Saraan Sul

di Hi Fis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Saraan Sul ***
Capitolo 2: *** Sul Ahrk Vulon ***
Capitolo 3: *** Strunmah ***



Capitolo 1
*** Saraan Sul ***


Lui non era uno di loro e per la verità, non lo sarebbe mai stato.
Il fatto che non lo considerassero una bestia, una cosa, era dovuto solo allo scheletro del drago adagiato ai piedi della torre di avvistamento ovest, fuori dalle mura della città.
I cittadini di Whiterun erano davvero pronti a credere che lui fosse il Dovahkiin, il Sangue di Drago delle antiche leggende del Nord? Che lui appartenesse davvero alla discendenza di Sant'Alessia, la fondatrice della stirpe imperiale degli Uomini, e di Talos, il nono divino? Certamente no. Nemmeno lui aveva rivendicato un simile diritto, e come avrebbe potuto in fondo?
Eppure, i Draghi erano tornati, dopo essere scomparsi per ere: questo, non poteva essere negato. Eppure, lo scheletro di uno di loro giaceva ai piedi della torre ovest di avvistamento, ora semidistrutta: uno scheletro e una prova, che tutti potevano vedere e toccare con mano. In verità, una prova che tutti avevano già visto: una prova che non lasciava spazio a dubbi, una prova corroborata dai racconti di alcune guardie cittadine, un pugno di coraggiosi che assieme a lui erano accorsi sotto il comando di Irileth, huscarlo dello Jarl, quando la notizia di un drago era arrivata in città.
Nemmeno Irileth era una di loro, ma la dunmer, l'elfa scura, serviva il loro signore da troppo tempo perché ci fossero dei dubbi sulla sua sincerità: se Irileth, e le guardie, raccontavano che lui avesse ucciso il drago con frecce, spada e magia, affondando alla fine la sua lama rotta nell'occhio del drago, i cittadini di Whiterun erano disposti a crederci. Ad accettare quindi, ciò che anche il loro Jarl, Balgruuf il Grande, sembrava disposto a credere: che lui, un Argoniano, uno degli uomini rettile di Argonia, potesse davvero essere il Sangue di Drago.
E se tutto questo non fosse bastato a convincerli, c'era stata la convocazione dei Barbagrigia dalla cima della loro montagna: tutta Skyrim aveva udito i monaci chiamare a loro il Dovahkiin, con una parola che aveva scosso cielo e terra.
Per questi eventi, e per lo scheletro di drago ai piedi della torre ovest, i cittadini di Whiterun avevano accettato la sua nomina a nuovo Thane: lui era una delle figure importanti del feudo ora... ma non sarebbe mai stato uno di loro.
Non ce n'era uno fra i cittadini di Whiterun però, che non compatisse la guardia cittadina che lo Jarl aveva nominato huscarlo del nuovo Thane, specialmente in quel momento.
Lydia non aveva fatto parte dei coraggiosi che erano accorse a difendere la torre di avvistamento: l'attacco del drago, e il coinvolgimento del suo Thane, era accaduto quel giorno, ma troppo presto perché fosse già mattina.
La giovane donna del Nord si interrogava in effetti se fosse stato o meno un male, non partecipare alla difesa della città contro il primo drago che Skyrim vedesse da ere, ma solo nel silenzio della sua mente: Lydia si era già dimostrata una sciocca agli occhi del suo nuovo Thane, e inoltre, non sapeva ancora cosa pensare di lui. Con le dita che continuavano sempre più a sporcarsi mentre eseguiva la richiesta dell'Argoniano, Lydia ricordò il loro primo incontro, che era avvenuto alle prime luci dell'alba di quel giorno.
 
***
 
Era stata fatta chiamare da Proventus Avenicci in persona, consigliere personale dello Jarl e amministratore del feudo: uno dei pochi Imperiali di cui Lydia tollerasse gli ordini. Proventus era anziano, calvo e brusco nell'esporre il suo pensiero, un'abitudine maturata nei suoi anni di servizio, ma il suo passo aveva conservato l'elasticità della giovinezza: quando le aveva ordinato di seguirlo, lei non aveva chiesto perché, ma aveva ubbidito, scortandolo fino al trono dello Jarl.
Con il loro arrivo, la corte era stata presente al completo: Balgruuf sul suo trono, e a fianco a lui il sanguigno Hrongar, suo fratello, bardato nella sua corazza e con la spada alla cintura, in verità il suo stato naturale. Irileth, dalla pelle color della cenere e gli occhi e i capelli rossi come il sangue, che osservava e comprendeva quasi tutto, senza mai proferire che poche parole con una voce la cui gravità stupiva ancora e sempre Lydia. Era presente anche Farengar Fuoco Segreto, il mago di corte, uno dei pochissimi Nord che sapessero usare la magia. I suoi non erano semplici trucchi: per quanto solitamente mite e dalla voce calma, tratti della sua persona che gli avevano valso il suo appellativo, Farengar padroneggiava i tre elementi fondamentali della magia di distruzione, ed era sempre pronto a offrire dimostrazioni pratiche a coloro che facevano l'errore di sottovalutarlo. Più di questo, Farengar era una persona assai istruita, e molto intelligente: il suo sguardo penetrante si era fermato su di lei, quando Lydia ed Avenicci erano arrivati.
La Nord temeva che il mago non avesse perso nemmeno una delle sue smorfie, e avesse compreso perfettamente il motivo della sua figuraccia.
Perché mentre si inchinava di fronte allo Jarl, Lydia non aveva potuto fare a meno di notare il forestiero che in quel momento stava ascoltando Balgruuf, appoggiando il piede destro sul primo dei tre scalini che conducevano al trono: un gesto che le aveva fatto capire, poiché gli veniva permesso, che questo forestiero era una persona importante. Lydia aveva dedotto che dovesse trattarsi di un emissario, di certo un guerriero valoroso, perché dal suo fianco pendeva il fodero seghettato di una grande spada, e ancora portava sulla testa un elmo a testa di lupo con possenti corna. La corazza del forestiero era nera, di una pelle che Lydia non poteva dire di aver mai visto, nonostante Whiterun fosse città di commerci e di traffici: lo straniero doveva venire da molto lontano.
Quando però Balgruuf le aveva ordinato di alzare la testa dal suo inchino, Lydia aveva compreso che il forestiero veniva da molto più lontano di quanto avesse mai potuto pensare, e che, allo stesso tempo, non aveva compreso nulla: non era una spada quella, ma una coda! E non era affatto un elmo quello, ma la sua vera testa, corna comprese! Non una corazza di pelle la sua, ma scaglie nere, così scure che nessuna luce avrebbe potuto rischiararle!
Non era un uomo: il forestiero era un Argoniano, il primo che Lydia incontrasse di persona.
Si sapeva molto poco di loro: non erano necessariamente reclusivi, ma raramente gli Argoniani abbandonavano la loro terra natia, tanto che in tutta Skyrim il loro numero non doveva superare di certo la ventina di individui. In definitiva, gli Argoniani erano considerati fondamentalmente imperscrutabili, da Uomini, Elfi e persino dagli stessi Khajiit, gli uomini-gatto di Elsweyr.
Lydia non seppe quale fosse stata la sua reazione, ma se era stato offeso, non un muscolo si mosse sul volto del forestiero, che continuò ad osservarla con i suoi azzurri occhi da rettile, senza sclera: di fronte a quegli occhi da serpente, Lydia non aveva potuto fare a meno di inghiottire.
Era stato Balgruuf in persona a spiegarle chi fosse il forestiero, e perché l'avesse nominato Thane, nonostante non fosse un uomo. Ed era stato sempre Balgruuf a spiegarle che da quel momento in poi, lei sarebbe stata l'huscarlo personale dell'Argoniano, il cui nome era Coda Spezzata. A quella rivelazione, Lydia non aveva potuto fare a meno di spiarne la coda, scoprendo però che non sembrava affatto spezzata: il gesto era stato commentato dal suo nuovo Thane con una lieve esalazione delle narici, così fioco che forse solo Lydia e lo Jarl l'avevano sentita.
Il resto dell'udienza era stata irrilevante a confronto, e Lydia si era trovata a seguire l'Argoniano nel primissimo sole del mattino, che non riusciva nemmeno a riflettersi sulle nere scaglie del suo nuovo Thane: sotto l'impietosa luce del sole però, nuovi dettagli si erano rivelati agli occhi stupiti della Nord. Non solo l'Argoniano non era un uomo, ma non avrebbe mai potuto passare per un uomo: non c'era parte di lui che avrebbe potuto.
Anche se gli dava le spalle, e la precedeva, Lydia non poté fare a meno di notare quanto... enorme fosse l'Argoniano: era alto, assai più alto di lei, e Lydia non era certo piccola, nemmeno tra i Nord. L'uomo rettile doveva superare i sei piedi, seppur non di molto, ed era fisicamente possente: misurandolo, Lydia si convinse che le braccia dell'Argoniano dovessero equivalere alle sue cosce. Era davvero dotato di corna, e per quanto faticasse a capacitarsene, Lydia ne contò un paio che si staccava dalle tempie, possente e ricurvo, per puntare poi in avanti, come quelle di un toro; ed un altro più corto e sottile, che puntava semplicemente verso l'alto, adornato da un singolo anello di ferro. Sul petto, portava semplicemente un giustacuore dall'aria vissuta di pelle rinforzata con lamine di metallo, che gli lasciava braccia, petto e ventre nudo, mentre di sbieco sulla schiena c'era il fodero vuoto di una spada.
Nonostante questo, l'uomo rettile riusciva a sembrare sinuoso, piuttosto che tarchiato: forse era un effetto della coda, che lo faceva sembrare più slanciato di quanto già non fosse. La sua, era una lunga coda muscolosa che si ripiegava all'indietro per non toccare terra, ornata di scaglie in due file aguzze come i denti di una sega. L'uomo rettile indossava anche pantaloni di pelle, dello stesso taglio della sua casacca, con una bisaccia gonfia appesa alla cintura e l'ascia che gli era stata consegnata dallo Jarl, simbolo della sua carica. Lydia notò che era anche a piedi nudi e quei piedi di certo non erano d'uomo o di Khajiit: nonostante le sue mani infatti portassero ciascuna quattro dita ed il pollice, perfettamente proporzionati, per quanto ricoperte di scaglie, i suoi erano piedi da rapace, che poggiava solo per le punte e le cui dita finivano in artigli affilati e ricurvi, mentre un quarto dito vestigiale partiva da quella che era la sua caviglia.
Lydia si rese conto che doveva essere rimasta a fissarlo molto a lungo, e l'Argoniano l'aveva permesso, rimanendo immobile come una statua, a scaldarsi le scaglie nella prima luce del giorno: la sua coda si mosse lievemente, anticipando il suo prossimo movimento. Lydia non credette nemmeno per un momento di essere riuscita a ricomporre il suo viso, e la giovane donna del Nord si perse nuovamente nel volto del suo Thane.
Aveva tozzi spuntoni d'osso anche sulla mandibola, che diventavano sempre più minuti fino a ricongiungersi in un'unica coppia sotto il mento. Un volto e occhi da lucertola la stavano guardando, e Lydia notò anche la corta fila di piccole corna a seguire la linea delle sue sopracciglia. Unica nota di colore in quel mare di squame nere, a parte il suo sguardo, erano pochissime scaglie color del sole nell'incavo dei suoi occhi, che come aveva già notato erano di un azzurro che, nella loro tonalità, non le era estraneo. Ghiaccio: i suoi occhi erano azzurri come il ghiaccio, o il mare dopo una tempesta.
L'Argoniano era ai suoi occhi di donna del Nord troppo alieno perché riuscisse a comprenderlo: era qualcosa di cui non si capacitava. Ecco perché non era riuscita a ricordarsi di abbassare lo sguardo di fronte a quello dell'uomo rettile, che era rimasto a sua volta a fissarla.
"Verresti?"
Fu la prima parola che gli sentì pronunciare da quando lo aveva incontrato: una domanda che le fu posta con una voce quieta.
Lydia non ebbe riferimenti a cui paragonare quella voce, almeno per quanto riguardava il suono di voci di uomini: le ricordò vagamente il suono della mola sulle lame, o della sabbia sulle rocce. Era metallica e roca, ma non sgradevole in sé: un fatto questo, che se possibile la stupì ancora di più.
"...Sì?" rispose alla fine.
All'Argoniano sembrò bastare: si girò nuovamente, iniziando a condurla a passo svelto attraverso la città, seguendo vie che Lydia conosceva così bene.
Lo seguì, giù, lungo la scalinata di pietra che conduceva a Dragonsreach, la residenza dello Jarl, attraverso il distretto delle nuvole e in quello del vento, il cuore pulsante e ricco della città, che ospitava le dimore più antiche e i templi ai nove dei, compresa la titanica statua di Talos, nonostante il Concordato Oro Bianco fosse da tempo in vigore. Non scesero al distretto delle pianure attraverso il mercato, che nonostante fosse poco più che l'alba era già pieno di vita, ma l'Argoniano la condusse davanti alle sale dei morti, scendendo poi con sicurezza la rampa di scalini a fianco della bottega del Cacciatore Ubriaco, trovandosi poi in faccia la Vergine Guerriera, gestita dalla figlia di Proventus Avenicci e da suo marito.
Lydia conosceva quei luoghi: Whiterun era la sua città, il luogo che l'aveva vista crescere, che l'aveva accolta e che aveva scelto di difendere come guardia cittadina. Eppure, seguendo l'Argoniano le sembrò di vederli per la prima volta di nuovo: per caso o per scelta, la strada che l'uomo rettile aveva preferito imboccare era anche quella che aveva permesso loro di evitare la maggior parte dei cittadini di Whiterun, ma ora che erano di fronte alle porte della città, era impossibile continuare a passare inosservati. Lydia vide Ulfberth Orso Guerriero osservare l'Argoniano ed impallidire sotto la sua barba nera.
Indifferente a quello sguardo, e ad altri simili che gli erano stati rivolti, l'uomo rettile la condusse attraverso le porte della città, lasciandosi Whiterun alle spalle.
Per una attimo, Lydia credette che volesse condurla ad Honningbrew, locanda e fattoria produttrice di uno dei due migliori idromele su questo versante delle montagne Jerall: non importava che fosse poco dopo l'alba, la donna del Nord avrebbe volentieri bevuto un goccetto. Era stata una giornata già abbastanza impegnativa...
Invece, superate le stalle di Whiterun, l'uomo rettile l'impegnò in una lunga passeggiata in direzione opposta: poiché raramente Lydia alzò i suoi occhi da terra, si accorse che l'uomo rettile camminava quasi senza fare rumore. In effetti, era il clangore della sua armatura a punteggiare la loro passeggiata, un'armatura che ora era d'acciaio a piastre, la sua armatura personale, piuttosto che quella a scaglie che era stata invece l'uniforme delle guardie di Whiterun, bordata di panno giallo e con l'emblema della testa di cavallo...
Prima che Lydia potesse iniziare a chiedersi fino a quando avrebbero marciato, la loro passeggiata finì: alzando gli occhi, Lydia si accorse di essere ai piedi della torre di avvistamento ovest della città.
Negli anni a venire, e ogni volta che avesse dovuto raccontare quella storia, Lydia avrebbe sempre cominciato da lì: dalle bianche ossa dello scheletro del drago, che giacevano ai piedi del rudere che era ora la torre. Tra le ossa, imprecando e maledicendo la sorte, si affaccendavano alcuni volti noti a Lydia, volti di altre guardie della città, a cercare di separare quello scheletro titanico. Le ossa del drago possedevano ancora legamenti e cartilagini: solo muscoli, tendini, carne e scaglie mancavano. In verità, lo scheletro sembrava vecchio di anni, solo ossa sbiancate, ma Lydia sapeva che non potevano avere che ore.
Eppure, nonostante fossero solo ossa, Lydia ne fu colpita: niente l'aveva mai preparata alla grandezza e maestosità di quello scheletro, nemmeno il teschio di drago che riposava sopra il trono del suo Jarl. La giovane donna del Nord pensò alle balene, che non aveva mai visto, ma che facevano parte della sua mitologia, perché si diceva che la Sala del Valore, il dominio di Shor a Sovngarde, il luogo in cui i Nord valorosi riposavano dopo la morte, fosse raggiungibile solo percorrendo un ponte fatto proprio con le ossa di balena... ma anche i canti della sua stessa mitologia non avevano preparato Lydia a quello che l'aspettava ai piedi della torre di guardia.
Lo scheletro del drago... definirlo enorme sarebbe stato come dire del sole che scaldava: solo i denti, dovevano essere lunghi come metà della sua spada.
"È stato ucciso da me." confermò Coda Spezzata con la sua strana voce.
"...Come?" chiese Lydia.
La torre ovest aveva fatto parte di una fortificazione che risaliva a tempi molto antichi, di poco successivi alla fondazione della città: era stata costruita per formare una prima linea di difesa contro i giganti, che pascolavano i loro mammut sia a nord che a sud, nei loro insediamenti del Bacio di Secunda e alla pozza di Bleakwind. Era stato prima di scoprire che vivi e lascia vivere era l'unica fortificazione necessaria contri i giganti: sporadicamente, qualcuno di loro si avventurava ancora fino alle porte della città, ma era un evento più unico che raro, che non risultava quasi mai in vittime. I giganti erano creature stolide, e i Compagni di Jorrvaskr e le guardie cittadine erano l'unica difesa necessaria.
Per questo motivo era stato permesso alla fortificazione di cadere in rovina, preservando l'antica torre come unica struttura di guardia.
L'Argoniano indicò la cima della torre, che rispetto ai ricordi di Lydia, ora mancava, assieme ad una porzione della parete: la donna del Nord vide la scalinata interna attraverso breccia del muro, annerita dal fuoco.
"Frecce e magia." Poi spostò il dito dove si trovava ora il drago: "È stato attirato a terra da Irileth e i suoi uomini." spiegò semplicemente l'uomo rettile: "Io... ho saltato. Giù, sul contrafforte della torre e poi lì, sulla cima della colonna che ora è caduta."
L'Argoniano doveva essere saltato per venti piedi, e aver balzato molto più lontano: Lydia provò ad immaginare quel momento, quando il drago era stato ancora vivo, prima dell'alba, ancora nel buio della notte, e provò anche ad immaginarsi il momento in cui il drago aveva incendiato la torre. Scoprì di riuscirci piuttosto bene.
"Da lì, sul drago. Però, la mia spada è stata rotta dalle scaglie del suo collo. Una spada di buon acciaio... e a quanto pare, la stessa resistenza è offerta dalle sue ossa e dai suoi legamenti, anche da morto." disse l'Argoniano, indicando le guardie, che fino a quel momento avevano provato invano a separare le ossa le una dalle altre, per poterle riportare in città con loro. Sarebbe servita Adrianne Avenicci, e un daga d'ebano, per tagliare i legamenti delle ossa del drago, ma sarebbe arrivata solo successivamente.
"Il suo occhio... ha ricevuto la lama che aveva spezzato. Fino al gomito." disse ancora l'Argoniano come se fosse naturale: "...Non ero stato preparato al resto."
Nel frattempo, il gruppo delle guardie lo aveva visto in compagnia di Lydia, e avevano interrotto il loro lavoro:
"Sangue di Drago." lo salutarono alcuni, a cui l'Argoniano rispose con un cenno.
Lydia conosceva le leggende: i draghi erano immortali. Le loro scaglie più dure dell'acciaio, le loro ossa più della pietra, per quanto impossibilmente leggere. Solo la magia poteva davvero scalfirli, ma non ucciderli: perché anche quando sconfitti, la loro morte era, secondo le leggende almeno, solo temporanea. Ecco perché si diceva dei draghi che erano scomparsi, invece che estinti e ora, a quanto pareva, erano tornati.
Solo un Sangue di Drago, un Dovahkiin, era davvero in grado di uccidere i draghi, di rescindere l'unione della loro carne e del loro spirito: poiché un Sangue di Drago ne divorava l'anima. Quando questo avveniva, solo scaglie e ossa restavano: come in quel caso. Ma un Sangue di Drago non divorava solo le loro anime, si impossessava anche del loro potere: il loro Thu'um, la loro Voce, capace di riforgiare la realtà stessa. Perché il Thu'um era potere assoluto, qualcosa di più antico e assai più terribile della magia: una volontà che non poteva essere negata da nulla, nemmeno dal mondo stesso.
L'ultimo Sangue di Drago noto a Tamriel era stato Tiber Septim, che era asceso come nono divino, affiancando gli antichi dei del pantheon degli uomini, più di due ere or sono...
"Tutto questo... può essere accettato da te, Lydia?" le chiese.
"...Sì." disse semplicemente.
L'evidenza era innegabile, ma Lydia era sopraffatta da ciò che aveva di fronte agli occhi in quel momento, per comprenderne appieno le implicazioni. La sua risposta però sembrò bastare a Coda Spezzata, che si voltò, dirigendosi di nuovo verso Whiterun. Di nuovo, Lydia lo seguì: lungo la strada, avrebbero incrociato diversi cittadini che andavano in direzione opposta alla loro, desiderosi di constatare coi loro occhi ciò che la Nord aveva appena visto.
 
La sua giornata era cominciata in quel modo così strano e terribile, e Lydia capì non sarebbe finita presto.
Rientrando in città, Lydia scoprì che il suo Thane non aveva perso tempo: una delle guardie che incontrarono, e Lydia constatò che da quel momento in poi lei non faceva più parte di quella categoria, li stava già aspettando. Per un assurdo istante, Lydia si chiese se non volessero arrestarlo, ma, invece, la guardia porse titubante all'Argoniano una chiave ed una pergamena, che portava la firma svolazzante di Proventus, sulla quale l'uomo rettile passò lo sguardo annuendo lievemente. Fu così che Lydia seppe che non solo l'Argoniano sapeva leggere la scrittura degli uomini, ma di certo leggeva più velocemente di lei: perché quando le passò il documento, la donna del Nord lottò duramente con la sintassi per comprendere ciò che c'era scritto.
Fu così che Lydia scoprì che il suo Thane aveva pagato una somma di 5000 septim d'oro per acquistare una casa a Whiterun e quando alzò gli occhi dal documento, scoprì anche quale. Breezehome: l'edificio costruito a fianco della fucina di Adrianne Avenicci. Il fatto che fosse proprio a fianco della fucina del fabbro spiegava anche perché fosse rimasta sfitta così a lungo: il suono del martello e dell'incudine, e l'odore di fuliggine e metallo rovente, avrebbero accompagnato ogni giornata passata a Breezehome, ma in quel momento era una preoccupazione così secondaria per Lydia, da non esistere minimamente.
"Che usanza astuta." commentò l'uomo rettile, osservando la casa.
La loro casa, ora.
"...Che cosa, mio Thane?"
"Essere nominati Thane. Richiede che una dimora sia acquistata nelle mura della città e così, septim d'oro sono convogliati nelle casse del feudo." La frase più lunga che Lydia gli avesse sentito dire fino a quel momento, e la più offensiva, che l'Argoniano pronunciò staccando il più possibile le parole: pronunciava ogni sillaba senza accenti, e a parte il tono della sua voce, e la strana costruzione convoluta delle sue frasi, era perfettamente comprensibile.
Il temperamento del Nord di Lydia prese fuoco immediatamente:
"Lo Jarl ti ha riconosciuto come una persona di grande importanza nel feudo. Un eroe. Il titolo di Thane è un onore, un dono per il tuo servizio. Le guardie abbasseranno lo sguardo, se dirai loro chi sei ora. Di fronte a tutto questo, l'obbligo ad acquistare una dimora è poca cosa...!"
Lydia seguì il suo stesso consiglio, abbassando lo sguardo quando si accorse di avere gli occhi azzurri da rettile dell'Argoniano su di lei.
"No." disse infine il suo Thane: "Una dimora non è mai poca cosa." mormorò, aggiungendo poi a voce più alta: "...Ci sono scuse che vanno fatte Lydia: troppo tempo è stato passato da me tra gli Imperiali."
Poi l'uomo rettile infilò la chiave nella toppa, ed insieme entrarono a Breezehome.
L'interno, prevedibilmente, portava i segni di un lungo abbandono: era piccolo, buio e sporco. Decisamente non la dimora di un Thane, e di certo non quella di un Sangue di Drago. Lydia non disse nulla, le bastò il suo volto per esprimere il suo pensiero, mentre l'uomo rettile al suo fianco rimase impassibile in ogni sua scaglia.
"Lydia..."
"Mio Thane?" rispose titubante.
"...Coda Spezzata risulta più che sufficiente alle mie orecchie."
Ed esattamente dove fossero, era un mistero che a Lydia sarebbe piaciuto risolvere: non c'erano orecchie, ne altri buchi nella sua testa che avrebbero potuto passare come tali.
"...Sarebbe irrispettoso, mio Thane."
"E mio Thane è pervaso invece di note servili. Ci sono poche cose che siano disprezzate da me quanto la servitù, e la schiavitù. In qualunque forma." ribatté pacato l'Argoniano, senza lasciare che alcuna emozione trasparisse nella sua voce.
"Io non sono una schiava! Il titolo di huscarlo è un voto che..." ma l'Argoniano la interruppe con un altro dei suoi penetranti sguardi: sembrava centellinare ogni suo gesto per ottenere il massimo risultato col minimo sforzo.
Di nuovo, parlò a lei con quella sua voce roca e calma, separando bene le sillabe:
"Allora il tuo voto è sciolto, Lydia. Impegnarsi a far sì che i desideri di qualcun altro siano esauditi, anche volontariamente, è una vita che non è vissuta. Di nessuno, questo dovrebbe essere il destino."
"...Ho dato la mia parola come guardia del feudo. Di proteggere e servire Whiterun. E di condividerne il destino. Il mio giuramento ed il mio Jarl mi chiamano a condividere il tuo destino oggi, mio Thane, a proteggere la tua persona e la tua proprietà, fino al giorno della mia morte, o della tua. I Nord hanno una sola parola: piuttosto che il disonore di rinunciare ai miei obblighi, preferisco la morte."
"...Un'altro modo di non vivere la propria vita. Letteralmente."
Lydia scrollò le spalle, ribelle: un gesto che un Thane del Nord avrebbe ricompensato con uno schiaffo per la sua impudenza. A posteriori, mesi nel futuro, Lydia avrebbe compreso che in quel momento voleva solo avere una scusa per provare risentimento nei confronti dell'uomo rettile, la cui colpa era quella di essere un Argoniano a Skyrim. Per l'esattezza, un Sangue di Drago Argoniano: la somma di ogni sogno di valore Nord in un corpo di lucertola.
Solo le ossa bianche alla torre di guardia le avevano impedito di tentare di ribellarsi prima.
"Esasperante..." rispose invece l'uomo rettile, sempre impassibile: col tempo, Lydia avrebbe anche imparato che a causa del loro volto, era difficile per gli Argoniani esprimere le loro emozioni in modi che uomini o elfi potessero capire.
 Il nostro cuore viene fatto riposare sotto le nostre scaglie, Lydia, non sulla lingua, o nel braccio, le avrebbe spiegato un giorno Coda Spezzata.
"...I miei principi sono messi alla prova dalle tue convinzioni, Lydia. Le rispetto, ma non si può dire che siano comprensibili per me. Ma ti sarà permesso di essere il mio huscarlo solo se questa risulta davvero essere la tua convinzione. Non a causa di un giuramento, o perché questo è ciò che ci si aspetta da te."
"Io...!" cominciò Lydia, ma l'uomo rettile la interruppe:
"Una sola parola è data ai Nord... è già stato detto. Ma il mio invito è che tu ci rifletta, Lydia: perché non è possibile sopravvivere ad un drago con dubbi nel cuore. E questo..." spiegò Coda Spezzata, mettendosi una mano sul petto scaglioso, non proprio nel punto dove Lydia avrebbe posto la sua: "...È ciò che mi è stato insegnato da Mirmulnir: il drago le cui ossa sono state lasciate alla torre ovest di Whiterun. Non si rende necessaria una risposta: sarà evidente col prossimo drago. Sono stato compreso?" le chiese, incrociando il suo sguardo.
Lydia masticò diverse bestemmie tra la lingua e i denti, prima di raddrizzare le spalle e pronunciare tre parole:
"Sì mio Thane." Almeno poteva continuare ad offenderlo in quel modo, ma il sangue dell'Argoniano doveva essere di altra natura rispetto al suo, perché ancora una volta il suo volto rimase immutato.
Coda Spezzata sembrava impossibile da offendere:
"...È necessario un calderone, Lydia. Molto grande e molto pulito: almeno 6 galloni." spiegò, indicando i polverosi resti che erano rimasti a Breezehome dal suo precedente proprietario.
"Ti aspetti che ti prepari la colazione mio Thane?"
"Solo un calderone da 6 galloni. Vuoto e pulito per quando sarò di ritorno." ripeté solamente: poi prese la porta senza aspettare la risposta di Lydia, chiudendola piano dietro di sé.
 
***
 
Il che li riportava al momento presente: a quando cioè Coda Spezzata era tornato, portando con sé una gerla di grano e una gerla di fiori blu di montagna, acquistati al mercato di Whiterun, assieme ad un secchio pieno semplicemente d'acqua. Lydia preferì non pensare alle reazioni dei suoi concittadini di fronte alle strane richieste dell'Argoniano, che aveva acquistato al mercato i pochi resti che erano sopravvissuti all'inverno.
Tuttavia, con lei il suo Thane aveva solo cominciato: Lydia aveva trovato il calderone che l'uomo rettile cercava, fortunatamente privo di ruggine o sporco, un miracolo probabilmente dovuto al fatto che era stato una delle poche cose ad essere impilata per bene quando la casa era stata abbandonata, anni fa. Con lei ad aiutarlo, l'Argoniano si era messo subito all'opera: questo aveva significato, date le miserevoli condizioni di Breezehome, che Coda Spezzata si era caricato in spalla una panca, l'aveva portata fuori, l'aveva appoggiata contro il muro della casa, e ci si era seduto sopra, invitando Lydia a fare lo stesso. Dopo averla costretta a sciacquarsi le mani nel secchio d'acqua gelida, e aver posto tra loro il calderone, l'Argoniano aveva cominciato a separare i boccioli azzurri dai loro steli, gettandoli nel pentolone.
Nel frattempo, Lydia si sarebbe occupata del grano.
Era metà mattina ormai, e le loro attività avevano attirato non poche occhiate curiose dai cittadini di Whiterun, che insistentemente continuavano a passare di fronte a loro, cercando di dare un senso a quello che vedevano. L'Argoniano però, rimaneva impassibile ai loro sguardi, concentrandosi sul lavoro: alla fine, Lydia aveva fatto lo stesso.
Decisamente, Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro.
"...Mio Thane?" gli chiese infine Lydia: ormai le sue dita si erano da tempo sporcate con la crusca, ma non era che a metà della sua gerla e il silenzio le era diventato insopportabile.
Al suo fianco invece, Coda Spezzata aveva quasi finito: le punte delle sue dita ormai erano macchiate di blu scuro.
"Sì, Lydia?"
"Dov'è l'anello? Quello che portavi sulle..." Lydia deglutì un attimo, prima di finire: "...corna?"
In effetti, l'anello di ferro era scomparso.
"È stato venduto... A Belethor." aggiunse Coda Spezzata dopo un momento.
Ora che ci faceva attenzione, Lydia notò che tutti i denti dell'Argoniano erano zanne sottili, una chiostra di denti bianchissimi, che si mostravano appena quando parlava: muoveva molto poco la bocca.
"Belethor... il Bretone? Quello che gestisce il banco dei pegni? Quello che se l'avesse, venderebbe la propria sorella per comprare due altri parenti e vendere anche loro?"
"...Sì."
"Oh... non credevo che valesse tanto."
Ne che il nuovo Thane del feudo fosse così povero da dover impegnare i suoi monili dopo aver comprato una dimora: in effetti, Lydia non sapeva nulla di lui, ne della sua gente.
Coda Spezzata si limitò ad annuire alla sua osservazione.
"E con quei septim... hai comprato... grano vecchio e fiori seccati?"
Di nuovo, un cenno affermativo.
"Posso chiedere mio Thane... perché?"
"...Perché si possano guadagnare altri septim."
"Non capisco."
L'Argoniano esalò lievemente, prima di rispondere: che fosse un sospiro infastidito o di divertimento, Lydia non seppe dirlo.
"Che cosa si dice sull'Alchimia a Skyrim?"
Lydia dovette pensarci un attimo: Il Calderone di Arcadia, gestito dalla sunnominata Arcadia, farmacista della città, era una delle botteghe che si affacciavano sulla piazza del mercato, ma in tutti gli anni che viveva a Whiterun, Lydia poteva dire di esserci entrata non più di un paio di volte. Eppure, altri suoi concittadini avevano di certo un uso per i suoi intrugli, perché l'anziana donna imperiale viveva da anni coi septim dei suoi rimedi, curando atassia, tremori o altri mali. I preti del tempio di Kynareth potevano essere addestrati alla taumaturgia, ma anche senza la guerra civile che era scoppiata, i feriti e i malati non mancavano mai, e Arcadia soddisfaceva con discrezione anche i desideri dei suoi concittadini per filtri ed elisir più... esotici.
"Bene e male... suppongo." rispose Lydia.
Di nuovo, l'Argoniano annuì:
"Ricorda questo Lydia: più di ogni altra cosa, con l'Alchimia è possibile diventare ricchi."
Un pensiero sorprendentemente pratico e banale, per un'arte con così pochi discepoli.
"...Se è così, perché in così pochi la praticano?" Un'Alchimista degno di questo nome era effettivamente una rarità a Skyrim: nemmeno tutte le capitali dei nove feudi potevano dire di averne uno.
"Diverse ragioni. L'Alchimia richiede anni di studio per essere appresa. Tuttavia, rimane sempre complessa: un filtro di guarigione può diventare un veleno se anche un solo ingrediente viene scambiato, o preparato in modo errato. Infine, non è mai ammesso di sbagliare ad un Alchimista, perché una volta distrutta la fiducia nei suoi rimedi, non sarà mai più recuperata."
"Quindi... sei un Alchimista, mio Thane?"
"Sì. E No: la mia vocazione è un'altra. Ma ricordo ancora ciò che ho appreso."
"In Argonia?"
"...No. In quella terra, l'Alchimia serve solo ai forestieri."
"Non capisco mio Thane."
"E le tue domande sono fonte di divertimento, Lydia: è passato del tempo dall'ultima volta in cui la curiosità di altri ha stemperato la loro sfiducia."
Di fronte a questo, Lydia poté solo abbassare lo sguardo, arrossire e tacere.
"...Che strana terra è questa." esalò alla fine l'Argoniano.
"Mio Thane?" Lydia lo scoprì ad osservare le nuvole.
"Così piena... di cielo. Sembra così impossibilmente... vasto."
"...Non saprei mio Thane. Questo è il cielo che ho avuto sopra la testa fin da quando ho memoria, e non posso dire di averne mai conosciuto altro. È diverso in altri luoghi?"
L'Argoniano annuì:
"Tu la chiami Argonia, ma quello è il vecchio nome Imperiale. Argonia. Argoniani." spiegò l'uomo rettile, guardandola con un solo occhio azzurro: "Palude Nera è un nome... più corretto. La dimora dei Saxhleel, coloro che l'uomo chiama Argoniani. Saxhleel." ripeté l'uomo rettile, aspirando la h e lasciando sibilare le ultime tre lettere: fu così che Lydia seppe che come i serpenti, il suo nuovo Thane possedeva una lingua bifida.
"...Nella lingua dell'uomo, il popolo della radice. Perché nella Palude Nera, il cielo si vede solo attraverso le fronde: non un raggio di sole o di lune arriva a terra, senza che abbia toccato almeno una foglia. Per certi versi, l'opposto di Skyrim."
"...Non riesco ad immaginare un luogo simile." ammise Lydia.
"Dovrebbe essere visto per essere compreso appieno." concesse Coda Spezzata: "...Ma non c'è uomo o elfo o Khajiit che sopravviva alla Palude Nera."
"...Se sono tutti come te, non fatico a crederlo, mio Thane."
"Il pericolo più diffuso nella Palude Nera non sono i Saxhleel: nella loro terra natia, loro non occupano lo stesso posto dell'Uomo nella sua. I Saxhleel sono cacciatori, ma anche prede: per loro, sopravvivere significa soprattutto non essere mangiati, e la competizione è... aspra. Ci sono creature che possono lasciare solo ossa di una preda prima che si abbia finito di pronunciare la seconda sillaba del suo nome."
L'uomo rettile fece una pausa a quel punto, guardandola di nuovo negli occhi:
"...Ma per i forestieri, è anche peggio: nella Palude Nera, ogni creatura che voli, nuoti, strisci o corra, e quasi ogni pianta, è velenosa, portatrice di malattie, o entrambe. I Saxhleel sono immuni a quasi ognuna di esse: morbi e veleni di altre terre non hanno quasi effetto... Ma il sangue di un forestiero potrebbe marcire per aver annusato un fiore della Palude Nera con cui i Saxhleel adornano le proprie case."
"...In questo caso, capisco perché tu abbia lasciato la Palude Nera, mio Thane."
"Non è stata mia la scelta." rispose Coda Spezzata.
Fu a quel punto che Lydia finì di separare il grano dalla crusca, ma prima che potesse chiedere cosa intendesse, l'Argoniano la precedette:
"C'è bisogno della zangola per il burro ora. Nell'angolo più lontano dalla porta, tra il tavolo ed il muro."
Dopo un attimo di esitazione, Lydia corse in casa, tornando con ciò che gli aveva indicato: il suo Thane era rimasto a Breezehome poco tempo, eppure ricordava perfettamente la disposizione degli oggetti al suo interno. Come se fosse naturale, l'Argoniano smontò la zangola, separando lo stantuffo e poggiandolo nel calderone pieno di fiori blu e chicchi di grano, come un pestello gigante in un mortaio ancora più grande.
Poi aprì la sua bisaccia e ne trasse un involto misterioso: svolgendolo, Lydia vide carne brunastra e spugnosa, macinata fino a diventare una pasta morbida, modellata come una spessa candela. Puzzava da far spavento, come vecchio formaggio e carne fradicia, tanto che non appena aprì l'involto, Lydia sentì i suoi occhi riempirsi di lacrime, e si ritrovò a tossire.
"Per le ossa di Shor... che è mai?"
"Un ingrediente assai difficile da procurare, e da preparare." rispose semplicemente l'Argoniano, gettando il tutto a raggiungere gli altri ingredienti e imbracciando lo stantuffo con decisione.
Il gioco dei muscoli fu subito evidente sotto le sue scaglie: la forza dell'Argoniano doveva essere considerevole, perché fece in pochi minuti quello che normalmente necessitava di un mulino. I chicchi di grano furono polverizzati in farina, mischiandosi alla poltiglia che erano diventati i fiori blu e la vomitevole... qualunque cosa fosse quella che aveva estratto dalla sua bisaccia. L'Argoniano si perse nel suo compito con un'ossessione che Lydia aveva visto raramente perfino in Eorlund, quando il metallo lo chiamava alla Forgia Celeste come una febbre.
Quando finì, il fondo del calderone era occupato da una poltiglia uniforme del colore e della consistenza dell'argilla, che puzzava di selvatico, anche se non più così tanto.
"Il difficile è stato fatto." disse Coda Spezzata, guardando il risultato del loro lavoro e togliendo lo stantuffo, e affidandolo a Lydia: gerle e zangola tornarono invece dentro casa, e l'Argoniano chiuse la porta di Breezehome.
"Andiamo." ordinò a Lydia, sollevando il calderone e poggiandoselo sulla spalla.
"Dove mio Thane?"
"A mangiare qualcosa." disse semplicemente.
Come Lydia scoprì però, la risposta dell'Argoniano era stata... incompleta: intanto perché, a quanto pareva, non conosceva nessuna delle taverne di Whiterun, e poi perché la prima fermata che fecero fu nella piazza del mercato della città. Piuttosto che cercare altri strani ingredienti, Coda Spezzata si limitò a dirigersi al pozzo, riempiendo il calderone di acqua gelida il più rapidamente possibile: non perché avesse fretta, o perché sembrasse infastidito dagli sguardi dei curiosi, ma perché, semplicemente, sollevava quattro secchi pieni alla volta dal fondo del pozzo, il massimo che il gancio potesse sostenere. Con il calderone sciabordante di liquido di nuovo sulla spalla, Lydia lo condusse alla Giumenta Bardata, che si affacciava proprio sulla piazza del mercato. La locanda era la più grande e famosa di Whiterun: famosa soprattutto per le risse che vi scoppiavano quasi ogni sera e seconda casa di molti individui violenti e passionali. Veri Nord insomma.
A mandare avanti gli affari da dietro il bancone, e cercare di mantenere la pace, c'era una donna del Nord dai capelli castani, il cui marito lavorava nelle cucine, uscendo solo per mettere fine alle risse.
La locanda aveva visto passare molti forestieri attraverso le sue porte, ma un Argoniano con un calderone sciabordante sulle spalle era nuovo: come se nulla fosse, Coda Spezzata si avvicinò al bancone, posando a terra il suo carico con un sordo tonfo.
"Affamati, assetati, o semplicemente stanchi?" lo precedette la locandiera: erano anni che faceva quel lavoro, e ciò che le mancava in esperienza con gli Argoniani, di certo compensava in malizia.
"Le prime due. E mi chiedevo anche se il tuo fuoco fosse disponibile." rispose Coda Spezzata, indicando il falò che come sempre ruggiva al centro della stanza, riscaldando gli avventori assieme a birra e sidro...
"...Non vedo perché no. Immagino che come nuovo Thane del feudo, possano esservi concesse alcune stranezza. Specie se avete ucciso un drago alle porte della città..."
Quella notizia in particolare si era diffusa molto in fretta: Lydia si chiese se non fosse già arrivata almeno a Riverwood, a sud.
"...Ma è meglio che usiate quello dell'altra ala: è più adatto al vostro calderone. Lo scricciolo che avete al seguito può farvi vedere dov'è."
Lydia e la locandiera erano vecchie conoscenze, fin da quando era stata guardia del feudo: dopotutto, la Giumenta Bardata era un locale per veri Nord...
"Molto obbligato..."
"Hulda." rispose semplicemente la locandiera, strofinando il suo bancone.
"Molto obbligato Hulda."
"Ho sentito le cose più incredibili su di voi durante questa mattinata, Thane. Ma nessuno sembra essere sicuro del vostro nome..."
"Per Uomini ed Elfi, sono Coda Spezzata." rispose asciutto l'Argoniano.
"Beh, Thane Coda Spezzata, benvenuto alla Giumenta Bardata. Il suo conto è pagato dall'oro dello Jarl in persona, per cui non pensi nemmeno ad offrirmi i suoi septim."
"Farò tesoro della graziosa ospitalità."
Le sue parole gentili sorpresero Hulda: con quel volto, era difficile capire il pensiero dell'uomo rettile, ma sembrava sincero.
"Allora, che posso portarvi, Thane?"
Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro, ma uccidere un drago sembrava offrisse un modicum di rispetto anche ai forestieri: Hulda sciorinò l'interezza del suo menù, tra cui l'Argoniano decise per pesce scottato e speziato e una zuppa di cavolo, da innaffiare con birra Argoniana, importata attraverso Cyrodiil grazie agli Imperiali. Non c'erano molti uomini di Skyrim che prendessero un secondo sorso di quella bevanda e Lydia ora sapeva il perché: c'era da diventare sordi a berla con regolarità e probabilmente era fatta con qualche radice velenosa della Palude Nera.
La locandiera non chiese il piatto favorito di Lydia, dopo tutti quegli anni, lo conosceva a memoria: bistecca e patate. E idromele ovviamente.
Concluso il rituale, Lydia condusse il suo Thane, di nuovo col calderone sulla spalla, nell'altra ala della locanda, dove Hulda aveva posizionato falò ad uso e consumo dei clienti: un modo per attirare anche i meno indigenti a mangiare alla Giumenta Bardata, dato che potevano cuocersi il pasto da soli, acquistando a prezzi inferiori gli ingredienti, o di sopperire alla cucina di suo marito nei momenti di grande calca.
In due, riuscirono ad accendere in fretta un fuoco, che cominciò a scoppiettare allegramente sotto il calderone: Coda Spezzata iniziò a mescolarlo lentamente con lo stantuffo della zangola, sempre nello stesso senso. L'odore che cominciò a salirne fu strano: assai più piacevole di quanto Lydia avesse immaginato. Un odore... quasi nostalgico, anche se la donna del Nord non comprese di cosa si trattasse.
"Esattamente, mio Thane... cosa fa?" chiese Lydia: lo sciabordio e il calore erano quasi ipnotici.
Strettamente parlando, l'Alchimia era una branca della magia... anche se la più terrena e distante dal resto: fare pozioni dopotutto, era assai differente che lanciare palle di fuoco dalle mani o evocare creature dell'Oblivion.
"Dovrebbe diventare un potente elisir... un farmaco in grado di sanare qualunque ferita, tranne la decapitazione. Anche un uomo che sia stato masticato da un Drago dovrebbe sopravvivere bevendone un sorso."
Lydia spalancò la bocca per la sorpresa:
"...Nemmeno i taumaturghi del tempio potrebbero tanto, mio Thane." sussurrò alla fine.
E pensare che qualcosa del genere veniva preparata in modo così... mondano di fronte a lei, con lo stantuffo di una zangola come mestolo...
"Racconti sulle abilità dei sacerdoti di Kynareth di questa città hanno superato le montagne Jerall da tempo, Lydia. Persino a Bruma si conosce il nome di Danica Fonte Pura... ma i draghi non dovrebbero essere combattuti da mortali."
"Eppure, tu hai ne ucciso uno, mio Thane."
"Mirmulnir... Ma quel drago non è l'unico ad essere ritornato dall'oblio della memoria e nemmeno uno dei più forti della sua specie. Helgen... è stata spazzata via di fronte ai miei occhi da un enorme drago nero dagli occhi rossi."
"Helgen... è stata spazzata via?" ripeté stordita Lydia: Helgen era la prima città del feudo di Falkreath, loro vicino. Era situata sull'altro versante della Gola del Mondo, la montagna dei Barbagrigia... e per coloro che arrivavano da Cyrodiil, in special modo dalla città di Bruma, Helgen era la prima tappa del loro viaggio dopo le difficoltà dei monti Jerall.
Sembrava impossibile.
"È stata cancellata dalla mappa, sotto una pioggia di fuoco chiamata dal cielo. Io e un soldato della Legione Imperiale siamo riusciti a scampare alla distruzione, cercando la fuga nei passaggi sotterranei della città. Altri potrebbero essere fuggiti, ma ne dubito. Portare questa notizia allo Jarl Balgruuf, e chiedere che uomini fossero inviati a Riverwood per meglio difendere la città, è stata la ragione per cui sono giunto a Whiterun. Prima dell'attacco del drago."
Le implicazioni del ritorno dei draghi arrivavano molto più in profondità, e molto più lontano, di quanto Lydia avesse pensato, e con Skyrim già impegnata nella guerra civile... tempi oscuri si delineavano di fronte a loro. Perché se un drago poteva cancellare una città dalla mappa... cosa avrebbe impedito che la prossima fosse Whiterun? Ora Lydia capiva appieno la saggezza del suo Jarl nel nominare Coda Spezzata come Thane del feudo, e la gravità del compito di fronte a loro. No, abbandonare il suo Thane non era più possibile per lei: onore e senso del dovere e di responsabilità li legavano assieme, indissolubilmente, fino alla morte di uno di loro, o di entrambi.
"Abbiamo bisogno di armi e di armature migliori." disse subito Lydia, sentendo per la prima volta quanto fosse inadeguato la corazza di piastre che portava: cosa poteva l'acciaio contro zanne lunghe quanto spade?
"Vero. La mia ultima corazza e le mie armi hanno pagato il tributo a Mirmulnir... ma è necessario anche cercare il consiglio dei Barbagrigia sulla loro montagna, i maestri della Voce, la magia dei Draghi. Ma tutto questo ha un suo costo. E quindi sono necessari septim d'oro."
Mentre raccontava, il tono di Coda Spezzata era rimasto piatto e privo di emozione: il suo volto non era piegato dalla preoccupazione. Lydia non sapeva ancora cosa pensare: avrebbe imparato col tempo che gli Argoniani hanno il loro modo di affrontare il terrore dell'ignoto.
"E questa pozione può fornirceli?"
"Se il risultato finale sarà quello che spero, il contenuto di questo calderone avrà un valore di almeno 12'000 septim. Ci serviranno tutti."
Lydia aprì la bocca: in un altro momento, l'idea che un liquido qualsiasi potesse valere tanto le sarebbe sembrata ridicola... ma la notizia di Helgen aveva scosso le sue certezze. E il fatto che il suo Thane avesse un piano, per quanto vago e incerto, in qualche modo la rincuorò grandemente.
"...E pensare, che ero giunto a Skyrim per placare la mia sete di avventura. Devo essere una fonte di divertimento per gli Hist."
"Chi?"
Fu la prima volta in cui Lydia vide il suo Thane apparire incerto: per un momento, il suo mescolare si interruppe. Sarebbe stato uno spettacolo più unico che raro anche negli anni a venire:
"...Gli Hist." ripete: "Quanto di più simile il popolo della radice abbia a Dei. Ciò che si crede di sapere su di essi da parte degli uomini è solo una pallida eco della verità...gli Hist sono più antichi della Palude Nera, e più numerosi delle foglie su un albero."
"Mio Thane... perdonami se lo chiedo, ma nel poco tempo che ti ho conosciuto hai continuato a separarti dagli Argoniani. Parli della tua gente come se non ci appartenessi..."
"Non è troppo distante dalla verità..." disse quietamente l'uomo rettile: "...e non per il tempo passato tra gli uomini."
Coda Spezzata non parlò subito, compiendo due giri completi con lo stantuffo:
"...Esistono molte razze di Saxhleel, così come esistono molte razze di Uomini, di Elfi o di Khajiit. L'Uomo ha i Nord di Skyrim, gli Imperiali di Cyrodiil, le Guardie Rosse di Hammerfell e i Bretoni, se devono essere inclusi all'elenco anche i mezzi elfi di High Rock. Allo stesso modo, nella Palude Nera esistono gli Agacephs, gli Archein, i Paatru, i Sarpa, i Naga... e molti altri. Lo stesso territorio è condiviso da tutte le razze del popolo della radice, ma le differenze non sono minori che tra ogni razza di uomo. Da questo punto di vista, le differenze tra Uomini e Saxhleel... non sono molte in fondo, ma la più importante risiede nel modo in cui ogni razza è considerata."
"...In che senso?"
"Non esistono modi in cui spiegarlo, se non per approssimazione. Esistono concetti che non possono essere tradotti in questa lingua: per i Saxhleel, ogni loro specie rappresenta una... sfaccettatura degli Hist. Una diversa interpretazione di una medesima origine. Gli Uomini hanno i loro nove Dei, i Saxhleel le loro specie. Questa distinzione non è messa in dubbio da nessun Saxhleel timorato degli Hist. Ecco perché un mezzosangue, il frutto di due razze diverse di Saxhleel, è visto come un'offesa agli dei. Io sono uno di quei mezzosangue: la mia esistenza nella Palude Nera è vista come un peccato. E il fatto che uno dei miei genitori, probabilmente mio padre, sia stato un Naga, ha peggiorato le cose."
Lydia ebbe bisogno di un momento per accettare quelle parole: che strano, pensò la donna. Ascoltare una storia così simile alla sua: suo padre era stato un Thane del feudo, prima di cadere nel disonore e fuggire, lasciandola indietro.
La donna di Skyrim chiese:
"Perché che fosse un... Naga è così importante?"
"I Naga... se un paragone dovesse essere fatto con le razze dell'Uomo, potrei dire che sono i Nord dei Saxhleel. Le zone più interne della Palude Nera sono abitate da loro, il cuore segreto del continente, che non è mai stato messo su nessuna mappa. Una razza di guerrieri di sette piedi come minimo, e uno in più quando si infuriano, molto spesso e facilmente."
Sì, decisamente quella descrizione ricordava a Lydia della sua gente: quindi il suo Thane era più basso di un Naga. Qualcosa che faceva riflettere: Lydia non aveva idea che gli Argoniani potessero essere così giganteschi.
"...Hanno bocche grandi, con zanne come aghi, che stillano veleno. Per questo probabilmente, il mio morso risulta narcotico su Uomini ed Elfi, ma non mortale. Ed è anche la ragione per cui sono dovuto venire a Skyrim da Cyrodiil, a dire la verità."
"Hai morso un'Imperiale, mio Thane?" chiese Lydia, lievemente spaventata: era forse un'animale il suo Thane?
"...Per la verità, è stata una Imperiale a venire morsa, dopo avermi invitato alla sua tavola e poi nel suo letto. Non al nostro primo incontro ovviamente: sarebbe stato... troppo sfrontato. Tuttavia, la mia compagnia è arrivata ad essere per lei assai piacevole, così come le mie doti, e anche... i miei morsi. Comprensibilmente, l'avventura è stata meno apprezzata da suo marito, che mi aveva assunto come guardia. Ed essendo suo marito il conte di Bruma, cambiare versante delle montagne Jerall mi è sembrato... il minimo della prudenza."
Lydia rise. Non poté fare altro: non tanto per l'idea, ma per come le era stata raccontata.
Salaci storie e ballate di tradimenti ed infedeltà all'interno di famiglie nobili vedevano spesso Argoniani come gli strumenti dell'adulterio: erano le più piccanti e le più licenziose probabilmente, ma c'era una ragione per cui La Lussuriosa Domestica Argoniana veniva ristampata nella sua forma letteraria da quasi sette secoli, ed era possibile trovare il testo in quasi qualunque provincia di Tamriel, per quanto magari nascosto ad occhi indiscreti. Perfino Lydia ne aveva sentito parlare, per quanto non avesse mai avuto l'occasione, o il desiderio, di leggerlo.
Per la verità, era forse uno dei pochi testi che parlassero di Argoniani, che un Nord potesse leggere nella vita.
"...Bene." disse Coda Spezzata: "L'alchimia è resa migliore dalla gioia. La tua in questo caso."
"Sul serio, mio Thane?"
Coda Spezzata annui, continuando a rimestare:
"L'Alchimia è... trarre un solo colore da un misto di sfaccettature. In questo caso, dal blu dei fiori e dal giallo del grano..."
"E dal marrone di qualunque cosa sia il terzo ingrediente..." aggiunse Lydia, a cui l'Argoniano annuì:
"...È necessario trarre il rosso della vita. Ma l'Alchimia dipende anche da chi è praticata: non ci saranno mai due pozioni uguali, così come non ci saranno mai due fiori uguali. E allo stesso modo, il risultato finale è influenzato dal cuore, dallo spirito e dalla mente di chi manipola gli elementi che compongono la mistura. O almeno, così mi è stato insegnato: la teoria è più complessa di così, ma l'esperienza suggerisce di essere gioioso quando si preparano pozioni curative. E funesto quando si mischiano veleni. Il racconto degli eventi di Helgen mal si accompagna a questa mistura." spiegò continuando a mescolare: a Lydia sembrò quasi che le sue scaglie brillassero in modo strano in quel momento, ma lo imputò ad un gioco della luce.
Avrebbe scoperto in seguito di non essersi sbagliata: l'Alchimista è sempre il catalizzatore della reazione alchemica.
"...E questa in particolare sarà resa più potente dalla tua gioia."
"Quindi... vi stavate burlando di me, mio Thane? La vostra era solo una storia per fornire un ingrediente all'elisir?"
"Sì. E no. Tutto quello che ti è stato raccontato è vero, tranne un particolare. Non era la contessa, ma sono davvero dovuto fuggire dagli uomini del conte, dopo aver fatto loro credere di avermi ucciso. Il resto della storia rimarrà un segreto: del valore, la discrezione è dopotutto la parte più importante... Ma se dovessi un giorno passare da Bruma, chiedi di Ellya Erdain, e solo al suo orecchio, fai il nome di Kaiman. Immagino che ti si offrirà uno spettacolo interessante."
Nel calderone, la mistura stava diventando sempre più di un rosso vivo, assai più acceso di quello delle guance della Nord.
"...Spero che la mia storia non sia stata fonte di troppo imbarazzo per te."
"Non è esattamente qualcosa che mi aspettavo di ascoltare durante il mio primo giorno come huscarlo."
Un conto era sentire una storia con un Argoniano... un altro sentirsela raccontare. Il suo Thane le era ancora troppo spaventoso perché potesse conciliare quell'immagine particolare con il suo essere... un uomo rettile. E tuttavia, quella storia aveva scosso alcuni dei preconcetti che aveva su di lui, e ridotto in parte le distanze fra loro.
"Bene. Tempi inaspettati sono su di noi: dovrai essere pronta all'impossibile."
"Nessuno diventa guardia del feudo di Whiterun senza addestramento, mio Thane..."
"E dimmi Lydia: si viene anche addestrati ad uccidere i draghi?"
La donna del Nord non ebbe bisogno di rispondere, né ne ebbe l'occasione, perché una delle ragazze della taverna entrò, portando loro da mangiare.
Coda Spezzata mangiò in piedi, continuando a rimestare nel calderone, infilandosi in bocca il pesce scottato e masticandolo lentamente: Lydia scoprì che poteva aprire la sua bocca molto più di quanto avesse pensato... specie quando si infilò la bottiglia di birra Argoniana in bocca e la svuotò in un solo fiato. Almeno beveva come un Nord: Lydia avrebbe scoperto che era più semplice per lui in quel modo. Con la sua bocca senza guance, centellinare una bottiglia, o un bicchiere, era più difficile che per un uomo.
Quello che la stupì davvero però, fu che mentre il suo Thane tracannava la birra, gli si aprirono sei tagli paralleli sul collo, tre su ogni lato: di un rosa acceso e pulsanti, che si chiusero non appena abbassò la testa.
"Ti spalanca le branchie." soffiò l'uomo rettile, poggiando la bottiglia vuota a fianco del suo piatto.
Su quello, Lydia non fece domande.
 
Uscirono dalla Giumenta Bardata nel primo pomeriggio, non appena l'elisir era stato terminato e il calderone si era raffreddato al freddo vento di Skyrim: non ci era voluto molto, poiché era pur sempre il primo mese dell'anno. Il liquido che adesso sciabordava al suo interno, era diventato più denso dell'acqua e di un colore rosso vivo: quasi quello del sole al tramonto. Mentre aspettavano che si raffreddasse nel cortile della locanda, l'Argoniano aveva continuato ad ordinare birra della Palude Nera, ma nonostante ne avesse bevute abbastanza perché Lydia perdesse il conto, camminava ora dritto col calderone di nuovo sulla spalla: se avesse tentato di eguagliarlo anche solo con l'idromele, Lydia sarebbe rimasta sdraiata sul pavimento della Giumenta Bardata per un paio di giorni.
Lo seguì di nuovo a Dragonsreach, dove l'Argoniano disse ad una guardia di avvisare il mago di corte che era atteso, cosa che venne fatta immediatamente: attraverso passaggi secondari, furono portati nello studio di Farengar Fuoco Segreto, dove l'Argoniano posò finalmente il calderone sciabordante.
"Siete stato più rapido di quanto credessi." disse lo stregone senza preamboli: di tutti i Nord del feudo, Farengar era l'unico che si coprisse la testa col cappuccio della sua veste da mago blu scura. Era magro, al punto da essere esile, con una corta barba bianca a ornargli il mento, una stranezza tra gli uomini di Skyrim, che di solito portavano barbe con la stessa gioia con cui mulinavano asce. Anche il resto del volto era piuttosto insignificante: solo gli occhi, dal fondo del suo cappuccio, suggerivano il segreto lavorio della sua mente. Farengar era, per Lydia almeno, un essere pericoloso dai modi di coniglio, più strano ancora del suo Thane per certi versi, dato che almeno lui veniva da un'altra terra, ed era di un'altra specie. La superstizione e la sfiducia dei Nord verso la magia fecero in modo che Lydia non incrociasse lo sguardo dello stregone: c'erano storie di uomini resi pazzi da un solo sguardo di mago.
"Era pronta." rispose semplicemente il suo Thane.
"Vedo... E dopo la pietra che mi avete dato, non ho ragione di dubitare dell'efficacia dei vostri rimedi. Sono curioso però... dove avete appreso l'arte Alchemica?"
"...Mournhold." esalò il suo Thane.
"Ah." rispose Farengar contrito: "...Mi dispiace, ho fatto una domanda indiscreta."
Il perché lo fosse, Lydia non lo capì:
"Nessuna indiscrezione. Ho lasciato Morrowind assieme all'Impero, giungendo a Cyrodiil in tempo per veder firmare il Concordato Oro Bianco."
"E infine qui..."
"Sete di avventura, Farengar, e di Cyrodiil era stata vista quasi tutto. Dovendo scegliere tra Skyrim o Hammerfell, ho scoperto Skyrim più vicina."
A questo, ricordando la sua storia, Lydia sorrise lievemente.
"...Da quello che ho visto, le avventure non vi mancheranno in questa terra."
Alle parole del mago, il suo Thane rispose con un cenno di assenso:
"I segreti della pietra sono stati svelati?" gli chiese.
"Non... proprio. Ho già fatto mandare un messaggio ad un mio associato con più esperienza sulla questione, e un'altro al Collegio di Winterhold, ma ci vorrà tempo per avere delle risposte, con est e ovest di Skyrim che si combattono, e Whiterun proprio al centro che si dichiara neutrale. Le conoscenze sui draghi non sono più molto diffuse, come potete immaginare, anzi non lo sono mai state. Nel frattempo, ho condotto qualche esperimento sulla scaglia e sull'osso che mi avete portato: un campione piuttosto singolare, soprattutto dopo i risultati dei miei esperimenti..."
"Farengar, la vostra solerzia vi fa onore, ma se ci si limitasse ai fatti, potrei lasciarvi ai vostri studi più rapidamente e così tornare ai miei... a proposito..." disse indicando l'angolo dello studio del mago: "...Non risulta pericoloso lasciare gemme dell'anima piene vicino ad un pentacolo non protetto?"
"Dove?" disse il mago voltandosi repentinamente verso la direzione indicata: "Io non... ah. Vedo." disse Farengar.
Il mago marciò cautamente verso un angolo del suo laboratorio, spostando uno strano cristallo dall'altra parte della sala, il più lontano possibile da un tavolo pentagonale vergato di rune bluastre, che poggiava su tre gambe, adornato da un teschio con tre orbite che reggeva un globo verdastro e dieci candele ad illuminarlo. Fu la prima volta che Lydia sentì qualcuno far tacere il mago e passarla liscia: Farengar adorava quanto il suono della sua voce lo facesse apparire brillante, e per di più, Coda Spezzata era riuscito a farlo senza apparire offensivo.
Farengar posò il cristallo con cura, stando bene attento che non rischiasse di cadere:
"Abbiamo rischiato un piccolo incidente." disse il mago con un sorriso nervoso, tornando a rivolgersi a loro con un altro guizzo: "Ma non mi ero reso conto che foste anche un incantatore..."
"Farengar... le vostre conclusioni?" chiese invece l'Argoniano.
"Ma certo, perdonatemi: è solo che siete un enigma affascinante... la scaglia ma certo." disse il mago schiarendosi la gola, per parlare a voce più chiara: "È come avevate suggerito, e come tramandano le leggende: a parità di volume, pesa un terzo dell'acciaio. Ma è assai più resistente. Ho dovuto usare strumenti fatti di ebano per riuscire anche solo a inciderle. La magia invece penetra normalmente attraverso le scaglie: sono riuscito a forarle con un sortilegio di ghiaccio di livello apprendista."
"Se si trovasse un modo di lavorarle..." iniziò l'Argoniano.
"Il risultato sarebbe assai interessante." finì il mago per lui.
"E le ossa?" chiese l'Argoniano.
Farengar fece schioccare la lingua insoddisfatto:
" Più pesanti dell'ebano e impervie a qualunque forza che conosca, magica o terrena. Non possedendone, non ho potuto testare strumenti di lega daedrica, ma sono cautamente persuaso che nemmeno quella sia in grado di scalfire le loro ossa. In breve, l'unico punto vulnerabile di un drago a tutto ciò che non sia ebano o magia sembrano essere gli occhi. Il che però ci avvicina alla bocca..."
"E le ali... le loro ali non sono protette. Semplice cuoio."
"Queste informazioni sono estremamente utili..."
"Salveranno vite, Farengar."
Un bussare alla porta dello studio del mago distolse Argoniano e uomo dalla loro discussione. Irileth, huscarlo personale dello Jarl Balguuf e suo braccio destro, entrò senza che fosse stata invitata.
Nemmeno gli occhi della Dunmer, rossi come il sangue anche nella sclera, Lydia osò incrociare: l'elfa scura dai capelli color ruggine era collerica e brusca, ma fedele al suo Jarl. Soprattutto però, Irileth era, così come il suo Thane a quanto pareva, capace di brandire allo stesso tempo acciaio e magia in battaglia. A Skyrim, simili individui erano chiamati Spade Stregate: mercenari in grado di usare spada e magia erano stati l'ago della bilancia di molte scontri del passato ed erano cercati e pagati profumatamente dai loro committenti.
Forse, si chiese Lydia, la tradizione delle Spade Stregate era nativa di Morrowind, la patria ancestrale dei Dunmer?
"Farengar. Thane."
"Irileth." rispose Coda Spezzata con un cenno, senza distogliere lo sguardo dal lavoro del mago.
In breve, Farengar spiegò anche ad Irileth il risultato delle sue ricerche sulle scaglie di drago e sulle sue ossa: le conclusioni non piacquero all'elfa, ma fu comunque qualcosa.
"E tu sei convinto che stiano tornando?" chiese alla fine l'elfa guardando l'Argoniano.
"Di questo, non ho dubbi. Mirmulnir e il drago di Helgen sono stati solo l'inizio: presto il cielo sarà solcato da altre ali. Molte altre ali."
Irileth sembrò assorbire la notizia con preoccupazione, facendo vagare lo sguardo fino al calderone: in due passi ci fu sopra, specchiandosi nel liquido. Senza dire nulla, la dunmer estrasse una daga dalla sua cintura, tagliandosi il palmo e chiudendo la mano a pugno. Poi intinse l'indice dell'altra mano nel liquido e se lo cacciò in bocca: quando riaprì la sua mano per osservarla, la sua pelle non portava segno di alcuna ferita. Non c'erano cicatrici, né segni: solo il sangue le sporcava ancora la mano.
"Effetti collaterali?" chiese la dunmer, di fronte a quel piccolo miracolo.
"...È limitata a quell'unico calderone. L'unico ingrediente importante è anche... raro. E difficile da ottenere e preparare: abbastanza difficile, da rendere pericoloso divulgare la sua natura."
"Pericoloso?" chiese Farengar.
"Un singolo errore nel trattarlo trasformerebbe l'elisir in un veleno capace di togliere il vigore alle membra di un uomo. Ulteriori errori, e il più vigoroso degli uomini diverrebbe un vecchio incapace perfino di sedersi da solo, o di eseguire il più semplice dei sortilegi, se ne si possiede la capacità. Troppo facile creare opportuni incidenti se la conoscenza fosse divulgata. Troppo facile per ciarlatani avvelenare con questa ricetta chi ne ha bisogno."
"...Quanto ne serve perché abbia l'effetto voluto?"
"Un sorso cura qualunque ferita, tranne la decapitazione."
"...Proventus preparerà il tuo compenso quanto prima, Thane. Passa da lui." disse semplicemente l'elfa, prendendo congedo.
"Irileth." la fermò Coda Spezzata sulla soglia: "...Di nessuno dovrebbe essere il destino dell'uomo che hai perso. Ci saranno mie offerte per il suo spirito nelle Sale dei Morti, quando sarà il momento."
L'elfa annuì senza voltarsi, per poi chiudere la porta dietro di sé.
Anche loro non restarono a lungo: giusto il tempo per il suo Thane di ordinare diversi tomi a Farengar, da consegnare a Breezehome. Il mago si fece pagare in septim e con un piccolo favore, che Lydia prese in carico spontaneamente: portare dei sali ad Arcadia difficilmente era un compito degno del suo Thane...
Quando uscirono dallo studio, Proventus li stava già aspettando: la cifra che passò di mano fu poco più di quella che il suo Thane aveva detto. Di quei septim, l'Argoniano ne diede 500 a Lydia, da consegnare ad Arcadia, come investimento: maggiori erano gli ingredienti alchemici che sarebbe stato possibile acquistare in futuro a Whiterun, meglio sarebbe stato per tutti loro. Lydia comprese quel ragionamento, e si affrettò ad eseguire quel compito.
Nel frattempo, il suo Thane fece delle richieste precise a Proventus, che Lydia non sentì: da parte sua, l'Imperiale si sarebbe affrettato a farle eseguire.
 
***
 
Si ritrovarono sotto l'albero sacro a Kynareth: un tempo un luogo di pellegrinaggi, l'albero sacro alla dea del cielo era da anni solo uno scheletro. Non era stata la collera degli Dei, ma un fulmine, a colpire l'albero: il suo tronco non si era spezzato, ne era stato sradicato, alcuni dicevano che la fede doveva averlo protetto, ma purtroppo l'albero aveva perso tutte le sue foglie. Era uno spettacolo triste ora, e il tempio, senza più la sua reliquia, languiva sopravvivendo solo grazie ai servizi taumaturgici dei suoi sacerdoti. Non erano più i pellegrini a venire al tempio, ma solo i feriti, gli storpi e i moribondi: l'inverno non era ancora finito però, ed era troppo presto perché si fossero messi già in viaggio attraverso Skyrim... ma non appena la neve si fosse sciolta, di nuovo Whiterun avrebbe accolto coloro che erano abbastanza ricchi o disperati da compiere il viaggio. Era sempre un triste affare, in cui la speranza che normalmente la fede avrebbe dovuto essere in grado di offrire, veniva offuscata da più disperati ed immediati bisogni.
"Mi ricorda un poco gli alberi della Palude Nera." disse Coda Spezzata osservandolo: "Il suo tronco e la sua chioma... erano fonte di solennità. Cosa gli è successo?"
Lydia glielo spiegò e Coda Spezzata annuì:
"Il luogo più lontano dalla mia casa... è il più vicino." sillabò solennemente.
Poi diedero le spalle a ciò che restava del sacro albero di Kynareth, dirigendosi verso Jorrvaskr: la Sala degli Incontri dei Compagni era un luogo più antico della città stessa. Ricavata dallo scafo di una delle navi con cui Ysgramor in persona era giunto a Skyrim da Atmora, o almeno così dicevano le leggende, era stato il primo insediamento attorno a cui era cresciuta la città. Ma c'era un motivo se la nave era stata posta proprio in quel luogo, in mezzo alla fertile pianura che ora comprendeva il feudo di Whiterun: a fianco della sala degli incontri, salendo consunti scalini di pietra, si ergeva un luogo ancora più antico, forse più antico di Skyrim stessa.
La Forgia Celeste, la fucina raccolta tra le ali di un grande falco di pietra, che aveva fissato con i suoi occhi l'avvicendarsi di un numero incalcolabile di fabbri, artigiani e maestri del metallo: l'unico luogo, in cui il gelo del Nord non arrivasse mai. L'acciaio della Forgia Celeste era leggendario, e per diverse ragioni: era l'acciaio degli eroi, il che spiegava il perché i Compagni si rifornissero solo di quello.
Erede di una tradizioni più antica della città, era per quella generazione Eorlund Manto Grigio: non si incontrava semplicemente il fabbro, ma si veniva ammessi alla sua presenza. Il rispetto che il fabbro comandava era dovuto alla dedizione riservata al suo lavoro. Eorlund non era il miglior creatore di lame di Skyrim per niente: lui apparteneva alla fucina, e il metallo era a volte come una febbre per lui, che lo chiamava alla forgia.
Li stava aspettando, e come Lydia ebbe la conferma, lui e il suo Thane erano creature di poche parole:
"L'acciaio è il tuo orgoglio, creatore del metallo. Così mi è stato detto."
"Hrm." confermò il fabbro.
"Ma per me e la mia compagna, sono necessarie lame d'ebano. Le farai per noi?"
Il vecchio fabbro si scompigliò la barba a quella richiesta, mentre uno strano sguardo si disegnò nei suoi occhi.
"Sì." disse Eorlund alla fine, e l'Argoniano rispose con un cenno d'assenso:
"Due lame allora. Una grande spada ad una mano e mezza da cinque con un filo solo per me. Niente guardia."
Le indicazioni precise del suo Thane ebbero più senso per il fabbro che per lei evidentemente, perché Eorlund chiese:
"Come una spada degli Akaviri? Come vengono chiamate... grandi katane?"
"Sì." rispose Coda Spezzata.
"Hrm. Avrai la forza di manovrare una spada da cinque piedi del nero sangue degli dei? Saranno... 22 libbre, più o meno."
"È il peso che mi è più confortevole da mulinare."
"Ah! Ma certo che lo è... ti farò una spada affilata come la lingua di mia moglie, uomo lucertola..."
"Mi affido alla tua maestria allora, vecchio."
"Hrm. E tu ragazza... tu combatti con spada e scudo. Lo vedo dalle tue spalle e dalle tue braccia. Ti farò una spada da tre piedi, la stessa lunghezza di quella che porti alla cintura. Saranno... 12 libbre. Il tuo braccio è abbastanza forte?"
"Lo diventerà." rispose Lydia: la spada che portava appesa alla cintura era da 10 libbre. La differenza sarebbe stata poca, e i Nord erano naturalmente vigorosi.
"...E lo scudo?"
"No." rispose il suo Thane: "Abbiamo bisogno delle lame. Di corazze e scudo, se ne occuperà qualcun'altro."
"La figlia di Avenicci."
Coda Spezzata non negò:
"...E io stesso. Prima di prendere la spada, ho imparato a forgiare armi e corazze, alcune almeno. Ma non so lavorare l'ebano abbastanza da farci lame. Per questo, è necessario un maestro del metallo."
Eorlund sputò per terra:
"L'adulazione non ti porterà lontano con me. Torna tra un mese, e avrai le tue lame."
"Di sicuro scherzi, artigiano: l'ebano non deve essere lavorato, non quando la tua forgia è cosi calda da sciogliere il minerale puro. E si vedono i lingotti da qui. Con uno stampo... ah. Le mie scuse. Si trattava di una prova."
"Hrm." rispose Eorlund con un sorriso, passandosi la mano sporca di fuliggine sulla barba: "Sei brutto come una serpe, ma non sei stupido. Quattro giorni. Torna tra quattro giorni e avrai le tue lame. Posso preparare la base assieme e fonderle dalla stessa matrice, per poi colarle separatamente."
L'Argoniano annuì:
"Le voci sulla tua maestria sono vere."
"Ma certo che lo sono." disse Eorlund tornando alla fucina: lo lasciarono mentre il suo mantice già ruggiva.
 
Gran parte del pomeriggio era passato ormai, ma la loro giornata non era ancora finita: Lydia era meravigliata dall'energia che sembrava pervadere il suo Thane. Forse erano le birre che aveva bevuto a pranzo: era ancora mezzo nudo e disarmato, ma di certo dava una diversa impressione alla donna del Nord. Sapeva quello che faceva, quello che voleva e come ottenerlo. Doveva essere stato un mercenario a lungo per avere così pochi dubbi: o forse, la sicurezza di sé era tipica degli Argoniani.
Per la verità, Lydia non sapeva nemmeno da quanto fosse al mondo, o se gli Argoniani invecchiassero quanto e come gli Uomini: c'erano così tante cose che avrebbe voluto chiedergli... ma nonostante le avesse detto che le sue domande lo divertissero, la ragazza del Nord non sapeva ancora molto sul suo Thane. Inoltre, il suo ruolo e l'onore la mettevano due passi dietro di lui: non al suo fianco.
Di ritorno dalla Forgia Celeste, passarono di nuovo per il mercato, dove, grazie alla sua nuova ricchezza, Coda Spezzata poté acquistare qualcosa di meno necessario: dopotutto, non ci si poteva aspettare che il nuovo Thane di Whiterun andasse in giro per il feudo con solo le spalle coperte. Data l'ora, non trovarono molti curiosi nella piazza del mercato, ma furono abbastanza: ciascuno dei suoi acquisti venne soppesato, giudicato e trasformato in pettegolezzo all'istante. Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro: importava cosa fosse, non le sue azioni. Almeno però, nessuno tentò di imbrogliarlo alzando i propri prezzi: questo almeno, fino a quando rientrarono da Belethor.
Il Bretone era sempre stato avido, e dotato di abbastanza malizia da credere che essere sopravvissuto indenne ai suoi traffici avrebbe garantito che sarebbe sempre stato così: quando però tentò di chiedere a Coda Spezzata per l'anello che aveva impegnato giusto quella mattina, il doppio del prezzo, perfino Lydia fu sul punto di estrarre la spada. Fu il suo Thane a fermarla, e ad offrire la mano sopra il bancone al Bretone, perché la stringesse per suggellare l'accordo. Il Bretone capì il suo errore solo quando la stretta dell'Argoniano cominciò a macinare la sua mano: non ci fu verso di liberare le dita intrappolate tra le scaglie, non importa quanto imprecasse o si sforzasse.
Lydia stessa credette di sentire le ossa del Bretone venire lentamente triturate: Coda Spezzata le avrebbe successivamente spiegato che i Saxhleel erano più agili e rapidi dell'uomo, e che, normalmente, i soli che potesse vincere un Saxhleel a pugni erano i Khajiit, ma questo perché possedevano artigli alla fine delle dita. Il suo Thane avrebbe avuto modo di dimostrare che non erano solo vanterie in più di un'occasione: per lui, le avrebbe detto, i corpi degli uomini e degli elfi erano... più fragili di quanto non si aspettasse.
Rinegoziato il prezzo di Belethor con la sua stretta di mano, Coda Spezzata ritornò in possesso dell'anello di ferro, che indossò immediatamente sul suo corno, dove Lydia l'aveva visto la prima volta: per il prezzo che Belethor aveva proposto all'inizio inoltre, Coda Spezzata portò via dalla sua bottega un sacco di sale, inchiostro, e tutta la pietra di luna e il mercurio che aveva in magazzino.
Lydia rimase convinta che comunque, a parte la mano, Belethor ci avesse guadagnato.
Ritornati a Breezehome, un'altra sorpresa li attendeva: mentre erano rimasti al mercato, la casa era stata rimessa a nuovo. Non più un tugurio, la loro dimora era stata pulita, liberata dalle ragnatele e arredata, anche se con gusto Nord: ora era davvero la casa degna di un Thane. Ad aspettarli, trovarono Gerda, una delle domestiche di Dragonsreach: Coda Spezzata osservò il lavoro che era stato fatto, il piccolo fuoco brillare al centro della stanza, che sfogava libero nel tetto, la rastrelliera delle armi a fianco della porta, il mobilio lucidato e pulito... Ispezionò perfino la stretta cantina, accessibile solo da una botola nel pavimento, sotto la ripida scalinata che portavano alle due camere da letto al piano superiore. Lydia scoprì anche che nel bugigattolo in fondo erano riusciti a farci stare anche una piccola postazione alchemica e perfino librerie vuote, dove Coda Spezzata avrebbe posto i volumi che aveva chiesto a Farengar, e molti altri nelle settimane a venire.
"Un lavoro eccellente." disse poi: "Una dimora degna di uno Jarl, Gerda."
"Le vostre parole mi onorano, Thane. Le riferirò alle altre domestiche."
"Per i vostri graziosi servizi." rispose Coda Spezzata, allungandole monete per 50 septim d'oro.
"Non posso accettare, mio Thane: è troppo per così poco lavoro..." si schermì la domestica, ma Coda Spezzata in questo fu irremovibile:
"Una dimora non è mai poca cosa. E una dimora è stata creata da un tugurio, in così poco tempo. Accettare la mia gratitudine è solo normale."
L'anziana domestica prese le monete alla fine, stringendosi il sacchetto al petto:
"Se dovesse aver bisogno ancora dei miei servizi in futuro, può contare su di me."
L'Argoniano assentì, mentre Gerda tornava a Dragonsreach più ricca e felice: non ci sarebbe stata una seconda occasione per lei, con suo grande rammarico.
"Lydia?" domandò Coda Spezzata slacciandosi il giustacuore di pelle e calzando una maglietta di grezzo e spesso cotone.
"Mio Thane?"
"Un altro prodigio?"
"...Sono con te, mio Thane."
"Allora, si prenda una fiala di mercurio e un lingotto di pietra di luna. Io porterò sale, pergamena e inchiostro." E fu proprio con il sacco di sale in spalla che entrò nella bottega di Adrianne Avenicci.
 
"...Per le palle di Shor." sbottò Ulfberth attraverso la sua barba nera. Il massiccio Nord superava per altezza anche Coda Spezzata, seppur di poco.
Eppure, nonostante il suo martello da guerra appeso sulla schiena, era lui ad essere il più intimorito: al suo fianco sua moglie, il volto brunito dagli anni passati alla forgia, era più calma, ma non meno interessata del marito.
Nonostante gli anni del loro felice matrimonio, e qualsiasi dubbio a proposito poteva essere disperso semplicemente guardandoli, la loro unione non aveva prodotto figli, fatto che le comari di Whiterun non mancavano mai di far pesare ad Adrianne: il seme dei veri Nord era sprecato in un ventre imperiale, dicevano.
Ecco perché era quasi sempre lei a lavorare la forgia, invece di Ulfberth Orso Guerriero: le serviva a trovare uno scopo e calmare l'ira.
"Fai un'offerta difficile." rispose la donna: "E tuttavia..." disse pensierosa, senza continuare.
"Questa guerra civile avrà la sua fine, prima o poi. La conoscenza invece, dura per sempre."
 Ulfberth incrociò le braccia, nodosi tronchi pieni di muscoli:
"Si combatte dall'est all'ovest, Argoniano. Whiterun è al centro degli schieramenti, l'occhio del ciclone. La nostra bottega non ha mai lavorato tanta pelle, o battuto tanto acciaio. Cosa ti fa pensare che siamo interessati ai segreti che dici di conoscere?"
"La mia parola è il mio onore. Non è per ingannarvi che sono qui, ma per chiedere il vostro aiuto: abbiamo quattro giorni per finire le nostre due armature. Da soli, è impossibile, ma col vostro aiuto può non esserlo. La ricompensa per il vostro impegno è la storia di Ulvul Llaren e dei segreti che rubò, e che lo resero maestro fabbro della Casata di Indoril, a Morrowind."
"Che dici di conoscere..."
"Mio Thane... anche se fosse, io non so come manovrare una forgia."
"Ma conosci l'uso di un mantice, giusto?"
Lydia annuì.
"Allora può essere fatto. Se voi volete aiutarci."
"Moglie...? Io dico che non abbiamo bisogno di questi forestieri e dei loro segreti..."
"Ma nessuno a Skyrim batte il metallo elfico, marito." lo calmò Adrianne posandogli una mano sul bicipite e costringendolo a guardala negli occhi: "C'è chi batte l'ebano, l'acciaio e il ferro... sappiamo di qualcuno che batte l'oricalco... ma nessuno a Skyrim sa battere il metallo elfico." la donna tornò a guardare l'Argoniano: "...Si dice che sia leggero come la seta, e resistente come l'acciaio."
"Menzogne. È più resistente dell'acciaio, anche se gli occhi lo credono ottone quando è uscito dalla forgia."
Adrianne e suo marito si guardarono a lungo, nessuno col coraggio di dire ciò che pensava per primo: alla fine, fu proprio la donna Imperiale a parlare.
"La tua offerta è generosa. E mi piacerebbe accontentarla, ma mi chiedo... che differenza possa fare. Ho visto la creatura che è caduta ai piedi della torre ovest. E so che sei stato tu ad abbatterla... ma cosa può il metallo elfico contro qualcosa di simile?"
"Il drago è stato affrontato con una spada d'acciaio e un'armatura di pelle. Con un'armatura di metallo elfico, potrei uccidere draghi senza sacrificare ogni volta la mia corazza."
"Il metallo elfico resiste ai loro denti?"
"No. Ma sarò abbastanza veloce da schivarli. La pelle... brucia sotto la fiamma di un drago. Solo la mia magia mi ha tenuto in vita, in mezzo a quel calore. Gli altri metalli sono troppo pesanti per il mio scopo, e si fonderebbero. Si deve essere veloci, più di quanto lo sia mai stato, per avere una possibilità."
"...Ora so che sei in buona fede Argoniano. Ma..."
"Ma ci sono ancora molti dubbi e misteri. E le mie richieste rimangono strane e incomprensibili."
Questa volta, anche Adrianne annuì:
"Una dimostrazione, allora?" chiese l'Argoniano: "So che i Nord hanno una sola parola. Datemi un lingotto di ferro, e prima che sia tramontato il sole, avrò due daghe di metallo elfico sul vostro bancone. In quel caso, ci aiuterete?"
"Questo è impossibile Argoniano. Il sole tramonterà prima che tu abbia finito di scaldare la forgia."
"Allora, non avete niente da temere ad accettare, e sarò chiamato bugiardo sulla piazza della città."
Ulfberth a Adrianne si guardarono molto a lungo: alla fine, la donna annuì e chiuse bottega per quel giorno, mentre suo marito mise un lingotto di ferro sul loro bancone.
La coppia li seguì nel retro, dove c'era una piccola fucina, non troppo diversa dalla forgia che avevano all'esterno: l'Argoniano aveva insistito che non facesse differenza per lui. Lì almeno, aveva detto, sarebbero stati al riparo da occhi indiscreti.
Disse a Lydia di prendere un secchio, e di riempirlo per un terzo di sale e due terzi di acqua, e poi mescolare fino a quando non avesse visto il fondo. Ulfberth e Adrianne lo fissavano attenti, ma l'Argoniano non accese la forgia, ne toccò il mantice: si limitò a posare a terra il mercurio, il ferro, la pietra di luna e il rotolo di pergamena.
Poi si morse il pollice con le sue zanne, facendo colare il sangue e mischiandolo all'inchiostro della boccetta, scuotendola il più possibile. Nel frattempo, cominciò a raccontare:
"Sono sempre stato una fonte di frustrazione per il mio maestro: per quanto abbia provato ad insegnarmi, la scuola dell'evocazione mi è sempre sfuggita."
"Nella Palude Nera, mio Thane?"
"No... l'evocazione non è praticata dai Saxhleel. E della loro magia, posso dire di aver padroneggiato solamente quella taumaturgica."
"Sei un guaritore?" chiese Ulfberth, prendendo la mano di sua moglie.
"Non bravo quanto i sacerdoti del tempio di Kynareth."
"Ah."
"Marito..." lo ammonì Adrianne.
"Ma sei anche un'Alchimista però. Sei una... una persona dai molti talenti, mio Thane."
L'Argoniano annuì lievemente, ponendo quattro pietre a tenere aperto il rotolo di pergamena, continuando a scuotere l'inchiostro.
"Voglio dire, anche per essere appena arrivato a Skyrim, conosci già le sue erbe abbastanza da poter chiudere ogni ferita con fiori, grano e poco altro."
"L'eredità di Curalmil." disse criptico l'uomo rettile.
"Chi, mio Thane...?"
"...L'Ysgramor degli Alchimisti." disse con un lieve soffio l'Argoniano: "Un Nord, vissuto nell'era Meretica. Un'altra delle ragioni per cui ho deciso di venire a Skyrim."
"Ah." ripeté Ulfberth, questa volta con più energia, in coro con Lydia: a quanto pareva, il suo Thane non faceva mai una cosa per un solo motivo.
"Comunque... per quanto l'evocazione in sé sfugga alle mie mani, ho scoperto un modo di essere un buon ritualista. E questa cosa, rendeva immensamente furioso il mio maestro, perché non è mai riuscito a farlo."
"Che differenza c'è mio Thane, tra evocatore e ritualista?"
"...L'Oblivion è aperto dalla magia dell'evocatore, le sue creature comandate dalla volontà. Immediato, facile e pericoloso. Anche dal ritualista l'Oblivion viene spalancato, ma con le rune. È difficile, ma non così pericoloso, e molto più lungo, normalmente, perché le rune e i simboli ermetici devono essere vergati. Ho trovato un modo di evitare tutto questo noioso lavoro." spiegò l'Argoniano, voltando la boccetta d'inchiostro e sangue verso il basso, tenendola chiusa col pollice e guardandoli:
"Quello che sarà fatto ora, è fatto per usare meno tempo. Lo stesso risultato si può ottenere con una forgia, ma non sarebbe possibile completare due daghe prima del tramonto. Sarà usata la magia, per mantenere la mia promessa. Vi chiedo solo di non distrarmi fino a quando avrò finito."
L'Argoniano non aspettò la loro risposta, semplicemente Coda Spezzata fissò la pergamena e spostò il pollice: la scaglie nere rifulsero di una lieve luce dorata, ma questo fu quanto.
Lydia dovette abbassare lo sguardo per capire il prodigio: l'inchiostro, che normalmente sarebbe dovuto scendere come acqua, scorreva invece lentamente, fluido e viscoso. E più si avvicinava a terra, più rallentava, mentre il flusso nero si divideva in mille rivoli, ognuno con una direzione precisa, uno scopo definito, riempiendo il foglio di feroci rune cuneiformi, cerchi, raffigurazioni di soli e lune, pentacoli, a contenere un'unica grande runa. Perfino Lydia sapeva quale fosse: Oht, la runa che compariva sempre in qualunque libro che raccontasse della crisi dell'Oblivion. Un occhio terribile, che restituiva sempre lo sguardo.
Fu solo per un momento, però, perché Coda Spezzata raddrizzò la boccetta di inchiostro facendo un passo indietro:
"È stato fatto." disse l'uomo rettile, mentre la luce dorata scompariva dalle sue scaglie, lasciandolo di nuovo nero come una notte senza lune o stelle: "Il lavoro di giorni, compiuto in un istante."
Chinandosi, l'Argoniano raccolse pietra di luna, ferro e la fiala di mercurio e disse con voce chiara:
"Ecco, queste rune chiamano la fiamma che non è di questo mondo. Vieni!"
E la pergamena prese fuoco.
La fiamma che si innalzò fu ridicolmente alta perché fosse solo pergamena ad alimentarla: fu un fuoco che prese forma. Non fu più una fiamma poi, ma una figura di rogo e roccia ignea, vagamente femminea, vagamente bella. Una creatura dell'Oblivion, un Atronach di fuoco. Il demone non posava i suoi piedi per terra, ma galleggiava nell'aria, circondata da piccole fiammelle: il suo corpo era fuoco liquido, e i contorni della sua forma erano disegnati da roccia infuocata.
"Hai fatto una lunga strada per giungere fino a qui." disse Coda Spezzata, rivolgendosi alla creatura: "Io ti dono pane, e carne, per saziare la tua fame." recitò l'Argoniano, passando al demone la pietra di luna e il ferro.
La creatura li mangiò: sbocconcellò i lingotti come se davvero fossero stati pane e carne. Li divorò, e il metallo si liquefece nella sua bocca, scendendo in rivoli nella sua gola.
La creatura si forbì le labbra con le dita, in un gesto voluttuoso:
"E ti dono vino, per calmare la tua sete." disse ancora coda Spezzata, dandole la fiala di mercurio.
La creatura bevve: il peltro che conteneva il mercurio si mise a bruciare prima che la creatura finisse di svuotarlo.
Non aveva occhi: tutto il suo volto al di sopra del naso era pura fiamma, che si innalzava tra due corna, tuttavia il demone non smise di incrociare lo sguardo dell'Argoniano. L'Atronach cercò di allungare una mano per toccarlo, ma una forza invincibile, le leggi dell'Oblivion, gli impedirono di completare i suoi gesti.
"Ulfberth: c'è bisogno della pinza più lunga che possiedi." ordinò l'Argoniano.
Il fabbro, troppo scosso dallo spettacolo che aveva di fronte, non pensò nemmeno a disobbedire: con la sua pinza migliore in mano, l'Argoniano la immerse nella creatura, dove un uomo avrebbe avuto lo stomaco, traendo un globo informe di ottone incandescente. Non colava, ma restava ancora solido: Coda Spezzata aveva calcolato bene i tempi.
"Ritorna al tuo regno ora, Atronach. Io ti bandisco!" disse poi l'Argoniano, e come era venuta, la creatura scomparve in un lampo di fumo azzurro, odore di zolfo e metallo incandescente.
"...Il difficile è stato fatto." esalò Coda Spezzata, ignorando gli sguardi dell'uomo e delle donne che lo fissavano.
No, lui non sarebbe mai stato uno di loro: l'Argoniano si diresse all'incudine di Ulfberth, prendendo il martello, e cominciando a modellare il metallo, che in quello stato era morbido come pane.
Lo piegò, lo batté, lo piegò di nuovo, fino a che fu soddisfatto, poi gli diede forma, quella di un lungo coltello dalla lama triangolare, in cui punta ed elsa di trovavano sulla stessa linea. Tagliò l'eccesso dalla lama, rendendola curva e serpentina come una scimitarra, solo più corta e spessa. Non avrebbe avuto una guardia, ma con un punteruolo l'uomo rettile tagliò una parte del dorso, modellandolo un setto dove avrebbe potuto intrappolare le lame avversarie. Anche quando ne rinforzò lo spessore, il metallo rimase sempre piuttosto morbido: il calore con cui i materiali erano stati amalgamati doveva essere stato immenso. Fece tempo a lavorare l'elsa, e incidere una testa di aquila sulla sua cima, e rozze ali sui suoi lati, senza che il materiale si raffreddasse.
Poi, quando fu soddisfatto del risultato, con un unico movimento deciso, Coda Spezzata tagliò la daga per il lungo, con precisione assoluta, ottenendone due gemelle, e dedicandosi a rifinirle rapidamente.
"Lydia! Il fondo del secchio si vede ancora?" chiese poi.
"Sì mio Thane!"
"Portalo qui!" ruggì, cosa che Lydia fece.
Immediatamente, una dopo l'altra, Coda Spezzata immerse le daghe nel secchio di acqua salata, che cominciò subito a fumare e gettare vapore.
Il sole aveva appena cominciato a calare sull'orizzonte: mentre aspettava che si raffreddassero, Coda Spezzata rivelò il segreto della forgiatura elfica.
"Ulvul Llaren di Morrowind, schiavo di Nuulion, maestro fabbro delle Isole di Summerset dal 5° al 7° secolo della Seconda Era. Nuulion lavorava il metallo e lasciava Ulvul al mantice. L'elfo Nuulion era crudele, e stupido: non pensava che i suoi segreti potessero essere appresi da uno schiavo. Quando Ulvul alla fine fuggì, tornando a Morrowind, non ci fu migliore punizione per il suo crudele maestro di un tempo, che svelare i suoi segreti. Normalmente, la pietra di luna deve essere fusa in un orcio pieno di mercurio, per essere lavorata col ferro incandescente: trovare la giusta temperatura per unirle è sempre la parte più difficile. Il vero segreto però, è che il risultato finale deve essere raffreddato in acqua salata. Solo l'acqua salata dà resistenza al vero metallo elfico, nonostante la sua leggerezza...
Tutto questo, mi è stato insegnato da Ulvul in persona, a Mournhold: gli elfi dopo tutto, vivono molto a lungo, ma io sono stato il suo ultimo apprendista. Mi è stato insegnato bene."
 
Ulfberth e Adrienne tennero fede al patto: insieme, loro quattro avrebbero fatto le due corazze di cui Coda Spezzata e Lydia avevano bisogno. Sempre usando lo stesso trucco con cui aveva vergato la pergamena, e che Lydia avrebbe scoperto essere taumaturgia in effetti, in cui il sangue veniva usato per veicolare l'inchiostro dove si voleva, Coda Spezzata disegnò le bozze per spiegare di cosa avevano bisogno. Fu una discussione lunga e intensa, di cui Lydia comprese molto poco, a parte il fatto che lei non avrebbe ricevuto una corazza di metallo elfico: meglio uno scudo per lei, aveva asserito l'Argoniano, uno scudo tondo abbastanza grande da potersi accucciare dietro. Sarebbe stato di un materiale che Ulfberth aveva chiamato "Acciaio inciso del Nord ", che pochi usavano ancora. Sarebbe stato di acciaio, con una lieve percentuale di mercurio, e immerso in un bagno di ebano una volta completato.
Dello stesso materiale sarebbe stata anche la sua corazza: piastre interconnesse a formare un busto completo ed un elmo a testa d'orso, alleggerendo il carico che avrebbe dovuto portare. Sarebbe stato proprio Ulfberth a battere quel metallo, assieme a gambali e bracciali, mentre il resto della sua persona sarebbe stato protetto dalla pelle e dalla pelliccia di un vero orso nero, le migliori che Adrianne avesse mai preparato. Secondo i fabbri, quella corazza sarebbe stata abbastanza forte da resistere a qualunque lama di uomo, ma non troppo pesante da non poter scappare da un drago: il suo Thane le disse anche che avrebbe incantato lo scudo perché la difendesse dalla magia, di uomo o di drago indifferentemente.
In quei quattro giorni, Adrianne e Coda Spezzata nel frattempo avrebbero fatto la sua corazza, ma aveva detto la donna, e su questo era stata intransigente, senza evocare altri demoni dall'Oblivion. Coda Spezzata aveva accettato: sarebbero tornati domani all'alba, per affilare le daghe, dare loro un'impugnatura degna di questo nome e un fodero, e iniziare le armature.
Fecero in tempo perfino a passare da Arcadia, mentre la farmacista stava già per chiudere la sua bottega: l'Alchimista ringraziò il suo nuovo Thane per l'investimento generoso che aveva fatto nel suo umile emporio, e l'Argoniano in risposta fece strane domande, a valle delle quali acquistò linfa di Spriggan e una manciata di strani funghi a bolla, con cui, tornati a Breezehome, si mise a preparare un elisir nella sua nuova postazione alchemica, e che mise sopra una fiamma molto fioca, alimentata a olio. Coda Spezzata spiegò a Lydia che sarebbe dovuta andare tutta la notte, ma che sarebbe bastata controllarla di tanto in tanto: non c'era ragione le disse, perché anche lei si privasse della cucina di Hulda.
La libertà implicita che quell'invito le diede la galvanizzò: staccarsi per un poco dal suo servizio era un dono che poteva essere accordato o meno a seconda del volere del Thane e come primo giorno era stato abbastanza straordinario.
Lydia temette inoltre, che quello sarebbe stato solo l'inizio: l'idea di trovarsi col suo Thane a combattere draghi... era qualcosa di troppo enorme perché la sua mente riuscisse a contemplarla. Meglio bere per quella notte, e dimenticare...
Ma quando entrò alla Giumenta Bardata, Lydia seppe che non le sarebbe stato permesso: aveva appena varcato la soglia, che gli avventori della locanda la stavano già guardando. C'era Sinmir il rissoso, Uthgert l'invincibile, che nonostante potesse essere sua nonna, non mancava mai di massacrare a pugni chi la provocasse... c'era perfino Jenassa quella sera, la dunmer mercenaria con la faccia tatuata d'oro, a fissarla dall'angolo più buio della taverna. E c'era persino qualcuno dei Compagni, l'ubriacone Torvar e la mite Ria, l'ultima arrivata tra le loro fila.
E tutti la stavano guardando: chi di sottecchi, da sopra il boccale, chi apertamente.
"...Mikael, perché non ci suoni invece qualcosa con un po' di ritmo?" stava dicendo Hulda da sopra il bancone.
Mikael, perenne residente della locanda, era il bardo locale, sfacciato e volgare corteggiatore di ogni donna: poche si concedevano a lui più di una volta, perché c'era solo una persona che lui amasse veramente, ed era sé stesso.
"Hmm... sì, in effetti è una buona idea. Sette Septim per Sigurd?"
"Magari più tardi Mikael: la notte è ancora troppo giovane. Comincia con l'idromele di Mogo e prosegui da lì." disse Hulda.
E il bardo rispose attaccando il motivo allegro con cui aveva così spesso consumato le corde del suo liuto: l'allegra storia dell'orco Mogo e del barile di idromele che rotolava giù dalla collina, sempre più leggero ad ogni boccale.
Lydia non fece in tempo a sedersi al bancone di Hulda prima che fosse avvicinata: fu Ysolda la prima, la strana perla di Whiterun. Affascinate ragazza, Ysolda era sempre rimasta padrona del suo destino, nonostante i molti pretendenti. Si guadagnava da vivere come mercante, sensale e a volte servendo alla Giumenta Bardata: sembrava ormai deciso infatti che quando Hulda si fosse ritirata, tutto sarebbe passata a lei. Nel frattempo però, con i suoi modi da cortigiana, Ysolda aveva stretto strane amicizie, che le fornivano un alone di mistero: che fosse una semplice contrabbandiera o una spia per o contro il feudo però, nessuno sapeva dirlo con certezza.
"Non vedo il tuo Thane." sillabò dolce, scuotendo i suoi capelli rossi e sedendosi a fianco di Lydia: una domanda abbastanza innocente, ma che fece rizzare i capelli sulla nuca della giovane ragazza.
"È rimasto a Breezehome."
"Sta intrattenendo ospiti? Altrimenti, potrei fargli visita..."
"È occupato." rispose neutra Lydia.
"Una vera disgrazia. E domani? Domani sarà ancora occupato?"
"Credo di sì."
"Di certo non perde tempo... ammirevole. Mi chiedo solo se tu potessi dirci qualcosa in più su di lui... è così misterioso in fondo. Sembra piovuto quasi dal cielo."
Come huscarlo, Lydia aveva la responsabilità di preservare i segreti del suo Thane ora. Ma la Nord non sapeva ancora quanto di quello che aveva appreso quel giorno fosse possibile rivelare e cosa no: Farengar sembrava aver capito molto al solo sentire nominare quello strano luogo... Mournhold? Ma Lydia non sapeva dargli un significato: meglio essere i più vaghi possibile.
"Credo tu sia al mio posto, Ysolda." disse però una terza voce, prima che Lydia potesse inventarsi una vaga scusa.
Voltandosi, Ysolda impallidì lievemente: di fronte a lei, si ergeva uno dei membri più in vista dei Compagni. Aela la Cacciatrice era una leggenda spaventosa tra i cittadini di Whiterun: incuteva rispetto e timore, al punto che tutti le facevano spazio. Si diceva fosse stata letteralmente cresciuta dai lupi e Lydia era disposta a crederci: anche in pieno inverno, Aela non portava niente di più pesante che il suo consunto corpetto di pelle rinforzata, stivali, bracciali, guanti e della pittura da guerra sul volto. Nella foresta, nessuno avrebbe sentito arrivare Aela o l'avrebbero vista muoversi, mentre in città pochi avrebbero osato mettersi sulla sua strada, o tentare di sedurla: nonostante la sua schiena nuda, l'ultimo che aveva provato a toccarla si era trovato la mano tagliata di netto.
Decisamente, non erano gli animali che Aela favoriva come prede: quando un criminale fuggiva da Whiterun, o quando le guardie trovavano i resti di assassinii e agguati nella foresta, era ad Aela dei Compagni che si chiedeva aiuto per cercare il colpevole. La donna aveva occhi grigi, scintillanti come le lune, e capelli del colore del sangue secco: ma furono per le due daghe che portava appese alla cintura, su cui stava facendo riposare le mani, che Ysolda assentì.
"Le mie scuse Compagno. Ero solo curiosa." disse Ysolda, scivolando via il più in fretta possibile.
Lydia non fu così fortunata:
"Tu sei l'huscarlo del nuovo Thane." non fu una domanda, e quindi Lydia non rispose. "...Ha pensato alla mia proposta?" chiese senza preamboli.
La sua confusione dovette essere evidente, perché Aela piegò la testa di lato:
"Non te l'ha detto quindi. Mhh. In fondo, non c'è ragione di vantarsi di aver ucciso un gigante, quando tutti sanno che ha ucciso un drago... Poco male. Digli da parte mia che l'offerta è vera, e valida. Lui saprà che intendo."
"...Sì Compagno." disse Lydia.
Aela non si girò quando la sedia volò verso di lei, ma si piegò in basso con un'agilità e una velocità disumane, afferrandola al volo e rispedendola al mittente, che la frantumò con un pugno.
"Uthgert."
"Aela!"ringhiò l'invincibile.
"...Dovresti sapere che non ho ragioni per combattere con te."
"Sei una vile dunque?"
"Un branco di lupi non spreca il suo tempo con un pulcino, Uthgert." E all'improvviso, dietro l'Invincibile, comparvero Ria e Torvar, con le mani sulle spade: "... Avresti dovuto saperlo."
La faida tra Uthgert e i Compagni era molto vecchia, e molto accesa: l'Invincibile aveva tentato di unirsi alle loro fila un tempo, ma aveva fallito la sua prova, uccidendo uno dei loro, un fanciullo che avrebbe dovuto essere invece il suo compagno d'armi, piuttosto che la sua vittima. Per la sua sete di sangue, i Compagni avevano cacciato Uthgert dalle loro fila, perché non vi facesse mai più ritorno. Era quello il motivo per cui Uthgert beveva alla Giumenta Bardata, lavorando come mercenaria per pagare il suo liquore: per rimorso, vergogna... e per dimenticare.
"Non mi combatterai dunque?"
"Non abbiamo ragioni di farlo." disse Ria dietro di lei.
"Andiamo." ordinò Aela, e Ria e Torvar la seguirono fuori dal locale, non prima che quest'ultimo battesse la mano sull'armatura di Uthgert, ruttando e ghignando ubriaco.
"Meglio che vai, Lydia." sussurrò Hulda: "Uthgert vorrà di sicuro scatenare una rissa contro di te ora."
E Lydia seguì il suo consiglio: avrebbe preferito combattere un drago che finire in mezzo ad una rissa dell'Invincibile. Qualcuno diceva che Uthgert avesse sangue d'orco nelle vene, e anche a quello, Lydia era disposta a credere.
 
Fuori dalla Giumenta Bardata, i suoi passi la condussero di nuovo rapidamente a Breezehome: le lune stavano salendo nel cielo, ed era già buio. Lydia si fece riconoscere e salutò una delle guardie di pattuglia, che portava con sé una torcia: il lavoro di una guardia del feudo non era mai finito. La giovane Nord invece entrò a Breezehome in fretta: non le era mai piaciuto il buio.
Il suo Thane sedeva di fronte al fuoco, stravaccato in una delle sedie, con una gamba appoggiata sopra uno dei braccioli, sfogliando un libro con una mano: decisamente, leggeva più rapidamente di lei, dato che era già quasi arrivato a metà. Nella mano libera invece, l'Argoniano faceva scorrere tra pollice e indice il suo prezioso anello di ferro.
"Lydia... più rapida di quanto pensassi."
C'era un odore strano a Breezehome, come di miele caldo e zuppa.
"C'è stata una rissa alla Giumenta Bardata mio Thane... ho preferito venire via."
L'Argoniano assentì distratto: un vero Nord non avrebbe esitato a marciare alla Giumenta Bardata e partecipare alla discussione coi pugni . Ma il suo Thane non sarebbe mai stato un di loro: era raccolto e... indefinibile.
"E ho incontrato Aela la Cacciatrice... dei Compagni. Dice che hai ucciso un gigante, mio Thane."
"Sì."
"Non me lo avevi detto. Quando è stato?"
"Ieri notte. Vicino ad una delle fattorie, quella di fronte alla città. Ho prestato qualche freccia ad Aela e la sua compagnia."
"È stato molto coraggioso."
"No. Uno spreco piuttosto: non avevano bisogno di me. Ma il gigante era in piedi e io avevo un arco..." aggiunse semplicemente.
 "Aela dice che la sua offerta è vera, e che tu avresti capito."
"Mhh... allora sarà necessario far visita a Jorrvaskr e dire loro che al momento non mi è possibile unirmi ai ranghi dei Compagni."
"I Compagni... Aela?"
"La reputazione dei Compagni mi è nota... conosco l'onore che i Nord danno all'essere accettati tra loro. Sono famigerati almeno quanto la Gilda dei Guerrieri a Cyrodiil. Ma visitare i Barbagrigia al momento ha la priorità e da quello che ho scoperto, raggiungere la cima della Gola del Mondo è un viaggio che non può essere affrontato alla leggera. Ci prenderemo del tempo per qualche avventura nel feudo, per imparare a coprirci le spalle, prima di tentare la scalata a Hrothgar Alto."
"...Sì mio Thane."
"Disapprovi." Anche quella non fu una domanda: "Bene."
"...Mio Thane?"
Coda Spezzata sospirò, sentendola usare così spesso quell'appellativo.
"Sono uno straniero in questa terra, Lydia. C'è bisogno che qualcuno ogni tanto mi dica se sto facendo errori." disse l'Argoniano chiudendo il libro: "Una passeggiata ti è gradita, Lydia? I fumi di linfa di Spriggan mi danno alla testa. Questo odore così dolce... blash." disse disgustato il suo Thane e Lydia non seppe se era una parola in lingua Argoniana o un semplice verso.
"Non so nemmeno cosa sia uno Spriggan, mio Thane."
"...Imparerai."
Uscirono all'aria fredda della notte: il suo Thane evocò un semplice globo di luce a illuminare i loro passi.
"...Piuttosto comodo, mio Thane."
"Un piccolo trucco, che può essere appreso da chiunque. Ti insegnerò, se lo desideri."
"...Non so usare la magia."
"Chiunque può usarla. Il resto... è solo addestramento. Viene dallo stesso luogo in cui va l'idromele quando lo bevi."
"Lo stomaco?"
A questo, l'Argoniano soffiò lievemente:
"Qualcosa di meno letterale, Lydia. Lo stesso luogo da cui viene il calore delle membra quando hai svuotato un boccale. La magia è quella sensazione: tepore senza fiamma. Non viene dal cuore o dalla mente... ma da una parte dello spirito, quella che partecipa all'esistenza. Non ci sarebbe Tamriel, senza magia."
"Non capisco."
"...Ti insegnerò, se tu lo vorrai. Non so molto. Ma potrebbe essere utile."
Lydia rimase in silenzio a contemplare la luce che seguiva il suo Thane: come una stella addomesticata. Una luce buona.
Forse Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro... ma avrebbe potuto essere dei loro.
"Mio Thane?"
"...Sì Lydia?"
"Cosa significa l'anello di ferro che porti con te?"
Coda Spezzata glielo passò:
"Riesci a vedere i caratteri sul bordo?"
Alla luce del fuoco fatuo, Lydia percepì sotto il pollice, più che vederle, delle incisioni, troppo regolari per essere un caso.
"Cosa c'è scritto?"
"È il nome della madre che mi ha cresciuto: Chalchi'Uhtlicue."
"...Non credo che riuscirei a ripeterlo nemmeno con una lama alla gola."
"I nomi di Lamia sono sempre peculiari."
Lydia inciampò, ma riuscì a non cadere:
"Sei stato cresciuto da una Lamia?"
Le storie sulle donne serpenti erano arrivate fino a Skyrim, nonostante vivessero vicino alle acque.
"Non da una Lamia qualsiasi. Chalchi'Uhtlicue: è stata lei a trovare il mio uovo, abbandonato sul fiume."
"...Mio Thane?"
"Lydia?"
"Gli Argoniani nascono dalle uova?"
Di nuovo, Coda Spezzata soffiò leggermente, in quella che Lydia avrebbe imparato a riconoscere frustrazione e divertimento assieme.
Nel frattempo, i loro passi li avevano condotti sotto le fronde senza foglie dell'albero sacro a Kynareth: si sedettero là, e il suo Thane le raccontò di lui.
Le disse che non aveva mai avuto nessuno a dipendere da lui, e le spiegò perché.
Fu la notte più lunga della vita di Lydia.

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Capitolo 2
*** Sul Ahrk Vulon ***


A Lydia, il buio non era mai piaciuto.
Difficile additare una causa precisa per questo, ma la donna del Nord aveva avuto da sempre questa certezza su di sé: laddove le tenebre si posavano, lei preferiva schivarle. Crescendo, quell'infantile terrore era divenuto più remoto, un generico disagio, ma da cui non era mai davvero riuscita a liberarsi: vale la pena riflettere però, se i bambini non siano più saggi degli adulti a temere ciò che non riescono a vedere. E allo stesso tempo, forse dovrebbero essere gli adulti a temere di più le tenebre: in fondo, essi meglio conoscono i nomi di coloro e di ciò che il buio davvero nasconde.
Ogni Nord di Skyrim sa bene che dopo il tramontare del sole giunge il tempo dei sabba di streghe, dei sacrifici compiuti con coltelli madidi di rosso, delle litanie dei nomi di principi dell'Oblivion, ripetuti in coro da adepti incappucciati...
La notte è anche il momento delle streghe e dei lupi mannari, il tempo della caccia dei vampiri. È il tempo in cui i morti sussurrano e scalpitano nelle loro tombe, grattando i coperchi dei sepolcri per avventurarsi nei corridoi dimenticati delle loro catacombe. La notte e il buio sono gli alleati di ladri ed assassini, di congiure e complotti, di veleni versati in bicchieri, di pugnali su cui scintilla la luce delle lune e delle stelle: è il tempo questo, di atti inconcepibili e impronunciabili sotto la luce del sole.
E pensare che la sua mente era stata così piena di ardore quella mattina, quando assieme al suo Thane avevano lasciato Whiterun a cavallo: come potevano le cose cambiare così tanto in meno di un giorno?
Lydia non credeva fosse solo per la distanza percorsa: doveva essere la sorte a perseguitarli.
"Lydia..." soffiò Coda Spezzata, vera agonia percepibile nella sua voce quieta e roca.
"Mio Thane..."
"...Il mio braccio deve essere tagliato." le disse, tossendo duramente.
L'oscurità è davvero il tempo di atti inconcepibili e riprovevoli: di tragedie da cui non si può fuggire.
"Mio Thane..."
"È necessario." aggiunse, pulendosi il suo sangue dall'angolo della bocca: "... O sarà peggio. Dopo."
Quella notte era appena cominciata.
 
***
 
La fredda alba che li aveva accolti quando erano usciti dalle mura di Whiterun, aveva segnato il quinto giorno da quel loro primo stupefacente incontro, in cui Lydia aveva calpestato, per la prima volta nella sua vita, l'ombra di un Argoniano. Molte cose la giovane Nord aveva imparato in quei giorni al fianco del suo nuovo Thane, non necessariamente solo su di lui, e possedeva ora un nuovo rispetto per l'uomo rettile che il destino le aveva dato da seguire.
Forse però, contribuivano a questo soprattutto le armi e armature con cui li aveva equipaggiati entrambi, frutto del lavoro delle due forge della città... e anche di magia, almeno per quanto riguardava lo scudo che riposava sulla schiena di Lydia: grandiose armature e spade, di cui nemmeno lo Jarl Balgruuf poteva dire di possedere l'uguale.
Nonostante la forza che aveva dimostrato in quei giorni di lavoro alla forgia, a martellare e lavorare il metallo, il suo Thane sembrava preferire il viaggiare leggero a ciò che il buon senso dei Nord avrebbe suggerito. Faceva comunque molta impressione: la sua grande spada con un solo filo da cinque piedi ad una mano e mezza, sottile come il braccio di Lydia, ma nera come le scaglie del guerriero per cui era stata forgiata, riposava infoderata sulla sua schiena naturalmente, come se fosse stata lì da sempre. Il suo Thane non era un uomo o un elfo, e quindi alcune stranezze erano da aspettarsi, tuttavia il modo in cui Coda Spezzata portava infoderata sulla schiena la sua spada da 22 libbre di quel minerale che qualcuno chiamava ancora "Il nero sangue degli dei", era parso davvero strano anche a Lydia: troppo per non farsi domande a proposito. Certamente non era casuale, poco o forse niente di quello che Coda Spezzata faceva era casuale, ma la donna del Nord non aveva mai sentito di nessuna scuola di scherma che estraesse la spada da quella posizione: filo verso l'alto, in obliquo sulla schiena, ma con l'impugnatura che puntava verso terra, invece che il cielo, come invece si usava a Skyrim. Per brandirla, il suo Thane avrebbe dovuto impugnare la spada con la destra, facendo passare la mano tra il suo gomito sinistro e il torso, sfoderandola in obliquo di fronte a lui. Quella stranezza non aveva davvero avuto senso per Lydia, almeno fino a quando non le erano state ricordate tre cose a proposito di Coda Spezzata e degli Argoniani in generale: i Saxhleel, il popolo della radice, erano più forti e agili di uomini ed elfi. Estrarre con una mano da quella posizione, era nelle capacità del suo Thane.
La giovane donna del Nord, avendo già osservato direttamente la forza dell'Argoniano in quei giorni, aveva chiesto allora quanto agili fossero gli abitanti della Palude Nera: il suo Thane aveva ponderato quella domanda, rispondendo alla fine con parole incredibili.
"Abbastanza da catturare con una mano un falco in volo." le aveva detto.
Poi, Coda Spezzata l'aveva fatta riflettere sul modo in cui avrebbe estratto quella sua spada contro nemici immaginari: sfoderando in obliquo, tutti coloro che avessero alzato le mani per impugnare sopra la spalla le loro grandi spade, sarebbero stati nella posizione perfetta per essere sventrati dall'Argoniano; mentre coloro che, come Lydia, avessero portato spada a destra e scudo a sinistra, si sarebbero trovati inevitabilmente il polso troncato mentre estraevano a loro volta.
Era un metodo di estrazione quello, così le aveva raccontato il suo Thane, che aveva concepito da solo, usando come base la più diffusa scuola di scherma dunmer: una volta sfoderata la spada però, Lydia avrebbe osservato che il suo stile di combattimento ricordava più quello dei Nord, con fendenti rapidi e forti in attacchi brutali e rischiosi, piuttosto che le eleganti ad agili movenze degli elfi scuri. Quel suo stile di combattimento però, le aveva poi spiegato il suo Thane, non era perfetto, ma aveva due naturali nemesi: la lancia, contro cui la sua obliqua estrazione poteva ben poco, e gli spazi ristretti, dove l'estrazione doveva essere fatta con la sinistra, indietreggiando e poi cambiando presa sull'elsa. Ecco perché il suo Thane era solito portare due daghe con sé, per quanto la lancia non fosse un'arma che i Nord favorissero: era sempre meglio essere pronti a d ogni evenienza, le aveva detto.
Poi Lydia aveva chiesto ingenuamente al suo Thane cosa avrebbe potuto fare quel suo stile strano contro uno stregone o un arciere: con pazienza, l'Argoniano le aveva di nuovo mostrato la sua posizione d'estrazione. Lydia aveva dovuto rendersi conto che quel suo modo di curvare li braccio lo poneva quasi profilo, riducendo la sua grandezza come bersaglio e allo stesso tempo, veniva naturale rivolgere il palmo sinistro verso l'avanti a proteggere il volto: per una spada stregata come era lui, capace di brandire magia e lama in battaglia, anche un palmo vuoto era un'arma.
Con tutto quello davanti agli occhi, Lydia aveva dovuto accettare molte cose: che il mondo era molto più grande di quanto pensasse ad esempio, o che non era solo Skyrim ad ospitare i guerrieri più forti... e che da quel momento in poi, sarebbe stato meglio per lei impugnare prima lo scudo, piuttosto che la spada, cosa che anche il suo Thane le aveva raccomandato. Come se questo non bastasse, Lydia aveva dovuto riconoscere inoltre, che il suo Thane faceva davvero impressione in quella sua nuova corazza di metallo elfico, che grazie all'aiuto di Adrianne Avenicci era riuscito a finire in soli tre giorni, usando il quarto per forgiare lo scudo che Lydia portava ora sulla schiena: una rapidità quella, dovuta anche al fatto che Coda Spezzata non avesse bisogno di stivali, ma solo di schinieri. Gli artigli che il suo Thane portava alla fine dei piedi erano rimasti infatti snudati, un'arma in più al già vasto arsenale dell'Argoniano: ricevere un calcio da lui avrebbe potuto essere più doloroso e dannoso che essere infilzati con un forcone.
A parte questo, dalle caviglie al collo, Coda Spezzata indossava quasi con eleganza la sua nuova corazza di metallo elfico, sporcata con la cenere per nascondere il riverbero del sole sulla lega color dell'ottone. Era stato però quasi comico per Lydia scoprire cosa il suo Thane avrebbe indossato al di sotto: una veste di candido cotone selvatico, del genere che le fanciulle del Nord usavano per i loro abiti più belli. Una scelta obbligata, aveva rimbeccato il suo Thane, perché foderi di pelliccia, per quanto più caldi, sarebbero stati anche più combustibili e pesanti, mentre un mantello l'avrebbe infastidito non poco nella sua tecnica d'estrazione: il suo Thane preferiva davvero viaggiare leggero. A parte la sua spada e la sua corazza infatti, Coda Spezzata portava poco con sé, forse meno dell'indispensabile: una bisaccia in vita piena per un terzo, che conteneva solo un libriccino vuoto nel quale tenere traccia delle loro spedizioni, inchiostro, ma non penne, e una generica mappa di Skyrim. Oltre a questo, Coda Spezzata aveva acquistato da Adrianne due ampie borse da sella in pelle, che contenevano per il momento solo qualche elisir e pozione, pochi strumenti per praticare l'alchimia, come un minuto pestello, e qualche septim d'oro. A parte questo, l'Argoniano non portava niente altro con sé: sembrava convinto di potersi procurare cibo e provviste lungo il cammino, e di avere nelle due daghe alla cintura le uniche lame di cui avesse bisogno per spellare delle prede. Nemmeno arco e frecce erano una necessità per lui, perché dove una freccia arrivava, così allo stesso modo poteva giungere una palla di fuoco o un fulmine.
Viaggiando con lui, Lydia avrebbe dovuto accettare che il suo Thane non solo sapeva quello che stava facendo, e che quel poco era davvero tutto ciò di cui abbisognava, ma anche che l'Argoniano era persona da riportare alla loro casa di Breezehome più di quello con cui fosse partito: collezionare ingredienti alchemici o ricchezze sarebbe diventata la norma durante i loro viaggi. Al contrario, quel mattino Lydia si era presentata con lui alle stalle di Whiterun preparata a tutto, comprese alcune provviste nascoste nella saccoccia: non che non si fidasse dell'opinione del suo Thane, o non la rispettasse, ma da sempre a Skyrim la testardaggine vinceva sui saggi consigli.
Lydia comunque si era sentita pronta a sfidare quasi qualunque cosa quella mattina: la corazza che portava era qualcosa che chiunque in città le aveva invidiato. Il suo elmo a testa d'orso e il pesante acciaio a piastre incise che formava la sua corazza, era un peso che rassicurava la Nord, mentre gli inserti di pelle e pelliccia d'orso nero l'avrebbero tenuta calda e protetta anche in mezzo alle più gelide bufere di neve. La spada al suo fianco da 12 libbre, sempre di ebano, era più pesante di ciò a cui era abituata, ma era un peso che le sarebbe diventato confortevole: il pezzo più prezioso del suo equipaggiamento però, era senza dubbio il suo scudo sulla schiena, di cui Lydia stringeva distrattamente l'orlo di tanto in tanto, per assicurarsi che fosse ancora al suo posto. Per il suo Thane, quei suoi gesti rendevano Lydia simile ad un wamasus con il suo ultimo cucciolo, un paragone che la donna del Nord non aveva compreso a fondo dato che Skyrim era terra di orsi, lupi e tigri di pianura dai lunghi denti, ma che aveva trovato comunque immeritato.
Quell'oggetto infatti, era stato incantato personalmente dall'Argoniano, usando i mezzi forniti dal mago di corte del feudo, e a giudicare dalle esclamazioni stupefatte di Farengar mentre con lei assisteva all'incantamento, Coda Spezzata aveva compiuto un prodigio di un prodigio: un'attività che a Lydia era sembrata solo breve e inconsistente, ma che aveva avuto invece un senso ed uno scopo.
Con amorevole cura, il suo Thane aveva preso quello scudo, l'ultimo figlio della mano di Ulfberth, e l'aveva posato su quello strano tavolo che già una volta Lydia aveva notato nello studio del mago, quello con dieci candele e il teschio con tre orbite, ornato di strani glifi. Un cristallo latteo era stato aggiunto fra le corna del teschio, e per un attimo, tutto era sembrato rallentare, mentre l'Argoniano posava entrambe le mani sul tavolo, canalizzando il suo mana attraverso quello strano marchingegno. Era occorso un attimo a Lydia per capire il prodigio: il cristallo era sparito, improvvisamente, tanto che avrebbe potuto non esserci stato fin dall'inizio, mentre invece lo scudo aveva iniziato a brillare lievemente di una luce fatua. Poi era finito tutto, senza scoppi o strani ulteriori prodigi. Chiedendo un aiuto per verificarne l'efficacia a Farengar, una dimostrazione che Lydia aveva capito solo dopo essere stato fatta solo per lei, il mago di corte aveva bersagliato Coda Spezzata con una palla di fuoco che aveva preso forma tra le sue mani in un istante: la fiamma aveva impattato sul metallo dello scudo senza provocare alcun danno apparente... tranne per le poche scintille che avevano bruciato lievemente il tappeto dello studio dello stregone.
C'era stata molta forza nel sortilegio di Farengar, ma quando l'Argoniano le aveva chiesto di mettere la mano sullo scudo, Lydia aveva obbedito: aveva scoperto che il metallo era rimasto freddo ed intatto. Allo stesso modo, l'aveva assicurata Farengar, dopo aver domato il principio d'incendio nel suo studio, il sortilegio con cui l'Argoniano aveva stregato lo scudo l'avrebbe protetta da fulmine e gelo allo stesso modo. Quell'incantesimo, molto raro a dire di Farengar, riduceva o nullificava la magia: per l'esattezza, non erano in molti a conoscere un simile incantamento. Con la gioia di un bambino che ha scoperto qualcosa di buono per la prima volta, Farengar aveva ammesso senza vergogna, quasi saltellando per l'eccitazione, di non conoscere quell'incantamento. Una confessione che aveva fatto guadagnare al nuovo Thane del feudo uno sguardo assai incuriosito da parte dei due Nord: un interesse che però era rimasto insoddisfatto, dato che Coda Spezzata non aveva offerto spiegazioni, individuando un libro nella biblioteca personale del mago, La Sfida dell'Armaiolo, stornando abilmente l'attenzione di Farengar...
Lydia era stata ancora più stupita quando il suo Thane le aveva consegnato il racconto appena comprato: solo aprendolo aveva compreso perché le fosse stato dato, e su quelle pagine, la giovane Nord aveva già speso diverse ore di veglia, illuminata solo da luci di candela. Così avvincente e strana le era apparsa quella storia in effetti, che Lydia aveva deciso di portalo con sé durante quella loro prima spedizione assieme fuori da Whiterun: questo perché era un racconto che parlava anche di Argoniani e della loro astuzia:
 
"Cinque secoli or sono, quando Katariah divenne Imperatrice, la prima e sola Dunmer a governare tutta Tamriel, dovette affrontare l'opposizione del Concilio Imperiale. Anche dopo averli convinti che lei sarebbe stata la miglior reggente per governare l'impero però, mentre si cercava per suo marito Pelagius una cura alla pazzia che lo affliggeva, lo scontento restava. In particolare il Duca di Vengheto, Thane Minglumire, provava una speciale delizia nel dimostrare la mancanza di conoscenza pratica dell'Imperatrice.
In una particolare occasione, Katariah e il Concilio stavano discutendo le rivolte nella Palude Nera e il massacro di truppe Imperiali fuori dal villaggio di Armanias. Le umide paludi e il loro clima soffocante, specie d'estate, avrebbero messo in pericolo le truppe, se avessero indossato le loro consuete armature.
"Conosco un armaiolo molto astuto." disse Katariah: "Il suo nome è Hazadir, un Argoniano che conosce il territorio che la nostra armata affronterà. Lo conobbi a Vivec, dove era uno schiavo del locale mastro armaiolo, prima che migrasse nella Città Imperiale come un liberto. Dovremmo dare a lui il compito di disegnare armi e corazze per la campagna."
Minglumire rispose con una breve, secca risata: "Vuole dare ad uno schiavo il compito di progettare armi e corazze per le nostre truppe! Sirollus Saccus è il più abile armaiolo nella Città Imperiale. Tutti lo sanno."
Dopo molti dibattiti, fu deciso alla fine di avere entrambi gli armaioli contendere per la commissione. Il Concilio elesse inoltre due campioni di eguale forza ed abilità, Nandor Beraid e Raphalas Eul, per combattere usando le armi e gli armamenti dei veri contendenti nella lotta. Quale campione avesse vinto, l'armaiolo ad averlo armato avrebbe guadagnato la commissione Imperiale. Venne deciso che Beraid sarebbe stato armato da Hazadir, e Eul da Saccus.
Il combattimento fu fissato da lì a sette giorni.
Sirollus Saccus iniziò immediatamente il lavoro. Avrebbe preferito più tempo, ma aveva compreso la vera natura della sfida: la situazione in Armanias era urgente. L'impero doveva scegliere il loro armaiolo rapidamente, e una volta scelto, il fabbro designato doveva agire sveltamente e produrre le migliori armi e armature per l'armata Imperiale nella Palude Nera. Non era semplicemente il miglior armaiolo che stavano cercando. Era il più efficiente.
Saccus aveva però solo iniziato a scaldare le strisce da mezzo pollice di quercia nera vergine da piegare in doghe per le flange delle giunture dell'armatura, quando ci fu un bussare alla sua porta. Il suo aiutante Phandius accolse all'interno il visitatore, un alto rettile di aspetto comune, un cappuccio bordato di uno spento verde, luminosi occhi neri e un anonimo mantello nero. Era Hazadir, l'armaiolo preferito da Katariah.
"Desideravo augurarti buona fortuna per la - è quello ebano?"
E in effetti lo era. Non appena aveva saputo della sfida, Saccus si era procurato l'ebano migliore che fosse possibile ottenere nella Città Imperiale e aveva iniziato il processo di fonderlo. Normalmente raffinare il minerale era una procedura che richiedeva sei mesi per essere completata, ma sperava che con un grande forno a convezione, attizzato da bianche fiamme alimentate da magicka, avrebbe accorciato l'operazione a tre giorni. Saccus orgogliosamente indicò gli altri progressi nella sua armeria. Le vasche di calce acida per affilare la lama della dai-Katana ad un inimmaginabile livello di affilatura. La forgia Akaviri e le pinze che avrebbe usato per piegare l'ebano avanti e indietro su sé stesso...
Hazadir rise:
"Sei mai stato alla mia armeria? Sono due piccole stanze fumose. L'ingresso è una bottega. Il retro è pieno di armature rotte, alcuni martelli, e una forgia. Tutto qui. Questo è il tuo avversario per i milioni di pezzi d'oro in commissione Imperiale."
"Sono certo che l'Imperatrice ha le sue ragioni per affidare a te il rifornimento delle sue truppe." disse Sirrollus Saccus, gentilmente.
Egli aveva, dopo tutto, visto il negozio e sapeva che ciò che Hazadir aveva detto era vero. Era una patetica bottega nei bassifondi, adatta solo per riparare daghe di ferro e corazze ai più miseri avventurieri. Saccus aveva deciso però di offrire comunque la miglior qualità, senza riguardo per l'inferiorità del suo rivale. Era il suo stile e il modo in cui era diventato il miglior armaiolo nella Città Imperiale.
Per gentilezza, e con un certo orgoglio, Saccus mostrò ad Hazadir come, per contrasto, le cose dovrebbero essere fatte in una armeria professionale: l'Argoniano funse da apprendista a Saccus, aiutandolo a raffinare il minerale d'ebano, e a batterlo quando si raffreddò. Nei giorni seguenti, lavorarono assieme per creare una magnifica dai-Katana, con una lama così affilata da poter tagliare le sopracciglia di un moscerino, incantata con fiamme lungo la sua lunghezza da uno dei Maghi Guerrieri, assieme ad un set di corazza di legno piegato, pelle, argento e ebano perché resistesse ai venti dell'Oblivion.
Nel giorno del duello, Saccus, Hazadir e Phandius finirono di lucidare l'armatura e chiamarono Raphalas Eul per aggiustarla sulla sua taglia. Solo allora Hazadir se ne andò, realizzando che Nandor Beraid sarebbe stato alla sua bottega in breve per essere equipaggiato.
I due guerrieri si incontrarono di fronte all'Imperatrice e al Concilio Imperiale nell'arena, che era stata lievemente allagata per simulare le paludose condizioni della Palude Nera. Nel momento in cui Saccus vide Eul nella sua corazza di pesante ebano e fiammeggiante dai-Katana, e Beraid nella sua collezione di polverose e arrugginite scaglie, assieme ad una lancia dalla bottega di Hazadir, seppe chi avrebbe vinto. E aveva ragione.
Il primo affondo della dai-Katana si incastrò nel soffice scudo dei Beraid, poiché non c'era alcuna finitura di metallo per respingerla. Prima che Eul potesse tirare via la sua spada, Beraid abbandonò il suo scudo, ora in fiamme, con ancora la spada incastrata, e colpì con la sua lancia le giunture dell'armatura di ebano di Eul. Solo allora Eul recuperò la sua spada dallo scudo rovinato e compì un affondo verso Beraid, ma la sua armatura leggera era tutta scaglie e angoli, e l'attacco scivolò via nell'acqua, spegnendo le fiamme della dai-Katana. E quando Beraid colpì i piedi di Eul, egli cadde nel fango traditore e divenne incapace di muoversi.
L'Imperatrice, per pietà, dichiarò allora il vincitore.
Hazadir ricevette la commissione e, grazie alla sua conoscenza delle tattiche di combattimento e delle armi Argoniane e come meglio combatterle, disegnò equipaggiamento da guerra che pose fine all'insurrezione in Armanias. Katariah vinse il rispetto del Concilio, e perfino, amaramente, quello del Thane Minglumire. Sirollus Saccus viaggiò a Morrowind per imparare ciò che Hazadir aveva appreso laggiù, e di lui non si ebbe mai più notizia."
 
Una storia che certamente offriva molti spunti di riflessione ad una Nord come lei, ma che comunque non l'aveva persuasa a ridurre il suo bagaglio per la loro prima spedizione assieme.
Così equipaggiati e preparati, si erano presentati all'alba alle stalle di Whiterun, dove il suo Thane aveva chiesto al proprietario, Skulvar Elsa di Zibellino, di acquistare due monte, per lui e il suo huscarlo. Avendo la fama del nuovo Thane già raggiunto ogni angolo della città, e forse del feudo, Skulvar si era affrettato a soddisfare quella richiesta, presentando due giumente castane già sellate: Allie, la più dolce e mansueta, era stata consegnata nelle mani di Lydia, e la giovane donna del Nord aveva segretamente esultato. Possedere un cavallo era stato, per una semplice guardia cittadina come lei, un sogno irraggiungibile fino a quel momento: il suo Thane era stato completamente nel giusto quando le aveva spiegato che più di ogni altra cosa, l'Alchimia serviva a diventare ricchi in fretta, e forse solo per quello Lydia avrebbe iniziato a studiarla...
La docile cavalla dai dolci occhi e Lydia si erano subito trovate, e la Nord le era montata in groppa di un balzo, senza incontrare particolare resistenza per il suo peso o quello dei suoi bagagli: erano, probabilmente, spiriti affini.
Il nuovo Thane del feudo invece aveva preso per sé come cavalcatura la sorella di Allie, Karinda, più ombrosa e scostante li aveva avvisati Skulvar, ma quel suo brutto carattere era stato subito domato dall'Argoniano con una semplice occhiata: Lydia comprendeva benissimo cosa dovesse aver provato la giumenta, quando era stata fissata da quegli occhi da rettile così intensi.
Infine, pagati i 200 septim d'oro a Skulvar per i loro nuovi cavalli, Lydia e Coda Spezzata si erano lasciati Whiterun alle spalle.
Poiché il destino chiamava l'Argoniano alla sommità della Gola del Mondo per incontrare i Barba Grigia, e poiché la scalata della più alta montagna di Tamriel, situata ad ovest, sud ovest, rispetto a Whiterun, era un pericoloso pellegrinaggio che solamente i più ardimentosi dei Nord compivano, Coda Spezzata aveva condotto Karinda con decisione verso est, deciso a conoscere meglio il territorio del feudo di cui era ora Thane, e di risolvere quanti più problemi possibile in esso, prima di cominciare la scalata della solitaria montagna, possibile solo sul versante occidentale.
Le obiezioni di Lydia a proposito di quella scelta erano state ascoltate e risposte con logica inoppugnabile: potevano essere ben equipaggiati in quel momento, ma la superbia che questo comportava doveva essere estinta al più presto, altrimenti affrontare i 7000 gradini per la cima della montagna si sarebbe trasformato sicuramente in un viaggio di sola andata. Sfidare con arroganza il punto più impervio di tutta Skyrim era una facile via per l'aldilà e questo solo a causa degli elementi avversi, a cui andavano aggiunte le bestie selvatiche che ponevano agguati ai pellegrini lungo la salita. Loro due inoltre, che non avevano mai combattuto assieme, né si erano mai guardati le spalle a vicenda, erano al massimo un curioso duo, piuttosto che compagni di battaglia: la prudenza comandava che trovassero il loro ritmo nella lotta, prima di affrontare la Gola del Mondo.
I Barbagrigia inoltre dovevano sapere che la loro voce era stata udita in tutta Skyrim: il Sangue di Drago che avevano chiamato sarebbe sicuramente giunto a loro. Solo, non ancora.
Lydia era stata costretta ad accettare la fondatezza di quelle ragioni, per quanto controvoglia: la giovane Nord aveva quindi seguito il suo Thane verso ovest, invece che l'est.
Coda Spezzata inoltre, aveva già una missione e un itinerario in mente: il feudo di Whiterun era il più ricco di Skyrim, assieme a quello dell'Haafingar e del Reach, ed essendo quella di Lydia una città di commerci e di pianure, predoni e briganti di strada abbondavano. Allo stesso modo, ricche taglie erano promesse a coloro in grado di ridurre il loro numero e riportare prova delle loro imprese, un degno incarico per un nuovo Thane, per quanto Lydia, e a loro volta poi lo Jarl Balgruuf e Proventus, avrebbero avuto da... essere vagamente ripulsi dal tipo di pegno presentato dal Thane Coda Spezzata: un sacco colmo di teste mozzate.
Non dai banditi però, l'Argoniano aveva deciso di cominciare: la sua prima impresa per il feudo di Whiterun, la notte stessa del suo arrivo in città, era stata l'uccisone di un gigante che aveva sconfinato, al fianco dei Compagni di Jorrvaskr, e proprio dai giganti l'Argoniano aveva deciso di iniziare, per capire se Whiterun fosse destinata a subire un altro attacco in futuro, e in quel caso prevenirlo, o almeno comprendere cosa avesse portato un gigante fino alle porte della città.
Andare a caccia di giganti era molto più ardimentoso di quanto Lydia avesse ritenuto possibile come primo incarico, per loro due soli almeno, e le sue precedenti obiezioni alla loro direzione erano scomparse definitivamente di fronte a quella notizia. Era risaputo che nelle pianure ad est di Whiterun esistevano vari accampamenti di giganti, al Bacio di Secunda e alla pozza di Bleakwind per esempio, e le tracce del gigante che aveva attaccato la città cinque giorni addietro, erano ancora perfettamente riconoscibili sul terreno lievemente imbiancato dalla brina e ghiacciato, costituendo una pista facile da seguire. Una pista che aveva puntato decisamente verso est, molto più lontano di quanto Lydia avesse creduto possibile: era strano che un gigante puntasse con una simile decisione così tanti dei suoi passi in un unica direzione. I giganti di Skyrim non erano creature note per la loro intelligenza o tenacia...
In breve, fu evidente fin quasi da subito, che avrebbero passato almeno quell'intera giornata a cavallo: difficile che diventassero due comunque, perché molto più lontano, ma sempre in quella direzione, seguendo una tortuosa strada, avrebbero raggiunto Rorikstead, l'avamposto più orientale del feudo, una piccola città di agricoltori e stazione di commercio. Impossibile che il gigante che si era avvicinato a Whiterun venisse da così lontano, e in effetti, consultando la mappa, i ricordi di guardia del feudo fecero tornare alla mente di Lydia un altro accampamento di giganti, situato alla giusta distanza, un luogo strano, che la Nord aveva sentito nominare e mai visitato, ma che verso il quale la pista che seguivano sembrava indirizzarli. Era chiamato il campo dell'Albero Dormiente riferì, un nome che incuriosì moltissimo Coda Spezzata: con quella meta in mente, tagliarono attraverso la steppa per raggiungerlo più in fretta, sostando ogni tanto a piedi per far riposare le cavalle.
Fare conversazione a cavallo era impossibile, ma Lydia ebbe la conferma fin dalla loro seconda sosta che il suo Thane non era una creatura particolarmente loquace, accontentandosi di raccogliere fiori e arbusti di tanto in tanto, mentre Karinda e Allie scavano con gli zoccoli alla ricerca di qualcosa da brucare, con magri risultati. La primavera non è ancora troppo lontana, ma sarebbe occorso ancora un po' prima di vedere i rivi della fertile pianura sgombrarsi dal ghiaccio: passare la notte all'addiaccio nelle pianure nevose che compongono il feudo di Whiterun poteva ancora costare arti o dita a causa del freddo... o la vita
Nonostante questo, ascoltare le due cavalle per tutta la giornata era un pensiero fin troppo noioso da concepire per la Nord, che non amava il silenzio della natura fino a quel punto... o forse, più semplicemente stava accompagnando qualcosa in grado di incoraggiare la sua curiosità in modo irresistibile. Avevano parlato un poco nei giorni che avevano passato a Whiterun: Coda Spezzata le aveva perfino raccontato parte della sua vita. Non tutta ovviamente, ma alcune delle parti più importanti: non semplici confidenze, ma piuttosto conoscenze donate liberamente, su di lui e sulla sua gente, il popolo della radice. E anche di quando non avevano parlato, durante le giornate passate alla forgia, Lydia conservava il sospetto che avesse comunque cercato di insegnarle... o che confidasse che lei potesse imparare da sola.
Non gli aveva detto tutto in quei giorni, e forse nemmeno molto, tutto considerato, ma aveva di certo acceso la curiosità della giovane donna, specie su di lui e il suo popolo...
"...Mio Thane?" lo chiama, prendendo il coraggio a due mani durante l'ennesima sosta, guardandolo sgranchirsi le gambe e la coda e assorbire il calore del pallido sole sulle sue nere sceglie.
L'Argoniano non ha mai tremato per gli elementi, né ha mai aperto bocca per lamentarsi di essi... tuttavia non le risponde, limitandosi solo ad un lieve sospiro, rimanendo ad occhi chiusi.
"Mio Thane?" prova ancora, ma di nuovo, Coda Spezzata non le risponde, ripetendo quello strano sospiro rumoroso.
Poi Lydia capisce cosa voglia da lei: la giovane donna del Nord però, non è ancora sicura di poterglielo dare.
Allo stesso tempo tuttavia, sa che il suo Thane è pronto a opporre alla testardaggine dei Nord la sua, che per quanto magari non così passionale, è altrettanto profonda, e forse perfino più forte:
"...Coda Spezzata?" chiede titubante, e quelle sillabe strane rotolano sulla sua lingua con una familiarità che Lydia non dovrebbe avere.
Solo sentendo il suo nome uscire dalle labbra di Lydia, l'Argoniano che il destino le ha dato come Thane apre gli occhi per guardarla: è così nero in ogni sua scaglia, che se si allontanasse nella notte non riuscirebbe a seguirlo.
Pare davvero fatto di tenebra:
"Lydia?" come sempre, e ancora, la giovane donna del Nord non può fare a meno di stupirsi ascoltando il suo nome pronunciato da quelle fauci.
La sua voce... come sabbia che scorre sulle rocce, o la mola che accarezza una spada: metallica, ma non sgradevole.
"...Posso fare un domanda?"
Ancora una volta, l'Argoniano sospira, in quel suo modo sempre uguale, ma che nasconde significati sempre diversi:
"Sempre." risponde, roco e quieto: "...Ma non tutte sono dotate di risposte."
"Hai già... combattuto dei giganti? Oltre a quello che hai ucciso di fronte alle porte della città?" gli chiede.
"Quel gigante fu ucciso dai Compagni: come è stato detto, ho prestato loro solo un paio di frecce. Ma no. Allora, fu il primo."
"...Eppure non sembri essere spaventato dall'idea di andare a cacciarne altri, nella loro dimora."
"Dovrei?"
"Sono giganti... mio Thane."
"E possono essere uccisi come ogni altra cosa. Così come anche noi."
"È così semplice per te?"
"È differente per Lydia?"
La Nord annui:
"Sembra quasi che tu non provi emozioni... mio Thane." di nuovo, quello strano divertito sospiro: Lydia cominciava a credere che fosse una vera parola nella lingua degli Argoniani.
Sorprendentemente, avrebbe scoperto di non essere poi così lontana dalla verità: il suo errore però, risiedeva nel considerare quel suono sempre la stessa parola.
"La ragione non può affermarsi senza emozione, Lydia. Ma nei Saxhleel, esse riposano sotto le scaglie, non nella lingua o nel braccio. I volti del popolo della radice sono stati fatti per sopravvivere: non per comunicare. È sufficiente una lingua per farlo: il Jel."
"Non era... mia intenzione offendere."
"Né sei stata in grado di farlo, Lydia... " rispose bonariamente Coda Spezzata: "...E si deve aggiungere a proposito, che raramente è possibile trovare tra voi, camminatori di terra asciutta, qualcuno che sappia farlo. Chiamare un Argoniano stivali, o lucertola, ha altrettanta presa sul popolo della radice, che chiamare bisaccia un uomo. Si direbbe quasi che non siate mai stati istruiti ad offendere..."
"Sul... serio?"
Coda Spezzata annuì:
"Si trovi un Bosmer, se si desidera essere veramente offesi: le lingue degli elfi dei boschi si possono usare per affilare coltelli... specialmente quando ubriachi."
"E gli Argoniani?" Lydia non aveva ancora osato provare a pronunciare Saxhleel, per lo strano suono di quella parola: per paura di cadere in fallo, di sbagliare la sua pronuncia, si affidava ai termini appresi da altri.
"...Imprecare in Jel è... diverso." rispose semplicemente Coda Spezzata.
Lydia però, ora che aveva trovato il modo di farlo parlare della sua gente e della sua cultura, per quanto di una parte piuttosto triviale, non era pronta a rinunciare alla sua curiosità:
"In che modo?"
"...A questo non è possibile rispondere in un modo che capiresti, temo. È difficile spiegare ciò che in questa lingua non possiede forma, né parole, per essere detto."
"Vorrei che ci provassi comunque... Coda Spezzata."
Il suo Thane sembrò osservarla molto a lungo, prima di avvicinarsi a lei, battendo dolcemente il palmo sul collo di Karinda. Le rivolse poi una ben strana domanda:
"Se Lydia fosse nata con orecchie a punta, la sua pelle come oro, i suoi occhi come soli e i suoi capelli come luce di stelle... sarebbe ancora Lydia?"
"...No?" fu una richiesta di conferma, più che un domanda, quella della Nord.
"E questo è due volte più vero per il popolo della radice, Lydia. Non esiste il vostro concetto del sé." Coda Spezzata si interruppe un momento, cercando le parole più giuste per spiegare in quella lingua qualcosa che nella sua era scontato e banale al punto da non dover essere insegnato.
"Fra i Saxhleel si crede che ogni individuo accada... come il frutto delle proprie circostanze. Se Lydia, con i suoi capelli neri e la sua pelle chiara fosse ad Hammerfell o a Morrowind, sarebbe sempre la stessa Lydia. Lo stesso però non è vero per il popolo della radice. Dalle circostanze è formato ciò che da voi camminatori di terre asciutte è chiamato sé... ma fra i Saxhleel, si è anche figli del cielo che scorre sopra la testa e delle orme che si sono lasciate alle spalle. Ciò che dagli uomini è concepito come identità... per i Saxhleel è mutevole. Anche il nome, non diversamente che se fosse cambiato il colore delle proprie scaglie."
"Coda Spezzata non è dunque il tuo nome?" di nuovo l'Argoniano sospirò: era così... difficile per lui rispondere a quella domanda.
"È il nome con cui sono noto ad uomini ed elfi... ma non la mia identità: una persona non può essere racchiusa in qualche lettera. Un nome mi è stato dato dalla mia madre adottiva..." una Lamia, ricordò Lydia: "... E un altro è stato adottato quando fui catturato e venduto come schiavo a Mournhold. Un nome che è cambiato a Cyrodill, dove sono stato Kaiman. La mia vita era stata cambiata, e dunque anche il nome doveva esserlo. Allo stesso modo, qui, a Skyrim, rispondo al nome di Coda Spezzata, o Haraan, lo stesso concetto in Jel."
"È... molto strano, mio Thane." come se... l'Argoniano che avesse di fronte non esistesse davvero, o facesse parte del panorama non diversamente da alberi e montagne, libero di venire nominato da chiunque a proprio piacimento.
Fu più vicina in quel momento alla verità, di quanto Lydia stessa sospettasse:
"Lo stesso può dirsi su uomini ed elfi. Per quanto cammini in mezzo a voi da gran parte della mia vita, ancora non si può dire che io comprenda. Al pesce non dovrebbe importare il nome del fiume in cui nuota: solo le sue correnti. E le vostre lingue... a volte così strane."
"Eppure le parli molto bene, mio Thane..."
"Pratica."
"La lingua degli Argoniani è diversa?"
Coda Spezzata annuì:
"Estremamente. Il tempo è un illusione, per i Saxhleel. Per un popolo che vive senza identità personale, il tempo è il bisogno di porre un'ancora nel fiume degli eventi: inutile, quando si decide di fluire con essi, invece di provare a resistere. Il senso di identità, è solo il grido con cui si afferma: Io sono qui. Nel Jel, non esiste passato. Non esiste futuro. Esiste solo il presente. Nessun soggetto... solo il pensiero e gli eventi. Le parole che sono usate per dare voce alla lingua della Palude Nera, sono solo l'ultimo ostacolo alla comprensione: le nostre genti non parlano solo in modo diverso, ma pensano anche in modo diverso. I nostri desideri non sono sempre uguali... ma possono essere simili. E grazie a questo, è possibile trovare punti comuni."
Il che spiegava molto sugli Argoniani, rifletté Lydia, più di quanto molti altri avessero forse mai capito su di loro: la giovane donna del Nord non era rimasta con le mani in mano nei giorni spesi a Whiterun. Approfittando di una delle frequenti commissioni che faceva per il suo Thane al Calderone di Arcadia, sembrava quasi che gli ingredienti alchemici comprati dalla farmacista non bastassero mai all'Argoniano, la giovane donna del Nord aveva chiesto consiglio all'anziana Imperiale su come meglio comprendere quello strano uomo rettile che il destino aveva portato a Skyrim. La copia un po' sdrucita che le era stata regalata della Guida tascabile all'Impero, terza edizione/ Argonia, era stata una cornucopia di scoperte per Lydia, al punto che la giovane Nord la custodiva gelosamente nella sua stanza di Breezehome. In quel testo, lo storico Brendan il Persistente aveva già riassunto in poche parole quello che Lydia stava scoprendo giorno dopo giorno:
Il popolo di Argonia è stato, attraverso tutta la storia di Tamriel, forse il più incompreso, insultato e oltraggiato di tutte le razze dotate di senno. E tuttavia, coloro che si sono presi il tempo di sperimentare la cultura argoniana, hanno guadagnato una più grande riconoscenza per questo nobile e stupendo popolo.
Il fatto che alla fine Brendan il Persistente fosse scomparso durante una sua spedizione in Argonia, era forse però da imputare alle innumerevoli creature velenose e portatrici di malattie che abbondavano nella Palude Nera, piuttosto che per colpa dei suoi abitanti: in alcune zone di essa infatti, pareva possibile contrarre ancora la terribile febbre Knahaten, un morbo emorragico che per 43 anni aveva flagellato la quasi totalità di Tamriel durante la seconda era e da cui gli Argoniani erano risultati immuni. Se questo fosse stato vero, se cioè focolai della febbre di Knahaten ancora sopravvivevano nella Palude Nera, questo avrebbe reso quel morbo terribile il più longevo mai comparso nella storia di Tamriel, anche se solo il secondo più terribile, dato che quel triste primato apparteneva di diritto alla piaga Thrassiana, uno dei primi avvenimenti registrati storicamente nella prima era, e definitivamente debellata dopo quattro secoli.
Di fronte a queste notizie ed altre simili, specie sul tipo di creature che prosperavano ad Argonia, Lydia sospettava che un uomo o un elfo sarebbero stati al massimo una fastidiosa curiosità per i residenti della Palude Nera: i forestieri non sopravvivevano a lungo in Argonia, e chi esplora deliberatamente una terra velenosa o peggio, può essere giustamente considerato sciocco dai Saxhleel. Per Talos! Li avrebbe considerati sciocchi lei stessa, specie poiché i Saxhleel non sopravvivano poi più a lungo nelle loro terre rispetto ai forestieri: solo un po' di più. Lydia non aveva trovato un bestiario completo della Palude Nera nella sua Guida Tascabile, e difficilmente poteva esistere, ma se solo metà di quello che c'era scritto era vero, la Nord sapeva che non avrebbe mai voluto mettere piede sotto le sue fronde: c'erano ragni che venivano descritti grandi abbastanza da produrre sufficiente seta da vestire un clan...
"Ora comprendo meglio ciò che intendevi mio Thane... ma ancora mi sembra molto strano."
"Lo stesso può dirsi per me... Ma per tornare alla tua domanda originale, imprecare in Jel è certamente possibile, ma non insultare qualcuno. Non esistendo un concetto di sé, non si può rivolgere a qualcuno degli insulti... E no, non ho intenzione di istruire Lydia su come imprecare in Jel. Si direbbe che sono un cattivo Thane."
"Veramente mio Thane, la mia curiosità originale era se avessi già affrontato dei giganti..."
"Davvero?" chiese l'Argoniano, fingendo una smemoratezza che certamente non soffriva: Lydia lo aveva visto assorbire in pochi istanti ogni particolare di una stanza e ricordarli perfettamente a distanza di giorni.
"...Se può essere di conforto comunque, molte altre grandi creature sono cadute sotto la mia spada. Sia a Morrowind che Cyrodiil: imprevisti del mestiere di mercenario." aggiunse a voce più bassa.
"Grandi quanto un gigante?"
Coda Spezzata scosse la testa:
"Non così alte. Ma più larghe."
"Per esempio?" lo incalzò ancora Lydia.
"...Il drago alla torre ovest di Whiterun non basta? O devono essere fornite altre storie?"
La Nord arrossì: anche se la pazienza dell'Argoniano sembrava inesauribile, Lydia non poté evitare di comprendere quanto potesse averlo offeso. Doveva temperare la sua curiosità con il giudizio: Coda Spezzata non era un viaggiatore, o un esotico esemplare di una terra lontana. Lui era il suo Thane, e Lydia doveva tributargli il rispetto che gli era dovuto, che lui lo volesse o meno: specie quando lui visitava per la prima volta il feudo che lo aveva accolto. I suoi antenati dovevano di certo rivoltarsi nei loro sepolcri dalla vergogna:
"Non desideravo offendere, mio Thane. Ma mi accorgo di averlo fatto... Sono mortificata."
Invece di offrirle consolazione, l'Argoniano si limitò a sospirare, o sussurrare in Jel, Lydia non sapeva cogliere la differenza, rimontare sul dorso di Karinda e dirle con la sua strana voce:
"...Non c'è bisogno di dispiacersi, Lydia. Dopotutto, la mia covata sarà nutrita con la tua carne." e detto questo, lanciò la sua cavalla al galoppo, lasciandola indietro: con i suoi piedi, l'Argoniano non aveva bisogno di speroni.
Lydia dovette capire che stava scherzando, prima di decidersi a seguirlo.
 
E così, dopo quasi un giorno a cavallo attraverso la steppa pianeggiante del feudo di Whiterun, sotto un sole che cominciava di nuovo a calare per abbracciare l'orizzonte, Lydia e il suo Thane arrivarono finalmente al campo dell'Albero Dormiente. Una conca fra rocce argillose, in grado di offrire riparo dai venti grazie alla loro particolare conformazione, e alcune grotte in cui ripararsi: al centro di tutto questo, ma ancora invisibile dalla posizione da cui osservavano, riposava la fonte sorgiva che permetteva all'albero che dava il nome al campo di sopravvivere. La luce di enormi falò illuminava due soli giganti, uno impegnato a guardare a vista uno scarno mammuth macilento, e l'altro a riscaldarsi più vicino al fuoco. Entrambe le creature portavano con loro lunghe clave fatte di femore di mammuth e sembravano più... agitati di quanto Lydia fosse abituata ad osservare di loro.
La convivenza con i giganti era possibile a Skyrim: si trattava di raggiungere una condizione di vivi e lascia vivere, non disturbare i giganti nei loro campi e, per chi credeva a queste superstizioni, fare loro un'offerta annuale. Uno spreco, secondo Lydia, dato che i giganti non sembravano in grado di ricordare niente per più di qualche giorno... eppure qualcuno fra i Nord ancora donava mucche ai giganti...
"Cosa sembra a Lydia?" le chiese al suo fianco Coda Spezzata, prono come lei sulle neve, un dosso del terreno a nasconderli quasi completamente alla vista dei giganti.
"Sembrano... nervosi mio Thane. Qualcosa deve averli disturbati recentemente."
"Abbastanza da motivare la spedizione verso Whiterun di un solitario gigante." annuì Coda Spezzata: "...Può essere bastato a soddisfarli?"
 Lydia scosse la testa:
"I giganti non sono particolarmente intelligenti... né ricordano a lungo le cose." come a voler sottolineare le parole di Lydia, il pastore di mammut scelse quel momento per grattarsi le chiappe con la sua clava, con un basso grugnito di soddisfazione.
"...Ma quando hanno qualcosa in mente, è difficile distoglierli."
"Quindi Whiterun sarà attaccata ancora."
"È possibile. Inoltre..."
"Inoltre?"
" A volte, i giganti si ritrovano vicino Whiterun... a nord della città, più o meno ai confini col feudo del Pale, c'è un cimitero di mammut. Ogni tanto i giganti organizzano dei ritrovi laggiù."
"E dunque, è possibile che il problema si moltiplichi... Una terra davvero generosa questa: sono stato accolto in ceppi, e ora mi sono state date città da proteggere e giganti da abbattere." sospirò l'Argoniano.
"Mio Thane?"
Coda Spezzata scosse la testa, armeggiando nella sua bisaccia ed estraendo una fiala panciuta:
"La tua spada, Lydia. E lascia lo scudo: non può difenderti da una clava come quella."
La giovane Nord fece come gli era stato detto, sganciando lo scudo ed estraendo la sua lama d'ebano, sulla quale il suo Thane versò l'interezza della fiala: un denso liquido oleoso color palude, dall'aspro odore.
"Un potete agente paralizzante, ottenuto da radice di Canis e quei funghi a bolla che abbondano a Skyrim solo per non essere commestibili. La magia non ha quasi effetto sui giganti." spiegò l'Argoniano: "Pungilo, se la sua attenzione sarà su di me. Poi il pastore e il suo mammuth."
"Non faremmo meglio a dividerci? Uno di noi potrebbe attirare l'attenzione dell'altro..."
"E raddoppiare le nostre possibilità di essere uccisi, assieme ai cavalli? No Lydia. Uccidere due giganti in due, appare sufficientemente glorioso ai miei occhi."
"...Come desideri, mio Thane."
"...Pronta?"
Si alzarono in piedi assieme, correndo verso il gigante ad armi già sguainate: forse fu il clangore dell'armature di Lydia ad avvisarlo, ma il gigante li vide arrivare prima che fossero alla giusta distanza per attaccarlo.
Ma Coda Spezzata correva, e molto più velocemente di quanto Lydia credesse possibile con una spada da 22 libbre tra le mani, artigliando il terreno per avere più presa: essendo il più vicino, il gigante si concentrò su di lui, specie dopo che una delle daghe che l'Argoniano teneva alla cintura si infisse con violenza nel suo occhio. Lydia ebbe finalmente un assaggio di cosa dovesse essere stato combattere contro il suo Thane durante il suo impiego come guardia e mercenario a Cyrodiil: la giovane Nord sperò che non arrivasse mai per lei il tempo di affrontarlo sul serio.
Con un basso grido, il gigante si schiacciò l'orbita offesa per il dolore, ottenendo solo l'effetto di spingersi la daga angora più in profondità: la clava calò quasi per riflesso, ciò che l'Argoniano stava davvero aspettando. Coda Spezzata, spada impugnata saldamente fra due mani, schivò quel tanto che bastava ad avere la clava ad un passo... e poi ci saltò sopra, rampando da essa al gigante, sostenendosi grazie alle velocità e ai suoi artigli, che lasciavano tre segni paralleli sulla pelle del gigante ogni volta che compiva un passo in quella vertiginosa scalata. Lydia lo stava ancora raggiungendo, ma capì che non gli sarebbe stato d'aiuto: giunto al bicipite, il suo Thane saltò verso l'alto, vibrando la sua grande spada.
Ci fu un'incredibile resistenza offerta dalla carne del gigante, ma quando finì la sua scalata, Coda Spezzata si trovò sulla sua spalla, in piedi e illeso, mentre il suo trespolo di carne, ora in ginocchio, perdeva un fiume di sangue dal collo, tentando di arginarlo inutilmente. Coda Spezzata pose fine alle sue sofferenze ruotando come un turbine, e questa volta la spada nera da 22 libbre calò dal cielo, trovando il morbido spazio di cartilagine tra le vertebre del collo, che ora il gigante esponeva. La testa cadde a terra come un macigno, assieme al suo pollice, ma Coda Spezzata era già in marcia, puntando all'altro gigante e al suo mammut, in rapido avvicinamento per vendicare il loro compagno.
L'Argoniano, nella sua figura nera e di cupo oro, aveva l'attenzione di tutti: per questo Lydia riuscì ad avvicinarsi abbastanza al secondo gigante e ad infilzare il suo polpaccio fino all'elsa della sua spada.
Esitò un attimo, colta da esaltazione e orgoglio, sopravvalutando la pozione con cui era stata avvelenata la sua spada: il dorso della mano del gigante la colpì in pieno, ma Lydia era una vera Nord. Non lasciò la presa della sua spada, e la lama lacerò muscoli e carne del gigante, mentre Lydia compiva un volo di meteora lontano.
La sorte però non l'aveva abbandonata: il suo Thane le avrebbe detto che anche la fortuna fa parte delle proprie capacità. I rami dell'Albero Dormiente l'avevano afferrata al volo, frenando la sua caduta con le sue fronde ancora spoglie. Troppo stordita per cercare di liberarsi e raggiungere il suo Thane, e aiutarlo, Lydia potette solo assistere al resto dello scontro, di cui aveva una visuale perfetta.
Radice di Canis e funghi a bolla? Per Lydia, ormai c'era la certezza che qualunque fosse il prodotto dell'alchimia, erano portenti in forma liquida: a chiunque l'avesse denigrata in futuro, Lydia avrebbe raccontato del paiolo da 12'000 septim e della vista che le si parò dalla cima dell'albero dormiente.
Il gigante che l'aveva colpita era a terra, la faccia nel terreno, e non si sarebbe più rialzato: questo perché la sua testa era piuttosto distante dal resto del corpo.
Sarebbe stato un'interessante argomento di conversazione, alcune settimane nel futuro, scoprire il perché la decapitazione era lo stile d'esecuzione favorito dall'Argoniano, e del perché della magia di distruzione, avesse deciso di esercitarsi in quella del fulmine... così come della sua ammirazione per i wamasus della sua terra.
E tuttavia, la volontà di ridurre in fretta il numero di opponenti era costato a Coda Spezzata l'iniziativa di quello scontro: mentre era occupato a finire il gigante che Lydia aveva ferito, il mammut aveva a sua volta attaccato l'Argoniano, travolgendolo con la sua carica. Come fosse riuscito a non farsi schiacciare era già di per sé un miracolo e nonostante questo, Coda Spezzata brandiva ancora la sua spada, seppure in una sola mano: l'altro braccio lo stringeva invece al petto, certamente rotto.
Lydia, ancora preda della vertigine del suo volo, poté solo assistere mentre il mammut si girava, per tornare a colpire l'Argoniano.
Coda Spezzata non era inerme però: ciò che la giovane Nord gli vide compiere, fu soprattutto una prova di coraggio. Il mammuth era una creatura massiccia, con un folto pelo: niente, a parte un gigante o un drago avrebbe potuto fermarlo... o almeno così avrebbe dovuto essere.
Perché quando il mammut stava per travolgere il suo Thane, per la steppa riverberò una sola parola, che fece tremare le rocce, l'albero e perfino il cielo:
"FUS!"
Il mammut venne colpito in pieno da quell'Urlo, da quella singola parola: Lydia ricordava le leggende sulla Voce di Tempesta. Una magia antica più del mondo è più potente di qualunque altra magia: il respiro con cui Kyne, la signora del vento e madre degli Uomini, aveva infuso la vita a Skyrim. L'impeto di quella parola non la raggiunse direttamente, ma l'eco fu comunque più forte di qualunque altro rumore Lydia avesse mai sentito in vita sua: più di una valanga, più di un tuono. Fu più simile ad un'esplosione, e come un'esplosione, quella parola non aveva solo suono, ma anche un onda d'urto: quando arrivò fino a lei, Lydia suo malgrado poté solamente proteggersi, mentre il vento la faceva cadere dai rami del suo rifugio, dritta nella polla che alimentava l'Albero Dormiente. Sotto il sottile strato di ghiaccio, l'acqua per fortuna non le arrivava al ginocchio, e la giovane Nord non perse tempo a uscire da quell'acqua gelida, che l'aveva riscossa: un poco di essa le finì in bocca, non più che un ditale, ma quel sapore stranamente dolce non riuscì a registrarsi nella sua mente in quel momento.
Di nuovo, appoggiandosi al tronco legnoso dell'albero, Lydia poté solo assistere, mentre osservava il mammut: la bestia aveva ricevuto in pieno ciò di cui la giovane Nord aveva semplicemente udito l'eco. La sua gigantesca mole ondeggiava, assordata e probabilmente accecata da quella voce: Lydia poteva vedere il sangue che dalle orecchie ne macchiava la pelliccia.
Coda Spezzata era ancora al suo posto, nonostante fosse stato l'origine di quel Urlo: straordinario, considerando cosa avesse appena liberato. Un suono simile, una distruzione simile, non dovrebbe lasciare niente dal punto di origine: eppure, non sembrava aver riportato danni. Al punto che, senza fretta, tenendo la spada con una sola mano, e l'altro braccio stretto al corpo, l'Argoniano si spostò sul lato del mammut, infilzando il suo fianco con la spada, affondando fino a quando solo un terzo della lunghezza della lama nera rimase fuori dall'animale.
Il mammut comprese ciò che stava succedendo solo nel momento in cui la spada gli forò il cuore: Lydia poté solo guardarlo dissanguarsi rapidamente, mentre il suo Thane si avvicinava a lei tenendo la spada insanguinata appoggiata sulla spalle.
Il sole era a metà sull'orizzonte in quel momento: eppure, la vista di Lydia si stava già tingendo di porpora.
"Lydia..." soffiò Coda Spezzata, vera agonia percepibile nella sua voce quieta e roca: forse quell'Urlo non l'aveva poi lasciato così incolume come credeva.
"Mio Thane..." c'era qualcosa di sbagliato in lei: una vertigine frutto di ebbrezza, la sensazione di essere piena di energia, e il desiderio di correre lontano.
"...Il mio braccio deve essere tagliato." le disse, tossendo duramente: la sua voce aveva sempre avuto quegli echi?
"Mio Thane..." voleva avvertirlo, voleva dirgli che tutto quello che vedeva stava diventando porpora: anche la tenebra delle sue scaglie, sfumando all'angolo dei suoi occhi.
"È necessario." aggiunse, pulendosi il suo sangue dall'angolo della bocca con la mano buona: "... O sarà peggio. Dopo."
Lydia cadde in avanti senza poterselo impedire: quella notte era appena cominciata.
 
Si risvegliò... più tardi, senza sapere quanto fosse rimasta incosciente.
Lydia si scoprì sdraiata, sotto una pesante e puzzolente pelliccia: gambali, stivali, guanti ed elmo le erano stati tolti, lasciandola in una confortevole via di mezzo tra la nudità e la pesantezza della corazza. Sopra ed attorno a lei, pareti argillose formavano una camera circolare, alta abbastanza da suggerire che si trovasse nella grotta in cui i giganti avevano posto i loro giacigli.
La fonte di luce nella stanza era data da un unico falò, che fiammeggiava orgoglioso, confinando le tenebre negli angoli più lontani di quella camera: ci mise un po' a trovarlo. Nel chiaroscuro, il colore delle sue scaglie lo faceva apparire come parte dell'ambiente, al punto che trovò per prime le cavalle, occupate a brucare un po' di paglia: probabilmente, la parte più fresca dei giacigli dei giganti. C'era odore di lavanda selvatica nell'aria, e Lydia vide dei rametti purpurei bruciare scontenti nel fuoco:
"Sveglia, finalmente."
Dall'altra parte del falò, quello che credeva fosse stata una roccia pronunciò quelle parole con una voce che Lydia conosceva:
"Mio Thane." gli disse mezza spaventata, facendosi cadere di dosso la coperta.
Ancora di più, fu lo scoprire che il suo Thane era a torso nudo: Lydia aveva visto dei Nord, ma ancora una volta, dovette accettare che Coda Spezzata non era un uomo. Aveva la struttura di un uomo, ma questo era quanto: scaglie nere come la notte gli coprivano il petto e il ventre, che per quanto offrissero linee simili a quelle degli uomini, mancavano delle stesse strutture. Era solo questo Coda Spezzata: ossa, carne e muscoli coperti da nere scaglie: nemmeno al buio, Lydia poteva scambiarlo per uno di loro, specie per quel suo volto da lucertola con grandi corna.
"...Come ti senti?"
Lydia si prese un momento per considerare la domanda:
"Bene, tutto considerato. Quanto...?"
"Sei ore circa. Le lune sono ormai allo zenit nel cielo."
"Cosa..." cominciò Lydia, ma senza sapere esattamente cosa chiedere.
"Cosa...?" le fece eco l'Argoniano.
"Non so cosa mi sia successo... è stato come se la mia mente... non mi appartenesse per un momento. E l'ultimo ricordo che ho... era la tua richiesta di tagliarti il braccio... un'allucinazione?"
"Sì. E no." le rispose il suo Thane avvicinandosi al fuoco.
Quando si risedette, Lydia non poté impedirsi di inalare rumorosamente: metà del suo avambraccio, e la mano, mancava. Ancora più spaventoso fu che quella ferita sembrava vecchia di giorni, eppure, Coda Spezzata non l'aveva fasciata: inutile in fin dei conti, perché nemmeno sanguinava. Allo stesso modo, Lydia osservò quelle che sembravano schegge carnose infisse nel moncherino: le occorse più di un momento per capire che erano le prime falangi di ogni dito.
"Ah." disse semplicemente Coda Spezzata accorgendosi di dove lo sguardo di Lydia stesse puntando: con lentezza, la sua mano coprì quello spettacolo.
Fu un gesto pieno di delicatezza, ma anche inutile in fondo: ormai Lydia aveva visto tutto quello che c'era da vedere.
"...Prude un poco. Ma per il mattino sarà a posto." la rassicurò: "...Non è la prima volta in cui accade."
Le implicazioni di quello che aveva visto però, non piacquero affatto alla Nord:
"...Hai mentito."
"Insulti, Lydia? Perché?"
"Hai detto di non essere un taumaturgo capace quanto i guaritori del tempio." rispose Lydia indicandolo: "...Far ricrescere un braccio è qualcosa che nemmeno i sacerdoti di Kynareth sono in grado di fare!"
"Nessuna menzogna, Lydia." rispose sospirando l'Argoniano: "...Non è solo la taumaturgia a poter rigenerare. E allo stesso modo, non solo cura è la taumaturgia. Come spiegarlo..." lamentò Coda Spezzata, prendendosi un momento per pensare in due lingue:
"...È difficile, Lydia, raggiungere la concentrazione necessaria a lanciare un incantesimo, quando le proprie viscere sono strette in una mano. E allo stesso modo, non sempre è possibile avere accesso ad elisir curativi. Ma anche se è difficile nelle terre di uomini ed elfi non avere accesso ad almeno una delle due, nella Palude Nera invece, ciò accade ogni giorno, ogni istante. L'attitudine alla sopravvivenza del popolo della radice germoglia e prospera naturalmente nelle sue terre, dove da molti essi sono considerati cibo. Per questo, dagli Hist a volte è donata una... benedizione. Non troppo diversamente da come i Nord abbiano attitudine per la battaglia, così tutti i Saxhleel posseggono attitudine alla sopravvivenza."
Coda Spezzata rivelò di nuovo il moncherino, e Lydia poté osservare liberamente quella mutilazione:
"...Dai Saxhleel è chiamata pelle di Hist: in me, nonostante le mie origini, quella benedizioni è molto forte. Forte al punto che rinnovare e più semplice che ricomporre. Si perde molto tempo a far aggiustare le ossa: a ricrescere un arto intero invece, molto meno. E questo è il motivo per cui per me, essere sfregiato da delle cicatrici è quasi impossibile, nonostante gli anni passati in battaglia."
E in effetti, nemmeno un segno interrompeva il nero mare delle sue squame:
"Per i Nord: vivere nella gloria. Per i Saxhleel: gloria nel vivere." affermò Coda Spezzata: "...E come è stato detto, in me questo dono è molto forte. Fin troppo forse... La benedizione di una madre che non è mai stata conosciuta."
Dalla storia che le aveva raccontato e da ciò che le esperienze della giovane Nord suggerivano, Lydia era giunta alla conclusione che il suo Thane fosse stato il figlio di uno stupro, o almeno di una relazione illecita: perché altrimenti il suo uovo sarebbe stato abbandonato sul fiume? Ma le vie degli Argoniani non erano quelle degli Uomini, e dunque non poteva esserne sicura... e francamente parlando poi, importava davvero la sua origine? E lo sminuiva il fatto che fosse sopravvissuto alla schiavitù delle piantagioni a Morrowind abbastanza da vincere la sua libertà, o invece lo elevava, per quanto era riuscito a compiere e ad imparare, nonostante una così misera origine? Quanto era da ammirare qualcuno che sapeva guadagnarsi da vivere in modo onesto senza aver bisogno di una spada, ma che nonostante questo, sapeva usarla così bene, assieme alla magia?
"...Ho studiato la taumaturgia per comprendere questo mio dono. E per cercare una ragione a questo mio prosperare."
Lydia non resistette oltre: la giovane Nord si alzò dal suo posto, andando a cercare conforto nella sua vicinanza. Perché diceva sempre cose così offensive? Perché la sua mente era così pronta ad esprimere giudizi? Coda Spezzata era paziente... era quieto... perché allora continuava a cercare di ferirlo?
"...Le mie scuse più profonde, mio Thane. Sono stata... crudele. Accetterò una punizione adeguata alla mia... grettezza."
"È sufficiente che si impari da questo... Ma l'occasione può essere colta: sotto il nuovo sole, sarà Lydia ad occuparsi di raccogliere e preparare gli ingredienti alchemici dai giganti."
Prima o poi, Lydia si sarebbe stancata della sua curiosità, ma mai il suo Thane:
"...I giganti contengono ingredienti alchemici?"
Coda Spezzata annuì deciso, continuando a fissare il fuoco, forse lieto di cambiare discorso almeno quanto lei:
"Sono state le mie prime letture su di loro: alluci, pollici e molari sono i più importanti. Il sangue anche, ma quello ora infradicia la terra. Lydia ispezionerà anche le loro ascelle, alla ricerca di funghi che crescono a volte in esse... Strana domanda comunque, considerato il nostro primo giorno assieme."
"Intendi dire che...?" quella carne brunastra e spugnosa...
"Credevo che l'odore fosse stato sufficientemente rivelatore." rispose l'Argoniano abbracciando la caverna con lo sguardo.
"Il pollice del gigante che hai...?"
"Alluce." la corresse l'Argoniano: "...Privo di pelle, ossa, unghie, vene, sangue. Infine, tritato nella sua interezza."
L'espressione che la donna fece dovette dire più del suo silenzio:
"L'alchimia non è mai pulita, Lydia. Ma ci si fa l'abitudine. O è forse troppo per te?"
"No, mio Thane." rispose subito Lydia: avrebbe potuto andarle molto peggio.
Un Thane Nord avrebbe mal sopportato la sua ingenuità e la sua curiosità... e forse era anche a causa del fatto che Coda Spezzata non era un Nord che continuava ad offenderlo e fargli domande.
"Bene. Raccolti gli ingredienti, ripartiremo. La ragione per cui i giganti si sono spinti fino a Whiterun era poca cosa. E ora non si ripeterà."
"...Dovrei esserne informata?"
Coda Spezzata dondolò la testa:
"Il contrabbando della linfa dell'albero che dà il nome al campo non è illegale. E l'agente mandato a raccoglierla ha pagato con la vita il suo sconfinare in un campo di giganti. Sarà sufficiente bloccare l'origine dell'interesse, e nessun altro gigante si avvicinerà di nuovo alla città."
E Lydia non invidiava di certo colui che si fosse trovato di fronte Coda Spezzata: la sua passata esperienza con Belethor, suggeriva che l'Argoniano sapesse essere molto persuasivo quando così desiderava, mentre lo Jarl avrebbe pagato una ricca taglia per l'abbattimento di due giganti problematici.
"A proposito, è questo ciò che è accaduto a Lydia: hai ingerito la sua linfa, che dalle sue radici si era sciolta nella polla. Ciò che hai provato, è stato causato da questo. Albero Dormiente... un nome quanto mai appropriato."
Se Lydia avesse chiesto altro a proposito, avrebbe avuto molte altre interessanti rivelazioni: come ad esempio, che l'Albero Dormiente era un Hist, giunto in modo assai particolare a Skyrim, e che per lungo tempo, mentre lei era svenuta, il suo Thane aveva discorso con l'albero, in un modo segreto e particolare che solo gli Argoniani conoscono.
Ma Lydia era una Nord e le sue domande erano domande da donna di Skyrim:
"Quindi... puoi sopravvivere a qualunque ferita, mio Thane?"
Coda Spezzata sospirò, in quel modo strano che gli era così consueto:
"...A questo mondo, l'unica vera ricchezza è la vita, Lydia. Se la si conserva, si è ricchi. Sono sopravvissuto a molte ferite nel mio passato. Il mio corpo è stato fatto a pezzi, ma è sempre guarito. Coda, gambe, braccia... organi. Non mi è stato mai strappato il cuore, né la testa tagliata però: non credo sia possibile per qualcuno sopravvivere a qualcosa di simile. La taumaturgia è stata d'aiuto. Eppure, con essa, molto rimane ancora possibile fare."
"Per esempio?"
Invece di rispondere a parole, Coda Spezzata spazzò il terreno libero davanti a loro con la coda, sgombrando la superficie argillosa dai detriti. Poi si chinò in avanti, tracciando un simbolo con l'indice del suo braccio buono, una sorta di T a cui mancava però metà del trattino orizzontale.
"Lya, runa dell'Oblivion. Un cerchio taumaturgico con questa runa come centro, genera una potente sentinella, e una morte dolorosa a chiunque la calpesti."
"Come può la taumaturgia uccidere, mio Thane?"
"Da voi uomini ed elfi, e perfino dai Khajiit, la taumaturgia è apprezzata. Ma sottovalutata. Una scuola minore, utile per riparare la carne quando si rompe. Uno strumento, da usare e poi posare. Da pochi è affilato. Da ancor meno è brandito."
"Per gli Argoniani è diverso?"
"Lo è per me." rispose Coda Spezzata: "...Il vero valore di ciò che è chiamato taumaturgia può essere più dell'utile strumento che è. Padronanza."
"Padronanza?"
"...Nessuna parola mi è nota in questa lingua che più si avvicini al significato. Convertire magicka in carne e sangue... la taumaturgia è l'unica parte della magia a poterlo fare." fu la prima volta in cui Lydia sentì... qualcosa nella voce del suo Thane: un'emozione... l'eco di essa, per essere precisi, racchiuso nel desiderio di conoscenza.
L'uomo rettile che aveva davanti era come sempre raccolto e indefinibile: non imprecava, non alzava la voce... eppure quello che diceva non si poteva ignorare.
"Ciò che è usato dai preti nei templi non è che una piccola parte della taumaturgia. Come l'alchimia, anche la capacità di dare ristoro possiede due volti. Dare e ricevere. Curare e..."
"...Avvelenare." completò per lui Lydia.
Il suo Thane annuì:
"L'eccesso di qualcosa non è forse pericoloso quanto la sua carenza? Non si può vivere senza acqua... eppure si può essere affogati in essa."
"...Ma non tu, mio Thane: tu non puoi essere affogato." replicò Lydia senza che potesse impedirselo: uno dei vantaggi dell'essere Argoniano e dell'avere branchie sul collo...
Di nuovo, Coda Spezzata sbuffò lieve:
"Meno letteralmente, Lydia. Una metafora."
"Oh."
"...E ancora molto può essere fatto con la taumaturgia." aggiunse Coda Spezzata: con la coda, attirò a sé uno dei rami nel fuoco, con un lato ancora verde, ma l'altro invece nero di cenere e fumo.
Impugnatolo, e soffiandoci sopra, ottenne quanto di più simile avessero ad un calamo gigante: cominciò tracciando un triangolo uguale nei suoi lati, piccolo e posto in alto, vicino al fuoco.
"La magia è stata divisa in scuole, per facilitarne l'apprendimento. Distruzione: fuoco, ghiaccio e fulmine nelle loro mortali manifestazioni. Alterazione: la manipolazione temporanea della sostanza del mondo." un nuovo glifo si aggiunse al primo, un uomo stilizzato con un ala su un lato e le fronde di un albero sull'altro.
"...Evocazione, l'abilità di fendere l'Oblivion e richiamarne le forze." la runa oht venne tracciata sul terreno: " Incantamento, infondere proprietà pagando un tributo. Illusione: la manipolazione della mente e dei sensi. Taumaturgia e Alchimia." davanti a loro, si erano aggiunti altri simboli: una spada a fendere il simbolo dell'infinito, tre cerchi tracciati con un un'unica linea, un uccello ad ali spiegate ed una fiala.
Sette simboli, che Coda Spezzata riunì in un unica figura, con un glifo in ognuno dei suoi vertici:
"Queste sono le scuole della magia, ma non si deve dimenticare che esse sono solo parti di un tutto." un cerchio racchiuse il disegno precedente, collegando ogni glifo sulla circonferenza:
"Così come ogni eptagono non è un cerchio, così anche la taumaturgia non è semplice cura e ristoro. Con essa, è possibile trasformare il proprio mana in vigore e forza, non solo curare ferite. È possibile imporre barriere sulle quali i sortilegi altrui si infrangono, cosa che mi ha permesso di sopravvivere al mio primo drago. Ed è perfino possibile uccidere alcune creature con la taumaturgia."
"Quali, mio Thane?" come poteva un'arte che alleviava il dolore essere usata come un'arma?
"Strano che tu lo chieda Lydia: in questa terra, i morti non sono forse sepolti come... onorate salme? E a volte non accade che alcuni di essi... riscoprano moto e pulsione nelle loro membra? Feroci non viventi, che sono da voi chiamati..."
"Draugr." finì per lui Lydia e l'Argoniano annuì.
Nelle tombe più antiche, nei sepolcri più maestosi.. a volte succedeva che i morti tornassero a camminare. C'erano molte superstizioni a riguardo, ma nessuno modo certo per prevenire il loro manifestarsi: in una terra di storia antica e sotterranea magia come Skyrim, a volte accadeva. Ecco perché i preti di Arkay, il Dio dei morti, erano figure così riverite ed ogni città di Skyrim aveva la sua Sala dei Morti, in cui il potere della fede e gli esorcismi tenevano i deceduti al loro riposo. Non era impossibile che perfino scheletri, animati da chissà quale brama ultraterrena, sorgessero di nuovo dai loro giacigli...
Non tutti i sepolcri però erano guardati da un prete di Arkay: nelle rovine più antiche, o semplicemente, da tombe mal scavate per nascondere un cadavere, un non morto poteva sempre sorgere... più prima che poi, considerando le spregevoli pratiche di negromanzia che culti e sette praticavano lontano dagli occhi della civiltà, al riparo di vecchie, fredde e umide pietre.
A Skyrim c'erano più salme sepolte che vivi: un pensiero... spaventoso a volte da concepire, ma non di meno vero. Non che comunque in altre terre fosse necessariamente meglio: anche a Morrowind, dove la cremazione era da secoli pratica accettata, i resti dei morti non lasciavano sempre i vivi in pace. Una delle conseguenze di vivere in un mondo come Tamriel, dove la magia non era mai davvero al di fuori della portata di qualcuno. E cosa facessero gli Argoniani dei loro morti, Lydia non osò chiedere, ma quegli innaturali non viventi erano forse una delle ragioni per cui i Nord non apprezzassero la magia, o perché la donna non amasse particolarmente il buio: la notte non era il tempo dei vivi...
"Applicare la taumaturgia ai Draugr, è più efficace del fuoco." disse l'Argoniano: "...Dopo aver fatto in modo che non sia possibile per loro nuocere ancora, ovvio." aggiunse dopo un momento.
"Sul serio?" e Coda Spezzata annuì:
"Ma ancora così tanto resta da fare. O riscoprire. Remoti prodigi di cui si è persa memoria se non in volumi polverosi, narrati o scritti da mani antiche di proprio pugno ai margini di volumi ancora più antichi..."
"Si direbbe mio Thane, che tu abbia la mente fissa su un obbiettivo assai concreto..."
L'Argoniano si produsse in una corta risata prima di rispondere:
"...Sì. E no. Poco più che una leggenda, tramandata come nota ai piedi di un tomo così antico, che sono stato costretto ad impararne prima la lingua. Un prodigio che risale alla Prima Era: la nemesi della taumaturgia. Trasformare sangue e carne di nuovo in mana: un incantesimo noto come Equilibrium. Impugnando entrambi, Equilibrium e Taumaturgia, si avrebbe un ciclo infinito, la padronanza completa del proprio corpo, allo stesso tempo mana e carne, al servizio della volontà. Essere, come corpo, fonte della propria magia. Così strano a ripensarci..."
"Che cosa?"
"Che questo incantesimo, questo sogno da cui sembri essere così tanto spaventata..." Lydia non poté negare quella frase: era follia da stregone e ambizione da mago, anelare l'infinito: "...sia stato concepito da un uomo di una razza che ora rifiuta così tanto la magia: la tua."
Questo lasciò interdetta Lydia, tanto che Coda Spezzata spiegò ancora:
"Shalidor, il cui nome sarà stato udito perfino dalle tue orecchie."
Lydia annuì lievemente: un nome potente, forse quello del più grande stregone mai vissuto. Le leggende su di lui erano le uniche che si tramandassero a Skyrim a proposito di un mago, ma per buone ragioni: si diceva avesse scoperto il segreto della vita eterna, rubandolo ad Akatosh in persona, e che avesse eretto la città di Winterhold, il feudo dove si ergeva il Collegio di Magia e Stregoneria da lui stesso fondato, con il sussurro di un solo incantesimo. Perfino Lydia aveva la sua storia preferita su Shalidor: quella in cui il potente stregone, da solo, aveva affrontato e vinto le legioni del clan Rourken, nomadi Dwemer, durante il loro passaggio attraverso Skyrim.
"La magia può essere terribile Lydia. Tuttavia non scompare solo perché da essa viene distolto lo sguardo. E si può imparare. Anche da Nord testardi."
"Parli per esperienza personale, mio Thane?"
"È quello che so. Non crederei nell'esperienza sul campo altrimenti. E Lydia non sarebbe la prima a cui insegno quel poco che conosco..."
"...Cosa dovrei fare?"
"Il primo passo, è sempre il più difficile. E dovrai essere tu a compierlo. Letteralmente. Con questa mano, non posso fare molto." gli occhi con cui la stava guardando dissero tutto quello che rimaneva da sapere a Lydia: doveva essere lei a decidere se fosse pronta a fare quel passo.
O forse, era l'unica a poterlo sapere: Lydia si fidava del suo Thane, ma non era certa di fidarsi di sé stessa per la sua iniziazione alla magia.
"Credo... credo che mi piacerebbe provare." disse infine.
"C'è bisogno delle più favorevoli condizioni possibili, allora. E come sempre, l'Alchimia può aiutarti. Prendi dalla mia borsa una pianta di fiori rossi di montagna, altrettanto di cotone selvatico e gli strumenti. O, e una bottiglia di quel sidro che hai nascosto fra i tuoi bagagli."
Lydia obbedì, raggiungendo la cavalla del suo Thane, che non si disturbò nemmeno ad alzare la testa dal suo brucare: dai bagagli appoggiati lì vicino, la Nord prese gli ingredienti necessari, il pestello, l'orcio e il piccolo asse di legno, non più lungo di un palmo.
Con la bottiglia sotto braccio, Lydia tornò obbediente dal suo Thane:
"Si deve afferrare la radice di ogni foglia di fiore rosso tra pollice e indice, e liberarle dal loro stelo." la istruì Coda Spezzata e la Nord le obbedì, impilando mezza dozzina di quelle foglie ellittiche sul ginocchio.
"Lo stesso si deve fare con i fiori di cotone selvatico." le disse quando Lydia ebbe finito: ci volle un poco più di tempo per sfrondare i fiori a pettine dai loro steli, ma alla fine la Nord li ebbe pronti entrambi.
Estraendo dal suo stivale la daga elfica, Coda Spezzata gliela passò, indicando il piccolo asse.
"Tritare assieme fino a quando non sarà possibile distinguere le une dagli altri." le disse.
Lydia sapeva cucinare: una necessità, per l'infanzia che aveva avuto, e quello che stava facendo non era poi molto diverso da quello che aveva già fatto, in un passato che sembrava ormai così remoto...
Coda Spezzata la lasciò fare per diversi minuti, fino a quando il risultato non fu soddisfacente: i fiori di cotone selvatico erano fibrosi, e avevano assorbito facilmente il liquido contenuto nelle foglie. Il risultato era simile ad una pasta morbida, di colore verde chiaro, costellata dai singoli filamenti del cotone.
"Accettabile." giudicò Coda Spezzata, fermandola.
"...E ora?" Lydia non l'avrebbe mai ammesso, ma si stava quasi divertendo: come se stesse facendo qualcosa di proibito.
"Ora, tutto nella bottiglia di sidro."
Lydia si affrettò ad obbedire, cercando di usare la punta della daga come un cucchiaio, e mettendo la pasta che aveva creato dentro la bottiglia.
"Non mi hai ancora detto cosa dovrebbe fare, mio Thane..."
"Questo è un filtro di mana., per quanto... rozzo. Le risorse che Lydia ha cercato di nascondere per tutta la vita, quelle che non si credono di possedere, e che ancora non si conoscono, saranno ampliate al massimo. Per il resto, obbligherò la magia a prendere forma in un modo sicuro, con una Luce di candela. Impossibile avere incidenti con essa... Ma prima, è necessaria ancora una cosa."
"Che cosa mio Thane?" passando la bottiglia di sidro ed ingredienti all'Argoniano.
"Che Lydia metta via tutto quello che ha usato: la cura dei propri strumenti è la prima regola che ogni Alchimista deve imparare. Specie quando in prestito."
E su questo, Lydia non ebbe niente da obbiettare, mettendosi a sfregare asse e daga con la neve fino a quando non furono di nuovo in pristine condizioni e riponendo tutto nella borsa del suo Thane, assieme a quanto rimaneva degli ingredienti usati. Non valeva la pena sprecare qualcosa, le disse Coda Spezzata.
Nel frattempo, l'Argoniano era rimasto accanto al fuoco con la bottiglia in mano, ruotando il polso in modo da sciogliere gli ingredienti del sidro, guardando con fissità la luce del falò: impossibile sapere a cosa stesse pensando, ma quando per un attimo le sue squame sembrano brillare, Lydia seppe che, ancora una volta, era avvenuto.
Quando le rimase in mano la bottiglia, Lydia non chiese istruzioni: la svuotò per un terzo, in un unico grande sorso.
Il sapore dell'idromele era scomparso, diventando quasi... elettrico e frizzante: come se avesse appena inghiottito un sorso di tempesta.
"...E ora?"
"Serra gli occhi e la bocca. Riporta alla mente quando ti ho mostrato la luce la nostra prima notte a Whiterun e tieni le orecchie aperte." Lydia fece come le era stato detto, mettendosi a gambe incrociate.
Al suo fianco, l'Argoniano si mise a sussurrare i nomi di precise rune dell'Oblivion, in una cantilena che era impossibile da ignorare, pervasiva:
"Hehfed Oht Roht Geth Ekem
Doht Ayem Roht Koth  
Iya Neht
Lyr Iya Geth Hekem Tayem."
Ripetuto ancora e ancora, ossessivamente, fino a quando quelle sillabe penetrarono la mente di Lydia, fino a quando provò a ripeterle, raggiungendo un luogo che aveva sempre atteso parole come quelle...
Non fu una sensazione che fosse possibile descrivere: ad un certo punto però, Lydia sentì... qualcosa. Come se parte delle sue viscere avessero all'improvviso scoperto una nuova posizione, mentre dalla sua mente, quel liquido effervescente diventava qualcosa d'altro, mutando e scorrendole attraverso la sua carne, come la prima radice di un seme che si fa strada nel terreno.
Una sensazione che nella sua anomalia la stupì al punto, che Lydia dimenticò per un attimo tutto il resto: tanto che non si accorse che l'Argoniano al suo fianco aveva smesso di salmodiare.
"...Mio Thane?"
Ma l'Argoniano non le rispose. Lydia ci mise un attimo a ricordare cosa voleva da lei:
"Coda Spezzata? Posso... posso aprire gli occhi?"
"Puoi." fu la roca risposta.
E quando Lydia lo fece, scoprì che sopra la sua testa levitava un piccolo, pallido fuoco fatuo. La sua luce si rifletteva negli occhi di Lydia, che a sua volta lo fissava preda di emozioni che non riusciva del tutto a comprendere:
"...Il difficile è stato fatto: ora sai che ti è possibile farlo. Sarà necessario solo esercitarsi fino a quando potrà essere fatto a comando e senza alcun aiuto. Vedremo se riuscirai ad accenderlo da sola prima dell'alba, o se l'unica fonte di luce in questo luogo, rimarrà il falò."
"Coda Spezzata?" gli chiese Lydia, gli occhi ancora fissi in ciò che aveva appena fatto: parte della Nord che era stata fino a quel momento era stata bandita da quella fioca luce verde chiaro.
"Sì, Lydia?"
"...Hai paura del buio?"
"Non è necessario temere il buio." le rispose l'Argoniano: "...La notte è più pura del giorno. È migliore per pensare, amare e sognare. Di notte, tutto è più intenso... più vero. Di notte, l'eco di parole che sono state dette durante il giorno assume nuovi e più profondi significati."
Il fuoco fatuo di Lydia scelse quel momento per spegnersi, all'improvviso, come se non fosse mai esistito:
"...È più triste non saper distinguere tra notte e giorno. O dire cose di notte che dovrebbero solo essere dette di giorno. Prova ancora." la spronò Coda Spezzata, questa volta senza iniziare a salmodiare.
Solo col sorgere del sole, Lydia riuscì a farlo, e per un attimo, tre luci illuminarono l'interno della grotta.
Ormai però, un nuovo giorno era cominciato, e altri compiti li chiamavano a Skyrim: primo fra tutti, l'istruzione alchemica di Lydia sui giganti.
Quando però lasciarono quel luogo, dirigendosi verso nord, nord ovest, alla ricerca del covo di banditi segnalati non troppo distanti, Lydia seppe che quel luogo, e quella notte, sarebbero rimaste con lei per sempre.


Ben arrivati alla fine di questo... testo.
Esito a definirlo capitolo, perchè in realtà Saraan Sul doveva essere una One Shot, ma a quanto pare si sentiva sola, dato che mi ha chiamato con tanta insistenza per avere una compagna.
Questa "Giorno e Notte" voleva essere in qualche modo l'opposto della prima, in cui Lydia ha un'assaggio di cultura Argoniana ( che ho tracciato a partire dal lore e offrendo qualche spunto che spero abbiate trovato interessante).
Per quanto riguarda l'agilità degli Argoniani, prendere un uccello al volo a mani nude non è impossibile per noi (non chiedete xD)... di conseguenza, ho cercato di rendere gli Argoniani all'altezza di quello che si dice di loro. Infine, per quanto riguarda il canto delle rune, è qualcosa che ho ripreso da Morrowind, dove una lanterna portava inscritta in rune daedriche "FORGE DARNKESS INTO LIGHT". Coda Spezzata semplicemente ne recita una versione accorciata "FORGE DARK IN LIGHT".
E con questo, spero che anche questo pezzo vi sia piaciuto. :)

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Capitolo 3
*** Strunmah ***


Furono i bambini, i primi abitanti di Whiterun ad avvicinarlo davvero dopo Lydia.
Fu per caso però e non per merito della loro innocenza: a Skyrim, le regole per sopravvivere in una terra dura, fredda e inospitale, sono inculcate severamente fin dalla più tenera età. Rispetta gli dei, rispetta i tuoi avi e la loro saggezza, ma soprattutto rispetta Skyrim… o muori. Un’educazione forse severa, ma il nord di Tamriel non è famoso per essere accogliente: le sue asperità forgiano il carattere e lo spirito delle genti che lo abitano non diversamente da come il vento faccia col ghiaccio. Non è per caso che i Nord sappiano essere a loro volta piuttosto inospitali: non si può crescere come uno di loro, o in mezzo a loro, senza che anche il pregiudizio faccia parte delle lezioni quotidiane. Serve essere almeno capaci di uccidere un drago, e saper usare la loro Voce, per poter incrinare queste superstizioni: non basta però ad infrangerle.
Il nuovo Thane della città non era benvenuto fra i suoi nuovi concittadini; o nel feudo più generalmente: Whiterun non è Solitude dopotutto, e un dannato uomo serpe per le strade della loro città era fonte di molta confusione. Da una parte era un Thane ora, come ricordava l’ascia che gli era stata donata dal loro Jarl in persona dopo che l’Argoniano aveva abbattuto il primo drago che Tamriel vedesse da ere… dall’altra, era pur sempre un non Nord. Per quanto fosse dotato di ragione e parola, serpenti e stregoni erano due categorie da cui ogni abitante di Skyrim sapeva di doversi tenere lontano, o meglio ancora uccidere, in modo da eliminare il pericolo che rappresentavano. Le frequenti visite dell’Argoniano al mago di corte dello Jarl non erano passate inosservate, né lui aveva provato a nasconderle: i pettegolezzi su di lui già si sprecavano, e il fatto che avesse rifiutato per il momento l’invito di far parte dei Compagni di Jorrvaskr era di dominio pubblico, oltre a fonte di collettiva collera. Chi si credeva di essere quella lucertola su due zampe per poter dire di no a Jorrvaskr?
A voler essere davvero onesti però, quella stessa collera si sarebbe sviluppata anche se avesse accettato l'invito, rubando così il sogno di altri Nord che avevano bramato di entrare tra i Compagni per molto tempo…
E con la stessa ambivalenza, ma molta più invidia, erano considerate le armi e le corazze che l’Argoniano aveva creato o comprato per sé e per il suo huscarlo: per quanto un non Nord, pareva che il nuovo Thane avesse almeno buon gusto, cervello e coraggio. Due doti su tre, che anche i Nord potevano rispettare: detto questo però, avrebbero preferito di gran lunga saperlo fuori dalle mura della loro città, a fare… cose da Thane, lontano dai loro occhi, se non dai loro pensieri. E l’Argoniano, nuovo e ultimo cittadino del feudo di Whiterun, almeno fino a quel momento l’aveva fatto.
Quel giorno però, sotto un pallido e freddo sole allo zenith, calpestando nuova neve già indurita dal gelo con gli zoccoli delle loro cavalle, Coda Spezzata e Lydia avevano fatto ritorno in città.
E dopo aver sbrigato alcune visite, tra cui allo stesso Jarl, l’uomo lucertola si era seduto su una panca fuori dalla casa che aveva legalmente acquistato durante il suo primo giorno a Whiterun, lasciando al sole e ad un braciere portato fuori per l'occasione, il compito di tenerlo caldo. Offrendo così ad ogni cittadino di Whiterun che passava per la via principale della città, e ad ogni visitatore che ne attraversava le porte, il portento che era lui stesso senza nascondersi: giù, dalla punta della sua coda, fino alla cima delle corna che portava sulla testa. Come se poi tutto quello già non bastasse, l'Argoniano non restituiva lo sguardo ai curiosi, ma passava il tempo leggendo uno spesso tomo, tenendo fra le sue labbra scagliose e sottili, nere come il resto di lui, il tozzo segmento di un giunco legnoso di cui riaccendeva di tanto in tanto l’estremità nel fuoco del suo braciere, succhiandolo con aria vagamente soddisfatta ed esalando poi lievi volute di fumo profumato.
Per la barba di Shor, perfino Ulfberth, che assieme a sua moglie possedeva la bottega a fianco della casa dell'Argoniano, lo guardava storto, appoggiato in silenzio ad una colonna del suo porticato che gemeva sotto il peso del Nord ogni volta che si spostava. Il fabbro non sapeva dire cosa lo disturbasse di più: vedere quell’Argoniano leggere così spensieratamente… oppure che avesse scelto di farlo sotto gli occhi dell’intera città. Tra tutti i suoi concittadini, Ulfberth Orso Guerriero aveva una visione non comune di Coda Spezzata, dato che era nella sua bottega che l’Argoniano aveva fatto le corazze per sé e per il suo huscarlo, pagando il tempo e i materiali della Vergine Guerriera col segreto della forgiatura elfica, che nessun altro a Skyrim conosceva. Peccato solo che il primo esempio della sua abilità, e della sincerità delle sue azioni, l’Argoniano l’avesse dato evocando un demone di fiamma dall’Oblivion!
Sì, Ulfberth era molto combattuto su cosa fare: se colmare la distanza fra loro per offrirgli una pinta (come fabbro, l'uomo del Nord si rendeva perfettamente conto che grazie a Coda Spezzata lui e sua moglie non sarebbero mai più stati poveri) o colmare la distanza fra loro per dargli una martellata sulla testa, in modo da assicurarsi che la coda dell’Argoniano non attraversasse mai più la sua soglia. Sentimenti largamente condivisi tra i suoi concittadini quelli, ma, come molto spesso succede a Skyrim del resto, furono bisogni più pratici ad avere la meglio sui dubbi di Ulfberth:
“Marito… dammi una mano a conciare le pelli.” ordinò sua moglie, uscendo dalla loro bottega con le braccia ingombre di un pesante carico che le oscurava la vista.
“Arrivo…” borbottò ruvido il fabbro nella sua barba, non senza un sorriso: Ulfberth poteva anche essere un Nord, ma amava sua moglie, figlia di Imperiali.
Prima di immergersi nel lavoro però, il fabbro rivolse un'ultima occhiata all’Argoniano: l’uomo lucertola non aveva alzato nemmeno un momento i suoi azzurri occhi da rettile dalle pagine che teneva in grembo. Forse Ulfberth avrebbe preso il coraggio a due mani, e chiesto almeno di cosa si trattasse...
 
Mentre fuori tutti erano concentrati sul suo Thane, Lydia invece si trovava all'interno di Breezehome, la loro casa, sepolta sotto coperte di pelliccia grazie alle quali avrebbe tanto voluto riuscire a prendere sonno: era anche per quello che erano tornati in città. Per recuperare le forze e accumularne altre prima di tentare la loro scalata alla vetta di Shearpoint: Lydia però, non riusciva a prendere sonno in alcun modo. Troppo era successo durante la loro prima spedizione fuori dalla città, e per quanto il suo corpo implorasse le benedizioni dell'oblio, la sua mente lavorava instancabile, ripercorrendo il sentiero dei ricordi, di ciò che avevano fatto assieme e di ciò di cui avevano parlato... così come di quello che li aspettava. A quest'ultimo in particolare però, Lydia non voleva pensare: troppo spaventoso era ciò che forse avrebbero trovato sulla cima del picco maledetto che guardava Whiterun da nord est, prima propaggine delle montagne che separavano Whiterun dai feudi del Pale e dell'Eastmarch.
Anche senza quella preoccupazione però, tutto ciò che aveva visto e che le era stato insegnato in quei molti giorni riempiva la sua mente come una febbre. E il rumore... Lydia non era mai stata prima così a lungo lontana dalla città che l'aveva cresciuta: nelle aspre vastità di Skyrim, il silenzio della natura era stato il loro unico compagno, assieme ai suoni del loro accampamento e a quelli delle sommesse parole del suo Thane. Al confronto, il caos della città, le grida del mercato e il vociare delle botteghe loro vicine, non le erano mai apparsi così insopportabilmente rumorosi. Così, inevitabilmente, cercando l'oblio del riposo Lydia si avventurò invece tra i ricordi del loro viaggio e di ciò che assieme avevano visto e fatto in quei giorni: le taglie che si erano accumulate in un sacco, consegnato al loro ritorno ad Avenicci come prova, erano valse più di 2000 septim, ma molto di più il suo Thane aveva riportato alla loro dimora, sotto forma di pellicce, ricchezze e ingredienti alchemici raccolti nel loro viaggio...
Lydia non aveva potuto fare a meno di chiedere alla fine, dopo che insieme avevano liberato anche le rovine di Valtheim dai banditi che si erano arroccati laggiù: la loro ultima avventura, prima di tornare in città.
Le torri di Valtheim erano state costruite in tempi remoti, così antichi da averne perso memoria: c'era la possibilità che risalissero addirittura all'era Meretica, ma a cosa fossero servite ai tempi, o quale costruzione o regno avessero protetto, era stato dimenticato. Tuttavia nemmeno lo scorrere degli eoni era riuscito ad abbatterle e le due torri, col loro ponte di pietra ad unire le due sponde opposte, ancora svettavano sulle rive del fiume Bianco, che in quel punto era profondo e largo. Lydia non si era mai spinta così a est prima: conosceva ovviamente il fiume Bianco, che dal lago Illinata, situato nel feudo di Falkreath a ovest, accoglieva numerosi immissari, troppi per ricordarli tutti, procedendo contorto oltre Ivarstead fino a biforcarsi in due rami, di cui uno arrivava fino a est- sud est, a formare la pescosa palude in cui era stata edificata Riften, capitale dell'omonima regione, mentre l'altro raggiungeva Windhelm, capitale dell'Eastmarch, edificata nel fiordo che il fiume aveva scavato unendosi al mare dei Fantasmi. Lei e l'Argoniano non erano giunti fino a Valtheim per una taglia, ma piuttosto per verificare una diceria che era stata riferita alle guardie del feudo da un cacciatore di pellicce, pettegolezzo che era poi stato confermato avvicinandosi alle due torri: se non che, i tagliaborse che avevano eretto quel luogo come loro rifugio dai morsi dell'inverno avevano tentato di farsi consegnare tutto l'oro che possedevano. L'Argoniano e la donna del Nord non erano venuti per loro, ben altre prede li avevano portati così a est: ormai però erano giunti là e tanto valeva sottomettersi ai loro obblighi di Thane e huscarlo. In un primo momento, Coda Spezzata era sembrato voler assecondare la richiesta dei due tagliaborse che li avevano fermati: quando era stato abbastanza vicino però, l’Argoniano aveva estratto la sua grande spada con una velocità tale da farla sembrare una frustata.
Il brigante di strada era stato spaccato dall'ombelico al mento, cadendo a terra in due pezzi, mentre il suo vicino si era ritrovato con una daga di metallo elfico infissa fino all'elsa al centro della fronte: solo allora Lydia aveva fatto tempo a scendere dalla sua cavalla, ed unirsi a lui per ripulire quel luogo dai briganti. Una battaglia breve tutto sommato, ma assai violenta, in cui Lydia aveva avuto per la prima volta un assaggio delle capacità di Spada Stregata del suo Thane: solamente tre sono gli elementi che vengono plasmati dai sortilegi della magia di distruzione, qualcosa che deriva dalla loro presenza anche nell'Oblivion. Ghiaccio, gelido più del fiato dei morti, e fuoco, così caldo da far bollire il mare: mentre Lydia avanzava lungo il ponte che univa le due torri di Valtheim però, tenendo alto lo scudo e proteggendoli entrambi, il suo Thane aveva lanciato sopra la sua testa gli stessi fulmini che cadono dal cielo, tra le grida dei tagliaborse e quelle del suo stesso huscarlo. I lampi vengono sempre col buio, e a Lydia le tenebre non erano mai piaciute: i fulmini che erano partiti dai palmi del suo Thane però, erano stati più spaventosi ancora.
Come abituarsi, come sopportare simili portenti?
Le saette dell'Argoniano erano state quiete e senza tuono, ma ovunque avessero colpito, carne e capelli si erano strinati, creando un brutto alone nero pece sulla pelle, e come succede agli alberi colpiti dai fulmini, anche i briganti di Valtheim erano caduti morti sulla roccia o nel fiume. Una macchia nera sulla pelle: tanto era bastato al suo Thane per uccidere senza una spada.
Poi, come sempre era successo durante il loro viaggio, l'Argoniano che il destino le aveva dato come Thane aveva eseguito il suo rituale al termine di ogni battaglia, cominciando a mozzare le teste ai cadaveri degli sconfitti, ma prendendo con sé solo quella del capo dei briganti, assieme ad un orecchio da ogni caduto. Con dei viticci, Coda Spezzata aveva poi intrecciato questi con quella e messo tutto in un grosso sacco che una volta aveva contenuto delle granaglie, ma in cui ora erbe medicinali tenevano a bada il fetore di morte. Infine, Lydia e il suo Thane avevano eretto una pira funebre, dove il fuoco avrebbe bruciato il resto dei corpi e delle teste. Una pratica... barbarica, per il giudizio di Lydia, ma solo allontanandosi dalle torri di Valtheim aveva avuto il coraggio di chiederne finalmente la ragione: la risposta del suo Thane non aveva saziato affatto la curiosità della donna del Nord, tutt’altro.
"Nella Palude Nera sono state erette poche città degne di nota." aveva cominciato Coda Spezzata: "...città come sarebbero intese da Lydia almeno. Il suolo umido non dona né montagne, né colline o cave di pietra che possano prestare roccia per edificare mura e palazzi." come sempre, la voce dell'Argoniano era più strana ancora delle sue parole: era come sabbia che scorre sulle rocce, o la mola quieta su una spada. Un suono rauco, ma niente affatto sgradevole, anzi...
Lydia aveva già cercato di immaginare Argonia, ma la sua mente si era presto scontrata con i limiti della sua fantasia: come si può immaginare un luogo di eterno crepuscolo, in cui nessuno raggio di sole, lune o stelle arrivi a terra senza aver prima toccato almeno una foglia?
"...E nella Palude Nera ogni cosa è dominata dal prosperare. Se una radura venisse spazzata per fare spazio ad un accampamento, essa sarà ripresa da alberi, piante e fiume in pochi giorni." il suo Thane aveva sospirato a quel punto, quasi una risata, prima di aggiungere: "...In alcuni punti di essa, perfino la foresta è più che viva."
"In che senso, mio Thane?"
"Essa va a caccia. Essa uccide." aveva risposto l'Argoniano e a Lydia era venuta la pelle d'oca di fronte al tono della sua voce.
Questo senza ancora conoscere nel dettaglio il terribile prodigio che era Mirkwood, forse lo stesso cuore pulsante della Palude Nera: il bosco che si muove. Il suo Thane doveva aver percepito la sua reazione però, perché annuì saggiamente prima di continuare:
"Nella Palude Nera, la razza degli Archeins è la più miserabile tra quelle dei Saxhleel. È da loro che gli schiavi sono venduti ai Dunmer, su a Morrowind: un clan assai potente quando Argonia venne accolta sulle mappe dell'Impero, oggi decaduto. E tuttavia, la prosperità degli Archeins è ancora connessa alla miseria di altri Saxhleel. Fu a causa dei loro cacciatori, che i miei occhi vennero fatti posare per la prima volta su una delle città della Palude Nera: Stormhold." Lydia conosceva quel nome, ma solo per averlo letto nei suoi studi segreti per meglio comprendere il suo Thane, e quindi non disse nulla.
Era da Stormhold, così riportavano gli storici che avevano contribuito a creare la Guida Tascabile all'Impero, che si era originata la terribile epidemia Knahaten nella 2° Era: il destino, almeno così si dice, ama a volte accanirsi.
"Una città sventurata. 160 anni fa, fu distrutta da un'armata di non morti... una storia troppo lunga per essere raccontata nella sua interezza in meno di due vite. Ciò che è davvero importante comunque, è quello che dalla distruzione si apprese: Stromhold è stata ricostruita su questa saggezza Lydia, quindi ascoltala bene. Taglia la testa ad un cadavere e ardi le due metà assieme: fino a quando le due parti sono lasciate indisturbate, abbandonate al cielo, alla terra e alle bestie di cui sono popolate, è impossibile restituire movimento a simili resti."
“Sul serio mio Thane?" e l'Argoniano annuì, tirando la sua giumenta per le briglie: l'odore di carne Nord che bruciava innervosiva entrambe le loro cavalle e per questo avevano preferito allontanarsi a piedi per quel tratto.
Lydia era rimasta a rimuginare su quella rivelazione per un poco, prima di chiedere ancora:
"Posso fare due domande, Coda Spezzata?"
"Sempre." aveva risposta l'Argoniano.
"Se è così... perché stiamo portando con noi le teste e le orecchie di briganti, tagliagole e ladri?" una domanda che nella sua innocenza riuscì a stupire Coda Spezzata, e l'Argoniano si voltò per guardarla meglio: come sempre, era quasi impossibile per la donna del Nord capire i pensieri che si agitavano sotto il suo volto scaglioso.
"Come altrimenti si potrebbero provare le nostre imprese allo Jarl, Lydia? Senza la testa dei capi e le orecchie dei suoi?"
"Mio Thane... è qualcosa che farebbe un orco." ammise la donna del Nord, lievemente imbarazzata dal dover spiegare una cosa simile: ancora una volta però, sembrava impossibile offendere il suo Thane. Anzi, l'Argoniano riuscì a stupirla ancora una volta, perché rispose:
"Ma certo che è fatto da loro in questo modo Lydia: dagli Orsimer è dimostrata un'ammirevole... praticità in cose come questa. E i Saxhleel conoscono comunque molti modi per far sì che nessun fantasma possa sorgere da simili resti." il che per Lydia avrebbe significato venire introdotta a nuovi orrori: sanzas, le avrebbe chiamate il suo Thane. Le teste rimpicciolite di coloro che aveva ucciso: quella però sarebbe stata una storia per un altro giorno.
"...E la seconda domanda?" chiese l’Argoniano riprendendo a camminare.
"Se il fuoco... se il fuoco impedisce ai non morti di sorgere, perché allora usare il fulmine?" perché il rogo dei briganti delle torri di Valtheim era stato appiccato usando la fiamma di un falò, non creandone di nuovo con la magia.
"Una domanda imprecisa, Lydia. I non morti non sono fermati dal fuoco: solo i loro corpi. E la risposta alla tua domanda potrebbe risultare... altrettanto imprecisa." l'huscarlo aspettò paziente che Coda Spezzata raccogliesse e desse forma al suo pensiero: se c'era qualcosa che l'Argoniano era in grado di insegnarle, era il valore della quiete e del silenzio.
"…Esistono a questo mondo, due uccelli che cantino allo stesso modo, Lydia? Il grido del falco è forse lo stesso di quello del gallo?"
"No. " rispose subito la Nord.
"E tuttavia, entrambi posseggono ali. Non vi è poi molta differenza nella magia: si può imparare a volare come un falco e a cantare come un gallo, ma cosa e come alla fine si faccia, dipende da quale volatile si sia. La fiamma è potente, Lydia." aggiunse ancora l’Argoniano, raccogliendo nel palmo un globo di luce accecante come il sole: perfino dalla distanza che li separava, la donna del Nord poté sentirne il calore e la luce, capace di scacciare via qualsiasi tenebra e qualsiasi gelo.
"…Ma in me, il fulmine può scorrere con più forza." finì l’Argoniano, chiudendo la mano e disperdendo il fuoco nel suo pugno.
"È perché sei Argoniano, mio Thane?" chiese Lydia guardandolo negli occhi.
"Sì. E no." esalò Coda Spezzata: "…Come sempre, si è vittime del luogo in cui si cresce e delle sue usanze."
"Non capisco, mio Thane." rispose Lydia, appellativo quello che le fece guadagnare un altro sussurro senza significato:
"Anche dai Saxhleel sono tessute tradizioni, storie e leggende. Alcune tramandate, altre inventante, altre ancora nessuna delle due, o entrambe, ma tutte sono fatte abitare almeno sotto un albero. Nella Palude Nera, si tramanda di una creatura: il wamasus. Il saggio re sotto le fronde… forse, è stato destino." la donna del Nord pendeva dalle sue labbra a quel punto, e lo nascondeva molto male:
"Si dice che oggi nella Palude Nera i wamasus non possano più essere trovati: può essere vero, o forse no. Dopotutto, anche i draghi hanno fatto ritorno dopo ere e i wamasus forse sono legati ad essi. Sono stato cresciuto ascoltando le loro storie, le loro leggende: i wamasus sono… si potrebbe definirli draghi di palude." Lydia inspirò profondamente di fronte a quella rivelazione: lei era arrivata solo alla lettera S del bestiario della Palude Nera che le era stato donato dalla farmacista di Whiterun.
“Da ciò che è stato visto dai miei occhi, sono convinto sia una definizione corretta. Si tramanda che fossero senza ali, poiché il volo era stato da loro abbandonato per il nuoto: gli acquitrini più profondi erano la loro dimora, re incontrastati di foreste che non saranno mai visitate dall’uomo. Si tramanda che avessero scaglie, che avessero code e corna non diversi da quelli di un drago, e che forse fossero persino più intelligenti. Ma non fuoco si trovava nei loro corpi, e nemmeno sangue: solo la bianca forza del fulmine, forte come la tempesta più terribile. Sconfiggere, o anche solo sopravvivere ad un wamasus, pare fosse un’impresa senza pari, perché più li si feriva, più i fulmini saettavano dal loro corpo. Nell’acqua, ogni creatura di uno stagno poteva essere folgorata da un singolo wamasus con facilità. E ancora oggi, i wamasus sono ritenuti sacri dai Saxhleel, ma ancor di più dal resto dei popoli dei fiumi della Palude Nera.”
“Come le lamie.”
“Come le lamie.” confermò Coda Spezzata, perché l’Argoniano era stato cresciuto da una di esse, creature note per la loro forza e la loro magia: “…E così, in modi sottili, nella Palude Nera le loro storie vengono continuamente inseguite ancora oggi. Perché essere un wamasus, vuol dire essere saggio e forte.”
Tutto questo, le era stato raccontato dal suo Thane con una voce quieta e roca, senza fretta o particolare intensità, ma colpì Lydia davvero molto: perché mentre il resto di Tamriel continuava a considerare gli Argoniani come uomini rettile incomprensibili o meritevoli solo del proprio disprezzo, c’era più saggezza e forza in quel popolo di quanto chiunque altro avesse mai potuto immaginare. I Nord inseguivano il valore e la forza: in verità, la gloria più effimera, mentre gli Argoniani onoravano saggezza e prosperità. Qual era dunque fra i due, il popolo più civilizzato?
Il suo Thane però non le aveva dato il tempo di pensare a quella risposta, perché ormai si erano allontanati abbastanza dalle torri di Valtheim: montati sulle loro cavalle, si erano diretti al galoppo di nuovo verso la città, che avrebbero raggiunto solo qualche giorno più tardi.
 
***
 
Fuori, sulla via principale di Whiterun, Coda Spezzata ancora non si era mosso di un solo passo dalla sua panca, continuando a leggere quel suo libro con estremo interesse: qualcosa che aveva incoraggiato molti dei suoi nuovi concittadini a passare davanti alla sua dimora per osservarlo bene, e magari tornare poi a dare una seconda occhiata, o una terza…
Coda Spezzata continuava a fingere di non vederli: sarebbe stato impossibile per lui non notare la strana processione che si muoveva come le onde sulla risacca davanti alla sua casa, avanti e indietro, con passi diversi di tanti uomini e donne curiosi che risuonavano sul selciato della via principale della città. Tuttavia Coda Spezzata non aveva alcuna intenzione di impedirlo, o di sottrarsi ai loro sguardi: il suo libro era interessante, il braciere al suo fianco caldo e il giunco fra le sue labbra gustoso.
Nonostante gli anni passati in mezzo a loro, ancora Coda Spezzata non riusciva a capire del tutto Uomini ed Elfi: per esempio, a che scopo sprecare del legno per scavare pipe e seccare piante per farne tabacco? Con un poco di conoscenza officinale, era possibile trovare quasi ovunque arbusti, o come in quel caso giunchi, che si prestassero da soli ad entrambi gli scopi: in quell’occasione, un lontano parente dell’alloro, che bruciava con un aroma secco e simile all’incenso, lasciandogli un retrogusto dolceamaro in bocca, mentre uscendo il fumo gli solleticava le branchie. C’era uno scopo nella scelta che Coda Spezzata aveva fatto di mettersi in mostra per i cittadini di Whiterun, ora anche la sua città: il fine però, non era niente di più misterioso di ciò che già apparisse. Farsi vedere, perché la sua presenza iniziasse a risultare familiare ai suoi concittadini: mostrarsi, per un giorno farsi conoscere. Non per volersi necessariamente integrare in quella comunità, o per apparire docile, ma perché non c’era ragione di alienarsi quegli uomini e quelle donne: non c’era ragione di fomentare conflitti. Conoscendo i Nord però, quello sarebbe stato più facile a dirsi che a farsi: qualcosa di cui, di nuovo, Coda Spezzata non poteva dire di comprendere appieno nelle sue cause. I suoi concittadini dovevano capire che lui non avrebbe mai potuto essere come loro: se anche si fosse strappato le corna dalla testa o tagliato la coda, alla fine sarebbero ricresciute. Quindi, che senso aveva quella loro resistenza, quando ancora non avevano provato ad accettarlo?
E poiché non era possibile per lui cambiare in un modo che ai Nord piacesse, poteva almeno cercare di comprendere se una pacifica convivenza fosse possibile… e forse qualcosa di più. Agli Hist piacendo, era uno dei loro Thane ora: il che significava che era suo dovere, per il suo onore, aiutare e proteggere quella città il meglio che poteva. Coda Spezzata dubitava che i cittadini di Whiterun si aspettassero che davvero mantenesse quell’impegno: forse dopo che la storia del suo sacco di teste avesse fatto il giro della città le cose sarebbero un po’ cambiate, ma fino ad allora l’Argoniano si accontentava di restare seduto su una panca, a leggere e farsi osservare. Faceva freddo però, anche col braciere a fianco: non in modo precisamente sgradevole, ma abbastanza da non farsi mai dimenticare. Niente di nuovo da quel punto di vista: Skyrim era fredda esattamente come i suoi abitanti, e forse più tardi avrebbe fatto un salto alla Giumenta Bardata, a scaldare il suo sangue con un po’ di birra Argoniana…
Nemmeno Coda Spezzata avrebbe mai immaginato ciò che stava per succedere però, né di come il caso sembrasse volergli offrire un’opportunità inattesa, anche se non insperata: dopotutto, era per ascoltare e vedere i suoi concittadini a sua volta, che si era seduto fuori dalla soglia della sua casa.
I bambini sono preziosi per gli uomini: al Nord in modo particolare. Quello, Coda Spezzata riusciva a capirlo e condividerlo: in una terra così inospitale come era Skyrim, riuscire a crescere un cucciolo non doveva essere facile per i delicati uomini, non con i freddi inverni e le belve che li abitavano, e questo senza tener conto della recente guerra civile che aveva diviso i nove feudi, o dei draghi che dopo ere erano tornati a mostrarsi per ragioni che nessuno poteva dire ancora di comprendere. Sì, i cuccioli d’uomo erano preziosi, anche perché ce n’erano pochi a Skyrim: Whiterun non faceva eccezione, nonostante fosse la capitale di uno dei nove feudi.
Nonostante questo, o forse proprio a causa di questo, i bambini restavano bambini, stringendo amicizie effimere o legami profondi destinati a durare a lungo, godendo delle risa e dei giochi di chi non è ancora adulto, e che non ha tempo di avere paura o di dubitare, perché c’è troppo ancora da scoprire e conoscere del mondo che ti circonda. Della mezza dozzina di mocciosi che stavano correndo lungo la strada principale, Coda Spezzata poteva dire di conoscerne di vista solo un paio: Braith era quella che spiccava di più nel gruppetto.
Coda Spezzata aveva brevemente conosciuto suo padre Amren dopo essere tornato in città, per riportargli una lama con l’insegna della sua famiglia che l’Argoniano aveva trovato in mano ad uno dei banditi così sfortunati da incontrarlo. Così come sua moglie Saffir, anche Amren era uno straniero nelle terre del Nord: entrambi infatti erano due Guardie Rosse, o Yokudan, come si chiamavano ancora tra loro i nativi di Hammerfell, la gigantesca penisola semidesertica ad ovest di Tamriel. Popolo di navigatori e mercanti dalla pelle scura e dal sangue turbolento, Amren e Saffir non avrebbero potuto essere più diversi, incarnando la coppia litigiosa della città di Whiterun dove Ulfberth e Adrianne erano invece quella armoniosa. Il destino apparentemente favoriva Amren e Saffir, perché aveva donato loro una figlia dalla pelle scura come quella dei suoi genitori, incapace di passare inosservata tra i suoi coetanei: chissà se ora che suo padre aveva finalmente ritrovato la sua spada dalla lama ricurva, la particolarità che aveva interessato Coda Spezzata prima che Lydia ne identificasse lo stemma, avrebbe avuto tempo per lei. Amren era stato un mercenario un tempo, ma ormai pendeva dalle gonne di sua moglie, e mentre Saffir era di certo un’abile mercante, si diceva che alla realtà della sua famiglia preferisse la finzione dei libri che importava soprattutto per il mago di corte e i cittadini più ricchi delle città. Forse non del tutto a torto, considerato che Braith era una mocciosa pestifera di cui l’unico svago capace di intrattenerla sembrasse essere quello di tormentare i suoi coetanei: era da lei infatti che il resto dei bambini di Whiterun stava scappando in quel momento, in particolare un Nord mingherlino dai capelli biondi e vestito meglio degli altri, che sembrava avere tutta l’intenzione di non farsi prendere. Coda Spezzata dubitava che ce l’avrebbe fatta: Braith era di una spanna più alta di lui, e le sue falcate continuavano a guadagnare terreno.
L’altra bambina che Coda Spezzata riconobbe del gruppo era Mila Valentia: la figlia di un Imperiale e forse di un uomo del Nord, difficile esserne sicuri però, dato che il padre mancava da anni. Nonostante questo, Mila era giudiziosa e molto matura per la sua età, tanto che preferiva passare le sue giornate ad aiutare la madre Carlotta nel vendere frutta e verdura al mercato, piuttosto che giocare con i suoi coetanei: Coda Spezzata si ricordava di lei per averla vista spazzare via neve e fango con una scopa più grande di lei. Doveva essere successo qualcosa di davvero grave per aver averla fatta allontanare dalla piazza del mercato a quell’ora… grave quanto può esserlo per un bambino, s’intende. Ed era proprio lei in coda al gruppo, cercando di fermare Braith dall’acchiappare il giovane bambino in testa: tutti gli altri mocciosi si erano uniti al gioco per il semplice piacere di correre.
Braith riuscì quasi a raggiungere la sua preda in fondo alla strada del mercato, proprio dove il selciato smetteva di essere lievemente in discesa, ma Mila fu più veloce ancora, afferrando la bambina Yokudan per il gomito e cercando di farla smettere. Peccato solo che non avesse considerato le differenze di peso ed altezza tra loro: Braith si liberò con una gomitata che colpì Mila in faccia. Non fu quella la cosa più grave però: solo l’inizio. L’urto, e la strada già scivolosa di brina, unita alla velocità della corsa, fecero perdere l’equilibro a Mila: la bambina slittò e finì a terra, lei da una parte, una delle sue scarpe dall’altra, mettendo violentemente a terra le mani che si sbucciarono sulla pavimentazione gelata della città, mentre la sua gonna le proteggeva in qualche modo le ginocchia. Scivolò ancora un poco prima di fermarsi quasi di fronte a Breezehome, mentre il resto dei bambini continuava in quella corsa senza pensieri, occupati solo dai loro giochi: risalirono le scale a fianco della bottega del Cacciatore Ubriaco a perdifiato e poi Coda Spezzata li perse di vista, dato che entrarono nel distretto del Vento...
Mila poteva essere anche una bambina giudiziosa e molto matura per la sua età, ma dopo essere caduta ed essere stata abbandonata dai suoi coetanei, fece quello che ogni bambino fa a quell’età: si mise a piangere, mentre la faccia le diventava rossa come una delle mele che vendeva con sua madre, e calde lacrime le scorrevano dagli occhi.
Prima che qualcuno potesse impedirlo, prima ancora che qualcuno potesse iniziare a pensare di reagire, il libro che Coda Spezzata aveva portato in grembo fino a quel momento venne chiuso e posato sulla panca, e l’Argoniano in persona, calcando bene gli artigli che aveva in fondo ai piedi, si avvicinò alla bambina fino ad esserci sopra. I figli dell’uomo non era poi così strani per Coda Spezzata: molto più comprensibili, e a volte sopportabili, delle loro versioni adulte. Erano creature di desideri ed opinioni oneste, che dicevano sempre quello che pensavano: un po’ come i Saxhleel, insomma.
Quello che fece smettere di piangere Mila Valentia fu la coda: una lunga coda muscolosa che le strisciò sotto le ascelle e la sollevò abbastanza da rimetterla in piedi. Risalendo quella coda, Mila scoprì sopra di lei la cosa più strana che la piccola Imperiale avesse mai visto nella sua breve vita: era nero, era scaglioso, aveva le corna… e non era proprio una persona. Lacrime calde continuavano a scenderle dal viso, e Mila continuava a respirare rumorosamente, ma l’Argoniano sopra di lei aveva ora tutta la sua attenzione: ne aveva sentito parlare anche dalla sua mamma, ma non avrebbe mai immaginato che fosse così… così... strano, ecco, né così gigantesco. Coda Spezzata invece si sedette sui talloni di fronte a lei: anche così, era comunque più alto di Mila, e la bambina poté solo ammirare i suoi piedi con artigli e la sua coda che la circondava come una spessa radice. L’Argoniano le prese delicatamente le mani, controllandole i palmi: Mila se li era sbucciati entrambi, ma le ferite non sembravano profonde, solo sporche di terriccio e sangue. Per un bambino però, doveva sembrare la fine del mondo:
“Muoveresti le mani?” le chiese gentilmente, cercando di mettere nella sua voce timbri e ritmi esagerati che normalmente non si sarebbe mai preso la briga di cercare di replicare. L’Argoniano credeva che lo facessero suonare sciocco: come quando gli uomini a volte facevano voci buffe, cercando di suonare come cose che non erano:
“Che… che cosa?” singhiozzò Mila.
“Le mani.” ripeté Coda Spezzata paziente: “…Possono essere mosse, con tutte le dita?”
Mila ci provò, scoprendo che per quanto la pelle le facesse davvero male e le bruciasse, non sembrava esserci niente di rotto: i bambini sono più resistenti di quanto loro stessi sappiano, per fortuna. Verificato che nessun osso fosse danneggiato e che l’unica fonte di disagio di Mila fossero le sbucciature, Coda Spezzata sollevò entrambi i palmi della bambina all’altezza del suo volto, come a volerli guardare da molto vicino. E poi, prima che qualcuno potesse fermarlo, si infilò entrambe le mani di Mila in bocca, serrando le sue zanne sulla carne della giovane Nord.
Quando Mila vide scomparire le sue dita, e tutti i palmi fino al polso, tra quelle fauci nere senza guance, tra quelle fila di bianchi denti da coccodrillo, si sentì mancare: peggio ancora fu restare a guardare per gli altri presenti. Ci fu qualcuno che fece immediatamente scendere la mano sul pomolo della spada, ma prima che potesse anche solo stringerne l’elsa, Coda Spezzata aprì la bocca, mostrando che non solo Mila aveva ancora due mani, ma ognuna delle sue dita. Le sue mani erano uscite nelle stesse condizioni in cui erano entrate, o quasi, perché Mila notò due fori identici sui suoi polsi, piccoli quando punture di api, che avrebbe scoperto essere presenti simmetrici anche dall’altro lato. Anche se era stata appena morsa dalle quattro zanne dell’Argoniano però, non aveva sentito niente: anzi…
“Meglio?” chiese Coda Spezzata, curvando poi la testa di lato per sputare un poco della terra che aveva raccolto con la sua lingua bifida dalla bambina.
“S… Sì.” rispose Mila guardandosi le mani.
Non le facevano più male: anzi, per la verità non sentiva proprio più niente. Riusciva a muoverle questo sì, ma era come se fossero le mani di qualcun altro, tanto che non sentiva più né freddo, né dolore. Provo a stringersele, e ci riuscì, solo che scoprì di aver perso completamente il senso del tatto:
“È… magia?”
“No.” rispose semplicemente l’Argoniano, rialzandosi in piedi e sollevandola da terra con lui.
Mila non veniva più sollevata in quel modo nemmeno dalla sua mamma: non provò a scappare però. Un po’ perché quello che stava succedendo era così strano, un po’ perché la persona che la teneva in aria, seduta su un suo braccio, era davvero… alta. Mila non voleva cadere ancora e così rimase a guardare mentre l’Argoniano raccoglieva la sua scarpa calzandola sulla punta della coda, per poi mettersi in marcia. Non andarono molto lontano: l’Argoniano la condusse nella sua casa, a Breezehome, lasciando la porta aperta in modo che tutti potessero vedere cosa stesse facendo, ma soprattutto cosa non stesse facendo. Ad esempio, preparandosi a cucinare Mila Valentia con mele e cavolo:
“Lydia!” chiamò l’Argoniano a voce alta: “…Siamo onorati da un ospite!”
La risposta fu quasi immediata, perché dal piano superiore della casa la bambina sentì il rumore inconfondibile di un’altra persona che scendeva dal letto e si muoveva per raggiungerli. Mila però fu quasi delusa da ciò che vide: si era aspettata una donna rettile, o magari perfino un’elfa come quella che faceva da guardia del corpo allo Jarl, e invece quella che scese le scale in mezza armatura e camiciola di nera lana grezza, fu una Nord dall’aspetto e dai modi comuni. Da parte sua, anche la donna sembrò sorpresa di trovarla in braccio al suo Thane: l'Argoniano sembrava sorprendentemente a suo agio, come se per Coda Spezzata badare a bambini umani fosse all’ordine del giorno.
“Mio… Thane?”
“Una brutta caduta sul selciato: si avvisi sua madre che sta bene e che qualcuno si sta occupando di lei.”
“Sì mio Thane.” rispose prontamente Lydia: non chiese il nome di Mila, perché la vedeva da molto più tempo di lui ad aiutare sua madre sulla piazza del mercato.
“Si torni in fretta: ci sarà bisogno del tuo aiuto, dopo.”
“…Mio Thane?” chiese Lydia, già quasi fuori.
Coda Spezzata sospirò:
“Le sue mani saranno curate da me, ma non si considererebbe più… conforme all’onore, se le sue ginocchia fossero curate da una mano più simile alla sua?” in effetti, avere un Uomo Lucertola sotto la gonna non era qualcosa che Mila avrebbe dovuto subire: meglio Lydia per prendersi cura di quello, Nord e donna a sua volta. Fortunatamente, Lydia capì quel concetto al volo:
“Sì… certo mio Thane!” rispose l’huscarlo, solo per uscire da Breezehome, fare quattro passi sul selciato e poi tornare subito indietro:
“…Se posso chiedere, cosa farai per…?” Coda Spezzata comprese immediatamente il significato della sua domanda.
“Alchimia. Ciò è adatto per le guardie dello Jarl, è adatto anche per una dei suoi cittadini.” di nuovo, era meglio non usare magia su una Nord, in mezzo ad una città di Nord, a meno di non aver ricevuto il permesso per farlo… e comunque l’Argoniano non era ancora intenzionato a gareggiare con i taumaturghi del tempio di Kynareth.
Inoltre, mentre Coda Spezzata era più che capace di prendersi cura del suo corpo con la magia, gli Uomini erano… un po’ più fragili di lui e richiedevano più cura e attenzione: non valeva la pena prendersi dei rischi per una sbucciatura. E così, mentre per la seconda volta Lydia lasciava la soglia di Breezehome, Mila rimase a fissare con lo sguardo l’Argoniano: l’uomo rettile si mosse rapidamente, ma con ordine. Ogni gesto, e questo fu evidente perfino alla bambina, fu compiuto con precisione, come se fosse stato deciso tanto tempo fa: un bacile ricevette acqua da un secchio e fu messo a scaldare sul fuoco; poi l’Argoniano estrasse da un cassetto degli stracci puliti di cotone grezzo, resti della lavorazione dell’imbottitura della sua corazza che Coda Spezzata aveva tenuto per poter fare delle riparazioni in futuro... E poi l’uomo rettile sparì dietro una porta, ricavata nello spazio sotto le scale che portavano al piano superiore. Doveva essere una stanza molto angusta, e Mila fu quasi sul punto di cedere alla curiosità e andare a vedere cosa stesse facendo. Prima ancora che potesse decidersi però, era pur sempre ospite in una casa altrui, l’Argoniano ritornò, tenendo in una mano una fiasca gonfia, tappata con la cera, e un pacchetto avvolto in foglie, che posò su un basso sgabello.
Di nuovo, e senza sforzo apparente, Coda Spezzata la sollevò da terra mettendola in piedi su una sedia, sempre sotto lo sguardo dei suoi concittadini, che l’Argoniano ignorò completamente: fino a quando guardavano da oltre la soglia, ma non entravano non invitati nella sua casa, non avevano niente da temere.
“Mani.” ordinò asciutto l’Argoniano e Mila obbedì prontamente, sollevandole entrambe.
Essere un uomo rettile dotato di corna e coda in una terra di camminatori di terra asciutta aveva qualche vantaggio: tra gli altri, che difficilmente doveva ripetere più di una volta le cose, o che gli era difficile avere l’attenzione altrui.
Inumidendo una pezza di cotone nel bacile d’acqua ormai calda, l’Argoniano procedette con attenzione a tamponare e finire di pulire le mani di Mila. Una volta tolta la terra e lo sporco, Coda Spezzata poté osservare direttamente il danno ai palmi della bambina: si era spellata i palmi fino a mettere in mostra la carne viva, e il suo tamponare con le pezze di cotone aveva fatto sanguinare di nuovo le ferite che si era procurata. Coda Spezzata non indugiò in quella vista, né concesse a Mila di farlo: tuttavia, la bambina impallidì molto vedendo in che stato si era ridotta.
“Però non fanno male.” ripeté con una vocetta sottile.
 “No.” concesse Coda Spezzata.
“…Come mai?” l’Argoniano considerò come rispondere a quella domanda in un modo che non potesse essere frainteso, né da Mila, né da coloro che li ascoltavano: Coda Spezzata in effetti non aveva mai visto così tante barbe oltre una soglia:
“Hsm…” mormorò pensieroso: “…un trucco della Palude Nera.” rispose alla fine.
La curiosità di un bambino però, è proverbialmente insaziabile:
“Posso impararlo?” chiese Mila, uno sguardo implorante negli occhi.
“No.” rispose Coda Spezzata, ma di fronte all’aria afflitta della bambina, non poté evitare di aggiungere: “…Cose da esseri con la coda e le corna.”
“Oh… quindi le mucche possono impararlo?” una domanda che impegnò molte barbe nel soffocare altrettante risate.
Coda Spezzata si chinò di fronte a Mila, piantandosi le mani sulle ginocchia e guardandola negli occhi dalla stessa altezza:
“Credi che una mucca possa assomigliarmi?” e al suo fianco, le spire della sua coda, con le squame dentate come quella di una sega, apparvero più che mai evidenti: specie perché calzava ancora la scarpa di Mila sulla punta.
Nonostante questo, non ci volle molto perché la bambina abbassasse lo sguardo:
“…No.”
“I tuoi occhi funzionano ancora dunque. Bene.”
Lydia tornò in quel momento, seguita a ruota da Carlotta, ma dovettero aprirsi la strada insistendo tra schiene e barbe, per riuscire ad entrare.
“Mamma!” esclamò Mila, ma Coda Spezzata le impedì di scendere dallo sgabello mettendole una mano sulla spalla.
“I feriti non dovrebbero muoversi fino a quando non sono stati curati.” sibilò calmo l’Argoniano, rivolgendosi poi a Carlotta che era rimasta sulla soglia: per quanto una non Nord, anche lei conosceva le consuetudini di Skyrim.
“Sii benvenuta nella mia dimora, Carlotta Valentia.” solo dopo quell’invito formale, la madre oltrepassò la porta per ricongiungersi alla figlia.
“Mila…” disse l’Imperiale, venendo ad abbracciare la bambina, ancora in piedi sullo sgabello.
“Sto bene.” la rassicurò sua figlia, ma Carlotta fu di ben altro avviso dopo averla osservata:
“Le tue mani…”
“Guariranno.” offrì Coda Spezzata: “…Questione di poco.”
“Non vorrei disturbarvi oltre…”
“Nessun disturbo.” quella situazione era uno dei motivi per cui l’Argoniano preferiva trattare solo con le versioni non adulte degli uomini.
“Carlotta… posso garantirti che il mio Thane sa quello che fa.” frase quella di Lydia, che le fece guadagnare uno sguardo penetrante da parte dell’Argoniano.
La madre però non rispose subito, facendo passare lo sguardo tra i vari membri della stanza: alla fine forse, fu per la scarpetta sulla coda di Coda Spezzata che si decise. E accorgendosi del suo sguardo, l’uomo rettile la posò finalmente alla base della sedia su cui Mila restava in piedi.
“Molto bene allora. Ma insisto a pagarvi per il vostro disturbo...”
“Assolutamente no.” sibilò Coda Spezzata quasi irato, tanto che Carlotta non osò protestare: “…Lydia, tampona e ripulisci le ginocchia di Mila. Delicatamente, huscarlo.”
“…Sì, mio Thane.” rispose umile Lydia: non era ancora mai riuscita ad offendere l’Argoniano, nonostante le occasioni e la sua goffaggine. Carlotta Valentia invece, sembrava esserci riuscita al primo colpo.
Andando a chiudere la porta della sua casa con uno scatto, e dando di nuovo le spalle a Mila in modo che Lydia potesse pulirle le ginocchia conservandone il pudore, l’Argoniano si piazzò a gambe larghe di fronte a Carlotta:
“Se dalle usanze di Skyrim si richiede la… mercificazione della cortesia fino a questo punto, allora questa è davvero la provincia più barbara dell’uomo. L’aiuto che è stato dato… poca cosa.”
Lydia sussurrò qualcosa, che nemmeno Mila riuscì a sentire chiaramente: sembrò più una cifra, che un termine. Qualcosa come: solo 12’000 septim in alluci di gigante. Ma di certo la bambina aveva capito male:
“Lydia: mani, non bocca.” ordinò brusco l’uomo lucertola, senza girare la testa, ma quasi la sua coda frustò l’aria.
Carlotta, che era la più vicina all’Argoniano, si accorse che l’uomo rettile sembrava emanare un odore strano in quel momento: come di silice bruciata. O fuoco e zolfo bollente:
“…Vorrei comunque ripagare la vostra gentilezza.” rispose la donna imperiale e il suo tono sommesso sembrò finalmente capace di placare l’Argoniano, tanto, che Coda Spezzata percorse con un dito i tozzi spuntoni che aveva sotto la mandibola:
“Le mie scuse.” esalò alla fine sibilando: “…sembrerebbe che aiutare chi ne ha bisogno sia ancora... imprescindibile, per me.”
“Non una buona virtù per un mercante.” rispose timidamente Carlotta.
“…Ecco perché si praticano interessi così alti su tutto il resto.” ribatté l’Argoniano e il silenzio tra loro divenne improvvisamente confortevole.
“Mio Thane… ho finito.” affermò Lydia interrompendo il gioco di sguardi tra loro.
“Desideri… controllare?” chiese l’Argoniano a Camilla.
“Ah. No… voglio dire, immagino che il vostro huscarlo sia capace di prendersi cura di una sbucciatura...”
“Solo se sa cosa è bene per lei.” rispose Coda Spezzata voltando la testa: Mila aveva le gonne ad altezza caviglia, e Lydia le aveva fatto calzare di nuovo la sua scarpa.
Di fronte a quello sguardo, la giovane donna del Nord chiese aiuto a Mila, che raccolse l’invito, annuendo con un sorriso che sembrò bastare a soddisfare l’Argoniano. Coda Spezzata tuttavia non aveva ancora finito: muovendosi svelto, l’uomo rettile svolse il pacchetto che aveva portato, strappando una striscia sottile quanto uno spago da quello che sembrava legno bruciacchiato. In realtà, ma dovette metterlo in mano a Mila perché gli altri se ne convincessero, era carne affumicata.
“Mio… Thane…?”
“Non quello che pensi Lydia. Mastica Mila: tutto quanto e lentamente.” cosa che la bambina cominciò a fare, solo per interrompersi dopo pochi istanti.
“È amara!”
“Ma allontana la febbre.” ed era la verità: i suoi erano più che rimedi popolari della Palude Nera.
L’alchimia era scienza e arte, e ancora Coda Spezzata non poteva dire di conoscerne che una piccola parte, anche se a volte era la parte più… repulsiva della magia. Ma d’altro canto Coda Spezzata non aveva colpa del fatto che si potesse ottenere un potente antipiretico dalla pelle affumicata degli skeever, i grandi ratti necrofagi che tante malattie trasmettevano col loro morso…
“Mila…” impose dolcemente sua madre e di fronte a quel tono, la bambina si arrese e ubbidì, saltellando da un piede all’altro per finire di masticare.
Fatto questo, e riaperti gli occhi che le lacrimavano per quel sapore intenso come quello di un’erba amara, Coda Spezzata stappò la fiasca che aveva portato:
“Spalanca la bocca.” e quando la bambina gli obbedì, l’Argoniano le versò non più di un ditale della pozione: Lydia aveva ragione a modo suo, e considerati gli ingredienti non c’era ragione di sprecarne più del dovuto.
Anche se, considerata la loro missione al campo dell’Albero Dormiente, restavano ancora quattro alluci di gigante all’Argoniano per preparare il suo elisir e considerando poi che il resto degli ingredienti richiedeva una spesa ridicola, i forzieri di Breezehome potevano dirsi pieni per un tempo decisamente lungo, specie con le abitudini piuttosto frugali dei suoi abitanti.
“Meglio?” chiese Coda Spezzata, ritappando la fiasca.
“Non so…” rispose Mila.
“Mmhh… le tue mani dicono di sì.” osservò Coda Spezzata grave, andando a riporre la pozione nella sua dispensa alchemica.
Per quando tornò, Mila e sua madre erano ancora a bocca aperta ad osservare l’effetto dell’incredibile elisir dell’Argoniano: su Mila, non restava altro che i ricordi della caduta.
“…Però ancora non me le sento.”
“Torneranno tra qualche ora. Meno, se correrai. Sii attenta però: il fatto che tu non senta nulla, non vuol dire che non possa farti male.” rispose serafico l’Argoniano.
“Meglio di no… non vorrei cadere di nuovo: era davvero amara.” si spiegò Mila.
“Msh. Qualcuno è stato cresciuto saggiamente.” commentò leggero l’Argoniano sibilando.
“E grata.” sottolineò Carlotta: “…Vorremmo davvero ripagare la vostra gentilezza, Thane Coda Spezzata.”
 “Msh… shm… mmhh.” mormorò l’Argoniano, e nessuno degli altri occupanti della stanza seppe dire se fossero parole o suoni senza senso. In ogni caso, dovevano averlo aiutato a pensare, perché sembrò aver raggiunto una conclusione:
“...Ci sarebbe un modo. Sarebbe comodo piantare un giardino sul retro di questa casa, Mila Valentia: un giardino di erbe officinali e ingredienti che si possono trovare in questa terra, ma che non sono normalmente commerciati dall’alchimista della città.” come fiori di montagna, salvia, magari anche un cespuglio di sinforicarpo... quello in particolare sarebbe stato molto utile all’Argoniano, in futuro: “…Ma le piante hanno bisogno di essere annaffiate e di essere difese da parassiti e uccelli: io e Lydia raramente saremo in città per farlo.” dopo un breve sguardo a sua madre, Mila rispose:
“Mi piacerebbe prendermene cura.”
“Quando verrà il momento allora, ti verrà insegnato come farlo.”
Lydia scosse la testa: innaffiare aiuole per qualcuno che abitava sulla strada del mercato… ben poca cosa, soprattutto considerando il valore di quello che Coda Spezzata aveva usato su Mila. Anche Carlotta doveva pensarla allo stesso modo… nessuna delle due donne però, aveva la minima idea di quanto pedante l’Argoniano potesse diventare quando si trattava di erboristeria. Difetto questo, dovuto all’averla appresa da un vecchio Dunmer scorbutico, che si preparava le tisane solo con i prodotti del suo giardino. In ogni caso però, per il momento quell’accordo soddisfava tutti i partecipanti: tanto che dopo qualche frase di circostanza, Mila e Carlotta furono riaccompagnate alla porta.
Dietro di essa, il numero di barbe non era affatto diminuito, anzi: l’Argoniano trovò in prima fila proprio Ulfberth Orso Guerriero, che mentre il resto dei Nord guardava madre e figlia allontanarsi mano nella mano con espressione sollevata, gli porse il libro che Coda Spezzata aveva dimenticato sulla panca.
“Lettura impegnativa.” disse il gigantesco fabbro.
E molto più complicata di quanto si aspettasse, ma Ulfberth non avrebbe mai ammesso di non aver capito nemmeno una parola della pagina che aveva sbirciato: De rerum Dirennis. Solo del titolo non aveva la minima idea di come dovesse essere pronunciato:
“…Alcuni preconcetti si devono affrontare nuovamente, di tanto in tanto. Grazie.” rispose l’Argoniano, prendendo il tomo dalle mani del fabbro: Ulfberth non aveva la minima idea se stesse parlando del libro o di sé stesso.
Per quando si decise a chiedere però, l’Argoniano era già rientrato da un pezzo nella sua dimora: se fosse stato qualcun altro, forse Ulfberth, e anche alcuni dei suoi concittadini, lo avrebbero già invitato alla Giumenta Bardata a bere con loro...
 
***
 
Ecco perché tutti i presenti furono sorpresi quando Coda Spezzata e Lydia si presentarono alla locanda quella notte, qualche ora dopo cena. Una serata piena quella: nonostante l’ora, quasi un quarto della città era presente alla Giumenta Bardata, assieme a forestieri e mercanti che si erano trovati a passare la notte a Whiterun. Quando la coda dell’Argoniano chiuse con uno scatto la porta della locanda dietro a Lydia, ogni conversazione all’interno si arrestò: non fu strano, perché tutti o quasi stavano parlando proprio di lui. Anche per questo, il suono degli artigli dell’uomo rettile sulle assi sembrò rimbombare nel silenzio in cui lo osservarono muoversi, ma Coda Spezzata non sembrò farci caso. Era vestito in modo semplice, ma curato: una casacca color cielo sopra una camicia di lana chiara, e pantaloni scuri tagliati appositamente per accogliere i suoi piedi e la sua coda. Per quanto quegli abiti lo tenessero al caldo, era ovvio che fossero indumenti da città, con cui l’Argoniano dichiarava a modo suo che quella notte era lì per restare… E che per quanto ad alcuni potesse non piacere averlo a Whiterun, il loro dissenso sarebbe stato incontrato con forza: delle sue daghe elfiche, l’Argoniano ne aveva lasciata a Breezehome solo una, e a nessuno era sfuggito quanto poco i suoi abiti nascondessero il gioco dei muscoli sottostanti. Senza contare che l’Argoniano era pur sempre una Spada Stregata… e un Thane.
Più o meno nella stessa situazione e abiti, ma di colori lievemente più vivi e in toni di verde, era anche Lydia: l’huscarlo però non era riuscita a separarsi dalla sua sottile, ma pesante spada d’ebano, che pendeva da un cinturone stretto in vita. Tra loro due era l'huscarlo a sembrare la più imbarazzata nel trovarsi lì in quelle vesti: pochi tra i suoi concittadini però, sapevano che l’abito che indossava in quel momento era il primo che le fosse stato mai comprato da un uomo… maschio… da qualcuno. Ed era da quando non si arrivava all’elsa che Lydia non portava una gonna: la vita di guardia cittadina non era una di lussi.
Nonostante la spada e la daga però, era piuttosto ovvio quanto quella sera fossero venuti alla Giumenta Bardata a svagarsi. E infatti, Coda Spezzata si diresse sicuro al bancone di Hulda, seguito timidamente da Lydia: la giovane donna del Nord però, non comprese davvero le ragioni di alcune occhiate che le vennero rivolte...
L’Argoniano si sedette cautamente sullo sgabello di fronte al bancone, quasi come se temesse che franasse sotto il suo peso:
“Hulda.”
“Thane.” rispose la locandiera con uno scintillio divertito negli occhi: su di lei, il fascino di uomini vestiti con pelle di lucertola o con le corna non faceva molto effetto. Anche perché chi ancora mancava dei suoi clienti più abituali sarebbe arrivato di corsa, quando la notizia che Coda Spezzata era alla Giumenta Bardata: ergo, più septim ancora per lei.
“…È rimasta ancora della birra Argoniana?”
“Non qualcosa di più forte? Ho del brandy di Cyrodiil e dell’ottimo vino alto per rinfrescarvi la gola.” non proprio una tattica sottile la sua: dare spunti agli altri avventori per capire se, almeno nel bere, il nuovo Thane del feudo fosse disposto a schierarsi nella guerra civile che imperversava a Skyrim.
L’Argoniano però non era una preda così facile: inoltre, sapeva benissimo che la gradazione alcolica della cosiddetta birra Argoniana aveva poco a che fare con i suoi effetti deleteri. La locandiera invece non poteva nemmeno immaginare che la naturale resistenza degli Argoniani a veleni e malattie si trasferisse anche ai frutti della fermentazione:
“I sapori della propria terra non sono migliori di quelli di altre… solo più cari.” e a quella verità Hulda non poté che inchinarsi, facendo comparire due bottiglie di fronte all’Argoniano.
Hulda non aveva nemmeno finito di spillare sidro di Honnigbrew per Lydia però, che l’Argoniano le restituiva già il primo vuoto:
“Per il martello di Shor… Thane! Non ho mai visto nessuno bere così quella birra.”
“Ora l’hai.” soffiò contento: “…E se delle bottiglie di Vino di Sangue di Blackrose, da Argonia, dovessero essere accolte nella tua cantina, il mio oro sarà più che lieto di liberartene.”
Vino di Sangue? Confesso di non essere familiare con questo nome…”
“Non ne vengo sorpreso: deve ancora essere trovato chi, tra uomini, elfi o khajiit, voglia dividerne con i Saxhleel.”
“È velenoso, mio thane?” chiese timidamente Lydia e l’Argoniano afferrò la sua seconda bottiglia di birra, prima di rispondere:
“Non… esattamente: anzi, quasi l’opposto. Questo perché è più simile ad un filtro alchemico, che ad una bevanda comune. Per quanto eccellente.” aggiunse Coda Spezzata quietamente, levando la bottiglia all’indirizzo della locandiera.
“Quindi… è una pozione?”
“Quasi. È più come un liquore, fatto con frutti che crescono solo in Argonia: alla loro fermentazione sono aggiunti semi pestati di solidago, essenza di bergamotto, l’estratto della digitale… e altro.”
Lydia aveva appreso ancora poco sull’arte alchemica, ma aveva già compreso che quando un suo conoscitore glissava su alcuni ingredienti chiamandoli semplicemente altro, poteva essere solamente perché fossero cose di cui era meglio non parlare in pubblico. Quando fosse venuto il momento, Lydia ne avrebbe avuto la conferma: non era un caso che fosse chiamato vino di sangue…
“…E quali sono i suoi effetti, mio thane?” Coda Spezzata la fissò con un solo occhio azzurro, un’espressione quasi divertita sul suo volto imperscrutabile.
“Le differenze tra le nostre genti sono rese… meno evidenti.” una frase criptica, che poteva essere interpretata in più di un modo.
Gli Argoniani li intendevano tutti, compresi i più letterali: il Vino di Sangue non solo donava temporaneamente la resistenza ai veleni della loro razza, ma permetteva anche di respirare sott’acqua. Questo perché uno dei suoi effetti, nei camminatori di terra asciutta almeno, era quello di far spuntare delle branchie: non era strano che coloro che sentivano aprirsi dei tagli sibilanti ai lati del collo non volessero mai più avvicinarsi ad una bottiglia di quel liquore, nonostante l’effetto fosse solo temporaneo.
“Deve essere ben forte per rendere attraente uno di voi.” commentò invece Hulda gioviale.
“Ed è vero anche l’opposto.” rispose Coda Spezzata quasi di buon umore: frase questa, che l’ostessa ricompensò con una risata.
“Beh, se dovesse capitarmi sottomano, cercherò di ricordarmi di voi, Thane.”
“Si può sperare: per quanto sia con pochi estimatori, è stato importato fino a Bruma. E come ho detto, il mio oro sarà felice di pagarlo.”
“Non faccio promesse, Thane, ma vedrò quello che posso fare non appena i mercanti torneranno ad attraversare i Jerall.” far sapere ad un mercante quanto si desideri esattamente un certo prodotto non è mai una buona idea: il dolce vino di sangue rischiava di costare salato al nuovo Thane di Whiterun. Almeno inizialmente infatti, Hulda avrebbe cercato di farselo pagare 100 septim alla bottiglia…
Per i sapori della sua terra lontana però, l’Argoniano era disposto a contrattare un prezzo meno caro:
 “Apprezzato.” la ringraziò Coda Spezzata, girando sullo sgabello e appoggiando il gomito sul bancone: “…Credevo comunque che della musica avrebbe allietato la nostra serata.” il bardo vanesio della Giumenta Bardata era in effetti assente in quel momento:
“Già… Mikael è a caccia stasera."
"A caccia?"
"Vuol dire che è andato a bussare alle porte delle donne di Whiterun, cercando di convincerne una a farlo entrare, mio Thane."
"Msh... accade spesso?" fu una strana nozione quella per l’Argoniano: le donne di Skyrim si dovevano dunque predare, piuttosto che corteggiare? La sua breve permanenza a Riverwood non l’aiutava a fare chiarezza in quell’argomento: sembrava che i metodi usati in quella terra fossero… un po’ più diretti e franchi, per non dire rozzi, di quanto fosse stato abituato sull’altro versante delle montagne Jerall.
"Più spesso di quanto ci piaccia ammettere. Ma non impara mai. Almeno sa incassare." rispose Hulda: la vanità e la superbia del bardo incontravano spesso i pugni di mariti, fratelli e promessi, ma nessuna di queste cose era ancora riuscita a farlo desistere, né a rovinare irreparabilmente il suo profilo.
“…Ho già mandato Uthgerd a raccattarlo.” aggiunse seraficamente la locandiera.
“Per la spada di Shor!” imprecò Lydia: “…L’Invincibile è in città? Credevo che dovesse fare da guardia a una carovana di mercanti.” se l’avesse saputo, Lydia non avrebbe mai suggerito di venire a bere alla Giumenta Bardata quella sera.
“È stata licenziata dal capo carovana per essersi presentata ubriaca. Ha assunto i Compagni al posto suo.”
Il che voleva dire che l'Invincibile sarebbe stata sobria e più furiosa del solito: se Uthgerd non avesse avuto pugni in grado di uccidere un orso, e il loro stesso brutto carattere, sarebbe già stata lo zimbello della città.
Ci fu angoscia e urgenza nella voce di Lydia quando si rivolse a Coda Spezzata:
“Mio Thane, credo che sarebbe prudente tornare a Breezehome.”
“Davvero?” ribatté tranquillo l’Argoniano, e Lydia ancora una volta non fu in grado di dire se lo divertisse, o se invece avesse la sua completa attenzione. Era così difficile leggere quel volto scaglioso e con le corna, e quegli occhi da rettile completamente azzurri e privi di bianco.
“Con quello che ci aspetta… non credo possiamo rischiare una rissa questa notte.” e Lydia si odiò per averlo detto: quella avrebbe potuto essere la loro ultima serata a Whiterun. La giovane donna non era certa che sarebbero tornati dalla loro spedizione al picco di Shearpoint… non entrambi, almeno: quella avrebbe dovuto essere una serata di spensieratezze. Non da passare nell’angoscia del domani.
Lydia però non immaginava che il suo Thane avesse già cominciato a concepire un’opportunità nella sua angoscia: non erano tornati a Whiterun solo per riposarsi dopotutto, ma anche per assoldare qualcuno che potesse accompagnarli nel loro viaggio. Whiterun era città di guerrieri senza pari, ma dopo aver rifiutato l’invito ad entrare nei Compagni, almeno per il momento, la scelta di Coda Spezzata era limitata solo a coloro che i septim potessero comprare. E anche se una persona si era già lasciata convincere dall’oro dell’Argoniano, un’altra avrebbe fatto solo comodo per quello che avevano in mente e dovevano fare… specie se portava il nome di “Invincibile”.
Lydia invece sapeva bene cosa sarebbe successo se Uthgerd e l’Argoniano si fossero incontrati: l’Invincibile era da anni in faida con i Compagni di Jorrvakr, che l’avevano cacciata dalla loro fila. Incontrare qualcuno che ne aveva rifiutato l’invito, poteva solo finire in lotta: Uthgerd era irascibile, orgogliosa e dalla mano pesante. Ecco perché Lydia saltò giù dal suo sgabello, cominciando a cercare la sua bisaccia di monete, e implorando con lo sguardo l’Argoniano di fare lo stesso. Coda Spezzata però non sembrava avere fretta: forse aveva capito che era già troppo tardi.
Lydia non aveva nemmeno finito di contare le monete infatti, che la porta della Giumenta Bardata si spalancò di schianto, e Mikael ci volò attraverso, raccolto attorno al suo liuto in modo che sopravvivesse alla caduta. Sì, il bardo sapeva decisamente come incassare:
“…Buona serata Jon.”
“Mikael.” lo salutò sprezzante il Nord seduto sul ciocco accanto al fuoco.
Jon apparteneva al clan Guerriero Nato: l’Argoniano non sapeva molto di più su di lui al momento, tranne che la sua famiglia era in contrasto con quella dei Manto Grigio, clan a cui apparteneva anche Eorlund. Una rivalità quella che era stata inasprita, o era nata chissà, con lo scoppio della guerra civile a Skyrim: di tutta la sua famiglia però, Jon sembrava il più temperato di idee e parole. L’Argoniano l’aveva ascoltato discutere sulla piazza del mercato durante una delle sue commissioni, sentendogli dire che a Skyrim erano tutti ossessionati dalla morte: qualcosa che Coda Spezzata riconosceva sempre più vera a mano a mano che viveva in mezzo ai Nord.
Mikael si tirò in piedi con un guizzo, riuscendo a rimettersi in piedi da solo e mettendosi subito a suonare: musica, ma niente canto, colpa forse dello zigomo che gli si stava già gonfiando. Doveva essere stato lanciato con molta forza comunque, perché solo in quel momento Uthgerd fece il suo ingresso alla Giumenta Bardata, chiudendosi la porta alle spalle e sbarrando la strada al gelo.
A Coda Spezzata piacque quello che vide: una donna dal volto leonino e dalla giovinezza ormai spenta, capelli di uno sporco castano tenuti in trecce di cera, lo sguardo feroce come quello di una bestia, e una corazza completa di acciaio a piastre che doveva essere spessa almeno mezzo pollice. Una vera figlia del Nord, a cui mancava solamente uno spadone a due mani sulla schiena, che probabilmente l’Argoniano avrebbe trovato nella sua camera alla locanda. Era fuor di dubbio infatti, che alla Giumenta Bardata Uthgerd fosse di casa: quello che l'Invicibile vedeva però, evidentemente non la soddisfece del tutto. O forse il bardo non ne aveva ancora prese abbastanza:
“Se sai cosa è bene per te Mikael, continuerai a suonare. Sono più di quanto tu possa gestire.”
Il bardo non disse niente, ma il motivo che continuò ad uscire dal suo strumento prese più brio, e più vita. Accontentata da questo, fu allora che l’Invincibile si guardò attorno: non ci mise molto a scoprire perché così pochi le restituivano lo sguardo. Né di decidere dove dirigersi: con un coraggio che non sapeva di possedere, Lydia si mise sulla sua strada cercando di fermarla. Tuttavia sapeva già come sarebbe finita: era inevitabile.
“Uthgerd… non questa notte, te ne prego...” ma l’Invincibile non sembrò nemmeno sentirla: l’unico modo in cui riconobbe la sua presenza, fu quello di sbatterla di lato così violentemente da mandare Lydia a ruzzolare sul pavimento, in modo da poter continuare ad avanzare verso l’Argoniano con passi pesanti.
La giovane donna del Nord fece appena in tempo ad incrociare lo sguardo del suo Thane, troppo spaventata per accorgersi di avere il labbro spaccato:
“Si dice che tu abbia rifiutato l’invito dei Compagni, lucertola.” lo apostrofò Uthgerd mettendosi a gambe larghe di fronte all’Argoniano, che era rimasto sul suo sgabello.
“Se fosse?” chiese quieto Coda Spezzata, ricambiando lo sguardo della donna del Nord.
“Ci vuole un bel coraggio a dire di no a Jorrvakr.”
“No. Non molto.” la corresse Coda Spezzata, svuotando d’un fiato la seconda bottiglia di birra, e posandola distrattamente sul bancone: “…Sono state viste cose molto più coraggiose solo questa sera.”
“Ah ah. Davvero? Per esempio?” lo incalzò la Nord.
“Lydia.” la indicò Coda Spezzata: “…Fronteggiare qualcuno più forte di sé stessi senza armatura: più coraggioso.”
“E tuttavia non sei corso a difenderla. Avete un cuore che batta voi altri, e del sangue che scorra?”
“Lydia non è così debole da aver bisogno dell’aiuto di un Saxhleel per rialzarsi. E si erge già orgogliosa: nemmeno i giganti la fanno tremare.” frase questa, che venne ascoltata in rispettoso silenzio: erano andati a caccia dei giganti fuori dalla città? Sarebbe stata Ysolda a confermare quell’impresa il giorno seguente, ma per allora l’Argoniano non sarebbe già stato più a Whiterun:
“E poi tu, Uthgerd. Più coraggiosa ancora.”
“Puoi ben dirlo...” ma l’Argoniano scosse la testa, parlando sempre con voce quieta:
“Tu, con il coraggio di umiliare i compagni di un Saxhleel davanti ai suoi occhi. Coraggiosa… ma molto sciocca.”
“Potrei sconfiggere dieci di voi assieme con un solo pugno.”
“Da quello che è stato visto dei Nord fino ad ora, si può dubitarne almeno.”
Lydia ricordò in quel momento qualcosa che aveva appreso durante i suoi studi segreti per meglio comprendere il popolo del suo Thane. Tutti coloro che si erano presi il disturbo di conoscere davvero gli Argoniani, concordavano sempre su una cosa: per quanto imperscrutabili potessero sembrare, per quanto strana potesse apparire la loro cultura, gli Argoniani erano un popolo di cui era difficile ottenere la fiducia. Ma una volta ottenuta, una volta stretto un legame di vera amicizia con uno di loro, quel legame era indissolubile: anche per questo erano considerati sia eroi che mostri. Non sembrava esistere limite agli estremi a cui un Saxhleel potesse arrivare per coloro che chiamava amici:
“Vuoi sentire della vera saggezza Nord, stivali ambulanti? Non conosci davvero qualcuno fino a quando non hai bevuto qualcosa di forte e non ha avuto una rissa con lui. 100 septim dicono che non puoi vincermi.” affermò Uthgerd, lanciando la sua bisaccia sul bancone di Hulda.
Nessuno, da molto tempo, era stato così disperato o pazzo da accettare quella sfida. Fu evidente quanto Coda Spezzata fosse nuovo a Skyrim quando la sua bisaccia si posò a fianco di quella dell’Invincibile:
“…Una scommessa interessante, ma può essere fatta una migliore.” affermò l’Argoniano alzandosi in piedi, e posando la sua daga a fianco delle due bisacce con un movimento più rapido di quanto gli occhi potessero seguire.
Lydia capì che nonostante la sua voce restasse quieta, il suo Thane si stava preparando a riservare a Uthgerd lo stesso trattamento che aveva inflitto ai briganti di Valtheim e ai molti che avevano affrontato prima di loro. Non stava posando la daga per onore, ma per non usarla per sbaglio durante lo scontro: anche se, considerando gli artigli che aveva sui piedi, quella era forse una preoccupazione inutile...
“E quale?”
“500 septim se sarò messo a terra. I tuoi servizi di guardia gratuitamente se no.”
“Berrò alla tua salute.”
“Si può dubitarne almeno.” ripeté l’Argoniano con la stessa voce.
Avevano l’attenzione di tutta la Giumenta Bardata: nessuno voleva perdersi quello scontro. Vedere qualcuno massacrare il Thane forestiero era qualcosa a cui molti di loro aspiravano di assistere, mentre altri invece volevano semplicemente vedere una rissa scoppiare e il sangue scorrere, magari appena curiosi di scoprire di cosa fosse capace la lucertola su due zampe: in generale, sarebbero rimasti tutti piuttosto delusi.
Fu Coda Spezzata ad iniziare, e anche a finire: prima ancora che Uthgerd potesse muoversi, prima ancora che l’Invincibile sfoderasse quei pugni con cui era capace di uccidere uomini e bestie, l’Argoniano la colpì in faccia con uno dei suoi. Non sul naso, ma tra le tempie e l’orecchio, con la forza di due nocche: un gancio rapido come una frustata e che schioccò quasi allo stesso modo sulla carne e le ossa dell’Invincibile. Un colpo mirato a causare molto più danno della sola forza con cui era stato portato: Coda Spezzata sarebbe stato capace di spaccarle la mandibola, se avesse mirato un po’ più un basso, o lo zigomo, se avesse colpito più vicino a sé. L’Argoniano invece attaccò i nervi e il cervello dell’Invincibile: Uthgerd era una guerriera troppo testarda perché delle ossa rotte potessero fermarla. Così invece, il suo mondo divenne improvvisamente di un accecante bagliore, mentre l’unico suono che sentì fu quello di un fischio nell’orecchio, più acuto di quello del vento. I pugni le divennero pesanti come montagne, e l’Invincibile, che per anni aveva riempito di ammirazione e terrore il resto degli avventori con la sua possanza, scoprì la sconfitta. La donna del Nord rimase a gambe larghe, spostata di un passo all’indietro, la bocca spalancata e storta in un’espressione di incredulità, con le braccia lungo i fianchi.
Coda Spezzata però non era soddisfatto: quello che gli videro fare tuttavia, non era qualcosa a cui gli altri avventori fossero preparati, Lydia esclusa. L’Argoniano calciò, ma invece di colpire, agganciò il pettorale dell’Invincibile con gli artigli, piantando l’altro piede nelle assi della Giumenta Bardata e affondando gli unghioni. Poi sollevò di peso la donna del Nord con la sua corazza, schiantandola a terra con tutta la forza di cui era capace. Mai prima di allora il pavimento della Giumenta Bardata era stato infranto delle risse che erano state combattute sopra di esso, tuttavia perfino quelle assi furono costretto a fare spazio alla sagoma di Uthgerd, quando la donna impattò con tutta l’armatura per terra, provocando il rumore di una valanga e a fiato mozzo.
Nel silenzio attonito dei presenti, il suono degli artigli dell’Argoniano che graffiavano lentamente il pettorale di Uthgerd, lasciando tre segni paralleli nel metallo, furono l’unica cosa a rompere la quiete. Se non avesse avuto quella corazza, Coda Spezzata avrebbe già sbudellato la donna, cosa che fu più che evidente al resto dei Nord riuniti: Uthgerd però non era stata chiamata l’invincibile per caso. Lentamente, più per riflesso che per intenzione, la donna cercò da districarsi da dove era stata conficcata, di tornare in piedi e a combattere, contro chi o cosa però, non riusciva già più a ricordarlo. Coda Spezzata non glielo permise, avanzando fino a darle le spalle e avvolgendole strettamente la coda attorno al suo collo come un cappio. Lo fece usando la parte inferiore della sua coda, non le squame simili ai denti di una sega: Lydia ebbe l’intuizione che l’Argoniano avesse già ucciso in quel modo, strangolando la sua vittima a morte mentre si tagliava le dita e i palmi sugli spuntoni della sua coda… o peggio ancora, rivolgendo quelle squame aguzze all’interno, e recidendo con esse i vasi importanti del collo, lasciando poi la preda a dissanguarsi.
Uthgerd boccheggiava in silenzio, mentre la stretta dell’Argoniano si faceva sempre più forte: proprio come un pesce fuori dall’acqua, steso su una pietra in attesa che il pescatore lo evisceri per poterlo vendere al mercato.
“Lydia.” chiese l’Argoniano con la sua voce quieta: lo sentirono tutti alla locanda.
“Mio… Thane?”
“Da ciò è stato visto, credi che sia stato dato il massimo in questo… scontro?”
“No, mio Thane.” rispose subito Lydia.
Perché era stato disarmato, perché non aveva usato la magia… e, cosa che fu evidente anche al resto dei Nord, perché non solo non era stato colpito una volta dall’Invincibile, che stava continuando a soffocare, ma i suoi vestiti erano ancora lindi e in ordine.
“Tuttavia.” affermò l’Argoniano osservando il resto dei presenti: “…Se da qualcun altro il nostro diritto a bere qui deve ancora essere messo in dubbio, si faccia avanti ora.”
I sibili di Uthgerd e il silenzio degli altri Nord accolsero la sua dichiarazione: l’Invincibile ormai non si dibatteva nemmeno più.
“…E pensare che si aspirava ad una serata tranquilla.” sospirò Coda Spezzata, lasciando andare l’Invincibile, che crollò di nuovo tra le assi, immobile e sconfitta.
Con passo leggero, Coda Spezzata tornò a sedersi al bancone di Hulda, recuperando la sua daga e la sua bisaccia, ma spingendo quella di Uthgerd verso la locandiera:
“Le mie scuse per i danni.” soffiò quasi imbarazzato: “…Un lato spiacevole della mia persona.”
Hulda fece scorrere lo sguardo su Uthgerd e il pavimento sotto di lei, per poi tornare a fissare l’Argoniano che aveva di fronte:
“…Spiacevole?”
“Sembra che sia incline a mettere i preconcetti alla prova.” spiegò Coda Spezzata, mentre la sua mano saliva fino a toccare l’anello di ferro che portava sulle corna: “…Invincibile.” aggiunse poi, indicando Uthgerd con un pollice.
I sorrisi si trasformarono presto in sghignazzi alla Giumenta Bardata, senza che l’Argoniano capisse perché, e quando questo divenne evidente anche agli altri avventori, gli sghignazzi divennero risa. Per poi morire nel silenzio quando Lydia fece una domanda solo all’apparenza innocente:
“Mio Thane… cosa accade quando perdi la calma?”
“Completamente?” chiese l’Argoniano fissandola con un occhio azzurro e Lydia annuì una volta soltanto:
“…Non vale la pena parlarne.” rispose infine con un’alzata di spalle: “Hulda, un’altra birra per favore.”
Cogliendo l’occasione, Mikael ricominciò a suonare il suo liuto, e le conversazioni lentamente ripresero: nessuno disturbò ancora Coda Spezzata o Lydia quella sera. Né qualcuno ebbe il coraggio di spostare l’Invincibile da dove era stata conficcata...
 
Fu un secchio di acqua gelida a svegliare Uthgerd il mattino dopo.
La donna del Nord si destò sputacchiando, trovando Saadia sopra di sé che la guardava con disapprovazione.
“Che c’è?” chiese Uthgerd disorientata alla cameriera Redguard: per Kynareth e Shor, le faceva male qualunque cosa.
Perfino ascoltare la sua stessa voce era doloroso: aveva un fischio incessante nelle orecchie, una morsa alla testa, nella bocca il sapore di sangue, la gola in fiamme… e che Talos l’aiutasse, aveva la schiena a pezzi.
“È l’alba.” rispose di cattivo umore Saadia: “Il Thane mi ha detto di svegliarti e di dirti di presentarti alle porte della città in armatura e spada.”
“Il Thane?” per i nove dei… aveva la voce rauca come quella di un corvo.
“Coda Spezzata. L’Argoniano.” sillabò Saadia.
Funzionò: i ricordi della sera precedente riuscirono ad farsi strada attraverso i lividi che aveva lasciato. Così come la scommessa che aveva fatto e perso:
“Per Shor…” imprecò Uthgerd.
“C’è sempre un pesce più grosso.” la canzonò Saadia, ma senza provare ad aiutarla a rialzarsi: la cameriera dalle mani delicate si sarebbe fatta venire un’ernia se avesse provato a estrarre l’Invincibile dal pavimento. E considerando il suo temperamento, meglio che lo facesse da sé.
Non fu facile, ma imprecando e bestemmiando alla fine Uthgerd ci riuscì. Come scoprì però, restare in piedi era decisamente peggio che giacere sdraiati, tanto che l’Invincibile dovette agguantare una bottiglia da sotto il bancone di Hulda e scolarsela per poter ignorare il dolore. Essendo a digiuno dal giorno prima, il liquido dorato le andò subito alla testa, ma meglio sbronza che inutile, riuscì a pensare, mentre Saadia la guardava con disapprovazione sistemando i tavoli: a parte lei, Uthgerd era l’unica presente alla Giumenta Bardata, cosa che le diede del benedetto silenzio in cui ricomporsi e provare a rimettere in moto il cervello. Non aveva nemmeno idea di cosa esattamente quella lucertola avesse bisogno da lei, o per quanto tempo sarebbe stata lontana da Whiterun, ma al momento non importava: le faceva troppo male tutto per preoccuparsi anche di questo. Però per Shor… mai Uthgerd avrebbe immaginato che ci fosse qualcuno in grado di metterla a terra così in fretta: l’Invincibile poteva prendere a schiaffi le pietre senza sentire nulla. Coda Spezzata probabilmente le spaccava a pugni…
Tuttavia, i Nord hanno una sola parola: quindi fu senza rimpianti o rabbia che salì nella sua stanza alla Giumenta Bardata a recuperare le sue spade, una lunga e una corta, il suo arco e le frecce. Delle provviste non c’era tempo di preoccuparsene. Sotto un sole che le sembrò accecante, ma che invece era appena sorta, Uthgerd camminò a passo di lumaca, orientandosi quasi a fatica in una città che conosceva come le sue tasche: le sembrò di aver marciato per giorni quando finalmente raggiunse le porte della città e invece non erano stati che pochi passi.
Là giunta, Uthgerd poté assistere ad uno spettacolo singolare: tutti i mocciosi di Whiterun erano già in piedi e vigili a quell’ora quasi antelucana, venuti ad osservare la partenza dell’Argoniano dalla città. L’Invincibile credette di vederci doppio o triplo, cosa che non sarebbe stata strana considerato il suo stato, ma dopo aver chiuso e riaperto gli occhi più volte, dovette riconoscere che il numero di mocciosi non sembrava voler cambiare: quindi probabilmente non era solo una visione. A capeggiare il gruppetto c’era la figlia della fruttivendola, Mila… Mila qualcosa, Uthgerd non aveva la forza di richiamarne alla mente il nome completo. La bambina sembrava fare da interprete e intermediario tra il resto dei mocciosi e l’Argoniano, che si stava prestando a giocare con loro, sollevandoli uno alla volta con la sua coda da terra tra gridolini e risa di festa, e brevi litigi su a chi toccasse il turno successivo. Suoni quelli che costrinsero Uthgerd a rallentare ulteriormente: avevano sempre avuto voci così acute?
“In ritardo.” l’accolse l’Argoniano con un cenno d’assenso, a cui l’Invincibile rispose con un suono inarticolato, dando la possibilità a Coda Spezzata di annusare l’alcool nel suo respiro. Non disse niente a proposito però:
“…Devi proprio andare?” chiese lamentoso il figlio minore del clan Guerriero Nato, dai capelli biondi come il grano.
“Devo. Agli dei piacendo, ci si ritroverà.” rispose l’Argoniano, sedendosi sui talloni davanti a lui.
Per la barba di Shor, avrebbe potuto inghiottire la testa del bambino in un boccone solo, e quella corazza color ottone sporco non aiutava a farlo sembrare più rassicurante.
“Ma devi tornare. Devi! Devi ancora piantare il giardino e insegnarmi ad averne cura…” protestò Mila.
Uthgerd osservava tutto con occhio appannato, e quella particolare pretesa, per quanto strana, non riuscì a registrarsi nella sua mente. Coda Spezzata però sembrò sorridere: se non nel volto, almeno nella voce.
Shhaa Mila Valentia. Il tuo zelo si è già guadagnato gratitudine. Un regalo di arrivederci, allora.” rispose l’Argoniano, cominciando a frugare nella borsa da sella che aveva ai piedi, visibilmente gonfia.
Tra tutto quello che Uthgerd poteva immaginare l’Argoniano avrebbe mai tirato fuori da donare ad una bambina, non avrebbe comunque mai indovinato nemmeno se fosse stata sobria e in forma: Coda Spezzata infatti estrasse un fiore dall’aspetto carnoso e del colore del fuoco, che cresceva tipicamente a Skyrim ad alte quote e vicino all’acqua. Un fiore molto bello e dal nome un po’ strano: la forma dei suoi petali infatti, l’aveva fatto battezzare in modo davvero particolare.
“Lingua di drago.” spiegò Coda Spezzata a Mila, passandole il bocciolo con ancora le radici attaccate: un fiore grazioso, per una bambina graziosa.
Della semplice bellezza però, l’Argoniano non sapeva accontentarsi:
“…Un filtro creato dal suo fiore, protegge dal fuoco al punto che si potrebbe danzare tra le fiamme senza farsi male.” notizia questa che venne accolta con il giusto numero di oooh! e aaah! da parte dei mocciosi di Whiterun:
“Te lo affido, Mila Valentia: riuscirà questo fiore a prosperare col tuo aiuto?”
“Io… io ci proverò.” rispose Mila, stringendosi al petto il fiorellino.
Coda Spezzata invece annuì due volte, squadrandoli tutti, per poi rialzarsi in piedi: senza aggiungere altro, l’Argoniano si voltò, caricandosi la borsa in spalla e dirigendosi oltre le porte della città. Uthgerd ci mise un po’ per ricordarsi di doverlo seguire.
Fortunatamente, non andarono lontano: solo fino alle stalle di Whiterun, dove le cavalle del Thane e di Lydia erano già state legato ad un carro scoperto, noleggiato per quel viaggio. Era proprio la giovane Nord ad essere in quel momento in cassetta, mentre nel retro, tra le loro provviste e l'equipaggiamento per il viaggio, allungava le gambe l’altra mercenaria che Coda Spezzata aveva assunto per la loro spedizione a Shearpoint.
“Uthgerd.” la salutò brevemente Jenassa, volgendo verso di lei il suo volto color cenere tatuato d’oro, e i suoi occhi rossi come il sangue, che sfumavano in un rosso ancora più intenso.
Jenassa era una Dunmer, a sua volta un’altra libera mercenaria in vendita al miglior offerente: Uthgerd rispettava le capacità dell’elfa scura, ma non erano mai diventate amiche. Troppo diverse per riuscire a diventare confidenti nonostante il comune mestiere, non solo per la razza differente, ma anche per la loro professionale competizione: non era un caso che Jenassa si recasse alla Giumenta Bardata solamente quando Uthgerd era fuori città, e che allo stesso modo l’Invincibile visitasse la bottega del Cacciatore Ubriaco per comprare frecce solo quando era l’elfa ad essere assente da Whiterun. Vivi e lascia vivere: il loro rispetto professionale ed una vaga conoscenza delle doti dell’altra, aveva fatto sì che non avessero mai voluto scontrarsi.
Nessuno prima di Coda Spezzata però, le aveva mai assunte entrambe per lo stesso lavoro: nessun incarico era sembrato prima così pericoloso. E questa volta l’elfa aveva avuto più fortuna di Uthgerd: Jenassa si era fatta pagare in anticipo per quel viaggio, prima ancora di conoscere la meta.
L’invincibile salì sul carro lentamente, con aria guardinga e la certezza di non lasciare mai la coda dell’occhio di Jenassa, nemmeno quando posò arco e frecce tra loro, assieme alle spade: da parte sua, l’elfa teneva sempre le sue spade gemelle e l’arco a portata di mano. Jenassa era svelta: forse non quanto l’Argoniano, ma nella sua corazza di pelle sapeva piazzare una freccia al buio da duecento passi senza sbagliare. O peggio ancora, tagliarti la testa senza che tu la sentissi arrivarti alle spalle. Il silenzio carico di tensione fra loro fu piuttosto evidente, tanto che dopo aver poggiato la sua borsa sul carro ed essersi seduto a fianco di Lydia, che fece subito partire le cavalle, Coda Spezzata si girò verso di loro:
“Si può sperare in una quieta convivenza tra voi, o si renderà necessario legare entrambe per tutto il viaggio?” di certo l’Argoniano non sprecava fiato: “…Uthgerd?” aggiunse quando una risposta alla sua domanda tardò ad arrivare.
"Il calore della battaglia è il fuoco che forgia le lame più forti. Un vecchio proverbio Nord. Questo, e un vero Nord non si lascia mai scappare la possibilità di mettere alla prova la sua forza.” rispose Uthgerd: l’aria fresca sembrava fare miracoli per il suo stato e le ruote del carro erano belle regolari. Quindi, procedevano con pochi scossoni.
Jenassa invece rispose:
“La morte è la mia arte, e come tutti gli artisti, cerco sempre un mecenate. Per il pugno d’oro che mi hai dato sera, ti seguirò in qualunque pericolo.” come molte Dunmer, anche la sua voce era piuttosto grave e solenne.
L’Argoniano sospirò: quelle risposte non riuscivano a piacergli del tutto, né potevano bastare.
“Si spera che durante il viaggio non venga sprecata della forza in futili litigi. È necessario che questa spedizione riesca. E non solo per il bene della città.” affermò con la sua voce quieta.
“Per quale ragione, sera? Ancora non mi hai detto cosa stiamo andando a fare a Shearpoint.” l’Argoniano sospirò di nuovo: fu Lydia a rispondere per lui, con tono funereo.
“Stiamo accompagnando il mio Thane ad uccidere il drago che si annida sulla cima del picco.”
Fu Jenassa a ritrovare la parola per prima:
"Nerevar..."
"Devo aver capito male." disse Uthgerd infilandosi un mignolo nell'orecchio e sturandolo per bene: "...Mi sembra che tu abbia detto che ci stai portando a combattere un drago."
"Lydia è stata compresa perfettamente. È stato avvistato la prima volta da un cacciatore di pellicce. La notizia è stata poi confermata dai nostri stessi occhi."
"E cosa ti aspetti che facciamo io e Jenassa contro un drago? Per le ossa di Shor...!"
"Quello che ci si aspetta da ogni mercenario: morire per septim naturalmente. Non credevo fosse necessario spiegarlo." l'interruppe l'Argoniano.
Una risposta di una noncuranza davvero terribile.
"...Non si è mai parlato di un drago, sera."
"Allora sarebbe stato meglio chiedere, Jenassa. Prima che la tua firma fosse posta sul contratto." rispose l'Argoniano, per poi aggiungere sovrappensiero: "...I briganti di strada sono prede davvero troppo facili da queste parti." davvero troppo facili, se i migliori mercenari di Whiterun si potevano ingaggiare per così poco e così facilmente. Quando era a Cyrodiil, l'Argoniano non avrebbe mai accettato un incarico senza prima sapere cosa avrebbe comportato, e comunque mai per cifre così basse: centrava poco che lui fosse una Spada Stregata.
"Nerevar..." imprecò di nuovo la Dunmer.
"Almeno tu sei stata pagata, Jenassa. Io sono qui per aver perso una dannata scommessa."
"Che questo ti sia utile per la prossima volta, Uthgerd l'Invincibile."
"...Ho l'impressione di non piacerti molto, Argoniano."
"Non c'è mai tempo a sufficienza per sprecarlo in meschine rivalità. Da morte, il vostro corpo sarà riportato a Whiterun con onore, con un po' di fortuna ancora intatto. Da vive, il vostro contributo verrà proporzionalmente retribuito, e tornerete in città con una storia interessante. Non rendermi necessario il dormire con un occhio solo è un buon modo di cominciare." e con questo, Coda Spezzata sembrò aver detto abbastanza, perché si girò di nuovo, a fissare la strada con Lydia. Shearpoint era a qualche giorno di distanza e il tempo non accennava a migliorare: non avevano fretta di raggiungerlo, e comunque il carro era stato noleggiato pensando al ritorno, più che all'andata.
Ammesso che un ritorno ci sarebbe stato.
Jenassa e Uthgerd si scambiarono un lungo sguardo in silenzio, apprezzando fino in fondo ciò in cui erano capitate: poi, entrambe allontanarono le mani dalle loro armi di comune accordo.
"Mio Thane... quanto a lungo sei stato mercenario a Cyrodiil?" chiese ad un certo punto l'huscarlo, mentre continuava a dirigere le cavalle al piccolo trotto.
"Qualche anno. Ma non quanto a lungo è la cosa più importante."
"Ah no?"
"No. La cosa importante Lydia, è quanto a lungo si è sopravvissuti facendolo." qualcosa che Uthgerd e Jenassa si scoprirono a condividere completamente.
 
Dopo aver circumnavigato la città da est, Lydia aveva diretto il carro verso nord, dritta per il feudo del Pale: questo perché era opinione comune che i versanti più facili del picco di Shearpoint fossero quelli settentrionali e occidentali. Le torri di Valtheim, a est, si trovavano sul fondo di una stretta valle scavata dal fiume: si poteva osservare Shearpoint dalla loro cima, ma solo a causa delle pareti scoscese. Raggiungerlo dalle sponde del Fiume Bianco sarebbe stato molto arduo, e di certo impossibile con un carro, dovendosi fare strada tra piste fra le rocce che solo delle capre avrebbero potuto percorrere.
Dovette però arrivare la notte e il momento di accamparsi perché l'Argoniano cominciasse spontaneamente un'altra conversazione: non si erano ancora allontanati dalla strada principale e avrebbero passato la notte nella postazione di guardia più settentrionale della città, la torre di Whitewatch, dove per la prima volta era arrivata notizia dell'avvistamento del drago. Con la sua carica di Thane e la benedizione dello Jarl, che era stato informato di cosa Coda Spezzata avesse intenzione di uccidere sulla cima di Shearpoint, le guardie del feudo cedettero senza difficoltà i loro giacigli migliori per quella notte: per i quattro, sarebbe stata l'ultima tra confortevoli mura di pietra e sotto calde coperte di pellicce. Il giorno seguente, avrebbero lasciato la strada verso distese molto più desolate e aspre:
"Bene." esalò l'Argoniano guardandole tutte: "...Si direbbe che almeno il desiderio di sopravvivere sia presente." e per le due ore seguenti, mentre preparava filtri con gli ingredienti che si era portato da Whiterun nella sua borsa da sella, l'Argoniano spiegò loro come aveva intenzione di affrontare e, con un po' di fortuna, vincere, il suo secondo drago.
Si sarebbero divisi in due gruppi, Uthgerd con lui, e Lydia con Jenassa: il compito di difendere sarebbe stato dell'Argoniano e dell'huscarlo, l'uno con la magia, l'altra con lo scudo, mentre l’Invincibile e la Dunmer avrebbe usato per prime arco e frecce intinte di veleno. Non una mistura capace di uccidere, si era però scusato l’Argoniano: non aveva accesso ad ingredienti che potevano sperare di uccidere un drago, ma al massimo solo un potente narcotico, che avrebbe dovuto toglierli la forza dalle ali. Questo ovviamente, ammesso che funzionasse anche sui draghi. Perfino in quel caso fortunato però, dato quanto massiccia fosse una di quelle creature, un pugno di frecce difficilmente sarebbero bastate a farlo dormire: si poteva sperare però di rallentarlo un poco o almeno, di farlo scendere a terra. Una volta che questo fosse accaduto, Uthgerd e Coda Spezzata avrebbero attaccato le sue ali, sperando di impedirgli di riprendere il volo: perché per quanto feroci e terribili potessero essere i draghi, perché per quanto potessero fare un solo boccone di uno qualsiasi di loro, solamente a terra li si poteva sperare di uccidere.
Colpire solo le ali con le spade, ripeté più e più volte l’Argoniano: perché sulle altre squame di un drago, le lame di Uthgerd si sarebbero spezzate come ghiaccio sulla pietra. Jenassa invece avrebbe continuato a colpire il drago col suo arco mirando agli occhi, restando però al riparo dello scudo di Lydia, la cui sola importante funzione sarebbe stata quella di resistere ed essere un bastione di fronte a fiamme e fauci. Ferito, accecato e stordito il drago in quel modo, l’Argoniano era abbastanza convinto che sarebbe stato possibile finirlo prima che uno di loro venisse ucciso.
Sarebbe stata una battaglia furiosa, breve e di inaudita violenza, in cui ogni momento si sarebbe allungato all’infinito. Ma, come si premurò di far capire loro Coda Spezzata, nessun buon piano sopravvive all’incontro col proprio avversario: avrebbero dovuto attenersi a quella strategia solo fino a quando avesse funzionato, improvvisando velocemente quando le cose si fossero messe storte. E per quanto affidarsi al fato potesse bastare ad un Nord, gli Argoniani preferivano sfidare il pericolo con cautela: per quando fossero arrivati a Shearpoint, ognuno di loro avrebbe avuto tre dei suoi filtri su cui fare affidamento, oltre al veleno da applicare sulle frecce. Due sarebbero stati uguali per tutti: un filtro di resistenza alle fiamme, ricavato dalle lingue di drago che aveva continuato a spiluccare durante tutta la conversazione, e un sorso del suo miracoloso elisir: non di più, perché se ne fosse servito altro voleva dire che sarebbero già stati morti. Oltre a questo, ognuno di loro avrebbero iniziato la lotta trangugiando la terza pozione, una mistura personalizzata che si adattava al ruolo specifico che avrebbero avuto nella lotta.
Unite a polvere di artigli d'orso, le radici di lingue di drago avrebbero fornito a Lydia e Uthgerd una forza sovrumana, per quanto effimera: abbastanza forse per confrontarsi con un drago, e la ragione in effetti per cui Coda Spezzata ne aveva acquistati così tanti. Bacche di ginepro e foglie di una piante chiamata "orecchie d'elfo", per via della loro forma, avrebbero reso invece ogni freccia di Jenassa un centro quasi certo. A sé stesso invece, l'Argoniano aveva riservato una pozione fatta di due ingredienti opposti, uno dall'acqua e l'altro dalla montagna: un gheppio dorato di fiume ed un fiore rosso di montagna, che assieme avrebbe dato vita ad un filtro in grado di aumentare temporaneamente le sue capacità di tessere incantesimi. In questo modo, così come Uthgerd e Lydia avrebbero avuto un'effimera forza sovrumana, così Coda Spezzata avrebbe posseduto riserve magiche senza pari, seppur per un breve istante. Una necessità, dato che di loro quattro era l'unico a saper usare la magia e la capacità di lanciare fulmini dai palmi sarebbe stata una dote che senza dubbio avrebbe potuto fare la differenza nell'affrontare un drago.
Portenti in forma liquida e di grande valore quelli comunque, cosa che perfino Jenassa e Uthgerd compresero. Coda Spezzata le avvisò tuttavia che se fossero sopravvissuti, probabilmente ne avrebbero pagato il prezzo dopo: i suoi filtri erano miracolosi, ma pur sempre droghe portentose, che avrebbero sforzato i loro corpi ad operare ben oltre il limite naturale. Non sarebbe stato strano se per qualche ora Uthgerd e Lydia non fossero riuscite a muoversi, o se a Jenassa si fosse annebbiata la vista, quando l'effetto dei filtri fosse scemato. Col suo fisico lui ne avrebbe probabilmente risentito di meno, ma avrebbe potuto comunque perdere temporaneamente la memoria o il senno: il prezzo che si paga per infrangere con così tanta forza i propri limiti. Quando però l'alternativa è l'essere divorati, la scelta può apparire semplice, forse fin troppo...
Dormirono tutti profondamente quella notte e per le tre donne il mattino seguente arrivò fin troppo presto: la rivalità tra Uthgerd e Jenassa era stata decisamente sepolta per quel viaggio, cosa che piacque a Coda Spezzata. Accompagnati dallo sguardo delle guardie del feudo, si rimisero in viaggio prima ancora che il sole si staccasse dall'orizzonte: avevano ancora molta strada da percorrere.
 
Il loro secondo giorno di viaggio fu privo di eventi degni di nota: in quella zona la pianura di Whiterun era una piatta distesa intervallata qua e là da rocce grandi quanto una forgia, vecchie pietre di un colore nero-bluastro coperte di neve e licheni giallastri. Come sempre a Skyrim, anche quel giorno faceva freddo, ma né Jenassa, né Coda Spezzata si lamentarono mai di questo, complici anche le coperte che erano a disposizioni sul retro del carro: Lydia e Uthgerd invece ci erano abituate da una vita. Fu proprio l'huscarlo ad accorgersene per prima: più di una volta, durante quella giornata che furono la Dunmer e l'Invincibile a passare in cassetta, Lydia scoprì Jenassa a guardare il suo Thane da sopra la spalla.
Quali fossero le sue ragioni per quello però, Lydia non provò a chiederle: c'era qualcosa negli occhi rossi delle genti di Morrowind, nelle iridi e sclere del colore del sangue, che rendeva difficile cercare la loro confidenza o amicizia. Anche sui Dunmer Lydia non sapeva molto in fondo: Jenassa e l'huscarlo dello Jarl erano in effetti le uniche elfe scure che avesse mai conosciuto, e data la lunga vita degli elfi erano entrambe cittadine di Whiterun da più tempo di lei. Non sarebbe stato strano in effetti, se Jenassa stessa fosse stata più vecchia di Uthgerd e Lydia messe assieme, un pensiero su cui l'huscarlo non aveva mai davvero riflettuto prima di conoscere Coda Spezzata.
In ogni caso, se la giovane donna del Nord si era accorta delle strane occhiate dell'elfa, di certo lo stesso aveva fatto anche il suo Thane: molto poco sembrava sfuggire ai suoi occhi, e poiché lui non dava segno di volersene preoccupare, per quanto più di una volta Jenassa fosse stata costretta a girare la testa di scatto per non incontrare quelli dell'Argoniano, Lydia decise di fare lo stesso. Aveva già troppo di cui preoccuparsi: quel giorno, Shearpoint era ricomparso nel loro orizzonte.
Si accamparono nella brughiera sotto le stelle e le lune quella notte, ricavando una sorta di tenda usando il carro e un masso come appoggio, e lasciando alle cavalle la possibilità di brucare lì vicino: mentre Jenassa si occupava di scovare erba e torba che non fosse troppo umida, con l’aiuto di Uthgerd Coda Spezzata scavò quella che a prima vista sembrava solo una latrina nella terra, ma sul fondo della quale accese poi il fuoco del loro campo. Questo, per evitare che fossero avvistati dalla distanza: probabilmente dall’alto sarebbero stati comunque notati, ma nella vasta pianura il loro fioco falò senza fumo difficilmente sarebbe stato visibile. Lydia invece badò alle cavalle, dando loro la libertà di una notte senza morso in bocca e basto sulla schiena, cosa che le due giumente sembrarono apprezzare:
“…Non mi sono mai piaciute le notte all’addiaccio.” esalò alla fine Uthgerd, gettando sguardi nella notte.
La loro era stata una cena silenziosa, ma almeno ora avevano lo stomaco caldo: il coniglio però, anche guarnito con verdure e frutta portata da Whiterun, riempivano al massimo il corpo, non lo spirito. Uthgerd, e anche Lydia, avrebbero preferito del montone bello grasso e succulento per riempirsi la pancia... e invece c’era solo coniglio. Tanto valeva almeno provare a scacciare lo scontento con un po’ di conversazione: l’Argoniano parlava fin troppo raramente per i suoi gusti, e anche quando lo faceva si esprimeva con una voce molto calma e quieta. Laconico come un eremita da una terra lontana:
“Ci si abitua.” rispose proprio Coda Spezzata: “…E si può insegnare a farlo.” aggiunse dopo un momento guardando Lydia, che ricambiò la sua frase con un sorriso.
La sua istruzione nella magia non era andata molto lontana: per il momento la giovane donna del Nord si accontentava di riuscire a far brillare una luce di candela la metà delle volte. Nello studio alchemico invece la sua istruzione procedeva molto più rapida: memorizzare combinazioni non era difficile, non troppo diverso in effetti dal fare manutenzione ad un arco con le sue frecce. Ripetitivo forse, ma in definitiva non troppo difficile e Coda Spezzata era una persona pragmatica nel suo modo di insegnare. Le inculcava l’essenziale e i meccanismi più superficiali della pratica, ripentendoli fino a quando Lydia non dimostrava di padroneggiarli: della teoria preferiva che fosse la giovane Nord a costruirsi la sua per il momento. Era inutile, le aveva detto, spiegare tomi di principi generali quando Lydia stessa non possedeva l’esperienza per apprezzarli. Alla Nord andava bene così per il momento:
“…Sembrerebbe però che coloro che la tenebra nasconde siano temuti da Lydia e Uthgerd allo stesso modo.” cosa che l'huscarlo ammise con un cenno d’assenso quando l'Invincibile chiese conferma a proposito:
"Gli Argoniani non hanno paura del buio?”
“Non saprei dire: cacciare nelle tenebre mi è più facile che cacciare di giorno. Lo stesso si può immaginare valga per coloro che condividono il colore delle mie squame.”
“...E tu Jenassa?”
“Lo stesso vale per me.” rispose l’elfa scura, che in quel momento stava controllando le sue spade: “…Cammina sempre nell’ombra, così che vedrai i tuoi nemici prima che vedano te: saggezza Dunmer. Inoltre…”
“Inoltre?” chiese Coda Spezzata restituendo lo sguardo di Jenassa, la quale sembrò quasi rabbrividire di fronte a quegli intensi occhi azzurri:
“Prima di stabilirmi a Whiterun, ho pensato di fare il bandito.” ammise la Dunmer senza imbarazzo: “…E non si può continuare ad accamparsi all’addiaccio, in fuga dalla legge, se si temono le tenebre.”
“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” chiese Lydia: parlare con Jenassa le era comunque più facile che parlare con Irileth, huscarlo dello Jarl Balgruuf.
Intanto perché in quel momento condividevano missione e Thane, e poi perché Jenassa non era capace di usare la magia. Cosa questa che la rendeva più simile a lei… oltre al fatto che Irileth dava l’impressione di poter uccidere senza alcun rimorso. Lo stesso valeva per Jenassa ovviamente, non era una mercenaria per niente, ma in misura minore:
“Ho deciso che mi piacevano vestiti puliti e sidro fresco.” rispose semplicemente la Dunmer, e i tatuaggi color oro che aveva in faccia sembrarono brillare stranamente nella luce del falò: “…Farò io il primo turno di guardia. Ti sveglierò tra qualche ora, Uthgerd.”
E con questo, la Dunmer si alzò in piedi rinfoderando le spade e allontanandosi dal fuoco: come il suo Thane, Lydia si accorse che anche Jenassa sapeva essere molto silenziosa.
“Tks. È per questo che nessuno è mai felice di vederti.” commentò l’Invincibile rivolgendosi alle tenebre attorno al loro falò: “…Scostante pelle di cenere.”
Insulto quello, che Coda Spezzata commentò con un soffio quasi divertito:
“Possono essere difficili da capire: forse, perché siete abbastanza simili da fraintendervi perfettamente.”
“…Non credo di capire mio Thane.” affermò Lydia, guardandolo allungare entrambi i palmi verso il fuoco: era stato durante una notte come quella che gli aveva visto ricresce un braccio…
“Sono Dunmer.” sillabò Coda Spezzata: “…Il loro passato è tenuto in grande considerazione, per quanto travagliato esso sia. Le leggende di Ysgramor e di come Skyrim stessa fu da lui fondata quando gli uomini giunsero da Atmora, impallidiscono se poste a confronto con le gesta di Nerevar e il tradimento degli Almsivi. O almeno, così si può dire dopo averle studiate entrambe.” aggiunse svelto l’Argoniano, prima che Uthgerd cominciasse a protestare: “…E mentre le tradizioni di Morrowind possano apparire simili a quelle di Skyrim, probabilmente più di ogni altra razza di mer, vi sono poche differenze così profonde da renderle le uniche cose che contano.”
Inutile cercare di riassumere in una sola notte l’era del Falso Tribunale, l’epoca di Almalexia, di Sotha Sil e di Vivec, e di come iniziò e finì per mano di Nerevar, reincarnato come Nerevarine. Superfluo cercare di spiegare perché i Dunmer adorassero ancora oggi tre principi dell’Oblivion come loro divinità principale, e perché chiamassero il trittico di Azura, Boethia e Mephala, il Vero Tribunale. Sarebbe stata necessaria la vita di un elfo per cominciare anche solo a dare un’idea della complessità delle tradizioni Dunmer a qualcuno che, come Lydia e Uthgerd, non l’aveva mai sperimentata…
Superfluo sì, e arrogante: quelle storie non appartenevano all’Argoniano.
“Si può dire che i Dunmer siano stati accecati dal loro passato: fino al punto di credere che la ragione sia generata solo dalla sofferenza dei propri antenati.”
“…Tu cosa credi, sera?” chiese la voce di Jenassa dalla parte opposta da dove l’avevano vista sparire.
Solo sforzando molto gli occhi Lydia riuscì ad intravederla: Coda Spezzata le rispose senza girare la testa.
“Che la sofferenza dei propri predecessori possa essere un’effimera saggezza al massimo.” esalò l’Argoniano, cominciando a stendersi: un compito non facile con la sua corna e la coda. Specie a causa di quest’ultima, Coda Spezzata dormiva prono, con un braccio sotto la gola per dare modo al suo volto di lucertola di non piantarsi nella terra: come Lydia aveva già notato, sotto le stelle il suo Thane dormiva con almeno una daga già nel pugno. Sembrava davvero un’enorme serpente di tenebra e oro…
Quando la giovane Nord scrutò la notte un’ultima volta cercando la forma di Jenassa, non riuscì a trovarla.
 
***
 
Lo trovarono quando il terreno sotto le ruote e gli zoccoli aveva già cominciato a salire da un po', e Shearpoint incombeva sempre più vicino.
"...Cosa credi che sia?"
"Non ne ho la minima idea n'wah."
Uthgerd fissò Jenassa e la sua pelle color cenere:
"N'wah? A lui lo chiami sera." ribatté la donna del Nord, indicando l'Argoniano che assieme al suo huscarlo stavano circumnavigando il perimetro della cosa che avevano trovato.
"Lui mi paga." rispose Jenassa.
"Sarà..." ma anche a Uthgerd era diventato evidente quanto ormai l'elfa fosse pronta a scattare ad ogni ordine di Coda Spezzata: era cominciato tutto dopo quella strana conversazione attorno al fuoco di qualche sera prima.
Strano a dirsi, da allora Jenassa sembrava più... spontanea: felice quasi, di essere lì a rischiare la vita con tutti loro e non poteva essere di certo per i semptim. Uthgerd era perplessa, ma i Dunmer erano scostanti e difficili da avvicinare come puledri non ancora domati. E in definitiva comunque, all'Invicibile importava molto poco di Jenassa ormai: più il loro viaggio continuava, più la mercenaria del Nord si scopriva a desiderare di arrivare alla meta.
L'Invincibile non era una sciocca: più gli anni passavano, più diventava lenta, i sensi si annebbiavano e ci voleva un po' di più per tirarsi in piedi, come dimostrava il modo in cui era stata ingaggiata. Morire masticati da un drago delle antiche leggende non sarebbe stato un modo niente male per andarsene, tutto sommato: una morte da vera eroe e figlia di Skyrim. E più pensava a questo, più la sensazione di appartenere a quella spedizione, all'essere stata destinata tanto tempo fa ad essere lì, si faceva più forte: la loro era una missione voluta dal fato. Per un Nord non c'era niente di meglio di una simile impresa: il suo morire in essa o sopravvivere era nelle mani degli dei, ma comunque fosse andata, uccidere un drago sarebbe stato qualcosa...
Qualcosa di cui nemmeno i Compagni avrebbero mai potuto vantarsi di aver fatto l'uguale.
Per Talos... la vecchia ferita nella sua anima, il suo terribile errore di tanti anni fa che aveva segnato così tanto la sua vita e le sue notti. Se chiudeva gli occhi, Uthgerd sentiva ancora le ossa fratturarsi sotto le sue mani... e ora, lo stesso fato che l'aveva esclusa dai suoi sogni per così tanto tempo le dava una possibilità: non quella di unirsi necessariamente ai Compagni, ma avere una storia da tramandare e delle gesta che fossero solo sue. Le veniva data la possibilità di afferrare molto più di quanto Uthgerd avesse mai osato sognare. Non avrebbe permesso a nessuno di frapporsi fra lei e la gloria questa volta, nemmeno lei stessa.
Uthgerd si stava scoprendo grata a Coda Spezzata per averla voluta con lui: una Nord grata ad un Argoniano... di certo questo avrebbe fatto ridere la sua vecchia quando e se glielo avesse raccontato.
"Spero solo che si sbrighi. C'è qualcosa di innaturale qui."
"...L'hai percepito anche tu quindi: come un brivido nell'aria. Qualche potere malvagio è all'opera in questo luogo."
"Hai già provato qualcosa di simile?"
"Qualche anno fa sono stata assunta per accompagnare dei Bretoni ad un'antica tomba Nord: volevano farsi un'idea di come fossero davvero gli antichi sepolcri di Skyrim. Spiando appena oltre la soglia, tra le tenebre e le pietre, ho percepito qualcosa di molto simile a... questo. Qualunque cosa essa sia. Sera ci saprà dire di più."
"Dici che è anche un esperto di rovine Nord?" Jenassa si concesse un sorriso di fronte alla stupidità di Uthgerd:
"La magia è più di qualche incantesimo: permette di vedere il mondo con più occhi... E osservare l'invisibile cambia sempre lo spirito. Come te, io non ho mai praticato la magia, eppure percepiamo entrambe che qualcosa è successa in questo luogo, ma lo facciamo in modo vago. Per lui deve essere molto più intenso, e allo stesso tempo chiaro." e forse anche per Lydia, se il suo modo di muoversi rivelava qualcosa a proposito. Oppure, più semplicemente, il buon huscarlo reagiva al nervosismo del suo thane.
Coda Spezzata completò lentamente la circumnavigazione della rovina che avevano trovato, e si sedette poi sui talloni per osservarla ancora: difficile capire la sua forma originale ora. Era stata costruita dagli uomini del Nord, questo era certo, ma non sembrava l'ingresso per uno dei loro sepolcri, come ad esempio le rovine di Bleak Fall Barrow, doveva aveva trovato la misteriosa pietra per il mago di corte di Balgruuf. Ciò che restava ed era stato portato in superficie, era tutto quello che ci fosse mai stato: si doveva solamente immaginare a cosa fosse servito, perché si potesse indovinarne la forma esatta. O partire all'inverso: quello che avevano davanti era un anello di pietre che aveva costituito un muro, posto però in profondità nella terra. Avrebbe potuto essere un giardino ipogeo, se non fossero stati in mezzo al niente di Skyrim, e se quelle pietre non risalissero ad almeno qualche secolo fa. Lo scorrere degli eoni aveva compattato quei sassi in modo molto regolare: erano lì da molto. Una fossa quindi? Un buco scavato nella terra per gettarvi tutti i corpi di una battaglia dimenticata? Eppure... i muri erano stato inclinati verso l'interno, una precauzione che sembrava inutile nel caso di una tomba. Qualunque cosa fosse stata messa lì dentro, gli antichi Nord non volevano che uscisse fuori: tuttavia, pareva che dopo secoli qualunque cosa fosse stata imprigionata, avesse finalmente avuto la sua libertà. Il terreno era smosso e scavato dall'interno: qualcosa era uscito, svellendo il coperchio e le pareti della sua...
"...Una prigione. Si è trattato di una prigione."
"Mio Thane?"
"Lydia... gli antichi Nord di un tempo, come uccidevano i draghi?"
"Non lo facevano. I draghi sono immortali mio Thane. Quando era possibile, li imprigionavano." come del resto testimoniava il teschio sopra il trono dello Jarl...
"E se non era possibile? Se un Drago cadeva in mezzo alla pianura?"
"Allora... fuggivano prima che risorgesse?" provò Lydia.
"Oppure... veniva costruita una prigione nella terra, per impedire loro di farlo. E ora, dopo ere, è stato liberato da qualcuno o da qualcosa. Ecco da dove è arrivato il drago avvistato a Shearpoint. Non dal cielo. Ma dalla terra. Sono state mai viste rovine simili a queste per il feudo?"
"No, mio Thane."
"Mhsaa... almeno non ci si dovrà preoccupare di draghi che spunteranno nella pianura come Hist."commentò Coda Spezzata, lasciando cadere una delle pietre che aveva raccattato.
Non valeva la pena provare a spiegare a Lydia il resto, tuttavia c’era… un’eco, un’ombra, di qualcosa che aveva già provato da quando era arrivato a Skyrim. Il drago nero che aveva distrutto Helgen, e le profondità della tomba Nord vicino a Riverwood, dove era stato eretto quello strano muro in cui le parole gli erano apparse fatte di luce… entrambi quei prodigi condividevano un legame con questo luogo. C’era un filo conduttore che li legava tutti, ma quale fosse, Coda Spezzata ancora non riusciva a comprenderlo.
Il drago nero… curioso che nessuna altra città fosse stata attaccata dopo Helgen: distruggere quel luogo non era sembrato costare molta fatica a quel Dovah...
Coda Spezzata si alzò di scatto: si rese conto di aver appena pensato in una lingua che non aveva mai appreso.
Come poteva essere? Nessuno dei testi che aveva consultato avevano mai parlato di questo: se davvero lui era un Sangue di Drago, le leggende tramandavano che avrebbe dovuto impossessarsi solo della forza dei… Dovah. Qualcosa di sottilmente inquietante: perché se uccidere un drago aveva già piantato in lui parole senza che se ne fosse accorto, cosa sarebbe stato della sua mente quando ne avesse sconfitti dieci? O cento?
Per un uomo o un elfo, l’idea di perdere la propria identità avrebbe potuto scuotere l’animo… ma poiché lui era un Argoniano, la stessa paura non riuscì ad insinuarsi nella sua mente. Gli Argoniani si consideravano al pari di una fiasca: se anche il liquido che lo riempiva poteva cambiare, il contenitore non si sarebbe rotto, né avrebbe traboccato. Coda Spezzata si divertì ad immaginare al massimo come sarebbe potuto cambiare: nessun Saxhleel aveva mai avuto ali o sputato fuoco. Ma rispetto ai camminatori di terra asciutta, lui era già a metà del viaggio...
“Mio Thane? Stai… sorridendo?”
“Sì. E No. Cambiare è l’unica costante di questo mondo Lydia: lo si tenga bene a mente.” e detto questo, l’Argoniano voltò le spalle al sepolcro del drago che stavano andando ad uccidere di nuovo. Con un po’ di fortuna, definitivamente questa volta.
“…Quanto ancora per Shearpoint?” chiese Coda Spezzata una volta tornato al loro carro.
Jenassa guardò Uthgerd, la quale ponderò la domanda attentamente:
 “Le pendici o la cima?”
“La cima.”
“Due giorni.”
“Si faccia in modo di arrivarci all’alba. E a piedi: sarebbe meglio non annunciare il nostro arrivo e desiderio di combattere, se non con frecce avvelenate.”
“Che motivo c’è per questo?”
“Tenebre e luce sono osservate con la stessa chiarezza da un drago. Nel tempo in cui le ombre si allungano, al crepuscolo, potrebbe esistere per noi una possibilità.”
“Credi davvero che potremmo sconfiggere un drago, sera?”
“Perché no? Uno è già caduto. È tempo che anche Lydia, Uthgerd e Jenassa siano messe alla prova da questa leggenda.”
E quello strano quartetto di opposti, di persone così diverse tra loro, si scoprì unita per la prima volta da quando era cominciato quel viaggio, nell’intento comune non solo di raggiungere Shearpoint e brillare nella gloria, ma anche magari di tornare da esso. Sentimento quest’ultimo, condiviso perfino dalle loro cavalle: montando sul carro, Lydia realizzò che non era mai stata così lontana da Whiterun, e che allo stesso tempo, mai le era importato così poco.

Sono una persona cattiva per aver fatto finire qui questo capitolo e  questa raccolta?
Spero di no. La ragione per questo, è che Saraan Sul, non vuole essere il racconto delle gesta del prode Dovahkiin, ma l'inizio delle sue avventure, in cui lo straordinario e il prodigioso sono ancora eccezzioni alle sue giornate. Spero che questa storia vi sia piaciuta nonstante quanto raramente l'abbia aggiornata, ma d'altro canto, volevo scrivere davvero un altro capitolo su Coda Spezzata e rubando piccoli momenti nel tempo, sono riuscito a mettere insieme questo capitolo in... molto, troppo tempo. La vita reale è davvero un crudele tiranno :)
In ogni caso, spero davvero vi sia piaciuto. Bye!

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