Lunga vita al re, lunga vita a Camelot. Per Albion

di La Kurapikina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ***
Capitolo 14: *** cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap.15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap 17 ***
Capitolo 18: *** cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Allora, solita introduzione doverosa: i personaggi non mi appartengono (e la cosa mi rende molto, mooooooolto triste) e la storia non è scritta a scopo di lucro ma solo per divertimento personale. Detto questo, passiamo oltre: sono secoli che non si scrivo, non solo su questo fandom! Spero di ricordarmi come si fa!XD Ringrazio in anticipo chiunque legga questa ff e spero possa piacervi! Commenti di ogni genere sono sempre graditi.J

 

 

 

 

 

 

Le tende della stanza furono spalancate di colpo, persino più bruscamente del solito: il sole gli colpì il viso con forza, costringendolo a coprirsi gli occhi con una mano.

“Merlino… quante volte ti devo dire di trovare un modo più delicato per svegliarmi?” bofonchiò Artù sbadigliando e aspettando, ormai rassegnato, l’irriverente risposta del suo valletto idiota che non mancava mai di dimenticare con chi stesse parlando. Quella mattina, però, non fu il sorriso di Merlino la prima cosa che vide: Gwen stava in piedi difronte al suo letto, le mani strette sul petto e l’espressione di chi cerca di non piangere.

“Ginevra…” sussurrò il principe, improvvisamente sveglio, alzandosi e raggiungendo in pochi passi la serva: “Cos’è successo?”

La ragazza scosse la testa cercando di riordinare le idee e ritrovare la voce per parlare con Artù, invano: sentiva il fiato morirle in gola e la paura bloccare ogni suo tentativo di dire al principe il motivo della sua visita improvvisa.

“Dov’è Merlino?” chiese intanto il principe guardandosi freneticamente intorno, come se si aspettasse di vedere il servitore sbucare dal nulla con il suo solito sorriso idiota sul volto e quel maledetto straccio al collo.

Sentendo il nome dell’amico Ginevra finalmente si riscosse: “Mio signore!” quasi urlò, artigliando il braccio scoperto di Artù ed iniziando a trascinarlo verso la porta: “E’ proprio di questo che si tratta! Questa mattina Gaius mi ha mandata a chiamare dicendomi di venire a svegliarvi… Merlino è stato aggredito all’alba, sire. Temo stia per morire.”

Artù si bloccò immediatamente fissando senza vederlo veramente il volto rigato di lacrime della ragazza: Merlino. Aggredito. Merlino.

Quella giornata non sarebbe dovuta cominciare così, no: come ogni maledetta mattina, il suo servo scemo avrebbe dovuto aprire la porta di mala grazia, depositare il vassoio della colazione sul tavolo  e spalancare senza pietà per il principe ancora addormentato le tende. Artù avrebbe mugugnato qualcosa, infastidito dal risveglio troppo brusco e Merlino se ne sarebbe uscito con un’altra delle sue battute stupide ed irriverenti. Aprendo gli occhi feriti dal sole, poi, il principe avrebbe trovato ad attenderlo il sorriso divertito del moro, quel sorriso che era la prima cosa che vedeva ogni mattina da quasi un anno ormai. Quello avrebbe dovuto essere l’inizio di quella giornata. Non poteva essere diversamente, quella era la sua vita, la sua quotidianità, la conosceva alla perfezione. Allora perché Gwen aveva ripreso a trascinarlo, mezzo nudo così com’era, verso gli alloggi del medico di corte? Perché continuava a chiamare il suo nome con espressione preoccupata e le lacrime agli occhi? Non era così che sarebbero dovute andare le cose, Artù ne era sicuro. Ogni mattina, ogni dannata mattina da quasi un anno, svegliandosi si trovava davanti al sorriso sghembo del suo servitore, non all’espressione spaventata di Ginevra. Lui non voleva Gwen, no, lui voleva Merlino con la sua solita aria svampita. Merlino, con quelle orecchie incredibilmente grandi e lo sguardo acceso di vita. Merlino… dov’era? Perché le cose avevano smesso di seguire il loro normale corso?

Artù scosse la testa con forza allontanando la nebbia che gli offuscava la vista e gli impediva di ragionare lucidamente: lasciò che Ginevra continuasse a trascinarlo verso gli alloggi del cerusico, tornando a concentrarsi sulle parole che poco prima gli aveva rivolto la serva.

Merlino era stato aggredito all’alba. Merlino era stato aggredito. Merlino.

Artù inspirò a fondo stringendo i pugni: avrebbe punito con la morte chiunque avesse osato fare una cosa simile al suo servitore. Poteva anche essere stupido, irriverente, imbranato, fifone e svampito, ma rimaneva il suo valletto. Il suo servitore, il ragazzo che lo accompagnava ovunque da quella che gli sembrava un’eternità ormai. Merlino gli aveva salvato la vita diverse volte, era sempre stato pronto a sacrificare ogni cosa per lui… perché non riusciva a fare altrettanto? Perché non aveva potuto proteggerlo? Perché non lo aveva fatto?

Ginevra si fermo davanti alla porta di Gaius, scuotendo il principe con forza sorprendente: “Mio signore…”

Artù le rivolse solo una rapida occhiata, i denti affondati nel labbro inferiore e il sapore acre del sangue nella bocca. Spinse di lato la serva per poi spalancare la porta: Gaius e Morgana erano chini sul letto dove Merlino giaceva immerso in lago di sudore. Era pallido, persino più pallido del solito, e tremava in preda alle febbri. Il suo esile corpo era completamente scosso da violenti brividi e la labbra, da cui usciva un rantolo debole e scostante, erano leggermente schiuse alla disperata ricerca di ossigeno.

“Artù…” sussurrò Morgana non appena vide il fratellastro avanzare a grandi passi verso di loro: “Questa mattina sono venuta da Gaius per la mia pozione contro gli incubi e quando stavo per andarmene è entrato Merlino, coperto di sangue…”

La ragazza si portò una mano al viso rigato di lacrime e Ginevra la raggiunse subito, mettendosi al suo fianco in un muto gesto di supporto.

Il principe posò nuovamente lo sguardo sul ragazzo agonizzante: il petto sottile era avvolto da strette bende insanguinate e il lato sinistro del viso era coperto da un grosso livido violaceo.

“Mio signore, ho chiesto a Ginevra di venirvi a chiamare per un motivo specifico.” disse Gaius con espressione severa e gli occhi fissi sul viso contratto del principe: “Prima di svenire, Merlino ha detto che è stato un cavaliere ad aggredirlo.”

Artù si voltò velocemente verso il vecchio cerusico, gli occhi spalancati e la bocca secca: “Un cavaliere? E’ stato un cavaliere a ridurlo in questo modo?” sbottò, le mani strette a pugno.

Gaius annuì mesto spostando la sguardo sul viso pallido di Merlino e sospirando lentamente: “Così ha detto lui…”

“Il nome.” sibilò il biondo sollevando maggiormente il mento e puntando i suoi occhi infuocati in quelli preoccupati del vecchio: “Dimmi il suo nome, Gaius.”

“Mio signore, ora siete sconvolto, ma…”

“Il nome, Gaius! E’ un ordine.”

L’anziano medico chinò il capo, sconfitto: “Sir Rodomont…” sussurrò in un sospiro prima di tornare a posare nuovamente gli occhi stanchi su Merlino.

Cosa avrebbe potuto dire ad Hunit? La donna aveva mandato il figlio da lui per tenerlo al sicuro e invece… come aveva potuto lasciare che accadesse? Perché non era stato in grado di proteggerlo?

Sospirò nuovamente, accorgendosi solo in quel momento che Artù si stava dirigendo a passo di carica verso la porta: nemmeno provò a trattenerlo. Era vecchio, ormai. Era stanco. E Merlino, il suo amato discepolo, era steso morente su un letto mentre lui non sapeva che altro fare per provare a salvarlo. Aveva fallito, miseramente. Aveva fallito in tutto. Se avesse avuto le forze e l’età del principe ereditario, lui stesso sarebbe andato da Sir Rodomont per ucciderlo.

Artù aveva già oltrepassato Ginevra e Morgana e la sua mano era già tesa verso la porta, quando un flebile sussurrò lo bloccò.

“Artù… Artù.”

Il ragazzo si voltò: Merlino si stava agitando sul letto, gli occhi serrati con forza. Mormorava il suo nome come un lamento, con il viso contratto dal dolore e le labbra che si muovevano lentamente per quel richiamo sofferto.

Artù si riavvicinò velocemente al giaciglio, chinandosi in avanti e poggiando con delicatezza una mano sulla fronte rovente del moro.

“Artù…” sussurrò ancora quest’ultimo, tremando.

“Sono qui… Perdonami, Merlino.”

“Artù,” riprese il servitore con voce roca e debole: “Non… non sono stato irriverente, Artù. Diteglielo. Ditelo ad Artù… non è stata colpa mia. Artù…”

Il biondo ispirò con forza sentendo il fiato bloccarsi all’altezza della gola ed impedirgli di respirare liberamente. Cosa significavano quelle parole? Cosa era successo veramente quella mattina all’alba? Perché Sir Rodomont aveva aggredito Merlino? Per quanto si sforzasse non riusciva a capire.

“Artù…”

Serrò con forza gli occhi quando l’ennesimo lamento del moro lo raggiunse, come se non vedere la realtà potesse in qualche modo dargli sollievo.

Morgana gli si avvicinò di qualche passo sfiorando delicatamente la schiena nuda del fratellastro: “Mi dispiace…” sussurrò asciugandosi le lacrime e guardando l’espressione sofferente del principe.

Artù riaprì lentamente gli occhi ingoiando un rantolo doloroso e, ignorando la sorellastra, scostò pianò i capelli scuri dalla fronte del moro.

C’era qualcosa… qualcosa di strano all’attaccatura dei capelli di Merlino: era come se un sottilissimo velo rossiccio si fosse insinuato sotto la sua pelle, nascosto fino a quel momento dai capelli scuri e sudati.

“Gaius!” chiamò con voce improvvisamente strozzata, facendo cenno al vecchio cerusico di avvicinarsi velocemente: “Cos’è questo?”

L’anziano medico si chinò per esaminare da vicino la fronte di Merlino, trattenendo il respiro poco dopo: “Oh dei…” sussurrò sconvolto: “Questo spiega tutto!”

“Cosa stai dicendo, Gaius?” mormorò Gwen avvicinandosi a sua volta e cercando lo sguardo dell’uomo, che però si era già posato sul viso del principe in un misto di confusione e speranza.

“Sire, ora dovete ascoltarmi attentamente: non c’è tempo da perdere. Forse abbiamo ancora una speranza per salvare Merlino: dovete precipitarvi nella foresta di Wellington, subito fuori Camelot e raccogliere il fiore rosso che cresce solo nella caverna che troverete al centro della foresta. E’ molto importante, sire, dovete fare in fretta. Ora non ho tempo per spiegarvi, ma se tornerete velocemente con quel fiore, forse Merlino sopravvivrà!”

Prima ancora che Gaius finisse di parlare Artù era già schizzato fuori dalla porta, dimentico del fatto di essere ancora senza maglia e scarmigliato, precipitandosi verso le stalle.

“Pensa tu a mio padre, Morgana!” aveva urlato alla sorellastra mentre la oltrepassava di corsa.

Mentre Artù continuava ad avanzare verso le stalle, ignorando tutti quelli che incontrava, nelle stanza del cerusico Morgana, Ginevra e Gaius si scambiarono un’occhiata speranzosa: non poteva far altro che attendere il ritorno del principe.

“Artù…” sussurrò nuovamente Merlino mentre il vecchio medico gli posava un panno bagnato sulla fronte: “Fa’ attenzione… Artù…”

Era la loro ultima speranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie a chi è riuscito ad arrivare infondo al capitolo! Spero di avervi interessato almeno un po’… cercherò di aggiornare il più in fretta possibile e credo non avrò nemmeno problemi nel farlo visto che sono iniziate le vacanze. Ogni commento è gradito!

 

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Eccomi con il secondo capitolo! Prima di tutto, però, sono doverosi i ringraziamenti a chi ha recensito dando una speranza al mio cuoricino di scrittrice in attesa di un commento, positivo o negativo che sia!

hiromi_chan: la prima recensione a questa ff! Ero emozionata quando l’ho letta, davvero! Hai ragione, Artù che corre a raccogliere fiori per salvare Merlino è un classico ormai, un tema usato e strausato, ma visto che molto probabilmente soffro di una strana sindrome che mi porta ad andare in panico ad ogni primo capitolo di ogni ff non sapevo a che altro aggrapparmi! Merthuuuuur! Non temere, sarà uno dei temi principali del racconto! Spero di non deluderti con lo sviluppo della storia XD

Jenny80_big: Sono felice che la mia ff ti stia interessando! Anch’io adoro Merlino, anche se sopra di tutti venero Morgana per la sua forza. Mi è dispiaciuto infatti per la strada che ha preso, ma dobbiamo ammettere che anche sulla via del male ha dimostrato di avere palle e contro palle! Spero di non deluderti! Alla prossimaJ

Hero_: Ciao! Sono felice che ti piaccia la mia ff! Hai assolutamente ragione, Artù deve darsi una mossa e salvare il povero Merlino! Ne ha già passate abbastanza quel povero ragazzo… Sì, come dicevo prima (o meglio scrivevo sopra?) a hiromi_chan il mio panico da primo capitolo mi costringe sempre ad aggrapparmi ad una puntata della serie per dare via ad ogni mia ff, ma spero di non deluderti con lo sviluppo della trama!

chibisaru81: Hai perfettamente ragione Sir Rodomont è un cavaliere solo di nome! Non temere, Artù vendicherà assolutamente Merlino in un modo decisamente poco carino per quel cavolo di cavaliere! Spero continuerai a seguire la mia ff e spero di non deluderti con lo sviluppo della trama!

Lucylu: Wow wow wow wow e ripeto wow!  All’improvviso mi sono ritrovata tue recensioni per ogni capitolo di ogni mia ff in questo fandom! Dove hai trovato la pazienza per leggerle e recensirle tutte?? Grazie davvero, mi ha fatto molto piacere questo tuo interesse per le mie ff! Passando a questa in particolare, hai perfettamente ragione, Merlino è proprio sfortunato rischia sempre la vita! Ancora una volta è compito di Artù salvarlo! Spero di non deluderti con lo sviluppo della trama! Grazie ancora, alla prossimaJ

 

 

 

Non sentiva nemmeno il freddo nonostante fosse inverno, il suo cavallo stesse correndo fra le neve che continuava a cadere senza sosta dal cielo terribilmente bianco e lui fosse ancora a petto nudo. Non aveva avuto tempo per infilarsi la sua casacca tanta era l’urgenza che lo guidava. Gaius aveva detto che doveva fare in fretta, che quel dannato fiore era la loro ultima speranza per salvare Merlino. La sua ultima speranza per rivedere il sorriso irriverente del suo servitore. Artù sospirò facendo fermare il cavallo nella radura al centro della foresta, proprio davanti alla grotta in cui il medico di corte aveva detto che avrebbe trovato ciò di cui avevano bisogno.  Per un attimo, per un solo infinito secondo, il principe si fermò a pensare a cosa avrebbe detto suo padre quando avrebbe scoperto che si era lanciato fuori da Camelot così com’era appena sveglio, mezzo nudo e scarmigliato, senza dirgli nulla ed ignorando completamente la lista di doveri che sapeva lo attendevano per imbarcarsi di nuovo nella ricerca di un dannatissimo fiore dagli straordinari poteri. Perché sì, era già successo: quando Merlino aveva bevuto dal calice avvelenato che era destinato a lui, Artù aveva disobbedito a suo padre pur di andare a recuperare il fiore che avrebbe salvato la vita al suo servitore. E dire che all’epoca conosceva Merlino solo da poco tempo, ora che il moro era con lui da quasi un anno… era tutto diverso eppure tutto uguale. Merlino era rimasto il solito, inguaribile idiota e lui rimaneva sempre il principe ereditario viziato e, a detta del suo servitore, asino. Era la loro unione che era cambiata: Artù non riusciva nemmeno ad immaginare un solo giorno passato in assenza di quel ragazzo, figurarsi un’intera vita! No, Merlino non poteva morire.

Aveva un disperato bisogno di lui.

Quella era la verità. certo, per Artù era difficile ammetterla, anche solo a se stesso: lui, il principe ereditario di Camelot, aveva bisogno di un servitore svampito ed irriverente. Se qualcuno lo avesse scoperto l’intero regno avrebbe riso di lui.

Quando tornerai tuo padre di farà decapitare questa volta, altro che prigione!

Artù inspirò a fondo scuotendo la testa per allontanare quella vocina fastidiosa: non gli importava cosa avrebbe fatto Uther, in quel momento l’unica cosa a cui doveva pensare era trovare quel fiore rosso e portarlo a Gaius. Di una cosa era sicuro: non avrebbe permesso che suo padre cercasse di nuovo di distruggere l’ultima speranza di Merlino.

 

***

Gaius trattenne il fiato quando la porta della stanza venne spalancata lasciando passare l’imponente figura del re.

“Mio signore.” sussurrò subito chinando il capo con rispetto, ma Uther non lo degnò nemmeno di uno sguardo, rivolgendo subito la propria attenzione a Morgana, seduta con Ginevra vicino al letto in cui giaceva Merlino privo di senso.

Artù aveva lasciato Camelot solo da pochi minuti, ma la sua folle corsa prima fino alle stalle e poi fuori dalla città con il suo cavallo aveva destato interesse e stupore nel regno e la notizia era arrivata rapidamente alle orecchie del re.

“Morgana,” cominciò quest’ultimo avanzando con grandi passi verso la figliastra, che sostenne senza timore il suo sguardo acceso d’ira: “Mi è stato riferito che Artù è stato visto praticamente dell’intera popolazione precipitarsi mezzo nudo fuori da Camelot. Che diamine sta succedendo?”

La Lady si alzò con grazia accennando a Merlino con un gesto della mano: “Guardate voi stesso, Uther.”

L’uomo lanciò una rapida occhiata al ragazzo che ansimava sempre più faticosamente sul letto, quindi, in un gesto stizzito, colpì alcune delle boccette che Gaius aveva lasciato sul tavolo spingendole a terra senza ritegno: “Dovrei uccidere questo dannato servitore con le mie stesse mani! Se avessi saputo, se solo avessi immaginato cosa avrebbe fatto questo ragazzo non avrei mai permesso che si avvicinasse a mio figlio!”

“E cosa avrebbe fatto di male?” sbottò Morgana lasciando che la paura scivolasse dalla sua anima riversandosi in quelle parola sotto forma di irritazione: “Ha insegnato ad Artù il significato della lealtà, dell’amicizia, dell’affetto, dell’umiltà! E’ forse una colpa questa?”

Uther inspirò a fondo guardando la propria figliastra con espressione stralunata: “Devi mostrarmi rispetto, Morgana!” sibilò stringendo i pugni alla risata sprezzante della ragazza.

“La verità, Uther,” riprese lei, gli occhi infiammati e il viso teso: “La verità è che Merlino ha insegnato ad Artù ad essere un re migliore di te. Quando il tuo tempo finirà, Camelot potrà finalmente ricominciare a vivere libera dalla tua morsa.”

Il re avanzò rapidamente verso Morgana, il viso arrossato dall’ira, stringendo il collo sottile della ragazza in un morsa e spingendola a terra.

Gwen si inginocchiò accanto alla sua signora tenendo però lo sguardo su Uther, furioso, che sembrava intenzionato a dire qualcosa quando la voce di Artù li fece sobbalzare.

“Gaius, ho il fiore! Questa volta è stato facile, non ho trovato nemmeno streghe desiderose di vedermi morto!”

Il principe stava entrando in quel momento nelle stanze del vecchio cerusico, il viso arrossato dal freddo e dalla corsa e qualche foglia impigliata nei capelli scarmigliati, ma si bloccò confuso quando vide Gaius in piedi con espressione preoccupata, Morgana e Gwen a terra e suo padre che torreggiava su di loro, furioso.

“Padre!” esclamò a passi rapidi verso l’uomo: “Dovevo farlo!”

Uther si voltò verso di lui puntandogli contro un dito accusatorio: “Guardati, Artù! Guardati per dio! Cosa penserà il popolo di un principe che si aggira in questo stato per la città? E per cosa, poi? Per un maledetto servo? Non capisci, Artù? Dannazione, come puoi non capire? Stai mettendo a rischio la tua reputazione per salvare questo ragazzo… e ci sono voci, Artù, voci che non dovrebbero mai girare su un principe! Non capisci che in questo modo non fai altro che alimentare le dicerie?”

Artù capiva, capiva perfettamente le parole di suo padre: lui per primo sapeva ciò che il popolo sussurrava su lui e Merlino.

Sono sempre insieme, quei due…

E’ evidente che il principe abbia una predilezione per Merlino, mi chiedo solo come abbia fatto il ragazzo ad entrare nelle sue grazie fino a questo punto.

Oh, ma dai, stai insinuando che ci sia qualcosa fra quei due?

Guarda, guarda! Artù gli ha sorriso…

Il principe in prima persona aveva sentito quelle parole e altre simili scivolare di bocca in bocca ogni volta che camminava con merlino per la città ed era sicuro che anche il servitore fosse a conoscenza di quelle dicerie, ma non ne avevano mai discusso. Artù non dava peso alle chiacchiere del popolo o forse aveva semplicemente ceduto all’orgoglio: sarebbe stato decisamente troppo imbarazzante affrontare un simile discorso con Merlino…

Ad ogni modo non era quello il momento per affrontare una discussione simile: “Padre, ora non ho tempo, perdonatemi.” e così dicendo sorpassò il re, che continuava a fissarlo con aria ancora più stralunata di prima, e consegnò con espressione speranzosa il piccolo e delicato fiore rosso a Gaius.

Il vecchio cerusico annuì con un piccolo sorriso e si mise subito al lavoro, ma prima che il principe potesse dire o fare altro Uther lo aveva già afferrato per un braccio trascinandolo di peso su per le scale che conducevano alle stanze di Merlino: “Se ci tieni così tanto a questo dannato servitore allora resta qui e fa’ la sua stessa vita! Non ti voglio vedere fino a domattina Artù e se lascerai queste stanze prima di avere il mio consenso pagherai aspramente la tua stupidità! Tu e Morgana state cercando di condurmi alla follia!”

Il re lo spinse a terra come se fosse un vecchio sacco logoro e chiuse la porta con un gesto secco, lasciandolo solo. Ancora a terra Artù sospirò stancamente: poteva anche andare peggio, dopotutto. Almeno Gaius aveva il necessario per tentare di salvare Merlino ora.  Voltò la testa di lato con un piccolo sorriso speranzoso, ma si bloccò improvvisamente: sotto il letto di Merlino c’era una trave del pavimento leggermente sollevata, come se nascondesse qualcosa. Si allungò lentamente fino ad avere la testa sotto il letto e, con la mano che gli tremava inspiegabilmente, raggiunse la fessura nel pavimento estraendone un libro con strani simboli sulla copertina.

Simboli che Artù aveva già visto numerose volte. Simboli che portavano sempre ad una condanna a morte. Fece per aprirlo, il fiato bloccato in gola e la vista stranamente appannata, ma dei passi frettolosi sulle scale lo spinsero a nascondere nuovamente l’oggetto dove lo aveva trovato.

Se fosse stato Uther per Merlino sarebbe stata la fine.

Si mise velocemente a sedere sperando di avere un’espressione il più naturale possibile: perché lo aveva fatto? Se aveva visto giusto quel libro era… no, non era possibile. Merlino? Il suo servitore idiota? Assolutamente impossibile. Ad ogni modo, avrebbe messo le mani su quel libro e avrebbe scoperto la verità. Infondo, era stato proprio suo padre ad ordinargli di non uscire dalle stanze del cerusico fino a nuovo ordine, no?

“Stai bene Artù?” chiese in quel momento Morgana aprendo la porta e guardando confusa l’espressione accigliata del fratellastro: “Vieni, Gaius sta finendo l’elisir per Merlino.”

Il principe si alzò velocemente seguendo la ragazza fino al letto in cui giaceva ancora Merlino: in quel momento l’unica cosa che gli importava era poter rivedere il sorriso del suo servitore.

 

 

 

 

Eccoci alla fine anche del secondo capitolo! So che non è successo molto, ma questo capitolo è il trampolino di lancia per la storiaJ Grazie a tutti!   

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Terzo capitolo! Spero di poter aggiornare con frequenza, le vacanze dovrebbero permettermelo senza problemi. Ringrazio tutti quelli che seguono questa ff, in special modo chi lascia anche delle recensioni, sempre gradite!

 

Hero_: grazie per l’interesse che mostri verso questa ff! Spero di soddisfare la tua curiosità riguardo le avventure di Artù nella grotta con il racconto che ne farà il principe! Eh già, ormai Artù ha scoperto il segreto di Merlino… spero di non deluderti in questo capitolo!

Lucylu: grazie per la nuova recensione! Le voci che girano su Artù e Merlino non sono certo passate inosservate ai due, anche se ancora entrambi non ne parlano. Il problema sarà che anche Uther è perfettamente consapevole di queste voci. Per quanto riguarda il fatto che Morgana da del tu a Uther è volontario: Morgana in quel momento è arrabbiata e lascia da parte l’etichetta nei confronti del re. Infondo, sappiamo già che la ragazza arriverà a detestare Uther con tutta se stessa.

chibisaru81: sì, Uther se le cerca proprio a volte! Si scontrerà con Artù, Morgana e anche con Merlino ancora per un po’. Artù in prima persona si occuperà di quel cavolo di cavaliere e il povero Merlino non ha più modo di negare la sua natura visto che il principe a trovato il libro…

Jenny80_big: sono contenta che la mia storia ti piaccia! Uther è sempre Uther, non cambierà mai! XD Infondo però, cerca solo il bene del figlio, anche se la maggior parte delle volte nel modo sbagliato!

anita92: mi fa piacere che trovi interessante la mia ff! Uther darà ancora un po’ di problemi, come al solito, ma Artù e Merlino non si faranno certo fermare da lui!  Spero continuerai a seguire la mia ff e spero soprattutto di non deluderti!

 

 

 

 

Artù trattenne il fiato quando Gaius finì di versare la pozione preparata con il fiore da lui raccolto nelle labbra fin troppo pallide di Merlino. Al suo fianco, Gwen e Morgana sembravano altrettanto tese, per non parlare di Gaius: il vecchio cerusico tremava al punto che aveva persino faticato a non versare il contenuto della fiala a terra nel tentativo di farlo bere al suo giovane discepolo. Dopo qualche secondo di completo silenzio, il marchio rossastro che il principe aveva fortunatamente notato sulla fronte del suo valletto si sbiadì velocemente, fino a svanire completamente: il respiro di Merlino si fece via via sempre più regolare e tranquillo, mentre le sue guance tornavano a prendere un po’ di colore.

Gaius sospirò profondamente, sollevato, e si lasciò cadere su una sedia mentre una risata di pura gioia gli saliva alle labbra.

Anche quella volta era finito tutto per il meglio, seppure lui stesso avesse perso le speranze nel momento esatto in cui aveva visto la terribile situazione di Merlino. Aveva veramente temuto di perderlo, per qualche attimo ne aveva persino avuto la certezza, fino a quando Artù non aveva visto quel segno sulla fronte del moro.

Rise fino a sentire i polmoni bruciare in cerca d’aria, rise come era molto che non faceva sentendo la paura e l’angoscia scivolare lentamente lontano dal suo corpo, sostituite da un’irrefrenabile gioia. Sollevò il viso incrociando la sguardo ancora un po’ confuso del principe: “E’ merito vostro, Sire.” sussurrò, lo sguardo acceso di incredibile gratitudine: “Grazie a voi Merlino si salverà. Starà bene. Ora deve solo riposare, ma quando aprirà gli occhi lui starà bene. E tutto grazie a voi.”

Artù si sentì fremere a quelle parole, scosso da un brivido di adrenalina: inspirò a fondo, il sorriso spontaneo che gli illuminava gli occhi chiari di una luce gioiosa. A quel punto non gli rimase che unirsi alla risata di Gaius sotto lo sguardo sollevato e sereno delle due donne.

Il principe si lasciò scivolare su una sedia accanto al letto dove ora Merlino dormiva tranquillo, mentre il cuore riprendeva finalmente il suo ritmo normale. Ci era riuscito, era stato in grado di salvarlo alla fine. Si sentiva talmente pieno di energia in quel momento che avrebbe potuto attraversare l’intero regno di corsa senza neppure stancarsi. Avrebbe rivisto il sorriso del suo valletto, avrebbe ancora percepito i suoi occhi blu ed irriverenti posarsi su di lui, avrebbe potuto ancora gioire della sua compagnia. Non c’era null’altro che gli importasse in quel momento, nulla se non il calore che aveva avvolto il suo petto alle parole di Gaius e che non ne voleva sapere di andarsene. Merlino sarebbe sopravvissuto. Grazie a lui. Quella consapevolezza lo rendeva fiero come mai si era sentito prima: ogni sua vittoria in battaglia, ogni suo atto di forza o di coraggio, per quanto incredibile fosse, perdeva valore davanti al pensiero di aver salvato la vita di quel servitore svampito.

“Gaius,” chiamò in quel momento Morgana: “Ora potreste dirci cosa è successo? Perché credo che tutti noi siamo ancora un po’ confusi.”

L’anziano medico annuì mestamente passandosi una mano sul viso prima di parlare: “Quando Merlino è arrivato qui, dalla sua ferita ho dedotto che dev’essere stato colpito al petto con una mazza chiodata, oltre ovviamente al pugno al viso.”

Artù spostò lo sguardo sul livido violaceo che copriva lo zigomo sinistro del suo servitore, sentendo una nuova ondata di rabbia invaderlo e far scorrere più velocemente il sangue nelle sue vene, ma Gaius riprese a parlare catturando nuovamente la sua attenzione.

“E’ però una ferita abbastanza superficiale e non riuscivo a capire perché la salute di Merlino fosse precipitata tanto velocemente. Il segno che voi, mio signore, avete visto mi ha aperto la mente: la mazza chiodata dev’essere stata cosparsa di un particolare veleno ricavato con delle foglie che porta quasi sempre ad una morte rapida ed estremamente dolorosa a meno che curata con un elisir estratto dal fiore che avete raccolto. E’ un veleno impossibile da riconoscere se non dal fatto che lascia un segno rossastro sulla vittima. E’ stata una fortuna che Merlino lo avesse sulla fronte, o a quest’ora sarebbe sicuramente morto.”

Artù si impose di respirare con calma e di bloccare i brividi che gli risalivano la schiena a quelle parole.

Per un pelo. Questa volta Merlino è sopravvissuto per un soffio, per pura fortuna. Oh, ho rischiato così tanto…

“Questo significa che Sir Rodomont non lo voleva solo aggredire, lo voleva uccidere!” esclamò in quel momento Ginevra, strappandolo con forza dai propri pensieri.

“Ma perché un cavaliere dovrebbe fare una cosa simile?” si intromise Morgana incrociando le braccia sul petto con espressione pensierosa.

Ma ad Artù non importava il perché, per lui l’unica cosa degna di nota era che quell’essere ripugnante travestito da cavaliere aveva ferito Merlino, il suo valletto. Si sarebbe fatto dire il perché mentre gli strappava i denti uno per volta, se gli sarebbe passato per la mente, poi lo avrebbe ucciso lentamente, giusto per fargli capire per bene il terribile errore che aveva commesso.

Si alzò, deciso ad andare a commettere un assassinio, ma la sorellastra lo bloccò afferrandogli un braccio: “Aspetta…” sussurrò la donna con aria cospiratoria: “Calmati e ragiona. Merlino ha detto, nel suo delirio, che non è stato irriverente, che non è stata colpa sua. Ci teneva molto che ti fosse riferito, lo hai visto. Credo che dietro questa aggressione si nasconda qualcosa di importante, qualcosa che dovremmo scoprire. Inoltre, se Uther scopre che hai lasciato queste stanze andando contro il suo ordine si infurierà maggiormente e c’è il rischio che se la prenda anche con Merlino. Quindi ora tu stai qui tranquillo, mentre io e Gwen ci assicuriamo che Rodomont non lasci Camelot e domattina potrai scoprire la verità e poi metterlo a morte.”

Il biondo sbuffò dal naso, contrariato, ma all’occhiata decisa della sorellastra tornò a sedersi con un sospiro: “Come pensi di trattenere Rodomont senza insospettirlo?”

Morgana rise leggermente, scuotendo la testa: “Ho i miei metodi Artù, non temere. Io e Ginevra faremo un ottimo lavoro.”

Le due donne lasciarono la stanza senza dargli la possibilità di aggiungere altro. Come se avrebbe potuto dissuaderle, poi.

Si voltò nuovamente verso Merlino, sorridendo leggermente all’espressione serena del moro e prima che se ne rendesse conto la sua mano si era già allungata, posandosi sulla fronte non più bollente del ragazzo.

Gaius si schiarì la voce facendo sobbalzare il principe ereditario, che ritrasse velocemente la mano sentendo le gote arrossarsi per l’imbarazzo.

Si era dimenticato della presenza del cerusico.

“Vado a prendervi qualcosa da mettere addosso, Sire.” disse quello con un sorrisetto sghembo che mal celava il divertimento: “Non vorrete restare mezzo nudo per tutto il giorno, spero!”

Prima di dargli il tempo di rispondere, o quanto meno annuire, Gaius si era già chiuso la porta alle spalle  con un’energia sorprendente per un uomo della sua età.

Artù sospirò, ormai rassegnato ad essere ignorato: incrociò le braccia sul letto di Merlino, avvicinando la sedia e tornando a sorridere in quella che sapeva essere un’espressione ebete: “Ero così preoccupato, sai?” mormorò, pregando che nessuno entrasse in quel momento e lo sorprendesse a parlare con un ragazzo addormentato: “Non è la prima volta che rischi di morire, ma questa volta Gaius era rassegnato. Le sua espressione… non aveva più speranza. Non fare mai più una cosa simile, razza di idiota. Il mio cuore ha rischiato di fermarsi a causa tua!” non avrebbe mai parlato in quel modo, con tanta semplicità, dei propri sentimenti se il valletto fosse stato sveglio, ma gli occhi del ragazzo erano chiusi e il suo respiro profondo e regolare. Non correva quindi il rischio che Merlino lo sentisse.

“Ormai sto facendo l’abitudine a correre a raccogliere fiori per salvarti… ma non ci tengo a dover ripetere l’esperienza, grazie. Anche se in realtà è stato facile questa volta.” sorrise sporgendosi leggermente verso il moro e sentendosi come un cantastorie improvvisato: “Una volta sceso da cavallo ho preso la spada, giusto per essere sicuro. L’ultima volta ho avuto un piacevolissimo incontro con quella strega che ci teneva tanto a vedermi morto, ricordi? Comunque, sono entrato nella grotta e per poco non sono caduto subito a terra per quanto era umido! Sì, se tu sentissi questa parte del racconto mi prenderesti in giro per il resto della mia vita, ma tanto dormi. Quindi, dopo che mi sono aggrappato alla parete per non pestare il fondoschiena ho iniziato a perlustrare la grotta, senza però riuscire a trovare il fiore. Ero terribilmente in ansia sai? Sentivo il rumore del sangue che scorreva con forza nelle mie vene, come se stessi per scendere in battaglia. Ho iniziato a scalare una parete, ma era tutto così dannatamente scivoloso che nemmeno ti immagini quante volte ho rischiato di cadere. Alloro ho iniziato ad usare la spada come perno, la conficcavo quanto più possibile nelle rocce e la usavo per issarmi. A proposito, quando ti sarai svegliato la dovrai lucidare, si è rovinata. Alla fine dopo un po’ ho trovato una sorta di piccolo spiazzo circolare in cui c’era un nido con delle grossa uova bianche e lì a fianco c’era il fiore! Ho subito allungato la mano per raccoglierlo, ma in quel momento un uccellaccio è sceso in picchiata verso di me, pensando probabilmente che fossi lì per le uova e beh… diciamo che nel tentativo di difendermi gli ho accidentalmente tagliato il collo con la spada. Lo so, lo so. Ora dirai che sono insensibile è che ho lasciato quelle povere uova senza la loro mamma, ma sinceramente era una scelta di gran lunga preferibile al lasciare me senza di te. Alla fine sono riuscito a prendere il fiore e a tornare al mio cavallo. Oh, ricorda che ho fatto tutto questo mezzo nudo e appena sveglio, è stato persino più eroico del solito!” rise da solo, immaginandosi il sorriso irriverente che gli avrebbe sicuramente rivolto a quel punto Merlino.

“Sire…” sussurrò in quel momento una voce alle sua spalle, facendolo sobbalzare.

“Gaius!” esclamò, arrossendo di nuovo per l’imbarazzo: “Da quanto sei qui?” chiese poi, temendo la risposta.

“Le vostre stanze non sono poi così lontane, mio signore.” si limitò a rispondere il vecchio porgendogli degli abiti puliti: “Non temete, non sarò certo io a riferire le vostre parole a Merlino, ma forse dovreste farlo voi stesso. Vado a raccogliere delle erbe, lo lascio nelle vostre mani.” con quelle parole Gaius uscì di nuovo, scuotendo piano la testa all’espressione confusa del principe.

Artù sentiva le guance in fiamme: com’era possibile che non lo avesse sentito rientrare? Oh dei, cosa avrebbe pensato ora il vecchio cerusico di lui? E poi, perché avrebbe dovuto ripetere il suo racconto una volta che Merlino fosse stato sveglio? No, no, assolutamente no. Sarebbe stato troppo imbarazzante.

Sospirò, accantonando in un angolo della mente quei pensieri: aveva una cosa molto più importante da fare. Lanciò un’ultima occhiata a Merlino per assicurarsi che dormisse ancora e, dopo essersi vestito e levato le foglie ancora impigliate nei suoi capelli, salì velocemente le scale che portavano alla stanza del servitore. Recuperò il libro dalla fessura nel pavimento trattenendo il fiato senza nemmeno accorgersene, quindi si sedette sul letto del moro e lo aprì con mani tremanti.

Chiuse gli occhi qualche istante dopo, quando si rese conto che aveva ragione: era senz’ombra di dubbio un libro di magia, aveva visto molte altre volte quei simboli e quelle parole scritte in una strana lingua. Com’era possibile che non se ne fosse mai accorto? Merlino era veramente uno stregone? No, non poteva essere, non lui, non Merlino. Quel servitore idiota non poteva fare uso di magia, era assolutamente impossibile. Eppure il libro che stava stringendo con forza fra le mani non lasciva dubbi. Perché? Perché non glielo aveva mai detto? E ora? Cosa avrebbe dovuto fare? Se lo avesse detto a suo padre Merlino sarebbe morto… ma perché mentirgli? Perché non si era fidato di lui, perché? Si sentiva tradito in quel momento e la voglia di urlare era tale che dovette mordersi le labbra per impedirselo.

Perché?

“Artù…”

Il biondo aprì velocemente gli occhi, trovandosi davanti la figura tremante di Merlino, ancora più pallido del solito, con le braccia strette attorno al proprio petto come per ripararsi dal freddo, le labbra socchiuse e gli occhi spalancati.

“Artù…” ripeté, con voce tanto esile che quasi il principe non lo sentì: “Io… posso spiegare.”

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Quarto capitolo^^ Da qui in avanti penso che entreremo nel vivo della storia, si inizieranno a scoprire i veri colpevoli e i personaggi prenderanno le loro personali strade, chi da una parte chi dall’atra. Grazie a tutti quelli che seguono questa ff e in particolar modo a chi recensisce!

Lucylu: Ahahah, hai ragione è una mia abitudine bloccare i capitoli sul più bello quindi temo dovrai farci l’abitudine! eh eh, Uther Uther… chissà, forse c’è veramente il suo zampino! Ad ogni modo, Merlino non gli va a genio e sappiamo tutti il modo che ha il re di risolvere le cose, non se ne starà certo in disparte nemmeno in futuro! Grazie per le recensioni, mi fa piacere leggerle!

chibisaru81: Ah, quel cavaliere! Irrita anche me nonostante sia una mia creazione! Artù è il solito asino e anche in questo capitolo lo dimostrerà, ma vedrai che Merlino lo farà ragionare! E poi, il principino tiene troppo al suo servitore idiota per non ascoltarlo!

Hero_: Sì, faccio sempre fatica a scrivere capitoli lunghi, mi impegnerò al massimo! Sono contenta che il racconto di Artù ti sia piaciuto^^ Spero che la storia continui a piacerti andando avanti! Alla prossima

 

 

 

 

 

 

Artù rimase immobile per quella che avrebbe benissimo potuto essere un’eternità: non riusciva a pensare. Si sentiva come incatenato al letto scomodo di Merlino, fermo davanti al ragazzo moro che lo fissava con gli occhi sgranati, le labbra socchiuse e le mani artigliate alle braccia, che teneva come una sorta di scudo, strette al petto.

Come avrebbe dovuto reagire? Insomma, sarebbe stato meno traumatico scoprire che Merlino fosse in realtà una donna sotto mentite spoglie! Avrebbe accettato qualsiasi cosa, ma… stregoneria?

Fin da quando era un bambino aveva imparato una semplice regola: magia uguale malvagità. Era facile da tenere a mente. Chiunque faccia uso di magia pagherà con la morte, quella era la legge di Camelot. E lui era il principe ereditario di Camelot, dannazione! Cos’avrebbe dovuto fare? Possibile che Merlino… no, assolutamente no. Il suo servitore non poteva essere un traditore, era impossibile. Semplicemente impossibile. Merlino non era malvagio, era idiota, svampito e imbranato. Era generoso, divertente, irriverente, premuroso quasi… come poteva fare uso di magia? Non aveva nessuna delle caratteristiche che suo padre aveva sempre attribuito agli stregoni.

No. Semplicemente, assolutamente no.

Era quella l’unica cosa che riusciva a pensare mentre ancora stringeva quel maledetto libro fra le mani con forza, desiderando solo poterlo rimettere nella fessura sotto il letto, chiudere gli occhi e dimenticare ogni cosa.

“Sire, io…” Merlino avanzò di qualche passo verso di lui continuando a guardarlo con quell’espressione disperata.

Artù inspirò a fondo, cercando di calmarsi, invano. Non riusciva più a pensare. Poteva solo agire, ma la sue azioni, guidate dall’istinto, furono semplicemente quelle di un principe ereditario, non quelle dell’amico che sapeva di essere diventato per Merlino.

Si alzò in piedi con un gesto rapido e scagliò il libro contro il moro, costringendolo ad indietreggiare e a proteggersi sollevando le braccia. In pochi passi Artù fu davanti a lui e a quel punto gli fu tremendamente facile spingerlo a terra. Merlino era così esile che sarebbe bastato un soffio di vento per farlo cadere.

Abbassò lo sguardo fissando con improvviso astio il servitore rannicchiato ai suoi piedi, che aveva la testa fra le ginocchia e si era nuovamente stretto le braccia al petto.

“Avrei dovuto capirlo.” sibilò Artù, gli occhi accesi da una strana luce. Probabilmente, se si fosse guardato allo specchio in quel momento, nemmeno lui si sarebbe riconosciuto da quanto il suo viso era sconvolto dal mare di emozioni che gli vibravano nel petto: “Avrei dovuto capirlo fin dall’inizio. Lo sapevo, sapevo che c’era qualcosa di strano in te. Come hai potuto fare una cosa simile? Non importa, non importa più ormai. Hai infranto la legge di Camelot, verrai messo a morte.” Non si sentiva nemmeno mentre parlava. Le parole gli scivolavano dalle labbra munite di vita propria prima che lui potesse pensarle. Aveva ripetuto così tante volte quelle parole in passato che gli sembrava semplicemente di star vivendo un ricordo. Non vedeva più Merlino singhiozzare ai suoi piedi, in quel momento Artù stava parlando ad uno stregone senza volto, a qualcuno che aveva incontrato in quel momento. Ogni ricordo legato a Merlino era stato risucchiato dal vortice di rabbia e confusione che lo aveva avvolto nel momento stesso in cui aveva avuto la conferma che quello che aveva trovato era un libro di magia.

“Verrai portato al rogo il prima possibile e sarai giustiziato pubblicamente, come monito per i tuoi simili.” erano parole così familiari che non aveva bisogno di essere veramente presente per pronunciarle. La sua testa era stranamente leggere, la sua anima lontana da quella stanza, bloccata in un limbo di nebbia densa che gli impediva di vedere.

“Infrangendo le leggi ti sei rivelato un traditore: hai tradito Camelot e il suo re. In conseguenza, hai tradito anche a me, per questo…”

A quel punto, però, qualcosa nella normale evoluzione di quella procedura cambiò: due mani pallide si serrarono intorno al suo polpaccio, stringendo con insospettabile forza.

Artù abbassò gli occhi, scontrandosi così con lo sguardo limpido di Merlino. Quegli occhi blu erano fermi, estremamente determinati, sebbene il loro proprietario avesse le guance e le labbra bagnate di lacrime.

Lentamente il principe riprese a respirare: la nebbia cominciò a diradarsi e lo stregone senza volto si trasformò in un ragazzo con precisi lineamenti. Lineamenti che erano marchiati a fuoco nella sua memoria.

Cercò istintivamente di indietreggiare, ma le mani di Merlino erano ancora strette sulla sua gamba, decise a trattenerlo.

“Potete dire tutto ciò che volete di me, mio signore.” cominciò il moro senza allontanare un attimo il proprio sguardo infervorato da quello confuso dall’altro: “Ne avete il diritto. Ma non vi permetterò di chiamarmi traditori. Tutto ciò che ho fatto è stato esclusivamente per voi.”

“Perché non…”

“Credete che per me sia stato facile?” Merlino si alzò velocemente, fronteggiandolo: “Fa’ questo Merlino, muoviti Merlino, rischia la vita Merlino, fatti ammazzare Merlino! E tutto per cosa? Non per Camelot, non per Uther, ma per voi! Solo per voi, maledizione! Come credete che mi sia sentito a dovervi mentire ogni giorno? Ma cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei potuto fare? Temevo di essere messo a morte! Conosco perfettamente le leggi di Camelot!”

Artù scosse con forza le testa, aggrottando la fronte mentre una nuova ondata di irritazione gli saliva rapida nel petto, bloccandogli il respiro: “Non ti sei fidato di me! Hai dato per scontato che ti avrei consegnato a mio padre!”

Fu il turno di Merlino di scuotere la testa, facendo ondeggiare i capelli, mentre si avvicinava di un altro passo al principe: “Ammetto che all’inizio pensavo che lo avreste fatto, è vero. Ma le cose sono cambiate! Non vi ho detto nulla per paura di mettervi contro vostro padre… non avrei sopportato il pensiero che voi vi metteste in pericolo a causa mia. Siete il futuro re, dannazione, non avreste comunque potuto fare niente per un servitore! Io non voleva crearvi problemi. Molte volte avrei voluto dirvelo, ma non ne ho mai avuto l’occasione.” la voce del ragazzo perse forza man mano che parlava, fino a ridursi a un sussurro: “Non vi chiedo di capirmi, mio signore. Vi chiedo solo di perdonarmi.”

Artù indietreggiò fino a tornare a sedersi sul letto, il suo sguardò si allontanò dal viso teso del servo fino a posarsi sulle proprie mani: “Perché sei rimasto a Camelot? Avresti dovuto andartene tempo fa. Non saresti mai dovuto venire. Perché sei ancora qui?” sollevò di scatto la testa quando sentì una leggera risata triste scivolare dalle labbra di Merlino.

“Non mi ascoltate, Sire. Ve l’ho già detto: tutto ciò che ho fatto è stato per voi. Sono rimasto per voi. Non per il principe ereditario, non per il futuro re. Sono rimasto semplicemente per Artù, il mio Destino, l’altra metà della mia medaglia.”

Il biondo inspirò sbattendo con forza le palpebre: non era riuscito a comprendere a pieno quelle parole, ma ne era rimasto scosso. La voce di Merlino parlava di futuro e di Destino. Un avvenire di gloria. Un avvenire insieme. Quello era ciò che gli era sembrato di scorgere, nascosto dietro la parole del moro.

“Ma forse ho sbagliato tutto.” sussurrò in quel momento il servitore, riscuotendolo dai suoi pensieri: “Insomma, se per voi non sarei mai dovuto venire… mi sono solo illuso.”

Improvvisamente Merlino si accasciò sotto il suo sguardo attonito, come svuotato da ogni energia: lo vide sollevare le mani e nasconderci il volto, singhiozzando, come se il tempo avesse bruscamente rallentato. Ogni suo movimento gli sembrava durare un’eternità.

“Fate di me ciò che volete, non ha più importanza ormai.”

Quell’ultimo, esile sussurro riscosse definitivamente Artù: era di Merlino che si stava parlando, dannazione, non di un qualsiasi servitore. Quello era il suo Merlino, lo conosceva da quasi un anno ormai. Era il ragazzo che era sempre stato al suo fianco, quello di cui amava la compagnia, quello per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Il ragazzo per cui aveva fatto qualsiasi cosa. Non poteva annullare il passato semplicemente perché aveva scoperto che era uno stregone, le sue azioni non venivano cancellate dall’uso della magia. Era pur sempre Merlino e se c’era una cosa di cui Artù era sicuro era della sua bontà. Non aveva mai fatto del male a nessuno. Era solo… Merlino. Con o senza magia, rimaneva lo stesso.

Lo avrebbe protetto. Lo avrebbe difeso, sempre e comunque. Non lo avrebbe mai, mai consegnato a suo padre.

“Merlino…” lo chiamò piano, come se temesse di spaventarlo ulteriormente.

Il moro sollevò la testa, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, e di nuovo Artù si scontrò con il suo sguardo limpido: aveva veramente dubitato di lui? Come aveva potuto fare una cosa simile? Come aveva potuto parlargli come se non lo conoscesse, come se non gli importasse di lui?

Sospirò piano alzandosi e raggiungendolo: gli tese una mano sorridendogli stancamente, il peso delle parola pronunciate poco prima che lo opprimeva come la peggiore delle colpe.

Era quindi quella la vergogna? Gettare fango su una creatura indifesa e tanto innocente.

Merlino lo guardava dal basso, senza capire il perché di quel gesto e senza nemmeno afferrare la sua mano.

“Non ti farò alcun male. Non è mia intenzione consegnarti a mio padre… insomma, mi serve qualcuno che lucidi la mia armatura e mi pulisca gli stivali.”

“Credevo di essere il peggiore servitore di Camelot…”

Artù roteò gli occhi sbuffando: “Lo sei, infatti. Ma sei resistito più di qualunque altro servitore io abbia mai avuto, quindi… oh, avanti, sai benissimo cosa sto cercando di dire!”

A quel punto, Merlino rise. In un attimo Artù si trovò le sue braccia strette al collo e quel corpo esile premuto contro il proprio, in un abbraccio decisamente imprevisto.

La risata del moro si scontrava direttamente contro il suo orecchio e i suoi capelli gli solleticavano il naso, tanto da farlo quasi starnutire, ma non avrebbe voluto nulla di diverso in quel momento. Si riscoprì a pensare che con Merlino stretto a sé e finalmente più alcun segreto a dividerli, ogni cosa era più luminosa del solito.

Era… felice? Doveva essere così, visto che in breve fu contagiata dalla risata gioiosa del moro. Sollevò piano le braccia e quasi senza rendersene conto le avvolse attorno alla schiena nuda di Merlino, coperta solo dalla fasciatura che aveva fatto Gaius. La sensazione delle bende contro la sua pelle, però, gli riportò alla mente che aveva un’altra, importantissima cosa da scoprire.

Allontanò leggermente il moro da sé, facendolo sedere sul letto e prendendo posto al suo fianco.

“Cos’è successo?” chiese serio, guardandolo negli occhi: “Gaius mi ha detto che è stato Sir Rodomont ad aggredirti… cos’è successo questa mattina, Merlino?”

Il servo abbassò lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore e stringendosi nuovamente le braccia al petto, spaventato: “Io… mio signore, non ne sono molto sicuro in realtà.” mormorò quindi, senza incrociare gli occhi del biondo: “Sono uscito presto per delle commissioni. C’erano pochissime persone già sveglie e la città era quasi vuota… stavo camminando tranquillo quando qualcuno mi ha trascinato in un vicolo e prima che potessi fare nulla per impedirlo mi sono ritrovato a terra con un dolore incredibile alla guancia. Ho sollevato la testa per vedere il mio aggressore e magari tentare di difendermi e mi sono trovato davanti a Sir Rodomont. Un attimo dopo lui ha roteato una mazza chiodata e mi ha colpito al petto. Avrei dovuto fermarlo, lo so, ma non sono bravo a difendermi e poi mi ha preso di sorpresa! Si è chinato e mi ha sussurrato che sarei morto per la mia insolenza.” a quel punto sollevò lo sguardo puntando lo sguardo in quello di Artù: “Ma non è stata colpa mia, Sire, dovete credermi! Non parlo quasi mai con Sir Rodomont, ci saremo incrociati sì e no due volte! Non sono stato irriverente, dovete credermi!”

Il principe annuì velocemente posandogli con delicatezza una mano sulla spalla del moro: “Ti credo, Merlino.” gli rivolse un breve sorriso per rassicurarlo, quindi tornò subito serio: “Solo, non riesco a capire il motivo di una simile aggressione. Sir Rodomont si è sempre dimostrato rispettoso e valoroso, un ottimo cavaliere… perché dovrebbe aver fatto una cosa simile?”

Artù si alzò cominciando ad attraversare con lunghi passi la stanzetta buia: “Se solo potessi uscire di qui lo costringerei a dire la verità!”

“Perché non potete uscire di qui?” chiese Merlino, confuso, preferendo ignorare il calore che lo aveva avvolto nel momento in cui aveva visto la preoccupazione per lui negli occhi del principe.

“Mio padre sosteneva che non avrei dovuto salvarti per non mettere a rischio la mia reputazione, visto che ho attraversato Camelot mezzo nudo…”

“Cosa?”

Artù si voltò accigliato verso il proprio valletto, che era scoppiato a ridere portandosi una mano al petto, dove la ferita ancora fresca gli rendeva faticoso persino respirare.

“E’ una lunga storia…” sussurrò il biondo, un sopracciglio sollevato in un’espressione leggermente irritata: “Ad ogni modo Morgana e Ginevra lo tratterranno fino a domattina, quando finalmente potrò uscire.”

“No, no, spiegatemi bene cos’è successo!” Merlino non sembrava averlo ascoltato, ma aveva smesso di ridere e stava cercando di riprendere fiato: “Avete attraversato mezzo nudo Camelot?”

Artù roteò gli occhi, esasperato per la nuova risata del moro, ma si incupì quando sentì l’altro tossire ed ansimare per la fatica. Persino respirare sembrava richiedergli uno sforzo eccessivo.

“Devi riposare o Gaius se la prenderà con me.” sussurrò quindi guardando il viso pallido del moro con espressione preoccupata.

Merlino scosse la testa, la bocca socchiusa alla ricerca di aria: “Non sono stanco.”

“Non essere idiota. Devi recuperare le forze per poter lucidare per bene la mia spada!”

Il valletto scosse la testa, rassegnato, ma un piccolo sorriso gli illuminava ancora il viso. Si stese quindi sul proprio letto mentre Artù si avvicinava alla porta, ma prima che potesse uscire Merlino lo richiamo: “Grazie mio signore.”

“Grazie a te.” sussurrò il principe prima ancora di averlo veramente pensato.

“Per cosa?”

Per esistere, disse la mente del biondo, ma dalle sue labbra uscì invece: “Per avermi detto la verità.”

Piccoli passi. Erano quelli ciò che Artù stava facendo. Piccoli passi verso un avvenire di gloria, piccoli passi verso un avvenire insieme.

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Capitolo 5
*** cap. 5 ***


Capitolo 5! Ringrazio tutti coloro che seguono questa ff e che per qualche strano motivo la apprezzano! In particolar modo ringrazio chi lascia delle recensioni e da speranza a questa storia!

hiromi_chan: concordo pienamente con te sul fatto che non si possa scaricare tutto su Merlino! Poverino, come se già non sopportasse abbastanza, costretto a mentire a tutti per non essere ucciso! Sono contenta che ti sia piaciuto il modo in cui ho fatto svolgere la situazione, anche perché la mia paura più grande è sempre quella di far agire i personaggi in modo troppo diverso da come in realtà. Spero che andando avanti non ti deluda e grazie per continuare a seguire la mia ff!

chibisaru81: quando ho letto “sir ma perché non ti strozzi Rodomont” sono morta dal ridere! Tranquilla, la sua permanenza in scena è sempre più breve!

Jenny80_big: mi fa davvero piacere che la mia storia ti appassioni! Anche io ero preoccupata mentre scrivevo di Artù che parla di condanna a morte, fai te! I personaggi decidono sempre da soli cosa fare o dire, sono ingestibili a volte! Meno male che Merlino è troppo importante per morire. ^^

Lucylu: Sono contenta che ti sia piaciuta la reazione di Artù! Ho sempre paura di far agire i personaggi in modo troppo ooc, quindi quando ho letto che lo consideravi molto ic ero super felice! Sì, Merlino è veramente sfortunato, sembra che l’intero mondo cospiri contro di lui!  In questo capitolo inizierà ad intravedersi il vero colpevole dell’aggressione… spero di non deluderti!

Sam Hutcherson: Ciao! Sono contenta ti piaccia la mia ff! Potresti spiegarmi meglio cosa intendi per “dialoghi un po’ freddi”? Così provo a migliorare!

Oliver_Rei: Oddio, quanto tempo! Ci ho messo un po’, ma poi certo che mi sono ricordata di te! Cavolo, è passato veramente un secolo da quando scrivevo su Jaden e Jesse! La tua recensione mi ha fatto tornare la voglia di scrivere su di loro… Comunque mi fa veramente piacere che ti piaccia la mia ff! Concordo, Artù non ha alternative, lui deve stare con Merlino, altro che rogo e rogo! Ah, a volte quel principe è un vero asino! Spero che la storia continui a piacerti! ^^

 

 

 

Artù stava ancora camminando in circolo nella stanza del cerusico quando Gaius rientrò. Aveva le braccia incrociate sul petto e la fronte corrugata mentre i suoi passi si facevano sempre più rapidi e pesanti.

“Qualcosa non va, mio signore?” chiese l’anziano poggiando sul tavole le erbe appena raccolte ed iniziando a preparare un infuso contro il dolore per Merlino. In quel momento poggiò lo sguardo sul letto dove aveva lasciato il ragazzo, trovandolo vuoto. Tornò a guardare il principe ereditario per avere da lui informazioni, ma prima che potesse parlare il biondo gli si era già avvicinato con sguardo truce: “Non riesco a capire, Gaius. C’è qualcosa… qualcosa che continua a sfuggirmi. Continuo a pensare e pensare, ma non riesco a venirne a capo. L’unica cosa che ho ottenuto è un terribile mal di testa!”

“E’ perché non ci siete abituato. A pensare, intendo.” disse sommessamente una voce alle spalle di Artù, che sbuffò irritato voltandosi subito verso il proprio servitore, che stava tranquillamente seduto sulle scale che portavano alla sua stanza.

“Merlino! Ti sei svegliato finalmente!” esclamò Gaius affrettandosi verso il moro, bloccando così il fiume di insulti che stava per lasciare la bocca del biondo.

Incredibile. Merlino riusciva a prendersi gioco di lui anche dopo essere quasi morto! Possibile che non gli portasse mai alcun rispetto?

Tutto ciò che faccio è per voi.

Quelle parole rimbombarono nella sua mente per l’ennesima volta, spingendolo di nuovo a sospirare. Non riusciva a smettere di pensare alla conversazione avuto poco prima con Merlino. C’era qualcosa che lo costringeva a continuare a riflettere sulle parole del moro, qualcosa che gli impediva di respirare liberamente quando ripensava a come lo aveva trattato. Aveva veramente detto che lo avrebbe messo a morte?

Scosse la testa portandosi le mani alla fronte e massaggiandosi leggermente le tempie, isolato dal resto della stanza. Allora era veramente quella la vergogna. Sospirò ancora, rassegnato: non sarebbe mai riuscito a perdonarsi, ne era certo. Aveva aggredito Merlino, lo aveva scosso e ferito, proprio lui che era determinato ad infliggere la peggior morte possibile a Sir Rodomont per quello che aveva fatto… no, non si sarebbe mai perdonato. L’unica cosa che poteva fare era proteggere il suo servitore da tutto e tutti, da Rodomont, dalle dicerie, da suo padre. Almeno così, forse, Merlino lo avrebbe perdonato. Il ragazzo sembrava aver dimenticato quello che Artù vedeva come un crimine, stava parlando con Gaius come se niente fosse e non mostrava alcun risentimento nei suoi confronti, ma il principe era sicuro di dover ottenere il suo perdono. Non importava che Merlino lo avesse abbracciato, che avesse riso, non importava nulla. Doveva ottenere il suo perdono, perché era sicuro di non averlo in quel momento.

“Sire, mi state ascoltando?”

“Cosa?”

Merlino gli si era avvicinato e lo stava osservando con espressione stranita, quasi preoccupata.

Artù gli rivolse un breve sorriso, facendogli cenno di parlare: doveva ottenere il suo perdono.

“Vi stavo chiedendo se aveste qualche idea riguardo ciò che è successo questa mattina…” sussurrò il moro senza perdere l’aria vagamente preoccupata e mantenendo il proprio sguardo fisso in quello del biondo, che scosse la testa.

“Il comportamento di Rodomont non ha spiegazioni, a mio parere. E’ sempre stato un valido cavaliere… ora però non c’è nulla che noi possiamo fare, almeno non per il momento. Sono sicuro che Morgana e Ginevra riusciranno a trattenerlo fino a domattina e a quel punto potrò ottenere la verità.” strinse i pugni con forza eccessiva, fino a conficcarsi le unghie nella pelle: odiava quel cavaliere. In passato aveva creduto di provare odio nei confronti di altre persone, ma solo quando Gaius aveva pronunciato il nome del cavaliere che aveva aggredito Merlino si era accorto di essersi sempre sbagliato: nessuno aveva mai scatenato in lui nulla più che un futile disprezzo.

Quello che invece provava nei confronti di Rodomont era odio allo stato puro. Quel sentimento, incredibilmente violento, scivolava nel suo corpo con un’intensità che non aveva pari, scaldando ogni suo muscolo, arroventando la sua pelle come se fosse fuoco.

Nulla, nulla gli avrebbe impedito di riversare quella rabbia contro il cavaliere, smettendo di essere il principe ereditario e comportandosi solo come un uomo in cerca di vendetta.

“Artù…” sussurrò in quel momento Merlino, gli occhi ora offuscati dalla preoccupazione che non si allontanavano dal viso contratto del biondo: “State bene, mio signore?”

Non poteva fare a meno di sentirsi male nel constatare con quanta dedizione il moro si occupasse di lui, sempre pronto a confortarlo, aiutarlo, frenarlo, calmarlo. Continuava a farlo, anche dopo il modo terribile in cui lui lo aveva trattato.

“Lo ucciderò, Merlino. Nel peggior modo possibile.”

A quelle parole il servitore sussultò, sgranando gli occhi e continuando a fissarlo, quindi, dopo qualche attimo di silenzio, scosse piano la testa, prendendo fra le sua mani quella di Artù e costringendolo ad aprire il pugno: “Non fate il babbeo, Sire. Sono sicuro che Rodomont saprà fornirci motivazioni…”

Il principe scosse la testa con forza, lo sguardo acceso dalla stessa vena feroce di poco prima: “Non dire idiozie! Nessuna motivazione mi impedirà di metterlo a morte per quello che ha fatto!”

Merlino sorrise piano, quasi tristemente, e strinse la presa delle proprie mani su quella ruvida e grande di Artù, che abbassò piano lo sguardo, confuso: “Mio signore, io sono un servo e Sir Rodomont un cavaliere. Vostro padre…”

Il biondo aveva quasi voglia di ridere: Merlino era così… merlinesco. Era davvero l’unico modo che aveva per descrivere il proprio valletto. Non aveva mai incontrato nessuno come lui ed era abbastanza sicuro che nemmeno se avesse vissuto per millenni avrebbe mai conosciuto qualcuno così cocciutamente dolce come era Merlino. Aveva la straordinaria capacità di leggergli dentro, di mitigare ogni suo eccesso e di compiere gesti imbarazzanti e strani come prendergli una mano fra le proprie con una naturalezza disarmante.  Eppure, nonostante si stesse sforzando per non avvampare, non riusciva ad allontanare le mani calde e morbide del servo dalla propria. Non poteva farlo.

Prima che potesse finire la frase, tornò a guardare quegli azzurri tanto simili ai suoi eppure tanto diversi e interruppe: “Non mi importa cosa dirà mio padre. Mi importa di te.”

Era stato un sussurro, niente più che un flebile mormorio, ma era bastato per far spalancare gli occhi di Merlino e far imporporare le sue guance, di solito così pallide da far credere che non conoscessero il sole.

Artù avrebbe voluto sprofondare dopo una simile frase, avrebbe veramente voluto seppellirsi difronte allo sguardo confuso e quasi affettuoso che gli stava rivolgendo in quel momento il moro, ma quelle parole erano la pura verità, scivolata dalle sue labbra prima ancora che lui potesse rendersene conto.

 Entrambi sobbalzarono quando la porta si chiuse con un tonfo sordo: Gaius se ne era andato bofonchiando qualcosa riguardo ad una visita inderogabile.

Dopo qualche attimo di silenzio, Merlino sorrise stringendo ancora la mano di Artù fra le proprie: “Mio signore, vi sono molto grato per la vostra preoccupazione, ma non vi permetterò di mettervi in situazioni spiacevoli a causa mia e…”

“Oh, possibile che tu non capisca? Non ti do mai ascolto, Merlino, dovresti saperlo. E’ una questione di principio: Sir Rodomont è un cavaliere, deve comportarsi come tale ed aggredire qualcuno non rientra nelle attività quotidiane di un cavaliere.”

Il moro sospirò e fece per parlare, ma Artù era determinato a non lasciarsi interrompere. Era consapevole che non sarebbe riuscito a parlare in quel modo a Merlino in un’latra occasione, bloccato dall’orgoglio e dall’imbarazzo che in quel momento sembravano essersi volatilizzati.

“Ascoltami bene ora. So che ti tratto sempre come se fossi un servitore terribile e forse lo sei anche, ma sei un amico per me. Un buon amico. E… e mi sono affezionato a te. Non so come sia stato possibile, ma è successo. Quindi non riuscirai a farmi desistere dai miei propositi. Non posso permettere che qualcuno ti faccia del male.”

Merlino lo fissava con lo sguardo accesso da una strana luce, una scintilla che non aveva mai visto prima in quegli occhi, o per lo meno non così intensa. Stava sorridendo come un bambino davanti al propri cibo preferito, come se non avesse aspettato altro che quelle parole.

Artù inspirò a fondo cercando di fermare il battito inspiegabilmente accelerato del proprio cuore e di sostenere lo sguardo del valletto senza arrossire in modo vergognoso.

“Siete proprio un babbeo, mio signore.” sussurrò Merlino con una dolcezza tale che il principe avrebbe potuto sciogliersi e morire felice se solo in quel momento un bussare delicato non li avrebbe interrotti.

Si allontanarono velocemente l’uno dall’altro, come scottati, mentre Morgana faceva il suo ingresso.

Quando vide il servitore sveglio, la Lady sorrise sollevata e si affrettò verso di lui per abbracciarlo: “Sono felice che tu stia bene, Merlino.”

“Hai trovato Sir Rodomont?” intervenne Artù, stranamente irritato da quell’interruzione. Eppure, Morgana lo aveva salvato dall’imbarazzo più totale, avrebbe dovuto esserle grato.

“Sì. Io e Gwen lo abbiano fermato poco prima che, casualmente, partisse per allontanarsi da Camelot. Lo abbiamo attirato con una scusa nelle mie stanze e poi lo ho colpito alla testa. E’ svenuto come una donzella.” Morgana rise leggermente, scuotendo la testa: “Eppure, dovrebbe essere uno dei tuoi migliori cavalieri, Artù…” insinuò divertita.

Il fratellastro le rivolse un’occhiataccia prima di incitarla in malo modo a continuare.

“Ora giace beatamente legato nella mia stanza, con Gwen che fa la guardia. Sembra più che determinato a non dire nulla, Artù.”

“Assicurati che non se ne vada. Fagli bere una delle tue pozioni per il sonno, così non darà problemi.”

La ragazza annuì e fece per uscire, ma, a pochi passi dalla porta, si rabbuiò improvvisamente, fermandosi e voltandosi verso i due ragazzi: “Sir Rodomont è sempre stato un buon cavaliere, Artù.” cominciò con sguardo deciso anche se era evidentemente tesa: “Valoroso, coraggioso, leale. Estremamente leale. Non c’è motivo per cui avrebbe dovuto aggredire Merlino. Se solo non fosse che prima del tua arrivo, questa mattina, Uther ha detto che avrebbe dovuto uccidere Merlino con le sue stesse mani per salvaguardare la tua reputazione, per poi chiuderti qui dentro ed impedirti di andare alla ricerca di Rodomont.”

Artù indietreggiò istintivamente, come se quelle parole lo avessero colpito allo stesso modo di uno schiaffo. Certo, suo padre si era arrabbiato per il suo comportamento e non aveva mai compreso l’attaccamento del figlio nei confronti del servitore, ma possibile che Morgana avesse ragione? Suo padre sarebbe veramente arrivato a fare una cosa simile? Uccidere Merlino?

Scosse la testa con forza: “Cosa stai insinuando?”

La Lady inspirò lentamente senza allontanare il proprio sguardo da quello del fratellastro: “Non insinuo nulla. Mi limito a porti davanti ai fatti, Artù. Conosciamo entrambi Uther e sono sicura che anche tu sai perfettamente che in passato ha compiuto azioni anche peggiori del far uccidere un servitore.”
“E’ mio padre, Morgana!”

“Questo non cambia la realtà, Artù. Tu sei un uomo migliore di lui, lo sei sempre stato. Ciò che per te è impensabile, per lui è la normalità. Ti chiedo solo di tenere a mente le mie parole.” così dicendo la ragazza se andò senza permettere al fratellastro di ribattere ancora.

Il principe si portò le mani alle testa, passando le dita fra i capelli biondi e tirando leggermente, come se volesse assicurarsi di essere veramente sveglio.

Morgana aveva ragione, suo padre avrebbe fatto di tutto se lo avrebbe ritenuto necessario. Possibile? Che ci fosse veramente lui dietro l’aggressione del valletto?

Possibile che si fosse spinto a tanto?

Sollevò piano lo sguardo sul moro, che lo fissava immobile, incapace di parlare.

“Perdonami, Merlino.”

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Capitolo 6
*** Cap 6 ***


Scusate l’immenso ed imperdonabile ritardo con cui aggiorno, ma settima  scorso non ho avuto un solo secondo di respiro! Cercherò di farmi perdonare con un capitolo più lungo del solito, se riesco! Grazie ancora a chi legge questa ff, e in particolar modo a chi recensisce.

chibisaru81: non si può mai sapere cosa passi nella testa di Uther, quel re sa essere veramente sconsiderato! Ma ci sarà veramente lui dietro l’aggressione del povero Merlino? Per ora non ci è ancora dato saperlo!

hiromi_chan: ahahah, povero Gaius, costretto a svignarsela dal suo stesso laboratorio! Quell’uomo è un santo si sa! Sono contenta che il precedente capitolo abbia descritto bene i sentimenti di Artù. Grazie per continuare a seguire questa ff, spero che continui ad interessarti.

Lucylu: Artù e Merlino sono sempre così complicati! Farli parlare senza remore fra loro è sempre un’impresa, soprattutto per quanto riguarda il nostro amato principino! Uther! Il nostro più grande arcano! Ci sono ancora un sacco di domande che ruotano intorno alla sua figura. Insomma, sappiamo che il re sarebbe disposto ad uccidere Merlino, quello che ci manca è il perché!

Jenny80_big: sono contenta che la mia ff continui a piacerti! Sì, Merlino e Artù insieme sono veramente adorabili! Con Uther non si può mai sapere, chissà cosa passa per quella sua testa!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Artù non capiva. Per cosa si stava scusando, effettivamente? Per il modo in cui poco prima aveva trattato Merlino? Per la possibilità che ci fosse proprio suo padre dietro la sua aggressione? Oppure per tutti gli insulti vani e vuoti che gli aveva rivolto da quando si erano conosciuti? O forse per non essere stato in grado di proteggerlo come avrebbe dovuto fare? Non lo sapeva nemmeno lui, ma dopo che Morgana si era chiusa la porta alle spalle aveva avvertito l’impellente bisogno di essere perdonato.

Merlino lo stava guardando con espressione preoccupata e confusa, ma contemporaneamente gli stava rivolgendo anche un sorriso rassicurante.

“Mio signore, non avete nulla per cui farvi perdonare. Sono sicuro che non ci sia Uther dietro questa storia.”

“Come puoi dirlo?” chiese Artù senza riuscire a guardarlo negli occhi. Cosa avrebbe potuto fare se Merlino si fosse sbagliato? Se Morgana avesse avuto ragione? Riversare il suo odio contro Sir Rodomont sarebbe stato facile e legittimo, ma se fosse stato Uther ad ordinare al cavaliere di uccidere Merlino… avrebbe dovuto affrontare suo padre? Ma perché? Possibile che, come aveva ipotizzato Morgana, lo avesse fatto veramente per proteggere lui e la sua reputazione dalle voci che circolavano? Ma se quello era il suo scopo non sarebbe bastato allontanare Merlino da Camelot? Perché cercare di ucciderlo?

“Sire, vostro padre è re.” la voce delicata del valletto interruppe i suoi pensieri ed Artù sollevò lentamente lo sguardo: “Lo so.” rispose piano, senza capire a cosa l’altro volesse arrivare.

“Se avesse voluto uccidermi avrebbe trovato un modo meno artificioso, non trovate? Avrebbe potuto accusarmi di una qualsiasi cosa e mettermi a morte, perché avrebbe dovuto chiedere segretamente ad un cavaliere di uccidermi in un vicolo all’alba?”

Il principe sospirò, leggermente rassicurato da quelle parole: Merlino aveva ragione, perché suo padre avrebbe dovuto fare tutto di nascosto? Stava quasi per sorridere, quando un pensiero lo gelò: Uther sapeva del suo attaccamento nei confronti del proprio valletto. Tutti lo sapevano. Se avesse fatto apertamente del male a Merlino l’odio che aveva provato nei confronti di Rodomont si sarebbe riversato contro di lui. Anche in quel momento, in cui il suo era poco più che un sospetto, non poteva evitare di sentire il proprio cuore ardere di disprezzo nei confronti di suo padre. In quel modo, forse Uther aveva cercato di allontanare i sospetti da sé, e di conseguenza anche l’ira del figlio.

Si lasciò scivolare contro la parete fino a trovarsi seduto per terra, troppo stanco persino per reggersi in piedi. Si sentiva svuotato, come se nulla avesse più importanza.

Cosa avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe potuto fare?

“Mio signore!” in un attimo Merlino si inginocchiò al suo fianco, posandogli le mani sulle spalle e cercando con insistenza il suo sguardo basso: “Vi sentite male? Artù? Per l’amor del cielo rispondete!”

Il valletto lo scosse leggermente, ma il principe continuava a rimanere immobile, bloccato dai suoi stessi pensieri, lo sguardo vacuo e la mente lontana dalla realtà.

“Vado a cercare Gaius!”

Non furono quelle parole a risvegliare Artù, ma la sensazione sgradevole provocata dalle mani di Merlino che si allontanavano da lui. In un attimo sollevò la testa, afferrando con forza il polso del moro e tirandolo con più delicatezza verso di sé per farlo sedere al suo fianco.

Il ragazzo si accovacciò ubbidiente vicino a lui, guardando ancora con quegli occhi estremamente preoccupati.

“Mio signore, cosa succede? State male? Lasciate che vada a cercare Gaius…”

Artù scosse lievemente la testa, guardandolo finalmente negli occhi e sospirando: “Sto bene, Merlino.”

Il servo inarcò un sopracciglio rivolgendogli uno sguardo scettico: “Certo, è evidente. Non mentitemi.”

Il suo tono era preoccupato anche se stava cercando di recuperare la sua solita ironia. Quando il principe non rispose, Merlino sospirò, spostandosi maggiormente contro il suo fianco ed abbassando la voce, come se non volesse turbarlo troppo: “Sono sicuro che troveremo una risposta per tutto, mio signore. Vostro padre non aveva motivo per agire in questo modo, perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?”

“Le dicerie, Merlino.”

Artù stesso faticò a sentire la sua voce da quanto flebile era stato il suo sussurro. Era la prima volta che affrontava quell’argomento con il proprio valletto, ma ormai non aveva altra scelta. Era terribilmente imbarazzato in quel momento, ma la preoccupazione e lo sconforto erano anche maggiori se possibile. Non poteva tirarsi indietro.

Sentì il ragazzo al suo fianco sospirare, poi una mano pallida si posò gentilmente sul suo ginocchio, in un gesto affettuoso.

“Per mettere fine a quelle voci gli sarebbe bastato mandarmi via da Camelot.”

“Non ti avrei mai lasciato andare.”

Sobbalzarono, entrambi stupiti da quelle parole. Lo aveva detto davvero? Artù non ricordava nemmeno di averla pensata quella frase, era semplicemente scivolata dalle sue labbra munita da vita propria. Era dannatamente vero, però. Non avrebbe mai permesso a Merlino di andarsene, nemmeno riusciva ad immaginare la sua vita senza di lui. Da quando era diventato così debole da dipendere da qualcuno fino a quel punto?

Il servo gli sorrise dolcemente, gli occhi che brillavano come mai prima di quel momento: “Non so che dire, mio signore.” sussurrò infine, le gote arrossate e le labbra costantemente tese per la gioia: “Vi ringrazio per tutto ciò che fate per me.”

Artù inspirò velocemente, chiudendo gli occhi per qualche attimo.

Lo ringraziava.

Come poteva mostrarsi tanto devoto a lui dopo tutto ciò che gli aveva fatto? Lo aveva sempre trattato male, non lo aveva protetto, lo aveva minacciato di morte. E Merlino lo ringraziava. Probabilmente suo padre aveva ordinato ad un cavaliere di ucciderlo, e Merlino lo ringraziava.

Non si era mai sentito così male in vita sua, nemmeno credeva si potesse soffrire in quel modo. Era un dolore diverso da quelli che aveva dovuto affrontare in tutta la sua vita, nulla a che fare con le ferite che si era procurato durante gli allenamenti, i tornei o le battaglie. Era abituato a quel genere di sofferenza, era preparato per affrontarla, ma il dolore che gli occupava il petto in quel momento e gli impediva di respirare era qualcosa di nuovo per lui. Qualcosa che non era in grado di gestire.

“Perdonami, Merlino.” ripeté con voce spezzata, abbandonandosi completamente contro il muro.

Il moro si irrigidì qualche istante prima di sospirare, quasi rassegnato, e stringere piano le sue esili braccia sul corpo del principe.

Artù sussultò, confuso, alzando lentamente lo sguardo sul viso del servitore senza però allontanarsi da quell’abbraccio storto.

“Siete un vero babbeo, Sire.” sussurrò Merlino osservandolo con aria critica ed appoggiando quasi senza rendersene conto il mento sulla spalla del biondo: “Non avete nulla per cui farvi perdonare.”

“Ti ho sempre trattato male, non ti ho protetto, forse mio padre a cercato di ucciderti e tu mi hai ringraziato. Io…” si bloccò mordicchiandosi il labro inferiore ed inspirando profondamente: “Io non ti merito, Merlino.”

Il valletto sgranò gli occhi, fissandolo con la bocca leggermente socchiusa, quindi, andando contro ogni logica, rise.

Artù aggrottò le sopracciglia, ritrovandosi però a sorridere subito dopo come espressione improvvisamente beata. Sapeva che forse avrebbe dovuto arrabbiarsi, che probabilmente Merlino si stava prendendo gioco di lui, ma l’unica cosa che riusciva a fare era crogiolarsi in quella risata.

Aveva avuto così tanta paura di perderlo che in quel momento averlo lì, a pochi centimetri da lui, gli sembrava un sogno.

Si ritrovò a ridere con lui, stringendo a sua volta quel corpo sottile e tenendolo stretto a sé anche quando tronò il silenzio.

“Oh, Artù.” sospirò Merlino contro la sua spalla senza smettere di sorridere: “Non chiedetemi più di perdonarvi, mio signore. Siete la mia priorità, lo sapete. Non voglio che vi sentiate in colpa. Sono così fiero di voi… ad ogni modo, accetto le vostre scuse. Vi sentite meglio ora?”

Vergogna. Colpa.

L’orribile sensazione che lo aveva oppresso fino a qualche istante prima si stava lentamente dissolvendo, allontanata dalle parole del suo valletto.

“Vedrete che troveremo una risposta a tutto.” riprese Merlino senza aspettare una sua risposta, accoccolandosi meglio contro il suo fianco, la testa ancora appoggiata sulla sua spalla. Se in quel momento fosse entrato qualcuno… non gli sarebbe importato, in realtà. Merlino era vivo e non lo odiava. Era quella l’unico cosa importante in quel momento.

“C’è qualcosa che io possa fare per voi, mio signore?”

Artù scosse la testa, un piccolo sorriso ad occupargli le labbra e la mente improvvisamente leggera: “Stringimi soltanto.”

E davvero, in quel momento sarebbe voluto sprofondare per l’imbarazzo e riemergere solo quando l’intera umanità avrebbe dimenticato quelle parole. Ma quando il moro, le orecchie rosse come mai prima, si appoggiò maggiormente a lui, respirando piano contro il suo collo, anche l’imbarazzo svanì, lasciandolo a galleggiare in una bolla di beatitudine e tranquillità.

Erano in quella posa da qualche minuto, avvolti dal silenzio, quando Merlino sbuffò al suo fianco e mormorò: “Avanti, non ora.”

“Qualcosa non va?” chiese Artù senza capire, allontanandosi leggermente da lui per poterlo guardarlo negli occhi.

Merlino arrossì e si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, sostenendo a fatica il suo sguardo: “Ecco, è una lunga storia, Sire.”

Merlino!” sbottò lui inarcando un sopracciglio e spingendolo a continuare con un’occhiataccia.

Il valletto si grattò leggermente la testa, abbassando lo sguardo: “Beh… saprete che vostro padre tiene imprigionato nei sotterrai un drago, come testimonianza della sua superiorità alla magia e come monito per i suoi simili…”

Artù annuì, senza capire.

“Ecco, da quando sono arrivato a Camelot… ho iniziato a sentire la sua che mi chiamava e così ogni tanto vado da lui. Sapete, mi da dei consigli…”

Il principe sgranò gli occhi fissandolo come se avesse una piovra gigante sulla testa e Merlino arrossì maggiormente, chinando il capo.

“C’è altro che devi dirmi, Merlino?” chiese infine inarcando un sopracciglio e squadrando il proprio servitore, che ridacchiò con aria colpevole.

“Ci sono un sacco di cose che non sapete, Sire.”

Artù sbuffò leggermente alzandosi e passandosi le mani sul retro dei pantaloni per pulirli da polvere che non c’era: “Troveremo il tempo anche per questo, allora.” mormorò quindi lanciando un’occhiata di sbieco al proprio servitore, che si stava alzando a sua volta: “Ma ora dimmi, perché hai tirato in ballo il lucertolone proprio ora?”

Merlino sorrise divertito, prima di rispondere: “E’ solo che continuo a sentirlo chiamarmi, non la vuole smettere.”
Artù annuì, confuso. Era tutto così strano. Parlare di draghi che chiamano mentalmente con Merlino era qualcosa che andava oltre ogni sua previsione. Se però era vero che il lucertolone aveva dato consigli al servo in precedenza, allora c’era la possibilità che sapesse spiegar loro la verità dietro l’aggressione di quella mattina.

“Muoviamoci, non c’è tempo da perdere!” decretò infatti il principe, avanzando rapidamente verso la porta.

Merlino sgranò gli occhi, senza capire: “Cosa state dicendo?” chiese, guardandolo fisso ed ottenendo uno sbuffo e un’occhiataccia.

“Hai detto che ti sta chiamando, no?” disse Artù come se fosse ovvio, roteando gli occhi: “Andiamo a sentire cosa vuole, allora. Magari ci sa dire qualcosa di quello che è successo questa mattina.”

Il servo lo raggiunse velocemente, bloccandogli la mano poco prima che aprisse la porta: “Sire, non fate lo zuccone!” sbottò quindi ignorando l’occhiataccia che gli rivolse il principe e proseguendo come se niente fosse: “Vostro padre non vuole che usciate da qui fino a domattina, ricordate? E’ già abbastanza arrabbiato.”

“Sì, ma forse il drago sa qualcosa!”

Merlino sospirò chiudendo gli occhi per qualche secondo ed annuendo a se stesso, rassegnato:  “Andrò a vedere cosa vuole e poi ve lo riferirò. Voi rimate qui e state buono.”

Artù incrociò le braccia sul petto rivolgendogli un’occhiata scettica e soffocando una risata: “Sono il principe ereditario, Merlino. Non puoi dirmi cosa devo fare. E poi, non penserai che ti lascerò gironzare da solo dopo quello che è successo questa mattina!”

“Se vostro padre dovesse vedervi…” obbiettò ancora il moro, pur sapendo che sarebbe stato inutile.

“Allora noi non facciamoci scoprire.” disse infatti Artù con un ghigno preoccupante sulle labbra, aprendo la porta e sgusciando silenziosamente fuori, seguito da Merlino, che non mancò di dedicargli un’occhiataccia.

“Siete veramente impossibile, mio signore.”

Il tragitto verso i sotterranei fu più complicato del previsto, almeno dal punto di vista di Artù. Il castello era pieno di guardie, cavalieri e servi che spuntavano da ogni angolo, senza contare i vari ospiti che passeggiavano tranquillamente nei dintorni.

Non farsi vedere risultava un tantino difficoltoso, soprattutto considerando la sbadataggine di Merlino. Stavano camminando silenziosamente in un corridoio, una guardia di spalle pochi metri avanti a loro, quando il servitore inciampò niente meno che nei sui stessi piedi andando a sbattere contro una lancia decorativa agganciata alla parete e facendola cadere.

Artù lo afferrò repentinamente per un braccio, trascinandolo di peso in un stanzino minuscolo di cui non sapeva nemmeno l’esistenza, pieno di attrezzi strani. Era talmente piccolo che ci stavano a fatica in due, tanto che Merlino si ritrovò schiacciato fra la porta e il corpo di Artù.

“Non sono affatto comodo, mio signore.” protesto debolmente, cercando di recuperare un po’ d’aria.

Il biondo gli rifilò un’occhiataccia facendogli cenno di tacere, mentre nel corridoio i passi veloci della guardia si facevano sempre più vicini.

“Oh, chiedo scusa.” intervenne in quel momento la voce di Gaius da fuori la porta: “I miei riflessi non sono più quelli di un tempo.”

La guardia sembrò rassicurata e rallentò il passo, chiedendo al cerusico se si fosse ferito, quindi risistemò la lancia e si allontanò, riprendendo il proprio percorso.

Quando il rumore dei suoi passi fu ormai svanito, la porta si spalancò e i due ragazzi ruzzolarono a terra, impreparati.

Merlino si trovò nuovamente schiacciato, questa volta fra il pavimento e il corpo di Artù.

“Spostatevi, Sire! Non siete così leggero!” sbottò, cercando di liberarsi da corpo del biondo, che si alzò rapidamente.

“Stai dicendo che sono grasso, Merlino?” chiese, inarcando un sopracciglio e rimettendolo in piedi di peso, senza alcuna fatica.

“Sto dicendo che avete addosso chili di inutili muscoli che mi stavano schiacciando.”

Artù aprì la bocca, pronto a ribattere, ma Gaius, fermo a pochi passi da loro, si schiarì la voce, spingendoli a voltarsi verso di lui e a rimandare il loro battibecco.

“Cosa ci fate voi due qui?” chiese quindi il cerusico, squadrandoli entrambi.

“E’ una lunga storia… ma grazie per averci aiutato.”

“Già, se solo Merlino imparasse una volta per tutte a camminare non ce ne sarebbe stato bisogno.” disse Artù con un ghigno.

Il servo si voltò verso di lui con espressione indignata, pronto a dar battaglia a quella testa di fagiolo del suo padrone, ma Gaius li interruppe di nuovo con espressione rassegnata: “Si può sapere cosa state facendo.”

“Ora non c’è tempo Gaius, dopo Merlino vi spiegherà tutto.” intervenne il principe, afferrando il valletto per un braccio e trascinandolo verso la loro meta: “Abbiamo un drago da raggiungere.”

Il mago non fece nemmeno in tempo a voltarsi per vedere l’espressione del cerusico a quelle parole che lui ed Artù avevano già svoltato l’angolo. Finalmente riuscirono ad imboccare le scale che conducevano alla prigione del drago e il principe fu costretto a fermarsi e lasciare che fosse Merlino a guidarlo. Mentre scendevano silenziosamente i gradini e accendevano una torcia, Artù si rese per la prima volta conto che stava lentamente entrando nel mondo del suo valletto, un mondo che per lui era una continua scoperta e che per Merlino era invece la normalità.

Arrivarono alla fine del tunnel e si trovarono davanti ad un enorme spiazzo vuoto, con rocce alte quanto montagne la cui vetta raggiungeva la loro altezza.

“Dove sei?” urlò in quel momento Merlino ed improvvisamente un enorme drago planò proprio sulla roccia di fronte a loro.

Artù indietreggiò, cercando istintivamente la sua spada, che però non aveva con sé: non aveva mai visto un essere di simili dimensioni. Come faceva Merlino a rimanere tanto tranquillo difronte ad un tale mostro?

Il drago aveva cominciato a ridere nel momento stesso in cui li aveva visti e ancora non accennava a voler smettere, tanto che, dopo qualche istante, Merlino sbottò: “Cosa c’è di tanto divertente?”

“Una visita dal figlio del mio carceriere, niente meno che Artù Pendragon! Quale onore incontrare il principe in persona!” il drago rise ancora, prendendosi apertamente gioco di lui.

Artù avrebbe voluto ribattere, dire qualcosa, ma era talmente impressionato dalla vista di quel coso che la voce si rifiutava di uscire.

“Finalmente, giovane mago.” riprese dopo qualche attimo il drago, puntando il proprio muso squamoso verso Merlino: “Finalmente le due facce della medaglia insieme. I tempi sono maturi, ormai. Finalmente.”

Artù si voltò verso il proprio valletto, sperando di ottenere da lui qualche spiegazione, ma sul suo volto lesse solo confusione e sorpresa.

Cosa diamine stava dicendo quel lucertolone?

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Eccomi con il settimo capitolo! Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono e soprattutto chi recensisce. Spero che questa storia continui a piacervi ^^

chibisaru81: Già Artù non può non incontrare il drago, adoro quel lucertolone! E poi mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se il principe avesse avuto modo di andare a chiedere aiuto al drago come di solito fa Merlino. Grazie per le tue recensioni, mi fanno sempre piacere!

hiromi_chan: Grazie per la tua recensione, mi fa sempre piacere! Comunque sì, lo “stringimi e basta” è un richiamo al finale e a quel punto mi ha assalita una tale malinconia che la situazione mi è sfuggita di mano ed Artù si è trasformato in un confetto e Merlino con lui! Quanto odio quel finale! çç Sono davvero felice che la storia continui ad interessarti! Alla prossima.

TheChief: Ciao! Mi fa piacere che la storia ti piaccia! Sì, i capitoli lunghi non sono proprio il mio forte^^”  Grazie per la recensione, spero di non deluderti.

Jenny80_big: Grazie per continuare a seguire e recensire questa storia, sono davvero contenta che ti piaccia! Adoro il grande drago, non potevo non metterlo! Grazie ancora, alla prossima. ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Artù non capiva. Non che quella fosse una novità, in realtà, la maggior parte delle volte in cui stava con il suo servitore si ritrovava la testa piena di cose che non capiva. Ma in quel momento la situazione era persino più grave del solito: innanzitutto, c’era un drago. Un lucertolone molto più grande del previsto che diceva cose insensate su medaglie e tempi maturi. Decisamente, gli doveva essere sfuggito qualcosa.

“Che diamine stai dicendo, si può sapere?” sbottò dopo qualche istante Artù, dimenticando il timore che aveva provato trovandosi difronte a quel mostro.

Il drago rise ancora, scuotendo quella sua enorme testa squamosa: “Non gli hai detto nulla, giovane mago?” rispose poi, rivolgendosi a Merlino.

“Cosa avrei dovuto dirgli? Ah, mio signore, nei sotterranei c’è un drago che dice che siamo due facce di una stessa medaglia e che mi ha dato il compito di proteggervi per farvi diventare il più grande re di tutti i tempi.”

“Colui che unificherà le terre di Albion, colui che riporterà la magia al suo antico splendore.” concluse il drago con tono solenne.

“Aspettate, di cosa state parlando? Merlino!” si intromise nuovamente il principe, inarcando un sopracciglio e rivolgendo un’occhiataccia al valletto.

“E’ semplice, giovane Pendragon. Parliamo del vostro destino.” di nuovo fu il coso a rispondergli, ma finalmente sembrava disposto a dargli qualche spiegazione: “Tu sarai re di Albion, unificherai le terre in un mondo pacifico e riporterai la magia in forze. Merlino ha il compito di proteggerti e di accompagnarti nel tuo cammino. Siete due facce della stessa medaglia, l’una non può esistere senza l’altra.”

Artù rimase in silenzio qualche secondo, lo sguardo fisso sul muso serio dell’animale, poi si voltò verso il proprio valletto, le braccia incrociate sul petto: “E tu da quanto sai la storia della medaglia?”

“Ho incontrato il Grande Drago pochi giorni dopo il mio arrivo a Camelot.”

“E non mi hai detto nulla?” sbottò ancora il principe, l’espressione corrucciata ed un broncio più infantile del solito sulle labbra.

Merlino roteò gli occhi sbuffando ed incrociando a sua volta le braccia, dandosi quasi fuoco ai capelli con la torcia: “Nemmeno sapevate che fossi un mago fino a questa mattina, come avrei potuto dirvi che parlavo con il drago che vostro padre ha fatto imprigionare? Sarebbe stato un tantino controproducente, non trovate mio signore?”

Controproducente? Chi ti ha insegnato questi paroloni, Merlino?”

Il valletto gli punto contro la torcia, irritato, ma prima che potesse ribattere fu interrotto dalla nuova risata del drago.

Quel lucertolone sembravi divertirsi un mondo.

“Siete un vero spasso, non c’è che dire!”

Si voltarono entrambi verso di lui, accigliati, ottenendo come solo risultato quello di farlo ridere maggiormente.

“Sì, sì, va bene, hai riso abbastanza!” sbuffò Merlino, puntando la torcia contro il muso della creatura: “Cosa intendevi quando hai detto che i tempi sono maturi? Maturi per cosa?”

Lentamente il drago smise di ridere, accovacciandosi sulle sue  zampe come un grosso, troppo grosso, gatto viziato: “Per l’ascesa al trono del giovane Pendragon, ovviamente.”

I due ragazzi si guardarono, confusi: “Mio padre è ancora vivo ed in perfetta salute.” rispose dopo un po’ Artù, gli occhi di nuovi fissi in quelli del lucertolone troppo cresciuto.

La creatura ghignò e gli rivolse un breve sbuffo: “Perché sei qui, ragazzo?” chiese quindi, apparentemente senza alcun collegamento.

Artù aggrottò le sopracciglia, spiazzato dal cambio di argomento, ma quando vide il cenno di incoraggiamento che gli fece il valletto, non gli rimase altro che rispondere: “Questa mattina Merlino è stato aggredito. Tu ne sai qualcosa?”

“Ti sorprenderà sapere, giovane Pendragon, che non passo le mie intere giornate  a spiare l’esistenza del tuo servo.” mormorò con tono annoiato il drago, protendendo il muso leggermente in avanti.

“Quindi non ne sai nulla?” insistette ancora il principe, non soddisfatto da quella risposta, imbronciandosi maggiormente.

Il drago sbuffò nuovamente, investendoli con il suo fiato caldo, e prima di rispondere si accovacciò maggiormente, facendo ondeggiare lentamente la lunga coda: “Ciò che posso dirvi è di prestare ascolto alle parole della strega.”

“Strega? Quale strega?” chiese Artù, scuotendo istintivamente la testa. Quante persone praticavano la magia sotto il suo naso senza che né lui ne Uther se ne accorgessero?

Merlino al suo fianco si irrigidì, prima di sospirare con espressione rassegnata: “Temo si riferisca a Morgana…” mormorò quindi, sconfitto ed afflitto.

“Morgana? Avanti, Morgana sarà pure terribile, ma non è una strega! Insomma, la pupilla del re non può essere una strega!”

Merlino lo guardo con occhi tristi ed improvvisamente stanchi, come se quel discorso gli stesse risucchiando le energie: “Perché il valletto dell’erede al trono?”

Artù non rispose, limitandosi a chinare il capo in un gesto di assenso, quindi si rivolse nuovamente al drago, ancora incredulo: “Morgana non è una strega, la conosco fin da quando siamo bambini! Insomma, me ne sarei accorto!”

“I suoi sogni sono molto più che semplici incubi, principe.” spiegò il drago, quindi si accigliò e rivolse ad entrambi uno sguardo severo: “Ad ogni modo, sarebbe meglio che la strega non conoscesse la grandezza dei suoi poteri. Per il vostro bene e per il futuro di Camelot.”

Artù spostò lo sguardo verso Merlino, trovandolo ancora più afflitto. Morgana? Una strega? Far del male a Camelot?

Quel lucertolone doveva avere qualche problema.

“Ne abbiamo già parlato!” sbottò il moro, sollevando il viso verso il drago con espressione battagliera, nonostante i suoi occhi fossero ancora velati dalla tristezza: “Morgana è solo confusa, non capisce i suoi poteri! Non sa cosa deve fare. La posso capire, lo sai. Anche io era come lei. Se solo le potessi rivelare che anche io sono un mago magari si sentirebbe rassicurata e…”

Il drago scosse con foga la testa, improvvisamente adirato: “No, giovane mago! La strega non deve essere supportata! Più il suo potere cresce, più il pericolo sarà maggiore. Ti sei già rifiutato di darmi retta quanto ti ho detto di non liberare il bambino druido, non commettere lo stesso errore! La strega è pericolosa.”

“Morgana è mia amica! Ed è come una sorella per Artù, non gli farebbe mai alcun male!”

Il principe si portò una mano alla fronte, sentendo la testa pulsare dolorosamente: “No, aspettate! Non vi seguo così. Quale bambino druido? Stiamo parlando di Mordred?”

Spiegazioni. Gli servivano solo spiegazioni, non gli sembrava di star chiedendo chissà quale sforzo.

Merlino sospiro, sedendosi a terra come se restare in piedi gli costasse troppa fatica. In effetti, gli sembrava davvero sfinito e stava diventando sempre più pallido. Si era ripreso da poco, dopotutto, ed era stato ad un passo dalla morte…

Artù si sedette istintivamente al suo fianco, cercando di tenerlo d’occhio da vicino senza farsi notare.

“Kilgharrah non voleva che liberassi Mordred perché… oddio, non posso farlo.”

“Aspetta? Chi non voleva che liberassi Mordred?” chiese Artù, sempre più confuso.

Il servitore accennò con la testa al drago, che se ne stava rannicchiato sulla sua roccia con aria annoiata.

“Cosa? Quel coso avrebbe anche un nome?”

Artù si bloccò di colpo: Merlino si stava stringendo le ginocchia al petto, singhiozzando sommessamente. Ecco, di nuovo, non capiva.

Si voltò verso il drago, gli occhi sgranati: “Che gli prende?” chiese quindi, ormai consapevole che quel mostro conoscesse Merlino quasi meglio di lui e sicuramente meglio di lui per quanto riguardava il mondo magia.

“E’ il senso di colpa.” sbuffò Kilgharrah, agitando nuovamente la coda: “Gli dissi di non liberare Mordred e lui non mi diede retta. Avrebbe dovuto lasciarlo morire.”

“E perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?”

“Perché, giovane Pendragon, Mordred ti ucciderà.”

Artù si ritrasse istintivamente, abbassando per qualche istante lo sguardo prima di scuotere la testa e fissare con astio la creatura: “Non puoi esserne sicuro. Tu non fai altro che parlare di colpe, destino e congiure. Ma non puoi esserne sicuro.”

Il drago rise amaramente, protendendo il suo muso verso il principe: “Sono molto più vecchio e potente di te, giovane Pendragon. Sei libero di non credere alle mie parole se vuoi, ma faresti meglio a prestarmi ascolto.”

Il principe spostò lo sguardo verso il proprio servitore, ancora rannicchiato nella stessa posizione. Almeno aveva smesso di singhiozzare.

Tornò a concentrarsi sul drago, desiderando solo di potersene andare il prima possibile da lì per parlare decentemente con Merlino: “Il motivo per cui siamo qui è l’aggressione di Merlino.”

“Ti ho già risposto, ragazzo. La strega dice il vero. Devi cercare il colpevole di questa violenza nel tuo stesso sangue.”

“Perché mio padre dovrebbe aver fatto una cosa simile?”

La creatura ghignò con cattiveria, soffiandogli nuovamente in faccia il suo alito di fuoco: “Sono sicuro che tu già conosca la risposta, giovane Pendragon. L’orgoglio è tutto per tuo padre.”

Artù si passò con forza entrambe le mani sul viso, sfregandosi gli occhi come faceva normalmente per allontanare il sonno. Era tutto tranne che assonnato in quel momento, però. Non era nemmeno sorpreso. Chi altri, se non suo padre, avrebbe potuto ordinare a Rodomont di fare una cosa simile? Aveva tutte le risposte che gli servivano già prima di mettere piede in quel sotterraneo, si era solo limitato a non credere, né a Morgana, né a se stesso.

Annuì, allontanando momentaneamente quei pensieri dalla sua mente: doveva portare Merlino via di lì, prima.

Sollevò il valletto di peso, portandogli un braccio sulle sue spalle e stringendolo alla vita per sorreggerlo meglio.

Si era già avviato all’uscita, togliendo la torcia di mano a Merlino per evitare che si desse accidentalmente fuoco, quando la voce cavernosa del drago lo costrinse a fermarsi: “E’ passato molto tempo da quando hai promesso di liberarmi, giovane mago.”

Il servo si voltò lentamente verso Kilgharrah, rivolgendogli uno sguardo stanco: “Manterrò la mia promessa.” mormorò con voce talmente flebile che persino lui fece fatica a sentirlo.

Artù ricominciò a camminare a passo sostenuto, trascinando Merlino su per la scalinata, senza nemmeno una parola. Doveva prima riportare il proprio valletto da Gaius e assicurarsi che stesse bene, solo poi avrebbe cercato di farsi spiegare meglio da lui le parole del drago.

Suo padre… no, non poteva più definire Uther suo padre, non se era veramente lui il mandante dell’aggressione di Merlino.

Ad ogni modo, col cavolo che quella bestiaccia avrebbe riottenuto la libertà, sarebbero prima dovuti passare sul suo cadavere.

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Oddio finalmente il capitolo 8! L’aver iniziato i compiti estivi porta via fin troppo tempo! Scusate di nuovo l’immenso ritardo, spero comunque che continuiate a seguire la mia storia e che possa continuare a piacervi.

chibisaru81: Grazie per continuare a seguire e recensire la mia ff! Povero Artù se Morgana ha ragione ed Uther è la causa di tutto, soprattutto ora che anche il Drago le ha dato ragione!

Jenny80_big:Grazie per le tue recensioni, mi fanno sempre molto piacere! Uther, Uther, non cambia mai… povero Artù, non vorrei essere nei suoi panni… Alla prossima e grazie ancora.

niclue: beh, wow! Grazie davvero per la tua recensione, mi ha fatto davvero molto piacere leggerla! Sono davvero felice che ti piaccia la mia ff! Per quanto riguarda la rivelazione della magia di Merlino non avrei mai potuto far odiare quei due, anche perché sono d’accordo con te che Artù non sarebbe mai capace di provare un tale risentimento nei confronti di Merlino. Cioè, è Merlino! Come potrebbe odiarlo? Decisamente questa non era la giornata fortunata di Artù, non c’è che dire! Una rivelazione dietro l’altro e per di più un bellissimo incontro con un draghetto, dai, poteva andargli anche peggio. Poteva piovere.  Ok, lasciando da parte i miei sproloqui, in realtà nemmeno io ho mai biasimato o odiato troppo Uther, ma una qualche vena sadica mi ha spinto a rendere lui il colpevole, non so nemmeno io il perché… Grazie ancora per la tua recensione, spero di non deluderti in futuro!

hiromi_chan: ahahah, concordo, il drago li shippa  di sicuro, dev’essere un loro grande fan! Sì, ho fatto parlare Artù e il drago, oltre che per il mio amore incondizionato verso Kilgharrah, proprio per immaginare a modo mio alcuni punti che nella serie non vengono toccati. Grazie ancora per le tue recensioni, alla prossima!

Y u z u k i: ciao e grazie per la tua recensione! Sono davvero contenta che la mia ff ti piaccia! Spero che in futuro continui ad interessarti. Meno male che dici che i dialoghi rispecchiano i personaggi, la mia paura è sempre quella di sfociare nell’ ooc… Grazie ancora, alla prossima!

 

 

 

 

Artù avrebbe quasi abbracciato Gaius quando il cerusico aveva aperto la porta del suo laboratorio e li aveva lasciati entrare velocemente. Si era fatto praticamente tutta la strada dai sotterranei a lì di corsa, riuscendo miracolosamente a non essere intercettato dalle guardie di suo padre e a trascinarsi dietro Merlino. Non che quella fosse una grande fatica, considerando quanto leggero fosse il suo servitore. Avrebbe dovuto ricordarsi di assicurarsi che mangiasse di più quando tutta quella storia sarebbe finita.

“Ma che diamine è successo? Dove siete stati?” chiese in quel momento Gaius con voce preoccupata, risvegliandolo dai suoi pensieri.

Il cerusico lo aiutò a fare sedere il valletto e prima ancora di aver ricevuto una risposta si mise ad esaminare Merlino, che era stato in silenzio e pressoché immobile per tutto il tempo. Una sola lacrima si era liberata dalle sue ciglia.

“Dal drago.” mormorò Artù sedendosi accanto al moro, una strana agitazione a stringergli il petto. Merlino sembrava così distante in quel momento, rinchiuso in un mondo tutto suo in cui a lui non era permesso entrare.

Gaius si voltò di scatto verso di lui, guardando con un sopracciglio inarcato e l’espressione assorta che aveva ogni volta che si trovava difronte a qualcosa di inaspettato: “Quindi voi sapete che…”

“Merlino è un mago?” Artù annuì facendo rimbalzare lo sguardo dal vecchio al ragazzo e cercando invano di incrociare lo sguardo di quest’ultimo: “Ho trovato il libro di stregoneria questa mattina stessa.”

Gaius rimase in silenzio fissando attonito il profilo del principe, quindi scosse la testa e tornò a rivolgere la propria attenzione al servitore, che però lo sorprese sollevando lo sguardo e puntandolo direttamente nei suoi occhi: “Potresti lasciarci, Gaius? Ho bisogno di parlare con Artù.”

Il cerusico annuì appena, ritirandosi rapidamente e notando, sempre più confuso, lo sguardo sorpreso e contemporaneamente sollevato del principe.

“Merlino!” esclamò il biondo mentre la porta si chiudeva alle spalle del medico: “Stai bene, allora. Era terribilmente strano non sentire il tuo costante blaterare.”

Il servitore si voltò lentamente verso di lui, lo sguardo deciso anche se incredibilmente stanco e triste: “Mio signore, perdonatemi.”

Aveva detto quelle tre parole con talmente tanta angoscia nella voce che il cuore di Artù perse un battito. Gli si avvicinò maggiormente, sfiorandogli con delicatezza un braccio nella speranza di rassicurarlo almeno un po’: “Non hai nulla per cui farti perdonare.”

Gli sembrava di rivedere la scena che aveva vissuto solo poco prima, solo che al contrario: questa volta era Merlino a scusarsi per una colpa che lui non riusciva a vedere.

Il mago scosse con forza la testa, senza mai abbassare lo sguardo: “Vorrei che capiste una cosa.” riprese, infervorato: “Non vi ho detto di Morgana non perché non mi fidassi di voi, ma perché le ho promesso che non avrei mai detto niente a nessuno riguardo ai suoi poteri. Morgana è spaventata, non riesce a capirli, non poteva tradire la sua fiducia.”

Artù annuì convinto, stringendo la presa sul braccio dell’altro: Merlino sembrava tenerci veramente tanto a dargli delle spiegazioni. Tutta quella fedeltà, di nuovo. Non riusciva ad essere sicuro di meritarsela, non dopo aver raggiunto la piena consapevolezza che dietro all’aggressione di quella mattina si celava niente meno che suo padre.

Merlino inspirò a fondo, trattenendo il fiato. Artù poteva leggere la paura e il dispiacere nei suoi occhi, talmente intensi da sconvolgere quel blu di solito tanto limpido.

“Per quanto riguarda Mordred… no, lasciatemi parlare.” lo pregò il moro quando vide che il principe aveva aperto la bocca per ribattere: “Non… non posso fare altro che scusarmi con voi.”

“Scusarti? Perché dovresti?”

Merlino sospirò portandosi entrambe le mai alla testa, affranto: “Non avrei dovuto liberarlo, non sapendo ciò che vi ha rivelato ora il drago. Vorrei poter tornare indietro per cambiare le mie azioni. Lo so, non avrei dovuto essere tanto stupido, ma in quel momento lui era solo un bambino in cerca di aiuto, non ho avuto il coraggio di lasciarlo morire. Non avrei dovuto essere tanto debole, Sire. Perdonatemi.”

Artù gli si avvicinò istintivamente, costringendolo a sollevare nuovamente il viso per guardarlo negli occhi: “Hai fatto la scelta giusta, Merlino. Il drago parla di colpe e destino, ma come possiamo essere sicuri che ciò che dice si avvererà in futuro. In quel momento Mordred era solo un bambino innocente, non aveva alcuna colpa. Non c’era ragione di lasciarlo morire.”

“Ma se lui vi dovesse veramente uccidere…”

“Rimarrebbe una sua colpa futura, non passata. E tu hai salvato il bambino del passato, non il Mordred del futuro. Al posto tuo avrei fatto la stessa cosa.”

Merlino scosse con forza la testa, cercando invano di liberarsi dalla presa del principe mentre i suoi occhi si facevano di nuovo lucidi: “Se lui dovesse veramente uccidervi, Sire, io non mi perdonerei mai. Se lui dovesse uccidervi ne morirei anche io.”

Artù lo trattenne di nuovo quando cercò di alzarsi, deciso a non perdere il contatto diviso: “Allora dovremmo correre ad uccidere Morgana, secondo quello che ha detto quel mostro.”

Il servitore riuscì a liberarsi dalla sua presa, alzandosi ed allontanandosi di qualche passo da lui, dandogli le spalle.

Artù, però, non era disposto a lasciarlo fuggire: “Non possiamo basarci sulla premonizione di colpe future nel prendere le nostre decisioni, Merlino, ma solo sul presente e sul passato. E in quel momento Mordred era un bambino spaventato, ferito ed innocente. In questo momento Morgana è solo la mia sorellastra e la figliastra del re, non la strega pericolosa di cui parla il drago.”

Vide le spalle di Merlino tremare leggermente prima che il ragazzo si voltasse e lo guardasse con occhi allucinati, la guance rigate di lacrime: “Non posso tollerare il pensiero di perdervi senza poter far nulla per salvarvi!” urlò, passandosi freneticamente le mani fra i capelli.

Rimasero entrambi in silenzio per qualche istante, immobili con il fiato sorpreso, prima che Merlino si lasciasse cadere a terra, singhiozzando sommessamente.

Artù rimase fermo ancora qualche attimo, cercando di stabilizzare il battito del proprio cuore, improvvisamente accelerato, poi, ormai rassegnato all’idea di non esserne in grado, si avvicinò al valletto, che nel frattempo si era sdraiato a terra fissando il soffitto, e si stese al suo fianco, limitandosi a sperare che nessuno avesse la malsana idea di entrare proprio in quel momento.

“Voglio che tu capisca una cosa, Merlino.” mormorò senza allontanare lo sguardo dal soffitto: “Qualunque cosa succeda in futuro, io non ti darò alcuna colpa. Hai fatto ciò che ritenevi giusto e, come ho già detto, se fossi stato al tuo posto avrei agito proprio come te. Non hai motivo di sentirti in colpa.”

Vide con la coda dell’occhio Merlino sollevare una mano ed asciugarsi gli occhi, ma il suo valletto ancora non gli rispondeva.

Sospirò con aria fintamente drammatica, voltandosi infine verso di lui e attirandolo a sé, dando il via ad una infantile quanto necessaria lotta di solletico.

Merlino, come previsto, iniziò a ridere e a contorcersi fra le sua braccia, cercando invano di allontanarsi da lui e contemporaneamente di riprendere fiato.

Artù si fermò solo quando fu sicuro che le lacrime che ora bagnavano la guance pallide del servitore fossero dovute solo al troppo ridere, quindi lo lasciò andare con aria soddisfatta: “Così va meglio.” mormorò.

Anche Merlino si voltò su un fianco per poterlo guardare negli occhi e gli rivolse un sorriso titubante ma tranquillo: “Grazie Sire.”

Artù avrebbe tanto voluto stringerlo a sé in quel momento, così tanto che quasi gli faceva male.

Non poteva, non doveva.

Merlino era qualcosa di strano per lui: non un servitore, non valletto, non un amico, non un confidente. Aveva la strana impressione che se avesse assecondato il suo istinto e lo avesse abbracciato la sua mente avrebbe fatto un po’ di chiarezza, ma qualcosa lo tratteneva: una vocina irritante che somigliava tremendamente a quella di suo padre che gli ripeteva che lui aveva dei doveri, un onore da proteggere, una reputazione da mantenere.

Rispose al sorriso di Merlino con uno stanco, ma rassicurante: con tutta la fatica che aveva fatto per risollevare l’umore del proprio valletto non poteva permettersi di turbarlo con le proprie preoccupazioni.

Il moro però doveva conoscerlo fin troppo bene, visto che solo pochi istanti dopo gli chiese cosa stesse pensando.

Artù trattenne uno sbuffo di risa, socchiudendo gli occhi e guardandolo con aria stranamente affettuosa: “Sono un libro aperto per te, Merlino.”

“Lo siete, Sire.” concordò il valletto annuendo compiaciuto, prima di spronarlo nuovamente a parlare.

“Pensavo alla possibilità sempre più concreta che sia stato mio padre a spingere Rodomont ad aggredirti.”

Merlino sospirò spostandosi leggermente verso di lui, un sorriso triste a tendergli le labbra: “Perché lo avrebbe fatto?”

“Per le voci. Per proteggere la mia reputazione.”

Il servitore trattenne il fiato, sgranando leggermente gli occhi: “Le voci… sono solo voci, mio Signore.”

“Sì, sono solo voci.” rimasero in silenzio per qualche attimo, persi l’uno negli occhi dell’altro, improvvisamente chiusi in un mondo tutto loro.

Artù sobbalzò quando si sorprese a sollevare la mano con l’intenzione di passarla fra i capelli di Merlino e si costrinse passarla invece fra i propri, cercando di apparire naturale: “Mio padre non bada a questi dettagli, però. Al fatto che sono solo voci, intendo.”

Merlino annuì poco convinto, non sapendo cosa dire.

Dopo qualche altri istante di silenzio Artù si alzò dirigendosi con passo deciso verso la porta.

“Dove state andando?” chiese Merlino, affrettandosi ad alzarsi e seguirlo.

“Da Morgana. Devo parlare con Rodomont.”

“Ma vostro padre…”

“Se ci scoprirà in giro per il castello non mi resterà che affrontare direttamente lui, non ti pare?” Artù si voltò con sguardo determinato verso di lui, aprendo poi la porta con circospezione ed avviandosi a passi rapidi per il corridoio.

A Merlino non rimase che sospirare, sconfitto e ormai rassegnato all’asinità del suo padrone, e affrettarsi per raggiungerlo.

  

   

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


Eccomi finalmente con il capitolo 9! Scusate il ritardo, ma c’è stata una perdita d’acqua a casa mia e mi sono dovuto trasferire momentaneamente a causa di mia nonna dove non c’è la connessione internet per mio sommo disgusto. T_T E così gli unici omenti che ho per aggiornare sono le brevi visite a casa mia per controllare la situazione in attesa che comincino i lavori, ma cercherò comunque di aggiornare abbastanza regolarmente. Ringrazio tutti quelli che seguono questa ff, specialmente chi lascia una recensione.

Marlot: Ciao! Grazie davvero per la tua recensione.^^ Sono molto felice che la mia ff ti piaccia e soprattutto mi fa piacere che trovi i miei personaggi IC, è sempre la mia paura più grande quella di renderli involontariamente OOC. Artù e Merlino sono incredibili, ho adorato il loro rapporto fin dalla primissima puntata!  Grazie ancora, alla prossima!

AnemoneFZ: Ciao e grazie per la tua recensione! Cavolo, mi emoziono con tutti questi complimenti^^ Sono davvero contenta che la mia ff ti interessi e che ti coinvolga tanto! Ah, quanto amo Artù e Merlino! Grazie ancora, spero di non deluderti con i prossimi capitoli! Alla prossima.

hiromi_chan: Sì, hai ragione, il mio Merlino ha la lacrima facile, ma che ci posso fare! Ogni tanto è come se fossero i personaggi stessi a decidere come far procedere la storia e a quanto pare Merlino dovrà costruirsi una canoa per salvarsi dalle sue stesse lacrime! Per l’amore del cielo, non pensiamo al finale della seria che altrimenti mi viene una malinconia infinita! E poi altro che canoa, servirebbe l’arca di Noè per salvarsi dall’inondazione di lacrime di Merlino! Grazie davvero per continuare a seguire la mia ff, alla prossima.^^

niclue: Ciao! Aww, Merluccio è adorabile! Lo amo incredibilmente, anche se Artù avrà sempre un posto speciale nel mio cuoricino^^. Artù è un po’ lento a capire, figurarsi a scendere a patti con i suoi sentimenti, ma almeno è sulla buona strada! Sono contenta ti sia piaciuto il personaggio del Drago, anche perché io lo adoro! Potrei fare una statua d’oro di Kilgharrah e venerarlo, davvero! Grazie ancora, alla prossima!

Glacies: Ciao! Grazie per la tua recensione, fa sempre piacere ricevere commenti alla proprie ff! Che bello riuscire a creare personaggi IC, è una vera soddisfazione riuscire a non cadere nell’ OOC! Grazie ancora, spero continuerai a seguire la mi ff e che continui a piacerti! Alla prossima. ^^

Jenny80_big: Ciao! Grazie per continuare a recensire la mia ff, mi fa davvero molto piacere! Sono contenta che ti piaccia! Aww, Merlino e Artù sono incredibili ed insostituibili, non c’è che dire! Grazie ancora, alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Artù continuava a camminare velocemente, incurante della proteste appena sussurrate provenienti dalla sue spalle e della voce di Merlino irritata e contemporaneamente rassegnata.

“Mio Signore, per favore, datemi retta per una volta!” stava borbottando il valletto quando Artù lo afferrò per un braccio e lo costrinse a nascondersi con sé dietro una colonna per sottrarre entrambi dalla vista di una guardia di passaggio.

“Se non stai zitto, Merlino, ti farò passare io la voglia di blaterare.” sbottò il principe, sforzandosi di tenere la voce bassa per non farsi scoprire.

Il suo servitore sapeva essere così fastidioso quando si impuntava su qualcosa! Certo, forse era rischioso cercare di raggiungere la stanze di Morgana quando suo padre gli aveva esplicitamente ordinato di non muoversi dal laboratorio del cerusico, ma se erano riusciti a raggiungere i sotterranei del lucertole avrebbero anche potuto intrufolarsi nelle stanze della sua sorellastra.

Se solo Merlino avesse smesso di blaterare proteste rischiando di farli scoprire.

Il valletto roteo gli occhi ricominciando a seguire il biondo, incrociando le braccia al petto: “Oh, ma certo, prendiamocela con Merlino, tanto non sto solo cercando di proteggervi, giusto?”

Artù sbuffò leggermente per trattenere un risata, voltandosi verso di lui con un sorriso ironico: “Non ho bisogno della tua protezione, Merlino, me la cavo molto meglio di te quando si tratta di affrontare un nemico.”

Il moro inarcò un sopracciglio cercando a sua volta di trattenere una piccola risata: “Avete una vaga idea di quante volte io abbia salvato il vostro regale fondoschiena, Sire?”

Artù rimase in silenzio, colpito da un improvviso pensiero: “No, in effetti no. Ma dovrai dirmi tutto ciò che hai fatto in passato visto che ora so la verità. Quando lasceremo le stanze di Morgana voglio che tu mi racconti tutti.”

Merlino rimase un attimo immobile, stupito e sorpreso dalla serietà comparsa improvvisamente sul viso del principe. Era veramente giunto il momento in cui avrebbe potuto rivelare ogni cosa ad Artù? Avrebbe finalmente ottenuto la sua approvazione? Non ci sarebbero più stati segreti fra loro? Era ciò che aveva sempre desiderato. Possibile che stesse veramente per accadere?

Annuì con un piccolo sorriso: “Certo, Sire.” sussurrò riprendendo a camminare ed affiancando il principe, che annuì a sua volta, la fronte corrugata e l’aria pensierosa.

Artù aveva un tremendo mal di testa da quando tutta quella storia era cominciata e nelle ultime ore quel dolore non aveva fatto altro che aumentare. Era davvero curioso, però, di sapere ciò che Merlino Aveva fatto per lui e per Camelot grazie ai suoi poteri. Forse così alcune cose che non avevano mai avuto una spiegazione logica e credibile avrebbero acquistato un significato. Forse il suo servitore era dietro ad una quantità incredibile di misteri. Forse ogni merito che lui, erede al trono di Camelot, credeva di avere, erano in realtà dovuti esclusivamente  a Merlino. Per un attimo sentì il respiro spezzarsi e i polmoni bruciare: possibile che lui non fosse il cavaliere valoroso che aveva sempre creduto di essere? Possibile che un ragazzo fragile e delicato come Merlino fosso così incredibilmente più forte di lui? Forse… forse non era adatto a diventare re, forse non meritava nemmeno di essere il principe ereditario.

Oh, maledizione.

Le cose stavano decisamente sfuggendo dal suo controllo.

“State bene Mio Signore?” chiese in quel momento Merlino con tono preoccupato senza allontanare lo sguardo dal profilo contratto del principe.

“Artù,” lo chiamò con gentilezza quando il biondo non gli rispose, poggiandogli una mano sul braccio: “Fermiamoci un attimo, Sire.”

“No.” ribatté il biondo, scuotendo la testa: “Dobbiamo raggiungere le stanze di Morgana. Se ci fermassimo rischieremmo di essere scoperti.”

Merlino si guardò un attimo intorno senza allontanare la mano del braccio di Artù, quindi annuì costretto ad ammettere che, per una volta, il suo padrone aveva detto una cosa sensata.

Continuarono a camminare in silenzio e, per quanto Artù non riuscisse ad ammetterlo nemmeno a se stesso, la mano di Merlino poggiata delicatamente sul suo braccio era incredibilmente rassicurante.

Si fermarono solo quando raggiunsero la stanze di Morgana e bussarono velocemente, continuando a lanciarsi occhiate guardinghe alle spalle.

“Artù! Che ci fai qui?” chiese la Lady quando aprì la porta, spostandosi per lasciarli passare e chiudendo subito dopo la porta: “Credevo che Uther ti avesse ordinato di non muoverti.”

Artù, però, non la stava ascoltando: non riusciva a scostare gli occhi dal viso della sorellastra mentre le parole del drago gli rimbombavano nella mente.

La strega è pericolosa. E’ meglio che non conosca l’entità dei suoi poteri.

Morgana, nonostante avessero avuto frequenti scontri fin da quando erano bambini, era e sarebbe sempre rimasta la sua sorellastra. era una sorella per lui, dannazione! Certo, aveva detto a Merlino che le parole del drago non erano oro colato, eppure la paura che fossero sincere lo stava tormentando. E se in futuro Morgana si sarebbe veramente alleata con Mordred contro Camelot? Contro di lui?

“Artù, ti senti bene?” chiese in quel momento la ragazza, distraendolo dai suoi pensieri.

“Certo,” rispose lui sforzandosi di sorridere e di allontanare, almeno momentaneamente, quelle preoccupazioni: “Voglio parlare con Rodomont.” disse quindi, sentendo la rabbia che tornava a scorrere prepotentemente nelle sue vene.

Morgana rimase in silenzio qualche istante, prima di annuire lentamente: “E’ dietro il paravento.” mormorò quindi, facendo cenno a Gwen di seguirla.

Quando le due ragazze furono uscite Artù si voltò con un gesto brusco, dirigendosi con rapide falcate al paravento e scostandolo con fin troppa forza.

Rodomont, un cavaliere che aveva addestrato lui stesso, stava seduto a terra, legato strettamente, ingannato da due ragazze. Certo, Morgana avrebbe potuto raggirare il diavolo in persona, quindi quello non era un punto a sfavore di Rodomont. Il fatto che avesse quasi ucciso Merlino, invece, lo era decisamente.

Il cavaliere lo guardò con gli occhi sgranati, senza parlare, faticando persino a respirare per la preoccupazione.

E dio solo sapeva quanto facesse bene ad essere preoccupato.

Artù scatto prima ancora di aver veramente pensato di farlo, colpendolo in pieno viso con una rapida serie di pugni. Si fermò solo quando le sue nocche furono ricoperte di sangue.

“Mio signore!” si intromise Merlino, la voce più acuta del solito, cercando di bloccare Artù.

Il principe non lo degnò di un’occhiata, chinandosi verso Rodomont ed afferrandolo con forza per il collo: “Ti farò una domanda semplice, cavaliere.” sibilò a pochi centimetri dal suo viso, ignorando il respiro accelerato dall’agitazione di Merlino a pochi passi da lui: “Perché hai aggredito il mio servitore?”

Rodomont non rispose, limitandosi a scuotere il capo con espressione rassegnata e ad incassare l’ennesimo colpo di Artù. Quando sollevò nuovamente il pugno, però, il biondo si ritrovò improvvisamente immobilizzato e una forza sovrannaturale lo costrinse ad allontanarsi dal cavaliere.

In pochi attimo si ritrovò difronte a Merlino, che lo guardava con espressione severe, gli occhi ancora lievemente illuminati da un bagliore dorato.

“Che diavolo ti salta in mente? Liberami subito!” sbottò contrariato, le guance arrossato per l’irritazione.

“Calmatevi, prima. Non ho certo intenzione di stare qui ad assistere mentre voi lo massacrate, Sire. Non è questo il vostro modo di fare.”

Artù roteò gli occhi cercando invano di riprendere il controllo del proprio corpo: “Sei quasi morto a causa sua, Merlino. Dovrei offrirgli una tisana e chiedergli gentilmente il motivo per cui ti ha aggredito?”

Il moro esito un attimo, confuso dalla frustrazione e dalla preoccupazione che traspariva dal tono del principe. Si era veramente preoccupato così tanto per lui?

“Mio signore,” cominciò con maggiore gentilezza senza riuscire ad impedirsi di sorridere mentre si avvicinava di qualche passo ad Artù e gli posava entrambe le mani sulle braccia: “Vi sono immensamente grato per la vostra apprensione, ma vorrei ricordarvi che Sir Rodomont sarà del tutto impossibilitato a parlare se gli romperete tutti i denti.”

Artù lo fissò in silenzio per qualche istante prima di scoppiare a ridere, lo sguardo che si addolciva rapidamente mentre i suoi occhi esaminavano quasi con adorazione il viso del valletto: “E pensare che ho rischiato di perderti.” mormorò, quasi senza rendersene conto.

Solo quando vide le guance e le orecchie di Merlino prendere fuoco per l’imbarazzo si accorse di quello che aveva effettivamente appena detto.

Si schiarì la voce distogliendo lo sguardo: “Lasciami andare. Non farò nulla di controproducente.” mormorò con voce improvvisamente roca.

Merlino annuì appena, mormorando poche incomprensibili parole e finalmente Artù riuscì a muoversi liberamente.

Inspirò a fondo un paio di volte, voltandosi piano verso Rodomont e sforzandosi di trattenersi dal ricominciare a colpirlo: “E’ stato mio padre, vero?” chiese, quasi sussurrando: “E’ stato mio padre ad ordinarti di aggredire Merlino. Ti ha detto di ucciderlo in n modo che non facesse ricadere i sospetti su di lui e poi di lasciare Camelot. E’ per questo, vero? Per questo hai detto a Merlino che è stato insolente, perché è questo che pensa mio padre. E’ stato lui, non è vero?”

Rodomont non rispose, ma la sua espressione non lasciava alcun dubbio.

Artù strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi, respirando più rapidamente del normale: la testa gli pulsava e la vista gli si stava offuscando.

Credeva di essere preparato a quella conferma, infondo ne era già pressoché certo, ma in quel momento si sentiva comunque come se il mondo gli stesse crollando addosso e lo stesse soffocando.

Scosse la testa con forza per diradare la nebbia che gli impediva di ragionare lucidamente, ma fu tutto vano. A quel punto non sentiva più nemmeno la voce di Merlino che lo chiamava preoccupato, ne le sue mani che cercavano di calmarlo, stringendo leggermente le sue braccia.

A quel punto, gli rimaneva solo l’istinto.

Scattò nuovamente contro Rodomont, assestandogli un altro paio di pugni per assecondare quel desiderio furioso di vendetta che lo aveva assalito fin da quando Ginevra gli aveva detto che Merlino era stato aggredito, quindi si voltò con rabbia verso la porta, spalancandola e cominciando ad attraversare con rapide falcate il corridoio, senza curarsi di non farsi scoprire dalle guardie. Che ci provassero pure a trattenerlo, nulla gli avrebbe impedito di raggiungere suo padre, l’uomo che aveva le mani macchiate del sangue di Merlino. L’uomo che, ormai, non poteva più amare come aveva sempre fatto fin da bambino, nonostante tutto.  

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Con secoli di ritardo posto il decimo capitolo. Scusatemi davvero, ma oltre ad essere ancora bloccata da mia nonna per colpa della perdita d’acqua mi sta facendo ritardare anche l’infinita mole di compiti estivi arretrati. Spero da settimana prossima di riuscire ad aggiornare con più frequenza e regolarità. Grazie mille a tutti coloro che seguono questa storia e la apprezzano!

Fede_ChuckBlair: Innanzitutto ciao e grazie mille per la tua recensione! Cavolo, sono davvero felice che ti piaccia! Non sapevi che Morgana è una strega? In questo caso scusa, non voleva spoilerarti nulla! XD Ma visto che adori gli spoiler non mi faccio troppi sensi di colpa… ahahah. Comunque grazie mille ancora, con così tanti complimenti ho rischiato di sciogliermi! Spero che la storia continui a piacerti e spero soprattutto di non deludere le tue aspettative con gli sviluppi della trama! Alla prossima. ^^

hiromi_chan: Nemmeno immagini quanto mi rassicuri sapere che i personaggi rimangono IC, ormai avrò ripetuto un milione di volte che la mia paura più grande è quella di far agire i personaggio in modo troppo OOC… Non sono sicura se arriverò a toccare anche il tradimento di Mordred e Morgana, in realtà ho un po’ di idee a riguardo, ma devo ancora decidere definitivamente. Grazie mille per le tue recensioni, alla prossima!

chibisaru81: Ci credo che Artù è furioso, io lo sarei sicuramente al posto suo! Grazie mille per le tue recensioni, mi fanno sempre piacere. Spero che continui a seguire la mia storia e spero soprattutto che continui a piacerti! Grazie ancora, alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Merlino non riusciva a raggiungerlo. Per quanto si impegnasse non riusciva ad affiancare il principe, che, al contrario, sembrava deciso a mettere sempre più distanza fra di loro. Non che se ne rendesse conto, no, Merlino aveva visto perfettamente la lucidità lasciare i suoi occhi nel momento stesso in cui Rodomont aveva silenziosamente confermato i suoi dubbi. C’era solo furia ormai.

Artù continuava a camminare come se avesse il diavolo in persona alle calcagna, diretto verso quello che un tempo aveva potuto chiamare padre. Avrebbe dovuto essere pronto, dopotutto: sia Morgana che il drago gli avevano anticipato la possibilità che ci fosse veramente Uther dietro l’aggressione di Merlino, ma nel momento in cui quei sospetti erano diventati un’innegabile certezza si era reso conto che non era minimante pronto. Suo padre, il re, l’uomo che avrebbe dovuto amarlo, aveva cercato di uccidere una delle persone a cui lui era più legato. Anzi, lo aveva fatto proprio per il suo affetto nei confronti di Merlino.

La reputazione prima di tutto.

Riusciva a sentire la voce di suo padre ripetere quella frase con una chiarezza disarmante.

L’onore è quanto di più importante un cavaliere abbia, Artù. Non devi dimenticarlo mai.

Fin da bambino era quello ciò che gli era stato insegnato, ma il principe non era mai stato persuaso da parole tanto fredde. Certo, da buon cavaliere teneva molto alla propria reputazione, ma le persone venivano al primo posto, no? Non era loro compito quello di proteggere le donne e gli indifesi?

Proteggere. Non uccidere.

Con che coraggio suo padre aveva ritenuto più importante la reputazione del principe ereditario alla vita di un ragazzo? Importava forse qualcosa che Merlino fosse un semplice servitore? Come si poteva pensare di doverlo uccidere per mettere fine a delle stupide voci?

Artù non poteva evitare di essere disgustato da quei pensieri. La sua mente ormai procedeva a scatti sconnessi e rabbiosi e nulla, nulla, se non il desiderio di vendetta contava.

Odio.

Il biondo non aveva mai pensato che un sentimento potesse essere tanto forte, ma solo in quel momento si rendeva conto di non aver mai conosciuto veramente l’odio.

Suo padre.

Era veramente stato suo padre a cercare di portargli via Merlino.

E non importava neppure il fatto che quei pensieri fossero terribilmente inappropriati se rivolti al suo servitore.

La sua mente, guidata dalla rabbia, non era più in grado di filtrare e le emozioni lo investivano ad ondate violente, come mai era successo prima di allora.

Merlino, con il tempo, era diventato il suo centro: lo accompagnava in ogni singolo istante di tutte le sue giornate, era la voce irriverente che gli ricordava che, anche se era un principe, rimaneva una persona, proprio come tutte le altre, ma era anche la voce gentile che lo rassicurava quando ne aveva bisogno, era il viso deciso da guardare nei momenti di insicurezza, era la dolcezza che lo avvolgeva e lo calmava quando era troppo duro con se stesso e con gli altri.

Non poteva nemmeno immaginare di perderlo: non sarebbe più stato capace di vivere senza di lui. Infondo, solo quando il moro era arrivato a Camelot, stravolgendo senza ritegno la sua intera esistenza,  lui aveva veramente iniziato a respirare.

Merlino era tutto ciò di cui Artù aveva bisogno, ed era anche molto altro. Molto di più.

Quando arrivò alle porte della sala del trono non aveva sentito nemmeno una delle tante suppliche che il suo servitore gli aveva rivolto. Non un richiamo, non un’imprecazione, nulla. Semplicemente, non aveva più capito nulla da quando Rodomont lo aveva guardato con quegli occhi colpevoli e terribilmente consapevoli.

Le guardie non fecero nemmeno in tempo a cercare di trattenerlo che lui aveva già estratto la spada ed aveva spalancato il pesante portone di legno, più determinato e contemporaneamente più confuso che mai.

“Artù, ma che diavolo stai facendo?”

Ed eccolo, infine. Suo padre, il re Uther Pendragon, il vero colpevole di tutta quella sofferenza, di tutta quella soffocante paura. Era lì, davanti a lui, così vicino eppure così lontano, così confuso dalla situazione eppure così terribilmente consapevole.

Il principe non rispose, limitandosi ad avanzare verso di lui, mettendo quanta più distanza possibile fra sé e le guardie che, atterrite, sostavano pochi passi dietro di lui in attesa di un ordine.

“Artù, si può sapere che ti succede? Non ti aveva forse proibito di uscire dalle stanza di Gaius?”

“E’ stata colpa tua.” Artù si limitava a sussurrare, sentendo la rabbia solleticargli la pelle, in attesa solo di esplodere: “Sei stato tu ad ordinare a Rodomont di uccidere Merlino.”

Non era una domanda, eppure Uther riuscì comunque a trovare l’energia e la falsità necessaria per mentire ed adottare persino un’espressione indignata ed irritata: “Non dire idiozie. Perché dovrei perdere tempo con congiure contro un servitore? Sono un re, Artù, ho questioni molto più importati da risolvere e tu dovresti saperlo bene visto che sei il principe ereditario. Ed ora metti via la spada e lascia perdere questa storia: la tua reputazione è già sufficientemente compromessa.”

Artù emise un vero e proprio ringhio, stringendo con più forza la spada e facendola roteare, puntandola subito dopo contro il padre: “Possibile che tu abbia la faccia tosta persino di mentire? E’ ora che tu capisca una cosa, Uther Pendragon: il popolo non ne può più della tua tirannia. E io, cieco e stupido, finora ti avevo sempre difeso, ti avevo sempre considerato un buon re. Ma dopo ciò che hai fatto, dopo che hai avuto il coraggio di cercare di far uccidere il mio valletto solo per delle stupide voci, mi rendo conto che ciò che pensa il popolo è vero.”

Uther mosse qualche passo verso di lui, gli occhi sgranati, la fronte corrugata e l’espressione che di solito aveva difronte ad un atto di stregoneria: “Come osi, tu, il mio unico figlio, dire simili cose. Sono anche il tuo re, Artù, devi portarmi rispetto. Non ti permetterò di parlarmi in questo modo!”

Il biondo scosse la testa mordendosi con troppa forza il labbro inferiore e a, quel punto, smise di girare intorno alla questione e lasciò che la rabbia esplodesse definitivamente dentro di lui: si scagliò contro suo padre come se fosse il suo peggior nemico, deciso più che mai a colpirlo.

Uther reagì con una velocità sorprendente per un uomo della sua età e le lame delle loro spade cozzarono con un fastidioso stridio.  Dopo solo un altro paio di colpì, però, Artù si ritrovò Merlino ancorato al braccio e, per la prima volta da quando aveva lasciato le stanze di Morgana, ricominciò a sentire la sua voce.

“No! Per l’amor del cielo, mio signore, no!”

Il moro lo stava fissando con le labbra leggermente socchiuse e gli occhi lucidi per la paura, ma sembrava terribilmente deciso a farlo ragionare: “Sono sicuro che ci sia una spiegazione per tutto. Di sicuro la soluzione non è che voi e vostro padre vi uccidiate a vicenda! Ciò che è successo deve per forza avere una più che valida motivazione e… e anche se così non fosse non ha alcuna importanza!”

“Non ha importanza?” sbottò Artù cercando invano di allontanare il servitore da sé: “Ha importanza eccome, Merlino. Sei quasi morto, dannazione, come puoi dire che non ha importanza?”

“La vostra vita e quella di vostro padre ha sicuramente più valore della mia!”

Il biondo lo guardò stralunato, scuotendo istintivamente la testa e sbattendo le palpebre per schiarirsi la mente dalla nebbia rabbiosa che la annebbiava: “Cosa stai dicendo? Non sei forse tu quello che mi ha sempre detto che la vita dei nobili ha lo stesso valore di quella dei servitori, che ogni esistenza è preziosa allo stesso modo?”

Merlino sospirò con aria rassegnata e contemporaneamente piccata: “Sono consapevole delle mie parole, Sire, ma dovete capire una cosa: io sono fermamente convinto che voi siate destinato ad essere il Re in Eterno, il più grande sovrano di tutti i tempi. Non permetterò che la vostra rabbia vi spinga a compiere un’azione di cui vi pentireste sicuramente. Non permetterò che vi roviniate il futuro con le vostre stesse mani. Ho pieni fiducia in voi e nel vostro Destino, Mio Signore, e farò di tutto affinché si compia e voi diventiate il vero re in grado di unificare tutte le terre di Albion in un epoca di pace e prosperità. Non sarò io la causa della rovina della vostra grandezza.

Io sto aspettando che voi cambiate le cose, Sire. In meglio. Cosicché tutti, anche quelli come me, si sentano accettati e ben voluti.”

Artù rimase un attimo bloccato davanti alla sincerità con cui Merlino aveva pronunciato quelle parole: c’era una tale devozione negli occhi del moro, un affetto e una fiducia che il principe non era sicuro di meritarsi. Quello sguardo, però, si fece largo nella mente annebbiata del biondo e la invase completamente.

A discolpa di Artù c’è da dire che era confuso, irritato ed in preda a troppe emozioni.

C’è anche da dire, però, che baciare Merlino davanti a Morgana, Gwen, Gaius e le guardie, tutti richiamati dalle urla, non fu una delle sue migliori idee.

Soprattutto se si considera che ad assistere alla scena c’era anche un alquanto scioccato Uther.

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


Scusate, scusate, scusate davvero tanto. So che mi ero impegnata ad aggiornare più regolarmente e soprattutto più frequentemente, ma sono davvero pessima nell’organizzarmi. Sono mortifica. Spero che continuiate a seguire questa storia nonostante la mia irregolarità nel pubblicare.

Fede_ChuckBlair: Ciao! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, grazie per la recensione! In effetti anche io mi darei in affidamento se fossi Artù… U.U credo proprio sarebbe la scelta migliore! Ahahah meno male che non ti danno fastidio gli spoiler, allora! Grazie ancora, alla prossima. ^^

Jenny80_big: Ehi, grazie per continuare imperterrita a recensire! Spero che la storia continui a piacerti! Un bacio. ^^

Tony Stark: Ciao e grazie mille per la tua recensione! Sono molto felice che la mia ff ti piaccia! Cavolo, sono sempre rassicurata quando leggo che i personaggi sono IC… e una copia di Excalibur la terrei volentieri sul comodino! ^^ Scusa per i miei ritardi negli aggiornamenti, mi impegnerò al massimo per pubblicare più frequentemente! Un bacio.

hiromi_chan: Ciao e scusa per il ritardo! Ti ringrazio invece per la recensione e anche per la statua spirituale ovviamente! Artù è Artù, non cambierà mai: a volte è un vero idiota, ma è un idiota con un cuore buono e un animo nobile. Meno male che c’è Merlino a fermarlo dal fare stupidaggini, hai perfettamente ragione! Sono contenta che i pensieri di Artù per Merlino ti siano piaciuti, io non posso fare a meno di pensarli così! Un bacio e alla prossima!

Elwing Lamath: Ciao e grazie per la recensione! Sono davvero felice che la mia storia ti piaccia! Ah, IC, che bella parola… Sì, la puntata in cui Artù scopre la verità riguardo la sua nascita mi è piaciuta molto e così ho pensato di riprenderla adattandola alla storia. Grazie ancora, alla prossima! ^^

Marlot: Ahahah, sì ammetto di essermi fermata in un punto assurdo! Grazie per la tua recensione, ma fa molto piacere che la storia continui ad interessarti! Un bacio, alla prossima. ^^

niclue: Sono morta dal ridere leggendo la tua recensione ed immaginandomi la scena! Perdonami, non era mia intenzione farti rischiare un infarto, devo ammettere che anche io quando ho riletto il capitolo sono stata ad un passo dal collasso, ma quando ci si mette Artù diventa ingestibile e deve sempre fare di testa sua! Anche io adoro Morgana, quindi le dedicherò sicuramente altro spazio, infondo senza di lei questa storia non sarebbe nemmeno andata avanti! Per Merlino ed Artù non si preannunciano tempi felici, ma in un modo o nell’altro si risolverà tutto. Ahahah, certo che si è sentita la tua mancanza, le tue recensioni sono esilaranti! Alla prossima! ^^

chibisaru81: Ciao e grazie per la tua recensione! Hai perfettamente ragione, Uther è veramente impossibile quando ci si mette… un bacio, alla prossima!

Giada810: Caio, grazie per la tua recensione, mi fa molto piacere che la storia ti interessi! Grazie soprattutto per avermi segnalato gli errori, li correggerò il prima possibile. Grazie ancora, un bacio! ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Artù si ritrovò a fissare Merlino troppo vicino al suo volto per essere ad una distanza ragionevole dal suo valletto. Il moro gli rivolgeva una sguardo confuso, un po’ spaventato forse, ma contemporaneamente estremamente dolce e felice.

Insomma, non lo aveva fatto veramente, giusto?

Era successo tutto nella sua mente, doveva per forza essere così!

Non poteva aver appena baciato Merlino davanti a mezza Camelot, non sarebbe mai stato così stupido. E poi, perché avrebbe dovuto baciare il suo servitore?

Certo, lui era Merlino, ma non ricordava di aver mai pensato di volerlo baciare. Forse giusto un paio di volte, in passato, forse aveva ricercato la sua compagnia più del necessario semplicemente perché gli faceva piacere averlo accanto, forse non si era mai preoccupato di smentire le voci riguardanti una qualche tresca fra lui e il moro perché infondo un po’, ma proprio solo un pochino, le condivideva, ma da qui a baciarlo davanti alla corte di Camelot il passo era stato decisamente troppo brusco ed improvviso.

“Artù Pendragon!”

Oh.

Aveva quasi dimenticato la presenza di suo padre.

Non aveva nemmeno il coraggio di voltarsi per guardarlo, non riusciva a spostare lo sguardo su nessuno dai presenti. Poteva solo continuare a fissare il viso arrossato e confuso di Merlino, i suoi occhi luminosi e il suo lieve sorriso alla disperata ricerca di un appiglio per evitare di mandare tutto al diavolo e diventare eremita. In un paese molto lontano in cui nessuno lo conosceva, preferibilmente.

E quell’appiglio, per grazia del cielo, c’era. Nonostante la confusione, la sorpresa e forse anche la paura per le possibili conseguenze, Merlino rimaneva ostinatamente al suo fianco, lo sguardo accesso da una luce determinata e consapevole, le labbra appena tirate in un sorriso delicato.

Sembrava compiaciuto, nonostante tutto. E per il momento, ad Artù poteva bastare.

Inspirò a fondo un paio di volte prima di tornare a fronteggiare suo padre, la spada ancora ben stretta in una mano.

“Uther.” la sua voce era più decisa del previsto, il suo sguardo più fiero.

Non riusciva più a chiamarlo padre, ormai. Non riusciva nemmeno più a pensarlo come suo padre. E faceva male, terribilmente male. Lui e il re avevano sempre avuto dei contrasti, spesso i loro modi di pensare erano troppo diversi per trovare un punto di contatto, ma rimaneva sempre suo padre, dannazione.

Si sentiva in lutto, quella era la verità. Suo padre, l’uomo che aveva amato incondizionatamente nonostante tutti gli scontri, era morto. Ma non era quello il momento di lasciarsi andare a sentimentalismi, non poteva ancora permettersi di cedere.

Uther lo guardava come se avesse appena vomitato una rana ed il principe era abbastanza sicuro che se si fosse voltato avrebbe trovato quella stessa espressione anche sui visi di tutti gli altri presenti.

“Artù, ma cosa diamine stai facendo? Cosa… cosa significa tutto questo?”

Cosa avrebbe potuto dire? Nemmeno lui aveva una risposta a quelle domande.

A quel punto non gli rimaneva che svuotare la mente e seguire l’istinto, tanto peggio di così non sarebbe certo potuta andare.

“Non lo so. Nemmeno io riesco e capire e comprendere le mie emozioni al momento, ma so che Merlino è un… un amico per me, questo è sicuro. E so anche che tu hai cercato di farlo uccidere. Lui è molto importante per me ed è quasi morto a causa tua.”

“Ora basta! Ve’ nelle tue stanze e restaci, maledizione!”

Il viso dell’uomo era infiammato dall’ira e mentre parlava continuava a fendere l’aria con la spada, lo sguardo minaccioso fisso sul volto teso del figlio.

Artù, però, non era disposto ad obbedire, non quella volta. Non si sarebbe più sottomesso ad un uomo tanto crudele, non avrebbe mai giurato fedeltà a qualcuno con un cuore tanto duro.

“No, Uther.” mormorò infatti, trattenendosi dal tremare: “Sono stanco di nascondere i miei veri sentimenti e pensieri solo per compiacerti, sono stanco di cercare costantemente da te un’approvazione che tanto non mi darai mai. La verità è che sono stato sordo alle parole del popolo e non ho nemmeno voluto credere ai miei occhi. Ho dovuto rischiare di perdere una delle persone più importanti della mia vita per capire, per scorgere la tua vera anima. Un anima nera. Ed ora non mi dire di tacere perché tanto non ti ubbidirò. Puoi fare tutto ciò che credi, puoi cacciarmi, bandirmi, diseredarmi, non mi importa. La verità e che se devo scegliere fra te e Merlino, non mi risulta affatto difficile farlo. Lui mi è sempre stato accanto, è un amico leale, è la persona di cui mi fido maggiormente. E’ Merlino, per l’amor del cielo, e questo spiega tutto. Tu invece ti sei dimostrato crudele e spietato persino nei confronti del tuo unico figlio! Conosci il mio affetto nei confronti di questo ragazzo, tutti lo conosco, eppure non hai esitato a cercare di portarmelo via con la forza! E per questo, per questo Uther Pendragon, io non ti perdonerò mai.”

E davvero, Artù sapeva perfettamente che le parola con cui aveva descritto Merlino erano poco appropriate e soprattutto poco consone, ma la verità era che per lui il moro rappresentava esattamente quello. Era così confuso, così spaventato dai suoi stessi sentimenti che non riusciva a ragionare lucidamente e le parole avevano lasciato le sue labbra senza freno e senza filtri, esattamente come le aveva pensate.

Per qualche attimo la sala rimase in completo silenzio, tanto che Artù riusciva perfettamente a percepire il respiro frettoloso di Merlino accanto a sé, poi, con in viso l’espressione più furiosa e contemporaneamente delusa che il principe avesse mai visto, il re parlò: “Portatelo nelle segrete.”

Un solo sussurro che racchiudeva molte più parole.

Le guardie non si mossero, ancora troppo sbalordite dalla situazione, e nessuno in sala sapeva come reagire alle parole del principe.

“Portatelo via, per l’amor del cielo, prima che faccia qualcosa di cui mi pentirei!”

Artù si sentì afferrare quasi subito per entrambe le braccia e trascinare lontano dal re, ma il suo sguardo si posò sul proprio valletto: il moro era rimasto fermo difronte al re, il mento sollevato in un disperato orgoglio e lo sguardo fiero davanti a quella furia che presto, lo sapeva, si sarebbe riversata su di lui.

Anche il principe ne era perfettamente consapevole, e cercò invano di liberarsi dalla ferrea presa delle tre guardie che lo stavano trascinando via. Non poteva lasciarlo lì, solo, contro suo padre. Lo avrebbe messo a morte, lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani, senza esitare e senza pentirsene.

No, no, doveva aiutarlo. Solo poche ore prima si era rimproverato di non essere mai riuscito a proteggere veramente il suo valletto, mentre quel ragazzo tanto esile e delicato era sempre pronto a dare la vita per lui.

Non poteva lasciarlo lì, non doveva assolutamente permettere che gli accadesse qualcosa di male, ma per quanto si dibattesse per liberarsi, la presa delle guardie era troppo forte e ne erano persino accorse altre per tenerlo fermo e trascinarlo via.

“Morgana!” urlò quando ormai erano a pochi metri dal portone, cercando disperatamente di incrociare lo sguardo della sorellastra: “Morgana, ti supplico, aiutalo! Non permettere che Uther gli faccia del male, non permettere che muoia! Ti prego, Morgana, ti prego, aiutalo!”

Un attimo dopo la porta si era chiusa, ma Artù aveva fatto in tempo ad incrociare lo sguardo determinato della pupilla del re ed era certo di averla vista annuire.

Se c’era qualcuno che poteva salvare Merlino, quella era Morgana, il biondo ne era perfettamente consapevole, ma non per quello si era tranquillizzato.

Cosa avrebbe fatto Uther al suo valletto? Conoscendolo, non avrebbe esitato nell’adottare una misura drastica, senza contare che aveva già cercato di ucciderlo.

Stupido, era stato così stupido.

Non avrebbe mai dovuto lasciare che i sentimenti lo sconvolgessero a tal punto, non avrebbe mai dovuto baciarlo. Non lì, non in quel momento, dannazione!

Qualunque cosa fosse successa a Merlino sarebbe stata inevitabilmente colpa sua. Non se lo sarebbe mai perdonato, non sarebbe mai riuscito ad andare avanti con un simile peso sulla coscienza.

Merlino, il suo Merlino, una creatura cosa pura e fragile che nascondeva un tale potere… la verità era il moro non aveva mai avuto bisogni di lui, mentre lui, proprio lui, il viziato e borioso principe ereditario di Camelot, si era ritrovato a dipendere praticamente in tutto e per tutto da quel ragazzetto irriverente ed irritante.

Non poteva nemmeno pensare all’eventualità di non rivederlo più.

Nulla avrebbe più avuto senso senza di lui.

Ed era stato così stupido a non accorgersene prima. Se lo avesse fatto forse avrebbe evitato di mandare tutto in malora con la sua impulsività e Merlino non si sarebbe trovato in quella situazione.

Era tutta colpa sua. Solo una sua responsabilità.

Quando la porta della cella si chiuse e le guardie si allontanarono, Artù si sentì finalmente libero di piangere.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


Buongiorno a tutte mie prodi lettrici! Ho appena finito di rivedere per la centesima Kill your darlings e per qualche motivo a me ignoto mi ha portato l’ispirazione necessaria per pubblicare, finalmente, il dodicesimo capitolo di questa storia. Solo per questo capitolo abbandoneremo il nostro povero Asino Reale nelle segrete e passeremo al punto di vista di Merlino, ma non temete, Artù tornerà prestissimo! Un bacio a tutte!

Fede_ChuckBlair: Ciao e grazie per la tua recensione! Finalmente Artù ha parlato sinceramente con suo padre, ma forse è stato un pelino troppo diretto. E sì, il nostro povero principino non può ancora riposarsi, povero cuore. Non temere, amo troppo Merlino per farlo morire! Grazie ancora, alla prossima. ^^

niclue: Ahahah, per un pacco di biscotti ci possiamo accordare sul futuro di Artù e Merlino, sono aperta a contrattazioni! Hai perfettamente ragione, questa è stata decisamente una giornata da infarto per Artù… e non è ancora finita! Aaah, il problema di shippare coppie angst è diffuso sfortunatamente, ma di sicuro farò in modo che tutto finisca bene. In un modo o nell’altro. Bisogna solo placare l’istinto omicida di Uther… Alla prossima!

giuggi22: Ciao e grazie per la tua recensione! Mi fa piacere che ti interessi la mia storia. ^^ Un bacio!

Jenny80_big: Hai ragione, Uther a volte è veramente terribile. Lui e la sua fissa per le condanne a morte! Ma anche Morgana non è da prendere alla leggera, avranno di che discutere quei due! Un bacio, alla prossima. ^^

chibisaru81: Ti giuro che quando mi sono immaginata Uther infilzato con uno spiedo sono scoppiata a ridere! A volte anche io vorrei farlo, quell’uomo sa essere terribile! Confidiamo in Morgana, non ci resta altro da fare… Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

Non doveva aver paura. Cosa sarebbe cambiato se in quel momento si fosse inginocchiato e avesse implorato pietà? Uther non era il genere di uomo che si lasciava smuovere dal terrore. Uther non era il genere di uomo che si lasciava smuovere da nulla.

Rimanere in piedi, doveva rimanere saldo sulle sue gambe.

Stai tremando come una donzella, Merlino, non vorrai forse dire che quell’asino ha sempre avuto ragione sul tuo conto!

Gli occhi furiosi del re puntati così insistentemente sul suo viso, però, non lo aiutavano certo a calmare il battito accelerato del suo cuore.

Sarebbe morto, ne era sicuro. Uther non avrebbe mai capito, non avrebbe mai accettato una cosa simile. Con tutta la fatica che aveva fatto per tenere segreta la sua magia ora sarebbe morto solo per un bacio.

Un solo, maledetto, semplice bacio.

Parte di lui avrebbe voluto raggiungere Artù nelle segrete e strangolarlo con le sue stesse mani per la situazione in cui lo aveva cacciato con la sua testaccia dura e la sua impulsività, ma l’altra parte, quella terribilmente sentimentale e romantica, stava ancora tremando come un foglia al solo pensiero di quanto era appena successo.

Lo aveva baciato.

Artù Pendragon lo aveva baciato, lo aveva fatto davvero, quella volta non se lo era solo immaginato.

Cioè.

Non che passasse le sue giornate a fantasticare di essere baciato da quel principe borioso ed arrogante, ma infondo non gli era affatto dispiaciuto.

Piantala di prenderti in giro, Merlino. Sono secoli ormai che gli corri dietro aspettando solo che lui si accorga di te, desiderando solo un suo cenno di affetto nei suoi confronti.

Si ritrovò a sorridere come un ebete ancora prima di rendersene conto, ma quando vide le sopracciglia di Uther aggrottarsi maggiormente  in quell’espressione minacciosa tossicchiò imbarazzato per riprendersi. Non era certo quello il momento di pensare ad Artù e ai suoi stupidi baci.

Stai per morire, Merlino, fattene una ragione.

Quel pensiero lo rattristò improvvisamente: proprio quando le cose stavano iniziando ad andare bene, lui doveva morire.

Insomma Artù aveva scoperto la sua magia e gli era comunque rimasto accanto, mentre il miraggio di Albion sembrava farsi sempre più vicino. Ed era ormai innegabile che il principe gli fosse affezionato, dannazione!

Aveva così tante cose da dirgli, così tante cose da spiegargli…

Il biondo gli aveva detto che quando quella situazione si fosse sistemata avrebbe dovuto raccontargli tutto ciò che aveva fatto alla sue spalle grazie alla magia, avrebbe dovuto mostrargli quella parte di sé che era sempre stato costretto a tenergli nascosto. Poteva finalmente parlargli in tutta sincerità, confidargli le sue preoccupazioni. Poteva smettere di mentirgli.

Sarebbe dovuto essere tutto perfetto.

E invece, invece non poteva far altro che rimanere fermo difronte a quel incollerito che puntava minacciosa la spada verso di lui.

Che senso aveva morire in quel momento? Come avrebbe fatto a nascere Albion dopo la sua morte? E Artù? Che ne sarebbe stato di lui? Con tutta la fatica che aveva fatto per conquistarsi la sua piena fiducia, il suo dannato affetto…

Inutile, è stato tutto inutile.

“Cos’hai da dire a riguardo, servo?”

Merlino sollevò piano lo sguardo verso il re, trattenendo istintivamente il fiato davanti alla sua espressione.

Oh, non sarebbe mai sopravvissuto a tanta rabbia.

Il moro si mordicchiò nervosamente le labbra, indeciso su come rispondergli. Tanto valeva parlargli apertamente, ormai. Tanto sarebbe morto in ogni caso.

“Non ho nulla da dire, Sire. Le azioni di vostro figlio hanno sorpreso anche me.”

Uther scosse con forza la testa, facendo roteare la spada ed avvicinandosi maggiormente a lui: “Mio figlio non avrebbe mai fatto una cosa simile: non era in sé, è evidente! Confessa! Lo hai stregato, non è così?”

Per un attimo, un solo brevissimo istante, a Merlino venne quasi da ridere: Uther doveva sempre infilare la magia in ogni cosa. Se solo avesse saputo che quella volta, stranamente, aveva veramente difronte a sé uno stregone…

“No, Sire. Non ho fatto nulla del genere.”

E davvero, non credeva che la sua voce potesse suonare tanto decisa in un momento simile.

Il re inspirò a fondo, gli occhi accesi dalla solita scintilla di follia che vi brillava nei momenti di rabbia: “Tu menti. Un traditore così vicino al cuore del nostro regno. Pagherai con la vita le tue colpe!”

Merlino vide con strana lentezza la lama sollevarsi decisa verso l’alto, pronta a ricadere senza esitazioni sul suo collo. Avrebbe voluto fare ancora così tante cose…

Non aveva nemmeno detto addio a sua madre e a Gaius. Non aveva nemmeno avuto il tempo di chiarire con Artù quella strana situazione.

E il suo Destino? Finito ancora prima di cominciare. Quel dannato drago lo aveva sempre preso in giro.

Quando ormai era convinto che non avrebbe più visto un’altra alba, una riccia chioma di capelli scuri oscurò la sua visuale e la lama fu costretta a deviare bruscamente per non ferire l’esile ragazza che si era parata dinanzi a lui, le braccia spalancate in un gesto di protezione e la schiena dritta.

Era sempre così orgogliosa, Morgana. Così determinata e salda nei suoi propositi.

Se le parole di Kilgharrah si fossero mai rivelate vere, per quanto Merlino si ostinasse a non crederci, la Lady sarebbe stata una nemica decisamente temibile.

“Morgana! Sei forse impazzita?”

Il moro vide la ragazza abbassare lentamente le braccia e stenderle rigidamente lungo i fianchi, le mano pallide strette a pugno.

“Non ti permetterò di punire un altro innocente, Uther Pendragon.”

Dalla sua posizione Merlino non riusciva più a scorgere il re, ma non gli era difficile immaginare la sua espressione.

“Attenta a come parli, Morgana! E’ evidente che il ragazzo abbia incantato Artù, non c’è altra spiegazione!”

“Hai perfettamente ragione, Uther. Merlino ha decisamente incantato Artù, ma senza far uso di alcuna magia. Non fingere di non esserti accorto che i sentimenti di Artù nei suoi confronti sono sinceri. Tutti noi lo sappiamo, da tempo ormai. Tu incluso. Non è forse per questo che hai ordinato a Rodomont di uccidere Merlino?”

Che razza di difesa era mai quella? Morgana avrebbe solo ottenuto di farlo mandare al rogo in quel modo!

“Taci, maledizione! Non sono disposto a credere ad una sola delle tue parole, Morgana. Mio figlio non avrebbe mai fatto una cosa simile!”

“Tuo figlio, Uther Pendragon, ha un cuore al contrario tuo, un cuore che sa provare dei sentimenti. Che il cielo ci aiuti e lo faccia salire presto al trono, per il bene di tutti noi.”

Merlino si spostò di qualche passo indietro in modo da riuscire nuovamente a vedere Uther: l’uomo aveva abbassato la spada e fissava la ragazza con le labbra serrate in una libbra sottile, gli occhi sgranati e folli, il viso arrossato dall’ira.

“Come osi parlare in questo modo al tuo re? Attenta a te Morgana, un’altra parola e nemmeno il mio affetto nei tuo confronti ti salverà.”

La ragazza si lasciò andare ad una risata sprezzante scuotendo piano la testa ed incrociando le braccia al petto: “Affetto? Nemmeno conosci il significato termini simili. Il tuo cuore è freddo e duro come una pietra, Uther, ed è per questo che continui a tormentare il tuo popolo con condanne senza senso, è per questo che ti rifiuti di vedere la sincerità e la profondità dei sentimenti di Artù, è per questo che sei stato capace di cercare di far uccidere un ragazzo innocente solo per proteggere la tua reputazione!”

“Taci, maledizione!”

“Sei arrivato a farti odiare dall’intero popolo, sei riuscito persino a farti rinnegare dal tuo stesso figlio!” Morgana avanzò decisa verso di lui, gli occhi accessi dalla determinazione ed il bel viso contratto: “Per una volta in vita tua, Uther Pendragon, evita di macchiarti le mani di sangue innocente, per una sola volta sii comprensivo ed amorevole nei confronti del tuo unico figlio! Se uccidi Merlino, Artù non ti perdonerà mai. Vuoi veramente perderlo? Vuoi veramente che diventi tuo nemico? Fino a che punto si spinge la tua arroganza? Dimostrami che meriti di essere re di questo regno.”

L’uomo rimase immobile qualche istante, poi sollevò di scatto la spada e la punto con rabbia contro la ragazza: “Vattene, Morgana. Vattene prima che sia tardi.”

Lei, però, non si spostò di un solo passò: sollevò altezzosa il mento, lo sguardo acceso di quell’orgoglio testardo che la caratterizzava.

“Arriveresti a tanto? Arriveresti ad uccidere persino me? Che tu sia maledetto per la tua anima nera, Uther Pendragon, e che gli spiriti di tutti gli innocenti che hai ucciso accecato dalla tua stessa stupidità ti tormenti fino alla fine dei tuoi giorni! Ti chiedo semplicemente di mostrarti degno del trono su cui siedi, per una sola volta in vita tua. Oppure vuoi essere nuovamente ricoperto di sangue innocente?”

Merlino trattenne il fiato, spaventato: Morgana li avrebbe fatti uccidere entrambi, il re non avrebbe mai tollerato una tale insolenza nei suoi confronti.

Uther fissò ancora qualche attimo il volto della figliastra, poi si voltò bruscamente di spalle: “Portatela nelle segrete. Anche il ragazzo. Deciderò la sua sorte in seguito. Ora portateli via entrambi, subito!”

E mentre le mani ruvide delle guardie li afferravano e li trascinavano via, Merlino si voltò per incrociare lo sguardo di Morgana e le sorrise grato.

Sul volto della ragazza, però, era scesa una terribile ombra scura: l’ombra dell’odio.

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Capitolo 13
*** Cap.13 ***


Scusate, scusate, scusate. Il mio ritardo è diventato cronico ormai e mi dispiace davvero molto. Spero che continuiate comunque a seguire i miei aggiornamenti, anche se sono così scostanti e ritardatari. Grazie a tutti coloro che leggono questa ff e che la apprezzano.

Fede_ChuckBlair: Ciao e grazie davvero per i tuoi complimenti, sei gentilissima! Sono veramente contenta che ti piaccia la mia storia e il mio modo di scrivere. ^^ Aaaah, Morgana, Morgana… questa ragazza sta prendendo una brutta piega, come purtroppo abbiamo visto nel telefilm.  Grazie ancora, alla prossima!

Jenny_80big: Anche io adoro Morgana, mi ha veramente spezzato il cuore quando è arrivata a desiderare persino la more di Artù nel telefilm. T.T Uther non cambierà mai, è più forte di lui comportarsi in quel modo… Artù e Merlino *.*Quanto li amo, anche se per loro non si prospettano giorni felci… sarà dura far cambiare idea ad Uther, ma Morgana ha già fatto dei passi avanti salvando la vita al povero Merlino… Grazie ancora, alla prossima!

niclue: Ciao! Nooo, non puoi veramente aver pensato che avrei fatto morire Merlino, lo amo troppo per fargli una cosa simile! E poi come avrebbe fatto il nostro piccolo Artù senza di lui? Ahahah, le tue minacce mi spingono sempre a rimanere sulla retta via! Comunque anche io ho notato che il povero Merlino si trasforma spesso in una ragazzina isterica e, insomma, già il mio Merlino ha pianto un’infinità di lacrime, almeno un minimo di decenza lasciamola! Dovrei addirittura essere illegale, ma wow! Morgana è sempre stata una dei miei personaggi preferiti, sono contenta che ti piaccia il modo in cui sta agendo nelle mia ff. ^^ Temo che tu abbia fatto bene a premunirti di ombrello, questi non saranno tempi facili per i nostri amorini… Ma forse prima o poi potrei anche dar loro una tregua, giusto per farli respirare un po’ u.u Grazie ancora, alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

Era lì da troppo tempo ormai. Possibile che nessuno lo raggiungesse per dirgli qualcosa? Cosa stavano facendo, tutti quanti, ancora chiusi in quella maledetta stanza del trono? E Merlino? Forse era già morto.

Artù si bloccò di colpo, in piedi in mezzo alla cella umida che stava attraversando a grandi passi: il solo pensiero che avrebbe potuto non rivedere mai più il sorriso del suo servitore gli aveva spezzato bruscamente il fiato.

Doveva ammetterlo ormai, non c’era più possibilità di negarlo: aveva un disperato bisogno di Merlino. Quella consapevolezza aveva iniziato a farsi strada nella sua mente quella mattina, quando Ginevra si era presentata da lui in lacrime, ma dopo tutti gli avvenimenti di quell’estenuante giornata non poteva far altro che mettere definitivamente da parte l’orgoglio e ammettere almeno a se stesso che quel ragazzetto moro aveva assunto un ruolo essenziale nella sua vita. Non sarebbe più riuscito a farne a meno e soprattutto non sarebbe mai riuscito a convivere con la consapevolezza di essere lui il colpevole della sua morte.

Solo poco prima si era ripromesso di proteggerlo, di imparare a fare quello che Merlino aveva sempre fatto per lui, nell’ombra, senza mai pretendere nulla in cambio, La sua impulsività, però, aveva rovinato tutti.

Era colpa sua. Solo colpa sua.

Qualunque cosa fosse successa, avrebbe dovuto sopportarne le conseguenze ed assumersene la responsabilità.

Non avrebbe mai dovuto baciarlo, non così, non in quel momento, non davanti a tutti.

Non davanti a suo padre, maledizione!

Gli occhi assurdamente blu di Merlino, però, avevano occupato prepotentemente tutta la sua mente, annullando tutti gli altri pensieri, impedendogli di fare qualsiasi altra cosa se non assecondare l’improvviso desiderio di sentire quel ragazzo più vicino a sé.

Oh, non avrebbe mai imparato.

Quante volte gli era stato detto di cercare di gestire meglio il proprio istinto, di fermarsi a ragionare prima di agire e lanciarsi senza riflettere in qualsiasi cosa, positiva o negativa che fosse? Lo stesso Merlino glielo aveva ripetuto moltissime volte, ma lui niente, aveva perseverato nel suo atteggiamento.

E quelle erano le conseguenze.

Aveva chiesto a Morgana di aiutarlo, l’aveva pressoché implorata. Solo qualche tempo prima non avrebbe mai fatto una cosa simile, non si sarebbe mai abbassato e tanto, per nessuno. Era cambiato tutto nel momento stesso in cui aveva posato lo sguardo per la prima volta su quel ragazzino esile e con delle orecchie improponibili che non aveva esitato un solo istante a sbattergli in faccia la verità, incurante del fatto di aver difronte il principe ereditario.

Per Merlino lui non era mai stato il principe Artù, era stato, fin da subito, semplicemente Artù, l’Asino. Reale, certo, ma pur sempre un asino.

Si riscoprì quasi a ridere al pensiero di tutte le svariate occasioni in cui era stato letteralmente insultato dal suo servitore, con una naturalezza disarmante fra l’altro!

A Merlino non era mai mancata la fantasia quando si trattava di affibbiargli qualche nuovo gentil epiteto: asino, babbeo, idiota, zuccone. Era arrivato a definirlo persino testa di fagiolo, per quanto il significato esatto di quell’insulto continuasse a sfuggirgli.

Oh cielo, non resisteva più!

Aveva un disperato bisogno che qualcuno gli dicesse cosa diamine stava succedendo!

Non ne poteva più di restare rinchiuso in quella cella, impossibilito ad agire e soccorrere Merlino. Se solo avesse potuto rimanere al suo fianco almeno avrebbe lottato per proteggerlo, mentre invece si era lasciato trascinare via dalle guardie con fin troppa facilità, limitandosi ad implorare Morgana di mediare la rabbia di Uther.

L’unica cosa che lo spingeva ad avere una piccola speranza era la nuova consapevolezza, seppur sconvolgente ed inattesa, della magia del suo servitore: avrebbe potuta usarla per salvarsi la vita in casi estremi. Ma, forse, conoscendo quell’idiota del suo servo, non lo avrebbe fatto, rispettando il volere del re. O forse chissà che altro avrebbe combinato, quello strambo ragazzino. Non era mai riuscito a leggere completamente l’anima di Merlino, aveva sempre sentito che gli sfuggiva qualcosa, un qualcosa quasi essenziale. Certo, non si sarebbe mai immaginato che si trattasse di stregoneria, ma aveva sempre percepito una sorta di barriera che Merlino a volte innalzava.

E ora, ora che finalmente avrebbe potuto abbattere ogni difesa del servitore per carpire completamente la sua anima, la sua dannata impulsività rischiava di rovinare tutto.

Chissà quante cose aveva fatto Merlino alle sue spalle… avrebbe dovuto farsi raccontare ogni cosa, anche se una parte di lui temeva di scoprire la verità.

Forse avrebbe scoperto che in realtà lui non aveva alcun merito e che tutti i suoi successi erano stati resi possibili dall’intervento di Merlino…

Sarebbe andato avanti ad arrovellarsi il cervello in quel modo anche per l’intera eternità se solo in quel momento la porta delle segrete non si fosse spalancata, lasciando entrare Merlino e Morgana trascinati in malo modo da delle guardie.

Artù si avvicinò istintivamente ai due, stringendo saldamene le sbarre metalliche con entrambe le mani: il servitore sollevò lo sguardo verso di lui, gli occhi velati da un’ombra di preoccupazione e di confusione. Sembrava che fosse turbato da qualcosa. Certo, ovviamente oltre al casino che il biondo aveva combinato.

Merlino, come intuendo i suoi pensieri, gli indicò Morgana con un cenno del capo: la ragazza camminava a passi rapidi, il capo chino e i capelli che gli coprivano in parte il viso. Sembrava incurante delle mani delle guardie che le stringevano con prepotenza le braccia e sembrava completamente assorbita da chissà quali pensieri.

Era diversa dalla Morgana con cui era cresciuto, sul suo viso era calato qualcosa di malinconico e freddo, crudele quasi. I suoi occhi brillavo di una luce strana, distante eppure terribilmente accesa: sembrava infuriata, ma di quel tipo di rabbia che si avvolge su se stessa e ti divora dall’interno.

Di nuovo, Artù si ritrovò immobilizzato, quasi incapace di respirare, mentre le parole del drago riguardo il futuro tradimento di Mordred e Morgana gli rimbombavano nella mente: era forse possibile che quello fosse l’inizio dell’avverarsi della profezia?

Dalla sua espressione, probabilmente anche Merlino stava pensando la stessa cosa: Artù poteva i suoi occhi bruciare per il senso di colpa, quello stesso sentimento che lo aveva fatto crollare durante il colloquio con il drago.

Avrebbe voluto rassicurarlo, ricordargli che quando aveva salvato la vita del piccolo druido Mordred non era altro che un bambino innocente e che fino a quel momento Morgana si era dimostrata un’amica leale e coraggiosa. Avrebbe voluto dirgli che non aveva fatto nulla di sbagliato e che lui, al posto suo, avrebbe fatto le stesse scelte.

Avrebbe semplicemente voluto stringerlo a sé ed ascoltarlo parlare, confortarlo, farsi raccontare tutta la verità ed insieme chiarire tutti gli avvenimenti di quell’interminabile giornata.

Le guardie però trascinarono il moro nella cella più lontana da quella del principe, impedendo qualsiasi comunicazione fra i due. Anche Morgana fu rinchiusa in una prigione abbastanza distante da entrambe le loro e un attimo dopo le guardie si appostarono poco distanti, sempre pronte ad intervenire.

Artù sospirò: non sarebbe stato facile, ma avrebbe dovuto trovare a tutti i costi un modo per raggiungere Merlino.

 

 

 

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Capitolo 14
*** cap. 14 ***


Buongiorno a tutti miei amati cavalieri di Camelot! Prima di tutto volevo scusarmi nuovamente con voi per l’immenso ritardo con cui continuo a pubblicare, chiedo perdono!
Nella speranza che continuiate a seguirmi, vi auguro buona lettura! Un bacio a tutti!
 
Jenny80_big: Ciao e grazie per la recensione! Quando Morgana ha voltato le spalle a Camelot, nella serie, mi ha spezzato il cuore, ma purtroppo il suo personaggio è caratterizzato anche da quest’odio che Uther le ha trasmesso… magari però in questa fic le impedirò di diventare così terribilmente malvagia, devo ancora decidere. Grazie davvero per continuare a seguirmi nonostante i miei tremendi ritardi! Un bacio!
 
Lululove2: Ciao e grazie per la tua recensione! Non temere, Merlino ed Artù non tarderanno a tornare insieme, il mio povero cuore non riesce a vederli separati troppo a lungo. ^^ Questo capitolo sarà un po’ più lungo, promesso!
 
Chibisaru81: Aah, guarda, Uther fa impazzire anche me! Anche dopo la sua morte, nella serie, la sua ombra continua a perseguitare il povero Artù. E’ inutile, quell’uomo non cambierà mai…
 
Fede_ChuckBlair: Ah, Morgana, Morgana. Quella ragazza continua a spezzarmi il cuore da quando è cambiata nella serie tv… in questa fic devo ancora decidere se seguire l’impronta del telefilm e renderla malvagia o se salvare la mia amata Lady e lasciarla la ragazza dolce e determinata che era prima che Uther la contagiasse con il suo odio… Grazie per le tue recensioni, mi dispiace davvero per i miei continui ritardi… Un bacio!
 
Niclue: Ciao e grazie per la tua recensione! Hai perfettamente ragione, Artù ormai è cotto e stracotto, se ne sono resi conto tutti tranne lui… il nostra asino è veramente adorabile però! ^^ Ah, la nostra Morgana fa preoccupare anche me… devo ancora decidere se seguire l’impronta della serie o salvarla dalla follia in cui è caduta nel telefilm… il pensiero di renderla malvagia mi spezza il cuore, non sarà una decisone facile. Consiglio? In ogni caso questo capitolo sarà più lungo, promesso! E scusami per i miei continui ritardi… Un bacio!
 
LindaMary: Ciao! Non temere Merlino e Artù non possono rimanere divisi troppo a lungo, torneranno insieme a breve! Un bacio! ^^
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sentiva il cuore battere furiosamente nel suo petto, scosso da una strana inquietudine. Le guardie parlottavano fra loro poco distanti dalla sua cella, e, sebbene non riuscisse a sentire cosa stessero dicendo, Artù non faceva fatica ad immaginare la natura dei loro discorsi. Infondo, aveva appena confermato le voci che giravano su lui e Merlino: aveva dato di che parlare a tutti, a corte.
Dalla sua posizione non riusciva a vedere né Merlino né Morgana, ma poteva sentire il respiro affannoso della ragazza. Il servitore, invece, stava in completo silenzio, immerso in chissà quali segreti: Artù aveva un disperato bisogno di parlargli, ma non poteva certo chiamarlo e mettersi a discutere con lui così, da una cella all’altra. Non era solo la presenza delle guardie ad impedirglielo, ma anche quella di Morgana: non poteva svelare a nessuno il segreto di Merlino, né tanto meno poteva parlare del possibile futuro tradimento della sua sorellastra davanti a lei.
Rimase immobile a riflettere per un tempo indeterminato, la mani ancora ancorate alle sbarre fredde, la mente che girava a vuoto senza riuscire a raggiungere una conclusione soddisfacente. Inoltre, una domanda insistente gli impediva di ragionare del tutto lucidamente: cos’era Merlino per lui? Aveva accettato ormai il fatto che la sua presenza fosse diventata pressoché indispensabile nella sua vita, ma non riusciva ancora dare un nome al sentimento che lo legava al valletto. Era ormai chiaro all’intera Camelot che il loro non era un semplice rapporto padrone-servo, ma cos’era Merlino per lui?
Un amico? Anche Leon era sua amico, ma non per questo la avrebbe baciato!
Una sorta di fratello? Gli mancava solo l’incesto a quel punto, per carità!
La risposta era lì, lo sapeva, gli ronzava nella testa da un po’ ormai, ma non era ancora pronto ad ammetterlo. Non prima di aver parlato faccia a faccia con Merlino, almeno. Non prima di aver visto la reazione del moro al suo bacio.
In quel momento la porta delle segrete si aprì do scatto, facendolo sobbalzare decisamente troppo poco cavallerescamente. Si ricompose il più in fretta possibile, osservando proprio Leon entrare con una guardia e dirigersi verso le loro celle.
Il cavalieri gli passò davanti lanciandogli do sottecchi un’occhiata preoccupata e sorridendogli con aria vagamente incoraggiante.
Artù sorrise di rimando, rassicurato dal vedere che, nonostante tutto, i suoi cavalieri gli erano ancora fedeli.
I cavalieri di Camelot.
Erano una vera e propria famiglia: avrebbero dato la vita pur di proteggersi a vicenda. Quella era la loro più grande forza, ben maggiore alla loro abilità con la spada.
Leon si fermò difronte alla cella di Morgana, aprendola velocemente ed entrando per aiutare la ragazza ad alzarsi: “Siete libera di tornare nelle vostre stanze, mia signora.” Mormorò con voce gentile, sorreggendo la Lady per farla uscire dalla cella.
Morgana stava in silenzio e teneva il capo sollevato, in una muta espressione di orgoglio. I suoi occhi, però, bruciavano ancora di quella strana luce determinata e furiosa.
“Morgana!” la chiamo Artù quando la ragazza passò davanti alla sua cella, scortata da Leon: “Grazie per quello che hai fatto. Sì, insomma, per averlo protetto.”
La ragazza sorrise dolcemente, tornando per un attimo ad essere la sua amata sorellastra: “Ora tocca a te. Quando sarai Re, Artù, sarai sicuramente migliore di tuo padre. Lo sei sempre stato.” Concluso abbassando il capo e lasciando che i capelli le coprissero per un attimo il viso, quindi sollevò nuovamente il mento puntando lo sguardo fiero dritto davanti a sé ed avanzando con grazia e determinazione.
Morgana era così, estremamente forte, capace e decisa. Se veramente l’avessero avuta come nemica, in futuro, sarebbe stata un’avversaria difficile da sconfiggere. E se veramente, come affermava il drago, Morgana era una strega, tutto avrebbe preso una piega ancora peggiore.
Artù scosse con forza la testa, sospirando piano: era sua sorella, dannazione!
Non poteva credere che le parole del lucertolone fossero vere, non poteva credere che non avrebbe più potuto sentire la presenza forte di Morgana al suo fianco. Le era affezionato e non era disposto a perderla senza provare a trattenerla: avrebbe fatto di tutto per tenere sua sorella con sé, tutto ciò che sarebbe stato necessario.
Quando Leon si chiuse la porta delle segrete alla spalle, Artù sentì un mormorio provenire dall’oscurità: era un rumore delicato, che aveva sentito per puro caso. Un attimo dopo, Merlino scivolò fuori dalla sua cella, avanzando verso di lui silenzioso come non credeva potesse essere e portandosi un dito alle labbra per fargli cenno di tacere.
Quando era ormai difronte alla sua cella, sollevò una mano, puntandola contro le due guardie, ignare, e mormorò delle strana parole in una lingua incomprensibile. I suoi occhi si incendiarono nuovamente di oro fuso, come quando aveva usato la magia per impedirgli di scagliarsi contro Rodomont, e un attimo dopo le due guardie si accasciarono a terra senza emettere un solo suono.
Gli era stato insegnato fin da bambino a disprezzare la magia, a temerla e odiarla, tanto da punire con la morte chiunque la praticasse. Nonostante tutto, però, lui ne era affascinato. Quando gli occhi di Merlino bruciavano di viva forza, Artù percepiva uno strano brivido attraversalo. Era un potere straordinario, un potere che andava oltre ogni sua possibilità, ed era tutto racchiuso in quel corpicino esile e fragile.
Un attimo dopo la serratura della sua cella scattò e il moro si intrufolò all’interno, senza guardarlo, fino ad appoggiarsi alla parete più distante da lui.
“Non sono morti, vero.” Mormorò Artù indicando le due guardie con un cenno del capo e il valletto scosse con forza la testa, sembrando quasi offeso da quella domanda.
Rimasero in silenzio per qualche istante, lui con la schiena appoggiata alle sbarre e Merlino premuto contro la parete opposta.
“Fuggi da me?” mormorò alla fine il principe, dopo averlo fissato con insistenza senza però ottenere una reazione da parte del moro.
“No, mio Signore.” Sussurrò in risposta l’altro, con tono troppo poco convinto per risultare credibile: “E’ solo che qui sono meno visibile. In caso qualcuno entrasse.”
Artù annuì piano, continuando a fissarlo ed osservando divertito le guance del suo servitore farsi sempre più rosse. Poi, preda di un pensiero che nemmeno lui capiva, raggiunse il valletto a grandi passi, troppo velocemente per dargli il tempo di scostarsi, e lo immobilizzò fra la parete fredda e il suo corpo.
Sentì distintamente Merlino trattenere il fiato e spingersi ancora di più contro il muro di pietra, cercando di mettere almeno mezzo centimetro di distanza fra sé il principe, inutilmente.
Il biondo ridacchiò, sollevandogli il mento con due dita e costringendolo a guardarlo: “Credevo non stessi fuggendo da me.”
“Non lo sto facendo, Sire. E’ solo che voi e il vostro gentil peso mi state schiacciando.” Ribatté ostinato il valletto, cercando di apparire deciso nonostante gli stessero andando a fuoco le guance. Per non parlare delle orecchie.
Artù rise ancora, guardandolo come se avesse davanti a se la cosa più preziosa del mondo: non era così che aveva immaginato il suo incontro con Merlino, in realtà, ma la situazione aveva preso quella piega di sua spontanea volontà: “Staresti dicendo che sono grasso, Merlino?”
“Sto dicendo che avete addosso chili di inutili muscoli.”
“Inutili – cosa?” sbottò Artù inarcando un sopracciglio e rifilando un’occhiataccia al sorrisetto del moro: “Non sono affatto inutili muscoli! Come pensi che li vinca i duelli? Come pensi che li addestri i cavalieri? Senza i miei muscoli la spada non si guiderebbe da sola!”
Questa volta fu il valletto a ridere, sollevando una mano battendola delicatamente sulla sua spalla, come se stesse consolando un bambino capriccioso: “Ne sono sicuro, Sire.”
Sorrideva, sorrideva con dolcezza e delicatezza. Per quanto avrebbe dovuto sentirsi vagamente offeso per le insinuazioni del ragazzo, Artù riusciva solo a pensare a quanto fosse bello il suo valletto e a quanto fosse piacevole la sensazione di quel corpo esile premuto contro il suo. Prima ancora di rendersene conto si era sporto verso di lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lo stava baciando. Di nuovo.
Solo che questa volta era tutto più volontario e pensato, più profondo.
E, diamine, le labbra di Merlino erano così morbide e timide sotto le sue!
Aveva una bocca così calda ed accogliente che non poteva evitare di chiedersi come avesse fatto a resistergli tanto a lungo. Lo strinse maggiormente a sé, strattonandolo per gli abiti leggeri ed afferrando con forza i suoi fianchi, così sottili e fragili che quasi temette di fargli male. E alla fine, la sua pelle era lì, liscia e fredda sotto le sue dita che si erano insinuate velocemente sotto la sua maglia. Artù premette una mano a palmo aperto sulla pancia del moro, spingendolo contro il muro e schiacciandosi maggiormente contro di lui, mentre con l’altra mano carezzava delicatamente una gamba di Merlino, che gli strinse istintivamente le braccia intorno al collo mugolando piano nella sua bocca.
“Artù..” ansimò poi, cercando di allontanarsi almeno un po’ da lui: “Potrebbe arrivare qualcuno da un momento all’altro, e noi abbiamo cose più importanti da fare.”
Il biondo lo guardò confuso senza però lasciarlo andare.
“Dobbiamo parlare di Morgana. Hai visto anche tu il suo sguardo prima…”
Il principe sospirò piano, guardandolo fino a quando Merlino non abbassò gli occhi: “Abbiamo altro di cui parlare ora. Certo, arriveremo anche a Morgana, ma prima voglio che tu mi racconti tutto ciò che hai fatto con la tua magia da quando sei arrivato a Camelot.”
Il moro annuì sollevando piano lo sguardo: sembrava preoccupato, spaventato quasi, tanto che Artù lo strinse maggiormente a sé.
Voleva solo proteggerlo, assicurarsi che quel ragazzo non soffrisse più per non dover più essere costretto a vedere il suo meraviglioso sorriso spegnersi. Voleva solo vederlo felice. Felice accanto a sé. Era tanto sbagliato?
Lentamente, Merlino cominciò a parlare, raccontandogli ogni episodio in cui era stato costretto ad usare la magia per salvargli la vita e per aiutarlo a proteggere l’intera Camelot.
Tanto piccolo e all’apparenza tanto goffo ed imbranato, nascondeva dentro di sé un potere immenso. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa avesse voluto, avrebbe potuto spazzare via lui e il suo intero regno con un semplice schiocco delle dita e invece aveva deciso di mettere la sua magia al suo servizio. Aveva sopportato tutti i suoi insulti senza una parola quando avrebbe potuto farlo pentire amaramente della sua arroganza.
Così stupido, era stato così stupido a non accorgersi di nulla per tutto quel tempo.
“Perché lo hai fatto?” mormorò dopo che Merlino ebbe finito di parlare: “Perché mi hai sempre aiutato? Sei in pericolo qui a Camelot, hai rischiato così tanto… perché?”
“Per voi, mio Signore.” Rispose il moro senza un attimo di esitazione: “Tutto ciò che faccio è per voi. Ripongo grande fiducia in voi Sire e sono sicuro che diventerete un grande re, il più grande mai esistito. Avete un destino da compiere, un destino che finalmente porterà la pace in tutto il regno. Nulla di tutto ciò si potrà realizzare senza di voi. E’ mio dovere proteggervi e sono orgoglioso di farlo, anche se siete una testa di fagiolo.”
Artù sorrise piano, sedendosi a terra e trascinando il valletto con sé, senza mai lasciarlo andare. Non era sicuro di meritarsi tutta quella devozione, non era sicuro di meritarsi nulla da una creatura tanto speciale.
“Artù,” mormorò Merlino stringendosi istintivamente al suo petto: “qualcosa non va?”
“Pensavo al fatto che molto probabilmente sarei morto tempo fa senza il tuo aiuto… Gran parte della mia gloria è merito tuo. Non sarei nulla senza di te.” Le parole gli era sfuggite dalle labbra prima ancora che lui le pensasse, ma non poteva negare che fossero sincere.
“Artù…” le mani del moro si posarono con delicatezza sulle sue guance: “Non dite sciocchezze, mio signore. La vostra grandezza non dipende da me: voi siete un grande uomo, lo siete sempre stato. Io ve lo ho solo mostrato.”
E, davvero, era così dannatamente facile baciarlo che il principe non poteva fare a meno di chiedersi perché avesse aspettato tanto a farlo. Lo tirò nuovamente contro di sé fino a farlo sedere sulle proprie gambe e lo tenne stretto contro il proprio petto per un tempo assurdamente lungo, senza mai smettere di posare baci più o meno delicati sulle sue labbra morbide.
“Artù…” sussurrava ogni tanto Merlino cercando di fermarlo senza nemmeno un minimo di convinzione: “Noi… Morgana… tuo padre… Artù.”
Ma nessuna di quelle cose aveva importanza in quel momento: l’unica cosa che aveva valore era il fatto che finalmente aveva abbattuto completamente le barriere del suo servitore e aveva scoperto ogni verità che prima li teneva separati. Non c’era più segreti ormai fra di loro, non c’era più nulle da nascondere.
Merlino gli era così terribilmente devoto che quasi gli faceva paura, ma ne era anche dannatamente felice. Insieme, erano perfetti: si completavano a vicenda in un incastro meraviglioso. E in quel momento Artù poteva accantonare ogni sua paura e preoccupazione mentre faceva stendere il moro sotto di sé e lo stringeva con delicatezza facendo scivolare la mani sotto i suoi abiti e spogliandolo senza fretta.
“Artù…”
“Non ti preoccupare ora. Mi occuperò io di te, sempre. Mi sdebiterò per tutto ciò che hai fatto per me, farò in modo che tu sia sempre al sicuro. Non avere paura: prometto che non ti deluderò, non lo farò mai. Lascia che pensi io a te…”
Merlino non rispose, ma il suo corpo esile si rilassò sotto di lui.
E quella, infondo, era una risposta più che chiara.
 

 

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Capitolo 15
*** Cap.15 ***


 
Lo so, sono imperdonabile. I miei ritardi, invece di diminuire, aumentano. Sono un vero disastro, chiedo umilmente perdono. T_T Fra l’altro oggi vado anche di fretta, quindi mi limito a mandare un bacio a tutti e a ringraziarvi di cuore.
 
Jenny80_big: Ciao! Spero davvero che la mia ff continui a piacerti! Morgana è veramente fantastica, ma si prospetta un brutto periodo per lei… merlino e Artù sono adorabili, hai perfettamente ragione! Un bacio, grazie ancora!
 
Federicaxoxo: Ciao! Sono veramente felice di sapere che la mia storia ti piace! Scusa tu per i miei continui ritardi, sono un vero disastro… Artù e Merlino insieme sono una vera meraviglia, gli amo anch’io! Grazie ancora, alla prossima. ^^
 
Niclue: ahahahah, mi piace un sacco la tua teoria! Comunque, anche questa volta, non sono riuscita ad aggiornare in un tempo ragionevole, mi meriterei di essere flagellata, lo so. Stavo morendo dalle risate quando ho letto che Artù è un bambino speciale! Direi che lo descrive benissimo! Povero il nostro patato, è giusto un pelo tonto, cosa ci possiamo fare se non amarlo così com’è? Morgana è sempre un punto problematico della storia: da un lato, come dici tu, se Merlino le avesse detto da subito di essere un dudongo probabilmente lei sarebbe rimasta dalla parte dei buoni, ma è anche vero che il nostro povero ciccino è stato sommerso dalle raccomandazioni di Gaius e del lucertolone di non rivelarle la verità. Non è affatto una situazione semplice, sono ancora indecisa su come risolvera. Grazie ancora per la tua recensione, non odiarmi troppo per i miei ritardi! Un bacio!  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Artù respirava piano, lo sguardo fisso verso il soffitto della cella umida: era stranamente rilassato. Per quanto parte di lui non smettesse di urlare che avrebbe dovuto essere tutto tranne che rilassato, la sensazione del corpo caldo di Merlino premuto contro il suo era rassicurante. Certo, era perfettamente consapevole di essere in una situazione maledettamente complicata, ma non riusciva a smettere di sorridere e carezzare delicatamente i capelli corvini di quel ragazzetto che, ormai non poteva più negarlo, era diventato il vero centro della sua esistenza.
Era stata una giornata a dir poco infernale, ma ormai fuori stava facendo buio. Probabilmente Uther non avrebbe decretato nulla prima della mattina seguente e fino a quando aveva la certezza che Merlino fosse al sicuro, Artù poteva prendersi un attimo di tregua. Certo, erano pur sempre imprigionati, l’atteggiamento di Morgana continuava ad essere sospetto e suo padre continuava ad essere infuriato, ma almeno ora aveva il servitore al suo fianco. Senza più alcun segreto a dividerli.
Faticava a crederlo.
Per quanto si sforzasse gli sembrava tutto dannatamente assurdo: Merlino era uno stregone.
Merlino.
Incredibile come un simile potere potesse nascondersi dietro tanta goffaggine.
“Artù…” mormorò in quel momento il valletto, risvegliandolo dai suoi pensieri: “Devo tornare nella mia cella ora.”
Il biondo corrugò la fronte, voltando il capo verso di lui: “E perché mai? Le guardie continuano a dormire beate.”
Merlino soffocò un sorriso leggermente derisorio e scosse piano il capo, rassegnato a dover spiegare sempre ogni cosa: “Presto si sveglieranno. E comunque fra poco verranno a portarci la cena, sempre che Uther non decida di tenerci a digiuno. Direi che sarebbe a dir poco inopportuno farmi trovare qui.”
Mentre parlava il moro si era messo seduto, allungando le braccia verso l’alto per stirare i muscoli e reprimendo a fatica uno sbadiglio. Anche Artù si mise seduto osservandolo in silenzio, leggermente corrucciato dall’idea di doversi separare tanto presto da lui.
“Cosa c’è da ridere ora?” mormorò piano, inarcando un sopracciglio, quando sentì la risata gentile di Merlino.
“Avete la stessa espressione di un bambino a cui la madre impedisce di mangiare un dolce, mio signore.”
Gli occhi di Artù scintillarono divertiti mentre il biondo sollevava un angolo della bocca in un sorriso storto: “Mi stai dicendo che sono autorizzato a mangiarti?”
Il servo arrossì di colpo e, con le orecchie che andavano a fuoco, gli lanciò la maglia che stava per mettere in faccia, ottenendo solo di farlo ridere maggiormente.
“Smetti di comportarti come una verginella pudica, Merlino.”
Il moro arrossì ancora di più se possibile, abbassando lo sguardo e mugugnando qualcosa di incomprensibile. Allungò le mani alla ceca per recuperare quelle straccetto che si ostinava a chiamare maglia, il tutto mentre evitava accuratamente di guardarlo.
Artù gli afferrò i polsi con delicatezza, strattonandolo piano verso di sé: “Guardami.” sussurrò direttamente contro il suo orecchio, mentre uno strano sospetto si faceva largo nella sua mente.
Merlino scosse la testa nascondendo il viso contro la sua spalla, deciso più che mai a non incontrare i suoi occhi.
“Piantala di fare l’idiota.”
“E voi piantatela di fare il babbeo!”
Artù si sforzò di trattenere una risata per la nota leggermente isterica che aveva preso la voce del suo valletto: “Merlino. Avanti, guardami.”
Il moro per tutta risposta si spinse maggiormente contro di lui, sfregando la guancia contro la sua scapola e mormorando parole sconnesse.
Il principe rimase a guardare i suoi capelli scuri scompigliati sulla sua spalla, quindi, con un sospiro, sorrise piano e lo costrinse ad alzare il viso.
Gli occhi di Merlino sembravano confusi e il cercarono di sfuggire i suoi ancora per qualche istante, ma alla fine il moro si arrese permettendo al proprio sguardo di incrociare quello del principe.
“Ho ragione, vero?” mormorò il biondo a voce bassa: “Tu sei una verginella pudica. O meglio, lo eri fino a poco fa.”
Il valletto, che aveva assunto di nuovo il colorito di un pomodoro maturo, aprì la bocca un paio di volte, senza però riuscire a parlare.
Artù sorrise piano, portando una mano al suo viso e scostandogli i capelli dalla fronte.
Così fragile.
Merlino sembrava davvero piccolo e delicato in quel momento, spaurito e confuso.
Anche se racchiudeva in sé un potere straordinario, ai suoi occhi rimaneva una creatura estremamente fragile: aveva l’assoluto ed innegabile dovere di proteggerlo.
Chi, se non lui, si sarebbe preso cura di quel ragazzetto? Merlino non era bravo a rimanere da solo, aveva la straordinaria capacità di attirare i guai.
Lo sapeva, certo che lo sapeva. Sapeva perfettamente che sottovalutava costantemente le capacità di Merlino, ma non riusciva a sopprimere l’istinto di protezione che provava nei confronti del moro.
Come se non bastasse, in quel momento era intimamente orgoglioso per essere stato la prima volta del servitore: non poteva negare, soprattutto non a se stesso, che il pensiero che qualcuno avesse stretto quel corpicino prima di lui lo irritava incredibilmente.
Era suo. Merlino era solo suo.
Non avrebbe mai permesso a nessuno di toccarlo, mai. Non avrebbe nemmeno mai permesso a nessuno di pensare al moro in certi termini.
Primo e unico.
Era egoistico, certo, ma quel pensiero gli scaldava inspiegabilmente il cuore.
“Sì…” mormorò in quel momento il valletto richiamando la sua attenzione: “Hai ragione. Io non… sì, insomma, io sono… io ero…”
Artù sorrise avvicinandosi maggiormente a lui: “E’ un onore per me.” Sussurrò prima di baciarlo con delicatezza.
Quando lo liberò dalla sua presa, Merlino si ritrasse lentamente, le labbra tese in un sorriso e l’espressione ancora un po’ intontita, quindi riprese a vestirsi.
Artù sospirò, imitandolo: diamine, era veramente sfinito. Quella giornata era durata un’eternità e, in sole poche ore, aveva scoperto più cose di quante ne avesse apprese in tutto il resto della sua vita.
Lasciò che la sua mente si perdesse nei ricordi di quella giornata e si ritrovò a sorridere senza nemmeno rendersene conto.
Oh, era stato veramente terribile.
Aveva avuto una tale paura che aveva temuto di soffocare: il suo petto era stato scosso da così tante emozioni che per qualche attimo gli era sembrato di essere appena stato colpito da un colpo di spada.
Ma era stato anche meraviglioso.
Ora aveva finalmente Merlino, lo aveva tutto per sé, senza più nessuna verità taciuta a dividerli.
Improvvisamente, Artù si bloccò trattenendo il fiato e sentendo distintamente lo stomaco attorcigliarsi.
No. Oh, no. Nonononono. Dannazione, no.
Si sforzò di ricominciare a respirare per recuperare la voce: doveva assolutamente parlare con merlino, ma non ne aveva la forza.
Come aveva fatto a non pensarci prima? Era stato tutto così veloce e sconvolgente che nessuno dei due si era reso conto dell’errore che avevano commesso.
Un errore terribile, che aumentava ancora maggiormente il rischio che Merlino fosse messo a morte.
“Artù?” lo chiamò in quel momento il valletto, preoccupato dall’espressione sofferente che era comparsa improvvisamente sul volto del principe: “Artù, per l’amor del cielo, cosa vi succede? State male? Mio signore! Artù!”
Il biondo si voltò di scatto quando le mani del moro si posarono sul suo viso: “Merlino, per gli dei, come abbiamo fatto ad essere tanto stupidi?”
Il valletto corrugò la fronte, confuso, senza però lasciarlo andare: “Mio signore, spiegatevi per favore.”
“Rodomont. Quando lo stavo colpendo, tu mi hai fermato con la magia. Ha visto tutto, era lì che ci osservava! Se dovesse riuscire a liberarsi andrebbe immediatamente a denunciarti a mio padre! Oppure potrebbe dirlo a Morgana quando lei tornerà nelle sue stanze e anche il drago ha detto che lei non deve sapere dei tuoi poteri!”
Merlino si era completamente bloccato sentendo quelle parole, lasciando scivolare le mani dal viso del biondo. Aveva aperto la bocca, respirando affannosamente, e lo sguardo gli si era offuscato.
“Tutto questo tempo… sono riuscito a nascondere i miei poteri per tutto questo tempo, ed ora che ho te… ora che le cose poteva andare meglio, io… Non posso morire proprio ora!”
Artù scosse con forza la testa, stringendolo istintivamente a sé: “ Tu non morirai, Merlino. Non lo permetterò: dovranno passare sul mio cadavere prima di arrivare a te. Impediremo a Rodomont di parlare.”
“Morgana sarà già tornata nelle sue stanze ormai.” Sussurrò il moro, improvvisamente svuotato da ogni forza.
Artù, invece, era più che determinato ad impedire che la verità raggiungesse le orecchie del re: non lo avrebbe perso. Non avrebbe rinunciato a lui per nulla al mondo. Lo avrebbe protetto da tutto e tutti, a qualsiasi costo.
“Le guardie fra poco si sveglieranno e se non ci troveranno nelle nostre celle daranno l’allarme.” Continuò Merlino, debolmente.
“E tu fa in modo che non si sveglino.”
“Ma… Artù, quando porteranno la cena…”
“Noi avremo già risolto la cosa.”
“Morgana…”
“Merlino!” lo interruppe Artù per l’ennesima volta, portando le mani al suo viso e baciandolo per zittirlo definitivamente: “Risolveremo tutto, te lo prometto. Nessuno ti farà del male e il tuo segreto rimarrà tale. Ora smetti di parlare inutilmente, fa’ in modo che le guardie restino a nanna ancora per un po’ e rispondi ad una domanda: sai cancellare la memoria di qualcuno?”
Il valletto scosse piano la testa: “Gaius però potrebbe aiutarci.” Aggiunse poi, lasciandosi lentamente animare dall’energia del biondo.
Artù gli sorrise stringendolo a sé ancora per qualche istante, poi lo prese per meno a lo condusse fuori dalla cella umida.
Merlino mormorò parole incomprensibile in direzione della guardie: il principe non avrebbe mai potuto negare di essere terribilmente affascinato dal bagliore dorato che illuminava gli occhi del servitore ogni volta che la magia affiorava.
“Sbrighiamoci.” Sussurrò quindi stringendo piano la piccola mano pallida dell’altro e trascinandolo verso l’uscita dei sotterranei.
Il tempo non era dalla loro parte.
 

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


Sono dovute arrivare le vacanze di natale per permettermi di aggiornare ancora, sono senza speranze. Gli impegni hanno letteralmente preso il sopravvento e non sono riuscita a gestirmi meglio, perdonatemi. Grazie a tutti quelli che leggono questa ff, che ormai sta lentamente giungendo a termine!
Chibisaru81: ha perfettamente ragione, sono decisamente troppo lenta ad aggiornare… cercherò di migliorare il più possibile!
Lululove2: mi dispiace davvero non essere riuscita ad aggiornare prima, cercherò di sfruttare queste vacanze per postare qualche capitolo in più del solito!
Jenny80_big: i nostri due amati non hanno un attimo di tregua, è vera! Ne hanno passate davvero tante e quando sembrava che le cose si stessero sistemando devono già ricominciare a correre… ma per salvare Merlino questo e altro! Quel mago farà impazzire Artù prima o poi, ne sono sicura. Grazie per continuare a seguire la storia, alla prossima!
Federicaxoxo: Ciao e grazie per la tua recensione! Non ti preoccupare, il mio povero cuore non ha abbastanza forza nemmeno per pensare di far morire il piccolo Merlinuccio, lo amo troppo! Spero che la mia storia continui a piacerti, alla prossima!
April88: Ciao! Sono veramente felice che la mia storia ti piaccia! Pian piano stiamo raggiungendo la fine, anche se per ora siamo ancora nei guai! Ma infondo, quando è mai successo che Merlino e Artù non rischiassero di morire? È una loro abitudine a quanto pare… grazie ancora, alla prossima!
Niclue: ahahah, la Merthur si è abbattuta su di noi con forza micidiale, mi fai morire! Non faccio altro che ridere come una scema, da sola davanti al computer, ogni volta che leggo una tua recensione! Sì, lo scorso capitolo era talmente dolce che mi ha fatto venire il diabete, ma dovevo pur dare un attimo di tregua a quei due poveri disgraziati dopo tutto quello che ho fatto passar loro. Mi dispiace dirti che se finora ti ho messo ansia i prossimi capitoli saranno un panico totale o almeno così li ho previsti, ma con quei due come protagonisti le cose potrebbero cambiare da un momento all’altro! Consoliamoci con la consapevolezza di un happy ending… grazie  mille per le tue recensioni, un bacio e alla prossima!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando aprirono la porta Gaius li guardò come se avessero il demonio alle calcagna e infondo Artù era consapevole del fatto che le loro espressioni non dovevano essere lontane da quelle di due disgraziati posseduti. Avevano corso come dei pazzi per raggiungere nel minor tempo possibile le stanze del cerusico, cercando nel contempo di non farsi scoprire da nessuna della numerose – troppe, dannazione! – guardie e, un po’ per fortuna, un po’ grazie agli straordinari poteri di Merlino, ci erano riusciti.
Artù aveva stretto la mano del moro per tutto il tempo, inconsapevolmente spaventato al solo pensiero di perderlo: voleva sentirlo lì, con sé, voleva essere sicuro che fosse ancora al suo fianco. Temeva che se avesse lasciato la sua piccola mano pallida, Merlino sarebbe scomparso improvvisamente, senza che lui potesse far nulla per impedirlo.
Perché? Perché il suo valletto doveva essere così incasinato? Perché non poteva essere un normalissimo servitore, senza poteri magici e, soprattutto, senza la straordinaria capacità di attirare problemi?
La verità, per quanto fosse strano e difficile ammetterlo anche solo a se stesso, era che Artù lo amava esattamente così com’era. Pacchetto completo.
“Che diavolo ci fate voi due qui? Non dovreste essere in cella? E’ successo qualcosa? State bene?”
La voce ansiosa di Gaius lo riscosse dai sui pensieri: il vecchio si era alzato con agilità insperata in un uomo della sua età e si era diretto a grandi passi verso loro due, esaminandoli con occhio critico, il sopracciglio sollevato in quell’espressione che lo rendeva incredibilmente simile ad un gufo: “Si può sapere cosa sta succedendo?  Insomma, quello che è successo nella stanza del trono… cosa significa?”
Merlino cominciò a balbettare dondolandosi da un piede all’altro          e fissando il pavimento mentre le sue guance e le sue orecchie assumevano un’adorabile sfumatura di rosso.
Artù sorrise intenerito – da quando lui si inteneriva? Si stava veramente rammollendo da quando conosceva quel ragazzetto imbranato – e spostò lo sguardo sul medico, inspirando a fondo e mettendo ordine ai propri pensieri: “Non c’è tempo per spiegare tutto ora. Ci serve il tuo aiuto.”
Gaius sospirò passandosi le mani sulla veste, annuendo con espressione quasi rassegnata: “Cosa posso fare per voi?”
“Rodomont, il cavaliere che ha aggredito Merlino. Sa che è un mago.”
Il vecchio spalancò gli occhi e si sedette lentamente sullo sgabello alle sue spalle, spaventato da quella rivelazione.
“Noi ora andremo a prenderlo nella speranza che non abbia già parlato con Morgana e lo porteremo qui, tu nel frattempo dovresti cercare un modo per cancellare la memoria delle persone.”
Gaius annuì di nuovo, spostando poi lo sguardo sul proprio protetto: “Fa’ attenzione Merlino. Non sopporterei di perderti… non era che potresti, finalmente, essere totalmente felice.” L’uomo aveva concluso la frase in un sussurro, tanto che per un attimo Artù aveva creduto di essersi immaginato quelle parole.
Ma, oh, le aveva dette davvero.
Lui, proprio lui, era la felicità totale di Merlino.
Era una strana sensazione, ma gli piaceva. Gli scaldava il cuore.
E, davvero, si sarebbe messo a ridere da solo come un idiota per quella nuova consapevolezza se solo non fosse stato tanto in ansia.
Strinse maggiormente la mano di Merlino, che non aveva lasciato per un solo istante, e, dopo aver annuito un’ultima volta in direzione del medico, si voltò e aprì lentamente la porta. Il corridoio era libero, ma una guardia sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro, oppure Morgana sarebbe potuta tornare nelle sue stanze. Non c’era tempo da perdere.
Tirò Merlino maggiormente contro di sé e si chiuse la porta alle spalle, affrettandosi quindi a raggiungere una nicchia poco più avanti nel corridoio e guardandosi nuovamente intorno. Ancora nessuno in vista: in un attimo erano rintanati dietro un’altra statua, al sicuro da occhi indiscreti.
“Potreste smetterla, di grazia?” sbottò Merlino dopo che il principe lo aveva trascinato verso un nuovo nascondiglio: “Sono in grado di camminare da solo e non mi piace essere sballottato da una parte all’altra in questo modo.”
Artù gli rivolse una rapida occhiata scettica prima di tornare a guardarsi alle spalle per assicurarsi – di nuovo – di non essere seguiti.
Fece per dirigersi verso la prossima nicchia, concentrato solo sul raggiungere il prima possibile le stanze di Morgana, ma Merlino fece resistenza impedendogli di proseguire.
Si voltò scocciato verso quel mulo del suo servitore, ma bloccò l’insulto che aveva già pronto sulle labbra non appena notò che il moro sembrava veramente irritato e quasi ferito.
“Merlino…” sussurrò confuso allungando una mano verso di lui, ma il moro lo scacciò con stizza.
Oh, no. Quando avrebbe imparato a prestare più attenzione ai suoi sentimenti?
“Avete una vaga idea di quante volte io abbia risolto situazioni simili da solo? Non ho mai avuto il vostro aiuto prima d’ora e me la sono sempre cavata in un modo o nell’altro. Non ho bisogno di voi, quindi smettetela di comportarvi come un principino borioso ed arrogante e soprattutto smettetela di trascinarmi in giro come se fossi uno dei vostri cani da caccia.”
Lo sguardo di Merlino era duro mentre pronunciava quelle parole, la sua espressione determinata.
E dio, faceva così male.
Era un dolore che gli stringeva il cuore in una morsa crudele, senza pietà. Era un dolore che non era capace di combattere.
Abbassò lentamente lo sguardo, aprendo un paio di volte la bocca senza tuttavia riuscire a parlare.
“Io… lo so, Merlino.” mormorò infine, a fatica: “La verità è che sono io ad aver bisogno di te, è sempre stato così. Sarei morto tempo fa senza di te. E vorrei… vorrei solo che tu…” sospirò scuotendo la testa e portandosi due dita alla tempia destra: “Vorrei solo che tu avessi bisogno di me quanto io ne ho di te. Vorrei solo proteggerti sempre, da tutto e tutti, e vorrei che tu avessi bisogno di me per essere protetto. Lo so, so benissimo che sei terribilmente potente, che sei molto più forte di me e che non hai certo bisogno che qualcuno ti protegga e ti guidi, ma io… io invece ho bisogno di te persino per vestirmi… ho bisogno di te persino per respirare e vorrei essere importante per te quanto tu lo sei per me. La verità è che non mi sento abbastanza, mi sento così piccolo ed inutile e non sono abituato a simili sentimenti. So solo che vorrei essere il centro delle tua esistenza e vorrei che tu ti appoggiassi a me e a nessun altro.” Aveva perso il controllo delle sue parole, se ne rendeva conto, ma non riusciva a fermarsi e lasciava che quella verità taciuta così a lungo scivolasse dalle sue labbra: “Vorrei essere tutto per te, vorrei essere speciale. Per te. Lo vorrei davvero, proprio perché so che tu in realtà non hai bisogno di me. E questa cosa mi fa impazzire, perché non so come gestirla.”
Si bloccò quando sentì la mano del moro posarsi delicatamente sulla sua testa e carezzargli piano i capelli: chiuse gli occhi e sospirò piano, leggermente rassicurato da quel contatto.
“Oh Artù, sei veramente un idiota.” Mormorò Merlino e, anche se non lo poteva vedere visto che aveva ancora gli occhi chiusi, dal suo tono capiva che stava sorridendo: “Come puoi pensare di non essere importante per me? Tutto ciò che faccio, lo faccio per te. Sei sempre stato, e sempre sarai, la mia prima priorità. Tu vieni prima di qualsiasi altra cosa per me, questo devi sempre tenerlo a mente. Quando ho detto che non ho bisogno di te, lo ho detto solo perché ero irritato dal tuo trascinarmi a destra e a sinistra senza fermarti un attimo, ma cosa sarei senza di te? Tu completi la mia medaglia, sei il mio futuro. Sei il mio destino. Nemmeno esisterei senza di te, vivrei una vita senza significato senza di te. E tu mi dici che non ti senti abbastanza.”
Lo sentì ridere piano e un piccolo sorriso nacque anche sulle sua labbra: allungò le mani senza aprire gli occhi e una volta raggiunto il corpo di Merlino lo strinse a sé affondando il viso nei suoi capelli e respirando con forza il suo profumo.
Il mago si appoggiò completamente a lui, facendosi sorreggere totalmente dal principe.
“Anche io sarei morto senza di te. E ho un disperato bisogno della tua protezione, ora più che mai.”
Artù trattenne il fiato, stringendo maggiormente il corpo esile del moro a sé.
“Ho bisogno di saperti sempre al mio fianco, ho bisogno che tu mi sorregga, che mi guidi. Ho bisogno di appoggiarmi a te perché da solo rischierei da cadere. Ci proteggeremo a vicenda: ognuno di noi ha la sua forza e la sua debolezza, ma insieme… insieme potremmo essere perfetti.”
Il principe sorrise aprendo finalmente gli occhi per poter guardare il volto arrossato del valletto: gli strinse la mani sulle guance, fissando quegli occhi blu e leggendoci una devozione che ancora, nonostante tutto, non era ancora sicuro di meritare.
Si chinò piano per baciarlo, stringendolo a sé e rimanendo – ancora e ancora, sempre – sorpreso da quanto quelle labbra fossero morbide ed arrendevoli sotto le sue.
 
Lo tenne stretto a sé per un tempo indefinito, passando una mano fra i suoi capelli ad intervalli regolari e sospirando con un misto di tristezza e dolcezza: avrebbe voluto che fosse tutto più facile. Desiderava solamente non avere il costante timore che quella piccola bolla di felicità in cui erano racchiusi lui e Merlino scoppiasse da un momento all’altro, ma era consapevole che la loro situazione era terribilmente instabile.
Sospirò di nuovo quando il rumore di tacchi che percorrevano velocemente il corridoio li fece sobbalzare: Morgana si stava dirigendo a passo di carica verso la porta della sue stanze.
“Oh maledizione!” imprecò il biondo stringendo i pugni: “Dobbiamo fermarla, non deve parlare con Rodomont! Maledizione! Non deve parlare con lui!”
Improvvisamente, l’aria intorno a lui si cristallizzò e tutto divenne statico: Morgana rimase bloccata nel corridoio, la guardi che si stava avvicinando divenne come una statua, la gamba alzata e un braccio teso in avanti.
Decisamente c’era qualcosa di strano: tutto era immobile, statico.
Troppo immobile e statico.
Merlino.” Sussurrò voltandosi lentamente verso il proprio valletto con un sopracciglio sollevato: “Tu centri per caso qualcosa con questo?” chiese agitando nervosamente una mano intorno a sé.
“Voi continuavate a dire che dovevamo fermarla, che non c’era tempo e io mi sono fatto prendere dal panico! Temo che la mia magia abbia preso il sopravvento…”
“Ottimo. Davvero, non c’è che dire, ottimo. Almeno ora Morgana non parlerà con Rodomont, ma si può sapere cos’hai fatto?”
Merlino abbassò lo sguardo, imbarazzato e dispiaciuto al tempo stesso: “Temo di aver fermato il tempo.”
Artù si portò due dita alla radice del naso, inspirando con forza e chiudendo gli occhi per qualche breve istante: “Dimmi che almeno sai come sciogliere quest’incantesimo.”
“Accidentale. È stato un incantesimo accidentale.” Mormorò il moro spostando il peso da un piede all’altro.
Il biondo sollevò gli occhi al cielo scuotendo la testa: “Sai come scioglierlo?” chiese ancora.
“Non so nemmeno come effettivamente si faccia quest’incantesimo, come farei a saperlo sciogliere?”
Oh, fantastico.
Ora sì che era tutto perfetto.
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Cap 17 ***


Andrei brutalmente presa a calci, lo so. Sono sparita per un periodo di tempo decisamente troppo lungo, mi vergogno di me stessa, prometto che non accadrà più. Ad ogni modo spero che qualcuno di voi continui comunque a seguire la mia fanfiction e cercherò davvero di non lasciar più passare così tanto tempo fra un capitolo e l’altro.
Un bacio a tutti.
 
Federicaxoxo: Ciao e grazie mille per la tua recensione! Eh sì, ormai manca sempre meno alla fine di questa storia, anche io mi ci ero affezionata! Sono davvero felice che ti piaccia. ^^ Un bacio, alla prossima!
 
Redhaired: anche io ho amato la parte in cui Artù capisce di essere la felicità di Merlino, ho adorato scriverla! Merlino e i suoi poteri fanno un disastro dietro l’altro, solo che questa volta il povero Artù e la povera Morgana ci si sono trovati di mezzo anche se in modi diversi. Nessun problema, non mi dispiace certo che tu mi scriva anche le cose che ti sono piaciute meno, anzi! Io stessa mi sono resa conto che a un certo punto Artù e Merlino erano veramente smielati, ma temo che dopo il finale che mi ha spezzato il cuore il mio subconscio mi spinga ad usare kili di miele per cercare di superare il trauma… grazie ancora, un bacio!
 
April88: ciao, grazie mille per la tua recensione! Ci credi che non sono ancora riuscita a decidere se far diventare cattiva Morgana o no? Qualunque cosa succederà alla fine sarà complicato arrivare a una decisione. Grazie ancora, alla prossima! E buon anno anche a te anche se in terribile ritardo!
 
Jenny80_big: ciao e grazie per la tua recensione! Hai ragione, Artù e Merlino sono semplicemente adorabili. Merlino non cambierà mai, i suoi poteri sono straordinari solo che a volta fanno di testa loro! Un bacio, grazie ancora!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Artù non aveva ancora smesso di sbuffare ed attraversare a grandi passi il corridoio, le braccia incrociate sul petto e l’espressione corrucciata. Dovevano essere ormai cinque minuti buoni che non faceva altro che camminare come se dovesse lasciare solchi indelebili sul pavimento, fermarsi davanti a Morgana scuotendole la mano sotto il naso, voltarsi e fare altrettanto con la guardia poco distante. Inutile, tutto inutile.
Merlino!” sbottò alzando le braccia al cielo e raggiungendo il proprio valletto, che nel frattempo si era seduto a terra con espressione concentrata e aveva cominciato a mormorare parole incomprensibili. Inutile anche quello.
“Com’è possibile che tu faccia incantesimi che poi non sai sciogliere?” chiese per la centesima volta, osservando dall’alto in basso quel ragazzetto imbranato.
“Come vi ho già detto almeno un migliaio di volte, sire, la mia magia ha preso il sopravvento. Non è stato un vero e proprio incantesimo, è stato un riflesso incondizionato. Un po’ come quando voi sentite un rumore alle vostre spalle e vi voltate afferrando la spada. Non posso sciogliere un incantesimo che in teoria non so fare.”
Artù inspirò a fondo chinandosi su di lui fino a portare i loro visi alla stessa altezza: “Non mi importa come diamine tu abbia fatto tutto questo. Quando sento un rumore alle mie spalle e mi volto afferrando la spada evito di trafiggere che mi trovo di fronte, anche perché la maggior parte delle volte sei tu!”
Merlino sbuffò sollevando gli occhi al cielo ed incrociando a sua volte le braccia al petto con aria stizzita: “Non potevo certo dire oh magia, pensa ad un modo per fermare Morgana ma poi non lo fare! Non è la stessa cosa Artù, io…”
Prima che potesse finire la frase il biondo lo aveva afferrato con forza costringendolo ad alzarsi: “Ti ho lasciato del tempo per provare a uscire da questa situazione a modo tuo…”
“In realtà non ci sto provando nemmeno da un minuto.” Lo interruppe il valletto con un sorriso divertito: “Avete capito? Il tempo si è fermato, quindi…”
Merlino!” sbottò il principe ormai prossimo all’esaurimento nervoso.
“Scusate.”
Artù sospiro scuotendo la testa e lasciando la presa sul corpo del moro allontanandosi di qualche passo e guardandosi intorno senza sapere cosa fare: se fosse comparso un nemico da dietro l’angolo non avrebbe esitato ed entrare in azione, ma quella era una situazione in cui né la sua forza né la sua abilità con la spada sarebbe stata di alcun aiuto. Non era il suo campo, dannazione, non era una cosa che sapeva come gestire.
“Mi dispiace.”
Sollevò lo sguardo sul viso di Merlino, che lo fissava con aria colpevole.
“Non mi servono le tue scuse, mi serve che trovi un modo per risolvere questa… cosa.
Il suo tono era suonato terribilmente duro, ma il biondo se ne rese effettivamente conto solo quando vide il proprio servitore mordersi le labbra e chinare il capo.
Artù sospirò, rassegnato ormai ad avere a che fare con un donna in  costante crisi premestruale: “Merlino.” Chiamò con più dolcezza, ma il ragazzo non diede segno di averlo sentito.
“Lo so che non lo hai fatto volontariamente.” riprese avvicinandosi lentamente a lui e poggiando entrambe le mani sulle sue spalle: “E’ solo che non possiamo certo permettere che l’intera Camelot rimanga congelata in questo modo per sempre, giusto? Sono il principe ereditario, che figura ci farei?”
Solo quando lo sentì ridere piano lasciò scivolare dalle labbra socchiuse il fiato che aveva involontariamente trattenuto.
Oh dei, era così complicato avere a che fare con lui.
Una parola di troppo e temeva di vederlo sgretolarsi davanti a sé.  La sua mente sapeva perfettamente che Merlino era molto più corazzato di quanto desse a vedere e di quanto il suo aspetto facesse intuire, ma era il suo cuore il problema.
Il suo cuore lo stava fregando alla grande.
Ogni volta che vedeva, o anche solo temeva di star per vedere, un’espressione rattristata sul volto di Merlino sentiva una fitta al petto che gli spezzava il respiro e gli faceva desiderare di poter cancellare ogni dolore dalla vita del moro.
“Mi è venuta un’idea!” esclamò in quel momento l’oggetto dei suoi pensieri con tanta energia da farlo sobbalzare.
“Migliore di quella che ti è venuta poco fa voglio sperare.”
Merlino gli scoccò un’occhiataccia liberandosi dalla sua presa ed allontanandosi a passo di carica.
Artù rimase immobile qualche istante lasciando scivolare lentamente il proprio sguardo su quel corpicino magro, prima di affrettarsi a raggiungerlo: “Si può sapere dove diavolo stiamo andando?”
“Il… no!”
Ora era veramente confuso: Merlino aveva invertito la marcia e stava tornando velocemente al punto di partenza.
O l’incantesimo involontario lo aveva rimbambito del tutto, oppure era lui ad essersi perso un pezzo.
“Che diamine ti prende? Merlino!
Il valletto si voltò verso di lui facendogli cenno di raggiungerlo, quindi aprì la porta delle stanze di Morgana e vi entrò con inutile circospezione.
Artù sbatté le palpebre una, due, tre volte, poi, constatato che continuava a non capire, si affrettò a raggiungere il proprio servitore, trovandolo nel mezzo delle stanze della sua sorellastra che trascinava Rodomont verso l’uscita, tenendolo per entrambi i piedi.
“Portiamolo nelle stanze di Gaius ora che ne abbiamo l’occasione, così quando sbloccheremo il tempo non dovremo più preoccuparci del fatto che parli con Morgana.”
Spiegò il moro quando lo vide avvicinarsi a lui e Artù dovette ammettere che, in fin dei conti, la cosa aveva senso.
Il biondo afferrò uno dei due piedi del cavaliere, aiutando il valletto a trascinarlo e, una volta che si furono chiusi la porta alle spalle e si incamminarono faticosamente lungo il corridoio, chiese: “E prima dove stavi andando? Prima che ti venisse in mente di spostare Rodomont.”
“Dal drago. Forse lui potrà darci una mano.”
Artù rabbrividì al solo pensiero di dover rivedere quel lucertolone malefico, ma si sforzò di non darlo a vedere: “E cosa ti dice che anche lui non sia rimasto bloccato?”
Merlino si fermò, inspirando con forza e scuotendo la testa prima di riprendere a trascinare il cavaliere: “Non lo so. Spero solo che… sì, insomma, ha poteri straordinari, magari questo gli avrà permesso di non rimanere bloccato dal mio incantesimo.”
“E io?” chiese ancora Artù, lanciandogli un’occhiata di soppiatto: “Io perché non sono rimasto coinvolto nell’incantesimo?”
“Non so nemmeno questo.” Rispose Merlino con voce affaticata: “Probabilmente il mio subconscio ha preferito così.”
“Non è stupido il tuo subconscio, Merlino, dovresti imparare qualcosa da lui.”
Il moro rise piano guardandolo con aria divertita per qualche istante: “Forse avete ragione, Mio signore. E questo è persino più strano di noi due che trasciniamo un cavaliere per i piedi. A proposito, non è che gli stiamo facendo male?” chiese con espressione improvvisamente pensierosa.
Artù quasi ringhiò a quelle parole: “Ha cercato di ucciderti. Io spero di stargli facendo male.”
Merlino non rispose e nemmeno lo guardò, ma il biondo poteva vedere le sue guance leggermente arrossate, e non solo per la fatica.
Quando finalmente riuscirono a chiudere Rodomont nelle stanze di Gaius avevano entrambi il fiato corto, ma Artù non lasciò nemmeno un’istante a Merlino per riposarsi, affrettandosi verso i sotterranei.
“Non capisco tutta questa fretta, Sire.” Mormorò ad un certo punto il moro alle sue spalle: “Il tempo non fugge.”
Di nuovo.
Da dove diavolo le tirava fuori simili battute? E, davvero, con che coraggio le diceva con l’inconfondibile eco di una risata nella voce?
Prima che potesse ribattere, però, Merlino gli era già passato davanti lanciandogli uno sguardo divertito, aveva afferrato una torcia e si era affrettato giù per le scale.
Artù lo seguì con uno sbuffo, ignorando la voce del moro che gli ricordava che sembrate un mulo quando fate così, mio signore.
E lui lo amava.
Era mai possibile una cosa tanto assurda? Evidentemente, sì.
Si fermarono solo quando raggiunsero lo sbocco sull’antro del drago, trovando l’animale raggomitolato su se stesso, immobile.
Dei, era terribilmente grande quel coso. Come poteva un ragazzetto esile come Merlino parlare con quel mostro senza esserne spaventato?
“No! Eh no! Non fingere, mi sono accorto che non sei rimasto bloccato dal mio incantesimo!”
Non solo gli parlava, dal tono che stava usando sembrava anche pronto a prendere a calci quel suo muso squamoso.
Kilgharrah rise piano mandando sbuffi di fumo intorno a sé, quindi si sollevò sulle zampe agitando la coda a destra e a sinistra, studiando i due ragazzi con aria beffarda: “Continui ad aver bisogno del mio aiuto, giovane mago.”
“Ho fatto un casino.”
“Me ne sono accorto.”
Il moro ignorò il tono derisorio della creatura, serrando maggiormente il pugno intorno alla torcia e fissandolo con fermezza: “Puoi aiutarmi?”
Il drago si chinò in avanti sporgendo il suo grosso muso verso di loro: “Perché dovrei farlo?”
Sentì Merlino al suo fianco trattenere il fiato senza però abbassare lo sguardo: “Ti libererò. Veramente.”
Prima che Artù potesse opporsi, il lucertolone rise allontanandosi appena da loro: “Non credo ne saresti in grado.”
Merlino corrugò la fronte confuso: “Cosa vorresti dire?”
“La tua magia ha usato un incantesimo molto potente, giovane mago. Un incantesimo di vecchia data, pericoloso persino per le Somme Sacerdotesse. Un incantesimo che nessuno compierebbe mai volontariamente.”
“Spiegati.”
“C’è solo un modo per spezzarlo, giovane mago. Uccidere la fonte stessa della magia.”
E in quel momento, con quelle parole orribili, Artù si sentì spezzare da una forza terribile.
 

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Capitolo 18
*** cap. 18 ***


Eccomi finalmente con il diciottesimo capitolo. Ormai, anche se con lentezza estrema per colpa mia, ci avviciniamo sempre di più alla fine di questa storia che ci accompagna da un’eternità. Ringrazio tutti coloro che leggono o che hanno letto e che si sono persi strada facendo a causa dei miei continui ritardi ed in special modo, come sempre, ringrazio che recensisce.
Jenny80_big: lo so il finale del capitolo precedente è stata una vera ingiustizia da parte mia nei confronti dei poveri lettori e più ancora del nostro povero Artù, ma non temere si risolverà tutto per il meglio!
Chibisaru81: ahahah hai ragione, quel drago è un vero incubo, parlare con lui peggiora sempre le cose! C’è da dire che al povero Artù si fermerà il cuore se continuiamo di questo passo, ma il mio di cuore non avrebbe mai la forza di far morire veramente il piccolo Merlino. *.*
April88: ciao! Tranquilla, il nostro Merlino non ci deluderà anche perché nessuno gli ha dato il diritto di morire! Il finale della serie è già stata una sofferenza eccessiva per il mio povero cuoricino, non potrei mai fare una cosa simile ai miei amati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Artù non stava respirando da un’eternità ormai: intorno a lui c’era solo l’inquietante silenzio di chi non sa più cosa fare e lui per primo era nel bel mezzo di una vera e propria crisi.
Uccidere la fonte stessa della magia.
Doveva essere uno scherzo. Di pessimo gusto, certo, ma pur sempre uno scherzo.
Quel maledetto bestione non poteva essere serio, avanti! Merlino gli aveva raccontato tutta la storia della medaglia, delle faccia, del destino e cose varie. Ed ora, dopo tutto quel casino, avrebbe dovuto credere che si sarebbe concluso tutto con un incantesimo accidentale?
No.
La loro storia non poteva concludersi in maniera tanto ridicola, lui e Merlino erano destinati a grandi cose, avevano un ragno da fondare, per gli dei!
Eppure, nonostante la sua coscienza si rifiutasse di concepirle realmente, le orribili parole del lucertolone continuavano a rimbombare nella sua mente. Ed ogni parola era una pugnalata dritta al cuore.
Di nuovo quel dolore che Artù non sapeva affrontare, di nuovo quella morsa che gli serrava la gola e gli toglieva il fiato con molta più violenza di un colpo di spada.
Possibile? Possibile che fosse veramente così? Possibile che non ci fossero alternative?
“E che fine farà Albion?” mormorò in quel momento Merlino con una voce tanto sottile da esser quasi inudibile.
“Il giovane Pendragon ora ha il cuore aperto nei confronti della magia. Dopotutto, il tuo compito si può considerare finito.”
Sembrava così tranquillo, il maledetto: se ne stava accoccolato su quelle sue zampacce squamose  e agitava la coda a destra e a sinistra, fissandoli con quei suoi occhi gialli e crudeli.
Un maledetto, grosso gatto.
Come faceva Merlino ad andare a parlare con lui senza desiderare di farlo a pezzi ogni volta? Come poteva rimanere tanto fermo difronte a quello sguardo freddo?
Ad Artù sembrava di impazzire. Era tutto sbagliato.
Tutto sbagliato.
Non era così che doveva andare: Merlino sarebbe rimasto con lui, come aveva sempre fatto da un anno a quella parte, sarebbe rimasto il suo valletto idiota e avrebbe continuato a fare le solite stupide battutine ogni mattina, si sarebbe lamentato per il troppo lavoro, per il dover andare a caccia, per il freddo e per ogni cosa. Avrebbe continuato a sorridere in quel modo che gli faceva brillare gli occhi e lui lo avrebbe costantemente preso in giro per quelle orecchie  che da sole facevano un quarto del suo peso. Avrebbero finalmente abbattuto ogni residuo di muro che li separava, ora ne avevano veramente l’occasione. E lo avrebbe protetto a qualunque costo, da suo padre, da la sua stessa stupidità, da tutte le creature magiche che avrebbe cercato di fargli del male.
Lo avrebbe protetto a qualunque costo.
Quello era il loro futuro, sarebbero rimasti insieme fino alla fine, avrebbero fondato Albion, avrebbero riportato la magia al suo antico splendore, sarebbero rimasti insieme!
“D’accordo allora.”
Prego?
D’accordo?
Artù scosse istintivamente la testa voltandosi di scatto verso il moro senza però riuscire ad incrociare il suo sguardo: Merlino fissava il muro di pietra difronte a sé, oltre la testa del grande drago.
Non tremava, non era impallidito. Non era spaventato.
Come poteva accettare di andare incontro alla morte con una tale naturalezza?
“L’errore è stato mio, non sono stato in grado di controllare i miei poteri. Tutto ciò che faccio è per Camelot. Per Artù. Se per sbloccare il tempo dovrò morire, lo farò. Morire con la gioia nel cuore per la  consapevolezza di aver reso possibile la futura fondazione di Albion.”
Al diavolo.
Era lui il cavaliere, lui il principe ereditario. Lui avrebbe dovuto affrontare con coraggio la morte, lui avrebbe dovuto sacrificarsi per il suo popolo. Merlino avrebbe dovuto lamentarsi, rifiutarsi, opporsi.
Era solo un ragazzo.
Era il suo valletto idiota, non aveva alcun dovere nei confronti di Camelot.
“Sono pronto a morire.” Decretò con forza rinnovata la voce del moro e con la coda dell’occhio Artù lo vide fare un passo avanti.
Di nuovo, al diavolo.
“No.”
In realtà non si era nemmeno reso conto di aver parlato, ma non avrebbe mai lasciato che Merlino morisse, non dopo tutta la fatica che aveva fatto per recuperare il fiore magico e salvargli la vita solo poche ore prima.
Non sarebbe di certo finita così, lui non lo avrebbe mai permesso.
“No.” Ripeté con maggiore energia, percependo chiaramente lo sguardo del servitore su di sé, ma tenendo il proprio fisso in quello dolorosamente freddo del Drago: “Non lo permetterò. Ci dev’essere sicuramente un’altra soluzione e anche se non ci fosse non lo permetterei comunque.”
“Artù, sii ragionevole…”
“No, Merlino. Ho detto di no. Nulla mi farà cambiare idea, mai. Ho detto di no. Tu non morirai, non lo permetterò. Ci dev’essere di sicuro un’altra soluzione, dev’essere per forza così: tu, ora, dannato lucertolone, ti metti lì e pensi ad un’altra soluzione. Ho detto di no.”
Kilgharrah lo stava guardando con gli occhi assottigliati ed un lieve ghigno ad increspargli le labbra: si stava divertendo. Come facesse a divertirsi in momenti simili lo sapeva solo lui.
“Sei la creatura più crudele che abbia mai conosciuto, ma sei la mia sola salvezza.”
Il Drago rise appena, soffiandogli contro il viso il suo fiato caldo e fumoso: “La tua sola salvezza, Pendragon? Non mi sembra che sia stato tu ha compiere quest’incantesimo.”
Artù non abbassò lo sguardo e continuò a fissarlo con astio, allungando alla cieca la mano verso Merlino e stringendo quella piccola e pallida del mago.
“Non permetterò che muoia. Non potrei sopportarlo…”
A quel punto, Kilgharrah rise apertamente e rise fin quasi farsi venire le lacrime agli occhi.
Che poi, poteva un drago piangere?
Concentrati Artù, non è questo il momento!
“Smettila!”
L’urlo di Merlino lo fece sobbalzare per la sorpresa: di colpo il moro sembrava furioso.
“Ti ho sempre difeso, ho sempre creduto che tu infondo fossi buono, ho detto e ripetuto a Gaius che era la prigionia ad averti incattivito! Ed ora ridi, ridi come un mostro, ridi come la creatura senza cuore che sei! Che tu sia dannato, l’unica cosa che mi rende veramente felice è che quando sarò morto nessuno potrà liberarti dalle tue catene! Io lo amo e tu ridi! Io sto per morire ora che potevo finalmente essere felice e tu ridi! Io lo amo e tu ridi…”
Improvvisamente, piangeva. Aveva abbandonato la forza che lo aveva accompagnato fino a quel momento e si era accasciato contro il suo petto, lasciandosi sorreggere totalmente da lui.
E piangeva, come mai prima lo aveva visto fare: singhiozzava con rabbia disperata nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla, ma più che per la tristezza sembrava piangere veramente per la rabbia.
La rabbia per una felicità che gli era stata strappata prima che riuscisse ad afferrarla realmente, la rabbia per un destino che era sfumato nel vuoto troppo velocemente. La rabbia per una vita ingiusta, per un peso troppo crudele, per un segrete troppo opprimente.
Artù sollevò piano le braccia e avvolse quel corpo magro e lo strinse a sé fino a quando non lo sentì smettere di tremare, mentre anche gli ultimi singhiozzi scivolavano nel silenzio.
“Non puoi permettere che muoia.” Mormorò il principe sollevando lo sguardo verso il Drago, ora immobile, ma continuando a stringere a sé il proprio amato valletto: “Noi non possiamo permettere che muoia. È nostro dovere proteggerlo. Lo so. So che lo sai.”
Kilgharrah sospirò con lentezza esasperante allungando il collo per avvicinare il grosso muso a loro: “Ora calmatevi, miei giovani prediletti. Mi serviva solo una conferma. Non morirà nessuno, non temete. Però, dovete fidarvi di me. E’ la vostra unica speranza. Fate come vi dico ed ogni cosa si risolverà. Ogni cosa.”
Artù lo guardò senza capire a anche Merlino si voltò verso la creatura rimanendo però stretto fra le braccia del biondo.
“Avvicinatevi al bordo del burrone e lasciatevi cadere. Insieme. Al resto penserò io.”
Aveva quasi volta di ridere: quel burrone era talmente profondo che non ne vedeva nemmeno la fine, come diavolo avrebbero fatto a sopravvivere ad un volo del genere?
“Stai scherzando per caso?” sbottò con rabbia Merlino asciugandosi gli occhi e guardando il lucertolone con aria stralunata.
“Fate come vi dico. Non morirete: hai la mia parola giovane mago. Ti ho mai mentito?”
Il moro parve esitare un attimo, quindi chiuse gli occhi e prese un respiro profondo: “No, mai.” Ammise in fine con tono rassegnato.
“Allora lasciatevi cadere nel burrone Ogni cosa tornerà al suo posto.”
Il valletto si voltò verso di lui, guardandolo con occhi colmi di un sentimento che Artù non riuscì pienamente ad afferrare: “Mio signore…”
“Va bene.” Lo interruppe subito il biondo facendo scivolare le mani lungo le braccia magre del moro ed afferrando saldamente una sua mano: “Se tu ti fidi di lui, io mi fido di te.”
Poi lo attirò a sé per baciarlo cercando di ignorare la vocina antipatica nella sua testa che gli diceva che quello avrebbe anche potuto essere il loro ultimo bacio.
Si avvicinarono al bordo del burrone, ancora tenendosi saldamente per mano e quando si sporse Artù fu pervaso dall’istinto di allontanarsi. Fece violenza su se stesso per non farlo e si voltò invece per incrociare lo sguardo fiducioso anche se spaventato del mago.
“Lunga vita al re.” Mormorò Merlino rafforzando la presa intorno alla sua mano: “Lunga vita a Camelot.”
“Per Albion.” Sussurrò in risposta Artù prima di lasciarsi cadere nel baratro, trascinando con sé il mago.
L’ultima cosa che sentirono, prima che tutto diventasse buio, fu il ruggito di Kilgharrah.
 
 

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Capitolo 19
*** Cap. 19 ***


Diciannovesimo e ultimo capitolo! Questa storia si sarebbe potuta concludere mesi fa se solo io non fossi stata così lenta negli aggiornamenti e di questo non finirò mai di scusarmi. Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto, apprezzato e magari recensito questa mia fanfiction, soprattutto chi è riuscito a resistere ai miei ritardi continui. Grazie di cuore!
Jenny80big: ciao e grazie davvero per essere arrivata fino in fondo a questa storia! I nostri amati riusciranno finalmente ad uscire da questa brutta situazione e avranno il lieto fine che si meritano! Grazie ancora!
Chibisaru81: ciao e grazie per aver letto tutta la mia storia fino in fondo nonostante i miei continui ritardi! Artù e Merlino avranno finalmente la pace che si meritano e potranno riposarsi almeno un po’ prima di ricominciare a mettersi nei guai! Grazie ancora!
 
 
 
Artù aprì piano gli occhi, confuso: c’erano delle voci, poche e soffuse, come se qualcuno stesse sussurrando. E faceva freddo. Molto freddo, come se fosse all’esterno.
“Mio signore?”
Qualcuno lo stava scuotendo con energia, sussurrando ripetutamente il suo nome come se fosse un’invocazione.
“Artù, per favore, apri gli occhi. Stai bene? State bene Mio Signore?”
Il biondo rilassò i muscoli, riconoscendo la voce gentile del proprio valletto: “Merlino…”
sussurrò in risposta, aprendo piano gli occhi e trovandosi difronte al viso evidentemente sollevato del moro.
“Oh, grazie al cielo state bene!”
Prima ancora che si potesse rendere conto di quello che stava accadendo, Artù si trovò stretto fra le braccia dell’altro, mentre Merlino nascondeva il volto nell’incavo del suo collo e respirava a fondo per calmarsi.
Lo strinse a sua volta, rendendosi lentamente conto di essere in un vicolo buio della periferia della cittadella, appena rischiarato dal sole che sorgeva lentamente.
“Perché tremi, Merlino? Va tutto bene.” sussurrò, ancora confuso.
Il moro non rispose, allontanandosi piano da lui e rimanendo a guardarlo mentre la consapevolezza si faceva largo nella mente ancora annebbiata del principe.
“Aspetta!” esclamò a quel punto Artù guardandosi freneticamente intorno: “Come c i siamo arrivati qui? Insomma, dov’è il lucertolone? E il baratro? Cosa…”
“Non lo so, Mio Signore. Ho aperto gli occhi e mi sono ritrovato qui con voi, ma non capisco davvero come si stato possibile.”
Il principe rimase a guardarlo senza sentire veramente le sue parole: erano vivi, quella era la sola cosa importante.
“Il tempo sembra essersi sbloccato, guarda.” Continuò il moro indicando con un cenno del capo le persone che si intravedevano dalla loro posizione e che si dirigevano parlando piano verso il mercato.
“Mi state ascoltando?”
No, Artù non lo stava ascoltando minimamente: era troppo distratto dalle sue labbra piene che si muovevano velocemente, dai suoi occhi blu che rilucevano al sole nascente, dalle sua pelle chiara arrossata per il freddo.
Prima che Merlino potesse parlare di nuovo, il biondo lo attirò a sé, baciandolo con forza.
“Che avete Mio Signore?” mormorò il moro quando finalmente fu libero di tornare a respirare.
“Sono felice. Anche se non capisco ancora cosa diavolo stia succedendo. Insomma, ci siamo buttati in un burrone senza fondo ed ora siamo qui in un vicolo. Abbastanza strano anche per uno come te?”
Merlino rise piano, guardandolo con gli occhi assottigliati: “Ho visto cose anche più strane.”
Artù sorrise a sua volta, ma prima che potesse rispondere un rumore poco distane lo fece immobilizzare. Conosceva quella sensazione: qualcuno si stava avvicinando con intenzioni poco onorevoli.
Quello era il suo campo finalmente. Niente draghi, niente magie.
Un guerriero.
In un attimo si alzò, afferrando Merlino per un braccio e spingendolo dietro di sé, poi, con un gesto fluido dettato dall’abitudine, sguainò la spada e bloccò l’arma che il nemico aveva sollevato sopra la testa per colpirli.
Una mazza chiodata.
“Rodomont?” sbottò spingendo indietro il cavaliere, ma rimanendo comunque in posizione di difesa.
“Mio signore…” il cavaliere si inginocchio istintivamente, chinando il capo come se fosse schiacciato da un sentimento troppo grande per essere contenuto: “Mi dispiace mio signore. Non avrei mai voluto fare del male al ragazzo, ma vostro padre me lo ha ordinato. Ve ne prego, non lasciatemi macchiare di una tale colpa. Uccidere un servitore innocente, prendendolo alle spalle… non è questo che fa un cavaliere.”
Artù lanciò uno sguardo stralunato a Merlino, che lo fissò a suo volta con gli occhi spalancati.
“Scusate Sir Rodomont…” cominciò Merlino avvicinandosi di qualche passo al cavaliere, ma Artù lo afferrò subito per un braccio tirandolo nuovamente dietro di sé.
Merlino sbuffò piano lanciandogli un’occhiata di rimprovero a cui il biondo rispose roteando gli occhi, quindi il moro si rivolse nuovamente al cavaliere: “Potreste dirmi se questa scena è per caso già avvenuta? Sì insomma, avete già cercato di uccidermi?”
Rodomont li guardò entrambi con gli occhi spalancati e le sopracciglia aggrottate, evidentemente confuso: “Certo che no…”
“Oh.” Merlino incrociò le braccia al petto passandosi la lingua sulle labbra ed esibendosi nella sua migliore espressione da pesce lesso.
Un pesce lesso molto affascinante, ovviamente.
“Oh, bene allora. Grazie comunque.”
“Sì, Rodomont, grazie comunque.” Intervenne il biondo schiarendosi la gola: “Ora dovresti andartene però. Andartene da Camelot, intendo. Non mi fa piacere mandarti via, ma non c’è molto altro che io possa fare: se resterai, mio padre ti costringerà ad uccidere Merlino. Va’ e rimani il cavaliere valoroso che sei sempre stato e che so continuerai ad essere. Va’.”
Rodomont si rialzò velocemente e, per quanto fosse effettivamente appena stato bandito, sembrava essere profondamente sollevato dalla consapevolezza di non doversi macchiare di un atto tanto meschino. Chinò con devozione il capo e, dopo aver lanciato uno sguardo veloce a Merlino, sparì nell’alba.
“Ora sono davvero molto confuso.” Mormorò Artù voltandosi verso il moro.
Merlino dondolò piano sui piedi, rimanendo in silenzio qualche altro istante, poi, preso da un’illuminazione improvvisa, si mise a ridere.
Ridere con gioia, ridere di cuore.
E in un attimo, Artù si trovò nuovamente quelle braccia esili strette intorno al collo: “Ha detto che gli serviva una conferma!”
Il biondo lo scostò delicatamente da sé per poterlo guardare negli occhi, lasciandosi contagiare dal suo sorrise felice pur senza comprenderne l’origine: “Cosa stai dicendo?”
“Kilgharrah ha detto che gli serviva una conferma mio Signore! E’ un incantesimo di una potenza incredibile, una magia che solo una creatura antica e potente come un drago avrebbe potuto compiere.”
“Continuo a non seguirti…” protestò Artù imbronciandosi appena.
“Il tempo! Il grande drago lo ha fatto tornare indietro, è tornato indietro il tempo! Abbiamo l’occasione di rivivere questa giornata orribile, e già il fatto che io non stia agonizzando è un passo avanti. Ha fatto tornare indietro il tempo Artù!” improvvisamente il ragazzo arrossì e distolse lo sguardo, imbarazzato: “La conferma che gli serviva era che noi ci amassero veramente, solo così l’incantesimo avrebbe funzionato…”
Artù lo strinse a sé, respirando direttamente nei suoi capelli scuri e sorridendo, rendendosi conto solo in quel momento che, finalmente, il suo cuore aveva ricominciato a battere dopo essersi fermato la mattina in cui Gwen era andata a svegliarlo in lacrime.
“Andrà tutto bene, Merlino. Te lo prometto. Ogni cosa andrà bene. Morgana, mio padre, noi. Andrà tutto bene. So che andrà così.”
Il moro sollevò lo sguardo, sorridendo: “Lunga vita al re. Lunga vita a Camelot.”
“Per Albion.”
E baciarlo non era mai stato così facile.  

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