NOTA
La storia è ambientata negli anni
successi ad Hogwarts e alla caduta di Voldemort per mano del bambino sopravvissuto. È un periodo
di relativa pace; le persone risentono ancora degli avvenimenti degli ultimi
anni, ma pian piano la comunità magica si sta ricostruendo.
Ora i protagonisti hanno 23 anni;
Hermione, Ron, Draco, Harry vivono assieme, in un appartamento della Londra babbana.
Non spiegherò molte cose in
questa fic perché conto di scrivere qualche oneshot in merito (non ho ancora finito di scrivere il
primo capitolo e già mi sono creata la saga…. ^^).
Ho introdotto un nuovo
personaggio nella storia e l’ho fatto con un moto di fastidio, perché io per
prima prediligo le storie in cui i personaggi sono solo quelli inventati dalla
Rowling. Innanzitutto l’ho inserito perché nel formare le coppie mi rimaneva
fuori un omino e poi perché ho pensato di narrare la storia da un punto di
vista diverso.
Sono indecisa se mantenere la
narrazione da parte di un unico personaggio o se allargarla anche agli altri. E su questo mi piacerebbe avere un vostro parere.
Ora la pianto e vi lascio alla
storia. Un grazie a tutti quelli che decideranno di
dedicarmi i loro minuti.
Disclaimer:
La maggior parte dei personaggi utilizzati per questa fanfiction non appartengono a me,
ma a J.K. Rowling, e a vari editori tra i quali Bloomsbury, Scholastic, Warner Bros, Salani
e così via.
I
fatti narrati in seguito non sono mai avvenuti nella saga di Harry Potter.
Questo
racconto è stato scritto con nessuna intenzione di lucro,
quindi, si ritiene che nessun diritto di copyright sia stato violato.
SONO TUTTE FAVOLE…
Capitolo 1
Gli inquilini
Arienh si svegliò
di soprassalto, spaventata da un rumore di cocci rotti, seguito da
un’imprecazione.
“Merda!
Herm, dai! Ci metto un attimo!”
“Ron, finiscila! Lo puoi fare
tranquillamente senza, tantopiù che la prossima volta
ci starai attento!”
Un ultima esecrazione
s’insinuò nella stanza. Arienh era ormai in piedi e sbirciando la sveglia sul
comodino notò che erano appena le sette e venti. Con un certo disappunto infilò
i jeans e una maglietta e attraversando la penombra
della stanza entrò nel bagno adiacente. Da un piccolo specchio, posto sopra il
lavandino, una ragazza bionda la fissava arrogantemente
“Idiota!” le disse il riflesso. Inarcò il sopracciglio e con una buona
dose di dentifricio alla menta cominciò a lavarsi i denti.
Era passata più o meno una
settimana da quando si era trasferita in quell’appartamento e ancora non
riusciva a rilassarsi. Non aldilà delle apparenze perlomeno. Gli amici di Herm erano tipi a posto, ma nonostante questo non riusciva
ad aprirsi; quando era in loro compagnia tendeva a stare sulle sue, incapace di
creare un qualche tipo di legame che durasse più di un paio di frasi di cortesia. Per quanto cercasse di
non farci caso, sentiva una specie di barriera tra lei e loro, un’aura speciale
che l’impediva di avvicinarsi e superare
la conoscenza superficiale che aveva di quei ragazzi. Credeva che la cosa non
l’importasse, anzi per la maggior parte del tempo ne era
certa, in fondo la sua vicinanza a quel gruppo sarebbe durata per un tempo
limitato, poi non li avrebbe più visti; già, cercava di mantenere fissi i suoi
pensieri su questo, così l’irritazione che la prendeva qualche sera non sarebbe
stata tanto intensa, così il senso di esclusione e il disagio di quei minuti
non si sarebbe palesato in maniera tanto acuta. Perché erano
proprio quegli attimi ad infastidirla, a ricordarle che c’era realmente una
barriera tra lei e loro. Era in quei momenti che desiderava aver ricevuto
anche lei quella lettera.
Sospirando rumorosamente si
sciacquò la bocca e dopo essersi asciugata il mento con un telo di lino arrivò
in cucina senza far rumore. Vi trovò il ragazzo rosso, Ron, accucciato a terra
che tentava di ripulire delle macchie di un liquido
scuro, caffè probabilmente.
Hermione la vide prima che lei
potesse dire qualsiasi cosa “Arienh! Ti sei svegliata presto! Oddio, sei
scalza; non passare per di là, Ron ha rotto una tazza!” la ragazza le indicò il punto del danno e contemporaneamente le versò e
passò una tazza di caffè. Nero e molto zuccherato. Arienh sorrise debolmente.
Adorava Hermione, era stata la
sua migliore amica per moltissimi anni, avevano sempre condiviso tutto, le prime cadute, la prima bicicletta, la prima
bambola… avrebbero continuato a farlo se Hermione non si fosse trasferita per
frequentare quel maledetto collegio privato.
Si ricordava perfettamente il
giorno in cui venne da lei a darle la notizia.
“Rienh!!!Rienh ci sei?” Hermione la stava chiamando dalla finestra.
Arienh si affacciò alla sua e guardò la bambina negli occhi. Era
eccitata, gli occhioni marroni brillavano.
“Che c’è Herm?”
Arienh e Hermione erano vicine di casa, o come si definivano loro,
vicine di stanza. Le villette della famiglia Granger e della famiglia Harris avevano un lato in comune e le due bambine avevano
la propria camera l’ una accanto all’altra. Passavano
ore alle finestre a parlare, a guardare le stelle o semplicemente a respirare
la stessa aria.
Quel pomeriggio però Hermione le chiese di scendere in giardino.
Si sedettero sotto il ciliegio, e dopo qualche attimo di silenzio
Hermione disse “Questo
autunno mi trasferisco. Sono stata ammessa a
una scuola fuori Londra. È una specie di collegio.” Arienh spalancò gli occhi
“Te ne vai?” la bambina mora annuì, poi però si illuminò
“La lettera è arrivata questa mattina; io non ho mai sentito parlare di questa
scuola e neanche mamma e papà la conoscevano, però hanno detto che è per
bambini speciali!” Hermione s’interruppe, forse in attesa di una replica, ma
Arienh era troppo sconvolta per replicare. Così la moretta
riprese “Forse arriverà anche a te! Forse anche tu sarai ammessa a
quella scuola, così non ci dovremo separare, potremmo
rimanere assieme!” Arienh sentì il cuore alleggerirsi, il disagio affievolirsi.
Herm aveva ragione. Sarebbe andata così, non avrebbe
perso la sua migliore amica, anche lei avrebbe frequentato quel collegio.
Doveva solo aspettare la lettera.
Ovviamente il tempo la smentì e la
lettera non arrivò. Arienh controllò ogni giorno la cassetta delle lettere e
ogni giorno che passava sentiva la rassegnazione inghiottirla. In fondo lei non
era una bambina speciale, non quanto Hermione
perlomeno. Hermione sì, che meritava una scuola di quel genere, lei era studiosa,
gentile e gli adulti l’adoravano.
Arienh non era gelosa, di questo ne era certa, voleva bene a Hermione ed era felice
per lei.
Era solo triste per se stessa.
“Io vado, ci
vediamo dopo amore.” La voce di Ron la scosse dai suoi
pensieri, alzò lo sguardo in tempo per vedere il rosso baciare
dolcemente la sua Herm. Sorrise di nuovo. Le piaceva
quel ragazzo, era sbadato, maldestro e goffo, ma amava Hermione e questo era
palese a chiunque.
Prima di uscire le passò accanto
e le diede un bacio sulla tempia “A dopo Rienh.”
“Ciao Ron…” lo guardò
allontanarsi stupita. Ron… di tutti, era forse quello che preferiva; ti riservava
piccole attenzioni facendoti sentire speciale, anche quando non te lo meritavi.
Quando
era arrivata in quella casa, piuttosto agitata e in piena crisi isterica, lui
era l’unico presente nell’appartamento in quel momento e non aveva fatto una
piega quando Arienh gli si era buttata tra le braccia, piangendo ed emettendo
frasi sconnesse e prive di un apparente significato. Era rimasta tra le sue
braccia fino all’arrivo di Hermione, venti minuti più tardi, dopodiché, una
volta riconosciuto tra le lacrime il volto della sua
migliore amica, aveva lasciato il caldo rifugio del ragazzo per crearsene un
altro tra le braccia della ragazza. Il rosso a quel punto aveva baciato sulla
fronte Hermione e senza chiedere spiegazioni aveva annunciato di essere in
ritardo e che sarebbe andato in redazione. Dal quel giorno Arienh aveva giurato
eterna fedeltà e riconoscenza al bel rosso.
“Arienh? Persa per i meandri
della mente?”
“Al solito Herm.”
Sorseggiò il caffè ormai tiepido e guardò negli occhi l’amica.
“Hai parlato con tuo padre?”
Arienh troncò il contatto visivo e bevve un altro sorso dalla tazza. Dopo aver
appurato che la mora era ancora in attesa di una
risposta si decise a parlare “No, lo sai che non l’ho fatto.”
“Dovresti. Si starà
preoccupando.”
“Lo sa che me la cavo.”
“Indubbiamente. Ma si merita comunque una spiegazione.” Le disse la mora sottolineando il concetto con un gesto spazientito.
“È umiliante… e io non voglio umiliarmi ancora!”
“Non c’è nulla per
cui vergognarsi! È capitato, sei adulta e capace
di affrontare le conseguenze delle tue azioni. Devi prendere in mano la tua
vita. E sarebbe carino che informassi tuo padre.”
“Herm! A
mio padre verrà un infarto!”
“Sciocchezze! Capirà e ti darà
una mano.”
“No! Non voglio nessun tipo di aiuto da lui.”
“Testarda.”
“Difetto di famiglia. E comunque non voglio affrontarlo. Non voglio dover vedere la
sua faccia delusa. Non ancora.”
“Rienh…”
“No, non dire nulla per piacere.
Ho combinato io il casino e io lo risolverò.”
“Rienh?
Non in quel modo spero...”
“No. Non ne avrei
il coraggio. È pur sempre parte di me…” Furono
interrotte da un ragazzo biondo vestito di nero, che senza dire una parola
attraversò la cucina e prese la sua prima tazza di caffè della giornata.
Arienh era intimorita da
quell’inquilino della casa, non parlava molto, era sempre serio e ti guardava
con un’intensità agghiacciante. Però era stupendo…
Alto probabilmente 1.90, ampie spalle, un fisico scolpito, capelli biondi,
quasi argentei, occhi color ghiaccio. Un colpo al cuore. Lo guardavi e ti si
mozzava il fiato; Arienh aveva sempre paura perdere l’uso della parola quando
era in sua presenza e così cercava di fare altro in quei casi: che so,
guardarsi le unghie dei piedi, lavare una tazza, fare un cruciverba, o tentare
di moltiplicare a mente 781 per 23. Diciamo che come
tecnica non funzionava molto, era sempre estremamente
consapevole della presenza di Draco. Draco…. Già…. Nome interessante ed estremamente azzeccato.
Di lui sapeva poco, che non aveva
contatti con la sua famiglia e che lavorava con Harry. Non aveva ben capito
qual era il suo impiego, Hermione era stata estremamente
vaga al riguardo. Lavorava per il Ministero inglese a quanto diceva, in quelle
sezioni di cui non si sente molto parlare. Arienh aveva ipotizzato che fosse
qualcosa tipo l’Intelligent o la CIA, ma Arienh non
ci capiva molto di queste cose, ed in effetti non
sapeva neanche se la CIA fosse un’organizzazione inglese o americana o se
esistesse realmente, perché forse si era fatta un po’ influenzare dai quei
telefilm di spionaggio che amava tanto. Così di base sapeva solo che il lavoro
di Draco era pericoloso e che gli aveva regalato quel fisico da urlo. E a lei questo bastava.
Hermione guardò l’orologio appeso
alla parete e con rapidi gesti riempì la sua valigetta da lavoro. Si mosse con
eleganza verso Arienh e le baciò la guancia “Vado!
Sono a casa per le 15:00. Se
ti serve qualcosa chiama. Ciao tesoro.” E salutando con un cenno Draco, uscì di casa.
Arienh rimase immobile per
qualche secondo, in attesa che il cervello le
suggerisse una frase carina per rompere il ghiaccio con il biondo. Il cervello
ignorò la sua richiesta d’aiuto.
Stava per accampare una scusa per
congedarsi, quando l’ultimo inquilino della casa fece il suo ingresso in
cucina: Harry Potter. Il moro ammiccò sfacciatamente in direzione di Arienh, che gli rispose con un’alzata di sopracciglia,
poi prese una tazza di caffè.
Come si poteva definire Harry Potter?
All’esterno si presentava come un bel ragazzo, molto più che bello
ad essere onesti. Era moro, alto e con degli incredibili occhi verdi. Il
suo fisico era notevole, come quello di Draco. E sulla
fronte aveva una strana cicatrice che lo rendeva ancora più virile. Arienh
odiava ammettere questo: odiava ammettere che Harry era decisamente
bello, che i suoi occhi riuscivano a farle scendere un brivido lungo la
schiena, odiava ammettere che il suo corpo reagiva in maniera del tutto
autonomo in sua presenza. Odiava ammettere questo perché Arienh odiava Harry
Potter.
Lo odiava per svariati motivi:
perché sapeva di essere affascinante e sfruttava
questo a suo favore, perché credeva di poter conquistare ogni donna, perché
conquistava ogni donna, ma soprattutto, perché assomigliava maledettamente a Lucas.
La loro era
un’antipatia reciproca. Si erano detestati da subito. Per la verità non si
ricordava neanche come era cominciato. Qualcosa con una
battuta. Arienh era ancora emotivamente instabile e Potter aveva fatto un
commento sarcastico; da lì la faida. Sì, qualcosa del genere.
Perlopiù i due cercavano di
mantenere uno stato di freddo distacco, limitandosi ad ignorare la presenza
reciproca. Ma ogni tanto la tensione saliva e finivano
per litigare furiosamente.
Quella mattina Potter era
evidentemente in vena. Stava facendo quella cosa orribile dello provarci per
innervosirla. Arienh cercava di ignorare le occhiatine che le lanciava. Non avrebbe reagito, non gli
avrebbe dato quella soddisfazione.
Come diversivo si rivolse a Draco
“Giornata libera?”
Il biondo annuì senza replicare.
Harry lo guardò e disse “Che programmi hai?”
“Esco.”
“La Ragazza?”
“Mh mh!” Arienh scrutò i due. E così
il bel ghiacciolo aveva la ragazza. Rimase lievemente delusa alla notizia, ma
non si scompose.
“È una cosa seria allora. Quando ce la presenti?”
“Mai.”
“Suvvia Dracuccio,
hai paura che rimanga affascinata dal sottoscritto e ti sganci?”
“No Potter, ho paura che scopra
che razza di idioti frequento.” Arienh nascose una
risatina sotto un gemito.
“Oh! Sono commosso. Draco
simpatico umorista. Hai futuro nel campo, hai mai
preso in considerazione il cabaret come possibile carriera?”
Draco ignorò il commento e con un
cenno del capo uscì dall’appartamento lasciando i due soli.
Arienh spostò il peso del corpo
da un piede all’altro cercando di ignorare il disagio che sentiva in quel
momento. Era rimasta sola in casa con l’essere più irritante che aveva avuto il
piacere di incontrare da due mesi a questa parte. Finì di
bere il suo caffè sotto lo sguardo attento di Harry, poi si diresse al
lavandino con l’intenzione di lavare la tazza. Potter era appoggiato al lavabo
e non dava segni di volersi spostare. Arienh lo fissò stizzita: “Permetti?”
Harry sorrise maliziosamente e
avvicinandosi pericolosamente le sussurrò all’orecchio “A te permetto tutto…”
Arienh si scostò arrossendo furiosamente e con uno spintone spostò il ragazzo
dalla sua posizione. Harry sorrise e dopo aver bevuto l’ultimo sorso di caffè
le andò di nuovo vicino. Le prese dolcemente una mano costringendola a girarsi
verso di lui, si avvicinò al suo collo mentre con l’altra mano le spostò una
ciocca bionda dietro l’orecchio. Si fece ancora più vicino e quando le sue
labbra sfiorarono il suo lobo mormorò “Grazie…” e… se ne andò.
Con quattro falcate era già fuori dalla porta ridendo
sommessamente.
Arienh rimase immobile
qualche secondo prima di rendersi conto che il ragazzo le aveva lasciato
tra le mani la sua tazza sporca. Rimase impietrita a guardarla mentre sentiva i
brividi lungo il corpo affievolirsi e una rabbia crescente impadronirsi di lei.
Stringendo nervosamente la tazza cominciò ad aprire e chiudere la bocca,
cercando un insulto adeguato. Vicina alla frustrazione gridò “POTTER!!! SEI UN IMBECILLE!!!”
Era arrabbiatissima. Arrabbiata per non aver trovato un’ingiuria migliore.
Arrabbiata per il comportamento di quell’immaturo. Arrabbiata per essersi fatta
fregare. Arrabbiata perché il suo stomaco aveva fatto una
capriola quando aveva sentito il suo respiro sul collo. Arrabbiata!
Arrabbiata da morire!
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