CAPITOLO
2
Dopo
il nostro discorso eravamo tornate di corsa a Tondc. Ottavia era
andata nella sua tenda a prendere le sue cose e io feci lo stesso.
Ero pronta, ero pronta per affrontare tutto quello pur di tornare da
lei. Avvertii Indra che sarei partita per un viaggio insieme alla mia
seconda, e senza fare troppe domande le lasciai il compito di
rimanere a sorvegliare la città.
Mi
ritrovai con Ottavia poco fuori dal villaggio. Stava sorgendo il
sole, l'ora giusta per partire.
“Pronta?”
le chiesi montando a cavallo
Lei
annuì convinta per poi salire anche lei sul suo cavallo.
“Che
stiamo aspettando?”
“In
realtà una direzione” mi vergognai un po' a dirlo.
Ma non avevo la
minima idea di dove andare a cercare.
Sicuramente
non potevamo andare a vuoto sperando di trovarla.
“Andiamo
al campo Jaha” mi disse poi Ottavia.
Io
la guardai
“Sei
impazzita?” le chiesi
“No!
Tranquilla, dobbiamo solo contattare Bellamy e Raven. Ci daranno una
mano”
Il
mio sguardo si faceva sempre più basito. Sicuramente non mi
avrebbero mai aiutato. Forse mi avrebbero ucciso, oppure mi avrebbero
tenuto fuori dalle loro indagini. E come dargli torto.
Non
mi avrebbero mai permesso di cercare Clarke. In nessun modo, non con
le loro informazioni, o tecnologie.
“Fidati
di me”
E
a quelle parole tremai. L'ultima persona che me lo aveva chiesto e
aveva guadagnato la mia fiducia, l'avevo tradita pienamente. Ma non
avevo molta scelta. Tutto l'aiuto poteva essere utile. E dovevo
almeno tentare.
“Va
bene! Andiamo”
E
così partimmo per il campo del popolo del cielo.
Fu
il viaggio più breve della mia vita. Ero così
assorta nei miei
pensieri da non essermi resa conto che ero già a pochi metri
dall'entrata, nascosta ovviamente alla vista della gente.
“Aspetta
qua” mi disse Ottavia prima di allontanarsi e addentrarsi nel
campo. Era rimasta in buoni rapporti con il suo popolo, alla fine
alcuni di loro le dovevano la vita. Tornava almeno una volta a
settimana a trovarli, e io la mandavo volentieri. In fondo era ancora
la sua gente, o almeno il suo popolo natio.
Iniziai
a camminare avanti e indietro dal nervoso. Era passata sicuramente
più di un'ora e ancora nulla. Avevo la brutta impressione
che non
avrebbero mai accettato la mia presenza, e anche se sarei comunque
partita a cercarla, senza il loro aiuto ci sarebbe voluto sicuramente
il triplo del tempo.
Poi
finalmente un rumore attirò la mia attenzione. Mi voltai
indietro e
li trovai li in piedi davanti a me.
“Scusa,
ma non è stato facile prendere tutta l'attrezzatura e uscire
dal
campo inosservati” mi disse poi Ottavia avvicinandosi a me.
Io
annuii solamente mantenendo il mio sguardo duro sugli altri due.
“Direi
di muoverci da qui” suggerì Bellamy incamminandosi
verso la
foresta in direzione opposta del campo.
Vidi
Ottavia prendere il suo cavallo e seguire il fratello. Mi
guardò per
un secondo incitandomi di fare lo stesso, e non fare domande. E
così
feci, in silenzio presi il mio cavallo e seguii gli altri tre, per
parecchio tempo e distanza. Avevo bisogno di sapere che cosa stavamo
facendo, non ero mai all'oscuro di niente.
E
poi finalmente ci fermammo in una zona abbastanza lontana sia da
TonDc sia dal loro campo. E questa zona portava in una sola
direzione.
Bellamy
montò due tende, mentre io e Ottavia andammo a cacciare
qualcosa da
mangiare e Raven si occupava del fuoco.
“Qual
è il piano?” chiesi poi io non sapendomi
più trattenere. Era
stato tutto fin troppo silenzioso dall'inizio.
Bellamy
mi guardò per un secondo poi riabbassò di nuovo
lo sguardo
concentrato su quello che stava mangiando.
“Allora?”
dissi di nuovo questa volta con un tono più duro. Non mi
piaceva
ripetermi, o ancora peggio essere ignorata.
“Allora
non sono affari tuoi! Sei qua solo perché Ottavia lo ha
richiesto ma
io non ti devo dire nulla”
“Bellamy!”
lo riprese Raven.
Io
mi alzai di scatto e lui fece lo stesso, e in pochi istanti ci
ritrovammo faccia a faccia.
Il
mio sguardo dentro il suo. Potevo vedere tutto il rancore che mi
portava contro, tutto l'odio che aveva contro di me, e anche contro
il mio popolo. E alla fine non potevo biasimarlo, ma speravo che come
leader lui più di tutti avesse capito la mia scelta, o forse
c'era
qualcosa di più.
Poi
Ottavia si frappose tra di noi, cercando di mantenere la calma, e in
pochi minuti fummo di nuovo a sedere intorno al fuoco.
“Qui
è dove abbiamo captato l'ultimo segnale da Clarke”
iniziò a
parlare Raven catturando completamente la mia attenzione “ le
avevamo posto addosso un localizzatore, ma da qualche giorno abbiamo
perso completamente le traccie” abbassò lo
sguardo. Non andava
affatto bene.
“Non
sappiamo se se lo sia tolto di proposito oppure..”
“No!
Non lo pensare nemmeno starà bene” intervenne il
ragazzo.
“Beh
c'è solo un modo per scoprirlo” parlai io
attirando l'attenzione
su di me “queste terre sono popolate dal popolo
più pericoloso di
tutti i tempi”
“Di
che stai parlando?”
“Più
o meno trent'anni fa ci fu una guerra tra i vari villaggi del mio
popolo. Uno di questi era guidato da colui che voleva distruggere la
comandante di quel periodo. Molti si unirono a lui perché
vendeva
grandi promesse, e così la guerra ebbe inizio e
durò per ben 5 anni
E poi intervenne il popolo di Mount Weather”
Presi
una piccola pausa
“uccise
tutto l'esercito ribelle, e gran parte dei nostri, ma il loro capo e
alcuni suoi seguaci riuscirono a scappare e a rifugiarsi oltre le
nostre terre” dissi indicando la zona di fronte a me
“Nessuno
ha mai esplorato queste zone, e chi ci ha provato non è mai
tornato
indietro” dissi con una nota di preoccupazione. Se Clarke era
davvero in questo posto dovevamo agire e farlo velocemente.
Dopo
qualche convenevole, decidemmo che saremmo partiti la mattina
all'alba.
Non
chiusi occhio quella notte, rimasi fuori dalla tenda a fare la
guardia. Non ero più nei miei confini e non eravamo affatto
al
sicuro. E poi ripensai a lei, a quegli occhi feriti che mi guardavano
per un'ultima volta. E la mia decisione a ritrovarla si faceva sempre
più forte.
E
così il sole fece il suo ingresso, e noi partimmo verso i
luoghi
inesplorati.
Dopo
poche ore la foresta iniziò a diradarsi, e davanti a noi si
presentò
una distesa di terra arida senza vegetazione. Vista da li sembrava
infinita. Il sole sopra le nostre teste, il caldo della giornata,
niente vento. E una distesa di nulla da attraversare.
*****L
Avevo
camminato per giorni, avevo pianto ininterrottamente per giorni.
Quello che avevo fatto era stato imperdonabile per me. Avevo ucciso
troppe persone, troppe persone innocenti, magari anche ignare di
quello che in realtà c'era dietro.
Mi
ero ripetuta costantemente che quella era l'unica soluzione per
salvare la mia gente. Che era giusto farlo, ci avevano massacrato per
i loro scopi, per la loro sopravvivenza, e se io volevo salvare il
mio popolo per la nostra sopravvivenza dovevo sterminare il loro.
Non
avevano voluto sentir ragioni, potevamo aiutarli, ma ormai era troppo
tardi, e sono diventata un'assassina a tutti gli effetti.
Mi
ero trasformata in quello che mai avrei voluto essere, avrai voluto
essere un'artista e invece ora mi ritrovavo le mani piene di sangue,
di quel sangue che io con le mie stesse mani avevo rubato e preso.
Avevo
deciso di andarmene dal mio popolo perché rivederli tutti i
giorni
mi avrebbe ricordato tutto il dolore che avevo causato per essere li
oggi.
E
ora mi ero ritrovata in una terra deserta, da sola a vagare
completamente a vuoto. Era tutto così uguale e simile che
era
impossibile rendersi conto di dove si era. Così decisi di
lasciare
dei segni visibili di dove fossi già passata.
E
così feci per giorni finchè, anche i miei viveri
finirono. E
l'ultima cosa che ricordo prima di svenire era una figura che si
avvicinava a me.
Aprii
gli occhi lentamente, ma la potenza della luce me li fece richiudere
subito. Sospirai. Con le mani riuscivo a sentire di essere su
qualcosa di morbido e di liscio. E aveva anche un buon profumo.
Dove
ero? Che mi era successo? Erano queste le domande che mi ronzavano
nella testa.
Mi
misi a sedere e riprovai ad aprire gli occhi. Gli sentivo impastati,
forse mi avevano messo qualcosa. Ma chi? Con calma riuscii ad aprirli
definitivamente, anche se mi facevano un po' male.
“Ce
ne hai messo di tempo a svegliarti”
Una
voce alle mie spalle. Mi voltai di scatto e vidi un uomo vestito
elegantemente che mi fissava in modo divertito.
“Chi
sei tu?”
*****+
Faceva
troppo caldo, eravamo li da ore senza trovare uno straccio di nulla,
e non potevamo continuare a girovagare ancora a lungo o saremmo
finiti male, decisamente male.
“Così
non va!” Bellamy gettò con rabbia la borraccia per
terra. Era
finita. Come me si era accorto che la ricerca ci stava conducendo ad
una morte certa se si procedeva in questo modo. Non eravamo abituati
a quel clima, nessuno di noi lo era. Eppure si stava avvicinandosi
anche l'inverno ma quel luogo sembrava fin troppo caldo, solo caldo.
“Dobbiamo
tornare indietro” disse Ottavia
“Come
se sapessimo dove sia l'indietro esatto”
Poi
smisi di ascoltare. Qualcosa attirò la mia attenzione.
Sentivo che
le voci si allontanavano da me segno che stavano tornando indietro.
Ma io rimanevo immobile a fissare quel luccichino che mi aveva
attirato così tanto. Doveva essere lei. Se era passata di
qui si era
sicuramente posta dei segnali per ritrovare la strada.
“Lexa!”
mi sentii chiamare ma ignorai la voce e mi misi a correre verso
quello che doveva essere la nostra speranza.
“Lexa”
Mi
voltai verso Ottavia che ormai era davanti a me e con un espressione
di chi la sapeva lunga le mostrai l'oggetto appena trovato.
“Questo
è di Clarke” lo sussurrò.
“Oddio quindi è passata di qui”
poi si voltò e chjamò gli altri due.
E
dopo quello grazie al riflesso del sole riuscimmo ad trovare altri
vari oggetti appartenenti alla ragazza del Cielo. Fino a che anche
quelli esaurirono.
“Ci
accampiamo qui” dissi io con autorità. Ma a quanto
pare nessuno
aveva da obbiettare visto che stavano tutti posando le loro cose per
montare le tende.
Ci
eravamo accampati li dove era stato trovato l'ultimo oggetto. Avevamo
continuato a cercare nei dintorni ma nulla. Ora non ci restava che
sperare di trovare qualcos'altro a nostro favore.
“Non
dormi?” mi voltai verso il ragazzo che stava uscendo dalla
sua
tenda. Era la prima volta da quando eravamo partiti che mi rivolgeva
una parola.
Io
negai con la testa e poi tornai a guardare davanti a me.
Si
mise a sedere vicino a me, che stava facendo?
“Che
pensi che le sia successo?” mi chiese poi. Aveva un tono
preoccupato
“Non
lo so. Ma so che Clarke del popolo del Cielo è
forte” dissi
cercando di non mostrare nessuna emozione.
“Sono
preoccupato molto anche io sai!” io lo guardai sorpresa. Lui
mi
sorrise “Non c'è bisogno che fingi con me! Da i
racconti di Raven
si direbbe che tra te e Clarke c'era qualcosa di più. E il
fatto che
tu ora sia qui con noi a cercarla ne è solo la dimostrazione
di
quanto tu ci tenga a lei”
Rimasi
in silenzio. Non lo capivo. Pensavo che mi odiasse per tutto. Per
aver attaccato il suo popolo, per aver ucciso il suo amico, per
averli traditi tutti.
“Sai
ci ho pensato molto in questo tempo, e per quanto poco ti conosco so
che io avrei fatto esattamente le tue stesse scelte”
A
questo punto lo guardai più stupita che mai. Non mi
scomponevo mai
io, ma ora lontana da casa, lontana dalla mia gente, non potevo che
rimanere stupita dalle sue parole.
“Un
popolo nuovo vi invade, anche io avrei attaccato sapendo che rapporto
avevate con quelli di Mount Weather; sei il loro capo quindi devi
mantenere le usanze che il vostro popolo richiede, e accetto la morte
di Finn così come la tua ritirata dalla guerra. Hai fatto
quello che
ritenevi giusto nei confronti del tuo popolo..”
“Essendo
il comandante potrei cambiare le usanze sai!” risposi
ricordando il
dolore visto negli occhi di Clarke alla morte del ragazzo.
“Ma
in un periodo così non avevi sicuramente bisogno anche di
una
rivoluzione interna”
Aveva
ragione. Stava davvero capendo le mie scelte. Lui mi stava perdonando
quando nemmeno io riuscivo a farlo.
“E
al monte ho tradito l'accordo preso con la tua gente..”
“Si;
ma lo hai fatto per non perdere nessuno dei tuoi in una battaglia che
a quel punto non vi riguardava più”
“Pensavo
che..”
“O
no” mi interruppe di nuovo “ ripeto io ti capisco e
ti assicuro
che il mio modo di agire sarebbe stato lo stesso! Se c'è
qualcuno
che ti odia non sono io, e nemmeno Raven anche se..”
“Il
ragazzo” lo anticipai io questa volta. Lui mi annuii
confermando i
miei pensieri.
“E
ora dobbiamo salvare Clarke” continuai io
“E
lo faremo insieme”
Ci
stringemmo la mano. E poi fu tutto veloce, una freccia mi
sfiorò il
braccio. Vidi il ragazzo prendere la sua arma e iniziare a sparare un
paio di colpi nella direzione da cui era arrivata la freccia. Questo
attirò l'attenzione delle altre due che si precipitarono
fuori.
Poi
vidi altre frecce, mi sentivo debole, caddi al suolo, sentivo le voci
sempre più ovattate e poi più nulla. Buio totale.
*****+
“Permettermi
di presentarmi” mi disse avvicinandosi a me “ Sono
Yuno, sindaco
di Philadelphia” fece un lieve inchino.
“Che
ci faccio qui?” mi ricordavo anche di Dante e poi guarda come
ci
aveva usati.
Lui
mi sorrise.
“Beh
alcuni dei miei uomini ti hanno trovato poco distante da qui svenuta
per terra Clarke del popolo del Cielo”
Rimasi
paralizzata. Come faceva a sapere il mio nome? Che voleva da me?
“Se
ti stai chiedendo come faccio a sapere chi sei sappi che la tua fama
ti ha preceduto. Quello che hai fatto a Mount Weather è
leggenda per
noi”
Ed
eccoci di nuovo quel mattone sul petto. Pesava sempre, specialmente
quando la gente credeva che fosse una cosa grandiosa. Di cui
vantarsi.
“Se
vuoi seguirci abbiamo una sorpresa per te”
Non
mi piaceva quel ghigno che aveva sulla faccia. Nonostante non mi
fidassi non potevo fare molto e così mi alzai piano e lo
seguii.
Uscita
dalla stanza mi trovai davanti una finestra. Mi affacciai per un
secondo e rimasi scioccata da quello che vidi. Palazzi alti decine di
metri, quelle dovevano essere automobili, strade. Cos'era questo
posto?
“Strabiliante
non trovi come siamo altamente avanti” si vantò
l'uomo davanti a
me “ma dovrai ammirarla dopo la città, ora abbiamo
urgenza”
Mi
portò dentro quel coso che lui chiamava ascensore. Arrivati
mi
ritrovai in un luogo del tutto diverso dal mio. Tetro pieno di stanze
con sbarre.
“Clarke?!”
mi voltai verso la voce lieve che sentii provenire da una delle
gabbie.
Non
era possibile, quello che vedevo non era altamente possibile.
“Bellamy?”
chiesi più a me stessa avvicinandomi alle sbarre. Lui mi
afferrò le
mani. Era proprio lui. Una lacrima mi scese sul volto.
“Li
abbiamo trovati dove abbiamo trovato te” mi disse l'uomo
“Gli?!”
chiesi io. Lui annui e mi fece proseguire. Più avanti c'era
Raven e
ancora dopo Ottavia.
“Perchè
loro sono qui?” gli chiesi.
“Perchè
erano con lei!” mi disse Yuno con astio voltandosi verso la
gabbia
in fondo. E li il mio cuore si fermò.
“Lexa”
sussurrai io. La vidi appesa al soffitto per le mani. I piedi legati,
la testa penzoloni e il sangue che ricopriva tutto il suo corpo. Il
mio cuore si fermò.
“Che
le avete fatto?” chiesi impassibile
“Ha
avuto quello che si merita” disse per poi voltarsi e
riportarmi con
lui fuori di li. Lo lasciai fare.
Avevo
pranzato, e qualche ora dopo sentii bussare. Aprii la porta e mi
ritrovai davanti a me i miei amici, che mi abbracciarono insieme. Era
bellissimo sentirli di nuovo, sentire il loro odore. Mi erano
mancati.
“Ragazzi”
dissi con una voce rotta dall'emozione.
Ci
mettemmo a sedere sul letto, e mi raccontarono un po' come avevano
passato questo mese, fino al momento che non erano partiti per
venirmi a cercare. Sentivo veramente una gratitudine profonda per
averlo fatto, ma ora eravamo di nuovo in pericolo, in una
città
nuova. Eravamo di nuovo ad un punto di partenza.
“Lexa”
dissi poi ricordandomi di lei “Che le stanno
facendo?”
“Non
lo sappiamo”
“Non
sappiamo chi sia questa gente...”
Proprio
in quel momento la porta si aprì e due uomini ci chiesero
gentilmente di andare con loro. Ci fecero uscire dal palazzo in cui
eravamo. Era la prima volta che vedevo dal vero tutto quello che
doveva essere la così detta metropoli. Era così
confusionaria, ma
anche così affascinante. Sembrava tutto un altro mondo
rispetto a
quello dei terrestri. Mentre camminavamo in mezzo alle strade i due
ci dettero un po' di nozioni sui nomi dei palazzi e dei vari oggetti
che ci impressionavano.
Poi
finalmente entrammo in un altro edificio. Era quello che gli antichi
chiamavano anfiteatro. Era un'arena.
Una
bellissima arena.
“Benvenuto
popolo del Cielo” Yuno era proprio in mezzo all'arena.
E
poi vidi quello che temevo di vedere fin dall'inizio. Due uomini
armati stavano trascinando Lexa vicino a dove stava in piedi l'uomo.
Piantarono un palo e la legarono intorno ad esso. Sentivo il sudore
che scendeva dalla fronte. Che cosa le avrebbero fatto.
“Siete
qui oggi come testimoni di quello che succederà tra me e
lei”
Sentivo
che dovevo fare qualcosa, ma era come se il mio corpo si rifiutasse
di muoversi.
****+
Sentii
una secchiata d'acqua infrangersi su di me. Mi risvegliai in mezzo ad
una specie di piazza. Alzai lo sguardo trovando su di me quello di un
uomo.
“Bentornata
Heda” mi disse. Ero confusa, mi guardai intorno, e quando i
miei
occhi incontrarono quel blu tutto si fermò almeno dentro di
me. Era
li era viva. E era con la sua gente. Forse era tutto un piano per
farmela pagare.
“Chi
sei?” chiesi io a colui che stava li e mi fissava. Lo vidi
sorridere.
“Sono
Yuno sindaco di Philadelphia” si inchinò
leggermente, poi fulmineo
scattò e sentii il suo pugno dritto sulla mia faccia.
“Ma forse tu
mi conoscerai come Tiron, L'Esiliato”
E
allora capii. Era davvero la mia fine.
“Quanta
strada da un uomo scappato da un popolo barbarico, che lo riteneva
uno stolto”
Mi
colpì diverse volte, fino a che non riuscivo più
a tenere la testa
alta.
“Sai
così non c'è soddisfazione per me” mi
disse chiamando due uomini
più infondo che mi slegarono.
“Loro
ti rimetteranno in forze e domani avremmo il nostro combattimento
alla pari” mi disse per poi fare un cenno. Mi trascinarono
via. E
mi gettarono in una cella. Come promesso mi bendarono e medicarono le
ferite, mi portarono da mangiare e da bere. Non sapevo nemmeno se
assecondarli o meno. Sapevo che era la mia fine, non me l'avrebbe mai
fatta passare liscia. Era stato esiliato, cacciato dal mio popolo. E
ora voleva vendetta. In questo era rimasto un terrestre. E quale
occasione migliore per distruggere me. Il comandante del popolo che
odi.
La
mia missione era portata al termine. Clarke era stata ritrovata, e
l'avrebbe lasciata vivere, e forse tornare al suo popolo. Avrei
chiesto solo quello e poi poteva fare di me quel che voleva.
Con
quel pensiero mi lasciai cullare e mi addormentai.
****+
“Non
la possiamo lasciare così”
“O.
non sappiamo niente di questa gente. Yuno ha detto che ci avrebbe
fatto andare via dopo la sfida di domani”
“Ma..”
“Niente
ma! Ha ragione non possiamo rischiare niente per lei”
intervenni
io. Mi bruciava troppo il suo abbandono, e ora io non avevo proprio
intenzione di fare nulla per lei. Non più. Mi aveva spezzato
il
cuore.
“Clarke..”
“Lascia
stare” sentii Raven portare Ottavia lontana da me. Ci avevano
dato
una stanza più grande con quattro letti. Mi misi a sedere
sul mio
sbuffando. Ero combattuta lo sentivo. Ma ero troppo incazzata per
fare qualcosa.
“Principessa”
alzai lo sguardo su Bellamy sorridendo “non posso capire
quello che
c'è ora dentro di te. Ma la lasceresti davvero
morire?”
E
li rimasi.
L'avrei
lasciata morire?
Ecco
il secondo capitoletto. Grazie sempre a tutti quelli che seguono
leggono recensiscono. Al prossimo :)
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