Non riesco a sopportarti

di Cloveregga
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Non posso sopportarti ***
Capitolo 2: *** Episodio 1: Quel cane si chiama ~Cane~ ***
Capitolo 3: *** Episodio 2: Una promessa va dimostrata ***
Capitolo 4: *** Episodio 3: Un velato interesse ***
Capitolo 5: *** Episodio 4: Una lotta per un sorriso ***
Capitolo 6: *** Episodio 5: Una giacca fuori stagione ***
Capitolo 7: *** Episodio 6-7: Un gioco esaltante (Parte 1) ***
Capitolo 8: *** Episodio 6-7: Un gioco esaltante (Parte 2) ***
Capitolo 9: *** Episodio 8: Quattro cuori per un solo fiore ***
Capitolo 10: *** Episodio 9: Parlare alle anatre ***
Capitolo 11: *** Episodio 10: In quella partita decisi... ***
Capitolo 12: *** Episodio 11: ...che il mio sogno era un altro ***
Capitolo 13: *** Episodio 12: Non ti sopporterò mai ***
Capitolo 14: *** Episodio Speciale: Brothers Breaker ***



Capitolo 1
*** Prologo: Non posso sopportarti ***


                                    PROLOGO
                                                          
"Non ci avevo mai pensato.
Non rientrava nei miei interessi.
Lottare e vedere felici gli altri era abbastanza.....
Allora come hai fatto a capire che quella veramente felice volevo soltanto essere io?..."


"Un giorno feci un torto a qualcuno e ho sempre voluto rimediare, ma questa volta......
voglio pagarne le conseguenze."


Un incontro strano e uno svolgimento comico, saranno il condimento perfetto per i nostri due giovani protagonisti alle prese con i grandi dubbi e le piccole carezze di un amore in cui.....

~Non riesco a sopportarti~

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Capitolo 2
*** Episodio 1: Quel cane si chiama ~Cane~ ***


Pioveva. 
Fuori dai finestrini dell'autobus, che l'avrebbe condotta al Parco Takemi, si vedevano le gocce scendere lente e senza sosta. La giovane studentessa Sakura Sakurakoji sospirava e si preoccupava per il suo ritardo; c'era qualcuno che la aspettava. Aveva fatto tardi per colpa di alcune attività post-scolastiche che la trattenerono più del dovuto. Essendo un talento naturale in qualsiasi sport, spesso era presa d’esempio dagli altri studenti meno capaci e così il tempo che perdeva nell’aiutarli, mancava per stare con coloro che la attendevano. Scese dal mezzo, ringraziando l'autista, essendo l'unica passeggera in quella zona e a quell'ora, per poi dirigersi dal suo amico "Cane". Corse verso una direzione precisa, in quel vialetto appena sotto il lampione, raggiungendo quella casa improvvisata. Un sorriso si disegnò nello sguardo del padrone di quella fedele bestiolina; sapeva che sarebbe venuta nonostante il tempo. Lui le diceva sempre di non preoccuparsi, ma la ragazza puntualmente si presentava con uno sguardo preoccupato e rammaricato.
Il padrone, un senza tetto nomade, si era da poco tempo stabilito, per così dire, nel parco di quartiere, assieme al suo fedele cane. Un po’ mal nutrito, mostrava, sotto al pelo ingiallato, un tempo bianco come la neve, alcune costole. Aveva le zampe esili che somigliavano a bacchette cinesi e uno sguardo buffo, sempre fisso davanti a se, ma che muoveva veloce a destra e a sinistra. La coda arruffata e in alcuni punti spelacchiata, somigliava ad una vela bianca sempre ritta. 
Quella bestiola ha una particolarità: un tic nei movimenti, infatti, appena ne compieva uno, sembrava  tremare in modo continuo. 
Lei li vide in una giornata simile a quella, quando dei teppisti li importunavano. Alcuni di loro, in vena di scherzi, si misero a picchiare il cane per divertirsi a vederlo in difficoltà. Il nomade cercò di mandare via i ragazzi, ma finì anche lui per essere picchiato, vedendosi la casa sfasciata e gli oggetti rubati. 
Non ci pensò due volte a difenderli e a far fuggire tutti spaventati. 
Come poteva finire diversamente? Quarto Dan di Jujizu e terzo Dan di Karate: una combinazione letale al femminile. 
Così tutti i giorni aveva giurato di portare da mangiare al cane e a lui, in cambio di restare lì in quel parco per sempre, di modo che fosse lei a proteggerli e a prendersene cura. L'uomo sapeva che non avrebbe mantenuto quella promessa, nonostante adesso le stesse sorridendo come ad approvare ancora quelle parole, spese tempo prima.
La giovane non ci mise troppo tempo a riempire una malmessa ciotola per il cibo e a cercare di far avvicinare l'animaletto a se. Succedeva sempre la stessa cosa: appena tendeva la mano verso di lui, il cucciolo sembrava indugiare lentamente, ma poi fuggiva spaventato. Il padrone rideva senza malizia ogni volta; la ragazza sbuffava a quel punto, allontanandosi, lasciando che il cane mangiasse in pace. Sorrideva e non se la prendeva perché era normale pensare che la bestiola la ritenesse un’estranea e che quindi rispondesse solo alle attenzioni del suo padrone.
Le prime volte aveva creduto che quel suo comportamento fosse legato ad un presupposto puramente estetico, ma il padrone scosse la testa e le spiegò che era tutta una questione di fiducia tra l’animale e l’uomo.
Sakura rise alla sua precedente deduzione, spostando all’indietro i lunghi capelli neri, dalle sfumature rosate, all’indietro. I suoi occhi, del medesimo colore, mostravano una profondità particolare, tipica di una giovinezza spensierata che da tempo non si riusciva a trovare. Il corpo, formoso nei punti giusti e tonico, non passava inosservato, frutto di un allenamento giornaliero.
La divisa scolastica sembrava risaltare ancor di più la sua perfezione. Non era particolarmente alta, ma per guardare negli occhi il suo amico a quattro zampe, doveva chinarsi sulle ginocchia. 
Quante storie di vita il padrone si divertiva a raccontare a quella ragazza e quante lei ne raccontava, facendo passare i minuti che sembravano sempre troppo pochi.
La giovane chiuse l’ombrello.
La pioggia era finalmente cessata e la luna faceva capolino, poco dopo di quello che doveva essere un tramonto autunnale. 
L’aria si fece più fredda e le strade, come anche l’intera città, adesso erano piene d’acqua. 
Il parco somigliava ad una grande pozzanghera, in cui sarebbe bastato un salto per riempirsi di fango.
Per Sakura sarebbe stato l'ultimo anno di liceo e tante cose sarebbero cambiate, tante scelte sarebbero state prese eppure non ne sembrava turbata. 
Lottava, senza sosta, ogni giorno, contro il suo avversario storico: la vita. 
Il nomade le leggeva in faccia un tenue sentimento di paura, per questo non voleva addossarle altre responsabilità, preoccupandosi di loro che, ormai, erano abituati a quello stile di vita spartano e inusuale.  La scuola era già cominciata da due mesi e si poteva notare quanta ansia la avvolgesse, senza che lei ne parlasse apertamente. 
Un anziano come lui conosceva tanti di questi trucchetti, utilizzati per mascherare certe emozioni negative, ma a un occhio esperto come il suo non potevano certo sfuggire.
Il suo sguardo però, diceva altro: era vivace, altruista e spensierato, come se stesse nascondendo i suoi turbamenti e li volesse in qualche modo, affrontare da sola. 
Gli altri dovevano percepire di lei la felicità e la testardaggine, nient’altro.
Di certo non poteva obbligarla a rinunciare a venirli a trovare e a trascorrere del tempo con loro, ma non sembrava essere solo un atto d’altruismo, il suo. 

Che fosse quello il motivo per cui il cane non si avvicinava?
Si domandava il giovane seduto fino a tardi nel suo ufficio, a sbrigare le ultime questioni legali per la commercializzazione di un nuovo videogioco. L’azienda dove lui lavorava, aveva la sua sede proprio vicina al Parco Takemi e gli uffici si affacciavano tutti in quel viale dove il nomade con il cane, da qualche tempo, risiedeva. 
Lui era solito fare tardi, soprattutto in quel periodo, per l'imminente uscita di quel gioco, primo vero progetto creato in collaborazione con i due doppiatori più bravi sulla piazza: Azusa e Tsubaki Asahina, ovvero suoi fratelli gemelli.
Natsume Asahina, così chi chiamava il giovane che sedeva dietro quella scrivania nell’ufficio che si affacciava a quella zona poco illuminata, prendeva molto sul serio il suo lavoro, tanto da anteporlo a se stesso. Essendo appassionato di videogiochi, giocava spesso ad ogni nuova novità che l’azienda promuoveva. Pretendeva molto dai suoi dipendenti, ma sapeva essere giusto e professionale quando si trattava di parlare alle riunioni o gestire relazioni con rivenditori e investitori.
In quel periodo dunque vedeva spesso quella ragazza, arrivare in tutta fretta, dare da mangiare al cane.
La cosa che più lo interessava era la strana reazione della bestiolina nei confronti della sconosciuta.
Gli animali sono istintivi e percepiscono se una persona ha paura o si sente insicura; questa fu la sua conclusione. Era però strano, secondo lui, perché l'aveva vista combattere contro quei teppisti quel giorno lontano, dimostrando una notevole forza fisica e interiore, ma il cane continuava a non avere fiducia in lei.

In quel periodo aveva molto tempo da perdere, visto che le procedure di vendita del gioco stavano procedendo spedite e così, disturbato dagli schiamazzi della studentessa, si affacciava per vedere cosa facesse. Il suo aspetto lo colpì subito, come spesso accadeva anche agli studenti del liceo che frequentava; cercare di capirla sarebbe stato facile o almeno credeva.
 
Il giovane l'aveva perciò etichettata come un’esaltata che spreca tempo a difendere uno sconosciuto che non solo non la rispettava, ma che presto l’avrebbe dimenticata. 
Nonostante questo, anche quella ragazza poteva avere un carattere fragile, come le altre e forse il cane lo aveva capito meglio di chiunque altro. 
Un personaggio strano, non vi erano dubbi e alla fine, perso tra tutti questi ragionamenti, quelle scene nel parco erano diventate il suo passatempo preferito tra una scartoffia e l'altra, prima di tornare a casa. 
Un giorno si ripromise di dare una bella lezione di vita a quella ragazza sconosciuta, dimostrandole quanto lui, abituato ai suoi due gatti, fosse amorevole e apprezzato dagli animali. 
Sarebbe stata un'altra delle sue buone azioni per rilassarsi e festeggiare il successo del suo videogioco.
Sakura salutò con un inchino il padrone nel mentre il cane scappava dentro quella sua reggia che non era altro che una scatola molto grande ripescata tra i rifiuti. 
La ragazza strinse un pugno al cielo e di seguito, con le lacrime agli occhi, puntò un dito contro il cucciolo dicendogli che un giorno, sicuramente, lo avrebbe preso in braccio e coccolato. 
Era una promessa degna di una Koji!
Detto questo sparì verso le strade cittadine per poi avviarsi a casa. 
Il padrone la salutò con un gesto della mano per poi accarezzare il muso del suo fedele amico. 
"Cane", così aveva chiamato quel cucciolo cui si era affezionata la giovane Sakura
Non brillava molto per fantasia sui nomi da dare agli animali, visto che non ne aveva uno. Per certe cose era particolarmente sbadata e infantile, poiché dava a cose o persone nomi banali, da non sembrare proprio dei nomi veri e così quello di “Cane” divenne l’ultima delle sue creazioni “geniali”.
Era soddisfatta di sé quel giorno. 
Quello stesso giorno in cui si conobbero, senza saperlo… 
I due cuori che non si sopportano.

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Capitolo 3
*** Episodio 2: Una promessa va dimostrata ***


Nell'appartamento di città, dove il giovane viveva in completa solitudine, filtrarono, dalle fessure delle finestre, i primi raggi del sole. Azusa e Tsubaki saltarono sopra il suo letto, incominciando a strusciare il loro pelo contro il viso del ragazzo che li allontanava, infastidito. 
Una sveglia efficace, ma dannatamente puntuale. 
Erano due siamesi dal pelo morbido e soffice, gli occhi di un verde vivace, con la coda lunga e sinuosa che ondeggiava molto veloce a destra e a sinistra. Le zampe erano piccole, delicate e silenziose ad ogni passo, in cima gli artigli taglienti di chi, se infastiditi, riceveva una bella punizione. Dal manto bianco e color nocciola, questi due gatti avevano fatto breccia nel cuore di Natsume Asahina, un mese dopo aver abbandonato il "Residence Sunrise" per andare ad abitare da solo. Li trovò abbandonati dentro una scatola in cui c'era scritto sopra:, "Prendetevene cura". Preso dalla tenerezza dei due, non resistette a portarli a casa e a viziarli in ogni modo possibile, assegnandogli il nome dei suoi due fratelli gemelli.
Non sapremo mai il perché li abbia chiamati a quel modo e se glielo si fosse chiesto, avrebbe trovato una scusa per non dirlo.
Ormai sveglio si alzò, sbadigliando, dal letto e decise di fare una doccia per calmarsi dallo strozzare i due diavoletti, che continuavano a miagolare facendogli le fusa sulle gambe. Subito dopo essersi vestito, aver fatto colazione per se e per i gatti e aver sistemato il letto, uscì per andare al lavoro. 
La domenica era il suo unico giorno di riposo e spesso lo passava con tutti i suoi fratelli seguendoli nella loro vita frenetica. 
Lui é il settimo di ben tredici fratelli, ognuno con la propria personalità e una prospettiva di vita diversa dagli altri. Tra loro vanno abbastanza d'accordo, tranne alcuni che si prenderebbero a botte di continuo. Natsume era cordiale con tutti, specialmente con i suoi due gemelli, cui era affezionato, ma con l’ottavo figlio, Subaru Asahina, sembrava sempre in competizione. 
Cosa lo spingeva dunque a ritrovarsi con tutti una volta a settimana se aveva deciso di andare ad abitare da solo, lasciando di sua iniziativa il Residence in cui prima abitava con loro?
Neanche lui avrebbe saputo rispondere, lo faceva e basta.
Arrivato in ufficio, vi sarebbe rimasto fino la sera. Essendo l'amministratore delegato dell'azienda, creatrice del celebre gioco Monster Hunter, doveva occuparsi di qualsiasi affare aziendale; questo limitava di molto il suo tempo libero, ma non gli pesava. 
Il suo lavoro era una delle sue passioni più grandi e mai vi avrebbe rinunciato.
I lampioni si accesero a scatti veloci fino a illuminare perfettamente la strada sotto il suo ufficio e il parco.
Era ormai sera. Con fare quasi automatico, guardò verso il vialetto in cui il nomade e il cagnolino avevano trovato modo di stare.
Anche quel giorno si sarebbe divertito a fare pensieri su ciò che vedeva e a giudicare il comportamento dell’ormai appurata “esaltata”.
Non li vide. Li cercò in lungo e in largo senza trovare nessuna traccia di loro.
Non si scorgeva neppure la scatola che utilizzavano come casa per ripararsi e giaciglio per dormire. 
Il nomade e "Cane" erano spariti. 
Perché? Per quale motivo? Nella testa della ragazza, che anche quella sera era andata al parco per dare da mangiare a entrambi, balenò l'idea che li avessero rapiti o peggio uccisi. Continuava a chiamare "Cane" facendo dei versi piuttosto rumorosi e strani tanto da far allontanare quei pochi passanti che si trovavano lì intorno. Non poteva accettarlo, non si erano neanche salutati e il solo credere che fossero andati altrove, la faceva rattristare. Aveva fatto una promessa a quel cucciolo e al signore suo padrone e lui aveva portato via con sé "Cane" senza dirle nulla?
 
-Ehi tu, giovane ragazzina esaltata cosa stai facendo? Così, invece di attirare quel dolce cucciolo, lo allontanerai ancora di più con tutto questo chiasso che fai... -

Natsume non ebbe tempo di terminare la frase che Sakura gli si avventò contro con un calcio a rotazione al volo, una mossa che lui aveva visto soltanto in alcuni dei videogiochi, cui aveva giocato, per testarne la difficoltà e il valore commerciale. 
Si parò con il braccio destro attutendo la forza del calcio per poi abbassare la guardia.

-Ma sei impazzita per caso? Devo ammettere però che quella mossa di Karate era eseguita in modo impeccabile.-

Subito dopo tirò fuori un pacchetto di sigarette che aveva nel taschino interno della giacca nera che indossava, da cui ne tirò fuori una. 
La prese, tenendola all'estremità' con due dita per poi prendere con l’altra mano libera l’accendino. 
Tirò un po' di tabacco, giusto quel poco che gli permise di creare, soffiando subito dopo, un po' di fumo di fronte a lui. Poi la tenne con le due dita, guardando la ragazza, ancora in posizione d'attacco nei suoi confronti e gli occhi di chi non vuole ascoltare uno sconosciuto che si rivolge in quel modo superficiale.

-Dovrei smettere di fumare, un giorno mi pentirò di non aver smesso prima. 
Eh già. Una promessa va dimostrata non trovi? 
Tieni. Questo foglio era nascosto nei cespugli lì vicino; anch'io conoscevo quel nomade e quel cane. 
Tu non potevi saperlo, ma io vi guardavo dalla finestra del mio ufficio. 
Facevate un tale chiasso-

Il giovane tirò ancora un paio di volte alla sua sigaretta prima di calpestarla gettandola a terra. 
Intanto si tolse un po' di terra dalla giacca, segno del fatto che anche lui, prima dell'arrivo della ragazza, aveva cercato tracce dei due, che a quanto sembrava, si erano spostati altrove.
Perché si era dato così da fare a cercare un qualcosa che riguardava un vagabondo e il suo cane, quando proprio lui non li considerava neanche? 
Neanche questa volta avrebbe risposto e forse, una risposta non era necessaria al momento.

*Perché non mi ha detto prima di aver trovato un biglietto? Le persone come lei non le sopporto. Solo perché é vestito in giacca e cravatta e siede a una scrivania, non ha il diritto di definire esaltata una sconosciuta. Il rispetto prima di tutto.
Ad ogni modo, con che diritto lei spia le persone che non conosce? Questo comportamento si chiama Stalking. Ora se mi facesse leggere il biglietto, gliene sarei grata*

-Certamente. Ecco a lei. Stia tranquilla stanno bene, non deve allarmarsi-

Il giovane Asahina ignorò ogni sua considerazione sul suo modo di agire. Aveva capito, dal gesto istintivo della ragazza e dal suo atteggiamento, non vedendo il nomade e il cane, che fosse spaventata e triste, come se le fosse mancato qualcosa all'improvviso a cui si aggrappava con tutte le forze.
Aveva per quest’assunto un atteggiamento spavaldo, per farla reagire in qualche modo. 
Fosse stato accondiscendente o comprensivo, la ragazza non avrebbe resistito e si sarebbe sfogata; questo voleva evitarlo assolutamente. 
Voleva soltanto divertirsi a stuzzicare la giovane e a dimostrarle, come si era ripromesso di fare, che lui con gli animali era molto più esperto perciò non gli conveniva farla piangere, altrimenti che gusto avrebbe trovato nel credersi migliore di lei?
Bellezza mozzafiato che presupponeva un carattere dolce e raffinato, legato invece a un animo
combattivo e aggressivo; una scommessa da dimostrare.

Leggendo quelle poche righe, si capiva che il nomade aveva cambiato casa, spostandosi lontano chissà  dove e che aveva portato con sé "Cane". 
In fondo al biglietto era riportata una frase particolare rivolta alla giovane che diceva:

~Dolce fanciulla dal cuore guerriero, non ti ringrazieremo mai abbastanza per il cibo delizioso che ci hai portato tutte quelle notti in cui ci siamo fermati al parco, nonostante la pioggia e il freddo.
La tua promessa è stata mantenuta. 
Anche "Cane" ti ringrazia.
Non avere paura. Il tuo futuro sarà bello.
Ci hai dimostrato che la nostra vita é bella e é giusto viverla.
Grazie Signorina Sakurakoji~

Il viso della ragazza era bagnato da piccole lacrime di gioia da cui comparve un sorriso luminoso, lasciando poi che il foglio volasse via portato dal vento. 
In qualche modo, quelle poche parole le avevano insegnato a non dipendere da nessuno ed essere indipendenti da tutto, imparare dunque a ricercare sicurezza non nelle azioni, ma in se stessi e nei propri sentimenti. Per questo adesso era libera di volare lontano esattamente come quel foglio bianco.
Questo era ciò che aveva compreso, ma era davvero così?
Guardò il cielo e sospirò.

*Ehi Cane hai visto? Ho vinto io la scommessa....
L'ho vinta io ahahah
Invece di chiamare te, ho attirato un damerino in giacca e cravatta*

-Sei davvero un’esaltata come pensavo Sakurakoji se ti metti anche a parlare da sola, però devo ammettere che sei molto carina-

*C...chi ti ha dato il permesso di leggere questo biglietto e di chiamarmi in tono così confidenziale? Tu non sai niente del legame speciale che avevamo instaurato io e loro*

-Se lo dici tu.
Peccato, eravate un ottimo passatempo. Ne dovrò trovare un altro. O forse l'ho già trovato?-

*Non si permetta di chiamarmi passatempo. Io non gli ho dato tutta questa confidenza e poi non m’interessa minimamente il suo giudizio personale sulla mia bellezza*

Il giovane, lasciandola parlare, le tirò un picchio sulla fronte, senza farle troppo male e lei subito lo colpì, allontanando la mano da lei. Prese la sua cartella e se ne andò, lasciando Natsume in piedi in quel viale.

-Davvero sono così insopportabile?-

Disse poco prima di vederla sparire dietro l’angolo di un palazzo. Aveva già in bocca un'altra sigaretta e buttava fuori alcune nuvole di fumo. Nello stesso tempo disse quelle parole, procedendo verso la macchina. Quella ragazza: una scommessa oppure l’inizio di un sentimento? 

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Capitolo 4
*** Episodio 3: Un velato interesse ***


Residenza Koji, distretto Kitakura.                                                                                       
“La signorina Sakura Sakurakoji saluta i genitori per dirigersi a scuola a piedi, per temprare il corpo e lo spirito. Si accompagna a una lettura per rilassarsi.
E' una ragazza talmente fragile da commuoversi per un non nulla, verrebbe voglia di proteggerla e stargli sempre vicino. L'aspetto ricorda vagamente uno spirito angelico, lineamento fine e fisico equilibrato a dimostrazione del fatto che lei é la ragazza dei sogni.”.
Nella mente di ogni studente del Liceo Kidou, che lei frequentava, sia maschio sia femmina, si sarebbe trovata questa descrizione riferendovisi. Era il modello e la felicità suprema; nessuno avrebbe osato dire il contrario. Appena varcava i cancelli, tutti la salutavano estasiati e arrossivano quando si allontanava, facendo mille moine e pensieri da maschio che sarebbe meglio non approfondire. Aoba e Yuki, le sue migliori amiche, la attendevano all'ingresso vicino agli armadietti, dove si ripongono le scarpe, come tutti i giorni. Adoravano stuzzicarla già in quei pochi attimi in cui le parlavano, puntando il dito verso gli spasimanti più carini oppure parlando solennemente di quanto fosse fortunata nell'essere la più popolare. Rispondeva sempre con un sorriso o una lieve pacca sulle spalle di entrambe le ragazze; tutte quelle attenzioni non le considerava.
Naturalmente ricambiava ogni saluto e spesso era costretta a smentire certe voci su di lei, poiché non era così debole come dava a vedere.
Tutto qua.
Aoba aveva visto, di nascosto, molte delle dichiarazioni che i ragazzi della scuola le facevano e non c'era modo di evitare un mal di pancia doloroso per le risate.
Sakura si chinava di fronte a loro sorridendo, per poi incominciare a spiegare come realmente era.
Il problema sorgeva pochi momenti dopo quando gli equivoci sbocciavano a ogni parola, facendo così, alla fine, ricredere il pretendente lasciandolo interdetto e senza parole.
Per Aoba non esisteva comicità migliore nel mondo.

Sakura che cosa provava in quei momenti?
Rimaneva sempre ferma nei suoi principi e non sembrava turbata da quelle reazioni stupite: era diventata una sorta di copione esporre a parole ciò che per tutti sembrava altro.
Non si rendeva conto di quanto faceva male giudicare, in modo del tutto errato, una persona e scoprirla totalmente diversa, soprattutto se per lei si prova amore.
Lei smentiva e basta; le relazioni non rientravano nei suoi interessi, ma offriva a tutti il suo aiuto se glielo avessero chiesto.
Si poteva dire che la maggior parte degli studenti la giudicava superficialmente ed era attratto come un’ape al miele per vari elementi apprezzabili quali: la sua bellezza, la fragilità dimostrata solo attraverso un pianto e l’intelligenza, essendo sempre la migliore nei test scolastici.
Tutti elementi che la rendevano eccelsa ma banale.
Per questo scoprirla brutale, combattiva e persino testarda, riduceva i ragazzi in uno stato drammatico di accettazione.
La realtà sapeva far male alle volte.
Il Karaoke con i compagni di classe era il rimedio per le sue malinconie, anche se lei diceva di non averne, ma quel giorno la sua faccia sembrava una maschera da circo.
Quando mentiva nessuno se ne accorgeva.
Lei voleva vedere solo gli altri sorridere.
Quel pomeriggio tutta la banda si diresse verso il locale Karaoke vicino a scuola.
Occupando una delle sale adibite a quest’attività, si animò una vera e propria festa in grande stile: musica ad alto volume, risate contagiose, chiacchere e tante fotografie da conservare.
Mancavano le bevande e Sakura si offrì di andarle a prendere.

Era una scusa.
Chiuse la porta dietro di se, dove gli altri cantavano e abbassò lo sguardo.
Non ci riusciva a dimenticarli, proprio era insostenibile per lei; quella promessa era davvero stata mantenuta?
Era sciocco e stupido, lo sapeva, ma per lei era una cosa importante.
Nella sua mente, ogni tanto, riemergevano questi dubbi e si chiedeva tante di quelle cose che alcuni, ascoltandole, le avrebbero considerate domande retoriche, arrivati a questo punto.
Erano ormai passate due settimane da allora, da quando "Cane" e il suo padrone erano andati altrove.
Il foglio era volato lontano e lei si sentiva libera.
O questo era ciò che lì per li aveva accettato?
Aveva in mano un vassoio con le richieste che le erano state fatte e camminava, sembrando quasi da un'altra parte.
L'esplosione avvenne pochi istanti dopo.
Sentendo delle grida fuori dalla stanza dove c'erano i suoi amici, tutti, con Aoba in prima fila, si affacciarono a vedere cosa stava succedendo.
Lo sguardo della ragazza era uno di quelli che sanno il fatto loro.

-Mi sono già scusato per l'accaduto, cosa dovrei fare? Se vuoi, posso anche pagarti la lavanderia. Ci vorrà una giornata, ma dovresti darmi i tuoi vestiti e saresti costretta a rincontrarmi-
.
Natsume tendeva la mano alla ragazza che ancora stava per terra, gridandogli contro arrabbiata; non sembrava voler farsi aiutare e, infatti, si alzò da sola squadrandolo.

*Crede che io sia una di quelle ragazzine stupide che si emoziona per questo suo modo di fare?
Certo, i trapianti di cervello ancora non si possono fare.
Che peccato, lei sarebbe il primo paziente!*.

Il tono di Sakura divenne deciso e quasi di rivalsa, nonostante fosse tutta bagnata e sporca. Tutte quelle bevande le erano cadute addosso, scontrandosi con il giovane, che ora sorrideva guardandola tutto felice. In alcune parti anche lui era bagnato, ma la cosa non lo sfiorava; le parole della giovane erano più di suo interesse al momento.
Aoba era tutta agitata, come anche gli altri, tanto da non smettere di bisbigliare e fare domande.
Le ragazze e anche gli altri frequentatori del posto, guardavano Natsume con attenzione; era molto affascinante a loro avviso.

-Sei davvero una ragazza interessante ed esaltata non posso negarlo. Non mi dispiacerebbe incontrarti un'altra volta, in questo modo ti laverò la divisa. Cosa ne pensi?-

Fu diretto. Niente giri di parole. Non poteva essere frainteso nulla. Era chiaro che voleva sdebitarsi e forse anche dell'altro.

*Posso lavarmela da sola. Non ho bisogno che lei.....

-Dammi pure del tu Sakurakoji.....mi piacerebbe conoscere il tuo nome. Salvo che non ti piaccia ~Signorina esaltata~....-

*Non ho bisogno che.....perché dovrei dare confidenza a uno sconosciuto? E non si rivolga a me chiamandomi come se fossi una sua conoscenza chiaro? Mi pare di averglielo già detto la scorsa volta. Arrivederci*

-Arrivederci? Quindi ci vedremo presto ~Signorina esaltata~-.

Sakura non perse neanche del tempo prezioso a rispondergli, dandogli le spalle per dirigersi verso i suoi compagni di classe.
Aoba, appena vide l'amica che stava tornando da loro, spinse tutti dentro e cercò di far sembrare che nessuno avesse visto nulla.
La ragazza entrò e tutti si gettarono su di lei facendole domande di ogni tipo: perché era bagnata, chi fosse quel giovane con cui parlava, quanti anni avesse, se aveva la ragazza e molte altre; tutte incentrate su di lui. Sakura aveva già notato prima che loro l’avevano guardata nel mentre discuteva con quel tipo e sorrise spavalda.

*Quello sconosciuto? Mai visto prima. E' un insopportabile giovane viziato. Farmi fare la figura della stupida e di quelle che gli sbavano dietro soltanto per quello sguardo sottile e il sorriso dolcemente malizioso? Non sa come sono, come può giudicarmi in modo così spregiudicato?
Non che m’interessi saperlo... *

Rispose per calmare le compagne di classe emozionate.
Aoba era l'unica ad aver capito cosa veramente Sakura stava provando; lui era qualcuno cui sarebbe stato difficile mentire o camuffarsi.
Un giovane carismatico e gentile contro una fanciulla dal carattere tosto e l'animo di un fiore che vuole sbocciare.
Questo scontro la divertiva particolarmente e ridacchiava sotto i baffi, senza farsi vedere.

Dall'altra parte opposta dell'edificio, in una stanza simile, ma un po' più grande, Natsume, con sguardo severo, rimproverava le battute poco spiritose che i suoi dipendenti e collaboratori gli infliggevano.
Rivolti nei confronti della ragazzina, rilevavano il fatto che lui stesse provandoci con una molto più giovane e che l'avrebbe dovuta costringere a dargli i vestiti.
Annoiato da certe sottili allusioni, uscì con la scusa che doveva fumare una sigaretta.
Appena uscito, fece un’espressione alquanto delusa rivolta ai suoi amici la dentro; non avrebbero mai capito come si trattava davvero una ragazza come lei, come Sakurakoji.
Lo sguardo violaceo dei suoi occhi si rivolse al cielo e ai dintorni.
La sua sigaretta era già finita e accenderne un'altra non era una soluzione.
Mise le mani dentro le tasche dei pantaloni; sembrava, in quella posizione, aspettare qualcuno.
O qualcosa?
Il gruppo di amici della scuola uscì, facendo molto rumore; beata gioventù.
Sakura era rimasta un po' più indietro rispetto agli altri con quello stesso sguardo che aveva quando si era offerta di andare a prendere le bevande.
La vide uscire.
Fu un attimo, forse un istante.
Il calore del suo corpo, la cartella che cadde a terra facendo un rumore sordo. Gli occhi sbarrati di lei divennero ancora più luminosi.
Una mano sulla sua schiena e l'altra sui lunghi capelli neri.

Tre parole soltanto.

-Per favore, sorridi-

Le porte scorrevoli si richiusero poco dopo, lasciando la ragazza sotto l'insegna del Karaoke.
Ferma, come una statua, guardava di schiena il giovane sparire all'interno, notando il suo portamento e i corti capelli arancioni che gli scendevano sul collo. Le spalle molto robuste mostravano la sua corporatura esile e sportiva, dentro ad un completo giacca, pantaloni neri e camicia bianca.
In particolare risalto la cravatta a quadretti verde.
Il suo viso si colorò leggermente di rosso, nel mentre lo sguardo era perso chissà dove.
Li avevano visti tutti quanti.
I ragazzi piangevano disperati, quasi a volersi strappare i capelli e giurare morte a quel tipo, mentre le ragazze, soprattutto  Aoba e Yuki, si guardarono arrossendo ed esultando felici, incominciando a fare pensieri romantici e maliziosi rivolti all'amica.
Le parole che le bisbigliò, avvicinandola a se.

*Ehhhhhh?*

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Capitolo 5
*** Episodio 4: Una lotta per un sorriso ***


La scena più sconvolgente del mondo, a detta di coloro che c'erano e l'hanno vista con i loro occhi, era diventata la notizia delle notizie:
~Sakurakoji si é innamorata~
Nella scuola non si faceva altro che parlare di quell'episodio, davanti all'entrata del Karaoke e le voci erano girate talmente in fretta, che adesso non si riusciva più a capire la verità dall'esagerazione.
Alcuni dettagli, qualche parola capita male e siamo arrivati al paradosso.
"Sapete che Sakurakoji ha un fidanzato che è sposato e ha due figli? E non è tutto, si dice che lei avrebbe fatto a lui una sorpresa per vendicarsi dell'ex"
Il caos totale.
I ragazzi, per ribellarsi a questo destino nefasto, avevano persino deciso di aprire un Club anti-fidanzati, a protezione della donzella.
In questo modo sarebbero stati loro, membri del Club, gli unici a poterla avere per se.
Aoba e Yuki, aiutate dalle compagne di classe, sventarono presto questi sogni di gloria maschilisti, rendendo omaggio alla ragazza di cui tanto si parlava con la celebre "Battaglia delle Scope Volanti";
non c'era altra sorte per il club se non chiudere.
Addio sogni di gloria!!
Sakura si trovava in palestra.
Lottare la faceva rilassare e calmare in modo particolare; era ammirata da tutti anche per questa ragione.
I suoi combattimenti erano un evento eccezionale, tanto che aveva un gruppo di ammiratrici tutto suo, anche se aveva detto che non importava ce ne fosse davvero uno, ma come poteva dire di no a quei sorrisi tanto gentili e luminosi? La sua mente, nonostante le ore che passasse in palestra allenandosi, non riusciva a dimenticare quel giovane viziato ed arrogante.
Quel suo atteggiamento, quelle sue parole, erano solo un modo per prendersi gioco di lei oppure c’era dell’altro dietro il suo subdolo modo di comportarsi?
Non sapeva spiegarsi quel suo comportamento passivo, a sospirare di continuo e con lo sguardo fugace, scontroso, verso un punto indefinito.
Aoba rideva osservandola, con fare malizioso; lei aveva già capito.
Quello era un caso critico, non c'era niente da fare.
Finiti gli allenamenti, Sakura si diresse alla fermata dell'autobus; aveva in testa la fascia che utilizzava durante gli allenamenti, come porta fortuna.
Che sbadata!
Soltanto tre parole le rivolse in quel momento, come se fossero importanti…
Lo dovevano essere? Per quale ragione lui le aveva detto di sorridergli? Non poteva aver capito che fosse triste per i suoi due amici; era insensato. Il rossore e lo sguardo luminoso che Aoba diceva di averle visto sul volto erano un mistero ancor più complicato da svelare, almeno dal suo punto di vista, anche se in tutta la scuola non si parlava d'altro che d'amore.
Era l'unica passeggera in quel mezzo e a quell'ora. Non poteva farci nulla dopotutto.
Poco tempo dopo le sfilò dal finestrino il parco tanto frequentato all'inizio del suo quinto e ultimo anno al liceo. Ricordava le scene di lei assieme a quel cane e al suo padrone, tutti insieme felici e di quando fece volare il biglietto al vento…
con quel giovane che stava dietro a lei.

*Ma perché devo ricordarmi anche di quel tipo? Accidenti, peggio di un ossessione sta diventando. Se penso che mi ha rovinato lo scorso weekend!
Non voglio pensarci. E' solo un ragazzo insopportabile, di quelli che si divertono ad illudere le ragazze  per ottenere ciò che vogliono e poi scaricarle appena diventano un fastidio.
Basta, devo dirgliene quattro e colpirlo. Salverò il mondo femminile da un maniaco.
Sicuramente…*

Presa da una voglia strana, scese alla fermata del parco, incominciando a correre.

D'altra parte c'era chi invece, i sospiri, li capiva eccome.
Natsume era concentrato sulla vendita ufficiale di un nuovo videogioco e attendeva, con falsa tranquillità, gli indici delle prime copie vendute.
Quel progetto, portato avanti da mesi, stava finalmente entrando nel mercato e si teneva in contatto non soltanto con alcuni negozi specializzati, ma anche con i due fratelli gemelli che avevano doppiato le voci dei due protagonisti. Essendo entrambi già nel settore, questa collaborazione era un fiore all'occhiello per la sua compagnia, di cui sarebbe sempre stato orgoglioso. L'attesa toglieva il respiro e le già fumate sigarette non lo allietavano; stava persino cercando di smettere. Ecco che arrivano i primi sondaggi e i sospiri finiscono: un altro grande investimento riuscito e andato a buon fine.
-Un buon responso per l'azienda. Non poteva essere  altrimenti. E io che mi preoccupavo. Ci fosse stata quella ragazzina esaltata, avrei potuto divertirmi con...
Vedo che oggi è proprio la mia giornata fortunata.-
Un'altra sigaretta era stata accesa, con un sorriso di quelli che si aspettavano un evento e sono stati esauditi. La ragazza guardava in alto, rivolta verso le finestre del palazzo che si affacciava al parco; voleva dire qualcosa e lo avrebbe fatto a costo di essere denunciata per rumori molesti. Prese fiato e...

-Mi stavi forse cercando Signorina esaltata? Ti ho vista non appena ho guardato da questa parte e ho pensato che volessi dirmi qualcosa. Ho indovinato?-

*Odio il tuo comportamento. Odio il tuo modo di fare. Odio anche solo starti a sentire, sei un insopportabile sconosciuto che non riesco a togliermi dalla testa!
Tu non farai soffrire nessuna ragazza con il tuo teatrale modo di atteggiarti.
Tutti sapranno che razza di tipo tu sia. Sei stato scoperto mio caro damerino.*

Lo sguardo del giovane si aprì lentamente, come se sapesse, ma si fosse nel frattempo sorpreso, per poi socchiuderlo e renderlo tagliente più di prima.
Calpestò la sigaretta a terra e fece qualche passo avanti, avvicinandosi a lei.

-Capisco. Volevi dirmi soltanto questo?-

*Si. E' tutto ciò che volevo dirti*

Quella conversazione sembrava basarsi su cose che entrambi davano per scontato. Lei sapeva che lui l’attendeva, pronto a farla arrabbiare con il suo sarcasmo da quattro soldi, mentre lui sapeva che lei sarebbe venuta, testarda com’era, a dirgli la sua per togliersi quei dubbi e domande che aveva nella coscienza per quelle tre parole che le aveva sussurrato,  l’ultima volta. La scusa che Sakurakoji stava usando era del tutto inefficace, ma volle comunque sfruttarla.
Il loro gioco stava funzionando alla grande, ma non sapevano quale sarebbe stata la prossima mossa dell’uno o dell’altra.

-Potrei sapere il tuo nome? Io mi chiamo Natsume Asahina, amministratore delegato di quell'azienda dietro di me.-

*A...amministratore delegato? Ma quanti anni hai? Aspetta un attimo, te l’ho forse domandato? Ti ho appena accusato di qualcosa e cambi discorso?...
Sakura. Il cognome non credo di dovertelo dire giusto?*

-Ottima osservazione Sakura. Sei perspicace, devo ammetterlo, ma non credi lo stia facendo per conoscerti un po’ meglio?-

Fece un sorriso malizioso, come se volesse mettere alle strette, con una verità inattaccabile, la ragazza, ottenendo così ciò che davvero era di suo interesse, ovvero la sua reazione alla sua presenza.

-Ventiquattro. Sono da sempre stato appassionato di videogiochi e sono riuscito a guadagnarmi la posizione più alta, dopo molti sacrifici.-

*Oh! Il viziato che ha dovuto sacrificarsi...*

Da parte sua, la ragazza arretrava di poco più di un passo, cercando di portare avanti il suo intento, cosa che, nonostante tutto, ancora le riusciva fare. Per rendere questa distanza ancora più netta, la ragazza puntò un dito contro Natsune e con fare da maestra, professò la sua regola d'oro, simulando alcune mosse di combattimento.

*Ogni avversario è un giorno della vita. Chi non è pronto, verrà schiacciato dai giudizi e dalle parole altrui. Chi è pronto, si prepari ad essere ferito da chiunque*

Vedendo il giovane avanzare ancora verso di lei, Il suo sguardo ebbe paura. Adesso non sapeva più come fare e la cosa migliore era restare in silenzio e guardarlo con uno sguardo minaccioso. I lunghi capelli neri, sfumati di rosa, le cadevano davanti agli occhi come fossero pesanti, contornandole il viso. Lui fu abbastanza vicino da spostarglieli su una parte come se volesse accarezzarla.
Lei lo lasciò fare, senza ribellarsi. Era un incoerenza bella e buona la sua, oppure era ciò che sapeva di ottenere restando così, ferma, davanti al giovane?
Il suo desiderio di sentirsi amata.

-Con i capelli bagnati in questo modo e quella fascia sembri proprio Sadako sai?-

*C...che...c...cos.. non guardarmi allora e pensa hai fatti tuoi. Non ho avuto tempo di asciugarli e ora sono bagnati. Non c’è bisogno che ti preoccupi inutilmente…*

-Non mi stavo preoccupando, volevo solo farti arrabbiare…-

Poco dopo sentì come una fitta al petto, come se qualcuno l’avesse colpita, eppure c’era soltanto Natsume di fronte a lei. Scostava lo sguardo, cercando di non incrociarlo con il suo e poco a poco le venne voglia di dire qualcosa che da tanto tempo non rivolgeva ad alcuno, se non lei che fosse a riceverla.

*G…grazie*

Natsume tentava, invano, di accendere una sigaretta, mostrando un comportamento disinteressato a ciò che Sakura gli aveva appena detto. Si vide per pochi attimi un sorriso dolce comparire sul suo volto. Decise di continuare a provocarla.

-Non si accende. Lasciamo stare, tanto devo smettere prima o poi ed meglio prima. Comunque perché mi stai dicendo grazie? Perché ti ho chiamato Sadako chan?-

* Il motivo? Non è rilevante e poi si vede che non capisci quando qualcuno ti parla. Sei troppo concentrato a sentire ciò che dici e fai*

Sorrise. Sorrise felice a quelle ultime parole da lei stessa pronunciate.
Erano offensive se ci si pensava bene, ma lei ebbe modo di sorridere comunque. Non se ne rese conto, ma lui si.
Era proprio ciò che aspettava e lo aveva ottenuto: farla sorridere solo perché lui era li con lei.
La ragazza avrebbe ritrovato il sorriso un giorno, senza aver bisogno di qualcuno?
Quel sorriso naturale che scaturisce dalle situazioni più ovvie, ma anche quelle più belle ed emozionanti?
La strada era tortuosa, ma il giovane avrebbe saputo aspettare, in silenzio.
Poco dopo i due si salutarono con una promessa.

*Non è una promessa! Tu hai fatto e deciso tutto di testa tua. Cosa ti fa credere che io voglia rivederti? Ora sono tranquilla e quindi addio per sempre. Ah e questa non la vedrai piu'.*

-Certamente, Sadako chan-

Lui salì in macchina e lei riprese l'autobus che l'avrebbe condotta a casa. Non sapeva bene se avesse chiarito veramente i dubbi e le domande che la ossessionavano, eppure si sentiva un peso in meno sul cuore, sembrando quasi fluttuare.
Le aveva dato in prestito la sua giacca per ripararla dal freddo e adesso ce l’aveva sopra le spalle come coperta. Avendo i capelli bagnati, era più facile prendersi un influenza con i fiocchi, per questo lui sapeva con certezza che si sarebbero incontrati ancora. A meno che lei non volesse tenersela come trofeo, quella giacca, doveva restituirgliela.

-Sakura, che nome azzeccato per un'esaltata come lei...
Che stia di nuovo facendo lo stesso errore?-

Così era incominciato il primo giorno d’inverno.
Vacanze, pranzi e cene con gli amici, scambio dei regali e pattinate sulle piste da scii attendevano Sakura e i suoi compagni di classe nella loro ultima gita organizzata dalla scuola in una località sciistica lussuosa. Tutti erano entusiasti a tal punto che molti non riuscirono a dormire, spaventati all'idea di essere lasciati indietro per il ritardo. Quella mattina, quando ancora il sole non era alto nel cielo, il pullman partì verso quella meta fantastica; chissà cosa li attendeva una volta arrivati. Questo augurava ai suoi compagni di classe la giovane studente, a casa malata, con la febbre.
Era davvero arrivata la stagione invernale.

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Capitolo 6
*** Episodio 5: Una giacca fuori stagione ***


*E...ectciuuu! La mia testa, Mamma come mai siete diventate due?*

La madre di Sakura mise una pezza bagnata con acqua fredda in testa alla dolce fanciulla, che era ormai da due giorni e mezzo bloccata a letto con la febbre. Male di stagione: questa la prognosi del medico che le disse di restare a riposo e prendere alcune medicine. Nel giro di una settimana sarebbe guarita, ma le era proibito uscire e fare sforzi; una guerriera come lei. Colpa di tutta quella fretta che le fece dimenticare di asciugarsi i capelli dopo l’allenamento, quel giorno in cui conobbe davvero Natsume. I suoi genitori le fecero molte domande riguardo a quella giacca elegante nera che teneva appoggiata sulle spalle per ripararsi. Sakura non ci aveva pensato lì per lì che le avrebbero chiesto qualcosa, così inventò una scusa alla chetichella.

*Questa dite? Un mio compagno di classe me l'ha prestata per...riparo dalla pioggia. Ho dimenticato l'asciugamano e così ho evitato di...farmi venire un mal di collo allucinante*

Gli sguardi di suo padre e sua madre s’incrociarono e sorrisero, senza farle altre domande; si limitarono ad accarezzarle la testa e a dirle di cambiarsi prima che potesse venirle…

*Ectciuuui....basta non ne posso più di stare a letto senza fare nulla!*

Mama e Baba, come la loro figlia li chiamava, conoscevano fin troppo bene la ragazza che adesso era a letto malata, soprattutto quando mentiva. L'espressione del suo viso assumeva i caratteri di una maschera teatrale: labbra eccessivamente aperte, occhi minuti e fissi su un punto e un viso da pesce lesso. Quel giorno il suo viso si mostrò proprio a quel modo, per questo i due genitori si rilassarono; se la loro figlia mentiva c'era sicuramente un'ottima ragione. La protezione di qualcuno.
Intanto, in una località nevosa molto distante da Kitakura, nella Regione del Kanto, i compagni di classe della giovane Sakurakoji si godevano la gita tra risate, musei e qualche litigio a fin di bene. Aoba e Yuki non smettevano di mandare messaggi e foto all'amica, cercando di consolarla con la promessa che, appena tornate, sarebbero andate in campeggio. Un sogno per lei, giacché adorava trascorrere le giornate in compagnia e il campeggio non poteva che essere la cosa migliore.
Passano i giorni e Sakura sembrava riprendersi sempre di più dall'influenza che l'ha costretta a letto per cinque giorni; tra poco i suoi amici avrebbero fatto ritorno a casa e voleva fargli una sorpresa accogliendoli al ritorno. Di primo mattino la coraggiosa samurai, si svegliò e si sistemò al meglio per uscire: jeans stretti e aderenti, un maglioncino che le faceva da abito a collo alto di lana rosa chiara, un paio di stivaletti neri e un berretto alla francese con il pelo, del medesimo colore del maglione. Sembrava avere più anni di quelli che aveva. Le bastò una linea di trucco per essere in ordine e poter uscire da casa. Doveva andare in due posti: al ritrovo per salutare i suoi amici e a casa di un "Insopportabile giovane viziato" per restituirgli la giacca. Sakura, nel mentre camminava, si chiese se quell'Asahina non avesse previsto una cosa del genere.
Nel taschino destro della sua giacca, infatti, aveva trovato un biglietto da visita in cui vi era riportato il suo nome e il suo indirizzo di casa.
Una coincidenza del tutto casuale oppure voluta?
Abitava nelle vicinanze dell'ultima fermata dell'autobus che prendeva tutte le mattine e visto che il tragitto era lungo, si mise presto in marcia.
Doveva soltanto restituirgli la giacca giusto? Tempo di porgergliela e via verso l'altra sua destinazione.
Non c'era motivo di farsi tanti problemi, vero Sakurakoji?

*E' solo un disturbo questa faccenda, ma non voglio tenere in giro neanche qualcosa che mi ricordi quel tipo. Sarò fredda e distaccata. Gli dirò grazie e poi non lo vedrò più. Che bello*

L'autista del mezzo pubblico la guardò un po' perplesso, poiché parlava da sola ad alta voce.
Meglio guardare la strada e sorvolare, pensò indicando la fine della corsa.
Una palazzina di sei piani, un condominio, le si presentò davanti. Trovato il campanello, ora era davanti alla sua porta. Prese un profondo respiro, fece qualche esercizio di riscaldamento e simulò di suonare prima di entrare. Se si fosse vista dalla strada, l'avrebbero scambiata per un mimo.

*Bene sono pronta!*

Si disse prima di suonare al sudato campanello.
Niente.
Riprovò di nuovo, sempre al solito modo; senza esercizi stavolta.
Nessuna risposta.
Terzo tentativo, sarebbe stata la volta buona, almeno sperava altrimenti gli avrebbe lasciato la giacca nell'uscio.
In questo modo avrebbe evitato di incontrarlo; una bella soluzione doveva dire.

-Subaru ormai non è possibile tornare indietro; adesso basta. Dimenticatelo.
Quanto ancora dovremo discuterne?-

La porta si aprì all'improvviso, quasi da colpire Sakura che si trovava proprio lì dietro. Era un ragazzo, dai capelli corti e neri, "Meiji" era la scritta che riportava il sopra della sua felpa, quello che ora le chiedeva scusa e si allontanava a passo veloce per poi sparire. Subito dopo, da dentro l'appartamento, sbucò Natsume. Il suo sguardo era malinconico, guardando quella figura allontanarsi, ma non fu per poco perché poi si accorse della ragazza che era rimasta interdetta davanti alla porta senza dire nulla.
Non erano affari suoi e non voleva disturbare.

-Sakurakoji-

Qualche secondo di silenzio e di sorpresa, poi riprese.

-Scusami per Subaru. Non badare a lui...-

La ragazza rimase in silenzio guardandolo scocciata. Non avrebbe fatto domande, dopotutto aveva una missione da compiere.

*Sono venuta a portarti la giacca. Dentro ho trovato il tuo biglietto da visita perciò l'ho rimesso dove lo avevi lasciato. Arrivederci*

Natsume prese in mano quel pacchetto, dove vi era ciò che lei le aveva appena detto, poi alzò lo sguardo sorridendo gentile.

-Non ti va di entrare? Se hai fretta, non importa. Vorrei offrirti una tazza di caffè per sdebitarmi anche di mio fratello-

Il tono di voce era diverso dal solito: degno di un premuroso uomo di casa, non era irritante e superficiale come a Sakura era sempre apparso.
Guardò l'ora nel suo cellulare e pensò che avesse ancora molto tempo, prima che tornassero i suoi amici dalle vacanze.

*Io non bevo caffè*

-Ti potrei offrire una tazza di Thè-

Il tono del ragazzo era tornato quello di prima: sicuro e un po' ironico.

*Va bene, ma posso restare poco tempo...*

-Prego accomodati. Non è molto grande, ma per una persona sola è l'ideale-

Appena varcata la soglia, due gatti dagli occhi smeraldo si strusciarono sulle gambe del loro padrone, miagolando felici; peccato che Natsume per poco non cadeva e così li allontanò prendendoli in braccio.

-Tsubaki, Azusa state buoni va bene? Sembrano buoni, ma sono due pesti...
Puoi accomodarti in quella stanza-

L'appartamento era composto di due stanze: la cucina vicino all'ingresso, un bagno posto di fronte alla cucina, un mini corridoio e una stanza che funzionava camera da letto e ufficio, la cui finestra dava su un piccolo balcone rialzato.

*V...va bene. Sei molto ordinato per essere un giovane che vive da solo e sempre impegnato...*

La ragazza era tesa, ma al tempo stesso piacevolmente sorpresa. Osservava ovunque e da nessuna parte, ma le sue mani tremavano come se sentisse freddo.

-Vuoi che accenda il riscaldamento? Se senti freddo dimmelo. Non mi aspettavo di ricevere molte visite questa mattina-

Sakura capì da quelle parole che anche suo fratello, il ragazzo visto prima, non era una visita che si aspettava.

*No, no sto bene così grazie, ma il giovane che ho visto prima era davvero...*

-Si, mio fratello minore Subaru, l'ottavo per l'esattezza. Ne ho tredici e non ho molti buoni...-

*Tredici fratelli? Davvero hai cos’ tanti fratelli? E tu sei il più grande?*

-Sono solamente il settimo. Ho fratelli molto più grandi di me-

*E' meraviglioso. E' una cosa davvero rara, ma anche molto bella. Io sono stata adottata e per questo sono anche figlia unica. Chissà che confusione quando siete tutti insieme*

-Che Signorina esaltata, sai che non s’invidia le famiglie altrui?-

*I...io non volevo sembrare invidiosa. E poi chiamami per cognome se proprio devi e la tazza di thè? Ti sei forse scordato come si fa?*

Aveva cambiato discorso. Non gli piaceva parlare di lui e dei suoi fratelli, era una ferita ancora troppo aperta quella lasciata in sospeso con lui, il giocatore di basket che quella mattina era andato a trovarlo. Sakura era invece interessata ad approfondire la faccenda poiché, essendo figlia unica e circondata da estranei, non sapeva cosa si provava ad avere dei fratelli che potevano aiutarti in qualsiasi momento.
Abituata a risolvere le proprie tensioni da sola, le faceva bene ascoltare come gli altri riuscivano a superare i propri ostacoli dimostrandosi capaci di rialzarsi dopo una sconfitta. La faccenda non sembrava attribuibile a Natsume, che invece avrebbe preferito essere figlio unico, piuttosto che avere problemi con quella banda di pazzi confusionari.
Pochi attimi dopo, una tazza di thè caldo era stata poggiata di fronte alla ragazza con tanto di sorriso offertole dal padrone di casa.
Si mise poi seduto di fronte a lei con in mano una tazza di caffè.

-Sei proprio una ragazzina lo sai Sakurakoji? Neanche la pazienza è una tua virtu'-

*Che ne è stato della regola: gli ospiti devono essere trattati con riguardo?*

-Ma io ti sto trattando con riguardo oppure vorresti le mie attenzioni?-

*A...asahina come ti permetti? Se ti disturbo così tanto me ne...*

La ragazza si era alzata in piedi e stava per andarsene; mal sopportava certi comportamenti.
Lui la prese per un polso e la guardò con il solito sguardo superficiale, ma che in realtà era serio.

-Non andare Sakurakoji-

 Ci furono attimi di silenzio.

-Mi dispiace. Non voglio vedere mai più quello sguardo...-

Tenendola per il polso delicatamente, la avvicinò a se fino a che i loro sguardi non furono molto vicini e, con il palmo della mano, le sfiorò una guancia come se scivolasse sulla sua pelle.

-...sul tuo viso-

Lei non sapeva bene cosa fare. Non lo stava fermando, lo stava lasciando fare e chissà cos'altro gli avrebbe permesso; all'insopportabile giovane.

*N...natsume il thè*

Non sembrava volerla ascoltare. Una mano si posò sul fianco sinistro della giovane per poi toccarle la schiena. Sakurakoji non arretrava, guardava e basta. Pensava? Forse, non lo sapeva.

-Tu devi sorridere. Ti prego, sorridi soltanto per me!-

Azusa e Tsubaki morsero l'alluce di Natsume, facendolo gridare dal dolore.
Preso da una rabbia istantanea, prese le due pesti in braccio e le chiuse fuori nel balcone. Sbuffò irritato, alzando un ciuffo di capelli che i due gatti gli avevano tirato quando erano tra le sue braccia.
Sakura era ancora ferma come l'aveva lasciata.

*O...oh. E' tardi, io devo andare. Grazie per il thè e per l'accoglienza.*

Fu sbrigativa nelle sue parole, pochi minuti dopo che si riprese dalla situazione precedente.
Lui la guardò sornione.
Cosa era appena successo? Perché' quella fretta improvvisa di andarsene? Appena vide Natsune girarsi verso di lei, si voltò dandogli le spalle per nascondere il suo imbarazzo.
Era rossa in viso e qualsiasi cosa avesse in mente adesso il giovane, lei avrebbe ceduto.
E così...

-Ti porto io in macchina. Dove dobbiamo andare?-

*Eh?*

Si meravigliò della distanza e confidenza che stava avendo in quel momento, quando poco prima sembrava volesse averla tutta per se.

*N...non devi…d…disturbarti. C… s…sono di strada in fondo….*

-In questo stato non vorrei ti capitasse qualcosa. Poi mi preoccuperei sai?-

Le fece l'occhiolino.
La cosa fece molto arrabbiare Sakura che fino a poco prima sembrava un budino; era tornata la solita di sempre. Natsume aveva capito che qualcosa era scattato nella ragazza, ma sapeva anche che, forzarla troppo, avrebbe pregiudicato un fallimento; rischiava di allontanarla da lui e questo non doveva succedere perché lui la amava da qualche tempo, ormai.
Non ci riusciva proprio: lui rimaneva sempre l'insopportabile giovane viziato.
Questa sarebbe rimasta la sua idea fino alla fine, nonostante gli lasciasse fare qualsiasi cosa: dal toccarla, al sussurrarle parole e al ricoprirla d’attenzioni.
Per la prima volta non voleva sapere e non voleva domandarsi; lo detestava e basta.
E così, quando gli amici di Sakurakoji tornarono dalla vacanza, rimasero scioccati nel vedere l'amica assieme a Natsume che discutevano animatamente.
Era stata costretta ad accettare il suo passaggio, altrimenti sarebbe arrivata in ritardo.
Il tempo nell'appartamento di Natsume era inesorabilmente trascorso veloce e per questo la macchina era l’unico rimedio.  
Grandi passi avanti verso quel sentimento chiamato amore.

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Capitolo 7
*** Episodio 6-7: Un gioco esaltante (Parte 1) ***


Primi petali di ciliegio che si spargevano nell'aria, cadendo sulle strade che presto sarebbero diventate rosa. Era la stagione dei Sakura, i fiori di quel particolare colore che celebravano l'arrivo della Primavera. Per gli studenti del Liceo Kidou era tempo di scelte per il futuro e di studiare per gli esami di fine anno, temuti da chiunque avesse un po' di difficoltà. C'erano soltanto due strade: il diploma o la bocciatura. Sakurakoji sembrava spensierata e allegra come al solito e niente poteva sfiorarla.
Come biasimarla? I suoi voti erano eccellenti in tutte le materie e i professori, parlando con i suoi genitori anche per il suo futuro, definirono l'esame una "semplice formalità". Ogni singolo compagno di classe non faceva che chiederle udienza e lei aiutava sempre tutti, riuscendo a spiegare anche i problemi più complessi; la sua ricompensa erano i sorrisi che le rivolgevano come ringraziamento.

"-Ti prego, sorridi solo per me-"

*NATSUME*

Gridò improvvisamente Sakura dopo aver atterrato un nemico con una mossa a ricaduta all'indietro.
Che si fosse immaginato lui come suo avversario?
Nel fan club di Sakurakoji, di cui erano membri anche Aoba e Yuki, non si faceva altro che indagare su quelle strane reazioni di rabbia che la ragazza attuava quando gridava quel nome.
Si poteva trattare soltanto di "Lui", pensavano le pettegole ridendo quasi fossero complici di un piano che presto, sarebbe stato messo in atto. Il ventisei Marzo sarebbe stato il suo compleanno e cosa c'era di meglio se non di una festa a sorpresa?
Ma perché la nostra guerriera ce l'ha tanto col povero Natsume?

*Perché mi sento un budino molle quando penso a lui? Perché lo penso sempre?
La mia testa...sarebbe da buttare nel fiume*

Disse calciando un sasso nel fiumiciattolo sotto di lei. Quel pomeriggio sarebbe andata a studiare a casa dell'amica Aoba e aveva percorso una strada diversa dal solito.
Incontrare quell’"insopportabile giovane viziato" sarebbe stato impossibile.

-Sakurakoji. Ammettilo, non riesci a stare più lontano da me-

Davanti a lei, quasi l’avesse sentiva e fosse spuntato apposta per farle saltare i nervi, comparve proprio il giovane che la salutò con un cenno della mano, quando poco prima era preso da una telefonata di lavoro.
Diventare una statua e rotolare nel fiume sarebbe stata la cosa più bella mai vista prima e invece la giovane guerriera si trasformò in un bocciolo di rosa.
Che avesse sbattuto la testa oppure le fosse ritornata la febbre, era da escludere perciò restava soltanto una costatazione da poter enunciare: lei era dannatamente sorpresa di vederlo e le faceva anche molto piacere!

 *Cosa ti passa p…per la testa Asahina? Piuttosto cosa ci fai da queste parti?*

-Quando ho bisogno di rilassarmi, mi siedo in riva al fiume...-

Non volle approfondirne i motivi che gli davano tanto da pensare e depistò la giovane sul chiedergli qualsiasi cosa a riguardo, incominciando il suo solito gioco.

-Sei forse una Stalker? Mi segui ovunque!-

Una risata compiaciuta e divertita comparve sul viso di Natsume.
Vederla lo rendeva piacevolmente rilassato, in modo quasi indefinito.
In quei momenti non si sarebbe detto che fosse amministratore delegato di un'azienda di videogiochi.

*I...io non sono una...
Sei tu quello che mi pedina, ma io ti scoprirò un giorno. Vedrai*

La ragazza si mise le mani ai fianchi e fece una risata di compiacimento, come a dimostrare che a lei non sarebbe sfuggito nulla di un suo qualsiasi comportamento.
In quella posa gli diede le spalle e si avviò di nuovo verso casa di Aoba; lui si limitò ad alzare le spalle e incamminarsi in direzione opposta.
Sakura non era tranquilla: continuava a guardarsi indietro; di quel tipo non ci si poteva fidare.

*P…perché dovrei preoccuparmi di quello li?
N…non m’interessa c…cosa…f…fa o c…cosa dice sia chiaro...*

Era una bugia.
Lei lo sapeva benissimo che non era vero; doveva soltanto ammetterlo con se stessa.
Provava un interesse profondo per lui da quel giorno nel suo appartamento, nel momento in cui aveva desiderato che non si fermasse al semplice tocco della mano; in quel giorno che decise di chiarire con lui al parco.
Scosse la testa, diventata calda per l'emozione.
Era soltanto una questione d’orgoglio dopotutto e cosa ci sarebbe stato di male nell’ammettere di essersi presa una cotta?
Per lei tutto e niente.

-Ti andrebbe di uscire con me sabato sera?-

Sakura si voltò facendo svolazzare la gonna per il movimento rotatorio, vedendolo proprio di fronte a lei con una sigaretta nelle due dita, vestito, come sempre, da lavoro con quel completo da ufficio e la caratteristica cravatta a quadretti verdi e bianchi.
Quando si era avvicinato così tanto a lei?
Eppure lo aveva visto lontano fino a poco prima. Un brivido le percorse la schiena al solo pensiero. Capì dopo che la sua domanda era un invito a uscire.

*U...un appuntamento?*

Fu quella la sua reazione. Odiava i giri di parole, ma l'idea che avesse ragione la spaventava ed emozionava allo stesso tempo. Subito dopo sembrò correggersi, come se l'ansia la facesse arretrare dal fatto, di dover essere da sola contro quel tipo.
*Dovrei studiare per gli esami*

Faccia da maschera teatrale in bella mostra sul volto della nostra Sakurakoji.
Natsume, dentro di se, stava divertendosi molto, aveva imparato a capire quando quella ragazzina  mentiva. Chiunque di fronte alla sua determinazione avrebbe vacillato, ma perché esitare?
Si trattava di lei dopotutto.

-Mi avevi detto che eri brava a scuola; non mi avrai mica preso in giro Signorina esaltata? Non si raccontano le bugie.-

Ecco che incominciava a stuzzicarla e lei che si arrabbiava. Il suo dolce passatempo.

*Va bene Natsume*

Non credeva alle sue orecchie. La sigaretta sarebbe andata sprecata se non l'avesse presa al volo, bruciandosi per il calore che emanava in quel punto. Per la seconda volta era riuscito a sorprenderlo.
Fece un sorriso compiaciuto, come se sapesse già che avrebbe accettato; era una sfida personale.
Sakura non poté replicare o sciogliersi da quell’impegno.
Se avesse detto che lei era scarsa a scuola, lui le avrebbe fatto notare che stava mentendo e se avesse ammesso che non gliene importava di uscire con lui, avrebbe ulteriormente mentito a se stessa.
Non ci fu altra soluzione se non accettare con i suoi pregi e difetti.

-Allora passo a prenderti alle 20.00 a casa tua. Buon pomeriggio di studi…Sadako chan-

*NATSUME*

Fu così che Aoba capì il perché di quelle grida, come le spiegò Sakura, sorvolando su molti altri dettagli.
Musica per le sue orecchie, che avevano molto interesse per certe questioni d'amore piuttosto che per la storia giapponese.


I preparativi erano stati ultimati.
C'erano le bevande, la musica, i cartelloni e i festoni. Il mangiare era talmente tanto che avrebbe sfamato l'intera scuola e gli invitati erano tutti arrivati; mancava la festeggiata. Dopo gli auguri ricevuti dai genitori e da qualche persona nell'intero istituto, pensava di essere felice già in questo modo.

*Che bello fare un gruppo ripasso generale per l'esame tutti insieme, mi chiedo solo se davvero riusciremo a studiare*

Le si scaldò il cuore nel mentre salì l'ultimo scalino che l'avrebbe condotta alla classe; la porta scorrevole si aprì. Strano, era tutto buio e non c'era nessuno.
Una presa in giro?
SORPRESA, BUON COMPLEANNO SAKURAKOJI SAMA!
Furono le parole che seguirono al suo piccolo sconforto nell'aver pensato a un brutto scherzo.
La ragazza rimase talmente impressionata dal commuoversi e correre ad abbracciare le due amiche, artefici di tutto. Il fan Club, i compagni di scuola, i compagni d'allenamento del Karate e del Jujizu...tutti erano lì per festeggiarla e dimostrarle il loro sostegno.
Lei che viveva dei sorrisi e della felicità altrui, fu cosa più bella.
Forza, non c'era tempo da perdere, bisognava festeggiare.
Due ore passate tra la baldoria e chiasso più totale, stando attenti a non rompere nulla altrimenti chi lo sentiva il preside?
Dopo la fantastica torta e i primi invitati che se ne andavano, le ragazze fecero una riunione.
Indovinate di chi fu l'idea?
Sakurakoji aveva un’espressione spaesata, accerchiata da tutte quelle persone assetate di dichiarazioni, gossip e cose di cui parlare.
Per la maggior parte dei loro discorsi, lei rimase sulle sue, facendo finta di nulla; la sua testa aveva di che pensare.
Il suo nome fu enunciato.

*Eh?*

S’indicò perplessa e tutte che si emozionavano: tutte volevano sapere della relazione esistente tra lei e quel bel ragazzo che videro quando tornarono dalla vacanza invernale.

*Q...quell'insopportabile giovane viziato? Non fatevi ingannare ragazze. Voi dovete allontanare questi stupidi presuntuosi da voi, se vi capitasse di averci a che fare.
Vi riempiranno di belle parole, faranno quelli che vi conoscono...
Tutte bugie. Lottate, lottate e lottate*

Era soddisfatta come non mai. Finalmente aveva detto ciò che pensava, ciò che avrebbe dovuto dire anche a lui quel pomeriggio di qualche giorno fa, invece di accettare.
Era libera.
Partirono delle risate che si dispersero pochi secondi dopo, le ragazze volevano la verità ora e subito.
Non stava in piedi il suo discorso: si era fatta accompagnare nel luogo di ritorno della scolaresca, presentandosi assieme a lui e al Karaoke era evidente che lei non lo avesse allontanato quando l’aveva avvicinata a se perciò...

*S…stanno c…così le cose...scusate, ma devo tornare a casa adesso. Vi ringrazio per la festa a sorpresa*

Intanto raccolse tutta la spazzatura che si trovava in giro e riempiva due sacconi molto pesanti.

*Grazie di nuovo. Ci vedremo domani. Ciao*

Corse via alzando una nuvola di fumo impressionante; le sue compagne avevano fatto centro.
Adesso dipendeva tutto da lei, pensò Aoba sorridendo a Yuki che capì al volo; a Sakura piaceva Natsume.
Con la forza di cui era capace, buttò la spazzatura senza problemi e alcuni passanti si sorpresero e non poco a vedere di cosa una ragazza poteva essere capace.
Per tutto il tragitto fece finta di colpire qualcosa o qualcuno, gridando alcune parole che si dicevano dopo una serie di movimenti compiuti.
L'unico avversario cui si sarebbe dichiarata sconfitta era proprio lui.

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Capitolo 8
*** Episodio 6-7: Un gioco esaltante (Parte 2) ***


Accese una sigaretta, o almeno ci provò poiché l'accendino non collaborava. Scocciato, lasciò correre e ripose tutto nel taschino della sua camicia bianca. Una serata particolare quella appena trascorsa, a casa dei suoi fratelli; era passato per un saluto ai suoi due gemelli Azusa e Tsubaki, anche per renderli partecipi del successo dell'ultimo gioco uscito da poco. Ukyo, il secondo genito della famiglia Asahina, noto avvocato di spicco, sapendo che sarebbe venuto, gli chiese di rimanere per la cena e così mangiò assieme ai fratelli presenti quella sera. Non c'erano state particolari conversazioni o eventi da ricordare, eccetto quando Subaru domandò chi fosse quella ragazza che vide fuori dal suo appartamento.
Per poco Natsume non rimaneva soffocato dal boccone che aveva appena mangiato.
Fu una domanda provocatoria quella che gli rivolse, quasi a volerlo far passare male davanti a tutti.
Il giovane tossì un po' di volte per poi rispondere al fratello minore.

-Anche quella ragazza ha chiesto la stessa cosa di te Subaru. Non farmi pentire di averle detto che tu sei mio fratello-

Subaru, deluso dalla sua risposta, aspettandosene una più concreta in modo da metterlo in difficoltà, si alzò dicendo a tutti di aver finito e tornò nella sua stanza.
L'atmosfera divenne tesa, così Wataru, il fratello più giovane della famiglia, incominciò a chiedere tante volte di voler ancora riso; Fuuto, il giovane idol, e dodicesimo fratello, osservò la scena e lo stesso fecero Yuusuke, anche lui studente del Liceo Kidou, Masaomi, giovane pediatra e il più grande dei fratelli e Kaname, giovane quanto affascinante monaco di un santuario, quarto figlio per età.
Non vollero intromettersi in quella breve quanto noiosa conversazione, anche se avrebbero voluto che i due si chiarissero in modo definitivo.
Erano però curiosi di sapere se Natsume non frequentasse qualcuna, ma il giovane evitò l'argomento restando in silenzio. Parlare apertamente di certe cose con loro, lo imbarazzava in modo particolare.
Tsubaki, appena la cena fu terminata, raggiunse fuori in terrazza il fratello e gli chiese se era successo qualcos'altro con Subaru.

-Lascia stare Tsubaki. Non è nulla di cui preoccuparsi. La ragazza di cui parlava si chiama Sakura Sakurakoji ed era passata per restituirmi una cosa che le avevo dato. Quel giorno voleva parlarmi; a volte vorrei poter tornare indietro e finirla col passato.
Purtroppo non è possibile, ma lui non sembra averlo accettato ancora...
Mi domando se riuscirò mai a perdonarmi-

Disse al fratello tra un tiro e l'altro della sua sigaretta, per poi spostarsi e dirigersi verso l'interno.
Il fratello si limitò a ridergli contro; lo faceva spesso quando non sapeva cosa dire. Quella sera però qualcosa gli disse, riferendosi a Natsume: se fosse stato sicuro di se, avrebbe sempre ottenuto ciò che voleva. Questo era il suo pensiero al momento, con lo sguardo rivolto alla strada che scorreva sembrando tanti attimi in sequenza.

-La sicurezza. Quando presi quella decisione, ero sicuro. Perché allora tu...-

Appena arrivato a casa, i suoi due gatti miagolarono felici; poco dopo, stanchi, si misero rannicchiati nella loro parte di letto. Lui non aveva ancora sonno e si mise seduto alla sua scrivania, incominciando a sentire alcune azioni di gioco per il prossimo progetto.
Soltanto quello, al momento, poteva definirla sicurezza.
La città di notte appariva molto diversa rispetto al mattino presto.
Casa Koji somigliava molto a un tempio di arti marziali costruito con legni pregiati e molto spazioso, tanto da ospitarvi molti degli iscritti all'arte del combattimento.
Sin da bambina Sakura è stata allenata dal padre a padroneggiare le tecniche di cui andava più fiero e vederla ora cresciuta, lo riempiva d'orgoglio.
Sua madre invece avrebbe voluto fosse più tenera e fragile ma mal si accordava con la tradizione Koji e così puntò sul fattore rispetto e fermezza, della quale non faceva difetto ma grande pregio. Indossava un abito corto blu che ne risaltava i lineamenti del corpo, scarpe aperte con un po' di tacco e un trucco lieve, ma deciso.  
Natsume la venne a prendere come concordato, quella sera.
Non era elegante come quando lavorava, ma più sportivo: pantaloni lunghi marroni, una camicia bianca e la cravatta a quadretti.

*Il tipico ragazzo che vuole attirare l'attenzione*

Pensò Sakura quando lo vide appoggiato alla macchina ferma davanti casa sua.

-Buonasera signorina esaltata, vedo che ti sei vestita molto elegante. Dove hai pensato che ti portassi?-

*Sera. Sono in ordine e normale come al solito, niente di più*

-Ti ho fatto un complimento. Dovresti semplicemente dirmi grazie non credi? Forse non ci riesci.-

Si avvicinò a lei spostandole una ciocca di capelli dal viso, sorridendole in modo gentile.
Lei ritrasse lo sguardo.

*A…andiamo o faremo tardi giusto?*

-Sei davvero elegante questa sera dolce Hime sama-

*Pensa a guidare invece di dire parole a sproposito...v…va bene? Sono già abbastanza agitata...*

Il divertimento era appena cominciato, da quanto poteva notare.
Natsume, porgendole un braccio, la invitò a seguirlo, ma lei lo rifiutò decidendo di camminargli dietro, quasi fosse la sua ombra, poco prima di raggiungere l'ingresso.
Erano seduti l'uno di fronte all'altra in un ristorante molto lussuoso che lui spesso frequentava per le cene di lavoro.
Sakurakoji era felice come una bambina al Luna Park; non era mai stata in un posto del genere.
Peccato che l'incanto si ruppe non appena incrociò il suo sguardo.

>>In quella sala non c'era quasi nessuno e l'atmosfera era particolarmente...

*Insopportabile. Ci sono anche poche persone.*

-Non ti piace l'idea di avermi tutto per te questa sera? Io sono molto felice-

*Davvero sei felice? Avevo l'impressione che tu mi stessi prendendo in giro e basta*

-Sakurakoji non ha ancora capito vero?-

Il giovane si alzò prendendo il braccio della ragazza e stringendola a se.

-Potrei cominciare a mangiare il dessert cosa ne pensi?-

Non le lasciò il tempo di rispondergli che una delle sue due mani scivolò al suo fianco e l'altra dietro al collo chiudendo gli occhi.>>

Il desiderio di Sakura.
Intenso.

-A cosa stai pensando Sakurakoji? Il tuo viso è davvero rosso in questo momento-

A cosa pensava? Perché si era immaginata quella scena?
Scosse la testa e per tutta la sera rimase in silenzio, annuendo o dicendo il necessario.
Era la prima volta che si lasciava andare a certe fantasie.
Natsume prese la mano della ragazza e vi poggiò un piccolo pacchetto.

-Tanti auguri Sakurakoji-

*Cosa? Questo è per me? Chissà cosa ci sarà dentro....*

Il suo sguardo era di quelli che pensava fosse uno scherzo o che ci fosse delle cose banali che si regalano a tutti. Legata a un nastro color arancione, c'era una spilla per capelli a forma di fiore di ciliegio, riposta dentro ad una scatola raffinata che poteva servire da portagioie; alzò lo sguardo e sorrise.

*Grazie mille Natsume*

Non se ne accorse nemmeno di averlo chiamato in quel modo che non era più confidenziale, ma privato.
Lui si alzò e sembrava avvicinarsi a lei, invece passò oltre.
Pochi istanti dopo, porse le sue labbra al suo orecchio.

-Ora quel sorriso è mio... E anche tu lo sei Sakura-

Le sue labbra si fecero spazio sul suo collo, facendola girare verso di lui. Era così piacevole, ma troppo imbarazzante.

*N...natsume...non credi che*

-Shhh. Vuoi che ci scoprano?-

*Scoprire? Che cosa vuoi...*

Orgogliosa guerriera, il barone ti aveva ormai fatto prigioniera; non si poteva tornare indietro.
Doveva pagare le conseguenze di quella notte in cui si era lasciata ammaliare.

Avrebbe voluto stringerla ancora, sentire il suo tremolio e il suo calore.
Doveva riaccompagnarla a casa.

-Andiamo Sakurakoji. Ti riporto a casa.-

*Certo....N...natsume*

-Ohh hai imparato il mio nome a quanto sento...Così mi renderai tu schiavo d'amore-

La ragazza era rossa, non aveva mai smesso di esserlo.
Di quelle peccaminose parole, adesso sentiva un qualcosa di diverso che superficialità e presa in giro.

*Cosa dici? Sei insopportabile quando dici queste cose*

-Lo terrò a mente ragazzina esaltata. Lo terrò a mente-

*Cosa...vuoi dire con questo Natsume? Non provare a fare cose stupide altrimenti saranno guai*

Di nuovo a punzecchiarsi. Era il loro modo di comunicare, nel quale si capivano soltanto loro.
La città di notte è davvero diversa, ma non tanto quanto si può pensare.
Anche nell'ombra della notte le cose si vedevano chiare, grazie alle mille luci dei palazzi e dei locali aperti fino a tardi.
La vita proseguiva frenetica, nel mentre il caldo infuriava chiamato dal tempo.
Nulla sfuggiva ai sentimenti, nemmeno le labbra della dolce Sakura; quel sapore di lui che non voleva lasciarle.

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Capitolo 9
*** Episodio 8: Quattro cuori per un solo fiore ***


Appunti e matite sparse ovunque.

La tenda che svolazza andandole addosso, tanti libri avvolti nel silenzio di chi sta ragionando da qualche tempo; un altro pomeriggio di studi passato a guardare fuori dalla finestra. Il sole tiepido, che dava l'idea di essere su una spiaggia dorata, era molto più affascinante di certe materie il cui solo nome procurava ansia.
Con una fascia bianca sui capelli, una matita poggiata sulle labbra e una maglia dallo scollo vertiginoso, Sakura si alzò stiracchiandosi, decidendo di fare una passeggiata.
Quella giornata era particolarmente calda, per questo fuori dalla sua stanza trovò una fetta molto grande di Anguria.
Non poteva lasciarla lì e così la prese e se la mangiò, agitando le gambe in e in giù soddisfatta.
Quel maledetto ventilatore aveva deciso di rompersi proprio nel giorno sbagliato.
Comprarne un altro sarebbe stato uno spreco di tempo, ma per fortuna dopo il lavoro, poteva fare un salto al negozio di elettrodomestici. Natsume cliccava meccanicamente su quella tastiera ormai da ore, però era contento di aver preparato le bozze per i nuovi progetti dell'azienda.
La sua camicia era bagnata dal sudore.
Era ora e così si alzò, lasciando la giacca appoggiata alla sedia, allentò il nodo alla cravatta e chiuse la porta del suo ufficio. Alle sigarette stava rinunciando ormai.
Sorrideva felice all'idea di incontrarlo e sperava fosse lo stesso per lui; non era più come prima.
Quando i due avevano del tempo libero, s’incontravano al parco e stavano insieme quasi fossero due cari amici, ma in realtà l'attrazione vinceva sempre e faceva cadere entrambi nella sua morsa.
Nessuno sapeva nulla e questo rendeva quei momenti ancor più speciali, almeno questo pensavano ogni volta che poi si dovevano salutare.
"Lui abitava solo e non doveva rendere conto ad alcuno".
Potreste pensare, ma era una sua decisione altrimenti i fratelli lo avrebbero assaltato di domande.
Da quando Subaru aveva accennato di quella ragazza, la famiglia Asahina, soprattutto Hikaru, il quarto fratello, conosciuto per la sua stravaganza e maliziosità, non faceva altro che lanciargli frecciatine per cercare di cavargli qualche dettaglio sulla faccenda. Natsume difficilmente riusciva a nascondere il suo imbarazzo, ma sapeva essere vago abbastanza da non far trapelare niente.
Com’erano divertenti le cene domenicali da quel giorno: un vero e proprio campo di battaglia.
Appena la vide da lontano, mise le mani in tasca sorridendo in tono di chi è superiore a certe azioni sdolcinate quali un abbraccio al volo o qualche altra diavoleria.
Era appoggiato a un palo della luce e attirò l'attenzione di alcune studentesse di ritorno dalle lezioni di recupero.
Lui non se ne curava minimamente poiché il sorriso di Sakura lo faceva letteralmente impazzire e forse non soltanto quello, ma proprio lei come ragazza.
A volte si chiedeva cosa pensasse di loro due insieme: non voleva deluderla e sarebbe andato fino in fondo, a costo di pagarne le conseguenze.
In quel momento la baciò appassionatamente, preso da un impulso improvviso di sentirla fino in fondo.
Lei lo lasciò fare, abbandonandosi al suo carattere sicuro che le dava ancor più forza di quella di cui già disponeva.
Avrebbe potuto permettersi anche qualche buffonata o marachella stando con lui; si fidava ciecamente.
Era poco tempo che si conoscevano e ancora tante cose del loro carattere non erano ben chiare, ma il loro rapporto ci passava sopra e non se ne curavano.
Volevano soltanto amarsi come stavano facendo; il resto sarebbe venuto da se col tempo.
Le sue mani si aggrappavano alla sua schiena oppure al suo viso, che sembrava sempre caldo e soffice. Dimenticatasi di pulire le sue labbra, quel loro contatto seppe di freschezza. Incominciarono a camminare per le strade di Kitakura tra un sorriso e i sempre presenti battibecchi che sembravano delle scenette comiche niente male. Lui, senza che la giovane se ne accorgesse, le prendeva la mano e a volte ne baciava il dorso. Era in quel momento che lei la ritraeva e incominciava ad arrabbiarsi mimando le mosse che la resero famosa in alcune dimostrazioni fatte al Dojo Koji.
Nel mentre parlava, Natsume ricevette una chiamata: era il fratello gemello Azusa.

-Scusami un attimo-

*Certo, fai pure Natsume*

Sakura si allontanò un po' dal giovane e incominciò a guardarlo con occhi innamorati; incrociò le sue mani al petto fantasticando su tante cose.
Chissà quante ne avrebbero vissute adesso che stavano insieme, ma lui cosa pensava di loro?
A volte se lo chiedeva e sospirava facendo volare il solito ciuffo ribelle indietro, al suo posto.
La conversazione sembrava movimentata visto come Natsume si stava agitando.
Poco dopo riattaccò.
Ora come glielo diceva alla ragazzina esaltata?
Era molto agitato nel mentre camminava verso di lei; sembrava un tragitto infinito quando invece erano una ventina di metri.
Respirò a lungo poggiando le due mani sulle sue spalle. Lei lo guardava sorpresa: cosa stava facendo?
Non capiva e rimaneva in attesa.

*Natsume tutto ok?*

-Matrimonio!-

Black out nella testa di Sakura. Gli occhi si spalancarono a tal punto che sembravano rompersi, il cuore aveva messo la settima marcia e le gambe divennero molli budini.

*N...natsume c…che...cosa h…hai appena detto?...Io sono una studentessa!*

Incominciò ad arrabbiarsi.

*Non puoi prendere una decisione così improvvisa senza neanche chiedermi nulla. Ti rendi conto della gravità della situazione?*

-Sakura, ma cosa stai dicendo? Spero che tu non abbia capito male. Mia madre si risposa e il matrimonio è fissato per dopodomani, ma non volevo andarci da solo e così ti chiedevo di venire con me.
Certo, potevano avvisarmi prima.
Dannato Tsubaki.-

*Eh? Ma certo. Mi sembrava ovvio. Si, è davvero stato cattivo con te.*

Santo cielo che figuraccia.
Aveva proprio preso un granchio e ora cercava di riprendersi; quella proposta era davvero molto alettante.

*Ci saranno tutti i tuoi fratelli alla cerimonia? Non sarò di troppo?*

-Sakura tu non saresti di troppo comunque finche' tu vorrai starmi vicino e forse un giorno saremo noi a sposarci-

Black out per la seconda volta, ma crollò subito dopo, diventando rossa in viso.

-Non mi dirai che ci sei cascata Ragazzina esaltata. L'ho sempre detto che sei il mio passatempo preferito-

*NATSUME*

Non vi dico cosa successe dopo perché sarebbe un’immagine troppo cruenta per delle lettrici come voi.
Vi basti pensare che, tornando al suo appartamento, il giovane Natsume dovette mettersi un po' di ghiaccio in testa.

-Nostra madre si risposa eh? Quanto tempo è passato da quando non la vedo-

Fumava una sigaretta tenendo in mano quella foto che poi posò sopra un comodino rivolta verso il basso.
Il ritrovo era presso la chiesa locale del Distretto Kitakura e sembrava una scolaresca quella che attendeva l'arrivo degli sposi; l'ultimo ad arrivare fu proprio il giovane Natsume, trattenuto fino all'ultimo dal lavoro.

-Scusate il ritardo. Siete già tutti qui vedo, bene.-

Si risistemava la sua cravatta grigia abbinata con una camicia blu che risaltava il colore degli occhi e dei capelli. Su ordini della loro madre, ogni figlio aveva ricevuto una spilla particolare con una pietra dello stesso colore degli occhi, per questo la sua era viola.
L'unico vestito in modo diverso era proprio il quarto figlio che indossava un abito fucsia e le scarpe con i tacchi.
Tutti gli altri indossavano un elegante smoking con le spille a loro assegnate.

*Natsume aspettami!*

Poco dopo comparve Sakura che, col fiato corto, si aggrappò alla sua giacca per riprendersi.
Le reazioni dei fratelli furono le più disparate: chi ridacchiò sotto i baffi, chi incominciò a fare mille domande e chi, come Yuusuke, le puntò un dito contro chiedendo chi fosse quella bella ragazza e fu poi strozzato e portato via per evitare altro imbarazzo.
Non ci fu tempo per altro: gli sposi, scendendo da una lussuosa limousine bianca accompagnata dal rumore del clacson che ne annunciava l'arrivo, si fecero largo tra gli ospiti ed entrarono nella chiesa.
Gli atri si accomodarono ai loro posti seguendoli.
Natsume intanto aveva preso le mani della ragazza, aiutandola a riprendersi e ad accomodarsi all'interno.
Non credeva ai suoi occhi, tutti quei ragazzi erano i suoi fratelli. Vederli tutti insieme era impressionante; si sentiva così emozionata.
Voleva conoscerli tutti.
Tra le persone presenti c'era anche una ragazza dai capelli castani lunghi con un abito rosa abbinato ai guanti e alle scarpe.

*Chissà chi è quella fanciulla che siede assieme a Natsume e ai suoi fratelli...*

Sakura era seduta un po' più indietro perché era un ospite e non un membro della famiglia.
La cerimonia fu molto elegante e raffinata, tanto da far commuovere la giovane guerriera dal cuore fragile; il buffet li attendeva fuori.

*Andiamo a fare conoscenza. Stare tutti insieme è più bello. Come una vera e propria famiglia*

Una fanciulla, da dietro, cercò di rivolgersi a lei chiedendo chi fosse in tono molto gentile e timido.

*Oh, mi scusi io mi chiamo Sakura Sakurakoji molto piacere.*

Lei rispose dicendo di chiamarsi Ema Hinata, poi si corresse subito dopo per dire un altro cognome.
Asahina disse e Sakura si sorprese in modo particolare.

*Che cosa davvero carina, la sorellina adorata e vezzeggiata da tutti i fratelli; è un sogno non credi?*

Pochi istanti dopo, Natsume avvolse da dietro la giovane in un tenero abbraccio.

-Ti stavo cercando sai? Con chi stai...Ema!-

La fanciulla lo salutò con un inchino per poi andare verso Subaru che la chiamò.

*Ema Asahina! Che sorellina carina che hai.
Come mai non me ne avevi mai parlato?
Non sono una che s’ingelosisce per così poco!*

-In realtà è stata una sorpresa anche per me Sakura. Mia madre, sposando quell'uomo che vedi laggiù, famoso navigatore ed esploratore, ha unito sua figlia, Ema Hinata, a noi entrando a fa parte della nostra famiglia perciò sarebbe una sorellastra. Andrà a vivere dove prima anch'io abitavo, al "Residence Sunrise". Devi sapere che col mio lavoro decisi di trasferirmi e stare per conto mio.
Finche' non ho incontrato un’esaltata ragazzina che sorrideva dando da mangiare a un certo "Cane"-

*Adesso è tutto chiaro. Secondo te assieme a tanti maschi starà bene?
Sapete essere pervertiti se non avete qualcuno che vi controlla!*

-Cosa vuoi dire? Vorresti che lo fossi anch'io vero? Non c’era bisogno che ricorressi a questi giri di parole per dirmelo; ormai siamo fidanzati!-

Aveva proprio detto fidanzati. La parola che inizia con f e finisce con i. Era davvero sorpresa poiché sapeva che fidanzati, anche a detta di molti, si dice poco prima di fare la richiesta ufficiale di matrimonio quindi che avesse intenzione davvero di correre così?
Il viso della ragazza divenne paonazzo improvvisamente.

*Davvero tu ed io possiamo già definirci fidanzati? N...non sarà troppo presto Natsume?*

Ricordandosi di ciò che l’altro giorno era accaduto, stavolta si riprese per tempo.

 *E’ un altro dei tuoi scherzi di pessimo gusto vero?
Sappi che stavolta potrai dire le cose più melense, ma non riuscirai a farmi fare la figura della stupida di fronte a tutte queste persone. Detto questo…adesso v…vado a conoscere i tuoi fratelli. Sono molto più interessanti...*

La prese e le diede un tenero bacio sulle labbra, anche se tutti lo stavano guardando.
Ogni dubbio aveva trovato risposta e Hikaru diede cento punti al giovane Natsume per la sua scelta.
Tutti gli diedero contro in una discussione che durò a lungo, terminandosi poi con una festosa risata e proseguita con le presentazioni dei fratelli alla giovane.
Era felice come una bambina il giorno di Natale, si sentiva coinvolta nella famiglia e tutto questo le fece apprezzare ancora di più il fatto di amare Natsume, ma contandoli ne mancava uno.
Era Subaru, che comparve pochi istanti più tardi evitando non solo Natsume, ma anche lei.
Testarda com'era, questo non le impedì di pararsi davanti al giocatore di basket professionista e parlargli.

*Piacere mi chiamo Sakura Sakurakoji e...*

(Scusami, ma non ho tempo per le presentazioni. Parleremo un'altra volta)

Aveva appena finito di parlare con la giovanissima sorella e così si allontanò fulminando con lo sguardo il fratello, che ritrasse lo sguardo verso di lei.

-Perdonalo. Non è sempre così distaccato-

Parlava con un tono di rabbia e Sakura lo sentì forte e chiaro.
Ancora quel senso di disagio la avvolse; succedeva sempre quando si trattava di parlare della famiglia e dei suoi fratelli.
Quale poteva essere il suo problema?
Non poteva forzarlo a dirglielo, voleva aspettare che fosse lui, di sua iniziativa, a parlargliene in modo che lei fosse pronta ad ascoltarlo ed eventualmente aiutarlo a risolvere il problema.

La madre, affacciata a un terrazzo che dava sul giardino in cui si stava svolgendo la festa, annunciò il lancio del bouquet alle signore presenti, tra cui anche Sakura.
L'attenzione si rivolse tutta verso di lei.

*Lo prenderò io senza dubbio*

-Non vorrai sposarti così giovane? Ma cosa ti passa per la testa?-

Imitava la voce di Sakura ripetendole le stesse parole che rivolse a lui; fu l'inizio della fine.

La tenda in camera della giovane esaltata si smuoveva ancora andandole addosso, nel mentre ripassava alcune date importanti che all'esame le avrebbero chiesto.
Sulla mensola, sopra la sua scrivania, una foto di gruppo: Sakura assieme ai fratelli Asahina e la loro dolce sorellina, con un mazzo di fiori in mano, durante il rinnovato matrimonio della madre di Natsume.

(Come annunciato due capitoli fa, in questo capitolo entreranno in scena altri due personaggi e li potrete riconoscere grazie ai simboli davanti ai loro dialoghi:
Subaru Asahina -> (
Ema Hinata -> +
Buona lettura)

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Capitolo 10
*** Episodio 9: Parlare alle anatre ***


*Aoba, voglio presentarti Ema. Ema lei è la mia migliore amica Aoba*

Le due ragazze si strinsero la mano per cortesia, nel mentre Yuusuke sembrava sorvegliarle in disparte, appoggiato con la schiena al muro.

*Yuusuke non stare da una parte vieni*

Sakura trascinò l'undicesimo fratello in mezzo alle due ragazze con un sorriso contagioso.

*Lui invece è il fratello minore di Natsume, Yuusuke. Dai presentati*

L'amica porse la mano anche a lui squadrandolo.
Lui ed Ema, non fossero stati fratelli, facevano proprio una bella coppia; Sakurakoji intervenne tappandole la bocca nel mentre i due interessati arrossivano imbarazzati. La ragazza mise le mani incrociate davanti a se, mentre lui si grattò la testa agitato; Aoba si chiese cosa stava dicendo di tanto proibito e Sakura le fece cenno che poi le avrebbe spiegato.
Perfetta descrizione del primo giorno di scuola di Ema al Liceo Kidou a cura di Sakura Sakurakoji.
Quella mattina Yuusuke fu incaricato, dai suoi fratelli maggiori, di aiutare la sorella, appena trasferitasi al Liceo Kidou cui si era iscritta, a inserirsi nella classe e a spiegarle le regole principali dell’istituto. Venendo da una scuola privata, doveva abituarsi a tutta quella frenesia e confusione che invadeva quei lunghi corridoi e le classi numerose. Sakura incontrò i due sulla strada verso la scuola e non resistette a dare una mano al ragazzo che, spazientito dalla sua insistenza, aveva finito col cedere e lasciare che fosse lei ad aiutare la timida Ema.
Per non sentirsi isolata, le fece conoscere molti degli studenti e una di queste fu proprio la migliore amica Aoba, anche se, pensandoci, quest’ultima formalità si poteva evitare, ma chi osava contraddire Sakurakoji finiva male. Aoba, che si divertiva a far imbarazzare le studentesse, trovò in Ema la cavia ideale e non resistette alla tentazione di creare situazioni equivoche; per fortuna Sakura la zittì appena in tempo.
Tra lei ed Ema nacque così una di quelle complicità intricate che difficilmente potevano essere sciolte o rovinate; chissà quali oscuri segreti avrebbero scoperto di Natsume grazie a lei, ma poi si ricordarono che lui viveva da solo e perciò non avrebbe saputo molto.
Yuusuke vedeva soltanto un mucchio di guai a unire quelle due assieme, ma teneva questi pensieri per se.
Non voleva avere problemi, bastava che la sua sorellina stesse bene e al sicuro.
Subito dopo, Sakura sospirò.

*Peccato averlo scoperto così tardi vero Aoba? Quando siamo tutti insieme tra amici, la regola d'oro è: più' siamo, più ci divertiamo. Avremo sicuramente condiviso molte esperienze, ma cosa ci possiamo fare? Potremo rimediare in questi ultimi giorni giusto?*

Alzò un pugno al cielo in modo solenne lasciando tutti perplessi.
Come faceva una ragazza capace come lei a sembrare una bambina in queste situazioni?
 
Un mese e quel tepore familiare sarebbe finito: quei banchi mezzi colorati, i pranzi passati nel giardino, gli amici e le loro risate, presto avrebbero dovuto dirgli addio e si poteva leggere nei visi sconfortati degli studenti…

*Manca un mese ragazzi. Un mese*

Tutti gridarono vivaci e divertiti da tali parole, migliori di una qualunque altra frase esistente. Non ne potevano più d’interrogazioni a sorpresa, dei compiti nel fine settimana e di quelle noiosissime lezioni di storia che servivano più da sonnellino che da lezione. Puntualmente i professori, essendo il loro lavoro, rammentavano i temuti esami e ogni entusiasmo era stroncato senza pietà. Per questo Sakura cercava di ricordare a tutti che ormai mancava poco, bisognava soltanto pazientare e che, in fondo, se non si passava gli esami, avrebbero dovuto ripetere l’anno perciò bisognava dare il massimo fino all’ultimo.
Dopo le lezioni pomeridiane più lunghe della storia scolastica della nostra Sakura, le squillò il telefono.
Era Ema che le chiese una cosa improvvisata ma divertente.

*Un pic nic sotto i ciliegi Ema? Sì, credo di poter venire...Natsume ci sarà? Non lo sai? Fa nulla, non preoccuparti! Allora ci vedremo domani sera. Grazie dell'invito e buona serata*


*Allora non ci sarai? Capisco. No, no, non preoccuparti. Prima il dovere e poi il piacere giusto?
Non possiamo sempre stare assieme. E' solo per stavolta no? Buon lavoro*

Per la prima volta, Natsume era impegnato col lavoro e aveva detto di no a Sakura senza preoccuparsi per lei o del come si sarebbe sentita.
Lì per lì aveva accettato la sua risposta, dopotutto si trattava di lavoro e non era a divertirsi, ma sperava che un momento come quello non arrivasse mai: di provare un lieve, quanto pulsante, senso di solitudine e inadeguatezza nei suoi confronti.
Era bastata una sola parola pronunciata da lui per farle crollare qualcosa dentro di sé che voleva mantenere integra; la certezza di non essere messa in secondo piano a niente.
Masaomi, Azusa, Tsubaki, Subaru, Fuuto, anche se si trovava lì per un concerto, Yuusuke e il piccolo Wataru, che giocava davanti al laghetto, aspettavano le due ragazze col mangiare già pronto per essere gustato. Bocconcini di petto di pollo fritti accompagnati da un paio o forse più, bottiglie di birra, richieste dalla maggior parte. Erano le uniche cose rimaste in frigo poiché il responsabile della spesa, Ukyo, aveva una pratica giuridica da seguire e quella sera aveva affidato l'incarico a chi fosse stato disponibile.
Purtroppo non trovando nessun volontario a sbrigare tale seccatura,
Ema aveva scelto questa cena all’aperto improvvisata, così da star insieme e non pensare al fatto che tutti, quella sera, avrebbero mangiato poco o nulla se fossero rimasti a casa.
Sakura ed Ema li raggiunsero in quel momento salutandoli e sedendosi in mezzo al loro sorridendo.
Le due si erano incontrate sulla strada che conduceva al parco e così arrivarono assieme; tutti sembravano attenderle per mangiare e, infatti, pochi attimi dopo stavano già pappandosi il pollo.
La ragazza era davvero felice di trascorrere un po' di tempo con loro, quasi facesse parte anche lei della loro famiglia. Adorava quell’atmosfera festosa e calorosa che si prova quando una famiglia organizza un qualcosa di questo genere, facendolo diventare un momento speciale.

*Avere così tanti fratelli come alleati deve essere davvero grandioso. Io sono figlia unica e quando organizziamo cose di questo genere, si uniscono a noi sconosciuti o gli iscritti al Dojo della mia famiglia. Piuttosto imbarazzante non trovate?
Se avessi tanti fratelli come voi, non mi sentirei mai imbarazzata, sarei sempre sorridente come voi adesso!*

Mostrava un lieve disagio nelle sue parole che risultavano più delle offese che dei complimenti.
Stringeva le mani che teneva appoggiate sopra le ginocchia, piegate sulla tovaglia che i ragazzi avevano usato per stare comodi, senza saperne la ragione.
Ema cercò di spezzare il silenzio che invase il gruppo dopo che Sakura fece quel discorso, ma intervenne prima Tsubaki che sembrava aver esagerato col Sakè, tanto che si reggeva al fratello Azusa.
Non aveva neanche toccato un pezzo di pollo, per questo l'alcool gli diede subito alla testa.
Nella sua spensieratezza, il giovane doppiatore indicò il laghetto e così tutti posero gli occhi in quella direzione.
Là si trovava Wataru.

*Wataru attento!*

Gridò Sakura che con la sua celebre partenza fulminea, corse verso il bambino senza pensarci due volte; se non avesse fatto in tempo, il piccolo avrebbe fatto un bel bagno. Subaru la superò raggiungendo per primo il posto, ma purtroppo inciampò e fu lui a cadere nel laghetto.
Accade tutto per puro caso: il più giovane dei fratelli stava per cadere, ma appena la ragazza gridò, lui si tirò indietro, cadendo. Wataru cadde proprio davanti a Subaru, che ormai lo aveva raggiunto, e v’inciampò sopra, catapultandosi di là dalla staccionata che circondava il lago, finendoci dentro.
Wataru guardò il giocatore con disappunto domandando come ci fosse finito lì e tutti si misero a ridere, tranne Ema che si preoccupò per lo sfortunato finito a farsi il bagno proprio al parco.
Voleva parlare con le anatre, affermò Tsubaki e il fratellino sorrise dicendogli che voleva anche lui parlarci. Azusa, a quel punto, si assunse la responsabilità di riportare a casa l’oratore delle anatre, ormai fuori gioco.
Sakura non la smetteva di ridere.
Era una scena fin troppo comica, anche se poi si scusò con Subaru, asciugandosi le lacrime.
Stava un po' esagerando.

*Scusatemi. Sarà meglio che torni anch'io a casa adesso.
Continuate a divertirvi e salutate Fuuto da parte mia! Grazie Ema per l'invito*

La ragazza camminò a passo spedito senza girarsi indietro.
Una mano si posò sulle sue spalle.
Era Subaru.

(Non è successo nulla. Puoi restare se vuoi. Avrei riso anch'io a una scena del genere)

*Sono stata scortese. Non so cosa mi sia preso. Non sarei dovuta venire senza Natsume*

Senza rifletterci disse delle parole molto dure; questo voleva dire che lei dipendeva dalla presenza di Natsume? Da sola non sarebbe più riuscita a fare niente?
Il suo sguardo s’incupì a questi pensieri e domande.

(Natsume...spero solo che non ti abbandoni come ha fatto con me)

*Che cosa vuoi dire?*

Era già girato di spalle e stava tornando indietro dai suoi fratelli che gli passarono un asciugamano per non prendergli un raffreddore.
Il concerto che Fuuto stava conducendo attirava molte persone e il parco si animava sempre di più.
La giovane si guardava attorno e sentiva solo un brusio attorno a se.

*Ma cosa dice? Natsume non mi abbandonerebbe mai. Di questo sono sicura, ma che problemi ha quello? L'acqua deve essergli entrata nella testa!*

Avrebbe potuto dubitare di qualunque cosa, ma non del fatto che Natsume l’avrebbe abbandonata.
Subaru evidentemente parlava di quella faccenda che anche a Natsume stava scomoda raccontare e perciò era normale che la avvertisse di stare attenta, ma i suoi dubbi erano di altra natura.
Era la sua consapevolezza mista al suo orgoglio che combattevano dentro di lei, usando il cuore come scusa per non accettarsi.
Poco dopo un rumore sordo che proveniva dalla borsa si fece più forte.

*Accidenti, squilla il telefono...Pronto? N...Natsume! Che sorpresa...COSA? A...arrivo subito!. Accidenti ci mancava solo questa…*

Il più velocemente possibile, raggiunse l'appartamento del giovane e suonò molte volte. La sua preoccupazione era tale da agitarla anche nel semplice gesto di suonare il campanello.
La porta si aprì.
Fuori era già notte; forse erano ormai le dieci di sera e la piccola lampadina posta sopra la sua porta svelò la sua presenza.
Le prese il polso e la spinse dentro con un gesto deciso, chiudendo la porta dietro a se.
Era tra le sue braccia in cucina.
Tutto buio all'interno.
Soltanto il battito del cuore scandiva i minuti che passavano, se di minuti si poteva parlare.

-Vuoi essere mia?-

*C…che sta succedendo Natsume? E la perdita d'acqua che stava allagando il tuo appartamento?*

Lui la zittì, stringendola forte a se, in un bacio che non lasciava respirare.
Si allontanò e la volle di nuovo.
Lei non cercava di allontanarsi, forse lo desiderava molto di più di lui; solo i loro corpi facevano rumore e le loro labbra umide.
Lasciava tenui segni del suo passaggio sul collo e sopra il suo busto, nel mentre le mani si posavano sui fianchi.

*Natsume, mi sentivo sola senza di te. Non mi ero resa conto di essere così felice da quando sono assieme a te...io dipendo dal tuo amore, ma non è sbagliato perché io ti amo.
Sorriderò soltanto per te. Lo prometto*

Delle calde lacrime scesero sul suo viso e lui sembrò assorbirle con tutto l'amore che riuscì a trasmettergli con un dolce sorriso, anche se lei non lo vide.
Natsume sembrava aver capito come Sakura, nello stare da sola con i suoi fratelli, si fosse sentita, per questo con una scusa platonica l’aveva fatta precipitare al suo appartamento subito dopo aver staccato da lavoro.
Se si fosse limitato a domandarle di venire, sapeva che avrebbe avuto una risposta negativa.
Si stesero sul letto e si amarono dolcemente, parlando, mangiandosi.

-Il lavoro è fatto così: è una cosa cui tengo molto e quando...-

*Non devi dire nulla Natsume. Sono un’esaltata ragazzina!*

-Lo ammetti tu stessa allora. Bene. Volevo smettere di chiamarti così, ma a quanto pare ho avuto il permesso ufficiale...-

*Natsume ora ti sistemo io*

Venti minuti dopo, Sakura stava salutandolo per andare a casa da sola, nonostante lui le avesse detto che l'avrebbe riaccompagnata. Erano appena le undici e sapeva difendersi. Un altro bacio rubato sulla porta e poi corse via, con quei capelli rosa scuri che oscillavano smossi dal movimento. Sorrise arrossendo molto, stringendo la cinghia della borsa.

Aveva capito cosa voleva dire tempo addietro quando lui le chiedeva di sorridere.
La solitudine, provata poche ore prima, e adesso una sicurezza che non sarebbe mai stata scalfita, era uno scontro tra consapevolezza e orgoglio.
Sakura, guerriera per natura, era da sempre stata abituata a ritrovare la felicità negli altri.
Da quando aveva conosciuto Natsume, questo sentimento lo poteva ritrovare in se stessa pensando a lui.  Se ne fosse diventata schiava?
Questo era il ragionamento sbagliato: era lei quella che amava, non lui che si lasciava amare da lei.
La felicità o il dolore che ne scaturiva era dunque tutta opera di lei stessa; in quel caso bastava soltanto avere fiducia e non dubitare quando lui, nelle prossime volte, le avrebbe detto di no a qualcosa. Non significava necessariamente che la ponesse un gradino indietro, ma che in quel momento non poteva dedicarle le attenzioni che meritava.
Adesso lo sapeva.

"Nuova stella nascente della Pallacanestro. Asahina Subaru, titolare della squadra del liceo Meiji, è stato scelto come rappresentate alle nazionali giapponesi"

-Finalmente sei riuscito a raggiungere il tuo obiettivo fratellino-

Era un articolo sportivo che parlava di suo fratello.
Lo aggiunse agli altri che conservava nel cassetto della sua scrivania, assieme ad una foto di entrambi con una palla da Basket in mano.
Indossavano la maglia da titolari al tempo delle medie.
Prese la foto e la osservò con un sorriso superficiale per poi riporla al suo posto.
Si mise le cuffie colorate di verde e bianco sopra gli orecchi, cercando di distrarsi.

"Vorrei venissi a vedermi giocare la mia ultima partita come titolare all’Università Meiji.
Ti aspetto.”

Mittente: Subaru Asahina
Messaggio inviato alle ore 21.40"

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Capitolo 11
*** Episodio 10: In quella partita decisi... ***


(6 Anni prima)

Al campo sportivo, nel quartiere Kitakura, si disputava una delle partite di qualificazione al Torneo Regionale di Basket in cui sarebbero state decretate le sorti di una squadra guidata dai sedicenni fratelli Asahina Subaru e Natsume. Pubblico in delirio per il risultato, che vide gli ospiti in vantaggio di tre punti rispetto alla squadra di casa. I due, uno in posizione più arretrata, l'altro in punta, stabilirono le sorti di un miracolo. Bastarono un canestro da tre punti e un altro al volo per vincere. Dopo tanta fatica e sacrifici, partendo ultimi, quella partita rimase nel cuore di tutti, soprattutto in quello di Subaru che fu acclamato come "Asso del Cesto".

-Anche in questa partita siamo stati grandi vero?-

(Si fratellone e tutto grazie ai tuoi passaggi fenomenali)

-Hai fatto tutto da solo fratellino. Ti ho allenato meglio di come hanno allenato me!-

(L'allievo supera sempre il maestro)

-Ehi! Non sono così vecchio da essere chiamato maestro. Mi si addice di più campione.-

Prima Natsume e a seguito Subaru: due giovani ragazzini e la loro grande passione.
Avrebbero insieme realizzato il loro futuro da giocatori professionisti.

(12 anni prima)

Natsume frequentava da poco più di un mese la scuola media; aveva undici anni.
Sua madre, per non farlo stare senza far niente, decise di iscriverlo a basket per la sua statura alta.
Nei primi tempi, per Natsume, era una pura e semplice attività sportiva, ma quando l'allenatore si accorse che era bravo e prometteva, si assunse la responsabilità di allenarlo personalmente.
Poco alla volta, nel cuore del ragazzo, crebbe la fiamma della competizione sportiva e della passione tanto da meritarsi un posto come titolare.
Fu quando Subaru andò a vedere, assieme alla mamma, la prima vera e propria partita del fratellone.
I suoi occhi vispi e pieni di vita, furono abbagliati da tale spettacolo.

(Quando sarò grande, voglio anch'io giocare a basket come Natsume)

Con queste parole, così ingenue come decise, Natsume decise di diventare il "Maestro" di Subaru almeno finche' non avesse frequentato le scuole medie.
Quante ore passate davanti al canestro che mostrava pregi e difetti quasi fosse una persona umana.
La madre non poteva che esserne orgogliosa: avrebbe fatto mille fotografie durante le loro partite.

(Fratellone, facciamo una promessa solenne al canestro!)

Disse Subaru a Natsume nel mentre facevano una passeggiata in riva ad un fiume in una giornata estiva.
Si fermarono a riposare stendendosi sull'erba.

-Che tipo di promessa Subaru?-

(Giuriamo che lo ameremo per sempre e che resteremo uniti per lui)

-Il canestro non è una persona.
Non ci sente mica.
Facciamola per noi due che siamo più importanti, non credi?-

(E' vero allora per sempre uniti per giocare a basket)

Porse il mignolo della promessa.

-Per sempre e anche di più-

(Di più al massimo)

-Bravo fratellino e ora dai torniamo a casa!-

(Si fratellone)

(Qualche settimana dopo quella partita detta “Del Miracolo”)

Gli allenamenti della squadra si svolgevano puntuali presso la palestra del Liceo Hinode e nessuno poteva scamparne, neanche Subaru che quel giorno dovette pulire tutto il pavimento della palestra per punizione.

-Anche "L'asso del Cesto" deve pulire. Guarda li è ancora sporco-

(Natsume non devi andare a casa?)

Rispose in tono seccato al fratello che, con le mani in tasca, rideva a vederlo in quello stato.

-L'allenatore voleva parlarmi così te l'ho fatto sapere. Divertiti-

Fece un cenno con la mano e lo salutò come se stesse dando il cambio a un compagno di squadra.
Non rendeva come prima, sembrava distratto e per di più sbagliava i passaggi basilari.
L'allenatore chiese al quasi diciannovenne Natsume cosa avesse o se era successo qualcosa; non ricevette risposta. Se aspirava a giocare a livello professionistico, doveva essere bravo quanto il fratello.
Sapeva benissimo di rendere il necessario, forse anche meno, e la motivazione era che il basket non gli piaceva più come un tempo.
Rimaneva solo per lui, suo fratello, per incoraggiarlo e fargli spiccare il volo in onore di entrambi.
Inventò perciò una scusa e promise miglioramenti in futuro.

(Un mese dopo l’avvertimento dell' allenatore per Natsume)

-Dice davvero? Ne sarei onorato. Certamente, posso lavorare da subito. Grazie per quest'opportunità! Non se ne pentirà-

Chi aveva telefonato a Natsume fu il direttore dell'azienda creatrice di videogiochi più importante della Regione del Kanto.
Notando i suoi progetti, rimase stupito dal giovane talentuoso e non esitò ad assumerlo come ricercatore.
Poteva incominciare a lavorare da subito, ma prima aveva una questione più urgente da risolvere.

-Subaru io ho deciso di lasciare il basket. Il nostro sogno di diventare giocatori professionisti...
Beh ora appartiene solo a te. La mia strada sono i videogiochi, mi è stato offerto anche un lavoro-

(Che...cosa stai dicendo Natsume? E' uno scherzo vero? Sei stato tu colui che mi ha fatto amare questo sport e insieme abbiamo portato la nostra vecchia squadra alla vetta...E ora tu scappi?
Sei solo un codardo Natsume. Ti odio)

-Subaru ma cosa stai dicendo? Tu eri troppo concentrato a migliorare piuttosto che a capire come mi sentivo. Questo sport non fa per me, ma non sono un codardo. Vedrai che sarò uno dei migliori quando tu ancora cercherai di emergere.-

Voltò le spalle al fratello minore, mostrandogli quanto la sua determinazione fosse salda; la resa non esisteva. L'altro gridò parole dolorose e pianse alle sue accuse: qualcosa in cui prima credeva, adesso si era spezzato. Niente però gli avrebbe fatto smettere di giocare niente e nessuno.
Mai più.

(Tempo attuale)

Erano ormai passati quattro anni da quell'ultimo ricordo che la mente di Natsume sempre rammentava, guardando quella fotografia. Quei sorrisi, così facili un tempo, adesso significavano la resa a una scelta fatta per il futuro. Subaru non riusciva neanche più a considerarlo un fratello per quanto dolore causò l'abbandono, da parte sua, del basket.
Proprio lui volle rinunciarci, al loro sogno da ragazzi di vedersi con mano la coppa nazionale della vittoria.

Ora però era felice.
Da quando fu assunto come ricercatore aziendale, era riuscito a farsi strada fino alla carica più privilegiata cui potesse aspirare: amministratore delegato. Solo al direttore avrebbe dovuto dar conto mentre gli altri ne davano a lui; non era una questione di posizione, ma di passione. Se ne interessò dalla giovane età provando a immaginare di ricreare sequenze di gioco simili alla realtà, progettando una partita di basket virtuale. La scelta dell'Università tecnologica fu quasi obbligata e finalmente si sentì realizzato.
La realtà è che fu egoista, stando a come il giovane la pensava.
Provava invidia e frustrazione poiché l'allenatore, nonostante fosse da più tempo in squadra del fratello, lo paragonava continuamente all'"Asso del cesto" e pretendeva che lo emulasse.
Quel sogno ormai era suo e con questo pensiero fece credere a tutti ciò che pensavano: di essere un codardo, di aver rinunciato quando le cose si facevano più impegnative, di aver gettato al vento sforzi di anni.
Adesso però viveva di rimorsi.
Rimorsi legati non tanto alla carriera sportiva, ma al legame perduto col fratello; non gli aveva mai detto come stavano davvero le cose. Sperava col tempo che lui lo capisse, ma talmente rimaneva sui suoi passi, che Natsume temeva ormai di aver rotto quel legame di un tempo.
La loro madre, per via del lavoro, non li aiutò a risolvere questa situazione.
Non c’era mai in ogni caso, per questo vederla come tale riusciva difficile a chiunque nella famiglia.
Lasciò quell'immagine imperfetta di se stesso nel cuore di tutti così che, da quella rabbia, scaturisse forza per andare avanti, ma Subaru non era soltanto un compagno di squadra.
Erano ormai le 21.20 e tra poco sarebbe cominciata la partita più importante per Subaru perché sarebbero stati scelti i giocatori per formare la Nazionale Giapponese.
L'università Meiji offriva quest'occasione solo ai più meritevoli, anche per incoraggiare i principianti a dare il massimo; un vero e proprio programma di studi.
Natsume aveva tenuto il cellulare spento tutto il giorno e il suo umore, visto dai suoi colleghi di lavoro, era alquanto malinconico e pensieroso tanto da creare qualche pasticcio.
Il direttore gli consigliò di staccare prima quella sera e così fece.
Ora camminava verso una direzione precisa, guardando ogni tanto il cielo sospirando e ridacchiando.
Che fosse impazzito?
Subaru era negli spogliatoi e teneva gli occhi chiusi per concentrarsi.
Fissava a volte il telefono per poi richiuderlo e concentrarsi di nuovo.
Attendeva una risposta.
L'allenatore entrò con il suo solito fare molto eccitato e incitò la sua squadra con un discorso semplice e superfluo: vincete.

(Come se fosse diverso da quelli precedenti, il Coach non cambierà mai vero ragazzi?)

Disse guardando gli altri giocatori che risero facendo alterare il precario umore di chi aveva prima parlato. Lo stadio era pieno di persone urlanti e festose, ognuno per la propria squadra, che attendevano solo il fischio d'inizio.
Un passo dal compiere il suo sogno.
La sua rivalsa avrebbe avuto compimento su quel campo adesso; il fratello si sarebbe dovuto arrendere all'evidenza. Adesso lo avrebbe guardato in faccia e non più di spalle come in passato.
Ecco che l'arbitro, con la palla in mano, annunciò l'ingresso in campo e fece disporre i giocatori.
Nella mente c'erano soltanto il canestro e la palla, due elementi indispensabili in quello sport.
Subaru non aveva dimenticato quella promessa in riva al fiume:

"(Giocheremo per sempre in onore del basket)"

E ora l'avrebbe mantenuta con quello stesso sorriso, da solo.
Il fischio fu forte e spettacolare; sembrava l'alba di un qualcosa di grande importanza.
I riflettori abbagliavano i desideri di quei giovani che adesso, giocavano loro stessi per ottenere una cosa soltanto...
La vittoria.

(Aggiungerò di seguito i restanti tre capitoli della storia visto il ritardo di pubblicazione di quest’ultimo capitolo. Spero che il finale vi piaccia, ma non temete che vi resta ancora il Capitolo Speciale che uscirà tra due giorni ^*^ )

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Capitolo 12
*** Episodio 11: ...che il mio sogno era un altro ***


*Ancora la segreteria?
Com’è possibile che abbia il telefono spento? Per lavoro dovrebbe averlo sempre reperibile giusto Aoba?*

Sakura aveva da poco finito gli allenamenti di karate e ora parlava con l'amica al telefono per cercare una sorta di conforto e parere personale. Non era mai successo prima e si sentiva un po' giù di tono poiché s’incolpava, di essere troppo assillante nei suoi confronti. Aoba la riprese subito dicendole che invece di pensarci troppo, bastava che fosse andata direttamente da lui a chiedergli se tutto andava bene. La ragazza ringraziò di cuore l'amica e prese a correre aiutandosi col suo famoso scatto fulmineo per prendere l'autobus.
Erano le 21.20 quando giunse all'ufficio dove Natsume lavorava, ma vide che la luce era spenta.

*Come mai la luce è spenta? Di solito la trovo sempre...Ma quello non è Natsume?*

Di corsa Sakura si nascose dietro un cespuglio, appena vide il giovane uscire dal palazzo con le mani in tasca e la giacca appesa a una spalla.

*Qui sta succedendo qualcosa che non mi convince. Bene, insopportabile ragazzino viziato adesso scoprirò la verità e se ciò che vedrò sarà la cosa più spregevole del mondo, ti farò fuori.
Che grande pensata, degna della Famiglia Koji*

E così incominciò il pedinamento dell'ignaro Natsume che, tranquillo camminava.
Alla ragazza sembrava che stesse passeggiando senza meta, invece una direzione l’aveva eccome.
Dietro pali della luce, accanto a persone sconosciute, per stradine e viali alberati.
La nostra Sakura incominciava a essere stanca di camminare e come darle torto?
Dopo l'allenamento e la scuola, le toccava anche quella maratona a piedi di notte, ma non voleva cedere, dopotutto poteva essere una sua tattica per non farsi seguire da nessuno.
Così continuò a osservarlo e gli sembrò che sospirasse e ridesse, ma di cosa non ne aveva idea.
Finalmente davanti a lei comparve il centro sportivo e dalle grida che si sentivano da fuori, sembrava che tra poco si sarebbe svolta una partita.

*Il centro sportivo? Che sia il luogo ideale per non far credere che in realtà è un appuntamento romantico con un'altra?
No, Natsume non potrebbe mai...oppure si?
Preparati traditore perché hai i minuti contati!
Aspetta....dove è finito?
Oh no! Presa com'ero dai miei pensieri, l'ho perso di vista.
Natsume ti ritroverò dovesse volerci tutta la notte.*

Alzò un pugno al cielo e incominciò a guardarsi intorno; c'era molta gente che si affrettava a entrare per non perdersi neanche l'inizio di quell'incontro decisivo.

*Scusate, ma di quale incontro state parlando?*

Chiese Sakura fermando un passante e le spiegò che si stava disputando la partita di Basket per la qualificazione alle nazionali e le squadre a contendersela erano quelle della Meiji e della Tomaeda.
Rivali da sempre, adesso solo una avrebbe prevaricato l'altra. Il signore poi si sbrigò a entrare e lasciò la giovane ai suoi pensieri. Quei nomi non le dicevano nulla di familiare, ma almeno sapeva di cosa si trattava. Visto si trovava li, decise di entrare e vedere la partita; nel frattempo avrebbe cercato Natsume.
Si rivelava un’impresa ardua visto il caos, ma non avrebbe mai ammesso la resa, neanche sotto tortura; un'altra delle regole della famiglia Koji.
Le regole d'oro di casa Koji erano fondamentalmente cinque:
-Mai dichiarare la resa
-Restare fedele ai propri amici
-Non uccidere
-Dare alla vita la massima importanza
-Rispettare tutti e tutto, anche ciò che apparentemente non si capisce.
Sakura le seguiva fin da bambina e rappresentavano in parte il suo carattere, per questo le rammentava spesso e ne andava molto fiera.
Appena la luce dei riflettori si dissolse dall'essere una tela bianca, il campo da basket si presentò davanti ai suoi occhi con un pubblico emozionato e in attesa di quel suono che seguì subito dopo.
L'inizio della partita.
Lei si guardava attorno, cercando di scovare un po' per caso, un po' per fortuna, il fuggitivo Natsume.

*Come faccio a trovarlo? Dai proviamo a fare una perlustrazione generale e vediamo se ho fortuna. Però quanta gente e che emozione poter giocare in un posto così...*

Nel mentre cercava, tanto fu presa dalla partita che, trovando un posto libero, lo occupò sedendosi. Quando in un primo momento non ci fece caso, vide tra i giocatori Subaru, uno dei fratelli Asahina.

*Ma quello non è Subaru? Subaru!! Vai Subaru sei il migliore!*

Gridò agitando le braccia per incitarlo, ma era troppo concentrato per ricambiare il tifo con un saluto.
La sentì forte e chiaro e le sue azioni migliorarono nettamente: affrontare una partita da solo è dura, ma se c'è qualcuno che ti sprona, il peso della tensione si alleggerisce.
La ragazza continuò a tifare dimenticandosi per un po' il vero motivo per cui si trovava li.
Adesso era concentrata sulla partita e non se ne voleva perdere neanche un punto o azione.
La vittoria della Meiji fu un trionfo aspettato da molti anni, ma finalmente aveva dimostrato la sua superiorità nei confronti della Tomaeda, grazie al giocatore numero quattordici di nome Asahina Subaru. Sakura non smetteva di applaudire al giovane fratello di Natsume con un sorriso dolce stampato nel viso.

*Aspetta...ma io dovevo cercare Natsume! Accidenti mi sono distratta a guardare la partita.
Ormai chissà dove sarà finito quell'insopportabile giovane viziato*

Sospirando sconfitta, prese la sua sacca e uscì dallo stabile. Ci mise parecchio tempo per via di tutta la gente che si accalcava nella sua stessa direzione, così decise di passare altrove. Prese un lungo corridoio che avrebbe portato all'esterno, quando da dietro una parete sentì due voci gridare tra loro.
Si affacciò lentamente e vide chi meno si aspettava di trovare: Natsume e Subaru.

*Eccolo Natsume l'ho trovato...allora era venuto per vedere il fratello giocare!
Che sollievo, non che avessi mai dubitato.
Forse si, ma cosa posso farci?
Cosa si staranno dicendo tanto da urlarsi contro?*

(Non vale nulla? Hai proprio una faccia tosta per dire che la mia vittoria di oggi non vale niente.
Se tu non fossi stato codardo, adesso saresti orgoglioso degli sforzi fatti.
Guardati, amministratore delegato di un’impresa di videogiochi...Dovrei esserne fiero?)

-Subaru non sei cambiato da quando eri bambino vero? Certo che vale la tua vittoria, ma non devi dimostrarlo a me. Io adesso sono solo uno spettatore del tuo sogno. Sii fiero di te stesso-

(Sei stato tu a farmi arrivare fino a qui. Non venire a darmi consigli di vita perché sei tu quello che ha lasciato il suo sogno per...)

-Non era più il mio sogno. E' sempre stato il tuo-

(Era il nostro)

Dopo quelle parole i due stavano andando l'uno verso l'altro.
Sakura, presa da una forza che non si aspettava d'avere, si parò in mezzo ai due con le lacrime che le cadevano dal viso al pavimento.

*Basta vi prego. Smettetela di litigare. Siete fratelli, dovreste capirvi invece di litigare.
Parlate invece di fare gli orgogliosi e i superbi.
Tu Natsume sei proprio il peggiore di tutti; non ti sopporto quando fai il superficiale*

Corse via verso l'uscita lasciando i due ragazzi in un misto tra il sorpreso e lo sbalordito, soprattutto il giovane con la cravatta verde a quadretti che rise felice delle sue parole per poi girarsi verso il fratello e sospirare.

-Ha ragione Sakurakoji sai?
Sono stato troppo superficiale con te.
Dopo la festa con la tua squadra, vieni fuori. Io e la ragazzina esaltata ti aspetteremo.-

(Natsume...!)

-Divertiti e goditi la vittoria facendo con calma-

Subaru guardò il fratello, come successe un tempo, di spalle, ma stavolta c'era qualcosa di diverso nel suo modo di fare.
Che Sakura avesse capito qualcosa che lui non aveva compreso in questi anni?
Natsume trovò Sakura poco fuori dal centro sportivo.
Senza dire nulla la abbracciò da dietro, restando qualche minuto in silenzio.
Lei cercava di liberarsi, ma come poteva rifiutare quella stretta così dolce?

-Tu hai capito-

*C...cosa dovevo capire Natsume? Quanto tu sia un essere insopportabile? Già lo sapevo grazie*

-Hai ragione. So essere davvero insopportabile...per questo adesso devi consolarmi-

*Cosa? Molla quelle manacce e toglile subito. Che modi. Meno male vi ho visti*

-Sai che quello che hai fatto si chiama Stalking?-

*Cosa? Ma cosa vai dicendo...io sono venuta per vedere...la partita di Subaru. Proprio così*

-Non ricordo che Subaru ti avesse mai detto che giocava a basket e per di più che disputasse una partita qui. Dovresti migliorare il pedinamento la prossima volta, soprattutto dietro ai pali. Eri uno spasso-

*Ecco perché...io non ti ho mai pedinato*

Beccata. La nostra pedinatrice aveva già fallito prima di cominciare.
Tanta fatica sprecata, ma almeno aveva evitato una dolorosa rissa tra fratelli.
Subaru e il fratello parlarono a lungo quella sera. Il tono di Natsume era serio e vero nei confronti del giocatore, che ascoltava un po' annoiato.

-Io ho lasciato il basket perché ho trovato una passione ancora più grande.
Quando eravamo ragazzi, è vero, adoravo questo sport ed ho imparato ad apprezzarlo grazie al tuo allenatore, ma sarei stato un codardo se mi fossi lasciato scappare l'occasione che mi ha fatto diventare quello che sono adesso.
Ognuno di noi deve raggiungere i propri desideri e aspirazioni e anche se abbiamo scelto due strade diverse, dobbiamo ricordarci di essere fratelli.
Ricordi la promessa che ci facemmo?
Potremmo cambiarla e dire: restare sempre fratelli-

(Certo che ne ha di faccia tosta per venirmi a dire tutte queste scemenze adesso che sono diventato un giocatore professionista)

-Non lo sei ancora. Devi dimostrarglielo-

(Di certo non lo dimostrerò a te)

-Sai che noia vedere un tizio che lancia una palla dentro un canestro?-

(Non osare chiamarmi tizio. Ti sfido a sfilarmi la palla)

-Se Sakura farà il tifo per me...

(Prima mi ha incoraggiato gridando il mio nome. Mi dispiace per come ti ho trattato fino a oggi Sakurakoji)

*Non preoccuparti Subaru. L'importante è che vi siate chiariti e per quanto riguarda l'incoraggiarti puoi scordartelo. Io vado a casa sono sfinita...*

Natsume prese le guance di Sakura e le tirò quasi fossero di gomma.

-Hai sostenuto mio fratello e non me? Non vorrai che dica a Subaru perché eri qui stasera vero?-

*Non oseresti!*

-Fratellino sai che Sakurakoji mi ha pe...-

Non fece in tempo a terminare la frase che lei gli tirò un calcio al volo facendo zittire. Natsume incassò il colpo ridendo.

-Se avessi voluto farmi davvero male, non mi rialzerei così facilmente vero Sakura?-

Non c'era nulla da fare. Ormai entrambi si conoscevano fin troppo bene per scampare dai loro stessi giudizi e anche Subaru adesso cominciava a capire, dopo tanto tempo, ciò che lei e il fratello intendevano.


 
-Subaru mi raccomando. Continua a giocare come sai.-

(Appena tornerò, mi dovrai chiamare Asahina)

-Io lo sto già facendo da tempo-

Natsume gli sorrise ironico con la sua solita vena di superficialità che lo contraddistingueva, stavolta, però era fiero di lui.
E così Subaru partì verso la sede della Nazionale Giapponese a Tokyo per gareggiare con i titolari.
Il suo sogno aveva spiccato il volo, proprio come quattro anni prima accadde a lui quando entrò nell'azienda di videogiochi.
Quella foto adesso ritrae due fratelli, ormai cresciuti, che sono sempre più vicini ai loro sogni.
I sogni di due fratelli, confessati sulla riva del fiume.

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Capitolo 13
*** Episodio 12: Non ti sopporterò mai ***


Parola d'ordine: Esami.
Al Liceo Hinode, Yuusuke e Sakura dovevano scontarsi con questo difficoltoso ostacolo cui nessuno studente poteva sottrarsi.
Tra i due quello più preoccupato era il ragazzo, poiché riusciva a cavarsela nelle diverse materie, ma non in modo eccelso.
La Samurai, quel giorno, si poteva dire che lo fosse davvero, era senza dubbio una di coloro che puntavano al massimo.
Nelle due settimane che precedevano gli esami, il Dojo Koji si trasformò in un tempio fatto di silenzio e pace, dove la sacerdotessa pregava nella sua stanza e gli adepti la sostenevano.
Un’atmosfera quasi surreale, ma molto piacevole. Appena tutti gli studenti videro arrivare Sakura con la sua fascia bianca sulla testa, simbolo della lotta, sembrarono essere stati illuminati da una luce di speranza.
La speranza per tutti di passare.
E cosi, esitanti, varcarono la soglia e...

*Siiii! Ce l'abbiamo fatta Aoba, Yuki! L'estate adesso è nostra.
Possiamo fare della nostra vita una gioia continua o una landa di disperazione.
Estirpiamo gli infranti sogni infantili del passato e compattiamo i nostri desideri...*

Aoba e Yuki si erano già allontanate da lei, che non smetteva di parlare ed elencare tutta una serie di citazioni mescolate tra di loro senza alcun nesso logico. Eppure era già passata una settimana, forse l'eccessivo studio le aveva dato alla testa, pensarono.
Il dodicesimo figlio degli Asahina invece, sorrise amareggiato sospirando.
Lui non era passato e avrebbe ritentato il prossimo anno. Le amiche di Sakura gli fecero forza toccandolo sulle spalle, mentre Ema lo guardava triste.
Aveva deciso di andare con lui e di supportarlo qualsiasi fosse stato il risultato finale.
Quando poi anche Sakura gli andò incontro continuando a parlare filosofando, fu la fine.
Tutti le gridarono di smetterla e lei rispose ridacchiando; un problema senza soluzione.
Qualche giorno dopo, visto che sia Sakura sia Natsume erano impegnati e non si erano sentiti molto, lei decise di chiamarlo dicendogli l'esito finale, anche se lui lo sapeva già perché lo chiese direttamente a Yuusuke tempo prima.

-Nulla di speciale-

*Come osi dire che non è nulla di speciale? Sono stata una delle migliori. Una delle poche che ha aspirato al massimo e a quasi raggiunto la perfezione. Colei che sarà ricordata come…*

-Non sei più a un esame. Stai tranquilla Sakura. Riceverai un premio per la tua bravura contenta?-

*N...non voglio r...regali da te v...va bene? E poi il diploma era...una cosa che ho fatto p…per me.
Non c'è bisogno di farmi alcun regalo....me lo s…sono fatta da sola!*

Lui non la ascoltò minimamente. Aveva imparato a fare ciò che gli piaceva giacché anche a lei sarebbe piaciuto.

-Ti aspetto a casa mia alle 20.00-

*Ehi ho detto che...
Ha riattaccato il viziato insopportabile. Che razza di modi*

Questo pensò la ragazza, riponendo il cellulare nella borsa a tracolla.
Non fu Natsume ha chiudere la telefonata, ma il suo curioso quanto petulante fratello Tsubaki che voleva giocargli un brutto tiro. Era andato a trovare i suoi due fratelli per passare il tempo e li trovava in splendida forma. In casa si respirava un'aria tranquilla, forse anche troppo, infatti, ci pensò Hikaru a rendere questa piccola impressione una sorta di miraggio nel deserto.
Gridò a tutti i presenti di radunarsi nel salotto perché aveva una splendida idea da proporre.
Una vacanza al mare.
Alzò le braccia al cielo in modo teatrale, mostrando anche un dépliant dei posti più belli, quasi sembrasse una valletta di un varietà televisivo. Tsubaki e Azusa furono entusiasti dell'idea, a seguire Wataru che non vedeva l'ora di osservare i fuochi d'artificio, tipici delle feste estive giapponesi.
Gli altri ci pensavano chiacchierando tra loro mentre Natsume...

-Io devo lavorare-

Hikaru lo guardò malizioso e gli propose di invitare la sua ragazza.

-Hikaru come lo sapevi?-

L'imbarazzo fu talmente evidente che il giovane dovette uscire a fumare una sigaretta per calmarsi.
Aveva detto di smettere, ma riusciva solo per poco tempo a restare senza.
Quanto si divertiva quel piccolo diavolo di un fratello, ormai tutti lo sapevano che trovava divertenti questi giochi di ruolo; sapeva di vincerli.
Ema e Yuusuke, in quel momento, erano tornati a casa dopo aver finito la spesa. Il ragazzo sembrava averla presa sportivamente, solo che sarebbe stato lontano dalla sua sorellina per un anno invece di godersi quelle poche ore scolastiche da solo con lei, alla faccia dei fratelli.
Hikaru s’intromise in questa logica, stravolgendo il suo entusiasmo.
Disse che per lui, in via del tutto speciale, era passato Babbo Natale a lasciare una lettera da parte del Liceo Hinode.

+Yuusuke cosa dice la lettera? Spero non sia un avviso che ti ricordi...+

Per poco il ragazzo dai capelli rossi non si metteva a piangere dall'emozione: c'era stato un errore di trascrizione ed era risultato idoneo.
Era promosso e avrebbe frequentato la stessa Università di Subaru ed Ema lo avrebbe raggiunto.
Di scatto abbracciò la sorella che rimase impressionata e arrossì lasciando cadere le buste della spesa sorridendo.

+Sono d…davvero felice per te Yuusuke+

Quello che avvenne dopo quella manifestazione d'affetto nei confronti della ragazza, fu la cosa peggiore mai vista al Residence, faccenda che a Natsume non sfiorò lontanamente poiché di lui era rimasto solo il mozzicone di sigaretta sulla terrazza.
Quel dolce elfo natalizio di Hikaru trovò un altro modo per farsi grandi risate alle spalle di tutti e il giovane lo aveva capito da subito.
Così adesso, con le mani in tasca, stava tornando verso casa per preparare la sorpresa promessa alla sua ragazzina esaltata.

-Che gabbia di matti ed io che rischio di diventare come loro!-

Residenza estiva Asahina, affacciata sull'oceano di Hokkaido, arriva a ospitare fino a una ventina di persone, anche se in quel fine settimana ne avrebbe ospitate una decina o poco più. Il luogo ideale per divertirsi e lasciarsi alle spalle ogni preoccupazione, ma meraviglioso per giocare e creare situazioni da fotografia.
Aoba e Yuki, invitate da Sakura e la timida Ema, le avrebbero raggiunte alla festa che si teneva quella sera in città mentre loro avrebbero viaggiato con un gruppo alquanto bizzarro di fratelli: Hikaru, Masaomi, Wataru, Azusa, Natsume, Ukyo e Fuuto. Yuusuke decise di rimanere assieme a Kaname, Iori e Louis per studiare ed essere ammesso alla stessa università frequentata dal fratello Subaru; per lui fu un grande sacrificio, ma era in gioco il suo futuro.
Gli altri non potevano, mentre Kaname aveva delle sedute al tempio prenotate da mesi e se le avesse saltate, stavolta il capo non gliel'avrebbe perdonato.
Così la comitiva, composta di due macchine, partì la mattina presto e fu subito chiaro in quale delle due macchine era seduto Hikaru.
Sbandò una volta e ci furono un sacco di risate da parte di Sakura ed Ema, che invece rimase molto imbarazzata.
Appena arrivate, la vista che si poteva ammirare dalla terrazza, somigliava a una di quelle cartoline per turisti che arrivavano a casa dagli amici o dai parenti. Una spiaggia dorata che sembrava non finire mai, una scogliera sulla destra e poi battelli che sembravano barchette in uno stagno sull'orizzonte.
Dopo aver posato ognuno nelle proprie stanze, i bagagli, si decise il programma della giornata.

*Io proporrei di andare a farci un bagno tutti insieme e poi fare una gustosa grigliata per pranzo*

-Pensi sempre a mangiare vero Sakura? Io sono d'accordo con lei comunque, soprattutto per il bagno-

*Natsume sei un pervertito quando dici così sai?*

Partì una risata contagiosa e Natsume dovette dichiararsi sconfitto.
L'idea di Sakura fu accettata da tutti e così fecero.
Un bagno era quello che ci voleva e la samurai fu la prima a gettarsi nelle acque dell'oceano. Si stava benissimo e Natsume rimase incantato a guardarla.
Anche se fu preso di nuovo in giro, fece orecchie da mercante.
Decise perciò di seguirla, affogandola e schizzandola senza pietà.
Addio riposo a lasciarsi cullare dalle onde!
Non c'era modo che stessero mai soli, tra le cose che c'erano da fare e la serata che li attendeva.
Le due ragazze si misero un'elegante Yukata, un capo d'abbigliamento molto simile al kimono ma arricchito da particolari nella stoffa floreali o geometrici. Inoltre, invece di calzare gli zoccoli, si portavano delle calzature simili alle ballerine, ma impreziosite da pietre; Sakura ne indossò uno con una fantasia floreale rosa e blu, che le donò una luce deliziosa mai vista prima sul suo viso.
Per la seconda volta Natsume rimase sbalordito a guardare quel fiore ormai maturo che emana una fragranza afrodisiaca.

-Non sei così maschiaccia dopotutto-

*N...natsume possibile che l'unica cosa che sai dire è questa? Ed io che ci ho messo tantissimo tempo per farmi notare da te...*

-Lo sai che per me sei sempre bellissima-

Disse con tono dannatamente ovvio che sembra dire il contrario.

*Non rivolgermi oltre la parola*

-Che ragazzina esaltata. Non credi di aver esagerato?-

Lo baciò d'improvviso.

*Ora sono un’esaltata. Non prima*

Per la prima volta Sakura s'impose su di lui, volendo prevalere sul giovane.
Si voltò di spalle ignorando qualsiasi cosa che avesse tentato di dirle.
Lui sospirò ridacchiando, quasi affascinato da quel suo lato selvaggio.
I presenti invece, si sorpresero del suo gesto;
sembrava una cattiveria quella che gli rivolse oppure una dimostrazione verso se stessa?
Con questi dubbi, il gruppo raggiunse il luogo dell'evento, al cui ingresso li aspettavano le due amiche che corsero verso le ragazze, facendo gruppetto tra loro.
Sakura sembrava malinconica, come se si sentisse in colpa per il suo carattere a volte troppo orgoglioso e testardo. Mise la sua maschera della bugia e sorrise prendendo tutte per mano, trascinandole nel cuore della festa. I fratelli fecero gruppo a se attirando molte attenzioni, soprattutto Natsume che sembrava però avere la testa altrove.
Voleva la sua Sakura quella sera e amarla come solo lui sapeva fare.
Qualcosa gli toccò la gamba leggermente scoperta e dovette chinarsi per vedere cosa fosse a toccarlo a quel modo.

+Sakura va tutto bene?+

*Si Ema, non preoccuparti e poi non vedi come sono felice?*

+V...va bene scusami per avertelo chiesto...+

*Tranquilla non hai di che scusarti. Vado a vedere il tempio di là di quel laghetto voi proseguite senza di me*

Le amiche misero una mano ciascuna nella spalla di Ema e scossero la testa: qualcosa non andava, ma quando videro Natsume correre nella stessa direzione senza vederle neanche, risero come delle matte e andarono a ricongiungersi con i fratelli Asahina.
Hikaru aveva lo sguardo di un fotografo che sa che da quella parte sarebbe accaduto qualcosa d'interessante.
Fu subito bloccato da Ukyo che lo trascinò via: il gioco è bello quando dura poco!
Non ce la faceva più a fingere.
Era come dare uno schiaffo a se stessi e alle sue amiche, facendole preoccupare inutilmente; quel suo atteggiamento, da cui traeva soltanto tristezza, era un suo problema e da sola lo avrebbe risolto.
Proprio lei che sognava di vedere i fuochi d'artificio con Natsume, si comportò da egoista e viziata davanti a tutti.
Che cosa voleva dimostrare continuando così?
L'amore è davvero così difficile da comprendere?
Che cosa è giusto e sbagliato?
Confusione. Dubbi. Incertezza.
Questo vedeva riflesso nella poca acqua del laghetto sotto di lei.
I primi fuochi furono sparati nel cielo: erano di colore verde e bianco.

*Loro sono così belli...sono lanciati in aria e si lasciano ammirare, manifestando i loro sentimenti attraverso la gioia dei suoi spettatori.
Accidenti se piango, mi si rovinerà il trucco...*

Cercava di fermarle e farle passare per un’allergia, ma non ci riusciva; si sentiva patetica.
Perché l'amore doveva ridurla in quello stato?
Debole di fronte a tutti?
Dove era finito il suo spirito di guerriera?

-E allora non piangere ragazzina esaltata-

Si girò quasi di scatto, guardando verso la parte opposta dello spettacolo pirotecnico e vide il giovane insopportabile sentenziare quelle parole. In braccio teneva un cane dal pelo bianco ingiallato che agitava la coda festoso; era stato lui a strusciarsi sulla sua caviglia, provocandogli uno strano solletico. Sakura nascose come meglio poteva il fatto di aver pianto.
Non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui per questo assunse l'aria spavalda di sempre.

*Natsume sei tu. Ti sei messo a prenderti cura degli animali adesso? E poi…chi ti dice che stavo piangendo?...lasciami sola*

-"Cane" ha un'altra idea ed io stavolta non ho intenzione di ascoltarti Sakura-

Il suo sguardo era sincero ed estremamente rassicurante, quasi volesse proteggerla da chiunque e averla soltanto per se.
La bestiolina corse in modo frenetico vicino alla ragazza, che sporse la mano tremante di chi non crede ai suoi occhi.
Subito dopo, accelerando il passo, tornò indietro dal giovane leccottandogli il viso.

*N...non posso crederci...CANE!*

Commozione, felicità e frenesia furono le emozioni scaturite dalla ragazza nel rivedere "Cane" dopo molto tempo: da quando quel giorno fece volare il biglietto, guardò nel cielo e dietro di lei...
C'era Natsume.

*Dove lo hai trovato?*

-In realtà è stato lui a trovare me. Qualcosa si strusciava sulla mia caviglia e l'ho riconosciuto.
Ora lo lascio libero di tornare dal suo padrone. Andiamo a salutarlo?-

*No, non è necessario. Vorrei restare ancora un po' qui. Se tu vuoi andare...*

Lasciò libero "Cane" vedendolo tornare verso la festa mentre Natsume girò la ragazza verso di se abbracciandola.

-Non hai capito nulla come al solito. Ti faccio un così brutto effetto?
A me piaci in qualsiasi modo, pregi e difetti. Potresti dirmi le peggiori cattiverie, potremo anche stare lontani e non sentirci per molto tempo, ma io avrò sempre voglia di te Sakura!-

*N...natsume io....*

 -Non dire che queste parole non sono necessarie. Non rinunciare a sentirmele dire.
Sorridi solo per me.
Sorridi per te stessa.-

Il suo sguardo si fece pieno di cose da dire, ma non volle proferire parola.
Si aggrappava al kimono del giovane con estremo orgoglio, lasciandosi scoperta per la prima volta con lui.
Una pura e semplice paura fu la sua.
Temeva di perdere se stessa e trasformarsi in ciò che lui voleva, accettando sua qualsiasi visione del mondo o parola.
Lui però non l'avrebbe amata poiché non sarebbe stata la Sakura che ora sta abbracciando.
Desiderava lei, la sua Sakura.
Era riuscito a rassicurarla e a dimostrarle sicurezza, cosa che lei non era riuscita a fare con Cane per un recondito senso di paura radicato dentro di se.
La bestiola lo percepiva e perciò si allontanava.
Non Natsume.
Lui l'avrebbe amata giorno per giorno senza progettare nulla.
Vivendo assieme a lei quel dolce sentimento tanto capriccioso.


 
*Chissà cosa ha in serbo per me Natsume. Ha detto una sorpresa.*

Giunse davanti alla porta di casa sua e suonò il campanello.
Sembrava non ci fosse nessuno dentro eppure lui le aveva detto di andare a casa sua alle venti.
Poco dopo vide dell'acqua uscire dall'appartamento di Natsume.

*Come mai esce dell'acqua da casa sua?
Natsume stai bene?
Rispondi suvvia...
Ahhhhhhh*

Gridò in seguito quando la porta si aprì.
Il giovane, bagnato fradicio dalla testa ai piedi, guardò Sakura con il solito sguardo superficiale, per niente preoccupato.

-Si è rotto un tubo dell'acqua nel bagno e purtroppo la nostra serata è rimandata.
Asciugati prima di prenderti un raffreddore-

*Natsume....sei stato tu a dirmi di venire e ora mi dici pure di asciugarmi? Tu mi hai ridotto così!*

-Non è certo colpa mia se aprendo la porta è fuoriuscita tutta quest'acqua. E poi da bagnata è più facile guardarti-

*NATSUME io non riesco a sopportarti. Resterai sempre un insopportabile giovane viziato*

-Peccato che io riesco a sopportare te mia cara Sakura.-

La baciò dolcemente, nel mentre l'acqua continuava ad allagare la casa e ora anche l'esterno.

~~~~~~~~~

*E se un giorno ci ricordassimo del nostro incontro, cosa potremmo dire?
Che é ormai avvenuto, che é rimasto impresso nei nostri ricordi e che gelosamente giace nel cuore.
Eppure non ti sopporto ora e neppure prima, ma sei stato il solo a farmi sorridere, ad aprirmi senza temere di perdermi.
Ho teso la mano e tu ti sei lasciato avvicinare*

-Non sono tipo di molte parole.
So soltanto che lei mi ha migliorato.
Ho chiarito con me stesso molte cose in sospeso e anche se non ho abbandonato il mio sarcasmo, posso solo dire di amarla e glielo dimostrerò giorno dopo giorno.
Senza fretta.
Questo videogioco voglio giocarmelo fino in fondo-

*Ehi cosa stavi dicendo riguardo al videogioco?*

-Vedete? Fino alla fine ancora non ha imparato la lezione-

*No. Non può finire così senza che dica la mia su questa faccenda. Devo prima...*

Sta per arrivare la parola fine Sakura

*E va bene ma ricordatevi...*

-che io....-

~Non riesco a sopportarti~

FINE

(La storia si conclude qui, ma tra due giorni pubblicherò un ulteriore capitolo speciale. Se volete leggerlo dovrete aspettare 2 giorni.
Grazie per aver letto la mia storia dalla vostra Cloveregga <3)

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Capitolo 14
*** Episodio Speciale: Brothers Breaker ***


Sede principale dell'EDEN, (Forza dell'ordine politica gestita dalla Dieta, ente che si preoccupa di difendere i cittadini direttamente selezionati dall'ente stesso).
I quattro fondatori di questa forza politica indipendente, si erano riuniti in segreto per fornire dati sulla prossima missione.
I sei Brothers Breaker più adatti a questo incarico, si trovavano davanti a loro, attendendo istruzioni.
Secondo il numero a loro assegnato, si classificava la loro forza in ordine decrescente:
BB 06: Subaru Asahina, con l'età di vent'anni, è il più giovane e determinato.
Potere speciale: Precisione.
Riesce a individuare una ragazza anche a chilometri di distanza con la massima precisione.
BB 05: Iori Asahina, giovane di diciotto anni, con una doppia personalità.
Potere speciale: Creazione/Distruzione.
Se un cliente deve mettersi o lasciarsi con un ragazzo/a, lui ci sarebbe riuscito con le buone o con le cattive.
BB 04: Kaname Asahina, aitante giovane monaco dal fascino irresistibile.
Potere speciale: Seduzione.
Nessuna fanciulla riesce a resistergli, nessuna.
BB 03: Louise Asahina, di età variabile, molto tranquillo e poetico.
Potere speciale: la Parola.
Ogni sua parola può avere tanti significati e nessuno, mettendo in confusione i ragazzi troppo matematici.
BB 02: Fuuto Asahina, nelle vesti di un cantante di successo, conduce una seconda vita.
Potere speciale: il Peccato.
Si traduce nell'ottenere qualsiasi cosa a qualunque prezzo.
BB 01: Wataru Asahina, il più forte tra i Brothers Breaker dell'attuale generazione.
Potere speciale: Cucciolosità.
Piccolo e dolce, questo valoroso combattente riesce a risolvere le situazioni più disperate.
Uno dei casi più difficili, quello che i nostri agenti stavano per affrontare e il cliente era una ragazza.
Hinata Ema, nata e cresciuta da sola a causa di un padre viaggiatore, non riesce a trovare il ragazzo dei suoi sogni. Nonostante la raffinata bellezza, il carattere dolce e timido e un cuore romantico, nessuno sembrava interessato ad approfondire una relazione.
Il problema?
I suoi sei fratelli possessivi, conosciuti per la loro bellezza stravolgente e il fascino incorruttibile.
Niente li avrebbe persuasi a lasciare la sorellina in pace e la tenevano come prigioniera nella sua stessa casa; per questo i ragazzi non volevano che se innamorasse.
Paura e soggezione erano la chiave di volta del caso.
Adesso toccava ai Brothers Breaker intervenire per risolvere la situazione.
I fondatori diedero come grado di difficoltà massimo, ma i loro guerrieri sembravano sicuri di se, in particolare Iori che faceva trapelare un’aria piuttosto sanguinaria, ma molto attraente.
Se avessero compiuto un buon gioco di squadra, avrebbero ottenuto una promozione.
Gli errori e le azioni individuali non erano ammessi e così i ragazzi scattarono, dirigendosi all'abitazione degli Hinata.
Ma chi sono i quattro fondatori?
Sono l'esempio in persona dell'amore romantico e ormai perduto delle corti nobiliari:
-> July, lo scoiattolo assassino
-> Yuusuke, il diavolo buono
-> Hikaru, il giocatore subdolo e infine lei,
-> La regina dei matrimoni: Miwa Asahina.
Chi meglio di loro poteva rappresentare questa fazione politica ausiliare?

Shinjuku, quartiere nei pressi di Tokyo, la signorina Hinata sta andando a un appuntamento con il suo trentaduesimo ragazzo nel giro di un mese; solerte andava sperando che i suoi fratelli stavolta non interferissero. Che animo nobile nonostante la situazione!
La squadra dei Brothers Breaker era in posizione, ciascuno in un punto stabilito in precedenza per stanare il proprio obiettivo.

SCONTRO 1) Ogami Rei, la rabbia infuocata vs  Fuuto
Ogami, il fratello più giovane dei sei "Fratelli Possessori", era colui che pedinava la sorellina ed anche il primo a intervenire, per questo andava subito eliminato. Fuuto decise di tenere un concerto proprio in una piazza in cui Hinata Ema avrebbe dovuto passare per raggiungere il suo appuntamento e di conseguenza vi sarebbe passato anche Ogami.
Fu un gioco da ragazzi ottenere il suo scopo: invitandolo sul palco e con la promessa di finire in televisione!

SCONTRO 2) Rui Hachioji, il principe di Villa Shinbuya vs Kaname
Rui era il quinto per età dei fratelli Hinata a tenere d'occhio la sorellina.
Con la sua moto riusciva a capire prima il luogo dell'appuntamento in cui si sarebbero visti i due ragazzi e chiamava a raduno gli altri.
Quella sentinella doveva essere rotta per sempre e soltanto Kaname poteva riuscirci. Prese la sua auto sportiva e raggiunse a un incrocio il motociclista sirena.
Incominciò a intessere un discorso e a fargli i complimenti per la sua fisicità snella e da copertina.
Con sorpresa si scoprì, appena decise di togliersi il casco che il lui era in realtà una lei veramente da sballo e fu Kaname a essere travolto dal suo fascino.
Lei arrossì notevolmente e presa dall'emozione fuggì lontana.
Kaname la inseguì dichiarando la sua missione compiuta.

SCONTRO 3) Toki Fujiwara, il martello della giustizia vs Louise
Il vanesio quanto narcisista quarto genito degli Hinata bloccava il passo della sorellina cercando di elencare tutti i difetti che quel ragazzo, che andava a incontrare, poteva avere.
Chi meglio di Louise poteva fermare le sue persuasioni?
Intercettandolo a un angolo di strada, nel mentre anche la signorina stava arrivando, bloccò il ragazzo chiedendogli indicazioni. Parlava veloce, incalzante finche' Toki non cadde a terra confuso.
Si chinò poi guardando la sua cliente, la quale ricambiò.

SCONTRO 4) Yuuki Tenpoin, la voce tonante vs Subaru
Yuuki era il fratello più dolce della famiglia, ma anche quello più rumoroso.
La sorellina, non sopportando il suo tono di voce, rinunciava a uscire.
Subaru lo trovò quasi subito e capì rapidamente il suo punto debole.
Entrò in un negozio di articoli di Nyammaru e indossò una maglia. Il terzo fratello fu sconfitto immediatamente; Subaru aveva centrato l'obiettivo.

SCONTRO 5) Heike Masaomi, la luce dell'imperfezione vs Iori
Un avversario temibile, il secondo fratello degli Hinata: manipolatore, subdolo e riflessivo.
Fermava sua sorella imbrogliando e inventandogli ogni sorta di scusa. Il nostro eroe sentì odore di preda in vista da oltre trenta metri di distanza e cominciò una caccia selvaggia e senza esclusione di colpi.
Fu proprio il prolungato scontro a far dimenticare all'avversario, la sorella e a consentirle di proseguire.
Missione mezza compiuta Iori!

SCONTRO 6) Hitomi, la furia dei tuoni vs Wataru
I due boss a confronto.
La signorina Hinata avrebbe presto conosciuto un ragazzo e i suoi fratelli non avrebbero potuto contrastarla. Restava il fratello maggiore conosciuto per il suo carattere deciso.
Molte volte fermò sua sorella sul più bello, trascinandola via. Da oggi i suoi giorni da fratello possessivo sarebbero finiti, pensò il ragazzino puntandolo e con in mano un peluche.
Sopra i tetti dei palazzi, i loro sguardi s'incrociarono.
Wataru sapeva cosa si provava a essere soffocati ed essere il più piccolo mentre Hitomi sentiva il peso della responsabilità di badare a tutti i fratelli.
Decisero di andare insieme a una seduta dallo psicologo e la missione fu dichiarata, dal loro medico, completata.
Ore 17.00. Appuntamento tra la signorina Hinata e il ragazzo che le interessava presso il parco.
I fondatori si complimentavano con i propri agenti per aver portato a termine la loro missione.
Così romantici erano quei due ragazzi.
Oh! Adesso stavano abbracciandosi, che carini.
Adesso lei gli stava tirando...la borsa addosso e ora gridava e faceva i capricci.
Ah. Ora lo inseguiva dicendogli un sacco di cose false e infine prese la moto di sua sorella e gli disse di...sparire.

"Adesso avete capito perché non la facevamo incontrare a nessun ragazzo?
E' la peggiore della famiglia. E' lei che comanda noi!"

"Ops"

Brothers Breaker. Pronti per un'altra missione? Se avete il cuore spezzato, volete conquistare un ragazzo oppure vi sentite sole...
Non temete arriveranno i Brothers Breaker

FINE (Alla prossima storia)

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