Like Never Before di Criscias (/viewuser.php?uid=829178)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 1 *** Chapter 1 ***
Give me love
Like never before
Give a little time to me
We'll burn this out
Doncaster 1995
La
bottiglia di scotch
semivuota abbandonata sul tavolo gocciola bagnando il pavimento con un
ticchettio assordante.
La stanza è
illuminata lievemente dalla luce del lampione che filtra dalla
finestra, la
porta del salotto è chiusa, il legno massiccio ammaccato al
centro dalla furia
del pugno di Mark, che adesso sta gridando contro Johannah , la vena
del collo
gonfia mentre le sputa in faccia la sua rabbia.
“SEI
SOLO UNA
PUTTANA” le grida spingendola contro il muro con tutta la sua
forza, l’alito
che sa di alcool.
Johanna
sbatte forte
contro la parete fredda incapace di reagire alla furia violenta di
Mark,
allunga la mano a tentoni lungo il muro cercando una qualsiasi cosa con
cui
difendersi, e poi lo sente, sotto le dita tremanti, il bordo freddo
della
piccola sedia rossa di Louis.
L’afferra con la
mano sinistra e con la poca forza che le rimane la lancia addosso a
Mark che si
copre il volto smostrato dalla rabbia con le mani e barcolla perdendo
l’equilibrio.
Johannah corre verso
la porta d’ingresso mentre lacrime taglienti le rigano il
volto stanco, si
volta per un istante a guardare quella casa dove non tornerà
mai più, ed è in
quel momento che
incrocia gli occhioni
blu di un piccolo Louis osservarla con aria interrogativa.
“Mamma
dove
vai?” chiede
Louis con tutta l’ingenuità
del mondo nella voce delicata.
Johannah
non
risponde, porta una mano all’altezza del petto, con le labbra
mima “Per sempre
nel mio cuore.” e chiude la porta alle sue spalle, quella
porta che non aprirà
mai più.
“MAMMA!”
grida Louis
correndo verso la porta, ma viene bloccato da Mark che lo strattona
forte per
un braccio attirandolo a se.
“La mammina se
n’è
andata.” lo prende in giro Mark stringendolo ancora
più forte a se mentre Louis
si dimena cercando di liberarsi da quella morsa che non lo fa
respirare, la
risata malata di Mark gli rimbomba nelle orecchie, “La tua
mamma ti ha
abbandonato piccolo mio, siamo solo io e te adesso” gli
sussurra nell’orecchio
portando una delle sue grandi mani sulla bocca di Louis per farlo star
zitto,
mentre lo trascina nella camera da letto al piano di sopra.
London
2014
Louis si sveglia di soprassalto
nella sua stanza, le grida di Mark e la
puzza d’alcool sembrano terribilmente reali.
L’orologio sul comodino segna le 4am, ed è appena
stato svegliato
dall’ennesimo incubo.
Si è addormentato vestito, il letto intatto, il blocchetto
degli appunti
e la penna in fondo al letto, l’ultima frase lasciata a
metà.
Per sempre nel mio cuore.
Louis si stropiccia gli occhi con
il dorso della mano pallida e si
distende sotto le lenzuola cercando di scacciare via il pensiero della
mani
possenti di Mark sul suo corpo di bambino.
Ha aspettato per anni di fronte a quella porta chiusa pregando di
veder tornare sua madre, prigioniero di un padre senz’anima,
che notte dopo
notte, stava sbriciolando anche sua, di anima.
Louis ha smesso di credere in dio una notte di tanti anni fa, non
ricorda quanti anni avesse, la mente tende ad eliminare ricordi troppo
dolorosi, almeno cosi gli hanno spiegato.
I ricordi si confondono gli
uni
con gli altri, eppure Louis la paura che ha provato, quella non la
dimenticherà
mai, i passi pensati strascinati di Mark su per le scale, il cigolio
della
porta della sua cameretta ed il sentore di alcool che subito invade la
stanza,
la sua risata instabile mentre si siede sul letto e scosta le lenzuola
dal
corpicino di Louis che finge di dormire mentre le lacrime gli rigano il
volto.
Finchè le lacrime non scendono più, e Louis
diventa un adolescente, un
adolescente che non parla.
Aveva deciso che non avrebbe mai più parlato con nessuno,
tanto nessuno
era mai stato li per ascoltarlo, neanche Dio
aveva mai preso in considerazione le sue preghiere
disperate, le sue
richieste di aiuto nelle notti più buie.
Ovviamente al Kings College il
mutismo di Louis venne considerato un
problema piuttosto grave, da risolvere, almeno all’inizio,
finchè le persone
intorno a lui persero le speranze, e lo abbandonarono al suo silenzio,
ma
infondo a Louis andava bene cosi.
Anne
apre piano la porta di Louis, che dorme profondamente nel letto, la
penna tra le mani e sorride amorevole alla vista di Louis con le labbra
socchiuse e i capelli scompigliati, il respiro profondo.
Scosta le tende bianche dalla finestra per lasciar entrare la luce del
sole nella stanza e poggia il vassoio con la colazione sulla scrivania
ricoperta di fogli scritti e accartocciati, ad Anne si stringe lo
stomaco a
quella vista, sa bene cosa significa, Louis ha passato
un’altra notte insonne.
Louis apre gli occhi non appena Anne chiude la porta alle
sue spalle,
l’aveva sentita entrare ma non voleva vedere nessuno quel
giorno.
Louis adora Anne, era l’unica all’interno del
Bethlem Royal Hospital
con la quale avesse instaurato un rapporto di amicizia, nonostante
Louis non le
avesse mai rivolto
parola in tutti
quegli anni.
Suo padre l’aveva lasciato lì quando aveva trovato
un’altra donna, con
due bambini piccoli, e ne aveva fatto la sua nuova famiglia, e Louis
era
diventato troppo grande per i suoi gusti, impossibile da gestire, in
altre
parole, un problema.
Anne si era subito affezionata a quel ragazzo dagli occhioni di
ghiaccio
e le labbra sottili, gli era stata vicina sempre, quando la notte lo
sentiva
gridare a squarcia gola prigioniero in uno di quegli incubi che lo
torturavano
ogni notte.
Anne lo abbracciava e lo stringeva forte a se, e Louis si ribellava
all’inizio, spingendola via con
le sue
manine piccole ma Anne non l’aveva mai lasciato, cullandolo
tra le sue braccia
morbide, finchè Louis non crollava sfinito in un sogno
più sereno.
Il Bethlem Royal Hospital è uno degli ospedali
psichiatrici più grandi
di Londra, ed è anche la casa di Louis.
La grande struttura è suddivisa in reparti a seconda della
gravità dei
casi, il mutismo di Louis era dovuto agli abusi del padre e
all’abbandono della
madre, per questo era stato sistemato nella sezione abusi.
Era incredibile quanti bambini si aggirassero per quei corridoi, Louis
rimaneva ad osservarli giocare nel cortile dalla sua finestra, nella
sua stanza
dalle pareti bianche spoglie.
Le giornate di Louis scorrevano tranquille, nessuna persona
era mai
venuta a trovarlo, soltanto suo padre si era presentato una volta con
la nuova
compagna, Louis l’aveva visto da dietro il vetro della sua
finestra appannato
dal respiro accelerato, mentre osservava Anne informarlo che non era
persona
gradita, cosi Mark non era scomparso per sempre, come sua madre.
Louis non la ricorda molto bene, tutti quegli anni avevano lentamente
cancellato il suo volto rendendola un’ombra lontana, tanto
che Louis si è
chiesto se fosse mai esistita davvero.
La struttura è
circondata da un ampio cortile, di quelli con i
fiori di lavanda e il prato curato, attraversato da un lungo vialetto
di
mattoncini che si estende per tutta la lunghezza del parco.
La primavera è appena iniziata e Louis indossa una maglietta
a mezze
maniche che lascia scoperte le braccia troppo magre, tiene stretto tra
le mani
il suo blocchetto e la penna mentre passeggia verso la panchina dove
Paul è
seduto come ogni mattina.
Louis adora Paul, un signore anziano affetto dall’Alzheimer
al terzo
stadio che ama sedersi sulla sua solita panchina verniciata di un verde
acceso
lamentandosi della mensa a suo pare “troppo
condita” .
Louis prende posto accanto a Paul e lo ascolta lamentarsi burbero in
silenzio, perchè con Paul Louis si sente tranquillo, lui non
si aspetta che
Louis dica qualcosa, non rimane a fissarlo in attesa dopo aver finito
la sua
frase, semplicemente parla, parla e Louis ascolta, perchè in
questo è bravo
Louis, tutti quegli anni di silenzio l’anno reso un ottimo
ascoltatore.
I’m
Quella mattina Louis si
sveglia ancora con il volto sfuocato di sua
madre impresso nella mente, la fronte imperlata di sudore freddo.
Si alza lentamente, rimanendo qualche minuto con le gambe penzoloni
giù
dal letto, il vassoio della colazione sulla scrivania, le tende
scostate a far
entrare la luce calda del mattino. Anne.
Louis accende l’acqua della doccia e si insapona
la pelle candida,
cercando di liberare la mente.
Poco dopo si dirige giù per le scale, addentando il cornetto
alla
marmellata di albicocche, la sua preferita.
Come ogni mattina passeggia per il vialetto assolato in
direzione della
panchina di Paul ma qualcosa di insolito si presenta davanti ai suoi
occhi,
Paul non è da solo quella mattina, e questo è
piuttosto insolito visto che come
Louis, non riceve mai
nessuna visita.
Un ragazzo alto e riccio è seduto accanto a Paul sulla
panchina, sbucciando
in modo bizzarro una banana e
sorridendo alle burbere lamentele del vecchio signore.
Il riccio indossa una maglietta azzurra con lo stemma del servizio
civile, chiaramente non è un nipote ricomparso da un buco
nero, Louis non si
avvicina, rimane nascosto dietro la grande quercia poco lontano, da
quella
posizione riesce a vedere senza essere visto, e può bearsi
di quella magnifica
visione.
Quel ragazzo ha il sorriso più bello che Louis abbia mai
visto in tutta
la sua vita, non che ne abbia visti molti in realtà.
Anche da quella distanza riesce a vedere chiaramente le sfumature di
verde dei suo grandi occhi, e non può non pensare che siano
meravigliosi, ed
incredibilmente sinceri.
Louis rimane appostato dietro quell’albero a lungo, incantato
dai gesti
di quell’angelo dalla pelle candida, le grandi mani si
muovono leggere
nell’aria mentre si aiuta con i gesti per esprimere meglio
quello che sta
raccontando, Louis non riesce a sentire la sua voce, eppure sa, che
è
meravigliosa.
Louis
sta seduto
sulla piccola sedia rossa nella sua cameretta in silenzio, le braccia
strette
intorno al corpicino, la testa piegata in avanti mentre dondola avanti
e
indietro senza sosta.
Dal piano di sotto
riesce a sentire chiaramente le grida di Mark contro sua madre.
“SEI
SOLO UNA
PUTTANA, TU E QUEL MOSTRO MI AVETE ROVINATO LA VITA” .
Louis
sente Johannah
piangere, sente qualcosa rompersi, sente una madre supplicarlo di
smetterla.
Ti prego dice, la
voce spezzata dalle lacrime.
Ancora una volta Louis si sveglia
nel pieno della notte, le guance
bagnate dalle lacrime che sono cadute durante la notte continuano a
scorrere
sul suo volto anche adesso che si è svegliato, rannicchiato
nel buio della sua
stanza, tenendosi le gambe con le braccia fa dei grandi respiri
profondi
cercando di ristabilire il respiro regolare.
La stanza è avvolta dal buio della notte, Louis cerca a
tentoni con la
mano il blocchetto che tiene sul comodino insieme alla penna ed accende
la abat-jour
per illuminare quel tanto che basta per permettergli di scrivere.
Stringe la penna tra le dita mentre con l’altra mano si
riavvia i lunghi
capelli castani scompigliati
dal sonno
agitato, assottiglia gli occhi trasparenti mentre traccia sul foglio le
parole
che non dirà mai ad alta voce.
Dal giorno in cui te ne sei
andata le cose
sono andate sempre peggio. Mark mi ha fatto male, ogni notte, da quando
te ne
sei andata mamma. Perché non mi hai portato via con te?
Perchè mi hai lasciato
nelle sue mani? Ti ho aspettato, mamma. Ti ho aspettato di fronte a
quella
porta ogni giorno, ma tu non sei mai tornata.
Mi
manchi.
Ti
amo.
Louis accartoccia il foglio non appena ha scritto l’ultima
lettera e lo
getta a terra con tutta la sua forza, un grido disperato squarcia il
silenzio
della notte, ma nessuna lacrima bagna i suoi occhi spenti.
Poco dopo crolla di nuovo in un sonno tormentato.
In
La mattina
seguente quando Anne apre piano la sua porta la stanza è
vuota.
Louis è uscito presto quella mattina, delle profonde
occhiaie cerchiano
i suoi occhi stanchi, le labbra contratte in una linea sottile.
E’ troppo presto perché Paul possa già
essere sulla loro panchina ma
Louis si dirige comunque in quella direzione, mettendosi seduto a gambe incrociate, le mani
affondate nella
grande tasca frontale della felpa bianca, il cappuccio tirato sulla
testa per
ripararsi dalla pioggia che cade leggera.
Paul arriva un’ora dopo, cammina lento con il suo
inseparabile bastone
da passeggio e si siede con un grugnito accanto a Louis, iniziando il
suo
monologo senza tante cerimonie.
Louis incrina appena le labbra in un sorriso e resta ad ascoltarlo
fissando un punto imprecisato davanti a sé.
Poco dopo Paul viene interrotto dalla voce più
bella che Louis abbia mai
sentito, leggermente roca, profonda, bellissima, sembra quasi stia
cantando.
“Buongiorno
Paul, come andiamo stamattina?” chiede gentile il ragazzo
dai riccioli morbidi raccolti in un codino.
“Stavo raccontando al mio amico qui quando la mensa faccia
sempre più
schifo ogni giorno che passa” risponde Paul burbero
provocando la risata del
ragazzo dagli occhi verdi.
Louis stringe le mani nella tasca della felpa a disagio, pronto a
scappare a gambe levate da quella meravigliosa visione in piedi davanti
a lui.
Ti
prego fa che non mi parli.
“Ciao
amico di Paul, io sono Harry, Harry
Styles.” canta l’angelo dagli occhi azzurri,
azzurri? Louis era sicuro fossero
verdi.
Harry
gli tende una mano per presentarsi e
Louis si alza di scatto dalla panchina e scappa via, proseguendo a
passo svelto
lungo il vialetto in direzione della sua camera senza mai voltarsi
indietro,
lasciando Harry con lo sguardo interrogativo e la mano sospesa a
mezz’aria.
Love
Harry
è appena arrivato al Bethlem Royal
Hospital quella mattina, è in anticipo rispetto
all’inizio del suo turno, indossa una grande felpa blu e sta
parlando a
bassa voce con Anne vicino alla porta d’ingresso.
“Non
posso dirti quello che vuoi sapere Harry,
sono informazioni riservate.” spiega Anne, il tono amorevole
come sempre.
“Lo so Anne, non voglio essere insistente,
è
che quel ragazzo ha qualcosa, qualcosa di speciale.” confessa Harry abbassando appena i
grandi
occhi verdi, una leggera sfumatura di porpora sulle guance.
“Harry caro, non ti sbagli, ma non stargli
addosso va bene? Louis vuole essere lasciato in pace, ha bisogno di
tranquillità.” dice Anne più seria
adesso, carezzando dolcemente il volto
liscio di Harry.
“Certo, non preoccuparti.” la rassicura Harry
con uno dei suoi incantevoli sorrisi.
Più
tardi Harry sta passeggiando con Paul
lungo il viale, spingendolo sulla carrozzina e ascoltando le sue solite
lamentele, lo sguardo che vaga per il parco, alla ricerca di un paio di
occhi
di ghiaccio.
Louis poco lontano è sdraiato sull’erba a
pancia in giù intento a disegnare sul suo inseparabile
blocchetto, gli occhi
stretti in una fessura mentre si morde un labbro concentrato.
Gli occhi verdi di Harry intercettano Louis
sdraiato sull’erba sotto il grande salice piangente, i lunghi
capelli castani
scompigliati dal vento leggero.
Harry spinge Paul fino alla panchina dove lo
aiuta ad accomodarsi e si dirige verso Louis.
Louis non si accorge della presenza di Harry
finché
non si siede accanto a lui si sull’erba con un gran sorriso
stampato sul volto
pallido, gli occhi illuminati dalla luce tenue del sole mattutino.
“Ciao”
dice titubante Harry, la voce melodiosa,
Louis istintivamente porta entrambe le mani a coprire il blocchetto.
“Mi chiamo Harry, ma questo lo sai
già…” prova
ancora Harry e Louis si mette seduto, in procinto di alzarsi a correre
via, di
nuovo.
“Ti prego non scappare, non voglio
costringerti a parlare se non ti va, voglio solo stare qui seduto
accanto a te,
puoi continuare a disegnare, non ti darò
fastidio.” canta l’angelo al suo
fianco, una supplica silenziosa negli occhi verdi.
Louis si prende qualche minuto per valutare
quella proposta, e sorprendendo perfino se stesso decide di restare,
tornando a
sdraiarsi sulla schiena, il blocchetto ancora stretto tra le mani.
Harry sorride felice e sorpreso dalla reazione
di quel ragazzo silenzioso e si stende al suo fianco, il volto rivolto
verso il
cielo limpido.
Louis si sente stranamente sereno sdraiato al
fianco di quello splendido ragazzo che riempie il silenzio parlandogli
di lui
in modo semplice, raccontandogli di quando da bambino aveva rubato la
biciletta
di suo cugino guadagnandosi una sberla da sua madre, di quando per il
suo
diciottesimo compleanno aveva rubato la macchina di sua madre per
andare al
concerto degli AC/DC, di quando aveva perso suo padre, e come avesse
deciso di
dedicare la sua vita ad aiutare persone come Paul.
Louis rimane in silenzio ad ascoltare le sue
storie, mattina dopo mattina, per settimane.
Harry non fa mai domande a Louis per paura di
spaventarlo e vederlo correre via, una reazione come quella gli
spezzerebbe il
cuore. Per la prima volta nella sua vita ha trovato qualcuno che lo
ascolta davvero,
qualcuno a cui interessa davvero sentire i suoi racconti, i suoi
pensieri più
profondi.
Il loro rapporto fatto di lunghi silenzi e
segreti confessati cresce giorno dopo giorno, radicandosi nelle loro
anime,
legandoli l’uno all’altro, senza che se ne rendano
mai davvero conto.
With
Quella
mattina di maggio Harry come sempre,
arriva in anticipo e dopo aver salutato Anne con un bacio sulla
guancia, prende
il vassoio della colazione dal carrello nel corridoio e raggiunge Louis
nella
sua stanza aprendo piano la porta, ma Louis non
c’è.
Il letto è perfettamente rifatto, come se non
ci avesse dormito nessuno.
Harry poggia il vassoio sulla scrivania e nota
con sua sorpresa il blocchetto degli appunti di Louis dimenticato sulla
sedia
insieme alla penna.
Rimane a fissarlo per qualche istante, una
curiosità crescente gli nasce all’altezza dello
stomaco, tra quelle pagine si
nasconde l’anima tormentata di quel meraviglioso ragazzo che
era diventato come
ossigeno per Harry, avrebbe finalmente potuto capire che cosa gli aveva
portato
via la gioia di vivere, che cosa ha spento l’azzurro dei suoi
occhi che solo
raramente Harry riesce a veder brillare dopo una delle sue battute.
Allunga lentamente una mano per prendere il
blocchetto quando sente dei passi alle sue spalle.
Louis in piedi sulla porta lo squadra con
sguardo interrogativo, le labbra fini socchiuse, il fiatone per aver
fatto le
scale di corsa.
Harry gli porge il blocchetto che tiene
stretto in mano.
“Non volevo leggerlo Lou, stavo per riportartelo.”
si
giustifica Harry, il terrore nella voce mentre Louis lo raggiunge e gli
strappa
il blocchetto dalle mani portandolo al petto.
Harry
sa che un solo passo falso può rovinare
tutti i progressi fatti in quelle settimane, e non lo avrebbe mai
permesso.
“Ti
ho portato la colazione, hai fame?” chiede
premuroso indicando con gli occhioni il vassoio sul sulla scrivania, i
riccioli
morbidi raccolti in una crocchia.
Louis
lo osserva con i penetranti occhi
azzurri, Dio quanto è bello.
Fa cenno di no con il capo e abbozza un debole
sorriso incapace di tenere il broncio a quel ragazzo che piano piano si
è fatto
spazio nel suo cuore.
Louis gli tende una mano che Harry afferra
immediatamente, una nuova luce di speranza brilla nei suoi meravigliosi
occhi
quando un brivido li percorre entrambi a quel contatto.
Harry non riesce a dormire quella notte, mille
pensieri gli si accavallano nella testa, sente l’adrenalina
pulsargli nelle
vene, il pensiero del blocchetto di Louis lo perseguita.
Se Louis avesse scoperto Harry a tradire la
sua fiducia non lo avrebbe mai perdonato.
Nonostante questo, Harry vuole sapere
perché Louis si è spento piano piano, senza che
nessuno se ne accorgesse.
Vuole
sapere chi vive nei suoi incubi, perché Anne un giorno
glielo ha raccontato in
confidenza, che Louis piange di notte, deve trovare un modo per fare
delle
domande a Louis, perché in quel momento, nella sua vita
è l’unica cosa che
conta, deve salvarlo.
Dopo una
notte passata a torturarsi, Harry entra nella stanza di Louis tenendo
stretto un
Block Notes nella mano destra. In fondo, tutte quelle ore senza dormire
gli
hanno fatto venire un’idea.
Louis lo guarda, la testa appoggiata al cuscino del
suo letto, accenna un sorriso e si tira su puntando entrambi i gomiti
sul
materasso, appoggia la schiena contro il muro freddo e si porta le
ginocchia al
petto mentre osserva Harry muoversi sinuosamente nella stanza. Come
sempre,
Louis non dice niente, attende solo che Harry ricambi il suo sorriso
come è
solito fare ogni volta che entra.
Harry non lo delude, sorride in risposta mostrando le fossette mentre i
suoi
occhi verdi brillano.
Dopo essersi levato il giubbotto, si siede sulla solita
sedia e estrae una penna dalla tasca dei suoi jeans stretti.
Senza dire una parola, inizia
a scrivere sul
primo foglio del Block Notes che ha portato con se.
'Non
penso che per dar voce ad un pensiero, ci sia per forza bisogno di
parlare non
trovi? Gli esseri umani sanno comunicare tra loro in molte maniere. Se
ti va,
possiamo provarci scrivendo. Puoi
raccontarmi qualcosa del tuo passato?'
Louis attende
che Harry finisca di scrivere. Il suo respiro è accelerato,
è
curioso, perché Harry sta scrivendo su un Block Notes e non
parla come fa di
solito? Ma soprattutto, cosa sta scrivendo?
Louis
continua a chiederselo finché finalmente Harry non lo
raggiunge vicino al
letto, il Block Notes tra le mani, e con un cenno del capo gli fa
capire che
gli piacerebbe sedersi vicino a lui. Louis si sposta verso il muro
schiacciandocisi quasi addosso perché il letto è
piccolo, e le spalle di Harry
sono molto larghe, il suo petto è ampio.
A Louis
sono sempre piaciute le spalle di Harry, ha sempre desiderato poterle
toccare.
Ci sono notti in cui sogna ancora le urla di suo padre e si sveglia
piangendo.
In quelle notti vorrebbe nascondersi tra le braccia di Harry e piangere
sul suo
petto.
Harry passa
il Block Notes a Louis e aspetta, attende che il ragazzo legga quello
che poco
fa ha scritto per lui. E Harry spera, spera con tutte le sue forze che
anche
Louis scriva qualcosa, che voglia comunicare con lui, ma Louis non fa
niente.
Guarda quella scritta per un intero minuto e l’unica cosa che
riesce a fare e
sdraiarsi, dare le spalle a Harry e rimanere immobile.
Sente come un peso all’altezza
del petto, sente un nodo alla gola, e spera solo che Harry se ne vada
in quel
momento ed Harry capisce, lui capisce sempre.
Accarezza piano il braccio di Louis
e sussurra uno “Scusa” prima di alzarsi, prendere
tutta la sua roba e
andarsene.
Louis adesso è libero di piangere, Harry non può
vederlo, ma piange
anche lui.
Harry non
dorme neanche quella notte tormentato dai pensieri. La sua stupida
curiosità
potrebbe aver rovinato tuttp, forse Louis adesso non si fida
più di lui.
La sveglia
sta suonando, ma Harry non è mai stato più
sveglio di così.
Londra è
più nuvolosa del solito quella mattina, o forse Harry vede
tutto grigio perché
è triste, non si ferma a fare colazione, compra solo un
cornetto alla
marmellata per Louis al bar sotto casa, ha iniziato a piovere da poco
quando
Harry entra al Bethlem, in lontananza si sente il cielo tuonare. Si
dirige
verso la stanza di Louis, ma una volta entrato non lo trova.
Louis non
c’è e la sua roba è sparita.
Cammina a
passo svelto verso l’ufficio di Anne, sente l’ansia
salirgli su fino alla gola.
Il respiro affannoso, quasi stesse per avere un attacco di panico. Una
volta
arrivato davanti alla porta Harry bussa un po’ troppo forte,
poi attende, la
voce di Anne giunge dall’interno “avanti”
. Una volta entrato trova la donna
intenta a sistemare dei fogli sulla scrivania, senza preoccuparsi di
salutare
sputa fuori la domanda che lo sta logorando.
“Dov’è
Louis?”
Anne lo
guarda comprensiva, con aria materna.
“Ciao
Harry.”
“Anne, ti
prego, dimmi dove si trova Louis.”
“Non posso
farlo tesoro.”
Harry
sgrana gli occhi, deve saperlo.
“Anne,
per
favore, ieri è successa una cosa, voglio sapere se sta bene,
devo parlarci.”
“Harry,
Louis ha fatto capire espressamente che non vuole vederti. Non so cosa
sia
successo tra voi, e fidati se ti dico che mi dispiace molto
perché sembrava
affezionato a te.”
‘Sembrava
affezionato a te.’
Una frase
che ad Harry fa male quasi quanto un coltello piantato nel cuore. Ha
sempre
saputo che per Louis parlare del suo passato è una cosa
dolorosa, non conosce i
motivi, ed è proprio questo ad averlo spinto oltre il
limite. Harry è sempre
stato una persona che si fa gli affari suoi, ma con Louis non riesce,
non sa
perché ma non ci riesce e basta. Harry vuole sapere cosa
c’è che non va. Harry
vuole che Louis ricominci a parlare. Harry vuole regalare a Louis una
vita
normale, fatta di cose felici, e per farlo deve conoscere il suo
passato. Dopo
tutto è anche il suo lavoro.
Harry porge
il cornetto alla marmellata che ha comprato per Louis ad Anne.
“Puoi
dargli almeno questo? Louis ama la marmellata alle
albicocche.”
Poi si
volta e sparisce nel corridoio.
Sono le due
del pomeriggio e Louis è chiuso nella sua nuova camera,
sbadiglia mentre sente
la pioggia sbattere delicatamente sulla sua finestra. Si è
svegliato da poco ed
è un po’ intontito. La sera prima ha scritto su un
foglio di volere un
sonnifero per dormire meglio, forse per provare a non avere
incubi.
Ha cercato
Anne e le ha fatto leggere tutto. Dopo avergli permesso di cambiare
stanza, la
donna aveva acconsentito anche a quella richiesta.
Anne non aveva fatto
domande, ma non era stupida, e alla sua veneranda età sapeva
riconoscere un
problema tra adolescenti. Louis aveva bisogno dei suoi spazi, e
nonostante gli
dispiacesse davvero tanto per quello che avrebbe dovuto dire ad Harry
l’indomani, la tranquillità di Louis era la sua
priorità.
Sono nel
tardo pomeriggio, Louis sente un vuoto nello stomaco, gli occhi di
Harry
impressi nella sua mente, mentre calde lacrime inondano i suoi occhi,
è incapace
di trattenerle.
Ripensa a
sua madre, che se n’è andata perché non
lo amava abbastanza. Louis non vuole
raccontare ad Harry cosa gli è successo prima che si
incontrassero. Suo padre,
la violenza, le molestie. Non vuole che Harry lo guardi come si
guardano i
cuccioli abbandonati. Non vuole che Harry passi del tempo con lui
perché è un
caso umano e gli fa pena. Non vuole la carità di nessuno, e
proprio in quel
momento si rende conto, che non parlerà mai più,
che non amerà mai più.
Le
persone non lo hanno mai ascoltato, le persone non lo hanno mai amato.
Perché
ricambiare?
Harry sta
tornando a casa e l’unica cosa che riesce a pensare
è che tutta quella
situazione sia davvero assurda. Si sente in colpa. Se Louis avesse
voluto, gli
avrebbe raccontato di sua spontanea volontà cosa gli
è successo di così
terribile nel suo passato per ridurlo così. Gli avrebbe
fatto leggere cosa
scrive di notte sul suo blocchetto dopo tutti gli incubi che lo
tormentano. Se
non l’aveva mai fatto, c’era un perché,
un perché che forse Harry non avrebbe
saputo mai.
A Londra
piove da giorni ormai, e Harry trova la cosa curiosa. Ha iniziato a
piovere il
giorno in cui ha scoperto che tra lui e Louis si è rotto
qualcosa. Una settimana
è passata, e nonostante questo Harry compra un cornetto alla
marmellata tutte
le mattine per Louis, lo da ad Anne e poi se ne va in silenzio. Harry
non ha
deciso di aspettare Louis, il suo cuore l’ha deciso per lui.
Sono sette
giorni che Harry non dorme, sette giorni che Louis prende i sonniferi
per
dormire di più. Non riesce a scrivere niente, da quando ha
deciso di non vedere
più Harry è tutto vuoto, tutto appannato, tutto
spento. Louis comincia a
chiedersi se a quel punto non sia meglio morire. Se lo chiede mentre
mangia
l’ultimo croissant alla marmellata che Anne gli ha portato in
camera.
Note
scrittrici :
Ciao
a tutte ragazze, noi siamo le Criscias, nome preso dalla fusione dei
nostri cognomi.Molte di voi ci sonoscono già come scrittrici
singole. Giulia Shumani e Chia2306.
Questa fan fiction nasce da un'idea di Chiara che ha ben tre anni.
Doveva essere una cosa
Het, ma si sa ragazze, una volta entrati nel fandom degli One D, l'Het
non si sa più neanche dove
stia di casa.
Speriamo con tutto il nostro cuore che il primo capitolo vi sia
piaciuto, ci siamo impegnate
moltissimo a scriverlo. Chiara ci teneva tanto.
La storia sarà divisa in due parti. Il capitolo successivo
è già stato scritto, quindi non preoccupatevi,
non dovrete attendere decenni.
Grazie a tutte per l'attenzione.
A presto
Criscias
P.S. :
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2845613 Questa la
storia che sto scrivendo io nel mio profilo.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3029630 Questa
quella che sta scrivendo Chiara nel suo.
Entrambe potete trovarle anche su Wattpad.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Chapter 2 ***
You
Harry si
sveglia di soprassalto e gli ci vuole qualche secondo per capire dove
si trova, prima di guardare l’orologio e accorgersi che la
sveglia sta per suonare. Ha appena fatto un incubo, per questo il suo
respiro è accelerato e i suoi occhi verdi sono ancora
sgranati. Louis era morto, nel suo incubo Louis Tomlinson era morto ed
Harry lo aveva trovato disteso sotto il salice piangente del Bethlem
Royal Hospital in una pozza di sangue con i polsi squarciati. Harry fa
un respiro profondo e cerca di calmarsi mentre promette a se stesso di
non bere più the poco prima di andare a dormire.
Dopo una
settimana che non lo vede, Louis sogna Harry per la prima volta. Lo
scorge in lontananza mentre parla con Johannah. Ad un tratto la figura
di sua madre sparisce davanti ai suoi occhi azzurri, mentre quella di
Harry si volta verso di lui e gli sorride dolcemente.
‘Per
sempre nel mio cuore’ gli sussurra con voce
roca Harry, poi lo guarda e gli regala una piuma bianca. Louis
è sicuro che sia la piuma di una delle ali di Harry,
perchè Harry è il suo angelo.
Louis lo
guarda, tende una mano verso di lui e quando è quasi
arrivato a toccarlo si sveglia. Anne sta bussando alla porta della sua
camera, ma lui si gira dall’altra parte e prova a dormire di
nuovo. Spera di riuscire a continuare il sogno, perché
è sicuro che solo lì Harry non lo
lascerà mai.
Harry Styles
non ha mai amato svegliarsi presto la mattina, ma da quando conosce
Louis Tomlinson dormire non gli sembra più così
importante. Il cielo di Londra è grigio anche quel giorno
sebbene abbia smesso di piovere da qualche ora. Harry si alza dal suo
letto e pigramente si trascina verso il bagno. Dopo essersi dato una
ripulita, si infila il giubbotto ed esce.
Nonostante
Harry abbia perso quasi le speranze di rivedere Louis, anche quella
mattina si ferma al bar sotto casa per comprargli un croissant alla
marmellata di albicocche. Sean, il barista del locale, lo avvisa che i
croissant che Harry compra tutte le mattine sono finiti dopo che una
gita di persone anziane si è fermata dentro il bar a fare
colazione poco prima. Harry guarda Sean accigliato e dopo avergli fatto
un mezzo sorriso esce senza dire una parola. Neanche ascolta mentre
Sean gli consiglia di comprarne uno alla crema chantilly che
è altrettanto buono.
Dopo varie
ricerche, ( quella mattina tutti i bar sembrano aver finito i croissant
alla marmellata ) Harry trova quello che cerca in una pasticceria
vicino al Bethlem Royal Hospital, e per un momento si sente felice
perché pensa ad un Louis sporco di marmellata di albicocche
sul mento. Ride da solo in mezzo alla strada mentre si immagina la
scena.
Louis si alza
dal letto verso le 09.00 e va a cercare Anne, quella mattina sente il
bisogno di camminare, la sua stanza sta diventando troppo opprimente e
lui ha davvero bisogno di un abbraccio. Ha deciso cosa deve fare dopo
aver visto sua madre in sogno che spariva dalla sua vita per la
centesima volta, forse la millesima. Sa che sarà difficile,
sa che probabilmente soffrirà, ma qualcosa dentro di lui gli
suggerisce che il momento è arrivato, non vuole
più vivere con quel peso opprimente nel petto. Louis
Tomlinson vuole sentirsi libero.
Harry arriva
al Bethlem intorno alle 09:10. Una volta entrato si dirige verso
l’ufficio di Anne, ed è proprio davanti alla porta
che la vede, Louis davanti a lei. Harry si paralizza sul posto, sgrana
gli occhi, vorrebbe chiamarlo ma le parole gli muoiono in gola. Louis
non si accorge di niente finché non si volta e i suoi occhi
azzurri si scontrano con quelli verdi di un Harry immobile che lo
fissa. Neanche dieci secondi dopo Louis sparisce dietro
l’angolo in fondo al corridoio e Harry rimane a guardare il
vuoto prima di sentire la voce dolce di Anne che lo chiama.
“Harry,
tesoro, vieni qui? Entriamo.”
Harry si sente
come intorpidito, ma dopo aver spostato il suo sguardo verso la donna
inizia a camminare verso di lei.
“Louis
è venuto qui per farmi sapere che ha preso una
decisione…”
Anne poggia
una mano sulla spalla di Harry e lo spinge delicatamente verso
l’interno della stanza.
“Siediti
pure, ne avremo per un po’.”
Harry
obbedisce e in silenzio si siede, non sa cosa sta per succedere ma non
si sente affatto tranquillo. Una specie di nodo alla gola quasi lo
soffoca e neanche sa perchè. Anne è in piedi
davanti a lui, sta cercando qualcosa in un cassetto, ci mette quasi un
minuto prima di voltarsi con un fascicolo giallo in mano. Gli occhi di
Harry sono puntati in direzione di quell’oggetto di cui lui
non conosce il contenuto, il suo braccio vorrebbe afferrarlo e scappare
via. La curiosità adesso lo sta divorando
dall’interno. Lì dentro c’è
la vita di Louis Tomlinson.
“Vedi
Harry, Louis ha preso una decisione importante.” dice la
donna sedendosi.
“Me
lo hai già detto Anne. Adesso però puoi dirmi
cosa ha deciso?” il tono di Harry non è duro, ma
è sicuramente impaziente.
“Lui
ha deciso di mostrarti qualcosa di molto personale caro, ma non
sarà facile…” la voce di Anne si
incrina mentre una delle sue mani quasi accarezza la copertina del
fascicolo giallo davanti a lei.
“Non
mi importa, io voglio sapere, io voglio aiutarlo Anne.”
“So
che lo vuoi Harry, lo voglio anche io, ma vedi, io non sono la persona
giusta, tu invece lo sei. Harry tu lo sei.”
Anne allunga
un braccio e accarezza il dorso della mano di Harry mentre un sorriso
stanco le nasce sul volto.
“Non
so se lo sono Anne, lui non ha voluto vedermi per così
tanto, cosa è cambiato?”
“Non
lo so Harry, non so cosa è cambiato, so solo che Louis ha
avuto dei traumi infantili non indifferenti. Per lui fidarsi di
qualcuno è quasi impossibile, credo che sia per questo che
ha voluto allontanarsi da te.
Probabilmente
qualcosa deve averlo turbato, ma stai tranquillo, tu non
c’entri niente, devi solo avere pazienza, devi essere
forte.”
“Ce
l’avrò. Avrò tutta la pazienza e la
forza del mondo se necessario.”
“Bene,
adesso ti mostrerò cosa c’è qui dentro,
così potrai vedere tu stesso…”
Anne si
appresta ad aprire il fascicolo che ha sotto le mani mentre Harry la
osserva inquieto, gli occhi spalancati.
Un pila di
fogli giace all’interno. Anne ne prende uno dal fondo e lo
osserva un attimo prima di metterlo sotto gli occhi di Harry. Un
disegno fatto con il carboncino che raffigura due persone, quella a
destra è alta e ha gli occhi rossi, quella a sinistra
è più bassa, è un bambino con gli
occhi azzurri. Harry capisce subito cosa significa. Il dito
di Anne si va a posare sulla figura più grande.
“Il
padre.” sussurra poi.
Harry sta in
silenzio, fissa il dito di Anne perchè non ha il coraggio di
parlare. Ha capito cosa rappresenta il disegno che ha sotto gli occhi,
ha visto nei suoi libri universitari cose simili più di una
volta. Un brivido gli percorre ogni vertebra, il sangue gli si gela
nelle vene, chiude entrambi le mani a pugno.
“Harry,
è dura per tutti, ma questo è il nostro
lavoro.”
Passa un
intero minuto prima che Harry riesca a parlare, ma Anne non ha fretta
perchè sa bene quanto disegni come questi possano ferire.
Persino lei, dopo anni di lavoro al Bethlem ancora non riesce a
distaccarsi da quelle visioni. Un bambino che subisce abusi non
può diventare abitudine.
“Quanto
tempo fa è stato fatto questo disegno?” chiede
Harry provando a trattenere la rabbia che gli sale piano piano.
“Questo
è il primo che Louis mi ha mostrato, è
dell’anno in cui lo abbiamo accolto qui.”
Harry Styles
è sempre stata una persona calma e pacata, è
difficile che perda il controllo e che abbia voglia di urlare ma in
quel momento lo fa, lo fa e basta perchè quello che prova
non può controllarlo. La persona che avrebbe dovuto
difendere Louis ha abusato di lui quando era solo un bambino, e Harry
non ce la fa a controllarsi, non quella volta.
“ANNE
DIMMI CHE è UNO SCHERZO, DIMMI CHE è UNO SCHERZO!
DIMMI CHE NON GLI HANNO FATTO QUESTO!”
Louis
è fuori la porta dell’ufficio di Anne,
è tornato lì perchè ha un regalo per
Harry, il primo regalo che nella sua vita ha pensato di fare a
qualcuno, quando sente Harry gridare però si spaventa e si
sente in colpa.
Harry urla e
piange e Anne va a stringerlo forte mentre con una mano gli accarezza
piano i ricci per farlo calmare. Harry urla e piange per un tempo che
gli pare infinito, ma Anne non si muove, continua a stringerlo e
aspetta.
Louis sente
Harry urlare e piangere mentre è ancora fuori nel corridoio.
Il cuore gli fa cosi male che per un momento crede di morire
esattamente lì su quel pavimento bianco, per questo scappa
via correndo mentre delle lacrime gli rigano il volto, il regalo di
Harry stretto al petto.
Quella notte
Harry non chiude occhio. Non ha visto Louis dopo l’incontro
con Anne perchè lei stessa si è presa la
responsabilità di parlarci per prima, è la sua
dottoressa da anni. Verso le 4am Harry si alza e si trascina
stancamente in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
Mentre passa dal corridoio intravede un libro che ha studiato qualche
mese prima per un esame in cui ha preso trenta. Harry si ricorda in
quel momento che poco tempo fa ha studiato quello che è
stato fatto a Louis senza neanche rendersi conto di cosa significhi in
realtà. Sente un moto di ira pervadergli ogni cellula, si
dirige verso il libro e una volta afferrato lo scaraventa a terra, poi
ne prende un altro e fa lo stesso. Si ferma solo quando tutti i volumi
giacciono sul pavimento del suo salotto, lo stesso momento in cui
ricomincia a piangere.
Anne sta
parlando animatamente al telefono quando Harry varca il grande portone
d’ingresso con un sacchetto della pasticceria stretto nella
mano destra, i lunghi capelli tirati indietro con una sciarpa azzurra.
Si avvicina in
silenzio, abbastanza vicino da poter sentire chiaramente la voce di
Anne.
“Non
sta bene, chiede spesso dei sonniferi per riuscire a
dormire.” spiega Anne, il tono della voce chiaramente
preoccupato, ed Harry capisce immediatamente di chi sta parlando. Louis
non sta bene.
“I
soliti incubi Johannah, gli stessi che lo tormentano da anni.”
Ancora
silenzio mentre Anne ascolta la voce al di là della cornetta
e lo stomaco di Harry si contorce dolorosamente.
“Per
questo mese la retta è saldata, il tuo bonifico è
arrivato ieri sera. Cerca di riposare adesso Jo, ci sono io qui con
lui” il tono di Anne si fa più dolce.
Ancora
silenzio.
“Nessuna
parola, no.” la voce di Anne si spezza su
quell’ultima parola. NO.
Anne chiude la
telefonata, ravviandosi i capelli con una mano segnata dal tempo,
voltandosi verso Harry che si avvicina al bancone.
“Buongiorno
Harry caro” gli sorride lei, il volto stanco ma sereno come
sempre.
“Buongiorno
Anne” sorride a sua volta Harry, un accenno di fossette ad
incorniciare il suo meraviglioso sorriso, ed Anne si addolcisce un
po’.
Harry le porge
il sacchetto della pasticceria senza specificare che ancora una volta,
è per Louis.
“Sei
un tesoro Harry” dice lei poggiando una mano su quella di
Harry in modo materno prima di allontanarsi e sparire dietro la porta
infondo al corridoio.
Harry rimane
qualche secondo immobile, la mano sul bancone, la sensazione del calore
della mano di Anne svanisce lentamente, mentre molto più
velocemente l’adrenalina cresce e si disperde in tutto il suo
corpo, rendendo incapace di pensare razionalmente.
Harry non sa
cosa gli stia succedendo, non è mai stato un ragazzo
maleducato, non si è mai intromesso negli affari altrui, ma
Louis, Louis in qualche modo è affar suo. Louis fa parte di
lui ed Harry non può far altro che assecondare il suo
istinto.
In un attimo
si ritrova nell’ufficio di Anne, si osserva mentre chiude
piano la porta alle sue spalle lanciando un’occhiata furtiva
ad entrambi i lati del lungo corridoio, spettatore delle sue stesse
azioni, incapace di controllarsi, un solo nome impresso nella mente.
Johannah.
Johannah che
paga la retta di Louis, Johannah che si preoccupa di come sta, ed Harry
deve sapere, se sulla terra esiste anche una sola persona che
può aiutarlo a salvare Louis allora Harry deve trovarla.
DEVE.
Con
l’indice sfiora i cassetti del grande armadio attaccato alla
parete, sono organizzati in ordine alfabetico, e dio quanti sono.
Harry non si
era mai reso conto di quante anime vagassero per l’istituto
dove trascorreva la maggior parte del suo tempo, troppo concentrato
sull’unico caso che aveva preso veramente a cuore,
sull’unica anima di cui gli importasse davvero, perfino
più della sua.
Non sa come
sia accaduto Harry, non sa che cosa in quel ragazzo lo stia spingendo
ad infrangere ogni regola morale e non, ma da quando ha incrociato il
ghiaccio nei suoi occhi, tutto il resto è diventato
superfluo, al confronto.
Un scintilla
brilla nei grandi occhi verdi quando con l’indice si sofferma
sulla lettera T, apre il cassetto attento a non far rumore estraendo il
blocco di cartelle dei pazienti accomunati da quell’unica
lettera, scorre le cartelle tra le dita lunghe finché non la
trova, la risposta a tutte le sue domande, e si odia, si odia
immensamente per questo, si odia perché Louis lo odierebbe
se soltanto potesse vederlo.
Inspira
profondamente fino a riempire tutti i polmoni, e con le mani tremanti
apre la cartellina.
Louis
Tomlinson, paziente dal 2002
Harry viene
percorso da un brivido mentre osserva le lettere cubitali raccontare la
verità che non avrebbe dovuto sapere. Tredici anni, sono
tredici anni che Louis vive in quel posto, tredici anni di silenzio, o
forse più.
Una fitta
lancinante allo stomaco lo costringe a chinarsi in avanti, le mani
poggiate contro l’armadio freddo, i fogli caduti in disordine
sul pavimento.
Respira forte
Harry mentre si inginocchia a terra e raggruppa i fogli velocemente,
voltandosi a verso la porta d’ingresso, allarmato dalla voce
di Anne in fondo al corridoio.
Adesso o mai
più, adesso o mai più pensa Harry, e cerca quel
nome tra quegli spaventosi fogli che non ha il coraggio di leggere,
né il tempo, e poi la trova : Johannah Deakin , 112 Rooswelt
Street Londra.
Harry ripone
la cartellina nel cassetto mentre annota mentalmente
l’indirizzo per non dimenticarlo, e dopo essersi accertato
che il corridoio sia deserto si lascia l’ufficio alle spalle
per raggiungere Paul sulla solita panchina verde, solo.
Harry percorre
il vialetto deserto illuminato dalla luce debole degli alti lampioni
che costeggiano la Rooswelt, le mani affondate nelle tasche dei Jeans
scuri.
Respira
profondamente con lo sguardo fisso sulla piccola casa bianca
finché non si ritrova di fronte a quella porta chiusa,
Deakin scritto in una calligrafia ordinata terribilmente simile a
quella di Louis.
Harry suona il
campanello ed attende tendendo l’orecchio, dei passi leggeri
si avvicinano e la maniglia si abbassa lentamente, un paio di occhi di
ghiaccio si scontrano con quelli grigi di Harry, che solo in quel
momento si accorge che aveva smesso di respirare nel momento in cui il
suo indice aveva premuto sul campanello.
Il paio di
occhi trasparenti scrutano Harry con aria interrogativa, ed Harry pensa
solo di aver commesso un grande errore.
“Mi
dispiace, io, io credo di aver sbagliato…” dice
tutto d’un fiato voltandosi verso il vialetto pronto a
tornare indietro.
“Harry?”
esclama la donna, assomiglia a Louis.
Louis
Harry non
può muovere un passo, incastrato da quella semplice
richiesta, torna a guardare la donna sulla soglia della porta che gli
sorride debolmente, senza però riuscire ad incrociare il suo
sguardo.
“Anne
mi ha parlato di te, per favore entra.” aggiunge poi con un
sorriso d’incoraggiamento sul volto spostandosi per lasciar
passare Harry, che titubante asseconda la richiesta della donna.
Johannah
è più bassa di lui, indossa una vestaglia scura
lunga fino ai piedi, lunghi capelli castani le cadono sulle spalle, le
labbra piene, gli occhi di Louis.
“Mi
dispiace essere piombato qui all’improvviso, non volevo
disturbarla.” si scusa Harry, la voce più roca del
solito mentre affonda ancora una volta le mani grandi nelle tasche dei
jeans.
“Dammi
del tu per favore, mi fai sentire vecchia.” scherza Johannah
lasciando sfuggire un risolino dalle labbra sottili, ed Harry pensa che
sia pura melodia, e non può non chiedersi quanto sarebbe
bello sentir la risata di Louis.
“Accomodati
pure Harry, vuoi qualcosa da bere?”
“Un
bicchier d’acqua per favore.” la ringrazia Harry,
la gola improvvisamente secca mentre si accomoda sul piccolo divano al
centro del salotto ricoperto dalla carta da parati azzurra.
Johannah
sparisce dietro la piccola porta dalla cucina, lasciando Harry in balia
dei suoi pensieri, mentre si guarda intorno con i grandi occhi verdi
lucidi.
Il suo sguardo
si posa sul piccolo caminetto nell’angolo, delle foto vi sono
disposte ordinatamente sopra, ed ancora una volta Harry asseconda il
suo istinto avvicinandosi per osservarle da vicino.
Un bambino
dagli occhioni azzurri sta seduto su una piccola seggiola rossa in un
giardinetto curato, il sorriso ampio immortalato per sempre in quello
scatto, ed Harry vorrebbe scomparire per sempre, dimenticarsi di tutto,
dimenticarsi di Louis, dei cornetti alla marmellata, dei fogli
strappati, delle grida strazianti nel cuore della notte, delle lacrime
che adesso stanno rigando il suo volto.
Una mano si
poggia delicata sulla sua spalla, Johannah gli porge il bicchiere
d’acqua, gli occhi trasparenti sono lucidi.
“Grazie.”
dice soltanto Harry, riponendo la foto al suo posto.
“Era
un bambino bellissimo, una piccola peste con le magliette a
righe.”
Johannah
asciuga una lacrima con il dorso della mano prima di continuare il suo
racconto.
“Eravamo
una famiglia felice Harry, finché
Mark…” la voce le si spezza quando pronuncia quel
nome, percossa da un brivido “...finché non ha
perso il lavoro e poco dopo suo fratello fu ucciso in un incidente
stradale. L’alcool è stato il suo luogo sicuro, e
il l’inizio della fine, il nostro biglietto di sola andata
per l’inferno. Era diventato violento, ingestibile. Ho
provato in tutti i modi Harry, ho cercato di salvarlo, di sopportare,
di tenere Louis al sicuro, ma non ci sono riuscita.”
La voce le si
incrina ancora una volta per il pianto, questa volta non si preoccupa
di asciugarsi le lacrime, intenta a continuare il suo racconto, lo
sguardo perso nei ricordi di una vita passata.
“Ho
fallito Harry, ho fallito come moglie, come madre, come donna. Sono
fuggita e ho abbandonato mio figlio nelle mani di un mostro, un mostro
che ha distrutto la vita di suo figlio, che gli ha rubato
l’anima. Non sai quante volte ho pensato di andare a
trovarlo, ogni notte sogno i suoi occhi, sento la sua vocina
supplicarmi di restare. Ma non sono mai tornata, non sono abbastanza
forte, non sono riuscita a salvarlo e non ci riuscirò
mai” piange Johannah, ed Harry l’abbraccia forte,
stringendo quella donna distrutta dal dolore contro il suo petto, senza
giudicarla, senza fare domande.
“Lo
salverò io.” dice soltanto, e non è mai
stato più sicuro di qualcosa in tutta la sua vita.
Johannah si
scosta da quell’abbraccio, aggrappandosi agli occhi smeraldo
di quel meraviglioso ragazzo in piedi di fronte a lei.
“Louis
non dice una parola dall’età di cinque
anni…” sussurra Johannah, troppo stanca anche solo
per sostenere un tono di voce normale.
“Ci
proverò, fosse l’ultima cosa che faccio nella
vita, te lo prometto.” la rassicura Harry, credendoci davvero.
Harry le
sfiora il volto con una mano e si incammina verso la porta
d’ingresso quando la voce appena udibile di Johannah lo
blocca ancora una volta “Louis ama i
cornetti…”
“Alla
marmellata di albicocche, lo so” conclude Harry, il cuore
carico di emozioni, per Louis.
La mattina
seguente Harry raggiunge Anne prima di incontrare Paul per la solita
passeggiata, ma Paul quella mattina non c’è, e non
ci sarà più.
Paul
è morto quella notte nel sonno, non ha sofferto, gli ha
spiegato Anne, era giunto il suo momento, il lavoro di Harry al Bethlem
Royal Hospital era finito insieme alla vita di Paul. Harry rimane in
piedi di fronte ad Anne, gli occhi verdi improvvisamente grigi, cupi,
asciutti.
Vorrebbe
piangere Harry, vorrebbe gridare che no, non può andarsene,
non può lasciare Louis, non può muovere un passo
nella direzione opposta a quella di una paio d’occhi di
ghiaccio.
Anne osserva
le mille espressioni apparire e scomparire dal volto di Harry, incapace
di capire cosa stia passando per la mente di quel ragazzo splendido,
indecifrabile.
Harry fa
qualche passo a ritroso lungo il corridoio allontanandosi da Anne,
senza distogliere gli occhi da quelli di lei, mentre scuote il capo in
segno di diniego, le labbra dischiuse in un grido silenzioso, e corre,
corre fuori dal portone che ha varcato per la prima volta un mese fa,
inconsapevole di quello che il suo destino gli riservasse.
Corre Harry,
corre attraverso il parco che profuma di lavanda, corre verso il salice
piangente, verso l’erba curata, verso il suo corpo disteso al
fianco di quello di Louis, verso i suoi occhi imprigionati in quelli di
ghiaccio, verso la prima volta che si è innamorato, verso il
suo destino, verso un bambino seduto su una piccola seggiola rossa.
Batte forte i
pugni contro il grande albero secolare e grida tutta la sua sofferenza,
le lacrime bollenti che colano lungo il suo volto, fino a scomparire
nella colletto della felpa scura.
Batte forte i
pugni nella speranza che il dolore fisico superi quello che gli sta
straziando l’anima, ma niente, niente è
così forte, niente può alleviare quel dolore, la
certezza che non potrà mantenere quella promessa sussurrata
solo poche ore prima, la certezza che non potrà salvare il
ragazzo che gli è entrato nel cuore, per non andarsene ma
più.
Harry si
accascia a terra, la schiena contro il tronco dell’albero e
si tiene la testa tra le mani mordendosi il labbro inferiore con forza,
facendosi male, senza sentirlo.
Non si accorge
del paio di occhi azzurri che lo stanno osservando da una finestra
lontana, né dei passi leggeri che poco dopo calpestano
l’erba curata vicino al grande salice piangente.
Louis osserva
Harry raggomitolato su se stesso e gli fa male il cuore, il desiderio
di toccarlo incontrollabile mentre allunga una mano e accarezza i
riccioli morbidi di Harry facendolo sussultare.
Harry alza
lentamente il volto, gli occhi sorprendentemente azzurri colmi di
lacrime brillano quando si specchiano in quelli trasparenti del ragazzo
avvolto nella felpa bianca inginocchiato di fronte a lui.
Dischiude le
labbra ma nessun suono esce dalla sua gola secca, ed ancora una volta
il silenzio avvolge quei due ragazzi l’uno di fronte
all’altro, la mani intrecciate in una stretta delicata, una
carica di energia li avvolge entrambi, come magia, la magia
più bella a cui Louis abbia mai assistito.
Si distendono
entrambi su un fianco, specchiandosi negli occhi l’uno
dell’atro per un tempo infinito, che non sarà mai
abbastanza.
Harry prende
il blocco degli appunti che Louis tiene nella tasca della felpa e
impugna la pena nella mano destra mordendosi un labbro.
Sono
felice di essere qui con te Lou.
Louis prende
il blocchetto che Harry gli porge ed un sorriso sereno si allarga sul
suo volto, uno di quelli che Harry fatica per conquistare, ma che
quando appaiono su quel volto stupendo gli scaldano il cuore.
Sono
felice che tu sia qui con me
Scrive a sua
volta Louis con la sua calligrafia elegante sotto quella disordinata di
Harry, che prende di nuovo il blocchetto e traccia ancora una volta le
parole sul foglio di carta.
Vederti
sorridere è meraviglioso. Vorrei poterti far sorridere
sempre.
Louis sorride
ancora un volta, gli occhi fissi in quelli di Harry mentre prende la
penna dalla sua mano soffermandosi a sfiorare la sua pelle.
Puoi
restare, se vuoi. Puoi restare e non lasciarmi mai. Puoi?
Gli occhi
azzurri di Louis si fanno più scuri mentre osserva la sua
stessa mano tracciare quella richiesta silenziosa sul foglio bianco
macchiato da promesse d’inchiostro nero.
Louis per la
prima volta dopo anni riesce a comunicare con qualcuno, con qualcuno
che non pretende da lui delle parole dette ad alta voce, qualcuno che
ha scelto di esprimersi nel suo stesso modo, con una penna tra le mani
ed il silenzio a far da cornice.
È
in quel preciso istante che Louis decide di tirare fuori il regalo che
ha fatto a quel ragazzo così speciale che gli è
stato accanto, nonostante il suo mutismo, nonostante tutto. Harry
prende il pezzo di carta che Louis gli sta porgendo e lo apre. Quello
che vede lo lascia senza parole, si ritrova davanti il suo stesso viso,
Louis gli ha fatto un ritratto. Sul foglio, due enormi ali bianche
spuntano dalla schiena di Harry, il verde con cui sono stati colorati i
suoi occhi ha diverse tonalità che vanno dal chiaro allo
scuro, Louis le conosce tutte. Sotto il disegno
c’è una scritta.
Un
angelo dagli occhi verdi chiamato Harry
Perché
Louis non può dimenticare le giornate trascorse al suo
fianco, mano nella mano, ascoltando la sua voce melodiosa e sfiorando
con i polpastrelli la sua pelle candida, non può dimenticare
quella mattina in cui è stato svegliato dalla luce del sole,
dopo una notte senza incubi, dopo che Harry quegli incubi li ha
scacciati via con il suo sorriso.
Non
può dimenticare Louis, non può farlo mai
più.
Perché
Louis nella sua vita non ha amato mai, perchè Louis nella
sua vita non è stato amato mai.
Perché
Louis non sa cosa significa l’amore, non sa cosa significa
addormentarsi con la testa sul petto di un angelo dagli occhi verdi,
non sa cosa significa sentirsi libero di rompere il silenzio che gli
urla dentro da tutta la vita, non sa cosa significa chiudere gli occhi
e lasciarsi guidare, e vorrebbe tanto scoprirlo, adesso.
Posso
restare, finché vorrai.
Le parole di
Harry prendono forma mentre scorre la grande mano sul foglio, sotto lo
sguardo emozionato di Louis.
Louis si
solleva da terra, tende una mano piccola a Harry che la prende ancora
una volta senza esitare, il verde dei suoi occhi perso
nell’azzurro di Louis.
Sono in piedi
uno di fronte all’altro, Harry è più
alto di Louis, che si solleva sulle punte per poggiando le mani sulle
sue spalle grandi.
Ancora una
volta il silenzio regna tra loro quando le labbra di Louis sfiorano
delicate quelle di Harry che accoglie quel bacio, una promessa
silenziosa che profuma di per sempre.
Louis porta
una mano all’altezza della gola, massaggiandola piano, mentre
una sensazione sconosciuta percorre tutto il suo corpo, un desiderio
irrefrenabile cresce dentro di lui, e non può far altro che
assecondarlo quando le parole escono fuori in un sussurro dalle sue
labbra ancora premute contro quelle di Harry.
“Ti
amo”
Dice, mentre
il cuore gli scoppia e la gola gli brucia, come arsa da fiamme dopo il
lungo silenzio che è stata la sua intera vita.
Harry non
risponde, lascia le mani di Louis distogliendo i grandi occhi da quelli
di Louis che lo osserva spaventato mentre si china a raccogliere il
foglio e la penna abbandonati sull’erba.
Ti
amo anche io.
Scrive Harry
su una nuova pagina bianca, la loro pagina bianca, il loro nuovo inizio.
Note Criscias :
Intanto un
immenso scusa a tutte le ragazze che hanno aspettato questo capitolo
che sarebbe dovuto uscire
molto prima.
Ma se state leggendo questo speriamo che l'attesa sia valsa la pena.
Ho pensato e
scritto questa storia ormai tre anni fa, parla di un ragazzo ed una
ragazza, ma soprattutto parlava d'amore.
Qualche mese
fa la mia amica Giuls mi ha fatto conoscere la storia d'amore
più bella bella di sempre, un amore non convenzionale,
semplice, tra due ragazzi meravigliosi, ed è grazie a lei se
oggi quell'idea ha preso forma, diventando la loro storia, di Harry e
Louis.
Vorrei
dedicare questa storia a Giuls, colei che mi ha insegnato a vedere
l'amore sotto un nuovo punto di vista, quindi grazie, Giuls, GRAZIE di
essere esattamente come sei.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3073314
|