Wildest Dreams

di Emma Bennet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Like the stars that shine ***
Capitolo 2: *** Only know you love her when you let her go ***



Capitolo 1
*** Like the stars that shine ***


Wildest Dreams.


 

 

 

#1. Like the Stars that Shine

Prompt: Mary's Song (Oh My My My) | Bellarke ♥ (Bellamy/Clarke) | Modern!AU | Verde | Commedia, Romantico

 

La prima volta che l'hai vista, hai sette anni, mentre lei ne ha solo cinque. È una compagna di classe di tua sorella, e per tanto è stata invitata alla festa di Carnevale che tua madre ha organizzato.
Se ne sta seduta in un angolo, l'espressione imbronciata e le mani sulle guance; indossa un vestito da principessa rosa confetto e, con i riccioli biondi a incorniciarle il viso, pensi che è proprio così che dovrebbe essere una principessa.
«Ehilà, principessa»
Lei ti fulmina con lo sguardo.
«Non sono una principessa»
Tu inarchi le sopracciglia.
«Eppure a me il tuo vestito ricorda proprio quello di una principessa»
Lei sbuffa, spostandosi una ciocca di capelli dalla fronte. «Mia madre mi ha costretto a indossarlo» ammette, per poi studiare come sei vestito tu «Io volevo travestirmi da pirata, proprio come te»
Scoppi a ridere. Non hai mai visto un pirata femmina, ma sei pronto a scommettere che lei potrebbe essere il primo.
«Vieni a giocare, dai» la inviti, porgendole la mano «Se vuoi, ti presto la mia spada»
I suoi occhi si illuminano, e tu non puoi fare a meno di pensare che somigliano alle stelle che brillano nel cielo, di notte.
Lei sorride e accetta la tua mano, alzandosi in piedi.
«Io sono Clarke, comunque»
«Bellamy» rispondi, sorridendo a tua volta.

 

***

 

Per il suo sesto compleanno, il padre le ha costruito una bellissima casa su un albero nell'enorme giardino dei Griffin.
La prima volta che l'hai vista, hai sentito una fitta di gelosia farsi strada nel petto: tu non sai neanche chi è tuo padre, figurarsi ricevere un regalo così bello da lui. E poi nel vostro appartamento non c'è lo spazio per un albero, quindi neanche per una casetta da costruirci sopra.
Il tuo malumore, però, è durato poco, perché Clarke vi ha invitati subito a giocare insieme, e così tutti i giorni a seguire, e per te e tua sorella è diventata una routine andare a casa Griffin dopo la scuola.
Quel giorno, Octavia se ne sta seduta su una cassetta della frutta rovesciata, la corona che aveva indossato Clarke un anno prima fra i capelli.
«Tu sarai il re cattivo che la tiene prigioniera, Bell, e io la salverò»
Sbuffi. «Non voglio fare il cattivo. E poi dovrei essere io a salvare una damigella in difficoltà, sono più adatto di te a fare il cavaliere»
«Papà dice che io non ho bisogno di un cavaliere perché so salvarmi benissimo da sola, quindi posso salvare anche Octavia»
Tu, per tutta risposta, alzi gli occhi al cielo. «Sono più grande di te, Clarke, e se non fai come dico io, ti picchierò»
Con tua sorpresa, però, invece di spaventarsi, lei scoppia a ridere.
«Non ho paura di te, Bell, lo so che non mi faresti mai del male»
«Solo perché sarebbe fatica sprecata» borbotti, ma sai benissimo che ha ragione.

 

***

 

Hai dieci anni quando la baci per la prima volta. O, perlomeno, quando provi a baciarla.
È estate e siete nel suo giardino, con Octavia e altri amici, a giocare a Obbligo o verità. È un gioco da grandi, come l'hai definito tu, perché ormai ti senti grande.
Eppure, quando lei ti sfida a baciarla, ti senti immensamente piccolo.
Gli altri bambini ti incitano e tu ti fai forza, cercando di non far vedere loro quanto in realtà sei imbarazzato – perché dopotutto non hai mai baciato nessuno, anche se questo non lo sanno – e indossi la tua migliore faccia di bronzo, perché sei il leader e si sa che i leader non hanno paura.
Ti sporgi verso di lei e chiudi gli occhi, preparandoti al contatto con le sue labbra – avranno il sapore del burrocacao alla fragola che mette sempre? – ma trovi solo il vuoto.
Riapri gli occhi, e la trovi distante, distante da te, che se la ride con gli altri. Che ride di te, e non con te.
«Non avrai creduto che ti avrei baciato davvero, Bell!» sghignazza.
Tu scrolli le spalle e alzi il mento. «Come se mi importasse, io ti avrei baciata solo perché mi avevi sfidato a farlo. Fosse per me, non ti bacerei mai e poi mai, nemmeno se fossi l'ultima ragazza sulla terra» borbotti, fingendo di non notare lo sguardo ferito nei suoi occhi.

 

***
 

A quindici anni, hai smesso da tempo di frequentare casa Griffin, e ormai tu e Clarke vi vedete raramente.
Perciò, quando tornando da scuola, te la ritrovi seduta al tavolo della cucina a fare i compiti con tua sorella, sei sorpreso: di solito è Octavia ad andare da lei.
Stai per fare una battuta sul fatto che le principesse non dovrebbero portare l'apparecchio per i denti, quando noti il rossore che le ha colorato le guance non appena il suo sguardo ha incontrato il tuo.
In quel momento, realizzi che non la vedi dall'ultimo compleanno di Octavia, otto mesi prima, e che forse non hai più il diritto di prenderla in giro come eri solito fare, perché semplicemente non hai più tutta la confidenza che avevi una volta. Ed è una sensazione strana e, in qualche modo, spiacevole.
«Ciao, O» saluti, sforzandoti di apparire normale «Principessa, che piacere averti nella nostra umile dimora. Pensavo che il nostro piccolo appartamento non fosse abbastanza per te» continui, con un tono più amaro di quello che vorresti usare.
Tua sorella ti guarda a bocca aperta, incredula di fronte alla tua maleducazione, e tu ti penti immediatamente di quello che hai detto.
Clarke abbassa lo sguardo, ma è solo per un attimo, perché poi torna a guardarti dritto negli occhi.
«Non mi sembra di aver mai dato quest'impressione, Bellamy» risponde, placida «E in ogni caso dovresti sapere che non è così»
Infatti tu lo sai benissimo, ma sei troppo orgoglioso per ammetterlo, perciò ti limiti a fare spallucce.
«Magari ti sei montata la testa» butti lì.
Octavia alza gli occhi al cielo. «Smettila di dire stupidaggini» ti apostrofa «Se vado sempre io da Clarke è perché è più comodo per mamma. Visto che lei lavora tutto il giorno, se io non ci sono, ha un pensiero in meno per la testa»
Tu apri il frigorifero e ti versi un bicchiere di succo d'arancia, anche se il succo d'arancia non ti piace particolarmente, ma qualsiasi cosa va bene pur di dar loro le spalle.
«Comunque devi rifarti il letto, Bell: stamattina non l'hai fatto»
Tu sbuffi. «Perché non ci pensate voi? Siete sicuramente più adatte di me»
Clarke emette un singulto. I suoi occhi sprizzano lampi di fuoco, noti.
«Come ti permetti?» esordisce, puntandoti l'indice contro «A quanto pare non sono io quella che si è montata la testa, ma sei tu che sei diventato parecchio... Parecchio... Stronzo!»
Sembra così offesa che tu non riesci a trattenerti e scoppi a ridere. Lei incrocia le braccia sul petto e continua a guardarti storto.
«Cosa c'è di tanto divertente?»
«Avevo dimenticato questa tua vena da paladina dei diritti delle donne, signorina So-Salvarmi-Benissimo-Da-Sola» replichi, e in quel momento siete di nuovo due bambini che giocano insieme. Lei cerca di rimanere ancora seria, ma poi cede e ridacchia a sua volta.
«Non ti conviene attaccare briga con Clarke, fratellone» ti informa Octavia «È nella squadra di dibattito della scuola, ed è la migliore»
Tu le fai l'occhiolino, e lei arrossisce. Di nuovo.
«Non avevo dubbi»

 

***

 

Hai dovuto aspettare che lei compisse quindici anni prima di iniziarla a considerare come una ragazza a tutti gli effetti.
Stai uscendo da scuola, e lei e Octavia sono appoggiate alla tua macchina, nel parcheggio del liceo. Da quando hai preso la patente, la accompagni sempre tu a casa, anche perché, spesso, viene a casa vostra. Octavia ti ha spiegato che ha un rapporto molto complicato con la madre, che non vanno molto d'accordo e che quindi lei preferisce passare il minor tempo possibile a casa sua, anche perché il padre è sempre al lavoro.
Quel giorno sei con il tuo amico Murphy, che quando le nota ti dà una gomitata.
«Ehi, chi è quella vicino a tua sorella?» ti chiede.
Tu lo guardi stranito. «Una sua amica, perché?»
Lui sogghigna. «E quando avevi intenzione di dirmi che tua sorella ha delle amiche così sexy?»
«Santo Cielo, Murphy, ha quindici anni!»
«Appunto, Bellamy: ha quindici anni, non cinque. Non è mica una bambina»
Tu la guardi e, dentro di te, sei costretto ad ammettere che Murphy non ha tutti i torti: non è più la bambina travestita da principessa che hai conosciuto tanti anni prima. È diventata una giovane donna, con le forme morbide e invitanti, un sorriso luminoso e gli occhi che continuano a brillare come le stelle nel cielo.
«Smettila di fare il pervertito» dici comunque, come se non avessi appena notato anche tu quanto sia diventata attraente.
Il tuo amico alza un sopracciglio. «Guarda che se piace a te basta dirlo, eh»
Gli molli una spinta, scuotendo la testa.
«Non dire cazzate»

 

***

 

Circa un anno dopo, è diventato fisso per Clarke venire tutti i giorni a casa tua, oramai non glielo devi neanche più chiedere, e avete finalmente ritrovato la confidenza di un tempo.
Quel pomeriggio, mentre tu sei intento a farti un panino con il burro di arachidi, Octavia se ne sta spaparanzata sul divano, facendosi aria con un quaderno, e lei è seduta al tavolo della cucina a svolgere un esercizio di algebra.
È fine maggio, e si muore dal caldo. Cerchi di non fissare le sue gambe nude, lasciate scoperte dal pantaloncino minuscolo che indossa, o il suo collo, libero dai capelli raccolti in un codino, eppure il tuo sguardo continua a posarvisi in continuazione.
In quel momento, il suo cellulare vibra e tu noti il tuo viso illuminarsi.
«È Finn» annuncia «Devo andare» e, così dicendo, si affretta a buttare nella borsa le sue cose, per poi chinarsi a baciare sulla guancia Octavia e a fare un cenno di saluto a te, e fuggire via.
Aspetti che si sia chiusa la porta alle spalle, prima di rivolgerti a tua sorella.
«E chi diavolo sarebbe questo Finn?»
Octavia alza un sopracciglio, e ti lancia una lunga occhiata penetrante.
«Finn Collins, il suo ragazzo» risponde, alla fine.
Una morsa ti stringe improvvisamente lo stomaco, e la attribuisci all'apprensione. D'altronde Clarke è come un'altra sorella per te, no?
«E da quand'è che ha un ragazzo?»
«Cos'è, Bell, sei geloso per caso?»
Tu alzi gli occhi al cielo. «Non dire stronzate, mi preoccupo soltanto. Che tipo è questo?»
Octavia fa spallucce. «Sembra uno a posto, e poi Clarke è persa di lui. Si è trasferito qui da un paio di mesi, frequentano lo stesso corso di inglese, credo»
«Beh, a me non piace» dichiari, incrociando le braccia sul petto «A me non piace per niente»

 

***
 

Non passa molto tempo da quella conversazione che, una sera, mentre torni a casa, ti ritrovi Clarke seduta sui gradini del tuo condominio. Ha le ginocchia tirate contro il petto e il viso coperto dai capelli.
«Clarke? Che ci fai qua?» domandi, e in quel momento lei alza la testa e tu ti rendi conto che sta piangendo. E, incredibilmente, è la prima volta che la vedi piangere.
Senti il panico che ti assale mentre ti siedi accanto a lei, cingendole le spalle con un braccio.
«Va tutto bene? Che è successo?» sussurri, terrorizzato.
«Mi dispiace di essere venuta qui, è solo che non volevo tornare a casa» singhiozza lei «E non sapevo dove altro andare, ho bussato al citofono ma non ha risposto nessuno e mi sono ricordata che Octavia mi aveva detto che doveva uscire ma oramai ero qui e...»
«Ehi, tranquilla, non preoccuparti» rispondi, attirandola più vicina a te «Ti va di raccontarmi che è successo?»
Lei tira su col naso, e abbassa lo sguardo.
«Finn» mormora, a voce così bassa che a stento riesci a sentirla.
«Che ha fatto?»
Clarke si morde l'interno della guancia, il suo sguardo che si posa ovunque tranne che sul tuo viso.
«A quanto pare ha una fidanzata. Un'altra, intendo»
«In che senso?»
«Oggi eravamo insieme, ero a casa sua, sai... Quando a un certo punto bussano alla porta e all'improvviso mi ritrovo davanti una bellissima ragazza che gli salta addosso... Ed è la sua fidanzata. Di dove abitava prima. È venuta qui per fargli una sorpresa... E invece suppongo che la sorpresa l'abbia ricevuta lei»
Senti una rabbia cieca che ti cresce dentro e hai solo voglia di spaccare la faccia a quello stronzo. Tu l'avevi detto, che non ti piaceva.
«Che stronzo» commenti e, fra le lacrime, lei scoppia a ridere.
«Hai proprio ragione»
Clarke poggia la testa sulla tua spalla e sospira. «Che idiota che sono stata»
«Non è vero» replichi tu «Tu non hai fatto niente di male, è stato lui a comportarsi di merda»
Le prendi il viso fra le mani, costringendola a guardarti.
«Promettimi che non ci tornerai insieme, Clarke. Promettimi che, non importa quali scuse si inventerà, tu non ci tornerai insieme»
Lei annuisce solennemente. «Te lo prometto» ti assicura, e tu ti senti più tranquillo.
Il giorno dopo, incontri casualmente Finn Collins fra i corridoi. Dopo la vostra discussione, lui se ne torna in classe con un occhio nero che prima non aveva, che tu gli hai generosamente regalato.

 

***

 

L'anno successivo è, probabilmente, il più duro della tua vita. Hai diciannove anni, sei ancora un ragazzo, eppure sei costretto a crescere tutto d'un colpo quando a tua madre diagnosticano una metastasi al fegato.
In un paio di mesi, è tutto finito: la chemio, la radio, tutto. Lei è finita. E con lei, credi che sia finito anche tutto il tuo mondo.
È Clarke a starvi vicino, a te e Octavia, più di chiunque altro: viene tutti i giorni a casa vostra, vi costringe ad alzarvi dal letto e ad andare avanti con le vostre vite. Vi prepara da mangiare e riordina quando, troppo spesso, voi dimenticate di farlo.
Tu la lasci fare, troppo sconvolto per rialzarti in piedi e raccogliere i pezzi della tua vita, ma dopo un mese capisci che è arrivato il momento di farlo. Tua sorella è stata affidata legalmente a te, e tu hai deciso di fare tutto quello che è in tuo potere per renderla felice. Rinunci all'idea di andare al college e trovi lavoro come cameriere in un ristorante, durante il giorno, e come barista la notte.
Una sera, rientri a casa per farti una doccia prima di andare al bar, e trovi Clarke intenta nel lavare i piatti.
«Octavia è in bagno» ti avvisa.
Tu annuisci, e ti siedi stancamente sul divano. Lei prende una birra dal frigorifero, e viene ad accomodarsi vicino a te, porgendotela.
Le sorridi, riconoscente. «Ti hanno mai detto che sei un angelo?»
Lei ti fa l'occhiolino. «Qualche volta» risponde, prima di cambiare espressione e guardarti seriamente. «Stavo pensando una cosa, Bellamy. Dovresti andartene»
Tu alzi un sopracciglio. «Prego?»
«Sì, dovresti andartene. Andare al college, intendo. Tua madre si è spezzata la schiena tutta la vita per permettervi di studiare, per permetterlo a entrambi, e vi ha lasciato abbastanza soldi da poterlo fare. E poi esistono le borse di studio, e tra l'altro tu hai già iniziato a guadagnare qualcosa, e potresti studiare e mantenere comunque un lavoro. Non ti sto dicendo di iscriverti a un college dall'altra parte del paese, ma penso che qualcosa dovresti farla»
«No» rispondi, secco «Non posso farlo»
Lei sospira, e ti poggia una mano sul braccio. Senti il suo calore attraversare la stoffa della maglia leggera che indossi.
«Sapevo che l'avresti detto» mormora «Ti chiedo solo di pensarci, Bell. È quello che vuole anche Octavia. È quello che vorrebbe anche Aurora»

 

***

 

È passato quasi un anno da quella conversazione con Clarke, e alla fine ti sei fatto convincere da lei e da tua sorella, e ti sei deciso a iscriverti al college.
Hai scelto quello più vicino, che non sarà esattamente uno della Ivy League, ma ti permette di tornare a casa ogni weekend. Hai trovato lavoro come barista all'interno del campus, e per ora sembra che la tua vita abbia trovato il giusto equilibrio.
Octavia ha compiuto diciotto anni e a breve si diplomerà, per poi seguirti nel tuo stesso college. Clarke, invece, è stata ammessa alla scuola di medicina di Harvard, ma tu non avevi dubbi al riguardo: è sempre stata una ragazza brillante, e sei felice per lei. Un sabato pomeriggio, sei seduto sul letto in camera di tua sorella accanto a Clarke, osservando Octavia che, davanti allo specchio, si prova l'abito che ha comprato per il ballo di fine anno.
«Dite che a Lincoln piacerà?» domanda lei, per l'ennesima volta.
Alzi gli occhi al cielo. Lincoln è il ragazzo con cui sta uscendo al momento. Clarke ti ha assicurato che è innamoratissimo di Octavia, ma tu non sei convinto. D'altronde, non sei mai convinto di nessuno di quelli che escono con la tua sorellina. O con Clarke.
Ti giri verso di lei, intenta a rassicurare Octavia sul fatto che sì, Lincoln adorerà quel vestito.
«E tu invece con chi vai al ballo, principessa?»
Lei si stringe nelle spalle.
«Con nessuno»
Inarchi le sopracciglia, sorpreso. Possibile che nessuno l'abbia invitata, bella com'è?, pensi, per poi scuotere la testa, pentendoti del tuo stesso pensiero.
«L'hanno invitata almeno tredici ragazzi» si intromette Octavia «ma lei ha sempre rifiutato»
«Non sono interessata a nessuno di loro, mi sembrava inutile andarci al ballo insieme. E tutti i miei amici a quanto pare hanno un appuntamento, quindi ci andrò da sola» risponde lei, noncurante.
«Io sono libero»
Ti rendi conto di aver parlato ad alta voce solo in un secondo momento, quando lei ti guarda con gli occhi spalancati.
«Mi stai chiedendo di andare al ballo con te, Bellamy Blake?»
Ti stringi nelle spalle, imbarazzato.
«Beh, io sono un tuo amico, no? E sono libero. Quindi se ti fa piacere, sì, ti sto chiedendo di andare al ballo con me»
Clarke mantiene un'espressione incredula per ancora qualche secondo, per poi sciogliersi in un sorriso. E ti sciogli anche tu, con lei. Per lei.
«Mi farebbe tanto piacere, Bell» mormora, per poi abbracciarti.
È il tuo turno, adesso, di rimanere interdetto, ma ti riprendi subito e ricambi l'abbraccio. Alle tue spalle, senti Octavia applaudire.

La sera del ballo, sei nel soggiorno dei Griffin ad aspettare Clarke, giocherellando con il bracciale di fiori che Octavia ti ha fatto comprare. Ti stai sistemando nervosamente la cravatta, quando lei compare. Ed è bellissima.
I capelli biondi sono raccolti in un'elegante acconciatura alla base della nuca, solo qualche ricciolo è lasciato sciolto e le incornicia il viso. Indossa un vestito argenteo, aderente sul busto e che si allarga dalla vita in giù. Non sai di che stoffa sia fatto, né se vi siano delle pietre luminose sopra, tutto quello che sai è che Clarke sembra brillare di luce propria.
«Wow» mormori «Adesso sì che sembri una principessa»
Lei alza gli occhi al cielo, ridendo, ma tu noti il rossore che le ha colorato le guance.
La serata procede tranquilla, il ballo è un tipico ballo studentesco, ma tu cerchi di fare di tutto per renderlo memorabile per lei: la inviti a ballare in continuazione, le riempi il bicchiere del punch alla fragola ogni volta che vuole, fai persino in modo che il dj metta la sua canzone preferita.
Il ritorno in macchina è silenzioso, e prima che tu possa rendertene conto, siete arrivati a casa Griffin. Scendi e vai ad aprirle la portiera, e lei accoglie il tuo gesto con un sorriso.
«È stata una bella serata» mormora.
«Per te questo e altro, principessa» rispondi, accennando un inchino.
I suoi occhi danzano sulla tua figura.
«Tutte le ragazze presenti stasera volevano essere al mio posto»
«E tutti i ragazzi volevano essere al mio»
La guardi. Il sorriso è sparito dalle sue labbra, e anche lei sta ricambiando il tuo sguardo, un'espressione seria sul viso.
Improvvisamente ti senti in imbarazzo. Lei è troppo bella ed è troppo vicina, e tutte le tue molecole sembrano volerti spingerti a baciarla. Stai per cedere, stai per chinarti su di lei, lasciandoti andare al dolce richiamo delle sue labbra, quando ti ricordi cosa è successo la prima e l'ultima volta che hai provato a baciarla. Lei è fuggita.
È questo che ti fa cambiare idea, perciò ti limiti a posarle un bacio su una guancia. Lei ha gli occhi chiusi, adesso, le palpebre abbassate, le lunghe ciglia che le sfiorano gli zigomi. Al contatto, trema un po'.
«Grazie per tutto, Bellamy» mormora, prima di darti le spalle e incamminarsi verso casa.

 

***

 

Quando compi ventun'anni, di fronte alla legge diventi un uomo a tutti gli effetti: adesso puoi ordinare alcolici, entrare nei casinò e persino andare a letto con una prostituta, negli Stati dove è legale, ovviamente.
Ma tu sai benissimo che non sono queste cose a renderti un uomo, perché è da quando tua madre se ne è andata che tu hai dovuto farti forza e crescere, una volta per tutte, e occuparti di te stesso e di Octavia. E oggi, guardandoti indietro, non ti sembra di aver fatto poi un cattivo lavoro: lei sembra felice, e anche tu non ti lamenti. Ti mancano solo due esami per terminare il secondo anno di college, e l'anno prossimo inizierai la specializzazione, e alla fine la tua scelta è ricaduta su Storia, di cui sei sempre stato un appassionato.
Sei nella tua camera al campus, un pomeriggio, a studiare, quando bussano alla porta. È Octavia, pallidissima e con gli occhi lucidi.
«O» sussurri «Che è successo?» e già sai che la risposta non ti piacerà.
Tua sorella si morde un labbro, e abbassa lo sguardo.
«Il padre di Clarke ha avuto un infarto, Bell» mormora «Non ce l'ha fatta»
Non ci pensi due volte prima di metterti in auto, affiancato da tua sorella, e guidare fino a casa, deciso a stare vicino a Clarke, come lei fece per voi.
Ti dispiace sinceramente per David Griffin, lo hai sempre stimato e lui vi ha sempre trattato come se foste della famiglia, era stato un uomo brillante e un padre amorevole, e sai quanto Clarke gli fosse affezionata.
Il giorno dopo, al funerale, la chiesa è gremita di gente.
Abby Griffin singhiozza per tutta la durata della cerimonia,visibilmente distrutta, mentre Clarke non versa una lacrima. Ha gli occhi rossi ma le ciglia asciutte, e se ne sta seduta dritta con la schiena, un'espressione composta sul viso. La sua solennità raggela, sembra una principessa di neve eterna.
Quando la messa termina e la folla si dirada, la segui al cimitero, rimanendo sempre qualche passo indietro. Aspetti che se ne siano andati tutti, persino Abby, prima di avvicinarti.
È seduta su una panchina, e tu ti accomodi accanto a lei, abbracciandola. Una lacrima le solca lo zigomo.
«Non sono neanche riuscita a dirgli addio» mormora «Non sono neanche riuscita a dirgli un'ultima volta quanto gli volessi bene»
«Non c'era bisogno che glielo dicessi, lo sapeva già» le rispondi, fra i suoi capelli.
«Bellamy...» sussurra, e a quel punto il suo equilibrio si spezza, e scoppia a piangere, affondando il viso nel tuo petto.
«Andrà tutto bene» la stringi più forte «Andrà tutto bene, principessa»

 

***

 

Per i vent'anni di Clarke, tua sorella ha deciso di organizzarle una festa. Sai che lei non è molto d'accordo, è passato solo un anno dalla morte di suo padre e non si è ancora ripresa del tutto, non è in vena di festeggiare. Ma Octavia non ha voluto sentire ragioni, perché vent'anni si compiono una sola volta nella vita, e sia tu che Clarke sapete bene che quando Octavia si mette in testa una cosa, è praticamente impossibile farle cambiare idea.
Perciò, un venerdì sera, ti ritrovi nel giardino dei Griffin con una birra in mano, circondato da molte più persone di quelle che ti aspettavi: oltre agli amici di sempre, infatti, ci sono ex compagni di liceo e i nuovi colleghi di Harvard, volti sconosciuti che non hai mai visto in vita tua e, fra tutta questa gente, ti senti a disagio.
Clarke l'hai vista solo quando sei arrivato, di sfuggita, il tempo di farle gli auguri e poi l'hai persa nella massa informe di persone che la circondano.
Il tuo sguardo si posa sulla casa sull'albero che aveva costruito David, e ti ci avvicini, attirato dai ricordi che ti legano a quel posto. La scaletta di legno sembra reggere ancora, così ti ci arrampichi sopra, arrivando in cima, e scopri di non essere solo. Una figura ricurva è già seduta all'interno della casetta, e cogli un lampo di capelli dorati. Clarke.
Indugi sull'uscio, non sapendo bene che fare, ed è lei a darti la risposta. Ti lancia uno sguardo da sopra la spalla, e poi tamburella sul pavimento accanto a sé, invitandoti a raggiungerla.
Ubbidisci, e ti siedi vicino a lei.
«Ti stai perdendo la festa» osservi, laconico.
Lei fa spallucce. «Come se me ne importasse»
Rimani a fissarla in silenzio, il tuo sguardo che segue il suo profilo. Le sue labbra sono piegate in un sorriso dolce.
«Quanti ricordi che abbiamo qui, vero? Sembra passata una vita, sono cambiate talmente tante cose...» sussurra.
«Non così tante» rispondi, prendendole la mano «Noi siamo ancora qua, no?»
«Vero» acconsente lei, aumentando la stretta «Ci siamo divertiti parecchio»
«Puoi dirlo forte» sogghigni «Anche se io dovevo fare sempre il cattivo»
«Una volta hai anche minacciato di picchiarmi»
I suoi occhi brillano, una scintilla di malizia al loro interno.
«Ma non l'ho mai fatto»
«No» il suo tono si addolcisce «Non l'hai mai fatto»
Ti si avvicina impercettibilmente, ma tu te ne accorgi eccome.
«Ricordi quando ti sfidai a baciarmi?»
«Come potrei dimenticarmene?» sospiri, portandoti una mano al petto «Sei scappata via quando ho provato a farlo. È stata l'offesa più grave della mia vita»
Clarke scoppia a ridere, gettando indietro la testa, per poi tornare a guardarti.
«Mi dicesti che non mi avresti mai baciata, neanche se fossi stata l'ultima ragazza sulla terra»
Ti stringi nelle spalle. «Mi avevi appena spezzato il cuore, principessa, dovevo pur difendere il mio ego in qualche modo»
Lei spalanca gli occhi, il suo sguardo indagatore sul tuo viso.
«Non lo pensavi davvero?»
«Certo che no. Io volevo baciarti, ricordi? Sei tu che ti sei spostata»
La guardi mordersi il labbro inferiore e abbassare gli occhi.
«Anche io volevo baciarti» ammette «Solo che mi vergognavo. C'erano tutti gli altri bambini, e non sapevo come avresti reagito...»
Ci vuole un po' prima che il suono delle sue parole assuma un significato per te.
Deglutisci, e poi ti umetti le labbra. O la va o la spacca, pensi, prima di avvicinarti ancora di più a lei.
«Adesso però siamo da soli»
Lei torna a guardarti, i suoi occhi che brillano nel buio.
«Ti sfido a baciarmi, Bellamy Blake» mormora, e dopo quindici lunghi anni, finalmente, posi le tue labbra sulle sue. E sì, sanno di fragola.
Ti stacchi quasi subito, incredulo, e trovi il suo sorriso e i suoi occhi luminosi che ti fissano.
«I tuoi occhi brillano come le stelle, principessa»
«Pensavo non l'avresti mai fatto» ti risponde lei, prima di baciarti di nuovo.














Author's Corner: ed eccomi di ritorno con una raccolta rigorosamente Bellarke! In realtà dovrei star scrivendo il nuovo capitolo della mia long Captain Swan (fan di Once Upon a Time? Anyone?) o la long Bellarke che sto progettando (a presto su EFP, giuro), ma gironzolavo su Tumblr e ho trovato dei prompt che mi ispiravano troppo e non ho saputo resistere *çççç* questo, per esempio, è una canzone abbastanza vecchiotta di Taylor Swift, che io adoro, e che quindi tutti voi dovreste ascoltare *_* QUI un adorabile lyric video u.u
Parlando in generale della raccolta, saranno presenti sia OS, che flash che drabble, dipenderà dall'ispirazione, e non so ogni quanto aggiornerò. Probabilmente ogni morte di papa peggio del solito, ma vogliatemi bene lo stesso *O* Detto ciò, sono però ancora troppo sconvolta per il season finale, ergo credo che arriverà qualcosa "a breve" ambientato subito dopo il finale di stagione :D
Grazie mille a chiunque leggerà e, soprattutto, a coloro che si fermeranno a recensire: un parere significherebbe tanto per me *_*
Un bacio,

Emma 

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Capitolo 2
*** Only know you love her when you let her go ***


Wildest Dreams.








#2. Only know you love Her,
when you
let her go.


Prompt: Let Her Go | Bellarke ♥ (Bellamy/Clarke) | Post!seasonfinale | Spoiler! | Verde | Angst, Introspettivo

 

 


 

Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti – per entrar nel buio.

La Bufera, Eugenio Montale

 

 

I heard an unhappy ending
It sort of sounds like you leaving

Piledriver Waltz, Alex Turner



 

 

 

 

 

 

 

Fissi il bicchiere in silenzio, il tuo riflesso che ti guarda di rimando dalla superficie del liquido ambrato. Pensavi di essertelo meritato, questo drink, e invece a quanto pare sbagliavi.
Senti i rumori del campo provenire da fuori alla tua tenda, dove tu ti sei rintanato. Senti urla, chiacchiere, schiamazzi. Senti risate, le risate di sollievo di chi è tornato a casa sano e salvo, le risate di chi ce l'ha fatta. Le risate di chi ha vinto.
Ma tu non hai vinto. Il prezzo da pagare è stato alto, forse troppo alto, e adesso ti ritrovi a doverlo pagare da solo perché lei se ne è andata e tu l'hai lasciata andar via.
Clarke.
Adesso dovrebbe essere qui a bere con te e, se chiudi gli occhi, riesci a vedere il suo viso, i suoi occhi così azzurri e limpidi, e il suo sorriso, e hai come l'impressione che la tua memoria non riesca a rendere davvero giustizia alla sua bellezza. Riesci persino a sentire la sua voce, il suo tono basso e sempre un po' roco, la sfumatura confidenziale che usava quando parlava con te, la passione che infervorava tutti i suoi discorsi.
Solo lei potrebbe sapere cosa stai provando in questo momento, solo lei potrebbe capire cosa ti passa per la mente, eppure lei non c'è. È andata via, ed è chiaramente colpa tua, perché non hai saputo trattenerla, perché non eri abbastanza, perché tutto quello che tocchi sembra rovinarsi e distruggersi.
Deglutisci, prendendo un altro sorso dal bicchiere, e ti passi stancamente la mano sugli occhi, cercando di allontanare i pensieri. Fallisci miseramente. Tutto è ancora troppo vivido e presente, e le ultime ore sembrano ripetersi incessantemente nella tua testa, come se fossero in loop.
Il tuo cuore è spezzato ma, a dire il vero, è tutto il corpo a farti male: avverti il dolore in ogni ossa, ogni centimetro di pelle, ogni muscolo, ogni molecola e tutto, indifferentemente, sente la sua mancanza: manca al tuo stomaco come al tuo cervello, al sangue che ti scorre nelle vene come al tuo fegato.
Non sai se sei più furioso o devastato. Furioso, perché Clarke ti ha abbandonato, ti ha lasciato da solo, pensando al suo dolore e non al tuo, a quello che avresti provato per le tue azioni. A quello che avresti provato per la sua assenza. Devastato, perché lei se ne è andata appena da un paio d'ore e tu già non sopporti più la sua mancanza. Perché sì, già ti manca.
Avverti la tua anima come se fosse dilaniata, perché sei arrabbiato con te stesso per averla lasciata andare, per non aver provato a fermarla, eppure sai perché hai agito in questo modo. Perché, in fondo, la capisci. Voi vi capite sempre, ed è stato così da subito, anche quando lei neanche ti piaceva. Sai che lei aveva bisogno di stare da sola, per sé stessa, per riprendersi da quello che aveva dovuto fare, per ritrovarsi.
Ma questo non è l'unico motivo per cui l'hai lasciata andare, no. L'hai lasciata andare perché la ami.
Non sai quando è cominciata questa storia, forse quando l'hai vista davvero per la prima volta, e non soltanto guardata. Quando ha finito Atom al posto tuo, come atto di empatia e misericordia. L'hai vista davvero, e hai visto tutta la bontà e la forza che portava dentro di sé.
O forse quando ha dichiarato che sareste stati voi due a fare le regole, e tu l'hai implicitamente riconosciuta come tua co-leader. Magari è stata quella volta in cui ti ha assolto dai tuoi peccati e ti ha perdonato – esattamente come tu hai provato a fare con lei poco prima – oppure quando l'hai vista spezzarsi davanti a te, con la convinzione che sua madre fosse morta. O quando hai avuto paura che i terrestri volessero ucciderla, o quando ha avuto la forza di compiere le scelte più difficili. Forse è stato quando è corsa da te, dopo aver fatto ritorno al Campo, e ti ha abbracciato stretto, come se non volesse più lasciarti andare. Oppure è stata quella volta in cui ti ha detto di non poterti perdere.
Troppi ricordi affollano la tua mente, e tu non sai dire con esattezza quando hai iniziato ad amarla, ma sai che è così, finalmente ne hai la consapevolezza. Perché se è da tempo che sai di provare qualcosa per lei, è la prima volta che ammetti anche solo a te stesso che si tratta di amore. Amore. Sentimento che non pensavi di poter provare più perché eri convinto che avresti amato sempre e solo Octavia, e invece no. Per l'ennesima volta, Clarke ti ha provato che avevi torto, anche su questo.
Perché tu la ami, e l'hai realizzato a pieno quando l'hai lasciata andare, nonostante sapessi che ti avrebbe spezzato il cuore, nonostante sapessi che ti saresti sentito perso senza di lei, nonostante non era quello che volevi, l'hai lasciata andare. Perché era quello che voleva lei.
Finisci il contenuto del tuo bicchiere e lo lasci lì, in un angolo della tua tenda, abbandonato a se stesso, proprio come te. Ti accucci sul tuo sacco a pelo, raggomitolandoti in posizione fetale e, per la prima volta dopo tanto tempo, ti senti immensamente giovane, tu che giovane non lo sei mai stato perché troppo presto hai dovuto farti carico di innumerevoli responsabilità.
Rimani a fissare il soffitto al buio, aspettando che smetta di girare vorticosamente a causa del troppo alcol che hai ingurgitato nella speranza che ti potesse aiutare ad annegare i pensieri. Non ci è riuscito, perché i pensieri sanno nuotare fin troppo bene.
Ti senti come se fossi svuotato, la riva secca di un fiume che non esiste più, il ricordo sbiadito di un qualcosa che avrebbe potuto esserci ma che non si è concretizzato.
Provi a chiudere gli occhi, e di nuovo l'immagine di Clarke si affaccia dietro le tue palpebre.
«Penso che ci meritiamo un drink»
Lei rimane seria, lo sguardo fisso sul Campo e non su di te.
«Prendine uno anche da parte mia»
Tu ti immobilizzi, mentre un brutto presentimento ti fa stringere lo stomaco.
«Ehi» mormori «Possiamo superarla», e quello che non dici è “possiamo superarla
insieme”, e quella parola non detta resta sospesa nell'aria.
Lei scuote leggermente la testa.
«Io non vengo»
Tu non sei sicuro di aver sentito bene. Ti si mozza il respiro quando capisci che è seria.
Ti volti verso di lei, mentre avverti qualcosa che ti fa bruciare gli occhi, qualcosa di umido che non sei abituato a sentire.
«Se hai bisogno del perdono, allora è quello che ti darò» le dici, citando una frase che ti rivolse lei, anche se sembra esser passata una vita da allora.
Lei ricambia il tuo sguardo, e tu ti perdi nei suoi occhi.
«
Sei perdonata»
La tua voce trema, ma speri che il messaggio le arrivi lo stesso. Clarke torna a spostare lo sguardo, facendolo vagare lontano da te.
«Per favore, vieni dentro»
La tua voce è ridotta a un sussurro, ma non ti importa. Sei disposto a pregarla, pur di non farla andar via: il tuo orgoglio più aspettare.
«Prenditi cura di loro da parte mia»
Il significato che quelle parole lasciano intendere si fa largo dentro di te, e tu ti rifiuti di accettarlo.
«Clarke...» cominci, ma lei ti interrompe.
«Vedere le loro facce, tutti i giorni, non farà altro che ricordarmi cosa ho fatto per farli arrivare qui»
«Cosa
abbiamo fatto!» la correggi «Non devi affrontare tutto questo da sola»
Lei abbassa lo sguardo, ma tu non smetti di fissarla neanche per un istante.
«Porterò io questo fardello, così non dovranno farlo loro» ti risponde.
Riconosci le lacrime che ti annebbiano la vista, ma non te ne vergogni. Sai che devi avere l'aspetto di un disperato, ma è esattamente così che ti senti.
«Dove andrai?»
Lei si stringe nelle spalle.
«Non lo so»
Tutto quello che vorresti dire rimane bloccato da qualche parte nella tua bocca, fra la lingua e i denti, e così resti a fissarla in silenzio.
Lei si alza sulle punte dei piedi e ti posa un bacio sulla guancia, e tu ti accontenti di stringerla a te più forte che puoi, ma è un abbraccio effimero, troppo breve rispetto a quello che vorresti.
«Spero che ci rincontreremo» la senti mormorare sul tuo collo, subito prima di staccarsi. Ti lancia un ultimo sguardo, per poi darti le spalle e allontanarsi.
E tu resti lì, immobile, a guardarla andar via. Da solo con le tue lacrime, la tua sofferenza, i tuoi sogni infranti, le tue parole non dette, le tue speranze calpestate, i tuoi errori non riparati, il tuo perdono non accettato e il tuo amore non divulgato. Quell'amore che hai custodito e coltivato, giorno dopo giorno, come il più grande dei tuoi segreti, e che ha finito per divorarti vivo con tutti i tuoi sbagli.
«Spero che ci rincontreremo» sussurri, a nessuno se non a te stesso, gli occhi fissi nel vuoto.
Si dice che se ami davvero qualcuno, devi lasciarlo andare, ed è quello che hai fatto tu.
È stato nel momento in cui l'hai vista andar via che hai capito di amarla e, per tanto, l'hai lasciata andare.

Scuoti la testa, come per cercare di allontanare il flashback che ti si è presentato davanti, e cambi posizione. Ti giri su un fianco con un sospiro, e chiudi di nuovo gli occhi, chiedendoti quanto tempo ti ci vorrà prima che Clarke smetta di essere l'ultima persona alla quale penserai prima di addormentarti.










Author's Corner: rieccoci qui, e inizio subito con il ringraziare tutti coloro che saranno riusciti ad arrivare a questo punto <3 Non credo ci sia molto da spiegare su questa fic, che in realtà non doveva neanche esistere XD Infatti, nella mia mente, la seconda fanfic (che a questo punto è diventata automaticamente la terza) avrebbe dovuto essere una future!fic, sempre post!seasonfinale, ma non un'introspettiva (anche perché io odio scrivere introspettive, dal momento in cui non mi reputo capace XD), ma ho come sentito il bisogno di buttare giù i pensieri di Bellamy dopo la decisione (alquanto discutibile, dal mio punto di vista, ma vabbè) di Clarke di andarsene. 
Spero tanto di non aver combinato un disastro, come vi ho già detto non credo di essere brava con le introspettive, ho sempre paura di renderle troppo lente e ripetitive, quindi fatemi sapere che ne pensate >.<"
Qualche piccola informazione: il prompt è ovviamente "Let her go" di Passenger (credo la conosciate tutti XD), le citazioni iniziali sono tratte: una dalla mia poesia preferita in assoluto di Montale, La Bufera, tratta dall'omonima raccolta (vi consiglio calorosamente di leggerla), l'altra da un pezzo di Alex Turner (grande amore della mia vita) tratto dalla colonna sonora del film "Submarine", e per coloro che non masticano bene l'inglese, la traduzione (non letterale) è: "ho sentito che un 'vissero infelici e scontenti' ha l'aspetto di te che te ne vai". In ogni caso, ascoltate questa canzone e ascoltate tutta la discografia di Alex e degli Arctic Monkeys, che è cosa buona e giusta! Infine, vorrei segnalare che la parte finale della fanfic ([...] chiedendoti quanto tempo ecc ecc) è ripresa da un passo del libro The 100 di Kass Morgan, ed è appunto tratto da un POV di Bellamy ed è riferito a Clarke. 
Per quanto riguarda la traduzione del "May we meet again" ho deciso di non renderla tradottra alla lettera perché "fa' che ci rincontreremo" mi fa troppo cagare.
In conclusione, prima di annoiarvi oltre, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto, inserito fra le seguite o fra i preferiti, siete stati tantissimi *OOO* sono molto emozionata. Un ringraziamento particolare va, inoltre, alle bellissime persone che hanno recensito: Mysterious Labyrinth, Sonskin, lilyhachi, Marti Lestrange, Rose River, miatersicore23, MiakaHongo, MelBlake, tanto amore per voi!!!
Spero deciderete di lasciarmi un commento, la vostra opinione è molto importante per me, e critiche e consigli sono ben accetti <3
Un bacione,

Emma  
 

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