capivo cos'era quella misteriosa forza che mi spingeva verso Andras. 
Dovevo trovare un modo per sciogliere quella specie di legame che ci univa saldamente come un unico essere, insomma ogni cosa aveva i suoi punti deboli, giusto? Bastava cercare, ne ero... sicura.
No, ancora quella maledetta sensazione!
Perché? Perché il mio intero essere soffriva al solo pensiero di separarsi dal mio demone, perché...
Aspetta un attimo.
Io... io avevo definito Andras... mio?
Stavo impazzendo, pensai mentre mi muovevo nervosamente le mani nei capelli, come se già non fossero abbastanza ribelli e disordinati. 


Ad un tratto mi sentii osservata e, girandomi, notai che Raina mi stava fissando insistentemente con uno sguardo pensieroso, fin troppo direi.
<< Senti Raina, non cominciare anche tu adesso, ok? Già mi sento confusa di mio, ci manchi solo tu guarda. >> dissi esasperata, alzando gli occhi al cielo.
<< Amia, c'è qualcosa che devi dirmi? >> disse avvicinandosi a me e potevo leggere nel suo sguardo una serietà che stonava fin troppo con la sua solita aria sbarazzina. Ma che le era preso?
Oh Dio. E se... se lei avesse intuito che ero scesa in quel luogo per cercare un qualcosa di incriminante sui demoni? 
No, era impossibile... giusto?
<< Non capisco a cosa ti riferisci. Adesso faremmo meglio ad andarcene da qui e... >> dissi frettolosa, gesticolando agitata. Ma lei fermò il fiume delle mie parole con una sola occhiataccia.
Merda.
<< Okay, facciamo finta che tu non mi stia nascondendo qualcosa. Ma voglio avvisarti Amia, se io dovessi mai venire a sapere questa cosa da altri, non ti perdonerò così facilmente. >> disse quasi sibilando.
Era molto arrabbiata, si vedeva. Accidenti.
La vidi incamminarsi verso le scale, ma in un impeto di coraggio la fermai per il polso e le dissi frustrata: << Santo cielo Raina, anche se te lo dicessi, tu non capiresti! >>
<< Non capirei?! Ah, grazie della fiducia Amia! >> disse girandosi verso di me ancora più seccata.
Guardai le scale, poi lei, poi nuovamente le scale per poi posare definitivamente il mio sguardo sulla mia amica. 
Sospirai arrendevole. Voleva la verità? Bene, l'avrebbe avuta.
<< Lui ha distrutto tutto ciò che mie era caro, deve pagarla. >> dissi facendomi scura in volto, mentre quella brutta sensazione al basso ventre si faceva nuovamente strada in me.
<< Amia cosa... >> cominciò ma subito venne interrotta bruscamente da me.
<< Già da tempo ho preso la decisione di trovare il punto debole dell'impero per poi riferirlo a una qualche unità umana, che avrebbe usato la mia scoperta per far crollare l'impero. >> dissi in un sussurro, specchiandomi nei suoi occhi color smeraldo.
<< Dio Amia, sei forse impazzita? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? >> mi disse scandalizzata, mettendosi una mano sopra la bocca.
<< Raina ti rendi conto o no che la loro razza ha distrutto il nostro mondo?! >> risposi alzando il tono della voce.

<< Sì, ma non puoi permettere che l'odio ti consumi. >> rispose semplicemente, addolcendo lo sguardo. E mi parve di rivedere mia madre in lei, sempre gentile con il prossimo, come Raina, lei amava incondizionatamente mio padre.
Ritrassi la mano come scottata, stringendo i pugni.
Quindi... io stavo davvero sbagliando tutto?
<< Raina, io non so più che cosa devo fare. >> dissi con la voce incrinata.
A quel punto la mia amica mi si gettò addosso, avvolgendomi in un caloroso abbraccio.
<< Adesso ci siamo io e Katia con te, siamo noi la tua nuova famiglia perché ricorda: finché sarai nel cuore di qualcuno, non verrai mai dimenticato. >> disse stringendomi forte a se.
<< Raina io... non so che dire... grazie. >>risposi per poi scoppiare in un pianto liberatorio, come se finalmente tutto il peso che gravava sul mio cuore fosse scomparso e forse, era proprio così.

Dopo l'abbraccio, ci eravamo separate con un sorriso radioso sulle labbra, successivamente, appena risalimmo le scale, lei si diresse verso il bancone della biblioteca per completare il suo lavoro di archivio dei nuovi libri, mentre io mi ero diretta verso l'ala riservata alla lettura con in mano un libro, romantico ovviamente.
Per un bel po' regnò una pace totale nell'enorme sala, poi lo sbattere violento di una mano, sul tavolo al quale era poggiato il libro che stavo tranquillamente leggendo, interruppe quell'idilliaco silenzio.
Chiusi di scatto il libro con un sospiro seccato, odiavo essere interrotta mentre ero immersa nella lettura. E odiavo ancora di più se ad interrompermi era una persona che non sopportavo.

Andras.

Come sapevo che era lui? Semplice, il suo odore di menta si sentiva da chilometri e poi, quale altro demone era tanto arrogante da fare una cosa del genere? Solo lui, ovvio.
<< Cosa vuoi? >> dissi senza neanche alzare gli occhi verso il demone, ed appoggiando stancamente la testa su di una mano.
<< Ti ho cercata per ore ragazzina, dove cavolo era finita?>> rispose alterandosi ancora di più per un qualcosa che non riuscivo a percepire.
<< Ero qui. Ti serve qualcosa suppongo. >> dissi facendo dei cerchi immaginari col dito sulla copertina del libro, annoiata.
<< Guardami negli occhi quando ti parlo, cazzo! >> urlò prendendomi violentemente il mento fra due dita.
Quando i nostri occhi si incontrarono non ci fu più alcun rimedio, dopo che si furono incontrati il legame fra me ed Andras si fece vivo più che mai, impedendomi di scansarmi dal demone.
Accidenti!
<< Lasciami... >> dissi, ma ero consapevole di non essere risultata credibile perché la realtà era che il mio intero essere urlava a gran voce un contatto con lui.
<< Perché ti trovavi qui? >> disse a voce più bassa e con un sorriso arrogante in volto, compiaciuto di avere quell'effetto su di me.
<< Secondo te cosa ci facevo qua in biblioteca? Stendevo i panni?>> dissi facendo appello a tutta la mia forza di volontà e recuperando così un po' del mio carattere combattivo.
<< Divertente ragazzina, ma io intendo cosa leggevi? >> disse facendosi improvvisamente serio ed avvicinandosi ancora di più al mio volto.
Cercai di arretrare ma lui, a velocità sovrumana, si pose davanti a me, mettendo poi le braccia ai lati del mio corpo ed imprigionandomi così fra lui e il tavolo. 
<< Io... >> dissi lievemente per poi guardarmi in giro, non avevo né vie di fuga né qualcuno nei paraggi che potesse aiutarmi in qualche modo.

Bene. 
 Ero definitivamente fottuta.
Cavolo, possibile che avesse intuito che ero andata lì per cercare un libro che mi desse informazioni su come sconfiggere l'impero? 
No, nel suo sguardo leggevo un sentimento simile all'ansia.  Ma certo, era ovvio, lui, il demone più potente di tutti non poteva temere una ragazzina e le sue piccole ricerche. 


Lui temeva che io avessi scoperto altro.


In effetti, pensandoci, lui doveva certamente sapere della leggenda e... che avesse davvero pensato all'eventualità che io fossi la sua prescelta?
A quel pensiero sentii un piacevole dolore all'altezza dello stomaco. Chissà se ne era felice...
No! Dio, non dovevo pensare a simili sciocchezze, lui era il mio nemico, io dovevo solo odiarlo!

Certo, era tutto semplice a parole...
<< Allora ragazzina? >> disse minaccioso, chiudendo le mani a pugno sul tavolo.
Dovevo prendere tempo, magari Raina, vedendo che non tornavo più da lei, si sarebbe insospettita e sarebbe venuta a cercami!
<< Se stai pensando alla tua amica, mi duole dirti che l'ho appena mandata via dicendole che Damien la cercava. Siamo soli. >> soffiò al mio orecchio con voce  roca.
<< Che c'è Andras, volevi restare solo con me? >> dissi beffarda, poggiando una mano sul suo ampio e muscoloso petto.
Sorrisi non appena notai che si era leggermente irrigidito al mio tocco. Forse il signorino non aveva capito che qui si giocava in due. Il mio sorriso però si spense non appena vidi che stava sorridendo compiaciuto. Che cosa...
<< Ma tu non eri quella che diceva che mai più si sarebbe avvicinata così tanto a me? >> disse mordicchiandomi il lobo dell'orecchio.
Oh Dio, era vero! Quel demone aveva una memoria... aspetta, ho trovato!
<< Beh, se dobbiamo dire le cose come stanno, io avevo detto che mai più mi sarei avvicinata a te se tu non ti fossi avvicinato per primo a me. >> disse girando la testa per guardarlo dritto negli occhi e fissandolo con sfida. Vediamo cosa si sarebbe inventato adesso.
<< Mi hai toccato tu per prima! >> ringhiò infastidito.
<< Sì, ma tu ti sei avvicinato prima di me! >> risposi a tono mettendo anche l'altra mano sul suo petto.
Che diavolo stavo facendo?
<< Bene, allora adesso io ti bacerò. Se, come fai intendere, tu non sei minimamente attratta da me allora ti scanserai, in caso tu ricambiassi però... >> cominciò a dire suadente ad un millimetro dalle mie labbra.
<< Sarai mia. >> terminò baciandomi con passione.

Lui ti ha umiliata, ha devastato il tuo mondo, radendo a suolo ogni cosa a te cara e portandoti così via tutto. Cederai anche stavolta? 

Queste erano le parole che mi invasero la mente nel momento in cui le sue labbra carnose toccarono le mie con prepotenza. 
No. Stavolta non avrei ceduto.
Mi staccai con forza da lui, liberandomi dalla sua presa ed appoggiandomi affannosamente ad una delle grandi librerie. Il respiro irregolare faceva ben intendere quanto mi fosse in realtà costato quel gesto. Perché c'era sempre, relegata in un angolo della mia anima, quella parte di me che non voleva essere separata dal suo complementare.
Lo vidi stringere fortemente i pugni sul tavolo, abbassare lo sguardo, scuro in volto, ed irrigidire sia i muscoli che la mascella.
<< Tu osi rifiutare me? >>disse duro, girandosi improvvisamente verso il luogo in cui mi trovavo, inchiodandomi sul posto con un solo e raggelante sguardo.
Deglutì agitata, e adesso? In che guaio mi sono andata a cacciare?
Non lo vidi nemmeno, il suo spostamento fu troppo veloce per essere visto ad occhio umano. Arrivandomi difronte mi prese poi per il polso con una mano, successivamente mise l'altra dietro la mia schiena, facendo scontrare i nostri bacini.
<< Tu mi desideri, lo vedo dal tuo sguardo... >> sussurrò rabbioso al mio orecchio, facendomi sussultare.
<< Solo nei tuoi sogni! >> dissi cercando di apparire convinta.
Una potente scossa mi percuoté le membra non appena lo sentì leccarmi con malizia il collo. 
Oh. Mio. Dio.
<< Lasciami Andras! >> urlai cercando di divincolarmi dalla sua presa, fallendo miseramente, era troppo forte per me.
<< Amia, che cosa devo fare con te? Non capisci che così non fai altro che peggiorare la tua situazione? >> rise sadico mentre appoggiava definitivamente le labbra sul mio collo.
<< Andras... >> dissi con voce strozzata. Era troppo, di questo passo avrei certamente ceduto per prima.
<< Gemi Amia, gemi per me. >> disse succhiando e mordendo con foga poco sopra la giugulare.
Lo fissai truce e dissi: << Mai! >>
<< Ma davvero? Vediamo se si può fare qualcosa al riguardo allora. >> sorrise maligno.
I miei occhi si spalancarono all'inverosimile quando una sua mano andò a posarsi, audace, sul mio seno.  A quel punto qualcosa dentro di me si risvegliò e, posando l'unica mano libera su quella che aveva appoggiato sul seno,  feci leva per spostarla ma, come era ovvio, non riuscì a spostarla di un solo millimetro.  Accidenti a lui e alla sua forza!
<< Non... oseresti... >> gracchiai cominciando a respirare affannosamente, in evidente difficoltà.
<< Oh sì che lo farò. >> disse con voce roca ad un passo dal mio volto. 
Cominciò a muovere la mano, toccando e torturando il mio seno.  Mi morsi a sangue le labbra.
Io. Non. Dovevo. Farlo.
Poi però successe. Il dignitoso fiore che non si era mai lasciato piegare, era infine stato costretto ad inchinarsi al gelido vento invernale.
<< Ah! >> gemetti, inarcando la schiena, in completa balia delle sue carezze. Il predatore aveva infine conquistato la sua preda, pensai maledicendomi.

Tornando a concentrarsi sul mio collo, succhiò avidamente un'ultima volta. 
<< Bene, adesso tutti sapranno che appartieni solo al sottoscritto. >> disse staccandosi compiaciuto ed orgoglioso del suo operato. 

Ma aspetta, che cosa diavolo intendeva?
Poi capii. Andai a tastare, con mano tremante, il punto in cui mi aveva mordicchiata e mi si raggelò il sangue nelle vene non appena compresi che mi aveva fatto un succhiotto. Aveva marcato il territorio come un animale il bastardo!
<< Che ti serva da lezione per la prossima volta, ragazzina. Ah, ovviamente quel succhiotto dovrà stare in bella mostra, guai a te se oserai coprirlo. >> mi avvertì minaccioso, socchiudendo gli occhi.
Lo vidi andarsene con il suo caratteristico passo elegante e fiero, ed era assai difficile da ammettere per me ma... trasudava sesso da tutti i pori. 







ANGOLO AUTRICE:

Eccoci arrivate alla fine del capitolo ragazze! ^-^

Allora, vi è piaciuto? 
Spero che il Pov. Raina sia stato di vostro gradimento, me lo avevate chiesto in molte recensioni e così, finalmente, ho deciso di inserirlo per la prima, e non ultima, volta. :)
Poi in questo capitolo abbiamo un flashback molto importante, e cioè vediamo come Raina e Damien si sono conosciuti. Mi era stato chiesto di dare più spazio a loro due ed anche a Damien e Katia. Riguardo questi ultimi provvederò certamente ad inserire qualcosa anche per loro nei prossimi capitoli. 
Altra cosa importante: la storia si, sarà a 360° e per ciò vedremo bene tutti i personaggi importanti della storia, ma ci terrei a precisare che però tutto ruota intorno alle due figure di Amia ed Andras, loro sono i protagonisti e non posso certo togliere spazio a loro, no?

Comunque non preoccupatevi, anche gli altri personaggi saranno ben caratterizzati, ma tutto avverrà secondo un preciso ordine, non posso certo rivelare tutto subito. :)
Come vedete, dopo la discussione fra Amia e Raina, tutto si è risolto al meglio e sembra che Amia stia veramente cercando di abituarsi alla vita di corte, ce la farà?
Poi, abbiamo un nuovo incontro/scontro, decisamente piccante fra i due protagonisti, che ne pensate? 
Sono unici questi due, vero? Hanno un modo tutto loro di ottenere le cose. XD
Pare che stavolta abbia vinto Andras, ma nel prossimo round lui saprà resistere ad Amia? 

Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:

-Le preferite: 14
-Le ricordate: 7
-Le seguite: 34
e me fra le autrici preferite: 3.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono!
 *-*

Non perdete il prossimo capitolo ragazze, alla prossima.

Bacioni, vostra Ashwini. <3





*L'altra mia storia in corso a cui spero darete un'occhiata:

ETERNITY
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Qui incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora nell'ospedale della città, nonché sede principale del grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è infatti formata da una lunga dinastia di medici che lavorano in molte filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista. 
Ma cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Eternity... ''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)





*Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Wolf's Blood'' di SweetWorld, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di 
MeLiIiI, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.





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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo: Accettare o no? Nuove e pericolose alleanze. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic ddd Ciao a tutte ragazze! ^-^
Ecco a voi il nuovo capitolo e spero, come sempre, che vi piaccia. :)
Vi avviso solo che in questo capitolo comparirà per la prima volta l'organizzazione della CGE, importante per lo svolgimento della storia dato che è l'antagonista principale.
Non dico altro, ci vediamo sotto. :D

BUONA LETTURA! 

                                                           




                            Spesso si preferisce non dare ascolto ai propri sentimenti 
                            perché si teme di soffrire e ci si inganna di provare qualcos'altro.





Capitolo quindicesimo:
 Accettare o no? Nuove e pericolose alleanze.





Pov. Amia


Guardavo, assorta nei meandri dei miei pensieri,  la luna che splendeva luminosa e benevola nel cielo impreziosito da milioni di stelle, un cielo penetrante ed infinito. Mi ricordava tanto una mamma che accudiva amorevolmente i propri figli.
Già, come la mia mamma...
Ogni singolo istante passato in sua compagnia lo ricordo alla perfezione, tutti momenti felici e pieni di un amore che solo una madre sa dare. Ricordo anche quei piccoli litigi a causa del comportamento sconsiderato di mio padre, le nostre urla, i pianti nascosti in un angolo buio della mia stanza... E mi si stringe il cuore pensando che avremmo potuto passare quei momenti in un modo assai migliore. 
Solo adesso mi rendo conto di volere che quei piccoli attimi in sua compagnia fossero durati di più.
La mia mamma, la donna che mi aveva dato la vita, amandomi fino al suo ultimo respiro.
Lei, che mia aveva tenuto saldamente la mano il primo giorno di scuola davanti al cancello, sorridendomi rassicurante.
Lei, che riempiva le mie giornate con la sua naturale gentilezza.
Lei, che adesso non era più accanto a me per consigliarmi ed amarmi.
Ogni giorno, ogni istante, ogni tutto, anche se non lo esprimevo a parole, perché altrimenti sarebbe stato troppo doloroso, pensavo a lei.
Tra le candide coperte, si forma nella mia testa il suo volto sereno ed io stringo convulsamente una mano sul morbido cuscino. Le persone buone come lei tendono ad andarsene troppo presto, nella mia vita ogni persona che avevo ritenuto speciale mi aveva sempre abbandonata alla fine. Prima mio padre, poi quelle persone che consideravo miei amici ed infine... anche la mia dolce mamma.
Ero come maledetta, tutti quelli a cui volevo bene prima o poi mi lasciavano sola. Per questo, in tutti questi anni, non mi ero mai voluta affezionare troppo a qualcuno, per questo, adesso, temevo di perdere Katia e Raina.

Ed Andras...

Scacciai con forza quell'inutile pensiero dalla mia mente e voltai la testa verso la finestra. Da questa vidi, con gli occhi appesantiti dal sonno, le foglie dei rami di un albero di ciliegio muoversi lentamente, scosse da un leggero venticello notturno. Scioccamente mi ritrovai a desiderare che i miei pensieri, trasportati dal vento, superassero le barriere del tempo e dello spazio per raggiungere il luogo in cui si trovava la mia mamma. Magari lei avrebbe saputo darmi uno dei suoi saggi consigli ed aiutarmi in quell'eterna battaglia che era oramai diventata la mia vita.
Sorrisi malinconica pensando che lei mi avrebbe certamente detto, con quel suo particolare sorriso angelico, che l'unica cosa che dovevo fare era seguire il mio cuore.
Si, ma cosa diceva il mio cuore? I sentimenti che sentivo di provare per quel demone erano tutti contrastanti e confusi.

Se solo potessi diventare una farfalla che vola nel tuo cielo mamma, questa tristezza, questa sofferenza e questa confusione, sparirebbero dal mio cuore e non m'importerebbe neanche più se fosse un demone a consumarle.


Un demone...
Mi rigirai frustrata dall'altra parte del letto. Andras era ormai diventato una costante nella mia vita così come nei miei pensieri, ogni cosa si andava sempre ed inevitabilmente a ricollegare a lui, il demone che era riuscito a scuotermi l'anima fin dove mai nessuno primo d'ora vi era arrivato.
Il legame... già, adesso che sapevo di questo importante particolare molte cose si spiegavano, ma una domanda mi sorgeva spontanea. E cioè, veramente è solo il legame che tiene così saldamente unite le nostre anime o c'è dell'altro?
Quelle piacevoli sensazioni di torpore che mi invadevano quando stavo accanto ad Andras erano solo provocate dalla leggenda?
Il fatto che il mio sguardo si soffermasse su di lui sempre un secondo in più del normale era solo dovuto alla leggenda?
I dolci sorrisi che gli avevo rivolto durante i nostri baci erano solo frutto del legame?
Ed infine, i nostri baci... erano stati scatenati solo dal legame?

La verità era che avevo paura dei miei stessi sentimenti.

Mi misi supina sul letto, allargando le braccia. Chiusi poi gli occhi, concentrandomi sul regolare battito del mio cuore e poi, spalancai gli occhi allarmata non appena mi resi conto che, all'immagine mentale di Andras, esso diventava stranamente ed improvvisamente irregolare.
E questo cosa diavolo significava?!
Mi alzai di scatto dal letto, mettendomi poi le mani nei capelli. No, non poteva succedere, non a me, non ora e non di lui! Dio, era tutto così sbagliato!
Caddi stancamente sul letto con un sonoro tonfo e sorrisi amara. Ero io ad essere sbagliata, perché una persona normale non proverebbe interesse per il proprio carnefice, non desidererebbe stargli accanto dopo tutto quello che le aveva fatto e continuava a farle.

Non c'è nulla di sbagliato nell'amare qualcuno, a volte è proprio la persona sbagliata quella più giusta per noi.

Amore?
Io non mi ero mai innamorata in vita mia, solo cotte adolescenziali passeggere. E poi, nelle condizioni in cui vivevo, non era l'amore la mia principale priorità.
Ma adesso?
Non provavo amore nei confronti di Andras, non ancora almeno, ma... ammetto che provavo un certo interesse nei suoi confronti, mi piaceva.
Toccando il punto in cui mi aveva fatto il famigerato succhiotto, maledissi prima lui e poi me stessa.
Come diavolo era possibile che i miei occhi vedessero e recepissero di lui solo gli aspetti, tra virgolette, positivi e scartavano immediatamente quelli negativi? E poi, come se non bastasse, non appena lui mi puniva, in qualche modo, io dimenticavo subito dopo l'accaduto! Concentrandomi solo sulle dolci emozioni che scoppiavano nel mio cuore.
Tutto questo era illogico da qualsiasi punto di vista!
Eppure... a me stava accadendo.
La mia solita fortuna, pensai, sorridendo sarcastica.

Il sole stava sorgendo proprio il quel momento, la sottile linea di luce all'orizzonte splendeva in tutta la sua bellezza, annunciando l'alba di un nuovo giorno.
Non avevo chiuso occhio questa notte e dovevo già alzarmi. Soffocai un urlo frustrato nel cuscino poi, dopo essermi calmata, mi diressi come uno zombie verso l'armadio per prendere dei vestiti, che poi indossai in bagno dopo essermi svegliata per bene tramite una rinfrescante doccia mattutina.
Successivamente andai verso la finestra della mia camera e l'aprì decisa. Guardando il sole che ormai era ben visibile nel cielo, mi preparai mentalmente alla giornata.
Se Andras pensava che avrei obbedito ad ogni suo richiamo come un cane da compagnia, si sbagliava di grosso. Avrei fatto, come sempre, le cose a modo mio.
Aprì di scatto la porta della camera ed uscì fiera di me stessa, niente avrebbe potuto scalfirmi quel giorno. 
Mi sentì però leggermente a disagio, quando vidi che tutti i servi che passavano accanto a me mi guardavano scioccati, ognuno di loro fissava un punto ben preciso del mio collo. Essendo la schiava personale dell'imperatore, sapevano benissimo che solo lui poteva essere l'artefice di quel maledetto succhiotto.
<< Che avete tutti da guardare?! >> dissi mettendomi le mani sui fianchi e fulminandoli tutti con lo sguardo.
Immediatamente ognuno di loro abbassò lo sguardo e, facendo finta di nulla, se ne andarono velocemente via. Cominciavo a pensare che qui la gente non aspettasse altro che un buon pettegolezzo su cui sparlare per passare così la giornata. E il pensiero che il pettegolezzo del giorno fossi io, mi faceva infuriare, terribilmente.
Di coprire il succhiotto non se ne parlava, non volevo scatenare la furia del demone per un mio capriccio personale. Se in quei giorni avevo imparato qualcosa, era che dovevo imparare ad essere meno impulsiva e più matura. Prima o poi sarebbe arrivato il mio momento, aspettare un po' non mi sarebbe costato nulla.
Così, contando fino a dieci per calmarmi, me ne andai dritta nelle cucine a prendere la colazione della mia disgrazia personale. Sperando con ardore che una volta mangiata gli sarebbe andata di traverso, così giustizia sarebbe stata fatta.
Pensiero stupido ovviamente, figuriamoci se solo questo sarebbe bastato per far fuori quel demone, non ero un'esperta di queste cose, ma avevo notato l'enorme aura oscura che emanava quando si alterava. Da un po' mi chiedevo se veramente esisteva un modo per neutralizzarlo.
Interrompendo il fluire dei miei pensieri entrai nelle cucine di palazzo, gettando un'occhiata di fuoco a tutti i cuochi e le cameriere che avevano interrotto il loro lavoro per fissare sbalorditi il succhiotto. Quelli di loro che erano demoni mi guardavano invece con un disprezzo evidente e a loro riservai un bel dito medio, soddisfatta, mi diressi poi verso Katia. Lei aveva notato il motivo di tante chiacchiere ma aveva subito distolto lo sguardo per guardarmi dritta negli occhi. Santa donna!
Quando la raggiunsi, mi rivolse un sorriso radioso e mi abbracciò con forza per poi dirmi dolcemente all'orecchio: << Tesoro, mi spieghi cos'è accaduto? >>
<< Lunga storia Katia. Diciamo che, come al solito, me la sono andata a cercare. >> dissi con un'alzata di spalle.
<< Capisco cara, c'entra il padrone, vero? >> disse dispiaciuta.
<< Ovvio, no? Quel demone non riesce proprio a starmi lontano. >> ironizzai. E forse, dico forse, una piccola parte di me aveva sussultato speranzosa a quella frase.
<< Comunque stellina, ho una notizia stupenda da darti! >> disse eccitata come una bambina, battendo le mani velocemente.
<< Una bella notizia? Quale? >> dissi sinceramente stupita dalle sue parole.
<< Allora cara, questo pomeriggio io e altre cameriere andremo nella capitale per fare alcune spese. Puoi venire con noi ma... il padrone deve darti il suo consenso... >> disse abbassando lo sguardo quando disse l'ultima parte della frase.
Sospirai tristemente. Andras non mi avrebbe mai dato il permesso di uscire dal palazzo, era una causa persa in partenza.
<< Stellina, bisogna sempre tentare nella vita! Su con il morale! Informerò anche Raina di questa nostra uscita e... >> disse mettendomi energicamente le mani sulle spalle.
<< Per Raina è diverso. Damien le darà sicuramente il permesso, ma riguardo Andras... >> la interruppi sconsolata, lasciando la frase in sospeso.
<< Tesoro io potrei provare a parlargli se vuoi. >> disse incoraggiante. Quella donna era troppo positiva.
<< No, lascia stare, finiresti nei guai anche tu. Ci provo io, okay? Poi ti faccio sapere, ma non ti assicuro niente. >> risposi con un debole sorriso.
<< Va bene. Tieni, la colazione per il padrone è pronta. Buona fortuna cara! >> mi disse facendomi l'okay con una mano.
La salutai ed uscì dalle cucine per poi dirigermi verso le stanze del demone. Che Dio me la mandi buona per una volta!
Ci tenevo moltissimo ad uscire da questo palazzo, ormai erano giorni che ero rinchiusa qui, volevo vedere il mondo esterno e magari osservare com'era la vita nella capitale dell'impero. Un'uscita senz'altro istruttiva ed anche piena di divertimento se c'era anche Raina con me.
Arrivai in poco tempo difronte l'imponente portone e, mentre stavo per bussare, la mano mi restò in aria. Come avrei dovuto porgli la fatidica domanda? 
Una cosa era certa, mai l'avrei supplicato di farmi uscire, non era da me. Ma... se me lo avesse chiesto come prezzo?
Mi morsi il labbro inferiore, agitata. 
Sacrificare l'orgoglio ed uscire o non farlo e restare qua?
Bussai energicamente, che si fottesse l'orgoglio per una volta e poi, forse, avremmo trovato un punto d'incontro, si, l'importante era crederci fino alla fine.
Un ''avanti'' appena udibile mi diede il permesso di entrare e, non appena fui dentro, mi immobilizzai scioccata sul posto, sperando che non si dovessero prendere dei secchi per contenere la mia bava. Il motivo di ciò? Beh, la risposta era piuttosto semplice a dir la verità.
Al centro della stanza c'era un Andras mezzo nudo, con solo dei miseri pantaloncini addosso, in pieno inverno! Quel demone era illegale, gli doveva essere vietato di presentarsi così o qualcuno ci avrebbe rimesso la pelle con un piacevolissimo infarto.
Dio, che cavolo stavo farneticando adesso?
<< Se continui a fissarmi con quello sguardo da maniaca mi consumerai. >> disse lui con un sorriso diabolicamente divertito in volto e, forse era stata una mia impressione ma... era soddisfazione quello che avevo letto per un secondo nei suoi occhi color cobalto?
Arrossì di botto e distolsi velocemente lo sguardo da lui, accidenti a me. Dovevo essergli sembrata una ninfomane senza pudore!
Ad un tratto uno spostamento d'aria mi fece alzare lo sguardo, e mi ritrovai due penetranti e profondi occhi blu che mi osservavano ad un palmo dal naso decisamente divertiti.
<< Ti diverte tutto questo? >> dissi imbronciata ed offesa dalla sua ilarità non giustificata.
<< Sì, dovresti vederti. >> rise bellamente di me, ignorando alla grande le mie occhiatacce.
Poi il suo braccio sinistro si andò a posizionare dietro la mia schiena, stringendomi possessivamente ed avvicinandomi a lui. 
<< Andras perché diavolo sei ancora qui?! Vatti a vestire! >> quasi strillai, spalancando gli occhi sorpresa e cercando allo stesso tempo di togliere il suo braccio dalla mia schiena.
<< La tua bocca dice questo ma... il tuo corpo sembra dire tutt'altro. >> sussurrò sensuale al mio orecchio.
Aveva dannatamente ragione. Al suo tocco esperto, un piacevole torpore si era impossessato di ogni parte del mio corpo, mandandomi brividi di piacere lungo tutta la spina dorsale. 
Mi maledissi per la mia scarsa capacità di resistergli.
<< La risposta è sempre la stessa. >> deglutì agitata, girando leggermente la testa di lato.
<< È forse rossore quello che vedo sulle tue guance, Amia? >> rispose con un ghigno.
<< No, ti stai sbagliando, io... >> dissi sulla difensiva, cercando di inventare una scusa credibile.

Già perché la mia era una bugia
. Una grossa bugia.


Bene, cominciavo anche ad arrossire adesso, ora si che andava tutto perfettamente!
Misi le meni sul suo petto per allontanarlo ma.. mai mossa fu più sbagliata.
Io. Lui. Petto nudo. Muscoli.
Solo questo riusciva a formulare il mio cervello, troppo impegnato ad analizzare e memorizzare ogni lembo di pelle di quel corpo divino.
<< Lo vedi allora che sei una piccola pervertita? >> mi riprese ridendo Andras, accorgendosi del mio sguardo insistente rivolto verso il suo petto.
<< Adesso basta! Devo chiederti una cosa importante! >> dissi scansandomi da lui come scottata, approfittando della sua momentanea distrazione.
<< C'è davvero qualcosa di più importante che prendere in giro te? >> rispose fintamente stupito. 
Odioso bastardo.
<< Molto divertente. Comunque, Katia ed altre donne di servizio andranno in città a fare spese, molto probabilmente verrà anche Raina e... >> cominciai torturandomi le mani.
<< E tu vuoi che io ti dia il mio permesso per andare con loro, giusto? >> finì per me la frase.
<< Ecco... sì. Insomma Damien manderà sicuramente Raina e non capisco perché tu non dovresti farlo! >> dissi puntando i miei occhi nei suoi.
<< Io non ho ancora detto di no. >> mi fece notare.
<< Allora è un sì? >> dissi con gli occhi che mi brillavano dalla felicità.
<< No. Ma a giudicare dalla tua reazione ci tieni molto ad andarci... >> disse avvicinando il suo viso al mio, chiaramente interessato alla piega che aveva preso il discorso. 
Bene, era arrivato il tempo di contrattare.
<< Cosa devo fare in cambio per andarci? >> dissi infatti, intuendo i suoi pensieri e facendolo sorridere compiaciuto.
<< Vedo che hai imparato a conoscermi ragazzina. >> rispose con uno sguardo che non prometteva nulla di buono. Oh no, a questo punto era peggio di quanto pensassi!
<< Allora? Arriva dritto al punto. >> dissi fissandolo truce, cercando di apparire più coraggiosa di quel che ero.
<< Voglio che tu domani faccia ogni cosa che ti chiederò, senza discutere. >>  disse, improvvisamente serio in viso.
<< Ma... >> provai a dire subito interrotta da un suo sguardo raggelante.
<< Questa è la mia condizione. Accetti o no? >> disse gelido ed irremovibile.
Avevo paura di accettare, qualsiasi cosa mi avrebbe chiesto a me non sarebbe piaciuta, ne ero certa. Era sicuramente qualcosa di grosso se me lo diceva con quel tono e con quello sguardo.
Ora la domanda era: rischiare o no? Mi morsi il labbro inferiore, indecisa e combattuta con me stessa. 
Abbassai lo sguardo, pensando che la vita era un'eterna partita tutta da giocare. Niente veniva regalato, si doveva sempre dare qualcosa in cambio per ottenerne un'altra. E poi, non stavo cedendo ad una sua richiesta, lui avrebbe ottenuto una cosa ed io un'altra, uno scambio equivalente.
Rialzai lo sguardo su di lui, avevo preso la mia decisione definitiva. Qualsiasi cosa mi avrebbe chiesto, io ero pronta.
<< Accetto. >>




... Nel frattempo sul pianeta Terra ...

Un uomo sulla cinquantina entrò dalle porte in ottone dell'ampia stanza, andandosi a sedere nella poltrona in pelle verde a lui destinata. 
La stanza brulicava di chiacchiere, battiti violenti di mani sul lungo tavolo ovale, grida furiose. Il disordine regnava sovrano. 
Vi erano in tutto una decina di uomini, ognuno di essi era il rappresentante dei dieci governi che si erano istituiti sul poco terreno rimasto in mano all'Umanità. 
Nella stanza del Consiglio dei Dieci si discuteva a gran voce su cosa si dovesse fare per abbattere il potente nemico che infuriava alla prima delle tre barriere di energia avanzata.
Le barriere erano tre in tutto: Warbis, Eren, Miran. E
rette per proteggere i territori che si erano riusciti a salvare durante l'Apocalypse Demons War.
Questi territori si trovavano in Mesopotamia ed erano stati divisi in dieci stati. Tre si dividevano fra la prima barriera, Warbis, e la seconda, Eren. Altri tre si trovavano fra la seconda e la terza, Miran. Infine, gli ultimi quattro si trovavano al centro di tutto, difesi dalla terza ed ultima barriera d'energia. Era una tipica struttura a Matrioska Russa. 
I governi avevano impiegato le tecnologie più avanzate per difendersi ma l'Impero di Alloces era ancora più preparato in quel campo e, oltre alle armi di ultima generazione, aveva a disposizione demoni dalla forza sovrumana, troppo forti per i deboli soldati umani.
Si era arrivati ad impiegare anche uomini addestrati per combattere con un armatura robotica, ma i generali dell'impero accartocciavano quelle macchine tecnologiche come carta stagnola. Inarrestabili e invincibili. 
Oltre agli invasori, vi erano i gravi problemi della crisi alimentare e un calo demografico spaventoso, entrambi stavano imperversando all'interno delle barriere, mettendo l'intera umanità in ginocchio difronte i nuovi dominatori. Il popolo sopravvissuto viveva ormai nel terrore assoluto e varie guerre civili erano scoppiate negli ultimi giorni. 
La paura era ormai diventata una costante nella vita terrestre. Ogni essere umano aveva visto la morte con gli occhi, perso familiari e ogni affetto personale. La gente non ne poteva più, voleva risposte dai governi che si erano autoproclamati reggenti, e le voleva il prima possibile.
<< Dobbiamo fare qualcosa! Quei bastardi devono morire tutti! >> urlava qualcuno in preda all'ira.
<< Usiamo le armi nucleari! >> gridava qualcun altro disperato.
In quel trambusto, un uomo osservava in silenzio lo spettacolo pietoso che si ritrovava davanti e, non potendone più, si alzò e disse duramente: 
<< Adesso basta! Fate tutti silenzio! >>
<< Che cazzo vuoi Roland? Tu hai idee migliori delle nostre forse?! >> rispose un vecchio uomo pelato.
L'uomo di nome Roland sorrise e affermò fiero: << A dir la verità, si. >>
<< C-Cosa?! Brutto... come osi parlare così a me?! >> rispose quello, livido di rabbia.
<< Calmati William, lascialo parlare. In situazioni come questa non abbiamo né il tempo né le ragioni per discutere fra noi. >> disse calmo l'uomo più giovane fra i dieci lì riuniti.
Il vecchio William borbottò qualcosa di offensivo sui giovani d'oggi, per poi sedersi finalmente composto sulla poltrona. Il ragazzo in questione rise sommessamente, infine diede l'ok per parlare, a Roland.
<< Bene. Come dicevo, ho trovato la soluzione a tutti i nostri problemi. >> riprese a dire l'uomo, mettendo entrambe le mani sul tavolo difronte a lui.
<< Ebbene? >> chiese serio un altro.
<< La CGE. >> finì secco Roland.
Subito si levarono grida di protesta, era inaccettabile per i loro governi affidarsi a quell'organizzazione.
La CGE, ovvero i Cavalieri della Giustizia Eterna, erano un'organizzazione criminale ed illegale nata agli inizi dello scorso secolo ma, specialmente negli ultimi anni, sempre più stati si erano affidati ai loro servigi per scopi personali. Diventata ormai legale era cresciuta sempre di più inglobando fra le sue file i migliori soldati e scienziati esistenti sul pianeta. Ogni individuo che veniva da loro selezionato doveva presentarsi alla sede centrale, ad Istanbul, per firmare il contratto. Chi si rifiutava veniva subito eliminato.
L'organizzazione era oscura, nessuno, tranne i membri, sapeva cosa si nascondeva fra quelle solide mura d'acciaio. Erano potenti e non fallivano mai, e Roland pensava che loro fossero l'unica arma a loro rimasta. Arrivati a questo punto, si doveva tentare il tutto per tutto.
<< Sei forse impazzito del tutto anche tu?! >> disse William scandalizzato.
<< Sai benissimo anche tu che sono la nostra unica speranza. >> rispose semplicemente l'uomo.
<< Facciamo un patto con loro allora. >> disse il ragazzo che poco prima aveva risposto a William.
<< Grazie Steve. >> rispose Roland con un sorriso di gratitudine.
<< Li hai già convocati in sede? >> chiese un altro, interessato alla questione.
<< Certamente. Maria, fai pure entrare il comandante. >> rispose Roland, facendo segno alla cameriera messa in disparte nella stanza.
La donna uscì dalla stanza ottagonale e rientrò subito dopo con al seguito un uomo sulla trentina. Era alto, muscoloso e serio in viso. Gli occhi neri come il petrolio osservavano indifferenti e superiori le dieci persone sedute al tavolo. 
Dopo un breve saluto generale si andò ad affiancare a Roland, che occupava il posto di capo tavola, e parlò: << Credo che voi tutti mi conosciate, ma ribadisco che il mio nome è Edward Price e sono il comandante supremo dell'organizzazione. Da questo momento prendo io le redini del comando, da voi mi aspetto solo che ubbidiate ai miei ordini. Prometto che sterminerò gli invasori. Questo è tutto, avete domande? >>
Un uomo alzò timidamente la mano, impaurito da tanta prestanza fisica e un tale carisma. Il comandante annuì e gli diede così il permesso di parlare. 
<< Vorrei sapere come intende farlo... se possibile. >> disse a bassa voce quello, affrettandosi poi ad aggiungere l'ultima parte della frase.
<< Sono informazioni riservate ma posso dirvi che ho un asso nella manica che ci tornerà molto utile in futuro. >> rispose come sovrappensiero e con un mezzo sorriso, che non prometteva nulla di buono, il comandante Price.
L'uomo annuì ammirato e un sorriso carico di speranza gli comparì nel volto segnato dalla vecchiaia.
<< Altro? >> continuò il comandante supremo.
Nessuno osò fiatare.
<< Bene. Roland, ti aspetto tra due giorni ad Istanbul per svolgere le ultime pratiche. >> disse il comandante rivolgendosi all'uomo al suo fianco che rispose con un cenno d'assenso.
Edward Price se ne andò via, scortato dalla cameriera di poco prima, in assoluto silenzio. Un silenzio carico di promesse ed oscure combutte.
<< Come avete appena sentito tra due giorni andrò nella sede centrale della CGE, ci riuniremo quindi di nuovo fra quattro giorni e vi farò sapere tutto. Da quel giorno in poi, metteremo in atto il piano di riconquista del nostro pianeta. Con qualsiasi mezzo. >> 







ANGOLO AUTRICE:

Buon pomeriggio ragazze che mi seguite! :D

Eccoci arrivate alla fine del capitolo, avete notato che è più lungo dei precedenti? *dice sorridendo orgogliosa*

Allora, questo è certamente un capitolo molto intenso, accadono molte cose, ma partiamo dall'inizio:
1) Amia sta cominciando ad aprire gli occhi, finalmente riflette sui suoi sentimenti per Andras, anche se ancora è un po' remissiva. 
2) Amia ha i primi sintomi di quel meraviglioso sentimento quale è l'amore. Ma specifico che al momento sa solo che le piace Andras, non è ancora innamorata sul serio.
3) Appare l'organizzazione della CGE(Cavalieri della Giustizia Eterna). La scena mostra la decisione del Consiglio dei Dieci di allearsi con la CGE per riconquistare il pianeta. Nei prossimi capitoli vedremo tutto ciò che comporterà tale pericolosa alleanza.

Nel prossimo capitolo ci sarà la famosa uscita in città e penso sia inutile dirvi che Amia non farà solo compere. XD
Ci saranno tante piccole sorprese! :3
Aggiornerò o questo giovedì o venerdì. :)

Devo poi dirvi che io l'otto giugno parto per andare in vacanza e tornerò il quindici, per tale motivo aggiornerò alcuni giorni dopo essere tornata. Ma tranquille, non vi farò aspettare molto! ;)

Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:
-Le preferite: 20
-Le ricordate: 10
-Le seguite: 39
e me fra le autrici preferite: 4.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono, siete fantastiche ragazze!
 *-*

Non perdete il prossimo capitolo, alla prossima!

Bacioni, vostra Ashwini. <3

P.S.: Per questo capitolo arriviamo a sei/sette recensioni? *-* (Ovviamente se sono di più non mi offendo! XD)






*L'altra mia storia in corso a cui spero darete un'occhiata:

ETERNITY
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età, dovrà andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Qui incontrerà Raphael, giovane e bellissimo cardiologo che lavora nell'ospedale della città, nonché sede principale del grande impero della sua facoltosa e ricca famiglia, questa è infatti formata da una lunga dinastia di medici che lavorano in molte filiali sparse per tutto il paese.
L'incontro tra i due sarà burrascoso e sarà subito odio a prima vista. 
Ma cosa succederà quando i due si ritroveranno costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Eternity... ''Solo un amore impossibile può essere eterno.'' (Fallen-Lauren Kate)






*Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.





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Capitolo 17
*** Capitolo sedicesimo: Oscuri misteri. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic CAPITOLO SEDICESIMO- Oscuri misteri Buongiorno a tutte voi ragazze! ^-^

Finalmente la vostra pazza autrice è tornata dalla sua vacanza, piena di ispirazione ed energia, è quindi pronta a stupirvi. ;)
Bene, dopo quest'entrata teatrale(XD), passiamo al nostro nuovo capitolo.
Come già anticipato, la nostra beniamina va in città a fare compere per ciò che scoprirete qui di seguito, ma non è finita certo qua! u.u
Tante piccole cose importanti avverranno, una però spiccherà fra le altre, vi avverto già da adesso. Credo, infatti, che quest'ultima cosa vi lascierà molto, molto sorprese... muawahahah *risata malefica*
Detto questo:

BUONA LETTURA!


                                    Ci sono segreti che è meglio non scoprire.
                                   Ci sono segreti che è meglio non avere.
                                  E ci sono segreti che è meglio lasciare al tempo, perché è ciò che sono.
                                 Segreti del Tempo.


Capitolo sedicesimo: Oscuri misteri.




POV Amia


Mentre percorrevo i silenziosi corridoi del palazzo reale, non riuscivo a distogliere i miei pensieri dalla discussione che era avvenuta poco tempo prima. Andras era stato piuttosto chiaro sul fatto che, l'indomani, avrei dovuto fare qualsiasi cosa mi avesse ordinato, senza ribellarmi al suo volere. Ma... perché? Insomma, lui avrebbe anche potuto obbligarmi a fare la qualunque anche adesso, quindi che motivo aveva di usare la mia uscita in città come pretesto? Cosa diavolo gli era passato nella testa quando mi aveva posto la domanda?
Qui c'era qualcosa che non quadrava e, chiamatelo sesto senso, immaginavo che la cosa in questione non mi sarebbe affatto piaciuta. Anche perché, poco prima di oltrepassare la soia della sua stanza, avevo visto un pericoloso lampo di pura impazienza passare per i suoi occhi color cobalto. E Dio solo sa per quale oscuro motivo, certamente non piacevole data la fama del demone.
A quel punto, sapevo perfettamente che la decisione che avevo preso era stata soltanto l’inizio di un qualcosa di più grande.
Perché quando si prende una decisione, qualsiasi essa sia, gli ingranaggi del destino si mettono inevitabilmente in moto e si comincia a scivolare verso una forte corrente che porta in un luogo che mai avremmo potuto immaginare al momento della decisione.
A me però non interessava tanto la destinazione del viaggio che stavo intraprendendo, no, io speravo solo di potervi trovare alla fine la felicità che da tempo attendevo. Ed avrei lottato per essa, con tutte le mie forze. Avevo anche capito, ormai, che la vera felicità si poteva raggiungere solo stando accanto alle persone che si amano e, per quanto mi riguardava, tali individui si trovavano proprio qui, a corte. Dopo aver perso mia madre infatti, non c'era più nulla che mi legava al mio luogo d'origine, provavo nostalgia è vero, ma adesso la mia casa erano i miei amici, coloro che mi volevano veramente bene, non i cumuli di macerie che avrei certamente trovato sul mio pianeta. Quindi, se dovevo lottare, lo avrei fatto solo per loro. Katia e Raina erano, per ciò, la mia nuova casa, il posto a cui realmente appartenevo.
I propositi di vendetta non mi avrebbero portato a nulla se non ad una vita fatta di odio e rancore, sentimenti che, come diceva Raina, mi avrebbero consumato l'anima prima o poi.
E poi, anche volendo, ero troppo coinvolta in questa storia per compiere seriamente una missione di vendetta contro l'impero. Prima a causa della leggenda delle prescelte, ora per il nuovo sentimento che stava germogliando nel mio cuore verso... Andras...
Arrossì violentemente, non ero ancora abituata a pensare a lui in quel modo. Eppure, allo stesso tempo, mi sembrava tutto così tremendamente naturale...
Mi fermai in mezzo al corridoio, scioccata dei miei stessi pensieri. Domani il mondo sarebbe crollato, ne ero sicura.
Troppo concentrata nei miei pensieri, non mi resi conto della presenza di un altro individuo, tanto che, all'improvviso, venni quasi buttata a terra da un altro corpo che si era gettato, da dietro e con tutto il suo peso, su di me. Chi diavolo...
<< AMIA! >> mi urlò una voce familiare all'orecchio, quasi privandomi dell'udito data la sua voce acuta.
Alzai gli occhi al cielo, divertita. Dopotutto, chi altri poteva essere se non la mia pazza amica Raina?
<< Ciao anche a te Raina, si, sto bene anch'io, tu? >> risposi scrollandomela di dosso ed incrociando le braccia al petto, fissandola con un'espressione ironica sul volto.
<< Sì,
sto bene. Ma non è questo il punto! >> disse frettolosa, agitando le braccia come un'ossessa.
Non so perché ma qualcosa mi diceva che le avevano appena riferito dell'uscita in città.
<< Andremo a fare spese nella capitale oggi pomeriggio! >> urlò infatti alzando le braccia al cielo. Mi sembrava tanto un personaggio dei cartoni animati in questo momento, pensai, sorridendo sincera.
<< Guarda che io l'ho saputo prima di te. Sono già andata a chiedere il permesso ad Andras e... >> lasciai la frase in sospeso, sapendo benissimo che così l'avrei fatta morire di curiosità. Ed infatti, vidi i suoi occhi spalancarsi, chiaro segno della sua agitazione.
<< E... >> mi incitò, annuendo freneticamente con la testa.
<< E mi ha dato il suo consenso, alla fine. >> sorrisi facendole l'ok con una mano.
<< Okay, allora... Aspetta, aspetta! Che cosa significa quel ''alla fine''? >> chiese con la paura negli occhi, molto probabilmente immaginando già chi era la causa di quelle due paroline.
<< Andras ha posto la condizione che io domani faccia ogni cosa lui mi ordini di fare, senza obbiezioni. >> dissi in un soffio, torturandomi le mani.
<< Ah. >> rispose semplicemente lei, distogliendo lo sguardo dal mio.
All'inizio, sorrisi divertita, pensando a come era facile scoprire se la mia amica mi nascondeva delle cose. Ma poi, riflettendo meglio sulle sue parole, mi accorsi che aveva enfatizzato un po' troppo, per i miei gusti, quell'unica sillaba e quando faceva così c'era solo da preoccuparsi.
<< Cosa significa quel ''Ah''? Raina... >> dissi assottigliando lo sguardo.
<< Beh... io credo di conoscere il motivo per cui lo abbia fatto. >> rispose in un sussurro.
<< E che aspetti a dirmelo?! >> dissi esasperata dalla lentezza con cui mi diceva le cose. Ogni volta dovevo tirargliele con le pinze le risposte alle mie domande.
<< Oggi andiamo a fare spese in città. >> rispose sollevando leggermente lo sguardo su di me.
<< Sì,
fino a qua grazie al cielo ci sono. Ma non capisco cosa c'entri adesso sul motivo per cui Andras mi abbia fatto quella strana richiesta. >> dissi alzando spazientita un sopracciglio.
<< Noi andiamo lì perché dobbiamo acquistare delle cose per la festa che si terrà domani sera a palazzo. >> confessò con evidente sforzo.
<< Ah, non lo sapevo. Beh, che male c'è? >> dissi non capendo dove volesse andare a parare, facendo poi una smorfia contrariata. Possibile che fossi sempre l'ultima a sapere le cose?!
<< Sai, pochi giorni fa Damien è tornato a corte, dopo una missione e, come tradizione, quando torna un ufficiale importante si organizza una festa in suo onore. In questi giorni non si è avuto tempo per vari motivi e così la sua festa di bentornato è stata spostata a domani sera. E... >> deglutì non sapendo più dove guardare.
<< Forza Raina, arriva al punto della situazione! >> dissi seccata.
<< ... Ed è concesso portare i propri servi alla festa, sai, per qualsiasi evenienza... >> finì in un debole sussurro.
Nel momento esatto in cui Raina finì di pronunciare quella frase, fui quasi certa che il mio cuore avesse smesso di battere per qualche secondo. Perché adesso, non mi era più difficile fare due più due e sapere che, accettando la condizione di Andras, mi ero scavata la fossa da sola.
Quel demone mi avrebbe sicuramente umiliato difronte l'intera nobiltà demoniaca ed io non avrei potuto fare assolutamente nulla per evitarlo. Sì, perché il sorriso raccapricciante che aveva fatto poco prima che uscissi dalla stanza, prometteva esattamente questo.
Strinsi i pugni con così tanta forza da far sbiancare le nocche. Il bastardo, con quella condizione, mi aveva legato le mani. Sapeva perfettamente che, per una donna d'onore come me, era d'obbligo rispettare i patti stabiliti.
Dannazione!
<< Amia... >> mi disse Raina mettendomi affettuosamente una mano sulla spalla.
<< Tranquilla, sto bene. Me la vedrò io stessa con Andras domani. >> dissi trattenendo a stento un urlo frustrato.
La vidi annuire incerta per poi osservare con occhi adoranti qualcosa alle mie spalle. Mi girai lentamente, sapendo benissimo chi poteva far illuminare tanto il volto della mia amica. Infatti non mi stupì per niente quando vidi arrivare da lontano Damien, che più che camminare sembrava partecipare ad una sfilata di moda maschile. Il solito egocentrico vanitoso, pensai divertita, perché si, nonostante tutto, Damien mi stava simpatico. Lui infatti non mi aveva mai trattata come la schiava personale dell'imperatore, primo punto a suo favore. Era gentile con la mia amica, secondo punto positivo, ed infine era simpatico e divertente da quel che avevo potuto vedere e capire, quindi potevo pure affermare che passava a pieni voti.
<< Buongiorno ragazze! >> salutò con un gran sorriso.
Mi chiedevo sempre più spesso come un personaggio del genere potesse essere amico di Mr. Ghiacciolo. Insomma, Andras non avrebbe mai sorriso così, nevicherà in Agosto prima che succeda, pensai sconsolata.
Mi morsi il labbro inferiore. Però... quanto mi era piaciuto vederlo sorridere leggermente quelle poche volte che eravamo stati insieme...
<< Carotina, posso sapere a chi stai pensando con quello sguardo da maniaca? >> disse ridendo Damien.
<< A nessuno! E poi io non ho uno sguardo da maniaca! >> risposi sulla difensiva, arrossendo involontariamente.
<< Quindi un certo demone di mia conoscenza non c'entra nulla. >> disse il biondo sorridendo sornione.
<< No, Andras non c'entra minimamente. >> risposi cercando di sembrare abbastanza convincente.
<< Io però non ho mai citato il nome di Andras... >> affermò il demone con uno sguardo da ''Ormai ti ho beccata, è inutile che provi a negare''.
Spalancai gli occhi e la bocca, non sapendo più che inventarmi. Mi aveva appena beccata e fregata allo stesso tempo. Si, era sicuramente un degno amico di Andras.
<< Andiamo Raina? >> dissi ignorando il demone biondo, per poi girarmi con un sorriso forzato verso la mia amica, ritrovandomela però davanti con la stessa espressione compiaciuta di quel depravato di Damien.
Questo significava solo una cosa: quando saremmo state sole, Raina mi avrebbe imbottita di domande a cui, come sempre, non avrei potuto sfuggire. La paura mi assalì, niente era peggio di un interrogatorio con lei.
Stavo per ammonirla con lo sguardo ma quando osservai meglio i due piccioncini, mi resi conto, con un sorriso, che quei due erano sul serio delle anime gemelle, uguali in tutto e per tutto.
Certo che... doveva essere bello avere un legame tanto stretto con un'altra persona, un'intesa così... forte...
Le immagini di me ed Andras che litigavamo furiosamente mi tornarono, dolorose, alla mente.
Mi misi entrambe le mani ai lati della testa.
No, adesso basta, dovevo smetterla di paragonare loro due con me ed Andras. Noi eravamo diversi da loro.
Già. Troppo diversi... l'uno dall'altra...
<< Ehi, perché sei diventata triste adesso? >> mi chiese Raina allarmata.
<< Niente, lascia stare. Possiamo andare a prepararci per la nostra uscita in città, per favore? >> dissi con voce strozzata.
<< Certo. >> mi rispose << Noi ci vediamo stasera, Damien? >> continuò rivolta al demone biondo che annuì in risposta.
<< Carotina, se è per ciò che ho detto prima... >> cominciò il demone.
<< No, tu non hai colpe, sono io. Ma ora non voglio parlarne, okay? >> dissi abbassando lo sguardo.
<< Sì
, capisco. Allora divertitevi ragazze. >> ci salutò, voltandosi ed andandosene dopo aver scambiato un ultimo sguardo d'intesa con la mia amica.

Io e Raina, stavamo camminando in direzione delle cucine da ben dieci minuti, ma ancora la mia amica non aveva proferito parola. Strano, molto strano. Dovevo forse prenderlo per un cattivo segno?
Le lanciai un'occhiata di sottecchi e notai che aveva lo sguardo perso nel vuoto, sembrava che stesse riflettendo su un qualcosa di molto importante. Presa dalla mia solita curiosità mi feci avanti chiedendole: << Raina? Tutto bene? >>
Lei parve ridestarsi da un sogno ad occhi aperti e mi disse stranulata: << Cosa? >>
<< Ho detto, che cosa ti prende? Stai bene? >> dissi cominciando a preoccuparmi seriamente per lo strano atteggiamento della mia amica. Da quando la conoscevo, solo poche volte aveva assunto quell'espressione così assorta e tutte le volte non era stato un buon segno dato che poi si finiva sempre per parlare di argomenti molto spinosi per la sottoscritta.
<< Si... >> rispose mesta.
<< Raina, dimmi pure, sono psicologicamente pronta. >> la rassicurai allora con un sorriso, non troppo convinta delle mie stesse parole.


Fa che non sia nulla di grave. Fa che non sia nulla di grave. Fa che non sia nulla di grave.

<< A te piace Andras, vero? >> gettò la bomba, penetrandomi con lo sguardo.
Oh cazzo.
Sospirai. Dovevo aspettarmi una domanda del genere dopotutto.
<< Beh... sì.
>> confessai dopo un attimo di titubanza. Era inutile continuare a negare l'evidenza, si era capito ormai e poi, mi fidavo della mia amica, quindi a lei potevo pure dirlo ma... cavolo. Era la prima volta che confessavo i miei sentimenti ad alta voce e devo dire che faceva veramente uno strano effetto.
Piacevole da un lato, perché era come se mi fossi tolta un peso dal cuore, ma sconvolgente dall'altro dato che, ora che l'avevo ammesso ad alta voce, era ufficiale:
a me piaceva Andras.
<< Perché accidenti non me lo hai detto?! >> mi accusò offesa, interrompendo il fluire dei miei pensieri.
<< Eri triste perché non ti ho rivelato che mi piace Andras? >> dissi improvvisamente consapevole. Più che una domanda, infatti, la mia frase era suonata come un'affermazione.
<< Ovvio, no? Pensavo fossimo amiche, perché accidenti non me lo hai detto prima?! >> continuò la sua predica con fervore.
<< Perché l'ho scoperto praticamente un'ora fa. Fammi elaborare il concetto almeno a me, sai quanto è stato difficile ammetterlo a me stessa? Adesso poi, l'ho detto per la prima volta ad alta voce... >> confessai arrossendo leggermente.
<< Quindi sono la prima a cui l'hai detto? >> disse illuminandosi di luce propria.
<< Sì
e... >> cominciai, ma venni subito interrotta dall'abbraccio mozzafiato di quella pazza di Raina.
Lei era fatta così, passava da un polo all'altro della scaletta delle emozioni. Bastava un nulla per farla sprofondare in un baratro oscuro, così come una sola parola aveva il potere di renderla incredibilmente felice.
<< Allora sei perdonata! >> mi assicurò con un sorriso radioso.
<< Oh, grazie. Mi sento onorata. >> risposi sarcastica.
<< Bene. Adesso che entrambe siamo innamorate dei nostri bei demoni, possiamo cominciare il piano di conquista e... >> cominciò euforica, con gli occhi che sognavano chissà quale possibile futuro fra le rispettive coppie.
<< Raina, io ho detto che Andras mi piace, non che ne sono innamorata. >> la interruppi bruscamente, precisando i miei attuali sentimenti.
Insomma, mi sembrava ancora troppo presto per l'amore, non poteva certo pretendere che così, di punto in bianco, mi innamorassi pazzamente di lui! Era assurdo.
Anche se...
Mi morsi agitata l'interno guancia, mentre un'improvvisa paura avvolgeva in una dura morsa il mio cuore.
Avevo paura.
Si, paura, perché il rischio di innamorarmene c'era. Eccome se c'era.
<< Amia... >> riprese Raina, raddolcendosi difronte il mio sguardo smarrito, per poi mettermi una mano sulla spalla.
Ma i miei occhi, carichi di stanchezza, fermarono sul nascere il suo discorso.
Ero stanca. Stanca di parlare sempre e solo di una cosa: il rapporto fra me ed Andras.
Continuando così sarei certamente crollata come un castello di carte, perché il punto era che non sapevo nemmeno io cosa mi aspettavo dal nostro rapporto, se così si poteva definire ciò che c'era fra noi, e tutta questa pressione da parte di Raina non faceva altro che confondermi ancora di più le idee.
Avevo bisogno di tempo per riflettere meglio su tutto quello che fino ad ora era avvenuto fra me ed il demone e lei, fortunatamente, parve capire questa mia esigenza, dato che mi rivolse un sorriso consapevole che io ricambiai con profonda gratitudine, ringraziandola silenziosamente. Avrebbe aspettato e ciò, fatto da una ragazza tutto pepe come lei, era davvero una cosa di grande valore.
<< Ragazze mie, ma dov'eravate andate a finire? Dobbiamo partire! >> esordì Katia, piombando dal nulla, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi sul viso paffuto.
<< Adesso? Ma l'uscita non era programmata per questo pomeriggio? >> disse Raina confusa.
<< Sì, ma c'è stato un cambio di programma. Allora, siete pronte? >> annunciò come una scolaretta alla prima gita scolastica.
Io e Raina ci guardammo ed annuendo decise dicemmo all'unisono: << Sì parte! >>

Appena fummo scese dall'auto scura che aveva condotto me, Katia, Raina e le altre donne adibite alle commissioni nella grande capitale, ci dirigemmo verso una delle strade che si slogava dalla vasta piazza circolare in cui ci trovavamo.
Sia io che Raina, non avevamo mai visto la capitale, che avevo scoperto si chiamasse Aranel,
così da vicino. Infatti, l'avevamo potuta osservare, vagamente, solo per quel poco tempo passato in auto durante il tragitto dalla piazza militare, dove eravamo state portate in prigionia, al palazzo reale. Quindi, era più che plausibile che, adesso, avessimo entrambe un'espressione a dir poco allibita in viso.
Ricchezza, magnificenza, potere. Tutto questo trasudava, infatti, da ogni poro delle mura cittadine, rendendo l'intero luogo la punta di diamante dell'Impero di Alloces.
I palazzi erano decorati tramite varie rifiniture eleganti e materiali dall'aspetto molto prezioso, ogni cosa era pulita alla perfezione e niente era fuori posto. Sembrava quasi che la grande città fosse immutabile nel tempo, eterna nella sua perfezione.
Notai poi che la via che stavamo percorrendo era particolare, i suoi muri infatti, al contrario degli altri in marmo bianco, erano decorati da diversi mosaici colorati, che donavano agli osservatori un vago senso di movimento verso la fine della via dato che le figure disegnate sembravano formare alte onde marine.
Nella via vi erano moltissimi negozi, e mi accorsi che ognuno di essi esponeva nelle vetrine prodotti di decorazione degli interni, mobili, luci e quadri. E non mi ci volle troppo per capire che, nel loro genere, erano i negozi più prestigiosi della città; infatti vedevo le donne che ci avevano accompagnate osservare con invidia il contenuto dei locali, consapevoli di non potersi permettere in alcun modo quei magnifici oggetti.
Andras, essendo l'imperatore, poteva invece permettersi quello e molti altri lussi, così come tutti gli altri nobili di alto rango dell'impero.
All'improvviso Katia si fermò difronte un'alta porta in legno pregiato e l'aprì, facendo tintinnare il campanello dorato in alto. Appena entrata osservai che in quel luogo si vendevano oggetti di vario genere e vidi, con poca sorpresa, che il negozio era sfarzoso in ogni suo aspetto dato che persino le commesse indossavano vestiti firmati.
Scossi la testa. Era triste vedere quanta ricchezza veniva ostentata dagli aristocratici in confronto alla povertà che vagava fra gli umili servi al loro servizio, anche se si poteva notare che quelli di corte erano di un gradino più alto rispetto agli altri dato che, al contrario degli altri, portavano vestiti non strappati seppur non fossero della migliore stoffa. Constatai quindi che la situazione in cui io e Raina ci trovavamo era decisamente privilegiata, considerando poi che avevamo scoperto di essere delle prescelte...
<< Amia! Vieni a vedere cosa ho trovato! >> urlò Raina, guadagnandosi un'occhiataccia da parte delle commesse che fu però altamente ignorata da lei, osservai con un sorriso divertito.
La raggiunsi, per poi seguirla in un corridoio a sinistra del locale che terminava in un ampia stanza ottagonale decorata con molti quadri ritraenti cavalieri e nobili a me sconosciuti, di cui ne riconobbi solo due: Andras e Damien, i quali indossavano armature aderenti e lucenti nere. Il primo però portava sopra la nuca una corona adornata da migliaia di pietre preziose, indicante il suo status di regnante.
<< Incredibile, ti incanti anche davanti ad un suo ritratto adesso? >> mi prese in giro la mia amica, nascondendo una risata.
Io, per niente scomposta, le dissi con un ghigno: << Disse quella che si trovava proprio difronte il ritratto del suo amato. >>
Lei allora borbottò qualcosa e, con un broncio, si diresse verso una teca in vetro che si trovava nella parte est della camera. Appena le arrivai accanto, spalancai la bocca ammirata. Esposti nella teca, infatti, vi erano i più bei gioielli che avessi mai visto. In particolare, uno aveva attirato la mia attenzione: aveva una forma ovale ed era sfaccettato in una moltitudine di facce che, colpite dalla forte luce del lampadario in argento e oro, facevano risplendere di luce propria il magnifico gioiello dalla pietra blu. Una spilla degna di nota.

Esattamente lo stesso colore degli occhi di Andras...

<< Perché non glielo regali? >> mi chiese dolce Raina, arrivandomi affianco e sporgendosi anche lei ad osservare il gioiello.
<< Ma che dici?! >> risposi rossa in viso, allontanandomi leggermente da lei.
<< Sei un caso perso. >> continuò lei.
<< Anche se volessi comprarlo, dimmi tu con quali soldi potrei farlo! >> dissi, stizzita.
<< Ci hanno dato parecchi soldi a corte, prima di partire, potresti usare quelli. >> affermò con nonchalance la mia amica.
<< Tu sei pazza. >> le risposi incredula da tanta sfacciataggine. Insomma, tutto aveva un limite, ma lei sembrava agire seguendo solo le sue personali regole.
<< Dài, nessuno lo verrà mai a sapere! Diremo che è un regalo per Damien così come farò io con questo! >> disse indicandomi con un dito un gioiello dalla pietra color dell'oro.
Spalancai gli occhi per poi dire: << Gli farai un regalo? >>

<< Sì, per adesso non posso comprarglielo con i miei soldi, dato che non ne possiedo, ma... è il pensiero che conta, no? >> continuò sicura di sé.
Che fare?
Una parte di me diceva di non prendere quell'oggetto tentatore, sarebbe stato sciocco e fuori luogo. Ma, in un angolo remoto del mio cuore, un'altra voce urlava invece di comprarlo, speranzosa di poter rivedere così lo splendido sorriso del demone di ghiaccio.
Mi morsi il labbro inferiore, indecisa sul da farsi.
<< Non credo che ad Andras piacciano queste cose... materiali... >> obbiettai, cercando di farla ragionare.
<< Sciocchezze. Questo non è un semplice regalo, ma un atto simbolico che sancisce il vostro legame in attesa del ciondolo che un giorno ti donerà come simbolo del suo amore per te. >> disse solenne.
Risi amara per poi affermare con voce rotta: << Non credo che quel giorno arriverà mai Raina. Lui...
non sa amare. >>
<< Avverrà, è scritto nel vostro destino. >> rispose con gli occhi accesi da una fiamma ardente.
Rimasi interdetta dalle sue parole, il suo tono, le parole che aveva usato... Raina, dimostrava sempre una tale calma e capacità di logica in simili situazioni da sorprendermi e lasciarmi sempre con l'amaro in bocca. Perché anche io avrei voluto avere le sue capacità, seppur fossi forte di carattere, infatti, tendevo a lasciarmi trasportare troppo dalle emozioni. Dovevo imparare a controllarmi.
Annuì decisa, lo avrei fatto. Al momento adatto gli avrei consegnato personalmente la spilla.
<< Posso aiutarvi? >> chiese apparentemente gentile una commessa appena entrata dal corridoio che, poco prima, io e Raina avevamo percorso per arrivare nella stanza ottagonale. Infatti, l'espressione altezzosa e sprezzante tradiva la buona educazione che tentava di far trasparire, rendendo il tutto piuttosto grottesco.
<< Vorremmo queste due spille, grazie. >> le rispose Raina con tono superiore.
Le due donne si osservarono minacciose per qualche istante, poi la donna si diresse verso la teca e, dopo aver preso i gioielli che le avevamo indicato, disse: << Seguitemi, prego, di qua. >>
Durante il tragitto, la commessa non fece domande riguardo i nostri acquisti, quindi non dovemmo nemmeno inventare la scusa che aveva proposto la mia amica. Ero più che mai convinta che l'avremmo fatta franca a quel punto quando, non appena raggiungemmo il bancone per il pagamento, io e Raina ci ritrovammo addosso ben otto paia di occhi puntati su di noi.
Merda.
<< La madre dell'imperatore mi ha ordinato, poco prima di uscire, di comprare delle spille preziose. Da mettere sulle divise militari, suppongo, per il figlio e il primo generale. >>
Vidi, con la coda dell'occhio, il viso di Raina scattare scioccato verso il mio, in cerca del mio sguardo. Sguardo, che trovò serio e a prova di bomba. Sì, perché a parlare era stata proprio la sottoscritta.
Un coro di applausi si scatenò dentro di me non appena vidi i vari volti presenti nella stanza rilassarsi e le commesse battere i prezzi sulla cassa come se niente fosse accaduto.
Potevo fare l'attrice professionista, mi complimentai mentalmente con me stessa mentre aiutavo Katia e le altre a portare le buste con i nostri acquisti, fuori dal locale.
<< Katia, noi vorremmo fare un giro qua nei dintorni, ci aspettereste nella piazza che abbiamo sorpassato prima, per favore? >> chiese con un sorriso che voleva sembrare innocente, Raina.
<< Certo cara, noi compriamo altre due cosette e poi vi attendiamo lì. Non fate tardi però, mi raccomando. >> rispose la donna.
Raina annuì energicamente e, con un occhiata, mi fece segno di fare lo stesso.
Dopo che Katia e le altre donne che ci avevano accompagnate girarono l'angolo, Raina mi diede una pacca sulla spalla dicendo: << Sei stata grande! Se non avessi saputo la verità, ti avrei creduto anche io guarda! Ma dove diavolo la tenevi questa tua dote nascosta, eh? >>
<< Beh, a dir la verità sono sorpresa pure io. >> risi.
<< Okay, detto questo possiamo andare, ma molto lentamente, voglio godermi questi ultimi istanti di libertà. >> disse la mia amica con espressione rilassata.
Alzai un sopracciglio, ridendo scettica: << Ma come, non vuoi tornare subito fra le braccia del tuo unico amore? >>
Raina mi rifilò un'occhiataccia per poi dire: << Se fosse veramente così, non ti avrei già mollata qua da un pezzo, secondo te? >>
<< Ah, grazie! >> risposi, fingendomi offesa.
Entrambe scoppiammo a ridere, felici di poter passeggiare insieme, anche se per i pochi tratti poco prima percorsi, dato che non volevamo rischiare di perderci per delle vie a noi sconosciute. Così, fra aperte risate, ci incamminammo allegramente verso il punto di ritrovo prestabilito.

Dopo non molto però, una strana ed inquietante sensazione si fece strada in me, facendomi venire i brividi. Un gelo molto più freddo di quello che stava cominciando a spirare fra le fronde degli alberi nei viali, mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. Il cuore accelerò i suoi battiti, che divennero in breve tempo frenetici.
<< Amia? Amia?! >> mi richiamò la voce di Raina. La mia amica si trovava proprio accanto a me eppure... la sua voce mi arrivava così lontana... perché? Cosa diavolo mi stava accadendo?
Aprì la bocca per parlare, ma dalle mie labbra non uscì nessun suono, la voce era come scomparsa nel nulla. Mi portai allora una mano alla gola, mentre gli occhi mi cominciarono a bruciare dolorosamente. La vista che si appannava.
Non molto lontana da me, riuscì però a scorgere, fra la massa di gente che camminava intorno a noi, una figura incappucciata avvolta da uno scuro mantello. Il quale svolazzava libero, mosso da un vento soprannaturale, troppo forte per essere paragonato al gelido soffio di vento già presente.
A causa della vista appannata, non fui in grado di scorgere il viso della figura misteriosa, che sembrava ulteriormente nascosto dal cappuccio del lungo mantello.
Mi si mozzò il fiato quando, dall'oscurità del cappuccio, comparvero due occhi rossi come il sangue. I quali, mi accorsi con orrore, stavano fissando proprio me.

Perché Raina non si accorge di niente? Perché tutto questo sta accadendo solo a me? Chi è quell'essere mostruoso e cosa diamine vuole da me?

Ormai non sentivo più niente, se non un dolore lancinante alla mia anima, sembrava che il mondo avesse smesso di ruotare. Esistevamo solo io e l'oscura figura incappucciata, che continuava ad inchiodarmi con quegli occhi rosso cremisi, come a studiare smaniosa la mia anima, il mio intero essere.
Paura ed inquietudine mi avvolsero allora prepotenti, mentre una voce dentro di me continuava a gridare di scappare, di fuggire dallo sguardo oscuro e senza tempo della misteriosa figura. Ed io volevo farlo, disperatamente, ma non potevo. Non potevo perché una strana forza mi teneva in pugno, non lasciandomi possibilità di movimento.

Andras, aiutami!

Urlai in preda al panico nella mia mente, cercando di far arrivare il mio messaggio d'aiuto al demone. Che cosa sciocca poi, io non avevo certo un simile potere... si, ma forse, tramite il legame che ci univa... dovevo tentare almeno. Perché c'era qualcosa dentro di me, che mi diceva che quell'essere era pericoloso. Molto pericoloso.

Andras, Andras! Aiutami ti prego!

All'improvviso la figura incappucciata mosse impercettibilmente una mano da sotto il mantello e fu come se venissi risucchiata da essa. In pochi istanti, mi ritrovai impotente davanti ad essa. Inerme difronte ciò che era ormai diventato il mio incubo personale.
Poi, da sotto il mantello si fece strada un altro braccio muscoloso, che si avvicinò pericolosamente al mio viso. Con due dita andò a toccare la mia fronte ed il buio mi avvolse definitivamente.

Muffa, odore di sangue rappreso, puzza di acido.

Aprii gli occhi in preda all'affanno, respirando a stento. Che cosa era successo? Cosa...

... Oh mio Dio...

Stupita come mai in vita mia, vidi che mi trovavo in una valle in fiamme che si estendeva intorno a me per chilometri. I palazzi che vi si trovavano, infatti, bruciavano senza sosta, preda di alte fiamme inarrestabili e furiose.
In lontananza, invece, si sentivano le urla strazianti di donne e bambini e le grida disperate degli uomini.
G
uardandomi intorno, frenetica, non scorsi però nulla, seppur continuassi a sentire quelle urla e quei gridi, io ero sola. Sola in un luogo a me sconosciuto.
Successivamente però, spalancai ancora di più gli occhi quando, con orrore, mi resi conto che in realtà io sapevo dove mi trovavo. Focalizzando meglio il posto, infatti, mi accorsi che ciò che avevo davanti era Aranel, la capitale dell'impero.
Sul terreno, sangue, bambole strappate in più punti, armi spezzate, facevano bella mostra di se, rendendo il paesaggio circostante ancora più triste e devastato irreparabilmente.
Improvvisamente, sentì una potente scossa ed ancora il paesaggio mutò. Davanti a me, adesso, si stagliava il palazzo reale, anch'esso in balia delle fiamme e cadente a pezzi. Le sue mura crollavano e le alte torri si sgretolavano come sabbia fra le dita, impotenti difronte la superiorità delle fiamme ardenti.

Che diavola sta accadendo?! Dove mi trovo?!
Mi scoppia la testa... pensai mettendomi le mani fra i capelli e stringendo i denti.

<< Benvenuta. >> disse una voce pesante, che sembrava provenire da un altro tempo, riscuotendomi dai miei pensieri.
Mi girai verso il luogo da cui proveniva la voce e mi accorsi, tremante, che essa era scaturita dalla stessa figura incappucciata che avevo visto poco prima nella strada.
Indietreggiai, impaurita, mettendomi poi una mano alla bocca, per trattenere un urlo, non appena notai di essere seduta sopra ad un ammasso di ossa a cui, ad alcune, era ancora attaccato qualche pezzo di carne.
Un conato di vomito mi salì, prepotente, alla bocca.
Tolsi, dopo non molto, la mano da essa, accorgendomi solo ora di un particolare piuttosto rilevante. Guardando attentamente la mia mano infatti, mi accorsi, impaurita, della grande quantità di sangue che vi era sparso sopra.
Le mani mi cominciarono a tremare, incapaci di fermarsi.
<< Sorpresa? Guarda che la causa di tutto questo sei stata proprio tu... >> continuò la voce, ridendo maligna.
<< Chi diavolo sei?! Cosa vuoi da me?! >> gli gridai contro furiosa, cercando, invano, di togliere il sangue dalle mani.
<< Questo non posso ancora rivelartelo prescelta. Sappi soltanto che a causa tua tutti coloro che ami moriranno, tutto ciò che conosci scomparirà. >> disse l'essere che, senza che me ne accorgessi, si era avvicinato a me.
<< Dove sono? >> ebbi la forza di chiedere, con voce rotta da un pianto che minacciava di scoppiare da un momento all'altro.
<< Nel futuro! Te l'ho appena detto, questo è ciò che accadrà per colpa tua. >> rivelò con voce grave.
<< Come? Ma... >> mi interruppi, sentendo una lacrima scorrermi sulla guancia.
Non ci stavo capendo più nulla. Che diamine voleva dire?! E perché mi sentivo così tremendamente debole ed indifesa?! Dovevo reagire in qualche modo, cazzo!
<< Se vuoi evitare tutto questo, devi andartene via, lontano dall'imperatore. >> mi ordinò perentoria la voce della misteriosa figura.
<< Perché? Cosa c'entra in tutto ciò Andras, adesso? >> chiesi, bisognosa di sapere.
<< Oh, piccola prescelta, il tuo amato nasconde segreti così oscuri... atrocità che tu nemmeno immagini... >> soffiò sul mio viso, rilasciando una nebbia che mi fece tossire convulsamente.
Detto questo, si alzò e si allontanò, con mio sommo sollievo, da me. Poi, girando lievemente la testa in mia direzione, disse con voce raccapricciante: << Segui il mio consiglio, prescelta. Se vuoi evitare che si scateni l'apocalisse, abbandona l'imperatore. >>
Appena finì di pronunciare quella frase, scomparve, portato via da una nebbia oscura che inghiottì completamente la sua figura. La stessa nebbia poi, si diresse velocemente verso di me ed io, allora, cominciai a correre a perdifiato, cercando di sfuggirvi.
Ma il mio tentativo di fuga fu vano perché, dopo poco, la nebbia inghiottì anche me, facendomi sprofondare di nuovo nel buio assoluto.




ANGOLO AUTRICE:

Eh voilà! *fa un inchino*
Eccoci arrivati alla fine di questo lungo capitolo. Finalmente arrivato a voi, dopo giorni di attesa. XD
Bene, bene. Come vi è sembrato? Vi è piaciuto?
Fatemi sapere tutto ciò che vi passa per la mente tramite una, anche piccola, recensione, sapete che sono sempre molto curiosa e felice di leggere quello che, pazientemente, scrivete nelle recensioni. Mi fareste davvero contenta, sul serio, anche perché, abbiamo molti punti da discutere grazie a questo capitolo. :D
Insomma, Amia(grazie al cielo XD) rivela per la prima volta ad alta voce i suoi veri sentimenti per il bel tenebroso, poi c'è la gita nella capitale, Aranel(si, io scelgo sempre nomi strani u.u) ed infine abbiamo l'evento... Che cosa è successo alla protagonista? Volete scoprirlo, eh? Ahahahah, beh, lo saprete nel prossimo episodio care mie, mi spiace. XD
Però voglio essere buona: a coloro che lasceranno una recensione, infatti, dirò in anticipo una piccola cosa che accadrà nel prossimo capitolo e non aspettate che siano le altre a recensire, perché ogni piccola cosa sarà diversa dall'altra, quindi più cose volete sapere, più recensioni dovete lasciare ma, ovviamente, nessuno vi obbliga. u.u
Ok, sono cattiva, altro che buona. Ahahaha
Però le promesse che faccio le mantengo sempre, lo sapete, quindi... :3
Spero di avervi lasciato a bocca aperta, lo scopo era quello, ahahah, quindi aspetto con ansia le vostre recensioni. :)
Nel prossimo capitolo si svolgerà il famoso ballo, cosa accadrà? Qualcuna di voi lo immagina?
Beh, che scoppieranno scintille fra Amia ed Andras lo sappiamo, ma... come e perché accadranno no. é_é
Per eventuali domande, non avete quindi che da contattarmi ragazze, nei limiti, risponderò con grande piacere a tutte voi. ;)

Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:
-Le preferite: 18
-Le ricordate: 9
-Le seguite: 46
e me fra le autrici preferite: 5.
Inoltre, GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono, siete fantastiche ragazze!
*-*

Non perdete il prossimo capitolo, alla prossima!


Bacioni, vostra Ashwini. <3


P.S.: Volevo avvisarvi che ho apportato delle modifiche ad alcuni capitoli, specialemente nel prologo, alcune sono banali(ad esempio ho tolto il ''inizio/fine flashback'' su consiglio di una di voi), ma gradirei ci deste un'occhiata per eventuali incomprensioni.
P.S.2: Inoltre, avevo una richiesta per voi: sapreste dirmi se qualcuna è disposta o conosce qualche altra persona in grado di fare il trailer della storia su YouTube?
P.S.3: Con una delle ragazze che recensiscono abitualmente i capitoli della storia e con cui ho instaurato un buon rapporto di amicizia, MeliIiIi
, sto scrivendo una nuova storia di genere romantico. Mi farebbe molto piacere che ci deste una piccola occhiata, non ve ne pentirete. ;)

L'armonia del silenzio
Nella grande metropoli londinese, Alicia, ragazza universitaria vispa e senza peli sulla lingua, si ritroverà a condividere l'appartamento con l'arrogante amico d'infanzia, Nathan. Fra litigi e aspre discussioni, la convivenza sarà tutt'altro che semplice e, contro ogni previsione, una discussione più accesa delle altre sfocerà in una reazione decisamente diversa dalle precedenti.
Passione ed attrazione sconvolgeranno irrimediabilmente la normale routine dei protagonisti che, alla fine, cederanno alle tentazioni, credendo di riuscire a gestire la situazione.
Ma se qualcosa andasse storto?

Ci firmiamo con il nome Luthien_13. :D






*Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.












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Capitolo 18
*** Capitolo diciassettesimo: Un risveglio particolare, fraintendimenti ed audaci provocazioni. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic CAPITOLO DICIASSETTESIMO- Un risveglio particolare fraintendimenti ed audaci provocazioni Ciao a tutte voi ragazze! ^-^
Ecco il nuovo capitolo, appena sfornato. :D
Bene, bene. In questo capitolo accadono molte cose, tra cui alcune che vi faranno certamente ridere contente(la vostra autrice è stata buona :3). Non vi dico altro, non vorrei rovinarvi la sorpresa.

BUONA LETTURA!




Vαle ѕeмpre lα peɴα rιѕcнιαre
per qυello cнe ѕι deѕιderα verαмeɴтe.




Capitolo diciassettesimo:
Un risveglio particolare, fraintendimenti ed audaci provocazioni





Pov. Amia

Amia... svegliati.

Mossi impercettibilmente le palpebre, disturbata da quella voce che riecheggiava nella mia testa. I sensi che si risvegliavano da un sonno senza sogni, oscuro e profondo come la notte eterna.
Olfatto... sentivo, vagamente, un odore di pesche accanto a me, soffice e delicato.
Tatto... mossi le dita della mano, accorgendomi di star toccando un tessuto liscio e dalla fattura pregiata... un odore di menta e gigli bianchi mi invase...
Aprii leggermente la bocca, preda di un'improvvisa sete acuta. La gola era diventata secca come le piante negli aridi deserti.
Udito... in lontananza, sentì dei silenziosi ed accurati movimenti; ancora stordita, non riuscì ad identificare da dove provenissero quei misteriosi rumori in sottofondo.
Mossi, allora, nuovamente le palpebre, con non poco sforzo, cercando di svegliarmi. Con tutta la forza di volontà di cui disponevo in quel momento di confusione, alzai debolmente una mano, muovendo con una lentezza esasperante le dita, come a voler acchiappare l'aria che mi circondava.
Mi bloccai sorpresa non appena sentì una mano maschile abbassare, senza il minimo sforzo data la mia debolezza, il braccio teso sul morbido lenzuolo. Poi, sentii un rumore di porcellane che si scontravano, mentre lo sconosciuto metteva un dito sotto il mio mento per poi alzarmelo leggermente.


Apri la bocca.

Sentii dirmi, anzi era più corretto dire ordinarmi, dalla misteriosa voce di poco prima. Corrugai la fronte, riflettendo sul fatto che io la conoscevo quella voce, mi era familiare... dura, fredda ed autoritaria... eppure, vi scorgevo un filo di... sollievo?
Come ipnotizzata dal suono tremendamente familiare di quella voce, feci come mi aveva ordinato di fare, ricevendo in risposta un risata compiaciuta. Successivamente sentì lo sconosciuto bere ma, aguzzando l'udito, capì che però non aveva inghiottito il contenuto di quanto bevuto. Poco dopo, percepii, con mia enorme sorpresa, le sue soffici labbra che si posavano dolcemente sulle mie, spingendo per aprire ancora di più la mia bocca che reagì consenziente, richiamata dal loro tocco ormai riconosciuto.
Gusto... un liquido fresco e dal sapore dolce si riversò nel mio palato, assolvendo il mio desiderio di bere.
Sospirai appagata, era come se quella bevanda mi avesse restituito un po' di forza in più, forza che usai per aprire i miei occhi ed osservare, piena del nuovo sentimento che stava pian piano crescendo in me, il demone dagli occhi color cobalto.
Sorrisi sincera. Il bacio ricevuto non poteva essere d'altri se non del mio imperatore. E per un attimo, uno soltanto, fui sconvolta da quel pensiero; perché anche per me era difficile capire se in quella frase ci fosse nascosto dietro un altro, ben più profondo, significato.


Hai... sentito il mio richiamo e sei venuto a salvarmi?

Domandai mentalmente con ancora un evidente stanchezza, ma seppur sentissi il bisogno di riposare, io dovevo sapere. Potevamo davvero comunicare tramite il solo pensiero? E se era così, come era possibile?
Una risposta vorticò allora nella mia testa. E se fosse dovuto all'aver ammesso di provare qualcosa per lui?


Si, mentre ero in riunione ho sentito una voce nella mia testa che mi chiedeva aiuto, all'inizio era confusa ma poi, al tuo secondo richiamo, si è fatta più chiara e, dopo averti riconosciuta, sono corso da te.

Mi arrivò immediata la sua risposta.
Spalancai gli occhi. Che cosa? Ma come sapeva dove mi trovavo?
Glielo chiesi, allora, sempre mentalmente.


Non capisco come sia possibile ragazzina ma a quanto sembra, oltre a poterti parlare tramite il pensiero, adesso riesco anche a percepire la tua presenza in qualunque posto tu ti trovi nei momenti di pericolo. Concentrandomi ho quindi potuto scoprire dove ti trovavi.

Santo cielo, ma era davvero tutto merito della mia ammissione? No... c'era ben altro, doveva esserci maledizione!
Lo guardai gongolando con un sorriso malizioso. Dopotutto chi me lo diceva che anche lui non avesse fatto, in qualche modo, un passo avanti nel rafforzamento del nostro legame?
<< A che diavolo stai pensando, ragazzina?! >> mi ammonì Andras con sguardo severo, notando sicuramente il mio sorriso.
<< A quanto ho capito sei corso subito da me... eri forse preoccupato per la mia incolumità? >> risposi vittoriosa. Non potevo farci nulla, mi sentivo importante in quel momento e ciò, ne ero certa, mi faceva sorridere come un ebete.
Lui però, al contrario delle mie aspettative, si avvicinò serio e per nulla scomposto a me, arrivando a sfiorarmi il naso con il suo. Cosa che fece aumentare inevitabilmente i battiti del mio cuore. Imprecai mentalmente. Dannato organo pompa sangue.
<< Ero preoccupato di dover perdere tempo a cercarti una fossa. Tu non conti e non conterai mai nulla per me Amia, fattene una ragione. >> mi sibilò gelido.
Strinsi con forza le lenzuola del letto matrimoniale in cui mi trovavo ancora sdraiata, troppo debole per riuscire anche solo ad alzare il busto e sedermi.
Faceva male, maledettamente male. Odiavo sentirmi tanto dipendente da una persona ma ormai non riuscivo più ad ignorare le sue cattiverie come un tempo, non ci riuscivo perché ero troppo coinvolta e ciò mi impediva di essere la giovane donna sicura di un tempo, lo ero ancora certo, ma era come se con lui le mie difese si abbassassero e mi rendessero così più vulnerabile alle sue frecciatine.
Si, ma questo non toglieva il fatto che io fossi ancora l'Amia di una volta e come tale avrei risposto a dovere.
<< A me non interessa essere qualcuno per te. Io ti odio e non smetterò mai di odiarti perché sei un essere orribile Andras. E poi, chi potrebbe mai amare un mostro? >> dissi a denti stretti, sputando fuori quelle parole velenose con non poca difficoltà che però, seppi abilmente mascherare sotto chili di risentimento per il torto appena subito. Il tutto fissandolo apertamente, se avessi anche solo abbassato lo sguardo, avrebbe capito che stavo mentendo e ciò non potevo permetterlo.
Lui sorrise maligno per poi dirmi: << Bene, vedo che il mio sentimento è ricambiato. Credevo che anche tu saresti caduta ai miei piedi come le altre sgualdrine, beh menomale, non sai quanto
odi deludere le loro aspettative. >>
<< Io non sono una delle tue puttane e mai lo diventerò. Il solo pensiero di avere un qualche contatto intimo con te, mi disgusta. >> risposi sostenendo il suo sguardo.
Voleva abbattermi, avevo capito che tutto quello era un suo gioco per distruggere la mia dignità, ma se sperava che sarebbe stato semplice, si sbagliava.
<< Eppure non hai mai rifiutato i mie baci. >> continuò, piegando la testa per mordendomi sensualmente il lobo di un orecchio.
Feci un mezzo sorriso: << Se non ricordo male quella volta, alla serra delle rose, ti ho spinto via. Quindi una volta c'è, mio caro. Ah, no, come dimenticare quell'altro episodio in biblioteca. Quella volta
tu hai insistito per marchiarmi come un animale. Posso quindi dedurre che hai la memoria corta? >>
Alzò repentino la testa dal mio collo, su cui aveva iniziato a dare dei piccoli morsi, mandandomi sguardi di fuoco.
Un forte vento dai sapori delle profondità marine invase la mia mente e la sua voce, dura e perentoria, si fece sentire.


Adesso stai osando troppo, Amia.

Non risposi, quella discussione era durata anche troppo per i miei gusti. Mi concentrai allora sull'ambiente circostante, notando alla mia sinistra una sedia in legno d'acero, su cui era posata una sciarpa arancione. L'odore di pesca proveniva da lì... che fosse...

Andras, Raina è forse stata qua?

Chiesi quindi al demone, ansiosa di ricevere una risposta. Ero più che sicura che quell'odore appartenesse a lei, ma perché c'era solo la sua sciarpa qui, lei dov'era?
Che poi, io in quale stanza mi trovavo? Di sicuro non nella mia data la preziosità delle coperte color avorio.
Come se fossi un cane osservai, dopo una breve inspirazione, che le lenzuola su cui ero distesa profumavano di menta e gigli bianchi, quindi... sbiancai tutto d'un colpo. Mossi allora, frenetica, la testa a destra e a sinistra, causandomi anche un forte mal di testa, notando solo ora che la stanza e soprattutto il letto in cui riposavo erano niente poco di meno che di Andras!
Oh Signore, lui mi aveva portata nella
sua stanza da letto!
<< Sì ragazzina, la tua amica se ne è appena andata nelle cucine per prendere qualcosa da mangiare, oltre che per lei, anche per te. Ho sentito che ti stavi per svegliare così lo inviata lì. >> rispose il demone dirigendosi verso l'ampia finestra la cui vista dava sul giardino reale.
Le ampie e muscolose spalle di Andras sembravano portare un peso troppo grande per un uomo solo e chiuso come lui, eppure non passava giorno che non dimostrasse di esserne perfettamente in grado, assolvendo ai suoi doveri nel migliore dei modi e dando prova delle sue innate capacità. Guardandolo, il desiderio di portare con lui quel gravoso peso di responsabilità verso il suo regno ed il suo popolo, si fece spazio nel mio cuore. E ciò, non faceva altro se non sancire definitivamente l'affetto che ormai capivo di provare per lui, il demone dall'animo oscuro.
Chissà a cosa stava pensando in questo momento...
Sbuffai. Perché diavolo non avevo il potere di leggere nel pensiero, eh?
Magari un giorno... pensai con occhi sognanti, poi però mi bloccai. Si, ma solo io avrei dovuto esserne capace, se anche lui avesse avuto un simile potere... mi vennero i brividi dalla paura al pensiero di quale inferno sarebbe diventata la mia vita in quel caso.
Il lieve bussare alla porta mi distolse dai miei pensieri, facendomi voltare verso quest'ultima con un gran sorriso. Era sicuramente Raina!
Dopo che Andras diede il consenso di entrare, un uomo dalla folta capigliatura bionda fece il suo ingresso ed io, nascondendo una risata, feci sparire il sorriso.
<< Ah, Damien, sei solo tu. >> dissi, girando il capo nel lato opposto al suo, gli occhi traditori che ridevano.
<< Davvero una bella accoglienza carotina! Un amico viene a trovarti e tu lo tratti così. >> rispose facendo il finto offeso, avendo già capito il mio gioco.
Mi rigirai sorridente: << Scherzavo, sono felice di vederti. >>
Lui rise allegro per poi fare un cenno di saluto anche ad Andras che, con mio sommo stupore, rispose con un grugnito infastidito.
<< Ehi amico, che hai? >> chiese il demone biondo, anche lui confuso dallo strano comportamento di Andras.
<< Nulla, vado a farmi un giro. Oh, tranquilli, continuate pure la vostra rimpatriata senza di me. >> disse a denti stretti e scuro in volto, sbattendo violentemente la porta dopo che fu uscito dalla camera.
Io e Damien ci guardammo disorientati. E adesso che accidenti gli era preso? Mah, chi capisce quel demone è bravo.
Ad un tratto vidi il demone biondo sorridere come un ebete e pensai seriamente che un qualche virus letale avesse colpito i due amici, per forza, altrimenti come si spiegavano tutti quegli strani comportamenti?
<< Scusa carotina, raggiungo Andras e gli spiego tutto, come al solito avrà frainteso. >> rise a gran voce Damien e quasi immaginai che si piegasse in due dalle risate da un momento all'altro.
Incerta annuii in risposta, domandandomi se non fosse il caso di chiamare un medico per verificare la sanità mentale del demone difronte a me, dato che in meno di cinque minuti aveva cambiato più di mille espressioni facciali.
Dopo un breve saluto si dileguò anche lui, lasciandomi sola nella stanza dell'imperatore e con un grosso punto interrogativo sopra la testa. Insomma, che diavolo era preso a tutti oggi? E soprattutto, cosa voleva dire Damien con il fatto che Andras ha frainteso? Cosa c'era da fraintendere?


Pov. Andras

Camminavo per i corridoi del palazzo con passo pesante, incurante degli sguardi di puro terrore dipinti sui volti dei domestici. Il motivo non era difficile da intuire dato che i miei occhi, ormai diventati di un brillante rosso cremisi, facevano scoppiare in mille pezzi ogni vaso o quadro su cui ricadeva il mio sguardo, sconvolto dall'onda d'urto del mio potere demoniaco.
Ed io ridevo, ridevo malignamente, perché distruggere riusciva, seppur per pochi secondi, a distrarmi dalla vera causa del mio malumore.

Lei
. Sempre e solo lei, dannazione!
Io l'avevo riportata a palazzo, dopo averla ritrovata svenuta sul suolo cittadino, pallida come un lenzuolo e con un'espressione sofferente in viso. E sempre io avevo atteso per un'intera notte il suo risveglio davanti al capezzale in cui riposava! Io non Damien, cazzo!
E allora perché aveva detto solo a lui di essere felice di rivederlo, eh? Perché gli aveva rivolto tutti quegli stupidi sorrisi?!
<< Maledizione! >> urlai in preda all'ira, dando un pugno al muro difronte al quale mi ero fermato e facendo così un grosso buco.
Lanciai un'occhiata raggelante ad una cameriera che passava di lì: << E tu sbrigati, inutile essere umano! Vai a chiamare qualcuno per riparare questo dannato muro se non vuoi morire seduta stante! >>
Quella sussultò impaurita, annuendo freneticamente e correndo via quasi in lacrime.
Tzè, gli umani erano così deboli.
Infuriato come non mai diedi un altro pugno al muro, facendo tremare l'intera struttura.
Perché cazzo me la prendevo tanto per un'umana, allora?! A me che importava se lei flirtava amabilmente con il mio migliore amico? Che facessero pure i loro sporchi comodi!
Uno strano dolore all'altezza dello stomaco mi fece capire che, nonostante le mie parole, c'era una parte di me che era profondamente contraria al riguardo.
Alzai nuovamente la mano, pronto a colpire ancora il muro, ma una risata sommessa mi fece girare infastidito. Una smorfia di disappunto si manifestò sul mio volto non appena mi ritrovai davanti la faccia da schiaffi di Damien.
Ma bene, si divertiva anche lo stronzo!
<< Se continui così, farai del palazzo un cumulo di macerie. >> disse scoppiando in una fragorosa risata per un motivo a me sconosciuto.
<< Hai paura che la tua ragazza resti ferita? >> risposi innervosito.
Lui sorrise: << Se parli di Amia amico... >>
<< E non chiamarmi ''amico''! Basta! Ritornatene pure da lei, non mi interessa! >> quasi urlai, fulminandolo con lo sguardo.
<< Oh, la situazione sta peggiorando... a quanto sembra la carotina non ti è più indifferente come un tempo. >> constatò, incrociando le braccia al petto.
<< Non capisco a cosa ti riferisci. >> risposi semplicemente.
<< Si che lo sai, non fingere con me. Comunque ti posso assicurare che tra me e lei non c'è niente. Solo una comune simpatia. >> mi assicurò, serio in volto.
Lo fissai, allora, cercando di capire se diceva il vero o no. Sospirando poi sollevato quando mi accertai della veridicità delle sue parole.
<< Ti sei calmato? >> mi chiese il mio amico.
Grugnì in risposta, ricomponendo subito dopo i pezzi del mio sguardo gelido di sempre e facendo ritornare gli occhi del loro colore naturale.
<< Non so davvero cosa mi sia preso. >> dissi quasi in sussurro, dando le spalle al demone biondo.
<< Io si, ma non te lo dirò o rischio sul serio di scatenare la tua ira funesta. >> rispose.
Sorrisi amaro: << Sei sempre stato migliore di me sul campo dei sentimenti. Io... non credo neanche di sapere cosa siano. >>
<< Non dire assurdità, è solo che non ci sei abituato. >> disse, ponendo una mano sulla mia spalla destra.
<< Forse. >> risposi secco, facendogli capire che per me il discorso finiva là.


Pov. Amia

Sbuffai per l'ennesima volta da quando anche Damien se ne era andato lasciandomi sola in quella stanza che trasudava tutto fuorché buoni propositi. Dio, era normale che dall'altra parte della stanza intravedessi vari aggeggi infernali facenti parte di una stanza personale adibita agli allenamenti? Quel demone era ossessionato dal potere che derivava dalla sua immane forza fisica!
Ma un nuovo sorriso di speranza si accese nel mio volto non appena bussarono timidamente alla porta. E, allo stesso tempo, una risata mi uscì spontanea quando realizzai che se questa non fosse stata la camera da letto del potente demone, la mia amica avrebbe bussato senza sosta finché non le avessi aperto. A quanto pare, Andras metteva timore perfino ad una tipa tutto pepe come lei.
<< Avanti! >> quasi strillai per la gioia; cercando di non badare al fatto che se la persona che aveva bussato fosse stata veramente la mia amica, come credevo, sarei nuovamente svenuta a causa dell'interrogatorio a sangue freddo che mi avrebbe rifilato.
Cominciai a muovermi sul letto, agitata.
<< Amia! Santo cielo, allora era vero che ti stavi svegliando! >> mi salutò con enfasi Raina, quasi buttandosi di peso sul letto dalla felicità.
<< Già. >> risposi con sempre più affanno. Ne ero certa, quella era solo la calma prima delle tempesta.
<< Allora... sai già chi ti ha portata qua? >> disse tutta contenta, la frase piena di sottintesi.
Alzai gli occhi al cielo: << Si, ne sono al corrente. Però ho bisogno di sapere una cosa: c'era... qualcun altro accanto a me nel luogo in cui mi ha trovata? >>
Lei mi guardò confusa: << No, solo io. Ad un certo punto sei svenuta ed io ho urlato il tuo nome, anche più volte, ma tu non davi segni di vita. Poi, neanche il tempo di chiamare aiuto che Andras è comparso in mezzo alla strada e, senza neanche degnarmi di uno sguardo, è scomparso nel nulla, portandoti qua. Perché, chi altri ci sarebbe dovuto essere? >>
<< Lascia stare. Ma in che senso è ''comparso'' e ''scomparso nel nulla''? >> chiesi curiosa.
<< Hai presente la nube di fiamme nere di due settimane fa? Quella con cui l'esercito ha abbattuto ogni difesa umana? >> cominciò gesticolando con le mani.
Annuì in risposta. Come scordare quel fatidico giorno? La mia vita era stata praticamente sconvolta.
<< Ebbene, credo che sia Andras il responsabile di ciò dato che, come quella volta, è comparso e scomparso dal nulla attraverso la stessa nube. >> rivelò con tono solenne.
In effetti, il suo discorso non faceva una piega, constatai. Andras era più potente di quanto avessi immaginato arrivati a questo punto, se quella sola nube aveva scatenato la distruzione assoluta in ogni angolo del pianeta seppur lui si trovasse solo a New York, serio e per nulla scomposto, era devastante provare ad immaginare cosa avrebbe potuto fare in un solo attimo d'ira.
Io e Raina ci guardammo, consapevoli, mentre un pesante silenzio calava nella stanza.
<< Allora... come è andata? >> provò a risollevare, inutilmente, la situazione la mia amica.
Sospirai: << Beh, poteva andare peggio. >>
Le mi guardò esasperata: << Amia, ti rendi conto o no che stai parlando con la sottoscritta e che quindi devi raccontare tutto senza trascurare il minimo dettaglio? >>
<< Speravo di evitare il problema, sinceramente. >> risposi.
<< Tranquilla, forse un giorno riuscirai a farmi tacere. >> disse con un ghigno.
Certo, quel giorno io sarei diventata un agnellino senza spina dorsale.
<< Praticamente Andras sapeva dov'ero perché adesso sa percepire la mia presenza nei momenti di pericolo e, ciliegina sulla torta, sappiamo anche comunicare con il pensiero. >> le feci l'occhiolino, facendo definitivamente crollare la sua mascella.
<< Come è possibile una cosa del genere? Parla! >> chiese scuotendomi leggermente per le spalle, forse per paura che mi sentissi di nuovo male.
<< Credo sia perché ho ammesso ad alta voce di provare interesse per lui. Anche se ciò spiegherebbe solo la faccenda del comunicare tramite il pensiero dato che sentire la mia presenza riguarda solo ed unicamente lui. >> spiegai sovrappensiero.
<< Ovvio, anche il signorino deve aver fatto qualcosa che spiega ciò. Chissà cosa... >> disse mettendosi un unghia in bocca, frustrata di non sapere qualcosa di così fondamentale.
<< Senti, non pensiamo adesso. Sbaglio o stasera c'è la festa di un certo demone biondo? >> chiesi con un sorriso.
Raina parve illuminarsi per poi spegnersi nuovamente subito dopo.
<< Ma tu stai male... rinuncierò al ballo e starò qui con te, sono sicura che Damien me lo concederà. >> rispose determinata.
Mi venne da piangere, insomma, una cosa del genere detta da lei valeva tanto. Eccome se valeva.
<< Raina, credimi, mi sento bene adesso. Non so cosa diavolo ci fosse nella bevanda che mi ha dato Andras, ma mi sento come nuova, pronta a dare battaglia a quei demoni aristocratici! >> dissi alzandomi con il busto ed appoggiandomi allo schienale del letto per poi incrociare le mani in grembo, come a dimostrare quanto appena detto.
La ragazza dagli occhi verdi mi fissò incerta per qualche istante poi, accertatosi della mie buone condizioni, mi avvolse in un caloroso abbraccio.
<< Ci divertiremo! >> mi disse sprizzando gioia da tutti i pori.
Chissà perché avevo qualche
piccolo dubbio al riguardo.

Dopo quella discussione nella stanza da letto di Andras, la mia amica mi aveva spedita dritta nella mia camera, dicendo sicura di se che ci avrebbe pensato lei a riferire i nostri programmi per la serata a Damien e, soprattutto, all'imperatore.
Facendo quanto detto mi ero rilassata sul mio letto, maledicendomi non appena il pensiero mi cadeva sull'argomento ''Il letto che profuma di Andras è migliore''. Sul serio, stavo diventando patetica e prevedibile e ciò mi faceva diventare un cerbero infuriato.
Poi Raina era entrata con fare teatrale dalla mia porta, la quale avevo lasciato aperta e non chiusa a chiave, intimandomi di sedermi sul piccolo sgabello difronte la specchiera antica sul lato ovest della mia camera e, testuali parole, chiudere gli occhi per non aprirli più finché lei non me lo avrebbe concesso. A quanto pare era anche andata a cercare i vestiti e i trucchi per prepararci a dovere per il ballo.
Dopo un estenuante ora mi aveva fatta alzare sempre ad occhi chiusi, i quali aveva anche provveduto a bendare perché a sua detta non si fidava di me e della mia spiccata curiosità, per poi mettermi quello che capì essere un lungo vestito da sera.
A quel punto avevo già iniziato a sudare freddo, avevo sempre odiato quegli abiti, tanto che non ero mai andata nemmeno ad un solo ballo scolastico, rabbrividendo alla sola idea di mettermi dentro quegli oggetti infernali.

Semplice ed anonimo. Semplice ed anonimo. Semplice ed anonimo.
Continuavo a ripetermi e sperare nella mia testa.
<< Bene, adesso ti tolgo la benda... >> mi comunicò Raina ed anche se non potevo vederla, avrei giurato che stesse sorridendo compiaciuta del risultato.
La sentì armeggiare con la benda legata dietro il mio capo, che scivolò poi leggera sul lucido pavimento del bagno dove poco prima mi aveva condotta.
Riflessa sullo specchio vidi una ragazza alta e slanciata che indossava un lungo abito di un azzurro chiaro che andava scurendosi sul fondo fino a diventare di un puro blu notte. L'abito ricadeva in morbidi veli sulle curve femminili, risaltandole. Aveva poi una fascia color oro stretta sotto al seno che, girandomi, notai scendere in piccole onde lungo tutta la lunghezza dell'abito nella parte posteriore di quest'ultimo.
I capelli erano raccolti in alto da un nastro color oro e ricadevano in curati ed ordinati riccioli rossi sulla schiena.
Il tessuto blu notte delle ballerine indossate era arricchito da stelle sotto forma di brillantini bianchi.
Infine, un ombretto dorato e bianco faceva risaltare i quarzi blu degli occhi, mentre il rosa perlato rendeva ancora più lucide e piene le labbra sottili.
<< Non ho potuto fare altro Amia, dopotutto siamo delle serve ed un abito pomposo come quello che indosseranno le nobili non è permesso, quindi... >> iniziò la mia amica che interruppi con un gesto della mano.
<< No, è... perfetto. >> confessai con un leggero rossore sulle guance rosee. Quella ragazza riflessa nello specchio... ero veramente io? Possibile?
Vidi Raina scuotere la testa per poi correre nell'altra stanza e ritornare con un cofanetto rosso fra le mani. La guardai interrogativa.
<< Manca ancora una cosa per completare il tutto. >> rispose alla mia domanda silenziosa con un dolce sorriso.
Tenendo il cofanetto in una mano, l'aprì con l'altra, tirandone fuori un braccialetto d'oro bianco da cui pendevano dei rubini rosso fuoco. Prese allora il mio braccio sinistro, mettendomelo poi al polso sottile.
<< Ti sta d'incanto. >> mi rivelò commossa.
<< Ma Raina, dove hai trovato i soldi per comprarlo? >> chiesi osservando rapita quel meraviglioso oggetto. Era stupendo.
<< Non l'ho comprato, era di mia sorella. Glielo avevo regalato per il suo undicesimo compleanno e da allora non se l'è più tolto poi... beh, sai come è andata, la guerra... lei non lo può più indossare quindi voglio che l'abbia tu. Ormai ti considero una sorella acquisita. >> confessò con gli occhi lucidi.
Corsi ad abbracciarla, quasi sull'orlo delle lacrime: << Grazie Raina, ma è troppo io... non ho niente... >>
<< Ehi, ferma le lacrime o rovinerai tutto il mio duro lavoro! E poi... a me basti tu, non voglio nient'altro. >> mi rassicurò.
Le sorrisi grata, in un silenzio carico di significati.
<< Bene, adesso però è il tuo turno! >> la minacciai.
Lei sbiancò: << C-Cosa? >>

Un'altra ora dopo anche Raina era pronta, bellissima nel suo abito color pesca impreziosito da una spessa fascia verde prato sotto al seno che finiva dietro la schiena con un grosso fiocco. Per il trucco avevo usato un ombretto verde chiaro sfumato verso la coda dell'occhio e un rossetto rosa acceso.
Le misi le mani sulle spalle e, sporgendomi da un lato, le dissi: << Adesso sei perfetta anche tu! >>
Annuendo contente ci dirigemmo, quindi, verso la sala da ballo nel lato est del palazzo reale. Lei felice come una pasqua, ansiosa di passare del tempo con il bel demone biondo, io ancora preda della brutta sensazione di poche ore fa, sensazione amplificata dai mille dubbi riguardo le
buone intenzioni di Andras.
Sospirai, sarebbe stata una lunga serata e francamente, al contrario di Raina, non vedevo l'ora che finisse.
Arrivate difronte l'imponente portone finemente decorato ci bloccammo, vedendo i nostri demoni fermi a parlare lì accanto. Entrambi indossavano delle divise militari, simili a quelle che già avevo visto quel famoso giorno a New York durante la conquista del mio pianeta, ma di gran lunga più eleganti e ricche di dettagli. Inoltre, i due demoni portavano delle fasce oblique al busto, piene di medaglie onorifiche.
L'unica evidente differenza era la preziosa corona che Andras portava sul capo, simbolo del suo status di regnante dell'Impero di Alloces. Era...
<< Bellissimo. >> sospirò Raina con gli occhi sognanti rivolti verso Damien.
<< Forza Miss Sospiri Sognanti, andiamo a salutarli. >> le dissi prendendola per un braccio e trascinandola verso i due demoni. Poi, come fulminata da un'illuminazione, mi venne un'idea diabolica. Andras aveva ragione quando diceva che lui non mi era indifferente ma... vediamo un po' di ristabilire gli equilibri.
<< Raina, raggiungi pure Damien. Io devo fare una cosa. >> le dissi mentre un pericoloso sorriso mi spuntava in volto.
Raina si allarmò: << Che diavolo hai in mente? >>
<< Oh, lo vedrai. Il signorino lì ha bisogno di una...
svegliata. >> le sussurrai minacciosa e pregustando già la vittoria finale.
Lei annuì preoccupata in risposta, dirigendosi velocemente verso il suo demone.

Salii di corsa le scale che io e Raina avevamo appena sceso per poi nascondermi dietro una colonna lì vicino, in modo da non essere vista. Infine, espirai ed inspirai più volte, preparandomi psicologicamente a ciò che di lì a poco avrei fatto. Una follia, una vera e propria pazzia. Ma era necessario se volevo che Andras cominciasse ad accorgersi di me.
Bene. Che lo spettacolo abbia inizio.

Andras.
Lo chiamai mentalmente.

Ragazzina, dove diavolo sei finita? Il ballo sta per iniziare!
Rispose infuriato.

Guarda verso le scale e vedrai.
Dissi semplicemente.

Uscii da dietro il mio nascondiglio improvvisato, arrivando fino al centro del primo gradino con passo lento e altamente misurato, ondeggiando leggermente i fianchi in una danza sensuale. Il vestito che svolazzava libero nell'aria.

Che cazzo stai facendo?! Mi arrivò immediata la sua risposta.

Non risposi, iniziando a scendere le scale allo stesso modo. Poi, rialzai con uno scatto lo sguardo che avevo precedentemente abbassato. Lasciai che un sopracciglio scattasse verso l'alto mentre anche l'angolo destro della bocca faceva lo stesso. Infine, fermandomi a metà del percorso, misi audace una mano su di un fianco.

Ti piace ciò che vedi, demone dagli occhi di ghiaccio?







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ANGOLO AUTRICE:

*Parte la sigla della 20th century fox*
*L'autrice esce da un tassello nascosto della scritta*


Buonasera gente! ^-^
Allora, siamo infine giunti alla fine del capitolo, come vi è sembrato? Vi è piaciuto?
Vi ho fatte aspettare più del previsto è vero, ma credo ne sia valsa la pena. Non potete immaginare quanto mi sia impegnata nello scrivere quest'ultimo capitolo. Spero quindi che anche a voi abbia saputo comunicare quelle emozioni e quelle immagini mentali che io ho immaginato durante l'elaborazione del capitolo.
Ho preferito interromperlo a quel punto perché già era titanico e ricco di eventi, se aggiungevo altro rischiavo di farvi venire un grosso mal di testa!
Il prossimo capitolo tratterà degli eventi(disastrosi-positivi e negativi) del ballo a corte e delle conseguenze di ciò che Amia ha fatto nell'ultima scena... u.u
Voi che dite, Andras come reagirà alle provocazioni di Amia?
Ed Amia saprà tenere a freno il suo carattere ribelle e quindi gestire la situazione da lei stessa scatenata?
Per scoprirlo non perdete il prossimo emozionante capitolo, ragazze! :D
Per eventuali domande, non avete che da contattarmi ragazze, nei limiti, risponderò con grande piacere a tutte voi. ;)

Come sempre, non manco di ringraziare moltissimo coloro che hanno inserito la storia fra:
-Le preferite: 21
-Le ricordate: 8
-Le seguite: 50
e me fra le autrici preferite: 6.
Inoltre,GRAZIE infinite a tutte coloro che recensiscono, siete fantastiche ragazze, nello scorso capitolo avete stabilito un vero e proprio record: ben 10 recensioni! Vi giuro che sono impazzita dalla gioia. :')




Bacioni, vostra Ashwini. <3



P.S.: Inoltre, avevo una richiesta per voi: sapreste dirmi se qualcuna è disposta o conosce qualche altra persona in grado di fare il trailer della storia su YouTube?
P.S.2: Con una delle ragazze che recensiscono abitualmente i capitoli della storia e con cui ho instaurato un buon rapporto di amicizia, Little liar, sto scrivendo una nuova storia di genere romantico. Mi farebbe molto piacere che ci deste una piccola occhiata, non ve ne pentirete. ;)

L'armonia del silenzio
Nella grande metropoli londinese, Alicia, ragazza universitaria vispa e senza peli sulla lingua, si ritroverà a condividere l'appartamento con l'arrogante amico d'infanzia, Nathan. Fra litigi e aspre discussioni, la convivenza sarà tutt'altro che semplice e, contro ogni previsione, una discussione più accesa delle altre sfocerà in una reazione decisamente diversa dalle precedenti.
Passione ed attrazione sconvolgeranno irrimediabilmente la normale routine dei protagonisti che, alla fine, cederanno alle tentazioni, credendo di riuscire a gestire la situazione.
Ma se qualcosa andasse storto?

Ci firmiamo con il nome Luthien_13. :D




*Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little liar, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.


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Capitolo 19
*** Capitolo diciottesimo: E poi ci sono quelle rivelazioni che hanno il potere di lasciarti senza parole. ***


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Buongiorno a tutte voi, ragazze! ^_^
Eh sì, sono ancora viva e vegeta per vostra somma sfortuna, ahahah. Comunque, a parte gli scherzi, ecco a voi il nuovo capitolo. Vi ho fatto aspettare più del solito, è vero, ma spero che alla fine mi direte che ne è valsa la pena.
Detto questo:

BUONA LETTURA!




Penso sia sempre così,
c'è sempre qualcosa più importante di noi stessi,
dei nostri sogni.
(Edward Elric-Full Metal Alchemist)






Capitolo diciottesimo: E poi ci sono quelle rivelazioni che hanno il potere di lasciarti senza parole






Pov Amia

Il piacevole suono della musica classica accarezzava morbido l'aria circostante, diffondendo le sue delicate note e donando così un'innata armonia all'ambiente sontuoso del palazzo reale e ad ogni cosa fosse presente al suo interno. La calma piatta ed il silenzio quasi opprimente che aleggiava intorno alla mia figura e a quella imponente dell'imperatore era un qualcosa di unico e pericoloso.
Due esseri come noi, nati per combattere e dominare incontrastati, erano estranei alla sinfonia dei violini e dei violoncelli, ai melodiosi suoni del pianoforte a corda e delle arpe.
Chiacchiere confuse, risa piene di una nobile allegria e passi lenti ed eleganti: gli unici rumori che osavano disturbare quella quiete, vorticando come pedine danzanti intorno ai due fuochi che si erano accesi nei nostri animi. Fiamme ardenti fuoriuscivano dagli argini dei nostri occhi, minacciose.
Dall'azzurro cielo dei miei occhi la promessa di una potente rivalsa faceva bella mostra di se, determinata a vincere la silenziosa sfida fra i nostri sguardi.
Il mare in tempesta degli occhi del dominatore dinanzi a me, invece, assicurava una dolorosa e lenta vendetta per l'irrispettoso comportamento con cui stavo agendo. Una furia cieca, adornata da un oscuro desiderio, riempiva le pupille dei suoi occhi.
Immobile ed eterea come una statua di cristallo, attendevo sicura di me sopra il gradino in marmo bianco della scalinata appena discesa tramite quelle provocanti movenze sinuose di poco prima. I tratti del mio viso, resi ancora audaci dall'irrefrenabile eccitazione per la battaglia appena iniziata, non accennavano a sciogliersi.
Non avevo paura di lui ed ero ben decisa a dimostrarglielo; e se con le buone non ero riuscita nel mio intento allora, adesso, avrei tentato con le cattive. A quanto pare il suo animo da guerriero poteva essere smosso solo dall'uso continuo del mio forte temperamento. Fare la brava servetta non mi avrebbe quindi aiutata nel mio obbiettivo di farmi notare da lui.
Se giocavo bene le mie carte potevo farcela, ne ero più che certa.
Ora che avevo riscaldato l'acciaio nell'afoso calore della fornace, dovevo solo batterlo finché era ben caldo.
Risoluta e composta scesi gli ultimi gradini che mi separavano dal demone. Il cielo dei miei occhi, resisteva sapientemente al richiamo tentatore degli abissi marini che aveva al posto degli occhi. Congratulandomi mentalmente con me stessa, arrivai senza esitazione alcuna difronte il mio personale peccato.
Notai che il suo petto muscoloso, fasciato con cura dalla giacca militare, si abbassava e rialzava con un leggero e quasi impercettibile movimento accelerato.
Sorrisi compiaciuta. Il signorino era nervosetto.
A quanto sembrava non aveva gradito il mio piccolo ed innocente scherzetto quanto me. Peccato.
<< Sono felice che almeno tu trovi tutto questo divertente, Amia. E sono altrettanto lieto di comunicarti che questo tuo atto di ribellione verrà duramente represso. >> avvisò con un tono che avrebbe risvegliato perfino un morto dal suo sonno eterno.
<< Se non sbaglio c'è un ballo che ci aspetta
, signore. >> lo liquidai, avanzando sicura fra gli aristocratici in direzione della mia amica e di Damien. Se voleva punirmi lo avrebbe fatto soltanto nel caso in cui saremmo stati soli, non poteva mica dare spettacolo davanti ai suoi preziosi ospiti!
Appena vi arrivai davanti osservai con una punta di divertimento le diverse reazioni che avevo suscitato nei due: Raina mi guardava preoccupata e a dir poco scioccata da ciò che avevo appena fatto; Damien, al contrario, mi rivolgeva sguardi carichi di ammirazione ed orgoglio.
<< Finalmente qualcuno che ha il coraggio di sfidare apertamente quel coglione. >> sussurrò il biondo al mio orecchio.
Sorrisi, grata di tanto sostegno, in risposta. Con questo, Damien era appena salito in terza posizione nella lista delle mie simpatie dopo Raina e Katia.
Mi sentì tirare per il braccio e, giratomi, guardai con disappunto Andras che però non si rivolse a me ma all'amico: << Dimmi Damien, ma tu da che parte stai, eh? >>
Oh, aveva sentito tutto. Alzai gli occhi al cielo, sorridendo birichina: dovevo immaginarlo.
<< Amico, questa ragazza qui... >> indicò me per poi fare una pausa ad effetto << ... ha abbastanza palle per stare con te. >>
Vidi Andras strabuzzare gli occhi e spalancare leggermente la bocca: << Damien, ma che vai dicendo? >>
<< Solo che approvo la vostra relazione! >> gongolò quello in risposta.
Arrossii inevitabilmente. Io e... Andras? Insieme?
Dio... perché stavo sorridendo come un'adolescente alla prima cotta, adesso?
Mi battei le mani su entrambe le guance, cercando di recuperare il controllo di me stessa. Se volevo sopravvivere stasera dovevo restare lucida e pronta all'attacco. Girai, allora, la testa verso Raina, in cerca di un qualche supporto morale. La mia amica però portava un'insopportabile faccia di bronzo, allegra nel suo mimare un ''Sei cotta'' con le labbra piene.
Dannazione, si era accorta che ero arrossita!
<< Amia mettiti dietro di me, a debita distanza naturalmente, e cerca di non inciampare durante il percorso! >> mi ordinò autoritaria la voce della causa delle mie disgrazie; la quale gettò subito dopo un'eloquente occhiataccia al demone biondo.
Alzai gli occhi al cielo, consapevole che non poteva vedermi, per poi fare quanto detto. Bel modo di iniziare una festa, davvero, ma dopotutto me l'ero cercata.
Raina mi imitò, posizionandosi con grazia alle spalle di Damien che, anche se cercava di nasconderlo, sorrideva complice ed appagato. Incredula difronte il loro flirtare tranquillamente in pubblico, concentrai la mia totale attenzione su Mr. Ghiacciolo.
<< Si può sapere cosa diavolo stiamo aspettando? >> sussurrai in sua direzione.
<< Che annuncino la nostra entrata, ovvio. >> spiegò senza voltarsi.
Oh, era tutto come nei film d'epoca!
Sorrisi emozionata. Seppur fossi lì in qualità di schiava dell'imperatore, mi sentivo come una giovane principessa al suo debutto in società. Mi ripromisi quindi di fare una bella figura, dimostrando ad ogni singolo demone presente in sala quel che valevo.
All'improvviso, una tromba ed un trombone si esibirono in un suono chiaro e possente, di grande impatto e le alte porte in oro, finemente decorate da ghirigori degni del miglior artista, si aprirono producendo un debole rumore cigolante. Un'abbagliante luce bianca si riversò dalla stanza in cui mi apprestavo ad entrare.
Andras e Damien fecero qualche passo in avanti ed io e Raina ci affrettammo a seguirli, bloccandoci ad un metro da loro quando i due demoni si furono fermati. Oltrepassata la porta, vidi che eravamo giunti sopra un ampia balconata dal lussuoso pavimento dipinto; davanti a me si estendeva invece un lungo scalone d'onore su cui era steso un tappeto rosso dai bordi dorati. Quest'ultimo finiva ai piedi di un maestoso salone, una sala da ballo rettangolare ai cui lati laterali vi erano varie portefinestre in legno d'ebano e vetro che, molto probabilmente, portavano a grandi terrazze esterne. Inoltre la sala, che si sviluppava in verticale dal punto in cui mi trovavo, finiva ai piedi di un'altra scalinata alla cui fine si trovava un'altra balconata su cui erano disposti tre troni quasi identici per decorazione; l'unica differenza fra i tre, infatti, era che quello centrale era ben più alto e prestigioso. Da ciò dedussi che quest'ultimo appartenesse ad Andras, dato che era il sovrano, e gli altri due ai suoi genitori. I quali però non erano ancora giunti per prender posto.
Mi domandavo oziosamente il perché, insomma, il figlio partecipava ad una cerimonia importante e loro non erano nemmeno lì per accorglielo come si deve? Ok, data l'occasione ed il loro rango, non mi aspettavo certo calorosi abbracci e urla gioiose ma... neanche un saluto di presenza?
Molti giorni prima, quando avevo spiato Andras dalla porta della cucina, avevo notato un notevole distacco tra madre e figlio ma non avrei mai immaginato che si promulgasse fino a questo punto. Avevano davvero così poca considerazione per il figlio? E lui, perché non era affatto sorpreso della loro assenza?
Il suo sguardo non si era nemmeno posato sui troni, gelido ed impassibile nell'osservare i nobili che avevano interrotto ciò che stavano facendo poco prima del suo ingresso, per disporsi ordinatamente difronte la scalinata.
Il silenzio regnava sovrano.
<< Sua Maestà l'imperatore Andras vi Alloces e il Sommo generale Damien Sinch. >> annunciò solenne la voce bassa e profonda di un vecchio demone che sostava nell'angolo, perfettamente impettito e rigido come il suo ruolo richiedeva.
Avvolti dal suono combinato delle trombe e dei tromboni, scendemmo le scale, la cui melodia fu subito sostituita da un turbinio di applausi ed inchini al passaggio dei due demoni. I quali riservavano a quei boriosi aristocratici saluti di pura cortesia. Superiori ed irraggiungibili come solo loro sapevano essere.
Damien, che di solito si dimostrava sempre allegro e di buona compagnia, adesso aveva abbandonato quel suo animo da eterno bambino, trasformandosi nel perfetto generale a capo delle forze armate dell'Impero quale era in realtà, freddo e distaccato dal mondo che lo circondava. Del tutto irriconoscibile ai mie occhi e a quelli di Raina che stentava ad esternare il suo sgomento.
Ovvio, se si parlava di Andras questo comportamento era normale, da tutti i giorni, ma riguardo Damien... era così... strano. Bisognava dire però che un tale mutamento era necessario se si voleva sopravvivere in mezzo a quegli sciacalli che guardavano i due demoni come carne da macello. Pronti ad usare come loro arma anche il più misero cedimento.
Solo adesso mi rendevo conto di quanto la vita di Andras dovesse essere dura, priva di affetto e carica di doveri. In mezzo a tutto quel caos lui era... solo. Oddio, c'era sempre Damien al suo fianco eppure... non era abbastanza, ero più che convinta che avesse bisogno di una presenza costante e in certo senso speciale ed unica accanto.
Qualcuno come...
me.
Forse era presuntuoso da parte mia dire così ma io ne ero certa; ero pronta a farmi carico di quel peso ostile che gravava sul suo cuore perché, nonostante tutto, lui un cuore ce lo aveva. Anche se sommerso sotto chili di orgoglio ed oscurità era lì. Ed io potevo trascinarlo con me nella luce, e lo avrei fatto. Per lui. Per me. Ma soprattutto per noi. Perché adesso avevo finalmente compreso che un noi c'era.
Gli lanciai un'occhiata ilare di sottecchi. Sì, ma per stasera avevo intenzione di divertirmi a sue spese! In questo modo, magari, avrei fatto ridere pure lui e quel raro sorriso che mi aveva rivolto una volta, sarebbe riapparso sul suo volto. Dopotutto, aveva solo bisogno che qualcuno gli rallegrasse un po' la giornata!
Decisi però che fino a che non saremmo stati soli era meglio starmene zitta o questa volta mi avrebbe fatto fuori sul serio, e solo per avergli rivolto la parola in pubblico; così mi limitai ad osservare il posto, per niente intimidita dalle facce inorridite dei nobili, forse contrari al fatto che, come i loro servi, io non tenessi lo sguardo basso e sottomesso.
Mi sporsi di lato per guardare Andras in viso e, scorta l'ombra di un sorriso, mi rimisi al mio posto per poi guardare altezzosa i presenti, come a dire ''Visto? All'imperatore va bene!''.
Raggiunta la base della scalinata che portata ai troni reali, ci fermammo, in attesa.
E adesso perché ci eravamo fermati?
Rivolsi una rapida occhiata ai demoni intorno a noi, sorridendo fra me e me. Ora che ci pensavo, un modo per comunicare con Andras senza farmi sentire dai presenti c'era.

Andras, cosa o chi stiamo aspettando, adesso?
Chiesi mentalmente al demone che avevo davanti.

I miei genitori. Le guardie del perimetro esterno delle mura cittadine mi hanno riferito che sarebbero arrivati a breve. Rispose, avvolgendo la mia mente fra gelide spire di ghiaccio.

Rabbrividii. Qualcosa mi diceva che lui non ne era tanto contento. Dio, i rapporti con i suoi erano tanto critici? Chissà se un giorno mi avrebbe raccontato qualcosa del suo passato, così che io potessi capire meglio il perché delle sue azioni e soprattutto aiutarlo a fuoriuscire dal giro di morte in cui era finito.

Un ulteriore squillo di tromba annunciò l'entrata in scena dei genitori dell'imperatore che, come il figlio, dimostravano una bellezza ed un'eleganza innata in ogni loro movimento.
La donna era giovane e non dimostrava più di una quarantina d'anni. Non era molto alta ma la sua figura veniva messa in risalto da forme e curve femminili ben proporzionate, che le donavano un fascino tanto ultraterreno quanto letale. Il viso a cuore era adornato da una cascata di capelli corvini, lisci come la seta più pregiata.
Da sotto le lunghe ciglia scure, i suoi occhi color smeraldo osservavano, con superiorità evidente, gli spettatori lì riuniti, rivolgendo rapide occhiate ad ognuno dei presenti. Sembrava tanto un avvoltoio che squadrava attentamente le sue prede prima di divorarle.
Osservando l'uomo al fianco della donna, mi resi conto che era davvero simile al figlio, stessa espressione da signore dei ghiacci e stesso portamento austero oltre che una somiglianza fisica impressionante.
I due coniugi, dopo che furono annunciati come poco prima era avvenuto per Damien ed Andras, scesero lentamente i gradini della scalinata, come a farsi ammirare ulteriormente dai nobili lì raccolti.
Mi accorsi di star trattenendo il fiato solo quando i due arrivarono difronte al figlio; neanche un'emozione traspariva dai loro imperturbabili volti.
<< Madre. >> salutò Andras duro, esibendosi in un perfetto baciamano con inchino.
<< Padre. >> continuò freddo, stringendo saldamente la mano al suddetto. Una dimostrazione di forza, pensai.
Mio Dio, entrambi i reali mettevano una soggezione senza pari! E, notai con sorpresa, non ero l'unica a soffrirne dato che ogni demone presente in sala osservava la scena con ansia, quasi aspettandosi che quei tre si scannassero a vicenda da un momento all'altro. Evidentemente era risaputo che fra il figlio e i genitori non scorreva buon sangue.
<< Figlio mio, mi è giunta voce che la conquista della Terra sta andando un po' a rilento rispetto ai tuoi standard precedenti. Devo forse dedurre che stai perdendo il tuo solito smalto? >> chiese inflessibile il padre del mio demone.
Spalancai gli occhi. Per la miseria, mi auguro che questo tizio sappia quel che dice o la sua testa si ritroverà felicemente impalata su di un paletto prima del dessert.
Allora, mi spinsi di lato per osservare meglio il viso di Andras.
Poteva pure apparire come il dominatore freddo ed impassibile di sempre, ma un attento osservatore avrebbe subito notato la rabbia che adesso avvolgeva le pupille dei suoi occhi, velati da leggere e quasi impercettibili sfumature rosse.

Ohi, ohi paparino. Sei nei guai adesso.
<< Alla totale conquista del pianeta manca un misero territorio che raggiunge a malapena i 69.510 km². Ci sono dei ribelli che fanno resistenza. E padre, non è tecnologia umana quella che usano. >> spiegò Andras con tono tecnico, quasi fosse una macchina. La frase poi, conteneva migliaia di sottintesi, come a dire ''In privato vi metterò al corrente del resto, non ora e soprattutto: non qui, in pubblico''. Un'ammonizione dura e decisa. Ovvia se si considerava la situazione in cui si trovavano.
<< Capisco. >> replicò il padre con tono fermo. Orgoglioso fino al midollo come il figlio.
Sorrisi fiera. Niente e nessuno poteva battere Andras in una conversazione a viso aperto.
<< Damien caro, è un vero piacere averti qui con noi. Spero che la festa che ho organizzato in tuo onore sia, fino ad ora, di tuo gradimento. >> cambiò in fretta discorso la madre di Andras. Il tono mellifluo.
<< Certamente, Neha. Posso confessarvi che questa sera avete un aspetto ancora più divino, se possibile. >> rispose con garbo il biondo, replicando il baciamano di Andras. Ruffiano come al solito, pensai divertita.
Neha parve compiaciuta del complimento e ciò mi fece pensare che, dopotutto, lei e il figlio avevano in comune l'ego spropositato che li caratterizzava.
<< Direi che adesso possiamo iniziare i festeggiamenti, che ne dici tesoro? >> chiese quindi al figlio, il quale rispose affermativamente con un cenno del capo.
<< Signori e signore, che il ballo di bentornato per il generale Sinch abbia inizio! >> disse Andras, alzando il tono di voce ed aprendo leggermente le braccia, lo sguardo rivolto all'aristocrazia che attendeva silenziosa e composta al suo cospetto. La quale fece un profondo inchino difronte i reali e il Sommo generale prima di disperdersi ordinatamente nella sala; chi andava verso i lunghi banconi disposti ai suoi lati, ricchi di varie leccornie dall'aspetto più che invitante, chi preferiva sostare nelle terrazze all'esterno, gustandosi un buon cocktail e chi, invece, preferiva divulgarsi in chiacchiere e pettegolezzi.

Il clima era mite ed io avrei quasi potuto godermi la serata se non fosse stato per il braciere che imperversava davanti a me. Andras era inquieto ed anche se tentava di nascondere la sua rabbia sotto i sui soliti muri protettivi, io riuscivo perfettamente a percepire il suo tormentato stato d'animo.
Sospirai frustrata. Io dovevo farmi valere, dovevo farlo impazzire stasera ed invece, per colpa di quei vecchi acidi dei suoi, mi ritrovavo a desiderare ardentemente che ritornasse il ghiacciolo di sempre. E, ironia della sorte, volevo essere io e solo io a calmarlo.
Da quando ero diventata così masochista?
Fissai le sue ampie e muscolose spalle che all'improvviso sembravano essere appesantite da un nuovo ed insopportabile peso. Sembrava così... solo.
Oh, al diavolo le piccole vendette, devo fare qualcosa per lui!
Allungai timidamente una mano, ritraendola subito dopo, preda di ulteriori dubbi.
Lui mi avrebbe certamente aggredita non appena saremmo stati fuori da soli. Ero davvero disposta a subirmi la sua ira solo per fargli sbollire la rabbia rappresa?
All'improvviso vari flashback che avevano noi due come protagonisti si fecero largo nella mia mente.

Noi due che litigavamo...
I nostri sguardi di fuoco...
I semplici tocchi che poi si erano trasformati in carezze infuocate...
Il mio primo bacio dato nella serra delle rose... ed i baci audaci che ne erano seguiti...

Strinsi i pugni ed irrigidii la mascella.
No.
Non potevo ignorare tutto quello che c'era stato fra noi. Era... era troppo importante per me, cazzo!
Sollevai, stavolta con decisione, la mano, ponendola poi a palmo aperto a metà della sua spina dorsale. Lo sentii irrigidirsi.

Andras... possiamo andare fuori in terrazza... da soli?
Gli chiesi mentalmente.

Lui non rispose, semplicemente si limitò a salutare i genitori e Damien, assicurandogli che sarebbe tornato il prima possibile dopo aver risolto una certa faccenda. Quindi, si diresse verso una delle portefinestre dai vetri oscurati, diversamente dalle altre presenti in sala. Con occhio attento però, constatai che seppur avesse le sue caratteristiche movenze eleganti, queste erano rese meno incisive dagli inusuali passi pesanti con cui procedeva spedito. Quasi volesse liberarsi al più presto della presenza opprimente dei genitori; perché ormai ero sicura che la causa del suo strano comportamento fossero loro, non c'era altra spiegazione: era cambiato esattamente nel momento in cui questi ultimi avevano fatto la loro comparsa nell'immenso salone da ballo.
Oh, Andras, che cosa ti hanno mai fatto per farti arrivare a tal punto?
Oltrepassata la soia della porta-finestra, il demone si diresse, sempre senza proferire parola, verso delle scale a destra della grande terrazza a semicerchio, le quali portavano ad uno dei tanti giardini che circondavano il palazzo.
Lo seguii, chiedendomi in che luogo mi stesse portando dato che io, poco prima, gli avevo detto di fermarci in terrazza. Probabilmente temeva che qualcuno degli ospiti comparisse proprio dalla porta-finestra da cui eravamo usciti noi...
Camminammo fino a raggiungere l'entrata di un bellissimo gazebo, di cui rose gialle e bianche avevano fatto la loro dimora in un modo che definirei assai originale. Uno spettacolo magnifico, non c'è che dire.
Scioccamente pensai che quello fosse un gesto romantico da fidanzati novelli, ma lui non era e non sarebbe mai diventato un tipo da simili comportamenti né avrebbe mai potuto essere il mio ragazzo.
Dio, da quando ero diventata così smielata?
<< Da piccolo, quando avevo l'opportunità di uscire dall'Accademia, venivo spesso a giocare qui. >> disse ad un certo punto, gli occhi persi nel vuoto dei ricordi, assenti.
Mi appoggiai con la schiena ad una delle nove colonne corinzie, sconvolta da quanto rivelato. Le gambe che minacciavano di cedere.
Lui... mi aveva portata in un luogo importante per lui...
<< E che cosa facevi? >> chiesi in un sussurro, non volendo rompere la bolla intima che ci aveva avvolti.
<< Ci portavo il mio piroi, ricordo che era molto grande, quasi quanto me, ed aveva un pelo nero e lucente come la pece. Ma la sua particolarità erano delle piccole macchie all'apice dell'orecchi sinistro, rare per la sua razza. >> rispose con l'ombra di un sorriso.
<< Un... piroi? >> chiesi confusa, piegando la testa di lato.
<< Si tratta di un animale domestico del mio mondo, simile al vostro cane. >> spiegò, girandosi a guardarmi. Gli occhi pieni di un sentimento che non riuscivo ad identificare.
Aveva già sbollito la rabbia?
<< Perché mi stai raccontando questo? >> dissi posando lo sguardo sulle mattonelle azzurro pallido del gazebo.
Un colpo di vento sferzò allora fra i miei capelli, facendoli svolazzare per qualche secondo nell'aria fresca della notte; mentre alcuni insetti simili alle lucciole terrestri cominciavano a volare a caso intorno alla costruzione in marmo bianco e blu.
<< Non lo so... >> cominciò muovendosi nella mia direzione << ... la cosa ti reca disturbo? >>
Ormai mancava poco e mi avrebbe raggiunta.
<< No, sono solo... sorpresa. Non mi avevi mai detto nulla riguardo il tuo passato. Nulla di così importante per te. >> dissi rialzando lo sguardo da terra e puntando gli occhi sulla maestosa figura che ora troneggiava su di me.
<< Posso sapere in che modo enunci ciò? >> mormorò avvicinando di poco il suo viso al mio.
<< Dai tuoi occhi. Loro non mi mentono mai. >> sorrisi leggermente.
Si scompigliò i capelli con una mano, sbuffando: << In effetti Iax, il piroi, è stato il mio primo vero amico. >>
A quella piccola grande confessione mi sciolsi definitivamente, azzerando tutte le mie difese. E non accorgendomi, in tal modo, della sua mano che si allungava verso il mio volto e che lui si curò di poggiare delicatamente sulla mia guancia destra: << Se non sbaglio una volta mi hai detto che ti piacciono i miei occhi. È ancora così? >>
Deglutii, incapace di mentire ancora: << Sì. >>
<< Bene. >> asserì poco prima di tuffarsi a capofitto sulle mie labbra, già dischiuse e pronte ad accogliere la sua lingua infuocata dal desiderio.
Quella magica danza che ormai avevo imparato a riconoscere si fece ben presto forte e prepotente, passionale e... disperata. Si, lui aveva accettato, seppur indirettamente, la mia silenziosa offerta d'aiuto.
Allacciai, vogliosa, entrambe le mani al suo collo, passando con frenesia crescente le mani fra i suoi soffici capelli. Possibile che li avesse sempre così ribelli? Non si rendeva conto che erano una pericolosa tentazione per le mie mani che, alla loro sola vista, prudevano impazienti di un nuovo possibile contatto?
Aumentai ancora il ritmo del bacio, pensando che probabilmente il bastardo lo sapeva e lo faceva pure apposta. Dopotutto, sarebbe stata una cosa perfettamente normale per un sadico come lui.
<< Ti ricordo... che io... sono... un'umana... e dovrei... respirare... per vivere... >> riuscii a dire fra un assalto e l'altro.
Lui si staccò ansante, infiammando il mio basso ventre con una sola seducente occhiata. Prese poi, una piccola ciocca di capelli rossi, arrotolandosela diverse volte fra le dita affusolate. Mani da pianista, pensai in un momento di lucidità.
<< Sei ancora adirato? >> chiesi dopo qualche minuto di silenzio; una breve pausa interrotta solo dai nostri respiri che, lentamente, si regolarizzavano in armonia.
Lui distolse lo sguardo dai miei capelli, dicendo: << Non mi piaci con i capelli raccolti. >>
Alzai gli occhi al cielo, un gesto che notai essere diventato usuale per me in sua compagnia: << Non hai risposto alla mia domanda. E comunque a me garbano così. >>
Lui, in tutta risposta, sciolse in un sol colpo il nastro color oro che legava i miei capelli, facendo così ricadere in morbide onde i miei riccioli.
<< Ehi, mi hai guastato l'acconciatura! >> protestai seccamente.
Lui non rispose, concentrandosi invece sulla ben più che piacevole tortura del mio collo. Mordicchiò, succhiò e leccò con strana calma e dedizione ogni singolo lembo di pelle scoperto.
<< Che non ti venga... in mente... di farmi un altro... succhiotto. >> sospirai di piacere, inondata da un'onda improvvisa di estrema felicità. Mi sentivo tremendamente bene fra le sue forti braccia... Sentivo che era quello il mio posto, l'unico in cui avrei voluto essere per l'eternità.
Succhiò avidamente un'ultima volta: << Troppo tardi. >>
Stronzo.


Ti odio.
Espressi a mente quella che, ormai, sapevo essere una perfetta bugia. In realtà... provavo tutt'altro.

Anch'io.
E sorrise.

Sorrise come quella volta alla serra delle rose. Incurvò le labbra in quella dolce e morbida curva, la quale era resa da lui in un modo così speciale ed unico che, ne ero certa, nessun altro essere vivente avrebbe mai saputo fare altrettanto. Quel sorriso sincero che per notti avevo sognato e sperato di poter rivedere e che, adesso, era davanti ai miei occhi. Finalmente.
E la cosa più bella era che lui stava sorridendo
a me, quel sorriso era spuntato sul suo bellissimo viso... grazie a me!
<< C'è qualcosa che non va? >> domandò facendo scattare in alto il sopracciglio sinistro.
Scossi la testa divertita, un radioso sorriso adornava ora il mio volto: << No, va tutto alla grande direi! >>
Lui sbatté le palpebre più volte, forse dubitando della mia sanità mentale e sì, forse non aveva poi tutti i torti. Insomma, chi è che salta di gioia dopo aver ricevuto la conferma di essere odiata?
Ero strana e, molto probabilmente, anche una pazza irrecuperabile ma... lui aveva sorriso e niente aveva più importanza adesso. O magari, era la curiosa sensazione che si stesse parlando di un altro sentimento in gioco...
Gli occhi divennero inevitabilmente lucidi. O ancora, ero io che mi facevo troppe fantasie mentali. Vane speranze che non avrebbero portato altro che amare delusioni. Ed io, di delusioni, ne avevo avute fin troppe nella mia vita.
Rinunciare quindi al sentimento che stava pian piano sbocciando nel mio cuore martoriato?
Lo fissai attentamente, il sorriso era scomparso ma nel suo volto aleggiava ancora un'aria serena e giocosa. Scossi la testa. Ero masochista per natura e per quanto fosse difficile da ammettere, Andras era quel qualcosa di speciale di cui mai avrei potuto fare a meno. Era così ed era giusto che se proprio dovevo soffrire, andare all'infermo o chissà cos'altro, beh... che almeno lo facessi per lui. Il sacrificio era qualcosa che sarei sempre stata disposta a compiere per lui. Lui che, con un solo sorriso, riusciva a farmi dimenticare, seppur per quei pochi istanti, i demoni che da tempo turbavano il mio animo. E questo per me valeva più della mia stessa vita, più della mia stessa anima. Perché senza di lui, quella fioca luce che ancora rischiarava a tratti l'oscurità del mio cuore, si sarebbe spenta per l'eternità. Ma se mai lui avesse avuto bisogno anche di quella, io ero decisa a dargliela. Avrei rinunciato anche all'eternità per lui. E questo era qualcosa che andava ben oltre quel raro sentimento chiamato ''Amore''.

<< No. >> affermò serio il demone, riscuotendomi dai miei pensieri.
<< Cosa? >> chiesi confusa, non capendo a cosa si riferisse. Quest'uomo aveva la spiccata dote di cambiare discorso con la stessa facilità con cui cambiava le proprie mutande. Non stavamo parlando del fatto che mi odiava? Mi ero forse persa qualcosa?
<< No, non sono più arrabbiato. Credo che la terapia ''Bacia Amia'' funzioni alla perfezione in questi casi, o almeno per quanto mi riguarda. >> spiegò ironico, facendo però subito dopo una smorfia di disapprovazione.
<< Che cosa c'è adesso? >> esclamai, il sopracciglio alzato per l'esasperazione. Mi ero dimenticata che era anche lunatico.
<< Non voglio che altri, a parte me, osino toccare o anche solo sfiorare le tue labbra. >> rivelò serio in viso, gli occhi scuri e profondi come la notte più buia. La frase velata da minacce sottintese per colui che avesse mai disgraziatamente infranto quanto appena detto.
Ah.

Beh... in fin dei conti, qualche speranza ce l'avevo ancora.









ANGOLO AUTRICE:

Bene ragazze, eccoci arrivate a fine capitolo. Complimenti per aver letto anche questo perché, sul serio, stanno diventando davvero titanici ultimamente. Spero perlomeno di non avervi annoiate!
Passando agli eventi descritti in questo capitolo, credo che siano stati abbastanza interessanti, no? Che dite, ho soddisfatto il vostro desiderio di avere più Andras ed Amia? XD
Oh, ma la punizione che spetta ad Amia mica si è dissolta nel nulla, al momento giusto Andras rivendicherà il suo diritto. Più come scusa che per altro a dir la verità, già, ma scusa per cosa? é.é
Ricordate che con me le cose tornano sempre, nulla verrà lasciato al caso. Le spille che Raina ed Amia hanno comprato al negozio per esempio...
Poi che dire, la faccenda su Iax(il piroi) non è ancora conclusa e vi rivelo che i genitori di Andras c'entrano sulla sua prematura scomparsa(se notate Andras parla di lui al passato).
Sulla sua storia c'è da piangere. T.T
Altra cosa, io li odio i genitori di Andras, voi? Vedrete che li odierete di più in futuro(già nel prossimo capitolo credo).
Infine: ma la scena finale? :3
Io mi sono impegnata tanto per farla venire al meglio possibile, quindi spero che vi sia piaciuta. Ditemi voi in una, anche piccola, recensione. :)
Insomma, Amia fa sempre più chiarezza su ciò che prova e che è disposta a fare. Andras ammette chiaramente che vuole essere l'unico a poterla baciare e toccare, ma testone per com'è pensa che si tratti solo di attrazione e senso di possesso nei confronti della rossa. Sarà così o c'è dell'altro? *fischietta innocente*

Il titolo di questo capitolo si riferisce a due cose distinte: per prima cosa ad Amia che comprende cosa è disposta a sacrificare per Andras, questo credo che lasci senza parole tutte noi, ahahah. E secondo, alla protagonista che non riesce a proferire nulla difronte la confessione/minaccia(che volete Andras fa le cose a modo suo u.u.) del demone. Ok, forse anche quest'ultima ci fa restare allibite. XD Voglio dire, è già un passo avanti per Andras, no?

Importante!
Inoltre ragazze, volevo informarvi che ho creato un gruppo su facebook per spoiler, curiosità sulla storia, immagini dei personaggi(sì, ci sono foto anche di Andras e Damien XD) e la possibilità di farmi qualsiasi domanda(sia riguardante questa storia che le altre che ho in corso, dato che è un gruppo firmato col mio nome autrice), sarò felice di rispondervi al più presto in tutta sincerità, promesso. ;D
Spero che molte di voi facciano richiesta, mi piacerebbe molto conoscervi meglio, dopotutto siete voi la struttura portante della storia!
- Ecco il link: https://www.facebook.com/efpfanfic#!/groups/609887295711387/?fref=ts < ---Basta andare sulla mia pagina autrice e cliccare sull'ultimo bottone a destra oppure fare copia e incolla. :D

Detto questo: ma quanto vi posso amare, eh? Voglio dire, negli scorsi capitoli ho avuto ben 11 e 13 recensioni! Un vero record per la sottoscritta. *_*
GRAZIE GRAZIE GRAZIE a tutte! <3
Come sempre ringrazio coloro che hanno inserito me fra le autrici preferite: 6.
Le ragazze che hanno messo la storia fra le preferite(23), le ricordate(9) e le seguite(57). Aumentate di volta in volta ed io non posso che esserne felice. :')
Grazie anche ai lettori silenziosi. :)

Baci e alla prossima,
vostra Ashwini. :*






Spazio pubblicità:

Ecco come sempre lo spazio pubblicità. :)

* ''Eternity'' di Ashwini, l'altra mia storia in corso di genere romantico. Spero ci darete un'occhiata, mi farebbe davvero piacere.

* ''L'armonia del silenzio'' di Luthien_13(nickname unico delle singole autrici Ashwini e Little Liar_), io e la mia amica saremmo molto felici se passaste anche qua, insieme ci stiamo impegnando molto e leggere un'opinione esterna ci aiuterebbe a migliorare.

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di Little Liar_, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta.


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Capitolo 20
*** Capitolo diciannovesimo: Promesse di vendetta. I pensieri di un amico. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic dddd Ciao a tutte, ragazze! ^_^
Lo so, ho fatto più tardi del previsto ma... giuro che presto mi farò perdonare! Scrivere questo capitolo è stato più difficile del previsto, anche perché ho completamente stravolto la mia idea iniziale. Non chiedetemi né il come né il perché di tale gesto, so solo che il mio istinto mi diceva questo ed io, a conseguenza dei miei princìpi, l'ho seguito.
Spero che il seguente capitolo vi piaccia.

BUONA LETTURA!




                                                                                  Se ne sentiva attratto più di quanto gli facesse piacere.
                                                                                            (Orgoglio e pregiudizio-Jane Austen)





CAPITOLO DICIANNOVESIMO:
Promesse di vendetta. I pensieri di un amico.







Pov. Amia


Il sole tramontò dolcemente, infiammando il cielo di mille sfumature, naturali colpi di un pennello divino, che andavano dal rosa pallido all'arancione, esplodendo infine in un rosso ardente; la cui linea sfavillante tremulava in una moltitudine di code infinite di fiamma, che si dimenavano impazzite all'orizzonte.
Le nuvole che poco prima erano ancora di un puro bianco latteo, ora si erano colorate degli oscuri pigmenti della notte. Notte che faceva il suo regale ingresso nella volta celeste tramite un lungo tappeto cosparso di stelle. Alcune piccole e delicate come la punta di una matita appena temperata, altre luminose come i diamanti di una corona. Ognuna di esse però, era innegabilmente unica nell'immensità dell'universo.
La padrona indiscussa di quel manto stellato però, era la luna. Scomparsa la palla infuocata del sole, essa faceva capolino in tutto il suo splendore dall'alta catena montuosa che, da dietro, circondava per metà il palazzo come le braccia di una madre amorevole.
Un fresco ma leggero vento cominciò, allora, a spirare fra le fronde degli alberi circostanti. I miei capelli, così come il lungo abito da sera, ne furono sapientemente aspirati; i boccoli dell'acconciatura ormai disfatta assunsero, quindi, lo stesso movimento delle onde del mare che si intravedeva ad est della residenza reale.
Sospinta dalla brezza notturna, la massa informe delle piccole lucciole si spostò verso ovest. Una buona parte di loro prese riparo all'interno del gazebo, e fu come ritrovarsi dentro un oceano infinito di corpi celesti.
L'atmosfera, carica della tensione scaturita dalla rivelazione dell'imperatore, cambiò. Mutò il suo aspetto. E la calma piatta della notte si fece così largo fra le nostre due figure.
Prendendomi di coraggio, ripresi l'uso della parola: << Credo che adesso dovremmo andare... i tuoi genitori ti staranno aspettando. >>
<< Che attendano. >> rispose secco. Una strana luce negli occhi.
<< Allora che facciamo? >> sbuffai.
<< Ho carta bianca? >> chiese sorridendo malizioso.
Risi sarcastica: << Cambierebbe forse qualcosa se dicessi di no? >>
Fece un'alzata di spalle: << La mia è stata una semplice domanda dettata dalla buona educazione. >>
Lo guardai male. Sottendeva, forse, che io ne ero sprovvista?!
<< Se non sbaglio ho ben due possibilità per umiliarti. >> rifletté con un dito posato sul mento scolpito nel marmo ed il suo caratteristico ghigno in volto, segno di chissà quali progetti di tortura.
<< Due? >> chiesi incredula.

<< Sì, oltre ad un'adeguata punizione per ciò che hai fatto prima sui gradini dello scalone, mi spetta anche il giusto pagamento per la tua uscita di ieri nella Capitale dell'Impero. >> spiegò saccente.
Merda, aveva ragione. Presa com'ero dall'euforia per il ricevimento, l'avevo completamente dimenticato.
<< Quindi? >> sbottai inviperita. Se pensava di spaventarmi con così poco, si sbagliava di grosso. Avrei rispettato i patti certo, ma con dignità!
Avvicinò, allora, il volto al mio, deviandolo poi vicino all'orecchio. Mordicchiando con cura quest'ultimo, soffiò leggero: << Non perdiamoci in inutili discussioni... Amia. Abbiamo poco tempo. >>
Mi morsi con forza il labbro inferiore. Sentire il modo con cui la sua lingua accarezzava vogliosa il mio nome era... così terribilmente eccitante...
<< E allora, perché ricordarmelo adesso? >> chiesi con voce flebile. Gli occhi fissi sulle sue morbide labbra.
<< Perché pretendo che tu agisca nell'immediato quando farò le mie richieste
. Obbediente. >> rispose ovvio. Certo, dovevo immaginarlo.
Sospirai seccata. All'improvviso mi era passata la voglia di baciarlo. Perché farlo poi, se per lui era solo un mero contatto? Non gli ero indifferente, certo, questo era piuttosto palese ma io, da un po' di giorni a questa parte, mi ero resa conto di volere di più. Non sapevo ancora bene cosa e... neanche fino a quando tutto ciò mi sarebbe bastato. Era per questo che avevo deciso di provocarlo. Era per questo che cercavo disperatamente di apparire più donna ai suoi occhi. Ma lui, tutto questo, non sembrava minimamente notarlo.
Ero davvero così priva di significato per lui?

Allora attaccalo, forza. Vendicati del dolore subito. Una voce roca ed oscura invase la mia mente. Metallica.

Girai la testa da tutte le parti con non poco sforzo, provata da tremende fitte pulsanti alla testa, non scorgendo però nessuno nei dintorni. Che quella voce che mi aveva appena parlato fosse solo nella mia testa? No, non era possibile. Solo Andras poteva farlo... giusto?
Mi portai una mano al petto, confusa. Sentivo un peso opprimente sul cuore. E faceva un male tremendo...
<< Ehi Amia, va tutto bene? >> sentii chiedermi dal demone, il quale mi pose subito dopo una mano sulla spalla.
Mi scostai infastidita. Disgustata quasi. Una rabbia immotivata che prendeva il posto di quel dolore sconosciuto all'interno del petto.
Bene? Bene?! Dio, mi scoppiava la testa.
<< Non toccarmi! >> urlai furente, chiudendo di scatto gli occhi a causa di un ulteriore fitta alle tempie. La testa che cominciava a girare, preda di un vortice oscuro.
Mi misi le mani fra i capelli, sconvolta. Che cosa diamine mi stava accadendo? Perché reagivo il quel modo poi?
Era come se non fossi più padrona del mio stesso corpo. Sì, perché quella che aveva appena parlato non ero stata io, qualcun altro l'aveva fatto al mio posto. Ma chi?

Attaccalo sciocca, attaccalo. Sbrigati!

Crollai in ginocchio ansimando. No, no, no. Io non volevo fargli del male... e quella rabbia che mi sentivo crescere dentro... non proveniva da me. Le mie emozioni erano come condizionate da un fattore esterno. Che la causa di ciò fosse il proprietario di quella stessa voce?

Attaccalo... Attaccalo... Attaccalo. Ed ancora quella voce che ora, spazientita, ripeteva incessantemente quella dannata cantilena.

Non ce la facevo più: il dolore al petto era diventato insopportabile, e mi sembrava che si stesse espandendo anche in tutto il resto del corpo. Ormai non lo sentivo più come mio; sembrava che fossi diventata un'anima che guarda il suo involucro terreno dall'esterno.
Stavo perdendo il contatto con la realtà. Lo sentivo.
<< Amia, rispondimi cazzo. Dimmi come posso aiutarti! >> grugnì esasperato Andras, inginocchiandosi dinanzi a me in modo da scuotermi per bene le spalle. Gli occhi accesi da quella che riconobbi essere preoccupazione.
Oh... allora di me gliene importata qualcosa... Pensai con un debole sorriso prima di cadere nel buio. Le tenebre avevano ormai invaso la mia mente.

Bene, se non farai tu, di tua spontanea volontà, allora ci penserò io.


Pov. Andras

<< Amia! >> gridai allarmato, vedendola svenire, inerme, fra le mie braccia.
Che cosa accidenti le era successo? Perché stava così male? Fino a poco tempo fa stava bene, non mostrava certo i sintomi di ciò che era le appena accaduto... Accidenti... Era tutta colpa mia, non avrei dovuto permetterle di venire al ballo stasera; non dopo averla ritrovata priva di sensi in mezzo alla strada solo il giorno prima. Cazzo!
Per prima cosa è necessario che la riporti nella mia camera da letto, poi chiamerò nuovamente il medico di corte per visitarla e poi... cazzo, non lo so. Non mi ero mai preso cura di nessuno per centinaia d'anni ed adesso guarda come mi sono ridotto: a riflettere su cosa era meglio fare come una misera mammina che si preoccupa per i suoi bambini.
Mi sentivo anche in colpa, porca puttana!
La guardai e, trovandola troppo pallida in volto, provai un'inusuale senso d'ansia.
Odiavo sentirmi così, non era da me. Per niente.
Era strano provare tanta preoccupazione per un altro essere vivente, prima d'allora mi ero solo curato del benessere di me stesso; senza neanche badare che le mie azioni non si ripercuotessero in peggio sugli altri. Che motivo ne avevo poi? L'importante era che io dominassi incontrastato su tutto il mondo conosciuto.
Al diavolo i deboli ed i miserabili. Meritava di sopravvivere solo il più forte.
Questa era l'unica regola, legge morale assoluta, a cui mi ero sottoposto per secoli. Ma adesso...
La fissai ancora una volta, digrignando amaramente i denti.

Prova a morirmi fra le braccia Amia e giuro che, dovessi anche andare all'inferno, ti riporterò indietro da me. Anche a mani nude se necessario!

<< Ma che pensieri sdolcinati che fai, mio caro imperatore... da te proprio non me lo sarei mai aspettato! >> rise malvagia una voce metallica. Vicina, troppo vicina.
Abbassai lo sguardo, notando con sgomento che era stata Amia a parlare. Che diavolo...
<< Mollami idiota! >> scalciò lei, allentando con furia la presa con cui poco prima l'avevo stretta a me, ed allentandosi di qualche passo.
Si schiarì teatralmente la voce per poi dire beffarda ed ironica: << Calmati tesoro, non sono la tua Amia. O meglio, ho deciso di prendere possesso del suo bel corpicino per un po', spero non ti dispiaccia. >>
Strinsi i pugni fino a ficcarmi le unghie nei palmi delle mani, sentendo poco dopo dei rivoli di sangue che scendevano rapidi fin lungo le dita per poi cadere al suolo ed infine scoppiare in mille gocce cremisi.
Chiusi nervosamente gli occhi, riaprendoli subito dopo con uno scatto. Ormai avevano assunto lo stesso colore del sangue.
Riaprii in seguito anche le mani, e lunghi artigli infiammati
presero il posto delle comuni unghie.
Con velocità sovrumana presi, poi, Amia per il collo sottile con una mano, facendo però attenzione a non ferirla con gli artigli. Tendendola ben ferma, la bloccai saldamente ad un albero nodoso lì vicino.
<< Chi. Cazzo. Sei? >> sibilai, scandendo velenoso ogni singola parola.
Aumentai i miei sensi da demone, riuscendo così a focalizzare l'essenza stessa di Amia. Storsi il naso contrariato. La sua anima era come avvolta a bozzolo da un altro spirito. La intravedevo nitida attraverso quella intrusa.
Un'anima intrusa che però...
spalancai gli occhi sorpreso... le somigliava in un modo impressionante.
<< Notato qualcosa, fustacchione? >> sorrise malvagio quell'essere.
Questa non è un'espressione che appartiene ad Amia, lei non sarebbe mai capace di distendere i suoi tratti facciali in un ghigno tanto orribile.
Le stava deturpando il volto il bastardo!
<< Chi cazzo sei? >> ripetei la domanda di poco prima, infuriato. Era così frustrante non poter fare del male al mio avversario!
<< Una parente! >> rispose allegro il parassita. Aspetta, aveva detto... ''una''?
<< Sei una sudicia donna? >> chiesi infatti, alzando un sopracciglio.
<< Certo... >> rispose quella offesa << ... e sono venuta qui per ucciderti! Per vendicarmi finalmente! >>
Avvicinai minaccioso il mio volto al suo, cercando di ignorare chi fosse la proprietaria del corpo da cui quella voce mi stava parlando. Perché se lo avessi fatto, non ero sicuro di riuscire a mantenere intatta la mia caratteristica impassibilità e freddezza. Di solito, infatti, con Amia ne usavo una ben minore quantità ultimamente.
<< Parente? A quanto ne so Amia non ha più nessuno. Tutti i componenti della sua famiglia sono morti. E poi dimmi, per quale assurdo motivo dovrei crederti, eh? >> sibilai con un ghigno vittorioso in viso.
Mi credeva forse tanto stupido? Insomma, era abbastanza ovvio che facessi delle ricerche approfondite su tutti coloro che venivano a contatto con il sottoscritto, faceva parte della mia sicurezza. Anche se ammettevo che quelle riguardo Amia, erano state dettate dalla pura e semplice curiosità.
<< Purtroppo per te, il tempo a mia disposizione sta scadendo, quindi devo concludere la faccenda in fretta. Mi spiace, ma la nostra conversazione finisce qua. >> rispose seria, alzando un braccio e puntandone poi il palmo aperto verso il mio petto. Una chiara minaccia di morte negli occhi.
Feci una risata sarcastica: << Non so ancora come tu sia riuscita ad impossessarti del corpo della ragazza, ma parente o no, forse non sei a conoscenza di un piccolissimo dettaglio: Amia non ha poteri, è un'umana. >>
Quella sorrise furba, come a conoscenza di un segreto tutto suo: << Ne sei sicuro? Guardami allora. >>
Cosa... ?
Mi immobilizzai, sorpreso, quando mi resi conto che la sua mano, la mano di Amia, aveva iniziato ad irradiare un debole luce color verde-acqua.
Non era possibile, una cosa del genere era assolutamente assurda! Amia era una semplice umana, ne ero sicuro! Ma allora, come diavolo era plausibile tutto ciò?!
<< Magari non riuscirò ad ammazzarti adesso, mia nipote è ancora troppo debole ma... forse una piccola dimostrazione del suo potere te la posso dare. >> disse la sconosciuta in tono macabro.
Ad un certo punto, la luce che scaturiva dalla sua mano aumentò notevolmente d'intensità. Quasi a farsi accecante. Ma comunque sopportabile per i miei sviluppati occhi da demone.
Mi allontanai allora da lei, volendo ben vedere fin dove si sarebbe spinta. Quindi, con espressione superiore, le dissi: << Vediamo allora. >>
Avevo un'irrefrenabile voglia di scoppiarle a ridere in faccia. Andiamo, credeva davvero di mettermi paura? A me? Ero l'imperatore di uno dei tre regni demoniaci in cui si divideva la galassia, un dominatore universale del mio mondo! Figuriamoci se potevo venir scosso da uno spirito parassita che aveva bisogno della nipote per agire. A tal proposito poi, avrei fatto delle accurate ricerche. Ci credevo poco in realtà, dato che non avevo mai individuato nessun aspetto estraneo alla naturale natura di Amia; tuttavia avevo imparato che niente è mai come sembra e la possibilità che la ragazza avesse un potere sconosciuto dentro di se era davvero... affascinante. Oh, se davvero non era una semplice umana, allora avrei potuto scatenarmi con lei. In tutti i modi.
Una cosa era sicura però: Uram, il demone addetto alle ricerche personali, era licenziato. Avrei provveduto io stesso ad impartirgli anche un'adeguata punizione per aver tralasciato un simile dettaglio sulla vita di Amia.
Quella ragazza era una continua sorpresa, non c'è che dire.
Concentrandomi sulla presunta ''parente'', notai che stava recitando dei versi in una lingua antica. Mi sembrava di riconoscerla, ma al momento me ne sfuggiva l'esatto nome. Anche se...
<< Sei una sacerdotessa. >> mormorai più a me stesso che a lei, trovando finalmente risposta alle mie domande inespresse.
Amia era davvero la discendente diretta di una sacerdotessa? No, non era possibile. Era nata sulla Terra, cazzo, non nel mio mondo. E poi si erano praticamente estinte ormai. Certo, sapevo con certezza che alcune di loro erano sopravvissute al massacro, ma si erano comunque tutte nascoste, in un esilio volontario, in angoli remoti e sconosciuti della galassia, questo a causa delle persecuzioni scoppiate qualche secolo fa. Lì, non nuocendo più a nessuno e ritenute di conseguenza praticamente innocue, erano state lasciate in pace. Questo era quanto era stato deciso dai tre membri del Quadro, tra cui anche il sottoscritto, all'epoca del Concilio di Mistrans.
Contrassi i muscoli ed irrigidii la mascella. Ma certo, quella puttana poteva benissimo aver fatto reincarnare una sua discendente in un comune essere umano, in un altro pianeta ben lontano dai miei possedimenti, così che non ne percepissi in alcun modo il potere fino all'adeguato risveglio. Con tutte quelle loro dannate pratiche spirituali, poi, doveva anche esser stato abbastanza semplice: un banale sacrificio di una di loro distesa su di una lastra di pietra nera difronte il loro stupido Dio. Legata alla fredda pietra da tutti e quattro gli arti, immobile. Poi vi erano altre pratiche sanguinose che portavano alla purificazione del corpo, cosa da loro ritenuta sacra ed inviolabile per ottenere il diritto di essere sepolte nei sotterranei di uno dei loro numerosi templi. Usufruivano poi, di vari incantesimi e preghiere spirituali per arrivare infine alla giusta fuoriuscita di un frammento dell'anima del soggetto sacrificato. Frammento che veniva da loro inviato dentro il corpo della loro prescelta per creare così le cosiddette ''reincarnate''.
Un tempo questa era una pratica molto usata, non solo fra le sacerdotesse, ma anche da altre specie del mio mondo. Poi era caduta in disuso, fino ad essere usata solo in casi estremi e, per lo più, a scopi puramente politici e ritenuti vantaggiosi per il futuro.
C'era quindi da chiedersi il ''perché'' questa presunta ''parente'' l'avesse fatto. Aveva precedentemente rivelato che era qui per ammazzarmi a scopo vendicativo. Ma, ironia della sorte, non ne capivo ancora il motivo o forse, semplicemente, mi sfuggiva. E poi, nel caso si riferisse alle persecuzioni, si doveva anche dire che non ero stato l'unico ad approvarle. Quindi, se era intelligente, al momento aveva inviato altre sue sottoposte negli altri due regni in cui si divideva la galassia. In caso si riferisse ad altro invece, un qualcosa che riguardava solo me, allora non ne sapevo proprio nulla. Se era arrivata fino a questo punto però, contattandomi direttamente, era davvero grosso questo motivo.
Bene, in seguito avrei provveduto ad informarmi anche sul fatto appena analizzato. Soprattutto se, nei secoli passati, le sacerdotesse perseguitate avevano avuto contatti con altri individui. Si, perché non era da escludere che ci fossero dei complici. In casi come questo era piuttosto raro che si agisse da soli.
Sbuffai infastidito. Non bastavano i miei attuali problemi, no, adesso dovevo anche riprendere una causa che si era ritenuta morta e sepolta, maledizione!
<< Te ne sei reso conto, finalmente. >> disse all'improvviso la donna, che nel frattempo aveva finito di recitare la litania di poco prima. Dalla sua mano destra, ormai, faceva bella mostra di se una sfera d'energia di notevoli dimensioni. Spera che, subito dopo, venne sospinta a gran velocità da un raggio da lei prodotto, verso di me.
Non mi spostai. Perché farlo poi? Ero di una potenza ben superiore alla sua e di rischi non ne correvo. Anche in caso contrario comunque, ero un guerriero, il migliore, e come tale non sarei mai scappato difronte a niente e nessuno.

Fatti sotto puttana.
Le comunicai con il pensiero.

Con grande piacere.
Rispose con odio, mentre la sua figura venne interamente coperta dalla sfera che, durante il percorso, si era ingrandita ancora di più.

Sollevai un braccio, quasi annoiato, fermando il suo colpo d'energia con una sola mano. Scagliai, quindi, senza il benché minimo sforzo, la sfera dal lato opposto al mio, scaraventandola su di un gruppo abbastanza corposo di alberi che, al solo contatto, presero subito fuoco.
Osservai per un breve istante lo spettacolo per poi voltare, beffardo, il viso verso colei che aveva compiuto tale inutile gesto.
Deludente, davvero deludente.
<< Andiamo, riprova, magari sarai più fortunata. >> dissi con tono ilare.
Lei in tutta risposta allargò le braccia e, avvolta da una moltitudine di vortici color zaffiro, si sollevò in aria di almeno un metro.

Aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo ed immaginai che si stesse ancora abituando a quel corpo per lei estraneo. Senz'altro cercava anche di controllare al meglio gli ancora deboli poteri di Amia. Ma, vedendo che ogni tanto faceva qualche smorfia di disapprovazione, sorrisi orgoglioso. La ragazzina impertinente a quanto pare opponeva resistenza a questo spirito che si era introdotto senza permesso dentro di lei. Purtroppo, però, non disponeva ancora della forza necessaria per compire un tale sforzo quale era il cacciare da se un'anima intrusa. Uno spirito che molto probabilmente stava agendo, dal luogo sconosciuto in cui si trovava il suo reale corpo, tramite il frammento dell'anima della sua discendente diretta che era in Amia.
Pensavo con sempre più insistenza che questa donna fosse solo una misera parassita.

La vidi unire le mani in alto e, dopo averle sbattute, un'altra sfera si formò fra di esse. Stavolta però, usò le mani per modellarla, trasformandola in un piatto luminoso dai bordi taglienti che giravano vorticosamente sul nucleo centrale di media grandezza.
Aprì gli occhi e, con un colpo secco e deciso, mi scagliò contro anche quell'altra diavoleria. Agile come sempre, la schivai, sorridendo vittorioso ancora una volta. Il mio sorriso, però, sparì immediatamente quando vidi che anche la sacerdotessa stava ghignando. Che cazzo... ?
Un soffio di vento dietro di me mi fece da linea guida ed io riuscii, appena in tempo, a schivare il piatto d'energia che ritornava indietro, pronto a tagliarmi in due.

Ah, è un catalizzatore d'energia spirituale che non si ferma finché non ha raggiunto il bersaglio impartitogli dal padrone. Riflettei, ammirato. Amavo simili sotterfugi, dopotutto, anche io ne facevo un largo uso in battaglia.

Infatti, ottima osservazione. Rispose secca la sacerdotessa.

Risi fra me e me, divertito dalla situazione, mentre saltavo abilmente da un ramo all'altro degli alberi. Tutti abbattuti man mano che il piatto d'energia proseguiva la sua avanzata verso di me. All'improvviso saltai elegantemente all'indietro per aria, il piatto che mi passava minaccioso al di sotto. E, approfittando di quella frazione di secondo a mio vantaggio, mossi con velocità il polso, facendo fuoriuscire dai miei artigli potenti flussi di energia demonica color rosso cremisi. Questi ultimi presero in pieno il piatto vorticante, distruggendolo in mille piccoli frammenti che si dispersero nell'aria fredda della notte.
Mi passai una mano fra i capelli spettinati e leggermente imperlati sudore, audace come solo un predatore della mia stazza sapeva essere; pronto a ridere della prossima diavoleria di quella strega arrogante.
Volsi, quindi, lo sguardo nel luogo in cui prima l'avevo scorta, trovandomi però davanti la pietosa vista del corpo di Amia che cadeva miseramente sul suolo erboso in un sonoro tonfo.
Senza neanche riflettere più di tanto sulla mia prossima mossa, la raggiunsi a velocità sovrumana
, prendendola nuovamente fra le mie forti braccia. Dio, era diventata così fredda...
Anche stavolta agii senza pensare e, dopo un altro scatto fulmineo, percorsi a gran velocità il giardino reale. Attanagliato allo stomaco da uno strano senso d'ansia, mi ritrovai in poco tempo sotto la porta-finestra della mia camera da letto. E, compiuto un elegante balzo privo di imprecisioni, atterrai direttamente sull'ampio balcone in marmo bianco finemente decorato.


Damien, ho avuto un problema. Di' a miei genitori che tarderò al banchetto, che inizino pure senza di me. Comunicai mentalmente al mio amico.

Ho capito. Dove sei? La risposta non si fece attendere.

Nella mia stanza. Fai in modo che vi venga nessuno, voglio essere lasciato solo con Amia
. Risposi tecnico.

Ok amico, ma pretendo delle spiegazioni dopo. Chiuse il contatto mentale, stizzito per il fatto di non poter sapere ogni cosa subito.

Sorrisi compiaciuto. Damien aveva ben intuito dal mio tono autoritario che, anche se avesse chiesto qualcosa adesso, io lo avrei bellamente ignorato. Che dire, il mio migliore amico mi conosceva alla perfezione ormai.

Con calma apparente, deposi l'esile corpo di Amia nel mio letto matrimoniale. E, copertola con una pesante coperta presa da dentro il baule in fondo al letto, mi adagiai comodamente sulla vicina poltrona in pelle nera.
Dire che ero furioso era davvero riduttivo.
Ormai era troppo tardi per organizzare qualcosa, meglio non sconvolgere troppo gli animi stasera. Avrei provveduto ad organizzare una riunione fuori programma l'indomani stesso. In mattinata. Era meglio discutere quanto prima del nuovo problema appena sorto. Dopo, avrei contattato anche gli altri membri del Quadro. Quelle pazze dovevano essere eliminate.
Rivolsi un'occhiata alla ragazza distesa sul letto. Non c'era neanche bisogno di chiamare un medico ormai. Sapevo bene cosa le era successo e potevo anche giurare sul fatto che lei non ne sapesse nulla al riguardo. Probabilmente, al suo risveglio, non si sarebbe neppure ricordata di ciò che le era appena accaduto. Meglio, avrei avuto più tempo per svolgere le mie ricerche.
Mi piegai in avanti, passandomi successivamente una mano sul volto stanco.
Questa ragazza non faceva altro che portarmi problemi su problemi. Il bello era che, se fosse stata un'altra, non avrei esitato un attimo a spezzarle il collo con un colpo netto. Invece adesso me ne stavo qui, preda dei miei demoni interiori, a guardarla dormire.
Almeno sembrava essersi calmata, il respiro le era tornato regolare.
Sospirai frustrato, scompigliandomi ulteriormente i capelli con le mani che vi vagavano con frenesia.
Perché non riuscivo neanche a concepire l'idea di ucciderla?

Perché?
Perché il solo guardarla dormire mi donava una così tanta serenità interiore?
Perché?
Perché desideravo con tanto ardore proteggerla?

Perché?



Pov. Damien


Alzai gli occhi al cielo per l'ennesima volta, da quando avevo chiuso il contatto mentale con Andras. Oh, se credeva di potermi sfuggire una volta finita questa maledetta festa, aveva sbagliato soggetto. Avrei preteso di sapere tutti i minimi dettagli riguardo la faccenda.
Sorrisi malizioso. Ah, chissà quali azioni peccaminose stavano facendo quei due adesso!
Forse si era finalmente deciso a far sua la carotina. Per l'amor del cielo, erano soli, nella sua stanza da letto aggiungerei, che altro potevano voler fare?
Insomma, io ne avrei approfittato...
Ghignai, gongolante di gioia fraterna. Anche se cercava di nasconderlo, si vedeva lontano un miglio che non vedeva l'ora di saltarle addosso. Di farla sua in tutti i modi fisicamente possibili.
E lei non era certo da meno, lo guardava in un modo così adorante. Non mi sarei stupito di scoprire che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Ci teneva nonostante tutto quello che lui le faceva passare, e si vedeva. Perfettamente.
Andras era un personaggio difficile da capire, bisognava interpretarlo, analizzare con attenzione ogni sua mossa. Negli anni avevo imparato a non prendere alla leggera nulla di ciò che gli usciva dalla bocca, perché dietro le sue parole si nascondeva un oceano infinito di altri mille significati.
Fortunatamente avevo assunto la capacità di trarre sempre il giusto da quello che diceva; agendo, di conseguenza, esattamente come desiderava. Il che era molto utile in battaglia, sorprendere a morte i nemici era ormai diventato il mio passatempo preferito. Il tutto mi aveva portato alla definitiva fama del demone imprevedibile, quando invece era più corretto parlare di una grande ed impareggiabile affinità tra me ed il mio migliore amico. Potevo infatti dire di conoscerlo alla perfezione, di sapere quali spettri tormentavano da tempo immemore le sue notti.
Andras dopotutto aveva soltanto bisogno di un àncora ben salda a cui aggrapparsi, non perché era un debole, certo che no, ma qualcuno di speciale che sconvolgesse la sua noiosa immortalità, qualcuno capace di farlo sorridere anche nei momenti più bui gli ci voleva, disperatamente. O avrebbe rischiato di annegare in quel mare di sangue nero in cui, per ora, navigava.
Ero suo amico, il fratello che non aveva mai avuto, ed era inutile dire che gli ero di grande sostegno ma non sarei mai riuscito a colmare quel profondo vuoto che ancora persisteva nel suo cuore. Era qualcosa che andava ben oltre le mie capacità, purtroppo.
Ma Amia... sì, ero convinto che lei potesse farcela. Ne aveva tutte le qualità.
Dal primo momento in cui l'avevo vista in compagnia del mio amico mi ero reso conto che lei era quella giusta per lui. La donna che, per amor suo, si sarebbe spinta là dove mai nessuno aveva osato entrare: i sui incubi.
Andras si rifiutava di affrontare i propri problemi, sia con se stesso che con me, affermando di star benissimo così com'era;
ma forse la carotina avrebbe saputo tirar le corde giuste. Sicuramente però, la ragazza aveva un bel lavoro da fare prima di riuscire a farlo aprire del tutto, perché quel demone era capace di una cocciutaggine mai vista.
Difficile certo, ma non impossibile.
Approvavo anche una loro possibile relazione, vedere Andras sereno era una vista davvero appagante, a dir poco rara. Lui, sino ad ora, si era sempre dotato di una maschera di freddezza tanto radicata che credevo che mai nessuno sarebbe riuscito a scioglierla dal suo volto. Amia però, con la sua sola presenza, era arrivata a farlo rilassare finalmente, a fargli deporre l'ascia di guerra.
Quella benedetta ragazza meritava una medaglia onorifica solo per questo!
Grazie a lei, la speranza che il mio migliore amico uscisse dalle tenebre era riapparsa.
Sbuffai esasperato. Speravo solo che lui riuscisse a capirlo, zuccone com'era.

<< Damien? >> mi sentii chiamare da dietro.
Mi girai, sorridendo come un idiota quando scorsi la formosa figura di Raina che si stava pian piano avvicinando a me. Un dolce sorriso le adornava il volto, le guance leggermente arrossate.
Il sorriso mi si allargò in modo impressionate non appena realizzai che lei si imbarazzava solo ed unicamente a causa mia. Donna forte o no, avevo la spiccata capacità di farla anche balbettare a volte. Inutile dire che con lei mi divertivo alla grande, era dotata di un tale umorismo quella ragazza!
La raggiunsi a grandi falcate. << Sono qui, scusami ma mi sono dovuto allontanare un attimo. Sono già richiesto? Dopo neanche due minuti d'assenza? >> le risposi divertito.
Lei annuì, distogliendo lo sguardo dal mio: << La madre di Andras mi ha mandata a chiamarti, i tuoi genitori sono arrivati in sala. >>
Feci una smorfia contrariata. << Guardami in faccia quando mi parli. >>
<< Ah... Ecco, sì... sarà meglio andare. >> replicò evidentemente agitata. Che fosse perché mi ero avvicinato troppo?
Mi abbassai, in modo da guardarla dritta negli occhi. << Mi piaci quando arrossisci, significa che ti faccio un certo effetto. >>
<< Come potrebbe essere altrimenti. >> borbottò, spalancando subito dopo gli occhi e mettendosi entrambe le mani alla bocca.
<< Se te lo stai chiedendo, sì, l'hai detto ad alta voce. >> sorrisi malizioso per poi sollevarle il mento con un dito << Ehi, mi fa piacere. >>
<< Davvero? >> chiese sorpresa.
<< Certo. Adesso andiamo o perderò il mio posto d'onore nel cuore dell'imperatrice madre. >> dissi sarcastico e divertito all'idea di vedere l'impassibile volto di Neha che si contraeva per lo sdegno.
Anche se era da tempo che mi domandavo se quella donna avesse veramente un cuore. Il comportamento che assumeva con il figlio era a dir poco spregevole.
I miei genitori, invece, era decisamente di larghe vedute, moderni ed affabili, gentili e di buon cuore. Erano l'esatto opposto di Neha e Nadiel, i genitori di Andras.
In passato, quando ancora io ed il mio migliore amico eravamo bambini, mi domandavo ingenuamente come potesse essere possibile che un padre ed una madre odiassero il proprio figlio. Perché era esattamente questo ciò che sembravano provare nei confronti di Andras: odio.
I miei mi adoravano e, tutt'ora, non mancavano mai di viziarmi in tutti i modi possibili. Ma la cosa più importante era che mi avevano sempre riempito di un costante d'affetto, affetto che ad Andras, invece, era sempre mancato.
Il bambino che era in lui era stato duramente soppresso, sostituito da un piccolo soldato devoto al suo paese. I giochi che a me non erano mai mancati a lui, al contrario, non erano neanche mai stati regalati.
Il divertimento che aveva colorato le mie giornate a lui era stato presentato come un freddo allenamento militare.

Ricordo perfettamente il giorno in cui ci siamo parlati per la prima volta, il giorno in cui siamo diventati amici.
Accadde tutto secoli e secoli fa.

Milioni di gocce di pioggia battevano leggere ma insistenti sui vetri delle alte finestre in ottone della sala ricevimenti; ed il loro veloce susseguirsi, provocava il rimbombare nella stanza di rumori brevi e secchi.
Con la pioggia come sottofondo, gli aristocratici presenti nella sala si allietavano nel parlare di politica mentre le donne, dall'altra parte della stanza, discutevano con garbo dei nuovi pettegolezzi di corte.
Tutto era come doveva essere e, d'altronde, come era sempre stato. Anche la presenza, accanto ad una finestra, di un piccolo bambino in uniforme militare era più che normale.
I suoi occhi, di un blu impossibile, scrutavano attenti lo spettacolo messo in scena da madre natura. Ed avendo un'espressione tanto impassibile, il suo viso risultava fin troppo serio per essere quello di un bambino che poteva avere sì e no otto anni.
Non si muoveva, se stava semplicemente lì davanti, silenzioso e con la schiena dritta, in totale armonia con una postura a dir poco perfetta. Osservandolo, si poteva notare un rigore elegante e severo, degno del principe ereditario quale era. Sembrava una statua, una meravigliosa scultura realizzata dal miglior artigiano che, se non fosse stato per la vista del piccolo petto che si alzava ed abbassava con regolarità, si sarebbe detta vera.

<<
Ciao! >> squillò, pimpante, un bimbo dalla folta capigliatura bionda.
Il moro girò di poco la testa, per poi guardare con severità il suo coetaneo. <<
È da maleducati presentarsi con un misero ''Ciao''. >>
Il biondo sussultò mortificato. << Mi dispiace, anche mia madre mi rimprovera sempre per questo. >>
<< Faresti bene ad ascoltarla, allora. >> replicò senza scomporsi l'altro bambino.
<< Perdoni la mia imperdonabile mancanza d'educazione mio principe. Mi presento, il mio nome è Damien Sinch. Sono il primogenito del Sommo generale dell'Impero di cui vostro padre è imperatore. >> disse solenne il bambino dai capelli color dell'oro.
Il moro si voltò di scatto, scuro in volto. << Ah, quindi sai chi sono. Suppongo che tu, adesso, voglia fare amicizia col sottoscritto in modo da garantire a tuo padre i favori del mio. >>
Il piccolo Damien sobbalzò e rispose con ardore, portandosi anche il pugno chiuso sul cuore, come a voler enfatizzare le proprie parole: << Certo che no, gli affari di mio padre non mi riguardano, e poi non sono stato educato in una tale misera maniera, mio principe. Poco fa, mentre attraversavo questo lato della sala, vi avevo visto triste e solo, così avevo sperato di poter rialzare il vostro nobile umore. >>
Il principe fece un mezzo sorriso, divertito dai continui sforzi che il biondo faceva per sembrare educato ed in tal modo degno della sua attenzione. Forse l'aveva veramente giudicato male.
<< Non era nelle mie intenzioni essere impertinente Sinch, ma devi capire che sono abituato ad avere intorno molti arrampicatori sociali. >> spiegò il moro.
L'altro annuì. << Ne sono consapevole. Comunque, potete chiamarmi per nome e darmi anche del tu, mio principe. Ci terrei davvero tanto a diventare un vostro amico. >>
<< Va bene, fai pure lo stesso, Damien. Riguardo al diventare mio amico... ecco, ci sono molti buoni motivi per cui non dovresti diventarlo. >> avvertì il principe.
<< Credo proprio che correrò tutti i rischi, Andras. >> sorrise radioso il biondo.
Andras sospirò, rassegnato ed allo stesso tempo appagato da un'improvvisa felicità; quel bambino era dotato di una testardaggine che... inaspettatamente, gli piaceva. Sì, perché confermava che gli sarebbe sempre stato accanto se lui glielo avrebbe permesso.

I due bambini, inconsapevolmente, avevano appena sancito l'inizio della loro eterna amicizia.









ANGOLO AUTRICE:

Ed eccoci giunti alla fine di quest'altro capitolo care ragazze. :D

Già, adesso starete pensando: ancora altra carne sulla brace?!
La mia risposta è: assolutamente no. è.è
Voglio dire, il fatto che ci sia questo nuovo nemico non è una cosa che dovrebbe risultarvi nuova, eh no. Se siete state delle lettrici attente saprete che ciò è legato ad un'altra cosa già detta in un capitolo passato... Una certa frase, detta dal comandante supremo della CGE(Edward Price), non vi dice nulla? (capitolo quindicesimo)
Spero che tutto vi sia risultato ben chiaro, in caso contrario fatemi pure le vostre domande sulla questione, provvederò quanto prima a rispondervi(nei limiti del possibile). ;)
Beh, che dire, senz'altro non vi sarete annoiate. O almeno spero... XD
Come sempre, mi sottopongo al vostro utilissimo giudizio!

Un'altra cosa che sicuramente avrete notato e per cui, credo, starete anche sclerando: il primo pov Damien è finalmente arrivato sotto i vostri occhi! Spero che vi sia piaciuto ragazze. <3
Purtroppo c'è solo un piccolo scambio di battute con Raina, in realtà il suo pov mi è servito per ben altre cose. Per un parere esterno e sull'intera faccenda, ecco. Prometto però che, presto, ne metterò altri più concentrati sul rapporto con Raina!
Intanto vi ho fatto questa piccola sorpresa. Ahahahah, chissà che espressione avevate in viso quando avete visto la scritta ''Pov Damien''! XD

Infine, abbiamo il flashback sul primo incontro tra Andras e Damien. Che ne pensate?
Ve li immaginate da piccoli? :3

Vi volevo anche chiedere se vi è piaciuto il nuovo banner creato dall'abilissima Jess' Graphic. :D

Importante!

Inoltre ragazze, volevo informarvi che ho creato un gruppo su facebook per spoiler, curiosità sulla storia, immagini dei personaggi(sì, ci sono foto anche di Andras e Damien XD) e la possibilità di farmi qualsiasi domanda(sia riguardante questa storia che le altre che ho in corso, dato che è un gruppo firmato col mio nome autrice), sarò felice di rispondervi al più presto in tutta sincerità, promesso. ;D
Spero che molte di voi facciano richiesta, mi piacerebbe molto conoscervi meglio, dopotutto siete voi la struttura portante della storia!
- Ecco il link: https://www.facebook.com/efpfanfic#!/groups/609887295711387/?fref=ts <--- Basta andare sulla mia pagina autrice e cliccare sull'ultimo bottone a destra oppure fare copia e incolla. :D

Detto questo: ma quanto vi posso amare, eh? Voglio dire, anche nello scorso capitolo ho avuto ben 14 recensioni! *_*
GRAZIE GRAZIE GRAZIE a tutte! <3
Come sempre ringrazio coloro che hanno inserito me fra le autrici preferite: 9.
Le ragazze che hanno messo la storia fra le preferite(29), le ricordate(10) e le seguite(63). Aumentate di volta in volta ed io non posso che esserne felice. :')
Grazie anche ai lettori silenziosi. :)

Baci e alla prossima,
vostra Ashwini. :*






Spazio pubblicità:


* ''Eternity'' di Ashwini, l'altra mia storia in corso di genere romantico. Spero ci darete un'occhiata, mi farebbe davvero piacere.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1834458&i=1

* ''L'armonia del silenzio'' di Luthien_13(nickname unico delle singole autrici Ashwini e Little Liar_), io e la mia amica saremmo molto felici se passaste anche qua, insieme ci stiamo impegnando molto e leggere un'opinione esterna ci aiuterebbe a migliorare.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1918949&i=1

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little Liar_, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''the chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta, ve lo posso assicurare.

Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1930904&i=1

* ''Dream Of A Kiss'' di Damie, un'avventura emozionante che vi catturerà tutte.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1419921

* ''Psicopatici - Jake di Cuori'' di sxds, una storia romantica dalla trama particolare ed originale.

Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1886355&i=1







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Capitolo 21
*** Capitolo ventesimo: Orgoglio demoniaco. ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic d Ciao a tutte, ragazze!
Eccomi qui con un nuovo capitolo e... il trailer ufficiale della storia! Sorpresa! ----> Sotto, nell'angolo autrice, troverete il link.
Beh... spero vi piaccia
. :D


BUONA LETTURA!
****


Le persone orgogliose allevano le pene tristi dentro se stesse.
(Emily Bronte)


C
apitolo ventesimo:
Orgoglio demoniaco.







Pov. Amia


Mi svegliai di soprassalto, ansimando vergognosamente e piegandomi stancamente su me stessa. I capelli mi erano, in tal modo, ricaduti con pesantezza in avanti, nascondendo alla vista il mio volto sconvolto e madido di sudore. Entrambe le mani, invece, tremavano, arpionando con forza le profumate lenzuola in seta color panna.
Ancora scossa, portai le mani alla testa, scompigliandomi furiosamente i capelli; come a voler scacciare via un incubo di cui avevo solo pochi e fulminanti ricordi. Visioni sfocate e poco chiare continuavano ad apparirmi davanti agli occhi, confondendomi.
Sussultai quando sentii delle forti braccia avvolgermi ed un corpo caldo e muscoloso appoggiarsi a me.
<< Ssh... è tutto apposto. Sei al sicuro adesso. >> la voce profonda e seducente di Andras mi arrivò dritta nelle orecchie, rassicurante come un fresco vento primaverile.
Subito mi rilassai. << Ho vaghi ricordi di ciò che è successo, ero presente ma... non riuscivo più ad emergere e... lei mi aveva imprigionata dentro una bolla oscura. Ero impotente, debole... >>
<< Amia, calmati. Nessuno ti toccherà più, me ne assicurerò io stesso. >> disse lui senza scomporsi.
<< Come puoi dirlo, come?! Eri presente, se non sbaglio, quando quella... donna ha preso possesso del mio corpo. Hai detto che sentivi quando ero in pericolo! La verità è che tu non mi hai voluta salvare in tempo! >> gridai, irata.
Andras sospirò contro i miei capelli. << Pensi davvero questo? >>
<< Ecco, io... >> ero spaventata, il tono della sua voce era tagliente, come se si stesse trattenendo dall'urlarmi contro.
<< Rispondimi, Amia! >> disse seccamente, prendendomi il mento fra due dita ed alzandomelo fino a far incrociare il cielo dei miei occhi col il mare in tempesta dei suoi.
<< Scusami, ero ancora scossa da... >> mi interruppi, indecisa se continuare o meno << ... tutto. >> finii mordendomi il labbro inferiore.
Il demone fece scattare in alto il sopracciglio destro, mentre l'ombra di un sorriso gli increspava vagamente le morbide labbra. << E in quel tutto, includi anche me? >>
Lo fissai intensamente, optando, alla fine, per la cruda verità. << . >>
Lui si alzò dal letto, silenzioso come solo un predatore sapeva essere, dirigendosi verso la scrivania in ebano in fondo alla stanza. Sentii il lieve aprirsi e chiudersi di un cassetto, poi i suoi passi che ritornavano da me. Dopo essersi nuovamente seduto sul grande letto matrimoniale, mi porse un libro dalla fattura antica, invitandomi, con sguardo penetrante, ad aprirlo.
Confusa dal perché di tale gesto, osservai il libro che ora tenevo in grembo tra le mani. Nessun titolo adornava la copertina, anzi, per la precisione sembrava esserci stato in un tempo passato, ma adesso apparivano solo dei profondi graffi e vari incisioni al suo posto. Me ne domandai oziosamente il perché.
Animata dalla mia caratteristica curiosità, feci quanto suggerito e, aperta delicatamente la copertina, mi ritrovai difronte un carattere abbastanza spesso di scrittura, svolazzante. Sembrava essere stato scritto a mano da qualcuno, uno scrivano forse.
Storsi il naso. << È demoniaco antico. Io non lo so leggere. >>
<< Quella che vedi è la copia originale del libro del potere. Ovviamente è scritto in lingua antica, ma questo non riserba alcun problema. Te la insegnerò, in modo che tu possa studiare, ed imparare, ciò che qua viene descritto. >> spiegò, serio ed autoritario come suo solito.
<< C-Cosa? Perché mai dovresti fare una cosa del genere? >> chiesi turbata. C'entrava forse quella donna? Colei che mi aveva definita come sua nipote?
<< Parleremo in seguito di questo. Seguirò personalmente la tua istruzione alle arti sacerdotali. Avremo modo di passare molto più tempo insieme d'ora in poi. >> sorrise sghembo. Un luccichio pericoloso negli occhi color zaffiro.
Bene. Ero fottuta.
Anche se la prospettiva di stare con lui, nel tempo libero, mi eccitava. Terribilmente.
Mmh, le cose si fanno interessanti.
<< La festa? Non dovresti raggiungere Damien ed i tuoi genitori? >> mi informai, fintamente disinteressata e cambiando volutamente argomento.
Avvicinò il volto al mio, alitandomi in faccia la risposta. << Non hai fatto la domanda giusta, Amia. Tu vuoi che io resti, qui con te? >>

Se lo volevo?

Armata di coraggio e sfacciataggine, appoggiai le labbra sulle sue. Delicata e senza spingermi troppo in là, volendo prima aspettare il suo consenso per poter continuare.
Il demone sorrise sulle mie labbra prima di aumentare il contatto e piegare, in seguito, la testa in modo da disegnare il contorno di esse con la punta della sua lingua tentatrice. Passò poi una mano tra i miei capelli, sciogliendo i nodi e tirandoli indietro con forza, così che il mio collo diafano gli fosse ben esposto. Contrariata dal fatto che mi avesse negato un bacio più intimo, cercai di ribellarmi, ma la stretta tra le ciocche rosse era troppo pressante perché io potessi oppormi.
Emettendo un primitivo verso gutturale, Andras poggiò avidamente le labbra sulla vena pulsante del mio collo. Lasciando una lunga serie di baci, raggiunse la mascella, depositandone anche lì ma intrattenendosi maggiormente prima di ogni schiocco. Alla bocca si aggiunse poi anche la lingua e fu proprio in quell'istante che persi totalmente il controllo di me e del mio corpo.
Non essendo più in grado di intendere e volere, caddi fra le sue mani esperte.
Quando Andras mi lasciò andare i capelli, spingendomi senza troppi preamboli sul morbido materasso in raso blu notte, non riuscii a trattenere un gridolino di sorpresa.
Oh. Mio. Dio.
<< Cosa vuoi che faccia adesso, Amia? >> mi chiese in un sussurro il demone, prendendomi l'orecchio sinistro tra i denti e tirando leggermente verso di se.
Mi sfuggì un sospiro di piacere. << Baciami. Ora. >>
<< Mi piaci quando prendi l'iniziativa. >> confessò lui, sorreggendosi sui gomiti per non pesarmi e guardandomi dritta negli occhi.
Il cielo ed il mare si fusero in un unico, magnifico, essere.
Il mio sguardo si addolcì, rapito dalla sovrannaturale bellezza dell'uomo che, adesso, mi sovrastava col suo corpo possente. La nera seta dei suoi capelli incorniciava il suo giovane viso perfetto, dotando il suo padrone del fascino mortale di un oscuro cavaliere nero. Le sue labbra carnose erano dischiuse, ed un respiro irregolare usciva da esse. Gli occhi, invece, erano oscurati da ciò che riconobbi essere desiderio. Puro e sconvolgente desiderio.
Deglutii eccitata. << Allora? Il mio bacio dov'è? >>
Il mio demone sbatté più volte le palpebre, sorpreso. << Noto con piacere che stai diventando sempre più audace, ragazzina. >>
Prendendolo, con entrambe le mani, per il colletto della giacca militare, lo avvicinai ancora di più a me. << Puoi forse biasimarmi? >> dissi a denti stretti e dicendo, probabilmente, più del dovuto.
Impedendo ogni sua possibile replica, mi tuffai a capofitto sulle sue labbra d'amaranto, non sopportando l'idea di un'ulteriore attesa.
E quando protesi la lingua per toccare la sua, lui decise, saggiamente, di accordarmi quel sublime atto divino.
Esplorai il suo palato con foga, come se fosse l'ultima volta, baciandolo fino allo sfinimento. Ma... Dio, non ne avevo mai abbastanza di lui. Mai.
Con gioia, infilai le mani fra i suoi capelli setosi, trattenendolo a me. Lui, senza smettere di baciarmi, alzò un attimo il bacino, scostando velocemente il lenzuolo che, fino a poco prima, separava ancora i nostri corpi accaldati. Adesso, solo i vestiti che indossavamo impedivano alle nostre pelli di sfiorarsi.
Mentre Andras faceva scorrere, ripetutamente, la mano lungo tutta la lunghezza della mia gamba destra, alzando in tal modo il lungo abito da sera fin sopra la coscia, con l'altra mi sfiorava con delicatezza un fianco.
Senza quasi rendermene conto, inarcai vogliosa la schiena, cercando un contatto più intimo col corpo possente del mio amante.
Grugnendo, il demone mi prese per entrambi i polsi, assestandoli con un unico colpo al materasso. << Stiamo esagerando, Amia. >>
Come un fulmine che squarcia un cielo oscurato dalle nubi, le parole di Andras ebbero il potere di farmi riprendere. Oh, Dio. Che stavamo facendo? Che caspita ci era preso?
Ero stata così imprudente, se avessimo continuato... Rabbrividii. Non osavo immaginare cosa sarebbe accaduto.
Donarmi a lui in questo modo era stato un... errore. Sì, un errore. E allora perché, pur ripetendomelo in testa, non riuscivo a convincermene?
Ah, cosa c'era di sbagliato in me? Continuavo a voler risalire su quella pericolosa giostra quale era il demone dagli occhi di ghiaccio, che mi tormentava la mente ed il cuore. 
Soprattutto il cuore.
Stupido organo traditore che continuava, imperterrito, la sua corsa sfrenata nel mio petto.
Petto che risultava ancora più disonesto nel suo venir ancora scosso dagli spasmi violenti del desiderio.
Per la milionesima volta da quando ero arrivata in quel mondo, mi morsi il labbro inferiore, arrabbiata con me stessa. Non potevo farci nulla, il linguaggio del mio stesso corpo mi tradiva, mostrando a tutti quanto io fossi coinvolta sentimentalmente in quella storia.
L'attrazione, innegabile, fra noi c'era sempre stata, sin dall'inizio di tutto. Ed il legame che ne era scaturito era ormai indissolubile. O forse, lo era sempre stato.
Nonostante tutto ciò che era successo, l'avevo capito. Avevo compreso che allontanarmi da Andras mi era impossibile. Ne sarei uscita completamente distrutta, altrimenti.
La leggenda delle prescelte, all'inizio, era stata un ottimo calmante per i miei neuroni. Mi cullavo dicendomi che se non ci fosse stata, io non avrei mai provato nulla per l'imperatore.
Cazzate. La verità era che mi ero innamorata di lui spontaneamente.
Senza neppure accorgermene avevo intrapreso la via del peccato, amando ogni suo singolo difetto. Sempre. Perché ogni sua più piccola sfumatura assumeva un nuovo significato per me. Ogni suo aspetto diventava migliore ed unico ai miei occhi.
Ignorando il problema per settimane, non avevo fatto altro che stringermi il cappio al collo da sola.
E se ero arrivata a pensare che con Andras l'esagerare non era un opzione considerabile, allora, potevo dire con assoluta certezza di amarlo. Era così, punto. Mentire ancora, ignorando la vera risposta a tutte le mie domande, non avrebbe giovato a niente se non a scombussolarmi la vita più di quanto già non lo fosse di suo. E sinceramente, di questo non ne avevo proprio bisogno al momento.
Lo volevo, disperatamente e per varie ragioni. Tutte di una loro notevole importanza.
Forse, però, aveva ragione lui stavolta: avevamo corso troppo. Il momento giusto sarebbe arrivato - il suo sguardo parlava chiaro - ma non si sarebbe svolto oggi. Ed io, almeno per una volta, decisi di essere d'accordo con lui.
Annuii. << Andiamo nella mia camera, allora? >> chiesi, speranzosa e con un'idea ben precisa in mente.
Gli occhi di Andras si ridussero a due fessure. << Per quale assurdo motivo dovremmo farlo? Qua si sta meglio. >>
Sbuffando, alzai gli occhi al cielo: certe volte sembrava proprio un bambino capriccioso. << Prometto che non te ne pentirai. >> assicurai convinta.
Lui sembrò soppesare la mia risposta per un attimo, per poi dire: << Tu stai tramando qualcosa, te lo si legge negli occhi. >>
Avvampai. Ma era mai possibile che non riuscissi a nascondergli nulla?
<< Perfetto. Vuol dire che farò vedere questa cosa a Damien. >> buttai lì con nonchalance, nascondendo un sorriso di vendetta.
L'effetto della mia risposta fu più che immediato. << Vogliamo andare? Prima mi fai vedere questa cosa e prima potremo tornarcene qui.>> asserì Andras, alzandosi con uno scatto da sopra di me e porgendomi anche una mano per aiutarmi a scendere dal letto; forse temendo che avessi qualche capogiro che però, fortunatamente, non avvenne.
Scossi la testa, divertita. Quanto è vero che per saper prendere le persone, bisogna prima conoscerle a fondo.
<< Perché ridi? >> domandò il demone, risentito.
Risi di cuore, immaginando che pensasse che ridessi di lui. Il che, in parte, era vero.
Gli sorrisi. << Non è nulla, lascia stare. Vieni. >> risposi, prendendolo per mano.
Lui non obbiettò per quel nuovo contatto fra noi, e di questo gliene fui segretamente grata. Perché era proprio ciò di cui avevo più bisogno: qualcosa che mi dimostrasse quanto noi fossimo interamente connessi.

Uscita dalla sontuosa camera da letto del demone che mi camminava silenziosamente accanto, non potei fare a meno di chiedermi a cosa diavolo stesse pensando. Odiavo questo suo ostentato mutismo. Odiavo non sapere cosa gli frullava per la testa, accidenti!
Rivolsi una rapida occhiata alle nostre mani intrecciate per poi cercare, invano, di divincolare la mia mano dalla sua. Invano perché, a questa mia mossa, la sua stretta si fece ancora più ferrea e risoluta.
No, decisamente non stava pensando che gli desse fastidio il tenermi per mano. Ma allora, cosa?!
Mi morsi l'interno guancia, in un disperato tentativo di tenere a freno la lingua. Era meglio non peggiorargli l'umore, non prima che avesse visto il mio regalo per lui, almeno.

Arrivati difronte la porta della mia umile stanza, si curò lui di aprirla, dato che io avevo la mano destra ancora piacevolmente impegnata. Dopo che l'ebbe anche chiusa tramite la chiave di scorta appoggiata sopra un mobile in legno lì accanto, mi lasciò la mano, andandosi a sedere sulla morbida trapunta blu del mio letto.
Gongolai soddisfatta quando lo vidi incrociare le forti braccia muscolose al petto, in trepidante attesa.
<< Non vedi l'ora di ricevere il tuo regalo, eh? >> gli sorrisi complice.
Lui, come previsto, parve ridestarsi dal suo sogno ad occhi aperti. << Il mio regalo? Vuoi dire che la cosa di cui mi parlavi prima è sempre stata mia? >> mi sembrava sorpreso, ma se quello fosse un segnale positivo o negativo non mi era possibile saperlo. Il tono per nulla seccato che aveva usato però, mi incoraggiò a parlare.
<< Certo. >> risposi con un'alzata di spalle.
<< Allora mi hai mentito, dicendo che l'avresti fatta vedere a Damien. >> non era una domanda, ma una semplice constatazione. Ancora una volta, il suo volto appariva calmo e rilassato. Quasi appagato.
<< Ho solo puntato sulla tattica della gelosia. >> dissi con nonchalance, rendendomi conto solo dopo di aver osato troppo.
Ebbi appena il tempo di sbattere le palpebre degli occhi che me lo ritrovai, in tutto il suo splendore, ad un palmo dal naso. << Io non sono geloso. >> disse a denti stretti. Le labbra piegate in una linea dura come l'acciaio.
Roteai gli occhi al cielo, esasperata: non poteva di certo nascondere l'evidenza, adesso!
Senza dire una parola in sua risposta, mi diressi verso l'armadio in legno d'acero in fondo alla stanza e, frugando fra i cassetti, ne estrassi fuori un piccolo pacchetto color lavanda. Stessa tonalità di cui erano dotate le pagliuzze intorno alle sue pupille.
Mordendomi il labbro inferiore, me ne ritornai poi dal demone, rigida ed ansiosa. Speriamo solo che il mio regalo gli piaccia.
<< Tieni. >> mormorai senza guardarlo; allungandogli, timidamente, l'oggetto che tenevo fra le mani.
Bene, era arrivato il momento della verità. E, dopotutto, il peggio che poteva capitarmi era che mi scoppiasse a ridere in faccia. Avrebbe fatto male ma, dopo lunghe meditazioni, ero pronta anche a quello. O almeno, lo speravo.
Stringendomi nelle spalle, aspettai che il lieve suono della carta strappata cessasse.
Uno, due minuti d'attesa. Poi il silenzio.
Lo guardai, percependo distintamente una goccia di sudore che mi percorreva la tempia pulsante, scivolando giù fino in fondo al collo del maglione che indossavo.
Deglutii rumorosamente. << Allora, che ne dici? Ti piace? >> ebbi la forza di chiedere.
Dopo un tempo che a me parve infinito, lo vidi alzare gli occhi dalla scatolina in velluto blu che conteneva il gioiello. << Mi hai regalato una spilla, la cui pietra è dello stesso colore dei miei occhi. Perché? >>
Feci un respiro profondo. << Quando combatti, che sia una battaglia fisica o psicologica, la forza immane del tuo essere un dominatore di mondi viene messa a nudo grazie alle incredibili capacità ipnotiche delle tue iridi rosso cremisi. Grazie ad esse, riesci a mantenere un controllo costante e duraturo su ogni cosa e persona che ti circondi, compreso il tuo essere. Ma ciò che ne traspare è solo l'uso, quasi urgente, di un espediente tramite il quale mantenere il tuo stesso equilibrio interno. Come se l'usare quel potere fosse l'unico modo per sopportare il peso che ti porti dentro. Come se tu dovessi dimostrare chi sei persino a te stesso. >> gli accarezzai una guancia con il dorso della mano, ripetutamente << Quello che non comprendi è che i tuoi occhi sono splendidi così come sono, credimi, ed emanano perfettamente l'indole coraggiosa e decisa che ti caratterizza. Ti ho fatto dono di questo gioiello proprio per tale motivo: volevo che, semplicemente guardandolo, ti ricordassi che nonostante tutto vai bene così come sei. Forse non te ne rendi conto, ma sono quegli occhi che spesso tendi a nascondere, il tuo aspetto migliore. Perché, appunto, emanano sicurezza e protezione contro ogni intemperia. Un conforto che usi contro te stesso quando, invece, dovresti condividerlo con il resto del mondo. >> Con me.
Terminato il mio discorso, Andras pose la sua mano sopra la mia, fermandone il movimento. << Vanti un animo senza paura quando invece ciò che più brami è l'essere custodita gelosamente da qualcuno. >> sussurrò, assorto in chissà quali pensieri. Sì, da te.
A quell'affermazione, trattenni con forza l'impulso d'abbracciarlo e, silenziosa come una notte d'inverno, presi la spilla adagiata dentro il piccolo cofanetto tra le sue mani. Con cura, gliela appuntai esattamente dove batteva cuore e, spiegata un po' la stoffa della giacca militare, osservai con un debole sorriso il lavoro compiuto. Perfetto.
<< È sorprendente questa tua capacità di leggermi dentro. >> dissi dopo qualche istante d'indecisione.
<< Potrei dire lo stesso. >> rispose a denti stretti, come se il solo ammetterlo fosse causa di vergogna.
Sorrisi amara. << E questo ti dà fastidio. >> constatai, dura. Anche se, dopotutto, me l'aspettavo.
Con gli occhi gelidi e persi nel vuoto, lo vidi allontanarsi da me a passi lenti e misurati: la solita, perfetta, camminata elegante. Ormai credevo che niente al mondo avrebbe mai potuto realmente scalfire il suo animo a tal punto da radere al suolo quella sua tanto ostinata impassibilità. Più volte ero riuscita nell'impresa di farlo cadere in un minimo, importante, cedimento, certo, ma la mia attuale abilità si fermava qui. Purtroppo.
Andras fece qualche altro passo, fino a fermarsi definitivamente davanti l'unica finestra della camera. Dal cui vetro entravano i primi, deboli, raggi del sole all'alba.
La stanza, illuminata soltanto da una piccola lampada posta sul comodino accanto al letto, risultava relativamente buia. Al che, quei confortevoli spiragli di luce, giocavano come impazziti sul volto turbato del demone dagli occhi di ghiaccio. Ed era come se, adesso, vi fossero delle misteriose creature marine che si muovevano palpitanti dentro il suo sguardo così simile alle profondità più remote dell'oceano.
Oh, Andras...
Un leggero tremore al labbro inferiore mi accompagnò, infelice, alla porta in legno d'acero del bagno: arrivata a questo punto era meglio conservare almeno quel briciolo di dignità che mi era rimasto.
Poggiai, stancamente, una mano sulla maniglia in ottone, sentendola lontana al contatto. Sospirai. Ora come ora, l'unica cosa che mi avrebbe risollevato un po' il morale era un buon bagno ristoratore con schiuma e bollicine comprese.
<< Sono esausta, Andras. Ti dispiacerebbe andare, adesso? Tanto non credo che tu abbia altro da aggiungere. >> asserii, fredda. Se lui voleva l'indifferenza allora l'avrebbe avuta. Non era di certo l'unico qui che si era esposto all'altro. Ero disposta a compiere molti passi in sua direzione, per trovare un qualsiasi punto d'incontro, ma se lui non collaborava era inutile continuare questa farsa.

I miei lunghi capelli si mossero, sospinti da un leggero quanto sovrannaturale colpo d'aria. Una mano dalla presa forte e decisa si impossessò, subito dopo, del mio avambraccio; facendo, in tal modo, ruotare velocemente il mio corpo verso il proprio padrone. Il cui spirito bellico sembrava sgorgare, impazzito, dai suoi occhi.
<< Lasciami. >>
Rabbia mista ad una nuova consapevolezza.

Seppur, a modo suo, dimostri di tenere a me, non è ancora abbastanza.

<< Questo tuo comportamento sta superando l'infantile, Amia. Smettila di comportarti come una bambina capricciosa, adesso. Per cosa, poi? >>
Ordine e dura imposizione.
Indifferenza e dolorosa repressione.

Perché? Io desidero solo stargli accanto e lui mi ripaga così?


Adesso, basta.

<< Non so se tu finga di non capire o non capisca davvero, Andras.  Ma sai una cosa? Non importa più. Non ora che ho compreso di essere stanca. Stanca della tua continua indifferenza, stanca di essere salvata da te che, fino ad ora, non hai fatto altro che strapparmi al mio pianeta, per... cosa esattamente? Sfruttarmi per l'eternità? Sfogare i tuoi bisogni? O forse per poter continuare quel gioco d'umiliazione da te per me intrapreso, eh? >> domandai, cavalcando l'onda del risentimento.
<< Se lo desideri così tanto, rinchiuditi pure tra quelle fredde mura che tu stesso hai eretto intorno a te. Fallo e continua per la tua strada. Ma da solo. Perché non puoi di certo pretendere che, per i tuoi stupidi scopi egoistici, qualcuno venga a salvarti dalla tua solitudine rinunciando per sempre alla sua corsa verso la felicità quando tu stesso lo respingi per orgoglio. Orgoglio! >> continuai, stringendo con fermezza le braccia ai fianchi.
<< È giunto il momento di prendere una decisione. Quindi, scegli. O sii disposto a farti da parte. >> dissi con tono severo. Il mento alzato come simbolo di pericolosa serietà.
Il demone corrugò la fronte ed una piccola ruga gli si formò, di conseguenza, in mezzo alle sopracciglia corrucciate. << E con questo dove vorresti arrivare? >>

<< Che se tu ti intestardirai a scegliere ancora una volta l'orgoglio, io rinuncerò, Andras. Rinuncerò a te e a tutto ciò che è stato. Ma per sempre, stavolta. >>




***



ANGOLO AUTRICE:

Ehm... ciao. XD
Innanzitutto, vi do il link del trailer(cliccate sulle parole in rosso): Il Dominatore del Mondo - Trailer




Okay, con questo finale sono stata a dir poco cattiva ma, ehi, sfido chiunque a dirmi che non è una frase ad effetto. Insomma, vi sto facendo sclerare abbastanza o devo fare ancora del mio peggio?
Non credo che ci sia una parte noiosa in tutto il capitolo ma, come sempre, mi attendo al vostro utilissimo giudizio. Io mi sono davvero impegnata per farvi interessare ad ogni singola questione trattata poi...
Ma ditemi, qual'è stata la parte che vi è piaciuta di più? E perché? Sono tanto curiosa di saperlo!
Comunque... speravate che, all'inizio del capitolo, quei due ci dessero dentro fino in fondo, vero? Ahahahah, povere illuse!
Però posso dirvi che ci arriveremo molto presto. Sono indecisa se mettere LA scena nel prossimo capitolo o nel successivo ancora... mmh... *ci pensa*

Come sempre, ringrazio con tutto il cuore coloro che si premurano sempre di recensire con passione e dedizione. Siete davvero fantastiche ragazze!
Un GRAZIE enorme va anche a tutte le ragazze che mi hanno inserita fra le autrici preferite(10) ed a quelle che hanno messo la storia fra le: seguite(66), ricordate(12) e preferite(30). <3
Grazie anche alle lettrici silenziose, spero che il capitolo sia piaciuto anche a voi, care ragazze!

*Come ultimo punto, ci terrei a ringraziare la bravissima ragazza che mi ha realizzato il trailer della storia: l'amministratrice della pagina fecebook ''La vida es un Carnaval''(link: https://www.facebook.com/pages/La-vida-es-un-Carnaval/391574604237473?ref=ts&fref=ts). Se avete qualche richiesta video da fare, rivolgetevi a lei, vi assicuro che non ve ne pentirete. ;)

Baci e alla prossima,
vostra Ashwini.






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* ''Eternity'' di Ashwini, l'altra mia storia in corso di genere romantico. Spero ci darete un'occhiata, mi farebbe davvero piacere.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1834458&i=1

* ''L'armonia del silenzio'' di Luthien_13(nickname unico delle singole autrici Ashwini e Little Liar_), io e la mia amica saremmo molto felici se passaste anche qua, insieme ci stiamo impegnando molto e leggere un'opinione esterna ci aiuterebbe a migliorare.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1918949&i=1

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
Little Liar_, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''The Chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta, ve lo posso assicurare.

Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1930904&i=1

* ''Dream Of A Kiss'' di Damie, un'avventura emozionante che vi catturerà tutte.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1419921

* ''Psicopatici - Jake di Cuori'' di sxds, una storia romantica dalla trama particolare ed originale.

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Capitolo 22
*** Capitolo ventunesimo: Trasportati alla deriva. ***


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Ogni parola, per quanto sincera, è pur sempre una citazione. 
Non ci appartiene del tutto. 
È stata già pensata, scritta, pronunciata, e ascoltata da qualcuno prima di noi.
I silenzi, invece, non li puoi citare. 
Ogni silenzio è unico. Appartiene esclusivamente a chi lo vive.
Ecco perché posso dirtelo a parole, ma devo spiegartelo in silenzio.





Capitolo ventunesimo: Trasportati alla deriva.






Pov. Amia


Una goccia di pioggia si infranse, improvvisa ed inattesa, sul davanzale esterno della finestra. In quel lugubre e minaccioso silenzio in cui era calata la stanza, lo scoppio in mille frammenti d'acqua della piccola goccia solitaria, arrivò alle mie orecchie deciso e distante allo stesso tempo. I timpani crudelmente feriti delle mie orecchie assimilarono, senza reale interesse, quel fragile e rimbombante rumore salato. Il quale, risucchiato dalla mia stessa mente vuota e sola, risultava, apparentemente, consolatorio. Era come se la natura mi stesse dando prova della sua solidarietà. Solidarietà che, però, veniva resa dal mio cuore martoriato come un atto terribilmente derisorio. 
La pena della lacrima del cielo era sorda al dolore del cuore. Insensibile al mio animo in lutto.
Una cruenta battaglia interiore vi era poi, tra il dover restare lì - ad attendere ancora una risposta che non sembrava voler arrivare - ed il fuggire via - scappando, in tal modo, da una sempre più prossima realtà. Il futuro non mi era ma apparso più incerto ed instabile. 
Riflettendo, constatai che l'allontanarsi dal freddo gelo del nord che aleggiava, persistente, fra le spire delle brezze invernali di un cuore lontano da demone, mi era impossibile, contrariamente a quella minima parte di me che lo desiderava per proteggersi da ulteriori ferite. 
Probabilmente, però, non ci sarei riuscita nemmeno volendolo. Il perché era facile, e quasi scontato, da immaginare: lo amavo. 
Ed amare, per me, significava sancire un patto stabile fra i cardini in pietra divina che collegavano le due sponde opposte di un ponte eterno dall'aspetto etereo. Un ponte che, adesso, si presentava ai miei chiari occhi da cerbiatta come un'unica certezza. Segno che, fortunatamente, possedevo ancora un qualcosa di reale a cui aggrapparmi: il mio amore per lui. 
Una pazzia? Forse. Ma ne valeva la pena, dopotutto. Fu per questo che, alla fine, dopo svariati minuti d'attesa, domandai: << Andras, io sto aspettando. E da tempo ormai. Hai una risposta per me, oppure no? >>
Un'ultima possibilità. 
Il demone, sovrano di quel mondo sovrannaturale in cui ero piombata settimane fa, mi fissava ora come prima. Sempre intrappolato fra le onde di pensieri persi in quell'oceano di quarzi blu quali erano le profondità marine dei suoi occhi. Sembrava non volersene distaccare, come se ciò gli si fosse radicato della mente come un atto strettamente necessario per la sua sopravvivenza al potere.
Ridicolo.
Oppure... che stia, al contrario, davvero valutando tutte le possibili soluzioni al problema posto dalla mia domanda? 
Che poi, era davvero tanto complicato rispondere per lui? 

Beh, riguardo quest'ultimo punto, c'era anche da considerare che quel suo stile di vita odierno era nato e maturato dentro di lui per anni e anni senza la minima interferenza. Quindi, in un certo senso, era più che normale che lui, adesso, reagisse in un modo tanto remissivo. Proteggendosi fino all'ultimo secondo dietro le sue invalicabili mura d'acciaio. 
Fare come se nulla fosse accaduto, quindi? Ignorare ancora una volta il problema?
No, non sarei andata da nessuna parte. E questo l'avevo già appurato in precedenza, raggiungendo tante di quelle volte la linea di partenza da aver avuto, appunto, l'esigenza di quell'ultima domanda. Quel tragico confine che si frapponeva fra me e lui.

Strinsi i pugni, rigida nel rimembrare gli altri tentativi del passato.
Seduzione. Sciocca tattica fallita miseramente ben prima di quanto mi aspettassi.
Provocare il suo orgoglio. Banale e servito ancor meno: lui aveva alle spalle troppa esperienza in questo campo, mentre io vi ero nuova, una novellina addirittura.

Arrivata a questo punto, qualunque altra donna si sarebbe arresa all'evidenza dei fatti, avendo più che ragione a lasciar perdere una volta per tutte quell'esemplare di maschio dominante. Magari, puntando subito gli occhi su ben altra merce più alla sua portata. 
Le pupille mi si dilatarono, rapide. Che sia giunto anche per me il momento di lasciar perdere definitivamente? Di lasciarlo... andare?
<< Ho capito. Non c'è bisogno che tu aggiunga altro. >> mormorai con un familiare pizzichino agli occhi. Ma no, non avrei pianto, non adesso, non davanti a lui. Avrei lasciato la stanza, lui, con dignità. Sì, io... lo avrei... fatto.
<< Amia... >> disse atono, assente quasi. 
<< Quella donna aveva ragione! E tu... tu... >> quasi strillai, senza ritegno, mentre il risentimento ed il dolore, possedevano le mie membra << ... sei un mostro, anche peggiore di lei! Io... >> 
Sto davvero per dirlo?
<< ... ti odio! >>
Un tuono squarciò l'aria, dando inizio ad un funesto temporale dalla furia divampante: la solitaria goccia di prima, non era altro se non il preludio di ciò. 
La pioggia che imperversava fece da sedativo, tant'è che la vita sembrò rianimare l'imperatore dal suo coma. 
<< Stai mentendo, su tutto. >> sussurrò lui in risposta. La testa, ora, leggermente inclinata all'indietro a scoprire un collo robusto dalla pelle diafana. Simbolo che, ancora, non era presente in tutto e per tutto. 
Il mio centro emotivo vacillò ulteriormente. << Che c'è, Andras, la verità fa male? >> risi ironica per cercare di mascherare la ferita scaturita dalla consapevolezza che una cosa del genere fosse impossibile. 
Lui, di colpo, reclinò il capo in avanti, facendo sì che scure ciocche di capelli gli ricadessero sopra gli occhi blu. << Tu ci tieni a me. >> affermò sicuro di se con una voce tanto profonda e tonante da oscurare il temporale. << O non avresti tentato, seppur con scarsi risultati, di ribellarti alla tua antenata per proteggermi. >>
Sussultai impercettibilmente, colpita. << Volevo ritornare padrona del mio corpo, solo questo, nient'altro. >> mentii. 
Il suo sguardo, ora di un blu sfavillante di potere, planò rapido su di me. << Oh, ma certo. Vogliamo parlare, allora, dei tuoi continui sguardi? Credevi, forse, che non mi fossi ancora accorto di come, da un po' di tempo, mi guardi? >> 
Quella risposta rimbombò fra le pareti del mio subconscio per svariati secondi, poi, osservando che le creature d'ombra che poco prima vagavano nel suo sguardo avevano improvvisamente cessato d'esistere, segno che ormai era del tutto lucido, dissi acida: << Sono attratta dal tuo corpo, ma credevo che questo ti fosse già ovvio. >> 
Mi prese per il polso, strattonandomi con forza contro il suo petto marmoreo. << Dillo guardandomi negli occhi. >>
Sorpresa ancora una volta dalle crude osservazioni dei suoi occhi di falco, risposi: << Stai cambiando discorso, ora sei tu che vuoi fuggire da ciò che senti per me? >> 
<< La tua domanda ed i tuoi sentimenti sono correlati, e tu lo sai. Inoltre, io non sento nulla per te, te l'ho già detto mi pare. C'è solo attrazione da parte mia. >> esclamò lui, piccato.
Al suono delle sue ultime parole, la mia anima si agitò, bruciante, dentro di me, tanto che per liberarmi di quel orrido sentore di rottura, credetti di doverla vomitare. 
<< Vuoi che io risponda sinceramente alla tua constatazione? >> dissi, allora, asciutta. Lui annuì, esasperato. << Bene, lo farò. Ma prima rispondi tu alla mia domanda. >> continuai, irremovibile e con ancora un vago senso di delusione per le sue dure parole.
Seppur fuori piovesse il gelo del cielo, qui, dentro la stanza, la furia dello scontro di due fuochi era tale che fece subito alzare la temperatura. L'uno ben deciso a non cedere alla provocazione, l'altro altrettanto indisposto a perdere posizione. 
Sembrano passare secoli di scintille minacciose, prima che la voce profonda ed autoritaria di Andras, rispondesse. << Non perderò mai il mio orgoglio. Sono cresciuto in modo tale che sia così. Sono stato addestrato a non cedere difronte a nulla,perseverando nelle mie decisioni. Sono nato per dominare e sottomettere ogni cosa su cui si posasse il mio sguardo. >> 
Una sua mano si posò delicata sopra la mia guancia destra mentre l'altra lasciò andare il polso per andare a stringere possessiva il mio fianco sinistro. << Ma un buon sovrano deve anche saper scegliere tra cosa è giusto e cosa è necessario. >> 
Le sue labbra d'amaranto si posarono lievi sulla mia fronte per poi staccarsi in modo che gli occhi di un blu elettrico incontrassero i miei color zaffiro. << Scelgo te, Amia, perché al momento ciò che più mi è necessario sei tu. >> 
I suoi occhi, incorniciati da quell'intricato disegno di ciocche di tenebra, riflettevano ciò che non era stato detto meglio di quanto avrebbero potuto fare le semplici parole. 
E cos'erano, poi, queste ultime difronte la verità riflessa dallo specchio dell'anima di colui che si riteneva immobile nel tempo ai mutamenti dei sentimenti?
Non mi aveva detto che mi amava. In realtà, non aveva proprio accennato a nessun possibile sentimento nei miei confronti. Tramite le parole.
Ma aveva dimostrato di tenere a me nel modo più unico possibile. Mi aveva trasmesso se stesso attraverso ciò che più amavo di lui: gli occhi.
Sorrisi, quindi, come mai avevo fatto nella mia vita. Curvai le labbra in quella piacevole piega tanto amata da mia madre. Esternai, nel pratico uso dei muscoli facciali, la gioia più pura. 
Era forse questa la felicità?
Gli presi il volto fra le mani ancora tremanti. << Non ti odio, Andras. E come potrei, dopo tutto quello che è accaduto fin'ora? >>
Lui mi strinse a se e, facendo scontrare i nostri bacini, disse: << Non dopo tutto ciò che è stato. Ma dopo tutto quello che accadrà. >> 
Come richiamato dalle sue parole, un raggio di sole entrò timidamente dalla finestra gelata, oltrepassando il sottile strato di vetro e gettandosi in un turbinio di riflessi colorati nel piccolo specchio quadrato appeso al muro opposto. I quali, benevoli, mi rimbalzarono sugli strati scoperti di pelle del viso e del collo, donando un'incredibile sensazione di sicurezza e conforto ai nervi che subito si rilassarono sotto l'attento sguardo di colui che mi stava davanti. 
Come un avvoltoio che aspetta il momento giusto per planare sulla sua preda prediletta, Andras parve decidersi che fosse giunto il tempo di agire. Infatti, rapido ma cauto come una pantera che avanza verso un animale fragile ed indifeso, tolse entrambe le mani dal mio fondoschiena per poi poggiarle deciso ai lati delle mie spalle. Applicando una lieve pressione a queste ultime, si sporse, quindi, col viso verso la morbida curva del collo teso. Subito avvertii la punta bagnata della sua lingua lambirne la carne centimetro per centimetro, come a voler prima pregustare l'attimo in cui avrebbe potuto poggiargli le labbra. Labbra smaniose che, dopotutto, non si fecero attendere oltre: con passione, cominciò infatti a succhiare un lembo di pelle poco al di sotto dell'orecchio con sempre più crescente avidità. 
Certa che ormai mi avesse adornato il corpo di un altro vistoso succhiotto, cominciai a muovermi anch'io: presi fra l'indice ed il pollice una spessa ciocca ribelle dei suoi capelli e, tirandola indietro con un veloce movimento del polso, esposi il collo e la mascella. Leccandomi le labbra sotto sua sadica attenzione, gli strofinai la punta del naso sul mento e poi per tutta la lunghezza del collo, godendo dei silenziosi sospiri di piacere appena fuoriusciti dalla sua bocca. Posto un bacio sul pomo d'Adamo, rivolsi le mie cure alle sue labbra già dischiuse e pronte ad accogliermi. Gli diedi tre semplici ma significativi baci a stampo, prima di approfondire ed iniziare la nostra magica danza.  Con passione e desiderio, con dolcezza e con amore, mi premurai di rendere l'esperienza il più unica possibile, perché volevo che ciò che stava per divenire realtà fosse ben costruito in ogni suo più piccolo dettaglio come sotto le mani del più abile degli artigiani. Aiutata anche dai tocchi esperti di Andras, riuscii, quindi, a smuovere qualcosa di molto antico dentro entrambi. 
<< Sei... sicura... di voler... continuare? >> mi chiese con una remota punta di dolcezza e premura. Remota perché appesantita dal desiderio ancora appena trattenuto e pronto a straripare dagli argini del buon senso al mio minimo cenno. 
Mossi, frenetica, le mani sulle giunture dei tondi bottoni in oro della lussuosa giacca della sua divisa in modo da sbottonargliela, provocando l'ilarità del demone.
<< Quanta fretta, piccola. >> rise, prendendo le mie mani inesperte fra le sue segnate da anni ed anni di guerre ed allenamenti frequenti. Erano tanto calde... chissà che i suoi tocchi sul resto del mio corpo non sarebbero stati altrettanto roventi? 
La risposta alla mia muta domanda arrivò poco dopo: Andras, infatti, adottò con diligenza il mio esempio, prendendo in mano la situazione. Certamente più veloce di me, mi sfilò quindi il lungo abito da sera in un sol colpo, lasciandolo scivolare sinuoso sulle mie trepidanti curve femminili. Quello, caduto in disgrazia con un leggero tonfo sul pavimento, venne rapidamente liquidato da un mio disinteressato calcio sulla morbida stoffa blu notte: incredibile come un oggetto tanto bello potesse diventare insignificante in una situazione tremendamente eccitante come quella che stavo vivendo io adesso. 
Ben presto riuscii anch'io nel mio intento e, dopo aver fatto scivolare le mani fra il velluto dei suoi muscoli, le feci addentrare nel buio interno della camicia. Ed il bianco purificatore di quest'ultima rendeva l'esperienza ancora più peccaminosa di quel che già era appunto perché ciò che ci accingevamo a fare non aveva proprio nulla di angelico. 
Graffiai con tocchi ribelli la magnifica schiena inarcata, sospingendo poi il viso all'interno della pesante giacca, aperta esattamente come la camicia sotto di essa. Assaporando per qualche secondo il fresco odore di pulito della sua pelle, mi accinsi, infine, a leccarla e succhiarla con interesse. Gli addominali, con mio sommo piacere, si flettevano agitati sotto le mie attente cure, segno che qualcuno stava proprio perdendo il controllo di sé. 

Ti piace avere il comando, eh? Ansimò Andras nella mia testa, inebriandomi i sensi. 

Lascia fare a me, adesso, rispose, mellifluo. 

Con forza e perfetto equilibrio, mi sollevò prendendomi prima per le natiche e poi, sorreggendomi con entrambe le mani, mi trasportò fino al piccolo tavolino nell'angolo destro della camera bollente. Accaldata e scossa dall'elettricità che vagava nell'aria, ebbi appena il tempo di sistemarmi su di esso, che mi venne immediatamente strappato di dosso il reggiseno. Istintivamente mi portai le mani al petto per nascondermi alla sua vista. Dio, era così imbarazzante... 
<< Non voglio che tu ti nasconda a me, Amia. Desidero che tu ti mostri interamente a me. Senza remora, senza vergogna. >> mormorò prendendomi le mani fra le sue. Quindi, stringendomele leggermente, me le scostò con garbo dai seni prosperosi. 
Voltai il viso di lato, evitando con cura di incrociare i suoi occhi tempestosi. << Nessun uomo mi ha mai vista così prima d'ora. >> confessai, ritenendo opportuno che lui fosse a conoscenza del mio essere completamente inesperta.
<< Lo sospettavo. >> disse prendendomi il mento fra due dita per poi dirigerlo verso di se << Il rossore fanciullesco sulle tue guance non poteva certo dimostrare il contrario. >> 
Arrossì ancora di più, sorridendo poi birichina. << E ne sei felice? >>  
L'altra sua mano si chiuse a coppa su di un seno, strizzandolo leggermente. << Credevo di essermi spiegato bene, giorni fa: nessun altro dovrà mai toccarti, o anche solo sfiorarti con uno sguardo troppo indugiante, Amia. Perché se dovesse succedere, credimi, la punizione che gli verrà inferta sarà tanto brutale da essere ricordata per intere generazioni. >> sibilò seccamente.
Sussultai. << E a me? A me cosa accadrà? >>
Cominciò a muovere la mano sul seno con più forza, titillandone il capezzolo inturgidito quasi come se si stesse aggrappando ad esso per non esplodere. << Sarà meglio che tu non lo venga mai a sapere. >> soffiò soltanto, apprestandosi a mordere l'altro capezzolo, anch'esso ormai eretto. Inarcai la schiena di scatto, posseduta da un piacere antico.
Ridacchiai sommessamente, prima di infilargli le dita fra i morbidi capelli scompigliati e dirgli in un sussulto di gemiti poco ben nascosti: << Anch'io credevo di essere stata chiara prima. >> 
Lui rialzò la testa, lasciando un'umida scia di baci lungo il suo percorso. << Desidero fare sul serio adesso, Amia. >> disse, quindi, in un misto di sensualità ed eccitazione. La voce resa roca e sconnessa dall'alchimia del momento. 
Allora, socchiudendo gli occhi, pensai che se volevo davvero sfiorargli l'anima nel mio muto consenso, dovevo dargli più di un semplice bacio, molto di più. Così, riempiendo il mio gesto d'amore, adagiai le labbra sulle pieghe dei suoi occhi. 
Le sue palpebre chiuse tremarono appena qualche secondo di troppo, e furono proprio quegli attimi preziosi e quasi insperati che mi servirono per comprendere che avevo fatto centro stavolta. 
Sorrisi felice e senza più nessun pensiero, mi lasciai trasportare alla deriva di quel reale sogno ultraterreno.  
Sentii con estrema lussuria Andras far scorrere le mani lungo ogni centimetro di pelle candida e scoperta che riusciva a raggiungere dalla sua attuale posizione. Ed i tocchi erano stranamente leggeri e lenti per quelle mani tanto forti: sembrava quasi che il momento d'agitazione iniziale fosse passato e che lui, ora, volesse solo assaporare quel piacere del tutto nuovo. Estraneo. 
Gemetti sonoramente quando una sua mano si andò a posare con decisione improvvisa sulla mia intimità protetta ormai solo dal sottile strato di cotone delle mutandine. 
<< Andras... ah! >>
<< Ssh... >> sussurrò lui come la brezza veloce del vento. Una ventata d'aria fresca sui miei nervi tesi come le corde di un violino.
Ad un'ulteriore carezza, i muscoli del ventre mi si contrassero energicamente ed una potente sensazione di appagamento nacque nelle profondità più recondite del mio essere. Non avevo mai provato nulla di simile. 
Mi privò anche dell'ultimo indumento rimastomi addosso e io cominciai a respirare con affanno. Mi sentivo sul punto di scoppiare. Non ce la facevo più, quelle carezze decise ma fin troppo lente per i miei gusti mi stavano portando sull'orlo di un pendio in pericolosa discesa verso il manicomio più vicino. Volevo di più, ancora, sempre di più. 
Non perse altro tempo e mi spinse subito di qualche centimetro ancora verso il bordo opposto del tavolino, mentre io mi lasciavo comodamente cullare dalle sue calde e forti mani. 
Poi però, l'inatteso pensiero del nostro avvicinarci sempre più al famoso "dunque" cominciò ad opprimermi il petto. 
Ce l'avrei veramente fatta, alla fine? Il mio corpo sarebbe riuscito a sopportare le attenzioni di quel concentrato di muscoli incredibilmente possenti? O mi sarei spezzata come un fragile pezzo di vetro che colpisce il duro pavimento? 
Non lo sapevo e la cosa, seppur minimamente, mi spaventava. 
Quasi senza accorgermene, presi a stringere con quanta più forza avessi in corpo i bordi finemente cesellati del tavolino. 
Lui, accorgendosi di ciò, rialzò di poco la testa, lo sguardo che scrutava attentamente i particolari del mio viso. << Amia, forse... >> 
<< No. >> mi uscì di getto e quasi non riconobbi la mia voce. Sembrava provenire da un'altra persona ma, mi dissi con orgoglio, colei che aveva pronunciato quell'unica parola ero proprio io. 
Ero determinata a continuare e niente mi avrebbe fermata. Niente, nemmeno quel briciolo di paura che ancora sentivo di provare in fondo al cuore. L'avrei soppresso, perché il timore dell'inesperienza non era nulla difronte l'assolutezza della mia decisione. Io dovevo congiungermi ad Andras, dovevo perché sentivo che era importante. 
<< Continua. >> dissi, fermandomi qualche secondo di più ad osservare le profondità di quei occhi color del mare in estate.
Lui annuì in risposta, ricambiando il mio sguardo con fierezza. 
Stavolta mi premurai di rilassare subito i muscoli ed i nervi in tensione, espirando ed inspirando alcune volte prima di chiudere definitivamente gli occhi, in placida attesa. 
Improvvisamente, sentii crescere qualcosa di sconosciuto nel mio basso ventre, qualcosa che però non mi rendeva inquieta, anzi, era...piacevole. 
Quel qualcosa dentro me parve impennasi come un cavallo infuriato e io sentii montarmi dentro un urlo potente e liberatorio che però... non avvenne: Andras si era bruscamente fermato ed allontanato. 
Aprii gli occhi di scatto. << Cosa...? >>
Lui, sorprendentemente, ridacchiò. << Il tuo viso... Sei così rossa e buffa. Deliziosamente imbarazzata. >>
Entrò dentro di me con la forza di un onda che si infrange sulla spiaggia, con il tocco leggero ma spumeggiante di fresche gocce di schiuma che avevano attraversato interi oceani per giungere a quel caldo terreno di granelli di sabbia dolcemente baciati dal sole. 
Ogni nostro sospiro era un timido paguro che usciva dalla sua conchiglia. 
Un gemito diventava una perla gelosamente nascosta in un'ostrica in fondo alle acque. E il piacere diveniva l'unico utensile in grado di aprirla. Il suo tesoro si tramutava, poi, in un morbido velo di velluto capace di alleviare il dolore di un qualcosa di rotto nei recessi di me. 
Mi girava la testa e ogni pensiero scivolava via come una tremula foglia che si stacca dal sostegno del suo albero.  
Mi tremavano le gambe ed era del tutto impossibile fermare la loro corsa furiosa verso quel traguardo immaginario.
E credo che fu allora che compresi che gli abbracci servivano a sorreggersi a vicenda; che in mancanza di un nostro naturale centro di controllo, la ricerca dell'ausilio dell'altro nasceva spontanea come lo schiudersi di un fiore in primavera. 
Per questo, quando sentii che entrambi eravamo vicini al punto di non ritorno, tesi in alto la mano, invogliando la sua ad incontrare la mia. 
Come c'era da aspettarsi, da parte sua ci fu un attimo di esitazione, una frazione di secondo in cui temetti di aver rovinato tutto con quel piccolo quanto grande segno d'affetto. Richiusi quindi le dita aperte, come ritornando sui miei passi, non appena lo vidi stringere le labbra in una linea dura, temendo che si fosse arrabbiato; ma invece, contro ogni mia più rosea aspettativa, lui quasi si costrinse a tendere il palmo aperto a sua volta, sollecitando le mie dita ancora, per questo, dubbiose.
Occhi contro occhi, ci studiammo entrambi, ansanti per la passione che sembrava stesse per consumarci anche l'anima quasi come se fosse messa al rogo. 
Scoprendolo deciso in ciò che faceva, avvicinai quindi di nuovo la mano alla sua. L'adrenalina che scorreva sempre più veloce nelle vene; il cuore che sbatteva furioso contro la cassa toracica.  
Fu curioso vedere come le nostre mani si incontrarono pian piano, incastrandosi l'una all'altra come per effetto di una magia antica quanto il tempo, timide e febbricitanti. 
Le lacrime, allora, mi salirono agli occhi, prepotenti: adesso era Andras il mio porto sicuro, la mia casa e famiglia. 
Stare con lui era per me come sentire sulla pelle il dolce calore del camino in inverno, come assaggiare quel confortevole odore dopo la pioggia. 
Le sue forti braccia erano il mio rispettivo luogo d'appartenenza. 
All'improvviso, mi fu perfettamente chiaro che tutto ciò che era stato fin'ora era solo servito ad arrivare a questo. A lui.
Azzerando l'ultimo sfavillio di luce che ancora si interponeva fra loro con la velocità di un battito d'ali, le nostre mani si strinsero per sancire l'unione dei corpi così come quella delle nostre anime perdute ed ora finalmente ritrovate. 

Prenditi cura di me d'ora in poi. 

Lo farò.




***

A te, Chiara(iloveromanzirosa),
un'amica, un sostegno. A te, dico grazie. 

***





ANGOLO AUTRICE:


Ehm... eccoci qua, siamo arrivati alla fine. Che dire, lascio a voi i commenti su tutto ciò che è stato scritto(credo di aver rispettato il rating arancione...).
Allora, come vi è sembrata la loro prima volta? Le ho reso giustizia oppure no? Spero vi sia piaciuta, sto tremando in questo momento ed una calda rassicurazione da parte vostra mi servirebbe proprio.
E poi, cosa accadrà nel prossimo capitolo? Come reagiranno i due protagonisti al dopo? Di cosa discuteranno? Cosa faranno?
Al solito, vi lascio con almeno una decina di incognite. Ma sì, da oggi chiamatemi Miss Incognita. XD

Ancora una volta vi metto il link diretto del trailer ufficiale della storia(per chi l'ha visto e lo vuole rivedere e per chi ancora non ne ha avuto l'occasione): Il Dominatore del Mondo - Trailer


Come sempre, ringrazio di cuore tutte coloro che hanno inserito la storia fra le loro preferite(31), ricordate(13) e seguite(73). Chi mi ha messa fra le autrici preferite(10). 
Aumentate di volta in volta ragazze: non sapete quanto questo mi renda felice! GRAZIE di cuore a tutte voi ed anche alle lettrici silenziose, perché TUTTE, nessuna esclusa, è meno dell'altra: ognuna di voi è uno dei tanti piccoli ingranaggi che muovono la storia ed il mio impegno verso un gradino sempre più alto.

Bacioni ed alla prossima,
vostra Ashwini. <3 




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Capitolo 23
*** Capitolo ventiduesimo: Perché alla fine si sistema tutto, in un modo o nell'altro... ***


Image and video hosting by TinyPic ddd Buonasera, ragazze mie! ^_^
Ecco a voi un altro capitolo, fresco di stampa: finito e subito pubblicato. Preferisco così, almeno evito di farmi prendere dall'ansia e ritardare.
Spero tanto che vi piaccia. *_*

BUONA LETTURA!




Poi arriverà quella persona con cui potrai guardare il mare e fare le tue facce buffe,
e allora capirai che ne sono valse la pena tutte quelle delusioni e quelle attese.



***





CAPITOLO VENTIDUESIMO: Perché alla fine si sistema tutto, in un modo o nell'altro...





Pov. Amia


Storsi ripetutamente il naso, infastidita dal pungente odore di carne grigliata e frutta secca. Innervosita e ancora intrappolata dal piacevole torpore del sonno, mi rigirai nel letto, per poi sbuffare sconfitta. Adesso, sentivo anche un profumo davvero stuzzicante di dolci appena sfornati. Mi stiracchiai con una smorfia in viso. Allungando le braccia verso l'alto per fare un ultimo stiramento mattutino, mi convissi ad aprire leggermente l'occhio destro.
Come un vecchio puzzle di cui si conoscono già a memoria i pezzi, così la mia stanza si compose nitida alla mia vista. Nella camera risplendevano i tiepidi raggi gialli ed arancioni dell'alba. E, mentre avvertivo la stessa brezza di poco prima
entrare dalla finestra aperta poco più in là, portando con se altri odori dalle vicine cucine, riflettei che probabilmente le cuoche stavano preparando la colazione per gli abitanti del castello.
Vagando ancora con lo sguardo per tutto l'ambiente circostante, scorsi, con piacere, i libri che avevo preso in prestito qualche giorno fa dalla biblioteca di corte: tutti e quattro erano ordinatamente disposti nella mensola sopra la scrivania.
Appesa ad un pomello dell'armadio stava, invece, la mia sciarpa blu. Sospinta dal vento, si esibiva in un curioso movimento fatto di placide onde fluttuanti.
Poi, 
sorridendo nostalgica, mi soffermai a guardare i giochi di luce che il piccolo specchio in fondo alla stanza rifletteva sull'unica foto che mi era rimasta della mamma. Lì, poggiata sul mobiletto in legno che fungeva da comò, sembrava molto più vecchia.
Tutt'a un tratto, sentii un fruscio appena al di sopra della testa. Incuriosita, alzai leggermente il capo, imbattendomi nel viso addormentato di Andras. A quel punto, venni assalita dai ricordi. Io e lui avevamo... avevamo davvero... oddio.
Percepii subito un forte calore affluire alle guance.
Non mi sembrava ancora vero ciò che era successo... ad un certo punto, era tutto così perfetto che credevo proprio di essermelo immaginata. Ed invece, eccomi qua: placidamente accoccolata fra le braccia del mio demone dagli occhi di ghiaccio. Pozze d'oceano gelato che speravo sarebbero state meno fredde da ora in poi.
Calamitata dai ciuffi di petrolio che gli ricadevano sugli occhi, mi accinsi a scostarglieli dalle palpebre chiuse. Le quali tremarono leggermente, disturbate dal loro sonno. Dalle labbra piene uscì, invece, un lieve sospiro.
Senza fare rumore, cercai di sollevarmi per avere una migliore visuale del suo volto: non capitava di certo tutti i giorni di vedere un Andras così perfettamente calmo e sereno, come se tutti i suoi problemi si fossero magicamente dissolti in un comico
puff.
Non appena mi sollevai di un altro paio di centimetri, però, avvertii il braccio di Andras stringersi un po' più forte intorno al mio fianco. Che fosse sveglio?
Gli lancia un'occhiata preoccupata. No, sembrava ancora addormentato.
Ripresi la mia avanzata. In breve, riuscii ad alzare completamente il busto. Il braccio del demone ricadde sul materasso. A quel punto, con un leggero sospetto, mi bloccai per qualche secondo.
Scuotendo la testa, mi rimproverai per le mie sciocche preoccupazioni. Spingendo un po' più in là il braccio, mi inginocchiai sulle lenzuola di seta, pregando che tutto filasse liscio. Poggiando prima l'uno e poi anche l'altro palmo aperto ai lati della sua testa piegata di lato, scavalcai con la gamba destra il suo corpo. In pochi secondi, sovrastai quella perfetta visione marmorea sostenendomi con l'unico ausilio degli arti. Un'abbondante ciocca di capelli mi ricadde a sinistra del viso in fiamme.
A conclusione dell'impresa, calai il viso in basso, fino a sospirare sulle sue labbra d'amaranto. Chiudendo gli occhi dopo un ultimo battito di ciglia, lo baciai, ma senza muovermi. E non so per quanto tempo stesi così: immobile ad assaporare ancora una volta il ricordo di quelle soffici labbra sul mio corpo.
Quello che però mi sorprese, fu che poco dopo il mio bacio fu ricambiato.
Mi scostai allarmata, ricadendo all'indietro sulle lenzuola. La mano destra a coprirmi la bocca.
Ad un tratto, nella stanza risuonò il fragore di una risata maschile. Da parte mia, non feci altro se non osservare impietrita l'andar su e giù del petto di Andras: il suo divertimento era palese.
Gli puntai il dito contro. << Eri sveglio! >> dissi << Eri sveglio sin dall'inizio! >>
Lui si appoggiò alla sbarra del letto con le spalle, trattenendo una risata. << Già. Bella pensata, comunque. >>
Avvampai. << Sono contenta che ti abbia fatto piacere. >> soffiai, incrociando le braccia sotto al seno.
<< Oh sì, moltissimo. >> mi sfidò il demone con lo sguardo, come attendendo una mia ulteriore mossa.
Perché non accontentarlo?
Gattonando, mi mossi furtiva in sua direzione. Poi, a una ventina di centimetri da lui, mi fermai. << E cos'altro ti piacerebbe? >> cominciai lasciva, accarezzando il materasso come avrei fatto col suo braccio.
Gli occhi di Andras si velarono d'ombra. << Sorprendimi. >>
Sorrisi birichina. Poi, alzando una mano, gli sventolai davanti l'indice a destra ed a sinistra, ripetutamente.
Andras sbuffò. << Il momento dell'azzardo è già finito? >>
Annuii soddisfatta. << Credo... >> dissi pronta a continuare il mio gioco, ma non feci in tempo a dire altro che me lo ritrovai ad un palmo dal naso. << Adesso basta scherzare, Amia. >>
Sentimmo bussare violentemente alla porta. Le nostre teste scattarono all'unisono.
<< Amia? Ci sei? >>
Raina.
Con una spinta, allontanai subito Andras da me. << Devi andartene! >> esclamai << Non puoi mica farti trovare qui da lei! >> scoccai un'occhiata al lenzuolo che a malapena copriva la parte inferiore del suo corpo. << In questo stato poi... >> sussurrai debolmente, neanche stessi dicendo la peggiore delle eresie.
<< Le stesse identiche condizioni in cui sei tu, mi sembra... >> rispose maliziosamente, prendendo il mio mento fra due dita ed avvicinandoselo al viso. Fece quindi per baciarmi, ma io mi tuffai fra le coperte: all'improvviso mi ricordai di essere completamente nuda. Oddio, che vergogna. E lui mi aveva visto così per tutto il tempo!
<< Presentati nelle mie stanze verso metà mattinata, domani. Ricorda di mettere la tuta. >> disse Andras muovendosi per la stanza.
Sollevai la testa da sopra il lenzuolo. << E la colazione? >> mi informai, pensando distrattamente al perché dovessi indossare indumenti sportivi.
<< Annullata. Ho da fare. >> spiegò, sintetico.
E con un colpo di vento che spazzò l'aria nella stanza, uscì dalla finestra aperta. La camera non mi era mai sembrata più vuota.
<< Amia! >> sentii urlare da fuori la porta.
Mi battei una mano sulla fronte: mi ero scordata della presenza della mia amica.
Senza perdere altro tempo, mi infilai quindi l'intimo ed il pigiama. Infine, corsi ad aprire la porta in legno che sembrava voler uscire dai propri cardini in ferro.
<< Oh, ciao, Raina. Perché non entri? >> dissi con un finto sbadiglio.
La mia amica mi superò con il passo di una mandria di elefanti inferociti. << Dove diavolo eri finita?! Damien non mi ha voluto dire niente! E quel suo sorriso? Vogliamo parlare del sorriso di Damien? Dimmi subito che cosa è successo! >>
<< Frena, frena, frena! >> esclamai mentre mi accingevo a chiudere la porta. Ormai non mi preoccupavo nemmeno di assumere un'espressione vagamente assonnata: ero fin troppo sveglia.
Raina mi guardò male. Il piede che picchiettava impaziente a terra.
<< Allora, io ed Andras abbiamo fatto una passeggiata fino al gazebo con le rose in giardino... >> cominciai, premurandomi di raccontarle tutto ciò che era successo: l'attacco della mia presunta antenata, il mio risveglio nel letto di Andras, ogni singolo particolare sino al dono della spilla blu.
<< Nient'altro? >> chiese Raina con sguardo indagatore. Maledii Damien per la sua poca discrezione nel nascondere i sentimenti riguardanti certe cose.
<< Io... ecco... >> lanciai un'occhiata significativa al letto sfatto. Raina seguì il mio sguardo con noia evidente, spalancando poi la bocca che circoscrisse un cerchio quasi perfetto: aveva capito.
<< Oh mio Dio... tu... lui... oddio. >> farfugliò, guardandosi bene dall'avvicinarsi al letto e sedendosi, dunque, sulla sedia difronte alla scrivania.
<< Non era certo previsto... >> cominciai con imbarazzo, unendo gli indici ed i pollici.
Lei saltò dalla sedia, battendo le mani come una dodicenne in preda agli ormoni. << Ma è magnifico! Oh Amia... >> mormorò avvicinandosi di nuovo a me << ... sono molto, molto, molto contenta per te. E dimmi, è stato cauto? Insomma, era la tua prima volta, no? >>
<< Beh, non credo ti interessino i particolari ma... è andata bene. Più che bene! Okay: è stato bellissimo, unico. Speciale. Ho sentito le nostre anime ricongiungersi come i due pezzi complementari di una sola, Raina. >> confessai, non nascondendo l'enorme felicità che provavo in quel momento.
La mia amica mi sorrise, raggiante. Poi, corse ad avvolgermi in uno dei suoi tipici abbracci stritolatori. << E dopo? Lui è appena uscito dalla stanza, vero? Ho sentito un'altra voce oltre la tua, prima. >>
Arrossii. << Già. Abbiamo dormito insieme, abbracciati, fino a poco fa. Credo mi abbia portata lui a letto dopo... dopo averlo fatto, ecco. >>
<< Avete dormito insieme. Abbracciati. >> ripeté lei, sognante << Chi si è svegliato prima? >>
<< Io. >> risposi, per poi dirle gli ultimi svolgimenti.
Raina scoppiò a ridere. << Dovevi immaginarlo che fosse sveglio. È un demone, Amia. Probabilmente era già sveglio da un po': quelli come lui non hanno bisogno di riposare granché, sono molto resistenti. >>
<< E tu che mi dici? Che avete fatto di bello tu e Damien? >> le chiesi curiosa, preferendo spostare il centro delle conversazione su di lei.
<< Niente di che... le solite chiacchiere fra noi. Sai come funziona il nostro rapporto. Lui mi piace, e molto anche. Ma credo che Damien, per quanto libertino sia, non sia tanto facile da conquistare. >> rispose mesta.
<< Dovresti prendere l'iniziativa! >> le suggerii.
<< Come hai fatto tu? >> mi sorrise << No, per noi è diverso. Non siamo come te ed Andras. >>
<< In effetti io con Andras ci litigo, soprattutto. >> dissi.
<< Non dire sciocchezze, Amia. Non credo che esista qualcuno al mondo che ti guardi come ti guarda lui ultimamente. >> rispose lei, annuendo come ad enfatizzare le proprie parole.
Mi illuminai. << Lo pensi davvero? >>
<< Parola mia. Sai quanto sono diretta nel dire le cose, con te poi. >> mi fece l'occhiolino.
<< Mi ha detto di andare da lui domattina dopo colazione, sai? >> aggiunsi.
Raina batté il pugno destro sul palmo sinistro aperto. << Fantastico! >>
Guardai la macchia rossa che si intravedeva fra le coperte. << Non abbiamo usato protezioni. >> constatai con paura. All'improvviso, quel piccolo quanto grande particolare mi percosse ogni singolo nervo del corpo.
Raina fece un gesto annoiato con la mano. << Non ti devi preoccupare di questo, Amia. Andras non ha provveduto a questo perché i demoni purosangue come lui sono quasi sterili. Hanno grosse difficoltà ad avere degli eredi, figurati che spesso passato anche molti anni prima che riescano ad avere un figlio. Al giorno d'oggi tutti i demoni si accoppiano con donne che non sono le loro legittime compagne, ed è proprio questo che determina la loro quasi impossibilità ad avere figli. Nella maggior parte delle famiglie, vedrai anche che ci sono esclusivamente figli unici. Inoltre, i demoni non possono avere figli con altre razze, solo fra loro. Quando si parla di purezza del sangue, si intende la potenza derivata nei secoli trascorsi grazie agli incroci fra famiglie più o meno potenti. >>
<< Ma io sono la prescelta di Andras, anche se sono umana... oh, il frammento della sacerdotessa che è in me! Questo potrebbe fare qualche differenza? >> chiesi, allarmata. Dopotutto, specialmente ora che avevo perso la mia famiglia, ci tenevo, un giorno, a crearne una tutta mia.
Raina mi sorrise, incoraggiante. << Sei la sua legittima compagna: questo basta a far di te la possibile madre dei suoi figli. Con te, farà subito centro una volta che la leggenda giungerà a compimento. >>
<< E perché, allora, ora non è possibile? >> chiesi ancora dubbiosa.
<< Te l'ho appena detto, perché tu lo ami ma lui ancora no. Non c'è un legame completo, in sostanza. Certo, ti ho anche detto che prova un certo interesse per te, ma questo non è sufficiente: deve capire di amarti e, soprattutto, ammetterlo a se stesso. Anche se sei in parte sacerdotessa poi, rimani pur sempre un'umana. Per cui non potrete avere figli fintanto che la leggenda delle prescelte non venga realizzata da entrambe le parti, da te e da lui. >> mi spiegò con un cipiglio da maestrina saccente.
<< Oh... >> mormorai, sforzandomi di apparire sollevata e... sì, lo ero in parte ma...
<< Amia, che hai? Credevo... >> disse Raina, non capendo.
<< Questo dimostra che io non valgo ancora abbastanza per Andras, quando lui per me è già diventato tanto importante. >> dissi, aggiungendo altro peso sulle spalle.
Raina mi fissò intensamente, indulgente: eravamo sulla stessa barca riguardo questo punto.
<< Bene! >> esclamò tutt'a un tratto << Credo sia ora di andare a dormire, domani dovrai essere al pieno delle forze. >> concluse, energica.
Annuii in risposta, con l'ombra di un sorriso in volto. Dopotutto, ero sinceramente felice per quello che era successo ore fa.

Quella notte, non dormii molto. E quel poco che sognai bastò a turbarmi parecchio.

Camminavo lungo un freddo corridoio dal pavimento fatto di mattonelle in marmo bianco e nero, a colori alternati come in una scacchiera. Vagava un'aria secca nell'aria, rarefatta addirittura: mi sembrava di essere sottoterra.
Il lungo corridoio si allungava a perdita d'occhio, stretto e luccicante d'ombra lucida. La bara di un morto sarebbe stata più felice come luogo.
I miei tacchi alti risuonavano nel silenzio. Quel posto somigliava al nulla dei sensi.
Poi, dei passi leggeri ma perfettamente udibili evasero dalle tenebre del fondo: qualcuno si stava avvicinando. Una presenza malvagia.
<< Rea, quale piacere. >> disse cortesemente una voce profonda e dal suono antico.
L'uomo che avevo difronte aveva dei lunghi capelli bianchi, la pelle chiara e tremendamente pallida. Era anche alto e slanciato. Ma erano gli occhi a colpire, furono quelli a farmi sussultare dentro: erano scure orbite vuote.
Porsi la mano guantata di viola. << Marcus. >>
L'uomo di nome Marcus mi fece un perfetto baciamano. << Incantato. >>
Insieme raggiungemmo la fine del corridoio, una porta nera dall'aspetto sinistro. Quasi più dell'uomo in abito grigio gessato che avevo accanto.
Marcus mi aprì la porta. << Prego, prima lei. >>
Entrai a testa alta, muovendomi sinuosa nell'aria stantia. Non avevo paura, io ero una di quelle al comando.
<< La riunione sta per iniziare, mia signora. Il Comandante Supremo ed il rappresentante del Consiglio dei Dieci l'aspettano già dentro. >> mi disse un vecchio dall'aria stanca non appena arrivai ad una seconda porta.
Stupidi umani, credevano di avere la situazione in pugno. Si sbagliavano. Io, e solo io, avrei creato e dominato il nuovo mondo scaturito dalle ceneri di guerra del vecchio.
Vendetta. Sì, mi sarei vendicata di coloro che mi avevano tradito.
E sangue. Lui l'avrebbe pagata per primo.

<< Andras! >> urlai in preda al panico, ansimando e grondante di sudore.
Mi guardai intorno, agitata: ero sola, distesa nel mio letto. Il corridoio... le porte nere... Marcus... il vecchio... era tutto scomparso.
C’era talmente tanta roba nella mia testa, allora, che il mondo fuori lo sentivo appena, ma mi strofinai lo stesso gli occhi, sforzandomi di mettere a fuoco l'ambiente circostante. Sì, ero da sola nella mia stanza. Al sicuro, finalmente. Perché prima mi sembrava di vagare nel corpo di un'altra, prigioniera di un'anima non mia, simile, ma non mia. Quella donna... Rea... non ero io. Era...
<< Amia? Apri, dobbiamo fare subito colazione. È tardissimo, non te ne sei accorta? >> sentii urlare da fuori la porta.
Mi alzai a fatica, sospirando. Dovevo assolutamente parlare del mio sogno ad Andras. Forse lui avrebbe saputo dirmi di cosa si trattava con esattezza.
<< Ma sei ancora in pigiama?! >> mi disse scandalizzata, Raina. La mia amica si era infilata dentro la camera non appena le avevo dato lo spazio necessario per entrare.
<< Ehm... già. Aspetta, faccio in un attimo. >> risposi, correndo in bagno a cambiarmi. Una semplice canotta sportiva e dei pantaloni della tuta neri ed aderenti sarebbero andati bene per oggi.

Pochi minuti dopo, io e Raina percorrevamo velocemente i corridoi del palazzo reale, dirette alle cucine.
<< Ehi, ragazze! >> sentimmo chiamarci da una voce allegra.
<< Damien! >> squittì Raina, improvvisamente illuminata di luce propria. Sorrisi, addolcita.
Il demone biondo si fece facilmente largo fra i servi affaccendati in varie mansioni. Mi fece l'occhiolino. << Allora, carotina... hai dormito bene stanotte? >> mi disse, allusivo. E, stranamente, intento ad annusare con un sorriso l'aria.
Non potei evitare di arrossire. << Non sono affari tuoi! E poi, credo che ti sarai già fatto dare un buon resoconto dal tuo amico, no? >>
Lui sorrise sornione. << Mi hai preso per un impiccione, carotina? >>
Sollevai gli occhi al cielo. Poi, proprio quando stavo per aprire bocca e ribattere, mi venne in mente un'idea. << Damien, potresti farmi un favore? >>
Il biondo mi fissò, confuso. << Che tipo di favore? >>
Lanciai un'occhiata a Raina. << Sai il gazebo in giardino? Quello con le rose gialle... >>
Damien annuii. << Certo. >>
Presi Raina per il braccio e la spinsi fra le braccia del demone biondo. << Raina, vai con lui. Credo che tu sappia di cosa sto parlando. >>
Lei sbatté più volte le ciglia. << Oh, Amia... >> mi rispose, guardandomi grata. Le avevo dato un'occasione per parlare da sola con Damien in un luogo appartato. Per un po' avrebbero avuto di che parlare, e che importava se sarai stata io quella al centro dell'attenzione?
I due sparirono in fretta dal corridoio e dalla mia visuale.

Entrai in cucina con un gran sorriso. << Katia! >> chiamai a gran voce.
Una faccia amica si sporse dalla fila di cuochi indaffarati a cucinare o a pulire utensili già usati. << Tesoro, ciao! Era da un po' che non ti vedevo! >>
<< Già, sono stata... occupata in questi giorni. Come stai? Tutto bene? >> chiesi, avvicinandomi per dare una mano.
<< Oh, no, cara. Siediti, su: ti preparo subito una colazione con i fiocchi, la tua preferita! >> esclamò la donna come una vecchia nonna d'altri tempi.
In poco tempo finii la mia porzione di uova, bacon ed uva fresca. Bevvi, poi, un bel po' di spremuta d'arancia e sospirai appagata. Questa sì che era una sana colazione per cominciare bene la giornata.

Vendetta...

... E sangue.

All'improvviso mi tornarono in mente le parole di quella donna, Rea.
Sentii una stretta alla bocca dello stomaco. L'anima simile alla mia che avevo percepito in sogno mi era familiare. Ero anche sicura di averla già sentita una volta a contatto con la mia.
Un brutto presentimento, allora, si fece spazio fra i miei pensieri, un dettaglio che mi aveva tormentata sin dal mio risveglio: quella donna era sicuramente la stessa che mi aveva posseduta giorni fa, la mia presunta antenata. E a questo punto, c'era da presupporre che quell'iniziale contatto aveva creato una sorta di ponte comunicante fra le nostre menti. Un fattore che poteva essere considerato sia un vantaggio che uno svantaggio, dipende da che parte lo si guardava.
Per ora, ero certa solo di una cosa: non mi aveva scoperta stanotte. E questo era certamente un bene. Ma se, involontariamente, in futuro sarebbe ricapitato e lei mi avrebbe presa con le mani nel sacco? Avrebbe usato la cosa a suo vantaggio, poco ma sicuro. Potente ed esperta com'era, ci avrebbe messo un attimo a evadere le difese di una novellina come me.
Mi morsi il labbro inferiore, nervosa. Questo sì che era un bel problema.
Katia mi si fece vicina. << C'è qualcosa che non va, stellina? La colazione non ti è piaciuta, forse? >>
Ma da come lo disse, capii immediatamente che lei aveva compreso che qualcosa non andava. Semplicemente, cercava di non essere invadente, di darmi la possibilità di scegliere se parlarne o meno.
<< No, no, tranquilla. Stavo solo riflettendo su un sogno che ho fatto stanotte. Nulla di importante, comunque. >> risposi, esitante, strofinandomi i palmi sudati delle mani sui pantaloni della tuta.
La donna strinse gli occhi per un attimo. << Capisco, ma se ci pensi, deve essere rilevante. >> mi fece presente; per la prima volta, non preoccupandosi minimamente di nascondere un cipiglio curioso e preoccupato allo stesso tempo.
Leggermente sorpresa, ribattei: << Credo che sia meglio che vada, adesso. Ehm... so che dovrei darti delle spiegazioni, ma davvero... non posso. Non al momento, almeno. >>
Una parte di me, quella ancora bambina, lottava per rifugiarsi fra le braccia materne di Katia, ma l'altra, quella adulta ed innamorata, sapeva che rivelando un segreto del genere avrebbe messo in pericolo la vita di Andras. Non so come, ma ero certa che fosse così. Non si poteva mai sapere chi ascoltava.
Lanciai uno sguardo veloce ai muri ed al soffitto della cucina.
<< Io sarò sempre qui per te, cara, lo sai. >> mi sorrise la cuoca.
Annuii, per poi alzarmi ed andarmene.
Dopo una decina di metri mi bloccai in mezzo al corridoio adornato da due file di armature di bronzo su ogni lato. Quindi, girai di poco la testa, in direzione delle cucine.
O stavo diventando paranoica, o avevo veramente sentito qualcuno osservarmi per tutto il tempo. E, inspiegabilmente, il mio primo pensiero volò a Marcus, l'uomo dalle orbite vuote.

Mentre mi avvicinavo alle stanze di Andras, notai con un certo nervosismo che molti servi appartenenti alla razza demoniaca, interrompevano le loro mansioni per poi fissarmi insistentemente, quasi come se fossero a conoscenza del segreto che condividevo con il loro signore. Ma questo era impossibile, giusto? Giusto?!
Avanzai a grandi passi per ancora qualche minuto, affrettandomi a girare gli angoli con un groppo in gola. Infine, con il fiato grosso, giunsi dinanzi il maestoso portone finemente decorato della sua stanza. Mi presi un paio di secondi per riordinare le idee, poi bussai. Il solito "Avanti" profondo mi arrivò alle orecchie come una deliziosa pugnalata al cuore.
Aprii il portone e me lo richiusi velocemente alle spalle con un sospiro. << Andras, i demoni là fuori... loro... >> deglutii << ... sanno? >>
Andras, intento a sfogliare un voluminoso libro della sua personale libreria, alzò le spalle in un gesto incurante. << Ovviamente, sentono che il tuo odore è cambiato, che adesso porta il mio marchio. >>
<< Che cosa?! >> strillai, imbarazzata. Ecco perché Damien aveva annusato l'aria con un certo piacere prima!
Il demone dai capelli d'ossidiana si voltò verso di me. << Abbiamo faccende più importanti di cui parlare, però. >> disse serio.
Dopo un istante, piegai la testa di lato, annuendo. << Dobbiamo cominciare l'addestramento, vero? Mi porterai nella tua palestra? >>
Il demone mi fece cenno di avvicinarmi a lui. Senza scompormi, gli arrivai davanti. I nostri occhi, come calamitati, si incontrarono in uno scoppio di scintille blu ed azzurre. Finalmente mi sentivo a casa.
Gli poggiai una mano sul braccio destro. << Ci andrai pesante con me. >> supposi.
Andras abbassò lievemente le palpebre. << Devo, almeno per le prime settimane. >>
Calò il silenzio. Ed ora? Sapevo solo che avevo un'incredibile voglia di baciarlo e non potevo. O almeno... beh, in verità non sapevo più come comportarmi. Prima era tutto un gioco per me, una specie di sfida personale che avevo con lui. Ma ora, specialmente dopo che avevamo fatto l'amore, mi sentivo estranea a quel modo di fare. Il punto era che non potevo più ignorare ciò che sentivo allo scoccare dei nostri baci. Inoltre, non sarei mai riuscita a non esprimere i miei sentimenti senza che questi apparissero palesi ai suoi occhi. Certo, il dubbio che lui un po' avesse capito la situazione rimaneva, ma... non lo sapeva per certo, ecco. Il solo pensiero di confessargli quelle due paroline, poi, mi spaventava.
Inquieta, spostai il peso del corpo da un piede all'altro. << Andiamo? >> chiesi.
Il sopracciglio di Andras scattò in automatico. << Tutto qui? Davvero non farai niente? >>
Lo guardai male. << Perché devo essere sempre io a fare qualcosa? >> risposi, ostinata.
<< Sempre. >> ripeté lui, sovrappensiero. E quella parola parve riferirsi ad altro.
Infastidita, sbuffai. Poi, feci per poggiare le labbra sulle sue, ritraendomi all'ultimo secondo. << Ti propongo un patto: se oggi riuscirò ad atterrarti almeno una volta, tu esaudirai un mio desiderio. >> cambiai discorso, riflettendo sui misteriosi fatti della mattinata.
<< So cosa vuoi e ti dico già che non è fattibile. >> rispose lui con un'occhiata penetrante.

Lo sai per via del legame?

Sei perspicace, ragazzina.


Subito mi affrettai a raccontargli il sogno di stanotte e la sensazione che avevo provato in cucina poco tempo fa.
Gli occhi di Andras fiammeggiarono d'ira mal repressa. << Non possono esserci spie nella Capitale, figuriamoci a palazzo. >>
Poggia la mano destra sul suo ampio petto d'acciaio. << Non dico ora, ma dopo alcune sessioni d'allenamento dovremmo recarci nel luogo in cui una volta risiedevano le Sacerdotesse. Ho bisogno di sapere qualcosa di più su di loro, qualcosa che nei tuoi libri non troverò. Non chiedermi come, ma sento che è così. >>
<< E sia. Ma andremo solo noi due. Inoltre, nessuno dovrà sapere nulla di questa impresa. >> rispose lui.
<< Nemmeno Raina e Damien? Potrebbero aiutarci... >> cominciai dubbiosa.
<< Nessuno. >> ribadì Andras.
Annuii in segno d'assenso. << Andiamo, dunque? >> dissi, facendo cenno alla porta dietro di me.

Tra non molto avrei finalmente iniziato l'allenamento speciale. Sarei diventata più forte, capace di affrontare a viso aperto il nemico. E, forse, invincibile alla penetrazione della mente.
L'adrenalina mi pervase il corpo come una ventata d'aria calda. La porta metallica che avevo difronte mi avrebbe condotta al mio destino.
Il tempo dei giochi era finito. Ora, era giunto il momento di combattere la guerra che batteva alle porte.
Molto, molto sangue sarebbe stato versato. Ma io avrei tenuto duro, tutto pur di dare un futuro a me ed al mio demone dagli occhi di ghiaccio.
Un'antica vendetta non mi avrebbe impedito di avere una famiglia.
E quel giorno, gli attimi in cui tutto mi è sempre andato storto, le volte che accadeva l’opposto di ciò che mi aspettavo, i pianti trattenuti... ne varranno la pena
Perché, alla fine, è sempre così: dopo amare delusioni, mancate attenzioni e sofferenze, l'ansia di sbagliare scompare.
Poi, senza quest'ultima, arriveranno i cosiddetti momenti ''giusti'', ''perfetti'', quelli che ci faranno sorridere con un ''ne è valsa la pena''.
Il coraggio di oggi sarà il mio trampolino di lancio per il domani. Io credo nel mio duro viaggio in bianco e nero.

Pov. Raina


Non so di preciso quanto tempo sia passato. Secondi, minuti... possono persino essere passate svariate ore. Io e Damien, nel frattempo, avevamo chiacchierato come nostro solito in un'ennesima e banale conversazione a volte carica d'imbarazzo. Come quella volta in cui se ne uscì con una cosa del genere: << Chissà cos'ha fatto Andras... nel particolare intendo... mmh, devo assolutamente chiedergli se le ha... >> 
Spalancai gli occhi, come perduta. << Ehm... non credo che noi dovremmo... hai capito. >>
<< Oh! Certo. >>
E dopo questo minuscolo scambio di battute ci eravamo definitivamente chiusi in noi stessi: avevamo finito gli argomenti comuni e non possibili.
Mi sentivo fiacca in un certo senso. Stanca di questa situazione diventata, ormai, insostenibile. Volevo solo che mi considerasse di più, che mi desse un segno, insomma, del fatto che provasse qualcosa per me. Qualcosa di serio.
<< Siamo quasi arrivati. Ecco, guarda laggiù: quello è il gazebo di cui parlava prima Amia. >> fece ad un certo punto il biondino al centro dei miei pensieri.
Annuii assente. Ero molto grata alla mia amica per avermi dato l'occasione di passare un po' di tempo extra con Damien, ma il punto era che non sapevo proprio che fare adesso.
Mi misi a pensare follemente alla venuta di un miracolo.
<< Allora... >> disse Damien << ... ora che l'hai visto possiamo anche andarcene, no? >>
Mi lanciò un'occhiata significativa di sottecchi.
Per un momento non compresi cosa intendesse realmente, poi, decisi che mi stava solo dando l'opportunità di scegliere se rimanere lì al sole con lui o andarmene per la mia strada da sola.
Allora, riflettei su molte cose che si mischiarono confuse nella mia mente. Ora come ora, non riesco nemmeno a ricordarmele tutte o a dare a quelle riconosciute un senso logico.
Parole non dette, parole agitate fatte uscire troppo in fretta... parole rinchiuse a chiave nel mio cuore, parole buttate e perse nel vento... parole amiche e consolatrici. Ognuna delle quali era un pensiero più o meno importante che si accavallò insieme ai suoi compagni tentatori fra le spire del mio animo.
<< Restiamo, desidero porti alcune domande. >> feci dopo un po'.
Una grande nuvola si posò sul sole, mettendo in ombra il curato giardino reale.
<< Te ne concedo due. >> contrattò Damien con un sorriso compiaciuto in volto, appoggiandosi con una spalla ad una colonna. Quella dolce curva mi diede speranza.
<< Bene, cominciamo dall'inizio allora. Non so te, ma io credo che noi dovremmo chiarire su alcune cose. >> dissi, avvicinandomi a lui. Cominciavo già a sentire il suo caratteristico profumo al miele... una sensazione afrodisiaca mi si espanse attorno, racchiudendomi in una bolla fatta delle stessa sostanza del sogno.
<< Percorrere la via di un simile discorso ci porterà al punto di scissione definitiva. Non potremo più tornare indietro... cambierà tutto, te ne rendi conto? >> rispose lui, guardando il cielo ombroso. I luminosi capelli biondi erano mossi dalla tiepida ondata di un vento che sapeva di primavera. E la vista era resa ancora più idilliaca dalla magica presenza di piccoli petali di rosa trasportati dalla brezza. La perfezione fatta persona, insomma. Mentre io ero... io. Solo io.
<< Primo quesito: hai una compagna? Un'amante? >> esplosi, prima che il mio buonsenso costringesse la me impulsiva a battere in ritirata.
Damien scosse il capo, ridendo con piacere. << Al momento no. Ma chissà... in futuro forse... >>
Era una mia rosea immaginazione, o mi stava davvero guardando con desiderio?
Non osai comunque sperare che parlasse di me. Non ancora.
<< Ultima domanda: ti piace qualcuna? Voglio dire, c'è una ragazza in particolare che ha attirato la tua attenzione negli ultimi tempi? >> mormorai, atterrita da tutte le possibili risposte con cui Damien avrebbe potuto rispondermi.
Odiavo sentirmi così vulnerabile. Non mi riconoscevo più e questo era un male perché non riuscivo a capire come riprendere il controllo di me. E cosa ancora più sorprendente, lui aveva il dono di trasformare il mio essere con la stessa facilità con cui si cambiavano le lenzuola.
Sentii il bisogno d'essere abbracciata, ma mi trattenni dal tuffarmi fra le sue braccia.
<< Sì, una c'è. >> se ne uscì lui con un sospiro.
Mi passai una mano fra i capelli, nervosa. Questo significava solo una cosa: avevo una rivale in amore ed anche molto pericolosa a giudicare dalla profondità nel suo sguardo. I suoi occhi azzurri sembravano mandare sprizzi d'energia allo stato puro.
Respirai a pieni polmoni. << Capisco. >>
<< No, tu non hai capito proprio niente, Raina. Niente. >> sussurrò il demone, girando il capo per osservarmi meglio. Poi, mi scoccò un'occhiata che mi trapassò per intero con la forza travolgente di un tornado subacqueo.
<< Aiutami tu, allora. Forza. >> dissi, stringendo i denti.
<< Anche a te piace qualcuno, si vede lontano un miglio che sei totalmente fra le nuvole a volte. >> rispose secco.
<< Beh, e quindi? Avresti forse da ridire su questo? >> lo sfidai, facendo ricorso al mio lato ribelle.
Damien diede un'ultima occhiata al cielo, per poi staccarsi dalla colonna a cui era appoggiato e dirigersi con passo sicuro verso di me: aveva azzerato tutte le distanze che si frapponevano fra noi. Ed anche se per un certo verso non era un buon segno, dato il suo improvviso malumore, mi sentii sollevata. La sua sola presenza vicina bastava a rasserenarmi totalmente.
<< In effetti sì: mi da parecchio fastidio. Tu sei diventata mia nell'esatto momento in cui ti ho scelta in piazza. >> disse lui con una strana voce che non pareva appartenergli.
Dov'era finito il mio Damien? Chi era il demone dalla sostanza eterna e devastante che mi stava difronte?
<< Non mi avevi mai parlato così. >> dissi sconcertata.
Damien rise forte. << Te l'avevo detto, Raina: ora che siamo partiti, potremo solo continuare a correre. >>
<< Benissimo, permetti che te la dica io una cosa ora! Ti ho mentito l'altro giorno! Sai quando ti ho detto che non ho mai avuto un ragazzo? Ebbene, non è così. Già, la tua servetta ha già dato il suo primo bacio. >> sputai velenosa con la prima cosa che mi venne in mente, ma pentendomi l'attimo seguente di aver iniziato proprio questo discorso. Anche se... perché trattenermi oltre, dopotutto? Lui chissà quante esperienze aveva fatto in tutti i suoi secoli d'esistenza!
Evidentemente avevo sbagliato a rapportarmi in quel modo, perché il viso di Damien si scurì pericolosamente. << Tu... cosa? >>
Gonfiai il petto, osando alzare ancora di più la cresta, anche per cercare di leccarmi le ferite da sola. << E lui mi ha lasciato il segno. Sì! >> ... nel modo errato però... pensai.
Il mio ex fidanzato era stato solo una piccola cotta adolescenziale, sin dal primo anno delle superiori mi era piaciuto e quando mi aveva notata e proposto di diventare la sua ragazza, avevo accettato al volo. Le mie amiche mi avevano anche supportata nella relazione. Fra noi, però, non era durata: appena un anno. Un periodo che oggi reputo completamente inutile, brutto e buio; ed anche se ci sono stati momenti in cui credevo sul serio di stare bene sia con me stessa che con lui, oggi mi pento di essermi aperta quel poco che ho fatto con lui.
Il mio grosso sbaglio si cominciò a notare quando i litigi fra noi si fecero più frequenti e quasi violenti da parte sua...
Ci lasciammo nel peggiore dei modi. Ricordo che piansi per giorni...
<< Ehi... scusa, io... non piangere. No. >> esclamò Damien, slanciandosi verso di me e accudendomi poi fra le sue forti braccia. Mi sentii subito al sicuro.
Mi portai una mano alla guancia sinistra: stavo piangendo. Io stavo piangendo. Oh, non ricordavo più questa sensazione. Mi sembra tanto strano perché mi ero ripromessa di non farlo mai più dopo... dopo...
<< Lui mi ha lasciata, sai. Ero solo un passatempo, ha detto. Solo un giocattolo, ha riso. Credevo che mi volesse bene. Sognavo già un futuro radioso per noi due, ma ero piccola ed ingenua. >>
Damien strinse i pugni, trattenendo gli impulsi demoniaci. << Che ti ha fatto quel bastardo? >>
I miei occhi si fecero vitrei. << Tutto cominciò quando mia madre e mia sorella morirono in un incidente d'auto. Un guidatore ubriaco fradicio perse il controllo del suo camion trasporti e... ed è successo. Era la sera del mio sedicesimo compleanno, sai. Ricordo che io e papà le abbiamo aspettate invano, finché non ha bussato un poliziotto alla porta del nostro appartamento e ci ha dato la... la notizia. >> singhiozzai. Giorni fa, avevo mentito ad Amia... mia sorella non era morta per la guerra scatenata dall'Impero di Alloces... era morte in quell'incidente maledetto. Dopo, mi ero sentita male al pensiero di averle detto una bugia, ma ero stata costretta a farlo... proprio non ce l'avevo fatta a confessarglielo.
E poi, non era la sola a cui avevo nascosto la verità... non avevo mai raccontato tutto questo ad anima viva. Ed ora come ora, Damien mi sembrava la sola persona giusta per iniziare. Sì, sfogarmi con l'uomo che amavo era l'unica soluzione per tirare fuori il dolore e sanare le ferite del cuore una volta per tutte. 
<< Se non te la senti, non devi... >> disse il biondo, interrotto poi da una mia occhiata supplichevole.
<< No, ce la faccio. >> dissi, tremando per un freddo che veniva da dentro << Dopo un po' di tempo, mio padre si risposò con una donna molto più giovane di lui. La mia matrigna era una donna orribile, ma decisi di sopportarla per il mio povero papà. Credevo che la compagnia di quella giovane donna gli avrebbe fatto bene in qualche modo... speravo che si sarebbe innamorata di mio padre e non dei suoi soldi come immaginavo che fosse in realtà. >>
Damien mi prese il volto fra le mani, muovendo le dita su e giù per le guance arrossate in modo da asciugarmi le lacrime. << Continua, ti ascolto. >>
Mi presi due minuti per pensare al modo migliore per continuare, ma mi accorsi con rammarico che non ce n'era neanche uno. << Come ti dicevo prima, incontrai questo ragazzo, più grande di me di un paio d'anni, e poi, tempo dopo, ci mettemmo insieme. Le cose fra noi andavano più o meno bene, eccetto i normali alti e bassi di una giovane coppia. >> rabbrividii, ma mi feci coraggio per finire il discorso << Alla fine, comunque, il nostro rapporto degenerò. Un giorno, quando stavo andando da lui in una visita non programmata per dirgli che fra noi doveva finire, scoprii... scoprii lui e la mia matrigna... insieme. Insieme, capisci?! Ero entrata dalla porta del retro, quella sempre aperta come sapevo, anche se c'era la chiave sotto lo zerbino, in ogni caso. Entrai in casa e sentii dei rumori sospetti al piano di sopra. Incuriosita, salii le scale. Trovai il mio ragazzo e la moglie di mio padre in corridoio a baciarsi appassionatamente. Sospettavo che quella donna tradisse il mio povero papà con uomini più giovani ma addirittura... questo... >> mi bloccai per un secondo << ... il mio ragazzo, così come la mia matrigna, si comportava stranamente negli ultimi tempi... noi, dal canto nostro, litigavamo molto soprattutto perché io non volevo ancora andare a letto con lui dopo mesi che stavamo insieme. >> risi amara, strizzando più volte le palpebre << Ha trovato il suo passatempo, comunque. Conosceva la mia matrigna dato che una volta l'avevo invitato a casa mia per cena... e, dalle mie sciocche confidenze, sapeva anche dei miei sospetti riguardo i suoi schifosi tradimenti. Tradimenti che io non avevo mai avuto il cuore di raccontare a mio padre... ah, quanto me ne sono pentita in seguito! Se solo... se solo... allora, forse... >> balbettai, scossa.
Damien mi abbracciò forte, ed io tornai a respirare serenamente. << Ssh... calmati. Ci sono io, adesso. Con me accanto non hai nulla da temere, non succederanno più cose del genere, te lo prometto. >>
<< Lo so. Tu sei diverso da loro. >> dissi, sforzandomi di vedere i lati positivi del presente.
<< Raina, mi dispiace, io non sapevo, non potevo sapere... >> sospirò stancamente guardandomi dritta negli occhi lucidi << Critico tanto Andras, ma alla fine la gelosia sta prendendo il sopravvento anche su di me, facendomi parlare a sproposito. >> confessò con una leggera e forzata risata. Per tirarmi su di morale, credo: sapeva quanto amavo il suo sorriso.
Alzai lo sguardo appannato dalle lacrime. << Tu sei... geloso? Geloso di... me? >>
<< Certo. Prima ho reagito così per questo. >> disse con un mal celato imbarazzo.
<< Anch'io sono gelosa. >> ammisi con un sorriso complice.
Ci studiammo a vicenda, come a voler imprimere nella mente quegli attimi preziosi prima del gran finale.
<< Credo che tu mi piaccia. >> sussurrò, appoggiando la fronte sulla mia. Gli occhi azzurri carichi di sentimento. 
Io, invece, mi accinsi a intrecciare le dita delle mani alle sue. Un immenso calore si irradiò, allora, per il mio corpo come lo scoppio contemporaneo di migliaia di soli. Il fuoco generatosi agì da condensatore e risanatore di pezzi di vetro infranti. E per le persone rotte dentro come me, che hanno solo bisogno di qualcuno che abbia la voglia,
il tempo e la pazienza di regalare loro qualche goccia d'amore per rimettere insieme i pezzi, questo è il massimo dell'aspirazione. 
<< Abbracciami forte, Damien, tienimi stretta con la promessa che non mi lascerai andare mai più. >> risposi, inclinando il volto di lato.
Allora, ci fu un forte rumore di uccelli che si alzavano in volo, le loro ali risuonarono potenti nell'aria circostante. Gli alberi, scossi dall'impetuoso movimento, si inclinarono ed ondeggiarono, sospinti anche dal vento appena formatosi.
Molti odori provenienti dalla rigogliosa natura mi arrivarono alle narici mentre congiungevo le mie labbra a quelle di Damien. E noi cantammo la nostra canzone nel più intimo silenzio delle corde del cuore. 


***
A te, carissima Francesca(
StellaChiara),
una simpatica e sempre presente amica.
Sono onorata di avere una lettrice al seguito come te.
Grazie di cuore.
***




ANGOLO AUTRICE:

Eccoci arrivate alla fine di questo capitolo, care ragazze. Spero tanto che ne sia valsa la pena... scusate se vi ho fatte aspettare troppo ma, come ben sapete, ci tengo a darvi sempre il mio miglior lavoro possibile.
Come avrete notato ci sono molte spiegazioni(che ho ritenuto d'obbligo inserire) e fatti. Non credo manchi nulla: vedremo la prima sessione d'allenamento di Amia nel prossimo capitolo(oltre ad altre cose, ovviamente). Comunque i due piccioncini parleranno molto e di cose serie anche. Immagino che avrete capito che ormai ci saranno sempre più pezzi importanti sul nemico centrale della storia. Le cose si mettono male, ragazze.
Per equiparare le cose, ho invece voluto scrivere di Raina e Damien. Ho anche messo qualcosa di molto significativo riguardo il passato di Raina. Il loro discorso continuerà nel prossimo capitolo. Anche perché il ruolo di prescelta di Raina non è ancora venuto a galla. Amia combatterà al fianco di Andras, poi vedrete come nello specifico. Raina, invece, agirà diversamente quando si scatenerà la guerra.
Ah, non vedo l'ora... sarà divertente descrivere quelle scene! *_*
Bene, ho finito per oggi: spero di ricevere molti pareri e supposizioni nelle recensioni, a questo punto mi servirebbero parecchio, ragazze! Giuro che è così... ma non posso svelarvi di più, mi spiace. <3
Per ogni domanda in più, vi ricordo, c'è il gruppo(Ashwini EFP).

Come sempre, ringrazio di cuore tutte coloro che hanno inserito la storia fra le loro preferite(32), ricordate(14) e seguite(75). Chi mi ha messa fra le autrici preferite(10).
Aumentate di volta in volta ragazze: non sapete quanto questo mi renda felice! GRAZIE di cuore a tutte voi ed anche alle lettrici silenziose, perché TUTTE, nessuna esclusa, è meno dell'altra: ognuna di voi è uno dei tanti piccoli ingranaggi che muovono la storia ed il mio impegno verso un gradino sempre più alto.

Bacioni ed alla prossima,
vostra Ashwini. <3







Spazio pubblicità:

* ''Wolf's Blood'' di xlovefood, una storia che mi ha subito conquistato, la consiglio a tutti con tutto il cuore.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1791053&i=1

* ''Ribelli'' di iloveromanzirosa, ve la consiglio tantissimo perché davvero merita tante attenzioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1807401&i=1

* ''Follie'' di
 Little Liar_, una storia veramente interessante e che dona molte emozioni.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1698763&i=1

* ''The Chosen'' di nian07, dateci un'occhiata, è veramente molto bella e ben fatta, ve lo posso assicurare.

Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1930904&i=1 

* ''Dream Of A Kiss'' di Damie, un'avventura emozionante che vi catturerà tutte.
Link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1419921
























 

 


















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Capitolo 24
*** Capitolo ventitreesimo: La città di metallo. I misteri vengono svelati. ***


Image and video hosting by TinyPic G Buongiorno a tutte, ragazze. Mi scuso enormemente per il terribile ritardo ma non è proprio un bel periodo... spero possiate perdonarmi.
Questo capitolo è molto importante, quindi spero vivamente che vi piaccia!

BUONA LETTURA!


***



CAPITOLO VENTITREESIMO: La città di metallo. I misteri vengono svelati.



All'inizio credevo che la palestra personale di Andras fosse in un'area riservata del palazzo reale, severamente sorvegliata da alcune delle migliori guardie di corte, le quali, armate fino ai denti, proteggevano il luogo in cui risiedevano gli strumenti e gli attrezzi con cui il loro signore si allenava per mantenere il pugno di ferro. In realtà non era così. La palestra non si trovava nel castello, bensì sotto di esso. Andras, infatti, mi aveva riferito che, per ragioni di sicurezza e segretezza, le stanze in cui mi avrebbe formato militarmente potevano essere raggiunte solo da un scala che portava ai sotterranei. Da qui si procedeva per un lungo corridoio continuamente sorvegliato da telecamere e sensori di movimento ultrasensibili. Una volta che si era scesi di diversi metri sottoterra si giungeva, infine, ad una porta che, una volta aperta con il giusto codice, dava sulle diverse aree d'allenamento.
Sin da quando Andras mi aveva riferito della sua esistenza ero stata parecchio curiosa di vedere con i miei occhi la palestra, ma ora come ora anche un lieve senso di ansia mia aveva raggiunta senza preavviso. Anche se ero molto determinata a migliorare le mie capacità di sacerdotessa, infatti, non possedevo la certezza che i progressi fatti sarebbero stati in qualche modo utili per la missione solitaria promessa da Andras. E se fossi stata proprio io a mandare all'aria tutto? Io che tanto volevo scoprire la verità sulla storia nella quale ero stata trascinata?
<< Qualcosa non va? >>
La voce di Andras mi giunse lontana alle orecchie, come un debole gorgoglio in fondo all'oceano.
Nulla mi uscì, però, dalle labbra leggermente dischiuse. Non risposi perché mi imbarazzava mettere a nudo, proprio di fronte a lui, i miei timori.
Andras, quindi, mi fermò con uno strattone al polso destro, inchiodandomi sul posto con forza. Poi, alzò con due dita il mio mento. << Mi sorprende che tu adesso abbia dei dubbi. >> disse duro.
Sospirai, improvvisamente triste. << Il problema è che non voglio deluderti. Fra tutti, tu sei quello che meno vorrei vedere insoddisfatto. >>
Lui, allora, si chinò su di me. Il suo odore, che sapeva d'oceano, mi incendiò le membra. Infine, posò le labbra sulle mie. Da parte mia, non potei evitare di allacciargli le braccia al collo, stringendolo quanto più possibile a me. Il nostro abbraccio, come già era accaduto, mi rinvigorì totalmente.
Il paradisiaco bacio che ci aveva uniti, tuttavia, finì troppo presto.
<< Va meglio, ora? >> mi sorrise sincero. Ed era... compiaciuto? No. Era felice. Felice come poche volte lo era stato in mia presenza. Felice come solo con me accadeva sempre più spesso.
<< Andras... ti senti bene? >> dissi, sbattendo più volte le ciglia. Ero tanto sorpresa da immaginare persino di star sognando il suo sorriso.
Il demone mosse la mano per aria, come per scacciare una mosca fastidiosa. << Certamente. Adesso andiamo, non abbiamo tempo da perdere. >> rispose, prendendomi per mano e conducendomi verso la scala dagli scalini in marmo bianco a pochi metri da noi. Finalmente saremmo scesi nei sotterranei.
In quel momento, pensai che Andras non era minimamente consapevole dell'effetto che le sue azioni avevano sui miei sentimenti. Della forza, simile ad un'onda anomala, con cui riusciva a sconvolgerli. Ma era un qualcosa di così piacevole da provare che sarei potuta anche affondare pur di continuare a sentirla.
<< Come procederemo in queste settimane? Hai già un programma da seguire? >> dissi mentre scendevamo velocemente i gradini.
Andras mi lanciò una breve occhiata. << Ho intenzione di darti un'istruzione prettamente militare di base per quanto riguarda questa prima settimana, così che il tuo fisico si abitui ai grandi sforzi. È fondamentale che tu apprenda capacità come la resistenza e la prontezza di riflessi. >>
<< Ho capito. Dopo che faremo? >> risposi inclinando la testa di lato per guardarlo bene in viso.
<< Dopo comincieremo un'alternanza tra combattimenti corpo a corpo, armi e i fondamenti della magia sacerdotale tipica della tua razza. >> affermò non appena arrivammo alla fine della lunga scala a chiocciola.
Procedemmo in silenzio lungo un largo corridoio sterile ai suoni. Ogni tanto io mi volgevo verso di lui, ma Andras pareva completamente immerso nei suoi pensieri.
Osservai, allora, il posto, cercando le fatidiche telecamere. Seppur mi sforzassi di localizzarle, però, non ne vidi nessuna. Probabilmente erano tanto piccole che non si notavano ad occhio nudo, oppure erano fuse con i muri stessi.
Arrivati alla fine del corridoio, ci lasciammo le mani. Andras portò dunque la sua, che prima teneva la mia, verso un pannello metallico pieno di pulsanti rossi, blu e gialli che chissà a cosa corrispondevano nel complicato sistema interno.
Inclinai, poi, il capo quando notai che le porte in realtà era due, una all'estrema destra, verso cui si era diretto Andras, ed una all'estrema sinistra, anch'essa dotata di un pannello rettangolare. Mi domandai dove portasse quella di sinistra, trattenendomi a stento dal chiederlo. 
 << Posso decidere la mia arma o ne hai già una in mente tu? >> mi informai curiosa, anche se, sinceramente, avevo una preferenza al riguardo.
Andras digitò con la sua solita rapidità sconvolgente una sequenza di tasti che via via si illuminavano ed emettevano dei bip affermativi. Nel frattempo, dei numeri, o almeno quelli che credevo essere numeri dato che erano diversi dal sistema di numerazione terrestre, comparvero su una barra grigia in alto alla grande porta in acciaio che mi era davanti. Un bagliore rosso avvolse, infine, la barra mentre la scritta "Permesso accordato" vi compariva al posto dei numeri.
<< Prima di sceglierti l'arma dovremmo provarle tutte per vedere a quale sei più indicata, no? >> rispose Andras senza battere ciglio.
Annuii in risposta per poi guardare la porta aprirsi automaticamente. Qui sotto tutto era super tecnologico. Non c'era nulla che non fosse all'avanguardia, contrariamente ai piani superiori in stile classico.
<< Credevo che fossimo già arrivati! >> esclamai sorpresa quando riconobbi che l'abitacolo era in realtà un ascensore ultramoderno dalle pareti di vetro resistente.
Andras mi spinse dentro con una mano poggiata sulla schiena. Rabbrividii di piacere, arrossendo subito dopo. Non mi ero ancora abituata ai suoi tocchi frequenti.
<< E non hai ancora visto niente. Goditi il panorama. >> rispose divertito.
Capii a cosa si riferiva non appena premette un pulsante e l'ascensore prese a scendere. Dalle pareti di vetro vidi stagliarmisi sotto un'intera città di metallo. Piani su piani formavano quella che doveva essere una struttura di proporzioni gigantesche. Mentre scendevamo vidi un piano dedicato ai computer e ad ogni sorta di ben di Dio per cervelloni. Guardai anche con gli occhi luccicanti un piano adibito a biblioteca.
Poggiai entrambe le mani sul vetro. << Avete anche qui una biblioteca? >>
<< Sì, ma sono tutti libri che trattano materie scientifiche e strategiche. >> mi informò Andras.
<< Mi hai portata al quartier generale dell'impero? >> sussurrai stupita.
Lui fece un cenno d'assenso. << All'inizio dovevamo prendere la porta di sinistra che portava direttamente alla palestra all'ultimo piano, poi ho cambiato idea per farti vedere tutto questo. Converrai con me, però, che il giro turistico lo faremo un'altra volta, oggi non ne abbiamo proprio il tempo. >>
<< Perché? >> chiesi semplicemente.
Andras si sporse verso il mio orecchio destro, mi scostò i capelli dal viso e mormorò: << Anche io mi fido di te. Inoltre, sono certo che non mi deluderai così come io non deluderò te. >>
<< In cosa potresti deludermi? >> dissi, pensando allo stesso tempo “Oltre spezzarmi il cuore, probabilmente” con un groppo in gola. Non dovevo pensarci, non ora che la mia lucidità doveva mantenersi al massimo quanto più possibile.
<< Tuo padre, Amia, è ancora vivo. Le mie spie mi hanno riferito che sta dalla parte del nemico, corrotto dal potere della tua antenata. Credo che lei lo stia usando per ricattare te in futuro, quando affronterai la battaglia finale. Il potere spirituale applicato su di lui dalla sacerdotessa è grande, molto grande, non so se riuscirò a salvarlo. >> rispose serio. Gli occhi che vagavano sul mio volto in cerca di ogni più banale sfumatura d'emozione.
Per una manciata di secondi tremai convulsamente, sconvolta dal flashback dell'assassinio di mia madre. Poi, mi costrinsi ad assumere un'espressione impassibile e fredda.
<< Non m'importa di lui, per quanto mi riguarda non lo considero più mio padre. >> affermai con la voce roca.
Andras mi fissò intensamente a sua volta. << Mi sembra di avertelo già detto, Amia: non serve mentirmi. >>
<< È la verità, ti dico! Lui... lui ha ucciso mia madre! Ubriaco fradicio! >> urlai arrabbiata.
La mano del demone mi sfiorò una guancia. << Prima di azzardare simili accuse dovresti riflettere meglio sull'intera vicenda. Pensa, perché tuo padre è cambiato? Davvero non ti viene in mente nulla? >>
<< Rea... la mia antenata... c'entra sempre lei, non è vero? Dimmelo, dimmi tutto quello che sai! >> continuai imperterrita.
Andras scoccò un'occhiata severa.
Arrossii. << Scusa, sai che non ce l'ho con te. >>
Lui sospirò piano. << Le mie spie hanno trovato una lettera indirizzata a tuo padre. Risale a molti anni fa, ma contiene cose che sono certo ti interesseranno sapere. >>
<< Hai mandato degli estranei a casa mia? >> dissi.
<< Dopo che Rea ti ha posseduta l'ho ritenuto necessario. Capirai che era, ed è, mio interesse trovare ogni indizio utile alla nostra causa. >> rispose tranquillo.
Annuii. << Dove tieni la lettera in questione? >>
<< Ce l'ho in tasca, appena arriveremo in palestra te la farò leggere. >>
<< Hai trovato altro per caso? >> chiesi alzando un po' di più il mento.
<< No. Ho fatto fare ricerche approfondite in tutti i luoghi collegati alla tua famiglia ma non è stato rinvenuto nient'altro. >> rispose, togliendomi una ciocca ribelle dalla fronte proprio quando l'ascensore si fermò all'ultimo piano della città di metallo.
Insieme, ci dirigemmo verso quella che sembrava in tutto e per tutto la porta di un cavò inespugnabile.
<< Ti tratti bene a quanto vedo. >> constatai sarcastica.
<< Ne dubitavi forse? >> fece Andras con il mio stesso tono, apprestandosi ad aprire l'enorme porta circolare con un ulteriore codice segreto.
Oltrepassando la soia, mi guardai intorno con aria circospetta. << Non ci sono guardie in giro? >> domandai.
Andras alzò un sopracciglio. << Certo, solo che tu, come chiunque altro, non le può vedere. >>
<< Nemmeno tu, quindi. >> esclamai divertita.
Il demone rise sardonico. << Ti piacerebbe. >>
<< Eh? Come puoi vederle se gli altri non ci riescono?! >> dissi mentre lo tallonavo da dietro lungo la galleria.
<< Ne sento l'aura. Il potere, se non viene abilmente nascosto con una magia, è come una luce in mezzo al buio. Percepire l'aura altrui è una delle prime cose che ti insegnerò, così potrai avvertire la presenza del nemico prima che esso ti trovi. >> mi spiegò pratico.
<< Potrò sentire le auree dei nemici deboli, quelli che non sanno nascondere il loro potere. Come farò con gli altri? E poi, i nostri nemici più potenti non potrebbero entrare qui, in qualche modo, e percepire anch'essi le auree delle guardie? >> chiesi, avida di risposte.
<< L'aura può essere controllata come e quando la si vuole, ovviamente: le guardie sono state addestrate a renderla visibile in minima parte, così da essere comunque sicuri, solo a me. Per visualizzare nella tua mente i nemici più capaci a nasconderla dovrai allenarti a cogliere le minime sfumature di aura in battaglia. L'aura, infatti, può essere nascosta fino ad un certo punto, perché una piccolissima parte, quella dell'energia vitale, è quasi sempre visibile ai guerrieri più forti ed allenati se non è offuscata da una particolare magia che confonde. >> rispose girandosi verso di me.
Abbassai lo sguardo, incrociando le braccia.
Andras mi aveva fatto capire che per lui potevo farcela, che con le sue lezioni sarei diventata più forte, tanto da poter andare con lui in missione nell'antica dimora delle sacerdotesse. E chissà, magari anche affiancarlo nella battaglia finale se fossi stata in grado di difendermi totalmente da sola.
Ero quindi sicura che insieme avremmo lavorato sodo per ottenere il massimo da me, ma... qual era il mio reale potenziale? Sapevo di avere in me il potere di una discendente di Rea, questo era vero, eppure nessuno, a parte lei probabilmente, conosceva fino a dove potevo spingermi. Il solo fatto che non fossi nata nel mondo di Andras era a mio sfavore. Oltre, ovviamente, all'opportunità persa di crescere fra le mie simili ed imparare, quindi, tutte le formule ed i riti spirituali tipici dell'ordine. E, non sapendo come muovermi nel loro ambiente, il pericolo di cadere in una trappola era sicuramente elevato. Andras, nonostante sapessi già che mi avrebbe insegnato molto, non poteva certo prendere il posto di una maestra dell'ordine. Anche lui, come me, era limitato su questo fronte. Il suo lavoro, così impoverito di conoscenze forse molto importanti per il futuro, sarebbe stato incompleto sotto un tale punto di vista.
<< Dobbiamo trovare una sacerdotessa che, più avanti, mi insegni la materia più approfonditamente. >> riflettei a voce alta.
Andras si fermò alla fine della galleria per poi poggiarsi con la schiena alla porta di vetro scuro alle sue spalle. << Lo so, ma non sarà facile convincerne una a collaborare con noi. Sono tutte donne estremamente fedeli alla tua antenata. >>
Mi portai l'indice ed il pollice sul mento. << Potremmo sempre contattarne una in esilio... una che si è separata, per volontà sua o meno, dall'ordine. Sai se esiste una persona del genere che possa aiutarci? >>
Andras si scurì in viso. << Non metterti in testa altre strane idee, Amia. Corri già troppi pericoli per i miei gusti. >>
Mi diressi a passo di marcia verso di lui. << Sto solo cercando di rendermi utile! >>
Andras scosse la testa. << Se prometti di non insistere per venire porterò io l'esiliata qui da te. >>
Assottigliai gli occhi, con un velo malcelato di rassegnazione. Era inutile discutere oltre con lui sulla mia sicurezza, avrei solo preso una batosta al momento. << Va bene, te lo prometto. Chi è lei, a proposito? >>
<< Secoli fa, prima che io nascessi, è stata espulsa dall'ordine per aver frequentato un demone. >> mi informò.
Mi portai una mano alla bocca, scossa. << E poi com'è finita? Lei è riuscita a stare con il suo compagno, alla fine? >>
<< No. Una storia fra un demone ed una sacerdotessa non ha futuro. I due sono stati separati dalla morte di lui, il demone in questione è caduto per proteggere l'amata dall'ira delle sue parenti. L'ha spedita in un luogo lontano, dove loro non l'avrebbero più potuta trovare, poi, anche per quest'ultimo sforzo, è morto. >> concluse rapido.
Indietreggiai di qualche passo. << Capisco. >>
<< No, Amia, tu non capisci. Noi due non siamo come loro, la nostra storia è diversa. >> disse serio.
<< Noi non siamo come loro perché non siamo innamorai l'uno dell'altra. >> ... Tu non lo sei... << 
È questa l'unica, fondamentale, differenza. >>
Andras, allora, mi afferrò per un braccio, mi spinse dentro la porta di vetro che nel frattempo aveva aperto e mi inchiodò al muro fra le sue braccia tese ai lati della mia testa.
<< Tu mi ami. >> disse.
<< Stai vaneggiando, tu non mi piaci per niente, sono solo estremamente attratta da te, fine della questione. Ora mollami, abbiamo da fare un allenamento. >> risposi distogliendo lo sguardo mentre mi mordevo il labbro inferiore.
<< Parli di attrazione quando il tuo cuore adesso batte forte per me. Solo per me. >> insistette.
Perché diavolo avevamo preso questa piega della conversazione?!
<< Mi sembra piuttosto ovvio dato che mi sei così vicino! >> tentai di rimediare.
Andras grugnì seccato. << Cazzate. Ammettilo una buona volta invece di fare sempre la figura della perfetta codarda! >>
Mi tremò involontariamente il labbro prima che potessi anche solo pensare di fermarlo. << Quanta sicurezza... >> biascicai, incapace di trovare altro di meglio con cui controbattere.
Poi le parole mi uscirono di bocca prima che potessi fermarle. Prima che il mio buon senso si rifacesse vivo. Prima che io potessi desiderare di fuggire e mentire ancora. Le labbra si schiusero da sole, gli occhi pizzicarono un'ultima volta, i brividi lungo la schiena scomparvero. Ed io parlai. << Ciò che provo per te è nato solo per influenza della leggenda delle prescelte. So che la conosci, quel giorno in biblioteca temevi che io l'avessi scoperta e letta. Ti ho distratto ed alla fine non ne abbiamo più parlato, è vero, ma la leggenda non ha mai cessato di immischiarsi nella mia vita.
È a causa sua che adesso mi ritrovo in questa situazione. Se non fosse per la leggenda, non credere che io mi sarei mai potuta innamorare di un essere malvagio come te, che non fa altro che divertirsi a vedermi soffrire per ovviare alla noia dell'immortalità. >>
Attesi una punizione qualunque per la mia insolenza, ma non arrivò nulla. Solo indifferenza. Solo silenzio.
Andras, silenzioso come un'ombra, mi lasciò libera dalla sua presa, quindi mi superò ed entrò nella palestra adiacente all'atrio in cui ci trovavamo.
Scivolai lungo la parete, portandomi le mani alla testa che nel frattempo si era piegata per rifugiarsi fra le ginocchia. Il pavimento era freddo ma non mi disturbava: ne avevo bisogno per non concentrarmi su altro, su niente che riguardasse Andras.
Prima avevo detto una mezza bugia... dopotutto, era vero che all'inizio mi ero interessata a lui per via della leggenda. Gli avevo poi mentito sull'esserne ancora innamorata solo a causa di quell'influsso. Perché alla fine... alla fine mi ero innamorata di lui veramente. Avevo accettato da un po' di amarlo incontrastatamente. Ma non ero riuscita ad espormi così tanto per rivelarglielo. Non mi sentivo pronta per un grande passo come questo, era troppo per me. La paura di essere respinta, poi, era terribile, pressante e dietro l'angolo a tendermi un agguato. Non volevo rischiare.
Andras aveva ragione: ero una codarda.
Singhiozzai in silenzio, cercando di calmarmi per seguire Andras ed incominciare l'allenamento.
Ma come avrei fatto a guardarlo ancora negli occhi? Come?
Sospirando, mi asciugai le poche lacrime che mi erano cadute sulle guance accaldate. Infine, mi rialzai da terra, sollevai la testa ed imposi al mio corpo l'autocontrollo. Almeno questo dato che la mia mente era già in subbuglio.
Stanca ed appesantita da nuovi guai, mi feci strada nella palestra.
L'ambiente che mi si parava davanti era, come previsto, enorme. La sala centrale della palestra, infatti, si stendeva per almeno venti metri in lunghezza e trenta in larghezza. Vi erano poi quattro porte metalliche automatiche per ogni lato a me laterale che, supposi, conducevano in altre stanze.
Osservai che la sala in cui mi trovavo adesso conteneva le più inimmaginabili diavolerie meccaniche. Macchinari ed attrezzi super tecnologici erano disponibili in abbondanza per qualunque uso. Numerosi pannelli touch erano, inoltre, disposti loro accanto così da poter programmare la sessione d'allenamento voluta.
In tutto quel lusso di metallo, notai in particolare una porta imponente di vetro scuro all'estremità opposta della stanza. Chissà dove portava...
Fui però distratta dall'assenza di Andras. Dov'era finito? Lo avevo visto entrare qui, ne ero sicura, ma adesso dov'era?
Mi guardai intorno, cercandolo con occhi preoccupati.

Da questa parte.
Mi sentii dire nella mente.

Seguendo la voce dura di Andras, capii che voleva che entrassi nella stanza con la porta di vetro nero di fronte a me. Con passo fermo e deciso feci quanto detto, ritrovandomi però ansiosa lì davanti. Ancora una volta, maledii con tutto il cuore la mia lingua lunga. Se poco fa non avessi parlato sarebbe stato meglio per entrambi, per me e per lui. Io non avrei avuto tutta quest'ansia di guardarlo negli occhi e rivelare così la mia bugia, lui non avrebbe avuto motivo di trattarmi come una pezza vecchia da buttare.
Strinsi i pugni. Non dovevo cedere.

Poco tempo dopo, compresi che la stanza quadrata in cui ero entrata era lo studio privato di Andras. Nella camera vi era una pregiata scrivania in ebano davanti  a cui facevano bella mostra di se due comode poltrone di pelle marrone. A circa due metri da esse era sistemato un lungo divano, anch'esso in pelle, che aveva ai lati due alte lampade in stile classico. Dall'altro lato della stanza, invece, c'era un minibar da ufficio con tanto di casse musicali a fianco per l'intrattenimento personale. La musica però era spenta, come a volermi ricordare che non meritavo alcuna melodia nella mia vita dopo quello che avevo detto ad Andras.
Il mio demone dagli occhi di ghiaccio mi osservava superiore dalla scrivania alla quale era appoggiato.
Deglutii, distogliendo lo sguardo dalla sua elegante e tentatrice figura.
Mi domandai, allora, come facesse a credere che provavo qualcosa di molto profondo per lui solo per via della leggenda delle prescelte. Andiamo, anche un ceco si sarebbe accorto che lo amavo veramente!
Ovviamente, tenni per me quei pensieri.
<< Mi hai portata qui per leggere la lettera indirizzata a mio padre, vero? >> dissi a voce bassa, sapendo perfettamente che lui mi avrebbe sentita lo stesso.
Andras annuii, allungando un braccio per prendere una carta da lettere poggiata con cura accanto a lui sulla scrivania. Me la porse senza dire una parola.
Ferita dal suo comportamento, mi avvicinai barcollando. Non avrei retto quella situazione a lungo, lo sapevo, non dopo tutto quello che avevo condiviso con lui. Cercai lo stesso di resistere.
Presi la lettera dalla sua mano tesa e la spiegai per bene affinché potessi leggerne il misterioso contenuto.

“Egregio Mr. Prime,
le scrivo questa lettera per via di un increscioso cambiamento nel corso degli eventi. Come lei ben sa, l'organizzazione a cui sono a capo, la CGE, fa ormai da molto tempo continue ed approfondite ricerche su chi possa essere la prescelta dell'imperatore di Alloces. Come le avevo già riferito nella mia precedente lettera, i dubbi che nutrivamo su sua figlia erano scomparsi quando notammo il caso particolare di una ragazza di Berlino che, contrariamente alle altre, non fece ritorno in tempo breve sulla Terra dopo esser stata prelevata come amante per il sovrano. Giustamente credemmo che lui, provando il famoso interesse di cui parla la leggenda delle prescelte, la volesse tenere per sempre con se come compagna. Ci sbagliavamo. La ragazza, infatti, è tornata due settimane fa con un messaggio per noi dell'organizzazione da parte dell'imperatore Andras. Tale messaggio ci comunicava che da un po' di tempo le spie personali dell'imperatore ci tenevano d'occhio. Prelevare per più tempo la ragazza tedesca era stato solo un espediente per provare il dubbio sorto al sovrano circa la nostra ricerca della sua vera compagna di vita. La ragazza era stata scoperta in relazione con noi dopo che, in un impeto di passione voluta a tal fine, aveva rivelato all'imperatore di esser stata contatta da noi per distruggerlo. L'imperatore aveva così compreso i nostri piani e ci invitava a non immischiarci in situazioni più grandi di noi se non volevamo avere delle terribili ripercussioni. Comprenderà, Mr. Prime, che i nostri obbiettivi hanno un nobile fine, così, affinché la razza umana progredisca come nostra precisa decisione, abbiamo inviato a nostra volta un messaggio intimidatorio all'imperatore Andras. Lei sa, Mr. Prime che abbiamo armi segrete di distruzione di massa avanzatissime nei nostri arsenali. Nel messaggio inviato abbiamo detto, quindi, all'imperatore che eravamo pronti ad usarle sui suoi domini di cui, nel frattempo, avevamo scoperto la locazione grazie ad una spia inaspettata, mia moglie. Ho da poco scoperto, infatti, che la mia consorte proviene da un luogo vicino Alloces. Un regno in cui una volta dimoravano delle potenti sacerdotesse nemiche dei demoni dell'impero. Mia moglie, giorni fa, mi ha convinto a richiamare sotto la mia protezione le sue compagne per aiutarci nella conquista dell'impero e delle sue innumerevoli ricchezze. In cambio, mia moglie chiedeva solo che la sua sovrana ottenesse personale vendetta sull'imperatore Andras. Non sono però a conoscenza, come lei stessa, per via di cosa. Ovviamente, dopo un colloquio con la loro sovrana, Rea, ho accettato l'alleanza fra le nostre due fazioni. Il pomeriggio stesso un emissario dell'impero mi ha comunicato la dichiarazione di guerra che avevo previsto. Essa prevedeva che l'esercito imperiale avrebbe fatto irruzione sulla Terra fra una decina d'anni. Non c'era alcun cenno alla mia alleanza con le sacerdotesse perché esse avevano la capacità sorprendente di nascondersi agli occhi onnipotenti del sovrano di Alloces. In questi giorni, dunque, stiamo elaborando un piano di azione per adempiere ai nostri scopi. Il motivo di questa lettera è comunicarle che i nostri precedenti dubbi su sua figlia sono ora definitivamente confermati: Amia è la prescelta dell'imperatore Andras. Rea mi ha infatti riferito che ha fatto in modo che in lei dimorasse lo spirito di una sua discendente proprio perché il loro oracolo aveva predetto la sua nascita. Rea intende, come me ovviamente, servirsi di Amia per distruggere l'imperatore. Siamo certi, per fortuna, che lui non sappia ancora della sua esistenza. La invito espressamente, dunque, a renderla il più anonima possibile, così da non attirare le attenzioni delle spie dell'impero che, come lei ben sa, hanno sul nostro pianeta come in altri il compito di prelevare amanti per il loro sovrano. L'imperatore Andras, come abbiamo fatto noi per anni, cerca infatti da moltissimo tempo la sua prescelta in tutte le fanciulle della galassia degne del suo interesse. Tutto questo per dare alla luce il suo erede, il demone leggendario dagli illimitati poteri che potrebbe conquistare facilmente l'intera galassia una volta cresciuto ed addestrato. La leggenda delle prescelte dice questo e questo non mettiamo in dubbio che accadrà se noi della CGE non facciamo qualcosa prima per evitarlo. Per ironia della sorte, l'impedimento di questo evento coincide con i nostri obbiettivi di conquista e distruzione dell'impero di Alloces. Si goda quindi gli ultimi anni di pace con sua figlia, Mr. Prime. Io l'aspetto come sempre nella sede principale dell'organizzazione per il consueto incontro fra i membri ufficiali della CGE e gli adepti come lei. Parleremo meglio delle questione che le ho qui esposto in quell'occasione. Le ricordo infine di fare come le ho chiesto se non vuole delle gradite ripercussioni sulla sua famiglia. Sappia, infatti, che è tenuta severamente d'occhio.
Cordiali saluti,
Edward Price, comandante supremo dell'organizzazione.


Sollevai, tremante, gli occhi dalla lettera, la quale mi cadde subito dalle mani.
Tutto questa storia era assurda.
<< Da quanto tempo sai che sono la tua prescelta? >> riuscii a mormorare, sconvolta. Fino ad ora avevo sempre creduto che lui non lo sapesse.
Andras mi inchiodò sul posto con lo sguardo.
<< Prima ti ho detto che le mie spie sono state inviate a fare ricerche approfondite a casa tua, in cerca di qualcosa che fosse collegato alla tua antenata, Rea, dopo che l'altro giorno ti ha posseduta. Dopo che ci siamo uniti, mentre eri ancora a letto, ti ho appunto detto che la colazione era annullata perché avevo degli affari da sbrigare... ebbene, mi riferivo proprio alla lettera. Il capo delle mie spie sulla Terra mi aveva infatti riferito del suo ritrovamento con un veloce messaggio mentale. Ho quindi esaminato la lettera stamattina presto, prima che tu arrivassi nelle mie stanze. >>
Barcollai fino al divano in pelle marrone, crollandoci sopra. << Mio padre è un adepto della CGE... lui sapeva tutto... sapeva cosa avrei dovuto affrontare e mi ha cresciuta con indifferenza solo per preparami ad essere una perfetta padrona di me... lui è degenerato solo per darmi uno dei più duri esempi su quanto siano crudeli il mondo e la vita. Si è sacrificato per me... per darmi un futuro in cui io avrei saputo cavarmela date le mie già tragiche esperienze. Ed io che l'ho sempre odiato... >>
Andras si avvicinò, inginocchiandosi al mio cospetto e prendendomi le mani fra le sue. << Faremo in modo di salvarlo dalle grinfie di Rea e riportarlo lucido da te. Così potrete finalmente riavere il rapporto padre e figlia di una volta. Ce la faremo, Amia, te lo prometto. >>
<< Gli ho urlato di odiarlo. >> dissi debolmente. Con quella lettera tutte le mie precedenti convinzioni era andate in fumo.
<< Sono sicuro che lui non è arrabbiato con te per questo. Credo che sapesse benissimo a cosa andava incontro comportandosi con te in quel modo. >> rispose sedendosi al mio fianco. Le mie mani erano ancora fra le sue, calde e accoglienti. 
Lo guardai negli occhi, seccata. << Se solo non fossi stata destinata a te, tutto questo non sarebbe successo. >>
<< Non dire cose di cui poi potresti pentirti, Amia. L'hai già fatto altre volte e non ti ha mai portata a nulla di buono. Questa tua tendenza a seccarti con tutto e con tutti quando sei nervosa è davvero insopportabile. >> disse sospirando.
Sì, era un vizio del quale mi ero sempre lamentata io stessa, ammisi mentalmente.
E poi non ero sul serio pentita di aver incontrato Andras... anzi, me ne ero pazzamente innamorata.
<< E quindi hai avuto centinaia di amanti prima di me. >> buttai lì ad un certo punto.
Andras non si scompose. << L'hai letto anche tu nella lettera: l'ho fatto solo per trovare te. >>
<< Tu mi hai cercata con tanto impegno solo perché vuoi un figlio da me! >> lo accusai. Sia la leggenda che la lettera erano chiare su questo punto.
Andras alzò gli occhi al cielo. << Hai letto anche tu nella leggenda delle prescelte di cosa sarà capace nostro figlio. Ammetterai pure tu che un simile potere farebbe molto comodo all'impero. >>
Lo fissai indignata. << E tu, ovviamente, sei convinto che io ti darò un figlio senza opporre la minima resistenza al riguardo, giusto? >> dissi sarcastica.
Andras si mise comodo sul divano, sciogliendo le mani dalle mie ed incrociando le braccia. << Non dico adesso, Amia, ma in futuro sì, accadrà. >>
Gli scoccai un'occhiataccia. << Ti rendi conto di quello che dici, Andras? Tu desideri un figlio solo per poterlo usare per i tuoi scopi di conquista! Non sei poi tanto diverso dalla CGE per questo, non trovi? >>
Lui ridacchiò. << Già, dimenticavo il tuo spiccato sentimentalismo. Scommetto che hai sempre sognato il principe azzurro ed una felice famigliola con lui. >>
Sbuffai. << E guarda invece chi mi ritrovo. >>
Andras si sporse verso di me. << Adesso lo ammetti, dunque? >>
<< Cosa? >> chiesi, confusa.
<< Che mi ami. >> rispose ovvio, incominciando a pestare ritmicamente il piede sul pavimento.
Allora, scoppia in una fragorosa risata. << Te lo puoi pure scordare. Quando lo dirò sarà solo perché l'occasione è quella giusta. Rivelare un sentimento tanto forte come l'amore non è una cosa da prendere alla leggera. >>
Andras sollevò un sopracciglio, innervosito. << Ma lo pensi. >>
<< Forse sì, forse no. Chi lo sa. >> risposi misteriosa. Mi divertiva un mondo vederlo così in difficoltà: mica era una cosa che succedeva tutti i giorni! Intendevo quindi godermi l'esperienza fino in fondo.
Lui parve capirlo, forse sempre per via del legame che ci univa. << Benissimo. Allora, non ti dispiacerà se io farò altrettanto solo dopo che me l'avrai detto tu. >> ghignò.
Il mio cuore perse un battito. << Che... che cosa? >> balbettai.
<< Hai capito perfettamente. >> concluse sadicamente.
A quel punto della conversazione, però, sorrisi radiosa. Probabilmente non era ancora innamorato di me, ma la leggenda delle prescelte diceva chiaramente che un giorno lo sarebbe stato. Questa luminosa speranza bastava a farmi continuare a lottare per farmi amare da lui che, comunque, stava dimostrando di tenere a me.
Un angolo delle labbra di Andras si piegò in un mezzo sorriso. Accidenti quanto era bello...
Mi morsi il labbro inferiore e, per evitare di saltargli addosso, mi alzai dal comodo divano, dirigendomi al minibar con la scusa di prendere un bicchiere d'acqua.
Andras, una volta che mi ebbe raggiunta, mi mise possessivamente le mani sui fianchi. << Anche se non dobbiamo avere subito un figlio, possiamo sempre darci alla pazza gioia, lo sai, vero? >> mormorò malizioso mentre mi mordicchiava suadente l'orecchio sinistro.
Gemetti, già eccitata. << Non avevamo un allenamento in programma? >>
Andras sogghignò. << Propongo di iniziare con le basi di un semplice corpo a corpo, allora. >>
Decisi di stare al suo gioco. << Solo le basi? Semplice? >> dissi sbattendo le ciglia con aria innocente.
Andras premette il bacino contro il mio, dimostrandomi che avevo tutta la sua attenzione.
Ridacchiai. << Non sia mai che io contraddica il mio istruttore. >>
Amavo anche per questo il nostro rapporto: per quanto potessimo litigare, alla fine ritornavamo sempre l'uno fra le calde braccia dell'altro.




***






ANGOLO AUTRICE:

Allora, eccoci in fine giunti alla conclusione di questo capitolo. Spero che vi sia piaciuto! ^_^
Direi che la prima parte della storia può considerarsi conclusa, ora entriamo in una fascia d'azione più ampia sotto molti punti di vista.
Ormai molte cose prima sconosciute sono state svelate. Altre ancora restano irrisolte: ad esempio, perché Rea, l'antenata di Amia, vuole vendetta su Andras?
Lo scopriremo, tranquille.
La battaglia finale è sempre più vicina, progetto solo altri sette/otto capitoli alla fine della storia. Wow... mi sembra ieri che l'ho iniziata ed invece è quasi passato un anno.
Come avrete notato, Andras si apre con Amia nei momenti cruciali ed importanti della storia. Lei per ora non se ne rende quasi conto, ma presto noterà il cambiamento che Andras assume solo con lei. Come è stato detto, Andras non è ancora innamorato di lei, non completamente, ma ci siamo quasi, manca solo una piccola quanto decisa spinta in più. Tiene però a lei più di quanto sia mai successo con anima viva. Non sa stare lontano da Amia e questo pare ormai accettarlo!
Lei sa quello che prova e vuole, ed è paziente con Andras.
Presto però non sarà Amia a costringere il demone a fare una scelta importante per il futuro di entrambi. Ma ci sarà sempre Amia accanto a lui per sostenerlo. ;)
Rea deve essere eliminata, ma anche la nostra nemica pensa lo stesso di Andras. Chi ferirà di più chi? Cosa, chi, verrà perso per la causa dei nostri protagonisti?
Ricapitolando: Rea sapeva della nascita di Amia come prescelta di Andras, così le ha infuso lo spirito di una sua discendente. Amia è così nel centro del mirino della sua antenata che intende usarla per distruggere la minaccia rappresentata per lei da Andras. Lui già intendeva trovare la sua compagna di vita, ma non era ancora certo che fosse Amia prima di leggere la lettera. Ora che lo sa le cose fra i due protagonisti cambieranno.
La moglie del capo della CGE è una sacerdotessa inviata sulla Terra da Rea per ottenere i favori di un umano potente sul pianeta, ora divenuto suo marito. Edward pensa che il suo accordo con Rea sia conveniente per entrambi... ma sarà veramente così alla fine? Otterrà, come desidera da tempo, le ricchezze di Alloces in cambio del suo aiuto nella battaglia finale?
Scopriremo tutto questo nei prossimi capitoli: non vedo l'ora! :D
Nel frattempo che aspettate il prossimo capitolo, Amia ed Andras si danno da fare... u.u

Ringrazio, come sempre, tutte coloro che mi seguono. Vi amo tutte, ragazze! GRAZIE, GRAZIE per tutto il tempo che spendete per me e la mia storia. <3
Spero che anche stavolta ne spendiate una manciata in più per darmi il vostro prezioso parere sul capitolo. Sapete, poi, quanto io ci tenga.
 
Bacioni e alla prossima,
vostra Ashwini. :*

















 



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Capitolo 25
*** Capitolo ventiquattresimo: Fiducia reciproca. ***


Image and video hosting by TinyPic Amia 2.o Buonasera! ^_^
Ecco a voi il nuovo capitolo: visto che stavolta ci ho messo poco? Beh... non troppo almeno. 
Spero tanto che il capitolo vi piaccia e che mi facciate leggere una vostra preziosissima opinione al riguardo. Questo è un altro passo importante per la storia e ci terrei davvero, davvero molto riguardo quest'ultimo punto. Quindi, mi fareste un regalo speciale stavolta? *fa degli occhi da cucciolo* 
Detto questo...

... BUONA LETTURA!




***



CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO: Fiducia reciproca.



I nostri colpi si susseguivano troppo lenti per i gusti di Andras, il quale desiderava andare oltre il basso livello con cui stavamo proseguendo già da un paio d'ore. 
Purtroppo, le mie scarse capacità nel combattimento corpo a corpo si erano fatte notare sin da subito. Infatti, quando ci eravamo posti sulla spaziosa pedana rossa al centro dell'area numero tre di allenamento, Andras mi aveva dapprima istruita su ciò che avremmo dovuto fare per quel giorno. Poi, mi aveva fatto ripetere centinaia di volte le stesse mosse, mostrandomi lui stesso come in realtà andavano fatte. Ed era stato anche paziente per un bel po' di tempo, come gli dovetti riconoscere. Ma dopotutto, da perfetta principiante quale ero, potei solo sospirare di sollievo per il clima calmo che si era stabilito fra noi due. 
Andras, però, purtroppo per me, aveva in seguito preteso che gli dimostrassi direttamente quello che avevo appena imparato con grande fatica. Ed il risultato, come c'era da aspettarsi, fu davvero imbarazzante per la sottoscritta. Infatti, ero stata atterrata dopo appena qualche mossa d'attacco. Non avendo visto arrivare il suo colpo studiato alle gambe, né il seguente pugno centrato allo stomaco, ero stata sconfitta alla grande.  
Andras sbuffò per l'ennesima volta nel giro di pochi minuti.
<< Non ti stai impegnando abbastanza, Amia! >> mi rimproverò severo. 
Lo guardai male. << Non puoi pretendere che applichi i tuoi insegnamenti proprio con te! Sei ovviamente di un altro livello! >> risposi, incrociando le braccia per bloccare un suo colpo.
Lui rise sarcastico. << E con chi vorresti allenarti, eh? Con Katia, magari? Certo, con lei vinceresti di sicuro. >> scherzò.
Gli mollai un pugno alla mascella, ma lui non si mosse di un millimetro. Non aveva neppure cercato di schivarmi in realtà. << Ma di cosa accidenti sei fatto? >> sbottai seccata. Colpire lui era come cercare di spezzare un diamante a mani nude. Inutile. 
<< Certo che no. Però potrei allenarmi con Raina, non ti pare? >> chiesi, speranzosa. Allenarmi con la mia amica sarebbe stato il massimo.
Andras inarcò un sopracciglio. << Anche se mentissimo sullo scopo degli allenamenti, non servirebbe a nulla. Sono sicuro che Damien proibirebbe a Raina di accettare. >> 
<< Perché? La guerra coinvolgerà tutti, non solo te, me o lui. Se Raina sarà pronta a difendersi da sola, per quanto le sarà possibile, anche lui a quel punto starebbe più rilassato nei suoi confronti. >> dissi, indietreggiando ad una distanza di sicurezza dai suoi attacchi.
Andras scroccò le nocche delle mani, scurendosi in volto. << Sarebbe peggio, invece. Pensaci, come ti comporteresti se sapessi che la persona che ami fosse nel bel mezzo della battaglia a darci dentro senza la tua supervisione? Senza che tu possa starle sempre accanto per avere, se fosse necessario, l'occasione di farle da scudo umano? >>
Le sue parole mi arrivarono dritte al cuore che, immediatamente, prese a battere più forte del normale. Da quando pensava certe cose? 
<< Non ci avevo pensato... che stupida... hai ragione, è meglio lasciar perdere e continuare solo noi due. >> sussurrai, riprendendo la posizione d'attacco che mi aveva insegnato ore fa. 
Andras, però, non si preparò a ricevere i miei colpi, anzi, si avvicinò a me con espressione seria. I suoi passi risuonarono nella palestra come amplificatori dei battiti del mio cuore innamorato. Mi diedi mentalmente della stupida per i miei comportamenti infantili.
La mano destra di Andras si posò cauta sulla mia guancia. << Non voglio che anche lui abbia il costante pensiero di poter perdere la sua prescelta. >> mi spiegò con una voce tanto carezzevole che non sembrava nemmeno la sua.
Lo fissai sgomenta non appena capì l'allusione nascosta dietro le sue parole. << Tu hai paura di perdermi? >>
<< Sei proprio una stupida se non l'avevi ancora capito. >> disse per poi alzare gli occhi al cielo dopo aver distolto lo sguardo da me.
Trattenni il fiato, quindi presi un bel respiro prima di rispondere. << Quindi è certo che Raina è la prescelta di Damien? >>
Avevo cambiato argomento. Avevo dovuto farlo. Non ero certa di poter reggere la piega che avrebbe preso altrimenti la nostra conversazione se avessi posto le mie ben altre domande. Spiegazioni più che altro. 
<< Sì, i segnali sono chiari. Con Damien abbiamo anche discusso sull'intera faccenda, e siamo d'accordo sul darvi ancora qualche tempo prima di ufficializzare la cosa con il resto del nostro mondo. >> rispose, stavolta riprendendo la sua solita durezza nella voce. Evidentemente si era ripreso. 
Inclinai la testa di lato. << Ufficializzare? >> chiesi in cerca di una spiegazione.
Andras mi lasciò andare la guancia che, appena l'attimo seguente, mi parve irrimediabilmente fredda come il ghiaccio. << Ufficializzare il nostro rapporto con voi due, Amia. Rendere pubblica la nostra relazione. >>
Assottigliai gli occhi. << Forse a Raina andrà bene, ma a me no. >>
Andras mi guardò confuso e... timoroso? E di cosa? Oh!
Il mio cuore accelerò i battiti, pompandomi furiosamente il sangue al cervello. Lui aveva paura di perdermi... oddio. 
Mi mossi irrequieta sul posto. Odiavo essere tanto vulnerabile nei suoi confronti. Mi sentivo sempre di cristallo in sua compagnia.
<< Che intendi dire? >> mi chiese dopo il pesante silenzio che ci aveva avvolto.
Strinsi i pugni. << Quanto tempo avete deciso di darci? >> cominciai, cercando di restare calma. 
<< Due mesi, più o meno. >> rispose per poi aggiungere << Qualche problema? >>
<< In effetti, sì, Andras. Chi ti dice che io voglia diventare la tua ragazza? >> dissi seccamente. 
Okay, in realtà lo desideravo sin da quando avevo compreso di amarlo, ma non era questo il punto. Ci conoscevamo da poco. Troppo poco per poter dire di essere pronti ad una relazione ufficiale. Davanti l'intero impero, poi! Ma scherziamo? No, su questo ero irremovibile. Potevamo frequentarci - se sempre così si poteva dire con uno come lui - per un po' di tempo, poi si sarebbe parlato del passo successivo. 
Eppure avevamo già fatto l'amore...
Mi mordicchiai un'unghia, perché contro le mie parole ed i miei pensieri c'erano quei sentimenti che nel mio cuore avevano già deciso di assecondarlo. E... infondo perché non provare con una relazione seria fin da subito? Magari avrebbe pure funzionato. 
Andras sospirò. << Amia, non stavo parlando di un fidanzamento ufficiale... >>
Sorrisi sollevata, seppur anche un po' delusa, mentre mi mettevo una mano sul cuore. << Ah, allora va bene. Prima pensavo che potremmo frequentarci e poi... >>
<< ... intendevo rendere pubblico il nostro imminente matrimonio. >> finì lui, calcando l'ultima parola e dandomi il colpo di grazia. 
Spalancai gli occhi, allibita. Questa proprio non me l'aspettavo. << Che cosa?! Ma siete diventati matti tutti e due? >>
<< Non possiamo dare alla luce un erede illegittimo, Amia. E solo un matrimonio può rendere un figlio reale successore del padre. >> replicò il demone incrociando le braccia al petto. 
Gli puntai un dito contro, mettendo l'altra mano sul fianco. << Si può sapere perché ci tieni tanto ad avere un bambino? Perché così in fretta, poi? Abbiamo tutto il tempo per... >> 
<< Amia. >> mi bloccò lui.
Io sbuffai, attendendo che continuasse. Ero proprio curiosa di sapere cosa mi avrebbe risposto! 
<< In tutti questi anni, non sono state solo le sacerdotesse a dare problemi all'impero. Attualmente, non solo sono impegnato a risolvere tutti i punti deboli dell'economia terrestre, ma anche su altri fronti. Ben più ardui, aggiungerei. Ora che una parte del tuo pianeta è stata soggiogata dall'influsso delle sacerdotesse dovrò doppiamente impegnarmi su quel fronte per non parlare poi degli enormi sforzi che di conseguenza dovrò fare per mantenere stabile la situazione a nord dell'impero. Ricollegandoci alla leggenda, io e Damien abbiamo pensato che i poteri dei nostri figli ci saranno un bel po' utili per evadere le difese del nord mentre noi sfruttiamo anche l'est per espanderci. >> spiegò con la sua solita chiarezza. 
Sbattei più volte le palpebre. Cominciavo a capire. << Volete aspettare due mesi perché è questo l'arco di tempo previsto per l'elusione totale della minaccia costituita dalla sacerdotesse, vero? >>
Andras annuì, compiaciuto della mia scaltrezza. << Esattamente. >>
<< Tanto per saperlo, una gravidanza demoniaca quanto dura in media? >> mi informai curiosa.
<< Sei mesi. >> rispose il demone con ghigno << Diventerai grassa in fretta. >> concluse beffandosi di me. 
Gli feci la linguaccia, fregandomene della probabile immagine da bambina immatura che dovevo dargli. << Allora sarà meglio per te trovare al più presto un'altra donna su cui sfogare i tuoi bassi istinti! >> 
Andras alzò le spalle, sorridendo furbo. << Se per te va bene... >>
Pestai un piede, inviperita. << Vai al diavolo. >> grugnii, facendogli capire ciò che pensavo realmente << A proposito, in cosa consiste questo problema a nord? >>
Era meglio approfittare di questa sua improvvisa loquacità.
<< In questa galassia, ovviamente, non esiste solo l'Impero di Alloces. Vi sono anche altri regni vicini, tutti più piccoli ma comunque forti e pericolosi, oltre che ricchi. Il regno a nord, in particolare, ha sviluppato nell'ultimo mezzo secolo una fastidiosa tendenza d'espansione verso il mio impero. All'inizio la situazione era a mio favore, poi le carte in tavola sono cambiate per via delle nuove trovate del re di Rostam, il regno del nord. Attualmente, siamo in una situazione di stallo. >> disse Andras, allungando un braccio ed avvicinandomi a se. 
Mi morsi il labbro inferiore quando il mio corpo risvegliò ogni senso a causa della sua vicinanza. << Damien quella volta è tornato da una spedizione fatta lì? >>
Il demone annuì. << L'ho fatto ritornare dopo un aiuto militare suo e di altre cinque truppe d'assalto durato ben tre mesi. Grazie alla sua guida abbiamo recuperato due basi a sud della linea di trincea allora in vigore. Inoltre, il solo supporto della presenza del Generale Supremo dell'impero è di grande portata per i soldati. Anche io sono andato parecchie volte lì in missione. Ma per il momento la situazione non mi consente di allontanarmi per troppo tempo dalla sede centrale dell'impero. Servo più qui per ora. Ovviamente, se là la faccenda dovesse peggiorare partirei subito in via del tutto eccezionale. >>

Speriamo di no, allora. Non voglio che tu ti allontani troppo da me. 

Che fai, ragazzina, ti preoccupi per me adesso? 

Io combatto ogni giorno in memoria di coloro che ho perso, ma soprattutto per i miei cari che sono ancora vivi. E tu sei uno di questi. Quindi sì, mi preoccupo.

Andras rispose al mio messaggio mentale con un bacio da far girare la testa. Accidenti, se era un bravo baciatore! Non avevo termini di paragone ma... wow... 
Rabbrividii eccitata prima di esporre la mia approvazione ricambiando il suo bacio con altrettanta passione. 
Le nostre lingue si intrecciarono per danzare nei cieli del paradiso. Le nostre mani, invece, si cercarono, ansiose di un contatto più intimo che le facesse elettrizzare.  
Ti amo
, pensai. 
E grazie a Dio lui non poteva leggere nel pensiero. 
<< Ti proteggerò, Amia. Questa è una promessa. >> disse dopo un ultimo bacio a stampo. 
<< Ci proteggeremo a vicenda. >> risposi, socchiudendo gli occhi con dolcezza. 
Ti amo
, pensai di nuovo. 
Andras, inaspettatamente, mi sorrise. << Che ne dici se continuiamo ad allenarci, adesso? >> 
Ricambiai il sorriso, radiosa, per poi sfregarmi energicamente le mani. << Pronto a perdere? >>
Andras si allontanò da me per mettersi in posizione di difesa. << A te la prima mossa, piccola. >>
Barcollai, scossa. << Che cosa hai detto? >> balbettai mentre il volto mi si illuminava di luce propria. 
Andras mi invitò con una mano ad agire. << Se riuscirai a sorprendermi te lo ridirò. >>
Bastardo, pensai. Quindi, mi lanciai contro di lui con tutta la forza che riuscii a racimolare. 
Glie l'avrei fatta vedere io a quell'arrogante, stanca e provata o no! 

Le ultime parole famose. 
Dopo un'altra ora ero ancora là che sudavo come mai in vita mia mentre cercavo di riprendere fiato. 
Andras non solo non aveva rallentato il ritmo di prima, ma aveva pure aumentato, seppur di poco, la velocità d'azione, vanificando i miei sforzi con tutto il sadismo di cui era capace. E già questo era tutto dire. 
Caddi all'indietro quando mi fece girare il polso per poi darmi una decisa gomitata al fianco sinistro. 
Imprecai a bassa voce. Andras non dava colpi molto forti per ora, sapevo che si stava trattenendo, ma il solo fatto di non riuscire a bloccarlo nonostante questo era davvero frustrante. 
Feci una smorfia. << Sei duro da mettere all'angolo, eh? >>
Il demone mi diede una mano per rialzarmi. Scuotendo la testa l'afferrai, pentendomene un attimo dopo. L'idiota mi aveva ributtata a terra senza tanti complimenti dopo un'artistica giravolta con calcio ben assestato nel didietro. 
Digrignai i denti, furiosa. Ora basta giocare pulito.
Mi rialzai, dunque, con l'aria più malandata possibile. Non che fosse poi tanto difficile, ero già messa abbastanza male. << Credo di essermi slogata il polso... >> dissi mesta.
Andras scosse la testa, seccato. << Diavolo, Amia, non ho nemmeno stretto troppo la presa! >>
Mi strinsi il polso, cadendo in ginocchio. << Potremmo chiamare il medico di corte? Non credo di poter proseguire, davvero, Andras. >> 
L'espressione da cucciolo ferito di Bambi della Disney, allora, fu niente in confronto alla mia. 
Andras si avvicinò con passo pesante. << Se cominciamo così possiamo pure metterci l'anima in pace riguardo la nostra missione. >> borbottò mentre si inginocchiava davanti a me.
Un guizzo passò, allora, per i miei occhi azzurri e con entrambe le mani mi affrettai a spingerlo a terra, mettendomi in seguito a cavalcioni su di lui. Infine, sfregai seducente i seni sul suo petto muscoloso. 
Gli occhi di Andras si velarono di lussuria. << Ma non eri ferita? >>
Schioccai la lingua. << In verità, cercavo una scusa per... >> Portai, audace, una mano sul suo petto.
Dalla bocca del demone uscì un sospiro di piacere. << Mmh... Capisco. >> 
Sorrisi maligna. Voleva che lo sorprendessi, no? Bene.
Mi chinai a baciargli il collo, mentre con la mano accarezzavo i suoi addominali scolpiti. Nel frattempo, allungai l'altra mano verso i suoi capelli di seta nera, accarezzandoli e giocandoci con le dita. 
La vendetta era squisitamente piacevole, dovevo ammetterlo. 
<< Andras? >> feci mentre mi alzavo leggermente dal suo corpo. 
Lui, contrariato che avessi smesso con le carezze, mi guardò scocciato. << Che c'è adesso? >>
A sorpresa, gli diedi una poderosa ginocchiata al basso ventre per poi fare una veloce capriola di lato proprio come mi aveva insegnato lui. Soddisfatta, mi sistemai dietro l'orecchio una ciocca ribelle sfuggita alla coda.
Il demone si mise subito seduto con un'aura piuttosto minacciosa attorno. << Che diavolo... >>
Io mi arricciai con gusto una ciocca di capelli rossi al dito, quindi gattonai in mezzo alle sue gambe aperte. 
<< Amia... ? >> disse Andras, incerto, non capendo che diamine mi stesse prendendo. 
Gli presi il mento con una mano, premendo forte. << Sorpreso? >>
Lui sorrise per quanto gli fosse possibile. Aveva, in fine, capito il mio gioco. << Non ancora... >>
Ghignai. << Potevo mirare un po' più in basso prima. >>
<< Vero, piccola. >> mi accontentò, allora, lui, ridacchiando.  
Battei le mani, come una bambina contenta di aver finalmente avuto il suo quotidiano gelato estivo. << Sono stata brava, eh? >> mi vantai spudoratamente. 
Le labbra di Andras furono subito ad un centimetro dalle mie. << Sì sì, ma perché non concludiamo lo stesso il lavoro? >> disse, lanciandomi un'occhiata allusiva.
Gli intrecciai entrambe le mani dietro la testa, accondiscendente. << Secondo round della giornata, allora? >> 
Lui, in risposta, mi mordicchiò il labbro inferiore. 
Le sue mani, poi, mi presero per i fianchi, portandomi sopra di lui. Il suo bacino si scontrò con il mio.
<< Okay. >>

Mi tolsi in un unico colpo la maglia, gettandola con violenza dall'altra parte della stanza. Ma quando feci per sganciarmi il reggiseno le mani di Andras si posero sulle mie.
Lo guardai interrogativa.

Lui, agile come sempre, mi levò l'indumento e gli fece fare un lungo volo per far compagnia alla mia maglia. 
Gemetti mentre gettaiìvo la testa all'indietro.
Le sue labbra si rituffarono sulle mie mentre con le mani torturava i mie seni. La sua lingua tentatrice, poi, lambì le mie labbra in un tacito invito a schiudersi. Ovviamente gli concessi il diritto di entrare per approfondire il bacio in una maniera che mi fece drizzare i capelli in testa. 
Le sue labbra sapevano di menta fresca e io me ne beai, tranquilla di poter godere solo io delle sue premurose attenzioni. << Andras... >> mugolai, labbra contro labbra.
Lui mi fissò intensamente negli occhi. Il cielo dei miei affondò nelle profondità dei suoi ed il confine fra realtà e sogno scomparve, sostituito dal nostro particolare universo.  
<< Spogliami. >> mi ordinò.
Ridacchiai. Per certi versi non sarebbe mai cambiato. 
Feci quanto detto, lasciando indugiare più del necessario le mie mani sui suoi pettorali ben fasciati dalla maglietta con scollo a V. Lui, per facilitarmi il compito, alzò le braccia, ed anche la sua maglia ci lasciò. 
Il mio stomaco fece una felice capriola quando mi strinse a sé.
Gli passai il palmo della mano destra su di una guancia, e notai che aveva una leggera barbetta da far andare letteralmente fuori di testa una povera ragazza come me. 
Il suo guardarmi sincero come se fossi l'unica donna nell'universo mi incendiò completamente. Inevitabile fu, poi, il mio sospiro innamorato. 
Mi maledissi, ma pensai anche che non era mica colpa mia se ormai stavo perdendo la capacità di resistere a manifestare il mio amore per lui. La nostra situazione, sempre più complessa, infatti, non la rendeva cosa facile.
Andras mi baciò la punta del naso. << Rilassati, sei con me. >>
Sbattei più volte le palpebre quando mi accorsi di essermi irrigidita. << Scusa. >> mormorai, dispiaciuta. Ero proprio un disastro...
Il mio demone dagli occhi di ghiaccio mi guardò interrogativo. << Che hai? >>
Mi presi un momento prima di rispondere. << Nulla... io... >> mi bloccai per poi continuare << ... senti, non ci pensare, okay? >>
Andras mi sistemò meglio sopra di lui. << Perché non sei ancora felice? Perché?! >> disse a denti stretti.
Cosa?
<< Sono più che felice, davvero! >> risposi. Non era di certo la mia felicità il problema, o meglio, non direttamente. Il fatto era che non riuscivo più a trattenermi dall'esprimerla chiaramente, paurosa com'ero della sua reazione. 
Andras chiuse gli occhi e quando li riaprì si colorarono di rosso cremisi. 
Sussultai inevitabilmente. << Andras...? >>
Con gli occhi fiammeggianti mi strappò magicamente i leggins di dosso, lasciandomi come unica barriera intima le mutandine.
<< Andras, perché... cosa stai...? >> lo richiamai, ma ancora una volta non fui ascoltata. Lui, infatti, continuò imperterrito la sua avanzata e calò la testa fra le mie gambe che, nel frattempo, aveva divaricato con forza. 
A quel punto incominciai a preoccuparmi seriamente. << Andras, fermati. Fermati! >>
Lui, allora, si decise a degnarmi di uno sguardo. I suoi occhi ancora rossi, trasformati dall'energia demoniaca che gli scorreva nelle vene, mi fissarono molesti. << Cosa? Cosa, Amia? Credevo ti piacessero le mie attenzioni. >>
<< Non... così... >> riuscii a dire, trattenendo a stento le lacrime.
Mi morsi il labbro inferiore. Nonostante tutto, non avevo paura di lui, mi fidavo ciecamente ormai, e sapevo che si sarebbe sempre trattenuto dal farmi sul serio del male. << Che diavolo ti prende? Perché ti stai comportando così? Credevo andasse tutto bene... >> ripresi.
Andras si rialzò da me, togliendosi velocemente i pantaloni neri aderenti e i boxer. Di nuovo, si calò vorace suoi miei seni, mordendone i capezzoli. 
Tentai di richiudere le gambe quando fece per insinuarsi fra esse, ma non fui abbastanza veloce. Si alzò sui gomiti per rivolgermi un'occhiata di fuoco. << Cosa devo fare con te, Amia? Sono così... stanco. >> Le ultime parole crearono una sorta di mescolanza rosso-blu nei suoi occhi. 
Gli avvolsi le braccia al collo, stringendolo forte a me. << Non devi fare nulla... io mi fido di te, te l'ho già detto. >>
<< Non mi riferivo a questo. Intendevo dire che, per quanto ci provi, tu non sei ancora felice. Io non ti rendo felice. >> disse mentre gli occhi perdevano la malignità che li aveva compromessi e tornavano del loro consueto blu notte. 
Scossi la testa. << Che devo fare per dimostrarti il contrario? >>
<< Dimmi che avevi prima. Dimmi perché mi hai guardato con quegli occhi da donna ferita e scossa. >> disse.
E adesso cosa potevo rispondergli? Verità o bugia?
Lo guardai negli occhi e, oltrepassandone le barriere come mai ero riuscita a fare fino ad ora, capii ciò che dovevo fare. 
Accadde come succede che il sole sorge. Accadde come fa un fiore a sbocciare. Accadde come riesce un guscio a schiudersi. Accadde come fa il cuore di ogni essere vivente a battere. 
Fu naturale. Fu spontaneo. Fu amore.
<< Stavo pensando a come dirtelo. >> cominciai << Stavo pensando a come rivelarti che ti amo. >>
Andras per un attimo sembro visibilmente combattuto tra migliaia di emozioni contrastanti, poi parve riprendersi abbastanza da soffiarmi ad un palmo dal naso: << L'hai detto... finalmente l'hai detto. >>
Deglutii per poi accarezzargli timidamente una guancia. << Sei arrabbiato? >>
Andras, contro ogni mia convinzione, mi stupì avvolgendomi fra le sue braccia. << E come potrei esserlo proprio ora? Come? >> 
Entrò dentro di me con un'insolita dolcezza, con una cura che mi fece rinascere mille volte in contemporanea. E fu anche diverso dal solito, come se la mia confessione a lungo trattenuta avesse sbloccato qualcosa in lui. Qualcosa di veramente bello. 

Dopo quella che a me parve la pausa migliore della mia vita, ci sistemammo in un silenzio imbarazzato, almeno per quanto mi riguardava, ed intraprendemmo la via del ritorno alle nostre camere per darci una ripulita prima di cena. 
Dopo la nostra unione, non aveva detto nulla. Non aveva risposto al mio "Ti amo" con un "Anch'io" o altro. Mi aveva amata a modo suo, come aveva fatto sin dalla mia - dalla nostra - prima volta. Aveva stretto saldamente le mie mani, baciandomi con trasporto e guardandomi, però, con una nuova luce negli occhi. Mi aveva persino regalato uno dei suoi rari sorrisi da batticuore. Certo, non nascondevo a me stessa che un po' c'ero rimasta male, anch'io avrei voluto sentirgli dire quelle due parole nei miei confronti. Ma forse, pensai, non era ancora pronto per farlo. Dopotutto, non potevo pretendere di rivoluzionarlo così su due piedi. 
Arrivati in cima alle scale ci fermammo per discutere un momento del programma del giorno dopo. Optammo per un'altra manche di combattimento corpo a corpo così che io potessi affinare meglio alcune mosse ancora incerte. 
Andras, quindi, mi disse di farmi vedere davanti le sue stanze poco prima di cena. Quando fece per voltarsi, però, lo bloccai per un braccio. Lui inarcò un sopracciglio. 
<< Ci vediamo dopo. >> mormorai dandogli un veloce bacio a stampo prima di poterci anche solo ripensare. Inutile dire che fossi imbarazzata da morire, insomma... era un evidente segno d'affetto, ma dopo quello che c'era stato prima fra noi sentivo di potermelo permettere.
Andras, contro ogni mia più rosea aspettativa, ricambiò il gesto. << A più tardi. >> 

<< E quindi vi siete lasciati così? Oddio, che romantico! >> gridò Raina da dietro la porta del bagno. 
Appena arrivata in camera mia, l'avevo trovata ad aspettarmi lì davanti per farsi raccontare le ultime notizie della giornata. In cambio, lei mi aveva riferito della sua fruttuosa chiacchierata con Damien. 
<< Già, sembra che le cose vadano finalmente per il verso giusto fra noi. Tu non mi dici nient'altro? >> risposi mentre uscivo dal box doccia e mi avvolgevo nel mio morbido accappatoio bianco. Pensai di nuovo alla faccia della mia amica quando le avevo detto della mia confessione amorosa e ridacchiai. Era stata così buffa!
<< No, purtroppo oggi non è proprio stato qui a palazzo. È uscito già di prima mattina per andare ad una riunione importante. >> mi disse dispiaciuta. 
Aprii la porta del bagno, fiondandomi ad abbracciarla stretta. << Vedrai che stasera vi rifarete. >>
Era ovvio, Damien le aveva chiaramente detto che gli piaceva. E da come era fatto quel ragazzo, sicuramente non ci avrebbe messo molto a coinvolgere Raina in tutte le coccole possibili. 
<< Magari... >> rispose allusiva, guardandomi complice.
<< Raina! >> esclamai rossa come un peperone.
<< Ehi, >> si difese << da quello che mi racconti i tempi da santa vergine sono ormai tramontati! >> 
La mia amica scoppiò in una fragorosa risata non appena le tirai un leggero pugno sul braccio. 
<< Beh, a giudicare dalla tua accurata recensione, tu e Damien avete già fatto l'amore con quel bacio... >> ghignai. Poi, all'improvviso, mi ricordai di un particolare che mi ero dimentica di riferire a Raina. << Ah! Giusto. Ho una grande notizia per te. >> 
Il viso di Raina si illuminò di curiosità. 
Mi diressi verso lo specchio per usare l'asciugacapelli. Sospirai dopo una sola occhiata. Ce l'avrei mai fatta a domare quelle lingue di fuoco?
<< Allora? >> mi incitò Raina guardandomi trepidante attraverso lo specchio. 
Feci una smorfia. << Forse non dovrei essere io a dirtelo... in effetti Damien potrebbe... >>
<< C'entra Damien?! >> urlò e per poco non mi privò dell'udito.
Mi massaggiai le orecchie, prendendomi tempo per inventare una scusa plausibile. << Sì... ehm... a quanto sembra ti porterà un regalo stasera. Dopo cena, ecco. >> 
Raina saltellò in giro contenta, emettendo tutta una serie di risatine di gioia. 
La guardai con un sorriso in volto. Sì, era molto meglio che la grande notizia gliela dicesse Damien. Chissà che faccia avrebbe fatto allora! 

Mentre mi dirigevo tranquillamente verso le stanze di Andras, mi chiesi come mai volesse vedermi prima di cena. Avevamo discusso prima del programma di domani, quindi perché vederci ancora? Oh beh, tanto meglio. Ogni scusa era buona per vederlo. 
Sospirai, domandandomi fino a quando sarebbe durato questo piccolo periodo felice. Fu con questo pensiero che mi arrestai di fronte l'imponente porta a due battenti della camera di Andras. 
Guardai con un pizzico di tristezza il leone d'oro dalla fauci spalancate sopra l'arco della porta. E mai come in quel momento ebbi paura di perdere la mia felicità.
Un battente si aprii con un leggero cigolio ed io sobbalzai. 
L'elegante figura slanciata di Andras si fece avanti. << Amia, perché stai aspettando qua fuori? Ti ho sentita arrivare parecchi minuti fa, ma non entravi e così... che hai? 
È forse successo qualcosa? 
>>
Abbozzai un sorriso. << No, non preoccuparti. Sai, poco fa stavo per dire a Raina del futuro matrimonio fra lei e Damien, ma poi mi sono trattenuta. Ho pensato che spettava a Damien stesso dirglielo. >> dissi mentre lo sorpassavo per entrare nell'ampia stanza da letto. 
Andras si richiuse la porta alle spalle, appoggiandovisi con il busto dopo aver incrociato le braccia al petto. << Anche noi ci sposeremo. >> specificò subito dopo.
Feci un cenno distratto con la mano. Questo era ancora da vedere, ma preferii non entrare di più nell'argomento: sapevo quanto era cocciuto nelle sue decisioni quando ci si metteva, ed io ero ancora indecisa al riguardo.  
<< Allora, come mai volevi vedermi? >> domandai, cambiando discorso e fermandomi al centro della stanza. 
Andras mi raggiunse. << Ci saranno anche i miei genitori stasera ed io vorrei che tu mi accompagnassi a cena con loro. >>
Deglutii, agitata. << Ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? >>
<< Certamente, e ci ho già pensato abbastanza. >> mi rispose senza esitazione, anticipando la mia domanda. 
Mentre mi immergevo nei suoi occhi del colore dell'oceano infinito, realizzai che non me lo stavo ordinando, ma me lo stavo proprio chiedendo. Potevo rifiutare se lo volevo. Accidenti, questa sì che era una vera svolta nel nostro rapporto. E bella grossa anche. 
Lo abbracciai. << Va bene, facciamolo. Quel che sarà, sarà. >> acconsentii. Un passo lui, un altro passo io. Era così che doveva essere per poter continuare la nostra relazione.  
Andras restò rigido per un attimo, poi ricambiò l'abbracciò. << Certo che sei strana. >> 
Risi. << Vado in camera mia, allora. >>
<< Per fare cosa? >> mi domandò il demone con un velo di curiosità negli occhi blu. 
Mi indicai il semplice maglione di lana calda ed i jeans chiari che portavo. << Non posso di certo venire vestita così con i tuoi genitori presenti. >>
Andras mi guardò scocciato. << Ma a chi vuoi che importi cosa indossi? >>
Gli gettai un'occhiataccia. << Vuoi farmi fare una brutta impressione per caso? >>
Andras mi strinse a se. << Sei la mia prescelta, e loro devono saperlo. Sei la mia donna, e loro dovranno accettarlo. Sei mia, e nessuno potrà mai permettersi di giudicarti male, nemmeno i miei genitori. Intesi? Tu dovrai preoccuparti solo di me d'ora in poi. E si dia il caso che a me piaci veramente molto stasera. >>
Il labbro inferiore mi tremò inevitabilmente. << Okay. >> Seppi dire solo questo, nient'altro. L'emozione era troppa.

<< Non ce la faccio. >> sentenziai una volta arrivati in sala. Quest'ultima, maestosa e ricca di decorazioni di ogni tipo, mi aveva fatto retrocedere non appena vi avevo scorto dentro i pesanti tendaggi drappeggiati e l'enorme lampadario di cristallo appeso al soffitto dipinto. 
Andras mi strinse forte il braccio, sollecitandomi a fiancheggiarlo vicino alla lunga tavola su cui avremmo cenato di lì a poco. << Non dire sciocchezze. >>
Lo fulminai con un'occhiataccia risentita. << Ti ricordo che quella cresciuta fra maestri d'alta classe e buone maniere non sono io. >>
<< Avrai tempo per imparare tutte quelle pratiche, è usanza che sia la madre stessa dello sposo ad istruire la nuora al suo nuovo ruolo. >> mi rispose lui mentre disponeva le mani unite dietro la schiena ed aspettava l'entrata in scena dei genitori con rigida compostezza. 
<< Agitato? >> lo punzecchiai.
Lui non si scompose minimamente. << Te l'ho già detto, la loro opinione su di te non conta nulla per me. >>
Sbuffai, sconfitta. Già, lui era perfetto in ogni sua movenza per semplice natura.
Senza preavviso, uno squillante suono di tromba annunciò la presenza delle reali maestà fuori dalla grande porta intarsiata della sala.
Cominciai a sudare freddo. Una cosa era una veloce occhiata data alla serva del figlio, un'altra alla sua futura moglie. 
Maledissi Andras in tutte le lingue che conoscevo: era tutta colpa sua se mi ero cacciata in questa situazione. Diamine, perché informarli della cosa due mesi prima?!
Subito dopo, i due battenti si aprirono e fecero la loro comparsa i genitori di Andras, Nadiel e Neha.
 Come ricordavo dal ballo in onore di Damien, la madre di Andras non era molto alta ma le sue curve femminili ben proporzionate le donavano un fascino innato. Il suo viso a cuore, adornato da una cascata di capelli corvini, lisci come la seta più pregiata, era impassibile come si richiedeva ad una donna del suo rango. Posandosi su di me, i suoi occhi color smeraldo mi osservarono curiosi seppur con superiorità evidente. 
Il padre di Andras, tanto simile al figlio, aveva la sua solita espressione da signore dei ghiacci privo di reale interesse per nient'altro che non fossero i suoi scopi. 
Sospirai. << Ti sto odiando in questo momento. >> sussurrai rivolta al demone al mio fianco. 
Lui mi strinse possessivo un braccio intorno alla vita. << 
È una normale cena fra parenti, per conoscerci meglio. >>
<< Non credo che loro vogliano conoscermi. >> controbattei pronta. Nel frattempo i due reali erano ormai arrivati a pochi metri da noi due. Ed i loro movimenti eleganti erano fatti per catturare lo sguardo di ogni essere vivente dotato dell'uso della vista. 
Presi la mano di Andras con la mia, cosa che, non appena mi arrivò davanti, la madre di Andras guardò con disappunto. << Le effusioni in pubblico sono proibite, mia cara. Non stanno bene. Andras, mi stupisco di te, non gliel'hai ancora detto? >>
L'interpellato non mi lasciò la mano, anzi, la strinse ancora di più con un sorriso di circostanza rivolto a Neha. << Sono convinto che tutte le regole possano essere cambiate, madre. E poi, non sono forse io l'imperatore qui? Padre, buonasera a voi. >> concluse, rivolgendosi educatamente a Nadiel. 
<< Figlio, buonasera anche a te. E tu, mia cara, potresti ripeterci il tuo nome? Andras ce l'ha detto, ovviamente, ma vorremo sentirlo pronunciato dalle tue labbra. >> mi invitò a parlare Nadiel dopo avermi fatto un elegante baciamano. 
Non sapendo che altro fare, mi limitai a rispondere con un deciso: << Amia Prime, signore. E, Signora, Andras scherza, è solo colpa mia... vede, non sono di quest'ambiente e quindi... >> cominciai, volgendo il capo verso Neha e cercando, inutilmente, di buttarla sul ridere << ... ma le prometto che mi impegnerò a dovere per svolgere adeguatamente i miei impegni futuri. >> 
Neha dapprima mi squadrò da capo a piedi, soppesando la situazione, infine disse: << Con il mio aiuto ce la farai sicuramente, mia cara. Andras, tesoro, mi accompagneresti a tavola? >>
Era più che ovvio che non le stessi minimamente simpatica, ma sorvolai e le sorrisi di rimando. Non volevo che Andras facesse una brutta figura per causa mia.
Andras mi lasciò la mano e porse la sua alla madre, accompagnandola al suo posto a tavola. Nadiel, a sua volta, mi porse il braccio ed io gli infilai dentro il mio così da poterci avviare insieme al seguito di Andras e Neha ai nostri posti. 
Una volta che fummo tutti seduti ci osservammo ciascuno in silenzio. L'aria si fece improvvisamente più pesante e rarefatta. Come già avevo notato molti giorni fa, il clima che vigeva fra Andras e la sua famiglia non era dei migliori, né piacevole. 
<< Mia cara, >> ruppe il silenzio Neha << parlaci dei tuoi interessi quotidiani, vuoi? >> 
Gonfiai il petto per cercare di mostrarmi la persona sicura di me che ero. << Certamente. Mi piace molto dipingere, leggere e scrivere. Sul mio pianeta facevo anche parte di un club di letteratura classica inglese e latina. >> 
Neha inarcò un sopracciglio nello stesso modo in cui lo avrebbe fatto il figlio. << Davvero? Interessante. >>
Di poche parole la signora, pensai stizzita. Quella conversazione era iniziata decisamente male e sospettavo che sarebbe finita peggio. 
<< A proposito del nostro discorso di ieri, madre, ci tenevo a rassicurarvi sui nostri dubbi: Amia è la mia prescelta, l'ho trovata alla fine. >> si inserì Andras quando i camerieri ci servirono i gustosi antipasti. Pensai a Katia, che a quest'ora si trovava sicuramente in cucina, e risollevai da terra il mio umore. 
Neha, allora, sorrise per la prima volta da quando era entrata in sala. Il padre di Andras fece lo stesso. Io rabbrividii, avvertendo improvvisamente sulla pelle l'importanza di quelle parole. 
<< Spero vi sposerete presto, allora. Sono convinto che il popolo ne sarebbe davvero lieto. >> disse Nadiel dopo aver posato la forchetta sulla candida tovaglia di pizzo. 
Sobbalzai inevitabilmente. << Non subito, però. >>
<< Presto. >> sentenziò Neha, rivolgendomi un'occhiata carica d'ammonimento. 
<< Tra due mesi. >> concluse Andras, mettendo una mano sopra la mia << Prima abbiamo questioni più urgenti da svolgere. >>
<< Ti riferisci a Rostam, il regno del nord? >> chiese il padre, poggiando il mento sulle dita incrociate fra loro delle mani giunte. 
Andras annuì, serio. << Anche alle ultime resistenze terrestri come ben sai. >> 
Nadiel storse la bocca per un attimo. << Ancora con questa storia, Andras? Credevo di averti insegnato che quando la situazione è in un tale stallo va risolta con ogni mezzo, se possibile come in questo caso. >>
A quelle parole, per poco non mi strozzai con l'acqua che stavo bevendo. << Che cosa volete dire esattamente? >>
Neha mi sorrise maligna. << Abbiamo tecnologie molto più avanzate di quelle del tuo pianeta, mia cara. Ed anche se i terrestri stanno ricevendo un sostanziale aiuto dalle sacerdotesse, non possono di certo difendersi da un cannone che sparerà loro contro una massa d'energia tale che la Terra e tutti i suoi abitanti verranno spazzati via come polvere al vento. >>
Nadiel strinse le labbra, annuendo con espressione dura. La mascella e le spalle erano invece contratte in un vano tentativo di non espandere il suo compiacimento. 
Mi alzai dalla sedia sulla quale ero seduta con un tale impeto che quasi me ne stupii io stessa. Il padre e la madre di Andras mi guardarono scioccati. E dire che volevo mostrarmi gentile ed educata, composta ed elegante... oh, al diavolo, si stava pur sempre parlando del mio pianeta d'origine! Per non parlare del fatto che lì c'era ancora mio padre da salvare! << Osate permettere una cosa del genere e giuro su quanto ho di più caro che da me non avrete nessun erede al trono! >> dissi con la mani che tremavano di una rabbia mal repressa sulla tovaglia stretta dai miei pugni chiusi. 
Gettai un'occhiata in tralice ad Andras che, proprio come mi aveva detto tempo prima, non era minimamente interessato a ciò che pensavano e dicevano i suoi genitori. Era, infatti, comodamente seduto al suo posto accanto a me senza battere ciglio. 
<< Andras! >> strillò Neha, abbandonando il suo contegno aristocratico. Inutile dire che me ne compiacqui, e molto anche. 
Andras la guardò impassibile. << Io sto dalla sua parte, in ogni caso. >> 
Trattenni il fiato. Oddio, l'aveva detto davvero? 
Se non ne fossi stata già così follemente innamorata, il mio cuore avrebbe iniziato a battere per lui proprio per quelle parole. 

Sei sicuro di quello che dici? Gli chiesi mentalmente per evitare che Neha e Nadiel ci potessero sentire.

Andras si girò a fissarmi con una tale intensità negli occhi blu che quasi rischiai di sciogliermi per unirmi a quella moltitudine di particelle d'acqua infinita. Sono sicuro, Amia. E lo sarò sempre per ciò che ti riguarda, ora come tra un secolo. 

Per me è lo stesso.
 Risposi con il cuore gonfio d'amore, perché tutto ciò che aveva fatto e detto fino ad ora non aveva fatto altro che confermare la sua piena fiducia in me. 
Il nostro rapporto stava finalmente poggiando su una base solida, quella della fiducia reciproca. Ora mancava solo che anche lui mi esponesse fino in fondo i suoi sentimenti, anche se per me andava già bene così. Sentivo, infatti, quanto ci teneva a me, perché era un qualcosa di palpabile nell'aria. Per questo, e perché lo amavo, gli avrei dato tutto il tempo possibile per ricambiare a pieno le parole che gli avevo detto quel pomeriggio stesso. Dopotutto, mi bastava stargli accanto con tutta me stessa. Già questo mi rendeva estremamente felice. 
E mai come in quel momento l'ultima scintilla che avrebbe fomentato il fuoco del nostro rapporto mi parve più vicina. Perché Andras non era più solo il Dominatore del suo mondo... ma era anche il Dominatore del mio cuore. La mia unica realtà.





***

Un ringraziamento speciale a pillina28(Priscilla) 
che in questi ultimi tempi è diventata 
una persona davvero cara per me. 
GRAZIE del tuo sostegno.

***


ANGOLO AUTRICE
:

Siete contente adesso? XD
Già, e chi se lo aspettava che finiva così? Chi si aspettava che Amia si dichiarasse? Chi si aspettava che Andras, seppur indirettamente, dicesse cose che, per forza di cose, abbiamo compreso si riconducano ad altre? Ah, giusto: io. AHAHAHAH. 
Beh, è chiaro che ad Andras piaccia(solo questo, siamo sicure? u.u) Amia. Ormai credo lo abbiano capito tutte. Ma ancora si ostina a non dire nulla ad Amia apertamente... povera ragazza(quanto sono cattiva! u.u). Se prima sapevamo che ci teneva ad Amia, ora abbiamo anche la certezza che si fidi completamente di lei. Per la confessione che tutte attendiamo(io compresa, lo ammetto) ci toccherà aspettare giusto qualche altro capitolo(credo quattro o cinque al massimo, non mi uccidete, vi scongiuro!). Però non so ancora se farla dal suo punto di vista, da quello di Amia o da quello di entrambi... voi che dite? Avete una preferenza? 
Il ruolo che ricoprirà Raina nella battaglia finale si vedrà più avanti, non nel prossimo, quanto più nel successivo ancora. Al momento credo che sarà così. ;)
Damien, ovviamente, sarà in prima linea con Andras, ma ad un certo punto gli farò fare qualcosa di speciale pure a lui. *guarda ammiccante le fans di Damien* 

Infine, mandiamo insieme al diavolo i genitori di Andras! Per fortuna il nostro demone preferito ha occhi solo per Amia e la sostiene in ogni sua scelta(quanto mi è piaciuto scrivere questa parte!). :3
La scena finale è stata carina, vero? Voi che dite?


GRAZIE
 di cuore alle 38 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 16 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 88 ragazze che hanno messo "Il Dominatore del Mondo" fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 12 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti. Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative! <3


Ora, secondo voi cosa succederà nel prossimo capitolo? Avete idee al riguardo? Fatemi sapere, mi raccomando. 
Io, anche per oggi, vi lascio. 
Bacioni, vostra Ashwini. <3

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Capitolo 26
*** Capitolo venticinquesimo: Traditore. ***


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Buonasera, ragazze! ^_^

Ehm... SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE per il tremendo, imperdonabile, ritardo. Confido nella vostra pazienza.

Comunque, ecco a voi il capitolo che avete tanto aspettato. Spero vi piaccia! Come sempre, fatemi sapere!

BUONA LETTURA!






***



Capitolo venticinquesimo: Traditore.






Pov. Raina


Continuavo a camminare avanti ed indietro davanti l'imponente porta a due battenti dell'ingresso, torcendomi allo stesso tempo le mani. Diventavo sempre più nervosa ogni minuto che passava, sempre più ansiosa di rivedere il mio Damien. Mancava da appena una giornata e già mi mancava terribilmente. Il problema era che, dopo tutto quello che era accaduto fra noi, la paura di non vederlo ritornare fra le mie braccia si era fatta più persistente. Più dolorosa. Sapevo di star esagerando adesso, insomma, non era mica andato in battaglia, solo ad una normalissima riunione, ma non riuscivo a levarmi dal cuore il peso di un brutto presentimento. Già da stamattina, infatti, mi sentivo strana, come se i miei sensi all'improvviso fossero stati amplificati a dismisura verso una nuova dimensione, verso un sapere che non sapevo nemmeno di conoscere. Certo, passando le mie giornate in biblioteca avevo notevolmente aumentato il mio bagaglio culturale, soprattutto riguardo il mondo di Damien, ma questa sensazione era diversa. Non sapevo ancora definirla entro un qualcosa di chiaro, quindi non ne avevo ancora fatto parola con nessuno, nemmeno con Amia o con Damien, ma sentivo che era importante capirne l'origine e l'utilizzo.

Scossi la testa, frustrata. Mi sentivo tanto una sensitiva al momento.

Improvvisamente, degli squilli di tromba mi distolsero dai miei pensieri, facendomi bloccare con un sussulto emozionato sul posto mentre volgevo la mia completa attenzione lungo il viale che portava all'ingresso del palazzo reale. E subito mi illuminai radiosa quando scorsi oltre la curva una carrozza ricca di particolari e gemme che si avvicinava rapidamente.

Mi precipitai, allora, per la scalinata in marmo bianco così da potermi trovare già lì davanti quando Damien sarebbe sceso dal mezzo. Trepidante di gioia, mi fermai non appena raggiunsi la meta.

Nel frattempo, la carrozza trainata da enormi cavalli bianchi giunse alla fine della sua corsa ed un valletto scese per aprirne la portiera di destra. Trattenni il fiato finché non scorsi i caratteristici capelli biondi di Damien uscire dall'abitacolo, infine, mi gettai fra le sue braccia senza pensare minimamente all'impressione che potevo aver dato a chiunque ci avesse guardati. Non mi importava.

<< Damien. >> sussurrai contro il suo collo, aspirandone l'odore che sapeva di vaniglia.

Le braccia del demone mi avvolsero in un abbraccio caloroso. << Buonasera, Raina. >>

Alzai il volto dal suo petto muscoloso. << Hai cenato, vero? >>

Lui, in tutta risposta, scoppiò in una fragorosa risata. << Sono appena tornato e tu mi chiedi se ho cenato? >>

<< Beh, sì, mi preoccupo per te... >> esclami risentita ma anche leggermente divertita. Non sapevo proprio rimanere un minimo arrabbiata con lui.

Damien mi diede un bacio sulle labbra, prendendomi il viso fra le mani, poi si staccò e mi fissò con uno sguardo dolce. << Sto bene, e stai pure tranquilla: ho già cenato abbondantemente con i miei compagni dopo la riunione. >>

Sorrisi, soddisfatta. << Okay. Ora, credo che sarai stanco, sarà meglio che tu vada a letto a riposare. Io ci tenevo solo ad aspettarti prima di andarmene a letto. >>

Damien mi diede un altro veloce bacio prima di poggiare la fronte contro la mia. << Grazie del pensiero, davvero, ma avrei una piccola richiesta da farti. >>

<< Va bene... qual'è? >> chiesi, curiosa.

Lui accostò il volto al mio, sussurrandomi poi nell'orecchio: << Devo parlarti urgentemente di una cosa e gradirei farlo in un posto appartato, così da potercene stare tranquilli da soli... la mia stanza, magari. >>

Arrossii di botto. Che cosa?!

<< Oh... ehm... >> ero senza parole, non sapevo proprio che dire.

<< È importante. >> insistette lui.

Annuii in segno d'assenso. Mi fidavo ciecamente di lui e se voleva parlarmi di una cosa di massima importanza allora lo avremmo fatto. Per quanto Damien fosse simpatico, divertente e libertino, sapevo che nascondeva anche un lato più serio e riservato. Ed erano proprio queste sue qualità che adesso trasparivano dal suo sguardo, incantandomi.

Scoprire sempre più lati di lui era davvero elettrizzante!

Damien mi prese per mano e mi condusse dentro il palazzo sino alla sua stanza in un imbarazzante silenzio. Di che cosa mai intendeva parlarmi? Era diventato così strano negli ultimi minuti...


Seduta sulla sedia della scrivania, guardavo l'elegante profilo di Damien, il quale si intratteneva già da un po' ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra con sguardo assorto, come ricercando lì le parole più adatte per iniziare il suo discorso.

Mi schiarii la voce e Damien parve riscuotersi dallo stato di trans nel quale era caduto. << Sì, scusa, ora possiamo iniziare. >> disse subito dopo essersi inginocchiato davanti a me.

<< Damien... cosa c'è? Eh? >> chiesi, piegando la testa di lato.

Lui mise entrambe le mani sulle mie ginocchia. << Ho parlato con Andras di una cosa e... >>

<< Oh, sì! Il regalo! >> dissi impulsivamente, tappandomi la bocca l'attimo seguente. Dio, che figura...

Damien parve confuso poi scosse la testa. << Non è questo... senti, è già difficile da dire, quindi... fai parlare solo me per ora, okay? >>

Annuii, imbarazzata.

Damien prese un bel respiro, poi continuò dicendo: << Dicevo, io ed Andras abbiamo discusso sul destino tuo e di Amia e tra tutte una soluzione ci è parsa la più adatta per ovviare ad ogni nostro problema. >>

Sorrisi, tranquilla. << Sarebbe? >>




Pov. Andras


Allungai una mano verso Amia, scostandole piano una ciocca ribelle dal viso placidamente addormentato, così da non rischiare di svegliarla prima del dovuto. Lei, nel sonno, storse comunque il naso per poi accennare ad un sorriso sereno. Le misi, allora, un braccio attorno alla vita, stringendola possessivamente a me.

Dopo cena ci eravamo intrattenuti con i miei genitori per qualche ora, discutendo dei doveri e delle nuove responsabilità di Amia solo nei primi minuti, poi, stanco di tornare sempre e solo sullo stesso argomento di prima, li avevo azzittiti come ero solito fare con chi mi annoiava. Genitori o no, dovevano portare rispetto a me come ad Amia, dopotutto, ora faceva praticamente parte della famiglia. Avrebbero dovuto farsene una ragione, soprattutto perché, almeno per quanto mi riguardava, lei era molto più importante di loro. Amia era l'unica persona di cui probabilmente non avrei più potuto fare a meno. Ormai, mi era inconcepibile pensare che qualcosa, o qualcuno, ci avrebbe mai divisi. E, comunque, avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per impedirlo. Lei era mia, e questo non era più una cosa su cui discutere ulteriormente. Persino i miei genitori, alla fine della serata appena trascorsa, l'avevano capito. E poi, in fin dei conti, loro erano il male minore.

Ed ora, sdraiato nel mio, nel nostro, letto non riuscivo più a staccare gli occhi dalla mia... dalla mia...

<< Mmh... Andras... >> mormorò Amia nel sonno, sorridendo ancora una volta.

Le accarezzai i capelli, sorridendo a mia volta. Certo che quando dormiva era proprio un angelo... il mio angelo. Ma la preferivo comunque da sveglia, così che io potessi stuzzicarla quanto e quando volevo. Amavo quella sfumatura minacciosa e ribelle che assumevano i suoi occhi azzurri quando le rendevo la vita poco facile. Amavo anche i suoi piccoli pugni che si stringevano quando mi rispondeva a tono e quelle labbra tentatrici che, indisponenti, mi scatenavano contro i più fantasiosi epiteti.

Tolsi la mano dai suoi capelli rossi e la posai sul suo fianco nudo ad di sotto della coperta che ci copriva entrambi sin da quando l'ultimo orgasmo ci aveva colti. Insaziabile, le avevo, infatti, messo le mani addosso non appena ci eravamo richiusi la porta della mia camera alle spalle. Lei, ridacchiando, mi aveva subito intrecciato le braccia dietro al collo per poi baciarmi appassionatamente. Inutile dire che il suo essere sempre meno pudica nei miei confronti mi eccitava da morire.

Amia si rigirò nel letto, sospirando con le braccia strette al petto. Non resistendo oltre, mi chinai per baciarla.

Sbuffando, mi lasciai ricadere sul letto. Stavo diventando pazzo, non c'erano altre spiegazioni per il mio assurdo comportamento negli ultimi tempi. Più volte avevo cercato di trattenermi dal mostrare ad Amia più del necessario, ma poi mi ero puntualmente contraddetto agendo d'impulso nel modo opposto.

Le lanciai un'occhiata di sbieco. Era tutta colpa sua e del suo essere così dannatamente perfetta per me.

Mi presi la testa fra le mani. Ma che diavolo andavo a pensare, adesso? Merda.

<< Andras? >> mi sentii chiamare dopo un po'.

Voltandomi, mi scontrai con quei luminosi zaffiri che Amia aveva al posto degli occhi. Senza quasi rendermene conto, scattai in avanti e l'attirai completamente a me.

<< Buongiorno. >> sussurrai.

Amia strofinò il naso sul mio, stiracchiandosi nel tentativo di liberarsi più in fretta dello stato di torpore che l'aveva avvolta nel sonno.

<< Che ore sono? >> chiese, stropicciandosi gli occhi.

Le modellai il labbro inferiore con il pollice della mano. << Se vuoi puoi continuare a dormire, è ancora presto per alzarsi. >>

Amia mi sorrise. << No, sono sveglia, ormai non mi addormento più. Tu hai dormito bene? >>

Alzai le spalle. << Abbastanza. >> feci una pausa e le accarezzai una natica << Tu? >>

Lei si alzò dopo aver dato una veloce scrollata ai capelli e mi sovrastò con entrambe le braccia poggiate ai lati della mia testa. << Benissimo. >>

La avvolsi tra le mie braccia, ghignando maliziosamente. << Mi stavi sognando prima. Posso sapere a cosa era dovuto il tuo pronunciare il mio nome nel sonno? >>

Amia avvampò ed io sogghignai compiaciuto. Dopotutto, era ancora la ragazzina pura ed innocente di una volta.

<< Vorrei fare colazione. >> disse, cercando di cambiare argomento.

Spinsi il suo bacino più a contatto con il mio e lo scontro delle nostre rispettive intimità mi provocò un piacevole brivido lungo la schiena.

Amia gemette. << Mmh... >>

<< E sentiamo, cosa desidereresti mangiare? >> risposi, guardandola con desiderio. Io sapevo già cosa volevo, e credevo anche di conoscere la sua di risposta, ma volevo sentirgliela dire o non ci sarebbe stato alcun gusto.

Amia sembrò pensarci su, poi inclinò la testa di lato con un mezzo sorriso. << Oh, qualcosa di molto speciale, te lo assicuro. Vuoi che te lo mostri? >>

Schioccai la lingua con in mente la lussuria più sfrenata. << Sorprendimi. >>




Pov. Amia


Molte ore dopo, mentre ero in bagno a vestirmi per rendermi presentabile, sentii un'ormai familiare presenza alle mie spalle. Due grandi mani si posarono sulle mie intente ad abbottonare la camicetta che mi ero fatta portare poco prima da una cameriera.

<< Andras... >> cominciai, severa.

Lui soffiò sul mio orecchio sinistro, sussurrandomi: << È colpa tua, Amia. Se tu non avessi lasciato la porta aperta, il tuo profumo alle rose non mi sarebbe arrivato alle narici ed io non avrei avuto la tentazione di entrare qui per dare un'occhiata più da vicino al tuo splendido corpo. >>

Sbuffai, leggermente divertita ed ingentilita dal suo commento. << Sei insaziabile, te ne rendi conto, vero? >>

Fui orgogliosa del tono fermo che ero riuscita a tirar fuori: era importante mantenere una certa posizione.

Andras restò qualche attimo in silenzio, poi poggiò il mento sulla mia spalla. << Mmh, ho appena ricevuto un messaggio mentale da Damien. A quanto sembra, la tua amica è restata piacevolmente sorpresa del suo ormai prossimo matrimonio. Al contrario di te, lei apprezza i vantaggi che ne deriveranno. >>

Non potei fare a meno di notare un certo nervosismo nella sua voce.

Ridacchiai. << Raina è fatta così, sapevo già come avrebbe reagito alla notizia. Ah, non vedo l'ora di parlarne con lei! Mmh... credo che ci andrò subito, tanto ho ancora un po' di tempo prima della nostra sessione d'allenamento. >>

Feci, quindi, per uscire dal bagno, ma Andras mi riavvicinò a sé con una mossa veloce del braccio. << Dove pensi di andare, eh? Noi non abbiamo ancora concluso il discorso. >>

Mi voltai, cercando di essere convincente. << Lo continueremo più tardi, tranquillo. >>

Andras inarcò un sopracciglio, scettico.

Mi morsi il labbro inferiore ed Andras mi lasciò andare, seccato. << Fai in fretta e non ti dilungare troppo con quella pettegola della tua amica. >>

<< Che, tra parentesi, è la prescelta del tuo migliore amico. >> finii per lui la frase con un sorriso divertito.

Lo sentii borbottare qualcosa che non riuscii ad afferrare mentre si dirigeva con il suo solito passo elegante verso la libreria nello studio. Lo seguii in silenzio per poi prenderlo per la manica della camicia, così da poter richiamare la sua attenzione che, ora come ora, sembrava altrove.

<< Ne vuoi parlare adesso? >> chiesi, un tantino titubante. In realtà era l'ultima cosa che volevo, ma l'espressione tetra che aveva assunto Andras mi preoccupava.

Il mio demone, ancora concentrato nel cercare qualcosa in particolare fra i vari documenti, mi ignorò.

Strinsi le labbra in una linea dura. << Sto parlando con te! >>

A quel punto, lui si girò leggermente. << Ho sentito. >>

<< Quindi? >> dissi, spazientita.

<< Quindi, vai pure. >> rispose.

Mi intrufolai fra le sue braccia. << Sei arrabbiato? >>

<< Sì, ma non con te. Stavo solo... riflettendo su una cosa che mi hanno riferito. Dopo Damien, sono stato velocemente contattato anche da un mio altro sottoposto. Mi servono dei documenti, così che io possa convocare una riunione fuori programma per discutere del nuovo problema. >>

Spalancai gli occhi, sorpresa. << Cosa? Ma... parlamene, forse posso... aiutarti... in qualche modo. >>

<< No. >>

Secco e conciso come sempre. Anzi, come una volta.

Lo presi per il bavero della camicia. << No un corno, Andras. Accidenti, perché ti ostini ancora a tenermi nascoste delle cose?! >>

Andras sospirò mentre si passava una mano sulla faccia. Nell'altra mano, invece, teneva i documenti di cui aveva bisogno.

Mi feci coraggio e continuai: << Ci fidiamo l'uno dell'altra, no? Siamo una squadra, ormai, io e te. Ed appunto per questo dobbiamo collaborare. Insieme, faremo tutto meglio e prima. Insieme, possiamo farcela. Io sarò la tua prescelta, ma anche tu sei il mio compagno, o sbaglio? >>

Andras mi mise le mani sui fianchi, guardandomi serio con quegli occhi blu mare che sembravano sondarmi a fondo l'anima. << Non sono cose per te, Amia. Come mia prescelta non ti si chiede di... >>

<< Non mi interessa cosa non mi si chieda, okay?! >> grugnii, infastidita.

<< E allora cosa ti interessa? >> mi chiese lui.

Poggiai una guancia sul suo ampio petto muscoloso, avvolgendolo fra le mie braccia. << Te. Mi interessa di te. Voglio sapere tutto ciò che ti riguarda, anche se ciò potrebbe turbarmi o mettermi in pericolo. >>

Andras mi scostò piano e mi alzò il mento con due dita. << Finché io vivrò, tu non sarai mai in pericolo. Comunque, se proprio ci tieni, verrai con me alla riunione per sentire tutto con le tue orecchie. >>

Spiazzata, boccheggiai per qualche secondo. Wow... non immaginavo di spuntarla tanto in fretta.

<< Per me va benissimo, dammi il tempo di mettermi i pantaloni e arrivo. >> affermai, già alla porta del bagno per finire di sistemarmi a dovere.

Sentii lo sguardo insistente di Andras sulla schiena e mi voltai, inclinando la testa.

<< Qualsiasi cosa sentirai fra poco, promettimi che resterai lucida e razionale. Promettimi che non ti butterai alla cieca, e che prima di decidere di fare qualunque cosa mi consulterai. >> disse, e sembrava mi stesse pregando.

La mano che stavo tenendo sulla maniglia in oro della porta del bagno, tremò. Perché adesso mi stava ponendo tutte quelle richieste? Cosa c'era sotto?

<< Te lo prometto, Andras. >> dissi, e qualcosa nella parte più oscura della mia testa sapeva già che non avrei mantenuto la parola.




... Nel frattempo sul pianeta Terra ...


Pov. Rea


<< La ragazza deve essere portata qua, subito. >> disse Marcus, osservandomi con durezza.

Alzai il mento, lanciandogli uno sguardo di sfida. << Accadrà presto, non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo. E la mia spia, peraltro, mi ha riferito che lei e l'imperatore si sono già uniti. Confido, dunque, in un loro matrimonio imminente. >> spiegai, pragmatica.

Edward Price, l'attuale Comandante Supremo della CGE, mi fissò a sua volta con il gelo negli occhi. << Forse mi sbaglio, Rea, ma sento che lei qui ci stia nascondendo un pezzo fondamentale del puzzle. >>

Guardai la moglie del Comandante con rimprovero. Quella stupida non riusciva neanche a tenere a bada un misero essere umano.

<< Tesoro, la mia signora sta già facendo tutto ciò che è necessario alla nostra causa. Credimi, avrai le ricchezze dell'Impero di Alloces prima di quanto tu creda. >> disse quella, arricchendo le sue parole con la magia.

Edward Price assottigliò lo sguardo per un attimo mentre le mani si chiudevano a pugno sulle carte ordinatamente disposte sul tavolo di vetro della stanza. La moglie vacillò, sorpresa che il marito non avesse immediatamente ceduto sotto il suo incantesimo. Anche io ammettevo di non capire la ragione del fallimento della mia seguace. Non era una delle sacerdotesse più dotate, certo, ma sapeva cavarsela contro la mente primitiva di un umano. E sapeva anche come annebbiare i sensi senza che il diretto interessato lo notasse.

A quanto sembrava, non ero l'unica a nascondere qualcosa.

Mi concentrai, allora, sul Comandante Supremo e, ricorrendo ad i miei poteri, analizzai con cura la sua aura. Aura che appariva in tutto e per tutto normale.

Dischiusi leggermente le labbra per poi umettarmele.

Quell'uomo doveva essere eliminato. Era meglio farlo fuori prima che potesse immischiarsi in cose che avrebbero rischiato di rovinarmi i piani con le loro alterazioni.

<< Rea, non possiamo attendere oltre. È necessario che la ragazza parli con noi prima del suo matrimonio con l'imperatore. Quel demone ha distorto abbastanza la sua mente. >> disse Marcus ad un certo punto.

Osservai con attenzione i suoi lunghi capelli bianchi che discendevano in morbide onde sulle spalle. Da quanto lo conoscevo? Anni? No, secoli. Secoli trascorsi in un'alleanza profonda e fertile.

<< Proprio per questo dobbiamo attendere che dia alla luce l'erede al trono, il demone leggendario di cui parla la leggenda. Pensateci, credete davvero che dopo quello che le diremo avrà ancora intenzione di unirsi all'imperatore? E dopo, dopo cosa faremo? Costringerla non servirebbe, lo sapete anche voi. L'erede non può essere concepito senza il consenso d'amore reciproco della prescelta e del suo compagno. Invece, se procederemo come dico io, non solo avremo un'altra potente sacerdotessa ai nostri comandi, in grado di influenzare l'imperatore, ma anche mio nipote. Il potere di mio nipote, per la precisione, che ci aiuterà a conquistare non solo l'Impero ma anche i regni vicini. Ed appena il suo potere si sarà perfettamente formato, potremo prelevarlo senza problemi dal bambino subito dopo aver reso innocua la mia discendente che, converrete con me, per quanto estremamente dotata, non ha la mia immane esperienza con la magia sacerdotale. >> dissi, ghignando pericolosamente e pregustando già il dolce piacere della vendetta.

Marcus incrociò le braccia al petto, ancora indeciso sul da farsi. << E tu sei assolutamente certa che riusciremo a convincere la ragazza a stare dalla nostra parte? A tradire il suo compagno? Io non credo. Hai sentito il rapporto del nostro inviato: lo ama. Troppo per pensare anche solo di arrecargli un qualsiasi danno. Riguardo l'imperatore, poi, non so che dire... prova interesse per la ragazza, dopotutto, tra loro vige il legame della leggenda, ma non saprei dire se il sentimento è già tanto forte da potersi considerare amore. E, come ci hai appena ricordato tu, l'erede non può nascere in simili condizioni. No, secondo me dobbiamo informarla prima di ciò che sappiamo, così sarà più decisa nell'intento di farlo innamorare di lei. La ragazza troverà, quindi, il modo di unirsi a lui e, amandosi, faranno proprio il nostro gioco. Dopo, a conseguenza di ciò, ferirà l'imperatore lasciandolo solo e verrà dritta dritta da noi con l'erede in grembo. Che modo migliore di ottenere vendetta se non mollare l'amato immediatamente dopo l'atto d'amore? Sarà un lavoro pulito, semplice e che porterà alla distruzione di entrambi. >>

<< Giusta osservazione. >> sogghignò il rappresentante del Consiglio dei Dieci, Roland.

Edward Price annuii, convinto anche lui delle parole di Marcus. La moglie, al contrario, guardava alternativamente il marito e me, agitata, anche se era più che ovvio che la sua unica preoccupazione fosse quella di evitare che il suo sciocco marito mi facesse innervosire, perché in tal caso io l'avrei severamente punita. Figuriamoci se a lei importava della vita del marito. No, era la sua ad interessarle. A me, invece, non importava della vita di nessuno dei due.

Impassibile, soppesai le parole di Marcus per qualche istante. Non era male come piano, in fondo. Ma...

<< Mi preoccupa la reazione che potrebbe avere l'imperatore se all'improvviso si ritrovasse solo. Quel demone è pericoloso, immaginate cosa potrebbe fare una volta fuori controllo. >> dissi, pensierosa.

Edward Price incrociò le mani davanti al volto. << Appunto, non avrà la mente lucida e, pensando unicamente al modo di riportare la ragazzina indietro da lui, agirà irrazionalmente e noi potremmo colpirlo là dove è più debole senza troppe difficoltà. La ragazzina, la sua sola debolezza, gli impedirà di pensare alla sua sicurezza. >>

Picchiettai ritmicamente un'unghia sul tavolo. << Bene, faremo così allora, ma ricordate che l'imperatore è mio. Desidero essere io a dargli il colpo di grazia. >>

<< Certamente, Rea. Ora, perché non ci rilassiamo un po'? Faccio subito portare un tè per tutti. Discuteremo più tardi dei particolari dell'operazione. >>

<< Un attimo, il messaggio è già stata inviato? >> chiesi.

A quel punto, non c'era volto che non avesse un pericoloso ghigno in faccia.

Sorrisi anch'io, soddisfatta. Quella ragazzina sarebbe subito corsa da noi, cadendo dritta dritta nella mia trappola. Ormai, era solo questione di tempo.





Pov. Amia


La sala riunioni era circolare e molto spaziosa, ricca e severa in ogni suo particolare. Io, con le mani giunte in grembo, me ne stavo comodamente seduta nella sedia accanto al mio demone che, ovviamente, occupava una regale poltrona a capotavola.

Non molto tempo dopo, vennero annunciati i consiglieri e i capi militari di corte più importanti e, una volta entrati, si erano seduti ai loro posti a seguito di un inchino ad Andras e a me.

Arrossii, piena di imbarazzo. Andras doveva aver riferito a tutti della mia nuova posizione e se da un lato ne ero felice e lusingata, dall'altro ero nervosa. Ormai, non potevo più comportarmi con leggerezza, dovevo mostrami forte e sicura di me, degna di stare al fianco di Andras. Dopotutto, un giorno avrei regnato al suo fianco.

Pensare a me come l'imperatrice dell'Impero di Alloces mi fece venire un capogiro. Non riuscivo ancora ad immaginarmi così.

Mi sistemai meglio al mio posto e feci un cenno di cordiale saluto ai nuovi arrivati in sala. In più, sorrisi a Damien mentre questi si andava a sedere alla sinistra di Andras.

"Ciao, carotina." mimò con le labbra.

<< Michael, aggiornami. >> disse semplicemente Andras ad un uomo seduto all'altro capo della lunga ed ampia tavolata.

Il demone appena interpellato aveva sulla divisa numerose medaglie, il che mi fece pensare che doveva essere molto forte, anche perché emanava una professionalità davvero stupefacente.

<< Come avevamo previsto, il Sud e l'Ovest sono ormai nelle nostre mani, mio Signore. Le guerre che avevamo in corso sono finalmente finite e stiamo, dunque, provvedendo a far tornare a casa gli eserciti con parte degli armamenti. Ovviamente, un buon numero di soldati resterà sul posto finché non stabilizzeremo il nostro dominio militare e governativo sui loro regni. Mancano solo da sbrigare le ultime formalità riguardo alcuni aspetti burocratici. Nulla di impegnativo, comunque. Rixon e Jev partiranno stasera stesso per controllare che tutto venga fatto secondo la tua volontà. >> disse Michael mentre Rixon e Jev annuivano con solennità.

Nessuno sorrideva, nessuno fiatava o si muoveva sulla sedia. La serietà era assoluta.

Andras si grattò il mento con due dita, poi riposò la mano sul tavolo. << Bene, non mi aspettavo di meglio da voi. Ottimo lavoro. Dopo questa e la scorsa riunione possiamo anche chiudere l'argomento: da adesso in poi sapete cosa fare. Il fatto che sia il Sud che l'Ovest siano stabili è un punto a nostro favore, e le minacce che ci restano saranno certamente più semplici da eludere. Dopo che tutto verrà sistemato, faremo in modo di rendere utili queste nuove conquiste per la guerra che ci aspetta contro la resistenza terrestre. Vi raccomando di informarmi su ogni cosa, perché anche il minimo errore potrebbe costarci caro. Ora, Michael, vediamo di discutere di Rostam. >>

<< Il Regno del Nord sta ancora manifestando una tenace capacità di resistenza ai nostri attacchi, ma come avevamo intuito le sacerdotesse non c'entrano nulla in questa faccenda. A quanto pare non sono arrivate fin lì. Dai dati raccolti, risulta che solo il loro luogo d'esilio ed il territorio della resistenza terrestre sono nelle loro mani. Ovviamente, non stiamo cessando nemmeno per un attimo di pressarle ai confini. Qualche punto sembra cedere ma ancora non siamo riusciti a penetrare le loro difese. Il potere che stanno esercitando è grande, mio Signore. Le barriere che hanno eretto ancora di più. Fortunatamente, però, noi non siamo da meno. Ricollegandoci al Regno del Nord, Rostam, posso assicurare che niente sta interferendo in questa guerra. Inoltre, abbiamo fatto in modo che degli infiltrati entrassero entro le mura reali. >> riprese il demone di nome Michael.

Andras sorrise soddisfatto. << Magnifico. Quindi? >>

<< Per ora non abbiamo ricevuto informazioni utili al nostro caso, ma ho avuto notizia di un'arma speciale. >> rispose l'altro.

<< Si sa già di che si tratta? >> si inserì Damien.

Michael scosse la testa. << No, purtroppo, ma stiamo facendo di tutto per saperne qualcosa di più. Contiamo di conoscere altri particolari entro la prossima settimana. >>

Damien si scambiò un'occhiata con Andras che mi parve davvero sospetta. Che sapessero più di quanto davano a vedere? E cosa di preciso?


Tu ne sai qualcosa, vero? Chiesi mentalmente.


Sì, poco, ma ciò che ho sentito è stato abbastanza da confermare i miei dubbi. Mi rispose Andras.


Me lo spiegherai più tardi?


Certo, eravamo d'accordo.


Avevo capito che ora non era possibile perché non si ci poteva fidare di nessuno in questi casi. C'era troppo in ballo. Per fortuna, però, io e Damien eravamo dei privileggiati in tutta questa faccenda perché avevamo la piena fiducia di Andras.


<< Veniamo al dunque. >> disse Andras dopo un attimo di silenzio << Che sappiamo sulle sacerdotesse e le loro armi? Riassumiamo il tutto e aggiungiamo il nuovo. >>

A quel punto tutti coloro che erano seduti al tavolo si girarono a guardarmi.

Sentendomi osservata, dissi: << Presumo che a tal punto dovrò dire anche io la mia. Bene, ditemi pure. >>

Un demone seduto accanto a Michael gonfiò il petto e fece capire a tutti che voleva prendere lui per primo la parola. Annuii in segno d'assenso.

<< Mi chiamo Strauss, mia Signora. >> si presentò il demone dopo aver chinato rispettosamente la testa << Volevo sapere se lei è capace di entrare nella testa delle altre sacerdotesse e spiare così le loro mosse per noi. >>

Subito avvertii un groppo in gola. Non mi aspettavo che la domanda che più temevo mi sarebbe stata posta sin dal primo confronto.


Rispondi. Mi incoraggiò Andras.


Presi un bel respiro e risposi: << Sì, ne sono capace, ma non riesco a farlo intenzionalmente. Ho scoperto da poco le mie origini e non sono ancora brava ad utilizzare i miei poteri. Vi assicuro che imparerò presto così che possa rendermi utile. >>

Strauss annuii. << Capisco perfettamente, mia Signora, e sono certo che farà un ottimo lavoro. >>

Mi sentii importante per la missione e ripresi con più sicurezza: << E posso dirvi di più: ho un collegamento psichico diretto con nientepopodimeno del capo delle sacerdotesse. >>

Attesi soddisfatta durante i pochi secondi di suspence che seguirono alla mia rivelazione, immediatamente appagati dalle successive esclamazioni di gioia e trionfo dei presenti.

Andras riportò l'ordine nell'ampia stanza con un pugno battuto sul tavolo. Il silenzio calò e tutti noi tesimo le orecchie per ascoltare ciò che aveva da dire. Era incredibile come la sua presenza fosse prestante, forte e possente, ma soprattutto incapace di essere ignorata: tanto faceva vibrare l'aria circostante.

<< Calmatevi, prego. Amia non è ancora pronta per fronteggiare la mente di Rea. Credo che tutti voi sappiate che persino i più bravi hanno ceduto a lei in più di un'occasione. Purtroppo, quella donna è estremamente potente, troppo pericolosa per un'inesperta. Amia è alle prime armi in molte cose, ve lo dico sin da ora. Comunque, sta dimostrando una tenacia ammirevole che gioverà ai nostri allenamenti speciali, specialmente a quelli che terremo sul campo quando la riterrò abbastanza capace. Vi chiedo, quindi, altro tempo per prepararla, poi potrete certamente confidare nel suo aiuto. >> disse, gettando un'occhiata ammonitrice agli altri demoni che subito annuirono.

Strinsi i pugni sotto al tavolo. Io volevo rendermi utile adesso. Fare qualcosa che mi rendesse speciale e facesse parlare bene di me in tutto l'impero. Desideravo ardentemente mettermi alla prova.


Amia, ricorda la tua promessa. Niente mosse azzardate.


Voltai leggermente il capo verso Andras per poi assottigliare gli occhi. Sì, lo so, non c'è bisogno di farmelo presente.


Il modo in cui Andras inarcò un sopracciglio non mi piacque per niente. Mi preparai al peggio.


<< Bene, direi che possiamo passare al prossimo argomento della giornata. >> cominciò Damien, lanciando un'occhiata preoccupata prima ad Andras, che subito incrociò le braccia al petto, e poi a me << Dunque, di recente abbiamo ricevuto un messaggio da parte dell'uomo a guida della CGE. >> proseguì, sospirando << Ecco, ora ve lo leggo: Sommo imperatore, il mio sarà un breve messaggio, ma vi suggerisco di darvi molto importanza, oltre che attenzione. So che nessuno di voi verrà a reclamare i soldati che i miei uomini hanno abilmente catturato: li avete addestrati molto bene, preferiscono morire piuttosto che rivelare qualcosa, e nemmeno le mie alleate riescono a penetrare la loro mente prima che si suicidino attivando un microchip che provoca l'arresto cardiaco. Ma forse vi disturberà sapere che stavolta abbiamo un prigioniero decisamente più interessante. Credo che già lo sospettavate, in ogni caso, vi comunico ufficialmente che... >> la voce di Damien si interruppe per un attimo, poi riprese << ... il padre della vostra protetta è dalla nostra parte, completamente soggiogato dal potere di Rea. Ormai, non prova più nulla per sua figlia. Niente di niente. Anzi, vi dirò di più: lui vuole ucciderla di persona. >>

A quelle ultime parole, il mio cuore mancò un battito. La stanza prese a girare e dovetti fare pressione con le braccia sul tavolo per non svenire all'istante. Mi aggrappai all'ultimo briciolo di lucidità rimasta per mettere di nuovo a fuoco la sala riunioni e le figure dei demoni che mi circondavano. Spostai rapidamente gli occhi da una parte all'altra, non sapendo bene cosa fare o dire. Non mi sentivo più padrona del mio corpo ed il mio subconscio stava cedendo il passo ad un lacerante urlo interiore. Perché se fuori ero paralizzata, dentro stavo impazzendo. Mi sentivo morire, non c'era altro modo per spiegare il mio attuale stato d'animo.


Distrattamente sentii la voce di Andras nella mente, accompagnata dalla solita brezza marina. Amia, avevi promesso...


Al diavolo ciò che avevo detto.

Mi alzai di scatto dalla sedia su cui poco prima mi ero afflosciata, distrutta da ciò che diceva il messaggio. << Scusate. >> mormorai soltanto, già alla porta.

Con gli occhi appannati dalle lacrime che premevano per uscire, notai Damien che mi guardava con tristezza mista a pietà, mentre Andras, come sempre, era impenetrabile.

Corsi fuori, liberando gli argini che fino ad allora ero riuscita a non far straripare. Corsi via, fuggii da una verità troppo grande per me.

Non ero in grado di reggere proprio quel peso.

Qualche settimana prima avrei detto che della vita di mio padre non me ne importava più, non dopo che aveva ucciso la mamma. Ma ora, ora che sapevo tutta la verità, ciò che realmente lo aveva mosso a comportarsi male con me e mia madre in tutti quegli anni, non potevo ridere della sua sorte.

Avevo sempre aspirato all'amore di mio padre, mi ero sempre fatta in quattro per compiacerlo, per potergli far dire di essere orgoglioso di me. Me, che una volta ero la sua principessa. Me, che in passato ero persino riuscita a farlo ridere come mai nessuno prima di allora.

Me, che improvvisamente ero diventata invisibile ai suoi occhi.

Avevo sofferto, terribilmente, ma il mio cuore aveva sempre sperato in una nostra riappacificazione. Sempre. Anche quando mi capitava di cedere e dubitare, l'avevo guardato da lontano con gli occhi in fiamme, pronta a rialzarmi e a lottare con ancora più tenacia per lui. Inconsapevole che anche lui stava lottando per me ed il mio futuro.

Sì, ora sapevo che non aveva mai cessato di volermi bene. E fino a poco fa avevo anche creduto possibile una vita insieme a lui.

Mi asciugai gli occhi con forza, singhiozzando. Perché non potevamo essere felici, di nuovo insieme e pronti a riconciare da capo? Perché a noi? Perché?!

Scivolando con la schiena sul muro, piombai a terra con un tonfo che rimbombò per il corridoio.

Sta andando tutto a rotoli, pensai.

Nascosi la testa fra le ginocchia, tentando di regolarizzare il respiro accelerato.

Non potevo permettermi di perdere mio padre adesso, proprio ora che avevo compreso le sue buone intenzioni nei miei riguardi e desideravo soltanto riabbracciarlo e non lasciarlo andare mai più via da me, la sua famiglia.

Diedi un pugno rabbioso al muro dietro di me. Ormai, ero fuori controllo.

Mio padre non poteva odiarmi, non sul serio. Non l'avrei mai accettato questo. Mai. Dovevo riportarlo da me il prima possibile. Forse, se ci avessi parlato, avrei potuto tentare di farlo ragionare. Magari, ascoltando le mie parole, avrebbe riavuto la ragione e mi avrebbe riconosciuta come la figlia che aveva sempre amato più di se stesso.

Appoggiandomi alla parete, mi rialzai. Un'impresa che mi sembrò titanica in quel momento.

L'avrei salvato, qualunque fosse stato il prezzo da pagare, gli avrei ridato la libertà che meritava.

Strinsi i pugni fino a farmi sbiancare le nocche e, prendendo un bel respiro profondo, mi incamminai verso la mia stanza. Non ero dell'umore adatto per andare negli alloggi di Andras, intendevo restare da sola a riflettere ancora per un po'. Poi, l'avrei cercato io.

Papà non morirà finché non gli avrò chiesto perdono e detto quanto gli voglio bene, pensai.

Quel messaggio non poteva essere del tutto vero. Mio padre non mi avrebbe mai fatto del male volontariamente, di questo ne ero assolutamente sicura. Per questo mi imposi di pensare positivo. Dovevo farlo, o sarei crollata definitivamente.

Ma quanto ancora potevo sopportare?

Mi ritrovai a chiedermi se tutta quella faccenda sarebbe finita bene o meno. Se tutti ne saremmo usciti vivi.

Scossi la testa. Il piano adesso era pensare assolutamente positivo, nel bene e nel male.

Bel piano del cavolo, davvero.


Dall'ora segnata sull'orologio appeso alla parete, notai distrattamente che erano appena passate le due di notte.

Ritornata in camera mia, mi ero subito buttata a peso morto sul letto, senza neanche curarmi di mettermi sotto le coperte. Poi, chissà quando, mi ero addormentata.

Mi sollevai col busto e la coperta di lana che mi copriva scivolò leggermente.

Aspetta, una coperta?

Mi guardai intorno e, abituati gli occhi all'oscurità in cui era calata la stanza, vidi l'ombra di qualcuno appoggiato all'armadio di fronte al letto.

Andras è qui, pensai agitata, subito dopo averne riconosciuto il familiare profilo.

<< Davvero una bella performance quella di prima. >> lo sentii dire nel buio. Ancora non si avvicinava e questo poteva essere interpretato solo come un brutto segno.

Deglutii. << Non ho saputo fare altro. >> confessai.

<< Sì, si è visto perfettamente. >> rispose, duro.

Mi misi a sedere, arrabbiata. Voleva forse biasimarmi per come avevo agito? Era il colmo!

<< Con quale diritto vieni quì alle due di notte a farmi la ramanzina per qualcosa che, tra parentesi, nemmeno sei in grado di comprendere? >> urlai. Non stava a lui dirmi come reagire ad una notizia della portata di quella che mi era appena stata sbattuta in faccia. Non lo accettavo.

Vidi un bagliore rosso illuminare la stanza per un lungo attimo.

Gonfiai il petto. Se credeva che avrei ceduto così facilmente si sbagliava di grosso. Lo amavo, ma questo non significava che avrebbe avuto un trattamento di lusso ogni qual volta mi faceva arrabbiare.

<< Non farai nulla a proposito della situazione di tuo padre. >> affermò Andras, deciso e tagliente.

Scoppiai in una risata ironica. << E sarai tu ad impedirmelo, giusto? >>

<< Era proprio per questo che non volevo che assistessi alla riunione. >> sospirò lui.

Sbuffai. << Già, fosse stato per te non l'avrei neanche sentito per caso. >>

Uno sbuffo di vento sulla faccia ed Andras erà già in piedi accanto al mio letto. Non ne rimasi sorpresa, perché ormai mi ci ero abituata.

Non cessai di guardarlo male.

<< Sto facendo tutto questo per il tuo bene, Amia. >> mormorò.

Con non poco fastidio notai che il suo commento mi aveva fatto terribilmente piacere.

Sentii un piacevole calore espandersi per tutto il corpo, al che mi lasciai andare. << Mi sei mancato. >>

Quando Andras si sedette sul mio letto, tutte le mie paure parvero dissolversi in un soffio. Mi resi conto che in tutto quel tempo avevo solo sentito l'urgenza della sua presenza vicino a me.

Le lacrime premettero di nuovo per uscire ed io mi gettai fra le braccia del mio demone. Subito le sue braccia mi avvolsero nel più bello degli abbracci.

<< Non volevo che lo venissi a sapere così, ma tu hai insistito tanto per venire che semplicemente non me la sono sentita di negarti anche questo piacere. Voglio solo... renderti felice. >> sussurrò dopo parecchi minuti di silenzio in cui io mi ero nuovamente sfogata.

Sollevai il mento sul suo ampio petto muscoloso. << Lo so, e mi dispiace di essermi comportata male con te prima. >>

<< No, ho sbagliato io ad iniziare male il discorso. Il fatto è che adesso ho il costante timore che tu all'improvviso sparisca per combattere da sola cose più grandi di te. Non voglio rimpiangere per il resto della mia vita di averti perso. >> disse, accarezzandomi piano i capelli.

Lo guardai intensamente negli occhi, lasciandomi trasportare dal mare nei suoi occhi. << Rivoglio mio padre con me, Andras. >>

Lui inspirò forte. Era evidente che si stava contenendo. Apprezzai quel suo gesto di premura e mi preparai mentalmente a sentire cosa aveva da dirmi.

<< Mi sembrava che fossimo d'accordo riguardo all'essere pazienti, ad aspettare il momento giusto per agire. L'ho anche ribadito alla riunione, Amia: non sei ancora pronta per affrontare Rea. Ed io non voglio che ti accada niente di male. Non lo permetterò mai. Per nessun motivo ti farò correre inutili rischi. E se per tenerti viva al mio fianco dovrò anche andarti contro... beh, sappi che lo farò. >> disse con voce ferma mentre le sue mani interrompevano la loro esplorazione sulla mia schiena.

Non risposi, preferendo di gran lunga alzarmi ed allontanarmi un po' da lui.

Andras si affrettò a raggiungermi. << Amia, cerca di capire... >>

Lo bloccai con un gesto veloce della mano destra. << No, Andras, tu capisci me: non posso lasciar morire mio padre. Non ora che conosco tutta la verità sul suo conto. Ho bisogno di mio padre. >>

<< Anch'io ho bisogno di te. >> disse, allora, lui. Dal suo tono capii che si stava giocando tutte le sue carte e non seppi come interpretare la cosa. Era la prima volta che succedeva.

Mi voltai, quindi, a guardarlo, sorpresa che si fosse aperto tanto a me. << Sai che non è questo il punto. >> balbettai.

<< E qual'è, allora? >> continuò con gli occhi fiammeggianti d'ira. Era più che evidente che non si sarebbe arreso.

<< Trova un modo per far tornare vivo mio padre da me, e anche sano di mente, se possibile. Fallo per me, Andras, ti prego. >> risposi, stringendomi tra le braccia perché improvvisamente mi sentivo debole e vulnerabile. Se c'era qualcuno in grado di fare quanto avevo detto era proprio lui. Andras era potente, molto più forte di quella pazza della mia antenata, ne ero sicura.

Negli occhi di Andras passò l'ombra di quella che mi parve pena. << Farò del mio meglio, Amia, ma non posso assicurarti nulla. Se dovrò scegliere fra la vita di tuo padre e la tua sai già quale sarà la mia scelta. >>

<< Non farai di tutto per salvarlo, dunque. >> conclusi, secca, per poi voltargli le spalle.

<< Hai capito quello che volevo dire. >> ribatté.

Sì, l'avevo capito anche fin troppo bene, e la cosa non mi andava proprio giù. Probabilmente, mi stavo comportando come una ragazzina immatura ed irresponsabile, che non sa apprezzare quello che le viene dato, ma non mi importava. Per me, la vita di una delle persone che amavo era molto più importante della mia. Andras aveva ragione: non avrei esitato a fare una pazzia per salvare mio padre. Ma, in fin dei conti, avrei fatto lo stesso anche per Damien, Raina, Katia o lui. Soprattutto per lui.

<< Allora non abbiamo nient'altro da dirci. >> dissi, tremando di collera. Un solo favore gli avevo chiesto, uno solo da quando lo conoscevo, e lui osava negarmelo quando sapeva benissimo la portata della sua importanza per me.

Andras mi mise entrambe le mani sulle spalle, provocandomi tutta una serie di brividi lungo la schiena. << Se per salvare tuo padre dovessi mettere a rischio non la tua, ma la mia vita, ti andrebbe bene lo stesso? >>

Era serio, terribilmente serio e questo mi fece paura. Al che, mi voltai per dirgli: << Sai che non ti chiederei mai di farlo! >>

<< Ma se fosse necessario, chi tra i due sceglieresti? >> chiese, lo sguardo impassibile e gli occhi di ghiaccio.

Mi tremò il labbro inferiore. << Sai quanto ti amo, Andras, per me non c'è nessuno che valga più di te. Sacrificherei me stessa per te. >> mormorai, portandomi una mano a coprire la bocca.

Andras si chinò a baciarmi. << È deciso, allora: se sarà nelle nostre possibilità, salveremo tuo padre. Altrimenti... >>

Non c'era bisogno che continuasse, la gravità di quelle poche parole bastava ed avanzava.

Lo spinsi via da me. << Lasciami da sola, per favore. Ho bisogno di riflettere. >>

Andras inarcò un sopracciglio. << Riflettere su cosa? Abbiamo risolto, no? >>

No che non lo avevamo fatto, non con gli esiti che volevo io, comunque. Il punto, però, era che lo volevo fuori di quì per tentare di risolvere sul serio il mio problema. Con lui in giro sapevo che avevo le mani legate. Dovevo per forza escogitare un sistema per farlo allontanare da me. Preferivo di gran lunga scusarmi dopo aver fatto ciò che avevo in mente, che chiedere un permesso che non sarebbe mai stato accordato. Certo, considerando il tutto, era da vedere se alla fine del mio piano sarei sopravvissuta o no. Ero conscia del fatto che nonostante tutte le mie buone intenzioni non avessi molte speranze, comunque, ero pienamente convinta che il gioco valeva la candela. O almeno, era questo quello che mi ripetevo nella testa come un mantra.

<< Sì, dopo che tu mi hai imposto di scegliere fra te e mio padre. >> masticai fra i denti. Bene, direi che l'interpretazione della "ragazza decisamente arrabbiata e non ancora pronta a ragionare" che avevo appena fatto era più che ottima. In fin dei conti, era come mi sentivo, anche se non al livello di sbatterlo in faccia ad Andras: al contrario suo, io di solito avevo un minimo di tatto.

Andras mi fissò per un attimo che mi parve incredibilmente lungo, poi, si girò per andarsene dopo avermi rivolto un'ultima occhiata di delusione e scuse. Non era da lui avere uno sguardo così, ma mi dissi che dovevo resistere dal correre da lui per stringerlo fra le braccia, chiedendogli di restare e dicendogli che tutto andava bene.

Non lo feci. L'immagine di mio padre, solo in balia di Rea e della CGE, mi permise di restare fedele al piano che avevo escogitato.

Il lieve rumore che fece la porta mentre si chiudeva mi provocò tremende fitte al cuore. Non volevo che mi lasciasse, ma avevo dovuto chiederglielo per arrivare dove volevo. Sapevo che se glielo avessi chiesto mi avrebbe concesso di starmene in pace per almeno un paio d'ore. E sapevo anche che proprio per questo dovevo agire in fretta.

Preparai velocemente un borsone con il minimo indispensabile: due cambi di vestiti, scarpe da tennis, qualche merendina, due bottiglie d'acqua e il kit di pronto soccorso per ogni evenienza.

Ero pronta.

Guardai un'ultima volta la camera che mi aveva fatto da nuova casa in quelle settimane. Avrei portato per sempre nel mio cuore i ricordi legati ad essa ed al castello.

Una sola lacrima mi scese sulla guancia quando uscii dalla finestra. La mia vita lì era giunta al termine, dovevo farmene una ragione.

Inspirai a pieni polmoni l'aria pungente del primo mattino. Il cielo era ancora buio, un'indistinta massa nero petrolio priva di nuvole. La poca luce che c'era proveniva dai lampioni del giardino.

Arrivata a quel punto, mi presi un momento per pensare a Raina, la migliore amica che io abbia mai avuto, la migliore che si potesse desiderare, e sperai con tutto il cuore che almeno lei avesse il suo finale felice. Io con Andras non potevo più, non dopo quello che stavo per fare.

Poi, pensai a Damien, la sua era stata la più divertente e piacevole delle compagnie. Pensai anche che sarebbe stato bello approfondire di più il nostro rapporto. Ora, speravo che avesse cura di Raina anche per me, anche dopo che io non ci sarei stata più.

Per ultimo, richiamai alla mente il mio Andras. L'avevo amato oltre ogni limite, per questo sapevo che il mio amore per lui avrebbe vinto anche la morte. Andras era la vetrata che dava vita al mio cuore: brillava di luce propria senza l'ausilio del sole, e persino al buio risplendeva dei colori dell'oceano infinito. Speravo solo che avrebbe saputo perdonarmi un giorno e che non avrebbe pensato a me con una nota di dolore, ma con un sorriso negli occhi e nel cuore.

Tutti loro dovevano capire che nel mio cuore adesso non c'era più pace e che essa poteva ritornare da me solo dopo la guerra angosciante che mi apprestavo a combattere.

O, almeno, pregavo che capissero. Io stavo solo seguendo i passi che mi suggeriva il cuore.


Quando giunsi in prossimità dei muri esterni che circondavano il castello, mi bloccai.

Ed ora come facevo ad uscire senza farmi scoprire e riportare subito indietro? Prima, non avevo minimamente pensato alle guardie che percorrevano le mura o alle sentinelle che osservavano tutto dalle loro alte torri. Eppure, era così logico che ci dovessero essere. La verità era che, presa dall'istinto, non avevo ragionato a fondo sulle fondamenta del mio piano, perché non facevo altro che ripassare ed arricchire il discorso che avrei fatto a Rea, la mia antenata, una volta che l'avrei incontrata di persona per contrattare la liberazione di mio padre.

All'improvviso, un ampio cerchio di luce si spostò verso la zona alberata in cui ero nascosta, facendomi sussultare. E non ce n'era solo uno, ma molti, molti altri che vagavano nei punti vicini alla cinta muraria su cui sospettavo ci fossero anche delle minuscole telecamere invisibili alla vista.

Mi guardai intorno, circospetta. E se c'erano delle telecamere applicate anche agli alberi, ai loro tronchi o ai loro rami, magari? In questo caso, ero perduta. Ed Andras, se mi avesse scoperta, mi avrebbe certamente rinchiusa nella mia stanza fino a nuovo ordine, priva di qualunque contatto con il mondo esterno.

Sentii distintamente delle gocce di sudore scendermi dalle tempie.

Era necessario che nessuno mi vedesse. Dovevo fare più attenzione possibile senza farmi condizionare dall'ansia di essere colta sul fatto.

Ma... diamine, non avevo tempo! Dovevo subito trovare una soluzione per oltrepassare le mura o...

<< Se stai cercando di scappare, forse potrei aiutarti io. So esattamente come arrivare alla roccaforte segreta della tua antenata. >>

Quella voce ruppe il silenzio che fino ad allora mi aveva avvolta ed io iniziai a sudare freddo.

Lentamente, mi voltai verso colui che aveva parlato, per poi raggelarmi sul posto. No, non era possibile. Tutti, ma non lui.

<< Ciao, Amia, sorpresa di vedermi? >> continuò l'uomo con un ghigno in volto.

Deglutii con la gola improvvisamente secca. << Tu... perché? >>

In quel fragile momento della mia vita riuscivo a pensare solo ad una parola adatta a quell'uomo: traditore.





***




ANGOLO AUTRICE:

Allora, ragazze, cosa ve ne pare? A me, dopo aver scritto l'ultimo pezzo del capitolo, mi è venuto spontaneo esordire con un “Lol” decisamente prolungato. XD

Insomma, chi sarà mai il traditore di cui parla Amia? Beh, una cosa è certa: se lo conosce lei, lo conoscete pure voi. u.u Forza, che comincino pure le scommesse sulla sua identità!


E a proposito dell'arma speciale? Chissà cosa sarà... mmh, vedrete.

Ora che Amia se ne andata, però, come lo saprà? E dire che è una cosa molto importante... peccato, muawahahahah.


Altro bel particolare: come avete appena letto, Raina sembra aver sviluppato un potere speciale. A cosa è riferito il suo brutto presentimento? Rifletteteci, sono sicura che alcune di voi, se non tutte, ci arriveranno! :D


Approvate che Amia sia scappata di nascosto per salvare il padre? Cosa pensate che succederà ora che sta per incontrare la sua antenata, Rea? Sapete, però, che così farà il gioco di Rea, perché, come era nei suoi piani, Amia sta andando da lei. Posso assicurarvi che la conversazione fra Amia e Rea sarà parecchio interessante, soprattutto perché scoprirete cosa ha fatto Andras per farla infuriare tanto da desiderare vendetta.


Spero abbiate apprezzato e goduto le prime due parti, perché non ce ne saranno di così dolci per un po'. è.è

Comunque, c'è da dire che Andras ha usato il verbo amare riferito ad alcuni aspetti di Amia: resta solo che capisca di amarla, che lo ammetta, ecco. Ma già questo è un bel passo avanti, non credete?

(Io ho già scritto quando lo capirà in un momento di massima ispirazione, lol)


GRAZIE di cuore alle 39 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 19 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 98 ragazze che hanno messo "Il Dominatore del Mondo" fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 12 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti. Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative! <3


Bacioni e alla prossima,

vostra Ashwini. <3












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Capitolo 27
*** Capitolo ventiseiesimo: Inconsapevoli. Il traditore e l'orgoglioso. ***


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Buon pomeriggio, ragazze! ^_^

Sono contenta di vedere che aumentate di volta in volta: a seguirmi siete già in 161! *_* GRAZIE di cuore a tutte, davvero.

Allora, questo capitolo è pesante come il precedente per molti aspetti: la storia ormai sta diventando sempre più seria. Però, spero sarete felici di sapere che ci sono anche vari momenti più dolci che credo vi faranno sorridere contente. E finalmente appagate(sì, Francesca Caruso, mi riferisco proprio a te u.u). Ora, non so come dirvelo, ma... state per scoprire chi è il traditore di cui avete letto nella parte finale dello scorso capitolo. Volevo solo pregarvi di non rivoltarvi in massa contro di me, anche perché, poi, chi scrive il continuo della storia?

Comunque, basta con le chiacchere e...

… BUONA LETTURA!



***





CAPITOLO VENTISEIESIMO: Inconsapevoli. Il traditore e l'orgoglioso.



Pov. Damien

Mi massaggiai nervosamente le tempie. Ero stanco di questo continuo mal di testa che trapanava il mio cervello, facendomi anche strizzare gli occhi per vederci di nuovo dopo ogni vertigine. Il peggio, però, era che tra una vertigine e l'altra non ricordavo cosa mi succedeva. C'era il buio più totale nella mia testa. Mi sembrava di perdere inconsapevolmente pezzi importanti della mia memoria. Più volte, negli ultimi tempi, mi era capitato tutto questo e mai ero venuto a capo del problema, né riuscivo a ricordare cosa diamine faceva il mio corpo tra un capogiro e l'altro, perché almeno di questo ero sicuro: non ero io a comandarlo.

Forse era giunto il momento di parlarne con Andras, soprattutto perché la sensazione di far qualcosa di terribilmente sbagliato quando non ero in me era diventata insostenibile. E poi, non mi andava più di agire contro la mia volontà per fare chissà che cosa. Però, quando ero sul punto di raccontare al mio migliore amico i miei dubbi, qualcosa prendeva possesso di me e mi faceva rapidamente cambiare idea, spingendomi al silenzio. Era un fattore paurosamente incontrollabile per me.

Mi presi la testa fra le mani, mormorando a denti stretti: << Basta... basta.... basta! >>

Prima, poi, Raina mi aveva guardato con uno strano sospetto nello sguardo. Come se all'improvviso vedesse del male in me e non si fidasse più. Questo suo atteggiamento mi aveva profondamente ferito e, forse, era per aver notato questa mia delusione negli occhi che aveva subito cambiato espressione, sorridendo dopo aver scosso la testa, come a scacciare via un brutto pensiero.

Le avevo anche chiesto delle spiegazioni, ma lei aveva insistito nel dire che non era nulla di importante. Certo, come no. Eppure, avevo lasciato perdere perché per la prima volta in vita mia avevo paura di me stesso, di quello che inconsapevolmente mi stava accadendo. Volevo una risposta ai miei malanni, ma allo stesso tempo preferivo ignorare ancora per un po' il problema. Temevo cosa avrebbero potuto pensare di me Raina ed Andras. L'ultima cosa che desideravo era averli contro.

Basta, non dovevo pensarci. Era meglio se mi distraevo pensando al modo migliore per salvare Amia dalle grinfie di Rea. Perché, come mi aveva telepaticamente detto poco prima Andras, era stata sicuramente lei ad aver appena rapito Amia. Il mio amico mi aveva contatto per dirmi che dovevo andare immediatamente da lui per organizzare un piano di salvataggio ed io avevo risposto affermativamente, pensando che non c'era tempo da perdere.

Ma il problema era che, forse, Raina aveva ragione a guardarmi con sospetto: non ricordavo cosa avevo fatto dopo averla lasciata nella mia camera. Di nuovo, il buio mi aveva avvolto la mente e, come le altre volte, mi ero ritrovato al risveglio con una forte emicrania.

Cosa avevo fatto? Cosa mi stava succedendo?



Pov. Andras

<< Fuori! Fuori, ho detto! >> urlai in preda all'ira più profonda, scagliando contro la cameriera di turno la sedia della scrivania. La donna, terrorizzata, fece appena in tempo a fuggire via di corsa, inciampando sui suoi stessi piedi per la fretta. La sedia, invece, si frantumò contro la porta a due battenti della mia camera. I pezzi di legno pregiato volarono da tutte le parti. Ne presi uno ai miei piedi e strinsi la mano a pugno. Quando la riaprii, il legno era diventato polvere che mi scivolò fra le dita.

<< Davvero, Andras, dovresti darti una calmata. >> mi sentii dire da Damien. La sua voce era ridotta ad un sussurro.

Il mio migliore amico era arrivato da me da poco, scuro in volto anche, ma io non vi avevo dato importanza: avevo altro a cui pensare.

Lo fulminai con un'occhiataccia. << Calmarmi? Come posso calmarmi sapendo Amia nelle mani del nemico? Come?! >> gridai ancora più forte, tanto che i mobili della stanza tremarono per qualche secondo.

Damien, cauto, mi posò una mano sulla spalla. << Amico, la riporteremo a casa. Ora, però, cerca di ritrovare la lucidità o non verremo a capo di nulla. >>

Lasciai ricadere pesantemente il pugno chiuso sulla scrivania, la quale si spezzò subito in due. Damien gettò un'occhiata preoccupata prima alla scrivania in ebano e poi a me. Sapeva benissimo che ora come ora qualunque cosa avrebbe potuto farmi scoppiare.

<< Mi ha chiesto di lasciarla da sola per riflettere. Io, allora, me ne sono andato via con tutte le intenzioni di ritornare da lei entro due ore. Non mi piaceva l'idea di farla stare in quella stanza con nessun'altra compagnia se non quella dei suoi tormentati pensieri, ma... non volevo litigare ancora con lei. Credevo che per quel giorno avessimo fatto già abbastanza. >> raccontai, guardando fuori dalla finestra nella vana speranza di scorgere un qualunque indizio su dove Amia fosse andata.

Quando avevo scoperto la sua stanza vuota ed in disordine, ero subito corso fuori in giardino a cercarla. Vedendo la finestra aperta, infatti, ero giunto alla conclusione che intendesse fuggire dalle mura esterne per andare a salvare il padre. Avevo anche riso nervoso perché così facendo si era messa in trappola da sola. Le sentinelle l'avrebbero vista se si fosse avvicinata, trattenendola il tempo necessario a farmi arrivare per riprenderla. Purtroppo, arrivato alle mura, nessuna delle guardie di ronda mi aveva saputo dire nulla, né avevo trovato risposte nelle telecamere fissate alle mura.

Amia non si trovava. Era scomparsa da appena tre ore ed io ero già pazzo per la paura di non rivederla più. Mi mancava terribilmente ed il saperla in mano nemica non era per niente rassicurante sulle sue attuali condizioni di salute. Potevano farle qualsiasi cosa ed io non ero lì con lei per proteggerla.

<< Sai dove è sparita? >> mi chiese Damien con una strana smorfia in viso, come se all'improvviso qualcosa stesse lottando per uscire fuori dalla sua bocca.

Stavolta, mi soffermai a guardarlo con la dovuta attenzione. Damien, allora, cambiò subito espressione e quella cosa che avevo scorto prima nel suo sguardo sparì veloce come era arrivata.

Annuii, dandomi dell'idiota. Sicuramente avevo visto male, preso com'ero dalla preoccupazione per le condizioni di Amia. << Il suo odore mi ha portato fino ad una zona non molto alberata ad una decina di metri dalle mura di cinta. L'odore era fresco: doveva essere stata lì fino a poco tempo prima del mio arrivo. Comunque, qualcuno l'ha catturata, altrimenti non si spiegherebbe come abbia fatto a volatilizzarsi nel nulla. Qui c'è lo zampino di Rea e della CGE, Damien, me lo sento. >>

<< Sì, penso proprio che tu abbia ragione. A questo punto, Amia aveva ragione a dire di aver percepito la presenza di una spia nel palazzo. Il rapitore l'avrà spiata e, vedendola finalmente sola ed indifesa, avrà approfittato della situazione per portarla via con se. >> ragionò Damien con le braccia incrociate davanti al petto. Ancora, sembrò che verso la fine della frase stesse per aggiungere altro, ma non lo fece.

Lo guardai con un ben celato sospetto, senza dire nulla.

<< Com'è possibile che né io né tu abbiamo notato nulla? >> masticai, dopo un po', fra i denti. Se solo le avessi creduto quella volta, forse non mi sarei ritrovato in questa assurda situazione.

<< Le sacerdotesse avranno aiutato con la loro magia questa misteriosa spia a fare bene il suo lavoro. >> rispose lui.

Mi presi la testa fra le mani, cercando riprendere il controllo di me.

Mi sentivo perso senza Amia. Avevo come la sensazione di aver perduto tutto, perché Amia era il mio tutto, ciò che veramente contava per me. E mi era stata brutalmente strappata via, rendendomi prigioniero di un'ansia cieca alla ragione.

Guardai Damien percorrere a grandi passi la stanza: come me non sapeva ancora cosa fosse meglio fare. Ma dovevamo agire alla svelta se non volevamo incorrere in problematiche più spiacevoli. A queste ultime, non mi diedi la pena di pensarci o chissà come avrei reagito.

Damien, all'improvviso, schioccò le dita. << Non c'è altra soluzione, Andras: andremo direttamente sulla Terra a cercare Amia. >>

<< Certo, in due potremmo sicuramente violare le difese della CGE. >> risposi, ironico.

<< Pensaci, Andras: non si aspetteranno mai che solo noi due proveremo ad entrare alla loro base. Conoscendo il tuo metro di misura, penseranno che a quest'ora starai già mobilitando l'esercito. Invece, agiremo d'astuzia! Saremo agili e veloci come solo noi due sappiamo essere e li coglieremo di sorpresa attaccandoli poco per volta, insediandoci nei posti più impensabili dentro le tre mura che circondano il quartier generale della CGE. Come a vecchi tempi, in cui tu non eri ancora imperatore ed io non ero ancora stato nominato generale! >> disse con enfasi il mio amico.

<< Non lo so, Damien... insomma, quelli dell'Organizzazione non ci metteranno molto a fare due più due quando si spargerà la voce della nostra partenza. >> ribattei in risposta. Il suo era un piano che faceva acqua da tutte le parti. Ce ne serviva uno migliore se volevamo sperare di salvare Amia.

<< E se... >> riflettei a voce alta tra me e me << … e se sfruttassimo l'arte demoniaca che abbiamo appreso anni fa nelle Terre dell'Oltre? >>

Il volto di Damien si illuminò all'istante. << Ma certo! Come ho fatto a non arrivarci prima io? >>



Pov. Damien

<< L'arte demoniaca? Non ho mai letto nulla del genere... nemmeno nella Sezione Proibita della biblioteca. Come l'avete scoperta tu ed Andras? Ed in che cosa consiste esattamente? >> mi chiese Raina una volta che l'ebbi raggiunta in camera dopo aver discusso con Andras i vari punti fondamentali del nostro piano. Perché sì, adesso ne avevamo uno ed era anche bello tosto. Quegli idioti della CGE non ci avrebbero mai scoperti, non se facevamo le cose pulite pulite come io ed Andras le avevamo progettate. Ci saremmo infiltrati fra le file nemiche dall'interno ed il bello era che nessuno avrebbe notato la nostra presenza nonostante saremmo stati a viso aperto per tutto il tempo richiesto dalla missione.

Sogghignai. << Io ed Andras, all'incirca vent'anni fa, ci siamo recati nelle cosiddette Terre dell'Oltre per una missione segreta importantissima. Non sapevamo cosa aspettarci, perché su quel posto aleggiava il mistero più fitto. Ma ci siamo buttati lo stesso: niente ci faceva paura. E poi, avevamo ricevuto una soffiata da un tizio incappucciato che diceva di provenire da quel luogo. Ci promise che se l'avessimo condotto lì con noi ci avrebbe facilitato il compito di trovare qualcuno che ci aiutasse per i nostri scopi, qualunque essi fossero. Accettammo. Il fatto era che il poveretto aveva perso ogni ricchezza e non aveva più i mezzi per ritornare nella sua terra natia. Ci disse anche che non poteva dire a chiunque di aiutarlo perché quelle terre erano considerato maledette, una leggenda oscura che solo i pazzi cercavano, ma che per noi aveva fatto un'eccezione dato che ci aveva riconosciuti come il sovrano ed il generale dell'Impero. In poche parole: gli conveniva farsi portare là dai più potenti dell'Impero di Alloces perché così era praticamente certo che si sarebbe salvato la pelle in ogni caso. Durante il viaggio, comunque, gli chiedemmo come mai quelle terre fossero guardate con tanto sospetto e lui ci rispose che era per via dell'arte demoniaca che praticavano gli abitanti. >>

Raina si sporse verso di me, visibilmente interessata a proseguire il racconto. << E poi che successe? >>

L'avvicinai a me mettendole un braccio in vita. Eravamo seduti sul letto ed era da svariati minuti che la osservavo, bramoso com'ero di un contatto più ravvicinato fra i nostri corpi.

<< L'arte demoniaca permette a chi la pratica di appropriarsi dei corpi altrui per farne ciò che si vuole. È la versione oscura della magia sacerdotale che usano le nostre nemiche. L'unica differenza è che provoca la morte della persona posseduta entro due settimane. Questo perché l'anima di un demone non si adatta bene ad un corpo che non è il suo. Se il corpo che si intende possedere è umano, e quindi di una specie totalmente diversa, le cose si complicano ancora di più ed il corpo umano degenera molto più velocemente. Io ed Andras avremo circa una settimana, la metà del tempo che si ha normalmente, per portare in salvo Amia e filarcela prima che i membri della CGE scoprano il nostro stratagemma. >>

Raina spalancò i suoi grandi occhi verdi. Sapevo che non le sarebbe piaciuto sentire che io ed il mio amico avremmo praticamente sacrificato due vite umane, anche se membri della CGE, ma allo stesso tempo appariva sollevata del fatto che la sua migliore amica sarebbe presto tornata da lei. << Ma le sacerdotesse non noteranno che ci siete voi dentro i corpi di quegli esseri umani? >> si informò, quindi, Raina.

Scossi il capo. << Assolutamente no. L'arte demoniaca è sicura sotto ogni punto di vista. Andras sta già provvedendo a rapire due uomini della CGE per impossessarcene e partire per la Terra al più presto. Dovresti vedere quanto è agitato... non lo riconosceresti, davvero. >>

Raina appoggiò la testa sulla mia spalla. << E tu? Tu che faresti se al posto di Amia ci fossi io? >>

Mi irrigidii, infine, ricaddi sul letto, sbuffando. << Credo proprio che mi comporterei come lui. >> sussurrai. Criticavo tanto Andras, ma alla fine ero tale e quale a lui. Né lui né io avremmo mai rinunciato alle nostre prescelte, specialmente perché adesso non era più solo una questione d'interesse. Io ero pienamente convinto di provare qualcosa di molto forte per Raina, forse proprio amore.

Guardai il verde dei suoi occhi, così luminoso da farmi sentire come immerso in mezzo ad una splendida radura. Sorrisi, felice. Con lei ero sempre nel centro del mio mondo. Mi bastava Raina per vedere la luce. Lei era tutto ciò di cui avevo bisogno per vivere.

Le presi il polso e la feci distendere sul mio petto. Anche se aveva voltato il capo, sapevo perfettamente che era arrossita. Lo faceva sempre in mia presenza e questo mi piaceva da matti. Era più carina quando si imbarazzava.

Le accarezzai i morbidi capelli castani, beandomi del loro profumo. Poi, mi feci forza per dirle una cosa che mi premeva già dall'inizio della nostra conversazione: << Quando me ne andrò, tu resterai qui ad aspettarmi, d'accordo? Ci manca solo che pure tu scompaia nel nulla. Ti voglio al sicuro. Fai ciò che vuoi ma... resta sana e salva. Okay? >>

Raina si alzò sui gomiti ai lati della mia testa e mi guardò male. << Stiamo parlando del salvataggio della mia migliore amica. Tu ed Andras avete intenzione di infiltrarvi fra i membri dell'Organizzazione attraverso l'arte demoniaca. Siamo sull'orlo di una guerra. E tu mi dici anche di starmene qui buona? Col cavolo, Damien. Io vengo con te, che tu lo voglia o no. Guarda com'è finita fra Andras ed Amia. Non so te, ma l'ultima cosa che desidero è dover fare tutto di testa mia come Amia per colpa del tuo comportamento da prima donna. >>

Aprii la bocca per replicare, poi la richiusi di scatto. Non sapevo come controbattere a quello.

<< Non c'è proprio nulla che io possa fare? >> continuò Raina facendomi falsamente gli occhi dolci.

Alzai gli occhi al cielo, poi mi alzai col busto e avvicinai la mia bocca alla sua. Raina si ritrasse in fretta. << Non sperare di distrarmi, signorino. >> sibilò.

Ridacchiai. << Dovevo provarci. >>

Raina alzò un sopracciglio, in attesa. Ah, certo, la sua domanda. << Non credo proprio che Andras accetterà di portarsi dietro una ragazzina. >>

Lei si sistemò meglio sopra di me. << Oh, ma io non sono una qualunque ragazzina. Sono la tua ragazzina. O sbaglio? >>

<< Sai che la posizione in cui ci troviamo è particolarmente ambigua? Così messi, a chiunque sembrerebbe che abbiamo voglia di fare altro che parlare. >> dissi, sperando che non notasse la mia crescente eccitazione.

Raina si mosse ancora, infine, sussultò.

Ops. Come non detto.

<< Oh. >> mormorò soltanto.

Già. Oh.

<< Vuoi che... vuoi che me ne vada? >> farfugliò, rossa come un pomodoro maturo.

<< E vuoi lasciarmi così? >> risposi, allusivo.

Raina, in evidente difficoltà, boccheggiò, indecisa su cosa dire adesso che le avevo indirettamente fatto la proposta di andare oltre per la prima volta. Le accarezzai una guancia per cercare di tranquillizzarla. Lei si sciolse sotto il mio tocco ma restò ancora un po' reticente a lasciarsi andare del tutto.

<< Non faremo nulla che tu non vuoi, solo... vorrei che, in caso mi succedesse qualcosa, tu abbia un bel ricordo di noi due. >> dissi. Non volevo mentirle, dirle che tutto andava bene quando non era affatto così. Fra non molto sarebbe iniziata una guerra che sicuramente avrebbe avuto la sua buona quantità di morti. Nessuno poteva prevedere come sarebbe andata a finire, nessuno sapeva se la propria vita sarebbe stata risparmiata. Nemmeno io, per quanto fosse brutto ammetterlo. Raina doveva saperlo. Doveva sapere che la guerra era quanto di più orribile ci fosse al mondo e che le sue conseguenze cambiavano le vite di moltissime persone senza la minima pietà o cenno di rimorso. Non volevo che si illudesse troppo, la speranza in un futuro roseo c'era, doveva esserci, ma era anche vero che l'eccessiva speranza velava a chiunque gli occhi di nero.

<< Quindi hai già deciso di mollarmi qui, da sola. >> rispose con voce rotta.

La trascinai in un bacio disperato, passionale, pieno di un desiderio che straziò l'anima di entrambi. La strinsi di più a me, facendo aderire perfettamente i nostri corpi, allacciandoli e plasmandoli in un solo essere. Perché noi, alla fin fine, eravamo una cosa sola, anche quando eravamo separati, e questo niente e nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Noi non l'avremmo permesso.

Raina gemette, ma nel suo sospiro di piacere colsi una nota di tristezza e mi fermai. Respirammo all'unisono, consci che dopo oggi ci saremmo separati per non rivederci per chissà quanto tempo. Non sapevamo nemmeno come ci saremmo ritrovati.

Appoggiai la mia fronte alla sua e la guardai dritto negli occhi. << In un modo o nell'altro tu ed io staremo insieme, te lo prometto. Sii forte e coraggiosa per me ed io lo sarò per te. Non posso dirti che andrà tutto bene, ma posso sempre giurarti che nel futuro che verrà i nostri occhi si poseranno gli uni negli altri con un amore senza fine. >>

Una lacrima solcò il suo bellissimo viso pieno d'emozione. La sua attenzione era rivolta esclusivamente a me, a ciò che avevo dentro. Lei era l'unica che mi vedeva veramente.

Qualcosa di nuovo scattò in me, facendo muovere uno sconosciuto meccanismo che armonizzò la mia anima con quella di Raina. Non avevo mai provato nulla di simile. Solo con lei.

<< Sei mio, Damien. Per sempre. >> mi promise con la prima ombra di un sorriso.

Le baciai il naso. Amavo il suo piccolo nasino leggermente all'insù.

<< E tu sei mia, Raina. Per sempre. >> giurai a mia volta.

Lentamente, per assaporare ogni momento, avvicinai la bocca alla sua fronte, baciandola per una buona manciata di secondi, infine, scesi a congiungere le mie labbra alle sue. All'inizio, fu un semplice sfiorarsi di labbra, ma ben presto entrambi ci lasciammo travolgere dal desiderio che provavamo l'uno per l'altra. Trasformammo il bacio in un contatto estremamente intimo, caldo e talmente invitante da non riuscire più a dividerci. Concedevo a Raina a malapena il tempo di riprendere fiato.

Lei mi accarezzava, ormai decisa, avvolgendomi fra le sue accoglienti braccia. Io feci scorrere le mani sulle sue cosce, soffermandomi maggiormente sui glutei sodi ed alti. Sia io che lei eravamo presi dai gemiti di piacere ed agivamo seguendo esclusivamente l'istinto.

Era tutto molto più bello di quanto l'avevo immaginato.

Alternavo baci infuocati a baci più dolci per abituarla a ciò che stavamo per fare. Lei mi seguiva accondiscendente.

<< Non sono mai stata più felice di adesso. >> sussurrò al mio orecchio.

Spinsi il mio bacino contro il suo e le feci notare quanto anch'io fossi felice di tutto quello. Lei rise, allegra.

<< Sei bellissima. >> dissi subito dopo << Quando ridi, ogni cosa intorno a te risplende della tua particolare luce interiore. >>

Raina cominciò a scendere a baciare vogliosa il mio collo, la mia clavicola... infine, dopo aver borbottato contro la mia camicia, la tolse in fretta, decisa a baciare anche i miei pettorali. A quel punto, notando con una smorfia che lei era troppo vestita, le sfilai il vestito che portava, il pullover che aveva sotto e le calze pesanti.

In reggiseno e mutandine era decisamente il mio sogno erotico ideale.

Lei armeggiò con la cintura dei miei jeans e proseguì accarezzando il mio basso ventre, il tutto guardandomi intensamente negli occhi. Questa ragazza era proprio da sposare.

Infilai una mano nelle sue mutandine già fradice e la lasciai in balia dei miei tocchi. Lei stringeva convulsamente la coperta del letto, mordendosi le labbra già gonfie dei miei baci.

Quando le infilai un dito dentro, si inarcò immediatamente, sospirando di piacere.

<< Wow... >> disse con gli occhi chiusi.

Poggiai con dolcezza le labbra sulle sue palpebre. << E non hai ancora visto niente, bellezza. >>

<< Mi piace. >> rispose lei.

Le lanciai un'occhiata interrogativa. Raina arrossì. << Il soprannome. >> specificò.

<< Davvero? E allora bellezza, sia! >> dissi.

Presi il suo volto fra le mani, vagando con il pollice fin dove potevo arrivare, poi, con due dita, percorsi il resto del suo splendido viso. Lasciando una mano sulla sua guancia, presi con l'altra a lisciarle quei capelli che tanto mi facevano sognare la notte. Amavo i suoi capelli, erano così morbidi e lucenti!

Raina mi guardò in faccia con occhi scrutatori. << Voglio osservarti per imprimere bene nella memoria il tuo volto com'è adesso, perché Amia mi ha detto che dopo che lei ed Andras si erano uniti il volto del suo demone è cambiato. Era diverso, in senso positivo, ovvio. Più simile al suo, come se improvvisamente vedesse la sua anima riflessa in ogni parte di lui. >>

Annuii, capendo perfettamente cosa intendesse. Quindi, le chiesi: << Pronta? >>

In risposta, Raina fece scorrere le mani sulla mia schiena muscolosa, bloccandole saldamente alla sua metà. << Quando vuoi. >>

Tolta ogni barriera, mi immersi in lei con una dolcezza che quasi sorprese anche me, poiché mai ero stato tanto cauto con una donna seppur, comunque, non fossi mai stato nemmeno lontanamente animalesco come Andras. Non ero neanche mai stato con una vergine, in effetti.

Ma la mia Raina era diversa dalle altre, lei era speciale. Per me lei era il più prezioso dei gioielli, il più luminoso dei soli, la mia stella del mattino.

Raina, dopo qualche secondo di dolori e smorfie, si adeguò ad avermi in lei e fece per assecondare i miei ancora attenti movimenti. Ci andavo con calma perché volevo che fosse il più bel ricordo che avesse di noi due come un solo essere. Finalmente uniti nella speranza di un futuro insieme, come amanti, come coppia, come anime gemelle.

Arrivato ad un certo punto, non mi seppi più trattenere, accecato dalla passione che mi ardeva dentro per lei, ed iniziai a spingere sempre più forte. Raina non protestò, anzi, mi lasciò fare tranquillamente. Beh, tranquillamente era un modo di dire dato che ci stavamo dando letteralmente dentro come due assetati nel deserto. Non avevamo freni inibitori. C'eravamo solo noi due al mondo adesso.

Con un grugnito di piacere mi accasciai affianco a lei dopo aver atteso dentro di lei ancora qualche secondo dopo l'orgasmo. Raina, invece, sembrava persa in un mondo tutto suo, tanto che aveva gli occhi luccicanti che viaggiavano per chissà quali pensieri.

La baciai con tutto l'amore che sentivo di provare per lei. << Ti amo. >>

Raina sembrò risvegliarsi dallo stato di trance in cui era caduta, girò il capo verso di me e disse con gli occhi sgranati dallo stupore: << Che cosa? >>

Le sorrisi malizioso. << Oh, hai capito benissimo. >>

Lei si alzò col busto e cominciò ad agitare le mani per aria come era solita fare quando era agitata. << Ero distratta! Damien, ti prego, ripetimelo! Non ero ben attenta a ciò che dicevi! >>

Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare dal piacevole torpore che ancora mi invadeva ogni molecola del corpo.

Raina represse uno sbuffo.

Ridacchiai per una buona manciata di minuti, infine, le dissi: << Dovresti vederti in faccia adesso, bellezza, davvero. Sei uno spasso. >>

Lei mi fissò furente, poi mi voltò le spalle sussurrando qualcosa tanto piano che nemmeno io riuscii a sentire.

All'inizio, feci una faccia confusa, cercando di capire, poi una lampadina mi si accese in testa. La presi immediatamente per il polso, facendola scontrare così con il mio corpo.

<< L'hai detto, vero? Hai appena detto che mi ami! Ora lo ripeti perché non ti ho affatto sentito! >> mi lamentai, rendendomi poco dopo conto che così avevo solo fatto il suo gioco.

Eh, certo, era questo che lei voleva: farmi impazzire dalla voglia di sentire una risposta adeguata alla mia dichiarazione. E finché io non le avessi ripetuto le mie parole, lei non avrebbe ridetto le sue.

Ero incastrato. Incredibile.

Presi un bel respiro, strinsi le labbra e dissi forte e deciso: << Ti amo, Raina. >>

Perché alla fine era sempre così, e sempre così sarebbe stato. Io che mi arrendevo e lei che vinceva, e non su una cosa in particolare, ma su tutto, accidenti.

Mi resi conto troppo tardi di star sorridendo come un idiota, tanto che Raina colse la palla al balzo con una velocità disarmante. << Ho capito che ti faccio impazzire, Damien, ma, cavolo, riprenditi adesso. >>

Con l'intento di sorprenderla, l'attirai a me in un abbraccio da mozzare il fiato. << Tu non hai la minima idea dell'intensità con cui tu influisci sui miei stati d'animo. >>

Raina, spiazzata, aprì e chiuse la bocca senza proferire parola. Poi, sorridendo imbarazzata, disse: << Prova a entrare nei miei sogni, Damien, e poi ne riparliamo. >>

Felice come un bambino, la riempì di tanti baci affettuosi su tutta la faccia.

Raina appoggiò la fronte alla mia, prendendomi allo stesso tempo il viso fra le mani. << Ti amo. >> disse << Ti amo. >> ripeté << Ti amo. >> mormorò prima di suggellare i nostri sentimenti in un bacio senza tempo, dove solo l'amore che sentivamo l'uno per l'altra esisteva.

Ora, era veramente tutto totalmente, incondizionatamente perfetto. Ci amavamo così tanto... poteva esserci qualcosa di meglio al mondo? Non lo credevo affatto.

Io ero suo, lei era era mia: niente avrebbe più potuto fermarci perché avremmo combattuto per amore. Niente, nemmeno i miei misteriosi momenti di buio.



Pov. Andras

Oscillavo fra uno stato d'apatia ed uno di totale sconforto. Fra il silenzio e le urla di impotenza a malapena trattenute.

Dentro di me c'era il buio. Solo l'oscurità, adesso, mi sembrava adatta a me. Confortevole perché familiare al mio vecchio modo di essere. Ogni sentimento negativo era buono per farmi sentire vivo, perché in me non trovavo più nessun segno di vita.

Non mi sentivo bene. Anzi, era come se avessi scordato come fosse sentirsi bene con se stessi.

Sospirai per l'ennesima volta in quella giornata.

Avevo pure saltato il pranzo. Lo stomaco mi si era completamente chiuso.

I minuti scorrevano veloci, così come le ore, dato che non passavo istante senza correre di qua e di là per sistemare tutto per la partenza mia e di Damien. Avevo insistito per partire la sera stessa: non avrei tollerato un secondo di ritardo sulla tabella di marcia. Amia poteva aver bisogno di me in qualunque momento ed io dovevo essere lì con lei per sostenerla.

Mi mancava, Amia. Mi mancava come l'aria quando ti impediscono di respirare. Mi sentivo impotente come un uccello in gabbia che non può raggiungere il suo nido.

Ero bloccato qui, senza di lei, senza la luce che illuminava il mio buio interiore. Perché Amia era in grado di farmi dimenticare il mio oscuro passato e trasportarmi in un presente in cui prima non avevo osato sperare. In poche parole, mi aveva reso la vita migliore, degna di essere vissuta.

Per questo, adesso, mi sentivo terribilmente solo, abbandonato e desideravo solo riavere Amia al mio fianco. Per guardarla, toccarla... e farla mia. Per parlare con lei. Anche per litigarci così da poter fare pace a modo nostro. Volevo più di ogni altra cosa sentirla ridere per me e con me e giocare con i suoi splendidi capelli rossi. Abbracciarla e baciarla. Vivere con lei per sempre. E l'avrei riportata da me perché la... perché la volevo troppo, ecco. Semplicemente questo.



Al momento, ero appoggiato con le mani sulla scrivania del mio studio, curvo sugli ultimi documenti. Avrei lasciato la reggenza dell'Impero a mio padre.

Curvo com'ero, diedi un forte pugno al legno che si spezzò in due, crollando sotto il peso dei numerosi libri che vi erano sopra. Poco importava: mi sarei fatto portare un'altra scrivania su cui lavorare. O sfogare la mia rabbia, dipende da come la si vedeva.

Ancora una volta, il viso di Amia mi si impresse nella mente, angosciante come solo un dolce e felice ricordo poteva essere.

Frantumai la libreria al mio fianco.

Lei mi aveva mentito. Aveva detto, giurato, che io contavo più del padre per lei e, nonostante questo, era corsa da lui non appena me ne ero andato! Aveva preferito lui a me! Me, colui che aveva detto di amare con tutta se stessa, dannazione!

Affermava di amarmi come non aveva mai amato nessuno. Mi aveva anche promesso assoluta fedeltà e sincerità fra noi. E poi mi lasciava qui, senza degnarmi di una spiegazione, dopo che avevamo concordato di fare e decidere tutto insieme d'ora in poi, come una squadra.

<< Dopo che ti avrò salvata, Amia, stai pur certa che verrai punita per quello che mi stai facendo passare. >> borbottai fra me e me.

Non mi ero mai sentito tanto distrutto dentro. Ero come un vetro in frantumi che cercava disperatamente di tornare integro per riflettere ancora una volta l'immagine più bella che vi si fosse mai specchiata. La mia immagine più bella era Amia, la mia splendida Amia.

Passai una mano sul mio volto, stanco di questa insostenibile situazione in cui quella stupida ragazzina mi aveva cacciato.

Non l'avrei perdonata facilmente, questo era poco ma sicuro. Avrebbe dovuto sudarsi la mia magnanimità!

Ero furioso con lei. Arrabbiato come mai in vita mia. Tutto perché non sopportavo il fatto che la cieca preoccupazione che provavo per la sua vita oscurasse i miei obbiettivi di conquista. Non tolleravo che lei fosse diventata il mio unico scopo nella vita. Ormai pensavo solo a proteggerla, a tenermela stretta al petto. E questo non andava affatto bene.

Mi diressi in bagno, osservandomi allo specchio. Ciò che vidi, fu il volto sconvolto di un estraneo. Perché mi rifiutavo anche solo di credere che quello lì fossi io.

<< La cosa è più grave di quanto pensassi. >> dissi alla mia immagine riflessa nello specchio.

Con due dita mi massaggiai l'attaccatura del naso.

Quello che provavo per Amia stava seriamente sconfinando in un territorio sconosciuto ed altamente pericoloso per la mia salute mentale dato che non ero preparato a provare tutti questi sentimenti messi insieme con una tale intensità. Ero sconvolto di essere tanto coinvolto da lei da non poter nemmeno lontanamente immaginare di disfarmene.

Avere un cuore, o meglio, sentire di averlo, era una novità assoluta per me. Una novità che, per quanto brusca, mi faceva sentire vivo come mai mi ero sentito in vita mia. Quindi, se da un lato mi raccomandavo di andarci piano con Amia, dall'altro non vedevo l'ora di sperimentare nuovi modi per rapportarmi con lei.

Irrigidii la mascella. Come avevo previsto, Amia si stava rivelando la peggiore delle distrazioni. Ma anche la più piacevole... pensai.

Inutile dire che ero distrutto, sconvolto, preoccupato per la sua improvvisa scomparsa. Mi sentivo perso senza di lei, e non la sentivo né vedevo da solo un giorno. Uno stramaledetto, lunghissimo giorno.

Che diamine significava?

Io non potevo... non potevo realmente... no, non dovevo nemmeno pensarci, ma levarmi dalla testa l'ipotetico caso in cui... in cui io... no, adesso basta. Avevo un urgente bisogno di riprendere il controllo di me, controllo che con Amia presente o nella testa non riuscivo più a mantenere stabile, purtroppo.

Sentii bussare alla porta e, una volta che ebbi dato il permesso di entrare, mi vidi comparire davanti mio padre. Allungai il viso, ma, con mio grande sollievo, non vi vidi al seguito mia madre. Comunque, la visita di mio padre mi era ugualmente sgradita. Ora come ora, le sue parole sarebbero solo servite a farmi innervosire ancora di più dato che ero già nervoso di mio per la scomparsa di Amia.

<< Quindi hai deciso di seguirla, figlio mio. >> disse cupo, notando i bagagli già pronti per il viaggio.

Incrociai le braccia al petto, indispettito. Amia non aveva fatto una bella impressione sui miei genitori, i quali mi avevano già detto che la mia futura moglie doveva essere domata con la frusta di ferro prima dell'incoronazione se volevo evitare che girassero delle brutte voci sul nostro conto. Per loro l'onore veniva prima di tutto, ovviamente.

<< Non posso certo avere un erede al trono da solo, no? >> risposi, brusco. Volevo chiudere il discorso con mio padre sul nascere, perché non avrei tollerato ulteriori commenti sulla mia...

<< Andras, stai... stai per caso arrossendo? >> chiese mio padre, sbattendo più volte le palpebre, allibito.

Mi voltai di scatto dall'altra parte, per non guardarlo negli occhi.

Merda. Merda. Merda!

Non stava davvero succedendo a me. Non era possibile!

Mio padre mi picchiettò titubante sulla spalla. Io, allora, presi un profondo respiro e mi rigirai verso di lui. << Devo preparare le ultime cose, padre. Se volete scusarmi... >> dissi, facendo un cenno verso la porta.

Lui mi guardò ancora piuttosto confuso.

<< Padre, tornerò presto, vi chiedo solo di reggere il trono in mia assenza. Almeno questo favore me lo farete, spero. >> esclamai, esasperato. Che diamine voleva ancora? Avevo spiegato tutta la faccenda a lui e a mia madre un'ora prima, armato di una pazienza infinita. Sfortunatamente per lui, adesso era definitivamente finita. Ero stufo delle continue domande dei miei genitori, stavano diventando insistenti in un modo che mi dava davvero sui nervi.

<< Ero venuto per avere delle adeguate risposte. Non mi hai mai spiegato perché... >> iniziò, ma io lo bloccai con un cenno della mano.

<< Vi avverto, padre, un'altra parola sulla mia... sulla mia... >> cominciai furente ma, all'ultimo, mi bloccai. Non ce la facevo proprio a dirlo.

<< … fidanzata? >> concluse mio padre per me.

Di nuovo avvertii uno strano calore affluirmi alle guance e mi voltai, facendo finta di aver notato qualcosa di particolare fuori dalla finestra. Amia avrebbe pagato per questo, oh sì che lo avrebbe fatto. Insomma, come diamine mi aveva ridotto?!

<< Sì, esattamente. >> sospirai. Altro che grave, qui la faccenda era proprio irrecuperabile.



Quando mio padre se ne fu andato, finalmente potei riprendere a respirare con regolarità. Mi chiedevo se mai avrei avuto un buon rapporto con i miei genitori, anche se le probabilità erano piuttosto scarse dato che finché Amia non sarebbe entrata nelle loro grazie io avrei continuato a riprenderli duramente. Loro non erano fondamentali per me come lo era Amia. Avrei sempre scelto lei a chiunque e a qualunque altra cosa, di questo ero certo. Amia mi aveva consigliato più volte di riprendere i contatti con i miei genitori ed io ne ero rimasto sorpreso all'inizio dato che loro erano i primi ad offenderla. Poi, con un lieve sorriso, avevo pensato che era da Amia pensarla così: lei era convinta che bisognasse restare fedeli alla propria famiglia, anche nei casi peggiori. Io non ne ero molto convinto a dir la verità, poiché non ero cresciuto con il vero amore di un padre ed una madre, ero nato solo per dare una degna discendenza a mio padre e al suo impero. Amia aveva avuto lo sconfinato amore di sua madre da piccola e adesso era persino scappata per cercare di recuperare il rapporto con suo padre. Sinceramente, io non so se avrei fatto lo stesso per i miei genitori. So solo che per lei farei qualunque cosa pur di farla restare al sicuro fra le mie braccia.



Con lei al mio fianco è possibile superare ogni dolore.

La mia esperienza sul campo di battaglia con lei non serve, perché ogni volta sarà una nuova sfida.

Non serve usare la ragione con lei per il semplice fatto che è inutile provare a resisterle.

Per lei il mio cuore batterà sempre più forte del normale, sussurrando di lasciarsi andare alle emozioni poiché ne varrà sempre la pena.

Non sarò mai abbastanza pronto per lei, perché lei da sola basterà a sconvolgere ogni mio piano.



Più tardi, un'ora prima di partire per la Terra, ripensai a Damien e allo strano comportamento che aveva avuto oggi durante la nostra conversazione. Mi era sembrato strano, più strano del solito, per la precisione. Non era spensierato come le altre volte, ma come combattuto con se stesso per qualcosa di davvero preoccupante. Non avevo indagato perché il suo malessere mi era parso sconosciuto anche a lui, ma ciò non toglieva il fatto che sentivo che aveva bisogno d'aiuto.

Feci mandare a chiamare la sua prescelta, Raina, così da poter analizzare meglio la situazione con lei che, più di chiunque altro, era vicina al mio amico. Non si fece attendere molto e quando bussò le diedi immediatamente il permesso di entrare.

<< Damien non dovrà sapere nulla di questa conversazione, chiaro? >> iniziai, severo.

La ragazza, titubante, annuì.

<< Bene, detto questo, veniamo al sodo. Voglio sapere se anche tu, come me, hai trovato qualcosa di insolito in Damien. >> proseguii.

Raina sobbalzò, cercando inutilmente di nascondere l'agitazione. << Ecco, io... non so... forse... cosa intendete di preciso? >>

<< Dammi pure del tu, Raina, dopotutto sei la donna del mio migliore amico. Ora, come dicevo, prima ho notato che negli occhi di Damien è passata un'ombra stranamente familiare a quella che ho visto nello sguardo di Amia quando è stata posseduta dalla sua antenata. Per tale motivo ho lo spiacevole sospetto che Rea stia manipolando anche Damien. >> spiegai.

<< Beh... in effetti anche io ho avuto l'impressione che Damien non sia in se a volte. In particolare, quando oggi è tornato dalla sua riunione fuori dal castello, ho avvertito un brutto presentimento su di lui, come se un fattore esterno stesse distorcendo il suo spirito. >> ammise Raina con lo sguardo basso.

Sollevai un sopracciglio, interrogativo.

Lei, allora, si affrettò a dire: << Ecco, negli ultimi tempi sto avendo la possibilità di vedere, in qualche modo, l'anima delle persone. Per questo ho riconosciuto l'anima intrusa dentro quella di Damien. Non so ancora individuare le anime che non ho mai visto, solo quelle che ho analizzato almeno una volta. Quindi, solo ora che me lo stai dicendo so che l'anima intrusa in Damien era quella di Rea. Grazie a te, però, da oggi saprò riconoscerla. Ovviamente, ti avviserò se la scorgerò ancora in Damien. >>

<< Non ho la certezza che fosse proprio Rea, ma in linea di massima credo che questa mia teoria sia abbastanza plausibile. >> specificai.

Quando Raina rialzò lo sguardo da terra, aveva gli occhi lucidi. << Non voglio che accada qualcosa di brutto a Damien. Ti prego, proteggilo. >> supplicò.

<< Lo farò, non preoccuparti. >> risposi per cercare di rassicurarla. Non sopportavo che qualcuno piangesse davanti a me e l'ultima cosa che volevo era ritrovarmi quella ragazzina in lacrime.

<< Non possa fare niente per lui? >> si informò Raina.

Scossi la testa. << No, tu non sei una sacerdotessa. Forse Amia ci sarebbe stata utile, ma lei non è qui al momento, quindi dovremo solo assicurarci che Damien non sappia più nulla né della missione di salvataggio di Amia né dei programmi per la guerra. Non mi piace dirlo, ma probabilmente è per questo che Rea e la CGE stanno riuscendo a contrastare le mie mosse contro di loro. >>

<< Vuoi dire che Damien è una spia? >> mormorò Raina, scossa da violenti tremiti in tutto il corpo.

<< Indirettamente, ma sì, Damien è una loro spia. >> confermai, cupo.

<< Già, non credo proprio che lui sappia di essere comandato da quella strega. >> disse seccamente Raina. Era furiosa e si vedeva.

<< E non dovrà mai saperlo o rischiamo che Rea manipoli qualcun altro a nostra insaputa e questo non possiamo permettercelo. Faremo di tutto per togliere la sua mente dall'influsso di quella di Rea, ma agiremo in incognito, come se ancora fossimo all'oscuro di ciò. Dobbiamo farle credere di essere ancora in vantaggio su di noi, solo così potremo coglierla di sorpresa e sconfiggerla una volta per tutte. >> la istruii.

<< Quindi, suggerisci di far finta di niente con lui? >> chiese, allora, lei.

Annuii affermativamente.

Raina mi fissò intensamente negli occhi. << Credi che Damien c'entri qualcosa nella scomparsa di Amia? >>

La guardai a mia volta, stringendo i pugni. << Forse, dopotutto Amia mi aveva riferito di essersi sentita osservata da qualcuno una volta e Damien sembra essere l'unica risposta possibile considerando tutto quello che abbiamo appena detto. >>

<< Per tutto questo tempo siamo stati in balia del gioco di Rea e non ce ne siamo nemmeno accorti. >> sussurrò Raina, stringendosi fra le braccia. Dicendo questo, si era fatta piccola piccola di fronte a me.

<< Già. >> dissi fra i denti << Sta giocando con le vite delle due persone più importanti nella mia vita, e per questo soffrirà molto prima che le dia il permesso di morire. Con lei metterò in atto tutte le mie più sfrenate fantasie di tortura. Sarà divertente vederla implorare pietà sotto i miei colpi. Pietà che io non le concederò mai: quella stronza non merita alcuna grazia da parte mia. >>

Notai che Raina si era fatta pericolosamente pallida, quasi fosse sul punto di svenire, così conclusi: << Ovviamente, a Damien non verrà fatto nulla. Non sa di agire per conto di Rea, quindi è del tutto innocente. >>

Raina sembrò visibilmente sollevata dalle mie parole.

<< Preparati per la partenza, adesso fai attivamente parte della squadra. Verrai con me e Damien sulla Terra, così da poterlo tenere d'occhi e informami in caso lui fosse di nuovo soggetto alla magia di Rea. >> dissi mentre l'accompagnavo alla porta.

Lei annuì energicamente. << Sarà fatto. >>



<< Che ci fa lei qui? >> esclamò con disappunto Damien, puntando il dito contro Raina.

<< Raina verrà con noi, Damien. Credo che ci potrebbe essere molto utile. >> risposi, tendendo il braccio e usando i miei poteri per aprire un varco sulla Terra. Immediatamente, un cerchio di fiamme nere rispose al mio comando ed io mi incamminai verso di esso dopo aver fatto un cenno a Damien e Raina. La ragazza fece per seguirmi ma il mio amico la bloccò per un braccio, guardandola storto.

<< Tu resti qua. >> le disse, autoritario.

Raina, allora, si voltò verso di me, in cerca di un sostegno contro il ragazzo.

<< Damien, lasciala. Non le accadrà niente di male, dopotutto ci siamo noi due con lei. >> dissi, provando a farlo ragionare senza dirgli il vero motivo per cui Raina dovesse venire con noi.

<< Sei forse impazzito, Andras? Contavo almeno su di te per obbligarla a rimanere a corte! >> protestò Damien, seccato.

Mi imposi di restare calmo e concentrato. Non dovevo perdere la pazienza per nulla al mondo, anche se era piuttosto difficile riuscire nell'intento dato che avevo fretta di partire per salvare Amia.

<< Damien, ti ordino, in quanto tuo imperatore, di lasciarla subito. >> sbottai, minaccioso. A mali estremi, estremi rimedi.

<< Pensavo fossi il mio migliore amico, non il mio signore. >> ribatté lui, deluso.

<< Anche. >> risposi semplicemente << Ora sbrigati che dobbiamo andare. >>

Damien sospirò, stanco e sconfitto: sapeva benissimo che quella era la mia ultima parola.

Io, Damien e Raina attraversammo il portale che avevo aperto in assoluto silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.



Amia, aspettami. Sto arrivando da te.



***



ANGOLO AUTRICE:

Il traditore è Damien.

LOL (Quando ho deciso che sarebbe stato lui il traditore ho saputo esclamare solo questo. Scusate, ma volevo rendervi partecipi della mia reazione alla cosa. XD)

Vi ricordo i segnali: la brutta sensazione di Raina che, ora, avete scoperto fosse proprio a causa sua; in più dovevate immaginarlo perché Damien è, oltre ad Amia, la persona più vicina ad Andras e, quindi, è sempre informato su ogni cosa che riguardi l'Impero di Alloces, cosa molto utile ai piani di Rea e della CGE che, appunto, hanno sfruttato ogni informazione per difendersi dagli attacchi dell'esercito di Andras. Inoltre, Rea ha deciso di prelevare ora Amia perché sapeva che lei ormai era innamorata pazza di Andras, oltre al fatto che si fosse già unita a lui, cosa che a palazzo, per via di un certo cambiamento nell'odore in Amia come avete letto negli scorsi capitoli, la potevano sapere solo i demoni e, quindi, anche Damien.

Dalle recensioni, so che solo Anastasia_Belle ci è arrivata. Complimenti! :D

Bene, detto questo, avete visto come ha reagito Andras alla scomparsa di Amia e che il suo orgoglio sta tentennando sempre di più riguardo i suoi sentimenti verso di lei. Forza, che ci stai arrivando, Andras! *alza in aria i pon pon*

A proposito... avete notato che Andras è arrossito? (Un bel LOL anche qua ci sta. XD) Che dolce che è quando vuole(o meglio, quando voglio io, ma è uguale. u.u)!

Poi... altra bella notizia: Raina ha finalmente fatto l'amore con Damien! EVVIVA! :D (Ora puoi morire in pace, Francesca Caruso. XD)

Alla fine del capitolo, avete anche visto la partenza di Andras, Damien e Raina per la Terra. Ovviamente, per prima cosa si stanno dirigendo nei domini dell'Impero di Alloces, poi andranno verso i territori protetti dalla CGE.

Vi informo che nel prossimo capitolo parleranno Andras ed Amia. In questo capitolo Amia non c'è stata, ma nel prossimo vedrete cosa le è accaduto dopo che Damien l'ha consegnata a Rea.

Volevo anche dire che il titolo del capitolo significa che gli inconsapevoli sono due: Damien, che non sa di essere sfruttato da Rea, l'antenata di Amia, ed Andras perché è ancora inconsapevole di amare Amia dato che si nasconde dietro il suo orgoglio(da qui, l'orgoglioso del titolo).

Infine, volevo specificare che non basta che Damien si sia dichiarato a Raina per fargli uscire fuori la lacrima di sangue della leggenda. Serve un'altra cosa che accadrà tra un po'.



GRAZIE di cuore alle 44 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 19 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIEenorme va anche alle ben 98 ragazze che hanno messo "Il Dominatore del Mondo" fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 12 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti. Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative! <3



Bacioni e alla prossima,

vostra Ashwini.





















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Capitolo 28
*** Capitolo ventisettesimo: Comprensioni. ***


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CAPITOLO VENTISETTESIMO: Comprensioni.



Pov. Amia

Tempo fa, quando realizzai di amare Andras seppi sin da subito che il mio era un sentimento che mi avrebbe condotto alla pazzia. Questo perché amavo Andras oltre ogni limite ed io, almeno una volta, non ero una ragazza che amava il brivido dell'eccesso, anzi, ci tenevo a starmene lontana dai guai il più possibile proprio per il mio caratteristico spirito di autoconservazione. Non intendevo provare più dolore di quanto già ne stessi subendo in quel periodo. Per tale motivo, quando scoprii di amare Andras, restai molto sorpresa. Piacevolmente sorpresa. Andras era il terremoto che aveva scosso le fondamenta del mio cuore quando meno me l'aspettavo. Sentivo che ormai le nostre anime erano così inestricabilmente intrecciate che il solo pensiero di separarle era inconcepibile. Il mio amore per lui non era dettato da una semplice eccitazione nell'immaginare di baciare ogni centimetro del suo splendido corpo, non attesa smaniosa di essere posseduta da lui ogni notte, ogni momento. L'amavo semplicemente perché era lui, perché mi completava alla perfezione come nessun altro avrebbe potuto fare. Ne ero innamorata e sapevo che mai avrei cessato di esserlo. Ora che ci penso, all'inizio della nostra storia avevo sperato che fosse lui il mio principe azzurro, poi avevo visto che in realtà era un cavaliere oscuro. E la cosa mi stuzzicava parecchio. Da allora avevo iniziato a vederlo sotto una nuova luce ed il mio mondo cambiò radicalmente. In meglio, s'intende. Anche lui, inconsapevolmente, aveva fatto notevoli passi in avanti con me. Io ed Andras, infatti, non lasciavamo che la tempesta ci travolgesse: noi l'affrontavamo a viso aperto con le mani saldamente unite. Sapevamo entrambi, ormai, che solo insieme potevamo farcela.

E allora perché, pensai, mi trovo qui, nella tana del lupo, da sola?

Beh, non è che avessi avuto molta scelta: o restavo al sicuro con Andras o mi facevo forza per andare a salvare mio padre dalle grinfie della mia antenata. Avevo scelto la seconda opzione e tutt'ora non me ne pentivo. Quando mi mettevo in testa di far qualcosa, infatti, la facevo e basta, senza ripensamenti. Ero fatta così. Inutile dire che la cosa aveva, oltre i pro, anche i contro. Comunque, anche se ero consapevole di non avere molte speranze contro Rea, mi sarei impegnata per darle filo da torcere. E poi, avevo ancora la speranza di riuscire a portar fuori di qui, sani e salvi, me e mio padre. Non era ancora stata scritta l'ultima parola: questa dipendeva esclusivamente da come avrei giocato le mie carte.

Indipendentemente da come sarebbe finita, però, ero molto contenta delle scelte che avevo fatto, compresa quella di amare Andras.

<< Da questa parte, signorina. >> mi disse all'improvviso l'uomo vestito di nero che mi stava accompagnando da Rea. L'avevo riconosciuto subito: era Marcus, l'uomo delle mie visioni.

Dopo che Damien mi aveva lasciata nelle sue mani, non avevo fatto molto caso a ciò che mi circondava: ero troppo sconvolta. Mi era passato tutto davanti senza che io battessi ciglio. Ormai, ero convinta di averle viste proprio tutte.

Chissà, però, magari la mia antenata sarà l'eccezione che confermerà la regola...

Non fui per niente contenta di quel pensiero, così lo scacciai in fretta dalla mia testa. Mi imposi, quindi, di concentrarmi.

<< Sapevate che sarei venuta, vero? >> dissi. Era tutto talmente organizzato e perfetto che mi era impossibile non pensare che io non ero un ospite inatteso lì, al quartier generale della CGE.

L'uomo annuii. Aveva un perenne sorriso in volto. Un sorriso sinistro.

Rabbrividii.

<< Lei com'è? Rea, intendo. >> chiesi con finta nonchalance.

L'altro si girò leggermente per potermi guardare meglio in viso. << Vi somigliate molto per certi aspetti. >>

Arricciai il naso, disgustata. << Non credo proprio. >>

Marcus piegò la testa all'indietro e rise piano. << Tu non la conosci come la conosco io. Vedrai, ad un certo punto vi intenderete alla grande. Dopotutto, buon sangue non mente. >>

Non parlai per tutto il resto del tragitto dall'ingresso dell'enorme struttura d'acciaio alla fine del corridoio in cui poco prima mi aveva introdotta. Giungemmo davanti una porta in legno chiaro. Marcus bussò e, quando una vellutata voce femminile ci diede il permesso di entrare, mi aprì galantemente la porta.

Mentre varcavo la soglia per entrare nella stanza, Marcus mi seguì con lo sguardo maligno che mi aveva rivolto prima. Gli rifilai la peggiore occhiataccia del mio repertorio e, alla fine, gli chiusi violentemente la porta in faccia.

<< Credevo che conoscessi almeno la buona educazione, mia cara nipote. >> mi sentii richiamare.

Mi voltai, trovandomi di fronte una giovane donna dai tratti delicati. Era davvero bellissima con quei capelli rosso fuoco e gli occhi color cioccolato.

Ha i miei stessi capelli...

Indurii il mio sguardo. << In questo luogo nessuno la merita. >>

Lei si portò una mano alla bocca, nascondendo una risata. Il sorriso non raggiunse gli occhi, però, e questo mi mise in guardia.

<< Vieni, cara. >> disse in seguito << Siediti pure. Noi due abbiamo molto di cui parlare. >> finì, gentile, indicandomi la poltrona rossa al suo fianco.

Incrociai le braccia sotto al seno per poi alzare il mento, spavalda. << Non mi fido di te. >>

Gli occhi di Rea divennero di ghiaccio. << Ho detto: siediti! >>

Dopo quelle parole, non riuscii più a controllare il mio corpo. Infatti, senza nemmeno rendermene conto, mi ero già seduta sulla morbida poltrona. Rapida, cercai di alzarmi ma, ancora una volta, qualcosa mi impedì di farlo. Ricaddi seduta, esausta.

<< Ti odio. >> sputai fra i denti.

Rea si sedette composta sulla poltrona davanti a me. Infine, giunse le mani sotto il mento. << Voglio che tu mi ascolti per tutto il tempo che mi necessita. >>

<< Non mi interessa ciò che hai da dirmi. Incatenami pure in una squallida prigione! Fallo, ma libera mio padre! >> risposi, rancorosa.

La mia antenata mi guardò per un attimo, dall'alto in basso, poi rimise al suo posto la maschera gentile di poco fa. Non mi lasciai ingannare, restando in posizione di difesa.

<< Ti farò vedere tuo padre, dopo, te lo prometto. >> garantì << Ma credo che quello che ho da dirti ti interesserà molto più di quanto immagini. Ti conviene ascoltarmi. >>

Strinsi le labbra in una linea dura, pensando che forse, se non avessi acconsentito, lei avrebbe fatto ancora del male a mio padre.

Annuii.

Il tempo, nonostante tutto, passa prima o poi. Sarebbe trascorso anche stavolta portandosi dietro le orribili parole di Rea.

<< Bene, direi di iniziare dal principio. >> disse paziente la donna << Sai, non è sempre stato tutto così. C'è stato un tempo in cui io e le mie compagne vivevamo in pace col mondo che ci circondava, beh... è vero, anche allora qualcuno ci guardava con sospetto, ma noi non facevamo davvero del male a nessuno, solo ai demoni che se lo meritavano. Secoli fa, come oggi d'altronde, c'erano mele marce da eliminare una volta per tutte, e noi sacerdotesse agivamo in nome della sacra giustizia. Dopo, ci ritiravamo tranquille nei nostri templi, in pace. Non chiedevamo nulla in cambio delle nostre buone azioni, ci bastava il pensiero di aver salvato innumerevoli vite dalle sudice mani di quei mostri. >>

<< Andras non è un mostro. >> la interruppi, sapendo benissimo dove voleva arrivare. Il mio amore per Andras non avrebbe mai ceduto. Questa strega poteva dire quello che voleva. Ero sorda alle sue sporche accuse. << Tu lo sei per tutto quello che stai facendo. >>

Rea sospirò, ma non riuscii a capire se per la stanchezza o per la rabbia di essere stata interrotta nel bel mezzo del discorso. << Lui non è l'uomo che credi di conoscere. Lui è malvagio, Amia. >>

<< Perché tu, ovviamente, lo conosci. >> scattai.

Lei fece un gesto veloce con la mano e riprese da dove l'avevo interrotta: << Odiavo i demoni, li odiavo tutti. Tutti... tutti tranne uno. Indovina chi. >>

Trasalii. No, non era possibile.

<< Già, Amia, il tuo caro Andras. Lui mi ha ingannata. E sai perché? Perché voleva una cosa che solo io potevo dargli. >> continuò, brutale. La sua faccia si scurì pericolosamente ed io rabbrividii.

<< Cosa... cosa voleva? >> chiesi, cercando inutilmente di non far tremare la voce.

<< Le mie sacerdotesse ed io non siamo le uniche in questo universo. C'è un altro gruppo che pratica la magia sacerdotale. >> disse << Si fanno chiamare i Guardiani dell'Occhio e servono chiunque paghi profumatamente il loro servizio. Io li ho sempre disprezzati per questo. Il nostro dono non si usa per arricchirsi. Comunque, come dicevo, questi Guardiani predissero, a suo tempo, al padre di Andras che il figlio avrebbe trovato la sua prescelta in una mia discendente. L'imperatore, ovviamente, lo riferì al giovane principe, il quale, una volta sovrano, mi cercò. >>

Stavo cadendo come un castello di carte e questo mi spaventava. Cos'altro ancora avrei dovuto sentire?

Avevo un brutto presentimento e le gelide occhiate di Rea non facevano che fomentare le mie paure.

Deglutii, ma mi raddrizzai sulla poltrona per farmi vedere più sicura di quel che in realtà ero.

<< Continua. >> dissi con voce incredibilmente ferma. Potevo farcela.

<< Un giorno, Andras mi intrappolò alla fine di un passaggio dalla alte mura di pietra e mi disse che voleva solo parlare. >> disse << Lo ascoltai, sapendo benissimo che non ero abbastanza forte per combatterlo. Allora non ero pronta per affrontare i suoi poteri, purtroppo. >>

La osservai stringere le mani in pugni chiusi.

<< Di cosa parlaste? >> chiesi, sinceramente curiosa.

Rea si sistemò accuratamente le pieghe del lungo abito giallo che indossava. << Volle diventare mio amico a tutti i costi, Amia, e io ci cascai come una stupida, volendo credere alle sue persuasive parole per dargli almeno una possibilità. Non c'è giorno che non mi maledica per questo mio atto di ingenuità. >>

Chiusi per un attimo gli occhi, ferita che Andras non me ne avesse mai parlato. << Voglio i dettagli. >>

A questo punto tanto valeva concludere il discorso. Tanto, peggio di così...

<< Non successe niente fra noi, se te lo stai chiedendo. Solo... solo un bacio che io un giorno gli diedi a tradimento. Mi innamorai follemente di lui, anche se Andras non mi aveva mai incoraggiato. Lui mi rifiutò subito, urlandomi contro. >> raccontò dopo qualche secondo di pausa << Solo molto tempo dopo che mi lasciò, venni a sapere che era voluto diventare mio amico solo per convincermi ad unirmi con qualcuno per generare te. >>

La fissai intensamente e mi sorpresi di trovarla tanto vulnerabile. Sembrava davvero scossa a ricordare quel pezzo della sua vita. Io, comunque, non abbassai la guardia. Era meglio essere prudente fino alla fine.

<< Andras mi ha detto che lui ti ha vista la prima volta quando ti sei impossessata del mio corpo. Non ti conosceva, non sapeva perché lo odiassi tanto da desiderare vendetta. >> dissi, decisa a non farmi abbindolare. Io credevo ad Andras e per questo non avrei mai dubitato di lui. Sapevo che non mi aveva mai mentito da quando il nostro rapporto si era saldato giorni fa.

Rea non batté ciglio. << Anch'io ne sono restata sorpresa, a dir la verità. All'inizio, ho pensato che mentisse per non perderti, poi ho capito che lui realmente non sapeva chi fossi. O meglio, non sapeva più chi fossi stata per lui. >>

Sbattei ripetutamente le palpebre, confusa.

<< Qualcuno gli ha cancellato la memoria. >> spiegò, quindi.

Mi portai una mano alla bocca, stupita. << Sai chi è stato? >>

Rea scosse la testa, pensierosa. << No... non proprio. Ho un'ipotesi, però. >>

Con un cenno del capo la invitai a continuare.

<< Potrebbe benissimo essere stato suo padre. Ricordo che era abilissimo nel fare simili trucchetti mentali da giovane. >> rispose la donna, immersa nei propri pensieri.

<< A quanto ho capito non hai prove di ciò che dici, ma ammettiamo per un attimo che sia così. Perché Nadiel avrebbe dovuto fare una cosa del genere a suo figlio? Perché fargli dimenticare di te? >>

<< Intanto, Nadiel non avrebbe completamente cancellato la memoria ad Andras quella volta: lui ricordava ancora il suo obiettivo di trovarti per avere il suo erede. Il fatto di farmi dimenticare da Andras suppongo sia accaduto sempre per causa tua. Ragiona: se tu avessi saputo prima tutta questa storia, l'avresti mai amato? Ti saresti sforzata di accettare quel mostro così com'è se avessi saputo gli intrighi che hanno portato al vostro incontro? >> mi chiese Rea.

<< La tua teoria non è plausibile: il mio amore per Andras non è mai stato forzato. >> dissi << Mi sono innamorata naturalmente di lui. Non ho mai nemmeno associato il mio sentimento alla leggenda delle prescelte. Lo amo perché è lui, punto e basta. Anche adesso che mi hai rivelato queste cose lo amo. E lo amerò sempre, in ogni caso. >> ribattei, convinta, mentre il mio cervello lavorava senza sosta. C'era qualcosa che non quadrava. << Chi mi dice che non abbia cancellato tu la memoria ad Andras? >>

<< Perché mai avrei dovuto farlo? >> rispose, incredula.

<< Mettiamo allora che non sia stata tu. >> continuai, esasperata << Non c'è davvero nessun altro che avrebbe potuto fare una cosa del genere? >> chiesi, sospettosa << Come hai detto tu, i Guardiani dell'Occhio servono chiunque abbia le tasche piene... non devono fedeltà a nessuno. Avrebbero potuto dire ciò che hanno detto al padre di Andras anche ad altri. >>

Rea esitò, infine disse:<< No, nessuno a parte me e la famiglia reale di Alloces sapeva di te. >>

Inarcai un sopracciglio, scettica. Stava mentendo, era chiaro. Ma chi stava tentando di coprire? << Non capisco ancora cosa questo qualcuno abbia ricavato nel far perdere parte della sua memoria ad Andras, ma una cosa la so per certo: tu sei arrabbiata perché lui ti ha fatto un torto un tempo. Cioè ingannarti con una falsa amicizia e facendoti, seppur inconsapevolmente, innamorare di lui. Un torto che ti ha portata a fare proprio quello che voleva Andras: farmi nascere, certo, ma con un'eccezione, e cioè potermi sfruttare contro di lui, perché so che sono qui anche per questo, non credere che sia stupida. >> dissi << Ora, mi viene da pensare che il fatto che io sia nata come una sacerdotessa non fosse previsto, da te, intendo. Credo che tu abbia voluto la mia nascita per poter sfruttare i miei e i poteri di mio figlio un giorno, ma se io invece fossi nata umana, tua erede dopo una miriade di generazioni, cosa sarebbe cambiato? >>

Ero certa che qualcuno l'avesse influenzata nella sua scelta di farmi nascere come una sacerdotessa ed ero decisa ad indagare sulla faccenda il più a fondo possibile.

Rea rifletté per qualche secondo con una strana smorfia dipinta in volto. << Se tu fossi stata umana non... non... >> si bloccò, quindi si alzò dalla poltrona e andò di fronte la sua scrivania. Era di spalle, perciò non vidi cosa stesse facendo, ma la sentii armeggiare con un qualcosa di metallico. Subito dopo, si sentì un clic e poi la scrivania si spostò di lato, rivelando una scala che portava di sotto.

Mi alzai a mia volta, affiancandola. << Dove porta? >>

Rea indicò il passaggio segreto con un dito teso. << Al mio laboratorio personale e alla mia biblioteca. C'è un libro che voglio mostrarti; un libro che è entrato in mio possesso dopo che io e Andras ci siamo conosciuti tramite un mio amico. >>

Amico? Mmh... forse era questo misterioso amico di Rea ad averla convinta a far di me la sua erede, mostrandole il libro in questione.

Annuii, curiosa, e la seguii di sotto stando poi in silenzio per tutto il tragitto. Scendemmo parecchio sottoterra, tanto che gli scalini mi sembrarono infiniti ad un certo punto, comunque, non mi lamentai.

Rea inserì un codice nel piano metallico affianco alla porta d'acciaio di fronte alla quale eravamo giunte e mi fece segno di accomodarmi dentro.

Quando entrai nella stanza venni abbagliata da una forte luce, poi, scostando dopo un po' la mano dagli occhi, mettei a fuoco la più grande biblioteca che avessi mai visto, anche più grande di quella del palazzo di Andras.

Stupita ed affascinata feci un giro su me stessa per guardarmi attorno. << Wow! >>

<< Vieni, per di qua. >> mi richiamò Rea.

Mi portò davanti un bellissimo supporto in legno d'acero con una teca di vetro appoggiata sopra. Dentro la teca individuai un libriccino dall'aspetto antico e consumato dal tempo. Rea lo prese delicatamente fra le mani e lo aprì per farmelo vedere meglio.

<< Avrai letto della leggenda delle prescelte nel libro delle ''Leggende del mondo demoniaco''' scritto dal Consiglio dei supremi anziani del monte Catoth, il sacro monte dell'Impero di Alloces. >> esclamò la donna mentre io annuivo parola per parola. Ricordavo perfettamente il giorno il cui io e Raina leggemmo il primo brano del libro.

<< Bene, saprai anche che quel libro non è completo, che mancano delle informazioni. >> continuò.

<< Certo. >> risposi senza scompormi.

<< È una raccolta di pagine di diario, non un semplice documento. Colei che parla nei brani che mi accingo a leggerti è una prescelta di tanti anni fa. Ho scelto le sue memorie perché anche lei, come te, era contemporaneamente una prescelta ed una sacerdotessa. Casi come il vostro sono molto, molto rari. >> spiegò.

<< Sì, Andras me l'aveva accennato. >> confermai, tranquilla. Andras e le sue parole erano il mio unico punto fermo.

Rea mi lanciò un'ultima occhiata carica di significati e cominciò a leggere: << Caro diario, per la prima volta in vita mia sono innamorata. È una sensazione meravigliosa e vorrei tanto continuare a provarla... purtroppo, sai bene che devo per forza tenermi tutto dentro se non voglio che le mie compagne puniscano me e si adirino con lui. Lui, il mio Aspen... Aspen è un demone, per cui il nostro è un amore impossibile. Lo sappiamo entrambi, ma non riusciamo lo stesso a stare lontani l'uno dall'altra. Anche lui mi ama, io lo so. Non me l'ha ancora detto ma è così. Mi guarda come io guardo lui. Stasera abbiamo un appuntamento segreto al lago, caro diario. Augurami buona fortuna! >> si interruppe per girare pagina << Non è andata bene. Qualcuno sapeva di noi, qualcuno ha fatto la spia. Verrò giustiziata questa notte. Non potrò scriverti più, caro diario. Addio. >>

<< Dice solo questo nella seconda pagina? >> chiesi, triste per la sorte della ragazza.

<< Sì, come vedi ha scritto queste poche frasi velocemente, è molto probabile che dovesse chiudere in fretta il discorso. Però, c'è dell'altro. Alla fine, ha potuto scrivere dell'altro nel suo diario. >>

<< Come? Non doveva essere giustiziata? >> domandai, storcendo il naso.

<< Aspen l'ha salvata, sacrificandosi per lei. Ha proposto uno scambio: la sua morte al posto di quella della sua amata. Lei è stata esiliata. Non so dirti se oggi sia ancora viva. >>

<< Lui poteva salvarsi, ma non l'ha fatto. Si è sacrificato per amore... >> mormorai, pensando che io avrei fatto lo stesso per Andras. << Leggimi le altre memorie del suo diario. >>

<< Caro diario, sono ancora qua, viva. Viva per modo di dire, perché il mio amore non c'è più... è morto per me. Ho pianto per settimane... neanche adesso sto bene, in verità. Mi sento morta dentro, nell'anima, perché una parte di me se ne è andata via con lui. Lo rivoglio indietro! Lo rivoglio! Ma come posso riportare in vita un morto? Non posso... non esiste modo... Non ho nemmeno la forza di vendicarmi contro le mie vecchie compagne: sono completamente sola. Mi sento inutile. La mia vita non ha più un senso, caro diario. Scrivere di lui, però, mi tiene in qualche modo ancorata alla realtà. Ormai, le mie uniche ricchezze sono i ricordi che ho con Aspen. Avrei comunque preferito morire con lui. Dato che lui è morto al posto mio, io non sono morta... se fossi morta io prima, entrambi saremmo potuti stare insieme nell'altra vita. Lui, però, ha voluto che io vivessi e per questo non me la sento di sprecare la vita che mi ha donato. Che ci ha donato... sì, caro diario, sono incinta. Ho deciso che proteggerò il mio bambino ad ogni costo. Spero che assomigli a lui... ci spero tanto. >> girò ancora pagina << Caro diario, ho chiamato il bambino come il padre, Aspen. Cresce sano e forte. Potente proprio come il suo papà. Forse di più... manifesta strani poteri... sembra avere persino i miei... è davvero strano. Siamo solo io e lui in casa, ma stiamo bene. Aspen mi chiede sempre del suo bel papà ed io gli dico tutto ciò che so. Ultimamente, Aspen mi ha chiesto di insegnargli la magia. Impara molto in fretta. Oltre che abile nella magia sacerdotale sa manovrare i poteri demoniaci. Ormai, sono convinta che abbia ereditato tutte le capacità mie e del padre, anche se quando le usa ne amplifica notevolmente la potenza. Mio figlio è straordinario, caro diario, sono molto, molto fiera di lui. Anche suo padre lo sarebbe, è un vero peccato che non possa vederlo crescere e diventare adulto. >>

<< Non c'è nient'altro? >> chiesi, alzando gli occhi dal diario segreto per osservare Rea.

<< No, il resto delle pagine sono strappate. Non so chi le abbia prese... forse le ha tolte la sacerdotessa stessa oppure l'ha fatto suo figlio. >> rispose, guardandomi a sua volta.

<< Aspen, il figlio di lei intendo, dov'è finito? Si sa? >> mi informai, sinceramente curiosa.

<< Nelle pagine precedenti si dice che un demone leggendario, quale Aspen era, non può in nessun caso morire. Nemmeno la magia sacerdotale può ucciderlo. Quindi, è sicuramente vivo da qualche parte... forse è ancora a casa della madre, ma nel diario non viene detto nulla a proposito di dove lui e lei vivessero. Questioni di sicurezza, suppongo. >> spiegò, riponendo con estrema cura il diario nella teca di vetro.

Perché lo posa? Non posso leggere le altre memorie della sacerdotessa?

Sbuffai.

<< Tutto ciò per farmi capire che il figlio mio e di Andras sarà anche più potente di un normale demone leggendario? >> conclusi.

Rea annuì. << Già, vostro figlio sarà più forte di quello che nascerà dalla tua amica e da Damien. Lui potrà usare la magia sacerdotale, come hai appena sentito. Cosa non trascurabile se consideri che le sacerdotesse sono le nemiche mortali dei demoni. Vostro figlio, invece, sarà praticamente intoccabile. >>

<< Sono sempre più convinta del fatto che qualcuno ti abbia convinta a farmi nascere come tua diretta erede. Dopotutto, un demone con una simile dote metterebbe in fuga ogni sacerdotessa con un minimo di buon senso, o sbaglio? >> osservai.

La donna accanto a me sospirò. << Marcus. >> confessò << Marcus è l'unico con cui abbia mai parlato sul serio di te e dei miei intenti contro Andras. Ma di lui mi fido, Amia. Non credo mi tradirebbe mai. >>

<< E se qualcuno gli avesse scavato nella mente? >> proposi, mettendomi un dito sul mento.

<< Marcus è esperto quanto me nel chiudere la mente a chiunque tenti di penetrarla. >> assicurò, decisa.

Ma se non era Marcus colui che aveva cancellato parzialmente la memoria ad Andras e messo contro con ancora più enfasi Rea contro il mio demone, chi altri poteva essere? Se Rea, poi, mi assicurava che nessun altro prima d'ora sapeva di me... non avevo altri indiziati. Ero in un vicolo cieco, insomma. A meno che Marcus non ce la stesse raccontando giusta... infatti, mi rifiutavo di escluderlo come possibile colpevole finché non fossi stata completamente sicura della sua innocenza.

Non sapendo più che altro dire, mi zittii.

Avevo finito le ipotesi al momento e avevo già la testa in fiamme per il forte mal di testa. Dovevo necessariamente riposare un po' e Rea, col suo occhio attento, se ne accorse.

<< Vieni, ti porto nella tua stanza. >> disse all'improvviso.

<< Ho una stanza? >> chiesi, sorpresa. Pensavo che avrei dormito in una cella, esclusa da tutto e da tutti.

<< Certo, nei sotterranei. >> disse con nonchalance.

Ah, ecco, mi sembrava troppo bello per essere vero.

<< Mi farete degli esperimenti? Mi farete... del male? >> continuai con ansia crescente. Grazie a Dio, però, riuscii a mantenere freddo il mio tono di voce.

<< Niente di tutto ciò, Amia, non preoccuparti. Tu ci servi ad altro. >> fece uno strano sorriso. Enigmatico, addirittura.

A quel punto mi ricordai di un particolare piuttosto importante che avevo quasi dimenticato. << Posso vedere mio padre, adesso? >>

<< Oh, sì, giusto... tuo padre... sai che ho alterato i suoi ricordi, no? Non ti riconoscerà come la figlia che ha sempre amato più di se stesso... ti vedrà come io gli ho ordinato di fare, cioè come una nemica da eliminare. Ti senti pronta a vederlo in queste condizioni? >> disse con una nota maligna nella voce. Si vedeva che godeva nel fare del male agli altri. Quindi, o mentiva quando diceva di essere stata buona e giusta un tempo, o la ferita che Andras le aveva inferto l'aveva troppo segnata, o ancora sempre quel misterioso qualcuno la stava seriamente influenzando nelle sue scelte. Ero più propensa verso la terza ipotesi, ma non dissi nulla a tal proposito, preferendo piuttosto indagare da sola senza attirare l'attenzione.

Mi sentii stringere il cuore, ma pensai che la voglia che avevo di vedere mio padre era comunque troppo grande per aspettare ancora, così le dissi di portarmi subito da lui.

Non ci impiegammo molto ad arrivare nella cella in cui tenevano il mio povero papà. Non era tenuto in pessime condizioni, ma non era nemmeno possibile giudicare l'ambiente senza storcere il naso. Innanzitutto, c'era un tanfo terribile, poi, se si aggiungeva anche la scarsa pulizia, il disgusto che si poteva provare vedendo quella scena era alle stelle. Che schifo, davvero, ma perlomeno non era legato ad una macchina di tortura di chissà quale tipo.

Rea mi disse di non entrare perché era pericoloso farlo per me che, ora come ora, non godevo dell'apprezzamento di papà, così mi limitai a stringere convulsamente le sbarre della cella.

Osservai i capelli sporchi e grigi di mio padre con estremo rammarico. Sospirai triste quando vidi i suoi vestiti stracciati e bucati in più punti. Inoltre, era tanto magro che gli si potevano contare le costole una ad una. Gli erano anche comparse delle nuove rughe sul viso. Non c'era, insomma, più nulla che facesse pensare che un tempo era stato un bell'uomo, serio e pulito.

<< Papà? Papà, sono io, Amia... tua figlia. >> sussurrai, rivolta all'uomo rannicchiato nell'ombra in un angolo.

Mio padre grugnì qualcosa che non compresi e si alzò malamente da terra, sorreggendosi al muro per avvicinarsi alle sbarre. Stava veramente male...

Una lacrima mi bruciò la guancia mentre scendeva ed io mi preparai psicologicamente ad affrontare mio padre. Gli occhi dell'uomo che mi giunse davanti ardevano per la rabbia e la stanchezza. Spaventata, arretrai leggermente, senza comunque togliergli gli occhi di dosso.

Improvvisamente, mi sentii soffocare da dentro da una morsa d'acciaio. Allora, tentai disperatamente di aggrapparmi all'unica cosa logica dentro di me: il mio Andras. A quel punto, riuscii a non lasciarmi trascinare giù dal peso che mi opprimeva i polmoni e mi risollevai grazie al confortante pensiero del nostro amore.

Andras forse non lo sapeva, ma, anche se non era fisicamente lì, il suo solo pensiero mi dava coraggio.

<< Potresti lasciarci da soli per un istante? >> chiesi a Rea, la quale mi osservava con sguardo inquisitore. Sospettai che tentasse in tutti i modi di vedere quanto le sue parole mi avessero turbata, ma i miei occhi in quel momento erano di ghiaccio.

Rea scosse la testa. << Saresti comunque osservata. >>

Telecamere? Spie? Forse entrambe?

Sconfitta, mi rivolsi a mio padre. << Papà... mi dispiace così tanto di averti accusato di qualcosa in cui tu non c'entravi assolutamente nulla... volevi proteggermi, ora lo so. Grazie. >>

Qualcosa di dolce negli occhi di mio padre si mosse, facendomi comprendere che una parte di lui, quella ancora sana, aveva capito e perdonato.

Mi morsi il labbro inferiore, cercando di nascondere il dolore, poi affiancai Rea ergendomi in tutta la mia altezza. La superavo di qualche centimetro e ciò, stupidamente, mi fece sentire potente.

<< Possiamo andare. >> dissi soltanto, fredda.

La mia antenata non disse nulla, limitandosi ad accompagnarmi alla mia cella, ben lontana da quella del mio povero papà. Mi ripromisi di andarlo a trovare un'altra volta. Però, era un vero peccato che non potessi confidarmi con lui... tentare di riallacciare i rapporti come desideravo... certo, con lui mezzo matto non è che ne avessi la possibilità. Come avrei fatto a salvarlo? A riportarlo da me con tutto il suo affetto? Io non ero per nulla esperta di magia sacerdotale... non gli sarei stata utile...

<< A cosa hai detto che ti servo qui? >> domandai, digrignando i denti.

<< Non l'ho detto. >> disse Rea una volta che mi ebbe aperto le sbarre della mia solitaria cella << Riposati, domani ne riparleremo con più calma. Per oggi hai già saputo abbastanza. >>

Non ero d'accordo, ma annuii, pensando che mostrandomi accondiscendente l'avrei invogliata a fidarsi di me. Perché sospettavo che era questo quello che voleva da me, e per un ben preciso motivo. Se avevo ragione, infatti, il suo piano era di istigarmi contro Andras, dopotutto, aveva tentato in tutti i modi di sminuirlo davanti ai miei occhi.

Rea parve soddisfatta e mi lasciò da sola a rimuginare sugli eventi di quella sconvolgente giornata. Ed era solo l'inizio.



Pov. Andras

<< Andras, davvero... non credo che... >> mi sussurrò Damien all'orecchio, guardando alternativamente me e Raina dietro di noi. La sua ragazza osservava curiosa il posto in cui li avevo portati, euforica di partecipare al salvataggio di Amia.

<< Non capisco dove sia il problema, siamo stati in posti peggiori. >> risposi, incamminandomi con decisione verso la locanda diroccata che avevamo davanti. In realtà, quella malridotta e puzzolente struttura era una copertura per qualcosa di più grande. Ed era lì che eravamo diretti per quanto a Damien non piacesse l'idea.

<< È questo il punto, Andras: noi due, non Raina. Non voglio esporla nel nostro mondo di distruzione più di quanto non sia necessario. >> bisbigliò, agitato.

<< Mmh. >> borbottai distrattamente mentre bussavo alla porta dai cardini arrugginiti. Subito il viso di un tizio dalla faccia completamente bendata fece capolino dalla grata sopra la porta. Non appena abbassai il cappuccio del mantello, quello strabuzzò un attimo gli occhi, sorpreso, poi ci aprì e mi fece una profonda riverenza. << Signore. >> disse a capo chino. Io, nel frattempo, rimisi a posto il cappuccio.

Senza rispondergli mi diressi verso il bancone con al seguito Damien e Raina. La ragazza, vedendo l'ambiente e coloro che lo popolavano, si strinse di più al mio migliore amico.

L'aria odorava di marcio e dei rutti si levavano con regolarità dai tavoli del locale, mettendo in mostra la grande educazione posseduta dagli uomini rozzi e sporchi che sedevano ai tavoli. Con la coda dell'occhio vidi Raina fare una smorfia disgustata.

<< Tom, la chiave. >> ordinai al barista. Una volta presa, sorpassai il bancone e, dopo aver fatto scorrere rapidamente lo sguardo attorno a me, inserii la chiave nella serratura nascosta fra le assi del pavimento. Un clic e potei finalmente far cenno ai miei due amici di scendere le scale sotto la botola.

Raina, dimostrando tutto il suo coraggio, si fece avanti per prima. Damien la guardò affascinato per un attimo per poi affrettarsi a seguirla di sotto.

Richiudendomi il coperchio alle spalle, dissi piano: << Attenzione ai gradini finali: mancano. >>

Anche attraverso il buio totale che ci circondava notai Damien fulminarmi con lo sguardo. << E come faremo a capire quali sono i gradini finali? >> replicò stizzito. Giusto, lui non era ancora stato in questa base segreta. O beh... poco male.

Raina squittì mentre faceva un ampio salto in avanti.

<< La tua ragazza è sveglia, vedo. >> osservai.

Damien sollevò gli occhi al cielo, esasperato. << Amia non è l'unica ragazza sorprendente nei dintorni, sai. >>

<< No, infatti, lei non è sorprendente. Lei è speciale. >> mormorai più a me stesso che a lui.

Anche molti anni dopo, ripensando agli occhi pieni d'amore con cui Amia mi aveva guardato e alle parole a cui non avevo dato risposta, il mio cuore sarebbe stato trafitto dal rimorso. Pensandoci ora che non l'avevo più con me, era spontaneo rimproverare me stesso per non averle risposto adeguatamente quella volta. Il punto era che io volevo risponderle, dirle ciò che provavo, ma... non ce l'avevo fatta alla fine, e proprio quando quelle due parole mi erano state sulla punta della lingua. In verità, non capivo come mai il mio subconscio mi frenasse ancora dopo tutto quello che io e Amia avevamo passato insieme. Mi odiavo profondamente per questo.



Portai Damien e Raina nell'appartamento che mi ero fatto costruire come rifugio per quella zona del paese. Era comodo ed aveva tutto quello che avrebbe potuto servirmi in caso di emergenza, compresa un'immediata via di fuga se fossero entrati i nemici, cosa assai improbabile viste le numerose misure di sicurezza.

Quei due sono peggio dei bambini, pensai, osservando i piccioncini vagare eccitati e quasi saltellando per l'appartamento.

Li lasciai nella camera degli ospiti e mi diressi nella mia. Sedendomi sul letto, tirai fuori dalla camicia scura che indossavo sotto al mantello una catenina d'oro con tanto di medaglione. Contemporaneamente, sfiorai la spilla blu che mi aveva regalato Amia.

Aprii il medaglione dalla forma ovale e baciai la foto al suo interno. Amia sorrideva nella foto che segretamente le avevo scattato mentre dormiva beata nel mio letto. Aveva mormorato il mio nome nel sonno quella volta.

Imprecai. Da quando ero diventato tanto sentimentale?

Subito dopo bussarono alla porta e, una volta che ebbi dato il permesso di entrare, fece capolino dalla porta la testa bionda del mio migliore amico.

<< Ma come? Avete già finito di sconvolgere il povero letto della camera degli ospiti? >> scherzai.

Damien si venne a sedere affianco a me, sorprendentemente serio. Inarcai un sopracciglio, in attesa.

<< Io e Raina ci siamo dichiarati l'uno all'altra, lo sai. Quando lo dirai tu ad Amia? >> andò dritto al punto.

Oh, tasto dolente.

<< Non lo so... vedremo. >> borbottai, fintamente annoiato.

Damien sbatté un pugno sul letto ed io lo guardai male. Come si permetteva?

<< Credo che sia importante esprimere i propri sentimenti alla donna che si ama. Soprattutto quando si è poco sicuri di averne la possibilità in futuro. Vuoi forse lasciarla andare via da te con il rimorso di non averglielo detto in faccia almeno una volta nella vita? >> ribatté, risoluto.

Sbuffai, infastidito dalla piega che aveva preso il discorso. << Che ne sai tu di quello che penso io di Amia? >>

<< Si vede che la ami. >> disse semplicemente.

Davvero? Pensai, sapendo già la risposta.

<< Non hai mai voluto innamorarti... dicevi sempre che era una perdita di tempo... parlavi sempre di come aumentare il tuo potere. È da un bel po' che non lo fai più, Andras. >> continuò.

Non risposi, chiedendomi invece da quando ero diventato un vigliacco in qualcosa.

Amia mi aveva cambiato in molti, moltissimi aspetti di me e il bello era che mi piacevo com'ero adesso.

Mi alzai, lasciando la successiva frase di Damien a metà. Arrivato in cucina, poggiai entrambe le mani sul lavello dopo aver aperto il rubinetto per far scorrere l'acqua e coprire in tal modo i miei borbottii frustrati.

Damien aveva ragione... lui mi conosceva perfettamente. Io... io...

Strinsi le labbra.

L'ho respinta tante di quelle volte... e ferita in modi imperdonabili... eppure lei si è innamorata di me, pensai.

Fra noi si era sempre messa in mezzo la leggenda delle prescelte, creando in entrambi una profonda confusione riguardo i sentimenti verso l'altro. Sentimenti che solo di recente avevo compreso essere reali e del tutto spontanei. Sentivo di provare ciò che provava lei per me in ogni fibra del corpo. Era qualcosa che non avrei mai creduto di poter provare. Adesso, guardavo il mondo con occhi nuovi, come se prima non avessi visto veramente, ma solo attraverso un velo.

Chiusi il rubinetto dell'acqua e sospirai.

Tentai per l'ennesima volta da quando era scomparsa di entrare nella mente di Amia, ma fallii. Qualcuno aveva eretto una barriera impenetrabile persino per me. Sicuramente, la colpevole di ciò era Rea.

Con l'espressione più tetra del mio repertorio mi diressi in soggiorno per comunicare a Damien e Raina che avevo intenzione di partire fra qualche ora al massimo, il tempo di far sistemare le ultime misure di sicurezza ai soldati che perlustravano il confine con i territori della CGE, quando mi bloccai a metà strada. Riconoscendo il tipo di rumori che provenivano da dietro la porta, me ne tornai in camera mia.

Avranno tutto il tempo di farlo a casa, ma no, loro devono spassarsela pure qui, pensai, stizzito.

In camera mia, ripassai a mente i punti fondamentali del piano di salvataggio fino a che non fui perfettamente sicuro che quei due si fossero risistemati. Quindi, gli andai incontro e li guardai eloquentemente dall'alto in basso, facendo arrossire Raina. Damien ridacchiò. Spazientito, spiegai ai due quello che avevo in mente. Damien annuii, già consapevole di gran parte di quello che avevo detto, Raina sorrise battagliera. Insieme, ci avviammo di nuovo di sopra dopo aver mangiato qualcosa. Ci eravamo riposati solo per qualche ora, ma dovevamo accontentarci. Amia era in serio pericolo.

Oh, Amia... mi manchi così tanto...

Raina mi posò una mano sulla spalla. << Andrà tutto bene, vedrai. >>

<< Damien come sta? Hai notato qualcosa di strano in lui? >> chiesi, cambiando discorso. Il mio migliore amico procedeva tranquillo davanti a noi.

La ragazza scosse la testa. << No, è tutto okay. >> lo fissò intensamente, preoccupata << Per ora, almeno. >>

<< Finché sarà sotto il controllo di Rea non credo che potrete procreare. Se si è influenzati da qualsiasi sorta di magia, non si soddisfano le condizioni per generare un demone leggendario. >> spiegai, parlandole sottovoce così che solo lei potesse sentirmi.

Raina sussultò. << Ah... sì, certo, lo immaginavo. >>

<< Presto usciremo da questa storia. >> tentai goffamente di rassicurarla.

<< Non ci sai proprio fare con le donne. >> sorrise.

Ghignai, malizioso. << Amia non la pensa in questo modo, sai? >>

Raina capì la mia allusione e borbottò qualcosa fra sé e sé, imbarazzata.

<< Ehi, voi due, vi sbrigate o no? >> ci rimproverò Damien.

<< Arriviamo, amore! >> gli rispose Raina, agitando allegra il braccio destro.

Vidi Damien spalancare la bocca, sorpreso, per poi dire: << Raina... non qui, davanti ad Andras... >>

Scoppiai a ridere e li superai. Erano una coppia di matti, decisamente fatti l'uno per l'altra.











ANGOLO AUTRICE:

Allora, ragazze, eccoci giunte alla fine di quest'altro capitolo. Spero non vi sia risultato troppo corto... o noioso... e , mmh, non sono sicura di aver reso al meglio tutto quello che volevo, ma mi seccava prolungare oltre la vostra paziente attesa. A tal proposito, vi ringrazio infinitamente.

Dunque, la fine del capitolo è piuttosto leggera per compensare il resto più pesante e serio. Mi sono decisamente divertita a scrivere il pov. Andras. XD Comunque, avete letto anche molte cose importanti, e cioè i suoi pensieri riguardo Amia. Il signorino sembra ormai sicuro di quello che prova e di questo voi(come me) potete solo gioirne. u.u



GRAZIE di cuore alle 53 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 19 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 102 ragazze che hanno messo "Il Dominatore del Mondo" fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 12 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti. Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative! 



Bacioni, Ashwini. <3









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Capitolo 29
*** Capitolo ventottesimo: I Guardiani dell'Occhio. ***


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Capitolo ventottesimo

 I Guardiani dell’Occhio

 

Pov. Andras

Avevo giurato a me stesso che mai più, per nessuna ragione, sarei ricorso all’aiuto dei Guardiani dell’Occhio.

 

Mio padre si rivolse a loro perché, quando lui era il sovrano reggente, l’Impero di Alloces stava fronteggiando un nemico che avanzava a pericolosa velocità verso la capitale.

Si trattò di una razza demoniaca simile a quella a cui appartenevo io, con una sola ma sostanziale differenza: in loro c’era un gene che, se stimolato da particolari situazioni, tendeva a farli impazzire. Ovviamente, in questi demoni il processo involutivo non avveniva nell’arco di una notte, la loro follia si mostrava gradualmente, veniva fuori col tempo. Il gene non era dominante in tutti ma gli sfortunati venivano arruolati nell’esercito perché la pazzia inibiva ogni loro paura o tentennamento e li rendeva macchine da guerra molto temibili, quasi invincibili. Contro un esercito che vantava soldati del genere, c’era da correre ai ripari nel caso in cui avesse deciso di attaccare.

Quando questi demoni conquistarono il pianeta più vicino al nostro, tra il popolo iniziò a circolare la voce che presto anche noi saremmo stati presi di mira data la grande ricchezza che ci rendeva famosi in ogni dove. Qualche giorno dopo, intervenni personalmente in una manifestazione pubblica, dal balcone di un alto palazzo, per tranquillizzare tutti. Feci presente che non eravamo solo una potenza ricca e prospera, ma forte di armi di distruzione di massa, di difese d’alta tecnologia, nonché patria di eroi grandiosi. Che avremmo potuto sconfiggerli era vero, ma sarebbe servito un piano ben congeniato.

Io ero il principe ereditario, quindi decisi di occuparmi delle strategie militari mentre mio padre partì per il luogo in cui, secondo lui, avrebbe trovato quell’arma segreta che in mano mia sarebbe brillata come la più luminosa delle stelle in cielo. Le straordinarie capacità fisiche e mentali di cui ero dotato non erano abbastanza predominanti nel mio giovane spirito da non renderlo facilmente influenzabile dalle promesse di gloria che mio padre mi elargì in abbondanza per convincermi a seguire le sue linee di pensiero. Il popolo mi amava già, ma io desiderai dargli una più che notevole dimostrazione di ciò che ero in grado di fare, così lasciai che mio padre organizzasse un incontro con i Guardiani dell’Occhio.

I Guardiani arrivavano ai due metri di altezza, erano scheletrici e la loro pelle giallognola sembrava molto sottile. Nonostante non fossi un demone facilmente impressionabile, li trovai parecchio inquietanti.

Ci diedero appuntamento al Castello a Tre Occhi, loro proprietà da secoli, in un pomeriggio d’autunno. Si fecero subito pagare profumatamente, poi io e mio padre potemmo esporre loro la nostra situazione.

Non sapevo esattamente cosa mi fecero quella volta poiché mi addormentarono, e nemmeno mio padre visto che non ebbe il permesso di assistere alla procedura. In ogni caso, diventai tanto potente che da solo sbaragliai mezzo esercito nemico.

La memoria di quell’ultimo giorno di battaglia era stata a lungo offuscata da una nebbia magica, e stranamente anche ogni abitante dell’impero affermava ancora oggi i miei stessi sintomi. Da allora, comunque, nessun’altra razza demoniaca osava tentare la sorte con l’Impero di Alloces, quindi avevo sempre ipotizzato di esser stato impressionante. Ora so che fu davvero così.

 

Lo avevo giurato.

Sapevo che avrei fatto meglio a rimaner fedele a me stesso.

Ma dovevo salvare la mia Amia e il l’aiuto dei Guardiani dell’Occhio mi necessitava.

 

 

Presi una fiala di vetro dalla tasca interna del mio giubbotto in pelle nera. «Di nuovo qui, Sua Maestà?» avevano ridacchiato i Guardiani. «Ecco a Lei… prenda, prenda! Con il contenuto di questa fiala il potere che vi avevamo donato una volta si ripresenterà ancora più forte». Riposai la fiala al suo posto.

Sospirai: i Guardiani dell’Occhio predissero anche che la mia prescelta, discendente della sacerdotessa Rea, avrebbe avuto i capelli rossi e gli occhi azzurri. Amia, pensai, malinconico, con una dolorosa stretta al cuore.

Diedi un’occhiata a Damien e Raina. I due piccioncini stavano camminando a braccetto due metri scarsi davanti a me. Li chiamai per farli fermare un attimo.

«Siamo vicini, finalmente.» dissi al mio migliore amico.

«Già… Sei proprio sicuro di voler andare da solo?»

«È meglio così, credimi. Voglio occuparmi personalmente di Rea ora che i ricordi su di lei mi sono stati restituiti. Procediamo come abbiamo deciso, Damien, e vedrai che andrà tutto bene per tutti e quattro.»

Salutai con un semplice cenno del capo i miei amici e li precedetti per spianar loro la strada.

Amore mio, non devi aspettare ancora per molto il mio arrivo. Stiamo per rivederci, e allora non ti perderò più d’occhio. Non sono abituato a sentire la tua mancanza. È questa un'abitudine che non sono disposto a sopportare ancora per molto. Ragion per cui non smetterò di cercarti finché non riavrò il tuo calore a proteggermi dall'inverno che arriva a me senza te vicino.

 

 

Pov. Damien

Lanciai un’occhiata a Raina. Se mi concentravo abbastanza potevo ancora sentire le sue calde mani addosso, sotto la maglia. Un brivido mi attraversò la spina dorsale dal basso verso l’alto, arrivando dritto al cuore, poi ridiscese e toccò il mio punto più sensibile mandandomi la testa altrove, precisamente dove riposavano i ricordi di due giorni prima nel rifugio sotto la locanda.

Sorpresi Raina da dietro e abbassai il volto fra i suoi morbidi capelli per aspirarne il profumo delizioso. «Ti amo.»

«Anch’io ti amo, Damien.» rispose in un dolce sussurro, lasciandosi cullare fra le mie braccia.

Quando i nostri abbracci si incontravano era pura magia, un incontro di sentimenti che aumentava la voglia che avevamo l’uno dell’altra.

Ci guardammo negli occhi, ora seri. «Andiamo!» dicemmo all’unisono con decisione.

 

Seguimmo con minuziosa precisione il piano di Andras, che ci aveva ripetuto spesso di evitare rischi inutili e che alle cose più importanti avrebbe pensato lui stesso. Io e la mia ragazza, tuttavia, eravamo pronti a tutto pur di sapere Amia in salute e al sicuro a palazzo con Andras, e non ci saremmo fatti nessuno scrupolo a passare oltre gli ordini di Andras se avessimo saputo di poter aiutare lui e Amia con il nostro ultimo gesto. Dopotutto, loro due avrebbero fatto lo stesso per me e Raina.

 

Per fare la nostra parte, io dovevo prima riuscire a entrare nell’edificio di proprietà della CGE. Concentrai quindi l’attenzione del mio sguardo sull’entrata: un uomo incrociò i miei occhi con i suoi. Andras ha già usato l’arte demoniaca prendendo possesso del corpo di quella guardia, pensai, e allora è arrivato il momento di usufruirne anch’io.

Inspirai profondamente, attivando ogni centro di energia. Strinsi per qualche secondo la mano della mia ragazza per darle fiducia e riceverne altrettanta da lei.

La guardia, ovvero Andras, rientrò dentro l’edificio; quando uscì con accanto un altro uomo, fissai intensamente quest’ultimo e buttai fuori l’aria che avevo trattenuto dal respiro preso prima. Sentii come uno strappo all’anima, una piccola e veloce punta di dolore. Il secondo dopo sbattei le palpebre dell’uomo che Andras aveva portato apposta per me. Sorrisi ad Andras, contento che almeno fino a questo punto fosse filato tutto liscio. «Raina terrà al sicuro i nostri corpi come d’accordo» dissi a bassa voce. Andras annuì, strizzandomi amichevolmente l’occhio.

Insieme, fianco a fianco come era sempre stato, marciammo sicuri in cerca di due sacerdotesse da possedere per raggiungere stanze solo a loro accessibili, poiché pensavamo che Amia si trovasse in una di queste. Non impiegammo molto a trovare le vittime perfette: senza battere ciglio ci impossessammo dei loro corpi per poi sbarazzarci di quelli delle due guardie, ormai morte.

Stavamo per aprire una porta qualsiasi, quando una mano si poggiò sulla mia spalla. Lentamente, mi girai. Vidi davanti a me un uomo vestito interamente di nero che mi sembrava piuttosto familiare ma che proprio non riuscivo a ricollocare in un punto preciso della mia vita. Era alto e aveva lunghi capelli bianchi che scendevano ondulati sulle spalle larghe, gli occhi piccoli e cattivi di una strana sfumatura dorata, mentre le labbra erano piegate in un sorriso di circostanza falso e di brutto auspicio. Marcus, pensai in un lampo, e questo pensiero per un motivo che ancora non riuscivo ad afferrare mi turbò profondamente.

All’improvviso, la testa iniziò a farmi male, così mi massaggiai nervosamente le tempie in cerca di conforto. Ma poi una vertigine improvvisa mi fece barcollare per qualche terribile secondo e io caddi in ginocchio con un gemito di acuto dolore.

Andras mi si fece subito vicino. «Damien?» disse, visibilmente preoccupato. «Amico, calmati. Tra un po’ passa, eh? Tranquillo, tranquillo. Damien? Damien, apri gli occhi… ti prego, amico. Mi senti?!»

 

Pov. Andras

Furioso, sollevai gli occhi verso il nemico. «Cosa gli hai fatto, bastardo?! Dimmelo!» urlai.

Marcus fece spallucce, incrociando poi le braccia al petto e alzando il mento in segno di sfida. «Sappi soltanto che è vivo… per ora.» disse tranquillamente.

Strinsi forte i pugni mentre lo guardavo con odio profondo. «Ho recuperato la memoria perduta… Marcus, giusto?» risi prima di sospirare e scuotere la testa con amarezza. «Tu non mi sei mai piaciuto. Sei subdolo. Sei anche un doppiogiochista?»

L’altro si fece gradualmente scuro in volto. «Non ti seguo.»

Alzai anch’io il mento, spavaldo, e mi rialzai per fronteggiarlo meglio in questa accesa discussione. «I Guardiani dell’Occhio. Tu sei in combutta con loro. Trami contro Rea. Mi fai schifo.»

Marcus iniziò subito a sghignazzare con gusto. «Te la stai prendendo con l’uomo sbagliato. È con quello che sto coprendo che dovresti parlare.»

Marcus era il complice del vero nemico, dunque. Chi stava proteggendo? E perché, soprattutto, se la sua fedeltà a Rea era risaputa in ogni dove? Questo qualcuno lo stava ricattando, non c’era altra spiegazione.

«Devo vedere Rea.» dissi, serio. Parlarle era diventato di vitale importanza. Le sorti della guerra potevano e dovevano essere ribaltate. Potevamo uscirne tutti vincitori.

«È occupata con la tua prescelta.» rispose Marcus inarcando un sopracciglio.

«Sono venuto a riprendermela.»

«Questo è evidente.» ghignò.

«Ci troviamo in una scomoda situazione, e per risolverla propongo di batterci.» dissi per poi mettermi in posizione di difesa. Vidi il mio avversario fare lo stesso e sorrisi, esaltato. I miei muscoli erano ormai rigidi come un’asta di duro metallo; il sangue pompato dal cuore infervorato era freddo come quello di un serpente pronto a sbranare la sua preda.

Tuttavia, mi restava un’ultima domanda da porre.

«L’uomo che come un ombra sta dietro di te è lo stesso che mi ha cancellato la memoria dei tempi passati con Rea?»

Marcus annuì. Istintivamente, io contrassi la mascella in un crescendo di sentimenti negativi. Desideravo moltissimo fare a pezzi Marcus, ma non potevo permettermelo se prima non scoprivo l’identità del vero traditore. Decisi quindi di renderlo innocuo fino a nuovo ordine: era ovvio che quando non mi sarebbe stato più utile lo avrei eliminato.

Feci per scattare in avanti, ma mi ricordai di non essere in possesso del mio corpo bensì di quello ben più debole di una sacerdotessa e imprecai sottovoce.

Marcus, vedendomi in difficoltà, attaccò. Mi prese per la gola, stringendo forte abbastanza da farmi annaspare in cerca d’aria. Non sapevo che fare, come reagire e liberarmi, eppure in qualche modo dovevo…

Un odore familiare invase le mie sensibili narici: petali di rose fresche il cui odore si espandeva a flussi continui nell'aria.

«Amia.» mormorai, felice, tendendo una mano verso di lei.

«Andras.» disse lei, commossa, portandosi le mani giunte proprio dove stava il cuore.

I miei occhi si arresero ai suoi, bellissimi e ammalianti. Ero certo che mai avrei visto nulla di altrettanto perfetto per me da pensare di poter vivere un sentimento più intensamente di così.

Adesso volevo soltanto immergere il naso fra le ciocche rosse dei suoi capelli e sfiorare le nocche delle sue pallide mani dalle dita affusolate.

In passato mi ero negato l’amore: volevo essere lasciato libero di respirare. Poi, con Amia accanto, avevo capito che se respiri perdi Amore perché amare ti toglie il fiato. La svolta avvenne poco tempo dopo, quando mi dissi: in nome del proprio amore verso una persona non è davvero toppo triste sacrificare proprio una vita d'amore con quella stessa persona? Così eccomi qui, con gli occhi impazziti nel tentativo di registrare velocemente, con animo vorace, ogni più piccolo particolare della figura della mia bella Amia. Mi era mancata.

Il mio sguardo cadde su Marcus, che ancora mi stringeva le dita attorno al collo. Corrugai la fronte e digrignai i denti come una belva inferocita che sente la sua femmina minacciata. Ero così disperatamente innamorato di Amia che avrei preso i calci e i pugni di tutto il male del mondo pur di non veder quest'ultimo accanirsi su di lei.

Sputai in faccia al mio rivale, disgustato da tutto ciò che rappresentava ed era. Lui allentò la presa giusto un attimo e io ne approfittai per rifilargli un calcio nel punto debole di ogni uomo. A Marcus sfuggì un grugnito di profonda indignazione.

Rapido, corsi in direzione di Amia; lei mi tendeva amorevolmente le braccia. Poi la sua faccia venne deformata dal dolore e il secondo dopo la vidi cadere in ginocchio davanti a me. Dietro di lei stava Rea con una lancia fra le mani. Guardai quest’ultima con odio e feci per lanciarmi su di lei, quando delle braccia mi trattennero. Era Marcus, tornato all’attacco. Scalciai e tentai di divincolarmi dalla sua presa, ma il corpo della sacerdotessa che avevo posseduto era troppo debole. Imprecai ad alta voce per la disperazione di veder Amia afferrata per i capelli da Rea.

«Ho ricordato tutto, Rea: lascia andare Amia e parla con me!» urlai.

Rea socchiuse gli occhi e scosse il capo. «Amia non vuole collaborare con me. La tua ragazza è tenace e ti è fedele, devo ammetterlo, ma questo l’ha solo condannata. Non avrò pietà né di te né di lei, e anche i vostri amici pagheranno il conto che la mia vendetta esige.» rispose.

«Rea, per favore… in nome dei vecchi tempi. Quelli belli… della nostra amicizia.» tentai di farla ragionare.

Rea scambiò un’occhiata con Marcus. Io imprecai mentalmente perché sapevo che Marcus mi detestava e non me l’avrebbe fatta passare liscia. Infatti Rea riprese a guardarmi con odio. Merda, pensai.

All’improvviso Rea scattò via da Amia come indemoniata, toccandosi le parti del corpo che poteva raggiungere con le mani.

Inarcai un sopracciglio, perplesso, poi vidi Amia sorridere vittoriosa e ghignai. Marcus, visibilmente preoccupato per la sua amica, andò da lei e cercò di calmarla.

Amia si posizionò al mio fianco. «Le sto facendo vivere l’illusione di essere avvolta dalle fiamme.» spiegò.

«Brava. Almeno la tua fuga è servita a farti fare pratica come sacerdotessa.» volli pungolarla, perché mi aveva ferito andando via senza prima consultarmi.

Amia sbuffò. «Siamo di nuovo insieme.» disse. «Potresti essere più gentile con me.»

Alzai gli occhi al cielo per mostrale quanto mi esasperava. Segretamente, invece, la felicità di poterle finalmente parlare faccia a faccia mi stava infiammando il cuore. Mi è mancata, pensai per l’ennesima volta.

Osservai attentamente Rea e Marcus. Rea aveva infine sciolto l’illusione creata dalla mia ragazza e ci stava guardando disgustata.

«Puoi ascoltarmi, Rea, oppure fare a modo tuo e tentare invano di battermi.» dissi, serio, con cipiglio severo.

Lei rise, beffarda. «Non sono più la ragazzina inesperta di una volta. Sono molto, molto più forte! E ho Marcus al mio fianco. Tu una sacerdotessa con capacità passabili.»

Incrociai le braccia al petto. «Vuoi la guerra, dunque. Va bene.»

Amia sospirò e si mise in posizione di difesa. Io scossi la testa e dissi: «No, Amia, tu devi metterti al sicuro. Lascia fare a me.»

«Siamo una squadra, ricordi?» mi rimbeccò lei, offesa. «Tu difendi me e io proteggo te.»

Prima di conoscere Amia non trovavo il mio posto nel mondo. Ero come smarrito. Poi, trovando lei, mi ero sentito capito. Stavo bene perché con lei vedevo a tutto tondo. Spalla a spalla, coprendoci a vicenda, uno vedeva una metà del mondo e l'altro il pezzo mancante per richiudere il cerchio visivo. Il mio posto felice era dove avevo lei a guardarmi le spalle. Così sapevo com'era il mondo visto dalla sua prospettiva e lei a sua volta sapeva com'era lo stesso mondo visto dalla mia. Quindi, Amia aveva ragione: dovevamo combattere i nostri nemici insieme.

Annuii e lei sorrise, contenta. Poi entrambi ci facemmo seri. Entrai nella sua testa mentre anche lei invadeva la mia. Eravamo una cosa sola, adesso.

Rea scattò verso di me mentre Amia dovette fronteggiare Marcus, un famoso ex membro dei Guardiani dell’Occhio.

Scoppiò il caos.

La sala dove ci trovavamo cadde letteralmente a pezzi.

Presto spuntarono i soldati della CGE e le sacerdotesse seguaci di Rea, richiamati dai forti rumori che lo scontro stava provocando. Rea intimò subito alle ragazze di procedere col piano stabilito e di aiutare la CGE a fare la sua parte, così nell’edificio restammo solo noi quattro a combattere.

Alla fine, com’era prevedibile dato il debole corpo che stavo possedendo, mi ritrovai Rea sopra con le sue mani a stringere il mio collo. Ero distrutto. Amia, invece, non era messa male e si trovava dall’altra parte della stanza con le mani avvolte da sfere di energia sacerdotale puntate con i palmi aperti contro il petto di Marcus.

«Rea, o lasci il mio ragazzo o io uccido il tuo amico.» minacciò Amia.

«Non ne saresti capace.» rise Rea.

Amia poggiò le mani sul torace di Marcus e a lui si rizzarono i capelli sulla testa. Marcus stava soffrendo, era evidente da come serrava le palpebre degli occhi e si mordeva le labbra a sangue nel tentativo di non urlare.

«Ferma! Ferma!» gridò Rea, liberandomi dalla morsa delle sue mani e allontanandosi da me.

In quel momento dalle macerie dell’edificio spuntò Raina. Vedendo il mio corpo nel carretto che stava tirando, mi catapultai a riprendermelo. Una volta tornato me stesso, pieno di gratitudine, diedi una pacca sulla spalla della ragazza del mio migliore amico e le indicai dove lo avevo lasciato, ma vidi che lui non era più lì. Preso dalla battaglia, non mi ero reso conto della sua scomparsa. Allora, dissi a Raina di scendere nei sotterranei, perché era il posto più ovvio da dove cominciare le ricerche. Lei annuì e corse via subito dopo aver sorriso ad Amia.

Raggiunsi in fretta Amia. Entrambi guardavamo con severità Marcus, che nel frattempo era stato liberato dalla mia ragazza, e Rea, più furiosa che mai. Improvvisamente, Marcus si voltò e corse via: nonostante avessi notato che si fosse gettato all’inseguimento di Raina, non potei fermarlo poiché Rea gli fece da scudo umano.

Amia mi prese per mano come a volermi rassicurare che i nostri amici se la sarebbero cavata.

«Rea…» iniziai.

«Ci rivedremo molto presto, ve lo assicuro.» disse lei, interrompendo il mio discorso sul nascere. Aprì un portale e vi scomparve per ricomparire chissà dove.

Avrei voluto parlarle, ma era andata così e in ogni caso mi stava bene perché Amia non riportava gravi ferite e io potevo ricondurla a palazzo.

Sorrisi. Amia era dolce e forte insieme, una creatura meravigliosa che sembrava uscita da una squisita poesia d’arme e d’amori. Era quell’unica donna speciale ingarbugliata fra i miei pensieri, e non potevo più tenerla lontana dal mio cuore. Nel futuro a cui aspiravo lei era l’unica costante.

Io… io…

Impaziente, la presi sotto le ascelle e la feci volteggiare per uno, due, tre giri di seguito.

Il petto mi si infiammò e le lingue di fuoco mi fecero ardere il cuore e fomentarono quel sentimento segreto che vi custodivo gelosamente senza mai riuscire a trovar riposo per via della sua crescente intensità scottante.

 

Pov. Damien

Sputai due volte a terra non appena ripresi conoscenza, scuotendo poi il capo per risvegliare i cinque sensi intorpiditi e tossendo un paio di volte a causa della gola secca.

Quando, un minuto dopo, riuscii a mettere a fuoco il luogo dove mi trovavo, sbattei ripetutamente le palpebre per l’incredulità. Una cella… Ero probabilmente in una cella dei sotterranei. Ed ero solo, ma soprattutto all’oscuro di cosa fosse successo dopo che ero svenuto e di dove fosse adesso il mio migliore amico. E poi Marcus dov’era finito? Non mi sentivo tranquillo a pensare Andras ancora con lui, il fidato alleato di Rea. Era forse stato Marcus a portarmi qui? Non ne ero certo, ma se non era stato lui, allora chi altri…? In questo più probabile caso potevo soltanto supporre che quest’altro uomo mi avesse rapito mentre Marcus teneva occupato Andras. Perché era impossibile credere che il mio amico fosse stato sconfitto e Marcus fosse stato ancora abbastanza in forze per occuparsi anche di me.

Con non poca fatica, e appoggiandomi con la schiena e con entrambe le mani a una parete di acciaio, mi rialzai.

Inspirai ed espirai profondamente. Andras è vivo… deve essere così!

Dopo circa cinque minuti, sentii dei passi veloci in lontananza.

Damien! Damien, amore mio?!

Raina… Amore, vattene… o cattureranno anche te.

Indicami la tua posizione, stupido! È quasi un’ora che vago senza meta.

Cosa? E non hai incontrato nessuno? Non hai visto guardie della CGE o sacerdotesse al servizio di Rea?

No, non so dove siano finiti tutti. Ora, Damien, dimmi dove diavolo sei!

Mi avvicinai alle sbarre senza però toccarne una (la cautela non era mai troppa). Non riesco a capirlo, Raina.

Merda… Sei da solo?

Sì.

Okay, allora urla così seguo la tua voce.

E se qualcuno mi sentisse? Raina, tu dovresti…

Ti ho già detto che non c’è più nessuno nell’edificio. Saranno sicuramente fuggiti via con la coda tra le gambe dopo il putiferio che hanno scatenato Andras e Amia!

Eh?!

Andras è stato pazzesco! E Amia non è stata da meno: dovevi vedere come le dava di santa ragione a Marcus! Se non hai sentito nulla è solo perché i sotterranei sono molto al di sotto del suolo. Sopra, dove prima c’era l’edificio, non c’è più muro che tenga! Dai, urla, così ti raggiungo!

Urlai a squarciagola per farmi sentire dalla mia ragazza. E poi ancora e ancora, fino a che non me la ritrovai davanti con il fiato corto e il petto ansante. Gli occhi verdi di Raina brillavano per il sollievo di vedermi ancora vivo.

Stavo per raccomandarle di non toccare le sbarre, nel caso in cui fossero elettrificate, quando un’ombra si mise rapida dietro Raina e le puntò la lama affilata di un coltello alla gola. Raina si immobilizzò mentre nei suoi occhi da cerbiatta si affacciava la paura. A me mancò un battito non appena riconobbi il volto di Marcus.

«Credevo che Amia ti avesse tolto di mezzo.» disse coraggiosamente Raina.

«Taci, puttana.» la liquidò Marcus, aspro.

Lanciai un’occhiata di ammonimento a Raina, quindi rivolsi la mia attenzione a Marcus. «Un cane fedele alla sua padrona non dovrebbe essere con lei in questo momento?»

«Rea e io siamo amici, alleati da sempre. Non ci diamo ordini a vicenda, ragazzo, ma consigli, e alla fine decidiamo con la nostra testa per un bene comune a ciascuno. Se così non fosse stato, Amia non sarebbe qui adesso per come la conosci tu.»

Mi chiesi cosa intendesse dire con ciò e stavo quasi per domandarglielo, quando un altro quesito premette sulla punta della mia lingua per esprimersi ad alta voce.

«Perché sono qui? E chi mi ci ha portato?»

«Non io. I vostri amici mi hanno trattenuto.» grugnì, arrabbiato. «Ma sono stato io a ordinare al mio complice di farlo. Sai, perdere una buona pedina come te non sarebbe produttivo… anzi, a me e a Rea, oltre che alla CGE, verrebbe meno un’utile risorsa.»

«Damien,» fece Raina, triste, con gli occhi lucidi «la verità è che sei controllato da Rea… e non so se senza un suo diretto intervento c’è rimedio.»

Mi si mozzò il respiro. I miei occhi cercarono disperatamente di rubare una risposta chiarificatrice ai suoi; presto si annebbiarono quasi del tutto per il forte shock. Mi prese una forte nausea. «Spiegati… spiegati meglio, Raina.» balbettai con il labbro inferiore che tremava.

«Non c’è alcun punto da chiarire» riprese la parola Marcus. «Detto in due parole… morirai, ragazzo! Rea non sta in nessun modo frenando quei flussi di energia negativa che sono le dovute conseguenze del suo comportamento non conforme a quello di una sacerdotessa. Sono scarti mortali, capisci? Se non li desse a qualcuno, a te per tua sfortuna, sarebbe lei a morire… invece toccherà a te! A meno che la tua prescelta rinunci ad essere tale come tributo ai Guardiani dell’Occhio, gli unici a poter fare qualcosa oltre a Rea stessa» rise con grande malvagità Marcus, lasciandosi sfuggire un particolare decisamente degno d’importanza.

Quando l’uomo finì di parlare mi sentii mancare le forze, ma con uno sforzo riuscii a restare fermo in piedi al mio posto. Non intendevo mostrarmi debole nemmeno quella volta che avrei anche potuto permettermelo poiché non avevo davvero più nulla da perdere.

Intontito, guardai il corpo di Marcus iniziare a sbiadire, presto la sua figura si fece traballante, un secondo c’era e il seguente no. Raina venne liberata; tossì un paio di volte prima di lanciarmi un’occhiata perplessa. Un minuto dopo di Marcus non restava più niente. Ipotizzai che Rea avesse richiamato a sé il suo fedele servitore. Non c’era più nulla da temere per me e la mia ragazza, la quale corse veloce fra le mie braccia. Decisi che della rivelazione sfuggita a Marcus ne avremmo discusso più in là con Andras e Amia presenti a darci consiglio.

 

Io e Raina decidemmo di raggiungere Andras e Amia per fuggire insieme a loro prima che qualcosa ce lo impedisse. Innanzitutto ripresi possesso del mio corpo, diligentemente portatomi dalla mia ragazza, poi partimmo.

 

Svoltammo l’ultimo angolo subito dopo aver sceso di corsa l’ennesima rampa di scale, qualche minuto dopo cioè, poi sia io che Raina ci bloccammo in mezzo al corridoio, piacevolmente sorpresi. Lì, infatti, le anime dei nostri amici stavano facendo l’amore.

Andras stava strofinando il naso contro quello di Amia con una dolcezza per lui un tempo inaudita. Le stava ricordando che lei, per lui, era la persona più importante della sua vita e che per questo mai l’avrebbe persa di nuovo. Amia arrossì e si alzò sulle punte delle scarpe per dare ad Andras un veloce bacio a stampo, una carezza di velluto che gli prometteva che anche lei si sarebbe presa più cura di lui d’ora in avanti. Entrambi si erano fatti carico dell’importante impegno di non scordarsi più tanto facilmente di amarsi così tanto.

Amia attirò a sé Andras, possessiva; a sua volta, lui la strinse forte tra le sue braccia. Amia disse: «Ti ho visto, ho incrociato i miei occhi con i tuoi. Ti ho conosciuto, ho intrecciato le fibre della traccia della mia vita con le tue. Ti ho guardato dentro, ho voluto te nella mia storia e me nella tua. Ti ho amato, ho combattuto, mi sto battendo, ci sto difendendo per farti restare lungo il mio percorso, ma mai ai suoi confini perché lì c'è solo dolore. Ti ho visto, ti ho conosciuto, ti ho guardato dentro, ti ho amato. Ti vedo e ti vedrò ogni giorno chiaramente, ti conoscerò sempre di più, ti affonderò ancora dentro, ti amo e sarò innamorata di te in eterno.»

Ora che Amia e Andras si sono silenziosamente perdonati per quegli errori che li hanno fino ad ora divisi, pensai con un sorriso, va tutto bene.

Amia e Andras si erano aspettati e adesso si erano ritrovati. La ricerca dei loro cuori era finalmente conclusa: potevamo tornarcene tutti e quattro a casa.

Inaspettatamente, Andras poggiò la fronte contro quella di Amia e, sorridendo come un monello di strada che aveva appena fregato la pistola sotto al naso del poliziotto da cui scappava, disse: «Per valere qualcosa si deve avere la capacità di dare amore. Non si ci può limitare a riceverlo più o meno passivamente. Non è giusto nei confronti di chi ti ama e ti rispetta. Quindi, adesso, ti confesso che senza ragione né controllo ti penso, e sorrido così come tu prima hai sorriso a me nel rivedermi, con la felicità di un innamorato che ha accanto il suo vero amore ricambiato. Ti guardo, e da un po’ nei miei occhi si riflette il tuo amore sincero, ma d’ora in poi voglio che ai tuoi arrivi anche il mio. Per me tenerti la mano è come abbracciare la tua anima con la mia. Le nostre dita si sono prima sfiorate e poi strette tante di quelle volte… ho sempre sentito lo sprigionarsi del loro calore come espressione del tuo amore verso di me, e te ne sono immensamente grato. Sappi che mai una volta è stato facile contenere questo grande sentimento senza dartene qualche esplicita goccia del mio. Questi giorni senza di te mi hanno schiaffeggiato, sono stati una dolorosa punizione per non averti mai detto in tempo quanto io ti ricambi, amore mio. L’ho capito e accettato tempo fa, sai… ma mi dicevo che non serviva dirtelo apertamente, che tanto mi capissi e lo sapessi già nonostante io non lo dimostrassi nei modi più romantici. Invece è importante che tu senta le parole che marcano il mio cuore come tuo affinché nulla più faccia pensare che non è così. E anche se tutto intorno a noi emana odio, voglia di far del male e desiderio di vendetta e quelle persone sono cattive e piene di disprezzo per noi… Ti amo, Amia!»

 

 

Grazie, Pan_di_Stelle. Grazie, StellaChiara. Questo capitolo è dedicato a voi due.

Mi avete incoraggiata a continuare questa storia con i vostri due messaggi... Di questo non ve ne sarò mai grata abbastanza.

 

 

ANGOLO AUTRICE

Buonasera e ben ritrovate, care ragazze! ^__^

Chi non muore si rivede…

Sono sparita dalla circolazione per un bel po’ di tempo, forse troppo. Sì, devo aver esagerato stavolta. Ho delle spiegazioni, però! Sono successe tante di quelle cose impegnative che se erano belle non avevo tempo per scrivere e se erano brutte non ne avevo la voglia. Mi scuso con voi tutte e spero che mi potrete perdonare presto o tardi che sia. Vi chiedo umilmente di credermi: sono davvero mortificata! D:

Detto questo…

Sarà stato un caso che Marcus non si sia portato dietro Damien? Mmh, io credo di no. XD Per il povero demone biondo le brutte sorprese non sono ancora finite (ho in serbo per lui grandi cose!).

In ogni caso… Damien x Raina 4 ever. Non sono pucciosi pucciosissimi?! <3

Ah, vi sono piaciute le informazioni sui Guardiani dell’Occhio (citati, se ricordate, nello scorso capitolo da Rea)? Perché li rivedrete nel prossimo capitolo (e anche negli ultimi inerenti alla battaglia finale) più cattivi che mai!

A proposito di Rea: chi la sta tradendo? Domanda domandona del momento la cui risposta la so solo io (forse, perché degli indizi su questo tizio ve li ho dati). u.u

Di cos’altro avranno parlato Amia e Rea prima che Amia riuscisse a raggiungere Andras, venuto per salvarla? Altra bella domandina, eh eh.

Ehm, ehm… Giusto giusto… in questo capitolo Andras si è dichiarato ad Amia! TA TA TA TA!!! :D Non è stato meraviglioso?! *^* Io l’ho amato tantissimo perché non solo ha detto quelle due paroline speciali ma l’ha fatto con stile e grande romanticismo! *__*

Ma questo significa grossi grassi guai in arrivo per la coppia…

Ora, come sapete, il famoso demone leggendario voluto da Rea può essere generato… ma non è questo il punto! XD

La seconda leggenda inerente alle prescelte (“il potere di scambio”) si farà presto viva!!!

Infine, vi dico che nel prossimo capitolo potete aspettarvi dell’intenso romanticismo fra le due coppie della storia… ;)

Anche perché poi ci sarà una calata di combattimenti e sofferenze varie… Andras (proprio lui? XD), fra l’altro, userà il potere liquido contenuto nella fiala che gli hanno dato i Guardiani dell’Occhio e che nel salvare Amia in questo capitolo non ha avuto occasione di usare.

 

GRAZIE di cuore alle 64 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 20 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 106 ragazze che hanno messo Il Dominatore del Mondo fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 14 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti… Vi voglio tutte bene, care ragazze! Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative!

 

Se volete qualche spiegazione in più o avete altro da dirmi, lasciate pure una recensione. J

 

Bacioni,

la vostra Ashwini. :*

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Capitolo 30
*** Capitolo ventinovesimo: La seconda leggenda: il potere di scambio. ***


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Capitolo ventinovesimo

 La seconda leggenda: il potere di scambio

 

 

Pov. Amia

«Non ho dimenticato, sai? Avevi promesso che mi avresti consultato prima di buttarti in imprese suicide. Non sono state le cattive intenzioni a guidarti, ma resta il fatto che mi hai mentito e ingannato per fuggire di nascosto. Sei scappata da palazzo! Hai lasciato i nostri amici e soprattutto me…» tuonò Andras, sciogliendo quel dolce abbraccio che, fino a un attimo prima, aveva premuto pelle contro pelle come nel tentativo di fondere l’una con l’altra per lo spasmodico desiderio di diventare una cosa sola ed indivisibile. «… E hai affrontato Rea a testa alta, da vera guerriera, per salvare tuo padre dalla follia della tua antenata e dei suoi complici. Mi hai reso fiero di te, Amia» concluse.

«Grazie per avermi capita» dissi piena di gratitudine per le sue ultime parole.

Il mio ragazzo sbuffò, spostando altrove lo sguardo e passandosi con nervosismo la mano destra fra i neri capelli scompigliati. «Troverò il modo per farti pagare ogni singola preoccupazione che mi hai causato in questi giorni, ma per adesso direi di accantonare la faccenda per recuperare tuo padre e tornarcene finalmente a casa.» Posò nuovamente gli occhi blu zaffiro su di me e mi accarezzò il viso con aria improvvisamente ansiosa. «Sei troppo pallida: devi assolutamente riposare in un letto caldo e accogliente.»

«Il nostro» dissi, ricordando le stanze private del dominatore di un mondo che, pian piano, stavo accettando come mio.

Lui annuì. «Sì, il nostro letto» confermò accompagnando la risposta con l’accenno di un sorriso.

Poco dopo Damien e Raina ci corsero incontro e ci si gettarono addosso, unendo il gruppo in un grande abbraccio come a sancire in modo ufficioso l’avvenuta rimpatriata.

Andras fece una smorfia e scostò presto tutti da sé. «Come siete appiccicosi voi due!» si lamentò con i nostri amici.

Scossi la testa, divertita: l’amore aveva infine raggiunto il suo cuore, ma questo non cambiava il fatto che Andras restava il Mr. Ghiacciolo di sempre.

E poi, dentro di me, sorse la felice constatazione che Andras, ora come in futuro, avrebbe acconsentito a delle coccole solo nel caso in cui queste ultime sarebbero provenute dalla sottoscritta.

Damien fece la linguaccia al mio ragazzo e gli girò le spalle con aria offesa e perfettamente in linea con il suo carattere spiccatamente teatrale. «Volevo soltanto alleggerire la tensione…» borbottò sottovoce.

Andras lo ignorò come se nulla fosse e si rivolse a me dicendo: «Su, raggiugiamo tuo padre.»

«Credo sia meglio far andare me e Damien, Andras. Nonostante Rea si sia allontanata da qui, probabilmente il padre di Amia ha la mente ancora soggiogata dai suoi trucchi magici e, vedendo la figlia in quanto primo nemico da eliminare, potrebbe azzardare mosse pericolose non solo per lei ma per tutti noi che, naturalmente, accorreremmo a difendere Amia con il rischio di ferire lui nel piccolo scontro» intervenne ragionevolmente Raina.

Abbassai tristemente lo sguardo sul pavimento: era una sensazione terribile quella che stava sopraggiungendo al mio cuore nel sapere di esser vista da mio padre come la preda di un’insensata caccia a causa della magia sacerdotale. E il male che sentivo era peggiore adesso che una volta, ormai che sapevo di non esser mai stata davvero odiata da mio padre quando ero piccola.

Raina notò il mio umore afflitto e mi prese amichevolmente entrambe le mani con le sue. «Ehi… tranquilla» iniziò, sfregando i pollici contro la pelle dei dorsi delle mie mani tremanti. «Tutto si sistemerà. E sai perché ne sono certa?»

Dato il considerevole sforzo che già stavo esercitando per mantenere l’autocontrollo, così da accertarmi che nessuna lacrima uscisse dai miei occhi per manifestare apertamente il mio dolore, mi limitai a far segno di no scuotendo lentamente il capo.

La mia amica sorrise, e il suo era un sorriso fatto di incontaminata speranza. «Perché i tasselli giusti tendono sempre a unirsi a quello che rappresenta la vita di una persona che li merita tutti e lotta lungo l’intero arco della sua vita per stringerli a sé. E ti giuro che tu, amica mia, sei degna dell’amore di tuo padre tanto quanto hai dimostrato di esserlo di quello dei tuoi amici e del tuo ragazzo.»

Dopo ciò, lasciai andare Raina e Damien a cuor leggero.

 

Andras poggiò delicatamente una mano sulla mia schiena e mi invitò a sedermi per riposare un po’ in modo da distendere almeno in parte i nervi tesi prima di tornare a casa, dove avrebbe avuto inizio una routine a dir poco frenetica in vista della guerra. Data la mancanza di solide mura a cui appoggiarci, ci sostenemmo a vicenda alla buona ed efficace vecchia maniera: schiena contro schiena.

«Stavo combattendo con Marcus quando tu mi hai raggiunto… Mi hai trovato o sei capitata in questa sala per caso?» mi chiese, spezzando il silenzio e allungando la mano destra a stringere la mia sinistra.

«Ti ho… come dire… visto nella mia testa, e mi sono precipitata da te per aiutarti nel difficile confronto con quell’uomo.»

«Ti vedo pure io adesso che ho accettato e confessato apertamente di essermi innamorato di te» rivelò a brucia pelo.

«Centra la leggenda delle prescelte, allora» dedussi con la pelle d’oca.

«È così» confermò. «Visti anche i precedenti, credo proprio che d’ora in poi i nostri poteri individuali andranno aumentando.»

«Si fermeranno un giorno?»

«Nessuno ne sa abbastanza sull’argomento per affermarlo con certezza.»

Seguì qualche minuto di pesante silenzio: la tensione, invece di diminuire, era aumentata.

«Andras… Ecco, io…» esordii, titubante.

«Amia...?»

Sospirai stancamente. «Devi sapere che in questi giorni Rea mi ha detto delle cose piuttosto…» Inspirai ed espirai. «… particolari.»

Andras lasciò passare circa un minuto prima di decidersi a prendere la parola. «Su di me, immagino.»

«Non le credo quando dice che sei un mostro assetato di potere. Ma, Andras… è vero che in un brutto periodo della tua vita hai… stuprato… delle donne umane?»

Andras si girò immediatamente e mi prese per le spalle, voltandomi verso la sua parte e incrociando il suo intenso sguardo con il mio, leggermente scosso. «Rifiutando l’amore di Rea, l’ho profondamente offesa e ferita. Io ero alla disperata ricerca della mia prescelta e, dopo tutto quel tempo passato lontano da casa, mi sarei fiondato sulla prima ragazza che qualcuno mi avesse indicato come tale. Rea, volendo vendicarsi del torto secondo lei subito, soggiogò molte persone e, attraverso la loro bocca, mi spinse tra le braccia di altrettante povere innocenti di cui io abusai… sessualmente…»

«A volte, il tuo desiderio di diventare padre di un demone leggendario mi spaventa» confessai.

«Ti ho già spiegato perché dovremmo avere un figlio al più presto» ribadì, duro.

«Ricordo ciò che mi hai detto.»

Andras mi lasciò andare e si rialzò in piedi; notai che stava guardando nella direzione in cui poco fa erano spariti Damien e Raina.

Allarmata, gli chiesi: «È successo qualcosa ai nostri amici?!»

«No» mi tranquillizzò. «Al contrario, sono vicini.»

Visibilmente sollevata, mi rialzai anch’io.

Dalle scale semidistrutte che conducevano ai sotterranei spuntò Raina per prima, subito seguita da Damien, che vidi avere mio padre svenuto caricato sulle spalle.

Non aspettai che ci raggiungessero loro e gli corsi incontro per assicurarmi delle condizioni di salute di mio padre. Aveva numerose ferite ancora sanguinanti sparse qua e là e non ci voleva un esperto in materia per capire che non erano state causate da semplici pezzi cadenti delle macerie dell’edificio.

Mio padre è stato… torturato.

«Oddio… papà. Che ti hanno fatto?» mormorai, sconvolta.

Torturato.

«Amia.»

Papà…

«Amia!»

… mi dispiace. È tutta colpa mia.

Venni presi bruscamente per le spalle. «Amia, non è grave. Ha qualche costola rotta, ma nulla che i medici di palazzo non possano curare.»

Spostai lo sguardo dal corpo malandato di mio padre e guardai Andras con occhi spenti. Mi sforzai di annuire. Evitai di prendere la parola perché sicuramente dalla mia bocca sarebbe uscito unicamente un grido strozzato.

 

Benché stordita dai colpi psicologici ricevuti in quelle ultime frenetiche ore, ad un certo punto del viaggio di ritorno ebbi la classica sensazione di déjà-vu che avvolge casi analoghi.

Attraversammo la capitale dell’Impero di Alloces e, sorpassato anche il bel lago sotto la grande cascata alle cui sponde si trovava il castello, proseguimmo per una lunga salita dove, svoltata l'ultima curva, mi si parò di fronte un qualcosa di davvero stupefacente.

Dietro un imponente cancello in oro bianco stava, in tutta la sua verde lucentezza, una vastissima distesa di erba e foglie cadute; il cancello si aprì e fece entrare l'auto. Potei ammirare con calma il lunghissimo viale, dove vidi un trionfo di colori nei vari fiori che abbellivano il prato. Il buon odore dei fiori stranieri penetrò le mie narici attraverso il finestrino aperto; i cespugli erano chiaramente stati tagliati e rifiniti da un abile giardiniere che li aveva realizzati in diverse e particolari forme: cervi, cherubini, piccole tartarughe e molto altro ancora. Tutto era curato nei minimi dettagli: mi sembrava di essere in un giardino principesco dell'ottocento.

Poi ecco ergersi davanti a me, in tutto il suo splendore, il palazzo reale più bello su cui avessi mai posato gli occhi: tutto era in marmo bianco e azzurro, mentre decorazioni di vario tipo in oro bianco e rosso adornavano le numerose finestre dai vetri a mosaico e le tante porte. Poco prima dell'entrata vi era una piazzetta in cui una grande e circolare fontana sprizzava acqua limpida e lucente dall'anfora di un cherubino in marmo bianco.

E, anche questa volta, fu la buona e simpatica Katia a venirmi incontro. Era una donna robusta sulla cinquantina i cui capelli castano chiaro erano legati in un severo chignon; indossava un vestito umile ma sapientemente pulito e stirato.

Katia piangeva senza imporsi alcun freno, evidentemente sollevata di vedermi in grado di reggermi da sola sulle gambe. Mi strinse in un abbraccio caloroso, pieno d’amore materno.

«Piccola cara… Oh, per l’amor del Cielo! Dove sei stata? Stai bene adesso? Oh, quanto ti ho pensata in questi giorni! Andartene così, senza dir nulla a nessuno… che brutta faccenda! Ma sei tornata qui, grazie a Dio, sana e salva, e… fatti abbracciare ancora un po’, stellina mia!»

 

Andras, sostenuto a gran voce da Katia e con il vivo supporto di Damien e Raina, insistette per farmi visitare dagli esperti medici di corte. Ovviamente, anche i miei tre compagni d’avventure si sottoposero a dei controlli, ma io fui quella trattenuta di più con mio enorme disappunto. Infatti non ero tanto preoccupata per me stessa quanto per il mio povero padre, che venne immediatamente preso sotto l’ala protettiva di Andras e condotto da chi di dovere. Appurato il fatto che fisicamente avrei potuto riscontrare di peggio e che la mia mente fosse nel mio pieno possesso, nonché medicato alla perfezione ogni ferita e il minimo graffio su preciso ordine dell’imperatore, Andras finalmente si decise a concedermi un confronto diretto con colui che aveva appena finito di studiare lo stato di mio padre. Il medico mi informò di ciò che già sapevo, e cioè che mio padre era stato sapientemente soggiogato da Rea, facendomi restare profondamente delusa e amareggiata termine tecnico dopo sinonimo altrettanto freddo. Volevo delle risposte precise e… possibile che nessuno sapesse aiutarmi in merito?! Avevo già perso mia madre… non avrei retto anche la scomparsa definitiva dell’altro genitore. Prima di congedarmi, il medico ebbe pietà di me e mi consigliò di tentare un approccio diverso dall’immaginabile con mio padre, vale a dire rimboccarmi le maniche e usufruire al massimo della magia sacerdotale di cui ero dotata, benché la mia faccia scettica e parecchio confusa la dicesse lunga a tal proposito. Insomma, non ero mica una sacerdotessa con una considerevole esperienza alle spalle alla pari di Rea e delle sue sottoposte…

Sempre più afflitta, me ne tornai in camera da letto per riposare un altro po’ prima di rimettermi in carreggiata con gli allenamenti speciali messi appunto apposta per me da Andras in persona.

Sospirai pesantemente mentre poggiavo l’avambraccio destro sopra gli occhi stanchi e mi distendevo.

Riflettei a lungo su due punti in particolare: primo, le sacerdotesse al fianco di Rea non avrebbero mai tradito quest’ultima; secondo, con ogni probabilità l’unica chance che avevo era quella di recarmi dai Guardiani dell’Occhio per ricevere da loro istruzioni circa il modo secondo cui la magia sacerdotale avrebbe risolto il dramma di mio padre.

Sbuffai. Andras non mi permetterà di vedere i Guardiani dell’Occhio neanche a distanza di un solo pianeta. Certo, visto il caso delicato, il mio ragazzo aveva ragione di essere tanto apprensivo, ma io avevo un problema piuttosto urgente e, l’avrebbe riconosciuto pure un cinico come lui, mi erano rimasti solo quegli strani individui per aiutarmi a risolverlo: non potevo proprio lasciarmi sfuggire quest’occasione d’oro, compenso elevato o meno.

Scattai a sedere sul letto pensando che non potevo restarmene lì ferma ad aspettare chissà quale miracolo rimuginando ancora sulle cose il cui accesso mi era negato. Avrei fatto a modo mio e…

Andras. Raina. Damien.

Come avrei potuto lasciarli senza dir loro nulla una seconda volta? No, dovevo almeno comunicargli le mie intenzioni. Era giusto così.

L’attimo dopo, nella stanza entrò Andras con un cofanetto blu zaffiro fra le mani che io osservai incuriosita; il cofanetto era rettangolare ed era grande quanto due pugni chiusi messi l’uno accanto all’altro.

Andras venne a sedersi sul bordo del grande letto matrimoniale. Mi accarezzò dolcemente una guancia mentre con gli occhi mi comunicava tutto il suo amore nei miei confronti. «Ti ho portato un regalo» disse.

Venne fuori solo un sorriso tirato, perché nonostante il mio sentirmi lusingata per questo suo gesto c’era nel mio animo un turbamento troppo logorante per essere messo da parte anche per un piccolo momento. «Oh, Andras… non dovevi» gracchiai tossicchiando un po’ per il mal di gola.

Lui prese la mia mano destra ed eseguì un perfetto baciamano, quindi mise avanti il cofanetto e lo aprì rivelandone il prezioso contenuto. Portai istantaneamente una mano a coprire la mia bocca spalancata per lo stupore. Lì sotto i miei occhi, su soffice seta rossa, c’era incastonato un anello contornato da numerosi petali di rose bianche.

«Mi stai donando un anello di fidanzamento?!» esclamai.

Andras arrossì appena sulle gote, sicuramente in imbarazzo – è adorabile! – e annuì. «Nel mio mondo non si usa regalare un anello alla propria fidanzata per chiederla in moglie, ma so che invece sulla Terra è pratica usuale per tradizione, così ecco qua l’anello che ho personalmente scelto per te. Vorrei che tu portassi quest’anello sull’anulare sinistro, come dice la tradizione umana, e fargli seguire la fede nuziale il giorno del nostro matrimonio spostando l’anello di fidanzamento sull’altra mano. Poi, se vorrai, potrai indossare entrambi gli anelli sullo stesso dito.» Corrugò la fronte. «Tutto questo perché è credenza diffusa che proprio dall’anulare sinistro passi una piccola arteria che risalendo lungo il braccio arriva direttamente al cuore.»

Per farmi piacere si è informato proprio bene!

Lasciai che mi infilasse il solitario in oro bianco e rosa con brillanti ai lati al dito; il diamante al centro era a dir poco enorme e plasmato come una rosa sbocciata.

«Sai sempre come amarmi» dissi, felice che si interessasse della mia cultura d’origine.

«Per raggiungere il tuo cuore non ho bisogno di seguire alcuna indicazione. So dov'è l'amore che ama il mio» sottolineò in tono appassionato e vibrante.

A queste sue parole il mio cuore tremò e si scaldò.

«Siamo l'amore che ha plasmato un mondo solo nostro» confermai con un ampio sorriso, un po’ più serena.

Andras si sporse per baciarmi. All’iniziale tocco pacato delle sue soffici labbra subentrò a poco a poco una sempre meno accorta prudenza, poi al successivo slancio passionale si sostituì un grandioso impeto amoroso e scoppiò un bacio… immenso, una svolta capitale. Capii che non ci saremo fermati, che avremo continuato ad amarci sino al culmine del piacere. E così fu, nonostante le mie continue raccomandazioni circa il suo non venire dentro di me.

 

Unire il mio corpo al suo mi sollevò l’animo. Finalmente, infatti, dopo giorni di forzata prigionia e straziante lontananza dal mio Andras, mi svegliai tranquilla, in pace con me stessa e fiduciosa nel lieto fine della nostra relazione.

Sorridere alla vista del volto addormentato del mio amato non fu mai così spontaneo. Con la mano destra, libera dall’intrico di coperta e lenzuola, gli accarezzai la leggera barbetta percorrendo per intero la linea della mascella. Lo vidi sorridere nel sonno, poi lo sentii mormorare con voce impastata il mio nome più di una volta. Andras era tanto tenero in quel momento… così bello. E io molto fortunata ad essere sua.

Ripensai alla sua meravigliosa dichiarazione d’amore e il mio sorriso si ampliò mentre le guance si coloravano rapidamente di un imbarazzato e altamente lusingato color porpora. Non avrei mai dimenticato una sola parola, anzi una ad una avrebbero per sempre assunto il ruolo di scaldarmi corpo, cuore e anima.

«Ti amo immensamente, Andras» sussurrai dolcemente.

Il mio ragazzo aprì prima un occhio e infine l’altro. Il suo sguardo, posato sul mio viso, era a dir poco adorante. «Ti amo anch’io, amor mio» soffiò mentre con la mano destra mi scostava un ciuffo di capelli rossi dalla fronte con innamorata delicatezza.

Oh, era così bello, e appagante, sentirgli dire quelle due speciali paroline senza pensarci su nemmeno un attimo!

Lanciai un’occhiata veloce alla finestra e feci una smorfia di disappunto. «Il sole è già sorto… Dovremmo alzarci.»

«Mmh» fece soltanto, continuando ad accarezzarmi i capelli.

Ridacchiai, contenta di ricevere tante coccole di prima mattina. Neanche io avevo voglia di lasciare quelle lenzuola ancora roventi delle effusioni scambiate durante la notte.

«Damien e Raina ci aspettano tra meno di un’ora nel tuo studio, lo sai» gli ricordai a malincuore.

«Mmh» fece di nuovo, baciandomi la spalla destra una… due… tre volte. Dalle mie labbra uscì un sospiro di puro piacere. Andras era un demone tentatore e… dannatamente sexy.

Posai gli occhi sulle sue labbra dischiuse mentre i suoi, brillando di rinnovato desiderio, già osservavano le mie, ormai bramose di un contatto più che soddisfacente. Ma arrivammo a scambiarci soltanto un semplice bacio a stampo perché un insistente bussare alla porta ci interruppe sul più bello.

«Andras, so che siete l’uno appiccicato all’altra come un granello di sabbia ad un altro nel cocente deserto di mezzogiorno, dunque non entro, ma volevo assolutamente ricordarvi che dobbiamo discutere di questioni piuttosto urgenti e che quindi non avete nemmeno il tempo dei preliminari mattutini» ci informò Damien, divertito, da dietro la porta.

Sentii Andras borbottare numerosi insulti contro il suo “invadente e maleducato” migliore amico e risi di cuore. Il mio ragazzo, allora, con un’espressione teatralmente offesa che fomentò le mie risate, si staccò da me non senza un’evidente malavoglia. Alzato lui, io dovetti far lo stesso.

Ci vestimmo velocemente per evitare che gli occhi dell’uno indugiassero pericolosamente sul corpo nudo dell’altra. In meno di un quarto di giro d’orologio uscimmo dalla stanza.

Una volta fuori, girai la testa prima a destra e poi a sinistra ma di Damien non c’era nemmeno l’ombra. Con sguardo interrogativo mi voltai verso Andras. Lui, in risposta, mi fece cenno col capo di seguirlo con l’aria di chi la sapeva lunga.

Svoltammo l’angolo prima del quale c’era il corridoio su cui si affacciava la nostra stanza e vi trovammo una scena sicuramente vietata alla vista di minori.

Andras e io ci schiarimmo la voce, lui scocciato e io imbarazzata. Damien e Raina, allora, con evidente fatica si divisero. Mi sorpresi, perché fino a un secondo prima erano così stretti l’uno all’altra che avevo seriamente pensato si fossero per sempre fuse ossa e carne e vestiti di entrambi.

«E così…» Andras fece schioccare la lingua sul palato. «… non c’era nemmeno il tempo dei preliminari» finì, battendo a intermittenza regolare il piede destro sul pavimento.

Damien e Raina si ricomposero alla bell’e meglio.

«Per te, che hai scioccanti progetti erotici, no di sicuro. Per un tipo più umile come me, invece, sì. Non negare, amico. Ho visto il quaderno…» disse, allusivo, senza alcun pudore.

La mia testa scattò immediatamente in direzione del mio ragazzo. Ero a bocca aperta.

Andras quasi si strozzò con la sua stessa saliva. «Eh?!» sbottò, rivolto al demone biondo.

«Scusami, ma ho dovuto leggerlo. Per prenderne spunto e avere geniali ispirazioni per i miei, di rapporti sessuali.»

Raina, scioccata almeno quanto me, disse: «Stai scherzando, vero?!»

Damien si piegò in due dalle risate. «Ovviamente! L’unico quaderno intimo che Andras possiede riguarda segrete e zuccherose poesie d’amore dedicate ad Amia!» Guardò me e Raina. «Oh, andiamo, ragazze mie, credevate davvero che un bigotto come Andras potesse avere sogni erotici migliori dei miei?»

Andras arrossì come mai l’avevo visto fare.

Gli posai la mano destra su una spalla. «Un quaderno di poesie, eh?» chiesi conferma in un tono di voce che di serio non aveva proprio nulla.

Il mio ragazzo ridusse gli occhi a due sottilissime fessure a dir poco minacciose, sfidandoci a osare pronunciare un’altra sillaba, per poi proseguire con passo veloce e andatura indignata verso il suo studio.

Io, Raina e Damien ci scambiammo diverse lunghe occhiate, tentando di trattenerci, ma quando Andras svoltò il successivo angolo ci risultò impossibile non scoppiare a ridere come tre folli.

Oh, devo assolutamente scovare quel quaderno e leggere dalla prima all’ultima poesia!

 

Aspettammo un po’ prima di raggiungere Andras nel suo studio: era meglio fargli sbollire la rabbia prima di azzardarci a mettere fra noi e lui una distanza inferiore ai dieci metri. O meglio, a me e Raina non avrebbe torto un capello, ma per solidarietà nei confronti di Damien ci organizzammo così.

Una volta davanti l’imponente porta a due battenti dello studio privato del mio ragazzo, bussai. Quindi entrai io, poi la mia amica e infine l’impertinente demone biondo, che ancora sorrideva sfacciatamente con aria bonaria. Non fosse stato l’amico di lunga data di Andras, a quest’ora Damien avrebbe sicuramente avuto il cuore strappato dal petto, pensai.

Naturalmente, l’accoglienza di Andras fu tutt’altro che calorosa, ma nessuno ci badò troppo e tutti preferimmo non perdere altro tempo utile perché c’era in ballo una guerra.

Tutto iniziò da un libro.

Il libro fra le mani di Raina non era molto grande, ma la copertina rigida blu notte dai morbidi e sinuosi decori dorati dava al volume un’aria solenne, quasi severa. Con una certa impazienza, lessi il titolo in rosso: Raina era in possesso del libro in cui erano narrate le leggende riguardanti le prescelte.

Sorrisi, divertita dalle facce sorprese dei nostri ragazzi. «Per fortuna, ci sei tu a pensare alle cose importanti, Raina!»

«Ah, evitiamo le chiacchiere inutili! Piuttosto, vediamo di trovare un brano che contenga le informazioni che ci servono» borbottò Andras, sicuramente infastidito dall’inconfutabile verità di non aver pensato per primo a procurarsi La leggenda delle prescelte, la raccolta di tutti i brani sulle ragazze come me e Raina che diverse persone sagge e autorevoli avevano incluso nei loro libri.

Raina scoppiò a ridere e si indicò con l’indice della mano destra. «Leggo io, siete d’accordo?»

Damien si mise al suo fianco. «Dunque sai dove cercare…» fece, e il suo sguardo era inquisitorio.

La mia amica arrossì, colpevole. «È possibile che io abbia letto l’intero libro, sì.»

Il demone biondo e il mio ragazzo la guardarono torvi per un attimo, poi sollevarono gli occhi al cielo e sbuffarono.

Io feci spallucce, per nulla offesa. Raina era stata previdente e solo grazie alla sua brillante intuizione adesso potevamo usufruire del prezioso aiuto del libro. Con giudizio, dopo la lettura, avremmo agito insieme perché eravamo ormai diventati una squadra, e per tale motivo ci fidavamo ciecamente l’uno dell’altra.

«Puoi iniziare a leggere, amica mia» dissi con fermezza mentre mettevo una mano sulla spalla di Raina, che annuì.

«Già, illuminaci» si intromise Andras, sarcastico, ma dal luccichio malizioso nei suoi occhi era evidente che stava solo scherzando e che quindi non era veramente arrabbiato con Raina. A modo suo voleva essere simpatico: il giusto relazionarsi con persone che non conosceva da molto era per Andras un traguardo non ancora raggiunto, benché gli mancasse davvero poco.

Raina, come me, capì le buone intenzioni di Andras e gli fece l’occhiolino. Successivamente si schiarì la voce prima di iniziare a leggere con immensa serietà. «Brano secondo; primo paragrafo, “Il potere di scambio”: Il potere di scambio è una qualità della coppia demone-prescelta che si sviluppa quando ormai il legame fra l’uno e l’altra è sancito non solo dalla premessa costituita dalla dichiarazione d’amore di entrambi ma anche e soprattutto dalla lacrima di sangue che simboleggia il cuore del demone donato alla sua prescelta. Il legame indissolubile fra un demone e la sua prescelta permette alla coppia di andare oltre l’uso del potere proprio del singolo. L’unico limite di un amante che ha trovato il suo vero amore è l’esserci o no della volontà. Dunque, se il demone intende usufruire delle capacità della sua donna può farlo; viceversa anche la prescelta può fregiarsi delle doti del suo demone. Non esiste un tempo massimo riguardo il possesso dei poteri dell'altro, benché è bene far notare che più si usa un potere non proprio più è forte il pericolo di perdere tracce importanti o meno di tale potere al momento della sua restituzione al legittimo proprietario. Da Leggende sui poteri congiunti, autore sconosciuto.»

«Interessante» disse Andras, sorpreso e visibilmente ammirato, grattandosi il mento con l’indice e il pollice della mano destra. Si girò a guardarmi negli occhi con seria attenzione. «Proviamoci subito, Amia!»

«Dovremmo prima vedere se il fatto che io non sia una semplice prescelta sia determinante o no. La fondamentale domanda da porci è: la mia natura di sacerdotessa risulterebbe pericolosa per la tua salute nel caso in cui usassimo il potere di scambio?» gli feci notare.

Damien annuì, pensieroso. «Carotina ha ragione, amico» mi supportò; come me, era preoccupato per Andras.

Il diretto interessato roteò gli occhi. «E va bene…» sbottò. «Raina, per favore guarda se nelle pagine a seguire c’è un passaggio a tal proposito.»

La mia amica si mise subito all’opera. Un minuto dopo puntò il dito su una frase precisa e ce la lesse: «È curioso il rarissimo caso in cui la prescelta di un demone è una sacerdotessa.»

«Nient’altro?! Oh, che assurdità! Che libro inutile!» fece Andras, esasperato, a seguito del silenzio in cui lui, io e Damien avevamo atteso invano che Raina continuasse a darci informazioni.

«Almeno abbiamo questo!» ribatté Raina, che non tollerava parole denigratorie nei confronti dei libri e della cultura in generale.

Raggiunsi Andras in due falcate e gli abbracciai il busto con un braccio. «Ascolta, troveremo un metodo alternativo per cavarcela con Rea e la CGE…» dissi, intimamente insicura sul da farsi.

Il mio ragazzo scosse la testa. «No, voglio tentare la strada del potere di scambio.»

«Beh, io non sono d’accordo, quindi non se ne fa nulla!» protestai, pensando ancora una volta alla possibilità che le conseguenze sulle sue condizioni di salute sarebbero potute essere disastrose.

Tra i nostri occhi iniziò una battaglia a chi lanciava l’occhiataccia migliore.

Ero certa che per quanto ci amassimo non avremmo mai smesso di battibeccare.

Damien e Raina si strinsero a noi nel chiaro intento di dare alla luce un caloroso abbraccio di gruppo per fare una pace generale. Di fronte a due personaggi tanto bizzarri io e Andras alzammo simultaneamente gli occhi al cielo. Notando nell’altro la medesima reazione, un sorriso affiorò sulle labbra di entrambi.

Ero sicura anche del fatto che ogni discussione, piccola o grande che fosse, era destinata a produrre in ciascuno di noi due una brevissima arrabbiatura.

Andras incrociò volontariamente il suo sguardo con il mio. Più tardi, da soli, approfondiremo la faccenda, mi comunicò mentalmente. Io, non potendo negarmi con alcuna scusa, annuii.

Sciolto l’abbraccio di gruppo, sospirai e mi preparai psicologicamente ad affrontare un secondo importante discorso.

«Anch’io ho qualcosa da farvi vedere. Mentre ero prigioniera di Rea, la mia antenata mi ha mostrato e letto questo» dissi, tirando fuori il diario contenente le memorie della madre di Aspen, il demone leggendario che un giorno avrei tanto voluto incontrare con il mio Andras presente.

Lessi ai miei amici e al mio ragazzo quello che Rea aveva letto a me.

«Dopo ciò non è stato scritto nient’altro, purtroppo. Nelle pagine precedenti, invece, ho letto solo ricordi di coppia. Queste parti che avete appena ascoltato sono sicuramente le più interessanti per noi. Quindi… che ne dite?» continuai, seria, guardandoli uno a uno.

Andras era senz’altro il più curioso: dopotutto nostro figlio sarebbe stato come Aspen. Andras era ansioso di avere un erede da crescere, educare e addestrare. Io, al contrario, pensai per l’ennesima volta che avrei volentieri aspettato qualche altro anno poiché mi ritenevo davvero troppo giovane per diventare madre. «Dovremmo fare due chiacchiere con madre e figlio» propose immediatamente.

Annuii. «Hai ragione. E poi, se questo Aspen decidesse di dare una mano alla nostra causa con i suoi straordinari poteri, non sarebbe affatto una cattiva idea… Più alleati validi abbiamo, meglio è!»

«Sono d’accordo, ma come troviamo questi due?» chiese Raina, con la fronte corrugata.

«Potrei provare a instaurare un contatto mentale con la madre di Aspen» riflettei ad alta voce.

«Giusto. Lei è una sacerdotessa come te, quindi hai buone possibilità di farcela» convenne Damien.

La nostra piccola riunione si concluse così: io avrei cercato di contattare la madre di Aspen e di convincerla a rivelarmi dove si trovassero lei e il figlio per incontrarci; Raina avrebbe messo mano al maggior numero di libri nella sezione proibita della biblioteca reale per vedere se c’era qualcosa che avrebbe potuto interessarci; Damien e Andras avrebbero rispettivamente riorganizzato esercito e politica in vista della guerra contro Rea e la CGE.

 

 

***

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

Buonasera, care ragazze! ^__^

Questo capitolo è ricco di news e sguardi a una rinnovata quotidianità fra Andras e Amia. Non sentite una brezza più leggera soffiare sul rapporto dei protagonisti? Finalmente, infatti, i due si stanno lasciando andare anche riguardo i rispettivi scheletri nell’armadio. La relazione amorosa di Andras e Amia si sta rafforzando ancora di più! A mio parere, pregi e difetti individuali a parte, stanno diventando un modello di comportamento da seguire. Voi che ne dite?

Spero che questa mia storia vi stia insegnando qualcosa, che abbia insomma una sua morale! :D

 

E poi… Amia incontrerà i Guardiani dell’Occhio? Sarà produttivo per lei farlo (sempre che Andras glielo permetta)?

“Il potere di scambio” verrà usato? Secondo voi Amia accetterà di usufruire appieno di questo vantaggio?

E ancora: Amia riuscirà a mettersi in contatto con la madre di Aspen?

 

GRAZIE di cuore alle 64 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 20 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 110 ragazze che hanno messo Il Dominatore del Mondo fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 14 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti… Vi voglio tutte bene, care ragazze! Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative!

 

Baci a tutte voi,

Ashwini. :*

 

P.S.: Credo che il capitolo ispiri qualche buona e intelligente domanda, quindi non indugiate e recensite quando e come volete. Mi fareste molto, molto felice! :3 (Siete libere di farmi anche una o più richieste, e io vedrò di allineare la mia creatività con la vostra linea d’onda.)

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