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di Chingu Mato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (intro) ***
Capitolo 2: *** HimJae ***
Capitolo 3: *** BangHim ***
Capitolo 4: *** DaeJae ***



Capitolo 1
*** (intro) ***



Certe volte, le persone che starebbero bene insieme semplicemente non vogliono stare insieme.



Salve ^-^ Nella descrizione principale ho riportato solo le intro e le caratteristiche comuni alle tre storie di questa raccolta, dunque ora passo ad aggiungere qualche informazione in più:


Capitolo 2: Joyeux Noël
Se a delle ragazze qualunque basta tirar fuori le tette per ottenere un drink gratis, uno come lui può benissimo ricevere un letto caldo con uno sguardo. Himchan ne è certo, ha solo bisogno dell’idiota adatto; e quando i suoi occhi cadono su un candido bruno che ride in maniera imbarazzante, capisce già d’averlo trovato.
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Personaggi principali = Himchan, Youngjae
Genere dominante = Fluff, Malinconico

N.d.A
Mi chiedo sinceramente quante persone leggeranno questa storia, dato che non mi sembrano esistere molte HimJae shipper italiane XD Del resto io stessa ho un rapporto strano con questo pairing, però boh è proprio il motivo per cui mi ha ispirata facilmente verso un genere per me praticamente del tutto nuovo, quindi sono grata ai due ragazzi u.u E mi auguro di farli piacere un poco di più anche a chi si avventurerà in questa lettura insolita(?) LOL


Capitolo 3: Friends with Drunk Benefits
Sono semplicemente loro due: Yongguk ed Himchan, ormai ufficialmente amici e segretamente qualcosa di più... o almeno per lui. Se c’è una sola cosa che infatti non riesce a leggere nel ragazzo, è proprio in che termini veda il loro rapporto; si domanda se gli stia versando l’ennesimo bicchiere di vino per riprendere da dove si erano lasciati l’ultima volta, o se invece stia cercando d’usare l’alcool per liberarsi delle sue eccessive premure.
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Personaggi principali = Himchan, Yongguk
Genere dominante = Sentimentale, Triste

N.d.A
Questa one-shot è precedente alle altre e infatti la data di pubblicazione della raccolta corrisponde in realtà a quella di questa singola storia. Poi però mi sono resa conto che poteva essere unita per tematica alle altre due e, chissà, magari è stata proprio quella che me le ha ispirate.
In sintesi, sono molto affezionata a questa BangHim perciò spero davvero che vi piacerà (:


Capitolo 4: Paradosso
Quando gli hanno detto che Yoo Youngjae è su una sedia a rotelle, Daehyun ha automaticamente pensato che si trattasse di un vecchietto impacciato; invece davanti a lui si trova un ragazzo vivace - forse anche troppo - che gli sorride dal basso. Si sente strano a troneggiare così su un coetaneo, ma bastano poche parole per capire chi è davvero tra i due ad avere il comando.
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Personaggi principali = Daehyun, Youngjae
Genere dominante = Lemon, Romantico

N.d.A
Se due ragazzi che ho visto per strada sapessero di avermi portato a questa storia semplice semplice, mi chiedo se ne sarebbero onorati o schifati XD Il Youngjae della situazione era il ragazzo più bello e sorridente che avessi mai visto, me lo sarei portato subito a casa >-< Poi ovviamente la one-shot ha preso una piega completamente diversa rispetto ai miei teneri sentimenti perché... be’… la DaeJae ispira porcate, si sa (?) – difatti ho quasi avuto problemi a mantenere il rating arancione, ma ormai l’avevo pensata così e mi sono detta di regolarmi ahah Alla fine credo che se esistesse la categoria V.M. 16 in efp, la storia rientrerebbe in quella...
Ad ogni modo, questa one-shot mi è costata numerosi studi e documentazioni per capire esattamente che tipo di lesione potesse avere Youngjae e quale livello di sensibilità nella zona degli arti inferiori. Non sono entrata nel dettaglio durante la storia perché mi sembrava superfluo (ho fatto ricerche solo per una questione di realismo), ma se qualcuno fosse interessato a saperne di più sono ovviamente disposta a spiegare u.u

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Capitolo 2
*** HimJae ***


Joyeux Noël
 


 

Parigi fa schifo; è questo l’unico pensiero che passa nella testa di Himchan, mentre cammina per quei lunghi viali alberati a cui dovrebbe associare innamorati e cafè. Lui invece riesce solo a ricollegarvi i ladri, quei fottutissimi bastardi che nell’aeroporto gli hanno fregato la valigia da sotto al naso – con dentro tutti i suoi soldi, nonché il pesante cappotto di cui ora - in mezzo alla tempesta - sente terribilmente la mancanza.

Si rifugia nel primo locale che trova, convinto che i pochi spicci in tasca gli basteranno per una consumazione che giustifichi la sua presenza lì; ed è effettivamente così, anche se gli ci è voluto un secolo per comunicare al barista la sua ordinazione… Senza contare che quella non lo sfama minimamente. Getta poi uno sguardo invidioso ad un gruppo d’oche irritanti, che ridacchiando come deficienti hanno catturato l’attenzione di qualche sfigato, il quale continua ad offrire loro da bere nella speranza di farsene almeno una.
Se a delle ragazze qualunque basta tirar fuori le tette per ottenere un drink gratis, uno come lui può benissimo ricevere un letto caldo con uno sguardo. Himchan ne è certo, ha solo bisogno dell’idiota adatto; e quando i suoi occhi cadono su un candido bruno che ride in maniera imbarazzante, capisce già d’averlo trovato. Lo fissa, e vede l’altro sentirsi perforare il cuore non appena incrocia le sue pupille; la pelle freme, lo stomaco si stringe e il fiato salta come se gli si fosse appena spogliato davanti. Himchan gli abbozza un sorriso, ma il ragazzo resta paralizzato: non è certo che ce l’abbia con lui.
« Ciao. » gli dice allora, agitando appena le dita. E il ragazzo abbassa gli occhi dispiaciuto, sparendo totalmente sotto quel cappello morbido che insieme alla maglietta a righe lo rende piuttosto ridicolo. Alza però nuovamente gli occhi, debole, ed uno sguardo del genere toglie in Himchan tutto il divertimento che avere uno stereotipo davanti a sé avrebbe potuto trasmettergli.
« Je ne parle pas coréen. » rivela finalmente, triste, mentre i commensali si girano improvvisamente verso di lui; non capiscono l’uscita del bruno, ma poi seguono il suo sguardo e ci mettono un secondo a realizzare quel che sta succedendo. Spingono l’amico verso Himchan, ridendo convinti mentre il malcapitato diventa improvvisamente paonazzo.
Balbettano qualcosa senza senso, prima di capire che l’insormontabile scoglio della lingua non li porterà lontano. Il maggiore vede però uno del gruppo illuminarsi e suggerire a Youngjae - almeno il nome lo ha capito - di fare qualcosa a cui lui non sembra propenso; un altro suo sguardo lo fa però cedere.
Compone un numero sul cellulare, mette il vivavoce ed una signora risponde dall’altra parte, cominciando gentilmente a fare da interprete: Himchan scopre così l’età e gli studi del bruno, ed il bruno le disavventure di Himchan. Quest’ultimo ingigantisce anche le cose, nella speranza che saperlo bloccato lì dal maltempo il giorno di Natale convinca qualche cristiano a raccattarlo per strada come un cane. Inventa persino d’aver scelto lo scalo a Parigi per risparmiare soldi da spendere in medicine per la nonna, ammalatasi proprio mentre lui era in vacanza con degli amici che è stato costretto ad abbandonare.
Stronzate; una marea di stronzate. Lui è rientrato prima degli altri solo per passare il Natale coi suoi, come sempre… Ma non crede che il rispetto delle tradizioni ed un atterraggio imprevisto possano fare abbastanza compassione. Quella storia da telenovela, invece, ha già intenerito lo sguardo d’una buona metà dei presenti.
« Je dois aller, maintenant. » dice ad un tratto la donna, con tono mesto.
« Okay, maman; merci beaucoup. Je t’aime~ » le risponde Youngjae, facendo capire al castano il termine della conversazione; e la cosa lo preoccupa. Non è stato proposto a nessuno d’ospitarlo, e senza di lei cominciare a parlare d’un alloggio diventerebbe complicato. I ragazzi si allontanano infatti dal bancone, mentre Himchan stringe un labbro tra i denti e abbassa la fronte. Il minore, però, gli picchietta con l’indice su una spalla.
« Wanna come to my place? ».



Vista la vaga conoscenza che il castano ha della lingua, il tentativo di comunicare in inglese viene abbandonato praticamente subito, mentre le poche parole che Youngjae ricorda di coreano si rivelano provvidenziali e gli permettono d’illustrare ad Himchan come muoversi nell’appartamento.
Il bruno intanto gli guarda costantemente le labbra, ma il ragazzo preferisce prendere tempo con qualche domanda di circostanza, per poi magari sfuggirgli lamentando la stanchezza; e non perché non trovi Youngjae attraente - si reputa davvero fortunato ad aver trovato un idiota così carino! - solo che ficcare la lingua in bocca al primo che passa non è mai stato nel suo stile.
Se ne pente quando il minore comincia un interminabile discorso in francese, che tenta di rendere comprensibile gesticolando – ma senza successo. Passa a mostrare oggetti, fotografie… eppure ad Himchan sfugge davvero il nesso dietro tutto quel che gli viene indicato. Sa solo che Youngjae ha preso a canticchiare un motivetto dell’infanzia - o almeno così pare -, ed il fatto che lui sbuffi o sbadigli sembra non toccarlo minimamente. Anzi, lo guarda contento, come in attesa della sua partecipazione.
Il maggiore alza gli occhi al cielo ed esasperato preme le bocca su quella dell’altro, staccandosi un attimo dopo per incontrare uno sguardo spaesato e sorpreso, limpido come quello d’un bambino. Le labbra morbide sono rimaste leggermente schiuse, ed il rossore sugli zigomi le fa apparire ancora più rosee e finte. Così fermo Youngjae assomiglia davvero ad una bambola, ed Himchan non può chiedere di meglio.
« Ecco, adesso dovresti ammutolirti per un po’. » dice soddisfatto, certo che l’altro non riesca a capirlo. « Buonanotte. ».

Affonda nel sonno praticamente nello stesso momento in cui la sua schiena tocca il materasso, permettendogli di sentirsi riposatissimo al risveglio nonostante avvenga poche ore più tardi: il sole è sorto da qualche minuto, ma sulla pelle sente già un calore totalmente diverso da quello della sera prima. La cosa strana è che in particolare il caldo si concentra piacevolmente tra le sue gambe, mentre una scossa gli percorre il bacino. Quest’ultimo così preme ulteriormente contro qualcosa di umido, che Himchan capisce solo adesso stargli abbracciando il sesso.
Si sforza a rialzare le palpebre ed un rantolo che avrebbe preferito nascondere gli sfugge dalle labbra, come se avesse aperto queste al posto degli occhi. Sente poi la lingua di Youngjae abbandonarlo lentamente, e lo vede pulirsi con un dito la bocca sorridente.
« Joyeux Noël. » sussurra, e lo guarda nuovamente con una purezza del tutto opposta a quella presentatagli al risveglio. La tranquillità con cui si spoglia nella sua stanza, poi - rivelando delle erotiche fossette sulla zona lombare -, spingono Himchan per un momento a desiderare di vederlo più spesso in quell’altro modo.
Scuote la testa come per riprendersi, mentre nonostante il membro stanco si sente sempre più eccitato. Quel ragazzino tuttavia continua a mostrarsi innocente, e da come gli si rivolge comincia a pensare di piacergli davvero; se questo implica non solo un posto letto ma anche un pompino mattutino, ancora una volta il castano non può lamentarsi. Solo una vaga voce nella coscienza gli dice che forse se ne sta approfittando un po’ troppo, ma quando Youngjae si sfila anche i pantaloni gli risulta davvero difficile ascoltarla.
Completamente sordo, si alza a baciare quella schiena nuda, scivolando lungo la spina dorsale fino a mordere leggermente un gluteo del ragazzo. Al bruno sono sfuggiti un paio di sospiri che nonostante la delicatezza hanno fatto perdere la testa ad Himchan, ma il suono del telefono interrompe quel che probabilmente stava per divenire realmente eccessivo.
« Allo? » risponde il minore, poggiandosi alla parete bianca con cui quasi si mimetizza; assume poi un’espressione scocciata, tanto per far capire all’altro che li stanno disturbando per niente. Quello infatti ride e si siede sul materasso, in sua attesa. Dopo diversi “oui maman”, tuttavia, il ragazzo attacca senza raggiungerlo e finisce di vestirsi come se nulla fosse, intimandolo a fare lo stesso.




Himchan è fuggito non appena ha potuto. Già ritrovarsi al pranzo di Natale con la madre di quello che lo presenta come il “suo ragazzo” è stato troppo, ma in qualche modo era riuscito a superarlo; quel che l’ha costretto realmente a rifare il bagaglio a mano è stato invece lo sguardo assassino della donna, che con un paio di banconote - e l’ordine di rubare qualcosa dalla stanza di Youngjae - l’ha costretto a lasciare non solo quell’appartamento, ma anche una lezione per il figlio – troppo propenso a dare la sua fiducia, quanto il suo cuore, agli sconosciuti.
E così adesso il castano si trova in una squallida camera d’albergo, con un orologio non suo al polso ed in testa un pensiero fisso: dormire per illudersi che il tempo passi velocemente. Spera inoltre di poter finalmente prendere il primo volo per Seoul, al risveglio… Ma le cose vanno diversamente. Il mattino dopo infatti le rotte sono ancora off-limits e lui è costretto a lasciare l’hotel, a camminare sperduto piangendosi addosso circondato da negozi in cui non può permettersi di spendere neanche una moneta.
Si dirige verso il locale della sera prima - convinto che gli porti fortuna - e magari stavolta, partendo a flirtare dalla mattina, la sua presenza nella camera da letto d’uno sconosciuto potrà apparire più accettabile e meno sospetta. Sta così per entrare quando sente qualcuno quasi strangolarlo, liberando prepotentemente il suo collo dalla sciarpa che stava gelosamente indossando.
« Ehi, ma che caz- ». Youngjae è davanti a lui che sorride innocente; possibile che non abbia capito di essere stato derubato? E che non si incazzi a scoprire che gli ha mentito?! Eppure sembra davvero sincero quando continua a guardarlo con gli occhi lucidi per il freddo, avvolgendosi fino al mento con la stoffa appena sottratta.
« Ahah, souvenir! » esclama, indicando prima l’orologio e poi l’indumento. Si abbandona in altri gesti e tentativi di frasi in coreano, che fanno intuire ad Himchan almeno una cosa: quel ragazzo è talmente cretino d’aver pensato che gli abbia preso l’orologio come ricordo della loro “storia”.
Gli sfugge un sospiro rassegnato, ma sa di non avere i mezzi per mettere le cose in chiaro; capisce invece benissimo che il bruno lo sta invitando a stare ancora da lui, ed in qualche modo Himchan riesce a dirgli che però sua madre non deve venirlo a sapere. Quello annuisce ed inizia ancora una volta a monologare in francese, senza che l’altro capisca un’acca; ma poi Youngjae sembra aver avuto l’idea del secolo, fruga veloce in una cartella da cui estrae convinto una biro e la preme contro un foglio che poggia sul palmo del castano, iniziando concentratissimo un disegno che finisce dopo pochi secondi.
Himchan prende il pezzo di carta tra le mani, curioso del risultato visto che - da quanto sa - il ragazzo frequenta una scuola d’arte; e forse è proprio a causa delle aspettative che dalla sua gola esce la risata più fragorosa che abbia mai emesso. Continua a guardare quella specie di scarabocchio con le lacrime agli occhi, senza degnarsi neanche di provare ad estrapolarne il messaggio. Solo un’occhiata offesa con conseguente calcio sugli stinchi sembra portarlo finalmente a ragionare.
« Che vuoi comprare? » domanda infine, asciugandosi le ciglia umide con un dito, mentre con l’altra mano indica su carta quello che pensa essere un supermercato.
L’altro gli sorride semplice: « Vedi. ».

Gli ha detto di restare con gli occhi chiusi mentre pagava alla cassa ed ora lo costringe a fare lo stesso tenendolo per mano – in modo da essere certo che non si ammazzi mentre salgono una collinetta. Himchan sente poi rumore di plastica - seguito dal classico strappo che si ottiene aprendo qualcosa - e finalmente Youngjae gli consente di guardare.
Un misterioso pacco di patatine ha sostituito davanti a sé la faccia del ragazzo, e si agita contento nell’aria con una vocina strana.
« Che roba è? ».
Il bruno spunta finalmente da dietro la busta e tutto contento vi infila una mano, per poi ficcarsi in bocca una manciata di quel cibo vagamente inquietante – che il castano solo ora legge essere a base di miele e burro. Assume allora un’espressione disgustata e rifiuta con poca eleganza le patatine che Youngjae, solo per educazione, gli sta offrendo; quando capisce che Himchan davvero non ne vuole sembra infatti sollevato e continua a divorare l’intero pacchetto, regalando uno spettacolo che l’altro si sarebbe volentieri evitato.
« Ma non ti hanno insegnato a mangiare? » sbotta esasperato, mentre preme una mano sulla bocca del ragazzo. Quello deglutisce, svuotando le guance piene come quelle di un criceto; persino lo sguardo sgranato e scuro ricorda quello dell’animale. Himchan sorride di nuovo, questa volta a labbra strette. « Basta. » dice, e Youngjae annuisce; quindi lo libera, allontanando piano le dita dalla sua bocca. L’indice porta per sbaglio il labbro inferiore con sé, allontanandolo per un momento dal superiore verso cui torna subito con un piccolo schiocco. Ed il bruno scoppia a ridere, per una cosa così stupida che pare potrebbe divertire solo e soltanto lui – eppure Himchan viene contagiato poco dopo, con un tono molto più contenuto, ma il petto altrettanto leggero.
Gli sta simpatico Youngjae. È estremamente sincero, genuino: si comporta come se perdere completamente la dignità davanti a un estraneo sia la cosa più naturale al mondo… Ed è per lo stesso motivo che adesso il suo viso si fa sempre più vicino, senza preoccuparsi di nascondere lo sguardo con cui passa lento dagli occhi alle labbra del castano. Stringe poi la bocca per inumidirla con la lingua, resta fermo ad un millimetro da Himchan e si alza ancora una volta a guardarlo.
« È inutile che aspetti, Youngjae. Io non mi muovo. » afferma, anche se teme che le sue parole vadano al vento. Vede in effetti il bruno ancora in attesa, e mentre l’aria fredda si alza gelandogli le guance, il respiro nervoso del ragazzo gli scalda le labbra. Poco dopo, incrociare i suoi occhi fonde nello stomaco del maggiore le medesime sensazioni.
« ..On doit rentrer. ».



Adesso Youngjae non sorride più, e per la prima volta gli sembra ancora più dispiaciuto di quanto non fosse stato quando aveva scoperto che parlavano due lingue diverse; assurdo vederlo nuovamente così per qualcosa in cui le parole non erano servite…
Himchan si sente in colpa davvero, e restare solo a casa peggiora la situazione: quel ragazzo gli sta dando completa fiducia, e lui non saprebbe neanche dire se meritatamente o meno.
Cerca di non pensarci mentre guarda la televisione incomprensibile, e intanto si ripete che quando il bruno rientrerà tornerà tutto come prima: indefinito, ma bello. Difatti la sera il minore compare sommerso da pacchi d’ogni tipo, biascicando qualcosa sul Natale, sui regali… E spunta dietro quella montagna di carte colorate con un cappello da Santa Claus.
Himchan si alza dal divano con uno di quegli sbuffi che nascondono un sorriso, mentre guarda l’altro come fosse suo nipote. Lo aiuta a sopravvivere sotto il peso delle buste, lo sorregge nel posare le scatole ed insieme aprono quegli inaspettati regali: alcuni per il castano, altri per Youngjae stesso – che si finge sorpreso e lo ringrazia, come se li avesse ricevuti da lui. L’altro invece è realmente colpito nel vedere la valigia nuova e tutti quei vestiti con cui può tranquillamente riempirla; si sente in debito, e cerca di farlo capire toccandosi le tasche, balbettando che lui non ha niente.
« Tu es resté ici. » sorride debolmente, mentre Himchan gli chiede di tradurre. È difficile - come sempre - ma alla fine il messaggio lo raggiunge, e lo uccide: Youngjae crede che non sia partito a causa sua, per stare con lui.
« E adesso come cavolo te lo spiego… » mormora depresso, passandosi le mani sul volto quasi come possano trasmettergli una soluzione, a contatto con la pelle.
« Quoi? » domanda ancora raggiante il bruno, mentre - con le dita tra i capelli - l’altro vorrebbe gridare insulti alla sua stupidità… a quella d’entrambi.
« Io non resto, Youngjae. ».
Confessa solo questo, conscio del fatto che il ragazzo gli sarà comunque grato per aver voluto passare con lui alcune ore; ma riparare a quell’incomprensione gli è veramente impossibile. E, forse, non vuole neanche farlo davvero.



Si sono addormentati “chiacchierando” sul pavimento, appoggiati alla carta strappata come dei bambini golosi… I loro corpi hanno funto da coperte, ed i termosifoni hanno provato a fare il resto.
Youngjae ora gli russa leggermente sul braccio, evidentemente raffreddato a causa della notte passata in terra; ma Himchan ne è felice: il naso tappato e la gola fastidiosa gli impediranno di dimenticarlo, per qualche giorno.
Lo stesso vale per lui, che però vorrebbe riprendersi almeno un poco cercando tra i regali quel pacchetto di caramelle squisito da cui non si sarebbe mai separato – e che trova infatti lì, a pochi centimetri dalla sua mano. Ingerisce dunque la pasticca al miele ed improvvisamente ricorda il contatto a cui ha volontariamente rinunciato il giorno prima, e che di certo non riceverà mai più. Adesso però ne è curioso: si domanda che sapore abbiano le labbra del ragazzo, e che tipo di baciatore sia.
« Mmh… » si sfrega gli occhi il bruno, sollevandosi stordito da terra per sedersi al suo fianco, permettendo finalmente anche all’altro d’abbandonare la posizione supina. « Quell’heure est-il? ».
« Non ti capisco, Youngjae. » gli ricorda per l’ennesima volta, mentre lo vede prendergli in prestito il polso e leggere l’orologio. All’improvviso diventa pallido, realizzando che l’ora del volo di Himchan non è più così lontana come era apparsa loro prima che cadessero nel sonno – quando l’avevano scoperta.
« Ne partir pas. » sussurra con tono di supplica, ed anche senza sapere la lingua il maggiore è abbastanza sicuro di quello che gli è appena stato detto. Lo ignora e si alza, fa nuovamente i bagagli e permette all’altro d’accompagnarlo in aeroporto, nonostante vedere quel naso arrossarsi non solo per il freddo lo faccia star sempre più male.
Youngjae lo saluta con gli occhi lucidi e la voce strozzata, cercando di nascondere d’essere prossimo alle lacrime finché non lo vede davvero imbarcarsi, sparire nel tunnel che lo porterà dritto all’aereo. A quel punto non riesce più a trattenersi, scoppia a piangere tra gli addii ed il benvenuto di così tante altre persone che nessuno si accorge di lui; solo Himchan l’ha sentito, e si è fermato per un istante… ma lui non può vederlo.




Tra scali e ore in volo, il castano torna a casa più di ventiquattro ore dopo. Sua madre lo accoglie sorridente, il suo migliore amico lo abbraccia e lui risponde caloroso, solare; sa recitare così bene, quando vuole…
Sente però il cellulare vibrare ed il mittente lo stupisce: non sa neanche per quale motivo lui e Youngjae si siano scambiati il numero di telefono; probabilmente per entrambi era impossibile accettare che quei tre giorni divenissero solo un ricordo, ma - visto quanto era stato difficile comunicare persino dal vivo - era ovvio che a distanza il rapporto fosse destinato a finire.
Apre la conversazione, aspetta che l’immagine inviatagli si carichi e poi regala un sorriso quasi commosso allo schermo, non appena quello mostra nitido una serie di schizzi che riassumono la giornata del bruno. E per la prima volta quei pessimi disegni, a malapena comprensibili, gli appaiono i più belli che abbia mai visto.

 

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Capitolo 3
*** BangHim ***


Friends with Drunk Benefits
 




È obbiettivo d’ogni scapolo partecipare ad un matrimonio per rimorchiare qualcuno - o, perché no, trovare l’anima gemella -, e Bang Yongguk non fa eccezione. Anzi, considerato che ha perso il conto degli anni passati dalla sua ultima relazione, forse là in mezzo è proprio lui la persona più determinata a fare centro; ed è per questo che aver avuto come unico contatto pomeridiano quello fortuito tra il suo bacino ed i glutei di un ragazzo lo infastidisce tanto. Il biondino in questione, tra l’altro, dopo essergli passato avanti nella fila per il buffet non gli ha nemmeno chiesto scusa. Al contrario si è fatto seguire dalla stessa massa di amici con cui adesso ha invaso la pista, scatenato e ubriaco.
Anche Yongguk sta bevendo un po’ troppo, ma del resto non appena ha posato scocciato gli occhi su quella scena, capendo d’essersi giocato pure la serata, l’unica compagnia trovata è stata quella del cameriere – ormai talmente consapevole di quale angolo della stanza appartenga ai bevitori, d’aver persino smesso di farsi strada tra la calca per scoprire quali bicchieri aspettino di essere riempiti. Ed è proprio quando Yongguk ha appena ricevuto la sua nuova dose di champagne, che questa gli si riversa sulle cosce, come fa una mano colpevole su quel frammento di sedia tra le sue gambe. Il dito medio però, affusolato e pallido, è arrivato leggermente avanti agli altri, ritrovandosi per un istante col polpastrello sul cavallo dei pantaloni scuri.
« Scusa. » gli dice finalmente il ragazzo dai capelli biondi, mentre allontana dal muro - accanto al suo orecchio destro - anche l’altro palmo. « Quei deficienti mi hanno spinto. ». Sorride imbarazzato e stanco – come farebbe una ragazzina sotto di lui, dopo averle fatto perdere la verginità.
« Ho visto. » afferma distaccato, convinto che un atteggiamento del genere possa nascondere il modo in cui lo ha appena immaginato.
« Oh cavolo, ma ti ho fatto male! ». E solo in quel momento Yongguk scopre il taglio insignificante che l’unghia del biondo ha generato sul suo zigomo; dice quindi che non è niente, che grazie all’alcool non lo ha minimamente sentito... ma l’altro insiste per medicarlo ed improvvisamente si trovano nel regale bagno degli ospiti – lui seduto sul bordo dell’idromassaggio ed il ragazzo a sporgersi da uno sgabello, per disinfettargli la "ferita".


« Sai, continuo a chiedermi quanto sia costato tutto questo. ». Quello che ora sa chiamarsi Yongguk tenta d’introdurre un argomento, giusto per ridurre l’atmosfera d’imbarazzo che si è creata subito dopo le presentazioni. « Devono avere parecchi soldi visti il catering, la location... ».
« Sai invece cosa continuo a domandarmi io da quando abbiamo iniziato questa conversazione? » lo interrompe allora lui, con occhi che trapassano l’altro.
« No. ».
« Quanto è grande. ».
« Questa villa? ».
« Il tuo cazzo. ».
Il bruno sussulta, certo d’aver capito male. « Prego?! ».
« Oh andiamo, Yongguk, non fare lo gnorri. Né io né te sappiamo qualcosa degli occhi dell’altro se non dove si posano con lo sguardo. ».
« Non ti guardavo il pisello. » risponde categorico, anche un po’ schifato.
« Lo so, quello lo faccio io; tu mi guardi le labbra. Curioso, queste due zone sono estremamente compatibili... non trovi? ».
« Vado solo con le donne. ».
« Sì, e quando è stata l’ultima volta che ne hai vista una..? ».


Non sa per quanto tempo sia rimasto in silenzio, mentre Himchan gli sorrideva sapiente, come se lo conoscesse da anni; ed uno sguardo del genere non può che bloccare la lingua sul palato del maggiore. Il biondo gli ha detto di tranquillizzarsi, che è solo colpa dell’astinenza se è scaturito in lui quel chiodo che da prima tenta di scacciare con l’alcool.
« Non serve quindi che continui a trattenerti per sentirti la coscienza a posto. » aggiunge infine, ma Yongguk non è tipo da cedere alle belle parole. Cerca dunque di metterlo alla prova - chiedendogli quale sia questo chiodo -, ma se ne pente subito dopo: ormai l’ha capito che il ragazzo riesce a leggergli dentro, non vi è dubbio su chi perderà la sfida appena lanciata. « Da quando hai preso il primo bicchiere, ti domandi come sia possibile che un corpo maschile riesca a trasmetterti qualcosa di tanto femmineo da esserne attratto. ». Yongguk serra nuovamente le labbra. « Allora? Quanto è grosso? ».
« Quanto basta. ».
Himchan fa scivolare le dita da pianista lungo il suo corpo, ignorando quella terza frase secca che vanamente cerca di nascondere l’attrazione. « Quello lo stabilirò io. ».
« Non mi toccare. ». E questa volta il maggiore si scansa fisicamente, risultando però in un certo senso ancora più vicino all’altro.
« Ti dici così ubriaco da non sentire dolore, e non abbastanza da ricevere quello che anche una donna potrebbe darti? Se chiudi gli occhi non ti accorgerai neanche della differenza; o forse sì... noi uomini sappiamo meglio di loro cosa ci piace, no? ». Gli morde eroticamente il labbro inferiore, ed una lacrima sconfitta quasi raggiunge le ciglia del bruno.
« Smettila. ».
« Aah, questo lo hai sentito. » gongola Himchan, con le dita che s’instradano nei boxer di Yongguk sfilandone un sospiro strozzato.
« Non- non ne sono sicuro. » risponde rauco, senza neanche riconoscere la propria voce.
Il biondo lo guarda succhiandogli l’anima, e poi gli scorre le labbra sul petto per fare lo stesso con il resto del corpo: « Questo lo sentirai. ».



C’è qualcosa di malato in tutto quello. Ma non nel fatto d’avere in bocca il membro di un altro; no, non è questo... Folle è il modo in cui dipende totalmente da ogni respiro di Yongguk, il modo in cui sente di volersi fondere a lui per essere una cosa sola – come gli fosse affezionato quanto ad un amico d’infanzia.
Non sa cosa gli abbia fatto quel ragazzo, ma da quando ha sentito attraverso i pantaloni il suo sesso toccarlo, Himchan non desidera altro che strappare di dosso i vestiti di entrambi. E stavolta è il bruno che sembra finalmente leggergli dentro, o forse non riesce semplicemente a sopportare ancora il modo in cui lo guarda... Fatto sta che ad un tratto lui si ritrova con i palmi sul bordo della vasca: i pantaloni calati ed i fianchi del maggiore che violenti raggiungono i suoi glutei.
È dentro di lui e ne percepisce aumentare la presenza mentre gli afferra le spalle e gli bacia il collo. Gli è bastato un attimo di contatto per perdere il controllo ed Himchan riesce quasi a sentirlo ripetersi nella testa che è solo colpa della sbronza; nonostante la posizione, in quel momento Yongguk risulta molto più vulnerabile di lui. Lo percepisce infatti titubare appena, frenarsi di colpo e posare due dita spaventate sulla sua mano.
« Porca puttana, Himchan. Stai sanguinando. ». Il biondo gira il palmo verso di sé scoprendo che effettivamente la sua pelle appare segnata, probabilmente a causa delle unghie che vi stava affondando. « Come cazzo hai fatto a non accorgertene?! » sbraita Yongguk.
« Sarà l’alcool. ».


Yongguk è grato che qualcosa l’abbia portato a tornare lucido, ad interrompere l’errore che stava commettendo; eppure non riesce a smettere di guardare il biondo per tutta la sera. Lo osserva sdraiato nel letto degli ospiti, rimanendo a debita distanza per non sembrare una fottutissima coppia d’innamorati... Lo vede però raggomitolarsi su se stesso, girarsi in continuazione sotto le lenzuola alla ricerca di una posizione comoda, e proprio quando sta per cedere ad avvicinarglisi - così da domandare se necessita di qualunque cosa - un piede del biondo spunta parzialmente allo scoperto, rivelandone la pianta distrutta.
« Sei masochista, Himchan? » pone sottovoce la domanda quasi fosse la più naturale del mondo, eppure sbianca non appena pronuncia quelle parole. Il ragazzo si sforza per girarsi a guardarlo, ma non assume nessuna smorfia di dolore. È solo sorpreso. « Prima il sangue. » comincia a spiegare. « E adesso... » indica verso la fine del materasso e - nonostante non si veda neanche un frammento di tallone - il biondo capisce subito.
« No, non lo sono. ».
« Perché mi menti..? ».
« Perché ti interessa tanto, piuttosto. ». Yongguk non ha mai visto qualcuno guardarlo in modo così aspro, ma si dice che probabilmente è normale quando si invade a quel modo la privacy di un estraneo. Lui però è in pensiero, che deve farci? « Non posso sentire dolore, tutto qui. » aggiunge alla fine il minore, forse per tranquillizzarlo.
« Non prendermi per il culo. ».
« Lo stavi facendo tu... ».
« Non ho voglia di scherzare, Himchan! ».
L’altro solleva gli occhi al cielo. « Sto dicendo la verità. ».


Il bruno si è girato furioso sull’altro fianco, come se non volesse mai più avere a che fare con lui. Ma Himchan l’ha notato quante volte ripeta il suo nome, e non è qualcosa che si fa quando si rifiuta qualcuno. Anzi, più nomini una persona più quella ti entra dentro, ed è esattamente il motivo per cui lui, la mattina seguente, continua a sussurrare “Yongguk” tra le labbra, a domandare del ragazzo ai camerieri, agli ospiti, alla sposa...
Ottiene il suo indirizzo e-mail e gli scrive, certo che presto gli risponderà. Riesce infatti ad immaginarlo chino davanti al computer, mentre cerca disperatamente di capire se gli ha mentito o meno. Decide così di semplificargli la vita, di inserirgli il link di Wikipedia per la CIPA... E lo fa solo perché non sopporta che gli diano del bugiardo, solo perché - nonostante voglia davvero Yongguk - spera che così lo lascerà in pace. Invece, dopo la mail di scuse a cui lui non risponde, il nome del bruno appare nuovamente nella sua posta elettronica e gli chiede di uscire. Un “no” secco serve solo ad iniziare una vera e propria conversazione, di quelle che continuano il giorno dopo, e quello dopo ancora...




Passa una settimana prima che Himchan accetti finalmente di vederlo. Non sa esattamente cosa l’abbia convinto; forse ha semplicemente capito di potersi fidare di lui. Yongguk infatti ipotizza che non sia facile - per chi non sente dolore, caldo e freddo - uscire di casa senza essere certo d’avere al fianco qualcuno che possa prendersi cura di lui. Il suo atteggiamento però risulta anche troppo accorto, tanto che il biondo comincia palesemente ad infastidirsi. Non lo dice, ma lui l’ha capito e fa il possibile per ripagare la sua educazione. In quei giorni infatti ha scoperto che Kim Himchan è molto diverso dal ragazzo che ha conosciuto al matrimonio. Senza l’alcool il biondo risulta composto e riservato, anche se gli è bastato entrare in confidenza per mostrare la sua reale estroversione.
In parte gli dispiace: adesso che Himchan non fa lo sfacciato, il suo interesse per quelle labbra rosse non è giustificabile né soddisfatto. E forse quei sorrisi sinceri - così stretti e luminosi - lo conquistano ancora di più, rendendo attrazione e simpatia estremamente collegate.
Questa cosa non gli piace davvero: non si è mai sentito così per un ragazzo, e mai con nessuno ha provato tenerezza per i più piccoli arricciamenti del volto. Si dice che è perché in sette giorni di mail ha sentito la mancanza del contatto visivo, e probabilmente è anche per quello. Ma forse il fattore prevalente è che - proprio grazie a quelle istintive particolarità relazionali - mentre guarda il biondo si dimentica che sono entrambi maschi. Sono semplicemente loro due: Yongguk ed Himchan, ormai ufficialmente amici e segretamente qualcosa di più... o almeno per lui. Se c’è una sola cosa che infatti non riesce a leggere nel ragazzo è proprio in che termini veda il loro rapporto; si domanda se gli stia versando l’ennesimo bicchiere di vino per riprendere da dove si erano lasciati l’ultima volta, o se invece stia cercando d’usare l’alcool per liberarsi delle sue eccessive premure.


C’è voluta un’intera bottiglia per togliere dal bruno quell’odiosa accortezza. Sembra paradossale, ma vista la situazione Himchan preferisce di gran lunga il Yongguk schivo ed eccitato; lo stesso che, come in un déjà vu, gli sta sfilando velocemente i pantaloni nel bagno del ristorante.
Sente il suo respiro sulle scapole mentre assapora già l’idea della penetrazione, ma contro ogni aspettativa il bruno lo gira verso di sé e lo bacia prepotentemente, conscio del rischio che una minore convinzione avrebbe potuto significare: essere respinto.
In effetti Himchan non è convinto mentre risponde a quel bacio. Lo ama, lo strega, è una delle sensazioni più appaganti che abbia mai provato. E forse è quello che non lo convince: è semplicemente troppo. Eppure la mano di Yongguk tra l’orecchio e i capelli gli impedisce d’allontanarsi da lui; può solo premere maggiormente la testa contro la parete, come sta facendo la sua schiena a causa del bacino del maggiore ormai aderente al suo. Le erezioni si scontrano per la prima volta, generando uno scatto immediato di Yongguk verso la sua gamba, che solleva con forza per farsi strada dentro di lui. Ma non appena lo sente pulsare, il maggiore prosegue più cauto.
« Non essere delicato. » lo incita però Himchan; con quella dolcezza razionale persino sostenere i suoi baci risulta difficile.
Il bruno prova a ricevere qualche rassicurazione, ma lui neanche gli risponde. Lo bacia e basta, aggressivo, mentre gli porta una mano fra le proprie gambe. Ha già capito come gli basti vederlo preso per perdere la testa, ed infatti velocemente Yongguk lo accontenta quanto vuole. Mentre cercano di cambiare posizione nonostante il posto angusto, il ragazzo lo rimprovera persino di voltargli le spalle sul più bello. E così lo spinge nuovamente al proprio petto, sesso contro addominali e dita strette a provocarlo ancora. Vuole guardarlo in faccia mentre viene e non ha problemi a dirlo esplicitamente: lo richiede, lo pretende; e quello basta al biondo per sentirlo distaccato come prima – innocuo, come piace a lui.




Si trova un po’ ridicolo ad uscire con un preservativo nel portafogli: ormai è passato un mese dall’ultima volta in cui lui ed Himchan, ubriachi, sono andati a letto insieme; ogni volta in cui è successo però aveva con sé un profilattico, quindi lo considera ormai un portafortuna... un lasciapassare per quella pelle candida.
La accarezza con gli occhi e con i polpastrelli mentre il biondo è steso su una panchina, con le gambe perpendicolari alle sue. Legge un fumetto ed ogni tanto scoppia a ridere prima di descrivergli la scena – perché non può non condividere ogni singola esperienza col suo migliore amico. È sempre per quel motivo che passano insieme quasi ventiquattro ore su ventiquattro, e Yongguk comincia a chiedersi se allora Himchan non stia buttando soldi a non licenziare l’assistente da cui gli ha detto di tornare ogni sera – quello che si prende cura di lui, per via della malattia. Pone così la domanda, ed il tentennamento del biondo appare ai suoi occhi ingenui un fatto positivo.
« Potrei venire a vivere da te. O tu da me. » propone il bruno, e l’altro chiude rumorosamente il suo hobby. Gli dà poi un pizzico sul braccio – uno di quei tanti gesti che ormai Yongguk ha imparato a tradurre come un mini-rimprovero: se dice o fa qualche cazzata, quella è l’affettuosa punizione con cui cela ad entrambi le proprie emozioni.
« Vuoi anche cambiarmi il pannolone? » lo deride e il bruno sbuffa, ma tanto sa che se non è oggi, il ragazzo gli dirà di sì il giorno dopo; o al massimo quello ancora successivo. Ed infatti bastano meno di quarantotto ore per far sì che Yongguk si trovi nell’appartamento del ragazzo, con in spalla un borsone contenente tutti i suoi averi – o comunque quelli di prima necessità. « Brindiamo al doverti sopportare ogni giorno? ».
« Brindiamo al doverlo fare entrambi. » sorride finalmente anche il maggiore, probabilmente per i ricordi che associa all’alcool più che per l’amichevole stuzzicarsi. Al secondo bicchiere però la scena diviene persino troppo familiare, ed in quelle condizioni anche la spalla leggermente scoperta di Himchan assume un’aria sospetta. « Se hai voglia di scopare possiamo farlo da sobri, per una volta. ».
L’altro sembra quasi inorridire e diventa ancora più bianco. « Non dovresti neanche pensarla una cosa del genere. » risponde freddo, pentito delle proprie esigenze. « Vuoi rovinare tutto? ».
« Voglio smettere di bruciare neuroni solo per fare l’am- ». Si autocensura, anche se il danno ormai è fatto: Himchan assume un’espressione ancora più spaventata e affranta, ma soprattutto arrabbiata – e Yongguk non sa a chi è davvero rivolto quel sentimento, anzi. « Perdonami. È solo abitudine... sono solito chiamarlo così, il sesso. ».
« ..Lo spero. ».



Lì per lì Himchan è tentato a cacciarlo di casa, ma alla fine si decide a credergli ed in effetti i giorni seguenti non gli danno motivo di pentirsene. Forse l’altro ha più bisogno d’affetto di quanto lui ne abbia del sesso, ma alla fine si stanno davvero solo usando a vicenda. E lo fanno coscientemente, per necessità e amicizia. Ma è proprio quest’ultima il problema: tenere tanto al bruno comincia a rendergli difficile mentire ogni giorno, quando finge d’andare dal medico o d’essere passato in farmacia. Ed è proprio di ritorno da questa che il maggiore comincia a sbraitare in salone.
Yongguk adesso sa. Non molto - anzi, quasi niente -, ma comunque troppo. Ha sospetti e fruga tra cassetti e armadietti in cerca delle prove della sua colpevolezza. Sembra impazzito e lui vorrebbe davvero risparmiargli tutto quello, ma - finché l’opzione “menzogna” regge - non ha intenzione di cedere.
« Non c’è neanche una scatola, Himchan! Neanche una! » urla, dopo aver messo sottosopra l’intera casa.
« Forse non hai cercato bene. ».
« Mostramele, allora. ».
Il biondo è sicuro di vincere mentre si dirige nell’angolo più remoto della parete attrezzata – dove ricorda che il suo infermiere nascondeva tempo fa i medicinali, per essere certo di non restare senza a causa d’un eventuale furto per droga. Infatti eccoli là, e le bugie escono così fluide e leggere che ci sta per credere lui stesso. Riesce davvero ad immaginarsi prendere una di quelle pasticche, nei giorni seguenti... Ma non pensa di farlo: è stanco dei continui e inutili controlli, con conseguenti cambi di dosaggio. Dal giorno prima del matrimonio ha scelto di abbandonare tutto, di velocizzare i tempi in cambio di una vita breve ma vera; e non intende cambiare idea.
Poi però le labbra del maggiore premono improvvisamente sulle sue, riconoscenti, ed a quel contatto sente il cuore spezzarsi. Himchan realizza quanto calore quella bocca debba trasmettere anche fisicamente; ma lui non può sentirlo, lo può solo immaginare – percepire attraverso la dolcezza dei gesti, in quell’amore incondizionato a cui finalmente sta rispondendo.


Yongguk scopre che baciare Himchan significa capire quanto il sesso sia sopravvalutato. Sentire l’armonia perfetta tra le sue labbra e la sua lingua conduce in uno stato di piacere perenne, così forte da pervaderlo interamente: quel godimento ad un passo dall’orgasmo, esteso però costante all’infinito. O almeno fino a quando il biondo non si scosta faticosamente, guardandolo triste e impaurito.
« Non darmi proprio adesso un motivo per restare, ti prego. » sussurra con voce strozzata.
Il maggiore inizialmente non capisce. Anzi, vedere Himchan riprendere le cure - senza mai andare dal medico - lo convince che stia parzialmente guarendo; poi però il tempo passa e la quantità delle medicine si riduce senza che lui riesca a scorgere miglioramenti nell’amico. Si rende quindi conto che Himchan in passato gli ha mentito per il suo bene, come ha fatto lui quando ha nascosto i propri sentimenti. Lo hanno fatto per lo stesso motivo: per non rinunciare drasticamente l’uno all’altro, per non ritrovarsi costretti a cacciarlo di casa...
È stato egoista, Himchan. L’ha tenuto con sé per quello, e nonostante sperasse di coinvolgerlo il meno possibile non ha fatto realmente nulla per riuscirci. Il fatto che ora sia sceso spontaneamente a compromessi per lui non alleggerisce il prezzo che Yongguk deve pagare a causa sua... Ma il bruno lo ha accettato.
Non credeva che sarebbe stato così facile - ed in effetti non lo è stato per niente -, ma recitano tanto da farlo sembrare tale: il biondo gli sorride ogni giorno più debole e lui lo vede luminoso come sempre, perché gli hanno insegnato che l’amore con la "A maiuscola" implica lasciare libero chi si ama – e lui lo sta facendo: si limita a stringerlo a sé quando lo sente tossire, utilizzando la scusa del freddo; lo tiene appiccicato al suo petto anche quando fuori fanno trenta gradi, ed Himchan fa finta di non accorgersene perché in fondo lo sa che anche a lui fa piacere sentirlo così vicino. Yongguk invece non può fingere di non vedere il sangue che l’altro ha vomitato quella mattina, o di non essersi accorto del suo organismo che sta collassando...
« In futuro potresti pentirti di questa scelta. » gli dice allora dal nulla, ma l’altro sa esattamente a cosa si riferisca. Del resto anche lui ne soffre, anche lui ha paura... Ha imparato a convivere con la cosa da anni, ma questo non lo rende più preparato alla morte.
« In futuro? » scoppia a ridere il biondo, con un tono talmente amaro e ironico da risultare forzato. « Non c’è un futuro. So che alcuni ce la fanno, ma non è questo il caso: le mie condizioni non fanno che peggiorare. ».
« Tu non morirai. » risponde Yongguk, deciso. Ha però un nodo in gola, incapace di nascondersi come stanno realmente le cose... Himchan infatti è sempre più pallido, e quando il maggiore gli sfiora una guancia la scopre rovente.
« Ok. » mente a tutti e due, posandogli un casto bacio sulle labbra. Lo prega poi di continuare, immergendo le dita tra i suoi capelli, spingendolo verso il letto; e Yongguk si accorge immediatamente dell’eccitazione fuori luogo che la richiesta del ragazzo gli ha suscitato. Ma l’altro non si scompone – anzi, i polpastrelli del minore gli percorrono lentamente le ossa del bacino verso l’interno, osservando la pelle d’oca che le insegue.
« Non ha senso se tu non hai voglia. ». Sa le controindicazioni dei farmaci e non ha potuto fare a meno di notare l’assenza di reazioni tra le gambe del biondo. Himchan però gli passa le cosce attorno ai fianchi, e posa nuovamente la bocca sulla sua.
« Ho voglia di sentirti. ».
Ancora una volta Yongguk non riesce a leggere quegli occhi penetranti e così li segue senza esitare, non realizzando che il ragazzo gli ha appena chiesto l’unica cosa che vuole scoprire prima di morire. Comincia quindi ad affondare tra la sua carne col corpo e le dita, trovando tutto quello diverso dal solito senza realmente riconoscerne il perché. Poi però Himchan è seduto sul suo sesso, lui si solleva per baciarlo, il ritmo rallenta istintivamente e l’erotismo si fonde in un abbraccio, che fa uscire un sospiro quasi singhiozzato nel più giovane; un gemito che gli impedisce di parlare, che lo porta a stringere tra i polpastrelli la pelle del bruno...
E da quel gesto finalmente capisce: stanno facendo l’amore.


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Capitolo 4
*** DaeJae ***


Paradosso
 
 


 
Quando gli hanno detto che Yoo Youngjae è su una sedia a rotelle, Daehyun ha automaticamente pensato si trattasse di un vecchietto impacciato; invece davanti a lui si trova un ragazzo vivace - forse anche troppo - che gli sorride dal basso. Si sente strano a troneggiare così su un coetaneo, ma bastano poche parole per capire chi è davvero tra i due ad avere il comando.
« Tu devi essere Jung Daehyun. » comincia infatti il moro. « Mi hanno detto che sei un novellino, in questo mestiere. ».
« Sì. Grazie della fiducia. ».
« Non mi fido. » lo gela immediatamente. « Ho solo pensato che fosse meglio non dare un imbranato a qualcuno più bisognoso di me. ». Il ragazzo ride per alleggerire il tono, ma questo non nasconde che sia serio; tutt’altro. « Toglimi una curiosità: come c’è finito un poco più che ventenne a farmi da badante? ».
« E come c’è finito su una sedia a rotelle? » reagisce alla provocazione, mentre entrambi ghignano di sfida. « Fammi indovinare: sei stato indiscreto con le persone sbagliate. ».
« Molto spiritoso, Jung. La prossima volta che ti affidano qualcuno ricordati di leggerne la scheda. ».



Ha passato il test, Daehyun: l’ha trattato come avrebbe fatto con qualunque stronzetto irritante, non come un malato per cui provare pena. Adesso però Youngjae si deve impegnare a spezzare la barriera della prima impressione, se vuole che il suo rapporto col ragazzo somigli a quello perfetto che aveva con la donna che lo seguiva prima di lui – quella che l’ha momentaneamente abbandonato a causa della maternità, e che lui stesso vedeva come una seconda mamma.
Ad ogni modo, rimediare col biondo si rivela piuttosto facile: le provocazioni del primo giorno si confondono con lo scherzoso punzecchiarsi divenuto parte della loro routine, insieme alle uscite al parco, ai film in tv, ai pranzi abbondanti... Sono entrati talmente in confidenza che Daehyun lo ha persino invitato ad una festa - quella sera -, dicendo convinto che i suoi amici sono simpatici, che lo tratteranno benissimo.
« Sarei un imbucato. » ribatte lui, incerto.
« Ma figurati! Basta che fai il muso da cucciolo, poi io dico “Era tutto solo, non ho resistito... Possiamo tenerlo?” e il gioco è fatto. ». Il minore scoppia a ridere.
« Grazie, Dae, davvero... ma sarei a disagio, è meglio che vai da solo. Però magari torna per darmi una mano col pigiama. ».
Il biondo gli sorride, con quella singolare tenerezza che parte dalle labbra per estendersi poi fino agli occhi: senza che parli, è sufficiente quello per capire che lo farà.




« Sono tornato, bimbo. Pronto per il pigiamino? » dice Daehyun, aprendo la porta di casa. Si è preparato quell’entrata già da qualche minuto, convinto che fare il simpatico sia il modo migliore per scusare le due ore di lavoro saltate. Youngjae però non risponde a quella frase, e neanche alle successive. Resta in silenzio persino quando lui lo raggiunge nella sua stanza, pronunciando il suo nome. « Youngjae. » ripete, sfiorandogli una spalla; il ragazzo sussulta. « Perché non mi rispondi? ». Tenta nuovamente a posare una mano sulla pelle lattea, che però si irrigidisce e scansa un’altra volta. « Dimmi cosa è successo. ».
« Sei il mio assistente, Daehyun, non il mio confidente. » replica dunque, atono.
« Assistere significa aiutare: se non mi fai sapere cos’hai mi è difficile. ». Mette due dita sul dorso del moro, alle quali aggiunge lentamente le altre e l’intero palmo – senza che stavolta quello si ritragga. Continua però a non parlare. « Jae, guardami almeno. ». Ne solleva il mento rigato da lacrime ormai secche, incrocia quegli occhi tristi e vede il taglio sullo zigomo sinistro, che ha lasciato una macchia rossa sopra il cuscino: « Oddio, Youngjae... Che hai fatto? ».
« ..volevo leggere un libro, ma non ci arrivavo. » confessa finalmente, imbarazzato. « Per tirarlo giù è caduta altra roba, così... Mi sono spaventato un sacco, Dae. E insultato mentalmente fino ad ora. » sorride amaro, mentre lui protettivo si stende istintivamente al suo fianco.
« Non devi fare certe cose da solo. ».
« Lo so. Scusami. ».
« E non devi neanche chiedermi scusa, idiota. » lo avvicina ulteriormente a sé, ma quello riprende a piangere infantile. « Shh, shh, va tutto bene. » comincia quasi a cullarlo. Lo accarezza, gli bacia i capelli, gli canta una ninna-nanna... e tutto ciò li fa sentire estremamente in pace.


Un tuono improvviso lo sveglia di soprassalto, e tuttavia Daehyun continua a riposare tranquillo al suo fianco, apparendo bello come Youngjae non l’ha mai visto: la pelle insolitamente chiara a causa della luna, le labbra rosse e semiaperte rivolte al soffitto.
Allunga un braccio, sfiora quell’attraente carnosità con il polpastrello dell’indice e la tocca in delicati frammenti di secondo - come se giocasse sulla fiamma d’una candela -, fino a che il maggiore non si gira verso di lui, arricciando il naso. Per un momento teme che si sia svegliato davvero, ma il respiro pesante gli permette presto di capire che il ragazzo è ancora nel mondo dei sogni – visto quanto ora le loro labbra rischiano di sfiorarsi, non può far altro che augurarsi lo rimanga a lungo. Si avvicina infatti a quella bocca indifferente, l’accarezza appena con le labbra e vi preme leggermente la propria in un intenso e fugace contatto, ma così teso da stringergli lo stomaco, da renderlo ancora più irrazionale; eccitato. Spinge allora nuovamente sulle labbra del ragazzo, questa volta con un sospiro profondo quanto il bacio a cui dà adito - in parte desideroso di vederlo rispondere, in parte terrorizzato all’idea d’una sua qualunque reazione -, mentre l’assenza d’un riscontro lo spinge ad aderire sempre di più al corpo di fronte al suo: gli afferra una mano avvicinandola a sé, prima di intrecciare le dita d’entrambi per inserirle dentro le mutande, attorno al membro su cui le guida nei movimenti.
La lingua di Daehyun spinge a sorpresa sulla sua umida, calda, morbida... così diversa dalla mano ansiosa e gelata di Youngjae, che comincia a percorrere il corpo dell’altro, a scovarne l’eccitazione indurita. E finalmente anche il respiro del biondo cambia, mutando lui stesso: quasi violento passa una mano sul volto del più piccolo, mentre col bacino preme ulteriormente contro il suo palmo. Youngjae allora fa scivolare l’altra mano dal proprio sesso alla zip di Daehyun, per aiutare le dita frenetiche con cui - fallendo - aveva tentato d’aprirla. Ora che i suoi movimenti non lo controllano più, però, il maggiore sembra realizzare finalmente cosa sta succedendo; e così si bloccano entrambi, guardandosi immobili, divorandosi l’un l’altro... Il membro del ragazzo appena scoperto, solo per farli stare peggio.
« Devo andare. ».
« ..Lo so. » risponde piano, mentre Daehyun continua a tenere gli occhi nei suoi, come se fosse incapace di compiere qualunque altra azione. Youngjae è quasi stupito persino da che abbia parlato, così ci pensa lui a tirare nuovamente su l’elastico dei boxer, a riallacciargli i pantaloni... Fa finta di non notare il sospiro rauco che ha raggiunto lo stomaco dell’altro, ma quello si avventa nuovamente sulle sue labbra.
« Al diavolo. » freme, cominciando a mordergli la mandibola, a leccargli il collo. Afferra le sue cosce e le porta ai fianchi, premendo tra i suoi glutei talmente affondo che Youngjae per un momento quasi crede che siano già nudi.
« Spogliami. » richiede, e comincia ad assaggiare il petto dell’altro. Daehyun sale sopra di lui, con l’erotismo che sembra finalmente illuminargli il volto assonnato; sfila in un colpo la maglietta del minore, assapora la sua pelle e gli solleva il bacino, liberandolo dai vestiti scomodi mentre Youngjae si sporge quanto può, pur di baciarlo nuovamente. « Prendimi adesso. » gli mormora sulle labbra, ed ormai nudo provoca col corpo il sesso del maggiore, che sente pulsare sotto la stoffa sottile.
« No. » risponde quello in un improvviso sussurro, allontanandosi con uno scatto dal tocco caldo che ha sfiorato i suoi addominali, attraverso la camicia. « Devo andare davvero. ».



« Non te ne sei andato. » osserva il moro di prima mattina, quando entra nel salone e vi trova Daehyun, rannicchiato in un angolo del divano a causa del diluvio che l’ha bloccato lì.
« Facciamo che sono appena arrivato. In anticipo, per recuperare le due ore di ieri. ».
« Non dovremmo parlarne prima di fingere che non sia mai successo? ».
Il biondo si morde un labbro: « Tu vuoi farlo? ».
« Sì. ».
« Ok... Perché mi hai baciato? ».
« Tu perché hai risposto? ».
« ..Ero intontito, credo. Non capiterà ancora. » mente a metà, facilitato dagli occhi bassi dell’altro. « Perché mi hai baciato? » insiste.
« Ho ceduto. Nonostante quello che dicessero tutti - persino gli amici dei miei genitori -, ero certo che avrei trovato qualcuno... Invece sono solo, ed avendoti accanto non sono riuscito a resistere: era la prima volta che mi capitava un’occasione del genere. Mi dispiace, scusami. ». Youngjae continua ad incollare gli occhi alle mattonelle fredde – mortificato, rosso di vergogna.
« Ti ho già detto che non devi scusarti con me. » tenta di rassicurarlo, nervoso. « ..che cosa dicevano gli amici dei tuoi? ».
L’altro permette finalmente a Daehyun di incontrare il suo sguardo, appena lucido: « Che spreco. » mormora. « Che spreco che un ragazzo così carino sia costretto su una sedia a rotelle. ».
« Che spreco che dei genitori così meravigliosi abbiano amici tanto aridi. » ribatte lui, duro.
« Chi ti dice che sono meravigliosi? ».
« Ho conosciuto il figlio. ». E Youngjae sorride, mentre le lacrime cominciano definitivamente a invadergli le ciglia. « Adesso però non innamorarti di me, eh. ».
« Perché no? » domanda serio il moro, spaventandolo.
« Perché non devi permettere a nessuno di ferirti; neanche a me. ».




Spesso lui e Daehyun sembrano la coppia perfetta: si adorano, c’è intesa, attrazione fisica... Dopo ogni scherzosa provocazione a parole si guardano persino come se volessero vendicarsi l’un l’altro con del sesso violento, con dei giochetti da far girare la testa; ma alla fine nessuno dei due muove un dito. Vanno avanti così da tre settimane, e Youngjae si libera quasi ogni sera sotto le coperte frustrate, chiedendosi se l’amico faccia lo stesso o se - giustamente - dopo il lavoro vada a divertirsi con compagnie più gradite della propria mano destra. Di una cosa è certo, però: in qualche modo deve fare, perché se entrambi non scaricassero altrove la tensione che c’è fra loro, nelle settimane passate l’avrebbero fatto già almeno otto volte – in quelle occasioni perfette che si sono create, a cui hanno faticosamente resistito e che il suo cervello insiste a propinargli ogni notte.
« Youngjaeee. » la voce di Daehyun interrompe sul più bello uno di quei sogni, che lui tenta di continuare in semi-veglia, vanamente. « Alzati, pigrone! Oggi hai la tua prima seduta. ».
« Non mi va. Stavo dormendo così bene, Dae... Lasciami stare. » stringe le labbra come un bambino, e l’altro non si fa sfuggire l’occasione per pizzicargli una guancia.
« Eddai, piccolino. Non vorrai che le tue gambe restino due rigidi tronchetti. ».
« Se posticipiamo non succede niente. » borbotta ancora sul cuscino, lagnoso.
« Basta con questi capricci, Jae: adesso ti vesto e andiamo. Che cavolo di sogno stavi facendo che ti ha reso così rompicoglioni? ».
Il tono sembra retorico, ma stavolta è lui a voler cogliere la palla al balzo. « Te lo racconto? » domanda, assecondando il maggiore che gli sfila il sopra del pigiama.
« Se riesci. » lo sfotte, a causa della voce intorpidita; non sa che è solo grazie alla sonnolenza se si azzarda ad essere così disinibito, se dimentica così facilmente la razionalità.
« Camminavo in un negozio di scacciaspiriti, ubriaco. Decine e decine di questi magici oggetti pendevano dal soffitto, riverberando la luce ed emettendo acute melodie che i miei occhi e le mie orecchie - aiutati dall’alcool - percepivano come se fossi in Paradiso. E poi, riflessa in una cascata di rombi metallici, vedo voltarsi la schiena priva d’ali di un “angelo”; non ti riconosco finché l’immagine del tuo volto non raggiunge le dimensioni del mio, finché le tue dita non mi toccano i fianchi. A quel punto ti stringo le mani, le passo davanti al mio ventre per farti aderire col petto alle mie scapole ed una folata di vento fa impazzire gli scacciaspiriti come il tuo bacino, che sento spingere appena. A quel punto sfiori col respiro il mio orecchio ».
« Finiscila. ».
« e mi sussurri un “non qui” raschiato. » conclude, bloccandosi non appena sente la quasi contemporanea richiesta del ragazzo. « ..ti stai eccitando? ». Daehyun non risponde - intimidito da quello sguardo intenso -, ma qualcos’altro parla forte e chiaro sotto i pantaloni che il moro sta cominciando a slacciare. « Se vuoi ti faccio vedere come finisce. ».


L’ha girato di scatto e gli ha spinto la schiena verso il materasso, finché il petto non ha toccato le coperte tra le gambe piegate, pallide come i fianchi su cui ha ancorato saldamente le dita. Senza mai abbandonarli è affondato nel bacino di Youngjae – il quale è stato costretto a toccarsi da solo, a sforzarsi di capire il suo ritmo per venire insieme a lui. E quando stava per farlo, Daehyun gli ha afferrato il mento con due dita per obbligarlo a girare il volto, per morderne la mandibola e ammirarne le labbra ansimare infuocate.
Ora invece il ragazzo è immobile sotto di lui, abbandonato su quel letto da cui ha smesso di tenerlo sollevato. Se l’è scopato senza sfiorarlo, senza baciarlo... e anche adesso lo tratta come un oggetto, a cui è già tanto che passi un fazzoletto per ripulirsi.
« Ti sei pentito. » osserva il minore, spostandosi faticosamente per cercare di guardarlo in faccia. Daehyun si convince finalmente ad aiutarlo, mentre nega. « Allora perché sei così freddo? ».
« Non voglio darti un’impressione sbagliata, Youngjae: io non cerco una relazione. ».
« E infatti non te la sto chiedendo. ».
« Credevo di sì. » ammette. « Non sembrava dispiacerti l’idea di provare qualcosa per me. ».
« Solo perché vorrei sapere cosa significa essere innamorati... Questo non implica il volere una storia. E comunque puoi stare tranquillo: suonerà superficiale, ma non sei proprio il mio tipo; e poi ti manca molto di quel che vorrei in un partner, quindi non mi faccio certo ingannare da sesso e amicizia. ».
« ..Che mi mancherebbe, scusa?! ».
Youngjae scoppia a ridere, probabilmente notando il suo tono offeso. « Ma non lo so, è una sensazione. Queste cose non si possono spiegare. ».
« ..sei tutto strano, tu. ».
« Lo so, non mi capisco neanch’io: ti dico solo quello che penso. Ma adesso che abbiamo messo in chiaro ogni cosa... » comincia con voce allusiva, allungando le mani per avvicinarlo nuovamente al letto.
« Jae, non è professionale. » afferma il maggiore, finendo di rivestire l’altro. Gli allaccia la cinta, mentre quello fa scorrere un braccio e la testa nel maglione grigio, da cui sbuca sorridente.
« Ha importanza? ». No, però lui non riesce a trovare un’altra scusa plausibile. La verità è che non è abituato a fare sesso più volte con la stessa persona, e ancora meno a farlo con qualcuno a cui tiene; teme che ciò possa implicare l’accendere dei sentimenti da cui è sempre scappato, e dai quali intende continuare a fuggire. « No, vero? » sussurra più provocante sul suo collo.
« Giochi sporco. » lamenta Daehyun, a causa dei baci con cui il ragazzo comincia ad invadergli il corpo: morbidi, appena umidi, sexy... di quelli che glielo fanno venire subito duro. « Fermati. ».
« Dae, io non cammino. Se davvero non vuoi, puoi sempre scansarti. ».
« ..non ci riesco. ».



Alcuni lo chiamano amore platonico, altri semplicemente amicizia, ma quando i soggetti in questione rischiano continuamente di saltarsi addosso da un momento all’altro, trovare un appellativo adatto risulta ancora più complicato. Tuttavia per Youngjae non ha importanza: dare un nome a quello che c’è tra lui e Daehyun gli sembra inutile quanto il “solo per questa volta” che esce tra le labbra incerte del ragazzo – le quali gli stanno facendo perdere velocemente la concezione di sé. Percepisce solo il sangue premere fra le cosce e la propria voce richiedere incontrollata di sedere sopra i fianchi del biondo.
« Voglio che questo sia l’ultimo aiuto che mi dai. » aggiunge - seducente - mentre sfila la cinta che lega ai polsi dell’altro, riversati contro la spalliera; il più grande sospira eccitato e lui prende a baciarlo con veemenza, senza smettere neanche per un istante di premere contro il suo sesso – di spingere il bacino avanti e indietro.
« Mmh- » gli freme tra le labbra Daehyun, col ventre in fiamme quanto la bocca; e Youngjae dà un ennesimo colpo secco di glutei, a cui quello risponde afferrandogli un capezzolo attraverso la stoffa.
Il minore sorride e solleva una gamba dell’altro, in modo da scontrarsi perfettamente con la sua eccitazione: sente le due erezioni premere fra loro, così vicine ed al contempo troppo lontane. Quei jeans cominciano a torturare il biondo più del continuo strusciare del ragazzo – il quale ha già ripreso a rincorrergli la lingua, smanioso.
« Ahh-aspetta. » geme ad un tratto, incontrando subito gli occhi erotici di Youngjae.
« Cosa c’è? » affanna lui, mentre lo sente pulsare imperterrito tra le sue gambe.
« R-rallenta o vengo nei pantaloni. ».
Il moro lo guarda provocante: « E dove preferiresti venire? ».
« ..tra le tue labbra. ».
Youngjae lo vede arrossire, mentre lui è tutt’altro che imbarazzato. Anzi, sogghigna e comincia a scendere con fatica lungo quegli addominali impazienti, dopo averne baciato il petto agitato. « E dove vuoi che venga io? » gli mormora contro l’ombelico, prima d’aprire coi denti la zip.
Il suono prodotto dalla lampo fa deglutire Daehyun, pregustando già il resto: « Dentro di me. ».



Forse se lo sarebbe dovuto aspettare, ma risvegliarsi senza il moro al suo fianco lo infastidisce più di quanto la logica possa giustificare; e questo lo porta a desiderare di stare ulteriormente solo. Il cigolare del letto rivela però che non sta più dormendo, finendo così per essere accompagnato dal rumore di ruote: Youngjae lo raggiunge nella stanza, massaggiandogli le spalle nude che lui - stiracchiandosi sul bordo del letto - sta sfruttando per non guardarlo, contrariato.
« Ti è piaciuto? ». Le labbra inesperte del ragazzo articolano improvvisamente quella domanda scomoda sulla sua schiena, provocandogli un brivido.
« L’ultima parte non troppo. » risponde piatto, ma sente l’altro ghignargli appena contro la pelle.
« Strano, da come gridavi avrei detto il contrario. ».
« ..mi riferivo alla tua fuga. ».
« Dormivi e me ne sono andato, tutto qui. Volevi che restassimo abbracciati in stile coppietta? » lo deride, e Daehyun sente il sangue andargli al cervello.
« Di solito sono io a dileguarmi... Non c’ero abituato, mi ha fatto sentire usato. ».
« Vorrà dire che la prossima volta ce ne ricorderemo entrambi. ». Il ragazzo coglie il riferimento al trattamento che aveva riservato a Youngjae dopo la loro prima volta, ma i sensi di colpa non lo distolgono certo dall’affermazione errata che quello ha pronunciato.
« Ho detto che non ci sarà una prossima volta. ».
« Ma sappiamo entrambi che dopo un paio di bacetti sul collo cambi idea. ».
Scatta in piedi, lontano da quel letto che odora di loro e da quelle braccia che gli stringono innocenti la vita, con un velo di malizia che ritrova poi anche negli occhi del proprietario; questa però sparisce immediatamente, lasciando spazio ad un’espressione confusa.
« Sei stato solo fortunato. Pensi che se mi venisse nuovamente voglia di scopare mi prenderei ancora un handicappato? ».
Il moro non ragiona più e si sporge dalla carrozzina per colpirlo, facendo leva su quelle gambe che ovviamente non riescono a sostenerlo. E cade in terra – soccorso solo all’ultimo dalle braccia automatiche di Daehyun, che l’hanno afferrato come meglio potevano; il ragazzo guarda la testa del minore china verso il pavimento: è chiaro che non voglia incrociare i suoi occhi compassionevoli, ma lui tenta ugualmente di sollevarlo e riportarlo a sedere.
« Lasciami. » gli ordina Youngjae - prevedibile -, e continua a ripeterlo con voce via via sempre più strozzata. Il biondo non può che ubbidire: lo abbandona delicatamente sul parquet ed esegue anche la richiesta successiva, varcando la soglia dell’appartamento – accasciandosi poi distrutto nel pianerottolo.


Non sa cosa abbia convinto Youngjae a perdonarlo, ma è lampante che l’accaduto abbia incrinato il loro rapporto. Nei giorni seguenti il moro è sempre distante, spento, acido... Ricorda un po’ il ragazzo che ha conosciuto il suo primo giorno lì, ma privo di quello stimolante cervello che glielo ha fatto entrare nel cuore quanto nei pantaloni.
Sente la mancanza “del vecchio Jae”, ma quando un giorno lo rivede apparire in braccio ad un giovane alto e carino, capisce ad un tratto di non averne più troppa nostalgia.
« Dae! » esclama guardando nuovamente allegro anche lui, tanto che per un momento il biondo quasi dimentica d’essere agitato. « Questo è Junhong, un mio caro amico. ».
« Sì, piacere. » s’inchina poco convinto, ricevendo solo un cenno della testa in risposta – dato che il nuovo arrivato non sembra intenzionato a mollare Youngjae.
« Stringi più forte, Zelo. Non vorrai mica che ti casco! » scherza quest’ultimo, accendendolo di rabbia.
« Ma che dici, ti tengo benissimo. ».
« Pff, per favore. Hai sempre faticato a portarmi persino dalla cucina alla camera da letto! ».
« Solo perché lì ti ingozzavi come un maiale. » sfotte il più piccolo, sorridendo al ragazzo che gli si pressa ulteriormente al petto, dando vita ad una scenetta che Daehyun si sarebbe volentieri risparmiato.
« Senti, Junhong. » interviene allora. « Non devi andare a scuola? Mi sembri piccolino. ».
« Sono all’ultimo anno. Le lezioni iniziano tra un’ora. ».
« Ecco, l’ultimo anno. Non puoi permetterti di fare tardi. » osserva, costringendo Zelo a poggiare l’amico sul mobile dell’ingresso, come un peluche. « Ciao ciao! ».
Youngjae lo guarda disorientato spingere Junhong e chiudere rumorosamente la porta: « Ehi, quanta fre- ». Daehyun non gli permette neanche di finire la frase; si impossessa di quelle labbra derisorie come se non le toccasse da mesi, e con le mani ghiacchiate si infila sotto la maglietta calda, premendo sulla pelle che rovente sussulta appena al tocco.
« Dimmi che sei solo mio. » sussurra, staccandosi vulnerabile dall’altro.
« ..Cosa? ».
« Dimmelo. ».
« Ma che ti prende? ». Il moro lo guarda leggermente spaventato, e quegli occhi per lui sono come un pugno in faccia.
« Tu mi fai odiare me stesso, Youngjae. Mi fai essere tutto quel che non vorrei essere, mi porti a fare scenate di cui mi vergogno. » confessa umiliato, generando un silenzio che lo fa sentire ancora peggio. « Dimmi che sei mio, che mi sto rendendo ridicolo per qualcuno che è ridicolo quanto me. ».
Si aspetta che il minore adesso lo cacci, ma non accade; anzi, incrocia gli occhi di Daehyun e ne percorre con le dita la mandibola, risalendo fino all’orecchio e ai capelli, che stringe appena per avvicinare il viso al suo. E continuano a baciarsi finché le labbra non diventano scarlatte, finché l’intrecciarsi delle lingue non risulta automatico quanto respirare... Eppure, quel contatto blocca facilmente lo stomaco e i polmoni di entrambi.
« Avrei dato di matto anch’io. » conferma ad un tratto il moro. « Se ti avessi trovato con un altro, sarei stato geloso. ».
« E quindi? » lo incalza, come volesse strappargli quella confessione che in realtà non vorrebbe mai sentire.
« Non lo so... Mi fa così strano pensare ad una relazione con te, e invece se ti sapessi felice con qualcuno ne sarei davvero contento. Però se ti vedessi con lui... Non ha senso, ma- ».
« Dici solo quello che pensi. » conclude al suo posto.
« Sì. Non so spiegarlo, ma è come se per me tu fossi diviso in due parti con le quali mi rapporto diversamente: una quando parliamo e l’altra quando... scopiamo. ». Arrossiscono entrambi. « Probabilmente sono anche due aspetti diversi di me, e non riesco a far coincidere tutto questo. Ma tanto non lo vorresti neanche tu, giusto? ».
« Giusto. » afferma, accarezzando il volto dell’altro e posandovi un bacio in fronte. « Però io non sono come te, Jae: le esperienze che ho avuto mi hanno impedito di ragionare e fantasticare per vent’anni sul mio ideale di ragazzo. Sono una persona molto meno riflessiva e più a contatto con la realtà; una persona che ha davanti qualcuno con cui si trova meravigliosamente a livello sia caratteriale che sessuale e... ho paura. Ho paura che amicizia e attrazione fisica possano bastare per farmi innamorare di te, per farmi fare la figura del cretino. ».
Youngjae gli sorride appena, ma quella risata trattenuta è solo un accompagnamento dolce all’inumidirsi degli occhi. « Vuoi licenziarti, non è vero? ».




È stato da solo per circa due settimane: dopo Daehyun non ha avuto assolutamente voglia di richiedere un altro assistente, e se tra qualche ora avrà nuovamente un aiuto è solo perché la sua vecchia badante è uscita finalmente dal periodo di maternità – pronta quindi a tornare da lui, quel pomeriggio. A sorpresa però il campanello suona prima del previsto, e Youngjae fa pressione con le mani sulle ruote per raggiungere la porta d’ingresso; è impresentabile, ma la cosa non sembra toccarlo neanche quando si trova il biondo alla soglia.
« Volevo controllare in che stato eri, per non far girare brutte voci sul mio conto. » spiega quello, con un sorriso forzato che non gli si addice per niente. « Fai abbastanza schifo: ho fatto bene a passare. »; critica il fatto che non si lavi da tredici giorni, proprio come il non aver aperto neanche mezza finestra in quel dannatissimo appartamento – che ha girato con indosso sempre lo stesso lercio pigiama. « Facciamo un bagno, eh? » propone, spalancando tutti i vetri possibili.
Il moro lo vede tornare nella sua direzione, per guidarne la carrozzina fino alla vasca. « No. » risponde secco, un attimo prima di mettere il blocco alle ruote.
« Non complicare le cose, Jae; ti prego. » lo supplica, ma lui non si smuove – o almeno finché il ragazzo non lo prende in braccio; a quel punto infatti ricopre di pugni i pettorali dell’altro, nella speranza d’essere lasciato in pace. Ovviamente non funziona: Daehyun lo porta a lavarsi e lo spoglia mentre l’acqua comincia a scorrere e salire, calda; Youngjae la osserva contrariato – principalmente per non incontrare gli occhi del biondo, ai quali però si rivolge spazientito non appena delle mani cominciano a strofinargli brutalmente una spugna sulla schiena.
« Fa’ piano, Dae! Vuoi staccarmi la pelle?! » grida, e quello lo guarda impassibile.
« Non voglio rischiare che la tua badante arrivi senza che io ti abbia pulito del tutto. ».
« Sono sicuro che c’è ancora un po’ di tempo. ». Il maggiore non sembra ascoltarlo: prende nuovamente a frizionare col sapone, che rivela il rossore solamente quando l’acqua lo fa scivolare via; ed a quel punto Daehyun sembra finalmente capire d’aver esagerato, dato che la sua espressione lascia ormai trapelare le emozioni che prima tentava di reprimere. « Ti sono mancato? » domanda allora il più piccolo, approfittando di quella momentanea debolezza per ricevere la risposta che desidera da quando si è trovato il ragazzo nuovamente in casa.
« Sei stronzo a chiederlo. » mormora l’altro.
« Dimmi perché sei tornato. ».
« Per lavoro... Se l’agenzia scopre come hai passato gli ultimi giorni, col cavolo che mi danno nuovamente un posto. Non fosse per i soldi avrei continuato ad evitarti. ».
Daehyun sfrutta l’essere passato a lavargli le gambe per non ricambiare il suo sguardo: questa volta strofina delicatamente, nonostante sappia che lì la sensibilità del moro sia notevolmente inferiore... Vederlo così triste - tuttavia - gli fa molto più male.
« Mi dispiace di averti messo in questa situazione. » dice sincero, piegandosi leggermente in avanti per accarezzare il volto del maggiore e bloccarne i movimenti; gli occhi già umidi del biondo si chiudono subito dopo, mentre si gira appena verso la sua mano.
« Mi ci metto da solo. ».
Youngjae sente le labbra del ragazzo sul palmo, e poi la bocca che lo risale fino ad inumidire le punte delle dita – incapace di resistere alla dolcezza con cui lo stanno sfiorando. Infine posa la spugna, lo tira fuori dalla vasca e lui gli si avvicina all’orecchio, mordendo per un istante il lobo di Daehyun mentre gli percorre il busto coi polpastrelli.
« Tra quanto devi andare? » sussurra eccitato.
« Tra poco... Rispetto a quanto vorrei stare con te è sicuramente troppo poco. ».
« Se vuoi posso farti venire velocemente. ». La voce erotica, le dita che vanno a slacciare un bottone dei jeans e il palmo che accoglie la punta gonfia, accompagnandone il sesso fuori dai boxer. « Non vuoi? » continua provocante, insoddisfatto dal mero deglutire del ragazzo.
« È solo per questa volta, Jae. » ripete nuovamente quella frase, che suona ormai come l’ultima sigaretta di Zeno Cosini. Il moro sorride, e con le labbra tese accarezza quelle piene dell’altro.
« Solo per questa volta. ».

 

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