Mi insegneresti ad amare?

di Love_My_Spotless_Mind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** 1. Primo capitolo ***


Conoscevo HongBin fin da quando ero bambino poiché era il migliore amico di mio fratello. Mi era capitato spesso di vederli giocare nel campetto  sotto casa e sentirlo scherzare. Lo avevo visto crescere giorno dopo giorno ed avevo potuto osservare il suo processo di metamorfosi in ogni minimo particolare. Anche se ero solamente il dongsaeng di mio fratello, conoscevo molte cose di lui ed avevo ascoltato molti dei loro discorsi importanti. Anche se non lo sapevano, condividevo i loro segreti. Mio fratello non mi aveva mai permesso di parlare con i suoi amici perché erano tutti più grandi di me e molti di loro mi avevano spesso utilizzato come bersaglio per i loro scherzi. HongBin non era mai stato come loro, non gli piaceva fare scherzi e si era sempre tirato fuori da questo tipo di faccende. Anche quando mio fratello aveva iniziato a fumare ed uscire con ragazzi non troppo raccomandabili, HongBin si era tenuto lontano da questo tipo di abitudini.


I miei genitori lo adoravano e si congratulavano sempre con mio fratello  per aver trovato un così bravo amico. Negli ultimi tempi HongBin aveva iniziato a frequentare la nostra casa sempre più spesso, fermandosi anche diverse volte a cena. Io restavo in silenzio, seduto al mio posto, senza interferire nei discorsi dei più grandi. Sebbene, ormai, fossi anch’io un adolescente, mio fratello continuava a vedermi come un bambino e non mi permetteva di “infastidire” i suoi amici. Una di quelle sere, mentre mangiavamo pollo fritto guardando la tv, HongBin mi sorrise e mi chiese come andasse con la scuola.


La sua domanda mi emozionò particolarmente. Forse anche lui si era accorto che stavo crescendo e, finalmente, iniziava a vedermi come un ragazzo al loro pari. Gli risposi timidamente, dicendo che era tutto apposto e che volevo impegnarmi particolarmente per l’esame d’inglese. HongBin mi rivolse un altro sorriso gentile ed anch’io ricambiai.



Arrivò l’estate e, dopo l’ultimo esame, terminai le medie. I miei genitori iniziarono a ricercare una buona scuola superiore dove iscrivermi. Scoprirono che l’unico istituto nelle vicinanze era stato chiuso e che gli altri non godevano affatto di una buona fama. Decisero, così, di iscrivermi in un istituto nella capitale. Non avevo nessun parente a cui chiedere ospitalità ed andare a vivere con qualche sconosciuto li avrebbe molto preoccupati. Così una sera, mentre HongBin era a cena da noi, ascoltando i discorsi dei miei genitori, mi offrì di condividere con lui l’appartamento in cui viveva a Seoul. Anche lui si era trasferito da appena un mese per studiare ed era alla ricerca di un coinquilino.


Mio fratello sosteneva che fossi troppo piccolo per andare a vivere lontano ma i miei genitori, fortunatamente, non gli diedero ascolto.


Il giorno della partenza HongBin mi aiutò a sistemare i bagagli sul treno e ci sedemmo vicini. Mi parlò della musica che ascoltava, della scuola e dell’appartamento. Era così amichevole da mettermi in imbarazzo. Per la prima volta nella mia vita non mi sentivo un bambino fastidioso che doveva semplicemente restare in silenzio e non disturbare gli amici del fratello. Di fronte agli occhi di HongBin quel giorno ero qualcos’altro: un semplice ragazzo con cui poter tranquillamente sostenere una conversazione. Pensando a questo mi sentii molto strano.


-Devi impegnarti molto – mi disse – Il periodo di passaggio tra le medie e le superiori è molto impegnativo. I primi test potrebbero stressarti molto, per me è stato così. I primi tempi sono sempre i più duri ma poi sarà tutto in discesa. –


Io annuii. HongBin era molto bravo a scuola e mio fratello lo aveva sempre invidiato per i voti eccellenti.


-Grazie per aver accettato di ospitarmi. – lo ringraziai parlandogli formalmente.


   -Lascia perdere i convenevoli, ci conosciamo da una vita. – mi rassicurò lui – Da oggi in poi potrai chiamarmi “hyung”, se ti fa piacere. –


-Certo che mi fa piacere! Grazie, hyung. –


Il viaggio in treno durò quasi quattro ore ed appena arrivammo ad una delle stazioni di Seoul, non potevo crederci. Non avevo mai visto così tanti treni in fila e così tante persone, di nazionalità diverse, che attendevano di fianco ai binari. Salimmo sulla metropolitana e durante il tragitto HongBin mi spiegò come aveva fatto a memorizzare alla perfezione il percorso da compiere per arrivare a casa.


L’appartamento non era molto spazioso, aveva solamente due stanze ed un bagno, ma era accogliente. L’arredamento era quello basilare: due futon, un bollitore, un frigorifero, una credenza, un fornello, un forno, un armadio ed una televisione. Posammo le nostre borse sul pavimento ed iniziai ad osservare la mia nuova casa.


-So che è molto diversa dalla casa dove vivevi, ma gli appartamenti in questa zona sono particolarmente piccoli e questo è uno dei più spaziosi. So anche che ci sono poche comodità ma trascorreremo poco tempo in casa, te lo assicuro, la vita alle superiori occupa quasi tutta la giornata. Staremo qui soltanto per dormire ed il sabato e la domenica mi piacerebbe approfittare per fare qualche passeggiata o andare in biblioteca. –


-Questo appartamento va benissimo. – lo rassicurai.


Quella sera mi portò in un ristorante in centro dove cucinavano carne alla griglia. Ci sedemmo in un tavolo insieme ed ordinò del soju e del maiale.


-Ti offrirò una vera cena da adulti. – scherzò.


Mangiammo bevendo soprattutto acqua poiché non riuscivo a mandare giù l’alcool senza che mi girasse la testa. Lui era molto divertito quando mi vedeva bere.


Standogli vicino mi sentivo davvero un ragazzino. Lui era così cool, qualsiasi cosa dicesse o facesse. Nel suo modo di fare c’era qualcosa che mi incuriosiva davvero. Sembrava una persona irraggiungibile ed ai miei occhi era davvero così, nonostante condividessimo lo stesso appartamento e stessimo cenando insieme.


-Ah! – gridò mentre mangiava, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa di molto importante – C’è una cosa che non sai di me. –



Addentai una frittatina appena cotta.


-Cosa? –


Lui sorrise sentendosi profondamente misterioso.


-Potrei anche non dirtelo e lasciarti nel dubbio… -


-Non essere perfido! –


Rise.


-Parli davvero come un ragazzino, lo sai? –


Arrossii leggermente, non sembrava che la sua affermazione volesse suonare come un insulto.


-Va bene, va bene, te lo dirò. Sono il cantante di un piccolo gruppo. È una cosa da poco, il chitarrista non è neanche bravo ma ho pensato che dovessi saperlo. –


  Trascorse una settimana prima che iniziassero le lezioni. HongBin mi accompagnò in libreria per comprare i testi scolastici, poi in cartoleria per accertarsi che prendessi l’attrezzatura giusta, poi mi accompagnò a scuola per ritirare la divisa e mi pagò l’abbonamento alla mensa.


Ogni sera quando i miei genitori mi telefonavano volevano parlare anche con lui. Gli chiedevano se mi stava tenendo d’occhio, se mi comportavo bene e se ero educato. HongBin gli parlava sempre molto bene di me e questo mi faceva molto piacere. Era un ragazzo molto responsabile e sapeva prendersi cura di me alla perfezione. Avrei voluto che mio fratello potesse darmi le sue stesse attenzioni ed essere premuroso quanto lui. Se avessi avuto un fratello del genere la mia vita sarebbe stata più semplice ed anche la mia infanzia sarebbe stata migliore.


Pensavo a questo ogni sera, quando mio fratello non voleva mai salutarmi al telefono e non mi inviava mai un messaggio. Odiavo il suo carattere e la sua abitudine di farmi sentire abbandonato. Per lui ero sempre stato un bambino fastidioso, una vera scocciatura. Avrei voluto che conoscesse un altro lato di me, che capisse che ero cresciuto e che anch’io avevo dei pensieri e delle opinioni. Avrei voluto scusarmi per tutte le volte in cui lo avevo fatto sentire in imbarazzo di fronte i suoi amici perché ero piccolo e perché ero una facile preda per i loro scherzi. Avrei voluto dirgli che stavo attraversando molte difficoltà che anche lui aveva passato e che volevo imparare tante cose da lui.


Mentre ero immerso nei miei pensieri HongBin spegneva le luci e  mi augurava la buona notte. Ero felice di essere arrivato nella sua casa e di star affrontando quelle difficoltà insieme a lui. Se non avevo altra scelta, avrei voluto che fosse lui ad insegnarmi tutto quello che avevo bisogno di sapere per sopravvivere alle superiori.


La classe a cui fui assegnato conseguiva dei risultati molto positivi ai test ed era una bella responsabilità non rovinare la media. Già dai primi test compresi che sarebbe stato molto complicato non arrivare ultimo nella classifica dei voti e che dovevo impegnarmi moltissimo. Io ed HongBin ci incontravamo solamente dopo le dieci di sera, quando rincasavamo da scuola.


Ci capitava di rado di incontrarci nei corridoi o in mensa ed il tempo per parlare era davvero poco. Nonostante questo mi sentivo sempre preso in considerazione. La mia nuova vita era molto impegnata ed anche la sua lo era, vederlo sempre così pieno di energie mi spronava a fare di più.


Era un ragazzo molto bello e a scuola si sentiva sempre parlare di lui. La divisa gli donava moltissimo. La camicia bianca lo faceva sembrare un  attore famoso o, comunque, una persona molto lontana da tutti gli altri. Ad ottobre iniziò a tingersi i capelli nerissimi di castano ed il risultato fu davvero impeccabile. Non c’era ragazza che non conoscesse il suo nome e che non lo spiasse mentre attraversava il corridoio.


Il sabato restavamo a dormire fino a mezzogiorno, poi pranzavamo in caffetteria, facevamo una passeggiata e a sera studiavamo. Di domenica adorava andare al cinema o al centro commerciale. Mi convinceva sempre a seguirlo e mi aveva anche presentato i suoi amici.


La sua comitiva mi trovava particolarmente simpatico. Nessuno di loro aveva provato ad escludermi perché ero il più piccolo, anzi, si divertivano a chiamarmi “maknae” e a riempirmi di attenzioni. Nel gruppo di amici c’era anche qualche ragazza, tutte carine, appassionate di musica e di vestiti stravaganti. Tra di loro Yoon He sembrava essere particolarmente interessata a me.



Me lo fece notare proprio HongBin una sera mentre eravamo a cena a casa.


-Credo che Yoon He si sia presa una bella cotta per te. – mi disse con un sorriso malizioso sul viso.


-Di me? No, non credo proprio. Yoon He ha due anni in più di me. –


-Si ma ha sempre avuto una passione per i ragazzi più giovani di lei e poi dice che l’ha colpita la tua gentilezza nei suoi confronti. –


-Con lei mi comporto normalmente… -


HongBin rise dandomi una pacca sulla spalla.


-Come sei carino, è la prima ragazza che si interessa a te, non è vero? –


La sua mano era ancora sulla mia spalla. Non mi era ancora mai capitato di essere toccato da lui. 
Continuavo a pensare alla sua mano contro il mio corpo ed ignorai la sua domanda.


-Comunque non devi preoccuparti di nulla, Yoon He non è troppo difficile da compiacere e se lei piace anche a te, il gioco è fatto. –


Scostò la sua mano ed io sentii i battiti del cuore rallentare.


Non avevo mai prestato troppa attenzione a nessuna di quelle ragazze ed anche di Yoon He avevo pensato solamente che fosse simpatica. Quella notte non riuscivo ad addormentarmi. Sapere che qualcuno aveva una cotta per me mi innervosiva, mi faceva sentire sotto esame. Non sapevo come avrei dovuto affrontare la faccenda e non sapevo nemmeno se lei mi piaceva.


Quella settimana ci pensai ininterrottamente ed arrivai alla conclusione che ero troppo confuso per affrontarla. Chiesi a HongBin se quella settimana avremmo potuto trascorrere il sabato e la domenica da soli perché non volevo incontrare Yoon He per un po’. Lui acconsentì.


Il sabato mattina andammo insieme al parco. L’aria autunnale si stava tramutando in inverno e presto avrebbe nevicato. Io ed HongBin camminammo fianco a fianco lungo il sentiero di breccia, ammirando le panchine vuote ed i cespugli di rose. Alcune persone facevano jogging, altre facevano salire i bambini sull’altalena. L’atmosfera era così piacevole da farmi rilassare.


-Hai preso proprio male la faccenda di Yoon He, non è vero? – mi domandò cercando di fare conversazione.


-Vorrei capire qualcosa in più per sapere come affrontare la situazione. – spiegai.


-Hyuk, non dovresti preoccuparti tanto. Non è una faccenda seria, lei ha soltanto una cotta per te. Nella vita ti capiterà tantissime volte e non c’è nulla di complicato da affrontare. –


Pensai un po’ alle sue parole prima di rispondere. Lui , forse, era abituato a piacere a qualcuno ma io no, io non ero mai stato la cotta di nessuno.


-Credo che se fossi in lei vorrei che la persona che mi piace pensasse molto a me ed io la sto pensando ininterrottamente in questi giorni. Vorrei sapere perché una ragazza come lei debba interessarsi proprio a me. – parlai guardando i miei piedi avanzare sul vialetto. – Cos’ho che le interessa tanto? Non lo capisco proprio. Siamo così diversi e non abbiamo nulla in comune. –


HongBin sorrise leggermente e si fermò.


-Da come parli capisco che lei non ti piace, sai? –


-Non ho mai detto questo! –


-Non c’è bisogno che tu lo dica, si capisce. –


Mi sentii quasi in colpa per non essere interessato a lei. Avrei voluto esserne follemente innamorato così da non crearle dispiaceri, ma la cosa non dipendeva da me, non potevo comandarlo. Mi divennero gli occhi lucidi ed abbassai lo sguardo. HongBin mi stava guardando ed io non riuscivo a reggere il suo sguardo.


Ero così dispiaciuto per lei, mi sentivo una cattiva persona. Più ci pensavo più i miei occhi si riempivano di lacrime e qualcuna mi scivolò lungo il viso. HongBin mi prese le mani.


-Ehi, Hyuk, non devi prendertela così tanto. –


Mi guardò negli occhi, desiderando che io gli dessi ascolto.


-Lei non morirà per questo, è soltanto una cotta, niente di più. Lascia perdere questa storia e rilassati, non voglio che tu sia preoccupato per questo. –


Abbassai nuovamente lo sguardo e continuai a piangere, in silenzio.


HongBin sfiorò con le sue dita il mio viso, asciugandomi le guance. Non potevo credere che lo stesse facendo, lo trovai incredibilmente dolce.


-Hyung… - cercai di dire, ma la mia voce apparì tremolante – Io non capisco nulla dell’amore e delle cotte. Sono troppo giovane per queste cose, è tutto così confuso… -


Lui mi guardò, restando in silenzio.


-Non voglio che qualcuno sia deluso a causa mia, non voglio che qualcuno stia male perché non so cos’è l’amore.  Voglio soltanto avere il tempo per imparare senza che nessuno si faccia del male… -
Le lacrime avevano ricominciato a scendere, grandi e numerose.
-…tu…mi insegneresti? –
Sorrise di nuovo, il suo sorriso era splendido. Lo guardai, le sue mani erano sulle mie guance, erano calde e grandi. Annuì continuando a sorridere ed io smisi di piangere.


-Te lo prometto. –

Grazie per aver letto la mia Fanfic^^ Non aspetterete troppo per il prossimo capitolo :P
-Autrice

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quella sera HongBin mi portò in pizzeria e mangiammo insieme. Rientrammo a casa di sera, quando, ormai, era scesa la notte. Camminammo fianco a fianco lungo le strade illuminate dai lampioni. Pensavo alle sue mani contro il mio viso e continuavo a tremare, appena mi aveva sfiorato il mio cuore era esploso. Mi voltai verso di lui. HongBin era un ragazzo davvero bello, guardarlo mi faceva sentire un’altra persona. I capelli castani svolazzavano a causa del vento ed il suo collo era avvolto da una morbida sciarpa bianca. Mi chiesi se anche Yoon He mi aveva osservato in quel modo quando camminavamo vicini, se anche lei faceva attenzione ad ogni particolare del mio viso. Perché io di HongBin avevo memorizzato tutto, attentamente, facendo attenzione a non dimenticarmene. Per me era importare lasciare la sua immagine ben impressa nella mia memoria, anche se non sapevo esattamente il perché.
 Rientrammo in casa e ci sistemammo per dormire. Mi lavai i denti ed infilai il pigiama, HongBin era già sdraiato nel suo futon quando uscii dal bagno. Mi guardò attentamente, sfiorandosi i capelli.
-Cosa vorresti sapere esattamente? – mi domandò.
Mi inginocchiai a terra, di fronte a lui e lo guardai negli occhi.
-Tutto quello che devo sapere sull’amore. – risposi parlando lentamente.
-Non è semplice, da dove potrei iniziare? –
-Dal principio. Inizia dal principio, hyung. –
Stese le braccia lungo i fianchi e sollevò lo sguardo verso il soffitto. Pensò a lungo, respirando pesantemente e compresi che tra i suoi ragionamenti stava incontrando parecchi ricordi. I suoi occhi nerissimi guardavano in alto e si muovevano con qualche scatto come se stesse percorrendo una sequenza infinita di immagini.
-La prima volta che ti innamori di qualcuno è davvero terribile. – disse – La prima volta che mi è accaduto avevo sempre lo stomaco in subbuglio e non riuscivo a pensare a nulla se non al mio amore. Mi sentivo un vero idiota ma non potevo farne a meno. Era come se il mio corpo avesse aspettato pazientemente che l’amore arrivasse, come se fosse un processo naturale dal quale non potersi sottrarre. –
Sospirò.
-Ho incontrato varie persone nella mia vita che dicevano: “ l’amore non esiste.” Ma non è affatto vero, Hyuk. L’amore esiste ed è sempre lì, dentro di noi, aspetta solamente di essere scoperto. Però quando scopri l’amore vorresti follemente tornare indietro. Non è semplice gestire il proprio amore e quello di qualcun altro, bisogna stare attenti, essere responsabili e molto spesso, anche se non lo si vuole, si finisce per  ferirsi a vicenda. Troppe cose necessitano di essere scoperte, così all’improvviso e non si riesce a ragionare normalmente.  Si vorrebbe proteggere l’altra persona ad ogni costo ma è molto più essenziale proteggere se stessi. Ad un certo punto tutto diventa estremamente complicato e le due persone iniziano a dire che l’amore è qualcosa di profondamente negativo. Io, invece, credo che le persone conoscano l’amore quando non sono ancora pronte a tenere un potere simile tra le mani. –
-È solamente un problema di età, quindi? –
-No…quello a cui mi riferisco è una crescita interiore. La prima volta che mi sono innamorato ero un vero ragazzino, uno stupido che voleva sperimentare i propri sentimenti. Quando ho perso quella persona sono stato male, ma sono cresciuto. Ora credo di vedere le cose da un’altra prospettiva e mi sento più maturo. Se potessi tornare indietro la tratterei con maggiore delicatezza, ma so che  lei aveva bisogno di rompersi e di ricomporre i pezzi per andare avanti. L’ho rincontrata pochi mesi fa ed ho visto che è davvero una persona forte, adesso. Non credo che lei sia cambiata a causa mia, io sono soltanto uno dei tanti ostacoli che la vita doveva porle. Sono felice che lei sia stata il mio ostacolo ed io il suo e che io sia potuto ripartire dalla nostra storia andata in frantumi. Il nostro amore mi ha fatto andare avanti proprio perché è finito. Non so se sia questo il vero significato del primo amore ma per me è così. Non le ho fatto nulla di cattivo, non sono quel genere di persona, ma l’ho fatta soffrire ugualmente. Anche lei, che è sempre stata così buona e comprensiva, mi ha fatto trascorrere delle terribili notti insonni.
Eravamo due adolescenti, due schegge taglienti che volevano amare ancor prima di levigarsi. –
Notai che si era particolarmente emozionato parlando di questo e mi ero emozionato anch’io. Entrambi avevamo gli occhi lucidi e ci stavamo guardando, mentre la sua voce si allontanava, portata via dal vento.
-Quello che prova Yoon He non è amore, è una semplice cotta. In verità lei non sa esattamente nulla di te, tranne il fatto che sei un ragazzo carino e gentile. Tu e lei non avete mai fatto discorsi di questo tipo, non può dire di essere stata colpita dalla tua profondità o dal tuo modo di pensare. Devi essere tu a decidere come vuoi che vadano le cose. Vuoi che lei ti conosca in profondità, che scopra le tue debolezze, le tue paure e le tue speranze? Tu vorresti che lei ti raccontasse queste cose di sé? È esattamente questo che distingue una cotta da un vero amore. Le persone con una cotta hanno quasi paura di scoprire l’altro perché lo hanno idealizzato e non vorrebbero proprio veder crollare tutto il bel castello immaginario che si sono costruite. –
Chissà che ideale aveva costruito su di me quella ragazza. Magari ai suoi occhi ero una persona misteriosa, romantica o con qualche segreto da nascondere. Se avesse scoperto che ero un ragazzo estremamente normale, senza assolutamente nulla di particolare, si sarebbe ricreduta. Era affrettato dire di avere una cotta per me, ma ,da come parlava HongBin, sembrava che le persone prendessero delle cotte con molta facilità. Da come me lo aveva descritto, il termine “cotta” o “Infatuazione” mi faceva pensare ad un cuore di carta, era qualcosa di particolarmente fragile e destinato a rompersi.
Avevo ascoltato HongBin con attenzione, senza domandarmi se volevo conoscere quelle cose di lui oppure no. Invece su Yoon He mi ponevo diverse domande. Non avrei voluto rovinare l’immagine che mi ero fatto su di lei. Se  avessi scoperto che aveva dei comportamenti che non mi piacevano non sarei più riuscito ad avere nemmeno una frequentazione superficiale come quella che avevamo in quel periodo.
Riguardo ad HongBin, non riuscivo ad immaginare di poter scoprire qualcosa di particolarmente sgradevole di lui. Mi sembrava che ogni difetto potesse risultare meno importante se gli apparteneva. Mi chiesi se era la sua gentilezza o il suo splendido carattere a farmi fare questi pensieri.
Per HongBin e Yoon He adottavo due modi completamente diversi di ragionare e questo mi destabilizzava. Prima ero sempre riuscito ad essere imparziale nel valutare le persone ma ora non ci riuscivo più. Non vedevo più l’imparzialità come un pregio ed iniziavo a pensare che ogni persona dovesse essere valutata osservandola da un differente punto di vista. Infatti non riuscivo a pensare a Yoon He con lo stesso punto di vista con cui pensavo ad HongBin.
Lui era qualcuno di cui sentivo il bisogno di scoprire ogni cosa mentre di lei mi bastava sapere che era simpatica e gentile. Qualcosa in me era proprio strano se non riuscivo a pensare a nient’altro su una ragazza carina come lei. Ero certo che moltissimi ragazzi al mio posto non avrebbero esitato nemmeno un istante prima di fidanzarsi con lei. Ma io non volevo una come lei, io ero alla ricerca di qualcos’altro.
Io non volevo essere la cotta di qualcuno, ma volevo essere una persona amata per quello che era. Volevo che qualcuno desiderasse conoscere tutto di me senza aver paura di rimanerne deluso.
Così quella sera, mentre osservavo HongBin addormentarsi di fronte a me, compresi che non sarei mai andato oltre quel tipo di frequentazione con Yoon Hee e che avrei rivolto le mie attenzioni verso qualcun altro. Qualcuno che dormiva beatamente, dopo aver fatto un meraviglioso discorso che mi si era impresso nel cuore.
 
La scuola mi faceva sentire sempre più stremato. C’erano sere in cui cadevo addormentato senza nemmeno avere il tempo di spogliarmi e lavarmi i denti. HongBin sembrava reggere la routine molto più di me e restava a guardare la tv anche fino alle due del mattino, riuscendosi a svegliare in perfetta forma il giorno seguente. Non riuscivo a capire come ci riuscisse e dove riuscisse a trovare le forze per affrontare la giornata sempre con ottimismo. C’erano giorni in cui avevo voglia di abbandonare tutto e dormire, ma lui non me lo permetteva. Diceva che fermarsi mi avrebbe fatto semplicemente sentire più stanco.
Fu così che, cercando di dare sempre il massimo anche quando non ne avevo le forze, mi ammalai. Presi un brutto raffreddore e sarei dovuto restare alcuni giorni a casa a riposare, ma non me la sentivo. Continuavo a confidare nelle mie forze credendo di essere indistruttibile. Quando i professori mi chiedevano se  stavo bene rispondevo che ero solo leggermente raffreddato e loro mi credevano. Una sera, mentre camminavo verso casa in compagnia di HongBin, sentii le gambe tremare e cedere. Non riuscii a trattenermi e caddi a terra, perdendo i sensi.
Quando riaprii gli occhi sentii la voce di HongBin chiamarmi. Mi teneva per un braccio e gridava. La mia mente era talmente offuscata che non riuscivo a rispondergli.  Cercò di tirarmi su, ma non era abbastanza forte per riuscirci. Mi accasciai a terra e lui si inginocchiò, cercando di farmi rinsavire. Quel tratto di strada era sempre deserto e poco illuminato, HongBin stava tremando.
-Hyuk, tirati su! Ti porto a casa, siamo quasi arrivati! –
Mi abbracciò dalla vita e mi fece sedere. Il mio viso era contro il suo petto, il suo cuore batteva velocissimo. Avrei voluto dirgli che poteva stare tranquillo, che stavo bene. Balbettai qualcosa e cercò di capire cosa volessi dirgli. Sollevai un braccio e lo adagiai sulla sua spalla. Lui respirò profondamente e mi sussurrò con le labbra vicine al mi orecchio:
-Sta tranquillo. Riposati qualche minuto, poi andiamo. –
 Si mise a sedere a terra e mi fece posare la testa sulle sue gambe.  Restammo per quasi venti minuti lì, in silenzio. Ascoltavo il suono del suo respiro affannoso e pensavo a tante cose, senza che avessero un collegamento preciso. Il mio corpo era così esausto che sembrava non riuscisse nemmeno a pensare normalmente. Non mi ero mai sentito in quel modo, ero spaventato. HongBin teneva lo sguardo fisso su di me, le sue guance si erano leggermente arrossate.
-Grazie hyung. –mormorai 
Mi accarezzò la fronte con le dita gelide.
-Torniamo a casa, Hyuk. –
Mi aiutò a tirarmi su e mi sorresse per tutto il tragitto che ci restava da fare. Appena arrivammo a casa mi sentii come se fossi sopravvissuto ad uno sforzo immane. Mi fece sdraiare nel mio letto, mi sfilò di dosso la giacca e la sciarpa. Mi avvolse con il lenzuolo e mi accarezzò i capelli.
Non riuscivo nemmeno ad addormentarmi per quanto mi girava la testa. HongBin preparò una tisana ma io non riuscii a berla. Solo il pensiero di mettere qualcosa nello stomaco mi faceva sentire peggio.
Lui si sdraiò di fianco a me ed aspettò che mi addormentassi. Era rassicurante sapere che lui era lì, di fronte a me e mi stava sorvegliando.
“Qualsiasi cosa mi accadrà, per quanto male possa sentirmi, lui sarà qui con me.” Pensai.
Il mattino seguente HongBin telefonò alla scuola spiegando che il suo coinquilino stava poco bene e che non poteva lasciarlo da solo. Ascoltai la telefonata quando non ero ancora completamente sveglio e credetti di averla sognata, ma quando aprii gli occhi sentii il profumo delle verdure che bollivano e capii che io ed HongBin avrebbe trascorso la giornata insieme.
Provai ad alzarmi ma mi girò terribilmente la testa e non ci riuscii. Mi sfiorai il viso con le dita, la mia fronte era bollente. Avevo preso l’influenza, era da quando ero bambino che non mi accadeva. Odiavo essere ammalato e dover restare a letto. E poi in quei giorni avrei perso delle lezioni importantissime e non sapevo minimamente come recuperare.  Se avessi avuto un minimo di forze mi sarei alzato e sarei andato a scuola, ma non ce la facevo proprio.
-Ti sei svegliato? – chiese HongBin girato verso il fornello.
Mi faceva male la gola e non riuscii a rispondergli. Lui si voltò verso di me e mi fissò, tenendo ancora la padella stretta tra le dita. Ispezionò il mio colorito, controllò se avevo gli occhi lucidi, sembrò che avesse notato un leggero miglioramento e si tranquillizzò.
Sistemò a terra una ciotola con del brodo, una con del riso bollito, una con delle verdure ed una con del pollo. Si mise a sedere di fronte a me e mangiò  la colazione che aveva preparato con tanta fatica. Quel che aveva cucinato gli piaceva davvero molto, continuò a mangiare con foga senza accertarsi se stessi mangiando anch’io.
-Mia nonna cucinava sempre queste cose quando ero malato, da bambino. Diceva che il pollo fa rinvigorire il corpo, ma non ne sarei poi così sicuro. – rise e mi porse un po’ di pollo.
-Hyung, non c’è la faccio a mangiare. – mi lamentai.
-Non voglio sentire scuse Hyuk, devi mangiare. –
-Hyung… non ho fame. –
HongBin mi afferrò fermamente per un braccio e lo strinse. Prese un altro pezzo di pollo e me lo avvicinò alla bocca.
-Non mi farai preoccupare in quel modo un’altra volta, mangia. –
Sembrava che stesse parlando con un bambino. Non ricordavo che nessuno mi avesse mai trattato in quel modo. Pensai alla sera precedente, HongBin sembrava davvero preoccupato, doveva essersi spaventato molto a causa mia. Aveva fatto più di quanto potessi desiderare e dirgli semplicemente che gli ero grato non sarebbe bastato.
Mangiai, senza dire nulla. Non riuscivo a sentire il sapore di nulla di quello che aveva cucinato, mangiare già un boccone era una sofferenza assurda. Ma HongBin aveva cucinato per me ed aveva saltato la scuola per assicurarsi che mi rimettessi, dovevo ascoltare quel che mi diceva.
-Bevi tutta la zuppa – mi disse ancora, sempre con la fermezza di prima.
Io mandai giù tutta la zuppa, senza ribattere. Anche di quella non riuscivo a sentire il sapore. Era densa, doveva aver un buon sapore ma io non riuscivo a sentirlo minimamente.
-Dimmi la verità, ieri a scuola non hai né pranzato né cenato, non è vero? – mi chiese prendendo tutte le ciotole, ormai vuote.
In condizioni normali gli avrei mentito e lo avrei rassicurato, dicendogli che avevo mangiato molto. Ma in quel momento HongBin sembrava davvero serio e so che si aspettava una risposta sincera. Sapevo che si sarebbe arrabbiato molto se non gli avessi detto la verità e che si sarebbe arrabbiato anche di più per essere  stato così male e per averlo  fatto preoccupare così tanto perché avevo saltato i pasti.
-Avevo molto da fare. – cercai di spiegare. – Con questo non voglio giustificarmi, hyung, non credevo che sarei stato così male. –
Lavò tutto quello che aveva sporcato per cucinare, strofinando tutto per bene con la spugnetta.
-Non farlo più, Hyuk. –
Io annuii sentendomi un vero ragazzino.
-Mi dispiace che tu ti senta come se fossi la mia tata. –
HongBin si voltò.
-Hyuk, credi davvero che io stia facendo tutto questo perché mi sento la tua tata? – gridò infastidito – Non ti sto dando tante attenzioni perché sono costretto a farlo, lo capisci? Non lo faccio perché ho paura dei tuoi genitori o di tuo fratello! Se pensi questo vuol dire che non hai capito assolutamente nulla del nostro rapporto. –
-Hyung… -
-Hyuk, ieri ho avuto una paura terribile. Credevo che tutto andasse bene, che tu stessi bene e ti sei accasciato a terra, così, all’improvviso. Ho perso tutto il mio autocontrollo, non riuscivo più a capire cosa stesse accadendo, cosa dovessi fare! Per quanto ne sapevo io quello che ti stava accadendo poteva essere una sciocchezza oppure qualcosa di molto serio. Ero solo io lì con te ed ero paralizzato dalla paura che potesse succederti qualcosa di brutto. Ma non avevo paura perché sei più giovane di me e le altre persone mi hanno dato delle responsabilità, io avevo paura perché… -
Si avvicinò a me e si inginocchiò sulla coperta. I suoi occhi erano diventati lucidi.
-Io avevo paura perché ci tengo a te. Non voglio che ti accada niente di sbagliato. Ho avuto così tanta paura di non poter fare la cosa giusta, sarei stato io la causa, se tu fossi peggiorato. Se solo ci ripenso sto malissimo, questa notte non sono nemmeno riuscito a chiudere occhio. Avevo bisogno di accertarmi ogni momento che tu stessi meglio, che avevi davvero bisogno soltanto di un po’ di riposo. –
HongBin pianse, di fronte a me. I suoi occhi si riempirono di lacrime che gli scivolarono lungo le guance. Il contorno dei suoi occhi si arrossò ed io sentii un colpo al cuore. Ogni mia parola sarebbe stata inutile in quel momento. HongBin non aveva bisogno che dicessi niente, era solamente molto nervoso ed aveva bisogno di buttar via tutte le emozioni che lo avevano tenuto sveglio quella notte.
Lo abbracciai. Avvolsi le mie braccia introno alla sua vita e schiacciai il viso contro il suo petto. Lui mi accarezzò i capelli e continuò a piangere in silenzio. Il suo modo di preoccuparsi era tenero, mi faceva sentire amato per davvero. Respirai la sua maglia, profumava di lui. Prima di quel momento non mi ero mai accorto che HongBin aveva un odore preciso, era qualcosa di naturale che apparteneva solamente a lui. Chiusi gli occhi e provai ad immaginare di poter sentire quell’odore a distanza di moltissimi anni. HongBin avrebbe sempre profumato in quel modo perché quello era il profumo della sua pelle ed era solamente suo. Il suo corpo era caldo e sottile, eppure stringerlo mi fece sentire infinitamente piccolo.
-Abbi cura di te stesso, Hyuk, promettimelo. – concluse.
-Te lo prometto, hyung. Non farò più queste cose stupide. –
Fece per dividersi dall’abbraccio, ma mi strinse ancora.
-Lo sai che ti voglio bene, vero? –
Sorrisi leggermente.
-Grazie hyung. –
Dopo quel giorno restai altre due mattine a casa, aspettando che la febbre passasse. HongBin mi mandava dei messaggi appena gli era possibile ed io ero davvero felice.
In quei giorni mi scrisse anche Yoon He, diverse volte. Non sapevo come comportarmi con lei, non volevo darle false speranze. Non sarei mai riuscito a dirle che non volevo approfondire il nostro rapporto, che mi bastava una conoscenza superficiale, sapevo che l’avrei offesa.
Quando tornai a scuola lei mi inviò un messaggio molto dolce nel quale mi raccomandava di stare attento e di prendermi cura di me. Yoon He era una ragazza simpatica e non avrei mai voluto che il nostro rapporto cambiasse. Sapevo che in qualsiasi modo mi fossi comportato l’avrei rimpianta. Trascorsi altri giorni a pensarla, ad immaginarmi nella sua situazione. Non esisteva nessun modo per non ferirla. Avrei semplicemente fatto finta di niente ed avrei aspettato che accadesse qualcosa, sperando che non accadesse assolutamente nulla, ma non era giusto nei suoi confronti.
Poi pensavo ad HongBin, a tutto quello che avevo imparato su di lui e a quanto volevo sapere. Iniziai a pensare che dovevo essermi preso una cotta per lui o che comunque provavo qualcosa di particolare nei suoi confronti. Avrei rimpianto anche lui? Tutto intorno a me sembrava un campo minato. Comunque mi muovessi qualcosa o qualcuno sarebbe esploso. Non potevo restare immobile per tutta la vita, però.
Un sabato pomeriggio HongBin mi implorò di uscire con lui ed i suoi amici. Avevano prenotato un locale dove c’era anche qualche videogioco. Ci sedemmo tutti insieme al tavolo e Yoon He prese posto vicino a me. Restai in silenzio per la maggior parte della serata, cercando di non dare nell’occhio. Speravo che Yoon He potesse non fare troppo caso a me e che si divertisse con i suoi amici.
Quando tutti ebbero finito di mangiare ci alzammo in piedi. Alcuni giocarono al calciobalilla, altri ai videogame. Io mi misi seduto in un angolo, ad osservare gli altri che si divertivano.
-Hyuk, giocheresti a hockey da tavolo con me? – mi chiese Yoon He avvicinandosi a me.
Aveva legato i lunghissimi capelli neri in una treccia ed aveva tinto le punte di rosso. Aveva indossato un vestito a righe bianche e nere che le arrivava fino alle ginocchia, era davvero carina.
-Va bene. – accettai.
Giocammo una partita. Io ero della squadra blu e lei della rossa. Era davvero brava a giocare, approfittava di ogni mia minima distrazione per fare punto. Alla fine vinse lei e la partita era stata molto divertente. Mi congratulai per la vittoria e lei sorrise in modo carino, come al solito.
Il proprietario del locale spense le luci e lasciò accesa soltanto qualche candela, poi gli altri lo convinsero a mettere della musica per ballare un po’. Lo scopo principale di tutti quella sera era quello di far ballare me e Yoon He insieme. Alcune ragazze scelsero una canzone romantica e tutti, a coppie, iniziarono a ballare.
Io e Yoon He restammo fermi al centro del locale. Cosa avrei dovuto fare? Ballare con lei le avrebbe certamente dato delle false speranze ma non potevo nemmeno lasciarla da sola. Posai una mano sulla sua vita e con l’altra strinsi la sua mano. I suoi occhi erano pieni di gioia in quel momento. Iniziammo a ballare così, muovendoci lentamente, sorridendo come due ebeti. Poi lei chiuse gli occhi e si strinse di più a me, mettendo il suo viso sulla mia spalla.
Il suo corpo era contro il mio. Stavo stringendo a me una ragazza di diciassette anni che aveva una cotta per me, non ci avrei mai creduto. Mi emozionai pensando al fatto che il suo seno fosse contro il mio petto, mi accorsi di non aver mai abbracciato una ragazza, o almeno non così bella.
Mi voltai e vidi HongBin, in piedi in un angolo della stanza. Mi stava guardando. HongBin mi guardava mentre stringevo quella splendida ragazza. Mi sentii morire.
Mi vennero in mente tutte le volte in cui HongBin mi aveva toccato, quando mi aveva guardato negli occhi. Pensai ai nostri discorsi e al suo modo di parlare. Pensai alle sue parole sul primo amore e capii che lui era il mio. Fu un pensiero inesorabile, non avrei potuto nasconderlo per troppo tempo.
Avrei voluto che le luci si riaccendessero e che Yoon He ballasse con un ragazzo innamorato di lei. Lo desiderai dal più profondo del mio cuore, in quel momento.
La canzone finì e Yoon He si divise da me. Mi guardò negli occhi ed io mi sentii profondamente in colpa. Nessuno mi aveva mai guardato in quel modo, con così tanto interesse e con così tanta emozione. Mi stava stringendo le mani ed io non sentivo nulla, come se lei fosse lontanissima da me.
Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò:
-Perché non mi hai baciata? Non lo sai che lo sto aspettando da tutto questo tempo? –
La guardai ancora, la osservai attentamente. Non avevo mai avuto così vicino una ragazza come lei, una di quelle che si crede di incontrare solamente in un mondo perfetto. Yoon He era bella, simpatica e gentile ma non vedevo nulla più di questo. Lei non era la ragazza per me.
Le lasciai andare lentamente le mani.
Strinse i pugni ed abbassò lo sguardo, tutti i suoi amici ci stavano guardando. Tutti erano fermi ai lati della stanza ed aspettavano che qualcosa tra me e lei accadesse. Mi chiesi se quella serata non fosse stata organizzata con lo scopo preciso di farci trascorrere del tempo insieme. Guardai Yoon He, nascondeva il viso tenendolo basso.  Sapevo che stava piangendo, anche se non voleva darlo a vedere. Per quanto volessi abbracciarla, non sarebbe servito a nulla.
La lasciai lì, sola al centro della stanza, con gli occhi di tutti puntati addosso ed uscii con l’intenzione di non rientrare.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


-Hyuk, fermati! Non conosci la strada, dove stai andando? – mi gridò HongBin, inseguendomi.
Mi fermai, aspettando che mi raggiungesse. Appena mi venne vicino mi posò una mano sulla spalla e restò ad ansimare per la corsa.
-Non devi preoccuparti per lei, sta bene. – cercò di rassicurarmi.
-Non è vero che sta bene. Dovevo chiarire le cose prima di ballare con lei, prima di metterla in imbarazzo davanti a tutti. –
-Sono suoi amici, non fa niente. –
-Si, invece, hyung. È stato umiliante. –
Ripresi a camminare velocemente, sperando che il nervosismo che avevo addosso scivolasse via. HongBin cercava di camminare svelto come me, senza tenere troppo il passo. In realtà non sapevo dove stessi andando, camminavo e basta, perché avevo bisogno di questo. Volevo camminare fino a non averne più le forze, volevo che il vento freddo mi soffiasse addosso.
HongBin aveva le mani infilate nelle tasche della giacca e continuava a respirare affannosamente, cercando di non fermarsi.
Mi veniva in mente il corpo di Yoon He contro il mio e l’emozione che avevo provato. Per qualche istante avevo davvero desiderato che non si dividesse e che restasse così vicina. Avevo respirato il profumo dei suoi capelli e l’avevo vista sorridere. Lei sarebbe stata un primo bacio stupendo, probabilmente me ne sarei pentito per il resto della vita.
In un modo o nell’altro reagivo sempre come non avrei dovuto ed al momento sbagliato. Avevo ancora così tante cose da imparare sulle persone e a come trattarle con cura. Non era semplice per me ragionare sempre su come comportarmi e a cosa fare, sembrava tutto troppo complicato. Sollevai lo sguardo e guardai di fronte a me. L’aria era gelida e delle strane nuvole nere si affollavano in cielo. In quel momento rinvenni dai miei pensieri e mi guardai attorno.
-Dove siamo? – chiesi.
Non ero mai stato in quella strada senza lampioni, con quei palazzi così alti. Mi voltai verso HongBin sperando che conoscesse quel luogo.
-Non lo so Hyuk, ti avevo detto di fermarti! –
Ci guardammo attorno senza vedere nulla di famigliare. Dovevamo essere giunti in una zona industriale, piena di vecchi capannoni abbandonati. Sarebbe bastato tornare indietro per ritrovare la strada dalla quale eravamo venuti ma iniziò a piovere. Improvvisamente, senza che ce l’aspettassimo, una pioggia fitta cadde sulle nostre teste, senza avere l’intenzione di fermarsi.
Io ed HongBin restammo fermi sotto la pioggia, sorpresi per quanto stava accadendo. Quella notte sembrava davvero assurda.
HongBin mi afferrò per un braccio e mi tirò verso l’ingresso di un vecchio capannone arrugginito.
-Non vorrai mica entrare lì, hyung? –
-Hai un’altra idea, Hyuk? –
La porta era grossa e scricchiolante. La ruggine si arrampicava sul ferro coprendolo tutto con il suo colore rossastro. Alcune parti del tetto erano crollate e la pioggia era entrata anche dentro. Io ed HongBin ci mettemmo a sedere in un angolo, schiacciati contro il muro. La struttura non sembrava particolarmente resistente, anzi, sembrava sul punto di crollare. Le pareti oscillavano leggermente quando cadevano i tuoni. Avevo paura ma ero troppo confuso per capirlo. Il viso di HongBin sembrava stremato.
-Ho rovinato la tua serata con gli amici. –
-Fa silenzio, Hyuk. – disse freddamente.
-Hyung, mi dispiace. –
-Smettila di dire che ti dispiace. –
-Ma è vero. –
-Non mi importa. –
Il buio mi faceva paura. Avrei voluto essere a casa, nel mio letto e poter pensare in santa pace. Invece io ed HongBin eravamo lì e sarebbe potuto accaderci di tutto. Eravamo soli in un posto che non conoscevamo affatto.
-Devi smetterla di reagire in questo modo. Non puoi sempre andar via ed evitare la reazione delle persone, non puoi sempre avere paura di tutto. Non puoi dire sempre che ti dispiace quando hai sbagliato. Devi dimostrarmi che ti dispiace davvero per avermi trascinato qui, Hyuk. Devi dimostrarmi che ti comporterai in modo responsabile d’ora in poi. –
Il buio era così denso che non riuscivo quasi a vederlo. Cercai la sua mano e la strinsi. Anche se il suo era un rimprovero non mi sentivo in collera, sapevo di aver sbagliato. Dovevo fare di più d’ora in avanti. Non potevo più permettermi di deludere le persone che mi avevano accolto con così tanta gentilezza. Me lo promisi, mentre tenevo stretta la mano gelida di HongBin.
Quella sera avevo capito che mi piaceva, che provavo un interesse nei suoi confronti. Sorrisi leggermente pensandoci. Se lo avesse saputo mi avrebbe abbracciato e si sarebbe complimentato con me perché stavo crescendo. Ma per qualche strana ragione non volevo ancora dirglielo. Non potevo dirgli una cosa così importante la sera in cui ero scappato lasciando qualcuno piangere a causa mia. Il giorno in cui gliel’avrei detto sarebbe stato un giorno da ricordare solamente per la mia confessione.
Hongbin mi avvolse le spalle con il braccio e mi strinse leggermente. Mi aveva perdonato, in fondo. Non dissi nulla ma nel profondo del mio cuore gli ero grato per essere sempre al mio fianco e per saper sempre dire la parola giusta per confortarmi. Restammo così ad ascoltare il rumore della pioggia che cadeva.
Un’ora dopo la pioggia rallentò fino a finire.  Erano le due del mattino ed io ed HongBin non eravamo ancora riusciti ad addormentarci. Ci alzammo e decidemmo di tornare indietro. Percorremmo la strada buia stando vicini, con il cuore in gola. Quella zona della città era inquietante a notte fonda. Tra l’erba si sentivano dei rumori ma non dissi niente, non serviva a niente dire che avevo paura. Ci ritrovammo presto nella via principale, di fronte al locale dal quale ero fuggito qualche ora prima. In centro qualche negozio era ancora aperto e fu rassicurante vedere delle persone camminare per strada dopo aver attraversato tutta quella desolazione.
Entrammo in un mini market aperto anche di notte e comprammo un tè caldo. Avevamo proprio bisogno di riscaldarci un po’ prima di tornare a casa. Quell’assurda vicenda era finita e noi potevamo finalmente rilassarci, non ci sarebbe accaduto nulla di brutto.
Trascorsero alcuni giorni.  Giovedì Yoon He mi telefonò e mi chiese di uscire. Ci incontrammo in biblioteca. Ero stato nervoso per quasi un’ora prima di incontrarla. Mi chiedevo di cosa avrebbe voluto parlare e cosa dovevo dirle. Ma appena la vidi la preoccupazione sparì. Sapevo che non avrebbe mai fatto una scenata, che con lei potevo parlare tranquillamente e spiegarle le mie ragioni.
Stava leggendo un romanzo di cui avevo sentito parlare diverse volte.
-È bello? – le chiesi avvicinandomi.
Lei sollevò lo sguardo dal libro e mi guardò, poi mi sorrise.
-Si, molto bello. –
Mi misi a sedere al posto di fronte al suo, senza prendere niente da leggere. Aveva lasciato i capelli sciolti. Si era anche truccata più del solito e sembrava molto più grande. Mi sorprese ancora una volta il fatto che una ragazza del genere potesse provare dell’interesse per me.
-Noona…credo che io debba dirti tante cose… -
-Non ti ho chiesto di venire per torturarti, puoi stare tranquillo. –
-No, io ho bisogno di dirti queste cose, davvero. –
Lei annuì.
-Mi dispiace per come mi sono comportato sabato. –
Lei mi guardò restando in silenzio. Sembrava star pensando a qualcosa, magari qualcosa che voleva chiedermi. Eppure esitava.
-Sapevi di piacermi, non è vero? – chiese infine.
Non sapevo se dirle la verità. A riferirmelo per la prima volta era stato HongBin.
-Me lo avevano detto. –
Distolse lo sguardo con aria contrariata.
-Odio davvero quando le persone fanno così – disse – è stupido…perché tu avresti dovuto saperlo? È imbarazzante!  Sarei dovuta essere io a dirti una cosa del genere, non credi? Non sarebbe stato tutto più semplice? –
Sembrava davvero dispiaciuta e a me dispiaceva per lei.
-Va bene…questa cosa è partita male fin dall’inizio – si passò una mano tra i capelli ed io restai in silenzio a guardarla.
-Sei un bravo ragazzo Hyuk e probabilmente non hai mai avuto a che fare con una ragazza che provasse dell’interesse per te, lo capisco. Mi dispiace che la situazione sia diventata così imbarazzante. Non mi sono comportata come una persona matura, me ne rendo conto… -
Le strinsi la mano e lei mi guardò. I suoi occhi erano davvero molto belli e sembravano brillare.
Mi sorrise.
Cercò di districarsi dalla mia stretta ma non ci riuscì.
-Non dovresti toccarmi, non se sono in queste condizioni. –
Le sorrisi anch’io.
-Sono felice di averti incontrata. Ti ringrazio, grazie di esserti innamorata di me. –
Strinse anche lei la mia mano e sospirò.
-Sei innamorato? –
-Credo di si-
Mi sorrise ancora, sinceramente.
-Buona fortuna Hyuk. –
 Arrivò il periodo dei test ed a casa rientravo sempre più tardi. In quel periodo ero nervoso e stressato, non pensavo ad altro che allo studio, ai libri da leggere, alle pagine da scrivere. Anche HongBin era parecchio impegnato con lo studio ed utilizzò anche il sabato e la domenica per studiare. Ero così impegnato da non riuscire nemmeno a chiamare i miei genitori. Sapevo che non dovevo stancarmi troppo altrimenti sarei potuto svenire un’altra volta e non potevo proprio permettermelo, ma non avevo altra scelta. Volevo dimostrare di poter dare il massimo, non volevo pentirmi di nulla.
Quando gli esami passarono io ed HongBin restammo tutto il sabato a dormire. A sera ordinammo del cibo da asporto al ristorante cinese e lo mangiammo seduti sul pavimento. Ero felice che il peggio fosse passato, ora potevo tirare un sospiro di sollievo.
-Come credi che andranno le graduatorie? – mi domandò HongBin.
-Ci siamo impegnati tanto, hyung. Credo che andrà tutto bene, lo spero davvero. –
Lui sorrise.
Anche se era stanco aveva un sorriso stupendo. Sentii ancora una volta il cuore sussultare.
-Se gli esami andranno bene trascorreremo la sera al mare, te lo prometto. –
Lo guardai negli occhi.
-Al mare, solo io e te? –
-Si e compreremo dei fuochi d’artificio. –
Quando uscirono i risultati io ed HongBin venimmo accontentati. Quando scoprii che avevo preso il massimo dei voti corsi per tutti i corridoi della scuola a cercarlo e ,quando lo incontrai, lo abbracciai forte. Anche lui mi abbracciò e rise contentissimo.
Arrivò il sabato e noi prendemmo il treno per andare sulla spiaggia. Camminammo per tutto il pomeriggio per il paese, mangiando tutto ciò che volevamo e ridendo come due vecchi amici. Quando arrivò la sera entrammo in un piccolo negozio che vendeva fuochi d’artificio. HongBin ne comprò qualcuno ed uscimmo.
 La spiaggia era deserta di quella stagione.  La sabbia era pallida e fredda, io e lui camminammo indossando ancora le scarpe e muovendoci avanti ed indietro. L’acqua era talmente scura da sembrare petrolio e, se non fosse stato per le stelle, si sarebbe confusa benissimo con il cielo. La luna brillava sulla superficie del mare, come per specchiarsi. Io ed HongBin guardammo il cielo, lui mi stringeva la mano.
Non ero mai stato sulla spiaggia a quell’ora. Il paese nel quale eravamo cresciuti era parecchio distante dalla costa ed i miei genitori non adoravano viaggiare. Non sapevo se essere più emozionato per la meravigliosa visione che avevo di fronte, per HongBin o per il risultato degli esami. Continuai semplicemente a sorridere, sentendomi rilassato.
Avrei voluto che il giorno dopo non arrivasse mai. Avrei voluto restare lì per sempre, così felice e spensierato come in quel momento.
HongBin chiuse la zip del cappotto fin sotto il mento per ripararsi dal vento freddo che soffiava contro di noi. Piantò un fuoco d’artificio nella sabbia, poco distante dalla riva. Mi disse di allontanarmi. Faticò un po’ ad accendere la miccia, poiché non era per nulla pratico con l’accendino, ma alla fine, ci riuscì.
Un fiume di fuoco e scintille uscì dall’estremità del tubo di cartone, mostrando un’infinità di colori sgargianti ed incandescenti. Io osservai la scena con ammirazione. L’estremità della fascia di fuoco scivolò nel mare e scomparve tra l’acqua. Lo immaginavo ancora acceso, mentre galleggiava sul fondale.
Mentre gridavo ed applaudivo, HongBin accendeva altri fuochi. Erano tutti luminosi e bellissimi. Insieme urlavamo entusiasti, fino a sentire i polmoni svuotarsi. Ci sentivamo liberi come non era mai accaduto. Poi HongBin accese due stelline e me ne porse una. Ci scattammo qualche fotografia, un perfetto ricordo di quella serata magica.
Il vento soffiava contro di noi e, nonostante tremassimo dal freddo, non ci importava. Nulla ci avrebbe portato via di lì. HongBin si voltò verso di me e gli sorrisi.
-Hyuk, stiamo sognando? –
-No, hyung. –
HongBin divenne improvvisamente serio.
-Hyung, cosa succede? –
Non mi rispose.
Guardò dritto di fronte a sé, lasciò che il suo sguardo si perdesse all’orizzonte. I suoi occhi erano scuri ed indecifrabili, mi mancava il respiro guardando il suo viso così da vicino.
-Dimmi qualcosa di importante, Hyuk. Qualcosa che riguarda soltanto me e te. – si voltò verso di me – Questa notte voglio che tu condivida un segreto con me. –
Tremai talmente forte che mi sembrò di svenire. Indietreggiai, mi misi a sedere a terra e mi avvolsi le gambe con la coperta. Ammirando la sua schiena mi convinsi, dovevo avere coraggio.
-C’è qualcosa di importante… - cercai di dire.
I suoi capelli castani svolazzano al vento. Restando dietro di lui potevo parlare senza guardarlo negli occhi e questo mi rassicurava. Provai ad immaginare che espressione avrebbe assunto se avesse saputo quello che avevo dentro. Chissà che tipo di segreto si aspettava da me.
Restò in silenzio ed attese che proseguissi. Il suono del suo respiro si confondeva con quello del vento, con il rumore delle onde.
-Non mi sono mai innamorato di nessuno, hyung. Sono soltanto un ragazzino, non so cosa sia l’amore e mi fa anche un po’ paura. Ho sempre pensato che fosse una parola estremamente grande, estremamente importante. Quando ero bambino dicevo di amare i miei genitori, ma appena sono cresciuto un po’ mi hanno detto: ”Non puoi dire cose del genere, l’amore è un’altra cosa.”
Per molto tempo ho trovato tutto questo un’ingiustizia ed, infondo, non capisco ancora perché mi abbiano insegnato una cosa del genere. Ho aspettato l’amore per tanto tempo. Ho cercato l’amore ovunque potessi. Guardando il cielo di notte e la luna mi chiedevo se l’emozione che provavo fosse simile all’amore. Quando incontravo qualcosa di bello, mi chiedevo che sensazione potesse essere amare.
Poi l’ho provato. L’ho provato mentre stringevo una ragazza che mi amava. È stato forte, assurdo. Anche se non sapevo cosa mi stava accadendo mi sono detto “Si, è lui, è arrivato l’amore, mi ha trovato.” Mi ha trovato anche se ero molto lontano da casa, anche se ero confuso, anche se stavo facendo soffrire qualcuno.  Ed io l’ho riconosciuto, come se mi fosse sempre appartenuto.
In quel momento mi sono detto: “Quella persona deve sapere, deve sapere che lo amo, che l’amore mi ha colpito perché ho incontrato lui.” Avrei voluto che quella persona lo comprendesse e mi stringesse a sé, rassicurandomi. Desideravo che si congratulasse con me perché mi ero innamorato proprio di lei. Invece quella persona ha continuato a guardarmi allo stesso modo, come se io fossi la stessa persona di sempre. Ai suoi occhi ero io, semplicemente io. Ed, in effetti, all’esterno non traspariva nulla di quello che ero diventato. Non l’avrebbe capito né dal mio sguardo, né dal mio modo di sorridere, né dal mio modo di parlare.
Non credevo che l’amore stravolgesse tutto soltanto interiormente, per me è stato una sorpresa. Ho desiderato che quella persona mi salvasse da tutto ciò che avevo dentro, ma quella persona non poteva arrivare a tanto. Quella persona non si aspettava nulla di tutto questo, credeva che fosse tutto normale, come qualche istante prima.
Poi è arrivato il momento in cui ho compreso che avrei dovuto dire a quella persona ciò che sentivo, altrimenti non lo avrebbe compreso. Le parole che avrei usato, il modo in cui glielo avrei detto mi spaventavano ogni giorno. Più desideravo che il mio cuore si alleggerisse di quel peso, più esprimere quello che provavo diventava complicato.
Ma le persone non possono leggermi dentro, non è colpa loro, è semplicemente così. L’unico modo che ho per far capire a quella persona che la amo è…dirglielo. –
Presi fiato, dopo quel lungo e complicato discorso. HongBin continuava a darmi le spalle. La sua schiena non mostrava nessun segno di cambiamento, sembrava che il mio discorso non lo avesse raggiunto. Aspettai che dicesse qualcosa, ma restò in silenzio.
Il suono del suo respiro, quello del vento, il rumore delle onde, erano esattamente gli stessi di qualche minuto prima ma mi sembravano estremamente più forti.
-Mi sono innamorato di te, hyung. –

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 HongBin si voltò.
Guardai il suo corpo immobile, senza riuscire a focalizzare l’immagine, scorgendo solamente la sua sagoma. I miei occhi erano colmi di lacrime, tanto che non riuscivo quasi più a vedere.
“Perché non fai nulla?” pensai. Il suo modo di reagire mi faceva sentire svuotato. Perché non mi diceva nulla? Era così terribile quello che gli avevo detto?
Mi alzai, mi tremavano le gambe. Mi avvicinai a lui e cercai di sfiorargli una spalla ma HongBin evitò il mio contatto. Ero così agitato che non riuscivo a restare in piedi. Riuscii a scorgere il suo viso, mi parve che stesse piangendo.
Attesi che dicesse qualcosa, che si muovesse o che semplicemente la frequenza del suo respiro si modificasse, ma non accadde nulla, esattamente nulla. Non sapevo come interpretare la sua fredda reazione, ma, in effetti, non riuscivo a pensare molto.
Il suo silenzio iniziò ad innervosirmi terribilmente. Strinsi le dita, cercando di distendere i nervi.
HongBin si voltò verso di me, finalmente. Stava piangendo più sommessamente di quanto credessi. Dai suoi occhi non traspariva nessuna emozione particolare. Avevo immaginato che la sua reazione sarebbe stata diversa, ma nulla era andato secondo i miei piani.
-Sono un ragazzo, Hyuk – balbettò.
-Lo so – cercai di rispondere.
-Se lo sai… perché mi stai dicendo questo? –
-Come perché? Perché vuoi condividere un segreto con me. –
Si voltò nuovamente verso la spiaggia ed ammirò la distesa d’acqua di fronte a sé. Avrei voluto scomparire in quella distesa scura, sarebbe stato perfetto.  HongBin continuava a restare in silenzio e non sapevo più cosa pensare.
Raccolsi la coperta da terra ed afferrai il mio zaino. Ero deciso ad andarmene, ma HongBin mi afferrò per un braccio. Quando mi voltai verso di lui e lo guardai sentii il cuore scoppiare. 
I suoi occhi scrutarono attentamente i miei, mi parve che mi stesse leggendo dentro. Trattenni il respiro per tutto il tempo in cui mi guardò, non riuscivo ad assumere un’espressione rilassata. Il suo viso era stupendo, i suoi capelli erano spettinati ed il ciuffo gli accarezzava la fronte.
-Vorrei non essere io ,in questo momento. – disse
Le lacrime continuavano a scivolare lungo le mie guance e non riuscivo quasi più ad accorgermene.
-Chi vorresti essere? –
HongBin avvicino il suo viso al mio e affondò le sue labbra sulle mie. Restai immobile ad assaporare il suo bacio delicato. Si divise dopo qualche istante ed io restai ad occhi chiusi.
Pensai a cosa si celava nel mio cuore, tutto attorcigliato, che si contorceva per l’emozione. Il mio amore per lui era ancora lì ma sembrava star crescendo, si stava gonfiando a dismisura e credevo che sarebbe esploso. Per quanto tempo avevo pensato alla prima volta in cui qualcuno mi avrebbe baciato? I pensieri divennero confusi e non riuscii più a ragionare.
La sensazione delle sue labbra sulle mie era sempre più evanescente, fra qualche altro minuto non mi sarebbe rimasto più niente del suo bacio. Lo baciai nuovamente, stringendo i suoi polsi per tenerlo più vicino. Sfiorare le labbra di qualcuno era qualcosa di indescrivibile, una sensazione che non avevo mai provato nella mia vita.
Appena mi divisi HongBin mi abbracciò. Mi strinse forte a sé ed io premetti il mio viso contro il suo petto. Chi era diventato per me HongBin, quella notte? Non potevo saperlo. Restavo semplicemente al suo fianco, dolcemente. Non sapevo cosa stesse pensando.
Non avevo mai ragionato sul fatto che entrambi fossimo due ragazzi. Per me tutto era stato estremamente naturale, non avevo mai pensato che il mio amore potesse essere strano agli occhi di qualcuno. Ma HongBin mi aveva fatto comprendere che il mio mondo era molto diverso da quello degli altri. Non potevo pensare solamente alle mie emozioni, all’amore. Dovevo pensare al fatto che la vita delle persone era studiata per essere vissuta in un certo modo.
A sedici anni non mi ero mai ritrovato a pensare al matrimonio, ad avere una famiglia o dei figli. Forse era normale o forse no. Probabilmente ero davvero molto più ingenuo dei ragazzi della mia età, ma non potevo farci nulla.
Quando HongBin divise l’abbraccio mi sentivo frastornato.
Trascorremmo tutta la notte seduti sulla sabbia ad ammirare il cielo e le stelle. HongBin mi tenne abbracciato tutto il tempo, per impedirmi d’avere freddo.
Mi chiedevo cosa sarebbe accaduto quando quella notte sarebbe finta. Ero spaventato, in realtà. HongBin avrebbe potuto ricredersi, in fondo ero io quello innamorato, non lui. Non sapevo come mi sarei comportato dal giorno seguente in poi ma non volevo pensarci più del dovuto.
Guardammo il sole sorgere all’orizzonte. Il cielo fu invaso da splendidi colori che mi fecero sentire in un sogno.  Io ed HongBin ci alzammo e comprammo un ghiacciolo. Lo mangiammo camminando lungo la piccola strada della città e poi andammo in stazione per l’arrivo del treno.
Durante il viaggio  mi addormentai sulla spalla di HongBin e restai addormentato tutto il tempo. Appena il treno si fermò alla stazione di Seoul, HongBin mi svegliò dolcemente, scuotendomi un po’. Mi sentivo confuso ed incredibilmente stanco, ma non dissi nulla.
Era fastidioso vedere tutte quelle persone da appena sveglio. HongBin mi prese la mano e camminammo, senza che io mi chiedessi dove stessimo andando. Dopo aver preso la metropolitana tornammo a casa e trascorremmo lì tutta la giornata, studiando e riposandoci un po’.
Mercoledì, durante l’ora del pranzo, ricevetti un messaggio da HongBin. Mi chiese di raggiungerlo nella sua classe poiché era vuota. Il lunedì ed il martedì non ci era stato possibile incontrarci, le lezioni erano durate più del solito e quando lui rientrava a casa, io ero già addormentato.
La sua classe era l’ultima del corridoio del secondo piano. Salii le rampe di scale correndo e corsi anche per il corridoio, che mi parve stranamente infinito. Quando lo raggiunsi era seduto sul suo banco ed aveva le cuffiette infilate nelle orecchie.
Chiusi la porta e mi avvicinai a lui. Mi accomodai sul banco di fianco ed afferrai una delle sue cuffiette, infilandomela nelle orecchie.  Stava ascoltando una canzone che mi sembrava di conoscere molto bene ma in quel momento non riuscivo a capire davvero quale fosse. HongBin iniziò a canticchiarla. Non mi ero mai accorto di quanto la sua voce fosse piacevole.
La luce del sole entrava dalla finestra e mi illuminava il viso. Fra poco l’inverno sarebbe finito e sarebbe tornata la primavera, pensandoci sentii una leggera malinconia.
-Non ci vediamo da due giorni, nonostante viviamo insieme. – disse.
-Già, siamo davvero troppo impegnati. –
HongBin strinse la mia mano. Accarezzai lei sue dita sottili ed affusolate, le unghie tenute lunghe e limate. Mi piaceva il suo modo di curare i particolari, forse quella era una delle ragioni per cui mi ero innamorato di lui. Mi stava osservando, il suo sguardo era fisso su di me ma io non riuscivo a guardarlo. Tenni lo sguardo basso e guardai la sua divisa, esattamente identica alla mia.
 La canzone continuava a suonarmi nell’orecchio e lui di tanto in tanto la canticchiava. Avere HongBin così vicino mi faceva sentire come se avessi i riflessi appannati, tutto sembrava iniziare a scorrere lentamente, a tempo di musica.
-Scusami, ti ho fatto saltare il pranzo. –
-Non importa, hyung, non avevo fame. –
HongBin scese dal banco e si fermò in piedi, di fronte a me. Mi infilò anche l’altra cuffietta nell’orecchio ed alzò il volume della musica. Il mondo venne avvolto da una luce irreale, come un video musicale. Io continuai ad osservare HongBin, senza pensare a nulla, se non alla bellezza di quella canzone.
HongBin mi strinse entrambe le mani.
You're my only one way
Ojik neoreul wonhae
Naega ni gyeote isseume gamsahae
In quel momento riconobbi la canzone e sorrisi.
Iniziai a canticchiarla anch’io, sentendomi profondamente fiducioso. In qualche modo capii che tutto sarebbe andato per il meglio, me lo sentivo, doveva essere così.
-Grazie, per quello che mi hai detto, Hyuk. –
Cercai di leggere il labiale, ma lui aveva parlato così a bassa voce che non riuscii a capire. La sua stretta divenne più forte ed io arrossii. Sollevò lentamente una delle mani e la avvicinò al mio viso, timoroso.
Il contatto delle sue dita con la mia pelle mi sembrò come una scossa elettrica. Chiusi per qualche istante gli occhi e quando gli riaprii il suo viso era vicinissimo al mio. Respirai lentamente, la canzone stava quasi per finire.
HongBin mi diede un leggero bacio sulle labbra e si divise immediatamente. Sapevo che la situazione lo imbarazzava, in fondo.
Mi sfilò le cuffiette dalle orecchie e mi guardò intensamente negli occhi.
La classe appariva stranamente silenziosa e mi sembrava di aver attraversato con estrema velocità tutto l’universo.
-Forse avresti voluto che ti dicessi qualcosa ma per me non è affatto semplice, lo sai. –
Annuii. Il mio cuore palpitava come non mai.
-Non so se sono capace di ricambiare i tuoi sentimenti, non so come mi sento, cosa provo a riguardo. È complicato. Ma voglio provare…anche se so di poter rovinare tutto. Voglio provare. –
Sospirai pesantemente e lui sorrise. Il suo splendido sorriso sembrò illuminare la stanza. Le sue mani tremavano leggermente mentre stringevano le mie.
Mi baciò nuovamente, ma questa volta, lo afferrai per un lembo della camicia, impedendogli di dividersi troppo in fretta. Lui sembrò sorpreso da questa mia intraprendenza. Mi strinse, ma non troppo, sempre con un po’ di titubanza.
Sorrisi, sinceramente felice ed emozionato. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


-Hanno chiamato i tuoi genitori. – mi disse HongBin appena rientrai in casa.
-Oh, bene, cos’hanno detto? –
-Le solite cose…hanno chiesto come stavi, come andava con la scuola, se dovevano inviarmi altri soldi… –
Annuii, sfilandomi il cappotto.
-Poi ha voluto parlarmi anche tuo fratello –
-Mio fratello? Cosa voleva? –
-Calmati, calmati, niente di che –
In tutti i mesi in cui mi ero traferito mio fratello non si era fatto sentire nemmeno una volta, era normale che fossi agitato.
Il viso di HongBin era leggermente scavato, gli zigomi erano più sporgenti del solito. Mi domandai quando fosse stata l’ultima volta che avevo messo qualcosa sotto i denti e realizzai che erano trascorse quasi dieci ore.
-Non ha voluto sapere di te. – cercò di dire HongBin. – Mi ha chiesto se sabato voglio tornare per  vedere insieme a lui non so quale partita. –
-Cosa gli hai risposto? –
-Gli ho detto che ho da fare. –
Capivo che per HongBin era stato strano parlare con mio fratello dopo esserci fidanzati. Avremmo dovuto mantenere tutto segreto per il bene di entrambi. Mio fratello non avrebbe mai accettato una situazione del genere. Lo avevo sempre sentito insultare tutti i ragazzi dello stesso sesso che cercassero di stare insieme. In effetti lui era contrario a molte cose. Era una persona particolarmente rigida ed irremovibile sulle sue idee. Nemmeno i miei genitori, che avevano vedute leggermente più aperte, avevano mai provato a contraddirlo.
Sapevo che prima o poi avrei fatto qualcosa che a lui non sarebbe andato bene. Era il mio destino, probabilmente, dover essere in cattivi rapporti con lui. Questo mi dispiaceva sinceramente.
Non si chiedeva come stavo? Non sentiva la necessità di sentirmi? Mi chiedevo per quale ragione avessi dovuto condividere la mia esistenza con un fratello del genere. Il suo carattere ruvido ed introverso era decisamente troppo distante dal mio.
Il suo modo di vedere il mondo e di odiare alcuni tipi di amore erano gli avversari della mia felicità. Si perché io mi sentivo bene quando le mani di HongBin toccavano le mie, quando avvertivo quella leggera scossa elettrica che mi faceva sentire vivo, presente. Lui non approvava una cosa del genere perché, molto probabilmente, non la conosceva.  
-Lo hai fatto solo a causa mia o perché non volevi incontrarlo? –
HongBin piegò le game e le sue ossa provocarono un sordo “crack”.
-Non lo so. Comunque è meglio così, non pensarci.  –
Ci sdraiammo sui futon e cercai di addormentami.
Il silenzio di quella sera era decisamente assordante. Mi sembrava di avere ancora nelle orecchie la voce del professore e le sue lunghissime spiegazioni. Ogni rumore di quella giornata sembrava essersi impresso nella mia mente e si ripetevano, l’uno dopo l’altro, mischiandosi e fondendosi, creando un gran baccano.
Chissà perché HongBin era amico di mio fratello. Non lo avevo mai capito. Erano troppo diversi, non avrei mai creduto che due persone così distanti potessero essere amici. Non avevo mai compreso che tipo di amicizia fosse la loro, se si erano mai scambiati delle confidenze importanti o se semplicemente gli piaceva passare del tempo insieme.
HongBin si avvicinò a me, il suo respiro risuonava nella stanza. Allungai una mano verso la sua e la strinsi. Immaginai che HongBin avesse accennato un sorriso.
Nella nostra camera il buio aveva avvolto ogni cosa. Non riuscivo a distinguere nemmeno la sua ombra. Se solo non avessi stretto la sua mano, avrei potuto credere che il mio corpo era scomparso, dissolto nelle tenebre. Invece entrambi i nostri corpi erano semplicemente coperti dalla notte e nemmeno una stella illuminava il soffitto.
“La notte può raggiungerci anche se la finestra è chiusa.” Pensai.
Quella frase me la ripeteva sempre mia madre quando ero bambino. Poi aggiungeva:
“I nostri pensieri possono seguirci anche se andiamo lontano.”
“La felicità può trovarci anche se ci nascondiamo.”
A ripensarci in quel momento, erano frasi strane da dire ad un bambino. Forse me le aveva dette in modo che potessi ricordarle in notti buie come quelle. Chissà a cosa pensava lei mentre me le ripeteva, con la sua voce dolce, mentre mi faceva addormentare. Era molto tempo che non ripensavo a quelle parole, ma loro erano sempre lì, in attesa di essere rispolverate, come se sapessero di essere molto importanti.
 HongBin era talmente vicino che potevo sentire il suo respiro sul mio collo. La notte ci aveva trovati. Nessuna finestra chiusa l’avrebbe tenuta fuori. Anche i mei pensieri erano con me, anche se ero distante da casa. Sarebbe stato bello se avessi potuto lasciarli avvolti tra le coperte, nel mio vecchio letto, aspettando che divenissero abbastanza distanti dalla mia vita da non confondermi più. La felicità non sapevo se mi aveva trovato. A quell’ora mi sentivo alquanto apatico.
 Mi voltai e cercai il telefono con lo sguardo, invano. La mattina seguente avrei dovuto chiamare mia madre e ringraziarla per avermi detto quelle belle parole. Per aver sprecato la sua poesia con un bambino che non ne capiva l’importanza.
-Hyuk – sussurrò HongBin, disteso al mio fianco – Posso abbracciarti? –
Lasciai la sua mano, divenuta umida, ed annuii. Il fruscio dei miei capelli contro il cuscino si diffuse chiaramente.
HongBin si fece più vicino. Con un braccio mi strinse la vita. Affondai il viso nel suo petto e respirai il suo odore. Era lui. Il suo corpo non era andato via, anche se la notte lo aveva coperto.
Mi accarezzò i capelli. Aveva le mani calde e morbide.
Restammo per un po’ così, silenziosi. Ascoltai il suo respiro, seguii il movimento del suo petto che si sollevava ed abbassava.
-Non è strano? Io e tuo fratello siamo amici da una vita e mi basta questo per vederlo con occhi diversi. Che razza di amico sono? Non ho nessunissima voglia di vederlo. Voglio restare qui. –
La voce di HongBin era bella anche di notte.
-So che avrebbe da ridire su questo e so che i suoi commenti sarebbero pesanti. Io non voglio mentirgli, per questo preferisco non incontrarlo. Non so ancora come mi sento, cosa provo riguardo a questa situazione. Voglio capire alcune cose prima di incontrarlo. So che se mi ritrovassi in sua compagnia ora, per me sarebbe tutto molto più complicato. –
Sospirò.
-Non dico assolutamente che lui sia stato un cattivo amico, altrimenti non sarei stato in sua compagnia per tutti questi anni. Ma di me, in fondo, non ha capito mai molto. Quando eravamo bambini lui era quello che mi proteggeva dai ragazzi più grandi, che mi permetteva di essere al sicuro perché intimoriva tutti ed io gli ero sinceramente affezionato e grato. Poi, appena siamo cresciuti, si è allontanato molto da me. Ma io ero affezionato alla vostra famiglia ed i vostri genitori facevano di tutto per far sì che lui passasse del tempo con me.  Mi piace cenare nella vostra casa, l’atmosfera che si respira. Mi piace parlare con i vostri genitori e vedere che mi guardano con ammirazione.  Lui ha capito che avevo continuato a frequentare la vostra casa soprattutto per questa motivazione e non mi ha mai impedito di continuare. –
-Non ti piace parlare con i tuoi genitori? –
Della famiglia di HongBin sapevo poco. Li avevo visti ai compleanni di mio fratello, ma i miei genitori avevano sempre detto che avevano un lavoro importante che gli portava via molto tempo. Mia madre, quando mio fratello ed HongBin erano bambini, era un po’ come la sua babysitter. I suoi genitori, lasciandolo in casa nostra, erano certi che stesse al sicuro, studiasse e mangiasse.
Sentii la frequenza del suo respiro mutare. Gli accarezzai la schiena, cercando di fargli capire che poteva parlare tranquillamente.
-Hanno sempre tanto da fare. – spiegò –Hanno sempre avuto da fare e non hanno mai potuto perdere un’intera giornata in mia compagnia. –
 Sollevò una gamba e la mise sulla mia. Il suo corpo era stranamente tiepido, afferrai la coperta e cercai di farlo scaldare un po’.
-A mio parere, credo che non esistano lavori che tengono impegnati ogni giorno, in ogni momento, senza nemmeno darti il tempo per tornare a casa da tuo figlio. Con il tempo ho realizzato che erano loro a non voler tornare, il lavoro non c’entrava nulla. Grazie a quella scusa riescono a mettesi l’animo in pace. Ma io… - mi strinse un po’ di più. - … io avevo bisogno di vederli, di abbracciarli, di dirgli che mi mancavano tutto il giorno. –
Io ed HongBin restammo in silenzio. I ricordi che avevo di lui si accumularono nella mia mente, che iniziò a far male. HongBin era sempre stato un bravo ragazzo, gentile, educato, non sembrava che si fosse cresciuto da solo e con tanta fatica. Compresi, per la prima volta concretamente, quanto la mia famiglia era stata importante per lui. Se non avesse incontrato mio fratello sarebbe restato da solo, difficilmente qualcun altro lo avrebbe accolto con tanto amore. Ero felice che mio fratello gli avesse permesso di continuare a frequentare la nostra casa.
-Queste cose, non le hai mai dette a nessuno ,vero? –
-Mai, a nessuno. –
-Si sente. –
HongBin sospirò ancora.
-Da cosa? –
-Dalla fatica che hai nel trovare le parole. –
HongBin mi sfiorò con le labbra la fronte. Erano lisce e tiepide.
-Credo che tu non ti sia mai raccontato questa storia perché non è nel tuo carattere ammettere queste cose. –
HongBin tremò leggermente.
-Lo sto raccontando a te. –
Affondai di più il mio viso contro il suo petto, lasciandomi avvolgere dal suo corpo.
-Grazie, hyung. –
Il mattino arrivò più in fretta di quanto credessimo. Per qualche strana ragione, entrambi ci svegliammo poco prima delle sei, precedendo il suono della sveglia. Eravamo ancora abbracciati, nella stessa posizione in cui ci eravamo addormentati la sera precedente.
Dalle tapparelle entrava solamente qualche fascio di luce che mi colpiva il viso. Ci dividemmo lentamente, senza avere troppa voglia di alzarci. Facemmo la doccia a turni ed uscimmo di casa prima del solito.
Le strade erano piene di ragazzi in divisa che andavano verso scuola. C’era chi si dirigeva verso la stazione, chi aspettava l’autobus alle fermate, chi camminava svogliatamente, come noi.
Mi piaceva percorrere quelle strade al mattino. Vedere tutte quelle persone appena sveglie , sentire le voci, l’odore dei dolci provenire dalle pasticcerie. Nella città nella quale ero cresciuto l’atmosfera era totalmente diversa. Per andare a scuola dovevo prendere il treno ogni mattina e svegliarmi molto presto, quando il cielo era ancora buio.
Prima di vivere in una grande città credevo che non fosse possibile vedere così tante persone per le strade, tutte allegramente impegnate. Guardavo oltre le vetrine delle caffetterie e scorgevo delle ragazze bere una cioccolata calda e discutere animatamente. Molte delle persone in strada erano vestite bene, sembravano appena uscite dalle riviste.
HongBin camminava ascoltando la musica. Diceva che era più forte di lui, se non ascoltava almeno una canzone che gli piaceva ogni mattina, non riusciva ad affrontare la giornata. Io, invece, adoravo ascoltare i rumori della città.
In pubblico preferivo non stingergli la mano ed, alcune volte, restavo a qualche passo di distanza da lui. Le persone sanno guardare in modo molto diffidente gli altri e non volevo che qualcuno con i suoi sguardi ci rovinasse l’umore. E poi, secondo HongBin, era meglio che la nostra relazione fosse una cosa solamente nostra. Gli altri, intromettendosi con la loro indelicatezza, avrebbero finito per rovinarla.
Arrivati di fronte alla scuola ci dividemmo, ognuno verso la propria classe. Gli amici di HongBin gli corsero incontro e lo accompagnarono al suo posto. Io salii le scale da solo, immerso nei mei pensieri.
La giornata trascorse tranquilla. All’ora di inglese la professoressa si congratulò con me per i risultati che stavo velocemente raggiungendo ed io ne ero entusiasta. All’ora di pranzo incrociai HongBin in mensa. Uno dei suoi amici mi salutò ed io mi misi a sedere al loro tavolo. Parlare con i ragazzi più grandi era un piacere. Loro ascoltavano quello che avevo da dire e si complimentavano come me dicendo che ero più maturo di quel che volevo apparire. Quando ricevevo questo tipo di complimenti HongBin sorrideva ed i suoi occhi si illuminavano un po’.  Poterlo rendere orgoglioso mi faceva sentire al mio posto.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Trascorsero due giorni e mio fratello chiamò nuovamente. Io mi stavo facendo la doccia e sentii HongBin discutere ad alta voce. Era sabato mattina e lui si era appena svegliato.
-Insomma te l’ho spiegato! – diceva adirato. Non lo avevo mai sentito parlare con un tono di voce così adirato, preoccupato indossai l’accappatoio e tornai in camera da letto.
HongBin  discusse ancora per un po’, poi chiuse in fretta la chiamata. Mio fratello doveva essersi arrabbiato parecchio. HongBin si alzò dal pavimento, indossava ancora il pigiama. Andò in bagno e si sciacquò il viso, poi tornò a sdraiarsi sul suo futon.
Avevo paura di chiedergli cosa si fossero detti, non volevo peggiorare le cose.
Mi misi a sedere al suo fianco e lo osservai, restando in silenzio.
Aveva lo sguardo stanco ed i muscoli del viso tutti tesi.
Mi prese all’improvviso una mano e la strinse. La avvolse con forza, cercando di trasmettermi quel che sentiva. Era frustrato, lo sapevo. Era nervoso, arrabbiato, stanco.
-Che persona ottusa. – disse – Tuo fratello è veramente una persona ottusa. –
-Lo so, hyung. –
Mi limitai a rispondere.
Lui chiuse gli occhi.
-Doveva proprio rovinarmi la giornata di riposo, quello lì? – disse alzando la voce e riaprendo gli occhi.
Sbuffò.
-Lo sai com’è fatto, hyung. –
-Smettila di giustificarlo! –
-Non lo sto affatto giustificando. –
Mi lasciò la mano e si voltò dandomi le spalle. Poi affondò il viso nel cuscino e restò così per un po’. Una vena lungo il suo collo si era gonfiata minacciosamente.
Gli posai una mano sulla spalla.
-Hyung, non arrabbiarti anche con me, non ho fatto nulla. –
Restò ancora in silenzio.
Mi alzai e continuai a vestirmi.  Socchiusi la porta del bagno e sfilai l’accappatoio. Mentre infilavo i boxer la porta si aprì. HongBin mi strinse il viso tra le mani e mi baciò, con passione. Non aveva mai fatto una cosa del genere, restai immobilizzato dallo stupore.
Infilò la lingua tra le mie labbra e si fece spazio nella mia bocca, con un irruenza mai avuta prima. Io mi lasciai trasportare dal suo bacio, chiusi gli occhi. Mi spinse con le spalle contro il muro e mi baciò il collo, con ancora più foga.
Quando si divise io mi inginocchiai a terra, nascondendo il viso tra le mani. Senza neanche accorgermene avevo iniziato a tremare. Hongbin mi circondò il corpo con le braccia e mi strinse a sé. Nascosi il viso tra l’incavo tra la spalla ed il collo.
-Scusami – sussurrò – Io…sono molto agitato. –
Annuii.
-Ho una paura pazzesca, Hyuk. – avvicinò il suo viso al mio corpo.
Feci scorrere le dita fra i suoi capelli.
-Di cosa, hyung? –
Lui restò per un po’ in silenzio, stretto così a me.
Le mattonelle del bagno erano gelide e mi stavo a dir poco congelando, ma non avrei fatto nulla per dividere quell’abbraccio. Il primo che avevamo così intimo e diretto. Il mio corpo, coperto semplicemente dai boxer blu, era completamente avvolto dal suo. Cercai di smettere di tremare. Forse nella foga dei suoi baci non ero riuscito a riconoscerlo. HongBin era riuscito a trasmettermi tutte le sue emozioni negative con quel bacio così appassionato ed intimo.
-Ho paura degli altri, moltissimo. Cosa potrebbe accadere se ci scoprissero? Cosa farebbero i tuoi genitori? E tuo fratello? I nostri amici ci parlerebbero ancora? –
Più diceva cose come queste più non riuscivo a smettere di tremare. Sapevo che HongBin aveva ragione e che lui capiva come le cose andassero molto meglio di me ma facevo di tutto per non farmi rovinare la vita da quei pensieri. Io che amavo in modo così infantile, senza pensare alle conseguenze.
HongBin afferrò un maglione e me lo infilò. Era largo e lungo, tanto da coprirmi quasi fino alle ginocchia. Poi mi prese la mano e ci sdraiammo insieme nel suo futon. Ci avvolgemmo con le coperte e restammo lì abbracciati per quasi un’ora, senza dire o fare niente. Alcune volte HongBin mi baciava, ma era tornato a farlo con la sua solita delicatezza.
-Lo hyung si è arrabbiato molto perché non sono voluto andare con lui questa settimana. Dice che invento scuse. – mi spiegò poi. – Certo che invento scuse, mi sento sempre così giudicato quando devo parlare con lui. È insopportabile, nemmeno puoi immaginartelo. Crede che possa ancora comandarmi come faceva prima ma io non ho alcuna intenzione di rincontrarlo, di passare del tempo con lui. Non adesso, per lo meno. –
-E continuerai ad inventare scuse? –
-No, lo dirò direttamente: “Scusami, hyung, ma non ho alcuna intenzione di tornare per adesso.” –
-Perché hai paura di quello che pensa? –
L’espressione del suo viso divenne incredibilmente cupa. Cosa poteva temere di così spaventoso? Non riuscivo ad immaginarlo, in realtà. 
HongBin si sollevò, mettendosi a sedere con la schiena contro il muro. Guardò verso la finestra.  Le tapparelle erano ancora semi abbassate e la luce del sole entrava appena, creando un ampio cono d’ombra attorno a noi. Lui osservò i deboli raggi che si inoltravano attraverso le fessure. La sua espressione era talmente concentrata che avevo compreso con certezza che si trovava in uno dei suoi ragionamenti complicati.
-So bene come si comporta con i ragazzi come noi. – spiegò.
Sapevo che mio fratello aveva una mentalità particolarmente chiusa ma non credevo che HongBin ne fosse così intimorito. Piegò le spalle. Sembrava molto più giovane con quel viso imbronciato.
-Nella nostra scuola c’era un ragazzo gay un paio di anni fa. Questo ragazzo aveva confessato ad un nostro amico di essere innamorato di lui. Quando la comitiva venne a saperlo furono guai seri per quel ragazzo. Io mi trovai ad assistere alla scena. Diciamo che mi costrinsero a guardare perché avevo provato a distoglierli dall’obbiettivo. E mentre picchiavano quel ragazzo, lo facevano cadere a terra e lo deridevano, mi ripetevano che quello era un errore imperdonabile che non avrei mai dovuto commettere. Tuo fratello non era così convinto di questo ma prese ugualmente parte al pestaggio. Alla fine quel ragazzo venne ricoverato in ospedale e cambiò scuola.
Quando cercai di parlare di questo argomento con tuo fratello l’espressione del suo viso cambiò totalmente. Mi afferrò per il collo della maglia e mi parlò dritto negli occhi.
“Non parlare più di questo.” Mi disse. “ è un discorso che non dobbiamo più affrontare. Quel tipo se l’è meritato, intesi? E non parliamone più. Queste sono le regole, non cercare di fare il buonista.”
In quel momento gli chiesi se al posto di quel ragazzo ci fossi stato io o tu lui avrebbe seguito ugualmente le “regole.”
Lui continuò a guardarmi negli occhi e freddamente rispose: “ Si, mi comporterei esattamente così e saprei picchiare anche più forte. Perché questo schifo qualcuno lo deve combattere. “ –
Finito di raccontare HongBin continuò a fissare un punto di fronte a sé. Il suo sguardo era completamente vuoto.
Io non riuscivo a parlare. Provai ad immaginare il ragazzo a terra e gli amici di mio fratello che lo prendevano a calci e pugni. Avevo impresso davanti agli occhi il sangue che scorreva sull’asfalto e gli ematomi sul viso del ragazzo. Poi ricordai come una sera mio fratello fosse rientrato a casa con la divisa sporca di sangue. Anche quella volta i miei genitori, infuriati, avevano chiesto spiegazioni ad HongBin e la verità non era venuta fuori.
Mio fratello era cresciuto seguendo le “regole” ed i principi di quella compagnia poco raccomandabile. I miei genitori erano sempre stati molto preoccupati per lui ed avevano preso vari provvedimenti nei suoi confronti.
Eppure non era servito esattamente a nulla.
I battiti del mio cuore sembravano rimbombarmi nelle orecchie. Ero certo che mio fratello mi avrebbe picchiato, rompendomi anche tutte le costole se fosse stato necessario. Lo avrebbe fatto per scaricare su di me la sua rabbia che nessuno sapeva da dove derivasse e lo avrebbe fatto perché avevo infranto le “regole”. Infrangendole lo avrei reso un debole agli occhi degli altri, probabilmente. Ed anche HongBin, andando contro le decisioni del gruppo quella volta, lo aveva reso un debole. Non c’era cosa che mio fratello odiasse di più al mondo.
-Cosa dovremmo fare? – chiesi senza desiderare una risposta.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


La vita scolastica procedeva tranquillamente. Il mercoledì mattina il cortile profumava di erba appena tagliata anche in pieno inverno. Il prato aveva sempre un colore sano e sgargiante che mi infondeva allegria. Molto spesso io ed HongBin uscivamo prima di casa per poter restare un po’ sdraiati sull’erba e goderci la calma della mattina.
Osservare tutti quei ragazzi che correvano verso le loro classi, indossando la nostra stessa divisa, era come ammirarsi in uno specchio. Gli amici di HongBin venivano sempre a parlare con noi, insieme a fidanzate ed anche a qualche sorella della mia stessa età.
Io parlavo spontaneamente e scherzavo, sentendomi molto più sicuro dei mesi precedenti. Finalmente stavo imparando a stare con gli altri e a brillare nelle conversazioni più disparate.

Con i professori avevo un buon rapporto ed i voti era complessivamente alti. Non ero il migliore della classe ma non avevo nemmeno un posto basso in graduatoria.
Un altro fattore più che positivo era che nessuno degli amici di HongBin sospettasse della nostra relazione. Credevano semplicemente che fossimo degli ottimi amici, nulla di più.
C’erano volte in cui chiedevano ad HongBin se fosse uscito con qualche ragazza e lui rispondeva con un sorriso impacciato che nessuna era riuscita a catturare la sua attenzione, quindi restava felicemente single.
Insomma, non c’era nulla di cui potessi lamentarmi, per questo sapevo che quel periodo sarebbe durato molto poco.

Nei giorni liberi restavamo stretti nello stesso futon e ci scambiavamo baci infiniti. Le nostre lingue ci cercavano con foga, accarezzavo avidamente il suo viso e lui mi scompigliava i capelli.
Non c’era nulla che non mi appagasse del nostro rapporto, del nostro stare vicini e sentirci più sicuri nelle nostre effusioni, ma quell’ombra negativa rappresentata da mio fratello, continuava ad infondere un’aria pesante che talvolta sembrava soffocarmi.
Con HongBin cercavo di non parlarne, non volevo infondergli le mie paure, ma alcune notti mi svegliavo all’improvviso e non riuscivo più ad addormentarmi. Non sapevo come la persona con cui ero cresciuto insieme potesse terrorizzarmi a tal punto.
E l’idea che i miei genitori potessero scoprirlo mi attanagliava. Mia madre si sarebbe vergognata di me, il nostro paese avrebbe iniziato a deriderla. Eppure, per quanto ci provassi, non riuscivo più ad immaginarmi se non avvolto fra quelle braccia che mi infondevano pace e felicità. Non sembrava quasi importarmi di quanto il mio cuore dolesse a quei pensieri, lui era lì.
Quando non riuscivo a riprendere sonno passavo l’intera notte ascoltando il suo respiro, come se fosse la melodia più dolce che potessi conoscere in
tutta la mia vita. Era una sensazione che riempiva il mio animo di speranza.
Alcune notti mi capitava di sognare mio fratello che picchiava un ragazzo, alle volte la sua vittima non aveva volto, altre prendeva le sembianze mie o di HongBin. Era un sogno spaventoso che ogni volta mi faceva svegliare con il fiato corto, tremante. Non volli riferirgli i miei incubi per non farlo preoccupare ancora di più, tenni tali pensieri per me sperando che prima o poi si sarebbero allontanati dalla mia mente.

Che lo volessi o meno, comunque, prima o poi sarei dovuto tornare dalla mia famiglia, ormai erano quasi sei mesi che non ci vedevamo, non avevo più scuse per evitare di tornare in paese. Ma se fossi tornato da solo mio fratello si sarebbe sicuramente infuriato, anche HongBin sarebbe dovuto venire con me, non potevamo rimandare la situazione ancora per molto.
Quando provai a parlargliene HongBin mi parve molto preoccupato, pensava che avessi ragione, dovevamo affrontare la situazione senza più rimandare, una sola visita li avrebbe messi a tacere per parecchi mesi, almeno potevamo provare. Sarebbe bastato restare in loro compagnia anche se solamente per una giornata.

Fu così che alla fine della settimana preparammo i nostri bagagli e comprammo i biglietti per tornare nel nostro paese d’origine. Non intraprendevo quel viaggio da quando mi ero trasferito da lui, sembrava essere trascorsa un’eternità, sicuramente erano stati  molti i fattori a cambiare rispetto a quando ero arrivato nella capitale. Ora mi sentivo più grande, avevo collezionato qualche esperienza, ero persino migliorato a scuola.

Trascorremmo il tempo guardando un film al computer, poi ascoltando musica ognuno per conto proprio. Eravamo nervosi ma cercavamo di non darlo a vedere, continuavamo a sorriderci come se nulla fosse, per tutto il viaggio, però, annullammo completamente il contatto fisico.
Una volta arrivati telefonai ai miei genitori in modo che venissero a prenderci. Tornare in quella stazione fu strano, rievocò tanti ricordi della mia infanzia. Mi era bastato allontanarmi per un po’ da quel piccolo paese per non sentirlo più mio, non era mai stato il luogo dove avevo desiderato crescere o vivere, ora lo comprendevo molto più chiaramente.

Mio padre arrivò con la sua macchina di colore verde, aveva la stessa fin da quando eravamo bambini, ormai era il suo simbolo, lui e la sua macchina verde rappresentavano un’unica entità. Ci salutò con un caloroso abbraccio, ci aiutò anche a sistemare i bagagli nel retro della macchina. Papà era sempre stato un uomo che non si poteva definire né bello né brutto però aveva una bella risata ed un modo di fare che metteva a proprio agio le persone. Durante il tragitto io ed HongBin eravamo attentissimi ad osservare i paesaggi che per lungo tempo ci erano stati tanto famigliari. I suoi occhi si illuminavano di una luce particolare quando si emozionava.

Riguardo al proprio primo amore di cui mi aveva parlato, sicuramente doveva averla incontrata nel nostro paese, chissà chi fosse e se la conoscevo. Mi domandavo se davvero fosse possibile innamorarsi in un luogo che per me aveva rappresentato l’ambientazione di tanti brutti ricordi.
Mia madre quando mi vide mi strinse così forte da impedirmi di respirare, aveva cucinato una quantità esorbitante di cibo ed aveva apparecchiato la tavola con la tovaglia migliore che avessimo.

-Kang Dae ti aspetta di sopra, HongBin. – disse mia madre, mescolando una pietanza all’interno di una grossa pentola.

-Come al solito non poteva scendere lui. – borbottai io, decidendo di andare a posare il bagaglio nella mia stanza.

HongBin salì al piano superiore per parlare con mio fratello, la sua stanza era poco distante dalla mia, attesi che HongBin chiudesse la porta prima di attraversare il corridoio. Li sentii parlare ma non ebbi modo di comprendere le loro parole, comunque mi dissi che non dovevo interessarmi e continuai a sbrigare le mie faccende.
Non comprendevo perché mio fratello facesse di tutto per tenermi così distante dalla sua vita, forse non realizzavo le sue aspettative ma senza sapere quali fossero non avevo nemmeno l’occasione di migliorare. Per diversi anni avevo desiderato di ricucire il nostro rapporto, avevo sofferto pensando di non far altro che commettere errori, avevo pianto troppo spesso chiedendomi come potessi migliorare senza che vi fossero sforzi da parte sua. Ora mi rendevo conto di non aver commesso grandi errori, di non aver fatto nulla per ferire la sua sensibilità. Mi ero sempre imposto di migliorare senza ottenere nulla in cambio.

Mi alzai in piedi ed uscii dalla mia stanza, con decisione mi avvicinai a quella di mio fratello dove la porta era chiusa. Senza nemmeno bussare la aprii, lui ed HongBin stavano parlando, mio fratello seduto alla scrivania, HongBin sul letto.

-Perdonami, hyung, ma credo di dover interrompere la vostra conversazione. – dissi senza far comprendere a chi dei due fosse direttamente rivolta la frase.

HongBin mi guardò non troppo convinto, poi si alzò in piedi ed uscì dalla stanza, senza nemmeno attendere che mio fratello dicesse qualcosa.

-Credo dovrei essere il primo ad essere salutato. –

-Che cosa vuoi, Hyuk? Vattene! Non ti ho dato il permesso di entrare. –

-Non ho più bisogno del tuo permesso. –

Mia madre dal piano inferiore ci chiamò per il pranzo, mio fratello si alzò in piedi per scendere ma io lo fermai, mettendogli una mano sulla spalla. Volevo che mi ascoltasse, questa volta non avrei lasciato che si comportasse in una maniera tanto irrispettosa nei miei confronti.
Si voltò verso di me, il suo sguardo mi fulminò in maniera severa. Rabbrividii, forse appena qualche mese prima non avrei nemmeno provato a contraddirlo, adesso era diverso. Non volevo più essere il fratellino stupido  da evitare, volevo che si accorgesse di me, di quello che stavo diventando. Probabilmente non sarebbe mai riuscito ad accettarmi del tutto ma quello che provavo per HongBin faceva parte di me, non ero intenzionato a cambiare.

-Hyuk, esattamente che cosa vorresti dimostrare con questo? –

-Non voglio dimostrare niente. Semplicemente ascoltami. –

Alzò gli occhi al cielo poi tornò a guardarmi. Da quanto tempo non gli stavo così vicino, non ricordo nemmeno quanto fosse passato.

-Parla, avanti. –

Annuii, per qualche istante abbassai lo sguardo e strinsi le labbra, dovevo parlare ma non era semplice come avevo creduto. Avevo semplicemente agito d’impulso ed ora le parole mi restavano in gola, mi era troppo difficile tramutare i miei pensieri i parole, sembrava un’operazione impossibile.

-C’è una domanda che avrei sempre voluto porti… senza mai riuscirci. – sussurrai anche se tali parole vennero pronunciate con molta fatica. – ‘Perché? ‘ Perché, hyung? Che cosa ti ho mai fatto per meritarmi tutto questo? La tua indifferenza, i tuoi silenzi, il tuo bisogno di escludermi. Io non so in quale modo ti abbia deluso, non ne ho la minima idea. Saprei pronto a chiederti di perdonarmi se solo tu… -

In quel momento il mio discorso si interruppe, mio fratello non era più disposto ad ascoltarmi, senza una parola semplicemente mi spinse in modo che gli permettessi di passare, aprì la porta ed attraversò il corridoio senza nemmeno voltarsi indietro. Ero ferito e confuso, non riuscivo a comprendere perché mai dovessi meritarmi un trattamento simile. Continuavo a tremare, non avevo voglia di scendere di sotto, probabilmente mia madre non avrebbe fatto nulla per fermarlo e farsi dare delle spiegazioni. Accadeva sempre così, loro non facevano nulla per tentare di darmi ragione, per ascoltare le mie ragioni. Avevano quasi timore del modo in cui mio fratello era cresciuto, ribellandosi alle loro regole.

-Sei un bastardo. – sussurrai tra me e me, decidendo di inginocchiarmi a terra, non avendo la volontà di fare nulla.

Poco dopo mia madre salì di sopra, aveva un’espressione preoccupata.

-Dai, Hyuk, vieni a mangiare. Lo sai che altrimenti si raffredda. – provò a convincermi.

-Perché lo hai lasciato uscire? Volevo solamente parlargli. –

-Hyuk, conosci tuo fratello. –

-Voi non fate mai nulla per impedirgli di comportarsi in modo così scorretto! Sembra quasi che abbiate paura di lui. –

-Hyuk, basta! –

Mi alzai in piedi e provai a guardarla in viso, non riuscivo davvero a comprendere il loro modo di fare.

-Ora ho capito perché volessi tanto andar via ed allontanarvi da voi. Perché mi è sempre sembrato di non avere né un fratello né dei genitori. –

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