Like Never Before

di Criscias
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


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Give me love
Like never before

Give a little time to me
We'll burn this out

 Doncaster 1995

 

La bottiglia di scotch semivuota abbandonata sul tavolo gocciola bagnando il pavimento con un ticchettio assordante.
La stanza è illuminata lievemente dalla luce del lampione che filtra dalla finestra, la porta del salotto è chiusa, il legno massiccio ammaccato al centro dalla furia del pugno di Mark, che adesso sta gridando contro Johannah , la vena del collo gonfia mentre le sputa in faccia la sua rabbia.

 “SEI SOLO UNA PUTTANA” le grida spingendola contro il muro con tutta la sua forza, l’alito che sa di alcool.

 Johanna sbatte forte contro la parete fredda incapace di reagire alla furia violenta di Mark, allunga la mano a tentoni lungo il muro cercando una qualsiasi cosa con cui difendersi, e poi lo sente, sotto le dita tremanti, il bordo freddo della piccola sedia rossa di Louis.
L’afferra con la mano sinistra e con la poca forza che le rimane la lancia addosso a Mark che si copre il volto smostrato dalla rabbia con le mani e barcolla perdendo l’equilibrio.
Johannah corre verso la porta d’ingresso mentre lacrime taglienti le rigano il volto stanco, si volta per un istante a guardare quella casa dove non tornerà mai più, ed è in quel  momento che incrocia gli occhioni blu di un piccolo Louis osservarla con aria interrogativa.

“Mamma dove vai?”  chiede Louis con tutta l’ingenuità del mondo nella voce delicata.

Johannah non risponde, porta una mano all’altezza del petto, con le labbra mima “Per sempre nel mio cuore.” e chiude la porta alle sue spalle, quella porta che non aprirà mai più.

 

“MAMMA!” grida Louis correndo verso la porta, ma viene bloccato da Mark che lo strattona forte per un braccio attirandolo a se.
“La mammina se n’è andata.” lo prende in giro Mark stringendolo ancora più forte a se mentre Louis si dimena cercando di liberarsi da quella morsa che non lo fa respirare, la risata malata di Mark gli rimbomba nelle orecchie, “La tua mamma ti ha abbandonato piccolo mio, siamo solo io e te adesso” gli sussurra nell’orecchio portando una delle sue grandi mani sulla bocca di Louis per farlo star zitto, mentre lo trascina nella camera da letto al piano di sopra.

 

 

 

                                                                                                                                                       London 2014

 

 

Louis si sveglia di soprassalto nella sua stanza, le grida di Mark e la puzza d’alcool sembrano terribilmente reali.
L’orologio sul comodino segna le 4am, ed è appena stato svegliato dall’ennesimo incubo.
Si è addormentato vestito, il letto intatto, il blocchetto degli appunti e la penna in fondo al letto, l’ultima frase lasciata a metà.

 

Per sempre nel mio cuore.

 

Louis si stropiccia gli occhi con il dorso della mano pallida e si distende sotto le lenzuola cercando di scacciare via il pensiero della mani possenti di Mark sul suo corpo di bambino.
Ha aspettato per anni di fronte a quella porta chiusa pregando di veder tornare sua madre, prigioniero di un padre senz’anima, che notte dopo notte, stava sbriciolando anche sua, di anima.
Louis ha smesso di credere in dio una notte di tanti anni fa, non ricorda quanti anni avesse, la mente tende ad eliminare ricordi troppo dolorosi, almeno cosi gli hanno spiegato.
I ricordi si confondono  gli uni con gli altri, eppure Louis la paura che ha provato, quella non la dimenticherà mai, i passi pensati strascinati di Mark su per le scale, il cigolio della porta della sua cameretta ed il sentore di alcool che subito invade la stanza, la sua risata instabile mentre si siede sul letto e scosta le lenzuola dal corpicino di Louis che finge di dormire mentre le lacrime gli rigano il volto.
Finchè le lacrime non scendono più, e Louis diventa un adolescente, un adolescente che non parla.
Aveva deciso che non avrebbe mai più parlato con nessuno, tanto nessuno era mai stato li per ascoltarlo, neanche Dio aveva mai preso in considerazione le sue preghiere disperate, le sue richieste di aiuto nelle notti più buie.

 

Ovviamente al Kings College il mutismo di Louis venne considerato un problema piuttosto grave, da risolvere, almeno all’inizio, finchè le persone intorno a lui persero le speranze, e lo abbandonarono al suo silenzio, ma infondo a Louis andava bene cosi.

 

 

                                                                                                       

 Anne apre piano la porta di Louis, che dorme profondamente nel letto, la penna tra le mani e sorride amorevole alla vista di Louis con le labbra socchiuse e i capelli scompigliati, il respiro profondo.
Scosta le tende bianche dalla finestra per lasciar entrare la luce del sole nella stanza e poggia il vassoio con la colazione sulla scrivania ricoperta di fogli scritti e accartocciati, ad Anne si stringe lo stomaco a quella vista, sa bene cosa significa, Louis ha passato un’altra notte insonne.
Louis apre gli occhi non appena Anne chiude la porta alle sue spalle, l’aveva sentita entrare ma non voleva vedere nessuno quel giorno.
Louis adora Anne, era l’unica all’interno del Bethlem Royal Hospital con la quale avesse instaurato un rapporto di amicizia, nonostante Louis non le avesse mai  rivolto parola in tutti quegli anni.
Suo padre l’aveva lasciato lì quando aveva trovato un’altra donna, con due bambini piccoli, e ne aveva fatto la sua nuova famiglia, e Louis era diventato troppo grande per i suoi gusti, impossibile da gestire, in altre parole, un problema.
Anne si era subito affezionata a quel ragazzo dagli occhioni di ghiaccio e le labbra sottili, gli era stata vicina sempre, quando la notte lo sentiva gridare a squarcia gola prigioniero in uno di quegli incubi che lo torturavano ogni notte.
Anne lo abbracciava e lo stringeva forte a se, e Louis si ribellava all’inizio, spingendola via con  le sue manine piccole ma Anne non l’aveva mai lasciato, cullandolo tra le sue braccia morbide, finchè Louis non crollava sfinito in un sogno più sereno.

 

 



Il Bethlem Royal Hospital è uno degli ospedali psichiatrici più grandi di Londra, ed è anche la casa di Louis.
La grande struttura è suddivisa in reparti a seconda della gravità dei casi, il mutismo di Louis era dovuto agli abusi del padre e all’abbandono della madre, per questo era stato sistemato nella sezione abusi.
Era incredibile quanti bambini si aggirassero per quei corridoi, Louis rimaneva ad osservarli giocare nel cortile dalla sua finestra, nella sua stanza dalle pareti bianche spoglie.
Le giornate di Louis scorrevano tranquille, nessuna persona era mai venuta a trovarlo, soltanto suo padre si era presentato una volta con la nuova compagna, Louis l’aveva visto da dietro il vetro della sua finestra appannato dal respiro accelerato, mentre osservava Anne informarlo che non era persona gradita, cosi Mark non era scomparso per sempre, come sua madre.
Louis non la ricorda molto bene, tutti quegli anni avevano lentamente cancellato il suo volto rendendola un’ombra lontana, tanto che Louis si è chiesto se fosse mai esistita davvero.

 

La struttura è circondata da un ampio cortile, di quelli con i fiori di lavanda e il prato curato, attraversato da un lungo vialetto di mattoncini che si estende per tutta la lunghezza del parco.
La primavera è appena iniziata e Louis indossa una maglietta a mezze maniche che lascia scoperte le braccia troppo magre, tiene stretto tra le mani il suo blocchetto e la penna mentre passeggia verso la panchina dove Paul è seduto come ogni mattina.
Louis adora Paul, un signore anziano affetto dall’Alzheimer al terzo stadio che ama sedersi sulla sua solita panchina verniciata di un verde acceso lamentandosi della mensa a suo pare “troppo condita” .
Louis prende posto accanto a Paul e lo ascolta lamentarsi burbero in silenzio, perchè con Paul Louis si sente tranquillo, lui non si aspetta che Louis dica qualcosa, non rimane a fissarlo in attesa dopo aver finito la sua frase, semplicemente parla, parla e Louis ascolta, perchè in questo è bravo Louis, tutti quegli anni di silenzio l’anno reso un ottimo ascoltatore.

 

 

I’m

 

Quella mattina Louis si sveglia ancora con il volto sfuocato di sua madre impresso nella mente, la fronte imperlata di sudore freddo.
Si alza lentamente, rimanendo qualche minuto con le gambe penzoloni giù dal letto, il vassoio della colazione sulla scrivania, le tende scostate a far entrare la luce calda del mattino. Anne.
Louis accende l’acqua della doccia e si insapona la pelle candida, cercando di liberare la mente.
Poco dopo si dirige giù per le scale, addentando il cornetto alla marmellata di albicocche, la sua preferita.
Come ogni mattina passeggia per il vialetto assolato in direzione della panchina di Paul ma qualcosa di insolito si presenta davanti ai suoi occhi, Paul non è da solo quella mattina, e questo è piuttosto insolito visto che come Louis, non riceve  mai nessuna visita.
Un ragazzo alto e riccio è seduto accanto a Paul sulla panchina,  sbucciando in modo bizzarro una banana e sorridendo alle burbere lamentele del vecchio signore.
Il riccio indossa una maglietta azzurra con lo stemma del servizio civile, chiaramente non è un nipote ricomparso da un buco nero, Louis non si avvicina, rimane nascosto dietro la grande quercia poco lontano, da quella posizione riesce a vedere senza essere visto, e può bearsi di quella magnifica visione.
Quel ragazzo ha il sorriso più bello che Louis abbia mai visto in tutta la sua vita, non che ne abbia visti molti in realtà.
Anche da quella distanza riesce a vedere chiaramente le sfumature di verde dei suo grandi occhi, e non può non pensare che siano meravigliosi, ed incredibilmente sinceri.
Louis rimane appostato dietro quell’albero a lungo, incantato dai gesti di quell’angelo dalla pelle candida, le grandi mani si muovono leggere nell’aria mentre si aiuta con i gesti per esprimere meglio quello che sta raccontando, Louis non riesce a sentire la sua voce, eppure sa, che è meravigliosa.

 

 

 

                                                                                                                                        

 

Louis sta seduto sulla piccola sedia rossa nella sua cameretta in silenzio, le braccia strette intorno al corpicino, la testa piegata in avanti mentre dondola avanti e indietro senza sosta.
Dal piano di sotto riesce a sentire chiaramente le grida di Mark contro sua madre.

“SEI SOLO UNA PUTTANA, TU E QUEL MOSTRO MI AVETE ROVINATO LA VITA” .

Louis sente Johannah piangere, sente qualcosa rompersi, sente una madre supplicarlo di smetterla.
Ti prego dice, la voce spezzata dalle lacrime.

 

Ancora una volta Louis si sveglia nel pieno della notte, le guance bagnate dalle lacrime che sono cadute durante la notte continuano a scorrere sul suo volto anche adesso che si è svegliato, rannicchiato nel buio della sua stanza, tenendosi le gambe con le braccia fa dei grandi respiri profondi cercando di ristabilire il respiro regolare.
La stanza è avvolta dal buio della notte, Louis cerca a tentoni con la mano il blocchetto che tiene sul comodino insieme alla penna ed accende la abat-jour per illuminare quel tanto che basta per permettergli di scrivere.
Stringe la penna tra le dita mentre con l’altra mano si riavvia i lunghi capelli castani  scompigliati dal sonno agitato, assottiglia gli occhi trasparenti mentre traccia sul foglio le parole che non dirà mai ad alta voce.

 
 Dal giorno in cui te ne sei andata le cose sono andate sempre peggio. Mark mi ha fatto male, ogni notte, da quando te ne sei andata mamma. Perché non mi hai portato via con te? Perchè mi hai lasciato nelle sue mani? Ti ho aspettato, mamma. Ti ho aspettato di fronte a quella porta ogni giorno, ma tu non sei mai tornata.

Mi manchi.

Ti amo.

 
Louis accartoccia il foglio non appena ha scritto l’ultima lettera e lo getta a terra con tutta la sua forza, un grido disperato squarcia il silenzio della notte, ma nessuna lacrima bagna i suoi occhi spenti.
Poco dopo crolla di nuovo in un sonno tormentato.

 

                                                                                                                                                          

 

In

La mattina seguente quando Anne apre piano la sua porta la stanza è vuota.
Louis è uscito presto quella mattina, delle profonde occhiaie cerchiano i suoi occhi stanchi, le labbra contratte in una linea sottile.
E’ troppo presto perché Paul possa già essere sulla loro panchina ma Louis si dirige comunque in quella direzione, mettendosi seduto a  gambe incrociate, le mani affondate nella grande tasca frontale della felpa bianca, il cappuccio tirato sulla testa per ripararsi dalla pioggia che cade leggera.
Paul arriva un’ora dopo, cammina lento con il suo inseparabile bastone da passeggio e si siede con un grugnito accanto a Louis, iniziando il suo monologo senza tante cerimonie.
Louis incrina appena le labbra in un sorriso e resta ad ascoltarlo fissando un punto imprecisato davanti a sé.
Poco dopo Paul viene interrotto dalla voce più bella che Louis abbia mai sentito, leggermente roca, profonda, bellissima, sembra quasi stia cantando.

“Buongiorno Paul, come andiamo stamattina?” chiede gentile il ragazzo dai riccioli morbidi raccolti in un codino.
“Stavo raccontando al mio amico qui quando la mensa faccia sempre più schifo ogni giorno che passa” risponde Paul burbero provocando la risata del ragazzo dagli occhi verdi.
Louis stringe le mani nella tasca della felpa a disagio, pronto a scappare a gambe levate da quella meravigliosa visione in piedi davanti a lui.

Ti prego fa che non mi parli.

 
“Ciao amico di Paul, io sono Harry, Harry Styles.” canta l’angelo dagli occhi azzurri, azzurri? Louis era sicuro fossero verdi.

Harry gli tende una mano per presentarsi e Louis si alza di scatto dalla panchina e scappa via, proseguendo a passo svelto lungo il vialetto in direzione della sua camera senza mai voltarsi indietro, lasciando Harry con lo sguardo interrogativo e la mano sospesa a mezz’aria.

 

 

  Love

 
 Harry è appena arrivato al Bethlem Royal Hospital quella mattina, è in anticipo rispetto all’inizio del suo turno, indossa una grande felpa blu e sta parlando a bassa voce con Anne vicino alla porta d’ingresso.

 “Non posso dirti quello che vuoi sapere Harry, sono informazioni riservate.” spiega Anne, il tono amorevole come sempre.
“Lo so Anne, non voglio essere insistente, è che quel ragazzo ha qualcosa, qualcosa di speciale.” confessa Harry abbassando appena i grandi occhi verdi, una leggera sfumatura di porpora sulle guance.
“Harry caro, non ti sbagli, ma non stargli addosso va bene? Louis vuole essere lasciato in pace, ha bisogno di tranquillità.” dice Anne più seria adesso, carezzando dolcemente il volto liscio di Harry.
“Certo, non preoccuparti.” la rassicura Harry con uno dei suoi incantevoli sorrisi.

Più tardi Harry sta passeggiando con Paul lungo il viale, spingendolo sulla carrozzina e ascoltando le sue solite lamentele, lo sguardo che vaga per il parco, alla ricerca di un paio di occhi di ghiaccio.
Louis poco lontano è sdraiato sull’erba a pancia in giù intento a disegnare sul suo inseparabile blocchetto, gli occhi stretti in una fessura mentre si morde un labbro concentrato.
Gli occhi verdi di Harry intercettano Louis sdraiato sull’erba sotto il grande salice piangente, i lunghi capelli castani scompigliati dal vento leggero.
Harry spinge Paul fino alla panchina dove lo aiuta ad accomodarsi e si dirige verso Louis.
Louis non si accorge della presenza di Harry finché non si siede accanto a lui si sull’erba con un gran sorriso stampato sul volto pallido, gli occhi illuminati dalla luce tenue del sole mattutino.

“Ciao” dice titubante Harry, la voce melodiosa, Louis istintivamente porta entrambe le mani a coprire il blocchetto.
“Mi chiamo Harry, ma questo lo sai già…” prova ancora Harry e Louis si mette seduto, in procinto di alzarsi a correre via, di nuovo.
“Ti prego non scappare, non voglio costringerti a parlare se non ti va, voglio solo stare qui seduto accanto a te, puoi continuare a disegnare, non ti darò fastidio.” canta l’angelo al suo fianco, una supplica silenziosa negli occhi verdi.
Louis si prende qualche minuto per valutare quella proposta, e sorprendendo perfino se stesso decide di restare, tornando a sdraiarsi sulla schiena, il blocchetto ancora stretto tra le mani.
Harry sorride felice e sorpreso dalla reazione di quel ragazzo silenzioso e si stende al suo fianco, il volto rivolto verso il cielo limpido. 
Louis si sente stranamente sereno sdraiato al fianco di quello splendido ragazzo che riempie il silenzio parlandogli di lui in modo semplice, raccontandogli di quando da bambino aveva rubato la biciletta di suo cugino guadagnandosi una sberla da sua madre, di quando per il suo diciottesimo compleanno aveva rubato la macchina di sua madre per andare al concerto degli AC/DC, di quando aveva perso suo padre, e come avesse deciso di dedicare la sua vita ad aiutare persone come Paul.
Louis rimane in silenzio ad ascoltare le sue storie, mattina dopo mattina, per settimane.
Harry non fa mai domande a Louis per paura di spaventarlo e vederlo correre via, una reazione come quella gli spezzerebbe il cuore. Per la prima volta nella sua vita ha trovato qualcuno che lo ascolta davvero, qualcuno a cui interessa davvero sentire i suoi racconti, i suoi pensieri più profondi.
Il loro rapporto fatto di lunghi silenzi e segreti confessati cresce giorno dopo giorno, radicandosi nelle loro anime, legandoli l’uno all’altro, senza che se ne rendano mai davvero conto.

 

                                                                                                                                                    

 

 

 

With

 

Quella mattina di maggio Harry come sempre, arriva in anticipo e dopo aver salutato Anne con un bacio sulla guancia, prende il vassoio della colazione dal carrello nel corridoio e raggiunge Louis nella sua stanza aprendo piano la porta, ma Louis non c’è.
Il letto è perfettamente rifatto, come se non ci avesse dormito nessuno.
Harry poggia il vassoio sulla scrivania e nota con sua sorpresa il blocchetto degli appunti di Louis dimenticato sulla sedia insieme alla penna.
Rimane a fissarlo per qualche istante, una curiosità crescente gli nasce all’altezza dello stomaco, tra quelle pagine si nasconde l’anima tormentata di quel meraviglioso ragazzo che era diventato come ossigeno per Harry, avrebbe finalmente potuto capire che cosa gli aveva portato via la gioia di vivere, che cosa ha spento l’azzurro dei suoi occhi che solo raramente Harry riesce a veder brillare dopo una delle sue battute.
Allunga lentamente una mano per prendere il blocchetto quando sente dei passi alle sue spalle.
Louis in piedi sulla porta lo squadra con sguardo interrogativo, le labbra fini socchiuse, il fiatone per aver fatto le scale di corsa.
Harry gli porge il blocchetto che tiene stretto in mano.

“Non volevo leggerlo Lou, stavo per riportartelo.” si giustifica Harry, il terrore nella voce mentre Louis lo raggiunge e gli strappa il blocchetto dalle mani portandolo al petto.

Harry sa che un solo passo falso può rovinare tutti i progressi fatti in quelle settimane, e non lo avrebbe mai permesso.

“Ti ho portato la colazione, hai fame?” chiede premuroso indicando con gli occhioni il vassoio sul sulla scrivania, i riccioli morbidi raccolti in una crocchia.

Louis lo osserva con i penetranti occhi azzurri, Dio quanto è bello.
Fa cenno di no con il capo e abbozza un debole sorriso incapace di tenere il broncio a quel ragazzo che piano piano si è fatto spazio nel suo cuore.
Louis gli tende una mano che Harry afferra immediatamente, una nuova luce di speranza brilla nei suoi meravigliosi occhi quando un brivido li percorre entrambi a quel contatto.

 


Harry non riesce a dormire quella notte, mille pensieri gli si accavallano nella testa, sente l’adrenalina pulsargli nelle vene, il pensiero del blocchetto di Louis lo perseguita.
Se Louis avesse scoperto Harry a tradire la sua fiducia non lo avrebbe mai perdonato. 
Nonostante questo, Harry vuole sapere perché Louis si è spento piano piano, senza che nessuno se ne accorgesse. 
Vuole sapere chi vive nei suoi incubi, perché Anne un giorno glielo ha raccontato in confidenza, che Louis piange di notte, deve trovare un modo per fare delle domande a Louis, perché in quel momento, nella sua vita è l’unica cosa che conta, deve salvarlo.


Dopo una notte passata a torturarsi, Harry entra nella stanza di Louis tenendo stretto un Block Notes nella mano destra. In fondo, tutte quelle ore senza dormire gli hanno fatto venire un’idea.
Louis lo guarda, la testa appoggiata al cuscino del suo letto, accenna un sorriso e si tira su puntando entrambi i gomiti sul materasso, appoggia la schiena contro il muro freddo e si porta le ginocchia al petto mentre osserva Harry muoversi sinuosamente nella stanza. Come sempre, Louis non dice niente, attende solo che Harry ricambi il suo sorriso come è solito fare ogni volta che entra. 
Harry non lo delude, sorride in risposta mostrando le fossette mentre i suoi occhi verdi brillano. 
Dopo essersi levato il giubbotto, si siede sulla solita sedia e estrae una penna dalla tasca dei suoi jeans stretti.
Senza dire una parola, inizia a scrivere sul primo foglio del Block Notes che ha portato con se.

'Non penso che per dar voce ad un pensiero, ci sia per forza bisogno di parlare non trovi? Gli esseri umani sanno comunicare tra loro in molte maniere. Se ti va, possiamo provarci scrivendo. Puoi raccontarmi qualcosa del tuo passato?'

Louis attende che Harry finisca di scrivere. Il suo respiro è accelerato, è curioso, perché Harry sta scrivendo su un Block Notes e non parla come fa di solito? Ma soprattutto, cosa sta scrivendo?
Louis continua a chiederselo finché finalmente Harry non lo raggiunge vicino al letto, il Block Notes tra le mani, e con un cenno del capo gli fa capire che gli piacerebbe sedersi vicino a lui. Louis si sposta verso il muro schiacciandocisi quasi addosso perché il letto è piccolo, e le spalle di Harry sono molto larghe, il suo petto è ampio.
A Louis sono sempre piaciute le spalle di Harry, ha sempre desiderato poterle toccare.
Ci sono notti in cui sogna ancora le urla di suo padre e si sveglia piangendo.
In quelle notti vorrebbe nascondersi tra le braccia di Harry e piangere sul suo petto.


Harry passa il Block Notes a Louis e aspetta, attende che il ragazzo legga quello che poco fa ha scritto per lui. E Harry spera, spera con tutte le sue forze che anche Louis scriva qualcosa, che voglia comunicare con lui, ma Louis non fa niente. Guarda quella scritta per un intero minuto e l’unica cosa che riesce a fare e sdraiarsi, dare le spalle a Harry e rimanere immobile.
Sente come un peso all’altezza del petto, sente un nodo alla gola, e spera solo che Harry se ne vada in quel momento ed Harry capisce, lui capisce sempre.
Accarezza piano il braccio di Louis e sussurra uno “Scusa” prima di alzarsi, prendere tutta la sua roba e andarsene.
Louis adesso è libero di piangere, Harry non può vederlo, ma piange anche lui.

 

Harry non dorme neanche quella notte tormentato dai pensieri. La sua stupida curiosità potrebbe aver rovinato tuttp, forse Louis adesso non si fida più di lui.
La sveglia sta suonando, ma Harry non è mai stato più sveglio di così.
Londra è più nuvolosa del solito quella mattina, o forse Harry vede tutto grigio perché è triste, non si ferma a fare colazione, compra solo un cornetto alla marmellata per Louis al bar sotto casa, ha iniziato a piovere da poco quando Harry entra al Bethlem, in lontananza si sente il cielo tuonare. Si dirige verso la stanza di Louis, ma una volta entrato non lo trova.
Louis non c’è e la sua roba è sparita.
Cammina a passo svelto verso l’ufficio di Anne, sente l’ansia salirgli su fino alla gola. Il respiro affannoso, quasi stesse per avere un attacco di panico. Una volta arrivato davanti alla porta Harry bussa un po’ troppo forte, poi attende, la voce di Anne giunge dall’interno “avanti” . Una volta entrato trova la donna intenta a sistemare dei fogli sulla scrivania, senza preoccuparsi di salutare sputa fuori la domanda che lo sta logorando.

“Dov’è Louis?”

Anne lo guarda comprensiva, con aria materna.

“Ciao Harry.”
“Anne, ti prego, dimmi dove si trova Louis.”
“Non posso farlo tesoro.”

Harry sgrana gli occhi, deve saperlo.

“Anne, per favore, ieri è successa una cosa, voglio sapere se sta bene, devo parlarci.”
“Harry, Louis ha fatto capire espressamente che non vuole vederti. Non so cosa sia successo tra voi, e fidati se ti dico che mi dispiace molto perché sembrava affezionato a te.”

‘Sembrava affezionato a te.’

Una frase che ad Harry fa male quasi quanto un coltello piantato nel cuore. Ha sempre saputo che per Louis parlare del suo passato è una cosa dolorosa, non conosce i motivi, ed è proprio questo ad averlo spinto oltre il limite. Harry è sempre stato una persona che si fa gli affari suoi, ma con Louis non riesce, non sa perché ma non ci riesce e basta. Harry vuole sapere cosa c’è che non va. Harry vuole che Louis ricominci a parlare. Harry vuole regalare a Louis una vita normale, fatta di cose felici, e per farlo deve conoscere il suo passato. Dopo tutto è anche il suo lavoro.
Harry porge il cornetto alla marmellata che ha comprato per Louis ad Anne.

“Puoi dargli almeno questo? Louis ama la marmellata alle albicocche.”

Poi si volta e sparisce nel corridoio.

Sono le due del pomeriggio e Louis è chiuso nella sua nuova camera, sbadiglia mentre sente la pioggia sbattere delicatamente sulla sua finestra. Si è svegliato da poco ed è un po’ intontito. La sera prima ha scritto su un foglio di volere un sonnifero per dormire meglio, forse per provare a non avere incubi. 
Ha cercato Anne e le ha fatto leggere tutto. Dopo avergli permesso di cambiare stanza, la donna aveva acconsentito anche a quella richiesta. 
Anne non aveva fatto domande, ma non era stupida, e alla sua veneranda età sapeva riconoscere un problema tra adolescenti. Louis aveva bisogno dei suoi spazi, e nonostante gli dispiacesse davvero tanto per quello che avrebbe dovuto dire ad Harry l’indomani, la tranquillità di Louis era la sua priorità.

Sono nel tardo pomeriggio, Louis sente un vuoto nello stomaco, gli occhi di Harry impressi nella sua mente, mentre calde lacrime inondano i suoi occhi, è incapace di trattenerle.
Ripensa a sua madre, che se n’è andata perché non lo amava abbastanza. Louis non vuole raccontare ad Harry cosa gli è successo prima che si incontrassero. Suo padre, la violenza, le molestie. Non vuole che Harry lo guardi come si guardano i cuccioli abbandonati. Non vuole che Harry passi del tempo con lui perché è un caso umano e gli fa pena. Non vuole la carità di nessuno, e proprio in quel momento si rende conto, che non parlerà mai più, che non amerà mai più. 
Le persone non lo hanno mai ascoltato, le persone non lo hanno mai amato. Perché ricambiare?

Harry sta tornando a casa e l’unica cosa che riesce a pensare è che tutta quella situazione sia davvero assurda. Si sente in colpa. Se Louis avesse voluto, gli avrebbe raccontato di sua spontanea volontà cosa gli è successo di così terribile nel suo passato per ridurlo così. Gli avrebbe fatto leggere cosa scrive di notte sul suo blocchetto dopo tutti gli incubi che lo tormentano. Se non l’aveva mai fatto, c’era un perché, un perché che forse Harry non avrebbe saputo mai.


A Londra piove da giorni ormai, e Harry trova la cosa curiosa. Ha iniziato a piovere il giorno in cui ha scoperto che tra lui e Louis si è rotto qualcosa. Una settimana è passata, e nonostante questo Harry compra un cornetto alla marmellata tutte le mattine per Louis, lo da ad Anne e poi se ne va in silenzio. Harry non ha deciso di aspettare Louis, il suo cuore l’ha deciso per lui.

Sono sette giorni che Harry non dorme, sette giorni che Louis prende i sonniferi per dormire di più. Non riesce a scrivere niente, da quando ha deciso di non vedere più Harry è tutto vuoto, tutto appannato, tutto spento. Louis comincia a chiedersi se a quel punto non sia meglio morire. Se lo chiede mentre mangia l’ultimo croissant alla marmellata che Anne gli ha portato in camera.

Note scrittrici :

Ciao a tutte ragazze, noi siamo le Criscias, nome preso dalla fusione dei nostri cognomi.Molte di voi ci sonoscono già come scrittrici singole. Giulia Shumani e Chia2306.


Questa fan fiction nasce da un'idea di Chiara che ha ben tre anni. Doveva essere una cosa
Het, ma si sa ragazze, una volta entrati nel fandom degli One D, l'Het non si sa più neanche dove
stia di casa.
Speriamo con tutto il nostro cuore che il primo capitolo vi sia piaciuto, ci siamo impegnate
moltissimo a scriverlo. Chiara ci teneva tanto.
La storia sarà divisa in due parti. Il capitolo successivo è già stato scritto, quindi non preoccupatevi,
non dovrete attendere decenni.
Grazie a tutte per l'attenzione.

A presto

Criscias

P.S. :

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2845613  Questa la storia che sto scrivendo io nel mio profilo.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3029630   Questa quella che sta scrivendo Chiara nel suo.

Entrambe potete trovarle anche su Wattpad.

 

 

 


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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


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Harry si sveglia di soprassalto e gli ci vuole qualche secondo per capire dove si trova, prima di guardare l’orologio e accorgersi che la sveglia sta per suonare. Ha appena fatto un incubo, per questo il suo respiro è accelerato e i suoi occhi verdi sono ancora sgranati. Louis era morto, nel suo incubo Louis Tomlinson era morto ed Harry lo aveva trovato disteso sotto il salice piangente del Bethlem Royal Hospital in una pozza di sangue con i polsi squarciati. Harry fa un respiro profondo e cerca di calmarsi mentre promette a se stesso di non bere più the poco prima di andare a dormire.

Dopo una settimana che non lo vede, Louis sogna Harry per la prima volta. Lo scorge in lontananza mentre parla con Johannah. Ad un tratto la figura di sua madre sparisce davanti ai suoi occhi azzurri, mentre quella di Harry si volta verso di lui e gli sorride dolcemente.


‘Per sempre nel mio cuore’ gli sussurra con voce roca Harry, poi lo guarda e gli regala una piuma bianca. Louis è sicuro che sia la piuma di una delle ali di Harry, perchè Harry è il suo angelo.
Louis lo guarda, tende una mano verso di lui e quando è quasi arrivato a toccarlo si sveglia. Anne sta bussando alla porta della sua camera, ma lui si gira dall’altra parte e prova a dormire di nuovo. Spera di riuscire a continuare il sogno, perché è sicuro che solo lì Harry non lo lascerà mai.

Harry Styles non ha mai amato svegliarsi presto la mattina, ma da quando conosce Louis Tomlinson dormire non gli sembra più così importante. Il cielo di Londra è grigio anche quel giorno sebbene abbia smesso di piovere da qualche ora. Harry si alza dal suo letto e pigramente si trascina verso il bagno. Dopo essersi dato una ripulita, si infila il giubbotto ed esce.
Nonostante Harry abbia perso quasi le speranze di rivedere Louis, anche quella mattina si ferma al bar sotto casa per comprargli un croissant alla marmellata di albicocche. Sean, il barista del locale, lo avvisa che i croissant che Harry compra tutte le mattine sono finiti dopo che una gita di persone anziane si è fermata dentro il bar a fare colazione poco prima. Harry guarda Sean accigliato e dopo avergli fatto un mezzo sorriso esce senza dire una parola. Neanche ascolta mentre Sean gli consiglia di comprarne uno alla crema chantilly che è altrettanto buono.
Dopo varie ricerche, ( quella mattina tutti i bar sembrano aver finito i croissant alla marmellata ) Harry trova quello che cerca in una pasticceria vicino al Bethlem Royal Hospital, e per un momento si sente felice perché pensa ad un Louis sporco di marmellata di albicocche sul mento. Ride da solo in mezzo alla strada mentre si immagina la scena.

Louis si alza dal letto verso le 09.00 e va a cercare Anne, quella mattina sente il bisogno di camminare, la sua stanza sta diventando troppo opprimente e lui ha davvero bisogno di un abbraccio. Ha deciso cosa deve fare dopo aver visto sua madre in sogno che spariva dalla sua vita per la centesima volta, forse la millesima. Sa che sarà difficile, sa che probabilmente soffrirà, ma qualcosa dentro di lui gli suggerisce che il momento è arrivato, non vuole più vivere con quel peso opprimente nel petto. Louis Tomlinson vuole sentirsi libero.

Harry arriva al Bethlem intorno alle 09:10. Una volta entrato si dirige verso l’ufficio di Anne, ed è proprio davanti alla porta che la vede, Louis davanti a lei. Harry si paralizza sul posto, sgrana gli occhi, vorrebbe chiamarlo ma le parole gli muoiono in gola. Louis non si accorge di niente finché non si volta e i suoi occhi azzurri si scontrano con quelli verdi di un Harry immobile che lo fissa. Neanche dieci secondi dopo Louis sparisce dietro l’angolo in fondo al corridoio e Harry rimane a guardare il vuoto prima di sentire la voce dolce di Anne che lo chiama.

“Harry, tesoro, vieni qui? Entriamo.”

Harry si sente come intorpidito, ma dopo aver spostato il suo sguardo verso la donna inizia a camminare verso di lei.

“Louis è venuto qui per farmi sapere che ha preso una decisione…”

Anne poggia una mano sulla spalla di Harry e lo spinge delicatamente verso l’interno della stanza.

“Siediti pure, ne avremo per un po’.”

Harry obbedisce e in silenzio si siede, non sa cosa sta per succedere ma non si sente affatto tranquillo. Una specie di nodo alla gola quasi lo soffoca e neanche sa perchè. Anne è in piedi davanti a lui, sta cercando qualcosa in un cassetto, ci mette quasi un minuto prima di voltarsi con un fascicolo giallo in mano. Gli occhi di Harry sono puntati in direzione di quell’oggetto di cui lui non conosce il contenuto, il suo braccio vorrebbe afferrarlo e scappare via. La curiosità adesso lo sta divorando dall’interno. Lì dentro c’è la vita di Louis Tomlinson.

“Vedi Harry, Louis ha preso una decisione importante.” dice la donna sedendosi.
“Me lo hai già detto Anne. Adesso però puoi dirmi cosa ha deciso?” il tono di Harry non è duro, ma è sicuramente impaziente.
“Lui ha deciso di mostrarti qualcosa di molto personale caro, ma non sarà facile…” la voce di Anne si incrina mentre una delle sue mani quasi accarezza la copertina del fascicolo giallo davanti a lei.
“Non mi importa, io voglio sapere, io voglio aiutarlo Anne.”
“So che lo vuoi Harry, lo voglio anche io, ma vedi, io non sono la persona giusta, tu invece lo sei. Harry tu lo sei.”

Anne allunga un braccio e accarezza il dorso della mano di Harry mentre un sorriso stanco le nasce sul volto.

“Non so se lo sono Anne, lui non ha voluto vedermi per così tanto, cosa è cambiato?”
“Non lo so Harry, non so cosa è cambiato, so solo che Louis ha avuto dei traumi infantili non indifferenti. Per lui fidarsi di qualcuno è quasi impossibile, credo che sia per questo che ha voluto allontanarsi da te.
Probabilmente qualcosa deve averlo turbato, ma stai tranquillo, tu non c’entri niente, devi solo avere pazienza, devi essere forte.”
“Ce l’avrò. Avrò tutta la pazienza e la forza del mondo se necessario.”
“Bene, adesso ti mostrerò cosa c’è qui dentro, così potrai vedere tu stesso…”

Anne si appresta ad aprire il fascicolo che ha sotto le mani mentre Harry la osserva inquieto, gli occhi spalancati.
Un pila di fogli giace all’interno. Anne ne prende uno dal fondo e lo osserva un attimo prima di metterlo sotto gli occhi di Harry. Un disegno fatto con il carboncino che raffigura due persone, quella a destra è alta e ha gli occhi rossi, quella a sinistra è più bassa, è un bambino con gli occhi azzurri. Harry capisce subito cosa significa.  Il dito di Anne si va a posare sulla figura più grande.

“Il padre.” sussurra poi.

Harry sta in silenzio, fissa il dito di Anne perchè non ha il coraggio di parlare. Ha capito cosa rappresenta il disegno che ha sotto gli occhi, ha visto nei suoi libri universitari cose simili più di una volta. Un brivido gli percorre ogni vertebra, il sangue gli si gela nelle vene, chiude entrambi le mani a pugno.

“Harry, è dura per tutti, ma questo è il nostro lavoro.”

Passa un intero minuto prima che Harry riesca a parlare, ma Anne non ha fretta perchè sa bene quanto disegni come questi possano ferire. Persino lei, dopo anni di lavoro al Bethlem ancora non riesce a distaccarsi da quelle visioni. Un bambino che subisce abusi non può diventare abitudine.

“Quanto tempo fa è stato fatto questo disegno?” chiede Harry provando a trattenere la rabbia che gli sale piano piano.
“Questo è il primo che Louis mi ha mostrato, è dell’anno in cui lo abbiamo accolto qui.”

Harry Styles è sempre stata una persona calma e pacata, è difficile che perda il controllo e che abbia voglia di urlare ma in quel momento lo fa, lo fa e basta perchè quello che prova non può controllarlo. La persona che avrebbe dovuto difendere Louis ha abusato di lui quando era solo un bambino, e Harry non ce la fa a controllarsi, non quella volta.

“ANNE DIMMI CHE è UNO SCHERZO, DIMMI CHE è UNO SCHERZO! DIMMI CHE NON GLI HANNO FATTO QUESTO!”

Louis è fuori la porta dell’ufficio di Anne, è tornato lì perchè ha un regalo per Harry, il primo regalo che nella sua vita ha pensato di fare a qualcuno, quando sente Harry gridare però si spaventa e si sente in colpa.

Harry urla e piange e Anne va a stringerlo forte mentre con una mano gli accarezza piano i ricci per farlo calmare. Harry urla e piange per un tempo che gli pare infinito, ma Anne non si muove, continua a stringerlo e aspetta.

Louis sente Harry urlare e piangere mentre è ancora fuori nel corridoio. Il cuore gli fa cosi male che per un momento crede di morire esattamente lì su quel pavimento bianco, per questo scappa via correndo mentre delle lacrime gli rigano il volto, il regalo di Harry stretto al petto.


Quella notte Harry non chiude occhio. Non ha visto Louis dopo l’incontro con Anne perchè lei stessa si è presa la responsabilità di parlarci per prima, è la sua dottoressa da anni. Verso le 4am Harry si alza e si trascina stancamente in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Mentre passa dal corridoio intravede un libro che ha studiato qualche mese prima per un esame in cui ha preso trenta. Harry si ricorda in quel momento che poco tempo fa ha studiato quello che è stato fatto a Louis senza neanche rendersi conto di cosa significhi in realtà. Sente un moto di ira pervadergli ogni cellula, si dirige verso il libro e una volta afferrato lo scaraventa a terra, poi ne prende un altro e fa lo stesso. Si ferma solo quando tutti i volumi giacciono sul pavimento del suo salotto, lo stesso momento in cui ricomincia a piangere.

 



 

     
Anne sta parlando animatamente al telefono quando Harry varca il grande portone d’ingresso con un sacchetto della pasticceria stretto nella mano destra, i lunghi capelli tirati indietro con una sciarpa azzurra.
Si avvicina in silenzio, abbastanza vicino da poter sentire chiaramente la voce di Anne.

“Non sta bene, chiede spesso dei sonniferi per riuscire a dormire.” spiega Anne, il tono della voce chiaramente preoccupato, ed Harry capisce immediatamente di chi sta parlando. Louis non sta bene.
“I soliti incubi Johannah, gli stessi che lo tormentano da anni.”

Ancora silenzio mentre Anne ascolta la voce al di là della cornetta e lo stomaco di Harry si contorce dolorosamente.

“Per questo mese la retta è saldata, il tuo bonifico è arrivato ieri sera. Cerca di riposare adesso Jo, ci sono io qui con lui” il tono di Anne si fa più dolce.
Ancora silenzio.
“Nessuna parola, no.” la voce di Anne si spezza su quell’ultima parola. NO.

Anne chiude la telefonata, ravviandosi i capelli con una mano segnata dal tempo, voltandosi verso Harry che si avvicina al bancone.

“Buongiorno Harry caro” gli sorride lei, il volto stanco ma sereno come sempre.
“Buongiorno Anne” sorride a sua volta Harry, un accenno di fossette ad incorniciare il suo meraviglioso sorriso, ed Anne si addolcisce un po’.

Harry le porge il sacchetto della pasticceria senza specificare che ancora una volta, è per Louis.

“Sei un tesoro Harry” dice lei poggiando una mano su quella di Harry in modo materno prima di allontanarsi e sparire dietro la porta infondo al corridoio.


Harry rimane qualche secondo immobile, la mano sul bancone, la sensazione del calore della mano di Anne svanisce lentamente, mentre molto più velocemente l’adrenalina cresce e si disperde in tutto il suo corpo, rendendo incapace di pensare razionalmente.
Harry non sa cosa gli stia succedendo, non è mai stato un ragazzo maleducato, non si è mai intromesso negli affari altrui, ma Louis, Louis in qualche modo è affar suo. Louis fa parte di lui ed Harry non può far altro che assecondare il suo istinto.
In un attimo si ritrova nell’ufficio di Anne, si osserva mentre chiude piano la porta alle sue spalle lanciando un’occhiata furtiva ad entrambi i lati del lungo corridoio, spettatore delle sue stesse azioni, incapace di controllarsi, un solo nome impresso nella mente. Johannah.
Johannah che paga la retta di Louis, Johannah che si preoccupa di come sta, ed Harry deve sapere, se sulla terra esiste anche una sola persona che può aiutarlo a salvare Louis allora Harry deve trovarla. DEVE.
Con l’indice sfiora i cassetti del grande armadio attaccato alla parete, sono organizzati in ordine alfabetico, e dio quanti sono.
Harry non si era mai reso conto di quante anime vagassero per l’istituto dove trascorreva la maggior parte del suo tempo, troppo concentrato sull’unico caso che aveva preso veramente a cuore, sull’unica anima di cui gli importasse davvero, perfino più della sua.
Non sa come sia accaduto Harry, non sa che cosa in quel ragazzo lo stia spingendo ad infrangere ogni regola morale e non, ma da quando ha incrociato il ghiaccio nei suoi occhi, tutto il resto è diventato superfluo, al confronto.
Un scintilla brilla nei grandi occhi verdi quando con l’indice si sofferma sulla lettera T, apre il cassetto attento a non far rumore estraendo il blocco di cartelle dei pazienti accomunati da quell’unica lettera, scorre le cartelle tra le dita lunghe finché non la trova, la risposta a tutte le sue domande, e si odia, si odia immensamente per questo, si odia perché Louis lo odierebbe se soltanto potesse vederlo.
Inspira profondamente fino a riempire tutti i polmoni, e con le mani tremanti apre la cartellina.

Louis Tomlinson, paziente dal 2002

Harry viene percorso da un brivido mentre osserva le lettere cubitali raccontare la verità che non avrebbe dovuto sapere. Tredici anni, sono tredici anni che Louis vive in quel posto, tredici anni di silenzio, o forse più.
Una fitta lancinante allo stomaco lo costringe a chinarsi in avanti, le mani poggiate contro l’armadio freddo, i fogli caduti in disordine sul pavimento.
Respira forte Harry mentre si inginocchia a terra e raggruppa i fogli velocemente, voltandosi a verso la porta d’ingresso, allarmato dalla voce di Anne in fondo al corridoio.
Adesso o mai più, adesso o mai più pensa Harry, e cerca quel nome tra quegli spaventosi fogli che non ha il coraggio di leggere, né il tempo, e poi la trova : Johannah Deakin , 112 Rooswelt Street Londra.
Harry ripone la cartellina nel cassetto mentre annota mentalmente l’indirizzo per non dimenticarlo, e dopo essersi accertato che il corridoio sia deserto si lascia l’ufficio alle spalle per raggiungere Paul sulla solita panchina verde, solo.


Harry percorre il vialetto deserto illuminato dalla luce debole degli alti lampioni che costeggiano la Rooswelt, le mani affondate nelle tasche dei Jeans scuri.
Respira profondamente con lo sguardo fisso sulla piccola casa bianca finché non si ritrova di fronte a quella porta chiusa, Deakin scritto in una calligrafia ordinata terribilmente simile a quella di Louis.
Harry suona il campanello ed attende tendendo l’orecchio, dei passi leggeri si avvicinano e la maniglia si abbassa lentamente, un paio di occhi di ghiaccio si scontrano con quelli grigi di Harry, che solo in quel momento si accorge che aveva smesso di respirare nel momento in cui il suo indice aveva premuto sul campanello.
Il paio di occhi trasparenti scrutano Harry con aria interrogativa, ed Harry pensa solo di aver commesso un grande errore.

“Mi dispiace, io, io credo di aver sbagliato…” dice tutto d’un fiato voltandosi verso il vialetto pronto a tornare indietro.
“Harry?” esclama la donna, assomiglia a Louis.

Louis

Harry non può muovere un passo, incastrato da quella semplice richiesta, torna a guardare la donna sulla soglia della porta che gli sorride debolmente, senza però riuscire ad incrociare il suo sguardo.

“Anne mi ha parlato di te, per favore entra.” aggiunge poi con un sorriso d’incoraggiamento sul volto spostandosi per lasciar passare Harry, che titubante asseconda la richiesta della donna.

Johannah è più bassa di lui, indossa una vestaglia scura lunga fino ai piedi, lunghi capelli castani le cadono sulle spalle, le labbra piene, gli occhi di Louis.

“Mi dispiace essere piombato qui all’improvviso, non volevo disturbarla.” si scusa Harry, la voce più roca del solito mentre affonda ancora una volta le mani grandi nelle tasche dei jeans.
“Dammi del tu per favore, mi fai sentire vecchia.” scherza Johannah lasciando sfuggire un risolino dalle labbra sottili, ed Harry pensa che sia pura melodia, e non può non chiedersi quanto sarebbe bello sentir la risata di Louis.
“Accomodati pure Harry, vuoi qualcosa da bere?”
“Un bicchier d’acqua per favore.” la ringrazia Harry, la gola improvvisamente secca mentre si accomoda sul piccolo divano al centro del salotto ricoperto dalla carta da parati azzurra.

Johannah sparisce dietro la piccola porta dalla cucina, lasciando Harry in balia dei suoi pensieri, mentre si guarda intorno con i grandi occhi verdi lucidi.
Il suo sguardo si posa sul piccolo caminetto nell’angolo, delle foto vi sono disposte ordinatamente sopra, ed ancora una volta Harry asseconda il suo istinto avvicinandosi per osservarle da vicino.
Un bambino dagli occhioni azzurri sta seduto su una piccola seggiola rossa in un giardinetto curato, il sorriso ampio immortalato per sempre in quello scatto, ed Harry vorrebbe scomparire per sempre, dimenticarsi di tutto, dimenticarsi di Louis, dei cornetti alla marmellata, dei fogli strappati, delle grida strazianti nel cuore della notte, delle lacrime che adesso stanno rigando il suo volto.
Una mano si poggia delicata sulla sua spalla, Johannah gli porge il bicchiere d’acqua, gli occhi trasparenti sono lucidi.

“Grazie.” dice soltanto Harry, riponendo la foto al suo posto.

“Era un bambino bellissimo, una piccola peste con le magliette a righe.”

Johannah asciuga una lacrima con il dorso della mano prima di continuare il suo racconto.

“Eravamo una famiglia felice Harry, finché Mark…” la voce le si spezza quando pronuncia quel nome, percossa da un brivido “...finché non ha perso il lavoro e poco dopo suo fratello fu ucciso in un incidente stradale. L’alcool è stato il suo luogo sicuro, e il l’inizio della fine, il nostro biglietto di sola andata per l’inferno. Era diventato violento, ingestibile. Ho provato in tutti i modi Harry, ho cercato di salvarlo, di sopportare, di tenere Louis al sicuro, ma non ci sono riuscita.”

La voce le si incrina ancora una volta per il pianto, questa volta non si preoccupa di asciugarsi le lacrime, intenta a continuare il suo racconto, lo sguardo perso nei ricordi di una vita passata.

“Ho fallito Harry, ho fallito come moglie, come madre, come donna. Sono fuggita e ho abbandonato mio figlio nelle mani di un mostro, un mostro che ha distrutto la vita di suo figlio, che gli ha rubato l’anima. Non sai quante volte ho pensato di andare a trovarlo, ogni notte sogno i suoi occhi, sento la sua vocina supplicarmi di restare. Ma non sono mai tornata, non sono abbastanza forte, non sono riuscita a salvarlo e non ci riuscirò mai” piange Johannah, ed Harry l’abbraccia forte, stringendo quella donna distrutta dal dolore contro il suo petto, senza giudicarla, senza fare domande.
“Lo salverò io.” dice soltanto, e non è mai stato più sicuro di qualcosa in tutta la sua vita.


Johannah si scosta da quell’abbraccio, aggrappandosi agli occhi smeraldo di quel meraviglioso ragazzo in piedi di fronte a lei.

“Louis non dice una parola dall’età di cinque anni…” sussurra Johannah, troppo stanca anche solo per sostenere un tono di voce normale.
“Ci proverò, fosse l’ultima cosa che faccio nella vita, te lo prometto.” la rassicura Harry, credendoci davvero.

Harry le sfiora il volto con una mano e si incammina verso la porta d’ingresso quando la voce appena udibile di Johannah lo blocca ancora una volta “Louis ama i cornetti…”

“Alla marmellata di albicocche, lo so” conclude Harry, il cuore carico di emozioni, per Louis.



La mattina seguente Harry raggiunge Anne prima di incontrare Paul per la solita passeggiata, ma Paul quella mattina non c’è, e non ci sarà più.
Paul è morto quella notte nel sonno, non ha sofferto, gli ha spiegato Anne, era giunto il suo momento, il lavoro di Harry al Bethlem Royal Hospital era finito insieme alla vita di Paul. Harry rimane in piedi di fronte ad Anne, gli occhi verdi improvvisamente grigi, cupi, asciutti.
Vorrebbe piangere Harry, vorrebbe gridare che no, non può andarsene, non può lasciare Louis, non può muovere un passo nella direzione opposta a quella di una paio d’occhi di ghiaccio.
Anne osserva le mille espressioni apparire e scomparire dal volto di Harry, incapace di capire cosa stia passando per la mente di quel ragazzo splendido, indecifrabile.
Harry fa qualche passo a ritroso lungo il corridoio allontanandosi da Anne, senza distogliere gli occhi da quelli di lei, mentre scuote il capo in segno di diniego, le labbra dischiuse in un grido silenzioso, e corre, corre fuori dal portone che ha varcato per la prima volta un mese fa, inconsapevole di quello che il suo destino gli riservasse.
Corre Harry, corre attraverso il parco che profuma di lavanda, corre verso il salice piangente, verso l’erba curata, verso il suo corpo disteso al fianco di quello di Louis, verso i suoi occhi imprigionati in quelli di ghiaccio, verso la prima volta che si è innamorato, verso il suo destino, verso un bambino seduto su una piccola seggiola rossa.
Batte forte i pugni contro il grande albero secolare e grida tutta la sua sofferenza, le lacrime bollenti che colano lungo il suo volto, fino a scomparire nella colletto della felpa scura.
Batte forte i pugni nella speranza che il dolore fisico superi quello che gli sta straziando l’anima, ma niente, niente è così forte, niente può alleviare quel dolore, la certezza che non potrà mantenere quella promessa sussurrata solo poche ore prima, la certezza che non potrà salvare il ragazzo che gli è entrato nel cuore, per non andarsene ma più.
Harry si accascia a terra, la schiena contro il tronco dell’albero e si tiene la testa tra le mani mordendosi il labbro inferiore con forza, facendosi male, senza sentirlo.
Non si accorge del paio di occhi azzurri che lo stanno osservando da una finestra lontana, né dei passi leggeri che poco dopo calpestano l’erba curata vicino al grande salice piangente.
Louis osserva Harry raggomitolato su se stesso e gli fa male il cuore, il desiderio di toccarlo incontrollabile mentre allunga una mano e accarezza i riccioli morbidi di Harry facendolo sussultare.
Harry alza lentamente il volto, gli occhi sorprendentemente azzurri colmi di lacrime brillano quando si specchiano in quelli trasparenti del ragazzo avvolto nella felpa bianca inginocchiato di fronte a lui.
Dischiude le labbra ma nessun suono esce dalla sua gola secca, ed ancora una volta il silenzio avvolge quei due ragazzi l’uno di fronte all’altro, la mani intrecciate in una stretta delicata, una carica di energia li avvolge entrambi, come magia, la magia più bella a cui Louis abbia mai assistito.
Si distendono entrambi su un fianco, specchiandosi negli occhi l’uno dell’atro per un tempo infinito, che non sarà mai abbastanza.


Harry prende il blocco degli appunti che Louis tiene nella tasca della felpa e impugna la pena nella mano destra mordendosi un labbro.

Sono felice di essere qui con te Lou.

Louis prende il blocchetto che Harry gli porge ed un sorriso sereno si allarga sul suo volto, uno di quelli che Harry fatica per conquistare, ma che quando appaiono su quel volto stupendo gli scaldano il cuore.

Sono felice che tu sia qui con me

Scrive a sua volta Louis con la sua calligrafia elegante sotto quella disordinata di Harry, che prende di nuovo il blocchetto e traccia ancora una volta le parole sul foglio di carta.

Vederti sorridere è meraviglioso. Vorrei poterti far sorridere sempre.

Louis sorride ancora un volta, gli occhi fissi in quelli di Harry mentre prende la penna dalla sua mano soffermandosi a sfiorare la sua pelle.

Puoi restare, se vuoi. Puoi restare e non lasciarmi mai. Puoi?

Gli occhi azzurri di Louis si fanno più scuri mentre osserva la sua stessa mano tracciare quella richiesta silenziosa sul foglio bianco macchiato da promesse d’inchiostro nero.
Louis per la prima volta dopo anni riesce a comunicare con qualcuno, con qualcuno che non pretende da lui delle parole dette ad alta voce, qualcuno che ha scelto di esprimersi nel suo stesso modo, con una penna tra le mani ed il silenzio a far da cornice.
È in quel preciso istante che Louis decide di tirare fuori il regalo che ha fatto a quel ragazzo così speciale che gli è stato accanto, nonostante il suo mutismo, nonostante tutto. Harry prende il pezzo di carta che Louis gli sta porgendo e lo apre. Quello che vede lo lascia senza parole, si ritrova davanti il suo stesso viso, Louis gli ha fatto un ritratto. Sul foglio, due enormi ali bianche spuntano dalla schiena di Harry, il verde con cui sono stati colorati i suoi occhi ha diverse tonalità che vanno dal chiaro allo scuro, Louis le conosce tutte. Sotto il disegno c’è una scritta.

Un angelo dagli occhi verdi chiamato Harry

Perché Louis non può dimenticare le giornate trascorse al suo fianco, mano nella mano, ascoltando la sua voce melodiosa e sfiorando con i polpastrelli la sua pelle candida, non può dimenticare quella mattina in cui è stato svegliato dalla luce del sole, dopo una notte senza incubi, dopo che Harry quegli incubi li ha scacciati via con il suo sorriso.
Non può dimenticare Louis, non può farlo mai più.
Perché Louis nella sua vita non ha amato mai, perchè Louis nella sua vita non è stato amato mai.
Perché Louis non sa cosa significa l’amore, non sa cosa significa addormentarsi con la testa sul petto di un angelo dagli occhi verdi, non sa cosa significa sentirsi libero di rompere il silenzio che gli urla dentro da tutta la vita, non sa cosa significa chiudere gli occhi e lasciarsi guidare, e vorrebbe tanto scoprirlo, adesso.

Posso restare, finché vorrai.

Le parole di Harry prendono forma mentre scorre la grande mano sul foglio, sotto lo sguardo emozionato di Louis.

Louis si solleva da terra, tende una mano piccola a Harry che la prende ancora una volta senza esitare, il verde dei suoi occhi perso nell’azzurro di Louis.
Sono in piedi uno di fronte all’altro, Harry è più alto di Louis, che si solleva sulle punte per poggiando le mani sulle sue spalle grandi.
Ancora una volta il silenzio regna tra loro quando le labbra di Louis sfiorano delicate quelle di Harry che accoglie quel bacio, una promessa silenziosa che profuma di per sempre.


Louis porta una mano all’altezza della gola, massaggiandola piano, mentre una sensazione sconosciuta percorre tutto il suo corpo, un desiderio irrefrenabile cresce dentro di lui, e non può far altro che assecondarlo quando le parole escono fuori in un sussurro dalle sue labbra ancora premute contro quelle di Harry.

“Ti amo”

Dice, mentre il cuore gli scoppia e la gola gli brucia, come arsa da fiamme dopo il lungo silenzio che è stata la sua intera vita.
Harry non risponde, lascia le mani di Louis distogliendo i grandi occhi da quelli di Louis che lo osserva spaventato mentre si china a raccogliere il foglio e la penna abbandonati sull’erba.

Ti amo anche io.

Scrive Harry su una nuova pagina bianca, la loro pagina bianca, il loro nuovo inizio.






Note Criscias :
Intanto un immenso scusa a tutte le ragazze che hanno aspettato questo capitolo che sarebbe dovuto uscire
molto prima. Ma se state leggendo questo speriamo che l'attesa sia valsa la pena.


Ho pensato e scritto questa storia ormai tre anni fa, parla di un ragazzo ed una ragazza, ma soprattutto parlava d'amore.
Qualche mese fa la mia amica Giuls mi ha fatto conoscere la storia d'amore più bella bella di sempre, un amore non convenzionale, semplice, tra due ragazzi meravigliosi, ed è grazie a lei se oggi quell'idea ha preso forma, diventando la loro storia, di Harry e Louis.
Vorrei dedicare questa storia a Giuls, colei che mi ha insegnato a vedere l'amore sotto un nuovo punto di vista, quindi grazie, Giuls, GRAZIE di essere esattamente come sei.
                                                                      























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