Il college sulla collina

di Sonomi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le apparenze ***
Capitolo 2: *** Quando si è soli ***
Capitolo 3: *** Come back ***
Capitolo 4: *** Ricordati di me ***
Capitolo 5: *** Il prossimo sarai tu ***
Capitolo 6: *** A qualunque costo ***
Capitolo 7: *** La settimana dopo ***
Capitolo 8: *** Le lacrime bruciano ancora ***
Capitolo 9: *** L'altra faccia della medaglia ***
Capitolo 10: *** Back to the past ***
Capitolo 11: *** Dolore al presente e al passato ***
Capitolo 12: *** Fra le tue braccia ***
Capitolo 13: *** Dietro la maschera ***
Capitolo 14: *** La normalità.. O quasi ***
Capitolo 15: *** Ricominciare insieme ***
Capitolo 16: *** A terra ***
Capitolo 17: *** Verità dolorose ***
Capitolo 18: *** Let out the beast (parte 1) ***
Capitolo 19: *** Let out the beast (parte 2) ***
Capitolo 20: *** Escape ***
Capitolo 21: *** Muoversi nel passato e fra gli Stati ***
Capitolo 22: *** Quando presente e passato si accostano ***
Capitolo 23: *** Famiglia ***
Capitolo 24: *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
Capitolo 25: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 26: *** Solo tre parole ***
Capitolo 27: *** L'aria sapeva di libertà ***



Capitolo 1
*** Le apparenze ***


Due mesi prima.
 
Fissava le pareti della stanza senza vederle realmente, cercando di captare ogni piccolo rumore. L’unica cosa che sentiva era il suo flebile respiro.
Le luci al neon del lampadario rendevano l’atmosfera circostante molto ospedaliera, e quel paragone non fece altro che accrescere l’ansia dentro le sue membra.
Non sapeva come mai, ma la sola idea che quella camera potesse sembrare un ospedale lo terrorizzava abbastanza. 
Guardò impotente la porta sbarrata davanti a lui, per poi lasciar scivolare gli occhi sulla scarsa mobilia che lo circondava: un comò di medie dimensioni, un traballante tavolino di mogano e una sedia inutilizzata, considerando che era seduto sul pavimento freddo.
Ingoiò l’aria, aspettando che qualcosa accadesse. Ma non succedeva niente da almeno cinque giorni. 
Uscirò mai di qui?

 

 
1.
Le apparenze.
 
Huang Zitao si riteneva un ragazzo molto intelligente. Intelligente e perspicace.
Per quel motivo non ci aveva messo molto a capire che il principale motivo per cui i suoi genitori lo avevano sbattuto davanti al portone di quel college era un semplice “non ti vogliamo fra i piedi”.
Come se la cosa avesse potuto turbarlo. Era sicuro che stare lì dentro l’avrebbe sicuramente reso più felice che stare dentro casa.
Eppure in quel momento, guardando quelle pareti grigio scuro e quell’aria un po’ triste da cimitero di campagna, pensò involontariamente che forse stare a casa con mamma e papà non fosse proprio una brutta cosa. Prese titubante la maniglia della sua valigia nera, nera come tutto quello che lo riguardava, dai vestiti, al colore dei capelli a quello degli occhi, e salì i gradini corrosi dal tempo fino a ritrovarsi davanti all’ingresso.
Il portone in legno scuro, che a una prima occhiata sembrava avere almeno una cinquantina d’anni, dava l’impressione di poter crollare o spaccarsi in due da un momento all’altro, eppure Zitao era convito che fosse più resistente di quanto facesse credere. Due pesanti battenti a forma di leone, tipici delle case ottocentesche, stavano proprio al centro donando nel complesso uno stile tipico inglese.
Stile che il ragazzo si sorprese di ritrovare in quella zona di Seoul. 
Con un moto di nervosismo afferrò uno dei due battenti e lo fece scontrare contro la porta, attendendo che qualcuno, sempre che ci fosse anima viva lì dentro, venisse ad accoglierlo.
E “quell’anima viva” ci mise cinque secondi a sbucare dall’ingresso: Zitao si ritrovò a fissare una donna minuta e dall’aria smunta. I capelli, oramai per la maggioranza bianchi, le circondavano il volto dai tratti spigolosi; gli occhi, leggermente infossati, sembrano due pezzi di marmo freddo; i vestiti che portava davano l’impressione di essere una taglia più grandi, ma ciò non toglieva che fossero totalmente in simbiosi con lei. Erano grigi, quel grigio triste molto simile a quello delle pareti del college, e sembrano quasi avere la stessa età della donna.
Zitao la osservò ancora per un momento, indeciso se prendere i suoi averi e andarsene o aspettare che la signora dicesse qualcosa. In tutta sincerità cominciava ad essere propenso per la prima opzione. 
-Huang Zitao?- proferì quella, con una voce sottile e abbastanza stridula. Il ragazzo annuì lentamente, guardando smarrito il sorriso decisamente poco carino che la donna gli stava rivolgendo.
-Ti stavamo aspettando. Io sono Choi Hye Mi, benvenuto nel nostro caloroso college- 
Caloroso? Zitao sollevò le sopracciglia, lanciando l’ennesima occhiata all’edificio. Il suo concetto di “caloroso” era decisamente diverso da quello che intendeva quella signora. 
-Prego, entra pure- aggiunse quella facendosi da parte. Il giovane si fece lentamente strada all’interno, e sentì un nodo allo stomaco quando la porta venne richiusa alle sue spalle.
L’ambiente attorno a lui era decisamente vittoriano. L’ingresso, illuminato dalla luce dei lampadari in cristallo, era un enorme ammasso di mobili in mogano e divani di velluto rosso, che andavano a circondare il grande camino acceso. Quadri che sembravano riprodurre eventi della Rivoluzione Francese occupavano le pareti quasi interamente, lasciando poco spazio alla carta da parati color panna sporca.
-Come potrà notare, il nostro college è molto..- iniziò la donna.
-Vecchio?- la interruppe involontariamente Zitao.
-Antico. Si troverà bene qui con noi, signorino Huang-
-Oh, ne sono sicuro..- sussurrò il ragazzo più a se stesso che alla signora, quasi tentando un’opera di auto convincimento, continuando a guardarsi intorno con fare circospetto. 
-La prego di seguirmi al piano successivo, signorino Huang. Credo sia il caso che si sistemi nella sua stanza- disse Hye Mi con un tono quasi cantilenante, che Zitao trovò abbastanza inquietante.
Se non fosse stato per il fatto che il giovane si reputava una persona coerente e realistica, avrebbe sicuramente pensato di trovarsi in una casa degli orrori. Ma quello era il mondo reale. Era solamente incappato in un ambiente un po’.. particolare, ecco.
Seguì mesto la donna lungo uno dei tanti corridoi che partivano dall’ingresso, andando a sbucare in un’ampia scalinata dai gradini di marmo. Quella zona del college era leggermente più ‘moderna’ della precedente, anche se quel termine era troppo azzardato. Tutta la scalinata era percorsa da un tappeto nero cosa che lasciò Zitao leggermente sorpreso. Effettivamente, considerando l’epoca in cui l’edificio era stato costruito e l’arredamento che aveva visto fino a quel momento, si aspettava che il tappeto fosse rosso come tutto il resto. Forse gli odierni proprietari avevano semplicemente voluto smorzare.
Le scale terminavano in un altro corridoio, costellato da almeno una decina di porte in legno chiaro. Il tappeto nero si estendeva anche su quel pavimento, continuando poi in altre due diramazioni, facendo intendere che il corridoio, al termine, aveva altri due sbocchi. 
-Le stanze degli studenti sono decisamente più.. Sofisticate del resto dell’edificio. I proprietari del college hanno pensato che dei giovani come voi potessero sentirti vagamente intimoriti da un ambiente così illustre, per cui hanno apportato determinate modifiche- spiegò la donna, fermandosi davanti alla porta con il numero quattro sopra. -Questa è la sua stanza. Attualmente sarà solo lei ad occuparla. Il suo coinquilino arriverà qui fra due giorni- aggiunse poi amorfa. Hye Mi fece scattare la maniglia e si fece da parte. La stanza che apparve sotto gli occhi di Zitao sembrava venire da un altro mondo. Le pareti bianche erano in perfetta sintonia con i mobili di legno chiaro, di taglio moderno. Due letti, sormontati da trapunte color panna, erano a lato, affiancati da due comodini. Una tv al plasma era situata dalla parte opposta ai materassi, ed era circondata da due poltrone in pelle nera. 
-Ah- proferì Zitao sbalordito.
-Già. Si sistemi con calma, signorino. La cena sarà servita fra due ore- affermò la donna dando un’occhiata veloce all’orologio a muro. Segnava le 17:30. E con quelle parole, Hye Mi si chiuse la porta alle spalle, lasciando Zitao solo nella camera. La prima cosa che fece fu spalancare i pesanti tendaggi bianchi dalla porta finestra. Aveva persino un piccolo balcone. Poi lentamente trascinò la sua valigia al centro della stanza e iniziò a svuotarla con gesti lenti e meccanici. Si appropriò di uno dei due armadi e lo riempì con i suoi effetti personali, lasciando fuori solamente il pigiama, che poggiò sul letto. “Ecco fatto”, sussurrò a se stesso, gettandosi su una delle poltrone. Afferrò simultaneamente il telecomando della tv e l’accese sulla rete locale, guardando un drama di scarso interesse. Quel particolare lo fece ripiombare nel suo secolo, che aveva decisamente l’impressione di aver abbandonato varcando la porta del college. Quasi ne fu sollevato. L’episodio del telefilm terminò verso le 19, giusto in tempo per permettere a Zitao di darsi una rinfrescata prima di scendere a cena. Il bagno si trovava dietro una porta in legno plastificato: la stanza era piccolina, ma abbastanza spaziosa per due persone. Il lavandino e lo specchio si trovavano davanti alla doccia, affiancati da un mobiletto chiaro e dal bidet. Zitao prese a lavarsi vigorosamente il volto, lavando via quella poca stanchezza che lo aveva colto. Osservò la sua immagine riflessa e si chiese cosa sarebbe successo da quel momento. In tutta sincerità, sperava di farsi degli amici. L’idea di passare lì dentro nove mesi da solo lo terrorizzava più di quella strana signora. E poi c’erano le lezioni: come sarebbero state? 
Con quelle domande si cambiò la maglietta velocemente, indossandone una color marrone scuro. Si guardò ancora una volta allo specchio, sorridendosi per incoraggiamento, e lasciò la sua stanza sbucando in corridoio. In quel momento la porta davanti a quella della sua camera si spalancò, e si trovò davanti due giovani. Quello sulla destra era leggermente più basso di lui: i capelli neri, che alla luce sembravano avere una sfumatura rossastra, incorniciavano un volto dai tratti dolci e gentili; gli occhi scuri erano vivaci e allegri. Il ragazzo a sinistra sembrava un angioletto. I capelli color caramello mettevano i risalto la pelle diafana; la sua espressione aveva un che di fanciullesco e Zitao ebbe l’improvvisa voglia di strapazzarlo. 
-Oh- affermò il “ragazzo-di-destra” con un sorriso da mozzare il fiato. -Tu devi essere la nuova recluta- continuò avvicinandosi di qualche passo. 
-Sono Joonmyun. Benvenuto nel college.. Anche se ammetto che forse ‘benvenuto’ è una parola un po’ fuori luogo- scherzò il giovane con una risata. Zitao sorrise, stringendogli la mano.
-Zitao, piacere-
-Io sono Luhan- affermò il “ragazzo-di-sinistra” con una dolcezza da diabete e aumentando la sua aura serafica. 
-Vieni a cena con noi?- domandò Joonmyun. -Vedrai, sarà divertente-
Zitao annuì leggermente e seguì i due giovani lungo le scale, poi per due corridoi intrecciati, e capì che per orientarsi in quel college avrebbe dovuto chiedere a qualcuno una sottospecie di cartina. La sala da pranzo era in totale affinità con il resto dell’edificio. Si capiva chiaramente che la modernità stava solo all’interno delle camere degli studenti. L’enorme stanza era occupata da una decina di tavoli rettangolari di due metri ciascuno, e per metà erano già invasi da studenti. Zitao si sorprese di vedere così tanta ‘vita’ di colpo, e quel particolare lo aiutò a sollevarsi un po’ il morale. Forse si era fatto troppo condizionare dal tempo cupo e dallo stile della casa. Continuò a seguire Joonmyun e Luhan per tutta la stanza, fino a quando non giunsero ad un tavolo occupato da altre due persone. Questi alzarono gli occhi al loro arrivo e Zitao non poté fare a meno di osservarli attentamente. Uno di loro aveva i capelli molto simili a quelli di Joonmyun, tranne per il fatto che erano portati leggermente mossi; le orecchie del giovane, che spuntavano leggermente dalla chioma, erano vagamente a punta, cosa che gli donava un’aria da ‘elfo dei boschi’; il sorriso che stava rivolgendo loro gli procurava due graziose fossette ai lati della bocca. 
L’altro ragazzo era decisamente molto affascinante. I capelli biondo scuro incorniciavano un volto dalla bellezza disarmante e particolare, e anche da seduto si capiva perfettamente che doveva essere altissimo; le mani, portate all’altezza della bocca, erano affusolate e con un che di delicato; il suo sguardo era qualcosa di micidiale. 
-Yixing, Yifan, questo è Zitao, nuova recluta!- presentò Joonmyun allegro, sedendosi accanto a quello che aveva indicato come “Yixing”. Quest’ultimo gli regalò un bellissimo sorriso, mentre Yifan lo salutò con un cenno della mano. Zitao si sedette affianco a Luhan e la cena cominciò, nel totale silenzio. 
-Allora Zitao, parlaci di te!- iniziò Yixing servendosi delle patate arrosto da un vassoio. 
-Cosa vorreste sapere?-
-Per esempio da dove vieni, quanti anni hai..-
-Sono nato in Cina, ma mi sono trasferito con la mia famiglia a Seoul quando avevo sette anni. Attualmente ne ho venti-
-Venti?- ripeté sbalordito Luhan. -Te ne davo almeno ventidue. Sei il più piccolo qui- continuò poi con un risata.
-Già, è vero- annuì Joonmyun. -Io e Yifan ne abbiamo ventidue, Luhan ventitre, e Yixing ne deve fare ventidue. Effettivamente Yifan sta andando per i ventitre- 
-Quindi adesso abbiamo il nostro maknae!- ridacchiò Yixing spingendo il vassoio della carne verso Zitao. -Su mangia, non vorrai deperirti- 
La cena continuò parlando del più e del meno, della vita dei presenti e del college. A quanto sembrava le lezioni non erano poi così male e agli studenti era permessa un’uscita settimanale nel centro di Seoul. Quella notizia fu una manna per Zitao, che già si immaginava a passare l’inverno in quel palazzo senza mettere fuori il naso neanche una volta. Yixing, Joonmyun e Luhan presero a raccontargli le mirabolanti avventure della loro esistenza, mentre quel Yifan se ne stava in silenzio, mangiando con calma e ascoltando quello che i suoi amici dicevano con sguardo disinteressato. Ogni tanto quelli lo punzecchiavano, cercando di farlo entrare nei discorsi, ma lui con un’alzata di spalle e poche parole liquidava ogni misero tentativo. Da ciò che aveva capito, quello era il carattere di Yifan: silenzioso, calmo, un po’ misterioso. Ma un buon amico. 
La cena terminò verso le 20:30. Il coprifuoco era verso le undici quindi tendenzialmente dopo il pasto i ragazzi si ritrovavano insieme in una camera a chiacchierare. Zitao scoprì che Yixing e Yifan, che erano ‘coinquilini’, stavano a poca distanza dalla sua stanza. Perciò seguì i suoi nuovi amici verso il piano superiore, annunciando che per quella sera sarebbe andato a dormire presto. Salutò tutti e si fiondò in camera, spogliandosi mentre si dirigeva verso il bagno. Si fece una doccia veloce, per poi infilarsi il pigiama e guardare con occhi adoranti il letto. Camminò a piedi scalzi per la stanza, soffermandosi con lo sguardo sulle tende aperte. Prima di chiuderle aprì leggermente la portafinestra, sgusciando nel terrazzo. L’aria fresca di fine settembre lo colpì in pieno, facendolo rabbrividire. Con stupore notò che il balcone percorreva tutta la facciata dell’edificio, mettendo in comune alcune camere. Da quella prospettiva non si vedevano altro che alberi, e Zitao immaginò che con la neve quel posto fosse uno spettacolo. Perso in quelle congetture non si rese conto dei passi affianco a lui. 
-Ehi- disse una voce alle sue spalle. Il ragazzo sobbalzò, girandosi di scatto e ritrovandosi davanti la faccia di Yifan, anche lui in pigiama. 
-Ehi- ripeté Zitao, sorpreso.
-Giro turistico?- domandò secco Yifan, indicando il terrazzo. 
-Chiamiamolo così- 
-Mmm-
Yifan si appoggiò con i gomiti alla ringhiera, guardando gli alberi oscillare al vento. 
-Non hai.. Sonno?- chiese Zitao titubante, non sapendo se parlare o rimanere zitto. 
-No- 
-Mmm-
Silenzio.
-Zitao?-
-Si?-
-Posso darti un consiglio?- 
Il ragazzo fissò sorpreso il giovane al suo fianco, rimanendo spiazzato da quella richiesta.
-Certo..-
-Non rilassarti troppo, in questo posto. Non abbassare mai la guardia. Ricordalo- e con quelle parole Yifan si staccò dalla ringhiera e lo guardò per un attimo.
Poi, con un cenno della mano, gli voltò le spalle e lasciò Zitao basito, cullato dalle leggere folte del vento. 


Sonomi's home:
Buonasera, considerando che è tardissimo ò.ò Sono tornata, questa volta con una long un pochetto inquietante ahah :) volevo fare due annuncetti-etti-etti prima di andare a riposare le mie membra(?) Prima di tutto, ci tengo a dire che la frequenza di pubblicazione sarà circa una volta, massimo due, a settimana ç___ç seconda cosa, spero vivamente che questa storia possa piacervi :3 non sono di molte parole, quindi ci vediamo/leggiamo al prossimo aggiornamento :)

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Capitolo 2
*** Quando si è soli ***


Piccola comunicazione: il titolo della FF passerà dal "College degli orrori" a "Il college sulla collina". Meno macabro ùù


2.
Quando si è soli.
 
 
Zitao aprì gli occhi quando ancora il sole doveva spuntare da dietro il bosco. L’orologio a muro della sua stanza segnava le cinque spaccate e si domandò mentalmente per quale astruso motivo doveva essersi svegliato a quell’ora.
Cercò con lo sguardo la fonte di un possibile rumore, perché era sicuro che fosse quella la causa. Aveva un sonno dannatamente leggero che anche il minimo scricchiolio era capace di strapparlo senza ritegno dalle braccia di Morfeo.
Con una smorfia scostò le coperte in un gesto brusco e scese dal letto, andando a spalancare le tende della portafinestra. Il cielo iniziava a schiarirsi all’orizzonte, anche se effettivamente di orizzonte ne vedeva ben poco con tutti quegli alberi davanti. 
Stiracchiandosi i muscoli delle braccia ed esibendosi in un evidente sbadiglio, andò in bagno e si infilò velocemente sotto la doccia. Tentare di provare a riaddormentarsi sarebbe stato inutile. Peccato che fosse domenica, avrebbe potuto riposare ancora qualche ora.
Il getto tiepido dell’acqua svegliò la sua mente ancora leggermente assopita, portandolo a passare in rassegna tutti gli eventi accaduti il giorno precedente.
Rivide il volto sorridente di Joonmyun e quello serafico di Luhan, fino a risentire nelle orecchie le parole che Yifan gli aveva rivolto prima di andare a letto. Aggrottò le sopracciglia, cercando di trovare il nodo del pettine. In tutta sincerità stava iniziando a pensare che quel ragazzo avesse avuto solamente voglia di spaventarlo un po’. Giusto..?
Uscì dal bagno in accappatoio, buttandosi sul letto con ancora i capelli totalmente fradici. Non aveva la minima idea di quello che avrebbe fatto in quella giornata. Aveva più di dodici ore di totale libertà da spendere in qualche modo e il primo pensiero fu quello di andare a bussare alla camera di Joonmyun e Luhan. Di certo non a quella di Yifan e Yixing, vedere il giovane biondo era all’ultimo posto nella lista dei suoi interessi al momento. Sapeva che la colazione sarebbe stata servita alle otto quindi se la prese con calma, scegliendo con cura i vestiti da mettere. Optò per una maglietta beige e un paio di pantaloni neri, che nel complesso gli davano un’aria curata ma non troppo elegante. Infilandosi una felpa pesante uscì nel terrazzo e si mise a fissare il bosco. Il sole iniziava a farsi vedere, portando con sé un po’ del suo calore. Si prospettava una giornata abbastanza mite e si chiese se fosse possibile agli studenti scendere in cortile. Da lì si poteva intravedere l’enorme prato dietro alla villa, e scommise che d’estate quel luogo doveva avere un che di magico.
Se non ricordava male, in effetti, agli studenti che abitavano lontano da casa era permesso fermarsi al college anche durante i periodi festivi. Forse avrebbe potuto farlo anche lui. 
Un rumore alla sua destra catturò la sua attenzione e si voltò di scatto. La figura di un giovane alto e dai capelli scuri gli stava sorridendo gentilmente, e non poté fare a meno di sorridere a sua volta. 
-Zitao, cosa ci fai in piedi? Non sono nemmeno le sette-
-Ciao Yixing. Potrei dire lo stesso di te- 
-Sono abbastanza mattiniero. A differenza dell’essere con cui condivido la stanza..- commentò il nuovo arrivato roteando gli occhi. -Ma tu? Credevo che ieri fossi abbastanza stanco da concederti una bella dormita-
-Ho il sonno leggero. Qualche rumore deve avermi svegliato- spiegò Zitao con un’alzata di spalle. Yixing annuì comprensivo e si appoggiò alla ringhiera. Un timido raggio di sole raggiunse il terrazzo, andando a colpire il volto del giovane. I capelli assunsero una sfumatura rossastra e Zitao sorrise. 
-I tuoi capelli sono seriamente simili a quelli di Joonmyun- proferì divertito, e Yixing rise. 
-Lo so- sussurrò dolcemente gettando la testa all’indietro come a voler guardare il cielo. -Io e Joonmyun ci somigliamo in molte cose, a dire il vero- continuò poi.
-Vi conoscete da molto?-
-Abbastanza da poter dire che ci sono poche persone al mondo come lui. Se non esistesse dovrebbero invertarlo- 
-Devi volergli molto bene- 
Yixing sorrise di nuovo e guardò Zitao con uno sguardo che il ragazzo definì triste.
-Forse gliene voglio fin troppo- ammise con una mezza risata. -Ma non importa. Saranno le sette passate, meglio svegliare quel’orso del mio coinquilino. Ci vediamo a colazione Zitao- e con quelle parole Yixing sparì dalla sua portafinestra, chiudendosela alle spalle. 
 
Trovare la sala ristoro non fu difficile come immaginava: forse la cartina alla fine non sarebbe servita. Si trascinò verso il tavolo in fondo della sera precedente e ci si sedette, aspettando che arrivasse qualcuno delle sue nuove conoscenze a tenergli compagnia.
Nel giro di cinque minuti vide Luhan attraversare l’ingresso insieme agli altre e fece segno loro di raggiungerlo. Si accomodarono intorno a lui con degli enormi sorrisi stampati sulla faccia, tutti tratte Yifan che si sedette con un cenno del capo nella sua direzione. Beh, classico. 
-Buongiorno Zitao- esclamò Luhan infilando in bocca un pezzo di pane tostato e salutandolo con la mano in contemporanea. 
-Hai passato una buona nottata? Yixing ci ha detto che ti sei svegliato presto stamane- chiese Joonmyun dolcemente, versando nella sua tazza un po’ di latte caldo. Tipica colazione occidentale. Zitao annuì e imitò i suoi amici, iniziando a servirsi con del the.
-Oggi passiamo da Jongdae?- propose di colpo Yixing, e il ragazzo scommise che al suo fianco Luhan si era irrigidito leggermente.
-Uhm, si..- borbottò quest’ultimo titubante, lanciando un’occhiata carica di significato a Joonmyun. Quello sospirò, mescolando i cereali. Zitao rimase leggermente sconvolto dal cambio di atmosfera improvviso e rimase due minuti buoni a fissare gli amici in silenzio, senza avere il coraggio di chiedere nulla. 
-Forse dovreste spiegare a Zitao chi è Jongdae..- affermò secco Yifan, totalmente indifferente. -Oppure aspettare che lui indovini da solo-
-Ti sei svegliato male stamattina, Yifan?- ribattè infastidito Luhan, sbattendo leggermente la mano sul tavolo. 
-Basta, per favore!- 
Joonmyun si era alzato dalla sedia e fissava tutti con i suoi occhi profondi. Zitao non sapeva cosa dire. Dov’era finita l’aria pacifica di Luhan, così di colpo? E chi era questo Jongdae, da far si che scoppiasse una discussione?
-Perdonaci Zitao, ma quando si tratta di Jongdae perdiamo un po’ tutti la pazienza..- si scusò Yixing, grattandosi nervosamente la testa. 
-Chi sarebbe?-
-Kim Jongdae è.. Un nostro caro amico- iniziò Joonmyun sistemandosi il colletto della maglia. -Studia in questo college con noi da.. Due anni circa. E’ un ragazzo d’oro, simpatico, vivace e sempre disponibile. O almeno lo era..- 
-Diciamo che non sta passando un bel periodo, purtroppo- continuò Luhan. -Due mesi fa.. Il suo ragazzo, Minseok, è scomparso nel nulla- 
-Come sarebbe a dire ‘scomparso’?- domandò Zitao spalancando gli occhi.
-Minseok veniva in questo college assieme a noi e a Jongdae. Si sono conosciuti qui circa otto mesi fa. Ma poco prima del termine delle vacanze estive Minseok è scomparso. Volatilizzato nel nulla. La polizia si è mobilitata all’istante, ma ancora adesso non si ha nemmeno una notizia- 
-Da quel giorno Jongdae non si fa mai vedere. Esce dalla sua camera solo per le lezioni. Per questo ogni domenica andiamo da lui.. Vogliamo accertarci che stia bene- spiegò ancora Joonmyun. -Non passa giorno in cui noi speriamo che la polizia ci chiami e dica ‘è qui con noi, l’abbiamo trovato’- 
-La polizia non lo troverà mai- disse secco Yifan scattando in piedi. -Non può trovarlo- 
E con quelle parole si allontanò dal tavolo, uscendo dalla sala quasi di corsa. Luhan sospirò forte e posò il mento sulle braccia. 
-Yifan è rimasto.. Molto colpito dalla scomparsa di Minseok. Erano parecchio amici, ancor prima che arrivasse qui al college- borbottò il ragazzo. 
-Non è una bella situazione..- commentò Zitao. Non avrebbe mai immaginato che dietro a quelle persone così sorridenti si potesse celare una storia tanto triste. Guardò il cibo nella sua tazza e lo scostò di lato, lo stomaco chiuso. All’improvviso sentì la malsana voglia di vedere quel Jongdae, dirgli che sarebbe andata tutto bene. Anche se in realtà nulla stava andando per il verso giusto.
-Se vuoi.. Puoi venire con noi. Penso che gli farà piacere conoscere qualcuno di nuovo- propose Yixing con un sorriso, e Zitao annuì cogliendo la palla al balzo. 
-Allora andiamo, sarà sicuramente sveglio- 
 
Kim Jongdae occupava la camera 27. Da solo. Il gruppo si trovava fuori da quella porta, titubante, e quasi tremarono quando Joonmyun bussò tre volte sulla superficie in legno. Entro pochi secondi sbucò sulla soglia un ragazzo dai tratti dolcissimi. I capelli, sul marrone scuro, incorniciavano un volto delicato; gli occhi, dal taglio spettacolare, erano di una profondità incredibile e Zitao scommise che nei giorni in cui Jongdae aveva ancora Minseok affianco dovevano essere di una bellezza disarmante; il corpo era fasciato da una tuta blu notte. Le labbra del giovane si tesero in un sorriso carico di malinconia.
-Ragazzi, siete passati anche oggi- disse. Zitao rimase basito dalla sua voce: era melodiosa, quasi ‘da fiaba’.
-Jongdae..- sussurrò Joonmyun facendo un passetto avanti e abbracciandolo stretto. -Come stai?-
-Sto come la settimana scorsa, come quella prima e come quella prima ancora. Sto bene, Myun. Davvero- sospirò Jongdae facendosi da parte per farli entrare. Zitao si fece piccolo piccolo in mezzo agli amici, cercando di passare inosservato. Aveva la netta sensazione di essere di troppo.
-E tu chi sei?- 
Quell’improvvisa domanda lo scosse dai suoi pensieri e guardò il ‘padrone di casa’ fissarlo con un sorriso. 
-Zitao.. Sono arrivato ieri-
-Benvenuto nel nostro college. Io sono Jongdae, ma immagino che tu lo sappia già- 
Zitao annuì leggermente e si sedette sul letto del giovane assieme al resto del gruppo. 
-Allora, qual buon vento vi porta qui?- domandò il ragazzo appollaiandosi su una delle poltrone e attendendo che qualcuno aprisse bocca.
-Volevamo solo tenerti compagnia- affermò Yixing senza tanti rigiri di parole e Zitao osservo i dolci tratti di Jongdae indurirsi leggermente.
-Ragazzi, apprezzo il vostro gesto, ma non ho bisogno di un’occhiata di supervisione. Non sono un bambino di cinque anni, posso cavarmela anche da solo- 
-Se fosse davvero così potresti mettere anche il naso fuori da questa camera di tanto in tanto!- ribattè Luhan alzandosi e afferrando le mani dell’amico. -Ti prego Jongdae- 
Quest’ultimo scosse la testa e sospirò.
-Non credo di portecela fare-
-Stare qui dentro non aiuta di certo!-
-Non potete capire!- soffiò secco il ragazzo allontanandosi dalla presa di Luhan e iniziando a camminare per la stanza. -Se siete venuti a farmi la predica potete anche andarvene-
Zitao osservò lo sguardo di Jongdae, e gli occhi gli si inumidirono quasi nel vedere quanto trasudasse sofferenza.
-Hai ragione, non possiamo capire- disse all’improvviso, titubante. -Ma.. Cerca di sforzarti un pochino. Non ci conosciamo, ma sono sicuro che hai abbastanza forza di volontà da mettere un piede fuori dal baratro, Kim Jongdae- 
Si alzò da letto e fece un piccolo inchino, osservando poi come il giovane lo stesse guardando sbalordito.
-Con permesso, vi lascio soli-
E con quelle parole uscì dalla stanza, catapultandosi in corridoio. Prese a camminare lentamente, le mani in tasca, pensando al volto smarrito di quel Jongdae.
Non osava immaginare cosa si provasse nel perdere così all’improvviso la persona amata, senza un perché, un ‘ciao’, un addio. Era un dolore inaccettabile.
Ripensò anche all’espressione di Yifan e si domandò anche cosa significasse perdere un amico. Lui non aveva mai avuto amici stretti su cui contare. Non poteva capire nemmeno quello. 
Si ritrovò in batter di ciglia dalla porta della sua camera e la trovò inspiegabilmente socchiusa. Dall’interno si sentiva chiaramente una marmaglia di rumori e non ci mise molto a spalancare l’ingresso e a entrare nella stanza: davanti a lui, piegato a sistemare delle maglie sul letto destinato al coinquilino, c’era un ragazzo. I capelli erano neri come la notte, la pelle era tendente a una tonalità più scura, abbronzata; dalla soglia poteva notare i tratti spigolosi del viso, le labbra piene. Lo sconosciuto alzò la testa di scatto, probabilmente avendolo sentito entrare e gli sorrise timido.
-Ciao..- 
-Chi sei?- domandò Zitao grattandosi la nuca.
-Il tuo nuovo compagno di stanza. Perdona il mio arrivo prematuro, pensavo che ti avessero avvisato. Kim Jongin, piacere di conoscerti- 

Sonomi's home:
Eccoci qui con un altro capitolo :3 ammetto di aver aggiornato presto, ma il prossimo non arriverà prima di venerdì sera çç Questo è stato un capitolo di transizione, effettivamente è un po' noioso, ma era necessario per introdurre alcuni personaggi e iniziare a mettere in chiaro la situazione :) 
Ci tengo a ringraziare chi ha recensito, chi mi ha messo fra le seguite e chi fra i preferiti ^^ al prossimo aggiornamento :)

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Capitolo 3
*** Come back ***


Scusate il ritardo çç buona lettura :)


3.
Come back
 
Kim Jongin si rivelò essere una persona molto particolare. Dopo due acuti giorni di osservazione, Zitao aveva capito parecchie cose sul suo conto: odiava il disordine, era un dormiglione, alla mattina passava qualcosa come quaranta minuti davanti allo specchio, detestava la verdura tanto quanto la materia insegnata dal professor Jung, geografia politica. Jongin sosteneva che fosse il docente a rendere quella materia tanto insopportabile, nonostante Zitao non ne capisse il motivo appieno. Il professor Jung era un giovane uomo di quasi trent’anni, appena laureato, dai capelli scuri e dal carattere gentilissimo. In un certo senso stonava completamente con l’ambiente della scuola. Metà del corpo studentesco femminile pendeva dalle sue labbra ad ogni lezione ed era possibile notare qualche gruppetto di ragazzine più giovani stare appostate negli angoli solo per vederlo passare. 
Nonostante quei piccoli particolari, Jongin era un ragazzo molto alla buona. Il suo aspetto curato dava spesso l’impressione di avere a che fare con un giovane snob e decisamente figlio di papà, ma bastava vederlo sorridere per cambiare idea. Quando parlava, riusciva a far entusiasmare chiunque, cosa che Zitao aveva notato la sera del suo arrivo, a cena, quando lo aveva presentato ai suoi amici. Nel giro di venti minuti aveva raccontato la sua vita: veniva da un paese fuori Seoul ed era figlio di un importante imprenditore, un po’ come la maggior parte dei ragazzi lì dentro; sapeva parlare correttamente inglese e giapponese; era stato due volte in America in viaggio di studio e una volta persino in Italia, a Roma, doveva aveva trascorso i mesi estivi. Zitao si era abituato alla sua presenza in pochissimo tempo. Jongin non disturbava mai, sapeva concedere spazi alle persone, e questo aveva fatto si di guadagnarsi appieno la simpatia del cinese. 
Quando quel mercoledì mattina Zitao si svegliò, si sorprese di non trovare Jongin nel letto accanto al suo. L’orologio segnava le 5:06, il sole dietro alle tende doveva ancora sorgere e il ragazzo si ritrovò a fissare uno dei divani di pelle, da dove spuntavano le spalle del compagno di stanza. Si alzò lentamente dal letto e si diresse verso il giovane, sedendosi nell’altra poltrona. Jongin lo guardò per un attimo e poi fece un piccolo sorriso. 
-Non dirmi che alzandomi ti ho svegliato- sussurrò, e Zitao si sorprese di vedere un’ombra di stanchezza nei suoi occhi.
-Probabile, ma non importa. Ho il sonno troppo leggero- commentò il cinese. -Sembri stanco-
Jongin sospirò e annuì debolmente. Lasciò cadere la testa sulla spalliera della poltrona e stese le gambe sul tavolino lì di fronte.
-Non ho dormito molto bene. Ho avuto un incubo-
-Vuoi parlarmene?-
-No..- bofonchiò Jongin. -Non mi va, scusa- 
Zitao annuì e stette in silenzio. Odiava gli incubi, fin da quando era bambino. Crescendo non era cambiato. Detestava la sensazione che lasciavano al risveglio, come se ciò che accadeva nel sonno potesse presentarsi davanti agli occhi subito dopo. 
-Torna a dormire, Jongin. Le lezioni oggi iniziano alle 9 ricordi?- disse alzandosi dalla poltrona. L’altro annuì, trascinandosi fino al letto con una smorfia. 
-Come dimenticarlo. La prima è con Jung. Tu non riposi ancora?- chiese poi il più piccolo da sotto le coperte. 
-Non ci riuscirei. Stai tranquillo, adesso dormi- sussurrò Zitao guardandolo con un sorriso. Prima di chiudersi in bagno per una doccia, il cinese sentì chiaramente un ‘andrà tutto bene’ uscire dalla bocca del suo coinquilino, e si chiese istintivamente cosa avesse sognato di tanto spaventoso da terrorizzarlo a quel modo. Con un sospiro si infilò sotto il getto caldo dell’acqua, programmando mentalmente la sua mattinata. Il giorno precedente aveva avuto conferma dalla professoressa Park, insegnante di storia moderna, che il giardino dietro al college era aperto agli studenti. Avrebbe potuto aspettare l’alba seduto sulla collinetta. Uscì dalla doccia asciugandosi in fretta e indossando i primi vestiti che trovò nell’armadio. Il più silenziosamente possibile uscì in corridoio, non prima di aver dato un’ultima occhiata di supervisione a Jongin, che sembrava essersi riaddormentato. 
Il silenzio che regnava nella scuola era sorprendente. Dalle camere non giungeva nemmeno il più flebile suono, segno che ben pochi in quel preciso istante erano svegli. Scivolò lungo le scale di marmo, fino a giungere nel piccolo corridoio affianco all’ingresso. La signorina Park gli aveva mostrato l’altra entrata del college, quella che veniva usata per recarsi ai giardini, e rifece la strada insegnatagli, ritrovandosi davanti all’agognata porta. Si chiese se fosse chiusa. Effettivamente, a quell’ora, a nessun alunno sarebbe venuto in mente di farsi una passeggiata in giardino. In quel caso avrebbe dovuto rinunciare al suo piano. Posò la mano sulla maniglia e la tirò giù, secco, sorprendendosi quando la porta si aprì sotto i suoi occhi. Che qualche addetto alle pulizie si fosse già svegliato? Senza esitazioni si diresse lungo il giardino, osservandone l’immensità: più che un giardino, si sarebbe detto un insieme di prati e collinette. Non vi era il minimo recinto a segnare un limite di proprietà, ma tutti a scuola sapevano che quei terreni appartenevano al college. L’erba era perfettamente curata, di un verde acceso, e qua e là si potevano intravedere degli irrigatori. Prese a seguire il piccolo sentiero e procedette lungo il piccolo pendio, fino ad arrivare alla collinetta che riusciva ad intravedere anche dal terrazzo. Solo che quando arrivò quasi alla cima si accorse di non essere solo. Da quella posizione riusciva chiaramente a osservare un ragazzo, seduto di spalle, la cui chioma biondiccia era a lui molto familiare: Yifan. Zitao si chiese come fosse possibile beccarlo nei momenti e posti più strani. 
-Zitao- 
La voce del biondo interruppe il silenzio, facendo sussultare il cinese. 
-Hai per caso gli occhi anche dietro alla testa? Come hai fatto a..?-
-Il tuo passo. L’ho riconosciuto- 
Zitao si guardò i piedi, posati sull’erba, e si chiese come fosse possibile che Yifan l’avesse sentito. Possedeva poteri sensoriali sconosciuti alla gente comune? Scosse la testa e si sedette affianco all’amico, portandosi le ginocchia al petto. 
-Mattiniero anche oggi- affermò Yifan senza degnarlo di uno sguardo, gli occhi puntati all’orizzonte. 
-Sono sempre mattiniero-
-Mmm- 
E dopo quel mugolio d’assenso, rimasero in silenzio. Il sole iniziò a spuntare da dietro gli alberi, illuminando con i suoi raggi i profili dei due ragazzi.
Alla luce i capelli di Yifan sembravano brillare intensamente, donandogli un particolare alone di mistero. Non era quel tipo di ragazzo che piaceva all’istante. Bisognava studiarlo per apprendere appieno la sua bellezza, e con il sole appena sorto era una piacevole impresa: Zitao osservò il taglio del mento, la particolare forma delle labbra, il naso dritto, gli occhi felini. Il brillante al lobo destro. Ogni cosa in lui trasudava eleganza.
Proprio in quel momento Yifan si voltò un attimo, cogliendolo sul fatto. 
-Che c’è?- chiese secco, inarcando un sopracciglio.
-I tuoi capelli sono tinti vero?- 
Zitao disse la prima cosa che gli venne in mente, facendo la figura del totale idiota. ‘Una domanda più stupida non poteva uscirti’, si disse maledicendosi. 
-Mmm- 
-Immagino di doverlo prendere come un si-
-Mmm-
-Ma rispondi così anche ai tuoi amici, ogni volta?-
-Mmm-
Zitao sospirò, leggermente innervosito, coprendosi con la mano gli occhi dalla luce del sole. Come poteva sforzarsi di capire una persona se quella rispondeva solo con ‘mmm’? 
-Non sono di molte parole- disse Yifan sistemandosi le maniche della maglia.
-Me ne sono accorto da un pezzo-
-Scusami- 
-Non importa- sussurrò Zitao amorfo. 
Yifan si stese completamente sull’erba, posando le mani dietro alla nuca. Fissò il cielo per qualche istante, poi puntò gli occhi sul ragazzo affianco a lui, schiarendosi la voce.
-Allora, come ti trovi qui?- proferì secco, sorprendendo Zitao. 
-Uhm.. Beh, bene. Molto bene. Per questo devo ancora capire il perché di quel tuo consiglio, qualche sera fa- affermò il cinese cogliendo la palla al balzo. Non aveva ancora avuto occasione di chiedere a Yifan quale base avesse avuto il suo avvertimento, soprattutto perché faticava a capirne il motivo. 
-Non puoi ancora capire, Zitao. Anzi, spero proprio che tu non possa capirlo mai- sussurrò il più grande.
-Ma cosa significa scusa?- sbottò l’altro incrociando le braccia e mettendo il broncio. Yifan lo guardò per qualche secondo, per poi sorridere mesto. 
-Significa proprio quello che ho detto. Spero che tu non debba mai capire il mio avvertimento. Sarebbe un vero peccato..- continuò, ampliando il sorriso, e Zitao rimase ancora più confuso. 
-E va bene! Ci rinuncio! Ti perdono soltanto perché hai usato più parole in un’intera frase di quante tu me ne abbia dette in cinque giorni- ribattè tagliente il più piccolo facendo ridere Yifan. 
-Non te la prendere!- affermò quest’ultimo alzandosi dal prato. -Adesso vado, ci vediamo a colazione- 
E con quelle parole il biondo camminò lungo il pendio, scomparendo davanti agli occhi di Zitao. Quello sospirò, afferrando dalla tasca dei pantaloni il cellulare e guardando l’ora sul display. Erano da poco passate le sette. Si alzò a sua volta dal terreno e si spazzolò il tessuto dei jeans, cominciando ad avviarsi verso il college. Doveva sbrigarsi, sicuramente Jongin stava ancora dormendo e sarebbe toccato a lui svegliarlo. 
 
2 ore dopo
 
Il professor Jung entrò in classe con il suo solito sorriso a trentadue denti, facendo svenire le ragazzine in prima fila. Zitao non poté fare a meno di ridacchiare guardando l’espressione di puro disgusto sulla faccia di Jongin e si chiese da cosa nascesse tale reversione verso quel professore. Forse l’odio per Jung derivava dalla materia che insegnava e non viceversa. 
Le aule del college erano molto particolari. In precedenza dovevano essere stati dei saloni da ballo, considerando gli affreschi sul soffitto. Cinque file di banchi erano poste in orizzontale, e ogni fila era composta da dieci tavolini. Il corso del primo anno non li occupava tutti: gli studenti presenti erano circa una ventina. 
-Buongiorno ragazzi!- esclamò Jung, allegro, sedendosi alla scrivania di legno scuro. Un ‘buongiorno’ sommesso si alzò dagli alunni, togliendo il saluto squillante delle ragazzine. 
-Prima di iniziare la lezione, vi devo comunicare che entro pochi minuti arriverà qui un nuovo studente. Cercate di farlo sentire a suo agio ok?- continuò il professore battendo le mani. Ci fu un mormorio di sorpresa, e Zitao non si stupì più di tanto. Quel lunedì era successa la stessa identica cosa con lui e Jongin, che essendo arrivati nel fine settimana non erano ancora stati presentati. Un leggero bussare alla porta interruppe i suoi pensieri e fece zittire l’intera aula. Poco dopo la porta si aprì e un ragazzo sui vent’anni varcò la soglia con un leggero sorriso. Jung saltò in piedi e andò a stringergli la mano.
-Signori e signore, lui Do Kyungsoo. Ragazzo, questa è la tua classe. Spero andrete tutti d’accordo- disse il professore con entusiasmo. 
Do Kyungsoo fissò tutti con i suoi occhi grandi, aggiustandosi con la mano il ciuffo di capelli che gli ricadeva sulla fronte. Il corpo era fasciato da dei jeans bianchi, abbinati ad una maglietta azzurrina a maniche lunghe. Le labbra piene continuavano ad essere tese in un sorriso. 
-Vieni Kyungsoo. Prendi posto. C’è un banco vuoto accanto a quel ragazzo con la maglia verde, vedi?- 
Gli occhi di quel Kyungsoo seguirono il dito del professore, puntato contro Jongin. Zitao si voltò verso l’amico e rimase stupito nel vederlo stralunato, con gli occhi spalancati, intenti a fissare la figura slanciata del giovane che si stava dirigendo verso la loro fila di banchi. Il nuovo arrivato si sedette elegantemente, e tese la mano a un Jongin in fase di pura contemplazione. Zitao trattenne una risata, non credendo ai suoi occhi. 
-Piacere di conoscervi- sussurrò Kyungsoo facendo un cenno anche al cinese. Zitao rispose con un sorriso, per poi tirare un piccolo colpo ‘involontario’ al ginocchio di Jongin, nella speranza di vederlo aprire bocca. Quello sussultò e ridacchiò imbarazzato. 
-Jongin, piacere- balbettò, arrossendo come una ragazza al primo appuntamento, e stringendo la mano di Kyungsoo. 
-Bene ragazzi, adesso prendete il libro a pagina 49- esclamò il professor Jung richiamando l’attenzione degli studenti. Zitao era sicuro che l’attenzione di Jongin fosse su tutt’altro. 
Quasi quattro ore dopo i due ragazzi si stavano dirigendo a mensa, fianco a fianco. Il fatto che il più piccolo non aprisse bocca era un segno chiaro ed evidente che qualcosa gli stesse frullando per la testa. E il cinese pensò di potersi divertire a stuzzicarlo.
-Non ti facevo tipo da ‘colpo di fulmine’- disse, maliziosamente, tirando una gomitata giocosa all’amico. Jongin lo fulminò con lo sguardo.
-Non so di cosa tu stia parlando-
-Mmm. Sul serio? A me sembra che tu abbia preso una bella sbandata- gongolò Zitao fischiettando.
-Non mi sono preso una sbandata per Do Kyungsoo. Dacci un taglio!- 
-E chi ha parlato di Do Kyungsoo? Qualcuno qui ha la coscienza sporca!- rise Zitao e Jongin non poté fare a meno di arrossire di nuovo. Preso in castagna. 
-Sta’ zitto- sibilò il coreano mentre varcavano la soglia della mensa. Si diressero matematicamente verso il solito tavolo , dove gli altri li stavano già aspettando. Zitao osservò la schiena di Yifan e rievocò nella mente le immagini di quella mattina. Sarebbe stato bello vederlo ridere un’altra volta. Prese posto di fronte a lui, salutandolo con un cenno della mano, e posò la sua attenzione sul vassoio ricolmo di carne. Fu in quel momento che vide Do Kyungsoo entrare in mensa, da solo, alla ricerca di un tavolo vuoto. Sorrise maliziosamente e lanciò un’occhiata a Jongin, intento a parlare con Yixing della sua maledettissima voglia di saltare le lezioni di Jung del giorno dopo. Vedendo il ragazzo distratto, Zitao si alzò in piedi e si bracciò nella direzione di Kyungsoo cercando di farsi notare. Quando il giovane lo vide scoppiò a ridere e si diresse verso il loro tavolo. Zitao aspettò che il nuovo compagno fosse a portata di mano prima di esclamare le parole che avrebbero fatto sicuramente un certo effetto.
-Kyungsoo, siediti con noi! Questi sono i miei amici!- disse serafico il cinese e dovette fare un immane forza su se stesso per non scoppiare a ridere in faccia a Jongin, che aveva fatto cadere la forchetta sul tavolo per la sorpresa. Bingo. 
-Piacere d conoscervi- disse Kyungsoo al resto del gruppo, grattandosi la nuca nervoso. -Oh, ciao Jongin- aggiunse poi, notando il moro seduto a pochi posti di stanza. Quello quasi si strozzò con un pezzo di pane, e Joonmyun nascose un sorriso dietro il palmo della mano. 
-Benvenuto al college- aggiunse Luhan, mentre dava dei gentili colpetti sulla schiena di Jongin, nel tentativo di farlo respirare. 
-Grazie mille- sussurrò Kyungsoo timido, con un lieve sorriso. 
-Ma come sei carino!- esclamò Joonmyun tirandogli un pizzicotto sulla guancia. -Ti prego, non essere così timido con noi. Siamo solo un branco di decerebrati, vedrai!- e rise.
-Decerebrato sarai tu, tzè!- ribattè Yixing lanciandogli addosso il tovagliolo. Quello rise ancora più forte, urlando un ‘aiuto’ di protesta. 
Zitao stava per intromettersi nel discorso quando la porta della sala mensa sbattè di colpo e il professor Jung, assieme ad altri quattro docenti, entrò nella stanza.
Dietro di loro un uomo distinto, in completo nero.
-L’ispettore..- sibilò sconvolto Yixing. Tutti fecero silenzio all’improvviso e puntarono gli occhi sugli insegnanti, posando le forchette nel piatto. 
-Ragazzi!- urlò Jung, al centro della sala, allargando le braccia come se avesse voluto stringere tutti a sé.
-Ho una notizia magnifica da darvi! Kim Minseok è stato ritrovato!-


 
Sonomi's home:
Buonasera a tutti, chiedo scusa per il ritardo! Questo capitolo è stato abbastanza di passaggio, ma temo che fino al momento in cui non saranno presenti tutti e 12 i capitoli saranno tutti così çç 
Togliendo questo, Minseok tornaaa, olè ùù so che potrebbe sembrare presto ma.. chissà cosa accadrà, eeeeh. 
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, messo tra seguite/preferite/ricordate <3 
Al prossimo aggiornamento :)

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Capitolo 4
*** Ricordati di me ***


4.
Ricordati di me.
 
Jongdae tremava. Zitao non poteva fare a meno di fissare il volto sconvolto del ragazzo, accovacciato in quella triste sala d’attesa dell’ospedale, in attesa che un medico, che qualcuno, si decidesse a dare delle notizie sulle condizioni di Kim Minseok. A quanto pare era stato ricoverato in prognosi riservata e ogni tipo di visita era stata totalmente abolita. La scena che si presentava davanti agli occhi di tutti era oltremodo allucinante: due poliziotti stavano in piedi ai lati della camera di Minseok, controllando attentamente con un’occhiata chiunque si avvicinasse. Ogni medico, prima di entrare, doveva essere perquisito, mostrare cartellino di identità e ripetere a manetta le sue specializzazioni. 
Effettivamente, la cosa non era poi così strana. Minseok era stato ritrovato dagli agenti lungo la sponda di un fiume che scorreva del bosco dietro la scuola. L’ipotesi più presa in considerazione sosteneva che il ragazzo, liberato chissà dove, si fosse mobilitato per tornare al college a chiedere aiuto, ma le ferite riportate lo avevano reso talmente debole da condurlo allo svenimento: un braccio rotto, una costola incrinata, e un forte trauma cranico, che era ciò che preoccupava maggiormente l’equipe medica. 
Jongdae stava seduto su quella scomoda sedia bianca da più di quattro ore, senza muovere un muscolo. Di tanto in tanto chiudeva gli occhi, come a volerli riposare un attimo, ma non passavano nemmeno due minuti che lo si vedeva tirare su le palpebre e riprendere a fissare la porta sbarrata di Minseok. Zitao ricordava benissimo la sua espressione non appena venne annunciato il ritrovamento del fidanzato. Era una felicità che non si poteva dimenticare. Gli occhi lucidi, le lacrime di gioia, l’anima di un ragazzo che di colpo ritorna a vivere. Le riflessioni del cinese furono interrotte dall’arrivo di Joonmyun e Yixing. Quest’ultimo teneva fra le mani un mazzo di fiori, e Zitao scommise che fossero per la camera di Minseok. Jongdae sorrise loro e sin sporse per un abbraccio.
-Dovresti tornare al college adesso. Vai a riposare- gli disse Joonmyun posandogli una carezza sul capo. Il giovane scosse la testa e sospirò.
-Non ho la minima intenzione di muovermi da qui. Non fino a quando Minseok si sveglierà. Il preside mi ha dato il permesso- 
-Ma è da stamattina che non ti alzi da quella sedia! Vatti a bere un caffè almeno, ti prego- aggiunse Yixing sedendosi al suo fianco. -E anche tu Zitao. Adesso stiamo noi qui, vi diamo il cambio. A breve arriveranno anche Yifan e Luhan, quindi non preoccupatevi- continuò il ragazzo con un sorriso. Jongdae sospirò e si alzò dalla sedia assieme a Zitao. Quello ringraziò con lo sguardo i due amici, e strinse l’altro per il braccio cominciando a trascinarlo fino al piano di sotto, nel corridoio straripante di macchinette. Il cinese infilò due monete e cliccò sul tasto del cappuccino, mettendo un quantitativo eccessivo di zucchero. Di sicuro Jongdae ne aveva bisogno.
-Grazie- sussurrò il giovane accostando il bicchiere alle labbra. -E grazie anche per essere stato con me, in queste ore. Dopotutto per te io e Minseok siamo dei completi sconosciuti. Lo apprezzo molto- 
Zitao afferrò il suo caffè e ne bevve un sorso, con un sorriso. Poi diede un giocoso buffetto sulla guancia di Jongdae.
-E’ stato un piacere, sappilo- disse sincero. -Sono molto felice per voi, non sai quanto- 
-Anche io. A questo punto spero solo che vada tutto bene- sospirò Jongdae appoggiandosi al muro. Fu in quel momento che dei passi veloci risuonarono alle spalle di Zitao e il ragazzo si voltò con espressione stranita sul volto. Stavano correndo nella loro direzione un trafelato Luhan e un apparentemente tranquillo Yifan, il primo in preda ad un’euforia tangibile nei suoi occhi allegri. 
-Eccoci, scusate il ritardo. Come sta Minseok? Cosa hanno detto i medici? Quando potrà uscire dall’ospedale? Voglio vederlo!- disse tutto d’un fiato il ragazzo tenendosi una mano sul cuore. Jongdae rise e gli scompigliò giocosamente i capelli. 
-Purtroppo non è stato ancora permesso a nessuno di entrare. Ha qualche osso rotto e un trauma cranico.. I medici stanno facendo gli ultimi accertamenti- spiegò poi il giovane. 
-Si riprenderà?- chiese Yifan, e Zitao scommise di aver sentito nel suo tono di voce una nota di preoccupaziome. 
-Dicono che la situazione è stabile e promette bene. Quindi si, direi di si- 
Luhan sospirò, come se si fosse liberato di un peso dal cuore, e sorrise raggiante. 
-Sia lodato il cielo!- esclamò battendo le mani. -Non vedo l’ora di poterlo riabbracciare!- 
-Basta che non lo stritoli, dubito che in tal caso gli farebbe piacere- commentò Yifan roteando gli occhi e Jongdae rise di nuovo. Al contempo, il cinese non poteva aver fatto meno di notare quanto anche gli occhi di Yifan sembravano aver riacquistato un barlume di gioia, trasformandolo completamente. 
-Torniamo al piano di sopra- affermò Jongdae buttando nel cestino affianco alla macchinetta il suo bicchiere vuoto, e prese ad incamminarsi lungo il corridoio seguito da un saltellante Luhan e da un sorridente Yifan. Zitao li seguì poco dopo, non prima di aver lanciato un’occhiata all’ingresso dell’ospedale. L’entrata era circondata da una pattuglia di poliziotti e il ragazzo immaginò che fossero lì per la tutela di Minseok. Attraverso i vetri riusciva pure ad intravedere l’alta figura dell’ispettore, l’uomo che quella mattina si era presentato assieme al professor Jung per dare la lieta notizia. Guardò quel gruppetto ancora qualche attimo, per poi seguire i suoi amici fino alla camera di Minseok. 
Una volta giunti nel corridoio del primo piano, Zitao notò le figure di una coppia distinta di adulti seduti accanto a Yixing e Joonmyun. L’uomo e la donna erano due signori di mezza età, fasciati in abiti di alta sartoria. Il primo portava un elegante cappotto nero, allacciato filo al collo, mentre la moglie si stringeva fra le dita il colletto chiaro della sua camicetta di seta. I medici stavano parlando fitto con loro, e questo fece capire a Zitao che i due individui dovevano essere i genitori di Minseok. Jongdae nel vederli sussultò leggermente e si bloccò un attimo. 
-Jongdae..- sussurrò Yifan spingendolo leggermente. Quello si scosto, e abbassò lo sguardo. 
-Non.. Forse è meglio che io scenda ancora un attimo al piano di sotto- borbottò il ragazzo lanciando un’occhiata ai ‘suoceri’. 
-Non dire sciocchezze. Avanti, hai tutto il diritto di stare qui quanto ne hanno loro- affermò secco Luhan tirando le labbra in una linea severa. Jongdae infilò le mani nelle tasche della felpa e annuì impercettibilmente, riprendendo a camminare fino alla porta del suo ragazzo. Non appena i signori Kim incrociarono la sua figura, si zittirono. Zitao osservò la scena con ansia. I tre presero a guardarsi in silenzio, per qualche secondo, tanto che la tensione aveva iniziato a farsi palpabile. Il cinese immaginò facilmente a cosa dovesse essere collegata la reazione di Jongdae. Di sicuro di signori Kim non vedevano di buon occhio la relazione omosessuale di loro figlio. Fece una smorfia, nervoso. Sapeva cosa si provava e non aveva la minima intenzione di ricordarlo.
-Signori Kim..- salutò alla fine Jongdae ingoiando un eccessivo quantitativo di saliva. I due lo continuarono a guardare in completo silenzio e il ragazzo iniziò a pensare che forse avrebbe potuto tranquillamente stare zitto e farsi gli affari propri, come era sempre stato. Come quando Minseok era scomparso e lui non aveva ricevuto il minimo conforto da loro. 
-Jongdae..- sussurrò all’improvviso la donna, lasciandosi andare ad un lungo sospiro. Il giovane la guardò con gli occhi spalancati alzarsi dalla sedia e dirigersi verso di lui, fino a quando non lo circondò con le esili braccia. Luhan sorrise raggiante, unendo le mani sotto il volto, e guardò la scena con le lacrime sull’orlo del trasbordo.
-Jongdae..- ripeté la signora Kim allontanandosi leggermente dal ragazzo. -Stai bene?-
-Si.. Si, adesso sto bene- balbettò il giovane, sconvolto, lasciando che le labbra si tendessero in un timido sorriso. 
-Kim Jongdae..- 
La voce del signor Kim fece zittire ogni sussurro e persino il ragazzo divenne rigido come un manico di scopa. L’uomo si avvicinò lentamente, per poi osservare il ‘genero’ con un’occhiata truce. Jongdae si aspettava una situazione del genere. Sapeva che la madre di Minseok sarebbe stata più benevola nei suo confronti, ma il padre? Attese una risposta. 
-Sono felice.. Di vederti qui- continuò il signor Kim tendendogli la mano. Il giovane la guardò sconvolto, e fece passare qualche secondo prima di stringerla. Nonostante tutto, non riuscì a trattenersi dal piangere. Lacrime copiose presero a rigargli le guance e finalmente iniziò ad avere l’impressione che tutti i tasselli del puzzle cominciassero a tornare al loro posto. 
 
Nello stesso momento, al college… 
 
Kim Jongin guardò con tristezza il letto vuoto di Zitao, affianco al suo, e sospirò. Quel pomeriggio in totale solitudine lo stava facendo diventare pazzo. Oltretutto non aveva capito nemmeno bene cosa diamine fosse successo a quel Kim Minseok, e la cosa lo disturbava parecchio. Sbuffò pesantemente e si alzò dal materasso, afferrando la maglietta che aveva abbandonato fra le coperte. La infilò con un gesto secco, rabbrividendo a contatto con l’aria fredda della stanza, e si avvicinò all’impianto del riscaldamento per aumentare la temperatura. Per essere i primi di ottobre, il clima si stava avvicinando all’inverno paurosamente. Guardò l’ora con la coda dell’occhio, e nel vedere che le lancette segnavano le 17:45 sobbalzò. Aveva l’ultima lezione della giornata nel giro quindici minuti. Maledisse mentalmente il preside con la sua malsana idea di fare lezioni ad ore diverse e frugò nell’armadio alla ricerca della sua borsa con il materiale scolastico. L’afferrò in malo modo, si infilò le scarpe senza nemmeno allacciarle e si precipitò fuori dalla camera correndo. Volò al piano di sotto, infilandosi in una delle tante salette di quel college, alla ricerca della classe di storia moderna. Senza Zitao, non aveva la minima idea di come arrivarci e sperò in qualche modo che quella in cui doveva recarsi fosse vicina a quella di geografia politica, l’unica che ricordasse. Vagò per il piano terra come un cane randagio, aprendo qualche porta a caso. Continuava a controllare terrorizzato l’orologio al suo polso e sconcertato notò che mancava poco alle sei. Sospirò, conscio che di sicuro avrebbe saltato la lezione. Quando la lancetta poi scoccò definitivamente sul numero  6, Jongin si arrese del tutto. Non aveva la minima idea di cosa succedesse se uno studente marinava lezione, ma poco importava. Ora si sarebbe dovuto impegnare a trovare la strada per tornare nella sua camera, e quello si che era un vero problema. Tornò indietro lungo il corridoio in cui era passato precedentemente, sbucando in un altro dall’aspetto totalmente identico a quello di prima. Ringhiò frustrato, e giurò a se stesso di passare in presidenza per richiedere l’affissione di qualche cartello di orientamento. Possibile che nessuno avesse pensato ai nuovi studenti? 
Svoltò l’ennesimo angolo, scese l’ennesima rampa di scale e passò per l’ennesimo corridoio deserto, domandandosi dove diamine si cacciassero gli esseri viventi di quella scuola quando qualcuno necessitava di aiuto. Un po’ come quella signora inquietante che l’aveva accolto il giorno del suo arrivo: la si vedeva sempre nei luoghi più improbabili, ma per le stanze della scuola mai. A essere sinceri, Jongin non aveva ancora capito benissimo quale ruolo la signora avesse. Bidella? Segretaria? Nessuno lo sapeva. 
-Sembri un’anima sperduta in agonia, Kim Jongin- proferì ridacchiando una voce alle sue spalle. Il ragazzo sobbalzò in malo modo, facendo cadere in terra la borsa che teneva fra le mani. Il volto di Do Kyungsoo gli apparve davanti, sorridente, e Jongin guardò la mano del giovane raccogliergli la cartella e porgergliela. Cercò a sua volta di tendere le labbra in un sorriso, ma ebbe la netta sensazione che fossero appiccicate con la colla. 
-Temo di essere sul serio un’anima perduta. Non sono riuscito a trovare la classe di storia moderna- balbettò Jongin grattandosi la nuca e schiarendosi la voce. 
-Non sono l’unico svampito qui, allora- rise Kyungsoo. -Ne arrivo adesso dalla segreteria. Non riuscendo a trovare la classe sono andato a richiedere una cartina- 
-Esistono le cartine in questo luogo?- domandò l’altro stupefatto, sgranando gli occhi.
-Certo, come pensi che si orientino qui dentro quei poveri reietti come noi?- 
Jongin guardò il volto allegro del ragazzo e si chiese come fosse possibile vederlo così tranquillo. A quanto pareva, solo lui aveva l’ansia di non riuscire a tornare in camera, di essere ucciso dal professore per aver saltato lezione e di chissà cos’altro. 
-Mmm.. Immagino che sia logico- concesse alla fine con un’alzata di spalle. Kyungsoo sorrise. 
-Avanti bambino sperduto. Ti riporto nella tua isola che non c’è. Ma prima mi devi accompagnare in un posto- propose quest’ultimo facendogli l’occhiolino. Jongin inghiottì l’aria: dubitava di arrivare vivo fino alla sua stanza. 
Kyungsoo l’aveva trascinato, con cartina alla mano ovviamente, in quella che si rivelò essere la sala di musica. Jongin lo guardava parlare animatamente con il professore, un certo signor Shim, dei corsi che sarebbero partiti la settimana successiva. A quanto sentiva, Kyungsoo suonava il pianoforte, e aveva tutta l’intenzione di entrare a far parte del corpo musicale del college. Jongin non sapeva nemmeno che esistesse un corpo musicale, ma stette in silenzio e continuò a contemplare il volto del ragazzo, tutto emozionato di fronte alle informazioni che il professor Shim gli stava dando. 
-La ringrazio signore, ci vediamo lunedì- disse Kyungsoo con un leggero inchino. Quelle parole scossero Jongin dalle sue riflessioni e guardò il suo nuovo amico saltellare nella sua direzione con un enorme sorriso stampato sulla faccia. 
-Bene, adesso possiamo andare a caccia della tua stanza- affermò prendendolo per un braccio e trascinandolo lungo il corridoio. 
Grazie alle incredibili qualità GPS di Kyungsoo, in meno di cinque minuti Jongin poté rivedere la porta della sua camera. Nel giro di quella mezzora che avevano impiegato fra aula di musica e ricerca del dormitorio, Jongin aveva capito che Do Kyungsoo non era affatto la persona timida che aveva fatto credere di essere quella mattina. Anzi, era proprio tutt’altro: un giovane dal sorriso un po’ sbilenco (o assassino, dipendeva dai punti di vista), dalla battuta pronta e dagli occhi svegli. 
-Uhm, vuoi entrare un attimo?- chiese Jongin, titubante, aprendo la porta della sua stanza. Come avrebbe dovuto comportarsi? Kyungsoo scosse il capo.
-Adesso devo andare anche io. Ma mi aspetto che tu mi faccia compagnia a cena- disse con un sorriso. -A dopo- aggiunse poi con l’ennesimo occhiolino voltando le spalle al ragazzo e continuando a camminare lungo il corridoio. Jongin chiuse la porta meccanicamente, gli occhi spalancati, e ci sbattè la testa contro. ‘Qualcuno mi aiuti’, pensò terrorizzato. 
 
 
Ore 21.03, Seoul Hospital.
 
Zitao infilò in bocca l’ultimo pezzo della sua barretta al cioccolato, e gettò la carta nel cestino accanto a lui. Tutti in quella sala d’attesa avevano l’aria più sbattuta che si potesse vedere: Jongdae teneva la nuca poggiata al muro, gli occhi chiusi; Luhan si era arreso alla stanchezza e si era letteralmente addormentato sulle gambe di Yixing, che a sua volta aveva la testa appoggiata alla spalla di Joonmyun. I signori Kim sedevano in disparte, parlottando fra di loro. Yifan e Zitao erano gli unici in piedi, apparentemente svegli, ma il cinese riuscì a cogliere una nota di stanchezza negli occhi dell’altro. Yifan quel pomeriggio era stato preso d’assalto dalla polizia molto di più rispetto agli altri. Gli agenti si aspettavano delle informazioni sull’infanzia di Minseok e il ragazzo si era visto costretto a raccontare per l’ennesima volta, come se non gli fosse già stato chiesto in passato. 
Fu in quel momento di calma apparente, che un medico uscì dalla stanza del paziente, con un sorriso sulle labbra. Jongdae scattò come una molla, e si passò una mano sul viso come a volersi svegliare. 
-Signori- disse allegro. -Il ragazzo si è svegliato- annunciò. Un sospiro di sollievo si alzò dal gruppo e Zitao non poté fare a meno di sentirsi felice. 
-I parametri funzionali sono perfetti. Minseok sembra reagire bene alle medicine. Entro una settimana potrà uscire da qui- continuò il dottore stringendosi al petto la cartella clinica. 
-Possiamo vederlo?- domandò la signora Kim alzandosi in piedi. 
-Certamente. Ma non più di due persone per volta- concesse l’uomo, per poi allontanarsi lungo il corridoio. I genitori di Minseok entrarono velocemente nella stanza, e Jongdae si portò le mani sul cuore. Zitao lo guardò ridere e piangere di gioia allo stesso tempo e non osò immaginare come si dovesse sentire. Gli posò una mano sulla spalla, stringendola forte, e il ragazzo lo ringraziò con lo sguardo.
-Andrà tutto bene adesso- disse il cinese con un sorriso. 
I signori Kim uscirono dalla stanza un quarto d’ora dopo, l’espressione neutra. Quel drastico cambiamento emotivo lasciò di sasso tutta la sala d’attesa, e i ragazzi presero a guardarsi l’un l’altro, gli occhi pieni di domande. 
-Yifan.. Jongdae..forse è meglio che entriate voi adesso- disse serio il signor Kim circondando il braccio della moglie con una stretta di sostegno. A Zitao venne una fitta allo stomaco. Osservò i due amici sparire oltre la porta di Minseok e si morse le labbra. Aveva una brutta sensazione.
 
Quando gli occhi di Jongdae incontrarono la figura di Minseok stesa sul letto, infilata fra una marea di macchinari e tubicini, il giovane sentì il cuore stringersi fino a fargli male. Il volto del ragazzo era segnato da una serie di graffi rossi, così come le braccia. I capelli scuri ricadevano sulla fasciatura alla testa e sembrava dannatamente fastidiosa, così come l’ingessatura al braccio e al busto. Una lacrima scese lungo le gote di Jongdae, e andò a schiantarsi sul pavimento. Al suo fianco, Yifan gli strinse la mano dolcemente e lo sospinse in avanti, facendolo avvicinare al letto del fidanzato. In quel momento, Kim Minseok aprì gli occhi. Jongdae si specchiò per un attimo in quelle iridi scure e ebbe un irrefrenabile istinto di stendersi su quel letto e abbracciarlo stretto, come non aveva mai fatto, di promettergli che sarebbe andato tutto bene. Sorrise e allungò una mano verso il volto del ragazzo.
-Minseok..- disse Yifan con un enorme sorriso. -Bentornato amico- 
-Yifan..- biascicò l’altro, probabilmente debole per l’effetto dei sedativi. 
-Si.. Sono qui- 
-Che cosa sta succedendo..?- chiese con fatica Minseok sbattendo lentamente le palpebre.
-Ti hanno finalmente trovato. Sei a casa adesso- affermò Yifan rassicurante.
-Anche mamma ha detto la stessa cosa.. Ma perché? Come mi sono ridotto così?-
Yifan e Jongdae si congelarono sul posto. 
-Amico.. Non.. Non ricordi quello che è successo?- 
La domanda del cinese rimbombò fra le pareti della camera, e sembrò schiantarsi contro la coscienza di Minseok. Immediatamente due lacrime scorsero sulle guance di quest’ultimo, che scosse impercettibilmente il capo.
-Non ricordo nulla Yifan..- pianse il ragazzo, terrorizzato. Poi i suoi occhi umidi si posarono sul volto di Jongdae, fermo come la pietra. -E.. tu chi sei?- domandò.
Quell’attimo sembrò non terminare mai. Le braccia di Jongdae caddero lungo i fianchi, stanche, e il giovane chiuse le palpebre, senza riuscire a bloccare le lacrime. Una serie di frasi, che avrebbe voluto urlare, scorsero davanti alla sua mente, e pregò Dio di essere in un incubo. Doveva per forza essere così. Ora Minseok si sarebbe messo a ridere, con quell’aria da birbante, e gli avrebbe detto ‘Scherzetto! Amore mio ci sei cascato, come sempre!‘. Ma guardando il volto sconvolto del suo fidanzato capì che quella frase non sarebbe mai arrivata. 
Forzò le sue labbra, affinché si tendessero in un sorriso carico di menzogna e liberò una risatina stridula, bagnata di lacrime.
-Ehi.. Sono.. Sono solo un tuo conoscente. Riprendi presto, mm?-
Fece un piccolo inchino. Non cedere adesso, non cedere adesso. 
-Jongdae..- esclamò sbalordito Yifan.
-Adesso esco. Le persone a te care vorranno stare con te. Volevo solo accertarmi che tu stessi bene.. Ciao- concluse Jongdae, la voce incrinata, prima di precipitarsi fuori dalla stanza. Minseok guardò per un istante la porta sbattere, stordito da quelle lacrime. Perché uno sconosciuto avrebbe dovuto piangere per lui? 
Non appena Jongdae si ritrovò nella sala d’attesa, le gambe gli cedettero e cadde a terra.
Non trattenne l’urlo che gli salì lungo la gola.
Non trattenne nemmeno quelle fottute lacrime, che sembravano volerlo far soffocare.
Non trattenne nemmeno il suo dolore. Ne aveva semplicemente troppo per poter resistere. 
In quel momento, desiderò soltanto che qualcuno non si azzardasse a dire ‘andrà tutto bene’. Gli sarebbe sembrava solamente un’orrenda bugia.
 
Sonomi's home: 
Bene.. so che qualcuno adesso avrà il malsano istinto di uccidermi ç_ç abbiate pietà di me. Please. Il supplizio di Jongdae non ha mai fine.. e mi odio per questo (?) ma sono necessità di trama, non me ne vogliate ç_ç c'è un motivo per cui Minseok ovviamente ricorda Yifan, mamma e papà, e verrà spiegato nel prossimo capitolo. 
Parliamo di cose più allegre: che ne dite di questo Kyungsoo?xD mi sono divertita a stravolgere le parti in questa FF: Kai sembra impossessato da Kyung e Kyung da Kai o.o per una volta, si può fare u.u e poi è divertente vedere Jongin così imbranato *^* ok basta. 
Ultimo annuncio :) se a qualcuno fa piacere, qui mi potete trovare su Facebook! :3 ci saranno annunci sulle FF, aggiornamenti e perchè no, anche due chiacchiere con me se vi va u____u ah, non fate caso al 'michelangelosurrussopetra'. Is a long story lol 
*si gasa come fosse una rinnomata autrice*
*torna nel suo angolino a nascondersi*
Ok, ora mi dileguo. 
Alla prossimaaaaaa :) 

https://www.facebook.com/michelangelo.surrussopetra

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Capitolo 5
*** Il prossimo sarai tu ***


5.
Il prossimo sarai tu.
 
 
Ci sono attimi in cui le persone pensano di mollare tutto. Attimi in cui il futuro non riesce ad essere rosa, in cui si decide di abbandonare le proprie aspettative e, a volte, anche i propri sogni.
Queste persone non sono dei falliti. Sono solo stanche. E Jongdae era una di quelle. 
La vita non gli era mai stata amica. Fin da piccolo aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti pur di potersi accaparrare un posto nel mondo: si era cresciuto da solo, in quelle stanze perfette di casa, sempre vuote; aveva superato le crisi di suo padre, nel momento buio della loro società; aveva sventato il divorzio dei suoi genitori. Aveva tenuto insieme i cocci di una famiglia al catafascio.
E poi c’era stato quel momento in cui aveva deciso che il suo futuro sarebbe dovuto essere diverso. Aveva fatto le valige, e se ne era andato di casa, a studiare al college. E lì aveva trovato Minseok: un ragazzo minuto, dal volto delicato, di quelli che difficilmente si riescono a dimenticare. Il suo sorriso era puro, capace di rasserenare ogni tipo di giornata, da quella più infelice a quella più statica. Jongdae lo riteneva il suo sole, un sole che gli era stato portato via troppo presto. 
E in quel momento, mentre fissava impotente Minseok oltre la vetrata della camera d’ospedale, si chiese quanto marcio ancora avrebbe dovuto mangiare.
La perdita di memoria del ragazzo era stata catalogata dai medici come un effetto del trauma cranico subito. Le lacune comprendevano un arco di tempo di circa dodici mesi: oltre a non ricordarsi di Jongdae, Minseok aveva rimosso completamente anche Yixing, Luhan e Joonmyun, il periodo al college, e il suo rapimento. I dottori non sapevano nemmeno se la memoria sarebbe tornata, prima o poi.
‘Sperate’, avevano detto. Jongdae si era dimenticato cosa significasse sperare. Nonostante tutto, non era passato giorno dal ritrovo del fidanzato, o forse sarebbe stato meglio dire ‘ex’, in cui lui non si era ritrovato all’ospedale a fargli visita. 
Jongdae aveva preso una decisione drastica: mai gli avrebbe detto della loro relazione. Che senso avrebbe avuto? Minseok non poteva capire. Non poteva di certo ricambiarlo, senza ricordare neanche chi avesse davanti. Sarebbe solo stato frustrante per lui sapere di avere avuto qualcuno accanto e rendersi conto di avere dimenticato come amarlo. 
Jongdae prese un bel respiro e aprì la porta della camera di Minseok con un sorriso falso sul volto. Il ragazzo era seduto sul letto, le coperte leggermente scostate, e stava mangiucchiando quello che l’ospedale aveva coraggio a chiamare ‘pranzo’. Jongdae sapeva del suo odio ripugnante per il pollo bollito e la minestrina, per questo si era presentato con un contenitore pieno di cibo decente da fargli mangiare di nascosto. Allo sbattere della porta Minseok alzò lo sguardo e sorrise dolcemente. Oramai si era abituato alla presenza di quel giovane dall’aria triste. 
-Jongdae- disse allegro posando la forchetta sul vassoio. -Immaginavo saresti venuto- 
-Come sempre- affermò l’altro sedendosi accanto al letto sulla scomoda poltroncina color marrone scuro. -Come ti senti?-
-Sbattuto. Voglio uscire da questa gabbia. E il cibo fa sempre più schifo- commentò Minseok storcendo il naso di fronte al suo pranzo pressoché intatto. Jongdae ridacchiò.
-Infatti guarda cosa ti ho portato?- 
Il ragazzo passò al ricoverato il contenitore pieno fino all’orlo e gongolò leggermente nel vedere i suoi occhi illuminarsi. In qualche modo poteva comunque renderlo felice.
-Jongdae sei un angelo, davvero- esultò Minseok iniziando letteralmente a divorare tutto quello che gli capitava sotto le mani. 
-Cosa dicono i dottori? Novità?- domandò il giovane al suo fianco sistemandosi meglio sulla poltrona. 
-Ho chiesto quando potrò essere dimesso. Il medico dice che se me ne starò bravo e userò la sedia a rotelle volendo potrei tornare al college fra due giorni- 
-Fra due giorni? Non sarebbe meglio che tu vada a casa? Al college potresti..-
-No, voglio tornare a scuola. Devo riprendere in mano la mia vita. E chissà, magari iniziando a frequentare i corsi potrei aiutare la mia memoria a ricordare..- sussurrò Minseok abbassando lo sguardo. -Ho lasciato troppe cose per strada. Ho intenzione di recuperarle- 
Jongdae trattenne un fremito e si morse la lingua per non dire nulla. 
-Sarebbero tutti felici di vederti tornare- balbettò, a disagio, mettendo su un sorriso un po’ incerto. 
-E tu? Saresti felice se io tornassi?- chiese Minseok con una risata.
Non sai quanto. Anche se farebbe male.
-Certo, scemo- disse l’altro scuotendo la testa.
-Sarà dura. Ma.. Dopotutto sarà come iniziare di nuovo no? Ho già avuto un primo giorno al college. Non mi costerà niente averne un secondo- 
Era incredibile come Minseok, nel giro di qualche giorno, avesse iniziato a scherzare sulla sua amnesia. Jongdae lo conosceva abbastanza da poter dire che quella fosse una maschera bella e buona. Solo guardandolo negli occhi percepiva tutta la pena che stava provando, e ne soffriva. 
-Ti aiuteremo noi, Minseok- disse secco. Fosse l’ultima cosa che faccio.
-Sai, è strana questa situazione. Intendo l’idea di essere aiutato da voi. Sono circondato da persone che sostengono di essere mie amiche, ma che io non ricordo. Soffro molto per questo, e mi chiedo anche quanto soffriate voi- iniziò a dire lentamente il ricoverato posando il vassoio del cibo sul comodino. Jongdae deglutì e pregò il cielo che quel discorso si chiudesse in fretta. Immaginava che sarebbe arrivato quel momento, prima o poi. Il momento in cui Minseok avrebbe fatto le domande più scomode a cui non avrebbe saputo rispondere.
-Come ci si sente ad avere un amico che non si ricorda di te?- continuò il ragazzo fissando Jongdae negli occhi. -Per esempio.. Io e te che rapporto avevamo? Eravamo amici stretti?- 
L’interpellato strinse i pugni sulle ginocchia e si guardò per un attimo le nocche delle mani sbiancare alla sua morsa. ‘Stiamo insieme’, avrebbe voluto urlargli in faccia. Ma con che coraggio?
-Eravamo compagni di stanza. E lo siamo ancora. Se tornerai davvero al college saremo insieme- disse alla fine Jongdae con un sorriso. Minseok sembrò rallegrato da quella notizia. 
-E dimmi, andavamo d’accordo? Sinceramente- chiese quest’ultimo con una risata.
-Oh si. Andavamo molto d’accordo-
 
 
I signori Kim spalancarono con un gesto secco la grande entrata della stazione di polizia, lo sguardo severo e l’andatura tipica di quelle persone che hanno le idee chiare e non hanno intenzione di cambiarle. Un agente li guardò per un attimo, riconoscendoli, per poi fermarli con un gesto della mano. 
-Desiderate?-
-Agente, abbiamo bisogno di parlare con l’ispettore Choi. Immediatamente- proruppe il signor Kim.
-Temo che al momento sia impegnato, se volete acco..-
-No. Dobbiamo parlare con lui adesso, agente- lo interruppe la signora Kim con un tono che non ammetteva repliche. Il poliziotto li fissò truce, ma senza fiatare li condusse lungo i corridoi della caserma, fino ad arrivare davanti ad una porta in legno scuro. Sopra di essa vi era la targhetta “Ispettore Choi”. L’agente bussò leggermente, per poi aprire la porta ed entrare, lasciando i due coniugi fuori dalla stanza. Dall’interno si potevano percepire i mormorii concitati di più persone, e solo due minuti dopo l’uomo venne fuori assieme ad altri due individui, pregando i signori Kim di accomodarsi. Lo studio dell’ispettore Choi era stranamente accogliente. La scrivania di legno chiaro era totalmente occupata dalla più svariata quantità di oggetti, dalle penne, al computer, alle scartoffie, fino a quella piantina tutta verde che dava un tocco di luce al tutto. I mobili, di plastica bianca, era per la maggior parte riempiti da cartelle di casi che risalivano persino al 1989, anno in cui l’uomo era entrato in servizio come ispettore. 
Il signor Choi li guardò entrare con un sopracciglio inarcato, per poi fare segno loro di sedersi sulle due logore poltroncine di fronte alla scrivania. 
-A cosa devo l’onore della vostra visita, Signori Kim? Spero che mi portiate liete notizie. Vostro figlio ha per caso ricordato qualcosa?-
-Temo che non sia questo il motivo per cui siamo qui, ispettore- iniziò la donna congiungendo le mano. -Avremmo un piacere da chiedergli- 
-Ebbene?- 
-Minseok ha deciso di tornare al college una volta dimesso dall’ospedale, ovvero fra due giorni. Lei può capire cosa significhi per noi vedere nostro figlio tornare nel luogo dove è scomparso- continuò il signor Kim. -Per questo motivo, vorremmo chiederle se fosse possibile far si che un agente della polizia alloggi nel college, almeno per un primo periodo- 
-Lei mi sta chiedendo di mettere un infiltrato al college, signor Kim?- ripeté sbalordito l’ispettore Choi spalancando gli occhi. 
-Esattamente. Cerchi di capire: siamo due poveri genitori preoccupati, ispettore. Non sappiamo effettivamente se Minseok sia ancora al sicuro, non sappiamo chi sia stato a rapirlo! Se il colpevole fosse all’interno del college? Mio figlio non ricorda nulla, non potrebbe difendersi!- spiegò la signora Kim avvicinandosi alla scrivania. -La prego ispettore-
L’uomo stette in silenzio per qualche secondo, fissando i due ospiti con un cipiglio pensoso. Tamburellò per qualche attimo le dita sulla superficie legnosa, poi sospirò.
-Credo che non abbiate tutti i torti, alla fine. Forse sarebbe meglio accogliere la vostra richiesta, almeno per un breve periodo- disse alla fine con un accenno di sorriso. -Dovremo infiltrare un agente giovane, in modo che possa controllare tutto sotto ogni punto di vista. Bene- continuò poi alzando la cornetta del telefono. -Mandate nel mio ufficio la matricola 27. Si, è urgente- esclamò al ricevitore con tono pratico. 
-Matricola, ispettore?- chiese il signor Kim perplesso.
-Si. E’ un ragazzo che lavora con noi da poco, ma posso assicurarvi che è geniale. Siamo in ottime mani- e mentre l’uomo pronunciava quelle parole, un leggero bussare alla porta li fece sussultare. Quando la soglia si aprì, apparve un ragazzo di bell’aspetto. Il volto, dai tratti sottili e delicati, li guardava con espressione seria; i capelli, di una tonalità di castano molto chiaro, gli ricadevano sulla fronte in un ciuffo ordinato. Il corpo snello era fasciato dalla divisa blu scuro. 
-Mi ha fatto chiamare ispettore?- proruppe il giovane con tono pacato. 
-Signori Kim, ho l’onore di presentarvi uno dei miei uomini migliori: Oh Sehun-
 
Two days later
 
Minseok guardò sconvolto per un attimo il “vecchio stile” del college, chiedendosi cosa lo avesse spinto ad andare a studiare lì quasi un anno prima. Beh, non poteva ricordarlo quindi tanto valeva farselo piacere comunque. Sorrise agli amici che lo circondavano, e si fece trascinare da Yifan fino al piano delle camere, lungo quei corridoi pieni di rosso e nero. Quei due colori erano ovunque. In quel momento non sapeva dire di preciso se l’idea di tornare in quella scuola fosse stata ottima, soprattutto per le sensazioni che provava. Guardava tutti quei volti che gli sorridevano, le pacche sulle spalle, e si rendeva conto che ogni faccia che vedeva, esclusa quella di Yifan, non gli faceva venire in mente nulla. Zero totale. Ma doveva provare: ricordare sarebbe stato importante, non solo per se stesso, ma anche per buttare dietro le sbarre colui, o coloro, che gli avevano fatto del male. 
-Minseok, questa è la tua stanza..- disse Yifan fermandosi davanti al numero 27. -O per meglio dire, uhm.. La vostra stanza- aggiunse poi a disagio vedendo Jongdae raggiungerli lungo il corridoio con il bagaglio del neo-dimesso. Il ragazzo infilò la chiave nella toppa e spalancò la porta, permettendo agli altri due di entrare. Minseok osservò con attenzione la stanza, definendola con una sola occhiata ‘semplice’. Due poltroncine, i mobili di legno chiaro, la tv all’angolo, quella che immaginò essere la porta de bagno e due letti, che fissò per qualche secondo di più. Erano uniti. Jongdae si ritrovò a guardarli a sua volta e trattenne il respiro. Per abitudine, o forse sarebbe meglio dire per consolazione, non aveva mai avuto il coraggio di staccarli dopo la scomparsa di Minseok. E si era totalmente dimenticato di separarli prima di andarlo a prendere all’ospedale. 
-Adesso vi lascio, penso che tu debba sistemarti. Ci vediamo a cena Min- disse Yifan con un mezzo sorriso, prima di dare loro le spalle e sparire nel corridoio. 
Il tipico silenzio imbarazzante di chi non sa cosa dire si fece strada all’interno della camera, e Jongdae andò ad aprire le tende pur di non guardare Minseok negli occhi. La verità era che rivedere il ragazzo in quella stanza, nella loro stanza, nella situazione in cui si trovava era come una coltellata. Si schiarì leggermente la voce e si voltò.
-Uhm.. Per quanto riguarda i letti.. Li separo adesso. Poi se hai bisogno di una mano per..-
-Non importa Jongdae- lo interruppe Minseok con un sorriso. -Se per te non è un problema preferirei tenere i letti così- aggiunse poi un po’ a disagio. Jongdae lo fissò stralunato.
-Non pensare male!- continuò Minseok di corsa. -Il fatto è che di notte mi capita spesso di avere degli incubi e.. avere qualcuno accanto in caso mi dovessi svegliare mi farebbe piacere, ecco..- 
-Non c’è problema, stai tranquillo- affermò Jongdae dopo qualche secondo con un debole sorriso. Forza e coraggio, devi darti un contegno! -Allora, che dici? Sistemiamo questi vestiti?- propose alla fine afferrando la valigia di Minseok e posandola sopra il letto. 
 
Zitao uscì dall’aula di matematica seguito da un Jongin mezzo addormentato. Quella giornata era stata abbastanza tranquilla, forse anche per la mancanza di Yifan e Jongdae, che si erano precipitati all’ospedale per riportare Minseok al college. Da quando il ragazzo era stato ritrovato, Jongdae aveva cominciato a ripresentarsi durante i pasti in sala mensa, nonostante la sua aria continuasse ad essere sofferente. Forse aveva iniziato a capire che per trovare la forza di andare avanti aveva bisogno che qualcuno gli stesse accanto. E al momento quel ‘qualcuno’ erano i suoi amici. Jongin sbadigliò rumorosamente facendo destare Zitao dai suoi pensieri. 
-Non hai dormito stanotte?- chiese quest’ultimo afferrando l’altro prima che andasse a piantarsi contro uno studente che stava frugando nella borsa. 
-No, per niente. Sono notti intere che non chiudo occhio dannazione-
-Si può sapere perché? Hai sempre il sonno pesante..- chiese Zitao con un sorriso.
-Vallo a sapere..- borbottò Jongin grattandosi la nuca.
-Sicuro che questo ‘perché’ non abbia un nome?-
-Yah! Huang Zitao, non ricominciare!- esclamò il coreano incrociando le braccia al petto e suscitando un moto di ilarità nell’amico. 
-Come siamo suscettibili Jongin!- lo prese in giro il cinese aprendo la porta della loro stanza. Una folata di vento li colpì in pieno e la porta alle loro spalle sbattè di colpo per la corrente.
-Ma che cavolo..?- 
I due guardarono sorpresi la portafinestra totalmente spalancata, le tende che si alzavano per via dell’aria. Eppure Zitao era sicuro di averla chiusa prima di andare a lezione. Si avvicinò al balcone e serrò i vetri, impedendo così al freddo oramai autunnale di penetrare nella camera. 
-Forse oggi prima di uscire non l’hai chiusa bene- azzardò Jongin buttandosi di peso sul suo letto e nascondendo il volto sul cuscino. 
-Probabile..- sussurrò Zitao sistemando anche le tende prima di voltarsi a sua volta verso il materasso. Con un’occhiata all’orologio a muro si accertò che fossero ancora le 18:30, quindi decise di riposarsi un’oretta anche lui e si avvicinò al letto osservando un Jongin che già russava. Ma un foglietto stropicciato abbandonato sul suo cuscino lo fece bloccare un attimo. Aggrottò le sopracciglia, perplesso, e afferrò il pezzetto di carta fra le mani come se fosse stato una bomba. Un moto di panico lo invase: quando era uscito non c’era. E la porta finestra era chiusa. All’improvviso le due cose gli sembrarono collegate. Con le dita che tremavano leggermente, Zitao aprì il foglietto in due, andando a leggerne il contenuto scritto con calligrafia elegante. Quello che vi trovò quasi lo fece gelare più del vento freddo. 
 
“Il prossimo sarai tu”.








Sonomi's home:
Bene, ed eccoci alla fine del quinto capitolooo yahi! (?)
Ci sono muuuolte cossse da dire:
1) è uscita la drama ver. di Wolf e io sono esaltata al massimo! AHAHAHAHAHA è magnifica ç_ç e poi mi ha ispirata ahahah xD peccato che sia solo la prima parte, già sono in ansia per la seconda ouo 
2) Torniamo al capitolo. Taddaaan, Sehun come aitante agente della polizia? Uhm ùù Ma... cosa succederà adesso? Lo scopriremo nei prossimi episodi! 
Che dire? Grazie a tutti coloro che recensiscono e che mi hanno messa fra le seguite/preferite/ricordate <3 Spero che il capitolo vi sia piaciuto :3 anche se un po' cortino çç 
Al prossimo aggiornamento :) 

 

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Capitolo 6
*** A qualunque costo ***


 
6.
A qualunque costo.
 
 
Huang Zitao stropicciò fra le mani quel pezzo di carta come se fosse un insetto e lo gettò dall’altra parte della stanza. Che scherzo di cattivo gusto è questo?, pensò ringhiando, alzandosi dal letto con uno scatto felino.
Si guardò intorno, affilando lo sguardo, alla ricerca di qualcos’altro che non fosse al suo posto. Ispezionò ogni centimetro della camera, ma tutto sembrava dannatamente come al solito.
Le ipotesi che gli balenarono in testa furono due: o colui che aveva messo il biglietto sul suo cuscino era talmente abile da entrare in camera aprendo la portafinestra dal di fuori, oppure semplicemente la persona era entrata nella stanza e aveva spalancato i vetri solo per depistarlo. In entrambi in casi, qualcuno ce l’aveva con lui. O si stava divertendo a mettergli paura. Riafferrò da terra il biglietto, lisciandolo in modo da toglierne le pieghe.
Cosa avrebbe dovuto fare adesso? Andare alla polizia, dal preside? Oppure stare zitto e guardarsi le spalle da solo? Piegò il foglietto in quattro e lo mise nella tasca dei pantaloni, serrando le labbra in una smorfia severa. Forse avrebbe fatto meglio ad aspettare ancora un po’. Se tutto quello che stava accadendo fosse stato uno scherzo, dovuto probabilmente al ritorno di Minseok, allora la cosa sarebbe morta lì. Destare altri problemi non era nel suo interesse, e poi sapeva difendersi da solo. Se qualcuno aveva intenzione di fargli del male, lui non si sarebbe lasciato toccare facilmente. Prese un profondo respiro e cercò di darsi una calmata. Non poteva mostrarsi agitato a cena, non con Minseok in pieno recupero, non con Jongdae sull’orlo di una crisi, non con Yifan che sembrava un po’ più sereno da quando l’amico era stato ritrovato. “Non rilassarti troppo, in questo posto. Non abbassare mai la guardia. Ricordalo”. Tremò un attimo ricordando le parole di quest’ultimo. Possibile che ci fosse un collegamento? Ma era impossibile che Yifan sapesse, non aveva senso.
Zitao scosse la testa incamminandosi verso i letti e prese a scuotere Jongin delicatamente, avvertendolo di darsi una mossa. Quello si gettò giù dal materasso con uno sbadiglio e si diresse in bagno a passo lento, trascinando i piedi. E il cinese si chiese di nuovo, guardando la schiena dell’amico, che cosa avrebbe dovuto fare. 
-Hai la faccia di un morto, amico. Che succede?- urlò Jongin dal bagno, facendo sobbalzare Zitao di colpo. 
-Nulla, sono solo stanco. Datti una mossa bello di mamma, arriveremo in ritardo- borbottò l’altro, infilando le mani in tasca come a voler controllare che il biglietto ci fosse ancora.
-Con queste occhiaie bello non lo sono di sicuro. O per lo meno, la mia suprema bellezza scende di qualche granellino, giusto un poco- scherzò Jongin uscendo dal bagno e tirando un buffetto giocoso al compagno di stanza. Zitao fece un sorrisino tirato e per tutta risposta gli regalò uno scappellotto. 
-Non preoccuparti. Agli occhi di Kyungsoo sarai sempre magnifico- 
-Yah, Zitao!- 
Il cinese ridacchiò e schivò un calcio dell’amico. Prendere in giro Jongin era qualcosa a cui non poteva rinunciare. Vedere il volto del ragazzo assumere lo stesso colore delle sua maglietta era un enorme divertimento, anche quando la preoccupazione era troppa per poter sorridere sul serio. Se non altro lo avrebbe aiutato a fingere che tutto andasse bene. Proprio per quel motivo Zitao continuò a pensare alla faccia bordeaux di Jongin durante tutto il tragitto fino alla sala mensa. Si avvicinarono verso il solito tavolo, già occupato da tutti gli altri amici, Minseok e Jongdae compresi, e si sedettero assieme a loro. Zitao prese a guardarli tutti, uno per uno, e si chiese se per caso uno di loro avrebbe mai potuto mettere quel biglietto sul suo cuscino. Osservò Joonmyun, i suoi occhi dolci; poi passò a Yixing, con quel sorriso gentile e tranquillo; fissò Luhan e la sua aria serafica; guardò Minseok e Jongdae e non pensò nemmeno un attimo alla possibilità che potessero essere stati loro, era fuori discussione; lasciò scivolare il suo sguardo su Jongin, ma dubitava seriamente che lui avrebbe potuto fare una cosa del genere. Nessuno di loro l’avrebbe mai fatto, ne era sicuro. Poi Zitao prese a fissare Yifan, leggermente intimorito, e bevve un attimo dal bicchiere che aveva riempito. Non aveva la sensazione che fosse stato lui. Eppure le parole che il ragazzo gli aveva riferito la prima sera al college non facevano altro che rimbalzargli in testa e non poteva fare a meno di continuarle a collegare a quel dannato pezzetto di carta. C’era sicuramente qualcosa che Yifan sapeva, qualcosa che forse aveva anche a che fare con ciò che era successo a Minseok. Dopotutto non aveva forse detto che, a parer suo, la polizia non aveva i mezzi necessari a trovarlo? Tutti quei dettagli presero a pesargli sulla coscienza e trattenne una smorfia. 
-Zitao stai bene?- 
La voce di Joonmyun lo fece sobbalzare e sorrise mesto.
-Scusatemi.. Credo di avere un leggero mal di testa- balbettò, soprattutto quando si accorse dello sguardo perforatore di Yifan sul viso. Il ragazzo lo stava guardando con le sopracciglia aggrottate, la forchetta sospesa per aria, l’espressione di chi avrebbe voluto chiedere qualcosa ma non aveva il coraggio di farlo.
-Forse sarebbe il caso che tu vada a stenderti a letto..- propose Luhan sbattendo le lunghe ciglia. Zitao annuì leggermente.
-Non male come idea..- bofonchiò alzandosi dalla sedia e accorgendosi solo in quel momento che Kyungsoo non c’era ancora. Si sarebbe perso la sua entrata in scena e la reazione di Jongin, ma aveva davvero bisogno di stare un attimo da solo a riflettere. Per quanto stare da solo potesse considerarsi un’ottima cosa, date le circostanze.
-Ti accompagno in camera- affermò secco Yifan posando la forchetta sul tavolo e alzandosi a sua volta, aspettando che Zitao si incamminasse per seguirlo. 
-Woh, Wu Yifan, siamo galanti questa sera?- scherzò Yixing con una risata.
-Mi preoccupo solo che Zitao non svenga. E’ talmente bianco che mi stupirei se non accadesse- rispose l’altro lanciando un’occhiataccia all’amico. Poi diede una leggera spintarella alle spalle del cinese e quasi lo costrinse ad uscire dalla sala mensa, trascinandolo lungo le scale verso il piano superiore. Zitao lo seguiva in totale silenzio, quasi intimorito, stupito da quella decisione. Effettivamente lui e Yifan non avevano mai fatto tante lunghe chiacchierate o discorsi da potersi dire ‘amici’: perché lo stava accompagnando?
-C’è qualcosa che non va Zitao, vero?-
L’interpellato si bloccò un attimo e socchiuse le labbra.
-Cosa te lo fa pensare?-
-Le tue reazioni. Sono un bravo osservatore e credo di aver centrato il punto vero? Avanti, cosa è successo?- 
Zitao si voltò a guardare Yifan e analizzò il suo sguardo per qualche secondo. Poteva parlargliene? Tanto valeva vuotare il sacco. Se Yifan fosse stato coinvolto, forse si sarebbe tradito con qualche espressione o parola di troppo.
-Prima di cena, rientrando in camera, ho trovato un biglietto minatorio sul mio cuscino- 
-Un biglietto minatorio?- ripeté Yifan perplesso. Zitao annuì ed estrasse il pezzo di carta dalla tasca, porgendolo all’altro. 
-Quando sono entrato in camera la portafinestra era aperta. Prima di andare a lezione però io stesso l’avevo chiusa. Ne sono sicuro-
-Jongin?-
-E’ sempre stato con me. Non ho la minima idea di chi possa essere stato- 
Yifan strinse in un pugno il biglietto e contrasse la mascella. Riprese a camminare per i corridoi  portandosi dietro il cinese, per poi entrare nella camera di Zitao senza nemmeno chiedere il permesso all’altro. 
-Cosa stai facendo?- chiese quest’ultimo mentre l’amico controllava il bagno, la chiusura della portafinestra, e chissà cos’altro.
-Controllo che l’ambiente attorno a te sia sicuro. Questo biglietto non mi piace-
-Pensi che abbia a che fare con.. Quello che è successo a Minseok?- la voce di Zitao tremò un attimo e Yifan lo osservò per qualche secondo, l’espressione preoccupata, in silenzio, tanto che il cinese iniziò a pensare che non avrebbe detto più niente. Poi sorrise.
-Non permetterò che ti facciano del male Zitao- disse alla fine, determinato, posando le mani sulle spalle di quest’ultimo. -Non ti torceranno nemmeno un capello-
Nonostante non sapesse come prendere quelle parole, Zitao non poté fare a meno di fidarsi. E, per la prima volta, di sentirsi incredibilmente debole.
 
Oh Sehun aveva sempre sperato che il suo primo incarico fosse qualcosa di entusiasmante. Quel tipo di missione capace di far salire l’adrenalina nelle vene e pompare il cuore a mille. Eppure si era ritrovato a fare da badante ad un ragazzo. Non che fingere di essere uno studente normale ed infiltrarsi nella scuola fosse male, ma avrebbe sicuramente preferito qualcosa di più ‘figo’. Nonostante tutto, aveva deciso di impegnarsi appieno in quel compito: aveva richiesto all’ispettore Choi di fornirgli ogni fascicolo relativo agli studenti in quel college; aveva svolto un’accurata analisi delle persone che circondavano spesso Kim Minseok, reputandole statisticamente affidabili e si era dedicato soprattutto a svolgere ricerche sul college stesso. 
Per quei motivi si sentì pronto quando verso sera, con enorme calma, varcò la porta della scuola, valigia alla mano, e un’espressione curiosa stampata sulla faccia. Cercò di non badare alla tetra aria della signora che l’aveva accolto, mettendola immediatamente senza volerlo nella sua lista nera, e pensò che forse avrebbe dovuto controllare meglio le informazioni che la riguardavano, giusto per sicurezza. La donna, che si era presentata come Choi Hye Mi, senza dire più di qualche parola di circostanza, lo condusse verso la sua stanza, la numero 30, che distava giusto qualche metro da quella di Kim Minseok. Sehun sapeva che il suo compagno di stanza, Do Kyungsoo, era appena arrivato, ma nonostante tutto aveva già stretto legami d’amicizia con la cerchia ristretta del suo protetto. Fu felice di quella notizia: controllare da vicino era il suo dovere e avere rapporti con le persone attorno a Minseok sarebbe stato sicuramente un bene. 
Non appena Sehun varcò la soglia della sua camera, il ragazzo che vi stava all’interno, comodamente seduto sul letto, alzò lo sguardo nella sua direzione e gli regalò un sorriso radioso. Do Kyungsoo, che al poliziotto dava la netta sensazione di star guardando un cucciolo indifeso, si alzò dalla sua postazione e gli si avvicinò con passetto leggero.
-Tu devi essere Oh Sehun, il mio nuovo compagno di stanza. Mi avevano avvertito del tuo arrivo. Piacere di conoscerti-
-Il piacere è mio, Do Kyungsoo- rispose gentilmente Sehun con un sorriso, esibendosi in un piccolo inchino. Ricorda, devi farteli amici.
-Vedo che ti hanno parlato di me- ridacchiò l’altro. -So che magari vorresti sistemarti, ma la cena è iniziata esattamente venti minuti fa- continuò allegro. Sehun fece un’alzata di spalle.
-Sono appena arrivato e devo già correre. Sarà un’avventura stare qui- scherzò quest’ultimo con una leggera risata.
-Oh si, molto entusiasmante. Davvero- disse Kyungsoo alzando gli occhi al cielo. -Posa le valige e andiamo. Stasera ceni con noi- concluse poi afferrando una mano di Sehun e trascinandolo fuori. Il nuovo arrivato si fece guidare in quell’intruglio di corridoi e scale, iniziando a pensare che se avesse voluto proteggere Kim Minseok avrebbe dovuto prima imparare a memoria tutte le strade e le possibili scorciatoie di quella scuola: nel tempo impiegato a cercare la direzione giusta sarebbe potuto accadere di tutto. 
La sala mensa apparve agli occhi di Sehun come un grande ammasso schiacciato di gente infilato in una stanza troppo piccola. Nonostante tutto continuò a farsi condurre da Kyungsoo fino ad un tavolo già occupato da qualche studente, fra cui spiccava il volto di Minseok. Quel particolare lo rasserenò non poco, cosa che gli permise di rilassarsi e mostrare il suo sorriso migliore. 
-Buonasera!- salutò Kyungsoo allegramente, sedendosi affianco ad un ragazzo con la maglietta rossa che, se Sehun aveva notato bene, era sobbalzato di mezzo metro sulla sedia non appena il giovane aveva aperto bocca. -Vorrei presentarvi il mio nuovo compagno di stanza. E’ arrivato giusto dieci minuti fa! Lui è Oh Sehun- continuò poi facendogli segno di sedersi.
-Lieto di conoscervi- affermò Sehun gentilmente con un breve inchino, prima di prendere posto al tavolo.
-Benvenuto al college, e nella nostra compagnia direi. Quest’anno siamo aumentati parecchio- ridacchiò un ragazzo dall’aria simpatica. -Io sono Joonmyun, molto piacere- 
-E io Yixing!- proruppe il suo vicino salutandolo con la mano. 
-Io sono Jongin- affermò il “tipo con la maglietta rossa”.
-Io ti conosco- la voce secca di uno dei giovani fece zittire tutti di colpo, e Sehun si ritrovò a fissare un volto dai tratti delicati e dai capelli color caramello. Gli occhi di quel ragazzo lo stavano guardando leggermente spalancati, quasi sorpresi, facendolo sembrare un piccolo bambino smarrito.
-Tu.. Mi conosci?- ripeté Sehun perplesso aggrottando le sopracciglia. 
L’altro non rispose, ma in compenso rimase ad osservarlo con quello strano cipiglio sul viso. Sembra sconvolto, forse addirittura spaventato, e Sehun si stupì nel vedere le mani del giovane, poggiate sul tavolo, tremare leggermente. 
-Luhan, che ti prende?- chiese quello che ricordava essere Yixing posando una mano sulla spalla dell’amico.
Luhan. E’ questo il suo nome. 
-Nulla.. Forse.. Forse mi sono sbagliato. Scusami- balbettò alla fine alzandosi dalla sedia lentamente. -Penso che andrò a vedere come sta Zitao- continuò sistemandosi le maniche della maglietta grigia che indossava. -E’ stato un piacere conoscerti, Oh Sehun. Scusa ancora per prima- concluse con un piccolo inchino, per poi dare una carezza sul capo a Minseok e allontanarsi a grandi passi fuori dalla mensa. 
-Ma che diamine gli è preso?- esclamò Jongin grattandosi la nuca. Joonmyun fece un’alzata di spalle e riprese a mangiare, iniziando a battibeccare con Yixing su qualcosa che Sehun non aveva colto. Non li stava ascoltando. Il suo pensiero in quel momento vaga sull’espressione spaventata di quel Luhan. Avrebbe fatto meglio a controllare il suo fascicolo più tardi.
 
 
Ore 01:34, Seoul, Corea
 
Yifan camminava silenziosamente sul marciapiede, la testa coperta dal cappuccio della felpa e le mani direttamente infilate nelle tasche, come a volerle proteggere dal freddo. Due lampioni sbilenchi illuminavano la strada con una luce fioca, talmente tanto debole che il chiarore della luna avrebbe avuto lo stesso effetto. Ma la luna era coperta da una coltre di nubi, non poteva essere d’aiuto. 
A Yifan non piaceva girare quella zona di Seoul durante la notte: gli portava alla mente brutti ricordi del passato, volti di persone che avrebbe voluto solo dimenticare. Ma si sentiva obbligato, quella sera, ad andare nel luogo dove aveva giurato a se stesso di non mettere più piede se non per casi di estrema necessità. E quello lo era. L’edificio si stagliava tetro e abbastanza lugubre su due piani, l’intonaco grigio scrostato e le persiane delle finestre che a fatica si tenevano agganciate ai cardini. Yifan spinse con un colpo violento la porta verso l’interno ed entrò nell’atrio della struttura, rimanendo come ogni volta sconvolto dalla totale differenza d’aspetto dal “fuori” al “dentro”. Se dall’esterno sembrava tutto sul punto di crollare, l’interno sembrava uscito da un film del futuro: il pavimento in parquet scuro, il lungo bancone in vetro, i lampadari al neon che sparavano luce in ogni direzione, illuminando anche l’angolo più buio; il lungo corridoio che portava chissà dove. Yifan trattenne una smorfia e prese a percorrerlo, alla ricerca della persona con cui aveva tutta l’intenzione di fare “quattro chiacchiere amichevoli”. L’aria che trasudava in quel posto gli metteva i brividi: quell’atmosfera da ospedale tipico dei film horror era talmente forte da fargli venire voglia di scappare via. Ma dopotutto qualunque cosa accadesse in quel luogo era veramente degna di un film horror.
-Wu Yifan- 
La voce alle sue spalle lo fece bloccare di colpo, e un sorriso meschino gli si disegnò sulle labbra. Si voltò lentamente, andando a incontrare il volto della persona che stava cercando.
-Non avrei mai pensato di rivederti così presto- continuò il nuovo arrivato camminando lentamente verso di lui.
-Ti stavo cercando- affermò secco Yifan.
-Non avevo dubbi- rispose l’altro con un leggero ghigno sul volto. 
-Cosa diamine significa questo?- sbottò Yifan senza tanti rigiri di parole, lanciando addosso al giovane davanti a lui un pezzo di carta stropicciato. Quello lo afferrò al volto, aprendolo lentamente e osservando con calma ciò che vi era all’interno. Poi sorrise.
-Significa proprio quello che c’è scritto- rispose con sarcasmo quest’ultimo sventolando il foglietto sotto il naso dell’altro. E a quel punto Yifan perse le staffe. Poco gli importava la differenza di corporatura tra lui e il suo interlocutore, per cui non si fece molti problemi ad afferrarlo per il coletto della maglietta e a sbatterlo contro la parete.
-Ascoltami bene. Non vi permetterò di mettere le mani addosso a Zitao. Non so cosa diamine facciate alle persone che prendete, ma avete già rovinato la vita di Minseok e non vi permetterò di farlo di nuovo- ringhiò Yifan a due centimetri dal volto dell’altro.
-Non puoi fermarli, lo sai- sibilò il ragazzo posando le mani su quelle di Yifan e allontanandolo. -E’ inutile opporsi. Possiedono forze troppo ingenti- 
-Siete tutti dei fottuti egoisti- sbraitò il cinese. -Vorrei vederti sai? Se dovessero prendere Chanyeol- 
A quelle parole il volto di Byun Baekhyun divenne una maschera rigida e Yifan si ritenne soddisfatto. Sapeva esattamente quale fosse il punto debole di quel giovane.
-A Chanyeol non verrà fatto nulla- sibilò.
-Per ora, ma non puoi fidarti!- 
-Lascialo fuori da questa storia!- urlò Baekhyun stringendo le mani in due pugni.
-E voi lasciate fuori Zitao- ribattè Yifan.
Baekhyun lo fissò in silenzio per quelli che sembrarono minuti, poi chiuse gli occhi e sospirò pesantemente.
-Vattene Yifan- disse solamente, il tono stanco, prima di voltare le spalle all’altro e incamminarsi lungo il corridoio, sparendo dietro ad una delle tante porte. Yifan gettò la testa all’indietro, frustrato, e uscì da quel dannato edificio con più paura di prima.
Doveva proteggere Zitao.
A qualunque costo. 


Sonomi's home:
Helloooo
~ I'm back, yeah. Siamo giunte anche alla fine del capitolo 6, e scommetto che ci sarà qualcuno che avrà di nuovo voglia di uccidermi °u° ahahaha! Ma tralasciando il ruolo che ha Baekhyun qui.. parliamo di cose più allegre :D è entrata in scena la HunHan, e Luhan ha come l'impressione di conoscere il nostro aitante poliziotto 8D che sia vero? Uhm.. Zitao non sa che pesci prendere, ed è abbastanza normale direi! Meno male che c'è Yifan, che come un super eroe si sta già attivando a salvare la sua donzella in pericolo. (?)
Wooooo! Mi stavo dimenticando °u° ci tenevo a spiegare una cosuccia che forse non è molto chiara ç_ç forse qualcuno di voi si sarà posto la domanda di come sia possibile che Jongin, Kyungsoo e Zitao siano nella stessa classe: qui al college le classi non vengono fatte in base all'anno di nascita, ma all'arrivo nella scuola. Di conseguenza i nuovi arrivati sono tutti nella prima classe, mentre chi vi è da più tempo nelle classi a seguire :33 
Dopo questo piccolo chiarimento penso che andrò a dileguarmi

Ci tengo a ringraziare chi mi recensisce, chi mi ha messa fra le ff seguite/ricordate/preferite, o chi semplicemente legge <3 (siamo a più di 300 visualizzazioni, vi amo. <3)
Al prossimo capitoloooooo
~

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Capitolo 7
*** La settimana dopo ***


7.
La settimana dopo.
 
 
Inizio ottobre, tarda mattinata. Uscita giornaliera del college.
Una settimana dopo.
 
Kim Joonmyun fissava con occhi attenti il gruppo di amici che lo seguiva senza dire una parola, tanto che si riusciva a sentire in mezzo al traffico di Seoul lo stridere leggero delle sedia a rotelle di Minseok.
La sera prima si erano tutti messi d’accordo per passare la giornata assieme, ma il ragazzo non ci aveva messo molto a notare gli strani sguardi che caratterizzavano i volti di molti.
Ricordava bene gli occhi allarmati di Jongdae all’idea che Minseok girasse per la città; l’espressione tesa di Luhan ogni qual volta che quel Sehun, la loro nuova recluta, compariva nel suo raggio d’azione. Ma il più sorprendente di tutti era senz’altro Yifan: Joonmyun si era sentito sorpreso di vedere dipingersi sul suo viso uno sguardo ansioso, quasi timoroso, ogni istante in cui Zitao non era sotto i suoi occhi.
Sguardo che aveva anche in quel momento, nonostante l’altro giovane fosse esattamente a nemmeno mezzo metro da lui. 
Joonmyun sospirò nell’esatto istante in cui un tocco delicato gli sfiorava la mano, e con la coda dell’occhio video le dita di Yixing stringerla leggermente. Sorrise istintivamente, rispondendo al tocco con una sottile carezza. Yixing aveva sempre avuto il potere di capire al volo i suoi stati d’animo. Se lui era felice, l’altro sorrideva. Se era triste, l’altro lo abbracciava, lo sosteneva con piccoli gesti che a Joonmyun sembravano enormi. 
-Togliti quell’espressione dalla faccia- gli sussurrò Yixing all’orecchio. -Se sorridi sei molto più bello- 
Joonmyun prese velocemente colore e mormorò un “tzè” indispettito. Odiava quando l’amico se ne usciva con quelle frasi. Come avrebbe dovuto interpretarle? Il ragazzo era sempre stato un tipo abbastanza criptico, fin dall’inizio della loro amicizia.
Dava spesso l’impressione di avere verso Joonmyun una preferenza particolare,  ma il giovane non aveva mai preso quegli indizi sul serio. Yixing poteva semplicemente essere come lui: una persona che amava prendersi cura del prossimo. 
-Avanti Joonmyun, dico sul serio. Cosa ti preoccupa?- continuò Yixing prendendo l’amico per un braccio e facendolo fermare in mezzo alla strada. Il resto del gruppo si bloccò per un attimo, ma il cinese fece loro segno di proseguire. 
-Nulla- sospirò Joonmyun con un’alzata di spalle. -Mi chiedo solo cosa sia questa sensazione di disagio che regna fra i nostri amici. Mi manca l’aria felice che c’era qualche mese fa-
-Credo che sia normale dopo tutto quello che è successo. Minseok è tornato, abbiamo dei nuovi amici un po’ particolari e beh.. È tutta questione di abitudine- 
-Non ho una bella sensazione Yixing..- sussurrò Joonmyun guardandosi i piedi. Quello che aveva detto era la verità. Odiava ammetterlo, ma quell’anno scolastico appena iniziato gli aveva lasciato addosso uno strascico di inquietudine. Fin da piccolo aveva avuto la capacità di capire cosa andasse bene e cosa andasse male. Poteva chiamarla empatia, sesto senso? Forse. Tutto gli veniva annunciato da un fastidioso nodo allo stomaco: se quello si presentava per un periodo di tempo prolungato, Joonmyun poteva stare certo che qualcosa era in agguato. E quel nodo allo stomaco lo aveva da mesi ormai. 
-Ti fai troppi problemi scricciolo, dico sul serio- scherzò Yixing regalandogli una carezza sulla testa. -Non pensarci adesso. Siamo a Seoul, fuori da quelle tristi mura. Pensiamo a divertirci- 
-Ehi, voi là, piccioncini! Vi date una mossa o dobbiamo pranzare senza di voi?-
La voce di Jongin arrivò alle loro orecchie attutita dalla lontananza, ma potevano vedere chiaramente le braccia dell’amico agitarsi nella loro direzione.
-Hai sentito, non vorrai farli arrabbiare- rise Yixing afferrando la mano di Joonmyun. -Forza, andiamo- e con quelle parole lo trascinò verso il gruppo fermo più in là, mentre l’altro non poteva fare a meno di sentir scottare la pelle a contatto con la sua. 
 
***
 
Byun Baekhyun sedeva in un tavolo appartato, seminascosto da un muretto basso, tenendo in mano il menù del ristorante come a voler far da schermo al suo volto. Pochi posti più avanti, nell’altra saletta, il gruppo di amici sedeva indisturbato, aspettando le ordinazioni. Baekhyun si stava decisamente stancando a seguire quell’ammasso di gente, ma doveva farlo per forza. Assottigliò lo sguardo sul volto di Huang Zitao e sbuffò pesantemente nel vederlo affianco a Yifan. Aveva ancora ben impresso nella mente lo scontro che aveva avuto con lui pochi giorni prima, e non poteva fare a meno di sentirsi leggermente timoroso. Sapeva di non aver nulla per cui spaventarsi: Yifan era una pedina eliminata oramai. Ma nonostante tutto la sensazione che avrebbe potuto causargli non pochi problemi rimaneva ben piantata nella sua testa. La vibrazione del suo cellulare lo distolse da quei pensieri e risposte alla chiamata senza nemmeno guardare il mittente.
-Pronto?-
-Li stai seguendo?-
-Affermativo-
-Tieni d’occhio Huang. Ricordati, entro la giornata- 
La voce dell’altro capo della cornetta pronunciò quella sentenza con talmente tanta serietà da far rabbrividire persino Baekhyun. 
-Certamente-
-Fai bene il tuo lavoro Byun-
E con quelle parole la telefonata venne interrotta. Il ragazzo rimase per qualche secondo ad ascoltare il “tu-tu-tu” con sguardo assente, fino a quando non premette a sua volta la cornetta rossa.
Alzò nuovamente gli occhi su Zitao, intento a ridere per una battuta di Minseok, seduto a pochi posti più in là dell’altro. Baekhyun si chiese per un attimo quale strategia avrebbe dovuto adottare quella volta.
Huang Zitao non era un soggetto facile come era stato Kim Minseok. Sapeva abbastanza sul suo conto da immaginare che il ragazzo non si sarebbe lasciato prendere con niente e lo cosa spaventava abbastanza. Baekhyun non era mai stato un “osso duro” in un combattimento corpo a corpo. Il telefono vibrò nuovamente fra le sue mani, e il giovane abbassò lo sguardo sul display aspettandosi un ultimo messaggio da parte del suo capo. Dovette ricredersi. Un sorriso ebete si dipinse sulle sue labbra e non poté fare a meno di sentirsi felice.
 
From: Chanyeol~
-Baekhy, ricordati che domani sera dobbiamo uscire. NON DIMENTICARTI, altrimenti potrei arrabbiarmi sul serio >.< 
Rispondimi appena puoi. 
Love you boy~
 
In quel preciso istante, dopo aver letto quelle parole più di dieci volte, si sentì una completa merda. Chanyeol aveva l’incredibile capacità, solo standogli accanto, di fargli chiedere involontariamente cosa stesse facendo della sua vita.
Ricordava benissimo il giorno in cui l’aveva conosciuto.
Chanyeol in quel periodo era il classico ragazzino emozionato all’idea di gettarsi nel mondo dell’università, il cosiddetto “mondo dei grandi”, come lo chiamava lui. Baekhyun si era ritrovato sulla sua strada per puro caso, per lo stesso motivo per cui si trovava lì in quel momento. Aveva iniziato a lavorare per loro da poco ma per le sue incredibili capacità era slittato ai primi posti della gerarchia nel giro di alcuni mesi. E il suo capo gli aveva affidato come missione un ragazzo minuto, che si era rivelato essere il migliore amico di Chanyeol.
Quel periodo fu uno dei più difficili per Baekhyun: si ritrovò a dover lottare fra il disgusto di sé e il senso di colpa nei confronti di Chanyeol, il ragazzo che involontariamente aveva iniziato ad amare.
Senso di colpa che continuava a persistere ancora, a due anni di distanza. 
 
To: Chanyeol~
-Non preoccuparti, non potrei mai dimenticarmi di te~
Ci sentiamo stasera se riesco ^^
Love you too boy~
 
Inviò quel messaggio con la netta voglia di sotterrarsi e riposizionò il suo sguardo sul tavolo di Huang Zitao. Sembravano sul punto di alzarsi e Baekhyun si abbandonò ad una smorfia di disappunto quando li vide avvicinarsi alla cassa per pagare il conto del pranzo. Non aveva avuto nemmeno il tempo di rilassarsi per mezz’ora! Aspettò che il gruppo uscisse dal locale prima di alzarsi a sua volta e lasciare una discreta mazzetta di soldi al tavolo, come a volersi scusare del pasto ordinato ma non consumato. Infilò la giacca di corsa e si precipitò fuori dal ristorante, individuando con lo sguardo i soggetti del suo interesse. Infilò le mani in tasta e prese a seguirli, mentre piano piano stringeva le dita attorno ad un secondo telefono cellulare. Iniziò a sperare da quel momento che tutto andasse bene. 
 
***
 
Zitao seguiva mestamente il suo gruppo di amici lungo la strada affollata, e si sentì stranamente meglio. Rivedere le vie caotiche della città gli fece per qualche attimo dimenticare quello che era successo in quei giorni dandogli la parvenza di avere una vita normale. La settimana passata era stata talmente tanto strana da sembrare un sogno stravagante: oltre al biglietto minatorio (di cui nessuno era a conoscenza) e all’incredibile e improvvisa possessività di Yifan nei suoi confronti, Zitao si era ritrovato ad essere circondando da una strana sensazione di tensione. Il fulcro principale era senz’altro Luhan: di punto in bianco la sua aria serafica l’aveva abbandonato, lasciando spazio ad una continua espressione smarrita e confusa. Non parlava più a macchinetta, se ne stava sulle sue e spesso non rimaneva nemmeno a chiacchierare con loro la sera. Ed era sicuro di non essere l’unico ad essersi accorto di quel cambiamento. Sospirò leggermente, incassando la testa nel grande colletto della sua giacca. 
-Il programma del pomeriggio?- chiese Kyungsoo ad un tratto trotterellando allegro affianco a Jongin.
-Il tempo non promette bene. Se andassimo al bowling?- propose Yixing entusiasta.
-Solo perché sei un genio in quel gioco. Io non so nemmeno tirare la palla dritta!- borbottò Luhan mettendo il broncio.
-Dai, sarà divertente! E’ una vita che non ci giochiamo, vi prego- continuò il cinese con gli occhioni dolci iniziando a trascinare gli amici in direzione della sala giochi. Zitao sorrise divertito per tutto il tragitto, osservando il continuo battibecco di Yixing e Luhan, così come le continue occhiate di Kyungsoo e Jongin. Al suo fianco, in compenso, Yifan se ne stava zitto. Di tanto in tanto lo beccava a guardarsi intorno guardingo, come a voler controllare che l’ambiente circostante fosse sicuro. Zitao non sapeva seriamente come comportarsi con lui. Ogni suo atteggiamento faceva nascere mille dubbi, soprattutto perché Zitao iniziava ad essere quasi sicuro che Yifan sapesse cose che non aveva intenzione di rivelargli. Nonostante la situazione lo disturbasse parecchio e nonostante sapesse perfettamente di essere in grado di difendersi da solo, il ragazzo non poteva fare a meno di sentirsi più al sicuro con Yifan vicino. 
-Ti stai divertendo?-
La voce di quest’ultimo lo raggiunse all’orecchio e quasi sobbalzò.
-Non c’è male- balbettò, preso alla sprovvista, proprio mentre varcavano la porta d’ingresso della sala giochi.
-Pensa a rilassarti oggi. Nessuno ti farà del male- continuò Yifan con un sorriso, regalandogli una carezza sul capo. Zitao arrossì lievemente, sorpreso, ed annuì leggermente. 
-Allora, adesso statemi tutti ad ascoltare! Formeremo due squadre e ci sfideremo in una lotta all’ultimo sangue!- esclamò Yixing non appena raggiunsero la postazione bowling, iniziando ad esaltarsi come una ragazzina al primo appuntamento. 
-Ti straccerò anche in sedia a rotelle e con un braccio ingessato bello mio!- affermò spavaldo Minseok. -Quindi non fare tanto il figo-
-Staremo a vedere- ribattè il cinese esibendosi in una vistosa linguaccia e facendo ridere tutto il gruppo. Poi prese a dividere tutti in due squadre, cercando a grandi linee di renderle equilibrate. La sala giochi era sorprendentemente occupata da pochissime persone, tanto che i ragazzi si poterono tranquillamente stravaccare in più postazioni senza dare fastidio a nessuno.
Il pomeriggio trascorse in quel modo: Yixing cercava in tutti i modi di aiutare Luhan a tirare una palla dritta nonostante fosse nella squadra avversaria; Minseok si rivelò essere un asso del bowling anche con le ingessature mentre Jongin riusciva a mala pena a lanciare la palla senza spaccarsi un polso; Jongdae se ne stava in disparte, accanto a Minseok, limitandosi ad incitarlo ogni volta che scattava il suo turno; Kyungsoo e Joonmyun sembravano due bambini al lunapark davanti alla bancarella dello zucchero filato, mentre Oh Sehun, che Zitao non aveva ancora inquadrato molto bene, si limitava a tirare al suo turno portandosi in tasca una serie illimitata di strike. Yifan provò una sola volta sotto la continua insistenza di Yixing, ma la palla non arrivò nemmeno ai birilli. 
-Dannazione Wu, sei un disastro!- lo prese in giro quello dandogli una pacca sulla spalla.
-Non gioco a bowling da anni, sono fuori allenamento!- si lamentò l’altro facendo scrocchiare le dita delle mani.
-I principianti dicono tutti così!- esclamò Joonmyun con una risata, battendo il cinque a Yixing per l’ottima battuta.
-Ah. Ah. Molto divertente- disse sarcastico Yifan, proprio mentre la suoneria del suo telefono iniziava a rimbombare fra le pareti della sala giochi. Zitao lo guardò afferrare l’oggetto in mano con uno scatto, fino a quando gli occhi del cinese non si ingrandirono nell’osservare il nome sul display. -Torno subito- aggiunse poi rispondendo alla chiamata e allontanandosi a grandi passi verso l’uscita. 
-Zitao non hai ancora lanciato! Fai un tiro!- proruppe Minseok ad un tratto, richiamando l’attenzione del ragazzo. Quello sorrise mesto, alzandosi dalla sedia e afferrando la palla che l’amico gli stava porgendo.
-Lo sai che non ho mai giocato a bowling nella mia vita vero?- rise Zitao posizionandosi in pista.
-Non importa, facci vedere cosa sai fare!-
Il ragazzo infilò le dita nelle fessure della palla, individuando con lo sguardo la traiettoria da seguire. Cercò di allineare il polso lungo la linea che si era prefissato e puntò gli occhi sulla fila di birilli che gli stavano davanti. Poi lanciò. La sfera rotolò fino alla fine della pista, andando a buttare giù più della metà dei soggetti da colpire.
-Wo, non male!- esclamò Jongdae battendo le mani in un applauso.
-Lui si che è un principiante come si deve!- scherzò Joonmyun divertito sedendosi sul tavolino affianco a loro. Proprio in quel momento, squillò l’ennesimo telefono nella sala. Zitao afferrò sorpreso il suo cellulare, leggendo il nome “Yifan” nella schermata dei messaggi. Aggrottò le sopracciglia e aprì il messaggio perplesso.
 
From: Yifan
-Zitao raggiungimi alla metro qui fuori, è proprio accanto alla sala giochi. Devo parlarti di una cosa urgente in privato. Per favore, vieni subito.
 
Il ragazzo si grattò il capo, sconcertato, ma afferrò comunque la giacca e si assentò dal gruppo di amici spiegandogli l’accaduto. Percorse l’intera sala, fino ad uscire nella brezza del tardo pomeriggio. Proprio come Yifan aveva scritto nel messaggio, a pochi metri dall’edificio vi era la metropolitana. Zitao si avviò verso l’entrata della stazione, infilandosi nella galleria che portava ai treni. Il corridoio era leggermente inquietante e stranamente vuoto, tanto che il giovane iniziò a chiedersi dove l’altro avesse intenzione di aspettarlo. Yifan non gli aveva specificato il luogo dell’incontro, ma Zitao immaginò che dovesse trovarsi davanti alla biglietteria o poco più lontano. Riprese a percorrere la galleria in silenzio, osservando con curiosità la moltitudine di scritte che impiastravano i muri. Sigle di gang, frasi di canzoni, addirittura quelle che sembravano dichiarazioni d’amore, avevano del tutto oscurato il vero colore del corridoio, rendendo il tutto un’enorme massa informe. 
Tirò per noia un calcio ad un sassolino, proprio mentre dietro di lui risuonava l’eco di un passo. Zitao si bloccò di colpo, voltandosi, ma la strada dietro di lui era totalmente deserta. Ispezionò con lo sguardo lo spazio intorno, cercando una possibile fonte di rumore, ma si ridusse ad etichettarlo come il rimbombo dei suoi passi e riprese la marcia sotto le luci al neon che sembravano sul punto di spegnersi da un momento all’altro. L’atmosfera non era decisamente delle più belle.
-Devo ricordarmi di ammazzare Yifan appena lo becco- sussurrò a se stesso Zitao digrignando i denti, ma l’ennesimo rumore lo fece bloccare di nuovo. Questa volta il suono di passi continuò anche una volta fermatosi e il ragazzo non potè fare a meno di rabbrividire. Lentamente si voltò, e ciò che vide lo lasciò perplesso. 
Un ragazzo minuto stava venendo nella sua direzione, passando tranquillamente come una persona normale che necessitava di usare la metro. Eppure Zitao sapeva perfettamente non essere così. Lo sconosciuto infatti lo stava fissando negli occhi, l’espressione gelida, e continuava ad avvicinarsi a passo spedito. 
-Huang Zitao- 
La voce del giovane risuonò fra le pareti della galleria, risultando più tagliente del normale. 
-Chi sei?- domandò il cinese, le mani in tasca strette in un pugno, i sensi già totalmente in allerta. Aveva la netta sensazione che per uscire da quel corridoio avrebbe dovuto lottare.
-Non è cosa che ti debba riguardare- risposte l’altro laconico, fermandosi a pochi passi da lui.
-Dov’è Yifan?- 
Lo sconosciuto sorrise sarcastico, scostandosi con una mano i capelli dal volto.
-Non verrà- 
-Cosa significa questo?- sussurrò Zitao spalancando leggermente gli occhi, mentre un moto di panico gli attagliava lo stomaco.
Ad un tratto tutto gli sembrò più chiaro.
-Significa che questa è una trappola. Yifan non verrà. Ti ho preso- affermò secco il ragazzo davanti a lui, le labbra tese in un sorriso maligno.
Ma la cosa che fece gelare Zitao sul posto non furono le parole pronunciate dal giovane.
Non fu nemmeno la consapevolezza di essere stato ingannato.
La cosa che lo gettò nel panico fu la strana luce che vide in quegli occhi scuri.
All’improvviso capì di non avere più scampo. 


Sonomi's home:
Bene, ed eccoci qui con un nuovo aggiornamento. ** Questo capitolo è abbastanza... inquietante (?) ahahah ma Chanyeol è spuntato un po' di più, più o meno, e Zitao.. che succederà? (?) E' entrata in scena la Sulay, yahiii **
Ci tengo a ringraziare infinitamente tutti coloro che recensiscono e mi hanno messa fra le preferite/seguite/ricordarte <3 o anche solo chi legge :3 grazie a tutti di cuore!
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento ^^
Alla prossimaaaaaaa <3

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Capitolo 8
*** Le lacrime bruciano ancora ***


8.
Le lacrime bruciano ancora.
 
 
Quello che Zitao riusciva a vedere era solo un infinito oceano di oscurità.
Una corrente d’aria gelida gli soffiava contro con violenza, facendo raggrumare il sottile rivolo di sangue che gli colava dall’occhio destro. Il sopracciglio pulsante e gli innumerevoli dolori alle ossa erano gli unici particolari in grado di fargli capire di essere ancora vivo.
Respirò profondamente, emettendo un lungo sospiro. Intorno a lui regnava il completo silenzio, raramente interrotto dal suono di una porta sbattuta chissà dove. Quello portò Zitao a pensare che il luogo in cui si trovasse fosse in un edificio. Ma quale stanza avrebbe potuto essere così fredda?
Per un momento chiuse le palpebre, portandosi le mani sulle tempie, nel tentativo di fare mente locale su ciò che era successo.
Piano piano svuotò la mente, ritrovandosi di nuovo a guardare quella sporca galleria..
 
Il volto dello sconosciuto lo fissava soddisfatto, sicuro di sé, come se avesse avuto la certezza che per Zitao non vi erano possibilità di fuga. Il cinese tese le orecchie, mettendo tutti i sensi in allerta, e non ci mise molto a capire il motivo di quella spavalderia negli occhi del giovane davanti a lui. Poteva chiaramente avvertire i passi di una decina di uomini alle sue spalle arrivare correndo, e seppe subito di non poter fare nulla. Strinse le labbra in una smorfia severa, chiudendo le mani in due pugni. 
-Cosa avete intenzione di fare?- disse secco, la voce tremante per la rabbia.
-Portarti via, logico. Dove non ti deve interessare- rispose l’altro, con noncuranza, come se l’idea di rapire un ragazzo per strada non lo toccasse di striscio. Zitao assottigliò lo sguardo e tese i muscoli del corpo, in attesa che accadesse qualcosa. Avevano intenzione di portarlo via? Di certo non si sarebbe lasciato prendere facilmente. 
-Quindi ora vieni con noi senza fare storie. Eviteremo inutili perdite di tempo- aggiunse lo sconosciuto con un’alzata di spalle. Zitao sorrise.
-Provate a prendermi- sussurrò, prima di voltarsi di scatto in modo da rendere impreparato chiunque gli stesse dietro.
Come aveva dedotto, davanti a lui vi erano circa dieci uomini di media statura, e Zitao calcolò a grandi linee e a velocità record un modo per stenderli tutti senza rischiare di rimanere bloccato.
Il primo tizio si fece avanti con coraggio, correndo verso il cinese a passo spedito. Alzò il braccio, pronto a colpirlo con un pugno, ma Zitao virò velocemente verso destra, deviandolo senza il minimo problema, e afferrò la mano sinistra dell’uomo dal di dietro, piegandogli l’arto fino al gomito. Quello gemette, e il giovane ne approfittò per assestargli una dolorosa ginocchiata nella schiena, facendolo sbattere inerme a terra. Quel gesto scatenò il putiferio: la restante parte di quella che poteva considerare la sua “scorta di rapimento” avanzò verso di lui, cercando di costringerlo al muro. Zitao si mise in posizione da combattimento, e attese il momento giusto per iniziare ad agire. Contro tutte quelle persone era impossibile pensare ad un attacco frontale. Avrebbe optato per difendersi e aspettare che i suoi aggressori fossero abbastanza stanchi da poterli battere. Iniziò così a parare e schivare i più svariati colpi, cercando di non badare al crescente dolore ai muscoli e al fiato corto. Mancò per un pelo un calcio sui fianchi, ma ciò lo portò a beccarsi un pugno in pieno viso che lo fece cadere in terra piegando in malo modo la caviglia.
Trattenne un urlo mordendosi il labbro inferiore, ma aveva capito subito che con una caviglia messa male e la vista traballante non poteva fare poi molto.
Gettò la testa all’indietro, chiudendo le palpebre, e buttò fuori l’aria in un sospiro.
-Mi avevano detto che saresti stato un osso duro, ma non pensavo che fossi così in gamba Huang- proruppe la voce del ragazzo minuto raggiungendolo e guardandolo dall’alto. Fu in quel momento che Zitao riuscì a cogliere nei suoi occhi un alone diverso rispetto a quello di prima, e si chiese se fosse per la pietà che in quel momento gli suscitava. 
-Avanti, portiamolo via..- aggiunse poi, leggermente indeciso, infilando le mani nelle tasche del giubbotto e scomparendo dalla sua vista. 
 
Non ricordava come fosse arrivato in quel posto, quindi ipotizzò di essere svenuto in qualche modo. Da quanto tempo era lì dentro? A giudicare dai dolori non doveva essere passata più di qualche ora, massimo un giorno.
Sospirò di nuovo, proprio mentre l’ennesimo rumore di una porta cigolante lì vicino irrompeva nel silenzio. L’uscio della sua stanza venne spalancato e un fascio di luce gli colpì il volto violentemente, andando ad illuminare l’ambiente circostante: poteva vedere quello che sembrava un lungo bancone di metallo, collegato ad una scrivania ricolma di oggetti, e una finestra spalancata ma impossibile da utilizzare come via di fuga, in quanto bloccata con delle sbarre di ferro. Nel complesso il tutto era decisamente inquietante. 
-Huang Zitao. Vedo che si è svegliato- 
La voce di colui che aveva spalancato la porta lo fece sobbalzare di colpo, riportandolo alla realtà. L’uomo che gli si presentò davanti era un signore di mezza età: gli scarsi capelli brizzolati incorniciavano un volto dai tratti leggermente raggrinziti, la corporatura era robusta, cosa che fece dedurre a Zitao quanto quell’individuo, da giovane, fosse stato un ragazzo atletico. Fu in quel momento che il ragazzo si rese conto che quella non era una faccia nuova. Rabbrividì. Non era possibile. L’uomo accese la luce a neon della stanza, illuminando completamente l’ambiente, e si richiuse la porta alle spalle. 
-Come si sente?- chiese quello incrociando le braccia al petto e fissando il giovane di sottecchi.  
-Lei.. È il medico che ha curato Minseok all‘ospedale..- 
-Ha un’ottima memoria signor Huang. Ma oltre a quello non la vedo messa molto bene- proferì il dottore avvicinandosi lentamente. 
-Non è di certo per colpa mia- ribattè secco Zitao, ma il solo parlare gli provocò un dolore lancinante alle costole. -Cosa ci fa lei qui? E’ immischiato con tutto questo?-
-Se ci riesce, si alzi e si sieda qui sul tavolino. Le medicherò le ferite. Certo che avrebbero almeno potuto trattarla con un po’ più di riguardo, invece di abbandonarla sul pavimento- disse l’uomo ignorando completamente le sue domande. 
-Trattarmi con riguardo? Belle parole dette da coloro che mi hanno rapito-
-Signor Huang la prego. Venga qua e si faccia medicare- sospirò l’altro pazientemente.
-Chi mi dice che posso fidarmi di lei?-
Quell’individuo sorrise leggermente con un’alzata di spalle.
-Sono l’unica persona con cui può parlare al momento. O si fida di me, o rimarrà a sanguinare dolorante per chissà quanto- 
Zitao ringhiò frustrato, ma nonostante tutto si alzò traballante dal suolo, reggendosi pericolosamente al muro, cercando di non badare al dolore lancinante che la caviglia gli stava procurando. Raggiunse il bancone di metallo senza cadere per miracolo, e osservò l’uomo al suo fianco tenere in mano quelle che sembravano bende e acqua ossigenata, in attesa che lui si decidesse a sedersi per le medicazioni. 
-Dobbiamo rimetterla in sesto, signor Huang- continuò l’individuo mentre imbeveva del cotone nel disinfettante, per poi iniziare a tamponare la ferita sul volto del giovane. 
-Perché? L’accoglienza che mi avete dato non è stata delle migliori- borbottò tagliente Zitao con un sorrisetto disgustato. 
-A loro servi intero- spiegò l’uomo con tono saccente, posando il cotone e afferrando la gamba di Zitao in modo da riuscire a stenderla. -Hai la caviglia slogata. Temo che per questa ci vorrà più tempo-
-E dovrei ritenermi fortunato per questo?-
Il dottore fissò il cinese in silenzio per qualche secondo, come se avesse voluto studiarne l’espressione.
-Non saprei nemmeno io cosa dirle-
-Perché sono qui?-
-Temo di non poterle rispondere al momento- e con quelle parole afferrò un tubetto di crema, iniziando a spalmarla sulla caviglia di Zitao. Quello trattenne un gemito di dolore e voltò il capo dall’altra parte per non mostrare all’uomo nemmeno un segno di debolezza. 
-Dovrai stare a riposo per qualche giorno- constatò il dottore mentre delicatamente fasciava la caviglia con una benda pulita. 
-A riposo? Certo, mi sembra logico. A riposo- ringhiò Zitao. 
-Se non lo farà la sua caviglia non guarirà. Oltretutto non riuscirebbe nemmeno a scappare con una contusione del genere. Temo che dovrà abituarsi all’idea signor Huang- affermò secco l’uomo pulendosi le mani in un fazzoletto di carta. -La verranno a prendere a breve. Non si agiti troppo nell’attesa. Ci rivedremo presto- aggiunse poi con un sorriso, voltandogli le spalle e aprendo la porta con un gesto secco.
-Chi mi verrà a prendere?- urlò Zitao sbattendo un pugno sul bancone di metallo. 
-Lo vedrà presto- 
Poi l’uomo scomparve oltre l’ingresso, chiudendoselo alle spalle. 
 
***
 
College, ore 23.54. 
 
Un lampo sfolgorò completamente il cielo di quella Seoul notturna, andando ad illuminare le pareti della stanza 27 del college. Il tuono che seguì fece vibrare le pareti, ma nessuno in quella camera vi fece particolarmente caso. 
-Dove diamine sono finiti!-
L’urlo di Jongdae ruppe il completo silenzio, facendo sussultare l’intero gruppo seduto nella stanza.
-Jongdae cerca di stare calmo..- sussurrò Joonmyun afferrando l’amico per le spalle e stringendolo leggermente.
-No, questa volta no!- sbraitò il ragazzo allontanandolo. -Li abbiamo cercati per tutta Seoul. Tutta! Nessuna traccia..- 
Una lacrima solitaria scese dal volto di Jongdae, andando lentamente a finire sul pavimento. Il giovane chiuse gli occhi, abbandonandosi sul letto, e si prese il volto fra le mani. 
-Non posso sopportare ancora una volta tutto questo..- sussurrò tremante, cercando in qualche modo di impedire ai singhiozzi di scuotergli il petto. Minseok, nel suo angolino, lo fissò completamente impotente. Cosa avrebbe dovuto fare? Non sapeva come comportarsi. “Non posso sopportare ancora una volta tutto questo”. Era una sua impressione o si stava riferendo proprio a lui? 
-Non è detto che siano scomparsi, Jongdae! Perché fasciarci la testa prima di cadere?- ipotizzò Yixing. -Possono essersi voluti ritagliare qualche ora per loro. In tutta sincerità credo di aver notato un particolare feeling tra loro due..-
Jongdae alzò lo sguardo e lo osservò quasi con rabbia, le labbra strette, gli occhi che luccicavano per via delle lacrime.
-Il coprifuoco del college è alle 20, Yixing. E Zitao non mi sembra il tipo che ama trasgredire le regole. E nemmeno Yifan. Quindi dubito che l‘abbiano fatto- sibilò afferrandosi il naso fra indice e pollice. Il silenzio ricadde nuovamente sulle loro teste, così come uno strano senso di inquietudine. Jongin si lasciò sfuggire un sospiro tremulo, e non poté fare a meno di iniziare a piangere. Zitao non era scomparso, Yixing doveva avere ragione. Per forza. Una mano iniziò delicatamente a sfiorarli la schiena, e Jongin riconobbe immediatamente il tocco di Kyungsoo, così piacevole e allo stesso tempo così triste da fargli aumentare il flusso delle lacrime. 
-Facciamo così.. Se entro mezz’ora non arrivano, chiamiamo la polizia- affermò secco Luhan, lo sguardo vuoto posizionato sulle mani abbandonate sul materasso. Gli altri annuirono lentamente, mentre Sehun stringeva impercettibilmente le labbra. La situazione si stava complicando. Il suo compito era tenere d’occhio Minseok, ma si sentiva in parte colpevole per quello che stava accadendo. Lui era un agente della polizia, avrebbe dovuto impedire che succedesse il finimondo. Si passò una mano fra i capelli e chiuse gli occhi. 
Fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta con talmente tanta forza da far temere che potesse cadere giù da un momento all’altro. L’intero gruppo sussultò spaventato, voltandosi di scatto non appena una voce profonda iniziò ad urlare da dietro l’uscio. 
-Dannazione Jongdae, apri questa fottutissima porta!- 
-Yifan!- esclamò Minseok, mentre Kyungsoo si alzava di corsa per andare ad aprire. 
Sulla soglia apparve Yifan, completamente bagnato dalla testa ai piedi. Ma ciò che fece andare tutti nel panico fu il modo in cui era ridotto: il labbro sanguinante, un livido violaceo sotto lo zigomo sinistro; un vistoso taglio sulla guancia destra; i vestiti sembravano aver fatto un bagno nel fango. 
-Santo cielo!- sussurrò Joonmyun portandosi una mano sulla bocca. 
-Cosa diamine è successo?- chiese Yixing serio, mentre Jongdae e Jongin ricominciavano a piangere. 
-Ho cercato di.. Fermarli, non c’è stato nulla da fare- sibilò Yifan facendo due passi all’interno della stanza. -L’hanno portato via- e quelle parole gli morirono in gola. Nessuno ebbe la forza di reagire. Fissavano impotenti il volto dell’amico, come a voler sperare che da un momento all’altro dicesse loro di star scherzando, che Zitao era lì fuori, che tutto quello era solo un enorme presa in giro. Ma gli occhi distrutti di Yifan valevano più di mille parole. 
-Chi è stato?- sussurrò Luhan con labbra tremanti. 
-Erano più di dieci. Ho provato a bloccarli ma.. - iniziò a dire il ragazzo, ma si bloccò chiudendo un attimo gli occhi. -Se solo fossi arrivato cinque minuti prima, dannazione!- continuò poi urlando, scaraventando in terra qualunque cosa ci fosse stata sulla scrivania. Gli altri rimasero impietriti, fissandolo con gli occhi spalancati, mentre si sedeva a terra e iniziava a piangere. Wu Yifan stava piangendo. 
-Perdonate la scarsa delicatezza ma credo sia il caso che io inizi a fare il mio lavoro- disse all’improvviso Sehun, interrompendo quella scena, e afferrando il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans. Lo guardarono tutti digitare un numero alla velocità della luce, per poi portarsi il piccolo oggetto all’orecchio con l’aria più seria che gli avessero mai visto sul volto.
-Buonasera ispettore- proferì non appena dall’altro capo della cornetta ricevette risposta. Il gruppo strabuzzò gli occhi, mentre il ragazzo pronunciava quelle parole che furono più taglienti di una lama di coltello. 
-Si, è successo un fatto grave. E’ scomparso un altro ragazzo- 
 
Le sirene della polizia giunsero alle loro orecchie come il suono più orribile che potessero mai sentire. Gli agenti stavano già da più di un’ora controllando attentamente l’intera camera di Zitao, alla ricerca del minimo indizio che potesse condurre ad una spiegazione. Jongin sembrava sull’orlo di una crisi, mentre Jongdae oramai piangeva ininterrottamente senza mai fermarsi. Joonmyun e Yixing stavano seduti nella sala mensa, assieme alla maggior parte del corpo studentesco, stretti in un abbraccio, mentre Luhan se ne stava in disparte, tenendo fra le mani un bicchiere d’acqua che non aveva la minima voglia di bere. Minseok cercava in tutti i modi di mettere fine alle lacrime di Jongdae, ma quello sembrava non accennare a smettere e lui si sentiva tremendamente inutile. Con quelle stupide ingessature non poteva nemmeno abbracciarlo. Kyungsoo poi si limitava a tenere stretta la mano di Jongin, nella vana speranza che potesse bastare a non farlo crollare. 
Yifan riapparve alla loro vista non appena ebbe finito di parlare con la polizia. Il suo aspetto era talmente tanto distrutto che i ragazzi si chiesero come facesse ancora a reggersi in piedi: probabilmente per inerzia. Gli occhi erano spenti, le mani abbandonate flebilmente lungo i fianchi. Minseok non ricordava di averlo mai visto in quello stato. 
-Stai bene?- si azzardò a chiedere Joonmyun regalandogli una carezza sul volto. Yifan annuì leggermente e abbassò lo sguardo. 
-Forse sarebbe il caso che tu vada a darti una ripulita..- affermò Kyungsoo titubante. -E che ti disinfetti quel taglio- 
-Sto bene, davvero- sussurrò Yifan scostandosi dalle mani gentili dei suoi amici. -Penso che adesso me ne andrò davvero in camera. Grazie di tutto- continuò poi accennando un sorriso che di felice non aveva nulla. 
-Vengo su con te- affermò Yixing con decisione, ma Yifan scosse la testa. 
-Non ce n’è bisogno. Stai pure ancora qui.. Voglio stare da solo- 
E con quelle parole e un’ultima occhiata, il ragazzo si diresse verso il dormitorio, trascinando i piedi lungo le scale. Entrò nella sua stanza con i piedi di piombo, iniziando a spogliarsi dei propri indumenti mentre si incamminava verso il bagno. Non regolò nemmeno l’acqua della doccia. Semplicemente vi si immerse sotto completamente, lavando via l’odore di sudore, la sporcizia e il sangue dal volto. Peccato che l’acqua non potesse portarsi via anche le immagini che continuavano ad attanagliargli la mente. Era stato un vero cretino, un idiota di prima categoria. Come aveva potuto non riconoscere il ragazzo che aveva visto uscire dalla sala giochi mentre era al telefono con sua madre? Se solo avesse dato ascolto al suo sesto senso prima, forse Zitao in quel momento sarebbe stato al sicuro. Abbandonò la fronte contro le piastrelle della doccia, portandosi le mani fra i capelli. Non era riuscito a proteggere Zitao, ma avrebbe fatto qualunque cosa per riprenderlo. 
Poche stanze più avanti, Minseok era coricato sul letto e sentiva Jongdae piangere. Voltò leggermente il capo nel vano tentativo di guardarlo, ma quello gli dava le spalle impendendo qualsiasi contatto visivo. In quella decina di giorni, Minseok aveva iniziano a comprendere Jongdae più di quanto avesse ritenuto possibile. Aveva notato la sua gentilezza, la sua disponibilità, il suo animo puro, così come aveva notato i sorrisi carichi di tristezza, le occhiate piene di quella che sembrava nostalgia, e l’assurdo distacco che delle volte il ragazzo mostrava nei suoi confronti. Jongdae era un misto di insicurezza e decisione, e la velocità con cui passava da uno stato all’altro era incredibile. E poi c’erano i momenti come quello, in cui Minseok vedeva il lato di Jongdae più debole e spaventato, e sentiva la necessità di proteggerlo. Come se proteggerlo fosse il suo compito. Per quel motivo non resistette ad allungare la mano verso la schiena dell’altro, richiamando la sua attenzione. 
-Jongdae..- sussurrò nel buio, scuotendolo leggermente. 
-Dimmi..- rispose il giovane tirando su col naso e asciugandosi con le mani il volto bagnato dalle lacrime. 
-Non piangere, ti prego..- 
Jongdae ridacchiò leggermente, voltandosi a guardare il viso intristito di Minseok. Osservò ogni particolare, dai capelli scomposti dal cuscino al braccio ingessato posato sul letto come un oggetto inerme. 
-Non è facile..- disse, mentre con la mano libera Minseok gli accarezzava la testa. 
-Se ti fa stare meglio.. Puoi abbracciarmi per addormentarti- mormorò quest’ultimo puntando gli occhi contro quelli dell’altro ragazzo. Jongdae non si fece pregare due volte: si gettò completamente addosso al giovane, cingendogli i fianchi con il braccio destro, e abbandonò il volto nell’incavo del suo collo trattenendo un brivido. Minseok sorrise, infilando la mano fra i soffici capelli dell’altro e iniziando quasi a cullarlo. 
-Min..- sussurrò Jongdae, stringendo fra le dita la maglietta del pigiama del ragazzo.
-Si?-
-Non abbandonarmi più, ti prego- 
Quelle parole caddero sulla coscienza di Minseok come acqua gelata, creandogli un nodo allo stomaco che non sapeva spiegarsi. L’unica cosa che voleva era far sapere al giovane al suo fianco che non aveva la minima intenzione di sparire di nuovo. 
-Non lo farò, promesso- 


Sonomi's home:
Helloooo
Ok, siamo arrivate anche alla fine del capitolo 8, che è la depressione massima, e mi sono quasi uccisa da sola nel scriverlo (?). 
*viva la felicità
~*
Comunqueeee. Le cose si fanno più accese, Zitao è nei guai, Sehun si è rivelato(?), la Chenmin si fa più coccolosa che mai, Jongin si è scoperto un tenerone dal cuore grande grande *w* e insomma, tutti qui sono in ansia e spaventati per Tao. Cosa succederà adesso? E sopratutto.. in che cosa e in chi Tao dovrà imbattersi?
*sigla*
Ok, dopo aver sparato queste cavolate io mi vado a ritorare nel mio misero angolino çç come sempre ci tengo a ringraziare tantissimo coloro che mi recensiscono, che mi hanno inserita fra le ff seguite/preferite/ricordate o semplicemente chi legge <3 
Con la speranza che il prossimo capitolo sia più allegro(?) vi lascio ùù
Bacioni a tuttiiii
~

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Capitolo 9
*** L'altra faccia della medaglia ***


9.
L’altra faccia della medaglia. 
 
 
Ore 20:35
 
-Yah, Baekhyun. Non mangi?-
La voce profonda di Chanyeol fece sobbalzare il ragazzo minuto di fronte a lui, intento a fissare con sguardo spento il piatto di sushi che aveva davanti. Baekhyun fece un sorrisetto di scuse, grattandosi nervosamente il capo, e riprese in mano le sue bacchette con ben poca decisione. 
-Scusami..- borbottò, sovrastando la lieve musichetta che risuonava leggera fra le pareti di quel ristorante giapponese al centro di Seoul. Quello era il loro solito luogo d’incontro, il primo posto dove avevano mangiato assieme. E fuori dalla porta che vedevano da quella postazione si erano scambiati il loro primo bacio. 
-Non ti va il sushi? Se preferisci dell’altro possiamo ordinarlo, non è un prob..- 
-Stai tranquillo, il sushi va benissimo- affermò Baekhyun sfiorando la punta del naso di Chanyeol con la sua bacchetta. -Sono solo un po’ stanco, tutto qui- 
-A lavoro ti stanno tartassando Baekhy. Dovresti prenderti una pausa- si lamentò il più alto mettendo il broncio.
-Lo sai, non sono io a poter decidere quando avere pause o meno- 
-Si, ma non mi sembra nemmeno giusto che tu debba lavorare in qualsiasi momento della giornata. Non è normale! Sei solo un apprendista in quello studio veterinario, dovresti avere orari più umani! Se il tuo capo osa chiamarti anche stasera è facile che io perda definitivamente la pazienza- 
-Stasera non chiamerà- sussurrò Baekhyun più a se stesso che al ragazzo di fronte. -Il lavoro grosso l’ho finito ieri..- continuò con il tono ancora più basso, torturando il sushi che aveva nel piatto. 
Chanyeol guardò il ragazzo in silenzio per qualche secondo, soppesando sulla sua espressione stanca. Non riusciva a capacitarsi di cosa potesse rendere Baekhyun in quel modo. Fin da quando l’aveva conosciuto, il giovane si era dimostrato una persona allegra e vivace, con uno spiccato senso dell’umorismo. Era raro vederlo nelle cosiddette “giornate no”, sembrava sempre trovare il lato positivo in ogni situazione. Ma in quel periodo, Chanyeol si era reso conto che Baekhyun si stava trasformando in una maschera di spossatezza e freddezza. I suoi occhi sempre allegri ora non facevano altro che trasmettere tristezza, e delle volte anche disgusto. Quello non era il suo Byun Baekhyun. E Chanyeol pretendeva di riavere indietro il ragazzo di cui si era innamorato.
-Baekhyun..- sussurrò indeciso, scostandosi un ciuffo di capelli scuri dal volto. Quello alzò lo sguardo verso di lui con un debole sorriso. -Stai.. Bene?-
Quella domanda cadde pesante nel loro silenzio, facendo scomparire quella timida parvenza di felicità sul volto del ragazzo più grande. 
-Certo che sto bene. Perché?- 
-Sei così diverso dal solito..- bofonchiò Chanyeol sentendosi a disagio sotto quegli occhi spenti. 
-Non capisco di cosa tu stia parlando. Mangia, o il ramen ti verrà freddo- risposte Baekhyun gelido, infilando in bocca un pezzo di sushi e masticandolo quasi con rabbia. Chanyeol abbassò lo sguardo, immergendo le bacchette nella sua zuppa, e riprese a mangiare senza più considerare il suo partner. 
Baekhyun si morse la lingua e chiuse gli occhi per un attimo. Come poteva andare avanti così? Non gli era mai piaciuto mentire, fin da quando era bambino. Ma in quel momento aveva come l’impressione che tutta la sua storia con Chanyeol avesse un fondamento di menzogna. Lui non sapeva il suo reale lavoro, se così si poteva chiamare. Lui non sapeva che ciò che era successo due anni prima al suo migliore amico era colpa di Baekhyun. L’unica cosa vera in tutto il loro rapporto era l’amore che li legava, solo quello. 
-Baekhy..- iniziò a dire titubante Chanyeol, posando le bacchette sul tavolo. -Se ci fosse qualche problema.. Di qualunque tipo, tu me lo diresti vero?- 
Baekhyun fremette ed alzò titubante lo sguardo sul ragazzo di fronte a lui. Lo guardò come non aveva mai fatto prima: i capelli neri che non riuscivano a nascondere bene quelle graziose orecchie sporgenti; il naso delicato, gli occhi dolci. Mancava solo il suo immenso sorriso, che ultimamente faceva ben poco capolino su quelle labbra morbide. E Baekhyun amava quel dannato sorriso.
-Certo che te lo direi..- sussurrò, trattenendo fino all’inverosimile le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all’altro. Non poteva piangere, non lì. 
-Ne sei sicuro?-
-Certo..-
Chanyeol fissò il volto di Baekhyun e capì che ogni parola appena detta era falsa. Glielo leggeva negli occhi. 
-Baekhyun ti fidi di me?- chiese serio, schietto, senza traccia di ironia nella voce.
-Certo- rispose l’altro titubante. Non gli piaceva la piega che stava prendendo quel discorso. Non gli piaceva nemmeno lo sguardo che gli stava rivolgendo Chanyeol.
-E dimmi, mi ami?- 
-Chanyeol ma che ti prende?- sbottò Baekhyun a disagio. 
-Rispondimi- ribattè il giovane, nascondendo le mani sotto il tavolo. Perché aveva paura? Sentiva chiaramente che qualcosa non andava. Lo percepiva nelle ossa, nella pelle, nell’aria. Ovunque. C’era qualcosa che non quadrava fra lui e Baekhyun. 
-Ovvio, ti amo. E anche tanto- affermò quest’ultimo incrociando le braccia al petto. 
-Va bene..- disse Chanyeol pulendosi le labbra nel tovagliolo. -Non ho più fame. Forza, ti accompagno a casa- continuò poi, amorfo, alzandosi dalla sedia e chiamando con un cenno della mano la cameriera poco lontano. Pagò il conto di tasca sua, senza chiedere nulla a Baekhyun, e aspettò che il ragazzo prendesse la sua giacca e lo seguisse in quella fresca notte di ottobre. Camminarono fianco a fianco, in silenzio, senza prendere nessun mezzo pubblico. A Chanyeol gli autobus e i taxi non piacevano. Puzzavano, e odiava vedere la gente fissare il suo Baekhyun con avidità. Ma soprattutto quella sera sentiva il bisogno di camminare all’aria aperta, anche se quello gli sarebbe costato farsi cinque chilometri a piedi.
La casa di Baekhyun era vicina alla periferia, ma la zona in cui si trovava era veramente graziosa. Era ricca di vegetazione, di pace, e Chanyeol amava passare il suo tempo lì assieme al ragazzo, soprattutto nelle giornate primaverili. Ma quella sera gli alberi che conosceva a memoria, gli arbusti che poteva chiamare ‘casa’, gli sembravano solo un mucchio di erbacce. E Baekhyun continuava a stare zitto. Il giovane si degnò di parlare solo quando la porta in legno scuro di casa sua comparve sotto i loro occhi. Vi si era trasferito giusto da un annetto, ed era abbastanza piccola anche per una persona sola. Ma l’adorava e la considerava come un piccolo angolo di paradiso. 
-Vuoi entrare?- chiese Baekhyun alla fine, titubante, infilandosi le mani nelle tasche della giacca. 
-Non.. Credo sia il caso- affermò Chanyeol, guardando ovunque tranne che il suo fidanzato. Quello sospirò, mordendosi leggermente il labbro inferiore.
-Chanyeol.. Non so cosa diamine ti preda stasera, ma non ho intenzione di lasciarti andare in questo modo!- sibilò, costringendo l’altro a fissarlo. Gli occhi di Chanyeol si specchiarono in quelli di Baekhyun, che a fatica riuscì a trattenere un brivido. Quei grandi pozzi scuri sembravano sommersi di delusione, e il più basso ne aveva paura. Cosa ne sarebbe stato della sua vita, se anche lui l’avesse abbandonato? 
-Ti prego, entra..- sussurrò Baekhyun, poggiando il capo sul petto di Chanyeol e arpionando la sua giacca con le dita infreddolite. Solo quando avvertì la debole stretta dell’altro attorno alla sua vita, il ragazzo riuscì a rilassarsi leggermente. 
-Yah, Byun- mormorò il più alto al suo orecchio, sfiorandogli la guancia con la punta del naso. -Mi ami?- 
Ancora questa domanda. Possibile che tu non veda quanto amore c’è nei miei occhi?
Baekhyun sfiorò con le mani i soffici capelli di Chanyeol, lasciando che le labbra si tendessero in un sorriso sincero. Quella era l’unica cosa su cui non avrebbe mai potuto mentire. Si issò sulle punte dei piedi, allacciando le braccia intorno al collo dell’altro. 
-Ti amo- sussurrò, prima di stampare un delicato bacio sulle labbra di Chanyeol, così dannatamente perfette da fargli quasi male. Baekhyun avvertì la presa attorno ai suoi fianchi farsi più stretta, fino a quando non si ritrovò letteralmente sollevato da terra, appeso a Chanyeol come un koala al suo albero. Scoppiò a ridere, mentre il più alto continuava a portarselo in braccio fino alla porta di casa, aprendola magicamente con una mano sola usando le chiavi che Byun aveva in tasca. Si chiuse l’uscio alle spalle con un gesto ben poco delicato, per poi rimettere in piedi Baekhyun, pur senza lasciarlo andare. L’ingresso dell’abitazione era totalmente al buio, ma Chanyeol sapeva esattamente dove andare. Conosceva quella casa meglio di se stesso, ogni spigolo, ogni muro, ogni mobile. 
-Baekhyun.. Mi ami?- chiese ancora , affondando il folto fra i capelli dell’altro e stringendolo a sé con tutta la forza che aveva. Doveva sentirselo dire ancora, ancora, e ancora. Solo quelle due paroline sembravano mettere a tacere la strana sensazione di inquietudine che gli attanagliava lo stomaco. 
-Ti amo, Park Chanyeol- affermò serio Baekhyun accarezzandogli la schiena. -E questa è l’unica cosa di cui non devi mai dubitare- continuò solenne, prima che le labbra dell’altro si impossessassero delle sue con molta più passione di prima facendolo quasi cadere in terra. E a quel punto non poté fare a meno che spegnere il cervello e lasciarsi trascinare. Pensare, in quel momento, sarebbe solo stato un danno.
Chanyeol lo afferrò nuovamente per i fianchi, iniziando a sospingerlo verso la camera da letto, luogo in cui il più alto passava quasi più tempo che in casa sua. Caddero assieme sul materasso, ridendo come due idioti, e Baekhyun si sentì per un attimo stranamente felice. Felice e al proprio posto. 
E’ così che mi dovrei sentire sempre. Non come una persona spregevole. 
-Baekhy..- sussurrò Chanyeol mentre lentamente aiutava l’altro a disfarsi della giacca.
-Prova a chiedermi ancora una volta se ti amo, e ti ritroverai fuori di qui a suon di calci!- affermò Baekhyun, falsamente offeso, scatenando la risata di Chanyeol. 
Ecco il sorriso che amo. 
-Ti amo Baekhy- mormorò dolcemente il più alto, prima di avventarsi ancora una volta su quelle labbra sottili. 
 
***
 
College, ore 23.05
 
Kim Jongin fissava il soffitto, steso affianco al letto vuoto di Zitao, cercando di non badare alla mancanza dell’amico. Non riusciva a prendere sonno, come poteva? 
Per un attimo chiuse gli occhi, immaginandosi che tutto quello che stava accadendo fosse uno dei soliti incubi che lo tormentavano da anni, ma sapeva benissimo che, riaprendo le palpebre, avrebbe trovato solo la triste realtà. Una realtà in cui la gente scompariva, le persone innamorate soffrivano e l’attesa si faceva snervante. Sbuffò, scostando le coperte di lato e alzandosi in piedi di scatto. In quel momento avrebbe tanto voluto essere a casa, nella sua camera, magari appena tornato da una serata con i suoi soliti amici. Avrebbe preferito le sgridate di sua madre nel vederlo tornare a casa leggermente sbronzo, o la risata di suo padre che lo incoraggiava a viversi la vita. Tutto, pur di non dover stare lì ad aspettare notizie che sembravano non voler arrivare. 
Fu il leggero bussare alla porta a distogliere Jongin da quei tristi pensieri. Guardò l’orologio sul muro, accorgendosi dell’ora tarda, e si diresse verso l’ingresso chiedendosi chi mai avrebbe avuto il coraggio di andarlo a disturbare alle undici. Quando aprì la porta, la risposta gli parve quasi scontata: Do Kyungsoo. Quel ragazzo era l’emblema della contraddizione. Jongin, in tutto quel tempo passato assieme a lui, aveva avuto davvero la netta sensazione di avere davanti una persona con disturbi di personalità multipla. Kyungsoo aveva la grandissima capacità di essere timido, impacciato, e di colpo trasformarsi in un ragazzo provocante e dannatamente accattivante. Jongin lo odiava per questo. Odiava sentirsi prigioniero di quello sguardo dolce e allo stesso tempo travolgente, odiava essere caduto nella sua trappola così in fretta. Ma con Kyungsoo non si poteva resistere: ogni cosa facesse, dallo studiare al solo tenergli compagnia, non faceva altro che far aumentare l’infatuazione di Jongin nei suoi confronti. 
-Sapevo di trovarti sveglio- sussurrò Kyungsoo con un sorriso, mentre l’altro si faceva da parte per farlo entrare nella stanza. 
-Non riesco a chiudere occhio- 
-Immaginavo anche questo- disse il nuovo arrivato accomodandosi su uno dei divanetti. -Per questo sono venuto. Ero sicuro che avessi voglia di compagnia- 
Jongin sorrise, andando a sedersi affianco al giovane. Solo in quel momento si accorse che Kyungsoo indossava un tenerissimo pigiama verdognolo, che non faceva altro che renderlo ancora più adorabile. 
-Grazie per essere venuto..- 
-Ti avevo detto che sarei rimasto incollato a te fino a quando non avremo notizie di Zitao. Non ho intenzione di lasciarti solo- 
Già, me lo hai detto. 
-Grazie davvero, Kyung- sussurrò Jongin, raccogliendo le gambe al petto e poggiandovi il mento sopra. Non c’era molto da dire.
-Perché non provi a rimetterti in letto, mm?- propose Kyungsoo inclinando leggermente il capo. -Rimarrò qui fin quando non ti addormenterai-
-Sei venuto qui per tenermi compagnia e mi dici di mettermi a dormire?- rise Jongin scuotendo la testa. 
-Certo. Avanti, hai la faccia addormenta. Si vede che non chiudi occhio da ore-
Beh, era vero. La notte precedente non aveva minimamente dormito, e anche di giorno non c’era stato verso di addormentarsi. Ma si sentiva troppo sconvolto per riuscire ad abbassare le palpebre senza avere paura per Zitao. Con un sospiro si alzò dalla poltrona e si diresse a passo spedito verso il proprio materasso, seguito da un Kyungsoo in modalità ‘mammina premurosa’. Si infilò sotto le coperte, sistemandosi meglio in cuscino, e osservò l’altro sedersi sul bordo del letto, lisciando il lenzuolo con le mani. 
-Chiudi gli occhi e rilassati adesso- sussurrò il ragazzo, lasciandogli una carezza sul capo, prima di iniziare a canticchiare una leggera melodia a labbra dischiuse. Jongin rimase per un attimo pietrificato al suono di quella voce angelica, e si chiese da dove dannazione Kyungsoo l’avesse fatta uscire. Non sapeva delle sue doti canore, credeva che il talento dell’amico di limitasse al pianoforte! L’attimo di stupore fece piano piano spazio ad un’immensa tranquillità, fino a quando le palpebre di Jongin non iniziarono ad essere troppo pesanti e la testa troppo leggera.
In pochi minuti, si addormentò. 
 
***
 
Zitao fissava la sua caviglia fasciata sentendosi completamente inutile. Anzi, il quel momento non poteva fare altro che definirsi inutile per davvero. Guardò sconsolato il decrepito orologio a muro sulla parente di fronte, lasciandosi andare ad una smorfia. Un giorno solo. Era passato solo un dannatissimo giorno da quando si era ritrovato imprigionato in quella stanza fredda e desolata e con la sola compagnia dei dolori alle ossa. Il dottore gli aveva detto che qualcuno sarebbe arrivato a prenderlo, ma Zitao non aveva visto anima viva tranne quel ragazzetto di quindici anni che gli aveva portato da mangiare. E ora si ritrovava a dover dormire per la seconda notte su quel pavimento gelido, nella vana speranza che la polizia potesse arrivare da un momento all’altro a salvarlo. Ma sapeva benissimo che non sarebbe arrivato proprio nessuno, se non i suoi rapitori. E quello sarebbe già stato un passo avanti. 
Con un sospirò si appoggiò con la schiena al muro, e chiuse gli occhi per qualche minuto. Al college, in quel momento, doveva esserci il finimondo. I volti dei suoi amici gli riempirono la mente, e un fastidioso nodo allo stomaco gli strinse le viscere mentre tentava di immaginare cosa stessero facendo. Che fossero in pena per lui? Pensò a Jongin, e si chiese se stesse soffrendo per la scomparsa del suo compagno di stanza. Conoscendolo, sicuramente si. Zitao sorrise, sentendosi riconoscente verso quel ragazzo, e pregò che Do Kyungsoo gli stesse vicino fino a quando non avrebbe trovato un modo per liberarsi. Perché l’avrebbe trovato, eccome. Ma non era solo il pensiero di Jongin a preoccuparlo: come l’aveva presa Jongdae? Sicuramente non bene, e nemmeno Minseok. Joonmyun, Yixing, Luhan? Sicuramente non dormivano dalla preoccupazione. Yifan..? Zitao non osò pensarci.
-Signor Huang?-
Una voce maschile interruppe le sue riflessioni, facendolo tornare nel tremendo mondo reale. Il dottore fece capolino dall’entrata, con il suo sorrisetto cordiale stampato sul volto, un sorrisetto che Zitao non poteva fare a meno di interpretare quasi come una presa in giro. Lui era lì in terra, debole, mentre intorno a lui si muovevano nell’ombra le persone che lo avevano rapito per chissà quale astruso motivo. 
-Vedo che anche oggi non è di buon umore-
-Veda un po’ lei..- sibilò secco il ragazzo mentre l’uomo gli faceva segno di raggiungerlo nuovamente verso il lungo tavolo di metallo. 
-Non faccia così! Avanti, venga qui che le cambio la medicazione alla caviglia, prima che la passino a prendere- si lamentò il dottore aiutando Zitao ad alzarsi. -Mi dica, la caviglia le fa male come ieri?-
Il giovane posò il piede a terra, lentamente, rendendosi conto che il dolore era drasticamente diminuito dal giorno precedente. Spalancò gli occhi, leggermente sorpreso, e il medico prese quell’espressione come una risposta affermativa.
-L’arto ha reagito bene alla cura. Ancora un po’ di crema stasera e tornerà come nuovo- affermò contento, per poi iniziare a slacciare la benda dalla caviglia di Zitao. -A quanto pare, non era una contusione grave come sembrava. Il capo sarà felice di questo-
-Potrò finalmente scoprire il perché sono qui, allora?- chiese sarcastico il ragazzo mentre l’uomo applicava un nuovo strato di crema.
-Beh, penso che oramai il momento della verità sia vicino. Ma non sono io a doverle spiegare tutto, signor Huang- 
-Certo, mi sembra logico- 
Fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta e quel gesto lasciò Zitao di stucco. Quando l’uscio di aprì, il giovane poté guardare in volto la persona, o meglio le persone, che immaginava fossero venute a prenderlo. Erano tre, due uomini e una donna, e tutti indossavano un completo nero scuro, quasi elegante. Sembravano guardie del corpo, pronte a portarlo chissà dove. E Zitao non era proprio sicuro di volerlo sapere. 
-Dottor Kang, possiamo procedere?- chiese la donna, severa, sistemandosi un ciuffo di capelli neri dietro all’orecchio. 
-Certamente!- affermò quello con un sorriso, bloccando la benda e lasciando un buffetto sulla guancia di Zitao. I tre individui si avvicinarono, prendendo il giovane per le braccia e aiutandolo ad alzarsi. Si stupì dei loro modi delicati, ma immaginò che la motivazione fosse il ‘volerlo tutto intero’. 
-E’ stato un piacere conoscerla personalmente, signor Huang. Sono sicuro che ci rivedremo, in futuro. Buona fortuna!- disse il dottor Kang salutandolo con la mano, mentre Zitao veniva trascinando fuori dalla stanza. Per la prima volta poté vedere il resto dell’edificio: il corridoio era deserto, fatta eccezione per qualche persona che passava accanto a loro in tutta fretta, quasi come avesse avuto paura; i muri erano bianchissimi, i pavimenti scuri sembravano immacolati. E senza rendersene conto, Zitao si ritrovò in una macchina dai vetri oscurati, seduto accanto alla donna, diretto chissà dove. Non poteva vedere la strada che stavano percorrendo, e di certo non avrebbe avuto senso chiederla. Tutto era stato predisposto in modo che lui non potesse orientarsi, ne era sicuro. 
A quel punto, non gli rimaneva che aspettare. 






Sonomi's home:
Hellooo!
~ I'm back! Olè! Scusate il ritardo ma questa settimana è stata molto travagliata, ho una tosse che sembro una cavernicola, Growl mi ha dato la mazzata finale, e insomma, alla fine sono qui. Yeah. Ma parliamo del capitolo: qui abbiamo FINALMENTE una completa scena baekhyeol: ora ditemi, odiate ancora Baekhy?
*occhionidolci* 
E anche la Kaisoo si da da fare, o forse è meglio dire che Kyungsoo si da da fare lol 
Dove stanno portando Zitao?
Come al solito ci tengo a ringraziare tutti coloro che recensiscono, che mi hanno inserita fra le ff sehuite/ricordate/preferite o solo chi legge <3 
Con la speranza che nell'aggiornare il prossimo capitolo la mia tosse da cavernicola sia sparita, vi saluto u.u
Al prossimo aggiornamentooo
~

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Capitolo 10
*** Back to the past ***


10.
Back to the past. 
 
A few days later.
 
-Mi dica, dottore. Pensa che questa volta sia quella buona?-
La sigaretta che venne spenta nel portacenere sembrò marcare più in profondità le parole appena dette. L’uomo che le aveva pronunciate sedeva dietro ad un tavolino in mogano, su una poltrona nera, e fissava di sottecchi il signor Kang, come a volergli intimare di rispondere ‘si’ alla domanda. 
-Non ho alcun motivo per pensare di fallire, signore. Il signor Huang ha tutto il potenziale-
-Aveva detto così anche per gli altri ragazzi. Non me ne voglia, se faccio fatica a crederle- 
Quella frase venne sussurrata con una nota di sarcasmo che fece impallidire il dottor Kang come un lenzuolo. L’ultima cosa che desiderava era quella di inimicarsi il capo. Non osava nemmeno pensare alle conseguenze che sarebbero potute nascere da una disputa con lui. 
-Il signor Huang sembra veramente la persona adatta, mi creda. Molto più dei precedenti ragazzi!- balbettò il medico intrecciando le dita delle mani sulle ginocchia. 
-Staremo a vedere. Non intendo aspettare oltre. E’ da troppi anni che siamo dietro a questo lavoro, dottor Kang. Voglio dei risultati. E li pretendo adesso- ringhiò l’uomo alzandosi dalla poltrona e afferrando l’ennesima sigaretta dal pacchetto sopra il tavolino. L’accese con noncuranza, soffiando il fumo della prima boccata in faccia al dottor Kang, che tossì per riflesso. 
-Questa è la sua ultima possibilità, Kang. Veda di non deludermi- 
-N-non lo farò, signore-
 
***
 
Luhan sedeva composto dietro al suo banco, il quaderno aperto e la penna in mano, guardando il professore in faccia senza vedere realmente niente. Con un orecchio ascoltava il monotono rintocco della lancetta dei secondi dell’orologio sopra la cattedra, perdendosi a ripercorrere con la mente gli avvenimenti dell’ultima settimana. Ricordava quei giorni come i più tristi e i più strani della sua vita. Tutto quello che lo circondava sembra essere andando fuori posto, completamente svasato, e aveva la netta sensazione che quello fosse solo l’inizio. 
Roteò la penna fra le dita, macchiandosele leggermente d’inchiostro nero. Per un momento si chiese cosa ci facesse ancora seduto lì, in quella stupida classe dall’aria decrepita, a fingere di ascoltare un professore che dimostrava di aver voglia di insegnare tanta quanta ne aveva lui di starlo a sentire. Avrebbe dovuto andarsene da quella scuola, cambiare vita, fare qualcosa per trovare Zitao. E fare qualcosa anche per capire dove diamine avesse visto Oh Sehun. Perché Luhan era certo di conoscerlo, e non ne poteva più di scappare ogni volta che lo vedeva spuntare. 
-Bene ragazzi. Per la prossima volta studiate i capitoli che abbiamo letto in classe. Parleremo del funzionamento del cuore- 
Le parole del professore sembrarono balsamo alle orecchie di Luhan. Chiuse i libri, li infilò malamente nella borsa, ed uscì dall’aula senza nemmeno aspettare Joonmyun. Doveva correre se voleva sperare di beccare Sehun nel cambio d’ora delle prime. Scivolò velocemente lungo una delle tante rampe di scale, passando per due corridoi deserti, fino a ritrovarsi davanti alla classe di matematica. Oh Sehun se ne stava sulla soglia della porta, con il cellulare fra le mani, intento a leggere qualcosa sul display luminoso. Luhan si avvicinò a lui silenziosamente, fino a quando non si ritrovò ad una spanna dal suo naso. Osservò i tratti del volto, delicati e precisi, gli occhi sottili, i capelli che gli sfioravano la fronte in una morbida carezza. Tutto quello gli era familiare. Familiare in una maniera talmente forte da spaventarlo. 
-Perché mi stai fissando in quel modo inquietante?- 
La voce di Sehun lo fece sobbalzare, e Luhan si rese conto che il giovane aveva alzato lo sguardo verso di lui, l’espressione scettica, e attendeva una spiegazione chiaramente convincente del suo comportamento.
-Scusami, non.. Non volevo disturbarti-
-E allora perché sei qui?- chiese ancora il ragazzo abbozzando un lieve sorriso sulle labbra. 
-Volevo.. Volevo solo sapere se si avevano notizie di Zitao-
Balla colossale. O almeno in parte. Certo, sapere di Zitao era importante, ma se si era precipitato fin lì era solo nella vana speranza di risolvere quell’enorme rompicapo che portava il nome di “Oh Sehun”. Quest’ultimo scosse la testa, sospirando, e Luhan si sentì ancora più scoraggiato di prima. 
-Ho ricevuto adesso un messaggio dall’ispettore. Hanno passato in rassegna tutta la galleria della metropolitana almeno una ventina di volte, nella vana speranza di trovare qualcosa. Il nulla. Non sappiamo da dove iniziare- spiegò il ‘poliziotto’ infilando il cellulare in tasca e sistemandosi meglio la borsa sulle spalle. -Inizio a pensare che ci ritroveremo ad aspettare che spunti fuori dal nulla come Minseok- continuò poi affranto. 
Sapere che Sehun era un infiltrato della polizia aveva sconvolto tutti. Non avrebbero mai potuto immaginare che il silenzioso ragazzo che si era unito alla loro compagnia fosse lì per tenero d’occhio Minseok. Luhan cercò di pensare a come si fosse dovuto sentire Sehun nell’apprendere la scomparsa di Zitao, avvenuta sotto i suoi occhi. Una sconfitta personale, senza ombra di dubbio. 
-Spero vivamente che Zitao venga trovato prima- sussurrò il biondo più a se stesso che al ragazzo che aveva di fronte, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. 
-La polizia farà del suo meglio. Anche se dubito che riusciremo a trovare qualcosa se a rapirlo sono state le stesse persone che avevano sequestrato Minseok. Sono dannatamente bravi e furbi, sembrano non lasciare la minima traccia. Ogni lavoro è pulito. Sono introvabili- ringhiò Sehun staccandosi dal muro.
-Prima o poi dovranno commettere un errore, no?- 
-Se lo faranno, avremo qualche possibilità. Quindi non ci rimane che sperare in un passo falso- 
Luhan annuì, e guardò Sehun sistemarsi le maniche della maglietta, pronto ad andarsene. Ma il cinese non voleva lasciarlo andare. Era la prima volta che si azzardava ad intrattenere un discorso con lui ed aveva tutta l’intenzione di farlo proseguire ancora. Doveva cercare di scoprire qualcosa di più sul conto di Sehun, altrimenti non ne sarebbe mai venuto a capo. 
-Hai lezione adesso?- chiese Luhan, cercando di suonare socievole, mettendo su un sorriso. 
-No, ho ora buca-
-Posso accompagnarti in stanza allora? Mi farebbe piacere fare ancora due chiacchiere con te- 
Luhan si sorprese della sua schiettezza, ma ebbe la netta sensazione che Sehun avesse apprezzato quella sincerità diretta. Infatti lo vide sorridere leggermente divertito, per poi annuire.
-Al dire il vero pensavo di andare a prendere una boccata d’aria. Vieni con me?-
 
Oh Sehun fissava quel Luhan camminargli accanto, silenziosamente, e non poté fare a meno di chiedersi cosa lo avesse spinto a parlargli così direttamente se precedentemente non aveva fatto altro che evitarlo. Dalla sera del suo arrivo, Sehun non aveva potuto non notare le continue occhiate che il biondo gli lanciava, come se avesse voluto studiarlo da tutte le angolazioni. All’inizio aveva trovato la cosa decisamente inquietante, ma poi si era trasformata in una rutine a cui non riusciva più a dar peso. 
Raggiunsero il prato dietro al college e si sedettero sull’erba, mentre l’aria fresca di ottobre solleticava loro le guance. Sehun si stese completamente incrociando le braccia dietro la testa, e attese che Luhan aprisse bocca. Perché era sicuro che l’avrebbe fatto. 
-Sehun posso farti una domanda personale?-
Ecco, appunto. 
-Certo-
-Come mai hai deciso di diventare un poliziotto? Sei così giovane..- 
Sehun sorrise leggermente, e posò lo sguardo sul ragazzo seduto affianco a lui. 
-Date le circostanze che stiamo vivendo sembra quasi assurdo ma.. Quando avevo circa dieci anni sono stato sequestrato anche io- cominciò a raccontare il coreano, facendo spalancare gli occhi di Luhan con quell’affermazione. -Non ricordo nulla a essere sincero. So solo che un giorno sono scomparso e sono rispuntato dopo un mese. A me sembrava passata.. Solo qualche ora. Anche in quel caso non si riuscì a trovare nessun indizio- continuò il ragazzo titubante, facendo riemergere quei ricordi spiacevoli. 
-Santo cielo..- sussurrò Luhan mettendosi una mano sulle labbra. Dire che fosse sconvolto era un eufemismo. 
-Quel periodo fu tremendo. Prova a immaginare un ragazzino di dieci anni che non ricorda un mese intero della sua vita. Che non riesce a mettere a fuoco i volti dei suoi rapitori, che non sa come consolare i propri genitori, sempre in costante ansia di poterlo veder sparire una seconda volta. E’ stato a quel punto che ho deciso di diventare un poliziotto. Per impedire che quello che mi è successo potesse capitare ad altre persone, per impedire che altre famiglie dovessero soffrire.- spiegò poi Sehun, il tono solenne, l’espressione seria. -Ancora adesso.. Non so cosa diamine mi sia capitato. E sono passati nove anni- 
Luhan lo fissava basito, senza sapere cosa dire. Non si aspettava una risposta del genere alla sua domanda. Non riusciva ad immaginarlo bambino, segregato chissà dove, magari anche legato o imbavagliato. 
-Non riesco ad.. Immaginarlo- sussurrò spaesato, sentendo un improvviso moto di tristezza alla bocca dello stomaco. Sehun fece una risatina per niente divertita e chiuse gli occhi.
-Non è facile immaginare una situazione del genere, se non la si vive- disse, sistemandosi meglio sul prato. -Ma adesso è ok. L’ho superata, più o meno-
Luhan non poté fare a meno di pensare che quel ‘più o meno’ stesse a significare che in realtà Sehun non l’aveva superata affatto. E il biondo ebbe un’incredibile voglia di proteggerlo. 
-Dall’esperienza che hai subito hai tirato fuori una grande forza. Sei da stimare, Oh Sehun- affermò serio Luhan, facendo spalancare gli occhi del ragazzo con quella frase. -E sono sicuro che farai del tuo meglio per impedire che tutto quello che è successo accada ancora-
Il giovane guardo il biondo talmente tanto sorpreso da quelle parole che non si preoccupò nemmeno di mascherarlo. Nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere. Nessuno era mai stato in grado di farlo sentire realizzato con una sola frase. Luhan gli sorrise candidamente, e Sehun non poté fare a meno di pensare che diventava molto più bello quando sorrideva. 
 
***
 
 
Minseok fissava fuori dalla grande porta finestra, osservando attentamente le foglie cadere dagli alberi. Amava l’autunno, ma in quel momento gli dava una sensazione di tristezza inaudita. Si sentiva come quelle foglie: cadeva silenziosamente nell’oblio della sua memoria, e nessuno intorno a lui faceva caso a quanto quella caduta fosse dolorosa. 
Tranne Jongdae. 
Minseok sorrise dolcemente al pensiero del ragazzo, e lasciò andare un sospiro di sollievo. La presenza di Kim Jongdae si stava rivelando insostituibile. Non tanto per l’aiuto pratico che gli dava, ma più per quello psicologico. Certo, lo aiutava a vestirsi, a girare per la scuola, a fare la doccia e tante altre piccole cose che in sedia a rotelle e con l’ingessatura erano campo minato. Ma l’aiuto più grande che Minseok riceveva dal compagno di stanza era l’enorme coraggio che sapeva infondergli anche solo con uno sguardo. Jongdae era la persona più forte che avesse conosciuto: da quella sera, dopo la crisi per la scomparsa di Zitao, il ragazzo aveva gettato via le lacrime e si era rialzato in piedi, continuando a stargli vicino, forse ancora più di prima. Minseok aveva cominciato seriamente a pensare che senza Jongdae non sarebbe potuto andare avanti. 
-Che aria pensierosa che abbiamo- 
La voce di quest’ultimo giunse alle sue spalle e voltò la sedia a rotelle per poterlo guardare in faccia. Gli sorrise.
-E tu hai un’aria addormentata!- ribattè scherzoso, facendogli la linguaccia. Jongdae rise.
-Non è colpa mia. Qualcuno stanotte mi tirava i calci nel sonno- 
Minseok si imbronciò e strinse le braccia al petto.
-Non posso farci niente. Devo aver avuto un incubo. Peccato che non riesca a ricordare nemmeno quello- sussurrò abbassando lo sguardo, colpito da un moto di nervosismo. Sentì l’amico sospirare, fino a quando non se lo ritrovò ad un palmo dal naso.
-Non abbatterti. Vedrai che ricorderai tutto- disse gentilmente, regalandogli una carezza sul capo. Come poteva non credere a quelle parole? Jongdae aveva ragione. Piangersi addosso non sarebbe servito a nulla, di certo non a ricordare. 
-Cosa farei senza di te, Kim Jongdae?- sussurrò Minseok, sorprendo se stesso, e guardò spaesato gli occhi della persona che aveva davanti farsi sempre più lucidi. Il ragazzo li asciugò velocemente prima che le lacrime potessero scendere, e si limitò a sorridere. 
-Davvero.. Io non capisco. Mi stai sempre vicino, ma non comprendo perché ti ostini tanto con me- continuò Minseok scuotendo leggermente il capo. 
-Un giorno lo capirai- 
La risposta di Jongdae lo lasciò secco, così come gli occhi stanchi del ragazzo stesso. Quanto avrebbe voluto poter leggere tutto quello che le ridi scure dell’amico celavano. Sapere finalmente la motivazione dietro a tutti i suoi comportamenti, perché era sicuro che ce ne fosse una. Jongdae non poteva essere spinto solo da mera compassione. 
Fu in quel momento che una fitta lancinante alla testa fece quasi urlare Minseok dal dolore, e il ragazzo si gettò il capo fra le mani, stringendo i denti. Una serie di immagini frammentate gli danzarono dietro le palpebre chiuse, come un ammasso di fotogrammi disordinati..
 
Stava camminando del giardino dietro al college. L’erba era verdissima, morbida sotto i piedi, vellutata al contatto con le dita. Il sole bruciava sulle spalle scoperte, l’aria calda gli accarezzava i capelli in un morbido tocco. Faceva veramente caldo per essere fine aprile. 
Dei passi dietro di lui gli fecero capire di non essere solo. E sapeva perfettamente chi l’aveva seguito: avrebbe riconosciuto quel profumo fra mille. 
-Yah, Kim Jongdae! Mi stai seguendo?- disse, voltandosi verso la persona che aveva appena chiamato. Quasi gli venne un colpo nell’osservare quel volto, talmente tanto bello da fargli venir voglia di sfiorarlo con le dita. Ma non l’avrebbe mai fatto, insomma, anche lui aveva una dignità da mantenere. 
-Ora non posso nemmeno camminare nel giardino della mia scuola? Aigoo, quanto sei egocentrico Minseok- scherzò Jongdae facendogli l’occhiolino. 
-Non sono egocentrico. Sto solamente puntualizzando- ribattè quello incrociando le braccia. -Davvero, non capisco. Perché ti ostini tanto con me?-
Jongdae lo guardò in silenzio per qualche secondo, per poi avvicinarsi e scompigliarli i capelli con una mano. 
-Un giorno lo capirai- disse sorridendo. -Spero presto- 
 
-Yah! Minseok! Stai male?!- 
La voce del ‘Jongdae del presente’ lo riportò alla realtà, facendolo rabbrividire. Aveva appena visto.. Un ricordo? Alzò lo sguardo verso il ragazzo che lo stava tenendo per le spalle ed incrociò i suoi occhi preoccupati. E in quel momento non poté fare a meno di guardare il volto dell’amico da un ottica diversa: quella del ricordo. Quelle emozioni erano state così travolgenti. Timidezza, imbarazzo, agitazione. 
-Ho..credo di aver ricordato qualcosa..- sussurrò Minseok cercando di regolarizzare il respiro. Il dolore alla testa sembrava diminuire pian piano. 
-Che cosa?!- urlò Jongdae sorpreso, saltando indietro come se lo avessero scottato. -Cosa hai ricordato?-
-C’eravamo io e te.. Nel prato dietro alla scuola. Era primavera, credo. Stavamo parlando- raccontò Minseok titubante, cercando di sforzare la mente. -Credo.. Di aver richiamato il ricordo per la conversazione che abbiamo avuto. Era la stessa di allora- 
Jongdae tremò impercettibilmente. Ricordava benissimo quel giorno, sapeva di cosa stesse parlando il ragazzo. Non stavano ancora insieme, ma lui cercava in tutti i modi di catturare la sua attenzione. E Minseok l’aveva notato e probabilmente si era spaventato da tutte le premure che aveva avuto nei suoi confronti per conquistarlo. 
-Oh.. Sono.. Felice..- balbettò Jongdae, mordendosi in labbro inferiore. Minseok lo guardò ancora, in silenzio, tentando di ragionare. Quando era ricoverato, Jongdae gli aveva chiaramente detto che loro erano ottimi amici e compagni di stanza. Ma allora quelle sensazioni da adolescente alla prima cotta da dove spuntavano? Possibile che.. Fosse segretamente innamorato di Jongdae? A quella possibilità arrossì come un peperone.
-E.. c’era dell’altro?- chiese poi la fonte dei suoi dubbi, con una punta di panico nella voce che Minseok non notò.
-N-no, nulla- mentì spudoratamente. Jongdae sembrò rilassarsi, ma Minseok no. Doveva ricordare ancora. E soprattutto, tenere lontano Jongdae da quella possibile verità. Come avrebbe potuto prendere la notizia che, forse, prima di perdere la memoria aveva una cotta per lui? Minseok non osò nemmeno pensarci. 
 
***
 
Ore 20.45, Seoul. 
 
Zitao aprì gli occhi sul soffitto bianco di quell’anonima camera d’albergo, lasciando che il suo sguardo si perdesse anche sulle pareti diseredate. Ancora faticava a crede che, qualche giorno prima, quei tre tizi l’avessero portato lì. Che razza di rapimento era?
Si sedette lentamente sul letto, tastandosi la caviglia con una mano. Non faceva più male, ma il dottor Kang aveva insistito nell’applicare la pomata ancora una volta. “Non si sa mai”, aveva detto, e con quell’affermazione Zitao aveva capito che la caviglia sarebbe dovuta scivolare all’ultimo posto delle sue preoccupazioni. L’idea che dovesse essere ‘tutto intero’ per qualsiasi cosa gli volessero fare, lo mandava al manicomio. 
Proprio in quel momento, mentre lasciava la mente vagare nelle più crude possibilità, la porta della camera si aprì e il dottor Kang fece il suo ingresso, stranamente senza il solito sorriso di cortesia stampato sulla faccia. Anzi, l’espressione che aveva trasmetteva solo una malsana preoccupazione che fece stringere le viscere a Zitao. 
-Signor Huang, buonasera- disse l’uomo, secco, guardando il ragazzo con sguardo teso.
-Dottor Kang..- borbottò quello mettendosi in piedi e aspettando che il medico dicesse qualcosa. Lo guardò deglutire a vuoto e Zitao interpretò quel gesto come un brutto segno. 
-Signor Huang, deve venire con me-
-E’ arrivato il momento, vero?-
-Si Zitao. E’ arrivato il momento- 







Sonomi's home:
Hellooo
Sono torata, yeah. Ma la mia tosse da cavernicola non vuole passare. *si fa pat pat sulla testa da sola* 
Ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo o.O quindi spero che vi sia piaciuto *^* sdiofnhsdhnvfhsd. Finalmente Minseok ha ricordato qualcosa ma.. pensa di avere avuto una cotta per Jongda senza minimamente sospettare che Jongdae lo ricambiasse lol Min, sei un disastro.
*fa pat pat anche sulla testa di Minseok*
Ed ecco una rivelazione shock sul passato del poliziotto-otto-otto(?) Sehunnie. La Hunhan *O* ok, basta. E.. il momento della verità, è giusto. 
Più o meno xP
Come al solito ci tento a ringraziare coloro che mi recensiscono (rendendomi assai felice *O*) e tutti coloro che mi hanno inserita fra le preferite/seguite/ricordate o solo chi legge :3 (rendendomi felice di nuovo lol)
Ora vado a riposare le mie povere mani dal pomeriggio di scrittura (?)
Al prossimo aggiornamentoo
~

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Capitolo 11
*** Dolore al presente e al passato ***


Mihaneee ç_ç scusate per il ritardo!
Ci vediamo a fondo capitolo :3



11.
Dolore al presente e al passato.
 
 
Il cloroformio. Zitao non aveva mai odiato qualcosa a tal punto come il cloroformio.
Nell’ultimo periodo ne aveva respirato talmente tanto che non riusciva a credere di non avere danni da qualche parte, ma arrivati a quel punto aveva la sensazione che quella sostanza anestetizzante e tossica fosse proprio in fondo alla sua lista dei problemi. Eppure era per via di quel composto chimico se si era ritrovato legato a quel bancone senza rendersene conto, bloccato dalle mani ai piedi, impossibilitato nella fuga. Non che in quei giorni avesse comunque avuto modo di scappare. Ci aveva provato qualche volta, ma dire che fosse impossibile era un eufemismo. Zitao si era presto reso conto che, ovunque lui si trovasse, era strettamente sorvegliato da cinque uomini, e costantemente tenuto rinchiuso in stanze con sbarre alle finestre. E considerando che fino a quel momento il potere di smaterializzare il suo corpo non lo aveva ancora, l’idea di ‘scappare’ era ben lontana dalla sua portata. 
La stanza in cui si trovava attualmente sembra una sottospecie di camera d’ospedale, solo dieci volte più terrificante. La luce al neon sopra la sua testa gli accecava completamente la vista, rendendogli quasi impossibile una completa visione dell’intero ambiente. Le pareti sembravano essere color acquamarina, leggermente sbiadito, e l’intonaco faticava a stare in piedi. Alle sue spalle, Zitao riusciva a cogliere un indistinto parlottare, e non poté fare a meno di sentir salire l’ansia. Fino a quel momento aveva mantenuto fin troppo la calma: l’avevano tenuto rinchiuso chissà dove per non si sa quanto tempo, continuando a confonderlo con frasi criptiche, ma sapeva che in quel preciso istante si era arrivati alla conclusione. E aveva paura. Ricordava benissimo come Minseok fosse tornato a casa: pieno di ossa rotte e senza memoria. Volevano picchiarlo fino a fargli dimenticare tutto? A quel pensiero rabbrividì. 
-Si è svegliato signor Huang- 
La voce riconoscibile del dottor Kang lo fece scuotere dai suoi pensieri, riportandolo alla realtà. L’eco dei suoi passi riecheggiò per tutta la stanza, fino a quando Zitao non si trovò quel volto rugoso davanti alla faccia. Il signor Kang sembrava stanco, provato, e forse persino teso. Ma in quel momento a Zitao importava ben poco.
-Bel modo di trattare le persone. Prima le fate alloggiare in alberghi di lusso e poi le legate a dei tavoloni di metallo- affermò secco il ragazzo tornando a guardare il soffitto.
-Di certo se la lasciassimo libero di muoversi dubito che lei si farebbe… usare-
-Usare?- ripeté Zitao alzando i toni. -Perché il termine mi fa venire i brividi?-
-Oh, non si preoccupi signor Huang. Vedrà, sarà orgoglioso di tutto questo, quando si risveglierà- esclamò il dottor Kang con un sorriso tirato.
Orgoglioso? Non credo proprio.
-Temo che ribellarmi sia inutile-
-Vedo che capisce in fretta. Penso che sia uno dei primi ragazzi che non cerca di fermarci- 
-Si fidi, se non fossi legato non ha idea di quanti calci in culo..-
-Non sia così sboccato, signor Huang- lo rimproverò il medico con un’occhiata giocosa. Zitao strinse la mascella in una morsa rigida e osservò impotente l’uomo al suo fianco avvicinarsi ad un altro bancone accanto al proprio. Le mani esperte del dottore presero a lavorare con quelle che sembravano boccette da medicinale e batuffoli di cotone, e il ragazzo non osò nemmeno pensare a cosa diamine stesse preparando. 
-Posso.. Avere almeno il diritto di sapere cosa mi sta per fare?- balbettò Zitao, facendo trapelare il suo terrore. L’uomo gli accarezzo lievemente il capo, gesto che non fece altro che provocare un moto di disgusto nel giovane. 
-Se tutto andrà secondo i piani, lo capirà da solo- rispose il dottor Kang con l’ennesimo sorriso. Poi si voltò nuovamente verso il bancone, riprendendo ad armeggiare con i barattolini. A lui si erano aggiunti altri due individui, in camice bianco, e sembravano girare intorno a quella che sembrava una flebo. 
-Eccoci signor Huang!- batté le mani il dottore, esaltato all’idea di fare chissà cosa, per poi inserire uno strano liquido grigiastro all’interno della sacca. -Siamo pronti-
Zitao tremò, tanto che il suo respiro prese ad accelerare a dismisura. Non voleva. Doveva fare qualcosa, liberarsi di quei lacci, scappare. Li avrebbe anche uccisi pur di uscire di lì. Ma il sapere che non poteva fare nulla, che era costretto a stare su quel bancone, immobile, a sopportare chissà quale tortura, lo spaventava talmente tanto che lì per lì pensò di svenire. Avrebbe preferito. E invece rimase cosciente a fissare i volti di quei medici avvicinarsi a lui, strofinargli il braccio destro con del cotone imbevuto nell‘alcool, ed infilargli l’ago della flebo in una vena. Una piccola lacrima scese lungo la sua guancia e trattenne a stento un singhiozzo, mentre il dottor Kang apriva la valvolina per far scendere il liquido lungo il tubicino.
-Non ci deluda signor Huang- 
Le ultime parole del dottore Zitao non le sentì nemmeno. Nell’esatto istante in cui la prima goccia di liquido scivolava nelle sue vene, un dolore lancinante al braccio lo fece urlare. I muscoli si contrassero d’istinto, facendogli piegare il malo modo le braccia contro la cinghia di pelle. Il bruciore si intensificò, raggiungendo il petto, le gambe, la testa, eguagliando una ventina di coltelli ben affilati. Si propagò fino alle gambe, provocandogli delle convulsioni, e il dottor Kang non poté fare nient’altro se non fissare quel pietoso spettacolo nella speranza che quella fosse la volta buona. Doveva esserlo per forza. Zitao urlò ancora. Urlò ancora e pianse, pregando che qualcuno fermasse quel bruciore. Ma nessuno sembrava volerlo aiutare. 
“Non permetterò che ti facciano del male Zitao”. Non poté fare a meno di risentire nella sua testa le parole di Yifan, così rassicuranti, così false. Dov’era in quel momento? Mentre lui era lì a soffrire, dov’era Yifan? L’ennesima lacrima scese lungo il volto, sia per il dolore sia per la frustrazione.
Era solo. Non poteva fare altro che aspettare.
Aspettare e sperare. 
 
 
Yifan sedeva a bordo di una Hyundai Veloster, le mani rigidamente appoggiate sul volante, con gli occhi rivolti al di fuori del finestrino abbassato per metà. Il panorama che gli si presentava davanti era quello di una squallida via di periferia, dove lui e quella macchina stonavano completamente. Era come guardare un diamante in mezzo a dei pezzi di rame. L’edificio che Yifan osservava con insistenza sembrava aver tutta l’aria di crollare da un momento all’altro: le pareti dall’intonaco scrostato, le tapparelle alle finestre a cui mancavano qualche asticella, la porta in legno marcio. Eppure il ragazzo sapeva perfettamente che dentro quelle mura c’era tutt’altro che un ammasso di mobili ammuffiti dal tempo. 
C’era voluta più di una settimana per arrivare lì. Una settimana e tante minacce dopo, per meglio dire. Eppure, nonostante i suoi innumerevoli sforzi, ancora non era riuscito a scoprire il luogo preciso dove Zitao si trovava al momento. Aveva saputo del trasporto in albergo grazie alle maniere poco gentili con cui aveva trattato il ragazzo alla reception, così come era riuscito a scovare il luogo in cui l’avevano trasportato subito dopo il rapimento. Ma, ovviamente, il tempismo non aveva voluto essere dalla sua parte. Tutto quello che stava accadendo lo turbava nel profondo. Odiava non avere delle risposte alle sue domande. Perché tutta quella situazione, dov’era Zitao, dov’erano stati tutti gli altri, cosa veniva fatto loro. Ma la principale, quella che più faceva dannare Yifan , era pensare a come diamine aiutare quel ragazzino cinese che tormentava costantemente i suoi pensieri. Che li tormentava da sempre, a dire il vero. Vederlo spuntare davanti a lui, quella sera al college, quasi gli era costato un infarto. Lo aveva riconosciuto, eccome. Non avrebbe mai potuto dimenticare quegli occhi dal taglio sottile e affilato, quei capelli neri come la notte, i tratti di quel volto talmente tanto delicati da sembrar fatti con uno scalpello da precisione. E aveva capito che avrebbe dovuto proteggerlo, in qualche modo. E aveva fallito. 
Fu in quel momento che vide uscire da quell’edificio consunto un uomo in giacca e cravatta. I radi capelli brizzolati sembrano spiccare sul completo nero, così come la pelle pallida segnata dall’età. Yifan era sicuro di averlo già visto da qualche parte. Lo seguì con gli occhi, fino a vederlo salire a bordo di una ben tenuta Impala dell’87 nera, e decise che forse avrebbe fatto meglio a pedinarlo: aveva la sensazione che non ci fosse nient’altro da fare in quell’edificio, e che quella persona avesse tutte le risposte che cercava. Sperava di non sbagliarsi. Mise silenziosamente in moto la Hyundai, e aspettò che l’uomo uscisse dal piccolo parcheggio prima di iniziare ad andargli dietro a fari spenti per non catturare l’attenzione. Eppure Yifan notò che quell’individuo sembrava totalmente rilassato: dalla sua postazione poteva sentire la radio ad alto volume trasmettere musica degli anni 80 e la voce di questo cantarci sopra. Ma non era quello a lasciarlo perplesso. Perchè Yifan era convinto di poter riconoscere anche quel tono vocale. Quella faccia, quella voce, quella corporatura lui le conosceva. Cercò di pescare all’interno dei suoi ricordi, mantenendo sempre la concentrazione sulla strada, riavvolgendo il nastro della sua memoria come quello delle cassette di registrazione. Si bloccò soltanto quando quella faccia gli apparve dinanzi assieme ad un camice bianco, fuori da una camera d’ospedale. Era il medico di Minseok. Yifan spalancò gli occhi e strinse le mani sul volante fino a vedere sbiancare le nocche. 
-A noi due, bastardo- ringhiò. 
 
Nello stesso momento, al college.
Ore 23:21
 
 
Aveva freddo. Guardò impotente il suo respiro condensarsi nell’aria fredda, e quasi sentì la lacrima sulla sua guancia congelarsi per la bassa temperatura. La magliettina a tre quarti di maniche e i pantaloni di lino sembravano non riuscire a coprire il suo corpo immobile, tremante, legato ai polsi e alle caviglie da dei spessi lacci in cuoio. Voleva tornare a casa da mamma e papà, giocare con il suo cagnolino. Perfino rimettere piede a scuola e rischiare di prendere una nota, ma doveva andarsene. 
Sussultò quando la porta davanti a lui venne aperta, con un cigolio tutt’altro che piacevole, e iniziò involontariamente a singhiozzare, sentendo quasi il respiro mancargli in gola. 
-Non piangere piccolo, non ti accadrà nulla di male..- cantilenò una voce, cercando di passare per rassicurante, ma sortì su di lui l’effetto opposto.
-Mi lasci andare..- pianse il ragazzino, tremando, tentando invano di tirare via i lacci che lo tenevano legato a quella superficie fredda. 
-Temo di non poterla accontentare.. Ma vedrà: sarà orgoglioso di tutto questo, quando si risveglierà.. Ora, cominciamo! Non si muova, altrimenti potrebbe essere doloroso!- rispose quell’individuo, secco, facendosi talmente vicino che il giovane riuscì a vederne il volto. I capelli neri, ma con qualche striatura bianca, contornavano un volto all’apparenza simpatico; il corpo dell’uomo era robusto, ben piazzato, cosa che non potè fare a meno di spaventare maggiormente il ragazzo.
-La supplico non mi faccia niente..- pregò, chiudendo le palpebre, e lasciando che due piccole lacrime andassero ad aggiungersi a quelle cadute precedentemente. 
-E’ troppo tardi, signorino. Mi dispiace- 
Fu in quel momento che il ragazzo provò un dolore talmente tanto lancinante da lasciarlo senza fiato. Partì dal braccio, diramandosi nei muscoli, nelle dita, fino a raggiungere il collo, l’addome, il volto, le gambe. Il cuore. Urlò, ma sapeva perfettamente che avrebbe anche potuto perdere le corde vocali e nessuno l’avrebbe sentito. 
Era solo. 
 
-Jongin! Basta Jongin, ti prego! Svegliati!- 
Le urla di Kyungsoo gli fecero spalancare gli occhi di colpo, e quasi tremò per lo spavento. Jongin si guardò intorno, posando lo sguardo sulla sua camera, le sue poltrone, la sua tv, il suo armadio. Era al college. Era stato solo un dannato incubo. Si voltò lentamente verso il ragazzo al suo fianco, e osservò il volto sconvolto di Kyungsoo segnato dalla preoccupazione. Il giovane lo stava fissando con le lacrime agli occhi, le mani tenute ferme all’altezza delle labbra, tremanti. 
-E’ tutto ok..- sussurrò Jongin, più a se stesso che all’amico, gettando nuovamente la testa sul cuscino. 
-Stai..bene?- balbettò Kyungsoo, stringendogli delicatamente un braccio fra le dita. 
-Si..-
-Allora perché stai piangendo?-
A quelle parole Jongin si portò una mano sul volto, rendendosi conto di avere le guance umide, gli occhi sembravano bruciare ancora, e quasi ebbe la sensazione di sentire ancora quel dolore propagarsi nelle sue ossa. Strinse le labbra in una smorfia, e non poté fare a meno di lasciar cadere altre lacrime, ininterrottamente, abbandonandosi allo sconforto. Non avrebbe mai cancellato quell’incubo. Lo stesso di ogni notte, lo stesso a tormentarlo da anni.
-Jongin.. Non piangere ti prego- sussurrò Kyungsoo passandogli un braccio attorno alle spalle e gettandoselo completamente contro il petto. Lo strinse in un abbraccio soffocante, accarezzandogli lentamente la schiena, ma se quel gesto doveva essere rassicurante, ebbe esattamente l’effetto opposto. Jongin prese a piangere più forte, aggrappandosi alla maglietta del pigiama dell’altro, gettando fuori quelle lacrime che a fatica era riuscito a reprimere in tutti quegli anni. Detestava piangere per quegli incubi: in quel modo aveva la sensazione di dargli troppa importanza.
-Sssh, stai calmo, va tutto bene adesso. Ci sono io qui- sussurrò Kyungsoo al suo orecchio, passandogli gentilmente una mano fra i capelli scompigliati.
-Grazie..ma temo che..- balbettò Jongin nascondendo il volto fra le braccia dell’altro. -Temo che non basterà..- 
-Perché..?-
-In questi sogni sono solo. Sono sempre solo, abbandonato a me stesso, in preda al dolore, e..- prese a dire Jongin con rabbia, continuando a piangere e stringendo involontariamente le mani in due pugni. -Non c’è niente che si possa fare per fermarli. Ho paura..- sussurrò poi, lasciando andare un sospiro affranto. 
-Ma questa è la realtà Jongin- affermò secco Kyungsoo prendendo fra le mani il volto dell’amico e costringendolo a guardarlo in faccia. -Questa è la realtà, dove ci sono io, ci sono gli altri. Dove non sei solo- 
-Certo, una realtà dove la gente viene rapita!- urlò Jongin. -Tu non hai idea di cosa significhi rivivere questo sogno ogni notte. Di quanto sia doloroso svegliarsi con la sensazione di avere ancora quei lacci intorno ai polsi.. Quel..-
-Lacci intorno ai polsi?- chiese Kyungsoo perplesso, accarezzandogli il capo. Jongin distolse lo sguardo, annuendo, e allontanò le mani gentili dell’amico dal volto. 
-Perdonami, ma preferirei non parlarne..- sussurrò raccogliendo le ginocchia al petto. 
Kyungsoo lo guardò per un istante, in silenzio, limitandosi solamente a contemplare il volto stravolto di Jongin. Mai avrebbe pensato che andando in quel college si sarebbe ritrovato in una situazione simile. Conoscere quel ragazzo dalla pelle scura era stato letteralmente come un fulmine a ciel sereno, un avvento di cui non riusciva a capacitarsi. Kim Jongin era una persona talmente preziosa e particolare che Kyungsoo non riusciva a capire come fosse possibile averla incontrata. Forse il suo destino teneva a lui più di quanto pensasse. 
Ma di certo, vedere l’amico in quel modo non faceva altro che farlo star male. Aveva tentato di tutto: aveva passato con Jongin la maggior parte del suo tempo, anche la notte, cercando invano di rassicurare quegli occhi preoccupati, ma l’unico effetto ottenuto era un debole sorriso e una pacca sulle spalle di riconoscenza. Kyungsoo voleva di più, voleva veder sorridere per davvero Jongin.
-Hyung, perché mi fissi in quel modo?- 
La voce del ragazzo lo fece sobbalzare, e non poté fare a meno di balbettare un ‘scusa’ imbarazzato. L’altro ridacchiò, buttandosi di nuovo sul cuscino, e fece segno a Kyungsoo con la mano di stendersi accanto a lui. Il più grande fece come richiesto, e lasciò che Jongin si coprisse fino alle orecchie, accoccolandosi contro il suo petto. 
-Sei così confortevole hyung- proferì secco il più piccolo facendo ridere Kyungsoo per la strana affermazione. 
-Mi stai considerando come un peluche da abbracciare di notte?- 
-Mmm, qualcosa del genere- ridacchiò Jongin lasciando un pizzicotto sul fianco dell’amico, per poi appiccicarsi letteralmente al corpo dell’altro. -Se ti da fastidio dimmelo- continuò il ragazzo respirando a pieni polmoni il profumo agrodolce di Kyungsoo, proprio nell’incavo del collo. Quest’ultimo scosse la testa, divertito, e prese ad accarezzargli di nuovo lentamente la schiena.
-Non mi da fastidio. Fa anche freddino stasera, quindi ci teniamo caldo a vicenda, mm? E poi lo sai che farei qualunque cosa per vederti star meglio- 
-Qualunque.. Cosa, hyung?- domandò Jongin, titubante.
-Certo!- rise quello, scompigliandoli i capelli. 
-Allora baciami- 
What?!









Sonomi's Home:
IO. SONO. IN. DANNATO. RITARDO. 
Mihaneee :( davvero mi dispiace moltisimo! ç__ç questo era pure un capitolo importante e vi ho fatto aspettare, sono una cattiva autrice >.< ma ora ci sono, yeah. Che ve ne pare? Il mistero inizia a sgretolarsi... forse. FORSE EH. (?)
Zitao povero cucciolo mio ç_ç Yifan all'azione 8D e.. Jongin? o.O come agirà Kyungsoo a questa richiesta stramba e improvvisa?
*shippaKaisooeverywhere*
Come al solito ci tengo a ringraziare coloro che mi recensiscono :3 e coloro che mi hanno messa fra le seguite/ricordate/preferite o anche solo chi legge <3 (più di 500 visualizzazioni, i love you all ** <3)
Quindi, adesso vado a riposare le mie membra (?)
Al prossimo capitolo! <3

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Capitolo 12
*** Fra le tue braccia ***


12.
Fra le tue braccia.
 
 


-Non mi da fastidio. Fa anche freddino stasera, quindi ci teniamo caldo a vicenda, mm? E poi lo sai che farei qualunque cosa per vederti star meglio- 
-Qualunque.. Cosa, hyung?- domandò Jongin, titubante.
-Certo!- rise quello, scompigliandoli i capelli. 
-Allora baciami- 
What?!
 

Kyungsoo sbattè le palpebre per qualche secondo, la bocca quasi spalancata, mentre Jongin continuava a fissarlo come se la sua richiesta fosse stata la più normale del mondo. Sembrava tranquillissimo, talmente tanto che per un momento Kyungsoo pensò di aver sentito male. Doveva per forza aver sentito male. Quale persona sana di mente avrebbe chiesto ad un amico di baciarlo, così su due piedi? 
Jongin di sicuro, è imprevedibile.
-Come scusa?- balbettò il più grande, allontanandosi leggermente dall’altro, mentre il più piccolo cambiava radicalmente espressione e prendeva a grattarsi nervosamente il capo. Kyungsoo lo guardò ridacchiare a disagio, lo sguardo perso nella camera. 
-Ok, ehm.. È stato imbarazzante. Non so come mi sia uscita, scusa- affermò Jongin scostando la coperta e alzandosi velocemente dal letto. Doveva prendere le distanze un attimo, rimettere in sesto il suo battito cardiaco e magari anche far diminuire quel terribile rossore che gli aveva imporporato le guance. E soprattutto cercare di capire come avesse avuto il coraggio di uscirsene con una richiesta simile.
-Non importa..- bofonchiò Kyungsoo con un sorriso, cercando di nascondere il moto di nervosismo che l’aveva colto. Non poteva negarlo: per quanto quella richiesta fosse stata sfacciata e senza vergogna, ci aveva un po’ sperato. Se gli aveva chiesto di baciarlo significava pur qualcosa no?
-Solo che.. Non so, è tutto così confuso!- aggiunse poi Jongin buttandosi su una delle poltrone. -No, in realtà non c’è nulla di confuso. Sei l’unica persona capace di strapparmi un sorriso dal cuore, l’unica che mi sta effettivamente accanto. E se devo essere sincero mi sei piaciuto dal momento in cui hai messo piede in quella classe- confessò di getto il ragazzo, senza nemmeno guardare in faccia l’amico.
Che sto dicendo? Aiish, Jongin! Contieniti!
-Sobbalzavo ogni volta che spuntavi dal nulla, mi agitavo con niente. Bastava che tu mi rivolgessi la parola per scatenare un uragano. E si, penso che forse mi sto quasi approfittando della situazione, sperando che la tua presenza continui a starmi vicino- continuarono le sue labbra, imperterrite, mentre la sua mente si malediceva da sola. 
-Quindi la mia richiesta non è poi così strana. Ok, forse lo è dalla tua prospettiva, ma non dalla mia, sai. Ok, mi stai prendendo per matto vero?-
Fu in quel momento che Jongin vide Kyungsoo scoppiare a ridere, le guance arrossate, le mani portate all’altezza del volto come a volersi nascondere. Il ragazzo gli lanciò un’occhiata tra l’imbarazzato e il divertito, senza smettere di sogghignare, e si raccolse come un batuffolo sul materasso.
-Queste sono le cose più assurde e romantiche che mi siano state rivolte in tutta la mia vita- sussurrò Kyungsoo prendendo a mangiucchiarsi un’unghia per il nervoso, mentre Jongin si faceva piccolo piccolo sulla poltrona. Oramai aveva sganciato la bomba, non si poteva tornare indietro.
Certo che sei proprio stupido, Kim Jongin. 
-Cielo è così imbarazzante..- balbettò quest’ultimo gettando il capo fra le braccia, mentre Kyungsoo non smetteva di sorridere. Ai suoi occhi, Jongin era veramente un essere speciale, un piccolo cucciolo che si nascondeva dietro a frasi balbettate e sguardi sfuggenti. Ma anche un cucciolo che sapeva essere dannatamente disarmante in certe occasioni, un po’ come in quel momento. Kyungsoo si alzò dal letto con calma, avvicinandosi all’amico a piccoli passetti. Doveva pensare a come reagire a quelle parole. Doveva dimostrarsi maturo e cercare di reprimere il momento di euforia che lo stava cogliendo in pieno. Sì maturo Kyung.
-Sarà anche imbarazzante..- affermò il ragazzo posando una mano sulla spalla di Jongin. -Ma davvero, non c’era cosa migliore che tu potessi dirmi- continuò mentre gli occhi scuri dell’altro di posavano nei suoi con un alone di sorpresa ad illuminarli. 
-Hyung..- sussurrò il più piccolo, arrossendo vistosamente, provocando un moto di tenerezza nel più grande. 
-Se me lo chiedi di nuovo..- mormorò Kyungsoo passando l’indice della mano sulla guancia di Jongin. -Potrei anche decidere di accontentare la tua richiesta- 
Yah Kyungsoo, ma cosa stai dicendo?! Adesso cosa andrà a pensare Jongin…
-Ch-chiedertelo di nuovo?- balbettò quest’ultimo, diventato oramai in totale simbiosi con un pomodoro, mentre il respiro si faceva ad un tratto spezzato. Il più grande mormorò un ‘mm’ sconnesso, posando felicemente lo sguardo sulle labbra del ragazzo di fronte. 
Avanti Jongin, chiedimelo.
-Hyung.. Potresti baciarmi?-
Kyungsoo sorrise raggiante prima di chinarsi delicatamente sul volto del giovane, chiudendo le labbra su quelle di Jongin.
Le dita si fecero immediatamente strada fra i suoi capelli scuri, avvicinandolo, mentre le mani del più piccolo si posavano titubanti sui fianchi dell’altro. Kyungsoo nascose un brivido, inclinando leggermente il capo in modo da poter approfondire il contatto. Non aveva idea di come comportarsi: Jongin gli era sembrato talmente tanto debole che aveva quasi paura a baciarlo come avrebbe voluto. E di certo non sarebbe stato proprio ‘casto’. Per quel motivo il ragazzo lasciò che passassero alcuni secondi, continuando a sfiorare quelle labbra piene con gentilezza, in attesa che fosse il più piccolo a dare l’ok. Ma Jongin sembrava.. Terrorizzato? Se ne stava rigido come un manico di scopa, i muscoli talmente tanto tesi che se Kyungsoo l’avesse spinto probabilmente sarebbe caduto come una statua di cera sul pavimento. Fu per quello che il più grande si separò lentamente dal compagno, posando poi la fronte su quella di Jongin.
-Dovresti rilassarti però..- sussurrò divertito pizzicando con due dita la guancia del piccolo. 
-Ma sono rilassato..-
-Rilassato come se avessi davanti un plotone d’esecuzione- rise Kyungsoo, facendo sorridere anche Jongin. -Avanti.. Non voglio fare tutto da solo- continuò poi il ragazzo con un’occhiata maliziosa che fece incendiare per l’ennesima volta il volto del più piccolo. Senza dire nient’altro Kyungsoo si riappropriò di quelle labbra morbide, totalmente deciso a rendere il bacio più travolgente di quello precedente. Jongin sospirò nel contatto, portando una mano sul viso del maggiore e spingendolo più vicino, cercando di non badare a quanto le sue dita stessero tremando. Se avesse pensato razionalmente a quello che stavano facendo si sarebbe imbarazzato talmente tanto da scappare via come una ragazzina. E dannazione, lui non era una ragazzina. Perciò decise che non avrebbe lasciato carta bianca a Kyungsoo, anche solo per una questione di orgoglio maschile.
Jongin gettò completamente la braccia attorno al collo del più grande, rischiando quasi di fargli perdere l’equilibrio, e gli morse il labbro inferiore con delicatezza. Non voleva fargli male, solo comunicargli un briciolo delle emozioni che stava provando in quel momento. Ed erano davvero tante: felicità, paura, timidezza, ansia, determinazione. Un mix strano ma in grado di annebbiargli la mente e renderlo incapace di intendere e di volere, soprattutto quando avvertì le mani di Kyungsoo accarezzargli la schiena in una lenta carezza, avvicinandolo ancora di più al suo corpo. Di certo Jongin non avrebbe potuto prevedere che sarebbe andata a finire così fra loro due, considerate anche le circostanze, ma non aveva proprio nulla di cui lamentarsi. La sua attenzione era totalmente rivolta alla lingua che gli stava sfiorando le labbra, alle dita che erano corse a solleticargli la pelle sotto la maglietta del pigiama. Sentì Kyungsoo sorridere nel bacio, e non poté fare a meno di sorridere a sua volta quando il ragazzo si staccò dalle sue labbra e si fiondò addosso a lui soffocandolo in un abbraccio.
-Così va molto meglio- mormorò Kyungsoo lasciando un piccolo bacetto alla base del collo di Jongin. Quello rise, rabbrividendo, e si strinse ancora di più fra le braccia del più grande. 
-Non ti ci abituare- 
-E io che mi immaginavo già riempito di coccole, uffa- borbottò indispettito gonfiando le guance, lasciando che Jongin le facesse scoppiare con due dita. 
-Tu sei il più grande, io il più piccolo. Sono io quello bisognoso di affetto, non tu!- protestò il ragazzo con una risata.
-Ehi, stai pensando di schiavizzarmi e usarmi come dispensatore di coccole?- 
-L’idea non mi dispiace-
-Sono fregato!- affermò secco Kyungsoo sbuffando giocosamente. Eccome se ‘era fregato’, in tutto e per tutto. Tutta colpa di quei bellissimi occhi scuri, di quella pelle ambrata, di quel sorriso accattivante ma talmente tanto dolce da fargli salire il diabete. 
-Qui quello fregato sono io hyung- mormorò Jongin quasi più a se stesso. -Ma ne sono felice-
Kyungsoo sorrise e gli scompigliò i capelli con forza prima di stampargli un bacio a fior di labbra. 
-Allora saremo felici insieme. Andata?- 
-Andata-
 
Era da poco passata la mezzanotte quando Yifan spense la macchina di fronte a quella che immaginava fosse la casa del medico di Minseok, in un quartiere periferico di Seoul che non aveva niente a che vedere con la zona che aveva lasciato poco tempo prima. L’abitazione era una villetta di due piani, molto graziosa, circondata da un modesto giardino ben curato. L’atmosfera sembrava quella tipica dei film inglesi, ma di certo Yifan non era lì per prendere il the delle cinque. Guardò il dottor Kang scendere dalla sua Impala fischiettando e aspettò che fosse di spalle prima di aprire la portiera e scendere a sua volta. Si diresse a passo spedito verso l’uomo, sapendo bene che non aveva possibilità di scappare, urlare, o fare chissà cos’altro. Il brutto di vivere fuori città in mezzo a delle villette era proprio quello. 
-Dottore- affermò Yifan secco, le mani nelle tasche della giacca, lasciando che le sue labbra si tendessero in un sorriso beffardo. Il medico sobbalzò, voltandosi di scatto con una mano sul cuore. 
-Oh. Ma.. Lei se non erro è un amico di Kim Minseok!- esclamò l’uomo con un sorriso forzato. -Ragazzo mio, cosa ci fai in giro a quest’ora? Dovresti essere al college a dormire! Non è sicuro per un giovane come te essere in giro così tardi- 
-Credo che la mia sicurezza qui sia l’ultimo dei problemi, dottore- ribattè secco Yifan, cancellando con quella frase il sorrisetto sulla faccia del signor Kang. 
-Beh.. Ciò non spiega perché sei qui ragazzo. E’ successo qualcosa a Minseok?-
-No, ma.. Avrei una piccola curiosità da chiederle. Posso?- 
Il dottor Kang passò in rassegna quella richiesta, cercando di capire cosa fare. Aveva la netta sensazione che l’idea migliore fosse quella di salutare e filarsene dritto in casa, ma non poteva negare a quel ragazzo una domanda. Se fosse stato un problema di salute? Nonostante le sue attività..extra, se così le poteva chiamare, era comunque un medico. 
-Dimmi pure, ma fai presto. Sarei abbastanza stanco- 
-Bene. Mi potrebbe spiegare cosa ci faceva mezz’ora fa all’interno di un edificio che io so per certo essere immischiato in loschi giri?- domandò Yifan totalmente inflessibile, godendosi pienamente il cambio di espressione dell’uomo. Vi lesse una certa nota di panico, e ne fu completamente felice. Il medico strinse le labbra in una linea sottile e carica di disagio, guardando il ragazzo con un’occhiata carica di gelo.
-Non so di cosa stai parlando. Adesso tornatene a scuola, da bravo- rispose secco il dottor Kang, dandogli le spalle e cercando con la mano libera le chiavi di casa nella tasca dei pantaloni. Yifan sbuffò, annoiato, e si avvicinò ancora di più all’uomo, spingendolo contro la porta di casa. Poteva anche essere un tipo robusto, ma Yifan aveva i riflessi, l’altezza e la differenza di età dalla sua parte. 
-Forse non ci siamo capiti- iniziò a dire con calma. -Io so che lei era in quell’edificio. E, con un collegamento veloce, deduco che non sia un caso se lei è stato scelto per curare Minseok all’ospedale. E, con un secondo calcolo, inizio a pensare che lei sappia benissimo dove sia Huang Zitao- 
-Zitao? E chi è?-
-Non faccia il finto tonto- ringhiò Yifan. -Non ha idea di quanto abbia impiegato ad arrivare fin qui, e non sarà di certo lei a fermarmi adesso. O mi dice dove tenete nascosto Zitao, o vedrò di usare le maniere forti, dottore- 
Quello rise.
-Anche fosse vero non credo proprio che tu potresti avere qualche prova per incolpare me o chiunque altro-
-Ed è qui che si sbaglia. Perché io ho delle prove. E sono tutte qui- affermò Yifan infilando una mano in tasca e mostrando al dottor Kang un piccolo cd. 
L’uomo guardò Yifan nella sua immensa altezza e per la seconda volta in quella serata cercò di decifrare le sue parole. Era davvero possibile che quel cd contenesse delle prove? Per qualche motivo riteneva di si. E se davvero aveva ragione, aveva le mani legate. Quel ragazzo sarebbe andato alla polizia, avrebbe spifferato tutto, e lui sarebbe stato spacciato: il capo l’avrebbe fatto ammazzare in qualche modo prima che potesse aprire bocca. Il dottor Kang sospirò, per poi annuire. 
-So dov’è Zitao. Ma dobbiamo chiarire una cosa, amico. Io parlo a te, ma tu non dirai niente. Né alla polizia, né a qualcun altro. Mi sono spiegato?- 
Yifan annuì, allontanandosi leggermente dall’uomo. Quest’ultimo evitò accuratamente di dirgli che oramai era comunque troppo tardi, che Zitao era già stato usato.
Per fortuna.
Fece segno al ragazzo di seguirlo e si mise nuovamente a bordo dell’Impala, mentre Yifan prendeva la Hyundai. Per tutta la durata del viaggio il giovane non perse di vista nemmeno un momento la macchina dell’uomo, stando ben attento ai vari incroci e alle vie prese, non sapendo se in futuro quelle informazioni gli sarebbero potute essere utili. Ma solo quando furono nuovamente davanti all’edificio sgangherato in quella malsana periferia, Yifan ebbe la voglia di picchiarsi a sangue. Zitao era davvero lì dentro, nel palazzo decrepito che aveva guardato da fuori per due ore buone. 
Il dottor Kang scese dalla macchina, seguito a ruota da Yifan, e guardò l’abbigliamento del ragazzo con nervosismo. Poteva passare per uno degli uomini in borghese del suo capo? Abbastanza. 
-Adesso entreremo. In caso ti dovessero chiedere qualcosa.. ricordati: tu sei uno di noi. Siamo qui sotto richiesta del capo. Sei un soldato in borghese- spiegò l’uomo, decisamente terrorizzato all’idea di essere scoperto. Yifan non poteva dargli torto dopotutto. 
Fu così che si incamminarono all’interno dell’edificio che, proprio come il ragazzo aveva immaginato, all’interno era incredibilmente futuristico. L’aria decrepita dell’esterno era sostituita da un design moderno, tecnologico, d’alta classe, un po’ come tutti i palazzi di quella sottospecie di associazione che Yifan aveva visitato fino a quel momento. Probabilmente era una tecnica di depistaggio. Stranamente l’ambiente attorno a loro era movimentato per essere notte fonda: una ventina di persone andavano e venivano di corsa, regalando al dottor Kang una serie di piccoli inchini, ma nessuno sembrò far particolar caso a Yifan. Forse aveva davvero l’aspetto di uno di quei mascalzoni. Ciononostante continuò a seguire il medico lungo i corridoi, attraverso una serie di porte spuntate da ogni dove, rendendosi conto che più avanzavano più tutto quello che li circondava cambiava. Adesso, più che un edificio lussuoso, sembrava un ospedale. Quel paragone gli gelò il sangue nelle vene, soprattutto associandolo a Zitao. Si trovava lì, fra quelle mura che lo disgustavano. 
Yifan si scosse solamente quando il dottor Kang si fermò davanti ad una porta metallizzata, liscissima e talmente tanto lucida da potersi specchiare. Non vi erano maniglie, ma il ragazzo guardò le dita del medico digitare con grande maestria un codice numerico su un piccolo display nell’angolo, facendo scattare la serratura con un leggero ‘plop’. Quando la porta si spalancò, Yifan avrebbe voluto volentieri gridare, sbattere quell’uomo al muro e riempirlo di pugni. 
Zitao era coricato al centro della sala, legato ad un qualcosa che somigliava ad un letto, totalmente inerme. La camera era spoglia, fredda, disumana; l’atmosfera che si respirava era impregnata di disagio, di qualcosa di sbagliato. Yifan si avvicinò lentamente al ragazzo coricato, guardandone il volto contratto in una smorfia di dolore. Sembrava respirare a fatica. I capelli neri erano appiccicati alla pelle sudata, pallida come la neve; le mani erano strette in due pugni, tutti i muscoli del corpo sembravano tesi. La sola cosa positiva era la totale assenza di graffi, tagli o contusioni. Solo allora, dopo aver preso coscienza della sua salute fisica, Yifan notò la flebo attaccata al suo braccio, oramai vuota. 
-Che cosa gli avete fatto..- sussurrò staccando con un gesto secco l’ago dal braccio dell’amico, e posando una mano incerta sul suo viso. Senza aspettare una risposa prese a slegare i lacci di cuoio che tenevano legato Zitao al ‘letto’, per poi sollevarlo letteralmente di peso e stringerselo al petto. Oltre ad essere pallido e inumanamente sudato, era freddo come il ghiaccio. 
-Ora io me ne andrò da qui con lui- affermò secco Yifan, lanciando un’occhiata piena d’odio al dottor Kang.
-Nessuno ti fermerà- sorrise il medico con un’alzata di spalle. -Dobbiamo uscire assieme. La mia presenza servirà ad eliminare qualunque sospetto- continuò poi l’uomo uscendo dalla stanza e aspettando che Yifan facesse altrettanto. Il giovane superò la soglia della porta velocemente, desideroso di portare via da quel dannato posto il ragazzo svenuto fra le sue braccia, e seguì il dottor Kang per un altro corridoio, diverso da quello precedente. Incontrarono pochissime persone, tutte troppo prese dai loro compiti per notare con chiarezza che Yifan stava portando via un corpo inerme. Ma forse per loro era normale, forse veder viaggiare persone svenute per il palazzo era un’abitudine. Ben presto Yifan capì che la strada che avevano preso era una via secondaria. Sbucarono nuovamente nel parcheggio dell’edificio, colpiti in pieno dalla gelida aria di ottobre, e il ragazzo non poté fare a meno di sentirsi sollevato quando la porta di quella prigione venne chiusa alle loro spalle. 
-Qui si chiude tutto. Sono convinto che ci rivedremo- disse il dottor Kang, mimando il tipico saluto militare, prima di voltarsi e dirigersi verso la sua Impala a passo svelto. Yifan lo guardò salire e partire velocemente, buttandosi in strada con i fari accesi. Chiuse per un attimo gli occhi, beandosi di quel momentaneo momento di pace. Aveva Zitao con sé, sembrava conciato meglio di Minseok e dannazione, era tutto finito. Ora voleva solo andare via da quel maledetto posto. Si avvicinò alla macchina, cercando di afferrare le chiavi e sostenere Zitao allo stesso tempo, per poi aprire le portiere e far stendere il ragazzo fra le sue braccia nei sedili anteriori. Si tolse la giacca, coprendo l’amico con l’indumento, ed accese il riscaldamento al massimo, nella speranza che potesse servire ad aumentare la sua temperatura corporea. Yifan guardò ancora per un attimo il volto di Zitao, perlaceo, lasciandovi sopra una lenta carezza. 
-Adesso ti porto a casa- sussurrò dolcemente, prima di salire sul posto guida e inforcare la marcia. Prima di andare al college, sarebbe stato meglio recarsi all’ospedale per un controllo. Solo che Yifan aveva la netta sensazione che qualcosa non andasse. Zitao era salvo, lui era salvo, adesso sarebbero tornati alla loro vita. 
E’ stato tutto troppo facile. 
 
 
-Il ragazzo quindi si è presentato da te, pretendendo di riprendersi Zitao-
-Si, signore- affermò il dottor Kang rigirandosi fra le mani una matita 2B e lasciando qualche schizzo confuso sul foglio bianco che aveva davanti. L’uomo che gli sedeva di fronte sorrise, un sorriso cinico e anche parecchio bastardo, di quelli che gelano il sangue e fanno venir voglia di allontanarsi a gambe levate. 
-Poco importa. Oramai sarebbe comunque mancato poco alla sua liberazione. Hai recitato bene la tua parte- commentò l’individuo appoggiandosi allo schienale della poltrona. -Adesso non ci rimane che aspettare- sussurrò poi lanciando un’occhiata più che eloquente al dottore. 
-Questa è la volta buona capo, me lo sento- 
-Lo spero Kang. Sia per lei, che per me. Dopo anni di sacrifici.. Veder realizzato questo progetto..- 
-Accadrà signore. Sia fiducioso- esclamò il dottore con un sorriso tirato. L’uomo lo guardò di sottecchi, per poi annuire. 
-Per una volta voglio esserlo- 








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Ora voi vi cheiderete come mai ho già aggiornato, ma non riuscivo a resistere con il capitolo lì, bello pronto. *w* 
Allora, che ve ne pare? La kaisoo è iniziata ufficialmente (e un'altra coppia sistemata, olè), Yifan ha svolto per bene il suo ruolo da Superman (più o meno lol), il dottor Kang è uno stronzone e si, l'uomo alla fine è abbastanza inquietante (?) Ma tralasciamo questi piccoli dettagli kekekekeke. 
Che dire? Come al solito ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi lasciano una recensione ad ogni capitolo, ma un grazie va anche a coloro che aggiungono questa storia fra le seguite/ricordate e preferite :3 o anche solo chi legge <3 (quasi 600 visualizzazioni, vi amo sempre di più *u*)
Ora vado a pranzare, và. 
*lo dice come se interessasse a tutti*
*si va a nascondere*
Al prossimo capitolo. <3

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Capitolo 13
*** Dietro la maschera ***


13.
Dietro la maschera.




L’orologio a muro segnava le 02:34 quando Yixing varcò la soglia della sala mensa con una tazza di the in mano, rimanendo a fissare con occhi spenti l’anonimo buio che lo circondava. Se c’era una cosa che odiava al mondo era proprio l’oscurità: il non poter vedere i propri piedi, la direzione presa, ciò che lo circondava. Solo il cielo sapeva in quel momento quanto avrebbe acceso volentieri la luce, ma la corrente delle stanze pubbliche nel pieno della notte era staccata, avrebbe potuto fare ben poco. Si sedette meccanicamente sulla prima sedia che trovò al tatto e si abbandonò con le braccia sul tavolo affianco, iniziando a formulare un centinaio di pensieri scollegati. Dov’era Yifan in quel momento? Yixing sapeva benissimo che il suo compagno di stanza aveva la brutta abitudine di uscire la notte, ma non si era mai assentato così a lungo. Perché se ne stava lì al buio, terrorizzato? Nemmeno lui lo sapeva. Perché sentiva freddo, nonostante fosse avvolto in un maglione di lana? 
Oltre alla paura, il buio gli dava sempre una sensazione di gelo, come un ricordo rimasto impregnato nei sensi in maniera inconscia. Anche in quel momento avrebbe voluto volentieri andarsene da un’altra parte, ma dove? Non riusciva a stare nella sua camera deserta, e tutta la scuola era completamente oscurata: una stanza valeva l’altra. Sorseggiò il the lentamente, cercando un poco di conforto dal suo calore, e appoggiò la testa sul tavolo. 
Voglio tornare a casa.
-Yixing, sei qui?- 
Il ragazzo sobbalzò leggermente, facendo rovesciare sul piano di legno qualche goccia della sua bevanda. Riuscì a captare la direzione della voce, vicino a quella che doveva essere l’entrata, non riuscendo però a vedere il volto della persona proprietaria. Non che gli servisse la luce per capire a chi appartenesse quella voce.
-Yah! Kim Joonmyun mi segui?- rise Yixing, sentendosi incredibilmente più tranquillo, e osservò con un sopracciglio alzato il viso dell’amico illuminato dallo schermo del suo cellulare. Quello sorrise, cancellando completamente il gelo nella stanza, e fece due passetti verso Yixing. 
-Forse non sei l’unico a soffrire di insonnia e preoccupazione, caro. Ho sentito anche io Yifan uscire. E so che non è ancora tornato, altrimenti tu non saresti qui- affermò Joonmyun sedendosi accanto all’amico. Yixing lo guardò afferrare il suo bicchiere di the e berne un sorso, per poi restituirglielo con una smorfia sulle labbra umide.
-Mamma mia quanto è dolce!- protestò. -Quanto zucchero ci hai messo?-
-Non sono acido come te. Ho bisogno della mia dose di dolcezza giornaliera!- 
Joonmyun rise e poggiò il mento sulle braccia, facendogli una linguaccia, mentre Yixing gli lanciava un’occhiata di fuoco che poteva esser definita in tutti i modi tranne che paurosa. Come si poteva definire spaventoso un ragazzo che se ne stava al buio, rannicchiato su una sedia in un enorme maglione di lana, e con una tazza di the davanti? 
Carino. Dolce. Meraviglioso. Wait Joonmyun, frena.
-Quindi sei venuto a cercarmi?- chiese Yixing con un sorriso divertito, sfiorando la punta del naso del giovane con l’indice. Quello quasi starnutì, facendolo ridere.
-Yah!- si lamentò Joonmyun incrociando le braccia. -Se sei così di buon umore posso tornarmene nella mia stanza allora!- continuò alzandosi indispettito dalla sedia e voltandogli le spalle, pronto ad andarsene. Yixing rise ancora, questa volta con più gusto, afferrando l’amico per il cappuccio della felpa e tirandoselo addosso. Joonmyun quasi cadde in terra, se non fosse stato per la presa ferrea dell’altro, che se lo portò direttamente in braccio con un gesto solo.
-Pazzo! Vuoi farmi finire all’ospedale?! Se avessi battuto la testa?!- sbraitò Joonmyun dimenticandosi di essere in piena notte in una scuola addormentata, troppo spaventato e forse anche troppo imbarazzato per potersi trattenere. Yixing roteò gli occhi, per poi sistemare meglio sulle spalle il cappuccio disordinato dell’amico. 
-’Sta zitto Kim. Tu non vai da nessuna parte- sussurrò poi poggiando la fronte sulla schiena di Joonmyun, sorridendo come un idiota, mentre sentiva chiaramente i muscoli sotto le sue mani tendersi per il nervosismo.
E’ inutile fingere con me, Myun.
-Ma s-sentilo..- balbettò quello, e il sorriso di Yixing si ampliò maggiormente.
-Forse avrei dovuto dire: “Tu non vuoi andartene”. Dico bene?- 
-Yah! Zhang Yixing!- protestò Joonmyun girandosi “nell’abbraccio”, pronto a tirargli uno scappellotto, ma tutte le intenzioni gli morirono in gola. 
Joonmyun spesso si chiedeva come lo sguardo di Yixing, in alcune occasioni, potesse essere così deleterio per la sua sanità mentale, un po’ come in quel momento. Quegli occhi scuri, così profondi, così luminosi, erano troppo intensi per poterli sostenere e troppo belli per non guardarli. Se poi a quello sguardo veniva aggiunto il suo solito sorriso zuccheroso, Joonmyun proprio non aveva il coraggio di controbattere. 
-Forse in realtà sono io a non volerti lasciar andare, adesso- mormorò Yixing, allacciando le braccia intorno alla vita dell’amico. -Se ci sei tu, il gelo non mi raggiunge. Quindi stai qui- aggiunse poi, sentendosi leggermente in imbarazzo.
Ti odio Zhang Yixing. Ti odio. Ti odio, ti odio!
Joonmyun si lasciò abbracciare, totalmente inerme. Cosa avrebbe dovuto fare? L’unica cosa che gli veniva in mente, e che desiderava, inutile negarlo, era quella di rimanere lì, immobile, aspettando che fosse Yixing a decidere di interrompere quell’abbraccio diverso dal solito. Peccato che in quel momento il telefonino di quest’ultimo prese a squillare ininterrottamente, e Yixing si vide costretto a rispondere quando sul display illuminato lesse “Yifan”. 
-Pronto?!- esclamò.
-Yixing..- la voce del compagno di stanza sembrava stremata, e la cosa lo mandò in panico totale. -Sono all’ospedale. Chiama gli altri. Ho trovato Zitao- 


Alle orecchie di Yifan quel ‘bip bip’ proveniente dai macchinari affianco a Zitao stava iniziando ad essere fastidioso. Fastidioso tanto quanto la visione del dottor Kang, reclutato immediatamente dall’ospedale non appena il ragazzo si era presentato con l’amico mezzo svenuto fra le braccia. Caso strano. Il medico aveva diligentemente visitato Zitao, probabilmente anche falsificando le analisi del sangue, per poi dare una diagnosi approssimativa: il giovane stava bene, nessuna contusione, nessun trauma. Bisognava solo aspettare che si risvegliasse, e Yifan non riusciva a nascondere una certa tensione. Se anche lui non avesse ricordato nulla, come era successo a Minseok, come avrebbe reagito? Non osò nemmeno immaginarlo. Era come un enorme dejavu, solo che ora in quella stanza non c’era uno dei suoi amici più cari, ma una persona forse quasi più importante. E davvero sperava che la sua memoria funzionasse bene. 
Quelli erano i pensieri che attanagliavano la mente di Yifan, seduto sulla poltrona scomoda accanto al letto di Zitao, mentre l’enorme resto della compagnia di amici attendeva diligentemente nella sala all’esterno. Li aveva chiamati subito dopo l’arrivo in ospedale, fregandosene dell’ora tarda. La polizia era arrivata nel giro di dieci minuti, cappeggiata dall’ispettore e da Oh Sehun, che sembrava talmente tanto felice della notizia da mettersi a saltellare come una ragazzina isterica in mezzo alla corsia. Poco dopo gli agenti erano giunti sul posto anche i loro amici, ancora in pigiama, e avevano iniziato a tartassarlo di domande quasi più della polizia stessa. Yifan si era dovuto inventare una storia plausibile da propinare, non sapendo altrimenti come spiegare la verità: per quel motivo, prima di arrivare all’ospedale, aveva sporcato di terra sia i propri vestiti che quelli di Zitao, in modo da poter tranquillamente raccontare di aver trovato il ragazzo in mezzo ad un prato vicino al college. Si sarebbe sicuramente messo nei guai per essere uscito di notte, ma non aveva importanza. Sempre meglio quello che la verità.Ora non rimaneva altro che aspettare che Zitao aprisse gli occhi. 
Yifan si accoccolò sulla poltrona, tirando un enorme sbadiglio, e puntò lo sguardo stanco fuori dalla finestra. Il sole cominciava a sorgere dietro ai palazzi, illuminando la strada con la sua tiepida luce, e insieme a lui indubbiamente stava anche arrivando una violenta ondata di sonno. Il ragazzo si sforzò di tenere gli occhi aperti, prendendo a sfogliare con scarso interesse la stupida rivista che l’ospedale aveva lasciato sulla poltrona come intrattenimento per i visitatori. Ogni tanto la testa di Luhan, o di Joonmyun, o di chiunque altro, spuntava dalla porta con espressione speranzosa, chiedendo di fare un cambio per lasciar riposare Yifan. Lui rifiutava sempre, tenendo lo sguardo costantemente puntato fra le righe del giornale, senza leggerlo veramente. Tutti i suoi sensi erano involontariamente rivolti verso Zitao, che sembrava aver ripreso lentamente un colorito più umano. Le sue guance erano rosate, le mani tiepide al tatto, eppure i suoi occhi non accennavano ad aprirsi. Il dottor Kang aveva detto che ci sarebbe potuto volere del tempo, ma di certo Yifan non immaginava così tanto. Erano in quell’ospedale da quattro ore, le quattro ore più lunghe della sua vita per essere precisi, e stava iniziando a preoccuparsi. Il ragazzo gettò il giornale sul tavolino lì vicino, per poi prendere una delle mani di Zitao abbandonata sul letto. Yifan la sfiorò leggermente con le dita, stringendola piano, e le ciglia del cinese si mossero impercettibilmente.
-Avanti. Svegliati- sussurrò Yifan, scostando un ciuffo di capelli dalla fronte di Zitao. -Mi stai facendo preoccupare ancora, razza di incosciente- continuò poi, poggiando i gomiti sul materasso e fissando con intensità il volto dell’amico. Fu in quel momento che le labbra di Zitao disegnarono una smorfia infastidita, piegandosi leggermente verso il basso, mentre le palpebre iniziavano a tremare visibilmente. Yifan si sporse verso di lui, stringendogli la mano con ancora più forza, e aspettò con impazienza che le lunghe ciglia si alzassero, rivelando un paio di occhi stanchi. 
-Zitao..- lo chiamò il ragazzo, sospirando di sollievo, mentre l’interpellato si voltava lentamente verso di lui puntandogli lo sguardo felino addosso. Si guardarono per alcuni interminabili secondi, tanto che Yifan iniziò a temere di non essere riconosciuto. Ma alla fine Zitao sostituì quella brutta smorfia con un luminoso sorriso, e il ragazzo al suo fianco non poté fare a meno di scoppiare a ridere per buttare fuori tutto il nervosismo accumulato. 
-Yifan..- mormorò Zitao, riprendendo piano piano coscienza delle sue facoltà mentali e fisiche, riappropriandosi anche del controllo di ogni muscolo. Si sentiva dannatamente indolenzito, schiacciato da un trattore o da una macchina in autostrada. Non avrebbe saputo dire quale fosse il paragone migliore. 
-Mi riconosci, sia lodato il cielo- sospirò Yifan, posandogli una carezza sulla testa, e Zitao sorrise ancora.
-La tua brutta faccia non si dimentica- 
-Vedo che anche il senso dell’umorismo è integro- 
Zitao ridacchiò e stirò leggermente le braccia, concedendosi un’altra smorfia di dolore. Chiuse per un attimo gli occhi, concedendo alla sua mente due minuti di sana logica. L’unica cosa di cui era certo era l’essere in ospedale assieme a Yifan. Come ci era arrivato rimaneva un mistero, così come “il perché”. Ricordava solo un forte dolore in tutto il corpo, come se dei coltelli l’avessero colpito in ogni muscolo, in ogni arto. Poi il nulla. 
-Come ti senti?- chiese Yifan dolcemente, mentre Zitao alzava le spalle.
-Abbastanza da rottamare, ma non credo di essere messo maluccio- 
-E.. cosa ricordi?- azzardò il più grande corrugando la fronte.
-Ben poco. Un forte dolore, del buio.. Freddo. La mia memoria si ferma qui- affermò Zitao con un sospiro. -Come sono arrivato qui?- domandò poi.
-Ti.. Ho trovato io. Sei al sicuro adesso..- sussurrò Yifan alzandosi dalla poltrona e piantando un leggero bacio sulla fronte dell’amico. -Adesso vado a chiamare l’infermiera. Riposati- 
-Tornerai?- 
La domanda di Zitao, espressa con voce traballante, fece sorridere il maggiore di cuore, e non riuscì a trattenersi dal sentirsi felice. Annuì, ridacchiando, ed uscì dalla camera del ragazzo lasciando posto al resto degli amici. Rimaneva poco da fare, in quel momento: parlare ancora con il dottor Kang e cercare di mantenere ben in piedi la sua storiella con la polizia. 
Pregò che Oh Sehun si facesse ingannare facilmente. 


Nello stesso momento, Seoul.

Baekhyun camminava a passo spedito verso quell’edificio che conosceva meglio delle sue tasche e che iniziava ad odiare più di qualsiasi cosa. Lo detestava. Tutto quello che conteneva era solo un grande ammasso di pazzia e potere. La ragazza alla reception lo guardò con aria di sufficienza, non battendo ciglio quando il ragazzo si fermò davanti ad una porta poco più avanti, in legno scuro, e vi bussò sopra con pugno titubante. Se c’era una cosa che odiava più di quel posto, era proprio chi vi stava dentro. 
-Avanti..- esclamò una voce dall’interno della stanza, e Baekhyun piegò la maniglia in ferro, entrando nel piccolo salottino privato. Proprio lì, seduta elegantemente alla sua scrivania di mogano, vi era una donna bellissima. I lunghi capelli neri le ricadevano sulle spalle con eleganza, contornando il volto dai tratti fini. I vestiti che indossava sembravano di alta sartoria, e Baekhyun scommise che solamente la giacca di quel completo doveva costare come due affitti del suo appartamento. 
-Oh Byun sei arrivato. Prego, siediti- affermò ad un tratto la donna, indicandogli con una mano le comode poltroncine in pelle marrone. -Ieri sera sono stata contattata dal signor Ahn.. Mi ha riferito che l’esperimento su Zitao sembra aver prodotto buoni esiti- continuò poi versando del the all’interno di due tazzine. La sua gentilezza a volte era quasi ripugnante.
-A quanto sembra..- 
-Suvvia signor Byun, è anche merito tuo se il progetto finalmente riuscirà a partire. Dovresti sentirti orgoglioso-  
-Orgoglioso?- sbraitò Baekhyun incredulo, stringendo la mano in un pugno. 
Ricordati con chi stai parlando. Ricordalo.
-Certo.. Mi sento molto orgoglioso- aggiunse poi, con un sospiro, mentre la donna si esibiva in un sorriso trionfante. 
-Il tuo lavoro potrebbe aumentare se la formula di questa volta è corretta. Dovrai tenerti pronto- affermò lei secca, sorseggiando il suo the. Baekhyun annuì, sentendosi improvvisamente a corto di parole. Aveva la netta sensazione che nulla di quello che stava accadendo potesse avere una fine. Forse se fosse andato una volta per tutte alla polizia avrebbe messo fine a tutto quel casino, avrebbe fatto sì che altre centinaia di persone non dovessero subire tutto quel male. 
Non puoi Byun Baekhyun. La posta in gioco non sei tu, ricordalo.
-Delle volte mi chiedo.. Se tu sia sempre fedele a noi, Byun- disse all’improvviso la donna, come se con un solo sguardo avesse potuto intuire i suoi pensieri.
-Certo che si..-
-No perché, sai.. Qui nel cassetto della mia scrivania, insieme a tutti gli altri fascicoli, c’è anche quello di un certo Park Chanyeol, non so se spiego..- 
Baekhyun strinse la mascella, affondando i pugni nelle tasche della felpa, e trattenne a stento la malsana voglia di saltare sulla scrivania e riempire di pugni quella tizia. 
-Lo so benissimo- ribattè secco.
-Ecco. Ci tengo a ricordarti che l’essere figlio di uno dei miei soci non mi tratterrà dall’essere clemente nei tuoi confronti, Baekhyun. Quindi vedi di non tradire la mia fiducia.. E nemmeno quella di tuo padre- affermò la donna con un sorriso, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. -Altrimenti non sarai tu a pagarne le conseguenze- aggiunse poi. 
-Forte e chiaro-
-Bene. Puoi andare adesso, tieniti in contatto, mi raccomando- 
Baekhyun si alzò dalla sedia, senza nemmeno porgere un inchino alla donna, ed uscì dalla stanza il più in fretta possibile. Non badò nemmeno alla ragazza alla reception, nemmeno all’auto che lo stava per investire mente correva di fuori. Voleva solo allontanarsi da quel posto maledetto, allontanarsi per un attimo dalla fonte di tutti i suoi problemi. Si sedette per un attimo sul ciglio di un marciapiede, prendendosi il capo fra le mani, e cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime. Doveva resistere: lui poteva continuare ad avere una vita di merda, ma avrebbe protetto Chanyeol da quella situazione. Non avrebbe mai permesso che quel fascicolo finisse nel cassetto sbagliato. Il suo telefono squillò all’improvviso, e Baekhyun lo afferrò con mano tremante, senza nemmeno guardare chi lo stesse chiamando. 
-Pronto?- disse secco, la voce incrinata, e dall’altro capo avvertì un sospiro preoccupato.
-Baekhy stai bene?! Stai piangendo per caso?- 
Chanyeol..
-No, è tutto ok. Mi cercavi?-
Scusami..
-Si.. Stasera sei libero? Voglio vederti, mi manchi- 
Baekhyun rise, in contrasto con le lacrime che gli stavano rigando il volto.
-Ma certo. Tutto per te. Ci vediamo davanti al solito ristorante ok? 19 in punto. A dopo-
-Perfetto. A dopo, ti amo!-
-Ti amo anch’io- 
Chanyeol fece cadere la linea, e Baekhyun rimase con gli occhi piantati sul ciglio della strada, il telefonino ancora incollato all’orecchio, nella speranza che qualcuno arrivasse a salvarlo. Nessuno sembrava intenzionato a farlo.
Ti proteggerò Chanyeol. Non permetterò che ti facciano del male.







Sonomi's Home: 
Hello gente ^^ 
I'm back, con qualche giorno di ritardo, scusatemi. 
*si inchina in segno di scuse*
Questo capitolo non è per nulla esaltate, ma almeno permette di mettere al loro posto alcuni tasselli incasinati di tutta questa FF (?). Posso dire che dal prossimo aggiornamento la storia dovrebbe iniziare a farsi più accesa. (?) che dire? Come al solito ci tengo a ringraziare coloro che mi recensiscono, sono sempre felicissima quando vedo una recensione da parte di qualche nuovo lettore *^* così come un grazie va a tutti coloro che mi hanno inserita fra le seguite/ricordate/preferite, o anche solo chi legge. <3 (più di 650 visualizzazioni, VI AMO) 
Quindi ora mi dileguo. owo
A prossimo aggioramento! :)

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Capitolo 14
*** La normalità.. O quasi ***


14.
La normalità.. O quasi.


Oh Sehun iniziò a pensare che forse il mestiere di poliziotto non faceva per lui. Si sentiva talmente inutile che per poco si trattenne dal dirigersi nell’ufficio dell’ispettore e consegnare il suo distintivo senza nemmeno battere ciglio. O almeno quelli erano i suoi pensieri mentre attendeva che Zitao uscisse dalla sua camera nella sala d’attesa di quell’ospedale ormai troppo familiare, pronto a scortarlo al college in tutta sicurezza. Almeno avrebbe potuto fare qualcosa che non fosse osservare come tutti gli soffiassero il lavoro sotto gli occhi: aveva permesso che il ragazzo venisse rapito sotto il suo naso, e non era stato nemmeno capace di ritrovarlo. Ricordava ancora le notti insonni, seduto su quelle poltrone nere nella sua stanza, a guardare e riguardare i fascicoli del caso di Minseok,  di Zitao, e persino il suo, alla vana ricerca di un indizio che potesse collegare gli avvenimenti. Perché Sehun era convinto che ci fosse qualcosa ad unirli tutti. Forse la mancanza di prove, le simili circostanze di ritrovamento, la perdita di memoria.. Puzzava tutto troppo per non farci un pensierino. Ma non era stato capace di trarre nessuna conclusione.
“Dall’esperienza che hai subito hai tirato fuori una grande forza. Sei da stimare, Oh Sehun”. Le parole che gli aveva rivolto Luhan qualche giorno prima gli sferzarono la mente, strappandogli un sorriso. Forse qualcuno credeva ancora in lui, anche se si trattava di un completo sconosciuto. Uno sconosciuto dagli occhi da cerbiatto e un bellissimo viso delicato. Proprio in quel momento Luhan fece capolino dalla stanza di Zitao, seguito a ruota da Yifan, Jongin in versione mamma apprensiva, e dal neo dimesso con espressione sorprendentemente rilassata. Una cosa che aveva lasciato Sehun di stucco era stata sicuramente la scarsa ansia e la poca preoccupazione che Zitao aveva mostrato circa gli avvenimenti. Il ragazzo gli era parso talmente tranquillo che quasi si era chiesto se fosse sul serio stato rapito o se semplicemente si fosse divertito a passare del tempo fuori in totale libertà: quale persona sarebbe riuscita a rimanere così indifferente? Non avrebbe saputo rispondere. 
-Sehun- la voce delicata di Luhan lo fece destare da quei pensieri, e lasciò che le sue labbra si tendessero in un sorriso. Si alzò in piedi, sistemandosi alla bene e meglio le pieghe sui vestiti, e lanciò un’occhiata a Zitao e Yifan, intendi a parlottare fra di loro, notando con un certo divertimento come il braccio del più grande non si scollasse nemmeno per dieci secondi dalla vita del più piccolo. Da quando Zitao era stato ricoverato in ospedale, Yifan aveva passato lì dentro la maggior parte del suo tempo, lanciando le più temibili occhiatacce a tutte le nuove facce che si presentavano dinanzi a lui. Sembrava più un cane da guardia che un amico preoccupato. In compenso Jongin aveva riacquistato tutta la sua vitalità, e Sehun era rimasto molto colpito dalla devozione con cui il ragazzo si era recato ogni giorno presso l’ospedale a far visita al suo compagno di stanza. Ricordava benissimo come il giovane avesse sofferto la sparizione di Zitao, e vederlo così rilassato dopo tutto quel tempo lo rendeva parecchio felice. Sehun non lo avrebbe mai ammesso, ma stando in quella scuola aveva iniziato ad apprezzare quelle strambe persone che gli giravano costantemente attorno, e soprattutto aveva accettato le sensazioni che quel Luhan spesso gli trasmetteva. No, non erano quelle tipiche farfalle nelle stomaco, o il cuore a mille. Non era l’amore. Era diverso. Ogni volta che si ritrovava a contatto con quel ragazzo, ogni volta che involontariamente le sue dita sfioravano quelle dell’altro, aveva come l’impressione di riconoscere quel tocco. C’era qualcosa in quei polpastrelli di dannatamente familiare. “Io ti conosco”, gli aveva detto Luhan: che fosse vero? La possibilità che si fossero già incontrati in precedenza era reale?
-Sehun?! Mi stai ascoltando?- 
Il ragazzo sobbalzò, e si rese conto di essersi perso completamente il discorso che Yifan gli aveva appena fatto, facendolo irritare non poco. Infatti il ragazzo lo stava osservando con un cipiglio infastidito sul volto e Sehun tremò impercettibilmente. Yifan a volte gli faceva paura, lo faceva sentire a disagio.
-Chiedo scusa..-
-Ho detto: torniamo al college in una volante della polizia, no?- ripeté Yifan, totalmente raggelante, mentre Sehun annuiva leggermente. Luhan ridacchiò un attimo, lasciandosi trascinare dall’espressione di puro sconvolgimento sul viso del poliziotto, e gli scombinò i capelli con un gesto della mano. 
-Mi stai spaventando il ragazzino, Yifan. Un po’ di tatto- 
A quel tocco Sehun sobbalzò di colpo mentre una scarica elettrica gli percorreva la spina dorsale. Ancora. Cercò di mantenere un contegno e sputò fuori il sorriso più tirato che gli potesse riuscire. 
-Non sono spaventato- borbottò, fingendosi offeso. -La volante ci sta aspettando all’ingresso- 
-Ti ringrazio per essere qui, Sehun- disse Zitao con un sorriso, regalandogli persino un piccolo inchino. -Ne sono felice-
-Lo faccio volentieri. E’ sia il mio lavoro, sia un piacere verso un amico- affermò Sehun con un’alzata di spalle. -Avanti, adesso andiamo-


Quando la volante della polizia si fermò davanti ai cancelli del college, Kim Minseok stava guardando il sole tramontare dalla finestra della sua camera, avvertendo alle sue spalle la presenza di Jongdae camminare avanti e indietro. Lui però se ne stava fermo, comodo sulla sedia a rotelle, conteggiando nella mente quanti giorni ancora sarebbe dovuto rimanere con quei gessi addosso. Se non ricordava male, aveva ancora due settimane di fastidi davanti, poi avrebbe potuto levare ogni cosa e tornare a camminare sulle sue gambe. Ma se il suo fisico stava migliorando, la sua memoria lo mandava in crisi. Da quando aveva avuto quel flashback su Jongdae, aveva come l’impressione che stare in camera con il ragazzo fosse diventato troppo difficile. Cercava di comportarsi allo stesso modo, ma le sensazioni che la vista di Jongdae gli procurava erano troppo forti per essere tenute nascoste. Non avrebbe mai potuto immaginare che un solo ricordo potesse bastare a risvegliare anche un cuore assopito. Minseok era arrivato a pensare che forse, in realtà, una parte di se stesso non aveva mai dimenticato quei sentimenti: per quel motivo si era sempre sentito stranamente a suo agio con Jongdae. Ma cosa avrebbe dovuto fare, allora? Temeva la reazione dell’amico ad una possibile dichiarazione. Sospirò pesantemente, portandosi una mano sul volto stanco. Delle volte pensava quasi che se solo avesse avuto qualche ricordo in più sarebbe stato in grado di arrivare alla fine di quel gigantesco rompicapo. Magari Jongdae sapeva tutto, ma Minseok non riusciva a ricordarlo. Solo che vedeva la cosa improbabile: era sicuro che Jongdae non gli avrebbe mai tenuto nascosta una cosa del genere. A meno che, ovviamente, lui non si fosse già dichiarato in passato e Jongdae l’avesse respinto. 
Scacciò per pensiero dalla mente e si voltò girando le ruote della sedia a rotelle. Il suo compagno di stanza stava diligentemente piegando i vestiti puliti, riponendoli elegantemente negli armadi. Minseok amava guardarlo in quei momenti, quando la sua espressione era concentrata e assorta allo stesso tempo, quando le sopracciglia si congiungevano in una smorfia pensosa; amava anche le sue mani, dannatamente delicate, e spesso si perdeva nell’osservarle mentre l’amico scriveva, o girava pigramente le pagine di un libro; ma la cosa più bella di Jongdae era lo sguardo. Minseok ci si perdeva dentro spesso, e si chiedeva come fosse possibile leggervi tutti quei sentimenti contrastanti ma vedere il proprietario sorridere come se nulla fosse. Ammirava la sua forza, avrebbe voluto essere come lui.
-Minseok c’è qualcosa che non va?- 
La voce di Jongdae lo fece sobbalzare, ed arrossì istantaneamente quando si rese conto che l’amico lo stava osservando con un cipiglio divertito sul volto. 
-No.. È tutto ok- balbettò Minseok, abbassando gli occhi sulle mani, mentre l’altro riponeva l’ultima maglietta sul ripiano di legno. 
-Sei sempre stato un pessimo bugiardo- rise Jongdae, abbandonandosi sul letto con un tonfo. -Sempre? Anche prima di..?-
-Si, anche prima di perdere la memoria. Non sei mai riuscito a tenermi nascosto nulla- 
Lo sapevo. Jongdae sa, me lo sento. 
-Ah si?- ridacchiò Minseok a disagio, grattandosi la nuca. -Proprio nulla?-
-Proprio nulla-
Le parole dell’amico caddero pesantemente nella stanza, facendolo tremare, e rimase per un attimo a fissare l’espressione improvvisamente triste di Jongdae con un moto di panico. 
Sento di impazzire. Non posso reggere ancora per molto. 
-Cosa ti turba? Avanti a me puoi dirlo- 
No, a lui proprio non poteva dirlo. Non fino a quando la confusione nella sua testa era più forte di qualsiasi altra cosa. Voleva avere più ricordi prima di dire qualcosa, prima che qualunque parola potesse danneggiare il rapporto che stava ricreando con Jongdae. Per quel motivo Minseok allungò le labbra in un gigantesco sorriso e punzecchiò con l’indice una guancia dell’amico. 
-Non ho nulla da dirti. Sto bene, dico sul serio- affermò secco, senza far fremere la voce, sperando che l’altro non insistesse. Guardò Jongdae fissarlo per qualche secondo con una delle sue solite espressioni indecifrabili, e Minseok tremò impercettibilmente. Lo sguardo di Jongdae sembrava perforargli lo stomaco, lentamente, dandogli la sensazione di essere nudo sotto quegli occhi. Forse era proprio così, forse l’amico era in grado di leggerlo senza bisogno delle parole. Minseok si chiese cosa dovesse vedere Jongdae ogni volta che lo fissava. 
-Va bene-
La risposta secca di Jongdae lasciò il ragazzo leggermente di sasso, così come i gesti che seguirono dopo. Minseok guardò il compagno di stanza alzarsi dal letto e andare verso di lui, fino a quando il giovane non si sedette direttamente in braccio all’infortunato, appoggiando il capo sulla spalla dell’amico. Minseok rimase pietrificato, letteralmente, e Jongdae non poté fare a meno di ridacchiare sentendo i muscoli dell’altro tesi come delle tavole di legno.
-Anche se mi dici “va tutto bene” io so che non è così. Quindi permettimi di esserti vicino nonostante tu non voglia parlare- sussurrò Jongdae stringendosi a lui. -E’ l’unica cosa che mi è permessa fare, quindi concedimela- aggiunse poi in un leggero mormorio, tanto che Minseok si dovette sforzare di sentirlo. 
Cosa ho fatto di bello a questo mondo,  per averti vicino? 
-Sei dannatamente smielato e coccoloso, Kim Jongdae- balbettò Minseok con una risata imbarazzata, cingendo l’amico con il braccio sano. 
-Non è questione di essere smielati o coccolosi. Questo è solamente ciò che posso permettermi di fare- mormorò Jongdae con un leggero sospiro, gettando indietro le lacrime. Solo il cielo sapeva cosa avrebbe dato per poter passare un solo momento assieme a Minseok come vecchia coppia. Gli mancava talmente tanto che a volte aveva la sensazione di sentir il cuore scoppiare, e a quel punto necessitava di un contatto di qualsiasi tipo con il ‘fidanzato’: che fosse un abbraccio, una carezza, una chiacchierata, Jongdae anelava quei momenti più dell’aria stessa. E mentre il ragazzo si rilassava in quella stretta confortante, Minseok si chiedeva come avrebbe dovuto decifrare quella frase. Spesso Jongdae se ne usciva con affermazioni che lo lasciavano di sasso, e quella era una delle tante. A volte aveva come l’impressione che il compagno di stanza si trattenesse dal dire o dal fare qualcosa che avrebbe potuto sconvolgerlo. La cosa era abbastanza frustrante. Fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta, salvando Minseok giusto in tempo. Jongdae scattò in piedi, sistemandosi i vestiti, e si diresse verso l’ingresso, spalancando l’uscio, mentre le sue viscere ancora ballavano la conga per il lungo abbraccio che l’amico gli aveva concesso. 
Quando aprì la porta, si trattenne a stento dall’urlare e un enorme sorriso si dipinse sul suo volto. Davanti a lui c’era Zitao, in carne e ossa, fedelmente accompagnato da Yifan e Jongin, e in quel caso anche da tutto il resto della compagnia. Sembrava in salute, rilassato, e Jongdae ringraziò il cielo di vederselo davanti tutto intero. Non avrebbe sopportato di trovarlo con qualche osso rotto come Minseok.
-Zitao..- sussurrò abbracciandolo forte, stritolandolo tanto che il ragazzo rise. -Sono così felice di vederti-
-E io sono felice di essere a casa- affermò il cinese ricambiando la stretta, mentre il resto degli amici batteva le mani entusiasta. 
-Io non posso venirti ad abbracciare! Venite dentro!- si lamentò Minseok mettendo il broncio e tese le braccia verso Zitao, che si lasciò coccolare anche da lui. -Come stai?- continuò il ragazzo osservando attentamente il volto del cinese.
-Sto bene- 
Si, stava bene davvero, e la cosa lasciava basito Zitao stesso. Quando aveva aperto gli occhi nella sua camera d’ospedale, l’unica cosa che era riuscito a pensare era stata “sono vivo”. Il suo ultimo ricordo? Un bruciore talmente tanto intenso da farlo svenire. Ancora in quel momento, dopo due soli giorni di ricovero, la sua mente era totalmente annebbiata: non riusciva a portare a galla nessuna immagine, nessun suono, nessuna sensazione. Solo quel dolore, lungo, lancinante, devastante che anche il solo pensarlo sembrava in grado di farglielo rivivere. Ma nonostante tutto, escludendo quel ricordo, Zitao si sentiva benissimo. Il suo corpo era indolenzito, ma aveva come la sensazione di riuscire a percepire ogni suo muscolo, ogni suo legamento. Sapeva che quello che gli era successo era ricollegabile a ciò che era accaduto a Minseok, e si sentiva fortunato di esserne uscito intero e con la memoria quasi al posto giusto. Era felice di essere stato in grado di riconoscere Yifan, appena aperti gli occhi, e di saper identificare tutte le persone che erano giunte dopo. C’era stato anche un momento in cui avrebbe potuto giurare di conoscere persino il medico che l’aveva visitato, ma il suo volto aveva dei tratti molto comuni, poteva assomigliare a chiunque. 
Zitao sorrise, scuotendo leggermente il capo come a voler scacciare quei pensieri, e si sedette sul letto di Jongdae assieme a Luhan e Joonmyun. Era a casa, non avrebbe più dovuto pensare a cose negative. Guardò Yifan chiudersi la porta della camera alle spalle, ed ebbe il malsano istinto di correre da lui e abbracciarlo. Solo quel ragazzo altissimo e dallo sguardo serioso sembrava in grado di farlo sentire al sicuro, come una piccola bolla di pace in mezzo ad un mondo incasinato. 
-Ora, finalmente, tutto tornerà alla normalità- affermò di colpo Yixing, appoggiato alla scrivania. 
-Se quella che viviamo possa chiamarsi normalità- ridacchiò Minseok roteando gli occhi. 
-Non avremo una vita normale, ma di certo da adesso in poi le cose andranno meglio. E’ finita, ragazzi- proferì Jongdae con un sorriso. -Cerchiamo solo di essere felici, di studiare, e di viverci la vita al meglio. Lo dobbiamo a noi stessi. In quest’ultimo anno ne sono successe di tutti i colori: prima Minseok, la sua perdita di memoria.. La nostra preoccupazione; poi Zitao. Adesso basta, dobbiamo rimetterci in piedi- continuò il ragazzo, posando una carezza sul capo del compagno di stanza. -E lo faremo insieme-
-Ben detto!- urlò Luhan battendo le mani euforico.
-Siamo una squadra. Tutti per uno, uno per tutti!- esclamò Joonmyun mettendo la mano al centro del cerchio formato dai suoi amici. Piano piano tutti misero le mani sopra la sua, formando una pila unita.
-We are one!- urlarono assieme, per poi scoppiare a ridere. Sarebbe andato tutto bene. 
O almeno era quello che speravano. 


Seoul, ore 23:08


Il respiro di Baekhyun si perdeva lento per la camera silenziosa, mentre gli occhi di Chanyeol erano puntati sul soffitto, il corpo avvolto pigramente fra le lenzuola sfatte. La luce della luna illuminava vagamente il profilo delicato del ragazzo steso affianco a lui, e il giovane si perse ad osservarlo per qualche attimo, giusto per memorizzare per l’ennesima volta il suo volto addormentato: anche nel sonno, Baekhyun riusciva a mantenere il cipiglio preoccupato che Chanyeol gli aveva visto addosso troppo spesso nell’ultimo periodo.
Con un sospiro il più alto si alzò dal letto, rabbrividendo al contatto della pelle nuda con l’aria fredda. Cercò sul pavimento della camera i suoi indumenti, indossando con un gesto secco i boxer che aveva trovato abbandonati addosso alla sedia vicino alla scrivania. Non aveva la minima idea di come fossero riusciti ad arrivare fin lì, e quel pensiero lo fece ridacchiare leggermente. Baekhyun grugnì nel sonno e rotolò lungo il letto, incartandosi ancora di più fra le coperte. Aveva sempre avuto l’abitudine di muoversi, tanto che spesso si risvegliava sul fondo del materasso. Se poi Chanyeol si fermava da lui per la notte, era anche capace di alzarsi al mattino e rendersi conto di aver messo i piedi in faccia al fidanzato. Uno spettacolo esilarante. 
Chanyeol scosse leggermente il capo e si chinò per sbrogliare il ragazzo dall’ammasso di lenzuola, cercando di non svegliarlo. Adagiò il capo di Baekhyun nuovamente sul cuscino, per poi coprirlo fin sopra le spalle con la coperta di lana, lasciando una carezza fra i suoi morbidi capelli. Rimase in quella posizione per qualche minuto, continuando a sfiorare il volto del compagno delicatamente, giocherellando con le ciocche chiare. Baekhyun si era tinto i capelli da poco, un dolce color caramello che a Chanyeol piaceva tantissimo: non faceva altro che rendere il fidanzato ancora più adorabile.
-Il mio batuffolo adorabile- sussurrò il giovane sorridendo. 
Proprio in quel momento il telefono di Baekhyun, abbandonato sulla scrivania prese a vibrare nel silenzio, illuminando la stanza della luce tenue del display. La vibrazione durò solo per qualche istante, indicando l’arrivo di un sms, e Chanyeol decise di lasciarlo lì: l’avrebbe letto Baekhyun la mattina seguente, non c’era fretta. Solo che alla prima vibrazione ne seguirono altre, a ripetizione, e Chanyeol iniziò a maledire quel dannato aggeggio luminoso, tanto che si alzò dal letto e afferrò il telefonino, sbloccandone il display. I messaggi erano tre, tutti proveniente dallo stesso numero, e il ragazzo rimase per un attimo a riflettere se aprire o meno gli sms. Baekhyun si sarebbe arrabbiato? Non credeva. Sbuffando, Chanyeol pigiò sull’icona dei messaggi, andando ad aprire il contenuto del primo sms.

“From: Sconosciuto
To: Baekhyun

Huang Zitao è tornato al college. Abbiamo bisogno di te: tienilo d’occhio.”


Chanyeol aggrottò per un attimo le sopracciglia, perplesso, dirigendosi immediatamente sul messaggio successivo. Huang Zitao? E chi diamine era?

“From: Sconosciuto
To: Baekhyun

Byun non è da te dormire a quest’ora. Rispondi.”


Chanyeol allontanò per un attimo lo sguardo dal telefonino, puntandolo sul corpo di Baekhyun. Cosa significava tutto ciò? Avvertì una poco piacevole stretta allo stomaco, ed ebbe come l’impressione che tutti i brutti pensieri che aveva fatto nell’ultimo periodo andassero a conferire in quelle parole. Con dita leggermente tremanti, Chanyeol aprì l’ultimo sms. 

“From: Sconosciuto
To: Baekhyun


Byun, vedi di rispondere entro le sei del mattino. Ricorda, non sei tu a rimetterci: il fascicolo di Park Chanyeol è nel nostro cassetto.”





Sonomi's Home:
Si, sono quasi le due di notte e io sto aggiornando ouo che volete farci, l'insonnia (?)
Allora, posso finalmente annunciare che questo è l'ultimo, spero, capitolo "noioso" della FF: dal 15 si inizia ad entrare nel vivo, gente! (?) cosa che viene preannunciata già dalla fine di questo owo come reagirà Chanyeol dopo aver letto quelle parole? 
-sigladatelefilm-
Ammetto che gli ultimi capitoli sono stati un po' banali e forse abbastanza lenti, vi chiedo scusa ç_ç purtroppo è mia abitudine, quando si tratta di long, di creare trame talmente intricate che per essere rese bene necessitano di alcuni capitoli di transizione ç_ç chiedo umilmente venia. Mi farò perdonare dal prossimo (?)
Come al solito ci tengo a ringraziare tutti coloro che recensiscono questa fan fiction, e tutti i lettori che mi aggiungono alle preferite/seguite/ricordate, o anche solo chi legge :33 I love you all <3 
-sparge cuoricini everywhere-
Bene, penso che ora dovrei andarmene effettivamente a letto. Ci tengo anche ad avvisare che il 16 inizierà scuola, quest'anno vado in quinta e con la maturità avrò sicuramente di più da studiare ç__ç cercherò di aggiornare una volta a settimana. Non vi libererete di me è.é Ora vi auguro buonanotte :)
Alla prossima! ^^

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Capitolo 15
*** Ricominciare insieme ***


15.
Ricominciare insieme.
 
Chanyeol fissava lo schermo del cellulare di Baekhyun con gli occhi talmente tanto spalancati che i bulbi sarebbero potuti cadere in terra. Le mani stringevano tremanti quel piccolo aggeggio luminescente e il ragazzo faticava a credere che quelle parole fossero scritte proprio dinanzi a lui. Fascicolo, quale fascicolo? Su di lui? Il ragazzo ingoiò a vuoto un gigantesco quantitativo di saliva e ad un tratto quella stanza non gli sembrò più il luogo confortante in cui aveva passato i momenti migliori della sua vita. Nemmeno la persona che stava stesa su quel letto sfatto sembrava più il suo Baekhyun. 
Con un gesto secco attivò l’impostazione “segna come da leggere” in modo che il fidanzato non capisse che i messaggi fossero già stati aperti, e si vestì totalmente, afferrando la giacca ai piedi del materasso. Voleva andarsene per un po’, prendere  una boccata d’aria, lasciar la mente vagare da sola a briglia sciolta. Non vedere il volto di Baekhyun per qualche ora.
Cosa mi stai nascondendo? Di chi è questo numero? Io.. Cosa c’entro?
Scrisse velocemente un bigliettino, informandolo di doversene andare per una chiamata urgente dei genitori, ed uscì in corridoio mentre ancora Baekhyun si rotolava fra le lenzuola. Chanyeol usò il suo mazzo di chiavi per far scattare la serratura e si gettò in strada, iniziando a camminare verso una meta poco precisa. Tutto ad un tratto aveva come la sensazione che il puzzle della sua vita fosse caduto in terra e si fosse scomposto: Baekhyun era forse l’unica certezza che aveva avuto nella sua intera esistenza.. Come poteva dubitare anche di lui adesso? Ma la domanda principale era su come si sarebbe dovuto comportare da quel momento. Fingere di non aver mai letto quei messaggi sarebbe stato impossibile e al contempo non poteva nemmeno dire al suo fidanzato di aver sbirciato. Però non aveva nemmeno la minima intenzione di vivere con il dubbio che Baekhyun gli stesse nascondendo qualcosa. Doveva scoprire di più: chi fosse quel Zitao, cosa c’entrasse lui stesso, chi fosse la persona dietro quel numero di cellulare. A quel punto Chanyeol si rese conto che vi era solo una possibilità, per quanto assurda e veramente meschina.
Ti seguirò.


2 settimane dopo


-Signor Kim, le sue ossa sono in perfetta forma. Il suo corpo si è ripreso velocemente, son soddisfatto- affermò il dottor Kang regalando un buffetto sulla guancia di Minseok, mentre ancora teneva fra le mani le lastre appena eseguite. -Le fratture sono scomparse e può finalmente togliere anche la sedia a rotelle. Le sarei comunque grato se non si affaticasse ancora per qualche settimana. Cammini il minimo indispensabile e si riposi-
Minseok sorrise al medico, osservando estasiato il braccio, il busto, e la gamba finalmente senza gesso. Si sfiorò gli arti con le dita e le sue labbra si tesero maggiormente, andando ad illuminare di felicità anche gli occhi.
-Dottore, Minseok può davvero camminare da solo ora?- la voce di Jongdae, che fino a quel momento non aveva osato pronunciare nemmeno una parola, sembrava leggermente preoccupata, ansiosa, ed effettivamente lo era realmente. Voleva davvero che il ragazzo potesse finalmente camminare sulle sue gambe, e sapeva anche quanto Minseok stesso ci tenesse, ma era salutare per lui?
-Certamente, puoi star tranquillo. Oramai è passato un mese dall’ingessatura, è tutto guarito-
Jongdae sospirò sollevato, mentre Minseok batteva le mani entusiasta. Anche quel semplice gesto prima gli era impossibile con il gesso a coprirli mezzo palmo, così come il far scricchiolare la caviglia o chinarsi per allacciarsi una scarpa. Poteva di nuovo essere autosufficiente, ricambiare in qualche modo tutto quello che Jongdae aveva fatto per lui in quelle settimane. E aveva già in mente come fare.
-Può andare signor Kim. Ci vediamo fra un mesetto per un’ultima lastra di controllo, che essere prudenti, non guasta mai- scherzò il dottor Kang aiutando Minseok a scendere dal lettino. -Adesso vada e si diverta. La lascio nelle abili mani di Jongdae- continuò poi con un inchino e un rinnovato sorriso, uscendo dallo studio medico insieme alla cartellina del paziente. Minseok osservò in silenzio le sue gambe reggerlo in piedi da solo, e pian piano le mosse in avanti, testando il piacere di riuscir a camminare di nuovo. Al contempo mosse le braccia, piegandole e stendendole, riprendendo lentamente il controllo dei suoi muscoli. Quasi si mise a saltellare per la felicità, ma si limitò ad alzare lo sguardo allegro verso Jongdae, che lo fissava con un enorme sorriso stampato sul bellissimo volto. Se ne stava appoggiato al muro di fianco al lettino, le mani in tasca, e lo guardava con quell’espressione carica di sentimento che aveva sempre fatto traballare le gambe a Minseok, per quanto potessero tremare su una sedia a rotelle. Ora poteva stringerlo con entrambe le braccia, avvertire totalmente il suo contatto fisico, camminare di fianco a lui spalla a spalla. 
-Com’è bello vederti in piedi Min- sussurrò Jongdae, quasi con le lacrime agli occhi, e l’amico gli si avvicinò pian piano. Aveva quasi dimenticato come ci si sentisse a vedere Minseok camminare verso di lui, con quel sorriso da carie e lo sguardo lucido. Vederlo di nuovo così, avvolto in quel gigantesco felpone che gli arrivava quasi fin sotto il sedere, fu un toccasana per il suo cuore stanco. Minseok arrivò ad un palmo dal naso di Jongdae e il ragazzo quasi perse un battito quando le braccia del giovane si allacciarono attorno al suo collo, stringendolo al petto con una forza tale da fargli male. 
-Finalmente posso abbracciarti anche io- sussurrò Minseok felice, tuffando la faccia fra i capelli di Jongdae, mentre quest’ultimo faticava a respirare, e non per la stretta troppo ferrea dell’amico. Avvertì un fastidioso pizzicore agli occhi e maledisse la sua dannata sensibilità. Non doveva piangere in quel momento, diamine!
-E a me son mancati i tuoi abbracci..- mormorò Jongdae, concedendosi quell’affermazione un po’ fuori luogo, ma che in quel momento sembrava giusta da dire. Poco importava se Minseok si sarebbe fatto venire dei dubbi, aveva bisogno di gettar fuori una parte di quei sentimenti incatenati. 
-Da oggi ti abbraccerò sempre. Tutti i giorni. Appena sveglio, prima di pranzo, al pomeriggio e prima di addormentarti- affermò Minseok serio, decidendo a sua volta che forse assecondare un poco quel groviglio di emozioni nate dal quel ricordo, gli avrebbe permesso di ricordare dell’altro. Voleva dare di nuovo un posto a Jongdae nella sua vita, rimettere il suo tassello del puzzle nella fessura giusta. E quella sera l’avrebbe fatto, avrebbe permesso a Jongdae di entrare nella sua vita per una seconda volta. 
Non so che rapporto avessimo prima.. Ma di sicuro per me eri una persona importante. Lo sei anche ora, le cose non cambiano. 
Il battito di Minseok aumentò per qualche secondo, e strinse l’amico ancora più forte. Sapeva benissimo cosa stesse accadendo in quel momento, cosa andassero a significare quelle emozioni, quel tremolio, quel batticuore. Lo sapeva e per la prima volta non ne ebbe paura. 
Potrai anche respingermi, non te ne farò una colpa, ma devo dirtelo prima che tutto questo mi distrugga.
Credo di essermi innamorato di te, Kim Jongdae. Che sia la prima volta o la seconda, non mi importa.


***

Zitao camminava lentamente nel giardino del college, avvolto in un gigantesco cappotto pesante per proteggersi dal freddo di novembre. Il cielo sopra la sua testa era plumbeo, spento, un po’ triste, e il ragazzo si perse per un attimo a contemplarlo mentre l’aria gelida passava attraverso le pieghe dei vestiti. 
Quelle due settimane erano passate in fretta, talmente tanto che faticava a rendersi conto di cosa gli fosse successo realmente. Si sentiva confuso, disorientato, e forse anche un po’ spaventato. Non aveva idea di come uscire da quello stato emotivo di totale disperazione, e non poteva fare altro che chiudersi nella sua stanza, evitando i continui tentativi di Jongin di farlo sentire meglio, e cercare di rilassare la mente. Non sapeva come fosse arrivato a quel punto: all’inizio sembrava essere tutto normale. Non ricordava cosa gli fosse successo esattamente, era vero, ma nel complesso sentiva di poter superare la cosa. Ma più passavano i giorni più aveva iniziato a rendersi conto che in realtà non si sentiva affatto bene, sia mentalmente sia fisicamente. Aveva spesso dei capogiri, dolori muscolari, la vista andava e veniva e tutti quei sintomi insieme lo facevano sentire inutile. L’unico dettaglio positivo guadagnato da quella situazione era la continua e piacevole presenza di Yifan accanto, presenza che Zitao stava iniziando ad apprezzare fin troppo. Anche quel particolare aveva la capacità di mandarlo in confusione: cosa provava realmente per quel ragazzo? Zitao aveva cominciato a chiederselo spesso. Quando si erano conosciuti, Yifan gli era sembrato un giovane taciturno, solitario, ma una brava persona. Col passare del tempo però l’amico aveva iniziato a far uscire fuori lati del suo carattere che avevano lasciato Zitao di sasso: gentilezza, comprensione, la protezione nei suoi confronti. Tutti dettagli che sommati l’uno all’altro avevano creato una pila di dubbi nella sua mente, al vertice della quale vi era il quesito più importante di tutti. 
Cosa sono io, allora, per Yifan?
Zitao sbuffò, calciando un sassolino sull’erba secca. Alzò il volto al cielo, incrociando le braccia, e osservo lo spostarsi delle nuvole al vento fresco. Si erano fatte ancora più grigie, quasi minacciose, e quasi aveva l’impressione di riuscire a vedere le goccioline condensarsi e prepararsi alla caduta. Zitao annusò l’aria di riflesso, percependo un vago odore di umido, di salmastro, di bagnato. Non fece in tempo a formulare quel pensiero che l’acqua cadde dal cielo in una forte ramata, inzuppandolo da capo a piedi prima che potesse muovere un solo passo in direzione della scuola. Quasi gli venne da ridere mentre, con le mani raggelate in tasca, si incamminava verso la villa, ascoltando il tintinnio delle gocce sul terreno, lo scivolare dell’acqua su ogni filo d’erba, le piccole zampette degli insetti che cercavano un posticino in cui ripararsi.. 
Un attimo. Ma che..?
Zitao gettò lo sguardo verso i suoi piedi, ma l’unica cosa che i suoi occhi neri incontrarono fu il terreno. Nessun insetto, nessuna goccia d’acqua, troppo piccoli per poter essere visti, forse. Eppure riusciva a percepirne il suono, lo sentiva chiaramente. Scosse il capo, dando immediatamente la colpa alla sua confusione mentale, e riprese a camminare verso la scuola, lasciando che l’acqua continuasse a cadere sul suo volto stanco. Aveva solo bisogno di riposare ancora un po’.

***

Ore 20:07, college, camera 27.

Era tutto pronto, nei minimi dettagli. Tutto, tranne lui. Solo in camera, davanti allo specchio gigante del bagno, Kim Minseok guardava il suo riflesso osservarlo con uno sguardo spaventato e colmo d’ansia. Con le dita cercò di aggiustare un ciuffo ribelle che gli ricadeva fastidioso sulla fronte, così come le pieghe quasi inesistenti sulla maglia perfettamente stirata. Diete un’occhiata anche all’accostamento dei colori, e almeno quello gli sembrò decente. 
Cosa sto per fare, devo essere impazzito.
Si, probabilmente lo era davvero, ma non poteva più trattenersi ormai. In quelle ultime settimane, i sentimenti nati attraverso il ricordo sembravano aver aumentato la loro intensità, dando a Minseok la sensazione che in realtà ci fossero stati fin dall’inizio. Dal momento in cui aveva visto Jongdae nella camera d’ospedale, dal momento in cui il ragazzo era arrossito davanti alla sua richiesta di tenere i letti uniti, ogni volta in cui Jongdae lo abbracciava senza preavviso, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo. Minseok voleva che accadesse ancora, non importava in che modo. Non gli importava se in passato l’amico lo avesse già rifiutato, se lo avesse allontanato: in quel momento il suo unico desiderio era poter dire a Jongdae quello che provava. Al digerire la risposta del giovane ci avrebbe pensato in un secondo tempo. 
Minseok uscì dal bagno, guardando il suo lavoro con occhio critico. Il tavolino, apparecchiato con una tovaglia bianca e contornato da rose rosse; le candele, un po’ ovunque, sia profumate che semplici, e si apprestò ad accenderle; lo stereo, già pronto per essere usato; le pietanze poggiate sul piano di vetro, tenute al caldo da un coperchio in acciaio. Non mancava nulla, solo Jongdae. Minseok aveva deciso di saltare l’ultima lezione del pomeriggio, quella delle 18:30, con la scusa di voler fare una passeggiata sulle sue ritrovate gambe, solo per poter preparare il tutto alla perfezione. E in quel preciso istante se la stava facendo sotto. Non aveva nemmeno preparato un discorso con cui cominciare, nessuna parola, niente di niente. Sperò solo di non fare la figura dell’idiota. 
Quando la serratura scattò, Minseok quasi inciampò mentre correva di nuovo in bagno, solo per poter vedere la reazione di Jongdae a tutto quello che aveva preparato. Non appena il ragazzo varcò la soglia della camera, dire che rimase interdetto, di sasso, sconvolto, sarebbe stato un eufemismo. Con ancora la mano sulla maniglia, l’entrata spalancata per metà, guardava con occhi spalancati lo spettacolo che si ritrovava davanti, trattenendo il respiro anche più di quanto i suoi polmoni glielo permettessero. Jongdae fece qualche passetto incerto all’interno della stanza, chiudendosi la porta alle spalle, e lasciò cadere la borsa sulla scrivania con un tonfo sordo, mentre le mani e le gambe iniziavano a tremargli leggermente. Cos’era tutto quello? Il profumo delle candele gli arrivava al naso, delicato, donandogli una sensazione di tranquillità. Inoltre, la loro luce, dava alla camera un’aria soft, romantica. Arrossì leggermente, mentre il cuore prendeva a battere più forte, e cercò con gli occhi la persona che aveva architettato quella situazione: trovò Minseok seminascosto dietro la porta del bagno, con lo sguardo basso, timido, le mani affondate nelle tasche dei jeans scuri che indossava. Jongdae lo guardò per qualche secondo, ammaliato, non sapendo bene come comportarsi, né cosa dire. Aveva la gola secca. 
-Ciao..- mormorò Minseok, uscendo completamente dal bagno, e lasciandosi andare ad un sorriso incerto. Jongdae lo osservò, in silenzio, sbattendo le palpebre come a voler scacciare una visione assurda. 
-Non.. Dici niente?- continuò Minseok con una risatina stridula, grattandosi la nuca a disagio. 
Iniziamo bene
-Non.. Io.. Cioè..- balbettò Jongdae annaspando l’aria. -Tutto questo è.. Per me?-
-E per chi altri dovrebbe essere?- affermò con un sorriso l’altro, avvicinandosi di qualche passo. Minseok afferrò le mani dell’altro con le sue, e gli sembrò quasi di vederle sparire all’interno dei suoi palmi. -Vieni, la cena rischia di raffreddarsi- 
Condusse Jongdae al tavolo, spostandogli la sedia per farlo sedere, e notò divertito quando il ragazzo sembrasse sia lusingato sia a disagio. Afferrò il telecomando dello stereo, facendo partire un cd a caso, in modo che in sottofondo vi fosse una qualche colonna sonora, per poi fare un respiro profondo e dare inizio alla serata come più o meno l’aveva programmata. 
-Come antipasto abbiamo paté di olive, salsa di gamberetti, e crostini- elencò serio, scoperchiando il vassoio e porgendolo con un sorriso all’amico. 
-Sembra buono..-
-Oh, lo è!-
-Minseok..- balbettò Jongdae con una risatina nervosa. -Non capisco, perché tutto questo?-
-Non adesso- ribattè l’altro, troncandolo sul nascere e sedendosi a sua volta per consumare gli antipasti. Li mise nel piatto, iniziando a masticare con cura un crostino alle olive e lanciando di tanto in tanto occhiate a Jongdae, che lo imitava in maniera completamente imbarazzata. Infatti non aveva la minima idea di come comportarsi, di cosa dire, di cosa fare. Ma soprattutto di cosa pensare.
Perché Minseok ha fatto una cosa del genere? E se.. No,  impossibile. Non può aver ricordato, me lo avrebbe detto, lo avrei capito. Ma allora cos’è tutto questo?
-So che ti staranno venendo in mente tante cose, ma ora pensa a mangiare. Dopo.. Ti spiegherò il perché di tutto questo- affermò all’improvviso Minseok, affondando il cucchiaino nella salsa di gamberi, e lasciando che Jongdae continuasse a guardarlo con quell’espressione stralunata e sognante che lo stava mettendo vagamente in imbarazzo. Era troppo difficile reggere il suo sguardo, tanto che alla fine rinunciò e concentrò le sue attenzioni sui primi piatti, servendoli anche a Jongdae come un bravissimo cameriere. Il menù comprendeva “spaghetti alla Singapore”, tipici cinesi, e Minseok si riempì completamente il piatto in modo da affogare l’ansia crescente nel cibo. Ai primi seguirono i secondi, a base di carne e verdure, e la cena sembrò prendere una velocità inaudita, trascorrendo nel completo silenzio: Jongdae non osava parlare e di conseguenza nemmeno Minseok. Uno per non darsi illusioni, l’altro per cercare di non scoppiare in un pieno attacco isterico. 
Quando in tavola arrivò anche il dessert, una graziosa torta alla frutta, Minseok dovette iniziare a contare in silenzio pur di non mettersi a saltare per la stanza dal nervosismo. Non poteva trascinare la situazione ancora per molto: aveva tirato i dadi, ora doveva giocare. Affondò un’ultima volta il cucchiaino nella sua fetta di dolce, gustando la sensazione sulla lingua, per poi sistemare le posate ai lati del piatto e prendere un profondo respiro.
Avanti Minseok, non fare il codardo. 
-Ok, penso di poterti parlare adesso- iniziò a dire, tentennante, mentre le note di una canzone dall’aria malinconica riempivano l’aria. -So che tutto questo ti.. Sembrerà strano, ma ho avuto le mie ragioni per farlo. E queste ragioni sono due in particolare- continuò Minseok intrecciando le dita delle mani.
-Ti ascolto..- 
-La prima ragione sta nel volerti ringraziare per tutto quello che hai fatto per me in questo periodo. Mi sei stato accanto come nessun altro ha fatto, nonostante i miei ricordi di te fossero assenti. Mi hai aiutato a fare ogni piccola cosa, dal vestirmi, al fare la doccia. Senza di te.. Io non sarei qui ora. Fin dall’inizio mi hai dato la forza per continuare a resistere e a sperare che la mia vita potesse migliorare. E così è stato- 
Minseok si fermò per un attimo, prendendosi qualche secondo per osservare ala reazione di Jongdae a quelle prime parole. Il ragazzo sorrideva, con le lacrime che luccicavano ai bordi dei suoi occhi e minacciavano di scendere. Le asciugò con il tovagliolo, e scosse leggermente il capo.
-Non devi ringraziarmi per questo..in questo modo- sussurrò divertito.
-Come ti ho già detto, la riconoscenza nei tuoi confronti non è il solo motivo, Jongdae- riprese Minseok mordendosi il labbro inferiore. -Ti ho detto che se penso positivo è solo grazie alla forza che mi hai dato.. Ma non basta. La verità è che mi sento più felice nel sapere che, comunque vada, nel mio futuro ci sarai anche tu, che io mi ricordi di te o meno. Non è tutto-
Minseok pronunciava quelle parole con lo sguardo puntato sul piatto, mentre il cuore di Jongdae faceva una capriola, raggiungendo la gola. Le mani di quest’ultimo si chiusero attorno al tessuto della felpa, e per poco non le sentì doloranti da quanto stava stringendo. 
-Non è tutto?- chiese poi, perdendo l’uso completo della voce.
-No. Non è tutto. Ti ricordi quando, poco più di due settimane fa, ho avuto quel ricordo?- chiese Minseok alzando gli occhi verso Jongdae. Quello annuì. -Con quelle immagini, si sono risvegliate in me anche delle.. Chiamiamole ‘sensazioni’, che mi hanno lasciato interdetto e spaventato. Ho riportato a galla dei sentimenti che in quel momento mi hanno sconvolto. Nel ricordo.. Io ero agitato in tua presenza, il mio cuore batteva e.. mi sono sorte spontanee delle domande: cos’eri per me in passato? Eri importante? Tu sapevi di queste mie sensazioni? Le risposte che non riuscivo a darmi hanno cominciato ad uccidermi, fin quando mi sono reso conto che le sensazioni uscite dal ricordo continuavano ad essere presenti ogni giorno.. Quando ti parlavo, ti guardavo..- 
Minseok si fermò un attimo, mentre Jongdae aveva smesso completamente di respirare. Le parole dell’altro si erano conficcate direttamente nei suoi polmoni, bloccandogli l’aria in gola, rendendo pericolosamente traballanti le nuove lacrime all’interno dei suoi occhi spalancati. Minseok lo guardò con un mezzo sorriso, alzandosi dalla sedia e raggiungendolo dal lato del tavolo, non riuscendo a staccare il proprio sguardo da quello di Jongdae. Cadde in ginocchio, al suo fianco, e posò le mani su quelle dell’amico, abbandonate lungo le gambe. 
-Io.. Credo di essermi innamorato di te- disse Minseok secco, e le dita gli tremarono. -Non so quante volte sia già successo.. Ma mi sono reso conto che mi è bastato un mese perché accadesse e forse la verità è che io l’avevo sempre saputo. Solo che mi ci è voluto un fottuto ricordo per farmelo capire. Quindi.. Ecco: questo è il secondo motivo per cui ho organizzato tutto questo- concluse, e per un attimo si sentì sollevato.
Jongdae non osava parlare, o fare qualunque altra cosa. Gli occhi spalancati fissavano il volto di Minseok, senza quasi vederlo realmente, mentre le parole da lui pronunciate continuavano a rimbalzare nella sua testa come gigantesche palle da tennis. Il ragazzo lo fissava in attesa di una qualsiasi risposta, ma non aveva la minima forza per parlare. Riusciva solo a percepire il calore delle mani di Minseok sulle sue, la sua figura inginocchiata ai suoi piedi, lo sguardo colmo di aspettative. Jongdae non riusciva a credere all’intera situazione. Al suo fidanzato che si era innamorato di lui una seconda volta. Quel pensiero fece nascere un’altra ondata di lacrime, che sfociarono in enormi singhiozzi, troppo difficili da trattenere, e che lo portarono ad alzarsi e a inginocchiarsi a sua volta accanto a Minseok, sfiorando con le mani il volto del ragazzo. Quello lo fissava perplesso, quasi sorpreso, mentre Jongdae sorrideva fra le lacrime, troppo felice per potersi solo fermare un attimo. Forse la ruota della fortuna aveva deciso di girare un attimo dalla sua parte, forse poteva concedersi un po’ di felicità, dopo tanto tempo?
-Allora è vero, quello che dicono tutti..- sussurrò Jongdae con una risata. 
-Cosa dicono ‘tutti’?- balbettò Minseok aggrappandosi alle braccia dell’altro. 
-Che la vita può mettere in ballo tutti gli ostacoli che vuole, ma alla fine, in qualche modo, l’amore trionfa sempre. Sembra una dannata frase da scatola di cioccolatini, ma non c’è verità più certa di questa- 
E con quelle parole Jongdae rise di nuovo, mentre le lacrime continuavano a cadere lungo le guance ininterrottamente. Minseok sorrise, guardando il volto radioso dell’altro, e quasi pianse a sua volta. Jongdae sembrava un’altra persona in quel momento: gli occhi lucidi, le guance rosee, le labbra umide, felici, le mani tremanti. Era vivo. Ed era la visione più bella che Minseok potesse vedere. Per quel motivo non ci pensò due volte ad abbracciarlo, respirando il profumo dei suoi capelli, stringendolo fra le braccia come se non ci potesse essere un domani. Jongdae si aggrappò alla maglietta del compagno, singhiozzando ancora, e tremò sotto le mani che gli accarezzavano lentamente la schiena, come a volerlo calmare. Impresa impossibile.
-Ti prego, smetti di piangere adesso..- sussurrò Minseok, pizzicandogli un fianco, per poi staccarsi dall’altro e prendergli il volto fra le mani. -Sei più bello quando sorridi senza questi lacrimoni- continuò asciugandogli le guance con le dita. Jongdae annuì, ubbidendogli, e fregò la pelle con le maniche della felpa, mentre Minseok lo guardava con tenerezza. Studiò ogni angolo del suo volto: le sopracciglia, la delicatezza del naso, i ciuffi di capelli che gli accarezzavano le guance, la linea del mento, fino ad arrivare alle labbra dalla forma sensuale, talmente tanto invitanti che il ragazzo dovette imporsi con la forza di non saltagli addosso da un momento all’altro. Ora che Jongdae era davanti a lui, senza averlo respinto, non sapeva davvero come comportarsi, cosa fare, cosa dire. Ma Minseok non ci mise molto a notare che anche gli occhi di Jongdae erano puntati sulle sue labbra, e sembravano volerle assaggiare quasi con più intensità di quanto volesse lui. Per cui, quando all’improvviso Jongdae si avvicinò al suo volto, Minseok non ne rimase per niente sorpreso, anzi, allacciò le braccia dietro al collo del giovane, attendendo con ansia che quello si decidesse ad azzerare ogni tipo di distanza. 
Jongdae rimase qualche secondo fermo, sfiorando con il proprio naso quello di Minseok, in attesa che l’altro desse segni di rifiuto. Segni che non giunsero in alcuna forma, e che il giovane interpretò come un via libera. Da quanto tempo desiderava quel momento? Non lo ricordava nemmeno. Da quando Minseok era scomparso, da quando era tornato, forse da sempre. Jongdae sorrise, respirando per un attimo su quella bocca morbida, per poi chinarsi definitivamente sul ragazzo. Le labbra si catturarono l’un l’altra in un attimo, una frazione di secondo, senza lasciane nemmeno il tempo ai due giovani di prendere fiato. Le mani di Minseok si insinuarono fra i capelli di Jongdae, attirandolo a sé, mentre le dita dell’altro vagavano delicatamente sulla schiena del compagno. Minseok lasciò che il ragazzo aggredisse letteralmente la sua bocca, quasi come se di quelle labbra si fosse dovuto saziare: Jongdae ne aveva bisogno, voleva sentirle di nuovo vicine. Per quel motivo fece scivolare la lingua su di esse, assaporandone ancora il vago gusto della crema sulla torta, mentre Minseok gli lasciava libero accesso. Le lingue si aggrovigliarono in un gioco senza apparente fine, le mani vagavano libere sotto i tessuti delle magliette, gli occhi rimanevano chiusi per l’emozione.
Fu proprio in quel momento, mentre Jongdae si separava un attimo dal compagno per riprendere fiato, continuando ad accarezzargli la pelle, che Minseok avvertì un lancinante dolore alla testa..

Dita incandescenti sembravano sfiorare il mio corpo con delicatezza, quasi con timore, mentre il mio cuore batteva talmente tanto forte da sentirlo in gola. Percepivo le sue labbra, dannatamente calde, lasciarmi una scia di baci lungo il collo, facendo rabbrividire la mia schiena nuda. Il respiro venne meno, le guance arrossirono di colpo, quando le sue mani iniziarono a percorrere l’intera superficie della mia pelle, senza sosta, come se di quel contatto non potesse fare a meno. La verità era che io non potevo fare a meno di lui.
Chiusi le braccia intorno al suo collo, avvicinando il mio volto al suo e catturando quelle labbra sensuali, allacciando la mia lingua alla sua in un impeto di desiderio.
-Ti amo..- 
La voce che mi sussurrò quelle parole all’orecchio era melodiosa, meravigliosa come quegli occhi che mi guardavano con tenerezza e gioia. 
-Ti amo anche io, Jongdae-


Minseok tornò alla realtà con un’altra fitta alla testa, mentre il suo compagno lo teneva saldamente per le spalle in modo da non farlo cadere. Guardò per un attimo l’ambiente circostante, riconoscendo la sua stanza, e per qualche frazione di secondo gli mancò il respiro: quello.. era un altro ricordo? 
-Minseok.. Stai bene?- chiese Jongdae preoccupato, prendendo fra le mani il volto dell’altro. Quel contatto risvegliò in Minseok le emozioni della visione, che gli tornò in mente in tutta la sua intensità: ogni sensazione, ogni immagine..
-Ho.. Ricordato qualcosa- affermò il ragazzo, cercando di calmare il battito del suo cuore. 
-Cosa..?-
-Te e me. Sul letto- mormorò Minseok, analizzando il ricordo. Poi, le parole conclusive di quella visione di rimbalzarono in testa, facendogli quasi male.
“Ti amo”, “Ti amo anche io Jongdae”.
-Jongdae..- iniziò a dire Minseok alzando lo sguardo sul coinquilino. 
-Si..?-
-Io e te.. Stavamo per caso assieme?-
Jongdae strabuzzò gli occhi, mentre l’altro lo guardava in attesa di una risposta alla domanda, quella domanda che il giovane aveva sempre temuto che un giorno gli sarebbe stata rivolta. Il panico attanagliò completamente il suo stomaco, bloccandogli le parole in gola, mentre Minseok continuava ad aspettare tenendo le mani tremanti appoggiate sulle gambe. 





Sonomi's home:
MIHANEEEE ç___ç vi chiedo umilmente scusa per l'imperdonabile ritardo, ma le prime due settinane di quinta sono state devastanti. DEVASTANTI. Il tempo per scrivere mi è mancato, talmente studio çç a momenti non ho nemmeno tempo per respirare. Sono riuscita a scrivere il capitolo in qualche ora buca sbarsa qua e là, e finalmente riesco a pubblicare. 
Ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi seguono e scusatemi tutti ancora per il mega ritardo. 
-si inginocchia a terra(?)-
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. 
Grazie per seguirmi sempre e darmi la forza di continuare a scrivere <3
bacioni e al prossimo capitolo :3

 

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Capitolo 16
*** A terra ***


16.
A terra.


-Io e te.. Stavamo per caso assieme?-

La domanda era uscita dalla bocca di Minseok prima ancora che il ragazzo potesse fermarla, e non potè evitare di provare un senso di sconforto quando vide Jongdae irrigidirsi di colpo. La possibilità che il giovane avesse potuto tenergli nascosta una tale informazione faceva andare Minseok in pieno panico.
-Jongdae… tu mi ami?- balbettò alla fine, allontanando le mani del compagno dalle spalle e guardandolo con gli occhi lucidi di lacrime.
-Si..-
-Da quanto mi ami?- domandò Minseok pungente. -Dimmi la verità. Ti prego-
Jongdae sospirò, nascondendo il volto fra le dita tremanti, e avvertì la felicità di pochi minuti prima scivolare via dal suo corpo. Non poteva più scappare. In quei mesi aveva costruito talmente tante barriere intorno a sé da non riuscire quasi più a contarle; aveva rinchiuso il suo dolore in un angolino della mente, cercando di apparire forte e rassicurante; aveva anche pregato di non dover mai dire a Minseok la verità. Non gli rimaneva che sperare in una comprensione delle sue intenzioni. 
-Ti amo da molto più tempo di quanto tu possa ricordare- ammise alla fine. -Da prima che tu scomparissi. Da quanto sei arrivato in questa scuola con quella camicia blu notte e i jeans scuri. Ed io ero felicemente ricambiato-
Quelle parole attraversarono la mente di Minseok come frecce appuntite, piantandosi dolorosamente nella sua coscienza. La frase sembrò mettere a loro posto tutti i tasselli che andavano a comporre la figura di Jongdae: i letti uniti, il suo affetto, la sua dedizione, l’eccessiva preoccupazione. Stavano insieme. Per davvero. Da più tempo di quanto pensasse.
-Perché non mi hai detto la verità? Chi ti ha dato il diritto di decidere di tenermi nascosta una parte della mia vita così importante?- domandò Minseok con un nodo alla gola, mentre lo sguardo di Jongdae si faceva piano piano più cupo.
-So di non averne avuto alcun diritto..- iniziò a dire, serio, mentre l’altro lo guardava ferito. -Ma credi che per me sia stato facile? Quando sei scomparso ho passato i mesi peggiori della mia esistenza e la felicità di saperti sano e salvo mi è stata immediatamente portata via dalla tua perdita di memoria!- continuò poi alzandosi in piedi e il suo tono aumentò involontariamente di un’ottava, mentre calde lacrime iniziavano a percorrere il suo volto. 
-Che senso avrebbe avuto dirtelo..? Tu non mi avresti di certo amato di nuovo e di sicuro sapere di aver rimosso il proprio fidanzato sarebbe stato un duro colpo per te..- spiegò Jongdae ingoiando l’aria. -Avremmo sofferto entrambi senza motivo..-
-Senza motivo?!- esclamò Minseok con rabbia. -Dannazione Jongdae! Non avevi nemmeno preso in considerazione l’idea che in un futuro io potessi ricordare?!- 
-Il dottore aveva chiaramente spiegato che non vi era nessuna certezza. Non pensavo nemmeno lontanamente che tu potessi recuperare dei ricordi..- sussurrò il ragazzo abbandonandosi all’ennesimo sospiro. -Io ho sbagliato, me ne rendo conto. Ma vorrei che anche tu cercassi di capire come mi devo essere sentito io, Minseok- 
L’accusato rimase per qualche secondo in silenzio, osservando il compagno con sguardo penetrante. Non sapeva cosa pensare. Si sentiva ferito, ‘truffato’, derubato di una parte importante della sua vita, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di comprendere in qualche modo le intenzioni di Jongdae. Sapeva che non vi era nessuna cattiva intenzione dietro, così come sapeva che gli occhi che lo stavano perforando erano colmi di quello che chiamava ‘amore’. Non poteva arrabbiarsi con Jongdae.. Non ne aveva motivo. Per quella ragione lasciò che la rabbia e il nervosismo lo abbandonassero del tutto, facendosi trasportare da un’improvvisa ondata di tenerezza. 
-Va bene..- mormorò alla fine, con un piccolo sorriso. -Chiudiamo il discorso qui. Ti credo. Non parliamone più- 
Con quelle parole si avvicinò lentamente a Jongdae, prendendogli il volto fra le mani. Le sue guance erano ancora umide, tanto che la pelle delle dita sembrava quasi fare attrito con quella del ragazzo. Ma al contempo era di un caldo rosato, indice di imbarazzo, e a quel particolare Minseok non potè far altro che sorridere maggiormente. Jongdae era davvero qualcosa di incredibile: talmente tanto forte d’animo da esser capace di sorreggere centinaia di persone, ma al contempo così debole da provocare istinti di protezione in chiunque gli fosse accanto. 
-Non.. Parlarne più?- balbettò quest’ultimo titubante, sconcertato dal cambio d’umore di Minseok, mentre quello annuiva convinto. 
-Si, non parliamone più. Fine, adios- rise stritolando le guance di Jongdae fra le dita e scuotendole leggermente. -Ora abbiamo ben altro di cui preoccuparci- 
-E cosa di preciso?-
-Recuperare tutto il tempo perso, ad esempio- mormorò Minseok con un sorrisetto, sfregando il proprio naso contro quello di Jongdae. -A cominciare da questo..- continuò poi lambendo immediatamente le labbra del compagno prima che potesse dire qualcosa. Le dita scivolarono lentamente dal volto fino alla base del collo, stringendo delicatamente qualche ciuffo di capelli, mentre le mani di Jongdae cadevano lentamente lungo la schiena di Minseok, fermandosi sui fianchi. Quest’ultimo rabbrividì quando la lingua dell’altro si fece prepotentemente spazio all’interno della sua bocca, aggrovigliandola alla sua, mentre le dita di Jongdae dalla schiena risalivano lentamente fino al volto del giovane, lasciandoci sopra una dolce carezza. 
-Amo questo modo di recuperare il tempo..- scherzò Jongdae con una risata smorzata dalla mancanza di fiato, mentre Minseok gli si faceva ancora più vicino, allacciando le braccia intorno alla sua schiena. Pochi secondi dopo le labbra erano di nuovo unite, le mani di nuovo vaganti, le gambe di nuovo instabili sotto quella moltitudine di emozioni. Caddero di peso sul letto, senza nemmeno ricordarsi precisamente di come ci fossero arrivati, e Minseok quasi si sentì male non appena avvertì la bocca di Jongdae scivolare mostruosamente lenta lungo la linea sinuosa del suo collo. Il ricordo avuto pochi minuti prima riempì nuovamente la coscienza di Minseok, mischiando le emozioni di allora con quelle del presente: il risultato fu un cocktail di eccitazione e paura, dolcezza e tremore, e il ragazzo rimase pietrificato dalla loro intensità. Trattenne il respiro quando le dita di Jongdae si chiusero alla base della sua felpa, tirandogliela via di dosso, e quasi svenne quando le mani dell’altro presero a vagare lungo il suo torace, fino a risalire poi lungo la schiena. Le labbra si incontrarono ancora, lentamente, in un bacio calmo e sensuale, tanto delicato quanto sconvolgente. 
-La crema pasticcera sulla torta si scioglierà..- sussurrò Minseok non appena Jongdae si separò dalle sue labbra, strappando una risatina al ragazzo. 
-Fra le mani ho qualcosa di molto più dolce della crema pasticcera..- ribattè malizioso quello, facendolo arrossire di colpo, mentre lo sguardo di Jongdae sembrava per un attimo in grado di ucciderlo con la sua intensità. Quegli occhi scuri lo guardarono in silenzio, colmi di dolcezza e, Minseok lo notò con un certo imbarazzo, anche di desidero. Ma erano indubbiamente la cosa più bella che avesse mai visto. 
-Mi sei mancato..- continuò Jongdae e l’altro ebbe la sensazione di sciogliersi come cera al sole. 
-Vorrei poterti dire anche io “mi sei mancato”.. - sussurrò Minseok, leggermente a disagio. 
-Un “ti amo” mi basta e avanza- affermò il compagno con un sorriso, per poi chinarsi per l’ennesima volta sul volto del ragazzo. 
Fu in quel momento particolarmente intimo che Luhan entrò nella camera dei due giovani facendo sbattere la porta sul muro, guardandoli con espressione terrorizzata, come se la scena davanti ai suoi occhi non l’avesse minimamente scalfito. Ma non era solo quello: la sua pelle sembrava sudaticcia, pallidissima, come se da un momento all’altro potesse sbattere in terra; il respiro sembrava venirgli meno. 
-Luhan, che stai facendo?!- esclamò Jongdae arrabbiato, alzandosi dal letto con un gesto secco e sistemandosi la maglietta alla bene e meglio. Minseok afferrò la sua felpa velocemente, infilandosela di corsa e con la malsana voglia di sparire in un buco nel pavimento. 
-Scusatemi.. Ma.. Non so.. Io..-
-Luhan..?-
-Sehun si è sentito male... Siete la camera più vicina.. Aiutatelo..- mormorò il biondo appoggiandosi alla scrivania con una mano. 
-Sta male..? E tu?! Luhan sei cadaverico..- affermò Minseok affiancando l’amico.
-Io.. Non..-
E a quel punto svenne.


Un’ora prima.

Silenzio. Sehun aveva sempre amato la sera per la pace che era in grado di donare. Quella pace che durante la giornata era solo un lontano miraggio fra la confusione del commissariato, della scuola, o semplicemente della sua testa. Adorava il modo in cui la luna prendeva il posto del sole, con la sua luce biancastra, fredda e malinconica; adorava l’assopirsi di ogni suono, lasciando spazio solo al fruscio del vento fra i rami ormai quasi spogli del giardino.
Lì, sul terrazzo, Sehun osservava quella luna oramai quasi piena salutarlo dal cielo, osservandone le imperfezioni della superficie ad occhio nudo. Gli sarebbe davvero piaciuto poterci andare, in futuro, proprio come gli astronauti. Indossare quella strana tuta ingombrante e volare nello spazio, al di fuori della gravità. 
-Il diligente e serioso poliziotto Sehun beccato a guardare sognante la luna. Questo è uno scoop con i fiocchi- 
Sehun sorrise quando la voce di Luhan lo raggiunse dal fondo del terrazzo, ma non si voltò, aspettando che il ragazzo gli arrivasse accanto. 
-E qui abbiamo il ficcanaso Luhan, una specie più unica che rara-
-Ehi, andiamoci piano con gli insulti!-
Sehun ridacchiò, lanciando un’occhiata di sbieco all’amico. Luhan se ne stava lì affianco, in una tuta grigio chiaro, le mani in tasta e le guance gonfiate. La sua espressione assomigliava a quella di un criceto intento a mangiare semi di girasole, o almeno così l’avrebbe definita Sehun. Una tenerezza disarmante. Come poteva quel ragazzo avere ben quattro anni in più di lui? Poteva passare per suo fratello minore. 
-Allora agente, mi dica come mai è qui solo soletto nella fredda aria notturna- scherzò Luhan appoggiandosi alla ringhiera del balcone. 
-Volevo stare un po’ nel silenzio.. Ma è arrivato qualcuno a disturbare la mia quiete-
-Ehi! Posso sempre andarmene se la mia presenza non è gradita- bofonchiò il più grande imbronciando le labbra, e Sehun rise.
-Puoi restare- affermò sedendosi sulle mattonelle fredde del terrazzo. -Avanti, accomodati. Guarda la luna con me- 
Luhan scivolò accanto al ragazzo, un po’ sorpreso, ma accettò di buon grado l’invito. Gli piaceva stare con Sehun, forse anche troppo, e si era reso conto che la sensazione misteriosa che il giovane gli aveva fatto provare al suo arrivo stava pian piano svanendo. Il più piccolo non era più un ‘problema’ per lui, ma una persona veramente interessante. 
-Sai Luhan.. Credo che tu avessi ragione il giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta- affermò Sehun dopo svariati minuti di silenzio, mentre il vento faceva muovere leggermente la sua chioma castana.
-Riguardo a cosa?-
-Quando hai sostenuto di conoscermi- 
Luhan strabuzzò gli occhi e una strana sensazione di panico attanagliò il suo stomaco. Fece una risatina smorzata, per poi grattarsi la nuca a disagio.
-Non so come, ma passando del tempo con te anche io ho avuto la sensazione di averti già incontrato prima- continuò Sehun senza smettere di guardare il cielo. -Potrebbe essere davvero così. Solo che non riesco proprio a ricordare la circostanza- 
-Nemmeno io ad essere sincero- balbettò l’altro osservando il profilo del giovane. Sul suo volto si riflettevano i tenui raggi della luna, deboli, pallidi, rendendo la pelle ancora più chiara di quanto non fosse. 
-Che cosa bizzarra..- sussurrò Sehun con un mezzo sorriso, chiudendo gli occhi e impedendosi così la vista delle stelle. Fece un profondo respiro, avvertendo anche il profumo dolce di Luhan solleticargli il naso. L’aria sembrava umidiccia, gli pungeva le narici e gli faceva venir voglia di starnutire, come se all’improvviso fosse stata piena di polvere. Tossì di getto, come a voler eliminare quella sensazione, ma sembrava peggiorare invece che diminuire. Aprì di nuovo gli occhi, rispecchiandoli nei tre quarti di luna visibili, e si portò una mano sulla bocca, tossendo di nuovo.
-Ti è andata di traverso la saliva?- scherzò Luhan, dandogli una pacca sulla schiena, ma Sehun si limitò a scuotere la testa. Faceva fatica a respirare. L’aria gli entrava nei polmoni, facendoli contrarre, come se davvero la polvere captata prima ci fosse davvero e il corpo tentasse in tutti i modi di gettarla fuori. Si inginocchiò, cercando di calmarsi, e per un attimo sembrò quasi riuscirci. Tre secondi dopo un nuovo attacco di tosse lo fece quasi sbilanciare. 
-Vado a chiamare qualcuno, cerca di respirare!- esclamò Luhan, totalmente spaventato, ed entrò all’interno della camera di Sehun, vuota, gettandosi in corridoio. Dov’era Kyungsoo quando serviva!? La stanza più vicina era la 27. Si diresse a passo spedito sulla moquette scura, quasi correndo, quando ad un tratto la vista gli vacillò a tal punto da costringerlo ad appoggiarsi alla parete. Guardò il fondo del corridoio sdoppiarsi, ritornare uno e sdoppiarsi di nuovo, ed ebbe un moto di panico. Doveva raggiungere la camera di Jongdae e Minseok.. In fretta. 
Riprese a camminare senza staccarsi dal muro, usandolo come sostegno, fino a quando la porta chiara non spuntò sotto i suoi occhi. Non si prese nemmeno la briga di bussare. Si catapultò all’interno, ritrovando i due amici in un momento alquanto compromettente, ma l’imbarazzo che normalmente avrebbe provato venne cancellato da una forte paura, nausea e una sensazione di completo panico. 
-Luhan, che stai facendo?!- gli urlò contro Jongdae scivolando fuori dal letto, guardandolo quasi con rabbia. 
-Scusatemi.. Ma.. Non so.. Io..- balbettò, rendendosi conto che riusciva a stento a parlare. Cosa diamine gli stava capitando? Ingoiò l’aria, cercando di farsi forza. Stava sudando, ma sentiva il corpo fremere dal freddo.
-Luhan..?- 
-Sehun si è sentito male... Siete la camera più vicina.. Aiutatelo..- mormorò il biondo, cercando l’appoggio della scrivania per non cadere in terra. 
-Sta male..? E tu?! Luhan sei cadaverico..- affermò Minseok, e il ragazzo lo guardò venire nella sua direzione, come a volerlo aiutare. Il volto dell’amico di sdoppiò come aveva fatto il corridoio, diventando sbiadito, quasi evanescente. 
-Io.. Non..-
A quel punto la vista scomparve totalmente, assieme al resto dei sensi, e Luhan cadde a terra, svenuto, mentre a poche camere di distanza Sehun lo imitava. 
Di certo Jongdae e Minseok non immaginavano che, nel corridoio adiacente, anche qualcun’altro aveva bisogno d’aiuto. 


Nello stesso momento, Seoul. 

Quella mattina aveva deciso di seguirlo, ed era proprio quello che Chanyeol stava facendo. Baekhyun era uscito di casa verso le sette del mattino, con una sciarpa avvolta intorno al collo come a voler nascondere parte del viso. Un berretto scuro era calato fin sopra le orecchie, accentuando il mascheramento. Chanyeol lo aveva seguito fino alla metro, prendendo il suo stesso treno a una distanza di sicurezza, ed era sceso ad una fermata un po’ in periferia, incamminandosi dietro al fidanzato con un distacco di una decina di metri. C’era abbastanza gente per le strade, la folla lo avrebbe nascosto per bene. Lo aveva tenuto d’occhio per tutto il giorno, analizzando ogni suo movimento.
E in quel momento, alle 21:08 precise, mentre Baekhyun si infilava in un edificio dall’aria malandata, Chanyeol si sentì completamente cretino. Stava pedinando il suo ragazzo, la persona per lui più importante. Eppure non poteva negare che veder entrare il fidanzato in quel palazzo decrepito non aveva fatto altro che aumentare in lui quella strana sensazione di ansia che lo coglieva da mesi. Rimase a riflettere per qualche minuto sui messaggi letti quella notte, riportando a galla il nome di quel Zitao e il proprio. In qualche modo, qualunque cosa Baekhyun stesse facendo, riguardava anche lui. Quel pensiero lo fece sentire in po’ meno in colpa, e un po’ più sospettoso nei confronti di Baekhyun, ma non ebbe il tempo di cambiare ancora idea che il ragazzo uscì dall’edificio assieme ad plico di fogli, racchiusi dentro delle cartelline color verde chiaro, e circa cinque uomini in giacca e cravatta. 
Chanyeol spalancò gli occhi sorpreso, facendo qualche passetto avanti, e si nascose per un attimo dietro ad un cartello pubblicitario dall’aria malandata, osservando con attenzione Baekhyun salire su una lussuosa auto nera. I cinque uomini fecero altrettanto, sparendo all’interno dell’abitacolo, e la macchina partì a tutta velocità nella direzione opposta a quella di Chanyeol, portandosi via il suo Baekhyun. Per un attimo, il giovane si sentì perso. Guardò il suo respiro condensarsi nell’aria fredda, e gli occhi presero a bruciarli all’improvviso. Si sentiva deluso, sconfortato. Perché Baekhyun era salito su quell’auto, dove stava andando? quei tizi chi erano? E quelli che aveva fra le mani erano.. Fascicoli? 
-Park Chanyeol..- 
Una voce femminile alle sue spalle lo fece sobbalzare e il ragazzo si voltò di getto, andando ad incontrare la figura snella di una bellissima donna. Era circondata da due uomini pressoché identici a quelli che avevano affiancato Baekhyun, con la sola differenza che questi sembravano più.. Giganti. 
-Chi è lei, scusi?- domandò Chanyeol con un mezzo sorriso, cercando di essere cordiale, ma l’espressione negli occhi di quella signora sembrava volerlo gelare sul posto. 
-Questa zona non è raccomandabile per ragazzi della tua età, a quest’ora della sera. Potrebbero accaderti brutte cose- rispose quella, inclinando leggermente il capo. 
-Non me ne preoccupo..- 
La donna fece un sorrisetto freddo, più simile ad un ghigno, e si portò l’indice al labbro. 
-Dovresti, invece. Sai.. Se c’è un genere di persone che io detesto.. Beh, sono proprio i ficcanaso- commentò poi, cancellando quella mezza smorfia dal volto. -I ficcanaso che seguono i miei aiutanti andando a cadere in una rete troppo grossa per loro..-
A quelle parole Chanyeol si sentì quasi svenire. I muscoli divennero rigidi, il fiato sembrò azzerarsi, e il battito cardiaco sembrava esplodere nel petto. 
-Mi dispiace, ma devo farlo- aggiunse la donna scuotendo leggermente il capo. -Baekhyun non ne sarà contento..-
-Cosa..?-
-Prendetelo- 







Sonomi's Home:
CI SONO GENTE. 
-prende i ponpon e festeggia-
Che dire, mi vergogno per il GIGANTESCO ritardo, ma davvero, il tempo per scrivere si è ridotto moltissimo e penso che da ora in poi vi sarà un capitolo ogni due settimane circa.. :( in caso dovessi riuscire prima, ovviamente aggiornerò. Comunque continuerò a pubblicare, non ho intenzione di abbandonare questa storia ora che si entra nel vivo ;)
Spero che il capitolo 16 sia stato di vostro gradimento, è abbastanza un capitolo di svolta e ci ho messo qualcosa come una settimana a scriverlo o.O 
Ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi seguono e commentano, mi rendete la persona più felice del mondo :') grazie di cuore <3 spero di essere riuscita a soddisfare le vostre aspettative con questo scritto :)
Ora mi dileguo, vado a studiare ç___ç
-dannata quinta sodfsicbfdi-
Ci vediamo al capitolo 17! <3 

 

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Capitolo 17
*** Verità dolorose ***


Sonomi's home: gente, Buon Natale! *O* Sono le 2.23 del 25 e io sono qui ad aggiornare con un mese e mezzo di ritardo. Sono da uccidere, fustigare, picchiare (?) vi chiedo umilmente perdono ç___ç tralasciando questo.. non so come ringraziarvi. Nonostante il mese di assenza la ff è sempre più seguita, sempre più recensioni e sempre più visualizzazioni. Non so davvero cosa dire se non GRAZIE <3 
Non sto a dilungarmi tanto, il sonno mi reclama. (?) Vi amo immenzamente. (?)
Buon Natale <3 
E buona lettura :33



 

Capitolo 17
Verità dolorose.


Jongdae aveva iniziato a sviluppare una sorta di odio profondo verso gli ospedali. Il colore verde chiaro delle pareti, molto smorto e deprimente, mischiato al nauseante odore di detersivo e disinfettante. Odio per le infermiere che regalavano sorrisi inutilmente, odio per i medici sempre di fretta. Odio per ogni porta, ascensore, e chissà cos’altro. Odio, anche, per quelle stupide sale d’attesa, dove era seduto proprio in quel momento. Vicino a lui Yixing e Joonmyun fissavano il vuoto con sguardo inespressivo, mentre Kyungsoo sembrava a stento trattenere le lacrime. Yifan era una statua di cera, mentre Jongdae era semplicemente sconvolto anche solo per poter dire una parola. Aveva ancora davanti agli occhi le barelle con i corpi svenuti di Sehun, Luhan, Jongin e Zitao, caricate di fretta sull’ambulanza; il suono della sirena, assordante; Minseok che seguiva la stessa sorte dei suoi amici, svenendo dieci minuti dopo. A quella scena il cuore di Jongdae si strinse e le lacrime arrivarono a pungergli gli occhi. La situazione stava diventando surreale. 
-Io non capisco..- la voce di Joonmyun gli arrivò debole all’orecchio, ma si voltò comunque a guardarlo. 
-Mm?-
-Cosa li avrà condotti a svenire assieme..? Ci sarà stato qualcosa nella cena?-
-Se ci fosse stato qualcosa nel cibo l’intera scuola sarebbe qui- proruppe Yixing appoggiando la nuca al muro. -Forse un tipo di influenza?-
-Non ha senso!- borbottò Kyungsoo, pronto ad aggiungere un’altra affermazione, ma i suoi propositi vennero immediatamente bloccati dal medico di turno. Il dottor Chung era un uomo sulla quarantina, dall’aria simpatica, ma in quel momento il suo volto sembrava notevolmente perplesso. Entrò nella sala d’attesa con le sopracciglia inarcate, la fronte contratta e una cartellina fra le mani, dando una veloce occhiata a tutti i ragazzi appostati nella stanza. 
-Devo ammettere che i risultati delle analisi mi lasciano vagamente pensieroso- ammise dopo qualche secondo, e si grattò il capo quasi si sentisse a disagio.
-Cosa intende dottore?- balbettò Kyungsoo.
-Alcuni valori sono completamente nella norma: colesterolo, trigliceridi, glicemia, sideremia.. Questi sono perfetti. Ma in tutti ho notato un’alterazione dei globuli rossi e altri valori che di norma noi non guardiamo nemmeno. E’ strano.. È la prima volta che mi capita una cosa del genere in più persone contemporaneamente. Avere dei valori fuori posto ogni tanto non è strano, ma che mi si presentino cinque casi allo stesso tempo.. È pazzesco- continuò l’uomo controllando ancora una volta i dati. 
-Ma.. Per loro è pericoloso?- chiese Jongdae, mentre il panico cominciava ad attanagliarli lo stomaco. Ormai non ci faceva quasi più caso.
-Pericoloso è una parolona.. Ma per sicurezza direi sia il caso di tenerli in osservazione un paio di giorni. Se si fossero semplicemente sentiti male li avrei rimandati a casa, ma con uno svenimento è meglio non rischiare- 
I giovani continuarono a discutere con il medico mentre Yifan si allontanava dal gruppetto, puntando gli occhi oltre la finestra della sala d’attesa. Il vento soffiava forte, filtrando attraverso i rami del robusto albero lì davanti, illuminato vagamente dalla tenue luce della luna. Quella spiccava in cielo, ormai quasi piena, e il ragazzo si perse a guardarla, incantato dal suo biancore. Quanto sarebbe continuata questa storia? Per quanto tempo avrebbe dovuto ancora guardare annunci di sparizioni sui giornali? Per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a mantenere il segreto? Yifan questo non lo sapeva. All’improvviso ebbe una voglia matta di parlare con Byun Baekhyun.

Seoul, ore 05:40

Chanyeol aprì gli occhi lentamente, andando a incontrare la pietra scura. Una gocciolina d’acqua, dovuta alla condensa, tremolò leggermente sulla superficie del soffitto, per poi cadere sulla sua fronte già bagnata dal sudore. Aveva freddo. Ogni muscolo sembrava urlare pietà al di sotto della pelle, ogni osso doleva ad ogni vano tentativo di movimento. Probabilmente era legato. Riusciva ad avvertire lo sfregare dei lacci intorno ai polsi, così come la base dura su cui era steso. A giudicare dalla temperatura sembrava metallo completamente gelido. 
I ricordi erano confusi, quasi sbiaditi. Chanyeol vedeva delle facce, profili simili a fumo, si disfacevano come mossi dal vento. C’era una donna? Forse, ma non poteva esserne certo. Qualche uomo in divisa scura.. Probabile. Ma c’era dell’altro, qualcosa di più importante, qualcosa che il dolore sembrava voler celare. 
-Il ragazzo è qui dentro?- 
Voci fuori dalla sua porta. Era un tono maschile, duro, e a Chanyeol ricordò molto quello di suo nonno ogni volta che lo sgridava per qualche marachella. 
-Si signore. Abbiamo già provveduto- 
Una seconda voce, più sottile, anche un po’ timorosa. Sembrava in soggezione.
-E’ stanotte.. Funzionerà in tempo?-
-Credo di si signore.. Non dovrebbero esserci problemi- 
Chanyeol trattenne il respiro per qualche secondo, tanto che i polmoni iniziarono a fargli male. Gettò l’aria con uno sbuffo, non sopportando altro dolore. Il suo corpo era già abbastanza in uno stato pietoso.
-Kang.. Baekhyun sa che il ragazzo è qui dentro?-
Baekhyun.
Baekhyun.
I tasselli del puzzle ruotarono assieme di colpo, andando a ricomporre completamente il quadro: aveva seguito il suo fidanzato, l’aveva visto salire su un’auto assieme a degli uomini in divisa nera, una donna lo aveva avvicinato e poi.. rapito? 
-Io non credo.. Sarebbe un problema se..-
Altri passi nel corridoio bloccarono la frase pronunciata dalla “voce sottile”, e Chanyeol avvertì uno strano senso di nausea: stava per succedere qualcosa al di là di quella porta, e non solo. Aveva la sensazione che qualcosa sarebbe accaduto anche a lui. 
-Cosa dovrei sapere?- 
Una terza voce si aggiunse alle altre due, e quella Chanyeol l’avrebbe riconosciuta anche in mezzo a una tempesta, in un centro commerciale affollato, ovunque. Tremò come non aveva mai fatto e la nausea sembrò aumentare fino a diventare improponibile. 
-Di quale ragazzo state parlando?- 
La voce di Baekhyun aveva tentennato leggermente, Chanyeol se ne era accorto. In quel momento avrebbe voluto avere la forza di strappare i lacci ai polsi, ma anche se ci fosse riuscito di certo la nausea e i dolori gli avrebbero impedito di stare in piedi. Nessuno rispose al suo fidanzato: il silenzio che si era creato al di là della porta sembrava fatto di piombo, pesante come un macigno e Chanyeol ne ebbe quasi paura. 
-Di chi state parlando?!- 
Questa volta Baekhyun ringhiò quasi e il “prigioniero” avvertì un forte colpo rimbombare per tutta la stanza. Il suo ‘batuffolo’ doveva in qualche modo essere riuscito a sbattere contro la porta uno dei due uomini. 
-Le regole sono regole Byun. Ti avevamo avvisato- affermò la “voce sottile” e quasi si potè sentire Baekhyun trattenere il respiro e sussurrare: 
-Chanyeol..-
Il suo tono sembrava incredulo, ma il ragazzo tirato in ballo stava morendo dentro. Voleva vedere il fidanzato in faccia, capire cosa ci facessero lì entrambi, cosa fosse tutta quella storia. Voleva tornare a casa, guardare uno di quei stupidi film che gli piacevano tanto ma che Baekhyun odiava; voleva infilarsi sotto le coperte assieme a lui e vederlo addormentarsi con quel solito broncio adorabile. Eppure aveva la sensazione che tutti quei momenti non ci sarebbero più stati.
-Mi dispiace Baekhyun.. Non potevamo fare altrimenti- mormorò la “voce dura” e sembrò quasi dispiaciuta. 
-Papà come hai potuto..-
Baekhyun stava piangendo, Chanyeol lo sentiva, e il suo cuore si stava frantumando in mille pezzi. 
-Fammi entrare..-
-Non credo sia il caso…-
-FAMMI ENTRARE!-
Questa volta Baekhyun aveva urlato e Chanyeol cercò di ricordare una volta in cui l’avesse visto arrabbiato come in quel momento. Non aveva nessun ricordo di una simile circostanza. La serratura della porta scattò in fretta e l’uscio si spalancò, portandosi dietro la luce del corridoio. Chanyeol chiuse gli occhi, accecato, per poi cercare di abituarli socchiudendo le palpebre. Tre figure entrarono nella stanza: a sinistra video un uomo sulla sessantina, vestito in maniera elegante, l’espressione gelida e allo stesso tempo ansiosa; sulla destra vi era un altro uomo, dai capelli brizzolati e dai vestiti decisamente più semplici; e poi al centro c’era lui, Baekhyun. Chanyeol lo guardò tremare davanti al suo corpo legato, le lacrime che scendevano lungo la pelle pallidissima del volto; le mani gli tremavano, anzi, ogni suo muscolo sembrava tremare mentre cercava quasi spaventato di avvicinarsi. 
-Baekhyun..- 
Chanyeol riuscì a sussurrare quel nome, e il ragazzo in questione si bloccò di colpo, continuando a piangere con più intensità di prima.
-Vedo che si è svegliato, signor Park- proferì la “voce dura”, ovvero il signor Byun, accostandosi al figlio. Visti così si somigliavano molto. -Come si sente?-
Chanyeol non rispose e si limitò a fissare il fidanzato negli occhi umidi dal pianto, nei quali lesse cose che non avrebbe mai voluto vedere: paura, dispiacere, ancora paura. Il ragazzo si allontanò da suo padre, avvicinandosi al compagno, sfiorandone la fronte con dita tremanti. Era gelido, talmente tanto da sembrare in stato ipotermico. 
-Cosa succede..?- mormorò il prigioniero, e Baekhyun distolse lo sguardo. Cosa avrebbe dovuto digli adesso? La verità?
-Signor Park, penso di poterle dare io una risposta esaustiva- proruppe Byun accostandosi a loro con un sorriso. -Lei è appena entrato a far parte di un grandissimo progetto che seguiamo con dedizione da anni. Diciamo che a causa della sua..uhm.. Spropositata curiosità, siamo stati costretti a farla entrare nei nostri piani, quando in realtà potevamo fare benissimo a meno di lei. Ma sa, se si scoprono cose che non si dovrebbero sapere.. Occorre fare in modo che tali persone stiano zitte- iniziò a spiegare l’uomo, mentre Chanyeol cercava di assimilare quelle informazioni. -
-Cosa mi avete fatto..?-
-Oh, nulla di particolare. Vede la flebo qui vicino? Stanotte le abbiamo iniettato una sostanza particolare i cui effetti, se siamo arrivati alla giusta formulazione, li vedrà questa notte. Sono anni, come le dicevo prima, che tentiamo di trovare la giusta formula ma solo adesso pensiamo di esserci effettivamente riusciti. Molti ragazzi prima di lei sono stati scelti per questo test.. Alcuni purtroppo non ce l’hanno fatta..- e la voce di Byun andò a scemare, come se la cosa lo toccasse realmente nel profondo.
-Abbiamo selezionato quasi tutte le possibili cavie con cura, mandando poi i nostri “uomini speciali” a.. catturarli? È abbastanza triste usare questo termine- ammise l’uomo scuotendo il capo. -Mio figlio Baekhyun è uno di quelli. Veramente bravo nel suo lavoro devo dire, è stato in grado di portarmi qui persone che potevano essere ossi davvero duri sai? Certo.. Questo ovviamente gli è costato parecchio: ha dovuto mentirti, dirti di lavorare per un veterinario quando in realtà è sempre stato al nostro servizio. Io e mie soci apprezziamo davvero la sua dedizione. Ammetto che la tua entrata in scena ha diminuito il suo rendimento, ma l’amore è l’amore, cosa possiamo farci!- e a quelle parole il signor Byun rise, ma la sua risata non aveva niente di divertente. Baekhyun sembrava congelato sul posto, inerme, e fissava Chanyeol negli occhi, come a volerne vedere ogni reazione. 
E il suddetto ragazzo si sentiva confuso. Baekhyun gli aveva sempre mentito. Lo avevano usato come espediente per farlo scattare ad ogni chiamata, ecco il perché di quei messaggi sul cellulare. Ed erano anni che il suo fidanzato rapiva ragazzi per conto di suo padre.. Ad un tratto il suo cuore si fermò e una strana sensazione iniziò a ucciderlo. Erano anni.. Probabilmente fin da quando si erano incontrati per la prima volta, in quel giorno di sole assieme al suo miglior amico Seunghyun..
-Tu..- sussurrò Chanyeol, mentre altre lacrime cominciavano a rigargli il volto. -Sei stato tu!-
-Chanyeol..- iniziò a dire Baekhyun, ma l’altro lo interruppe.
-Sei stato tu.. Seunghyun.. La sua scomparsa..- balbettò il prigioniero, mentre il cuore gli faceva sempre più male. Ora tutto aveva un senso. -Ecco perché ti sei avvicinato a me.. Solo per lui!-
-Non è andata così, io..-
-Bugiardo!- urlò Chanyeol e il fidanzato scattò indietro, spaventato. -Mi hai solo usato..-
-All’inizio poteva anche essere così.. Ma se siamo stati insieme tutti questi anni ci sarà un perché! Io ti amo..- balbettò Baekhyun. -Per me è stato difficilissimo.. Mi sei piaciuto quasi subito, con quel sorriso idiota e la voce profonda.. Portare a termine l’incarico è stato quasi impossibile. I sensi di colpa mi uccidono ancora adesso..-
Chanyeol rise, ironico, per poi piantare gli occhi in quelli di Baekhyun.
-Tu hai ucciso il migliore amico, Byun. A quanto pare la ‘formula’ non era ancora così perfetta eh?- sputò poi, disgustato, voltando il capo dalla parte opposta.
-Chanyeol ascoltami ti prego..-
-Vattene- 
Baekhyun rimase per un attimo congelato sul posto, le gambe bloccate, il cuore distrutto. Quel momento era arrivato, doveva immaginare che sarebbe successo prima o poi. Doveva immaginare che sarebbe stato così devastante. Non trattenne le lacrime mentre voltava le spalle a Chanyeol e si dirigeva fuori dalla stanza assieme a suo padre  al dottor Kang, tanto nulla aveva più senso. La sua vita non aveva più senso. Era proprio come aveva immaginato: ora non c’era più niente in cui credere. La porta della stanza venne sbattuta, e fra lui e Chanyeol venne issata un’altra barriera.
-Mi dispiace, caro- affermò il signor Byun posandogli una mano sulla spalla. 
-Cazzate- sibilò il ragazzo, allontanandosi. -Non vedevi l’ora, dillo..- continuò poi, con cattiveria. -Sai cosa ti dico, papà? Finisce qui- 
-Baekhyun..-
-No. Adesso basta. Continua il tuo stupido gioco da solo. Io ho chiuso- 
-Non puoi! Pensi di potertene lavare le mani così facilmente?!-
Baekhyun si voltò verso suo padre, guardandolo con freddezza. Poi un sorriso spento si dipinse sulle sue labbra. 
-No. Ma la mia pena l’ho appena pagata..- 
E con quelle parole si diresse lungo il corridoio, lasciando dietro di sé suo padre, il dottor Kang, e il ragazzo che amava. 


Seoul, ore 23:58, ospedale.

Zitao spalancò gli occhi di colpo, portando lo sguardo all’ambiente circostante. Era in una camera d’ospedale, con una stupita flebo attaccata al braccio. La guardò con nervosismo e si strappò l’ago dal braccio. Era così irritante. Accanto a lui, steso nel letto, c’era un’altra figura. A giudicare dal profumo che emanava doveva essere Jongin, quell’aroma era distinguibile. Nell’aria però vi erano altre fragranze, e Zitao pensò potessero appartenere a tutte le persone che erano passate per quella stanza: riconobbe l’odore di Kyungsoo e quello di Joonmyun, tremendamente dolci; c’era anche quello un po’ pungente di Yifan. E poi altri, di natura sconosciuta, ma il ragazzo non vi diede peso. 
Si alzò dal letto, stiracchiandosi i muscoli, e per un attimo la testa gli girò velocemente. Si dovette aggrappare alle sbarre del materasso per non cadere in terra, soprattutto quando le gambe presero a tremargli così forte da farlo preoccupare. Alla fine si arrese e si risedette sul letto. Come era finito in ospedale non lo ricordava, ma se c’era pure Jongin doveva essere successo qualcosa. Qualcosa che spiegasse il dolore al corpo, la vista instabile e le continue palpitazioni del cuore.
Zitao si posò una mano sul petto, inspirando ed espirando con calma, ma quella moltitudine di sensazioni non accennavano a smettere. Nel letto accanto Jongin aveva iniziato a lamentarsi mestamente, rigirandosi sotto le coperte, l’espressione del volto contratta. Nella stanza affianco anche Sehun aveva preso a mugugnare, così come Luhan, sveglio e tormentato da dolori lancinanti alla schiena. Così come Minseok, preso da crampi alla testa. 
L’orologio a muro segnava le 00:00 quando tutti e cinque, assieme ad un ragazzo rinchiuso all’interno di un edificio della periferia di Seoul, si girarono a guardare la luna piena splendere fuori dalla finestra. 

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Capitolo 18
*** Let out the beast (parte 1) ***


Sonomi's home: 
Buonasera gente! Finalmente sono riuscita ad aggiornare, di nuovo in ritardo, perdonatemi. La quinta si sta facendo più difficile del previsto, ho avuto da poco una simulazione d'esame che mi ha portato via un sacco di tempo. ç_ç Cooomunque. Posso dire che questo sia un capitolo cruciale e...Non voglio fare spoilers (?). 
-sudare100anniperarrivareaquestopunto-
Comunque sia ammetto che non sono molto soddisfatta di come ho scritto il capitolo, ho provato ad aggiustarlo, ma il meglio che mi è uscito è questo ç_ç spero vi piaccia :) 
Non voglio stare ad assillarvi, vi lascio alla lettura! 



18.
Let out the beast (parte 1)


-Signor Ahn! Signor Byun!- 
Il ragazzo correva velocemente, scansando con gesti bruschi tutti gli impiegati che intralciavano il suo cammino. I due uomini, fermi in fondo al corridoio, si voltarono nella sua direzione, l’espressione del volto sorpresa.
-Signori.. È successo.. Un disastro..-
-Ragazzo stai calmo e racconta senza mangiarti le parole- affermò con voce ferma Ahn, posando una mano sulla spalla del giovane.
-Giù nelle celle.. La porta era scardinata e.. c’erano due corpi per terra signore.. Io non.. Non ho potuto fare nulla..- 
-Corpi, porta scardinata?- chiese Byun, mentre l’angolo delle sue labbra si sollevava leggermente. -Quale cella?-
-Quella.. Credo quella di Park Chanyeol, signore. Non so cosa sia successo.. Ma dubito che il ragazzo sia ancora vivo. Deve vedere i corpi delle guardie signore.. Sono.. A brandelli-
Quell’impiegato sembrava aver molta voglia di vomitare l’anima, ma il signor Byun non vi diede peso, e si voltò a osservare l’espressione di Ahn, identica alla sua. 
-A quanto pare ha funzionato- commentò quest’ultimo, impassibile.
-Già.. A quanto pare, dopo anni, ci siamo riusciti- sussurrò Byun, congiungendo le mani e assaporando il momento. Erano arrivati alla fine della sofferenza, avevano trovato la giusta formula. Tutto il lavoro svolto in quel tempo aveva dato finalmente i suoi frutti.
-Chiama i nostri cari soci, Ahn- continuò Byun con un sorriso. -Dobbiamo festeggiare-

A pochi passi di distanza, Baekhyun ascoltava la loro conversazione nascosto dietro una porta semichiusa. Le dita tremavano intorno al cellulare che stringeva fra le mani, gli occhi erano pieni di lacrime, la testa girava vorticosamente. Appoggiò il capo al muro alle sue spalle, lasciandosi scivolare fino a terra, scontrando con il sedere il pavimento freddo. 
“A quanto pare ha funzionato”.
Quelle parole rimbombavano nelle sue orecchie, richiamando alla mente immagini che non avrebbe voluto vedere. Chanyeol. Chanyeol. Baekhyun posò lo sguardo sul display del cellulare, fissando la fotografia dello sfondo: lì Chanyeol aveva un bellissimo sorriso, uno di quelli che nell’ultimo periodo raramente faceva; indossava i suoi pantaloni preferiti, quelli neri un po’ larghi e che sembravano averne passate di tutti i colori; la maglietta grigia copriva le sue lunghe braccia, nascondendole al freddo dell’inverno. Quella foto era dell’anno prima, nel mese di dicembre, durante il periodo natalizio. Baekhyun ricordava benissimo il momento in cui l’aveva scattata. Chanyeol non amava farsi fotografare da solo, e il ragazzo ancora poteva sentire nella sua mente le parole che il fidanzato gli aveva rivolto.
“Ricordati che questa foto verrà scattata solo perché sei tu a chiedermelo Byun. Quindi dovrà rimanere tua, tua e di nessun altro”.
Baekhyun cominciò a singhiozzare, nascondendo il volto fra le mani. Fuori dalla stanza, suo padre e il signor Ahn si erano allontanati, ma il ragazzo poteva ancora sentirli parlare, ordinare di far sparire i corpi delle guardie, ripulire tutto. Facevano schifo. Si faceva schifo. Aspettò che le voci dei due uomini scomparissero definitivamente prima di alzarsi dal pavimento e uscire dal suo nascondiglio. Guardò il corridoio semi deserto, e senza dare troppo nell’occhio si incamminò verso la porta che conduceva alle celle. Se gli impiegati lo avessero visto là sotto non avrebbero avuto nulla da dire: lui era Byun Baekhyun, figlio di uno dei pezzi grossi, lavoratore diligente per quella società. Per quel motivo percorse tutta la strada a testa alta e non si scompose mai, neanche di fronte allo scempio che trovò una volta giunto a destinazione.
La prima cosa che saltava all’occhio era il rosso. C’era sangue ovunque, sulle pareti, sul pavimento, sulle porte, sugli addetti alla pulizia dell’agenzia. I corpi dovevano essere già stati rimossi perché di cadaveri e membra non vi era nessuna traccia. Fece qualche passo avanti, e il suo sguardo venne intercettato da una signora di mezza età, dall’aria stravolta, che il ragazzo riconobbe come la donna delle pulizie che spesso si occupava dell’ufficio del padre.
-Signor Byun.. È passato a vedere- disse secca la donna, posando lo straccio. -Come può notare, suo padre ha già fatto liberare il campo-
Baekhyun deglutì, e posò gli occhi sulla porta scardinata lì in terra.
-La cella?- chiese, titubante, mentre l’impiegata scuoteva il capo.
-Vuota. Completamente vuota. E devastata. Non ho mai visto tanta..distruzione in vita mia-
-Posso entrare un attimo?- domandò il giovane, mentre la signora annuiva debolmente. 
Baekhyun prese coraggio e sporse il capo all’interno della stanza. Quello che vide quasi lo sconvolse più che il sangue sulle pareti: il bancone di metallo sui cui Chanyeol era stato adagiato di trovava a dieci metri dalla sua usuale ubicazione, pieno di ammaccature e tagli; il lampadario al neon penzolava dal soffitto staccato per metà, pericolosamente vicino al pavimento; l’armadio delle medicine era rivoltato in terra, i liquidi bagnavano le piastrelle. 
-Come può notare signor Byun, qui c’è stato un vero scempio. Qualunque cosa abbia provocato questo, ora è libero. I miei colleghi hanno detto che la porta d’uscita è scardinata proprio come questa- affermò la donna, spuntando alle spalle di Baekhyun. -Spero che giri alla larga da questo posto. Non voglio fare la fine di quelle povere guardie-
Qualunque cosa abbia provocato questo, ora è libero
Baekhyun deglutì, uscendo dalla cella, e guardando verso la fine del corridoio. Era vero: la porta di uscita era in terra, si poteva intravedere la strada deserta. 
Cosa ti hanno fatto..
Il ragazzo sbucò nel cortile dell’edificio, l’aria gelida che lo tagliava fin sotto i vestiti. 
-Signor Byun, entri! Fa freddo fuori!- urlò la signora da dentro il palazzo, e il giovane si voltò scuotendo il capo. Poi si mise a fissare l’inizio del bosco, che da quel punto si estendeva lungo la periferia della città, fino alle campagne. 
Sei sicuramente qui dentro.
Baekhyun osservò ancora per un attimo quelle fronde scure, prima di incamminarsi lentamente all’interno di esse, sentendo ancora la donna delle pulizie urlargli dietro. Non aveva idea di quello che stava facendo, nemmeno di cosa avrebbe trovato e neanche di cosa aspettarsi. Sapeva soltanto di dover fare qualcosa, qualsiasi cosa, per cercare Chanyeol. 
Anche a costo di fare i conti con un essere di natura non umana.
Un essere che, probabilmente, si sarebbe rivelato essere il suo fidanzato.


L’erba profumava di fresco. La terra era umida, leggermente fangosa, si infilava sotto le unghie a ogni passo. La luce della luna filtrava attraverso gli alberi, illuminando il sentiero, ma non ne aveva bisogno: i suoi occhi vedevano benissimo. Fece ancora qualche passo, sentendo scricchiolare un’infinità di rametti secchi. Quel suono lo disturbava parecchio, era irritante. 
Al suo fianco poteva percepire un altro respiro, leggermente affannato, ed ebbe come l’impressione che fosse sincronizzato al suo. Lo sentiva vicino, compagno, sulla stessa lunghezza d’onda. Aveva l’impressione che, se lui si fosse mosso, quel respiro si sarebbe spostato con lui. Spiccò una leggera corsa, e si rese ben presto conto che c’erano altri respiri simili al primo che aveva sentito, tutti diversi ma allo stesso tempo identici. Sembravano accerchiarlo, ma non si sentiva minacciato. 
Si sentiva più forte. Importante.
Sovrano.
Ma aveva fame, molta fame. E aveva come la sensazione che anche chi era con lui, in quel momento, ne avesse. Annusò l’aria, cercando una qualunque scia che potesse condurlo a una fonte di cibo. Sfiorò col naso il terriccio, captando un vago odore di sangue. Doveva esserci un animale ferito da qualche parte. Iniziò a correre, mantenendo alta l’attenzione per seguire quella scia debole, e percepì la serie di respiri seguirlo al suo stesso passo. 
Era elettrizzante. L’aria si scontrava con il suo corpo, i muscoli erano caldi, rispondevano a ogni comando con incredibile attenzione. La sua mente era lucida, sveglia, e al contempo totalmente affascinata da quelle sensazioni. Era vivo, lo poteva sentire in ogni fibra del suo essere, in ogni battito del suo cuore, in ogni movimento delle sue palpebre. 
Sperò, per qualche attimo, che quella sensazione potesse durare per sempre. 




Ore 6:34, college.

Jongdae aprì gli occhi alla tenue luce del mattino, rigirandosi per un attimo nel letto. Allungò una mano nello spazio vuoto accanto a sé, e quasi gli venne da piangere. Non sopportava la lontananza di Minseok, non dopo tutto quello che era successo. Nonostante sapesse benissimo di trovarlo in ospedale, Jongdae non poteva fare a meno di temere un’altra scomparsa. 
Si alzò lentamente, stiracchiandosi i muscoli delle braccia, e scese dal materasso sbadigliando rumorosamente. Trascinò il suo corpo intorpidito in bagno, per poi osservare la sua espressione allo specchio: gli occhi semichiusi, i capelli in tutte le direzioni possibili e immaginabili, le guance colorite dal calore delle lenzuola. Con una smorfia si sfilò il pigiama, infilandosi nella doccia e accendendo l’acqua fredda, rabbrividendo. Nel giro di pochi secondi si sentì più sveglio che mai, pronto a sopportare un’altra giornata degna di essere dimenticata. Alle otto in punto sarebbe andato assieme al gruppo di amici dritto in ospedale, sperando in qualche buona notizia. L’ospedale iniziava a essere un luogo particolarmente detestabile, e davvero prese a sperare di non dover metterci più per qualche anno, una volta finito tutto quel casino. 
Uscì dalla doccia, infilandosi l’accappatoio scuro, e tornò in camera per aprire le tende. Scostò la pesante stoffa, permettendo alla luce di inondare la stanza, e socchiuse lievemente la portafinestra, lasciando un leggero spiraglio per far cambiare l’aria. Il sole cominciava a sorgere dietro i monti, e a giudicare dal cielo sereno quella sarebbe stata una bellissima giornata. Jongdae sorrise leggermente, e poggiò la fronte contro il vetro freddo. E quasi gli venne un colpo. 
Trattenne il respiro, spalancando gli occhi talmente tanto da fargli quasi male, come a voler sperare che ciò che stava vedendo fosse solo un brutto gioco della luce. Eppure, a ogni secondo che passava, quei corpi ammassati in giardino, sotto al suo balcone, c’erano ancora. Erano sei, totalmente nudi, coricati in terra vicini, come se fossero stati buttati lì assieme. Jongdae non sapeva cosa fare, le mani gli tremavano talmente tanto che a stento riuscì ad aprire totalmente la portafinestra e a camminare lungo il balcone. Guardò ancora di sotto: i corpi ora erano più distinguibili. Notò con terrore che erano tutti girati di schiena, la pelle coperta da sottili strature rosse, ma le macchie di sangue sembravano sparse lungo ogni centimetro di pelle. Per un momento il ragazzo pensò di svenire. Poi notò che uno di quelli che aveva ritenuto cadaveri aveva mosso una mano. Poi si rese conto che quel corpo gli era fin troppo famigliare. Poi si rese conto che quello era Minseok. E quelli accanto Jongin, Zitao, Sehun, Luhan, e un‘altra persona che non aveva mai visto in vita sua. E poi, a quel punto, urlò, portandosi le mani all’altezza della bocca. Indietreggiò fino in camera, sbattendo i vetri della portafinestra e scattò verso l’armadio, afferrando i primi vestiti che gli capitarono sotto tiro. Non si mise nemmeno le scarpe. 
A piedi nudi corse fuori dalla stanza, lungo i corridoi della scuola, fino alla camera di Yifan e Yixing. Prese a bussare con forza, facendosi quasi male alle mani, fregandosene di svegliare gli altri studenti del college, fino a quando un Yifan ancora in pigiama e mezzo assonnato non si fece finalmente vedere.
-Cosa diamine stai facendo?- sbottò infastidito, mentre alle sue spalle compariva anche il compagno di stanza. 
-Dovete venire con me… io.. Minseok.. Fuori..- 
Stava farfugliando, se ne rendeva conto, ma non riusciva a porre le parole in un ordine sensato. Anzi, non sapeva dare un senso a tutta la faccenda, per essere sinceri. 
-Cosa c’entra Minseok adesso? Jongdae hai avuto un incubo?- chiese premuroso Yixing.
-No! Dovete venire con me, dovete aiutarmi..- 
Jongdae prese a piangere, infilandosi le dita nei capelli, mentre i due amici lo guardavano sconvolti. 
-In giardino.. Sono tutti in giardino e.. Dio mio sembrano morti! Dobbiamo aiutarli!- urlò poi. -Prendete delle coperte.. Servono delle coperte!-
-Amico non so cosa ti stia prendendo ma..- iniziò a dire Yifan, prima che Jongdae lo interrompesse un’altra volta. 
-Guarda fuori dalla finestra e dimmi cosa vedi, cazzo!- sbraitò il ragazzo, spingendo gli amici dentro la stanza e correndo verso la loro portafinestra. Spalancò i vetri, ritrovandosi davanti lo spettacolo di prima. I sei giovani non si erano mossi di un millimetro. Dire che Yixing fosse sbiancato e che Yifan fosse sconvolto sarebbe stato un eufemismo. 
Nel giro di dieci secondi uscirono tutti e tre con delle coperte fra le braccia, e si attivarono a gettare giù dai letti anche Kyungsoo e Joonmyun senza dare loro un’apparente spiegazione. Corsero lungo i corridoi, per fortuna ancora deserti, e uscirono dalla porta secondaria che conduceva al giardino. L’aria fredda li colpì in pieno, quasi tutti ancora in pigiama, Jongdae addirittura scalzo, e si diressero al limitare del bosco, nella zona sotto le ampie balconate. Non ci misero molto a raggiungere gli amici, ancora stesi sulla terra umida, la pelle arrossata sia dal sangue sia dalle temperature ormai invernali. Kyungsoo urlò, mentre Joonmyun tratteneva il respiro di fronte a quello spettacolo orrendo. 
Jongdae si accucciò vicino a Minseok, girandolo a pancia in su, prendendogli il volto fra le mani. Respirava. Afferrò una coperta, avvolgendovi il corpo del fidanzato, e se lo portò per un attimo al petto, appoggiando la fronte al capo del ragazzo. Lì vicino Yixing stava aiutando Joonmyun a coprire Sehun e Luhan, mentre Kyungsoo si muoveva attorno a Jongin, cercando di occuparsi di lui senza toccare le varie ferite che vedeva sulla sua pelle. Yifan, invece, stava per issarsi sulle spalle Zitao quando vide l’altro ragazzo accasciato in terra. Nessuno lì per lì aveva fatto caso a lui, troppo presi a mettere in salvo gli amici. Ma quel giovane era steso accanto a loro, nelle stesse identiche condizioni. Yifan lo osservò per qualche istante, soffermandosi particolarmente sulle orecchie sporgenti, la chioma ribelle e i tratti dolci. Lo conosceva. E aveva paura di scoprire come mai fosse lì in quel momento. 
-Questo ragazzo..?- balbettò Joonmyun, con Luhan sulle spalle, avvicinandosi a Yifan.
-Credete che venga qui al college?- chiese Yixing, ancora accucciato accanto a Sehun.
-No, non è di questa scuola..- sussurrò Yifan, le labbra serrate in una smorfia severa. 
-Lo conosci?- 
-Purtroppo si..lui è Park Chanyeol- 

Portare dentro il college i loro amici senza dare nell’occhio fu un’impresa, ma riuscirono a trascinarli indenni fino alla camera di Zitao e Jongin, la più vicina. Piano piano i sei ragazzi sembravano riprendere coscienza, ma da lì a svegliarsi del tutto la strada pareva ancora lunga. Per quel motivo decisero di non aspettare e uno alla volta, tutti insieme, li infilarono sotto al getto della doccia, cercando di lavare via le scie di sangue secco e capire in effettivo le loro condizioni fisiche. Nel complesso sembravano messi abbastanza bene, escludendo qualche graffio lungo la schiena e gli arti, e quello di certo era un dato rincuorante. Il vero problema, in quel momento, stava nel capire come quei ragazzi dall’ospedale fossero finiti lì, nudi, e insieme a Park Chanyeol, un totale estraneo. Quel pensiero attanagliava la mente di tutti mentre cercavano di rivestirli con cautela, donando a Chanyeol alcuni abiti di Yifan, l’unico che potesse indossare qualcosa di adeguato alla corporatura del nuovo arrivato. Quando ebbero completato la lunga operazione, rimasero tutti a fissare i sei corpi distesi in fila, con una particolare sensazione di disagio. La situazione era assurda, quasi fastidiosamente..inquietante. 
-Li abbiamo sbatacchiati per tutto il tempo.. Possibile che nessuno di loro abbia aperto un occhio?- sbuffò Yixing incrociando le braccia. -Mi sto preoccupando-
-E mi stupisco che l’ospedale non abbia ancora chiamato..- sussurrò Joonmyun perplesso.
Yifan serrò la mascella, sapendo perfettamente per quale motivo nessun medico si fosse ancora fatto sentire. Avrebbe scommesso qualunque cosa su un’intromissione del dottor Kang, era la risposta più logica. Ma di certo non poteva parlarne ai suoi amici come se la notizia potesse essere del tutto scontata.
-E poi questo ragazzo?- chiese Kyungsoo osservando Chanyeol. -Yifan lo conosci sul serio?-
Il giovane annuì, affiancandosi all’amico.
-E’ il fidanzato di.. Un mio conoscente. Ci siamo incrociati un paio di volte in rare occasioni- bofonchiò poi, deviando la risposta. 
-E’ sorprendente.. Come sarà finito qui?- 
-Non ne ho la minima idea..- rispose Yifan secco, dando le spalle ai letti. Posò lo sguardo fuori dalla vetrate della portafinestra, sospirando, guardando con attenzione i raggi del sole sfiorare le cime degli alberi. La situazione stava cambiando, lo sentiva. Coloro che erano dietro a tutta quella faccenda erano riusciti nel loro intento, oramai lo aveva capito. Rimaneva solo da pensare a un modo per impedire che i suoi amici cadessero del tutto in quel girone infernale, e lui era l’unico a poterlo fare. Si voltò nuovamente verso di loro, osservando i volti rilassati, soffermandosi su quello di Zitao. Non appena si era presentato al college, Yifan si ripromesso di fare in modo che lui non venisse immischiato in tutta quella faccenda, e aveva fallito. Aveva giurato a se stesso di salvarlo da quella situazione, e aveva fallito. Aveva sperato che il suo arrivo al college fosse frutto del caso, ma temeva di essersi sbagliato. E ora cos’altro gli rimaneva da fare? Con quel pensiero triste per la testa, Yifan si sedette di fianco a Jongdae e cominciò ad aspettare assieme a tutti gli altri che uno di quei sei decidesse di svegliarsi.
Dovettero attendere altre due ore di puro silenzio e contemplazione prima che Luhan aprisse gli occhi, strizzando le palpebre alla violenta luce del giorno. 
-Luhan!- urlò Joonmyun scattando dalla poltroncina su cui era seduto, affiancando l’amico nel giro di due secondi. Quello cercò di mettersi seduto, contorcendo il volto in una smorfia di dolore. 
-Cosa..cosa è successo?- mormorò, passandosi una mano nei capelli, per poi spalancare gli occhi nel vedere gli altri cinque ancora belli coricati vicino a lui. 
-Speravamo potessi dircelo tu..- 
In quel momento anche Zitao riprese coscienza, quasi in contemporanea a Sehun, e tutti e due cercarono di alzarsi dal letto, sorpresi della scena che si stava presentando sotto i loro sguardi perplessi. 
-Dannazione che dolore..- sbottò Sehun tenendosi un braccio. 
-Mi scoppia la testa- sussurrò Zitao, posando il capo fra le braccia, mentre tutti gli altri fissavano i neo-coscienti con ansia. Pochi minuti dopo anche Jongin prese a svegliarsi, seguito a ruota da Minseok e da un Chanyeol totalmente confuso. I sei ragazzi presero a guardarsi fra di loro, mentre gli amici continuavano ad aspettare che dicessero qualcosa. Non volava una mosca, la tensione sembrava salire. 
-Porca miseria..- mormorò Chanyeol osservando atterrito il paesaggio attorno a sé. -Dove sono?-
-Sei in un college al limitare di Seoul..- iniziò a spiegare Joonmyun cercando di essere il più gentile possibile. -Ti abbiamo trovato, anzi, vi abbiamo trovato tutti svenuti in terra.. Qui fuori, nel giardino- aggiunse poi, notando con agitazione il mutare dell’espressione dei presenti. 
-In giardino?!- quasi urlò Jongin. 
-Si..ehm..anche nudi e pieni di graffi- continuò Yixing, cauto.
-Come è possibile.. L’ultima cosa che ricordo è..- iniziò a dire Sehun. -Molto dolore. C’eri tu Luhan.. Poi devo essere svenuto e..ero in ospedale?-
-Eravate tutti in ospedale a dire il vero. Vi siete sentiti male ieri sera, dopo cena- azzardò Jongdae. -Non abbiamo idea di cosa sia successo dopo.. Non ricordate nulla?-
Quelle parole caddero fra di loro come macigni. Presero tutti a fissare il vuoto, Chanyeol sull’orlo di una crisi isterica, cercando di riportare alla mente un’immagine qualsiasi. 
-Io ho qualche vago ricordo di un bosco. C’era uno strano odore di.. Terriccio? Misto a qualcosa che sembrava sangue- cominciò Minseok rabbrividendo. 
-L’aria profumava d’erba..- mormorò Jongin, come assorto. 
-Io..rammento di aver avuto la sensazione di non essere solo. Era come se ci fossero altre persone con me, potevo sentire il loro respiro- continuò Zitao, rabbrividendo. 
-Io ero in una cella buia- affermò secco Chanyeol, facendo scattare tutti gli sguardi nella sua direzione. -Mi hanno rapito circa.. Due giorni fa? Si, credo. Questo è un ricordo che avrei preferito dimenticare. L’ultima immagine sicura nella mia mente è il dolore nel sapere che il mio fidanzato ha portato alla morte il mio migliore amico. Poi un gran dolore.. E tutte immagini sfocate- continuò mente il resto dei presenti rimaneva a bocca aperta a ogni parola detta con spudorata freddezza e sincerità. 
-Non ci sto capendo nulla!- sbottò Yixing scattando in piedi. -La situazione sta diventando assurda! Negli ultimi mesi gente è scomparsa, ricomparsa senza memoria e nelle maniere più strane! Ce ne sono successe di tutti i colori e adesso la mia pazienza sta raggiungendo il limite! Vi troviamo mezzi svenuti, nudi, assieme a un completo sconosciuto che prima di trovarsi qui con voi era stato sequestrato! Ma che razza di mondo è questo?!- continuò poi, aumentando il tono della voce. -Io esigo una fottutissima spiegazione ADESSO- 
Nessuno osò rispondere a quello sfogo. Tutti fissavano Yixing come se fosse stato una bomba a orologeria, e il ragazzo cominciò a sentirsi vagamente pazzo. Joonmyun stava per aprire bocca, deciso a confortarlo un minimo, quando tutti sentirono un chiarissimo urlo risuonare per tutto il corridoio. 
-Oh mio Dio! C’è un ragazzo svenuto in giardino!- 
Tutti e undici si voltarono verso la portafinestra al suono di quella frase, scattando come molle. E proprio come quella ragazza aveva urlato, probabilmente da una balconata adiacente, si poteva notare benissimo il corpo di un ragazzo minuto totalmente steso sull’erba. I vestiti che portava erano stracciati, o meglio dire lacerati, e a quella visione il cuore di Yifan perse un battito. E non solo il suo. 
-Santo cielo..- Chanyeol poggiò completamente le mani ai vetri, spalancando gli occhi, tremando di fronte a quella scena. 
Non è lui.
Non può essere lui.

-Baekhyun..- mormorò, senza fiato. -Baekhyun!- urlò poi, facendo qualche passo indietro e scattando come una molla fuori dalla stanza.
-Chanyeol, aspetta!- 
Joonmyun gli corse dietro, seguito da un Yifan totalmente rigido e sconvolto e dal resto della compagnia che sembrava nettamente sull’orlo della disperazione. Corsero fuori per la seconda volta in quella fredda mattinata, dirigendosi verso quel corpicino accasciato al suolo. Una ventina buona di sguardi, dai balconi, fissava la scena, mentre i professori, proprio in quell’istante, venivano informati della cosa. 
Da vicino il gruppo si rese ben presto conto che la salute di Baekhyun era tutto fuorché buona: dall’alto delle camere non avevano notato i profondi tagli lungo la schiena, la scia di sangue che percorreva ininterrottamente il suo corpo, i lividi neri che spiccavano sulla sua pelle perlacea. Chanyeol cadde in ginocchio, prendendolo fra le braccia, dimenticando in un istante tutto quello che era successo fino a quel momento. Non importava essere stato rapito, poteva sopportarlo. Non importava aver scoperto che Baekhyun gli aveva mentito, poteva sopportare anche quello. Non importava essersi ritrovato assieme a dei completi sconosciuti, svenuto in un prato di una chissà quale scuola, poteva sopportarlo. Ma quello che non poteva tollerare era vedere il suo fidanzato in quello stato. Calde lacrime presero a rigargli il volto, cadendo lungo le guance.
-Baekhyun..- mormorò Chanyeol, accarezzando la guancia del ragazzo, notando con orrore la mano rimasta insanguinata. 
-Dobbiamo chiamare un’ambulanza!- esclamò Jongdae, aggrappato a Minseok, mente da lontano si potevano intravedere i professori correre nella loro direzione. Fu in quel momento che Byun Baekhyun aprì gli occhi, regalando un colpo di tosse, che a Chanyeol sembrò quasi il suono più bello del mondo. 
-Baekhy! Ehi ehi..- cominciò a dire il giovane con un sorriso bagnato. -Amore guardami, guardami..-
Il ragazzo sembrava totalmente sconvolto, scioccato, ma puntò comunque gli occhi persi sul volto di Chanyeol. Bastò vedere il viso del fidanzato per sentire gli occhi pungere e non per il dolore al corpo. 
-Chanyeol..- la voce sembrava un lamento. 
-Sono qui..-
-Stai bene allora.. Ero così in ansia quando..- cercò di dire Baekhyun, ma un altro attacco di tosse lo fece zittire.
-Ssh, non parlare- cercò di rassicurarlo Chanyeol, stringendolo maggiormente fra le braccia. Yifan, rimasto in disparte fino a quel momento, si chinò affianco ai due ragazzi.
-Cosa ti è successo Baekhyun?- sussurrò serio, usando un tono che non ammetteva repliche. Il giovane deglutì.
-Quando…ho saputo del casino successo alle celle.. Mi sono immediatamente precipitato di sotto- altro colpo di tosse. -La cella di Chanyeol era.. Un disastro, e ho capito subito.. Sono uscito a cercarlo..nel bosco. Solo che poi..-
-Solo che poi..?-
-Era lì.. C’era quell’essere e io.. Ho capito subito che non era Chanyeol.. Era qualcos’altro.. Io.. Mi ha attaccato e poi.. E poi il buio- 
-Che essere era, Baekhyun?- 
Quell’ultima domanda di Yifan pesò per un attimo sulla testa di tutti, la risposta sembrava quasi temuta. Perché sapevano, nel profondo del loro cuore, che da quello sarebbe stato risolto l’enigma. Baekhyun tremò per un istante, prima di aprire la bocca e pronunciare quelle due parole:
-Un lupo-



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Capitolo 19
*** Let out the beast (parte 2) ***


 
Sonomi's home:
Ce l'ho fatta gente, sono resuscitata dopo quasi due mesi... chiedo scusa. Oltretutto il capitolo non è venuto lungo quanto avrei voluto, ma sono comunque felicissima di aver avuto il tempo di scrivere queste pagine. La quinta è assurda, ho anche due esami esterni da dare (?) someone help me. 
Togliendo questo, il capitolo qui presente è.. molto ricco di rivelazioni. Corto si, ma denso, mooolto denso. 
Spero che vi catturi <3 grazie per l'enorme sostegno che continuate a darmi. 


 






19.
Let out the beast (parte 2)


Camminava nel nero della notte, mentre il freddo trapassava la stoffa dei suoi vestiti. Il passo era indeciso, impaurito, e cercava a tentoni di non inciampare nel terreno: la luna non gli era d’aiuto, i rami degli alberi erano troppo alti. Ogni suono lo terrorizzava, che fosse prodotto dalle foglie secche sul terreno o dal gracchiare di qualche insetto. Eppure andava avanti. Per un attimo si pentì quasi di non aver preso una torcia, ma la sua decisione era stata talmente tanto improvvisa e poco calcolata che non aveva avuto modo di pensare ai dettagli. Chanyeol era più importante, non poteva aspettare. 
Si fermò per attimo, osservando il paesaggio intorno a lui: la luce della luna ora riusciva flebilmente a filtrare, andando a illuminare quella che sembrava una piccola radura. L’erba era comunque alta, ma la scarsa presenza di alberi in quel piccolo spazio lo rasserenò un poco; fece qualche passetto avanti. Ora doveva solo riflettere, cercare qualche traccia e capire in che direzione andare, e soprattutto doveva evitare di farsi prendere dal panico. Doveva essere lucido e non pensare di essere solo un indifeso umano nel bel mezzo di un bosco. Armandosi di coraggio cominciò a guardare attentamente il terreno, sperando in una qualsiasi impronta o prova del passaggio di Chanyeol, ma l’unica cosa che riusciva a vedere era un grande ammasso di terra, erba e rametti spezzati. Se voleva trovare il suo fidanzato doveva spostarsi. Stringendosi le braccia al petto si allontanò rapidamente da quel piccolo angolo di sicurezza, ritornando nel fitto del bosco. Il lato positivo stava nella continua presenza della luna, che sembrava quasi essersi impietosita di lui: continuava ad illuminargli il cammino. 
Andò avanti così per altri venti minuti buoni, tanto che cominciava a chiedersi se prima o poi sarebbe sbucato da qualche parte. Di certo non sarebbe stato in grado di tornare indietro, quindi tanto valeva continuare in quella direzione e sperare. Stava quasi per cominciare ad avere un attacco di panico misto a isteria quando notò qualcosa afflosciato a pochi passi da lui. Da quella distanza non sembrava essere qualcosa di vivente, ma piuttosto un abito. Una felpa, per la precisione. Si avvicinò lentamente, accucciandosi accanto al fagotto, ed ebbe la conferma delle sue supposizioni: era un indumento. Era la maglia di Chanyeol. Il cuore prese a battergli all’impazzata mentre notava quanto il tessuto fosse lacerato e sporco di quello che sembrava sangue, e il ragazzo cercava in tutti i modi di convincersi del contrario. Raccolse la maglia, stringendosela al petto, e riprese a camminare, convinto di star andando nella direzione giusta. Non doveva essere lontano, non quando ai suoi piedi continuavano a spuntare pezzi di vestiti: un calzino, una scarpa, un brandello di jeans. 
Fu allora che sentì un ringhio. Un suono gutturale, terrificante, che gli fece rizzare i peli sulle braccia. Trattenne il fiato, bloccando ogni muscolo, e tese le orecchie. Di nuovo un ringhio, questa volta più vicino. Un rametto si spezzò a pochi passi da lui. Poi un altro, e un altro ancora. Qualcosa si stava avvicinando. Si ordinò di stare calmo, di non avere scatti, altrimenti sarebbe stata la fine. Ma la calma fu proprio l’ultima cosa che riuscì a mantenere nel momento in cui gli si presentò quello spettacolo sotto gli occhi: davanti a lui spuntò quello che sembrava un lupo, solo tre volte più grande. Stava a quattro zampe sul terreno, il pelo nero ritto sulla schiena, i denti aguzzi scoperti nell’atto di ringhiare. Il muso era sporco di rosso. E capì immediatamente che quello non era Chanyeol. Non sapeva dire con certezza che cosa lo spingesse a quell’affermazione, ma guardando gli occhi di quella bestia non riusciva a riconoscerci quelli del fidanzato. E una volta accertatosi di ciò, l’unica cosa che volle fare fu scappare, e lo fece. Prese a correre nella direzione opposta al lupo, virando verso sinistra e imboccando un sentiero abbastanza libero. Sapeva di essere veloce, ma era anche altrettanto sicuro di poter fare ben poco contro un animale del genere. Ma doveva tentare, nonostante il panico lo stesse quasi uccidendo. La bestia alle sue spalle gli teneva il passo senza sforzo ed era sempre più vicina, sempre di più…
Qualcosa lo colpì sulla schiena, mandandolo a terra sotto un lancinante dolore. La vista gli si annebbiò di colpo, mentre il bruciore lungo la colonna vertebrale si faceva sempre più intenso. Nonostante questo rotolò su un fianco, cercando di spostarsi, ma ebbe il solo risultato di trovarsi ancora più vicino a lupo. L’ultima cosa che vide furono quei mostruosi denti sorprendentemente bianchi.


Baekhyun si svegliò di soprassalto, sudato, in quella che sembrava una stanza d’ospedale. Il respiro accelerato faceva muovere velocemente il suo petto, provocandogli un dolore lancinante alla schiena. Si lasciò scappare un gemito, mentre lentamente si spostava con una mano bendata un ciuffo di capelli dal volto. Era stato un sogno.. Non stava succedendo di nuovo. Riportare alla mente ciò che era successo la notte precedente era stato devastante.. E avrebbe veramente voluto dimenticarlo. Tenere solamente la felicità nel sapere che Chanyeol era sano e salvo. L’orologio sulla parete segnava le 23:08, e il ragazzo sospirò pesantemente. Guardando quella stanza triste e spoglia aveva solamente voglia di andarsene, scappare via in qualche posto lontano da tutti, da suo padre soprattutto. Come avrebbe reagito sapendo quello che gli era successo? Lo stava cercando? Tremò al pensiero. Non voleva rivederlo. 
Dalla porta giunse un piccolo colpo, non troppo forte ma nemmeno tanto delicato da non essere sentito. Baekhyun socchiuse le palpebre nel buio della camera, lasciandosi scappare un piccolo colpo di tosse. Forse era l’infermiera di fuori che per sbaglio aveva scontrato l’uscio. Probabile. Ma il colpo si ripeté, questa volta con più potenza. Il ragazzo trattene per un attimo il respiro, mentre un’altra spinta faceva vibrare la porta.
Qualcuno stava cercando di entrare.
Qualcuno che, probabilmente, non aveva il permesso. 


Seoul, poche ore prima.

Yifan guidava lentamente lungo le strade di Seoul, lanciando occhiate spente al paesaggio fuori dal finestrino. Nulla catturava particolarmente la sua attenzione, troppo preso a cercare di riordinare i pensieri. Se solo avesse potuto per un attimo spegnere il cervello e riposare.. Ma era chiedere troppo, era impossibile. Non dopo quello che era successo il giorno precedente.  La situazione era ancora talmente tanto assurda che ognuno di loro faticava a crederci, e con buone ragioni. Avevano portato Baekhyun di corsa all’ospedale, dove era stata accertata la sua salute: era messo male, ma non rischiava la vita. Chanyeol si era fermato con lui per tutta la mattinata, mente gli altri erano tornati al college per cercare di darsi una spiegazione. Tentativo inutile. Così Yifan li aveva lasciati lì, scappando dalla scuola per gettarsi in un posto ancora peggiore: stava andando da suo zio. Sospirò, mentre i ricordi piano piano si facevano strada nella sua memoria
Yifan aveva sempre adorato suo zio. Era un uomo serio, vigile, ma capace di donare tutto se stesso per le persone care. Spesso preferiva stare con lui che con i suoi genitori, persone troppo prese dal loro lavoro che dalla famiglia. In realtà, suo zio poteva essere considerato “adottivo”. Era stato adottato dai Wu quando aveva già otto anni, per via di un incidente che l’aveva privato dei genitori. Per quel motivo, nonostante tutto, aveva mantenuto il cognome d’origine: Ahn. Era così cresciuto con il padre di Yifan e la sua famiglia, alla quale gli Ahn erano molto legati. Prendersi cura di loro figlio, per i Wu, era un onore. Dopo la morte dei signori Ahn, i Wu avevano preferito tornare in Cina, dove erano rimasti per molto tempo, fino a diventare nonni. Il padre di Yifan crebbe assieme al figlio degli Ahn, considerandolo come un fratello, chiedendogli poi addirittura di essere il padrino del suo pargoletto. Per quel motivo Yifan passò la sua infanzia assieme a quell’uomo che sentiva vicino nonostante non vi fossero legami di sangue, che vedeva come un secondo padre, che lo aveva sostenuto nei momenti più difficili della sua vita. Gli doveva molto.. Ed era per quel motivo che non si era mai azzardato a dire niente, una volta scoperta la verità sul suo lavoro. 
Yifan ricordava ancora quel momento.. Il giorno in cui tutto era venuto a galla. Suo zio e il suo socio d’affari avevano ingaggiato lui e un altro ragazzo per aiutarli a reclutare giovani disposti a sottoporsi a quelli che venivano chiamati “test intellettivi”. A quanto pareva questi test servivano per una ricerca sulla media intelligenza delle nuove generazioni, una ricerca che, come avevano sostenuto loro, avrebbe potuto cambiare la storia. Non gli era servito molto tempo per capire che tutti i ragazzi che arrivavano all’agenzia non ne uscivano più e, se avevano la fortuna di riuscirci, si ritrovavano in condizioni pessime. Yifan prese a cercare risposte da solo, scoprendo poi cosa si nascondesse dietro al lavoro dello zio: cavie, un laboratorio e strane sostanze. La prima cosa che pensò di fare fu parlarne con il ragazzo che lavorava con lui, Baekhyun, ma non ottenne l’appoggio sperato. Il socio dello zio era il padre di Baekhyun, e per quel motivo il ragazzo non aveva la forza di opporsi. Perciò Yifan se ne andò da solo, annunciando allo zio le sue scoperte e le sue intenzioni. Il signor Ahn sembrava disperato, tanto che ottenne da Yifan il silenzio, e pochi anni dopo l’entrata al college, sempre voluta dallo zio. Il preside del college era il signor Byun.. E Ahn aveva gentilmente chiesto a Yifan di studiare lì, giusto per tenerlo d’occhio. Non potevano rischiare. E poco tempo dopo Yifan aveva anche capito che molti dei studenti che entravano in quella scuola venivano usati come carne da macello per quegli esperimenti. Proprio per quello, quando Zitao si era presentato al college, Yifan era andato in panico. 
Ricordava ancora benissimo il giorno in cui aveva visto Zitao per la prima volta. Viveva ancora in Cina e aveva all’incirca otto anni; a quei tempi era un ragazzino vispo, curioso, tanto che quando erano arrivati i nuovi vicini, gli Huang, non aveva resistito ad andare a bussare subito alla loro porta. Si era ritrovato davanti un giovane poco più piccolo di lui: aveva i capelli neri come la notte e gli occhi di un taglio molto particolare, felino, occhi che in quel momento lo guardavano come se il bambino si stesse aspettando che Yifan gli dicesse qualcosa. Da quel giorno divennero amici. Giocavano spesso assieme nel cortile dietro le loro case, passando la maggior parte del tempo in compagnia, sostenendosi a vicenda. Anche Zitao passava parecchio tempo in solitudine, tanto che Yifan aveva cominciato a vedersi come una sorta di fratello maggiore, disposto a proteggerlo in qualunque situazione. Dopo circa un anno gli Huang fecero le valige per trasferirsi in Corea, e lui  rimase irrimediabilmente solo. 
Yifan si riscosse da quei pensieri con un mezzo sorriso, fermandosi al semaforo rosso. Ancora adesso si chiedeva come fosse stato in grado di riconoscere Zitao al suo arrivo al college, ma effettivamente il suo aspetto era rimasto abbastanza lo stesso. Quando scattò il verde, la macchina ripartì lentamente, svoltando in una viuzza abbastanza abbandonata. L’agenzia dello zio apparve nel campo visivo di Yifan, e il ragazzo trattenne una piccola smorfia. Entrare in quell’edificio lo faceva sentir male, soprattutto con il ricordo di Zitao attaccato a quel bancone di metallo. Parcheggiò l’automobile sul ciglio della strada e si diresse a passo abbastanza veloce verso l’entrata, spalancando la porta sul retro. Il corridoio semi-deserto si presentò sotto i suoi occhi e il ragazzo lo percorse a grandi falcate, sbucando nella “hall”. La segretaria dietro al bancone gli regalò un sorriso.
-Signor Wu, buonasera. Se cerca suo zio attualmente è impegnato con una riunione urgente. Può attenderlo qui se desidera- disse gentilmente indicandogli con le mani perfettamente curate i piccoli divanetti lì attorno. Yifan sospirò. Aspettare? Non se ne parlava proprio, ma per un attimo decise di assecondare la segretaria, sedendo sul bordo di una poltrona. Dovette aspettare dieci minuti buoni prima che gli si presentasse l’occasione giusta: la signorina sparì dietro all’ennesima porta che conduceva chissà dove, e Yifan scattò come una molla nel corridoio che portava all’ufficio dello zio. Controllando che in giro non ci fosse nessuno, si fermò davanti ad essa, poggiando l’orecchio al legno levigato. Di certo non era preparato a sentire ciò che stava udendo. 
-L’esperimento è andato finalmente in porto.. E subito sorgono problemi!-
Riconobbe immediatamente la voce di suo zio, parecchio adirata. 
-Non crucciarti, fratello. Troveremo una soluzione a tutto questo- 
Yifan spalancò gli occhi, e quasi cadde in terra dalla sorpresa. Quello..era suo padre? Cosa ci faceva lì?
-Parlate come se il problema riguardasse voi! Mio figlio è stato aggredito da questo branco di belve senza controllo!- 
Questo era Byun. Sapeva cosa fosse successo a Baekhyun allora.. Ma perché parlare in questo modo di creature che lui stesso aveva creato?
-Se il vostro scopo era avere un gruppo di cani da guardia, avete pensato male- disse all’improvviso una voce che Yifan non riconobbe. Sembrava quella di un ragazzo abbastanza giovane. -Mi dispiace che sia andata a finire così, ma avreste dovuto mantenere un controllo maggiore, o sbaglio?-
-Non fare l’arrogante, ragazzino! Tu sei un mio esperimento!- 
-Lo so benissimo.. Ma non intento perdere la mia libertà. Per questo sono qui. Vi voglio proporre un accordo-
Qualche secondo di silenzio.
-Sarebbe?-
-Voi avete desiderio di avere sotto chiave la banda di lupetti che ieri sera si è svegliata, mhn? Tra cui, dalla prossima luna, ci sarà anche tuo figlio, Byun, visto che accidentalmente si è trovato sulla mia strada al momento sbagliato. I miei ragazzi hanno tenuto d’occhio la tua scuola.. Baekhyun è all’ospedale, gli altri sono tutti al college, e lo sapresti bene, Byun, se ti prendessi la briga di fare il preside di tanto in tanto. Ci metteremmo poco a portarveli qui.. Sono ancora deboli. Io vi consegno i lupetti e voi lascerete al mio branco una certa libertà-
-Sei diventato spietato. Fra quelle persone non c’è anche il tuo migliore amico, Seunghyun?- ridacchiò la voce di Ahn, mentre Yifan congelava sul posto. Ci fu ancora silenzio.
-L’amicizia tra me e Chanyeol risale a tempo fa.. Adesso non sono più la persona che ero una volta-
-Sai, non pensavo che l’esperimento avesse avuto già effetto.. Tu e il tuo branco siete una piacevole scoperta-
-Non tutti ce l’hanno fatta. Siamo rimasti in poco più di una ventina- il tono di quel Seunghyun era abbastanza freddo, tagliente. -Allora ci state?- 
-Non mi sembra male come proposta- affermò il padre di Yifan, facendo tremare il ragazzo stesso. Troppe informazioni nel giro di pochi minuti, troppe scoperte che avrebbe preferito non fare. Suo padre aveva a che fare con tutto quel giro? Seunghyun.. Era vivo? 
-Allora è sistemato. Entro due giorni avrete il vostro branco sotto chiave- 
Quelle parole fecero svegliare Yifan dal suo stato di torpore come un secchio d’acqua gelida. Non aveva tempo per pensare a cosa ci facessero suo padre e quel ragazzo lì dentro, aveva ben altro di cui occuparsi. Correre al college, fare i bagagli e portare via tutti quanti per esempio. Decise di non ascoltare altro, e a passo veloce percorse il corridoio a ritroso, sbucando nella hall ancora deserta. Corse fuori, gettandosi in strada, mentre la luce del giorno piano piano andava a scemare. Si infilò in macchina, partendo ad una velocità multabile, buttandosi nella corsia principale senza nemmeno guardare agli incroci. Doveva pensare a sangue freddo: dove sarebbero andati? Quanto tempo sarebbe servito? Come potevano portare via Baekhyun dall’ospedale prima che ci arrivasse suo padre? Intento a formulare strategie giunse al cancello del college. Lasciò la macchina all’ingresso, senza nemmeno preoccuparsi di parcheggiarla adeguatamente, e spalancò le porte della scuola, correndo al piano di sopra. Non c’era anima viva per i corridoi.. Dovevano essere tutti a cena. Quasi inciampò sulla moquette quando si fermò davanti alla camera di Zitao, entrando senza bussare. Non poteva credere nel miracolo: era tutti lì. 
-Yifan, stai bene?- la domanda di Joonmyun sembrò quasi ridicola alle orecchie del ragazzo. 
-No, affatto. E non starete bene nemmeno voi se non ci sbrighiamo- 
-Di cosa stai parlando?- bofonchiò Chanyeol, accucciato sul letto, avvolto in una coperta pensante.
-Dobbiamo andarcene.. Al più presto. Siamo in pericolo.. siete in pericolo-
-Che cosa significa?- chiese Jongdae alzandosi in piedi, mentre Yifan chiudeva per un attimo gli occhi. Era arrivato il momento.. Per aiutarli avrebbe dovuto rivelare la verità, dire loro di essere stato immischiato in tutto quello schifo. Ebbe paura. 
-So cosa sta succedendo..- cominciò a dire. -L’ho sempre saputo. Dietro alle sparizioni e agli esperimenti c’è mio zio. Seunghyun è vivo, ha un suo branco di lupi, vi vogliono portare al quartier generale e mettervi sotto chiave. Dobbiamo scappare, portare via Baekhyun dall’ospedale prima che sia troppo tardi- 

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Capitolo 20
*** Escape ***


 
Sonomi's home:
Annyeong! :3 eccomi qui con il capitolo 20 finalmente! :D non sto ad annoiarvi con il mio monologo, ci tengo solo a ringraziare tutti coloro che mi lasciano un commentino dopo aver letto i capitoli e tutti coloro che leggono questa storia e mi sostengono, siete fantastici <3 
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento :) buona lettura.

 




Capitolo 20
Escape


-So cosa sta succedendo..- cominciò a dire. -L’ho sempre saputo. Dietro alle sparizioni e agli esperimenti c’è mio zio. Seunghyun è vivo, ha un suo branco di lupi, vi vogliono portare al quartier generale e mettervi sotto chiave. Dobbiamo scappare, portare via Baekhyun dall’ospedale prima che sia troppo tardi- 

Yifan disse tutto d’un fiato, senza fermarsi. Ma l’espressione che vide stampata sui volti dei suoi amici fu peggio di cento coltellate. Lo guardavano con gli occhi spalancati, la bocca semichiusa, come se davanti a loro fosse apparso un mostro. 
-Non è uno scherzo divertente, Wu Yifan- proruppe secco Luhan, e la sua voce rimbalzò fra le pareti. 
-Non è uno scherzo Luhan.. -
-Cosa significa? Seunghyun vivo?!- balbettò Chanyeol portandosi una mano fra i capelli. 
-Vivo e vegeto. Aggiungerei anche parecchio bastardo- sussurrò Yifan. -Io.. Vi chiedo solo di credermi. Potrete odiarmi, se volete.. Me lo meriterei. Ma se stiamo qui finirà male-
Quelle parole portarono solo a un lungo silenzio, nel quale l’intera compagnia non faceva altro che fissare Yifan con sguardo assente. Nulla aveva più un senso.. Non riuscivano nemmeno ad essere totalmente sconvolti. Non dopo aver passato la notte precedente a vagare per il bosco sotto forma di lupo. Il fatto che Yifan sapesse tutto sembrava quasi una barzelletta al confronto. 
-Tu.. Hai sempre saputo tutto- mormorò Minseok, deglutendo a vuoto. 
-Si..-
-E pensi di poterlo dire così?- l’urlo improvviso del ragazzo minuto fece sobbalzare il resto degli amici, mentre Yifan guardava il giovane alzarsi in piedi. -Ho passato le pene dell’inferno.. E tu sapevi tutto. Ma che razza di persona sei?- sembrava voler sputare veleno, e il cinese non poteva dargli torto.
-Io non.. Non sapevo di preciso cosa facessero, ma che ci fosse qualcosa di strano sotto si. Quando ti hanno rapito io non ero a conoscenza di dove tu fossi e di cosa volessero farti. Mi sono tirato fuori da questa situazione prima che fosse troppo tardi- cercò di spiegare poi il ragazzo mentre gli occhi di Minseok lo perforavano. 
-E perché avresti taciuto, mmh? Nessuna coscienza sporca?- affermò Jongdae secco, affiancando il fidanzato. 
-Oh Jongdae! E’ di mio zio che si sta parlando, della mia famiglia! Dell’uomo che mi ha cresciuto al posto dei miei genitori!- borbottò Yifan massaggiandosi il collo. -E inizio a pensare che anche loro siano immischiati in tutto questo.. E io non ne sapevo nulla-
-Sarà stato anche tuo zio, nonno, padre o che so io, Wu, ma tu.. Tu mi sei stato vicino quando Minseok non c’era.. E nel contempo sapevi. Come pensi possa guardarti ancora in faccia? E soprattutto adesso.. Perché dovremmo crederti?- 
Le parole di Jongdae caddero come macigni nella stanza, mentre il ragazzo in questione sembrava trattenere a stento uno scatto di rabbia. Yifan poteva leggere la delusione nei suoi occhi, così come in quelli di Minseok, di Luhan, di Yixing. Joonmyun sembrava più addolorato, perso in un turbinio di pensieri a cui probabilmente nemmeno lui sapeva dare una spiegazione; Chanyeol era sull’orlo di una crisi di panico, e Yifan scommise che non era sicuramente per la rivelazione che aveva loro dato: Seunghyun era vivo e quella era la sua unica preoccupazione al momento; Kyungsoo e Jongin tenevano le labbra serrate, ma il loro sguardo era freddo come il ghiaccio; Sehun sembrava una statua di sale. Poi Yifan osò guardare Zitao: era in piedi davanti alla scrivania, le braccia abbandonate lungo i fianchi, e la testa leggermente inclinata di lato, intento a fissarlo fermamente. Restarono a guardarsi per alcuni secondi, e alla fine Zitao distolse lo sguardo, cominciando a osservare il pavimento. Yifan trattenne una risata isterica, respingendo indietro la voglia di urlare, e sospirò.
-Vi ho mentito, lo so- cominciò a dire, cercando le parole adatte. -Ho tenuto nascosta la verità, potrei anche essere arrestato per questo- continuò guardando Sehun. -Ma le mie intenzioni non erano cattive, non era un odio o un sabotaggio nei vostri confronti.. Voi siete miei amici. Avete avuto la sfortuna di incrociare questa strada, di finire in questa rete, e forse sarebbe stato davvero meglio per voi non conoscermi, non venire in questa scuola. Ma è successo e.. io vi voglio bene, con tutto il cuore. Per questo vi prego di credermi. Non chiedo il vostro perdono, ma un ultimo barlume di fiducia nei miei confronti. Se stiamo qui.. Vi prenderanno e non voglio sapere cosa abbiano intenzione di farvi. Dobbiamo andare all’ospedale, acchiappare Baekhyun e sparire, lontano da qui. Lo dico per il vostro bene- 
Yifan fece quel discorso con il cuore in mano, buttando fuori quello che il suo carattere chiuso difficilmente gli avrebbe fatto estraniare. Si sentiva nudo di fronte a loro, spogliato di tutte le sue maschere, di tutte le sue sicurezze, e al contempo aveva la sensazione di essere finalmente libero. Libero dal silenzio che gli era stato imposto, libero da ogni vincolo. 
-Dove pensi sia il caso di andare?- domandò alla fine Joonmyun alzandosi in piedi e sistemandosi le pieghe dei pantaloni. Yifan aveva una malsana voglia di abbracciarlo.
-Sicuramente fuori città. Dobbiamo cercare una località abbastanza isolata-
L’altro annuì, appoggiandosi con una mano alla spalla di Yixing. 
-Ti voglio bene Yifan- disse poi con un mezzo sorriso. -Tutti qui ti vogliamo bene. Ci fidiamo di te. Ma non aspettarti comportamenti calorosi da parte nostra, almeno non adesso-
Il cinese sorrise. -Non preoccuparti Myun-
-Allora penso sia il caso di fare una borsa e andare- affermò Sehun secco, alzandosi dal letto su cui era seduto, e incamminandosi verso la porta. -Ti tengo d’occhio, Wu- aggiunse poi, scontrando l’altro con una spallata e uscendo dalla stanza seguito a ruota da Kyungsoo. Joonmyun lasciò al ragazzo una debole pacca sulla schiena, per poi andarsene a suo volta assieme a Luhan e Chanyeol. Jongdae si volatilizzò senza dire una parola, mentre Minseok lo guardò per qualche istante, avvicinandosi a lui.
-Mi dovrai spiegare Yifan. Tutto, nei minimi dettagli- sussurrò il ragazzo, abbassando lo sguardo. Il cinese annuì. -A me, e anche a Zitao- aggiunse poi, con un debole sorrisino, sparendo a sua volta dietro la porta insieme a Yixing.
Zitao.
Yifan portò gli occhi su di lui, e lo osservò chinarsi dentro l’armadio e tirarne fuori quello che sembrava uno zaino abbastanza capiente. Jongin, al suo fianco, faceva lo stesso. Avrebbe voluto digli qualcosa.. Dargli delle spiegazioni, se le meritava. Minseok aveva ragione, doveva raccontare loro ogni cosa, se voleva sperare di essere compreso. Il ragazzo si distrasse dai suoi pensieri nel momento in cui Zitao fece scattare con un rumore secco la cerniera dello zaino, per poi abbandonarlo sul letto e voltarsi verso Yifan.
-Vado a vedere se Kyungsoo ha bisogno di qualcosa- disse all’improvviso Jongin, afferrando il suo bagaglio e mettendoselo in spalla. -Ci vediamo dopo- aggiunse rivolgendosi a Zitao, per poi uscire dalla stanza lasciando loro due soli nel completo silenzio. 
-Dovresti andare anche tu a fare la borsa..- sussurrò Zitao grattandosi il mento, mentre apriva ancora una volta l’armadio per cercare una giacca pratica da portarsi dietro. In realtà era solo una scusa per non guardare Yifan in faccia. 
-Giusto..- 
Zitao sentì i passi dell’altro dirigersi verso la porta lentamente, e si morse il labbro inferiore. Doveva essere pazzo.
-Yifan, aspetta- disse, sospirando, voltandosi verso il ragazzo. -Probabilmente devo essere completamente uscito di senno per dire una cosa del genere ma.. Io ti credo- continuò poi avvicinandosi all’amico. -Non riesco proprio a vederti come il cattivo della situazione.. Non dopo tutto quello che hai fatto per me. Quindi io ti credo. Volevo solo dirti questo-
Yifan avvertì una chiara fitta al petto mentre Zitao pronunciava quelle parole ed ebbe voglia di piangere. Si lasciò andare ad un sorriso enorme, e non potè fare a meno di allungare le braccia verso l’altro e stringerlo a sé.
-Grazie..- sussurrò all’orecchio di Zitao, stringendolo ancora più forte, mentre quest’ultimo arrossiva fino alla punta dei capelli.
Anche in una simile situazione mi fai questo effetto. Non posso venirti contro, non posso. 


Un’ora dopo, camera quattro.

-Di sotto hanno appena finito di cenare. Questo significa che gli studenti stanno vagando per la scuola. Se vogliamo uscire senza essere notati dobbiamo farlo adesso- spiegò Yifan mentre con la coda dell’occhio osservava i corridoi pieni di gente dalla fessura della porta. -Passare con i bagagli sarebbe troppo evidente..- sussurrò poi, pensando a un piano di fuga il più veloce possibile. 
-Gli zaini possiamo lanciarli in giardino dal balcone di questa stanza- affermò Kyungsoo. -E’ la parte del college che da maggiormente sul bosco e le finestre sono quasi inesistenti. Nessuno noterà borsoni volanti e noi usciremo dalla porta sul retro mischiandoci agli studenti di sotto- 
Yifan annuì, era la cosa più logica da fare. 
-Dobbiamo fare attenzione.. Il preside del college è il padre di Baekhyun, anche lui immischiato in questa faccenda. Non mi stupirei se alcuni membri del personale di servizio fossero spie- 
-Siamo sempre stati in una trappola quindi- mormorò Jongin. -Questa situazione ha dell’assurdo- 
-Non c’è nulla di normale in questo mondo. Pensavo che ormai lo aveste capito- ridacchiò Yifan mentre afferrava la sua borsa con la mano. Era leggera, aveva preso il minimo indispensabile, e sperava che anche gli altri avessero fatto altrettanto. Non potevano permettersi di essere rallentati dal peso. Si affacciò dal balcone, dando un’occhiata di sotto prima di compiere qualsiasi azione: non c’era anima viva, non soffiava nemmeno un filo di vento. Il ragazzo sporse il bagaglio oltre la ringhiera e lo lascio cadere, producendo un leggero tonfo. Gli altri lo imitarono in fretta, facendo precipitare le borse una sopra l’altra. 
-Ora possiamo andare- affermò Joonmyun scrocchiandosi le dita delle mani prima di aprire la porta della camera numero 4. Molti studenti erano ancora nei corridoi a chiacchierare, occupando la maggior parte dello spazio. Gli undici ragazzi presero lentamente a sgusciare tra la folla, mandando qualche saluto di tanto in tanto e cercando apparentemente di mantenere la calma. A volte qualcuno li fermava a scambiare due parole, due commenti sulle lezioni del giorno, e poi riprendevano a camminare come se nulla fosse con la scusa di andare nelle cucine a rubare un po’ di cioccolata calda. Anche l’atrio era pieno di studenti: seduti su dei divanetti schiamazzavano a gran voce, guardati male da una delle cuoche del college che stava velocemente portando in cucina le stoviglie sporche della cena. I ragazzi si fermarono un attimo, aspettando che la donna scomparisse dietro la porta, prima di sbucare dal corridoio e dare un’occhiata alla sala da pranzo. Era vuota. Si precipitarono quindi all’interno della stanza, correndo verso l’altra porta che dava sull’ennesimo corridoio. Anche quello era vuoto. Aspettarono qualche secondo, giusto per notare qualche persona in arrivo, prima di percorrerlo velocemente fino in fondo, aprendo la porta che li avrebbe condotti in giardino. L’aria fredda li colpì in pieno, facendoli rabbrividire, e si chiusero l’uscio alle spalle senza farlo sbattere. Con un gesto secco Yifan indicò agli altri di andare a prendere le borse ammucchiate a qualche metro di distanza, in tutto silenzio, mentre da dentro il college ancora si poteva sentire il vociare degli studenti. 
-Fuori dal cancello ho lasciato la mia macchina- sussurrò poi Yifan mentre metteva a tracolla il suo bagaglio. -Ma ne occorre un’altra-
-Posso sempre prendere quella della polizia in garage- propose Sehun senza il minimo rimorso nella voce. 
-Mmh. Sta attento a non farti beccare- 
-Ehi io sono delle forze dell’ordine, ricordi?- ghignò il ragazzo. -Posso muovermi ovunque io voglia senza che mi venga detto nulla-
-E allora sbrigati! Luhan, Kyungsoo, Jongin e Chanyeol andate con lui. Ci vediamo all’ingresso- esclamò Yixing dandogli uno spintone giocoso e Sehun, assieme agli altri, scomparve velocemente in direzione dei parcheggi. 
Il restante gruppo cominciò a strisciare lungo le pareti della scuola, appiattiti contro i cespugli, cercando di non spezzare nemmeno un rametto con il peso del corpo. Notarono che lentamente le luci del college cominciavano a spegnersi, segno che il tempo passava e che loro dovevano darsi una mossa. 
-Non possiamo attraversare il cancello di ingresso!- mormorò Joonmyun una volta che giunsero di fronte ad esso. -Dobbiamo passare da un’altra parte-
-L’unica strada è costeggiare il bosco..- affermò Minseok indicando gli alberi con un dito.
-Non credo sia il caso..- 
-Non succederà nulla. Avete sentito cosa ha detto Baekhyun no? Solo i lupi sono nel bosco. E noi siamo qui, umani. Non c’è nessuno tra quelle fronde adesso- continuò Minseok sicuro di sé. Afferrò l’amico per un braccio e cominciò a trascinarlo nella direzione designata, portandosi dietro anche gli altri. Si inoltrarono nel bosco di poco, giusto quel che bastava per non essere notati dall’interno della scuola, e seguirono il sentiero fino a quando non arrivarono davanti a una recinzione in metallo. 
-Piuttosto logico. Questo pezzo di terra appartiene al college… dobbiamo scavalcare- spiegò Jongdae infilando le punte delle scarpe nei primi buchi della rete e cominciando a salire lentamente verso l’alto. Ci misero poco a passare dalla parte opposta e in men che non si dica si trovarono sull‘asfalto. La macchina di Yifan era poco distante, e il ragazzo l’aprì con la chiave iniziando a mettere le borse nel portabagagli. Dei fari illuminarono improvvisamente la strada, accecando i ragazzi, per poi dare spazio a una voltante della polizia. Il finestrino venne abbassato, mostrando il volto di Sehun. 
-Dobbiamo muoverci. Sono le dieci e prima penso che qualcuno ci abbia visto. Non abbiamo molto tempo- 
Due minuti dopo entrambe le macchine sgommavano per le strade di Seoul, dirette verso l’ospedale. Durante il tragitto, Yifan cercava di pensare a un qualunque posto dove nascondersi. Non potevano rimanere a Seoul, questo era certo, ma allora dove sarebbero potuti andare? Cambiare città? Andare a Taejon, ad esempio? O a Taegu? Aveva la sensazione che non sarebbe bastato nemmeno, ma non potevano neanche permettersi un cambio di Stato. Con quei pensieri in testa Yifan non si fermò nemmeno al semaforo rosso, così come già cinque volte prima. Lanciò un’occhiata al cruscotto della macchina, dove l’orario 22:59 gli fece provare una fitta d’ansia. Aumentò la spinta sull’acceleratore, e nel giro di due minuti si trovarono di fronte all’ospedale. Sehun parcheggiò al suo fianco. 
-A quest’ora sono finiti gli orari delle visite, se ci vedono entrare ci manderanno via. Come facciamo?- chiese Luhan osservando le grandi pareti dell’edificio.
-Dobbiamo infiltrarci- affermò tranquillo Zitao.
-Ultimamente siamo stati talmente tante volte qui che gli infermieri si ricorderanno di noi- ironizzò Minseok con un mezzo sorriso. 
-Fingerò di star male ed entrerò assieme a qualcuno. Gli altri staranno qui dalle macchine pronti alla fuga- propose Chanyeol con un’alzata di spalle. -E’ l’idea più praticabile- 
-Luhan, Jongdae, andate con lui. Sapete muovervi bene all’interno dell’ospedale- ordinò Yifan e quelli annuirono. -Noi vi aspettiamo in macchina. Sbrigatevi- 
E dopo quelle parole i tre ragazzi si diressero verso le porte dell’edificio ed entrarono di corsa, trascinando per le spalle Chanyeol. 

-Cosa è successo?- 
L’infermiera accorse immediatamente, aiutando Luhan e Jongdae a tenere in piedi il loro amico.
-Eravamo a Hongdae e ad un tratto Chanyeol ha cominciato a vomitare e ad accusare dolori lancinanti allo stomaco. Penso abbia mangiato qualcosa che gli ha dato fastidio- piagnucolò Luhan, recitando alla perfezione, mentre un’altra infermiera li affiancava. Jongdae stava passando inosservato, e cominciò a fare qualche passetto indietro, allontanandosi dal gruppo. Nella hall non c’era nessuno e per un attimo benedì il turno di notte dei medici: meno gente c’era più veloce avrebbe fatto. Fece un cenno col capo a Luhan, che scomparve assieme a Chanyeol e al personale medico dentro una stanza lì vicino, e corse in ascensore premendo il numero cinque. Le porte si chiusero senza che nessuno lo vedesse. 
Di certo non si aspettava di trovare un ragazzo fuori dalla porta di Baekhyun nell’esatto istante in cui l’ascensore lo faceva arrivare al piano. Un ragazzo intento a giocare con la serratura della camera, chinato e nascosto dietro a una felpa dal cappuccio nero. Non appena il ‘plin’ dell’ascensore risuonò nel piano, questo individuo scattò di colpo, voltandosi nella direzione di Jongdae con un’espressione di puro panico. 
-Ehi!- urlò quest’ultimo. -Che cosa stai facendo?-
L’uomo in nero corse nella parte opposta del corridoio, fuggendo via, ma Jongdae decise in pochi secondi di non seguirlo. Ringraziò il cielo di non aver aspettato a salire un secondo di più e si avvicinò alla porta di Baekhyun, studiandone la serratura già scassinata per metà. Sarebbe bastata qualche spinta. Jongdae si allontanò dall’uscio, guardandolo con decisione, prima di prendere la rincorsa e dare una violenta spallata. I cardini cigolarono. 
-Andiamo..- sussurrò il ragazzo a se stesso, caricando un altro colpo. Questa volta la serratura cedette del tutto, e Jongdae si trovò nella stanza di Baekhyun, sul pavimento, senza rendersene nemmeno conto. 
-Jongdae!- l’urlo del ricoverato si disperse per la camera, mentre l’altro si rimetteva in piedi. 
-Baekhyun.. -
-Eri tu prima a cercare di entrare? Cosa ti passa per la testa!?-
-Dovresti ringraziarmi. Credo che prima ci fosse uno dei scagnozzi di tuo padre qui.. È scappato non appena mi ha visto- spiegò Jongdae con il fiatone mentre velocemente iniziava a scollegare Baekhyun dai macchinari.
-Cosa stai facendo?-
-Dobbiamo scappare. A quanto pare qualcuno ha intenzione di farci del male, sia a noi che a te. Yifan ha sentito parlare tuo padre assieme ad altra gente, stiamo fuggendo via- 
-Ma io non sono ancora nelle condizioni adatte.. Non riesco nemmeno a muovermi!- mormorò Baekhyun mentre Jongdae gli porgeva la sacca della flebo con gli anti dolorifici. 
-Lo so. Ti porterò in spalla va bene? Ci portiamo dietro anche qualche medicina. Cosa ti stanno dando?- 
Jongdae prese a riempirsi le tasche delle medicine che occupavano il cassetto nel comodino di Baekhyun, per poi chinarsi e aspettare che il ragazzo, con molta calma, forse troppa, salisse sulle sue spalle. 
-Scusa se alcuni movimenti ti faranno male- aggiunse poi Jongdae cominciando a camminare velocemente verso l’ascensore. Ci si infilò dentro, e cominciarono a scendere verso il piano terra. Sperò che almeno Luhan fosse lì vicino per aiutarlo. Quando arrivarono, la hall era ancora deserta eccetto per una giovane infermiera addormentata con la testa appoggiata sul bancone della reception. Jongdae percorse la sala in punta di piedi, il più in fretta possibile, e quasi scoppiò a ridere di sollievo mentre respirava l’aria fredda della notte una volta uscito. Le portiere delle macchine posteggiate lì di fronte si aprirono e Jongdae scoprì che Luhan e Chanyeol avevano già finito. Quest’ultimo corse nella loro direzione, prendendo in braccio Baekhyun e stringendoselo al petto per proteggerlo dal freddo, per poi infilarsi assieme a lui nella macchina di Sehun. Jongdae prese posto accanto a Minseok e sospirò.
-Possiamo andare- 
-Anche se non sappiamo ancora dove-

Nel frattempo, al college. 

Seunghyun guardava gli studenti di quell’insulso college ammassarsi vicino alle pareti, troppo spaventati per dire o fare qualcosa. Se ne stavano lì, tremanti come delle foglie, a osservare la scena: lui, i suoi ragazzi e la furia del preside Byun. 
-Setacciate ogni stanza di questa scuola, la voglio battuta centimetro per centimetro!- sbraitò il signor Byun a uno dei suoi collaboratori e Seunghyun sbuffò. 
Patetico.
-Ma signore, abbiamo controllato già due volte. Non c’è nessuno dei ragazzi che ci ha indicato lei..- balbettò il collaboratore cercando di tenersi a debita distanza dal capo.
-Non è possibile! Gli studenti non possono lasciare la scuola dalle sei in poi!- ruggì Byun stringendo i pugni. 
-Forse sono più svegli di quanto crede- mormorò Seunghyun con tono cantilenante. -Forse hanno capito che stando qui sarebbe successo qualcosa- 
-Spiegati meglio..- 
Seunghyun sorrise. Si era informato, eccome. Prima di andare al college aveva eseguito qualche piccola ricerca sui ragazzi che interessavano al signor Byun, scoprendo la presenza di Wu Yifan, figlio e nipote di due dei capi che gestivano la compagnia. Era piuttosto sicuro che lui fosse la chiave di quella sparizione. Proprio nel momento in cui stava per spiegare la sia teoria, il cellulare di Seunghyun squillò.
-Chiedo scusa.. Pronto?-
-Non sono riuscito a prendere il ragazzo. Sono stato beccato da uno dei suoi amici, quelli che stai cercando tu-
-Non importa. Anche noi li abbiamo mancati, li cercheremo in un colpo solo-
E chiuse la telefonata. 
-Temo che l’uomo che avevo mandato a prendere Baekhyun abbia fallito la sua missione- affermò Seunghyun pacatamente. -A quanto pare i suoi amici sono arrivati troppo presto- 
Il signor Byun ringhiò, sbattendo il pugno contro il muro. Il collaboratore che aveva interpellato sobbalzò sul posto, spaventato, mentre il giovane ragazzo si faceva scappare un sorrisetto ironico. 
-Ascoltami bene, ragazzetto- cominciò l’uomo avvicinandosi a Seunghyun e prendendolo per il colletto della maglia. -Voglio, anzi, pretendo.. Che tu e i tuoi cani da guardia passiate in rassegna ogni stradina, ogni casa di questa fottutissima città.. E se niente dovesse venire fuori esigo che cerchiate altrove. Mi sono spiegato?- 
-Chiarissimo-
-Allora mettiti al lavoro, altrimenti potrai dimenticarti della tua libertà- 
Il signor Byun mollò la presa su Seunghyun, e quello si sistemò la maglietta sulle spalle. Guardò l’uomo uscire dalla scuola a passo spedito, seguito da una decina di persone, e si passò una mano fra i capelli. Doveva trovare quei ragazzi.. Al più presto. Per un attimo pensò a Chanyeol, al sorriso del suo migliore amico, e soffocò un sospiro. Chanyeol era il passato.
Ora doveva costruirsi un futuro. 

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Capitolo 21
*** Muoversi nel passato e fra gli Stati ***


Sonomi's home:
Buonasera popolo. Non posso fare altro che scusarmi per il gigantesco ritardo, ma finalmente sono libera. Ho finito la maturità, ho l'estate davanti per potermi dedicare alla scrittura :') gioite con me *^* 
Mi dispiace davvero tanto per avervi abbandonata per due mesi, ma non ho avuto molto tempo per scrivere ç___ç spero che possiate perdonarmi çç
Con la speranza che continuiate a seguirmi, vi lascio al capitolo 21 :)




 
Capitolo 21
Muoversi nel passato e fra gli Stati.


Le due macchine procedevano senza sosta lungo l’autostrada deserta in direzione della città di Busan. Avevano avuto una mezza idea sui loro primi spostamenti: cercare di allontanarsi il più possibile da Seoul e cambiare Stato. Se volevano sperare di non essere presi dovevano cercare di non fermarsi mai.
-A Busan prenderemo una nave per Kitakyushu, per poi dirigerci a Osaka. Ho due amici lì che possono darci una mano- spiegò Yifan mentre faceva correre la sua macchina lungo la strada asfaltata, controllando con un’occhiata l’autonomia del mezzo. Dovevano fermarsi a fare il pieno, non potevano rischiare di rimanere bloccati nel bel mezzo del nulla. 
-Perché non prendiamo un aereo? Non faremmo prima?- domandò Kyungsoo mentre l’amico si infilava nello spiazzo di un benzinaio.
-Troppo rischioso. Verremmo rintracciati in fretta. Andando a Busan in macchina faremo perdere le nostre tracce, visto che a Suwon cambieremo auto. Se non ci fermiamo dovremmo arrivare lì entro tre ore. Da Suwon andremo a Busan entro l’una di domani-
-Non dovremmo prendere i biglietti per il traghetto?-
-No, li compreremo sul momento. Se chiamiamo adesso potrebbero rintracciare la nostra chiamata e ricevere i nostri nominativi. Troppo pericoloso- spiegò ancora Yifan. Essere così esperto di evasione lo faceva quasi sentire un malvivente. Beh, in effetti lo era. Scese dall’auto, infilando alcune banconote nel distributore di benzina, mentre la macchina di Sehun si fermava dietro la sua. Il ragazzo scese a sua volta, cominciando a imitarlo. 
All’interno del mezzo, Baekhyun non se la passava bene. Gli antidolorifici cominciavano a perdere il loro effetto, tanto che poteva avvertire fitte particolarmente acute percorrergli la spina dorsale. Si lasciò scappare un sospiro, mentre Chanyeol lo guardava pensieroso.
-Senti dolore?- chiese il giovane scostando la frangia dal viso dell’altro, accoccolato fra le sue braccia. Sembravano aver dimenticato momentaneamente cosa era successo fra di loro poco prima della trasformazione, ed entrambi stavano ben attenti a non tirare fuori l’argomento. 
-Un po’. Fra poco prenderò un altro antidolorifico- sussurrò Baekhyun.
-Passerà in fretta, vedrai- 
-Se ragioniamo come i film fantasy si! Beh, noi siamo guariti abbastanza rapidamente- sdrammatizzò Jongin con una mezza risatina (che di divertito non aveva proprio nulla), alzando le spalle. 
-Sarebbe bello essere davvero in un film e non nella realtà..- mormorò Zitao dal sedile posteriore, osservando la figura slanciata di Yifan rientrare in auto. 
-Possiamo ripartire- 


Intanto, a Seoul.

Seunghyun osservava il panorama, totalmente oscurato dal buio della notte, fuori dalla finestra del suo piccolo monolocale. Aveva da poco finito il giro di ricognizione in quel college assieme al suo branco, senza cavarci un ragno dal buco, e la cosa non riusciva ad andargli giù. Detestava perdere, farsi mettere i piedi in testa, ed era proprio quello che stava succedendo da quando aveva deciso di aiutare i suoi carnefici ad acchiappare quei ragazzi. Tra cui Chanyeol.
Non sapeva dire con precisione come si sentisse in quel momento, nel pensare a quello che pochi anni prima era il suo più caro amico. La sete di libertà era fortissima, talmente tanto che non aveva esitato a passare sopra quell’amicizia pur di potersi considerare slegato da quella ‘compagnia’, da quel guinzaglio che rischiava di tenerlo incatenato per sempre ai suoi aguzzini. Eppure in quel momento, mentre la fredda aria autunnale lo colpiva in pieno, non poteva fare a meno di sentirti in colpa.
Lui e Chanyeol si erano conosciuti alla tenera età di dieci anni, un’età spensierata, felice, fatta solo di giochi e promesse ingenue. Erano cresciuti insieme, frequentando la stessa scuola e gli stessi gruppi di amici, instaurando un rapporto a dir poco fraterno. Avevano superato assieme tantissime difficoltà.. Come la separazione dei suoi genitori. Seunghyun aveva passato quel periodo della sua vita più a casa di Chanyeol che nella sua, troppo spaventato dalle continue liti fra suo padre e sua madre. E la famiglia del suo migliore amico lo aveva accolto come un secondo figlio. Ma poi, tutto ad un tratto, proprio mentre l’università stava per iniziare, Byun Baekhyun era comparso nelle loro vite, stravolgendole. Con il suo grande sorriso, i suoi capelli nerissimi, e il suo aspetto innocente aveva cominciato ad allontanare Chanyeol da lui, e al contempo ad girargli sempre intorno. Seunghyun ricordava i suoi primi pensieri nel vedere quel ragazzo bassino. 
E’ inquietante. 
Non mi piace il suo sguardo.
Perché mi gira sempre attorno?

E poi era successo. Una notte, dopo aver passato la serata in un locale assieme a degli amici, aveva incontrato Baekhyun in una via a pochi passi da casa sua. In quel momento aveva un’aria completamente diversa dal solito: sembrava più tetro, troppo serio, gli occhi illuminati da determinazione e freddezza. Nel giro di pochi minuti Seunghyun era stato circondato da una decina di uomini, per poi essere portato via. Ricordava molto bene il periodo della sua prigionia: le giornate passate a fissare il soffitto bianco, seduto sul pavimento di quella stanza fredda; le visite di un medico inquietante, un certo Kang, che tentava di rassicurarlo; lo sconforto nel pensare che Chanyeol era completamente solo nelle mani di Baekhyun; la paura che gli era nata in petto quando gli avevano infilato l’ago nel braccio. E il dolore, il tremendo dolore che ne era conseguito. 
E poi era risvegliato in una città che non sconosceva, senza memoria, senza nessuno su cui fare affidamento tranne una strana ragazza dai capelli viola. Già, viola. Si era presa cura di lui, e solo a distanza di anni era venuto a sapere che quella giovane faceva parte dello strano gruppo che aveva provveduto al suo sequestro. Così come gli dissero che a Seoul tutti lo credevano morto. In parole povere aveva perso tutto quello che di più caro aveva. Col passare del tempo la memoria aveva cominciato a ritornare, assieme alla strana sensazione che qualcosa stesse cambiando nel suo corpo. Tempo pochi mesi aveva cominciato a trasformarsi, ritrovandosi circondato da altri sei-sette ragazzi lupo che lo avevano proclamato capobranco, e la sua vita aveva cominciato lentamente ad avere un senso, seppur nuovo e scombussolante. Era tornato a Seoul, iniziando a osservare i suoi aguzzini e controllando Chanyeol di tanto in tanto, nell’ombra, rimanendo disgustato nel vederlo insieme a Baekhyun. Piano piano, nel suo cuore, stava facendosi spazio la sensazione di dover dimenticare il suo passato e tutto quello ad esso collegato, compreso il suo migliore amico, la sua famiglia, tutti i ricordi. Doveva farlo, se voleva sperare di poter sopravvivere. E poi non doveva dimenticare che per tutti lui ormai era un cadavere contrassegnato da una tomba. 
Seunghyun tornò al presente, scuotendo il capo, e chiuse la finestra con un gesto secco. Detestava pensare a come era giunto a quel punto, ai cambiamenti che aveva dovuto affrontare. Si lasciò cadere sul piccolo divano, poggiando i piedi e la testa sulle spalliere, e chiuse gli occhi respirando profondamente. 
Doveva riposare se voleva sperare di acciuffare l’altro branco. 


Giorno seguente, ore 15:09, a largo di Busan.

Il traghetto era partito da poco sulle acque calme dello Stretto di Corea e i dodici ragazzi avevano tirato un sospiro di sollievo. Come Yifan aveva previsto, a Suwon era avvenuto un cambio di macchina da un carrozziere di contrabbando, dove avevano preso un furgoncino a dieci posti al posto della Hyundai e della volante della polizia. Erano ripartiti quasi subito, senza dare nomi o altro, ed erano sfrecciati verso Busan. Erano riusciti a trovare dei biglietti per il traghetto e in quel momento stavano cercando di rilassarsi un poco mentre attendevano le due orette scarse che sarebbero dovute passare per arrivare a Kitakyushu. Avevano affittato una camera sola, giusto per poter permettere a Baekhyun di riposare comodamente e agli altri di farsi una doccia. Di tempo per dormire non ce n’era: appena giunti a Kitakyushu sarebbero saliti sul primo treno per Osaka. 
Yifan stava pensando a quanto tempo avrebbero impiegato per raggiungere la città, appoggiato alla ringhiera della nave, quando Zitao lo affiancò con un mezzo sorriso. Si sistemò a sua volta contro la ringhiera e cominciò a fissare in silenzio l’acqua blu scivolare sotto di loro. 
-Sei un uomo pieno di sorprese, Wu Yifan- disse poi il ragazzo. -Carrozzerie di contrabbando, amici di chissà quale natura in Giappone..- 
L’accusato rise. 
-Ho mille sfaccettature.. Non sempre belle- 
Zitao lo guardò per qualche secondo, osservando come il sole colpisse i capelli biondicci con qualche accenno di ricrescita. Anche in quella situazione di tensione Yifan sembrava rimanere rilassato, una statua scolpita dalle mani più capaci. 
-Sai.. Non avrei mai pensato che mi sarei ritrovato a questo punto, venendo in quel college- cominciò a dire il giovane incrociando le braccia. -Nel giro di due mesi sono stato catapultato in una sorta di universo parallelo in cui esistono i ragazzi lupo. Dici che ci sono anche i vampiri?-
Yifan rise, scuotendo il capo. Apprezzava lo sforzo di Zitao di cercare di sdrammatizzare la situazione. In quelle ore aveva continuato a percepire una sorta di diffidenza nei suoi confronti da parte degli amici, e di certo non gli biasimava per questo. Ma da Zitao no. Aveva come la sensazione che gli occhi del ragazzo cinese avessero continuato a guardarlo nello stesso modo di sempre, con quel luccichio divertito e a volte persino malizioso, capace di tramutarsi in dolcezza e tremore. Adorava quello sguardo, spesso magnetico e profondo. 
-Se continui a guardarmi così mi consumi però- affermò secco Zitao con un sorrisetto sbilenco, mentre Yifan strabuzzava le palpebre, percependo un leggero calore infiammargli le guance. Il cinese tese ancora di più le labbra, e si staccò dalla ringhiera. 
-Se solo tu fossi stato, e fossi tuttora, meno distratto.. Ti renderesti conto che sguardi del genere li ho rivolti anche io nei tuoi confronti. Molte volte- ammise Zitao con una risatina. Yifan continuò a guardarlo con gli occhi spalancati. -Vado a farmi una doccia-
E con quelle parole il ragazzo si chinò leggermente sull’altro, stampandogli un veloce bacio sulla guancia, prima di sparire lungo il ponte della nave, lasciando Yifan pietrificato come una statua di sale. Quella conversazione doveva essere stata una sorta di allucinazione provocata dal sole, non c’erano dubbi. Eppure la parte della guancia entrata a contatto con le labbra di Zitao scottava e lui continuava a fissare il vuoto come un deficiente. Sbatté le palpebre due volte, sorridendo leggermente, per poi voltarsi nella direzione in cui Zitao si era allontanato. Forse quella situazione aveva anche i suoi pregi. Forse poteva sperare di avvicinarsi al cinese un po’ di più. 

Quando giunsero a Kitakyushu erano quasi le sei del pomeriggio. Era incredibile la differenza che si poteva notare a prima vista tra la Corea e il Giappone. L’atmosfera che si respirava era più tranquilla, stranamente rilassante, ma quello era probabilmente dovuto al fatto che Kitakyushu non fosse una metropoli. Yifan ricordava molto bene in realtà come si vivesse a Tokyo, e poteva tranquillamente metterla sullo stesso piano di Seoul. 
La stazione della piccola cittadina non distava molto dal porto, e i dodici ragazzi si diressero a passo spedito in quella direzione, cercando di passare il più possibile come un gruppo di turisti. Meno avrebbero dato nell’occhio e più probabilità avrebbero avuto di non essere scoperti. La stazione era gremita di famigliole felici pronte a tornare in città dopo una giornata spesa al mare e loro vi ci si tuffarono in mezzo, mimetizzandosi fra la folla. 
Nel giro di mezz’ora avevano fatto i biglietti ed erano saliti sul diretto per Osaka. Nessuno osava parlare, tutti si limitavano a lanciarsi qualche breve occhiata carica di parole non dette, o, come Kyungsoo e Jongin, a scambiarsi qualche leggera carezza sul dorso delle mani. 
-Quanto staremo a Osaka?-
Fu Minseok a spezzare quel placido silenzio, formulando quella domanda. Yifan alzò le spalle.
-Penso che potremmo stare tranquilli per una settimana, forse anche due. Ma credo che sia saggio allontanarci dall’Asia il più presto possibile-
-Hai intenzione di cambiare continente?- sussurrò Joonmyun sporgendosi in avanti per non parlare a voce troppo alta. Tutti guardarono Yifan in attesa di una risposta.
-Più andiamo lontano più siamo al sicuro. Lì per lì avevo pensato che andare in Cina sarebbe stato perfetto, è grandissima. Ma io ho troppi legami lì, così come Zitao, Luhan e Yixing. Troppo rischioso. Meglio optare per qualche paese veramente lontano- 
-Europa?- chiese Baekhyun.
-Probabile. Qualunque Stato andrà bene..- 
-Dove vi piacerebbe andare..?- domandò Luhan con un sorriso. Sembrava voler rendere più leggera la situazione, grave di per sé. 
-Austria. O Francia- ammise Sehun annuendo. -Ho sempre provato fascino per i grandi imperi- 
-Italia- affermò Chanyeol. -Ottima cucina e opere d’arte a ogni angolo- 
-Teniamo in considerazione anche la Spagna, a me non dispiacerebbe!- esclamò Yixing ridendo e battendo le mani entusiasta. 
-Andremo ovunque voi vogliate- sussurrò Yifan. 
I profili delle città giapponesi scorrevano sotto i loro occhi, mentre il sole cominciava a calare dietro le colline. Piano piano tutti avevano cominciato ad appisolarsi sul sedile, troppo stanchi per riuscire a tenere gli occhi aperti, troppo sfiniti per parlare di qualche argomento non deprimente. Lasciarono semplicemente che le loro menti si abbandonassero al sonno, vedendolo come una momentanea via di fuga, scappando da quel mondo che iniziavano a non riconoscere più come il loro. 
Ma quando una signora di mezza età li svegliò, annunciando l’arrivo a Osaka, i dodici furono costretti a tornare alla realtà. Afferrarono le loro borse e il loro coraggio, cominciando a scendere lentamente dal vagone del treno, uno alla volta. E fu allora che Yifan vide coloro che attendevano il loro arrivo: in fondo al binario, appoggiati al muro delle stazione, stavano due ragazzi giapponesi. Quello di destra sfoggiava dei capelli color arancione, talmente acceso da spiccare nella notte; l’altro, dall’aspetto decisamente elegante, li portava verdi. Quando i due videro il folto gruppo di coreano-cinese fecero un sorrisetto, alzando la mano verso Yifan in un gesto di saluto. Quest’ultimo sorrise di rimando. 
-Nakajo, Kagurazaka.. È un piacere rivedervi-

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Capitolo 22
*** Quando presente e passato si accostano ***






 
Sonomi's home:
Salve gente :D miracolo dei miracoli, ho aggiornata abbastanza presto. Dico 'abbastanza' perchè avrei voluto farlo prima ç_ç quindi vi chiedo scusa <3 
Ci tenevo a dire due paroline: grazie a tutti per il sostegno che continuate a darmi.. nonostante io sia stata assente due mesi il capitolo 21 ha fatto aumentare i miei lettori e la FF ha raggiunto 1700 visualizzazioni. Io non so davvero come ringraziarvi :') -si inchina- 
Eeee, gente, questo capitolo è una sorta di "momento pausa".. con un po' di fluff. Eh, si, ci stava. Ma ci sarà anche una rivelazione importante.
-musichetta da thriller-
Non sto ancora ad annoiarvi. Buona lettura miei cari <3

 







Capitolo 22
Quando presente e passato si accostano.
 



Jongin passava i polpastrelli sul legno scuro del tavolo di fronte a lui, osservandone e saggiandone la superficie liscia. Era seduto affianco a Kyungsoo (difficilmente si sarebbe allontanato da lui, soprattutto in quella situazione), e cercava di indovinare cosa sarebbe successo da quel momento in poi. Appena arrivati a Osaka, Yifan li aveva trascinati di fronte a quei due individui dal dubbio colore dei capelli, presentandoli come Nakajo e Kagurazaka. Non ci aveva messo molto a capire che i giapponesi non dovevano essere considerati dei semplici ‘amici’ di Yifan: bastava vedere i loro atteggiamenti per capire che non si erano conosciuti durante una partita di scacchi, ma più probabilmente durante un qualcosa di losco. O almeno era quello che Jongin era portato a pensare dopo aver scoperto quanto Yifan fosse immischiato in quella faccenda delle scomparse. 
Nonostante Nakajo e Kagurazaka sembrassero poco affidabili, nel giro di un’ora avevano dato loro un tetto sopra la testa. In quel preciso momento si trovavano dentro a una casa in perfetto stile giapponese: porte scorrevoli di carta spessa, tavolini bassi con cuscini al posto delle sedie, letti sostituiti da futon. Nessun lampadario, ma lanterne a olio. Jongin sospirò leggermente, posando gli occhi sulle figure tese dei suoi amici. Di fronte a lui sedeva Sehun, rigido come un manico di scopa, affiancato a destra da Luhan e a sinistra da Joonmyun; Chanyeol si era isolato dal tavolo, appoggiandosi al muro e tenendo d’occhio la figura di Baekhyun stesa su un futon proprio accanto a lui; Yixing parlottava con Jongdae e Minseok, lanciando di tanto in tanto occhiate sbieche a Yifan, intendo a parlare con i due ragazzi giapponesi, affiancato da Zitao. Jongin si era chiesto spesso per quale ragione il suo compagno di stanza non fosse sembrato minimente toccato dalle rivelazioni che Yifan aveva dato loro poco tempo prima. Anzi, aveva come la sensazione che gli si fosse avvicinato ancor di più. E ora Zitao era lì, ad ascoltare cosa quei tre si stessero dicendo, completamente concentrato sulla conversazione. 
-Sembri pensieroso- 
Il sussurro di Kyungsoo lo fece sussultare e quello sorrise per scusarsi. Jongin serrò le labbra e alzò le spalle. 
-Finchè la situazione non sarà più chiara non ho intenzione di rilassarmi..- spiegò brevemente, afferrando una delle manine del vicino, accarezzandone il dorso con gentilezza. Kyungsoo intrecciò le loro dita, posando il capo sulla spalla di Jongin. 
-Abbi fiducia in lui..- sussurrò Kyungsoo lanciando uno sguardo verso Yifan. -Io lo capisco. Non voglio condannarlo e non lo farò-
-Possiamo fidarci di Yifan, ma di quei due giapponesi? E se..-
Jongin non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che quel Nakajo si schiarì la gola e batté le mani come a voler reclamare la loro attenzione. Kagurazaka lo affiancò, posandogli un braccio intorno alle spalle. 
-Probabilmente vi starete chiedendo chi siamo e quale rapporto leghi noi e il vostro amico qui- cominciò a dire Nakajo indicando Yifan con un dito. -Cercherò di essere breve. In passato abbiamo lavorato assieme. Io e Kagurazaka eravamo degli impiegati dell’azienda dello zio di Yifan. Facevamo la stessa mansione del piccoletto nel futon- 
-Poi, proprio come Yifan, abbiamo deciso di andarcene- continuò Kagurazaka guardandosi attentamente le unghie, come se la conversazione non lo interessasse più di tanto. 
-Perché?- 
La domanda di Luhan spiazzò tutti i presenti. Nakajo si voltò nella sua direzione, fissando attentamente il volto del ragazzo, per poi far scorrere lo sguardo sulla figura di Sehun al suo fianco. Il giapponese socchiuse le palpebre, inarcando un sopracciglio. 
-Per te. E il tizio lì vicino- 
-Come..scusa..?- balbettò Luhan alzandosi in piedi, incrociando le braccia. 
Nakajo ridacchiò, e si scompose i capelli con una mano. 
-Saranno anche passati nove anni, ma voi due continuate ad avere la stessa faccia di un tempo. Solo un po’ cresciuta- affermò il ragazzo dai capelli arancioni con un’alzata di spalle. -E anche lo stesso caratterino. Tu si che mi hai dato filo da torcere, ti ricordi Kagurazaka? C’è voluto uno sforzo immenso- 
L’interpellato annuì. 
-Di cosa state parlando?- si intromise Joonmyun affiancando Luhan, e per la prima volta nel suo tono la gentilezza aveva lasciato spazio a un sentimento peggiore: il sospetto. 
-Tanto vale essere sinceri: nove anni fa io e Kagurazaka lavoravamo ancora a Seoul. Siamo stati noi a ‘rapirvi’. Odio usare questo termine- Nakajo fece una smorfia. -Tu, Sehun, avevi dieci anni ma eri parecchio sveglio. Tu, Luhan, ancora peggio. Quattordici anni di pura insolenza. Avevi un caratterino niente male. Alla fine però.. Vedervi ridotti in quel modo, così piccoli, ci ha fatto riflettere. E così ce siamo andati- continuò a spiegare incrociando le braccia. 
Nessuna parola seguì l’ultima affermazione di Nakajo. Tutti fissavano il volto pietrificato di Sehun e quello palesemente sconvolto di Luhan. 
Sehun era rigido come un manico di scopa, fissava gli occhi seri di Nakajo in una sorta di incredulità. Era stati loro. Loro lo avevano portato via, chiuso in quella cella. Loro lo avevano condotto in quella situazione. Dopo anni di ricerche, dopo anni di vuoto, ora aveva davanti la risposta a tutte le sue domande. Luhan, al contrario, era una maschera di stupore. Quelle parole che significato avevano? Anche lui era stato rapito? Non ricordava nulla! 
-Io sono stato.. Rapito?- balbettò alla fine, ma il mancato respiro mozzò l’ultima parola. Kagurazaka annuì. 
-Non mi stupisco che tu non ne abbia memoria. So che una volta che ti hanno ritrovato, i tuoi genitori hanno deciso di non dirti nulla. Non ricordavi il rapimento.. Ti hanno fatto credere di aver fatto un incidente in bicicletta e di aver perso i sensi per qualche giorno. Non volevano traumatizzarti- spiegò il ragazzo dai capelli verdi con un sospiro. -Tu e Sehun siete stati insieme nel periodo di reclusione- 
Luhan si voltò verso Sehun, guardando il suo volto con occhi diversi. Ora tutto aveva un senso.“Io ti conosco”. Queste erano state le prime parole che Luhan aveva rivolto a Sehun, pronunciate di getto, senza averci nemmeno riflettuto. Ora poteva capire la sensazione di disagio che quel ragazzo all’inizio gli creava, la convinzione di aver già visto quegli occhi penetranti. Ed era terribilmente devastante.
Luhan crollò in terra, prendendosi la testa fra le mani, mentre Sehun fissava il vuoto senza dare apparenti segni di attenzione. E Yifan li guardava tutti con aria dispiaciuta. Sapeva che portarli lì avrebbe fatto scoppiare quello scempio.. Ma Nakajo e Kagurazaka erano le uniche persone su cui poter far affidamento. E oltretutto non poteva negare di aver fatto tutto questo per poter permettere a Sehun e Luhan di conoscere la verità. Visto che erano il ballo, tanto valeva continuare a ballare. 
-So che vi abbiamo appena sconvolti. Ma spero che questa sfacciata sincerità vi faccia capire che con quella storia noi abbiamo chiuso. Vogliamo aiutarvi, per quanto ci sia concesso- affermò Nakajo con un sospiro. -Questa casa sarà tutta vostra per quanto vorrete. È sicura.. L’importante è farsi vedere fuori il meno possibile- 
-Forse.. Adesso dovremmo andarcene. Vorrete riposare, è tardi. Ci vediamo domani.. Vi porteremo delle provviste- esclamò Kagurazaka con un mezzo sorriso. Poi si voltò verso Yifan, regalandogli una pacca sulla spalla. -A domani amico-
Con quelle parole scomparve dietro una delle tante porte scorrevoli, seguito a ruota da Nakajo. E poi restò solo il silenzio. Nessuno osava parlare, nessuno osava quasi respirare. Tutti si limitavano a guardare Luhan e Sehun, in attesa che facessero o dicessero qualcosa. Il più piccolo fu il primo a riprendersi: si alzò da terra, sistemandosi i vesti con gesti lenti, poi si schiarì la voce.
-Penso che andrò a coricarmi. Scusatemi- 
E sparì dentro la camera da letto, sbattendo leggermente la porta sull’uscio. Luhan fece un profondo respiro e si passò una mano fra i capelli. 
-Stai bene?- la domanda di Chanyeol sembrò quasi stupida, ma Luhan sorrise ugualmente.
-No. Ma dopotutto doveva esserci una simile spiegazione visto che anche io mi sono..beh.. Trasformato? Fa strano dirlo così- ridacchiò il biondino, sembrando più isterico che divertito. -Ora mi spiego anche il perché Sehun mi incuriosisse così tanto. Vedete? Tutti i nodi vengono al pettine prima o poi- continuò il ragazzo con un’alzata di spalle. Faceva di tutto per non crollare. -Andrò a letto anche io. Devo..pensare- e con passi veloci si precipitò a sua volta nella stanza affianco. 
E a quel punto, mentre tutti parlottavano a bassa voce e Zitao posava una mano sulla spalla Yifan per dargli il suo sostegno, Jongin cominciò a riflettere. “Tutti i nodi vengono al pettine prima o poi”. Abbassò lo sguardo, guardando le dita di Kyungsoo ancora intrecciate alle sue e si rese conto, in maniera quasi devastante, che avrebbe dovuto fare un tuffo nei suoi sogni. Perché quelli erano i suoi personalissimi nodi nel pettine. 


Il suo respiro si condensava nell’aria fredda, svanendo lentamente, dissolto. Le mani erano indolenzite dalle basse temperature, ma la sua ostinazione lo spingeva a non afferrare la coperta a nemmeno un metro di distanza. Non voleva cedere. Chiuse gli occhi, gettando la testolina fra le ginocchia gracili. 
-Stai tremando come una foglia- 
Quella voce gli fece alzare gli occhi, andando a incontrare quelli grandi del suo “compagno di stanza”. Quel ragazzino doveva essere più grande di lui..si, ne era sicuro. Ma la sua aria era talmente tanto dolce e indifesa che per qualche istante si sentì più forte di lui. 
-Metti la coperta sulle spalle..- 
-No-
-Ti prenderai un malanno..-
-Non importa!-
-Ehi!- esclamò il ragazzino dagli occhi grandi, incrociando le braccia. -E’ inutile continuare a essere così ostinati, e lo sai meglio di me. Quindi per favore mettiti quella coperta addosso. Mi fa star male vederti tremare dal freddo- confessò poi, gonfiando le guance. L’altro lo guardò di sottecchi, valutando la sua espressione effettivamente preoccupata, per poi sospirare. Allungò una mano, afferrando il caldo tessuto di lana, e vi si avvolse completamente, lasciandosi andare a un brivido di piacere quando il calore cominciò a farsi sentire. “Occhi grandi” annuì soddisfatto e si sedette di fronte a lui, appoggiandosi al muro. Rimasero così per altri dieci minuti, scambiandosi di tanto in tanto qualche sguardo. Non si percepiva nessun rumore, nessun sussurrò, niente. O la stanza era completamente insonorizzata, o erano nel bel mezzo del nulla. Il piccolo non sapeva dire quale delle due opzioni fosse la peggiore. 
-Quanti anni hai?-
La domanda di ‘Occhi grandi’ ruppe il silenzio, e l’altro alzò lo sguardo verso di lui.
-Dieci..-
-Io quattordici. Di dove sei?-
Il piccolo lo guardò di sbieco, cominciando a sentirsi a disagio. Perché tutte quelle domande? Incassò ancora di più il collo nella coperta.
-Sto cercando di distrarti. E poi visto che siamo in due tanto vale fare due chiacchiere no?- affermò l’altro con un sorriso. Sembrava avergli letto nel pensiero. 
-Seoul-
-Io sono di origini cinesi. Ma vivo qui da quando avevo sei anni-
Il piccolo annuì, raggomitolandosi.
-Cosa fai nel tempo libero?- chiese ancora ‘Occhi grandi’ inclinando il capo.
-Aiuto mamma con le faccende di casa. E con il giardino-
-Io leggo. Mi piace molto..- affermò alzandosi in piedi. -Certo che qui fa freschetto. Dicono di volerci tenere bene ma poi ci lasciano a congelare-
‘Occhi grandi’ ridacchiò, e il piccolo non ci mise molto a capire che stava cercando di essere allegro per lui. Ma non aveva bisogno di essere protetto. Per quel motivo si alzò a sua volta e raggiunse a piccoli passetti il suo nuovo amico. Lo spinse contro il muro, facendolo sedere di nuovo, per poi accomodarsi vicino e avvolgerlo con la coperta.
-Ce ne hanno portata una sola. Condividiamola- sussurrò il piccolo, appoggiandosi al corpo del più grande. Quello sorrise, facendogli una piccola carezza sulla testa. 
-Non ti ho ancora chiesto la cosa più importante. Come ti chiami?-
-Sehun-
-Io sono Luhan. Finchè saremo qui ti proteggerò- 
Sehun lo guardò per un attimo, perdendosi nella sua espressione serena. E a un tratto, per quanto si sentisse un ragazzino più forte rispetto a quelli della sua età, le parole di Luhan lo fecero sentire stranamente al sicuro. 
-Sembri stanco.. Se vuoi appoggiati a me e dormi un pochino. Se succede qualcosa ti sveglio- affermò Luhan accompagnando con una carezza la testa di Sehun sulla sua spalla, per poi sistemare meglio la coperta. E il piccolo fece un sorrisetto, nascondendo il volto nella maglia del maggiore. 



Sehun si svegliò di soprassalto, sbattendo gli occhi nell’oscurità della camera. Il cuore gli batteva nel petto a una velocità impressionante, tanto che poteva sentirne il rumore nelle orecchie. Si sedette sul futon, passandosi una mano sul volto, e osservò i suoi amici dormire tranquilli nella loro parte di camera. Ma, proprio come aveva immaginato, il futon di Luhan era vuoto. Si alzò, camminando piano fino alla sala, ma trovò deserta anche quella. 
Voleva parlare con Luhan. Quel sogno.. Era sicuro che fosse un ricordo. Le parole di Nakajo e Kagurazaka dovevano aver fatto scattare qualche molla nella sua testa, ne era certo. Tornò in camera, afferrò una felpa, e si addentrò nel giardino dietro la casa, rabbrividendo all’aria fredda. Luhan era lì, seduto sotto la veranda, con la coperta del futon sopra le spalle. Sehun scosse la testa a quella sorta di dejavu, e lo affiancò senza dire nulla. 
-Non riesci a dormire- 
Non era una domanda, era una semplice affermazione. Luhan scosse la testa, e si girò a guardarlo di sottecchi. Non sapeva cosa dire.
-Ho fatto un sogno prima. Penso fosse un ricordo. C’eravamo io e te, in una stanza buia- cominciò a spiegare Sehun, portandosi le ginocchia al petto. 
-E che facevamo?-
-Parlavamo. Per distrarci. O per lo meno, tu cercavi di distrarre me. Eri preoccupato che fossi spaventato- 
-E lo eri?-
-No. Ma la tua vicinanza mi faceva stare bene- 
Luhan annuì piano, imitando la posizione di Sehun.
-C’era freddo lì dentro. E avevamo solo una coperta. Hai insistito che la prendessi io, tremavo come una foglia. Ma alla fine l’abbiamo condivisa, avevi troppo freddo anche tu. Mi hai offerto la tua spalla per dormire, e io mi sono accoccolato a te-  continuò a raccontare il più piccolo. -Eri davvero preoccupato per me.. E in quel momento mi sono reso conto di quanto in realtà mi sentissi indifeso..- 
Sehun si voltò verso Luhan, fissandone il volto nascosto dalla coperta. I capelli biondi ricadevano sugli occhi, coprendoli parzialmente, le guance arrossate dalla bassa temperatura. Era così.. Semplice. Così bello. Così forte, in un certo senso. Sehun accostò il Luhan del presente a quello del passato e si rese conto, però, che forse in quel momento le posizioni si erano invertite. Adesso era Sehun quello forte, quello sicuro di sé, quello che con la rivelazione di poche ore prima, nonostante fosse stata scioccante, aveva potuto cominciare a riprendere in mano la sua vita e a ricordare. Mentre a Luhan la vita era appena stata stravolta. 
-Vieni qui- disse Sehun, afferrando un lembo della coperta e tirandosela addosso. Si avvicinò di più all’altro, facendo coincidere i loro profili. Poi, con una lenta carezza, fece posare il capo di Luhan sulla sua spalla.
-Adesso la situazione si è ribaltata. Dormi. Ti proteggerò io, questa volta-
Luhan trattenne il respiro, mentre Sehun lasciava lente carezze sul suo braccio. A quel punto sorrise, una lacrima cadde lungo la sua guancia, e non poté fare a meno di sentirsi al sicuro. 

Dentro alla casa, camera da letto.

-Tu sapevi..vero?- 
La voce di Zitao giunse sussurrata all’orecchio di Yifan, che sobbalzò. Se lo ritrovò a cinque centimetri dalla faccia e per poco non gli venne un infarto. 
-Di Luhan e Sehun?- chiese. Zitao annuì. -Si, sapevo-
-Lo hai fatto di proposito-
-Volevo dare loro la possibilità di sapere.. -
Zitao sospirò lentamente, per poi sorridere. 
-E’ impossibile dormire con Yixing che russa in questo modo. Come sei riuscito a condividere la stanza con lui?- affermò Zitao con una risatina, cambiando argomento, indicando con un dito un punto preciso dietro la sua schiena.
-Tappi per le orecchie, logico- 
Zitao sbuffò, sistemandosi meglio accanto a Yifan.
-Dormirò qui, ho deciso- disse poi accoccolandosi su metà cuscino dell’altro.
-Nel mio futon?-
-Affermativo-
-Perché?- chiese a quel punto Yifan, sorpreso. Zitao lo fissò serio, senza distogliere per un solo secondo lo sguardo, e sorrise. Liberò una mano dalla coperta, posandola sopra il cuore dell‘altro, e accartocciò le dita sulla maglietta. Prima che Yifan potesse accorgersene, Zitao gli aveva posato un leggero bacio all’angolo delle labbra. 
-Buonanotte Yifan-

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Capitolo 23
*** Famiglia ***


Sonomi's home:
Buonasera a tutti ^^ Eccomi tornata con un nuovo capitolo! :D L'inizio sarà un po'' strano, ma solo per via di un piccolo salto temporale di una settimana :) spero che possa soddisfarvi! 
Ci tenevo a dire due cose. Prima di tutto, vi informo che entro 6-7 capitoli la FF dovrebbe volgere al termine, forse anche meno. Dipenderà dalla loro lunghezza. Mi dispiace davvero molto, ma io stessa mi rendo conto che tirare avanti una FF per le lunghe può farla risultare pesante e non vorrei che accadesse con la mia ç_ç e poi insomma, ci stiamo avvicinando davvero al finale indipendentemente da una mia scelta o meno (?) quindi eviterò di allungarla più del necessario! Oltretutto vorrei chiedervi una piccola preferenza riguardo a una cosuccia u.u ho in programma di scrivere un EXTRA di questa FF, una sorta di "pre-ff" in cui vi farò conoscere come alcuni personaggi si sono conosciuti. E quindi la mia domanda è: di chi vorreste leggere il primo incontro? Yifan e Tao, Minseok e Jongdae o..Chanyeol e Baekhyun? ^^ o tutti e tre? LOL fatemelo sapere come più vi aggrada (?) o tramite una recensione o tramite i miei contatti che trovate tutti nella mia pagina autore ^^ 
Non sto ancora ad annoiarvi. GRAZIE A TUTTI <3

 






Capitolo 23
Famiglia


La pace era durata poco.
Joonmyun fissava con le lacrime agli occhi la porta di casa crollare sotto le numerose spinte, il legno completamente scardinato frantumato sul suolo. Yixing gli stringeva la mano talmente tanto forte che la circolazione sanguinea ne stava risentendo, ma poco gli importava mentre guardava entrare nel loro rifugio momentaneo una decina di ragazzi. Accanto a lui i suoi compagni di viaggio trattennero il respiro. 
Sulla soglia, con un ghigno leggero sul volto, stava Seunghyun. 
-Buonasera. Noto con piacere che ci siete tutti..- affermò facendo qualche passo all’interno dell’abitazione. -Il capo sarà molto felice-
-Seunghyun..- sussurrò Chanyeol osservando l’altro guardarsi le unghie con tranquillità, del tutto sicuro che la sua missione sarebbe andata a buon fine. 
-Come hai fatto a trovarci?- domandò Yifan mettendosi davanti ai suoi amici, come a volerli proteggere da un qualche pericolo. Seunghyun alzò gli occhi verso di loro, piantandoli in quelli di Baekhyun.
-E’ stato molto semplice, sapete, una volta che mi sono reso conto di una cosa- cominciò a spiegare l’altro continuando a fissare il piccolo ragazzo accanto a Chanyeol. -Ciò che appartiene al mio branco, io lo percepisco- 

Pochi giorni prima, Seoul.

Seunghyun camminava avanti e indietro nello studio del signor Byun, le dita appoggiate a una tempia e gli occhi chiusi. L’uomo continuava imperterrito a inveirgli contro, sbraitando parole senza senso sulla sua incapacità di portare a termine quel lavoro. Seunghyun avrebbe voluto vedere lui nella situazione che stava vivendo. Se tanto lo riteneva incapace, perché non si occupava del problema da solo? Il ragazzo sbuffò.
-Ha finito di insultarmi, di grazia?- sbottò. -Pensa di aiutarmi dicendomi questo? Pensa che sia colpa mia se quei ragazzi sono più furbi di me e lei messi insieme? Stiamo facendo del nostro meglio- 
-Non c’è molto tempo, signorino! Non appena i ragazzi capiranno come funzionano le cose, sarà impossibile prenderli!- urlò Byun alzandosi dalla scrivania. 
-Non si preoccupi di questo..-
-Ah no? Hai appena detto tu stesso che quei giovanotti sono più furbi di quello che pensiamo. Credi che ci metteranno molto a capire che quel Zitao è il loro capobranco? Che se volessero potrebbero non aspettare la luna piena per trasformarsi? Che, se solo non fossero troppo preoccupati dal scappare, riuscirebbero a percepirsi l’uno con l’altro? A quel punto potremmo dire loro ‘ciao’, sarebbero impossibili da catturare!- sbraitò Byun dando un pugno al muro. Seunghyun se ne stette in silenzio, passandosi una mano fra i capelli. Sapeva di doversi sbrigare, ma tutte quelle urla non sarebbero state d’aiuto. 
-Vado. Cercherò di fare il possibile- disse alla fine, dando le spalle al “capo”, per poi uscire dalla stanza senza nemmeno salutare. Poco importava avere rispetto, se era dalla loro parte era solo per potersi guadagnare la libertà. Camminò spedito per i corridoi, uscendo in strada e abbassando la testa per proteggere gli occhi dai deboli raggi solari. L’arietta fredda di inizio inverno lo colpì in pieno e si strinse nella giacca, mentre lentamente si dirigeva verso casa.
Quando entrò nel suo piccolo appartamento si gettò totalmente vestito sul divano, senza preoccuparsi di sporcarne la stoffa con le scarpe. Con il braccio si coprì gli occhi, rilassandosi, cercando di captare cosa stessero facendo i suoi ragazzi. Aveva imparato a chiuderli fuori dalla sua mente per la maggior parte della giornata. All’inizio il loro vociare era talmente tanto rumoroso che faticava a non impazzire. Piano piano cominciò a sentire diversi pensieri non suoi.. Due dei suoi lupi erano a fare la spesa al supermercato, discutevano su quale biscotti comprare; l’unica ragazza leggeva un libro, un giallo a quanto gli sembrava; un altro pensava a quanto fosse doloroso aver dovuto mentire a Chanyeol.. 
Un momento.
Seunghyun balzò in piedi, prendendosi la testa fra le mani. “Che, se solo non fossero troppo preoccupati dal scappare, riuscirebbero a percepirsi l’uno con l’altro?”
Le parole del signor Byun gli risuonarono in testa, mandandolo quasi al manicomio. Come aveva fatto a pensarci prima? Possibile che la rabbia e il desiderio di riscatto lo avessero accecato dal capire una cosa così ovvia? Lui aveva morso Baekhyun. Lui lo aveva reso un lupo. Lui..era il suo capobranco. Per un attimo ebbe un irrefrenabile ondata di disgusto nel rendersi conto di avere con sé la persona che lo aveva condannato a quella vita. Poi però comprese che avrebbe potuto trovarli in uno schiocco di dita, ovunque loro fossero mai andati. Perché i pensieri di Baekhyun erano anche i suoi. Seunghyun ghignò, concentrandosi di nuovo attentamente, escludendo gli altri e focalizzandosi soltanto sulla persona desiderata:

Baekhyun stava guardando Chanyeol riposare con la schiena appoggiata al muro. Di fianco a lui sedeva un altro ragazzo dagli occhi grandi e i capelli scuri. Parlavano sottovoce per non svegliare Chanyeol. Seunghyun sentì dire dalla bocca dello sconosciuto qualcosa riguardante i sensi di colpa.
-Non devi preoccuparti di questa cosa adesso, Baekhyun. Sicuramente il tuo Channie ha altro a cui pensare, e di certo non starà a colpevolizzarti ancora per Seunghyun- 
-Non sai quanto sia stato doloroso stare al suo fianco con la coscienza sporca, Kyungsoo. Ogni volta che mi stringeva fra le braccia io mi sentivo sprofondare nel dolore. Ma nonostante tutto io.. Non riuscivo ad allontanarmi da lui-
 

Seunghyun fece una smorfia. Se Baekhyun si era sentito così in colpa avrebbe dovuto risolvere la cosa prima che degenerasse in quel modo. Scosse il capo, scacciando quei pensieri, e si concentrò nuovamente.

-L’amore non segue le regole. Guarda Zitao, ad esempio-
-Zitao?- chiese Baekhyun.
-Andiamo, non ti sei accorto di come vanno le cose fra lui e Yifan? Quei due si piacciono. Da sempre. Ancor prima che succedesse tutto questo- spiegò Kyungsoo. -Eppure, nonostante Zitao sappia cosa Yifan ha fatto, non  fa altro che rimanergli ancora accanto. Se questo non è amore dimmi tu cos’è. E la stessa cosa vale per te e Chanyeol- 
-Si, ma cosa dovrei fare adesso? Io e Channie siamo in una sorta di momento in cui entrambi fingiamo che non sia successo nulla, ma prima o poi dovremo affrontare l’argomento. E se lui non mi volesse con sé?-
Kyungsoo prese le mani di Baekhyun fra le sue e le strinse leggermente.
-Sbaglio o adesso lui è qui con te, lontano da casa, dopo averti accudito per giornate intere? Quando ha saputo che il suo migliore amico era vivo avrebbe potuto schierarsi tranquillamente dalla sua parte, ne avrebbe avuto anche le buone motivazioni, ma non lo ha fatto. Ti ha seguito fino a qui, a Osaka, e ti chiedi ancora se lui ti ama?-


A quel punto Seunghyun smise di ascoltare. Aveva le informazioni che gli servivano. Osaka, in Giappone. Afferrò il cellulare, compose velocemente il numero del signor Byun, e attese che quello rispondesse.
-So dov’è suo figlio e quel branco. Andiamo a prenderli-


Osaka, presente.


-Ciò che appartiene al mio branco, io lo percepisco- 
Quelle parole furono seguite da un lungo silenzio. Baekhyun tremò impercettibilmente, perché aveva capito, eccome. E non sapeva proprio cosa dire, fare, pensare. Seunghyun continuava a fissarlo con quel ghigno sul volto, segno di puro divertimento, e il ragazzo sapeva che quella era una sorta di vendetta nei suoi confronti. Baekhyun capì che, secondo le regole, lui avrebbe dovuto essere dalla parte di colui che lo stava guardando. E a quanto pare lo stesso pensiero doveva essere passato per le menti di tutti i suoi amici. 
-Tu.. Cosa?- balbettò Zitao affiancando Yifan. I ragazzi dietro Seunghyun, a quel gesto, ringhiarono leggermente. Il loro capo alzò una mano, come a intimare loro di smettere, e quelli tornarono a posto. Zitao corrugò le sopracciglia. 
-Chiedo scusa- disse Seunghyun sorridendo. -Ma quando un capobranco si avvicina ad un altro il risultato è questo- 
-Che cosa vorresti dire?- chiese il cinese con tono fermo, avvicinandosi ancora di più a lui. 
-Che tu sei il capobranco del tuo gruppo, Huang Zitao. Perché credete di esservi trasformati tutti adesso, nello stesso momento, nonostante i vostri rapimenti siano avvenuti in periodi diversi? Un gruppo si forma nel momento in cui arriva il capobranco. Per questo io e te, a rigor di logica, siamo pari. In pratica però.. Beh, diciamo che parti svantaggiato- rise Seunghyun. -Io sono un lupo da molto più tempo di voi. So interagire con il mio branco come se fossimo una cosa sola, a differenza vostra. E per quanto riguarda la mia frase infelice di prima..- continuò il ragazzo guardando nuovamente Baekhyun. -Temo che il vostro amichetto sia dalla parte sbagliata- 
-Questa è una stronzata bella e buona!- sbottò Chanyeol avanzando. 
-Sono stato io a rendere Baekhyun come noi, quella notte. Fa parte del mio branco! Per questa ragione posso sentire i suoi pensieri- spiegò pacatamente Seunghyun come se la cosa non gli importasse poi molto. Ed effettivamente era così. -Devi sapere, Zitao, che i capibranco possono sentire i pensieri dei membri del proprio gruppo. Mi è stato facile arrivare a voi proprio per questo. Mi dispiace darti questa notizia..Chanyeol-
Seunghyun non pensava che parlare nuovamente al suo amico sarebbe stato così difficile. Mostrava tranquillità, ma dentro stava tremando. Lo guardò avvicinarsi ancora a lui, lentamente, fino a quando non se lo trovò a un palmo dal naso. 
-E che cosa avresti intenzione di fare, allora?- ringhiò Chanyeol afferrando il vecchio amico per il bavero. Quello sorrise.
-Se hai paura che ti porti via il tuo lupetto puoi stare tranquillo- affermò Seunghyun con espressione disgustata. -Il branco è la mia famiglia e lui non è gradito. Ti libero dal vincolo con il mio branco, Byun. Adesso sei un bel randagio- ridacchiò poi afferrando la mano di Chanyeol e allontanandolo dal suo collo. Guardò il ragazzo ancora per qualche secondo, gli occhi del più alto lo sondavano feriti, e poi si accostò al suo gruppo. Continuò a parlare.
-Sapete qual è la cosa che mi diverte, però? Vedere che siete partiti in così tanti, quando in realtà le persone che sarebbero dovute scappare sono meno- affermò Seunghyun incrociando le braccia. 
-Si chiama amore!- 
L’urlo di Kyungsoo fece sussultare tutti, troppo presi dalla tensione palpabile nella stanza. Il ragazzo fece qualche passo avanti, affiancando Zitao e Yifan, fissando Seunghyun con una luce negli occhi che nessuno gli aveva mai visto prima. Quest’ultimo lo riconobbe come il giovane nei pensieri di Baekhyun. 
-Amore?- rise poi scuotendo il capo. 
-Già. Amore. Amicizia. Entrambi! In quel college abbiamo imparato a sostenerci l’uno con l’altro. La maggior parte delle persone lì dentro ha una famiglia difficile alle spalle a cui non è particolarmente legato. Per questo i legami creati sono più forti di qualsiasi cosa! Noi siamo una famiglia!- continuò a urlare Kyungsoo lanciando un’occhiata a Jongin, facendo poi scorrere lo sguardo su tutti i suoi amici. -E le famiglie non si abbandonano mai..- concluse poi, portando lo sguardo sul pavimento. Il silenzio tornò sovrano, spezzato soltanto dal suono di passi fuori dalla casa: erano arrivati altri membri del gruppo di Seunghyun. Quest’ultimo fissava Kyungsoo con serietà, ogni traccia di sarcastica ilarità svanita dal volto, muscoli tesi e mascella contratta. “E le famiglie non si abbandonano mai”. Quelle parole, anche se appena pronunciate, a Seunghyun parvero arrivare da ricordi ben più lontani. Quando ancora era solo un ragazzino, con la sua bicicletta mezza rotta e il cuore spezzato dalla separazione dei suoi genitori; quando correva nel salotto di casa Park a piangere, e la signora Park lo obbligava a buttare giù chili e chili di cioccolata per farlo sollevare; quando Chanyeol lo abbracciava e gli ripeteva in continuazione che sarebbe stato lui la sua famiglia, per sempre. Seunghyun sospirò, voltando il capo dall’altra parte per non dover incrociare gli occhi del suo vecchio amico. Chiuse tutti quei sentimenti e ricordi in un angolo della sua mente, spingendoceli con violenza, per poi lanciare uno sguardo penetrante al gruppo di fronte a lui. 
-Allora spero che l’amore vi sia di consolazione anche quando sarete di nuovo a Seoul- disse secco. -Prendeteli- 
Il branco di Seunghyun avanzò tranquillo, mentre quello di Zitao stava fermo e immobile, tutti coscienti che non sarebbero comunque riusciti a scappare o a fare qualunque cosa. Si lasciarono condurre fuori dalla casa, mano nella mano, senza lasciarsi, e a Seunghyun quel gesto non sfuggì. Non si perse nemmeno l’occhiata di Chanyeol, piena di risentimento e lacrime, e riuscì a sentire quello sguardo perforargli la schiena fino a quando i suoi ragazzi non li fecero salite tutti nelle macchine. E si rese conto che, per quanto cercasse a chiudere i sentimenti negli angoli della mente, era molto più difficile farlo negli angoli del cuore. 


Seoul, 3 dicembre.

Yixing batteva incessantemente il piede in terra, come a tenere il tempo dei suoi pensieri. Ogni tanto lanciava qualche occhiata a Joonmyun, seduto su una sedia attaccata al muro di fronte a lui, intento a medicare il piccolo taglietto che Luhan si era procurato inciampando durante il trasporto dentro l’agenzia. Il cinese tremava violentemente, guardando le pareti della stanza con gli occhi spalancati. Yixing pensò che ci fosse qualche possibilità che quella camera fosse proprio il luogo in cui lui e Sehun erano stati portati durante il rapimento, e quando vide quest’ultimo affiancarsi a Luhan e passargli un braccio intorno alle spalle, capì di averci visto giusto. Una cosa veramente sadica.
Chanyeol in compenso fissava senza vedere realmente nulla un punto indefinito di fronte a lui, e la cosa era piuttosto logica: erano chiusi da tre ore lì dentro e Baekhyun non era ancora tornato. Appena arrivati al palazzo dell’agenzia, Baekhyun era stato separato dai suoi amici per essere portato nell’ufficio del padre. A nulla erano servite le urla e i tentativi di ribellione del fidanzato. E ora se ne stava lì, in placida attesa, senza parlare con nessuno. Kyungsoo e Jongin erano accucciati in un angolo, stretti l’uno all’altro, così come Jongdae e Minseok, e Yixing li invidiò tutti e quattro per un attimo. Avrebbe voluto anche lui stringere a sé qualcuno da cui tratte conforto, una persona che attraverso quell’abbraccio riuscisse a trasmettergli la bellissima sensazione di essere al sicuro. E quella persona, per lui, era dall’altro capo della stanza e stava poggiando su un tavolino il disinfettante precedentemente usato. Yixing guardò Joonmyun ancora per qualche istante, osservando la sua aria smunta, fino a quando l’altro non alzò gli occhi nella sua direzione con un mezzo sorriso. Lo guardò camminare verso di lui, fino a quando non se lo trovò di fronte. Non parlò: nulla avrebbe spezzato quel silenzio. Joonmyun semplicemente fece scivolare le braccia intorno alla vita di Yixing, seppellendo la faccia nell’incavo del suo collo. 
E pochi piani sopra il loro, Baekhyun era seduto su una poltrona in pelle marrone, davanti a una scrivania in mogano. E appoggiata a quella scrivania c’era una donna dai lunghi capelli neri. Baekhyun la guardò con odio, come aveva sempre fatto del resto, e quella sembrò quasi divertita da quell’occhiataccia. Fece una risatina e cominciò a camminare per la stanza. 
-Mio caro Baekhyun.. Vedo che alla fine hai deciso di voltarci le spalle-
-Non c’era nulla che mi impedisse di farlo, considerando che Chanyeol non era così al sicuro come credevo- sputò il ragazzo con risentimento. La donna lo guardò mettendo il broncio.
-Tesoro, è stato un caso. Non avevamo intenzione di fargli del male, lo sai-
-Difficile crederlo-
La signora incrociò le braccia al petto e fissò Baekhyun con intensità. Gli occhi del ragazzo erano così colmi di tristezza che non sapeva proprio come comportarsi. 
-Tuo padre era molto preoccupato per te sai? Penso che dovresti smettere di dargli problemi e deciderti a tornare a casa. Ai tuoi amici penseremo noi- disse alla fine prendendo posto dietro alla scrivania. Baekhyun rise sarcastico, scuotendo il capo.
-Se penserete a loro come avete fatto fino ad adesso allora dovrei proprio stare tranquillo, si!- ringhiò. -Io non ho intenzione di appoggiarvi ancora!- 
-C’è la tua famiglia di mezzo!- sbottò la donna battendo la mano con violenza sulla superficie in mogano. -Quello è tuo padre!-
A quel punto Baekhyun si alzò in piedi, avvicinandosi in fretta alla donna. Si appoggiò alla scrivania, protendendosi verso il volto della sua interlocutrice, arrivandole a cinque centimetri dal naso con un sorriso provocatore stampato sulle labbra. 
-Proprio lei mi parla di famiglia?- sussurrò ridacchiando, alzando le sopracciglia. -Proprio lei, che non ha esitato a spedire suo figlio nel college di mio padre.. Signora Huang?-

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Capitolo 24
*** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***


Sonomi's home:
Hello! Ciao a tutti, sono tornata con il capitolo 24 e un gigantesco ritardo. Lo so, avete il permesso di picchiarmi (?) Ma sono qui ora, felicissima di postare questo capitolo scritto in tre giornate. Che dire, non so da dove cominciare! Vi devo annunciare prima di tutto che dalla prossima settimana avrà inizio la mia vita da universitaria e gli orari che mi sono ritrovata sono assurdi. Ciò significa che i capitoli arriveranno probabilmente di sabato/domenica. In questo capitolo, e nei futuri, avremo delle comparse da parte degli Infinite (?) ahaha giusto qui e là. 
E oltre a questo un ENORME grazie. La FF ha raggiunto le 1903 visualizzazioni (IO VI AMO.), 53 fra i preferiti, 9 fra i ricordati e ben 71 fra le seguite. Mai mi sarei aspettata dei simili numeri... GRAZIE. 
Ci tenevo anche a dirvi che ho pubblicato il primo EXTRA, ma dato che non l'ho messo insieme alla Long ho paura che non tutti l'abbiano notato: ---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2813764&i=1  (Eccolo qui :3)
Adesso mi dileguo. Buona lettura :D 
Spero commenterete <3

 





Capitolo 24
Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.



-Proprio lei mi parla di famiglia?- sussurrò ridacchiando, alzando le sopracciglia. -Proprio lei, che non ha esitato a spedire suo figlio nel college di mio padre.. Signora Huang?-

La donna osservò con espressione contrariata il volto del ragazzo che la stava fissando così da vicino, indecisa su come ribattere a quella palese provocazione. Sospirò, poggiando la schiena alla spalliera della sedia in modo da potersi allontanare da Baekhyun. Doveva pensare o la situazione avrebbe rischiato di sfuggirle di mano. 
-Non credo che tu sia nella posizione di poterti rivolgere a me con queste parole, ragazzino. Non sei forse tu quello che ha nascosto la verità sul proprio conto al fidanzato? Cerchiamo di non prenderci in giro!- sbottò la signora Huang, finendo per alzarsi in piedi. 
-Vendere il proprio figlio e dire una bugia sono due cose ben diverse..- soffiò Baekhyun.
-Taci! Non sai nulla di questa faccenda, vedi di chiudere la bocca- 
Questa volta la donna aveva urlato. Come si permetteva quel ragazzino di parlare senza conoscere i fatti? Sbattè una mano sulla scrivania, per poi sistemarsi i capelli dietro le orecchie con la punta delle dita. 
Bussarono alla porta, e chiunque vi fosse dietro decise di entrare senza aspettare nessun consenso. Il signor Byun comparve in tutta la sua persona, seguito a ruota dal dottor Kang. Il preside del college rimase per un attimo a osservare in silenzio in figlio, appoggiato alla scrivania con le braccia incrociate e lo sguardo basso, con tutta l’intenzione di dirgli qualcosa. Ma le parole sembravano morirgli in gola. 
-Byun, Kang.. Dobbiamo decidere che cosa fare. Dov‘è Wu? E Ahn?- 
La signora Huang sembrava decisa a mettere fine a quella situazione. Non importava che Baekhyun fosse nella stanza a sentire i loro discorsi, non importava nemmeno che il ragazzo dopo andasse a spifferare tutto ai suoi amichetti. Dovevano decidere cosa fare, come continuare i lavori, altrimenti la situazione avrebbe rischiato di capitolare. 
-Non pensi che prima sia il caso di occuparci dei ragazzi, Huang? E poi, Wu e Ahn non possono ancora raggiungerci- esclamò Byun facendo qualche altro passo all’interno della stanza, andando a sedersi sulla poltrona occupata pochi minuti prima dal figlio. 
-Sono giù di sotto nelle celle..-
-Non tutti, signori- affermò Byun con un sorrisetto. -Sbaglio o il branco di Seunghyun è a piede libero?-
-Cosa intendi fare?- sussurrò il dottor Kang allibito. 
-Pensavate davvero che avrei lasciato liberi quei mocciosi? Non possiamo permetterci incidenti simili a quello di Baekhyun!- il signor Byun lanciò uno sguardo a suo figlio. Quello non si degnò nemmeno di alzare lo sguardo. -E di sicuro non posso perdonarli per quello che hanno fatto al mio bambino..- 
-Vuoi rimangiarti i patti che hai fatto con Seunghyun?- 
La signora Huang sembrava sorpresa. Osservò con un sopracciglio alzato il volto del collega, cercando di saggiarne l’espressione. 
-Temo di essere costretto a farlo..-
Una risata sarcastica ruppe quella conversazione, congelando le persone presenti. Baekhyun continuò a ridere, alzando finalmente lo sguardo sul padre, guardandolo con aria disgustata. Si sentiva stanco, preso in giro, si sentiva in colpa anche per tutto quello che stava succedendo. In colpa verso Seunghyun, pronto a essere tradito e trascinato in quella situazione da lui anni prima; verso Minseok, che per colpa sua aveva perso addirittura la memoria; verso Zitao, doppiamente preso in giro sia da lui che dalla madre; verso Chanyeol.. L’amore della sua vita. Verso tutti gli altri suoi amici, ora chiusi dentro una cella ad attendere. 
-Mi stupisce sentirti parlare in questo modo, papà. Dopotutto.. Se tutta questa storia non fosse mai iniziata, non ci sarebbe bisogno di preoccuparsi di altri incidenti simili, o sbaglio?- sputò alla fine Baekhyun facendo qualche passo verso l’uomo. -Adesso mi chiedo.. Come io possa aver acconsentito a seguirti in questo folle piano- 
-Perché sei mio figlio, sangue del mio sangue..- affermò il signor Byun alzandosi dalla poltrona. Il ragazzo scosse la testa.
-Non mi riconosco più in quel ruolo, papà. Sono successe troppe cose.. Troppe sofferenze..-
-Cosa stai dicendo, figliolo?-
-Sto dicendo che ora, in questo momento, l’unica cosa che desidero è tornare dai miei amici giù di sotto e non scappare dalla situazione solo perché sono tuo figlio- disse Baekhyun serio. Due secondi di silenzio, poi parlò di nuovo. -Voglio tornare da coloro che mi sono stati vicino, dal mio ragazzo. Dalla mia famiglia- 
Dopo quelle parole nessuno osò dire altro. Tutti fissavano allibiti il ragazzo di fronte a loro, sconvolti dalle sue affermazioni. Il signor Byun, in compenso, sembrava aver perso l’entusiasmo che aveva avuto fino a pochi minuti prima, piano piano sostituito dalla rabbia. La si vedeva crescere dietro le pupille scure, negli scatti nervosi delle mani, nella bocca stretta in una linea sottile. 
-Tu non vai da nessuna parte ragazzino!- sbraitò il signor Byun. -Che ti piaccia o no sei mio figlio e non ho nessuna intenzione di lasciarti andare!- le ultime parole suonarono quasi come un ringhio. L’uomo tirò un calcio alla poltrona, spostandola di parecchio, facendo sussultare i presenti. Tutti tranne Baekhyun, che aveva abbassato lo sguardo cercando di non piangere. Non voleva.. Non voleva. Desiderava solo tornare da Chanyeol.. Tutto il resto non aveva importanza.
-Adesso mi sto veramente stancando! Gettate nelle celle anche Seunghyun e i suoi patetici amici e chiudiamo questa storia!- 
Di certo nessuno di loro poteva immaginare che Seunghyun stesse ascoltando dietro la porta. 
La prima cosa che provò fu disgusto. Verso quell’uomo, che aveva fatto promesse appese a un filo; successivamente verso se stesso, per essersi immischiato in quella situazione. Probabilmente in mezzo a tutto quel disgusto c’era anche una sorta di senso di colpa, prima tenuto a bada dalla determinazione e dalla voglia di essere libero, ora pronto a esplodere e a trasformarsi in una ferrea forza di volontà. Avevano intenzione di gettarlo in una cella con il suo branco e buttare via la chiave? Cosa pensavano di fare con loro?
Seunghyun guardò attraverso la fessura della porta lasciata leggermente aperta, ma l’unico volto che riusciva a scorgere era quello pietrificato di Baekhyun. Non sapeva cosa fare, come comportarsi, ma era sicuro di una cosa: non poteva rimanere lì ancora per molto. Proprio nel momento in cui stava per porre fine al suo ragionamento, Baekhyun lo notò con la coda dell’occhio e rimase ancor più pietrificato di prima. Da dentro le voci continuavano ininterrottamente, Seunghyun le percepiva, ma non riusciva a muoversi. 
-E cosa pensate di fare una volta che li avremo tutti sotto chiave?- chiese il dottor Kang incerto, mentre Baekhyun faceva qualche passo incerto all’interno della stanza, in direzione della porta. 
-Semplice, no?- affermò Byun, lasciando volutamente la frase in sospeso. -Li terremo sotto controllo, osservando il loro comportamento..-
-E se l’osservazione dovesse rivelarsi un fiasco?-
-Penso che conosca già la risposta, signora Huang-
E a quel punto Seunghyun scattò. 
Aveva tutte le risposte che gli servivano, tutte le buone motivazioni per scappare, prendere il suo branco e correre lontano il più in fretta possibile. Ma c’era una cosa che doveva fare prima di tutto questo. Anzi, due cose: la prima era far uscire Baekhyun da quella stanza; la seconda creare una via di fuga anche a Chanyeol e i suoi amici. Era il minimo che potesse fare per loro..per lui. Il suo migliore amico.
-Papà..- la voce terrorizzata di Baekhyun ruppe i suoi pensieri, facendolo riaccostare alla porta. 
-Mi dispiace Baekhyun. Non c’è altro modo- 
Urla. Fu questo che Seunghyun iniziò a sentire. Chiuse per un attimo gli occhi, retrocedendo lentamente di passo in passo lungo il corridoio, alla ricerca di un momento di puro silenzio. Si inginocchiò per un attimo sul pavimento, aprendo la mente e afferrandosi la testa come a volerla sorreggere. Ed eccoli lì i pensieri del suo branco, così familiari e confortanti. Si intrufolò in essi, inserendosi in quel flusso di parole.
“Ragazzi, siamo stati fregati.”
Percepì la confusione dopo quella frase.
“Ci vogliono ingabbiare. Dobbiamo scappare.”
“Seunghyun cosa stai dicendo?!”
“Dobbiamo andarcene! Se siete fuori dall’edificio scappate. Chi è dentro raggiunga le celle dell’altro branco e provi a liberarlo. Io cerco di portare via il figlio di Byun.”
“Ma capo.. Non possiamo lasciarti da solo!”
“E’ un ordine Woohyun!. Fate come vi ho detto. Dopo aver liberato il branco di Zitao cercate di uscire intesi? I grandi capi non hanno ancora dato nessun ordine, cercherò di prendere tempo. Vi do massimo dieci minuti! Correte, svelti!”

E a quel punto Seunghyun chiuse la connessione mentale con il suo branco, sentendosi subito solo. Solo e vagamente perso. Aveva detto che in qualche modo avrebbe portato Baekhyun fuori di lì e dato tempo ai suoi ragazzi, ma non poteva farlo in nessun modo se non quello di irrompere in quella stanza. E rischiare di farsi catturare. A meno che.. Seunghyun pensò a quella possibilità mentre camminava di nuovo in direzione di quella stanza, le urla di una feroce litigata che ancora rimbombavano fra le pareti. Da tanto tempo non lo faceva.. Da così tanto che temeva di non ricordarselo neppure. Deglutì. Ma come poteva sperare di portare via Baekhyun da quella stanza senza qualche mezzo extra? 
Aveva capito di potersi trasformare senza luna piena un anno prima. Era successo per un eccesso di rabbia e paura, nel momento in cui un ragazzo del suo branco si era ritrovato in pericolo. Poco tempo dopo aveva capito il meccanismo e la trasformazione era diventata un gioco da ragazzi. Ma erano mesi che non lo faceva più.. E se non avesse funzionato? Se avesse sbagliato qualcosa? Con quella domanda per la testa, spalancò la porta, facendola sbattere contro la parete. Il signor Byun, la signora Huang e il dottor Kang, ancora nel bel mezzo della feroce lite, si girarono tutti nella sua direzione con gli occhi spalancati mentre un Baekhyun accantonato in un angolo tratteneva il respiro. Seunghyun cercò lo sguardo del giovane, cercando di lanciargli un’occhiata tranquillizzante, per poi voltarsi nuovamente verso gli altri. 
-Salve- affermò secco, infilandosi le mani in tasca. -Disturbo?-
Il signor Byun aprì la bocca come a voler dire qualcosa, ma la richiuse subito. 
-Sapete, stavo giusto camminando da queste parti quando ho sentito una cosa davvero spiacevole..- continuò Seunghyun camminando verso Byun. Giunto di fronte a lui afferrò con le dita la cravatta dell’uomo, tirandola leggermente verso di sé. -Pensate davvero di poter fare il doppio gioco con me?- soffiò con rabbia, e con la coda dell’occhio il ragazzo notò quanto la signora Huang si stesse agitando. 
-Di cosa stai parlando ragazzino?-
-Non fare finta di niente!- urlò Seunghyun strattonando l’uomo. -Non farmi perdere la pazienza Byun.. Ci sono tante cose su queste tue creazioni che non sai.. Adesso tu farai una cosa molto intelligente: lascerai uscire me e Baekhyun incolumi da questa stanza e insieme ce ne andremo. Ce ne andremo tutti..- 
Seunghyun sapeva di star dicendo cose a caso, ma doveva prendere ancora tempo. I suoi ragazzi non avevano ancora finito giù alle celle. Riusciva a vedere cosa stessero facendo, e per ora si stavano ancora creando un varco fra le guardie di sicurezza. Ancora tempo. 
Come aveva previsto Byun si mise a ridere, ma si poteva sentire nella tensione dei muscoli quanto in realtà fosse agitato. Seunghyun si sentì felice di averlo turbato così tanto. 
-Dovrai fare molto di più che minacciarmi per ottenere quello che vuoi..- sputò Byun spintonando Seunghyun e per tutta risposta il ragazzo sospirò. Doveva giocare la carta della trasformazione? L’avrebbe fatto. Ma prima c’era ancora un’ultima mossa. Isolò per un attimo la mente, aprendosi un varco nella telepatia con il branco. Osservò i suoi ragazzi cercare di aprire la cella di Zitao e il suo gruppo e in un gesto secco li tagliò fuori, concentrandosi sul ragazzo presente nella sua stessa stanza. Nonostante avesse detto di averlo liberato dal vincolo con il suo branco, Baekhyun ne faceva ancora parte e sarebbe stato così fino a quando Zitao non lo avesse battuto in un corpo a corpo. 
“Baekhyun sto per fare una cosa un po’ particolare. Quindi ascoltami.”
Seunghyun vide il ragazzo spalancare gli occhi e fissarlo attonito.
“Sto per trasformarmi. Tu devi approfittarne e scappare da qui. I miei ragazzi al piano di sotto stanno per liberare i tuoi amici.. Corri fuori, loro ti raggiungeranno a breve.”
“St-stai per trasformarti? Un momento, mi stai chiedendo di lasciarti qui da solo?!”
“Si. Appena la trasformazione comincia, vai.”

“Ma..”
“Byun Baekhyun è un ordine!”

Seunghyun vide l’espressione del giovane rabbuiarsi, ma annuì. Ora doveva solo trasformarsi sul serio. Si voltò di nuovo verso il signor Byun e gli altri due, concentrandosi al massimo. Si sforzò di ricordare quanto i suoi muscoli tremassero, quanto l’aria fosse profumata, quanto il sangue scorresse nelle sue vene e quanto fosse bello percepire tutte quelle cose insieme. Si lasciò scivolare via di dosso la natura di umano e abbracciò quella di lupo. E senza quasi rendersene conto le mani vennero sostituite da zampe, le unghie da artigli, i capelli dai peli, il volto dal muso. E nulla era più appagante delle espressioni terrorizzate di quei tre bastardi. 
Baekhyun rimase pietrificato di fronte a quella trasformazione per un minuto, tremando come una foglia. Mai si sarebbe aspettato di vedere una cosa del genere, era fuori dall’umana comprensione. Fu il ringhio sommesso del lupo nella sua direzione a ricordargli cosa Seunghyun gli avesse detto prima di trasformarsi: scappa. E così fece. Si lanciò oltre la porta e iniziò a correre lungo il corridoio, il cuore a mille, diretto solo dove i suoi battiti lo stavano portando: da Chanyeol. Dai suoi amici. E cercò di non udire le urla terrorizzate provenienti da quella stanza. 

Woohyun aveva spalancato la porta della cella senza battere ciglio e vi aveva trovato dentro undici ragazzi dall’aria stravolta. Quando apparve davanti ai loro occhi quasi non lo considerarono. Era solo un’altra persona venuta a deriderli? Non avevano intenzione di prestare attenzione a simili cose. Il ragazzo stette due secondi in piedi senza dire nulla, osservandoli basito, e se solo Seunghyun non gli avesse detto di portarli in salvo li avrebbe lasciati lì. 
-Allora?- esclamò Woohyun, e tutti gli altri sobbalzarono. -Pensate di muovervi?-
-Che cosa vuoi?- sbottò uno di loro, dai capelli rossicci. Gli sembrava di ricordare che si chiamasse Joonmyun. 
-Di sopra sta succedendo un casino. Seunghyun mi ha chiesto di venirvi a liberare. Abbiamo poco tempo, dobbiamo sbrigarci!- 
-Perché dovremmo crederti?- 
A parlare quella volta fu Zitao, che si staccò dalla parete e raggiunse Woohyun con poche falcate. A quest’ultimo si rizzarono i peli sulle braccia: sentiva la presenza di un altro capobranco. 
-Il padre di Baekhyun ci ha traditi. Ha intenzione di ingabbiarci con voi. Seunghyun sta distraendo tutti in modo da permetterci di fuggire!- spiegò Woohyun con un filo di voce.
-E Baekhyun?!- domandò Chanyeol affiancando Zitao, l’espressione preoccupata.
-Seunghyun sta cercando di dargli una via di fuga. Dobbiamo uscire di qui prima che sia troppo tardi!- 
Zitao chiuse gli occhi per un attimo, per poi voltarsi verso i suoi amici. Osservò i loro volti una alla volta, i loro sguardi sconvolti, la paura in alcuni di essi. Pensò a quanto li adorasse, di doverli proteggere, ed era un pensiero che prima non aveva mai formulato o desiderato così profondamente. Guardò Yifan per qualche secondo di più, soffermandosi sulla sua espressione confusa, e decise che avrebbe dovuto fare qualcosa per loro. Per tutti loro. 
-Uscite in fretta da questa cella e seguite questo ragazzo- disse secco, con un tono autoritario che mai avrebbe pensato di usare con i suoi amici. Poi si voltò verso quel giovane. -Qual è il tuo nome?- 
-Woohyun..-
-Dimmi Woohyun, cosa sta facendo Seunghyun?- chiese Zitao serio, mentre il ragazzo si concentrava per dargli una risposta. 
-Si è appena trasformato..- esclamò basito spalancando gli occhi. -Sta dando a Baekhyun una via di fuga! Il ragazzo è scappato in corridoio, sta venendo verso di noi- 
Zitao annuì, e si voltò di nuovo verso i suoi amici.
-Chanyeol aspetta Baekhyun in fondo al corridoio. Voi altri seguite Woohyun fuori di qui!- ripetè Zitao scattando in avanti, superando Woohyun fuori dalla cella.
-Dove stai andando?!- 
Questa volta era stato Jongin a parlare, allacciato al corpo di Kyungsoo. Il giovane si fermò, tentennando per un attimo.
-Io vado ad aiutare Seunghyun. Non ho intenzione di lasciarlo da solo-
-Non puoi! Sei forse impazzito?!- sbraitò Luhan scattando in piedi e correndo ad afferrare Zitao per le spalle. Lo scosse per qualche istante, ma quello si allontanò dolcemente.
-Fate come vi ho detto. Non intendo sentire ‘no’- disse secco, cercando di non sembrare troppo duro. Poi si voltò verso Woohyun. -Portali fuori di qui sani e salvi, te ne prego- sussurrò, dandogli una pacca sulle spalle. 
E prima che potesse sentire altre lamentele, prima che potesse incrociare gli occhi di Yifan, prima che potesse essere afferrato da qualcuno, Zitao scattò in direzione delle scale correndo al piano superiore, mentre degli allarmi cominciavano a suonare per tutto l’edificio. Tutti i lavoratori dell’agenzia spuntarono da ogni stanza, spaventati dall’allarme, iniziando a correre in maniera confusa verso le uscite di sicurezza. Quel clima avrebbe permesso a tutti di scappare e a lui di passare inosservato. Non impiegò molto tempo a raggiungere il luogo in cui si trovava Seunghyun: gli bastò vedere la devastazione sulle pareti e il corpo di un enorme lupo completamente coricato in terra. Intorno a quella montagna di pelo stavano degli uomini con dei fucili da sonnifero in mano, il signor Byun con un braccio insanguinato, il dottor Kang intendo a fasciarglielo e..
Non è possibile.
Non può essere vero..

-Mamma?-
Zitao sussurrò quella parola talmente piano che mai si sarebbe immaginato che quella donna riuscisse a sentirlo. La signora Huang si voltò lentamente verso il figlio, gli occhi leggermente spalancati, mentre il ragazzo non aveva né la forza né il coraggio di proferire altro. Riusciva solo a vedere il lupo in terra e la donna che gli stava accanto. 
-Zitao..- esclamò quella facendo qualche passo avanti e istintivamente il giovane retrocedette. 
-Mamma..tu..-
La signora Huang sospirò. Non aveva mai pensato che la situazione si sarebbe evoluta in quel modo, ma ormai non si poteva tirare indietro. Era arrivato il momento.. Per quanto poco opportuno fosse. 
-Sono immischiata in questa situazione, si. Sono stata io a decidere di spedirti in quel college per poter facilitare i piani dell’agenzia- iniziò a dire la donna, secca e diretta, mentre l’allarme smetteva di suonare e un silenzio carico di tensione cadeva nel corridoio. 
-Come hai potuto.. Tu..sei mia madre!- urlò Zitao, infilandosi nervosamente le mani nei capelli, mentre la signora Huang abbassava leggermente lo sguardo. La cosa che ferì più di tutte Zitao, però, fu che in quegli occhi non lesse nessuna traccia di rimorso. 
-Mi dispiace doverti dire anche questo ma.. io non sono tua madre, Zitao-

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Capitolo 25
*** L'inizio della fine ***


Sonomi's home: NON CI CREDO. CE L'HO FATTA.
Sono finalmente riuscita a buttare giù qualcosa di semidecente con due mesi di ritardo. Potete frustarmi, picchiarmi, quello che volete (?) Ritardo imperdonabile ma che spero di farmi perdonare con il capitolo 25 ^o^ I love you all.
No davvero, scusatemi. Sono una pessima autrice ç___ç nonostante tutto la FF ha ancora aumentato le visualizzazioni superando il 2000. IO VI AMO. <3 
Spero possiate apprezzare il capitolo :3 siamo quasi giunti alla fine ç__ç 
Attendo un vostro commento. <3

Ps. Il 30 novembre si avvicina: chi di voi sarà al concerto dei Nu'Est? :)
Buona lettura :)






Capitolo 25
L’inizio della fine



 
-Mi dispiace doverti dire anche questo ma.. io non sono tua madre, Zitao-


Quelle parole furono come una doccia gelata e al contempo un’immersione nel torrente più caldo. Non avevano senso, galleggiavano nella mente del ragazzo come un salvagente bucato che lentamente si lasciava catturare dall’acqua. Non poteva essere vero.. Era assurdo. 
-Come..?- sussurrò alla fine, incontrando gli occhi della donna che l’aveva cresciuto. Cresciuto ma, a quanto sembrava, non generato. 
-E’ stata dura tenerti nascosta la verità per tutto questo tempo. Ma dopotutto non avevano nemmeno il rischio che i tuoi veri genitori si presentassero, quindi una buona dose di fortuna era dalla nostra parte-
-I miei veri genitori..?-
-Già. Il fratello di tuo padre e la sua stupida mogliettina. Una coppia di fannulloni, sono stati in grado di farsi mettere in galera poco dopo il compimento dei tuoi tre anni. E logicamente il tuo affidamento è caduto su di noi- iniziò a raccontare la donna, e più pronunciava parole, più quelle suonavano aspre e piene di rancore. -Lì per lì rimanemmo abbastanza sconvolti dal tuo arrivo. Anzi, seccati, oserei dire. Poi quando andammo in Cina tutto cambiò. Conoscemmo gli Wu, rimanemmo affascinati dal loro progetto e decidemmo di lavorare assieme a loro. E tu saresti stato un perfetto tassello del puzzle, una volta cresciuto. E così è stato-
-Mi state dicendo che mi avete allevato come carne da macello?- sputò Zitao facendo qualche passo avanti, bloccandosi affianco al corpo steso del lupo. 
-Più o meno. Non posso negare che con il passare degli anni io mi sia affezionata un po’ a te. Eri un bambino allegro tutto sommato, molto intelligente e dalle grandi potenzialità-
-Ma non vi siete comunque tirati indietro..- 
-Non potevamo-
Zitao sorrise amaro, scuotendo il capo, cercando in tutti i modi di non scoppiare in lacrime. Fin da piccolo aveva avvertito una sorta di gelo fra lui e i suoi genitori, ma non aveva mai capito quale fosse il motivo. Nonostante tutto erano le persone che lo avevano cresciuto e lui voleva loro bene. Tutte quelle informazioni furono gli ultimi colpi in grado di far crollare le poche certezze rimaste in piedi del ragazzo. 
-No, invece potevate. Il punto.. È che non volevate- affermò alla fine sospirando. -Avete preferito sperimentare cose assurde su vostro figlio, piuttosto che rinunciare a fama e denaro. Perché per quanto voi possiate avermi odiato.. Mi avete anche cresciuto. E io ti sfido a dirmi che non mi vuoi bene, sotto sotto- continuò Zitao, tutti gli occhi puntati sulla sua figura. 
La signora Huang osservò il giovane in silenzio, le labbra tese in una smorfia severa. Sembrava sul punto di dire qualcosa, e al contempo dava l’impressione di starsi trattenendo dal proferire parola. Ogni suo dubbio, comunque, venne dissipato dall’arrivo, alle sue spalle, di due uomini in giacca e cravatta. Zitao sollevò lo sguardo su di loro, e in uno dei due riconobbe un viso familiare: i capelli scuri facevano da cornice a un volto dai tratti marcati, spigolosi; gli occhi avevano un taglio particolare, tremendamente simile a quello di..
-Io la conosco..- sussurrò Zitao, mentre i nuovi arrivati affiancavano la signora Huang.
-Certo che mi conosci ragazzino. Anche se non avrei mai pensato che mi avresti riconosciuto.. Ne è passato di tempo- affermò ridacchiando l’uomo infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. 
-Lei con la sua famiglia abitava affianco a noi, in Cina.. Non è così?- 
-Proprio così- sorrise. -E non solo. Ti ricordi di mio figlio, Huang Zitao?-
Il ragazzo continuò a fissare il suo interlocutore, osservandone ancora meglio i particolari. Si soffermò nuovamente sugli occhi, dalla forma davvero familiare, e cercò di associarli al ricordo sfocato dal tempo che aveva del figlio. Si ricordava vagamente un ragazzino di circa dieci anni, magrolino e parecchio alto, dai capelli scuri come la notte. Ricordava anche le giornate assieme a lui, la compagnia che gli aveva tenuto in quel mare di solitudine che era stata la sua infanzia. E piano piano, rievocando tutto alla memoria.. Zitao si rese conto che il bambino dei suoi ricordi, il ragazzino che giocava assieme a lui e che gli donava un abbraccio quando le lacrime sembravano troppe.. Assomigliava tremendamente a Yifan. 
“Conoscemmo gli Wu, rimanemmo affascinati dal loro progetto e decidemmo di lavorare assieme a loro”.
Non è possibile…

-A giudicare dalla tua espressione deduco che tu abbia capito che mio figlio è Wu Yifan- disse alla fine l’uomo con un mezzo sorriso. E Zitao si sentì quasi svenire quando il signor Wu diede la conferma della sua supposizione. Tutto ad un tratto sembrava avere un senso: ecco perché Yifan sembrava costantemente in ansia che gli succedesse qualcosa. Zitao aveva sempre pensato che fosse alquanto strano preoccuparsi così tanto per una persona appena conosciuta, ma ora era piuttosto chiaro che Yifan lo aveva riconosciuto non appena aveva messo piede nella sala pranzo quel giorno di settembre. Ed era rimasto terrorizzato all’idea che gli potesse succedere qualcosa. 
-Da quello che mi hanno detto, mio figlio ha combattuto con le unghie e con i denti pur di proteggerti, ma non c’è riuscito totalmente. Gli sei stato soffiato praticamente sotto il naso- ridacchiò l’uomo, una risata carica di sarcasmo. 
-Non credo che la cosa sia così divertente come lei crede..- sputò Zitao stringendo le mani in due pugni. Cosa avrebbe dovuto fare adesso?
-Su questo non posso che dar ragione al ragazzo. Abbiamo ben altro a cui pensare adesso che a delle stupide riunioncine di famiglia!- sbraitò il signor Byun. -Mio figlio è scappato con quel branco di cani randagi, dannazione! Per colpa di questo.. Essere- ringhiò poi guardando di traverso il corpo steso in terra di Seunghyun. Zitao guardò il respiro flebile del lupo, e chiuse per un attimo gli occhi. Era completamente da solo e circondato da tutte le persone che avevano messo in piedi quel progetto assurdo. Il suo unico alleato era completamente ko. 
Sono leggermente nella merda.
-Prima di tutto dobbiamo pensare a cosa fare con te adesso- sorrise sornione il signor Wu. -Abbiamo in mano i due capobranco a quanto pare..- 
-Ancora per poco- 
La voce che parlò alle spalle di Zitao fece raggelare tutti sul posto. Al ragazzo bastò guardare le espressioni stupefatte dei signori di fronte a lui per capire che di lì a poco sarebbe successo qualcosa che non avevano previsto, qualcosa che proprio non si sarebbero mai aspettati che accadesse. E le loro facce stupefatte divennero una maschera di terrore quando, sottile come una lama di coltello, un leggero ma vigoroso ringhio raggiunse le orecchie dei presenti. Quando il cinese voltò leggermente il capo, ciò che vide lo lasciò di sasso. 

Poco prima.

Yifan afferrò Woohyun per la maglietta, strattonandolo abbastanza violentemente. Non poteva accettare l’idea di andarsene da quel posto con Zitao che correva felicemente incontro a una cattura certa. Così come non riusciva a comprendere come i ragazzi del branco di Seunghyun lasciassero il loro capo in balia di quei bastardi. 
-Mi stai dicendo che, seriamente, pretendi di portarci fuori di qui?-
-Le parole del capobranco non si discutono!- sibilò Woohyun allontanando da sé le mani di Yifan. -E la stessa cosa dovreste fare anche voi! E’ la legge!-
-Non se il capobranco è in pericolo di vita, Woohyunnie..- sussurrò all’improvviso un ragazzo alle spalle di Yifan. Quest’ultimo si voltò a guardarlo, insieme al resto dei suoi amici, e lo sguardo andò a incontrare il volto di un giovane dall’aria smarrita, i capelli neri che cadevano sugli occhi stanchi e agitati. 
-Sungjong..-
-Hai dimenticato? Il branco può decidere di disubbidire in caso il proprio capo rischi la morte. Abbiamo il compito di proteggerci a vicenda. Non possiamo lasciare Seunghyun da solo! E loro- disse il nuovo arrivato indicando Yifan e gli altri -non possono abbandonare Zitao-
Nel corridoio scese un silenzio carico di inquietudine, viaggiavano solo occhiate preoccupate e indecise. Nessuno sapeva come controbattere a quell’affermazione, e probabilmente non ne avevano neanche intenzione. Rimaneva solo da pensare a come agire. 
Ogni dubbio venne dissipato dall’arrivo di Chanyeol, con Baekhyun attaccato al braccio. Aveva il fiatone e un’espressione completamente terrorizzata sul volto, i capelli che ricadevano scomposti sulla pelle sudaticcia della fronte. Baekhyun sembrava sull’orlo di una crisi isterica. Tutti quasi smisero di respirare, in attesa che il ragazzo dicesse qualcosa. E le parole che pronunciò, spezzate dalla paura, raggelarono tutti sul posto.
-Andando a prendere Baekhyun.. Ho visto in corridoio cosa sta succedendo. Hanno atterrato Seunghyun e Zitao è praticamente in trappola- 
-Che cosa?!- sussurrò Luhan scattando in avanti.
-Non so cosa stesse succedendo, ma non possiamo starcene qua con le mani in mano!-
-Quante persone erano con loro?- affermò secco Woohyun, guardando Chanyeol con uno sguardo così deciso e serio che il ragazzo quasi ne ebbe paura. 
-A occhio e croce una decina.. Armati solo in tre. Credo che gli altri fossero tutti quelli che hanno messo in piedi questa pazzia. Sono andato via prima di poter vedere altro- 
Woohyun rimase in silenzio. Lasciando scivolare i propri occhi sui suoi compagni. Li guardò uno a uno, le loro facce sconvolte, per poi passare al gruppo di Zitao, che sembrava completamente fuori luogo. Non poteva biasimarli: erano lupi da troppo poco, non sapevano come gestire la cosa e come se non bastasse erano stati privati del loro capo prima che questi potesse organizzarli in qualche modo. 
-Non ci rimane che intervenire- disse alla fine, guardando Sungjong. -Se armati sono solo in tre non dovremmo avere problemi. Molte delle guardie sono già state messe fuori uso- aggiunse con un sorrisino guardando senza rimorso i corpi a terra di coloro che avevano il compito si sorvegliare le celle. 
-Come pensi di agire?- chiese Sungjong, e tutti si voltarono verso Woohyun in attesa che dicesse qualcosa. 
-Trasformiamoci- 
-Un attimo, un attimo!- si intromise Jongin alzando le mani in alto. -Abbiamo notato con quanta maestria voi siate in grado di passare dalla forma umana a quella di lupo, ma noi ci siamo trasformati solo una volta. Una sola, fottutissima, volta. Cosa dovremmo fare?-
-Non è poi così difficile- proferì di punto in bianco un altro ragazzo, dagli occhi veramente felini e dai capelli scuri. -La trasformazione è innescata principalmente da emozioni forti. Spesso la rabbia, è la cosa più comune, ma può capitare anche per altri motivi, soprattutto all’inizio. Prova a pensare alla cosa che ti farebbe più arrabbiare. Pensa alla possibilità che venga fatto del male a chi ami. La trasformazione sarà quasi immediata- continuò poi il giovane con un mezzo sorriso. 
-Myungsoo ha ragione. Non possiamo pensare di affrontare più di dieci persone, perché ne arriveranno altre, con mani umane- affermò Woohyun con un sospiro.
-Cosa ci assicura che non faremo la fine di Seunghyun però? Anche lui si è trasformato- sussurrò Baekhyun, ancora ancorato a Chanyeol, tanto che il ragazzo poteva sentire quanto le mani del fidanzato tremassero. -Senza contare che alcuni di noi non possono trasformarsi- aggiunse poi guardando verso Kyungsoo, Yixing, Joonmyun, Jongdae e Yifan.
-Un conto è un solo lupo contro dieci persone. Un altro sono una trentina di lupi- ghignò Myungsoo fregando le mani una contro l’altra. 
-E quelli che non possono trasformarsi è meglio che escano sul serio da qui..- affermò Woohyun un po’ dispiaciuto. Sapeva che avrebbero avuto da ridere, ma non c’era altro da fare.
-Non possiamo andarcene senza di voi!- sbraitò Kyungsoo. -Io non me ne andrò di certo senza Jongin..- sussurrò poi, il terrore che prendeva il posto dell’ansia.
-Ve ne andrete con un compito da svolgere- proferì Yifan di punto in bianco, avvinandosi all’amico. -C’è una cosa che tutti pensano io non abbia mai avuto, soprattutto il dottor Kang. Quando andai da lui per cercare Zitao lo minacciai di avere le prove su un cd di tutte le attività di questa società. Ovviamente lui pensò che in parte stessi mentendo. In un certo senso aveva ragione. Ho le prove, ma non su un cd- spiegò il ragazzo portandosi le mani dietro al collo e slacciando la catenina che indossava. Prese il ciondolo fra le dita: era un sole, di medie dimensioni, e osservandolo da vicino si poteva notare una leggera fessura, come se il piccolo oggetto si potesse aprire in due. E così Yifan fece, mostrando all’interno del sole la presa di una chiavetta USB. 
-Qui ci sono tutte le informazioni necessarie per permettere alla polizia di chiudere i conti con questa storia. Ho conservato questa chiavetta per anni.. Senza sapere come comportarmi. Ma adesso è davvero arrivato il momento di darci un taglio-
-Qui ci sono prove che incolperanno anche te, Yifan.. E Baekhyun- sussurrò Yixing, affiancando Kyungsoo, guardando l’amico con tristezza. 
-E’ quello che ci meritiamo.. Abbiamo causato troppi problemi, anche noi dobbiamo pagare per i nostri errori- affermò Yifan con un sospiro. 
-Non diciamo cazzate!- sbottò Chanyeol. -Quando tutto questo sarà finito scapperemo tutti insieme. Andiamo, pensate davvero di poter rimanere qua dopo tutto quello che è successo? Rimarremo uniti.. Anche a costo di passare tutti per dei latitanti!- continuò poi infilando le dita fra i capelli di Baekhyun. Quello gli regalò un sorriso luminoso.
-Chanyeol ha ragione. Noi staremo insieme- affermò Joonmyun, passando un braccio sulle spalle di Yifan. Quest’ultimo rimase sconvolto da quello scambio di battute. Mai si sarebbe immaginato una simile prova di affetto da parte loro, non dopo tutto quello che aveva tenuto nascosto. Avrebbero dovuto odiarlo, e invece erano pronti a fuggire insieme a lui. 
-Davvero molto commovente. Però più stiamo a parlare più la situazione va peggiorando!-esclamò Myungsoo incrociando le braccia. Kyungsoo annuì, afferrando il ciondolo di Yifan e allacciandosi la catenina al collo. 
-Immagino che tu non voglia venire con noi..- sussurrò poi, e Yifan sorrise.
-Non ci penso minimamente. Devo aiutare Zitao, per quanto possa farlo da umano- 
Kyungsoo annuì nuovamente, per poi guardare in faccia Yixing, Jongdae e Joonmyun. Quelli annuirono, dirigendosi verso la porta della cella, intravedendo già in fondo al corridoio una delle uscite di sicurezza del palazzo. Kyungsoo si fermò un secondo sulla soglia, voltandosi indietro e incrociando gli occhi preoccupati di Jongin. Gli sorrise.
-Vedi di uscire di qui tutto intero, Kim- affermò, prima di sparire dietro ai suoi amici. E nella stanza cadde nuovamente il silenzio.
-Siete pronti, cuccioli? E’ ora di guadagnarci la libertà- esclamò Woohyun con un mezzo sorriso rivolgendosi al gruppo di Zitao. Yifan guardò i suoi amici, temendo di leggere nei loro sguardi la paura. Quello che vide fu ben altro: i loro occhi bruciavano di determinazione. La risposta a quella domanda fu un coro di voci.
-Siamo pronti-

Joonmyun non fece nemmeno caso alla porta che sbatté dietro le sue spalle, e corse insieme agli altri lungo il piccolo cortile che costeggiava il palazzo. Si appiattirono contro il muro, osservando attentamente la strada adiacente. C’era solo una guardia affianco a una delle porte d’ingresso: la maggior parte dovevano essere state richiamate dentro. 
-Hanno grande fiducia nei loro metodi di sicurezza se pensano di lasciare solo un uomo al di fuori..- sussurrò Yixing con una mezza risatina, sfiorando con le dita la mano di Joonmyun per catturare la sua attenzione.
-Solo perché non sanno con chi hanno a che fare!- risposte quello con un ghigno, uscendo allo scoperto con tutta tranquillità. La guardia era di spalle, sembrava completamente rilassata, come se ciò che stava accadendo all’interno del palazzo non lo riguardasse minimamente. Con un gesto secco, Joonmyun afferrò da terra un’asse di metallo abbandonata, ringraziando il cielo che quel palazzo fosse collocato nella periferia abbandonata di Seoul e apparisse in piena decadenza, e con una forza che nemmeno lui pensava di avere la fece scontrare contro la testa dell’uomo mandandolo completamente con le gambe per aria. Il ragazzo aspettò qualche secondo con l’arma in mano, sperando di aver tramortito la guardia abbastanza da non farla rialzare per una buona mezz’ora. Quando, dopo un minuto, l’uomo non aveva ancora dato cenni di vita, Joonmyun potè rilassarsi e abbandonare l’asta in terra. Fece segno agli altri ragazzi rimasti dietro al muro, e attraversarono in fretta il resto del cortile, sbucando nell’aria di parcheggio. Le macchine erano allineate una di fianco all’altra, tirate al lucido e splendenti sotto le luci dei lampioni e Kyungsoo fece un sorrisetto mentre lentamente si avvicinava a una di esse sbirciando al suo interno. 
-Non abbiamo chiavi per muoverci da qui- esclamò Jongdae con un sospiro, osservando l’amico aggirarsi furtivo attorno al mezzo.
-E chi ha detto che servono le chiavi?- rispose Kyungsoo con un ghigno, allontanandosi improvvisamente dal parcheggio. Lo guardarono scomparire di nuovo nel cortile, per poi tornare indietro con l’asta di metallo che aveva usato Joonmyun. Bastò un colpo abbastanza forte: il finestrino dal lato conducente andò completamente in frantumi, i vetri si sparpagliarono sul sedile e sul pavimento di cemento, facendolo brillare leggermente. 
-Pregate in una somma botta di culo adesso- aggiunse Kyungsoo dopo quell’atto, aprendo la portiera dal dentro dell’auto e infilandocisi dentro alla ricerca di qualcosa di indefinito. 
-Botta di culo del tipo..?- chiese Yixing grattandosi il capo. 
-Del tipo che, dato quest’auto è di una donna, ci sia una fottutissima forcina in uno dei porta oggetti-
-Come fai a dire che quest’auto è di una donna?- domandò Joonmyun alzando un sopracciglio. Kyungsoo sbucò con la faccia dall’auto, guardandolo come se avesse detto un’eresia. 
-Quale uomo farebbe rifoderare i sedili anteriori dell’auto con pelle leopardata, Myun?- 
Jongdae ridacchiò, mentre Kyungsoo ritornava dentro la macchina alla ricerca dell’oggetto desiderato. Pochi minuti dopo, ne uscì vittorioso con due forcine in mano. 
-Le donne sono prevedibili-
-E cosa pensi di fare con due forcine? Dubito che un’auto parta scambiando le chiavi con una forcina- affermò Yixing osservando l’amico piazzarsi davanti al cruscotto.
-Infatti non è quello che voglio fare. Userò le forcine per aprire il cofano della macchina e poi la farò partire manomettendo i cavi- spiegò Kyungsoo cominciando a lavorare con il piccolo oggettino. 
-Non avrei mai pensato che fossi così diabolico..- sorrise Joonmyun dando una pazza sulla spalla all’amico. Quello rise, continuando il lavoro.
-Tante cose di me vi sorprenderebbero-
Mentre Kyungsoo continuava la sua opera di scassinatore provetto, Jongdae si infilò all’interno dell’auto, mettendo le mani nel porta oggetti sotto l’airbag. Cominciò a svuotarlo completamente, colto da un dubbio atroce, fino a quando i suoi sospetti non vennero alla luce con la caduta di una chiave sul sedile in pelle. Il ragazzo la afferrò con le dita, e rise. 
-Dicevi che le donne sono prevedibili, Soo? Guardate un po’ qui?-
Tutti alzarono gli occhi su Jongdae, per poi posarli sull’oggetto che aveva tra le mani. 
-Mia mamma lascia sempre una copia delle chiavi in auto. Dice che si sente più sicura se sa di averne un altro paio sotto mano in caso dovesse dimenticarla da qualche parte. A quanto pare è un vizio di parecchie donne- 
-Beh, meglio così!- esclamò Kyungsoo mollando le forcine in terra. -Chi guida?-
I ragazzi si guardarono l’uno con l’altro, titubanti, ma nessuno sembrava intenzionato a rispondere.
-Credo che nessuno di noi abbia la patente, ottimo- borbottò Yixing passandosi stancamente una mano fra i capelli. 
-A questo punto trasgrediamo la legge completamente. Ho già rotto il finestrino, mi metto anche al volante- affermò Kyungsoo infilandosi nel sedile del guidatore, mentre i suoi amici lo guardavano di sbieco. -Allora?! Vogliamo stare a cincischiare ancora? Abbiamo perso fin troppo tempo, non ne abbiamo così tanto!- continuò poi il ragazzo, alzando la voce, e gli altri tre ragazzi si infilarono in fretta nei sedili dei passeggeri. 
-Allacciate le cinture, credo sia meglio- concluse Kyungsoo prima di accendere la macchina e partire con una sgommata poco elegante.

Dentro al palazzo

Nessuno osava respirare. Nessuno osava fiatare. Tutti osservavano la trentina di lupi in fila nel corridoio, ringhianti e con i muscoli tesi e Yifan stava al centro, unico umano in quel quadro. La testa di Zitao era un’esplosione di pensieri, tutte le menti dei suoi amici erano mischiate alla sua.
Zitao! Stai bene!
Non potevamo lasciarti da solo.
Li stenderemo in un sol boccone!
Sei pronto a combattere con noi, capo?

Zitao ascoltò ogni parola che il gruppo gli rivolse, per poi sorridere tristemente. Aveva detto loro di andarsene, ma non l’avevano fatto. Quella era la prova di amicizia più grande che qualcuno potesse mai fare per lui.
-Yifan..- 
Il signor Wu fu il primo a parlare, il primo a riprendersi da quella visione. Il figlio lo guardò senza un briciolo di sentimento, ma Zitao sapeva benissimo quanto dolore ci fosse dietro quegli occhi scuri. 
-Finisce qui papà- disse il ragazzo, facendo qualche passo avanti. Poi voltò il capo verso l’uomo vicino a suo padre. -Zio..- 
-E’ questa la tua scelta finale, Yifan?- domandò il signor Ahn, lo sguardo inchiodato a quello del nipote. I lupi alle loro spalle ringhiarono nuovamente. 
-Si-
Quella parola fu l’ultima che venne pronunciata. Con espressione affranta il signor Wu alzò un braccio. E di punto in bianco, nel giro di dieci secondi, il corridoio si riempì di persone armate. 
-Prendeteli-

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Capitolo 26
*** Solo tre parole ***


Sonomi's home:
Buonasera a tutti ^^ Sono tornata con il capitolo 26, e ahimè devo dirvi che questo è il penultimo capitolo :) Il prossimo sarà la fine della FF, sarà un capitolo piuttosto lungo, ma purtroppo farà terminare questa storia :) Mi sento un po' triste, ma allo stesso tempo sono felice di averla condivisa con voi e di aver ricevuto tante recensioni piene di complimenti. Non so come ringraziarvi. 
Non sto ad annoiarvi, ci penserò nel prossimo capitolo :P
Buona lettura :)
 






Capitolo 26
Solo tre parole

Quella parola fu l’ultima che venne pronunciata. Con espressione affranta il signor Wu alzò un braccio. E di punto in bianco, nel giro di dieci secondi, il corridoio si riempì di persone armate. 
-Prendeteli-



Tutto sembrò andare a rallentatore, come se la scena fosse stata quella di un film messo in pausa. Zitao guardò con i suoi occhi umani gli amici scattare contro le guardie appena arrivate con una tale energia che mai si sarebbe aspettato di vedere. E in mezzo a quel marasma di persone e pelo c’era Yifan: lo guardava, incurante del pericolo che li stava avvolgendo, e sorrideva triste, come se in quelle labbra tese avesse voluto racchiudere tutte le parole del mondo. E Zitao sapeva che quelle parole, se solo fossero potute essere pronunciate, sarebbero state di scuse. 
E in un attimo, talmente tanto in fretta da sembrare un’allucinazione, Yifan venne afferrato dalle mani di alcuni uomini della sicurezza. Zitao urlò di riflesso, scattando in avanti per fare qualcosa, qualsiasi cosa. Dalla sua angolazione poteva anche vedere sua madre, il signor Wu e il resto di quel gruppo di bastardi rinchiudersi dentro una stanza dalla porta blindata che prima non aveva minimamente notato. E la cosa gli fece salire la bile in bocca. 
Con una rabbia che non pensava di poter avere si lanciò contro le guardie che cercavano faticosamente di portare via Yifan, l’adrenalina che scorreva nelle vene come fuoco. E quel fuoco sembrava divampare ovunque, fino ad accecarlo, fino a fargli bruciare ogni singolo muscolo e ad acuirgli i sensi. Non si era reso conto di essersi trasformato. Gli occhi di Yifan si posarono sulla sua figura animale, e Zitao si sorprese di essere pienamente cosciente di sé. La prima volta che si era trasformato aveva perso completamente la sua natura umana e conservava pochi ricordi di quello che era accaduto. In quel momento, invece, aveva la sensazione di poter fare qualsiasi cosa. Sentì chiaramente le proprie zampe colpire con forza una delle guardie e la guardò volare dall’altra parte del corridoio, portandosi dietro due colleghi. Yifan ne approfittò per allontanare da sé l’altro uomo che cercava di trattenerlo, evitando accuratamente in inciampare nel cadavere di un uomo dall’aspetto malconcio. Trattenne un conato di vomito e si girò dall’altra parte, mentre intorno a lui le urla continuavano, insieme al suono sottile di aria spostata prodotto dai fucili pieni di sonniferi. Yifan si sorprese nel constatare che non osavano usare veri e propri proiettili: ciò significava che avevano intenzione di lavorare ancora su di loro se fossero riusciti a prenderli? Il ragazzo non ebbe tempo di pensare altro che si sentì trascinare a terra dall’ennesima guardia caduta e sbatté la testa contro il muro sporco di rosso. Il ringhio furioso di Zitao lo raggiunse da lontano, un eco sordo, e vide in maniera sfocata il lupo scatenarsi contro altri due uomini che si stavano rapidamente avvicinando a lui. Entrambi caddero sotto gli artigli e Yifan chiuse per un attimo gli occhi, troppo frastornato per guardare ancora. 
E poi sentì quel suono.. Terribile. Il sangue nelle vene si congelò completamente, il cuore cominciò a battere forte. Aprì gli occhi per vedere il signor Byun in piedi, fuori dalla stanza blindata, con in mano quella che era una vera pistola. E quella era puntata contro Zitao. 

L’ispettore Choi correva come una scheggia lungo le strade di Seoul, le ruote dell’auto che sgommavano sull’asfalto scuro. Sul sedile posteriore del mezzo i suoi agenti avevano l’aria completamente allibita, come se l’ammasso di notizie appena ricevute li avesse sconvolti talmente tanto da non saper cosa dire. Lo stesso Choi, appena quei ragazzi si erano presentati al commissariato con quella chiavetta e l’aria terrorizzata, era rimasto sorpreso. Aveva quasi subito riconosciuto in loro gli amici di Kim Minseok e Huang Zitao e già quello era bastato a stranirlo; quando poi si era reso conto di cosa contenesse quella chiavetta..
Aveva lasciato quei ragazzini in centrale, troppo spaventato che potesse accadere loro qualcosa (anche se era quasi sicuro che avrebbero trovato il modo di andarsene), e in quel momento, con il piede sull’acceleratore, sperava con tutto se stesso di arrivare a quell’indirizzo in tempo. E aveva paura di quello che avrebbe trovato all’interno di quel palazzo. Guardando la strada che scorreva davanti a lui provò uno strano senso di impotenza: aveva passato anni a cercare una qualsiasi prova per poter sbattere in galera quei bastardi, e adesso era bastata una sola chiavetta per compensare tutto quel lavoro. 
-Ispettore.. Cosa dobbiamo aspettarci?- sussurrò debolmente un agente dei più giovani. Aveva raccontato loro qualche dettaglio saliente, ma non si era sbilanciato troppo. Se avesse detto loro tutto quello che era scritto su quella chiavetta, come avrebbero reagito?
-Non lo so, ragazzi. Non lo so nemmeno io- replicò Choi mentre in lontananza riusciva ad intravedere la sagoma dell’edificio in cui dovevano recarsi. -Sicuramente una situazione complicata-

Il colpo partito per primo aveva colpito una lampadina, mandandola in frantumi e oscurando lievemente una parte del corridoio. Il suono però, aveva congelato tutti i presenti, umani e non, tanto che il combattimento appariva momentaneamente finito. Ogni occhio era puntato contro il signor Byun e la canna della postola rivolta verso Zitao.
-Vedi di non provare ad attaccarmi, ragazzino- sputò l’uomo con rabbia. -Un proiettile è molto più veloce delle tue zampe-
Zitao ringhiò sommessamente, tirando le orecchie all’indietro e abbassandosi lievemente sulle zampe posteriori.
-Arrabbiati quanto vuoi, cucciolo, ma non potrai comunque fare niente. Se pensi che io non disponga del personale necessario per togliervi di mezzo realmente ti stai sbagliando. Adesso ordina ai tuoi amichetti di andare a cuccia e nessuno si farà del male-
Zitao ringhiò ancora, questa volta con maggiore enfasi. Byun pensava davvero di poterlo ricattare minacciando la sua vita?
-Devo prenderlo come un no?-
Un altro ringhio gutturale.
-Allora vediamo come posso convincerti..-
Fu un attimo: il signor Byun voltò la canna della pistola contro Yifan. 
E sparò. 
Il colpo arrivò secco e il ragazzo, che poco prima si era alzato in piedi, quasi non se ne accorse. Fu la macchia rossa che lentamente si stava allargando alla base della maglietta, all’altezza della milza, a fargli capire che gli avevano appena sparato. Le gambe di Yifan cedettero e il dolore arrivò come un tram in corsa, spezzandogli il respiro. E il tempo sembrò fermarsi, Zitao non osava muoversi. Il fuoco che lo aveva avvolto durante la trasformazione lasciò il suo corpo in fretta, e senza nemmeno essersene reso conto aveva ripreso la sua forma umana. Si ritrovò seduto sul pavimento, con le lacrime che gli rigavano le guance macchiate di sangue, mentre intorno a lui un concerto di guaiti si levava alla scena.
-Razza di bastardo che cosa hai fatto!-
Il signor Wu uscì dalla stanza blindata con un’espressione talmente sconvolta e spaventata sul volto da fare quasi pena. Guardò il figlio a terra, coricato e piegato in due dal dolore, e le labbra gli tremarono in un impeto di rabbia.
-Se il nostro caro capobranco pone fine a questa lotta senza senso faremo in tempo per salvarlo- affermò il signor Byun senza prestare ascolto a Wu. -La vita del tuo Yifan è nelle tue mani, cucciolino. Vedi di fare la scelta giusta-
Zitao voltò il capo verso Yifan, che nonostante il dolore e la perdita di sangue lo guardava con decisione. Il cinese sapeva benissimo cosa quegli occhi gli stessero dicendo: non arrenderti. Ma non poteva lasciare morire Yifan. Rivide nella sua mente il bambino che era, il cortile della casa in cui tanto avevano giocato, ora ricordava bene; ripensò al suo volto quando era arrivato al college, il calore delle sue parole quando aveva promesso di proteggerlo, le sfumature del sole sui suoi capelli dorati. Zitao chiuse gli occhi e trattenne il respiro.
-Fermatevi- esclamò serio, le palpebre ancora serrate. -Fermatevi-
I ringhi alle spalle del ragazzo cessarono di colpo, e furono velocemente sostituiti da singhiozzi trattenuti. Zitao non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che i suoi amici avevano assunto forma umana. Minseok stava piangendo, fissando il corpo a terra dell’amico, sempre più pallido ogni secondo che passava. Gli altri, con le lacrime agli occhi, avevano perso ogni accenno di vita.
-Ottima scelta, ragazzino- rise Byun, tenendo comunque la pistola ancora puntata contro Yifan. -A momenti arriveranno le altre guardie, questa volta armate. Quindi vedete di non fare scherzi-
-No Byun, sei tu a non dover fare scherzi!- urlò Wu avvicinandosi all’uomo. -Chiama immediatamente un medico per mio figlio!-
-Chiedi a Kang di fare qualcosa, sono certo che saprà aiutare- sbuffò Byun con non curanza, sconvolgendo il signor Wu più di quanto non lo fosse.
-Kang se ne è andato. Scappato con la coda di paglia mentre tu stavi per sparare a mio figlio, razza di bastardo!- ringhiò Wu afferrando il collega per la collottola e sbattendolo contro il muro. Mossa sbagliata: l’uomo puntò la canna della pistola contro l’altro, che si raggelò all’istante. 
-Attento Wu. Non vorrei fare fuori l’intera famiglia- sputò il signor Byun. -E vedi di portare rispetto per la persona che ha finanziato questo progetto, uhm?-
La scena aveva un che di assurdo. Zitao li guardava litigare, senza muovere un muscolo, talmente sotto shock da non riuscire a comandare il proprio corpo. Voleva solo addormentarsi e scoprire che tutto quello che stava accadendo era solo un gigantesco incubo. Lentamente voltò di nuovo il capo, guardando ancora Yifan: adesso sembrava davvero debole, la pelle traslucida e il volto contratto in una smorfia di dolore. Senza rendersene conto Zitao gattonò verso di lui, sorprendendo l’altro, prendendo con tutta la gentilezza del mondo il capo di Yifan e portandoselo in grembo.
-Zitao..- sussurrò il ragazzo. -Hai fatto una cazzata-
-Non ti lascerò morire, Yifan-
-Sto già morendo.. Non chiameranno un dottore in tempo e voi verrete imprigionati ancora..-
-Tu non morirai. Te lo prometto- affermò Zitao, facendo una carezza sul capo sudato dell’altro. Quello chiuse gli occhi. Attorno a loro le urla continuavano imperterrite, ma non ci badavano più. Nessuno di loro sembrava farlo. Nessuno di loro sembrava capire cosa stesse succedendo. Nessuno di loro sapeva cosa fare, tanto da finire per rimanere fermi a fissare Zitao e Yifan in terra. 
-Mi dispiace per tutto quello che è successo..- tossì Yifan con un sospiro tremulo.
-Non è colpa tua-
-Avrei dovuto proteggervi. Proteggerti-
-E l’hai fatto, Yifan! Se ora sono vivo, se lo siamo tutti, lo dobbiamo anche a te..-
-Sarei dovuto andare prima alla polizia..-
-Nessuno ti da la colpa di aver protetto la tua famiglia- sussurrò Zitao con un debole sorriso.
-Voi siete la mia famiglia.. Tu lo sei. Fin da piccolo era da te che venivo quando stavo male. Non dai miei genitori, da te- affermò Yifan, allungando una mano sporca di rosso verso quella di Zitao. -Quindi, Huang Zitao, la mia famiglia sei stata tu più di quanto lo siano stati loro in una vita intera-
Zitao guardò gli occhi dell’amico, colmi di lacrime, e strinse la sia mano più forte che poté.
-Quando saremo fuori di qui continuerò a essere la tua famiglia, te lo prometto-. Anche Zitao piangeva, una brutta sensazione alla bocca dello stomaco. -Non ti lascerò mai, Yifan-
-Sarebbe bellissimo..- disse Yifan a stento, con un sorriso triste. Poi chiuse gli occhi, troppo stanco per tenerli aperti. Avrebbe retto ancora per poco, lo sapeva bene. Eppure non trovava un modo migliore per andarsene: fra le braccia di colui che era sempre stato fondamentale.
-Sarà bellissimo. Non chiudere gli occhi, Yifan- sbottò Zitao, stringendo la mano dell’altro ancora. Quello sollevò le palpebre stancamente, ampliando il sorriso.
-Quando cerchi di non piangere.. Fai una faccia buffissima.. Sai?- 
-La mia gamma di brutte facce è ampia, ma per vederle tutte devi resistere ancora un po’, ok?- ridacchiò Zitao, passando le dita fra i capelli di Yifan in un gesto che voleva essere dolce ma sembrava più disperato che altro. Attorno a loro la situazione continuava ad apparire congelata: il signor Wu piangeva silenziosamente in un angolo, la pistola di Byun ancora puntata verso di lui, mentre la signora Huang si era azzardata ad uscire dalla camera blindata e guardava i due ragazzi stesi a terra. Seunghyun, la cui forma di lupo alla fine aveva ceduto di nuovo il posto a quella umana, dormiva ancora sotto l’effetto dei sedativi. Non volava una mosca, il tempo sembrava essersi fermato. C’era solo una disgustosa sensazione di distruzione e morte in quel corridoio. Zitao guardò Woohyun avvicinarsi a Seunghyun e sedersi accanto a lui, sempre in completo silenzio, e lo seguirono anche tutti gli altri membri del branco, che accerchiarono il ragazzo steso in terra come a voler creare intorno a lui una barriera. Intento a guardare loro, Zitao non si era accorto che Minseok aveva fatto la stessa identica cosa, inginocchiandosi vicino a Yifan con un debole sorriso. Luhan si appoggiò a Sehun, Jongin scivolò lungo la parete, Baekhyun fissava suo padre con talmente tanto odio negli occhi che Chanyeol, al suo fianco, temette quasi che potesse saltargli al collo da un momento all’altro. Yifan tossì ancora, e il dolore aumentò come se dieci coltelli avessero infierito sulla ferita già aperta. Trattenne un urlo mordendosi a sangue le labbra, e il sapore ferroso gli riempì la bocca disgustandolo.
-Ehi..- sussurrò Zitao posando le dita su una sua guancia. 
-Inizia a fare freddo..-
-Tra poco saremo fuori di qui, non preoccuparti. La polizia arriverà-
Yifan annuì con l’intento di confortare l’altro, ma sapeva benissimo che non sarebbe uscito vivo da quel palazzo. I brividi scuotevano il suo corpo, sentiva il calore umano scivolare lentamente via, e comprendere che gli rimaneva ormai poco tempo lo terrorizzò. Non per paura di morire, e nemmeno per quello che sarebbe accaduto dopo, se mai fosse esistito un qualcosa oltre la morte. L’unica cosa che temette fu non riuscire a dire in tempo tutto quello che aveva bisogno di confessare. Voltò il capo verso Minseok, che lo guardava con quei suoi enormi occhi pieni di ansia, e sorrise. 
-Mi dispiace per quello che è successo Min..- affermò Yifan a fatica. 
-Non importa. Adesso non parlare, ti stai solo affaticando- 
-E invece è necessario che tu lo sappia. Se solo avessi saputo cosa succedeva davvero a tutte le persone che venivano prese, io..-
-Yifan basta. Non sono arrabbiato con te- sussurrò Minseok afferrando una delle mani dell’amico e stringendola forte. Zitao guardava la scena con una bruttissima sensazione alla bocca dello stomaco, un macigno pesante chili a comprimergli il cuore.
-E tu..-. Yifan parlò rivolgendosi a Zitao, che tremante abbassò gli occhi sul volto dell’altro. -Tu cerca di non fare altre pazzie. Porta tutti in salvo, ti prego..- mormorò poi, prendendo un enorme respiro.
-Smettila di parlare così..- 
Yifan sembrò non ascoltarlo e continuò a sorridere. Guardò la linea delle labbra di Zitao, la forma sottile dei suoi occhi, i capelli che ricadevano umidi di sudore sulla pelle bianca come la neve. Voleva avere in mente quell’immagine fino alla fine.
-Zitao..- sussurrò alla fine, mentre una lacrima scendeva lungo la sua guancia. -C’è una cosa che volevo dirti da un po’ di tempo..-
Mentre quelle parole venivano pronunciate, un forte colpo alle porte di ingresso fece sobbalzare tutti. Le altre guardie, la polizia? A Zitao non importava molto. Continuava a fissare Yifan, che a sua volta sembrava completamente deciso a finire il discorso. Un altro colpo, questa volta più potente, e tutti attesero che accadesse qualcosa, qualsiasi cosa.
-Zitao..- ripeté Yifan, e il ragazzo si chinò verso il suo volto per sentire meglio. Guardò il sorriso bagnato dell’amico e il cuore gli si spezzò in petto. -Wo ai ni**-
Tre parole, nella loro lingua natale. Tre parole, che riempirono il vuoto di calore. Tre parole, e Yifan chiuse gli occhi, mentre Zitao spalancava i suoi e buttava fuori tutte le lacrime possibili. Urlò, così forte che la gola sembrò dilaniarsi, e quell’urlo si mischiò al rumore di porte che venivano gettate a terra e ad altre frasi sbraitate. Circa trenta persone fecero irruzione nel corridoio, la divisa della polizia che spiccava con la stessa forza dei pugni, ma Zitao non vedeva nulla. Stringeva fra le mani il corpo di Yifan senza capire se fosse svenuto o peggio, senza sapere cosa fare e con quelle tre parole che ancora gli rimbombavano in testa. Era arrabbiato. Con se stesso, con Yifan per avergli detto di amarlo per poi andarsene così, tra le sue braccia. 
Non poteva permetterlo.
Guardò il ragazzo che amava (perché si, lo amava e lo odiava ancor di più per non aver avuto il tempo di dirglielo), mentre la polizia si scagliava addosso a Byun intimandogli di lasciare la pistola; un altro agente stava sbattendo la signora Huang al muro, chiudendole i polsi nelle manette, stessa cosa per Ahn e Wu, che si lasciavano trascinare via senza opporre resistenza; altri poliziotti circondavano i ragazzi, confortandoli con pacche sulle spalle, e Zitao con la coda dell’occhio vide qualcuno che lentamente si avvicinava a lui e Yifan, ma non badò a loro. Portò una mano sul collo del ragazzo, tremando mentre avvertiva una pulsazione talmente debole da sembrare quasi nulla. E agì, senza nemmeno rendersene conto, senza nemmeno pensare alle conseguenze che quel gesto avrebbe portato con sé. 
Zitao si chinò sul corpo di Yifan e morse il braccio del giovane con tutta la forza che possedeva ancora.


**"ti amo" in cinese. 

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Capitolo 27
*** L'aria sapeva di libertà ***


Sonomi's home:
Ok, sono pronta al linciaggio. Quasi 4 mesi di ritardo. Io non so davvero come scusarmi. Da dicembre ad adesso ho avuto ben 3 esami universitari e ho passato la mia vita sui libri. Vi chiedo scusa in aramaico, in ginocchio, non so. Mi inchino a voi. 
Togliendo il mio PAUROSO ritardo, ci tenevo a ringraziare tutti coloro che hanno seguito questa FF, che mi hanno sostenuta in questi due anni. Ringrazio tutte le belle persone con cui ho avuto il piacere di parlare. GRAZIE. Di tutto. Spero che leggerete questo capitolo conclusivo nonostante il ritardo, e che magari lascerete un commento per farmi sapere cosa pensate di tutto il lavoro nel suo insieme. Lo spero proprio, ci terrei molto. Potete anche insultarmi, se vi va. AHAHAH Ah, gli altri due EXTRA arriverrano. Non so ancora quando avrò il tempo di terminarli, ma arriveranno. :)
Il College è dedicato a tutti voi.
Vi lascio all'ultimo capitolo.
(Che tristezza)



 
 
Capitolo 27
L’aria sapeva di libertà



Tic, tac, tic tac, tic, tac.
Zitao fissava impassibile le lancette dell’orologio sopra il mobiletto dei medicinali, seduto non troppo comodamente sulla poltroncina accanto al letto di Yifan. La gamba destra gli si stava addormentando, il braccio sinistro gli faceva un male impressionante, eppure stava mantenendo la stessa identica posizione da qualcosa come due ore buone. A intervalli regolari erano passati tutti per di lì: Yixing con una scatola di cioccolatini per “dargli qualche caloria”, aveva detto; Jongin con una coperta di lana, seguito da un Kyungsoo pieno di vestiti di ricambio da dargli; Joonmyun con un mazzo di fiori, ora appoggiati sul tavolino accanto al letto; Minseok e Jongdae con pacchetti di cibo decente; Sehun e Luhan erano arrivati insieme a Baekhyun e Chanyeol, e si erano fermati con lui per un’oretta. Poi erano tornati nelle rispettive dimore a cercare di riposare e trovare un po’ di tranquillità. 
Tranquillità.. Zitao aveva quasi dimenticato cosa significasse quella parola. Erano passati cinque giorni da ciò che era accaduto, cinque giorni di paura, tensione, e sospetti. I signori Wu, Huang, Ahn, Byun e collaboratori erano stati messi in prigione in attesa di un processo, e i ragazzi avevano passato quel tempo a essere interrogati. Avevano cercato di tenersi sul vago, non si erano azzardati a riferire di preciso cosa era loro accaduto durante la prima notte di luna piena. I file che erano stati consegnati alla polizia esprimevano chiaramente quello che gli esperimenti avevano intenzione di fare, ma che questi avessero funzionato non era stato menzionato. Se lo avessero detto, probabilmente avrebbero dovuto sopportare altre torture e proprio non se la sentivano. Avrebbero trovato un modo per sistemare la faccenda da soli. Oltretutto, sia Yifan che Baekhyun erano sotto stretta osservazione della polizia, ma non erano arrivati al punto di decidere di arrestarli, e Seunghyun era stato ricoverato a sua volta. Lui stava bene, se la sarebbe cavata con poco. 
Un’altra cosa che ai medici non era stata detta riguardo a Yifan, per ovvie ragioni, era che Zitao lo avesse morso pochi minuti prima dell’arrivo dell’ambulanza e probabilmente, se non l’avesse fatto, sarebbe stato troppo tardi: secondo i dottori, era stato un miracolo il fatto che Yifan fosse arrivato vivo in ospedale. Ripensandoci Zitao sospirò, spostando le gambe in una posizione più comoda. Quando avrebbe voluto che l’altro si svegliasse, una buona volta. Aveva così tante cose da dirgli.. Chiedergli scusa. Rivedere i suoi occhi. In quel momento, non desiderava altro.


Al college

Sehun era coricato sul suo letto, le dita che giocavano svogliate con il laccio della felpa. L’ispettore gli aveva dato il permesso di fermarsi ancora nel college, che a quanto pare attendeva solo l’arrivo di un preside nuovo. Se così non fosse stato la scuola avrebbe rischiato di chiudere. Si sentiva completamente perso, sconvolto, la sua mente non riusciva a elaborare in maniera concreta ciò che stava succedendo. Ma dopotutto quello era il primo momento di pura calma che riusciva a vivere da giorni, e il silenzio che lo circondava era quasi fastidioso. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma avrebbe dato qualunque cosa per avere qualcuno con cui condividere quel momento. 
E incredibilmente bussarono alla porta. Il ragazzo fece in tempo a mettersi seduto prima che la soglia si aprisse, mostrando il volto stanco di Luhan. Il giovane sembrava appena uscito da una centrifuga: i capelli erano un po’ disordinati, la pelle pallida come la neve, gli occhi segnati da profonde occhiaie scure. Nulla in lui sembrava essere del vecchio Luhan. Ma alla fine, chi di loro poteva definirsi rimasto come prima? 
-Sehun- 
-Luhan-
-Posso entrare?-
Sehun annuì, e guardò il ragazzo chiudersi la porta alle spalle. Vederlo gli faceva sempre un effetto strano. Flash della sua infanzia, del suo rapimento, avevano cominciato a tartassargli la mente, e di conseguenza la forza che lo spingeva verso Luhan si era fatta ancora più forte. Avevano condiviso insieme momenti che non molti avrebbero potuto capire. 
-Mi chiedevo dove fossi finito. Poi ho visto Kyungsoo in camera di Jongin e ho immaginato che ti fossi chiuso qui dentro- spiegò Luhan avvicinandosi al letto, mentre Sehun faceva un sorrisino.
-Perspicace il biondino. Mai pensato di entrare in polizia?-
Luhan alzò gli occhi al cielo e si sedette affianco all’altro, afferrando con una delle sue manine sottili quelle di Sehun. 
-Non fa per me. Sono troppo delicato- bofonchiò il biondo, ridacchiando. -Ma tu perché sei qui da solo? Gli altri sono tutti insieme, più o meno. Penso che fra poco andranno da Zitao e Yifan in ospedale- 
-Volevo trovare un po’ di calma. Solo questo- sussurrò Sehun, osservando le dita di Luhan intrecciate alle proprie. Guardandole, poteva quasi vedere il riflesso delle stesse dita nella memoria, solo più piccole e ancora più delicate. E gli sembrò stranamente giusto vederle di nuovo insieme.
-Vuoi che me ne vada?-
Sehun puntò gli occhi in quelli lucidi di Luhan, e fece un piccolo sorriso. Si avvicinò ancora un po’ all’altro, giusto per posare il capo sulla spalla del biondo e cingergli la vita con un braccio. Luhan si irrigidì appena.
-No. Non andare- sussurrò. -Stai qui con me- 
E Luhan ebbe la netta sensazione che in quel “stai qui con me” ci fosse un significato che andava al di là di quelle semplici parole. 


-Dovresti rientrare. Prenderai freddo così-
Joonmyun sobbalzò non appena parlarono alle sue spalle, ma sorrise lo stesso quando affianco a lui apparve Yixing, avvolto in un pesante giaccone lungo fin sotto il sedere. Lui indossava solo un cardigan leggero. 
-Il freddo mi tiene ancorato alla realtà. Mi fa sentire meglio-
-E ti farà anche venire un bel malanno, sicuro- 
Joonmyun ridacchiò e lanciò uno sguardo malinconico al giardino del college. L’erba stava iniziando a seccare del tutto, e gli alberi erano tristemente spogli. 
-Non pensi che sia deprimente?- sussurrò alla fine, e Yixing aggrottò le sopracciglia.
-Cosa?-
-Tutto questo- e il ragazzo indicò la natura attorno a loro. -L’autunno mi ha sempre messo tristezza- 
Yixing sorrise e senza farsi troppi problemi passò le mani attorno alla vita di Joonmyun, tirandoselo vicino. Lo strinse a sé, appoggiando la fronte sulla spalla dell’altro, mentre quello tremava leggermente. E non per il freddo. 
-Tu sei talmente solare da sentirti triste quando le foglie cadono. O quando la neve copre di silenzio la città. Sei una creatura splendida, Kim Joonmyun- sussurrò Yixing, e inevitabilmente l’altro arrossì fino alla punta dei capelli. Non era uno sciocco, si era reso conto che le cose successe nelle ultime settimane avevano avvicinato lui e Yixing più di quanto fossero vicini prima. Probabilmente era stata l’unica cosa buona uscita da tutto quel macello. 
-Davvero? E’ una cosa che non mi sento dire spesso- 
-Non è giusto. Ricordo bene quando hai steso quella guardia fuori dal palazzo. Quando cercando di tenere a bada il panico hai medicato Luhan. La gentilezza che riesci sempre a tirar fuori nei momenti più opportuni. Potrà sembrarti esagerato, ma senza di te non andremmo da nessuna parte Myun- bofonchiò Yixing. -Io non andrei da nessuna parte-
Joonmyun chiuse gli occhi e affondò la faccia nella giacca dell’altro, come a voler nascondere il sorriso che si stava formando sulle sua labbra. Non aveva bisogno di sentire altro, quelle parole bastavano. Bastavano a ripagarlo di tutte le fatiche e di tutte le sofferenze. 
-Tu non devi andare da nessuna parte, Zhang. Non senza di me-
Joonmyun sentì chiaramente le braccia attorno alla sua vita stringersi ancora di più.
-E’ una sorta di dichiarazione questa, Kim? Perché se lo è, sappi che ti bacerò- 
Yixing sentì chiaramente il ragazzo ridere nella sua stretta e il fiato gli si mozzò in gola. Lo guardò staccarsi leggermente da lui, alzare il volto verso il suo e sorridere in una maniera talmente bella e pura da mandargli il cuore in fibrillazione. Joonmyun era davvero una creatura splendida. 
-Cosa aspetti?- sussurrò.
-Sei serio?!-
-Zhang, o mi baci tu o lo faccio io- sbottò divertito Joonmyun, afferrando con le dita sottili il colletto della giacca di Yixing. Era giusto, tutto incredibilmente giusto: il modo in cui il cinese si stava chinando verso di lui, il venticello freddo sulle gote e oh, le labbra morbide e umide che si stavano modellando alle sue. Quello era il coronamento perfetto di tutta quell’assurda avventura. 
-Se avessi saputo in precedenza che baci così bene, mi sarei azzardato prima- sussurrò Yixing con un sorriso e Joonmyun gli tirò uno schiaffetto giocoso. 
-Avresti potuto. Ci sono voluti rapimenti e corse alla Fast&Furious per arrivare a questo punto!- 
-Ehi ehi, fammi capire. Avrei dovuto fare tutto io? Perché non hai fatto tu la prima mossa allora?- 
-Yah, Zhang. Vuoi botte?-
-No- affermò Yixing scuotendo la testa, e portando le mani sulle guance fredde di Joonmyun. -Da te ora voglio altro- 
E senza dire più nulla, si chinò nuovamente verso quelle labbra che sapevano di autunno e sole. 
                                                           

  & & &


Altri due giorni. 
Erano passati altri due giorni senza che nulla cambiasse in effettivo. Il processo contro i direttori dell’agenzia era iniziato, ma Yifan non accennava a svegliarsi. I medici cominciavano a preoccuparsi, tutti continuavano ininterrottamente a fare visita all’ospedale e Seunghyun era stato dimesso. L’unica nota positiva sembrava essere l’apparente riappacificazione fra lui e Chanyeol dopo una lunga chiacchierata di chiarimento a cui aveva partecipato anche Baekhyun. Almeno loro potevano considerarsi felici, nel limite del possibile. Zitao invece sembrava sempre più stanco e più preoccupato. Passava le sue giornate su quella poltroncina dall’aria scomoda, leggendo libri a voce alta nella speranza di poter aiutare Yifan in qualche modo, mangiando e bevendo di rado. Cercava di andare persino in bagno il meno possibile, pur di non allontanarsi da quella stanza. Se Yifan si fosse svegliato, voleva essere la prima persona che avrebbe visto. 
-Signor Huang, ha per caso bisogno di qualcosa?- 
Zitao sobbalzò, volandosi di scatto verso la persona che aveva parlato. Il medico curante di Yifan se ne stava appoggiato allo stipite della porta, avvolto nel suo camice bianco, con l’espressione più triste e sconsolata che il ragazzo gli avesse mai visto sulla faccia. Cercò di fare un mezzo sorriso.
-No dottor Nam. La ringrazio- 
L’uomo sospirò, facendo qualche passo all’interno della stanza. Lanciò un’occhiata a Yifan, per poi posare il suo sguardo affilato su Zitao.
-Sono convinto che la tua presenza qui sia un bene per Yifan. Continua così-
Il cinese scosse vagamente la testa.
-Sto iniziando a perdere le speranze, dottore. Sono già passati sette giorni..- 
-E sono pochi, considerando lo stato in cui Yifan è arrivato qui!- esclamò Nam posando una mano sulla spalla del ragazzo. -Non preoccuparti. Ce la farà, è un tipo forte- 
E con quelle parole l’uomo uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Zitao sospirò, avvicinando la poltrona al letto di Yifan e prendendo una delle sue mani fra le proprie. Gli piaceva stare così: aveva la sensazione di essere ancora più vicino all’altro, di permettergli di sentire la sua presenza ancor più che con la voce. In effetti, una cosa che sollevava il morale di Zitao c’era: Yifan aveva preso colore, non era più pallido come quando era arrivato in ospedale; anche la frequenza cardiaca era nella norma, così come la pressione, e secondo il medico tutti quei dettagli facevano sperare che le cose si sarebbero evolute in meglio. Non gli rimaneva altro che aspettare. E parlare, anche.
-Hai sentito cosa ha detto il dottor Nam, eh? Ce la farai. Devi lottare ancora un po’ Yifan- affermò infatti Zitao, stringendo la presa sulle sue mani. -Qui stiamo tutti aspettando il tuo risveglio, non vediamo l’ora di riabbracciarti. Sai, Joonmyun ieri mi ha detto che finalmente le cose fra lui e Yixing hanno cominciato a filare! Era insopportabile vederli flirtare. E non vorrei azzardare troppo dicendo questo, ma credo che anche fra Sehun e Luhan sia cambiato qualcosa- ridacchiò poi. -Ci manchi Yifan. Mi manchi. Quindi vedi di svegliarti presto perché anche io ho due cose da dirti- 
Zitao accarezzò il dorso della mano di Yifan, la pelle leggermente fredda. Con la coda dell’occhio poteva ancora vedere i segni praticamente scomparsi del morso che gli aveva dato, e alla fine ci passò sopra con un dito, avvertendo sotto il polpastrello la superficie leggermente ruvida della cicatrice. Poi qualcosa si contrasse.
Fu un guizzo, talmente veloce che probabilmente un occhio umano non lo avrebbe percepito, ma i nuovi sensi di Zitao si. Il muscolo del braccio di Yifan si era contratto, e il cinese aveva potuto persino avvertire un debole movimento delle dita. Scattò in pieni, chinandosi sul corpo di Yifan, e passò una mano fra i capelli scomposti del ragazzo.
-Yifan? Mi senti?- esclamò, stringendo la sua mano con ancora più forza. -Santo cielo, Yifan. Se mi senti, ti prego, cerca di muovere le dita ancora- 
Un debole movimento. E Zitao cominciò a piangere in silenzio, le gocce salate che cadevano sul letto come pioggia leggera. 
-Yifan.. Apri gli occhi. Ti scongiuro..- 
Una carezza lungo il volto. L’ennesima lacrima salata a cadere. 
E gli occhi di Yifan si aprirono lentamente. 
Zitao guardò il marrone di quelle iridi con stupore, tensione e meraviglia. Erano lì, i suoi occhi lo stavano davvero guardando, e dannazione, erano la cosa più bella che potesse vedere in quel momento. Zitao sorrise, di una umida felicità, e lasciò scivolare le dita fino alla nuca del ragazzo steso. 
-Yifan..- sussurrò, mentre l’altro lasciava andare un leggero colpo di tosse.
-Zitao..-
-Ce l’hai fatta.. Ce l’hai fatta, hai visto?- esclamò cominciando a ridere, mentre l’altro tendeva le labbra secche in un leggero sorriso. 
-Non potevo continuare così con una persona così testarda a parlarmi per tutto il giorno- sussurrò Yifan, e alzò lentamente un braccio fino al volto di Zitao. Fece una leggera pressione, e se lo portò vicino, accogliendolo nell’incavo fra la spalla e il collo. Chiuse gli occhi, accarezzando quei capelli neri come la notte, e ringraziò il cielo di essere vivo. Vivo, e con lui.
-Yifan..?-
-Si?-
Zitao sorrise, e accostò le labbra all’orecchio del ragazzo.
-Wo ai ni-

Quella giornata si concluse nei migliore dei modi. Il dottor Nam visitò Yifan, decretandolo sulla via della guarigione: tempo due settimane e probabilmente sarebbe potuto uscire di lì. Zitao raccontò al ragazzo cosa aveva dovuto fare per salvargli la vita, ma Yifan non si arrabbiò nemmeno per dieci secondi, anzi. Ora poteva considerarsi ancora più legato a lui e alla sua famiglia. Inutile dire che tutti corsero all’ospedale, che si fecero quasi cacciare per il troppo trambusto e che Yifan quasi cadde dal letto sotto gli abbracci di tutti. Ma era felice di averli lì, non importava altro. 
Arrivò anche una chiamata dal tribunale, quella sera. Yifan e Baekhyun erano stati reputati innocenti dal giudice e ciò significava che erano liberi di fare tutto ciò che volevano. E in cima alla lista c’era sicuramente la voglia di ricominciare da zero. Tutti insieme.
Seunghyun decise di lasciare la città assieme al suo branco, ma prima di questo si lasciò sconfiggere in un duello amichevole con Zitao, in modo da poter liberare Baekhyun dal vincolo che li legava. E li lasciò con la promessa che un giorno si sarebbero rivisti. 
I Wu, gli Huang, Ahn e Byun vennero condannati all’ergastolo e la presidenza del college passò nelle mani del professor Jung, cosa che fece storcere il naso a Jongin con il sommo divertimento di tutti. Quando Yifan lasciò l’ospedale, decise di tornare a scuola insieme agli altri per finire l’anno accademico, attendendo con ansia la prima notte di luna piena. 
Tutto sembrava filare liscio, finalmente.
Ora potevano godersi la loro vita.



2 anni dopo

-Yah! Dove corri razza di sciagurato!- sbraitò Minseok correndo dietro a Luhan per tutto il prato, mentre dalla finestra della casa Kyungsoo guardava la scena con un libro fra le mani. In salotto con cui c’era Joonmyun, gettato nell’atto di cucire un paio di pantaloni che Sehun aveva rotto con la precedente trasformazione, mentre Jongdae nella stanza affianco tirava su i letti. Avevano preso tutti insieme quella casetta in affitto per passare l’estate. Era circondata dal bosco, avevano dovuto sceglierla così per ovvi motivi, ma raggiungere il paese era facile. Non c’erano particolari problemi. 
-Quei due stanno ancora bisticciando in giardino?- domandò Jongin entrando in sala, per poi rubare un leggero bacio al suo fidanzato. 
-Già. E dovrebbero smetterla visto che tra meno di un’ora ci trasformeremo- sbottò Yixing, appena rientrato in casa con in braccio della legna. Poteva anche essere estate, ma la sera faceva freddo. 
E poi si, si sarebbero trasformati tutti. Era stato facile prendere quella decisione, una volta che tutta la situazione si era andata a sistemare: si erano giurati di stare assieme, di sostenersi a vicenda, e quale modo migliore se non quello di essere tutti nello stesso branco?
-Vorrà dire che se si dimenticheranno di togliersi i vestiti avrò altra roba da cucire- rise Joonmyun piegando i pantaloni di Sehun. -Ormai ci ho preso la mano-
-Allora potresti rammendare anche la mia maglietta rossa? Mi si è rotta ieri- esclamò Zitao, apparso dalla finestra con Yifan al seguito, con il risultato di aver quasi fatto venire un infarto a Kyungsoo. 
-Yah, non approfittatevene però!-
-Gente il sole sta calando!- urlò Baekhyun, entrando in salotto come una furia con una mela fra le mani. Chanyeol e Sehun dietro di lui erano già senza maglietta. 
-Arriviamo, arriviamo..- sbottò Jongdae, comparendo anche lui dalla stanza affianco. 
Tempo dieci minuti erano tutti in giardino, senza vestiti, in attesa che il sole calasse definitivamente dietro ai monti. Quando il buio della sera prese il posto del giorno, i dodici ragazzi iniziarono a sentire il sangue ribollire nelle vene, i muscoli mutare, i sensi farsi più acuti, e in men che non si dica al loro posto vi erano dodici bellissimi lupi. 
Ho proprio voglia di correre nel lato est oggi. Chi viene con me?
Tutti!

I lupi scattarono nella foresta, il vento fresco della sera contro i musi, la terra umida sotto le zampe. Ma in quel momento l’aria sapeva di libertà.
E un ululato di gioia si disperse nel buio della notte. 

 
                                                      The end

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