Lunga vita al re, lunga vita a Camelot. Per Albion di La Kurapikina (/viewuser.php?uid=102658)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ***
Capitolo 14: *** cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap.15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap 17 ***
Capitolo 18: *** cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***
Capitolo 1 *** Cap. 1 ***
Allora,
solita introduzione doverosa: i personaggi non mi
appartengono (e la cosa mi rende molto, mooooooolto triste) e la storia
non è
scritta a scopo di lucro ma solo per divertimento personale. Detto
questo,
passiamo oltre: sono secoli che non si scrivo, non solo su questo
fandom! Spero
di ricordarmi come si fa!XD Ringrazio in anticipo chiunque legga questa
ff e
spero possa piacervi! Commenti di ogni genere sono sempre graditi.J
Le
tende
della stanza furono spalancate di colpo, persino più
bruscamente del solito: il
sole gli colpì il viso con forza, costringendolo a coprirsi
gli occhi con una
mano.
“Merlino…
quante volte ti devo dire di trovare un modo più delicato
per svegliarmi?”
bofonchiò Artù sbadigliando e aspettando, ormai
rassegnato, l’irriverente
risposta del suo valletto idiota che non mancava mai di dimenticare con
chi
stesse parlando. Quella mattina, però, non fu il sorriso di
Merlino la prima
cosa che vide: Gwen stava in piedi difronte al suo letto, le mani
strette sul
petto e l’espressione di chi cerca di non piangere.
“Ginevra…”
sussurrò il principe, improvvisamente sveglio, alzandosi e
raggiungendo in
pochi passi la serva: “Cos’è
successo?”
La
ragazza scosse la testa cercando di riordinare le idee e ritrovare la
voce per
parlare con Artù, invano: sentiva il fiato morirle in gola e
la paura bloccare
ogni suo tentativo di dire al principe il motivo della sua visita
improvvisa.
“Dov’è
Merlino?” chiese intanto il principe guardandosi
freneticamente intorno, come
se si aspettasse di vedere il servitore sbucare dal nulla con il suo
solito
sorriso idiota sul volto e quel maledetto straccio al collo.
Sentendo
il nome dell’amico Ginevra finalmente si riscosse:
“Mio signore!” quasi urlò, artigliando
il braccio scoperto di Artù ed iniziando a trascinarlo verso
la porta: “E’
proprio di questo che si tratta! Questa mattina Gaius mi ha mandata a
chiamare
dicendomi di venire a svegliarvi… Merlino è stato
aggredito all’alba, sire.
Temo stia per morire.”
Artù
si
bloccò immediatamente fissando senza vederlo veramente il
volto rigato di
lacrime della ragazza: Merlino. Aggredito. Merlino.
Quella
giornata non sarebbe dovuta cominciare così, no: come ogni
maledetta mattina,
il suo servo scemo avrebbe dovuto aprire la porta di mala grazia,
depositare il
vassoio della colazione sul tavolo
e
spalancare senza pietà per il principe ancora addormentato
le tende. Artù
avrebbe mugugnato qualcosa, infastidito dal risveglio troppo brusco e
Merlino
se ne sarebbe uscito con un’altra delle sue battute stupide
ed irriverenti.
Aprendo gli occhi feriti dal sole, poi, il principe avrebbe trovato ad
attenderlo il sorriso divertito del moro, quel sorriso che era la prima
cosa
che vedeva ogni mattina da quasi un anno ormai. Quello avrebbe dovuto
essere
l’inizio di quella giornata. Non poteva essere diversamente,
quella era la sua
vita, la sua quotidianità, la conosceva alla perfezione.
Allora perché Gwen
aveva ripreso a trascinarlo, mezzo nudo così
com’era, verso gli alloggi del
medico di corte? Perché continuava a chiamare il suo nome
con espressione
preoccupata e le lacrime agli occhi? Non era così che
sarebbero dovute andare
le cose, Artù ne era sicuro. Ogni mattina, ogni
dannata mattina da quasi un anno, svegliandosi si trovava
davanti al
sorriso sghembo del suo servitore, non all’espressione
spaventata di Ginevra.
Lui non voleva Gwen, no, lui voleva Merlino con la sua solita aria
svampita.
Merlino, con quelle orecchie incredibilmente grandi e lo sguardo acceso
di
vita. Merlino… dov’era? Perché le cose
avevano smesso di seguire il loro
normale corso?
Artù
scosse la testa con forza allontanando la nebbia che gli offuscava la
vista e
gli impediva di ragionare lucidamente: lasciò che Ginevra
continuasse a
trascinarlo verso gli alloggi del cerusico, tornando a concentrarsi
sulle
parole che poco prima gli aveva rivolto la serva.
Merlino
era stato aggredito all’alba. Merlino era stato aggredito.
Merlino.
Artù
inspirò a fondo stringendo i pugni: avrebbe punito con la
morte chiunque avesse
osato fare una cosa simile al suo servitore. Poteva anche essere
stupido,
irriverente, imbranato, fifone e svampito, ma rimaneva il suo valletto.
Il suo
servitore, il ragazzo che lo accompagnava ovunque da quella che gli
sembrava
un’eternità ormai. Merlino gli aveva salvato la
vita diverse volte, era sempre
stato pronto a sacrificare ogni cosa per lui…
perché non riusciva a fare
altrettanto? Perché non aveva potuto proteggerlo?
Perché non lo aveva fatto?
Ginevra
si fermo davanti alla porta di Gaius, scuotendo il principe con forza
sorprendente: “Mio signore…”
Artù
le
rivolse solo una rapida occhiata, i denti affondati nel labbro
inferiore e il
sapore acre del sangue nella bocca. Spinse di lato la serva per poi
spalancare
la porta: Gaius e Morgana erano chini sul letto dove Merlino giaceva
immerso in
lago di sudore. Era pallido, persino più pallido del solito,
e tremava in preda
alle febbri. Il suo esile corpo era completamente scosso da violenti
brividi e
la labbra, da cui usciva un rantolo debole e scostante, erano
leggermente
schiuse alla disperata ricerca di ossigeno.
“Artù…”
sussurrò Morgana non appena vide il fratellastro avanzare a
grandi passi verso
di loro: “Questa mattina sono venuta da Gaius per la mia
pozione contro gli
incubi e quando stavo per andarmene è entrato Merlino,
coperto di sangue…”
La
ragazza
si portò una mano al viso rigato di lacrime e Ginevra la
raggiunse subito,
mettendosi al suo fianco in un muto gesto di supporto.
Il
principe posò nuovamente lo sguardo sul ragazzo agonizzante:
il petto sottile
era avvolto da strette bende insanguinate e il lato sinistro del viso
era
coperto da un grosso livido violaceo.
“Mio
signore, ho chiesto a Ginevra di venirvi a chiamare per un motivo
specifico.”
disse Gaius con espressione severa e gli occhi fissi sul viso contratto
del
principe: “Prima di svenire, Merlino ha detto che
è stato un cavaliere ad
aggredirlo.”
Artù
si
voltò velocemente verso il vecchio cerusico, gli occhi
spalancati e la bocca
secca: “Un cavaliere? E’ stato un cavaliere a
ridurlo in questo modo?” sbottò,
le mani strette a pugno.
Gaius
annuì mesto spostando la sguardo sul viso pallido di Merlino
e sospirando
lentamente: “Così ha detto
lui…”
“Il
nome.” sibilò il biondo sollevando maggiormente il
mento e puntando i suoi
occhi infuocati in quelli preoccupati del vecchio: “Dimmi il
suo nome, Gaius.”
“Mio
signore, ora siete sconvolto, ma…”
“Il
nome,
Gaius! E’ un ordine.”
L’anziano
medico chinò il capo, sconfitto: “Sir
Rodomont…” sussurrò in un sospiro prima
di tornare a posare nuovamente gli occhi stanchi su Merlino.
Cosa
avrebbe potuto dire ad Hunit? La donna aveva mandato il figlio da lui
per
tenerlo al sicuro e invece… come aveva potuto lasciare che
accadesse? Perché
non era stato in grado di proteggerlo?
Sospirò
nuovamente, accorgendosi solo in quel momento che Artù si
stava dirigendo a
passo di carica verso la porta: nemmeno provò a trattenerlo.
Era vecchio,
ormai. Era stanco. E Merlino, il suo amato discepolo, era steso morente
su un
letto mentre lui non sapeva che altro fare per provare a salvarlo.
Aveva
fallito, miseramente. Aveva fallito in tutto. Se avesse avuto le forze
e l’età
del principe ereditario, lui stesso sarebbe andato da Sir Rodomont per
ucciderlo.
Artù
aveva già oltrepassato Ginevra e Morgana e la sua mano era
già tesa verso la
porta, quando un flebile sussurrò lo bloccò.
“Artù…
Artù.”
Il
ragazzo si voltò: Merlino si stava agitando sul letto, gli
occhi serrati con
forza. Mormorava il suo nome come un lamento, con il viso contratto dal
dolore
e le labbra che si muovevano lentamente per quel richiamo sofferto.
Artù
si
riavvicinò velocemente al giaciglio, chinandosi in avanti e
poggiando con
delicatezza una mano sulla fronte rovente del moro.
“Artù…”
sussurrò ancora quest’ultimo, tremando.
“Sono
qui… Perdonami, Merlino.”
“Artù,”
riprese il servitore con voce roca e debole: “Non…
non sono stato irriverente,
Artù. Diteglielo. Ditelo ad Artù… non
è stata colpa mia. Artù…”
Il
biondo
ispirò con forza sentendo il fiato bloccarsi
all’altezza della gola ed
impedirgli di respirare liberamente. Cosa significavano quelle parole?
Cosa era
successo veramente quella mattina all’alba? Perché
Sir Rodomont aveva aggredito
Merlino? Per quanto si sforzasse non riusciva a capire.
“Artù…”
Serrò
con
forza gli occhi quando l’ennesimo lamento del moro lo
raggiunse, come se non
vedere la realtà potesse in qualche modo dargli sollievo.
Morgana
gli si avvicinò di qualche passo sfiorando delicatamente la
schiena nuda del
fratellastro: “Mi dispiace…”
sussurrò asciugandosi le lacrime e guardando
l’espressione sofferente del principe.
Artù
riaprì lentamente gli occhi ingoiando un rantolo doloroso e,
ignorando la
sorellastra, scostò pianò i capelli scuri dalla
fronte del moro.
C’era
qualcosa… qualcosa di strano all’attaccatura dei
capelli di Merlino: era come
se un sottilissimo velo rossiccio si fosse insinuato sotto la sua
pelle,
nascosto fino a quel momento dai capelli scuri e sudati.
“Gaius!”
chiamò con voce improvvisamente strozzata, facendo cenno al
vecchio cerusico di
avvicinarsi velocemente: “Cos’è
questo?”
L’anziano
medico si chinò per esaminare da vicino la fronte di
Merlino, trattenendo il
respiro poco dopo: “Oh dei…”
sussurrò sconvolto: “Questo spiega
tutto!”
“Cosa
stai dicendo, Gaius?” mormorò Gwen avvicinandosi a
sua volta e cercando lo
sguardo dell’uomo, che però si era già
posato sul viso del principe in un misto
di confusione e speranza.
“Sire,
ora dovete ascoltarmi attentamente: non c’è tempo
da perdere. Forse abbiamo
ancora una speranza per salvare Merlino: dovete precipitarvi nella
foresta di
Wellington, subito fuori Camelot e raccogliere il fiore rosso che
cresce solo
nella caverna che troverete al centro della foresta. E’ molto
importante, sire,
dovete fare in fretta. Ora non ho tempo per spiegarvi, ma se tornerete
velocemente con quel fiore, forse Merlino
sopravvivrà!”
Prima
ancora che Gaius finisse di parlare Artù era già
schizzato fuori dalla porta,
dimentico del fatto di essere ancora senza maglia e scarmigliato,
precipitandosi verso le stalle.
“Pensa
tu
a mio padre, Morgana!” aveva urlato alla sorellastra mentre
la oltrepassava di
corsa.
Mentre
Artù continuava ad avanzare verso le stalle, ignorando tutti
quelli che
incontrava, nelle stanza del cerusico Morgana, Ginevra e Gaius si
scambiarono
un’occhiata speranzosa: non poteva far altro che attendere il
ritorno del
principe.
“Artù…”
sussurrò nuovamente Merlino mentre il vecchio medico gli
posava un panno
bagnato sulla fronte: “Fa’ attenzione…
Artù…”
Era
la
loro ultima speranza.
Grazie
a
chi è riuscito ad arrivare infondo al capitolo! Spero di
avervi interessato
almeno un po’… cercherò di aggiornare
il più in fretta possibile e credo non
avrò nemmeno problemi nel farlo visto che sono iniziate le
vacanze. Ogni
commento è gradito!
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Capitolo 2 *** Cap. 2 ***
Eccomi
con il secondo capitolo! Prima di tutto, però, sono
doverosi i ringraziamenti a chi ha recensito dando una speranza al mio
cuoricino di scrittrice in attesa di un commento, positivo o negativo
che sia!
hiromi_chan:
la prima recensione a questa ff! Ero emozionata
quando l’ho letta, davvero! Hai ragione, Artù che
corre a raccogliere fiori per
salvare Merlino è un classico ormai, un tema usato e
strausato, ma visto che
molto probabilmente soffro di una strana sindrome che mi porta ad
andare in
panico ad ogni primo capitolo di ogni ff non sapevo a che altro
aggrapparmi! Merthuuuuur! Non temere, sarà uno dei temi
principali del
racconto! Spero di non deluderti con lo sviluppo della storia XD
Jenny80_big:
Sono felice che la mia ff ti stia interessando! Anch’io
adoro Merlino, anche se sopra di tutti venero Morgana per la sua forza.
Mi è
dispiaciuto infatti per la strada che ha preso, ma dobbiamo ammettere
che anche
sulla via del male ha dimostrato di avere palle e contro palle! Spero
di non
deluderti! Alla prossimaJ
Hero_:
Ciao! Sono felice che ti piaccia la mia ff! Hai
assolutamente ragione, Artù deve darsi una mossa e salvare
il povero Merlino!
Ne ha già passate abbastanza quel povero ragazzo…
Sì, come dicevo prima (o
meglio scrivevo sopra?) a hiromi_chan il mio panico da primo capitolo
mi
costringe sempre ad aggrapparmi ad una puntata della serie per dare via
ad ogni
mia ff, ma spero di non deluderti con lo sviluppo della trama!
chibisaru81:
Hai perfettamente ragione Sir Rodomont è un
cavaliere solo di nome! Non temere, Artù
vendicherà assolutamente Merlino in un
modo decisamente poco carino per quel cavolo di cavaliere! Spero
continuerai a
seguire la mia ff e spero di non deluderti con lo sviluppo della trama!
Lucylu:
Wow wow wow wow e ripeto wow! All’improvviso mi
sono
ritrovata tue recensioni per ogni capitolo
di ogni mia ff in questo fandom!
Dove
hai trovato la pazienza per leggerle e recensirle tutte?? Grazie
davvero, mi ha
fatto molto piacere questo tuo interesse per le mie ff! Passando a
questa in particolare,
hai perfettamente ragione, Merlino è proprio sfortunato
rischia sempre la vita!
Ancora una volta è compito di Artù salvarlo!
Spero di non deluderti con lo
sviluppo della trama! Grazie ancora, alla prossimaJ
Non
sentiva nemmeno il freddo nonostante fosse inverno, il suo cavallo
stesse
correndo fra le neve che continuava a cadere senza sosta dal cielo
terribilmente bianco e lui fosse ancora a petto nudo. Non aveva avuto
tempo per
infilarsi la sua casacca tanta era l’urgenza che lo guidava.
Gaius aveva detto
che doveva fare in fretta, che quel dannato fiore era la loro ultima
speranza
per salvare Merlino. La sua ultima speranza per rivedere il sorriso
irriverente
del suo servitore. Artù sospirò facendo fermare
il cavallo nella radura al
centro della foresta, proprio davanti alla grotta in cui il medico di
corte
aveva detto che avrebbe trovato ciò di cui avevano bisogno. Per un attimo, per un solo
infinito secondo,
il principe si fermò a pensare a cosa avrebbe detto suo
padre quando avrebbe
scoperto che si era lanciato fuori da Camelot così
com’era appena sveglio,
mezzo nudo e scarmigliato, senza dirgli nulla ed ignorando
completamente la
lista di doveri che sapeva lo attendevano per imbarcarsi di
nuovo nella ricerca di un dannatissimo fiore dagli
straordinari
poteri. Perché sì, era già successo:
quando Merlino aveva bevuto dal calice
avvelenato che era destinato a lui, Artù aveva disobbedito a
suo padre pur di
andare a recuperare il fiore che avrebbe salvato la vita al suo
servitore. E
dire che all’epoca conosceva Merlino solo da poco tempo, ora
che il moro era
con lui da quasi un anno… era tutto diverso eppure tutto
uguale. Merlino era
rimasto il solito, inguaribile idiota e lui rimaneva sempre il principe
ereditario viziato e, a detta del suo servitore, asino. Era la loro
unione che
era cambiata: Artù non riusciva nemmeno ad immaginare un
solo giorno passato in
assenza di quel ragazzo, figurarsi un’intera vita! No,
Merlino non poteva
morire.
Aveva
un disperato bisogno di lui.
Quella
era la verità. certo, per Artù era difficile
ammetterla, anche solo a se
stesso: lui, il principe ereditario di Camelot, aveva bisogno di un
servitore
svampito ed irriverente. Se qualcuno lo avesse scoperto
l’intero regno avrebbe
riso di lui.
Quando
tornerai tuo padre di farà decapitare
questa volta, altro che prigione!
Artù
inspirò a fondo scuotendo la testa per allontanare quella
vocina fastidiosa: non
gli importava cosa avrebbe fatto Uther, in quel momento
l’unica cosa a cui
doveva pensare era trovare quel fiore rosso e portarlo a Gaius. Di una
cosa era
sicuro: non avrebbe permesso che suo padre cercasse di nuovo di
distruggere l’ultima
speranza di Merlino.
***
Gaius
trattenne il fiato quando la porta della stanza venne spalancata
lasciando
passare l’imponente figura del re.
“Mio
signore.” sussurrò subito chinando il capo con
rispetto, ma Uther non lo degnò
nemmeno di uno sguardo, rivolgendo subito la propria attenzione a
Morgana,
seduta con Ginevra vicino al letto in cui giaceva Merlino privo di
senso.
Artù
aveva lasciato Camelot solo da pochi minuti, ma la sua folle corsa
prima fino
alle stalle e poi fuori dalla città con il suo cavallo aveva
destato interesse
e stupore nel regno e la notizia era arrivata rapidamente alle orecchie
del re.
“Morgana,”
cominciò quest’ultimo avanzando con grandi passi
verso la figliastra, che
sostenne senza timore il suo sguardo acceso d’ira:
“Mi è stato riferito che
Artù è stato visto praticamente
dell’intera popolazione precipitarsi mezzo nudo
fuori da Camelot. Che diamine sta succedendo?”
La
Lady
si alzò con grazia accennando a Merlino con un gesto della
mano: “Guardate voi
stesso, Uther.”
L’uomo
lanciò una rapida occhiata al ragazzo che ansimava sempre
più faticosamente sul
letto, quindi, in un gesto stizzito, colpì alcune delle
boccette che Gaius
aveva lasciato sul tavolo spingendole a terra senza ritegno:
“Dovrei uccidere
questo dannato servitore con le mie stesse mani! Se avessi saputo, se
solo
avessi immaginato cosa avrebbe fatto questo ragazzo non avrei mai
permesso che
si avvicinasse a mio figlio!”
“E
cosa
avrebbe fatto di male?” sbottò Morgana lasciando
che la paura scivolasse dalla
sua anima riversandosi in quelle parola sotto forma di irritazione:
“Ha
insegnato ad Artù il significato della lealtà,
dell’amicizia, dell’affetto,
dell’umiltà! E’ forse una colpa
questa?”
Uther
inspirò a fondo guardando la propria figliastra con
espressione stralunata: “Devi
mostrarmi rispetto, Morgana!” sibilò stringendo i
pugni alla risata sprezzante
della ragazza.
“La
verità, Uther,” riprese lei, gli occhi infiammati
e il viso teso: “La verità è
che Merlino ha insegnato ad Artù ad essere un re migliore di
te. Quando il tuo
tempo finirà, Camelot potrà finalmente
ricominciare a vivere libera dalla tua
morsa.”
Il
re
avanzò rapidamente verso Morgana, il viso arrossato
dall’ira, stringendo il
collo sottile della ragazza in un morsa e spingendola a terra.
Gwen
si
inginocchiò accanto alla sua signora tenendo però
lo sguardo su Uther, furioso,
che sembrava intenzionato a dire qualcosa quando la voce di
Artù li fece
sobbalzare.
“Gaius,
ho il fiore! Questa volta è stato facile, non ho trovato
nemmeno streghe desiderose
di vedermi morto!”
Il
principe stava entrando in quel momento nelle stanze del vecchio
cerusico, il
viso arrossato dal freddo e dalla corsa e qualche foglia impigliata nei
capelli
scarmigliati, ma si bloccò confuso quando vide Gaius in
piedi con espressione
preoccupata, Morgana e Gwen a terra e suo padre che torreggiava su di
loro,
furioso.
“Padre!”
esclamò a passi rapidi verso l’uomo:
“Dovevo farlo!”
Uther
si
voltò verso di lui puntandogli contro un dito accusatorio:
“Guardati, Artù!
Guardati per dio! Cosa penserà il popolo di un principe che
si aggira in questo
stato per la città? E per cosa, poi? Per un maledetto servo?
Non capisci, Artù?
Dannazione, come puoi non capire? Stai mettendo a rischio la tua
reputazione
per salvare questo ragazzo… e ci sono voci, Artù,
voci che non dovrebbero mai
girare su un principe! Non capisci che in questo modo non fai altro che
alimentare le dicerie?”
Artù
capiva, capiva perfettamente le parole di suo padre: lui per primo
sapeva ciò
che il popolo sussurrava su lui e Merlino.
Sono
sempre insieme, quei due…
E’
evidente che il principe abbia una
predilezione per Merlino, mi chiedo solo come abbia fatto il ragazzo ad
entrare
nelle sue grazie fino a questo punto.
Oh,
ma dai, stai insinuando che ci sia
qualcosa fra quei due?
Guarda,
guarda! Artù gli ha sorriso…
Il
principe
in prima persona aveva sentito quelle parole e altre simili scivolare
di bocca
in bocca ogni volta che camminava con merlino per la città
ed era sicuro che
anche il servitore fosse a conoscenza di quelle dicerie, ma non ne
avevano mai
discusso. Artù non dava peso alle chiacchiere del popolo o
forse aveva
semplicemente ceduto all’orgoglio: sarebbe stato decisamente troppo imbarazzante affrontare un simile
discorso con Merlino…
Ad
ogni
modo non era quello il momento per affrontare una discussione simile:
“Padre,
ora non ho tempo, perdonatemi.” e così dicendo
sorpassò il re, che continuava a
fissarlo con aria ancora più stralunata di prima, e
consegnò con espressione
speranzosa il piccolo e delicato fiore rosso a Gaius.
Il
vecchio cerusico annuì con un piccolo sorriso e si mise
subito al lavoro, ma
prima che il principe potesse dire o fare altro Uther lo aveva
già afferrato
per un braccio trascinandolo di peso su per le scale che conducevano
alle
stanze di Merlino: “Se ci tieni così tanto a
questo dannato servitore allora
resta qui e fa’ la sua stessa vita! Non ti voglio vedere fino
a domattina Artù
e se lascerai queste stanze prima di avere il mio consenso pagherai
aspramente
la tua stupidità! Tu e Morgana state cercando di condurmi
alla follia!”
Il
re lo
spinse a terra come se fosse un vecchio sacco logoro e chiuse la porta
con un
gesto secco, lasciandolo solo. Ancora a terra Artù
sospirò stancamente: poteva
anche andare peggio, dopotutto. Almeno Gaius aveva il necessario per
tentare di
salvare Merlino ora. Voltò
la testa di
lato con un piccolo sorriso speranzoso, ma si bloccò
improvvisamente: sotto il
letto di Merlino c’era una trave del pavimento leggermente
sollevata, come se
nascondesse qualcosa. Si allungò lentamente fino ad avere la
testa sotto il
letto e, con la mano che gli tremava inspiegabilmente, raggiunse la
fessura nel
pavimento estraendone un libro con strani simboli sulla copertina.
Simboli
che Artù aveva già visto numerose volte. Simboli
che portavano sempre ad una
condanna a morte. Fece per aprirlo, il fiato bloccato in gola e la
vista
stranamente appannata, ma dei passi frettolosi sulle scale lo spinsero
a
nascondere nuovamente l’oggetto dove lo aveva trovato.
Se
fosse stato Uther per Merlino sarebbe
stata la fine.
Si
mise
velocemente a sedere sperando di avere un’espressione il
più naturale
possibile: perché lo aveva fatto? Se aveva visto giusto quel
libro era… no, non
era possibile. Merlino? Il suo servitore idiota? Assolutamente
impossibile. Ad
ogni modo, avrebbe messo le mani su quel libro e avrebbe scoperto la
verità.
Infondo, era stato proprio suo padre ad ordinargli di non uscire dalle
stanze
del cerusico fino a nuovo ordine, no?
“Stai
bene Artù?” chiese in quel momento Morgana aprendo
la porta e guardando confusa
l’espressione accigliata del fratellastro: “Vieni,
Gaius sta finendo l’elisir
per Merlino.”
Il
principe si alzò velocemente seguendo la ragazza fino al
letto in cui giaceva
ancora Merlino: in quel momento l’unica cosa che gli
importava era poter
rivedere il sorriso del suo servitore.
Eccoci
alla fine anche del secondo capitolo! So che non è successo
molto, ma questo
capitolo è il trampolino di lancia per la storiaJ
Grazie a
tutti!
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Capitolo 3 *** Cap. 3 ***
Terzo
capitolo! Spero di poter aggiornare con frequenza,
le vacanze dovrebbero permettermelo senza problemi. Ringrazio tutti
quelli che
seguono questa ff, in special modo chi lascia anche delle recensioni,
sempre
gradite!
Hero_:
grazie per l’interesse che mostri verso questa ff!
Spero di soddisfare la tua curiosità riguardo le avventure
di Artù nella grotta
con il racconto che ne farà il principe! Eh già,
ormai Artù ha scoperto il
segreto di Merlino… spero di non deluderti in questo
capitolo!
Lucylu:
grazie per la nuova recensione! Le voci che
girano su Artù e Merlino non sono certo passate inosservate
ai due, anche se
ancora entrambi non ne parlano. Il problema sarà che anche
Uther è
perfettamente consapevole di queste voci. Per quanto riguarda il fatto
che
Morgana da del tu a Uther è volontario: Morgana in quel
momento è arrabbiata e
lascia da parte l’etichetta nei confronti del re. Infondo,
sappiamo già che la
ragazza arriverà a detestare Uther con tutta se stessa.
chibisaru81:
sì, Uther se le cerca proprio a volte! Si
scontrerà con Artù, Morgana e anche con Merlino
ancora per un po’. Artù in
prima persona si occuperà di quel cavolo di cavaliere e il
povero Merlino non
ha più modo di negare la sua natura visto che il principe a
trovato il libro…
Jenny80_big:
sono contenta che la mia storia ti piaccia!
Uther è sempre Uther, non cambierà mai! XD
Infondo però, cerca solo il bene del
figlio, anche se la maggior parte delle volte nel modo sbagliato!
anita92:
mi fa piacere che trovi interessante la mia ff!
Uther darà ancora un po’ di problemi, come al
solito, ma Artù e Merlino non si
faranno certo fermare da lui! Spero
continuerai a seguire la mia ff e spero soprattutto di non deluderti!
Artù
trattenne il fiato quando Gaius finì di versare la pozione
preparata con il fiore
da lui raccolto nelle labbra fin troppo pallide di Merlino. Al suo
fianco, Gwen
e Morgana sembravano altrettanto tese, per non parlare di Gaius: il
vecchio
cerusico tremava al punto che aveva persino faticato a non versare il
contenuto
della fiala a terra nel tentativo di farlo bere al suo giovane
discepolo. Dopo
qualche secondo di completo silenzio, il marchio rossastro che il
principe
aveva fortunatamente notato sulla fronte del suo valletto si
sbiadì
velocemente, fino a svanire completamente: il respiro di Merlino si
fece via
via sempre più regolare e tranquillo, mentre le sue guance
tornavano a prendere
un po’ di colore.
Gaius
sospirò profondamente, sollevato, e si lasciò
cadere su una sedia mentre una risata di pura gioia gli saliva alle
labbra.
Anche
quella volta era finito tutto per il meglio, seppure lui stesso avesse
perso le
speranze nel momento esatto in cui aveva visto la terribile situazione
di
Merlino. Aveva veramente temuto di perderlo, per qualche attimo ne
aveva
persino avuto la certezza, fino a quando Artù non aveva
visto quel segno sulla
fronte del moro.
Rise
fino a sentire i polmoni bruciare in cerca d’aria, rise come
era molto che non
faceva sentendo la paura e l’angoscia scivolare lentamente
lontano dal suo
corpo, sostituite da un’irrefrenabile gioia.
Sollevò il viso incrociando la
sguardo ancora un po’ confuso del principe:
“E’ merito vostro, Sire.”
sussurrò,
lo sguardo acceso di incredibile gratitudine: “Grazie a voi
Merlino si salverà.
Starà bene. Ora deve solo riposare, ma quando
aprirà gli occhi lui starà bene.
E tutto grazie a voi.”
Artù
si sentì fremere a quelle parole, scosso da un brivido di
adrenalina: inspirò a
fondo, il sorriso spontaneo che gli illuminava gli occhi chiari di una
luce
gioiosa. A quel punto non gli rimase che unirsi alla risata di Gaius
sotto lo
sguardo sollevato e sereno delle due donne.
Il
principe si lasciò scivolare su una sedia accanto al letto
dove ora Merlino
dormiva tranquillo, mentre il cuore riprendeva finalmente il suo ritmo
normale.
Ci era riuscito, era stato in grado di salvarlo alla fine. Si sentiva
talmente
pieno di energia in quel momento che avrebbe potuto attraversare
l’intero regno
di corsa senza neppure stancarsi. Avrebbe rivisto il sorriso del suo
valletto,
avrebbe ancora percepito i suoi occhi blu ed irriverenti posarsi su di
lui,
avrebbe potuto ancora gioire della sua compagnia. Non c’era
null’altro che gli
importasse in quel momento, nulla se non il calore che aveva avvolto il
suo
petto alle parole di Gaius e che non ne voleva sapere di andarsene.
Merlino
sarebbe sopravvissuto. Grazie a lui. Quella consapevolezza lo rendeva
fiero
come mai si era sentito prima: ogni sua vittoria in battaglia, ogni suo
atto di
forza o di coraggio, per quanto incredibile fosse, perdeva valore
davanti al
pensiero di aver salvato la vita di quel servitore svampito.
“Gaius,”
chiamò in quel momento Morgana: “Ora potreste
dirci cosa è successo? Perché credo
che tutti noi siamo ancora un po’ confusi.”
L’anziano
medico annuì mestamente passandosi una mano sul viso prima
di parlare: “Quando
Merlino è arrivato qui, dalla sua ferita ho dedotto che
dev’essere stato
colpito al petto con una mazza chiodata, oltre ovviamente al pugno al
viso.”
Artù
spostò lo sguardo sul livido violaceo che copriva lo zigomo
sinistro del suo
servitore, sentendo una nuova ondata di rabbia invaderlo e far scorrere
più
velocemente il sangue nelle sue vene, ma Gaius riprese a parlare
catturando
nuovamente la sua attenzione.
“E’
però una ferita abbastanza superficiale e non riuscivo a
capire perché la
salute di Merlino fosse precipitata tanto velocemente. Il segno che
voi, mio
signore, avete visto mi ha aperto la mente: la mazza chiodata
dev’essere stata
cosparsa di un particolare veleno ricavato con delle foglie che porta
quasi
sempre ad una morte rapida ed estremamente dolorosa a meno che curata
con un
elisir estratto dal fiore che avete raccolto. E’ un veleno
impossibile da
riconoscere se non dal fatto che lascia un segno rossastro sulla
vittima. E’
stata una fortuna che Merlino lo avesse sulla fronte, o a
quest’ora sarebbe
sicuramente morto.”
Artù
si impose di respirare con calma e di bloccare i brividi che gli
risalivano la
schiena a quelle parole.
Per
un pelo. Questa volta Merlino è
sopravvissuto per un soffio, per pura fortuna. Oh, ho rischiato
così tanto…
“Questo
significa che Sir Rodomont non lo voleva solo aggredire, lo voleva
uccidere!”
esclamò in quel momento Ginevra, strappandolo con forza dai
propri pensieri.
“Ma
perché
un cavaliere dovrebbe fare una cosa simile?” si intromise
Morgana incrociando
le braccia sul petto con espressione pensierosa.
Ma
ad Artù non importava il perché, per lui
l’unica cosa degna di nota era che quell’essere
ripugnante travestito da cavaliere aveva ferito Merlino, il
suo valletto. Si sarebbe fatto dire il perché
mentre gli
strappava i denti uno per volta, se gli sarebbe passato per la mente,
poi lo
avrebbe ucciso lentamente, giusto
per
fargli capire per bene il terribile errore che aveva commesso.
Si
alzò, deciso ad andare a commettere un assassinio, ma la
sorellastra lo bloccò
afferrandogli un braccio: “Aspetta…”
sussurrò la donna con aria cospiratoria: “Calmati
e ragiona. Merlino ha detto, nel suo delirio, che non è
stato irriverente, che
non è stata colpa sua. Ci teneva molto che ti fosse
riferito, lo hai visto.
Credo che dietro questa aggressione si nasconda qualcosa di importante,
qualcosa che dovremmo scoprire. Inoltre, se Uther scopre che hai
lasciato
queste stanze andando contro il suo ordine si infurierà
maggiormente e c’è il
rischio che se la prenda anche con Merlino. Quindi ora tu stai qui
tranquillo,
mentre io e Gwen ci assicuriamo che Rodomont non lasci Camelot e
domattina
potrai scoprire la verità e poi metterlo a morte.”
Il
biondo sbuffò dal naso, contrariato, ma
all’occhiata decisa della sorellastra
tornò a sedersi con un sospiro: “Come pensi di
trattenere Rodomont senza
insospettirlo?”
Morgana
rise leggermente, scuotendo la testa: “Ho i miei metodi
Artù, non temere. Io e
Ginevra faremo un ottimo lavoro.”
Le
due donne lasciarono la stanza senza dargli la possibilità
di aggiungere altro.
Come se avrebbe potuto dissuaderle, poi.
Si
voltò nuovamente verso Merlino, sorridendo leggermente
all’espressione serena
del moro e prima che se ne rendesse conto la sua mano si era
già allungata,
posandosi sulla fronte non più bollente del ragazzo.
Gaius
si schiarì la voce facendo sobbalzare il principe
ereditario, che ritrasse
velocemente la mano sentendo le gote arrossarsi per
l’imbarazzo.
Si
era dimenticato della presenza del
cerusico.
“Vado
a prendervi qualcosa da mettere addosso, Sire.” disse quello
con un sorrisetto
sghembo che mal celava il divertimento: “Non vorrete restare
mezzo nudo per
tutto il giorno, spero!”
Prima
di dargli il tempo di rispondere, o quanto meno annuire, Gaius si era
già
chiuso la porta alle spalle con
un’energia
sorprendente per un uomo della sua età.
Artù
sospirò, ormai rassegnato ad essere ignorato:
incrociò le braccia sul letto di
Merlino, avvicinando la sedia e tornando a sorridere in quella che
sapeva
essere un’espressione ebete: “Ero così
preoccupato, sai?” mormorò, pregando che
nessuno entrasse in quel momento e lo sorprendesse a parlare con un
ragazzo
addormentato: “Non è la prima volta che rischi di
morire, ma questa volta Gaius
era rassegnato. Le sua espressione… non aveva più
speranza. Non fare mai più
una cosa simile, razza di idiota. Il mio cuore ha rischiato di fermarsi
a causa
tua!” non avrebbe mai parlato in quel modo, con tanta
semplicità, dei propri
sentimenti se il valletto fosse stato sveglio, ma gli occhi del ragazzo
erano
chiusi e il suo respiro profondo e regolare. Non correva quindi il
rischio che
Merlino lo sentisse.
“Ormai
sto facendo l’abitudine a correre a raccogliere fiori per
salvarti… ma non ci
tengo a dover ripetere l’esperienza, grazie. Anche se in
realtà è stato facile
questa volta.” sorrise sporgendosi leggermente verso il moro
e sentendosi come
un cantastorie improvvisato: “Una volta sceso da cavallo ho
preso la spada,
giusto per essere sicuro. L’ultima volta ho avuto un
piacevolissimo incontro
con quella strega che ci teneva tanto a vedermi morto, ricordi?
Comunque, sono
entrato nella grotta e per poco non sono caduto subito a terra per
quanto era
umido! Sì, se tu sentissi questa parte del racconto mi
prenderesti in giro per
il resto della mia vita, ma tanto dormi. Quindi, dopo che mi sono
aggrappato
alla parete per non pestare il fondoschiena ho iniziato a perlustrare
la
grotta, senza però riuscire a trovare il fiore. Ero
terribilmente in ansia sai?
Sentivo il rumore del sangue che scorreva con forza nelle mie vene,
come se
stessi per scendere in battaglia. Ho iniziato a scalare una parete, ma
era
tutto così dannatamente scivoloso che nemmeno ti immagini
quante volte ho
rischiato di cadere. Alloro ho iniziato ad usare la spada come perno,
la
conficcavo quanto più possibile nelle rocce e la usavo per
issarmi. A proposito,
quando ti sarai svegliato la dovrai lucidare, si è rovinata.
Alla fine dopo un
po’ ho trovato una sorta di piccolo spiazzo circolare in cui
c’era un nido con delle
grossa uova bianche e lì a fianco c’era il fiore!
Ho subito allungato la mano
per raccoglierlo, ma in quel momento un uccellaccio è sceso in
picchiata verso
di me, pensando probabilmente che fossi lì per le uova e
beh… diciamo che nel
tentativo di difendermi gli ho accidentalmente tagliato il collo con la
spada.
Lo so, lo so. Ora dirai che sono insensibile è che ho
lasciato quelle povere
uova senza la loro mamma, ma sinceramente era una scelta di gran lunga
preferibile al lasciare me senza di te. Alla fine sono riuscito a
prendere il
fiore e a tornare al mio cavallo. Oh, ricorda che ho fatto tutto
questo mezzo
nudo e appena sveglio, è stato persino più eroico
del solito!” rise da solo,
immaginandosi il sorriso irriverente che gli avrebbe sicuramente
rivolto a quel
punto Merlino.
“Sire…”
sussurrò in quel momento una voce alle sua spalle, facendolo
sobbalzare.
“Gaius!”
esclamò, arrossendo di nuovo per
l’imbarazzo:
“Da quanto sei qui?” chiese poi, temendo la
risposta.
“Le
vostre stanze non sono poi così lontane, mio
signore.” si limitò a rispondere il
vecchio porgendogli degli abiti puliti: “Non temete, non
sarò certo io a
riferire le vostre parole a Merlino, ma forse dovreste farlo voi
stesso. Vado a
raccogliere delle erbe, lo lascio nelle vostre mani.” con
quelle parole Gaius
uscì di nuovo, scuotendo piano la testa
all’espressione confusa del principe.
Artù
sentiva le guance in fiamme: com’era possibile che non lo
avesse sentito
rientrare? Oh dei, cosa avrebbe pensato ora il vecchio cerusico di lui?
E poi, perché
avrebbe dovuto ripetere il suo racconto una volta che Merlino fosse
stato
sveglio? No, no, assolutamente no. Sarebbe stato troppo
imbarazzante.
Sospirò,
accantonando in un angolo della mente quei pensieri: aveva una cosa
molto più
importante da fare. Lanciò un’ultima occhiata a
Merlino per assicurarsi che
dormisse ancora e, dopo essersi vestito e levato le foglie ancora
impigliate
nei suoi capelli, salì velocemente le scale che portavano
alla stanza del
servitore. Recuperò il libro dalla fessura nel pavimento
trattenendo il fiato
senza nemmeno accorgersene, quindi si sedette sul letto del moro e lo
aprì con
mani tremanti.
Chiuse
gli occhi qualche istante dopo, quando si rese conto che aveva ragione:
era
senz’ombra di dubbio un libro di magia, aveva visto molte
altre volte quei
simboli e quelle parole scritte in una strana lingua. Com’era
possibile che non
se ne fosse mai accorto? Merlino era veramente uno stregone? No, non
poteva
essere, non lui, non Merlino. Quel servitore idiota non poteva fare uso
di
magia, era assolutamente impossibile. Eppure il libro che stava
stringendo con
forza fra le mani non lasciva dubbi. Perché?
Perché non glielo aveva mai detto?
E ora? Cosa avrebbe dovuto fare? Se lo avesse detto a suo padre Merlino
sarebbe
morto… ma perché mentirgli? Perché non
si era fidato di lui, perché? Si sentiva
tradito in quel momento e la voglia di urlare era tale che dovette
mordersi le
labbra per impedirselo.
Perché?
“Artù…”
Il
biondo aprì velocemente gli occhi, trovandosi davanti la
figura tremante di
Merlino, ancora più pallido del solito, con le braccia
strette attorno al
proprio petto come per ripararsi dal freddo, le labbra socchiuse e gli
occhi
spalancati.
“Artù…”
ripeté, con voce tanto esile che quasi il principe non lo
sentì: “Io… posso
spiegare.”
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Capitolo 4 *** Cap. 4 ***
Quarto
capitolo^^ Da qui in avanti penso che entreremo nel
vivo della storia, si inizieranno a scoprire i veri colpevoli e i
personaggi
prenderanno le loro personali strade, chi da una parte chi
dall’atra. Grazie a
tutti quelli che seguono questa ff e in particolar modo a chi
recensisce!
Lucylu:
Ahahah, hai ragione è una mia abitudine bloccare i
capitoli sul più bello quindi temo dovrai farci
l’abitudine! eh eh, Uther Uther…
chissà, forse c’è veramente il suo
zampino! Ad ogni modo, Merlino non gli va a
genio e sappiamo tutti il modo che ha il re di risolvere le cose, non
se ne
starà certo in disparte nemmeno in futuro! Grazie per le
recensioni, mi fa
piacere leggerle!
chibisaru81:
Ah, quel cavaliere! Irrita anche me nonostante
sia una mia creazione! Artù è il solito asino e
anche in questo capitolo lo
dimostrerà, ma vedrai che Merlino lo farà
ragionare! E poi, il principino tiene
troppo al suo servitore idiota per non ascoltarlo!
Hero_:
Sì, faccio sempre fatica a scrivere capitoli lunghi, mi
impegnerò al massimo! Sono contenta che il racconto di
Artù ti sia piaciuto^^
Spero che la storia continui a piacerti andando avanti! Alla prossima
Artù
rimase immobile per quella che avrebbe benissimo potuto essere
un’eternità: non
riusciva a pensare. Si sentiva come incatenato al letto scomodo di
Merlino,
fermo davanti al ragazzo moro che lo fissava con gli occhi sgranati, le
labbra
socchiuse e le mani artigliate alle braccia, che teneva come una sorta
di
scudo, strette al petto.
Come
avrebbe dovuto reagire? Insomma, sarebbe stato meno traumatico scoprire
che
Merlino fosse in realtà una donna sotto mentite spoglie!
Avrebbe accettato
qualsiasi cosa, ma… stregoneria?
Fin
da
quando era un bambino aveva imparato una semplice regola: magia uguale
malvagità.
Era facile da tenere a mente. Chiunque faccia uso di magia
pagherà con la
morte, quella era la legge di Camelot. E lui era il principe ereditario
di
Camelot, dannazione! Cos’avrebbe dovuto fare? Possibile che
Merlino… no,
assolutamente no. Il suo servitore non poteva essere un traditore, era
impossibile. Semplicemente impossibile. Merlino non era malvagio, era
idiota,
svampito e imbranato. Era generoso, divertente, irriverente, premuroso
quasi…
come poteva fare uso di magia? Non aveva nessuna delle caratteristiche
che suo
padre aveva sempre attribuito agli stregoni.
No.
Semplicemente, assolutamente no.
Era
quella l’unica cosa che riusciva a pensare mentre ancora
stringeva quel
maledetto libro fra le mani con forza, desiderando solo poterlo
rimettere nella
fessura sotto il letto, chiudere gli occhi e dimenticare ogni cosa.
“Sire,
io…”
Merlino avanzò di qualche passo verso di lui continuando a
guardarlo con quell’espressione
disperata.
Artù
inspirò a fondo, cercando di calmarsi, invano. Non riusciva
più a pensare.
Poteva solo agire, ma la sue azioni, guidate dall’istinto,
furono semplicemente
quelle di un principe ereditario, non quelle dell’amico che
sapeva di essere
diventato per Merlino.
Si
alzò
in piedi con un gesto rapido e scagliò il libro contro il
moro, costringendolo
ad indietreggiare e a proteggersi sollevando le braccia. In pochi passi
Artù fu
davanti a lui e a quel punto gli fu tremendamente facile spingerlo a
terra.
Merlino era così esile che sarebbe bastato un soffio di
vento per farlo cadere.
Abbassò
lo sguardo fissando con improvviso astio il servitore rannicchiato ai
suoi
piedi, che aveva la testa fra le ginocchia e si era nuovamente stretto
le
braccia al petto.
“Avrei
dovuto
capirlo.” sibilò Artù, gli occhi accesi
da una strana luce. Probabilmente, se
si fosse guardato allo specchio in quel momento, nemmeno lui si sarebbe
riconosciuto da quanto il suo viso era sconvolto dal mare di emozioni
che gli
vibravano nel petto: “Avrei dovuto capirlo fin
dall’inizio. Lo sapevo, sapevo
che c’era qualcosa di strano in te. Come hai potuto fare una
cosa simile? Non
importa, non importa più ormai. Hai infranto la legge di
Camelot, verrai messo
a morte.” Non si sentiva nemmeno mentre parlava. Le parole
gli scivolavano
dalle labbra munite di vita propria prima che lui potesse pensarle.
Aveva
ripetuto così tante volte quelle parole in passato che gli
sembrava
semplicemente di star vivendo un ricordo. Non vedeva più
Merlino singhiozzare
ai suoi piedi, in quel momento Artù stava parlando ad uno
stregone senza volto,
a qualcuno che aveva incontrato in quel momento. Ogni ricordo legato a
Merlino
era stato risucchiato dal vortice di rabbia e confusione che lo aveva
avvolto
nel momento stesso in cui aveva avuto la conferma che quello che aveva
trovato
era un libro di magia.
“Verrai
portato al rogo il prima possibile e sarai giustiziato pubblicamente,
come
monito per i tuoi simili.” erano parole così
familiari che non aveva bisogno di
essere veramente presente per pronunciarle. La sua testa era
stranamente
leggere, la sua anima lontana da quella stanza, bloccata in un limbo di
nebbia
densa che gli impediva di vedere.
“Infrangendo
le leggi ti sei rivelato un traditore: hai tradito Camelot e il suo re.
In
conseguenza, hai tradito anche a me, per questo…”
A
quel
punto, però, qualcosa nella normale evoluzione di quella
procedura cambiò: due
mani pallide si serrarono intorno al suo polpaccio, stringendo con
insospettabile
forza.
Artù
abbassò gli occhi, scontrandosi così con lo
sguardo limpido di Merlino. Quegli
occhi blu erano fermi, estremamente determinati, sebbene il loro
proprietario
avesse le guance e le labbra bagnate di lacrime.
Lentamente
il principe riprese a respirare: la nebbia cominciò a
diradarsi e lo stregone
senza volto si trasformò in un ragazzo con precisi
lineamenti. Lineamenti che
erano marchiati a fuoco nella sua memoria.
Cercò
istintivamente di indietreggiare, ma le mani di Merlino erano ancora
strette
sulla sua gamba, decise a trattenerlo.
“Potete
dire tutto ciò che volete di me, mio signore.”
cominciò il moro senza
allontanare un attimo il proprio sguardo infervorato da quello confuso
dall’altro:
“Ne avete il diritto. Ma non vi permetterò di
chiamarmi traditori. Tutto ciò
che ho fatto è stato esclusivamente per voi.”
“Perché
non…”
“Credete
che per me sia stato facile?” Merlino si alzò
velocemente, fronteggiandolo: “Fa’
questo Merlino, muoviti Merlino, rischia la vita Merlino, fatti
ammazzare
Merlino! E tutto per cosa? Non per Camelot, non per Uther, ma per voi!
Solo per
voi, maledizione! Come credete che mi sia sentito a dovervi mentire
ogni
giorno? Ma cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei potuto
fare? Temevo di essere messo a morte! Conosco perfettamente
le leggi di Camelot!”
Artù
scosse con forza le testa, aggrottando la fronte mentre una nuova
ondata di
irritazione gli saliva rapida nel petto, bloccandogli il respiro:
“Non ti sei
fidato di me! Hai dato per scontato che ti avrei consegnato a mio
padre!”
Fu
il
turno di Merlino di scuotere la testa, facendo ondeggiare i capelli,
mentre si
avvicinava di un altro passo al principe: “Ammetto che
all’inizio pensavo che
lo avreste fatto, è vero. Ma le cose sono cambiate! Non vi
ho detto nulla per
paura di mettervi contro vostro padre… non avrei sopportato
il pensiero che voi
vi metteste in pericolo a causa mia. Siete il futuro re, dannazione,
non
avreste comunque potuto fare niente per un servitore! Io non voleva
crearvi
problemi. Molte volte avrei voluto dirvelo, ma non ne ho mai avuto
l’occasione.”
la voce del ragazzo perse forza man mano che parlava, fino a ridursi a
un
sussurro: “Non vi chiedo di capirmi, mio signore. Vi chiedo
solo di perdonarmi.”
Artù
indietreggiò fino a tornare a sedersi sul letto, il suo
sguardò si allontanò
dal viso teso del servo fino a posarsi sulle proprie mani:
“Perché sei rimasto
a Camelot? Avresti dovuto andartene tempo fa. Non saresti mai dovuto
venire. Perché
sei ancora qui?” sollevò di scatto la testa quando
sentì una leggera risata triste
scivolare dalle labbra di Merlino.
“Non
mi
ascoltate, Sire. Ve l’ho già detto: tutto
ciò che ho fatto è stato per voi.
Sono rimasto per voi. Non per il principe ereditario, non per il futuro
re.
Sono rimasto semplicemente per Artù, il mio Destino,
l’altra metà della mia
medaglia.”
Il
biondo
inspirò sbattendo con forza le palpebre: non era riuscito a
comprendere a pieno
quelle parole, ma ne era rimasto scosso. La voce di Merlino parlava di
futuro e
di Destino. Un avvenire di gloria. Un avvenire insieme.
Quello era ciò che gli era sembrato di scorgere,
nascosto
dietro la parole del moro.
“Ma
forse
ho sbagliato tutto.” sussurrò in quel momento il
servitore, riscuotendolo dai
suoi pensieri: “Insomma, se per voi non sarei mai dovuto
venire… mi sono solo
illuso.”
Improvvisamente
Merlino si accasciò sotto il suo sguardo attonito, come
svuotato da ogni
energia: lo vide sollevare le mani e nasconderci il volto,
singhiozzando, come
se il tempo avesse bruscamente rallentato. Ogni suo movimento gli
sembrava
durare un’eternità.
“Fate
di
me ciò che volete, non ha più importanza
ormai.”
Quell’ultimo,
esile sussurro riscosse definitivamente Artù: era di Merlino
che si stava
parlando, dannazione, non di un qualsiasi servitore. Quello era il suo Merlino,
lo conosceva da quasi un anno ormai. Era il ragazzo che era sempre
stato al suo
fianco, quello di cui amava la compagnia, quello per cui avrebbe fatto
qualsiasi cosa. Il ragazzo per cui aveva
fatto qualsiasi cosa. Non poteva annullare il passato semplicemente
perché aveva
scoperto che era uno stregone, le sue azioni non venivano cancellate
dall’uso
della magia. Era pur sempre Merlino e se c’era una cosa di
cui Artù era sicuro
era della sua bontà. Non aveva mai fatto del male a nessuno.
Era solo… Merlino. Con
o senza magia, rimaneva lo
stesso.
Lo
avrebbe protetto. Lo avrebbe difeso, sempre e comunque. Non lo avrebbe
mai, mai consegnato a suo padre.
“Merlino…”
lo chiamò piano, come se temesse di spaventarlo
ulteriormente.
Il
moro
sollevò la testa, asciugandosi gli occhi con il dorso della
mano, e di nuovo
Artù si scontrò con il suo sguardo limpido: aveva
veramente dubitato di lui?
Come aveva potuto fare una cosa simile? Come aveva potuto parlargli
come se non
lo conoscesse, come se non gli importasse di lui?
Sospirò
piano alzandosi e raggiungendolo: gli tese una mano sorridendogli
stancamente,
il peso delle parola pronunciate poco prima che lo opprimeva come la
peggiore
delle colpe.
Era
quindi quella la vergogna? Gettare fango su una creatura indifesa e
tanto
innocente.
Merlino
lo guardava dal basso, senza capire il perché di quel gesto
e senza nemmeno
afferrare la sua mano.
“Non
ti
farò alcun male. Non è mia intenzione consegnarti
a mio padre… insomma, mi
serve qualcuno che lucidi la mia armatura e mi pulisca gli
stivali.”
“Credevo
di essere il peggiore servitore di Camelot…”
Artù
roteò gli occhi sbuffando: “Lo sei, infatti. Ma
sei resistito più di qualunque
altro servitore io abbia mai avuto, quindi… oh, avanti, sai
benissimo cosa sto
cercando di dire!”
A
quel
punto, Merlino rise. In un attimo Artù si trovò
le sue braccia strette al collo
e quel corpo esile premuto contro il proprio, in un abbraccio
decisamente
imprevisto.
La
risata
del moro si scontrava direttamente contro il suo orecchio e i suoi
capelli gli
solleticavano il naso, tanto da farlo quasi starnutire, ma non avrebbe
voluto
nulla di diverso in quel momento. Si riscoprì a pensare che
con Merlino stretto
a sé e finalmente più alcun segreto a dividerli,
ogni cosa era più luminosa del
solito.
Era…
felice? Doveva essere
così, visto che in
breve fu contagiata dalla risata gioiosa del moro. Sollevò
piano le braccia e
quasi senza rendersene conto le avvolse attorno alla schiena nuda di
Merlino,
coperta solo dalla fasciatura che aveva fatto Gaius. La sensazione
delle bende
contro la sua pelle, però, gli riportò alla mente
che aveva un’altra,
importantissima cosa da scoprire.
Allontanò
leggermente il moro da sé, facendolo sedere sul letto e
prendendo posto al suo
fianco.
“Cos’è
successo?” chiese serio, guardandolo negli occhi:
“Gaius mi ha detto che è
stato Sir Rodomont ad aggredirti… cos’è
successo questa mattina, Merlino?”
Il
servo
abbassò lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore e
stringendosi
nuovamente le braccia al petto, spaventato: “Io…
mio signore, non ne sono molto
sicuro in realtà.” mormorò quindi,
senza incrociare gli occhi del biondo: “Sono
uscito presto per delle commissioni. C’erano pochissime
persone già sveglie e
la città era quasi vuota… stavo camminando
tranquillo quando qualcuno mi ha trascinato
in un vicolo e prima che potessi fare nulla per impedirlo mi sono
ritrovato a
terra con un dolore incredibile alla guancia. Ho sollevato la testa per
vedere
il mio aggressore e magari tentare di difendermi e mi sono trovato
davanti a
Sir Rodomont. Un attimo dopo lui ha roteato una mazza chiodata e mi ha
colpito
al petto. Avrei dovuto fermarlo, lo so, ma non sono bravo a difendermi
e poi mi
ha preso di sorpresa! Si è chinato e mi ha sussurrato che
sarei morto per la
mia insolenza.” a quel punto sollevò lo sguardo
puntando lo sguardo in quello
di Artù: “Ma non è stata colpa mia,
Sire, dovete credermi! Non parlo quasi mai
con Sir Rodomont, ci saremo incrociati sì e no due volte!
Non sono stato
irriverente, dovete credermi!”
Il
principe annuì velocemente posandogli con delicatezza una
mano sulla spalla del
moro: “Ti credo, Merlino.” gli rivolse un breve
sorriso per rassicurarlo,
quindi tornò subito serio: “Solo, non riesco a
capire il motivo di una simile
aggressione. Sir Rodomont si è sempre dimostrato rispettoso
e valoroso, un
ottimo cavaliere… perché dovrebbe aver fatto una
cosa simile?”
Artù
si
alzò cominciando ad attraversare con lunghi passi la
stanzetta buia: “Se solo
potessi uscire di qui lo costringerei a dire la
verità!”
“Perché
non
potete uscire di qui?” chiese Merlino, confuso, preferendo
ignorare il calore
che lo aveva avvolto nel momento in cui aveva visto la preoccupazione
per lui negli
occhi del principe.
“Mio
padre
sosteneva che non avrei dovuto salvarti per non mettere a rischio la
mia
reputazione, visto che ho attraversato Camelot mezzo
nudo…”
“Cosa?”
Artù
si
voltò accigliato verso il proprio valletto, che era
scoppiato a ridere
portandosi una mano al petto, dove la ferita ancora fresca gli rendeva
faticoso
persino respirare.
“E’
una
lunga storia…” sussurrò il biondo, un
sopracciglio sollevato in un’espressione
leggermente irritata: “Ad ogni modo Morgana e Ginevra lo
tratterranno fino a
domattina, quando finalmente potrò uscire.”
“No,
no,
spiegatemi bene cos’è successo!” Merlino
non sembrava averlo ascoltato, ma
aveva smesso di ridere e stava cercando di riprendere fiato:
“Avete
attraversato mezzo nudo Camelot?”
Artù
roteò gli occhi, esasperato per la nuova risata del moro, ma
si incupì quando
sentì l’altro tossire ed ansimare per la fatica.
Persino respirare sembrava
richiedergli uno sforzo eccessivo.
“Devi
riposare o Gaius se la prenderà con me.”
sussurrò quindi guardando il viso
pallido del moro con espressione preoccupata.
Merlino
scosse la testa, la bocca socchiusa alla ricerca di aria:
“Non sono stanco.”
“Non
essere idiota. Devi recuperare le forze per poter lucidare per bene la
mia
spada!”
Il
valletto scosse la testa, rassegnato, ma un piccolo sorriso gli
illuminava
ancora il viso. Si stese quindi sul proprio letto mentre
Artù si avvicinava
alla porta, ma prima che potesse uscire Merlino lo richiamo:
“Grazie mio
signore.”
“Grazie
a
te.” sussurrò il principe prima ancora di averlo
veramente pensato.
“Per
cosa?”
Per
esistere,
disse la
mente del biondo, ma dalle sue labbra uscì invece:
“Per avermi detto la verità.”
Piccoli
passi. Erano quelli
ciò che Artù stava facendo. Piccoli passi verso
un avvenire di gloria, piccoli
passi verso un avvenire insieme.
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Capitolo 5 *** cap. 5 ***
Capitolo
5! Ringrazio tutti coloro che seguono questa ff e che
per qualche strano motivo la apprezzano! In particolar modo ringrazio
chi
lascia delle recensioni e da speranza a questa storia!
hiromi_chan:
concordo pienamente con te sul fatto che non si
possa scaricare tutto su Merlino! Poverino, come se già non
sopportasse
abbastanza, costretto a mentire a tutti per non essere ucciso! Sono
contenta
che ti sia piaciuto il modo in cui ho fatto svolgere la situazione,
anche
perché la mia paura più grande è
sempre quella di far agire i personaggi in
modo troppo diverso da come in realtà. Spero che andando
avanti non ti deluda e
grazie per continuare a seguire la mia ff!
chibisaru81:
quando ho letto “sir ma perché non ti strozzi
Rodomont” sono morta dal ridere! Tranquilla, la sua
permanenza in scena è
sempre più breve!
Jenny80_big:
mi fa davvero piacere che la mia storia ti
appassioni! Anche io ero preoccupata mentre scrivevo di Artù
che parla di condanna
a morte, fai te! I personaggi decidono sempre da soli cosa fare o dire,
sono
ingestibili a volte! Meno male che Merlino è troppo
importante per morire. ^^
Lucylu:
Sono contenta che ti sia piaciuta la reazione di Artù!
Ho sempre paura di far agire i personaggi in modo troppo ooc, quindi
quando ho
letto che lo consideravi molto ic ero super felice! Sì,
Merlino è veramente
sfortunato, sembra che l’intero mondo cospiri contro di lui! In questo capitolo
inizierà ad intravedersi
il vero colpevole dell’aggressione… spero di non
deluderti!
Sam
Hutcherson: Ciao! Sono contenta ti piaccia la mia ff!
Potresti spiegarmi meglio cosa intendi per “dialoghi un
po’ freddi”? Così provo
a migliorare!
Oliver_Rei:
Oddio, quanto tempo! Ci ho messo un po’, ma poi
certo che mi sono ricordata di te! Cavolo, è passato
veramente un secolo da
quando scrivevo su Jaden e Jesse! La tua recensione mi ha fatto tornare
la
voglia di scrivere su di loro… Comunque mi fa veramente
piacere che ti piaccia
la mia ff! Concordo, Artù non ha alternative, lui deve stare con Merlino, altro che rogo e
rogo! Ah, a volte quel
principe è un vero asino! Spero che la storia continui a
piacerti! ^^
Artù
stava ancora camminando in circolo nella stanza del cerusico quando
Gaius
rientrò. Aveva le braccia incrociate sul petto e la fronte
corrugata mentre i
suoi passi si facevano sempre più rapidi e pesanti.
“Qualcosa
non va, mio signore?” chiese l’anziano poggiando
sul tavole le erbe appena
raccolte ed iniziando a preparare un infuso contro il dolore per
Merlino. In
quel momento poggiò lo sguardo sul letto dove aveva lasciato
il ragazzo,
trovandolo vuoto. Tornò a guardare il principe ereditario
per avere da lui
informazioni, ma prima che potesse parlare il biondo gli si era
già avvicinato
con sguardo truce: “Non riesco a capire, Gaius.
C’è qualcosa… qualcosa che
continua a sfuggirmi. Continuo a pensare e pensare, ma non riesco a
venirne a
capo. L’unica cosa che ho ottenuto è un terribile
mal di testa!”
“E’
perché non ci siete abituato. A pensare, intendo.”
disse sommessamente una voce
alle spalle di Artù, che sbuffò irritato
voltandosi subito verso il proprio
servitore, che stava tranquillamente seduto sulle scale che portavano
alla sua
stanza.
“Merlino!
Ti sei svegliato finalmente!” esclamò Gaius
affrettandosi verso il moro,
bloccando così il fiume di insulti che stava per lasciare la
bocca del biondo.
Incredibile.
Merlino riusciva a prendersi gioco di lui anche dopo essere quasi
morto!
Possibile che non gli portasse mai alcun rispetto?
Tutto
ciò che faccio è per voi.
Quelle
parole rimbombarono nella sua mente per l’ennesima volta,
spingendolo di nuovo a sospirare.
Non riusciva a
smettere di pensare alla conversazione avuto poco prima con Merlino.
C’era
qualcosa che lo costringeva a continuare a riflettere sulle parole del
moro,
qualcosa che gli impediva di respirare liberamente quando ripensava a
come lo
aveva trattato. Aveva veramente detto che lo avrebbe messo a morte?
Scosse
la
testa portandosi le mani alla fronte e massaggiandosi leggermente le
tempie,
isolato dal resto della stanza. Allora era veramente quella la
vergogna.
Sospirò ancora, rassegnato: non sarebbe mai riuscito a
perdonarsi, ne era
certo. Aveva aggredito Merlino, lo aveva scosso e ferito, proprio lui
che era
determinato ad infliggere la peggior morte possibile a Sir Rodomont per
quello
che aveva fatto… no, non si sarebbe mai perdonato.
L’unica cosa che poteva fare
era proteggere il suo servitore da tutto e tutti, da Rodomont, dalle
dicerie,
da suo padre. Almeno così, forse, Merlino lo avrebbe
perdonato. Il ragazzo
sembrava aver dimenticato quello che Artù vedeva come un
crimine, stava
parlando con Gaius come se niente fosse e non mostrava alcun
risentimento nei
suoi confronti, ma il principe era sicuro di dover ottenere il suo
perdono. Non
importava che Merlino lo avesse abbracciato, che avesse riso, non
importava
nulla. Doveva ottenere il suo perdono, perché era sicuro di
non averlo in quel
momento.
“Sire,
mi
state ascoltando?”
“Cosa?”
Merlino
gli si era avvicinato e lo stava osservando con espressione stranita,
quasi
preoccupata.
Artù
gli
rivolse un breve sorriso, facendogli cenno di parlare: doveva
ottenere il suo perdono.
“Vi
stavo
chiedendo se aveste qualche idea riguardo ciò che
è successo questa mattina…”
sussurrò il moro senza perdere l’aria vagamente
preoccupata e mantenendo il
proprio sguardo fisso in quello del biondo, che scosse la testa.
“Il
comportamento di Rodomont non ha spiegazioni, a mio parere.
E’ sempre stato un
valido cavaliere… ora però non
c’è nulla che noi possiamo fare, almeno non per
il momento. Sono sicuro che Morgana e Ginevra riusciranno a trattenerlo
fino a
domattina e a quel punto potrò ottenere la
verità.” strinse i pugni con forza
eccessiva, fino a conficcarsi le unghie nella pelle: odiava
quel cavaliere. In passato aveva creduto di provare odio nei
confronti di altre persone, ma solo quando Gaius aveva pronunciato il
nome del
cavaliere che aveva aggredito Merlino si era accorto di essersi sempre
sbagliato: nessuno aveva mai scatenato in lui nulla più che
un futile
disprezzo.
Quello
che invece provava nei confronti di Rodomont era odio allo stato puro.
Quel
sentimento, incredibilmente violento, scivolava nel suo corpo con
un’intensità
che non aveva pari, scaldando ogni suo muscolo, arroventando la sua
pelle come
se fosse fuoco.
Nulla,
nulla gli avrebbe impedito di
riversare
quella rabbia contro il cavaliere, smettendo di essere il principe
ereditario e
comportandosi solo come un uomo in cerca di vendetta.
“Artù…”
sussurrò in quel momento Merlino, gli occhi ora offuscati
dalla preoccupazione
che non si allontanavano dal viso contratto del biondo:
“State bene, mio
signore?”
Non
poteva fare a meno di sentirsi male nel constatare con quanta dedizione
il moro
si occupasse di lui, sempre pronto a confortarlo, aiutarlo, frenarlo,
calmarlo.
Continuava a farlo, anche dopo il modo terribile in cui lui lo aveva
trattato.
“Lo
ucciderò, Merlino. Nel peggior modo possibile.”
A
quelle
parole il servitore sussultò, sgranando gli occhi e
continuando a fissarlo,
quindi, dopo qualche attimo di silenzio, scosse piano la testa,
prendendo fra
le sua mani quella di Artù e costringendolo ad aprire il
pugno: “Non fate il babbeo,
Sire. Sono sicuro che Rodomont saprà fornirci
motivazioni…”
Il
principe scosse la testa con forza, lo sguardo acceso dalla stessa vena
feroce
di poco prima: “Non dire idiozie! Nessuna motivazione mi
impedirà di metterlo a
morte per quello che ha fatto!”
Merlino
sorrise piano, quasi tristemente, e strinse la presa delle proprie mani
su
quella ruvida e grande di Artù, che abbassò piano
lo sguardo, confuso: “Mio
signore, io sono un servo e Sir Rodomont un cavaliere. Vostro
padre…”
Il
biondo
aveva quasi voglia di ridere: Merlino era così… merlinesco. Era davvero
l’unico modo che aveva per descrivere il proprio
valletto. Non aveva mai incontrato nessuno come lui ed era abbastanza
sicuro
che nemmeno se avesse vissuto per millenni avrebbe mai conosciuto
qualcuno così
cocciutamente dolce come era Merlino. Aveva la straordinaria
capacità di
leggergli dentro, di mitigare ogni suo eccesso e di compiere gesti
imbarazzanti
e strani come prendergli una mano fra le proprie con una naturalezza
disarmante. Eppure,
nonostante si stesse
sforzando per non avvampare, non riusciva ad allontanare le mani calde
e
morbide del servo dalla propria. Non poteva
farlo.
Prima
che
potesse finire la frase, tornò a guardare quegli azzurri
tanto simili ai suoi
eppure tanto diversi e interruppe: “Non mi importa cosa
dirà mio padre. Mi
importa di te.”
Era
stato
un sussurro, niente più che un flebile mormorio, ma era
bastato per far
spalancare gli occhi di Merlino e far imporporare le sue guance, di
solito così
pallide da far credere che non conoscessero il sole.
Artù
avrebbe voluto sprofondare dopo una simile frase, avrebbe veramente
voluto
seppellirsi difronte allo sguardo confuso e quasi affettuoso
che gli stava rivolgendo in quel momento il moro, ma
quelle parole erano la pura verità, scivolata dalle sue
labbra prima ancora che
lui potesse rendersene conto.
Entrambi
sobbalzarono quando la
porta si chiuse con un tonfo sordo: Gaius se ne era andato bofonchiando
qualcosa riguardo ad una visita inderogabile.
Dopo
qualche
attimo di silenzio, Merlino sorrise stringendo ancora la mano di
Artù fra le
proprie: “Mio signore, vi sono molto grato per la vostra
preoccupazione, ma non
vi permetterò di mettervi in situazioni spiacevoli a causa
mia e…”
“Oh,
possibile che tu non capisca? Non ti do mai ascolto, Merlino, dovresti
saperlo.
E’ una questione di principio: Sir Rodomont è un
cavaliere, deve comportarsi
come tale ed aggredire qualcuno non rientra nelle attività
quotidiane di un
cavaliere.”
Il
moro
sospirò e fece per parlare, ma Artù era
determinato a non lasciarsi
interrompere. Era consapevole che non sarebbe riuscito a parlare in
quel modo a
Merlino in un’latra occasione, bloccato
dall’orgoglio e dall’imbarazzo che in
quel momento sembravano essersi volatilizzati.
“Ascoltami
bene ora. So che ti tratto sempre come se fossi un servitore terribile
e forse
lo sei anche, ma sei un amico per me. Un buon amico. E… e mi
sono affezionato a
te. Non so come sia stato possibile, ma è successo. Quindi
non riuscirai a
farmi desistere dai miei propositi. Non posso permettere che qualcuno
ti faccia
del male.”
Merlino
lo fissava con lo sguardo accesso da una strana luce, una scintilla che
non aveva
mai visto prima in quegli occhi, o per lo meno non così
intensa. Stava
sorridendo come un bambino davanti al propri cibo preferito, come se
non avesse
aspettato altro che quelle parole.
Artù
inspirò a fondo cercando di fermare il battito
inspiegabilmente accelerato del
proprio cuore e di sostenere lo sguardo del valletto senza arrossire in
modo
vergognoso.
“Siete
proprio un babbeo, mio signore.” sussurrò Merlino
con una dolcezza tale che il
principe avrebbe potuto sciogliersi e morire felice se solo in quel
momento un
bussare delicato non li avrebbe interrotti.
Si
allontanarono velocemente l’uno dall’altro, come
scottati, mentre Morgana
faceva il suo ingresso.
Quando
vide il servitore sveglio, la Lady sorrise sollevata e si
affrettò verso di lui
per abbracciarlo: “Sono felice che tu stia bene,
Merlino.”
“Hai
trovato Sir Rodomont?” intervenne Artù,
stranamente irritato da quell’interruzione.
Eppure, Morgana lo aveva salvato dall’imbarazzo
più totale, avrebbe dovuto
esserle grato.
“Sì.
Io e
Gwen lo abbiano fermato poco prima che, casualmente,
partisse per allontanarsi da Camelot. Lo abbiamo attirato con
una scusa
nelle mie stanze e poi lo ho colpito alla testa. E’ svenuto
come una donzella.”
Morgana rise leggermente, scuotendo la testa: “Eppure,
dovrebbe essere uno dei
tuoi migliori cavalieri, Artù…”
insinuò divertita.
Il
fratellastro le rivolse un’occhiataccia prima di incitarla in
malo modo a
continuare.
“Ora
giace beatamente legato nella mia stanza, con Gwen che fa la guardia.
Sembra
più che determinato a non dire nulla,
Artù.”
“Assicurati
che non se ne vada. Fagli bere una delle tue pozioni per il sonno,
così non
darà problemi.”
La
ragazza annuì e fece per uscire, ma, a pochi passi dalla
porta, si rabbuiò
improvvisamente, fermandosi e voltandosi verso i due ragazzi:
“Sir Rodomont è
sempre stato un buon cavaliere, Artù.”
cominciò con sguardo deciso anche se era
evidentemente tesa: “Valoroso, coraggioso, leale.
Estremamente leale. Non c’è
motivo per cui avrebbe dovuto aggredire Merlino. Se solo non fosse che
prima
del tua arrivo, questa mattina, Uther ha detto che avrebbe dovuto
uccidere
Merlino con le sue stesse mani per salvaguardare la tua reputazione,
per poi
chiuderti qui dentro ed impedirti di andare alla ricerca di
Rodomont.”
Artù
indietreggiò istintivamente, come se quelle parole lo
avessero colpito allo
stesso modo di uno schiaffo. Certo, suo padre si era arrabbiato per il
suo
comportamento e non aveva mai compreso l’attaccamento del
figlio nei confronti
del servitore, ma possibile che Morgana avesse ragione? Suo padre
sarebbe
veramente arrivato a fare una cosa simile? Uccidere Merlino?
Scosse
la
testa con forza: “Cosa stai insinuando?”
La
Lady
inspirò lentamente senza allontanare il proprio sguardo da
quello del
fratellastro: “Non insinuo nulla. Mi limito a porti davanti
ai fatti, Artù.
Conosciamo entrambi Uther e sono sicura che anche tu sai perfettamente
che in
passato ha compiuto azioni anche peggiori del far uccidere un
servitore.”
“E’ mio padre, Morgana!”
“Questo
non cambia la realtà, Artù. Tu sei un uomo
migliore di lui, lo sei sempre
stato. Ciò che per te è impensabile, per lui
è la normalità. Ti chiedo solo di
tenere a mente le mie parole.” così dicendo la
ragazza se andò senza permettere
al fratellastro di ribattere ancora.
Il
principe si portò le mani alle testa, passando le dita fra i
capelli biondi e
tirando leggermente, come se volesse assicurarsi di essere veramente
sveglio.
Morgana
aveva ragione, suo padre avrebbe fatto di tutto se lo avrebbe ritenuto
necessario. Possibile? Che ci fosse veramente lui dietro
l’aggressione del
valletto?
Possibile
che si fosse spinto a tanto?
Sollevò
piano lo sguardo sul moro, che lo fissava immobile, incapace di parlare.
“Perdonami,
Merlino.”
|
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Capitolo 6 *** Cap 6 ***
Scusate
l’immenso ed imperdonabile ritardo con cui aggiorno,
ma settima scorso
non ho avuto un solo
secondo di respiro! Cercherò di farmi perdonare con un
capitolo più lungo del
solito, se riesco! Grazie ancora a chi legge questa ff, e in particolar
modo a
chi recensisce.
chibisaru81:
non si può mai sapere cosa passi nella testa di
Uther, quel re sa essere veramente sconsiderato! Ma ci sarà
veramente lui
dietro l’aggressione del povero Merlino? Per ora non ci
è ancora dato saperlo!
hiromi_chan:
ahahah, povero Gaius, costretto a svignarsela dal
suo stesso laboratorio! Quell’uomo è un santo si
sa! Sono contenta che il
precedente capitolo abbia descritto bene i sentimenti di
Artù. Grazie per
continuare a seguire questa ff, spero che continui ad interessarti.
Lucylu:
Artù e Merlino sono sempre così complicati! Farli
parlare senza remore fra loro è sempre un’impresa,
soprattutto per quanto
riguarda il nostro amato principino! Uther! Il nostro più
grande arcano! Ci
sono ancora un sacco di domande che ruotano intorno alla sua figura.
Insomma,
sappiamo che il re sarebbe disposto ad uccidere Merlino, quello che ci
manca è
il perché!
Jenny80_big:
sono contenta che la mia ff continui a piacerti!
Sì, Merlino e Artù insieme sono veramente
adorabili! Con Uther non si può mai
sapere, chissà cosa passa per quella sua testa!
Artù
non
capiva. Per cosa si stava scusando, effettivamente? Per il modo in cui
poco
prima aveva trattato Merlino? Per la possibilità che ci
fosse proprio suo padre
dietro la sua aggressione? Oppure per tutti gli insulti vani e vuoti
che gli
aveva rivolto da quando si erano conosciuti? O forse per non essere
stato in
grado di proteggerlo come avrebbe dovuto fare? Non lo sapeva nemmeno
lui, ma
dopo che Morgana si era chiusa la porta alle spalle aveva avvertito
l’impellente bisogno di essere perdonato.
Merlino
lo stava guardando con espressione preoccupata e confusa, ma
contemporaneamente
gli stava rivolgendo anche un sorriso rassicurante.
“Mio
signore, non avete nulla per cui farvi perdonare. Sono sicuro che non
ci sia
Uther dietro questa storia.”
“Come
puoi dirlo?” chiese Artù senza riuscire a
guardarlo negli occhi. Cosa avrebbe
potuto fare se Merlino si fosse sbagliato? Se Morgana avesse avuto
ragione? Riversare
il suo odio contro Sir Rodomont sarebbe stato facile e legittimo, ma se
fosse
stato Uther ad ordinare al cavaliere di uccidere Merlino…
avrebbe dovuto
affrontare suo padre? Ma perché? Possibile che, come aveva
ipotizzato Morgana,
lo avesse fatto veramente per proteggere lui e la sua reputazione dalle
voci
che circolavano? Ma se quello era il suo scopo non sarebbe bastato
allontanare
Merlino da Camelot? Perché cercare di ucciderlo?
“Sire,
vostro padre è re.” la voce delicata del valletto
interruppe i suoi pensieri ed
Artù sollevò lentamente lo sguardo: “Lo
so.” rispose piano, senza capire a cosa
l’altro volesse arrivare.
“Se
avesse voluto uccidermi avrebbe trovato un modo meno artificioso, non
trovate?
Avrebbe potuto accusarmi di una qualsiasi cosa e mettermi a morte,
perché
avrebbe dovuto chiedere segretamente ad un cavaliere di uccidermi in un
vicolo
all’alba?”
Il
principe sospirò, leggermente rassicurato da quelle parole:
Merlino aveva
ragione, perché suo padre avrebbe dovuto fare tutto di
nascosto? Stava quasi
per sorridere, quando un pensiero lo gelò: Uther sapeva del
suo attaccamento
nei confronti del proprio valletto. Tutti
lo sapevano. Se avesse fatto apertamente del male a Merlino
l’odio che
aveva provato nei confronti di Rodomont si sarebbe riversato contro di
lui.
Anche in quel momento, in cui il suo era poco più che un
sospetto, non poteva
evitare di sentire il proprio cuore ardere di disprezzo nei confronti
di suo
padre. In quel modo, forse Uther aveva cercato di allontanare i
sospetti da sé,
e di conseguenza anche l’ira del figlio.
Si
lasciò
scivolare contro la parete fino a trovarsi seduto per terra, troppo
stanco
persino per reggersi in piedi. Si sentiva svuotato, come se nulla
avesse più
importanza.
Cosa
avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe potuto fare?
“Mio
signore!” in un attimo Merlino si inginocchiò al
suo fianco, posandogli le mani
sulle spalle e cercando con insistenza il suo sguardo basso:
“Vi sentite male?
Artù? Per l’amor del cielo rispondete!”
Il
valletto lo scosse leggermente, ma il principe continuava a rimanere
immobile,
bloccato dai suoi stessi pensieri, lo sguardo vacuo e la mente lontana
dalla
realtà.
“Vado
a
cercare Gaius!”
Non
furono quelle parole a risvegliare Artù, ma la sensazione
sgradevole provocata
dalle mani di Merlino che si allontanavano da lui. In un attimo
sollevò la
testa, afferrando con forza il polso del moro e tirandolo con
più delicatezza
verso di sé per farlo sedere al suo fianco.
Il
ragazzo si accovacciò ubbidiente vicino a lui, guardando
ancora con quegli
occhi estremamente preoccupati.
“Mio
signore, cosa succede? State male? Lasciate che vada a cercare
Gaius…”
Artù
scosse lievemente la testa, guardandolo finalmente negli occhi e
sospirando:
“Sto bene, Merlino.”
Il
servo
inarcò un sopracciglio rivolgendogli uno sguardo scettico:
“Certo, è evidente.
Non mentitemi.”
Il
suo
tono era preoccupato anche se stava cercando di recuperare la sua
solita ironia.
Quando il principe non rispose, Merlino sospirò, spostandosi
maggiormente
contro il suo fianco ed abbassando la voce, come se non volesse
turbarlo
troppo: “Sono sicuro che troveremo una risposta per tutto,
mio signore. Vostro
padre non aveva motivo per agire in questo modo, perché
avrebbe dovuto fare una
cosa simile?”
“Le
dicerie, Merlino.”
Artù
stesso faticò a sentire la sua voce da quanto flebile era
stato il suo sussurro.
Era la prima volta che affrontava quell’argomento con il
proprio valletto, ma
ormai non aveva altra scelta. Era terribilmente imbarazzato in quel
momento, ma
la preoccupazione e lo sconforto erano anche maggiori se possibile. Non
poteva
tirarsi indietro.
Sentì
il
ragazzo al suo fianco sospirare, poi una mano pallida si
posò gentilmente sul
suo ginocchio, in un gesto affettuoso.
“Per
mettere fine a quelle voci gli sarebbe bastato mandarmi via da
Camelot.”
“Non
ti
avrei mai lasciato andare.”
Sobbalzarono,
entrambi stupiti da quelle parole. Lo aveva detto davvero?
Artù non ricordava
nemmeno di averla pensata quella frase, era semplicemente scivolata
dalle sue
labbra munita da vita propria. Era dannatamente vero, però.
Non avrebbe mai
permesso a Merlino di andarsene, nemmeno riusciva ad immaginare la sua
vita
senza di lui. Da quando era diventato così debole da
dipendere da qualcuno fino
a quel punto?
Il
servo
gli sorrise dolcemente, gli occhi che brillavano come mai prima di quel
momento: “Non so che dire, mio signore.”
sussurrò infine, le gote arrossate e
le labbra costantemente tese per la gioia: “Vi ringrazio per
tutto ciò che fate
per me.”
Artù
inspirò velocemente, chiudendo gli occhi per qualche attimo.
Lo
ringraziava.
Come
poteva mostrarsi tanto devoto a lui dopo tutto ciò che gli
aveva fatto? Lo
aveva sempre trattato male, non lo aveva protetto, lo aveva minacciato
di
morte. E Merlino lo ringraziava. Probabilmente suo padre aveva ordinato
ad un
cavaliere di ucciderlo, e Merlino lo
ringraziava.
Non
si
era mai sentito così male in vita sua, nemmeno credeva si
potesse soffrire in
quel modo. Era un dolore diverso da quelli che aveva dovuto affrontare
in tutta
la sua vita, nulla a che fare con le ferite che si era procurato
durante gli
allenamenti, i tornei o le battaglie. Era abituato a quel genere di
sofferenza,
era preparato per affrontarla, ma il dolore che gli occupava il petto
in quel
momento e gli impediva di respirare era qualcosa di nuovo per lui.
Qualcosa che
non era in grado di gestire.
“Perdonami,
Merlino.” ripeté con voce spezzata, abbandonandosi
completamente contro il
muro.
Il
moro
si irrigidì qualche istante prima di sospirare, quasi
rassegnato, e stringere
piano le sue esili braccia sul corpo del principe.
Artù
sussultò, confuso, alzando lentamente lo sguardo sul viso
del servitore senza
però allontanarsi da quell’abbraccio storto.
“Siete
un
vero babbeo, Sire.” sussurrò Merlino osservandolo
con aria critica ed
appoggiando quasi senza rendersene conto il mento sulla spalla del
biondo: “Non
avete nulla per cui farvi perdonare.”
“Ti
ho
sempre trattato male, non ti ho protetto, forse mio padre a cercato di
ucciderti e tu mi hai ringraziato. Io…” si
bloccò mordicchiandosi il labro
inferiore ed inspirando profondamente: “Io non ti merito,
Merlino.”
Il
valletto sgranò gli occhi, fissandolo con la bocca
leggermente socchiusa,
quindi, andando contro ogni logica, rise.
Artù
aggrottò le sopracciglia, ritrovandosi però a
sorridere subito dopo come
espressione improvvisamente beata. Sapeva che forse avrebbe dovuto
arrabbiarsi,
che probabilmente Merlino si stava prendendo gioco di lui, ma
l’unica cosa che
riusciva a fare era crogiolarsi in quella risata.
Aveva
avuto così tanta paura di perderlo che in quel momento
averlo lì, a pochi
centimetri da lui, gli sembrava un sogno.
Si
ritrovò a ridere con lui, stringendo a sua volta quel corpo
sottile e tenendolo
stretto a sé anche quando tronò il silenzio.
“Oh,
Artù.” sospirò Merlino contro la sua
spalla senza smettere di sorridere: “Non
chiedetemi più di perdonarvi, mio signore. Siete la mia
priorità, lo sapete.
Non voglio che vi sentiate in colpa. Sono così fiero di
voi… ad ogni modo,
accetto le vostre scuse. Vi sentite meglio ora?”
Vergogna.
Colpa.
L’orribile
sensazione che lo aveva oppresso fino a qualche istante prima si stava
lentamente dissolvendo, allontanata dalle parole del suo valletto.
“Vedrete
che troveremo una risposta a tutto.” riprese Merlino senza
aspettare una sua
risposta, accoccolandosi meglio contro il suo fianco, la testa ancora
appoggiata sulla sua spalla. Se in quel momento fosse entrato
qualcuno… non gli
sarebbe importato, in realtà. Merlino era vivo e non lo
odiava. Era quella l’unico
cosa importante in quel momento.
“C’è
qualcosa che io possa fare per voi, mio signore?”
Artù
scosse la testa, un piccolo sorriso ad occupargli le labbra e la mente
improvvisamente leggera: “Stringimi soltanto.”
E
davvero, in quel momento sarebbe voluto sprofondare per
l’imbarazzo e
riemergere solo quando l’intera umanità avrebbe
dimenticato quelle parole. Ma
quando il moro, le orecchie rosse come mai prima, si
appoggiò maggiormente a
lui, respirando piano contro il suo collo, anche l’imbarazzo
svanì, lasciandolo
a galleggiare in una bolla di beatitudine e tranquillità.
Erano
in
quella posa da qualche minuto, avvolti dal silenzio, quando Merlino
sbuffò al
suo fianco e mormorò: “Avanti, non ora.”
“Qualcosa
non va?” chiese Artù senza capire, allontanandosi
leggermente da lui per
poterlo guardarlo negli occhi.
Merlino
arrossì e si mordicchiò nervosamente il labbro
inferiore, sostenendo a fatica
il suo sguardo: “Ecco, è una lunga storia,
Sire.”
“Merlino!” sbottò lui
inarcando un
sopracciglio e spingendolo a continuare con un’occhiataccia.
Il
valletto si grattò leggermente la testa, abbassando lo
sguardo: “Beh… saprete
che vostro padre tiene imprigionato nei sotterrai un drago, come
testimonianza
della sua superiorità alla magia e come monito per i suoi
simili…”
Artù
annuì, senza capire.
“Ecco,
da
quando sono arrivato a Camelot… ho iniziato a sentire la sua
che mi chiamava e così
ogni tanto vado da lui. Sapete, mi da dei
consigli…”
Il
principe sgranò gli occhi fissandolo come se avesse una
piovra gigante sulla
testa e Merlino arrossì maggiormente, chinando il capo.
“C’è
altro che devi dirmi, Merlino?”
chiese
infine inarcando un sopracciglio e squadrando il proprio servitore, che
ridacchiò con aria colpevole.
“Ci
sono
un sacco di cose che non sapete, Sire.”
Artù
sbuffò leggermente alzandosi e passandosi le mani sul retro
dei pantaloni per
pulirli da polvere che non c’era: “Troveremo il
tempo anche per questo, allora.”
mormorò quindi lanciando un’occhiata di sbieco al
proprio servitore, che si
stava alzando a sua volta: “Ma ora dimmi, perché
hai tirato in ballo il
lucertolone proprio ora?”
Merlino
sorrise divertito, prima di rispondere: “E’ solo
che continuo a sentirlo
chiamarmi, non la vuole smettere.”
Artù annuì, confuso. Era tutto così
strano. Parlare di draghi che chiamano
mentalmente con Merlino era qualcosa che andava oltre ogni sua
previsione. Se
però era vero che il lucertolone aveva dato consigli al
servo in precedenza,
allora c’era la possibilità che sapesse spiegar
loro la verità dietro l’aggressione
di quella mattina.
“Muoviamoci,
non c’è tempo da perdere!”
decretò infatti il principe, avanzando rapidamente
verso la porta.
Merlino
sgranò gli occhi, senza capire: “Cosa state
dicendo?” chiese, guardandolo fisso
ed ottenendo uno sbuffo e un’occhiataccia.
“Hai
detto che ti sta chiamando, no?” disse Artù come
se fosse ovvio, roteando gli
occhi: “Andiamo a sentire cosa vuole, allora. Magari ci sa
dire qualcosa di
quello che è successo questa mattina.”
Il
servo
lo raggiunse velocemente, bloccandogli la mano poco prima che aprisse
la porta:
“Sire, non fate lo zuccone!” sbottò
quindi ignorando l’occhiataccia che gli
rivolse il principe e proseguendo come se niente fosse:
“Vostro padre non vuole
che usciate da qui fino a domattina, ricordate? E’
già abbastanza arrabbiato.”
“Sì,
ma
forse il drago sa qualcosa!”
Merlino
sospirò chiudendo gli occhi per qualche secondo ed annuendo
a se stesso,
rassegnato: “Andrò
a vedere cosa vuole e
poi ve lo riferirò. Voi rimate qui e state buono.”
Artù
incrociò le braccia sul petto rivolgendogli
un’occhiata scettica e soffocando
una risata: “Sono il principe ereditario, Merlino.
Non puoi dirmi cosa devo fare. E poi, non penserai che ti
lascerò gironzare da
solo dopo quello che è successo questa mattina!”
“Se
vostro padre dovesse vedervi…” obbiettò
ancora il moro, pur sapendo che sarebbe
stato inutile.
“Allora
noi non facciamoci scoprire.” disse infatti Artù
con un ghigno preoccupante
sulle labbra, aprendo la porta e sgusciando silenziosamente fuori,
seguito da
Merlino, che non mancò di dedicargli
un’occhiataccia.
“Siete
veramente impossibile, mio signore.”
Il
tragitto verso i sotterranei fu più complicato del previsto,
almeno dal punto
di vista di Artù. Il castello era pieno di guardie,
cavalieri e servi che
spuntavano da ogni angolo, senza contare i vari ospiti che
passeggiavano
tranquillamente nei dintorni.
Non
farsi
vedere risultava un tantino difficoltoso, soprattutto considerando la
sbadataggine di Merlino. Stavano camminando silenziosamente in un
corridoio,
una guardia di spalle pochi metri avanti a loro, quando il servitore
inciampò
niente meno che nei sui stessi piedi andando a sbattere contro una
lancia
decorativa agganciata alla parete e facendola cadere.
Artù
lo
afferrò repentinamente per un braccio, trascinandolo di peso
in un stanzino
minuscolo di cui non sapeva nemmeno l’esistenza, pieno di
attrezzi strani. Era
talmente piccolo che ci stavano a fatica in due, tanto che Merlino si
ritrovò
schiacciato fra la porta e il corpo di Artù.
“Non
sono
affatto comodo, mio signore.” protesto debolmente, cercando
di recuperare un po’
d’aria.
Il
biondo
gli rifilò un’occhiataccia facendogli cenno di
tacere, mentre nel corridoio i
passi veloci della guardia si facevano sempre più vicini.
“Oh,
chiedo scusa.” intervenne in quel momento la voce di Gaius da
fuori la porta: “I
miei riflessi non sono più quelli di un tempo.”
La
guardia sembrò rassicurata e rallentò il passo,
chiedendo al cerusico se si
fosse ferito, quindi risistemò la lancia e si
allontanò, riprendendo il proprio
percorso.
Quando
il
rumore dei suoi passi fu ormai svanito, la porta si spalancò
e i due ragazzi
ruzzolarono a terra, impreparati.
Merlino
si trovò nuovamente schiacciato, questa volta fra il
pavimento e il corpo di
Artù.
“Spostatevi,
Sire! Non siete così leggero!” sbottò,
cercando di liberarsi da corpo del
biondo, che si alzò rapidamente.
“Stai
dicendo che sono grasso, Merlino?”
chiese, inarcando un sopracciglio e rimettendolo in piedi di peso,
senza alcuna
fatica.
“Sto
dicendo che avete addosso chili di inutili muscoli che mi stavano
schiacciando.”
Artù
aprì
la bocca, pronto a ribattere, ma Gaius, fermo a pochi passi da loro, si
schiarì
la voce, spingendoli a voltarsi verso di lui e a rimandare il loro
battibecco.
“Cosa
ci
fate voi due qui?” chiese quindi il cerusico, squadrandoli
entrambi.
“E’
una
lunga storia… ma grazie per averci aiutato.”
“Già,
se
solo Merlino imparasse una volta per tutte a camminare non ce ne
sarebbe stato
bisogno.” disse Artù con un ghigno.
Il
servo
si voltò verso di lui con espressione indignata, pronto a
dar battaglia a
quella testa di fagiolo del suo padrone, ma Gaius li interruppe di
nuovo con
espressione rassegnata: “Si può sapere cosa state
facendo.”
“Ora
non
c’è tempo Gaius, dopo Merlino vi
spiegherà tutto.” intervenne il principe,
afferrando il valletto per un braccio e trascinandolo verso la loro
meta: “Abbiamo
un drago da raggiungere.”
Il
mago
non fece nemmeno in tempo a voltarsi per vedere l’espressione
del cerusico a
quelle parole che lui ed Artù avevano già
svoltato l’angolo. Finalmente
riuscirono ad imboccare le scale che conducevano alla prigione del
drago e il
principe fu costretto a fermarsi e lasciare che fosse Merlino a
guidarlo.
Mentre scendevano silenziosamente i gradini e accendevano una torcia,
Artù si
rese per la prima volta conto che stava lentamente entrando nel mondo
del suo
valletto, un mondo che per lui era una continua scoperta e che per
Merlino era
invece la normalità.
Arrivarono
alla fine del tunnel e si trovarono davanti ad un enorme spiazzo vuoto,
con
rocce alte quanto montagne la cui vetta raggiungeva la loro altezza.
“Dove
sei?” urlò in quel momento Merlino ed
improvvisamente un enorme drago planò
proprio sulla roccia di fronte a loro.
Artù
indietreggiò, cercando istintivamente la sua spada, che
però non aveva con sé:
non aveva mai visto un essere di simili dimensioni. Come faceva Merlino
a
rimanere tanto tranquillo difronte ad un tale mostro?
Il
drago aveva
cominciato a ridere nel momento stesso in cui li aveva visti e ancora
non accennava
a voler smettere, tanto che, dopo qualche istante, Merlino
sbottò: “Cosa c’è di
tanto divertente?”
“Una
visita dal figlio del mio carceriere, niente meno che Artù
Pendragon! Quale
onore incontrare il principe in persona!” il drago rise
ancora, prendendosi
apertamente gioco di lui.
Artù
avrebbe voluto ribattere, dire qualcosa, ma era talmente impressionato
dalla
vista di quel coso che la voce si
rifiutava di uscire.
“Finalmente,
giovane mago.” riprese dopo qualche attimo il drago, puntando
il proprio muso
squamoso verso Merlino: “Finalmente le due facce della
medaglia insieme. I
tempi sono maturi, ormai. Finalmente.”
Artù
si
voltò verso il proprio valletto, sperando di ottenere da lui
qualche
spiegazione, ma sul suo volto lesse solo confusione e sorpresa.
Cosa
diamine stava dicendo quel lucertolone?
|
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Capitolo 7 *** Cap. 7 ***
Eccomi
con il settimo capitolo! Come sempre ringrazio tutti
coloro che leggono e soprattutto chi recensisce. Spero che questa
storia
continui a piacervi ^^
chibisaru81:
Già Artù non può non incontrare il
drago, adoro
quel lucertolone! E poi mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se
il
principe avesse avuto modo di andare a chiedere aiuto al drago come di
solito
fa Merlino. Grazie per le tue recensioni, mi fanno sempre piacere!
hiromi_chan:
Grazie per la tua recensione, mi fa sempre
piacere! Comunque sì, lo “stringimi e
basta” è un richiamo al finale e a quel
punto mi ha assalita una tale malinconia che la situazione mi
è sfuggita di
mano ed Artù si è trasformato in un confetto e
Merlino con lui! Quanto odio
quel finale! çç Sono davvero felice che la storia
continui ad interessarti!
Alla prossima.
TheChief:
Ciao! Mi fa piacere che la storia ti piaccia! Sì, i
capitoli lunghi non sono proprio il mio forte^^” Grazie per la recensione,
spero di non
deluderti.
Jenny80_big:
Grazie per continuare a seguire e recensire
questa storia, sono davvero contenta che ti piaccia! Adoro il grande
drago, non
potevo non metterlo! Grazie ancora, alla prossima. ^^
Artù
non
capiva. Non che quella fosse una novità, in
realtà, la maggior parte delle
volte in cui stava con il suo servitore si ritrovava la testa piena di
cose che
non capiva. Ma in quel momento la situazione era persino più
grave del solito:
innanzitutto, c’era un drago. Un lucertolone molto
più grande del previsto che
diceva cose insensate su medaglie e tempi maturi. Decisamente, gli
doveva
essere sfuggito qualcosa.
“Che
diamine stai dicendo, si può sapere?”
sbottò dopo qualche istante Artù,
dimenticando il timore che aveva provato trovandosi difronte a quel
mostro.
Il
drago
rise ancora, scuotendo quella sua enorme testa squamosa: “Non
gli hai detto
nulla, giovane mago?” rispose poi, rivolgendosi a Merlino.
“Cosa
avrei dovuto dirgli? Ah, mio signore, nei sotterranei
c’è un drago che dice che
siamo due facce di una stessa medaglia e che mi ha dato il compito di
proteggervi per farvi diventare il più grande re di tutti i
tempi.”
“Colui
che unificherà le terre di Albion, colui che
riporterà la magia al suo antico
splendore.” concluse il drago con tono solenne.
“Aspettate,
di cosa state parlando? Merlino!”
si
intromise nuovamente il principe, inarcando un sopracciglio e
rivolgendo un’occhiataccia
al valletto.
“E’
semplice, giovane Pendragon. Parliamo del vostro destino.” di
nuovo fu il coso a rispondergli,
ma finalmente
sembrava disposto a dargli qualche spiegazione: “Tu sarai re
di Albion,
unificherai le terre in un mondo pacifico e riporterai la magia in
forze.
Merlino ha il compito di proteggerti e di accompagnarti nel tuo
cammino. Siete
due facce della stessa medaglia, l’una non può
esistere senza l’altra.”
Artù
rimase in silenzio qualche secondo, lo sguardo fisso sul muso serio
dell’animale,
poi si voltò verso il proprio valletto, le braccia
incrociate sul petto: “E tu
da quanto sai la storia della medaglia?”
“Ho
incontrato il Grande Drago pochi giorni dopo il mio arrivo a
Camelot.”
“E
non mi
hai detto nulla?” sbottò ancora il principe,
l’espressione corrucciata ed un
broncio più infantile del solito sulle labbra.
Merlino
roteò gli occhi sbuffando ed incrociando a sua volta le
braccia, dandosi quasi
fuoco ai capelli con la torcia: “Nemmeno sapevate che fossi
un mago fino a
questa mattina, come avrei potuto dirvi che parlavo con il drago che
vostro
padre ha fatto imprigionare? Sarebbe stato un tantino controproducente,
non
trovate mio signore?”
“Controproducente? Chi ti ha insegnato
questi paroloni, Merlino?”
Il
valletto gli punto contro la torcia, irritato, ma prima che potesse
ribattere
fu interrotto dalla nuova risata del drago.
Quel
lucertolone sembravi divertirsi un mondo.
“Siete
un
vero spasso, non c’è che dire!”
Si
voltarono entrambi verso di lui, accigliati, ottenendo come solo
risultato
quello di farlo ridere maggiormente.
“Sì,
sì,
va bene, hai riso abbastanza!” sbuffò Merlino,
puntando la torcia contro il
muso della creatura: “Cosa intendevi quando hai detto che i
tempi sono maturi?
Maturi per cosa?”
Lentamente
il drago smise di ridere, accovacciandosi sulle sue
zampe come un grosso, troppo
grosso, gatto viziato: “Per l’ascesa al
trono del giovane
Pendragon, ovviamente.”
I
due
ragazzi si guardarono, confusi: “Mio padre è
ancora vivo ed in perfetta salute.”
rispose dopo un po’ Artù, gli occhi di nuovi fissi
in quelli del lucertolone
troppo cresciuto.
La
creatura ghignò e gli rivolse un breve sbuffo:
“Perché sei qui, ragazzo?”
chiese quindi, apparentemente senza alcun collegamento.
Artù
aggrottò
le sopracciglia, spiazzato dal cambio di argomento, ma quando vide il
cenno di
incoraggiamento che gli fece il valletto, non gli rimase altro che
rispondere: “Questa
mattina Merlino è stato aggredito. Tu ne sai
qualcosa?”
“Ti
sorprenderà sapere, giovane Pendragon, che non passo le mie
intere giornate a
spiare l’esistenza del tuo servo.”
mormorò
con tono annoiato il drago, protendendo il muso leggermente in avanti.
“Quindi
non ne sai nulla?” insistette ancora il principe, non
soddisfatto da quella
risposta, imbronciandosi maggiormente.
Il
drago
sbuffò nuovamente, investendoli con il suo fiato caldo, e
prima di rispondere
si accovacciò maggiormente, facendo ondeggiare lentamente la
lunga coda: “Ciò
che posso dirvi è di prestare ascolto alle parole della
strega.”
“Strega?
Quale strega?” chiese Artù, scuotendo
istintivamente la testa. Quante persone praticavano
la magia sotto il suo naso senza che né lui ne Uther se ne
accorgessero?
Merlino
al suo fianco si irrigidì, prima di sospirare con
espressione rassegnata: “Temo
si riferisca a Morgana…” mormorò
quindi, sconfitto ed afflitto.
“Morgana?
Avanti, Morgana sarà pure terribile, ma non è una
strega! Insomma, la pupilla
del re non può essere
una strega!”
Merlino
lo guardo con occhi tristi ed improvvisamente stanchi, come se quel
discorso
gli stesse risucchiando le energie: “Perché il
valletto dell’erede al trono?”
Artù
non
rispose, limitandosi a chinare il capo in un gesto di assenso, quindi
si
rivolse nuovamente al drago, ancora incredulo: “Morgana non
è una strega, la
conosco fin da quando siamo bambini! Insomma, me ne sarei
accorto!”
“I
suoi
sogni sono molto più che semplici incubi,
principe.” spiegò il drago, quindi si
accigliò e rivolse ad entrambi uno sguardo severo:
“Ad ogni modo, sarebbe
meglio che la strega non conoscesse la grandezza dei suoi poteri. Per
il vostro
bene e per il futuro di Camelot.”
Artù
spostò lo sguardo verso Merlino, trovandolo ancora
più afflitto. Morgana? Una
strega? Far del male a Camelot?
Quel
lucertolone doveva avere qualche problema.
“Ne
abbiamo già parlato!” sbottò il moro,
sollevando il viso verso il drago con
espressione battagliera, nonostante i suoi occhi fossero ancora velati
dalla
tristezza: “Morgana è solo confusa, non capisce i
suoi poteri! Non sa cosa deve
fare. La posso capire, lo sai. Anche io era come lei. Se solo le
potessi
rivelare che anche io sono un mago magari si sentirebbe rassicurata
e…”
Il
drago
scosse con foga la testa, improvvisamente adirato: “No,
giovane mago! La strega
non deve essere supportata! Più il suo potere cresce,
più il pericolo sarà
maggiore. Ti sei già rifiutato di darmi retta quanto ti ho
detto di non
liberare il bambino druido, non commettere lo stesso errore! La strega
è
pericolosa.”
“Morgana
è mia amica! Ed è come una sorella per
Artù, non gli farebbe mai alcun male!”
Il
principe si portò una mano alla fronte, sentendo la testa
pulsare
dolorosamente: “No, aspettate! Non vi seguo così.
Quale bambino druido? Stiamo
parlando di Mordred?”
Spiegazioni.
Gli servivano solo spiegazioni, non gli sembrava di star chiedendo
chissà quale
sforzo.
Merlino
sospiro, sedendosi a terra come se restare in piedi gli costasse troppa
fatica.
In effetti, gli sembrava davvero sfinito e stava diventando sempre
più pallido.
Si era ripreso da poco, dopotutto, ed era stato ad un passo dalla
morte…
Artù
si
sedette istintivamente al suo fianco, cercando di tenerlo
d’occhio da vicino
senza farsi notare.
“Kilgharrah
non voleva che liberassi Mordred perché… oddio,
non posso farlo.”
“Aspetta?
Chi non voleva che liberassi Mordred?” chiese
Artù, sempre più confuso.
Il
servitore accennò con la testa al drago, che se ne stava
rannicchiato sulla sua
roccia con aria annoiata.
“Cosa?
Quel coso avrebbe anche un nome?”
Artù
si
bloccò di colpo: Merlino si stava stringendo le ginocchia al
petto,
singhiozzando sommessamente. Ecco, di nuovo, non capiva.
Si
voltò
verso il drago, gli occhi sgranati: “Che gli
prende?” chiese quindi, ormai
consapevole che quel mostro conoscesse Merlino quasi meglio di lui e
sicuramente meglio di lui per quanto riguardava il mondo magia.
“E’
il
senso di colpa.” sbuffò Kilgharrah, agitando
nuovamente la coda: “Gli dissi di
non liberare Mordred e lui non mi diede retta. Avrebbe dovuto lasciarlo
morire.”
“E
perché
avrebbe dovuto fare una cosa simile?”
“Perché,
giovane Pendragon, Mordred ti ucciderà.”
Artù
si
ritrasse istintivamente, abbassando per qualche istante lo sguardo
prima di
scuotere la testa e fissare con astio la creatura: “Non puoi
esserne sicuro. Tu
non fai altro che parlare di colpe, destino e congiure. Ma non puoi
esserne
sicuro.”
Il
drago
rise amaramente, protendendo il suo muso verso il principe:
“Sono molto più
vecchio e potente di te, giovane Pendragon. Sei libero di non credere
alle mie
parole se vuoi, ma faresti meglio a prestarmi ascolto.”
Il
principe spostò lo sguardo verso il proprio servitore,
ancora rannicchiato
nella stessa posizione. Almeno aveva smesso di singhiozzare.
Tornò
a
concentrarsi sul drago, desiderando solo di potersene andare il prima
possibile
da lì per parlare decentemente con Merlino: “Il
motivo per cui siamo qui è l’aggressione
di Merlino.”
“Ti
ho
già risposto, ragazzo. La strega dice il vero. Devi cercare
il colpevole di
questa violenza nel tuo stesso sangue.”
“Perché
mio
padre dovrebbe aver fatto una cosa simile?”
La
creatura ghignò con cattiveria, soffiandogli nuovamente in
faccia il suo alito
di fuoco: “Sono sicuro che tu già conosca la
risposta, giovane Pendragon. L’orgoglio
è tutto per tuo padre.”
Artù
si
passò con forza entrambe le mani sul viso, sfregandosi gli
occhi come faceva
normalmente per allontanare il sonno. Era tutto tranne che assonnato in
quel
momento, però. Non era nemmeno sorpreso. Chi altri, se non
suo padre, avrebbe
potuto ordinare a Rodomont di fare una cosa simile? Aveva tutte le
risposte che
gli servivano già prima di mettere piede in quel
sotterraneo, si era solo
limitato a non credere, né a Morgana, né a se
stesso.
Annuì,
allontanando momentaneamente quei pensieri dalla sua mente: doveva
portare
Merlino via di lì, prima.
Sollevò
il valletto di peso, portandogli un braccio sulle sue spalle e
stringendolo
alla vita per sorreggerlo meglio.
Si
era
già avviato all’uscita, togliendo la torcia di
mano a Merlino per evitare che
si desse accidentalmente fuoco, quando la voce cavernosa del drago lo
costrinse
a fermarsi: “E’ passato molto tempo da quando hai
promesso di liberarmi,
giovane mago.”
Il
servo
si voltò lentamente verso Kilgharrah, rivolgendogli uno
sguardo stanco: “Manterrò
la mia promessa.” mormorò con voce talmente
flebile che persino lui fece fatica
a sentirlo.
Artù
ricominciò a camminare a passo sostenuto, trascinando
Merlino su per la
scalinata, senza nemmeno una parola. Doveva prima riportare il proprio
valletto
da Gaius e assicurarsi che stesse bene, solo poi avrebbe cercato di
farsi
spiegare meglio da lui le parole del drago.
Suo
padre…
no, non poteva più definire Uther suo padre, non se era
veramente lui il
mandante dell’aggressione di Merlino.
Ad
ogni modo, col cavolo che quella
bestiaccia avrebbe riottenuto la libertà, sarebbero prima
dovuti passare sul
suo cadavere.
|
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Capitolo 8 *** Cap. 8 ***
Oddio
finalmente il capitolo 8! L’aver iniziato i compiti
estivi porta via fin troppo tempo! Scusate di
nuovo l’immenso ritardo, spero comunque che
continuiate a seguire la mia
storia e che possa continuare a piacervi.
chibisaru81:
Grazie per continuare a seguire e recensire la
mia ff! Povero Artù se Morgana ha ragione ed Uther
è la causa di tutto,
soprattutto ora che anche il Drago le ha dato ragione!
Jenny80_big:Grazie
per le tue recensioni, mi fanno sempre
molto piacere! Uther, Uther, non cambia mai… povero
Artù, non vorrei essere nei
suoi panni… Alla prossima e grazie ancora.
niclue:
beh, wow! Grazie davvero per la tua recensione, mi ha
fatto davvero molto piacere leggerla! Sono davvero felice che ti
piaccia la mia
ff! Per quanto riguarda la rivelazione della magia di Merlino non avrei
mai
potuto far odiare quei due, anche perché sono
d’accordo con te che Artù non
sarebbe mai capace di provare un tale risentimento nei confronti di
Merlino.
Cioè, è Merlino! Come
potrebbe
odiarlo? Decisamente questa non era la giornata fortunata di
Artù, non c’è che
dire! Una rivelazione dietro l’altro e per di più
un bellissimo incontro con un
draghetto, dai, poteva andargli anche peggio. Poteva piovere. Ok, lasciando da parte i
miei sproloqui, in
realtà nemmeno io ho mai biasimato o odiato troppo Uther, ma
una qualche vena
sadica mi ha spinto a rendere lui il colpevole, non so nemmeno io il
perché…
Grazie ancora per la tua recensione, spero di non deluderti in futuro!
hiromi_chan:
ahahah, concordo, il drago li shippa
di sicuro, dev’essere un loro grande fan!
Sì,
ho fatto parlare Artù e il drago, oltre che per il mio amore
incondizionato
verso Kilgharrah, proprio per immaginare a modo mio alcuni punti che
nella
serie non vengono toccati. Grazie ancora per le tue recensioni, alla
prossima!
Y
u z u k i: ciao e grazie per la tua recensione! Sono davvero
contenta che la mia ff ti piaccia! Spero che in futuro continui ad
interessarti. Meno male che dici che i dialoghi rispecchiano i
personaggi, la
mia paura è sempre quella di sfociare nell’
ooc… Grazie ancora, alla prossima!
Artù
avrebbe quasi abbracciato Gaius quando il cerusico aveva aperto la
porta del
suo laboratorio e li aveva lasciati entrare velocemente. Si era fatto
praticamente tutta la strada dai sotterranei a lì di corsa,
riuscendo
miracolosamente a non essere intercettato dalle guardie di suo padre e
a trascinarsi
dietro Merlino. Non che quella fosse una grande fatica, considerando
quanto
leggero fosse il suo servitore. Avrebbe dovuto ricordarsi di
assicurarsi che
mangiasse di più quando tutta quella storia sarebbe finita.
“Ma
che
diamine è successo? Dove siete stati?” chiese in
quel momento Gaius con voce
preoccupata, risvegliandolo dai suoi pensieri.
Il
cerusico lo aiutò a fare sedere il valletto e prima ancora
di aver ricevuto una
risposta si mise ad esaminare Merlino, che era stato in silenzio e
pressoché
immobile per tutto il tempo. Una sola lacrima si era liberata dalle sue
ciglia.
“Dal
drago.” mormorò Artù sedendosi accanto
al moro, una strana agitazione a
stringergli il petto. Merlino sembrava così distante in quel
momento, rinchiuso
in un mondo tutto suo in cui a lui non era permesso entrare.
Gaius
si
voltò di scatto verso di lui, guardando con un sopracciglio
inarcato e l’espressione
assorta che aveva ogni volta che si trovava difronte a qualcosa di
inaspettato:
“Quindi voi sapete che…”
“Merlino
è un mago?” Artù annuì
facendo rimbalzare lo sguardo dal vecchio al ragazzo e
cercando invano di incrociare lo sguardo di quest’ultimo:
“Ho trovato il libro
di stregoneria questa mattina stessa.”
Gaius
rimase in silenzio fissando attonito il profilo del principe, quindi
scosse la
testa e tornò a rivolgere la propria attenzione al
servitore, che però lo
sorprese sollevando lo sguardo e puntandolo direttamente nei suoi
occhi: “Potresti
lasciarci, Gaius? Ho bisogno di parlare con Artù.”
Il
cerusico annuì appena, ritirandosi rapidamente e notando,
sempre più confuso,
lo sguardo sorpreso e contemporaneamente sollevato del principe.
“Merlino!”
esclamò il biondo mentre la porta si chiudeva alle spalle
del medico: “Stai
bene, allora. Era terribilmente strano non sentire il tuo costante
blaterare.”
Il
servitore si voltò lentamente verso di lui, lo sguardo
deciso anche se
incredibilmente stanco e triste: “Mio signore,
perdonatemi.”
Aveva
detto quelle tre parole con talmente tanta angoscia nella voce che il
cuore di
Artù perse un battito. Gli si avvicinò
maggiormente, sfiorandogli con
delicatezza un braccio nella speranza di rassicurarlo almeno un
po’: “Non hai
nulla per cui farti perdonare.”
Gli
sembrava di rivedere la scena che aveva vissuto solo poco prima, solo
che al
contrario: questa volta era Merlino a scusarsi per una colpa che lui
non riusciva
a vedere.
Il
mago
scosse con forza la testa, senza mai abbassare lo sguardo:
“Vorrei che capiste
una cosa.” riprese, infervorato: “Non vi ho detto
di Morgana non perché non mi
fidassi di voi, ma perché le ho promesso che non avrei mai
detto niente a
nessuno riguardo ai suoi poteri. Morgana è spaventata, non
riesce a capirli,
non poteva tradire la sua fiducia.”
Artù
annuì convinto, stringendo la presa sul braccio
dell’altro: Merlino sembrava
tenerci veramente tanto a dargli delle spiegazioni. Tutta quella
fedeltà, di
nuovo. Non riusciva ad essere sicuro di meritarsela, non dopo aver
raggiunto la
piena consapevolezza che dietro all’aggressione di quella
mattina si celava
niente meno che suo padre.
Merlino
inspirò a fondo, trattenendo il fiato. Artù
poteva leggere la paura e il
dispiacere nei suoi occhi, talmente intensi da sconvolgere quel blu di
solito
tanto limpido.
“Per
quanto riguarda Mordred… no, lasciatemi parlare.”
lo pregò il moro quando vide
che il principe aveva aperto la bocca per ribattere:
“Non… non posso fare altro
che scusarmi con voi.”
“Scusarti?
Perché dovresti?”
Merlino
sospirò
portandosi entrambe le mai alla testa, affranto: “Non avrei
dovuto liberarlo,
non sapendo ciò che vi ha rivelato ora il drago. Vorrei
poter tornare indietro
per cambiare le mie azioni. Lo so, non avrei dovuto essere tanto
stupido, ma in
quel momento lui era solo un bambino in cerca di aiuto, non ho avuto il
coraggio di lasciarlo morire. Non avrei dovuto essere tanto debole,
Sire.
Perdonatemi.”
Artù
gli
si avvicinò istintivamente, costringendolo a sollevare
nuovamente il viso per
guardarlo negli occhi: “Hai fatto la scelta giusta, Merlino.
Il drago parla di
colpe e destino, ma come possiamo essere sicuri che ciò che
dice si avvererà in
futuro. In quel momento Mordred era solo un bambino innocente, non
aveva alcuna
colpa. Non c’era ragione di lasciarlo morire.”
“Ma
se
lui vi dovesse veramente uccidere…”
“Rimarrebbe
una sua colpa futura, non passata. E tu hai salvato il bambino del
passato, non
il Mordred del futuro. Al posto tuo avrei fatto la stessa
cosa.”
Merlino
scosse con forza la testa, cercando invano di liberarsi dalla presa del
principe mentre i suoi occhi si facevano di nuovo lucidi: “Se
lui dovesse
veramente uccidervi, Sire, io non mi perdonerei mai. Se lui dovesse
uccidervi
ne morirei anche io.”
Artù
lo
trattenne di nuovo quando cercò di alzarsi, deciso a non
perdere il contatto
diviso: “Allora dovremmo correre ad uccidere Morgana, secondo
quello che ha
detto quel mostro.”
Il
servitore riuscì a liberarsi dalla sua presa, alzandosi ed
allontanandosi di
qualche passo da lui, dandogli le spalle.
Artù,
però, non era disposto a lasciarlo fuggire: “Non
possiamo basarci sulla premonizione
di colpe future nel prendere le nostre decisioni, Merlino, ma solo sul
presente
e sul passato. E in quel momento Mordred era un bambino spaventato,
ferito ed
innocente. In questo momento Morgana è solo la mia
sorellastra e la figliastra
del re, non la strega pericolosa di cui parla il drago.”
Vide
le
spalle di Merlino tremare leggermente prima che il ragazzo si voltasse
e lo
guardasse con occhi allucinati, la guance rigate di lacrime:
“Non posso
tollerare il pensiero di perdervi senza poter far nulla per
salvarvi!” urlò,
passandosi freneticamente le mani fra i capelli.
Rimasero
entrambi in silenzio per qualche istante, immobili con il fiato
sorpreso, prima
che Merlino si lasciasse cadere a terra, singhiozzando sommessamente.
Artù
rimase fermo ancora qualche attimo, cercando di stabilizzare il battito
del
proprio cuore, improvvisamente accelerato, poi, ormai rassegnato
all’idea di
non esserne in grado, si avvicinò al valletto, che nel
frattempo si era
sdraiato a terra fissando il soffitto, e si stese al suo fianco,
limitandosi a
sperare che nessuno avesse la malsana idea di entrare proprio in quel
momento.
“Voglio
che tu capisca una cosa, Merlino.” mormorò senza
allontanare lo sguardo dal
soffitto: “Qualunque cosa succeda in futuro, io non ti
darò alcuna colpa. Hai
fatto ciò che ritenevi giusto e, come ho già
detto, se fossi stato al tuo posto
avrei agito proprio come te. Non hai motivo di sentirti in
colpa.”
Vide
con
la coda dell’occhio Merlino sollevare una mano ed asciugarsi
gli occhi, ma il
suo valletto ancora non gli rispondeva.
Sospirò
con aria fintamente drammatica, voltandosi infine verso di lui e
attirandolo a sé,
dando il via ad una infantile quanto necessaria lotta di solletico.
Merlino,
come previsto, iniziò a ridere e a contorcersi fra le sua
braccia, cercando
invano di allontanarsi da lui e contemporaneamente di riprendere fiato.
Artù
si
fermò solo quando fu sicuro che le lacrime che ora bagnavano
la guance pallide
del servitore fossero dovute solo al troppo ridere, quindi lo
lasciò andare con
aria soddisfatta: “Così va meglio.”
mormorò.
Anche
Merlino si voltò su un fianco per poterlo guardare negli
occhi e gli rivolse un
sorriso titubante ma tranquillo: “Grazie Sire.”
Artù
avrebbe tanto voluto stringerlo a sé in quel momento,
così tanto che quasi gli
faceva male.
Non
poteva, non doveva.
Merlino
era qualcosa di strano per lui: non un servitore, non valletto, non un
amico,
non un confidente. Aveva la strana impressione che se avesse
assecondato il suo
istinto e lo avesse abbracciato la sua mente avrebbe fatto un
po’ di chiarezza,
ma qualcosa lo tratteneva: una vocina irritante che somigliava
tremendamente a
quella di suo padre che gli ripeteva che lui aveva dei doveri, un onore
da
proteggere, una reputazione da mantenere.
Rispose
al sorriso di Merlino con uno stanco, ma rassicurante: con tutta la
fatica che
aveva fatto per risollevare l’umore del proprio valletto non
poteva permettersi
di turbarlo con le proprie preoccupazioni.
Il
moro
però doveva conoscerlo fin troppo bene, visto che solo pochi
istanti dopo gli
chiese cosa stesse pensando.
Artù
trattenne uno sbuffo di risa, socchiudendo gli occhi e guardandolo con
aria
stranamente affettuosa: “Sono un libro aperto per te, Merlino.”
“Lo
siete, Sire.” concordò il valletto annuendo
compiaciuto, prima di spronarlo
nuovamente a parlare.
“Pensavo
alla possibilità sempre più concreta che sia
stato mio padre a spingere
Rodomont ad aggredirti.”
Merlino
sospirò spostandosi leggermente verso di lui, un sorriso
triste a tendergli le
labbra: “Perché lo avrebbe fatto?”
“Per
le
voci. Per proteggere la mia reputazione.”
Il
servitore trattenne il fiato, sgranando leggermente gli occhi:
“Le voci… sono
solo voci, mio Signore.”
“Sì,
sono
solo voci.” rimasero in silenzio per qualche attimo, persi
l’uno negli occhi
dell’altro, improvvisamente chiusi in un mondo tutto loro.
Artù
sobbalzò quando si sorprese a sollevare la mano con
l’intenzione di passarla
fra i capelli di Merlino e si costrinse passarla invece fra i propri,
cercando
di apparire naturale: “Mio padre non bada a questi dettagli,
però. Al fatto che
sono solo voci, intendo.”
Merlino
annuì poco convinto, non sapendo cosa dire.
Dopo
qualche altri istante di silenzio Artù si alzò
dirigendosi con passo deciso
verso la porta.
“Dove
state andando?” chiese Merlino, affrettandosi ad alzarsi e
seguirlo.
“Da
Morgana. Devo parlare con Rodomont.”
“Ma
vostro padre…”
“Se
ci
scoprirà in giro per il castello non mi resterà
che affrontare direttamente
lui, non ti pare?” Artù si voltò con
sguardo determinato verso di lui, aprendo
poi la porta con circospezione ed avviandosi a passi rapidi per il
corridoio.
A
Merlino
non rimase che sospirare, sconfitto e ormai rassegnato
all’asinità del suo
padrone, e affrettarsi per raggiungerlo.
|
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Capitolo 9 *** Cap. 9 ***
Eccomi
finalmente con il capitolo 9! Scusate il ritardo, ma
c’è stata una perdita d’acqua a casa mia
e mi sono dovuto trasferire
momentaneamente a causa di mia nonna dove non
c’è la connessione internet per mio
sommo disgusto. T_T E così gli unici
omenti che ho per aggiornare sono le brevi visite a casa mia per
controllare la
situazione in attesa che comincino i lavori, ma cercherò
comunque di aggiornare
abbastanza regolarmente. Ringrazio tutti quelli che seguono questa ff,
specialmente chi lascia una recensione.
Marlot:
Ciao! Grazie davvero per la tua recensione.^^ Sono
molto felice che la mia ff ti piaccia e soprattutto mi fa piacere che
trovi i
miei personaggi IC, è sempre la mia paura più
grande quella di renderli
involontariamente OOC. Artù e Merlino sono incredibili, ho
adorato il loro
rapporto fin dalla primissima puntata!
Grazie ancora, alla prossima!
AnemoneFZ:
Ciao e grazie per la tua recensione! Cavolo, mi
emoziono con tutti questi complimenti^^ Sono davvero contenta che la
mia ff ti
interessi e che ti coinvolga tanto! Ah, quanto amo Artù e
Merlino! Grazie
ancora, spero di non deluderti con i prossimi capitoli! Alla prossima.
hiromi_chan:
Sì, hai ragione, il mio Merlino ha la lacrima
facile, ma che ci posso fare! Ogni tanto è come se fossero i
personaggi stessi
a decidere come far procedere la storia e a quanto pare Merlino
dovrà
costruirsi una canoa per salvarsi dalle sue stesse lacrime! Per
l’amore del
cielo, non pensiamo al finale della seria che altrimenti mi viene una
malinconia infinita! E poi altro che canoa, servirebbe l’arca
di Noè per
salvarsi dall’inondazione di lacrime di Merlino! Grazie
davvero per continuare
a seguire la mia ff, alla prossima.^^
niclue:
Ciao! Aww, Merluccio è adorabile! Lo amo
incredibilmente, anche se Artù avrà sempre un
posto speciale nel mio
cuoricino^^. Artù è un po’ lento a
capire, figurarsi a scendere a patti con i
suoi sentimenti, ma almeno è sulla buona strada! Sono
contenta ti sia piaciuto
il personaggio del Drago, anche perché io lo adoro! Potrei
fare una statua
d’oro di Kilgharrah e venerarlo, davvero! Grazie ancora, alla
prossima!
Glacies:
Ciao! Grazie per la tua recensione, fa sempre piacere
ricevere commenti alla proprie ff! Che bello riuscire a creare
personaggi IC, è
una vera soddisfazione riuscire a non cadere nell’ OOC!
Grazie ancora, spero
continuerai a seguire la mi ff e che continui a piacerti! Alla
prossima. ^^
Jenny80_big:
Ciao! Grazie per continuare a recensire la mia
ff, mi fa davvero molto piacere! Sono contenta che ti piaccia! Aww,
Merlino e
Artù sono incredibili ed insostituibili, non
c’è che dire! Grazie ancora, alla
prossima!
Artù
continuava a camminare velocemente, incurante della proteste appena
sussurrate provenienti
dalla sue spalle e della voce di Merlino irritata e contemporaneamente
rassegnata.
“Mio
Signore, per favore, datemi retta per una volta!” stava
borbottando il valletto
quando Artù lo afferrò per un braccio e lo
costrinse a nascondersi con sé dietro
una colonna per sottrarre entrambi dalla vista di una guardia di
passaggio.
“Se
non
stai zitto, Merlino, ti
farò passare
io la voglia di blaterare.” sbottò il principe,
sforzandosi di tenere la voce
bassa per non farsi scoprire.
Il
suo
servitore sapeva essere così fastidioso quando si impuntava
su qualcosa! Certo,
forse era rischioso cercare di raggiungere la stanze di Morgana quando
suo
padre gli aveva esplicitamente ordinato di non muoversi dal laboratorio
del
cerusico, ma se erano riusciti a raggiungere i sotterranei del
lucertole
avrebbero anche potuto intrufolarsi nelle stanze della sua sorellastra.
Se
solo Merlino avesse smesso di blaterare
proteste rischiando di farli scoprire.
Il
valletto roteo gli occhi ricominciando a seguire il biondo, incrociando
le
braccia al petto: “Oh, ma certo, prendiamocela con Merlino,
tanto non sto solo
cercando di proteggervi, giusto?”
Artù
sbuffò leggermente per trattenere un risata, voltandosi
verso di lui con un
sorriso ironico: “Non ho bisogno della tua protezione,
Merlino, me la cavo
molto meglio di te quando si tratta di affrontare un nemico.”
Il
moro
inarcò un sopracciglio cercando a sua volta di trattenere
una piccola risata:
“Avete una vaga idea di quante volte io abbia salvato il
vostro regale
fondoschiena, Sire?”
Artù
rimase in silenzio, colpito da un improvviso pensiero: “No,
in effetti no. Ma
dovrai dirmi tutto ciò che hai fatto in passato visto che
ora so la verità.
Quando lasceremo le stanze di Morgana voglio che tu mi racconti
tutti.”
Merlino
rimase un attimo immobile, stupito e sorpreso dalla serietà
comparsa
improvvisamente sul viso del principe. Era veramente giunto il momento
in cui
avrebbe potuto rivelare ogni cosa ad Artù? Avrebbe
finalmente ottenuto la sua
approvazione? Non ci sarebbero più stati segreti fra loro?
Era ciò che aveva
sempre desiderato. Possibile che stesse veramente per accadere?
Annuì
con
un piccolo sorriso: “Certo, Sire.”
sussurrò riprendendo a camminare ed
affiancando il principe, che annuì a sua volta, la fronte
corrugata e l’aria
pensierosa.
Artù
aveva un tremendo mal di testa da quando tutta quella storia era
cominciata e
nelle ultime ore quel dolore non aveva fatto altro che aumentare. Era
davvero
curioso, però, di sapere ciò che Merlino Aveva
fatto per lui e per Camelot
grazie ai suoi poteri. Forse così alcune cose che non
avevano mai avuto una
spiegazione logica e credibile avrebbero acquistato un significato.
Forse il
suo servitore era dietro ad una quantità incredibile di
misteri. Forse ogni
merito che lui, erede al trono di Camelot, credeva di avere, erano in
realtà
dovuti esclusivamente a
Merlino. Per un
attimo sentì il respiro spezzarsi e i polmoni bruciare:
possibile che lui non
fosse il cavaliere valoroso che aveva sempre creduto di essere?
Possibile che
un ragazzo fragile e delicato come Merlino fosso così
incredibilmente più forte
di lui? Forse… forse non era adatto a diventare re, forse
non meritava nemmeno
di essere il principe ereditario.
Oh,
maledizione.
Le
cose
stavano decisamente sfuggendo dal suo controllo.
“State
bene Mio Signore?” chiese in quel momento Merlino con tono
preoccupato senza
allontanare lo sguardo dal profilo contratto del principe.
“Artù,”
lo chiamò con gentilezza quando il biondo non gli rispose,
poggiandogli una
mano sul braccio: “Fermiamoci un attimo, Sire.”
“No.”
ribatté il biondo, scuotendo la testa: “Dobbiamo
raggiungere le stanze di
Morgana. Se ci fermassimo rischieremmo di essere scoperti.”
Merlino
si guardò un attimo intorno senza allontanare la mano del
braccio di Artù,
quindi annuì costretto ad ammettere che, per
una volta, il suo padrone aveva detto una cosa sensata.
Continuarono
a camminare in silenzio e, per quanto Artù non riuscisse ad
ammetterlo nemmeno
a se stesso, la mano di Merlino poggiata delicatamente sul suo braccio
era
incredibilmente rassicurante.
Si
fermarono solo quando raggiunsero la stanze di Morgana e bussarono
velocemente,
continuando a lanciarsi occhiate guardinghe alle spalle.
“Artù!
Che ci fai qui?” chiese la Lady quando aprì la
porta, spostandosi per lasciarli
passare e chiudendo subito dopo la porta: “Credevo che Uther
ti avesse ordinato
di non muoverti.”
Artù,
però, non la stava ascoltando: non riusciva a scostare gli
occhi dal viso della
sorellastra mentre le parole del drago gli rimbombavano nella mente.
La
strega è pericolosa. E’ meglio che non
conosca l’entità dei suoi poteri.
Morgana,
nonostante avessero avuto frequenti scontri fin da quando erano
bambini, era e
sarebbe sempre rimasta la sua sorellastra. era una sorella per lui,
dannazione!
Certo, aveva detto a Merlino che le parole del drago non erano oro
colato,
eppure la paura che fossero sincere lo stava tormentando. E se in
futuro
Morgana si sarebbe veramente alleata con Mordred contro Camelot? Contro
di lui?
“Artù,
ti
senti bene?” chiese in quel momento la ragazza, distraendolo
dai suoi pensieri.
“Certo,”
rispose lui sforzandosi di sorridere e di allontanare, almeno
momentaneamente,
quelle preoccupazioni: “Voglio parlare con
Rodomont.” disse quindi, sentendo la
rabbia che tornava a scorrere prepotentemente nelle sue vene.
Morgana
rimase in silenzio qualche istante, prima di annuire lentamente:
“E’ dietro il
paravento.” mormorò quindi, facendo cenno a Gwen
di seguirla.
Quando
le
due ragazze furono uscite Artù si voltò con un
gesto brusco, dirigendosi con
rapide falcate al paravento e scostandolo con fin troppa forza.
Rodomont,
un cavaliere che aveva addestrato lui stesso, stava seduto a terra,
legato
strettamente, ingannato da due ragazze. Certo, Morgana avrebbe potuto
raggirare
il diavolo in persona, quindi quello non era un punto a sfavore di
Rodomont. Il
fatto che avesse quasi ucciso Merlino, invece, lo era decisamente.
Il
cavaliere lo guardò con gli occhi sgranati, senza parlare,
faticando persino a
respirare per la preoccupazione.
E
dio
solo sapeva quanto facesse bene ad essere preoccupato.
Artù
scatto prima ancora di aver veramente pensato di farlo, colpendolo in
pieno
viso con una rapida serie di pugni. Si fermò solo quando le
sue nocche furono
ricoperte di sangue.
“Mio
signore!” si intromise Merlino, la voce più acuta
del solito, cercando di
bloccare Artù.
Il
principe non lo degnò di un’occhiata, chinandosi
verso Rodomont ed afferrandolo
con forza per il collo: “Ti farò una domanda
semplice, cavaliere.” sibilò a
pochi centimetri dal suo viso, ignorando il respiro accelerato
dall’agitazione
di Merlino a pochi passi da lui: “Perché hai
aggredito il mio servitore?”
Rodomont
non rispose, limitandosi a scuotere il capo con espressione rassegnata
e ad
incassare l’ennesimo colpo di Artù. Quando
sollevò nuovamente il pugno, però,
il biondo si ritrovò improvvisamente immobilizzato e una
forza sovrannaturale
lo costrinse ad allontanarsi dal cavaliere.
In
pochi
attimo si ritrovò difronte a Merlino, che lo guardava con
espressione severe,
gli occhi ancora lievemente illuminati da un bagliore dorato.
“Che
diavolo ti salta in mente? Liberami subito!”
sbottò contrariato, le guance
arrossato per l’irritazione.
“Calmatevi,
prima. Non ho certo intenzione di stare qui ad assistere mentre voi lo
massacrate, Sire. Non è questo il vostro modo di
fare.”
Artù
roteò gli occhi cercando invano di riprendere il controllo
del proprio corpo:
“Sei quasi morto a causa sua, Merlino. Dovrei offrirgli una
tisana e chiedergli
gentilmente il motivo per cui ti ha aggredito?”
Il
moro
esito un attimo, confuso dalla frustrazione e dalla preoccupazione che
traspariva dal tono del principe. Si era veramente preoccupato
così tanto per
lui?
“Mio
signore,” cominciò con maggiore gentilezza senza
riuscire ad impedirsi di
sorridere mentre si avvicinava di qualche passo ad Artù e
gli posava entrambe
le mani sulle braccia: “Vi sono immensamente grato per la
vostra apprensione,
ma vorrei ricordarvi che Sir Rodomont sarà del tutto
impossibilitato a parlare
se gli romperete tutti i denti.”
Artù
lo
fissò in silenzio per qualche istante prima di scoppiare a
ridere, lo sguardo
che si addolciva rapidamente mentre i suoi occhi esaminavano quasi con
adorazione il viso del valletto: “E pensare che ho rischiato
di perderti.”
mormorò, quasi senza rendersene conto.
Solo
quando vide le guance e le orecchie di Merlino prendere fuoco per
l’imbarazzo
si accorse di quello che aveva effettivamente
appena detto.
Si
schiarì la voce distogliendo lo sguardo: “Lasciami
andare. Non farò nulla di
controproducente.” mormorò con voce
improvvisamente roca.
Merlino
annuì appena, mormorando poche incomprensibili parole e
finalmente Artù riuscì
a muoversi liberamente.
Inspirò
a
fondo un paio di volte, voltandosi piano verso Rodomont e sforzandosi
di
trattenersi dal ricominciare a colpirlo: “E’ stato
mio padre, vero?” chiese,
quasi sussurrando: “E’ stato mio padre ad ordinarti
di aggredire Merlino. Ti ha
detto di ucciderlo in n modo che non facesse ricadere i sospetti su di
lui e
poi di lasciare Camelot. E’ per questo, vero? Per questo hai
detto a Merlino
che è stato insolente, perché è questo
che pensa mio padre. E’ stato lui, non è
vero?”
Rodomont
non rispose, ma la sua espressione non lasciava alcun dubbio.
Artù
strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi, respirando
più
rapidamente del normale: la testa gli pulsava e la vista gli si stava
offuscando.
Credeva
di essere preparato a quella conferma, infondo ne era già
pressoché certo, ma
in quel momento si sentiva comunque come se il mondo gli stesse
crollando
addosso e lo stesse soffocando.
Scosse
la
testa con forza per diradare la nebbia che gli impediva di ragionare
lucidamente, ma fu tutto vano. A quel punto non sentiva più
nemmeno la voce di
Merlino che lo chiamava preoccupato, ne le sue mani che cercavano di
calmarlo,
stringendo leggermente le sue braccia.
A
quel
punto, gli rimaneva solo l’istinto.
Scattò
nuovamente contro Rodomont, assestandogli un altro paio di pugni per
assecondare quel desiderio furioso di vendetta che lo aveva assalito
fin da
quando Ginevra gli aveva detto che Merlino era stato aggredito, quindi
si voltò
con rabbia verso la porta, spalancandola e cominciando ad attraversare
con
rapide falcate il corridoio, senza curarsi di non farsi scoprire dalle
guardie.
Che ci provassero pure a trattenerlo, nulla gli avrebbe impedito di
raggiungere
suo padre, l’uomo che aveva le mani macchiate del sangue di
Merlino. L’uomo
che, ormai, non poteva più amare come aveva sempre fatto fin
da bambino,
nonostante tutto.
|
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Capitolo 10 *** Cap. 10 ***
Con
secoli di ritardo posto il decimo capitolo. Scusatemi
davvero, ma oltre ad essere ancora bloccata da mia nonna per colpa
della
perdita d’acqua mi sta facendo ritardare anche
l’infinita mole di compiti
estivi arretrati. Spero da settimana prossima di riuscire ad aggiornare
con più
frequenza e regolarità. Grazie mille a tutti coloro che
seguono questa storia e
la apprezzano!
Fede_ChuckBlair:
Innanzitutto ciao e grazie mille per la tua
recensione! Cavolo, sono davvero felice che ti piaccia! Non sapevi che
Morgana
è una strega? In questo caso scusa, non voleva spoilerarti
nulla! XD Ma visto
che adori gli spoiler non mi faccio troppi sensi di colpa…
ahahah. Comunque
grazie mille ancora, con così tanti complimenti ho rischiato
di sciogliermi!
Spero che la storia continui a piacerti e spero soprattutto di non
deludere le
tue aspettative con gli sviluppi della trama! Alla prossima. ^^
hiromi_chan:
Nemmeno immagini quanto mi rassicuri sapere che i
personaggi rimangono IC, ormai avrò ripetuto un milione di
volte che la mia
paura più grande è quella di far agire i
personaggio in modo troppo OOC… Non
sono sicura se arriverò a toccare anche il tradimento di
Mordred e Morgana, in
realtà ho un po’ di idee a riguardo, ma devo
ancora decidere definitivamente.
Grazie mille per le tue recensioni, alla prossima!
chibisaru81:
Ci credo che Artù è furioso, io lo sarei
sicuramente al posto suo! Grazie mille per le tue recensioni, mi fanno
sempre
piacere. Spero che continui a seguire la mia storia e spero soprattutto
che
continui a piacerti! Grazie ancora, alla prossima!
Merlino
non riusciva a raggiungerlo. Per quanto si impegnasse non riusciva ad
affiancare il principe, che, al contrario, sembrava deciso a mettere
sempre più
distanza fra di loro. Non che se ne rendesse conto, no, Merlino aveva
visto
perfettamente la lucidità lasciare i suoi occhi nel momento
stesso in cui
Rodomont aveva silenziosamente confermato i suoi dubbi. C’era
solo furia ormai.
Artù
continuava a camminare come se avesse il diavolo in persona alle
calcagna,
diretto verso quello che un tempo aveva potuto chiamare padre. Avrebbe
dovuto
essere pronto, dopotutto: sia Morgana che il drago gli avevano
anticipato la
possibilità che ci fosse veramente Uther dietro
l’aggressione di Merlino, ma
nel momento in cui quei sospetti erano diventati
un’innegabile certezza si era
reso conto che non era minimante pronto. Suo padre, il re,
l’uomo che avrebbe
dovuto amarlo, aveva cercato di uccidere una delle persone a cui lui
era più
legato. Anzi, lo aveva fatto proprio per il suo affetto nei confronti
di
Merlino.
La
reputazione prima di tutto.
Riusciva
a sentire la voce di suo padre ripetere quella frase con una chiarezza
disarmante.
L’onore
è quanto di più importante un
cavaliere abbia, Artù. Non devi dimenticarlo mai.
Fin
da
bambino era quello ciò che gli era stato insegnato, ma il
principe non era mai
stato persuaso da parole tanto fredde. Certo, da buon cavaliere teneva
molto
alla propria reputazione, ma le persone venivano al primo posto, no?
Non era
loro compito quello di proteggere le donne e gli indifesi?
Proteggere.
Non uccidere.
Con
che
coraggio suo padre aveva ritenuto più importante la
reputazione del principe
ereditario alla vita di un ragazzo? Importava forse qualcosa che
Merlino fosse
un semplice servitore? Come si poteva pensare di doverlo uccidere per
mettere
fine a delle stupide voci?
Artù
non
poteva evitare di essere disgustato da quei pensieri. La sua mente
ormai
procedeva a scatti sconnessi e rabbiosi e nulla, nulla,
se non il desiderio di vendetta contava.
Odio.
Il
biondo
non aveva mai pensato che un sentimento potesse essere tanto forte, ma
solo in
quel momento si rendeva conto di non aver mai conosciuto veramente
l’odio.
Suo
padre.
Era
veramente stato suo padre a cercare di portargli via Merlino.
E
non
importava neppure il fatto che quei pensieri fossero terribilmente
inappropriati se rivolti al suo servitore.
La
sua
mente, guidata dalla rabbia, non era più in grado di
filtrare e le emozioni lo
investivano ad ondate violente, come mai era successo prima di allora.
Merlino,
con il tempo, era diventato il suo centro: lo accompagnava in ogni
singolo
istante di tutte le sue giornate, era la voce irriverente che gli
ricordava
che, anche se era un principe, rimaneva una persona,
proprio come tutte le altre, ma era anche la voce gentile che
lo
rassicurava quando ne aveva bisogno, era il viso deciso da guardare nei
momenti
di insicurezza, era la dolcezza che lo avvolgeva e lo calmava quando
era troppo
duro con se stesso e con gli altri.
Non
poteva nemmeno immaginare di perderlo: non sarebbe più stato
capace di vivere
senza di lui. Infondo, solo quando il moro era arrivato a Camelot,
stravolgendo
senza ritegno la sua intera esistenza,
lui aveva veramente iniziato a respirare.
Merlino
era tutto ciò di cui Artù aveva bisogno, ed era
anche molto altro. Molto di
più.
Quando
arrivò alle porte della sala del trono non aveva sentito
nemmeno una delle
tante suppliche che il suo servitore gli aveva rivolto. Non un
richiamo, non
un’imprecazione, nulla. Semplicemente, non aveva
più capito nulla da quando
Rodomont lo aveva guardato con quegli occhi colpevoli e terribilmente
consapevoli.
Le
guardie non fecero nemmeno in tempo a cercare di trattenerlo che lui
aveva già
estratto la spada ed aveva spalancato il pesante portone di legno,
più
determinato e contemporaneamente più confuso che mai.
“Artù,
ma
che diavolo stai facendo?”
Ed
eccolo, infine. Suo padre, il re Uther Pendragon, il vero colpevole di
tutta
quella sofferenza, di tutta quella soffocante paura. Era lì,
davanti a lui,
così vicino eppure così lontano, così
confuso dalla situazione eppure così
terribilmente consapevole.
Il
principe non rispose, limitandosi ad avanzare verso di lui, mettendo
quanta più
distanza possibile fra sé e le guardie che, atterrite,
sostavano pochi passi
dietro di lui in attesa di un ordine.
“Artù,
si
può sapere che ti succede? Non ti aveva forse proibito di
uscire dalle stanza
di Gaius?”
“E’
stata
colpa tua.” Artù si limitava a sussurrare,
sentendo la rabbia solleticargli la
pelle, in attesa solo di esplodere: “Sei stato tu ad ordinare
a Rodomont di
uccidere Merlino.”
Non
era
una domanda, eppure Uther riuscì comunque a trovare
l’energia e la falsità
necessaria per mentire ed adottare persino un’espressione
indignata ed
irritata: “Non dire idiozie. Perché dovrei perdere
tempo con congiure contro un
servitore? Sono un re, Artù, ho questioni molto
più importati da risolvere e tu
dovresti saperlo bene visto che sei il principe ereditario. Ed ora
metti via la
spada e lascia perdere questa storia: la tua reputazione è
già sufficientemente
compromessa.”
Artù
emise un vero e proprio ringhio, stringendo con più forza la
spada e facendola
roteare, puntandola subito dopo contro il padre: “Possibile
che tu abbia la
faccia tosta persino di mentire? E’ ora che tu capisca una
cosa, Uther
Pendragon: il popolo non ne può più della tua
tirannia. E io, cieco e stupido,
finora ti avevo sempre difeso, ti avevo sempre considerato un buon re.
Ma dopo
ciò che hai fatto, dopo che hai avuto il coraggio di cercare
di far uccidere il
mio valletto solo per delle stupide voci, mi rendo conto che
ciò che pensa il
popolo è vero.”
Uther
mosse qualche passo verso di lui, gli occhi sgranati, la fronte
corrugata e
l’espressione che di solito aveva difronte ad un atto di
stregoneria: “Come
osi, tu, il mio unico figlio, dire simili cose. Sono anche il tuo re,
Artù,
devi portarmi rispetto. Non ti permetterò di parlarmi in
questo modo!”
Il
biondo
scosse la testa mordendosi con troppa forza il labbro inferiore e a,
quel
punto, smise di girare intorno alla questione e lasciò che
la rabbia esplodesse
definitivamente dentro di lui: si scagliò contro suo padre
come se fosse il suo
peggior nemico, deciso più che mai a colpirlo.
Uther
reagì con una velocità sorprendente per un uomo
della sua età e le lame delle
loro spade cozzarono con un fastidioso stridio. Dopo
solo un altro paio di colpì, però,
Artù
si ritrovò Merlino ancorato al braccio e, per la prima volta
da quando aveva
lasciato le stanze di Morgana, ricominciò a sentire la sua
voce.
“No!
Per
l’amor del cielo, mio signore, no!”
Il
moro
lo stava fissando con le labbra leggermente socchiuse e gli occhi
lucidi per la
paura, ma sembrava terribilmente deciso a farlo ragionare:
“Sono sicuro che ci
sia una spiegazione per tutto. Di sicuro la soluzione non è
che voi e vostro
padre vi uccidiate a vicenda! Ciò che è successo
deve per forza avere una più
che valida motivazione e… e anche se così non
fosse non ha alcuna importanza!”
“Non
ha
importanza?” sbottò Artù cercando
invano di allontanare il servitore da sé: “Ha
importanza eccome, Merlino. Sei quasi morto, dannazione, come puoi dire
che non
ha importanza?”
“La
vostra vita e quella di vostro padre ha sicuramente più
valore della mia!”
Il
biondo
lo guardò stralunato, scuotendo istintivamente la testa e
sbattendo le palpebre
per schiarirsi la mente dalla nebbia rabbiosa che la annebbiava:
“Cosa stai
dicendo? Non sei forse tu quello che mi ha sempre detto che la vita dei
nobili
ha lo stesso valore di quella dei servitori, che ogni esistenza
è preziosa allo
stesso modo?”
Merlino
sospirò con aria rassegnata e contemporaneamente piccata:
“Sono consapevole
delle mie parole, Sire, ma dovete capire una cosa: io sono fermamente
convinto
che voi siate destinato ad essere il Re in Eterno, il più
grande sovrano di
tutti i tempi. Non permetterò che la vostra rabbia vi spinga
a compiere
un’azione di cui vi pentireste sicuramente. Non
permetterò che vi roviniate il
futuro con le vostre stesse mani. Ho pieni fiducia in voi e nel vostro
Destino,
Mio Signore, e farò di tutto affinché si compia e
voi diventiate il vero re in
grado di unificare tutte le terre di Albion in un epoca di pace e
prosperità.
Non sarò io la causa della rovina della vostra grandezza.
Io
sto
aspettando che voi cambiate le cose, Sire. In meglio.
Cosicché tutti, anche
quelli come me, si sentano accettati e ben voluti.”
Artù
rimase un attimo bloccato davanti alla sincerità con cui
Merlino aveva
pronunciato quelle parole: c’era una tale devozione negli
occhi del moro, un
affetto e una fiducia che il principe non era sicuro di meritarsi.
Quello
sguardo, però, si fece largo nella mente annebbiata del
biondo e la invase
completamente.
A
discolpa di Artù c’è da dire che era
confuso, irritato ed in preda a troppe
emozioni.
C’è
anche
da dire, però, che baciare Merlino davanti a Morgana, Gwen,
Gaius e le guardie,
tutti richiamati dalle urla, non fu una delle sue migliori idee.
Soprattutto
se si considera che ad assistere alla scena c’era anche un
alquanto scioccato
Uther.
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Capitolo 11 *** Cap. 11 ***
Scusate,
scusate, scusate davvero tanto. So che mi ero
impegnata ad aggiornare più regolarmente e soprattutto
più frequentemente, ma
sono davvero pessima nell’organizzarmi. Sono mortifica. Spero
che continuiate a
seguire questa storia nonostante la mia irregolarità nel
pubblicare.
Fede_ChuckBlair:
Ciao! Sono contenta che il capitolo ti sia
piaciuto, grazie per la recensione! In effetti anche io mi darei in
affidamento
se fossi Artù… U.U credo proprio sarebbe la
scelta migliore! Ahahah meno male
che non ti danno fastidio gli spoiler, allora! Grazie ancora, alla
prossima. ^^
Jenny80_big:
Ehi, grazie per continuare imperterrita a
recensire! Spero che la storia continui a piacerti! Un bacio. ^^
Tony
Stark: Ciao e grazie mille per la tua recensione! Sono
molto felice che la mia ff ti piaccia! Cavolo, sono sempre rassicurata
quando
leggo che i personaggi sono IC… e una copia di Excalibur la
terrei volentieri
sul comodino! ^^ Scusa per i miei ritardi negli aggiornamenti, mi
impegnerò al
massimo per pubblicare più frequentemente! Un bacio.
hiromi_chan:
Ciao e scusa per il ritardo! Ti ringrazio invece
per la recensione e anche per la statua spirituale ovviamente!
Artù è Artù, non
cambierà mai: a volte è un vero idiota, ma
è un idiota con un cuore buono e un
animo nobile. Meno male che c’è Merlino a fermarlo
dal fare stupidaggini, hai
perfettamente ragione! Sono contenta che i pensieri di Artù
per Merlino ti
siano piaciuti, io non posso fare a meno di pensarli così!
Un bacio e alla
prossima!
Elwing
Lamath: Ciao e grazie per la recensione! Sono davvero
felice che la mia storia ti piaccia! Ah, IC, che bella
parola… Sì, la puntata
in cui Artù scopre la verità riguardo la sua
nascita mi è piaciuta molto e così
ho pensato di riprenderla adattandola alla storia. Grazie ancora, alla
prossima! ^^
Marlot:
Ahahah, sì ammetto di essermi fermata in un punto
assurdo! Grazie per la tua recensione, ma fa molto piacere che la
storia
continui ad interessarti! Un bacio, alla prossima. ^^
niclue:
Sono morta dal ridere leggendo la tua recensione ed
immaginandomi la scena! Perdonami, non era mia intenzione farti
rischiare un
infarto, devo ammettere che anche io quando ho riletto il capitolo sono
stata
ad un passo dal collasso, ma quando ci si mette Artù diventa
ingestibile e deve
sempre fare di testa sua! Anche io adoro Morgana, quindi le
dedicherò
sicuramente altro spazio, infondo senza di lei questa storia non
sarebbe
nemmeno andata avanti! Per Merlino ed Artù non si
preannunciano tempi felici,
ma in un modo o nell’altro si risolverà tutto.
Ahahah, certo che si è sentita
la tua mancanza, le tue recensioni sono esilaranti! Alla prossima! ^^
chibisaru81:
Ciao e grazie per la tua recensione! Hai
perfettamente ragione, Uther è veramente impossibile quando
ci si mette… un
bacio, alla prossima!
Giada810:
Caio, grazie per la tua recensione, mi fa molto
piacere che la storia ti interessi! Grazie soprattutto per avermi
segnalato gli
errori, li correggerò il prima possibile. Grazie ancora, un
bacio! ^^
Artù
si
ritrovò a fissare Merlino troppo vicino al suo volto per
essere ad una distanza
ragionevole dal suo valletto. Il moro gli rivolgeva una sguardo
confuso, un po’
spaventato forse, ma contemporaneamente estremamente dolce e felice.
Insomma,
non lo aveva fatto veramente,
giusto?
Era
successo tutto nella sua mente, doveva per forza essere così!
Non
poteva aver appena baciato Merlino davanti a mezza Camelot, non sarebbe
mai
stato così stupido. E poi, perché avrebbe dovuto
baciare il suo servitore?
Certo,
lui era Merlino, ma non ricordava
di
aver mai pensato di volerlo baciare.
Forse giusto un paio di volte, in passato, forse aveva ricercato la sua
compagnia più del necessario semplicemente perché
gli faceva piacere averlo
accanto, forse non si era mai preoccupato di smentire le voci
riguardanti una
qualche tresca fra lui e il moro perché infondo un
po’, ma proprio solo un pochino,
le condivideva, ma da qui a baciarlo
davanti alla corte di Camelot il passo era stato decisamente troppo
brusco ed
improvviso.
“Artù
Pendragon!”
Oh.
Aveva
quasi dimenticato la presenza di suo padre.
Non
aveva
nemmeno il coraggio di voltarsi per guardarlo, non riusciva a spostare
lo
sguardo su nessuno dai presenti. Poteva solo continuare a fissare il
viso
arrossato e confuso di Merlino, i suoi occhi luminosi e il suo lieve
sorriso
alla disperata ricerca di un appiglio per evitare di mandare tutto al
diavolo e
diventare eremita. In un paese molto lontano
in cui nessuno lo conosceva,
preferibilmente.
E
quell’appiglio, per grazia del cielo, c’era.
Nonostante la confusione, la
sorpresa e forse anche la paura per le possibili conseguenze, Merlino
rimaneva
ostinatamente al suo fianco, lo sguardo accesso da una luce determinata
e
consapevole, le labbra appena tirate in un sorriso delicato.
Sembrava
compiaciuto, nonostante tutto. E per il momento, ad Artù
poteva bastare.
Inspirò
a
fondo un paio di volte prima di tornare a fronteggiare suo padre, la
spada
ancora ben stretta in una mano.
“Uther.”
la sua voce era più decisa del previsto, il suo sguardo
più fiero.
Non
riusciva più a chiamarlo padre, ormai. Non riusciva nemmeno
più a pensarlo come
suo padre. E faceva male, terribilmente male. Lui e il re avevano
sempre avuto
dei contrasti, spesso i loro modi di pensare erano troppo diversi per
trovare
un punto di contatto, ma rimaneva sempre suo padre,
dannazione.
Si
sentiva in lutto, quella era la verità. Suo padre,
l’uomo che aveva amato
incondizionatamente nonostante tutti gli scontri, era morto. Ma non era
quello
il momento di lasciarsi andare a sentimentalismi, non poteva ancora
permettersi
di cedere.
Uther
lo
guardava come se avesse appena vomitato una rana ed il principe era
abbastanza
sicuro che se si fosse voltato avrebbe trovato quella stessa
espressione anche
sui visi di tutti gli altri presenti.
“Artù,
ma
cosa diamine stai facendo? Cosa… cosa significa tutto
questo?”
Cosa
avrebbe potuto dire? Nemmeno lui aveva una risposta a quelle domande.
A
quel
punto non gli rimaneva che svuotare la mente e seguire
l’istinto, tanto peggio
di così non sarebbe certo potuta andare.
“Non
lo
so. Nemmeno io riesco e capire e comprendere le mie emozioni al
momento, ma so
che Merlino è un… un amico
per me,
questo è sicuro. E so anche che tu hai cercato di farlo
uccidere. Lui è molto
importante per me ed è quasi morto a causa tua.”
“Ora
basta! Ve’ nelle tue stanze e restaci,
maledizione!”
Il
viso
dell’uomo era infiammato dall’ira e mentre parlava
continuava a fendere l’aria
con la spada, lo sguardo minaccioso fisso sul volto teso del figlio.
Artù,
però, non era disposto ad obbedire, non quella volta. Non si
sarebbe più
sottomesso ad un uomo tanto crudele, non avrebbe mai giurato
fedeltà a qualcuno
con un cuore tanto duro.
“No,
Uther.” mormorò infatti, trattenendosi dal
tremare: “Sono stanco di nascondere
i miei veri sentimenti e pensieri solo per compiacerti, sono stanco di
cercare
costantemente da te un’approvazione che tanto non mi darai
mai. La verità è che
sono stato sordo alle parole del popolo e non ho nemmeno voluto credere
ai miei
occhi. Ho dovuto rischiare di perdere una delle persone più
importanti della
mia vita per capire, per scorgere la tua vera anima. Un anima nera. Ed
ora non
mi dire di tacere perché tanto non ti ubbidirò.
Puoi fare tutto ciò che credi,
puoi cacciarmi, bandirmi, diseredarmi, non mi importa. La
verità e che se devo
scegliere fra te e Merlino, non mi risulta affatto difficile farlo. Lui
mi è
sempre stato accanto, è un amico leale, è la
persona di cui mi fido
maggiormente. E’ Merlino,
per l’amor
del cielo, e questo spiega tutto. Tu invece ti sei dimostrato crudele e
spietato persino nei confronti del tuo unico figlio! Conosci il mio
affetto nei
confronti di questo ragazzo, tutti lo conosco, eppure non hai esitato a
cercare
di portarmelo via con la forza! E per questo, per questo Uther
Pendragon, io
non ti perdonerò mai.”
E
davvero, Artù sapeva perfettamente che le parola con cui
aveva descritto Merlino
erano poco appropriate e soprattutto poco consone, ma la
verità era che per lui
il moro rappresentava esattamente quello. Era così confuso,
così spaventato dai
suoi stessi sentimenti che non riusciva a ragionare lucidamente e le
parole
avevano lasciato le sue labbra senza freno e senza filtri, esattamente
come le
aveva pensate.
Per
qualche attimo la sala rimase in completo silenzio, tanto che
Artù riusciva
perfettamente a percepire il respiro frettoloso di Merlino accanto a
sé, poi,
con in viso l’espressione più furiosa e
contemporaneamente delusa che il
principe avesse mai visto, il re parlò: “Portatelo
nelle segrete.”
Un
solo
sussurro che racchiudeva molte più parole.
Le
guardie
non si mossero, ancora troppo sbalordite dalla situazione, e nessuno in
sala
sapeva come reagire alle parole del principe.
“Portatelo
via, per l’amor del cielo, prima che faccia qualcosa di cui
mi pentirei!”
Artù
si
sentì afferrare quasi subito per entrambe le braccia e
trascinare lontano dal
re, ma il suo sguardo si posò sul proprio valletto: il moro
era rimasto fermo
difronte al re, il mento sollevato in un disperato orgoglio e lo
sguardo fiero
davanti a quella furia che presto, lo sapeva, si sarebbe riversata su
di lui.
Anche
il
principe ne era perfettamente consapevole, e cercò invano di
liberarsi dalla
ferrea presa delle tre guardie che lo stavano trascinando via. Non
poteva
lasciarlo lì, solo, contro suo padre. Lo avrebbe messo a
morte, lo avrebbe
ucciso con le sue stesse mani, senza esitare e senza pentirsene.
No,
no,
doveva aiutarlo. Solo poche ore prima si era rimproverato di non essere
mai riuscito
a proteggere veramente il suo valletto, mentre quel ragazzo tanto esile
e
delicato era sempre pronto a dare la vita per lui.
Non
poteva lasciarlo lì, non doveva assolutamente permettere che
gli accadesse
qualcosa di male, ma per quanto si dibattesse per liberarsi, la presa
delle
guardie era troppo forte e ne erano persino accorse altre per tenerlo
fermo e
trascinarlo via.
“Morgana!”
urlò quando ormai erano a pochi metri dal portone, cercando
disperatamente di
incrociare lo sguardo della sorellastra: “Morgana, ti
supplico, aiutalo! Non
permettere che Uther gli faccia del male, non permettere che muoia! Ti
prego,
Morgana, ti prego, aiutalo!”
Un
attimo
dopo la porta si era chiusa, ma Artù aveva fatto in tempo ad
incrociare lo
sguardo determinato della pupilla del re ed era certo di averla vista
annuire.
Se
c’era
qualcuno che poteva salvare Merlino, quella era Morgana, il biondo ne
era
perfettamente consapevole, ma non per quello si era tranquillizzato.
Cosa
avrebbe fatto Uther al suo valletto? Conoscendolo, non avrebbe esitato
nell’adottare
una misura drastica, senza contare che aveva già cercato di
ucciderlo.
Stupido,
era stato così stupido.
Non
avrebbe mai dovuto lasciare che i sentimenti lo sconvolgessero a tal
punto, non
avrebbe mai dovuto baciarlo. Non lì, non in quel momento,
dannazione!
Qualunque
cosa fosse successa a Merlino sarebbe stata inevitabilmente colpa sua.
Non se
lo sarebbe mai perdonato, non sarebbe mai riuscito ad andare avanti con
un
simile peso sulla coscienza.
Merlino,
il suo Merlino, una creatura cosa
pura e
fragile che nascondeva un tale potere… la verità
era il moro non aveva mai
avuto bisogni di lui, mentre lui, proprio lui, il viziato e borioso
principe
ereditario di Camelot, si era ritrovato a dipendere praticamente in
tutto e per
tutto da quel ragazzetto irriverente ed irritante.
Non
poteva nemmeno pensare all’eventualità di non
rivederlo più.
Nulla
avrebbe più avuto senso senza di lui.
Ed
era
stato così stupido a non accorgersene prima. Se lo avesse
fatto forse avrebbe
evitato di mandare tutto in malora con la sua impulsività e
Merlino non si
sarebbe trovato in quella situazione.
Era
tutta
colpa sua. Solo una sua responsabilità.
Quando
la
porta della cella si chiuse e le guardie si allontanarono,
Artù si sentì
finalmente libero di piangere.
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Capitolo 12 *** Cap. 12 ***
Buongiorno
a tutte mie prodi lettrici! Ho appena finito di
rivedere per la centesima Kill your darlings e per qualche motivo a me
ignoto
mi ha portato l’ispirazione necessaria per pubblicare,
finalmente, il
dodicesimo capitolo di questa storia. Solo per questo capitolo
abbandoneremo il
nostro povero Asino Reale nelle segrete e passeremo al punto di vista
di
Merlino, ma non temete, Artù tornerà prestissimo!
Un bacio a tutte!
Fede_ChuckBlair:
Ciao e grazie per la tua recensione!
Finalmente Artù ha parlato sinceramente con suo padre, ma
forse è stato un
pelino troppo diretto. E sì, il nostro povero principino non
può ancora
riposarsi, povero cuore. Non temere, amo troppo Merlino per farlo
morire!
Grazie ancora, alla prossima. ^^
niclue:
Ahahah, per un pacco di biscotti ci possiamo accordare
sul futuro di Artù e Merlino, sono aperta a contrattazioni!
Hai perfettamente
ragione, questa è stata decisamente una giornata da infarto
per Artù… e non è
ancora finita! Aaah, il problema di shippare coppie angst è
diffuso sfortunatamente,
ma di sicuro farò in modo che tutto finisca bene. In un modo
o nell’altro.
Bisogna solo placare l’istinto omicida di Uther…
Alla prossima!
giuggi22:
Ciao e grazie per la tua recensione! Mi fa piacere
che ti interessi la mia storia. ^^ Un bacio!
Jenny80_big:
Hai ragione, Uther a volte è veramente terribile.
Lui e la sua fissa per le condanne a morte! Ma anche Morgana non
è da prendere
alla leggera, avranno di che discutere quei due! Un bacio, alla
prossima. ^^
chibisaru81:
Ti giuro che quando mi sono immaginata Uther
infilzato con uno spiedo sono scoppiata a ridere! A volte anche io
vorrei
farlo, quell’uomo sa essere terribile! Confidiamo in Morgana,
non ci resta
altro da fare… Alla prossima!
Non
doveva aver paura. Cosa sarebbe cambiato se in quel momento si fosse
inginocchiato e avesse implorato pietà? Uther non era il
genere di uomo che si
lasciava smuovere dal terrore. Uther non era il genere di uomo che si
lasciava
smuovere da nulla.
Rimanere
in piedi, doveva rimanere saldo
sulle sue gambe.
Stai
tremando come una donzella, Merlino, non
vorrai forse dire che quell’asino ha sempre avuto ragione sul
tuo conto!
Gli
occhi
furiosi del re puntati così insistentemente sul suo viso,
però, non lo
aiutavano certo a calmare il battito accelerato del suo cuore.
Sarebbe
morto, ne era sicuro. Uther non avrebbe mai capito, non avrebbe mai
accettato
una cosa simile. Con tutta la fatica che aveva fatto per tenere segreta
la sua
magia ora sarebbe morto solo per un bacio.
Un
solo,
maledetto, semplice bacio.
Parte
di
lui avrebbe voluto raggiungere Artù nelle segrete e
strangolarlo con le sue
stesse mani per la situazione in cui lo aveva cacciato con la sua
testaccia
dura e la sua impulsività, ma l’altra parte,
quella terribilmente sentimentale
e romantica, stava ancora tremando come un foglia al solo pensiero di
quanto
era appena successo.
Lo
aveva
baciato.
Artù
Pendragon lo aveva baciato, lo aveva fatto davvero, quella volta non se
lo era
solo immaginato.
Cioè.
Non
che
passasse le sue giornate a fantasticare di essere baciato da quel
principe
borioso ed arrogante, ma infondo non gli era affatto dispiaciuto.
Piantala
di prenderti in giro, Merlino. Sono
secoli ormai che gli corri dietro aspettando solo che lui si accorga di
te,
desiderando solo un suo cenno di affetto nei suoi confronti.
Si
ritrovò a sorridere come un ebete ancora prima di rendersene
conto, ma quando
vide le sopracciglia di Uther aggrottarsi maggiormente
in quell’espressione minacciosa
tossicchiò
imbarazzato per riprendersi. Non era certo quello il momento di pensare
ad Artù
e ai suoi stupidi baci.
Stai
per morire, Merlino, fattene una
ragione.
Quel
pensiero lo rattristò improvvisamente: proprio quando le
cose stavano iniziando
ad andare bene, lui doveva morire.
Insomma
Artù aveva scoperto la sua magia e gli era comunque rimasto
accanto, mentre il
miraggio di Albion sembrava farsi sempre più vicino. Ed era
ormai innegabile
che il principe gli fosse affezionato, dannazione!
Aveva
così tante cose da dirgli, così tante cose da
spiegargli…
Il
biondo
gli aveva detto che quando quella situazione si fosse sistemata avrebbe
dovuto
raccontargli tutto ciò che aveva fatto alla sue spalle
grazie alla magia, avrebbe
dovuto mostrargli quella parte di sé che era sempre stato
costretto a tenergli
nascosto. Poteva finalmente parlargli in tutta sincerità,
confidargli le sue
preoccupazioni. Poteva smettere di mentirgli.
Sarebbe
dovuto essere tutto perfetto.
E
invece,
invece non poteva far altro che rimanere fermo difronte a quel
incollerito che
puntava minacciosa la spada verso di lui.
Che
senso
aveva morire in quel momento? Come avrebbe fatto a nascere Albion dopo
la sua
morte? E Artù? Che ne sarebbe stato di lui? Con tutta la
fatica che aveva fatto
per conquistarsi la sua piena fiducia, il suo dannato
affetto…
Inutile,
è stato tutto inutile.
“Cos’hai
da dire a riguardo, servo?”
Merlino
sollevò piano lo sguardo verso il re, trattenendo
istintivamente il fiato
davanti alla sua espressione.
Oh,
non sarebbe mai sopravvissuto a tanta
rabbia.
Il
moro
si mordicchiò nervosamente le labbra, indeciso su come
rispondergli. Tanto
valeva parlargli apertamente, ormai. Tanto sarebbe morto in ogni caso.
“Non
ho
nulla da dire, Sire. Le azioni di vostro figlio hanno sorpreso anche
me.”
Uther
scosse con forza la testa, facendo roteare la spada ed avvicinandosi
maggiormente
a lui: “Mio figlio non avrebbe mai fatto una cosa simile: non
era in sé, è
evidente! Confessa! Lo hai stregato, non è
così?”
Per
un
attimo, un solo brevissimo istante, a Merlino venne quasi da ridere:
Uther
doveva sempre infilare la magia in ogni cosa. Se solo avesse saputo che
quella
volta, stranamente, aveva veramente difronte a sé uno
stregone…
“No,
Sire. Non ho fatto nulla del genere.”
E
davvero, non credeva che la sua voce potesse suonare tanto decisa in un
momento
simile.
Il
re
inspirò a fondo, gli occhi accesi dalla solita scintilla di
follia che vi
brillava nei momenti di rabbia: “Tu menti. Un traditore
così vicino al cuore
del nostro regno. Pagherai con la vita le tue colpe!”
Merlino
vide con strana lentezza la lama sollevarsi decisa verso
l’alto, pronta a
ricadere senza esitazioni sul suo collo. Avrebbe voluto fare ancora
così tante
cose…
Non
aveva
nemmeno detto addio a sua madre e a Gaius. Non aveva nemmeno avuto il
tempo di
chiarire con Artù quella strana situazione.
E
il suo
Destino? Finito ancora prima di cominciare. Quel dannato drago lo aveva
sempre
preso in giro.
Quando
ormai era convinto che non avrebbe più visto
un’altra alba, una riccia chioma
di capelli scuri oscurò la sua visuale e la lama fu
costretta a deviare
bruscamente per non ferire l’esile ragazza che si era parata
dinanzi a lui, le braccia
spalancate in un gesto di protezione e la schiena dritta.
Era
sempre così orgogliosa, Morgana. Così determinata
e salda nei suoi propositi.
Se
le
parole di Kilgharrah si fossero mai rivelate vere, per quanto Merlino
si
ostinasse a non crederci, la Lady sarebbe stata una nemica decisamente
temibile.
“Morgana!
Sei forse impazzita?”
Il
moro
vide la ragazza abbassare lentamente le braccia e stenderle rigidamente
lungo i
fianchi, le mano pallide strette a pugno.
“Non
ti
permetterò di punire un altro innocente, Uther
Pendragon.”
Dalla
sua
posizione Merlino non riusciva più a scorgere il re, ma non
gli era difficile
immaginare la sua espressione.
“Attenta
a come parli, Morgana! E’ evidente che il ragazzo abbia
incantato Artù, non c’è
altra spiegazione!”
“Hai
perfettamente ragione, Uther. Merlino ha decisamente incantato
Artù, ma senza
far uso di alcuna magia. Non fingere di non esserti accorto che i
sentimenti di
Artù nei suoi confronti sono sinceri. Tutti noi lo sappiamo,
da tempo ormai. Tu
incluso. Non è forse per questo che hai ordinato a Rodomont
di uccidere
Merlino?”
Che
razza
di difesa era mai quella? Morgana avrebbe solo ottenuto di farlo
mandare al rogo
in quel modo!
“Taci,
maledizione! Non sono disposto a credere ad una sola delle tue parole,
Morgana.
Mio figlio non avrebbe mai fatto una cosa simile!”
“Tuo
figlio, Uther Pendragon, ha un cuore al contrario tuo, un cuore che sa
provare
dei sentimenti. Che il cielo ci aiuti e lo faccia salire presto al
trono, per
il bene di tutti noi.”
Merlino
si spostò di qualche passo indietro in modo da riuscire
nuovamente a vedere
Uther: l’uomo aveva abbassato la spada e fissava la ragazza
con le labbra
serrate in una libbra sottile, gli occhi sgranati e folli, il viso
arrossato
dall’ira.
“Come
osi
parlare in questo modo al tuo re? Attenta a te Morgana,
un’altra parola e
nemmeno il mio affetto nei tuo confronti ti
salverà.”
La
ragazza si lasciò andare ad una risata sprezzante scuotendo
piano la testa ed
incrociando le braccia al petto: “Affetto? Nemmeno conosci il
significato
termini simili. Il tuo cuore è freddo e duro come una
pietra, Uther, ed è per
questo che continui a tormentare il tuo popolo con condanne senza
senso, è per
questo che ti rifiuti di vedere la sincerità e la
profondità dei sentimenti di
Artù, è per questo che sei stato capace di
cercare di far uccidere un ragazzo
innocente solo per proteggere la tua reputazione!”
“Taci,
maledizione!”
“Sei
arrivato a farti odiare dall’intero popolo, sei riuscito
persino a farti
rinnegare dal tuo stesso figlio!” Morgana avanzò
decisa verso di lui, gli occhi
accessi dalla determinazione ed il bel viso contratto: “Per
una volta in vita
tua, Uther Pendragon, evita di macchiarti le mani di sangue innocente,
per una
sola volta sii comprensivo ed amorevole nei confronti del tuo unico
figlio! Se
uccidi Merlino, Artù non ti perdonerà mai. Vuoi
veramente perderlo? Vuoi
veramente che diventi tuo nemico? Fino a che punto si spinge la tua
arroganza?
Dimostrami che meriti di essere re di questo regno.”
L’uomo
rimase immobile qualche istante, poi sollevò di scatto la
spada e la punto con
rabbia contro la ragazza: “Vattene, Morgana. Vattene prima
che sia tardi.”
Lei,
però, non si spostò di un solo passò:
sollevò altezzosa il mento, lo sguardo
acceso di quell’orgoglio testardo che la caratterizzava.
“Arriveresti
a tanto? Arriveresti ad uccidere persino me? Che tu sia maledetto per
la tua
anima nera, Uther Pendragon, e che gli spiriti di tutti gli innocenti
che hai
ucciso accecato dalla tua stessa stupidità ti tormenti fino
alla fine dei tuoi
giorni! Ti chiedo semplicemente di mostrarti degno del trono su cui
siedi, per
una sola volta in vita tua. Oppure vuoi essere nuovamente ricoperto di
sangue
innocente?”
Merlino
trattenne il fiato, spaventato: Morgana li avrebbe fatti uccidere
entrambi, il
re non avrebbe mai tollerato una tale insolenza nei suoi confronti.
Uther
fissò ancora qualche attimo il volto della figliastra, poi
si voltò bruscamente
di spalle: “Portatela nelle segrete. Anche il ragazzo.
Deciderò la sua sorte in
seguito. Ora portateli via entrambi, subito!”
E
mentre
le mani ruvide delle guardie li afferravano e li trascinavano via,
Merlino si
voltò per incrociare lo sguardo di Morgana e le sorrise
grato.
Sul
volto
della ragazza, però, era scesa una terribile ombra scura:
l’ombra dell’odio.
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Capitolo 13 *** Cap.13 ***
Scusate,
scusate, scusate. Il mio ritardo è diventato cronico
ormai e mi dispiace davvero molto. Spero che continuiate comunque a
seguire i
miei aggiornamenti, anche se sono così scostanti e
ritardatari. Grazie a tutti
coloro che leggono questa ff e che la apprezzano.
Fede_ChuckBlair:
Ciao e grazie davvero per i tuoi complimenti,
sei gentilissima! Sono veramente contenta che ti piaccia la mia storia
e il mio
modo di scrivere. ^^ Aaaah, Morgana, Morgana… questa ragazza
sta prendendo una
brutta piega, come purtroppo abbiamo visto nel telefilm. Grazie ancora, alla
prossima!
Jenny_80big:
Anche io adoro Morgana, mi ha veramente spezzato
il cuore quando è arrivata a desiderare persino la more di
Artù nel telefilm.
T.T Uther non cambierà mai, è più
forte di lui comportarsi in quel modo… Artù e
Merlino *.*Quanto li amo, anche se per loro non si prospettano giorni
felci…
sarà dura far cambiare idea ad Uther, ma Morgana ha
già fatto dei passi avanti
salvando la vita al povero Merlino… Grazie ancora, alla
prossima!
niclue:
Ciao! Nooo, non puoi veramente aver pensato che avrei
fatto morire Merlino, lo amo troppo per fargli una cosa simile! E poi
come
avrebbe fatto il nostro piccolo Artù senza di lui? Ahahah,
le tue minacce mi
spingono sempre a rimanere sulla retta via! Comunque anche io ho notato
che il
povero Merlino si trasforma spesso in una ragazzina isterica e,
insomma, già il
mio Merlino ha pianto un’infinità di lacrime,
almeno un minimo di decenza
lasciamola! Dovrei addirittura essere illegale, ma wow! Morgana
è sempre stata
una dei miei personaggi preferiti, sono contenta che ti piaccia il modo
in cui
sta agendo nelle mia ff. ^^ Temo che tu abbia fatto bene a premunirti
di
ombrello, questi non saranno tempi facili per i nostri
amorini… Ma forse prima
o poi potrei anche dar loro una tregua, giusto per farli respirare un
po’ u.u
Grazie ancora, alla prossima!
Era
lì da
troppo tempo ormai. Possibile che nessuno lo raggiungesse per dirgli
qualcosa?
Cosa stavano facendo, tutti quanti, ancora chiusi in quella maledetta
stanza
del trono? E Merlino? Forse era già morto.
Artù
si
bloccò di colpo, in piedi in mezzo alla cella umida che
stava attraversando a
grandi passi: il solo pensiero che avrebbe potuto non rivedere mai
più il
sorriso del suo servitore gli aveva spezzato bruscamente il fiato.
Doveva
ammetterlo ormai, non c’era più
possibilità di negarlo: aveva un disperato
bisogno di Merlino. Quella consapevolezza aveva iniziato a farsi strada
nella
sua mente quella mattina, quando Ginevra si era presentata da lui in
lacrime,
ma dopo tutti gli avvenimenti di quell’estenuante giornata
non poteva far altro
che mettere definitivamente da parte l’orgoglio e ammettere
almeno a se stesso
che quel ragazzetto moro aveva assunto un ruolo essenziale nella sua
vita. Non
sarebbe più riuscito a farne a meno e soprattutto non
sarebbe mai riuscito a
convivere con la consapevolezza di essere lui il colpevole della sua
morte.
Solo
poco
prima si era ripromesso di proteggerlo, di imparare a fare quello che
Merlino
aveva sempre fatto per lui, nell’ombra, senza mai pretendere
nulla in cambio,
La sua impulsività, però, aveva rovinato tutti.
Era
colpa sua. Solo colpa sua.
Qualunque
cosa fosse successa, avrebbe dovuto sopportarne le conseguenze ed
assumersene
la responsabilità.
Non
avrebbe mai dovuto baciarlo, non così, non in quel momento,
non davanti a
tutti.
Non
davanti a suo padre, maledizione!
Gli
occhi
assurdamente blu di Merlino, però, avevano occupato
prepotentemente tutta la
sua mente, annullando tutti gli altri pensieri, impedendogli di fare
qualsiasi
altra cosa se non assecondare l’improvviso desiderio di
sentire quel ragazzo
più vicino a sé.
Oh,
non avrebbe mai imparato.
Quante
volte gli era stato detto di cercare di gestire meglio il proprio
istinto, di
fermarsi a ragionare prima di agire e lanciarsi senza riflettere in
qualsiasi
cosa, positiva o negativa che fosse? Lo stesso Merlino glielo aveva
ripetuto
moltissime volte, ma lui niente, aveva perseverato nel suo
atteggiamento.
E
quelle
erano le conseguenze.
Aveva
chiesto a Morgana di aiutarlo, l’aveva pressoché
implorata. Solo qualche tempo
prima non avrebbe mai fatto una cosa simile, non si sarebbe mai
abbassato e
tanto, per nessuno. Era cambiato tutto nel momento stesso in cui aveva
posato
lo sguardo per la prima volta su quel ragazzino esile e con delle
orecchie
improponibili che non aveva esitato un solo istante a sbattergli in
faccia la
verità, incurante del fatto di aver difronte il principe
ereditario.
Per
Merlino
lui non era mai stato il principe
Artù,
era stato, fin da subito, semplicemente Artù,
l’Asino. Reale, certo, ma pur sempre un asino.
Si
riscoprì quasi a ridere al pensiero di tutte le svariate
occasioni in cui era
stato letteralmente insultato dal suo servitore, con una naturalezza
disarmante
fra l’altro!
A
Merlino
non era mai mancata la fantasia quando si trattava di affibbiargli
qualche
nuovo gentil epiteto: asino, babbeo,
idiota, zuccone. Era arrivato a definirlo persino testa di fagiolo, per quanto il
significato esatto di quell’insulto
continuasse a sfuggirgli.
Oh
cielo, non resisteva più!
Aveva
un
disperato bisogno che qualcuno gli dicesse cosa diamine stava
succedendo!
Non
ne
poteva più di restare rinchiuso in quella cella,
impossibilito ad agire e soccorrere
Merlino. Se solo avesse potuto rimanere al suo fianco almeno avrebbe
lottato
per proteggerlo, mentre invece si era lasciato trascinare via dalle
guardie con
fin troppa facilità, limitandosi ad implorare Morgana di
mediare la rabbia di
Uther.
L’unica
cosa che lo spingeva ad avere una piccola speranza era la nuova
consapevolezza,
seppur sconvolgente ed inattesa, della magia del suo servitore: avrebbe
potuta
usarla per salvarsi la vita in casi estremi. Ma, forse, conoscendo
quell’idiota
del suo servo, non lo avrebbe fatto, rispettando il volere del re. O
forse
chissà che altro avrebbe combinato, quello strambo
ragazzino. Non era mai
riuscito a leggere completamente l’anima di Merlino, aveva
sempre sentito che
gli sfuggiva qualcosa, un qualcosa quasi essenziale. Certo, non si
sarebbe mai
immaginato che si trattasse di stregoneria, ma aveva sempre percepito
una sorta
di barriera che Merlino a volte innalzava.
E
ora,
ora che finalmente avrebbe potuto abbattere ogni difesa del servitore
per
carpire completamente la sua anima, la sua dannata
impulsività rischiava di
rovinare tutto.
Chissà
quante cose aveva fatto Merlino alle sue spalle… avrebbe
dovuto farsi
raccontare ogni cosa, anche se una parte di lui temeva di scoprire la
verità.
Forse
avrebbe scoperto che in realtà lui non aveva alcun merito e
che tutti i suoi
successi erano stati resi possibili dall’intervento di
Merlino…
Sarebbe
andato avanti ad arrovellarsi il cervello in quel modo anche per
l’intera
eternità se solo in quel momento la porta delle segrete non
si fosse
spalancata, lasciando entrare Merlino e Morgana trascinati in malo modo
da
delle guardie.
Artù
si
avvicinò istintivamente ai due, stringendo saldamene le
sbarre metalliche con
entrambe le mani: il servitore sollevò lo sguardo verso di
lui, gli occhi
velati da un’ombra di preoccupazione e di confusione.
Sembrava che fosse
turbato da qualcosa. Certo, ovviamente oltre al casino che il biondo
aveva
combinato.
Merlino,
come intuendo i suoi pensieri, gli indicò Morgana con un
cenno del capo: la
ragazza camminava a passi rapidi, il capo chino e i capelli che gli
coprivano
in parte il viso. Sembrava incurante delle mani delle guardie che le
stringevano con prepotenza le braccia e sembrava completamente
assorbita da
chissà quali pensieri.
Era
diversa dalla Morgana con cui era cresciuto, sul suo viso era calato
qualcosa
di malinconico e freddo, crudele quasi. I suoi occhi brillavo di una
luce
strana, distante eppure terribilmente accesa: sembrava infuriata, ma di
quel
tipo di rabbia che si avvolge su se stessa e ti divora
dall’interno.
Di
nuovo,
Artù si ritrovò immobilizzato, quasi incapace di
respirare, mentre le parole
del drago riguardo il futuro tradimento di Mordred e Morgana gli
rimbombavano
nella mente: era forse possibile che quello fosse l’inizio
dell’avverarsi della
profezia?
Dalla
sua
espressione, probabilmente anche Merlino stava pensando la stessa cosa:
Artù
poteva i suoi occhi bruciare per il senso di colpa, quello stesso
sentimento
che lo aveva fatto crollare durante il colloquio con il drago.
Avrebbe
voluto rassicurarlo, ricordargli che quando aveva salvato la vita del
piccolo
druido Mordred non era altro che un bambino innocente e che fino a quel
momento
Morgana si era dimostrata un’amica leale e coraggiosa.
Avrebbe voluto dirgli
che non aveva fatto nulla di sbagliato e che lui, al posto suo, avrebbe
fatto
le stesse scelte.
Avrebbe
semplicemente voluto stringerlo a sé ed ascoltarlo parlare,
confortarlo, farsi
raccontare tutta la verità ed insieme chiarire tutti gli
avvenimenti di quell’interminabile
giornata.
Le
guardie però trascinarono il moro nella cella più
lontana da quella del
principe, impedendo qualsiasi comunicazione fra i due. Anche Morgana fu
rinchiusa in una prigione abbastanza distante da entrambe le loro e un
attimo
dopo le guardie si appostarono poco distanti, sempre pronte ad
intervenire.
Artù
sospirò: non sarebbe stato facile, ma avrebbe dovuto trovare
a tutti i costi un
modo per raggiungere Merlino.
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Capitolo 14 *** cap. 14 ***
Buongiorno a tutti miei amati cavalieri di Camelot! Prima di tutto volevo scusarmi nuovamente con voi per l’immenso ritardo con cui continuo a pubblicare, chiedo perdono!
Nella speranza che continuiate a seguirmi, vi auguro buona lettura! Un bacio a tutti!
Jenny80_big: Ciao e grazie per la recensione! Quando Morgana ha voltato le spalle a Camelot, nella serie, mi ha spezzato il cuore, ma purtroppo il suo personaggio è caratterizzato anche da quest’odio che Uther le ha trasmesso… magari però in questa fic le impedirò di diventare così terribilmente malvagia, devo ancora decidere. Grazie davvero per continuare a seguirmi nonostante i miei tremendi ritardi! Un bacio!
Lululove2: Ciao e grazie per la tua recensione! Non temere, Merlino ed Artù non tarderanno a tornare insieme, il mio povero cuore non riesce a vederli separati troppo a lungo. ^^ Questo capitolo sarà un po’ più lungo, promesso!
Chibisaru81: Aah, guarda, Uther fa impazzire anche me! Anche dopo la sua morte, nella serie, la sua ombra continua a perseguitare il povero Artù. E’ inutile, quell’uomo non cambierà mai…
Fede_ChuckBlair: Ah, Morgana, Morgana. Quella ragazza continua a spezzarmi il cuore da quando è cambiata nella serie tv… in questa fic devo ancora decidere se seguire l’impronta del telefilm e renderla malvagia o se salvare la mia amata Lady e lasciarla la ragazza dolce e determinata che era prima che Uther la contagiasse con il suo odio… Grazie per le tue recensioni, mi dispiace davvero per i miei continui ritardi… Un bacio!
Niclue: Ciao e grazie per la tua recensione! Hai perfettamente ragione, Artù ormai è cotto e stracotto, se ne sono resi conto tutti tranne lui… il nostra asino è veramente adorabile però! ^^ Ah, la nostra Morgana fa preoccupare anche me… devo ancora decidere se seguire l’impronta della serie o salvarla dalla follia in cui è caduta nel telefilm… il pensiero di renderla malvagia mi spezza il cuore, non sarà una decisone facile. Consiglio? In ogni caso questo capitolo sarà più lungo, promesso! E scusami per i miei continui ritardi… Un bacio!
LindaMary: Ciao! Non temere Merlino e Artù non possono rimanere divisi troppo a lungo, torneranno insieme a breve! Un bacio! ^^
Sentiva il cuore battere furiosamente nel suo petto, scosso da una strana inquietudine. Le guardie parlottavano fra loro poco distanti dalla sua cella, e, sebbene non riuscisse a sentire cosa stessero dicendo, Artù non faceva fatica ad immaginare la natura dei loro discorsi. Infondo, aveva appena confermato le voci che giravano su lui e Merlino: aveva dato di che parlare a tutti, a corte.
Dalla sua posizione non riusciva a vedere né Merlino né Morgana, ma poteva sentire il respiro affannoso della ragazza. Il servitore, invece, stava in completo silenzio, immerso in chissà quali segreti: Artù aveva un disperato bisogno di parlargli, ma non poteva certo chiamarlo e mettersi a discutere con lui così, da una cella all’altra. Non era solo la presenza delle guardie ad impedirglielo, ma anche quella di Morgana: non poteva svelare a nessuno il segreto di Merlino, né tanto meno poteva parlare del possibile futuro tradimento della sua sorellastra davanti a lei.
Rimase immobile a riflettere per un tempo indeterminato, la mani ancora ancorate alle sbarre fredde, la mente che girava a vuoto senza riuscire a raggiungere una conclusione soddisfacente. Inoltre, una domanda insistente gli impediva di ragionare del tutto lucidamente: cos’era Merlino per lui? Aveva accettato ormai il fatto che la sua presenza fosse diventata pressoché indispensabile nella sua vita, ma non riusciva ancora dare un nome al sentimento che lo legava al valletto. Era ormai chiaro all’intera Camelot che il loro non era un semplice rapporto padrone-servo, ma cos’era Merlino per lui?
Un amico? Anche Leon era sua amico, ma non per questo la avrebbe baciato!
Una sorta di fratello? Gli mancava solo l’incesto a quel punto, per carità!
La risposta era lì, lo sapeva, gli ronzava nella testa da un po’ ormai, ma non era ancora pronto ad ammetterlo. Non prima di aver parlato faccia a faccia con Merlino, almeno. Non prima di aver visto la reazione del moro al suo bacio.
In quel momento la porta delle segrete si aprì do scatto, facendolo sobbalzare decisamente troppo poco cavallerescamente. Si ricompose il più in fretta possibile, osservando proprio Leon entrare con una guardia e dirigersi verso le loro celle.
Il cavalieri gli passò davanti lanciandogli do sottecchi un’occhiata preoccupata e sorridendogli con aria vagamente incoraggiante.
Artù sorrise di rimando, rassicurato dal vedere che, nonostante tutto, i suoi cavalieri gli erano ancora fedeli.
I cavalieri di Camelot.
Erano una vera e propria famiglia: avrebbero dato la vita pur di proteggersi a vicenda. Quella era la loro più grande forza, ben maggiore alla loro abilità con la spada.
Leon si fermò difronte alla cella di Morgana, aprendola velocemente ed entrando per aiutare la ragazza ad alzarsi: “Siete libera di tornare nelle vostre stanze, mia signora.” Mormorò con voce gentile, sorreggendo la Lady per farla uscire dalla cella.
Morgana stava in silenzio e teneva il capo sollevato, in una muta espressione di orgoglio. I suoi occhi, però, bruciavano ancora di quella strana luce determinata e furiosa.
“Morgana!” la chiamo Artù quando la ragazza passò davanti alla sua cella, scortata da Leon: “Grazie per quello che hai fatto. Sì, insomma, per averlo protetto.”
La ragazza sorrise dolcemente, tornando per un attimo ad essere la sua amata sorellastra: “Ora tocca a te. Quando sarai Re, Artù, sarai sicuramente migliore di tuo padre. Lo sei sempre stato.” Concluso abbassando il capo e lasciando che i capelli le coprissero per un attimo il viso, quindi sollevò nuovamente il mento puntando lo sguardo fiero dritto davanti a sé ed avanzando con grazia e determinazione.
Morgana era così, estremamente forte, capace e decisa. Se veramente l’avessero avuta come nemica, in futuro, sarebbe stata un’avversaria difficile da sconfiggere. E se veramente, come affermava il drago, Morgana era una strega, tutto avrebbe preso una piega ancora peggiore.
Artù scosse con forza la testa, sospirando piano: era sua sorella, dannazione!
Non poteva credere che le parole del lucertolone fossero vere, non poteva credere che non avrebbe più potuto sentire la presenza forte di Morgana al suo fianco. Le era affezionato e non era disposto a perderla senza provare a trattenerla: avrebbe fatto di tutto per tenere sua sorella con sé, tutto ciò che sarebbe stato necessario.
Quando Leon si chiuse la porta delle segrete alla spalle, Artù sentì un mormorio provenire dall’oscurità: era un rumore delicato, che aveva sentito per puro caso. Un attimo dopo, Merlino scivolò fuori dalla sua cella, avanzando verso di lui silenzioso come non credeva potesse essere e portandosi un dito alle labbra per fargli cenno di tacere.
Quando era ormai difronte alla sua cella, sollevò una mano, puntandola contro le due guardie, ignare, e mormorò delle strana parole in una lingua incomprensibile. I suoi occhi si incendiarono nuovamente di oro fuso, come quando aveva usato la magia per impedirgli di scagliarsi contro Rodomont, e un attimo dopo le due guardie si accasciarono a terra senza emettere un solo suono.
Gli era stato insegnato fin da bambino a disprezzare la magia, a temerla e odiarla, tanto da punire con la morte chiunque la praticasse. Nonostante tutto, però, lui ne era affascinato. Quando gli occhi di Merlino bruciavano di viva forza, Artù percepiva uno strano brivido attraversalo. Era un potere straordinario, un potere che andava oltre ogni sua possibilità, ed era tutto racchiuso in quel corpicino esile e fragile.
Un attimo dopo la serratura della sua cella scattò e il moro si intrufolò all’interno, senza guardarlo, fino ad appoggiarsi alla parete più distante da lui.
“Non sono morti, vero.” Mormorò Artù indicando le due guardie con un cenno del capo e il valletto scosse con forza la testa, sembrando quasi offeso da quella domanda.
Rimasero in silenzio per qualche istante, lui con la schiena appoggiata alle sbarre e Merlino premuto contro la parete opposta.
“Fuggi da me?” mormorò alla fine il principe, dopo averlo fissato con insistenza senza però ottenere una reazione da parte del moro.
“No, mio Signore.” Sussurrò in risposta l’altro, con tono troppo poco convinto per risultare credibile: “E’ solo che qui sono meno visibile. In caso qualcuno entrasse.”
Artù annuì piano, continuando a fissarlo ed osservando divertito le guance del suo servitore farsi sempre più rosse. Poi, preda di un pensiero che nemmeno lui capiva, raggiunse il valletto a grandi passi, troppo velocemente per dargli il tempo di scostarsi, e lo immobilizzò fra la parete fredda e il suo corpo.
Sentì distintamente Merlino trattenere il fiato e spingersi ancora di più contro il muro di pietra, cercando di mettere almeno mezzo centimetro di distanza fra sé il principe, inutilmente.
Il biondo ridacchiò, sollevandogli il mento con due dita e costringendolo a guardarlo: “Credevo non stessi fuggendo da me.”
“Non lo sto facendo, Sire. E’ solo che voi e il vostro gentil peso mi state schiacciando.” Ribatté ostinato il valletto, cercando di apparire deciso nonostante gli stessero andando a fuoco le guance. Per non parlare delle orecchie.
Artù rise ancora, guardandolo come se avesse davanti a se la cosa più preziosa del mondo: non era così che aveva immaginato il suo incontro con Merlino, in realtà, ma la situazione aveva preso quella piega di sua spontanea volontà: “Staresti dicendo che sono grasso, Merlino?”
“Sto dicendo che avete addosso chili di inutili muscoli.”
“Inutili – cosa?” sbottò Artù inarcando un sopracciglio e rifilando un’occhiataccia al sorrisetto del moro: “Non sono affatto inutili muscoli! Come pensi che li vinca i duelli? Come pensi che li addestri i cavalieri? Senza i miei muscoli la spada non si guiderebbe da sola!”
Questa volta fu il valletto a ridere, sollevando una mano battendola delicatamente sulla sua spalla, come se stesse consolando un bambino capriccioso: “Ne sono sicuro, Sire.”
Sorrideva, sorrideva con dolcezza e delicatezza. Per quanto avrebbe dovuto sentirsi vagamente offeso per le insinuazioni del ragazzo, Artù riusciva solo a pensare a quanto fosse bello il suo valletto e a quanto fosse piacevole la sensazione di quel corpo esile premuto contro il suo. Prima ancora di rendersene conto si era sporto verso di lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lo stava baciando. Di nuovo.
Solo che questa volta era tutto più volontario e pensato, più profondo.
E, diamine, le labbra di Merlino erano così morbide e timide sotto le sue!
Aveva una bocca così calda ed accogliente che non poteva evitare di chiedersi come avesse fatto a resistergli tanto a lungo. Lo strinse maggiormente a sé, strattonandolo per gli abiti leggeri ed afferrando con forza i suoi fianchi, così sottili e fragili che quasi temette di fargli male. E alla fine, la sua pelle era lì, liscia e fredda sotto le sue dita che si erano insinuate velocemente sotto la sua maglia. Artù premette una mano a palmo aperto sulla pancia del moro, spingendolo contro il muro e schiacciandosi maggiormente contro di lui, mentre con l’altra mano carezzava delicatamente una gamba di Merlino, che gli strinse istintivamente le braccia intorno al collo mugolando piano nella sua bocca.
“Artù..” ansimò poi, cercando di allontanarsi almeno un po’ da lui: “Potrebbe arrivare qualcuno da un momento all’altro, e noi abbiamo cose più importanti da fare.”
Il biondo lo guardò confuso senza però lasciarlo andare.
“Dobbiamo parlare di Morgana. Hai visto anche tu il suo sguardo prima…”
Il principe sospirò piano, guardandolo fino a quando Merlino non abbassò gli occhi: “Abbiamo altro di cui parlare ora. Certo, arriveremo anche a Morgana, ma prima voglio che tu mi racconti tutto ciò che hai fatto con la tua magia da quando sei arrivato a Camelot.”
Il moro annuì sollevando piano lo sguardo: sembrava preoccupato, spaventato quasi, tanto che Artù lo strinse maggiormente a sé.
Voleva solo proteggerlo, assicurarsi che quel ragazzo non soffrisse più per non dover più essere costretto a vedere il suo meraviglioso sorriso spegnersi. Voleva solo vederlo felice. Felice accanto a sé. Era tanto sbagliato?
Lentamente, Merlino cominciò a parlare, raccontandogli ogni episodio in cui era stato costretto ad usare la magia per salvargli la vita e per aiutarlo a proteggere l’intera Camelot.
Tanto piccolo e all’apparenza tanto goffo ed imbranato, nascondeva dentro di sé un potere immenso. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa avesse voluto, avrebbe potuto spazzare via lui e il suo intero regno con un semplice schiocco delle dita e invece aveva deciso di mettere la sua magia al suo servizio. Aveva sopportato tutti i suoi insulti senza una parola quando avrebbe potuto farlo pentire amaramente della sua arroganza.
Così stupido, era stato così stupido a non accorgersi di nulla per tutto quel tempo.
“Perché lo hai fatto?” mormorò dopo che Merlino ebbe finito di parlare: “Perché mi hai sempre aiutato? Sei in pericolo qui a Camelot, hai rischiato così tanto… perché?”
“Per voi, mio Signore.” Rispose il moro senza un attimo di esitazione: “Tutto ciò che faccio è per voi. Ripongo grande fiducia in voi Sire e sono sicuro che diventerete un grande re, il più grande mai esistito. Avete un destino da compiere, un destino che finalmente porterà la pace in tutto il regno. Nulla di tutto ciò si potrà realizzare senza di voi. E’ mio dovere proteggervi e sono orgoglioso di farlo, anche se siete una testa di fagiolo.”
Artù sorrise piano, sedendosi a terra e trascinando il valletto con sé, senza mai lasciarlo andare. Non era sicuro di meritarsi tutta quella devozione, non era sicuro di meritarsi nulla da una creatura tanto speciale.
“Artù,” mormorò Merlino stringendosi istintivamente al suo petto: “qualcosa non va?”
“Pensavo al fatto che molto probabilmente sarei morto tempo fa senza il tuo aiuto… Gran parte della mia gloria è merito tuo. Non sarei nulla senza di te.” Le parole gli era sfuggite dalle labbra prima ancora che lui le pensasse, ma non poteva negare che fossero sincere.
“Artù…” le mani del moro si posarono con delicatezza sulle sue guance: “Non dite sciocchezze, mio signore. La vostra grandezza non dipende da me: voi siete un grande uomo, lo siete sempre stato. Io ve lo ho solo mostrato.”
E, davvero, era così dannatamente facile baciarlo che il principe non poteva fare a meno di chiedersi perché avesse aspettato tanto a farlo. Lo tirò nuovamente contro di sé fino a farlo sedere sulle proprie gambe e lo tenne stretto contro il proprio petto per un tempo assurdamente lungo, senza mai smettere di posare baci più o meno delicati sulle sue labbra morbide.
“Artù…” sussurrava ogni tanto Merlino cercando di fermarlo senza nemmeno un minimo di convinzione: “Noi… Morgana… tuo padre… Artù.”
Ma nessuna di quelle cose aveva importanza in quel momento: l’unica cosa che aveva valore era il fatto che finalmente aveva abbattuto completamente le barriere del suo servitore e aveva scoperto ogni verità che prima li teneva separati. Non c’era più segreti ormai fra di loro, non c’era più nulle da nascondere.
Merlino gli era così terribilmente devoto che quasi gli faceva paura, ma ne era anche dannatamente felice. Insieme, erano perfetti: si completavano a vicenda in un incastro meraviglioso. E in quel momento Artù poteva accantonare ogni sua paura e preoccupazione mentre faceva stendere il moro sotto di sé e lo stringeva con delicatezza facendo scivolare la mani sotto i suoi abiti e spogliandolo senza fretta.
“Artù…”
“Non ti preoccupare ora. Mi occuperò io di te, sempre. Mi sdebiterò per tutto ciò che hai fatto per me, farò in modo che tu sia sempre al sicuro. Non avere paura: prometto che non ti deluderò, non lo farò mai. Lascia che pensi io a te…”
Merlino non rispose, ma il suo corpo esile si rilassò sotto di lui.
E quella, infondo, era una risposta più che chiara.
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Capitolo 15 *** Cap.15 ***
Lo so, sono imperdonabile. I miei ritardi, invece di diminuire, aumentano. Sono un vero disastro, chiedo umilmente perdono. T_T Fra l’altro oggi vado anche di fretta, quindi mi limito a mandare un bacio a tutti e a ringraziarvi di cuore.
Jenny80_big: Ciao! Spero davvero che la mia ff continui a piacerti! Morgana è veramente fantastica, ma si prospetta un brutto periodo per lei… merlino e Artù sono adorabili, hai perfettamente ragione! Un bacio, grazie ancora!
Federicaxoxo: Ciao! Sono veramente felice di sapere che la mia storia ti piace! Scusa tu per i miei continui ritardi, sono un vero disastro… Artù e Merlino insieme sono una vera meraviglia, gli amo anch’io! Grazie ancora, alla prossima. ^^
Niclue: ahahahah, mi piace un sacco la tua teoria! Comunque, anche questa volta, non sono riuscita ad aggiornare in un tempo ragionevole, mi meriterei di essere flagellata, lo so. Stavo morendo dalle risate quando ho letto che Artù è un bambino speciale! Direi che lo descrive benissimo! Povero il nostro patato, è giusto un pelo tonto, cosa ci possiamo fare se non amarlo così com’è? Morgana è sempre un punto problematico della storia: da un lato, come dici tu, se Merlino le avesse detto da subito di essere un dudongo probabilmente lei sarebbe rimasta dalla parte dei buoni, ma è anche vero che il nostro povero ciccino è stato sommerso dalle raccomandazioni di Gaius e del lucertolone di non rivelarle la verità. Non è affatto una situazione semplice, sono ancora indecisa su come risolvera. Grazie ancora per la tua recensione, non odiarmi troppo per i miei ritardi! Un bacio!
Artù respirava piano, lo sguardo fisso verso il soffitto della cella umida: era stranamente rilassato. Per quanto parte di lui non smettesse di urlare che avrebbe dovuto essere tutto tranne che rilassato, la sensazione del corpo caldo di Merlino premuto contro il suo era rassicurante. Certo, era perfettamente consapevole di essere in una situazione maledettamente complicata, ma non riusciva a smettere di sorridere e carezzare delicatamente i capelli corvini di quel ragazzetto che, ormai non poteva più negarlo, era diventato il vero centro della sua esistenza.
Era stata una giornata a dir poco infernale, ma ormai fuori stava facendo buio. Probabilmente Uther non avrebbe decretato nulla prima della mattina seguente e fino a quando aveva la certezza che Merlino fosse al sicuro, Artù poteva prendersi un attimo di tregua. Certo, erano pur sempre imprigionati, l’atteggiamento di Morgana continuava ad essere sospetto e suo padre continuava ad essere infuriato, ma almeno ora aveva il servitore al suo fianco. Senza più alcun segreto a dividerli.
Faticava a crederlo.
Per quanto si sforzasse gli sembrava tutto dannatamente assurdo: Merlino era uno stregone.
Merlino.
Incredibile come un simile potere potesse nascondersi dietro tanta goffaggine.
“Artù…” mormorò in quel momento il valletto, risvegliandolo dai suoi pensieri: “Devo tornare nella mia cella ora.”
Il biondo corrugò la fronte, voltando il capo verso di lui: “E perché mai? Le guardie continuano a dormire beate.”
Merlino soffocò un sorriso leggermente derisorio e scosse piano il capo, rassegnato a dover spiegare sempre ogni cosa: “Presto si sveglieranno. E comunque fra poco verranno a portarci la cena, sempre che Uther non decida di tenerci a digiuno. Direi che sarebbe a dir poco inopportuno farmi trovare qui.”
Mentre parlava il moro si era messo seduto, allungando le braccia verso l’alto per stirare i muscoli e reprimendo a fatica uno sbadiglio. Anche Artù si mise seduto osservandolo in silenzio, leggermente corrucciato dall’idea di doversi separare tanto presto da lui.
“Cosa c’è da ridere ora?” mormorò piano, inarcando un sopracciglio, quando sentì la risata gentile di Merlino.
“Avete la stessa espressione di un bambino a cui la madre impedisce di mangiare un dolce, mio signore.”
Gli occhi di Artù scintillarono divertiti mentre il biondo sollevava un angolo della bocca in un sorriso storto: “Mi stai dicendo che sono autorizzato a mangiarti?”
Il servo arrossì di colpo e, con le orecchie che andavano a fuoco, gli lanciò la maglia che stava per mettere in faccia, ottenendo solo di farlo ridere maggiormente.
“Smetti di comportarti come una verginella pudica, Merlino.”
Il moro arrossì ancora di più se possibile, abbassando lo sguardo e mugugnando qualcosa di incomprensibile. Allungò le mani alla ceca per recuperare quelle straccetto che si ostinava a chiamare maglia, il tutto mentre evitava accuratamente di guardarlo.
Artù gli afferrò i polsi con delicatezza, strattonandolo piano verso di sé: “Guardami.” sussurrò direttamente contro il suo orecchio, mentre uno strano sospetto si faceva largo nella sua mente.
Merlino scosse la testa nascondendo il viso contro la sua spalla, deciso più che mai a non incontrare i suoi occhi.
“Piantala di fare l’idiota.”
“E voi piantatela di fare il babbeo!”
Artù si sforzò di trattenere una risata per la nota leggermente isterica che aveva preso la voce del suo valletto: “Merlino. Avanti, guardami.”
Il moro per tutta risposta si spinse maggiormente contro di lui, sfregando la guancia contro la sua scapola e mormorando parole sconnesse.
Il principe rimase a guardare i suoi capelli scuri scompigliati sulla sua spalla, quindi, con un sospiro, sorrise piano e lo costrinse ad alzare il viso.
Gli occhi di Merlino sembravano confusi e il cercarono di sfuggire i suoi ancora per qualche istante, ma alla fine il moro si arrese permettendo al proprio sguardo di incrociare quello del principe.
“Ho ragione, vero?” mormorò il biondo a voce bassa: “Tu sei una verginella pudica. O meglio, lo eri fino a poco fa.”
Il valletto, che aveva assunto di nuovo il colorito di un pomodoro maturo, aprì la bocca un paio di volte, senza però riuscire a parlare.
Artù sorrise piano, portando una mano al suo viso e scostandogli i capelli dalla fronte.
Così fragile.
Merlino sembrava davvero piccolo e delicato in quel momento, spaurito e confuso.
Anche se racchiudeva in sé un potere straordinario, ai suoi occhi rimaneva una creatura estremamente fragile: aveva l’assoluto ed innegabile dovere di proteggerlo.
Chi, se non lui, si sarebbe preso cura di quel ragazzetto? Merlino non era bravo a rimanere da solo, aveva la straordinaria capacità di attirare i guai.
Lo sapeva, certo che lo sapeva. Sapeva perfettamente che sottovalutava costantemente le capacità di Merlino, ma non riusciva a sopprimere l’istinto di protezione che provava nei confronti del moro.
Come se non bastasse, in quel momento era intimamente orgoglioso per essere stato la prima volta del servitore: non poteva negare, soprattutto non a se stesso, che il pensiero che qualcuno avesse stretto quel corpicino prima di lui lo irritava incredibilmente.
Era suo. Merlino era solo suo.
Non avrebbe mai permesso a nessuno di toccarlo, mai. Non avrebbe nemmeno mai permesso a nessuno di pensare al moro in certi termini.
Primo e unico.
Era egoistico, certo, ma quel pensiero gli scaldava inspiegabilmente il cuore.
“Sì…” mormorò in quel momento il valletto richiamando la sua attenzione: “Hai ragione. Io non… sì, insomma, io sono… io ero…”
Artù sorrise avvicinandosi maggiormente a lui: “E’ un onore per me.” Sussurrò prima di baciarlo con delicatezza.
Quando lo liberò dalla sua presa, Merlino si ritrasse lentamente, le labbra tese in un sorriso e l’espressione ancora un po’ intontita, quindi riprese a vestirsi.
Artù sospirò, imitandolo: diamine, era veramente sfinito. Quella giornata era durata un’eternità e, in sole poche ore, aveva scoperto più cose di quante ne avesse apprese in tutto il resto della sua vita.
Lasciò che la sua mente si perdesse nei ricordi di quella giornata e si ritrovò a sorridere senza nemmeno rendersene conto.
Oh, era stato veramente terribile.
Aveva avuto una tale paura che aveva temuto di soffocare: il suo petto era stato scosso da così tante emozioni che per qualche attimo gli era sembrato di essere appena stato colpito da un colpo di spada.
Ma era stato anche meraviglioso.
Ora aveva finalmente Merlino, lo aveva tutto per sé, senza più nessuna verità taciuta a dividerli.
Improvvisamente, Artù si bloccò trattenendo il fiato e sentendo distintamente lo stomaco attorcigliarsi.
No. Oh, no. Nonononono. Dannazione, no.
Si sforzò di ricominciare a respirare per recuperare la voce: doveva assolutamente parlare con merlino, ma non ne aveva la forza.
Come aveva fatto a non pensarci prima? Era stato tutto così veloce e sconvolgente che nessuno dei due si era reso conto dell’errore che avevano commesso.
Un errore terribile, che aumentava ancora maggiormente il rischio che Merlino fosse messo a morte.
“Artù?” lo chiamò in quel momento il valletto, preoccupato dall’espressione sofferente che era comparsa improvvisamente sul volto del principe: “Artù, per l’amor del cielo, cosa vi succede? State male? Mio signore! Artù!”
Il biondo si voltò di scatto quando le mani del moro si posarono sul suo viso: “Merlino, per gli dei, come abbiamo fatto ad essere tanto stupidi?”
Il valletto corrugò la fronte, confuso, senza però lasciarlo andare: “Mio signore, spiegatevi per favore.”
“Rodomont. Quando lo stavo colpendo, tu mi hai fermato con la magia. Ha visto tutto, era lì che ci osservava! Se dovesse riuscire a liberarsi andrebbe immediatamente a denunciarti a mio padre! Oppure potrebbe dirlo a Morgana quando lei tornerà nelle sue stanze e anche il drago ha detto che lei non deve sapere dei tuoi poteri!”
Merlino si era completamente bloccato sentendo quelle parole, lasciando scivolare le mani dal viso del biondo. Aveva aperto la bocca, respirando affannosamente, e lo sguardo gli si era offuscato.
“Tutto questo tempo… sono riuscito a nascondere i miei poteri per tutto questo tempo, ed ora che ho te… ora che le cose poteva andare meglio, io… Non posso morire proprio ora!”
Artù scosse con forza la testa, stringendolo istintivamente a sé: “ Tu non morirai, Merlino. Non lo permetterò: dovranno passare sul mio cadavere prima di arrivare a te. Impediremo a Rodomont di parlare.”
“Morgana sarà già tornata nelle sue stanze ormai.” Sussurrò il moro, improvvisamente svuotato da ogni forza.
Artù, invece, era più che determinato ad impedire che la verità raggiungesse le orecchie del re: non lo avrebbe perso. Non avrebbe rinunciato a lui per nulla al mondo. Lo avrebbe protetto da tutto e tutti, a qualsiasi costo.
“Le guardie fra poco si sveglieranno e se non ci troveranno nelle nostre celle daranno l’allarme.” Continuò Merlino, debolmente.
“E tu fa in modo che non si sveglino.”
“Ma… Artù, quando porteranno la cena…”
“Noi avremo già risolto la cosa.”
“Morgana…”
“Merlino!” lo interruppe Artù per l’ennesima volta, portando le mani al suo viso e baciandolo per zittirlo definitivamente: “Risolveremo tutto, te lo prometto. Nessuno ti farà del male e il tuo segreto rimarrà tale. Ora smetti di parlare inutilmente, fa’ in modo che le guardie restino a nanna ancora per un po’ e rispondi ad una domanda: sai cancellare la memoria di qualcuno?”
Il valletto scosse piano la testa: “Gaius però potrebbe aiutarci.” Aggiunse poi, lasciandosi lentamente animare dall’energia del biondo.
Artù gli sorrise stringendolo a sé ancora per qualche istante, poi lo prese per meno a lo condusse fuori dalla cella umida.
Merlino mormorò parole incomprensibile in direzione della guardie: il principe non avrebbe mai potuto negare di essere terribilmente affascinato dal bagliore dorato che illuminava gli occhi del servitore ogni volta che la magia affiorava.
“Sbrighiamoci.” Sussurrò quindi stringendo piano la piccola mano pallida dell’altro e trascinandolo verso l’uscita dei sotterranei.
Il tempo non era dalla loro parte.
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Capitolo 16 *** Cap. 16 ***
Sono dovute arrivare le vacanze di natale per permettermi di aggiornare ancora, sono senza speranze. Gli impegni hanno letteralmente preso il sopravvento e non sono riuscita a gestirmi meglio, perdonatemi. Grazie a tutti quelli che leggono questa ff, che ormai sta lentamente giungendo a termine!
Chibisaru81: ha perfettamente ragione, sono decisamente troppo lenta ad aggiornare… cercherò di migliorare il più possibile!
Lululove2: mi dispiace davvero non essere riuscita ad aggiornare prima, cercherò di sfruttare queste vacanze per postare qualche capitolo in più del solito!
Jenny80_big: i nostri due amati non hanno un attimo di tregua, è vera! Ne hanno passate davvero tante e quando sembrava che le cose si stessero sistemando devono già ricominciare a correre… ma per salvare Merlino questo e altro! Quel mago farà impazzire Artù prima o poi, ne sono sicura. Grazie per continuare a seguire la storia, alla prossima!
Federicaxoxo: Ciao e grazie per la tua recensione! Non ti preoccupare, il mio povero cuore non ha abbastanza forza nemmeno per pensare di far morire il piccolo Merlinuccio, lo amo troppo! Spero che la mia storia continui a piacerti, alla prossima!
April88: Ciao! Sono veramente felice che la mia storia ti piaccia! Pian piano stiamo raggiungendo la fine, anche se per ora siamo ancora nei guai! Ma infondo, quando è mai successo che Merlino e Artù non rischiassero di morire? È una loro abitudine a quanto pare… grazie ancora, alla prossima!
Niclue: ahahah, la Merthur si è abbattuta su di noi con forza micidiale, mi fai morire! Non faccio altro che ridere come una scema, da sola davanti al computer, ogni volta che leggo una tua recensione! Sì, lo scorso capitolo era talmente dolce che mi ha fatto venire il diabete, ma dovevo pur dare un attimo di tregua a quei due poveri disgraziati dopo tutto quello che ho fatto passar loro. Mi dispiace dirti che se finora ti ho messo ansia i prossimi capitoli saranno un panico totale o almeno così li ho previsti, ma con quei due come protagonisti le cose potrebbero cambiare da un momento all’altro! Consoliamoci con la consapevolezza di un happy ending… grazie mille per le tue recensioni, un bacio e alla prossima!
Quando aprirono la porta Gaius li guardò come se avessero il demonio alle calcagna e infondo Artù era consapevole del fatto che le loro espressioni non dovevano essere lontane da quelle di due disgraziati posseduti. Avevano corso come dei pazzi per raggiungere nel minor tempo possibile le stanze del cerusico, cercando nel contempo di non farsi scoprire da nessuna della numerose – troppe, dannazione! – guardie e, un po’ per fortuna, un po’ grazie agli straordinari poteri di Merlino, ci erano riusciti.
Artù aveva stretto la mano del moro per tutto il tempo, inconsapevolmente spaventato al solo pensiero di perderlo: voleva sentirlo lì, con sé, voleva essere sicuro che fosse ancora al suo fianco. Temeva che se avesse lasciato la sua piccola mano pallida, Merlino sarebbe scomparso improvvisamente, senza che lui potesse far nulla per impedirlo.
Perché? Perché il suo valletto doveva essere così incasinato? Perché non poteva essere un normalissimo servitore, senza poteri magici e, soprattutto, senza la straordinaria capacità di attirare problemi?
La verità, per quanto fosse strano e difficile ammetterlo anche solo a se stesso, era che Artù lo amava esattamente così com’era. Pacchetto completo.
“Che diavolo ci fate voi due qui? Non dovreste essere in cella? E’ successo qualcosa? State bene?”
La voce ansiosa di Gaius lo riscosse dai sui pensieri: il vecchio si era alzato con agilità insperata in un uomo della sua età e si era diretto a grandi passi verso loro due, esaminandoli con occhio critico, il sopracciglio sollevato in quell’espressione che lo rendeva incredibilmente simile ad un gufo: “Si può sapere cosa sta succedendo? Insomma, quello che è successo nella stanza del trono… cosa significa?”
Merlino cominciò a balbettare dondolandosi da un piede all’altro e fissando il pavimento mentre le sue guance e le sue orecchie assumevano un’adorabile sfumatura di rosso.
Artù sorrise intenerito – da quando lui si inteneriva? Si stava veramente rammollendo da quando conosceva quel ragazzetto imbranato – e spostò lo sguardo sul medico, inspirando a fondo e mettendo ordine ai propri pensieri: “Non c’è tempo per spiegare tutto ora. Ci serve il tuo aiuto.”
Gaius sospirò passandosi le mani sulla veste, annuendo con espressione quasi rassegnata: “Cosa posso fare per voi?”
“Rodomont, il cavaliere che ha aggredito Merlino. Sa che è un mago.”
Il vecchio spalancò gli occhi e si sedette lentamente sullo sgabello alle sue spalle, spaventato da quella rivelazione.
“Noi ora andremo a prenderlo nella speranza che non abbia già parlato con Morgana e lo porteremo qui, tu nel frattempo dovresti cercare un modo per cancellare la memoria delle persone.”
Gaius annuì di nuovo, spostando poi lo sguardo sul proprio protetto: “Fa’ attenzione Merlino. Non sopporterei di perderti… non era che potresti, finalmente, essere totalmente felice.” L’uomo aveva concluso la frase in un sussurro, tanto che per un attimo Artù aveva creduto di essersi immaginato quelle parole.
Ma, oh, le aveva dette davvero.
Lui, proprio lui, era la felicità totale di Merlino.
Era una strana sensazione, ma gli piaceva. Gli scaldava il cuore.
E, davvero, si sarebbe messo a ridere da solo come un idiota per quella nuova consapevolezza se solo non fosse stato tanto in ansia.
Strinse maggiormente la mano di Merlino, che non aveva lasciato per un solo istante, e, dopo aver annuito un’ultima volta in direzione del medico, si voltò e aprì lentamente la porta. Il corridoio era libero, ma una guardia sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro, oppure Morgana sarebbe potuta tornare nelle sue stanze. Non c’era tempo da perdere.
Tirò Merlino maggiormente contro di sé e si chiuse la porta alle spalle, affrettandosi quindi a raggiungere una nicchia poco più avanti nel corridoio e guardandosi nuovamente intorno. Ancora nessuno in vista: in un attimo erano rintanati dietro un’altra statua, al sicuro da occhi indiscreti.
“Potreste smetterla, di grazia?” sbottò Merlino dopo che il principe lo aveva trascinato verso un nuovo nascondiglio: “Sono in grado di camminare da solo e non mi piace essere sballottato da una parte all’altra in questo modo.”
Artù gli rivolse una rapida occhiata scettica prima di tornare a guardarsi alle spalle per assicurarsi – di nuovo – di non essere seguiti.
Fece per dirigersi verso la prossima nicchia, concentrato solo sul raggiungere il prima possibile le stanze di Morgana, ma Merlino fece resistenza impedendogli di proseguire.
Si voltò scocciato verso quel mulo del suo servitore, ma bloccò l’insulto che aveva già pronto sulle labbra non appena notò che il moro sembrava veramente irritato e quasi ferito.
“Merlino…” sussurrò confuso allungando una mano verso di lui, ma il moro lo scacciò con stizza.
Oh, no. Quando avrebbe imparato a prestare più attenzione ai suoi sentimenti?
“Avete una vaga idea di quante volte io abbia risolto situazioni simili da solo? Non ho mai avuto il vostro aiuto prima d’ora e me la sono sempre cavata in un modo o nell’altro. Non ho bisogno di voi, quindi smettetela di comportarvi come un principino borioso ed arrogante e soprattutto smettetela di trascinarmi in giro come se fossi uno dei vostri cani da caccia.”
Lo sguardo di Merlino era duro mentre pronunciava quelle parole, la sua espressione determinata.
E dio, faceva così male.
Era un dolore che gli stringeva il cuore in una morsa crudele, senza pietà. Era un dolore che non era capace di combattere.
Abbassò lentamente lo sguardo, aprendo un paio di volte la bocca senza tuttavia riuscire a parlare.
“Io… lo so, Merlino.” mormorò infine, a fatica: “La verità è che sono io ad aver bisogno di te, è sempre stato così. Sarei morto tempo fa senza di te. E vorrei… vorrei solo che tu…” sospirò scuotendo la testa e portandosi due dita alla tempia destra: “Vorrei solo che tu avessi bisogno di me quanto io ne ho di te. Vorrei solo proteggerti sempre, da tutto e tutti, e vorrei che tu avessi bisogno di me per essere protetto. Lo so, so benissimo che sei terribilmente potente, che sei molto più forte di me e che non hai certo bisogno che qualcuno ti protegga e ti guidi, ma io… io invece ho bisogno di te persino per vestirmi… ho bisogno di te persino per respirare e vorrei essere importante per te quanto tu lo sei per me. La verità è che non mi sento abbastanza, mi sento così piccolo ed inutile e non sono abituato a simili sentimenti. So solo che vorrei essere il centro delle tua esistenza e vorrei che tu ti appoggiassi a me e a nessun altro.” Aveva perso il controllo delle sue parole, se ne rendeva conto, ma non riusciva a fermarsi e lasciava che quella verità taciuta così a lungo scivolasse dalle sue labbra: “Vorrei essere tutto per te, vorrei essere speciale. Per te. Lo vorrei davvero, proprio perché so che tu in realtà non hai bisogno di me. E questa cosa mi fa impazzire, perché non so come gestirla.”
Si bloccò quando sentì la mano del moro posarsi delicatamente sulla sua testa e carezzargli piano i capelli: chiuse gli occhi e sospirò piano, leggermente rassicurato da quel contatto.
“Oh Artù, sei veramente un idiota.” Mormorò Merlino e, anche se non lo poteva vedere visto che aveva ancora gli occhi chiusi, dal suo tono capiva che stava sorridendo: “Come puoi pensare di non essere importante per me? Tutto ciò che faccio, lo faccio per te. Sei sempre stato, e sempre sarai, la mia prima priorità. Tu vieni prima di qualsiasi altra cosa per me, questo devi sempre tenerlo a mente. Quando ho detto che non ho bisogno di te, lo ho detto solo perché ero irritato dal tuo trascinarmi a destra e a sinistra senza fermarti un attimo, ma cosa sarei senza di te? Tu completi la mia medaglia, sei il mio futuro. Sei il mio destino. Nemmeno esisterei senza di te, vivrei una vita senza significato senza di te. E tu mi dici che non ti senti abbastanza.”
Lo sentì ridere piano e un piccolo sorriso nacque anche sulle sua labbra: allungò le mani senza aprire gli occhi e una volta raggiunto il corpo di Merlino lo strinse a sé affondando il viso nei suoi capelli e respirando con forza il suo profumo.
Il mago si appoggiò completamente a lui, facendosi sorreggere totalmente dal principe.
“Anche io sarei morto senza di te. E ho un disperato bisogno della tua protezione, ora più che mai.”
Artù trattenne il fiato, stringendo maggiormente il corpo esile del moro a sé.
“Ho bisogno di saperti sempre al mio fianco, ho bisogno che tu mi sorregga, che mi guidi. Ho bisogno di appoggiarmi a te perché da solo rischierei da cadere. Ci proteggeremo a vicenda: ognuno di noi ha la sua forza e la sua debolezza, ma insieme… insieme potremmo essere perfetti.”
Il principe sorrise aprendo finalmente gli occhi per poter guardare il volto arrossato del valletto: gli strinse la mani sulle guance, fissando quegli occhi blu e leggendoci una devozione che ancora, nonostante tutto, non era ancora sicuro di meritare.
Si chinò piano per baciarlo, stringendolo a sé e rimanendo – ancora e ancora, sempre – sorpreso da quanto quelle labbra fossero morbide ed arrendevoli sotto le sue.
Lo tenne stretto a sé per un tempo indefinito, passando una mano fra i suoi capelli ad intervalli regolari e sospirando con un misto di tristezza e dolcezza: avrebbe voluto che fosse tutto più facile. Desiderava solamente non avere il costante timore che quella piccola bolla di felicità in cui erano racchiusi lui e Merlino scoppiasse da un momento all’altro, ma era consapevole che la loro situazione era terribilmente instabile.
Sospirò di nuovo quando il rumore di tacchi che percorrevano velocemente il corridoio li fece sobbalzare: Morgana si stava dirigendo a passo di carica verso la porta della sue stanze.
“Oh maledizione!” imprecò il biondo stringendo i pugni: “Dobbiamo fermarla, non deve parlare con Rodomont! Maledizione! Non deve parlare con lui!”
Improvvisamente, l’aria intorno a lui si cristallizzò e tutto divenne statico: Morgana rimase bloccata nel corridoio, la guardi che si stava avvicinando divenne come una statua, la gamba alzata e un braccio teso in avanti.
Decisamente c’era qualcosa di strano: tutto era immobile, statico.
Troppo immobile e statico.
“Merlino.” Sussurrò voltandosi lentamente verso il proprio valletto con un sopracciglio sollevato: “Tu centri per caso qualcosa con questo?” chiese agitando nervosamente una mano intorno a sé.
“Voi continuavate a dire che dovevamo fermarla, che non c’era tempo e io mi sono fatto prendere dal panico! Temo che la mia magia abbia preso il sopravvento…”
“Ottimo. Davvero, non c’è che dire, ottimo. Almeno ora Morgana non parlerà con Rodomont, ma si può sapere cos’hai fatto?”
Merlino abbassò lo sguardo, imbarazzato e dispiaciuto al tempo stesso: “Temo di aver fermato il tempo.”
Artù si portò due dita alla radice del naso, inspirando con forza e chiudendo gli occhi per qualche breve istante: “Dimmi che almeno sai come sciogliere quest’incantesimo.”
“Accidentale. È stato un incantesimo accidentale.” Mormorò il moro spostando il peso da un piede all’altro.
Il biondo sollevò gli occhi al cielo scuotendo la testa: “Sai come scioglierlo?” chiese ancora.
“Non so nemmeno come effettivamente si faccia quest’incantesimo, come farei a saperlo sciogliere?”
Oh, fantastico.
Ora sì che era tutto perfetto.
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Capitolo 17 *** Cap 17 ***
Andrei brutalmente presa a calci, lo so. Sono sparita per un periodo di tempo decisamente troppo lungo, mi vergogno di me stessa, prometto che non accadrà più. Ad ogni modo spero che qualcuno di voi continui comunque a seguire la mia fanfiction e cercherò davvero di non lasciar più passare così tanto tempo fra un capitolo e l’altro.
Un bacio a tutti.
Federicaxoxo: Ciao e grazie mille per la tua recensione! Eh sì, ormai manca sempre meno alla fine di questa storia, anche io mi ci ero affezionata! Sono davvero felice che ti piaccia. ^^ Un bacio, alla prossima!
Redhaired: anche io ho amato la parte in cui Artù capisce di essere la felicità di Merlino, ho adorato scriverla! Merlino e i suoi poteri fanno un disastro dietro l’altro, solo che questa volta il povero Artù e la povera Morgana ci si sono trovati di mezzo anche se in modi diversi. Nessun problema, non mi dispiace certo che tu mi scriva anche le cose che ti sono piaciute meno, anzi! Io stessa mi sono resa conto che a un certo punto Artù e Merlino erano veramente smielati, ma temo che dopo il finale che mi ha spezzato il cuore il mio subconscio mi spinga ad usare kili di miele per cercare di superare il trauma… grazie ancora, un bacio!
April88: ciao, grazie mille per la tua recensione! Ci credi che non sono ancora riuscita a decidere se far diventare cattiva Morgana o no? Qualunque cosa succederà alla fine sarà complicato arrivare a una decisione. Grazie ancora, alla prossima! E buon anno anche a te anche se in terribile ritardo!
Jenny80_big: ciao e grazie per la tua recensione! Hai ragione, Artù e Merlino sono semplicemente adorabili. Merlino non cambierà mai, i suoi poteri sono straordinari solo che a volta fanno di testa loro! Un bacio, grazie ancora!
Artù non aveva ancora smesso di sbuffare ed attraversare a grandi passi il corridoio, le braccia incrociate sul petto e l’espressione corrucciata. Dovevano essere ormai cinque minuti buoni che non faceva altro che camminare come se dovesse lasciare solchi indelebili sul pavimento, fermarsi davanti a Morgana scuotendole la mano sotto il naso, voltarsi e fare altrettanto con la guardia poco distante. Inutile, tutto inutile.
“Merlino!” sbottò alzando le braccia al cielo e raggiungendo il proprio valletto, che nel frattempo si era seduto a terra con espressione concentrata e aveva cominciato a mormorare parole incomprensibili. Inutile anche quello.
“Com’è possibile che tu faccia incantesimi che poi non sai sciogliere?” chiese per la centesima volta, osservando dall’alto in basso quel ragazzetto imbranato.
“Come vi ho già detto almeno un migliaio di volte, sire, la mia magia ha preso il sopravvento. Non è stato un vero e proprio incantesimo, è stato un riflesso incondizionato. Un po’ come quando voi sentite un rumore alle vostre spalle e vi voltate afferrando la spada. Non posso sciogliere un incantesimo che in teoria non so fare.”
Artù inspirò a fondo chinandosi su di lui fino a portare i loro visi alla stessa altezza: “Non mi importa come diamine tu abbia fatto tutto questo. Quando sento un rumore alle mie spalle e mi volto afferrando la spada evito di trafiggere che mi trovo di fronte, anche perché la maggior parte delle volte sei tu!”
Merlino sbuffò sollevando gli occhi al cielo ed incrociando a sua volte le braccia al petto con aria stizzita: “Non potevo certo dire oh magia, pensa ad un modo per fermare Morgana ma poi non lo fare! Non è la stessa cosa Artù, io…”
Prima che potesse finire la frase il biondo lo aveva afferrato con forza costringendolo ad alzarsi: “Ti ho lasciato del tempo per provare a uscire da questa situazione a modo tuo…”
“In realtà non ci sto provando nemmeno da un minuto.” Lo interruppe il valletto con un sorriso divertito: “Avete capito? Il tempo si è fermato, quindi…”
“Merlino!” sbottò il principe ormai prossimo all’esaurimento nervoso.
“Scusate.”
Artù sospiro scuotendo la testa e lasciando la presa sul corpo del moro allontanandosi di qualche passo e guardandosi intorno senza sapere cosa fare: se fosse comparso un nemico da dietro l’angolo non avrebbe esitato ed entrare in azione, ma quella era una situazione in cui né la sua forza né la sua abilità con la spada sarebbe stata di alcun aiuto. Non era il suo campo, dannazione, non era una cosa che sapeva come gestire.
“Mi dispiace.”
Sollevò lo sguardo sul viso di Merlino, che lo fissava con aria colpevole.
“Non mi servono le tue scuse, mi serve che trovi un modo per risolvere questa… cosa.”
Il suo tono era suonato terribilmente duro, ma il biondo se ne rese effettivamente conto solo quando vide il proprio servitore mordersi le labbra e chinare il capo.
Artù sospirò, rassegnato ormai ad avere a che fare con un donna in costante crisi premestruale: “Merlino.” Chiamò con più dolcezza, ma il ragazzo non diede segno di averlo sentito.
“Lo so che non lo hai fatto volontariamente.” riprese avvicinandosi lentamente a lui e poggiando entrambe le mani sulle sue spalle: “E’ solo che non possiamo certo permettere che l’intera Camelot rimanga congelata in questo modo per sempre, giusto? Sono il principe ereditario, che figura ci farei?”
Solo quando lo sentì ridere piano lasciò scivolare dalle labbra socchiuse il fiato che aveva involontariamente trattenuto.
Oh dei, era così complicato avere a che fare con lui.
Una parola di troppo e temeva di vederlo sgretolarsi davanti a sé. La sua mente sapeva perfettamente che Merlino era molto più corazzato di quanto desse a vedere e di quanto il suo aspetto facesse intuire, ma era il suo cuore il problema.
Il suo cuore lo stava fregando alla grande.
Ogni volta che vedeva, o anche solo temeva di star per vedere, un’espressione rattristata sul volto di Merlino sentiva una fitta al petto che gli spezzava il respiro e gli faceva desiderare di poter cancellare ogni dolore dalla vita del moro.
“Mi è venuta un’idea!” esclamò in quel momento l’oggetto dei suoi pensieri con tanta energia da farlo sobbalzare.
“Migliore di quella che ti è venuta poco fa voglio sperare.”
Merlino gli scoccò un’occhiataccia liberandosi dalla sua presa ed allontanandosi a passo di carica.
Artù rimase immobile qualche istante lasciando scivolare lentamente il proprio sguardo su quel corpicino magro, prima di affrettarsi a raggiungerlo: “Si può sapere dove diavolo stiamo andando?”
“Il… no!”
Ora era veramente confuso: Merlino aveva invertito la marcia e stava tornando velocemente al punto di partenza.
O l’incantesimo involontario lo aveva rimbambito del tutto, oppure era lui ad essersi perso un pezzo.
“Che diamine ti prende? Merlino!”
Il valletto si voltò verso di lui facendogli cenno di raggiungerlo, quindi aprì la porta delle stanze di Morgana e vi entrò con inutile circospezione.
Artù sbatté le palpebre una, due, tre volte, poi, constatato che continuava a non capire, si affrettò a raggiungere il proprio servitore, trovandolo nel mezzo delle stanze della sua sorellastra che trascinava Rodomont verso l’uscita, tenendolo per entrambi i piedi.
“Portiamolo nelle stanze di Gaius ora che ne abbiamo l’occasione, così quando sbloccheremo il tempo non dovremo più preoccuparci del fatto che parli con Morgana.”
Spiegò il moro quando lo vide avvicinarsi a lui e Artù dovette ammettere che, in fin dei conti, la cosa aveva senso.
Il biondo afferrò uno dei due piedi del cavaliere, aiutando il valletto a trascinarlo e, una volta che si furono chiusi la porta alle spalle e si incamminarono faticosamente lungo il corridoio, chiese: “E prima dove stavi andando? Prima che ti venisse in mente di spostare Rodomont.”
“Dal drago. Forse lui potrà darci una mano.”
Artù rabbrividì al solo pensiero di dover rivedere quel lucertolone malefico, ma si sforzò di non darlo a vedere: “E cosa ti dice che anche lui non sia rimasto bloccato?”
Merlino si fermò, inspirando con forza e scuotendo la testa prima di riprendere a trascinare il cavaliere: “Non lo so. Spero solo che… sì, insomma, ha poteri straordinari, magari questo gli avrà permesso di non rimanere bloccato dal mio incantesimo.”
“E io?” chiese ancora Artù, lanciandogli un’occhiata di soppiatto: “Io perché non sono rimasto coinvolto nell’incantesimo?”
“Non so nemmeno questo.” Rispose Merlino con voce affaticata: “Probabilmente il mio subconscio ha preferito così.”
“Non è stupido il tuo subconscio, Merlino, dovresti imparare qualcosa da lui.”
Il moro rise piano guardandolo con aria divertita per qualche istante: “Forse avete ragione, Mio signore. E questo è persino più strano di noi due che trasciniamo un cavaliere per i piedi. A proposito, non è che gli stiamo facendo male?” chiese con espressione improvvisamente pensierosa.
Artù quasi ringhiò a quelle parole: “Ha cercato di ucciderti. Io spero di stargli facendo male.”
Merlino non rispose e nemmeno lo guardò, ma il biondo poteva vedere le sue guance leggermente arrossate, e non solo per la fatica.
Quando finalmente riuscirono a chiudere Rodomont nelle stanze di Gaius avevano entrambi il fiato corto, ma Artù non lasciò nemmeno un’istante a Merlino per riposarsi, affrettandosi verso i sotterranei.
“Non capisco tutta questa fretta, Sire.” Mormorò ad un certo punto il moro alle sue spalle: “Il tempo non fugge.”
Di nuovo.
Da dove diavolo le tirava fuori simili battute? E, davvero, con che coraggio le diceva con l’inconfondibile eco di una risata nella voce?
Prima che potesse ribattere, però, Merlino gli era già passato davanti lanciandogli uno sguardo divertito, aveva afferrato una torcia e si era affrettato giù per le scale.
Artù lo seguì con uno sbuffo, ignorando la voce del moro che gli ricordava che sembrate un mulo quando fate così, mio signore.
E lui lo amava.
Era mai possibile una cosa tanto assurda? Evidentemente, sì.
Si fermarono solo quando raggiunsero lo sbocco sull’antro del drago, trovando l’animale raggomitolato su se stesso, immobile.
Dei, era terribilmente grande quel coso. Come poteva un ragazzetto esile come Merlino parlare con quel mostro senza esserne spaventato?
“No! Eh no! Non fingere, mi sono accorto che non sei rimasto bloccato dal mio incantesimo!”
Non solo gli parlava, dal tono che stava usando sembrava anche pronto a prendere a calci quel suo muso squamoso.
Kilgharrah rise piano mandando sbuffi di fumo intorno a sé, quindi si sollevò sulle zampe agitando la coda a destra e a sinistra, studiando i due ragazzi con aria beffarda: “Continui ad aver bisogno del mio aiuto, giovane mago.”
“Ho fatto un casino.”
“Me ne sono accorto.”
Il moro ignorò il tono derisorio della creatura, serrando maggiormente il pugno intorno alla torcia e fissandolo con fermezza: “Puoi aiutarmi?”
Il drago si chinò in avanti sporgendo il suo grosso muso verso di loro: “Perché dovrei farlo?”
Sentì Merlino al suo fianco trattenere il fiato senza però abbassare lo sguardo: “Ti libererò. Veramente.”
Prima che Artù potesse opporsi, il lucertolone rise allontanandosi appena da loro: “Non credo ne saresti in grado.”
Merlino corrugò la fronte confuso: “Cosa vorresti dire?”
“La tua magia ha usato un incantesimo molto potente, giovane mago. Un incantesimo di vecchia data, pericoloso persino per le Somme Sacerdotesse. Un incantesimo che nessuno compierebbe mai volontariamente.”
“Spiegati.”
“C’è solo un modo per spezzarlo, giovane mago. Uccidere la fonte stessa della magia.”
E in quel momento, con quelle parole orribili, Artù si sentì spezzare da una forza terribile.
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Capitolo 18 *** cap. 18 ***
Eccomi finalmente con il diciottesimo capitolo. Ormai, anche se con lentezza estrema per colpa mia, ci avviciniamo sempre di più alla fine di questa storia che ci accompagna da un’eternità. Ringrazio tutti coloro che leggono o che hanno letto e che si sono persi strada facendo a causa dei miei continui ritardi ed in special modo, come sempre, ringrazio che recensisce.
Jenny80_big: lo so il finale del capitolo precedente è stata una vera ingiustizia da parte mia nei confronti dei poveri lettori e più ancora del nostro povero Artù, ma non temere si risolverà tutto per il meglio!
Chibisaru81: ahahah hai ragione, quel drago è un vero incubo, parlare con lui peggiora sempre le cose! C’è da dire che al povero Artù si fermerà il cuore se continuiamo di questo passo, ma il mio di cuore non avrebbe mai la forza di far morire veramente il piccolo Merlino. *.*
April88: ciao! Tranquilla, il nostro Merlino non ci deluderà anche perché nessuno gli ha dato il diritto di morire! Il finale della serie è già stata una sofferenza eccessiva per il mio povero cuoricino, non potrei mai fare una cosa simile ai miei amati.
Artù non stava respirando da un’eternità ormai: intorno a lui c’era solo l’inquietante silenzio di chi non sa più cosa fare e lui per primo era nel bel mezzo di una vera e propria crisi.
Uccidere la fonte stessa della magia.
Doveva essere uno scherzo. Di pessimo gusto, certo, ma pur sempre uno scherzo.
Quel maledetto bestione non poteva essere serio, avanti! Merlino gli aveva raccontato tutta la storia della medaglia, delle faccia, del destino e cose varie. Ed ora, dopo tutto quel casino, avrebbe dovuto credere che si sarebbe concluso tutto con un incantesimo accidentale?
No.
La loro storia non poteva concludersi in maniera tanto ridicola, lui e Merlino erano destinati a grandi cose, avevano un ragno da fondare, per gli dei!
Eppure, nonostante la sua coscienza si rifiutasse di concepirle realmente, le orribili parole del lucertolone continuavano a rimbombare nella sua mente. Ed ogni parola era una pugnalata dritta al cuore.
Di nuovo quel dolore che Artù non sapeva affrontare, di nuovo quella morsa che gli serrava la gola e gli toglieva il fiato con molta più violenza di un colpo di spada.
Possibile? Possibile che fosse veramente così? Possibile che non ci fossero alternative?
“E che fine farà Albion?” mormorò in quel momento Merlino con una voce tanto sottile da esser quasi inudibile.
“Il giovane Pendragon ora ha il cuore aperto nei confronti della magia. Dopotutto, il tuo compito si può considerare finito.”
Sembrava così tranquillo, il maledetto: se ne stava accoccolato su quelle sue zampacce squamose e agitava la coda a destra e a sinistra, fissandoli con quei suoi occhi gialli e crudeli.
Un maledetto, grosso gatto.
Come faceva Merlino ad andare a parlare con lui senza desiderare di farlo a pezzi ogni volta? Come poteva rimanere tanto fermo difronte a quello sguardo freddo?
Ad Artù sembrava di impazzire. Era tutto sbagliato.
Tutto sbagliato.
Non era così che doveva andare: Merlino sarebbe rimasto con lui, come aveva sempre fatto da un anno a quella parte, sarebbe rimasto il suo valletto idiota e avrebbe continuato a fare le solite stupide battutine ogni mattina, si sarebbe lamentato per il troppo lavoro, per il dover andare a caccia, per il freddo e per ogni cosa. Avrebbe continuato a sorridere in quel modo che gli faceva brillare gli occhi e lui lo avrebbe costantemente preso in giro per quelle orecchie che da sole facevano un quarto del suo peso. Avrebbero finalmente abbattuto ogni residuo di muro che li separava, ora ne avevano veramente l’occasione. E lo avrebbe protetto a qualunque costo, da suo padre, da la sua stessa stupidità, da tutte le creature magiche che avrebbe cercato di fargli del male.
Lo avrebbe protetto a qualunque costo.
Quello era il loro futuro, sarebbero rimasti insieme fino alla fine, avrebbero fondato Albion, avrebbero riportato la magia al suo antico splendore, sarebbero rimasti insieme!
“D’accordo allora.”
Prego?
D’accordo?
Artù scosse istintivamente la testa voltandosi di scatto verso il moro senza però riuscire ad incrociare il suo sguardo: Merlino fissava il muro di pietra difronte a sé, oltre la testa del grande drago.
Non tremava, non era impallidito. Non era spaventato.
Come poteva accettare di andare incontro alla morte con una tale naturalezza?
“L’errore è stato mio, non sono stato in grado di controllare i miei poteri. Tutto ciò che faccio è per Camelot. Per Artù. Se per sbloccare il tempo dovrò morire, lo farò. Morire con la gioia nel cuore per la consapevolezza di aver reso possibile la futura fondazione di Albion.”
Al diavolo.
Era lui il cavaliere, lui il principe ereditario. Lui avrebbe dovuto affrontare con coraggio la morte, lui avrebbe dovuto sacrificarsi per il suo popolo. Merlino avrebbe dovuto lamentarsi, rifiutarsi, opporsi.
Era solo un ragazzo.
Era il suo valletto idiota, non aveva alcun dovere nei confronti di Camelot.
“Sono pronto a morire.” Decretò con forza rinnovata la voce del moro e con la coda dell’occhio Artù lo vide fare un passo avanti.
Di nuovo, al diavolo.
“No.”
In realtà non si era nemmeno reso conto di aver parlato, ma non avrebbe mai lasciato che Merlino morisse, non dopo tutta la fatica che aveva fatto per recuperare il fiore magico e salvargli la vita solo poche ore prima.
Non sarebbe di certo finita così, lui non lo avrebbe mai permesso.
“No.” Ripeté con maggiore energia, percependo chiaramente lo sguardo del servitore su di sé, ma tenendo il proprio fisso in quello dolorosamente freddo del Drago: “Non lo permetterò. Ci dev’essere sicuramente un’altra soluzione e anche se non ci fosse non lo permetterei comunque.”
“Artù, sii ragionevole…”
“No, Merlino. Ho detto di no. Nulla mi farà cambiare idea, mai. Ho detto di no. Tu non morirai, non lo permetterò. Ci dev’essere di sicuro un’altra soluzione, dev’essere per forza così: tu, ora, dannato lucertolone, ti metti lì e pensi ad un’altra soluzione. Ho detto di no.”
Kilgharrah lo stava guardando con gli occhi assottigliati ed un lieve ghigno ad increspargli le labbra: si stava divertendo. Come facesse a divertirsi in momenti simili lo sapeva solo lui.
“Sei la creatura più crudele che abbia mai conosciuto, ma sei la mia sola salvezza.”
Il Drago rise appena, soffiandogli contro il viso il suo fiato caldo e fumoso: “La tua sola salvezza, Pendragon? Non mi sembra che sia stato tu ha compiere quest’incantesimo.”
Artù non abbassò lo sguardo e continuò a fissarlo con astio, allungando alla cieca la mano verso Merlino e stringendo quella piccola e pallida del mago.
“Non permetterò che muoia. Non potrei sopportarlo…”
A quel punto, Kilgharrah rise apertamente e rise fin quasi farsi venire le lacrime agli occhi.
Che poi, poteva un drago piangere?
Concentrati Artù, non è questo il momento!
“Smettila!”
L’urlo di Merlino lo fece sobbalzare per la sorpresa: di colpo il moro sembrava furioso.
“Ti ho sempre difeso, ho sempre creduto che tu infondo fossi buono, ho detto e ripetuto a Gaius che era la prigionia ad averti incattivito! Ed ora ridi, ridi come un mostro, ridi come la creatura senza cuore che sei! Che tu sia dannato, l’unica cosa che mi rende veramente felice è che quando sarò morto nessuno potrà liberarti dalle tue catene! Io lo amo e tu ridi! Io sto per morire ora che potevo finalmente essere felice e tu ridi! Io lo amo e tu ridi…”
Improvvisamente, piangeva. Aveva abbandonato la forza che lo aveva accompagnato fino a quel momento e si era accasciato contro il suo petto, lasciandosi sorreggere totalmente da lui.
E piangeva, come mai prima lo aveva visto fare: singhiozzava con rabbia disperata nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla, ma più che per la tristezza sembrava piangere veramente per la rabbia.
La rabbia per una felicità che gli era stata strappata prima che riuscisse ad afferrarla realmente, la rabbia per un destino che era sfumato nel vuoto troppo velocemente. La rabbia per una vita ingiusta, per un peso troppo crudele, per un segrete troppo opprimente.
Artù sollevò piano le braccia e avvolse quel corpo magro e lo strinse a sé fino a quando non lo sentì smettere di tremare, mentre anche gli ultimi singhiozzi scivolavano nel silenzio.
“Non puoi permettere che muoia.” Mormorò il principe sollevando lo sguardo verso il Drago, ora immobile, ma continuando a stringere a sé il proprio amato valletto: “Noi non possiamo permettere che muoia. È nostro dovere proteggerlo. Lo so. So che lo sai.”
Kilgharrah sospirò con lentezza esasperante allungando il collo per avvicinare il grosso muso a loro: “Ora calmatevi, miei giovani prediletti. Mi serviva solo una conferma. Non morirà nessuno, non temete. Però, dovete fidarvi di me. E’ la vostra unica speranza. Fate come vi dico ed ogni cosa si risolverà. Ogni cosa.”
Artù lo guardò senza capire a anche Merlino si voltò verso la creatura rimanendo però stretto fra le braccia del biondo.
“Avvicinatevi al bordo del burrone e lasciatevi cadere. Insieme. Al resto penserò io.”
Aveva quasi volta di ridere: quel burrone era talmente profondo che non ne vedeva nemmeno la fine, come diavolo avrebbero fatto a sopravvivere ad un volo del genere?
“Stai scherzando per caso?” sbottò con rabbia Merlino asciugandosi gli occhi e guardando il lucertolone con aria stralunata.
“Fate come vi dico. Non morirete: hai la mia parola giovane mago. Ti ho mai mentito?”
Il moro parve esitare un attimo, quindi chiuse gli occhi e prese un respiro profondo: “No, mai.” Ammise in fine con tono rassegnato.
“Allora lasciatevi cadere nel burrone Ogni cosa tornerà al suo posto.”
Il valletto si voltò verso di lui, guardandolo con occhi colmi di un sentimento che Artù non riuscì pienamente ad afferrare: “Mio signore…”
“Va bene.” Lo interruppe subito il biondo facendo scivolare le mani lungo le braccia magre del moro ed afferrando saldamente una sua mano: “Se tu ti fidi di lui, io mi fido di te.”
Poi lo attirò a sé per baciarlo cercando di ignorare la vocina antipatica nella sua testa che gli diceva che quello avrebbe anche potuto essere il loro ultimo bacio.
Si avvicinarono al bordo del burrone, ancora tenendosi saldamente per mano e quando si sporse Artù fu pervaso dall’istinto di allontanarsi. Fece violenza su se stesso per non farlo e si voltò invece per incrociare lo sguardo fiducioso anche se spaventato del mago.
“Lunga vita al re.” Mormorò Merlino rafforzando la presa intorno alla sua mano: “Lunga vita a Camelot.”
“Per Albion.” Sussurrò in risposta Artù prima di lasciarsi cadere nel baratro, trascinando con sé il mago.
L’ultima cosa che sentirono, prima che tutto diventasse buio, fu il ruggito di Kilgharrah.
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Capitolo 19 *** Cap. 19 ***
Diciannovesimo e ultimo capitolo! Questa storia si sarebbe potuta concludere mesi fa se solo io non fossi stata così lenta negli aggiornamenti e di questo non finirò mai di scusarmi. Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto, apprezzato e magari recensito questa mia fanfiction, soprattutto chi è riuscito a resistere ai miei ritardi continui. Grazie di cuore!
Jenny80big: ciao e grazie davvero per essere arrivata fino in fondo a questa storia! I nostri amati riusciranno finalmente ad uscire da questa brutta situazione e avranno il lieto fine che si meritano! Grazie ancora!
Chibisaru81: ciao e grazie per aver letto tutta la mia storia fino in fondo nonostante i miei continui ritardi! Artù e Merlino avranno finalmente la pace che si meritano e potranno riposarsi almeno un po’ prima di ricominciare a mettersi nei guai! Grazie ancora!
Artù aprì piano gli occhi, confuso: c’erano delle voci, poche e soffuse, come se qualcuno stesse sussurrando. E faceva freddo. Molto freddo, come se fosse all’esterno.
“Mio signore?”
Qualcuno lo stava scuotendo con energia, sussurrando ripetutamente il suo nome come se fosse un’invocazione.
“Artù, per favore, apri gli occhi. Stai bene? State bene Mio Signore?”
Il biondo rilassò i muscoli, riconoscendo la voce gentile del proprio valletto: “Merlino…”
sussurrò in risposta, aprendo piano gli occhi e trovandosi difronte al viso evidentemente sollevato del moro.
“Oh, grazie al cielo state bene!”
Prima ancora che si potesse rendere conto di quello che stava accadendo, Artù si trovò stretto fra le braccia dell’altro, mentre Merlino nascondeva il volto nell’incavo del suo collo e respirava a fondo per calmarsi.
Lo strinse a sua volta, rendendosi lentamente conto di essere in un vicolo buio della periferia della cittadella, appena rischiarato dal sole che sorgeva lentamente.
“Perché tremi, Merlino? Va tutto bene.” sussurrò, ancora confuso.
Il moro non rispose, allontanandosi piano da lui e rimanendo a guardarlo mentre la consapevolezza si faceva largo nella mente ancora annebbiata del principe.
“Aspetta!” esclamò a quel punto Artù guardandosi freneticamente intorno: “Come c i siamo arrivati qui? Insomma, dov’è il lucertolone? E il baratro? Cosa…”
“Non lo so, Mio Signore. Ho aperto gli occhi e mi sono ritrovato qui con voi, ma non capisco davvero come si stato possibile.”
Il principe rimase a guardarlo senza sentire veramente le sue parole: erano vivi, quella era la sola cosa importante.
“Il tempo sembra essersi sbloccato, guarda.” Continuò il moro indicando con un cenno del capo le persone che si intravedevano dalla loro posizione e che si dirigevano parlando piano verso il mercato.
“Mi state ascoltando?”
No, Artù non lo stava ascoltando minimamente: era troppo distratto dalle sue labbra piene che si muovevano velocemente, dai suoi occhi blu che rilucevano al sole nascente, dalle sua pelle chiara arrossata per il freddo.
Prima che Merlino potesse parlare di nuovo, il biondo lo attirò a sé, baciandolo con forza.
“Che avete Mio Signore?” mormorò il moro quando finalmente fu libero di tornare a respirare.
“Sono felice. Anche se non capisco ancora cosa diavolo stia succedendo. Insomma, ci siamo buttati in un burrone senza fondo ed ora siamo qui in un vicolo. Abbastanza strano anche per uno come te?”
Merlino rise piano, guardandolo con gli occhi assottigliati: “Ho visto cose anche più strane.”
Artù sorrise a sua volta, ma prima che potesse rispondere un rumore poco distane lo fece immobilizzare. Conosceva quella sensazione: qualcuno si stava avvicinando con intenzioni poco onorevoli.
Quello era il suo campo finalmente. Niente draghi, niente magie.
Un guerriero.
In un attimo si alzò, afferrando Merlino per un braccio e spingendolo dietro di sé, poi, con un gesto fluido dettato dall’abitudine, sguainò la spada e bloccò l’arma che il nemico aveva sollevato sopra la testa per colpirli.
Una mazza chiodata.
“Rodomont?” sbottò spingendo indietro il cavaliere, ma rimanendo comunque in posizione di difesa.
“Mio signore…” il cavaliere si inginocchio istintivamente, chinando il capo come se fosse schiacciato da un sentimento troppo grande per essere contenuto: “Mi dispiace mio signore. Non avrei mai voluto fare del male al ragazzo, ma vostro padre me lo ha ordinato. Ve ne prego, non lasciatemi macchiare di una tale colpa. Uccidere un servitore innocente, prendendolo alle spalle… non è questo che fa un cavaliere.”
Artù lanciò uno sguardo stralunato a Merlino, che lo fissò a suo volta con gli occhi spalancati.
“Scusate Sir Rodomont…” cominciò Merlino avvicinandosi di qualche passo al cavaliere, ma Artù lo afferrò subito per un braccio tirandolo nuovamente dietro di sé.
Merlino sbuffò piano lanciandogli un’occhiata di rimprovero a cui il biondo rispose roteando gli occhi, quindi il moro si rivolse nuovamente al cavaliere: “Potreste dirmi se questa scena è per caso già avvenuta? Sì insomma, avete già cercato di uccidermi?”
Rodomont li guardò entrambi con gli occhi spalancati e le sopracciglia aggrottate, evidentemente confuso: “Certo che no…”
“Oh.” Merlino incrociò le braccia al petto passandosi la lingua sulle labbra ed esibendosi nella sua migliore espressione da pesce lesso.
Un pesce lesso molto affascinante, ovviamente.
“Oh, bene allora. Grazie comunque.”
“Sì, Rodomont, grazie comunque.” Intervenne il biondo schiarendosi la gola: “Ora dovresti andartene però. Andartene da Camelot, intendo. Non mi fa piacere mandarti via, ma non c’è molto altro che io possa fare: se resterai, mio padre ti costringerà ad uccidere Merlino. Va’ e rimani il cavaliere valoroso che sei sempre stato e che so continuerai ad essere. Va’.”
Rodomont si rialzò velocemente e, per quanto fosse effettivamente appena stato bandito, sembrava essere profondamente sollevato dalla consapevolezza di non doversi macchiare di un atto tanto meschino. Chinò con devozione il capo e, dopo aver lanciato uno sguardo veloce a Merlino, sparì nell’alba.
“Ora sono davvero molto confuso.” Mormorò Artù voltandosi verso il moro.
Merlino dondolò piano sui piedi, rimanendo in silenzio qualche altro istante, poi, preso da un’illuminazione improvvisa, si mise a ridere.
Ridere con gioia, ridere di cuore.
E in un attimo, Artù si trovò nuovamente quelle braccia esili strette intorno al collo: “Ha detto che gli serviva una conferma!”
Il biondo lo scostò delicatamente da sé per poterlo guardare negli occhi, lasciandosi contagiare dal suo sorrise felice pur senza comprenderne l’origine: “Cosa stai dicendo?”
“Kilgharrah ha detto che gli serviva una conferma mio Signore! E’ un incantesimo di una potenza incredibile, una magia che solo una creatura antica e potente come un drago avrebbe potuto compiere.”
“Continuo a non seguirti…” protestò Artù imbronciandosi appena.
“Il tempo! Il grande drago lo ha fatto tornare indietro, è tornato indietro il tempo! Abbiamo l’occasione di rivivere questa giornata orribile, e già il fatto che io non stia agonizzando è un passo avanti. Ha fatto tornare indietro il tempo Artù!” improvvisamente il ragazzo arrossì e distolse lo sguardo, imbarazzato: “La conferma che gli serviva era che noi ci amassero veramente, solo così l’incantesimo avrebbe funzionato…”
Artù lo strinse a sé, respirando direttamente nei suoi capelli scuri e sorridendo, rendendosi conto solo in quel momento che, finalmente, il suo cuore aveva ricominciato a battere dopo essersi fermato la mattina in cui Gwen era andata a svegliarlo in lacrime.
“Andrà tutto bene, Merlino. Te lo prometto. Ogni cosa andrà bene. Morgana, mio padre, noi. Andrà tutto bene. So che andrà così.”
Il moro sollevò lo sguardo, sorridendo: “Lunga vita al re. Lunga vita a Camelot.”
“Per Albion.”
E baciarlo non era mai stato così facile. |
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