The ripper of Mystic Falls.

di _less_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One. ***
Capitolo 2: *** Two. ***
Capitolo 3: *** Three. ***



Capitolo 1
*** One. ***


Titolo: The ripper of Mystic Falls. (Lo squartatore di Mystic Falls)
Coppie: Stefan/Katherine
Note importanti: In questa storia, Katherine è umana (la Katherine umana era buona e gentile) mentre Stefan è lo squartatore che è diventato nell'anno 1920. Un miscuglio di personaggi messo nell'anno 1864, quando i due protagonisti si sono conosciuti.

Il primo capitolo della storia è leggermente più lungo rispetto agli altri. Il seguito sarà più breve.


 
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The ripper of Mystic Falls.

 
 
Mystic Falls, Virginia, 2 gennaio 1864.

I cavalli bianchi sbruffarono e scalpitarono contro il prato verde vivo della villa Salvatore, mentre una giovane donna scese dalla carrozza di ferro e legno nero, alzando il lungo vestito di velluto verde scuro, per facilitare il cammino lungo il terreno morbido e instabile per le sue scarpe.
La pesante cascata di tulle, velluto e stoffa spessa del suo vestito cominciava dal corpetto rigido, che non solo le alzava il seno in modo prosperoso, ma le stringeva la vita fino a farle mancare il fiato, e continuava lungo la bellissima e pesante gonna elaborata con organze. La chioma scura e lunga dei suoi capelli era così affascinante da considerarla la parte più bella del suo corpo, che tutti avrebbero voluto toccare o persino giocarci, ma lei la usava più che altro per coprirsi, un muro di fili castano scuro ispidi lunghi fino alla vita, che la difendevano dal mondo esterno.
Il corpo virtuoso, magro, slanciato, le gambe magre e la vita sottile, le caviglie eleganti. Nessuno smetteva mai di guardarle le caviglie.
Prese le sue valigie e cominciò ad incamminarsi verso la villa dei Salvatore, quando una voce esitante le corse dietro: «Oh no, madamigella Petrova, mi permetta di portarle io le sue provviste e le sue borse.» e così facendo, il maggiordomo della villa dei suoi generosi ospitanti, prese le valigie dalle sue mani, incamminandosi di gran carriera verso l'atrio aperto della villa.
«Emily, venga qui.» ordinò Katerina, e la sua serva corse a raccoglierle da dietro il vestito verde per non farlo sporcare, aiutandola ad arrivare perfettamente all'atrio della villa.
«Signorina Petrova, è un immenso piacere ed onore conoscerla.» disse un uomo di mezza età, abbassando il capo verso Katerina, quando quest'ultima arrivò davanti la porta.
La giovane donna sorrise: «Il piacere è solo mio, signor Salvatore.» rispose delicata, mentre l'uomo le baciava il dorso della mano in modo rispettoso.
«E sicuramente avrà sentito parlarne, costoro sono i miei due figli, Damon e Stefan Salvatore.» disse con orgoglio l'uomo, facendosi da parte per rivelare la sua prole.
Katerina rimase qualche istante di troppo a constatare la bellezza disarmante dei due fratelli. Uno con i capelli un po' ricci e neri come le piume di un corvo, gli occhi azzurri come il cielo e il ghiaccio, e la bellezza solitaria di un lapislazzuli. L'altro, leggermente più basso, aveva dei capelli castani che le ricordarono l'autunno in Atlanta, e gli occhi verde scuro, che la fecero suggestionare come il luccichio di un diamante. Notò qualcosa che l'affascinò, nel secondo fratello: lo sguardo malizioso di chi è sicuro si sé, di chi non ha paura di niente.
Li guardò un altro secondo, prima di risvegliarsi dalle sue fantasie, per porgere loro la mano e sentire le loro caldi labbra baciarle il dorso.
«È un piacere conoscervi, madame.» si fece avanti il primo fratello, Damon.
«La ringrazio.» rispose Katerina, educata.
«Scortate i suoi beni nella sala che abbiamo preparato per la signorina Petrova.» ordinò poi Giuseppe Salvatore ai suoi maggiordomi, che presero e portarono tutto via.
«Signorina Petrova.» disse il secondo fratello, Stefan Salvatore, avvicinandosi alla giovane donna e guardandola dritta negli occhi, mentre tutti gli altri si allontanavano verso le loro faccende quotidiane.
«Milord.» disse Katerina, piegandosi a mo' di inchino.
Il fratello più piccolo si avvicinò con eleganza verso la fanciulla, finché non ci furono non più di 10 centimetri a dividerli.
«Ha dei bellissimi occhi scuri, milady.» disse coinvolto il giovane uomo.
«E lei ha degli incantevoli occhi chiari, mio signor.» disse Katerina, quasi con provocazione, seppur nel suo animo gentile, questo sentimento non era mai esistito.
«Vorrei invitarla a fare un giro a cavallo con me e mio fratello, domattina. Le sarà possibile, signorina Petrova?» disse Stefan, avvicinandosi ancora di più.
Il respiro di Katerina si fermò meravigliata, da cotanta sfrontatezza, bloccandosi nell'area ristretta tra il suo corpo e il bustino — che era quasi nulla.
Il viso di Stefan le fu così vicino che non poté far altro che tremare per la bellezza verde scuro dei suoi occhi.
Respirò quel che poteva, poi Katerina rispose: «Senz'altro, signor Salvatore.»
A quel punto Stefan sorrise, e voltando gentilmente le spalle dentro il suo perfetto abito nero, si diresse verso le sue stanze, nella villa.
Katerina sentì le gambe cederle, mentre chiedeva ai garzoni di Villa Salvatore, di farle chiamare Emily Bennett.


«Signorina, ha richiesto il mio nome?» chiese preoccupata Emily Bennett, mentre porgeva alla sua padrona il braccio.
Quest'ultima vi ci si aggrappò con così tanta forza che Emily perse l'equilibrio, ma non cadde.
«La magia vi è d'aiuto.» commentò agitata la signorina, ed Emily sorrise gentile.
«Deve scortarmi nelle mie stanze, Emily. Solo allora potrò parlarvi.» e così facendo, le due giovani donne si mossero verso le stanze di Katerina.
Quando le porte furono aperte, la stanza che si rivelò fu come un tuffo nel cuore. Le ricordava la sua stanza padronale ad Atlanta, il bianco lucido del legno che profumava di ortensia le fece tornare in mente i momenti meravigliosi in cui lei e le sue dame da compagnia si sedevano sul letto a sparlar d'uomini.
«Signorina.. si sente bene?»
«Al meglio, Emily. Volevo chiederle se sapeva qualcosa sul signor Stefan Salvatore.»
Emily restò a scrutarla qualche secondo, prima di distogliere lo sguardo per rispetto: «Niente signorina. Ho sentito soltanto qualcosa, quando per sbaglio ho sfiorato la sua essenza.» disse ansiosa Emily, prima di chinare il capo.
Katerina si avvicinò alla sua serva: «Cosa ha visto, Emily?»
«Il buio, madamigella. Il buio, la malignità e...» si fermò, scossa da un brivido.
«Cosa, Emily?»
«Sangue, signorina Petrova. Tanto sangue.»
 
Mystic Falls, Virginia, 3 gennaio 1864.

 
«Come vi sembro, Emily?» disse Katerina, sistemandosi i capelli e il vestito di velluto blu, con le maniche lunghe che finivano a punta sopra il dorso della sua mano. Il corpetto morbido questa volta era decorato da disegni floreali dorati, che riflettevano la luce in modo elegante e raffinato.
Emily le sistemò i capelli da dietro: «È incantevole, miss Katerina.» disse.
La signorina le sorrise, ma poi un pensiero le fece smorzare il suo meraviglioso e caloroso sorriso.
«Temo il signor Stefan.» confessò, che non faceva altro che martirizzare le sue dita, mentre guardava il riflesso di Emily, alle sue spalle, attraverso lo specchio.
«Sembra un gentil'uomo. Non si fidi dell'istinto di una giovane strega, la magia si nutre per sé stessa, non nutre nessun'altro a piacimento. Starà giocando la sua partita.» la rassicurò Emily.
Katerina le sorrise e l'abbracciò. Era suo solito, stringere le persone per manifestare il suo affetto. I suoi genitori le dicevano che era troppo buona, ma la bontà è sinonimo di purezza, e lei lo era.
«I figli del signor Salvatore la aspettano alla scuderia. Vuole incamminarsi, milady?» disse Eraldo, il primo maggiordomo di casa Salvatore.
Katerina si sistemò il vestito, e andò verso la scuderia, facendosi accompagnare dall'uomo.
I fratelli la attendevano sopra i loro cavalli, uno nero ed uno marrone, possenti, forti e meravigliosi.
«Madamigella Petrova, le abbiamo lasciato un cavallo bianco, simbolo di-» cominciò gentile Damon.
«Limpidezza. Non è così, signorina? Lei non è altro che limpida?» fece Stefan, sorridendole malizioso.
Katerina mantenne il suo sguardo, anche mentre si innalzava e si sedeva sbieca sul cavallo, lasciando cadere entrambe le gambe dal lato sinistro del cavallo.
«Perdonate le spalle, signori.» disse Katerina, posizionandosi sulla sella del cavallo bianco e frustando le briglie sul suo collo, dandogli così l'ordine di cominciare a correre.
La sensazione era come perdere il fiato. La costante paura di cadere cessava per Katerina, quando il cavallo correva così veloce da farle mancare l'aria, e sentiva come se potesse volare.
«Lei è un'ottima cavalcatrice, madame.» disse accorto Stefan, che le era comparso a lato, mentre con maestria faceva correre il suo cavallo nero.
«Anche il mio locutore sa correre con bravura. I miei complimenti.» rispose Katerina, mentre si abituava al movimento che il suo busto e il bacino dovevano effettuare per incitare il cavallo a correre.
«Sarebbe meglio se spostasse l'altra gamba dall'altro lato, milady.» consigliò Stefan, prima di sorpassarla, assestando al suo cavallo una spinta di tallone nei fianchi.
Katerina lo guardò affascinata seppur ancora impaurita dalla predizione della sua strega e serva. Lo fissò qualche altro secondo, e lo guardò sorridere, prima di muoversi con un movimento veloce, passando l'altra gamba nel lato destro, e spingere ancora meglio il cavallo. Ebbe la possibilità di raggiungere Stefan in un secondo, e ricambiargli lo sguardo di sfida.
«Lei mi attrae profondamente, signorina Petrova.» confessò con noncuranza Stefan, mentre si sistemava con un colpo di mano i capelli.
«Lei è veramente insolente, signor Salvatore.» disse lusingata Katerina, che sbatteva le briglie contro il cavallo per farlo correre veloce.
«La ringrazio, milady.» e cominciò a correre ancor più veloce.
Alle spalle le arrivò Damon, con la sua disarmante bellezza.
«Signorina Petrova, le consiglio di non seguire mio fratello. A lui piacciono le piste rischiose.» disse il giovane, afferrando una briglia del cavallo di Katerina e cominciando a fermarlo.
La giovane donna si sentì infastidita dall'azione compiuta dal fratello maggiore, ma quando vide in che luogo si stava recando Stefan — tra le inside del bosco, che erano oscure seppur fosse mattino — decise di lasciarlo andare e mettersi l'anima in pace.
«Signor Salvatore, mi riaccompagnerebbe alla villa?» chiese gentile Katerina, ma ancora frustata.
Damon le sorrise: «Con piacere, milady.»


Dalla porta della camera di Katerina provenne un rumore simile ad un picchiettio alla porta. Katerina, che era seduta sul suo letto vestita soltanto con il suo bustino bianco slacciato da dietro, dovette chiedere ad Emily si farselo riallacciare e di porgerle la vestaglia in seta azzurra, prima di aprire la porta.
«Stefan.» lo salutò Katerina, sorridendogli.
«Signorina Petrova, le chiedo scusa per essermi allontanato oggi.» disse Stefan, e dalla sua bocca uscì fuori un odore amaro e metallico.
«È stata comunque una piacevole mattinata.» disse Katerina, scrutando sottecchi il suo abbigliamento. Aveva lo stesso vestito semplice della mattina, se non per la terra raggrumata nelle scarpe e la macchia rossa nascosta sotto il colletto, che aveva involontariamente visto quando il signor Stefan si era mosso.
«Spero di rivederla domani sera.» disse, prima di andarsene.
Chiuse di scatto la porta alle spalle, prima di realizzare che cosa aveva visto e ciò che aveva annusato.
L'odore metallico e amaro e il colore rosso scuro.
Il sangue.

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Capitolo 2
*** Two. ***


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The ripper of Mystic Falls.
 

Mystic Falls, Virginia, 4 gennaio 1864.

«È possibile che esista un tale mostro, un uomo che beve il sangue di un animale vivente?» chiese angosciata la signorina Katerina, che era avvolta nel suo vestito da notte, bianco di seta. 
«Signorina, non esistono suddetti mostri.» la rassicurò dura Emily, anche se sentiva un forte sentimento di paura, perché lei sapeva.
«La magia può aver creato in lui una natura cannibale?» chiese ancor più spaventata la potente.
«No! Signorina Petrova, cosa va insinuando? La magia non potrebbe mai creare ciò che difende. La magia riequilibra la natura, un tale mostro non farebbe che sfasciarla. Suvvia, adesso chiuda gli occhi e dorma. Il signor Stefan non ha nulla da nascondere.» rispose Emily, e con tal proposito, spense la luce e chiuse le porte della stanza con un movimento di mano.


«Vi è stato inviato questo meraviglioso vestito, signorina Petrova.» disse il maggiordomo del signor Giuseppe Salvatore. 
Katerina riusciva ormai a distinguerli soltanto dopo un giorno, giacché legava un rapporto d'animo con tutti ai tempi del suo splendore in Atlanta.
«Grazie mille, Eraldo. Lo lasci sopra il mio letto.» disse la giovinetta. Il vestito era nero, incastonato da pietre dorate, splendenti come il sole estivo. Il nero era così scuro da ricordarle la notte buia in cui dovette scappar via dalla sua casa.
«Meraviglioso.» commentò Katerina, che prese il vestito e lo poggiò su se stessa per vedere come le stava sulla pelle: sembrava la coniuge passata di Napoleone, Giuseppina di Beauharnais, durante uno dei suoi miglior galà nel palazzo reale.
«È ispirato alla regina di Scozia, Maria Stuarda, in realtà. Le starà perfettamente addosso, signorina Katerina.» disse Emily, con uno sguardo innamorato.
«Perché non lo provi, Emily?» disse Katerina.
«Oh no, milady, non potrei mai.» rifiutò la sua serva.
«E se ve lo ordino?» chiese sempre gentile e sorridente la signorina.
Emily rifiutò altre volte, prima di indossare l'abito splendido di Katerina. E dopo risate e sospiri di allegria, la sua serva le sistemò i capelli in una acconciatura raccolta dietro, le strinse il corpino con i nastri, le legò il vestito, la truccò, e poi, dopo due ore, poté lasciarla andare al suo galà al piano di sotto.


«Nessun'altro splende di più in questa sala di lei, madamigella Petrova.» disse il fratello Damon.
«Lei mi fa arrossire, Damon.» disse Katerina mentre gli porgeva il dorso della mano per farselo baciare.
«Signorina Petrova, lui è Jonathan Gilbert. Insisteva per fare la sua conoscenza.» disse Giuseppe Salvatore, che incitò un uomo di mezza età, a baciarle il dorso della mano. 
«Lei è immensamente bella. Sono incantato.» disse l'uomo, che aveva i lunghi baffi e i capelli neri striati da sfumature grigie.
«E lei è immensamente gentile, milord.» rispose educata Katerina, piegando le gambe e prendendo dai lati il suo vestito, come un inchino. Alle spalle dell'uomo, non molto lontano, il giovane e bellissimo Stefan si faceva largo verso di loro, nel suo smoking nero, liscio ed elegante, accompagnato dalla camicia bianca di sotto, legata insieme alla cravatta rosso acceso.
«Signorina.. Petrova.» disse Stefan, osservandola così tanto da non riuscire a staccare il suo sguardo dalla ragazza. Si colpì il petto come per manifestare meraviglia.
«Salve, signor Salvatore.» rispose educata Katerina, mentre porgeva ancora la mano verso di lui.
«Stefan, la ragazza è incommensurabilmente bella, non è vero?» disse Jonathan Gilbert, guardandolo.
Stefan, che non aveva smesso di guardarla con lo sguardo di un predatore che ha quasi catturato la sua vittima, annuì.
«Mi giustificherete se le chiederò di ballare, vero?» disse Jonathan, ma a quel punto non si capì a chi lo stesse chiedendo, perché i due giovani erano entrati in un'atmosfera fatta di sguardi proibiti e pieni d'emozioni accese.
La vena che si intravedeva dal collo di Stefan pulsò, e guardò gelidamente Jonathan Gilbert prendere la mano di Katerina e portarsela sopra la spalla, mentre cominciava a danzare.
«Da dove proviene, signorina?» chiese Jonathan, che si muoveva benissimo nel suo vestito.
«Atlanta, milord.»  disse Katerina, rispondendo ai passi del signor di mezza età.
«Affascinante città. Come d'altronde, chi la abita.» sorrise sotto i baffi il signor Gilbert.
«Lei mi lusinga signore.» disse Katerina, prima di girare dentro le braccia dell'uomo.
«La musica è cambiata, signori.» fece una voce alle spalle di Katerina. Prima di voltarsi la ragazza sorrise.
Le mani di Stefan le fasciarono il busto, e Katerina si sentì al sicuro tra le braccia di quel giovane uomo misterioso e perverso, che aveva supposto fosse un antropofago.
«Cosa voleva quel vecchio da lei?» chiese Stefan, fissando Jonathan Gilbert mentre parlottava con due signori.
«La stessa cosa che vuole lei, suppongo.» rispose acuta Katerina, e la mano di Stefan, che era appoggiata nella vita di lei, le strinse ancora di più la presa, avvicinandola a sé.
Stefan sorrise, poi poggiò lo sguardo in basso, verso Katerina.
«Oh milady, rimarrebbe stupita da scoprire cosa voglio io. I miei gusti sono particolari.» disse Stefan, prima di farla girare con forza prima verso l'infuori, e poi tra le sue braccia.
«E ho notato che lei è molto particolare.» disse Stefan, prima di baciarle la mano e averla lasciata andare, completamente incantata, sola tra la pista da ballo.


«Signorina Petrova, è una tragedia quella che le è successa! Siamo tutti rattristiti per ciò che le è accaduto.» una signorotta pomposa le si avvicinò, camminando teatralmente dentro il suo vestito rigido, che le evidenziava la magrezza e la grossezza del seno.
«Signora Rutthelmayor, è davvero gentile.» riuscì soltanto a dire Katerina, mentre si sforzò di non piangere.
«Le nostre più sincere condoglianze.» disse il marito della signorotta, che non faceva altro che sistemarsi i capelli grigi.
«Le porto vicino al cuore, signore.» rispose Katerina, prima di sorridergli e scappare via dalla festa.
Il prato immenso ed oscurato dalla notte di casa Salvatore sembrava vuoto, poiché la gente era al suo interno. Le carrozze dei signori riempivano la strada ricoperta di ghiaia bianca, così l'unico posto in cui era possibile camminare, era il prato bagnato.
 «L'aria è gelida fuori, milady.» la voce di Damon Salvatore la fece voltare subito.
«Signor Damon.»
L'uomo si tolse la giacca e la porse alle spalle della signorina, che la accettò con piacere.
«Sono una giovane donna a cui è morta la sua famiglia, ma ricordo ancora com'è vivere. È una sensazione..» disse Katerina, ma non trovando le parole.
«Il vivere è immenso, milady. Senza vita non potremmo conoscere questo mondo.» disse Damon, avvicinandosi alla signorina. 
«Guardi le stelle, Damon. Cosa sente?» chiese Katerina, guardando meravigliata il cielo scuro e la Luna candida.
«Cosa dovrei sentire?»
«Non sente la voglia di vivere?»
«Sono desolato, ma no.» rispose, e Katerina si voltò di scatto verso il giovane ragazzo, stupita, sconvolta dalla risposta.
«Vuol dire che lei non ha mai vissuto davvero. Le stelle dovrebbero farle venire la voglia di vivere e anche di sognare.» disse lei, e si piegò in due per poter cercare qualcosa sotto il suo abito. In un secondo, la sua altezza diminuì, facendo così toccare il vestito a terra, tra il prato ricoperto dalla brina fredda.
«Milady! Cosa ha intenzione di fare?» chiese Damon, prendendo l'avambraccio di Katerina e stringendolo.
Katerina gli sorrise così tanto da mostrargli tutti i suoi denti, prima di rispondergli e gettare in mezzo al prato le sue scarpe con il tacco.
«Oh milord, le insegno a vivere.» disse lei e lo spinse per fargli segno di togliersi anche lui le scarpe.
«Suvvia, non faccia il vecchio! È ancora giovane e possiamo divertirci.» lo incitò Katerina, e dopo un po', anche Damon si tolse via le scarpe.
Entrambi cominciarono a correre, ridere e giocare come infanti che non hanno angustie davanti gli occhi e nel cuore.
«Perché lei non prova a prendermi? Sono invincibile.» lo sfidò Katerina, mentre cominciava a correre verso il retro della casa. 
Damon la inseguì, ridendo, immergendo i piedi nudi tra il prato bagnato e fresco, correndo contento.
La signorina Katerina era arrivata quasi alla fine del giro dietro la casa, quando fermò la sua corsa per ammirare due figure oscure che si muovevano con rilassatezza, nascoste nel buio di un angolo, frastagliato tra le pareti della villa.
La giovincella che era tra le braccia di un uomo, era sfinita, le braccia penzoloni e la testa rivolta dal lato opposto del suo compagno, che aveva la testa affondata nel suo collo, ma che sembrava affascinante nel suo vestito nero.
«Il palazzo è pieno di stanze, signori. Potreste prendere una in prestito.» consigliò contenta Katerina, mentre rideva sotto i baffi.
L'uomo si voltò di scatto, ma non era un uomo.
Una rete di vene violacee era cosparsa nel suo viso, facendo risaltare gli occhi vuoti, verde scuro. La bocca era ricoperta da un liquido rosso scuro e denso, e i canini dell'uomo erano allungati.
Un demone che camminava.
Katerina non ebbe neanche il tempo di gridare, prima che la ragazza sconosciuta, cui il collo era ricoperto del suo sangue, cadde a terra. Un attimo dopo, in modo mostruoso, cruento e stomachevole, la testa della giovane donna che era stata, si staccò dal corpo rotolando via.
Damon arrivò dietro le spalle di Katerina e le bloccò la bocca con una mano per non farla urlare.
Katerina strinse la sua giacca e chiuse gli occhi, dimenandosi e cercando di scappare. Damon la afferrò e la tirò via, dall'altra parte della villa, correndo veloce.
L'ultima cosa che vide Katerina, prima di non voltarsi più indietro, fu il demone che prendeva la testa della giovane ragazza, e la rimetteva al suo posto, come se avesse potuto riattaccarla.

Angono dell'autore:
Ciao a tutti, ecco il secondo capitolo della mia nuovissima storia.
Vi dico una piccola cosa, la storia avrà meno di 10 capitoli, sarà molto molto corta, ed ho notato anche che molti di voi hanno letto la storia tramite le visualizzazioni del primo capitolo.
La storia inizialmente avrà dei tratti normali e "noiosi", ma presto prenderà una piega davvero inaspettata,, intrigante, importante e soprattutto avvicente ed interessante.
Spero che qualcuno recensisca, ci tengo.
Un bacione
Less
 

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Capitolo 3
*** Three. ***


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The ripper of Mystic Falls.
 
Mystic Falls, Virginia, 7 gennaio 1864.
 
«Come sta, oggi, signorina Petrova?» le chiese Emily, che in un carrellino argentato, le aveva portato il suo pomeridiano infuso di tè alla vaniglia e caramello, con focaccine di zucchero.
«Ancora impaurita. Emily, voi lo sapevate?» disse Katerina, bevendo dalla sua tazza di porcellana liscia.
Emily sospirò triste «Sì, lo sapevo.»
Katerina rimase meravigliata dalla risposta della sua serva: «Emily, io ho deciso di volerla accanto perché mi fido di voi. Quindi perché mi avete mentito?» chiese cauta Katerina.
«Milady, volevo proteggerla. Ciò che lei ha visto quella sera non era un cannibale assetato di sangue.» disse Emily tremante, riferendosi all'idea che avevano precedentemente avuto sul signor Stefan Salvatore.
«Cos'era, dunque?» chiese ancora Katerina, alzandosi e guardando la sua serva.
«La magia li ha creati in era Medioevale, la strega Originale li ha plasmati per poter sopravvivere alla specie di licantropi che li minacciava. Forti, veloci, resistenti al buio, deboli al sole. Sto parlando delle creature della notte.» disse Emily seria.
«Creature della notte? Ce ne sono così tante! I licantropi? Quello era un lupo mannaro?» ribatté Katerina.
Lei ed Emily passavano giornate intere a parlare del sovrannaturale, della potenza mistica dell'universo.
«I licantropi sono i figli della Luna. Rifletta, Katerina. Chi sono i figli della Notte?» disse decisa Emily.
Le ci volle un attimo di concentrazione, prima che Katerina pronunciasse quelle parole, e per rabbrividire a tal pensiero: «I Vampiri.»


«Miss Petrova?» Damon Salvatore bussò in modo delicato alla porta delle stanze di Katerina, che era rinchiusa dentro il suo immenso letto.
«Signor Salvatore, di cosa necessita?» rispose Emily da dietro la porta, che corse veloce a vedere chi era.
«Soltanto scambiare qualche parola con la signorina Petrova. È possibile?» chiese il giovane.
Katerina accennò di sì, e la sua serva aprì la porta, rivelando il bellissimo Damon, che teneva stretto tra le mani — in una posizione di attesa — il suo capello.
«Damon, a cosa devo il piacere?» chiese Katerina, alzandosi dal letto a piedi scalzi, con la sua camicia da notte, e andandogli contro.
«Milady, lo deve al suo benessere. Come si sente dopo l'accaduto? Sono passati molti giorni dalla sua ultima uscita.» chiese lui attento.
«Mi sento ancora impaurita. E lei, milord?»
«Intimorito. È davvero possibile che dentro le nostre mura si sia insidiato un tale mostro? Ma più di ogni altra cosa, è possibile che esistano medesimi mostri? È un'eresia della natura.» disse Damon, sentendo un brivido percorrergli la schiena.
«Damon — disse Katerina, prendendogli la mano e stringendola — la natura è losca e ciclica. Ciò che riceve, rende.»
Damon annuì, e poi, dopo aver baciato la mano della signorina, abbandonò le sue stanze.


Il cavallo della scuderia, un Purosangue Inglese, se ne stava attaccato alla staccionata, con la testa abbassata verso Katerina, che lo accarezzava distratta nello spazio morbido tra i due occhi.
«Oh Telebra, mia cara. Quanto sei incantevole?» disse Katerina, poggiando la fronte sulla parte laterale della testa del cavallo.
Il cavallo di rimando le regalò uno sbruffo, e poi mostrò i denti, in un modo così buffo che la signorina Petrova rise.
«Quel cavallo è davvero unico nella sua specie.» la voce di Stefan arrivò subito, forte e chiara, mentre lui scendeva dalla piccola discesa per arrivare alla scuderia.
«Salve Stefan. Ha ragione.» disse Katerina, voltandosi di nuovo verso il cavallo. Le nacque un sorriso improvviso, di felicità, e di benessere.
Stefan posò il suo casco da fantino, e si avvicinò a Katerina, sorridendo a trentadue denti.
«Miss Petrova, mi è mancato vederla per il castello.» disse Stefan, stringendo la mano della ragazza, e poi baciandola, con così tanta passione e affetto, che lui chiuse gli occhi con rispetto.
«Stefan, lei è sempre attento a notare i comportamenti altrui.» sorrise ammaliata Katerina, che adesso lo guardava fisso negli occhi.
«Non sto attento a tutti i comportamenti...» pronunciò Stefan, in uno stato di trance, avvolto dalla seduzione per quella giovane. Si avvicinò lentamente a Katerina, finché a dividerli non ci furono pochi centimetri di spazio ed aria.
«Soltanto ai suoi.» disse poi, e fu così vicino che riuscì a cogliere le sfumature di marrone e nocciola dentro gli occhi di Katerina, e quest'ultima, ad ammirare il verde scuro e il castano degli occhi di Stefan.
«Vorrei tanto... baciarla, milady.» disse Stefan, così tremante per l'emozione che le parole gli uscirono a tratti.
Katerina perse il fiato. La testa le parve pesante e sentì di svenire, mentre sbatteva contro la staccionata e Stefan si avvicinava a lei così tanto da far toccare i loro corpi.
«Lo faccia.» sussurrò alla fine Katerina, presa dalla passione. Stefan controllò che alle sue spalle non ci fosse nessuno, per poi stringere leggermente le sue mani forti tra il viso docile di Katerina, e toccare le sue labbra.
Strinsero le labbra in un bacio, poi le allargarono e le lasciarono morbide, a toccarsi e baciarsi. Poi Stefan lasciò andare dentro le labbra di Katerina la sua lingua, morbida. Il loro bacio li avvolse letteralmente dentro una campana di vetro: i suoni, i movimenti, le azioni che accadevano in torno, erano attutite, bloccate dalla passione ardente del loro primo bacio.
Katerina fermò il bacio, tremante e senza fiato, e Stefan con gli occhi ardenti, quasi tramutati, mutati in qualcosa di...
«Stefan! I suoi occhi..» disse Katerina preoccupata.
Stefan si voltò subito, nascondendo il viso tra le mani.
«Stefan, cosa le è accaduto?» chiese Katerina, cercando di girare, mentre posava sulle possenti spalle di Stefan la sua mano leggera.
«Niente, milady. Devo andare.» disse il giovane uomo, e con questo, scappò via, verso la villa Salvatore.



 

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