Do Not Let Me Down

di Aeltanin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Agony ***
Capitolo 2: *** Patronus ***
Capitolo 3: *** Leon ***
Capitolo 4: *** I'm Here ***
Capitolo 5: *** Never Again ***
Capitolo 6: *** Tragic As the Lady With The Scythe ***
Capitolo 7: *** A Little Lie. Shh! ***
Capitolo 8: *** I Feel Nothing ***



Capitolo 1
*** Agony ***


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Capitolo 1. Agony

 

 

 Cerco di aprire gli occhi a fatica. Le mie iridi chiedono tregua, squarciate dalle luci infernali del tramonto rosso screziato d'arancio. Mi tiro su tastandomi le tempie, dolorosamente  pulsanti. 
 Odore di sangue rappreso e carne fresca logora l'aria con le sue note agre e malsane, mentre frenetica e stravolta migro lo sguardo da un punto all'altro dell'infinita distesa di terra  bruciata che mi circonda. La stretta allo  stomaco e al cuore mi asfissia e consuma ogni rara cellula sana delle mie membra stanche e l'unico appiglio in quel momento lo trovo in  una insenatura incavata di un albero, che a stento mi ospita e mi protegge dallo squallore truce del panorama alle mie spalle. La flebile speranza che non fossero arrivati per lui se  ne va via veloce e lascia insoddisfatta quell'unica parte di me che per tanto tempo ha sperato di poter finalmente sentirsi al sicuro. 
 Lentamente abbandono il mio temporaneo e poco confortevole rifugio e con la bacchetta puntata davanti al mio petto, perlustro ogni centimetro intorno, registrando ogni  movimento sospetto e ogni fruscio sinistro. Riesco ad allontanarmi di poco dall'erba dorata battuta e rinsecchita dalle fiamme e dal fuoco dilagante e, incurante e temeraria come mai lo sono stata, comincio a correre senza fermarmi e guardarmi alle spalle, perché ogni secondo che perdo, gettando occhiate fugaci e preoccupandomi di scorgere qualche sagoma nemica che attenta la mia persona, mi allontana dalla speranza di rivedere mio figlio e il mio compagno vivi.

 Quando finalmente mi rendo conto di aver guadagnato un distacco notevole dal luogo incriminato, grido il suo nome e ogni suono o eco lontana che mi perviene e non è la sua voce,  produce una stilettata tanto violenta nel mio cuore, che sono quasi vicina all'arrendermi. Non farò più l'amore con Draco, non vedrò mio figlio crescere. La mia mente partorisce  immagini aberranti, che il mio cuore si rifiuta di accettare. Si, perché non accetterò di non poter più unirmi al mio compagno, né tanto meno mi perderò la gioia incontenibile di  partecipare della felicità di mio figlio. Perché io Draco abbiamo lottato con tutte le nostre forze, perché nostro figlio potesse avere una esistenza serena e felice. Gli occhi di Leon  materializzati nella mia mente, la sensazione delle mani di Draco sul mio corpo, l'adrenalina irrefrenabile che alimenta le mie vene, riaccendono la fiammella sopita della speranza.  E' il verde della speranza che mi circonda, mentre grido. E' l'odore dell'aria di inverno che mi stuzzica le narici e mi brucia i polmoni, mentre corro. E' il sudore della corsa contro il  tempo che mi da la carica di ritrovare la mia famiglia
 La mia folle maratona, di cui porto una traccia nel viso scorticato e ferito dai rami tozzi degli alberi di pino, mi conduce alle rive di un corso d'acqua torbido e frastagliato da rocce  calcaree. Mi strappo a forza gli stivali dai piedi doloranti e ormai poco sensibili, e mi getto d'impeto nel grigio fiume, incurante della temperatura ostile dell'acqua e della  profondità di essa. Le braccia mi accompagnano con fatica, la stanchezza sta per prendere il sopravvento e di nuovo la mia testa permette a Lucifero di tentarmi e calpestare ogni  mia resistenza. E' un attimo di distrazione che mi fa mollare la presa dalla roccia alla quale ero malamente appigliata, mentre il vento di ponente agita e strattona il corso del fiume  ed io, trasportata contro ogni mia forza residua, batto la testa su una delle rive sabbiose.


Percepisco una eco ovattata di ricordi e sensazioni familiari e segrete, sento ogni alito di vita abbandonare il mio corpo e lasciare una traccia dell'acqua tinta di rosso e nella maggiore densità dell'acqua mischiata al sangue tiepido.
E' la bocca di Draco sulla mia, il nostro primo bacio all'ingresso della foresta proibita, regno e dimora della nostra consumata passione, ad albergare nella mia mente per la prima volta d'accordo con il mio cuore affanato. Sono quelle le visioni a cui ogni fibra del mio corpo si aggrappa cercando di resistere e lottare fino a che ne abbia la capacità. 
E allora continuo il percorso di dolce nostalgia, e mi sembra di risentire la voce roca e vogliosa di un Draco diciottenne sussurrarmi lussurioso -Ti desidero- e mi sembra di tornare ad abbandonarmi arrendevole alle sue carezze peccaminose e la mia libidine sgretolarsi al suo tocco.
I suoi occhi continuano a fottermi come la prima volta, non c'è niente che possa resistere loro, e io mi sento così vulnerabile davanti alla loro regale luce, che a volte odio il fatto di amare Draco Malfoy. Non mi sono mai abbassata alle lusinghe di nessuno nella mia vita, mai mi sono piegata al volere altrui, né ho mai amato di quell'amore adolescenziale e fugace. Non ho avuto il tempo di essere una adolescente comune, perché ho dovuto combattere Voldemort, e mi sono innamorata della persona meno probabile e più conservatrice che si possa trovare. Il mio amore è così totalizzante e vorace, che non capisco come un semplice muscolo come il cuore possa farsi carico di tanta tensione e non scoppiare. 
La irriverente persona di Draco Malfoy ha pensato bene di proseguire la sua specie e due anni fa ha avuto la brillante idea di ingravidarmi e donarmi l'essere semplicemente più perfetto e incredibile della mia vita: nostro figlio Leon.
E lo odio ancor di più perché ha pensato bene di farlo a sua immagine e somiglianza. E lo amo ancor di più, proprio per questo.
I miei occhi già vacui e immobili si richiudono inconsapevoli, nel momento in cui i vagiti di mio figlio e le doglie del parto affollano la mia mente e il mio corpo rivive con dolorosa emozione quei momenti perfetti, adesso cristalli di una vita passata.
E' l'oblio intorno a me.

 

***

 
 Non riesco a trattenere l'impulso delle mie gambe, che immobili, tentano invano un qualsiasi semplice movimento. Ogni residua forza che anima il mio corpo la impiego nello  sforzo vano di agitare i miei arti ormai morti e quando finalmente apro gli occhi e la consapevolezza che non si tratta di un sogno mi uccide, mi beo della tregua che gli occhi  diamantini di Draco mi concedono e non posso fare a meno di mozzarmi il respiro e piangere una lacrima solitaria e pungente come uno spillo.
 Draco apre la bocca e cerca di articolare un qualsiasi suono, ma il suo silenzio è quasi più eloquente di qualsiasi pensiero ragionevole. Mi tasta la ferita sulla nuca, e la mia mano  corre sulla sua, quando con un po' più di pressione, percepisco una fitta di dolore, nel punto in cui ha usato meno accortezza.
 Mi scruta con meticolosità e quasi mi irrita la sua mania di controllo. Vedo le sue mani seguire il percorso delle sue iridi sul mio corpo malconcio e inerme. La corsa delle sue  falangi termina sulle mie ginocchia. Picchia con i polpastrelli con forza gradualmente più forte, ma sembra che le mie rotule siano divenute insensibili a qualsiasi colpo.
 Lo vedo dallo sguardo assente e dal cipiglio severo che Draco si sta arrendendo. Bisbiglia dapprima con un sussurro poi con foga maggiore -Innerva!- nel foro profondo sulla mia  nuca, quasi mi buca con la punta della bacchetta. Ed è allora che capisco che la guerra non è mai finita e che devo essere paradossalmente io, in questo momento di disastrosa  consapevolezza di immobilità, a infondergli sicurezza e ad intimargli di non mollare per nessuna ragione. Mi volto piano, e strappo con dolce fermezza la bacchetta dalle sue mani,  che lui si appresta ad accogliere tra le proprie e miagola delle scuse inopportune, che non servono a nessuno dei due, meno che mai a me. 
 Gli alzo il volto, facendo pressione con le mie dita sul suo mento, ed è allora che il vortice dell'amore mi spinge verso di lui a catturargli le labbra con le mie. Mentre le nostre  salive  dolci di miele e cannella di mischiano, sento infrangere tra le mie dita che gli artigliano il viso, stille di lacrime più salate che mai. Mi sento in dovere di frenare il suo dolore  e il senso di colpa, pulendogli il viso rigato con le mie labbra e tornando sulle sue labbra gonfie, per assaporare ciò che mi rendo conto, sarà la mia unica speranza di  sopravvivenza.

-Perdonami.-

 Lo odio con tutta me stessa, perché non ha capito assolutamente nulla. Non c'era niente che avrebbe potuto fare per salvarmi, se non dividerci e salvare nostro figlio dalla furia e  violenza spietata di quelle bestie abiette dei Mangiamorte.
 La vena sulla tempia sinistra gli pulsa e batte sulle pareti dell'epidermide, le mani sono strette a pugno, la mascella è contratta. Riconosco la sua rabbia di fronte alla mia  apparente tranquillità. So che detesta il mio voler affrontare tutto con stoico distacco, so che vorrebbe che io piangessi e sfogassi la rabbia repressa e lasciassi la paura  travolgermi. Mi afferra bruscamente per le spalle, tanto che sento le mie clavicole sfregare forte ed è allora che piango, il fiume che mi inonda l'anima di terrore straripa e mi  getto  al suo collo, afferrandogli le spalle e affondando le mie unghia sulla sua maglia di cotone. Ha vinto questa partita, ma non la guerra. Mi asciugo le lacrime sulla sua maglia, che  adesso è pregna  del mio dolore sfogato e mi ricompongo, raccattando quel residuo di orgoglio e austerità che sono concessi ad una ragazza sporca di fango, per altro storpia.

-Non devi dirlo. Non ti è concessa nessuna colpa, non adesso.- 

 Vedo chiaramente le sue pupille dilatarsi e le iridi grigie screziate d'azzurro vagare verso un punto indefinito dietro di me. Sta sfuggendo il mio sguardo, cosa che succede solo  poche volte, e che quando accade, è presagio di eventi nefasti.
 Lo osservo, lo contemplo assorta e stregata, come di fronte ad una divinità, inarrivabile ed utopica, lo accarezzo impercettibilmente prima con lo sguardo, poi con le dita. E'  bellissimo. Ogni giorno mi chiedo perché abbia scelto proprio me come sua compagna di vita. Nonostante il passato torbido, nonostante la tragicità degli eventi e l'appartenenza a  fazioni opposte, niente ci ha mai realmente divisi. L'amore cieco e forse malsano ci ha fatti scontrare e incontrare. Ognuno di noi fa dell'altro la propria àncora. Siamo consapevoli  della dipendenza quasi morbosa che ci lega, sia nel bene che nel male. Lo so che Draco sta condividendo il mio stato d'animo, come io vedo la sua angoscia e il suo senso di colpa  strapparli il cuore a pezzi e spingerlo a raccontarmi cosa lo affligge.
 Mi appoggio con il viso sul suo petto e mi lascio cullare dal battito frenico e scomposto del suo cuore. Lui si ritrae lentamente, si alza e cammina lontano da me, quasi come se  fosse un invito a estorcergli una verità, che è consapevole mi ferirà a morte. Non ha il coraggio di affrontarmi, il viso è stanco, e disperato contorce le mani sul capo biondo e  sudato. Si accascia arrendevole sul tronco di un albero, si lascia cadere sul terreno umido con la schiena. Finalmente racimola un minimo di contegno, aristocratico anche nelle  avversità del caso, e mi guarda immobile. Ho una dannata paura, le mie labbra si schiudono nell'attesa disperata della verità. Un frammento di me si appiglia alla dolcezza della  menzogna e dello scherno, ma la mia più ampia parte trema sul terreno testimone di guerra e ascolta con un impercettibile gemito di terrore, le parole amare di Draco.

-Lui è ancora lì. Non ho potuto portarlo con me. I Mangiamorte hanno circondato Black Manor e hanno appiccato un incendio.-  Sussulto ed emetto un grido flebile. Cerco di  respirare a ritmo regolare, ma l'ansia del destino di mio figlio mi forma un nodo in gola e mi soffoca lo sterno. Quasi svengo, la vista diventa sfocata, mentre odo i passi di Draco,  veloci, avvicendarsi verso di me. Mi schiaffeggia il viso, e finalmente dopo qualche minuto, riprendo coscienza di me stessa e dello schifo della vita. Draco respira di sollievo, si  passa una mano sul viso, mentre con l'altra, cerca la mia. La stringe forte, bacia ognuna delle nocche e stressa la pelle dei polpastrelli, arrossandoli.

-Ma per fortuna ho avuto il tempo di trascinarlo via, dormiente. Sono rientrato al Manor prima del disastro. Se mi avessero visto, non so se adesso sarei qui. Direi che io e Leon  siamo stati fortunati, questa volta. L'ho sistemato in una nicchia naturale, nella radura del Manor. E' circondata da incantesimi di protezione, per cui  non si accorgeranno di lui.- Il  sorriso mi si disegna sul volto, quasi riprendo a vivere. Mi getto su Draco, lo stringo e bacio ogni centimetro della sua pelle lattea. Respiro il suo profumo agrodolce, lo bacio con  passione e possessione e l'alito di vita che mi anima, circonda me e lui di una luce pura e accecante. Il fenomeno a cui assisto è letteralmente sconvolgente. Penso ripetutamente che  mio figlio è vivo, che lo rivedrò ancora, che la mia famiglia sta bene, non mi importa affatto che non potrò più camminare. 
 Draco mi scruta carezzevole, abbassa lo sguardo sulle mie gambe e si aggrappa ad esse, maledicendosi per avermi abbandonata e imprecando contro un Dio, cui lui comunque non  crede e non ha mai creduto.

-Sei uno sciocco, smettila!- Afferro prepotentemente la sua nuca e artiglio i suoi capelli con i palmi aperti -Hai salvato il nostro bambino! Hai fatto la cosa giusta! Mi basta sapere  questo per tornare a vivere!- Scandisco ogni sillaba con violenta motivazione e sembra che sia riuscita a convincerlo, di quanto poco mi importi la mia nuova condizione. La sua  bocca troppo perfetta, disegnata da un pittore incredibilmente bravo e capace, perché possa esistere davvero, si arcua in un sorriso stentato e così spontaneamente seducente, che  mi viene l'istinto di farmi prendere da lui nel nel mezzo di una guerra e di abbandonarmi alla lussuria dionisiaca di vino e bacche, cui il suo corpo mi esorta.

-Devo andare a riprenderlo adesso. Tu devi rimanere qui, anche perché, non potresti aiutarmi in alcun modo. Ti prego, non rendere le cose più difficili di quanto siano già. Ti  prometto che non ti deluderò.-
 Non ho la forza di contraddirlo, sono troppo calma e felice di aver appreso che mio figlio è al sicuro e che anche Draco sta bene. Chiudo gli occhi, mentre lui mi sistema meglio con  la schiena attaccata all'albero e mi adagia sopra una coperta, ricamata e pregiata del casato Black, dono della ormai defunta Narcissa, di una fattura così pregiata e raffinata da  cozzare malamente con lo scenario traslucido e mortale intono a noi. Mormora degli incantesimi di protezione, ergendosi Adone anche nel formulare sillabe latine ormai così  semplici e familiari per noi, e mi sento avvolgere da una cappa mite e ovattata. Si abbassa su di me, inspirando a fondo l'odore di pelle e violette e vaniglia che emano, mischiato a  terra, a fango e sudore e ricalca con il naso prima e con la lingua poi, il mio collo sopra la mia vena sensibile. Risale sul mento disegnandolo ormai con facilità estrema, morde la  mia mascella poco marcata e imprime il suo odore su di me, marchiandomi con baci incandescenti e poi gelidi, quando una brezza fresca mi colpisce il viso umido e rabbrividisco di  splendido piacere. Poggia la sua fronte sulla mia e mi sussurra sulle labbra di non commettere sciocchezze e di aspettarlo a qualsiasi costo. La sua supplica sa troppo di abbandono,  benché lui mi rassicuri che sarebbe tornato presto. I suoi occhi sono estremamente lucidi, rossi di lacrime che premono per uscire impetuose, e testimoni di una resistenza troppo  razionale per poter essere assecondata. C'è qualcosa di losco e sospetto in quel saluto, ma mi offro comunque arrendevole alle sue dolci torture, perché non so quanti      di questi ritagli di felicità ci saranno concessi in futuro.

-Devo andare, davvero. Tu aspettami Hermione, amore mio.-
 Gli solletico il viso con le dita, gli depongo mille dolci baci sulle sue labbra morbide ed estremamente invitanti. Mi faccio bastare questi miseri attimi di straziante serenità e  finalmente gli concedo il mio saluto. Il cuore mi scoppia nel petto, la bile risale l'esofago e io trattengo a stento un conato di vomito. Sono poche e semplici le parole che gli rivolgo,  racimolo l'essenziale, dicendogli solo quello che è necessario lui e mio figlio sappiano.

-Non mi muovo da qui. Ma tu torna presto da me con Leon. Digli che gli voglio bene-

-Non ce n'è bisogno, lo sa. Ma lo farò. Ho bisogno che tu abbia fiducia.-
 
Non afferro il significato della sua ultima frase. Un fulmine mi attraversa la mente e ricaccio subito indietro quella strana sensazione che mi artiglia le membra e che mi abbatte  con mia impotenza. Non riesco a lasciarlo andare, per un momento sono egoista e vorrei sovvertire ogni mia promessa e costringerlo a portarmi con se. Ma mio figlio è in pericolo, chissà dove e in balia di chi. E' necessario che io lo lasci andare.
Annuisco, mentre lascio la presa sul suo petto e sento le mie mani scivolare sui suoi avambracci torniti. E' l'inizio della pioggia invernale a sancire il nostro distacco. Draco esce dalla cappa di protezione e si volta solo un attimo, sorridendomi. 
Mi maledico perché non riesco a ricambiare il sorriso e rimango con questo rimpianto, mentre scompare nella coltre infernale della battaglia consumata e un lampo argentato ascende verso il cielo.

 

***

 

Benvenuti in questa mia nuova avventura.
Ho riletto questo capitolo una infinità di volte, perchè sono emotivamente coinvolta in questa storia e soffro e mi rallegro delle sorti dei miei personaggi.
Vi invito a comunicarmi le vostre impressioni, le vostre sensazioni. Non sarà una storia leggera, perchè sentivo il bisogno di scrivere qualcosa di lontano dai miei standard.
Spero che apprezzerete il mio impegno e che la mia passione possa trasparire da queste righe.
Erika AstoriaGM

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Capitolo 2
*** Patronus ***


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Capitolo 2. Patronus

 

 

Mi sono allontanato il più velocemente possibile da Hermione, non riuscendo a sopportare quel brutale distacco, che ha portato via la parte più importante di me. Vorrei ribaltare il mondo, spezzare le ossa del destino e scucire con bramosa impellenza i fili di nero cotone che la vita ha tessuto per me, per la mia compagna e per mio figlio. Non sono uno stinco di santo, non lo sono mai stato e mai lo sarò. Lo so che questo è il prezzo da pagare per il mio miserevole e vile vissuto. Il mio passato mi ha plasmato come un damerino arrogante e qualche volta ancora oggi, rivedo negli occhi di Hermione quello sdegnoso sprezzo che riversa sulla maggior parte delle mie azioni e la compassione animare le sue mani e sfiorarmi la guancia. Sono attimi che detesto quelli. Odio la pena e la pietà, sintomi di un animo gentile che io percepisco invece come sentimenti malati e niente affatto piacevoli. Ma adesso che i miei piedi calpestano l'erba rinsecchita, riempiendo il sentiero di orme regolari e man mano più lontane, desidero come non mai che quelle iridi pietose e lucide mi solchino le membra e mi donino sollievo. 
Mi volto un solo istante e le dono un leggero sorriso. Quando attendo inutilmente che lo ricambi, scorgo solo un luccichio trasparente segnarle la guancia. Pugnali invisibili mi traversano le carni da una parte all'altra, fin quando mi sembra di sentire una lama più aguzza delle altre trafiggermi il cuore. Mi paralizzo solo un attimo in attesa di morire, ma purtroppo il mio respiro è tornato regolare e non sono ancora stato considerato degno delle porte dell'aldilà. Sono solo una pedina a servizio del destino, io. Me ne sono accorto quando, attirato dal profumo di violette di Hermione, l'ho trovata sommersa dal fango e sporcata dal suo stesso sangue. E' allora che ho metabolizzato il fatto che ho lasciato mio figlio da solo nascosto in una foresta verace, e mia moglie vagare senza il minimo senno, storpia. 
Il mio colore è il nero. Nera è la mia anima, nero il mio cuore, neri i miei ricordi, nere le mie unghia che avanzano lente sul terreno, nero il mio operato e nero il cielo della notte che mi veglia. Bianca è luce dell'amore, bianca è la mia carne, bianco è il colore della neve che a fiocchi si deposita sui miei capelli e bianca è la scia con cui il mio patronus lascia la mia bacchetta e illumina il cielo.

-Il messaggio è destinato ad Harry Potter. E' importante che pervenga solo a lui. Spiegagli che siamo stati attaccati e che il Manor è stato distrutto. Indicagli le coordinate del posto in cui ho sistemato  Hermione. Digli che non è in grado di camminare e supplicalo di proteggerla anche a costo della sua morte.- Lo guardo solcare fiero la volta nera e mi chiedo come dal buio dentro di me possa essere stato generato tale testimone di felicità. La nascita di mio figlio è l'evento che utilizzo più spesso per evocare la mia aquila, ossimoro della mia esistenza affatto libera e meno ancora indipendente: ancora una volta, uno strano scherzo del destino. Mi guardo intorno, cercando di individuare i segni rossastri che ho inciso sugli alberi sulla strada di andata, mentre ansante e spossato mi trascino, sbattendo da una pianta all'altra. Un groviglio di ortiche mi graffia le braccia, le spine mi irritano l'epidermide già leggermente arrossata e un alito di vento freddo mi ghiaccia le ossa. 
 Nel momento in cui mi accascio su me stesso, steso sulla neve che mi raffredda il volto e vinto dalla debolezza degli arti, l'adrenalinico amore per mio figlio mi fa scattare immediatamente in piedi e mi spinge irruente a correre per tornare da lui. Devo trovarlo e portarlo in salvo. Lo devo a lui, lo devo a Hermione, lo devo alla nostra famiglia.
 Nella coltre candida e pura della neve ogni affondo del mio stivale consunto rappresenta una vittoria contro i fantasmi del mio passato. Mi trovo a distruggere ogni pezzo peggiore di me, partendo dalla orrida educazione che ho ricevuto, proseguendo con le percosse bagnate della cinta di mio padre e le cruciatus che mi hanno dilaniato le terminazioni nervose, quando ad 8 anni, intenerito da uno scoiattolo del mio giardino, l'ho portato in casa ed accudito per un mese, finché Lucius ne venne a conoscenza e lo uccise davanti a me.
 Un Malfoy non deve amare. Non deve ridere, non deve affezionarsi, non deve avere pietà. Lessico ricercato di un'anima povera, sillabe recitate con algida postura, pregne di austera indifferenza e di nulla umanità.
 E' anche per quel dolce animale che affondo i piedi sul ghiaccio. E' anche per la mia defunta e meravigliosa madre che avanzo a fatica, per le offese e le calunnie ricevute, per tutte le volte che mi ha protetto dalla furia insana di Lucius, per tutte le volte che il cuoio impietoso dei calzoni di mio padre ha lacerato la sua pelle lattea al posto mio, quando, nascosto dietro i cardini della mia stanza, sopportavo i gemiti deboli di mia madre subire ogni frustata con stoico distacco. Stringo i denti e continuo il mio percorso, che passo dopo passo mi avvicina a mio figlio. Leon sto arrivando, il tuo papà ti prenderà con sè e torneremo insieme dalla mamma.
 Non ho mai avuto la possibilità di conquistare il mio posto del mondo, che fin da quando sono nato, me ne aveva già riservato uno, fortunato agli occhi dei più. Un altro affondo, questa volta più profondo, mi fa quasi traballare e perdere l'equilibrio. La libertà che mai mi è stata concessa di decidere quale posizione ricoprire, quale compito svolgere, quali persone frequentare.

 Che eredità mi ha lasciato la mia nobile famiglia purosangue? Nemici in ogni dove, animati dalla sete di vendetta, che si crogiolano nella speranza di vedermi schiacciato e finalmente ottenere la loro porzione di sanguinolenta pace. Perché sarebbe una menzogna negare di non conoscere i marchi innegabili di avversari, un tempo amici, con cui condividevi forzatamente obiettivi e con i quali progettavi una vita non tua. L'incisione sul pugnale d'argento, che mi ha appena lacerato il tendine del braccio sinistro, ha lasciato sulla mia pelle nivea un solco fin troppo familiare e mi ha chiarito l'obiettivo del suo proprietario: devo lasciare questo mondo, allo stesso modo in cui suo figlio lo ha lasciato per mano di mio padre. Non posso non condividere ciò che desidera per me. E' dannatamente fondata la sua sete di vendetta. Ma non posso lascivamente offrirmi a lui, non ancora. C'è qualcuno che mi lega e vincola in modo asfissiante, che mi àncora alla vita e mi da la forza di lottare. Sono solo un ragazzo, con il vissuto  di un senex, con l'esperienza di un martire e gli obiettivi di una persona semplice. Mio figlio, la mia compagna, le nostre vacanze al mare, la nostra passione per la lettura, il nostro giardino profumato, le  nostre ciambelle ripiene di marmellata di mirtilli, il solletico sul letto e le piume che provocano starnuti. Questi piccoli ritagli di vita si affollano nella mia mente, pretendendo di vincere sulla volontà dell'uomo che, appena alzo lo sguardo, trovo in piedi di fronte a me e mi schernisce con un ghigno provocatorio.

-Theodore.-

-Finalmente la tua corsa si è arrestata, Draco Malfoy.- Theodore Nott sputa il mio cognome con disprezzo, mentre avanza lentamente verso di me, rigirandosi la bacchetta tra le dita affusolate. Resto fermo, attendendo il responso ineluttabile di quelle labbra sottili, e mi sento quasi affine al suo volere quando, sedendosi su una roccia calcarea, si dilunga nel racconto della sua sventura. Non riesco a ignorare le fitte di dolore del mio braccio che pulsa, mentre dalla ferita profonda, inizia a sgorgare una sostanza biancastra che ne annerisce i contorni. Nott se ne accorge e, approfittando del mio stordimento, infierisce su di essa con la punta della bacchetta.

-Amico mio, non sai quanto mi addolori doverti trattare in questo modo, ma sai, quando perdi un figlio non sempre ragioni lucidamente.- La sento l'ironia delle sue parole, lo percepisco l'odio, l'avverto il dolore che intinge quelle frasi. Il furore del suo sguardo dilania la mia forza, il suo sorriso artefatto mi atterrisce, mentre mi chiedo quali siano realmente le sue intenzioni. Non riesco a guardarlo negli occhi, mi sento profondamente in debito con lui, nonostante non sia Draco, ma il cognome di mio padre, ad avermi procurato quel biglietto di sola andata per il regno dei morti. 

-Sai Malfoy, vedo ancora mio figlio chiedermi di insegnargli a giocare a Quiddich. Ricordo ancora con quale ammirazione si fermava a Diagon Alley, ammirando le Nimbus e classificando i giocatori con professionalità. Suppongo però che tu sappia che non potrò mai più insegnarglielo. E tutto a causa di quel figlio di puttana di tuo padre, che ha pensato bene di portarmi via l'unica cosa positiva della  mia vita!- Corre verso di me e mi afferra bruscamente per il colletto della polo, con gli occhi fuori dalle orbite, mentre cerco di schivare gli schizzi di saliva provenienti dalla sua bocca in tempesta. Vuole più della vendetta, vuole distruggermi nel profondo.

-Evan era la mia salvezza! Hai idea di quello che ho provato quando ho visto il suo corpo in putrefazione? Puoi forse solo immaginare come mi sia sentito davanti ai suoi occhi, una volta luccicanti di orgoglio e ambizione, spenti e svuotati di ogni alito di vita? Mia moglie è uscita fuori di senno e si è tolta la vita! Lo capisci?!- Le parole di quest'uomo, che le pronuncia piangendo, sono il veleno peggiore  per me, perché mentre racconta, mi passano davanti tutti i momenti felici di Leon e di Hermione e muoio solo alla prospettiva che qualcosa di simile possa accadergli. Odio la bestia che mi ha generato, perché è anche troppo assimilarlo agli animali. Mi viene quasi da arrendermi alla furia omicida di Nott, di assecondare volentieri i suoi intenti. Qualcuno deve pagare, ed è giusto che sia io. 
 Riesco finalmente a sostenere il suo sguardo, mi perdo nel carbone dei suoi occhi accesi d'ira e mi lascio schernire dalle sue parole cattive. La gola è secca, avrei bisogno di acqua, ma mi sforzo fino allo stremo e sussurro poche parole.

-Basta Nott, ho capito. Fai di me ciò che vuoi. Uccidimi, se è ciò che desideri.- Lo vedo alzarsi nuovamente, fare avanti ed indietro sul terreno umido e solo di rado voltarsi verso di me. Sono le movenze di un folle, sono gli intenti di chi non ha più niente da perdere, se non se stesso. Punta la bacchetta verso di me e mi imprigiona con catene pesanti ai polsi e alle caviglie. Il contatto del metallo freddo con la ferita sanguinolenta mi fa urlare di dolore, accrescendo la soddisfazione del mio nemico, che emette una sadica risata.

-Oh stai tranquillo, ti ucciderò, ma non adesso. Ho una bella sorpresa per te, mi sento persino buono. Fa male, dico bene? Vedi, ho ritenuto più opportuno intingere la lama del pugnale con del distillato di morte vivente, non una quantità esagerata, ma giusto quella che ti avrebbe reso arrendevole ed innocuo.- Vorrei chiedergli delucidazioni riguardo la sorpresa che ha in serbo per me, nonostante sappia che qualsiasi cosa sia ciò a cui allude, mi ferirà enormemente.
 Non faccio in tempo però, perché sento improvvisamente la testa girare, non riesco più a muovere gli arti e il mio cuore è come paralizzato. Il veleno deve avermi indotto uno stato di trance simile alla Cruciatus, in cui il solo sollievo che mi è concesso è il dolore stesso. Non percepisco più il mio corpo, la cui sofferenza è trasferita nella mia anima e nella mia mente. Sono sicuro che Nott stia manipolando i miei ricordi e mi stia inaridendo di ogni sprazzo di felicità. Non riesco a chiudere gli occhi, che, perennemente spalancati, cominciano a lacrimare al contatto prolungato con l'aria circostante.
 Vedo Hermione tra le braccia di un altro uomo, gemere ai suoi tocchi, inarcarsi e chiedere di più, mentre le fattezze di chi la possiede diventano più nitide. La voce di Nott inonda la mia mente, confermando il mio atroce sospetto . Non faccio in tempo a scacciare quella scena orribile dalla mia mente, che subito un'altra, la sostituisce. Vedo Leon sulla scopa, mentre rincorre il boccino d'oro. E' sorridente ed ha lo sguardo sicuro, quando tutto d'un tratto perde il controllo della scopa e precipita inerme sul terreno e orde di dissennatori lo circondano, risucchiando la sua faccia con baci omicidi. Sto sudando, non lo percepisco fisicamente, ma la sensazione della fronte bagnata, rende madida la mia anima. E' una emozione inspiegabilmente atroce, non si tratta di un male fisico, ma di una morte spirituale lenta e totalizzante. 
 Sento il contatto con Nott affievolirsi, come se un agente esterno l'avesse interrotto. Recupero gradualmente la vista e, quando finalmente riesco a strofinarmi gli occhi, un luminoso cervo elegante investe violentemente il petto di Nott, il quale, paralizzato dalla luce azzurrina dell'orgoglioso animale, si accascia sul terreno. E' il patronus di Potter. Il sollievo che provo è immediato, le mie labbra aride si arcuano in uno stentato sorriso, mentre gli intimo di trovare Hermione e portarla al sicuro.

-Non posso lasciarti qui, Malfoy! L'effetto del mio incantesimo non durerà molto. Hermione ha bisogno di te!- Finalmente la figura in carne ed occhi di Harry Potter si palesa davanti a me. Si accorge del taglio putrefatto sul mio braccio e cerca di guarirlo con tutti gli incantesimi di medicazione che conosce. Scuoto la testa rassegnato, spiegandogli che non si tratta di un semplice taglio, e che il veleno di cui è intriso si sta diffondendo lentamente nel mio corpo.

-Dobbiamo curarti, cerca di resistere Malfoy!- Fa forza sulle ginocchia ossute e si rialza, trascinandomi con sè. Blocco il suo intento sul nascere, negando con il capo e staccandomi da lui con più foga del dovuto.

-No! Cerca..cerca Hermione e portala con te. Nott vuole..vuole abusare di lei, io la devo tenere lontana da quella bestia!- Lo guardo con gli occhi lucidi supplicanti, le mie mani tremano e le mie dita perdono gradualmente sensibilità. 
 Ripenso alle parole dell'amore della mia vita -Non abbandonarmi, torna da me con Leon- e non posso far altro che sentirmi deluso da me stesso. Dimentico sempre che non sono fatto per promettere. Morirò sentendomi in colpa, ma sapendo almeno che la mia famiglia è al sicuro. Mi aggrappo debolmente alla blusa scura di Potter, del quale poco prima ho rifiutato l'aiuto, tossendo ripetutamente sangue e saliva, e vedo i suoi occhi smeraldini provare compassione per me. Ricomincio a parlare con fatica, emettendo parole roche e strascicate. 

-Smettila di fissarmi con sguardo pietoso! Devi promettermi che la troverai! Lei non potrà più camminare, non è più in grado di badare a se stessa. Devi lasciarmi qui, e soprattutto recupera mio figlio.-

-Non posso Malfoy, non me lo perdonerà mai..-Di fronte alla sua esitazione, recupero un minimo di lucidità e fisso le mie iridi tempestose su di lui.

-Guardami Potter, ti sembra che abbiamo altra scelta? Lasciami qui. Nott non si fermerà finché non mi vedrà morto, ed è inutile scappare. Leon si trova nascosto nella foresta limitrofa a Black Manor. Ci sono incantesimi di protezione a delimitare la zona. Prenditi cura di loro, proteggili come se fossero la tua famiglia.- Finalmente lascio la presa sulla blusa del mio compagno e mi lascio cadere di schiena sul terreno. Un senso di pace mi invade, rilassandomi le membra e permettendomi di emettere un sospiro di sollievo. 
 Ciò che desidero più ardentemente è di morire, quando mi accorgo che l'effetto del veleno non si è affatto esaurito e che il torpore immobilizzante che poco prima mi ha travolto, mi sta nuovamente invadendo anima e mente.
 Il fruscio delle foglie e il rumore di un ramo spezzato mi destano impercettibilmente e avverto l'alito caldo di Nott incombere su di me. Un calcio sullo sterno mi fa voltare bruscamente di lato e offre a  Nott la possibilità di assestarmene un altro sulla schiena. Una costola sicuramente si è spezzata e mi sta perforando un polmone. Il dolore che sento è annichilente, ma a darmi sollievo è il sapere di aver salvato chi amo. Niente mi riempie di più di questa consapevolezza, niente ha più importanza. Afferrandomi malamente i capelli, mi tira su e fa lievitare il mio corpo fino a farmi precipitare in una fossa puzzolente. Sono un pezzo di carne, gracile e impotente.
 Ghigna Nott e mi augura la buona notte, rivelandomi una verità che mi spezza ogni nervo e che mi fa fermare il cuore.

-Mi sento talmente magnanimo, che ho deciso di permetterti di salutare tuo figlio e di assisterlo, prima che raggiunga il mio, domani. Pensa che io non ho avuto l'opportunità di farlo. Sei fortunato,  Malfoy.- Alzo lo sguardo verso il cielo stellato e osservo la costellazione del Leone sopra di me. Una stella ha appena tracciato il suo percorso incandescente e luminoso, confondendosi con il bagliore  azzurrino di un cervo imponente. 
 Il cancro dei ricordi si insinua invadente in me e disseziona rabbia e amore, sentimenti cocenti di un presente affatto tiepido.

-Perdonami Leon, perché non meriti un padre inetto come me. Perdonami Hermione, perché non ho rispettato la promessa. Ma ti supplico, non abbandonarmi, non adesso.-

 

 

Don't let me down
Don't let me down

Nobody ever loved me, like she does
Ooh she does, yes she does
And if somebody loved me like she do me
Ooh she do me, you she does

The Beatles, Don't Let Me Down
 

 

***
 

Buonasera Lettori!
Nonostante non sia un capitolo leggerissimo, ci tenevo a raccontare dal punto di vista di Draco. Non è stato facilissimo da scrivere :)
Fatemi sapere le vostre impressioni a riguardo!
Spero che abbiate apprezzato.
Ne approfitto per pubblicizzare le mie due long in corso :) :


Three Blood, One Blood:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2558011&i=1

Grytherin's Secrets:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2598475&i=1

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Grazie per la lettura.
Alla prossima, Erika AstoriaGM

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Capitolo 3
*** Leon ***


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Capitolo 3. Leon

 

 

 Mi tiro su, sfregando la schiena sulla corteggia della quercia alla quale sono malamente addossata e d'istinto puntello i talloni per alzarmi in piedi. Ma non ho ancora pienamente fatto i conti con la mia nuova infernale condizione, ed è per questo che mi paralizzo, perché finalmente prendo coscienza di quello che ero e di quello che adesso sono. Una storpia con una mente brillante. Che forse avrà da vivere solo quest'ultima giornata.
 Il sole del mattino invernale è tiepido, ma non basta a scaldarmi, perché accanto a me non c'è Draco ed il mio bambino non sta scalciando tra le coperte, reclamando il bacio del buon giorno. Godric fa che  siano al sicuro!
 Mi tasto la ferita sulla nuca, non ancora completamente rimarginata e sposto la mano sugli occhi, non ancora abituati alla luce del giorno. Metto a fuoco la vista e mi accorgo che un lampo attraversa il cielo e quasi mi viene addosso. 
 Chiudo gli occhi di riflesso, temendo che mi uccida, ma quando dopo pochi secondi li riapro, scorgo accanto a me un bellissimo cervo che si accuccia sul mio ventre. Riconosco all'istante quel fiero patronus e gli accarezzo il muso azzurrino. Non so come abbia fatto a trovarmi, non so cosa pensa di fare con me ormai inutile, ma finalmente mi degna di una spiegazione. Harry compare affannato subito dietro il  suo cervo e si fionda su di me, elettrizzato per la corsa e pietrificato dal mio viso pallido.

-Hermione, devo portarti immediatamente via da qui. I mangiamorte hanno raso al suolo quasi mezzo Wiltshire e devo ancora recuperare tuo figlio.- Non mi piace affatto, anzi proprio per niente il suo  tono allarmato. Mi guardo intorno, rendendomi conto della desolazione e del putrido odore che impregna l'ambiente circostante e mi chiedo se mio figlio sia ancora vivo. Scaccio scottata dalla mia mente  questo pensiero schifoso e annuisco impercettibilmente, sussultando leggermente per lo strappo alla ferita sulla nuca. Devo lottare, devo sfruttare ogni residuo di forza in me per stroncare i nemici e tornare a sperare. Perché Leon è il mio motivo, perché Draco è il mio motivo. Draco. Dov'è Draco? 
Ecco che i neuroni del mio cervello ricominciano la loro normale attività e che il motivo dell'arrivo di Harry mi fa fermare il cuore, mi strapazza le terminazioni nervose e mi oscura la vista. 

-Harry Potter -balbetto con foga, mista a terrore- dov'è Draco? Perché ci sei tu e non lui qui adesso?- Non ce la fa a reggere il mio sguardo, subito i due bottoni di smeraldo si chinano a fissarsi le mani e il  suo sguardo dimesso mi incita a chiedere di più. Quando lo afferro per la collottola del gilet e gli alito in faccia di dirmi tutto quello che sa, spalanca le iridi e mi guarda con delusione. Non può dirmi quello che sa, non vuole deludere le mie aspettative. Mi trovo a desiderare che mi inventi una menzogna qualsiasi e mi rassicuri con parole costruite. Che mi rivolga un sorriso debole e mi dica "Stanno bene, è tutto a posto", ma sa anche che sono troppo analitica e cognitiva per accettare una bugia.  
Il suo silenzio è più eloquente di qualsiasi parola e mi permette di nutrire il dubbio che siano ancora in vita e di continuare a sperare. All'improvviso non sono più sicura di volere sapere la verità, accetto con accondiscendenza la mancata risposta e mi lascio sollevare da Harry, che senza fatica mi afferra sotto le ginocchia e mi lascia appoggiare al suo petto tonico. Affondo il naso sul suo petto e inspiro il suo odore non del tutto gradevole, sudore misto a terra e fango, ma che è l'unica fragranza di cui in quel momento vorrei bearmi, in assenza del profumo di muschio di Leon e di quello d'amore di Draco.

-Ascoltami Hermione, adesso ti affido al mio cervo. Lui sa dove portarti. Hai bisogno di cure.- Mi accarezza il viso scarno con mani le tremanti, deglutisce più volte a vuoto e mi stringe fino a soffocarmi. Quello slancio di affetto instilla in me una tenerezza inaudita, ed è così che ricambio la stretta, purtroppo debole e insicura, e mi permetto finalmente di piangere tutte le lacrime che ho finora trattenuto, bagnandogli la blusa di sale e dolore. Quando però mi sta per poggiare sulla schiena del suo patronus e questo sta per librarsi nell'aere, il macigno della insicurezza e della mancanza, mi fa esplodere incontenibile.

-No..! Io devo vedere se Leon sta bene, portami con te, non ti sarò d'intralcio! E poi Draco..lui voleva che restassi qui..se torna e non mi trova..Harry ti prego fammi..-

-NO! Devi andartene SUBITO da qui!- Il suo urlo disumano placa per un attimo il fruscio di vento e pioggia che scroscia sulle foglie di querce e sequoie. Il bosco tace, uno scoiattolo lascia cadere la sua ghianda sul terreno e si rifugia nella sua piccola tana accogliente, mentre pian piano la natura riprende il suo normale corso. Harry apre e chiude i pugni, come per scaricare la rabbia e si avvicina velocemente a me, poggiandomi una mano sulla spalla. Il suoi occhi irradiano nei miei tutta la sua preoccupazione, il suo tocco è poco gentile, le sue labbra contratte in una smorfia di dolore.

-Gli ho promesso che ti avrei tratto in salvo e come te, anche Leon. Non chiedermi di deluderlo, non me lo perdonerei io e non me lo perdonerebbe neanche lui.-

-Tu..tu lo hai visto quindi? Come sta? Almeno dimmi questo. Ho bisogno di sapere che sta bene.- Tentenna, spalanca più volte la bocca sottile, sta per cedere alla mia supplica. Mi fa pena, perché io al suo posto avrei raccontato ogni singola informazione, ma lui è così forte, coraggioso e leale, che mi accorgo che non mi merito ciò che sta facendo per me. Amo quest'uomo. E' il fratello che non ho mai avuto, ma che sento come tale, è l'amico che ho sempre avuto al mio fianco, è l'amante dolce che mi rassicura e mi fa sentire bene. Non c'è niente di sbagliato in questo amore. E' semplice e puro affetto tra due persone che hanno sempre contato l'una sull'altra. Ma niente potrà mai eguagliare l'amore tra me e Draco, la totalizzante alchimia tra due esseri umani che si sono scelti tra tanti altri. Quello tra di noi non è semplice amore, non sarei capace di spiegarlo a parole. E' la mia vita, il mio coraggio, la mia costante scoperta. 
Harry non vuole infrangere la promessa, ma vorrebbe al contempo rassicurarmi. Non me la sento di piegarlo al mio volere. Gli scompiglio con dolcezza le ciocche nere dei capelli scomposti e stiro le labbra in un sorriso leggero. 

-Va bene, non ti chiederò altro. Farò quello che dici. Andiamo adesso.- Lo vedo allontanarsi piano da me e nuovamente raccogliermi da terra e issarmi sul suo cervo. Mi assicura ad esso e mi copre alla buona con ciò che resta della coperta ricamata dei Black. Sta per dirmi qualcosa, ma subito si blocca. Temo che non voglia esporsi troppo, è in conflitto con se stesso. 

-Adesso va, arriva alla tana. Ginny ti sta aspettando. E' la medimaga migliore del San Mungo, sono sicuro che starà già pensando a come guarirti. Ci vediamo Hermione.-

-Perchè tu non vieni? Che significa questo? Harry! No!- Non faccio in tempo a ribellarmi, che ha già dato una pacca all' animale e che la mia corsa verso la salvezza comincia. 

 

***

 

Quando vengo gettato di peso in quella pozza incavata nel terreno, non faccio in tempo a realizzare la tragicità degli eventi, che un lamento tenue e spezzato attira la mia attenzione. Sono miagolii strascicati, così flebili e spettrali che mi fanno quasi tremare di paura. Avanzo lento, brancolando nel buio e lasciandomi colpire dall'umidità della terra, e finalmente quel suono da ovattato ed eco lontana, diviene più nitido. Un fagotto rannicchiato in un angolo alza le braccia corte e si dimena, scalcia forte e lascia piccole impronte. Non mi fermo neanche a riflettere e a soffrire, capendo di chi si tratta, e mi lancio senza alcun ritegno verso la figuretta infantile. E' spaventato a morte, indietreggia piano e si nasconde il capo con le manine paffute. Sono lacerato, non posso credere che la crudeltà e la vendetta di un uomo possano arrivare addirittura a questo. 
E' mio figlio quello che adesso si allontana da me, è lo stesso bambino che mi si getta addosso quando torno a casa e mi si aggrappa alla gamba, impedendomi qualsiasi movimento. 
Sono terrorizzato da ciò che ha potuto subire in mia assenza, non voglio neanche pensare a cosa gli abbiano fatto. La rabbia monta in me senza che la riesca a controllare. Mi perdo nel suo sguardo tenero e indifeso e mi calmo improvvisamente, vinto dalla necessità di rassicurarlo e proteggerlo.

-No..fare male! Io no cattivo..-

-Shh Leon! Mi riconosci? Sono tuo papà, quello che ti vuole tanto bene! Non piangere, adesso ci sono io qui.- Vorrei piangere io in quel momento, sfogare la mia rabbia e reprimere l'istinto omicida verso  Nott. Così prendo in braccio Leon, cullandolo dolcemente e accarezzandogli il visino rigato di lacrime e sporco di terra. I suoi grandi occhi grigi mi osservano scrupolosamente, sembrano voler soppesare le mie parole e decidere se fidarsi o meno. Si agita leggermente tra le mie braccia, deve aver subito qualche trauma. Lo scosto delicatamente da me e lo adagio di nuovo a terra, perchè non voglio che cominci a gridare e attiri attenzioni indesiderate. Ma non appena lo lascio da solo e mi allontano di qualche passo da lui, i suoi lamenti crescono di volume, fino a trasformarsi in un pianto disperato. Gattona traballante verso di me e allunga le manine, intimandomi di prenderlo in braccio. Il mio cuore scoppia di gioia in quella situazione paradossalmente tragica e non posso fare altro che stringerlo forte a me e sussurrargli parole dolci.

-Cucciolo, calmati, tu non sei cattivo! Chi ti ha detto questo?- Piano piano si calma e le sue iridi chiare si rilassano in una posizione naturale. Si succhia il pollice e si appoggia con il capo sul mio petto, mentre il suo respiro si regolarizza al ritmo del mio. Non posso arrendermi, ci deve essere una soluzione allo scempio che ci aspetta. Voglio mettere mio figlio in salvo, lui non si merita di pagare per gli  errori della mia famiglia.
Mi aggiro, con Leon avvinghiato a me, in quella caverna sotterranea, appoggiando le mani alle pareti, e faccio scorrere le mie dita su di esse, per cercare anche il minimo spiraglio per fuggire. Purtroppo però la totale assenza di luce mi impedisce di riuscire nel mio intento. Guardo in alto, la luce del sole filtra qualche esile raggio attraverso le fitte sbarre di acciaio impregnate di veleno e incantate con magia oscura. Non c'è possibilità di andarsene da lì, ne prendo atto immediatamente. Nott mi ha sequestrato la bacchetta, privandomi della parte fondamentale del mio essere. Essere un mago e non poter esercitare la magia è atroce. Soprattutto quando la tua vita e quella di tuo figlio sono appese ad un filo. Così mi lascio scivolare lunga la parete e trascino con me Leon. Stacca la testa bionda e riccioluta dal mio petto e mi guarda interrogativo. Sembra quasi volermi redarguire con quei suoi splendidi occhi, lucidi per lo spavento e lucidi per avermi ritrovato. Comprende che mi sto arrendendo all'evidenza. Abbasso lo sguardo di fronte a quelle due iridi, giudici irreprensibili del mio operare. Ha una intelligenza fuori dal comune mio figlio, degno erede di Hermione. Quasi come in sincrono, sia io che Leon sussultiamo al pensiero di lei, e il mio bambino mi stupisce ancora una volta, inesorabilmente.

-Mam...mammina...- Ho avuto l'impressione che mio figlio mi abbia letto il pensiero. Ma più razionalmente, è possibile che abbia riconosciuto la mia espressione adorante, quando penso o parlo della  sua mamma. Ripete questa nenia ininterrottamente, finché non lo interrompo e gli accarezzo piano il capo.

-Anche a me manca la mamma moltissimo, tesoro. Ma dobbiamo essere forti. Dobbiamo renderla fiera di noi. Io sono coraggioso, tu lo sei?- Lo vedo annuire con il capo, mentre nel suo faccino tondo si  disegna una buffa espressione tronfia.- Bravissimo. Allora troveremo una soluzione. Fidati del tuo papà.- Gia, "fidati di me". Quanto posso essere risultato falso ai suoi occhi? Spero di averlo convinto almeno un pò, sfruttando la sua giovane età. E' pur sempre un bambino di un anno e mezzo, che è stato sottratto brutalmente ai suoi genitori, che ha trascorso una notte e un giorno solo in un bosco in  balia di nessuno, che è stato gettato come se fosse un animale in una fossa umida e che il primo affetto che ha rivisto dopo molte ore, è suo padre puzzolente e ricoperto di fango. Lo faccio sedere a  cavalcioni sulle mie gambe, lo avvicino forse con troppa forza a me, e lo soffoco di baci. 
E' il bambino più dolce che abbia mai conosciuto. Certo è mio figlio, e lo amo più di me stesso..forse lo affermo, solo perchè sono di parte. Accenno il solletico sul suo pancino scarno e lo sento emettere una risata cristallina e per me ristoratrice. Mi posa le sue manine sul volto, preme ovunque e si aggrappa ai miei capelli per sfuggire a quella divertente, ma insopportabile tortura. All' improvviso sento qualcuno brontolare, ma mi accorgo subito che non è qualcuno, bensì qualcosa che brontola.

-Hai fame amore? Ti hanno dato da mangiare qualche volta?- Leon tentenna, mi guarda quasi imbarazzato, e con la manina mi indica un punto indistinto dietro di lui. Ha l'espressione afflitta di quando Hermione lo sgrida e gli intima di finire presto la pappa. Mi alzo con lui in braccio e mi avvicino nel punto in cui mi dirige. Non vedo nulla finché abbasso lo sguardo e scorgo un pezzo di pane raffermo e una ciotola con dell'acqua sporca dentro. Emetto un ringhio di disappunto, guardo nuovamente quel lauto pasto e lo calcio con forza fino a rovesciare quella poltiglia trasparente e spezzare in due parti quel tozzo di pane duro. Di fronte allo sguardo atterrito di mio figlio, mi ricompongo, prima mentalmente, poi rilassando la mia espressione facciale. Non riesco a sopportare il fatto che mio figlio sia stato trattato come una bestia, e l'ira divampa in me, quando i suoi occhi si riempiono di lacrime e si aspetta di essere sgridato. 
 E' naturale che non si sia neanche avvicinato a ciò che gli hanno "offerto". 

-Leon non hai fatto niente di male stai tranquillo. Papà non può darti da mangiare adesso, ma presto torneremo a casa e ti riempirai di brioche di zucca e cioccolata! Che ne dici tesoro?-

-Al latte?-

-Certo, al latte. E la mamma preparerà la crostata di mele. Non sei contento?-

-Io tanto contento!- Batte le manine e, sorridendo, appoggia la guancia sulla mia spalla. Lo guardo di sottecchi, e lo vedo stropicciarsi gli occhi. E' solo un attimo prima che li spalanchi e cominci ad agitarsi e battere i piedini sul mio petto.

-Pa..pà..pà..cane!- 

-Cane? Ma di cosa parli Leon?- Alzo gli occhi sulla cupola nefasta sopra di noi e la flebile fiammella della speranza si riaccende. Non ho mai adorato e desiderato la presenza di Potter tanto come adesso. Quello che mio figlio scambia per un cane è in realtà il suo patronus cervo, che discende verso di noi, sbriciolando il tetto incantato della nostra prigione e ci aiuta a risalire fino in cima. Harry Potter, chinato sull'apertura del fosso in cui ci hanno rinchiuso, ci rivolge uno sguardo sereno ed emette un respiro di sollievo.

-Potter, apri le orecchie, perchè probabilmente sarà l'unica volta che te lo dirò, ma sarò in debito con te a vita!-

-Quasi non ti riconosco Draco, sei così sdolcinato!- Mi prende in giro.- Forza, uscite immediatamente!-

-Hermione...Hermione come sta? L'hai trovata?-

-Si si, Ginny si sta già occupando di lei. Ma adesso basta con le chiacchiere, non è sicuro qui!-

-Come sei arrivato qui? Come ci hai trovato?-

-Già come li hai trovati, Potter?- Non è sicuramente la mia voce ad aver pronunciato quella frase. Nott compare sinistro da dietro una quercia e procede inesorabile verso di noi, agitando la bacchetta e pronunciando incantesimi a caso. Riesco a proteggere mio figlio a stento da uno Stupeficium, mentre lui furioso e incurante, rade al suolo la foresta circostante.

-Tu non sei umano Nott! Prendertela con un bambino innocente!-

-No, mio caro Potter, il cognome dei Malfoy ha condannato a morte quel sudicio mezzosangue!-

-Non ti azzardare pezzo di merda, la mia famiglia non si tocca! Adesso sono stanco di subire, prenditela con me, pareggiamo il conto!-

-Non capisci vero, Malfoy? Non potrai mare pareggiare il conto! Un figlio per un figlio. Tuo padre ha ucciso il mio, io ucciderò il suo e anche il nipote. Così è equo. Adesso tu e tuo figlio tornerete nel fetido buco dove meritate di stare e, in attesa della vostra fine, mi divertirò un po' con Potter.-

-Non ne sarei così sicuro feccia! Expelliarmus!- L'incantesimo di Harry non riesce a disarmare Nott, che spinto dall'ira grida a caso e corre verso me e mio figlio. Harry, più vicino a noi di quanto lui lo sia,
tenta la smaterializzazione, riuscendoci in parte. Mi sento 
strappare Leon dalle braccia appena in tempo, quando intravedo il raggio verde di un Avada Kedavra schizzare veloce verso di me. Poi il buio.
 

***
 

Buonasera lettori. :)
L'aggiornamento arriva in ritardo, causa esami!
Questa storia non è una Dramione convenzionale, ma è cosi che l'ho voluta e così che la continuerò.
Le recensioni sono poche, ma non mi arrendo, nè ne faccio un mentro di giudizio, perchè quello che provo mentre la scrivo è incredibile e voglio semplicemente condividerlo con voi.
Questo capitolo in particolare mi ha devastato emotivamente, ma non vi annoierò oltre con le mie sensazioni. 
Spero che apprezzerete e che mi scriverete le vostre opinioni a riguardo. :)
Ne approfitto per pubblicizzare le mie altre due Dramione in corso:


Three Blood, One Blood:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2558011&i=1

Grytherin's Secrets:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2598475&i=1

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Grazie per aver letto :)

Erika AstoriaGM
 

 

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Capitolo 4
*** I'm Here ***


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Capitolo 4. I'm Here 

 

 

-La lesione non è molto estesa, ma il nervo lombare è praticamente inattivo per un quarto. La gamba destra è assolutamente sana, ma quella sinistra è ferma dal ginocchio in giù.-

-Siamo maghi Ginny, non esiste un modo per riparare il nervo? Dovrò rimanere invalida a vita, ti rendi conto!?-

-Non è esattamente così. La medicina babbana è molto più avanzata della nostra in alcuni settori. Si può tentare di intervenire tramite chirurgia e sperare per il meglio.-

-Come farò con Leon? Come baderò a lui, se non dovesse funzionare?-

-Andrà tutto bene, ma devi essere positiva. Per Leon...-

-E per Draco. Anche per lui! Perchè parlate tutti come se non ci fosse più!? E' vivo e sta bene e tornerà!- Il rumore di una materializzazione arresta le mie urla e mi spinge a correre verso la cucina. Non ce la faccio ancora a camminare da sola, ma avanzo imperterrita, come un'eroina di ritorno dalla guerra, e fiera, sull'unico arto su cui possa fare affidamento. Ho il respiro affannato per lo stress a cui ho
sottoposto il mio corpo, ma quando affaccio la testa nella porta
e scorgo mio figlio addentare con cupidigia una fetta di toast, il mio mondo ricomincia a girare e il mio sorriso soddisfatto irradia luce e calore, sferzando il buio della stanza. Molly lo ha presto tra le braccia, ha inumidito l'indice con la punta della lingua e sta cancellando le tracce di sporco dal viso pallido di Leon, riportandolo alla sua naturale bellezza. Gli osservo i ricci scomposti ricadere bagnati sulle piccole spalle tese e le manine imbrattate di marmellata. 
I suoi occhi sono ancora celati alla mia vista, quasi avesse timore di mostrali ancora vivi e spavaldi. In realtà sono io ad atterrire al pensiero che la tempesta che gli anima lo sguardo sia scomparsa e abbia lasciato il posto alla paura. 

 Dov'è Draco?

 Avvicinarmi a lui diventa d'improvviso uno sforzo immane, faccio un passo avanti alla ricerca di una sedia, ma la mia gamba sana non regge più il mio peso e, sopraffatta da emozioni scombussolate, scivolo sul pavimento, attirando finalmente l'attenzione di Leon. Harry si avvicina a me, mi solleva e mi colloca sul divano vicino al mio bambino.

-Amore della mamma! Mi sei mancato da morire!-

-Mammina!- Si volta di scatto, mi osserva impietrito, ma presto le lacrime di gioia tracciano il loro percorso sulle sue gote rosate. Lo vedo combattere contro le possenti braccia di Molly e gettarsi di peso su di me. Il mio cuore riprende il suo battito, il suo peso mi sembra infinitamente dolce, il suo profumo di bambino misto alla terra, è la mia nuova fragranza preferita. Lo stringo possessivamente e noto con dispiacere che le sue costole sporgono leggermente e mi premono l'addome. Come ha fatto a sopravvivere da solo? Gli asciugo le stille con piccoli baci, gli alzo la maglia, arrotolandola fin sotto le ascelle, e controllo che niente lo abbia scalfito e che la sua purezza sia rimasta tale. 
Un livido violaceo accanto al capezzolo troneggia impavido nella coltre nivea dell'epidermide, lo sfioro leggermente, ottenendo un sussulto da parte di Leon. Sulle mie cosce si è formata una chiazza umida, probabilmente frutto della vescica di Leon. Lo guardo finalmente negli occhi, cerca di sfuggire il mio sguardo redarguente, ma gli alzo il mento con le dita, impedendo alle sue iridi chiare di vagare per la stanza in cerca di aiuto. 
E' Draco che mi viene in mente, è la malizia tentatrice di quelle pozze d'amore a calamitare i miei pensieri, è la sensazione del percorso rovente delle sua labbra su ogni fibra del mio corpo a farmi vergognare di aver mio figlio sopra legambe. La somiglianza peccatrice con il padre sguinzaglia prepotente la gelosia in me sopita, perchè nessuno si deve permettere di portarmi via mio figlio o di farlo soffrire in qualche modo.

-Mamma... pipì!- Lo vedo indicare con la punta delle dita verso il basso e toccarsi la patta dei pantaloni, nel tentativo di fermare il flusso giallognolo. Sorrido lievemente e chiedo a Ginny di portarlo in bagno e cambiarlo, essendo impossibilitata a muovermi. Non appena sento i passi di Ginny allontanarsi e Leon schiamazzare allegro, volto il mio sguardo furente verso Harry, e riverso su di lui tutto ciò che fino in quel momento ho a stento trattenuto.

-Non vedo Draco da tre giorni. Harry, c'è qualcosa che devi dirmi?-

-Ascolta...devi sapere che...-

-HARRY! Adesso basta! Sono stanca di chiedere e non ricevere alcuna spiegazione! Dov'è Draco? L'hai visto? Sta male? E' ferito? E'...- Le parole mi si bloccano in gola, come spilli acuminati si conficcano nella carne tenera del collo e mi impediscono il respiro. Non riesco neanche a pensare all'eventualità peggiore. Sono giorni ormai che faccio pensieri nefasti e che mi crogiolo nell'illusione della speranza. Il mio celebre coraggio si è riparato nella tana confortevole dell'ignoranza, aborrendo la verità sull'esistenza dell'uomo che amo più della mia stessa vita. Ma è ora che il fuoco dell'audacia, di cui ancora tessono le lodi dopo cinque anni dalla fine della guerra, emerga in superficie e mi tempri l'animo a sopportare. 

-No, non è morto. Non sta bene, ma è vivo per fortuna.- E' sincero, non posso negare di conoscere fin troppo bene quegli occhi grandi ed espressivi. Le ciglia lunghe e folte delle palpebre superiori indugiano un po' troppo sulle compagne inferiori, ed è questo che insinua in me il dubbio della mezza verità. E' sincero, ma non del tutto. Sfugge troppo velocemente dai miei occhi indagatori, le sue labbra fingono di richiedere una informazione futile a Molly ed è allora che mi alzo, algida nella postura, e con false lusinghe e un sorriso sghembo, gli chiedo di avvicinarsi a me. Gli accarezzo dolcemente la guancia ispida di barba, poi con fermezza gli afferro il volto con i palmi e con voce dolce, ma spezzata dai singhiozzi che non sono riuscita a trattenere, sfogo la mia terribile premonizione e spero voracemente in un suo diniego.

-Lui non è solo, non è vero? L'hanno... l'hanno catturato, non è così?- E' più un flebile sussurro il mio, un anelito leggero e fugace, come se volesse correre via così come è arrivato. Le mie dita scarne corrono involontarie verso la bocca, che trattiene a stento un gemito di terrore. Il mio Draco, il mio amore, la mia ragione di vita. Le tempie pulsano, un battito regolare mi percuote il cervello, e ancora una volta sento le  gambe cedere e trascinarmi verso il basso.

-Si, è così.- Harry si porta alla mia altezza e finalmente recupera parte del suo coraggio.- Nott ha rapito Leon e Draco. Ieri non sono venuto con te, perchè potessi andarli a cercare. E li ho trovati. Li ha gettati in una fossa umida e puzzolente, priva di vie d'uscita. Sono riuscito a trovarli grazie ai lamenti di Leon. Ad un certo punto Nott è spuntato dal nulla e ha cominciato a lanciare incantesimi. Era una  furia. Stavamo per smaterializzarci tutti, ma qualcosa è andato storto. Sono riuscito a strappare Leon dalle braccia di Draco, ma lui... è rimasto li. Mi dispiace da morire, Hermione.- Ho trascorso i minuti della sua spiegazione piangendo lacrime silenziose. I miei occhi sono diventati vacui e spenti, impassibili a qualsiasi emozione. Sto cercando di metabolizzare la realtà dei fatti, e soprattutto, sto tentando di recuperare un minimo di lucidità, perchè devo proteggere Leon e impedirgli di carpire il dolore intorno a lui. 
Sento un chiacchiericcio provenire dalla stanza accanto, così mi ricompongo, strofinandomi gli occhi umidi e sistemandomi i capelli in disordine. Leon sorride spensierato, la serenità alberga di nuovo in lui e per un momento tiro un sospiro di sollievo. Si avvicina a me, osservandosi entusiasta il pigiamino con la Nimbus in rilievo, e intimandomi di fare altrettanto. Profuma di muschio e innocenza il mio bambino. Il talco profumato lascia aloni sullo scollo del pigiama ed io sento l'irresistibile impulso di accostare il mio naso al suo collo.

-Papino... quando torna? Mi manca...- Un conato di vomito mi costringe ad allontanarmi da lui e liberare le mie budella contratte. Un fulmine mi attraversa la mente e mi rende consapevole di una verità ineluttabile. Il mio ciclo è assente. Da quanto? Uno o due mesi? Chiedo a Ginny di controllare se il mio presentimento è vero. Mi fa un cenno di incoraggiamento con il capo, poi mi abbraccia, facendomi gli auguri e mi sussurra che è una femmina. Una vita cresce dentro di me in attesa di vedere il mondo e contaminarlo con la sua esistenza. Devo lottare, ancora una volta, per me, per Draco, per Leon e per questa nuova creatura divina. 

 Non abbandonarmi amore mio. Ho bisogno di te Draco.

 Quando il momento di turbamento termina e Leon picchietta con le dita la mia spalla, capisco di sapere cosa voglio fare e dove vorrei essere.

-Papà torna presto amore, te lo prometto.- 

 

***

 


Ricordo solo di esser stato sfiorato da un raggio verde e che il mio braccio ha cominciato a pulsare prepotentemente. Quando mi sono svegliato, ho sentito il peso delle catene, a cui sono appeso per i polsi, e l'odore ferroso e metallico del sangue rappreso intorno ad esse. Ho perso del tutto la sensibilità, ho la vista sfocata e il dolore è per me una nenia continua, che mi culla, rendendomene assurdamente immune. Nott sta affondando i suoi pugni nel mio addome, dal quale a fiotti fuoriesce il liquido scarlatto testimone della mia sofferenza. Sono una bambola di pezza, io Draco Malfoy, arrogante e purosangue rampollo di casata, sono un fantoccio, strumento di vendetta, nelle mani di un pazzo. Ho condiviso solo per un momento la sua causa, ma quando ho appreso che il suo scopo era ben più abietto e che Leon ne era una parte fondamentale, la rabbia mi ha invaso incontenibile e per una volta mi sono sentito una vittima.

Mi da del vigliacco, del codardo, del figlio di puttana. Madre, perdonatelo, perdonatemi. Insulta Hermione e fantastica sul possederla, mentre lo vedo leccarsi bramoso le labbra con la lingua. Sono disgustato profondamente.

 

-Mi sto divertendo un mondo Malfoy, credimi. Sei uno spasso.- Un risata sadica risuona per le mura, di quello che riconosco essere Black Manor. Mi chiedo come abbia fatto ad aggirare protezioni così  potenti, e lascive solo nei confronti dei membri della famiglia. Odo un rumore cadenzato di passi, di suole lucide, nuove e veloci. Ha i capelli neri e occhi scuri come la pece. Un guizzo di furore negli occhi corvini, così familiare da chiedermi se non sono forse diventato pazzo. Non può essere mi dico, l'ho vista morire. L'ho vista esalare l'ultimo respiro.

-Bella...trix? Ma tu... tu sei morta!-

-No caro nipote, sono rimasta in vita affinché potessi eliminare la feccia mezzosangue che hai generato e la puledra sangue sporco che hai ingravidato.- 

-Sei stata tu ad aggirare le protezioni del Manor... tu hai rapito Leon!-

-Molto bravo Draco. Io e Theodore condividiamo l'obiettivo, nonostante le cause siano diverse.-

-Potrete anche uccidermi, ma niente vi ridarà indietro ciò che bramate. Tuo figlio non tornerà in vita comunque Nott.- Lo vedo spalancare gli occhi furiosi, sfilare con estrema bramosia la bacchetta dal mantello e pronunciare la più terribile delle torture.

-Crucio!- Le scariche elettriche dell'incantesimo irrigidiscono ogni mio muscolo e tendine, generando un contrasto insopportabile con la mia contorsione involontaria. Sento le scintille scricchiolare e infrangersi sul metallo delle catene, che mi impediscono qualsiasi movimento sotto le spinte della maledizione. E' come se fossi immerso in acque artiche e un miliardo di spilli perforasse ogni centimetro  della mia pelle, non risparmiandomi il minimo dolore. E' quasi finita penso. Mi resta poco più di qualche minuto, prima che il mio corpo ceda e scivoli lascivo nell'oblio perenne. Faccio fatica a tenere gli  occhi aperti, la bocca è arida e deglutire diventa faticoso, quando mi accorgo che non produco più saliva. La testa ciondola verso il basso, offrendo alle mie iridi spente la visuale di un corpo martoriato, da  calci, pugni e maledizioni. Se Hermione vedesse lo stato in cui mi trovo adesso, proverebbe ribrezzo per me, ed io non potrei sopportarlo. Escoriazioni e tagli profondi solcano la mia pelle eburnea, barbaramente martoriata. I piedi soffrono per l'eccessivo afflusso di sangue e, talmente è stretta la presa delle catene sui polsi, che quasi sento gli omeri spezzarsi e staccarsi dalle braccia. Quando   l'incantesimo smette di massacrarmi, una voce stridula e ridicola ricomincia a pronunciare frasi sconnesse e funeste.

-Devi imparare a controllarti nipote. Il mio amico Theo è molto suscettibile. Ma io voglio risparmiarti altro dolore, mi sento magnanima. Dove hai nascosto tuo figlio?-

-Dovrai passare sul mio cadavere prima che io te lo dica.- Io non so dove mio figlio si trovi. Me ne rendo conto proprio in quell'istante, incapace di rispondere a quella domanda e speranzoso di una sorte migliore della mia. Se è con Potter, sta sicuramente al sicuro.

-Sta tranquillo, passerò sul tuo cadavere, ma dopo che avrai visto tuo figlio morire per mano mia. Ho sempre desiderato eliminare quella sangue sporco che chiami moglie e mi si offre la possibilità di uccidere il figlio mezzosangue! E' un'occasione ghiotta! Avrei dovuto farlo cinque anni fa, sotto i tuoi meravigliosi occhi. Così tu avresti sposato... -

-Così avrei sposato quella spostata di tua figlia? E avrei dato alla luce i tuoi nipoti dal sangue puro e la tempra debole? No! Ringrazio Salazar ogni giorno di avermi aperto gli occhi su Hermione, di avermi  fatto rinsavire dalle malsane idee della mia famiglia!- Una fitta di dolore acuminata come la lama di una spada mi spezza il respiro, quando Nott mi assesta un calcio più violento degli altri e capisco che davvero da quel luogo non ne uscirò sano, se non un ammasso sanguinolento di carne. 

-Zitto stolto! E' tutta colpa di mia sorella se sei cresciuto così! Una femminuccia tutta sentimenti!- Con un colpo preciso di bacchetta mi taglia il volto all'altezza dello zigomo, dal quale il sangue fluido e denso comincia a fuoriuscire lento, aumentando il suo flusso man mano che la ferita si allarga. Una goccia ha macchiato il pavimento di pietra, confondendosi con una lacrima, che mio malgrado non sono  riuscito a trattenere. Penso che al posto mio potrebbe esserci mio figlio, ed è allora che mi sento fortunato, nonostante tutto il male che ha logorato l'esistenza della mia novella famiglia. Chissà dove sono  lui ed Hermione, chissà se stanno bene e mi stanno pensando almeno un po'. 
L'unico conforto che mi spetta in questi attimi di atroce consapevolezza del mio prossimo destino, sono gli occhi calorosi di Hermione, lucidi di desiderio e di aspettativa. Strizzo con fatica le palpebre e  cerco di figurarmi più nitidamente possibile il volto dolce della mia compagna, mentre con estrema dedizione mi cura le ferite inferte al mio corpo. Mi sussurra deboli incoraggiamenti, mi spinge a reagire e a restare vigile. Mi deposita una bacio leggero sullo zigomo ferito, sporcandosi le labbra con il mio sangue. Un gesto così intimo e incredibile che mi vergogno di ciò che molto tempo fa pensavo di lei. Io,  ragazzino impertinente e spocchioso, avrei mai sporcato le mia labbra sottili con il suo sangue? Non importa il passato, lo farei adesso, se fosse necessario. Le allucinazioni mi impediscono di tornare alla realtà e ascoltare l'eco degli improperi e delle violenze dei miei rapitori, le voci furiose dei quali sento salire di tono, contrariate da avvenimenti a loro non congeniali. Il calore del seno di Hermione è fin troppo reale, il suo collo profumato di violette mi stuzzica le narici e risveglia di poco i miei sensi sopiti. Sento la scarica violenta di uno Stupeficium abbattersi vicino a me e alla mia dolce allucinazione,  che  contrattacca con fatica, sorreggendomi il capo sulle gambe. E' di dittamo l'odore che invade l'aria circostante, è il bruciore di questa essenza guaritrice che mi cicatrizza alcune ferite. La voce di Hermione è carezzevole e pacifica, mi culla instancabile nella poesia delle sue parole. Una voce maschile conosciuta scaglia un Impedimenta, che, a giudicare dal tonfo sordo, deve aver avuto l'effetto sperato. Le urla diventano nuovamente nitide, trasformandosi da eco flebile a rumore incessante, ed è allora che il mio cervello reagisce e l'attività neurale ricomincia.

-Herm...ione.-

-Sono qui amore mio, sono qui. Non parlare, non sforzarti, tra poco saremo al sicuro. Ti porterò via da qui, te lo giuro.- Le sue mani mi tastano non troppo dolcemente i capelli, le tempie, le guance, gli zigomi. Un bacio dissetante si posa pudico sulle mie labbra non più aride, e la sua lingua ne inumidisce i contorni. E' per questo che ho lottato, è per questo che sono rimasto vivo. La sento gridare suggerimenti a  Potter, intimandogli di scansarsi da un vile attacco di spalle o scartare di lato per evitare un avada kedavra. La sua vena sul collo si irrigidisce, mentre urla. La passione che la anima è ben visibile, negli occhi il fuoco arde, sotto la pelle il sangue brucia. E' un peperino la mia compagna, è il sale della vita e il balsamo dei momenti bui. Quanto sono dannatamente fortunato? La vita ha voluto darmi una seconda possibilità, che ho assolutamente intenzione di sfruttare. Potter rende nota la sua identità, gridando verso di noi, ma allo specifico indirizzo di Hermione.

-Vattene da qui Hermione, ci penso io a loro! Afferra il galeone e vattene! SUBITO!- E' il suo spirito solidale a parlare, è il riconoscimento che ha per me che lo spinge ad immolarsi al posto mio. E' per mia madre che può ancora combattere, è per merito di questa donna benevola che il male è stato sconfitto già una volta. Tante sono le parole mute che la sua bocca vorrebbe pronunciare, immenso è l'amore fraterno che lo lega all'uomo morente, che Hermione sta reggendo a fatica. Indugia qualche secondo sulla mia figura, poi finalmente un'altro sguardo carico di agitazione sollecita Hermione, quasi le stesse dicendo "Glielo devo.".

-No! Non posso lasciarti qui Harry! Non esiste!-

-Non andrai da nessuna parte sangue sporco con mio nipote traditore del suo sangue! Impedimenta!- Accade tutto così velocemente, che non mi rendo conto di trovarmi nel vortice tipico di una passaporta. La vedo sfilarsi dalla giacca un galeone, stringermi con forza, e imprimere le dita sottili sulla carne ferita della spalla. Vorrei urlare di dolore e sfogare a parole le angherie subite, in un tentativo che ha molto del retrogusto candido della purificazione. E' un secondo che la sopraffazione mi concede, è sublime la tregua placida che gli occhi di mio figlio mi donano. Lo sento correre verso di me e depositare le manine sull'unico punto sano del mio volto. Non me ne accorgo neanche, quando la sensazione di tranquillità improvvisa mi pervade, concedendomi finalmente di svenire.

 

***


 

Buon pomeriggio lettori!
Anche questo capitolo è stato un parto. Questa storia sta lentamente corrodendo la mia emotività.
Vi chiederete perchè io continui a scriverla. Beh, semplicemente perchè ho bisogno di sfogarmi così. :)
Nella mia storia ho ipotizzato che Draco dovesse sposare la figlia di Bellatrix, nonchè sua cugina( non esiste questo personaggio nella saga).
Non me ne intendo di medicina, per cui qualsiasi errore in merito io avessi commesso, prendetelo per quello che è. :)
Nel prossimo capitolo vi prometto tanta Dramione. :) Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Lasciatemi qualche recensione per farmi sapere cosa ne pensate :)

Ne approfitto per pubblicizzare le mie altre due Dramione in corso:

Three Blood, One Blood:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2558011&i=1

Grytherin's Secrets:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2598475&i=1

FACEBOOK:  https://www.facebook.com/ErikaAstoriaGM

Grazie per aver letto :)

Erika AstoriaGM

 

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Capitolo 5
*** Never Again ***


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Capitolo 5. Never Again

 

 

Se qualcuno mi avesse detto che la felicità la si prova quando ritrovi il tuo compagno in fin di vita, coperto più di sangue che di carne, mentre ti nutri dei flebili respiri che emana e delle brevi occhiate languide che ti dedica in quei rari momenti in cui riesce a tenere gli occhi aperti, non ci avrei mai creduto. Ma la vita è così inaspettata, meschina e crudele, quanto è meravigliosa l'aspettativa che di essa puoi avere. Quando mi sono materializzata a Black Manor e ho udito le deplorevoli maledizioni che Draco continuava a sopportare, come se fossero carezze, mi sono sentita così orgogliosa di lui. Non ho provato pena, né commiserazione: lui odia quando lo faccio, detesta destare pietà. Lui non la vuole. Desidera solo che qualcuno lo coccoli e lo culli nella cura del silenzio. Solo io e lui, due amanti, due genitori, due persone che hanno fatto il tutto l'una dell'altra. Oh sì, sono fortunata. Ho visto amiche disperarsi, amici accettare stoicamente di lasciar volare via un potenziale amore. E poi ci sono io che, nonostante le atroci sofferenze subite e la guerra vinta, affilando le unghie e lacerandomi la pelle, mi sono sempre giustamente crogiolata in un presupposto fondamentale, che è l'amore di Draco e l'amore per Draco.

E siamo onesti: nessuno cambia totalmente e radicalmente il proprio essere e la propria personalità, perchè se nasci serpe, non muori coraggioso. Se nasci grifone, non sarai mai un codardo. Ma c'è una nota che stona: quando ami e ami sul serio con tutte le complicazioni del caso, non puoi fare a meno di apprendere da chi ti sta accanto, sia in positivo che in negativo. Perchè Draco è una serpe fatta e finita, ma adesso, mentre lo guardo così abbandonato e privo di quel ghigno arrogante, che è il suo marchio di fabbrica, lo vedo come un uomo, un essere umano che ha lottato strenuamente, che ha sopportato con dignità, che ha vinto, attingendo dalle scorte residue del suo coraggio. E non c'è orgoglio più grande, di chi supera un ostacolo, pur non avendone le potenzialità. Solo fortuna? Non credo affatto che sia così, perchè per riuscire devi volerlo sul serio. E del profondo volere di Draco, ne è testimone la sua pelle squarciata e solcata da queste orrende cicatrici, che per me rappresentano la vittoria più meravigliosamente voluta. In altri tempi e luoghi probabilmente si sarebbe schierato dalla parte peggiore, e, come avrebbe detto Silente, dalla parte più facile da scegliere. Tuttavia ancora una volta il motore delle scelte che decidiamo di compiere è uno ed uno solo: l'amore. Non un grido o un lamento ha esalato appeso a quelle catene, mentre io morivo dentro. Una parte di me è rimasta appesa a quelle catene fredde, implorando una misera e breve tregua, e sperando, sperando come se non ci fosse un domani, che le colpe per le quali sta pagando ingiustamente scomparissero dalle sue membra stanche e lui tornasse a sorridere. Perchè quando sorride, giuro, non c'è niente che non gli sia possibile, non c'è niente che riuscirei a negargli. Caratteristica questa, che Leon ha ben pensato di ereditare dal padre.

Non una parte di Draco, ma una parte di me resterà sempre ancorata a quello scoglio maledetto, a quel muro scarlatto e sudicio, perchè io ho visto, io ho spalancato gli occhi di fronte al terrore, io sono riuscita ad afferrare la bacchetta, puntarla verso quei cardini arrugginiti e guardare il mio compagno scivolare di peso da quella croce ingiusta. Probabilmente Draco si sarà arreso al dolore e avrà pensato di essere vittima di un incubo, uno brutto davvero, ma pur sempre un sogno. Ma io ho visto, quindi so cosa ha patito. (οἶδα*). Non solo ho visto la sofferenza squarciare i suoi occhi già spenti, ma l'ho vissuta su di me, nel mio cuore e in quello di mio figlio. Quando ho visto il fiume in piena scorrere dagli occhi di Leon e i singhiozzi lacerargli il respiro alla vista di Draco. Non ha voluto abbandonare il suo capezzale, ha urlato e risposto in malo modo a chiunque lo tentasse con inutili frivolezze di bambino. Ma adesso io ho bisogno di averlo per me, di sentirlo di nuovo vivo per me. E' fisiologico e non riesco a frenarlo quell'impulso carnale. Mi brucia e mi asfissia, fa male, così male che mi accontento di raccogliere le briciole di esso e tenergli la mano candida, mentre dorme un sonno ristoratore. La stretta nella mia mano da debole diventa più forte, un lieve movimento del busto testimonia che Draco si sta risvegliando dal torpore, e finalmente dopo due giorni interi quelle iridi da me tanto agognate tornano a scaldarmi e a rendere il mio mondo da opaco e sciatto a vivido e colorato.

 

-Da...da quanto sto dormendo?- Cerca di stropicciarsi gli occhi con le mani, di tirarsi su con la schiena e appoggiarla alla testiera del letto. Gli prendo qualche cuscino e glielo posiziono dietro la testa, facendo attenzione a non far movimenti bruschi. Mi osserva a lungo, come se volesse imprimere la mia immagine al suo risveglio nella sua testa, come se da un momento all'altro potessi allontanarmi da lui. Mai, non lo farei mai Draco. 

-Da...abbastanza direi. Come ti senti amore?-

-Mi sento come se fossi tutto aperto, ho le dita intorpidite e i sensi ancora poco reattivi. Ho un dolore terribilmente acuto alla testa, queste dannatissime bende mi impediscono di muovermi e ho bisogno di baciarti come ho bisogno dell'ossigeno. Quindi finché non lo farai, non mi sentirò bene.- Non me lo faccio ripetere due volte, ho desiderato questo momento da quando l'ho riportato a casa salvo. Mi distendo sul materasso accanto a lui e gli sfioro dolcemente il volto con le mani. Quelle ferite dannate gli irrigidiscono i lineamenti e lo rendono ancora più bello e piacente di quanto già sia. Adesso sono io
che necessito di osservarlo più del dovuto, di bearmi del calore della sua pelle e della
tenerezza dei suoi occhi. Chiude le iridi al mio tocco, abbassa leggermente il volto e asseconda il movimento delle mie mani. Il suo sguardo sfuggevole non fa che farmi percepire in maniera nitida la vergogna che prova per se stesso, la riprovevole sensazione di colpevolezza per aver messo in pericolo tutti. Benché il silenzio aleggi intorno a noi, lo sento perfettamente sfogare la sua rabbia nei confronti della famiglia che gli ha procurato così tante sofferenze, lo vedo battere forte il pugno sul marmo del tavolo del salotto, lo vedo trattenere l'impulso di piangere e chiedersi "Perchè a me?". Se qualcuno oggi provasse solo a sfiorarlo o pronunciare qualche volgarità nei suoi confronti, sarei pronta ad uccidere. Perchè non è affatto giusto che degli occhi così vitali e cristallini debbano piegarsi alla malvagità di chi fa tutta l'erba un fascio. Ti proteggerò sempre, non ti abbandonerò mai Draco. Le mie dita accarezzano l'escoriazione violacea sulle sue labbra e proseguono sotto il mento, fino ad arrivare alla gola. Ho paura di fargli male, ma non mi importa. Mi fiondo sulle sue labbra, depositandovi un bacio leggero. Ma è insaziabile Draco, lo percepisco dal suo respiro che si fa man mano più affannato e dalla sua lingua che cerca di espugnare la fortezza dei miei denti e danzare a ritmo della mia. Sono minuti interminabili di tensione, mentre riscopriamo la totalizzante sensazione dell'abbandono ai sensi. Mi afferra in vita e fa combaciare in una morsa asfissiante i nostri corpi accaldati. Ti sono mancata? Tu mi sei mancato molto. Le sue mani risalgono fameliche su ogni lembo di pelle scoperto e corrono sul mio ventre leggermente arrotondato. Si blocca di colpo, staccandosi leggermente da me, ma non gli permetto neanche per un secondo di mollarmi, perchè tra le sue braccia sto dannatamente bene e sembra starci anche la piccolina, che ha finalmente smesso di scalciare. Gli prendo la mano abbandonata sul mio fianco e la posiziono sulla pancia.

-Hermione, tu sei... ? Noi... di nuovo?-

-Mi sa che la piccola sta apprezzando la tua vicinanza.- E' ipnotizzato da quel gonfiore innocente, lo sfiora come un fiore delicato e sussulta quando un piccolo calcio si abbatte sulla sua mano. Non sa cosa fare, se ringraziarmi o meno, come se fosse una
benedizione concepire un figlio in un momento di instabilità storica come quello che stiamo vivendo! E' terribilmente felice e spaventato al tempo stesso. Ha gli occhi lucidi, le gote leggermente rosse e le labbra vogliose. Esige nuovamente accesso alla mia bocca già dischiusa, assapora ogni angolo di essa e si sposta rovente verso il lobo dell'orecchio, sul quale sento infrangere il suo eccitante respiro ansante. E' forse il suo modo di ringraziarmi? La mia reazione si fa immediatamente sentire e, mentre mi inarco gemente sotto le sue torture, urto la abat jour, la quale si infrange sul pavimento e produce un rumore fragoroso. Sorridiamo entrambi, come due bambini scoperti con le mani nel vasetto della marmellata e, proprio mentre ridò un contegno al mio essere scosso e accaldato, Leon irrompe in camera e si aggrappa al collo di Draco, stringendolo forse un po' più del dovuto e facendogli emettere un piccolo gemito di dolore.

-Papino! Finalmente... tu svegliato!- 

-Leon! Cosa ti ho detto prima? Papà non sta bene e non devi farlo sforzare!-

-Scusa... papi... -

-Potter dov'è?-

-Sta bene. Sta perlustrando la zona vicino il luogo dove vi ha ritrovati. Sembra che Nott e Bellatrix siano gli unici per fortuna.-

-Quella pazza già da sola fa per dieci.-

-Che peccato furetto! Avrei giurato che questa sarebbe stata la volta buona che ci liberassimo di te!-

-"Oh sono tanto felice di vedere che stai bene Draco, amico mio". Anche io sono contento di vederti rossa! Ma queste bende sono un po' troppo strette.-

-"Grazie per avermi curato Ginny, sei una medimaga eccezionale". Di niente furetto!-

-E' vero che si è svegliato? Oh Draco caro, pensavo che avresti dormito per un'altra settimana!-

-E invece mi dispiace deluderla Molly, ma vi darò fastidio ancora per un po'.- Sorride -Vieni da papà Leon.- Il piccolo si accuccia accanto a Draco e lo abbraccia in vita. Ci sono degli istanti interminabili di silenzio, che nessuno si azzarda a rompere, perchè la magia di quel momento resti cristallizzata in un attimo che sa di eterno. Una lacrima scorre solitaria sul mio viso, vittima di uno slancio di tenerezza che non sono riuscita a reprimere ed è per questo che corro veloce fuori dalla stanza, rendendomi per la prima volta veramente conto di quello che è realmente successo e di come poteva realmente concludersi la vicenda. Sento il bisogno di uscire da quell'ambiente così pregno di emozioni e isolare la mia debolezza e fragilità in una dimensione spaziale che sia mia, esclusivamente mia. Non so neanche come io sia riuscita anche solo a camminare, visto che ho una gamba inutilizzabile, fatto sta che adesso mi trovo piangente e appiattita sulle mattonelle di fredda ceramica del bagno, mentre un rumore di nocche sulla porta sovrasta il ticchettio insopportabile del rubinetto che gocciola e interrompe lo straripare incostante della mia emotività distrutta.

 


***

 

 

Il profumo di Leon è panacea per le mie ferite, interiori ed esteriori. Ho sempre adorato l'odore di mio figlio, non perchè fosse oggettivamente mio figlio, ma per tutte le implicazioni del fatto. Mi bastava rientrare a casa la sera e lasciarmi assalire da quell'olezzo che sa di buono e di innocenza. Adesso lo guardo attentamente e vedo un piccolo uomo che sembra non capire, ma in realtà sa tutto quello che un bambino della sua età non potrebbe capire. Che il suo papà si è fatto male, che la sua mamma è triste e che adesso che il suo papà è tornato, tutto si risolverà. Lo spero, lo spero dal profondo del cuore che tutto torni come prima. Ma mentre accarezzo i riccioli biondi di Leon e mi affido all'entusiasmo della gente che mi circonda, vedo Hermione mutare espressione e scappare come una furia dalla stanza. L'ho vista afferrare il bastone abbandonato sullo stipite della porta e picchiare forte sul pavimento, nel tentativo di fuggire in tempo da tutto, da me. Me ne sono accorto solo io della sua reazione, gli altri sembrano ancora godere di quella scena così intima e imbarazzante.

 

-Ginny per favore, prendi Leon e portalo nella sua stanza.- Ginny afferra Leon sotto le braccia e gli fa appoggiare il capo sulla sua spalla. Prima di girare la maniglia della porta e uscire, mi rivolge poche parole.

-Dove credi di andare conciato in quel modo? Guarda che le ferite non si sono del tutto cicatrizzate.-

-Ho bisogno di andare al bagno. Vorresti accompagnarmi tu per caso?- Il mio tono di voce sarebbe dovuto sembrare malizioso, ma il tentennamento nel pronunciare quelle parole e l'assenza di spavalderia nei lineamenti del mio volto, non riescono a prendere in giro ne Molly ne Ginny, le quali, scambiandosi una occhiata eloquente e notando finalmente che Hermione non è più nella stanza, capiscono di dovermi lasciare andare.

-...Ha mangiato poco e niente in questi giorni. Leon la tartassava di domande su dove fossi e perchè non fossi a casa. E' una donna forte, ma questa esperienza l'ha segnata più di quanto voglia far vedere.- Non riesco a proferir parola ho la salivazione azzerata e i nervi tesi. Vorrei piangere, ma in fondo non sono io ad averne bisogno. E lo so, ed è proprio per questo che adesso non la posso più abbandonare. Metto le gambe fuori dalla coperta e con qualche spinta di troppo riesco a mettermi dapprima seduto e poi in piedi. Ho le vertigini, vedo l'ambiente intorno a me girare e un senso di nausea mi assale. Ricasco sul materasso molleggiante, lasciando un solco su di esso e dopo aver rifiutato l'aiuto di Molly con un gesto della mano, mi ergo finalmente in piedi e mi incammino fuori dalla stanza. Ne sono sicuro che si trovi in bagno, la conosco e so che quello è il luogo in cui si rifugia quando ama rimuginare sulle cose e dare sfogo ai suoi pensieri. Busso una volta, poi due, senza ottenere risposta. Alla terza volta spingo lentamente la maniglia verso il basso e infilo la testa nella stanza con cautela. E' li, rannicchiata su se stessa, con la sola gamba inferma adagiata sul pavimento e gli occhi tersi che sembrano chiedere "aiuto". Scuote la testa e nasconde il viso rigato, deve essere difficile per il suo cuore, ma soprattutto per la donna coraggiosa che è diventata nel corso degli anni, arrendersi a piangere e soprattutto accetare che qualcuno possa vederla piangere. E' un privilegio che non hai mai concesso a nessuno. Sono sempre stati lei e il suo dolore, da soli. Non ci riesco a far finta di niente e a lasciarla in quello stato, anche se preferirebbe così. E' talmente piccola e fragile in questo momento, che se fossi sano la prenderei in braccio e la stringerei fino a farle male. Decido che è meglio essere cauti, così metto un piede dopo l'altro, mi avvicino e mi siedo accanto a lei.

-Amore.-

-Non... non guardarmi.-

-Ho aspettato di rivederti per tutto il tempo che non ci sono stato, e adesso mi impedisci di guardarti? No signorina, non ci siamo proprio.- Mentre sorrido, le allontano dal volto le braccia con cui si è prontamente coperta e le sollevo il mento con le dita. E' sconvolta, è rossa in viso, la lacrime si sono sedimentate sulle guance e ha le labbra totalmente distrutte, perchè, se la conosco bene, le avrà mordicchiate a sangue. E' semplicemente perfetta.

-Hermione, parlarmi. Per favore, voltati e dimmi qualunque cosa tu voglia. Chiedimi ciò che vuoi, ma ti supplico, parla.-

-Qualunque cosa?- Mi chiede, ancora nascosta.

-Sì.-

-Ti amo.-

-Oh, ma questo lo so.- Sorrido e lei finalmente mi degna dell'onore di guardarmi negli occhi. Appoggia la testa sulla mia spalla, ma non resiste all'impulso di affondare il naso nel mio collo. Sento il suo respiro infrangersi irregolare sulla mia pelle e l'eccitazione mi invade come un torrente in piena. Mi adagia una mano sul petto bendato e mi cinge la vita con il braccio libero. A quanto pare non sono l'unico in preda agli ormoni come un ragazzino adolescente e la sua risposta si fa sentire egualmente impellente.

-Draco, io ne ho bisogno.-

-Di cosa?-

-Di fare l'amore.-

-Hai mai dovuto chiedere per avermi?-

-No.-

-E allora perchè lo stai chiedendo adesso?-

-Perchè non avrei potuto chiedertelo adesso?-

-Perchè non devi chiederlo mai. Tu mi prendi e io ti seguo.-

-E perchè allora non lo stai facendo?-

-Tu mi hai preso?-

-Non vedi che sono storpia?-

-Non vedi che sono tutto rotto?-

-Malfoy, sempre questa attitudine all'esagerazione!-

-Hermione, adesso basta chiacchiere.- Non riesco proprio a fermarmi. Le prendo il viso tra le mani e assaporo quelle labbra devastate e le distruggo ancor di più. Le curo, lambendole con la lingua e insidiandomi con il mio ardore.

-Draco... non qui.- Poggio una mano sul pavimento, mi do una spinta e con lo stesso sforzo le tendo la mano e la trascino verso la nostra stanza. Ci guardiamo negli occhi come la prima volta che abbiamo fatto l'amore e ogni volta riscopro la virginea sensazione di unirmi a lei. Non ne avrò mai abbastanza di questa piccola e fragile bambina. Sì è la mia bambina, perchè nonostante tutte le avversità e l'odio che ci hanno stoltamente diviso per anni, siamo cresciuti insieme e abbiamo imparato a conoscere i nostri rispettivi pregi e difetti. Mentre la trascino con me, non riesco a smettere di guardarla scrupolosamente e notare che anche lei sente la voglia che cresce e la pelle che scotta. Finalmente tocco la porta con la schiena e la apro, aiutandomi con il gomito. Non capisco esattamente cosa stia succedendo, so solo che mi fa fermare e lentamente mi spinge a sedere sulla poltrona di pelle posizionata accanto al letto. Mi sistemo comodamente e la guardo adorante, mentre con una calma e delicatezza estrema si fa scivolare la vestaglia lungo le spalle. Con un gesto fermo della mano le impedisco di andare oltre, così la attiro su di me, la faccio accomodare a cavalcioni sulle mie gambe e continuo ciò che lei aveva iniziato. Voglio essere io a spogliarla di quelle inutili stoffe, io a riscoprire la benefica sensazione delle mie dita che scorrono sulla sua pelle liscia. La veste candida cade per terra, accompagnata dal movimento delle mie mani, che si posano impudiche sui suoi fianchi e la accarezzano maliziose dal seno in giù. Un gemito fuoriesce dalle sue labbra vogliose e non posso fare a meno di pensare che sia una visione eterea, quasi impalpabile e irraggiungibile materialmente. Affondo il viso tra i suoi seni morbidi e mi accorgo che anche lei ha già cominciato a considerare i miei pantaloni un ostacolo atroce. Mi slaccia la cintura senza mai distogliere gli occhi dai miei e quando finalmente mi libero di loro, sollevandomi leggermente e facendo scontrare le nostre intimità, il calore umido di lei mi suggerisce che è già pronta e che davvero quel momento è stato atteso per un tempo lunghissimo. Quando la accarezzo gentilmente, quel contatto la fa vibrare di piacere e inarcare sensualmente il corpo verso il mio, altrettanto pronto e fremente.

-E' sempre così... sempre...-

-Così... così come Hermione...?- Sono arrivato al limite, la mia voce si strozza e la vista si annebbia. I nostri corpi si sfregano, reclamano la loro soddisfazione, senza mai raggiungerla. E' un tira e molla snervante e insopportabile, ma è proprio questo a cui miriamo: l'ossimorica voglia di insoddisfazione. La desidero oltre ogni dignitosa maniera e quel suo modo di rispondere frastagliato e incontrollato, mi procura una ondata di elettricità e calore, che subito inturgidiscono la mia eccitazione già estremamente consistente. Si aggrappa al mio collo con le braccia e lascia scivolare le sue labbra sul mio lobo, sussurrandomi miele e parole.

-Così... meraviglioso e totalizzante. Non... non ce la faccio amore...-

-A fare...cosa?-

-Ti prego Draco, sto per...- Irruente penetro la sua intimità e mi lascio cullare e guidare da quella incredibile sensazione di completezza. Resto immobile solo per un momento, per bearmi del calore tanto familiare e con una lentezza esasperante aumento gradualmente il ritmo degli affondi, finché sento penetrarmi le unghie di Hermione nelle spalle e una delle bende allentare la presa sul mio corpo, scivolando via da esso. Mi chiedo come abbia fatto a resistere a lungo senza di lei, senza l'accogliente rotondità del suo ventre, senza nutrirmi dei suoi ansiti di eccitazione. L'orgasmo ci coglie impreparati e inebetiti dall'ebbrezza del momento. Si accascia sulla mia clavicola, inumidendola di quelle che interpreto come lacrime, mentre io sguscio fuori la testa dai suoi seni e richiamo la sua attenzione.

-Che ti succede, qualcosa non va?-

-Tutto non va...tutto!- Piange lacrime amare, lacrime di felicità, lacrime di dolore. Sollevo il viso verso il suo, più in alto per la posizione, e la bacio in modo dolce, senza pretese. Prima la fronte, poi il naso, poi ancora ognuna delle guance e infine l'angolo della bocca. 

-Ho avuto paura, paura da morire. Di non vedervi tornare, di sapervi morti. Quando... quando ho visto Leon in braccio ad Harry l'altra sera... ero felice, oltre ogni immaginabile modo. Ma egoisticamente il mio pensiero è andato a te. Mi si è paralizzato il cuore. Harry non voleva dirmi nulla e ho pensato il peggio. Quella stessa notte stavo per smaterializzarmi nel Wiltshire, perchè, nonostante non sapevo dove fossi, ho pensato che iniziare da li sarebbe stato opportuno. Harry mi ha scoperta e voleva impedirmi di partire. Mi ha detto che una persona storpia e vulnerabile come me, si sarebbe spaccata immediatamente. Ma ero irremovibile, non ti avrei abbandonato per nessuna ragione al mondo. Per Godric, ero devastata dalla tua mancanza! Così Harry ha deciso di accompagnarmi e quando ti ho visto in quello stato... sono morta anche io. Penso che non mi riprenderò mai... mai!-

-Amore mio, vieni qui.- La stringo forte in vita, le passo le braccia dietro le spalle e desidero disperatamente poter provare io il suo dolore per liberarla da quel macigno insopportabile. Deve aver provato una sofferenza inaudita, la stessa che avrei provato io a saperla in pericolo, anzi probabilmente sarebbe stata ancor più grande. La vedo artigliare disperata il mio volto e gridarmi in faccia poche parole, pregne di tormento.

-Non farlo mai più, mai più! Non permetterti di abbandonarmi ancora!-

-Io... non posso farlo. Non mi azzarderò ancora a fare delle promesse che non posso mantenere.- La vedo aprire la bocca per ribattere, ma la fermo, mettendole l'indice sulle labbra.- Ti avevo promesso che sarei tornato a prenderti e non ho potuto. Ti avevo detto che Leon era al sicuro e invece Nott l'ha trovato. Certo aiutato da Bellatrix, ma...-

-Ma tua zia è morta, l'abbiamo vista sparire in coriandoli!-

-Ti assicuro che è viva e vegeta e che ha aiutato Nott ad aggirare le protezioni del Manor.-

-Sai cosa significa questo, vero?- Faccio un cenno rassegnato con il capo.

-Che la guerra non è mai finita, nonostante la morte di Voldemort. Ma, sebbene non possa farti promesse, c'è qualcosa a cui terrò fede sempre e comunque. Non vi abbandonerò per nessun motivo al mondo e vi proteggerò, anche sacrificando la mia vita. Moriremo insieme, quando sarà l'ora.-

-Non dire assurdità del genere! Noi sconfiggeremo questi residui di male e torneremo a vivere sereni, a mangiare marmellata, a fare la lotta con i cuscini, a fare il bagno in piscina e...

-E adesso baciami e sta zitta petulante so tutto io!- Ha appena cominciato a baciarmi, ma un ticchettio alla porta interrompe la nostra più che soddisfacente attività. Uno scricciolo con un orsetto tenuto malamente per la zampa irrompe nella stanza, mettendosi vergognoso le mani davanti al volto. Siamo in una posa indecente, visto che Hermione è ancora nuda sopra di me e io sono altrettanto nudo e stravolto. La copro con il mio corpo, mentre lei raccatta la vestaglia e la indossa di fretta.

-Papino... ho fatto un sogno brutto... posso...- Si stropiccia gli occhi umidi di pianto e si avvicina timoroso.

-Devi imparare a dormire da solo, non è successo niente.-

-Dai Hermione, dopo tutto quello che...-Non termino neanche la frase. Lei capisce al volo e gli tende una mano, che Leon prontamente afferra.

-Vieni tesoro, andiamo a dormire.- Prende per mano anche me e usciamo dalla stanza, ma a metà del corridoio notiamo Ginny correre trafelata verso di noi. Evidentemente ci stava venendo a chiamare. Dietro di lei un cervo luminoso. Notizie da Harry.

-Si tratta di Harry, è riuscito a neutralizzare Nott e Bellatrix. Ma... si sbagliava. Ce ne sono degli altri, molti altri. Ha bisogno di aiuto.-

 

***

 

Buon pomeriggio lettori :)
Tra i capitoli che fino ad ora ho scritto, questo è sicuramente uno dei meno "crudi", ma non per questo meno pregni di emozione per quanto mi riguarda. Ho cercato di rendere al meglio la sofferenza di Hermione, spero che l'abbiate percepita.
Ho cercato inoltre di non eccedere in dettagli troppo spinti, nel descrivere la scena intima tra Draco ed Hermione. Quindi qualora secondo voi lo avessi fatto e riterreste opportuno che cambi il rating della storia, fatemelo sapere :)
Ci tengo a precisare che la frase: "*Ho visto quindi so"
, l'ho attinta da una particolarità dell'aoristo del verbo greco "orao", che significa "vedere". οἶδα può infatti essere interpretato come "ho visto, quindi so. Potrebbe sembrarvi una particolarità inutile, ma io ho ritenuto comunque carino riportarla qui. :)
Spero che abbiate apprezzato :)

Ne approfitto per pubblicizzare le mie altre due Dramione in corso:


Three Blood, One Blood:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2558011&i=1

Grytherin's Secrets:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2598475&i=1

FACEBOOK:  https://www.facebook.com/ErikaAstoriaGM

Grazie per aver letto :)

Erika AstoriaGM

 

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Capitolo 6
*** Tragic As the Lady With The Scythe ***


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Capitolo 6. Tragic As the Lady With The Scythe

 

 

Avviene tutto così in fretta, che non mi accorgo della manina tiepida di Leon che lascia la mia e del bacio incoraggiante di Draco sulla tempia. La stanza si riempie di rumori ovattati, di sedie che cigolano sotto il peso dei loro possessori e delle lacrime di Molly, che a stento mette la mano sulla bacchetta, sfilandola dalla tasca della vestaglia e brandendola, fiera. Ogni fotogramma dei movimenti intorno a me si cristallizza nella mente, sovrapponendosi alle immagini crude di un guerra che credevamo sopita e che invece molesta ancora la nostra quotidianità. Una figura imponente affianca Molly, cingendole le braccia e scuotendola rudemente. La sua rada chioma rossa si agita, assecondando i movimenti del corpo, per poi accasciarsi sulle spalle tornite di colei che abbraccia.

 

« Arthur! Santo cielo! Come mai sei qui? »

 

« Durante il viaggio mi è arrivato un gufo anonimo con un'aria regale. Poche righe, con richiesta di discrezione massima a riguardo, in cui si fa cenno ad una colonia residua di Mangiamorte, che sembrano cercare qualcosa o qualcuno. Mi sono precipitato qui immediatamente. » Arthur passa in esame ognuna delle nostre espressioni facciali, alternando lo sguardo da una persona all'altra, fino a fermarsi sul viso di Draco, evidentemente sconvolto e meno capace di trattenere la propria frustrazione. Nuvole cariche di pioggia che coprono il sole sono l'allegoria della sua voce, che si leva quasi lamentosa, sovrastando il chiacchiericcio infantile di Leon. Lo scruta, lo guarda giocare con il suo orsacchiotto, mentre si porta goffamente dietro le orecchie un ricciolo biondo e sbadiglia vistosamente. Chissà se come me avrebbe una incommensurabile voglia di stringerlo a sé e di addormentarsi con il suo odore innocente addosso.

« Vogliono lui » si volta lentamente verso Leon, seguito da tutti noi. « Lo hanno già rapito una volta. Ci hanno già rapiti. Ma grazie a Salazar, siamo qui per raccontarlo. »

« Ma…perchè? »

« Perchè le colpe dei Malfoy ricadono sui figli. Mio padre –sputa fuori quella parole con astio e disprezzo– ha ucciso un bambino. Nott cerca vendetta per il figlio e il capro espiatorio sono io o meglio, Leon. » Le sue parole sono come lame ghiacciate, mi attraversano implacabili i polmoni, senza permettermi un attimo di respirare. E' così amara e cruda la verità di quelle parole, che mi affloscio sul pavimento, vinta dalla negatività, e mi trascino verso mio figlio. Allargo le braccia, attendendo che vi si tuffi dentro. Affonda il capo sui miei seni e mi stringe la schiena. Ho bisogno di portare con me questa idillica sensazione di perfezione e felicità, perchè so che ne avrò bisogno quando sarò via a combattere contro gli ideali vili di un morto. Ma se neanche la sua dipartita ha cessato l'odio e i pregiudizi di sangue, come si può sperare di debellare la piaga dei suoi seguaci?

« Io e papà dobbiamo assentarci per qualche giorno. Tu resterai qui con zia Molly e mi prometterai che farai il bravo. D'accordo amore? » E' tremendo vedergli abbassare gli occhi chiari e annuire, sconfitto, con il capo. Accetta con garbo una realtà che non vorrebbe mai farsi andar bene. Sono così fiera di questo bimbo grande. Lo attiro a me e gli deposito un bacio sulla fronte, ricevendone a mio volta uno umido sulla guancia. Si stacca da me e corre da Draco, il quale lo accoglie a braccia aperte e lascia che si avvinghi al suo collo.

« Papino…non tornare tutto rotto, va bene? » Quella frase risuona nella stanza come fosse un petardo insopportabile, di quelli che scoppia all'improvviso, sferzando il silenzio assoluto. Draco spalanca gli occhi, incredulo. Gli accarezza il viso con le dita e gli sorride impercettibilmente. Ancora una volta è costretto a fare una promessa che non è sicuro di poter mantenere. Ma come negare a quegli occhi imploranti una dolce menzogna? Né io né il mio compagno potremmo mai accettare la sofferenza di Leon. Condivido il tumulto interiore di Draco, la bastarda scelta tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Leon gli stringe il petto e si aggrappa ad esso, perchè non vorrebbe mai lasciarlo andare. E' in quel momento che il viso di Leon impallidisce, gli occhi diventano vitrei e la sua bocca emette un urlo disumano. Si accascia per terra, tenendosi le mani strette sul petto. Ansima e respira a fatica, sudore freddo gli imperla la fronte. Vedo Draco impallidire a sua volta, sollevare da terra Leon e sistemarlo sul divano. Viene verso di me, forse mi parla o forse no. Non sento nient'altro che la voce di mio figlio gridare e il mio cuore rallentare i suoi battiti. Penso subito alla piccola vita che cresce in me e la mia mano corre in un gesto involontario sul mio ventre. Un piccolo calcio si abbatte sul mio palmo aperto e mi riscuote dall'interdizione. 

« Hermione… Hermione dannazione! Aiutami ti prego! » mi urla Draco disperato. Le mani gli tremano incontrollate, la voce è instabile. Solleva la maglia del pigiama di Leon e quell'espressione disperata che lo ha contraddistinto negli ultimi minuti gli si paralizza in volto. « Prendi dell'acqua fredda e diluiscila con dell'alcool puro! Poi immergi delle garze sterili nella soluzione, aiuterà a rinfrescarlo e ad alleviargli il dolore. »

« Che cosa…? Draco che cosa c'è… cosa hai visto?! » In pochi minuti recupero ciò che mi ha detto e gli lascio adagiare le garze sul petto di Leon. Si volta verso di me, sul viso una smorfia inquietante. Stringe le mani ferocemente, contrae i muscoli delle spalle e colpisce il muro. Molly gli si avvicina e gli allontana dolcemente il braccio dal muro. Si gira nuovamente verso di me. 

« Guarda, guarda con i tuoi occhi cosa c'è. Ammira cosa mi ha procurato quel figlio di puttana di mio padre! Guarda il petto di nostro figlio! » Sono terrorizzata dal suo tono di voce. Non l'ho mai visto tanto stravolto. In alcuni dei momenti peggiori della mia vita, Draco è stato il mio sostegno, è stato il mio locus amoenus*, colui che mi ha dato un motivo in più per lottare. Ma adesso non lo riconosco, perchè quell'espressione brutale che ha sul viso, significa che non c'è più un briciolo di speranza di risollevare le sorti della nostra esistenza. E' come se avesse mollato. Ma mio figlio è ciò che ho di più importante, non vi è neanche la più remota possibilità che io non lotti. E Draco farà bene a collaborare, non c'è spazio per la rassegnazione. Non quando c'è Leon di mezzo. Sollevo con cura le bende bianche ed eccola. La vedo quella macchia sul suo petto, è scarlatta, nera ai bordi. E' la stessa che ho notato quando è tornato a casa ed ho scambiato per un livido. Ricordo quella bruciatura ardere sul braccio di Draco. E' la maledizione di chi si è schierato dalla parte sbagliata. Non è quel simbolo ad imbrattare la pelle di Leon, ma una semplice macchia amorfa, che arde, indelebile, allo stesso modo.

« Quello è una specie di… marchio. Ma non è quello convenzionale… non è… » Lo vedo alzarsi la manica della maglia e sfiorarsi quell'affronto che ha sul braccio. E' quasi vergognoso, nel suo tentativo di nascondere l'abominio che ha rovinato la sua esistenza. Nonostante gli abbia intimato molte volte di non dover celarlo, si ricopre immediatamente, scansando le mie mani dal suo avambraccio e chiedendomi scusa con un cenno silente del capo. Sono gli occhi che lo rendono così incredibilmente reale e vivo. E' sempre stato un individuo algido, con scarsa tendenza alla comunicazione. Ma se si guarda nel grigio piombo delle sue iridi, tutto ciò che le parole non esprimono, si evince dagli esse.

« … non è il mio, si Hermione. L'ho sfiorato soltanto e sembra carne viva. » Si passa una mano sul volto, poi le dita sugli occhi lucidi. Non resisto all'impulso di afferrargli il volto e baciarlo. Non mi importa niente delle persone presenti nella stanza, lui ha bisogno di me e io devo infondergli il coraggio di cui ha bisogno. E' un bacio profondo, lento, che non ha nulla di erotico. E' uno bacio triste, è un bacio bisognoso. Draco vi riversa ogni sensazione, ogni emozione negativa. Sono il suo sfogo e sono felice di esserlo. Mi morde le labbra quasi. E' stravolto, molestato dalla rabbia cieca che lo attraversa e dal dolore insopportabile di Leon pallido come la luna. Gli cingo la schiena con le braccia e adagio il capo sulla sua schiena.

« Ce la faremo, Draco. Ma ti prego, ti supplico, non devi avere quell'espressione sul viso. »

« Quale espressione? »

« Quella di chi è tentato di mollare. » Stacca le mie braccia da sé e mi guarda deluso, puntando i suoi meravigliosi occhi, furiosi, sui miei.

« Cosa? Come puoi pensare che io possa mollare? E' Leon, è mio figlio! Sai a cosa è dovuta l'espressione sulla mia faccia? No? Te lo spiego subito! Quella macchia l'ho ricevuta anch'io, a sette anni! E' la sofferenza più atroce che abbia mai subito. E' una punizione! »

« Che… che vuol dire? »

« Può essere rimossa solo da chi l'ha inflitta, solo quando la punizione verrà scontata. E se… » un lamento più forte da parte di Leon, la fronte sudata, gli occhi spenti.

« …Draco, che succede se non si sconta la punizione? »

« Non vorresti saperlo, amore. »

 

 

***

 

 

« Non voglio perdere un altro figlio… non potrei sopportare lo stesso dolore un'altra volta. » E' una nenia quella di Molly, mentre accarezza la fronte di Leon, scostandogli i capelli dal viso. E' il dolore di una madre, quello che ti blocca il cuore e ti fa tremare al solo pensiero di veder un figlio morire. 

« Sono sicura che Ron sta bene. Molly… dobbiamo avere fiducia in lui, dobbiamo… »

« No Hermione, non possiamo. Ron è scomparso, è inutile prenderci in giro. »

« Ma non ci sono prove che… »

« Hermione! » la voce di Ginny sovra la mia. « Basta! Non vedi che Ron non è qui e non ne abbiamo notizie da anni? Perchè dovrebbe essere ancora vivo? Perchè illuderci ancora e soprattutto illudere mia madre!? » La furia nello sguardo di Ginny è quella di una amazzone, l'audacia è quella di una Grifondoro che ha accettato di amare in silenzio un ragazzo dal destino già segnato, l'affetto è quello di una sorella che non ha più visto tornare a casa il sangue del suo sangue. Cosa può scalfirla ancora? Cosa può placare la rabbia dei suoi occhi?

« Perdonami Ginny, hai ragione. Dovremmo prepararci per andare adesso. Harry starà facendo fatica a gestire tutto. Ma non ce la faccio a… » Vigilo su Leon, arrestando più volte lo sguardo su quel livido maledetto e penso che non è affatto giusto per un essere umano sopportare tutto questo. Vorrei piangere, ma non ho più lacrime, non ho più la reattività fisica al dolore. Tutto ciò che succede lo accumulo a livello emotivo e lo incanalo positivamente per reagire.

« Starà bene con mia madre. Piuttosto tu sei realmente convinta di voler venire? E' una missione suicida. E poi sei incinta. »

« Non sono mica malata! E poi credo che la bambina mi abbia curato la gamba. E' una sensazione straordinaria questa. Da un giorno all'altro non ho più sentito dolore e il mio arto ritorna come nuovo. Il seme di Draco ha solo fatto di nuovo centro. » Sorride, io la seguo a ruota. Siamo tutti disposti intorno al vaso che Arthur ha incantato come passaporta. Draco mi cinge la vita e sfiora la mia tempia con le labbra. 

« Suppongo di non aver alcuna speranza di convincerti a restare, giusto? » mi sussurra.

« Supposizione corretta, amore. » Mi sorride, rassegnato. Quando stiamo per toccare la passaporta e abbandonarci al suo vortice, un altro urlo di Leon impedisce la nostra corsa. Molly è riversa sul pavimento, il posto occupato da Leon sul divano è vuoto. Lascio la presa di Draco e mi dirigo fuori dalla Tana, inseguita dal resto della famiglia Weasley. Un silenzio irreale aleggia intorno a noi, ma un rantolo lamentoso attira la nostra attenzione. Leon è sospeso in aria, le braccia ricadono mollemente sui fianchi, la testa abbandonata sul collo. La notte lo ingloba nel suo mistero, la luna gli accarezza i lineamenti pallidi. 

« Leon! Leon! Leon! » Una bacchetta in lontananza si agita, mantenendo il corpo di Leon sospeso. Il viso di un uomo dalla carnagione lattea e gli occhi pesti si palesa spettrale, avanzando verso di noi. Non rifletto neanche, comincio a correre verso di lui, lasciandomi penetrare dal freddo della notte. Draco mi chiama a gran voce, intimandomi di fermarmi. Forse mi grida anche che la persona verso la quale corro è un pazzo, un uomo senza scrupoli. Ma dannazione, mio figlio è li inerme e io devo salvarlo. Mi fermo a un palmo di naso dall'essere che classifico immediatamente come viscido. E' persino familiare il suo viso. Ordina ad un altro Mangiamorte, che contrariamente a lui indossa la maschera, di mantenere Leon nell'aere, mentre continua a puntarmi la bacchetta sotto il mento. 

« Lascia mio figlio in pace. » Pronuncio ogni parola, digrignando i denti. Mi afferra il volto violentemente e lo gira da una parte all'altra. Si umetta le labbra e mi lascia un bacio umido dal collo alla mandibola. Sono schifata, come testimonia la mia espressione sul viso.

« Nott, lurido bastardo smettila subito! » La voce di Draco la sento pian piano più vicina, fin quando avverto la bacchetta lasciare il mio collo e scagliare un Incarceramus verso di lui. Mi analizza ancora, posando i suoi occhi meschini sul mio corpo dall'alto vero il basso. Poi apre la bocca.

« Malfoy non impari mai vero? » lascia la mia mandibola e accosta la bocca al mio orecchio. « Io e te ci divertiremo insieme. » Il suo ghigno provocatorio mi irrita oltremodo, mentre mi avvicino a Draco, seguita da Nott. 

« Evanesco » mormoro, liberando Draco dall'ingombro delle catene. Lo aiuto a rimettersi in piedi, sotto lo sguardo vigile dell'impostore che ci guarda con un sorriso di scherno, rigirandosi la bacchetta tra le dita.

« Ma che bel quadretto familiare. Finalmente insieme! » Draco mi si para davanti, afferrandomi la mano e sguainando la bacchetta sul petto del Mangiamorte. 

« I tuoi giochetti sono alquanto tristi Theodore. Da un seguace così affezionato alla causa di un mezzosangue che vuole la morte di altri mezzosangue, mi aspettavo di meglio. » Una furia insana attraversa il volto di Nott, che con un gesto fulmineo lancia una Bombarda sulla casa dei Weasley. Ginny non fa in tempo a scansarsi: una tegola le cade sulla schiena, facendola capitolare sul terreno umido.

« Ginny! Per Godric, Ginny! » Arthur e Molly si precipitano da lei, allontanandola dalla scena di guerra e dalle rovine della casa. Ancora quella voce odiosa parla, sputando veleno.

« Sai Malfoy » ricomincia con tono mellifluo « queste tue fughe non fanno che aumentare il prezzo da pagare per ottenere la tua libertà e quella della sangue sporco che ti porti a letto. » Mi getta un'occhiata lasciva, facendo scivolare la bacchetta dal mio seno al ventre tondeggiante. Sussulto non appena sfiora la pancia, insinuandogli il dubbio che ci sia qualcos'altro che non sa. Sento la rabbia invadermi come un torrente in piena, gli occhi due bracieri ardenti. Mio figlio si merita un destino diverso di quello voluto da Nott. Desidero che possa svegliarsi la mattina e salutare il giorno con serenità, senza dover preferire di esser morto, pur di non dovere affrontare lo scempio della guerra. Dobbiamo lottare in onore di coloro che non si sono più, di coloro che si sono gettati in pasto al nemico senza neanche pensarci, combattendo con valore. Draco si volta verso di me, una traccia di insofferenza sul volto. Mormora qualcosa tra le labbra. Io capisco solo dopo qualche istante che si tratta di un " è tutta colpa mia." Tenta di lasciare la mia mano, ma non ci riesce. Gliela stringo più forte e lo sospingo verso di me. Deve smetterla dir di arrendersi. Gli afferro il viso, posando i pollici sulla sua bocca. Intanto Leon ha ricominciato a gridare e il mio cuore sta cominciando a sgretolarsi, vittima delle macerie della mia emotività dilaniata dal dolore.

« Ti prego amore, ti supplico. Togliti quella espressione dal viso! » Mette le sue mani sulle mie e se le allontana dal volto. Non posso crederci che ha mollato, il mio cuore non può sopportare la resa della sua metà. Lo chiamo, incurante della presenza di Nott che incombe nefasta sulle nostre esistenze. Draco continua imperterrito ad andare incontro al suo aggressore, attraversando la steppa del terreno e lasciando un'impronta ad ogni passo. Gli vado dietro, gridando ancor di più, sudata e ansimante.

« Draco, ti prego torna qui! Non puoi lasciare Leon in balia di lui! Se non vuoi farlo per me, fallo almeno per tuo figlio. » Arresta il suo cammino e torna immediatamente da me. Apre la bocca, tentennando una risposta che non arriva subito. Un urlo di Leon sovrasta il vento invernale, rendendomi incapace di fare anche solo un passo. E' terrificante la tonalità che raggiunge, è incredibile constatare come l'entità delle sue grida combaci incredibilmente con lo sguardo desolante di Draco.

« Se tu solo sapessi cosa significa quel livido, non avresti neanche pensato a quelle insinuazioni. Che ne dici Nott, di spiegare tu alla madre di mio figlio, cosa è quel marchio? » Lo guarda con talmente tanto ribrezzo, che ho l'impressione che gli si getterà addosso e lo finirà alla babbana. Sono rare le occasioni in cui Draco sfoggia quel ghigno osceno e nella maggior parte dei casi, non preannuncia niente di buono.

« Vedo che te lo ricordi, Malfoy » lo schernisce. « Questo dolcezza è il segno delle colpe dei padri che ricadono sui figli. Il tuo vile compagno l'ha subito, quando Lucius ha fallito nel primo tentativo di riportare il Signore Oscuro in vita. Si chiama Metamarchio, roba oscura, davvero oscura. Diciamo pure che se Draco non si farà uccidere, tuo figlio morirà. Ah, e per evitare che possiate aggirare l'ostacolo, ho provveduto a modificare la natura del marchio. » 

« Draco… cosa altro c'è? E' per questo che non me lo hai voluto dire prima? » Non mi ascolta neanche, si porta le mani sulla testa e si lascia trasportare dalla disperazione.

« Va oltre ogni immaginazione…Dio Nott, tu sei un fottuto psicopatico! Tu hai…hai messo il tuo sangue nel marchio…Questo significa che…»

« …che vostro figlio mezzosangue patirà su di lui le sofferenze fisiche del sottoscritto. Non potete toccarmi, senza fare del male anche a lui. Solo io che sono l'autore del marchio, posso rimuoverlo. » Ghigna Nott, soddisfatto. Mi metto a correre verso di lui, gli afferro il colletto del cappotto che indossa e riverso su di lui tutto il disgusto che provo.

« Sei solo la feccia dell'umanità. Credi che tuo figlio vorrebbe questo? Credi che uccidere un bambino innocente possa risolvere qualcosa? Beh, sai qual è la novità? Tuo figlio è morto e niente lo riporterà in vita! » Mi accorgo che ho pronunciato quello parole con troppo astio e che il loro significato è risultato ben più cattivo del tono che avrei voluto usare. Nott sgrana gli occhi, soppresso da tanto ardore e punta la bacchetta verso me e Draco.

« Non mi sfuggirete di nuovo. Salvate vostro figlio, lasciatevi uccidere e garantirò a Leon un'esistenza coi fiocchi, proprio perchè sono buono. » sorride, falsamente accomodante « Avada Ke… »

« Stupeficium! » Una voce lugubre si leva dalla boscaglia intorno a noi, colpendo Nott di spalle e salvandoci la vita. Cerchiamo di capire chi sia, ma l'ombra nera si è dileguata, senza lasciarsi trovare. Che fosse Harry? Ma perchè scappare? Ciò che è successo stride con le parole da Nott appena pronunciate, perchè Leon non ha urlato, quando il primo si è accasciato sul suolo. Mi porto le mani alla bocca e trattengo a stento un singulto.

« Draco! Perchè Leon non ha urlato? Perchè non ha emesso neanche un fiato? Perchè…? » Draco si trascina verso Leon, le lacrime scendono sul suo volto incontrollate. L'aura intorno al suo corpo si affievolisce, facendolo calare lentamente verso terra. Io e il mio compagno ci guardiamo, gli occhi privi di vita dell'uno assorbono il dolore dell'altro. Il viso di Leon è sereno, quasi come se non avesse aspettato altro che questo. La macchia sul petto è ancora li, spavalda, a ricordarci che non abbiamo vinto. Cado sulle ginocchia, trascinando con me Draco, che adagia involontariamente la testa sul mio ventre. Sento le sue lacrime fredde pizzicarmi l'addome e lo stringo forte a me, affondando le mani tra i suoi capelli. Si aggrappa alla mia vita, comincia a baciarmi il ventre, percependo forse più intensamente delle altre volte i calci della piccola. Avverto una momentanea ed idillica sensazione di calore partire dal ventre, quando Draco sussurra sulla mia pancia "Ricominceremo da te, Demetra", come se la piccola volesse ripagarci di tutto l'amore che abbiamo da offrirle e delle pene che abbiamo patito. Si accorge di un biglietto stropicciato accanto al corpo di Leon. Reca poche crude parole e la notizia di un'altra insopportabile dipartita. Gli alzo il volto rigato di lacrime e aspetto la sua risposta, che non tarda ad arrivare, tragica come solo la signora con la falce può essere.

« Perchè la morte dura un attimo e non ti lascia neanche il tempo di gridare. »

 

***

 

Buonasera lettori.
Perdonate l'aggiornamento tardivo, sono desolata. Spero non abbiate perso la voglia di leggere la mia storia. :) 
Sono devastata da questo capitolo, sto provando una sofferenza incredibile.
Ci eravamo lasciati con la richiesta di aiuto fatta pervenire ai Weasley, Draco ed Hermione tramite il patronus di Harry, che in questo capitolo non è comparso affatto. Vi assicuro che una spiegazione c'è, ma non è adesso che posso darvela. Tutti si armano per partire alla ricerca dei Magiamorte ed aiutare Harry, ma c'è un intoppo. Leon comincia a urlare, lamentando un dolore al petto. Draco è  terrorizzato e perde un attimo la calma. Alzandogli la maglietta, nota una macchia violacea, che ricorda ben. si tratta del "Metamarchio" (elemento di mia totale invenzione), il quale veniva inflitto da Voldemort in persona ai figli bambini dei suoi seguaci, qualora questi ultimi avessero fallito in una missione loro affidata. La particolarità di questo marchio sta nel fatto che ogni volta che una punizione fisica viene inferta ai padri, questa viene automaticamente sentita dai figli. Nel caso del piccolo Leon, viene utilizzata in modo abietto: Nott utilizza il proprio sangue, non quello di Draco, per creare il Metamarchio di Leon, rendosi immune da qualsiasi attacco dei Malfoy. Il marchio inoltre può essere eliminato solo da chi ne è l'autore e solo se questi è soddisfatto della punizione.

Non commento la fine del capitolo, anzi vi autorizzo a lanciarmi qualsiasi fattura/maledizione come so che HermClary farà, per esempio.
C'è un elemento che vorrei farvi notare: il biglietto che Draco trova. Di chi annuncia la dipartita? E soprattutto chi è stato a salvarli dall'anatema che uccide?
Fate le vostre congetture. Nel prossimo capitolo è probabile che introdurrò qualcosa che non vi sareste aspettati. Ma la mia mente è in continuo lavoro, quindi niente di definitivo. :)
Vi ringrazio per la lettura. :)
Erika AstoriaGM

Vi ricordo che potete trovarmi su FACEBOOK: https://www.facebook.com/ErikaAstoriaGM

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** A Little Lie. Shh! ***


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Capitolo 7. A Little Lie. Shh!

 

 

 

Guardo Draco sollevare il corpo di Leon senza il minimo sforzo, passandogli le braccia attorno alla vita minuta e stringerlo contro il suo petto villoso. Se riuscissi anche solo ad emettere un fiato, convoglierei ogni residuo di energia che è in me per urlare, per gridare nei confronti di quel Dio che è stato poco giusto con me, con Draco e con Leon. Ma ci credo davvero, io, in un Dio? Questa entità sovrumana verso la quale i babbani professano il loro credo e che promette misericordia, si è forse dimenticata della mia famiglia? 

Mi alzo come un automa, tenendo congiunte le mani sul ventre, nell'atto di proteggere il fagiolino che cresce in me, totalmente ignaro della guerra che divora gli uomini. 
Ma son uomini o bestie questi sostenitori della malvagità? Che obiettivi possono muovere coloro che erano pedine nelle mani di un pazzo, ormai sconfitto, e che ancora ne condividono e perseguono gli ideali? 
Ci siamo illusi di aver debellato la piaga, ma questa ancora ci affligge, dimostrandoci solo quanto vano sia stato il nostro combattere. 
Abbiamo lottato fino allo stremo, asciugandoci sangue e sudore dalla fronte, dal petto e dagli arti, rialzandoci sulle ginocchia scorticate, brandendo con austera dignità quel legnetto potente contro l'ostacolo di fronte a noi. 

Ma abbiamo perso. Io e Draco abbiamo perso.

Lo adagia sul suo lettino, ancora sfatto, e gli affianca quel ridicolo orsetto di pezza, che vinse per Leon in una fiera babbana. Lo sfiora tutto, percorrendo con i palmi aperti delle mani ogni singolo angolo del suo corpicino, per poi accasciarsi sul suo ventre e circondarlo con le braccia.
Ogni membro della famiglia Weasley ci osserva attonito, incapace di rompere quel precario equilibrio emozionale intorno a Leon. Draco solleva il capo e si volta verso di me, le lacrime mute gli rigano il volto. Non una smorfia a imbruttirne i lineamenti, non un fiato emesso dalle sue labbra, solo dolore umido, tangibile, sul suo viso d'avorio. Il suo sguardo è fisso su di me, le sue mani si allungano sul mio ventre. 

 

Condivisione.

 

Si starà chiedendo perchè non ho ancora distrutto tutto, perchè non sto dimostrando in alcun modo fisico la mia sofferenza. E' così dannatamente facile rispondere, che vorrei non fosse tale, tanto lacerato è il mio cuore.
Nessun taglio, nessuna bruciatura, nessuna caduta sarebbe paragonabile alla gangrena del mio cuore. 
Prendo atto solo in quel momento, come fin ad ora non la fosse stata, che la morte di mio figlio è reale. Lo testimonia l'aria rarefatta, l'immobilità dei familiari, la Tana distrutta per metà e quella tetra espressione che si è appena disegnata sul viso di Draco.

 

Ho bisogno di te, ho bisogno di condividere il mio dolore.

 

Faccio un passo avanti e mi ritrovo di fronte a lui, che subito si aggrappa alla mia vita e affonda il viso tra i seni. Le sue dita stringono forte sui fianchi, la sua presa fa tanto male. Ma mai quanto la vista del mio meraviglioso e dolce bambino, che forse ha già trovato la sua pace, mentre noi ancora lo compiangiamo.

 

« Dimmelo, ti prego dimmi che non è vero, Hermione. Dimmi che adesso si sveglierà e verrà a saltare sul nostro letto. » Gli appoggio le mani sul viso e lo sollevo verso il mio. L'anellino di smeraldo da lui regalatomi alla nascita di Leon viene striato dalle sue lacrime, sulle quali i miei palmi si posano gentili. 

« Draco, guardami! » lo scuoto con poca cortesia, fissandolo negli occhi « Draco… » Sento qualcosa di umido scorrermi sulle guance e finalmente capisco di star manifestando il mio dolore « Lui…sarà sempre con noi. Nei nostri cuori, nei nostri ricordi…nei… » Non ho la forza di continuare, né il fiato per andare avanti. Mi aggrappo alla schiena di Draco e stringo le dita sulla sua nuca. Mi sento sollevare da terra e allaccio istintivamente le gambe alla sua vita. 

« No…non portarmi via…no… » dico, senza riuscire a indirizzare lo sguardo sul corpo immobile di mio figlio. Senza ricevere alcuna risposta, la sua stretta si fa ancora più serrata sulla mia schiena, finché essa non viene a contatto con qualcosa di morbido. Mi adagia sul nostro letto e mi depone un bacio sulla fronte. 

« Grazie » mi sussurra sulle labbra, mentre le mie mani si intrecciano alle sue « grazie per aver condiviso il mio dolore. » La piccolina scalcia. Questa ragazzina non è ancora nata e già mi sembra che percepisca tutto. Riconosce la voce del padre, reagisce alle emozioni. Qualche volta ho l'impressione che mi infonda forza e coraggio. Sposto la mano destra di Draco sul ventre e lascio che anche lui venga invaso dal benessere che mi procura. Socchiude gli occhi e apre leggermente la bocca. Ha le gote arrossate e le palpebre gonfie. E' semplicemente perfetto anche così vulnerabile. Quando riapre gli occhi e allontana la sua mano dalla mia rotondità, mi sento immediatamente scoperta. 

« Dove vai? Non voglio riposare! Come…come potrei… » gli chiedo, rendendomi immediatamente conto della stupidità della domanda e degli occhi che minacciano di chiudersi da un momento all'altro.

« Dove vuoi che vada, Hermione? Vado a disporre con dignità del corpo di mio figlio. » Non mi capacito se ho ricominciato a piangere, quando si è staccato da me o quando ho associato le sue parole al corpo di Leon, sepolto sotto terra.

 

 

***

 

 

Un urlo.
Un dannatissimo urlo, una sguaiata emissione di fiato.
La riconoscerei tra mille. Mi tormenta i sogni ancora oggi. Mi sveglio madido di sudore, quando ripenso ad Hermione sottoposta alle torture della sua bacchetta. Quegli occhi iniettati di sangue e pazzia che stavano per spegnere la vita della donna che un giorno, non lo sapevo ancora, avrei amato più di me stesso. 

Torno in cucina, ma i Weasley si sono già precipitati fuori. Ginevra si è accasciata su qualcosa, poco lontano dalla Tana. Accanto ad un cumulo di fieno, quasi a volerlo confondere con le bestie, il corpo chiaro di Harry Potter privo di vita, candeggia il buio della notte. Gli occhi chiari sbarrati, cristalli immobili dell'ultimo momento di vita, scrutano vacui il terreno umido. 
Grida, urla. Lo scuote quasi dovesse snodare i fili di un burattino. 
E' questo che l'eroe del mondo magico è diventato. Un burattino, una bambola di pezza. Carne cruda destinata a fungere da nutrimento per gli animali della terra.
E' forse la fine più giusta che spetta a chi ha dedicato la sua esistenza agli altri, sacrificandosi per un fine superiore? 

« Con chi lo crescerò tuo figlio? No! Devi svegliarti! » 

Un altro corpo da seppellire, un'altra vita da compiangere, un ulteriore motivo per lottare.

« Nipote traditore del suo sangue, buonasera. » Bellatrix si palesa, sprezzante, come avesse vinto chissà quale premio. Si attorciglia i ricci tra le dita e si ferma ad un palmo di naso da me. Sorride, di un sorriso sadico e soddisfatto. Non riesco a frenare l'impulso di stringerle il collo e vederla annaspare tra le mie dita. Una furia cieca mi invade, mentre uso sempre più forza e sto per riuscire nel mio intento. Perchè non reagisce? Perchè si lascia uccidere in questo modo? Quasi desidero che contrattacchi, pur di non avere sulla coscienza il peso di avere ucciso un essere umano. Ma Bellatrix, di umano, cosa ha davvero?

« Puoi…anche…uccidermi » riesce a dire, un soffio roco tra quelle labbra infernali « ho già… raggiunto il mio… scopo » termina, ancor più sorridente. Respiro profondamente, recuperando la calma.

« Se credi che riuscirai a farmi perdere la pazienza, se credi che qualsiasi bestialità tu possa proferire, questa possa scalfirmi, ti sbagli di grosso. » Lascio improvvisamente la presa sul suo collo e la vedo accasciarsi sul terreno, le mani che massaggiano la gola. « Ho appena perso mio figlio, il sangue del mio sangue, credi che abbia qualcos'altro da perdere? Credi che se ti uccidessi, potrei pentirmene? » I miei occhi mandano lampi, sento fluire impetuoso il sangue nelle vene. I battiti del mio cuore accelerano notevolmente, mentre vedo il suo ghigno sarcastico spegnersi sul suo volto e le gambe spingere all'indietro, per allontanarsi. 
Bellatrix Black che teme il nipote traditore del suo sangue? Da non crederci.

Stringe le gambe al petto, arretrando ancor di più. Non emette fiato e respira sommessamente. 
Mi sono portato alla sua altezza, molleggiando sulle ginocchia. La guardo severamente, schifandomi del legame di sangue che mi unisce a lei. 
Mi sono quasi dimenticato dei Weasley, mi sono dimenticato di Hermione, mi sono dimenticato perfino che mio figlio attende una degna sepoltura. 
Mi sono dimenticato che sono diventato una persona migliore e ho sfilato la bacchetta, pronto a togliere la vita a chi l'ha tolta a mio figlio. 

« Guardati, sei patetica. » Faccio scorrere la bacchetta dalla sua fronte al suo collo e ancora su e giù fino a raggiungere lo sterno, all'altezza del cuore. « Mi basterebbe pronunciare le due paroline dolci che tanto adori usare » le sorrido, tragicamente inquietante « … e farti provare cosa significa morire, freddata da chi non ha il diritto di portarti via la vita. »

« Forza nipote. » ha il coraggio di incitarmi. Mi sembra quasi che abbia ritrovato un momento di lucidità. « Forza, dillo! Ora! » Premo la bacchetta, facendo penetrare la punta più in profondità, quasi le buco il petto.

« Non hai idea » sussurro, sfiorandogli l'orecchio con le labbra, un gesto familiare tanto spesso compiuto da lei « non hai davvero idea di quanto vorrei vedere la luce lasciare i tuoi occhi spiritati, di vedere il tuo corpo diventare freddo, la tua carne rattrappirsi e decomporsi. Non hai davvero la minima idea di quanto aneli questo. » Sarebbe passato per un gesto affettuoso, visto da lontano, se non fosse stato per l'entità delle frasi. « Ma ammazzarti, significherebbe fartela passare liscia, significherebbe farti un regalo. Significherebbe condurti laddove mio figlio ingiustamente è stato condotto. Ed io non posso permettere che tu la faccia franca con un colpetto di bacchetta dritto al cuore. Convieni? »

« Che…che intendi fare, Draco? Tu sei in parte Black! Avresti potuto essere un Mangiamorte, avresti potuto perseguire gli ideali del Signore Oscuro, saresti diventato uno dei migliori! » Sta sragionando. Sta tentando di persuadermi, mettendo in mezzo la famiglia. Come può credere di potermi raggirare così stupidamente? La spingo violentemente, schiacciandola sul terreno con il tacco degli stivali. Le premo il petto, lei ansima. 
Il vecchio Draco, quello educato da Lucius a non perdonare, quello che ha ancora addosso i segni delle cruciatus, avrebbe tentato di ucciderla invano. 
Ma quel Draco codardo non esiste più. Quel Draco ha mitigato la sua anima da serpe con una da grifone e il coraggio per ucciderla ce l'ha, eccome. 
Perchè è Draco, ma è anche e ancora Malfoy. Ma...

« Tu sei la vergogna dei Black, tu ha infangato la nobiltà della stirpe. Hai ucciso tuo cugino, sangue del tuo sangue, hai partecipato all'uccisione di mio figlio, l'hai incoraggiata. Ti aspetti che non ti uccida? » le chiedo, sarcastico. Non attendo risposta e proseguo il mio monologo. « Potrei ucciderti, ma non lo farò, perchè sono migliore di te e perchè sarebbe troppo facile, per te, morire e non scontare i tuoi delitti. Incarceramus! » 

« No! Slegami subito! » si dimena inutilmente, alla ricerca della bacchetta che le ho sottratto.

« Calma Bella, calma. Adesso tu ed il tuo amico Nott » ancora incosciente, vittima del medesimo incantesimo « andrete a trascorrere il resto della vita dove meritate, ad Azkaban. Il mio patronus ha già informato Shacklebolt della vostra cattura. Gli Auror saranno qui a momenti. Forse il bacio del Dissennatore vi farà rinsavire, perchè, credetemi sulla parola, voi siete già fuori di testa. »

 

 

***

 

 

La vita che ho trascorso fino ad adesso è stata infelice e instabile. Ho vagato per mesi alla ricerca di Draco ed Hermione, ho ceduto a vari ricatti, ho sporcato le mie mani con i lavori più umili. Ho vissuto momenti di ansia e angoscia, nel tentativo di sfuggire ai Mangiamorte, che da quanto la guerra è finita, cercano di aumentare le file dei proprio seguaci, cercando di ristabilire "l'ordine" voluto da Voldemort. 
Nott ha ben pensato di approfittare dell'entusiasmo delle forze oscure e vendicare il figlio Evan, ucciso da Malfoy Senior, giovandosi dell'aiuto dei Mangiamorte.
Quando sono riuscito a scappare da loro, sono rimasto in sordina, tentando di anticipare, non sempre positivamente, le loro mosse.
Ho intercettato Arthur Weasley e gli ho comunicato il pericolo incombente. Il mio gufo non è mai tornato a casa.

Bellatrix e Nott hanno stretto un patto: la prima l'avrebbe aiutato nell'impresa di uccidere Leon, il figlio di Draco, e il secondo avrebbe sposato la figlia sterile di Bellatrix, Cassiopea. Quando ne sono venuto a conoscenza, una furia disumana mi ha invaso. Sono stato silenzioso, discreto; molto spesso sul punto di essere scoperto, ho approfittato del momento migliore per agire.
Ma adesso finalmente faranno la fine che si meritano. Forse una piccola vittoria, che mai potrà compensare le ingenti perdite subite. Per Potter non ho potuto far niente. 
L'hanno braccato in tre; Bellatrix ha inferto l'anatema che uccide. Sono arrivato troppo tardi per salvarlo e di questo mi rammarico molto.

Ho adorato letteralmente Draco. Del ragazzino borioso e arrogante di un tempo non ne è rimasto che qualche stralcio. E' un uomo quello che ha combattuto e vinto. E' un uomo quello che non ha ucciso, ma condannato. E' un uomo quello che sta seppellendo suo figlio. E' un eroe per questa piccola folla radunata intorno la tomba di Leon. Hermione ha appena deposto un fiore sulla piccola bara bianca, Draco le stringe la vita, attirandola a sé e nascondendo il volto tra i suoi capelli. 
Nemmeno lo conosco questo bambino, ma so già che lo devo proteggere. 
Devo sbrigarmi, il tempo stringe, devo salvarlo. 

 

 

***

 

 

L'ho tirato fuori appena in tempo, già tossiva violentemente e annaspava in carenza d'ossigeno. L'ho coperto con un telo di pile e l'ho scaldato con il calore del mio corpo. Povero piccolo, ne ha passate così tante. 
Adesso che lo osservo per bene, è proprio identico a Draco. Gli percorro il viso con lo sguardo e ritrovo quella smorfia marchio Malfoy, che il padre sfoggiava senza ritegno. E' inquietante il fatto che Leon la riproduca anche nel sonno.
Stropiccia gli occhi, irritato dalla luce del sole che filtra attraverso il piccolo oblò della cameretta. Le manine ancora poco reattive, i muscoli indolenziti. 
E' atroce quello che ha passato, ma sono riuscito a salvarlo e garantirgli una esistenza umile, ma dignitosa.
E' importante che i Mangiamorte rimasti liberi lo credano morto. Cassiopea farebbe carte false per trovarlo e toglierlo di mezzo. Ha ereditato la follia della madre e il sadismo del padre. Mette i brividi.
E' fondamentale che Draco ed Hermione ne siano convinti allo stesso modo.

« Mammina… papino! Fame… » Dimena le braccia e cerca di mettersi a sedere, fallendo. La debolezza ha avuto il sopravvento e il capo è ricaduto nuovamente all'indietro sul cuscino.

« Leon, hai fame? Cosa desideri? Vuoi un bicchiere di latte? O preferisci del tea? » Mi osserva per un minuto buono, senza parlare. Spalanca gli occhioni grigi e si porta una mano alla bocca, in segno di stupore.

« Tu non sei papino! E… dove sono? Perchè mammina non c'è? A me non mi piace il tea » dice, facendo una smorta di disgusto. Possibile che il figlio di Hermione Granger si esprima in maniera scorretta? Si solleva la maglia e tasta sul punto in cui era presente il Metamarchio. Non sente evidentemente più dolore, semplicemente perchè il Metamarchio Leon non l'ha mai subito

« Non ti fa più male eh? » gli sorrido, ricevendo di rimando una buffa espressione tra lo scettico e l'arrabbiato « Ehi, non guardarmi in quel modo! Non sono bello come tuo padre, ma non voglio farti del male. »

« No male, guadda! » risponde, in evidente carenza di "erre", regalandomi un sorriso smagliante « stato tu? » Mi punta l'indice sul naso.

« Tu non sei mai stato ferito Leon. Quella macchiolina rossa che avevi sul petto era un piccola bugia, ma non dirlo a nessuno! » gli dico teatralmente, portandomi l'indice alle labbra. Quando ho scoperto che Nott voleva legare la sua vita a quella di Leon, ho subito cercato di raggirarlo, lasciandogli credere di star agendo secondo il suo intento. Ho disegnato quel finto Metamarchio sulla pelle di Leon, procurandogli un lieve dolore, ed ho modificato la memoria di Nott in modo tale da convincerlo di aver inferto a Leon quella condanna. Se davvero così fosse stato, questo meraviglioso bambino adesso non starebbe saltellando sul letto e non starebbe tastandomi la faccia con le manine.

« Shhh! Piccola bugia! » sussurra, imitando il mio gesto e provocandomi ilarità. Sento dei passi dietro di me ed una mano posarsi gentile sulla mia spalla. Mia moglie gli offre un bicchiere colmo di latte fresco, che lui afferra quasi  disperatamente. Lo beve senza neanche respirare, poi termina con sonora soddisfazione e due deliziosi baffetti bianchi a contorno della bocca.

« Come stai tesoro? Hai ancora fame? Vuoi dei biscotti? » gli chiede gentilmente. Le guance di Leon si imporporano leggermente, quando la mia dolce metà gli pulisce quegli sbuffi con il pollice.

« Io… bene… » risponde, scostandosi un ricciolo biondo dalla fronte « Biccotti? Due pel favole! » aggiunge educatamente, sventolandole davanti al naso indice e medio. Lei sorride, si siede sul letto, e si porta Leon sulle gambe. 

« Sei proprio un bel bambino Leon, sai? » gli dice, accarezzandogli una guancia. Leon si incupisce, abbassando gli occhi sulle manine. Gli alza il volto e continua « Ti mancano papà e mamma? » A quella domanda, Leon risponde positivamente con un cenno di assenso.

« Mammina e papino non più bene? »

« No tesoro, i tuoi genitori ti vogliono bene tantissimo » mi intrometto, bloccando sul nascere le lacrime di mia moglie, intenerita dalla ingenuità di Leon e degli ormoni della gravidanza, ormai al termine « ma in questo momento… hanno da fare. » Sembra aver capito, dato che la sua espressione triste, diventa prima neutra, poi rilassata. Mi stupisco che non abbia ancora fatto la domanda più semplice e scontata che, neanche a farlo apposta, arriva e mi spiazza come mai avrei pensato.

« Ma tu chi sei? » mi chiede, mentre afferra una biscotto al burro e lo morde svogliatamente.

« Io sono Blaise, lei è Daphne. Siamo amici del tuo papà ».




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Buonasera lettori. Questo capitolo è arrivato in anticipo rispetto alla mia tabella di marcia, ma comunque in ritardo rispetto lo standard settimanale. Beh, direi che sorprese ce ne sono state parecchie. Leon non è morto. Non sono poi così sadica si lo sei. Una angelo mulatto ha agito in sordina, per salvare il figlio del migliore amico che abbia mai avuto. Ha dovuto far credere ai due genitori che il figlio fosse morto, ha inscenato tutto questo e portarlo con sè, per sottrarlo alla furia dei Mangiamorte. Cassiopea, la figlia di Bellatrix (che è una mia esclusiva invenzione!) è spietata quanto e forse più della madre. Se venisse a scoprire che Leon è vivo e che ha sabotato il suo matrimonio con Nott, lo ucciderebbe senza dubbio. La casetta di Blaise e Daphne (modesta e dotata di due sole stanze) si trova nascosta ed è protetta da un incanto fidelius, di cui custode è la defunta madre di Blaise. Non vi è modo di scoprire la sua ubicazione: Blaise e la famiglia sono protetti in maniera assoluta e con loro adesso anche Leon. Anche un'altra persona ha trovato la morte: Harry Potter, assassinato barbaramente da Bellatrix. Mi dispiace non aver dedicato più spazio alla sua dipartita, ma più avanti, ci saranno riferimenti a lui, che è stato notevolmente importante nella storia. Altro non posso rivelare. :)
Volevo ringraziare di vero cuore quelle tre, quattro persone che puntualmente mi fanno felice, manifestandomi la loro opinione. E' importantissimo sapere che qualcuno che mi segue con affetto c'è ed è grazie a voi che vado avanti. :)
Il capitolo è dedicato ad una persona speciale che domani (oggi ormai!) compie gli anni e che è stata un supporto notevole in queste settimane! Tanti Auguri HermClary alias Vanessa

Lascio il link della mia pagina FB a chi volesse seguirmi: 
https://www.facebook.com/ErikaAstoriaGM
Grazie per la lettura!

Aeltanin Astoria (che ha cambiato nome!)
 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** I Feel Nothing ***


Capitolo 8. I Feel Nothing

 

 



Non ho voglia di nutrirmi, di sorridere, né tantomeno di aprire gli occhi e salutare il giorno. Rintanata nel buio delle mie palpebre, riesco a sopportare con minore dolore i battiti del mio cuore sempre più veloci. Vorrei gridare e chiedere aiuto, vorrei che qualcuno interpretasse correttamente il mio silenzio e mi schiaffeggiasse con ferocia, facendomi rinsavire, ma in fondo, non voglio. Ho perso mio figlio, perchè mai dovrei esser lieta di metterne al mondo un altro? Per sostituirlo e sentir meno la mancanza di Leon? Sono tentata di metter fine a tutto, Demetra non merita di nascere. Non potrebbe mai colmare l’assenza del fratello, nemmeno per idea.
Ma non posso non considerare le contrazioni che si fanno sempre più frequenti e violente, perciò chiudo gli occhi, ancora, e stringo le palpebre fino a farmi male. Il sudore mi impregna le vesti, i capelli sono una massa informe e qualcosa di umido sta colando tra le mie cosce. Non posso, non voglio che nasca, odio questa vita dentro di me. 
Probabilmente mi pentirò del torbidume dei miei pensieri, quando cullerò la creatura tra le mie braccia. Forse, oppure no. Non sarà mai Leon e questo basta a paralizzarmi il cuore. 

E penso a Draco, che è in pena per me e che questa bimba l’ha amata da subito. 

Ogni nuova contrazione è una stilettata fisica e non. Do la colpa al dolore, che non ricordavo fosse così insopportabile. 
Perdo la presa sulla scrivania a cui sono poco dignitosamente poggiata e scivolo a terra, accompagnando la caduta con un tonfo sordo. Mi affanno sul parquet, arrancando con le dita che grattano sul pavimento, per avvicinarmi alla bacchetta ed inviare un segnale d’aiuto. Dovrei aver sentito qualcosa spezzarsi, avrei dovuto percepire un dolore ancora più forte, ma io semplicemente non sento.

Quindi chiudo gli occhi.

Non sento niente

 

“…Emorragia, ho bisogno di pozione rimpolpasangue, la bambina è fuori pericolo, ma lei…”  

“Lei cosa? Ginevra devi fare qualcosa, non deve morire, non potrei sopportarlo…” è la voce alterata di Draco che accompagna il mio sofferto risveglio. E’ tutto sfocato, come il mondo visto da un miope, ma ciò che rende più sopportabile l’esser tornata cosciente, sono le striature aranciate di un meraviglioso tramonto rosso al di fuori della finestra. Incontro finalmente gli occhi di Ginny ed osservo svanire dal suo volto la piccola ruga di preoccupazione tra gli occhi. La vedo voltarsi verso Draco.

“Draco, devi calmarti. Guarda…” ma sono io a guardarlo, di spalle. Muovo piano le dita, credendo assurdamente di poterlo sfiorare, accarezzargli la schiena. Sembra non sentire, sembra rintanato nella sua bolla di disperazione. Vorrei richiamarlo, ma non ci riesco. Apro la bocca e cerco di articolare un qualsiasi suono, ma Ginevra mi si avvicina e mentre mi accarezza il volto, mi sussurra di far silenzio e riposare. La prendo in parola.

“Brutto stupido, sta bene, si è svegliata!”

“Cosa, ma se mi hai detto…” e corre verso di lei.

“So cosa ho detto, ma adesso sta bene.”

“E cosa vedrà quando si risveglierà? Ha bisogno di me!”

“Non ha bisogno di te, ha bisogno di riprendersi. Tu le metti ansia.”

“Hai visto come l’abbiamo ritrovata, non permetterò che…”

“Per Godric, Malfoy, vattene via! Va da tua figlia!” deve esser stata parecchio convincente, Ginevra. Draco spalanca gli occhi e realizza di esser padre, di nuovo.

“Vado… vado da mia figlia.”

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Non si è ancora svegliata. 
Era pomeriggio inoltrato, quando ha dato alla luce Demetra, mentre adesso è quasi mezzanotte. 
É stato tremendo assistere al parto e veder soffrire le due donne della mia vita. Ricordo che quando nacque Leon, tutti gli uomini in cui mi imbattevo, mi sconsigliavano di presenziare alla nascita di un bambino. E io non sono mai stato un cuor di leone. Questo lo sanno tutti.

Ma non ho pensato a niente, quando ho visto Hermione riversa sul pavimento, priva di sensi. L’ho sollevata delicatamente e l’ho adagiata sul letto, mentre Ginevra, allarmata dai rumori, si è precipitata nella nostra camera e l’ha salvata.
Ha dovuto praticare un cesareo, non c’è stato verso di poter utilizzare la magia. La natura ha dovuto fare il suo corso, soprattutto perchè la piccola sembrava non voler staccarsi dal ventre della madre. 
E’ testarda, mi viene da sorridere se penso da chi ha ereditato questa caratteristica. Adesso sta sonnecchiando nella sua culla, il pollice tra le piccole labbra carnose e le ciglia lunghe che le accarezzano le guance. E’ un piccolo miracolo. Non ringrazierò mai abbastanza per questa seconda possibilità di essere padre.

 

“Malfoy, perchè non vai a dormire? Hai un aspetto orribile, devi riprendere le forze.” la voce di Ginevra è più dolce di quello che sembra. Il tono pungente di sempre è sostituito da una nota più tenue, quasi carezzevole. Non ce lo diremo mai, ma siamo importanti l’uno per l’altra. E’ una amica vera per me.

“Vorrei tanto, ma non riesco a staccarle gli occhi di dosso. E’ la materializzazione di tutta la purezza del mondo. Sembra un angelo” quasi mi infastidisco dell’immediato risolino di Ginevra. 

“Che cosa ha provocato la tua ilarità? Vorresti forse dire che non lo è?” le rispondo a tono, mentre accarezzo la guancia di Demetra, quasi fosse fatta di cristallo. 

“Oh no, ma ripetimelo quando finirà a Serpeverde!”

“Lei non finirà a Serpeverde, l’hai visto come ha resistito fino all’ultimo. Grifondoro nell’animo.” affermo un po’ sconsolato. Hermione sarà fiera della sua miniatura rosso oro. Intanto ha ricominciato a piangere. 

“Vedremo, Malfoy. Prendila, cullala tra le braccia a pancia in giù, le passerà. Buonanotte.” Inforca le scale, ma la fermo. Non so bene cosa dire, non sono bravo a ringraziare. Le faccio un cenno imbarazzato con il capo, mi passo le mani dietro la nuca. 

E poi parlo, di getto, inoltrandomi in un argomento spinoso, come carne appena lacerata.

“Leon… lui sarebbe stato assegnato a…” Ginevra si blocca a metà scala. Non me ne sono neanche accorto, ma al nome di mio figlio la voce mi si è incrinata e le lacrime hanno cominciato a striarmi le guance. Se penso a lui sto inevitabilmente male, non so più controllarmi. 

La piccola strilla, le sue urla sono assordanti. L’inconfondibile chioma rossa si accascia vicino ai miei piedi e prende in braccio Demetra, sopportando chiaramente a stento le due urla disperate.

“Urla troppo forte per aver solo fame” è l’appunto di Ginevra. Nel frattempo i restanti membri della famiglia Weasley sono corsi verso di noi. Era inevitabile che venissero svegliati. Molly mi afferra rudemente per il braccio e mi trascina lungo il corridoio.

“Hermione si è svegliata. Corri!” il sottofondo insopportabile si è attenua, la piccola ricomincia a respirare regolarmente e il suo colorito torna normale. Non mi ero accorta di quanto i suoi occhi fossero blu, scuri come la notte, se non quando hanno smesso di assumere quella spaventosa tonalità rosso fuoco. 

“Oh, vado, vado subito! Datemi mia figlia però. E’ ora che conosca sua madre.”

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Sono più che sicuro che Hermione abbia avvertito la mia presenza, ma non smette un attimo di fissare il panorama fuori dalla finestra. E’ piuttosto pallida e smunta, ma non potrebbe essere più radiosa ai miei occhi. Non appena entrato in camera, non ho potuto far a meno di notare l’inconfondibile odore di maternità, quello di colonia e latte, che ritrovo anche sul capo morbido di mia figlia. Il leggero aroma di fiori poggiati sul comodino mi stuzzica le narici, ma se conosco bene Hermione, preferirebbe che non ci fossero. E’ tutto così stucchevole, che mi stordisce. Pertanto mi avvicino al letto con Demetra tra le braccia e porto il mazzo di fiori lontano dalla sua portata. Finalmente si volta e mi guarda. Non l’avesse mai fatto.

E’ lo sguardo di una persona afflitta, di chi preferirebbe essere altrove e lo ammetto, mi fa paura. Ma ciò che mi atterrisce oltremodo è la spontanea sufficienza con cui torna a guardare fuori. Sono un moscerino che va cacciato, non mi merito abbastanza attenzione. Nemmeno con nostra figlia vicino a lei. 

Le sposto una ciocca dal viso, ma ottengo solo di irritarla; sfugge al mio tocco e rivolge un sorriso ironico alla piccola. C’è nei suoi occhi una leggera increspatura color del fumo, intrisa di una cattiveria che mai avrei immaginato di scorgere nella mia donna.

 

“Vattene via e porta questa… cosa con te. Non ho bisogno di un marmocchio piagnucolante.” Non so cosa dire. Cerco di articolare un qualsiasi suono, ma le parole mi si bloccano in gola. Mi sarei aspettato uno sguardo commosso o quanto meno che mi lasciasse avvicinare, insomma, è la madre di questa creatura. Ma Hermione non è mai stata una persona qualsiasi. Però ho bisogno di capire, di vederci chiaro. La sua reazione ha dell’incredibile, come è inverosimile la piega che la conversazione sta assumendo.

“Che diamine hai detto?!?” sto cominciando a spazientirmi. Non riconosco chi ho di fronte, mi sembra uno scherzo di cattivo gusto; quasi mi pizzico, sperando di trovarmi in un brutto sogno. Sfortunatamente per me, la sua voce mi giunge ferina alle orecchie e qualcosa mi si spezza dentro. Potrei giurare di aver sentito scivolare un frammento di cuore fuori dal petto.

“Non la voglio, non mi serve. É solo la conseguenza di una notte di sesso, buon sesso sicuramente, ma niente di più. Lasciami in pace adesso, vorrei riposare.”

“Non l’hai nemmeno guardata. E’ tua figlia, Salazar! Non puoi dire sul serio! E’… è una meraviglia.” mi si incrina la voce nell’ultima parte della frase. Attendo un qualsiasi cenno da parte sua, anche solo uno sfioramento lieve. Chiude gli occhi e tende con forza il collo dalla parte opposta. Le da fastidio. Le da fastidio l’odore di sua figlia. Questa sua indifferenza comincia ad irritarmi; è troppo anche per me la vista di Hermione così debole. Mi alzo violentemente dalla poltrona, strisciandola sul parquet e esco dalla stanza sbattendo la porta e ottenendo in risposta il pianto disperato di Demetra.

Che le prende? Mi odia, odia tutti, o odia solo sua figlia? Ho il cervello in tumulto, tanta rabbia che vorrei urlare e un insopportabile dolore all’altezza del cuore. 

E mi sento in colpa.

Perchè Leon non è qui a festeggiare? Perchè non mi sta assillando con le sue domande sulla sorellina appena nata, rivendicando di poterla tenere in braccio? 
La catastrofica sensazione di impotenza che mi ha assalito prima, torna ad affliggermi sempre più incalzante. 

Ed è a quel punto che la piccola attira la mia attenzione con un delizioso gorgoglio. Me la sistemo tra le braccia e mi beo della sua guancia a contatto con il mio petto. Una manina si poggia delicata sul mio braccio e io mi sento immediatamente bene, sereno.
E’ una sensazione inspiegabile a dir la verità. Permangono le preoccupazioni e i problemi, ma tutto diventa sopportabile, quasi rassicurante. 

“Piccola mia, che potere hai su di me?” le dico, ben conscio che non possa capirmi, mentre le sfioro la tempia con il naso.

“Adesso parli anche da solo, Malfoy?” 

“Parlo con mia figlia, pare sia l’unica a non odiarmi.”

“Hermione non ti odia, è solo… stordita.”

“Non mi importa, Molly. Se solo…” faccio una breve pausa per cercare di raccattare le parole adatte.

“Se solo cosa, tesoro?” sento le mani accoglienti di Molly accarezzarmi la schiena. Ma il sollievo che provo è effimero, dura una manciata di secondi, perchè l’unica persona che potrebbe farmi sentir meglio è impegnata a combattere i suoi demoni per accettare di esser madre, ancora. E se non l’accettasse mai?

“Se solo avessi visto quella nube nei suoi occhi. Non vuole sua figlia! Come può non volerla tenere tra le braccia?!?”

“Va da lei, ascoltami. Parlale, ha bisogno di conforto. Non riesce a sopportare che Leon…” parole, parole vomitate senza contegno che non fanno che aumentare la mia collera, come se solo lei avesse bisogno di attenzioni.

“Ed io secondo te non ho bisogno di conforto? Secondo te non sento ogni giorno la mancanza di mio figlio? Ti sembra che potrò mai sopportare il fatto che non c’è più!?” il mio pianto non ha più dignità, ha rotto gli argini. Ma delicata ed opportuna come un *deus ex machina la sua voce mi raggiunge. Lei si che è panacea.

“Draco…” Molly si allontana con un sorriso a incresparle le labbra, ma non ho affatto voglia di ridere, io.

“Ti odio” ed è vero. Guardo il suo riflesso nel vetro della finestra, mentre la osservo sollevarsi la manica della camicia da notte, scivolata sul braccio. Ho fantasticato tante volte in questi nove mesi, su quanto mi sarebbe piaciuto giacere tra le sue carni morbide di madre. Perchè allora sto patendo l’abominevole sensazione di aver di fronte una sconosciuta? Una sconosciuta che amo più di me stesso.

“Hai ragione. Ma io non sono pronta a questo, perdonami…” E’ seria, le credo. E mi fa malissimo, crederle.

“Allora prendo le mie cose e porto Demetra con me.” La scanso bruscamente, ma lei mi afferra il braccio e mi costringe a voltarmi. Trattengo l’impulso di baciarla e stringo i pugni. 

“Cosa…No!”

“Cosa? Mi chiedi cosa? Vorresti che continuassi a vivere quì con nostra figlia, attendendo, magari invano, che tu superi questo momento di debolezza? Dovrei accettare che le passi accanto e non la degni di considerazione?”

“Io… si. Vorrei che tu mi stessi accanto, che mi aiutassi!” trattiene a stento le lacrime, ma la colpevolezza, che dovrei sentirmi addosso nel non provare nemmeno un briciolo di pena per lei, non c’è. Non la capisco, il suo comportamento è riprovevole. Magari sono insensibile e poco umano, ma non riesco a sopportare che consideri sua figlia il frutto di una scopata. Consapevole che non si meriti neanche una misera risposta, mi libero dalla sua presa e corro in camera. Ho intenzione di prendere solo il necessario. Mi appoggio al muro per pochi attimi e chiudo gli occhi. Sono stanco, stanco di vedere la serenità sfuggirmi dalle mani come neve che si scioglie. Poi alzo lentamente le palpebre e incontro lo sguardo vispo di Demetra. 

“Ce ne andremo, io e te. So che non è il massimo, ma torneremo nel castello di nonna Narcissa” lei non mi sembra contenta.

 

 

 

 


***

 

 

 

 


Non ho mai pensato al momento in cui io e Draco ci saremmo separati. Ho creduto strenuamente che il nostro amore fosse indissolubile ed è stato così infatti. Fino ad adesso

Spiandolo dalla porta socchiusa, lo vedo scendere le scale, con mia figlia sulle spalle, mentre si trascina un borsone che ha l’aria d’esser pieno. Non può davvero finire così, non mi rendo neanche conto che stia succedendo. Ma perchè poi? 

“Sei ancora in tempo a fermarti, Draco. Si sistemerà tutto.”

“No Ginevra, vorrei avessi ragione, ma non è così. Tu non l’hai vista.” fa male il suo tono di voce. Che mi ha visto fare di così insopportabile?

“Non voglio mischiarmi tra di voi, però questa bambina non ha colpa e non merita di crescere senza la madre.”

“Meglio crescere con un padre che la ama, che con una madre che non riesce a sopportare d’averla messa al mondo. Se non accetta Demetra, non accetta neanche me.” Ginevra si allontana, spiazzata. Non vuole render la situazione più difficile di com’è, indorandogli la pillola. 

“Bene” esordisce “Ringrazio davvero tutti dell’ospitalità, per avermi salvato in molteplici occasioni e avermi accettato fin dall’inizio, nonostante i trascorsi.” Molly si asciuga una lacrima con le nocche, Ginevra semplicemente non riesce a guardarlo. Arthur gli assesta una pacca amichevole sulle spalle e rivolge un sorriso a Demetra. Mi manca e non se ne è ancora andato.

Apre la porta, tentennando. Si volta solo un attimo verso le scale, con la masochista speranza di scorgere qualcuno, che so essere io.

 

Pare però che dovrò partire, facendo a meno del suo saluto.

E mentre calpesto l’erba appena fuori l’uscio, sono persino dispiaciuto per lei, che ha perduto l’occasione di godere del sublime odore di sua figlia.

 

 

 


*deus ex machina: indica un personaggio della tragedia greca ovvero una divinità che compare sulla scena per dare una risoluzione ad una trama ormai irrisolvibile secondo i classici principi di causa ed effetto. Per Draco, la voce di Hermione è simile ad un deus ex machina. Solo che ancora non sa che ha proprio sbagliato paragone.

Sono passati la bellezza di sei mesi dall’ultimo aggiornamento. Non so se vi ricordiate questa storia, se sì, sono contenta, perchè vuol dire che l’avete portata nel cuore, altrimenti mi dispiace, ma vi capisco ugualmente. E’ passato tanto tempo. E’ stato un dramma scrivere questo capitolo, perchè la nascita di Demetra me la sono immaginata in tanti modi, me la sono immaginata con delle parole importanti e dei momenti carichi d’emozione. 
Ma la verità è che ho svilito di significato la sua nascita, perchè più in linea con i con i sentimenti contrastanti di Draco ed Hermione.
Avrete odiato Hermione, com l’ho odiata io. Però dovete un attimo mettervi nei suoi panni e capire che le sue parole (dure) sono dettate dal caos che ha dentro.
Ha appena perso un figlio e vede Demetra come una “sostituzione” di Leon. Lei stessa sa, è conscia, che una cosa simile non sarebbe assolutamente possibile, ma sente di fare un torto al figlio che lei crede morto.
Draco è la persona razionale della situazione. Lui rivendica i suoi sentimenti nei confronti del figlio, pur senza rinnegare la figlia appena nata. Ed è giustamente furioso con Hermione e schifato dal suo comportamento.
Tempo al tempo, le cose si sistemeranno. Ah, Demetra è una bambina davvero speciale, ma non posso anticiparvi altro.
Il capitolo è diviso a metà, anche se la seconda parte non è ancora finita.
Grazie per aver letto, è tutto un delirio di sentimenti, lo so. Ma così sono io, chi mi conosce un pochino lo sa. :)

Aeltanin Astoria

 

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