I Love Ireland

di zero2757
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One: The Plan ***
Capitolo 2: *** Chaper Two: The Letter ***
Capitolo 3: *** Chapter Three: The Stranger ***
Capitolo 4: *** Chapter Four: The New Life and Kiss ***
Capitolo 5: *** Chapter Five: The Two Hopes ***
Capitolo 6: *** Chapter Six: Memories ***
Capitolo 7: *** Chapter Seven: News Babe! ***



Capitolo 1
*** Chapter One: The Plan ***


Attenzione: I personaggi qui presenti appartengono a Stephenie Mayer, io li sto solo riutlizzando per la storia NON a scopo di lucro. Alcuni di questi personaggi saranno stravolti nell'aspetto fisico, come me li ero immaginata io quando leggevo la saga. Spero piaccia!
Questa storia era già stata pubblicata da me nel 2012, con il medesimo titolo. Adesso ve la ripropongo in maniera diversa!
Kiss, Michy!


_I Love Ireland_

I Know You - Lana Del Rey

 

I Know you, I Walked with you Once Upon a Drem
I Know you, The Gleam in your Eyes is so Familiar a Gleam
Yet I Know It's True that vision are Seldom all they seem
But I Know You, I Know what you'll do
You'll Love me At Once, The Way Once Upon A Dream

 

Cosa?
Ecco, mi succedeva di nuovo, nonostante stessi guindando ed il mio corpo eseguisse tutte le mie indicazioni, mi ero nuovamente estraniata. I lampioni a bordo strada rendevano il buio meno fitto di quanto già era, la strada bagnata dalla recente pioggia mi offriva una visuale più difficoltosa, dati alcuni deficenti con i fari alti che mi abbagliavano. Dovevo assolutamente smetterla di guidare con certi CD. 
CD, che tra l'altro avevo fatto io, ma che mi permettevano, grazie a particolari melodie di immergermi nel profondo della mia mente.
Nonostante i miei occhi fossero aperti, ero cieca.
Nonostante i ricordi fossero passati, loro tornavano più penetranti, facendomi anche venire in mente come avrei potuto comportarmi.
Con un respiro profondo, ingrano la quinta per sorpassare una Ford Focus rossa, troppo lenta.
Quando sono in macchina posso pensare senza che qualcuno mi urli ad un orecchio, e con il troppo pensare mi immergo in ricordi che avrei fatto meglio a seppellire.
Avevo la sensazione che, nonostante i miei 21 anni di -esterienza?- avessi fatto più casini che altro, e forse ne stavo commettendo uno anche ora. 
Con il mio lavoretto part time alla Magnolia Backey, avevo guadagnato a sufficenza per permettermi di attuare il mio piano. 
Chiunque mi conoscesse anche solo un minimo capirebbe.
Quando avevo 14 anni, mio padre mi portò in una cartoleria, la Jam Paper and Envelope, e lì tra i vari scaffali vintage lo vidi. Era un piccolo libriccino rilegato con su scritto "TREASURE IRELAND" e come immagine un castello in mezzo al verde circondato da animali.
Non seppi perché, infondo ero in quella cartoleria solo per comperare qualcosa alla nonna, dato il suo arrivo imminente da lì a poche ore. Ma volli quel libro, scongiurai Charlie, mio padre, affinché me lo comprasse alla modica cifra di dieci dollari e novantanove.
Da quel giorno quel libro divenne la mia coperta di Linus, quando qualcosa andava male: che fosse per una delusione amorosa o per la scuola; tiravo fuori sempre quel libro e ne riguardavo le immagini e rileggevo le indicazioni. Era come trovarsi in Irlanda.
Ed oggi, a sette anni di distanza, con un diploma di liceo e niente laurea, con un lavoro più o meno soddisfacente, mi stavo dirigendo a casa. La paga, l'ultima, nella borsa.
Continuo a guidare per la Fulton Street, finché non trovo un parcheggio libero. La mia Mini usata, occupa il giusto spazio.
Non appena lo trovo, comincio a camminare finché non sono in Washington Avenue, la mia casa è un'appartamento di walk up a cinque piani. Ed è ovviamente senza ascensore. Con la stanchezza addosso, infilo le chiavi nella toppa, gli occhi quasi mi si chiudono, il mio alito forma una lieve condenza. Normale, dato che siamo a fine Novembre, il che mi fa sempre tentennare... Non tanto per il freddo, quanto per mio padre. Con un sonoro "Clang" la porta si apre ed io incomincio la mia scarpinata quotidiana, giunta al mio pianerottolo, oramai stremata, da oltre la porta si sentono strani gemiti... Ed io vorrei sbattermi la testa al muro. Magari proprio sopra al campanello a forma di cuoricino (sì, è stato mio padre a sceglierlo), per farli quantomeno vestire.
Il giorno del mio diciassettesimo compleanno, dopo circa dodici anni dalla morte di sua moglie, Charlie è venuto a parlarmi.

 

«Tesoro, posso entrare?» chiese lui da dietro la porta, mentre nel frattempo cercavo di indossare di qualcosa vagamente femminile. Farfugliai un'entra, mentre mi stavo mettendo una maglia semplice nera, e non so come mai ci rimasi incastrata con i capelli. La sfiga. Nel frattempo mio padre tra risolini vari e consigli di bellezza, mi spara la bomba. «Tesoro, è da troppo tempo che avrei dovuto dirlo, da prima del matrimonio con la mamma... Ma poi sei nata tu e non ho più potuto tirarmi indietro... NON PENSARE CHE TU SIA UN'ERRORE!» Charlie gesticolava e camminava avanti e indietro, mentre io finivo di truccarmi. Il suo atteggiamento di diede tanta noia che con sarcasmo gli dissi: «Mi stai cercando di dire che sei Gay, papà?» e sorrisi. Lui si fermò e mi guardò con occhi colpevoli. «Isabella, ma come hai fatto a capirlo?»
Rimasi impietrita e sconvolta. 

Da allora non nascose più nulla di sé, tantomeno la sua vita sessuale.
Gesù! Da quando aveva incontrato Antoine, un bellissimo cinquantacinquenne con capelli sale e pepe, occhi color cioccolato ed una sfrenata ossessione per la moda e tutto ciò che la riguarda, Charlie non era più lo stesso.
In senso buono ovviamente, solo che lui... Così alto e grosso, con occhi scuri e capelli e baffi neri ed una moda da boscaiolo (nel senso letterale del termine) faceva veramente a cozzi con Antoine, così fine ed elegante.
Convivevano a fasi alterne nelle reciproche abitazioni, ciò significava che per un'intero mese la casa era libera da queste scene sessualmente rivoltanti. Ma oggi, con mia somma sfortuna, doveva essere il turno di Antoine.
Quando lo incontrai la prima volta, un anno dopo il mio diciassettesimo compleanno tra me e lui fu amore a prima vista. Lui era troppo simpatico, premuroso ed un buon ascoltatore. Charlie ed Antoine, senza rendermene conto, erano divenuti la mia seconda coperta di Linus, cosa che rendeva tutto più difficile.
Con le lacrime agli occhi e con una foga barbara, suonai tre volte al campanello. Era il nostro codice per fargli capire che ero io e che si sentiva tutto da fuori.
Mentre mi ricomponevo ed allentavo il mio cappotto, sentii un "Oddio", "Sbrigati.... Sono di la!" e un grande frastuono. Non erano molto discreti, e la cosa mi strappò un sorriso.
La porta si aprì, rivelando un Antoine trafelato, con la camicia (sicuramente di qualche marca famosa) aperta, mentre cercava di allacciarsi i pantaloni. Scoppiai a ridere. «Ciao Antoine!» dissi prima di pararmi al suo fianco e baciargli la guancia ispida. Sorpassai il salotto, e la cucina giunta alla porta del bagno bussai e salutai mio padre dopo di che andai in camera mia.
Varcata la soglia, sul letto vidi cinque pacchetti tutti finemente impilati. Sorrisi nuovamente, Antoine, stilista di professione, mi faceva sempre moltissimi regali di tantissimi marchi differenti.
Guess, Dior, Chanel, Manolo... Ditegli uno stilista e lui lo conosce. Con svogliatezza, aprii i pacchi sta volta vi erano: un completo intimo di Alexander McQueen, rosa antico molto sensuale. Un bellissimo vestito a taglio impero, color Blu di Valentino. Una borsa abbastanza capiente della Guess (rosa, Antoine, amava il rosa). Degli occhiali in stile vintage, come piace a me, a "Mosca" reinventati data la forma dell'asticella. Ovviamente di Prada. E per concludere un bellissimo vestito da sera di Armani.
Sorrisi nel vedere il biglietto:" Per la mia principessa preferita, con Affetto. Antoine & Papà"
Non sia mai che quei due mi comprassero cose al mercatino per il prezzo di 5 o 10 dollari.
Feci un lungo sospiro, per poi guardarmi intorno, le pareti bianche ed i mobili in stile vintage (così come il letto) spiccavano. Alcune scritte di poeti alle pareti, candele sparse ovunque così come molti libri. Mi aveva sempre affascinato questo stile retrò, per questo quando ci trasferimmo da Forks nello stato di Washington a New York per me fu uno schock.
Ma, mentre arredavo la camera, mi resi conto che era giusto così... Che papà doveva avere questa occasione, se la meritava dopo tanta sofferenza. Al tempo avevo dieci anni. Guardai nuovamente gli abiti disposti in maniera disordinata nel letto. Questi sarebbero stati gli unici abiti che non avrei venduto su eBay. Una lacrima mi scappò. Da quando avevo 14 anni, quando incominciai a fare lavoretti e a risparmiare ogni singolo centesimo, precludendomi quasi ogni cosa, ma negli anni avevo messo da parte una somma tale da poter realizzare il mio sogno: Vivere in Irlanda.
Avevo già predisposto tutto, avevo trovato un appartamento a Smithfield Square, modesto, ma molto carino. Avevo già le carte richieste al comune di Dublino e quello Americano, spostato la residenza al numero 6 di Smithfield Square in Irlanda e trovato un lavoro di alto livello.
E domani, 21 Novembre, sarei partita per questa avventura.
Non voglio continuare a disturbarli, perché sin da quando ho vissuto con loro ho sempre avuto un peso sul cuore. Sentendomi respondabile per papà ed in colpa per la mamma. Ma soprattutto non volevo di volta in volta disturbare l'idillio che Antoine e Charlie avevano. Quindi, anche se con tantissimo dolore nel cuore avevo scritto una lettera, dove dicevo loro di non cercarmi, di essere felici per conto proprio.
Con il duecentesimo sospiro, mi alzai per specchiarmi, ho sempre avuto le mie paturnie per il mio aspetto. Castana, con occhi verde acqua, non molto alta e pelle alabastro. Feci scorrere lo sguardo sulla mia T-Shirt della Magnolia Bakery, tutti mi avevano salutato con le lacrime agli occhi. Anche Charlotte, che non poteva soffrirmi. Mi sarebbero mancati tutti.
«Posso entrare Bella?» chiese Antoine da dietro la porta, io mi asciugai le lacrime che mi accorsi, solo ora, mi stavano inondando il viso. «Entra Anty» e con foga mi risistemai. Lui di certo non aspettò oltre ed entrò, «Piccola -disse per poi venirmi in contro- Ti piacciono i regali?» mi chiese quando mi ebbe tra le sue braccia, io ricambiai con affetto. «Si sono bellissimi, Anty. Grazie mille ma non dovevi...» non mi lasciò finire. «Shhh! Questo è niente per la nostra Principessa» disse per poi darmi uno stampino come segno d'affetto. Era un gesto molto comune tra noi, mio padre mi ricopriva di baci e poi per ultimo mi dava uno stampino come segno più importante del suo affetto.
«Hey Bells, mi vuoi rubare l'uomo?» chiese papà non appena entrò, ed io sorrisi per poi stringere Antoine più forte «Ovviamente! Non vedi come siamo ben assortiti?!» tutti scoppiammo a ridere.

[To Be Continued...]


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Che ne pensate?
Aspetto commenti! ^O^

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Capitolo 2
*** Chaper Two: The Letter ***


Attenzione: I personaggi qui presenti appartengono a Stephenie Mayer, io li sto solo riutlizzando per la storia NON a scopo di lucro. Alcuni di questi personaggi saranno stravolti nell'aspetto fisico, come me li ero immaginata io quando leggevo la saga. Spero piaccia!
Questa storia era già stata pubblicata da me nel 2012, con il medesimo titolo. Adesso ve la ripropongo in maniera diversa! 
Kiss, Michy!

P.S
Ci sarà una variazione di narrazione! I primi due capitoli sono in prima persona, gli altri da narratrice esterna! Grazie ancora! 


_I Love Ireland_

Love Me or Leave Me - Kerli

 

Been Working out, you Smell so Good
It's Not for Me
I don't mean to Push you But you say That you don't Feel It

Love Me or Leave Me
Oh, Quit me or Keep me
Whatever It's your Feeling I Just Need To Know

 

  Mentre preparavamo la cena, la radio cantava Moi Lolita di Alizée.
E tanto per fare i cretini Antoine e Charlie si erano messi a ballare intonando cose strane, poi, non so come, mi ritrovai a cantare (cosa che, tra l'altro, mi riusciva piuttosto bene, dato che avevo studiato francese) e ballare con loro. Due matti! Poi alla fine ballai un lento molto improbabile sia con Charlie che con Antoine. Dopo questa pazzia, e con la radio più bassa a trasmettere le hit degli anni '90, ci siamo seduti a cena. Una cena composta da vellutata di zucca e pizza, dove tutti mi raccontavano di tutto. E mentre ciò accadeva, la mia già appurata nostalgia stava crescendo.
Il volo era alle sette della mattina. Quindi il piano era che sarei andata a letto presto; dopodiché, quando sarebbe giunta la mattina, avrei ripreso le mie valige (belle che pronte) nascoste nell'armadio. Mi ero potuta mettere da parte molto più del necessario per la mia vita a Dublino (Questo grazie ad Antoine, che, rifilandomi marche di ogni genere, una buona metà l'avevo venduta su eBay a prezzi esorbitanti!). E come previsto dal piano tutto filò liscio, mi defilai in camera quasi subito dopo cena. Non ci volle molto, che grazie alla dolce voce di Kerli, mi addormentai.

 

Un rumore assordante mi sveglia, cerco a tentoni la sveglia per farla tacere ma non la trovo.
Costretta ad aprire gli occhi, noto il piccolo oggetto a forma di bara (l'ultima cosa rimasta del mio periodo Dark al Liceo) sulla scrivania. Mi alzo e, finalmente, mi rendo conto di che giorno è oggi e dell'ora (le 6:00 a.m). Una scossa allo stomaco mi fa salire le lacrime agli occhi... Ma devo farlo.
Devo lasciare le persone più importanti della mia vita per permettere loro di vivere.
Così, con passo strascicato mi dirigo in bagno, mi lavo e rifinisco le mie cose per metterle in 
valigia. Ci siamo. Con passo felpato apro la porta d'ingesso e porto le valige fuori, ultimo promemoria prima di partire e poi... Sarei sparita. Mi avvio nella camera di papà e Antoine, poso la lettera sul comodino e bacio sulla fronte entrambi, non si svegliano. Dopo questo, poso la mia copia delle chiavi sul piattino d'ingresso, faccio scorrere lo sguardo un'ultima volta su quella che era la mia casa e poi chiudo la porta. Sento un clang, e la mia vita da newyorkese finisce qui. Sono le 6:45, meglio che mi sbrighi.

_______________________________ _ _

 

La porta aveva svegliato Charlie, che sopraffatto da un brutto sogno si mise a sedere a bordo del letto. Con sguardo appannato, notò un pezzo di carta di fianco a lui, sul comodino ricolmo di creme.
Charlie l'aprì iniziando a leggerla, ad ogni frase la sua angoscia cresceva a dismisura, tantoché corse diritto in camera della figlia. 
La trovò vuota , privata della sua proprietaria e delle sue cose.
Le guance gli si bagnarono subito, cadendo carponi per continuare così a sfogare la sua tristezza, a fargli compagnia la lettera, adesso chiazzata di lacrime. Era scritta a mano, come piaceva a lei, che a detta sua, gli dava un che di antico.
Non passò molto tempo che Antoine, lo trovò.
«Charlie, tesoro, che succede?!» chiese lui con aria preoccupata, mentre gli si avvicinava.
«Se n'è andata... -iniziò- Se n'è andata per me... Per noi... Si sente incolpa per... Oh, Dio, non lo so! L'ho persa!» concluse l'uomo in preda ai singulti. E con sguardo affranto, Antoine, recuperò la lettera iniziando a leggerla ad alta voce.


Caro Charlie,
cerca di comprendere il mio dolore nello scrivere questa lettera. Non voglio lasciarti solo, Dio solo sà quanto io me ne dolga di quest'atto increscioso che faccio alla tua persona.
Ma cerca di comprendere, da quando la mamma è morta non ho avuto più un modello da seguire, non fraintendere! Perché so che fraintenderai, il modello a cui mi riferisco è quello femminile... quello che tutte le bambine guardano come modello di vita.
Quando ero piccola guardavo le altre bambine e le invidiavo, ma non appena ti guardavo in quegl'occhioni color cioccolato capivo di essere fortunata ad avere un padre che era pronto a tutto. Che veniva ai colloqui, che saltava giorni di lavoro perché stavo male, che mi preparava i pancackes... ma con il tempo ho incominciato a stimolare un certo interesse, come tu ben sai, per la musica; per i viaggi, ti ricordi quanti ne abbiamo fatti?
Per i libri e per l'amore della mia vita, l'Irlanda.
Non credere che l'abbia fatto per colmare quel vuoto e quella cicatrice nel mio cuore, perché io ho avuto tutto l'amore ed anche più di quanto ne potessi immaginare.
E non credere che per via del trucco, sporco nel tratto della matita e dell'eyeliner, io non stia piangendo!
Perché sto colando nero come una fontana e comunque come tu hai ben intuito, perché so che hai intuito qualcosa è il tuo lavoro in fondo, ieri sera... parto. Non ti dico per dove anche se la meta è fin troppo ovvia, non rammaricarti, non arrabbiarti ma creca di ascoltare, l'ho dovuto fare.
Mi sentivo soffocare, i ricordi mi affioravano nella testa e nel cuore sensa ritegno costringendomi a piegarmi in due dal dolore, volevo regalarmi un soggiorno indefinito nella terra che amo, volevo essere un'altra persona per qualche tempo. Anche se so che con i VOLEVO o SE o MA si risolve un ben amato cavolo. Per questa volta... anzi, per molte volte sono stata egoista e sta volta più di tutte, perdonami.
Sappi però che ti ho sempre considerato un'amico, una madre, un padre, un fratello ed un modello di vita esemplare. Ti amo papà, sei il mio angelo e non ti cambierei per nulla al mondo.

Tua Isabella

 

Antoine, rimase basito.
Ma le lacrime non tardarono ad arrivare anche a lui, si sentiva in colpa per la sofferenza della figlia (perché tale la considerava) e con voce tremante disse: «Charlie... Andrà tutto bene... » e detto questo piansero insieme.

[To Be Continued...]

 

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Capitolo 3
*** Chapter Three: The Stranger ***


Attenzione: I personaggi qui presenti appartengono a Stephenie Mayer, io li sto solo riutlizzando per la storia NON a scopo di lucro. Alcuni di questi personaggi saranno stravolti nell'aspetto fisico, come me li ero immaginata io quando leggevo la saga. Spero piaccia!
Questa storia era già stata pubblicata da me nel 2012, con il medesimo titolo. Adesso ve la ripropongo in maniera diversa!
Kiss, Michy!

P.S.
Cambio di Narrazione! (Il testo de:"Moi Lolita" avrà degli errori data la mancata capacità del mio PC a inserire tali lettere! Mi scuso per il disagio!)


_I Love Ireland_

Moi Lolita - Alizée

 

Moi Je M'Appelle Lolita
Lo ou bien Lola
Du pareil au meme

Moi Je M'Appelle Lolita
Quand je reve aux loups
C'est Lola qui saigne
Quand fourche ma langue,
J'ai  là un fou rire aussi fou 

 

 

La musica le rimbombava nelle orecchie, merito di Ipod nuovo di zecca, anche quello regalo del compagno di Charlie. Le lacrime lavavano il viso color alabastro, lasciando righe invisibili che facevano male.
Aveva lievemente inclinato il sedile, tolto le scarpe e coperta con un plaid chiesto alla hostess. Mancava poco al decollo, mancavano alcuni passeggeri, così il capitano (miracolosamente) aveva deciso di aspettare ancora un pò. Isabella guardò il suo riflesso al finestrino, il trucco pesante si era in parte sciolto metteva più in risalto i suoi occhi color verde acqua.
Tirò su con il naso e si asciugò le guance con il maglione blu extralarge, le era sempre piaciuto il vintage (da come si poteva dedurre dalla sua ex camera da letto) ma quando si trattava di sé non aveva il coraggio a essere vagamente femminile.
Contrariamente alla visione che Antoine si era fatto di lei, il suo stile verteva su maglie extralarge con canotte sotto e leggings o jeans a scelta.
La banalità nello stile per una ragazza banale come lei, questo pensava ogni qual volta si specchiava.
«Si avvisano i signori passeggeri che stiamo per partire, allacciate le cinture di sicurezza e spegnete portatili e cellulari. Vi ringraziamo» concluse il capitano, di sfuggita, Isabella, intravide alcune sagome avanzare, ma non ci fece molto caso troppo impegnata a spegnere quella che era la sua colonna sonora.
«Scusa -le chiese una voce profonda, sensuale- Questo posto è libero?» concluse lo sconosciuto, Isabella; innervosita, si girò per rispondergli in malo modo.
Ma i suoi propositi vennero meno quando incontrò gli occhi color azzurro cielo del ragazzo che la stava parlando. «Come?» chiese lei, mentre sbatteva frenetica le palpebre per darsi un tono, solo allora pensò al suo aspetto e le sue guange s'imporporarono. «Sì -si schiarì la voce lei- è libero» disse, mentre si rigirava verso il finestrino rossa di vergogna.
«Grazie! Mi hai salvato la vita» e con questa frase, il giovane sistemò il bagaglio a mano sul porta bagagli e si sedette senza più proferire parola. Un sorriso a squarciargli il volto. Isabella, colse l'occasione per studiarlo. Alto, con fulgidi capelli neri tirati indietro ma che all'esterno sembravano scompigliati ad arte. Una giacca di pelle sopra ad una camicia a quadri rossa, jeans blu scuro e anfibi. I suoi lineamente erano dolci e decisi al tempo stesso. Isabella arrossì nuovamente, non vedeva un uomo con occhi imbarazzati dall'età di diciotto anni, quando un giovanissimo Alec Lannister gli aveva proposto di mettersi assieme a lui. (Cosa stupida dato che poi si cosprì essere una copertura alla sua omosessualità. Il che sconvolse non poco la povera Isabella).
«Che cosa ascolti?», riemersa dai suoi pensieri, Bella, si accorse che il giovane "Appannato" (come aveva da poco deciso di chiamarlo) la stava guardando con aria curiosa, ma sempre con il bellissimo sorriso di quando si era seduto. Le servirono sì e no 45 secondi per riprendersi.
«September Morn, di Neil Diamond» riuscì a pronunciare solo il nome della canzone e l'autore che Appannato si mise a ridere. «Perché ridi?» gli chiese con aria da bambina imbronciata.
«Perché hai i classici gusti Irlandesi! La, tutti i vecchi ascoltano Neil Daimond!» concluse lui con aria canzonatoria. «Comunque, Ragazza Triste (Così ho deciso di chiamarti), piacere sono Liam Twice! Tu sei?» chiese Liam, mentre con garbo gli aveva offerto la mano. «Isabella Swan, ma chiamami pure Bella» rispose, mentre con mano un pò malferma afferrava quella di Liam e la stringeva. Così vicino, Isabella, notò un pò di barba che gli stava ricrescendo, donando a quel ragazzo un'aria affascinante.

«Bene, Bella, che cosa vai a fare in Irlanda?» chiese con non chalance, mentre, con sorpresa di entrambi, prese un fazzoletto e gli aciugava le lacrime ancora umide stando attento però a non rovinarle il trucco. Isabella arrossì all'inverosimile (tali tonalità e sfumature di rosso non le aveva mai provate in una vita intera!). Comunque, si limitò a rispondere, mentre i loro occhi ancora erano incatenati. «Ci vado a vivere» buttò lì la cosa, come se non fosse importante ciò che in quel momento le accadeva dentro a causa di suo padre e Antoine. «Hum, io invece ritorno dopo cinque anni di assenza! -A quel punto le sue mani presero dolcemente il viso di lei, e con molta doccezza soffiò su gli occhi della ragazza, dandogli sollievo. Finito questo passaggio le sorrise- Mi sono appena laureato in Architettura, torno in patria per problemi familiari» le sembrava che non avesse mai preso fiato, ciò nonostante non aveva smesso un secondo di sorridere. «Bhe, -iniziò Isabella- io devo dire che non ti ci vedo nelle vesti di Architetto, casomai in quelle di Musicista Country» finì con un sorriso. Liam, iniziò una lunga e profonda risata fin quando i due non si guardarono e sorrisero.


[To Be Continued...]

 

 

 

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Capitolo 4
*** Chapter Four: The New Life and Kiss ***


Attenzione:Premetto subito che a Smithfield Square esistono delle case che il comune assegna a seconda delle richieste e che (Per Davvero) Gli Irlandesi considerano da Sfigati. In più, la casa in questione l'ho immaginata e alune cose di Smithfield le ho stravolte, tipo il secondo cortiletto. (La somma chiesta dal Tassista è la cifra esatta che chiedono tutti da Dubiln Airport a Smithfield Square. Io stessa, quando sono stata a Dublino, mi ha chiesto questa cifra... E per chi se lo chiedesse, Sì, sono stata proprio a Smithfield Square N°6 a passare la mia vacanza). I personaggi qui presenti appartengono a Stephenie Mayer, io li sto solo riutlizzando per la storia NON a scopo di lucro. Alcuni di questi personaggi saranno stravolti nell'aspetto fisico, come me li ero immaginata io quando leggevo la saga. Appurato tutto questo vi lascio alla storia... Spero piaccia!
Questa storia era già stata pubblicata da me nel 2012, con il medesimo titolo. Adesso ve la ripropongo in maniera diversa!
Kiss, Michy!


_I Love Ireland_

Il Cielo D'Irlanda - Fiorella Mannoia

 

Il Cielo D'Irlanda è un oceano di Nuvole e Luce
Il Cielo D'Irlanda è un tappeto che Corre Veloce
Il Cielo D'Irlanda ha i tuoi Occhi se Guardi Lassù
Ti Annega di Verde e Copre di Blu

Dovunque tu stia viaggiando
Con Zingari o Re 
Il Cielo D'Irlanda si muove con Te
Il Cielo D'Irlanda è Dentro di Te

 

La prima cosa che colpì Isabella non appena atterrata fu l'aereoporto, grandissimo e con alternanza di fasce mobili per facilitare il viaggiatore con valige pesanti. La seconda fu il fatto che in sette ore di viaggio; quanto aveva appreso di Liam. Bello, benestante, Architetto e con una famiglia complicatamente felice di tredici persone (o almeno così pareva, dato che aveva problemi con uno dei suoi componenti, Edward). Ma la cosa che proprio non capiva era l'affinità e la velocità con cui si era aperta a lui. Gli aveva raccontato tutto, persino della morte della madre e di quanto ancora ne sentisse la mancanza. Appena arrivati al gate per poter uscire, Isabella, si rese conto che, non appena fuori, si sarebbero persi di vista. Fu pervasa da una strana tristezza, intensa che durò finché non mostrò il passaporto a chi di dovere, quando finalmente furono fuori, Isabella si voltò. Lui era ancora lì, con un sorrisetto che (grazie a quelle ore aveva capito) lo caratterizzava.
«Allora questo è un addio, Liam Twice» disse lei, riuscendo magicamente a cammuffare la voce. Ma per quanto potesse essere brava nel nascondere ciò che provava, Liam, non era certo uno sprovveduto. Con passo fermo si avvicinò il tanto che serviva per chinarsi e baciarla sulle labbra. Un bacio fugace, senza impegno, ma che procurò un rossore notevole alle gote della ragazza.
«Casomai un arrivederci, signorina Swan» le rispose, per poi prendere la sua valigia ed incamminarsi verso il primo Taxi della fila addetta a quell'area. Si voltò circa a metà tragitto, per sorriderle e salutarla con la mano, per lasciare lei nel tormento e nella confusione totale.

 

Dopo essersi scossa, inforcò la sua medesima strada fino al taxi più vicino, con fare cordiale il tassista le chiese dove era diretta. «Smithfield Square, per favore» rispose lei, per poi lasciare in consegna il suo bagaglio allo stesso che lo mise nel portabagli. Il tragitto durò un quarto d'ora, dove Isabella, ammirata e con le lacrime agli occhi ammirava estasiata quelle strade. Si era dimenticata di Liam molto velocemente, la sua Irlanda era mille volte meglio di un singolo uomo.
«Viaggio di lavoro o piacere Miss?» chiese il tassista, che, guardando la sua targhetta identificativa, si chiamava Jerry. Isabella scese dal taxi, un sorriso radioso che le dipingeva il viso. «Un viaggio per restare» le rispose, Jerry (che dato il suo lavoro ne aveva viste di persone) capì al volo.
«Allora... Benvenuta in Irlanda, Miss» l'accolse lui mentre lei lo pagava dei suoi 21,50 euro per il viaggio. «Grazie!».

 

Il complesso residenziale moderno di Smithfield era stupefacente, estremamente moderno e pratico con bar, un ostello (Il Generator) e una Distilleria. Isabella, però, aveva fatto richiesta per quelle casette residenziali a due piani che lei vedeva carinissime e tipiche (anche se per gli Irlandesi erano considerate "da sfigati"). Accanto al cancello vide una donna, alta con una chioma fulva, colorito roseo ed occhi azzurri intenta a scrutare delle carte che aveva in mano. «Salve -iniziò Isabella- lei deve essere la signora Siobhan, giusto?» chiese lei, mentre l'altra alzava lo sguardo con un sorriso caloroso.
«Sì sono io, e tu devi essere Isabella Swan, giusto? Piacere -Le afferrò la mano con decisione ed estrema professionalità- Ti prego dammi del tu! Ho solo 43 anni! Per Diana!» esclamò per poi far ridere entrambe. «Bene, ti faccio vedere la casa» e mentre lo diceva aveva già aperto il cancelletto incorniciato da un muretto a mattoni rossi, per poi avvicinarsi alla porta (subito accanto vi era una finestra con tende verdi al suo interno). Non appena varcò la porta, Isabella, con il cuore in fomento capì che quella era la sua casa. Le pareti erano di un lilla tenue, poco distante dalla porta una deliziosa rampa di scale (in mogano) portava al piano di sopra, mentre alla sua destra trovava ben tre porte. Una era della cucina, con un camino a cappa dove poter cucinare. Il mobilio completamente in legno, sia per il tavolo che per il cucinotto, le pareti di un color panna per dare più luce (un tripudio di crema e nocciola). Poco distante dal tavolo vi era un'altra porta che dava ad un cortiletto. Nella seconda porta vi era un lussuoso bagno dalle pareti di un celeste chiarissimo con finissimi dettagli, i mobili ed i sanitari di un bianco panna e marmo.
«Le piace fino ad ora?» le chiese Siobhan con fare materno, «E menomale che per gli Irlandesi queste case sono da sfigati» le sfuggì, mentre i suoi occhi si riempivano sempre di più di lacrime. Era proprio ciò che aveva immaginato. «Ahahhaah, che ti devo dire... Siamo complicati -inizò Siobhan, non appena ebbe l'attenzione di Isabella- Le nostre case patriarcali fuori città sono grandissime e quelle di città ci sembrano poca cosa a confronto» concluse lei sorridendo «Oh Mio Dio! Scusami, non sapevo fossi una... Bhe, Irlandese Purosangue...» cercò di scusarsi Isabella, rossa nuovamente in volto, ma Siobhan le prese le mani e con fare rassicurante. «Ttanquilla, certamente tu non potevi sapere, ma sappi che non mi hai offesa, anzi! Sei molto divertente! Ma tu sei sicura di stare bene?» chiese lei mentre i suoi occhi color cielo la scrutavano incuriositi. Era molto giovane, non avrà avuto più di vent'anni ed era per questo che Siobhan non capiva. Perché trasferisri così lontano da casa? Perché in così giovane età? «Sì, scusami... Solo che... Per me è un sogno che si avvera, è tutto... Perfetto!» esclamò concitata Isabella, Siobhan sorrise, per poi continuare a mostrare la casa. Il salotto, il ripostiglio, le due camere da letto (ma solo una con il bagno in camera) ed il giardino. Durante tutto questo tragitto, Isabella, non smise un secondo di Piangere dalla felicità e Siobhan non smise un secondo di sorridere, capendo che... Quella ragazza, in pochi istanti (cosa assai rara per lei) le era già entrata nel cuore.  



[To Be Continued...]

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Capitolo 5
*** Chapter Five: The Two Hopes ***


Attenzione: Alcuni luoghi vedi Malahide, sono stati lievemente stravolti! Così come molti dei personaggi!!! I personaggi qui presenti appartengono a Stephenie Mayer, io li sto solo riutlizzando per la storia NON a scopo di lucro. Alcuni di questi personaggi saranno stravolti nell'aspetto fisico, come me li ero immaginata io quando leggevo la saga. Spero piaccia!
Questa storia era già stata pubblicata da me nel 2012, con il medesimo titolo. Adesso ve la ripropongo in maniera diversa!
Kiss, Michy!


_I Love Ireland_

Shake It Off - Taylor Swift

 

But I Keep Cruising
Can't Stop, Won't Stop Moving
It's like I got this Music
In My Mind, saying It's gonna be alright 

 

 

La sveglia suonò sulle note di Shake It Off di Taylor Swift dal comodino poco distante dal letto, ma non servì a svegliare nessuno se non il povero Raven a sua volta appoggiato a Cormoran. Raven, dopo uno sbadiglio profondo ed essersi stiracchiato, balzò giù dal letto zampettando verso il rumore della doccia. (Raven, il bellissimo gatto meticcio, aveva un manto pezzato con colori che variavano dal marroncino al rossiccio, al contrario Cormoran era di un bellissimo bicolore rosso e bianco) Con un miagolio possente, avvertì Bella della sua pesenza, lei di rimando spannò un anta della doccia per poi augurargli un buongiono.
«Buon Giorno Miciottoso di Mamma! Fatto bei sogni?» chiese lei con sguardo sorridente, Raven, per risposta miagolò avvicinandosi alla doccia. Si acciambellò proprio sotto al lavandino, dove Isabella aveva adibito la loro area tolettatura, compresa di sabbietta una piccola bacinella per il bagno e la cura del felino. Tra quelle cianfrusaglie vi erano anche i tappetini (uno a forma di Uovo per Raven e uno con molteplici micetti con una scritta per Cormoran), ovviamente Raven per dispetto a Cormoran (che li aveva raggiunti nel frattempo) si stiracchiò sopra al suo.
Isabella uscì dalla doccia per poi avvolgersi nel profuamto asciugamano, il suo sguardo venne catturato dai due gatti (era molto raro che a Dublino la gente tenesse gatti in casa, lei stessa ne aveva avvistati non più di tre in tutta la città. Solitamente, i residenti che tenevano animali nella city, preferivano di gran lunga i cani e, di fatti, i gatti solitamente li si poteva vedere solo in campagna), Isabella sorrise, lei era una fuori dagli schemi. Quando giunse a Dublino, circa due anni fa, dopo quei giorni di smarrimento iniziale si concesse una settimana (che era anche quella concessagli dall'azienda Design Factory LDT), così per un pò ballonzolò tra i vari negozi e musei. Ne dedusse che la Despar, per quanto fosse conveniente per molte cose non era certamente all'altezza di quei pochi negozietti che importavano prodotti agroalimentari Italiani. E che questi certamente non potevano battere il piccolo mercato poco distante da Smithfield dove ogni weekend vi erano leccornie di ogni genere. Un giorno, mentre passeggiava per il St. Stephen's Green Park, nascosto tra i cespugli vi era un piccolo annuncio dove regalavano due gattini nati da pochi giorni, sulla piccola locandina vi era il numero ed il luogo. Non appena lo lesse, Isabella, capì che quello era il modo di Dublino per consolarla, così, inforcò il cellulare e chiamò.
Le rispose una donna dalla voce squillante, andarono subito d'accordo, ci vollero pochi secondi che Isabella era già in viaggio per Malahide sul pullman 102 da Dublino. Non appena arrivò (48 minuti dopo di astenuanti fermate), dopo una piccola passeggiata a piedi arrivò di fronte ad una casa bellissima, ricoperta da rampicanti e con un tetto spiovente. Un muro fatto a mattoncini rossi che la contornava, poco distante una graziosa buca delle lettere faceva sfoggio di sè. Bella, con passo deciso ignorò la bellezza del luogo e si inoltrò nel giardinetto curatissimo (solo allora notò a poca distanza dalla casa un granaio, anche quello non aveva niente da invidiare alla casa), suonò il campanello e dopo poco gli si presentò una donna. Non era molto alta ma si capiva subito da i suoi occhi vispi e dal sorrisetto pestifero che era un peperino.
«Ciao -iniziò la donna- tu devi essere Isabella, giusto? Piacere, io sono Tia Hale!» finì, Tia era davvero un vulcano di vitalità, bionda e con occhi castani. Le due fecero conversazione per un bel pò (dovevano aspettare che Amanda, la gatta, si svegliasse per non turbarla del repentino distacco che ne sarebbe conseguito poi), mangiando biscotti al burro e bevendo tea verde. Ne venne fuori che quella casa, era in verità una villetta trifamiliare che loro chiamavano "patriarcale" dato che, a differenza della city, era molto più grande (e addirittura lievemente più fuori di Malahide). Che, nonostante l'apparenza pacifica lei, fortunata qual'era, aveva proprio beccato il momento in cui le altre due erano nella city per la spesa mensile (per non dire settimanale). Isabella, non faceva che ridere vedendo Tia smanaccare a destra e a manca per spiegarle gli anedditi della sua enorme famiglia (il che si spiegava delle mensole strabordanti di fotografie e album ricordo). Dopo un paio di orette, Amanda, si svegliò così Tia le mostrò la camera dove i piccoli dormivano (la camera in questione era di uno dei tre unici nipoti maschi che aveva Tia). Non appena la donna srotolò le coperte ed Isabella vide quelle piccole palle di pelo capì che loro erano i suoi Bambini. Si fece prestare una gabbietta con una maglia che avesse l'odore sia della gatta che del proprietario per non fargli sentire il distacco, poi con passo cauto, Isabella salutò Tia che l'aveva gentilmente accompaganata alla stazione per prendere il treno. In treno, Isabella, non fece che contemplare quelle due meraviglie che sarebbero diventati i suoi compagni di vita. «Che nome potrei darvi... Humm...» stava rimuginando tra se, quando distratta guardò fuori dal finestrino su un albero adagiati vi erano due uccelli (un corvo ed un cormorano), fu allora che ebbe l'illuminazione.
«Ma certo!-urlò- Raven e Cormoran!».
Solo dopo si accorse dell'enorme figura che aveva fatto.
Ancora oggi, dopo due anni, appena li vedeva stava meglio. Loro erano i suoi bambini (consci di questo, i due gatti di certo non le rendevano la vita facile facendo i capricci), ma ogni qualvolta che lei piangeva o stava male, loro erano pronti a ricoprirla di fusa. «Buon Giorno anche a te, Cormoran!» esclamò Bella, mentre si chinava a fare le coccole ai micetti.
Dopo un quarto d'ora di coccole, Isabella decise di prepararsi erano le 6.45 del mattino, tra poco più di un quarto d'ora sarebba passata la tramvia (fortunatamente abitava vicinissimo, se non di fronte, ad una delle fermate principali). In camera, oltre al solito arredamento si notava un grandissimo tiragraffi accanto all'armadio, Isabella sorrise, solo il meglio per loro. Dopo un pò d'incertezza per l'abbigliamento optò per un pantalone elegante nero ed un top bianco, si truccò leggermente e dopo aver scelto i libri (la sera sarebbe stata a lezione al Trinity College, dopo un anno si era decisa a seguire l'università di Design) e la sua ampia borsa, inforcò cappotto, bombetta (per smorzare il suo look troppo per bene, era un'artista dopo tutto!) e cellulare. I gatti la seguirono passo, passo senza mai lasciarla (o meglio la lasciarono appena lei gli cambiò la sabbia, l'acqua e diede loro da mangiare). «Amori, sto uscendo! Fate i Bravi! Vi Amo!» urlò non appena fu sulla soglia della porta, poi, con un sorriso da un orecchio all'altro, uscì nella foschia mattutina di Giugno. Il lavoro e la scuola l'aspettavano.



[To Be Continued...]

 

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Capitolo 6
*** Chapter Six: Memories ***


Attenzione: I personaggi qui presenti appartengono a Stephenie Mayer, io li sto solo riutlizzando per la storia NON a scopo di lucro. Alcuni di questi personaggi saranno stravolti nell'aspetto fisico, come me li ero immaginata io quando leggevo la saga. Spero piaccia!
Questa storia era già stata pubblicata da me nel 2012, con il medesimo titolo. Adesso ve la ripropongo in maniera diversa!
Kiss, Michy!


_I Love Ireland_

You Get What You Give - New Radicals

 

Wake up Kids
We've Got The Dreamers Disease
Age 14 We Got you Down on Your Knees 
So polite, You're busy Still Say Please
Fri-Enemise, Who when you're down Ain't your Friends 

 

Si svegliò di sobbalzo, aveva sognato nuovamente di cadere nel vuoto. Ma d'altronde era quello il sogno più frequente che il suo cervello gli propinava ogni santa notte. Con lentezza e fatica si mise a sedere sul letto stropicciandosi la faccia. Inutile dire che il mondo gli pareva etremamente ostile da un pò di tempo a quella parte. Con una forza che, neanche lui sapeva di possedere si alzò. Guardò la radiosveglia sul comodino, le 3 di notte. Sorrise, non aveva voglia di tornarsene a letto così, si mise una felpa sopra ai pantaloni felpati utilizzati come pigiama e, cercando di fare il meno frastuono possibile, uscì. L'aria era ancora fresca per essere Giugno, così il ragazzo non si sorprese quando alitò una nuvoletta di condensa. Sorrise nuovamente, camminò tra le strade poco affollate, se non deserte, e con colma ripassò tutti i posti dove erano stati lui e... lei.
Lei, che le bastava sbattere le ciglia lunghe che si ritrovava per ottenere quello che voleva da lui.
Lei, che sorrideva dolcemente dopo aver fatto l'amore.
Lei, che con quei capelli d'oro sembrava incatenarti.
Liam si fermò, troppo preso dall'intensità di quel momento. Il battito del suo cuore accellerato, per quanto si sforzasse, per quanto lontano fosse stato non era riuscito nell'intento di dimenticarla.
Era doloroso pensare alla sua vita (fatta di successi, uno dopo l'altro) senza quella ragazza che era stato il suo tutto dall'età di 14 anni.
Con passo strascicato, tornò lentamente indietro ripreso dai ricordi più svariati. Non aveva voglia di soccombere alla tristezza, non in quel momento; né mai. Così, alzò la testa e si diresse a casa.


Ballava, per quanto fosse scoordinata, ma ballava.
L'I-Pod alle orecchie, un libro di Anatomia in una mano e una matita tra i capelli. Cormoran e Raven bellamente spaparanzati sulle sedie della cucina la guardavano incuriositi, Isabella stavolta non si sarebbe accontentata del solito 27, ma puntava alla lode. Le mancavano pochi esami (la tesi già pronta nel cassetto della sua scrivania in triplice copia) per laurearsi in Design con specializzazione in Comunicazione Artistica e Multimediale. Con una piroetta, poggiò il libro sul tavolo bianco e prese un sorso di caffé dalla tazza poco distante. Canticchiava mentre il suo cervello registrava l'apparato cardio-circolatorio, le era sempre piaciuto il funzionamento del corpo umano (ovviamente dopo l'arte!). I suoi occhi (e alle volte si preoccupava) non vedevano solo persone, ma macchine con problemi da risolvere; chi con la cirurgia chi con un semplice antibiotico. Con un gesto deciso sottolineò l'ultima parola chiave e fece un sospiro di sollievo, aveva finito di studiare per l'esame di domani. Non credeva di farcela in tempo... Tra il lavoro e la scuola era tanto se arrivava al 27, ma stavolta ci si era messa con tutta l'anima puntando alla lode. Isabella si stiracchiò e sempre ballando finì il caffé e mise la tazza nel lavello. Si girò prontamente verso Cormoran e Raven che mai l'avevano abbandonata per tutto lo studio (per quanto frenetico fosse).
«Tesori miei, la mamma ce l'ha fatta!» esclamò soddisfatta di sé mentre si toglieva gli aurucolari. I due gatti miagolarono il loro consenso, mentre con fare intontino sendevano chi da una sedia chi dalla mensola. «Vero?! La mamma non si merita un bacio?» chiese Isabella, mentre si avvicinava a loro, i mici di conseguenza le lapparono le labbra. «Ahhh, grazie Raven! Grazie Cormoran! Ora però è il momento di andare a dormire, chi vuole stare vicino alla mamma?» e a quella domanda i gatti si guardarono in tono di sfida (erano sempre in competizione quando si trattava di Isabella, cosa che alla ragazza non era certo sfuggita, sentendosene lusingata).
Con uno sbadiglio, Isabella, rimise tutto con cura nella sua cartelletta per poi ficcarli in borsa. Poi, con passo pesante si diresse verso la camera da letto, Cormoran e Raven, ovviamente, l'avevano lasciata indietro perché troppo in competizione per un posto fra le braccia della padrona. Spense le luci e, come era solita fare, augurò la buona notte a persone invisibili. Sì, perché anche se era lontana, scappata da tutto e tutti, i suoi papà non li dimenticava mai.

 

[To Be Continued...]


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Che ne pensate?
Aspetto commenti! ^O^

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Capitolo 7
*** Chapter Seven: News Babe! ***


Attenzione: I personaggi qui presenti appartengono a Stephenie Mayer, io li sto solo riutlizzando per la storia NON a scopo di lucro. Alcuni di questi personaggi saranno stravolti nell'aspetto fisico, come me li ero immaginata io quando leggevo la saga. Spero piaccia!
Questa storia era già stata pubblicata da me nel 2012, con il medesimo titolo. Adesso ve la ripropongo in maniera diversa!
Kiss, Michy!


_I Love Ireland_

You Get What You Give - New Radicals (Seconda Parte)

 

You've Got the Music in you
Don't Let Go
You've Got the Music in you
This World is gonna pull Tought
Don't Give Up
You've got the Reason To Live

 

«L'irrorazione del cuore avviene ad opera di vasi chiamate coronarie. Le funzioni del sangue sono molteplici: trasporto di ossigeno dai polmoni ai tessuti...» Isabella stava rispondendo egregiamente alla domanda fattale dal professor Amun sulle varie funzionalità del sangue e le sue conseguenze. Era seduta su quella scomoda sedia di legno da oramai mezz'ora e le domande a sorpresa di Amun (così lui voleva farsi chiamare dai suoi studenti) non avevano certo fermato la ragazza. Amun, sorrise ad Isabella, aveva stipulato un nuovo record: mezz'ora per un esame da un'ora e un quarto. «Bene signorina Swan, può bastare così. Noto con piacere che oltre ai libri e le dispense consegnate, ha fatto qualche ricerca per conto suo. Molto bene...» esclamò Amun (professore estremamente giovane rispetto a molti altri presenti nell'università. Vantava un'incarnato olivastro e due occhi color oceano. Con fluenti capelli neri mossi, inutile dire che era l'oggetto amoroso di molte sue studentesse... Con false speranze dato che al suo anulare sinistro scintillava un Claddagh[*] d'argento) con grafia elegante scrisse sul libretto di Isabella un 100 e lode. Quando gli pose il suo risultato, Isabella, non poté che sorridere.
Fatte le dovute cerimonie, Isabella uscì dall'enorme biblioteca dove aveva tenuto l'esame. Si diede tempo di arrivare all'affollatissimo ingresso del Trinity prima di cacciare un urlo di soddisfazione. Ce l'aveva fatta!
Adesso c'erano altre due materie da dare e poi... La Tesi! (Amun si era gentilmente proposto come suo coordinatore e lei aveva accettato, amava quell'uomo! In senso lato, ovvio.)
Molti turisti, arrivati li per visitare la bellissima scuola la scrutavano in malo modo, ma ad Isabella non importava se la vedevano ballare e cantare. Si sentiva libera, perché tra pochi giorni (un mese al massimo) avrebbe dato la laurea in anticipo di un anno!
«Bells!» la chiamò una voce maschile, Isabella si girò incontrando gli occhi cannella di Byron. «Come è andata?» chiese Byron (piccolo di statura, con ricci capelli castani ed una montatura che lui definiva "Chic" e... Gay o meglio il suo migliore amico Gay! Il che lo rendeva ancora più speciale agli occhi di Isabella, era il primo con cui aveva legato arrivata in Irlanda.) anche se sapeva la risposta data la reazione dell'amica. «Bee -lo chiamò affettuosamente lei- ce l'ho fatta! 100 e lode!» urlò. I due iniziarono a saltare come forzennati ed intonare "We're the Champions".
Il primo ad interrompere il canto fu Bee.
«Perfetto! Allora bella dobbiamo festeggiare e non accetto un "No" come risposta sia chiaro! Stasera al Temple Bar! Si balla ragazza si balla!» continuò concitato per tutto il giorno trascinando un'Isabella sorridente e di ottimo uomore.
Le uniche parole che si sentivano in risonanza nei pressi del College erano "Ce l'ho fatta" e "Laurea Aspettami".

 

 

Liam si alzò, era pomeriggio inoltrato quando la zia lo chiamò.
Nonostante fossero passati due anni dal suo ritorno (pendolare di lavoro e di riunioni importanti tra New York e Dublino), si faceva ancora svegliare. Nonostante la bellezza dei suoi trentun anni (e di esperienze varie di convivenze fallite con molte compagne "della vita") non si era ancora staccato da quella famiglia patriarcale che tanto gli piaceva.
L'unica pecca in questa bolla perfetta (una bolla di tredici persone – a breve quindici, la compagna di un suo cugino, Emmett, era incinta di due gemelli ed ovviamente anche loro residenti in quella stessa abitazione- che vivevano tutti sotto allo stesso tetto) era suo cugino Edward.
Edward, suo coetaneo, era un famoso Designer sempre in giro per il mondo e con idee strampalate... Non sarebbe stato neanche tanto male se non fosse stato per il fattore "Megan Tullmore". Maggie, così si faceva chiamare, era quella che per una vita, Liam, aveva amato con tutto se stesso senza lasciare nulla al caso. Ma, il caso volle che lei (ragazza appena ventunenne con una brillante carriera universitaria nell'ambito della moda) non appena conobbe il cugino di Liam (che tornava a casa dopo un lungo periodo da Stoccolma) perdesse la testa.
E nonostante i tentativi di Liam di rimanere con lei si lasciarono, non la vedeva da quando troncarono la loro relazione, 10 anni fa. Non superò mai la cosa, in ogni ragazza cercava fattori simili se non identici a quelli di Maggie. Bionda, con occhi bistrati e magari un pò egocentrica... Con il nasino all'insù e ciglia lunghe. Tutte le sue "amanti" come potevasi dimostrare, erano fallite miseramente nel cercare una sua sostituta. In compenso, scoprì di sopportare molto bene la solitudine, si riscoprì libero e allegro nel non dover tenere conto a nessuno. Da lì, il suo io Irlandese venne fuori, lasciò Dublino due anni dopo (fresco di laurea) andando a vivere a New York, dove aveva fatto i mestieri più disparati e dormito nei posti più assurdi. Finché, con la dedizione di pochi, non si imbatte nello studio di architettura di Bizzi&Partners Development[**].
Fu dura i primi tempi, lo stage non lo pagava bene e i suoi orari divennero assurdi ma dopo appena tre anni divenne un architetto a tutto tondo, riuscendo ad ottenere la firma.
Da allora aveva lavorato con i più grandi architetti della grande mela, gli piaceva avere uno studio tutto suo sulla 400 Fifth Avenue di New York ed un appartamento di lusso nel cuore di Soho... Ma la sua Irlanda gli mancava.
Quindi, decise che avrebbe fatto l'Architetto Pendolare nel vero senso della parola. Nella sua vecchia cameretta, non appena tornò due anni fà, sparirono le librerie piene di fumetti per far spazio ai suoi lussuosi MacBook Pro con i suoi adorati programmi (AutoCAD gli sarebbe rimasto nelle vene, di questo ne era certo) rendendo quel piccolo spazio d'infanzia in una stanza da uomo maturo.
Controvoglia, Liam, si stiracchiò era giunto il momento di alzarsi per rifare ore assurde con i suoi adorati Mac... Ma prima si sarebbe concesso il lusso di andare in bagno a sbarbarsi e fare una doccia. Con il programma in testa, Liam, prese il necessario per poi rinchiudersi nel bagno di famiglia. (Uno dei tre, per tredici persone). Era in procinto di spogliarsi dei pantaloni felpati e mettersi comodo sotto ad un getto d'acqua bollente quando la zia entrò come un tornado nel bagno. «Liz -non aveva mai capito perché, sin da piccolo, la zia gli avesse affibbiato un soprannome femminile- abbiamo un problema» annunciò la zia, che peperino qual'era stava già facendo su e giù per il piccolo bagno. «Sì, tu che sei nel bagno mentre mi spoglio, ecco dove sta il problema zia!» constatò Liam, con la massima calma... Dopotutto lo aveva visto nudo in varie occasioni e non sempre felici.
«Che?! Ma no, va la! Schemo! Mi ha chiamato Emmett!! Rose è in travaglio, ci aspettano all'Adelaide&Meath Hospital!» vomitò la zia, i capelli biondi scompigliati e gli occhietti vispi sprizzavano agitazione da tutti i pori. Liam, rimase per un secondo interdetto ma il momento fu fugace e passeggero.
«Tia Hale in Twice! Che cosa hai detto?!» sbraitò il giovane, ancora semi-nudo.
«E che ti ho detto?! Che Rose sta per avere Edmund e Emilie! Oddio, sto per diventare nonna!» incominciò lei, le lacrime agli occhi mentre saltava da un lato all'altro della stanza.
Liam, chiuse l'acqua si infilò la prima maglia e gli scarponi, prese per mano la zia e (correndo oltre il limite di velocità consenstito) arrivarono alla Fourth Ave sani e -quasi- salvi.
Quando giunsero al reparto i medici li informarono che Rose non aveva ancora dato alla luce i due piccoli Twice. Quindi, non restava altro da fare che aspettare che quelle due piccole creature nascessero. Liam controllò il suo cellulare erano 2:30 pm del 21 Giugno, sarebbe diventato "zio" tra poche ore... E la cosa lo fece sorridere.

[To Be Continued...]


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Zan zan zaaan!
Avete capito chi è la zia di Liam? Esatto! La stessa persona che ha dato a Bella i suoi due micetti!! 
Chi lo avrebbe mai detto eh? (Chissà non ci siano altre sorprese o parenti in agguato! ù.ù)
Comunque, scherzi a parte dedico questo capitolo ad una persona IMPORTANTISSIMA della mia vita, al mio padre adottivo Danny Mito, da poco diventato padre di due splendidi gemelli.
Infatti i gemelli (Edmund ed Emilie) qui citati sono un piccolo cameo a loro! >w<
Vorrei anche precisare che i luoghi qui citati sono esistono realmente! Ripeto, non voglio impossessarmi di diritti ne niente, ci mancherebbe, ma faccio per farvi capire che i personaggi si muovono in contesti reali... Bene, detto questo... Vi saluto!
Al prossimo capitolo! <3
Kiss,
Micheila


[*] Il Claddagh altro non è che l'anello di fidanzamento e matrimonio tipico Irlandese. In passato utilizzavano questo al posto delle fedi. Bhe, mi piace questa idea del matrimonio (l'unica, sia ben inteso) che basti un solo anello per la vita ed il Claddagh ne è la prova.

[**]Bizzi&Partners Development sono una società abbastanza famosa a New York, esistente e tutt'ora nel campo architettonico!  

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