Un nuovo inizio

di Rebbss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' tornato ***
Capitolo 2: *** E' la verità ***
Capitolo 3: *** Grazie ***
Capitolo 4: *** Ce la faremo ***
Capitolo 5: *** La Mietitura ***
Capitolo 6: *** Preparazione alla parata ***
Capitolo 7: *** I quadri ***
Capitolo 8: *** Questo è il luogo in cui ti voglio... amare ***
Capitolo 9: *** Gli allenamenti ***
Capitolo 10: *** All'improvviso ***
Capitolo 11: *** Ho capito ***
Capitolo 12: *** Le sessioni private e Mary ***
Capitolo 13: *** Alleata. Innamorata. ***
Capitolo 14: *** Sempre ***
Capitolo 15: *** I Giochi- Inizio ***



Capitolo 1
*** E' tornato ***


È tornato
Mi sveglio con un sobbalzo. La pallida luce del mattino filtra ai bordi delle persiane. Apro la finestra e controllo da dove viene il raschiare della pala. Quando lo vedo, mi blocco di colpo. –Sei tornato- dico. – Fino a ieri il dott. Aurelius non mi ha permesso di lasciare Capitol City – spiega Peeta - Tra l’altro, mi ha detto di dirti che non può far finta di curarti, devi rispondere al telefono-. Ha un bell’aspetto. Come me è magro e coperto da cicatrici e ustioni, ma i suoi occhi hanno quell’espressione confusa e tormentata. Però si acciglia lievemente mentre mi osserva. –Cosa stai facendo? -, chiedo .- Sono stato nei boschi stamattina, e ho sradicato questi, per lei. Per Prim. –Grazie-. Torno in casa mia e poco dopo  arriva Sae la Zozza. Mi prepara da mangiare, mi fa compagnia e poi torna a casa. Io rimango da sola e mi sento inadeguata, non sono come comportarmi con Peeta. Rimango tutto il giorno sdraiata in camera mia a pensare per quanto dovrò vivere in questo modo, rinchiusa in casa, senza uno scopo ben preciso. Ormai sono abituata a chiedermi che scopo ho, dopo ciò che è successo, ma credo che ora, io possa semplicemente vivere. Non esco quasi mai, tranne che per cacciare qualcosa, ma niente di che. Quando incrocio Peeta per strada ci scambio due parole, ma molto formali e sembriamo due estranei. Sì, esatto, estranei. Questa situazione fa sia ridere che piangere, ma a me semplicemente preoccupa. Non posso che pensare che io abbia sempre pensato che Peeta mi avrebbe amata sempre e incondizionatamente, e io lo abbia ferito, usandolo per un mio capriccio contro gli Hunger Games. Però almeno, 23 bambini non verranno portati alla morte ogni anno. Oggi Peeta e Haymitch verranno a cena da me. Io non la trovo tanto importante, ma Sae vuole che mi conci presentabile, quindi accetto, un po’ di malavoglia. Durante il pasto nessuno parla, tranne qualche piccolo tentativo di Haymitch o di Sae di iniziare una conversazione. Ma non fila. Peeta mi squadra, e io lo lascio fare. Anch’io a volte lo controllo di sottecchi. Poi la serata finisce così, e nei mesi che seguono nello sguardo di Peeta la solita espressione di confusione negli occhi di Peeta viene sostituita da uno guardo sveglio e vigile, è un buon passo avanti. Pian piano riusciamo a non parlarci più sempre pronti a scappare via dall’altro, e io mi fido un pochino di più del ragazzo del pane. Ma gli incubi ci sono sempre e capisco cosa intendeva Johanna quando diceva che lei riconosceva le urla di Peeta e lui le sue. Spesso sento dei tonfi preoccupanti, o comunque della finestra vedo il suo riflesso che vaga per la stanza tormentato, o che tira pugni a destra e a manca per calmare il mostro dentro di se. Non la pagherai mai abbastanza cara Snow. Mai!
Mi sveglio dopo una nottata orribile. Sarà mezzogiorno passato, infatti scendo e vedo Sae. Purtroppo mi saluta, poi scappa subito. –Vado dal tuo mentore a pulire un po’-. Appena chiude la porta con dolcezza io non resisto e quasi non credo a quello che sto facendo. Mi alzo e esco dalla porta di casa, vedendo le finestre della casa di Haymitch chiuse decido di stare più tranquilla e busso alla casa di Peeta. Sento un sussulto, una corsa e poi viene ad aprirmi un Peeta stanchissimo, con delle occhiaie scurissime e ci impiega un po’ a realizzare chi sono. –Ciao-, abbozzo, guardando per terra. Lui sussulta e tenta di chiudermi la porta davanti.- Mi fai entrare? - sussurro. Senza parlare apre la porta e mi fa passare. Poi la chiude solamente con la maniglia. –Perché?- domando. –Puoi scappare più facilmente- risponde, abbozzando un sorriso dispiaciuto, guardando verso la porta. –Ma io non scappo-. Si rattrista e lo obbligo a mangiare. Qualcosa scatta dentro di lui e sospira–Ti ricordi quel gioco a Capitol City? Quello vero o falso?- -Certo. E sono sicura che ti aiuterebbe ad uscire con calma da questa crisi situazione-. Lo controllo. Tutto regolare. –Nella prima arena, quando ero malato, è vero che hai tentato di uccidermi, dandomi delle medicine avvelenate?- Ma da dove l’ha tirata fuori questa? –Falso!- rispondo meravigliata. Tentenna. –Dimmi tutto. Sono forte-. Sospira.-Nella seconda arena mi hai lanciato contro il campo di forza per uccidermi. Vero o falso?-. Questo è troppo. Ma devo restare calma. –Falso. Stavo per fermarti, ma non ho fatto in tempo. Ti ha rianimato Finnick.- La mia voce si spezza sull’ultima parola. Finnick. Le lacrime vogliono uscire, Peeta mi guarda e involontariamente gli tendo la mano. Non faccio in tempo a rendermi conto di quello che ho fatto che lui me la chiude fra le sue e mi guarda negli occhi. Abbasso lo sguardo e il sangue mi colora le guance di porpora. Per un momento, dopo queste domande sembra proprio il mio vero Peeta. Riesco a trovare la forza per parlare. –Grazie-. Un sussurro. Piccolissimo. Ma lui sente e sorride. È un sorriso vero, non tirato, bellissimo. Continuiamo poi questo gioco fino a sera. Io non voglio andare a dormire, ho paura degli incubi, ma è troppo chiedere a Peeta se può dormire con me. –A domani- mi congeda.-A domani- sorrido. Sono un po' delusa, mi aspettavo un saluto più, dolce o restare a dormire da lui. Ma forse è troppo. Resto un po’ davanti a casa mia, quando entro mi accorgo che non ho mangiato, quindi vedo cosa mi ha lasciato Sae. Mi faccio poi una doccia, devo riflettere su quelle orribili domande di Peeta. Mi addormento dopo un’ora, ma presto vengo svegliata da un tonfo orribile. – Peeta - indovino, la sua luce è accesa mentre io sono qua spaventata. Mi alzo di fretta, metto la vestaglia e le pantofole, dopo di che corro verso casa sua. Accostata alla porta sento un respiro ansimante che si avvicina – Katniss … -  Mi ha scoperto … penso, ma … - Sì, Katniss, ti ho già parlato. Ho sentito i vostri saluti. E lo so perché l’hai mandata via. Ma non ti permetto di alzare la cornetta di quello stupido telefono. MI HAI SENTITO?-  C’è un accento di rammarico nella voce che risponde ad Haymitch – Ma è per lei … - sussurra – Io sono un mostro è per quello che lo invitata ad andare a dormire a casa sua. Non sono … adatto per lei. Deve andare con lui al due.  Per forza. Non me lo perdonerei mai se dovessi farle del male. Lei … lei … io …- Cosa? Cosa? Al distretto due con chi? Ma non riesco a dare risposta a ciò, perché Haymitch spalanca la porta. Molto probabilmente sapeva che ero lì. – Allora ragazza in fiamme? Tu vuoi andare al due con il cacciatore?-. Rifletto. No, non voglio. Voglio riportare alla normalità il ragazzo del pane, magari poi si, così che  avrà una vita felice. Ma qualcosa mi dice che è meglio se non dico tutto ciò che ho pensato, lo turberebbe. Così … – No. Voglio farti tornare normale, Peeta - Lui si rattristisce, mentre Haymitch è compiaciuto. – Fai a farti una doccia Peeta, puzzi un po’. Poi magari andiamo a dormire- dice il nostro ex-mentore. Quando , stanchissimo, Peeta arriva nel bagno Haymitch chiude la porta e ci sediamo fuori. – Sai ghiandaia, lui voleva spedirti al due. Aveva paura di farti male. Per lo stesso motivo non ti ha permesso di dormire con lui stanotte. Non hai visto come ti ha cacciato via? Sembra un po’ immaturo, ma è da mesi che è tornato. Se vuoi vi controllo, così se vedo che ti fa male, intervengo io. Credeva che con Gale questi problemi non li avresti mai avuti. Ma secondo me … possiamo riuscirgli a tirare fuori il vecchio ragazzo del pane, che amava Katniss alla follia. Anzi ... non è nascosto neanche molto in fondo. Per volere queste cose e pensare così per il futuro di qualcun altro.- Il suo sguardo, prima posato sulla strada illuminata dalla Luna si posa su di me, visibilmente sbalordita e speranzosa. È vero. Per volermi così tanto bene per permettermi di non vedermi mai più e non perdonarsi nel caso mi dovesse far male ... vuol dire che c’è amore. Ancora da maturare bene, dopo tutto. Come un fiore, che prima di sbocciare è un piccolo seme, che ha bisogno di cura amore e dedizione. Ma tutto ciò lo scopriremo nel nostro cammino verso la normalità.     

Ciao! è la mia prima fanfiction, se la leggete mettete qualche recensione, grazie mille (apprezzatissime anche quelle negative, per favore consigli.) Alla prossima!

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Capitolo 2
*** E' la verità ***


Ho messo su il tè e Peeta ha appena finito di farsi la doccia. Io lo guardo e lui guarda me. Non resisto e gli propongo: - Io non riesco a dormire, ho bisogno di sapere che ci sei, che sei pronto a proteggermi e con te mi sento a casa. Quindi... vogliamo dormire insieme?-. –Ma certo che vuole, se no come va a mandare il fiam...- Non lascio finire la battuta perché lo fulmino e lui se ne torna a casa sua. Peeta rimane lì senza sapere cosa fare. Lo prendo per mano, come si farebbe con un bambino piccolo. Non riesco ha spiegare perché ho bisogno di stargli vicina, mi sento bene, a casa e... se lo amassi? No, ora devo pensare a guarire Peeta, poi insieme cercheremo di capire i nostri senti mementi. Anche solo stringerli la mano mi fa sentire tranquilla e felice. – Stiamo un po’ sul divano- propone. Non ho sonno. Io accetto in silenzio, e credo che stia ragionando su quel che è successo e sulla sua proposta di andare in un posto sicuro, da Gale. Infatti mi fa una domanda, ma è molto strana. – Vorresti andare da Gale. Vero o falso?- Guardo le sue pupille, perché questa non è una domanda da Peeta. Infatti non è lui. No! Gli prendo le mani e lo guardo negli occhi. Lo vedo, si sta tenendo, i muscoli sembrano fatti d’acciaio, da quanto sono tesi. Non parla, ma le sue labbra si contorcono, quasi stesse soffocando delle parole. Gli tocco la mano, ma non lo trattengo. Si sentirebbe imprigionato. Ho un espressione decisa, non fargli vedere che hai paura, non lo sopporterebbe, mi dico. Lo chiamo –Peeta. Stai con me. Mi sei mancato,non andartene di nuovo.- lo ammetto. Non ho mai avuto coraggio di dirglielo, ma prima del suo arrivo la mia vita non aveva senso. –Stai con me-, ripeto con la voce spezzata dal pianto. Chiudo gli occhi sconsolata, poi delle braccia forti mi circondano e delle lacrime cadono sulla mia spalla. –Sempre- dice. –Grazie-. E ci addormentiamo così. Mi ritrovo nel letto, ma non nel mio. Ora ricordo e mi accorgo di avere una stretta presa sulla mano di Peeta e lui ricambia. Mi osserva da un po’ e per un attimo mi sembra che sia tutto normale, il mio Peeta. Lo guardo e sulle sue labbra nasce un dolcissimo e gentile sorriso. –Buongiorno – Mi saluta e io lo ricambio. Sae ha capito che oggi faccio colazione da Peeta lui mi lascia la mano e scende le scale –Ti aspetto in cucina- mi ricorda con un tono dolcissimo –Certo- rispondo. Vado in bagno. Ho ancora gli occhi gonfi ma un sorriso ebete sulla bocca. Ora capisco cosa intende Haymitch. Ecco l’effetto che Peeta ha su di me. Mi lavo la faccia e scendo. La colazione è pronta e le brioches hanno un aspetto molto invitante. –Ehi- lo richiamo.- -Prego siediti pure-. Mi siedo in fronte a lui e rischio – Incubi?- ho paura della risposta. – No. Tu?- Per fortuna- No!- Gli chiedo dell’episodio di ieri.- Sei stato molto bravo ad affrontare l’episodio di ieri sera. – Si irrigidisce ma non succede niente. Anzi- Grazie a te. Mi hai dato forza e sono riuscito a prevalere contro l’ibrido creato da Capitol City. Grazie. Ma avevo paura che te ne saresti andata. Scusa. Ma ormai che hai deciso di restare, tieniti pronta a tutto-. Abbasso gli occhi e – Anch’io avevo paura che te ne stessi andando. Ma ce l’abbiamo fatta. Insieme. E così faremo-. Intercetto il suo sguardo. Non sa che dire –Insieme?- è in dubbio. –Insieme- annuisco. Lui mi tende la mano, ma è una cosa troppo formale. Io mi alzo e lo abbraccio. Non ricambia subito, ma presto le sue dolci e sicure mani mi circondano. –Sempre e insieme-. Restiamo così per secondi unici, vorrei ancora, ma dobbiamo darci da fare per essere pronti ad una nuova vita. Dopo due Hunger Games e ... Oh no e proprio mentre penso a questa cosa il telefono squilla e lascio andare Peeta. Se rispondessi io in casa sua, fraintenderebbero. Sento la voce di Effie, tutto tranquillo finché arriva la Paylor, che gli ricorda dell’edizione dei Capitol City. Peeta lascia cadere il telefono, io congedo con un –Richiamate dopo- la presidentessa. Peeta no! L’azzurro nei suoi occhi c’è ancora, ama credo che non volesse mai l’arrivo di questo momento. E neanch’io. Mi siedo sul divano, lo guardo, lui sta fermo immobile. – Non ce la faremo. Non voglio altri morti. Altri incubi, e altri dolori, vite interrotte. No no no! Presa dal panico corro in casa mia, prendo l’arco e scappo, scappo nei boschi, lontano da tutto questo, dal Peeta depistato dagli Hunger Games, dagli incubi e ritorno nel mio mondo, anzi nel nostro, ma lui non c’è più. E non ci siamo neanche salutati. Ma qualcosa mi dice che lo rivedrò. Vado dritta al lago e faccio un bel bagno, dove mi dimentico di tutto e mi rilasso. Decido di accendere un fuoco ma il mio istinto me lo proibisce, e capisco il perché. Mi ricordo che non siamo più nel corso degli Hunger Games. Quell’era è finita, spero. È come vivere in un incubi, ma non finirà, e spero che da adesso in poi diventi un sogno bellissimo, diventi un posto dove potrei vivere con Peeta. Aspetta, perché proprio con Peeta? Magari lui si innamora di un'altra, e io magari vado al due con Gale. Ma non credo che mi sentirei mai felice al due. Questa è casa mia e qui c’è la mia famiglia. È qui che voglio vivere, con chi non lo so. E non è il momento di pensarci. Sono scappata per staccarmi da quel mondo, e vivere appunto nel mio.

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Capitolo 3
*** Grazie ***


Grazie
 

È da 17 giorni che sono qua, nei boschi. Non voglio tornare. Ho paura di ciò che può accadere in quel mondo crudele. Ma sento troppo la mancanza di Peeta. E mi ritrovo a pensare spesso a Gale. Ai suoi passi silenziosi, al suo piano di scappare nei boschi. Avremmo vissuto meglio. O forse no. Non avrei incontrato Peeta. Se poi è vero che lo amo, non potrei pensare ad una vita senza di lui. Non me la sento di stare sola ancora, di credere di poter affrontare tutto da sola, ancora. Prendo il mio arco e mi incammino verso il Villaggio dei Vincitori. Ma non voglio andare da Peeta.
-Ehi, dolcezza-, mi saluta Haymitch una volta che sono entrata in casa sua. Sono nervosa, quindi arrivo subito al dunque. –Come se l’è cavata Peeta in questi giorni?- si guarda le scarpe. So già cosa mi risponderà.- Dolcezza, tu sai benissimo come è andata. Non è più uscito da casa sua. Credevo fossi morta sai? È rimasto chiuso in quella stanza-. Alza il braccio e mi indica dalla finestra la stanza dove è solito disegnare. – è la stanza dove disegna- sussurro. Saluto Haymitch ringraziandolo, poi decido di farmi una doccia calda. Mi devo rilassare. Sicuramente non avrà dormito, e avrà dovuto subire alcuni raptus, magari credeva che stessi cercando di scappare da lui. Ma io quando sono con lui vivo, e lo aiuto. Lo proteggo. Mi vesto e vado da Peeta. Prendo il cibo che mi ha preparato Sae, dato che lui non mangerà da tantissimo, chiuso in questa casa. Busso. Nessuna risposta. Riprovo. La porta si apre, ma Peeta non si va vedere. Entro e la chiude lui. Non parlo, e lui non alza la testa. Tutto è in disordine e le finestre sono abbassate, mentre lui praticamente si fa scudo del mondo fuori usando la porta. Gli prendo la mano con delicatezza, cercando di scorgere il suo viso, benché lui non alzi lo sguardo. Ha su gli stessi vestiti. – Va a lavarti.- gli sussurro. Lui annuisce, ma vedo che le sue mani sono piene di cicatrici, alcune anche sanguinanti. Quindi gli lascio la mano, ho paura di fargli male. Sale le scale con passi silenziosi e io scaldo il cibo. Scende quasi subito, mangia in silenzio e mi cade una lacrima.- Ti ho abbandonato-. Lui si alza e mi raggiunge, intercetta il mio sguardo e mi scosta i capelli dalla fronte. – Non è colpa tua se mi sono ridotto così. Nessuno di noi vuole questi Hunger Games e tutti abbiamo bisogno di uscire per un po’ da tutte le preoccupazioni. Solo che l’ibrido creato da Snow credeva che  i avessi abbandonato. Ma io sapevo che saresti tornata-. Sorride con tristezza e mi prende la mano, portandomi sul divano, ci sediamo poi appoggia la fronte sulla mia spalla – Sono io che ho dubitato di te. - Ammette. Lo bacio sulla testa, ma stavolta non resisto. Richiamo il suo sguardo  e mi soffermo ad ammirare i suoi occhi. Un oceano in tempesta, con le lacrime che sgorgano. E sono io che creo quelle onde. Tra le lacrime sussurro – Mi sei mancato- lui singhiozza, poi sorride. – Anche tu-. Io lo cerco e appoggio le mie labbra sulle sue e lui ricambia. Un bacio che sa di lacrime, gentile, non chiede altro, rassicurante. Sa proprio di Peeta, del mio vero Peeta. E sta tornando. Ci stacchiamo dopo poco – Vado a prenderti un disinfettante per quelle mani-. Mi alzo e lui si controlla le mani. - Grazie – dice goffamente. Io sorrido -mi mancava questa cosa- . Questa dolcezza e sapere che c’è sempre qualcuno che ti aspetta. Quei baci, quella sensazione di casa.
Prendo la sua mano e ci passo il cotone imbevuto di disinfettante. Mi metto a sghignazzare – Certo che dopo aver passato due edizioni degli Hunger Games, aver fatto una rivolta, ci troviamo qua a disinfettare dei  taglietti!- Anche lui ride. E io smetto per ascoltarlo. Che risata cristallina e serena! – Ehi, perché non ridi più?- Mi blocco e arrossisco. – Perché stavo ascoltando la tua risata. Mi piace molto.- Lui sorride. Ma da dove le tiro fuori queste frasi? Non ho mai parlato così a nessuno! Vede che sono in imbarazzo e incomincio a sfregare così tanto da fargli male – Ahi!- io smetto –Scusi signorino!- Ci mettiamo ancora di più a ridere e ci sediamo sul divano. Ci dimentichiamo di tutto quello che è successo prima, a parte del bacio. Ora sono proprio felice, stargli vicino, senza separarci per tutto il giorno e parlando dei nostri amici che non ci sono più. Ma stavolta non mi viene da piangere. Loro ci stanno guardando , lo so e non voglio dimenticarli. Così mi viene in mente un’idea grandiosa.- Potremmo fare un libro dove raccontiamo dei nostri amici caduti negli Hunger Games o durante la rivolta. Finnick, Rue, Prim, Mags, Boggs, per mantenerne intatta la memoria e per ricordare tutto ciò che hanno fatto per noi.- Peeta sembra rifletterci su un attimo, ma poi accetta. Chiamiamo il dott. Aurelius, che da Capitol ci manda i fogli, dato che la trova un’ottima cura. Ci avvisa che i fogli arriveranno all’indomani. Approfitto di questo –Resto qui con te a dormire, così domani quando arrivano andiamo insieme alla stazione.- . Lui sorride e accetta. Ma anche il giorno dopo e quello seguente ancora resto a casa sua e ormai dormiamo nello stesso letto, ma senza il contatto fisico. Gli incubi non tornano più a farmi visita durante le notti, e quando il mio ragazzo del pane ha i raptus corre in camera sua e resta lì, finché non finisce tutto. A volte però dobbiamo affrontare la cosa assieme e gli ricordo sussurrandogli nelle orecchie – Insieme-. –Sempre-.

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Capitolo 4
*** Ce la faremo ***


Ce la faremo
 
 
Tutto sembra tranquillo, a Peeta vengono pochi flashback, e comunque riesce a controllarsi. Quando sono molto forti lo aiuto a uscirne, e per il momento va bene così, non voglio ancora definire cosa c’è tra noi, prima dobbiamo risolvere questa cosa. Ma un giorno arriva una telefonata. – Pronto?-rispondo. Sarà il dott. Aurelius che cerca Peeta. Invece mi rendo conto che non è lui. –Pronto, sono la Paylor. Katniss capisco che questa cosa è una sofferenza, e se vuoi qualche cambiamento, dimmelo, sono disposta a fare tutto, Ghiandaia Imitatrice. Neanche a me va di vedere altri bambini che muoiono, però Capitol City deve capire cosa abbiamo sofferto-. Mi saluta, io non parlo e metto giù il telefono. Penso a Prim, è colpa della Coin se è morta, di nessun altro. Nasce nella mia testa un’idea. Facciamo una finzione. Facciamo credere a tutti che sia vero, quando invece tutto è finto. Solo i ragazzi ne sarebbero al corrente. Racconto tutto a Peeta e sembra essere d’accordo. – Non so come tu abbia fatto ad accettare di mandare alla morte altri bambini-. Mi guarda e ha ragione. –Me lo chiedo anch’io. Ero accecata dall’odio e dalla rabbia.-
Arriva il giorno della partenza. Ho informato la Paylor della mia idea. Accetta con soddisfazione. Sono sollevata, e credo che nell’età della Paylor, non ci sarà da preoccuparsi. Prendiamo le nostre valige e andiamo tutti sul treno per Capitol. Ma appena saliti io non me la sento. Non voglio tornare là. Snow, i miei amici che muoiono, Peeta che sussurra il mio nome insieme ad un branco di ibridi. E Prim che brucia. Allora, mi attacco a Peeta, non riesco più a muovermi e lui capisce, mi guarda, lo sento, ma non riesco ad alzare gli occhi. Mi spinge nella mia camera, chiude la porta a chiave e ci sediamo sul letto. –Tranquilla, non c’è più niente. Snow è morto e gli altri ci guardano da lassu. Ti prego, non andartene. Resta con me. Insieme. – io mi riprendo e capisco che è tutto vero. –Sempre-. Che stupida! Peeta ha passato momenti peggiori nella capitale! Mi sento un’egoista, una stronza, non lo meriterò mai. Alzo lo sguardo di colpo. Lui ha gli occhi chiusi e la faccia appoggiata sulla mia testa, con un braccio intorno alle mie spalle. –Ti sei ripreso- Infatti è ritornato forte e più bello. Non  l’avevo mai notato questo. Non avevo mai fatto caso a quanto fosse bello. Con i ricci biondi che gli ricadono spettinati sulla fronte. Gli occhi azzurro oceano e un sorriso incantevole. Mentre mi perdo nei miei pensieri, dall’espressione che fa capisco che non ha afferrato il concetto e che le mie parole non erano così opportune. –Dal depistaggio, intendo. Hai la stessa corporatura dei tempi degli Hunger Games. – Ma io non volevo dirgli quello. – Ma .. scusa, sono un’egoista. Tu hai passato momenti peggiori, là, ma come sempre sei stato tu a consolare me. Grazie.- Non faccio in tempo a muovermi che i suoi occhi sono dei baratri neri- Hai ucciso la mia famiglia, mi hai rovinato l’esistenza, non ti voglio tra i piedi, ti dico di andartene al due, nei tuoi pensieri c’è sempre quel cacciatore, e poi tenti di uccidermi, riportandomi da Snow con il gioco dell’edizione di Capitol. Brutta stronza- Io ho paura e si butta su di me, schiacciandomi le braccia contro il muro, mentre con l’altra mano mi schiaccia la gabbia toracica, togliendomi il respiro. – Io mi fido di te, Peeta.- Perdo i sensi, e mi risveglio dopo non so quando, con Haymitch che trattiene Peeta dall’uscire dalla porta. – Ehi!- Mi sveglio e abbozzo un sorriso. Mi sono fidata e non mi ha ucciso. Forse è veramente meglio se me ne torno al due, non gli rovino la vita e lui può far quello che vuole.  Ma so che io non sarei mai contenta senza di lui. Haymitch, quando vede che sono sveglia mi saluta e se ne va, chiudendo la porta. Sono sdraiata sul letto e tento di tirarmi su, ma mi fa troppo male il busto. Peeta è in un angolo, rivolto verso il muro. Le sue braccia sono piene di tagli e lividi, ma non si ostina a girarsi. – Che fai? Non mi aiuti?- Lui sbotta, è visibilmente preoccupato, non mi guarda negli occhi e gli tiro su il viso con una mano, con l’altra gli tolgo i capelli dalla fronte, ma sotto vedo una fasciatura. Stavolta sono io che vado in ansia- Cosa ti sei fatto?- Gli domando. – Niente – sospira lui. Poi mi prende piano, con delicatezza da sotto, mettendo una mano sotto la schiena e l’altra sulle ginocchia e mi appoggia allo schienale del letto. –Grazie- lui fa per andarsene, ma lo trattengo. –Non è successo niente- gli sussurro.  Lui si agita : - Non è successo niente? Ma se è già bello che sei ancora viva? Dai Katniss non mi va di scherzare-. È arrabbiato, incazzato con se stesso.- Io mi sono fidata di te e eccomi, ancora qua. È stata colpa mia, non dovevo parlarti di quello in questa situazione. Sono stata un’incosciente.- Aspetto e gli sorrido. Sembra voglia crederci. Ripeto per l’ennesima volta: - Insieme-. Mi guarda speranzoso, gli faccio un cenno:- Sempre- e lo abbraccio, dopo poco ricambia anche lui. E vorrei congelare anch’io il tempo, per vivere sempre così. Affrontando tutto insieme. Ma Haymitch ci interrompe. –è ora di mangiare- annuncia, portandoci un vassoio pieno di cibo. Mangiamo insieme, come una famiglia, poi Peeta va a prendere il pigiama in camera sua. –Grazie Haymitch per averlo trattenuto. Per averlo costretto.- Lui ingoia il pezzo di pollo che aveva in bocca poi riprende.- Lo so che ce la farete. Siete forti, ma qualche volta c’è bisogno di un aiuto.- Fa l’occhiolino, e lo ringrazio per non aver fatto battute, poi mi sento in dovere di abbracciarlo, quindi faccio solo una piccola stretta, che lui non ricambia troppo vivacemente, è sempre stato allergico a queste cose. –Ciao –lo saluto. Lui alza braccio e lo sento augurare a Peeta una buona notte, poi una piccola battuta, che fa sorridere Peeta, e anche senza sapere cosa si sono detti mi sento un poco offesa. Appena entra Peeta faccio la faccia di una bambina offesa, appena si mette nel letto capisce e poi ci mettiamo a ridere. Prima che possa replicare lo abbraccio. Lui non vuole, ma io non mi stacco, e quindi per non farmi male non oppone resistenza, anzi, mi incatena nella sue braccia e mi chiede scusa. Io mi meraviglio, ma so che Peeta è fatto così. –Tranquillo.- lui sospira con rassegnazione: - Katniss, Katniss.- io sorrido. – Buonanotte anche a te Peeta -.Io aspetto e non dico niente. Poi lui prende coraggio e mi spedisce nel mondo dei sogni con un leggero e sottile bacio sulle guance.
 

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Capitolo 5
*** La Mietitura ***


La Mietitura
Siamo arrivati a Capitol City. Mi tornano in mente immagini dei nostri Hunger Games, soprattutto le sfilate dei carri. –Peeta, ti ricordi quando abbiamo sfilato con i carri? Avevamo fatto scalpore- lui sorride – Mi ricordo che non ti staccavo mai gli occhi di dosso. Eri bellissima. Non che ora non lo sei.- In questo momento credo che le mie guance scottino e siano rosse come il sangue. Mi immobilizzo. Quanto odio i complimenti. Non rispondo, ma Peeta sa che sono fatta così e l’importante è che non mi stuzzichi come prima dei 75esimi Hunger Games, quando tutti mi prendevano in giro. Dopo questa affermazione riaffiora l’idea che magari sia ancora innamorato di me. E io? Sono innamorata di lui? Che confusione che ho nel cervello! Proprio lui mi riporta alla realtà obbligandomi a scendere dal treno. Gli prendo la mano e mi accorgo che è rigida. Mi alzo sulle punte e gli regalo un bacio sulla guancia. – Pronto?- Annuisce con un lieve movimento della testa e allora ci incamminiamo. Tutti i capitolini ci riconoscono e ci salutano con calore. Ricambiamo con un sorriso tirato e tra tutti questi cerco di scorgere la nostra –Effie!- Urlo alzandomi tra la folla. Anche Peeta alza lo sguardo e la cerca- Lasciatemi passare per favore! Permesso! – Eccola lì, la nostra Capitolina ribelle. È molto cambiata. Non ha più parrucche e un trucco meno appariscente. I vestiti sono meno ingombranti, ma comunque è sempre molto raffinata con meno fronzoli. Sembra più seria. – Maleducazione, maleducazione- urla, dato che la folla non la lascia passare. Appena riesce a farsi un varco ci abbraccia e noi ricambiamo vigorosamente –Ragazzi miei, mi siete mancati!- sta piangendo – Anche tu Effie – rispondiamo in coro. – Vi accompagno al centro di addestramento. Mi dispiace molto, ma ho fatto fare una camera apposta per i raptus di Peeta - Vedo che al mio ragazzo del pane lo sguardo si illumina, sarà contento di chiudersi in quella camera per non farmi male. Gli stringo la mano- Grazie Effie -. Arrivati al Centro d’addestramento ci sistemiamo e la Paylor viene a trovarci. Ci spiega che gli Strateghi erano entusiasti, anche perché ci sarebbe stato più divertimento a progettare tutto. La Mietitura sarà alle due di questo  pomeriggio, quindi prendiamo conoscenza delle sale in cui si alleneranno i tributi. Ci saranno soprattutto sale che ricreano momenti degli Hunger Games  scorsi e poi i soliti attrezzi. Tutto il resto sarà come nei veri Giochi. Arriva l’ora di mangiare e io e Peeta ci troviamo al tavolo da soli: Haymitch sta dormendo e Effie cerca di rianimarlo. – Come stai Peeta?- i suoi occhi a volte diventano un oceano tempestoso e ho paura che gli torni qualche attacco – Ho paura, ma sono pronto a correre nella sala che Effie mi ha preparato- sorride. –Posso vederla?- chiedo. Così, nel caso dovesse scomparire saprei dove andare a cercarlo. Mi prende delicatamente il braccio e mi porta davanti a una porta dallo stesso colore del muro. –Dovrebbe essere questa.- La apre con una chiave e quasi mi metto a piangere. Ovunque ci sono immagini mie e di Peeta insieme, scritti, parte delle nostre vite che Peeta può leggere o vedere mentre pensa che io sia un mostro. Le pareti sono in qualche modo più morbide, così non c’è il rischio che possa farsi male. –Peeta, però mi prometti che ti rifugerai qui solo quando i raptus sono molto forti e non ne puoi fare a meno. Promesso?- lui mi guarda e sorride, ma non mi risponde. –Promesso?- mi avvicino sempre più al suo corpo – Promesso- lo abbraccio e un calore improvviso mi avvolge. Un profumo dolcissimo di farina e di cannella si sparge nell’aria. Profumo di Peeta. Silenziosamente chiude la porta alle nostra spalle e io non capisco. –Katniss, quella, quella.... quella fotografia... è vera?- ha paura di farmi la domanda e io ho paura di vedere la foto. La osservo con calma. Io sono in abito da sposa e lui è elegantissimo, ci guardiamo negli occhi con uno sguardo che ispira un amore profondissimo, e io mi accorgo di una cosa. Quello è ciò che sento di desiderare. –No Peeta.- lo sento sospirare e mi accorgo che c’è bisogno di un ulteriore spiegazione. – ma lo desideri, vero?- lui sorride e mi guarda negli occhi. Con un tocco che mette i brividi mi sfiora la guancia – Sempre- sussurra. I nostri visi si stanno avvicinando e le mie guance si stanno imporporando. Il mio ragazzo del pane è ancora innamorato di me allora. Ma il bacio che viene non è appassionato come mi aspettavo, ma in queste situazione Peeta non può sopportare di più.  Finito il nostro piccolo momento ci rechiamo in sala da pranzo, perché è già ora di mangiare. Manca un ora alla Mietitura e accetto che mi trucchino i miei preparatori, ma gli chiedo un trucco leggero, non voglio sfigurare di fronte al mio Tributo. I miei occhi sono addolciti da un trucco arancione molto leggero, le guance con un minimo di fard e un rossetto deciso, non mi posso mostrare troppo addolcita, benché il mio ragazzo del pane abbia aiutato molto a questo scopo. Per questo il vestito lo scelgo azzurro, un azzurro deciso, e il tessuto è pesante, non è un vestito molto frivolo. Mi lascia scoperti i piedi quindi opterò per delle scarpe di un colore un poco più chiaro del trucco, purtroppo con i tacchi. Fuori dalla stanza mi aspetta Peeta, non è vestito troppo elegante per fortuna, mi squadra e mi bacia sulla guancia. – Sei bellissima- mi sussurra, riesco a guardarlo negli occhi lo ringrazio, ma non riesco a  fare niente di più. Sul palco c’è anche Johanna, che fa l’occhiolino a Peeta e vedo il labiale ‘’Rifacciamolo qualche volta’’ lui sorride divertito e io faccio finta di niente, più che altro lo strattono sulla sedia. Inizia la Mietitura e a Johanna sono affidati due ragazzi con lo sguardo da assassini, a Haymitch uno che sembra sveglio e uno taciturno, ma che sa il fatto suo a Beetee vengono assegnati due ragazzi che sono cugini e sono leggermente smarriti. Presto tocca a me a Peeta. Effie sale sul palco: - Stavolta prima i signorini!- singhiozza senza darlo a notare. – Cody Ghais- Un ragazzino abbastanza alto e forte si alza, e si mostra audace, ma nel suo sguardo vedo solo paura. –Il tuo mentore sarà Peeta Mellark!- Peeta si alza e vedo nello sguardo del ragazzo un lampo di sollievo. Appena arriva davanti a noi Peeta gli sorride e gli dà una pacca rassicurante. –Tranquillo- lui annuisce e cerca tra le ragazze una possibile compagna di distretto. – Ora le signore- strilla Effie. Nella boccia pesca il primo bigliettino che gli capita sotto mano. – Mary...- Effie si interrompe e un po’ di ragazze si alzano in piedi. Anch’io istintivamente mi metto in piedi continuando a scrutare le ragazze. Guardo Effie ha gli occhi spalancati fissati sul foglietto, singhiozza e il trucco le sta scendendo lungo le guance. Anche le ragazze si guardano intorno. Pian piano se ne alza anche un'altra, e appena tutte la vedono si siedono ancora terrorizzate. Aggrotto la fronte, che c’è che non va? Anche Peeta si alza- Katniss credo che lei sia...- mi sussurra nell’orecchio, mentre la ragazzina sta venendo sul palco con gli occhi fissi al pavimento-. Effie intanto si sta riprendendo e anch’io capisco e il mio viso muta in una smorfia di stupore misto a terrore. – Mary... Snow -  sussurra Effie, prima di correre giù dal palco.

Ciao a tutti!
Questa è la Mietitura alla Capitol e credo che i capitolini non siano incazzati con Katniss perché secondo me non sono stati privati di tutto ciò che avevano. Anyway, ringrazio infinitamente di cuore coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite, alle seguite a alle ricordate. Se volete messaggi di aggiornamento, ditemelo.
Un bacio e a presto, Reby (fatevi sentire con le recensioni!).

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Capitolo 6
*** Preparazione alla parata ***


Sua nipote. No ti prego, non lei. Non potrò mai essere per lei ciò che Haymitch era ed è per me. Lei non mi odia più di tanto, lo vedo dallo sguardo che mi rivolge. Ho ucciso suo nonno e anche suo padre è stato ucciso, ma non ci sono segni di odio profondo nei suoi occhi. Le mostro un sorriso tirato e lei si mette dinanzi a me. La Paylor fa il solito discorso, e annuncia che questi saranno qui ultimi giochi che Capitol City vedrà. Accompagniamo i ragazzi in salotto e ci sediamo per parla re un po’. Ovviamente inizia Peeta, dato che io non riesco neanche a guardarla negli occhi. – Allora!- esclama felice – tu sei?- e si rivolge al ragazzo. È spaventato me non lo dà a vedere. – Cody. Ghais.- aggiunge. Peeta annuisce e io sorrido al ragazzo. – Quanti anni hai?- intanto vedo Mary che mi guarda di sottecchi e faccio finta di non accorgemene. – Ho 14 anni-. Risponde il ragazzino. Poi Peeta passa alla nipote di Snow. –Tu sei... Mary giusto?-evita di dire il cognome  e lo ringrazio. – Si, esatto- la ragazza ha paura, ma maschera tutto e accenna un sorriso, contagiata da Peeta. Prendo fiato e parlo- Avete qualche talento particolare?- sorrido anch’io, mentre Cody si sposta i capelli azzurri dalla fronte. – Io sono veloce nella corsa e sono molto silenzioso nel nascondiglio, mi sono allenato un po’ in questo tempo, ma... non saprei...- è dubbioso, ma il ragazzo del pane lo rassicura. – Bhè, verrà fuori con gli allenamenti...- lui annuisce e interviene la nipote di Snow – Io me la cavo nel lancio dei... coltelli. Mi sono allenata con una mia amica. Ero sicura di essere scelta. – In questo momento il silenzio cala tra di noi e una lacrima ribelle le solca il viso. Lo vedo, è terrorizzata, e spinta da non so quale impulso le prendo la mano e la  accarezzo. Peeta è stupito e va a parlare da solo con Cody, lasciandoci un po’ di tranquillità. So che è la nipote  del mio maggior nemico, ma vederla così mi fa sta male. – Katniss, non ti devi sentire in colpa per aver ucciso mio nonno. Lui mi voleva tantissimo bene, ma faceva del male a delle persone. Grazie per non averlo ucciso dinnanzi a tutti. Grazie per aver donato nuova vita a tutti i bambini. Ma l’edizione di Capitol City, quella la dovevi evitare. Lo so che per te sarebbe una soddisfazione vedermi morta, ma...- le lacrime ora copiosamente, e la interrompo – Io credevo di volerti morta, ma lo volevo solo quando ero accecata dall’odio, perché credevo che tuo nonno avesse ucciso mia sorella. Per questo gli Hunger Games di Capitol City non avranno morti.- Le lascio la mano, e guardo i suoi tatuaggi verde acqua. Sono ghirigori con leggere spirali, molto dolci e intonati ai suoi occhi. Partono dalla mano e arrivano fino al gomito. – Bene. Quanti anni hai?- lei mi guarda – Tredici- ribatte. – Ok. Hai detto che sei brava ad usare i coltelli. Ora dobbiamo capire che tattica usare. Prima di tutto concentrati sulla postazione delle piante commestibili. Sono importanti da sapere e possono aiutarti a capire che ambiente c’è nell’Arena e allenati sulle altre armi, ma non mostrare le tue capacità, quelle mostrare alla sessione privata con gli Strateghi. Controlla gli altri e cerca di fare delle alleanze. Non con i tipi assetati di uccidere perché non esiterebbero a piantarti un coltello nella schiena. Neanche con quelli più insicuri. Cerca dei tipi svegli,che puoi facilmente mettere sotto le tue regole. Ti va di fare un alleanza con Cody? Non mi pare un tipo stupido o poco sveglio, e ha detto che sa correre veloce. Mi pare anche leale, andiamo a chiederglielo.- lei si alza, decisa, e andiamo in giro per i corridoi a cercare Peeta e Cody. Li troviamo nella sua stanza. –Ciao- Saluta lei. Cody le sorride e io chiamo Peeta fuori con una scusa. Ci mettiamo a origliare cosa si dicono. –Cody?- lui pare abbastanza sicuro di sé. Credo che voglia mostrarsi forte. Lei invece fa quello che è. Tranquilla, sicura ma silenziosa e ti squadra prima di parlarti. Ma prende confidenza velocemente. –Si?- chiede- Facciamo un’alleanza. Magari chiediamo anche a qualcun altro. Ma almeno noi due. – Risponde senza esitare – certo!- e incominciano a discorrere in base a chi prendere con sé. – Peeta, come è andata con Cody?- Si sposta un ciuffo ribelle dalla fronte. – Bene. Sa correre molto veloce, perché spesso scappava di casa e andava ai confini della città, perché voleva vedere cosa c’era oltre questo. Con la signorina Snow, invece?- sospiro- Abbiamo chiarito che lei sa lanciare bene il coltello e ho già iniziato a dirgli come andrà l’allenamento. Chiamiamoli, che tra due ore c’è la sfilata.- busso alla porta e loro escono. -C’è la parata tra poco, vero?- io annuisco. Li accompagniamo dai loro stilisti, e poco prima di arrivare Peeta prende la mia mano tremante. Spero che appena aperta la porta mi appaia il mio Cinna, che mi rassicurerà e mi consolerà. Ma appena apro la porta lui non c’è. In compenso c’è Portia e un nuovo stilista. Io e Peeta abbracciamo Portia – Ciao ragazzi miei- io le sorrido e Peeta fa lo stesso – State bene?- anuiamo insieme e poi conosciamo anche il nuovo stilista, Lica. Li lasciamo soli., abbiamo un po’ di tempo per noi. Arrivati nella mia camera ci lanciamo sul letto, e io non resisto. Le lacrime salate incominciano a bagnare il cuscino. Peeta incomincia ad accarezzarmi i capelli e mi stringe nelle sue braccia. Il vuoto che Cinna mi ha lasciato non credo che venga colmato dalle lacrime, ma non devo tenermi tutto dentro. Il mio ragazzo del pane mi lascia un bacio sulla fronte e mi sento come se nulla può rendermi triste, nulla può farmi del male e presto mi avvinghio di più a lui. Ho bisogno di lui, ma non lo trattengo solo perché sento che mi serve per non sentirmi male, ma perché gli voglio bene e sento che per lui darai la mia vita. Come l’avrei data a Prim. Ma in un modo un po’ diverso. Adesso sento di volere i suoi occhi, nei quali mi posso perdere perché ora sento di amarlo. Non sono pronta a dirlo, e magari lui non mi ama, ma so che se mi separo da lui, probabilmente muoio. Lui è stato il mio futuro, fin da subito. La sensazione di calore che si è sempre sprigionata dentro me non capivo che fosse amore. Non credevo. Il mio dente di leone sta sbocciando. Con calma. Con il tempo diventerà sempre più vigoroso e brillante. Cerco il suo sguardo e mi perdo in quel mare senza insidie. Non diciamo niente, ma restiamo così. È lui che rompe questo silenzio: - Katniss... non mi abbandonerai mai, vero? Nonostante ogni cosa che può accadere? Nonostante...- interrompo questa conversazione premendo le mie labbra sulle sue. Non può sopportare di più, ma rimango così finché non ho più fiato. – No- lui sorride e si mette a sedere. – Tra poco ci sarà la sfilata.- mi alzo e vado in bagno a rendermi presentabile. Mi pulisco la faccia dalle lacrime e copro gli occhi gonfi con un po’ di fondotinta. Mi metto i vestiti della Mietitura e mentre mi faccio la treccia due mani mi prendono l’avambraccio e abbassano le mie braccia. Un sussurro all’orecchio smuove i capelli e mi fa il solletico. – Lascia i capelli sciolti, per favore-. I brividi mi percorrono la schiena. –Ok- ribatto. Mi giro e Peeta mi schiocca un bacio sulla guancia. Questi momenti mi mettono un poco in imbarazzo, più che altro non sono cosa mi prende. Peeta si veste in un modo più semplice e mi stringe la mano. Raggiungiamo i nostri tributi. Ovviamente parla Peeta – Mostratevi sorridenti, ma non troppo confidenziali. Sorridete, ma cercate di non sembrare degli ebeti. Però vi consiglio di essere voi stessi e di non sembrare estranei tra di voi. Magari scambiatevi qualche battutina e... buona fortuna -.

My little, little, little space.
Vi amo, vi amo *o* ! In 4 hanno messo la mia storia tra i preferiti, in 6 tra le seguite e in uno tra le ricordate! O santo cielo! Non ci credo! *piange commossa* Grazie. Se volete i messaggi di aggiornamento lascai temi un messaggio personale o se più comodo una recensione. Vi amo! Se riesco metterò un’immagine di Cody e di Mary. A presto, Reby.
P.S.: A chi interessa ho deciso di trasformare la mia one-shot “Io conosco le sue urla” in una longfic. Vi lovvo bro’, Reby.

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Capitolo 7
*** I quadri ***


Io annuisco. Cosa mi deve mostrare Peeta? È sicuramente qualcosa che mi farà male, dal suo tono di voce. Ci alziamo e mi conduce nella sua stanza. È la prima volta che entro, ma è uguale alla mia. Tranne che per un piccolo particolare. C’è un cavalletto, lo so che a Peeta piace dipingere, e da sotto il letto prende uno scatolone. È grande circa quanto.... una tela. Forse mi vuole mostrare i suoi disegni. Ma non dovrebbero essere una cosa brutta, credo. Gli unici suoi disegni che non mi ha mai fatto vedere sono quelli che fa durante gli episodi. Non so se riuscirò a reggere questo colpo. Vedere come lui crede che sia nel momento in cui prevale il Peeta trasformato dal veleno degli aghi inseguitori. Fa per aprire il coperchio. Mi guarda negli occhi. Chiudo la porta e mi siedo in fianco a lui. Gli stringo la mano. Apre la scatola e vedo il primo quadro. Ci sono io mentre uccido Marvel. La mia prima vittima. – Katniss, ti devo chiedere se sei disposta a continuare vero o falso.-  una morsa mi blocca il respiro. Le sue domande sono come delle coltellate per me, ma annuisco. Qualsiasi cosa per Peeta. Prende un bel respiro:- Ok. Partiamo da questo.- tira fuori il primo disegno. La scena è realmente avvenuta, ma mentre puntavo al suo petto, non avevo quegli occhi da assassina. Non ho provato mai piacere nell’uccidere. L’ho fatto per vivere. L’ho fatto per Rue. Per tornare da Prim. Il suono della sua voce interrompe i miei pensieri. – Questo fatto è accaduto veramente?- annuisco, ma prendo subito parola. Non per giustificarmi, ma perché non è del tutto vero. – Sì, ma non ho provato piacere. Non volevo uccidere per il gusto di farlo. Ho ucciso per non morire. Ho ucciso per non far morire Rue. - lui annuisce. – Allora ricordavo giusto- toglie la carta che separa i dipinti e me ne mostra un altro. Questa volta c’è anche lui. Gli sto mettendo il laccio emostatico per non fargli sanguinare troppo la gamba. Ma si vede che ci sto mettendo tantissima forza e lui cerca di spingermi via, gli fa male, ma io continuo indisturbata. – Hai tentato di rovinare la mia gamba stringendola troppo con il laccio emostatico. Vero o falso?- lo guardo negli occhi, è un tortura per tutti e due, ma non gli lascio la mano – Falso. Tentavo di bloccare il sangue che ti usciva da questa ferita- e gli indico un punto sulla gamba. – Grazie- risponde. Il terzo quadro è ambientato appena dopo la prima arena. Quando sull’hovercraft i dottori lo operavano alla gamba e io sbattevo sulla porta urlando il suo nome. Ma nella mano destra tenevo un coltello. E non piangevo disperata. Ma ero inferocita e pazza. – Vero o falso?- scuoto la testa. Sto per piangere. Credo di essere riuscita a mandare indietro le lacrime quando la mia voce, verso la fine della frase si incrina. – Falso. Urlavo disperata, ti chiamavo, piangevo, tu non rispondevi, i medici ti operavano senza degnarmi di un ok, io ero disperata, non ti volevo lasciare, e quando scopristi che io fingevo, la tua voce risonava vuota e io non sapevo più che fare, perché tu già mi stavi lasciando... – è meravigliato da ciò che sto dicendo, ma soprattutto è incredulo del fatto che io sto esprimendo i miei sentimenti, e come faccia a tirarmi fuori queste cose lo sa solo lui, ma continuo, rallentando, dato che la mia voce andava avanti a raffica – ma la verità è che tu non mi hai mai lasciato e io ti ho sempre amato. Avevo paura di lasciarti andare perché ti amavo. Ero sollevata quando ti avevo visto sano dopo gli Hunger Games perché ti amavo. E... forse ti amo ancora.- Non riesco a dirglielo, non ora, non in questa situazione. Intanto mi sono tuffata tra le sue braccia e lui mi accarezza i capelli la mia testa è appoggiata al suo petto, inondato dalle mie lacrime e il battito regolare del suo cuore mi rassicura e mi culla. Così pian piano il sonno mi prende con sé.
Mi sveglio nel letto di Peeta, con ancora gli stessi vestiti di ieri. Appena mi giro mi ritrovo il suo viso davanti agli occhi. Ho un sobbalzo e lui ride – Buongiorno dolcezza.- rido anche io e rispondo a tono, con una faccia buffissima – Buongiorno signor Mellark -.  Non posso però fare a meno di stiracchiarmi, provocando le risate di tutti e due. Lui si fa più serio e mi accarezza i capelli. Non mi va di vederlo così, quindi gli lascio un piccolo bacino sulla punta del naso. Lui sorride e poco dopo mi rendo conto di una cosa. Non c’è da stare allegri. Dopodomani entreranno nell’Arena. Benché non gli capiterà niente non sarà una bella esperienza. Scendo dal letto e saluto Peeta, dopodiché mi faccio una doccia veloce in camera mia e mi metto una camicetta e un paio di jeans. Vado a svegliare i nostri tributi, e già non avere Peeta accanto mi suona strano. Busso alla porta di Mary. Entro dato che nessuno risponde. Mi siedo sul letto in fianco a lei. Nonostante sia la nipote di Snow non riesco ad odiarla. Lei è completamente diversa. La scuoto un po’ – su svegliati, è ora. – sbatte le palpebre e mi guarda con gli occhi socchiusi. – Scusa è che ho dormito qualche ora – le accarezzo la testa e pian piano si tira giù dal letto. – Ti aspetto a colazione...- Prim? No, lei non è Prim. Ma le voglio bene – Mary. – Mi sorride e va a lavarsi. Chiudo la porta e sveglio Cody. Lo tocco dentro e si sveglia, da sotto le coperte incomincia a parlarmi – Mary, ti ho già detto che se vuoi l’alleanza la facciamo solo tra noi due, ok?- sorrido. Mary deve avergli rotto tutta notte. Poverina. – Sono Katniss - lui si tira su e controlla – è già ora di svegliarsi?- chiede allarmato. Annuisco  - Ti aspettiamo a colazione tra dieci minuti.- appena lascio le loro camere cerco di diminuire il tremolio delle mie mani. Tranquilla Katniss, loro non moriranno. Nessuno morirà. E questo mi fa calmare un po’. A colazione i ragazzi sono impauriti, tutti e due, ma cercano di non darlo a notare. Dopo colazione parliamo degli addestramenti. – Non mostrate le vostre abilità. Tenetele come sorpresa. Allenatevi sulle altre armi. La postazione delle erbe commestibili aiuta a capire che arena ci sarà e vi permetterà di avere la possibilità di sopravvivere. Nell’arena non andate nel bagno di sangue. Cercate di prendere qualcosa alla Cornucopia, soprattutto gli zaini. Anzi, tu Cody prendi le cose più lontane dalla Cornucopia, e corri da Mary. Tu, Mary, corri lontano, non provare neanche ad avventurarti nella Cornucopia, e ritrovatevi in un punto stabilito prima, mentre siete ancora sulle pedane. State attenti che nessuno vi spii, se no sanno dove andare a colpire. Subito dopo correte lontani e osservate gli animali, per capire dove si trova l’acqua. L’acqua è la prima cosa da trovare, d’accordo? State attenti: nell’Arena dei 50esimi Hunger Games, per esempio, c’erano così tanti frutti e tanti profumi che era tutto velenoso. Se non conoscete la natura di qualche bacca, evitatela e...le altre cose ve la diranno gli addestratori-. Ho detto così tante cose insieme che non ho più fiato. I ragazzi cercano di ricordarsi e ripetono tutto, mentre Peeta ricorda se c’è qualcos’altro da aggiungere.

My little, little, little space
È un capitolo un po’ di passaggio, nel prossimo ci saranno gli allenamenti e le interviste (credo). Se avete consigli/errori/cose-che-non-vi-piacciono-tanto, prego riferire nelle recensioni. Grazie mille ancora e xsempre a chi mi ha aggiunto nella preferite (8) nelle ricordate (2) e nelle seguite (11) vi amo con tutto il mio cuoricino, a presto, Reby.
 

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Capitolo 8
*** Questo è il luogo in cui ti voglio... amare ***


Poco dopo il portone si apre e i loro vestiti vengono inondati dalla luce del sole che sta quasi tramontando. Lei ha un vestitino corto, ma non in modo volgare, le fascia la vita ed è di un tessuto leggero sulla parte alta. La gonna scende decisa, partendo dalla vita, è molto articolata e di un color avorio. Le spalline lasciano i suoi tatuaggi in bella vista, mentre Cody ha dei pantaloni che dal bianchi sfumano al nero, indossa una maglietta bianca che in alcuni punti è tagliata.  La purezza rovinata dagli Hunger Games. La purezza di due giovani, che diventano assassini e cadono nel buoi, due giovani pieni di ferite. Partono. Non si tengono la mano ma si fanno un cenno d’intesa. A quel punto sorridono, ma non salutano, guardano il pubblico, ma di striscio. Indipendenti. Ma benvoluti. Sorridenti. Ma per i fatti loro. Salutano il presidente, ma Cody fissa la Paylor con un goccio d’indifferenza. Fantastico. – Perfetto. Sono stati bravissimi, hanno centrato il punto, perfetti- Peeta è eccitato e contagia anche me con la sua gioia. Appena tornano li abbraccio e li stringo a me. Anche Peeta si aggiunge all’abbraccio. – Bravissimi.- Mi basta dire questo per esprimermi, sono stati perfetti. Andiamo in camera, e loro si cambiano. Io e Peeta li aspettiamo in salotto per la cena. Appena i nostri tributi si siedono a tavola, ci viene servita la cena. Effie non è voluta venire. Non so perché. – Katniss?- Peeta mi chiama. – Sì?- si avvicina al mio orecchio. – Ora puoi lasciarmi la mano? Avrei fame. - guardo le nostre mani intrecciate. Oggi l’ho tenuto stretto tutto il tempo. Divento rossa e lo guardo negli occhi. Lui sorride tenero anche con lo sguardo e sciolgo la mia presa sulle sue dita. Mangiamo in silenzio, fin quando Peeta non si alza e corre via. Mary si alza, preoccupata: - Cos’è successo?- Cody spalanca gli occhi – Devo andare a cercarlo?- Li liquido con un cenno della testa. –Aspettate qui.- vado a cercarlo e corro verso la sua stanza apposita. Andava tutto troppo bene. Quasi mi ero dimenticata di questo problema. Lo sento urlare, e lo controllo attraverso una piccola finestra che può essere chiusa e aperta solo da dentro. E per fortuna è aperta. È al centro della stanza, in ginocchio e ha le mani tra i capelli, e continua a sobbalzare per le lacrime che gli solcano il volto. Si graffia le braccia, e si alza. Ma mentre si avventa sul mobile, apro la porta che non è stata chiusa a chiave e lo abbraccio da dietro, facendo sentire la mia voce. Gli prendo la faccia, con calma e lo guardo negli occhi. Appoggio la mia fronte sulla sua e gli accarezzo la guancia. Lo sento fare dei lamenti , come se stesse lottando contro qualcuno, e pian piano stesse vincendo. Contro il Peeta di Capitol. Continuo ad accarezzargli la guancia e per la prima volta dalla morte di mio padre, canto. Canto volontariamente, per rassicurarlo.
Là in fondo al prato, all’ombra del pino
c’è un letto d’erba, un soffice cuscino
il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando li riaprirai, il sole avrai davanti.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui sogna dolci sogni, che il domani farà avverare
e proprio mentre canto queste strofe Peeta si rilassa e mi accorgo che i sogni di cui parla la canzone hanno come protagonisti me e Peeta. Che ci teniamo la mano, che ci sorridiamo. I suoi muscoli si rilassano a poco a poco e sulle sue labbra si dipinge un sorriso. Piccolo, innocuo, ma che scalda il cuore. Gli occhi rimangono chiusi, per assaporare la melodia. E noto che la mia voce è cristallina e dolce e vorrei stare qui per sempre.
Qui è il luogo in cui ti
Le parole mi muoiono in gola. Sono pronta a dirlo? Ad ammetterlo, quasi? E credo che da sempre il ragazzo del pane abbia trovato posto nel mio cuore, radicandosi e crescendo indisturbato. Perché io non l’ho mai respinto, né lui ha mai respinto me.
Voglio amare.
Là in fondo al prato, nel folto celato
C’è un manto di foglie di luna illuminato.
Scorda le angustie, le pene abbandona.
Quando verrà mattina spariranno a una a una.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggono da ogni cruccio.
Peeta muove le labbra e pian piano un sorriso ci increspa le labbra.
Qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare
Peeta ora sussurra con me.
Qui è il luogo in cui
Apriamo insieme gli occhi e ci perdiamo nello sguardo dell’altro. Ti voglio.... amare.
Senza parlare prendo la mano di Peeta e lo aiuto a tirarsi su. Gli sistemo un po’ i capelli lo prendo per mano e lui mi lascia un lieve bacio sulla guancia. Gli prendo la mano e torniamo dai nostri tributi. – Tutto ok?- chiede Mary. Il ragazzo del pane annuisce – Sì, tranquilla- si rasserenano e insieme guardiamo la tv ovviamente si fa rivedere la parata e decidiamo che ci aiuta a capire meglio come sono gli altri tributi. I tributi di Johanna insieme ad altri sei sono i soliti Favoriti. Belli da vedere, forti, che salutano con calore, ma ucciderebbero solo per divertimento. I tributi di Haymitch non si tengono per mano e non salutano la folla rivolgono qualche sorriso, ma hanno una faccia annoiata e pronta, decisa. Il più sveglio agita un po’ la mano verso i capitolini, mentre l’altro lancia sguardi maliziosi a destra e a manca. Allora non è tanto taciturno come pensavo. I ragazzi di Beetee lasciano baci, saluti, risate a ogni persona nel pubblico. Cercano di arsi piacere, ma risultano noiosi e scontati ai miei occhi. Gli altri tributi si mostrano impauriti e fragili, ma non sono da sottovalutare. Nell’ultimo carro noto una cosa degna di attenzione. Il tributo femmina bisbiglia qualcosa al maschio, indicandogli Mary e Cody. Subito dopo un lampo di crudeltà guizza nei suoi occhi. E io ho paura. Blocco l’immagine. – Cody, Mary, guardate- gli indico il carro e gli mostro la scena. – Ci stanno guardando come se fossimo dei bocconcini prelibati.- le annuisco – Domani parleremo. Ora è meglio se andate a dormire- esclama Peeta. Loro vanno nelle loro stanze e Peeta mi fissa. – Ti devo parlare-. Quando si sono allontanati mi prende le mani e con il pollice passa sulle mie nocche. – Avresti un attimo che ti devo mostrare una cosa?-. Il mio cuore perde un colpo. Che cosa? 

My little, little, little space
Grazie di cuore a tutto quelli che silenziosamente mi aggiungono alle preferite/seguite! Siamo a quota 6 preferite e 9 seguite, aumentate ogni capitolo! È  grazie a voi che questa storia va avanti e vi sono grata, più di quanto potete immaginare! Grazie, grazie, grazie! Un bacio, Reby.

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Capitolo 9
*** Gli allenamenti ***


I tributi si mettono la tuta per gli allenamenti e per non mostrarli come dei deboli, io e Peeta li accompagniamo solo fino all’ascensore. Li saluto regalandogli un sorriso e per fortuna riesco a tenere i nervi saldi. Ma appena l’ascensore scompare mi sento impotente e rilasso i miei muscoli. In questo modo le mie braccia iniziano a tremare e così anche le mie mani. Peeta intreccia le nostre dita e posa le sue labbra sul mio capo, ma non riesco a rilassarmi molto. Siccome quest’anno trasmetteranno anche gli allenamenti alla tv dei mentori ci sediamo sul divano e ovviamente Peeta mi passa un braccio intorno alle spalle e permetto alle mie lacrime di scendere. Loro non moriranno, tranquilla. Questa volta i Giochi saranno finti. Singhiozzo e mi aggrappo a Peeta. Al mio fiore, che quando credevo fosse finita, mi ha permesso di vivere. Per quante cose sono in debito con il ragazzo del pane! Durante gli allenamenti Mary si fionda sulla postazione delle bacche e delle piante commestibili. Cody la segue e si allenano insieme. Dopo aver imparato un po’ di cose sulle piante lui va alla postazione della lotta corpo a corpo e scopro che è molto agile e imprevedibile nei movimenti, e può sfruttare benissimo questa cosa. Mary si trattiene lontana dal lancio dei coltelli e tira le lance, comunque se la cava bene. Passano poi agli altri postazioni, ma non si nota niente di particolare. Tranne che i soliti tributi li stanno ancora guardando fissi, senza distogliere lo sguardo. – Peeta, che credi che sono quelli lì? E cosa vogliono dai loro?- Peeta controlla e la sua fronte si corruga. – Non so. Magari puntano a Mary solo perché è la nipote di Snow. – non rispondo, secondo me c’è sotto qualcosa che non conosciamo. E che mi farò spiegare. Ora non fanno più vedere gli allenamenti, e io e Peeta continuiamo a vedere i suoi quadri. Questa volta li porta in salotto e avvinghio la mia mano alla sua. Prima di cominciare mi lascia un bacio sulla bocca, e apre la scatola. Mi mostra ancora due o tre quadri, quando io gli prendo il viso tra le mani, obbligandolo a guardarmi. – Ti devo chiedere una cosa- ammetto, con un tono sommesso. Lui annuisce – Peeta... mi ami ancora?- inaspettatamente mi cinge la vita e mi tira a sé, rispondendo alla mia domanda con un sussurro – Sempre – solo in quel momento mi rendo conto di ciò che gli ho chiesto e di ciò che mi ha risposto. Credo di sprizzare gioia da tutti i pori, sono emozionatissima, mi sembra un sogno, quando poi mi chiede – e tu?- sono colta alla sprovvista, ma ormai sento che quando lo abbraccio sono protetta, quando lo bacio, mi sento tranquilla, mi fa sentire a posto, i miei difetti scompaiono, e sento che potrei morire per lui, ora, qui. Desidero per lui tutta la felicità possibile. Senza di lui so di no vivere. Lo amo. – Ti amo- e gli poso le labbra sulle sue. E rimaniamo così, cullandoci e io piango di gioia, perché lo terrei stretto così per sempre, perché voglio per lui solo il bene del mondo. – Katniss, ti devo ringraziare. Per tutto quello che hai fatto per me. Per tutto quello che stai facendo. Per tutto ciò che farai per me. Per la vita che mi regali- non so cosa dire, non riesco a esprimermi bene, quindi dico semplicemente – Grazie perché ci sei.- mi guarda con quegli occhi azzurri. E mi ci tuffo dentro, mi perdo nel suo sguardo, permettendo ai miei occhi grigi di indagare quello sguardo. La tele si accende. E mostrano Cody e un altro ragazzo che si azzuffano. Mi preoccupo subito, corro davanti allo schermo, sono preoccupata, così non riceverà mai sponsor se si mostra così. Peeta richiama la mia attenzione – Katniss, tranquilla, gli sponsor non sono importanti questa volta, perché i giochi saranno falsi. E poi nessuno può vedere gli allenamenti. Solo noi mentori. – e mi accarezza i capelli, mentre io rifletto su ciò che mi ha detto. E ha ragione. Loro non moriranno.
Il resto del giorno lo passiamo a giocare a vero e falso. Quando i nostri tributi tornano sono molto stanchi – Come è andata?- chiede Peeta Mary per tutta risposta sorride e intravedo sul volto di Cody un grosso livido. – Perché avete incominciato la rissa?- domando, avvicinandomi alla sua guancia. – Ci stava fissando da troppo e ha urlato a tutti che noi eravamo i primi da far fuori- li invitiamo a sedersi sul divano e a spiegare il perché di questo scontro. Cody sospira e Mary si rattristisce. – Mia zia era una vincitrice degli Hunger Games che aveva fatto scalpore qui a Capitol. Ma durante la sua edizione dei giochi anche un altro tributo avrebbe potuto diventare più ricco del dovuto. Solo che lei lo uccise. E questo tributo era un suo parente, ma comunque riuscì a trasferirsi qui a Capitol solo pochi anni fa. E non mi ha mai lasciato in pace. – dopo la sua spiegazione restiamo tutti zitti, solo Peeta prende parola – Come vi siete allenati?- loro spiegano di essere stati attenti alle nostre indicazioni, senza tralasciare niente. E a quel punto mi accorgo di una semplice cosa.
My little, little, little space
Grazie mille a tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite/ ricordate/ seguite. Non aggiornerò per un po’ di giorni perché vado a Roma con la scuola.  Un bacione a tutti, Reby.

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Capitolo 10
*** All'improvviso ***


Questo pensiero mi coglie all’improvviso, dal niente e stavolta devo dare ragione a Peeta. Ora vorrei dire a Cody e Mary che va tutto bene, che non gli accadrà niente, che devono stare tranquilli. Ora li proteggerei da quegli stupidi Giochi. Farei un’ altra rivoluzione per farli stare al sicuro. E il ragazzo del pane ha capito subito. Non è vero che io non sarei una brava mamma come credo. Io ho sempre avuto un forte istinto materno. Mia sorella Prim. Rue. Ho sempre saputo come comportarmi con loro, le avrei protette da questo mondo, da tutto, a costo di ogni cosa. E il vero motivo per cui non ho mai voluto avere dei figli è che credo di non riuscire a proteggerli. Ma forse Peeta ha ragione, e mi ha sempre visto così. Come una ragazza che diventerà una mamma, ma che ha sempre negato per paura di dolere a piccoli e teneri bimbi per i quali darei la vita. Perché solo una madre è in grado di dare la vita per tutte le persone che ama. Come in questo momento la darei per Peeta, per Cody, per Mary.Intanto credo di essere diventata abbastanza rossa per questi pensieri.
 I ragazzi dopo cena sono stanchi e domani li aspettano anche le interviste, così corrono a dormire presto. Arrivati alla soglia della mia camera faccio per aprire, ma appena lascio la mano di Peeta per aprire la porta mi accorgo che non riesco. E incomincia a farmi male. Mi stritola la mano, poi mi gira, così che io lo guardi negli occhi. Ormai sono dei baratri neri, ma devo resistere per lui. Non devo sfiduciarmi. – Peeta lasciami la mano. – ghigna  accentua la sua presa. – E così, pensavi che io ci sarei cascato? Pensavi che io ti volessi seguire in questa stanza dove potrai uccidermi? No Ghiandaia Imitatrice, non ci vengo – incomincia a urlare e mi prende le spalle, spingendomi contro il muro. Le spalle mi fanno malissimo, e poco dopo mi butta a terra, sul pavimento. Mi lascio cadere, poi lui si abbassa vicino a me. – La situazione si capovolge, Katniss – gli porgo la mano, nella speranza che rinvenga, ma non accade. Me la schiaccia con un piede. Ora ho paura. Ma non per me. Perdermi per lui sarebbe morire. – Peeta,  resta con me, ti prego – ora piango. Come se qualcuno lo avesse strattonato indietro finisce contro il muro inizia a dimenarsi e piange – Katniss, Katniss! – urla tra i gemiti e i singhiozzi. Mi alzo benché faccio fatica e mi avvicino a lui. – Tranquillo, sono qui. Calma, calma. Non ti lascerò mai. – sembra un poco più cosciente, ma non troppo – Ti prego Kat, dove sei? Vieni da me! Katniss!- capisco che le sue orecchie si rifiutano di ascoltarmi, perciò gli tocco il braccio – Peeta, sono io ascoltami, sono qui, sono qui... – lui si tranquillizza, ma ha ancora gli occhi chiusi. – Katniss?- domanda – Sono qui. Ricordi? Insieme... – pian piano apre gli occhi – Sempre – mi guarda e io gli sorrido senza smettere di accarezzarlo. Per evitare di disturbare di più i ragazzi apro la porta della stanza e gli indico di entrare. Mi segue, ma non chiude la porta. Piuttosto si siede sul letto, senza dire niente. – Vai a prendere il pigiama -, gli dico, ma fa segno di no con la testa. Ora come ora preferisco non ribattere, quindi mi lavo e poi entro nel letto. Fa per andarsene – Finché non mi addormento?- gli supplico con un occhio chiuso e uno aperto. Rifette un attimo, poi annuisce. Mi da un bacio sulla guancia e sul mio volto nasce un sorriso. Si siede per terra e appoggia la sua testa vicino alla mia. Il suo profumo di farina e di cannella e la sua mano sulle mie gambe mi accompagnano fino a che mi addormento. Mi risveglio solo a notte inoltrata, e sto urlando e sono tutta sudata. Peeta non è qui in fianco a me, quindi apro la porta e guardo l’ora 2 di notte. Non ho dormito molto, e mi reco alla porta di Peeta. Non sento nessun rumore, e mi affaccio. Sul cavalletto c’è un disegno appena iniziato, che credo rappresenti me e Peeta, ma non capisco i che situazione. Entro, e la porta del bagno si apre di scatto, con un Peeta preoccupato che sfreccia fuori. Appena mi vede trae un respiro di sollievo e mi abbraccia. – Stavo venendo da te per gli incubi- sussurra dopo aver chiuso la porta – Sono venuta prima io – sussurro. Con un cenno del capo indico il letto – Per favore- sbuffa e poi alza le coperte – Prego Ragazza di Fuoco – lui ride e io non mi mostro divertita solo perché sono troppo stanca sia per ridere che per ribattere e borbotto solo. Appena mi sdraio lui mi dà le spalle e spegne la luce. Aspetto che si giri ma non succede niente. Allora mi avvicino. Ma niente. Gli tocco “per sbaglio” la spalla. Non si muove. Gli tiro il braccio. Non si gira. Allora lo prendo tra le mie braccia, infine lui si gira e mi da un bacio sulle labbra. Da quel momento fino alla mattina dopo dormo beatamente. Per svegliarmi Peeta decide di tapparmi il naso. Così io mi alzo annaspando e lo guardo con uno sguardo truce – Eri più dolce mentre dormivi – e si mette a ridere. Cerco di fare uno sguardo più truce, ma non mi riesce. Bensì incomincia a ridere. Direi che incominciare così la giornata aiuta parecchio. Se solo domani non ci fossero gli Hunger Games.

My little, little, little, space
Buonsalve a tutto il popolo di Panem che ha letto questa ff. Siamo a quota preferite 11 seguite 14 ricordate 2. CiemMeQu (Cmq) questo è un capitolo a rischio diabete, molto zuccheroso, ma che ci devo fare! Io sono nata per il fluff! Sappiate che vi amo con tutto il mio cuore (questa cosa la dici a ogni little space! Io non ricordo di averla mai detta! Secondo me hai l’amnesia! Stai zitta! No, taci tu! Basta! Basta! Vi calmate? Ho già dei problemi a collegarmi a l resto del corpo, ma evidentemente non sono ben voluta, quindi shh! Ok ok) Bacio, Calma/Nervosismo/Coscienza (Reby).

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Capitolo 11
*** Ho capito ***


Mi accorgo che da quando sono venuta a dormire nella stanza di Peeta non ho avuto incubi. Ma non so come è andata a lui. – Incubi?- domando mentre mi strofino gli occhi – No. - risponde, con un sorriso ancora assonnato. – Tu?- mi chiede sedendosi in fianco a me. – Neanche uno – rispondo con fervore. Mi lascia un bacio dalla fronte, poi va in bagno. Anche io vado a sistemarmi in camera mia, poi busso alle porte dei nostri tributi. Cody borbotta una specie di – arrivo!- mentre prima di toccare la porta di Mary mi accorgo che sta singhiozzando. Entro e richiudo la porta alle mie spalle. – Mary?- è ancora sotto le coperte – Lasciami stare!- mi siedo sul suo letto – Cosa c’è che non va?- le chiedo, mentre lei incomincia a sbirciare da sotto le coperte. – Ho paura!- dice infine. E accarezzandole i capelli la rassicuro – Non ti succederà niente, stai tranquilla. Te lo prometto. Incomincia a prepararti, arrivo subito- in questo momento sto correndo verso camera mia, e appena aperta la porta apro la valigia. Non me ne separo mai, benché è stato il simbolo della ribellione, nonostante ora non sia più una cosa che possiedo solo io, per me è l’amore della mia unica amica, il simbolo di tutte le persone che mi amano e che hanno sempre creduto in me. E grazie a loro sono riuscita ad andare avanti, per questo, ora, per accompagnarla durante gli Hunger Games, la do a Mary. La mia spilla.
Tornando in camera sua, si sta mettendo la divisa per l’ultimo giorno di allenamenti. – Tieni- le dico, appuntandole la spilla sulla manica. I suoi occhi si sgranano –Katniss, io... non dovevi... – le sorrido – Con questa non ti succederà mai niente. – ribatte – Ma questa è la tua spilla! Non posso tenerla, Katniss! Facciamo così: la tengo solo durante i Giochi, poi te la rido... ok?- io annuisco. In effetti, quella spilla trattiene tutte le persone che amo. Vedendo che è pronta, decido di andare a colazione insieme a lei. A tavola, Peeta e Cody stanno parlando tranquillamente e io mi siedo vicino al ragazzo del pane. – Buongiorno – saluta Mary, sedendosi in fianco a Cody. E appena il ragazzino le tocca per sbaglio la mano, lei diventa  rossa come un peperone. Faccio finta di non notarlo, e per fortuna il rossore va subito via dal suo volto. Mentre mi perdo via nei miei pensieri, sento qualcuno che mi chiama, una guardia – Signorina Everdeen, posso disturbarla un secondo? – sono un po’ preoccupata, e mi alzo dalla sedia quasi come fosse un campo minato. Mentre mi avvicino divento sempre più curiosa – Una lettera per lei – la guardia mi porge una lettera, e cerco di capire da chi può venire e dopo aver congedato la guardia orno a mangiare. La aprirò mentre i ragazzi sono all’addestramento.
È giunta l’ora di scoprire la verità. Mentre Peeta è in salotto a guardarsi gli allenamenti io mi chiudo in camera, e sedendomi sul letto apro la lettera:
Cara Katniss,
chiamarti così mi risulta un po’ strano. Non riconoscerai subito la mia scrittura, ma preferisco così. Sai, qui nel mio nuovo distretto si sta bene. Nuovi amici, nuovo lavoro, nuova casa. Si parla molto di questa nuova edizione degli Hunger Games. C’è che crede che d’ora in poi si continuerà ogni anno a vedere la Mietitura di Capitol City, che poi si ribellerà contro di noi. C’è a chi questi Hunger Games vanno benissimo, e altri che non vorrebbero che si facessero. Ma questi ultimi sono pochi. C’è chi vorrebbe eleggerti presidente, Ragazza di Fuoco. Qualcuno ti guarda con ammirazione, altri cerano di essere come te, altri lodano i tuoi pregi, altri inventano storie su di te, altri vorrebbero anche fidanzarsi con te, sai? Ma io vorrei solo poterti stringere ancora una volta tra le mie braccia, e vorrei che a te facesse piacere, ma non so che non  è così. Come va il tuo rapporto con il Ragazzo del Pane? A gonfie vele? Vi siete fidanzati? State bene insieme? Quando vi sposate? Spero con tutto me stesso che tu riesca a ragionare e a capire chi deve stare con te veramente. Perché io ti amo ancora, Catnip.
Sempre tuo,
Gale.
Ho bisogno di rilegge almeno quattro volte ciò che ha scritto per capire cosa vuole Gale. Vuole che io gli dica addio per sempre o lo tenga al mio fianco per sempre. E io non so cosa dirgli. Sono pronta per salutarlo per sempre? Lui sa tutto di me, siamo abbastanza simili, ma non uguali. Ma la vera domanda è: io amo veramente Peeta?  O sto sbagliando e amo Gale? Provo a pensare a Gale e a Peeta. Non riuscivano a coesistere nella mia testa neanche durante i primi Hunger Games. Pensando a Gale, con lui mi sento pronta a distruggere il mondo, mi sento forte, vigorosa, ma non mi sento felice. Gli voglio bene, ma come amico. Se invece penso a Peeta, se adesso qualcuno dovrebbe entrare nella stanza e ora dovrei decidere se dare la mia vita per Peeta direi di si. Ma non per altri motivi, ma per il semplice fatto che lo amo. Con lui mi sento felice, protetta, pronta a fare qualsiasi cosa. Ma non a fare qualcosa di violento, come farei con Gale. Qualcosa di impossibile per me, ma non per me e Peeta. Perché lui ama me, e io amo lui. Non riesco a descrivere cosa provo, quindi corro e non mi accorgo delle lacrime che mi solcano il volto, ma corro da lui, che appena mi vede si preoccupa apre le braccia e mi ci fiondo dentro, mi aggrappo a lui, mettendo una mano tra i suoi capelli, appoggio la mia testa nell’incavo del suo collo e sussurro senza preavviso – Peeta, io ti amo- gliel’ho già detto, ma non basta. Continuerò a non dirglielo, ma non basterà. Perché io gli voglio bene e incomincio a piangere di gioia quando lui risponde – Anch’io, Katniss. Da sempre e per sempre-. Lo stringo di più a me e non lo lascerò mai andare, e lui mi accarezza i suoi capelli e poi mi bacia.

My little, little, little space
We raga! Yo, Yo! No, dai bona. All’inizio del capitolo non sapevo cosa scrivere, ma con l’idea della lettera, tutto è filato liscio,e sono arrivata alla fine. Wooo, che dolci è? Fanno piangere anche me ToT. Ditemi tutto quello che odiate/amate/da sistemare che trovate in questa storia! Grazie a chi mi ha aggiunto alle preferite/seguite/ricordate. Vi lovvo, Reby.

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Capitolo 12
*** Le sessioni private e Mary ***


E nel mio corpo un calore improvviso s’irradia e io sto bene, sono calma ora, tranquilla, e non mi stacco dalla presa di Peeta. Né lui accenna a staccarsi, quindi non sarò di certo io a rovinare tutto.  Ma lui si fa più serio – Cosa è successo Kat?- I miei occhi si sono aperti di colpo e il mio corpo si irrigidisce. – Niente di importante- peggioro tutto così, perché lui si stacca – Cosa è successo? È impossibile che non sia successo niente.- mi guarda con uno sguardo deciso. Ma questo non è Peeta. - Mi è arrivata una lettera di Gale. Scuse per aver ucciso mia sorella. – i suoi occhi stanno diventando neri.  – Peeta non è reale. Non è reale – si allontana lottando contro sé stesso, e decido di non avvicinarmi – Peeta non è reale- sta per scappare, ma tento di tenerlo con me – Peeta resta con me. Rinchiudendoti là non risolverai niente. Stai con me. Insieme.- mi guarda per cercare conforto nel dolore. Sono la sua ancora. –Sempre- dice dopo qualche minuto di agonia. Questi raptus vengono troppo spesso, qui a Capitol. Deve tornare a casa. Ok, dobbiamo combattere insieme, ma rischia di farsi male. Seriamente.
A pranzo i tributi mangiano con noi, tra un’ora devono presentarsi davanti agli Strateghi, per le Sessioni Private. – Allora, dovete mostrare le cose più speciali di cui siete capaci. Dovete sbalordirli, non dovete farvi dimenticare. In che modo non importa, ma cercate di non oltrepassare il delicato confine tra il farsi ricordare e il farsi odiare. Qualcosa che colpisca ma che non dia fastidio agli Strateghi. Mary è molto tesa, mentre Cody sembra cercare di ricordare tutto ciò che diciamo. E mentre scendono in ascensore sono certa che Mary gli supplichi un piccolo abbraccio, per rassicurarla. E in questi momenti di paura escono i nostri sentimenti più profondi. E così io chiedo a Peeta, che vicino a me tiene gli occhi fissi sul punto dove prima si trovava l’ascensore. – Andiamo- mi sussurra. Ora sia i tributi sia i mentori sono tesissimi, perché è un momento importantissimo per guadagnare sponsor. E quando un’ora dopo tornano  sono quasi sollevata vedendo i loro visi rilassati. Addirittura sorridenti nel caso di Mary. – perché sei così allegra, Mary?- le chiede Peeta – Ho fatto una cosa che credo lasci il segno. Ho preso i coltelli e li ho lanciati facendo il contorno dei manichini. Io non ho intenzione di uccidere, là dentro- dice. Ora capisco. Se poi Plutarch Havensbeen è il primo stratega, andrà pazzo per queste cose.  Cody, tu invece che hai fatto? Lo so che non dovresti dirlo, ma vogliamo saperlo.- lui sospira – Ho rovesciato tutti i contenitori delle armi. E sul pavimento ho scritto semplicemente “Morirò lo stesso”. D’altronde è vero.- annuisco. Dopodichè accendo la televisione guardo tutti i risultati. Non sono andati proprio male neanche quelli meno considerati, e in fondo, Mary Snow: 10; Cody Ghais: 12. Quando mi girò ho gli occhi in lacrime: - Bravissimi!- li abbraccio e rimangono un po’ intontiti, ma poi corrono allo schermo e quando vedono i risultati si scambiano un timido abbraccio, mentre io mi butto al collo di Peeta.
 
– Ok Cody, come ti mostriamo di fronte a Panem? – chiediamo io e Peeta. Dopo aver festeggiato dobbiamo prepararli all’intervista. Prima degli Hunger Games. Rimane spaesato, d’altronde siamo noi a dovergli dire come lo presenteremo di fronte a tutta la nazione, di fronte alle persone dalle quali dipende la sua vita. Gli sponsor. Qualche minuto di discussione ci porta alla conclusione che si mostrerà come un ragazzo misterioso, riservato, sicuro di sé, e pronto anche a morire. Con un goccio di ironia. Con Mary la cosa è più difficile. Lei è abbastanza forte, ma io preferirei mostrarla fragile, dolce, ma anche speranzosa. Perfetto, se aggiungiamo un Cody al quale fa proteggere la sua vita.
Quando Cody e Mary arrivano dopo essere stati preparati dagli stilisti, sono tutti e due fantastici. Cody indossa un vestito elegante, di un colore un po’ antico, consumato, direi, mentre la pelle è tirata a lucido, ma pallidissima. Mentre Mary ha un trucco che le fa uno sguardo dolce, ma è anche forte, indossa un vestito blu che sfuma al rosso che davanti arriva alle ginocchia, mentre dietro fa uno strascico. Le scarpe sono alte, bianche, e i capelli raccolti in uno chignon.
Le interviste non sono state speciali, e ho prestato attenzione solo quando è stata chiamata Mary. Arriva salutando dolcemente e spero che con tutte le volte che abbiamo provato si ricordi e non vada in panico. – Allora, tu sei la amata nipotina del Presidente Snow?- arrossisce – Si, sono io- Ceasar sorride – Hai paura, le chiede, facendola sembrare una conversazione intima- cerca di non guardare il pubblico – Un po’, ma ho già delle alleanze che mi permetteranno di stare in vita- ok, Panem non sa con chi si è alleata, quindi non penseranno subito a Cody, come faccio io. – Bene, e dimmi, con chi sei alleata? Se possiamo saperlo... – annuisce. - Con Cody Ghais – Ceasar fa finta di aver capito solo ora – E c’è qualcosa che sta nascendo?- chiede il presentatore stuzzicandola – No, no, no! Siamo alleati! Siamo dello stesso distretto- Ceasar annuisce – E ti aspettavi di ricevere un voto così alto nelle sessioni private?- lei scuote la testa- non sapevo proprio cosa aspettarmi!- dice ridendo al pubblico, mentre la campanella dei due minuti suona. Si alza salutando sfoderando un grandissimo sorriso, e il pubblico si scalda. Brava! Quando torna abbraccia velocemente Cody tentando di rassicurarlo, mentre lui è tesissimo. E io ho un ricordo che torna a galla.

My little, little, little space
Ehilà!
Non sono morta! Eccomi! Scusate, è che I prof ci hanno sommerso di verifiche. E purtroppo questa mia assenza ha costretto un utente a togliere questa storia dalle preferite e uno dalle seguite. Il rating ora è giallo per eventuali scene un po’ violente nell’arena, è che poi ho paura di non ricordarmi di cambiarlo, perciò lo cambio ora. In questo mese non riuscirò ad aggiornare, perché ho gli esami, e se non aggiorno, non togliete la storia dai preferiti, dai! Un bacio, Reby.

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Capitolo 13
*** Alleata. Innamorata. ***


– Bene, e dimmi, con chi sei alleata? Se possiamo saperlo... – annuisce. - Con Cody Ghais – Ceasar fa finta di aver capito solo ora – E c’è qualcosa che sta nascendo?- chiede il presentatore stuzzicandola – No, no, no! Siamo alleati! – (...) E io ho un ricordo che torna a galla.

Capitol City. Squadra 451, che sorveglia Peeta, e la Jackson inventa il gioco del “Vero o falso?”, e lui se ne esce affermando che gli ultimi due anni devono essere stati difficili per me, dovendo decidere se ucciderlo o no. Avanti e indietro. E io gli rispondo che dalla fine della sua alleanza con i favoriti l’ho sempre considerato un... alleato. –Amica. Innamorata. Vincitrice. Nemica. Fidanzata. Obiettivo. Ibrido. Vicina di casa. Cacciatrice. Tributo. Alleata. Aggiungerò anche questa all’elenco di parole che uso per cercare di capirti.- disse lui. Le ultime parole mi fecero veramente male, e ora solo ne capisco il motivo. Comprendo la mia agitazione dopo il suo scontro contro il campo di forza nell’Arena dei 75esimi Hunger Games. E comprendo perché in questo momento cerco disperatamente la sua mano, quando la trovo si gira verso di me e io lo guardo negli occhi, e nel momento in cui mi accorgo che Mary è lì, davanti a noi tremante, le stringo la mano, e ci concentriamo sull’intervista di Cody.  – E ora, Cody Ghais!- sale i gradini e con la coda dell’occhio cerca il nostro sguardo e quindi gli regalo un cenno che gli infonda coraggio – Bene, bene, bene, Cody! Ti vedo in splendida forma!- Cody gli sorride – Grazie Ceasar!- ma subito torna in sé, deve essere riservato – Cody, cosa hai provato quando sei stato chiamato per partecipare a questi Hunger Games?- il tributo assume uno sguardo più serio – Io speravo di non uscire, ma non ho potuto evitarlo. Quindi ora che sono qua, faccio ciò che posso per vivere il resto della mia vita, che magari finirà lì dentro, senza toglierla a qualcun altro. Io non voglio uccidere. Finché la ragione prevarrà sull’istinto. Ma può darsi che diventi un’animale. Più che una persona.- appena la campana suona si alza, dà un’occhiata al pubblico e un cenno della mano a Ceasar senza aspettare che egli lo congedi. Quando torna lo rassicuriamo e andiamo subito negli alloggi, e i ragazzi vanno subito a dormire. Peeta vede che sono agitata e allora mi tranquillizza – usciranno da lì, per forza. Avranno una vita migliore della nostra. E questa è l’ultima volta che ci sono gli Hunger Games.- quando alzo lo sguardo per intercettare il suo i suoi grandi occhi azzurri mi stanno leggendo dentro. Stanno studiando le mie iridi grigie e io non riesco a sostenerlo. Piuttosto lo abbraccio, e sento il suo fiato sul mio collo. Verso lacrime silenziose, e solo dopo mi accorgo di avergli bagnato la maglietta. E durante questo infinito tempo, una goccia d’acqua si infrange sulla mia spalla. Ma non è propriamente acqua. – Andiamo- sussurro dopo un po’. E stringendomi la mano mi accompagna nella mia stanza, e mi preparo per andare a dormire, mentre lui si mette il pigiama nell’altra camera. Ma ci impiega troppo e vado a vedere. Aprendo la porta, vedo il disegno sulla tela prendere forma. Io sono inginocchiata di fronte a lui, e le nostre fronti si toccano, io tengo le mani sul suo viso e lui le tiene. È come se lui si stesse tranquillizzando, ma non ricordo un momento del genere. Non volendo essere presa con le mani nel sacco decido di aspettarlo in camera mia, dopo aver ordinano un latte caldo per tutti e due. Sarà una nottata difficile.
Quando arriva gli offro il latte caldo egli espongo la mia idea: - Alla fine, contro la tua volontà, Snow è riuscito a cambiarti. Ma non ti saresti mai dovuto preoccupare di questo. Perché io avrei sempre fatto di tutto per portarti indietro. E quindi ti chiedo se sei disposto a tornare a casa. I tuoi attacchi sono sempre più forti e pericolosi. Potresti farti male.- guardo un punto imprecisato della stanza, come fa lui. Quando lo sento prendere fiato mi preparo a un secco no, invece sospira solo e mi cinge le spalle con le sue braccia, costringendomi a guardarlo. I suoi occhi azzurri mi infondo speranza e tranquillità. Oltre questi brutti giochi posso trovare in lui un appiglio, una speranza di una vita che può essere ancora bella, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. E insieme possiamo arrivare a realizzare questa speranza. –Katniss, io non me ne vado- decide mentre mi accarezza i capelli – Insieme...- aggiunge e io continuo – Sempre- riesco a sorridere, prima di ricevere un bacio dolce. È corto ma rassicurante.
Quando ci sdraiamo lui continua ad accarezzarmi i capelli, e io mi accuccio vicino al suo petto mosso da respiri profondi, che poi si infrangono contro la mia testa. Il suo braccio mi cinge la vita e la mia mano incontra la sua. Dopo non so quando riesco a cadere in un sonno. Ma stavolta sogno qualcosa.

My little, little, little space.
Stavolta il capitolo è un po’ cortino, ma che volete da me??????   È già se potete qualcosa di senso (abbastanza) compiuto!  Ci tengo abbastanza a questo capeetoletto, e aspetto che mi diciate la vostra opinione. Grazie a quelli che hanno aggiunto al storia alle seguite/ preferite/ricordate. Un bacio, Reby.

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Capitolo 14
*** Sempre ***


Sono nei boschi del Distretto 12. Peeta è in fianco a me, e lo guido tenendogli la mano. Lui non capisce dove lo sto portando, e all’inizio neanch’io mi rendo conto. Poi riconosco la strada. È quella che porta al lago. Il mio lago. Distinguo la casetta dove stavo insieme a mio padre e mi stupisco di averci portato Peeta. È un posto speciale, che significa molto per me. E ci sto con Peeta. Cosa significa? Vuol dire forse che... è una cosa a cui non posso rinunciare? Significa che non posso fare a meno di lui come lui non può fare a meno di me? Abbasso lo sguardo senza rendermene conto, e vedo un dente di leone. Peeta, come se mi avesse letto nel pensiero, si china, lo coglie e lo mette tra i miei capelli, senza mai dividere le nostre mani. Dopo questo pensiero, i miei occhi grigi si spostano sulle nostre mani intrecciate e non posso fare a meno di pensare che io e lui siamo uniti da qualcosa. Quel qualcosa è il nostro amore, e per la prima volta mi rendo conto che non è l’amore egoistico che conoscevo in precedenza, ma è quello puro che rivolgevo a mia sorella Prim, ma in una nuova forma. Anche il suo sguardo si posa sulle nostre mani, e quando lo rialziamo ci incontriamo a metà strada.  Con una dolcezza infinita Peeta si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia. - Katniss?-  sento qualcuno che mi chiama e tutto turbina via. Dischiudo gli occhi, accorgendomi di alcuni occhi azzurri che sono puntati dentro i miei. – Che c’è?- chiedo con la voce impastata dal sonno. – è ora di svegliarsi- dice Peeta con un sorriso. Muovo gli occhi, e mi rendo conto di non essere nel Distretto 12. Ma a Capitol City. E dentro di me si apre la certezza che era solo un sogno.  – Buongiorno Peeta - dico con gli occhi che si stanno abituando alla luce. - Buongiorno anche a te – dice lui. Sorrido come una bimba e tocco i suoi riccioli biondi, spettinati come sempre.  – Hai fame?- mi domanda, e in tutta risposta il mio stomaco brontola. Che vergogna! –Scusa!- dico, nascondendomi nel cuscino. Lui ride e mi passa una mano sui capelli, lasciandoci un bacio. Esco dal mio nascondiglio e vedo  che mi porge un vassoio, con la colazione per tutti e due. Intanto la porta si apre e entrano i nostri tributi, anche loro con la colazione su un vassoio – Idea mia.- dice Peeta al mio orecchio. Cody e Mary, con il nostro permesso  si accomodano sul nostro letto – Ragazzi, dovete stare tranquilli, - li tranquillizza Peeta passando una mano sulla guancia di Mary – Questi Hunger Games sono fatti in modo che non muoia nessuno. Non dovete aver paura. Ora però abbuffatevi, se no fate la stessa figura della ragazza di fuoco-. Per farlo star zitto gli tiro un cuscino, ma poco dopo parte dalla mia pancia un altro rumore molesto e vorrei sprofondare. Vorrei anche piangere, ma davanti ai miei tributi non voglio mostrare che ho paura per loro. Quindi dopo una veloce colazione e gli ultimi consigli che Haymitch diede a me li salutiamo, e quando sciolgo l’abbraccio e li vedo scomparire decido che ora posso piangere e mi butto in terra. Sbatto la schiena contro il muro e le mie gambe fanno un  tonfo contro il pavimento. Peeta si avvicina a me e dice parole che non riesco ad afferrare, e quando le sue braccia mi stringono mi abbandono alla disperazione per quei 24 ragazzi, e tutto diventa nero.
Mi tiro seduta di scatto e mi accorgo di essere sul letto, mentre Peeta sta guardando la tele. Mugugno qualcosa, e lui si gira, accorgendosi che mi sono svegliata. Si avvicina a me e appoggia la schiena alla testata del letto – Come stai?- sussurra spostandomi i capelli dalla fronte e studiando  ogni millimetro del mio viso – Bene. Credo- rispondo io massaggiandomi la testa, che tutt’a un tratto incomincia a armi male. – Ti fa male la testa?- domanda osservando la mia espressione – Un po’- sbuffa come se avessi detto una cosa divertente – Bé, è normale quando svieni – blocco la mano sulla testa e apro gli occhi. Svenuta? Evidentemente capisce che non ho afferrato il concetto – Sei svenuta a causa del fatto che 24 ragazzi stanno per entrare nell’arena. Mi hai fatto prendere un bel colpo sai?- dice guardando prima la tele, poi me – Mi dispiace- sussurro guardandomi le gambe. – Fa niente, Kat –  Kat?  Che soprannome è? Non posso esprimere il mio disappunto perché la voce di Claudius Templesmith annuncia l’inizio dei 76esimi Hunger Games, l’edizione di Capitol City. Mi accoccolo vicino al corpo di Peeta, che mi passa una mano sulle spalle, mentre io appoggio la mia sul suo petto. Con il mio tocco riesco a sentire i suoi forti muscoli irrigidirsi e distendersi piano piano.  - Katniss – mi chiama lui – Io ti amo. Sempre. E ti amerò. Sempre.– Come fa a dirlo ora?, in questa situazione? Penso. E non mi accorgo che le mie labbra si stanno muovendo per rispondergli. – Anch’io, Peeta. Anche da prima dei 74esimi Hunger Games. E ti amerò. Sempre, nonostante le prove che abbiamo affrontato e cui andremo incontro.- Intanto sullo schermo davanti a noi sta iniziando un’altra prova.
My little, little, little space
Pleeeeeaaasssee! Don’t kill me! I’m sorry, ma non ho potuto aggiornare prima. Mi dispiace molto! Però volevo chiedervi una cosa...  Per descrivere The Hunger Games volete anche i POV Mary e/o Cody o solo di KitKat?? Io per mantenere lo stile di zia Suz preferirei  solo POV Kat, però ditemi voi! Thank U!
Hugs and kisses, Reby 

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Capitolo 15
*** I Giochi- Inizio ***



Sotto i nostri occhi si apre una distesa di sabbia. Le pedane, sono posizionate in cerchio, come sempre, e si trovano come si una duna, che circonda la cornucopia. Si vedono moltissimi zaini, molti più di quelli delle edizioni di cui ricordo, ma sono tutti sotto la bocca della Cornucopia. I tributi stanno salendo dalle pedane, e incominciano a guardarsi con aria spaventata. Sono capitolini, non sono mai stati preparati a questo. Vedo subito Mary, e riesco a scorgere anche Cody. I loro visi tradiscono le emozioni, e Mary è terrorizzata ma il suo compagno si mostra sicuro. Con un cenno impercettibile le indica la distesa di sabbia dietro di lei e capisco che le sta indicando da che parte deve correre appena iniziano i Giochi. Io e Peeta continuano a fissare lo schermo con insistenza, mentre il conto alla rovescia avanza "30, 29..." manca pochissimo. Cody sta ancora fissando la Cornucopia, per trovare lo zaino più vicino a lui. 
"5"
Ce la farete ragazzi
"4" 
Siamo con voi, qualsiasi cosa accada
"3"
Correte
"2"
Non morirete
"1"
Non fate in modo che questi Giochi vi cambino, per nulla al mondo.
"Che i 76esimi Hunger Games abbiano inizio!"
Appena il suono si libera nell'aria, con uno scatto fortissimo i tributi corrono verso la Cornucopia. L'unica che non lo fa è Mary, che corre dove gli ha detto Cody. Continua a correre, mentre nella Cornucopia non accade quello che credevo. I capitolini sono intorno alla Cornucopia, senza sapere cosa fare. Ma Cody, sorprendendo tutti corre, prende due zaini, uno vicino all'altro e si fa spazio fra due ragazzini impauriti. Mary si è fermata ad aspettarlo è appena arriva scappano insieme. Lui le lancia uno zaino, e lei se lo mette sulle spalle, continuando a correre. Intanto alla Cornucopia, il gesto del nostro tributo ha fatto scoppiare il finimondo. I tributi più sicuri, quelli più forti, si lanciano nel mezzo, e prendono tutte le poche armi che trovano. Incominciano a usarle senza criterio, uccidendo chiunque trovino. Il mio cuore perde qualche battito, e senza riuscire a bloccarmi urlo, urlo più che posso, e piango, piango tutto quello che ho da piangere, perché vedere ancora questo massacro che si ripete è troppo per me. Ma l'ho voluto io, dando la colpa a questa gente abituata a vedere un mondo comodo, senza tutti i sacrifici che eravamo abituati a fare noi dei distretti. Ormai questo è iniziato e non posso più fermarlo, e mentre urlo, nel buoi che riempie i miei pensieri le braccia di Peeta mi circondano, imprigionandomi contro di lui. Piango contro il suo petto, senza fermarmi, continuo ma riesce a farmi smettere. "Kat, tranquilla. Non sono morti. Non morirà nessuno. L'hovercraft sta prendendo quei ragazzini, ma non sono morti." Poi si avvicina sempre più e mi sussurra "è tutto a posto" lasciandomi un bacio leggero sulla fronte. Le lacrime si fermano, lasciando delle linee sul mio viso. Dato che non succederà nient'altro per un po' mi vesto dato che ero ancora in pigiama e lo stesso fa Peeta. Chiamo la Paylor, e le chiedo di farmi chiamare appena arriverà l'hovercraft con i tributi "morti". Intanto io e Peeta ci sediamo ancora sul letto, perché nonostante le sue continue richieste non riesco ancora a uscire per trovare sponsor. Mi accoccolo al suo petto, e lui mi stringe a se con un braccio. Nell'Arena, intanto, Mary e Cody stanno ancora camminando. Si fermano dopo qualche minuto, e si nascondono dietro una grande duna. Cody scava un po' la duna, per controllare se quei pazzi degli Strateghi hanno fatto un altro scenario nel monotono deserto. E trova quello che cercava. Un tunnel tutto nero, di cui non si vede niente. "Cody... Cosa facciamo?" Sussurra già stanca e spaventata Mary, che era spuntata dalla sua spalla vedendo che il compagno aveva trovato qualcosa. "Andiamo" dice Cody, duro, tentando di ostentare la sua preoccupazione. Si vedeva che aveva paura, ma aveva  fatto la scelta giusta. Entra prima lui, poi lei copre un po il passaggio, per evitare di mostrare  agli altri tributi la loro scoperta. Il tunnel è lungo, e ne escono dopo cinque minuti, con una Mary terrorizzata, e un Cody che sudava freddo.  Appena recuperato il respiro si accorgono di essere finiti in un posto assurdo. la luce era molto soffusa, e nonostante il vedesse benissimo il paesaggio appariva scuro, è illuminato da una luce distante. Gli alberi erano pini che sembrava viola, ma quella luce ingannava sicuramente. La cosa assurda era che questi avevano le radici nel soffitto, e toccavano il terreno con la punta. Lo scenario era inquietante, ma allo stesso tempo ti faceva sentire come a casa. Era una cosa stranissima. Peeta guardava lo schermo leggermente corrucciato, ed era molto concentrato. I ragazzi intanto procedono lentamente ed esplorando l'ambiente. Trovano poi come uno spazio racchiuso da alcuni alberi, e si arrampicano un po', facendo molta fatica perché i rami più in basso erano anche quelli più piccoli. Appena trovano un posto un po' comodo di sistemano, e aprono lo zaino di Cody. Trovano poco cibo, una piccola bevanda energetica, e una bottiglia piccola, di metallo, contenente come una crema, che al tatto bruciava, di una consistenza grumosa.poi trovarono un coltello e una coperta termica. Nello zaino di Mary invece trovano molto di più. Una corda, un sacco a pelo, che teneva caldissimo, come dei sacchetti da mettere intorno alle scarpe e molta più di quella crema stranissima, e un coltello. Mettono tutto negli zaini, si legano all'albero e  Mary scoppia a piangere. "Ho paura Cody. Tanta paura" si asciuga le lacrime con la manica e continua a singhiozzare. Cody lascia andare anche lui le sue emozioni. Qualche lacrima gli riga il viso e abbraccia Mary. Le singhiozza sul petto e lui prende ad accarezzargli i capelli. E al quel punto mi alzo in piedi prendo la mano a Peeta e lo porto con me fuori dalla stanza e vedo la presidentessa, che ci accompagna a trovare i tributi eliminati. "Sono già stati curati, possono tornare a casa o aspettare qua gli altri tributi" "scusa ma precisamente come funziona questa edizione? Cioè come è che non fanno a morire?" Chiede Peeta, e la Paylor, senza mai smettere di camminare inizia a spiegare "i ragazzi, prima di essere mandati nell'arena sono stati abituati dai nostri dottori, secondo un metodo senza rischi a sentire le armi come di una consistenza diversa rispetto a quella di cui sono veramente fatte. Per loro ormai le armi mortali come coltelli, arco, frecce, è tutto il resto sono più leggere e di un materiale molto meno pericoloso, però sono stati indotti a credere che abbiano la stessa potenza mortale delle armi normali. Queste armi appunto feriscono, ma sono bloccate da un materiale presente nella felpa dei tributi, quindi questi sono solo feriti, neanche gravemente. Questi oggetti poi sono pieni di un liquido che dal momento che entra in circolazione nel sangue li rende immobili, dando all'hovercraft il tempo di prenderli, e ai dottori il tempo di riabituali al mondo normale, e successivamente vengono curati psicologicamente e fisicamente, rendigli molto meno dolorosi tutti i momenti passati li dentro.

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