Amare fa rima con sparare.

di Anmami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amare fa rima con sparare ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1- Decisioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2- Fuga ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3- Pensieri ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4- Incontri ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5- Casa ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 (Epilogo)- Passo ***



Capitolo 1
*** Amare fa rima con sparare ***


AMARE FA RIMA CON SPARARE.
Prologo

-Avanti parla.- disse Daryl con il suo solito tono burbero.
-Bella serata vero?- buttò lì lo sceriffo appoggiandosi alla balaustra di legno del portico.
-Oh coraggio, dimmi quello che devi e falla finita.- borbottò l'arciere sbuffando.
-Stavo pensando alle armi.- affermò Rick distrattamente.
-Alle armi?- domandò l'altro perplesso.
-Si, alle armi da fuoco.- rispose.
-Dove vuoi arrivare?- chiese scuotendo la testa ed accendendosi una sigaretta.
-Stavo pensando alle armi da fuoco ed al loro funzionamento. Prendi la mia pistola ad esempio. Senza i proiettili sarebbe solo un pezzo di metallo dalla forma bizzarra, invece con le munizioni giuste diventa uno strumento di morte e di difesa.- spiegò lo sceriffo guardandosi intorno.
-Che cazzo di discorso è?- fece l'altro soffiando il fumo della sigaretta verso l'alto.
-Questa pistola non è tanto diversa da una persona. Le pallottole sono tutti gli aspetti della vita di quella persona, l'amore, la famiglia, eccetera, tutti fondamentali per il suo funzionamento.- rispose Rick.
-Lo sapevo che Abraham non avrebbe dovuto farti bere.- ridacchiò divertito l'arciere.
-Non sono ubriaco! Questa pistola senza munizioni non serve a nulla, come un uomo senza amore, un inutile ammasso di carne ed ossa, non tanto differente da quegli stronzi là fuori. Mi segui?- 

Daryl annuì curioso e divertito dai discorsi del suo amico, lo sceriffo sbronzo era un vero spasso e voleva capire dove stesse cercando di andare a parare.

-L'amore è uno dei proiettili più importanti nella pistola della vita.- affermò Rick sedendosi sgraziatamente sullo scalino del portico.
-Quindi tu mi stai dicendo che l'amore porta gli uomini ad essere in grado di uccidere? Li fa diventare degli strumenti di morte? Allettante davvero...- fece l'arciere scuotendo la testa e spegnendo la sigaretta sul legno del portico.
-No! Sto dicendo che senza l'amore un uomo è inutile come una pistola senza proiettili.- disse l'altro con aria indignata.
-Certo che ne dici di stronzate amico...- mormorò Daryl sempre più perplesso.
-Non sono stronzate! Sono serio. Daryl tu sei una pistola.- affermò lo sceriffo alzando il tono della voce.
-Io sono una pistola?- domandò l'altro confuso.
-Sì, lo sei! Sei una pistola scarica da quando...- sussurrò Rick lasciando la frase a metà.
-Da quando?- lo invitò a continuare l'arciere, indurendo la sua espressione, fino ad un minuto prima divertita.
-... da quando Beth... era lei il tuo proiettile, ora sei una pistola scarica.- disse lo sceriffo con aria triste ed una gran pena negli occhi.

Quelle parole colpirono Daryl. Erano decisamente vaneggiamenti da ubriaco, ma una strana sensazione di vuoto si fece strada nel suo petto. Quel luogo non faceva per lui, gli altri si erano adattati chi più e chi meno alla nuova realtà, ma l'arciere si sentiva un pesce fuor d'acqua. Odiava quel posto e quelle mura erano soffocanti per lui. Sapeva di dover resistere per il bene del gruppo, di quelle persone che erano a tutti gli effetti la sua famiglia, ma il compito si stava rivelando più gravoso del previsto.
Con una certa riluttanza aveva deciso di trattenersi, di tentare di adattarsi, conscio comunque che non sarebbe mai riuscito a considerare Alexandria come la sua nuova casa.
Lui non era come gli altri e mai lo sarebbe stato, si sentiva diverso e la sua presenza lì era decisamente fuori luogo.
Sbuffando si mosse dalla sua posizione e si avviò verso la strada, non prima di aver detto un'ultima frase a Rick che lo osservava attentamente.

-Le pistole fanno solo un gran baccano. Meglio una balestra.- affermò dando le spalle all'amico e avviandosi verso il lago.
-Sei comunque incompleto senza le tue frecce!- urlò Rick, certo di aver colpito nel segno ancora una volta.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1- Decisioni ***


Ebbene eccomi qua! Mi avete chiesto di continuare la storia e dopo giorni di ragionamenti ho avuto l'idea giusta per riuscire (spero) ad accontentarvi. Partita come una one shot, ho deciso di svilupparla e di continuarla. Non saranno molti capitoli, ma ho già bene in mente come andrà a finire. Aspetto con ansia di sapere che ne pensate.
Vi avviso che ho stravolto la trama, dimenticate buona parte della quinta stagione, ho rimescolato le carte. 
La one shot, quella dove Rick e Daryl parlano dell'amore è da considerarsi come una sorta di prologo e da qui inizia la storia vera e propria. 
In attesa di conoscere la vostra opinione vi saluto e ringrazio chi vorrà recensire e chi leggerà! A presto!

Capitolo 1

DECISIONE.

-Ehi? Tutto bene? Ti ho portato dei vestiti puliti, sai quanto la strega detesti vederci in disordine.- affermò il ragazzo entrando nella stanza.

-Grazie, mi cambio e ti raggiungo.- disse lei con il suo abituale tono gentile, asciugandosi una lacrima con il dorso della mano.

-Hai pianto ancora, non è vero?- domandò lui, mentre il senso di colpa gli stringeva il cuore in una morsa.

-Solo un momento... è già passato.- rispose la ragazza con un sorriso forzato.

-Certo, solo un momento...- mormorò lui rispondendo al sorriso, per nulla convinto delle parole di lei.

Quei "solo un momento" come li chiamava lei, andavano avanti da due mesi circa, da quel maledetto giorno.
Avrebbe dovuto lasciarlo lì, al suo destino, la decisione di restare con lui era stata davvero una stupidaggine. Aveva una famiglia, persone alle quali importava di lei, gente che aveva rischiato per salvarla, amici decisi ad andare a riprenderla per portarla fuori da quel dannato ospedale ed invece lei aveva pensato bene di non andare con loro, di rimanere con lui per non lasciarlo solo.
Sarebbe potuta finire diversamente, avrebbero potuto scappare entrambi, seguire il suo gruppo ed essere a miglia di distanza da quell'incubo, oppure lei avrebbe potuto essere lontana da lì, insieme ai suoi cari, invece che in trappola.
Il ragazzo le era terribilmente grato per essere rimasta, ma il senso di colpa non lo abbandonava un attimo, nonostante lei gli avesse più volte ripetuto di essere convinta della sua decisione.
Era una gioia avere una persona amica accanto, ma vedere i suoi occhi spenti e trovarla in lacrime praticamente ogni giorno, lo devastava.
Quando Daryl ed il suo gruppo si erano allontanati, dopo lo scambio, si era voltato verso di lei e l'aveva osservata. Gli occhi fissi su di loro, le lacrime che spingevano per uscire senza possibilità di essere fermate, le braccia rigide lungo i fianchi con le mani strette a pugno. 
Nel momento in cui uscirono dalla porta, lei crollò.
Era stata brava a mantenere la sua posizione, risoluta e decisa, ma quando li vide allontanarsi per sempre, tutta la sua compostezza sparì in un secondo.
Si accasciò a terra, sotto lo sguardo quasi divertito di Dawn, lasciandosi andare ad un pianto incontrollato. 
La donna la superò, non curandosi di lei e fu compito del ragazzo raccogliere i cocci di Beth. Si occupò di lei, dandole della pazza per quella sua folle iniziativa. 
Quando la poliziotta aveva preteso che Noah restasse al Grady, era scattata. In una frazione di secondo si era fatta avanti e si era opposta, offrendosi di restare al posto suo, sotto lo sguardo attonito della sua famiglia. A quel punto il ragazzo non poté certo stare a guardare, la affiancò e le strinse la mano cercando di convincerla ad andare, ma non riuscì nel suo intento ed alla fine si ritrovarono entrambi ancora intrappolati in quell'inferno.
Noah si sentiva responsabile ed era intenzionato a fare qualcosa, doveva permetterle di scappare, doveva ad ogni costo farla tornare dal suo gruppo.

Per Beth quei due mesi erano stati come un brutto sogno. Un incubo apparentemente senza fine, un labirinto dal quale era impossibile uscire. La sua unica consolazione era saperli tutti vivi. Il suo gruppo, la sua famiglia, erano sopravvissuti e stavano bene. Chissà se l'avrebbero mai capita, chissà se Daryl l'avrebbe mai perdonata. La sua decisione ai loro occhi poteva sembrare un abbandono, ma non aveva avuto altra scelta, Noah non sarebbe sopravvissuto da solo e, se Rick avesse provato a ribellarsi, la situazione sarebbe degenerata in pochissimo tempo, provocando numerose perdite sia da un lato che dall'altro e lei non avrebbe potuto sopportarlo. Restare le era sembrata la cosa migliore, l'unica scelta sensata. 
Gli sguardi che le avevano lanciato i suoi amici l'avevano pietrificata, ma uno in particolare, quello di Daryl, le aveva raggelato il sangue. Era pieno di rabbia, di speranze infrante, di tristezza e di risentimento. 
Rick aveva dovuto trascinarlo via aiutato da Carol per evitare un suo colpo di testa. L'avrebbe odiata, ne era certa, ma non aveva visto altra soluzione, si era sacrificata per un bene più grande e sperava vivamente che lui la comprendesse.
In un angolo dell'ospedale, in un vecchio schedario, trovò una specie di agenda, era praticamente vuota, solo poche pagine erano state usate dal vecchio proprietario ed iniziò ad usarla come diario.
Scrisse tante lettere indirizzate a Maggie, ma la maggior parte a Daryl.
Ogni notte sognava le ultime parole che gli aveva rivolto "non ti lascio solo" e avrebbe voluto davvero mantenere la promessa, ma l'avevano portata via, lontano da lui.
Non riusciva a pentirsi della sua decisione, ma sentiva la loro mancanza, la sentiva terribilmente. 
Si vestì in fretta, come tutte le altre mattine e raggiunse Noah in corridoio, pronta per svolgere i suoi compiti, pronta per un'altra giornata all'inferno.

 
****

-Rick gli hai parlato?- domandò Carol svegliando lo sceriffo.

L'uomo aprì gli occhi con un leggero cerchio alla testa. I bicchierini della sera prima non erano stati una grande idea. 
Con una certa fatica, si mise a sedere sul letto e si accorse della tazza che gli stava porgendo la donna, guardandolo con aria impaziente.

-Grazie.- affermò lui prendendo il caffè.

-Sì sì, prego! Allora gli hai parlato?- domandò ancora lei, insistente.

-Sì, ci ho provato ieri sera, ma temo non abbia recepito il messaggio, oppure ha fatto finta di non capire dove volessi arrivare.- spiegò Rick passandosi una mano sul viso.

-Dobbiamo fare qualcosa, non è più sé stesso. Del vecchio Daryl è rimasto un guscio vuoto. Rick fatti venire un'idea alla svelta.- disse lei puntando il dito.

-Cosa intendi fare? Non possiamo partire, tornare all'ospedale ed andare a riprenderci Beth come se nulla fosse, ha fatto una scelta. Ha deciso di non lasciare Noah, di restare lì con lui, chi siamo noi per farle cambiare idea? E tra l'altro pensi che la gente di qui sarebbe d'accordo a fornirci i mezzi necessari per un viaggio del genere? Carol, non credo ci sia una soluzione, diamogli del tempo, magari...-

-Tempo? Oh al diavolo! Lo conosci! Non gli passerà, la sua mente rimarrà sempre in quel maledetto ospedale.- affermò Carol scuotendo la testa.

-Ci penserò ok? Escogiterò qualcosa, va bene?- fece lo sceriffo, sfinito dall'insistenza della donna.

-Cerca di fare in fretta.- disse lei lasciando la stanza.

Daryl le stava a cuore e vederlo in quello stato la faceva soffrire terribilmente. Lui e Maggie erano quelli ad aver sofferto di più a causa della decisione di Beth. Poteva capire il perché di quel suo gesto, si era sacrificata affinché le cose non peggiorassero, ma non era certa che l'arciere comprendesse allo stesso modo la sua scelta. 
Sembrava arrabbiato e deluso da lei, come se il restare all'ospedale fosse stato un affronto personale, come se lei, secondo lui, lo avesse fatto volutamente per ferirlo. La strana alchimia che lo legava alla ragazza non le era ancora del tutto chiara, ma dall'entusiasmo che ci aveva messo nel suo salvataggio, era facilmente intuibile.
Quando Noah raccontò di quella ragazza bionda trovata per strada, i suoi occhi si illuminarono e per lei era stato sufficiente per capire che fosse spinto da qualcosa di importante e profondo.
Dovevano fare qualcosa, andare a riprenderla e portarla via da quel posto e se per farlo avessero dovuto sacrificare qualche vita, era un rischio che valeva la pena correre. La sopravvivenza delle persone care era da anteporre a tutto il resto e lei lo sapeva bene, era una lezione che tutti loro avevano ormai imparato.

 
****

Sotto  il portico della villetta, Daryl stava seduto sul pavimento intento ad armeggiare con la sua balestra. Il mattino seguente lui ed Aron sarebbero partiti e voleva accertarsi che tutto fosse in ordine. Era essenziale controllare prima di uscire dalla città, in situazioni di pericolo l'arma inceppata voleva dire quasi certamente morte.
Con la mente andò al discorso di Rick della sera prima. Non era la prima volta che lo sceriffo tirava in ballo la ragazza, non era la prima volta che lui o Carol tentavano di affrontare quell'argomento. Beth aveva fatto la sua scelta, aveva preferito restare all'ospedale lasciando la sua famiglia. Lo aveva deciso di sua spontanea volontà, senza costrizioni e loro potevano soltanto adeguarsi.
Avrebbe voluto schiaffeggiarla quel giorno, caricarsela in spalla e portarla fuori da quel maledetto posto per impedirle di fare quella sciocchezza, ma poi l'aveva guardata negli occhi. Stava lì, in piedi, risoluta e fiera. Nessun segno che stesse per cedere, nessun gesto di debolezza, neanche la più piccola ombra di ripensamento sul viso. Era convinta, voleva restare con Noah, opporsi sarebbe stato da sciocchi. Le aveva lanciato un'ultima occhiata caricandola di rimproveri e di risentimento e poi Rick e Carol, credendo che stesse per scattare, lo avevano trascinato via.
L'immagine di lei era ben impressa nella sua mente, quell'ultimo sguardo era servito più a lui che a Beth, voleva portare con sé un ricordo, anche se quel dettaglio non lo avrebbe mai rivelato a nessuno e probabilmente non ne era neppure pienamente consapevole.
Il giorno dopo sarebbe stato finalmente fuori da lì. Nei boschi, senza muri e villette bianche, nel suo ambiente. Libero sia fisicamente che, anche e soprattutto, mentalmente. Libero di accantonare, almeno momentaneamente, i tormenti dei giorni trascorsi.

****

A miglia di distanza, intenta a smacchiare il pavimento di una stanza imbrattato di sangue, c'era Beth. 
Anche se fisicamente era in quel luogo maledetto, con la mente stava viaggiando. In quel preciso istante si trovava in giro per i boschi, intorno ad un fuoco, gustando tutte le "delizie" cacciate da Daryl. Un sorriso spontaneo le nacque sul viso, sostituito però immediatamente da un espressione di dolore, dolore vero, autentica sofferenza, una tristezza di una profondità tale da diventare anche fisica.
Il mal di stomaco non l'abbandonava un secondo, le dava continuamente il tormento. Le mancava terribilmente, l'aveva salvata, protetta e assecondata, era stato per lei esattamente ciò di cui aveva bisogno e nel momento preciso in cui ne aveva bisogno e trovarsi lì, sola e senza possibilità di vederlo, senza l'occasione di parlargli e di spiegarsi, le provocava un malessere che si estendeva ad ogni parte del suo corpo e del suo spirito.
Lo sguardo che le aveva riservato allontanandosi dall'ospedale, l'avrebbe ricordato per sempre, i suoi occhi velati di freddezza, glaciali e colmi di rimprovero non sarebbe mai riuscita a cancellarli dalla sua mente.

-Beth se hai finito dovres... stai piangendo?- domandò Noah entrando nella stanza.

La ragazza si toccò la guancia e solo in quel momento, trovandola umida, realizzò di essere in lacrime. Presa dai suoi mille pensieri non si era accorta di aver iniziato a piangere e non poteva dire con assoluta certezza da quanto stesse andando avanti.
Con il dorso della mano si asciugò il viso e rivolse al ragazzo il sorriso più ampio del quale fosse capace, sperando che non si accorgesse di quanto fosse finto.
Non voleva che si sentisse responsabile, la decisione di restare era stata la sua e Noah non aveva nulla per cui colpevolizzarsi.
Passava le giornate a fingere che tutto andasse bene per impedire al ragazzo di accorgersi del suo reale stato d'animo, ma a volte, anzi molto più spesso di quanto avrebbe voluto, le lacrime sfuggivano al suo controllo rivelando la profonda tristezza che si portava appresso da quel maledetto giorno. 

-Solo un momento... è già passato.- mentì lei per l'ennesima volta.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2- Fuga ***


Capitolo 2! Un parto! Ci ho messo tantissimo a scriverlo, è stato terribile! Ho cancellato tutto almeno cinque volte. Spero vi piaccia! Resto in attesa di sapere che ne pensate.
Alla prossima e grazie a chi legge, a chi ha messo la storia tra le seguite, preferite ecc e grazie anche a chi ha recensito! Ciaooo.
 

Capitolo 2
 
FUGA

Un altro giorno. Al vecchio Signor Smith, non restava ancora molto da vivere, un giorno, al massimo due.
Da un paio di settimane stava preparando tutto in attesa dell'occasione giusta. Occasione che si era presentata con la brutta caduta dell'anziano che lo aveva ridotto in fin di vita. Non si sentiva particolarmente fiero di ciò che stava pensando, ma l'incidente di quell'uomo era capitato nel momento migliore. Aveva circa settant'anni, aveva vissuto una vita intera ed il suo sacrificio sarebbe stato per una buona causa. 
Ogni cosa doveva essere al suo posto, non poteva permettersi di sbagliare nulla, anche il più piccolo errore avrebbe potuto essere fatale.
Dalla sua parte aveva quasi tutte le persone presenti in ospedale ed addirittura poteva contare sull'appoggio di due delle guardie, anche se a loro non aveva illustrato tutti gli aspetti del suo piano, sentiva di non potersi fidare completamente. 
Avrebbe portato Beth fuori da lì, anche a costo di morire nel farlo. 
La sua idea era semplice, forse proprio per la sua semplicità avrebbe potuto funzionare.

Un'esplosione, un diversivo, il panico, la fuga. 

Era un inserviente, nessuno si sarebbe insospettito vedendolo spingere una barella con sopra un cadavere. Quella era la prassi, quando qualcuno moriva al Grady, prima che il corpo si raffreddasse, veniva gettato nella tromba dell'ascensore e dato in pasto agli zombie.
L'insospettabile però era che sopra quella barella, nascosto sotto al lenzuolo bianco, non ci fosse soltanto un cadavere, ma anche un paio di granate che gli erano state procurate dalle guardie.
Il suo primo tentativo di fuga era stato un totale fallimento, quella volta avrebbe avuto successo, la sua amica meritava di ricongiungersi alla sua famiglia e lui si sarebbe adoperato al massimo delle sue possibilità per far si che ciò avvenisse, o alla peggio sarebbe morto nel tentativo di farlo.
Ognuno sapeva esattamente cosa fare, nel momento della morte del Signor Smith il piano sarebbe partito.
Noah avrebbe spinto la barella fino alla tromba dell'ascensore, lì un altro degli inservienti lo avrebbe aiutato con le granate, mentre le due guardie avrebbero scortato Beth fino al parcheggio, luogo in cui anche lui l'avrebbe raggiunta se tutto fosse proceduto come aveva previsto.
Era d'accordo con i due poliziotti, se dopo dieci minuti non fosse riuscito ad arrivare al parcheggio, avrebbero messo Beth su un'auto e le avrebbero coperto le spalle affnché riuscisse a scappare. 
Aveva deciso di non informare di nulla la ragazza, convinto che lei avrebbe tentato in tutti i modi di farlo desistere. Era una missione ad alto rischio e c'era la reale possibilità che si concludesse con la sua morte e sapeva bene che Beth non glielo avrebbe permesso. 
Noah si sentiva in debito con lei ed aveva tutte le intenzioni di ripagare quel debito quanto prima.
Passò tutta la notte a vegliare l'anziano morente, aspettando con impazienza che esalasse l'ultimo respiro. Anche su questo punto era certo che Beth avrebbe storto il naso, quindi si convinse ulteriormente che la scelta di non metterla a conoscenza dei suoi propositi di fuga era stata quella giusta.
Sempre più determinato restò in quella stanza in attesa del momento tanto atteso. Il momento della libertà stava arrivando e lui era pronto ad accoglierlo.

 
*****

Raccomandazioni e saluti. Una scena lacrimevole tra Aron ed Eric, un abbraccio non richiesto da parte di Carol, una stretta di mano da Rick. Un cenno del capo a tutti, la balestra in spalla, gli occhiali da sole sul naso. In sella alla sua moto pronto per la missione.
Daryl era impaziente di lasciare Alexandria, anche se per poco tempo, quelle ore fuori dalle mura era certo che lo avrebbero aiutato. Stava raggiungendo il limite e staccare la spina era certo che gli avrebbe impedito di impazzire. 
Rick gli stava con il fiato sul collo da quando avevano lasciata Atlanta, come spaventato dall'idea che potesse perdere la testa da un momento all'altro e fare qualche sciocchezza. Lui e Carol non lo perdevano di vista un attimo. Era stanco di essere trattato come una bomba sul punto di esplodere, desiderava soltanto essere lasciato in pace.
In quel maledetto ospedale aveva lasciato un pezzetto di sé, lo sapeva lui e lo sapevano anche tutti gli altri ed era inutile continuare a girarci intorno. Beth non sarebbe tornata, nessuno di loro l'avrebbe più vista. Se per Maggie la reazione più sensata era stata quella di piangere e chiudersi nel mutismo più assoluto, per Daryl non poteva e non doveva essere lo stesso. Fingere indifferenza e rassegnazione era la sua specialità. Un senso di vuoto lo attanagliava, ma la soluzione migliore per lui era ignorare quella sensazione ed andare avanti come aveva sempre fatto.
Per una frazione di secondo, lasciando il Grady, gli era passato per la mente di restare con lei, di rimanere al suo fianco, ma era stato solo un attimo. Un pensiero fugace, un'idea talmente tanto veloce da non avere nemmeno il tempo di concretizzarsi. 
Poteva soltanto accettare la sua decisione e augurarsi che se la cavasse. Sapeva badare a sé stessa ed era perfettamente in grado di difendersi e quello era ciò che gli permetteva di non arrendersi all'impulso di salire sulla sua moto ed andare a riprenderla. Quella azione avrebbe significato l'inizio di un conflitto, possibili perdite da entrambe le parti e non poteva permetterlo. Noah sembrava un bravo ragazzo e sperava vivamente che si prendesse cura di lei.

Aron aveva dei piani ben precisi per quel giorno. Voleva spingersi un po' più lontano rispetto alla volta precedente. Avevano trovato tracce di un accampamento e impronte, segni che vi fosse qualcuno vivo in quella zona, magari qualcuno meritevole di entrare a far parte della loro comunità.
Le regole erano piuttosto semplici. Dovevano individuare i sopravvissuti, osservarli ed ascoltare le loro conversazioni da lontano e stabilire se facessero parte dei buoni o dei cattivi. Nel primo caso, dopo aver mostrato loro le foto ed aver descritto ciò che avevano da offrire, li avrebbero invitati ad unirsi al gruppo di Alexandria.
Daryl accantonò i suoi pensieri, almeno per un po'. Doveva essere concentrato, ne valeva delle loro vite.
Sapeva bene di non avere poi molto da perdere, ma Aron sì. Lui aveva una persona ad attenderlo a casa, qualcuno che lo amava e che sarebbe andato in pezzi se non fosse tornato. Provava una certa invidia nei suoi confronti e, stupidamente, tra i suoi pensieri si fece spazio l'immagine di una biondina che gli sorrideva.
Fu in quel preciso istante che si rese realmente conto di quanto Beth avesse ragione: sentiva la sua mancanza. 

Dopo circa un'ora di viaggio, lasciarono in mezzi in una strada isolata e si diressero a piedi in mezzo al bosco, con tutta l'intenzione di trovare le persone che avevano lasciato quelle tracce e possibilmente trovarle vive.

*****

Un bip lungo, continuato. Una linea che scorreva sul monitor accanto al letto. Il vecchio signor Smith era morto. Il dottore si affrettò ad avvisare la guardia di turno che prontamente piantò nel cranio dell'uomo il suo coltello per impedire la trasformazione. 
Noah era lì, pronto a fare la sua parte. Il corpo fu caricato sulla barella e coperto con un lenzuolo bianco.
Il ragazzo uscì dalla stanza spingendo la lettiga e quello fu il segnale: il piano era ufficialmente cominciato. 
La voce si sparse in fretta tra gli interessati. Tutti sapevano cosa fare e quando farlo. Le armi, o meglio gli oggetti contundenti che erano riusciti a radunare erano pronti per essere utilizzati. 
Se tutto andava come sperava, il governo del terrore di Dawn sarebbe finito molto presto. Aveva tutta l'intenzione di ucciderla, anche a costo di rimetterci la vita.
Uno degli agenti che era a conoscenza del piano, gli aveva procurato le due granate da usare come diversivo ed una pistola. 
Lo scopo di quella rivolta era sì la fuga di Beth, ma soprattutto uccidere l'agente Lerner.
Percorse il corridoio che portava alla tromba dell'ascensore con molta disinvoltura, mascherando il suo nervosismo e nascondendolo dietro un sorriso. Salutò le persone che incontrava sul suo cammino come se nulla fosse, come se di lì a poco non sarebbe scoppiato il finimondo.

Raggiunta la fossa, trovò ad aspettarlo un suo complice che lo aiutò a gettare giù il cadavere e ad occuparsi delle granate. Dopo aver rimosso le spolette, lanciarono i due ordigni nella tromba dell'ascensore e corsero via per impedire che la deflagrazione li colpisse.

L'esplosione. 

Quello fu il vero inizio. Le persone cominciarono a correre, scappando via allarmate da quel boato e gli agenti, esclusi i due complici, tentarono di farsi strada attraverso la gente per andare a controllare cosa fosse successo.
Gli abitanti dell'ospedale, però, si scagliarono contro di loro, colpendoli e privandoli della armi. Tutto stava procedendo bene, ma a quel punto, per Noah, iniziava la parte più difficile. Si sarebbe giocato tutta la partita in quell'ultima azione: lo scontro tra lui e Dawn.
Percorse il corridoio schivando colpi ed infierendone a sua volta e finalmente la trovò. Era di spalle e stava per sparare ad uno degli inservienti.
La situazione al Grady le era davvero sfuggita di mano, ma l'agente Lerner avrebbe fatto di tutto per ripristinare l'ordine.
Il ragazzo le si avvicinò silenzioso e le puntò la pistola alla testa intimandole di fermarsi, ignorando che a pochi passi davanti a loro, una guardia stava facendo lo stesso con lui. Era sotto tiro, ma con la coraggiosa intenzione di non abbassare l'arma. 

 
*****

Un boato, due agenti entrarono nella sua stanza e la scortarono fuori, il caos più totale.
Beth era confusa. Gli abitanti dell'ospedale stavano lottando contro le guardie. Spari, grida, oggetti di uso comune trasformati in armi.
La ragazza si guardò intorno incredula, mentre i due agenti continuavano a trascinarla per i corridoi, proteggendola da tutti gli eventuali attacchi.
Si sentiva una specie di celebrità con appresso la scorta. Si fecero largo tra le persone, giungendo all'uscita e ignorando le richieste di spiegazioni da parte della ragazza.
Giunti nel parcheggio, uno dei due sparò al piccolo gruppo di erranti che si era riunito intorno alle macchine posteggiate e fece cenno a Beth di seguirlo.
L'uomo aprì la portiera di una delle auto e spinse all'interno la ragazza senza troppa gentilezza.

-Ehi! Che modi sono? Potete spiegarmi che diavolo succede?- chiese Beth contrariata.

-Stiamo seguendo il piano. Se non sarà qui tra sette minuti dovrai mettere in moto e andartene via velocemente, è chiaro?- rispose lui guardando l'orologio con apprensione.

-Quale piano? Chi deve essere qui tra sette minuti?- domandò la ragazza in ansia.

L'uomo non aggiunse altro, si avvicinò al suo collega ed iniziarono a guardarsi intorno, pronti ad intervenire in caso di bisogno.
Beth tentò di uscire dall'auto, ma l'occhiata di ammonimento che ricevette dall'agente fu piuttosto eloquente. Decise di desistere e quello sguardo le ricordò molto quello di un altro uomo che aveva l'abitudine  di comandarla e di pretendere obbedienza, ma anche quella di un uomo che si preoccupava per lei e la proteggeva. Il ricordo dell'intensità di quegli occhi la fece sussultare. Abbassò la mano che teneva sulla maniglia della portiera e se la poggiò in grembo, lasciandosi andare sul sedile. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma una flebile speranza si fece spazio dentro la sua mente.
Colpi di pistola ed urla provenivano da dentro l'ospedale e udendo quei rumori, si convinse che qualcuno avesse fatto irruzione in quel posto.
L'idea che Daryl fosse tornato a riprenderla la pervase, circondandola come un piacevole tepore. 
Od ogni sparo, ad ogni strillo, ad ogni suono si convinse sempre di più che a breve li avrebbe visti uscire tutti da quella porta e che l'avrebbero portata via con loro. Si vide abbracciare Maggie, stringere tra le braccia Judith e poi rivide lui. Le sembrò di sentire i suoi rimproveri per aver scelto di restare lì, ma le parve anche di vedere i suoi occhi, occhi che l'avrebbero guardata esprimendo il suo sollievo per averla di nuovo accanto, perché era certa che per quanto contrariato potesse essere, tenesse molto a lei nonostante il suo strano modo di dimostrarlo. 
L'agente fuori dall'automobile, si voltò verso di lei e le mostrò tre dita, per avvisarla dei minuti mancanti.
Non le era ben chiaro il perché quei due uomini la stessero proteggendo, ma decise di fidarsi di loro, convincendosi che molto probabilmente fossero d'accordo con Rick per attuare il suo piano di fuga.
Quei minuti sembravano intenzionati a non voler passare e l'attesa si fece pesante da sopportare. Lanciava occhiate preoccupate alle due guardie, non ottenendo nulla in risposta. 

Qualche secondo più tardi, la porta si aprì e tutti i sogni di Beth andarono in frantumi. Ad uscire dalla porta non fu Daryl come aveva pensato, ma Noah, zoppicante e con aria sconvolta.
Raggiunse l'automobile, fece un cenno alle due guardie, strinse loro la mano e poi salì a bordo al posto di guida.

La ragazza lo osservò incredula, aspettando una spiegazione che non ottenne. Noah scosse la testa e con un gesto le fece capire che avrebbero affrontato l'argomento più tardi.
Salutò di nuovo gli agenti attraverso il finestrino e partì sgommando.
Uscirono dal cancello del cortile lasciandosi alle spalle l'ospedale.
Noah strinse forte il volante, la consapevolezza di aver ucciso qualcuno per la prima volta lo colpì rischiando di fargli perdere il controllo. Sperando che ciò che aveva fatto potesse servire sia per il suo piano di fuga che per rendere il Grady Memorial un posto migliore, raggiunse la strada impaziente di tornare a casa dalla sua famiglia.

 
*****
 
-Dannazione! Siamo arrivati tardi. Avremmo dovuto cercare meglio l'altra volta.- sbottò Daryl colpendo una bottiglia di plastica vuota con un calcio.

Avevano trovato l'accampamento, ma sfortunatamente i proprietari di quegli oggetti erano morti, cibo per zombie, corpi senza vita.
Sangue e brandelli di carne erano disseminati dappertutto ricoprendo la tenda ed i due sacchi a pelo. Uno zainetto abbandonato, una bambola di pezza, un piccolo scarponcino marrone.
Probabilmente erano una famiglia. Una mamma, un papà ed una figlia, persone normali che lottavano per sopravvivere, andate incontro ad una morte orribile.
Vedendo quella scena, la sua mente viaggiò per miglia raggiungendo lei. Mai come in quel momento aveva sperato con tutto sé stesso di poterla un giorno rivedere.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3- Pensieri ***


Ciao a tutti! Eccomi con il terzo capitolo. Vi avviso, niente azione, solo molti pensieri (appunto come dice il titolo). Ringrazio tantissimoo le persone che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate e soprattuto chi ha recensito, GRAZIE GRAZIE GRAZIE! Ed un mega ringraziamento anche ai lettori silenziosi, Dai dai, non siate timidi, aspetto di sapere cosa pensate della storia! Ora vi lascio al capitolo. Buona lettura.
Al prossimo aggiornamento!
 

Capitolo 3

PENSIERI

Erano in macchina da un paio d'ore. L'automobile aveva il pieno di benzina, una cosa in meno della quale preoccuparsi.
Noah non accennava a voler aprire bocca, si era trincerato dietro il mutismo più assoluto, lasciando Beth nella confusione più totale. Era curiosa di sapere, voleva capire cosa fosse successo e come avessero fatto a scappare. Continuava a voltarsi indietro e ad osservare la strada appena percorsa attraverso lo specchietto retrovisore, terrorizzata all'idea di vedere spuntare una delle macchine del Grady, spaventata a morte al pensiero che li stessero seguendo. 
Non riusciva a rilassarsi nonostante il suo compagno non mostrasse alcun segno di inquietudine. Sembrava teso, ma non per i suoi stessi motivi, era come se avesse lasciato la testa altrove, come se alla guida di quell'automobile, accanto a lei ed alle sue ansie, ci fosse solo un involucro vuoto, una sorta di automa e non il suo amico.
Era stanca di quel silenzio diventato ormai assordante, stufa di non sapere e di essere tenuta all'oscuro di ciò che stava succedendo.
Con decisione e senza curarsi delle possibili conseguenze, tirò la leva del freno a mano. La macchina inchiodò di colpo facendo fischiare le ruote sull'asfalto e Noah dovette tenere con forza il volante per evitare che finissero fuori strada. Effettuarono un mezzo testacoda e nell'abitacolo calò il silenzio, spezzato solo dal rumore frenetico dei loro respiri. 

-Che ti salta in mente?- domandò lui con aria spaventata.

-Voglio una spiegazione e la pretendo ora.- affermò Beth con voce ben ferma.

-E per questo hai deciso di farci ammazzare?- chiese il ragazzo regolarizzando il respiro.

-Oh andiamo! Basta chiacchiere! Come abbiamo fatto a scappare? Voglio sapere esattamente cosa sta succedendo. Penso di meritarmi una spiegazione dopo tutto quello che ho fatto per te.- rispose lei battendo una mano sul cruscotto.

Era la prima volta che faceva leva su quel punto. Il senso di colpa di Noah poteva essere un buon vantaggio ed era convinta che se avesse giocato su quello lo avrebbe costretto a parlare senza troppa fatica.
Non si sentì particolarmente fiera di sé in quel momento, ma il fine giustifica i mezzi.

-Erano circa due settimane che lo progettavo. Avevo tutti dalla mia parte, perfino due guardie. Tutti all'ospedale avevano raggiunto il limite di sopportazione, Dawn era andata troppo oltre. Ho creato un diversivo usando due granate e siamo riusciti a scappare.- tagliò corto Noah tralasciando i dettagli.

Beth rifletté per qualche secondo sulle parole dell'amico e non capì per quale motivo l'avesse tenuta all'oscuro di una questione così importante. Avrebbe potuto dargli una mano invece di stare nel parcheggio con quelle due guardie a farle da balia. Si era accollato la responsabilità di tutto, rischiando la vita senza interpellarla. 
Odiava essere sottovalutata, non era più una bambina e sapeva badare a sé stessa, l'idea di essere trattata come una bambola di cristallo la faceva uscire di sennò. 

-Dawn?- domandò lei tentando di controllare il suo nervosismo che stava rischiando di prendere il sopravvento sulla ragione.

-Morta.- rispose lui abbassando lo sguardo verso le sue mani.

-L'hai uccisa?- chiese la ragazza fissando la strada attraverso il parabrezza.

Noah annuì chiudendo gli occhi e lasciando andare il capo all'indietro. Sprofondò sul sedile con aria affranta e colpevole, come se non fosse per niente fiero della sua azione. Beth poteva comprenderlo, quando Gorman aveva tentato di approfittarsi di lei, non ci aveva pensato due volte a farlo fuori, ma dopo, all'idea di aver messo fine alla vita di un altro essere umano, era stata male nonostante oggettivamente quell'uomo si meritasse la morte.
Non aggiunse altro, si limitò a guardare il ragazzo in attesa che lui si sentisse pronto a raccontarle di più.

-La tenevo sotto tiro, le puntavo la pistola alla testa. Una delle guardie davanti a noi mirava a me. E' stato un attimo, uno degli inservienti ha distratto la guardia scaraventandola a terra, Dawn ha fatto per voltarsi, ma io ho premuto il grilletto, senza pensarci due volte, senza il minimo ripensamento. Le ho sparato a sangue freddo, le ho fatto un buco in testa e la cosa peggiore è che non me ne pento. Poi sono scappato e ti ho raggiunta. Ora Matt e Simon, le due guardie che ti hanno scortata fuori, prenderanno il controllo dell'ospedale, sono due brave persone. Spero che sia servito a qualcosa. Sono consapevole di che razza di puttana fosse, ma non riesco a fare a meno di sentirmi un mostro. E so che avrei dovuto metterti al corrente del mio piano, ma ero certo che tu avresti cercato di fermarmi e non potevo farlo, ero in debito con te.- spiegò il ragazzo tenendo gli occhi chiusi e senza quasi prendere fiato, come per paura di perdere il coraggio che lo aveva spinto a parlare.

-Non sei un mostro, mi hai salvato la vita.- disse lei sorridendo sincera. 

Sembrava come se proteggerla fosse diventato di moda. Cercavano tutti di tenerla al sicuro dalle cose brutte del mondo, non rendendosi forse conto che ormai di bello era rimasto ben poco. Prima Daryl, poi Noah. Due uomini spinti dalla stessa volontà: occuparsi di lei.
Era piuttosto contrariata dal fatto che il ragazzo non l'avesse ritenuta all'altezza di aiutarlo, trattandola come un oggetto delicato, ma doveva anche ammettere che in fondo aveva ragione. Se l'avesse informata dei suoi propositi di fuga e della modalità con la quale voleva metterli in atto, avrebbe sicuramente tentato di fermarlo. 
Osservandolo si accorse davvero di quanto fosse sconvolto, infierire oltre riversandogli addosso tutta la sua rabbia non aveva senso, non era certo il tipo di persona abituata a sparare sulla croce rossa. Decise di rimandare quel discorso ad un'altra occasione, gli avrebbe dato modo di riprendersi e poi avrebbe messo in chiaro le cose. Non era fatta di vetro e sperava che se ne ricordasse per il futuro. Voleva essere trattata come un'alleata, non come una damigella in pericolo. Si era salvata da sola da cose ben peggiori. 
Tutto quel cercare di tenerla al sicuro le ricordò Daryl. 
Noah rimise in moto la macchina e ripartì senza aggiungere altro alla loro conversazione e lei iniziò a guardare fuori dal finestrino.
Una lacrima, silenziosa ma inarrestabile, le rigò la guancia costringendola a voltarsi e ad asciugarla usando il dorso della mano.
Ora che era libera aveva un solo desidero: rivedere la sua famiglia.
Il fatto che Daryl non avesse cercato di fermarla, che non avesse tentato di farle cambiare idea quando aveva deciso di restare all'ospedale, le creava un certo fastidio. Lui che aveva sempre cercato di proteggerla, anteponendo la sua sopravvivenza alla propria, non si era minimamente opposto. Uno sguardo di rimprovero, una smorfia di disappunto e stop. Niente sfuriate, niente colpi di testa alla Dixon. Se mai il Cielo glielo avesse fatto rincontrare, avrebbe dovuto chiedergli spiegazioni a riguardo. Arrendersi in quel modo non era nel suo stile e non riusciva a capacitarsi di cosa lo avesse spinto ad un cambiamento così radicale. 
Pensare a lui le faceva male, la cosa migliore che potesse fare era spegnere il cervello per un po' e concentrarsi su ciò che li aspettava. Erano scappati dall'ospedale, ma il futuro non era stato mai così incerto come allora.

 
*****

La loro missione era iniziata nel peggiore dei modi. Trovare l'accampamento in quello stato era stata una sconfitta. Daryl era terribilmente frustrato ed arrabbiato nonostante le parole di Aron. Non era la prima volta che gli capitava di non riuscire a portare in salvo qualcuno, succedeva spesso ed ormai aveva fatto l'abitudine al senso di impotenza, ma per l'arciere era un boccone difficile da mandare giù. 
Mai come in quel periodo, sentiva la necessità di avere uno scopo, di trovare qualcosa che lo convincesse che, sì, poteva esserci ancora speranza. Per quanto odiasse e fosse difficile per lui ammetterlo, una sola persona era riuscita a dargli un po' di fiducia nel futuro e quella persona aveva deliberatamente scelto di piantarlo in asso.
Carol lo aveva tormentato con tutta una serie di stronzate sul sacrificio e ed il coraggio, tentando di convincerlo che Beth si fosse comportata in quel modo per il bene di tutti, ma Daryl riusciva a vedere solo un lato della medaglia. Aveva deciso di abbandonarli e poco gli importava il motivo per il quale lo avesse fatto, li aveva lasciati, aveva lasciato lui. 
Dopo essersi dato tanta pena per ritrovarla e salvarla, osservarla impotente mentre si consegnava spontaneamente a quella puttana psicopatica, aveva significato per lui una delle più grosse sconfitte di tutta la sua vita.
Non gli fregava un accidenti della nobile causa, né tanto meno del suo altruismo. L'avrebbe preferita egoista ma al sicuro accanto a lui, piuttosto che eroica ed in quel cazzo di ospedale.
Sembravano tutti aver accettato passivamente la sua scelta e lui aveva deciso di adattarsi almeno all'apparenza, ma dentro urlava. Passava le giornate a lottare contro sé stesso e l'impulso di tornare indietro.

Avere la testa altrove durante una spedizione non era certo la cosa migliore e Daryl lo sapeva bene, ma ogni cosa in quei giorni faceva partire un flusso incontrollabile di pensieri che culminavano tutti con il risentimento nei confronti di Beth. 
Uno sparo lo riportò alla realtà.
A meno di un metro da lui giaceva il cadavere di un vagante che a quanto pareva stava per attaccarlo alle spalle.
Un errore del genere non era accettabile, doveva togliersi dalla testa quella ragazzina prima di cacciarsi in guai seri o rimetterci le palle.

-Tutto bene?- domandò Aron affiancandolo.

L'arciere annuì tentando di ritornare in sé e riprese a camminare distanziandosi di un paio di metri, sperando che l'altro non gli chiedesse spiegazioni riguardo il suo strano comportamento. Non doveva parlare molto ed era quello uno dei motivi che avevano spinto Daryl ad accettare quell'incarico, Aron era un gran chiacchierone, ma non pretendeva mai che lo fosse anche lui e gliene era terribilmente grato.

-Puoi contare su di me, ti aiuterò.- buttò lì Aron.

-Di che parli?- chiese Daryl rallentando per permettere al compagno di raggiungerlo.

-Glenn mi ha raccontato di Beth.- rispose.

-Quindi?- domandò l'arciere non capendo a cosa si riferisse, o forse facendo finta di non recepire il messaggio.

-Se deciderai di tornare all'ospedale, io sarò con te.- spiegò l'altro.

-Ha deciso lei di restare.- fece Daryl facendosi largo tra gli arbusti.

-Ed a te sta bene?- domandò Aron, spaventato all'idea di tirare troppo la corda.

Da quel poco che era riuscito a capire di lui, non amava molto raccontare i fatti suoi o parlare di ciò che gli passava per la testa, però lo vedeva, era assente ed era chiaro come il sole che fosse ad Alexandria solo fisicamente, la sua mente ed i suoi pensieri erano altrove. 
Glenn non gli aveva parlato di un legame particolare tra Daryl e la ragazza, per quanto ne sapesse erano scappati ed avevano passato un po' di tempo insieme, ma non aveva alcun dettaglio, niente che potesse fargli intuire, almeno in parte, cosa passasse per la testa del suo "collega".

-Ho altra scelta?- mormorò sommessamente l'arciere.

-Certo che ce l'hai! Se fossi al tuo posto e si trattasse di Eric, non ci penserei sopra nemmeno un secondo.- affermò Aron convinto.

-Non è la stessa cosa.- disse Daryl, risultando meno credibile di quanto avrebbe voluto.

-Io penso di sì.- fece l'altro poggiandogli una mano sulla spalla.

Era la prima volta che si prendeva una tale libertà e sperava che non fraintendesse il suo gesto. Capiva esattamente cosa stesse passando e per quanto tentasse di negarlo, quella ragazza doveva essere speciale per lui, doveva significare qualcosa di importante.

Daryl fu sorpreso da quella conversazione. Per la prima volta dopo aver lasciato Atlanta, qualcuno era dalla sua parte. 
Non avrebbe mai messo in pericolo la sua vita in una missione potenzialmente suicida come quella, ma il fatto che avesse capito meglio degli altri il suo punto di vista, lo lasciò piuttosto combattuto. Se da una parte avrebbe voluto accettare la sua offerta di aiuto e partire immediatamente, dall'altra il ricordo della decisione e della risolutezza con la quale Beth si era offerta di restare, gli impedivano di compiere anche solo un passo verso l'ospedale.

-Dovremmo tornare, si sta facendo buio.- affermò l'arciere.

Aron annuì e si diressero verso i loro mezzi, ripercorrendo a ritroso la strada che li aveva condotti fin lì. Avrebbe affrontato ancora l'argomento, ma per quel giorno decise fosse meglio interrompere, tirare la corda sarebbe stata una mossa azzardata.

 
*****

Beth continuava a guardare lo scorrere del paesaggio attraverso il finestrino. Noah non aveva più aperto bocca e lei non si era più azzardata a dire nulla. Il silenzio la stava soffocando e non era certa di dove fossero diretti, anche se il ragazzo alla guida dell'automobile sembrava sapere esattamente dove stessero andando.
Le sarebbe piaciuto conoscere la meta del loro viaggio, ma dopo la confessione che le aveva fatto, le sembrò indelicato costringerlo a parlare. Era evidente che avesse bisogno di silenzio e Beth decise di concedergli il suo spazio, di non pressarlo con mille domande anche se la sua curiosità cresceva ad ogni secondo che passava.

Noah osservò di sfuggita la ragazza seduta accanto a lui. Erano in macchina da ore e ancora non aveva chiesto dove si stessero dirigendo. Si vedeva chiaramente quanto fosse in difficoltà, ma continuava a fissare ciò che la circondava attraverso il finestrino quasi senza curarsi di lui. 
Sebbene fossero riusciti a scappare, ciò che li attendeva era pieno di incognite, quella parte del piano era lasciata quasi al caso.
Voleva raggiungere la sua famiglia e, con il loro aiuto, ritornare alla chiesa e riportare Beth al suo gruppo. 
Non poteva essere certo di trovarli vivi ad attenderlo, ma era convinto che valesse la pena di fare un tentativo.

-Stiamo andando dalla mia famiglia, poi una volta lì ti riporteremo dalla tua.- spiegò il ragazzo interrompendo il silenzio che era sceso nell'abitacolo.

-Bene.- rispose Beth senza aggiungere altro e ricominciando ad osservare il paesaggio circostante.

Non era certo un piano brillante o studiato nei minimi dettagli, ma la ragazza decise di non preoccuparsene più del dovuto e prima del tempo, Noah era riuscito a portarla fuori dall'ospedale meritava decisamente la sua fiducia.
Intorno a lei solo devastazione. Automobili abbandonate, sangue rappreso sull'asfalto e carcasse, qualche vagante intento a nutrirsi di chissà cosa. Nonostante fossero cose già viste, Beth faticava ancora ad abituarsi a quello scenario. Era cresciuta, diventando più forte, ma vedere il mondo in quello stato, sapere che le cose un tempo importanti non contavano più nulla, le provocava ancora una morsa allo stomaco.
L'unica priorità era la sopravvivenza, l'uomo non era poi così diverso da un animale. Cibo, riparo, armi per difendersi, null'altro. La ragazzina tutta speranze e sentimenti che era un tempo, era rimasta in quella casa, seduta a quel tavolo bevendo bibite gassate e mangiando burro d'arachidi. Sapeva che Noah si sarebbe impegnato per riportarla dalla sua famiglia, ma non voleva farsi troppe illusioni, non poteva permettersi di essere ottimista. In quei giorni non c'era più spazio per l'ottimismo e la speranza. Nessuno  poteva assicurarle che li avrebbero trovati vivi, così come nessuno poteva darle la certezza che la famiglia di Noah fosse esattamente dove l'aveva lasciata. Doveva per forza essere realista, ma vedendo la sicurezza e l'entusiasmo che stava mostrando il ragazzo, decise di tenere per sé i suoi pensieri ed assecondarlo. Nel peggiore dei casi sarebbero rimasti solo loro due a lottare per sopravvivere e fin quando fossero rimasti insieme, le cose sarebbero andate per il meglio.

 
*****

Quando varcarono i cancelli di Alexandria, Eric si lanciò tra le braccia di Aron come se non lo vedesse da settimane. 
Non erano soliti scambiarsi effusioni così pubblicamente, ma da quando Daryl aveva preso il suo posto come reclutatore, il ragazzo era sempre molto in ansia per il suo compagno ed ogni volta che si ricongiungevano era come se si vedessero per la prima volta.
Ormai nessuno badava più a quegli slanci di affetto, ma l'arciere provava sempre una strana sensazione vedendoli così uniti.
Tornare a casa per Aron significava passare un altro giorno con la persona amata, tornare a casa per Daryl voleva dire passare un altro giorno a rimuginare sul passato rimpiangendo ciò che avrebbe potuto essere ma non era stato. Si soffermava spesso a pensare a come sarebbe stata la sua vita se lui e Beth non avessero lasciato quell'abitazione. 
Avrebbero mai ritrovato il gruppo? Oppure avrebbero passato la vita che gli restava tra bare e pianoforti? Non c'era modo di rispondere a quelle domande, ma nonostante sapesse che sarebbero rimasti dei quesiti irrisolti, continuava a porgerseli tormentandosi le labbra con le dita.
Passava ore seduto sotto il portico in completa solitudine ad arrovellarsi il cervello su quale fosse la scelta migliore. 
Tornare all'ospedale e mettere a repentaglio le vite del gruppo o restare lì rischiando solo quella di Beth?
Anche quella sera, come le altre, dopo aver lasciato Aron alle cure amorevoli del suo uomo, si era ritrovato ancora a fissare le stelle, ancora con i soliti pensieri in testa.
Aveva salutato distrattamente gli altri, informandoli di essere tornato sano e salvo e poi si era isolato come di consuetudine. 
Solitamente, ad un certo punto della serata, Carol o Rick facevano la loro apparizione provando ad intavolare una conversazione con lui, ricevendo in risposta poche parole e qualche scrollata di spalle, quindi non fu affatto una sorpresa quando la donna si presentò sul portico e si sedette accanto a lui.

-Vuoi un'accoglienza come quella di Aron la prossima volta?- domandò Carol prendendolo un po' in giro.

-Da te?- chiese Daryl a sua volta, stando al gioco.

Carol alzò le spalle e ridacchiò annuendo. Sapeva come comportarsi con lui, era probabilmente l'unica a sapere esattamente come prenderlo.

-A che pensi?- azzardò lei.

-A nulla.- rispose lui, notando immediatamente il tono di lei che si era fatto più serio.

-Sai... se può esserti di consolazione, anch'io avrei fatto come lei. Sarei rimasta anch'io con Noah. Ha salvato molte vite con quella decisione.- disse Carol.

Daryl sbuffò contrariato, si sgranchì un po' le gambe e si alzò dal pavimento, lasciando la donna seduta da sola. 
Afferrò la sua balestra e senza rivolgerle nemmeno uno sguardo si avviò al buio verso il lago. 
Le sue serate finivano sempre così, passeggiando nell'oscurità accanto al lago accompagnato solo dai suoi pensieri. 
Quella volta però le parole della donna, lo avevano colpito nel profondo.

Ha salvato molte vite con quella decisione.

Per quanto nobile il suo gesto, per quanto giusta potesse essere quell'affermazione, correndo il rischio di essere uno stronzo egoista, una sola domanda ronzava per la testa di Daryl in quel preciso momento:

Chi avrebbe salvato la vita di Beth?


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4- Incontri ***


Eccomi qua con il nuovo capitolo! Per prima cosa voglio ringraziare ancora una volta tutte le persone che seguono la mia storia, commentandola e aggiungendola alle preferite, grazie grazie! Poi volevo chiedere scusa! Ho trovato un errore nel testo, mi sono resa conto di aver scritto Aaron sempre con una A sola, mentre invece è con due, in questo capitolo ho corretto, scusate scusate! Detto questo vi lascio alla lettura. 
A presto!
 


Capitolo 4

INCONTRI
 
"-Noah attento!- 
-Andiamo! Non possiamo fare più nulla per loro, dobbiamo scappare forza!-"


Avevano passato un'altra ora in macchina. Beth al posto di guida e Noah sul lato passeggero.
La ragazza osservava il suo amico con una certa apprensione, controllando la strada, ma cercando comunque di tenerlo d'occhio.
Il suo quartiere, il suo gruppo, la sua famiglia, tutti morti. Non era rimasto più nessuno ad attenderlo, le previsioni di Beth si erano avverate. 
Era piuttosto in ansia per lui, dopo aver trovato sua madre ed i suoi fratellini tramutati in zombie, sembrava essere caduto in una specie di stato di shock. Aveva dovuto trascinarlo via da quella casa perché pareva avesse tutta l'intenzione di farsi uccidere.
Quando, per pura fortuna, erano riusciti a raggiungere la macchina incolumi, Beth si aspettava un crollo, una qualche reazione ed invece il nulla.
Niente lacrime, niente disperazione, Noah se ne stava lì seduto accanto a lei in macchina, con lo sguardo perso nel vuoto. Nessuna emozione traspariva dalla sua espressione. Una statua di cera. 
Era incerta sul da farsi e, ad essere onesta, non sapeva nemmeno dove dovesse dirigersi, ma non si sentiva di domandarlo al ragazzo sconvolto com'era.
Il piano era quello di trovare la sua famiglia e poi insieme tornare da Rick e gli altri. Noah le aveva parlato di una chiesa, ma la ragazza non aveva la più pallida idea di dove si trovasse, né la strada da percorrere per raggiungerla. Si era limitata soltanto a proseguire dritta, ad allontanarsi da casa del ragazzo il più possibile, ma sapeva che viaggiare senza una meta non era consigliabile, specialmente considerando il fatto che non restava poi molta benzina nel serbatoio.

-Gira a destra.- disse Noah all'improvviso.

Beth fece come le era stato ordinato e si ritrovarono su una strada sterrata. Senza dire una parola proseguì per qualche metro, trovandosi davanti ad un cartello che indicava la presenza di una chiesa. 
A quella vista il suo cuore perse un battito. A breve si sarebbe ricongiunta con i suoi cari, riabbracciato Maggie, rivisto Daryl. 
Il fantasma di ciò che era successo alla famiglia di Noah però, aleggiava sopra la sua testa, facendole temere il peggio. 
Le probabilità che fosse capitata la stessa sorte anche a loro era piuttosto alta, nonostante Rick e gli altri fossero persone forti, in quel mondo nessuno era abbastanza in gamba da essere completamente al sicuro.
Con le mani tremanti ed un nervosismo che cresceva con l'avanzare dei metri e l'avvicinarsi della chiesa, Beth trattenne il respiro impaziente, ma allo stesso tempo timorosa, di sapere cosa avrebbe trovato al loro arrivo. 
Felicità o disperazione? Si riduceva tutto a quello. Ciò che sperava e sognava tutte le notti, si sarebbe avverato o ciò che l'attendeva era solo un incubo senza fine?
Raggiunsero lo spiazzo davanti alla chiesa e, osservando l'edificio da fuori, aveva tutta l'aria di essere abbandonato e di aver subito un pesante attacco da parte di qualcuno o qualcosa. Una mandria di zombie, o forse qualche uomo con intenzioni tutt'altro che onorevoli, di qualunque cosa si fosse trattato, quel luogo doveva essere stato teatro di uno scontro piuttosto cruento.
La peggiore delle ipotesi della ragazza, stava via via concretizzandosi sempre di più. 
Guardando gli evidenti danni alla struttura, sembrava praticamente impossibile che qualcuno fosse riuscito a scappare. 

-Sicuro che fosse questo il posto?- chiese Beth tentando di non lasciarsi andare.

Noah annuì alla sua domanda e lei non poté far altro che prenderne atto.
Le lacrime spingevano per uscire, avrebbe voluto buttarsi in mezzo al fango e all'erba e piangere fino a consumarle tutte. 
In cuor suo sapeva quanto fosse improbabile trovarli lì ad aspettarla, sani e salvi, ma una piccola parte di lei, quel piccolo briciolo che ancora conservava dell'ottimista ragazzina sentimentale, aveva sperato di poterli rivedere. Si era immaginata la scena tante di quelle volte, tanto da arrivare quasi a credere che fosse un ricordo e non una sua fantasia.
Con una certa fatica, più mentale che fisica, infilò un passo dietro l'altro e si convinse ad entrare all'interno della chiesa.

Aprì la porta che emise un sinistro scricchiolio e si trovò di fronte ad un cumulo di panche di legno e  di corpi.
Qualcuno doveva aver eliminato gli zombie, doveva aver lottato. 
Trovando un corpo senza testa, Beth pensò immediatamente ad una cosa soltanto: Michonne e la sua katana.
Il pensiero che avessero lottato e che magari fossero riusciti a scappare, le sollevò leggermente il morale, ma vedendo lo stato di devastazione in cui versava quel posto, non riusciva proprio a convincersi che le cose potessero essere andate per il meglio.

Noah la raggiunse, restando sulla soglia ed osservarla, tenendo d'occhio allo stesso tempo anche l'esterno.
Non seppe nemmeno lui il motivo, ma dopo aver preso un respiro profondo, si avvicinò ad una delle panche, si sedette ed iniziò a pregare. 
I membri della sua famiglia erano tutti morti e, per quanto ne sapessero, lo stesso destino era toccato anche al gruppo di Beth. 
Erano rimasti soli. L'aveva salvata da quell'ospedale, pensando di portarla via dal male, non rendendosi forse conto che il vero inferno era al di fuori di quelle mura. 
La ragazza si avvicinò, sedendosi accanto a lui ed unendosi alla sua preghiera.

-Sono andati via tutti, quando sono arrivato non c'era nessuno in chiesa.- disse la voce di un uomo alle loro spalle.

Noah scattò in piedi puntando la pistola verso la porta e Beth si posizionò accanto a lui in attesa di capire chi fosse il nuovo arrivato.
Non potevano fidarsi di nessuno, erano rimasti in due e dovevano proteggersi a vicenda, perdere anche l'altro avrebbe significato la completa solitudine. 
Nonostante Beth in passato avesse cercato di convincere Daryl del fatto che esistessero ancora brave persone, dopo il suo soggiorno al Grady, era lei la prima a non credere più alle sue parole. 
Le brave persone, ammesso che ancora ce ne fossero, erano destinate tutte a morire.

-Calmo ragazzo, abbassa la pistola. Chi siete?- domandò l'uomo alzando le mani in segno di resa.

-Tu chi sei piuttosto?- chiese Noah continuando a puntare l'arma verso lo sconosciuto.

-Mi chiamo Morgan, ora ti prego abbassa la pistola, non voglio guai.- disse continuando a tenere le mani ben in vista.

-Cosa ne è stato delle persone che erano qui?- intervenne Beth ricordandosi le parole con le quali l'uomo aveva fatto il suo ingresso.

-Li conoscevi?- domandò Morgan.

Beth annuì e si strinse nelle spalle. Stava parlando al passato. 
Li conoscevi?
Quel briciolo di speranza che fossero ancora vivi da qualche parte, andò in frantumi. Non li avrebbe mai più rivisti.

-Conosci lo sceriffo Rick Grimes?- chiese l'uomo cambiando la sua espressione seria in una specie di sorriso.

-Tu come sai il suo nome?- domandò Beth a sua volta, voltandosi verso Noah e abbassandogli il braccio che reggeva la pistola.

L'uomo, con una certa emozione, spiegò come lui e Rick avessero fatto conoscenza e raccontò di tutti i chilometri che aveva fatto per ritrovarlo.
Beth ascoltò in silenzio le parole di Morgan e spiegò a grandi linee ciò che le era successo.
Le probabilità di ricongiungersi al suo gruppo erano davvero scarse, ma aver trovato un altro sopravvissuto come loro, ebbe l'effetto di un balsamo sul suo cuore andato in frantumi.

-Qualcuno ha lasciato questa.- disse Morgan mostrando ai ragazza una cartina.

Beth la strinse tra le mani e, voltandola, notò una una frase scritta a penna.

SCUSA SE HO FATTO LO STRONZO. 
VIENI A WASHINGTON, IL NUOVO MONDO AVRA' BISOGNO DI RICK GRIMES.


La ragazza dovette leggere almeno dieci volte quel messaggio per convincersi. C'era ancora speranza.
Quelle quattro parole potevano voler dire tutto, come niente, ma decise di aggrapparsi al loro significato con tutta sé stessa. 
Pensarli vivi ed in viaggio verso Washington era decisamente meglio che immaginarseli morti o trasformati.
Senza pensarci sopra nemmeno per un minuto, si alzò in piedi tenendo ancora ben stretta tra le mani la mappa e si rivolse agli altri due con voce carica di ritrovato entusiasmo.

-Washington!- affermò con gioia.

-Beth non possiamo essere certi di ritrovarli vivi, guarda cosa è successo alla mia famiglia...- mormorò Noah stringendo nervosamente i pugni.

Morgan non intervenne in quella conversazione, si limitò ad osservare i ragazzi. Aveva viaggiato per moltissimo tempo da solo ed aver trovato loro due, sembrava essere una benedizione del Cielo.

Beth si avvicinò al ragazzo e si accomodò di nuovo accanto a lui sulla panca, prendendogli le mani e stringendole forte.

-Noah, ho perso anch'io i miei cari, mi sei rimasto solo tu e se deciderai di non voler andare lo capirò e resterò con te, l'ho già fatto una volta, ricordi? Ti chiedo solo di pensarci, abbiamo una traccia. Andare a Washington, indipendentemente dalla mia famiglia, mi sembra un'idea migliore piuttosto che restare qui o vagare per i boschi senza una meta. Non ci rimane poi molta benzina, dovremmo usarla per un giusto scopo.- disse Beth, tentando di essere convincente.

Noah chiuse gli occhi e si lasciò andare indietro poggiando la testa sullo schienale della panca. 
Per quanto spaventosa potesse sembrare, l'idea della ragazza era quella giusta. Dovevano andare, fare qualcosa. Sarebbe stato un viaggio faticoso ed impegnativo, ma dopotutto era ancora in debito con lei, glielo doveva, aveva promesso di riportarla alla sua famiglia o di morire nel tentativo di farlo e lui era un tipo abituato ad onorare le promesse fatte.

Con un bagaglio di speranze e l'aggiunta di un nuovo membro a quel loro strano gruppo, si lasciarono alle spalle la chiesa, determinati ad affrontare ciò che il destino aveva programmato per loro, nonostante quel viaggio fosse pieno di incognite.
 
******
Nuovo giorno, nuova meta, nuova spedizione.
Stavano inseguendo quello strano tipo con la mantella rossa da tutto il giorno. Erano ore che non facevano altro che osservarlo e Daryl avrebbe preferito usare un metodo più veloce. 
La pazienza none era il suo forte e, se fosse dipeso da lui, sarebbe già andato a parlare con quel tipo per capire quali fossero le sue intenzioni. Il metodo di Aaron era decisamente più sicuro, ma molto più lungo e noioso. Quel tizio sembrava viaggiare da solo e l'arciere non capiva a cosa servisse ascoltare le sue conversazioni da lontano, con chi avrebbe mai potuto parlare?
L'esperto in quel campo era Aaron e quindi decise di non contraddirlo e di fare a modo suo.
Lo seguirono ancora per un po', fino a quando, purtroppo persero le sue tracce. Pareva essere piuttosto sveglio e conoscere il modo giusto per sopravvivere nei boschi, quindi con molta probabilità si era accorto di essere seguito ed aveva fatto in modo di cancellare il suo passaggio. 
Daryl avrebbe voluto continuare a cercarlo, accertarsi che stesse bene e portarlo con loro ad Alexandria, ma il suo compagno non era dello stesso avviso.
Sulla via del ritorno si imbatterono in un deposito merci di una catena di supermercati.
Aaron gli aveva raccontato che lui ed Eric puntavano a quel posto da mesi, ma non erano mai riusciti a spingersi così avanti.
Lo scopo della loro missione era quello di trovare sopravvissuti, non provviste, ma tuttavia una cosa non escludeva l'altra.

-Avremmo dovuto continuare a seguirlo.- affermò Daryl contrariato.

-Abbiamo perso le sue tracce ed è tardi, te l'ho già detto, a volte capita. E poi sarebbe una bella vittoria tornare a casa con un camion pieno di provviste piuttosto che vagare ancora per i boschi, non credi?- disse Aaron indicando uno dei mezzi parcheggiati nel cortile adiacente l'edificio.

Nel parcheggio non sembravano esserci molti vaganti e l'arciere li attirò verso il cancello, abbattendoli con il coltello attraverso la rete, così com'erano soliti fare lui e gli altri alla prigione.
Una volta liberata la via, entrarono all'interno del cortile e si avviarono verso i camion fermi davanti allo scarico merci.

Girarono intorno ai mezzi immaginando cosa potessero contenere e, con la speranza di trovare carne in scatola o altri alimenti utili alla comunità, giunsero davanti al portellone per controllare il carico.
Daryl non era solito commettere simili leggerezze, ma senza controllare eventuali rumori provenienti dall'interno, non aspettandosi di trovare nessun pericolo, fece scattare la serratura e aprì il portello.
Da uno dei camion uscì un nutrito gruppo di erranti che si avventarono immediatamente sui due malcapitati.
All'interno del veicolo erano appesi corpi mutilati di zombie, segno evidente che quella fosse una trappola preparata apposta per gente come loro.
Nel frattempo, per aggiungere altri guai a quella situazione già pericolosa, altri vaganti si riversarono nel parcheggio attirati dal rumore della lotta.
Con destrezza ed una certa difficoltà, Daryl ed Aaron riuscirono per un soffio a sfuggire alle fauci fameliche di quegli esseri ed a trovare rifugio in una macchina parcheggiata nel cortile.

Erano in trappola, i vetri dell'auto non avrebbero retto per molto alla pressione esercitata dagli erranti che l'avevano circondata.
Daryl si guardò intorno in cerca di una soluzione, ma fu in quel preciso istante che si arrese. Sarebbe morto in ogni caso, tanto valeva fare in modo che la sua morte servisse a qualcosa.
Quando si era svegliato, la mattina, non aveva certo immaginato che quel giorno avrebbe fumato la sua ultima sigaretta, ma sapeva bene che nessuno poteva ritenersi al sicuro per quanto in gamba fosse.
Il suo compagno aveva una persona dalla quale tornare, sacrificarsi per permettergli di salvarsi era la cosa giusta da fare. La sua morte non sarebbe stata vana e quella era la sua unica, magra, consolazione.

Aaron si guardava intorno spaventato, in cerca anche lui di una soluzione, di una via di scampo che pareva non esistere.
Frugando tra i sedili in cerca di qualcosa di utile, trovò un piccolo foglietto di carta e, quando lesse ciò che vi era scritto sopra, realizzò davvero che per loro fosse finita. Erano arrivati al capolinea.

SCAPPATE. E' UNA TRAPPOLA.

-Chi ha fatto questo sicuramente tornerà.- affermò Aaron, allarmato.

-Ok, vado io.- disse Daryl accendendosi una sigaretta.

-Come? No!- fece l'altro sconvolto.

-Lasciami solo finire la sigaretta.- aggiunse l'arciere senza curarsi delle proteste del suo interlocutore.

Aaron si passò una mano tra i capelli, alla disperata ricerca di un modo migliore per fuggire, qualcosa che non prevedesse il sacrificio del suo compagno.

-Lo faremo insieme. Combatteremo e ce ne andremo di qui tutti e due, o in caso fossimo sfortunati, moriremo lottando.- disse Aaron convinto.

-Tanto vale... al tre ok? Uno... due e...-
 
*******
-Tutto bene ragazzo?- chiese Morgan vedendo il suo nuovo compagno di viaggio piuttosto scosso.

Noah alzò le spalle e continuò a camminare.
Dopo aver esaurito la benzina, avevano proseguito a piedi, finendo per perdersi ed avevano deciso di fermarsi per un po' a riposare.
Quella scelta si era rivelata pessima, quando due uomini avevano pensato bene di attaccarli cercando di ucciderli.

All'inizio si erano dimostrati amichevoli, persone di passaggio desiderose di fare due chiacchiere, ma poi avevano mostrato la loro vera natura. Un branco di cani affamati, mossi solo dalla voglia di uccidere e depredare i malcapitati del caso.
Morgan, con l'abilità di un guerriero, si era liberato di quei due mettendoli fuori gioco stordendoli con un colpo alla testa ed infilandoli nella loro auto abbandonata nel bosco mentre ancora erano privi di conoscenza.

Noah pensava che li avrebbero lasciati chiusi all'interno dell'abitacolo, ma l'idea dell'uomo si discostava di parecchio dalla sua.
Aveva adagiato i loro corpi, con l'aiuto di Beth, sul sedile posteriore e poi aveva suonato il clacson due volte con l'intento di attirare i vaganti verso di loro.
Dopo quella giornata carica di morte e disperazione, il ragazzo non riusciva ad essere completamente d'accordo con la decisione presa da Morgan, a differenza di Beth, che sembrava appoggiarlo in pieno.
Avrebbero potuto semplicemente andarsene e lasciarli lì svenuti, abbandonarli all'interno dell'auto senza fare rumore. L'idea di usarli come una specie di bersaglio, gli sembrava una crudeltà. Sebbene li avessero attaccati, l'animo gentile di Noah non gli permetteva di superare la cosa così a cuor leggero.
Si era già macchiato del sangue di Dawn ed aggiungere altre due persone alla lista, per quanto cattive potessero essere, era praticamente impossibile da sopportare.

-Non avresti dovuto suonare il clacson.- disse Noah scuotendo la testa.

-Hanno tentato di ucciderci! Avremmo dovuto sparargli, Morgan è stato fin troppo gentile.- affermò Beth schierandosi completamente dalla parte dell'uomo.

Parlarne ancora non avrebbe portato da nessuna parte, la vedevano in modo diverso ed il ragazzo non aveva né la forza, né la voglia di affrontare l'argomento. Dovevano continuare a camminare e risparmiare energie per il viaggio.
La ragazza sembrava aver perso completamente la sua innocenza e la sua umanità e ciò colpì molto Noah. Ricordando la ragazza spaventata del primo giorno al Grady, stentava a riconoscere la persona che aveva davanti.

Dopo circa una mezz'ora passata nel silenzio più totale a vagare senza un'idea precisa di dove stessero andando, raggiunsero un prato in una specie di radura.
Quando l'ebbero percorsa tutta, si ritrovarono finalmente sulla strada.
Percorsero ancora qualche metro e si imbatterono in un parcheggio  circondato da una recinzione metallica, con al centro un grosso edificio.
Quel posto era chiaramente invaso, decine di erranti vagavano all'interno dei cancelli puntando tutti verso la stessa direzione.
Beth indicò il punto in cui sembrava si stessero radunando agli altri due e notarono che si trattasse di un'auto.
Un simile comportamento poteva voler dire una cosa soltanto: all'interno di quella macchina c'era qualcuno vivo.

-Non possiamo stare qui a guardare, potrebbe esserci qualcuno dentro!- disse la ragazza.

Morgan e Noah esitarono qualche secondo, ma vedendo Beth partire in quarta brandendo il suo coltello e scagliarsi verso i vaganti che si dirigevano verso la sua direzione, non poterono far altro che seguirla.
Eliminarono buona parte degli zombie e finalmente raggiunsero l'automobile aprendo la portiera del passeggero. Immediatamente dopo anche quella dal lato guidatore si aprì ed dalla macchina scesero due uomini.
Tutti e cinque lottarono contro i vaganti e riuscirono ad uscire dal cancello richiudendolo alle loro spalle e potendo finalmente tirare un respiro di sollievo.
Una volta lontano dal pericolo, Morgan ritenette opportuno presentarsi agli ultimi arrivati, ignorando lo stupore stampato sul viso di Beth.

La ragazza era sotto shock, a dir poco pietrificata. Ciò che aveva sperato succedesse si era infine avverato. Daryl era lì, davanti a lei.
Avrebbe voluto fare un passo verso di lui, non aveva mai desiderato così tanto abbracciare qualcuno, ma lo sguardo carico di freddezza con la quale la stava fissando le impedì di muoversi.

-Perché l'avete fatto? Perché ci avete salvati?- chiese Aaron.

-In questo tempo ogni vita ha valore.- rispose Morgan con un sorriso e poi aggiunse:
-Mi chiamo Morgan e questi sono Noah e...-

-Daryl...- sussurrò Beth interrompendo l'uomo.

-Vi conoscete?- domandò Aaron, sorpreso.

-Un tempo sì.- affermò Daryl senza degnare la ragazza di uno sguardo.

Non sapeva spiegarsi perché avesse reagito a quel modo vedendola, ma sapendola viva e fuori da quel dannato ospedale, il risentimento nei suoi confronti per averlo abbandonato aveva avuto la meglio impedendogli di essere felice per il suo ritorno.
Noah, l'unico oltre Beth a sapere la verità, osservò la scena senza capire cosa stesse succedendo tra quei due. Non sapeva spiegarsene il motivo, ma Daryl sembrava infastidito dalla presenza della ragazza.

Quello non era certo il benvenuto che si sarebbe aspettata di ricevere e, da quel momento in poi, ignorò completamente tutto quello che la circondava e avvertì appena ciò che gli uomini intorno a lei stavano dicendo.
Mentre Aaron li informava sul loro gruppo e sulla loro città, ignorando quella stana elettricità che si stava sprigionando tra Beth e Daryl, Morgan spiegò dove fossero diretti e chi stessero cercando.
Quando l'uomo fece il nome di Rick, Daryl riemerse dal silenzio in cui si era rifugiato e lo invitò a seguirli, rivolgendosi solo ai due uomini, ignorando completamente la ragazza.

L'indifferenza e la freddezza con le quali la stava trattando ebbero l'effetto di una coltellata dritta al petto. Non appena lo vide le sembrò di ricominciare a respirare e sapere che anche il resto del gruppo fosse al sicuro, la faceva sentire al settimo cielo, ma tutta la sua felicità era stata rasa al suolo con una sola occhiata.
Non riusciva a capire il perché di tutto quell'astio nei suoi confronti e continuò ad arrovellarsi il cervello per tutto il viaggio in macchina. 
Provò ad ignorare l'uomo che viaggiava davanti a loro in sella alla sua moto e concentrarsi su ciò che di bello l'attendeva, ma il ricordo delle sue parole di poco prima non le dava pace.

Un tempo sì.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5- Casa ***


Buongiorno! Capitolo nuovo! Finito di scrivere giorni fa e, anche a rischio di sembrare presuntuosa, posso dire di essere entusiasta? ^.^ Grazie mille del sostegno che mi date! A presto con il prossimo aggiornamento (l'ultimo)!
 
 

Capitolo 5

CASA

La sera era scesa da molto tempo quando varcarono i cancelli di Alexandria. In macchina Aaron le raccontò di cosa li attendeva e di tutte le persone che avrebbero trovato all'interno della città, dipingendo Alexandria come il paradiso in quei giorni d'inferno.
Beth lo ascoltò distrattamente, continuando a tormentarsi sullo strano comportamento tenuto da Daryl. 
Era arrabbiato con lei e ciò pareva piuttosto evidente, ma avrebbe preferito che le urlasse contro tutta la sua rabbia piuttosto che essere ignorata completamente.
Aveva messo in preventivo che lui non avrebbe capito il perché della sua decisione di restare al Grady, o meglio che non avrebbe compreso del tutto i motivi che l'avevano spinta a prenderla, ma mai si sarebbe immaginata un simile trattamento. 
Quando scesero dai mezzi, l'arciere si avviò per primo verso il centro abitato distanziando il gruppo di qualche metro, mentre Aaron accompagnava i nuovi arrivati verso casa di Deanna. Era importante che i tre conoscessero il capo prima di presentarsi al resto della comunità e, sebbene fossero amici di Rick, dopo gli ultimi avvenimenti era opportuno che la donna desse la sua autorizzazione alla loro permanenza ad Alexandria.

Aaron era piuttosto confuso riguardo la scena alla quale aveva assistito. La ragazza si chiamava Beth e conosceva Daryl, quindi, con tutta probabilità, quella era la famosa Beth, perciò il modo in cui l'uomo l'aveva trattata era piuttosto strano.
Era stato testimone degli sbalzi d'umore di Daryl, della sua angoscia e della sua frustrazione sapendola lontana, si vedeva lontano un miglio quanto si sentisse impotente e quanta voglia avesse di rivederla, ma poi trovandosela davanti, il suo primo istinto era stato quello di ignorarla. Poteva capire, conoscendo parte della storia, che l'arciere potesse essere in collera con la ragazza per aver scelto di fermarsi all'ospedale, ma ciò non avrebbe potuto giustificare tutta quella freddezza, doveva per forza esserci dell'altro.

Ciò che Aaron e Daryl non potevano immaginare, avvicinandosi verso casa di Deanna, era che in quel loro giorno di assenza il sottile equilibrio sul quale si reggeva Alexandria si era spezzato irreparabilmente.
Nei giorni precedenti Rick e Pete avevano avuto uno scontro piuttosto violento, culminato con l'isolamento temporaneo dello sceriffo.
Durante l'assenza dei due reclutatori, appunto, le cose erano peggiorate e nulla li avrebbe mai preparati a ciò che si trovarono davanti raggiunto il resto degli abitanti.

Quella sera era prevista una riunione per prendere una decisione sul comportamento violento di Rick, ma le cose erano degenerate.
Pete in un momento di follia dettata dalla gelosia verso sua moglie, aveva  fatto irruzione alla riunione finendo per uccidere il marito di Deanna e venendo di conseguenza ucciso a sua volta dallo sceriffo.

Morgan non avrebbe mai pensato di trovare il suo amico in quello stato.
Era insanguinato, con lo sguardo perso ed aveva da poco sparato ad un uomo. Due cadaveri giacevano a terra, più quello di uno zombie, una donna piangeva china sul corpo di un uomo che doveva essere appena stato sgozzato, un'altra stringeva forte al suo petto un ragazzino in lacrime ed il resto dei presenti era a dir poco sconvolto.
Osservando quella scena l'idea di seguire quei due non gli sembrò più così brillante.
Era certo che Rick avesse agito per il bene della sua famiglia e non perché si fosse trasformato in un folle sanguinario, ma le premesse per cominciare una vita in quella città non erano certo delle migliori.

Beth, rendendosi conto che nessuno si fosse ancora accorto della sua presenza, prese un respiro profondo e fece qualche passo nella direzione dello sceriffo. Da lontano aveva intravisto sua sorella e avrebbe voluto correre ad abbracciarla, ma in quel momento c'era una persona che aveva più bisogno del suo abbraccio. Passò accanto a Daryl e, senza scomporsi, gli sfilò il fazzoletto che portava sempre in tasca e si avvicinò a Rick.
L'uomo era accucciato per terra ed aveva ancora la pistola stretta tra le mani. Beth si chinò davanti a lui e con delicatezza gli pulì il viso dal sangue e gli sorrise. 
L'espressione di Rick cambiò immediatamente e fu a quel punto che lasciò cadere la pistola e strinse una delle mani della ragazza.

-Beth.. sei davvero qui?.- sussurrò appena.

-Sono qui, c'è anche Noah con me e Morgan.- disse Beth continuando a sorridere.

Fu a quel punto che Rick si voltò e vide gli altri quattro che lo fissavano con sguardo interrogativo.
Si alzò da terra, imitato da Beth e andò dai nuovi arrivati per tentare di spiegare la situazione.

La ragazza restò da sola al centro di quella scena, tra le urla disperate della donna e la curiosità degli abitanti di Alexandria e fu a quel punto che il suo sguardo incrociò quello di sua sorella.
Maggie era lì, a pochi passi da lei, con una mano sulla bocca e le lacrime a solcarle il viso. Aveva i capelli un po' più lunghi di quanto si ricordasse ed era visibilmente più magra, ma gli occhi erano ancora quella di sua sorella.
Finalmente potevano riabbracciarsi. Avevano temuto il peggio, ma fortunatamente erano di nuovo insieme. 
Le circostanze non erano certo allegre, due uomini erano appena morti ed il clima piuttosto teso, ma quella sera si riunirono comunque tutti a casa di Carol per festeggiare il ritorno di Beth.
Rivedere tutta la sua famiglia, riavere di nuovo la piccola Judith tra le braccia ed accorgersi di quanto fosse cresciuta fece esplodere di gioia il cuore della ragazza. L'idea era quella di passare la serata tutti insieme, ma un membro del gruppo, sembrava non essere in vena di festeggiamenti.

Daryl era rimasto solo pochi minuti dentro quella casa, non avrebbe sopportato oltre quella stupida riunione. Seduti in salotto a parlare dei mesi passati come se quella stupida ragazzina fosse l'ospite d'onore.
Nessuno sembrava accorgersi di quanto fosse stata avventata, non concordava nessuno con lui, tutti dalla parte di Beth, tutti attorno a lei a ringraziarla e congratularsi per il suo coraggio. Secondo Daryl si era comportata in modo idiota e non meritava certo di essere messa su un maledetto piedistallo per quello.
Consapevole che se fosse rimasto avrebbe finito per essere sgradevole, scelse di allontanarsi e si rifugiò sulla riva del lago sedendosi sotto al gazebo.
Si accese una sigaretta osservando la volta celeste e perdendosi tra le stelle e l'intensa luminosità della luna. Gli era sempre piaciuto osservare il cielo di notte, gli metteva tranquillità e gli dava un senso di pace come nessun'altra cosa era in grado di fare.
Era deciso a restare lì fuori da solo il tempo necessario affinché quella ridicola rimpatriata finisse, ignorando completamente che la sua fuga non fosse passata inosservata.

Beth si era accorta di quanto Daryl fosse a disagio. La ignorava e si comportava come se non gli importasse, ma nonostante cercasse di tenerla a distanza, lei era ancora in grado di capirlo meglio degli altri. 
Restò per un po' indecisa sul seguirlo o meno, tenendo tra le braccia Judith che aveva scambiato i suoi capelli come un gioco divertente, fino a quando Rick non si avvicinò per riprendere la bambina.
Era ancora sconvolto e la ragazza pensò che non ci fosse modo migliore per risollevarsi se non quello di passare del tempo con sua figlia.
L'uomo prese in braccio la piccola e si sedette accanto a Beth sul pavimento.

-Vai...- disse Rick all'improvviso.

-Come?- domandò Beth.

-Nel caso ti stessi domandando se seguirlo o meno, il mio consiglio è quello di andare. Conosciamo tutti Daryl, ormai sappiamo com'è fatto, perciò...vai...- rispose l'uomo mordicchiando per gioco una delle dita della bambina, facendola ridere.

Beth annuì, senza aggiungere altro e si diresse verso l'esterno della casa.
Erano mesi che non passava una serata come quella. Al sicuro e con la sua famiglia. Si sentiva al suo posto, ma non del tutto. A quel puzzle, per essere completo al cento percento, mancava una tessera, un pezzo importante e sebbene continuasse a tentare di sfuggirle, la ragazza era ben consapevole che non avrebbe mai potuto essere pienamente felice senza.
Passeggiò per diverso tempo, percorrendo la strada che attraversava il quartiere, ma senza riuscire a trovare la persona che stava cercando.
Erano tutti impegnati, quello era il momento giusto per poter affrontare Daryl, per capire cosa lo avesse spinto a comportarsi in quel modo, ma per quanto si sforzasse nella sua ricerca, sembrava essere sparito nel nulla.

Si mosse nella penombra osservando, per quanto la poca luce lo permettesse, ciò che la circondava e accorgendosi della presenza di uno specchio d'acqua alla sua sinistra.
Sembrava un piccolo laghetto artificiale, fece qualche passo avanti e si perse in quella visione.
La luna si rifletteva perfettamente sull'acqua creando dei bellissimi riflessi ad ogni minima increspatura, le rive del lago erano circondate d'erba e dal lato opposto le parve di scorgere una specie di gazebo con al centro una panchina.
Lentamente si avvicinò e quando fu a pochi passi, si accorse di non essere sola.
Seduto su quella panchina c'era esattamente l'uomo che stava cercando.
Evitando accuratamente di mostrare la sua debolezza, ostentando una sicurezza che non le apparteneva del tutto, decise di affrontarlo.
Si fermò a circa un metro di distanza da lui e raccogliendo tutta la sua determinazione parlò per prima.

-Si può sapere che diavolo di problema hai?- domandò la ragazza.

Daryl non rispose, si voltò a guardarla e poi ritornò a riservare la sue attenzioni al lago scuotendo la testa.
Non aveva intenzione di cedere al suo gioco. La rabbia che provava nei suoi confronti non sarebbe passata mettendo insieme qualche parolina dolce. Beth sapeva raccontargliela molto bene, ma quella volta non sarebbe bastato un bel discorso, era veramente incazzato con lei. Probabilmente tutta quella rabbia risultava, vista da fuori, un po' esagerata, ma soltanto lui poteva sapere cosa avesse passato. Vedere quella macchina allontanarsi, consapevole che la stavano portando via, che non l'avrebbe mai più rivista, realizzare che l'unico appiglio che gli era rimasto, l'ultimo rimasuglio di famiglia lo aveva abbandonato lasciandolo solo a leccarsi le ferite nello sconforto più totale, era stato il colpo di grazia al suo animo già distrutto.
L'aveva rincorsa fino a consumare ogni briciola di fiato nei suoi polmoni ed alla fine si era arreso all'evidenza. Poi l'avvistamento della stessa macchina con la croce bianca, l'incontro con Noah, la rinascita della speranza. Speranza che lei aveva ucciso di nuovo, decidendo di abbandonarlo per la seconda volta. Così che si era sentito, abbandonato.

-Ti ho vista.- buttò lì Daryl con un ghigno.

-Cosa?- fece Beth confusa.

-Mentre stavamo uscendo dall'ospedale ti ho guardata. Non c'era una minima traccia di incertezza nei tuoi occhi, tu volevi restare lì.- disse l'uomo, sempre guardando il lago.

-Beh non mi pare che tu abbia opposto molta resistenza, non hai mosso un dito per fermarmi Daryl.- sputò con rabbia lei.

-Non ho mosso un dito per salvarti? Ora la colpa sarebbe la mia? Tu non eri in cerca di qualcuno che ti salvasse, tu volevi qualcuno che ti appoggiasse, volevi che noi fossimo d'accordo con te! Fai sempre così no? Prendi decisioni che non coinvolgono soltanto te, infischiandotene di quello che pensano gli altri e secondo te io avrei dovuto cercare di fermarti? Dopo che hai deciso spontaneamente di abbandonare la tua famiglia, di lasciarci tutti di lasciare... me?- urlò Daryl alzandosi in piedi e sovrastandola con la sua superiorità fisica. 

-Vaffanculo, tu non hai idea di quello che ho passato! L'ho fatto per voi, l'ho fatto per... te!- disse la ragazza alzando il tono della voce in modo tale da superare quello dell'uomo.

-Vai a propinare queste tue stronzate da martire a qualcun'altro! Volevi fare qualcosa per me? Avresti dovuto venire via con noi.- 

-E lasciare Noah a morte certa?- domandò la ragazza indignata.

-Oh certo che no! Beth Greene la regina delle cause perse non l'avrebbe mai fatto, non è vero?- sputò Daryl con disprezzo.

Sebbene quel suo sfogo fosse meglio dell'indifferenza, per Beth le parole di Daryl pesarono come macigni.
Non era certo così che si era immaginata il loro incontro. Le era mancato, il primo pensiero non appena aveva aperto gli occhi al Grady era stato per lui, ma l'uomo sembrava non voler fare nemmeno lo sforzo di comprenderla, come se le loro confidenze fossero state spazzatura per lui. 
Provata dal litigio si sedette sulla panchina, restando in silenzio e senza rispondere alla sua ultima provocazione. 

L'arciere sembrava un pupazzo caricato a molla, non era ancora soddisfatto e non riteneva ancora chiusa la conversazione, perciò si fermò in piedi appoggiato ad uno dei pali di legno del gazebo con le braccia incrociate, dandole le spalle.

La ragazza tentò di trattenersi dal piangere, ma le fu davvero impossibile riuscirci. Calde lacrime silenziose le solcarono le guance. Nonostante fosse talmente tanto vicino da poterlo addirittura toccare, non era mai stato così lontano come in quel momento.
Senza pensarci troppo su, decise fosse arrivato il momento di vuotare il sacco.

-Hai una vaga idea di come io abbia passato le ultime settimane? A piangere e sperare. Daryl lasciarvi andare via è stata la cosa più dolorosa che io abbia mai dovuto affrontare. Quel giorno sono morta.- sussurrò Beth con la voce rotta dal pianto.

-E' curioso, sembravi così sicura di te.- affermò Daryl sempre voltandole le spalle.

-Dimmi una cosa... se avessi mostrato la mia debolezza in quel momento, se avessi vacillato, tu mi avresti fatta andare fino in fondo?- domandò lei.

-Che domanda del cazzo! Ti avrei portata fuori da quel maledetto ospedale.- rispose lui stizzito.

-Appunto... Daryl come fai a non capire? Ho dovuto essere forte, ho dovuto fingere di essere sicura della mia decisione, se non l'avessi fatto mi avreste portata fuori da lì e Noah sarebbe morto molto probabilmente. Dawn non si sarebbe fermata a questo, sarebbe iniziata una guerra tra noi e loro, non potevo permetterlo, non dopo ciò che è successo alla prigione...- mormorò sommessamente la ragazza tentando di soffocare i suoi singhiozzi.

-Sei stata stupida.- disse l'arciere addolcendo il tono, voltandosi nella sua direzione e guardandola per la prima volta.

Beth si stupì di essere riuscita a calmarlo così in fretta. Si aspettava una scenata peggiore di quella, ma forse l'essere di nuovo insieme, aveva fatto in modo che la rabbia di Daryl scemasse velocemente. La ragazza sapeva come l'uomo nascondesse il suo dolore dietro l'indifferenza, l'aveva visto nel periodo che avevano passato insieme dopo aver lasciato la prigione. Era il suo tipico comportamento, fare finta che non gli importasse di nulla per non mostrarsi vulnerabile.
Con cautela si avvicinò a lui, conscia di correre un grosso rischio. La voglia di abbracciarlo che aveva provato vedendolo uscire da quella macchina non era diminuita e sperava davvero tanto che lui non la respingesse. 
Non appena l'uomo si rese conto del movimento della ragazza, si spostò da quella posizione andandosi a sedere sull'erba del prato sulla riva del lago.
Stava palesemente tentando di sfuggirle, ma Beth non aveva nessuno intenzione di lasciarlo andare, il puzzle della sua vita non era completo senza Daryl.

Con piccoli passi si mosse verso il prato e, senza dargli il tempo di spostarsi, si accomodò accanto a lui portandosi le ginocchia al petto.
L'uomo tentò di ignorarla accendendosi una sigaretta, sperando forse che si arrendesse e lo lasciasse alla sua solitudine, ma conosceva bene con che razza di osso duro avesse a che fare, era certo che Beth non avrebbe mollato la presa.

-Sai... io credo di esserti mancata moltissimo.- sussurrò la ragazza.

Una risata soffocata partì dalla gola dell'uomo dettata più dalla spontaneità di quelle parole piuttosto che dalla frase in sé e, per la prima volta, si permise di guardarla, di guardarla davvero.
Si voltò verso di lei e solo allora si rese conto di quanto fossero vicini. Insieme sotto la luna.
Fece un tiro dalla sua sigaretta e si girò dall'altro lato per soffiare via il fumo, ma Beth non pareva essere d'accordo con quell'interruzione del loro contatto visivo.
Con un gesto impulsivo allungò una mano e accarezzò la guancia dell'uomo costringendolo a voltare il capo nella sua direzione.

-Non scappare...- sussurrò la ragazza a pochi centimetri dal viso di lui.

Mettendo insieme un lago, il riflesso della luna sulla sua superficie, una piacevole brezza, un uomo ed una donna, il risultato non può che essere uno: un bacio.

Beth intimorita dalla possibile reazione di lui, lentamente portò il suo volto sempre più vicino a quello di Daryl, fino a quando le loro labbra si sfiorarono delicatamente. Non era certa di ciò che stesse facendo, ma l'istinto le aveva detto di comportarsi così. Ne aveva bisogno, voleva sentirlo vicino e l'atmosfera aveva sicuramente aiutato. Senza accorgersene ricominciò a piangere.

L'arciere avvertendo il sapore delle lacrime di lei sulle sue labbra, non si mosse di un centimetro. Nonostante a lei avesse fatto intendere il contrario, le era mancata terribilmente ed averla così vicina non poteva che renderlo felice. Non era certo avvezzo a quel genere di dimostrazioni d'affetto, ma tuttavia non si tirò indietro, non era sicuro del significato di quel bacio e si convinse che fosse stato dettato dal momento e dalla loro precedente discussione, perciò decise di vivere quell'attimo come se fosse normale.
Un bacio era solo un bacio dopotutto e le labbra di lei erano decisamente morbide.
All'improvviso però, un bruciore alle dita della mano destra lo fece tornare con i piedi per terra.
Si staccò dalla ragazza e solo in quel momento si ricordò della sua sigaretta arrivata ormai al filtro.

-Cazzo!- esclamò Daryl spegnendo ciò che restava della sua sigaretta e scuotendo la mano per tentare di attenuare il bruciore.

Beth ridacchiò divertita osservando quella scena e senza dare il tempo all'uomo di fermarla, gli afferrò il polso e si portò alle labbra le dita bruciacchiate soffiando sopra di esse con delicatezza.

Daryl restò incantato a guardarla senza la forza necessaria per tirarsi indietro e scostarsi dal suo tocco.
Il dolore sembrava essere sparito completamente non appena lei lo aveva sfiorato. 
La ragazza appoggiò la mano dell'arciere sul suo viso e la strinse tra la guancia e la spalla beandosi di quella carezza.

-Quanto mi sei mancato...- sussurrò Beth baciando il palmo di lui.

L'uomo non capì esattamente cosa stesse succedendo tra loro, né cosa si fosse scatenato quella sera, ma la pelle delicata della ragazza a contatto con le sue mani callose, lo fece calmare istantaneamente. Avrebbe potuto preoccuparsi delle conseguenza il giorno dopo o quello ancora successivo, in quel momento il suo unico pensiero era lei e la consapevolezza di aver bisogno di quel ragazzina avventata ed impulsiva, più di quanto avesse mai potuto immaginare.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 (Epilogo)- Passo ***


 
Eccomi qua con il nuovo capitolo, ahimè l'ultimo... :-( Beh calcolando che questa storia avrebbe dovuto essere una one-shot, direi che sono abbastanza soddisfatta del risultato. Ringrazio tutti per il sostegno e le recensioni, davvero troppo buoni!!! 
Detto questo vi saluto! 
Alla prossima!

 


Capitolo 6 (Epilogo)
 
PASSO

Daryl non ricordava di aver mai riposato così bene. Da circa un mese dormiva tutte le notti come un bambino e poteva dire di essere quasi sereno. Certo, fuori da quelle mura c'era ancora l'inferno e gli uomini continuavano ad essere una minaccia, ma dopo la morte di Pete e l'arrivo di Beth le cose avevano raggiunto un certo equilibrio.
Da quella sera, un mese prima appunto, tutto era cambiato, la loro vita, le dinamiche all'interno del gruppo, ogni cosa.
Deanna aveva lasciato la gestione di Alexandria nelle mani di Rick, arrendendosi all'evidenza dei fatti: lui era sicuramente più in grado di difendere la città di quanto non fosse lei. Provata dalla morte di suo figlio prima e del marito poi, si era relegata ad un ruolo più marginale, occupandosi di piccole mansioni e lasciando il grosso delle faccende nelle mani dello sceriffo.
Per l'arciere la vita nella città aveva smesso di essere una prigionia, assumendo tutta un'altra sfumatura più simile ad una tinta pastello piuttosto che alla tonalità di grigio nel quale sguazzava prima.
Superato lo shock iniziale e chiarite le loro posizioni, il rapporto con Beth era stato tutto in discesa. Ovviamente quella specie di relazione che si era instaurata tra i due era ostacolata dalle mille riserve dell'uomo, riserve che la ragazza non perdeva mai occasione di sgretolare con la sua cocciutaggine e la sua perseveranza.
Si erano avvicinati molto dal suo arrivo ad Alexandria. Daryl non sapeva definire con precisione ciò che li unisse, dopo quel bacio al chiaro di luna, dettato secondo lui dall'intensità del momento, non era successo poi molto altro se non un'infinita quantità di sguardi imbarazzati e chiacchierate fitte fitte sulla riva del lago.
Nessuno sapeva del mutamento che aveva subito la natura del loro rapporto, anche perché il primo a non esserne completamente conscio era lui stesso.
Non voleva farsi troppe domande, quell'alchimia tra di loro era innegabile e lo faceva star bene, quindi, forse per la prima volta in vita sua, decise di godersi il momento ignorando il resto.
Era impossibile prevedere con certezza quanto sarebbero rimasti ancora in vita, perciò, in quei giorni dove la bruttezza la faceva da padrona, sarebbe stato da sciocchi gettare alle ortiche una cosa tanto bella.
Non poteva fare a meno di chiamarla cosa, essendo completamente incapace di definirla in altro modo, però quella cosa appunto, lo rendeva dannatamente felice.

Quella mattina, prima di raggiungere Aaron al cancello per uscire in missione, decise di passare a salutarla a scuola. Deanna ci aveva messo davvero poco a trovarle un lavoro, era diventata la nuova maestra e tutti i suoi alunni sembravano adorarla, fatto che non stupì per nulla l'arciere. Prima di raggiungerla, però, passò dal frutteto e raccolse una mela.
Gesti simili avrebbero fatto rabbrividire il vecchio sé stesso, ma il nuovo Daryl Carpe Diem, sapeva bene che, almeno con lei, poteva mettere da parte le sue paranoie.
Con una mela in tasca e la sua balestra in spalla, raggiunse la scuola che altro non era che il garage di una delle case e si appoggiò allo stipite della porta con le braccia incrociate, in attesa che lei notasse la sua presenza.
Non appena la ragazza alzò lo sguardo, un sorriso radioso le illuminò il volto.

-Buongiorno!- disse Beth spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Buongiorno signorina Maestra.- rispose lui porgendole la mela.

-Una mela per me?- domandò lei ridacchiando.

-Si usa così no?- fece lui con un ghigno.

Beth addentò il frutto senza distogliere mai lo sguardo dal viso dell'uomo.
Non ricordava di averlo mai visto così sereno e spensierato. Era consapevole del fatto che quando andava a trovarla così presto la mattina era perché stava per uscire in missione e forse, quel suo saluto mattutino, era un modo per dirle addio nell'eventualità che le cose fuori dalle mura si fossero messe male, ma era evidente quanto fosse cambiato nell'ultimo periodo.

-Stai andando in missione?- domandò lei diventando seria.

-Sì, dovrei essere qui per cena.- rispose lui, provando ad ignorare il suo cambiamento d'umore.

-Mi troverai ad aspettarti.- affermò Beth come se in realtà in quelle parole si nascondesse tutta la sua inquietudine a saperlo fuori dalle mura.

Daryl non aggiunse altro, le fece un cenno con il capo, la guardò per l'ultima volta e si diresse verso la sua moto.
Davanti al cancello ad aspettarlo trovò Aaron impegnato in un saluto strappalacrime con Eric che sembrava intenzionato a non volerlo lasciare andare.
Quando furono pronti per partire, il ragazzo fece un passo indietro, consentendo ai due di lasciare la città.

-Daryl!- urlò Beth che nel frattempo era corsa all'ingresso.

Lui, sentendo la sua voce, si voltò a guardarla aspettando di sapere cosa volesse dirgli di così urgente, ma lei non disse più nulla, si limitò a fissarlo e gli riservò un sorriso, uno dei suoi, caldo e capace di illuminare il mondo. 
In quel sorriso vi erano nascoste mille parole, mille speranze e la tacita promessa di non dividersi mai più.
La ragazza restò lì ferma a pochi metri dal cancello anche quando Daryl e la sua moto diventarono un puntino lontano e poco distinto e solo quando sparì completamente dalla sua visuale si decise a tornare alla sua scuola.

Ad una persona non era sfuggito il loro saluto, ad un ragazzo.
Eric che si trovava a qualche passo di distanza da Beth, osservava con un sorriso quel momento di tenerezza. 
Con discrezione si spostò e, quando le fu sufficientemente vicino, decise di provare a parlarle.
 
-Sembra che abbiamo in comune molto più di quanto pensassi.- affermò Eric sorridendo con aria complice.

-Come scusa?- domandò Beth confusa.

-Beh, siamo entrambi in pena per il nostro uomo.- rispose lui tranquillo.

-Oh tu hai pensato che Daryl ed io... no, sei fuori strada, davvero, noi siamo...- balbettò la ragazza imbarazzata.

-Scusa, devo aver frainteso.- disse Eric, allontanandosi da lei.

Beth si avviò a scuola, ma con la mente vagò per i boschi sperando che il suo pensiero arrivasse a Daryl e lo riportasse da lei. 
Passò tutta la giornata a rimuginare sulle parole di Eric e si rese conto di quanto fosse stupido nascondersi. 
Dopo le lezioni decise di far visita al ragazzo per scambiare due chiacchiere.
Attraversò la città salutando con cortesia le persone che incontrava e si fermò davanti a casa di Aaron ed Eric. Bussò alla porta e attese.

-E' così evidente?- domandò Beth non appena Eric le aprì la porta.

-Per un cieco forse no.- rispose lui facendole segno di entrare.

-Quindi l'hanno notato tutti?- chiese la ragazza accomodandosi sul divano.

-Notato cosa? Vuoi un tè?- disse il ragazzo sorridendo.

-Sì grazie. Chi altri lo sa oltre te?- domandò ancora lei preoccupata.

Eric tornò dalla cucina con le tazze e pensò fosse il caso di tranquillizzare la ragazza.

-Non credo che qualcuno sappia qualcosa. Io ed Aaron abbiamo iniziato ad avere il sospetto osservando il modo in cui ti guarda. E' cambiato moltissimo ed il suo mutamento è coinciso con il tuo arrivo qui.- spiegò lui bevendo un sorso di tè.

-Ti prego, non dirlo a nessuno, non credo che Daryl ne sarebbe felice.- disse Beth.

-Stai tranquilla, sono bravo a mantenere i segreti.- fece lui sorridendo sincero.

Sorseggiarono il loro infuso e scambiarono quattro chiacchiere. Beth raccontò di come aveva conosciuto Daryl e di quel loro strano rapporto ed Eric ascoltò con attenzione emozionandosi quasi come se avesse vissuto anche lui le stesse esperienze.
Quando la porta di casa si aprì e videro entrare Aaron, Beth salutò i due e diede appuntamento ad Eric alla prossima missione.

-Mal comune mezzo gaudio.- disse il ragazzo facendole un cenno con la mano.

La ragazza non tornò immediatamente a casa, vista la bella serata decise di fare una passeggiata e di raggiungere la riva del lago, sicura che l'avrebbe trovato lì ad aspettarla.
Seduto sul terreno a gambe incrociate. Le spalle larghe, i capelli ormai troppo lunghi, la sua fedele balestra sempre accanto. 
Beth si prese il tempo di osservarlo qualche secondo prima di annunciare la sua presenza. 

-Ne hai ancora per molto?- domandò Daryl facendola sussultare.

-Accidenti! Come hai fatto a capire che fossi io?- sbottò la ragazza fintamente offesa, mettendosi a sedere accanto all'uomo.

-Ormai conosco il tuo passo.- rispose lui.

-Conosci il passo di tutti?-  chiese Beth stringendosi le braccia al corpo per ripararsi dall'aria fredda della sera.

-No, solo il tuo.- affermò lui cingendole le spalle con un braccio e avvicinandola a sé.

 
FINE


p.s. Attenti a voi! Ritornerò quando meno ve l'aspettate!

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