Songs and Fairy Tales

di Stephanie86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Songs and Fairy Tales ***
Capitolo 2: *** Songs and Fairy Tales (2) ***
Capitolo 3: *** Songs and Fairy Tales (3) ***



Capitolo 1
*** Songs and Fairy Tales ***


“Songs and Fairy Tales”

 

 

 
“Accendi il tuo MP3, mettilo in modalità casuale e fai partire tutte le canzoni che ci sono”.

“Scrivi qualcosa che si ispiri a questa canzone, anche rischiando di rendere i personaggi OOC”.

 

_____________________________

 

 

 “I see the bad moon arising
I see trouble on the way
I see earthquakes and lightnin’
I see bad times today”

[Bad Moon Rising – Mourning Ritual]

 
Non aveva idea di dove si trovasse, né tantomeno perché l’anfora si fosse riaperta, liberandola.

Nei primi minuti la sua mente annaspò nella confusione. Capì di essere ben lontana da Arendelle. Ben lontana da sua sorella.

Anna!

Già, Anna. Kristoff. Il matrimonio.

Elsa vide che il cielo sopra di lei era scuro, punteggiato di stelle. La luna piena pareva osservarla. Ma era un cielo stranamente pesante. Alieno. Come se non appartenesse affatto al suo mondo.

I ricordi si sovrapposero. Si ingarbugliarono. La sua testa si schiarì in un lampo.

Tremotino...

Un’ondata di rabbia l’assalì, facendole perdere il controllo e due fasci di ghiaccio esplosero dalle sue dita, congelando il tronco di un albero.

Dove sei, Tremotino? Dov’è mia sorella? Cos’è questo luogo?

Che cos’hai fatto?

Era sola. Elsa era sola e non poté fare altro che cominciare a camminare. Camminare per dirigersi da qualche parte. Prima o poi avrebbe compreso in che razza di posto fosse capitata.

Ti troverò, Tremotino. Ovunque tu sia, ti troverò.

Aveva freddo, Elsa.

Aveva freddo dentro.

 
***

 
[Rising Sun, Pirate Fantasy Music  - BrunuhVille]

 
Vi fu un tonfo sordo quando la Jolly Roger e la nave mercantile entrarono in collisione.

Il silenzio che aveva invaso il ponte della nave pirata si ruppe, riempiendosi delle urla di uomini agguerriti, che avevano iniziato a lanciare i grappini per agganciare il veliero. Lame di spade e sciabole fecero la loro comparsa, scintillando sotto i raggi del sole.

- Forza con quelle assi! – gridò Uncino, scendendo la scaletta che conduceva sul ponte, dopo aver mollato il timone al nostromo.

Assi di legno con dei ganci alle estremità facilitarono l’attraversamento. Dagli alberi nei quali erano state ammainate le vele alcuni pirati si lanciarono gridando sull’altra nave, con i coltelli stretti tra i denti.

Seguirono imprecazioni, cozzare di lame, lamenti di dolore. Gli uomini di Uncino erano certamente più bravi con le armi dei marinai del vascello, che presto si arresero.

Uncino incalzò il capitano del mercantile, puntandogli la spada contro il ventre. – Suvvia, non fate quella faccia! Siamo qui per darvi una mano. Vi alleggeriamo del carico, così navigherete meglio. Siete fortunato che non abbia ordinato di dar fuoco a questa bagnarola.

Dalle sue spalle arrivò un suono cupo e carnoso, seguito dal tonfo sordo di qualcosa che cadeva. Uncino si girò e vide Milah che sfilava la lama insanguinata della sciabola dal corpo di un uomo, che aveva cercato di assalirlo alle spalle e che stringeva ancora una piccola ascia.

- Mi sembrava di averti consigliato di rimanere a bordo della Jolly Roger – disse Uncino, sorridendo alla sua donna.

- Consigliato, appunto. Non era un buon consiglio, tesoro. – rispose Milah. – Davvero pretendevi che mi perdessi tutto il divertimento?

Uncino lasciò il capitano nelle mani dei suoi uomini e strinse Milah in un abbraccio. Poi la baciò.

 
***

 
[Black Wolf’s Inn; Medieval Music – Derek Fiechter]

 

La locanda pullulava di gente già ubriaca, che ridacchiava e parlava a voce alta, facendo un gran chiasso. In un angolo, un uomo ancora sobrio suonava, spandendo nell’aria le note di un allegro motivetto da taverna.

Il Cacciatore sedeva in un angolo, in disparte, assorto. A lui non interessavano le chiacchiere degli esseri umani.

Però la locanda aveva un buon nome: Black Wolf’s Inn. Ed era calda.

La porta si aprì di colpo, andando a sbattere contro il muro a causa del forte vento invernale. Il Cacciatore avvertì subito l’odore pungente del freddo e della foresta, ma anche un altro odore...

Odore di lupo. Odore di lupo mischiato a un odore umano.

Un licantropo.

I licantropi non erano parte della natura. Così come non erano parte del genere umano. Vivevano... separati da entrambi i mondi.

Alzò la testa e dapprima vide solo una figura alta e femminile nascosta da una mantella rossa. La fissò a lungo, fino a quando la ragazza, sentendosi osservata, non abbassò il cappuccio, svelando un volto giovane e teso, capelli lunghi e scuri, occhi grandi che ricambiarono il suo sguardo, perplessi.

Il Cacciatore non disse niente, non si alzò. Nemmeno si mosse. Seguitò a scrutare la sconosciuta che portava addosso l’odore dei lupi. Sembrava triste, spaventata, in fuga da qualcosa.

E lei seguitò a guardare il Cacciatore.

Uno degli ubriachi sbatté con violenza il suo bicchiere sul tavolo perché l’oste gli portasse dell’altro vino.

Il Cacciatore sobbalzò. La ragazza con la mantella rossa distolse lo sguardo.

 
***

 
“Things we lost to the flames
Things we’ll never see again
All that we’ve amassed
Sits before us, shattered into ash”

[Things we lost in the fire, Bastille]

 

Le fiamme lambivano le pareti della sua stanza. La circondavano.

Il fuoco crepitava intorno a lei.

Regina, intrappolata, guardava la figura in piedi sulla soglia, che la chiamava.

- Daniel! – gridò, allungando le braccia.

Lui mosse la bocca, ma Regina non capì le sue parole. Camminò verso il ragazzo per raggiungerlo. Il fuoco sembrò ritrarsi, salvo poi pararsi di fronte a lei, sbarrandole la strada e minacciandola.

Daniel ormai era quasi scomparso. Vedeva ancora la sua sagoma, il profilo del suo corpo, i capelli scuri... Ma stava svanendo. Tutto stava crollando intorno a Regina. Tutto. Tutto bruciava.

- Daniel! Non andartene! Io sono... Sono persa senza di te – Piangeva, adesso, mentre il suo primo amore spariva dietro ad un muro rovente.

...Poi si svegliò di soprassalto nel suo letto. Respirava a fatica e aveva ciocche scure che le pendevano sul viso, disordinatamente. Le guance erano bagnate di lacrime.

Nessun incendio. La sua stanza era ancora lì. Era vuota.

Daniel non c’era più. Daniel non ci sarebbe più stato. Né lui, né l’amore. Nemmeno il suo cuore. Niente.

Nel camino, il fuoco era spento. Restavano solo le ceneri.

 
***

 
“I don’t ever want to let you down
I don’t ever want to leave this town
‘Cause after all
This city never sleeps at night”

[It’s time, Imagine Dragons]

 
Emma Swan non aveva sonno. Henry dormiva già, mentre lei se ne stava in piedi davanti alla finestra del suo appartamento, a guardare New York, i suoi rumori, il traffico, le strade piene di gente, nonostante l’ora tarda.

La città che non dormiva mai, come dicevano tutti.

Però le piaceva. Le piaceva la sua casa, il suo lavoro, la sua vita.

Se non fosse per i sogni...

Già. I sogni. Alcuni notti faceva degli strani sogni e, al mattino, ricordava solo certi particolari. Frammenti, niente di più. Un cartello stradale che indicava il nome di una cittadina. Ma il nome era sfocato.

Che posto è?

L’immagine di una lei ancora diciottenne, stremata dopo il parto, che si rivolgeva al medico del carcere e...

“Non posso essere una madre”

(Io sono una madre)

E il volto di una donna. Un volto circondato da capelli neri. Un volto che non riusciva ad inquadrare bene. Occhi scuri che sembravano fissarla.

Poi una strana nube viola che avvolgeva tutto.

Niente di tutto ciò le era familiare. Niente di tutto ciò aveva senso. E tuttavia, quando si svegliava al mattino, per un po’ si portava dietro una sensazione che non avrebbe mai saputo spiegare. La sensazione che qualcosa le stesse sfuggendo.

Sono soltanto sogni.

Si allontanò dalla finestra, tirando la tenda e tagliando fuori i grattacieli della Grande Mela, che sembravano ammiccare, colpiti dalle innumerevoli luci colorate.

Soltanto sogni.

Si recò nella stanza di suo figlio. Si avvicinò al letto, silenziosamente, osservandolo dormire. Si chinò e gli diede un bacio delicato sulla fronte.

 
***

 
“There’s something happening here
There’s something here that I just can’t explain
I know I’m where I belong
Deep down inside I’m no longer lost”

[I won’t let you go, Snow Patrol]

 
- Bae... Continuo a pensare che sia davvero un nome strano – disse Wendy, una sera. Lo nascondeva già da alcuni giorni e gli portava sempre da mangiare. Lui ancora non si spiegava cos’avesse di speciale un povero ladruncolo per guadagnarsi le gentilezze di quella ragazzina bionda.

- Però ha un bel suono. Mi piace – aggiunse.

- In realtà, il nome vero è Baelfire. Ma mi chiamano tutti Bae.

- È molto corto. Bae, intendo. Ma anche Baelfire.

- Anche il tuo nome è strano, comunque. Ed è parecchio lungo.

- Wendy Moira Angela Darling... sì, è vero – Lei sorrise, gli si sedette accanto e gli posò un bacio sulla guancia. Poi gli mise qualcosa nel palmo della mano.

- Cos’è questo?

- Non sai cos’è un bacio?

- Certo che lo so. Intendevo... questo – Sollevò l’oggetto che le aveva dato.

- È un ditale, Bae – Wendy sembrava divertita. – Ed è il mio bacio.

Baelfire non era sicuro di capire, ma immaginava che ora dovesse restituirglielo. Quindi si sporse in avanti e le diede un lieve bacio sull’angolo delle labbra, facendole cadere in mano un bottone di corno che aveva con sé.

Wendy arrossì un po’. – Grazie. Lo infilerò nella catenina che porto al collo.

Lo fece e quel semplice gesto lo rese stranamente felice.

 
***

 
“I’ll be here waiting, hoping, praying
That this light will guide you home...
When you’re feeling lost I’ll leave my love
Hidden in the sun, for when darkness comes”

[When the darkness comes, Colbie Caillat]

 
Anna aveva aspettato.

Anna aveva davvero sperato che il giorno del suo matrimonio fosse il più bello della sua vita.

Aveva immaginato una vita perfetta accanto a Kristoff, dopo tutto ciò che era accaduto. Accanto a Kristoff e a sua sorella.

Ma Elsa era sparita. Era scomparsa nel nulla e lei non si spiegava dove fosse finita, né tantomeno perché. L’aveva cercata, ma della regina di Arendelle non era rimasta traccia.

Era sicura che non fosse andata via di sua spontanea volontà. No. Non poteva crederlo. Quello che avevano passato era già abbastanza ed Elsa non l’avrebbe mai e poi mai lasciata ancora. La scorsa volta c’erano di mezzo i suoi poteri, il fatto che non potesse controllarsi, il fatto che temesse di farle del male. Ma ora... Era tutto diverso.

Senza Elsa la sua vita non avrebbe potuto essere bella, anche se amava Kristoff. Aveva bisogno di sua sorella perché fosse completa.

C’era delle notti in cui Elsa le appariva in qualche sogno distorto e oscuro. E allora le parlava.

“Anna, devi andare avanti. Non hai scelta”.

“Non posso. Torna a casa, Elsa. Ti prego. Dove sei? Dove sei andata? Chi ti ha portato via da me?”.

Non c’era risposta a quelle domande. Anna si svegliava di soprassalto e c’era solo l’abbraccio di Kristoff a consolarla.

 
***

 
“Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would stayed up with you all night
Had I know how to save a life”

[How to save a life, The Fray]

 
La fata aveva vagato a lungo prima di giungere sull’Isola Che Non C’è.

Trilli si aggirava per quel groviglio di vegetazione, portandosi dietro la sua rabbia, il suo risentimento. Portandosi dietro il suo dolore per aver perso le ali, per essere stata umiliata e ferita, quando il suo unico desiderio era aiutare una persona a ritrovare la felicità.

“Io non credo più in te”, le aveva detto Turchina.

Nessuno credeva più in lei. Nemmeno Regina ci aveva creduto.

Pensava di aver trovato un’amica, tra l’altro, non solo una giovane donna in difficoltà, che soffriva perché il suo vero amore era morto. Una giovane donna sola. Sperduta.

L’amica in questione l’aveva chiamata “tarma” e l’aveva cacciata in malo modo.

Trilli sferrò un calcio ad una massa di cespugli. – Maledizione a te, Regina. È tutta colpa tua!

Il suo viso sfiorò delle spine. Quelle spine. Le spine che grondavano veleno.

Sognombra.

Si ritrasse di scatto, inciampò e cadde. Per un pelo non si era ferita. Sarebbe stata la sua fine.

Si prese il capo tra le mani, chiudendo gli occhi per non vedere l’oscurità dell’Isola. L’oscurità che la circondava e che sembrava intenzionata a ghermirla.

Perché, Regina? Perché non mi hai dato retta? Io avevo rischiato tutto per te. Dovevi solo entrare in quella taverna...

Dovevi soltanto crederci.

 
***

 
“Oh, well I don’t mind, if you don’t mind
‘Cause I don’t shine if you don’t shine
Before you go, can you read my mind?”

[Read my mind, The Killers]

 
- Belle, ti prego – disse Tremotino. – Ho dovuto farlo. Bae era mio figlio.

- Oh, sì. E il Signore Oscuro mantiene sempre le sue promesse. Credevo fossi superiore a tutto questo – rispose sua moglie. Nei suoi grandi occhi color oceano c’erano lacrime. E c’era... non rabbia. No. C’era tristezza. Dolore. Rassegnazione, persino. Disincanto.

- Non potevo parlartene. Non avresti capito.

- Sei tu quello che non capisce, Tremo. Non hai avuto fiducia in me. Hai preferito mentire e trattarmi come una stupida.

- Non volevo affatto trattarti come...

- Invece sì. Credi davvero che tuo figlio avrebbe voluto questo?

Tremotino tacque. Avrebbe voluto spiegarle quello che provava. Avrebbe voluto spiegarle cosa sentiva in quel momento e avrebbe anche voluto scusarsi, perché non riusciva a pentirsi del suo gesto. Non riusciva a pentirsi di aver ucciso Zelena. Ma si pentiva di non essere stato capace di proteggerla. Avrebbe voluto dirle questo. Avrebbe voluto che lei leggesse la sua mente e capisse fino in fondo.

- Non andare, Belle. Non puoi. Hai visto cosa c’è là fuori? È molto pericoloso. Potrebbe farti del male! Se resti vicino a me, almeno sarai al sicuro. Comprendo che tu sia in collera, ma rimani.

- So badare a me stessa, Tremo – ribatté Belle. Un tono che non lasciava spazio a repliche. Una lacrima rotolò sulla sua guancia. Si avvicinò a lui e gli sfiorò il viso. – Hai bisogno di pensare a tutto quello che è successo. L’oscurità fa parte di te e ne sono consapevole, ma devi decidere. Devi decidere in quale modo vuoi che quell’oscurità influenzi la tua vita. La nostra vita. Perché quello che riguarda te... riguarda anche me.

 
***

 
“If I lay here, if I just lay here
Would you lay with me
And just forget the world?”

[Chasing Cars, Snow Patrol]

 
- È bellissimo, vero? – disse Red, osservando il cielo stellato, sdraiata sulla neve fresca.

- Sì. Molto. E con te lo è ancora di più – rispose Peter, prendendo la sua mano. Era sdraiato accanto a lei da qualche minuto. Era riuscito a convincerla ad uscire di casa per passare un po’ di tempo insieme.

Red si sollevò e si sporse per baciarlo. Sapeva di buono, Peter, come sempre. Giocherellò con qualche ciocca dei suoi capelli, scostandole il cappuccio rosso della mantella.

- Ora è meglio che vada. Mia nonna potrebbe accorgersi che sono uscita.

- No, ancora un attimo...

- Peter...

Il ragazzo la baciò di nuovo, con più trasporto. Red mugolò contro la sua bocca. Infine sospirò, appoggiando il viso sulla sua spalla.

- RED! – La voce incollerita di Granny ruppe l’incanto e la costrinse ad alzarsi in piedi alla svelta. Scivolò e per poco non cadde. – Dove sei finita?!

- Devo andare – ripeté Red.

- Sì. Direi che dovrei andarmene anch’io se non voglio che tua nonna usi la sua balestra contro di me. Non che non mi prenderei volentieri un dardo per te...

- Lo faresti?

- Farei qualsiasi cosa.

- Ma la freccia... è meglio di no. Non ne sarei felice.

- RED!! – Granny gridò ancora più forte. Un gufo appollaiato su un ramo si levò in volo.

- Buonanotte – disse Peter.

Prima di lasciarlo andare, Red gli diede un ultimo bacio sulle labbra.

 

 

__________________________

 

 

Angolino autrice:

Recentemente, leggendo una storia qui su Efp, mi è capitato sott’occhio questo vecchio gioco/sfida. Ci avevo già provato una volta, ma non ne era uscito niente di buono, quindi ho ritentato.

Ecco il risultato. Dieci flashfic/drabble (un miracolo, per me, dato che di solito sono troppo prolissa per le flashfic) basate su dieci canzoni diverse, alcune abbastanza adatte al personaggio/situazione, altre, forse, un po’ meno, ma capitemi: appena ho sentito il pezzo, ho scritto la prima cosa che mi è passata per la testa ascoltando il testo. ^__^

Su alcuni di questi personaggi non ho mai scritto niente, ma spero siano IC.

Nel pezzo dedicato a Wendy e Baelfire ci sono delle evidenti citazioni tratte dal romanzo di James M. Barrie, “Peter Pan”.

Preciso che la mia playlist è molto varia: tra le varie canzoni ci sono anche pezzi di musica celtica e ballate medievali che non prevedono testo e voce, ma solo musica. Ne sono capitati due, come vedete. ^__^ Ve li metto qui sotto, perché immagino che non possiate conoscerli:


Rising Sun. Pirate Fantasy Music di BrunuhVille

Black Wolf’s Inn. Medieval Music di Derek Fiechter.

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Capitolo 2
*** Songs and Fairy Tales (2) ***


“And I know this scars will bleed
But both our hearts believe
All of this stars will guide us home”

[All of the stars, Ed Sheeran]

 
Da quando Neal Cassidy aveva ricevuto quella cartolina da August, la cartolina che aspettava, pensava spesso a suo padre e anche ad Emma.

Soprattutto ad Emma.

Non che prima non gli capitasse di pensare a lei, ma era un pensiero meno frequente.

Erano ritornati tutti i ricordi. Tutti quei momenti vissuti insieme che avevano lasciato cicatrici sul corpo di entrambi. La prima volta che si erano incontrati, a bordo di un maggiolino giallo...

Chissà se ce l’ha ancora... Sì. Sono sicuro di sì.

...La sera in cui l’aveva portata alla giostra e le aveva parlato di suo padre. Le rapine insieme. Le fughe precipitose. Il ciondolo che le aveva regalato. Tallahassee e il sogno di poter ricominciare da qualche parte. Fino alla sera in cui era stato costretto a lasciarla. Perché Emma non era una qualunque. Emma aveva una missione da compiere. Un sortilegio da rompere.

Spezzato.

Neal si rigirò la cartolina fra le mani e sospirò.

Ci rivedremo.

Ne era convinto, così come sapeva che avrebbe rivisto anche Tremotino.

 
***

“Know I try to tell that I need you
Here I am without you
I feel so lost but what can I do?”

[Stay, Hurts]

 
Emma Swan entrò nell’ufficio dello sceriffo.

Nell’ufficio vuoto dello sceriffo.

Si guardò intorno, disorientata dal silenzio. Sembrava quasi che lui stesse per entrare, come ogni mattina, per offrirle la colazione, magari. E la sensazione era molto forte anche perché, appesa all’attaccapanni, c’era ancora la sua giacca.

“Grazie”. Era stata l’ultima cosa che le aveva detto prima di attirarla a sé per baciarla. Ma aveva solo sfiorato le sue labbra...

Grazie per cosa?, si chiese Emma, in quel momento.

“Mi ricordo”.

Cosa intendeva dire Graham con ‘mi ricordo’? Che cosa si era ricordato? Perche le era sembrato sorpreso e sconvolto?

C’erano solo domande nella sua testa. E non avrebbero mai ottenuto una risposta. Mai più. Perché Graham se n’era andato. Quindi era totalmente inutile continuare a pensarci.

Tutte le volte che iniziava davvero a fidarsi e ad amare qualcuno... quel qualcuno se ne andava, in un modo o nell’altro.

I suoi genitori.

Neal.

Graham.

 
***


“I do it all because I’m evil
And I do it all for free
Your tears  are all the pay I’ll ever need”

[When you’re evil, Voltaire]

 
Malcom aveva guardato l’ombra portare via il suo unico figlio, Tremotino. E non aveva provato alcun rimorso, né tantomeno tristezza o rimpianto.

Aveva visto le lacrime rigare il viso del bambino, eppure non era tornato sui suoi passi. Non l’aveva tenuto con sé.

Perché lui non era fatto per essere padre.

E se voleva volare di nuovo, se voleva che la polvere di fata funzionasse, doveva liberarsi dell’unica cosa che lo tratteneva.  

Ora era giovane. Di nuovo. Era un ragazzo.

Ora era Peter Pan. L’unico re dell’Isola.

E poteva volare.

Sei cattivo, gli sussurava ogni tanto una voce. Una vocetta simile a quella del piccolo Tremo. Sei cattivo, padre. Ma lui la respingeva.

- Vi siete già stancati di combattere? – disse ai due Bimbi Sperduti armati di spade di legno.

Felix incalzava l’altro ragazzino, sorridendo beffardamente. – Io no. Non vedo l’ora di continuare.

- Bene, allora! – Gli occhi verdi di Pan scintillarono. – Giocate!

 
***

 
“When the working day is done
Oh, girls!
They wanna have fun”

[Girls just wanna have fun, Cindy Lauper]

 
- Ruby, bevi piano. È già il terzo – le fece notare Ashley.

- Ti ho mai detto che reggo benissimo l’alcol? – rispose Ruby, appoggiando il bicchiere, recuperando la stecca e piegandosi sul tavolo da biliardo. Indossava un paio di pantaloni in pelle nera, ovviamente aderenti, che sottolineavano la forma del suo sedere. Alcuni clienti del Rabbit Hole apprezzarono.

Poi colpì la pallina bianca, spedendone un’altra dritta in buca.

- Bel colpo, no? – disse Ruby.

- Sì, certo – rispose Ashley, guardandosi intorno. – E non è stato bello solo per te... Non so se te ne sei accorta.

Ruby osservò le persone intorno a lei. Il suo avversario, un uomo grande e grosso, pieno di tatuaggi, la fissava, sogghignando.

E notò anche un’altra persona, seduta presso un tavolino in un angolo.

Victor. Pure lui la stava guardando, con gli occhi leggermente sgranati e le guance arrossate.

- Non sapevo che il dottor Whale frequentasse il Rabbit Hole – commentò Ruby, sorridendo all’uomo, che ricambiò, un po’ imbarazzato.

- È da un bel pezzo che ti sta guardando. Volevo dirtelo, ma eri impegnata a giocare a biliardo...

Ruby riprese a giocare e concluse la partita, vincendola. Qualcuno applaudì.

Allora Victor si avvicinò al tavolo e si rivolse direttamente a lei. – Hai tempo per un’altra partita?

La ragazza ammiccò, divertita. – Perché no?

 
***

 
“I can’t face this now, everything has changed
I just wanna be by your side, here’s hoping we collide”

[Beating Hearts, Ellie Goulding]

 
Poteva essere felice.
Regina poteva essere felice ed Emma ne era convinta.

Le aveva detto che il suo lavoro a Storybrooke non sarebbe finito, fino al giorno in cui non avrebbe dato a tutti un lieto fine.

E per tutti intendeva anche Regina.

Non le aveva aperto la porta, ma Emma nemmeno si aspettava che lo facesse. Era andata da lei, sperando di poterci parlare, di poterla guardare negli occhi e dirle tutto ciò che non era ancora riuscita a dirle, ma dentro di sé sapeva che Regina non avrebbe voluto vederla. La ferita era ancora aperta. Era troppo recente.

“Swan, per favore, non ora”.

Era tornata a chiamarla così. Swan. Signorina Swan. Come all’inizio. Quando si detestavano, quando Emma era solo l’estranea venuta a portarle via Henry e a... infrangere un maledetto sortilegio.

Regina, mi aprirai, prima o poi. Dovrai farlo, pensava Emma, mentre camminava verso casa. E mi assicurerò che tu non stia facendo niente di stupido. Niente di... Niente che possa compromettere per sempre il tuo lieto fine. So che sei più forte del risentimento che provi per me, adesso. Pensa ad Henry. Pensa a nostro figlio. Lui non vorrebbe mai che tu tornassi ad essere quella che eri un tempo.

Pensa a nostro figlio. All’uomo che dici di amare, anche. Non cedere, Regina.

 
***

 
“Shall we liquify,
oh, you and I
and vanishing in the sea?”

[Liquify, The Servant]

 
- Eric! – gridò Ariel, uscendo dall’acqua sulle proprie gambe.

Il principe era sdraiato sulla spiaggia di quell’isola, immobile, fissando il cielo azzurro. Sollevò lentamente la testa, la fronte aggrottata, e la vide.

Il suo principe. Era vivo. Aveva disperato, Ariel, soprattutto dopo che Uncino aveva spinto Barbanera, l’unico a sapere dove lui fosse, nell’acqua, lasciando che gli squali banchettassero con il suo corpo... Ma non si era data per vinta.

- Eric, sono io!

Eric si alzò in piedi, le rivolse un sorriso luminoso e le corse incontro, incapace di credere che la sua Ariel fosse proprio lì, davanti a lui. Che l’avesse ritrovato.

L’accolse fra le sue braccia, stringendola forte e la baciò a lungo.

- Sei proprio tu – disse Eric, guardandola negli occhi, intensamente. – Credevo di sognare... Ti ho aspettata tanto.

- Ed io ti ho cercato tanto. Ho sempre saputo, dentro di me, che ti avrei rivisto.

Eric la strinse ancora e si disse che, da quel momento in avanti, non avrebbe permesso a nessuno di separarli.

 
***

 Gimme, gimme that love, I'll be waitin' for ya'
And catch my hand, I'll be fightin' for ya'

[Let me in, Grouplove]

 
Astrid arrivò di corsa, con la mantella blu che svolazzava alle sue spalle e qualche ciocca ribelle che le spioveva sul viso.

- Fai attenzione. Si scivola – l’avvertì Leroy.

Astrid non fece attenzione. Mise un piede in fallo proprio mentre stava salendo sulla barca e per poco non cadde. Leroy afferrò la sua mano e allungò l’altro braccio, agganciando la sua vita e impedendole di fare un bel capitombolo.

Astrid gli appoggiò una mano sulla spalla e arrossì. – Oh. Scusami...

Leroy la fissò qualche istante.

Aveva degli occhi luminosi, Astrid. Sembravano pieni di luce. Il suo sguardo era caldo e rassicurante.

- Ti ho presa – si ritrovò a dire. Aveva la bocca secca. Dovette schiarirsi la gola più volte, mentre fissava il bel viso della suora.

Una suora. Appunto.

Lei sorrise.  – Grazie...

 
***

“And now, I need to know, is this real love?
Or is it just Madness keeping us a float?”

[Madness, Muse]

 
Jefferson osservò Emma che caricava il figlio sul maggiolino giallo.

Dopo la rottura della prima maledizione si erano visti raramente e lui non aveva mai avuto l’opportunità di scusarsi per quello che le aveva fatto quella sera, quando l’aveva drogata e costretta a fabbricare il cappello.

Si ricordava tutto, di quella sera. Emma che lo aiutava, accompagnandolo a casa. Emma che sorseggiava il tè dalla sua tazza, senza sapere ciò che conteneva.

Il suo profumo. Jefferson ricordava anche il suo profumo, quando si era chinato su di lei, sfiorandole i capelli con il viso. Un profumo intenso, molto buono. Un profumo forte che si mescolava alla paura e allo sconcerto che Emma provava in quel momento.

Emma salì in macchina e, mentre stava per mettere in moto, alzò gli occhi e lo vide.

Jefferson non fece niente. Non le andò incontro e non distolse nemmeno lo sguardo. Seguitò ad osservarla. I suoi occhi azzurri in quelli della Salvatrice... che di azzurro avevano solo qualche sfumatura.

Ciao, Emma.

 
***

 
“A million feathers falling down
A million stars that touch the ground,
So many secrets to be found
Amid the falling snow”

[Amid the falling snow, Enya]

 
La bufera aveva messo in ginocchio Storybrooke. La neve copriva ormai ogni cosa e la barriera di ghiaccio che circondava la cittadina era invalicabile per chiunque.

Persino per te, Elsa. I tuoi poteri non sono sufficienti. Non sei abbastanza forte.

E non sai ancora tutto. Non sai quasi niente.

La Regina delle Nevi osservava il suo operato con aria soddisfatta.

Neve, gelo e ghiaccio. I suoi elementi.

In realtà, avrebbe potuto impedire a tutti di avvertire la morsa del freddo, ma così non sarebbe stato divertente. Non si sarebbe limitata ad incantare tutti con un bacio come aveva fatto con quel ragazzino, molto tempo prima. Troppo semplice.

Voleva che si accorgessero di quello che stava succedendo. Voleva vederli annaspare e lottare senza alcun risultato.

E alla fine avrebbe ottenuto ciò che desiderava.

Tutto.

Oh, no. Voi non avete idea di che cosa io sia capace. Questo è solo l’inizio.

 
***

 
“Yeah, I might be addicted
To how you always get the best of me
I say out loud this is the last time
I say out loud this is the last time”

[Addicted, Morgan Page feat. Greg Laswell]

 

Sulla tomba di suo figlio aveva promesso che sarebbe cambiato, che l’avrebbe ripagato per ciò che aveva fatto per lui. Avrebbe ripagato il sacrificio di Bae, comportandosi come un uomo e non come un mostro.

Ma tu sei l’Oscuro. La magia è potere. Ed è parte di te.

Aveva trovato quel cappello. Aveva capito subito di cosa si trattasse e si era sentito... desideroso di possederlo. Una fonte di potere così grande...

La luce violacea emanata dall’oggetto magico si rifletteva nei suoi occhi, ora, mentre lo osservava. Le stelle al suo interno roteavano, belle, luminose ed invitanti.

Lo vuoi. È potere.

Lo vuoi, Tremotino. Prendilo.

Quando tornò a letto qualche attimo dopo, Belle si era girata, mettendosi a pancia giù, ma continuava a dormire, beatamente, ignara di tutto.

Tremotino la guardò a lungo. Nella sua mente pulsava l’immagine del cappello.

Pulsava come un cuore.

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Angolino autrice:

Rieccoci alle prese con questa raccolta/sfida. Ormai è troppo tardi: mi sto divertendo. ^__^

 
"Amid the Falling Snow" è di Enya e merita una spiegazione, perché ci sono dei riferimenti alla fiaba originale di Andersen, che forse non tutti conoscono; il ragazzino a cui si fa riferimento nella flash è Kay, che un “bel giorno” si è attaccato alla slitta della Snow Queen ed è stato da lei portato via. La Regina l’ha poi incantato con un bacio, facendogli perdere la memoria e impedendogli di sentire il freddo. Kay viene salvato dalla sua amica Gerda. Amid The Falling Snow.

 
Un’altra canzone che non molti di voi conosceranno è quella di Voltaire. Che tra parentesi mi ha fatto pensare anche a Cora e pure a Rumple. Ma Pan ci stava. When You're Evil.

 
Credo di aver stabilito anche un altro record e cioè la flashfic più melensa che abbia mai scritto, quella associata a "Liquify" dei The Servants. Ma quanto sono stata melensa con questi due?

 
E in questo round sono capitate molte canzoni che avrei potuto usare per la mia OTP, ma sono stata attenta e ho pensato fosse meglio variare un po’. ^_^


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Capitolo 3
*** Songs and Fairy Tales (3) ***


“She, she ain’t real,
She ain’t gonna be able to love you like I will
She is a stranger,
You and I have history or don’t you remember?”

[Rumor has it, Adele]

 
Anastasia sapeva bene che cosa pensava Will.

Sapeva sempre cosa pensava Will, perché loro due erano legati.

Il suo Fante di Cuori pensava che Belle fosse la soluzione ai suoi problemi. Pensava che fosse un modo per dimenticare ciò che era successo.

Ma Belle era la moglie di Tremotino e Ana immaginava che non amasse Will quanto l’aveva amato lei. Quanto ancora lei lo amava. Forse Belle amava la normalità. Amava il fatto che Will sembrasse esattamente quello che era.

Le hai parlato di noi, Will?

Le hai parlato di tutto quello che ci è successo nel Paese delle Meraviglie?

Gliene hai parlato o fingi semplicemente che non sia mai esistito? Gliene hai parlato o fingi che IO sia ormai niente più che un ricordo, qualcosa da debellare a tutti i costi?

Io non me ne sono andata per sempre, Will. Sono ancora qui. Vedo cosa stai facendo. E non è giusto.

Non puoi davvero credere che sia giusto.

 
***

 
“Brother I chose this mortal life
Lived in perfect symmetry
What I do, that will be done to me”

[Perfect Symmetry, Keane]

 
Mentre la nube viola avvolgeva tutto e il sortilegio si portava via loro e il mondo che conoscevano, Biancaneve, che teneva il suo amato Azzurro in grembo, pensò a quanto quello che stava accadendo fosse ingiusto e, al tempo stesso, avesse una sua amara logica.

Aveva portato via un figlio a sua madre. E ora la maledizione le aveva portato via la sua bambina.

“Che razza di persone siete? Minacciare un bambino?”.

“Un bambino? Non è un bambino. Diventerà un mostro proprio come te”.

E poi quella mano. Quella mano minuscola ed indifesa che rompeva il guscio dell’uovo e sembrava cercare qualcosa a cui aggrapparsi.

Quella manina umana. Quel pianto umano e così innocente, nonostante il neonato fosse appena stato riempito di oscurità...

Quella manina l’aveva tormentata per molte notti. La voce di Malefica l’aveva seguita nei suoi peggiori incubi.

Oh, Azzurro... perché?

La nube viola li inghiottì entrambi e tutto scomparve.

 
***

 
“I’m only a man with a chamber who’s got me
I’m taking a stand to escape what’s inside me
A monster, a monster
I’ve turned into a monster”

[Monster, Imagine Dragons]

 
“Un tempo ho creduto di aver visto l’uomo dietro la bestia. Ora vedo solo la bestia”.

A bordo dell’autobus che lo stava portando a New York, dove avrebbe trovato le persone in grado di aiutarlo a tornare indietro, Tremotino continuava a ripensare a Belle, a Belle che gli puntava contro il suo stesso pugnale e gli imponeva di andarsene per sempre.

Non volevo, Belle. Volevo... avrei voluto avere tutto. Avremmo potuto avere tutto. Se solo capissi...

Ma Belle era una donna innocente. Pura. Non piena di oscurità come lui. Era la donna che aveva provato a salvarlo e per un po’ ci era anche riuscita.

Gli mancava tutto, di Belle. La sua voce dolce. I suoi bellissimi occhi. Accarezzarle i capelli castani mentre dormiva. Le mancava la sua presenza. La sua mano che stringeva la sua. Le sue labbra. I suoi sorrisi. Le sue dita che gli sfioravano il viso. E...

I suoi occhi pieni di lacrime prima che lui oltrepassasse il confine. La sua voce rotta dal pianto e dalla collera. Le sue parole come mille pugnali che sprofondavano nella carne. L’ultima immagine di lei prima che la barriera li separasse. La tazza scheggiata. La loro tazzina.

La tazzina. La voce di Belle. I suoi occhi. Il pugnale!

Ho paura, Belle. Ti importa che io abbia paura?

 
***

 
“Send a wish upon a star
Do the work and you’ll go far
Send a wish upon a star
Make a map and there you are”.

[Lullaby, Sia]

 
Quando Emma Swan aveva spento la candelina, esprimendo un desiderio come si fa sempre prima di soffiare sulla fiamma, non aveva pensato che la realizzazione di quel desiderio sarebbe stato qualcosa di così... immediato. Qualcosa di così assurdo, soprattutto.

“Mi chiamo Henry. Sono tuo figlio”.

No, certo che no. Un attimo prima era una cacciatrice di taglie, un attimo dopo era a bordo del suo maggiolino giallo diretta verso una città che non aveva mai sentito nominare.

Cosa sto facendo, infine?

- Perché giallo? – chiese Henry, ad un certo punto.

- Come?

- Perché giallo? Il maggiolino, intendo.

- Oh... beh, perché mi piace il giallo.

E l’ho rubato. Ma quello non glielo disse perché Henry aveva dieci anni e quindi non era il caso.

- Anche a me piace il giallo. A mia madre no. Non credo, almeno.

Sono curiosa di conoscere tua madre, ragazzino. Chissà perché temo che non sarà contenta di vedermi.

- E che colore le piace? – chiese Emma, preferendo quella conversazione ai vaneggiamenti sui personaggi di un libro di fiabe.

- Nero – rispose Henry, convinto. E con un’espressione molto seria. Cupa, persino.  – Le piace molto il nero.

 
***

 
“Hush, child, the darkness will rise from the deep
And carry you down into sleep”

[Mordred’s Lullaby, Heather Dale]

 
Sta capitando qualcosa. Qualcosa. Qualcosa. Qualcosa. Ma cosa?

Come quel pomeriggio. Era appena uscita dalla tavola calda dove aveva preso qualche bagels e aveva notato un paio di ragazzi che davano fastidio ad un loro compagno più piccolo e decisamente più magro di loro. Gli avevano strappato le cuffie dalle orecchie e gli avevano anche frugato nello zaino per poi rovesciarne il contenuto sul marciapiede.

- Lasciatelo in pace – aveva detto, afferrando uno dei due per la giacca di jeans.

- Sparisci, non sono affari tuoi – aveva risposto lui, cercando di liberarsi.

Allora aveva aumentato la stretta intorno al braccio. Aveva stretto forte, mentre sugli occhi le era calato un velo rosso. Un velo rosso sangue. Come una nebbia. Così fitta che non aveva più capito ciò che stava facendo.

- Gli fai male! – La voce dell’altro ragazzo. Da lontanissimo. Da una dimensione parallela.

Aveva pensato che non gliene importava niente, del dolore che stava provocando. Avrebbe voluto prendere la testa del bullo e sbattergliela contro il muro, tante volte, tantissime volte, fino a quando non...

Poi la nebbia rossa era svanita e l’aveva lasciato andare. Erano scappati a gambe levate tutti e due ed era scappato a gambe levate anche il ragazzino che aveva... salvato. L’aveva guardata in faccia, aveva visto... qualcosa... ed era scappato con gli occhi fuori dalle orbite.

Qualcosa. Qualcosa. Qualcosa. Ma cosa?

Lily aveva sbattuto le palpebre. Guardandosi le dita aveva notato che tremavano.

 
***

 
“Oh love don’t let me go
Would you tak
e me where the streetlights glow
I could hear it coming like a serenade of sound
Now my feet won’t touch the ground”

[Life in Technicolor ii, Coldplay]

 
Quando Astrid lo baciò, Leroy ebbe la netta impressione di staccarsi dal suolo, come se fosse diventato improvvisamente più leggero.
Le dita di lei sfioravano la sua barba, mentre le braccia di lui erano abbandonate lungo i fianchi. Se non l’avesse colto così alla sprovvista l’avrebbe anche abbracciata.

Ma era stata una cosa del tutto inaspettata.

- Oh... – borbottò Leroy, quando Astrid si allontanò.

- Ehm, io... – Aveva le guance rosse e portava i capelli sciolti, quella sera. Il vento glieli sollevava e li scompigliava ad arte, rendendola ancora più bella del solito.

- Uhm... – ricominciò Leroy, sentendosi terribilmente idiota. Peggio dei momenti in cui beveva troppo. Ma non aveva bevuto neanche un goccetto quel giorno. Niente. Era sobrio.

- Devo andare – disse Astrid, in fretta, scostandosi. – La... Madre Superiora mi starà aspettando. Devo... scusa.

Leroy la guardò correre via, con la mantella blu che svolazzava come i suoi capelli. Non fece niente per fermarla e aveva ancora la bocca troppo secca per parlare, in ogni caso.

Sulle labbra ristagnava il sapore di lei.

 
***

 
“Angels have faith
I don’t want to be a part of his sin
I don’t wanna get lost in his world
I’m not playing this game”

[A Demon’s Fate, Within Temptation]

 
Non voleva più essere parte del suo mondo. Non poteva più farne parte.

Aveva ignorato tutti i segnali, Belle. Tutti quanti, perché desiderava davvero credere che Tremo fosse superiore all’oscurità. Aveva voluto credere con tutta se stessa che lui avesse scelto sua moglie.

Invece Tremotino amava il potere. Il suo vero amore era il potere, non lei.

Belle strinse forte il pugnale dell’Oscuro, guardando il nome impresso sulla lama. Poi lo scagliò sul pavimento del negozio, accompagnando il gesto con un grido. Le lacrime presero a scorrerle sulle guance.

Era furiosa con se stessa, perché si era lasciata ingannare come un’idiota. Ed era furiosa con lui perché l’aveva presa in giro.

Per questo era stata crudele. Per questo l’aveva bandito da Storybrooke. Non era riuscita a controllarsi. Non avrebbe sopportato di vederlo aggirarsi per la città. Di vedere quel demone... quella bestia...

Ma non ti è sembrato una bestia mentre lo spingevi oltre il confine, vero? L’hai chiamato bestia ma ti sembrava solo un uomo spaventato.

“Belle, ho paura”.

Belle scacciò la sua voce. Scacciò la sua espressione disperata, affranta, infelice... umana. Scacciò tutto.

Poi si accasciò, abbracciando se stessa.

 
***

 
“She’s scared that I will take away from there
Dreams that her country left with no one there
Mesmerize the simple m
inded
Propaganda leaves us blinded”

[Hypnotize, System of a Down]

 
Emma sedeva in auto, le mani strette intorno al volante, lo sguardo fisso al di là del parabrezza. Aveva acceso la radio e una stazione sconosciuta stava trasmettendo una canzone dei System of a Down. Il volume era basso.

Si rigirava in testa tutto quello che i suoi genitori le avevano detto. Malefica. Il suo bambino caduto in un dannato portale perché loro volevano salvarla dall’oscurità. Una creatura innocente che si era presa la sua parte di malvagità perché Biancaneve e Azzurro desideravano che la loro amata figlia fosse un eroe.

“Io sono tua madre”.

“Non mi interessa”.

Le parole non erano più parole ma veleno. Una colata di veleno. Parole cattive. Gli occhi le bruciavano nelle orbite.

Aveva sempre pensato che David e Mary Margaret non le avrebbero mentito. Mai. Invece mentivano da sempre. Mentivano a tutti. Mentivano persino a loro stessi. E avevano continuato a mentire anche quando era diventato impossibile farlo.

E dov’era il bambino di Malefica in quel momento? Se l’avesse trovato, cosa avrebbe potuto fare? Se fosse comparso, un giorno, lei avrebbe potuto chiedergli perdono per ciò che gli avevano fatto? Se fosse stato cattivo, lei avrebbe potuto aiutarlo con tutta quella oscurità che non gli apparteneva?

Emma colpì il volante con il pugno chiuso facendosi un male del diavolo e dalla sua gola salì un verso strozzato, qualcosa di simile ad un urlo soffocato a stento.

 
***

 
“Oh, crystal ball, crystal ball
Save us all, tell me life is beautiful
Mirror, mirror on the wall”

[Crystal ball, Keane]

 
Regina guardava spesso nel suo specchio. Guardava e faceva domande. E lo specchio le mostrava sempre ciò che voleva sapere.

Specchio, specchio delle mie brame...

Mostrami il mio lieto fine. Ecco cos’avrebbe voluto chiedergli. Mostrami il mio lieto fine, l’unico lieto fine possibile. Mostrami cosa sarà di me una volta che avrò sistemato Biancaneve. Una volta che avrò avuto la sua maledetta testa su un piatto d’argento. Una volta che... avrò vendicato Daniel.

Mostrami cosa accadrà quando avrò scagliato quel sortilegio. Mostrami la felicità.

Perché era questo il punto. La sua felicità. In un mondo diverso. Un mondo in cui nessuno avrebbe avuto quel lieto fine tanto agognato... a parte lei.

L’ultima cosa che le aveva mostrato lo Specchio era molto lontana dall’essere la sua felicità, in ogni caso. Era l’immagine di Biancaneve svegliata dal suo principe idiota. Davvero voleva sposare quel... quello, a proposito? Davvero era quello il lieto fine della ragazzina che le aveva rovinato la vita?

Tra poco non avrà più importanza. Biancaneve perderà il suo lieto fine ed io, invece...

Si rigirò l’anello del suo amato Daniel tra le dita. Se lo infilò, solo per qualche istante. Solo per tornare ad essere quella ragazza innamorata e innocente ancora una volta.

Lo indossò solo per avere la vaga impressione che lui fosse ancora lì e che glielo avesse appena offerto, chiedendole di sposarla.


***

 
“We’re caught up in the crossfire
Of Heaven and Hell
And we’re searching for shelter”

[Crossfire, Brandon Flowers]

 
Uncino non aveva mai sentito una voce così bella e soave come quella della sirena che aveva quasi affondato la sua nave.

Quasi, certo. Non l’aveva fatto. Per questo le aveva parlato. Per questo l’aveva aiutata. Per questo e perché quel canto aveva allontanato il suo dolore, per qualche istante. Cent’anni di dolore erano molti, da portare sulle spalle. Quei pochi secondi di sollievo erano stati... sublimi.

- Potete farlo di nuovo? – chiese il pirata ad Ursula, che se ne stava appoggiata alla balaustra, osservando il mare scuro.

- Cosa?

- Cantare. Vi dispiace cantare ancora?

- Per la vostra ciurma?

- La mia ciurma non c’è adesso. Cantate per me. Sempre che non vi dia troppo fastidio cantare per un pirata. – Sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi per convincerla.

Ursula sorrise a sua volta, dicendosi che poteva benissimo cantare per un pirata con occhi così azzurri e che era stato molto gentile con lei, alla taverna. Un pirata che soffriva molto e cercava solo un riparo da tutto quel dolore.

- Va bene. E no... cantare per un uomo come voi non mi dispiace.

 

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Angolo autrice:

Buona Pasquetta a tutti e altro giro di canzoni, visto che ormai ci ho preso gusto ^_^

Alcune mi hanno dato del filo da torcere. Hypnotize dei System of a Down, per esempio. Non mi veniva in mente niente, ascoltando il testo. Poi ho pensato che fosse la canzone giusta per qualcuno veramente arrabbiato e la prima persona che mi è venuta in mente è stata Emma, anche se non è l’unica ad essere molto incazzata.

Un’altra è "Crossfire" di Brandon Flowers. La parola “riparo” mi ha salvata, perché ho pensato ad Hook e al fatto che la voce di Ursula l’avesse in qualche modo consolato, come se fosse stata un rifugio momentaneo dal dolore. E' questa: Crossfire. Questa miniflash è dedicata ad un mio amico Oncer che li shippa. ^_^

Anche la flash associata alla canzone di Adele non mi convince del tutto, dato che AL MOMENTO non so che fine abbia fatto Anastasia. Ma comunque... la immagino mentre osserva Will da qualche luogo lontano da Storybrooke, ecco. Rumor Has It


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