Saraan Sul di Hi Fis (/viewuser.php?uid=83902)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Saraan Sul ***
Capitolo 2: *** Sul Ahrk Vulon ***
Capitolo 3: *** Strunmah ***
Capitolo 1 *** Saraan Sul ***
Lui non era
uno di loro e per la verità, non lo sarebbe mai stato.
Il fatto che
non lo considerassero una bestia, una cosa, era dovuto solo allo
scheletro del
drago adagiato ai piedi della torre di avvistamento ovest, fuori dalle
mura
della città.
I cittadini
di Whiterun erano davvero pronti a credere che lui fosse il Dovahkiin,
il Sangue di Drago delle
antiche leggende del Nord? Che lui appartenesse davvero alla
discendenza di
Sant'Alessia, la fondatrice della stirpe imperiale degli Uomini, e di
Talos, il
nono divino? Certamente no. Nemmeno lui aveva rivendicato un simile
diritto, e
come avrebbe potuto in fondo?
Eppure, i
Draghi erano tornati, dopo essere scomparsi per ere: questo, non poteva
essere
negato. Eppure, lo scheletro di uno di loro giaceva ai piedi della
torre ovest
di avvistamento, ora semidistrutta: uno scheletro e una prova, che
tutti
potevano vedere e toccare con mano. In verità, una prova che tutti
avevano già
visto: una prova che non lasciava spazio a dubbi, una prova corroborata
dai
racconti di alcune guardie cittadine, un pugno di coraggiosi che
assieme a lui erano
accorsi sotto il comando di Irileth, huscarlo dello Jarl, quando la
notizia di
un drago era arrivata in città.
Nemmeno
Irileth era una di loro, ma la dunmer, l'elfa scura, serviva il loro
signore da
troppo tempo perché ci fossero dei dubbi sulla sua sincerità: se
Irileth, e le
guardie, raccontavano che lui avesse ucciso il drago con frecce, spada
e magia,
affondando alla fine la sua lama rotta nell'occhio del drago, i
cittadini di
Whiterun erano disposti a crederci. Ad accettare quindi, ciò che anche
il loro Jarl,
Balgruuf il Grande, sembrava disposto a credere: che lui, un Argoniano,
uno
degli uomini rettile di Argonia, potesse davvero essere il Sangue di
Drago.
E se tutto
questo non fosse bastato a convincerli, c'era stata la convocazione dei
Barbagrigia dalla cima della loro montagna: tutta Skyrim aveva udito i
monaci
chiamare a loro il Dovahkiin, con una parola che aveva scosso cielo e
terra.
Per questi
eventi, e per lo scheletro di drago ai piedi della torre ovest, i
cittadini di
Whiterun avevano accettato la sua nomina a nuovo Thane: lui era una
delle
figure importanti del feudo ora... ma non sarebbe mai stato uno di loro.
Non ce n'era
uno fra i cittadini di Whiterun però, che non compatisse la guardia
cittadina
che lo Jarl aveva nominato huscarlo del nuovo Thane, specialmente in
quel
momento.
Lydia non
aveva fatto parte dei coraggiosi che erano accorse a difendere la torre
di
avvistamento: l'attacco del drago, e il coinvolgimento del suo Thane,
era
accaduto quel giorno, ma troppo presto perché fosse già mattina.
La giovane
donna del Nord si interrogava in effetti se fosse stato o meno un male,
non
partecipare alla difesa della città contro il primo drago che Skyrim
vedesse da
ere, ma solo nel silenzio della sua mente: Lydia si era già dimostrata
una
sciocca agli occhi del suo nuovo Thane, e inoltre, non sapeva ancora
cosa
pensare di lui. Con le dita che continuavano sempre più a sporcarsi
mentre
eseguiva la richiesta dell'Argoniano, Lydia ricordò il loro primo
incontro, che
era avvenuto alle prime luci dell'alba di quel giorno.
***
Era stata
fatta chiamare da Proventus Avenicci in persona, consigliere personale
dello Jarl
e amministratore del feudo: uno dei pochi Imperiali di cui Lydia
tollerasse gli
ordini. Proventus era anziano, calvo e brusco nell'esporre il suo
pensiero, un'abitudine
maturata nei suoi anni di servizio, ma il suo passo aveva conservato
l'elasticità della giovinezza: quando le aveva ordinato di seguirlo,
lei non
aveva chiesto perché, ma aveva ubbidito, scortandolo fino al trono
dello Jarl.
Con il loro
arrivo, la corte era stata presente al completo: Balgruuf sul suo
trono, e a
fianco a lui il sanguigno Hrongar, suo fratello, bardato nella sua
corazza e con
la spada alla cintura, in verità il suo stato naturale. Irileth, dalla
pelle
color della cenere e gli occhi e i capelli rossi come il sangue, che
osservava
e comprendeva quasi tutto, senza mai proferire che poche parole con una
voce la
cui gravità stupiva ancora e sempre Lydia. Era presente anche Farengar
Fuoco
Segreto, il mago di corte, uno dei pochissimi Nord che sapessero usare
la
magia. I suoi non erano semplici trucchi: per quanto solitamente mite e
dalla
voce calma, tratti della sua persona che gli avevano valso il suo
appellativo, Farengar
padroneggiava i tre elementi fondamentali della magia di distruzione,
ed era
sempre pronto a offrire dimostrazioni pratiche a coloro che facevano
l'errore
di sottovalutarlo. Più di questo, Farengar era una persona assai
istruita, e
molto intelligente: il suo sguardo penetrante si era fermato su di lei,
quando
Lydia ed Avenicci erano arrivati.
La Nord
temeva che il mago non avesse perso nemmeno una delle sue smorfie, e
avesse
compreso perfettamente il motivo della sua figuraccia.
Perché
mentre si inchinava di fronte allo Jarl, Lydia non aveva potuto fare a
meno di
notare il forestiero che in quel momento stava ascoltando Balgruuf,
appoggiando
il piede destro sul primo dei tre scalini che conducevano al trono: un
gesto
che le aveva fatto capire, poiché gli veniva permesso, che questo
forestiero
era una persona importante. Lydia aveva dedotto che dovesse trattarsi
di un
emissario, di certo un guerriero valoroso, perché dal suo fianco
pendeva il
fodero seghettato di una grande spada, e ancora portava sulla testa un
elmo a testa
di lupo con possenti corna. La corazza del forestiero era nera, di una
pelle
che Lydia non poteva dire di aver mai visto, nonostante Whiterun fosse
città di
commerci e di traffici: lo straniero doveva venire da molto lontano.
Quando però Balgruuf
le aveva ordinato di alzare la testa dal suo inchino, Lydia aveva
compreso che
il forestiero veniva da molto più lontano di quanto avesse mai potuto
pensare,
e che, allo stesso tempo, non aveva compreso nulla: non era una spada
quella,
ma una coda! E non era affatto un elmo quello, ma la sua vera testa,
corna
comprese! Non una corazza di pelle la sua, ma scaglie nere, così scure
che
nessuna luce avrebbe potuto rischiararle!
Non era un
uomo: il forestiero era un Argoniano, il primo che Lydia incontrasse di
persona.
Si sapeva
molto poco di loro: non erano necessariamente reclusivi, ma raramente
gli
Argoniani abbandonavano la loro terra natia, tanto che in tutta Skyrim
il loro
numero non doveva superare di certo la ventina di individui. In
definitiva, gli
Argoniani erano considerati fondamentalmente imperscrutabili, da
Uomini, Elfi e
persino dagli stessi Khajiit, gli uomini-gatto di Elsweyr.
Lydia non
seppe quale fosse stata la sua reazione, ma se era stato offeso, non un
muscolo
si mosse sul volto del forestiero, che continuò ad osservarla con i
suoi
azzurri occhi da rettile, senza sclera: di fronte a quegli occhi da
serpente,
Lydia non aveva potuto fare a meno di inghiottire.
Era stato
Balgruuf in persona a spiegarle chi fosse il forestiero, e perché
l'avesse
nominato Thane, nonostante non fosse un uomo. Ed era stato sempre
Balgruuf a
spiegarle che da quel momento in poi, lei sarebbe stata l'huscarlo
personale
dell'Argoniano, il cui nome era Coda Spezzata. A quella rivelazione,
Lydia non
aveva potuto fare a meno di spiarne la coda, scoprendo però che non
sembrava affatto
spezzata: il gesto era stato commentato dal suo nuovo Thane con una
lieve
esalazione delle narici, così fioco che forse solo Lydia e lo Jarl
l'avevano
sentita.
Il resto
dell'udienza era stata irrilevante a confronto, e Lydia si era trovata
a
seguire l'Argoniano nel primissimo sole del mattino, che non riusciva
nemmeno a
riflettersi sulle nere scaglie del suo nuovo Thane: sotto l'impietosa
luce del
sole però, nuovi dettagli si erano rivelati agli occhi stupiti della
Nord. Non
solo l'Argoniano non era un uomo, ma non avrebbe mai potuto passare
per un uomo: non c'era parte di
lui che avrebbe potuto.
Anche se gli
dava le spalle, e la precedeva, Lydia non poté fare a meno di notare
quanto...
enorme fosse l'Argoniano: era alto, assai più alto di lei, e Lydia non
era
certo piccola, nemmeno tra i Nord. L'uomo rettile doveva superare i sei
piedi,
seppur non di molto, ed era fisicamente possente: misurandolo, Lydia si
convinse che le braccia dell'Argoniano dovessero equivalere alle sue
cosce. Era
davvero dotato di corna, e per quanto faticasse a capacitarsene, Lydia
ne contò
un paio che si staccava dalle tempie, possente e ricurvo, per puntare
poi in
avanti, come quelle di un toro; ed un altro più corto e sottile, che
puntava
semplicemente verso l'alto, adornato da un singolo anello di ferro. Sul
petto,
portava semplicemente un giustacuore dall'aria vissuta di pelle
rinforzata con
lamine di metallo, che gli lasciava braccia, petto e ventre nudo,
mentre di
sbieco sulla schiena c'era il fodero vuoto di una spada.
Nonostante
questo, l'uomo rettile riusciva a sembrare sinuoso, piuttosto che
tarchiato:
forse era un effetto della coda, che lo faceva sembrare più slanciato
di quanto
già non fosse. La sua, era una lunga coda muscolosa che si ripiegava
all'indietro per non toccare terra, ornata di scaglie in due file
aguzze come i
denti di una sega. L'uomo rettile indossava anche pantaloni di pelle,
dello
stesso taglio della sua casacca, con una bisaccia gonfia appesa alla
cintura e
l'ascia che gli era stata consegnata dallo Jarl, simbolo della sua
carica.
Lydia notò che era anche a piedi nudi e quei piedi di certo non erano
d'uomo o
di Khajiit: nonostante le sue mani infatti portassero ciascuna quattro
dita ed
il pollice, perfettamente proporzionati, per quanto ricoperte di
scaglie, i
suoi erano piedi da rapace, che poggiava solo per le punte e le cui
dita finivano
in artigli affilati e ricurvi, mentre un quarto dito vestigiale partiva
da
quella che era la sua caviglia.
Lydia si
rese conto che doveva essere rimasta a fissarlo molto a lungo, e
l'Argoniano l'aveva
permesso, rimanendo immobile come una statua, a scaldarsi le scaglie
nella
prima luce del giorno: la sua coda si mosse lievemente, anticipando il
suo
prossimo movimento. Lydia non credette nemmeno per un momento di essere
riuscita a ricomporre il suo viso, e la giovane donna del Nord si perse
nuovamente nel volto del suo Thane.
Aveva tozzi
spuntoni d'osso anche sulla mandibola, che diventavano sempre più
minuti fino a
ricongiungersi in un'unica coppia sotto il mento. Un volto e occhi da
lucertola
la stavano guardando, e Lydia notò anche la corta fila di piccole corna
a
seguire la linea delle sue sopracciglia. Unica nota di colore in quel
mare di squame
nere, a parte il suo sguardo, erano pochissime scaglie color del sole
nell'incavo dei suoi occhi, che come aveva già notato erano di un
azzurro che, nella
loro tonalità, non le era estraneo. Ghiaccio: i suoi occhi erano
azzurri come
il ghiaccio, o il mare dopo una tempesta.
L'Argoniano
era ai suoi occhi di donna del Nord troppo alieno perché riuscisse a
comprenderlo: era qualcosa di cui non si capacitava. Ecco perché non
era
riuscita a ricordarsi di abbassare lo sguardo di fronte a quello
dell'uomo
rettile, che era rimasto a sua volta a fissarla.
"Verresti?"
Fu la prima
parola che gli sentì pronunciare da quando lo aveva incontrato: una
domanda che
le fu posta con una voce quieta.
Lydia non
ebbe riferimenti a cui paragonare quella voce, almeno per quanto
riguardava il
suono di voci di uomini: le ricordò vagamente il suono della mola sulle
lame, o
della sabbia sulle rocce. Era metallica e roca, ma non sgradevole in
sé: un
fatto questo, che se possibile la stupì ancora di più.
"...Sì?"
rispose alla fine.
All'Argoniano
sembrò bastare: si girò nuovamente, iniziando a condurla a passo svelto
attraverso
la città, seguendo vie che Lydia conosceva così bene.
Lo seguì, giù,
lungo la scalinata di pietra che conduceva a Dragonsreach, la residenza
dello Jarl,
attraverso il distretto delle nuvole e in quello del vento, il cuore
pulsante e
ricco della città, che ospitava le dimore più antiche e i templi ai
nove dei,
compresa la titanica statua di Talos, nonostante il Concordato Oro
Bianco fosse
da tempo in vigore. Non scesero al distretto delle pianure attraverso
il
mercato, che nonostante fosse poco più che l'alba era già pieno di
vita, ma
l'Argoniano la condusse davanti alle sale dei morti, scendendo poi con
sicurezza la rampa di scalini a fianco della bottega del Cacciatore
Ubriaco,
trovandosi poi in faccia la Vergine Guerriera, gestita dalla figlia di
Proventus Avenicci e da suo marito.
Lydia conosceva
quei luoghi: Whiterun era la sua città, il luogo che l'aveva vista
crescere,
che l'aveva accolta e che aveva scelto di difendere come guardia
cittadina.
Eppure, seguendo l'Argoniano le sembrò di vederli per la prima volta di
nuovo:
per caso o per scelta, la strada che l'uomo rettile aveva preferito
imboccare
era anche quella che aveva permesso loro di evitare la maggior parte
dei
cittadini di Whiterun, ma ora che erano di fronte alle porte della
città, era
impossibile continuare a passare inosservati. Lydia vide Ulfberth Orso
Guerriero osservare l'Argoniano ed impallidire sotto la sua barba nera.
Indifferente
a quello sguardo, e ad altri simili che gli erano stati rivolti, l'uomo
rettile
la condusse attraverso le porte della città, lasciandosi Whiterun alle
spalle.
Per una
attimo, Lydia credette che volesse condurla ad Honningbrew, locanda e
fattoria
produttrice di uno dei due migliori idromele su questo versante delle
montagne
Jerall: non importava che fosse poco dopo l'alba, la donna del Nord
avrebbe
volentieri bevuto un goccetto. Era stata una giornata già abbastanza
impegnativa...
Invece,
superate le stalle di Whiterun, l'uomo rettile l'impegnò in una lunga
passeggiata in direzione opposta: poiché raramente Lydia alzò i suoi
occhi da
terra, si accorse che l'uomo rettile camminava quasi senza fare rumore.
In
effetti, era il clangore della sua armatura a punteggiare la loro
passeggiata,
un'armatura che ora era d'acciaio a piastre, la sua armatura personale,
piuttosto
che quella a scaglie che era stata invece l'uniforme delle guardie di
Whiterun,
bordata di panno giallo e con l'emblema della testa di cavallo...
Prima che
Lydia potesse iniziare a chiedersi fino a quando avrebbero marciato, la
loro
passeggiata finì: alzando gli occhi, Lydia si accorse di essere ai
piedi della
torre di avvistamento ovest della città.
Negli anni a
venire, e ogni volta che avesse dovuto raccontare quella storia, Lydia
avrebbe sempre
cominciato da lì: dalle bianche ossa dello scheletro del drago, che
giacevano
ai piedi del rudere che era ora la torre. Tra le ossa, imprecando e
maledicendo
la sorte, si affaccendavano alcuni volti noti a Lydia, volti di altre
guardie
della città, a cercare di separare quello scheletro titanico. Le ossa
del drago
possedevano ancora legamenti e cartilagini: solo muscoli, tendini,
carne e
scaglie mancavano. In verità, lo scheletro sembrava vecchio di anni,
solo ossa
sbiancate, ma Lydia sapeva che non potevano avere che ore.
Eppure,
nonostante fossero solo ossa, Lydia ne fu colpita: niente l'aveva mai
preparata
alla grandezza e maestosità di quello scheletro, nemmeno il teschio di
drago che
riposava sopra il trono del suo Jarl. La giovane donna del Nord pensò
alle
balene, che non aveva mai visto, ma che facevano parte della sua
mitologia,
perché si diceva che la Sala del Valore, il dominio di Shor a
Sovngarde, il
luogo in cui i Nord valorosi riposavano dopo la morte, fosse
raggiungibile solo
percorrendo un ponte fatto proprio con le ossa di balena... ma anche i
canti
della sua stessa mitologia non avevano preparato Lydia a quello che
l'aspettava
ai piedi della torre di guardia.
Lo scheletro
del drago... definirlo enorme sarebbe stato come dire del sole che
scaldava: solo
i denti, dovevano essere lunghi come metà della sua spada.
"È
stato ucciso da me." confermò Coda Spezzata con la sua strana voce.
"...Come?"
chiese Lydia.
La torre
ovest aveva fatto parte di una fortificazione che risaliva a tempi
molto
antichi, di poco successivi alla fondazione della città: era stata
costruita
per formare una prima linea di difesa contro i giganti, che pascolavano
i loro
mammut sia a nord che a sud, nei loro insediamenti del Bacio di Secunda
e alla
pozza di Bleakwind. Era stato prima di scoprire che vivi e lascia
vivere era
l'unica fortificazione necessaria contri i giganti: sporadicamente,
qualcuno di
loro si avventurava ancora fino alle porte della città, ma era un
evento più
unico che raro, che non risultava quasi mai in vittime. I giganti erano
creature stolide, e i Compagni di Jorrvaskr e le guardie cittadine
erano
l'unica difesa necessaria.
Per questo
motivo era stato permesso alla fortificazione di cadere in rovina,
preservando
l'antica torre come unica struttura di guardia.
L'Argoniano
indicò la cima della torre, che rispetto ai ricordi di Lydia, ora
mancava,
assieme ad una porzione della parete: la donna del Nord vide la
scalinata
interna attraverso breccia del muro, annerita dal fuoco.
"Frecce
e magia." Poi spostò il dito dove si trovava ora il drago: "È stato
attirato
a terra da Irileth e i suoi uomini." spiegò semplicemente l'uomo
rettile:
"Io... ho saltato. Giù, sul contrafforte della torre e poi lì, sulla
cima
della colonna che ora è caduta."
L'Argoniano
doveva essere saltato per venti piedi, e aver balzato molto più
lontano: Lydia
provò ad immaginare quel momento, quando il drago era stato ancora
vivo, prima
dell'alba, ancora nel buio della notte, e provò anche ad immaginarsi il
momento
in cui il drago aveva incendiato la torre. Scoprì di riuscirci
piuttosto bene.
"Da lì,
sul drago. Però, la mia spada è stata rotta dalle scaglie del suo
collo. Una
spada di buon acciaio... e a quanto pare, la stessa resistenza è
offerta dalle
sue ossa e dai suoi legamenti, anche da morto." disse l'Argoniano,
indicando le guardie, che fino a quel momento avevano provato invano a
separare
le ossa le una dalle altre, per poterle riportare in città con loro.
Sarebbe
servita Adrianne Avenicci, e un daga d'ebano, per tagliare i legamenti
delle
ossa del drago, ma sarebbe arrivata solo successivamente.
"Il suo
occhio... ha ricevuto la lama che aveva spezzato. Fino al gomito."
disse
ancora l'Argoniano come se fosse naturale: "...Non ero stato preparato
al
resto."
Nel
frattempo, il gruppo delle guardie lo aveva visto in compagnia di
Lydia, e
avevano interrotto il loro lavoro:
"Sangue
di Drago." lo salutarono alcuni, a cui l'Argoniano rispose con un cenno.
Lydia
conosceva le leggende: i draghi erano immortali. Le loro scaglie più
dure
dell'acciaio, le loro ossa più della pietra, per quanto impossibilmente
leggere. Solo la magia poteva davvero scalfirli, ma non ucciderli:
perché anche
quando sconfitti, la loro morte era, secondo le leggende almeno, solo
temporanea. Ecco perché si diceva dei draghi che erano scomparsi,
invece che
estinti e ora, a quanto pareva, erano tornati.
Solo un
Sangue di Drago, un Dovahkiin, era
davvero in grado di uccidere i draghi, di rescindere l'unione della
loro carne
e del loro spirito: poiché un Sangue di Drago ne divorava l'anima.
Quando
questo avveniva, solo scaglie e ossa restavano: come in quel caso. Ma
un Sangue
di Drago non divorava solo le loro anime, si impossessava anche del
loro
potere: il loro Thu'um, la loro Voce, capace di riforgiare la realtà
stessa.
Perché il Thu'um era potere assoluto, qualcosa di più antico e assai
più
terribile della magia: una volontà che non poteva essere negata da
nulla,
nemmeno dal mondo stesso.
L'ultimo
Sangue di Drago noto a Tamriel era stato Tiber Septim, che era asceso
come nono
divino, affiancando gli antichi dei del pantheon degli uomini, più di
due ere
or sono...
"Tutto
questo... può essere accettato da te, Lydia?" le chiese.
"...Sì."
disse semplicemente.
L'evidenza
era innegabile, ma Lydia era sopraffatta da ciò che aveva di fronte
agli occhi
in quel momento, per comprenderne appieno le implicazioni. La sua
risposta però
sembrò bastare a Coda Spezzata, che si voltò, dirigendosi di nuovo
verso
Whiterun. Di nuovo, Lydia lo seguì: lungo la strada, avrebbero
incrociato
diversi cittadini che andavano in direzione opposta alla loro,
desiderosi di
constatare coi loro occhi ciò che la Nord aveva appena visto.
La sua
giornata era cominciata in quel modo così strano e terribile, e Lydia
capì non
sarebbe finita presto.
Rientrando
in città, Lydia scoprì che il suo Thane non aveva perso tempo: una
delle
guardie che incontrarono, e Lydia constatò che da quel momento in poi
lei non
faceva più parte di quella categoria, li stava già aspettando. Per un
assurdo
istante, Lydia si chiese se non volessero arrestarlo, ma, invece, la
guardia
porse titubante all'Argoniano una chiave ed una pergamena, che portava
la firma
svolazzante di Proventus, sulla quale l'uomo rettile passò lo sguardo
annuendo
lievemente. Fu così che Lydia seppe che non solo l'Argoniano sapeva
leggere la
scrittura degli uomini, ma di certo leggeva più velocemente di lei:
perché
quando le passò il documento, la donna del Nord lottò duramente con la
sintassi
per comprendere ciò che c'era scritto.
Fu così che
Lydia scoprì che il suo Thane aveva pagato una somma di 5000 septim
d'oro per
acquistare una casa a Whiterun e quando alzò gli occhi dal documento,
scoprì
anche quale. Breezehome: l'edificio costruito a fianco della fucina di
Adrianne
Avenicci. Il fatto che fosse proprio a fianco della fucina del fabbro
spiegava
anche perché fosse rimasta sfitta così a lungo: il suono del martello e
dell'incudine, e l'odore di fuliggine e metallo rovente, avrebbero
accompagnato
ogni giornata passata a Breezehome, ma in quel momento era una
preoccupazione
così secondaria per Lydia, da non esistere minimamente.
"Che
usanza astuta." commentò l'uomo rettile, osservando la casa.
La loro
casa, ora.
"...Che
cosa, mio Thane?"
"Essere
nominati Thane. Richiede che una dimora sia acquistata nelle mura della
città e
così, septim d'oro sono convogliati nelle casse del feudo." La frase
più
lunga che Lydia gli avesse sentito dire fino a quel momento, e la più
offensiva, che l'Argoniano pronunciò staccando il più possibile le
parole:
pronunciava ogni sillaba senza accenti, e a parte il tono della sua
voce, e la
strana costruzione convoluta delle sue frasi, era perfettamente
comprensibile.
Il
temperamento del Nord di Lydia prese fuoco immediatamente:
"Lo
Jarl ti ha riconosciuto come una persona di grande importanza nel
feudo. Un
eroe. Il titolo di Thane è un onore, un dono per il tuo servizio. Le
guardie
abbasseranno lo sguardo, se dirai loro chi sei ora. Di fronte a tutto
questo,
l'obbligo ad acquistare una dimora è poca cosa...!"
Lydia seguì
il suo stesso consiglio, abbassando lo sguardo quando si accorse di
avere gli
occhi azzurri da rettile dell'Argoniano su di lei.
"No."
disse infine il suo Thane: "Una dimora non è mai poca cosa." mormorò,
aggiungendo poi a voce più alta: "...Ci sono scuse che vanno fatte
Lydia:
troppo tempo è stato passato da me tra gli Imperiali."
Poi l'uomo
rettile infilò la chiave nella toppa, ed insieme entrarono a Breezehome.
L'interno,
prevedibilmente, portava i segni di un lungo abbandono: era piccolo,
buio e
sporco. Decisamente non la dimora di un Thane, e di certo non quella di
un
Sangue di Drago. Lydia non disse nulla, le bastò il suo volto per
esprimere il
suo pensiero, mentre l'uomo rettile al suo fianco rimase impassibile in
ogni
sua scaglia.
"Lydia..."
"Mio Thane?"
rispose titubante.
"...Coda
Spezzata risulta più che sufficiente alle mie orecchie."
Ed
esattamente dove fossero, era un mistero che a Lydia sarebbe piaciuto
risolvere: non c'erano orecchie, ne altri buchi nella sua testa che
avrebbero
potuto passare come tali.
"...Sarebbe
irrispettoso, mio Thane."
"E mio
Thane è pervaso invece di note servili. Ci sono poche cose che siano
disprezzate da me quanto la servitù, e la schiavitù. In qualunque
forma."
ribatté pacato l'Argoniano, senza lasciare che alcuna emozione
trasparisse
nella sua voce.
"Io non
sono una schiava! Il titolo di huscarlo è un voto che..." ma
l'Argoniano
la interruppe con un altro dei suoi penetranti sguardi: sembrava
centellinare
ogni suo gesto per ottenere il massimo risultato col minimo sforzo.
Di nuovo,
parlò a lei con quella sua voce roca e calma, separando bene le sillabe:
"Allora
il tuo voto è sciolto, Lydia. Impegnarsi a far sì che i desideri di
qualcun
altro siano esauditi, anche volontariamente, è una vita che non è
vissuta. Di
nessuno, questo dovrebbe essere il destino."
"...Ho
dato la mia parola come guardia del feudo. Di proteggere e servire
Whiterun. E
di condividerne il destino. Il mio giuramento ed il mio Jarl mi
chiamano a
condividere il tuo destino oggi, mio Thane, a proteggere la tua persona
e la
tua proprietà, fino al giorno della mia morte, o della tua. I Nord
hanno una
sola parola: piuttosto che il disonore di rinunciare ai miei obblighi,
preferisco la morte."
"...Un'altro
modo di non vivere la propria vita. Letteralmente."
Lydia
scrollò le spalle, ribelle: un gesto che un Thane del Nord avrebbe
ricompensato
con uno schiaffo per la sua impudenza. A posteriori, mesi nel futuro,
Lydia
avrebbe compreso che in quel momento voleva solo avere una scusa per
provare
risentimento nei confronti dell'uomo rettile, la cui colpa era quella
di essere
un Argoniano a Skyrim. Per l'esattezza, un Sangue di Drago Argoniano:
la somma
di ogni sogno di valore Nord in un corpo di lucertola.
Solo le ossa
bianche alla torre di guardia le avevano impedito di tentare di
ribellarsi
prima.
"Esasperante..."
rispose invece l'uomo rettile, sempre impassibile: col tempo, Lydia
avrebbe
anche imparato che a causa del loro volto, era difficile per gli
Argoniani esprimere
le loro emozioni in modi che uomini o elfi potessero capire.
Il
nostro cuore viene fatto riposare sotto le nostre scaglie, Lydia, non
sulla
lingua, o nel braccio, le avrebbe spiegato un giorno Coda
Spezzata.
"...I
miei principi sono messi alla prova dalle tue convinzioni, Lydia. Le
rispetto,
ma non si può dire che siano comprensibili per me. Ma ti sarà permesso
di
essere il mio huscarlo solo se questa risulta davvero essere la tua
convinzione. Non a causa di un giuramento, o perché questo è ciò che ci
si
aspetta da te."
"Io...!"
cominciò Lydia, ma l'uomo rettile la interruppe:
"Una
sola parola è data ai Nord... è già stato detto. Ma il mio invito è che
tu ci
rifletta, Lydia: perché non è possibile sopravvivere ad un drago con
dubbi nel
cuore. E questo..." spiegò Coda Spezzata, mettendosi una mano sul petto
scaglioso, non proprio nel punto dove Lydia avrebbe posto la sua: "...È
ciò che mi è stato insegnato da Mirmulnir: il drago le cui ossa sono
state
lasciate alla torre ovest di Whiterun. Non si rende necessaria una
risposta:
sarà evidente col prossimo drago. Sono stato compreso?" le chiese,
incrociando il suo sguardo.
Lydia
masticò diverse bestemmie tra la lingua e i denti, prima di raddrizzare
le
spalle e pronunciare tre parole:
"Sì mio
Thane." Almeno poteva continuare ad offenderlo in quel modo, ma il
sangue
dell'Argoniano doveva essere di altra natura rispetto al suo, perché
ancora una
volta il suo volto rimase immutato.
Coda
Spezzata sembrava impossibile da offendere:
"...È
necessario un calderone, Lydia. Molto grande e molto pulito: almeno 6
galloni."
spiegò, indicando i polverosi resti che erano rimasti a Breezehome dal
suo
precedente proprietario.
"Ti
aspetti che ti prepari la colazione mio Thane?"
"Solo
un calderone da 6 galloni. Vuoto e pulito per quando sarò di ritorno."
ripeté solamente: poi prese la porta senza aspettare la risposta di
Lydia,
chiudendola piano dietro di sé.
***
Il che li
riportava al momento presente: a quando cioè Coda Spezzata era tornato,
portando con sé una gerla di grano e una gerla di fiori blu di
montagna,
acquistati al mercato di Whiterun, assieme ad un secchio pieno
semplicemente
d'acqua. Lydia preferì non pensare alle reazioni dei suoi concittadini
di
fronte alle strane richieste dell'Argoniano, che aveva acquistato al
mercato i
pochi resti che erano sopravvissuti all'inverno.
Tuttavia,
con lei il suo Thane aveva solo cominciato: Lydia aveva trovato il
calderone
che l'uomo rettile cercava, fortunatamente privo di ruggine o sporco,
un
miracolo probabilmente dovuto al fatto che era stato una delle poche
cose ad
essere impilata per bene quando la casa era stata abbandonata, anni fa.
Con lei
ad aiutarlo, l'Argoniano si era messo subito all'opera: questo aveva
significato, date le miserevoli condizioni di Breezehome, che Coda
Spezzata si
era caricato in spalla una panca, l'aveva portata fuori, l'aveva
appoggiata
contro il muro della casa, e ci si era seduto sopra, invitando Lydia a
fare lo
stesso. Dopo averla costretta a sciacquarsi le mani nel secchio d'acqua
gelida,
e aver posto tra loro il calderone, l'Argoniano aveva cominciato a
separare i
boccioli azzurri dai loro steli, gettandoli nel pentolone.
Nel
frattempo, Lydia si sarebbe occupata del grano.
Era metà mattina
ormai, e le loro attività avevano attirato non poche occhiate curiose
dai
cittadini di Whiterun, che insistentemente continuavano a passare di
fronte a
loro, cercando di dare un senso a quello che vedevano. L'Argoniano
però,
rimaneva impassibile ai loro sguardi, concentrandosi sul lavoro: alla
fine,
Lydia aveva fatto lo stesso.
Decisamente,
Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro.
"...Mio
Thane?" gli chiese infine Lydia: ormai le sue dita si erano da tempo
sporcate con la crusca, ma non era che a metà della sua gerla e il
silenzio le
era diventato insopportabile.
Al suo
fianco invece, Coda Spezzata aveva quasi finito: le punte delle sue
dita ormai
erano macchiate di blu scuro.
"Sì,
Lydia?"
"Dov'è
l'anello? Quello che portavi sulle..." Lydia deglutì un attimo, prima
di
finire: "...corna?"
In effetti, l'anello
di ferro era scomparso.
"È
stato venduto... A Belethor." aggiunse Coda Spezzata dopo un momento.
Ora che ci
faceva attenzione, Lydia notò che tutti i denti dell'Argoniano erano
zanne
sottili, una chiostra di denti bianchissimi, che si mostravano appena
quando
parlava: muoveva molto poco la bocca.
"Belethor...
il Bretone? Quello che gestisce il banco dei pegni? Quello che se
l'avesse,
venderebbe la propria sorella per comprare due altri parenti e vendere
anche
loro?"
"...Sì."
"Oh...
non credevo che valesse tanto."
Ne che il
nuovo Thane del feudo fosse così povero da dover impegnare i suoi
monili dopo
aver comprato una dimora: in effetti, Lydia non sapeva nulla di lui, ne
della
sua gente.
Coda
Spezzata si limitò ad annuire alla sua osservazione.
"E con
quei septim... hai comprato... grano vecchio e fiori seccati?"
Di nuovo, un
cenno affermativo.
"Posso
chiedere mio Thane... perché?"
"...Perché
si possano guadagnare altri septim."
"Non
capisco."
L'Argoniano
esalò lievemente, prima di rispondere: che fosse un sospiro infastidito
o di
divertimento, Lydia non seppe dirlo.
"Che
cosa si dice sull'Alchimia a Skyrim?"
Lydia
dovette pensarci un attimo: Il Calderone di Arcadia, gestito dalla
sunnominata
Arcadia, farmacista della città, era una delle botteghe che si
affacciavano
sulla piazza del mercato, ma in tutti gli anni che viveva a Whiterun,
Lydia
poteva dire di esserci entrata non più di un paio di volte. Eppure,
altri suoi
concittadini avevano di certo un uso per i suoi intrugli, perché
l'anziana
donna imperiale viveva da anni coi septim dei suoi rimedi, curando
atassia,
tremori o altri mali. I preti del tempio di Kynareth potevano essere
addestrati
alla taumaturgia, ma anche senza la guerra civile che era scoppiata, i
feriti e
i malati non mancavano mai, e Arcadia soddisfaceva con discrezione
anche i
desideri dei suoi concittadini per filtri ed elisir più... esotici.
"Bene e
male... suppongo." rispose Lydia.
Di nuovo,
l'Argoniano annuì:
"Ricorda
questo Lydia: più di ogni altra cosa, con l'Alchimia è possibile
diventare
ricchi."
Un pensiero
sorprendentemente pratico e banale, per un'arte con così pochi
discepoli.
"...Se
è così, perché in così pochi la praticano?" Un'Alchimista degno di
questo
nome era effettivamente una rarità a Skyrim: nemmeno tutte le capitali
dei nove
feudi potevano dire di averne uno.
"Diverse
ragioni. L'Alchimia richiede anni di studio per essere appresa.
Tuttavia, rimane
sempre complessa: un filtro di guarigione può diventare un veleno se
anche un
solo ingrediente viene scambiato, o preparato in modo errato. Infine,
non è mai
ammesso di sbagliare ad un Alchimista, perché una volta distrutta la
fiducia
nei suoi rimedi, non sarà mai più recuperata."
"Quindi...
sei un Alchimista, mio Thane?"
"Sì. E
No: la mia vocazione è un'altra. Ma ricordo ancora ciò che ho appreso."
"In
Argonia?"
"...No.
In quella terra, l'Alchimia serve solo ai forestieri."
"Non
capisco mio Thane."
"E le
tue domande sono fonte di divertimento, Lydia: è passato del tempo
dall'ultima
volta in cui la curiosità di altri ha stemperato la loro sfiducia."
Di fronte a
questo, Lydia poté solo abbassare lo sguardo, arrossire e tacere.
"...Che
strana terra è questa." esalò alla fine l'Argoniano.
"Mio
Thane?" Lydia lo scoprì ad osservare le nuvole.
"Così
piena... di cielo. Sembra così impossibilmente... vasto."
"...Non
saprei mio Thane. Questo è il cielo che ho avuto sopra la testa fin da
quando
ho memoria, e non posso dire di averne mai conosciuto altro. È diverso
in altri
luoghi?"
L'Argoniano
annuì:
"Tu la
chiami Argonia, ma quello è il vecchio nome Imperiale. Argonia.
Argoniani." spiegò l'uomo rettile, guardandola con un solo occhio
azzurro:
"Palude Nera è un nome... più corretto. La dimora dei Saxhleel, coloro
che
l'uomo chiama Argoniani. Saxhleel." ripeté l'uomo rettile, aspirando la
h e lasciando sibilare le ultime tre
lettere: fu così che Lydia seppe che come i serpenti, il suo nuovo
Thane
possedeva una lingua bifida.
"...Nella
lingua dell'uomo, il popolo della radice. Perché nella Palude Nera, il
cielo si
vede solo attraverso le fronde: non un raggio di sole o di lune arriva
a terra,
senza che abbia toccato almeno una foglia. Per certi versi, l'opposto
di
Skyrim."
"...Non
riesco ad immaginare un luogo simile." ammise Lydia.
"Dovrebbe
essere visto per essere compreso appieno." concesse Coda Spezzata:
"...Ma
non c'è uomo o elfo o Khajiit che sopravviva alla Palude Nera."
"...Se
sono tutti come te, non fatico a crederlo, mio Thane."
"Il
pericolo più diffuso nella Palude Nera non sono i Saxhleel: nella loro
terra
natia, loro non occupano lo stesso posto dell'Uomo nella sua. I
Saxhleel sono
cacciatori, ma anche prede: per loro, sopravvivere significa
soprattutto non
essere mangiati, e la competizione è... aspra. Ci sono creature che
possono
lasciare solo ossa di una preda prima che si abbia finito di
pronunciare la
seconda sillaba del suo nome."
L'uomo
rettile fece una pausa a quel punto, guardandola di nuovo negli occhi:
"...Ma
per i forestieri, è anche peggio: nella Palude Nera, ogni creatura che
voli,
nuoti, strisci o corra, e quasi ogni pianta, è velenosa, portatrice di
malattie, o entrambe. I Saxhleel sono immuni a quasi ognuna di esse:
morbi e
veleni di altre terre non hanno quasi effetto... Ma il sangue di un
forestiero
potrebbe marcire per aver annusato un fiore della Palude Nera con cui i
Saxhleel adornano le proprie case."
"...In
questo caso, capisco perché tu abbia lasciato la Palude Nera, mio
Thane."
"Non è
stata mia la scelta." rispose Coda Spezzata.
Fu a quel
punto che Lydia finì di separare il grano dalla crusca, ma prima che
potesse
chiedere cosa intendesse, l'Argoniano la precedette:
"C'è
bisogno della zangola per il burro ora. Nell'angolo più lontano dalla
porta,
tra il tavolo ed il muro."
Dopo un
attimo di esitazione, Lydia corse in casa, tornando con ciò che gli
aveva indicato:
il suo Thane era rimasto a Breezehome poco tempo, eppure ricordava
perfettamente la disposizione degli oggetti al suo interno. Come se
fosse
naturale, l'Argoniano smontò la zangola, separando lo stantuffo e
poggiandolo
nel calderone pieno di fiori blu e chicchi di grano, come un pestello
gigante
in un mortaio ancora più grande.
Poi aprì la
sua bisaccia e ne trasse un involto misterioso: svolgendolo, Lydia vide
carne
brunastra e spugnosa, macinata fino a diventare una pasta morbida,
modellata
come una spessa candela. Puzzava da far spavento, come vecchio
formaggio e
carne fradicia, tanto che non appena aprì l'involto, Lydia sentì i suoi
occhi
riempirsi di lacrime, e si ritrovò a tossire.
"Per le
ossa di Shor... che è mai?"
"Un
ingrediente assai difficile da procurare, e da preparare." rispose
semplicemente l'Argoniano, gettando il tutto a raggiungere gli altri
ingredienti e imbracciando lo stantuffo con decisione.
Il gioco dei
muscoli fu subito evidente sotto le sue scaglie: la forza
dell'Argoniano doveva
essere considerevole, perché fece in pochi minuti quello che
normalmente
necessitava di un mulino. I chicchi di grano furono polverizzati in
farina,
mischiandosi alla poltiglia che erano diventati i fiori blu e la
vomitevole...
qualunque cosa fosse quella che aveva estratto dalla sua bisaccia.
L'Argoniano
si perse nel suo compito con un'ossessione che Lydia aveva visto
raramente
perfino in Eorlund, quando il metallo lo chiamava alla Forgia Celeste
come una
febbre.
Quando finì,
il fondo del calderone era occupato da una poltiglia uniforme del
colore e
della consistenza dell'argilla, che puzzava di selvatico, anche se non
più così
tanto.
"Il
difficile è stato fatto." disse Coda Spezzata, guardando il risultato
del
loro lavoro e togliendo lo stantuffo, e affidandolo a Lydia: gerle e
zangola
tornarono invece dentro casa, e l'Argoniano chiuse la porta di
Breezehome.
"Andiamo."
ordinò a Lydia, sollevando il calderone e poggiandoselo sulla spalla.
"Dove
mio Thane?"
"A
mangiare qualcosa." disse semplicemente.
Come Lydia
scoprì però, la risposta dell'Argoniano era stata... incompleta:
intanto
perché, a quanto pareva, non conosceva nessuna delle taverne di
Whiterun, e poi
perché la prima fermata che fecero fu nella piazza del mercato della
città.
Piuttosto che cercare altri strani ingredienti, Coda Spezzata si limitò
a
dirigersi al pozzo, riempiendo il calderone di acqua gelida il più
rapidamente
possibile: non perché avesse fretta, o perché sembrasse infastidito
dagli
sguardi dei curiosi, ma perché, semplicemente, sollevava quattro secchi
pieni
alla volta dal fondo del pozzo, il massimo che il gancio potesse
sostenere. Con
il calderone sciabordante di liquido di nuovo sulla spalla, Lydia lo
condusse
alla Giumenta Bardata, che si affacciava proprio sulla piazza del
mercato. La
locanda era la più grande e famosa di Whiterun: famosa soprattutto per
le risse
che vi scoppiavano quasi ogni sera e seconda casa di molti individui
violenti e
passionali. Veri Nord insomma.
A mandare
avanti gli affari da dietro il bancone, e cercare di mantenere la pace,
c'era
una donna del Nord dai capelli castani, il cui marito lavorava nelle
cucine,
uscendo solo per mettere fine alle risse.
La locanda
aveva visto passare molti forestieri attraverso le sue porte, ma un
Argoniano
con un calderone sciabordante sulle spalle era nuovo: come se nulla
fosse, Coda
Spezzata si avvicinò al bancone, posando a terra il suo carico con un
sordo
tonfo.
"Affamati,
assetati, o semplicemente stanchi?" lo precedette la locandiera: erano
anni che faceva quel lavoro, e ciò che le mancava in esperienza con gli
Argoniani, di certo compensava in malizia.
"Le
prime due. E mi chiedevo anche se il tuo fuoco fosse disponibile."
rispose
Coda Spezzata, indicando il falò che come sempre ruggiva al centro
della
stanza, riscaldando gli avventori assieme a birra e sidro...
"...Non
vedo perché no. Immagino che come nuovo Thane del feudo, possano
esservi
concesse alcune stranezza. Specie se avete ucciso un drago alle porte
della
città..."
Quella
notizia in particolare si era diffusa molto in fretta: Lydia si chiese
se non fosse
già arrivata almeno a Riverwood, a sud.
"...Ma
è meglio che usiate quello dell'altra ala: è più adatto al vostro
calderone. Lo
scricciolo che avete al seguito può farvi vedere dov'è."
Lydia e la
locandiera erano vecchie conoscenze, fin da quando era stata guardia
del feudo:
dopotutto, la Giumenta Bardata era un locale per veri Nord...
"Molto
obbligato..."
"Hulda."
rispose semplicemente la locandiera, strofinando il suo bancone.
"Molto
obbligato Hulda."
"Ho
sentito le cose più incredibili su di voi durante questa mattinata,
Thane. Ma
nessuno sembra essere sicuro del vostro nome..."
"Per
Uomini ed Elfi, sono Coda Spezzata." rispose asciutto l'Argoniano.
"Beh,
Thane Coda Spezzata, benvenuto alla Giumenta Bardata. Il suo conto è
pagato
dall'oro dello Jarl in persona, per cui non pensi nemmeno ad offrirmi i
suoi
septim."
"Farò
tesoro della graziosa ospitalità."
Le sue
parole gentili sorpresero Hulda: con quel volto, era difficile capire
il
pensiero dell'uomo rettile, ma sembrava sincero.
"Allora,
che posso portarvi, Thane?"
Coda
Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro, ma uccidere un drago
sembrava
offrisse un modicum di rispetto anche
ai forestieri: Hulda sciorinò l'interezza del suo menù, tra cui
l'Argoniano
decise per pesce scottato e speziato e una zuppa di cavolo, da
innaffiare con
birra Argoniana, importata attraverso Cyrodiil grazie agli Imperiali.
Non
c'erano molti uomini di Skyrim che prendessero un secondo sorso di
quella
bevanda e Lydia ora sapeva il perché: c'era da diventare sordi a berla
con
regolarità e probabilmente era fatta con qualche radice velenosa della
Palude Nera.
La
locandiera non chiese il piatto favorito di Lydia, dopo tutti quegli
anni, lo
conosceva a memoria: bistecca e patate. E idromele ovviamente.
Concluso il
rituale, Lydia condusse il suo Thane, di nuovo col calderone sulla
spalla,
nell'altra ala della locanda, dove Hulda aveva posizionato falò ad uso
e
consumo dei clienti: un modo per attirare anche i meno indigenti a
mangiare alla
Giumenta Bardata, dato che potevano cuocersi il pasto da soli,
acquistando a
prezzi inferiori gli ingredienti, o di sopperire alla cucina di suo
marito nei
momenti di grande calca.
In due,
riuscirono ad accendere in fretta un fuoco, che cominciò a scoppiettare
allegramente sotto il calderone: Coda Spezzata iniziò a mescolarlo
lentamente
con lo stantuffo della zangola, sempre nello stesso senso. L'odore che
cominciò
a salirne fu strano: assai più piacevole di quanto Lydia avesse
immaginato. Un
odore... quasi nostalgico, anche se la donna del Nord non comprese di
cosa si
trattasse.
"Esattamente,
mio Thane... cosa fa?" chiese Lydia: lo sciabordio e il calore erano
quasi
ipnotici.
Strettamente
parlando, l'Alchimia era una branca della magia... anche se la più
terrena e distante
dal resto: fare pozioni dopotutto, era assai differente che lanciare
palle di
fuoco dalle mani o evocare creature dell'Oblivion.
"Dovrebbe
diventare un potente elisir... un farmaco in grado di sanare qualunque
ferita,
tranne la decapitazione. Anche un uomo che sia stato masticato da un
Drago
dovrebbe sopravvivere bevendone un sorso."
Lydia
spalancò la bocca per la sorpresa:
"...Nemmeno
i taumaturghi del tempio potrebbero tanto, mio Thane." sussurrò alla
fine.
E pensare
che qualcosa del genere veniva preparata in modo così... mondano di
fronte a
lei, con lo stantuffo di una zangola come mestolo...
"Racconti
sulle abilità dei sacerdoti di Kynareth di questa città hanno superato
le
montagne Jerall da tempo, Lydia. Persino a Bruma si conosce il nome di
Danica
Fonte Pura... ma i draghi non dovrebbero essere combattuti da mortali."
"Eppure,
tu hai ne ucciso uno, mio Thane."
"Mirmulnir...
Ma quel drago non è l'unico ad essere ritornato dall'oblio della
memoria e
nemmeno uno dei più forti della sua specie. Helgen... è stata spazzata
via di
fronte ai miei occhi da un enorme drago nero dagli occhi rossi."
"Helgen...
è stata spazzata via?" ripeté stordita Lydia: Helgen era la prima città
del feudo di Falkreath, loro vicino. Era situata sull'altro versante
della Gola
del Mondo, la montagna dei Barbagrigia... e per coloro che arrivavano
da Cyrodiil,
in special modo dalla città di Bruma, Helgen era la prima tappa del
loro
viaggio dopo le difficoltà dei monti Jerall.
Sembrava
impossibile.
"È
stata cancellata dalla mappa, sotto una pioggia di fuoco chiamata dal
cielo. Io
e un soldato della Legione Imperiale siamo riusciti a scampare alla
distruzione,
cercando la fuga nei passaggi sotterranei della città. Altri potrebbero
essere fuggiti,
ma ne dubito. Portare questa notizia allo Jarl Balgruuf, e chiedere che
uomini
fossero inviati a Riverwood per meglio difendere la città, è stata la
ragione
per cui sono giunto a Whiterun. Prima dell'attacco del drago."
Le
implicazioni del ritorno dei draghi arrivavano molto più in profondità,
e molto
più lontano, di quanto Lydia avesse pensato, e con Skyrim già impegnata
nella
guerra civile... tempi oscuri si delineavano di fronte a loro. Perché
se un
drago poteva cancellare una città dalla mappa... cosa avrebbe impedito
che la
prossima fosse Whiterun? Ora Lydia capiva appieno la saggezza del suo
Jarl nel
nominare Coda Spezzata come Thane del feudo, e la gravità del compito
di fronte
a loro. No, abbandonare il suo Thane non era più possibile per lei:
onore e
senso del dovere e di responsabilità li legavano assieme,
indissolubilmente,
fino alla morte di uno di loro, o di entrambi.
"Abbiamo
bisogno di armi e di armature migliori." disse subito Lydia, sentendo
per
la prima volta quanto fosse inadeguato la corazza di piastre che
portava: cosa
poteva l'acciaio contro zanne lunghe quanto spade?
"Vero.
La mia ultima corazza e le mie armi hanno pagato il tributo a
Mirmulnir... ma è
necessario anche cercare il consiglio dei Barbagrigia sulla loro
montagna, i
maestri della Voce, la magia dei Draghi. Ma tutto questo ha un suo
costo. E
quindi sono necessari septim d'oro."
Mentre
raccontava, il tono di Coda Spezzata era rimasto piatto e privo di
emozione: il
suo volto non era piegato dalla preoccupazione. Lydia non sapeva ancora
cosa
pensare: avrebbe imparato col tempo che gli Argoniani hanno il loro
modo di
affrontare il terrore dell'ignoto.
"E
questa pozione può fornirceli?"
"Se il
risultato finale sarà quello che spero, il contenuto di questo
calderone avrà
un valore di almeno 12'000 septim. Ci serviranno tutti."
Lydia aprì
la bocca: in un altro momento, l'idea che un liquido qualsiasi potesse
valere
tanto le sarebbe sembrata ridicola... ma la notizia di Helgen aveva
scosso le
sue certezze. E il fatto che il suo Thane avesse un piano, per quanto
vago e
incerto, in qualche modo la rincuorò grandemente.
"...E
pensare, che ero giunto a Skyrim per placare la mia sete di avventura.
Devo
essere una fonte di divertimento per gli Hist."
"Chi?"
Fu la prima
volta in cui Lydia vide il suo Thane apparire incerto: per un momento,
il suo
mescolare si interruppe. Sarebbe stato uno spettacolo più unico che
raro anche
negli anni a venire:
"...Gli
Hist." ripete: "Quanto di più simile il popolo della radice abbia a
Dei. Ciò che si crede di sapere su di essi da parte degli uomini è solo
una
pallida eco della verità...gli Hist sono più antichi della Palude Nera,
e più
numerosi delle foglie su un albero."
"Mio
Thane... perdonami se lo chiedo, ma nel poco tempo che ti ho conosciuto
hai
continuato a separarti dagli Argoniani. Parli della tua gente come se
non ci
appartenessi..."
"Non è
troppo distante dalla verità..." disse quietamente l'uomo rettile:
"...e non per il tempo passato tra gli uomini."
Coda
Spezzata non parlò subito, compiendo due giri completi con lo stantuffo:
"...Esistono
molte razze di Saxhleel, così come esistono molte razze di Uomini, di
Elfi o di
Khajiit. L'Uomo ha i Nord di Skyrim, gli Imperiali di Cyrodiil, le
Guardie
Rosse di Hammerfell e i Bretoni, se devono essere inclusi all'elenco
anche i mezzi
elfi di High Rock. Allo stesso modo, nella Palude Nera esistono gli
Agacephs,
gli Archein, i Paatru, i Sarpa, i Naga... e molti altri. Lo stesso
territorio è
condiviso da tutte le razze del popolo della radice, ma le differenze
non sono
minori che tra ogni razza di uomo. Da questo punto di vista, le
differenze tra
Uomini e Saxhleel... non sono molte in fondo, ma la più importante
risiede nel
modo in cui ogni razza è considerata."
"...In
che senso?"
"Non
esistono modi in cui spiegarlo, se non per approssimazione. Esistono
concetti
che non possono essere tradotti in questa lingua: per i Saxhleel, ogni
loro specie
rappresenta una... sfaccettatura degli Hist. Una diversa
interpretazione di una
medesima origine. Gli Uomini hanno i loro nove Dei, i Saxhleel le loro
specie.
Questa distinzione non è messa in dubbio da nessun Saxhleel timorato
degli
Hist. Ecco perché un mezzosangue, il frutto di due razze diverse di
Saxhleel, è
visto come un'offesa agli dei. Io sono uno di quei mezzosangue: la mia
esistenza nella Palude Nera è vista come un peccato. E il fatto che uno
dei
miei genitori, probabilmente mio padre, sia stato un Naga, ha
peggiorato le
cose."
Lydia ebbe
bisogno di un momento per accettare quelle parole: che strano, pensò la
donna.
Ascoltare una storia così simile alla sua: suo padre era stato un Thane
del
feudo, prima di cadere nel disonore e fuggire, lasciandola indietro.
La donna di
Skyrim chiese:
"Perché
che fosse un... Naga è così importante?"
"I
Naga... se un paragone dovesse essere fatto con le razze dell'Uomo,
potrei dire
che sono i Nord dei Saxhleel. Le zone più interne della Palude Nera
sono
abitate da loro, il cuore segreto del continente, che non è mai stato
messo su
nessuna mappa. Una razza di guerrieri di sette piedi come minimo, e uno
in più
quando si infuriano, molto spesso e facilmente."
Sì,
decisamente quella descrizione ricordava a Lydia della sua gente:
quindi il suo
Thane era più basso di un Naga. Qualcosa che faceva riflettere: Lydia
non aveva
idea che gli Argoniani potessero essere così giganteschi.
"...Hanno
bocche grandi, con zanne come aghi, che stillano veleno. Per questo
probabilmente, il mio morso risulta narcotico su Uomini ed Elfi, ma non
mortale. Ed è anche la ragione per cui sono dovuto venire a Skyrim da
Cyrodiil,
a dire la verità."
"Hai
morso un'Imperiale, mio Thane?" chiese Lydia, lievemente spaventata:
era
forse un'animale il suo Thane?
"...Per
la verità, è stata una Imperiale a
venire morsa, dopo avermi invitato alla sua tavola e poi nel suo letto.
Non al
nostro primo incontro ovviamente: sarebbe stato... troppo sfrontato.
Tuttavia,
la mia compagnia è arrivata ad essere per lei assai piacevole, così
come le mie
doti, e anche... i miei morsi. Comprensibilmente, l'avventura è stata
meno
apprezzata da suo marito, che mi aveva assunto come guardia. Ed essendo
suo
marito il conte di Bruma, cambiare versante delle montagne Jerall mi è
sembrato... il minimo della prudenza."
Lydia rise. Non
poté fare altro: non tanto per l'idea, ma per come le era stata
raccontata.
Salaci
storie e ballate di tradimenti ed infedeltà all'interno di famiglie
nobili
vedevano spesso Argoniani come gli strumenti dell'adulterio: erano le
più
piccanti e le più licenziose probabilmente, ma c'era una ragione per
cui La Lussuriosa Domestica Argoniana veniva
ristampata nella sua forma letteraria da quasi sette secoli, ed era
possibile
trovare il testo in quasi qualunque provincia di Tamriel, per quanto
magari
nascosto ad occhi indiscreti. Perfino Lydia ne aveva sentito parlare,
per
quanto non avesse mai avuto l'occasione, o il desiderio, di leggerlo.
Per la
verità, era forse uno dei pochi testi che parlassero di Argoniani, che
un Nord
potesse leggere nella vita.
"...Bene."
disse Coda Spezzata: "L'alchimia è resa migliore dalla gioia. La tua in
questo caso."
"Sul serio,
mio Thane?"
Coda
Spezzata annui, continuando a rimestare:
"L'Alchimia
è... trarre un solo colore da un misto di sfaccettature. In questo
caso, dal
blu dei fiori e dal giallo del grano..."
"E dal
marrone di qualunque cosa sia il terzo ingrediente..." aggiunse Lydia,
a
cui l'Argoniano annuì:
"...È
necessario trarre il rosso della vita. Ma l'Alchimia dipende anche da
chi è
praticata: non ci saranno mai due pozioni uguali, così come non ci
saranno mai
due fiori uguali. E allo stesso modo, il risultato finale è influenzato
dal
cuore, dallo spirito e dalla mente di chi manipola gli elementi che
compongono
la mistura. O almeno, così mi è stato insegnato: la teoria è più
complessa di
così, ma l'esperienza suggerisce di essere gioioso quando si preparano
pozioni
curative. E funesto quando si mischiano veleni. Il racconto degli
eventi di
Helgen mal si accompagna a questa mistura." spiegò continuando a
mescolare: a Lydia sembrò quasi che le sue scaglie brillassero in modo
strano
in quel momento, ma lo imputò ad un gioco della luce.
Avrebbe
scoperto in seguito di non essersi sbagliata: l'Alchimista è sempre il
catalizzatore della reazione alchemica.
"...E questa
in particolare sarà resa più potente dalla tua gioia."
"Quindi...
vi stavate burlando di me, mio Thane? La vostra era solo una storia per
fornire
un ingrediente all'elisir?"
"Sì. E
no. Tutto quello che ti è stato raccontato è vero, tranne un
particolare. Non
era la contessa, ma sono davvero dovuto fuggire dagli uomini del conte,
dopo
aver fatto loro credere di avermi ucciso. Il resto della storia rimarrà
un
segreto: del valore, la discrezione è dopotutto la parte più
importante... Ma
se dovessi un giorno passare da Bruma, chiedi di Ellya Erdain, e solo
al suo
orecchio, fai il nome di Kaiman. Immagino che ti si offrirà uno
spettacolo
interessante."
Nel
calderone, la mistura stava diventando sempre più di un rosso vivo,
assai più
acceso di quello delle guance della Nord.
"...Spero
che la mia storia non sia stata fonte di troppo imbarazzo per te."
"Non è
esattamente qualcosa che mi aspettavo di ascoltare durante il mio primo
giorno
come huscarlo."
Un conto era
sentire una storia con un Argoniano... un altro sentirsela raccontare.
Il suo
Thane le era ancora troppo spaventoso perché potesse conciliare
quell'immagine
particolare con il suo essere... un uomo rettile. E tuttavia, quella
storia
aveva scosso alcuni dei preconcetti che aveva su di lui, e ridotto in
parte le
distanze fra loro.
"Bene.
Tempi inaspettati sono su di noi: dovrai essere pronta all'impossibile."
"Nessuno
diventa guardia del feudo di Whiterun senza addestramento, mio Thane..."
"E
dimmi Lydia: si viene anche addestrati ad uccidere i draghi?"
La donna del
Nord non ebbe bisogno di rispondere, né ne ebbe l'occasione, perché una
delle ragazze
della taverna entrò, portando loro da mangiare.
Coda
Spezzata mangiò in piedi, continuando a rimestare nel calderone,
infilandosi in
bocca il pesce scottato e masticandolo lentamente: Lydia scoprì che
poteva
aprire la sua bocca molto più di quanto avesse pensato... specie quando
si
infilò la bottiglia di birra Argoniana in bocca e la svuotò in un solo
fiato.
Almeno beveva come un Nord: Lydia avrebbe scoperto che era più semplice
per lui
in quel modo. Con la sua bocca senza guance, centellinare una
bottiglia, o un
bicchiere, era più difficile che per un uomo.
Quello che
la stupì davvero però, fu che mentre il suo Thane tracannava la birra,
gli si
aprirono sei tagli paralleli sul collo, tre su ogni lato: di un rosa
acceso e
pulsanti, che si chiusero non appena abbassò la testa.
"Ti
spalanca le branchie." soffiò l'uomo rettile, poggiando la bottiglia
vuota
a fianco del suo piatto.
Su quello,
Lydia non fece domande.
Uscirono
dalla Giumenta Bardata nel primo pomeriggio, non appena l'elisir era
stato
terminato e il calderone si era raffreddato al freddo vento di Skyrim:
non ci
era voluto molto, poiché era pur sempre il primo mese dell'anno. Il
liquido che
adesso sciabordava al suo interno, era diventato più denso dell'acqua e
di un
colore rosso vivo: quasi quello del sole al tramonto. Mentre
aspettavano che si
raffreddasse nel cortile della locanda, l'Argoniano aveva continuato ad
ordinare birra della Palude Nera, ma nonostante ne avesse bevute
abbastanza
perché Lydia perdesse il conto, camminava ora dritto col calderone di
nuovo
sulla spalla: se avesse tentato di eguagliarlo anche solo con
l'idromele, Lydia
sarebbe rimasta sdraiata sul pavimento della Giumenta Bardata per un
paio di
giorni.
Lo seguì di
nuovo a Dragonsreach, dove l'Argoniano disse ad una guardia di avvisare
il mago
di corte che era atteso, cosa che venne fatta immediatamente:
attraverso
passaggi secondari, furono portati nello studio di Farengar Fuoco
Segreto, dove
l'Argoniano posò finalmente il calderone sciabordante.
"Siete
stato più rapido di quanto credessi." disse lo stregone senza
preamboli:
di tutti i Nord del feudo, Farengar era l'unico che si coprisse la
testa col
cappuccio della sua veste da mago blu scura. Era magro, al punto da
essere
esile, con una corta barba bianca a ornargli il mento, una stranezza
tra gli
uomini di Skyrim, che di solito portavano barbe con la stessa gioia con
cui
mulinavano asce. Anche il resto del volto era piuttosto insignificante:
solo
gli occhi, dal fondo del suo cappuccio, suggerivano il segreto lavorio
della
sua mente. Farengar era, per Lydia almeno, un essere pericoloso dai
modi di
coniglio, più strano ancora del suo Thane per certi versi, dato che
almeno lui
veniva da un'altra terra, ed era di un'altra specie. La superstizione e
la sfiducia
dei Nord verso la magia fecero in modo che Lydia non incrociasse lo
sguardo
dello stregone: c'erano storie di uomini resi pazzi da un solo sguardo
di mago.
"Era
pronta." rispose semplicemente il suo Thane.
"Vedo...
E dopo la pietra che mi avete dato, non ho ragione di dubitare
dell'efficacia
dei vostri rimedi. Sono curioso però... dove avete appreso l'arte
Alchemica?"
"...Mournhold."
esalò il suo Thane.
"Ah."
rispose Farengar contrito: "...Mi dispiace, ho fatto una domanda
indiscreta."
Il perché lo
fosse, Lydia non lo capì:
"Nessuna
indiscrezione. Ho lasciato Morrowind assieme all'Impero, giungendo a
Cyrodiil in
tempo per veder firmare il Concordato Oro Bianco."
"E
infine qui..."
"Sete
di avventura, Farengar, e di Cyrodiil era stata vista quasi tutto.
Dovendo
scegliere tra Skyrim o Hammerfell, ho scoperto Skyrim più vicina."
A questo,
ricordando la sua storia, Lydia sorrise lievemente.
"...Da
quello che ho visto, le avventure non vi mancheranno in questa terra."
Alle parole
del mago, il suo Thane rispose con un cenno di assenso:
"I
segreti della pietra sono stati svelati?" gli chiese.
"Non...
proprio. Ho già fatto mandare un messaggio ad un mio associato con più
esperienza sulla questione, e un'altro al Collegio di Winterhold, ma ci
vorrà
tempo per avere delle risposte, con est e ovest di Skyrim che si
combattono, e
Whiterun proprio al centro che si dichiara neutrale. Le conoscenze sui
draghi
non sono più molto diffuse, come potete immaginare, anzi non lo sono
mai state.
Nel frattempo, ho condotto qualche esperimento sulla scaglia e
sull'osso che mi
avete portato: un campione piuttosto singolare, soprattutto dopo i
risultati
dei miei esperimenti..."
"Farengar,
la vostra solerzia vi fa onore, ma se ci si limitasse ai fatti, potrei
lasciarvi ai vostri studi più rapidamente e così tornare ai miei... a
proposito..."
disse indicando l'angolo dello studio del mago: "...Non risulta
pericoloso
lasciare gemme dell'anima piene vicino ad un pentacolo non protetto?"
"Dove?"
disse il mago voltandosi repentinamente verso la direzione indicata:
"Io
non... ah. Vedo." disse Farengar.
Il mago
marciò cautamente verso un angolo del suo laboratorio, spostando uno
strano
cristallo dall'altra parte della sala, il più lontano possibile da un
tavolo
pentagonale vergato di rune bluastre, che poggiava su tre gambe,
adornato da un
teschio con tre orbite che reggeva un globo verdastro e dieci candele
ad
illuminarlo. Fu la prima volta che Lydia sentì qualcuno far tacere il
mago e
passarla liscia: Farengar adorava quanto il suono della sua voce lo
facesse
apparire brillante, e per di più, Coda Spezzata era riuscito a farlo
senza
apparire offensivo.
Farengar
posò il cristallo con cura, stando bene attento che non rischiasse di
cadere:
"Abbiamo
rischiato un piccolo incidente." disse il mago con un sorriso nervoso,
tornando a rivolgersi a loro con un altro guizzo: "Ma non mi ero reso
conto che foste anche un incantatore..."
"Farengar...
le vostre conclusioni?" chiese invece l'Argoniano.
"Ma
certo, perdonatemi: è solo che siete un enigma affascinante... la
scaglia ma
certo." disse il mago schiarendosi la gola, per parlare a voce più
chiara:
"È come avevate suggerito, e come tramandano le leggende: a parità di
volume, pesa un terzo dell'acciaio. Ma è assai più resistente. Ho
dovuto usare
strumenti fatti di ebano per riuscire anche solo a inciderle. La magia
invece
penetra normalmente attraverso le scaglie: sono riuscito a forarle con
un
sortilegio di ghiaccio di livello apprendista."
"Se si
trovasse un modo di lavorarle..." iniziò l'Argoniano.
"Il
risultato sarebbe assai interessante." finì il mago per lui.
"E le
ossa?" chiese l'Argoniano.
Farengar
fece schioccare la lingua insoddisfatto:
" Più
pesanti dell'ebano e impervie a qualunque forza che conosca, magica o
terrena. Non
possedendone, non ho potuto testare strumenti di lega daedrica, ma sono
cautamente persuaso che nemmeno quella sia in grado di scalfire le loro
ossa.
In breve, l'unico punto vulnerabile di un drago a tutto ciò che non sia
ebano o
magia sembrano essere gli occhi. Il che però ci avvicina alla bocca..."
"E le ali...
le loro ali non sono protette. Semplice cuoio."
"Queste
informazioni sono estremamente utili..."
"Salveranno
vite, Farengar."
Un bussare
alla porta dello studio del mago distolse Argoniano e uomo dalla loro
discussione. Irileth, huscarlo personale dello Jarl Balguuf e suo
braccio
destro, entrò senza che fosse stata invitata.
Nemmeno gli
occhi della Dunmer, rossi come il sangue anche nella sclera, Lydia osò
incrociare: l'elfa scura dai capelli color ruggine era collerica e
brusca, ma
fedele al suo Jarl. Soprattutto però, Irileth era, così come il suo
Thane a
quanto pareva, capace di brandire allo stesso tempo acciaio e magia in
battaglia. A Skyrim, simili individui erano chiamati Spade Stregate:
mercenari
in grado di usare spada e magia erano stati l'ago della bilancia di
molte scontri
del passato ed erano cercati e pagati profumatamente dai loro
committenti.
Forse, si
chiese Lydia, la tradizione delle Spade Stregate era nativa di
Morrowind, la
patria ancestrale dei Dunmer?
"Farengar.
Thane."
"Irileth."
rispose Coda Spezzata con un cenno, senza distogliere lo sguardo dal
lavoro del
mago.
In breve,
Farengar spiegò anche ad Irileth il risultato delle sue ricerche sulle
scaglie
di drago e sulle sue ossa: le conclusioni non piacquero all'elfa, ma fu
comunque qualcosa.
"E tu
sei convinto che stiano tornando?" chiese alla fine l'elfa guardando
l'Argoniano.
"Di
questo, non ho dubbi. Mirmulnir e il drago di Helgen sono stati solo
l'inizio: presto
il cielo sarà solcato da altre ali. Molte altre ali."
Irileth
sembrò assorbire la notizia con preoccupazione, facendo vagare lo
sguardo fino
al calderone: in due passi ci fu sopra, specchiandosi nel liquido.
Senza dire
nulla, la dunmer estrasse una daga dalla sua cintura, tagliandosi il
palmo e
chiudendo la mano a pugno. Poi intinse l'indice dell'altra mano nel
liquido e
se lo cacciò in bocca: quando riaprì la sua mano per osservarla, la sua
pelle
non portava segno di alcuna ferita. Non c'erano cicatrici, né segni:
solo il
sangue le sporcava ancora la mano.
"Effetti
collaterali?" chiese la dunmer, di fronte a quel piccolo miracolo.
"...È
limitata a quell'unico calderone. L'unico ingrediente importante è
anche...
raro. E difficile da ottenere e preparare: abbastanza difficile, da
rendere
pericoloso divulgare la sua natura."
"Pericoloso?"
chiese Farengar.
"Un
singolo errore nel trattarlo trasformerebbe l'elisir in un veleno
capace di
togliere il vigore alle membra di un uomo. Ulteriori errori, e il più
vigoroso
degli uomini diverrebbe un vecchio incapace perfino di sedersi da solo,
o di
eseguire il più semplice dei sortilegi, se ne si possiede la capacità.
Troppo
facile creare opportuni incidenti se la conoscenza fosse divulgata.
Troppo
facile per ciarlatani avvelenare con questa ricetta chi ne ha bisogno."
"...Quanto
ne serve perché abbia l'effetto voluto?"
"Un
sorso cura qualunque ferita, tranne la decapitazione."
"...Proventus
preparerà il tuo compenso quanto prima, Thane. Passa da lui." disse
semplicemente l'elfa, prendendo congedo.
"Irileth."
la fermò Coda Spezzata sulla soglia: "...Di nessuno dovrebbe essere il
destino dell'uomo che hai perso. Ci saranno mie offerte per il suo
spirito
nelle Sale dei Morti, quando sarà il momento."
L'elfa annuì
senza voltarsi, per poi chiudere la porta dietro di sé.
Anche loro
non restarono a lungo: giusto il tempo per il suo Thane di ordinare
diversi
tomi a Farengar, da consegnare a Breezehome. Il mago si fece pagare in
septim e
con un piccolo favore, che Lydia prese in carico spontaneamente:
portare dei
sali ad Arcadia difficilmente era un compito degno del suo Thane...
Quando
uscirono dallo studio, Proventus li stava già aspettando: la cifra che
passò di
mano fu poco più di quella che il suo Thane aveva detto. Di quei
septim,
l'Argoniano ne diede 500 a Lydia, da consegnare ad Arcadia, come
investimento:
maggiori erano gli ingredienti alchemici che sarebbe stato possibile
acquistare
in futuro a Whiterun, meglio sarebbe stato per tutti loro. Lydia
comprese quel
ragionamento, e si affrettò ad eseguire quel compito.
Nel
frattempo, il suo Thane fece delle richieste precise a Proventus, che
Lydia non
sentì: da parte sua, l'Imperiale si sarebbe affrettato a farle eseguire.
***
Si
ritrovarono sotto l'albero sacro a Kynareth: un tempo un luogo di
pellegrinaggi, l'albero sacro alla dea del cielo era da anni solo uno
scheletro.
Non era stata la collera degli Dei, ma un fulmine, a colpire l'albero:
il suo
tronco non si era spezzato, ne era stato sradicato, alcuni dicevano che
la fede
doveva averlo protetto, ma purtroppo l'albero aveva perso tutte le sue
foglie.
Era uno spettacolo triste ora, e il tempio, senza più la sua reliquia,
languiva
sopravvivendo solo grazie ai servizi taumaturgici dei suoi sacerdoti.
Non erano
più i pellegrini a venire al tempio, ma solo i feriti, gli storpi e i
moribondi: l'inverno non era ancora finito però, ed era troppo presto
perché si
fossero messi già in viaggio attraverso Skyrim... ma non appena la neve
si
fosse sciolta, di nuovo Whiterun avrebbe accolto coloro che erano
abbastanza
ricchi o disperati da compiere il viaggio. Era sempre un triste affare,
in cui
la speranza che normalmente la fede avrebbe dovuto essere in grado di
offrire,
veniva offuscata da più disperati ed immediati bisogni.
"Mi
ricorda un poco gli alberi della Palude Nera." disse Coda Spezzata
osservandolo: "Il suo tronco e la sua chioma... erano fonte di
solennità.
Cosa gli è successo?"
Lydia glielo
spiegò e Coda Spezzata annuì:
"Il
luogo più lontano dalla mia casa... è il più vicino." sillabò
solennemente.
Poi diedero
le spalle a ciò che restava del sacro albero di Kynareth, dirigendosi
verso
Jorrvaskr: la Sala degli Incontri dei Compagni era un luogo più antico
della
città stessa. Ricavata dallo scafo di una delle navi con cui Ysgramor
in
persona era giunto a Skyrim da Atmora, o almeno così dicevano le
leggende, era
stato il primo insediamento attorno a cui era cresciuta la città. Ma
c'era un
motivo se la nave era stata posta proprio in quel luogo, in mezzo alla
fertile
pianura che ora comprendeva il feudo di Whiterun: a fianco della sala
degli
incontri, salendo consunti scalini di pietra, si ergeva un luogo ancora
più
antico, forse più antico di Skyrim stessa.
La Forgia
Celeste, la fucina raccolta tra le ali di un grande falco di pietra,
che aveva
fissato con i suoi occhi l'avvicendarsi di un numero incalcolabile di
fabbri,
artigiani e maestri del metallo: l'unico luogo, in cui il gelo del Nord
non
arrivasse mai. L'acciaio della Forgia Celeste era leggendario, e per
diverse
ragioni: era l'acciaio degli eroi, il che spiegava il perché i Compagni
si
rifornissero solo di quello.
Erede di una
tradizioni più antica della città, era per quella generazione Eorlund
Manto
Grigio: non si incontrava semplicemente il fabbro, ma si veniva ammessi
alla
sua presenza. Il rispetto che il fabbro comandava era dovuto alla
dedizione riservata
al suo lavoro. Eorlund non era il miglior creatore di lame di Skyrim
per
niente: lui apparteneva alla fucina, e il metallo era a volte come una
febbre
per lui, che lo chiamava alla forgia.
Li stava
aspettando, e come Lydia ebbe la conferma, lui e il suo Thane erano
creature di
poche parole:
"L'acciaio
è il tuo orgoglio, creatore del metallo. Così mi è stato detto."
"Hrm."
confermò il fabbro.
"Ma per
me e la mia compagna, sono necessarie lame d'ebano. Le farai per noi?"
Il vecchio
fabbro si scompigliò la barba a quella richiesta, mentre uno strano
sguardo si
disegnò nei suoi occhi.
"Sì."
disse Eorlund alla fine, e l'Argoniano rispose con un cenno d'assenso:
"Due
lame allora. Una grande spada ad una mano e mezza da cinque con un filo
solo
per me. Niente guardia."
Le indicazioni
precise del suo Thane ebbero più senso per il fabbro che per lei
evidentemente,
perché Eorlund chiese:
"Come
una spada degli Akaviri? Come vengono chiamate... grandi katane?"
"Sì."
rispose Coda Spezzata.
"Hrm.
Avrai la forza di manovrare una spada da cinque piedi del nero sangue
degli dei?
Saranno... 22 libbre, più o meno."
"È il
peso che mi è più confortevole da mulinare."
"Ah! Ma
certo che lo è... ti farò una spada affilata come la lingua di mia
moglie, uomo
lucertola..."
"Mi
affido alla tua maestria allora, vecchio."
"Hrm. E
tu ragazza... tu combatti con spada e scudo. Lo vedo dalle tue spalle e
dalle
tue braccia. Ti farò una spada da tre piedi, la stessa lunghezza di
quella che
porti alla cintura. Saranno... 12 libbre. Il tuo braccio è abbastanza
forte?"
"Lo
diventerà." rispose Lydia: la spada che portava appesa alla cintura era
da
10 libbre. La differenza sarebbe stata poca, e i Nord erano
naturalmente vigorosi.
"...E
lo scudo?"
"No."
rispose il suo Thane: "Abbiamo bisogno delle lame. Di corazze e scudo,
se
ne occuperà qualcun'altro."
"La
figlia di Avenicci."
Coda
Spezzata non negò:
"...E
io stesso. Prima di prendere la spada, ho imparato a forgiare armi e
corazze, alcune
almeno. Ma non so lavorare l'ebano abbastanza da farci lame. Per
questo, è
necessario un maestro del metallo."
Eorlund
sputò per terra:
"L'adulazione
non ti porterà lontano con me. Torna tra un mese, e avrai le tue lame."
"Di
sicuro scherzi, artigiano: l'ebano non deve essere lavorato, non quando
la tua
forgia è cosi calda da sciogliere il minerale puro. E si vedono i
lingotti da
qui. Con uno stampo... ah. Le mie scuse. Si trattava di una prova."
"Hrm."
rispose Eorlund con un sorriso, passandosi la mano sporca di fuliggine
sulla
barba: "Sei brutto come una serpe, ma non sei stupido. Quattro giorni.
Torna tra quattro giorni e avrai le tue lame. Posso preparare la base
assieme e
fonderle dalla stessa matrice, per poi colarle separatamente."
L'Argoniano
annuì:
"Le
voci sulla tua maestria sono vere."
"Ma
certo che lo sono." disse Eorlund tornando alla fucina: lo lasciarono
mentre il suo mantice già ruggiva.
Gran parte
del pomeriggio era passato ormai, ma la loro giornata non era ancora
finita:
Lydia era meravigliata dall'energia che sembrava pervadere il suo
Thane. Forse
erano le birre che aveva bevuto a pranzo: era ancora mezzo nudo e
disarmato, ma
di certo dava una diversa impressione alla donna del Nord. Sapeva
quello che
faceva, quello che voleva e come ottenerlo. Doveva essere stato un
mercenario a
lungo per avere così pochi dubbi: o forse, la sicurezza di sé era
tipica degli
Argoniani.
Per la
verità, Lydia non sapeva nemmeno da quanto fosse al mondo, o se gli
Argoniani
invecchiassero quanto e come gli Uomini: c'erano così tante cose che
avrebbe
voluto chiedergli... ma nonostante le avesse detto che le sue domande
lo
divertissero, la ragazza del Nord non sapeva ancora molto sul suo
Thane.
Inoltre, il suo ruolo e l'onore la mettevano due passi dietro di lui:
non al
suo fianco.
Di ritorno
dalla Forgia Celeste, passarono di nuovo per il mercato, dove, grazie
alla sua
nuova ricchezza, Coda Spezzata poté acquistare qualcosa di meno
necessario:
dopotutto, non ci si poteva aspettare che il nuovo Thane di Whiterun
andasse in
giro per il feudo con solo le spalle coperte. Data l'ora, non trovarono
molti
curiosi nella piazza del mercato, ma furono abbastanza: ciascuno dei
suoi
acquisti venne soppesato, giudicato e trasformato in pettegolezzo
all'istante. Coda
Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro: importava cosa fosse, non
le sue
azioni. Almeno però, nessuno tentò di imbrogliarlo alzando i propri
prezzi:
questo almeno, fino a quando rientrarono da Belethor.
Il Bretone
era sempre stato avido, e dotato di abbastanza malizia da credere che
essere
sopravvissuto indenne ai suoi traffici avrebbe garantito che sarebbe
sempre
stato così: quando però tentò di chiedere a Coda Spezzata per l'anello
che
aveva impegnato giusto quella mattina, il doppio del prezzo, perfino
Lydia fu
sul punto di estrarre la spada. Fu il suo Thane a fermarla, e ad
offrire la
mano sopra il bancone al Bretone, perché la stringesse per suggellare
l'accordo. Il Bretone capì il suo errore solo quando la stretta
dell'Argoniano
cominciò a macinare la sua mano: non ci fu verso di liberare le dita
intrappolate tra le scaglie, non importa quanto imprecasse o si
sforzasse.
Lydia stessa
credette di sentire le ossa del Bretone venire lentamente triturate:
Coda
Spezzata le avrebbe successivamente spiegato che i Saxhleel erano più
agili e
rapidi dell'uomo, e che, normalmente, i soli che potesse vincere un
Saxhleel a
pugni erano i Khajiit, ma questo perché possedevano artigli alla fine
delle
dita. Il suo Thane avrebbe avuto modo di dimostrare che non erano solo
vanterie
in più di un'occasione: per lui, le avrebbe detto, i corpi degli uomini
e degli
elfi erano... più fragili di quanto non si aspettasse.
Rinegoziato il
prezzo di Belethor con la sua stretta di mano, Coda Spezzata ritornò in
possesso dell'anello di ferro, che indossò immediatamente sul suo
corno, dove
Lydia l'aveva visto la prima volta: per il prezzo che Belethor aveva
proposto
all'inizio inoltre, Coda Spezzata portò via dalla sua bottega un sacco
di sale,
inchiostro, e tutta la pietra di luna e il mercurio che aveva in
magazzino.
Lydia rimase
convinta che comunque, a parte la mano, Belethor ci avesse guadagnato.
Ritornati a
Breezehome, un'altra sorpresa li attendeva: mentre erano rimasti al
mercato, la
casa era stata rimessa a nuovo. Non più un tugurio, la loro dimora era
stata
pulita, liberata dalle ragnatele e arredata, anche se con gusto Nord:
ora era
davvero la casa degna di un Thane. Ad aspettarli, trovarono Gerda, una
delle
domestiche di Dragonsreach: Coda Spezzata osservò il lavoro che era
stato
fatto, il piccolo fuoco brillare al centro della stanza, che sfogava
libero nel
tetto, la rastrelliera delle armi a fianco della porta, il mobilio
lucidato e
pulito... Ispezionò perfino la stretta cantina, accessibile solo da una
botola
nel pavimento, sotto la ripida scalinata che portavano alle due camere
da letto
al piano superiore. Lydia scoprì anche che nel bugigattolo in fondo
erano
riusciti a farci stare anche una piccola postazione alchemica e perfino
librerie vuote, dove Coda Spezzata avrebbe posto i volumi che aveva
chiesto a
Farengar, e molti altri nelle settimane a venire.
"Un
lavoro eccellente." disse poi: "Una dimora degna di uno Jarl,
Gerda."
"Le
vostre parole mi onorano, Thane. Le riferirò alle altre domestiche."
"Per i vostri
graziosi servizi." rispose Coda Spezzata, allungandole monete per 50
septim d'oro.
"Non
posso accettare, mio Thane: è troppo per così poco lavoro..." si
schermì
la domestica, ma Coda Spezzata in questo fu irremovibile:
"Una
dimora non è mai poca cosa. E una dimora è stata creata da un tugurio,
in così
poco tempo. Accettare la mia gratitudine è solo normale."
L'anziana domestica
prese le monete alla fine, stringendosi il sacchetto al petto:
"Se
dovesse aver bisogno ancora dei miei servizi in futuro, può contare su
di
me."
L'Argoniano
assentì, mentre Gerda tornava a Dragonsreach più ricca e felice: non ci
sarebbe
stata una seconda occasione per lei, con suo grande rammarico.
"Lydia?"
domandò Coda Spezzata slacciandosi il giustacuore di pelle e calzando
una
maglietta di grezzo e spesso cotone.
"Mio
Thane?"
"Un altro
prodigio?"
"...Sono
con te, mio Thane."
"Allora,
si prenda una fiala di mercurio e un lingotto di pietra di luna. Io
porterò
sale, pergamena e inchiostro." E fu proprio con il sacco di sale in
spalla
che entrò nella bottega di Adrianne Avenicci.
"...Per
le palle di Shor." sbottò Ulfberth attraverso la sua barba nera. Il
massiccio Nord superava per altezza anche Coda Spezzata, seppur di poco.
Eppure, nonostante
il suo martello da guerra appeso sulla schiena, era lui ad essere il
più
intimorito: al suo fianco sua moglie, il volto brunito dagli anni
passati alla
forgia, era più calma, ma non meno interessata del marito.
Nonostante
gli anni del loro felice matrimonio, e qualsiasi dubbio a proposito
poteva
essere disperso semplicemente guardandoli, la loro unione non aveva
prodotto
figli, fatto che le comari di Whiterun non mancavano mai di far pesare
ad
Adrianne: il seme dei veri Nord era sprecato in un ventre imperiale,
dicevano.
Ecco perché
era quasi sempre lei a lavorare la forgia, invece di Ulfberth Orso
Guerriero:
le serviva a trovare uno scopo e calmare l'ira.
"Fai
un'offerta difficile." rispose la donna: "E tuttavia..." disse
pensierosa, senza continuare.
"Questa
guerra civile avrà la sua fine, prima o poi. La conoscenza invece, dura
per
sempre."
Ulfberth incrociò le braccia, nodosi
tronchi
pieni di muscoli:
"Si
combatte dall'est all'ovest, Argoniano. Whiterun è al centro degli
schieramenti, l'occhio del ciclone. La nostra bottega non ha mai
lavorato tanta
pelle, o battuto tanto acciaio. Cosa ti fa pensare che siamo
interessati ai
segreti che dici di conoscere?"
"La mia
parola è il mio onore. Non è per ingannarvi che sono qui, ma per
chiedere il
vostro aiuto: abbiamo quattro giorni per finire le nostre due armature.
Da soli,
è impossibile, ma col vostro aiuto può non esserlo. La ricompensa per
il vostro
impegno è la storia di Ulvul Llaren e dei segreti che rubò, e che lo
resero
maestro fabbro della Casata di Indoril, a Morrowind."
"Che dici di conoscere..."
"Mio
Thane... anche se fosse, io non so come manovrare una forgia."
"Ma
conosci l'uso di un mantice, giusto?"
Lydia annuì.
"Allora
può essere fatto. Se voi volete aiutarci."
"Moglie...?
Io dico che non abbiamo bisogno di questi forestieri e dei loro
segreti..."
"Ma
nessuno a Skyrim batte il metallo elfico, marito." lo calmò Adrianne
posandogli una mano sul bicipite e costringendolo a guardala negli
occhi:
"C'è chi batte l'ebano, l'acciaio e il ferro... sappiamo di qualcuno
che
batte l'oricalco... ma nessuno a Skyrim sa battere il metallo elfico."
la
donna tornò a guardare l'Argoniano: "...Si dice che sia leggero come la
seta, e resistente come l'acciaio."
"Menzogne.
È più resistente dell'acciaio, anche se gli occhi lo credono ottone
quando è
uscito dalla forgia."
Adrianne e
suo marito si guardarono a lungo, nessuno col coraggio di dire ciò che
pensava
per primo: alla fine, fu proprio la donna Imperiale a parlare.
"La tua
offerta è generosa. E mi piacerebbe accontentarla, ma mi chiedo... che
differenza possa fare. Ho visto la creatura che è caduta ai piedi della
torre
ovest. E so che sei stato tu ad abbatterla... ma cosa può il metallo
elfico
contro qualcosa di simile?"
"Il
drago è stato affrontato con una spada d'acciaio e un'armatura di
pelle. Con
un'armatura di metallo elfico, potrei uccidere draghi senza sacrificare
ogni
volta la mia corazza."
"Il
metallo elfico resiste ai loro denti?"
"No. Ma
sarò abbastanza veloce da schivarli. La pelle... brucia sotto la fiamma
di un
drago. Solo la mia magia mi ha tenuto in vita, in mezzo a quel calore.
Gli
altri metalli sono troppo pesanti per il mio scopo, e si fonderebbero.
Si deve
essere veloci, più di quanto lo sia mai stato, per avere una
possibilità."
"...Ora
so che sei in buona fede Argoniano. Ma..."
"Ma ci
sono ancora molti dubbi e misteri. E le mie richieste rimangono strane
e
incomprensibili."
Questa
volta, anche Adrianne annuì:
"Una
dimostrazione, allora?" chiese l'Argoniano: "So che i Nord hanno una
sola parola. Datemi un lingotto di ferro, e prima che sia tramontato il
sole,
avrò due daghe di metallo elfico sul vostro bancone. In quel caso, ci
aiuterete?"
"Questo
è impossibile Argoniano. Il sole tramonterà prima che tu abbia finito
di
scaldare la forgia."
"Allora,
non avete niente da temere ad accettare, e sarò chiamato bugiardo sulla
piazza
della città."
Ulfberth a
Adrianne si guardarono molto a lungo: alla fine, la donna annuì e
chiuse
bottega per quel giorno, mentre suo marito mise un lingotto di ferro
sul loro
bancone.
La coppia li
seguì nel retro, dove c'era una piccola fucina, non troppo diversa
dalla forgia
che avevano all'esterno: l'Argoniano aveva insistito che non facesse
differenza
per lui. Lì almeno, aveva detto, sarebbero stati al riparo da occhi
indiscreti.
Disse a
Lydia di prendere un secchio, e di riempirlo per un terzo di sale e due
terzi
di acqua, e poi mescolare fino a quando non avesse visto il fondo.
Ulfberth e
Adrianne lo fissavano attenti, ma l'Argoniano non accese la forgia, ne
toccò il
mantice: si limitò a posare a terra il mercurio, il ferro, la pietra di
luna e
il rotolo di pergamena.
Poi si morse
il pollice con le sue zanne, facendo colare il sangue e mischiandolo
all'inchiostro della boccetta, scuotendola il più possibile. Nel
frattempo,
cominciò a raccontare:
"Sono
sempre stato una fonte di frustrazione per il mio maestro: per quanto
abbia
provato ad insegnarmi, la scuola dell'evocazione mi è sempre sfuggita."
"Nella
Palude Nera, mio Thane?"
"No... l'evocazione
non è praticata dai Saxhleel. E della loro magia, posso dire di aver
padroneggiato solamente quella taumaturgica."
"Sei un
guaritore?" chiese Ulfberth, prendendo la mano di sua moglie.
"Non
bravo quanto i sacerdoti del tempio di Kynareth."
"Ah."
"Marito..."
lo ammonì Adrianne.
"Ma sei
anche un'Alchimista però. Sei una... una persona dai molti talenti, mio
Thane."
L'Argoniano
annuì lievemente, ponendo quattro pietre a tenere aperto il rotolo di
pergamena,
continuando a scuotere l'inchiostro.
"Voglio
dire, anche per essere appena arrivato a Skyrim, conosci già le sue
erbe
abbastanza da poter chiudere ogni ferita con fiori, grano e poco altro."
"L'eredità
di Curalmil." disse criptico l'uomo rettile.
"Chi,
mio Thane...?"
"...L'Ysgramor
degli Alchimisti." disse con un lieve soffio l'Argoniano: "Un Nord,
vissuto nell'era Meretica. Un'altra delle ragioni per cui ho deciso di
venire a
Skyrim."
"Ah."
ripeté Ulfberth, questa volta con più energia, in coro con Lydia: a
quanto
pareva, il suo Thane non faceva mai una cosa per un solo motivo.
"Comunque...
per quanto l'evocazione in sé sfugga alle mie mani, ho scoperto un modo
di
essere un buon ritualista. E questa cosa, rendeva immensamente furioso
il mio
maestro, perché non è mai riuscito a farlo."
"Che
differenza c'è mio Thane, tra evocatore e ritualista?"
"...L'Oblivion
è aperto dalla magia dell'evocatore, le sue creature comandate dalla
volontà. Immediato,
facile e pericoloso. Anche dal ritualista l'Oblivion viene spalancato,
ma con le
rune. È difficile, ma non così pericoloso, e molto più lungo,
normalmente,
perché le rune e i simboli ermetici devono essere vergati. Ho trovato
un modo
di evitare tutto questo noioso lavoro." spiegò l'Argoniano, voltando la
boccetta d'inchiostro e sangue verso il basso, tenendola chiusa col
pollice e
guardandoli:
"Quello
che sarà fatto ora, è fatto per usare meno tempo. Lo stesso risultato
si può
ottenere con una forgia, ma non sarebbe possibile completare due daghe
prima
del tramonto. Sarà usata la magia, per mantenere la mia promessa. Vi
chiedo
solo di non distrarmi fino a quando avrò finito."
L'Argoniano
non aspettò la loro risposta, semplicemente Coda Spezzata fissò la
pergamena e
spostò il pollice: la scaglie nere rifulsero di una lieve luce dorata,
ma
questo fu quanto.
Lydia
dovette abbassare lo sguardo per capire il prodigio: l'inchiostro, che
normalmente sarebbe dovuto scendere come acqua, scorreva invece
lentamente,
fluido e viscoso. E più si avvicinava a terra, più rallentava, mentre
il flusso
nero si divideva in mille rivoli, ognuno con una direzione precisa, uno
scopo
definito, riempiendo il foglio di feroci rune cuneiformi, cerchi,
raffigurazioni di soli e lune, pentacoli, a contenere un'unica grande
runa.
Perfino Lydia sapeva quale fosse: Oht, la runa che compariva sempre in
qualunque libro che raccontasse della crisi dell'Oblivion. Un occhio
terribile,
che restituiva sempre lo sguardo.
Fu solo per
un momento, però, perché Coda Spezzata raddrizzò la boccetta di
inchiostro
facendo un passo indietro:
"È
stato fatto." disse l'uomo rettile, mentre la luce dorata scompariva
dalle
sue scaglie, lasciandolo di nuovo nero come una notte senza lune o
stelle: "Il
lavoro di giorni, compiuto in un istante."
Chinandosi,
l'Argoniano raccolse pietra di luna, ferro e la fiala di mercurio e
disse con
voce chiara:
"Ecco,
queste rune chiamano la fiamma che non è di questo mondo. Vieni!"
E la
pergamena prese fuoco.
La fiamma
che si innalzò fu ridicolmente alta perché fosse solo pergamena ad
alimentarla:
fu un fuoco che prese forma. Non fu più una fiamma poi, ma una figura
di rogo e
roccia ignea, vagamente femminea, vagamente bella. Una creatura
dell'Oblivion,
un Atronach di fuoco. Il demone non posava i suoi piedi per terra, ma
galleggiava nell'aria, circondata da piccole fiammelle: il suo corpo
era fuoco
liquido, e i contorni della sua forma erano disegnati da roccia
infuocata.
"Hai
fatto una lunga strada per giungere fino a qui." disse Coda Spezzata,
rivolgendosi alla creatura: "Io ti dono pane, e carne, per saziare la
tua
fame." recitò l'Argoniano, passando al demone la pietra di luna e il
ferro.
La creatura
li mangiò: sbocconcellò i lingotti come se davvero fossero stati pane e
carne.
Li divorò, e il metallo si liquefece nella sua bocca, scendendo in
rivoli nella
sua gola.
La creatura si forbì le labbra con le dita, in un gesto voluttuoso:
"E ti
dono vino, per calmare la tua sete." disse ancora coda Spezzata,
dandole
la fiala di mercurio.
La creatura
bevve: il peltro che conteneva il mercurio si mise a bruciare prima che
la
creatura finisse di svuotarlo.
Non aveva
occhi: tutto il suo volto al di sopra del naso era pura fiamma, che si
innalzava tra due corna, tuttavia il demone non smise di incrociare lo
sguardo
dell'Argoniano. L'Atronach cercò di allungare una mano per toccarlo, ma
una
forza invincibile, le leggi dell'Oblivion, gli impedirono di completare
i suoi
gesti.
"Ulfberth:
c'è bisogno della pinza più lunga che possiedi." ordinò l'Argoniano.
Il fabbro,
troppo scosso dallo spettacolo che aveva di fronte, non pensò nemmeno a
disobbedire: con la sua pinza migliore in mano, l'Argoniano la immerse
nella
creatura, dove un uomo avrebbe avuto lo stomaco, traendo un globo
informe di
ottone incandescente. Non colava, ma restava ancora solido: Coda
Spezzata aveva
calcolato bene i tempi.
"Ritorna
al tuo regno ora, Atronach. Io ti bandisco!" disse poi l'Argoniano, e
come
era venuta, la creatura scomparve in un lampo di fumo azzurro, odore di
zolfo e
metallo incandescente.
"...Il difficile
è stato fatto." esalò Coda Spezzata, ignorando gli sguardi dell'uomo e
delle donne che lo fissavano.
No, lui non
sarebbe mai stato uno di loro: l'Argoniano si diresse all'incudine di
Ulfberth,
prendendo il martello, e cominciando a modellare il metallo, che in
quello stato
era morbido come pane.
Lo piegò, lo
batté, lo piegò di nuovo, fino a che fu soddisfatto, poi gli diede
forma, quella
di un lungo coltello dalla lama triangolare, in cui punta ed elsa di
trovavano
sulla stessa linea. Tagliò l'eccesso dalla lama, rendendola curva e
serpentina
come una scimitarra, solo più corta e spessa. Non avrebbe avuto una
guardia, ma
con un punteruolo l'uomo rettile tagliò una parte del dorso,
modellandolo un
setto dove avrebbe potuto intrappolare le lame avversarie. Anche quando
ne rinforzò
lo spessore, il metallo rimase sempre piuttosto morbido: il calore con
cui i
materiali erano stati amalgamati doveva essere stato immenso. Fece
tempo a
lavorare l'elsa, e incidere una testa di aquila sulla sua cima, e rozze
ali sui
suoi lati, senza che il materiale si raffreddasse.
Poi, quando
fu soddisfatto del risultato, con un unico movimento deciso, Coda
Spezzata
tagliò la daga per il lungo, con precisione assoluta, ottenendone due
gemelle,
e dedicandosi a rifinirle rapidamente.
"Lydia!
Il fondo del secchio si vede ancora?" chiese poi.
"Sì mio
Thane!"
"Portalo
qui!" ruggì, cosa che Lydia fece.
Immediatamente,
una dopo l'altra, Coda Spezzata immerse le daghe nel secchio di acqua
salata,
che cominciò subito a fumare e gettare vapore.
Il sole
aveva appena cominciato a calare sull'orizzonte: mentre aspettava che
si
raffreddassero, Coda Spezzata rivelò il segreto della forgiatura elfica.
"Ulvul
Llaren di Morrowind, schiavo di Nuulion, maestro fabbro delle Isole di
Summerset dal 5° al 7° secolo della Seconda Era. Nuulion lavorava il
metallo e
lasciava Ulvul al mantice. L'elfo Nuulion era crudele, e stupido: non
pensava
che i suoi segreti potessero essere appresi da uno schiavo. Quando
Ulvul alla
fine fuggì, tornando a Morrowind, non ci fu migliore punizione per il
suo
crudele maestro di un tempo, che svelare i suoi segreti. Normalmente,
la pietra
di luna deve essere fusa in un orcio pieno di mercurio, per essere
lavorata col
ferro incandescente: trovare la giusta temperatura per unirle è sempre
la parte
più difficile. Il vero segreto però, è che il risultato finale deve
essere
raffreddato in acqua salata. Solo l'acqua salata dà resistenza al vero
metallo
elfico, nonostante la sua leggerezza...
Tutto
questo, mi è stato insegnato da Ulvul in persona, a Mournhold: gli elfi
dopo
tutto, vivono molto a lungo, ma io sono stato il suo ultimo
apprendista. Mi è
stato insegnato bene."
Ulfberth e
Adrienne tennero fede al patto: insieme, loro quattro avrebbero fatto
le due
corazze di cui Coda Spezzata e Lydia avevano bisogno. Sempre usando lo
stesso
trucco con cui aveva vergato la pergamena, e che Lydia avrebbe scoperto
essere
taumaturgia in effetti, in cui il sangue veniva usato per veicolare
l'inchiostro dove si voleva, Coda Spezzata disegnò le bozze per
spiegare di
cosa avevano bisogno. Fu una discussione lunga e intensa, di cui Lydia
comprese
molto poco, a parte il fatto che lei non avrebbe ricevuto una corazza
di
metallo elfico: meglio uno scudo per lei, aveva asserito l'Argoniano,
uno scudo
tondo abbastanza grande da potersi accucciare dietro. Sarebbe stato di
un
materiale che Ulfberth aveva chiamato "Acciaio inciso del Nord ", che
pochi usavano ancora. Sarebbe stato di acciaio, con una lieve
percentuale di
mercurio, e immerso in un bagno di ebano una volta completato.
Dello stesso
materiale sarebbe stata anche la sua corazza: piastre interconnesse a
formare
un busto completo ed un elmo a testa d'orso, alleggerendo il carico che
avrebbe
dovuto portare. Sarebbe stato proprio Ulfberth a battere quel metallo,
assieme
a gambali e bracciali, mentre il resto della sua persona sarebbe stato
protetto
dalla pelle e dalla pelliccia di un vero orso nero, le migliori che
Adrianne
avesse mai preparato. Secondo i fabbri, quella corazza sarebbe stata
abbastanza
forte da resistere a qualunque lama di uomo, ma non troppo pesante da
non poter
scappare da un drago: il suo Thane le disse anche che avrebbe incantato
lo
scudo perché la difendesse dalla magia, di uomo o di drago
indifferentemente.
In quei
quattro giorni, Adrianne e Coda Spezzata nel frattempo avrebbero fatto
la sua
corazza, ma aveva detto la donna, e su questo era stata intransigente,
senza
evocare altri demoni dall'Oblivion. Coda Spezzata aveva accettato:
sarebbero
tornati domani all'alba, per affilare le daghe, dare loro
un'impugnatura degna
di questo nome e un fodero, e iniziare le armature.
Fecero in
tempo perfino a passare da Arcadia, mentre la farmacista stava già per
chiudere
la sua bottega: l'Alchimista ringraziò il suo nuovo Thane per
l'investimento
generoso che aveva fatto nel suo umile emporio, e l'Argoniano in
risposta fece
strane domande, a valle delle quali acquistò linfa di Spriggan e una
manciata
di strani funghi a bolla, con cui, tornati a Breezehome, si mise a
preparare un
elisir nella sua nuova postazione alchemica, e che mise sopra una
fiamma molto
fioca, alimentata a olio. Coda Spezzata spiegò a Lydia che sarebbe
dovuta
andare tutta la notte, ma che sarebbe bastata controllarla di tanto in
tanto: non
c'era ragione le disse, perché anche lei si privasse della cucina di
Hulda.
La libertà
implicita che quell'invito le diede la galvanizzò: staccarsi per un
poco dal
suo servizio era un dono che poteva essere accordato o meno a seconda
del
volere del Thane e come primo giorno era stato abbastanza straordinario.
Lydia
temette inoltre, che quello sarebbe stato solo l'inizio: l'idea di
trovarsi col
suo Thane a combattere draghi... era qualcosa di troppo enorme perché
la sua
mente riuscisse a contemplarla. Meglio bere per quella notte, e
dimenticare...
Ma quando
entrò alla Giumenta Bardata, Lydia seppe che non le sarebbe stato
permesso:
aveva appena varcato la soglia, che gli avventori della locanda la
stavano già
guardando. C'era Sinmir il rissoso, Uthgert l'invincibile, che
nonostante
potesse essere sua nonna, non mancava mai di massacrare a pugni chi la
provocasse... c'era perfino Jenassa quella sera, la dunmer mercenaria
con la
faccia tatuata d'oro, a fissarla dall'angolo più buio della taverna. E
c'era
persino qualcuno dei Compagni, l'ubriacone Torvar e la mite Ria,
l'ultima
arrivata tra le loro fila.
E tutti la
stavano guardando: chi di sottecchi, da sopra il boccale, chi
apertamente.
"...Mikael,
perché non ci suoni invece qualcosa con un po' di ritmo?" stava dicendo
Hulda da sopra il bancone.
Mikael,
perenne residente della locanda, era il bardo locale, sfacciato e
volgare
corteggiatore di ogni donna: poche si concedevano a lui più di una
volta,
perché c'era solo una persona che lui amasse veramente, ed era sé
stesso.
"Hmm...
sì, in effetti è una buona idea. Sette Septim per Sigurd?"
"Magari
più tardi Mikael: la notte è ancora troppo giovane. Comincia con
l'idromele di
Mogo e prosegui da lì." disse Hulda.
E il bardo
rispose attaccando il motivo allegro con cui aveva così spesso
consumato le
corde del suo liuto: l'allegra storia dell'orco Mogo e del barile di
idromele
che rotolava giù dalla collina, sempre più leggero ad ogni boccale.
Lydia non
fece in tempo a sedersi al bancone di Hulda prima che fosse avvicinata:
fu
Ysolda la prima, la strana perla di Whiterun. Affascinate ragazza,
Ysolda era
sempre rimasta padrona del suo destino, nonostante i molti pretendenti.
Si
guadagnava da vivere come mercante, sensale e a volte servendo alla
Giumenta
Bardata: sembrava ormai deciso infatti che quando Hulda si fosse
ritirata, tutto
sarebbe passata a lei. Nel frattempo però, con i suoi modi da
cortigiana, Ysolda
aveva stretto strane amicizie, che le fornivano un alone di mistero:
che fosse
una semplice contrabbandiera o una spia per o contro il feudo però,
nessuno
sapeva dirlo con certezza.
"Non
vedo il tuo Thane." sillabò dolce, scuotendo i suoi capelli rossi e
sedendosi a fianco di Lydia: una domanda abbastanza innocente, ma che
fece
rizzare i capelli sulla nuca della giovane ragazza.
"È
rimasto a Breezehome."
"Sta
intrattenendo ospiti? Altrimenti, potrei fargli visita..."
"È
occupato." rispose neutra Lydia.
"Una
vera disgrazia. E domani? Domani sarà ancora occupato?"
"Credo
di sì."
"Di
certo non perde tempo... ammirevole. Mi chiedo solo se tu potessi dirci
qualcosa in più su di lui... è così misterioso in fondo. Sembra piovuto
quasi
dal cielo."
Come
huscarlo, Lydia aveva la responsabilità di preservare i segreti del suo
Thane
ora. Ma la Nord non sapeva ancora quanto di quello che aveva appreso
quel
giorno fosse possibile rivelare e cosa no: Farengar sembrava aver
capito molto al
solo sentire nominare quello strano luogo... Mournhold? Ma Lydia non
sapeva
dargli un significato: meglio essere i più vaghi possibile.
"Credo tu
sia al mio posto, Ysolda." disse però una terza voce, prima che Lydia
potesse inventarsi una vaga scusa.
Voltandosi,
Ysolda impallidì lievemente: di fronte a lei, si ergeva uno dei membri
più in
vista dei Compagni. Aela la Cacciatrice era una leggenda spaventosa tra
i
cittadini di Whiterun: incuteva rispetto e timore, al punto che tutti
le
facevano spazio. Si diceva fosse stata letteralmente cresciuta dai lupi
e Lydia
era disposta a crederci: anche in pieno inverno, Aela non portava
niente di più
pesante che il suo consunto corpetto di pelle rinforzata, stivali,
bracciali,
guanti e della pittura da guerra sul volto. Nella foresta, nessuno
avrebbe
sentito arrivare Aela o l'avrebbero vista muoversi, mentre in città
pochi
avrebbero osato mettersi sulla sua strada, o tentare di sedurla:
nonostante la
sua schiena nuda, l'ultimo che aveva provato a toccarla si era trovato
la mano
tagliata di netto.
Decisamente,
non erano gli animali che Aela favoriva come prede: quando un criminale
fuggiva
da Whiterun, o quando le guardie trovavano i resti di assassinii e
agguati
nella foresta, era ad Aela dei Compagni che si chiedeva aiuto per
cercare il
colpevole. La donna aveva occhi grigi, scintillanti come le lune, e
capelli del
colore del sangue secco: ma furono per le due daghe che portava appese
alla
cintura, su cui stava facendo riposare le mani, che Ysolda assentì.
"Le mie
scuse Compagno. Ero solo curiosa." disse Ysolda, scivolando via il più
in
fretta possibile.
Lydia non fu
così fortunata:
"Tu sei
l'huscarlo del nuovo Thane." non fu una domanda, e quindi Lydia non
rispose. "...Ha pensato alla mia proposta?" chiese senza preamboli.
La sua
confusione dovette essere evidente, perché Aela piegò la testa di lato:
"Non te
l'ha detto quindi. Mhh. In fondo, non c'è ragione di vantarsi di aver
ucciso un
gigante, quando tutti sanno che ha ucciso un drago... Poco male. Digli
da parte
mia che l'offerta è vera, e valida. Lui saprà che intendo."
"...Sì
Compagno." disse Lydia.
Aela non si
girò quando la sedia volò verso di lei, ma si piegò in basso con
un'agilità e
una velocità disumane, afferrandola al volo e rispedendola al mittente,
che la frantumò
con un pugno.
"Uthgert."
"Aela!"ringhiò
l'invincibile.
"...Dovresti
sapere che non ho ragioni per combattere con te."
"Sei
una vile dunque?"
"Un
branco di lupi non spreca il suo tempo con un pulcino, Uthgert." E
all'improvviso, dietro l'Invincibile, comparvero Ria e Torvar, con le
mani
sulle spade: "... Avresti dovuto saperlo."
La faida tra
Uthgert e i Compagni era molto vecchia, e molto accesa: l'Invincibile
aveva
tentato di unirsi alle loro fila un tempo, ma aveva fallito la sua
prova,
uccidendo uno dei loro, un fanciullo che avrebbe dovuto essere invece
il suo
compagno d'armi, piuttosto che la sua vittima. Per la sua sete di
sangue, i
Compagni avevano cacciato Uthgert dalle loro fila, perché non vi
facesse mai
più ritorno. Era quello il motivo per cui Uthgert beveva alla Giumenta
Bardata,
lavorando come mercenaria per pagare il suo liquore: per rimorso,
vergogna... e
per dimenticare.
"Non mi
combatterai dunque?"
"Non
abbiamo ragioni di farlo." disse Ria dietro di lei.
"Andiamo."
ordinò Aela, e Ria e Torvar la seguirono fuori dal locale, non prima
che
quest'ultimo battesse la mano sull'armatura di Uthgert, ruttando e
ghignando
ubriaco.
"Meglio
che vai, Lydia." sussurrò Hulda: "Uthgert vorrà di sicuro scatenare
una rissa contro di te ora."
E Lydia
seguì il suo consiglio: avrebbe preferito combattere un drago che
finire in
mezzo ad una rissa dell'Invincibile. Qualcuno diceva che Uthgert avesse
sangue
d'orco nelle vene, e anche a quello, Lydia era disposta a credere.
Fuori dalla
Giumenta Bardata, i suoi passi la condussero di nuovo rapidamente a
Breezehome:
le lune stavano salendo nel cielo, ed era già buio. Lydia si fece
riconoscere e
salutò una delle guardie di pattuglia, che portava con sé una torcia:
il lavoro
di una guardia del feudo non era mai finito. La giovane Nord invece
entrò a
Breezehome in fretta: non le era mai piaciuto il buio.
Il suo Thane
sedeva di fronte al fuoco, stravaccato in una delle sedie, con una
gamba
appoggiata sopra uno dei braccioli, sfogliando un libro con una mano:
decisamente, leggeva più rapidamente di lei, dato che era già quasi
arrivato a
metà. Nella mano libera invece, l'Argoniano faceva scorrere tra pollice
e
indice il suo prezioso anello di ferro.
"Lydia...
più rapida di quanto pensassi."
C'era un
odore strano a Breezehome, come di miele caldo e zuppa.
"C'è
stata una rissa alla Giumenta Bardata mio Thane... ho preferito venire
via."
L'Argoniano
assentì distratto: un vero Nord non avrebbe esitato a marciare alla
Giumenta
Bardata e partecipare alla discussione coi pugni . Ma il suo Thane non
sarebbe
mai stato un di loro: era raccolto e... indefinibile.
"E ho
incontrato Aela la Cacciatrice... dei Compagni. Dice che hai ucciso un
gigante,
mio Thane."
"Sì."
"Non me
lo avevi detto. Quando è stato?"
"Ieri
notte. Vicino ad una delle fattorie, quella di fronte alla città. Ho
prestato
qualche freccia ad Aela e la sua compagnia."
"È
stato molto coraggioso."
"No.
Uno spreco piuttosto: non avevano bisogno di me. Ma il gigante era in
piedi e
io avevo un arco..." aggiunse semplicemente.
"Aela dice che la sua offerta è vera, e
che tu avresti capito."
"Mhh...
allora sarà necessario far visita a Jorrvaskr e dire loro che al
momento non mi
è possibile unirmi ai ranghi dei Compagni."
"I
Compagni... Aela?"
"La
reputazione dei Compagni mi è nota... conosco l'onore che i Nord danno
all'essere accettati tra loro. Sono famigerati almeno quanto la Gilda
dei
Guerrieri a Cyrodiil. Ma visitare i Barbagrigia al momento ha la
priorità e da
quello che ho scoperto, raggiungere la cima della Gola del Mondo è un
viaggio
che non può essere affrontato alla leggera. Ci prenderemo del tempo per
qualche
avventura nel feudo, per imparare a coprirci le spalle, prima di
tentare la
scalata a Hrothgar Alto."
"...Sì
mio Thane."
"Disapprovi."
Anche quella non fu una domanda: "Bene."
"...Mio
Thane?"
Coda
Spezzata sospirò, sentendola usare così spesso quell'appellativo.
"Sono
uno straniero in questa terra, Lydia. C'è bisogno che qualcuno ogni
tanto mi
dica se sto facendo errori." disse l'Argoniano chiudendo il libro: "Una
passeggiata ti è gradita, Lydia? I fumi di linfa di Spriggan mi danno
alla
testa. Questo odore così dolce... blash."
disse disgustato il suo Thane e Lydia non seppe se era una parola in
lingua
Argoniana o un semplice verso.
"Non so
nemmeno cosa sia uno Spriggan, mio Thane."
"...Imparerai."
Uscirono
all'aria fredda della notte: il suo Thane evocò un semplice globo di
luce a
illuminare i loro passi.
"...Piuttosto
comodo, mio Thane."
"Un
piccolo trucco, che può essere appreso da chiunque. Ti insegnerò, se lo
desideri."
"...Non
so usare la magia."
"Chiunque
può usarla. Il resto... è solo addestramento. Viene dallo stesso luogo
in cui
va l'idromele quando lo bevi."
"Lo
stomaco?"
A questo,
l'Argoniano soffiò lievemente:
"Qualcosa
di meno letterale, Lydia. Lo stesso luogo da cui viene il calore delle
membra
quando hai svuotato un boccale. La magia è quella sensazione: tepore
senza
fiamma. Non viene dal cuore o dalla mente... ma da una parte dello
spirito,
quella che partecipa all'esistenza. Non ci sarebbe Tamriel, senza
magia."
"Non
capisco."
"...Ti
insegnerò, se tu lo vorrai. Non so molto. Ma potrebbe essere utile."
Lydia rimase
in silenzio a contemplare la luce che seguiva il suo Thane: come una
stella
addomesticata. Una luce buona.
Forse Coda
Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro... ma avrebbe potuto essere dei loro.
"Mio
Thane?"
"...Sì
Lydia?"
"Cosa
significa l'anello di ferro che porti con te?"
Coda
Spezzata glielo passò:
"Riesci
a vedere i caratteri sul bordo?"
Alla luce
del fuoco fatuo, Lydia percepì sotto il pollice, più che vederle, delle
incisioni, troppo regolari per essere un caso.
"Cosa
c'è scritto?"
"È il
nome della madre che mi ha cresciuto: Chalchi'Uhtlicue."
"...Non
credo che riuscirei a ripeterlo nemmeno con una lama alla gola."
"I nomi
di Lamia sono sempre peculiari."
Lydia
inciampò, ma riuscì a non cadere:
"Sei
stato cresciuto da una Lamia?"
Le storie
sulle donne serpenti erano arrivate fino a Skyrim, nonostante vivessero
vicino
alle acque.
"Non da
una Lamia qualsiasi. Chalchi'Uhtlicue: è stata lei a trovare il mio
uovo, abbandonato
sul fiume."
"...Mio
Thane?"
"Lydia?"
"Gli
Argoniani nascono dalle uova?"
Di nuovo,
Coda Spezzata soffiò leggermente, in quella che Lydia avrebbe imparato
a
riconoscere frustrazione e divertimento assieme.
Nel frattempo,
i loro passi li avevano condotti sotto le fronde senza foglie
dell'albero sacro
a Kynareth: si sedettero là, e il suo Thane le raccontò di lui.
Le disse che
non aveva mai avuto nessuno a dipendere da lui, e le spiegò perché.
Fu la notte
più lunga della vita di Lydia. |
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Capitolo 2 *** Sul Ahrk Vulon ***
A Lydia, il
buio non era mai piaciuto.
Difficile
additare una causa precisa per questo, ma la donna del Nord aveva avuto
da
sempre questa certezza su di sé: laddove le tenebre si posavano, lei
preferiva
schivarle. Crescendo, quell'infantile terrore era divenuto più remoto,
un
generico disagio, ma da cui non era mai davvero riuscita a liberarsi:
vale la
pena riflettere però, se i bambini non siano più saggi degli adulti a
temere ciò
che non riescono a vedere. E allo stesso tempo, forse dovrebbero essere
gli adulti
a temere di più le tenebre: in fondo, essi meglio conoscono i nomi di
coloro e
di ciò che il buio davvero nasconde.
Ogni Nord di
Skyrim sa bene che dopo il tramontare del sole giunge il tempo dei
sabba di
streghe, dei sacrifici compiuti con coltelli madidi di rosso, delle
litanie dei
nomi di principi dell'Oblivion, ripetuti in coro da adepti
incappucciati...
La notte è anche
il momento delle streghe e dei lupi mannari, il tempo della caccia dei
vampiri.
È il tempo in cui i morti sussurrano e scalpitano nelle loro tombe,
grattando i
coperchi dei sepolcri per avventurarsi nei corridoi dimenticati delle
loro catacombe.
La notte e il buio sono gli alleati di ladri ed assassini, di congiure
e
complotti, di veleni versati in bicchieri, di pugnali su cui scintilla
la luce
delle lune e delle stelle: è il tempo questo, di atti inconcepibili e
impronunciabili sotto la luce del sole.
E pensare
che la sua mente era stata così piena di ardore quella mattina, quando
assieme
al suo Thane avevano lasciato Whiterun a cavallo: come potevano le cose
cambiare così tanto in meno di un giorno?
Lydia non
credeva fosse solo per la distanza percorsa: doveva essere la sorte a
perseguitarli.
"Lydia..."
soffiò Coda Spezzata, vera agonia percepibile nella sua voce quieta e
roca.
"Mio Thane..."
"...Il
mio braccio deve essere tagliato." le disse, tossendo duramente.
L'oscurità è
davvero il tempo di atti inconcepibili e riprovevoli: di tragedie da
cui non si
può fuggire.
"Mio
Thane..."
"È
necessario." aggiunse, pulendosi il suo sangue dall'angolo della bocca:
"... O sarà peggio. Dopo."
Quella notte
era appena cominciata.
***
La fredda
alba che li aveva accolti quando erano usciti dalle mura di Whiterun,
aveva
segnato il quinto giorno da quel loro primo stupefacente incontro, in
cui Lydia
aveva calpestato, per la prima volta nella sua vita, l'ombra di un
Argoniano.
Molte cose la giovane Nord aveva imparato in quei giorni al fianco del
suo
nuovo Thane, non necessariamente solo su di lui, e possedeva ora un
nuovo
rispetto per l'uomo rettile che il destino le aveva dato da seguire.
Forse però,
contribuivano a questo soprattutto le armi e armature con cui li aveva
equipaggiati entrambi, frutto del lavoro delle due forge della città...
e anche
di magia, almeno per quanto riguardava lo scudo che riposava sulla
schiena di
Lydia: grandiose armature e spade, di cui nemmeno lo Jarl Balgruuf
poteva dire
di possedere l'uguale.
Nonostante
la forza che aveva dimostrato in quei giorni di lavoro alla forgia, a
martellare e lavorare il metallo, il suo Thane sembrava preferire il
viaggiare
leggero a ciò che il buon senso dei Nord avrebbe suggerito. Faceva
comunque
molta impressione: la sua grande spada con un solo filo da cinque piedi
ad una
mano e mezza, sottile come il braccio di Lydia, ma nera come le scaglie
del
guerriero per cui era stata forgiata, riposava infoderata sulla sua
schiena
naturalmente, come se fosse stata lì da sempre. Il suo Thane non era un
uomo o
un elfo, e quindi alcune stranezze erano da aspettarsi, tuttavia il
modo in cui
Coda Spezzata portava infoderata sulla schiena la sua spada da 22
libbre di
quel minerale che qualcuno chiamava ancora "Il nero sangue degli
dei", era parso davvero strano anche a Lydia: troppo per non farsi
domande
a proposito. Certamente non era casuale, poco o forse niente di quello
che Coda
Spezzata faceva era casuale, ma la donna del Nord non aveva mai sentito
di
nessuna scuola di scherma che estraesse la spada da quella posizione:
filo
verso l'alto, in obliquo sulla schiena, ma con l'impugnatura che
puntava verso
terra, invece che il cielo, come invece si usava a Skyrim. Per
brandirla, il
suo Thane avrebbe dovuto impugnare la spada con la destra, facendo
passare la
mano tra il suo gomito sinistro e il torso, sfoderandola in obliquo di
fronte a
lui. Quella stranezza non aveva davvero avuto senso per Lydia, almeno
fino a
quando non le erano state ricordate tre cose a proposito di Coda
Spezzata e
degli Argoniani in generale: i Saxhleel, il popolo della radice, erano
più
forti e agili di uomini ed elfi. Estrarre con una mano da quella
posizione, era
nelle capacità del suo Thane.
La giovane
donna del Nord, avendo già osservato direttamente la forza
dell'Argoniano in
quei giorni, aveva chiesto allora quanto agili fossero gli abitanti
della
Palude Nera: il suo Thane aveva ponderato quella domanda, rispondendo
alla fine
con parole incredibili.
"Abbastanza
da catturare con una mano un falco in volo." le aveva detto.
Poi, Coda
Spezzata l'aveva fatta riflettere sul modo in cui avrebbe estratto
quella sua spada
contro nemici immaginari: sfoderando in obliquo, tutti coloro che
avessero
alzato le mani per impugnare sopra la spalla le loro grandi spade,
sarebbero
stati nella posizione perfetta per essere sventrati dall'Argoniano;
mentre
coloro che, come Lydia, avessero portato spada a destra e scudo a
sinistra, si
sarebbero trovati inevitabilmente il polso troncato mentre estraevano a
loro
volta.
Era un
metodo di estrazione quello, così le aveva raccontato il suo Thane, che
aveva
concepito da solo, usando come base la più diffusa scuola di scherma
dunmer:
una volta sfoderata la spada però, Lydia avrebbe osservato che il suo
stile di
combattimento ricordava più quello dei Nord, con fendenti rapidi e
forti in
attacchi brutali e rischiosi, piuttosto che le eleganti ad agili
movenze degli
elfi scuri. Quel suo stile di combattimento però, le aveva poi spiegato
il suo
Thane, non era perfetto, ma aveva due naturali nemesi: la lancia,
contro cui la
sua obliqua estrazione poteva ben poco, e gli spazi ristretti, dove
l'estrazione
doveva essere fatta con la sinistra, indietreggiando e poi cambiando
presa
sull'elsa. Ecco perché il suo Thane era solito portare due daghe con
sé, per
quanto la lancia non fosse un'arma che i Nord favorissero: era sempre
meglio
essere pronti a d ogni evenienza, le aveva detto.
Poi Lydia
aveva chiesto ingenuamente al suo Thane cosa avrebbe potuto fare quel
suo stile
strano contro uno stregone o un arciere: con pazienza, l'Argoniano le
aveva di
nuovo mostrato la sua posizione d'estrazione. Lydia aveva dovuto
rendersi conto
che quel suo modo di curvare li braccio lo poneva quasi profilo,
riducendo la
sua grandezza come bersaglio e allo stesso tempo, veniva naturale
rivolgere il
palmo sinistro verso l'avanti a proteggere il volto: per una spada
stregata
come era lui, capace di brandire magia e lama in battaglia, anche un
palmo
vuoto era un'arma.
Con tutto
quello davanti agli occhi, Lydia aveva dovuto accettare molte cose: che
il
mondo era molto più grande di quanto pensasse ad esempio, o che non era
solo
Skyrim ad ospitare i guerrieri più forti... e che da quel momento in
poi,
sarebbe stato meglio per lei impugnare prima lo scudo, piuttosto che la
spada,
cosa che anche il suo Thane le aveva raccomandato. Come se questo non
bastasse,
Lydia aveva dovuto riconoscere inoltre, che il suo Thane faceva davvero
impressione in quella sua nuova corazza di metallo elfico, che grazie
all'aiuto
di Adrianne Avenicci era riuscito a finire in soli tre giorni, usando
il quarto
per forgiare lo scudo che Lydia portava ora sulla schiena: una rapidità
quella,
dovuta anche al fatto che Coda Spezzata non avesse bisogno di stivali,
ma solo
di schinieri. Gli artigli che il suo Thane portava alla fine dei piedi
erano
rimasti infatti snudati, un'arma in più al già vasto arsenale
dell'Argoniano:
ricevere un calcio da lui avrebbe potuto essere più doloroso e dannoso
che
essere infilzati con un forcone.
A parte
questo, dalle caviglie al collo, Coda Spezzata indossava quasi con
eleganza la
sua nuova corazza di metallo elfico, sporcata con la cenere per
nascondere il
riverbero del sole sulla lega color dell'ottone. Era stato però quasi
comico
per Lydia scoprire cosa il suo Thane avrebbe indossato al di sotto: una
veste
di candido cotone selvatico, del genere che le fanciulle del Nord
usavano per i
loro abiti più belli. Una scelta obbligata, aveva rimbeccato il suo
Thane,
perché foderi di pelliccia, per quanto più caldi, sarebbero stati anche
più
combustibili e pesanti, mentre un mantello l'avrebbe infastidito non
poco nella
sua tecnica d'estrazione: il suo Thane preferiva davvero viaggiare
leggero. A
parte la sua spada e la sua corazza infatti, Coda Spezzata portava poco
con sé,
forse meno dell'indispensabile: una bisaccia in vita piena per un
terzo, che
conteneva solo un libriccino vuoto nel quale tenere traccia delle loro
spedizioni,
inchiostro, ma non penne, e una generica mappa di Skyrim. Oltre a
questo, Coda
Spezzata aveva acquistato da Adrianne due ampie borse da sella in
pelle, che
contenevano per il momento solo qualche elisir e pozione, pochi
strumenti per
praticare l'alchimia, come un minuto pestello, e qualche septim d'oro.
A parte
questo, l'Argoniano non portava niente altro con sé: sembrava convinto
di
potersi procurare cibo e provviste lungo il cammino, e di avere nelle
due daghe
alla cintura le uniche lame di cui avesse bisogno per spellare delle
prede.
Nemmeno arco e frecce erano una necessità per lui, perché dove una
freccia
arrivava, così allo stesso modo poteva giungere una palla di fuoco o un
fulmine.
Viaggiando
con lui, Lydia avrebbe dovuto accettare che il suo Thane non solo
sapeva quello
che stava facendo, e che quel poco era davvero tutto ciò di cui
abbisognava, ma
anche che l'Argoniano era persona da riportare alla loro casa di
Breezehome più
di quello con cui fosse partito: collezionare ingredienti alchemici o
ricchezze
sarebbe diventata la norma durante i loro viaggi. Al contrario, quel
mattino
Lydia si era presentata con lui alle stalle di Whiterun preparata a
tutto,
comprese alcune provviste nascoste nella saccoccia: non che non si
fidasse
dell'opinione del suo Thane, o non la rispettasse, ma da sempre a
Skyrim la
testardaggine vinceva sui saggi consigli.
Lydia
comunque si era sentita pronta a sfidare quasi qualunque cosa quella
mattina:
la corazza che portava era qualcosa che chiunque in città le aveva
invidiato. Il
suo elmo a testa d'orso e il pesante acciaio a piastre incise che
formava la
sua corazza, era un peso che rassicurava la Nord, mentre gli inserti di
pelle e
pelliccia d'orso nero l'avrebbero tenuta calda e protetta anche in
mezzo alle
più gelide bufere di neve. La spada al suo fianco da 12 libbre, sempre
di
ebano, era più pesante di ciò a cui era abituata, ma era un peso che le
sarebbe
diventato confortevole: il pezzo più prezioso del suo equipaggiamento
però, era
senza dubbio il suo scudo sulla schiena, di cui Lydia stringeva
distrattamente
l'orlo di tanto in tanto, per assicurarsi che fosse ancora al suo
posto. Per il
suo Thane, quei suoi gesti rendevano Lydia simile ad un wamasus con il
suo
ultimo cucciolo, un paragone che la donna del Nord non aveva compreso a
fondo
dato che Skyrim era terra di orsi, lupi e tigri di pianura dai lunghi
denti, ma
che aveva trovato comunque immeritato.
Quell'oggetto
infatti, era stato incantato personalmente dall'Argoniano, usando i
mezzi forniti
dal mago di corte del feudo, e a giudicare dalle esclamazioni
stupefatte di
Farengar mentre con lei assisteva all'incantamento, Coda Spezzata aveva
compiuto un prodigio di un prodigio: un'attività che a Lydia era
sembrata solo
breve e inconsistente, ma che aveva avuto invece un senso ed uno scopo.
Con
amorevole cura, il suo Thane aveva preso quello scudo, l'ultimo figlio
della
mano di Ulfberth, e l'aveva posato su quello strano tavolo che già una
volta
Lydia aveva notato nello studio del mago, quello con dieci candele e il
teschio
con tre orbite, ornato di strani glifi. Un cristallo latteo era stato
aggiunto
fra le corna del teschio, e per un attimo, tutto era sembrato
rallentare,
mentre l'Argoniano posava entrambe le mani sul tavolo, canalizzando il
suo mana
attraverso quello strano marchingegno. Era occorso un attimo a Lydia
per capire
il prodigio: il cristallo era sparito, improvvisamente, tanto che
avrebbe
potuto non esserci stato fin dall'inizio, mentre invece lo scudo aveva
iniziato
a brillare lievemente di una luce fatua. Poi era finito tutto, senza
scoppi o
strani ulteriori prodigi. Chiedendo un aiuto per verificarne
l'efficacia a
Farengar, una dimostrazione che Lydia aveva capito solo dopo essere
stato fatta
solo per lei, il mago di corte aveva bersagliato Coda Spezzata con una
palla di
fuoco che aveva preso forma tra le sue mani in un istante: la fiamma
aveva
impattato sul metallo dello scudo senza provocare alcun danno
apparente...
tranne per le poche scintille che avevano bruciato lievemente il
tappeto dello
studio dello stregone.
C'era stata
molta forza nel sortilegio di Farengar, ma quando l'Argoniano le aveva
chiesto
di mettere la mano sullo scudo, Lydia aveva obbedito: aveva scoperto
che il
metallo era rimasto freddo ed intatto. Allo stesso modo, l'aveva
assicurata
Farengar, dopo aver domato il principio d'incendio nel suo studio, il
sortilegio con cui l'Argoniano aveva stregato lo scudo l'avrebbe
protetta da
fulmine e gelo allo stesso modo. Quell'incantesimo, molto raro a dire
di
Farengar, riduceva o nullificava la magia: per l'esattezza, non erano
in molti
a conoscere un simile incantamento. Con la gioia di un bambino che ha
scoperto
qualcosa di buono per la prima volta, Farengar aveva ammesso senza
vergogna,
quasi saltellando per l'eccitazione, di non conoscere
quell'incantamento. Una
confessione che aveva fatto guadagnare al nuovo Thane del feudo uno
sguardo
assai incuriosito da parte dei due Nord: un interesse che però era
rimasto
insoddisfatto, dato che Coda Spezzata non aveva offerto spiegazioni,
individuando un libro nella biblioteca personale del mago, La
Sfida dell'Armaiolo, stornando
abilmente l'attenzione di Farengar...
Lydia era
stata ancora più stupita quando il suo Thane le aveva consegnato il
racconto
appena comprato: solo aprendolo aveva compreso perché le fosse stato
dato, e su
quelle pagine, la giovane Nord aveva già speso diverse ore di veglia,
illuminata solo da luci di candela. Così avvincente e strana le era
apparsa
quella storia in effetti, che Lydia aveva deciso di portalo con sé
durante
quella loro prima spedizione assieme fuori da Whiterun: questo perché
era un
racconto che parlava anche di Argoniani e della loro astuzia:
"Cinque secoli or sono, quando Katariah
divenne Imperatrice, la prima e sola Dunmer a governare tutta Tamriel,
dovette
affrontare l'opposizione del Concilio Imperiale. Anche dopo averli
convinti che
lei sarebbe stata la miglior reggente per governare l'impero però,
mentre si
cercava per suo marito Pelagius una cura alla pazzia che lo affliggeva,
lo scontento
restava. In particolare il Duca di Vengheto, Thane Minglumire, provava
una speciale
delizia nel dimostrare la mancanza di conoscenza pratica
dell'Imperatrice.
In una particolare occasione, Katariah e il
Concilio stavano discutendo le rivolte nella Palude Nera e il massacro
di
truppe Imperiali fuori dal villaggio di Armanias. Le umide paludi e il
loro clima
soffocante, specie d'estate, avrebbero messo in pericolo le truppe, se
avessero
indossato le loro consuete armature.
"Conosco un armaiolo molto astuto."
disse Katariah: "Il suo nome è Hazadir, un Argoniano che conosce il
territorio che la nostra armata affronterà. Lo conobbi a Vivec, dove
era uno
schiavo del locale mastro armaiolo, prima che migrasse nella Città
Imperiale
come un liberto. Dovremmo dare a lui il compito di disegnare armi e
corazze per
la campagna."
Minglumire rispose con una breve, secca
risata: "Vuole dare ad uno schiavo il compito di progettare armi e
corazze
per le nostre truppe! Sirollus Saccus è il più abile armaiolo nella
Città
Imperiale. Tutti lo sanno."
Dopo molti dibattiti, fu deciso alla fine di
avere entrambi gli armaioli contendere per la commissione. Il Concilio
elesse
inoltre due campioni di eguale forza ed abilità, Nandor Beraid e
Raphalas Eul,
per combattere usando le armi e gli armamenti dei veri contendenti
nella lotta.
Quale campione avesse vinto, l'armaiolo ad averlo armato avrebbe
guadagnato la
commissione Imperiale. Venne deciso che Beraid sarebbe stato armato da
Hazadir,
e Eul da Saccus.
Il combattimento fu fissato da lì a sette
giorni.
Sirollus Saccus iniziò immediatamente il
lavoro. Avrebbe preferito più tempo, ma aveva compreso la vera natura
della
sfida: la situazione in Armanias era urgente. L'impero doveva scegliere
il loro
armaiolo rapidamente, e una volta scelto, il fabbro designato doveva
agire
sveltamente e produrre le migliori armi e armature per l'armata
Imperiale nella
Palude Nera. Non era semplicemente il miglior armaiolo che stavano
cercando.
Era il più efficiente.
Saccus aveva però solo iniziato a scaldare
le strisce da mezzo pollice di quercia nera vergine da piegare in doghe
per le
flange delle giunture dell'armatura, quando ci fu un bussare alla sua
porta. Il
suo aiutante Phandius accolse all'interno il visitatore, un alto
rettile di
aspetto comune, un cappuccio bordato di uno spento verde, luminosi
occhi neri e
un anonimo mantello nero. Era Hazadir, l'armaiolo preferito da Katariah.
"Desideravo augurarti buona fortuna per
la - è quello ebano?"
E in effetti lo era. Non appena aveva saputo
della sfida, Saccus si era procurato l'ebano migliore che fosse
possibile
ottenere nella Città Imperiale e aveva iniziato il processo di
fonderlo.
Normalmente raffinare il minerale era una procedura che richiedeva sei
mesi per
essere completata, ma sperava che con un grande forno a convezione,
attizzato
da bianche fiamme alimentate da magicka, avrebbe accorciato
l'operazione a tre
giorni. Saccus orgogliosamente indicò gli altri progressi nella sua
armeria. Le
vasche di calce acida per affilare la lama della dai-Katana ad un
inimmaginabile livello di affilatura. La forgia Akaviri e le pinze che
avrebbe
usato per piegare l'ebano avanti e indietro su sé stesso...
Hazadir rise:
"Sei mai stato alla mia armeria? Sono
due piccole stanze fumose. L'ingresso è una bottega. Il retro è pieno
di
armature rotte, alcuni martelli, e una forgia. Tutto qui. Questo è il
tuo
avversario per i milioni di pezzi d'oro in commissione Imperiale."
"Sono certo che l'Imperatrice ha le sue
ragioni per affidare a te il rifornimento delle sue truppe." disse
Sirrollus Saccus, gentilmente.
Egli aveva, dopo tutto, visto il negozio e
sapeva che ciò che Hazadir aveva detto era vero. Era una patetica
bottega nei
bassifondi, adatta solo per riparare daghe di ferro e corazze ai più
miseri
avventurieri. Saccus aveva deciso però di offrire comunque la miglior
qualità,
senza riguardo per l'inferiorità del suo rivale. Era il suo stile e il
modo in
cui era diventato il miglior armaiolo nella Città Imperiale.
Per gentilezza, e con un certo orgoglio,
Saccus mostrò ad Hazadir come, per contrasto, le cose dovrebbero essere
fatte
in una armeria professionale: l'Argoniano funse da apprendista a
Saccus,
aiutandolo a raffinare il minerale d'ebano, e a batterlo quando si
raffreddò.
Nei giorni seguenti, lavorarono assieme per creare una magnifica
dai-Katana,
con una lama così affilata da poter tagliare le sopracciglia di un
moscerino,
incantata con fiamme lungo la sua lunghezza da uno dei Maghi Guerrieri,
assieme
ad un set di corazza di legno piegato, pelle, argento e ebano perché
resistesse
ai venti dell'Oblivion.
Nel giorno del duello, Saccus, Hazadir e
Phandius finirono di lucidare l'armatura e chiamarono Raphalas Eul per
aggiustarla sulla sua taglia. Solo allora Hazadir se ne andò,
realizzando che
Nandor Beraid sarebbe stato alla sua bottega in breve per essere
equipaggiato.
I due guerrieri si incontrarono di fronte
all'Imperatrice e al Concilio Imperiale nell'arena, che era stata
lievemente
allagata per simulare le paludose condizioni della Palude Nera. Nel
momento in
cui Saccus vide Eul nella sua corazza di pesante ebano e fiammeggiante
dai-Katana, e Beraid nella sua collezione di polverose e arrugginite
scaglie,
assieme ad una lancia dalla bottega di Hazadir, seppe chi avrebbe
vinto. E
aveva ragione.
Il primo affondo della dai-Katana si
incastrò nel soffice scudo dei Beraid, poiché non c'era alcuna finitura
di
metallo per respingerla. Prima che Eul potesse tirare via la sua spada,
Beraid
abbandonò il suo scudo, ora in fiamme, con ancora la spada incastrata,
e colpì con
la sua lancia le giunture dell'armatura di ebano di Eul. Solo allora
Eul
recuperò la sua spada dallo scudo rovinato e compì un affondo verso
Beraid, ma
la sua armatura leggera era tutta scaglie e angoli, e l'attacco scivolò
via
nell'acqua, spegnendo le fiamme della dai-Katana. E quando Beraid colpì
i piedi
di Eul, egli cadde nel fango traditore e divenne incapace di muoversi.
L'Imperatrice, per pietà, dichiarò allora il
vincitore.
Hazadir ricevette la commissione e, grazie
alla sua conoscenza delle tattiche di combattimento e delle armi
Argoniane e
come meglio combatterle, disegnò equipaggiamento da guerra che pose
fine all'insurrezione
in Armanias. Katariah vinse il rispetto del Concilio, e perfino,
amaramente,
quello del Thane Minglumire. Sirollus Saccus viaggiò a Morrowind per
imparare
ciò che Hazadir aveva appreso laggiù, e di lui non si ebbe mai più
notizia."
Una storia
che certamente offriva molti spunti di riflessione ad una Nord come
lei, ma che
comunque non l'aveva persuasa a ridurre il suo bagaglio per la loro
prima
spedizione assieme.
Così
equipaggiati e preparati, si erano presentati all'alba alle stalle di
Whiterun,
dove il suo Thane aveva chiesto al proprietario, Skulvar Elsa di
Zibellino, di
acquistare due monte, per lui e il suo huscarlo. Avendo la fama del
nuovo Thane
già raggiunto ogni angolo della città, e forse del feudo, Skulvar si
era
affrettato a soddisfare quella richiesta, presentando due giumente
castane già
sellate: Allie, la più dolce e mansueta, era stata consegnata nelle
mani di Lydia,
e la giovane donna del Nord aveva segretamente esultato. Possedere un
cavallo
era stato, per una semplice guardia cittadina come lei, un sogno
irraggiungibile fino a quel momento: il suo Thane era stato
completamente nel
giusto quando le aveva spiegato che più di ogni altra cosa, l'Alchimia
serviva
a diventare ricchi in fretta, e forse solo per quello Lydia avrebbe
iniziato a
studiarla...
La docile
cavalla dai dolci occhi e Lydia si erano subito trovate, e la Nord le
era
montata in groppa di un balzo, senza incontrare particolare resistenza
per il
suo peso o quello dei suoi bagagli: erano, probabilmente, spiriti
affini.
Il nuovo
Thane del feudo invece aveva preso per sé come cavalcatura la sorella
di Allie,
Karinda, più ombrosa e scostante li aveva avvisati Skulvar, ma quel suo
brutto
carattere era stato subito domato dall'Argoniano con una semplice
occhiata:
Lydia comprendeva benissimo cosa dovesse aver provato la giumenta,
quando era
stata fissata da quegli occhi da rettile così intensi.
Infine, pagati
i 200 septim d'oro a Skulvar per i loro nuovi cavalli, Lydia e Coda
Spezzata si
erano lasciati Whiterun alle spalle.
Poiché il
destino chiamava l'Argoniano alla sommità della Gola del Mondo per
incontrare i
Barba Grigia, e poiché la scalata della più alta montagna di Tamriel,
situata
ad ovest, sud ovest, rispetto a Whiterun, era un pericoloso
pellegrinaggio che
solamente i più ardimentosi dei Nord compivano, Coda Spezzata aveva
condotto
Karinda con decisione verso est, deciso a conoscere meglio il
territorio del
feudo di cui era ora Thane, e di risolvere quanti più problemi
possibile in
esso, prima di cominciare la scalata della solitaria montagna,
possibile solo
sul versante occidentale.
Le obiezioni
di Lydia a proposito di quella scelta erano state ascoltate e risposte
con
logica inoppugnabile: potevano essere ben equipaggiati in quel momento,
ma la
superbia che questo comportava doveva essere estinta al più presto,
altrimenti
affrontare i 7000 gradini per la cima della montagna si sarebbe
trasformato sicuramente
in un viaggio di sola andata. Sfidare con arroganza il punto più
impervio di
tutta Skyrim era una facile via per l'aldilà e questo solo a causa
degli
elementi avversi, a cui andavano aggiunte le bestie selvatiche che
ponevano
agguati ai pellegrini lungo la salita. Loro due inoltre, che non
avevano mai
combattuto assieme, né si erano mai guardati le spalle a vicenda, erano
al
massimo un curioso duo, piuttosto che compagni di battaglia: la
prudenza
comandava che trovassero il loro ritmo nella lotta, prima di affrontare
la Gola
del Mondo.
I
Barbagrigia inoltre dovevano sapere che la loro voce era stata udita in
tutta
Skyrim: il Sangue di Drago che avevano chiamato sarebbe sicuramente
giunto a
loro. Solo, non ancora.
Lydia era
stata costretta ad accettare la fondatezza di quelle ragioni, per
quanto
controvoglia: la giovane Nord aveva quindi seguito il suo Thane verso
ovest,
invece che l'est.
Coda
Spezzata inoltre, aveva già una missione e un itinerario in mente: il
feudo di
Whiterun era il più ricco di Skyrim, assieme a quello dell'Haafingar e
del
Reach, ed essendo quella di Lydia una città di commerci e di pianure,
predoni e
briganti di strada abbondavano. Allo stesso modo, ricche taglie erano
promesse
a coloro in grado di ridurre il loro numero e riportare prova delle
loro
imprese, un degno incarico per un nuovo Thane, per quanto Lydia, e a
loro volta
poi lo Jarl Balgruuf e Proventus, avrebbero avuto da... essere
vagamente
ripulsi dal tipo di pegno presentato dal Thane Coda Spezzata: un sacco
colmo di
teste mozzate.
Non dai
banditi però, l'Argoniano aveva deciso di cominciare: la sua prima
impresa per
il feudo di Whiterun, la notte stessa del suo arrivo in città, era
stata
l'uccisone di un gigante che aveva sconfinato, al fianco dei Compagni
di
Jorrvaskr, e proprio dai giganti l'Argoniano aveva deciso di iniziare,
per
capire se Whiterun fosse destinata a subire un altro attacco in futuro,
e in
quel caso prevenirlo, o almeno comprendere cosa avesse portato un
gigante fino
alle porte della città.
Andare a caccia
di giganti era molto più ardimentoso di quanto Lydia avesse ritenuto
possibile
come primo incarico, per loro due soli almeno, e le sue precedenti
obiezioni
alla loro direzione erano scomparse definitivamente di fronte a quella
notizia.
Era risaputo che nelle pianure ad est di Whiterun esistevano vari
accampamenti
di giganti, al Bacio di Secunda e alla pozza di Bleakwind per esempio,
e le
tracce del gigante che aveva attaccato la città cinque giorni addietro,
erano
ancora perfettamente riconoscibili sul terreno lievemente imbiancato
dalla
brina e ghiacciato, costituendo una pista facile da seguire. Una pista
che
aveva puntato decisamente verso est, molto più lontano di quanto Lydia
avesse
creduto possibile: era strano che un gigante puntasse con una simile
decisione
così tanti dei suoi passi in un unica direzione. I giganti di Skyrim
non erano
creature note per la loro intelligenza o tenacia...
In breve, fu
evidente fin quasi da subito, che avrebbero passato almeno quell'intera
giornata a cavallo: difficile che diventassero due comunque, perché
molto più
lontano, ma sempre in quella direzione, seguendo una tortuosa strada,
avrebbero
raggiunto Rorikstead, l'avamposto più orientale del feudo, una piccola
città di
agricoltori e stazione di commercio. Impossibile che il gigante che si
era
avvicinato a Whiterun venisse da così lontano, e in effetti,
consultando la
mappa, i ricordi di guardia del feudo fecero tornare alla mente di
Lydia un
altro accampamento di giganti, situato alla giusta distanza, un luogo
strano,
che la Nord aveva sentito nominare e mai visitato, ma che verso il
quale la
pista che seguivano sembrava indirizzarli. Era chiamato il campo
dell'Albero
Dormiente riferì, un nome che incuriosì moltissimo Coda Spezzata: con
quella
meta in mente, tagliarono attraverso la steppa per raggiungerlo più in
fretta, sostando
ogni tanto a piedi per far riposare le cavalle.
Fare
conversazione a cavallo era impossibile, ma Lydia ebbe la conferma fin
dalla
loro seconda sosta che il suo Thane non era una creatura
particolarmente
loquace, accontentandosi di raccogliere fiori e arbusti di tanto in
tanto,
mentre Karinda e Allie scavano con gli zoccoli alla ricerca di qualcosa
da
brucare, con magri risultati. La primavera non è ancora troppo lontana,
ma
sarebbe occorso ancora un po' prima di vedere i rivi della fertile
pianura
sgombrarsi dal ghiaccio: passare la notte all'addiaccio nelle pianure
nevose
che compongono il feudo di Whiterun poteva ancora costare arti o dita a
causa
del freddo... o la vita
Nonostante
questo, ascoltare le due cavalle per tutta la giornata era un pensiero
fin
troppo noioso da concepire per la Nord, che non amava il silenzio della
natura
fino a quel punto... o forse, più semplicemente stava accompagnando
qualcosa in
grado di incoraggiare la sua curiosità in modo irresistibile. Avevano
parlato
un poco nei giorni che avevano passato a Whiterun: Coda Spezzata le
aveva
perfino raccontato parte della sua vita. Non tutta ovviamente, ma
alcune delle
parti più importanti: non semplici confidenze, ma piuttosto conoscenze
donate
liberamente, su di lui e sulla sua gente, il popolo della radice. E
anche di
quando non avevano parlato, durante le giornate passate alla forgia,
Lydia
conservava il sospetto che avesse comunque cercato di insegnarle... o
che confidasse
che lei potesse imparare da sola.
Non gli
aveva detto tutto in quei giorni, e forse nemmeno molto, tutto
considerato, ma
aveva di certo acceso la curiosità della giovane donna, specie su di
lui e il
suo popolo...
"...Mio
Thane?" lo chiama, prendendo il coraggio a due mani durante l'ennesima
sosta,
guardandolo sgranchirsi le gambe e la coda e assorbire il calore del
pallido
sole sulle sue nere sceglie.
L'Argoniano
non ha mai tremato per gli elementi, né ha mai aperto bocca per
lamentarsi di
essi... tuttavia non le risponde, limitandosi solo ad un lieve sospiro,
rimanendo ad occhi chiusi.
"Mio
Thane?" prova ancora, ma di nuovo, Coda Spezzata non le risponde,
ripetendo quello strano sospiro rumoroso.
Poi Lydia
capisce cosa voglia da lei: la giovane donna del Nord però, non è
ancora sicura
di poterglielo dare.
Allo stesso
tempo tuttavia, sa che il suo Thane è pronto a opporre alla
testardaggine dei
Nord la sua, che per quanto magari non così passionale, è altrettanto
profonda,
e forse perfino più forte:
"...Coda
Spezzata?" chiede titubante, e quelle sillabe strane rotolano sulla sua
lingua con una familiarità che Lydia non dovrebbe avere.
Solo
sentendo il suo nome uscire dalle labbra di Lydia, l'Argoniano che il
destino
le ha dato come Thane apre gli occhi per guardarla: è così nero in ogni
sua
scaglia, che se si allontanasse nella notte non riuscirebbe a seguirlo.
Pare davvero
fatto di tenebra:
"Lydia?"
come sempre, e ancora, la giovane donna del Nord non può fare a meno di
stupirsi ascoltando il suo nome pronunciato da quelle fauci.
La sua
voce... come sabbia che scorre sulle rocce, o la mola che accarezza una
spada:
metallica, ma non sgradevole.
"...Posso
fare un domanda?"
Ancora una
volta, l'Argoniano sospira, in quel suo modo sempre uguale, ma che
nasconde
significati sempre diversi:
"Sempre."
risponde, roco e quieto: "...Ma non tutte sono dotate di risposte."
"Hai
già... combattuto dei giganti? Oltre a quello che hai ucciso di fronte
alle
porte della città?" gli chiede.
"Quel
gigante fu ucciso dai Compagni: come è stato detto, ho prestato loro
solo un
paio di frecce. Ma no. Allora, fu il primo."
"...Eppure
non sembri essere spaventato dall'idea di andare a cacciarne altri,
nella loro
dimora."
"Dovrei?"
"Sono
giganti... mio Thane."
"E possono
essere uccisi come ogni altra cosa. Così come anche noi."
"È così
semplice per te?"
"È
differente per Lydia?"
La Nord
annui:
"Sembra
quasi che tu non provi emozioni... mio Thane." di nuovo, quello strano
divertito sospiro: Lydia cominciava a credere che fosse una vera parola
nella
lingua degli Argoniani.
Sorprendentemente,
avrebbe scoperto di non essere poi così lontana dalla verità: il suo
errore
però, risiedeva nel considerare quel suono sempre la stessa parola.
"La
ragione non può affermarsi senza emozione, Lydia. Ma nei Saxhleel, esse
riposano sotto le scaglie, non nella lingua o nel braccio. I volti del
popolo
della radice sono stati fatti per sopravvivere: non per comunicare. È
sufficiente una lingua per farlo: il Jel."
"Non
era... mia intenzione offendere."
"Né sei
stata in grado di farlo, Lydia... " rispose bonariamente Coda Spezzata:
"...E si deve aggiungere a proposito, che raramente è possibile trovare
tra voi, camminatori di terra asciutta, qualcuno che sappia farlo.
Chiamare un
Argoniano stivali, o lucertola, ha altrettanta presa sul popolo della
radice,
che chiamare bisaccia un uomo. Si
direbbe quasi che non siate mai stati istruiti ad offendere..."
"Sul...
serio?"
Coda
Spezzata annuì:
"Si
trovi un Bosmer, se si desidera essere veramente offesi: le lingue
degli elfi
dei boschi si possono usare per affilare coltelli... specialmente
quando
ubriachi."
"E gli
Argoniani?" Lydia non aveva ancora osato provare a pronunciare Saxhleel, per lo strano suono di quella
parola: per paura di cadere in fallo, di sbagliare la sua pronuncia, si
affidava ai termini appresi da altri.
"...Imprecare
in Jel è... diverso." rispose semplicemente
Coda Spezzata.
Lydia però,
ora che aveva trovato il modo di farlo parlare della sua gente e della
sua
cultura, per quanto di una parte piuttosto triviale, non era pronta a
rinunciare alla sua curiosità:
"In che
modo?"
"...A
questo non è possibile rispondere in un modo che capiresti, temo. È
difficile
spiegare ciò che in questa lingua non possiede forma, né parole, per
essere
detto."
"Vorrei
che ci provassi comunque... Coda Spezzata."
Il suo Thane
sembrò osservarla molto a lungo, prima di avvicinarsi a lei, battendo
dolcemente il palmo sul collo di Karinda. Le rivolse poi una ben strana
domanda:
"Se
Lydia fosse nata con orecchie a punta, la sua pelle come oro, i suoi
occhi come
soli e i suoi capelli come luce di stelle... sarebbe ancora Lydia?"
"...No?"
fu una richiesta di conferma, più che un domanda, quella della Nord.
"E
questo è due volte più vero per il popolo della radice, Lydia. Non
esiste il
vostro concetto del sé." Coda Spezzata si interruppe un momento,
cercando
le parole più giuste per spiegare in quella lingua qualcosa che nella
sua era
scontato e banale al punto da non dover essere insegnato.
"Fra i
Saxhleel si crede che ogni individuo accada... come il frutto delle
proprie
circostanze. Se Lydia, con i suoi capelli neri e la sua pelle chiara
fosse ad
Hammerfell o a Morrowind, sarebbe sempre la stessa Lydia. Lo stesso
però non è
vero per il popolo della radice. Dalle circostanze è formato ciò che da
voi
camminatori di terre asciutte è chiamato sé... ma fra i Saxhleel, si è
anche
figli del cielo che scorre sopra la testa e delle orme che si sono
lasciate
alle spalle. Ciò che dagli uomini è concepito come identità... per i
Saxhleel è
mutevole. Anche il nome, non diversamente che se fosse cambiato il
colore delle
proprie scaglie."
"Coda
Spezzata non è dunque il tuo nome?" di nuovo l'Argoniano sospirò: era
così...
difficile per lui rispondere a quella domanda.
"È il
nome con cui sono noto ad uomini ed elfi... ma non la mia identità: una
persona
non può essere racchiusa in qualche lettera. Un nome mi è stato dato
dalla mia
madre adottiva..." una Lamia, ricordò Lydia: "... E un altro è stato
adottato quando fui catturato e venduto come schiavo a Mournhold. Un
nome che è
cambiato a Cyrodill, dove sono stato Kaiman. La mia vita era stata
cambiata, e
dunque anche il nome doveva esserlo. Allo stesso modo, qui, a Skyrim,
rispondo
al nome di Coda Spezzata, o Haraan, lo stesso concetto in Jel."
"È...
molto strano, mio Thane." come se... l'Argoniano che avesse di fronte
non
esistesse davvero, o facesse parte del panorama non diversamente da
alberi e
montagne, libero di venire nominato da chiunque a proprio piacimento.
Fu più
vicina in quel momento alla verità, di quanto Lydia stessa sospettasse:
"Lo
stesso può dirsi su uomini ed elfi. Per quanto cammini in mezzo a voi
da gran
parte della mia vita, ancora non si può dire che io comprenda. Al pesce
non dovrebbe
importare il nome del fiume in cui nuota: solo le sue correnti. E le
vostre
lingue... a volte così strane."
"Eppure
le parli molto bene, mio Thane..."
"Pratica."
"La
lingua degli Argoniani è diversa?"
Coda
Spezzata annuì:
"Estremamente.
Il tempo è un illusione, per i Saxhleel. Per un popolo che vive senza
identità
personale, il tempo è il bisogno di porre un'ancora nel fiume degli
eventi:
inutile, quando si decide di fluire con essi, invece di provare a
resistere. Il
senso di identità, è solo il grido con cui si afferma: Io
sono qui. Nel Jel, non esiste passato. Non esiste futuro. Esiste
solo il presente. Nessun soggetto... solo il pensiero e gli eventi. Le
parole
che sono usate per dare voce alla lingua della Palude Nera, sono solo
l'ultimo
ostacolo alla comprensione: le nostre genti non parlano solo in modo
diverso,
ma pensano anche in modo diverso. I nostri desideri non sono sempre
uguali...
ma possono essere simili. E grazie a questo, è possibile trovare punti
comuni."
Il che
spiegava molto sugli Argoniani, rifletté Lydia, più di quanto molti
altri avessero
forse mai capito su di loro: la giovane donna del Nord non era rimasta
con le
mani in mano nei giorni spesi a Whiterun. Approfittando di una delle
frequenti
commissioni che faceva per il suo Thane al Calderone di Arcadia,
sembrava quasi
che gli ingredienti alchemici comprati dalla farmacista non bastassero
mai all'Argoniano,
la giovane donna del Nord aveva chiesto consiglio all'anziana Imperiale
su come
meglio comprendere quello strano uomo rettile che il destino aveva
portato a
Skyrim. La copia un po' sdrucita che le era stata regalata della Guida tascabile all'Impero, terza edizione/
Argonia, era stata una cornucopia di scoperte per Lydia, al punto
che la
giovane Nord la custodiva gelosamente nella sua stanza di Breezehome.
In quel testo,
lo storico Brendan il Persistente aveva già riassunto in poche parole
quello
che Lydia stava scoprendo giorno dopo giorno:
Il popolo di Argonia è stato, attraverso
tutta la storia di Tamriel, forse il più incompreso, insultato e
oltraggiato di
tutte le razze dotate di senno. E tuttavia, coloro che si sono presi il
tempo
di sperimentare la cultura argoniana, hanno guadagnato una più grande
riconoscenza per questo nobile e stupendo popolo.
Il fatto che
alla fine Brendan il Persistente fosse scomparso durante una sua
spedizione in
Argonia, era forse però da imputare alle innumerevoli creature velenose
e
portatrici di malattie che abbondavano nella Palude Nera, piuttosto che
per
colpa dei suoi abitanti: in alcune zone di essa infatti, pareva
possibile
contrarre ancora la terribile febbre Knahaten, un morbo emorragico che
per 43
anni aveva flagellato la quasi totalità di Tamriel durante la seconda
era e da
cui gli Argoniani erano risultati immuni. Se questo fosse stato vero,
se cioè
focolai della febbre di Knahaten ancora sopravvivevano nella Palude
Nera,
questo avrebbe reso quel morbo terribile il più longevo mai comparso
nella
storia di Tamriel, anche se solo il secondo più terribile, dato che
quel triste
primato apparteneva di diritto alla piaga Thrassiana, uno dei primi
avvenimenti
registrati storicamente nella prima era, e definitivamente debellata
dopo
quattro secoli.
Di fronte a
queste notizie ed altre simili, specie sul tipo di creature che
prosperavano ad
Argonia, Lydia sospettava che un uomo o un elfo sarebbero stati al
massimo una
fastidiosa curiosità per i residenti della Palude Nera: i forestieri
non
sopravvivevano a lungo in Argonia, e chi esplora deliberatamente una
terra
velenosa o peggio, può essere giustamente considerato sciocco dai
Saxhleel. Per
Talos! Li avrebbe considerati sciocchi lei stessa, specie poiché i
Saxhleel non
sopravvivano poi più a lungo nelle loro terre rispetto ai forestieri:
solo un po' di più. Lydia non aveva trovato un
bestiario completo della Palude Nera nella sua Guida
Tascabile, e difficilmente poteva esistere, ma se solo metà
di quello che c'era scritto era vero, la Nord sapeva che non avrebbe
mai voluto
mettere piede sotto le sue fronde: c'erano ragni che venivano descritti
grandi
abbastanza da produrre sufficiente seta da vestire un clan...
"Ora
comprendo meglio ciò che intendevi mio Thane... ma ancora mi sembra
molto
strano."
"Lo
stesso può dirsi per me... Ma per tornare alla tua domanda originale,
imprecare
in Jel è certamente possibile, ma non insultare qualcuno. Non esistendo
un concetto
di sé, non si può rivolgere a qualcuno degli insulti... E no, non ho
intenzione
di istruire Lydia su come imprecare in Jel. Si direbbe che sono un
cattivo
Thane."
"Veramente
mio Thane, la mia curiosità originale era se avessi già affrontato dei
giganti..."
"Davvero?"
chiese l'Argoniano, fingendo una smemoratezza che certamente non
soffriva:
Lydia lo aveva visto assorbire in pochi istanti ogni particolare di una
stanza
e ricordarli perfettamente a distanza di giorni.
"...Se
può essere di conforto comunque, molte altre grandi creature sono
cadute sotto
la mia spada. Sia a Morrowind che Cyrodiil: imprevisti del mestiere di
mercenario." aggiunse a voce più bassa.
"Grandi
quanto un gigante?"
Coda
Spezzata scosse la testa:
"Non
così alte. Ma più larghe."
"Per
esempio?" lo incalzò ancora Lydia.
"...Il
drago alla torre ovest di Whiterun non basta? O devono essere fornite
altre
storie?"
La Nord arrossì:
anche se la pazienza dell'Argoniano sembrava inesauribile, Lydia non
poté
evitare di comprendere quanto potesse averlo offeso. Doveva temperare
la sua
curiosità con il giudizio: Coda Spezzata non era un viaggiatore, o un
esotico esemplare
di una terra lontana. Lui era il suo Thane, e Lydia doveva tributargli
il
rispetto che gli era dovuto, che lui lo volesse o meno: specie quando
lui
visitava per la prima volta il feudo che lo aveva accolto. I suoi
antenati
dovevano di certo rivoltarsi nei loro sepolcri dalla vergogna:
"Non
desideravo offendere, mio Thane. Ma mi accorgo di averlo fatto... Sono
mortificata."
Invece di
offrirle consolazione, l'Argoniano si limitò a sospirare, o sussurrare
in Jel,
Lydia non sapeva cogliere la differenza, rimontare sul dorso di Karinda
e dirle
con la sua strana voce:
"...Non
c'è bisogno di dispiacersi, Lydia. Dopotutto, la mia covata sarà
nutrita con la
tua carne." e detto questo, lanciò la sua cavalla al galoppo,
lasciandola
indietro: con i suoi piedi, l'Argoniano non aveva bisogno di speroni.
Lydia
dovette capire che stava scherzando, prima di decidersi a seguirlo.
E così, dopo
quasi un giorno a cavallo attraverso la steppa pianeggiante del feudo
di
Whiterun, sotto un sole che cominciava di nuovo a calare per
abbracciare
l'orizzonte, Lydia e il suo Thane arrivarono finalmente al campo
dell'Albero
Dormiente. Una conca fra rocce argillose, in grado di offrire riparo
dai venti
grazie alla loro particolare conformazione, e alcune grotte in cui
ripararsi:
al centro di tutto questo, ma ancora invisibile dalla posizione da cui
osservavano, riposava la fonte sorgiva che permetteva all'albero che
dava il
nome al campo di sopravvivere. La luce di enormi falò illuminava due
soli
giganti, uno impegnato a guardare a vista uno scarno mammuth macilento,
e
l'altro a riscaldarsi più vicino al fuoco. Entrambe le creature
portavano con
loro lunghe clave fatte di femore di mammuth e sembravano più...
agitati di
quanto Lydia fosse abituata ad osservare di loro.
La
convivenza con i giganti era possibile a Skyrim: si trattava di
raggiungere una
condizione di vivi e lascia vivere, non disturbare i giganti nei loro
campi e,
per chi credeva a queste superstizioni, fare loro un'offerta annuale.
Uno
spreco, secondo Lydia, dato che i giganti non sembravano in grado di
ricordare
niente per più di qualche giorno... eppure qualcuno fra i Nord ancora
donava
mucche ai giganti...
"Cosa
sembra a Lydia?" le chiese al suo fianco Coda Spezzata, prono come lei
sulle neve, un dosso del terreno a nasconderli quasi completamente alla
vista
dei giganti.
"Sembrano...
nervosi mio Thane. Qualcosa deve averli disturbati recentemente."
"Abbastanza
da motivare la spedizione verso Whiterun di un solitario gigante."
annuì
Coda Spezzata: "...Può essere bastato a soddisfarli?"
Lydia scosse la testa:
"I
giganti non sono particolarmente intelligenti... né ricordano a lungo
le
cose." come a voler sottolineare le parole di Lydia, il pastore di
mammut
scelse quel momento per grattarsi le chiappe con la sua clava, con un
basso
grugnito di soddisfazione.
"...Ma
quando hanno qualcosa in mente, è difficile distoglierli."
"Quindi
Whiterun sarà attaccata ancora."
"È
possibile. Inoltre..."
"Inoltre?"
" A
volte, i giganti si ritrovano vicino Whiterun... a nord della città,
più o meno
ai confini col feudo del Pale, c'è un cimitero di mammut. Ogni tanto i
giganti
organizzano dei ritrovi laggiù."
"E
dunque, è possibile che il problema si moltiplichi... Una terra davvero
generosa questa: sono stato accolto in ceppi, e ora mi sono state date
città da
proteggere e giganti da abbattere." sospirò l'Argoniano.
"Mio
Thane?"
Coda
Spezzata scosse la testa, armeggiando nella sua bisaccia ed estraendo
una fiala
panciuta:
"La tua
spada, Lydia. E lascia lo scudo: non può difenderti da una clava come
quella."
La giovane
Nord fece come gli era stato detto, sganciando lo scudo ed estraendo la
sua
lama d'ebano, sulla quale il suo Thane versò l'interezza della fiala:
un denso
liquido oleoso color palude, dall'aspro odore.
"Un potete agente paralizzante,
ottenuto da radice di Canis e quei funghi a bolla che abbondano a
Skyrim solo
per non essere commestibili. La magia non ha quasi effetto sui
giganti."
spiegò l'Argoniano: "Pungilo, se la sua attenzione sarà su di me. Poi
il
pastore e il suo mammuth."
"Non faremmo meglio a
dividerci? Uno di noi potrebbe attirare l'attenzione dell'altro..."
"E raddoppiare le nostre
possibilità di essere uccisi, assieme ai cavalli? No Lydia. Uccidere
due
giganti in due, appare sufficientemente glorioso ai miei occhi."
"...Come desideri, mio
Thane."
"...Pronta?"
Si alzarono in piedi assieme,
correndo verso il gigante ad armi già sguainate: forse fu il clangore
dell'armature di Lydia ad avvisarlo, ma il gigante li vide arrivare
prima che
fossero alla giusta distanza per attaccarlo.
Ma Coda Spezzata correva, e molto
più velocemente di quanto Lydia credesse possibile con una spada da 22
libbre
tra le mani, artigliando il terreno per avere più presa: essendo il più
vicino,
il gigante si concentrò su di lui, specie dopo che una delle daghe che
l'Argoniano teneva alla cintura si infisse con violenza nel suo occhio.
Lydia
ebbe finalmente un assaggio di cosa dovesse essere stato combattere
contro il
suo Thane durante il suo impiego come guardia e mercenario a Cyrodiil:
la
giovane Nord sperò che non arrivasse mai per lei il tempo di
affrontarlo sul
serio.
Con un basso grido, il gigante
si schiacciò l'orbita offesa per il dolore, ottenendo solo l'effetto di
spingersi la daga angora più in profondità: la clava calò quasi per
riflesso,
ciò che l'Argoniano stava davvero aspettando. Coda Spezzata, spada
impugnata
saldamente fra due mani, schivò quel tanto che bastava ad avere la
clava ad un
passo... e poi ci saltò sopra, rampando da essa al gigante,
sostenendosi grazie
alle velocità e ai suoi artigli, che lasciavano tre segni paralleli
sulla pelle
del gigante ogni volta che compiva un passo in quella vertiginosa
scalata.
Lydia lo stava ancora raggiungendo, ma capì che non gli sarebbe stato
d'aiuto:
giunto al bicipite, il suo Thane saltò verso l'alto, vibrando la sua
grande
spada.
Ci fu un'incredibile resistenza
offerta dalla carne del gigante, ma quando finì la sua scalata, Coda
Spezzata
si trovò sulla sua spalla, in piedi e illeso, mentre il suo trespolo di
carne, ora
in ginocchio, perdeva un fiume di sangue dal collo, tentando di
arginarlo
inutilmente. Coda Spezzata pose fine alle sue sofferenze ruotando come
un
turbine, e questa volta la spada nera da 22 libbre calò dal cielo,
trovando il
morbido spazio di cartilagine tra le vertebre del collo, che ora il
gigante
esponeva. La testa cadde a terra come un macigno, assieme al suo
pollice, ma
Coda Spezzata era già in marcia, puntando all'altro gigante e al suo
mammut, in
rapido avvicinamento per vendicare il loro compagno.
L'Argoniano, nella sua figura
nera e di cupo oro, aveva l'attenzione di tutti: per questo Lydia
riuscì ad
avvicinarsi abbastanza al secondo gigante e ad infilzare il suo
polpaccio fino
all'elsa della sua spada.
Esitò un attimo, colta da
esaltazione e orgoglio, sopravvalutando la pozione con cui era stata
avvelenata
la sua spada: il dorso della mano del gigante la colpì in pieno, ma
Lydia era
una vera Nord. Non lasciò la presa della sua spada, e la lama lacerò
muscoli e
carne del gigante, mentre Lydia compiva un volo di meteora lontano.
La sorte però non l'aveva
abbandonata: il suo Thane le avrebbe detto che anche la fortuna fa
parte delle
proprie capacità. I rami dell'Albero Dormiente l'avevano afferrata al
volo,
frenando la sua caduta con le sue fronde ancora spoglie. Troppo
stordita per
cercare di liberarsi e raggiungere il suo Thane, e aiutarlo, Lydia
potette solo
assistere al resto dello scontro, di cui aveva una visuale perfetta.
Radice di Canis e funghi a
bolla? Per Lydia, ormai c'era la certezza che qualunque fosse il
prodotto
dell'alchimia, erano portenti in forma liquida: a chiunque l'avesse
denigrata
in futuro, Lydia avrebbe raccontato del paiolo da 12'000 septim e della
vista
che le si parò dalla cima dell'albero dormiente.
Il gigante che l'aveva colpita
era a terra, la faccia nel terreno, e non si sarebbe più rialzato:
questo
perché la sua testa era piuttosto distante dal resto del corpo.
Sarebbe stato un'interessante
argomento di conversazione, alcune settimane nel futuro, scoprire il
perché la
decapitazione era lo stile d'esecuzione favorito dall'Argoniano, e del
perché
della magia di distruzione, avesse deciso di esercitarsi in quella del
fulmine... così come della sua ammirazione per i wamasus della sua
terra.
E tuttavia,
la volontà di ridurre in fretta il numero di opponenti era costato a
Coda
Spezzata l'iniziativa di quello scontro: mentre era occupato a finire
il
gigante che Lydia aveva ferito, il mammut aveva a sua volta attaccato
l'Argoniano, travolgendolo con la sua carica. Come fosse riuscito a non
farsi
schiacciare era già di per sé un miracolo e nonostante questo, Coda
Spezzata brandiva
ancora la sua spada, seppure in una sola mano: l'altro braccio lo
stringeva invece
al petto, certamente rotto.
Lydia,
ancora preda della vertigine del suo volo, poté solo assistere mentre
il mammut
si girava, per tornare a colpire l'Argoniano.
Coda
Spezzata non era inerme però: ciò che la giovane Nord gli vide
compiere, fu soprattutto
una prova di coraggio. Il mammuth era una creatura massiccia, con un
folto
pelo: niente, a parte un gigante o un drago avrebbe potuto fermarlo...
o almeno
così avrebbe dovuto essere.
Perché
quando il mammut stava per travolgere il suo Thane, per la steppa
riverberò una
sola parola, che fece tremare le rocce, l'albero e perfino il cielo:
"FUS!"
Il mammut
venne colpito in pieno da quell'Urlo, da quella singola parola: Lydia
ricordava
le leggende sulla Voce di Tempesta. Una magia antica più del mondo è
più
potente di qualunque altra magia: il respiro con cui Kyne, la signora
del vento
e madre degli Uomini, aveva infuso la vita a Skyrim. L'impeto di quella
parola
non la raggiunse direttamente, ma l'eco fu comunque più forte di
qualunque altro
rumore Lydia avesse mai sentito in vita sua: più di una valanga, più di
un
tuono. Fu più simile ad un'esplosione, e come un'esplosione, quella
parola non
aveva solo suono, ma anche un onda d'urto: quando arrivò fino a lei,
Lydia suo
malgrado poté solamente proteggersi, mentre il vento la faceva cadere
dai rami
del suo rifugio, dritta nella polla che alimentava l'Albero Dormiente.
Sotto il
sottile strato di ghiaccio, l'acqua per fortuna non le arrivava al
ginocchio, e
la giovane Nord non perse tempo a uscire da quell'acqua gelida, che
l'aveva
riscossa: un poco di essa le finì in bocca, non più che un ditale, ma
quel
sapore stranamente dolce non riuscì a registrarsi nella sua mente in
quel
momento.
Di nuovo,
appoggiandosi al tronco legnoso dell'albero, Lydia poté solo assistere,
mentre
osservava il mammut: la bestia aveva ricevuto in pieno ciò di cui la
giovane
Nord aveva semplicemente udito l'eco. La sua gigantesca mole
ondeggiava,
assordata e probabilmente accecata da quella voce: Lydia poteva vedere
il sangue
che dalle orecchie ne macchiava la pelliccia.
Coda
Spezzata era ancora al suo posto, nonostante fosse stato l'origine di
quel Urlo:
straordinario, considerando cosa avesse appena liberato. Un suono
simile, una
distruzione simile, non dovrebbe lasciare niente dal punto di origine:
eppure,
non sembrava aver riportato danni. Al punto che, senza fretta, tenendo
la spada
con una sola mano, e l'altro braccio stretto al corpo, l'Argoniano si
spostò
sul lato del mammut, infilzando il suo fianco con la spada, affondando
fino a
quando solo un terzo della lunghezza della lama nera rimase fuori
dall'animale.
Il mammut
comprese ciò che stava succedendo solo nel momento in cui la spada gli
forò il
cuore: Lydia poté solo guardarlo dissanguarsi rapidamente, mentre il
suo Thane
si avvicinava a lei tenendo la spada insanguinata appoggiata sulla
spalle.
Il sole era
a metà sull'orizzonte in quel momento: eppure, la vista di Lydia si
stava già
tingendo di porpora.
"Lydia..."
soffiò Coda Spezzata, vera agonia percepibile nella sua voce quieta e
roca:
forse quell'Urlo non l'aveva poi lasciato così incolume come credeva.
"Mio
Thane..." c'era qualcosa di sbagliato in lei: una vertigine frutto di
ebbrezza, la sensazione di essere piena di energia, e il desiderio di
correre
lontano.
"...Il
mio braccio deve essere tagliato." le disse, tossendo duramente: la sua
voce aveva sempre avuto quegli echi?
"Mio
Thane..." voleva avvertirlo, voleva dirgli che tutto quello che vedeva
stava diventando porpora: anche la tenebra delle sue scaglie, sfumando
all'angolo dei suoi occhi.
"È
necessario." aggiunse, pulendosi il suo sangue dall'angolo della bocca
con
la mano buona: "... O sarà peggio. Dopo."
Lydia cadde
in avanti senza poterselo impedire: quella notte era appena cominciata.
Si risvegliò...
più tardi, senza sapere quanto fosse rimasta incosciente.
Lydia si scoprì
sdraiata, sotto una pesante e puzzolente pelliccia: gambali, stivali,
guanti ed
elmo le erano stati tolti, lasciandola in una confortevole via di mezzo
tra la
nudità e la pesantezza della corazza. Sopra ed attorno a lei, pareti
argillose formavano
una camera circolare, alta abbastanza da suggerire che si trovasse
nella grotta
in cui i giganti avevano posto i loro giacigli.
La fonte di
luce nella stanza era data da un unico falò, che fiammeggiava
orgoglioso,
confinando le tenebre negli angoli più lontani di quella camera: ci
mise un po'
a trovarlo. Nel chiaroscuro, il colore delle sue scaglie lo faceva
apparire
come parte dell'ambiente, al punto che trovò per prime le cavalle,
occupate a
brucare un po' di paglia: probabilmente, la parte più fresca dei
giacigli dei
giganti. C'era odore di lavanda selvatica nell'aria, e Lydia vide dei
rametti
purpurei bruciare scontenti nel fuoco:
"Sveglia,
finalmente."
Dall'altra
parte del falò, quello che credeva fosse stata una roccia pronunciò
quelle
parole con una voce che Lydia conosceva:
"Mio
Thane." gli disse mezza spaventata, facendosi cadere di dosso la
coperta.
Ancora di
più, fu lo scoprire che il suo Thane era a torso nudo: Lydia aveva
visto dei
Nord, ma ancora una volta, dovette accettare che Coda Spezzata non era
un uomo.
Aveva la struttura di un uomo, ma questo era quanto: scaglie nere come
la notte
gli coprivano il petto e il ventre, che per quanto offrissero linee
simili a
quelle degli uomini, mancavano delle stesse strutture. Era solo questo
Coda
Spezzata: ossa, carne e muscoli coperti da nere scaglie: nemmeno al
buio, Lydia
poteva scambiarlo per uno di loro, specie per quel suo volto da
lucertola con
grandi corna.
"...Come
ti senti?"
Lydia si
prese un momento per considerare la domanda:
"Bene,
tutto considerato. Quanto...?"
"Sei
ore circa. Le lune sono ormai allo zenit nel cielo."
"Cosa..."
cominciò Lydia, ma senza sapere esattamente cosa chiedere.
"Cosa...?"
le fece eco l'Argoniano.
"Non so
cosa mi sia successo... è stato come se la mia mente... non mi
appartenesse per
un momento. E l'ultimo ricordo che ho... era la tua richiesta di
tagliarti il
braccio... un'allucinazione?"
"Sì. E
no." le rispose il suo Thane avvicinandosi al fuoco.
Quando si
risedette, Lydia non poté impedirsi di inalare rumorosamente: metà del
suo
avambraccio, e la mano, mancava. Ancora più spaventoso fu che quella
ferita
sembrava vecchia di giorni, eppure, Coda Spezzata non l'aveva fasciata:
inutile
in fin dei conti, perché nemmeno sanguinava. Allo stesso modo, Lydia
osservò
quelle che sembravano schegge carnose infisse nel moncherino: le
occorse più di
un momento per capire che erano le prime falangi di ogni dito.
"Ah."
disse semplicemente Coda Spezzata accorgendosi di dove lo sguardo di
Lydia stesse
puntando: con lentezza, la sua mano coprì quello spettacolo.
Fu un gesto
pieno di delicatezza, ma anche inutile in fondo: ormai Lydia aveva
visto tutto
quello che c'era da vedere.
"...Prude
un poco. Ma per il mattino sarà a posto." la rassicurò: "...Non è la
prima volta in cui accade."
Le
implicazioni di quello che aveva visto però, non piacquero affatto alla
Nord:
"...Hai
mentito."
"Insulti,
Lydia? Perché?"
"Hai
detto di non essere un taumaturgo capace quanto i guaritori del
tempio."
rispose Lydia indicandolo: "...Far ricrescere un braccio è qualcosa che
nemmeno i sacerdoti di Kynareth sono in grado di fare!"
"Nessuna
menzogna, Lydia." rispose sospirando l'Argoniano: "...Non è solo la
taumaturgia a poter rigenerare. E allo stesso modo, non solo cura è la
taumaturgia. Come spiegarlo..." lamentò Coda Spezzata, prendendosi un
momento per pensare in due lingue:
"...È
difficile, Lydia, raggiungere la concentrazione necessaria a lanciare
un
incantesimo, quando le proprie viscere sono strette in una mano. E allo
stesso
modo, non sempre è possibile avere accesso ad elisir curativi. Ma anche
se è
difficile nelle terre di uomini ed elfi non avere accesso ad almeno una
delle
due, nella Palude Nera invece, ciò accade ogni giorno, ogni istante.
L'attitudine alla sopravvivenza del popolo della radice germoglia e
prospera
naturalmente nelle sue terre, dove da molti essi sono considerati cibo.
Per
questo, dagli Hist a volte è donata una... benedizione. Non troppo
diversamente
da come i Nord abbiano attitudine per la battaglia, così tutti i
Saxhleel
posseggono attitudine alla sopravvivenza."
Coda
Spezzata rivelò di nuovo il moncherino, e Lydia poté osservare
liberamente quella
mutilazione:
"...Dai
Saxhleel è chiamata pelle di Hist: in
me, nonostante le mie origini, quella benedizioni è molto forte. Forte
al punto
che rinnovare e più semplice che ricomporre. Si perde molto tempo a far
aggiustare le ossa: a ricrescere un arto intero invece, molto meno. E
questo è
il motivo per cui per me, essere sfregiato da delle cicatrici è quasi
impossibile, nonostante gli anni passati in battaglia."
E in
effetti, nemmeno un segno interrompeva il nero mare delle sue squame:
"Per i
Nord: vivere nella gloria. Per i Saxhleel: gloria nel vivere." affermò
Coda Spezzata: "...E come è stato detto, in me questo dono è molto
forte. Fin
troppo forse... La benedizione di una madre che non è mai stata
conosciuta."
Dalla storia che le aveva
raccontato e da ciò che le esperienze della giovane Nord suggerivano,
Lydia era
giunta alla conclusione che il suo Thane fosse stato il figlio di uno
stupro, o
almeno di una relazione illecita: perché altrimenti il suo uovo sarebbe
stato
abbandonato sul fiume? Ma le vie degli Argoniani non erano quelle degli
Uomini,
e dunque non poteva esserne sicura... e francamente parlando poi,
importava
davvero la sua origine? E lo sminuiva il fatto che fosse sopravvissuto
alla
schiavitù delle piantagioni a Morrowind abbastanza da vincere la sua
libertà, o
invece lo elevava, per quanto era riuscito a compiere e ad imparare,
nonostante
una così misera origine? Quanto era da ammirare qualcuno che sapeva
guadagnarsi
da vivere in modo onesto senza aver bisogno di una spada, ma che
nonostante
questo, sapeva usarla così bene, assieme alla magia?
"...Ho studiato la
taumaturgia per comprendere questo mio dono. E per cercare una ragione
a questo
mio prosperare."
Lydia non resistette oltre: la
giovane Nord si alzò dal suo posto, andando a cercare conforto nella
sua
vicinanza. Perché diceva sempre cose così offensive? Perché la sua
mente era
così pronta ad esprimere giudizi? Coda Spezzata era paziente... era
quieto...
perché allora continuava a cercare di ferirlo?
"...Le mie scuse più
profonde, mio Thane. Sono stata... crudele. Accetterò una punizione
adeguata
alla mia... grettezza."
"È sufficiente che si
impari da questo... Ma l'occasione può essere colta: sotto il nuovo
sole, sarà
Lydia ad occuparsi di raccogliere e preparare gli ingredienti alchemici
dai
giganti."
Prima o poi, Lydia si sarebbe
stancata della sua curiosità, ma mai il suo Thane:
"...I giganti contengono
ingredienti alchemici?"
Coda Spezzata annuì deciso,
continuando a fissare il fuoco, forse lieto di cambiare discorso almeno
quanto
lei:
"Sono state le mie prime
letture su di loro: alluci, pollici e molari sono i più importanti. Il
sangue
anche, ma quello ora infradicia la terra. Lydia ispezionerà anche le
loro
ascelle, alla ricerca di funghi che crescono a volte in esse... Strana
domanda comunque,
considerato il nostro primo giorno assieme."
"Intendi
dire che...?" quella carne brunastra e spugnosa...
"Credevo
che l'odore fosse stato sufficientemente rivelatore." rispose
l'Argoniano
abbracciando la caverna con lo sguardo.
"Il
pollice del gigante che hai...?"
"Alluce."
la corresse l'Argoniano: "...Privo di pelle, ossa, unghie, vene,
sangue. Infine,
tritato nella sua interezza."
L'espressione
che la donna fece dovette dire più del suo silenzio:
"L'alchimia
non è mai pulita, Lydia. Ma ci si fa l'abitudine. O è forse troppo per
te?"
"No,
mio Thane." rispose subito Lydia: avrebbe potuto andarle molto peggio.
Un Thane
Nord avrebbe mal sopportato la sua ingenuità e la sua curiosità... e
forse era
anche a causa del fatto che Coda Spezzata non era un Nord che
continuava ad
offenderlo e fargli domande.
"Bene.
Raccolti gli ingredienti, ripartiremo. La ragione per cui i giganti si
sono
spinti fino a Whiterun era poca cosa. E ora non si ripeterà."
"...Dovrei
esserne informata?"
Coda
Spezzata dondolò la testa:
"Il
contrabbando della linfa dell'albero che dà il nome al campo non è
illegale. E
l'agente mandato a raccoglierla ha pagato con la vita il suo sconfinare
in un
campo di giganti. Sarà sufficiente bloccare l'origine dell'interesse, e
nessun
altro gigante si avvicinerà di nuovo alla città."
E Lydia non
invidiava di certo colui che si fosse trovato di fronte Coda Spezzata:
la sua
passata esperienza con Belethor, suggeriva che l'Argoniano sapesse
essere molto
persuasivo quando così desiderava, mentre lo Jarl avrebbe pagato una
ricca
taglia per l'abbattimento di due giganti problematici.
"A proposito, è questo ciò
che è accaduto a Lydia: hai ingerito la sua linfa, che dalle sue radici
si era
sciolta nella polla. Ciò che hai provato, è stato causato da questo.
Albero
Dormiente... un nome quanto mai appropriato."
Se Lydia avesse chiesto altro a
proposito, avrebbe avuto molte altre interessanti rivelazioni: come ad
esempio,
che l'Albero Dormiente era un Hist, giunto in modo assai particolare a
Skyrim,
e che per lungo tempo, mentre lei era svenuta, il suo Thane aveva
discorso con
l'albero, in un modo segreto e particolare che solo gli Argoniani
conoscono.
Ma Lydia era una Nord e le sue
domande erano domande da donna di Skyrim:
"Quindi... puoi
sopravvivere a qualunque ferita, mio Thane?"
Coda Spezzata
sospirò, in quel modo strano che gli era così consueto:
"...A
questo mondo, l'unica vera ricchezza è la vita, Lydia. Se la si
conserva, si è
ricchi. Sono sopravvissuto a molte ferite nel mio passato. Il mio corpo
è stato
fatto a pezzi, ma è sempre guarito. Coda, gambe, braccia... organi. Non
mi è
stato mai strappato il cuore, né la testa tagliata però: non credo sia
possibile per qualcuno sopravvivere a qualcosa di simile. La
taumaturgia è
stata d'aiuto. Eppure, con essa, molto rimane ancora possibile fare."
"Per
esempio?"
Invece di
rispondere a parole, Coda Spezzata spazzò il terreno libero davanti a
loro con
la coda, sgombrando la superficie argillosa dai detriti. Poi si chinò
in
avanti, tracciando un simbolo con l'indice del suo braccio buono, una
sorta di
T a cui mancava però metà del trattino orizzontale.
"Lya, runa
dell'Oblivion. Un cerchio taumaturgico con questa runa come centro,
genera una
potente sentinella, e una morte dolorosa a chiunque la calpesti."
"Come
può la taumaturgia uccidere, mio Thane?"
"Da voi
uomini ed elfi, e perfino dai Khajiit, la taumaturgia è apprezzata. Ma
sottovalutata. Una scuola minore, utile per riparare la carne quando si
rompe.
Uno strumento, da usare e poi posare. Da pochi è affilato. Da ancor
meno è
brandito."
"Per
gli Argoniani è diverso?"
"Lo è
per me." rispose Coda Spezzata: "...Il vero valore di ciò che è
chiamato taumaturgia può essere più dell'utile strumento che è.
Padronanza."
"Padronanza?"
"...Nessuna
parola mi è nota in questa lingua che più si avvicini al significato.
Convertire magicka in carne e sangue... la taumaturgia è l'unica parte
della
magia a poterlo fare." fu la prima volta in cui Lydia sentì... qualcosa
nella voce del suo Thane: un'emozione... l'eco di essa, per essere
precisi,
racchiuso nel desiderio di conoscenza.
L'uomo
rettile che aveva davanti era come sempre raccolto e indefinibile: non
imprecava, non alzava la voce... eppure quello che diceva non si poteva
ignorare.
"Ciò
che è usato dai preti nei templi non è che una piccola parte della
taumaturgia.
Come l'alchimia, anche la capacità di dare ristoro possiede due volti.
Dare e
ricevere. Curare e..."
"...Avvelenare."
completò per lui Lydia.
Il suo Thane
annuì:
"L'eccesso
di qualcosa non è forse pericoloso quanto la sua carenza? Non si può
vivere
senza acqua... eppure si può essere affogati in essa."
"...Ma
non tu, mio Thane: tu non puoi essere affogato." replicò Lydia senza
che
potesse impedirselo: uno dei vantaggi dell'essere Argoniano e
dell'avere
branchie sul collo...
Di nuovo,
Coda Spezzata sbuffò lieve:
"Meno
letteralmente, Lydia. Una metafora."
"Oh."
"...E
ancora molto può essere fatto con la taumaturgia." aggiunse Coda
Spezzata:
con la coda, attirò a sé uno dei rami nel fuoco, con un lato ancora
verde, ma
l'altro invece nero di cenere e fumo.
Impugnatolo,
e soffiandoci sopra, ottenne quanto di più simile avessero ad un calamo
gigante: cominciò tracciando un triangolo uguale nei suoi lati, piccolo
e posto
in alto, vicino al fuoco.
"La
magia è stata divisa in scuole, per facilitarne l'apprendimento.
Distruzione:
fuoco, ghiaccio e fulmine nelle loro mortali manifestazioni.
Alterazione: la
manipolazione temporanea della sostanza del mondo." un nuovo glifo si
aggiunse al primo, un uomo stilizzato con un ala su un lato e le fronde
di un
albero sull'altro.
"...Evocazione,
l'abilità di fendere l'Oblivion e richiamarne le forze." la runa oht
venne
tracciata sul terreno: " Incantamento, infondere proprietà pagando un
tributo. Illusione: la manipolazione della mente e dei sensi.
Taumaturgia e
Alchimia." davanti a loro, si erano aggiunti altri simboli: una spada a
fendere il simbolo dell'infinito, tre cerchi tracciati con un un'unica
linea,
un uccello ad ali spiegate ed una fiala.
Sette
simboli, che Coda Spezzata riunì in un unica figura, con un glifo in
ognuno dei
suoi vertici:
"Queste
sono le scuole della magia, ma non si deve dimenticare che esse sono
solo parti
di un tutto." un cerchio racchiuse il disegno precedente, collegando
ogni
glifo sulla circonferenza:
"Così
come ogni eptagono non è un cerchio, così anche la taumaturgia non è
semplice
cura e ristoro. Con essa, è possibile trasformare il proprio mana in
vigore e
forza, non solo curare ferite. È possibile imporre barriere sulle quali
i
sortilegi altrui si infrangono, cosa che mi ha permesso di sopravvivere
al mio
primo drago. Ed è perfino possibile uccidere alcune creature con la
taumaturgia."
"Quali,
mio Thane?" come poteva un'arte che alleviava il dolore essere usata
come
un'arma?
"Strano
che tu lo chieda Lydia: in questa terra, i morti non sono forse sepolti
come...
onorate salme? E a volte non accade che alcuni di essi... riscoprano
moto e
pulsione nelle loro membra? Feroci non viventi, che sono da voi
chiamati..."
"Draugr."
finì per lui Lydia e l'Argoniano annuì.
Nelle tombe
più antiche, nei sepolcri più maestosi.. a volte succedeva che i morti
tornassero a camminare. C'erano molte superstizioni a riguardo, ma
nessuno modo
certo per prevenire il loro manifestarsi: in una terra di storia antica
e
sotterranea magia come Skyrim, a volte accadeva. Ecco perché i preti di
Arkay,
il Dio dei morti, erano figure così riverite ed ogni città di Skyrim
aveva la
sua Sala dei Morti, in cui il potere della fede e gli esorcismi
tenevano i
deceduti al loro riposo. Non era impossibile che perfino scheletri,
animati da
chissà quale brama ultraterrena, sorgessero di nuovo dai loro
giacigli...
Non tutti i
sepolcri però erano guardati da un prete di Arkay: nelle rovine più
antiche, o
semplicemente, da tombe mal scavate per nascondere un cadavere, un non
morto
poteva sempre sorgere... più prima che poi, considerando le spregevoli
pratiche
di negromanzia che culti e sette praticavano lontano dagli occhi della
civiltà,
al riparo di vecchie, fredde e umide pietre.
A Skyrim
c'erano più salme sepolte che vivi: un pensiero... spaventoso a volte
da
concepire, ma non di meno vero. Non che comunque in altre terre fosse
necessariamente meglio: anche a Morrowind, dove la cremazione era da
secoli
pratica accettata, i resti dei morti non lasciavano sempre i vivi in
pace. Una
delle conseguenze di vivere in un mondo come Tamriel, dove la magia non
era mai
davvero al di fuori della portata di qualcuno. E cosa facessero gli
Argoniani
dei loro morti, Lydia non osò chiedere, ma quegli innaturali non
viventi erano
forse una delle ragioni per cui i Nord non apprezzassero la magia, o
perché la
donna non amasse particolarmente il buio: la notte non era il tempo dei
vivi...
"Applicare
la taumaturgia ai Draugr, è più efficace del fuoco." disse l'Argoniano:
"...Dopo aver fatto in modo che non sia possibile per loro nuocere
ancora,
ovvio." aggiunse dopo un momento.
"Sul
serio?" e Coda Spezzata annuì:
"Ma
ancora così tanto resta da fare. O riscoprire. Remoti prodigi di cui si
è persa
memoria se non in volumi polverosi, narrati o scritti da mani antiche
di proprio
pugno ai margini di volumi ancora più antichi..."
"Si
direbbe mio Thane, che tu abbia la mente fissa su un obbiettivo assai
concreto..."
L'Argoniano
si produsse in una corta risata prima di rispondere:
"...Sì.
E no. Poco più che una leggenda, tramandata come nota ai piedi di un
tomo così
antico, che sono stato costretto ad impararne prima la lingua. Un
prodigio che
risale alla Prima Era: la nemesi della taumaturgia. Trasformare sangue
e carne
di nuovo in mana: un incantesimo noto come Equilibrium. Impugnando
entrambi,
Equilibrium e Taumaturgia, si avrebbe un ciclo infinito, la padronanza
completa
del proprio corpo, allo stesso tempo mana e carne, al servizio della
volontà.
Essere, come corpo, fonte della propria magia. Così strano a
ripensarci..."
"Che
cosa?"
"Che
questo incantesimo, questo sogno da cui sembri essere così tanto
spaventata..." Lydia non poté negare quella frase: era follia da
stregone
e ambizione da mago, anelare l'infinito: "...sia stato concepito da un
uomo di una razza che ora rifiuta così tanto la magia: la tua."
Questo
lasciò interdetta Lydia, tanto che Coda Spezzata spiegò ancora:
"Shalidor,
il cui nome sarà stato udito perfino dalle tue orecchie."
Lydia annuì
lievemente: un nome potente, forse quello del più grande stregone mai
vissuto.
Le leggende su di lui erano le uniche che si tramandassero a Skyrim a
proposito
di un mago, ma per buone ragioni: si diceva avesse scoperto il segreto
della
vita eterna, rubandolo ad Akatosh in persona, e che avesse eretto la
città di
Winterhold, il feudo dove si ergeva il Collegio di Magia e Stregoneria
da lui
stesso fondato, con il sussurro di un solo incantesimo. Perfino Lydia
aveva la
sua storia preferita su Shalidor: quella in cui il potente stregone, da
solo,
aveva affrontato e vinto le legioni del clan Rourken, nomadi Dwemer,
durante il
loro passaggio attraverso Skyrim.
"La
magia può essere terribile Lydia. Tuttavia non scompare solo perché da
essa
viene distolto lo sguardo. E si può imparare. Anche da Nord testardi."
"Parli
per esperienza personale, mio Thane?"
"È
quello che so. Non crederei nell'esperienza sul campo altrimenti. E
Lydia non
sarebbe la prima a cui insegno quel poco che conosco..."
"...Cosa
dovrei fare?"
"Il
primo passo, è sempre il più difficile. E dovrai essere tu a compierlo.
Letteralmente.
Con questa mano, non posso fare molto." gli occhi con cui la stava
guardando dissero tutto quello che rimaneva da sapere a Lydia: doveva
essere
lei a decidere se fosse pronta a fare quel passo.
O forse, era
l'unica a poterlo sapere: Lydia si fidava del suo Thane, ma non era
certa di
fidarsi di sé stessa per la sua iniziazione alla magia.
"Credo...
credo che mi piacerebbe provare." disse infine.
"C'è
bisogno delle più favorevoli condizioni possibili, allora. E come
sempre, l'Alchimia
può aiutarti. Prendi dalla mia borsa una pianta di fiori rossi di
montagna,
altrettanto di cotone selvatico e gli strumenti. O, e una bottiglia di
quel
sidro che hai nascosto fra i tuoi bagagli."
Lydia
obbedì, raggiungendo la cavalla del suo Thane, che non si disturbò
nemmeno ad
alzare la testa dal suo brucare: dai bagagli appoggiati lì vicino, la
Nord
prese gli ingredienti necessari, il pestello, l'orcio e il piccolo asse
di
legno, non più lungo di un palmo.
Con la
bottiglia sotto braccio, Lydia tornò obbediente dal suo Thane:
"Si
deve afferrare la radice di ogni foglia di fiore rosso tra pollice e
indice, e
liberarle dal loro stelo." la istruì Coda Spezzata e la Nord le obbedì,
impilando mezza dozzina di quelle foglie ellittiche sul ginocchio.
"Lo
stesso si deve fare con i fiori di cotone selvatico." le disse quando
Lydia ebbe finito: ci volle un poco più di tempo per sfrondare i fiori
a
pettine dai loro steli, ma alla fine la Nord li ebbe pronti entrambi.
Estraendo
dal suo stivale la daga elfica, Coda Spezzata gliela passò, indicando
il
piccolo asse.
"Tritare
assieme fino a quando non sarà possibile distinguere le une dagli
altri."
le disse.
Lydia sapeva
cucinare: una necessità, per l'infanzia che aveva avuto, e quello che
stava facendo
non era poi molto diverso da quello che aveva già fatto, in un passato
che
sembrava ormai così remoto...
Coda
Spezzata la lasciò fare per diversi minuti, fino a quando il risultato
non fu
soddisfacente: i fiori di cotone selvatico erano fibrosi, e avevano
assorbito facilmente
il liquido contenuto nelle foglie. Il risultato era simile ad una pasta
morbida, di colore verde chiaro, costellata dai singoli filamenti del
cotone.
"Accettabile."
giudicò Coda Spezzata, fermandola.
"...E
ora?" Lydia non l'avrebbe mai ammesso, ma si stava quasi divertendo:
come
se stesse facendo qualcosa di proibito.
"Ora,
tutto nella bottiglia di sidro."
Lydia si
affrettò ad obbedire, cercando di usare la punta della daga come un
cucchiaio,
e mettendo la pasta che aveva creato dentro la bottiglia.
"Non mi
hai ancora detto cosa dovrebbe fare, mio Thane..."
"Questo
è un filtro di mana., per quanto... rozzo. Le risorse che Lydia ha
cercato di
nascondere per tutta la vita, quelle che non si credono di possedere, e
che
ancora non si conoscono, saranno ampliate al massimo. Per il resto,
obbligherò
la magia a prendere forma in un modo sicuro, con una Luce di candela.
Impossibile
avere incidenti con essa... Ma prima, è necessaria ancora una cosa."
"Che
cosa mio Thane?" passando la bottiglia di sidro ed ingredienti
all'Argoniano.
"Che
Lydia metta via tutto quello che ha usato: la cura dei propri strumenti
è la
prima regola che ogni Alchimista deve imparare. Specie quando in
prestito."
E su questo,
Lydia non ebbe niente da obbiettare, mettendosi a sfregare asse e daga
con la
neve fino a quando non furono di nuovo in pristine condizioni e
riponendo tutto
nella borsa del suo Thane, assieme a quanto rimaneva degli ingredienti
usati.
Non valeva la pena sprecare qualcosa, le disse Coda Spezzata.
Nel
frattempo, l'Argoniano era rimasto accanto al fuoco con la bottiglia in
mano,
ruotando il polso in modo da sciogliere gli ingredienti del sidro,
guardando
con fissità la luce del falò: impossibile sapere a cosa stesse
pensando, ma
quando per un attimo le sue squame sembrano brillare, Lydia seppe che,
ancora una
volta, era avvenuto.
Quando le
rimase in mano la bottiglia, Lydia non chiese istruzioni: la svuotò per
un
terzo, in un unico grande sorso.
Il sapore
dell'idromele era scomparso, diventando quasi... elettrico e frizzante:
come se
avesse appena inghiottito un sorso di tempesta.
"...E
ora?"
"Serra
gli occhi e la bocca. Riporta alla mente quando ti ho mostrato la luce
la
nostra prima notte a Whiterun e tieni le orecchie aperte." Lydia fece
come
le era stato detto, mettendosi a gambe incrociate.
Al suo fianco,
l'Argoniano si mise a sussurrare i nomi di precise rune dell'Oblivion,
in una
cantilena che era impossibile da ignorare, pervasiva:
"Hehfed Oht Roht Geth Ekem
Doht Ayem Roht Koth
Iya Neht
Lyr Iya Geth Hekem Tayem."
Ripetuto
ancora e ancora, ossessivamente, fino a quando quelle sillabe
penetrarono la
mente di Lydia, fino a quando provò a ripeterle, raggiungendo un luogo
che
aveva sempre atteso parole come quelle...
Non fu una
sensazione che fosse possibile descrivere: ad un certo punto però,
Lydia
sentì... qualcosa. Come se parte delle sue viscere avessero
all'improvviso
scoperto una nuova posizione, mentre dalla sua mente, quel liquido
effervescente diventava qualcosa d'altro, mutando e scorrendole
attraverso la sua
carne, come la prima radice di un seme che si fa strada nel terreno.
Una
sensazione che nella sua anomalia la stupì al punto, che Lydia
dimenticò per un
attimo tutto il resto: tanto che non si accorse che l'Argoniano al suo
fianco
aveva smesso di salmodiare.
"...Mio
Thane?"
Ma
l'Argoniano non le rispose. Lydia ci mise un attimo a ricordare cosa
voleva da
lei:
"Coda
Spezzata? Posso... posso aprire gli occhi?"
"Puoi."
fu la roca risposta.
E quando
Lydia lo fece, scoprì che sopra la sua testa levitava un piccolo,
pallido fuoco
fatuo. La sua luce si rifletteva negli occhi di Lydia, che a sua volta
lo
fissava preda di emozioni che non riusciva del tutto a comprendere:
"...Il
difficile è stato fatto: ora sai che ti è possibile farlo. Sarà
necessario solo
esercitarsi fino a quando potrà essere fatto a comando e senza alcun
aiuto.
Vedremo se riuscirai ad accenderlo da sola prima dell'alba, o se
l'unica fonte
di luce in questo luogo, rimarrà il falò."
"Coda
Spezzata?" gli chiese Lydia, gli occhi ancora fissi in ciò che aveva
appena fatto: parte della Nord che era stata fino a quel momento era
stata
bandita da quella fioca luce verde chiaro.
"Sì,
Lydia?"
"...Hai
paura del buio?"
"Non è
necessario temere il buio." le rispose l'Argoniano: "...La notte è
più pura del giorno. È migliore per pensare, amare e sognare. Di notte,
tutto è
più intenso... più vero. Di notte, l'eco di parole che sono state dette
durante
il giorno assume nuovi e più profondi significati."
Il fuoco
fatuo di Lydia scelse quel momento per spegnersi, all'improvviso, come
se non
fosse mai esistito:
"...È più
triste non saper distinguere tra notte e giorno. O dire cose di notte
che dovrebbero
solo essere dette di giorno. Prova ancora." la spronò Coda Spezzata,
questa volta senza iniziare a salmodiare.
Solo col
sorgere del sole, Lydia riuscì a farlo, e per un attimo, tre luci
illuminarono
l'interno della grotta.
Ormai però,
un nuovo giorno era cominciato, e altri compiti li chiamavano a Skyrim:
primo
fra tutti, l'istruzione alchemica di Lydia sui giganti.
Quando però
lasciarono quel luogo, dirigendosi verso nord, nord ovest, alla ricerca
del
covo di banditi segnalati non troppo distanti, Lydia seppe che quel
luogo, e
quella notte, sarebbero rimaste con lei per sempre.
Ben arrivati alla fine di questo... testo.
Esito a definirlo capitolo, perchè in realtà Saraan Sul doveva essere
una One Shot, ma a quanto pare si sentiva sola, dato che mi ha chiamato
con tanta insistenza per avere una compagna.
Questa "Giorno e Notte" voleva essere in qualche modo l'opposto della
prima, in cui Lydia ha un'assaggio di cultura Argoniana ( che ho
tracciato a partire dal lore e offrendo qualche spunto che spero
abbiate trovato interessante).
Per quanto riguarda l'agilità degli Argoniani, prendere un uccello al
volo a mani nude non è impossibile per noi (non chiedete xD)... di
conseguenza, ho cercato di rendere gli Argoniani all'altezza di quello
che si dice di loro. Infine, per quanto riguarda il canto delle rune, è
qualcosa che ho ripreso da Morrowind, dove una lanterna portava
inscritta in rune daedriche "FORGE DARNKESS INTO LIGHT". Coda Spezzata
semplicemente ne recita una versione accorciata "FORGE DARK IN LIGHT".
E con questo, spero che anche questo pezzo vi sia piaciuto. :)
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Capitolo 3 *** Strunmah ***
Furono i
bambini, i primi abitanti di Whiterun ad avvicinarlo davvero dopo Lydia.
Fu per caso
però e non per merito della loro innocenza: a Skyrim, le regole per
sopravvivere in una terra dura, fredda e inospitale, sono inculcate
severamente
fin dalla più tenera età. Rispetta gli dei, rispetta i tuoi avi e la
loro
saggezza, ma soprattutto rispetta Skyrim… o muori. Un’educazione forse
severa,
ma il nord di Tamriel non è famoso per essere accogliente: le sue
asperità
forgiano il carattere e lo spirito delle genti che lo abitano non
diversamente
da come il vento faccia col ghiaccio. Non è per caso che i Nord
sappiano essere
a loro volta piuttosto inospitali: non si può crescere come uno di
loro, o in
mezzo a loro, senza che anche il pregiudizio faccia parte delle lezioni
quotidiane. Serve essere almeno capaci di uccidere un drago, e saper
usare la
loro Voce, per poter incrinare queste superstizioni: non basta però ad
infrangerle.
Il nuovo
Thane della città non era benvenuto fra i suoi nuovi concittadini; o
nel feudo
più generalmente: Whiterun non è Solitude dopotutto, e un dannato uomo
serpe
per le strade della loro città era fonte di molta confusione. Da una
parte era
un Thane ora, come ricordava l’ascia che gli era stata donata dal loro
Jarl in
persona dopo che l’Argoniano aveva abbattuto il primo drago che Tamriel
vedesse
da ere… dall’altra, era pur sempre un non Nord. Per quanto fosse dotato
di
ragione e parola, serpenti e stregoni erano due categorie da cui ogni
abitante
di Skyrim sapeva di doversi tenere lontano, o meglio ancora uccidere,
in modo
da eliminare il pericolo che rappresentavano. Le frequenti visite
dell’Argoniano al mago di corte dello Jarl non erano passate
inosservate, né
lui aveva provato a nasconderle: i pettegolezzi su di lui già si
sprecavano, e
il fatto che avesse rifiutato per il momento l’invito di far parte dei
Compagni
di Jorrvaskr era di dominio pubblico, oltre a fonte di collettiva
collera. Chi
si credeva di essere quella lucertola su due zampe per poter dire di no
a
Jorrvaskr?
A voler
essere davvero onesti però, quella stessa collera si sarebbe sviluppata
anche
se avesse accettato l'invito, rubando così il sogno di altri Nord che
avevano
bramato di entrare tra i Compagni per molto tempo…
E con la
stessa ambivalenza, ma molta più invidia, erano considerate le armi e
le
corazze che l’Argoniano aveva creato o comprato per sé e per il suo
huscarlo:
per quanto un non Nord, pareva che il nuovo Thane avesse almeno buon
gusto,
cervello e coraggio. Due doti su tre, che anche i Nord potevano
rispettare: detto
questo però, avrebbero preferito di gran lunga saperlo fuori dalle mura
della
loro città, a fare… cose da Thane, lontano dai loro occhi, se non dai
loro
pensieri. E l’Argoniano, nuovo e ultimo cittadino del feudo di
Whiterun, almeno
fino a quel momento l’aveva fatto.
Quel giorno però,
sotto un pallido e freddo sole allo zenith, calpestando nuova neve già
indurita
dal gelo con gli zoccoli delle loro cavalle, Coda Spezzata e Lydia
avevano
fatto ritorno in città.
E dopo aver
sbrigato alcune visite, tra cui allo stesso Jarl, l’uomo lucertola si
era
seduto su una panca fuori dalla casa che aveva legalmente acquistato
durante il
suo primo giorno a Whiterun, lasciando al sole e ad un braciere portato
fuori per
l'occasione, il compito di tenerlo caldo. Offrendo così ad ogni
cittadino di
Whiterun che passava per la via principale della città, e ad ogni
visitatore
che ne attraversava le porte, il portento che era lui stesso senza
nascondersi:
giù, dalla punta della sua coda, fino alla cima delle corna che portava
sulla
testa. Come se poi tutto quello già non bastasse, l'Argoniano non
restituiva lo
sguardo ai curiosi, ma passava il tempo leggendo uno spesso tomo,
tenendo fra
le sue labbra scagliose e sottili, nere come il resto di lui, il tozzo
segmento
di un giunco legnoso di cui riaccendeva di tanto in tanto l’estremità
nel fuoco
del suo braciere, succhiandolo con aria vagamente soddisfatta ed
esalando poi
lievi volute di fumo profumato.
Per la barba
di Shor, perfino Ulfberth, che assieme a sua moglie possedeva la
bottega a
fianco della casa dell'Argoniano, lo guardava storto, appoggiato in
silenzio ad
una colonna del suo porticato che gemeva sotto il peso del Nord ogni
volta che si
spostava. Il fabbro non sapeva dire cosa lo disturbasse di più: vedere
quell’Argoniano leggere così spensieratamente… oppure che avesse scelto
di
farlo sotto gli occhi dell’intera città. Tra tutti i suoi concittadini,
Ulfberth
Orso Guerriero aveva una visione non comune di Coda Spezzata, dato che
era
nella sua bottega che l’Argoniano aveva fatto le corazze per sé e per
il suo
huscarlo, pagando il tempo e i materiali della Vergine Guerriera col
segreto
della forgiatura elfica, che nessun altro a Skyrim conosceva. Peccato
solo che
il primo esempio della sua abilità, e della sincerità delle sue azioni,
l’Argoniano l’avesse dato evocando un demone di fiamma dall’Oblivion!
Sì, Ulfberth
era molto combattuto su cosa fare: se colmare la distanza fra loro per
offrirgli una pinta (come fabbro, l'uomo del Nord si rendeva
perfettamente conto
che grazie a Coda Spezzata lui e sua moglie non sarebbero mai più stati
poveri)
o colmare la distanza fra loro per dargli una martellata sulla testa,
in modo
da assicurarsi che la coda dell’Argoniano non attraversasse mai più la
sua soglia.
Sentimenti largamente condivisi tra i suoi concittadini quelli, ma,
come molto
spesso succede a Skyrim del resto, furono bisogni più pratici ad avere
la
meglio sui dubbi di Ulfberth:
“Marito…
dammi una mano a conciare le pelli.” ordinò sua moglie, uscendo dalla
loro bottega
con le braccia ingombre di un pesante carico che le oscurava la vista.
“Arrivo…”
borbottò ruvido il fabbro nella sua barba, non senza un sorriso:
Ulfberth
poteva anche essere un Nord, ma amava sua moglie, figlia di Imperiali.
Prima di immergersi
nel lavoro però, il fabbro rivolse un'ultima occhiata all’Argoniano:
l’uomo
lucertola non aveva alzato nemmeno un momento i suoi azzurri occhi da
rettile
dalle pagine che teneva in grembo. Forse Ulfberth avrebbe preso il
coraggio a
due mani, e chiesto almeno di cosa si trattasse...
Mentre fuori
tutti erano concentrati sul suo Thane, Lydia invece si trovava
all'interno di
Breezehome, la loro casa, sepolta sotto coperte di pelliccia grazie
alle quali
avrebbe tanto voluto riuscire a prendere sonno: era anche per quello
che erano
tornati in città. Per recuperare le forze e accumularne altre prima di
tentare la
loro scalata alla vetta di Shearpoint: Lydia però, non riusciva a
prendere
sonno in alcun modo. Troppo era successo durante la loro prima
spedizione fuori
dalla città, e per quanto il suo corpo implorasse le benedizioni
dell'oblio, la
sua mente lavorava instancabile, ripercorrendo il sentiero dei ricordi,
di ciò
che avevano fatto assieme e di ciò di cui avevano parlato... così come
di
quello che li aspettava. A quest'ultimo in particolare però, Lydia non
voleva
pensare: troppo spaventoso era ciò che forse avrebbero trovato sulla
cima del
picco maledetto che guardava Whiterun da nord est, prima propaggine
delle
montagne che separavano Whiterun dai feudi del Pale e dell'Eastmarch.
Anche senza
quella preoccupazione però, tutto ciò che aveva visto e che le era
stato
insegnato in quei molti giorni riempiva la sua mente come una febbre. E
il
rumore... Lydia non era mai stata prima così a lungo lontana dalla
città che
l'aveva cresciuta: nelle aspre vastità di Skyrim, il silenzio della
natura era
stato il loro unico compagno, assieme ai suoni del loro accampamento e
a quelli
delle sommesse parole del suo Thane. Al confronto, il caos della città,
le
grida del mercato e il vociare delle botteghe loro vicine, non le erano
mai
apparsi così insopportabilmente rumorosi. Così, inevitabilmente,
cercando l'oblio
del riposo Lydia si avventurò invece tra i ricordi del loro viaggio e
di ciò
che assieme avevano visto e fatto in quei giorni: le taglie che si
erano
accumulate in un sacco, consegnato al loro ritorno ad Avenicci come
prova,
erano valse più di 2000 septim, ma molto di più il suo Thane aveva
riportato
alla loro dimora, sotto forma di pellicce, ricchezze e ingredienti
alchemici
raccolti nel loro viaggio...
Lydia non
aveva potuto fare a meno di chiedere alla fine, dopo che insieme
avevano
liberato anche le rovine di Valtheim dai banditi che si erano arroccati
laggiù:
la loro ultima avventura, prima di tornare in città.
Le torri di
Valtheim erano state costruite in tempi remoti, così antichi da averne
perso
memoria: c'era la possibilità che risalissero addirittura all'era
Meretica, ma
a cosa fossero servite ai tempi, o quale costruzione o regno avessero
protetto,
era stato dimenticato. Tuttavia nemmeno lo scorrere degli eoni era
riuscito ad
abbatterle e le due torri, col loro ponte di pietra ad unire le due
sponde
opposte, ancora svettavano sulle rive del fiume Bianco, che in quel
punto era
profondo e largo. Lydia non si era mai spinta così a est prima:
conosceva
ovviamente il fiume Bianco, che dal lago Illinata, situato nel feudo di
Falkreath a ovest, accoglieva numerosi immissari, troppi per ricordarli
tutti, procedendo
contorto oltre Ivarstead fino a biforcarsi in due rami, di cui uno
arrivava
fino a est- sud est, a formare la pescosa palude in cui era stata
edificata
Riften, capitale dell'omonima regione, mentre l'altro raggiungeva
Windhelm, capitale
dell'Eastmarch, edificata nel fiordo che il fiume aveva scavato
unendosi al
mare dei Fantasmi. Lei e l'Argoniano non erano giunti fino a Valtheim
per una
taglia, ma piuttosto per verificare una diceria che era stata riferita
alle
guardie del feudo da un cacciatore di pellicce, pettegolezzo che era
poi stato
confermato avvicinandosi alle due torri: se non che, i tagliaborse che
avevano
eretto quel luogo come loro rifugio dai morsi dell'inverno avevano
tentato di
farsi consegnare tutto l'oro che possedevano. L'Argoniano e la donna
del Nord
non erano venuti per loro, ben altre prede li avevano portati così a
est: ormai
però erano giunti là e tanto valeva sottomettersi ai loro obblighi di
Thane e
huscarlo. In un primo momento, Coda Spezzata era sembrato voler
assecondare la
richiesta dei due tagliaborse che li avevano fermati: quando era stato
abbastanza vicino però, l’Argoniano aveva estratto la sua grande spada
con una
velocità tale da farla sembrare una frustata.
Il brigante
di strada era stato spaccato dall'ombelico al mento, cadendo a terra in
due
pezzi, mentre il suo vicino si era ritrovato con una daga di metallo
elfico
infissa fino all'elsa al centro della fronte: solo allora Lydia aveva
fatto
tempo a scendere dalla sua cavalla, ed unirsi a lui per ripulire quel
luogo dai
briganti. Una battaglia breve tutto sommato, ma assai violenta, in cui
Lydia
aveva avuto per la prima volta un assaggio delle capacità di Spada
Stregata del
suo Thane: solamente tre sono gli elementi che vengono plasmati dai
sortilegi della
magia di distruzione, qualcosa che deriva dalla loro presenza anche
nell'Oblivion.
Ghiaccio, gelido più del fiato dei morti, e fuoco, così caldo da far
bollire il
mare: mentre Lydia avanzava lungo il ponte che univa le due torri di
Valtheim però,
tenendo alto lo scudo e proteggendoli entrambi, il suo Thane aveva
lanciato
sopra la sua testa gli stessi fulmini che cadono dal cielo, tra le
grida dei
tagliaborse e quelle del suo stesso huscarlo. I lampi vengono sempre
col buio,
e a Lydia le tenebre non erano mai piaciute: i fulmini che erano
partiti dai
palmi del suo Thane però, erano stati più spaventosi ancora.
Come
abituarsi, come sopportare simili portenti?
Le saette
dell'Argoniano erano state quiete e senza tuono, ma ovunque avessero
colpito,
carne e capelli si erano strinati, creando un brutto alone nero pece
sulla pelle,
e come succede agli alberi colpiti dai fulmini, anche i briganti di
Valtheim erano
caduti morti sulla roccia o nel fiume. Una macchia nera sulla pelle:
tanto era
bastato al suo Thane per uccidere senza una spada.
Poi, come
sempre era successo durante il loro viaggio, l'Argoniano che il destino
le
aveva dato come Thane aveva eseguito il suo rituale al termine di ogni
battaglia, cominciando a mozzare le teste ai cadaveri degli sconfitti,
ma prendendo
con sé solo quella del capo dei briganti, assieme ad un orecchio da
ogni
caduto. Con dei viticci, Coda Spezzata aveva poi intrecciato questi con
quella
e messo tutto in un grosso sacco che una volta aveva contenuto delle
granaglie,
ma in cui ora erbe medicinali tenevano a bada il fetore di morte.
Infine, Lydia
e il suo Thane avevano eretto una pira funebre, dove il fuoco avrebbe
bruciato
il resto dei corpi e delle teste. Una pratica... barbarica, per il
giudizio di
Lydia, ma solo allontanandosi dalle torri di Valtheim aveva avuto il
coraggio
di chiederne finalmente la ragione: la risposta del suo Thane non aveva
saziato
affatto la curiosità della donna del Nord, tutt’altro.
"Nella
Palude Nera sono state erette poche città degne di nota." aveva
cominciato
Coda Spezzata: "...città come sarebbero intese da Lydia almeno. Il
suolo
umido non dona né montagne, né colline o cave di pietra che possano
prestare roccia
per edificare mura e palazzi." come sempre, la voce dell'Argoniano era
più
strana ancora delle sue parole: era come sabbia che scorre sulle rocce,
o la
mola quieta su una spada. Un suono rauco, ma niente affatto sgradevole,
anzi...
Lydia aveva
già cercato di immaginare Argonia, ma la sua mente si era presto
scontrata con
i limiti della sua fantasia: come si può immaginare un luogo di eterno
crepuscolo, in cui nessuno raggio di sole, lune o stelle arrivi a terra
senza
aver prima toccato almeno una foglia?
"...E
nella Palude Nera ogni cosa è dominata dal prosperare. Se una radura
venisse
spazzata per fare spazio ad un accampamento, essa sarà ripresa da
alberi,
piante e fiume in pochi giorni." il suo Thane aveva sospirato a quel
punto, quasi una risata, prima di aggiungere: "...In alcuni punti di
essa,
perfino la foresta è più che viva."
"In che
senso, mio Thane?"
"Essa
va a caccia. Essa uccide." aveva risposto l'Argoniano e a Lydia era
venuta
la pelle d'oca di fronte al tono della sua voce.
Questo senza
ancora conoscere nel dettaglio il terribile prodigio che era Mirkwood,
forse lo
stesso cuore pulsante della Palude Nera: il bosco che si muove. Il suo
Thane
doveva aver percepito la sua reazione però, perché annuì saggiamente
prima di
continuare:
"Nella
Palude Nera, la razza degli Archeins è la più miserabile tra quelle dei
Saxhleel. È da loro che gli schiavi sono venduti ai Dunmer, su a
Morrowind: un
clan assai potente quando Argonia venne accolta sulle mappe
dell'Impero, oggi
decaduto. E tuttavia, la prosperità degli Archeins è ancora connessa
alla
miseria di altri Saxhleel. Fu a causa dei loro cacciatori, che i miei
occhi
vennero fatti posare per la prima volta su una delle città della Palude
Nera:
Stormhold." Lydia conosceva quel nome, ma solo per averlo letto nei
suoi
studi segreti per meglio comprendere il suo Thane, e quindi non disse
nulla.
Era da
Stormhold, così riportavano gli storici che avevano contribuito a
creare la
Guida Tascabile all'Impero, che si era originata la terribile epidemia
Knahaten
nella 2° Era: il destino, almeno così si dice, ama a volte accanirsi.
"Una
città sventurata. 160 anni fa, fu distrutta da un'armata di non
morti... una
storia troppo lunga per essere raccontata nella sua interezza in meno
di due
vite. Ciò che è davvero importante comunque, è quello che dalla
distruzione si
apprese: Stromhold è stata ricostruita su questa saggezza Lydia, quindi
ascoltala bene. Taglia la testa ad un cadavere e ardi le due metà
assieme: fino
a quando le due parti sono lasciate indisturbate, abbandonate al cielo,
alla
terra e alle bestie di cui sono popolate, è impossibile restituire
movimento a
simili resti."
“Sul serio
mio Thane?" e l'Argoniano annuì, tirando la sua giumenta per le
briglie:
l'odore di carne Nord che bruciava innervosiva entrambe le loro cavalle
e per
questo avevano preferito allontanarsi a piedi per quel tratto.
Lydia era
rimasta a rimuginare su quella rivelazione per un poco, prima di
chiedere
ancora:
"Posso
fare due domande, Coda Spezzata?"
"Sempre."
aveva risposta l'Argoniano.
"Se è
così... perché stiamo portando con noi le teste e le orecchie di
briganti,
tagliagole e ladri?" una domanda che nella sua innocenza riuscì a
stupire
Coda Spezzata, e l'Argoniano si voltò per guardarla meglio: come
sempre, era
quasi impossibile per la donna del Nord capire i pensieri che si
agitavano
sotto il suo volto scaglioso.
"Come
altrimenti si potrebbero provare le nostre imprese allo Jarl, Lydia?
Senza la
testa dei capi e le orecchie dei suoi?"
"Mio
Thane... è qualcosa che farebbe un orco." ammise la donna del Nord,
lievemente imbarazzata dal dover spiegare una cosa simile: ancora una
volta
però, sembrava impossibile offendere il suo Thane. Anzi, l'Argoniano
riuscì a
stupirla ancora una volta, perché rispose:
"Ma
certo che è fatto da loro in questo modo Lydia: dagli Orsimer è
dimostrata
un'ammirevole... praticità in cose come questa. E i Saxhleel conoscono
comunque
molti modi per far sì che nessun fantasma possa sorgere da simili
resti." il
che per Lydia avrebbe significato venire introdotta a nuovi orrori: sanzas, le avrebbe chiamate il suo
Thane. Le teste rimpicciolite di coloro che aveva ucciso: quella però
sarebbe
stata una storia per un altro giorno.
"...E
la seconda domanda?" chiese l’Argoniano riprendendo a camminare.
"Se il
fuoco... se il fuoco impedisce ai non morti di sorgere, perché allora
usare il
fulmine?" perché il rogo dei briganti delle torri di Valtheim era stato
appiccato usando la fiamma di un falò, non creandone di nuovo con la
magia.
"Una domanda
imprecisa, Lydia. I non morti non sono fermati dal fuoco: solo i loro
corpi. E
la risposta alla tua domanda potrebbe risultare... altrettanto
imprecisa."
l'huscarlo aspettò paziente che Coda Spezzata raccogliesse e desse
forma al suo
pensiero: se c'era qualcosa che l'Argoniano era in grado di insegnarle,
era il
valore della quiete e del silenzio.
"…Esistono
a questo mondo, due uccelli che cantino allo stesso modo, Lydia? Il
grido del
falco è forse lo stesso di quello del gallo?"
"No. "
rispose subito la Nord.
"E
tuttavia, entrambi posseggono ali. Non vi è poi molta differenza nella
magia:
si può imparare a volare come un falco e a cantare come un gallo, ma
cosa e come
alla fine si faccia, dipende da quale volatile si sia. La fiamma è
potente,
Lydia." aggiunse ancora l’Argoniano, raccogliendo nel palmo un globo di
luce accecante come il sole: perfino dalla distanza che li separava, la
donna
del Nord poté sentirne il calore e la luce, capace di scacciare via
qualsiasi
tenebra e qualsiasi gelo.
"…Ma in
me, il fulmine può scorrere con più forza." finì l’Argoniano, chiudendo
la
mano e disperdendo il fuoco nel suo pugno.
"È
perché sei Argoniano, mio Thane?" chiese Lydia guardandolo negli occhi.
"Sì. E
no." esalò Coda Spezzata: "…Come sempre, si è vittime del luogo in
cui si cresce e delle sue usanze."
"Non
capisco, mio Thane." rispose Lydia, appellativo quello che le fece
guadagnare un altro sussurro senza significato:
"Anche
dai Saxhleel sono tessute tradizioni, storie e leggende. Alcune
tramandate,
altre inventante, altre ancora nessuna delle due, o entrambe, ma tutte
sono
fatte abitare almeno sotto un albero. Nella Palude Nera, si tramanda di
una
creatura: il wamasus. Il saggio re sotto le fronde… forse, è stato
destino." la donna del Nord pendeva dalle sue labbra a quel punto, e lo
nascondeva molto male:
"Si
dice che oggi nella Palude Nera i wamasus non possano più essere
trovati: può
essere vero, o forse no. Dopotutto, anche i draghi hanno fatto ritorno
dopo ere
e i wamasus forse sono legati ad essi. Sono stato cresciuto ascoltando
le loro
storie, le loro leggende: i wamasus sono… si potrebbe definirli draghi
di
palude." Lydia inspirò profondamente di fronte a quella rivelazione:
lei era
arrivata solo alla lettera S del
bestiario della Palude Nera che le era stato donato dalla farmacista di
Whiterun.
“Da ciò che
è stato visto dai miei occhi, sono convinto sia una definizione
corretta. Si
tramanda che fossero senza ali, poiché il volo era stato da loro
abbandonato
per il nuoto: gli acquitrini più profondi erano la loro dimora, re
incontrastati
di foreste che non saranno mai visitate dall’uomo. Si tramanda che
avessero
scaglie, che avessero code e corna non diversi da quelli di un drago, e
che forse
fossero persino più intelligenti. Ma non fuoco si trovava nei loro
corpi, e
nemmeno sangue: solo la bianca forza del fulmine, forte come la
tempesta più
terribile. Sconfiggere, o anche solo sopravvivere ad un wamasus, pare
fosse
un’impresa senza pari, perché più li si feriva, più i fulmini
saettavano dal
loro corpo. Nell’acqua, ogni creatura di uno stagno poteva essere
folgorata da
un singolo wamasus con facilità. E ancora oggi, i wamasus sono ritenuti
sacri
dai Saxhleel, ma ancor di più dal resto dei popoli dei fiumi della
Palude
Nera.”
“Come le
lamie.”
“Come le
lamie.” confermò Coda Spezzata, perché l’Argoniano era stato cresciuto
da una
di esse, creature note per la loro forza e la loro magia: “…E così, in
modi
sottili, nella Palude Nera le loro storie vengono continuamente
inseguite
ancora oggi. Perché essere un wamasus, vuol dire essere saggio e
forte.”
Tutto questo,
le era stato raccontato dal suo Thane con una voce quieta e roca, senza
fretta
o particolare intensità, ma colpì Lydia davvero molto: perché mentre il
resto
di Tamriel continuava a considerare gli Argoniani come uomini rettile
incomprensibili o meritevoli solo del proprio disprezzo, c’era più
saggezza e
forza in quel popolo di quanto chiunque altro avesse mai potuto
immaginare. I
Nord inseguivano il valore e la forza: in verità, la gloria più
effimera,
mentre gli Argoniani onoravano saggezza e prosperità. Qual era dunque
fra i due,
il popolo più civilizzato?
Il suo Thane
però non le aveva dato il tempo di pensare a quella risposta, perché
ormai si
erano allontanati abbastanza dalle torri di Valtheim: montati sulle
loro
cavalle, si erano diretti al galoppo di nuovo verso la città, che
avrebbero
raggiunto solo qualche giorno più tardi.
***
Fuori, sulla
via principale di Whiterun, Coda Spezzata ancora non si era mosso di un
solo
passo dalla sua panca, continuando a leggere quel suo libro con estremo
interesse: qualcosa che aveva incoraggiato molti dei suoi nuovi
concittadini a
passare davanti alla sua dimora per osservarlo bene, e magari tornare
poi a dare
una seconda occhiata, o una terza…
Coda
Spezzata continuava a fingere di non vederli: sarebbe stato impossibile
per lui
non notare la strana processione che si muoveva come le onde sulla
risacca
davanti alla sua casa, avanti e indietro, con passi diversi di tanti
uomini e
donne curiosi che risuonavano sul selciato della via principale della
città.
Tuttavia Coda Spezzata non aveva alcuna intenzione di impedirlo, o di
sottrarsi
ai loro sguardi: il suo libro era interessante, il braciere al suo
fianco caldo
e il giunco fra le sue labbra gustoso.
Nonostante
gli anni passati in mezzo a loro, ancora Coda Spezzata non riusciva a
capire del
tutto Uomini ed Elfi: per esempio, a che scopo sprecare del legno per
scavare
pipe e seccare piante per farne tabacco? Con un poco di conoscenza
officinale,
era possibile trovare quasi ovunque arbusti, o come in quel caso
giunchi, che
si prestassero da soli ad entrambi gli scopi: in quell’occasione, un
lontano
parente dell’alloro, che bruciava con un aroma secco e simile
all’incenso,
lasciandogli un retrogusto dolceamaro in bocca, mentre uscendo il fumo
gli
solleticava le branchie. C’era uno scopo nella scelta che Coda Spezzata
aveva
fatto di mettersi in mostra per i cittadini di Whiterun, ora anche la
sua
città: il fine però, non era niente di più misterioso di ciò che già
apparisse.
Farsi vedere, perché la sua presenza iniziasse a risultare familiare ai
suoi
concittadini: mostrarsi, per un giorno farsi conoscere. Non per volersi
necessariamente
integrare in quella comunità, o per apparire docile, ma perché non
c’era
ragione di alienarsi quegli uomini e quelle donne: non c’era ragione di
fomentare
conflitti. Conoscendo i Nord però, quello sarebbe stato più facile a
dirsi che a
farsi: qualcosa di cui, di nuovo, Coda Spezzata non poteva dire di
comprendere
appieno nelle sue cause. I suoi concittadini dovevano capire che lui
non
avrebbe mai potuto essere come loro: se anche si fosse strappato le
corna dalla
testa o tagliato la coda, alla fine sarebbero ricresciute. Quindi, che
senso aveva
quella loro resistenza, quando ancora non avevano provato ad
accettarlo?
E poiché non
era possibile per lui cambiare in un modo che ai Nord piacesse, poteva
almeno cercare
di comprendere se una pacifica convivenza fosse possibile… e forse
qualcosa di
più. Agli Hist piacendo, era uno dei loro Thane ora: il che significava
che era
suo dovere, per il suo onore, aiutare e proteggere quella città il
meglio che
poteva. Coda Spezzata dubitava che i cittadini di Whiterun si
aspettassero che
davvero mantenesse quell’impegno: forse dopo che la storia del suo
sacco di
teste avesse fatto il giro della città le cose sarebbero un po’
cambiate, ma
fino ad allora l’Argoniano si accontentava di restare seduto su una
panca, a
leggere e farsi osservare. Faceva freddo però, anche col braciere a
fianco: non
in modo precisamente sgradevole, ma abbastanza da non farsi mai
dimenticare.
Niente di nuovo da quel punto di vista: Skyrim era fredda esattamente
come i
suoi abitanti, e forse più tardi avrebbe fatto un salto alla Giumenta
Bardata,
a scaldare il suo sangue con un po’ di birra Argoniana…
Nemmeno Coda
Spezzata avrebbe mai immaginato ciò che stava per succedere però, né di
come il
caso sembrasse volergli offrire un’opportunità inattesa, anche se non
insperata: dopotutto, era per ascoltare e vedere i suoi concittadini a
sua
volta, che si era seduto fuori dalla soglia della sua casa.
I bambini
sono preziosi per gli uomini: al Nord in modo particolare. Quello, Coda
Spezzata riusciva a capirlo e condividerlo: in una terra così
inospitale come era
Skyrim, riuscire a crescere un cucciolo non doveva essere facile per i
delicati
uomini, non con i freddi inverni e le belve che li abitavano, e questo
senza
tener conto della recente guerra civile che aveva diviso i nove feudi,
o dei draghi
che dopo ere erano tornati a mostrarsi per ragioni che nessuno poteva
dire
ancora di comprendere. Sì, i cuccioli d’uomo erano preziosi, anche
perché ce
n’erano pochi a Skyrim: Whiterun non faceva eccezione, nonostante fosse
la
capitale di uno dei nove feudi.
Nonostante
questo, o forse proprio a causa di questo, i bambini restavano bambini,
stringendo amicizie effimere o legami profondi destinati a durare a
lungo,
godendo delle risa e dei giochi di chi non è ancora adulto, e che non
ha tempo
di avere paura o di dubitare, perché c’è troppo ancora da scoprire e
conoscere
del mondo che ti circonda. Della mezza dozzina di mocciosi che stavano
correndo
lungo la strada principale, Coda Spezzata poteva dire di conoscerne di
vista
solo un paio: Braith era quella che spiccava di più nel gruppetto.
Coda
Spezzata aveva brevemente conosciuto suo padre Amren dopo essere
tornato in
città, per riportargli una lama con l’insegna della sua famiglia che
l’Argoniano aveva trovato in mano ad uno dei banditi così sfortunati da
incontrarlo. Così come sua moglie Saffir, anche Amren era uno straniero
nelle
terre del Nord: entrambi infatti erano due Guardie Rosse, o Yokudan,
come si
chiamavano ancora tra loro i nativi di Hammerfell, la gigantesca
penisola
semidesertica ad ovest di Tamriel. Popolo di navigatori e mercanti
dalla pelle
scura e dal sangue turbolento, Amren e Saffir non avrebbero potuto
essere più
diversi, incarnando la coppia litigiosa della città di Whiterun dove
Ulfberth e
Adrianne erano invece quella armoniosa. Il destino apparentemente
favoriva
Amren e Saffir, perché aveva donato loro una figlia dalla pelle scura
come
quella dei suoi genitori, incapace di passare inosservata tra i suoi
coetanei:
chissà se ora che suo padre aveva finalmente ritrovato la sua spada
dalla lama
ricurva, la particolarità che aveva interessato Coda Spezzata prima che
Lydia ne
identificasse lo stemma, avrebbe avuto tempo per lei. Amren era stato
un
mercenario un tempo, ma ormai pendeva dalle gonne di sua moglie, e
mentre
Saffir era di certo un’abile mercante, si diceva che alla realtà della
sua
famiglia preferisse la finzione dei libri che importava soprattutto per
il mago
di corte e i cittadini più ricchi delle città. Forse non del tutto a
torto,
considerato che Braith era una mocciosa pestifera di cui l’unico svago
capace
di intrattenerla sembrasse essere quello di tormentare i suoi coetanei:
era da
lei infatti che il resto dei bambini di Whiterun stava scappando in
quel
momento, in particolare un Nord mingherlino dai capelli biondi e
vestito meglio
degli altri, che sembrava avere tutta l’intenzione di non farsi
prendere. Coda
Spezzata dubitava che ce l’avrebbe fatta: Braith era di una spanna più
alta di
lui, e le sue falcate continuavano a guadagnare terreno.
L’altra
bambina che Coda Spezzata riconobbe del gruppo era Mila Valentia: la
figlia di
un Imperiale e forse di un uomo del Nord, difficile esserne sicuri
però, dato
che il padre mancava da anni. Nonostante questo, Mila era giudiziosa e
molto
matura per la sua età, tanto che preferiva passare le sue giornate ad
aiutare
la madre Carlotta nel vendere frutta e verdura al mercato, piuttosto
che
giocare con i suoi coetanei: Coda Spezzata si ricordava di lei per
averla vista
spazzare via neve e fango con una scopa più grande di lei. Doveva
essere
successo qualcosa di davvero grave per aver averla fatta allontanare
dalla
piazza del mercato a quell’ora… grave quanto può esserlo per un
bambino,
s’intende. Ed era proprio lei in coda al gruppo, cercando di fermare
Braith
dall’acchiappare il giovane bambino in testa: tutti gli altri mocciosi
si erano
uniti al gioco per il semplice piacere di correre.
Braith
riuscì quasi a raggiungere la sua preda in fondo alla strada del
mercato,
proprio dove il selciato smetteva di essere lievemente in discesa, ma
Mila fu
più veloce ancora, afferrando la bambina Yokudan per il gomito e
cercando di farla
smettere. Peccato solo che non avesse considerato le differenze di peso
ed
altezza tra loro: Braith si liberò con una gomitata che colpì Mila in
faccia.
Non fu quella la cosa più grave però: solo l’inizio. L’urto, e la
strada già scivolosa
di brina, unita alla velocità della corsa, fecero perdere l’equilibro a
Mila:
la bambina slittò e finì a terra, lei da una parte, una delle sue
scarpe
dall’altra, mettendo violentemente a terra le mani che si sbucciarono
sulla
pavimentazione gelata della città, mentre la sua gonna le proteggeva in
qualche
modo le ginocchia. Scivolò ancora un poco prima di fermarsi quasi di
fronte a
Breezehome, mentre il resto dei bambini continuava in quella corsa
senza
pensieri, occupati solo dai loro giochi: risalirono le scale a fianco
della
bottega del Cacciatore Ubriaco a perdifiato e poi Coda Spezzata li
perse di
vista, dato che entrarono nel distretto del Vento...
Mila poteva
essere anche una bambina giudiziosa e molto matura per la sua età, ma
dopo
essere caduta ed essere stata abbandonata dai suoi coetanei, fece
quello che
ogni bambino fa a quell’età: si mise a piangere, mentre la faccia le
diventava
rossa come una delle mele che vendeva con sua madre, e calde lacrime le
scorrevano dagli occhi.
Prima che
qualcuno potesse impedirlo, prima ancora che qualcuno potesse iniziare
a
pensare di reagire, il libro che Coda Spezzata aveva portato in grembo
fino a
quel momento venne chiuso e posato sulla panca, e l’Argoniano in
persona,
calcando bene gli artigli che aveva in fondo ai piedi, si avvicinò alla
bambina
fino ad esserci sopra. I figli dell’uomo non era poi così strani per
Coda
Spezzata: molto più comprensibili, e a volte sopportabili, delle loro
versioni
adulte. Erano creature di desideri ed opinioni oneste, che dicevano
sempre
quello che pensavano: un po’ come i Saxhleel, insomma.
Quello che
fece smettere di piangere Mila Valentia fu la coda: una lunga coda
muscolosa
che le strisciò sotto le ascelle e la sollevò abbastanza da rimetterla
in
piedi. Risalendo quella coda, Mila scoprì sopra di lei la cosa più
strana che
la piccola Imperiale avesse mai visto nella sua breve vita: era nero,
era
scaglioso, aveva le corna… e non era proprio una persona. Lacrime calde
continuavano a scenderle dal viso, e Mila continuava a respirare
rumorosamente,
ma l’Argoniano sopra di lei aveva ora tutta la sua attenzione: ne aveva
sentito
parlare anche dalla sua mamma, ma non avrebbe mai immaginato che fosse
così…
così... strano, ecco, né così
gigantesco. Coda Spezzata invece si sedette sui talloni di fronte a
lei: anche
così, era comunque più alto di Mila, e la bambina poté solo ammirare i
suoi
piedi con artigli e la sua coda che la circondava come una spessa
radice. L’Argoniano
le prese delicatamente le mani, controllandole i palmi: Mila se li era
sbucciati entrambi, ma le ferite non sembravano profonde, solo sporche
di
terriccio e sangue. Per un bambino però, doveva sembrare la fine del
mondo:
“Muoveresti
le mani?” le chiese gentilmente, cercando di mettere nella sua voce
timbri e
ritmi esagerati che normalmente non si sarebbe mai preso la briga di
cercare di
replicare. L’Argoniano credeva che lo facessero suonare sciocco: come
quando
gli uomini a volte facevano voci buffe, cercando di suonare come cose
che non
erano:
“Che… che
cosa?” singhiozzò Mila.
“Le mani.”
ripeté Coda Spezzata paziente: “…Possono essere mosse, con tutte le
dita?”
Mila ci
provò, scoprendo che per quanto la pelle le facesse davvero male e le
bruciasse, non sembrava esserci niente di rotto: i bambini sono più
resistenti
di quanto loro stessi sappiano, per fortuna. Verificato che nessun osso
fosse
danneggiato e che l’unica fonte di disagio di Mila fossero le
sbucciature, Coda
Spezzata sollevò entrambi i palmi della bambina all’altezza del suo
volto, come
a volerli guardare da molto vicino. E poi, prima che qualcuno potesse
fermarlo,
si infilò entrambe le mani di Mila in bocca, serrando le sue zanne
sulla carne
della giovane Nord.
Quando Mila
vide scomparire le sue dita, e tutti i palmi fino al polso, tra quelle
fauci
nere senza guance, tra quelle fila di bianchi denti da coccodrillo, si
sentì
mancare: peggio ancora fu restare a guardare per gli altri presenti. Ci
fu
qualcuno che fece immediatamente scendere la mano sul pomolo della
spada, ma
prima che potesse anche solo stringerne l’elsa, Coda Spezzata aprì la
bocca,
mostrando che non solo Mila aveva ancora due mani, ma ognuna delle sue
dita. Le
sue mani erano uscite nelle stesse condizioni in cui erano entrate, o
quasi,
perché Mila notò due fori identici sui suoi polsi, piccoli quando
punture di api,
che avrebbe scoperto essere presenti simmetrici anche dall’altro lato.
Anche se
era stata appena morsa dalle quattro zanne dell’Argoniano però, non
aveva
sentito niente: anzi…
“Meglio?”
chiese Coda Spezzata, curvando poi la testa di lato per sputare un poco
della
terra che aveva raccolto con la sua lingua bifida dalla bambina.
“S… Sì.”
rispose Mila guardandosi le mani.
Non le
facevano più male: anzi, per la verità non sentiva proprio più niente.
Riusciva
a muoverle questo sì, ma era come se fossero le mani di qualcun altro,
tanto
che non sentiva più né freddo, né dolore. Provo a stringersele, e ci
riuscì,
solo che scoprì di aver perso completamente il senso del tatto:
“È… magia?”
“No.”
rispose semplicemente l’Argoniano, rialzandosi in piedi e sollevandola
da terra
con lui.
Mila non
veniva più sollevata in quel modo nemmeno dalla sua mamma: non provò a
scappare
però. Un po’ perché quello che stava succedendo era così strano, un po’
perché
la persona che la teneva in aria, seduta su un suo braccio, era
davvero… alta.
Mila non voleva cadere ancora e così rimase a guardare mentre
l’Argoniano
raccoglieva la sua scarpa calzandola sulla punta della coda, per poi
mettersi
in marcia. Non andarono molto lontano: l’Argoniano la condusse nella
sua casa,
a Breezehome, lasciando la porta aperta in modo che tutti potessero
vedere cosa
stesse facendo, ma soprattutto cosa non stesse facendo. Ad esempio,
preparandosi a cucinare Mila Valentia con mele e cavolo:
“Lydia!”
chiamò l’Argoniano a voce alta: “…Siamo onorati da un ospite!”
La risposta
fu quasi immediata, perché dal piano superiore della casa la bambina
sentì il
rumore inconfondibile di un’altra persona che scendeva dal letto e si
muoveva
per raggiungerli. Mila però fu quasi delusa da ciò che vide: si era
aspettata
una donna rettile, o magari perfino un’elfa come quella che faceva da
guardia
del corpo allo Jarl, e invece quella che scese le scale in mezza
armatura e
camiciola di nera lana grezza, fu una Nord dall’aspetto e dai modi
comuni. Da
parte sua, anche la donna sembrò sorpresa di trovarla in braccio al suo
Thane: l'Argoniano
sembrava sorprendentemente a suo agio, come se per Coda Spezzata badare
a bambini
umani fosse all’ordine del giorno.
“Mio…
Thane?”
“Una brutta
caduta sul selciato: si avvisi sua madre che sta bene e che qualcuno si
sta
occupando di lei.”
“Sì mio
Thane.” rispose prontamente Lydia: non chiese il nome di Mila, perché
la vedeva
da molto più tempo di lui ad aiutare sua madre sulla piazza del mercato.
“Si torni in
fretta: ci sarà bisogno del tuo aiuto, dopo.”
“…Mio
Thane?” chiese Lydia, già quasi fuori.
Coda
Spezzata sospirò:
“Le sue mani
saranno curate da me, ma non si considererebbe più… conforme all’onore,
se le
sue ginocchia fossero curate da una mano più simile alla sua?” in
effetti,
avere un Uomo Lucertola sotto la gonna non era qualcosa che Mila
avrebbe dovuto
subire: meglio Lydia per prendersi cura di quello, Nord e donna a sua
volta.
Fortunatamente, Lydia capì quel concetto al volo:
“Sì… certo mio
Thane!” rispose l’huscarlo, solo per uscire da Breezehome, fare quattro
passi
sul selciato e poi tornare subito indietro:
“…Se posso
chiedere, cosa farai per…?” Coda Spezzata comprese immediatamente il
significato
della sua domanda.
“Alchimia.
Ciò è adatto per le guardie dello Jarl, è adatto anche per una dei suoi
cittadini.” di nuovo, era meglio non usare magia su una Nord, in mezzo
ad una
città di Nord, a meno di non aver ricevuto il permesso per farlo… e
comunque l’Argoniano
non era ancora intenzionato a gareggiare con i taumaturghi del tempio
di
Kynareth.
Inoltre, mentre
Coda Spezzata era più che capace di prendersi cura del suo corpo con la
magia, gli
Uomini erano… un po’ più fragili di lui e richiedevano più cura e
attenzione: non
valeva la pena prendersi dei rischi per una sbucciatura. E così, mentre
per la
seconda volta Lydia lasciava la soglia di Breezehome, Mila rimase a
fissare con
lo sguardo l’Argoniano: l’uomo rettile si mosse rapidamente, ma con
ordine. Ogni
gesto, e questo fu evidente perfino alla bambina, fu compiuto con
precisione,
come se fosse stato deciso tanto tempo fa: un bacile ricevette acqua da
un
secchio e fu messo a scaldare sul fuoco; poi l’Argoniano estrasse da un
cassetto degli stracci puliti di cotone grezzo, resti della lavorazione
dell’imbottitura della sua corazza che Coda Spezzata aveva tenuto per
poter fare
delle riparazioni in futuro... E poi l’uomo rettile sparì dietro una
porta,
ricavata nello spazio sotto le scale che portavano al piano superiore.
Doveva
essere una stanza molto angusta, e Mila fu quasi sul punto di cedere
alla
curiosità e andare a vedere cosa stesse facendo. Prima ancora che
potesse
decidersi però, era pur sempre ospite in una casa altrui, l’Argoniano
ritornò,
tenendo in una mano una fiasca gonfia, tappata con la cera, e un
pacchetto
avvolto in foglie, che posò su un basso sgabello.
Di nuovo, e
senza sforzo apparente, Coda Spezzata la sollevò da terra mettendola in
piedi
su una sedia, sempre sotto lo sguardo dei suoi concittadini, che
l’Argoniano
ignorò completamente: fino a quando guardavano da oltre la soglia, ma
non
entravano non invitati nella sua casa, non avevano niente da temere.
“Mani.”
ordinò asciutto l’Argoniano e Mila obbedì prontamente, sollevandole
entrambe.
Essere un
uomo rettile dotato di corna e coda in una terra di camminatori di
terra
asciutta aveva qualche vantaggio: tra gli altri, che difficilmente
doveva
ripetere più di una volta le cose, o che gli era difficile avere
l’attenzione
altrui.
Inumidendo
una pezza di cotone nel bacile d’acqua ormai calda, l’Argoniano
procedette con
attenzione a tamponare e finire di pulire le mani di Mila. Una volta
tolta la
terra e lo sporco, Coda Spezzata poté osservare direttamente il danno
ai palmi
della bambina: si era spellata i palmi fino a mettere in mostra la
carne viva,
e il suo tamponare con le pezze di cotone aveva fatto sanguinare di
nuovo le
ferite che si era procurata. Coda Spezzata non indugiò in quella vista,
né
concesse a Mila di farlo: tuttavia, la bambina impallidì molto vedendo
in che
stato si era ridotta.
“Però non
fanno male.” ripeté con una vocetta sottile.
“No.” concesse Coda Spezzata.
“…Come mai?”
l’Argoniano considerò come rispondere a quella domanda in un modo che
non
potesse essere frainteso, né da Mila, né da coloro che li ascoltavano:
Coda
Spezzata in effetti non aveva mai visto così tante barbe oltre una
soglia:
“Hsm…”
mormorò pensieroso: “…un trucco della Palude Nera.” rispose alla fine.
La curiosità
di un bambino però, è proverbialmente insaziabile:
“Posso
impararlo?” chiese Mila, uno sguardo implorante negli occhi.
“No.”
rispose Coda Spezzata, ma di fronte all’aria afflitta della bambina,
non poté
evitare di aggiungere: “…Cose da esseri con la coda e le corna.”
“Oh… quindi
le mucche possono impararlo?” una domanda che impegnò molte barbe nel
soffocare
altrettante risate.
Coda
Spezzata si chinò di fronte a Mila, piantandosi le mani sulle ginocchia
e
guardandola negli occhi dalla stessa altezza:
“Credi che
una mucca possa assomigliarmi?” e al suo fianco, le spire della sua
coda, con
le squame dentate come quella di una sega, apparvero più che mai
evidenti:
specie perché calzava ancora la scarpa di Mila sulla punta.
Nonostante
questo, non ci volle molto perché la bambina abbassasse lo sguardo:
“…No.”
“I tuoi
occhi funzionano ancora dunque. Bene.”
Lydia tornò
in quel momento, seguita a ruota da Carlotta, ma dovettero aprirsi la
strada
insistendo tra schiene e barbe, per riuscire ad entrare.
“Mamma!”
esclamò Mila, ma Coda Spezzata le impedì di scendere dallo sgabello
mettendole
una mano sulla spalla.
“I feriti
non dovrebbero muoversi fino a quando non sono stati curati.” sibilò
calmo
l’Argoniano, rivolgendosi poi a Carlotta che era rimasta sulla soglia:
per
quanto una non Nord, anche lei conosceva le consuetudini di Skyrim.
“Sii
benvenuta nella mia dimora, Carlotta Valentia.” solo dopo quell’invito
formale,
la madre oltrepassò la porta per ricongiungersi alla figlia.
“Mila…”
disse l’Imperiale, venendo ad abbracciare la bambina, ancora in piedi
sullo
sgabello.
“Sto bene.”
la rassicurò sua figlia, ma Carlotta fu di ben altro avviso dopo averla
osservata:
“Le tue
mani…”
“Guariranno.”
offrì Coda Spezzata: “…Questione di poco.”
“Non vorrei
disturbarvi oltre…”
“Nessun
disturbo.” quella situazione era uno dei motivi per cui l’Argoniano
preferiva
trattare solo con le versioni non adulte degli uomini.
“Carlotta…
posso garantirti che il mio Thane sa quello che fa.” frase quella di
Lydia, che
le fece guadagnare uno sguardo penetrante da parte dell’Argoniano.
La madre
però non rispose subito, facendo passare lo sguardo tra i vari membri
della
stanza: alla fine forse, fu per la scarpetta sulla coda di Coda
Spezzata che si
decise. E accorgendosi del suo sguardo, l’uomo rettile la posò
finalmente alla
base della sedia su cui Mila restava in piedi.
“Molto bene
allora. Ma insisto a pagarvi per il vostro disturbo...”
“Assolutamente
no.” sibilò Coda Spezzata quasi irato, tanto che Carlotta non osò
protestare:
“…Lydia, tampona e ripulisci le ginocchia di Mila. Delicatamente,
huscarlo.”
“…Sì, mio
Thane.” rispose umile Lydia: non era ancora mai riuscita ad offendere
l’Argoniano, nonostante le occasioni e la sua goffaggine. Carlotta
Valentia
invece, sembrava esserci riuscita al primo colpo.
Andando a
chiudere la porta della sua casa con uno scatto, e dando di nuovo le
spalle a
Mila in modo che Lydia potesse pulirle le ginocchia conservandone il
pudore,
l’Argoniano si piazzò a gambe larghe di fronte a Carlotta:
“Se dalle
usanze di Skyrim si richiede la… mercificazione della cortesia fino a
questo
punto, allora questa è davvero la provincia più barbara dell’uomo.
L’aiuto che
è stato dato… poca cosa.”
Lydia
sussurrò qualcosa, che nemmeno Mila riuscì a sentire chiaramente:
sembrò più
una cifra, che un termine. Qualcosa come: solo
12’000 septim in alluci di gigante.
Ma di certo la bambina aveva capito male:
“Lydia:
mani, non bocca.” ordinò brusco l’uomo lucertola, senza girare la
testa, ma
quasi la sua coda frustò l’aria.
Carlotta,
che era la più vicina all’Argoniano, si accorse che l’uomo rettile
sembrava
emanare un odore strano in quel momento: come di silice bruciata. O
fuoco e
zolfo bollente:
“…Vorrei
comunque ripagare la vostra gentilezza.” rispose la donna imperiale e
il suo
tono sommesso sembrò finalmente capace di placare l’Argoniano, tanto,
che Coda
Spezzata percorse con un dito i tozzi spuntoni che aveva sotto la
mandibola:
“Le mie
scuse.” esalò alla fine sibilando: “…sembrerebbe che aiutare chi ne ha
bisogno
sia ancora... imprescindibile, per me.”
“Non una
buona virtù per un mercante.” rispose timidamente Carlotta.
“…Ecco
perché si praticano interessi così alti su tutto il resto.” ribatté
l’Argoniano
e il silenzio tra loro divenne improvvisamente confortevole.
“Mio Thane…
ho finito.” affermò Lydia interrompendo il gioco di sguardi tra loro.
“Desideri…
controllare?” chiese l’Argoniano a Camilla.
“Ah. No…
voglio dire, immagino che il vostro huscarlo sia capace di prendersi
cura di
una sbucciatura...”
“Solo se sa
cosa è bene per lei.” rispose Coda Spezzata voltando la testa: Mila
aveva le
gonne ad altezza caviglia, e Lydia le aveva fatto calzare di nuovo la
sua
scarpa.
Di fronte a
quello sguardo, la giovane donna del Nord chiese aiuto a Mila, che
raccolse
l’invito, annuendo con un sorriso che sembrò bastare a soddisfare
l’Argoniano.
Coda Spezzata tuttavia non aveva ancora finito: muovendosi svelto,
l’uomo
rettile svolse il pacchetto che aveva portato, strappando una striscia
sottile
quanto uno spago da quello che sembrava legno bruciacchiato. In realtà,
ma
dovette metterlo in mano a Mila perché gli altri se ne convincessero,
era carne
affumicata.
“Mio…
Thane…?”
“Non quello
che pensi Lydia. Mastica Mila: tutto quanto e lentamente.” cosa che la
bambina
cominciò a fare, solo per interrompersi dopo pochi istanti.
“È amara!”
“Ma allontana
la febbre.” ed era la verità: i suoi erano più che rimedi popolari
della Palude
Nera.
L’alchimia
era scienza e arte, e ancora Coda Spezzata non poteva dire di
conoscerne che
una piccola parte, anche se a volte era la parte più… repulsiva della
magia. Ma
d’altro canto Coda Spezzata non aveva colpa del fatto che si potesse
ottenere
un potente antipiretico dalla pelle affumicata degli skeever,
i grandi ratti necrofagi che tante malattie trasmettevano
col loro morso…
“Mila…”
impose dolcemente sua madre e di fronte a quel tono, la bambina si
arrese e
ubbidì, saltellando da un piede all’altro per finire di masticare.
Fatto
questo, e riaperti gli occhi che le lacrimavano per quel sapore intenso
come quello
di un’erba amara, Coda Spezzata stappò la fiasca che aveva portato:
“Spalanca la
bocca.” e quando la bambina gli obbedì, l’Argoniano le versò non più di
un
ditale della pozione: Lydia aveva ragione a modo suo, e considerati gli
ingredienti non c’era ragione di sprecarne più del dovuto.
Anche se,
considerata la loro missione al campo dell’Albero Dormiente, restavano
ancora
quattro alluci di gigante all’Argoniano per preparare il suo elisir e
considerando
poi che il resto degli ingredienti richiedeva una spesa ridicola, i
forzieri di
Breezehome potevano dirsi pieni per un tempo decisamente lungo, specie
con le
abitudini piuttosto frugali dei suoi abitanti.
“Meglio?”
chiese Coda Spezzata, ritappando la fiasca.
“Non so…”
rispose Mila.
“Mmhh… le
tue mani dicono di sì.” osservò Coda Spezzata grave, andando a riporre
la
pozione nella sua dispensa alchemica.
Per quando
tornò, Mila e sua madre erano ancora a bocca aperta ad osservare
l’effetto
dell’incredibile elisir dell’Argoniano: su Mila, non restava altro che
i
ricordi della caduta.
“…Però
ancora non me le sento.”
“Torneranno tra
qualche ora. Meno, se correrai. Sii attenta però: il fatto che tu non
senta
nulla, non vuol dire che non possa farti male.” rispose serafico
l’Argoniano.
“Meglio di
no… non vorrei cadere di nuovo: era davvero amara.” si spiegò Mila.
“Msh. Qualcuno
è stato cresciuto saggiamente.” commentò leggero l’Argoniano sibilando.
“E grata.”
sottolineò Carlotta: “…Vorremmo davvero ripagare la vostra gentilezza,
Thane
Coda Spezzata.”
“Msh… shm… mmhh.” mormorò l’Argoniano, e
nessuno degli altri occupanti della stanza seppe dire se fossero parole
o suoni
senza senso. In ogni caso, dovevano averlo aiutato a pensare, perché
sembrò
aver raggiunto una conclusione:
“...Ci
sarebbe un modo. Sarebbe comodo piantare un giardino sul retro di
questa casa,
Mila Valentia: un giardino di erbe officinali e ingredienti che si
possono
trovare in questa terra, ma che non sono normalmente commerciati
dall’alchimista
della città.” come fiori di montagna, salvia, magari anche un cespuglio
di
sinforicarpo... quello in particolare sarebbe stato molto utile
all’Argoniano,
in futuro: “…Ma le piante hanno bisogno di essere annaffiate e di
essere difese
da parassiti e uccelli: io e Lydia raramente saremo in città per
farlo.” dopo
un breve sguardo a sua madre, Mila rispose:
“Mi piacerebbe
prendermene cura.”
“Quando
verrà il momento allora, ti verrà insegnato come farlo.”
Lydia scosse
la testa: innaffiare aiuole per qualcuno che abitava sulla strada del
mercato…
ben poca cosa, soprattutto considerando il valore di quello che Coda
Spezzata
aveva usato su Mila. Anche Carlotta doveva pensarla allo stesso modo…
nessuna
delle due donne però, aveva la minima idea di quanto pedante
l’Argoniano
potesse diventare quando si trattava di erboristeria. Difetto questo,
dovuto
all’averla appresa da un vecchio Dunmer
scorbutico, che si preparava le tisane solo con i prodotti del suo
giardino. In
ogni caso però, per il momento quell’accordo soddisfava tutti i
partecipanti:
tanto che dopo qualche frase di circostanza, Mila e Carlotta furono
riaccompagnate alla porta.
Dietro di
essa, il numero di barbe non era affatto diminuito, anzi: l’Argoniano
trovò in
prima fila proprio Ulfberth Orso Guerriero, che mentre il resto dei
Nord
guardava madre e figlia allontanarsi mano nella mano con espressione
sollevata,
gli porse il libro che Coda Spezzata aveva dimenticato sulla panca.
“Lettura
impegnativa.” disse il gigantesco fabbro.
E molto più complicata
di quanto si aspettasse, ma Ulfberth non avrebbe mai ammesso di non
aver capito
nemmeno una parola della pagina che aveva sbirciato: De
rerum Dirennis. Solo del titolo non aveva la minima idea di come
dovesse essere pronunciato:
“…Alcuni
preconcetti si devono affrontare nuovamente, di tanto in tanto.
Grazie.”
rispose l’Argoniano, prendendo il tomo dalle mani del fabbro: Ulfberth
non
aveva la minima idea se stesse parlando del libro o di sé stesso.
Per quando
si decise a chiedere però, l’Argoniano era già rientrato da un pezzo
nella sua
dimora: se fosse stato qualcun altro, forse Ulfberth, e anche alcuni
dei suoi
concittadini, lo avrebbero già invitato alla Giumenta Bardata a bere
con loro...
***
Ecco perché
tutti i presenti furono sorpresi quando Coda Spezzata e Lydia si
presentarono
alla locanda quella notte, qualche ora dopo cena. Una serata piena
quella:
nonostante l’ora, quasi un quarto della città era presente alla
Giumenta
Bardata, assieme a forestieri e mercanti che si erano trovati a passare
la
notte a Whiterun. Quando la coda dell’Argoniano chiuse con uno scatto
la porta
della locanda dietro a Lydia, ogni conversazione all’interno si
arrestò: non fu
strano, perché tutti o quasi stavano parlando proprio di lui. Anche per
questo,
il suono degli artigli dell’uomo rettile sulle assi sembrò rimbombare
nel
silenzio in cui lo osservarono muoversi, ma Coda Spezzata non sembrò
farci caso.
Era vestito in modo semplice, ma curato: una casacca color cielo sopra
una
camicia di lana chiara, e pantaloni scuri tagliati appositamente per
accogliere
i suoi piedi e la sua coda. Per quanto quegli abiti lo tenessero al
caldo, era
ovvio che fossero indumenti da città, con cui l’Argoniano dichiarava a
modo suo
che quella notte era lì per restare… E che per quanto ad alcuni potesse
non
piacere averlo a Whiterun, il loro dissenso sarebbe stato incontrato
con forza:
delle sue daghe elfiche, l’Argoniano ne aveva lasciata a Breezehome
solo una, e
a nessuno era sfuggito quanto poco i suoi abiti nascondessero il gioco
dei
muscoli sottostanti. Senza contare che l’Argoniano era pur sempre una
Spada
Stregata… e un Thane.
Più o meno
nella stessa situazione e abiti, ma di colori lievemente più vivi e in
toni di
verde, era anche Lydia: l’huscarlo però non era riuscita a separarsi
dalla sua
sottile, ma pesante spada d’ebano, che pendeva da un cinturone stretto
in vita.
Tra loro due era l'huscarlo a sembrare la più imbarazzata nel trovarsi
lì in
quelle vesti: pochi tra i suoi concittadini però, sapevano che l’abito
che
indossava in quel momento era il primo che le fosse stato mai comprato
da un
uomo… maschio… da qualcuno. Ed era da quando non si arrivava all’elsa
che Lydia
non portava una gonna: la vita di guardia cittadina non era una di
lussi.
Nonostante
la spada e la daga però, era piuttosto ovvio quanto quella sera fossero
venuti
alla Giumenta Bardata a svagarsi. E infatti, Coda Spezzata si diresse
sicuro al
bancone di Hulda, seguito timidamente da Lydia: la giovane donna del
Nord però,
non comprese davvero le ragioni di alcune occhiate che le vennero
rivolte...
L’Argoniano
si sedette cautamente sullo sgabello di fronte al bancone, quasi come
se
temesse che franasse sotto il suo peso:
“Hulda.”
“Thane.”
rispose la locandiera con uno scintillio divertito negli occhi: su di
lei, il
fascino di uomini vestiti con pelle di lucertola o con le corna non
faceva
molto effetto. Anche perché chi ancora mancava dei suoi clienti più
abituali
sarebbe arrivato di corsa, quando la notizia che Coda Spezzata era alla
Giumenta Bardata: ergo, più septim ancora per lei.
“…È rimasta
ancora della birra Argoniana?”
“Non
qualcosa di più forte? Ho del brandy di Cyrodiil e dell’ottimo vino
alto per
rinfrescarvi la gola.” non proprio una tattica sottile la sua: dare
spunti agli
altri avventori per capire se, almeno nel bere, il nuovo Thane del
feudo fosse
disposto a schierarsi nella guerra civile che imperversava a Skyrim.
L’Argoniano
però non era una preda così facile: inoltre, sapeva benissimo che la
gradazione
alcolica della cosiddetta birra Argoniana aveva poco a che fare con i
suoi effetti
deleteri. La locandiera invece non poteva nemmeno immaginare che la
naturale
resistenza degli Argoniani a veleni e malattie si trasferisse anche ai
frutti
della fermentazione:
“I sapori
della propria terra non sono migliori di quelli di altre… solo più
cari.” e a
quella verità Hulda non poté che inchinarsi, facendo comparire due
bottiglie di
fronte all’Argoniano.
Hulda non
aveva nemmeno finito di spillare sidro di Honnigbrew per Lydia però,
che
l’Argoniano le restituiva già il primo vuoto:
“Per il
martello di Shor… Thane! Non ho mai visto nessuno bere così quella
birra.”
“Ora l’hai.”
soffiò contento: “…E se delle bottiglie di Vino di Sangue di Blackrose,
da
Argonia, dovessero essere accolte nella tua cantina, il mio oro sarà
più che lieto
di liberartene.”
“Vino di Sangue? Confesso di non essere
familiare con questo nome…”
“Non ne vengo
sorpreso: deve ancora essere trovato chi, tra uomini, elfi o khajiit,
voglia
dividerne con i Saxhleel.”
“È velenoso,
mio thane?” chiese timidamente Lydia e l’Argoniano afferrò la sua
seconda
bottiglia di birra, prima di rispondere:
“Non…
esattamente: anzi, quasi l’opposto. Questo perché è più simile ad un
filtro
alchemico, che ad una bevanda comune. Per quanto eccellente.” aggiunse
Coda
Spezzata quietamente, levando la bottiglia all’indirizzo della
locandiera.
“Quindi… è
una pozione?”
“Quasi. È
più come un liquore, fatto con frutti che crescono solo in Argonia:
alla loro
fermentazione sono aggiunti semi pestati di solidago, essenza di
bergamotto, l’estratto
della digitale… e altro.”
Lydia aveva
appreso ancora poco sull’arte alchemica, ma aveva già compreso che
quando un
suo conoscitore glissava su alcuni ingredienti chiamandoli
semplicemente altro, poteva essere solamente perché
fossero
cose di cui era meglio non parlare in pubblico. Quando fosse venuto il
momento,
Lydia ne avrebbe avuto la conferma: non era un caso che fosse chiamato
vino di
sangue…
“…E quali
sono i suoi effetti, mio thane?” Coda Spezzata la fissò con un solo
occhio
azzurro, un’espressione quasi divertita sul suo volto imperscrutabile.
“Le
differenze tra le nostre genti sono rese… meno evidenti.” una frase
criptica,
che poteva essere interpretata in più di un modo.
Gli
Argoniani li intendevano tutti, compresi i più letterali: il Vino di
Sangue non
solo donava temporaneamente la resistenza ai veleni della loro razza,
ma
permetteva anche di respirare sott’acqua. Questo perché uno dei suoi
effetti,
nei camminatori di terra asciutta almeno, era quello di far spuntare
delle
branchie: non era strano che coloro che sentivano aprirsi dei tagli
sibilanti
ai lati del collo non volessero mai più avvicinarsi ad una bottiglia di
quel
liquore, nonostante l’effetto fosse solo temporaneo.
“Deve essere
ben forte per rendere attraente uno di voi.” commentò invece Hulda
gioviale.
“Ed è vero
anche l’opposto.” rispose Coda Spezzata quasi di buon umore: frase
questa, che
l’ostessa ricompensò con una risata.
“Beh, se
dovesse capitarmi sottomano, cercherò di ricordarmi di voi, Thane.”
“Si può
sperare: per quanto sia con pochi estimatori, è stato importato fino a
Bruma. E
come ho detto, il mio oro sarà felice di pagarlo.”
“Non faccio
promesse, Thane, ma vedrò quello che posso fare non appena i mercanti
torneranno ad attraversare i Jerall.” far sapere ad un mercante quanto
si
desideri esattamente un certo prodotto non è mai una buona idea: il
dolce vino
di sangue rischiava di costare salato al nuovo Thane di Whiterun.
Almeno
inizialmente infatti, Hulda avrebbe cercato di farselo pagare 100
septim alla
bottiglia…
Per i sapori
della sua terra lontana però, l’Argoniano era disposto a contrattare un
prezzo
meno caro:
“Apprezzato.” la ringraziò Coda Spezzata,
girando sullo sgabello e appoggiando il gomito sul bancone: “…Credevo
comunque
che della musica avrebbe allietato la nostra serata.” il bardo vanesio
della
Giumenta Bardata era in effetti assente in quel momento:
“Già… Mikael
è a caccia stasera."
"A
caccia?"
"Vuol
dire che è andato a bussare alle porte delle donne di Whiterun,
cercando di
convincerne una a farlo entrare, mio Thane."
"Msh...
accade spesso?" fu una strana nozione quella per l’Argoniano: le donne
di
Skyrim si dovevano dunque predare, piuttosto che corteggiare? La sua
breve
permanenza a Riverwood non l’aiutava a fare chiarezza in
quell’argomento:
sembrava che i metodi usati in quella terra fossero… un po’ più diretti
e
franchi, per non dire rozzi, di quanto fosse stato abituato sull’altro
versante
delle montagne Jerall.
"Più
spesso di quanto ci piaccia ammettere. Ma non impara mai. Almeno sa
incassare." rispose Hulda: la vanità e la superbia del bardo
incontravano
spesso i pugni di mariti, fratelli e promessi, ma nessuna di queste
cose era
ancora riuscita a farlo desistere, né a rovinare irreparabilmente il
suo
profilo.
“…Ho già
mandato Uthgerd a raccattarlo.” aggiunse seraficamente la locandiera.
“Per la
spada di Shor!” imprecò Lydia: “…L’Invincibile è in città? Credevo che
dovesse
fare da guardia a una carovana di mercanti.” se l’avesse saputo, Lydia
non
avrebbe mai suggerito di venire a bere alla Giumenta Bardata quella
sera.
“È stata
licenziata dal capo carovana per essersi presentata ubriaca. Ha assunto
i
Compagni al posto suo.”
Il che
voleva dire che l'Invincibile sarebbe stata sobria e più furiosa del
solito: se
Uthgerd non avesse avuto pugni in grado di uccidere un orso, e il loro
stesso
brutto carattere, sarebbe già stata lo zimbello della città.
Ci fu
angoscia e urgenza nella voce di Lydia quando si rivolse a Coda
Spezzata:
“Mio Thane,
credo che sarebbe prudente tornare a Breezehome.”
“Davvero?”
ribatté tranquillo l’Argoniano, e Lydia ancora una volta non fu in
grado di
dire se lo divertisse, o se invece avesse la sua completa attenzione.
Era così
difficile leggere quel volto scaglioso e con le corna, e quegli occhi
da
rettile completamente azzurri e privi di bianco.
“Con quello
che ci aspetta… non credo possiamo rischiare una rissa questa notte.” e
Lydia
si odiò per averlo detto: quella avrebbe potuto essere la loro ultima
serata a
Whiterun. La giovane donna non era certa che sarebbero tornati dalla
loro
spedizione al picco di Shearpoint… non entrambi, almeno: quella avrebbe
dovuto
essere una serata di spensieratezze. Non da passare nell’angoscia del
domani.
Lydia però
non immaginava che il suo Thane avesse già cominciato a concepire
un’opportunità nella sua angoscia: non erano tornati a Whiterun solo
per
riposarsi dopotutto, ma anche per assoldare qualcuno che potesse
accompagnarli
nel loro viaggio. Whiterun era città di guerrieri senza pari, ma dopo
aver
rifiutato l’invito ad entrare nei Compagni, almeno per il momento, la
scelta di
Coda Spezzata era limitata solo a coloro che i septim potessero
comprare. E
anche se una persona si era già lasciata convincere dall’oro
dell’Argoniano,
un’altra avrebbe fatto solo comodo per quello che avevano in mente e
dovevano
fare… specie se portava il nome di “Invincibile”.
Lydia invece
sapeva bene cosa sarebbe successo se Uthgerd e l’Argoniano si fossero
incontrati: l’Invincibile era da anni in faida con i Compagni di
Jorrvakr, che
l’avevano cacciata dalla loro fila. Incontrare qualcuno che ne aveva
rifiutato
l’invito, poteva solo finire in lotta: Uthgerd era irascibile,
orgogliosa e
dalla mano pesante. Ecco perché Lydia saltò giù dal suo sgabello,
cominciando a
cercare la sua bisaccia di monete, e implorando con lo sguardo
l’Argoniano di
fare lo stesso. Coda Spezzata però non sembrava avere fretta: forse
aveva
capito che era già troppo tardi.
Lydia non
aveva nemmeno finito di contare le monete infatti, che la porta della
Giumenta
Bardata si spalancò di schianto, e Mikael ci volò attraverso, raccolto
attorno
al suo liuto in modo che sopravvivesse alla caduta. Sì, il bardo sapeva
decisamente come incassare:
“…Buona
serata Jon.”
“Mikael.” lo
salutò sprezzante il Nord seduto sul ciocco accanto al fuoco.
Jon
apparteneva al clan Guerriero Nato: l’Argoniano non sapeva molto di più
su di
lui al momento, tranne che la sua famiglia era in contrasto con quella
dei
Manto Grigio, clan a cui apparteneva anche Eorlund. Una rivalità quella
che era
stata inasprita, o era nata chissà, con lo scoppio della guerra civile
a
Skyrim: di tutta la sua famiglia però, Jon sembrava il più temperato di
idee e
parole. L’Argoniano l’aveva ascoltato discutere sulla piazza del
mercato
durante una delle sue commissioni, sentendogli dire che a Skyrim erano
tutti
ossessionati dalla morte: qualcosa che Coda Spezzata riconosceva sempre
più
vera a mano a mano che viveva in mezzo ai Nord.
Mikael si
tirò in piedi con un guizzo, riuscendo a rimettersi in piedi da solo e
mettendosi subito a suonare: musica, ma niente canto, colpa forse dello
zigomo
che gli si stava già gonfiando. Doveva essere stato lanciato con molta
forza
comunque, perché solo in quel momento Uthgerd fece il suo ingresso alla
Giumenta Bardata, chiudendosi la porta alle spalle e sbarrando la
strada al
gelo.
A Coda
Spezzata piacque quello che vide: una donna dal volto leonino e dalla
giovinezza ormai spenta, capelli di uno sporco castano tenuti in trecce
di
cera, lo sguardo feroce come quello di una bestia, e una corazza
completa di
acciaio a piastre che doveva essere spessa almeno mezzo pollice. Una
vera
figlia del Nord, a cui mancava solamente uno spadone a due mani sulla
schiena,
che probabilmente l’Argoniano avrebbe trovato nella sua camera alla
locanda.
Era fuor di dubbio infatti, che alla Giumenta Bardata Uthgerd fosse di
casa:
quello che l'Invicibile vedeva però, evidentemente non la soddisfece
del tutto.
O forse il bardo non ne aveva ancora prese abbastanza:
“Se sai cosa
è bene per te Mikael, continuerai a suonare. Sono più di quanto tu
possa
gestire.”
Il bardo non
disse niente, ma il motivo che continuò ad uscire dal suo strumento
prese più
brio, e più vita. Accontentata da questo, fu allora che l’Invincibile
si guardò
attorno: non ci mise molto a scoprire perché così pochi le restituivano
lo
sguardo. Né di decidere dove dirigersi: con un coraggio che non sapeva
di
possedere, Lydia si mise sulla sua strada cercando di fermarla.
Tuttavia sapeva
già come sarebbe finita: era inevitabile.
“Uthgerd…
non questa notte, te ne prego...” ma l’Invincibile non sembrò nemmeno
sentirla:
l’unico modo in cui riconobbe la sua presenza, fu quello di sbatterla
di lato
così violentemente da mandare Lydia a ruzzolare sul pavimento, in modo
da poter
continuare ad avanzare verso l’Argoniano con passi pesanti.
La giovane
donna del Nord fece appena in tempo ad incrociare lo sguardo del suo
Thane,
troppo spaventata per accorgersi di avere il labbro spaccato:
“Si dice che
tu abbia rifiutato l’invito dei Compagni, lucertola.” lo apostrofò
Uthgerd
mettendosi a gambe larghe di fronte all’Argoniano, che era rimasto sul
suo
sgabello.
“Se fosse?”
chiese quieto Coda Spezzata, ricambiando lo sguardo della donna del
Nord.
“Ci vuole un
bel coraggio a dire di no a Jorrvakr.”
“No. Non
molto.” la corresse Coda Spezzata, svuotando d’un fiato la seconda
bottiglia di
birra, e posandola distrattamente sul bancone: “…Sono state viste cose
molto più
coraggiose solo questa sera.”
“Ah ah.
Davvero? Per esempio?” lo incalzò la Nord.
“Lydia.” la
indicò Coda Spezzata: “…Fronteggiare qualcuno più forte di sé stessi
senza
armatura: più coraggioso.”
“E tuttavia
non sei corso a difenderla. Avete un cuore che batta voi altri, e del
sangue
che scorra?”
“Lydia non è
così debole da aver bisogno dell’aiuto di un Saxhleel per rialzarsi. E
si erge
già orgogliosa: nemmeno i giganti la fanno tremare.” frase questa, che
venne
ascoltata in rispettoso silenzio: erano andati a caccia dei giganti
fuori dalla
città? Sarebbe stata Ysolda a confermare quell’impresa il giorno
seguente, ma
per allora l’Argoniano non sarebbe già stato più a Whiterun:
“E poi tu,
Uthgerd. Più coraggiosa ancora.”
“Puoi ben
dirlo...” ma l’Argoniano scosse la testa, parlando sempre con voce
quieta:
“Tu, con il coraggio
di umiliare i compagni di un Saxhleel davanti ai suoi occhi.
Coraggiosa… ma molto
sciocca.”
“Potrei
sconfiggere dieci di voi assieme con un solo pugno.”
“Da quello
che è stato visto dei Nord fino ad ora, si può dubitarne almeno.”
Lydia
ricordò in quel momento qualcosa che aveva appreso durante i suoi studi
segreti
per meglio comprendere il popolo del suo Thane. Tutti coloro che si
erano presi
il disturbo di conoscere davvero gli Argoniani, concordavano sempre su
una cosa:
per quanto imperscrutabili potessero sembrare, per quanto strana
potesse
apparire la loro cultura, gli Argoniani erano un popolo di cui era
difficile
ottenere la fiducia. Ma una volta ottenuta, una volta stretto un legame
di vera
amicizia con uno di loro, quel legame era indissolubile: anche per
questo erano
considerati sia eroi che mostri. Non sembrava esistere limite agli
estremi a
cui un Saxhleel potesse arrivare per coloro che chiamava amici:
“Vuoi
sentire della vera saggezza Nord, stivali ambulanti? Non conosci
davvero
qualcuno fino a quando non hai bevuto qualcosa di forte e non ha avuto
una
rissa con lui. 100 septim dicono che non puoi vincermi.” affermò
Uthgerd,
lanciando la sua bisaccia sul bancone di Hulda.
Nessuno, da
molto tempo, era stato così disperato o pazzo da accettare quella
sfida. Fu
evidente quanto Coda Spezzata fosse nuovo a Skyrim quando la sua
bisaccia si
posò a fianco di quella dell’Invincibile:
“…Una
scommessa interessante, ma può essere fatta una migliore.” affermò
l’Argoniano
alzandosi in piedi, e posando la sua daga a fianco delle due bisacce
con un
movimento più rapido di quanto gli occhi potessero seguire.
Lydia capì
che nonostante la sua voce restasse quieta, il suo Thane si stava
preparando a
riservare a Uthgerd lo stesso trattamento che aveva inflitto ai
briganti di
Valtheim e ai molti che avevano affrontato prima di loro. Non stava
posando la
daga per onore, ma per non usarla per sbaglio durante lo scontro: anche
se,
considerando gli artigli che aveva sui piedi, quella era forse una
preoccupazione inutile...
“E quale?”
“500 septim
se sarò messo a terra. I tuoi servizi di guardia gratuitamente se no.”
“Berrò alla
tua salute.”
“Si può
dubitarne almeno.” ripeté l’Argoniano con la stessa voce.
Avevano
l’attenzione di tutta la Giumenta Bardata: nessuno voleva perdersi
quello
scontro. Vedere qualcuno massacrare il Thane forestiero era qualcosa a
cui
molti di loro aspiravano di assistere, mentre altri invece volevano
semplicemente vedere una rissa scoppiare e il sangue scorrere, magari
appena
curiosi di scoprire di cosa fosse capace la lucertola su due zampe: in
generale, sarebbero rimasti tutti piuttosto delusi.
Fu Coda
Spezzata ad iniziare, e anche a finire: prima ancora che Uthgerd
potesse
muoversi, prima ancora che l’Invincibile sfoderasse quei pugni con cui
era
capace di uccidere uomini e bestie, l’Argoniano la colpì in faccia con
uno dei
suoi. Non sul naso, ma tra le tempie e l’orecchio, con la forza di due
nocche:
un gancio rapido come una frustata e che schioccò quasi allo stesso
modo sulla
carne e le ossa dell’Invincibile. Un colpo mirato a causare molto più
danno della
sola forza con cui era stato portato: Coda Spezzata sarebbe stato
capace di
spaccarle la mandibola, se avesse mirato un po’ più un basso, o lo
zigomo, se
avesse colpito più vicino a sé. L’Argoniano invece attaccò i nervi e il
cervello
dell’Invincibile: Uthgerd era una guerriera troppo testarda perché
delle ossa
rotte potessero fermarla. Così invece, il suo mondo divenne
improvvisamente di
un accecante bagliore, mentre l’unico suono che sentì fu quello di un
fischio
nell’orecchio, più acuto di quello del vento. I pugni le divennero
pesanti come
montagne, e l’Invincibile, che per anni aveva riempito di ammirazione e
terrore
il resto degli avventori con la sua possanza, scoprì la sconfitta. La
donna del
Nord rimase a gambe larghe, spostata di un passo all’indietro, la bocca
spalancata e storta in un’espressione di incredulità, con le braccia
lungo i
fianchi.
Coda
Spezzata però non era soddisfatto: quello che gli videro fare tuttavia,
non era
qualcosa a cui gli altri avventori fossero preparati, Lydia esclusa.
L’Argoniano calciò, ma invece di colpire, agganciò il pettorale
dell’Invincibile con gli artigli, piantando l’altro piede nelle assi
della
Giumenta Bardata e affondando gli unghioni. Poi sollevò di peso la
donna del
Nord con la sua corazza, schiantandola a terra con tutta la forza di
cui era
capace. Mai prima di allora il pavimento della Giumenta Bardata era
stato
infranto delle risse che erano state combattute sopra di esso, tuttavia
perfino
quelle assi furono costretto a fare spazio alla sagoma di Uthgerd,
quando la
donna impattò con tutta l’armatura per terra, provocando il rumore di
una
valanga e a fiato mozzo.
Nel silenzio
attonito dei presenti, il suono degli artigli dell’Argoniano che
graffiavano lentamente
il pettorale di Uthgerd, lasciando tre segni paralleli nel metallo,
furono
l’unica cosa a rompere la quiete. Se non avesse avuto quella corazza,
Coda
Spezzata avrebbe già sbudellato la donna, cosa che fu più che evidente
al resto
dei Nord riuniti: Uthgerd però non era stata chiamata l’invincibile per
caso. Lentamente,
più per riflesso che per intenzione, la donna cercò da districarsi da
dove era
stata conficcata, di tornare in piedi e a combattere, contro chi o cosa
però,
non riusciva già più a ricordarlo. Coda Spezzata non glielo permise,
avanzando
fino a darle le spalle e avvolgendole strettamente la coda attorno al
suo collo
come un cappio. Lo fece usando la parte inferiore della sua coda, non
le squame
simili ai denti di una sega: Lydia ebbe l’intuizione che l’Argoniano
avesse già
ucciso in quel modo, strangolando la sua vittima a morte mentre si
tagliava le
dita e i palmi sugli spuntoni della sua coda… o peggio ancora,
rivolgendo
quelle squame aguzze all’interno, e recidendo con esse i vasi
importanti del
collo, lasciando poi la preda a dissanguarsi.
Uthgerd
boccheggiava in silenzio, mentre la stretta dell’Argoniano si faceva
sempre più
forte: proprio come un pesce fuori dall’acqua, steso su una pietra in
attesa
che il pescatore lo evisceri per poterlo vendere al mercato.
“Lydia.”
chiese l’Argoniano con la sua voce quieta: lo sentirono tutti alla
locanda.
“Mio…
Thane?”
“Da ciò è
stato visto, credi che sia stato dato il massimo in questo… scontro?”
“No, mio
Thane.” rispose subito Lydia.
Perché era
stato disarmato, perché non aveva usato la magia… e, cosa che fu
evidente anche
al resto dei Nord, perché non solo non era stato colpito una volta
dall’Invincibile, che stava continuando a soffocare, ma i suoi vestiti
erano
ancora lindi e in ordine.
“Tuttavia.”
affermò l’Argoniano osservando il resto dei presenti: “…Se da qualcun
altro il
nostro diritto a bere qui deve ancora essere messo in dubbio, si faccia
avanti
ora.”
I sibili di
Uthgerd e il silenzio degli altri Nord accolsero la sua dichiarazione:
l’Invincibile ormai non si dibatteva nemmeno più.
“…E pensare
che si aspirava ad una serata tranquilla.” sospirò Coda Spezzata,
lasciando
andare l’Invincibile, che crollò di nuovo tra le assi, immobile e
sconfitta.
Con passo
leggero, Coda Spezzata tornò a sedersi al bancone di Hulda, recuperando
la sua
daga e la sua bisaccia, ma spingendo quella di Uthgerd verso la
locandiera:
“Le mie
scuse per i danni.” soffiò quasi imbarazzato: “…Un lato spiacevole
della mia
persona.”
Hulda fece
scorrere lo sguardo su Uthgerd e il pavimento sotto di lei, per poi
tornare a
fissare l’Argoniano che aveva di fronte:
“…Spiacevole?”
“Sembra che
sia incline a mettere i preconcetti alla prova.” spiegò Coda Spezzata,
mentre
la sua mano saliva fino a toccare l’anello di ferro che portava sulle
corna:
“…Invincibile.” aggiunse poi, indicando Uthgerd con un pollice.
I sorrisi si
trasformarono presto in sghignazzi alla Giumenta Bardata, senza che
l’Argoniano
capisse perché, e quando questo divenne evidente anche agli altri
avventori,
gli sghignazzi divennero risa. Per poi morire nel silenzio quando Lydia
fece
una domanda solo all’apparenza innocente:
“Mio Thane…
cosa accade quando perdi la calma?”
“Completamente?”
chiese l’Argoniano fissandola con un occhio azzurro e Lydia annuì una
volta
soltanto:
“…Non vale
la pena parlarne.” rispose infine con un’alzata di spalle: “Hulda,
un’altra
birra per favore.”
Cogliendo
l’occasione, Mikael ricominciò a suonare il suo liuto, e le
conversazioni
lentamente ripresero: nessuno disturbò ancora Coda Spezzata o Lydia
quella
sera. Né qualcuno ebbe il coraggio di spostare l’Invincibile da dove
era stata
conficcata...
Fu un
secchio di acqua gelida a svegliare Uthgerd il mattino dopo.
La donna del
Nord si destò sputacchiando, trovando Saadia sopra di sé che la
guardava con
disapprovazione.
“Che c’è?”
chiese Uthgerd disorientata alla cameriera Redguard: per Kynareth e
Shor, le
faceva male qualunque cosa.
Perfino
ascoltare la sua stessa voce era doloroso: aveva un fischio incessante
nelle
orecchie, una morsa alla testa, nella bocca il sapore di sangue, la
gola in
fiamme… e che Talos l’aiutasse, aveva la schiena a pezzi.
“È l’alba.” rispose
di cattivo umore Saadia: “Il Thane mi ha detto di svegliarti e di dirti
di
presentarti alle porte della città in armatura e spada.”
“Il Thane?”
per i nove dei… aveva la voce rauca come quella di un corvo.
“Coda
Spezzata. L’Argoniano.” sillabò Saadia.
Funzionò: i
ricordi della sera precedente riuscirono ad farsi strada attraverso i
lividi
che aveva lasciato. Così come la scommessa che aveva fatto e perso:
“Per Shor…”
imprecò Uthgerd.
“C’è sempre
un pesce più grosso.” la canzonò Saadia, ma senza provare ad aiutarla a
rialzarsi: la cameriera dalle mani delicate si sarebbe fatta venire
un’ernia se
avesse provato a estrarre l’Invincibile dal pavimento. E considerando
il suo
temperamento, meglio che lo facesse da sé.
Non fu
facile, ma imprecando e bestemmiando alla fine Uthgerd ci riuscì. Come
scoprì
però, restare in piedi era decisamente peggio che giacere sdraiati,
tanto che
l’Invincibile dovette agguantare una bottiglia da sotto il bancone di
Hulda e
scolarsela per poter ignorare il dolore. Essendo a digiuno dal giorno
prima, il
liquido dorato le andò subito alla testa, ma meglio sbronza che
inutile, riuscì
a pensare, mentre Saadia la guardava con disapprovazione sistemando i
tavoli: a
parte lei, Uthgerd era l’unica presente alla Giumenta Bardata, cosa che
le
diede del benedetto silenzio in cui ricomporsi e provare a rimettere in
moto il
cervello. Non aveva nemmeno idea di cosa esattamente quella lucertola
avesse
bisogno da lei, o per quanto tempo sarebbe stata lontana da Whiterun,
ma al
momento non importava: le faceva troppo male tutto per preoccuparsi
anche di
questo. Però per Shor… mai Uthgerd avrebbe immaginato che ci fosse
qualcuno in
grado di metterla a terra così in fretta: l’Invincibile poteva prendere
a
schiaffi le pietre senza sentire nulla. Coda Spezzata probabilmente le
spaccava
a pugni…
Tuttavia, i
Nord hanno una sola parola: quindi fu senza rimpianti o rabbia che salì
nella
sua stanza alla Giumenta Bardata a recuperare le sue spade, una lunga e
una
corta, il suo arco e le frecce. Delle provviste non c’era tempo di
preoccuparsene. Sotto un sole che le sembrò accecante, ma che invece
era appena
sorta, Uthgerd camminò a passo di lumaca, orientandosi quasi a fatica
in una
città che conosceva come le sue tasche: le sembrò di aver marciato per
giorni
quando finalmente raggiunse le porte della città e invece non erano
stati che
pochi passi.
Là giunta,
Uthgerd poté assistere ad uno spettacolo singolare: tutti i mocciosi di
Whiterun erano già in piedi e vigili a quell’ora quasi antelucana,
venuti ad
osservare la partenza dell’Argoniano dalla città. L’Invincibile
credette di
vederci doppio o triplo, cosa che non sarebbe stata strana considerato
il suo
stato, ma dopo aver chiuso e riaperto gli occhi più volte, dovette
riconoscere
che il numero di mocciosi non sembrava voler cambiare: quindi
probabilmente non
era solo una visione. A capeggiare il gruppetto c’era la figlia della
fruttivendola, Mila… Mila qualcosa, Uthgerd non aveva la forza di
richiamarne
alla mente il nome completo. La bambina sembrava fare da interprete e
intermediario tra il resto dei mocciosi e l’Argoniano, che si stava
prestando a
giocare con loro, sollevandoli uno alla volta con la sua coda da terra
tra
gridolini e risa di festa, e brevi litigi su a chi toccasse il turno
successivo. Suoni quelli che costrinsero Uthgerd a rallentare
ulteriormente:
avevano sempre avuto voci così acute?
“In
ritardo.” l’accolse l’Argoniano con un cenno d’assenso, a cui
l’Invincibile
rispose con un suono inarticolato, dando la possibilità a Coda Spezzata
di
annusare l’alcool nel suo respiro. Non disse niente a proposito però:
“…Devi
proprio andare?” chiese lamentoso il figlio minore del clan Guerriero
Nato, dai
capelli biondi come il grano.
“Devo. Agli
dei piacendo, ci si ritroverà.” rispose l’Argoniano, sedendosi sui
talloni
davanti a lui.
Per la barba
di Shor, avrebbe potuto inghiottire la testa del bambino in un boccone
solo, e
quella corazza color ottone sporco non aiutava a farlo sembrare più
rassicurante.
“Ma devi
tornare. Devi! Devi ancora piantare il giardino e insegnarmi ad averne
cura…”
protestò Mila.
Uthgerd
osservava tutto con occhio appannato, e quella particolare pretesa, per
quanto
strana, non riuscì a registrarsi nella sua mente. Coda Spezzata però
sembrò
sorridere: se non nel volto, almeno nella voce.
“Shhaa Mila Valentia. Il tuo zelo si è
già guadagnato gratitudine. Un regalo di arrivederci, allora.” rispose
l’Argoniano, cominciando a frugare nella borsa da sella che aveva ai
piedi,
visibilmente gonfia.
Tra tutto
quello che Uthgerd poteva immaginare l’Argoniano avrebbe mai tirato
fuori da
donare ad una bambina, non avrebbe comunque mai indovinato nemmeno se
fosse
stata sobria e in forma: Coda Spezzata infatti estrasse un fiore
dall’aspetto
carnoso e del colore del fuoco, che cresceva tipicamente a Skyrim ad
alte quote
e vicino all’acqua. Un fiore molto bello e dal nome un po’ strano: la
forma dei
suoi petali infatti, l’aveva fatto battezzare in modo davvero
particolare.
“Lingua di
drago.” spiegò Coda Spezzata a Mila, passandole il bocciolo con ancora
le
radici attaccate: un fiore grazioso, per una bambina graziosa.
Della
semplice bellezza però, l’Argoniano non sapeva accontentarsi:
“…Un filtro
creato dal suo fiore, protegge dal fuoco al punto che si potrebbe
danzare tra
le fiamme senza farsi male.” notizia questa che venne accolta con il
giusto
numero di oooh! e aaah! da parte dei
mocciosi di Whiterun:
“Te lo
affido, Mila Valentia: riuscirà questo fiore a prosperare col tuo
aiuto?”
“Io… io ci
proverò.” rispose Mila, stringendosi al petto il fiorellino.
Coda
Spezzata invece annuì due volte, squadrandoli tutti, per poi rialzarsi
in
piedi: senza aggiungere altro, l’Argoniano si voltò, caricandosi la
borsa in
spalla e dirigendosi oltre le porte della città. Uthgerd ci mise un po’
per
ricordarsi di doverlo seguire.
Fortunatamente,
non andarono lontano: solo fino alle stalle di Whiterun, dove le
cavalle del
Thane e di Lydia erano già state legato ad un carro scoperto,
noleggiato per quel
viaggio. Era proprio la giovane Nord ad essere in quel momento in
cassetta,
mentre nel retro, tra le loro provviste e l'equipaggiamento per il
viaggio,
allungava le gambe l’altra mercenaria che Coda Spezzata aveva assunto
per la
loro spedizione a Shearpoint.
“Uthgerd.”
la salutò brevemente Jenassa, volgendo verso di lei il suo volto color
cenere
tatuato d’oro, e i suoi occhi rossi come il sangue, che sfumavano in un
rosso
ancora più intenso.
Jenassa era
una Dunmer, a sua volta un’altra libera mercenaria in vendita al
miglior
offerente: Uthgerd rispettava le capacità dell’elfa scura, ma non erano
mai
diventate amiche. Troppo diverse per riuscire a diventare confidenti
nonostante
il comune mestiere, non solo per la razza differente, ma anche per la
loro
professionale competizione: non era un caso che Jenassa si recasse alla
Giumenta Bardata solamente quando Uthgerd era fuori città, e che allo
stesso
modo l’Invincibile visitasse la bottega del Cacciatore Ubriaco per
comprare
frecce solo quando era l’elfa ad essere assente da Whiterun. Vivi e
lascia
vivere: il loro rispetto professionale ed una vaga conoscenza delle
doti
dell’altra, aveva fatto sì che non avessero mai voluto scontrarsi.
Nessuno
prima di Coda Spezzata però, le aveva mai assunte entrambe per lo
stesso
lavoro: nessun incarico era sembrato prima così pericoloso. E questa
volta
l’elfa aveva avuto più fortuna di Uthgerd: Jenassa si era fatta pagare
in
anticipo per quel viaggio, prima ancora di conoscere la meta.
L’invincibile
salì sul carro lentamente, con aria guardinga e la certezza di non
lasciare mai
la coda dell’occhio di Jenassa, nemmeno quando posò arco e frecce tra
loro,
assieme alle spade: da parte sua, l’elfa teneva sempre le sue spade
gemelle e
l’arco a portata di mano. Jenassa era svelta: forse non quanto
l’Argoniano, ma
nella sua corazza di pelle sapeva piazzare una freccia al buio da
duecento
passi senza sbagliare. O peggio ancora, tagliarti la testa senza che tu
la
sentissi arrivarti alle spalle. Il silenzio carico di tensione fra loro
fu
piuttosto evidente, tanto che dopo aver poggiato la sua borsa sul carro
ed
essersi seduto a fianco di Lydia, che fece subito partire le cavalle,
Coda
Spezzata si girò verso di loro:
“Si può sperare
in una quieta convivenza tra voi, o si renderà necessario legare
entrambe per
tutto il viaggio?” di certo l’Argoniano non sprecava fiato: “…Uthgerd?”
aggiunse quando una risposta alla sua domanda tardò ad arrivare.
"Il
calore della battaglia è il fuoco che forgia le lame più forti. Un
vecchio
proverbio Nord. Questo, e un vero Nord non si lascia mai scappare la
possibilità di mettere alla prova la sua forza.” rispose Uthgerd:
l’aria fresca
sembrava fare miracoli per il suo stato e le ruote del carro erano
belle
regolari. Quindi, procedevano con pochi scossoni.
Jenassa
invece rispose:
“La morte è
la mia arte, e come tutti gli artisti, cerco sempre un mecenate. Per il
pugno
d’oro che mi hai dato sera, ti
seguirò in qualunque pericolo.” come molte Dunmer, anche la sua voce
era
piuttosto grave e solenne.
L’Argoniano
sospirò: quelle risposte non riuscivano a piacergli del tutto, né
potevano
bastare.
“Si spera
che durante il viaggio non venga sprecata della forza in futili litigi.
È
necessario che questa spedizione riesca. E non solo per il bene della
città.”
affermò con la sua voce quieta.
“Per quale
ragione, sera? Ancora non mi hai
detto cosa stiamo andando a fare a Shearpoint.” l’Argoniano sospirò di
nuovo:
fu Lydia a rispondere per lui, con tono funereo.
“Stiamo
accompagnando il mio Thane ad uccidere il drago che si annida sulla
cima del
picco.”
Fu Jenassa a
ritrovare la parola per prima:
"Nerevar..."
"Devo
aver capito male." disse Uthgerd infilandosi un mignolo nell'orecchio e
sturandolo per bene: "...Mi sembra che tu abbia detto che ci stai
portando
a combattere un drago."
"Lydia
è stata compresa perfettamente. È stato avvistato la prima volta da un
cacciatore di pellicce. La notizia è stata poi confermata dai nostri
stessi
occhi."
"E cosa
ti aspetti che facciamo io e Jenassa contro un drago? Per le ossa di
Shor...!"
"Quello
che ci si aspetta da ogni mercenario: morire per septim naturalmente.
Non
credevo fosse necessario spiegarlo." l'interruppe l'Argoniano.
Una risposta
di una noncuranza davvero terribile.
"...Non
si è mai parlato di un drago, sera."
"Allora
sarebbe stato meglio chiedere, Jenassa. Prima che la tua firma fosse
posta sul
contratto." rispose l'Argoniano, per poi aggiungere sovrappensiero:
"...I briganti di strada sono prede davvero troppo facili da queste
parti."
davvero troppo facili, se i migliori mercenari di Whiterun si potevano
ingaggiare per così poco e così facilmente. Quando era a Cyrodiil,
l'Argoniano
non avrebbe mai accettato un incarico senza prima sapere cosa avrebbe
comportato, e comunque mai per cifre così basse: centrava poco che lui
fosse
una Spada Stregata.
"Nerevar..."
imprecò di nuovo la Dunmer.
"Almeno
tu sei stata pagata, Jenassa. Io sono qui per aver perso una dannata
scommessa."
"Che
questo ti sia utile per la prossima volta, Uthgerd l'Invincibile."
"...Ho
l'impressione di non piacerti molto, Argoniano."
"Non
c'è mai tempo a sufficienza per sprecarlo in meschine rivalità. Da
morte, il
vostro corpo sarà riportato a Whiterun con onore, con un po' di fortuna
ancora
intatto. Da vive, il vostro contributo verrà proporzionalmente
retribuito, e
tornerete in città con una storia interessante. Non rendermi necessario
il dormire
con un occhio solo è un buon modo di cominciare." e con questo, Coda
Spezzata sembrò aver detto abbastanza, perché si girò di nuovo, a
fissare la
strada con Lydia. Shearpoint era a qualche giorno di distanza e il
tempo non
accennava a migliorare: non avevano fretta di raggiungerlo, e comunque
il carro
era stato noleggiato pensando al ritorno, più che all'andata.
Ammesso che
un ritorno ci sarebbe stato.
Jenassa e
Uthgerd si scambiarono un lungo sguardo in silenzio, apprezzando fino
in fondo ciò
in cui erano capitate: poi, entrambe allontanarono le mani dalle loro
armi di
comune accordo.
"Mio
Thane... quanto a lungo sei stato mercenario a Cyrodiil?" chiese ad un
certo punto l'huscarlo, mentre continuava a dirigere le cavalle al
piccolo
trotto.
"Qualche
anno. Ma non quanto a lungo è la cosa più importante."
"Ah
no?"
"No. La
cosa importante Lydia, è quanto a lungo si è sopravvissuti facendolo."
qualcosa
che Uthgerd e Jenassa si scoprirono a condividere completamente.
Dopo aver
circumnavigato la città da est, Lydia aveva diretto il carro verso
nord, dritta
per il feudo del Pale: questo perché era opinione comune che i versanti
più
facili del picco di Shearpoint fossero quelli settentrionali e
occidentali. Le
torri di Valtheim, a est, si trovavano sul fondo di una stretta valle
scavata
dal fiume: si poteva osservare Shearpoint dalla loro cima, ma solo a
causa
delle pareti scoscese. Raggiungerlo dalle sponde del Fiume Bianco
sarebbe stato
molto arduo, e di certo impossibile con un carro, dovendosi fare strada
tra
piste fra le rocce che solo delle capre avrebbero potuto percorrere.
Dovette però
arrivare la notte e il momento di accamparsi perché l'Argoniano
cominciasse
spontaneamente un'altra conversazione: non si erano ancora allontanati
dalla
strada principale e avrebbero passato la notte nella postazione di
guardia più
settentrionale della città, la torre di Whitewatch, dove per la prima
volta era
arrivata notizia dell'avvistamento del drago. Con la sua carica di
Thane e la
benedizione dello Jarl, che era stato informato di cosa Coda Spezzata
avesse
intenzione di uccidere sulla cima di Shearpoint, le guardie del feudo
cedettero
senza difficoltà i loro giacigli migliori per quella notte: per i
quattro,
sarebbe stata l'ultima tra confortevoli mura di pietra e sotto calde
coperte di
pellicce. Il giorno seguente, avrebbero lasciato la strada verso
distese molto
più desolate e aspre:
"Bene."
esalò l'Argoniano guardandole tutte: "...Si direbbe che almeno il
desiderio di sopravvivere sia presente." e per le due ore seguenti,
mentre
preparava filtri con gli ingredienti che si era portato da Whiterun
nella sua
borsa da sella, l'Argoniano spiegò loro come aveva intenzione di
affrontare e,
con un po' di fortuna, vincere, il suo secondo drago.
Si sarebbero
divisi in due gruppi, Uthgerd con lui, e Lydia con Jenassa: il compito
di
difendere sarebbe stato dell'Argoniano e dell'huscarlo, l'uno con la
magia,
l'altra con lo scudo, mentre l’Invincibile e la Dunmer avrebbe usato
per prime
arco e frecce intinte di veleno. Non una mistura capace di uccidere, si
era
però scusato l’Argoniano: non aveva accesso ad ingredienti che potevano
sperare
di uccidere un drago, ma al massimo solo un potente narcotico, che
avrebbe
dovuto toglierli la forza dalle ali. Questo ovviamente, ammesso che
funzionasse
anche sui draghi. Perfino in quel caso fortunato però, dato quanto
massiccia
fosse una di quelle creature, un pugno di frecce difficilmente
sarebbero
bastate a farlo dormire: si poteva sperare però di rallentarlo un poco
o
almeno, di farlo scendere a terra. Una volta che questo fosse accaduto,
Uthgerd
e Coda Spezzata avrebbero attaccato le sue ali, sperando di impedirgli
di
riprendere il volo: perché per quanto feroci e terribili potessero
essere i
draghi, perché per quanto potessero fare un solo boccone di uno
qualsiasi di
loro, solamente a terra li si poteva sperare di uccidere.
Colpire solo
le ali con le spade, ripeté più e più volte l’Argoniano: perché sulle
altre squame
di un drago, le lame di Uthgerd si sarebbero spezzate come ghiaccio
sulla
pietra. Jenassa invece avrebbe continuato a colpire il drago col suo
arco
mirando agli occhi, restando però al riparo dello scudo di Lydia, la
cui sola
importante funzione sarebbe stata quella di resistere ed essere un
bastione di
fronte a fiamme e fauci. Ferito, accecato e stordito il drago in quel
modo, l’Argoniano
era abbastanza convinto che sarebbe stato possibile finirlo prima che
uno di
loro venisse ucciso.
Sarebbe
stata una battaglia furiosa, breve e di inaudita violenza, in cui ogni
momento si
sarebbe allungato all’infinito. Ma, come si premurò di far capire loro
Coda
Spezzata, nessun buon piano sopravvive all’incontro col proprio
avversario:
avrebbero dovuto attenersi a quella strategia solo fino a quando avesse
funzionato, improvvisando velocemente quando le cose si fossero messe
storte. E
per quanto affidarsi al fato potesse bastare ad un Nord, gli Argoniani
preferivano sfidare il pericolo con cautela: per quando fossero
arrivati a
Shearpoint, ognuno di loro avrebbe avuto tre dei suoi filtri su cui
fare
affidamento, oltre al veleno da applicare sulle frecce. Due sarebbero
stati
uguali per tutti: un filtro di resistenza alle fiamme, ricavato dalle
lingue di
drago che aveva continuato a spiluccare durante tutta la conversazione,
e un
sorso del suo miracoloso elisir: non di più, perché se ne fosse servito
altro
voleva dire che sarebbero già stati morti. Oltre a questo, ognuno di
loro
avrebbero iniziato la lotta trangugiando la terza pozione, una mistura
personalizzata che si adattava al ruolo specifico che avrebbero avuto
nella
lotta.
Unite a
polvere di artigli d'orso, le radici di lingue di drago avrebbero
fornito a
Lydia e Uthgerd una forza sovrumana, per quanto effimera: abbastanza
forse per
confrontarsi con un drago, e la ragione in effetti per cui Coda
Spezzata ne
aveva acquistati così tanti. Bacche di ginepro e foglie di una piante
chiamata
"orecchie d'elfo", per via della loro forma, avrebbero reso invece ogni
freccia di Jenassa un centro quasi certo. A sé stesso invece,
l'Argoniano aveva
riservato una pozione fatta di due ingredienti opposti, uno dall'acqua
e l'altro
dalla montagna: un gheppio dorato di fiume ed un fiore rosso di
montagna, che assieme
avrebbe dato vita ad un filtro in grado di aumentare temporaneamente le
sue
capacità di tessere incantesimi. In questo modo, così come Uthgerd e
Lydia
avrebbero avuto un'effimera forza sovrumana, così Coda Spezzata avrebbe
posseduto riserve magiche senza pari, seppur per un breve istante. Una
necessità, dato che di loro quattro era l'unico a saper usare la magia
e la
capacità di lanciare fulmini dai palmi sarebbe stata una dote che senza
dubbio
avrebbe potuto fare la differenza nell'affrontare un drago.
Portenti in
forma liquida e di grande valore quelli comunque, cosa che perfino
Jenassa e
Uthgerd compresero. Coda Spezzata le avvisò tuttavia che se fossero
sopravvissuti, probabilmente ne avrebbero pagato il prezzo dopo: i suoi
filtri
erano miracolosi, ma pur sempre droghe portentose, che avrebbero
sforzato i
loro corpi ad operare ben oltre il limite naturale. Non sarebbe stato
strano se
per qualche ora Uthgerd e Lydia non fossero riuscite a muoversi, o se a
Jenassa
si fosse annebbiata la vista, quando l'effetto dei filtri fosse
scemato. Col
suo fisico lui ne avrebbe probabilmente risentito di meno, ma avrebbe
potuto
comunque perdere temporaneamente la memoria o il senno: il prezzo che
si paga
per infrangere con così tanta forza i propri limiti. Quando però
l'alternativa
è l'essere divorati, la scelta può apparire semplice, forse fin
troppo...
Dormirono
tutti profondamente quella notte e per le tre donne il mattino seguente
arrivò
fin troppo presto: la rivalità tra Uthgerd e Jenassa era stata
decisamente
sepolta per quel viaggio, cosa che piacque a Coda Spezzata.
Accompagnati dallo
sguardo delle guardie del feudo, si rimisero in viaggio prima ancora
che il
sole si staccasse dall'orizzonte: avevano ancora molta strada da
percorrere.
Il loro
secondo giorno di viaggio fu privo di eventi degni di nota: in quella
zona la
pianura di Whiterun era una piatta distesa intervallata qua e là da
rocce
grandi quanto una forgia, vecchie pietre di un colore nero-bluastro
coperte di
neve e licheni giallastri. Come sempre a Skyrim, anche quel giorno
faceva
freddo, ma né Jenassa, né Coda Spezzata si lamentarono mai di questo,
complici
anche le coperte che erano a disposizioni sul retro del carro: Lydia e
Uthgerd
invece ci erano abituate da una vita. Fu proprio l'huscarlo ad
accorgersene per
prima: più di una volta, durante quella giornata che furono la Dunmer e
l'Invincibile a passare in cassetta, Lydia scoprì Jenassa a guardare il
suo
Thane da sopra la spalla.
Quali fossero
le sue ragioni per quello però, Lydia non provò a chiederle: c'era
qualcosa
negli occhi rossi delle genti di Morrowind, nelle iridi e sclere del
colore del
sangue, che rendeva difficile cercare la loro confidenza o amicizia.
Anche sui Dunmer
Lydia non sapeva molto in fondo: Jenassa e l'huscarlo dello Jarl erano
in
effetti le uniche elfe scure che avesse mai conosciuto, e data la lunga
vita
degli elfi erano entrambe cittadine di Whiterun da più tempo di lei.
Non
sarebbe stato strano in effetti, se Jenassa stessa fosse stata più
vecchia di
Uthgerd e Lydia messe assieme, un pensiero su cui l'huscarlo non aveva
mai
davvero riflettuto prima di conoscere Coda Spezzata.
In ogni
caso, se la giovane donna del Nord si era accorta delle strane occhiate
dell'elfa, di certo lo stesso aveva fatto anche il suo Thane: molto
poco
sembrava sfuggire ai suoi occhi, e poiché lui non dava segno di
volersene
preoccupare, per quanto più di una volta Jenassa fosse stata costretta
a girare
la testa di scatto per non incontrare quelli dell'Argoniano, Lydia
decise di
fare lo stesso. Aveva già troppo di cui preoccuparsi: quel giorno,
Shearpoint era
ricomparso nel loro orizzonte.
Si
accamparono nella brughiera sotto le stelle e le lune quella notte,
ricavando
una sorta di tenda usando il carro e un masso come appoggio, e
lasciando alle
cavalle la possibilità di brucare lì vicino: mentre Jenassa si occupava
di scovare
erba e torba che non fosse troppo umida, con l’aiuto di Uthgerd Coda
Spezzata
scavò quella che a prima vista sembrava solo una latrina nella terra,
ma sul
fondo della quale accese poi il fuoco del loro campo. Questo, per
evitare che
fossero avvistati dalla distanza: probabilmente dall’alto sarebbero
stati comunque
notati, ma nella vasta pianura il loro fioco falò senza fumo
difficilmente
sarebbe stato visibile. Lydia invece badò alle cavalle, dando loro la
libertà
di una notte senza morso in bocca e basto sulla schiena, cosa che le
due
giumente sembrarono apprezzare:
“…Non mi
sono mai piaciute le notte all’addiaccio.” esalò alla fine Uthgerd,
gettando
sguardi nella notte.
La loro era
stata una cena silenziosa, ma almeno ora avevano lo stomaco caldo: il
coniglio
però, anche guarnito con verdure e frutta portata da Whiterun,
riempivano al
massimo il corpo, non lo spirito. Uthgerd, e anche Lydia, avrebbero
preferito
del montone bello grasso e succulento per riempirsi la pancia... e
invece c’era
solo coniglio. Tanto valeva almeno provare a scacciare lo scontento con
un po’
di conversazione: l’Argoniano parlava fin troppo raramente per i suoi
gusti, e anche
quando lo faceva si esprimeva con una voce molto calma e quieta.
Laconico come
un eremita da una terra lontana:
“Ci si
abitua.” rispose proprio Coda Spezzata: “…E si può insegnare a farlo.”
aggiunse
dopo un momento guardando Lydia, che ricambiò la sua frase con un
sorriso.
La sua
istruzione nella magia non era andata molto lontana: per il momento la
giovane
donna del Nord si accontentava di riuscire a far brillare una luce di
candela
la metà delle volte. Nello studio alchemico invece la sua istruzione
procedeva
molto più rapida: memorizzare combinazioni non era difficile, non
troppo
diverso in effetti dal fare manutenzione ad un arco con le sue frecce.
Ripetitivo forse, ma in definitiva non troppo difficile e Coda Spezzata
era una
persona pragmatica nel suo modo di insegnare. Le inculcava l’essenziale
e i
meccanismi più superficiali della pratica, ripentendoli fino a quando
Lydia non
dimostrava di padroneggiarli: della teoria preferiva che fosse la
giovane Nord
a costruirsi la sua per il momento. Era inutile, le aveva detto,
spiegare tomi
di principi generali quando Lydia stessa non possedeva l’esperienza per
apprezzarli. Alla Nord andava bene così per il momento:
“…Sembrerebbe
però che coloro che la tenebra nasconde siano temuti da Lydia e Uthgerd
allo
stesso modo.” cosa che l'huscarlo ammise con un cenno d’assenso quando
l'Invincibile
chiese conferma a proposito:
"Gli
Argoniani non hanno paura del buio?”
“Non saprei
dire: cacciare nelle tenebre mi è più facile che cacciare di giorno. Lo
stesso
si può immaginare valga per coloro che condividono il colore delle mie
squame.”
“...E tu
Jenassa?”
“Lo stesso
vale per me.” rispose l’elfa scura, che in quel momento stava
controllando le
sue spade: “…Cammina sempre nell’ombra, così che vedrai i tuoi nemici
prima che
vedano te: saggezza Dunmer. Inoltre…”
“Inoltre?”
chiese Coda Spezzata restituendo lo sguardo di Jenassa, la quale sembrò
quasi
rabbrividire di fronte a quegli intensi occhi azzurri:
“Prima di
stabilirmi a Whiterun, ho pensato di fare il bandito.” ammise la Dunmer
senza
imbarazzo: “…E non si può continuare ad accamparsi all’addiaccio, in
fuga dalla
legge, se si temono le tenebre.”
“Cosa ti ha
fatto cambiare idea?” chiese Lydia: parlare con Jenassa le era comunque
più
facile che parlare con Irileth, huscarlo dello Jarl Balgruuf.
Intanto
perché in quel momento condividevano missione e Thane, e poi perché
Jenassa non
era capace di usare la magia. Cosa questa che la rendeva più simile a
lei…
oltre al fatto che Irileth dava l’impressione di poter uccidere senza
alcun
rimorso. Lo stesso valeva per Jenassa ovviamente, non era una
mercenaria per
niente, ma in misura minore:
“Ho deciso
che mi piacevano vestiti puliti e sidro fresco.” rispose semplicemente
la Dunmer,
e i tatuaggi color oro che aveva in faccia sembrarono brillare
stranamente nella
luce del falò: “…Farò io il primo turno di guardia. Ti sveglierò tra
qualche
ora, Uthgerd.”
E con
questo, la Dunmer si alzò in piedi rinfoderando le spade e
allontanandosi dal
fuoco: come il suo Thane, Lydia si accorse che anche Jenassa sapeva
essere
molto silenziosa.
“Tks. È per
questo che nessuno è mai felice di vederti.” commentò l’Invincibile
rivolgendosi alle tenebre attorno al loro falò: “…Scostante pelle di
cenere.”
Insulto
quello, che Coda Spezzata commentò con un soffio quasi divertito:
“Possono essere
difficili da capire: forse, perché siete abbastanza simili da
fraintendervi
perfettamente.”
“…Non credo
di capire mio Thane.” affermò Lydia, guardandolo allungare entrambi i
palmi
verso il fuoco: era stato durante una notte come quella che gli aveva
visto
ricresce un braccio…
“Sono Dunmer.”
sillabò Coda Spezzata: “…Il loro passato è tenuto in grande
considerazione, per
quanto travagliato esso sia. Le leggende di Ysgramor e di come Skyrim
stessa fu
da lui fondata quando gli uomini giunsero da Atmora, impallidiscono se
poste a
confronto con le gesta di Nerevar e il tradimento degli Almsivi. O
almeno, così
si può dire dopo averle studiate entrambe.” aggiunse svelto
l’Argoniano, prima
che Uthgerd cominciasse a protestare: “…E mentre le tradizioni di
Morrowind possano
apparire simili a quelle di Skyrim, probabilmente più di ogni altra
razza di mer, vi sono poche differenze così
profonde da renderle le uniche cose che contano.”
Inutile
cercare di riassumere in una sola notte l’era del Falso Tribunale,
l’epoca di
Almalexia, di Sotha Sil e di Vivec, e di come iniziò e finì per mano di
Nerevar, reincarnato come Nerevarine. Superfluo cercare di spiegare
perché i Dunmer
adorassero ancora oggi tre principi dell’Oblivion come loro divinità
principale,
e perché chiamassero il trittico di Azura, Boethia e Mephala, il Vero
Tribunale. Sarebbe stata necessaria la vita di un elfo per cominciare
anche
solo a dare un’idea della complessità delle tradizioni Dunmer a
qualcuno che,
come Lydia e Uthgerd, non l’aveva mai sperimentata…
Superfluo sì,
e arrogante: quelle storie non appartenevano all’Argoniano.
“Si può dire
che i Dunmer siano stati accecati dal loro passato: fino al punto di
credere
che la ragione sia generata solo dalla sofferenza dei propri antenati.”
“…Tu cosa
credi, sera?” chiese la voce di
Jenassa dalla parte opposta da dove l’avevano vista sparire.
Solo
sforzando molto gli occhi Lydia riuscì ad intravederla: Coda Spezzata
le
rispose senza girare la testa.
“Che la
sofferenza dei propri predecessori possa essere un’effimera saggezza al
massimo.”
esalò l’Argoniano, cominciando a stendersi: un compito non facile con
la sua
corna e la coda. Specie a causa di quest’ultima, Coda Spezzata dormiva
prono,
con un braccio sotto la gola per dare modo al suo volto di lucertola di
non
piantarsi nella terra: come Lydia aveva già notato, sotto le stelle il
suo
Thane dormiva con almeno una daga già nel pugno. Sembrava davvero
un’enorme
serpente di tenebra e oro…
Quando la
giovane Nord scrutò la notte un’ultima volta cercando la forma di
Jenassa, non
riuscì a trovarla.
***
Lo trovarono
quando il terreno sotto le ruote e gli zoccoli aveva già cominciato a
salire da
un po', e Shearpoint incombeva sempre più vicino.
"...Cosa
credi che sia?"
"Non ne
ho la minima idea n'wah."
Uthgerd
fissò Jenassa e la sua pelle color cenere:
"N'wah? A lui lo chiami sera." ribatté
la donna del Nord,
indicando l'Argoniano che assieme al suo huscarlo stavano
circumnavigando il
perimetro della cosa che avevano trovato.
"Lui mi
paga." rispose Jenassa.
"Sarà..."
ma anche a Uthgerd era diventato evidente quanto ormai l'elfa fosse
pronta a
scattare ad ogni ordine di Coda Spezzata: era cominciato tutto dopo
quella strana
conversazione attorno al fuoco di qualche sera prima.
Strano a
dirsi, da allora Jenassa sembrava più... spontanea: felice quasi, di
essere lì
a rischiare la vita con tutti loro e non poteva essere di certo per i
semptim.
Uthgerd era perplessa, ma i Dunmer erano scostanti e difficili da
avvicinare
come puledri non ancora domati. E in definitiva comunque,
all'Invicibile importava
molto poco di Jenassa ormai: più il loro viaggio continuava, più la
mercenaria
del Nord si scopriva a desiderare di arrivare alla meta.
L'Invincibile
non era una sciocca: più gli anni passavano, più diventava lenta, i
sensi si
annebbiavano e ci voleva un po' di più per tirarsi in piedi, come
dimostrava il
modo in cui era stata ingaggiata. Morire masticati da un drago delle
antiche
leggende non sarebbe stato un modo niente male per andarsene, tutto
sommato:
una morte da vera eroe e figlia di Skyrim. E più pensava a questo, più
la
sensazione di appartenere a quella spedizione, all'essere stata
destinata tanto
tempo fa ad essere lì, si faceva più forte: la loro era una missione
voluta dal
fato. Per un Nord non c'era niente di meglio di una simile impresa: il
suo
morire in essa o sopravvivere era nelle mani degli dei, ma comunque
fosse
andata, uccidere un drago sarebbe stato qualcosa...
Qualcosa di
cui nemmeno i Compagni avrebbero mai potuto vantarsi di aver fatto
l'uguale.
Per Talos...
la vecchia ferita nella sua anima, il suo terribile errore di tanti
anni fa che
aveva segnato così tanto la sua vita e le sue notti. Se chiudeva gli
occhi,
Uthgerd sentiva ancora le ossa fratturarsi sotto le sue mani... e ora,
lo
stesso fato che l'aveva esclusa dai suoi sogni per così tanto tempo le
dava una
possibilità: non quella di unirsi necessariamente ai Compagni, ma avere
una
storia da tramandare e delle gesta che fossero solo sue. Le veniva data
la
possibilità di afferrare molto più di quanto Uthgerd avesse mai osato
sognare.
Non avrebbe permesso a nessuno di frapporsi fra lei e la gloria questa
volta,
nemmeno lei stessa.
Uthgerd si
stava scoprendo grata a Coda Spezzata per averla voluta con lui: una
Nord grata
ad un Argoniano... di certo questo avrebbe fatto ridere la sua vecchia
quando e
se glielo avesse raccontato.
"Spero
solo che si sbrighi. C'è qualcosa di innaturale qui."
"...L'hai
percepito anche tu quindi: come un brivido nell'aria. Qualche potere
malvagio è
all'opera in questo luogo."
"Hai già
provato qualcosa di simile?"
"Qualche
anno fa sono stata assunta per accompagnare dei Bretoni ad un'antica
tomba Nord:
volevano farsi un'idea di come fossero davvero gli antichi sepolcri di
Skyrim. Spiando
appena oltre la soglia, tra le tenebre e le pietre, ho percepito
qualcosa di
molto simile a... questo. Qualunque cosa essa sia. Sera
ci saprà dire di più."
"Dici
che è anche un esperto di rovine Nord?" Jenassa si concesse un sorriso
di
fronte alla stupidità di Uthgerd:
"La
magia è più di qualche incantesimo: permette di vedere il mondo con più
occhi... E osservare l'invisibile cambia sempre lo spirito. Come te, io
non ho
mai praticato la magia, eppure percepiamo entrambe che qualcosa è
successa in
questo luogo, ma lo facciamo in modo vago. Per lui deve essere molto
più
intenso, e allo stesso tempo chiaro." e forse anche per Lydia, se il
suo
modo di muoversi rivelava qualcosa a proposito. Oppure, più
semplicemente, il
buon huscarlo reagiva al nervosismo del suo thane.
Coda
Spezzata completò lentamente la circumnavigazione della rovina che
avevano
trovato, e si sedette poi sui talloni per osservarla ancora: difficile
capire
la sua forma originale ora. Era stata costruita dagli uomini del Nord,
questo
era certo, ma non sembrava l'ingresso per uno dei loro sepolcri, come
ad
esempio le rovine di Bleak Fall Barrow, doveva aveva trovato la
misteriosa pietra
per il mago di corte di Balgruuf. Ciò che restava ed era stato portato
in
superficie, era tutto quello che ci fosse mai stato: si doveva
solamente
immaginare a cosa fosse servito, perché si potesse indovinarne la forma
esatta.
O partire all'inverso: quello che avevano davanti era un anello di
pietre che
aveva costituito un muro, posto però in profondità nella terra. Avrebbe
potuto
essere un giardino ipogeo, se non fossero stati in mezzo al niente di
Skyrim, e
se quelle pietre non risalissero ad almeno qualche secolo fa. Lo
scorrere degli
eoni aveva compattato quei sassi in modo molto regolare: erano lì da
molto. Una
fossa quindi? Un buco scavato nella terra per gettarvi tutti i corpi di
una
battaglia dimenticata? Eppure... i muri erano stato inclinati verso
l'interno,
una precauzione che sembrava inutile nel caso di una tomba. Qualunque
cosa
fosse stata messa lì dentro, gli antichi Nord non volevano che uscisse
fuori:
tuttavia, pareva che dopo secoli qualunque cosa fosse stata
imprigionata,
avesse finalmente avuto la sua libertà. Il terreno era smosso e scavato
dall'interno: qualcosa era uscito, svellendo il coperchio e le pareti
della
sua...
"...Una
prigione. Si è trattato di una prigione."
"Mio
Thane?"
"Lydia...
gli antichi Nord di un tempo, come uccidevano i draghi?"
"Non lo
facevano. I draghi sono immortali mio Thane. Quando era possibile, li
imprigionavano." come del resto testimoniava il teschio sopra il trono
dello Jarl...
"E se
non era possibile? Se un Drago cadeva in mezzo alla pianura?"
"Allora...
fuggivano prima che risorgesse?" provò Lydia.
"Oppure...
veniva costruita una prigione nella terra, per impedire loro di farlo.
E ora,
dopo ere, è stato liberato da qualcuno o da qualcosa. Ecco da dove è
arrivato
il drago avvistato a Shearpoint. Non dal cielo. Ma dalla terra. Sono
state mai
viste rovine simili a queste per il feudo?"
"No,
mio Thane."
"Mhsaa...
almeno non ci si dovrà preoccupare di draghi che spunteranno nella
pianura come
Hist."commentò Coda Spezzata, lasciando cadere una delle pietre che
aveva
raccattato.
Non valeva
la pena provare a spiegare a Lydia il resto, tuttavia c’era… un’eco,
un’ombra,
di qualcosa che aveva già provato da quando era arrivato a Skyrim. Il
drago
nero che aveva distrutto Helgen, e le profondità della tomba Nord
vicino a
Riverwood, dove era stato eretto quello strano muro in cui le parole
gli erano
apparse fatte di luce… entrambi quei prodigi condividevano un legame
con questo
luogo. C’era un filo conduttore che li legava tutti, ma quale fosse,
Coda Spezzata
ancora non riusciva a comprenderlo.
Il drago
nero… curioso che nessuna altra città fosse stata attaccata dopo
Helgen:
distruggere quel luogo non era sembrato costare molta fatica a quel Dovah...
Coda
Spezzata si alzò di scatto: si rese conto di aver appena pensato in una
lingua
che non aveva mai appreso.
Come poteva
essere? Nessuno dei testi che aveva consultato avevano mai parlato di
questo:
se davvero lui era un Sangue di Drago, le leggende tramandavano che
avrebbe
dovuto impossessarsi solo della forza dei… Dovah. Qualcosa di
sottilmente
inquietante: perché se uccidere un drago aveva già piantato in lui
parole senza
che se ne fosse accorto, cosa sarebbe stato della sua mente quando ne
avesse
sconfitti dieci? O cento?
Per un uomo
o un elfo, l’idea di perdere la propria identità avrebbe potuto
scuotere
l’animo… ma poiché lui era un Argoniano, la stessa paura non riuscì ad
insinuarsi nella sua mente. Gli Argoniani si consideravano al pari di
una
fiasca: se anche il liquido che lo riempiva poteva cambiare, il
contenitore non
si sarebbe rotto, né avrebbe traboccato. Coda Spezzata si divertì ad
immaginare
al massimo come sarebbe potuto cambiare: nessun Saxhleel aveva mai
avuto ali o
sputato fuoco. Ma rispetto ai camminatori di terra asciutta, lui era
già a metà
del viaggio...
“Mio Thane?
Stai… sorridendo?”
“Sì. E No. Cambiare
è l’unica costante di questo mondo Lydia: lo si tenga bene a mente.” e
detto
questo, l’Argoniano voltò le spalle al sepolcro del drago che stavano
andando
ad uccidere di nuovo. Con un po’ di fortuna, definitivamente questa
volta.
“…Quanto
ancora per Shearpoint?” chiese Coda Spezzata una volta tornato al loro
carro.
Jenassa
guardò Uthgerd, la quale ponderò la domanda attentamente:
“Le pendici o la cima?”
“La cima.”
“Due
giorni.”
“Si faccia
in modo di arrivarci all’alba. E a piedi: sarebbe meglio non annunciare
il
nostro arrivo e desiderio di combattere, se non con frecce avvelenate.”
“Che motivo
c’è per questo?”
“Tenebre e
luce sono osservate con la stessa chiarezza da un drago. Nel tempo in
cui le
ombre si allungano, al crepuscolo, potrebbe esistere per noi una
possibilità.”
“Credi
davvero che potremmo sconfiggere un drago, sera?”
“Perché no?
Uno è già caduto. È tempo che anche Lydia, Uthgerd e Jenassa siano
messe alla
prova da questa leggenda.”
E quello strano
quartetto di opposti, di persone così diverse tra loro, si scoprì unita
per la
prima volta da quando era cominciato quel viaggio, nell’intento comune
non solo
di raggiungere Shearpoint e brillare nella gloria, ma anche magari di
tornare
da esso. Sentimento quest’ultimo, condiviso perfino dalle loro cavalle:
montando sul carro, Lydia realizzò che non era mai stata così lontana
da Whiterun,
e che allo stesso tempo, mai le era importato così poco.
Sono una persona
cattiva per aver fatto finire qui questo capitolo e questa
raccolta?
Spero di no. La ragione per questo, è che Saraan Sul, non vuole essere
il racconto delle gesta del prode Dovahkiin, ma l'inizio delle sue
avventure, in cui lo straordinario e il prodigioso sono ancora
eccezzioni alle sue giornate. Spero che questa storia vi sia piaciuta
nonstante quanto raramente l'abbia aggiornata, ma d'altro canto, volevo
scrivere davvero un altro capitolo su Coda Spezzata e rubando piccoli
momenti nel tempo, sono riuscito a mettere insieme questo capitolo
in... molto, troppo tempo. La vita reale è davvero un crudele tiranno :)
In ogni caso, spero davvero vi sia piaciuto. Bye! |
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