When the world collapses

di Zanexd22
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Le ombre del passato ***
Capitolo 2: *** Cap.1: L'oscurità è dentro di noi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Cerimonia ***
Capitolo 4: *** Cap. 3: Matrimonio d'odio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Attentato, passato e tortura ***
Capitolo 6: *** Cap.5: Fuga e misteri tinti di nero (e di rosso) ***



Capitolo 1
*** Prologo: Le ombre del passato ***


When the world collapses

 

Prologo: Le ombre del passato

Okinawa, settembre 20—
Il sangue scivolava lento sul suo braccio. Aveva approfittato della assenza di Shiho per cercare di porre fine alla sua vita, un’altra volta, questo sarà stato il sesto tentativo. E un’altra volta non ci era riuscito, aveva soltanto infilato il pugnale nel suo braccio. Aveva provato a curarsi, ad eliminare ciò che era nel suo cuore, ma ogni volta il passato tornava a galla, portando con sé le sue ombre, che cercavano di trascinarlo in un abisso senza fine, nella più completa oscurità. L’unico raggio di luce che gli era rimasto era costituito da Shiho, che lo aveva raggiunto poche settimane dopo la serie di eventi che aveva sconvolto la sua vita, e che aveva provato a far risorgere Shinichi Kudo dall’abisso di ombre in cui era precipitato, riuscendosi solo in parte.
Flashback
Era completamente ricoperto di sangue, aveva ucciso tre persone in poco più di due giorni, era riuscito a farsi odiare da tutti i suoi conoscenti. Ora si era recato dall’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo: Vermouth, la spietata e seducente Woman In Black (WIB).
“Guarda cosa abbiamo qui…Silver Bullet, non ti è bastato distruggere l’organizzazione? È vero che ti ho lasciato il mio indirizzo segreto, ma ci siamo visti appena due giorni fa. E cosa significano quelle macchie di sangue?”
Era una situazione abbastanza imbarazzante. Lui non solo avrebbe dovuto condurla in carcere, cosa che NON aveva fatto, anzi le aveva dato anche un posto sicuro dove rifugiarsi e una falsa identità; ora era venuto anche a chiederle un consiglio. Presto, lacrime amare cominciarono a solcargli il viso.
“Allora Silver Bullet, what’s going on?”
“T-ti prego Vermouth… aiutami… Cosa devo fare? Cosa devo fare quando…il mondo intorno a me collassa?” Gli tremava la voce.
La donna mostrò un sorrisetto che il detective trovò fastidioso, ma sapeva cosa significava: Vermouth sapeva cosa fare, forse perché anche a lei era capitata una cosa simile.
“Bene Shinichi…quando il mondo collassa e i giorni si riempiono di oscurità, hai due possibilità: o cerchi di scappare, o altrimenti impari a vivere in questa oscurità. Ebbene, Cool Guy? Nel tuo cuore è già arrivato l’odio? Riuscirai a controllarlo…o verrai sopraffatto? Il tuo cuore puro è stato rovinato per sempre…che cosa pensi di fare?”
Mentre Vermouth pronunciava queste parole, le lacrime di Shinichi si trasformavano in rabbia. Cominciava a comprendere cosa fosse l’odio. E ad un certo punto, esplose. Un urlo liberatorio si fece spazio nel silenzio che si era creato. La donna poté dire di aver visto negli occhi del ragazzo un vero e proprio lampo di oscurità.
“Hai ragione Vermouth…sono pieno d’odio… e da oggi in poi sarà lui a guidarmi.” Shinichi sembrava aver ritrovato un motivo per vivere, anche se questo non era un motivo adatto ai suoi vecchi principi.
“Hai fatto la tua scelta. Non credo che noi potremmo rivederci presto. Addio, Cool Guy.”
Detto questo, la donna se ne andò silenziosamente, lasciando solo, per la prima volta nella sua vita, Shinichi Kudo.”
Fine flashback
Si ricordava benissimo quella scena, anche se erano passati ben 5 anni,mentre gli era svanito dalla mente quello che intendeva fare. Shiho l’aveva calmato ed era riuscita ad arginare quell’odio che si era impossessato di lui. Ma in giorni come quelli dove tentava il suicidio perché non riusciva più a sopportare tutto l’odio ed il rancore che si portava dentro, si chiedeva se non fosse stato meglio lasciare che prendesse il sopravvento. I suoi pensieri furono interrotti dal rumore metallico di una serratura.
“Shin, sono torn…oh mio!! Cosa è successo al tuo braccio! Non ci credo, hai di nuovo tentato di ammazzarti! Vieni che ti devo medicare…”
L’ex-detective restò in silenzio, ma porse silenziosamente il braccio alla sua unica amica. Mentre gli medicava le ferite,  lei decise di rompere il silenzio che si era creato:” Non riesci proprio a lasciarti alle spalle tutto? Ci sono riuscita io, con l’organizzazione…”
“Io…Shiho, io ci provo, ma ogni volta tornano a tormentarmi loro… li vedo dappertutto, sembrano dei fantasmi…delle ombre. Capisci? Sono le ombre del mio passato, come posso eliminarle? Anche a te, qualche volta, non ti torna in mente la tua vita nell’organizzazione?”
“Io…ecco…in effetti sì…” Non poteva dirgli che riusciva a superare quei ricordi proprio grazie alla sua presenza. Shiho Miyano, ex-WIB, era innamorata del giovane che le stava accanto, ma sapeva di non essere ricambiata; più volte Shinichi le aveva chiesto perché lo avesse seguito, ma lei aveva sempre evitato l’argomento. Era veramente triste vedere il più grande detective del Giappone ridotto così, ma ora lei aveva la chiave per cambiare tutto, per ridare una speranza al giovane, per distruggere l’odio nel suo cuore.
“Senti Shin…mi hanno invitata ad un matrimonio.”
Intanto, sembrava che con l’arrivo della scienziata Shinichi fosse una persona nuova: era tornato a sorridere, a fare le sue solite battutine e a conversare civilmente. Ma Shiho sapeva che l'odio e il rancore si erano soltanto nascosti, e che prima o poi sarebbero tornati.
“Ma è una notizia fantastica!! È qualche tuo conoscente a sposarsi? O magari Vodka ha deciso di fare la fatidica proposta a Gin?” Disse il tutto con la sua solita aria da saccente; sembrava esser tornato lo Shinichi di un tempo, ma in realtà era soltanto un cambiamento provvisorio.
“Scemo! Diciamo che è una mia conoscente…a sposarsi è…Ran Mori.”
Era bastata una parola a far svanire lo sguardo acceso del detective. Non sarebbe potuto andarci. Avrebbe ricreato un collegamento con un mondo ormai distrutto e, come gli aveva detto Vermouth, ciò non era un bene. Ma si ricordò che la donna in nero gli aveva anche parlato di una seconda opzione: ricominciare a vivere affianco alla sua oscurità, alla sua fonte di odio. Lui non doveva farsi possedere dai suoi rancori, lui doveva annientarli ricostruendo un rapporto con il suo mondo distrutto. Non sapeva se avrebbe funzionato o se ci sarebbe riuscito, ma doveva provarci. Cinque anni fa era stato odiato da tutti, domani dovrà cercare di ritrovare l’amicizia con i propri amici…e con Ran, anche se il fatto che si stesse per sposare non rendeva affatto più facile la riuscita del suo piano.
“Senti Shin, scusa, non volevo farti intristire…volevo soltanto avvisarti che andrò via per due giorni e…” Venne interrotta da due singole parole piene di coraggio; due parole di qualcuno che voleva ricominciare a vivere:
“Voglio venire anche io”. Shiho si illuminò di gioia: in fondo era questo ciò che voleva, fargli riallacciare i suoi rapporti, farlo smettere di vivere come un eremita. Erano pronti per iniziare la loro ultima impresa, forse più difficile di annientare un organizzazione criminale.

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Ciaooo a tutti!! Sono tornato con una longfic tutta mia! Siamo in un ipotetico futuro dove degli eventi che si sono susseguiti hanno portato alla distruzione del mondo di Shin… le cose si approfondiranno con il continuare della storia. Spero che questo mio lavoro vi piaccia!!
ATTENZIONE: Questa storia NON è propriamente una ShinXShiho, ma nemmeno ShinXRan: vi sono tutte e due le coppie, e per non deludere nessuno, credo che metterò due finali, uno per ogni coppia.
 

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Capitolo 2
*** Cap.1: L'oscurità è dentro di noi ***


 

Capitolo 1: L’oscurità è dentro di noi

 
Tokyo, settembre 20—
“È sicuro che ci sarà??”
“Sì ne sono completamente certo. Potrebbe essere il momento adatto per fare quello che avremmo dovuto fare molto tempo fa…”
“Non si preoccupi, so cosa devo fare. La ringrazio per l’informazione.”
Terminò la chiamata, si accese una sigaretta e si mise a riflettere davanti alla finestra. “Bene, bene, bene… finalmente è tornato da dove si era nascosto…e ci sarà anche Shiho…per fortuna nessuno sa di lui, così potremo agire indisturbati e coglierli di sorpresa!”
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Posò sul tavolo le cuffie con cui aveva intercettato questa conversazione, e si rivolse all’uomo dietro di lui: “Non so cosa vogliano fare…ma noi li precederemo! Saremo noi ad essere i primi a vendicarci!”
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Treno verso Tokyo, settembre 20—
Un urlo si destò in tutta la cabina. Shinichi Kudo aveva deciso di riallacciare i rapporti con il passato, ma da quando aveva detto ciò continuava ad avere incubi. Le ombre del passato lo stavano chiamando, facendogli ricordare prima come tutto era diventato un inferno e poi come poteva vendicarsi dei torti subiti. Volevano che lui diventasse un essere dominato dall’odio…ma come gli ripeteva spesso Shiho “Altrimenti diventeresti come Gin”. Lui non doveva farsi dominare dall’odio, sarebbe potuto diventare un assassino. O forse no, perché lui era già un assassino: che lo volesse o no, aveva ucciso fisicamente almeno tre persone, ma era stato il cuore di molte altre a fermarsi di battere, compreso il suo. Era diventato un mostro, odiato da tutti i suoi ex-amici e…da Ran. La ragazza che oggi si sarebbe sposata con un altro, magari uno sconosciuto damerino francese dai capelli biondi (Perché? Boh! Mi andava di fargli immaginare una persona così…anche se a dir la verità non ho mai visto uomini francesi biondi…nd), e lui non avrebbe mai più avuto una remota possibilità di riaverla per sé. Soltanto ripensando a come erano precipitate le cose fra loro due, gli veniva da piangere. Aveva sofferto, eh, se aveva sofferto. Ma poco dopo aveva trovato una persona in grado di aiutarlo a tornare a vivere: Shiho. Sicuramente era la persona che meno si sarebbe aspettato, ma era riuscito a farlo tornare a sorridere. E non solo. Anche se era crollato in una specie di crisi, le sue abilità investigative erano ancora molto sviluppate e aveva notato che da quando Shiho aveva cominciato a diventare sua amica, anche lei sorrideva quasi sempre, aveva perso quell’aspetto del carattere che la facevano essere fredda e distaccata.
 
Nello stesso momento, accanto a lui, una bellissima ragazza venticinquenne sorrideva malinconicamente. Shiho Miyano stava riflettendo a come sarebbe potuto avvenire l’incontro fra Shinichi e Ran. Lo sapeva che i rapporti fra i due erano distrutti, ma come le ripeteva sempre la madre “Il tempo aiuta le ferite a curarsi”; per lei era vero, ora, ben 5 anni dopo la distruzione dell’Organizzazione degli Uomini in nero, si sentiva una normale ragazza, che girava con il suo migliore amico per i negozi e studiava all’università: non aveva più alcun legame con quei tempi bui. Ma niente può essere eliminato dalla nostra mente: l’oscurità dell’epoca è ancora nascosta dentro di lei, anche se ben sigillata in un angolino del suo cuore e con una serratura che porta il nome di Shinichi Kudo. La ragazza provava forti sentimenti verso l’ex detective e anche lui si era dimostrato interessato a lei, ma non era successo niente e per il momento erano ancora e soltanto amici. E ora, dopo cinque lunghi anni, quando pensava che ormai sarebbero potuti diventare una coppia fissa, stavano tornando da Ran e dal passato che si erano promessi di dimenticare. Era in effetti molto strano: dopo 5 anni dove non si erano mai sentiti con alcun “Pezzo del passato”, ad eccezione del professore che aveva continuato a considerare Shiho una figlia, arrivava una lettera che invitava lei al matrimonio di colei che considerava una sorella ed una rivale. Non era nemmeno certa del motivo per cui aveva accettato… certo, lo faceva per il bene di Shinichi, del suo Shinichi, che sarebbe potuto tornare ad essere un persona come tutte le altre, ma stava cominciando a pensare che lo avesse fatto perché voleva riallacciare i rapporti fra Ran e l’amico, forse perché non si sentiva adatta ad essere il nuovo amore dell’ex detective. Scosse la testa, pensando che erano soltanto sciocchezze e scacciandole via. Intanto, il treno entrava in quel momento nella stazione di Tokyo.
 
Agenzia Investigativa Mori, Tokyo, settembre 20—
“Oh non ci posso ancora credere!!! La mia piccola fra due giorni si sposa!!!”
A pronunciare questa frase non era stata una tipica madre in ansia per il matrimonio della figlia, ma il padre, che in questo caso è molto più ansioso della moglie. Kogoro Mori (Goro per gli amici) stava festeggiando il vicino matrimonio della figlia con tutta la famiglia e gli amici al gran completo, o quasi. Era riuscito a diventare un vero detective, traendo insegnamenti dal “piccolo” Conan, che poi si era rivelato Shinichi Kudo, ex-migliore amico della figlia ed ex-detective. Sapeva soltanto che si era andato a “nascondere” dal suo passato a Okinawa con Ai, rivelatasi la scienziata ex-criminale Shiho Miyano. Secondo lui, le scelte e anche gli errori del ragazzo non dovevano portare ad un odio così grande da parte degli altri, lui era l’unico insieme al Dottor Agasa a comprendere cosa aveva passato Shinichi. Aveva provato a spiegarlo alla figlia, ma questa gli aveva urlato contro. Ma ora non importava far resuscitare l’oscurità che risiedeva nei loro cuori, l’importante era divertirsi e prepararsi al grande giorno. Eppure, aveva il presentimento che non sarebbe andato tutto per il verso giusto.
 
Chi non stava festeggiando era proprio la festeggiata, che si trovava nella propria camera a fantasticare. Ran Mori, 24 anni e universitaria, era da tutt’altra parte con la testa. Era felicissima di sposarsi con un ragazzo che l’amava e la trattava bene, eppure c’era qualcosa che non andava. Sapeva che l’oscurità nascosta nel suo cuore stava cercando di insorgere, per riportare al presente fatti troppo brutti per essere ricordati. Una parte della colpa era anche del padre che aveva tentato di convincerla a invitarli per il matrimonio, per cercare di riallacciare i rapporti. Alla fine aveva ceduto, almeno in parte: aveva invitato lei, ma non lui, e lo aveva esplicitamente scritto nella lettera che aveva spedito (ma noi sappiamo che questa parte della lettera non arriverà mai a Shiho, chissà chi l’avrà presa…nd Zane). Fatto questo pensiero, cominciò ad analizzare i terribili fatti di cinque anni fa: e al solo ricordo, rabbrividì ed emise un urlo di rabbia. Cominciarono anche a scendere lacrime amare dai suoi bellissimi occhi, che avevano perso il loro colore ed erano improvvisamente diventati grigi. Shinichi si era rivelato un mostro, aveva distrutto i loro rapporti soltanto per eliminare quella “stupida” organizzazione, e lei non lo voleva più vedere; le bastava soltanto pensare a quanto ancora stia soffrendo la sua amica. Ma nel caso che si presentasse al matrimonio, come avrebbe reagito? Si rimangiò subito dopo questa folle idea, sapeva che Shinichi non la voleva vedere quanto lei non voleva vedere lui.
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E intanto, alla stazione ferroviaria di Tokyo, un bel ragazzo dai capelli corvini e una giovane ragazza dai capelli color rame scendevano da uno Shinkansen rosso fiammante.
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Ciaoo a tutti, sono tornato con questo capitoletto! Mi scuso se è lungo più o meno quanto il prologo, ma ho avuto veramente tanto da fare ed essendo questo un capitolo di passaggio è abbastanza corto. Lo so che vi lascio con molti punti interrogativi, ma è quello il mio scopo. (Eh eh eh che cattiveria). Spero vi piaccia!
P.S= La prossima settimana non riuscirò ad aggiornare, quindi dovrete attendere il prossimo fine settimana o quello dopo ancora! Mi scuso in anticipo per il ritardo!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Cerimonia ***


Capitolo 2: Cerimonia

 

Gli schermi colorati dei negozi, la gente che camminava veloce sugli affollatissimi marciapiedi di Tokyo, le macchine che sfrecciavano veloci sull’asfalto piombarono nella mente del giovane ex-detective Kudo come un fulmine a ciel sereno. Erano passati cinque lunghissimi anni dall’ultima volta che era venuto a Tokyo, e tornarci senza alcun preavviso lo fece star male da una parte e bene dall’altra. Se si sentiva distrutto per ciò che era successo, era anche felice di rivedere la sua città e coloro che non era riuscito, ahimè, a dimenticare. Mentre Shinichi e la sua giovane amica passeggiavano per le strade della capitale del Giappone, si ritrovarono a passare davanti all’Haido Hotel, uno dei tanti luoghi che la mente del giovane Kudo aveva sigillato nel profondo del suo cuore. Shinichi si fermò di colpo, ritrovandosi in ginocchio a versare delle lacrime pesanti, che arrivavano direttamente dal suo cuore, o da quello che ne rimaneva. Aveva ancora negli occhi quelle terribili scene, d’amicizia e di odio allo stesso tempo, le sue mani impugnare quell’arma fatale e premere il grilletto. Proiettile d’argento? No, lui si definiva più una bomba, un arma a doppio taglio: per sconfiggere l’organizzazione nera, era stato costretto ad annientare anche dei poveri innocenti, in questo caso i suoi amici e la sua vita. I primi mesi aveva pensato che anche se il suo corpo fosse sopravvissuto, dentro non vi era più niente: si considerava un involucro vuoto, senza la possibilità di provare più qualsiasi sentimento. Shiho era stata provvidenziale, gli aveva mostrato che si poteva vivere anche avendo perso tutto, cosa che lei si era già ritrovata a fare, quando erano ancora intrappolati nel corpo di due bambini di sette anni. In quel caso, era lei quella fragile, lui era invece quello che la aiutava a rialzarsi. Ora la situazione era completamente diversa, si era capovolta. Ma lui sa che non potrà mai ringraziarla abbastanza, anzi, ora che ci pensava, non l’aveva mai ringraziata. Si sentiva uno stupido, e decise che lo avrebbe fatto al più presto. Anche se un “grazie” non sarebbe bastato per far capire a lei quanto era importante.
I suoi pensieri furono interrotti da una graziosa voce che chiamava il suo nome: “Shin, stai bene? Mi senti, stai bene?”
 
Lo aveva visto più volte fare così all’improvviso e sapeva che dopo qualche minuto tutto sarebbe tornato alla normalità, eppure non riusciva a non preoccuparsi ogni volta. Si chiedeva spesso cosa pensasse quando faceva così, ma si rispondeva quasi subito, dicendosi che probabilmente ricordava ciò che aveva passato. Fatto ancora più evidente, visto che stavano passando davanti all’Haido Hotel, un posto che era stato per entrambi sinonimo di terrore e tristezza. Ricordava ancora benissimo la prima volta che visitò quel posto insieme a lui, in occasione dell’assassinio proprio per mano dell’Organizzazione di un politico corrotto. In quella occasione era stata anche catturata da Pisco, un sicario agli ordini di Gin, ma salvata da Shinichi, al tempo Conan Edogawa. E si ricorda che fu in quel momento che cominciò ad interessarsi a lui, quando gli prestò i suoi occhiali per nascondere il volto, un momento che considerava, in qualche strana maniera, romantico. Non riusciva ad usare ancora la parola “amore”, credeva che per lei non ce ne fosse, ma si stava quasi abituando all’idea di poterlo fare. Di potersi definire “innamorata”. Altrimenti non lo avrebbe seguito fino ad Okinawa. Aveva avuto la possibilità di lasciarsi tutto alle spalle e di partire per l’Europa, ma alla fine non c’era riuscita: aveva preferito rimanere con lui, perché voleva stare con lui. Per un secondo si chiese se Shinichi qualche volta pensasse a tutto ciò che aveva fatto per lui, ma si rispose dicendo che aveva altre cose di cui pensare. Ma chissà, magari un giorno lo avrebbe fatto. E lei avrebbe potuto chiamare il suo sentimento “amore”.
 
Erano passati ben quaranta minuti da quando erano arrivati a Tokyo, e ora erano davanti alla Chiesa (piccola nota Zane: non so come si sposino in Giappone, quindi mi adatterò al modello occidentale, ma se qualcuno di voi lo sa mi piacerebbe saperlo, così da poterlo inserire nei prossimi capitoli), in ritardo, perché si erano dovuti fermare a comprare un regalo per gli sposi, ovvero Ran e…già, chi? Shinichi ignorava completamente chi fosse lo sposo, e non aveva la minima intenzione di chiederlo a Shiho, la vedeva sorridere e camminare spensierata, non l’avrebbe di certo disturbata per una sciocchezza. Sembrava come se non avesse mai avuto una vita terribile: il detective sperava veramente che un giorno sarebbe potuto “guarire”, tornare a vivere una vita normale, come lei.
 
“Iniziamo il giuramento”.
Il prete della Chiesa dava ufficialmente inizio al matrimonio della giovane donna Ran Mori. La famiglia, gli amici, i conoscenti, erano tutti lì, per assistere a quello che doveva essere il giorno più bello della sua vita. Emozionata e bellissima nel suo vestito da sposa, accanto all’uomo che amava. Stava andando tutto benissimo, era un giorno speciale, eppure aveva un brutto presentimento. Aveva notato che Shiho non era venuta, e questo la metteva in ansia… probabilmente era rimasta a Okinawa con Shinichi, ma c’era una vocina nella sua mente che gli diceva che non era così.
“Strano non siano ancora arrivati, né che non si siano presentati all’appuntamento che gli avevamo dato”. Aveva commentato così il Dottor Agasa il fatto che Shiho e Shinichi mancassero, mentre parlava con Goro. Il loro piano per incontrarli per primi e spiegarli un po’ la situazione (vi ricordate la prima conversazione misteriosa dello scorso capitolo? nd Zane) a Tokyo era andato a rotoli, perché non si erano presentati all’appuntamento fissato con la stessa Shiho.
“E se fosse accaduto qualcosa?” domandò un preoccupato Detective Goro, che aveva provato più volte ad “limare” il dolore della figlia e a restaurare i rapporti fra i due giovani.
“Impossibile. Ora li chiamo e sento cosa è successo.”
Velocemente, il Dottor Agasa digitò il numero del cellulare di Shiho (Shinichi lo aveva cambiato). La ragazza rispose subito.
“Pronto, Dottor Agasa? Volevo avvisarla prima, ma non c’era segnale. Io e Shinichi abbiamo fatto tardi perché siamo passati a comprare un regalo per gli sposi.”
“Ah, è per questo che non vi siete presentati all’appuntamento davanti casa mia.”
“Cosa? Mi scusi Dottore, ma lei non mi ha dato nessun appuntamento!!”
Il simpatico inventore fu leggermente sorpreso da questa affermazione, ma decise di non preoccuparsene, pensando che poteva essere stato uno scherzo dei Giovani (un po’ meno rispetto al manga, cinque anni passano per tutti!) Detective, che possedevano un congegno simile al farfallino di Conan per alterare la voce. Piuttosto, chiese dove si trovassero adesso i due.
“Stiamo per entrare nella Chiesa.”
“Che cosa? Ferma Shinichi, se Ran lo vedesse potrebbe essere un guaio!!”
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“Tu, Ran Mori, vuoi prendere come sposo questo giovane?”
Era il momento. Bastava un semplice “Si”, che la portasse a vivere una nuova vita, lontana dalle ombre che la angosciavano.
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Nello stesso preciso istante, il grande portone della Chiesa si aprì, portando con sé la figura di un giovane venticinquenne.
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“La prossima settimana non riuscirò ad aggiornare, quindi dovrete attendere il prossimo fine settimana o quello dopo ancora!”
Questo ero io 2 mesi fa. Scusate Ciò che doveva arrivare il 20 maggio è arrivato il 20 luglio. Non so quanti di voi continuino a seguire la fic, ma vi ringrazio in anticipo casomai buttaste l’occhio su questa roba. Il capitolo era quasi finito da un pezzo ma, sia problemi di salute, che una partenza improvvisa mi hanno fatto arrivare a pubblicare oggi.
Il 1 agosto andrò in vacanza e ci resterò per tutto il mese, quindi cercherò di farvi avere un altro capitolo prima della mia partenza.
Inoltre, volevo comunicarvi che sono riuscito a scritturare Ai per la presentazione dei capitoli! Contenta?
Ai: No, per niente! Mi aveva promesso per email l’eliminazione di tutti i Mib e l’amore di Conan firmandosi Gosho, mi ha fatto firmare un contratto, e poi mi sono accorta che non era Gosho!
Io: Lo so, però ora sei costretta a commentare le mie prossime 258 fan fic!
Ai: Un giorno ti ucciderò con le mie stesse mani… Comunque, mi spieghi perché, se sei uno ShinXShiho, fai incontrare il tonno (o Conan, fate voi) con Ran??
Io: Ecco… per divertirmi un po’!
Ai: Conan, che ne pensi tu di questo scrittore da quattro soldi?
Io: Quattro soldi?? Vorrei vedere te!
Ai: Guarda Laix…o Dudi_Mouri…loro sì che sanno scrivere!! E comunque, perché Conan non risponde??
Io: Ecco…non sono riuscito a scritturarlo…eheheh!
Ai: E allora io a che servo?? Vai subito a scritturarlo, stupido di uno scrittore!
Ciao a tutti!!

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Capitolo 4
*** Cap. 3: Matrimonio d'odio ***


Capitolo 3: Matrimonio d’odio
 
Era lì. Immobile e fiero, davanti al portone d’ingresso. Stessi capelli color corvino, stessa corporatura, stesse emozioni. Shinichi Kudo era entrato nella Chiesa, soffermandosi sul portone d’ingresso. Inizialmente Ran non capì il perché, poi si accorse che non era stata degnata di uno sguardo, Shinichi era rivolto all’indietro. Ah, già, ora aspettava Shiho Miyano, la sua “co-inquilina”. Lo aveva pensato con un tono estremamente acido, vergognandosene, lei stava per sposarsi, non poteva perdere tempo a essere gelosa di quella che poteva essere la ragazza del suo ex. La vista di Shinichi portò anche molti spiacevoli ricordi: la menzogna, la fuga, lo sparo. Delle calde lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance, attirando l’attenzione dello sposo e del prete (ma a far sposare sono i preti? Io e Zane siamo atei, lo ignoriamo completamente nd Ai).
“Signorina, tutto bene?”
“Si, mi scusi, è l’emozione”. Questa forse era la più grande bugia che avesse mai detto, mentire davanti al proprio futuro marito sui suoi sentimenti. Comunque, bastava dire sì, e sarebbe tutto finito.
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Appena aperta la porta, non aveva fatto in tempo a vedere Ran e lo sposo, che era stato chiamato a gran voce da Shiho, che si raccomandava di non farsi vedere da Ran. L’ex detective ignorò il consiglio, dicendole che probabilmente non era stato neppure intravisto, immaginando Ran completamente presa dal matrimonio, tranquillizzando Shiho e invitandola ad andare a sedersi. La prese per mano (che romantico! Fosse veramente così nd Ai) e la accompagnò al posto vicino al Dottor Agasa. Il simpatico vecchietto e il detective Kogoro salutarono i giovani calorosamente, affermando che nessuno di loro due era arrabbiato con Shinichi. Quest’ultimo si tranquillizzò molto, cominciando a pensare che forse anche a tutti gli altri era passata l’arrabbiatura iniziale. Ora, a loro due bastava girare la testa e dare un’occhiata ai due sposi.
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Ran non riusciva a pronunciar parola. Era immobile, e gli invitati cominciavano a farsi dubbiosi. Non che dubitasse della risposta che doveva dare, ma la visione dell’ex fidanzato la fece andare in ansia. Lo vedeva lì, seduto accanto al padre e a Shiho, chiacchierare con gli altri senza farsi problemi, come se non fosse ad un matrimonio. E poi, la infastidiva la visione di Shiho accanto a Shinichi. Quella ragazza era comparsa dal nulla, causando solo problemi e allontanando l’ex-detective da lei, tanti anni fa. Smise di pensare a ciò, concentrandosi sul fatto che forse la sua era gelosia. Gelosa di una come Shiho??(Che problemi ho, Ran?? Ah, sì, ora ricordo…ti ho separato dal tuo Shinichi facendolo tornare bambino e l’ho fatto interessare a me…nd Ai). Lei era Ran Mouri, la ragazza migliore di tutte, la invidiavano all’università perché era gentile, bella e dolce. E invece no, Kudo aveva preferito una come Shiho. Ferma, ferma, ferma: si stava di nuovo comportando da gelosa. Si stava sposando, questo non era il momento, né il luogo adatto per far certi pensieri. Ma fu tutto inutile. Manifestò la sua rabbia urlando e indicando il detective.
“Tu! Va’ al diavolo, capito?” E poi, indicando Shiho, “E anche tu!! Ti ho detto che dovevi venire solo te!!”.
Era furiosa. Cominciò a piangere cadendo fra le braccia dello sposo, che si era prestato subito a soccorrerla e a calmarla.
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Shinichi e Shiho erano avviliti e sorpresi; non tanto per lo sposo, immaginavano si trattasse dell’agente della CIA Heisuke Hondo, cresciuto molto dal loro ultimo incontro, e senza occhiali; ma per la reazione di Ran. Shinichi cadde velocemente in depressione; davvero poteva causare quell’effetto sulla gente?? Tutti gli invitati li stavano fissando, e Shiho era visibilmente vergognata. Il detective stava per scappare via, sotto lo sguardo di tutti, quando una mano lo fermò. Shinichi aveva la vista appannata a causa delle lacrime che gli stavano rigando il volto, ma riuscì a distinguere il detective Kogoro Mori.
“Non farlo, ragazzo. Così, riapriresti le ferite dentro i cuori di molti, che ti considererebbero un codardo. Affronta la situazione…solo tu puoi calmare mia figlia. Io ci ho provato, ma non è servito a niente. Lei non conosce tutta la storia, dovresti spiegargliela, e fare in modo che il matrimonio continui. Sii forte.”
Shinichi girò la testa, guardò Shiho fare un cenno d’approvazione, e si alzò in piedi, cacciando le lacrime. Non si sarebbe fatto sconfiggere dai ricordi, non quel giorno, almeno. Fece un gran respiro che si udì in tutta la Chiesa, visto che gli invitati erano ammutoliti. Infine, cominciò a parlare.
“Buongiorno a tutti. Io non so chi siate voi: persone che conosco, ex-amici, o altre di cui ignoro l’identità. Ma non dovreste giudicarmi per ciò che è successo cinque anni fa, tanto meno per quello che sta accadendo oggi. Perché sono cambiato. Non avevo intenzione di combinare tutto questo casino al matrimonio di quella che vorrei considerare ancora la mia migliore amica. Sono venuto qui a Tokyo semplicemente perché volevo rincontrare tutte le mie conoscenze, distruggere quegli oscuri ricordi che mi torturano da anni, e non ce l’avrei fatta senza l’aiuto di Shiho, la migliore amica che potessi desiderare in un momento così. Ti prego Ran, dimentichiamo tutto ciò che abbiamo passato, così potrai proseguire con il matrimonio.”
Tutti erano rimasti interdetti. Non fu pronunciata mezza parola per due lunghissimi minuti. Ran stava ancora piangendo, bagnando inevitabilmente il bellissimo vestito bianco da sposa della madre. La sua mente era confusa…dare o no una possibilità all’ex-detective (ed ex-fidanzato)? Quando notò però che Shinichi per tutta la durata del discorso aveva tenuto stretta la mano di Shiho e lo stava ancora facendo, cambiò velocemente opinione. Non sapeva se era stata la gelosia a farle fare questo. Ma quando si ricordò che aveva notato che era stato il padre a consigliarlo, la scelta che voleva prendere diventò definitiva. Non ci credeva, non voleva che su padre si facesse abbindolare da lui. Cosi, con la voce strozzata dal pianto, disse:
“Tu! Non venirmi a chiedere di diventare di nuovo amici, perché so che prima o poi mi tradiresti, proprio come hai fatto con lui. Ti ricordi, eh? Lo sai che quella povera ragazza piange ancora?? E tu, papà, non farti abbindolare da lui, perché potresti trovarti con una pistola puntata in fronte. È tutta colpa tua, Shinichi!! Hai rovinato il giorno più bello della mia vita!!”
Detto ciò, cominciò a correre via, lasciando lo sposo da solo, sull’altare. Heisuke era diventato più alto, non portava gli occhiali, quindi doveva indossare delle lenti, e sembrava molto arrabbiato. Si avvicinò a Shinichi e si rivolse a lui con tono scontroso.
“Kudo-san! È bello vederti qui, dopo che sei scappato per cinque fottutissimi anni! Ti ricordi ciò che ti dissi, sei anni fa? “Trattala bene, mi raccomando”, dissi. E allora, rispondimi: TI SEMBRA CHE TU L’ABBIA TRATTATA BENE??” Aveva letteralmente urlato l’ultima frase. “Ma non sono arrabbiato per questo, o meglio, solamente per questo. In questi cinque anni mi è mancata molto mia sorella, sai, Kudo-San? L’hai vista per caso? Ah, sì, …mentre MORIVA FRA LE FIAMME!!” Finito il discorso, diede un fortissimo pugno in pancia all’ex detective, che finì a terra mentre provava una forte sensazione di nausea. Kogoro e Agasa si misero subito in mezzo, mentre Shiho si chinò su Shinichi, preoccupata.
“E te, stupida sgualdrina” continuò Heisuke in preda alla rabbia “Lo sai che fai sesso con qualcuno che ha centinaia di morti alle spalle? Io ci rifletterei, se fossi in te… Mi avete mandato all’aria il matrimonio, andate a fan culo!!”
Ormai, era stato preso di forza dall’agente Takagi, presente al matrimonio con la fidanzata Sato, e portato via.
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Shiho naturalmente non era mai andata a letto con Shinichi (anche su una piccola parte di lei le diceva che le sarebbe piaciuto), ma ora non si preoccupava di ciò che aveva detto Heisuke. Shinichi, con voce flebile e le lacrime agli occhi, le disse:
“Non è cambiato niente, Shiho-chan…continuo ad essere un qualcosa di terribile per loro…mi odiano.”
Prima che Shiho potesse dire qualcosa, intervenne Goro: “Non è vero, ragazzo, sono soltanto scioccati… si calmeranno e potrai spiegare tutto con più calma. Forza, usciamo.”
Fuori dalla Chiesa, mentre il Dottor Agasa si offriva di accompagnare in macchina Shiho e Shinichi a casa sua, Goro si congedò un momento per andare a confortare la figlia e parlare con la moglie. Ma all’improvviso sentì un dolore lancinante, e vide tutto buio.
 
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Aprì gli occhi e osservò l’ambiente intorno a lui. Era legato ad una sedia, e si trovava in un posto simile ad una stanza di un magazzino abbandonato. Era piena di polvere e muffa, e l’unica (malandata porta) era chiusa, probabilmente a chiave. Si accorse di essere a torso nudo e in mutande, e non aveva niente con cui slegare le corde. Si chiese chi mai avrebbe potuto rapirlo, e l’ipotesi più plausibile era qualcuno che aveva fatto arrestare e che era evaso di prigione o era uscito per buona condotta. Ma la sua opinione cambiò quando entrarono nella stanza le uniche due persone sfuggite dalla distruzione dell’Organizzazione Nera. Le imponenti figure di Gin e Vodka erano davanti a lui, e lo guardavano con aria incredibilmente divertita e un ghigno diabolico. I due uomini che sfuggivano all’FBI da una vita erano lì, profondamente cambiati (probabilmente per non farsi riconoscere): Gin aveva perso il suo simbolo, ovvero quei lunghissimi capelli biondo-argenteo, e ora li portava corti. Vodka, invece, aveva perso almeno 10 chili, ed era magro quasi quanto il compagno. Goro non aveva parole per descrivere ciò che provava dentro…perché, dopo 5 anni, erano tornati?? E cosa volevano da lui?? Avrebbero dovuto prendere Shinichi o Shiho, a rigor di logica.
Gin disse, con tono freddo e distaccato:
“Allora, fottuto detective da quattro soldi, ora ci dirai cosa vogliamo sapere, in un modo o nell’altro: chi è Sherry, che aspetto ha e perché non ricordiamo assolutamente nulla di lei!!”
 
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Ciaoo a tutti!! Come va? Eccomi tornato su questa fiction, dopo un periodo d’assenza infinito (ma stavolta annunciato). Finalmente arriva un po’ d’azione, dopo tre capitoli di passaggio… Spero gradiate questo capitolo e cercherò di scriverne una altro in queste due settimane, ho già un’idea. Da questo capitolo, i prossimi saranno strutturati così: una parte (la più lunga) dove porto avanti la storia principale, seguendo Shinichi & Co., e un’altra (più corta) dove assisterete a ciò che accadrà al povero Goro (immaginate Gin all’opera sulla tortura…insomma…lo vedrete…), che cercherà di non rivelare ciò che sa.
A proposito, è stata Ai a commentare alcune cosette nel capitolo, ci teneva a farlo…
Ai, cosa pensi di questo capitolo??
Ai: Potrei cambiare opinione su di te…questo capitolo è bellissimo, soprattutto nella parte in cui Ran si mette a piangere come una bambina…
Io: Ehi! Calmati un po’, questa storia è sia una ShinXShiho che una ShinXRan
Ai: Ora capisco perché non cambio opinione su di te…e poi, come permetti che Heisuke mi chiami sgualdrina?? Questa la pagherai? E dove è Conan… mi avevi detto che lo avresti scritturato…
Io: Ha detto che preferisce rimanere a fissare Ran che dorme…
Ai: Ho capito, lo sistemo io…a più tardi!
 
Alla prossima, quindi… ma prima, vorrei ringraziare coloro che mi hanno sostenuto nello scrivere la fiction (che sarà lunga al massimo una quindicina di capitoli) recensendo, ovvero…Dudi_Mouri, shinichi e ran amore, Laix, Lara_Chan, B Beky e martini 02! Grazie mille, davvero, mi avete aiutato tantissimo, dandomi la spinta a continuare! (perché continuerò, il prossimo capitolo è già in costruzione). Ciao ancora!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Attentato, passato e tortura ***


Capitolo 4: Attentato, passato e tortura
ATTENZIONE: Messaggio Promozionale. Le parti in corsivo narrano gli avvenimenti dei cinque anni precedenti alla storia qui presente. Se volete leggere della fine di un grande Detective, continuate pure. Altrimenti, se non avete fegato, non vi interessa o avete capito che le mie storie fanno schifo, tornate alla home. Possibili presenze di scene di violenza, di parole abbastanza brutte, di scene di Ran che piange, e di colossali idiozie da parte di Detective diciasettenni. Leggete in pace.
 
Erano tornati a casa da poco. Shiho, Shinichi e il Dottor Agasa potevano sembrare un trio che si ritrovava ad affrontare qualche situazione familiare a molti, come per esempio una verifica andata male: Shinichi che, seduto sul divano verde e con lo sguardo chino verso il basso, veniva consolato da Shiho, che gli aveva messo una mano sulla spalla; e il Dottore che dalla poltrona color oro (non chiedetemi perché ndZane) parlava all’ex detective in modo paterno. Invece, affrontavano un problema non molto comune fra le persone: il ragazzo aveva appena rovinato il matrimonio alla sua ex-migliore amica, non aveva difeso la sua attuale migliore amica dagli insulti di Eisuke, e sembrava che tutti lo odiassero. Gli ritornarono alla mente le parole pronunciate da Ran… ““Tu! Non venirmi a chiedere di diventare di nuovo amici, perché so che prima o poi mi tradiresti, proprio come hai fatto con lui. Ti ricordi, eh?”. Ci era rimasto male. Davvero non si fidava di lui?? Si rese conto che agli occhi degli altri forse somigliava a Gin. Somigliava a quel mostro?? Probabilmente Ran non sapeva quanto il ragazzo soffrisse ancora per ciò che era successo tempo fa, quella fatidica notte di settembre…esattamente cinque anni fa.
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“Forza Detective, scappa dal tuo amichetto, scappa pure! Forse non lo sai, ma tu sei proprio come me. Non ti fai fermare da nulla quando hai in mente un obiettivo. Ecco perché il tuo amichetto morirà, insieme a tutti noi…e soltanto dopo, ti accorgerai in che mostro ti sei trasformato.” Gin, sanguinante e probabilmente in fin di vita, aveva concluso questo monito con una delle sue terribile risate. Intanto, lui correva, correva, correva, all’inizio non aveva dato molta importanza alle parole dell’assassino, ma poi erano riaffiorate nei pensieri del ragazzo. Aveva detto che non si sarebbe fatto ingannare da quell’uomo dallo sguardo gelido, ma come al solito, si era ritrovato con le mani legate. Il suo piano era terribilmente crudele, non era da lui, lo riconosceva…nessuno lo aveva supportato, eccetto Shiho, Ran e il suo amico Heiji Hattori. Ed ora proprio lui rischiava la morte, perché aveva deciso di combattere il corvo.
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“A cosa pensi, Shin?? Ti prego, non mi dire che stai riflettendo sulle parole di Ran e di quello stronzo…erano in preda alla rabbia!” La ragazza era molto preoccupata; in certe situazioni, Shinichi si era avvicinato al suicidio…eppure stavolta vedeva nei suoi occhi qualcosa di diverso…rivedeva quel blu cielo che lo caratterizzava prima, quando era ancora un brillante detective. Che finalmente si fosse buttato tutto alle spalle?? Shiho ci sperava…chissà, avrebbe finalmente potuto lasciare quel paese da incubo, anche per lei era pieno di brutti ricordi, ed andare in America con il suo Shinichi…ehi no, aspetta, lo aveva fatto di nuovo. Lo aveva chiamato di nuovo “suo”. Gli piaceva tantissimo, ma non aveva il coraggio di dichiararsi, aveva paura che fosse ancora interessato a Ran…ma ora, con il suo matrimonio, aveva capito che era inutile aspettare e l’avrebbe fatto finita la cerimonia, se non fosse successo…questo. Ora non era proprio il momento adatto. I suoi pensieri furono interrotti dal sospiro dell’ex-detective.
“Sai, Shiho-chan…a volte fa bene ricordare il passato…”
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Eccola, la sede dell’Organizzazione. Un edificio nero, brutto e gigantesco, dove oltre trecento persone si trovavano in una grande stanza (simile ad una sala concerti) pronti ad ascoltare il consulente del Boss, ovvero Vermouth, sui risultati degli ultimi mesi. Ma la WIB non sarebbe mai arrivata. La donna gli aveva detto che oggi tutti i MIB erano lì, compreso il Boss ma esclusa lei, e gli aveva dato una bomba da piazzare nelle fondamenta del palazzo. Soltanto che Gin aveva trovato la bomba e, non essendo riuscito ad avvertire in tempo il Boss perché fermato da Shinichi, l’aveva legata con una catena d’acciaio a Heiji, lì per dare una mano all’amico. Ora il detective si stava dirigendo verso le fondamenta del palazzo, sicuro che Gin ormai fosse morto, ed era davanti ad una scelta fondamentale: distruggere completamente l’Organizzazione, l’obiettivo di una vita, o salvare l’amico. Era una scelta difficile, ma sapeva che avrebbe scelto l’amico…ma perché una vocina gli diceva di non preoccuparsene, di sacrificarlo?? Lo avrebbe reso un mostro…ecco, le parole di Gin cominciavano a fare effetto?? Non doveva lasciarsi condizionare, assolutamente. Avrebbe ucciso trecento persone, probabilmente il fatto non sarebbe scomparso dalla sua mente facilmente (non immagini quanto, caro Shin!! ndZane), forse non sarebbe più riuscito a fare il detective…ma avrebbe evitato altre centinaia di morti, e liberato il Giappone da quella piaga.
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Lentamente, lacrime amare cominciarono a solcare il viso del venticinquenne. Shiho si sentiva in colpa ogni volta che lo vedeva così. In fondo, la colpa di tutto ciò era solo sua, anche se Shinichi le continuava a dire che non era così, che altrimenti non si sarebbero mai conosciuti. La frase, nonostante fosse da un certo punto di vista romantica, era falsa, la ragazza ne era certa. Se non fosse stato per il suo maledetto veleno, niente di tutto questo sarebbe accaduto. Pensava di aver espiato le sue colpe eliminando l’Organizzazione e sostenendo Shinichi, ma ogni volta che lo vedeva così, anche in lei usciva fuori un po’ di tristezza.
 
Ran Mouri, venticinquenne e studente alla facoltà di legge, sposata con Eisuke Hondo, si trovava in una situazione simile. Anzi, teoricamente non era ancora sposata perché non aveva detto il fatidico sì, ma c’era andata vicino. E la colpa era solo e soltanto di Shinichi, quel mostro. Dov’era finito il ragazzo diciasettenne che conosceva?? Certo, forse anche lei aveva esagerato, lui si era scusato, ma notava che vi era qualcosa di diverso in lui, oltre al fatto che, lo ammetteva, si era sentita leggermente gelosa di Shiho. Stava piangendo da chissà quanto, con la madre che non aveva proferito parola, si era limitata a restarle vicino e ad accarezzarle i capelli. E invece, il padre, quel maledetto casanova, non c’era, probabilmente era andato a consolare l’ex detective liceale. Che cosa era preso al padre?? Aveva sempre diffidato di Shinichi, non aveva mai voluto entrasse in contatto con lei ed adesso lo capiva, lo aiutava e lo consolava??? (Mi scuso per la piccola interruzione…ehi, popolo di EFP, e se inventassimo la coppia ShinichiXKogoro?? Se vi piace l’idea vi prometto che ci faccio una one shot, ditemelo!! NdZane). Sapeva già che avrebbe fatto una sfuriata al padre. E intanto, pensava inconsciamente a cosa stava facendo in quel momento il suo ex-ragazzo. Già, cosa faceva?? Ricordava. Perché talvolta il passato può far male, ma spesso è l’unico modo per comprendere il presente. Per ricostruire un mondo collassato, un mondo di amicizie, amori e indagini.
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Quando entrò nei sotterranei, vide un Heiji Hattori massacrato e con la faccia sporca di sangue, tentare di fermare la bomba inutilmente, usando la testa.
“Shinichi, finalmente sei arrivato!! Ti prego, liberami da queste catene, prima che la bomba salti in aria!!” Shinichi si mostrava riluttante, doveva salvare l’amico, sapeva che era giusto… ma perché quella vocina che gli diceva di lasciar stare lo stava convincendo?? Tutta superstizione, pensò. Si avvicinò all’amico, eppure non cercava di liberarlo, semplicemente perché aveva capito che non vi era alcun modo. Erano catene piuttosto spesse e fuse fra loro, impossibili da slegare con quello di cui disponeva Shinichi, solo una pistola e una ricetrasmittente. La soluzione era disattivare la bomba con il codice che solo lui e Heiji conoscevano. Un codice che avrebbe ricordato per molto tempo, ma questo lui non poteva saperlo. Heiji, vedendo l’amico immobile, aveva assunto un’aria preoccupata. Davvero voleva farlo saltare in aria?? Gli sarebbe andato anche bene pur di liberare il mondo da quelle carogne, ma sapeva che Quella Persona stava ingannando Shinichi.
“Shinichi, amico mio…disattiva la bomba!! Per l’amor del cielo, ti stanno ingannando, non lo capisci?? Non vedi quanto è stato facile entrare qui dentro, senza che nessuno, a parte Gin, ci vedesse??”
Shinichi era sconvolto dalle parole dell’amico, una parte di lui diceva di lasciarlo al suo destino, ma invece rimase ad ascoltarlo.
“Che cosa stai dicendo, Heiji?? Sei forse impazzito?? È l’obiettivo di una vita questo. E sai che è stata Vermouth a fare in modo che qui non vi fosse nessuno, Gin è venuto per starsene un po’ da solo.”
“Fidati, ho origliato nella stanza del capo!! Shinichi, Vermouth è stata scoperta, loro vogliono che tu faccia saltare la bomba, così li crederemo distrutti. Non farla saltare, è una trappola!”
Shinichi era pieno di dubbi. Cosa era successo ad Heiji?? Aveva veramente sentito il capo? Sapeva chi era…? Ma che razza di piano era uccidere quasi tutti i membri dell’Organizzazione per far credere di essere stati sconfitti??. Ma poi capì, osservando gli occhi di Heiji. Le pupille erano dilatate, e stava sudando, nonostante facesse freddo. Era drogato!! Come aveva fatto a non notarlo subito…doveva cercare di liberarlo da quelle catene, anche se sapeva fosse impossibile. Si avvicinò con cautela, parlando piano.
“Ehi, amico, calma. Ti hanno iniettato qualcosa, stai fermo, vedrai che scapperemo da qui insieme!” Ma Heiji si agitò ancora di più, continuando a urlare che lui stava bene e che Shinichi, attivando la bomba, avrebbe soltanto permesso ai Corvi di agire nell’ombra. Non riusciva a separare il ragazzo di Osaka dalla bomba, e all’improvviso quest’ultimo gli tirò un calcio ben assestato, urlandogli di fermare quell’ordigno. La vocina “cattiva” di Shinichi prese il sopravvento, e in un impeto di rabbia, prese la pistola.
“BANG!!”
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“CRASH!”
Mentre i tre in casa Agasa riflettevano sul passato e su ciò che era successo, udirono un terribile rumore, di vetri rotti. La finestra del soggiorno era crollata sotto la potenza di un sasso di moderate dimensioni. Subito dopo, qualcuno lanciò un piccolo oggettino, che liberò uno strano gas colorato…l’aria si fece asfissiante.
“Ma che caz…!”
“È gas, Dottore!! Usciamo, prima che sia troppo tardi!!”
Si precipitarono fuori, cercando con lo sguardo chiunque avesse potuto fare una cosa del genere. Una moto nera e il suo guidatore, vestito di nero, fuggivano a gran velocità. Il colore del pazzo che aveva cercato di asfissiarli rievocò brutti ricordi nella mente del giovane. Nero.
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Nero. Come il colore di una pistola.
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Erano fuori dall’edificio e Agasa stava chiamando l’ambulanza per andare in ospedale e fare un controllo, quando un boato squarciò il silenzio che si era creato. Una terribile esplosione fece a pezzi la casa di Agasa. Shinichi coprì con il corpo Shiho, mentre il Dottore si buttò a terra. Presto, arrivarono i soccorsi ed i pompieri, che cercarono di domare inutilmente le fiamme. Chi aveva fatto questo?? Lo stesso uomo sulla moto?? Quasi a leggere nel pensiero, Shinichi disse:
“L’uomo di prima non voleva farci fuori con il gas. Voleva avvertirci, ci ha salvati, facendoci uscire istintivamente al di fuori della casa. E poi, il gas usato non ci avrebbe mai ammazzato, non era del tipo giusto. Chi ha fatto questo, allora?”
“Forse io h-ho la risp-sposta! Questo è il tappo della granata a gas, guardate cosa vi è inciso!” A parlare era stato il Dottor Agasa, sembrava avesse visto l’intera organizzazione rediviva addosso a lui per quanto era spaventato. Consegnò a Shinichi un oggettino metallico di color argento, con sopra inciso un corvo nero. Shinichi e Shiho rabbrividirono. Possibile fossero loro?
Fu il giovane a togliere ogni dubbio: “Questo attentato è nel loro stile. Questa è opera loro.”.
Shiho, nonostante fosse spaventata, si mise a guardare Shinichi, che sembrava essere tornato quello dei vecchi tempi, il detective liceale. Stava sicuramente pensando all’accaduto, e i suoi bellissimi occhi celesti sembravano pensare insieme a lui, mentre riflettevano il colore rosso-arancio delle fiamme.
E se la ragazza si concentrava sul ragazzo, quest’ultimo osservava i colori dell’esplosione. Identici all’esplosione di quel giorno. Rosso e arancione.
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Rosso e arancione. Quei due colori assieme lo facevano sentir male. Non gli piacevano, ecco tutto, e non solo perché fossero i colori della squadra rivale dei Tokyo Spirits. Il primo gli ricordava il sangue, il secondo il fuoco. Due elementi che significano spesso morte. E se guardava le sue mani, sporche di quel rosso sangue che tanto odiava, si sentiva un mostro. Che avesse ragione Gin?? Non importava, ora, restava il fatto che aveva sparato a Heiji, il suo amico, il fratello che non aveva mai avuto, un’altra vittima del Corvo. Avevano anche deciso insieme la password della bomba, “Fratelli per sempre”, era il loro codice segreto anche nella vita quotidiana…ma lui aveva tradito il patto. Stava piangendo lacrime salate, sarebbe morto lo stesso, ma il fatto di aver dettato la sua fine con le sue mani lo faceva sentir male. Aveva anche provato a dirgli chi era il boss, ma non era riuscito a finire la frase…e se avesse avuto ragione? Per quale motivo l’aveva ucciso…possibile che stava diventando come uno di quegli assassini?? E che cosa avrebbe detto a Kazuha, a Ran?? Quante domande che gli passavano per la testa, mentre si allontanava dall’edificio in fiamme. Era finita. O forse no?
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Intanto, all’interno di Casa Agasa, le fiamme distruggevano tutto. Bruciava anche l’involucro della granata a gas, che riportava incisa la frase: “Fratelli per sempre”.
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Luogo sconosciuto, settembre 20—
 
Quel luogo puzzava, eccome se puzzava. Erano passate ore dall’ultima volta che era entrato il suo aguzzino, Gin, e non sopportava più la puzza. Sicuramente, la tortura era già in atto. E finalmente, come se qualcuno avesse realizzato il desiderio di aprire la porta per cambiare l’aria, Gin entrò, seguito dall’immancabile Vodka.
“Dobbiamo andarci leggeri con te, ordini del capo. E io che speravo di giocare a shanghai con le tue ossa.”
Goro era incredulo. Stavano parlando di QUEL Boss?? No, lo aveva visto suicidarsi cinque anni fa, buttarsi dalla finestra della Bell Tree Tower (se non sapete cosa sia, è la torre di proprietà Suzuki dove si svolgono buona parte degli eventi del 18 film, The Sniper from another dimension ndZane) davanti ai suoi occhi. Non poteva essere lui. Quasi a leggere nel pensiero, Gin disse che il Boss non era così debole, non si sarebbe mai suicidato soltanto perché la sua Organizzazione era stata distrutta, chiudendo lì il discorso. Estrasse poi dalla tasca un coltello ben affilato.
“Ho detto che non devo conciarti male, non che non mi possa divertire un pochino!!” Disse Gin, concludendo con la sua solita risata diabolica e che fece tremare per un secondo Goro. Lo legarono al muro con delle catene e con braccia e gambe aperte. Cominciò a praticare dei taglietti superficiali su ogni parte del corpo del detective con una lentezza impressionante, che rendeva molto più dolorosa la “tortura”, fino a quando Mouri non si ritrovò colorato del suo stesso sangue. Le ferite bruciavano, ma non sarebbe crollato per così poco…lo disse con voce piena d’orgoglio, e la risposta fu un pugno in piena pancia da Vodka, talmente forte che avrebbe voluto tanto piegarsi in due, se avesse potuto. Era sicuro di aver perso una parte dello stomaco a causa dell’impatto, e poco dopo cominciò a sputare per terra rivoli di sangue misto a saliva.
“E questo è solo l’inizio!” Concluse così la prima “tortura”, con questa frase e la sua solita risata, il killer dagli occhi di ghiaccio, uscendo dalla stanza e lasciando Goro solo con il suo dolore.
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Stranamente, era riuscito a dormire, nonostante gli bruciasse dappertutto e si trovasse ancora legato al muro. Aveva davanti a sé un orologio, unico ornamento di una stanza vuota, che segnava le due del pomeriggio. Lo aveva lasciato lì Gin, dicendo che serviva a contare le ore di agonia passate lì dentro. Comunque, non aveva intenzione di dire una singola parola riguardo a ciò che successe dopo la distruzione della sede dell’Organizzazione, riguardo a quello che lui considerava lo scontro finale con il boss, dove lui, Shiho e Shinichi erano riusciti a prevalere. O almeno così pensava…ancora non riusciva a capire come si fosse salvato il Boss. Probabilmente chi si era suicidato non era lui, ma qualcuno costretto ad ammazzarsi. Ad un certo punto, la porta si aprì, facendo la loro entrata nella stanza Gin e Vodka, con quest’ultimo che portava un carrello simile a quelli usati al ristorante per trasportare le portate, coperto da un velo.
“Come sta oggi il nostro prigioniero?? Ahhaha, scommetto che sei affamato, non mangi da ieri mattina, ammesso che tu abbia fatto colazione!”
Aveva ragione, purtroppo. Cosa aveva intenzione di fare quel mostro?? Vodka sollevo il velo, scoprendo ogni ben di Dio, ogni tipo di cibo e bevanda possibili, roba da far venire l’acquolina in bocca. Fatto questo si sedettero e cominciarono a mangiare anche stavolta con una calma inaudita. Il detective si chiese che razza di tortura fosse quella e che nessuno avrebbe mai ceduto, ma si ricredette dopo mezz’ora. I due killer stavano iniziando i secondi (avevano mangiato una piccola porzione di ogni piatto, per lasciar mangiare il resto a Goro se avesse ceduto), e Mouri si stava letteralmente sentendo male, aveva una fame incredibile e avrebbe fatto di tutto per avere un sesto del cibo davanti a lui.
Stavano mangiando da un paio d’ore e ormai si apprestavano a terminare. Gin e Vodka lasciarono il carrello con il pranzo davanti a Goro, in modo che sentisse il profumo dei cibi ma non potesse raggiungerli, e uscirono silenziosamente dalla stanza.
Si era fatta sera, e il detective non riusciva a chiudere occhio a causa della fame e della sete. Non aveva nemmeno il fiato per parlare, così quando i suoi aguzzini tornarono a fargli visita, chiese, con una voce da morto, una bottiglia d’acqua.
“Vodka, vai subito a prendere una bottiglietta d’acqua! Dovrebbe essercene una sul tavolo qui fuori.”
L’uomo si stupì della frase pronunciata dal compare. Era forse impazzito il suo “fratellastro”? Non si era mai curato così di un prigioniero…forse era perché erano ordini del capo. E poi, il capo non era forse morto?? Gin sapeva qualcosa che non gli aveva detto per tutti quest’anni. Cercò inutilmente di chiedere spiegazioni.
“M-ma perché? Non mi sembra il caso di…”
“Vodka, fai come ti dico! Come può il nostro prigioniero dirci ciò che vogliamo se muore disidratato??!!?”
In effetti, il ragionamento non faceva una piega. Purtroppo Gin non riesce a fare del puro e semplice bene, quindi dovrà per forza unirlo a qualcosa di cattivo. Poco dopo essersi scolato la bottiglia in un tempo record, cominciò a sentire dei dolori allo stomaco, che si aggiungevano a quelli che aveva già per la fame, e gli venne un forte mal di testa. Non ci voleva molto per capire che lo avevano drogato. Sentì la voce di Gin arrivargli ovattata, ma era ancora in grado di capirne le parole. Qualcosa di simile a “E ora che sei più sciolto nel parlare, vediamo che dici mentre…Ran” Non era riuscito a capire la parte centrale del discorso, ma se avevano pronunciato il nome della figlia, sarebbe sicuramente successo qualcosa di brutto. Cosa volevano fare alla sua bambina? E così, il limite fra realtà e immaginazione si ruppe, a causa della sostanza ingerita da Goro, e poco dopo entrò nella cella Ran, seguita dai suoi carcerieri. Inutile dire che non vi era nessuna Ran lì, quella vera stava riposando a casa Mouri, ed era frutto solo della mente del detective; è d’uso dire che spesso il nostro più grande nemico siamo noi stessi, e mai affermazione fu più vera di questa nel caso di Goro. Ciò che vedeva con il suo cervello erano immagini orribili. Gin e Vodka cominciarono a spogliarla, mentre lei era ferma e inerte. E poi cominciarono ad abusare di lei, senza pietà, con la ragazza, piangente, che chiamava il padre chiedendogli aiuto. Goro urlava ai due MIB di fermarsi, vedeva la sua bambina piangere ed essere…. Non riusciva nemmeno a pensarlo. Dopo qualche ora cedette, e disse che avrebbe spifferato tutto ciò che sapeva. I due alzarono Ran dal pavimento, ancora completamente nuda, e la portarono fuori. Poi, rientrarono.
“Parla, altrimenti questo è solo l’inizio, per lei! Il Boss ha detto che non dobbiamo toccare te, ma alla tua famiglia possiamo fare tutto ciò che vogliamo!”
Gin e la sua solita risata, sembravano sempre più convincenti alle orecchie del padre della ragazza. Come già detto, Gin e Vodka non avevano fatto niente, se non togliersi i vestiti per alimentare le visioni del povero detective, e Ran non era nemmeno lì. Ma Goro era sotto effetto di una potente droga o qualcosa di peggio; qualunque cosa fosse, aveva degli effetti devastanti. Oramai, comunque, stava riacquistando lucidità, e prima di parlare, voleva fare una domanda. Con la voce strozzata dal pianto, disse:
“Perché…perché lei? Cosa vi ha fatto di male? Sono qui da tre giorni, eppure non mi avete fatto niente di terribile, avete fatto in modo che sopravvivessi. Shiho mi ha detto che cosa fate alle persone voi due, e al confronto penso che mi abbiate trattato benissimo. Perché non avete torturato così anche me?”
Gin guardò prima in faccia Vodka, che aveva uno sguardo confuso (probabilmente si era fatto la stessa domanda) e poi il detective. Con un gelido sorriso, disse:
“Semplice…perché non potremmo mai fare del male a Quella Persona!”
 
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Ciao a tutti, popolo di EFP!! Come va oggi?? Sono contentissimo, perché ho (ri)scritto questa roba in meno di due giorni, e ancora meglio del capitolo originale, almeno secondo me. Ma, come si dice, l’ultima parola al popolo! Lo so che è abbastanza lungo, ma spero apprezziate il lavoro, per me è il capitolo più bello. Si inizia a scoprire sulla passata lotta contro l’Organizzazione, e, per chi non lo avesse ben capito dal testo, vi sono stati due eventi principali: il primo è la distruzione della sede dell’Organizzazione dove però sembra che il Boss, Gin e Vodka sopravvivono; il secondo, lo “scontro finale” secondo Goro, sulla Bell Tower, dove il Boss si sarebbe dovuto suicidare mentre Gin e Vodka fuggono. La parte dove avviene la morte di Heiji è omessa perché, anche se si può comprendere, l’ho scritta in forma di cross-over sulla mia raccolta “100 parole prima di morire” e quindi, per amor di completezza, vi lascio il link della drabble qui sotto.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3274518
Alla prossima!!

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Capitolo 6
*** Cap.5: Fuga e misteri tinti di nero (e di rosso) ***


Riassunto delle puntate precedenti: Shinichi e Shiho tornano a Tokyo dopo 5 anni per il matrimonio di Ran con Eisuke Hondo, agente delle CIA; avevano lasciato la città dopo gli avvenimenti che avevano portato alla distruzione dell’Organizzazione, culminata nello scontro sulla Bell Tower, ove Goro Mouri, padre della novella sposa, aveva visto il Boss suicidarsi. Ma dopo che il matrimonio va a rotoli, Goro viene rapito da due loschi figuri che si rivelano essere Gin e Vodka, fuggiti alla cattura e che desiderano sapere qualcosa di non ben definito. Intanto, un misterioso motociclista getta una granata a gas nella casa di Agasa dove si trovavano anche Shiho e Shinichi, ma apparentemente solo per salvarli dall’esplosione che ha luogo qualche istante dopo. Shinichi riconosce la mano dell’Organizzazione, e intanto dopo due giorni di torture stranamente leggere, Gin rivela a Goro che: “non potremmo mai fare del male a Quella Persona!”.
 

Capitolo 5: Fuga e misteri tinti di nero (e di rosso)

 
I pompieri avevano cercato di salvare il possibile, ma per ricostruire la casa vi sarebbero voluti mesi. L’unica nota positiva era che il laboratorio sotterraneo, una volta appartenuto ad Ai Haibara ma ora abbandonato, era praticamente intatto. Shiho osservava l’amico Shinichi, che a sua volta guardava il cielo riflettendo sull’accaduto. La giovane temeva una ricaduta.
“Basta.”
Questa parola, sospirata appena dall’ex-detective, attirò l’attenzione della ragazza, che domandò al giovane a cosa si riferisse. Cominciò a soffiare un leggero venticello. E Shinichi rispose, con gli occhi al cielo…
“Basta nascondersi. Basta alla paura. Basta al sentirsi un cane bastonato. Questo attentato sarà la mia rinascita. Come una fenice che sorge dalle ceneri, da queste macerie ritorna Shinichi Kudo, il detective liceale. Shiho, scusa per non averti dato ascolto tante volte, avevi ragione. Tutto questo tempo passato ad Okinawa avrei potuto laurearmi e aprire un’agenzia investigativa, realizzare il mio sogno. E non l’ho fatto, per paura dell’odio di persone lontane. Quanto sono stato stupido…” fece una pausa, poi riprese.
“Scoprirò il colpevole dell’attentato, l’identità dell’uomo in nero e farò scordare i miei errori del passato a tutti. Sei con me, Shiho?” e tese la mano verso la ragazza.
Per qualche secondo cadde il silenzio totale per i due, che ignoravano il trambusto di poliziotti e compagnia. Gli occhi di Shinichi brillavano di nuovo come un tempo, erano pieni di speranza, di passione, di voglia di conoscere. A Shiho non servì tempo per pensare. Mise la sua mano in quella del giovane e, piena di felicità che non esitava a far trasparire, disse: “Sempre con te.”
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Si spostarono in un luogo più appartato per discutere dell’accaduto e per formulare ipotesi, prima di cominciare le indagini.
“Allora, sappiamo che l’uomo in nero probabilmente lavora per l’Organizzazione, ma che per qualche motivo sconosciuto ha voluto salvarci da morte certa. Quindi, o questo era un avvertimento per intimarci a tornare ad Okinawa, o il fantomatico pilota è un nostro alleato.”
“Sono d’accordo con te Shinichi. Ma abbiamo eliminato l’Organizzazione e abbiamo visto il Boss suicidarsi. Chi può aver organizzato tutto ciò?” chiese Shiho.
“Purtroppo, ci siamo scordati di alcune cose a cui non abbiamo dato importanza. Innanzitutto, non sono mai stati trovati i corpi di Gin e Vodka, anche se dubito abbiano organizzato loro tutto questo, e quello di Vermouth. E inoltre, non abbiamo visto il Boss buttarsi dalla Bell Tower, ma Goro l’ha visto. O almeno, ha detto di averlo visto.” Ribatté Shinichi.
“Tu…stai dicendo che potrebbe averci mentito?” Shiho era sorpresa dall’affermazione dell’amico.
“Forse l’hanno minacciato o forse qualcun altro si è suicidato al posto del Boss. Chissà. Cominceremo da lui. Chiederemo al Dottore un passaggio.”
Ad un certo punto, sentì che l’ispettore Megure li stava chiamando per andare in commissariato a dichiarare ciò che sapevano. Non potevano perdere tempo, e quindi cominciarono a correre via velocemente. L’ispettore ordinò agli agenti, fra cui Takagi, di seguirli. Cominciò un inseguimento fra cancelli da saltare e stradine tutte uguali, ove Shiho e Shinichi speravano di far perdere le tracce agli inseguitori. Passando per il giardino di una delle villette e nascondendosi velocemente in una tenda da campeggio, fecero perdere le loro tracce ai poliziotti. A tutti tranne uno. Per Takagi era impossibile fossero stati così veloci da far perdere le loro tracce così, e si fermò nel giardino a pensare, finché non notò la tenda. Chiamò rinforzi e poi esclamò:
“Fine della corsa per voi due. Cosa vi è preso? Io credo in voi. Shinichi so che c’è qualcosa che non va…non è stata una semplice fuga di gas a fare questo, vero?”
Shinichi si schiarì la voce e rispose: “Agente Takagi, lei non deve sapere niente” (*vedi nota alla fine ndZane)”
“Cosa? Questo significa che…” Non ebbe il tempo di finire che i due ragazzi uscirono di corsa della tenda per scavalcare il cancello. Il detective si mise all’inseguimento.
 Ad un certo punto, la ragazza inciampò e cadde per terra, permettendo a Takagi, il più veloce dei poliziotti, di raggiungerla. Il vento era aumentato, e scompiglia i capelli ramati della ragazza.
“Signorina Miyano, si fermi e mi segua con le buone. La prego.”
Shiho stette immobile, e dai suoi occhi usciva tutta la paura di dover nascondersi di nuovo. Una volta basta per tutta la vita. Non riusciva nemmeno a respirare. L’agente tirò fuori la pistola.
“La prego, si alzi. Sono l’ultimo che vuole fargli male. Io devo sapere.”
Un tuono in lontananza annunciava un temporale. Takagi aveva perso di vista Shinichi, ma aveva in pugno la giovane, che sicuramente sapeva qualcosa che la polizia ignorava…o che gli stava nascondendo. Improvvisamente sentì un grosso dolore alla testa, si fece tutto nero e cadde a terra. Dietro di lui Shinichi lo aveva colpito con un pezzo di tubatura in ferro, ora sporca del sangue di un amico.
“Forza andiamo! Non possiamo fidarci di nessuno!”
Shiho, ancora paralizzata, afferrò la mano del detective e si rialzò; le voci degli altri poliziotti si cominciavano ad udire in lontananza e i due giovani si volatizzarono.
Megure, appena sentito che il suo pupillo era ferito alla testa, si era precipitato nel luogo dell’aggressione. In quel momento, i medici stavano caricando il poliziotto ferito sulla barella per portarlo all’ospedale del quartiere di Beika. L’ispettore chiese notizie sulle condizioni di Takagi e uno dei medici rispose:
“Ha perso un po’ di sangue, ma il colpo è stato troppo leggero per provocare qualsiasi tipo di trauma; comunque per esserne sicuri è necessario fare delle analisi. Riprenderà i sensi molto presto.”
Megure guardava il suo agente essere portato via e intanto pensava quale collegamento potesse esserci fra Shinichi e l’Organizzazione…doveva essere tutto finito e nessuno dei suoi agenti avrebbe dovuto sapere ciò che era successo anni prima. Non avrebbe messo in pericoli altri del suo dipartimento.
“Shinichi Kudo, io ti troverò.”
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Shinichi e Shiho si recarono all’agenzia investigativa e citofonarono, ma non ebbero alcuna risposta. Decisero così di citofonare a casa Mouri al piano di sopra, ma utilizzando il farfallino del defunto Conan, che era stato perfettamente conservato da Shiho come ricordo di una vita che pensava di abbandonare, per farsi credere Megure. Il piano funzionò perfettamente ed Eri aprì la porta. Una volta salite le scale, però, ed entrati in casa, i due giovani fecero prendere un colpo alla donna, che cominciò a strillare.
“Cosa ci fate voi qui!? Vi avevo detto di non entrare più in casa mia!”
Calmo, Shinichi rispose: “Non siamo qui per chiedere scusa a Ran, perché io non ho nessuna colpa. Siamo qui per Goro.”
“Non è qui. È da due giorni che non si fa vedere. E ORA FUORI!”
I due rimasero a fissarsi negli occhi per qualche secondo, occhi pieni d’odio. Non era più Shinichi il cane bagnato che pensa sia tutto quanto una sua colpa, no, questo è uno Shinichi che non ha paura di lottare. Il vero Shinichi.
Uno strano ronzio li distrasse, mentre Ran uscì dalla stanza per vedere cosa stava succedendo. Non fece caso a Shinichi, perché c’era qualcosa di molto più evidente fuori dalla finestra… un enorme elicottero nero da guerra, che cominciò a sparare distruggendo il vetro in mille pezzi. Shinichi si buttò su Shiho che gli stava accanto per proteggerla dai proiettili e Ran rientrò nella sua stanza terrorizzata, ma la signora Mouri rimase ferma impalata dalla paura. Non ci fu niente da fare. Il suo corpo venne trapassato da decine di proiettili fino a rendere possibile il paragone con uno scolapasta, mentre il sangue schizzava sul muro, colorandolo di un rosso indelebile. Shinichi alzò la testa per dare un’occhiata alla situazione e ciò che vide fu raccapricciante e disgustoso; infine, guardò l’elicottero. Il pilota era Gin, in persona. Entrambi si guardarono per un eterno e silenzioso secondo: Shinichi rivedeva quell’occhio ancor più pieno di odio e di pazzia.
“AHAHAH! Non è ancora il tuo turno, Kudo…non morirai così velocemente…” La sua parlantina fredda procurava il terrore ai presenti e non c’era niente per evitarlo.
“Cosa vuoi Gin? Se cerchi vendetta, sono io il tuo obiettivo, non loro!”
“Non hai capito Kudo…prima di far fuori te, ucciderò chiunque tu abbia mai conosciuto e amato, solo per farti capire che non potrai fare niente per fermarmi!”
E volò lasciando il panico fra i tre ragazzi.
Ran in lacrime si chinò sul corpo della madre, oramai senza vita.
“Questo è colpa vostra! Perché siete venuti qui?” La ragazza non riusciva a parlare per il pianto. “Guardate cosa avete fatto!”
Sninichi era addolorato per la morte di Eri… Ran aveva ragione, probabilmente era stata colpa sua. I sentimenti e le sensazioni di cinque anni fa stavano ritornando.
“Shinichi, Gin sta cercando di distruggere la tua voglia di combattere. Dimostriamogli che si sbaglia, a quello stronzo.” Shiho aveva ragione. Oggi non era il giorno giusto per piangersi addosso. Si rialzò da terra, strinse i pugni ed esclamò:
“Ran, mi dispiace tantissimo, davvero. Ti prometto che io e Shiho faremo di tutto per acciuffare quel criminale e assicurarlo alla giustizia.”
“Vengo anch’io.” Rispose la giovane freddamente.
“C-cosa?”
“Non mi è rimasto nulla: per colpa di quel pazzo, mio padre è sparito e mia madre brutalmente uccisa. Quindi vengo anch’io; prendo la semiautomatica di mio padre e arrivo.”
Così, lo strano trio lasciò il palazzo mentre la polizia arrivava per indagare sull’accaduto. Il caso venne archiviato come: “Pazzo ruba elicottero militare e semina il panico”, senza alcuna menzione a Gin, l’Organizzazione o Shinichi.
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Dipartimento di polizia di Beika, settembre 20—
Venne notte e il dipartimento chiudeva ufficialmente al pubblico, con gli sfortunati agenti a cui era capitato il turno di notte gli unici a rimanere in servizio, o almeno di solito. Verso la mezzanotte, dal bagno degli uffici uscì nientemeno che Takagi, che velocemente si nascose sotto una scrivania per evitar di esser visto dalla sorveglianza. Quando il pericolo passò, si mosse tanto velocemente quanto silenziosamente verso le scale per dirigersi verso gli archivi. L’agente incaricato di sorvegliare gli immensi archivi si sarebbe dovuto trovare sul lato sinistro, e per sua fortuna, la meticolosità della polizia giapponese gli permise di raggiungere un terminale. Aveva sei minuti e 40 secondi. Velocemente inserì la sua password ma con stupore si trovò l’accesso negato…per sicurezza riprovò, ma ancora una volta il tentativo fallì. Allora ricorse ad utilizzare le credenziali dell’ispettore Megure, cosa che non era possibile definire “legale”. Restavano 4 minuti. Avuto l’accesso, cercò rapidamente il file contenente l’incendio di casa Agasa: niente d’interessante, eccetto per la frase: “Probabile attentatore appartenente all’Organizzazione Nera”. 2 minuti e sarebbe dovuto scappare. Stupito da come non avesse mai sentito quel nome, lo inserì nella barra di ricerca, trovando una decine di file…ma quando provò ad aprirne uno, si ritrovò l’avviso: “Documento cancellato” e così per tutti gli altri, eccetto il più recente, che citava l’incidente a casa Mouri e i nomi di due agenti occupati di indagare sul posto da cui era partito l’elicottero. Velocemente stampò il file. Solo 20 secondi rimanenti e vedeva già la luce della torcia dell’agente di sorveglianza, mentre il foglio usciva dalla stampate in maniera troppo lenta. 9…8…7…ecco la stampa era completa…6…afferrò il foglio e corse verso un piccolo spazio fra due scaffali…4…3…2…
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L’agente Shiratori odiava il turno di notte: era tutto maledettamente uguale ed erano 5 anni che nessuno cercava di entrare nel dipartimento…girò l’angolo per la decima volta, e come sempre vide tanti scaffali polverosi e diversi terminali. Sbuffò e riprese a pattugliare.
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Takagi uscì dal dipartimento dalla finestra del piano terra e rapidamente si nascose dietro alcuni cespugli. Si massaggiò la testa nel punto in cui era stato bendato, e vide che la perdita di sangue si era definitivamente fermata. Chissà che faccia avrebbe fatto l’ispettore l’indomani a vedere l’agente di guardia all’ospedale tramortito e il letto del paziente vuoto. Ma non era tempo di pensare a qualcos’altro. Ora aveva un’indagine da compiere, destinazione: base militare di Tokyo Est, e non si sarebbe fermato davanti a nulla.
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“Da dove cominciamo, Shin?”
“Da questo indirizzo in inglese, Shiho. L’ho raccolto dalla scrivania di Goro e sembra una specie di messaggio…”
Ran osservò l’indirizzo e commentò: “Ma questo è l’indirizzo di casa nostra!”
Shinichi prese velocemente dalla tasca una penna e poggiò il foglio sul tavolo del bar dove si erano fermati. Dopo esclamò:
“Vedi che il numero è scritto in blu, la prima parola in rosso e la seconda in giallo? Questi sono definiti colori primari ed insieme formano…”
“…il nero.” Concluse Shiho.
“Già. Goro sapeva che era in pericolo, e ci ha lasciato un indizio: secondo me, i tre colori che formano il nero non sono altro che i tre membri dell’Organizzazione che potrebbero aver organizzato questo, perché gli unici a non esser mai stati catturati: Gin, Vodka e Vermouth.”
“Ma avete detto che probabilmente anche il Boss è ancora vivo. La tua deduzione non regge.” commentò Ran.
“No, perché per Goro il Boss è morto, avendolo visto di persona. Comunque, immaginiamo di dover formare il nero con queste tre scritte: ci servirebbe la stessa quantità di colore, e quindi di lettere e numeri, per far in modo che il colore venga senza sfumature. Se quindi, andando da destra verso sinistra togliamo la quantità minima di caratteri, ovvero la prima parola formata da 5 lettere, dovremmo ottenere…cosa? Perché non si forma niente di senso compiuto?” Shinichi analizzò più volte il suo ragionamento, ma lo trovò esatto.
“Forse bisogna leggere da sinistra verso destra.” Ran propose una buona idea e venne appoggiata da Shiho: “Mouri ha ragione; l’inglese si scrive da sinistra verso destra, e quindi uscirebbe… H Hotel 22…”
“L’Haido Hotel! La camera 22! Abbiamo una pista! Forza!” Era da tanto che non si vedeva uno Shinichi così pieno di vitalità. Pagarono il conto e uscirono, dirigendosi alla metro, essendo il posto migliore per non disperdersi fra la gente, visto che erano ricercati alla polizia E da Gin.
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Luogo sconosciuto, settembre 20—
La porta dello scantinato si aprì, rivelando la possente e terrificante figura di Gin, che domandò al compagno:
“Allora… come sta il nostro prigioniero…si è ripreso dalla scioccante notizia?”
“Sinceramente, Aniki…sono più sconvolto io…il detective Goro Mouri il grande Boss? Lui…lui è buono! Non può aver finto per tutto questo tempo!”
“Mio caro Vodka…hai mai sentito parlare del progetto “Identity”? No? Meglio così, ti avrei dovuto uccidere. Sappi solo che grazie ad esso, una persona può benissimo esserne un’altra…”
“Continuo a non capire, Aniki…”
Il killer dai capelli biondi prese una valigetta che faceva da custodia a tre siringhe, ma lì ve ne era solo una contenente uno strano liquido blu fosforescente: la afferrò, e con violenza infilzò il braccio destro del detective incatenato.
“Con questo, Boss, si sentirà molto meglio…per aumentare l’effetto dell’antidoto, le rammenterò gli eventi dell’ultima volta che ci siamo incontrati, che per me è stata anche la prima…
FLASHBACK
La porta si chiuse di colpo, Gin furibondo si copriva l’occhio sinistro. Renderlo guercio sarebbe stata l’ultima mossa di Shinichi Kudo. Vodka non osava parlare.
“VELOCE! Usa questo ascensore e una volta raggiunto il Bar davanti alla piazza, entra in bagno e prendi questa pillola. Ti farà scordare tutto ciò che sai sull’Organizzazione, chiamala precauzione. Io ti raggiungerò lì.”
Senza fiatare, il compagno del gelido assassino eseguì gli ordini, uscendo dalla Bell Tower. Gin invece si recò in uno sgabuzzino dove lo aspettava il Grande Boss. Chi sarebbe stato? Sicuramente qualcuno di perfetto fisicamente e terribilmente crudele. Ma ciò che si trovò davanti…fu una sorpresa. Davanti a lui non vi era altri che Goro Mouri, il detective amico di Shinichi. Subito tirò fuori le sue due pistole e le puntò alla testa dell’altro.
“Cosa ci fai qui?”
“Ahahah! Ti sorprenderà, ma io sono il tuo Boss e anche il secondo miglior esemplare del progetto Identity, mio caro G…” Intanto fuori si sentì un colpo di pistola. Gin indietreggiò di qualche passo…come poteva sapere il suo vero nome? Perfino lui se lo era scordato! (Ovviamente ho fatto in modo che voi lettori “non abbiate sentito” il suo vero nome ndZane”)
“Tu…tu…come fai a sapere il mio nome? E cosa c’entra il progetto Identity? Non dirmi che…”
“Già…tanti volevano scoprire la mia identità…e quindi ho preso l’identità di questo detective!”
“Oh…mi scusi per…per essere stato irrispettoso, Boss. Cosa devo fare?”
“Prendi questa valigetta: contiene tre antidoti per il farmaco che vi ho già dato…io, te e Vodka ci scorderemo tutto, ma per voi nella valigia ci sarà un foglio che vi dirà quando dove venirmi a prendere e farmi tornare me stesso! AHAHAHA! E mi raccomando, dovrete usare l’antidoto SOLO quando sarà il momento; fino ad esso, rimarrete nel buio.”
“OK, Boss.”
La polizia stava arrivando. Lui doveva andare…uscì velocemente e prese l’ascensore segreto per dirigersi da Vodka. Intanto, Goro assumeva un medicinale che gli provocò un grande mal di testa, per ritrovarsi ad aver seppellito nelle ombre i suoi ricordi da Boss. Seppellito, e non dimenticato, perché certe cose non cambiano mai.
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Gin e Vodka ripresero conoscenza in uno dei tanti vicoli di Beika. Si guardarono due secondi attorno e l’unica cosa che videro fu una valigetta grigia scintillante. Inoltre, quel nome nella testa e una strana voglia di vendetta… “Shiho” …
FINE FLASHBACK
Tutte quelle situazioni…tutti quei ricordi…entrarono nella testa di Goro prepotentemente, e il detective poteva giurare che avesse una bomba nel cervello pronta ad esplodere da un momento all’altro. Cominciò a urlare al dolore, un “AHHH!” continuo, mentre ricordava tante di quelle cose con cui non aveva niente in comune…e la sua coscienza, la sua voce nella testa, perché sembrava più lontana? C’era qualcos’altro che la stava sostituendo…Goro provò a lottare con tutte le sue forze, ma più secondi passavano, meno era in controllo del suo corpo…sembrava di addormentarsi…e l’urlo di dolore si trasformò in una terrificante risata.
 
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Ehilà, popolo di EFP! Dopo la mia solita pausa di due mesi per l’estate sono tornato, più potente che mai! Eh sì, perché ho quasi finito il finale di “Io, te e l’Organizzazione” e sto per iniziare una nuova raccolta. E poi c’è questo capitolo, spero vi piaccia. Le cose cominciano a farsi interessanti, e penso che il riassunto sia una buona idea, visti i miei tempi da bradipo con in sella una tartaruga. Grazie a tutti quelli che seguono le mie storie e che recensiscono, davvero, il vostro supporto è fantastico; volevo solo dire a tutti quelli che anche nell’altra raccolta non hanno avuto una mia risposta che dove sono stato non c’era internet e quindi non ho potuto né leggere né rispondere, ma tornato a casa sono rimasto sorpreso di quanti abbiano letto storie che non aggiornavo da tanto! Quindi, grazie!
Ai: Quando tocca a me?
Zane: Per una volta vuoi commentare? Questa è un’occasione più unica che rara!
Ai: Sì, perché mi chiedevo chi continua a leggere questa robaccia!
Zane: Appunto…
Grazie ancora e alla prossima!
Note: La frase “Tu non devi sapere niente” è presente nel quarto film di DC “Solo nei suoi occhi”, e viene usata da Shiratori per far capire a Goro che non il crimine di cui si parlava riguardava la polizia. In questo caso, Shinichi lo utilizza perché, per un dettaglio che vedremo nel prossimo capitolo, fa capire a Takagi che la faccenda riguarda la polizia e che non può fidarsi.

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