Scientificamente attraente.

di kikka_67
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stephen. ***
Capitolo 2: *** Mr. Mutanda rigida. ***
Capitolo 3: *** Just married. ***



Capitolo 1
*** Stephen. ***


- In pratica con il  mio team abbiamo  deciso di dimostrare scientificamente la relazione tra l’essere attraente e la simmetria, una caratteristica questa percepita in modo positivo da moltissime altre specie animali in quanto associata alla buona salute e, di conseguenza, all’essere un partner vantaggioso ai fini della riproduzione. –


Lascio che assimilino bene le parole che ho appena pronunciato e  studio attentamente  il pubblico rumoreggiante  che ho  di fronte, in quella sala sono riuniti i maggiori esponenti della ricerca scientifica, alcuni di essi  sono i miei idoli da sempre, ma in questo momento non sembrano molto disposti ad  accettare neanche  una virgola del metodo  innovativo proposto dal mio team. Siamo  un gruppo di  giovani scienziate  convinte  che la ricerca in alcuni ambiti,  debba  basarsi di più sulle persone che sulla teoria e sui calcoli.    Neppure l’aver ottenuto  la pubblicazione  dei nostri studi e risultati sulle maggiori riviste scientifiche aveva scalpito quel alone di scetticismo con cui i nostri  “colleghi”  esaminavano   le nostre   attestazioni.   Sembrano un branco di vecchi pinguini, constato  con disappunto,   quelle  menti  eccellenti sono  soggiogate da preconcetti obsoleti.  Sono  stata invitata ad esporre le mie teorie e non ho  intenzione di demordere, sono  disposta ad usare metodi anche  poco ortodossi se necessario per attirare la loro attenzione. Quindi con voce chiara e sicura concludo   la mia enunciazione.


- Si lo so, è un compito arduo, al limite dell’impossibile, ma ….cari  colleghi, guidati da  una forte  determinazione e innegabile senso del dovere,   abbiamo  deciso di accettare la sfida per il bene e il progresso di tutta l’umanità.  Termino questa diatriba,  augurandomi che accettare nuove prospettive nel campo della ricerca scientifica…. non infanghi i preziosi curriculum delle migliori menti del XXI secolo. Vi ringrazio. –

Li ho provocati e raggirati con parole prive di senso, ma attenendosi alla prassi applaudono la fine del mio intervento. Tranquillamente ritorno al mio posto, ignorando volutamente tutti gli sguardi atonici che seguono il mio passaggio. L’occhiata  divertita e ammirata che invece mi rivolge Sir George Hown, mi lascia basita. Avevo collaborato per  un breve periodo durante il mio  stage post laura ad  alcuni dei suoi progetti   nel centro ricerche che dirige da parecchi anni, lo scienziato  è   un uomo ligio al dovere, severissimo, ma con il suo lavoro aveva contribuito alle  maggiori scoperte recenti sul DNA,    sorridendo  gli tendo la mano.


- Buona sera Sir Hown, è un piacere rivederla, vedo che è riuscito ad abbandonare il Centro ricerche, allora  posso arguire che tra breve  vedrò svelato un importante segreto della Genetica. Come sta? – mormoro  cordiale.
- Le auguro, Andrea, che il suo desiderio venga presto esaudito, sono qui solo perché  ho lasciato il Centro in buone mani. Interessante il suo  intervento, se non le spiace questa sera vorrei vederla, avrei una proposta da sottoporle. - 
-  Ma certo, le lascio il mio numero.   A  più tardi,  buon proseguimento.-


 Non me l’aspettavo  questo invito, normalmente Sir Hown non concede confidenza a nessuno,  umanamente non era possibile catalogarlo in un contesto soddisfacente, era una persona colta, educata ma sembrava assolutamente incapace di intrattenere rapporti interpersonali con chiunque.  Aldilà della  ricerca e dello studio,  a cui aveva immolato  tutta la sua  vita,  non aveva nulla altro ad arricchire le sua vita,  lo ritenevo una persona molto sola.

 

 

Siamo seduti ad un tavolo appartato del bar dell’albergo in cui si tiene il congresso, mentre il mio ospite  parla con il cameriere, mi concedo  un attimo per osservarlo con attenzione. Sir George non dimostra di aver superato ampiamente  la sessantina.  E’  alto,  leggermente brizzolato,  occhi azzurri penetranti,  una curatissima barba ben delineata e il suo incidere è   naturalmente elegante e distinto.  Mi sorprende la straordinaria  similitudine somatica con  un altro membro della famiglia Hown che conosco  molto bene.

- Arriverò subito al nocciolo della questione che mi sta a cuore. Ho lavorato, come lei sa, a lungo nel Centro ricerche e da qualche anno  la mia salute non mi consente di conseguire dei risultati soddisfacenti nei tempi brevi che la Scienza, oggigiorno, richiede. Il mio successore alla direzione dovrà essere  preparato ad affrontare parecchie difficoltà e  il candidato ideale…  Ho bisogno della sua collaborazione  professionale. –  afferma determinato tralasciando i giri di parole.
- Temo di non comprendere, Sir George. – mormoro basita.
- Mio nipote Stephen, lavora con noi da quando si è laureato, è il direttore del laboratorio ricerche ed io l’ho proposto, al consiglio d’amministrazione, come mio successore, è uno scienziato di indubbie qualità e capacità….ma… alcuni membri hanno opposto delle perplessità sulle sue …ehm…. capacità….di comprensione della natura umana. - 
- Comprendo….ehm… come pensa che potrei aiutarla io?  – mormoro assolutamente confusa. 
- Ho cresciuto mio nipote , orfano dei genitori, con le migliori intenzioni… ma..-
- Sir George, le assicuro la mia discrezione , la prego soltanto di spiegarmi esattamente in che modo  pensa  possa esserle utile. – insisto .
- Vede ho trasformato mio nipote in un perfetto strumento per la ricerca scientifica e senza rendermene conto gli ho impedito di vivere la sua giovinezza.   Insomma mio nipote non ha una vita privata, non ha amici, dedica tutte le sue energie alla ricerca.  Vorrei che lei lo aiutasse con discrezione ad aprirsi a nuove esperienze, naturalmente siamo a conoscenza che non sono le dissolutezze  che  possono contribuire alla formazione di  uno scienziato….ma….è indubbio che le esperienze della vita plasmano e fortificano l’essenza dell’uomo che c’è dietro lo studioso.  – il suo sguardo esprime tutta la sofferenza che gli causa questa confessione.
- Lo prenda come un esperimento, se riesce a colmare ehm…. le “carenze” di mio nipote,   raggiungerà un nuovo risultato che avvalorerà ulteriormente le  teorie che ha esposto oggi. La farò entrare nel Centro ricerche quale  assistente al nuovo progetto che Stephen sta seguendo e nel  frattempo avrà il modo di studiarlo e di aiutarlo come ritiene più  opportuno. La prego solo di agire con discrezione, Stephen non è una persona da sottovalutare, non prenderà bene la sua presenza in laboratorio, ma questo lei lo aveva intuito da sola,  quindi  dovrà conquistare la sua fiducia. Mio nipote  ha lavorato duramente per ottenere quella promozione e se la merita, la prego di aiutarmi. - 
- La voglio ringraziare della fiducia che ripone nel mio operato e le chiedo solo di  valutare bene la sua proposta. Potremmo abbandonare per alcuni minuti, quello che auspico sia il suo più riuscito tentativo di esternare  il classico british humor?  Lei mi sta proponendo di collaborare con il mio ex marito? L’uomo da cui sono separata da ben quattro stupendi e mai abbastanza spensierati  anni?  – chiedo cautamente, sperando di aver frainteso le sue parole.
Avevo sposato Stephen appena dopo la laurea,  eravamo pazzi l’uno dell’altro  già dal primo anno di corso. La forte attrazione fisica, la comunione di gusti e opinioni mi avevano persuasa  che fosse l’uomo giusto per me.  Invece, dopo qualche anno, erano iniziati  i problemi,  che a causa di un’assoluta  mancanza di comunicazione,  comprensione e considerazione da parte di mio marito  delle mie esigenze, diventarono insormontabili. La situazione tra noi era diventata così insostenibile che per preservare la mia sanità mentale, avevo deciso di lasciarlo ai suoi studi.  Per mesi avevo atteso anche solo una telefonata, un tentativo qualsiasi di riappacificarsi,   inutilmente, dopo tutto ero sua moglie,  mi aveva detto  più  volte che mi amava, eppure in quel frangente  non mi aveva  lasciato  scelta e così avviai l’iter della separazione che mi fu concessa senza alcuna  difficoltà,  a dimostrazione del fatto che la fine del nostro matrimonio era un evento di modesta rilevanza  a confronto del progetto che seguiva in quel periodo.


- Andrea, la reputo una donna intelligente, l’ho sempre stimata per la sua  sagacia. Lei conosce,  meglio di chiunque altro,  mio nipote e sono sicuro che  i vostri “trascorsi” personali non influenzeranno in alcun modo.. la vostra futura collaborazione.  Consideri tutti gli aspetti di portare a termine con successo il suo compito.  Se lei accetta questo incarico, avvallerò le sue teorie davanti ai miei colleghi, da cui oggi non sono state…  “apprezzate”.  Le lascio questa notte per riflettere bene sulla mia proposta  e domani mattina mi farà avere la sua risposta. –
 


§§

 

Il centro ricerche era situato in una zona prealpina e Stephen ogni mattina correva per la valle circostante,  godendosi l’aria fredda e pulita delle montagne. L’imminente arrivo della sua “nuova” assistente lo irritava immensamente, aveva provato svariate volte a convincere suo zio che non aveva bisogno  di nessun aiuto esterno e soprattutto una donna ed in special modo di “quella donna” .  Non si reputava  un maschilista, semplicemente  le  scienziate,  anche se altamente qualificate  come  la sua ex moglie, lavoravano seguendo i loro “umori” e il progetto che seguiva era troppo importante   per affrontare dei ritardi dovuti a  collaborazioni poco redditizie.   Si ricordava ancora perfettamente il  giorno in cui Andrea  aveva deciso di uscire definitamente dalla sua vita,   rivedeva con chiarezza, la  porta  chiusa  violentemente  dietro  le sue spalle.
 Quindi, non gli restava altro modo  per liberarsi di questo problema  “fastidioso”,  di  far comprendere  alla ex signora Hown, che la sua presenza non era gradita ed eventualmente  convincerla a prendere in considerazione l’opportunità di   rinunciare a partecipare al progetto.  Non sarebbe stato facile, ma non impossibile. In compagnia di  queste liete considerazioni continuò la sua corsa mattutina.


§§

 

Mi  presento nell’istituto,   con un serio tailleur pantalone  nero, capelli domati da uno chignon sulla nuca e occhiali di tartaruga neri, con  un filo di trucco.  Mentre seguo un addetto alla vigilanza  lungo  il corridoio immacolato che porta ai laboratori,  ripenso per l’ennesima volta  alle parole di Sir George -  Dovrà….analizzare  quel topo di laboratorio.. e aiutarlo a ricordarsi che è anche  un “essere umano”,  avvalorando così le sue teorie per cui ha tanto lavorato,  senza distrarlo dai suoi calcoli e dai suoi esperimenti…….Ovvio.   -   Sarà un piacere dimostrare a Stephen quale desolante livello di inconcludenza avesse raggiunto come uomo e marito!  A noi due … Dottor Hown! Dopo aver bussato brevemente,  l’agente si sposta per farmi  passare e nonostante sia  nascosto dietro allo schermo del suo computer, finalmente posso esaminare   la mia “cavia” in carne ed ossa.

 

 

 Sollevo  con calma lo sguardo   e  la  studio  attentamente nei pochi secondi che impiego ad alzarmi dalla  poltrona per  accogliere la mia nuova “collega”.  Il suo viso ha perso l’espressione dolce quasi fanciullesca, che ricordavo, davanti ai miei occhi c’è  una donna sicura di sé con i   capelli  castano scuro prigionieri di una elaborata acconciatura, i cui  occhi d’ambra, di un colore veramente insolito,  quasi gialli, che avevo sempre trovato estremamente attraenti,   con mi squadrano quietamente.     Non mi  stupisce il suo atteggiamento sostenuto, la rigidità delle spalle e lo sguardo cauto,   che denotano una certa tensione, molto probabilmente mio zio  l’avrà  avvertita   delle mie rimostranze riguardo la sua presenza nel progetto e soprattutto accanto a me.  Avevo  preteso   che  mantenesse il più assoluto  riserbo sui nostri precedenti rapporti,  mi sarei comportato con lei, come avrei trattato una qualsiasi  collega.


Mentre fisso  sgomenta l’uomo che ho  di fronte,  cerco  di ricordare  quali erano state le   parole  che  Sir George aveva adottato per descrivere il nipote,   che  mi avevano indotta a credere che  avrei ritrovato  un ometto rachitico, pallido e magari disperatamente depresso senza  di me.  Stephen invece, non solo aveva sviluppato  una  corporatura atletica, che non gli riconosco,  ma è il suo viso a  colpirmi  maggiormente, i lineamenti  erano più marcati e  gli donano un’espressione seria, quasi corrucciata,   ma  dietro le lenti dei suoi occhiali neri  risplende lo stesso  straordinario    sguardo trasparente che in passato  m’incantava.

- Benvenuta  Dottoressa Stolen, sono Stephen Hown. – mormora tendendomi una bellissima mano affusolata.
- Buongiorno Dottor Hown, piacere di conoscerla. – ribatto pacata, il lieve tepore che emana la sua mano,  mi distrae  e devo sforzarmi per non abbassare lo sguardo per ammirarla di nuovo.

 

§§

 


Il laboratorio è strutturato in modo tale che ogni postazione abbia gli strumenti necessari per lavorare autonomamente pur essendo collegati tra loro, dopo essere stata presentata a tutti i colleghi, mi viene assegnata una scrivania. Iniziamo così una tranquilla ruotine,  io collaboro con i miei colleghi, tutti uomini, mentre Stephen lavora da solo nel suo ufficio ed è raro che lo veda più di due volte al giorno e cioè quando entra e quando esce dal laboratorio. In realtà non mi aspettavo nulla di diverso anzi pensavo addirittura che mi relegasse ad effettuare solo compiti marginali, Sir George mi aveva avvertita che suo nipote non avrebbe gradito la mia presenza, avevo intenzione di lasciargli credere che poteva gestire il mio lavoro come voleva,  ma al momento opportuno avrei fatto valere le mie ragioni.
Per caso  una mattina scoprii che Stephen puntualmente dedicava un’ora alla corsa prima di entrare in laboratorio  e decisi di  seguire il suo esempio, partivo  molto tempo dopo averlo visto  sparire  tra i cespugli per evitare di dargli noia. I percorsi erano ben tenuti e la strada su cui correvo nonostante la pendenza era facile da seguire, all’improvviso il trillo del cellulare disturba le mie meditazioni.

- Ciao Andrea, allora com’è questa cavia? – mormora ilare la mia coinquilina, Joan, biologa e veterinaria, lavora  in uno zoo ed era felicemente e segretamente  innamorata del  suo direttore.
- Ciao sei già sveglia? E’ presto. … -
- Sono appena rientrata in casa, questa  notte abbiamo assistito al parto di una giraffa! Meraviglioso !! Allora come stai,  tutto bene? –
- Si,  per il momento tutto normale, la mia  cavia non  è  cambiata molto, è  sempre un aitante nerd, occhi chiari, corporatura atletica e stupende mani affusolate. Freddo e rigido come un palo della luce. Da quando si è presentato il primo giorno, praticamente non l’ho più visto, educatamente m’ignora. – ipotizzo ironicamente.
-  Perfetto!  Non ti preoccupare, fanno tutti così, è più probabile che ti osservi  da lontano per capire da come ti comporti con gli altri  se sei cambiata,  adesso ti lascio, vado a dormire, ci sentiamo presto. – mi saluta sbadigliando.

In effetti Stephen aveva assegnato ad Andrea  proprio  la scrivania che per uno strano gioco di riflessi di vetri e schermi riusciva a vedere  dalla sua.   Ormai era diventata  un’abitudine, anche  senza  volere si ritrovava ad  osservarla.  A poco a poco aveva riscoperto alcune  sfumature   nell’ espressione  del suo viso  che pensava di aver dimenticato. Come  la piega in cui si curvava  il suo sopracciglio quando era  infastidita da qualcosa  e quella ironica che ostentava raramente, di fronte a  situazioni od errori  grotteschi commessi da  colleghi incauti. La dottoressa Stolen  era sempre cordiale e sorridente,  tutti in laboratorio   non perdevano   l’occasione di fermarsi a scambiare qualche parola con lei, durante le pause, tranne lui.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           
 Aveva notato anche che difficilmente la incrociava,  la mattina,  durante il jogging, sembrava che evitasse accuratamente sia il percorso  che l’orario in cui iniziava la sua corsa.   Era stato informato dalla vigilanza che usciva dal Centro per allenarsi   in succinte tenute che avevano traumatizzato le guardie. In effetti oltre alle segretarie ultra cinquantenni e al personale di servizio, non avevano visto molte donne degne di nota tra quelle mura e le guardie non avevano torto ad  ammirare le deliziose curve che lui si ricordava ancora molto bene.  C’era ancora qualcosa che gli sfuggiva sulla vera ragione della  sua  presenza nel suo laboratorio e si era ripromesso di scoprire quale fosse. L’ultima volta che si erano visti, Andrea gli aveva espresso chiaramente quali fossero i suoi sentimenti verso di lui e gli pareva estremamente  improbabile che avesse deciso improvvisamente di accantonare i loro dissapori per collaborare al progetto che stavano seguendo, per quanto fosse importante raggiungere un risultato, era sicuro che solo una motivazione più che valida l’aveva persuasa a tollerare  una collaborazione a così stretto contatto con lui.

§§

 

Anche Andrea aveva avuto modo di studiare Stephen ed era arrivata alla conclusione che di sua spontanea volontà rifuggiva e limitava allo stretto necessario i rapporti umani.  Il dottor Hown non aveva una vita privata perché non gli interessava averne una. Decisamente quell’uomo rappresentava per lei una sfida molto attraente…..scientificamente, ovvio. Per un puro caso fortuito una mattina aveva incrociato lo sguardo con il suo ex marito, uno sguardo che grazie alle strane angolazioni degli schermi dei suoi colleghi  le giungeva di riflesso. Si rese conto così che da quando era arrivata Stephen aveva avuto l’opportunità di “tenerla d’occhio”. Quindi aveva deciso di giocare d’astuzia, approfittando di quella casualità, di ignorarlo quanto bastava per attirare la sua attenzione.   

 

§§


Raramente lavoravo fino a tardi, ma quel pomeriggio mi sono attardata a finire una serie di calcoli e   non mi ero  resa  conto di essere rimasta da sola nel laboratorio. Il dottor Hown esce dal suo ufficio leggendo alcuni documenti e non si accorge della mia presenza finché non lo saluto.
- Buonasera …. Ehm… ancora qui? – chiede sorpreso.
- Ho appena terminato una sessione di calcoli che  non volevo lasciare in sospeso. – gli spiego e spero capisca che non ho tardato apposta  per aspettarlo.
- La prossima volta che decidi di fermarti, avverti  la vigilanza, il laboratorio e tutto il sotterraneo  vengono sigillati  ad orari prestabiliti e non è possibile aprire le porte fino al mattino successivo. –
- Non lo sapevo, grazie per l’informazione, buona sera. – lo saluto cercando di mantenere un tono  cordiale dirigendomi verso la porta blindata….che non si apre.
Esito una frazione di secondo e riprovo ad abbassare la maniglia…ma non riesco a muoverla. Mentre mi volto verso di lui,  temo di scorgere la stessa espressione sgomenta che sicuramente esprimono i miei occhi.
- Dimmi che è uno scherzo…… - mormoro ansiosa.
- Ho avvisato la sicurezza che sarei rimasto fino alle dieci….. e come puoi verificare tu  stessa, sono le dieci e cinque minuti. Siamo chiusi dentro. – constata pacato.
- Ma non è possibile! Prova  a chiamare la vigilanza! – esclamo irritata dalla sua flemma.
Con piglio deciso alzo la cornetta del  telefono, ma la linea è muta e noto solo in quel momento che anche il computer è spento. Non faccio in tempo a domandare se è previsto anche lo spegnimento  di tutte le luci che all’improvviso rimaniamo al buio. Stranamente Stephen non esterna nessuna particolare reazione alla situazione in cui ci troviamo, presumo che stia invece studiando tranquillamente la mia.

- Tanto per essere informata…spegneranno anche l’aria condizionata  e quindi potremmo rischiare di morire soffocati? –
- Non ti preoccupare, il ricambio d’aria  non viene interrotto. Vieni  nel mio ufficio, l’ambiente è più raccolto, almeno  non soffriremo il freddo. – risponde accendendo la luce  del suo cellulare.

Con un sospiro rassegnato lo seguo e mi lascio cadere sulla poltrona davanti alla sua scrivania. Con noncuranza  tolgo gli occhiali,  sciolgo i capelli e mi  massaggio le tempie per scacciare il mal di testa che minaccia di sopraffarmi.   
- Non ti senti  bene…. dottoressa? –
- Sto benissimo grazie, mi da noia una leggera emicrania, nulla di grave. Visto che siamo fuori orario lavorativo, da soli  e costretti a  passare insieme tutta la notte,  ti spiace se abbandoniamo  le formalità? –  chiedo sardonica.
- Mi sembra che tu l’abbia  già fatto, comunque non ho nulla in contrario….. fuori dall’orario lavorativo. – risponde  ironico.
- Bene.  Non ho ancora avuto l’occasione di visitare i dintorni, pensi che in paese potrei trovare un appartamento da affittare? – chiedo cercando di intavolare una qualsiasi conversazione.
- Perché hai intenzione di fermarti per lungo tempo qui in zona? – chiede sorpreso alzando lo sguardo su di me e  noto che i suoi occhi scivolano involontariamente lungo le morbide onde formate dai miei capelli  sparsi sulle spalle e sul seno.

Nascondo un sorriso soddisfatto mentre realizzo che il mio caro collega non ha ancora digerito la mia presenza nel suo laboratorio – Beh …resterò qui, almeno finché non chiudiamo il progetto immagino..- ribatto tranquilla sapendo che questa risposta lo preoccuperà non poco.

- Potrebbe  passare parecchio tempo, non hai qualcuno  che ti aspetta? ……Se posso chiedere. –
- No,  non ho nessuno che mi aspetta, tranne la mia coinquilina, che però non penso senta la mia mancanza, visto che ha la casa tutta per sé.  E’ libera di invitare chi vuole. E tu non hai nessuno  che ti  aspetta?  ….Se posso chiedere…– mormoro adagio  ripetendo le sue stesse parole.
- No, non ho nessuno che mi aspetta, vivo qui al Centro per comodità. –
- Beh sicuramente è una soluzione molto pratica, ma deprimente.  Insomma non esci mai da queste mura? - 
- Qui ho tutto ciò che mi occorre.. –  replica  pacato.
- Certo…immagino….ehm…. domani vorrei  cenare fuori di qui, ti andrebbe di accompagnarmi?  .. Se non hai impegni naturalmente. – preciso sorridendo.
- Non è mia consuetudine cenare con i colleghi, la familiarità  raggiunta potrebbe compromettere la resa durante il lavoro. – replica saccente.
- Non è  consuetudine  di alcuno, raggiungere un grado sufficiente di familiarità  durante un  lasso di tempo impiegato quasi totalmente per ordinare,  deglutire  il bolo alimentare prodotto,  sorbire dei liquidi necessari al  fabbisogno giornaliero e  calorie utili alla sopravvivenza umana!  Non ti ho chiesto un appuntamento! Odio mangiare da sola e tu sei l’unico single che conosco qui dentro! – preciso stizzita.
-  Questo non è corretto, nella squadra della sicurezza vi sono almeno tre uomini senza evidenti impegni sentimentali. – spiega paziente fissando il display del suo telefono.
- Non mi sono espressa nel modo corretto, intendevo un essere vivente qualsiasi a cui il livello di testosterone  non abbia raggiunto  la massa cerebrale!   ….. Se volessi farmi sbavare addosso… mi comprerei un cane! Sono stata chiara?! - sibilo  irritata di fronte alla sua  presunta ottusità, sono sicura che risponde in questa maniera per infastidirmi.

Forse questa volta ho esagerato, Sir Hown  mi aveva avvertito di non sottovalutarlo ma forse è stato proprio lui  a concedere  un credito esorbitante a questo baciapile dalle mutande inamidate!  Lo  sguardo accigliato con cui lo scruto,  molto probabilmente lo esaspera abbastanza  da fargli decidere  di uscire subito  dal suo ufficio per andarsi a sistemare sulla prima  scrivania  di fronte alla porta. Senza commentare l’accaduto mi sposto tranquilla al suo posto, tolgo le scarpe e inizio una partita ad un nuovo gioco virtuale   che usavo come test di base per analizzare i  pazienti  affetti  da sociopatia, ha una grafica molto colorata ed è “camuffato” da puzzle, voglio vedere se il mio caro “mutanda rigida”  si lascia attirare….. 

- Oh no! Non è possibile!  Ma questo aggeggio infernale non funziona! – esclamo al culmine dell’irritazione.

Tempo un nano secondo,  Stephen  fa la sua comparsa in ufficio con un’espressione  falsamente preoccupata . – Qualcosa ti  disturba? – chiede pacato.
- E’ un’ora che sto tentando di finire quest’applicazione virtuale  ma  inutilmente, mi spiace averti  tediato  con i miei tramesti. –
- A dir il vero sembravano più che altro urla demoniache, se non sei  in grado di eseguire ….. – s’interrompe quando mi vede tendergli il cellulare con aria strafottente.
- Se riesci a  finirlo, non discuterò  le tue future disposizioni e dimostrerai…. la tua superiorità intellettiva…….ma… se dovessi  fallire….. decido  l’orario e il giorno in cui mi accompagnerai  in un qualsiasi ristorante decente della zona, ci stai? – chiedo sicura che non resisterà alla tentazione di comprovare la mia inadeguatezza.
- Molto bene. Ti  prendo in parola. - 

 

 

 


 

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Capitolo 2
*** Mr. Mutanda rigida. ***



 Non solo non era riuscito ad eseguire  il test, ma  una forte emicrania, causata dallo stress,  lo aveva tormentato tutta la notte, per cui non era riuscito a chiudere occhio  neanche per un minuto, appollaiato  sulla poltrona scomoda davanti alla sua scrivania, mentre io sonnecchiavo comodamente stravacata sulla sua.  Ovviamente da buona samaritana non avevo affondato il coltello nella piaga sanguinolenta   del suo orgoglio maschile in agonia,  deridendolo,  ma gli avevo dato il colpo di grazia fissando per la sera successiva la cena per cui lo avevo sfidato.  Sono veramente  indecisa come vestirmi per uscire  con  “mutanda rigida”  questa sera.   Non so  se è  più  opportuno proseguire  con l’apparenza  linda e rassicurante  da nerd repressa o di sfoggiare la mia mise più appariscente per sbalordirlo, avevo bisogno di  un consulenza. 

- Ciao tesoro, come stai? – trilla entusiasta mia madre.
- Ciao mamma, tutto bene, grazie…ehm ho bisogno di un consiglio sull’abbigliamento più appropriato per uscire con un …. uomo.. – lascio che l’ultima parola  venga assimilato e  con calma allontano leggermente  il cellulare dall’orecchio    per evitare  che la mia cara genitrice mi distrugga  i timpani  con i suoi  urletti  esultanti.
- Un UOMO??!! Un uomo con due braccia e due gambe, un essere umano di chiaro sesso maschile eterosessuale??! – esclama sconvolta.
- Si….mamma. E’ chiaramente un uomo….presumo che sia eterosessuale, devo uscire con Stephen…… - mormoro tra me….pensierosa, purtroppo mia madre ha un udito finissimo.
- Stephen??!! Santo cielo!! Devo vederlo!! Aspetta un attimo!!  Mia cara….devo scoraggiar….. –
- Mamma…… - inutilmente cerco di frenare il fiume di parole che a raffica fuoriescono dal microfono.
- Non  posso permettere a mia figlia….. – continua intanto imperterrita a starnazzare.
- MAMMA!! – urlo irritata, due minuti al telefono con lei e mi sono già pentita di averla chiamata.
- ANDREA! Non urlare con me!! Stavi dicendo? – riprende più tranquilla.

Mia madre è una biologa, attualmente dirige un centro ricerche alle isole Fiji o in qualche zona  limitrofe, dopo la morte di mio padre, si è risposata tre volte e ha divorziato tre volte, ama la vita e gli uomini.  Forse  a   causa delle sue origini francesi ha una teoria tutta particolare  sui rapporti  tra uomo e donna. E’ una donna affascinante e raramente  il malcapitato che ha suscitato il suo interesse non si prostra ai suoi piedi perdutamente innamorato .   Naturalmente io ho ereditato da lei solo le fattezze somatiche, ma  con suo sommo dispiacere, condivido lo stesso carattere coriaceo di mio padre, quindi sono poco propensa ad atteggiamenti da damina svenevole.  Forse per questo motivo o a causa dell’elevato standard con cui esamino ogni  uomo che mi si presenta davanti,   oltre a  qualche flirt non sono riuscita ad instaurare un rapporto soddisfacente e duraturo con un uomo…. decente, dopo mio marito.  Non è colpa mia! Non ne ho mai trovato uno!  Comunque questo non è importante, sono molto più interessata a  far emergere dal  “guscio” di granito l’uomo …. Interessante e affascinante che si cela, con abilità,  nel profondo abisso dell’animo del professor Hown!
Dopo averle spiegato  nel dettaglio il compito affidatomi e le mie impressioni sulla “cavia” aspetto paziente il consiglio per cui l’ho chiamata. – Ma chère dovrai usare  l’arte subdola della geisha! Tentare senza ostentare.. – sussurra ilare.
- Ehm…. tradotto per i comuni mortali? – chiedo allibita.
- Oh mon Dieu! Dovrai presentarti morbida come una gatta… ma  distante e altera come la Monna Lisa! –
- Maman,  oltre al fatto che la monna Lisa  notoriamente possiede  lo sguardo più dolce  nella storia dell’arte,  io non sarei in grado non dico di eguagliare ma neanche di avvicinarmi  ad un simile atteggiamento  etereo,   vorrei che tu mi dessi dei ragguagli sui capi di abbigliamento da adottare in quest’occasione! Merci! – sbraito esasperata.
- Bien! Tubino con spacco sul davanti, tacco 12 e naturellement un push-up, tessuti morbidi al tatto  e  accessori che catturano lo sguardo! Ce l’hai una gonna nel tuo armadio…vero??!!  Fammi sapere come è andata e mandami una foto del fortunato mortale! Au revoir!  – conclude decisa interrompendo la comunicazione. Odio quando fa così!!


Osservando il mio riflesso nello specchio devo riconoscere che questa volta  mia madre mi ha fornito di un consiglio   sensato,  sembro una “morbida” sirena.    Ma forse non è questa l’impressione che offro agli occhi attenti del mio ex marito,  quando ci incontriamo all’ingresso del Centro, lo vedo affinare rigidamente lo sguardo, come se presentandomi vestita da donna gli stessi facendo un qualche dispetto.

- Buonasera dottor Hown, pronto per uscire? – chiedo sorridendogli tranquilla.
- Secondo lei perché mi troverei qui e proprio a quest’ora….se non fossi pronto? – risponde irritato. Come inizio non promette bene!

Inaspettatamente sia il locale che le  pietanze servite superano le  aspettative di entrambi e dopo qualche titubanza anche la conversazione si mantiene  ad un livello sufficientemente interessante. Avevo rinunciato a priori a toccare argomenti personali come la famiglia e le amicizie, immaginando che non avrebbe apprezzato di dover disquisire  su argomenti così privati con me, dopotutto sono la donna che lo ha abbandonato.
Avevo notavo che Stephen  non era interessato a guardare gli altri commensali seduti ai tavoli intorno a noi, non era interessato a ciò che lo circondava, ma solo ad esaurire velocemente quest’impegno impostogli per poter ritornare alle sue occupazioni abituali. Tentai di scuoterlo dalla sua apatia invitandolo a ballare. Ma vedendo  l’ espressione sorprendentemente sbigottita del suo viso  mentre mi fissava  senza rispondere,  non riuscì a trattenermi e scoppiai a ridere allegramente.

- Vuoi  spiegarmi  cosa esattamente trovi  tanto ricreativo? – chiede con acredine.
- Tu !! Tu sei estremamente …ehm….. ricreativo! - lo derido dolcemente.
- Mi sembra di capire che la mia compagnia non t’aggrada, propongo quindi di ritorn… - s’interrompe stizzito mentre mi vede  accettare  la mano di un ragazzo che m’ invitava a seguirlo sulla pista.
- Scusa…torno subito. – mormoro ignorando i suoi borbottii.


Sono tentato di abbandonarla in questo locale  e di ritornamene al Centro da solo, ma sono cosciente che la dottoressa Stolen non troverebbe un  taxi disponibile a quest’ora, anche se sono sicuro che un passaggio per ritornare lo troverebbe di certo. La fastidiosa sensazione di disagio che mi ha tormentato tutta la sera, mentre la guardo ballare stretta tra le braccia di uno sconosciuto si acutizza. Ammetto con  riluttanza  che Andrea oltre ad essere una scienziata capace…. È diventata   una bella donna,  i lunghi capelli che porta sciolti sulle spalle sembrano rilucere  sotto i fari  che illuminano la pista  e ogni volta che si muove la stoffa morbida  della sua camicia aderisce  prepotentemente al  seno. La cosa che mi  infastidisce  di più di tutto in questa serata è rendermi conto che la mia ex moglie  mi attrae ancora, forse più di prima.   Ritrovarla dopo tutti questi anni di separazione, mi ha reso  molto più sensibile alla sua vicinanza, incredibilmente riesce a   sedurmi  inconsciamente.  
Avevo utilizzato parecchio del mio tempo  ad osservarla. Un terribile senso di inadeguatezza mi  coglie,  di nuovo,   come mi tormentava in gioventù, mentre i miei compagni di corso erano impegnati in bagordi notturni e diurni,  io  restavo nella mia stanza o in biblioteca a studiare seguendo le disposizioni di mio zio,  mi aggrappavo allo studio cercando di colmare il vuoto abissale causato dalla perdita dei miei  genitori. Una grande timidezza e goffaggine avevano limitato di parecchio i miei tentativi di avvicinarmi alle esponenti del sesso femminile.  Con il tempo, in palestra,  ero riuscito a liberarmi dei suoi modi sgraziati ma dopo alcune delusioni,  la timidezza si era  trasformata  in austerità  e da allora un atteggiamento inflessibile e riservato caratterizzava le mie interazioni con il prossimo.   Non avevo  la più pallida idea di come fare per piacere alle persone che mi  circondavano e non ero sicuro di voler piacere a nessuno. Finché non era entrata nella mia vita lei, Andrea, che  con la sua allegria e il suo amore, mi avevano fatto credere di essere un uomo migliore di quello che ero, invece l’avevo fatta soffrire. Quando ricevetti i documenti per la separazione, li firmai senza leggerli, tutto ciò che mi chiedeva glielo dovevo, per non essere stato in grado di amarla come meritava.

- Dottor  Hown,  sveglia….se vuoi  possiamo andare. –


Quelle parole penetrano con qualche secondo di ritardo il mio scudo invisibile di elucubrazioni. – Come? …Ah..si certo. Andiamo.  –

Mentre guido,   rimugino  in silenzio senza prestare attenzione alla mia compagna di viaggio. Avevo sbagliato ad accondiscendere a quest’uscita, ritengo   essenziale mantenere una rigida disciplina in laboratorio e un’occasione del genere poteva minare la mia autorità.  Domani  avrei  disposto il trasferimento  di Andrea  in un’altra sezione  di ricerca, forse la sua assenza avrebbe riportato l’equilibrio nel mio team e tra i miei pensieri.

- Posso chiedere quali problematiche le  impegnano la mente,  anche fuori dall’orario di lavoro…. Dottor Hown? –
- Nulla di grave, spero che la serata sia stata di tuo gradimento. – chiedo con riluttanza,  sapendo di  aspettare la sua risposta con una sottile ansia.
- Si grazie, non posso dire di essere riuscita nell’intento che mi ero prefissata, comunque si è rivelata una serata interessante. – commenta fissando la strada davanti a sé.
- E cosa ti era prefissata ? – chiedo incapace di frenarmi.
- Di farti sorridere,  per dimostrare a me stessa che il dubbio che tu sia un androide, sia infondato. – risponde sinceramente.
- E sarebbe stato un risultato molto eclatante di per sé? –
- Hai usato l’espressione giusta, eclatante, sorprendente, sarebbe totalmente inaspettato. Ma forse ho adottato la tecnica errata, dovrò studiare qualche altro stratagemma. – mormora pensierosa.


Decido di non replicare  fingendomi occupato a parcheggiare l’auto,   ma è solo dopo aver premuto il comando della chiusura automatica,  che  colgo  una serie allarmante di improperi molto “folcloristici” e  volgari,    che sono costretto di nuovo a  dedicare la mia più completa attenzione a Andrea.  La stoffa della sua gonna  era  rimasta  incastrata nella porta dell’auto  e non riuscendo ad aprirla aveva tentato di liberarla tirandola,  purtroppo cosi facendo aveva perso l’equilibrio  ed era caduta rovinosamente sull’asfalto finendo di lacerare il tessuto.  Non solo la mia “cara” collega si era trasformata in una scaricatrice di porto tra le più agguerrite, ma il colorito paonazzo che le colorava il viso mentre scalciava contro la mia macchina con così  tanta veemenza da spezzarsi  un tacco, prese una sfumatura bluastra talmente divertente che le scoppiai a ridere in faccia. Non riuscivo a fermarmi e più mi osservava indispettita, più ridevo. Per la prima volta  mi rendevo conto che l’apparente contegno  curato e posato che la mia collega esibiva ogni giorno,  non era altro che una riprova che non ero il solo a portare una maschera.  Con un attimo di ritardo,  mi accorsi che Andrea mi aveva lasciato da solo a sghignazzare e che si dirigeva  con passo marziale all’entrata secondaria del Centro.

-  Andrea! Aspetta….  non volevo riderti in faccia, ti sei fatta male? – gridai raggiungendola.
- Ah…. adesso ti ricordi il mio nome? Potevo spezzarmi una gamba e tu lì a ridere come un somaro! – risponde irritatissima, tenendo con una mano i lembi della stoffa per coprirsi le gambe nude.
- Non dire così… altrimenti non riesco a fermare il flusso… -
- Il flusso della demenza??!! – esplode furiosa.
-  Abbi pietà!!  ….. – rispondo  con le lacrime agli occhi, cercando di trattenere i sogghigni.
-  Adesso che ci penso ho raggiunto il risultato prefisso!  Sono riuscita a farti sorridere….anzi a farti sbellicare caro dottor mutanda rigida… -
- Mutanda rigida…?  - chiedo esterrefatto.
- E-ecco….. …. – pigola a disagio.


Pietrificata dalla vergogna dopo essersi   resa  conto di quello che aveva appena detto ,  mi guarda  con un’espressione sinceramente dispiaciuta.  Giuro che mi piacerebbe davvero riuscire ad  essere  così  forte da  resistere  all’ilarità  ma….  non ce la faccio a reprimere l’istinto  e   ricomincio a ridere sguaiatamente e dopo un attimo si unisce anche Andrea.

 

§§

 


 Stephen sembra  essersi rilassato un pochino  nei miei confronti  e  con un’incoraggiante  facilità  ha preso l’abitudine di   correre accanto  a me la mattina  e sempre più spesso  si uniscono  a noi anche  altri  colleghi,  sollevati  dall’evidente cambiamento di “umore” del loro capo.  Poco per volta sta riscoperto il piacere di uscire anche solo per una birra, per una passeggiata, di andare al cinema in compagnia. Sembra esser vissuto in una specie di reclusione  volontaria,   un istinto che  si è soliti ritrovare negli eremiti associali che scelgono di isolarsi dal resto del mondo essendo  incapaci di affrontarlo dopo aver subito un grave trauma.
Questa sera andiamo in palestra  e  spero di riuscire a cogliere l’occasione propizia  per porgli di fronte……una donna. Sono  intenzionata ad incoraggiarlo  ad intessere una qualsiasi relazione con  un’intraprendente donnina che abbia la forza di  reggere   la latente supponenza e alterigia con cui interagisce con gli estranei e che prediliga   invece ammirare i suoi occhioni azzurri. 

 

- Complimenti  dottore lei è veramente  uno schianto con i jeans!! – esclamo sinceramente  stupita,  quando lo raggiungo nel parcheggio.
- Cosa….? Ehm…. grazie? – mormora imbarazzatissimo mentre un vago rossore gli colora le guance.

Non l’avevo ancora  visto vestito  casual e devo riconoscere che  la combinazione  jeans ,   t-shirt  e giubbotto in pelle lo trasforma  in un uomo estremamente attraente e sexy.  Sarà più facile del previsto “guidare” tra le sue braccia una donna consenziente.   

-  Sai , ho sempre pensato che se ti facessi crescere  una leggera barbetta incolta e cambiassi il taglio dei capelli, ti correrebbe dietro a frotte! – decreto  continuando  ad ignorare la sua espressione  basita.
-  Chi? – chiede falsamente noncurante.
- Come chi? Donne….. esponenti del sesso femminile …. Hai presente? –
- Forse non l’avrai  notato ma nei dintorni, la concentrazione di….ehm….. esponenti del sesso femminile…  è pressoché inesistente. Nel Centro, escludendo  te, operano  una decina di donne la cui  media di anzianità di servizio è trentennale!     Non è molto incoraggiante come prospettiva! – replica mordace.
- Ma…. quando sei uscito con una donna l’ultima volta? – chiedo stupita.
- Quattro giorni fa… - risponde prontamente.
- Escludendo me!! Avanti….. avrai casualmente incontrato qualcuna mentre corri la mattina, ad un congresso, al supermercato!!?? –
- Perché sei così interessata alle mie relazioni sociali? – chiede irritato.
- Non sono interessata….. era solo stupita. –
- Tu quando sei uscita l’ultima volta con un uomo? –
- Forse sono passati un paio di mesi…dal  mio  ultimo appuntamento con un uomo.  -  rispondo un po’ reticente, non è una buona  terapia per curare un paziente prendere in esame la propria  vita personale specialmente se questa è  poco emozionante.
- Io non faccio testo? – mormora seccamente.
- Tu non sei un uomo, cioè sei un uomo, ma praticamente  ti ho costretto ad accompagnarmi. Io parlavo di un “vero”  appuntamento con uomo…...-
-  Intendi un appuntamento  i cui trascinamenti  si concludono  su di un letto? Solo per assecondare un’esigenza fisiologica? – ipotizza sardonico.
- Visto che non cogli il nocciolo della questione……. lasciamo perdere … eh?   - replico flemmatica ignorando le sue parole.
- Si,  forse è meglio che tu non   continui con i tuoi sproloqui.  Che cosa ti ha impedito di  approfondire… ehm… delle nuove conoscenze? – chiede falsamente noncurante.
- Nulla in particolare,  sono solo….  molto difficile. Non voglio accontentarmi di una persona che non corrisponde  in pieno  a tutte le mie esigenze, non sarei corretta ad iniziare una relazione che so destinata a naufragare.  Bada bene che non disdegno l’amicizia o un flirt  con un uomo piacevole,  se riesce a comprendere che non sono interessata ad un legame  duraturo. –
- Stai dicendo sul serio? Sei molto cambiata!  Saresti l’incarnazione del  sogno segreto di ogni uomo!  Una donna  che non è interessata ad una relazione soffocante e esclusiva! -  esclama ilare.
- Ehi! Per chi mi hai preso!?  Nella mia vita non escludo a priori  il matrimonio e la maternità!  Ma nel frattempo ritengo giusto, essendo single,  godermi la vita e questo non vuol dire essenzialmente  saltare da un  letto all’altro…chiaro?! La vita è troppo breve per sprecare il tempo dietro a un uomo  “inconcludente” !! – Colpito e affondato!!
- Inconcludente?  Interessante termine…. Forse dovremmo anche disquisire con attenzione  sui motivi per cui  un uomo è costretto a dileguarsi  di fronte a situazioni ….ehm...” castranti”? – sussurra soavemente mordace.
- Immagino che nessuna ultimamente,  ti abbia  detto che non sei spiritoso!!  –

Sono una bugiarda meschina inqualificabile, non solo non ho potuto fare a meno di dare a Stephen l’impressione che  considerassi il periodo del  nostro rapporto   come se non fosse mai esistito,  ma volontariamente  avevo mentito circa il metro cinico secondo il quale valuto  una relazione  con un  uomo. La verità è  che ho sempre paragonato  ogni singolo uomo che ho frequentato  con il mio ex marito  e nessuno ha  mai superato il confronto.


§§

 


La palestra  è gremita  di donne atletiche e interessanti,  noto soddisfatta, mentre  attraversiamo il locale per raggiungere gli  spogliatoi  per cambiarci. Stephen si lascia tentare dai pesi ed io dal tapis roulant. Dalla posizione in cui mi trovo riesco a scorgere gli sguardi incuriositi  che il dottor Hown suscita in  alcune biondone fornite di bicipiti in ottima forma.   Nel giro di un’ora ho  già esaurito sia il fiato che le forze e decido di trascinarmi  e buttarmi  su di una panca per gli addominali…. Si…. Prima mi riposo… poi forse mi diletto anche con questa nuova tortura!
Il mio  collega sembra invece ancora fresco come una rosa e continua ad esercitarsi  senza dar segno di stanchezza.  Mi avvicino con noncuranza ad un gruppo di ragazze che occupano le gambe  sui pedali della cyclette ma con gli occhi   osservano interessate  la muscolatura tonica  di Stephen tendersi e rilassarsi durante il sollevamento. 

- Qualcuna di voi  lo conosce? Da dove arriva  questa meraviglia? – stava dicendo la più ciarliera.
- Non lo so…. ma non uscirà da questo posto,  prima che abbia avuto il suo numero. – si ripromise la seconda.
- Hai fatto caso alle  sue  chiappe  quando è entrato?  Meravigliosamente sode! – ridacchiava la terza.

Mi giro stupita verso Stephen, non credevo riscuotesse tutto questo successo,  decisamente è arrivato il momento di dargli una mano a fare amicizia con persone “ben disposte”.  Con calma lo raggiungo  e gli propongo un break al  punto ristoro.

- Ciao come stai? E’ da tanto che non ti vedo!! – esclamo ilare lasciando del tutto stupefatta una  delle tre “scimmiette”.
- Prego? Forse ha sbagliato persona… - risponde guardando prevalentemente il mio compagno.
- Oh.. mi spiace! Ti ho scambiata per una mia conoscente, non volevo disturbare… - mi scuso falsamente afflitta.
-  Non è nulla…. Ma possiamo rimediare subito! Io sono Linda e queste sono le mie amiche,  Molly  e  Rachel e voi… siete… - chiede sfrontata continuando a fissare Stephen che si dondola a disagio sui piedi, imbarazzato, forse di più dall’inequivocabile  apprezzamento che esprime il suo sguardo che dalla sua sfacciataggine.
- Io sono Andrea e il mio  amico è Stephen. Vi andrebbe di unirvi a noi per una …bevanda analcolica? – chiedo  sorridendo.
- Ciao Stephen! Ma certo grazie. Accettiamo volentieri! – esultano le tre oche.

Se il suo  sguardo  potesse uccidere sarei già  morta  stecchita, ma visto che ci sono troppi testimoni oculari, si arrende e  di buon grado si unisce alla compagnia. Dopo una decina di minuti  Linda aveva quasi raccontato tutta la sua vita e Rachel  con nonchalance aveva tolto  la giacca della tuta, mettendo in mostra un seno perfetto,  probabilmente rifatto, ma perfetto….. non è invidia giuro! E’ solo che è talmente immobile e turgido che potrebbe usarlo  come arma impropria!! Molly invece è  deliziosa, silenziosamente ammirava affascinata Stephen  e con un semplice stratagemma,  ci aveva invitati  la sera dopo in un pub per festeggiare il suo compleanno,  riesce  ad  estorcere  il numero del cellulare  dell’indifeso   dottor  Hown.  Ecco un esempio pratico di  ferrea determinazione femminile  da cui viene il detto il fine giustifica i mezzi!  Chi si ferma è perduto e via discorrendo…..

§§


Avevo fatto appena in tempo a chiudere la porta della macchina che Stephen mi aveva aggredita irritatissimo. Non solo non aveva nessuna intenzione di aderire all’invito  ma spergiurava che non mi  avrebbe mai più permesso  di manipolarlo per  comprovare la veridicità delle mie illazioni sconclusionate, secondo cui ritenevo che gli  necessitasse di una vita sociale dissimile  dall’attuale. Insomma …era proprio… incazzato! Ma notavo, mentre mi strillava addosso,  che la rabbia,     lo aveva ridestato  dalla sua apatia,  il suo atteggiamento freddo e controllato era solo il risultato di  una ponderata e collaudatissima  maschera dietro cui celava una travolgente energia psicosomatica….  molto affascinante… da analizzare ovvio! Forse l’assenza di reazione da parte mia ai suoi  sproloqui furiosi,   ridimensiona  il livello della sua irritazione e dopo aver parcheggiato  l’auto davanti al Centro si gira verso di me,  esausto e forse un po’ mortificato.  

- Ti chiedo scusa, raramente mi lascio prendere la mano dall’ira. – mormora piano.
- Non ti scusare avevi tutte le ragioni di essere in collera, non dovevo intromettermi.  Se decidi di isolarti dal resto del mondo è solo affar tuo,   è una tua  scelta e come tale dev’essere rispettata. Sono veramente dispiaciuta… - mormoro un po’ malinconica.
- A cosa stai pensando Andrea? – chiede perplesso.
- Non capisco perché lo fai… perché non ti lasci avvicinare? Non vuoi degli amici, una vita  tua? La rabbia e le delusioni e anche il dolore fanno parte della nostra realtà, ma  tu rifuggi qualsiasi contatto ed  emozione…  -
- Presumo che tu sia stata convocata  al Centro,   grazie alle tue indubbie capacità  che fanno di te una genetista  altamente qualificata,  ma  ti prego d’ora in avanti di attenerti alle mansioni per le quali sei stata   assunta.  Non ti intromettere più nella mia  vita. Quattro anni fa hai firmato un foglio in cui rinunciavi a qualsiasi  rapporto con me…cerca di ricordartelo.   – sbotta  seriamente infastidito,  dopo un momento di riflessione.
- Non mi hai lasciato altra scelta, non potevi darmi quello di cui avevo bisogno. – rispondo risoluta, maledicendo il giorno che avevo deciso di accettare la
proposta di Sir Hown.

 

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Capitolo 3
*** Just married. ***


I nostri rapporti tornarono ad essere molto  distaccati e formali,   il lavoro svolto in collaborazione  era strettamente limitato a poche ore  alla settimana e ai brevi briefing  giornalieri con tutti i colleghi che avevano paventato questa regressione  al regime impersonale e rigoroso.   Ma come cita la terza legge della Dinamica di Newton: Ad ogni azione corrisponde una reazione pari e  contraria e   l’inaspettata visita di mia madre sconvolse  parecchio  l’ordine e la disciplina richiestaci dentro e fuori il laboratorio .  Juliette Delacour  coltivava  la folle speranza di veder finalmente sua figlia innamorata  dell’uomo giusto. In questi anni aveva evitato di intromettersi nella  vita di  Andrea,  ma ormai era giunta alla conclusione che non era in grado di trovarsi un uomo adatto  e poco dopo  la sua ultima telefonata aveva prenotato   un biglietto aereo per raggiungerla con l’intenzione di …… intromettersi nella sua vita….  a  fin di bene, ovvio!
  Stephen e mia madre   erano sempre andati d’amore e d’accordo e mentre loro chiacchieravano vivacemente, io,   venivo tranquillamente ignorata.  Ma l’evento più straordinario  a cui assistetti fu l’incontro  tra  mia madre e Sir  George Hown.  Non credevo esistesse quello che comunemente viene chiamato “Colpo di fulmine”.   Non trovo un altro termine per descrivere quell’assoluta,  totalmente  illogica e  senza alcun dubbio  esplicitamente palesata da entrambi   attrazione fisica  immediata,     che persuase  Sir Hown  a dichiararsi appassionatamente  in ginocchio nella sala mensa davanti a tutto il personale del Centro. Ad un certo punto credevo che Stephen fosse sul punto di dare di stomaco, tanto era allibito e sconvolto mentre fissava suo zio buttarsi ai piedi di una donna appena conosciuta.  I “novelli” innamorati avevano le idee molto chiare e nel giro di una settimana venne organizzata  una cerimonia  a cui seguì  un rinfresco tenuto in uno dei migliori alberghi della città.


§§


Ero seduta in una delle tante panchine disseminate nel parco adiacente all’albergo dove avevo passato una delle più lunghe e tediose giornate della mia vita, il quarto matrimonio di mia madre! In realtà ero felice di vederla  così innamorata e soprattutto ricambiata, ma non riuscivo a capacitarmi che fossero passate solo due settimane dal suo arrivo e che in questo breve lasso di tempo abbia deciso di sconvolgere di nuovo la sua vita per un uomo.
 Con un tonfo si siede accanto a me un’altra anima pensierosa, Stephen.  Eravamo stati costretti a far fronte comune davanti a quella che ci sembrava una pazzia, convolare a giuste nozze con un estraneo, non che  ci sentissimo le persone più qualificate a propinare consigli a chicchessia, visto  il disastroso risultato raggiunto dalla nostra unione.  Ma nonostante i nostri sforzi,  nulla di quello che avevamo tentato per dissuadere “Romeo e Giulietta” a legarsi  così precipitosamente,  aveva funzionato.  Avevano opposto alle nostre argomentazioni una semplice ed efficace risposta, l’amore.  Mi volto  ad osservarlo esausta,  l’elegante e compito testimone dello sposo era ormai scomparso, al suo posto era rimasto un uomo profondamente sconcertato dalle casualità della vita e stanco di trovare un senso a tutta  questa situazione.  Con pochi gesti si libera della cravatta e della giacca sospirando dal sollievo. Dopo essersi passato le mani tra i capelli più volte, come a liberarsi la mente di tutti i pensieri che l’affollavano, ricambia il mio sguardo stancamente.
- Sai Andrea… ho bisogno di un drink….. molto… molto….. alcolico! – mormora pacato.
- Bravo.. buona idea. Prendi una bottiglia di champagne e due bicchieri. – approvo sorridendo.
- Ho detto molto alcolico.. – ripete seccamente.
- Hai intenzione di ubriacarti? – chiedo ilare.
- Già…. Almeno ci posso provare! –
- Ok ci sto! –

 


§§

 

La prima bottiglia di whisky l’avevamo utilizzata per proclamare  dei   brindisi dedicati alle più disparate motivazioni e via via che passava il tempo mentre si moltiplicavano i  sorsi ingurgitati del meraviglioso liquido ambrato sapientemente invecchiato in meravigliose botti  di rovere, i soggetti di queste celebrazioni divennero particolarmente stravaganti  e inconsueti.

- Io brindo…. Mia cara Andrea…. Agli sposi!!! – decretò allegramente aprendo la seconda bottiglia.
- Agli sposi!!  Che ormai saranno arrivati alle Fiji!! Bon voyage!! E non dimentichiamo di brindare al testimone dello sposo…… il quale ha dimostrato  un eccellente  sangue freddo assolutamente marca  british anche quando è stato investito dal bouquet della sposa!!  – trillo alzando il braccio.   
- Molto gentile…. Non so dove l’ho buttato…. Ma ho intenzione di bruciarlo!! Ed io brindo alla bellissima  damigella della sposa e al suo fantastico vestito!! Adesso….. ho un….  quesito …. da esporle .. Dottoressa Stolen..  – il suo tono di voce  è leggermente strascicato classico del bevitore inesperto.
- Esponga tranquillamente…. l’ascolterò con molta attenzione…. Dottor  Hown. – replico compita.
- Il tessuto di cui è  composto il suo vestito ….  può  darmi una definizione … -
- Il tessuto si chiama satin di seta, è una fibra naturale. Vuole sapere altro? – ridacchio divertita.
- E-ebbene… si! Notavo che  la  profonda scollatura posteriore, le lascia un’abbondante porzione di epidermide scoperta… il quesito che le pongo, assolutamente senza intenti ambigui,  mi creda,   riguarda … una semplice curiosità…… Lei oggi ha indossato della biancheria intima? – chiede fissandomi eccezionalmente pacato.
- Dottor Hown mi stupisco di lei! Sono domande da farsi? –
- Eeeeh si, mia cara collega! Il dubbio che lei non abbia indossato  la biancheria intima, mi ha tormentato tutto il giorno! La prego mi liberi da questa incertezza! – borbotta quasi irritato.
- Solo per farle una gentilezza,  visto che lei non è propriamente un estraneo,  le comunico che indosso la biancheria intima. Soddisfatto? -
- Non molto in vero, ero convinto che fossi nuda sotto quel vestito morbido che ti scivola sulla pelle sottolineando ogni singola curva del tuo corpo…. – sussurra  con voce roca, cambiando repentinamente   atteggiamento.     

Nonostante fossimo entrambi assolutamente bronzi e in comune accordo che fosse altamente inopportuno per due persone come noi, con un matrimonio fallito alle spalle,  soccombere ad uno  sfrenato   e sconvolgente attacco  di  libidine, causato  per lo più dall’alcool ingerito, ci ritrovammo avvinghiati sul letto di una delle tante stanze messe a disposizione degli ospiti del matrimonio.


- Quello che stiamo facendo è una pazzia…. – mormorai  contro la sua gola mentre assaporavo  con bramosia la sua pelle.
- Sono d’accordo…. noi non riusciamo a vivere insieme… - concordò  Stephen  sfilandomi il vestito.
- Io ….. sono solo un’abitudine….per te... –  ansimai sulle sue labbra.
- Una meravigliosa ….. abitudine…. – 


Con pochi gesti ci liberammo  degli ultimi indumenti e  un estatico sospiro  ci sfuggì  nel momento in cui,  finalmente,  diventammo  di nuovo una cosa sola. All’improvviso spalancai  gli occhi e gli circondai  il viso con le mani per costringerlo a guardarmi negli occhi.


- Tu ….. non sei più nulla per me….. – mormorai  mentre  lo imprigionavo  dentro di me.
- Neanche io…. ti amo molto….  – rispose prima di baciarmi con trasporto.


Le parole da quel momento in avanti non servirono più a nulla e lasciammo che fossero i nostri corpi a comunicare in un modo più  istintivo e scevro di menzogne. Il desiderio sopito per lunghi anni ritornò prepotentemente  a scuotere i nostri corpi,  annullando ogni  assennata riflessione,  lasciandoci rapiti ed esausti  in balia dei suoi  coinvolgenti  palpiti.  


§§

 

Svegliandomi  la mattina seguente, avevo avuto bisogno di qualche minuto  per realizzare  che ero stesa, nuda,  su un letto che non era il mio e che  inequivocabilmente  qualcuno era steso vicino a me. Mi girai con cautela verso l’uomo che mi dormiva accanto. Oddio Stephen!!   Molto  chiaramente rivedo   tutti gli avvenimenti della sera precedente e  irritatissima scaccio il languido intorpidimento dei miei arti,  alzandomi velocemente dal letto  per  fiondarmi sotto la doccia.
 Dovevo essere veramente  fuori di me per lasciarmi   convincere ad andare a letto con lui!  Purtroppo alcune impietose immagini mi balenano in mente, terribilmente cruente e infinitamente destabilizzanti in cui  sono  io a spogliare e a sedurre il mio caro e “indifeso”  ex marito.  Dopo il primo momento di attonita ritrosia  e forse grazie all’effetto  dell’alcol ingerito, si era lasciato andare e   mi aveva amata con un prorompente ardore.  L’attrazione fisica che ancora esercita su di me  è  una complicazione imprevista quanto inopportuna, non ho  nessuna intenzione di riavvicinarmi a lui, la mia vita mi va bene così com’è!
Rientro nella stanza e l’ osservo per un attimo mentre dorme  nella stessa posizione in cui l’ho lasciato, la sua espressione, nel sonno,  è distesa, rilassata. Le sue gambe formano un groviglio con le lenzuola che gli coprono a mala pena i fianchi, le sue labbra sono leggermente dischiuse e i capelli gli coprono la fronte.   Non so cosa darei per accarezzarlo, ma decido di sfuggire all’istinto,  uscendo dalla stanza senza far rumore.   Non posso e non voglio innamorarmi di lui….. di nuovo.   So che è un’azione da vigliacchi,  lasciarlo senza  svegliarlo per evitare di parlare di quello che è successo questa notte, ma  adesso non ho la forza necessaria di confrontarmi con lui in  una simile discussione.


Nei sotterranei del Centro c’è una piscina  con cinque corsie e visto che oggi è domenica non c’è nessuno ad affollarla.  I miei colleghi  sono  ritornati  a casa per il weekend e gli addetti alla vigilanza sono ridotti al minimo. Quindi è con un sospiro di sollievo che m’immergo nell’ acqua  gelida,  godendo  della mia solitudine.  Inizio a nuotare lentamente per consentire ai miei muscoli fuori allenamento di riscaldarsi. E’  da parecchio che non  pratico uno sport,  anzi è da parecchio che non ho il più piccolo stimolo a svolgere nessuna attività, esco dal lavoro e mi rinchiudo in casa.  Le mie colleghe mi ripetono spesso che la mia apatia è uno dei primi segnali di quella fase delicata che matura lentamente in ognuno di noi dopo aver subito un trauma, nel mio caso la separazione da mio marito. Depressione post divorzio.
Dopo averlo lasciato, ero assolutamente euforica, spensierata, mi sono data alla pazza gioia, uscivo tutte le sere, gridavo e ballavo più forte di tutti, mi sentivo viva e libera. Una sensazione entusiasmante molto  pericolosa,  che tuttavia ero riuscita a dominare,  non mi aveva  portata a commettere gravi errori di valutazione con gli uomini che tentavano di avvicinarmi.    La mia titubanza a frequentare  un altro uomo, era dominata dal  convincimento che non avrei mai più ritrovato con nessuno,  lo stesso affiatamento di idee e gusti, per non parlare della forte attrazione fisica  che avevo condiviso con mio marito. Il solo pensiero di essere sfiorata da mani estranee mi urtava. Non ero pronta per affrontare anche questo ultimo importantissimo cambiamento nella mia vita,   l’idea di  entrare in intimità  con un uomo che non fosse Stephen mi destabilizzava, mi sembrava di distruggere  tutto ciò che eravamo stati insieme. In fondo al cuore sapevo che  non mi sarei mai rassegnata  alla separazione.
Solo ultimamente  avevo intessuto una parvenza di relazione  con un collega più giovane di me, assolutamente platonica,   il suo affetto era tutto ciò che potevo accettare  e ricambiare , ma fortunatamente   lui aveva capito le  mie  remore e la nostra amicizia era colma di caldi abbracci e qualche veloce bacino. Uscivamo qualche volta la settimana per andare a cena fuori, al cinema o anche solo per un drink. Con lui riuscivo a rilassarmi, a parlare di tutto e di niente, una relazione poco impegnativa che placava il mio spirito  abulico.

Con la mente invasa  da queste elucubrazioni, rimasi un tempo infinito sotto la doccia a rimuginare.  Solo la certezza di aver colto  un debole eco di passi fuori dallo spogliatoio  mi convinse che era più conveniente che tornassi in camera. Trovai Stephen fuori dalla porta ad aspettarmi, era addossato alla parete intento a scrutarmi con un’espressione in viso che non gli avevo mai visto. I suoi occhi erano accesi da una forte emozione, ma forse era solo rabbia repressa.

- Ciao.. – non sapevo come affrontarlo, optai per un atteggiamento  cautamente  indifferente.
- Ciao,  ti sei alzata molto presto questa mattina. Credevo di trovarti vicino a me. –
- Dormivi così profondamente che ho deciso di lasciarti.. tranqu…. -  
- Hai deciso che non era necessario chiarire gli avvenimenti di ieri notte? Che ciò che è successo, per te,  non ha alcuna rilevante importanza  perché sei convinta che  ci siamo lasciati trasportare dall’alcool  ingerito? – constata freddamente.
- E-esattamente…. Non lo pensi anche tu? – rispondo esitante, non so come interpretare le sue parole in questo momento.
- A quanto pare… non è importante ciò che IO penso….. ma se credi che questa volta starò fermo a guardarti mentre distruggi la mia vita, senza intervenire,  ti sbagli di grosso!! Se dovessi dare retta alle tue parole senza senso,  mi sentirei libero di scoparti ogni qual volta mi aggrada solo perché mi sono scolato una bottiglia di whisky e non perché ti desidero!! – sibila arrogante  avvicinandosi minaccioso.
-  Non fare l’idiota! Stai travisando e distorcendo le mie parole!  Non c’è nulla da chiarire, la notte scorsa è stato uno sbaglio, un episodio isolato  che non si ripeterà, eravamo ubriachi,  assolutamente incapaci di connettere in maniera razionale…. sono stata abbastanza chiara?   E adesso lasciami passare! - replico irritata.
- Vuoi davvero  che ti dimostri quanto siano vuote le tue asserzioni?  - replica stringendomi tra le braccia.
- Lasciami! . strillo senza fiato, mentre le sue labbra calde  sfiorano la parte delicata sotto l’orecchio.
- Ho detto lasciami!! – urlo  respingendolo con tutta la forza che avevo. Sentire quel breve contatto  sulla  mia pelle fredda era stato uno shock.  Devo allontanarmi da lui prima di cedere all’impulso di stringerlo a me e supplicarlo di amarmi come ieri notte.
- Dove credi di andare vestita in quel modo?  Immagino  che non ti rendi conto dell’effetto che faresti ad un qualsiasi  uomo che ti vedesse in questo momento, con i capelli sciolti sulle spalle, la pelle ancora umida  e  l’assoluta certezza che sotto  quell’accappatoio sei nuda!   Non voglio che mia moglie  giri  per il Centro in queste condizioni!! – sbraita inferocito afferrandomi un braccio.
- Non sono più tua moglie….. non rammenti…? -
Sapevo che le  parole che aveva appena pronunciato, gli  erano state suggerite dalla rabbia che lo dominava.  Per un attimo scruto  la  sua espressione assolutamente basita e mentre Stephen mi fissa con uno sguardo remoto,  paralizzato  dalla sorpresa,  libero il braccio dalla sua mano,  ormai inerme.  Lo lascio in mezzo al corridoio da solo a combattere contro i suoi fantasmi e a fare i conti con i suoi errori, forse adesso   sarebbe riuscito a realizzare quanto mi fosse  costato lasciarlo e quali fossero i motivi per cui avevo preso una decisione del genere nonostante l’amassi.

 

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