Here's to teenage memories di Roxanne Potter (/viewuser.php?uid=115588)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** And we danced all night to the best song ever ***
Capitolo 2: *** Can I call you wake you up on a Sunday? ***
Capitolo 3: *** Kiss me kiss me ***
Capitolo 1 *** And we danced all night to the best song ever ***
Michael
Clifford non era mai stato un ragazzo popolare o un tipo da feste e
uscite fino
a tarda notte; anzi, i sabato sera li passava solitamente davanti al
computer
ad ascoltare musica, guardare film e mangiare schifezze, tranne quelle
volte in
cui Calum e Ashton riuscivano a trascinarlo da qualche parte insieme a
loro.
Quella sera, per la prima volta dopo più di un mese, Calum
l’aveva convinto a
lasciare la sua stanza per farsi accompagnare ad una festa in una
piccola
discoteca della periferia di Sydney.
-Dai, Michael, ci divertiremo.- gli aveva detto, sfoderando i suoi
migliori
occhi da cucciolo bastonato. -L’ingresso è gratis,
fanno entrare anche i
minorenni, ci sarà tanta roba da bere e soprattutto ragazze.
Ashton non può
uscire stasera quindi posso andarci solo con te, cosa ti costa
accontentarmi
per una volta?
Michael era stato un po’ esitante ma aveva accettato quasi
subito, più che
altro perché non voleva che Calum rinunciasse a quella
serata a causa sua. Così
adesso si ritrovava lì, in quel locale che esplodeva di
musica e luci
fluorescenti; all’inizio aveva creduto che sarebbe rimasto in
un angolo ad
annoiarsi, ma presto si era sorpreso nello scoprire che non era affatto
così.
Forse perché mandavano una bella musica, piacevoli canzoni
pop diverse dall’house
e l’elettronica che lui si era aspettato. O forse era grazie
ai drink che aveva
mandato giù nel giro di pochi minuti, dando fondo a quasi
tutti i soldi che
aveva portato con sé.
Ora Michael era rovesciato su un divanetto, con un altro bicchiere di
birra tra
le mani, la testa che gli girava e l’adrenalina che gli
correva nelle vene.
Aveva una dannata voglia di cantare qualche canzone a squarciagola,
pensò
mentre si sedeva più composto sul divano e buttava
giù gli ultimi sorsi di
birra. Si passò una mano tra i capelli e lanciò
un’occhiata a Calum che, poco
lontano da lui, filtrava con una ragazza alta e bionda. Fece scorrere
lo
sguardo sulle gambe slanciate della ragazza, messe in mostra dai corti
pantaloncini di jeans, e decise che anche lui aveva bisogno di provarci
con
qualcuno. Anzi, avrebbe approcciato la prima che passava, decise.
Devo essere proprio ubriaco per pensare
queste cose.
Solitamente Michael era un ragazzo abbastanza timido. Non in
modo
eccessivo, ma non era di certo un tipo sicuro e capace di attaccare
bottone con
disinvoltura, specialmente con le persone che lo interessavano. Bere lo
aiutava
parecchio a sciogliersi, anche se di solito si limitava a qualche
bottiglia che
lui, Calum e Ashton riuscivano a farsi comprare dai loro amici
maggiorenni o a
rubare dalle scorte dei loro genitori senza destare sospetti; era la
prima
volta che beveva così tanto, che si sentiva così
estasiato e su di giri.
Adesso basta, non m’importa. Giuro,
la
prima che mi passa davanti…
Fu un ragazzo a passargli davanti, proprio in quel momento.
Michael
strabuzzò gli occhi e per poco non spalancò la
bocca. Lo fissò, mentre quello
si sedeva sul divanetto davanti al suo, tirava il cellulare fuori dalla
tasca
dei jeans e iniziava a digitare qualcosa, e si chiese come fosse
possibile che
esistesse un ragazzo così bello al mondo.
I capelli biondo dorato incorniciavano un viso dai lineamenti delicati,
perfetti. Pelle chiara, un piercing al labbro che lo rendeva ancora
più
attraente. Indossava una semplice maglietta bianca e le gambe lunghe
erano
fasciate da skinny jeans strappati sulle ginocchia.
Una bellezza nel complesso semplice e casuale, di quel tipo che piaceva
a
Michael. Avrebbe parlato con lui, decise mentre metteva via il
bicchiere ormai
vuoto; normalmente si sarebbe limitato a guardarlo da lontano (Provarci
con le
ragazze era un conto, ma i ragazzi rappresentavano un problema
insormontabile
se lui non aveva idea di quale fosse la loro sessualità) ma non quella sera. Quella sera Michael si
sentiva pronto a fare qualsiasi cosa, senza soffermarsi a pensare alle
conseguenze.
Si alzò e si avvicinò al ragazzo, con passo un
po’ barcollante. Esitò appena un
istante prima di uscirsene con un semplice: -Ehi.
Il ragazzo alzò lo sguardo dal cellulare; aveva occhi di un
azzurro penetrante,
sormontati da sottili ciglia bionde, e Michael li trovò
stupendi.
-Ciao.- gli rispose, sorridendo leggermente. Sembrava tranquillo e per
nulla
sorpreso dal fatto di essere appena stato salutato da un perfetto
sconosciuto.
In quel momento nel locale partì una canzone, una canzone
che Michael adorava,
una di quelle canzoni che ti fanno venire voglia di alzarti e ballare e
scatenarti senza più pensieri nella testa, senza
preoccuparti delle persone che
hai intorno. Michael sorrise, tese la mano al ragazzo e disse: -Ho
visto che
sei tutto da solo, come mai? Posso farti compagnia se vuoi. Ti va di
ballare?
Amo questa canzone.
Si preparò ad essere mandato a quel paese. Era un modo
ridicolo e assurdo di
provarci con qualcuno, lo sapeva. Soprattutto con il primo ragazzo che
passava
e che avrebbe potuto benissimo essere etero, anzi, sicuramente lo era.
Ma in
quel momento Michael era abbastanza brillo da non fregarsene nulla.
Inaspettatamente, il ragazzo biondo ricambiò il sorriso,
infilò il cellulare
nella tasca dei jeans e afferrò la mano di Michael.
-Va bene. Andiamo.
Michael sentì il suo cuore lanciarsi in una doppia capriola.
Cercò di camminare
il più normalmente possibile mentre stringeva la mano del
biondo e lo guidava
fino all’affollata pista della discoteca. Quando iniziarono a
ballare, seguendo
il ritmo sfrenato e vivace della canzone, a Michael sembrò
di essere finito in
un sogno; la sera prima era come al solito chiuso in camera davanti al
computer
e adesso era lì, in una discoteca, mezzo ubriaco, a ballare
con un ragazzo
bellissimo che gli sorrideva, gli afferrava le mani, gli toccava le
spalle, danzava
con eleganti movimenti delle gambe lunghe, si spingeva contro di lui
fino a far
scontrare i loro bacini, per poi ritirarsi di scatto.
Michael si ritrovò presto a trattenere il fiato; raramente
in vita sua era
stato così fisicamente vicino a una persona, ragazzo o
ragazza che fosse. E
adesso, mentre le canzoni si susseguivano e mentre lui e lui e il
biondo
continuavano a ballare, si sentiva contorcere lo stomaco ogni volta che
incontrava il suo sorriso e i suoi stupendi occhi azzurri, e i jeans
farsi
sempre più stretti quando si ritrovavano troppo vicini.
Le mani del ragazzo gli afferrarono i fianchi e lo tirarono a
sé; Michael si
ritrovò quelle labbra ad un soffio dalle sue e
l’avrebbe baciato, se il ragazzo
non avesse affondato il viso sulla sua spalla. La canzone sulla quale
stavano
ballando era appena finita e intorno a loro calò il
silenzio, ma Michael a
stento se ne accorse. Aveva il petto premuto contro quello del biondo e
sentiva
la sua bocca baciargli lievemente il collo, il freddo metallo del
piercing
contro la sua pelle; dovette mordersi il labbro per impedirsi di
lasciarsi
sfuggire un gemito. Una mano gli accarezzò il fianco, poi
scese fino alla tasca
dei suoi jeans e vi lasciò scivolare dentro qualcosa. Subito
dopo il ragazzo si
allontanò da lui; il suo calore e la pressione del suo corpo
svanirono,
lasciandolo di colpo vuoto e disorientato.
-Devo andare adesso.- disse; era così dannatamente bello,
coi capelli biondi
tutti in disordine appiccicati alla fronte sudata e le guance
arrossate. – E
purtroppo devo andare subito. Ma tu chiamami quando vuoi, ok?
Si voltò per allontanarsi, ma Michael gli urlò: -
Aspetta, non mi hai neanche
detto come ti chiami!
Il ragazzo si girò un’ultima volta e gli sorrise.
-Mi chiamo Luke.
Michael rimase fermo ad osservarlo mentre spariva in mezzo alla calca
di gente
che affollava la pista, probabilmente diretto all’uscita del
locale. Si passò
una mano tra i capelli, ancora incapace di credere a ciò che
era successo; ci
aveva provato con un ragazzo, avevano ballato insieme, erano stati
vicini, lui
gli aveva chiesto di richiamarlo e…
-Ehi, Michael, finalmente ti ho trovato.
Si voltò; Calum era appena arrivato alle sue spalle e lo
stava guardando con un
sorriso divertito.
-Forse sono troppo ubriaco, ma mi pare di averti visto ballare con
qualcuno,
poco fa.
-Sì, sì, io… ho ballato con un ragazzo
ed era stupendo e non puoi capire, aveva
degli occhi meravigliosi e mi è stato appiccicato tutto il
tempo, capisci?
-Stai delirando.- rise Calum, ma anche lui aveva gli occhi lucidi e
doveva
essere abbastanza brillo.
-Devo ritrovarlo, capisci? Ma se ne è appena andato
e…
Michael si portò una mano alla tasca, ricordandosi che il
ragazzo di nome Luke
vi aveva fatto scivolare qualcosa dentro. Tirò fuori un
fogliettino di carta,
sul quale era scritto un numero di telefono, e non poté
impedire a un sorriso di
farsi largo sulle sue labbra.
-Mi ha lasciato il suo numero, Calum!
-Ottimo, congratulazioni. Domani lo chiamerai. Ora che ne dici se ce ne
andiamo?
-No, perché?- protestò Michael, la voce
strascicata. –Mi sto divertendo un
sacco stasera, te lo giuro, credo che dovremo uscire più
spesso…
-Perché i nostri genitori ci ammazzano se non siamo a casa
entro mezz’ora.
Forza, la tua introduzione al mondo “sesso, droga e rock
n’ roll” è andata
abbastanza bene, per stasera ne hai avuto abbastanza.
Michael sospirò; anche in quel momento di scarsa
lucidità, riusciva a
immaginare lo sguardo furente e le urla di sua madre se lui non fosse
tornato a
casa per l’orario stabilito.
-Hai ragione, allora andiamo…
-A proposito, come si chiamava quel ragazzo?- gli chiese Calum,
curioso, mentre
i due si facevano strada lungo la pista da ballo, diretti
all’angolo del locale
dove avevano appeso le loro giacche.
-Luke.- disse Michael, e il ricordo di quei meravigliosi occhi azzurri
gli
invase la mente, facendolo sorridere di nuovo. –Si chiama
Luke.
Note
Questa Muke conta quattro capitoli, sono
tutti già scritti (quindi aggiornerò veloce,
pigrizia permettendo) tranne l'ultimo, dove il rating
cambierà e diventerà rosso. E niente, il prossimo
sarà un capitolo di passaggio e forse un po' noioso, intanto
spero che questo vi piaccia.:3
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Capitolo 2 *** Can I call you wake you up on a Sunday? ***
-Lo
chiamo o no?
-Chiamalo, Michael. Fallo e basta.
-Chiamalo o ti giuro che non rivedrai mai più i tuoi cd
degli All Time Low.
-Ma non so cosa dire.
-Te lo suggeriamo noi, cosa dire.
-E se poi ci faccio una figura? Ho già voglia di
sotterrarmi…
-È stato lui a darti il suo numero, non puoi farci una
figura.
-Vai tranquillo, forza.
-E se fosse etero?
-Per Dio, Michael!- sbottò Ashton, passandosi una mano tra i
capelli ricci; si
lasciò cadere sul letto, accanto all’amico, e lo
fulminò con un’occhiata. –Io
sono etero e ti assicuro che se un
ragazzo cerca di abbordarmi in discoteca non mi metto a ballare con
lui, non mi
struscio addosso a lui e soprattutto non gli lascio il mio numero di
telefono
dicendogli che può richiamarmi quando vuole.
Era domenica mattina e Michael era in camera sua insieme ad Ashton e
Calum, ai
quali aveva appena finito di raccontare nei dettagli cosa era successo
la sera
prima nel locale, con il ragazzo biondo di nome Luke. Passati gli
effetti del
doposbronza, dopo aver scolato una bottiglia di acqua fresca per
allontanare il
mal di testa, Michael si era ritrovato ad arrossire nel ricordare
tutto; in
vita sua non ci aveva mai provato con qualcuno, tantomeno con un
ragazzo.
Ti va di ballare?, aveva chiesto a
Luke, e lui aveva accettato subito, avevano ballato insieme per quello
che era
sembrato un tempo interminabile; Luke gli aveva persino lasciato il suo
numero,
quindi di sicuro voleva rivederlo. Magari si sarebbero dati
appuntamento, si
sarebbero incontrati, avrebbero iniziato a frequentarsi e conoscersi.
Pian
piano si sarebbero innamorati e alla fine si sarebbero messi
insieme…
-Allora, lo chiami o no?- disse Calum, risvegliandolo dalle sue
fantasticherie;
il ragazzo era seduto sul pavimento a gambe incrociate e lo fissava con
uno
sguardo impaziente.
-Io… sì, giuro che lo faccio.
Michael abbassò lo sguardo sul cellulare che teneva in mano,
sulla schermata
dove aveva segnato il numero di Luke. Doveva solo premere il tasto per
avviare
la chiamata ed era fatta, pensò.
Ricordò gli occhi azzurri del ragazzo, il suo sorriso, il
piercing che gli
brillava sul labbro. Ripensò a quelle mani sulle sue spalle
e sui suoi fianchi
e si sentì le guance andare a fuoco. Non sapeva come
comportarsi, cosa dirgli.
In fondo non sapeva nulla di lui, se non il suo nome. E se avesse detto
qualcosa di stupido e imbarazzante?
-Hai dieci secondi prima che i tuoi cd facciano una brutta fine.- disse
Ashton,
incrociando le braccia al petto. Calum inarcò le
sopracciglia e aggiunse: -Forza.
Non pensare a quello che fai, fallo e basta, altrimenti poi ti pentirai
di non
averci neanche provato.
Aveva ragione. Fallo e basta, non pensare. In un scatto di coraggio,
Michael
premette il tasto della chiamata e si portò il cellulare
all’orecchio. Prese un
respiro profondo; il cuore gli batteva all’impazzata nel
petto, così forte che
sembrava rimbombargli nella testa insieme agli squilli del telefono.
Rispondi, ti prego, rispondi. pensò,
stringendo forte la mano libera intorno a un lembo di coperta del
letto. Rispondi.
Non aveva idea di cosa dire se Luke avesse risposto alla
telefonata ma non
importava.
Ormai era fatta.
Quella domenica Luke Hemmings si era svegliato verso le undici, con
ancora
tanto sonno addosso e nessuna voglia di alzarsi dal letto.
Così aveva chiuso
gli occhi e si era raggomitolato di nuovo tra le coperte; era rimasto
così per
circa un’ora, in uno stato di beata dormiveglia,
finché non aveva iniziato a
sentire il sonno che scivolava lentamente via.
Si rigirò su un fianco e aprì piano gli occhi;
sbatté un po’ le palpebre prima
di mettere a fuoco l’orologio da parete a forma di chitarra
che, davanti a lui,
segnava mezzogiorno e un quarto. Tra poco sua madre sarebbe arrivata ad
urlargli contro che era quasi pronto il pranzo, solo per farlo alzare,
come
faceva ogni volta che Luke rimaneva a letto fino a mezzogiorno, e
avrebbe
iniziato ad aprire armadi e cassetti per tirare fuori i suoi vestiti
mentre
continuava a parlare, rendendogli impossibile continuare a dormire in
santa
pace.
Adesso mi alzo., pensò
Luke, trattenendo
uno sbadiglio. Chiuse gli occhi e si preparò mentalmente,
ripetendosi di
scostare la coperta e alzarsi prima che sua madre arrivasse spalancando
la
porta.
-Hard days made me, hard nights shaped me,
I don’t know they somehow saved me…
Luke spalancò gli occhi e si tirò su a
sedere mentre il suo telefono,
poggiato sul comodino accanto al letto, iniziava a squillare; lo
afferrò e si
concesse qualche secondo per continuare ad ascoltare la suoneria di The Young and the Hopeless, poi
lanciò
un’occhiata al display; non conosceva il numero che lo stava
chiamando. Chi
poteva essere? Forse qualcuno della sua scuola, qualcuno che aveva
sbagliato
numero oppure…
Il ragazzo di ieri.
Ricordò il ragazzo che aveva incontrato la sera
prima in discoteca; doveva
essere stato abbastanza brillo quando si era avvicinato a lui per
chiedergli di
ballare, si capiva dal suo sguardo e dalla voce, ma Luke
l’aveva trovato
adorabile. Bello nei suoi jeans trasandati e coi capelli rosso fuoco
sparati da
tutte le parti. Non appena avevano iniziato a ballare, Luke aveva
deciso di
voler conoscere quel ragazzo. Non sapeva perché, in fondo di
lui non sapeva
niente, neanche il nome. Ma qualcosa gli aveva fatto venire voglia di
lasciargli il suo numero di telefono e invitarlo a chiamarlo quando
voleva.
Speriamo che sia lui., pensò
Luke e
premette il tasto per rispondere alla chiamata. Si portò il
cellulare
all’orecchio e, con la voce piena di aspettativa, disse:
-Pronto? Chi è?
Oddio, ha risposto, ha risposto.
Michael si sentì quasi morire quando
sentì la voce di Luke rispondere:
-Pronto? Chi è?
Si voltò verso Ashton e Calum e li guardò ad
occhi sgranati, implorando
silenziosamente aiuto. Calum cercò di soffocare una risata,
Ashton inarcò le
sopracciglia e mormorò un: -Sii sicuro di te.
-Pronto?
Di nuovo la voce di Luke. Michael tirò un respiro profondo e
decise di
buttarsi; magari, se avesse fatto finta di essere una persona sicura,
decisa e
disinvolta e dire cose che normalmente non avrebbe detto, tutto sarebbe
venuto
da sé.
-Ehi.- iniziò, nel suo tono più allegro.
–Sei Luke, vero? Io sono quel ragazzo
che ieri in discoteca ti ha chiesto di ballare e a cui hai lasciato il
tuo
numero di telefono. A proposito, mi chiamo Michael.
Ashton e Calum si scambiarono un’occhiata divertita e
trattennero un’altra
risata. Michael, con le mani sudate e il cuore ormai a mille, si chiese
come
avrebbe potuto uccidere i suoi migliori amici.
-Ehi, ciao, mi ricordo di te.- fu la risposta di Luke. Michael
sentì subito il
cuore alleggerirsi e decise di andare dritto al punto.
-Senti, non è che in questi giorni ti andrebbe di
vederci…
-Scusa, puoi… puoi aspettare un attimo? Ho mia madre alla
porta che urla, non
posso parlare. Ti scrivo io tra un minuto, va bene?
-Certo, va bene.- balbettò Michael.
-Ci sentiamo tra pochissimo, Michael.
Il click della chiamata che si chiudeva. Calum gli lanciò
un’occhiata
sconcertata e disse: -Allora? Perché ha attaccato subito?
-Mi ha detto che non poteva parlare perché c’era
sua madre e che mi scrive tra
un minuto.
-Ottimo.- disse allegramente Ashton, e passò un braccio
intorno alle spalle di
Michael. –Sono felice di vederti mentre ti frequenti con
qualcuno, finalmente.
Cioè, questa è la tua prima storia in quasi
diciassette anni di vita…
-Non è vero, ho avuto una ragazza in quarta elementare.-
rise Michael.
–Comunque non è che ci stiamo frequentando,
cioè, non lo conosco nemmeno…
-Ma lo farete presto.- disse Calum. –Sta per riscriverti,
quindi probabilmente
vi vedrete e…
Venne interrotto dallo squillo del telefono che segnava
l’arrivo di un
messaggio. Michael afferrò il cellulare e, col cuore in
gola, si affrettò a
visualizzarlo.
Ci sei oggi? Possiamo vederci davanti al
bar Looken alle cinque del pomeriggio.
-Allora, cosa dice?- lo incalzò Calum, e Ashton si
avvicinò di più a
Michael per lanciare un’occhiata allo schermo del cellulare.
-Mi ha… chiesto di uscire. Oggi. Alle cinque. Al bar
Looken.- rispose Michael,
senza riuscire a nascondere il sorriso che gli affiorava sulle labbra.
Digitò
velocemente un “Va benissimo,
allora a
oggi”, inviò il messaggio e mise da
parte il cellulare, sempre con il
sorriso stampato in faccia.
-Secondo voi va bene se ci vado con la maglia di un teschio e gli
stessi jeans
di ieri?
-Beh, considerato che non hai niente di meglio nell’armadio a
parte lo smoking
che hai dovuto comprare per il matrimonio di tua zia…- rise
Ashton.
-Allora vada per la maglia col teschio.- disse Michael. Non riusciva a
smettere
di tormentare nervosamente i lembi della coperta; ancora non riusciva a
credere
di avere un appuntamento, un vero
e
proprio appuntamento con qualcuno. –Tanto non credo che
farà troppo caso a come
sono vestito, siamo ragazzi. Però ai capelli cerco di dare
un’aggiustata. E
adesso che scendiamo a mangiare copritemi con mia madre, ok? Le dico
che oggi
pomeriggio vengo a studiare da voi per il compito di domani.
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Capitolo 3 *** Kiss me kiss me ***
Michael
aveva sentito il suo nervosismo raggiungere l’apice nel
momento in cui aveva
visto Luke spuntare dal fondo della stradina che portava al bar Looken.
Trattenne il fiato per un attimo e rimase lì, seduto sul
muretto che circondava
il piccolo cortile del bar, con le mani affondate nelle tasche dei
jeans e gli
occhi che cercavano di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse il
ragazzo
che si avvicinava sempre di più a lui.
Si concesse un paio di istanti per dare un’occhiata
all’orologio che portava al
polso, senza neanche far caso all’orario. Quando
alzò lo sguardo, vide che Luke
ormai era vicino, troppo vicino per poter fingere ancora di ignorarlo.
Forza, Michael, adesso buttati e basta.
Prese un ultimo respiro profondo e gli rivolse un sorriso che
Luke, ormai a
un passo da lui, ricambiò subito.
-Scusa se sono arrivato tardi. L’autobus che ho preso ci ha
messo più del
solito.- disse Luke, fermandosi davanti a lui e passandosi una mano tra
i
capelli biondi. Aveva al polso vari bracciali colorati con nomi di
band, notò
Michael, teneva una giacca legata in vita e indossava una maglia con il
logo
dei Blink 182. Fantastico; se quel
ragazzo aveva i suoi stessi gusti musicali, conoscersi sarebbe stato
più
facile.
-Figurati.- gli rispose Michael. –Anche io sono arrivato da
poco. Entriamo a
prendere qualcosa?
Due minuti dopo erano all’interno del bar, seduti a uno dei
tavolini circolari
in legno accanto alla vetrata che dava sul cortile, ad aspettare che la
cameriera portasse loro i caffè che avevano ordinato.
Michael stava morendo
d’ansia, ma cercò di non darlo a vedere mentre
guardava Luke negli occhi e gli
sorrideva. Sapeva cosa fare e cosa dire, più o meno; aveva
discusso con Calum e
Ashton per ore per farsi dare tutti i consigli possibili.
-Allora, tu sei proprio di Sydney?- chiese, e Luke annuì.
-In Stark Street, è abbastanza lontano da dove ci siamo
visti ieri. Mi sono
fatto riaccompagnare a casa da un amico…
A quelle parole Michael avvertì un piccolo morso di gelosia
allo stomaco.
Calmati, Michael, lo conosci appena, non
puoi essere geloso.
-Tu invece?- gli chiese Luke.
-Zona di periferia. Presumo che non andiamo nella stessa scuola, non ti
ho mai
visto. Che anno fai?
-Ho appena iniziato il terzo, ho sedici anni.
In quel momento arrivò la cameriera con i loro
caffè; la giovane ragazza bionda
poggiò le tazzine fumanti sul tavolino e rivolse loro un
sorriso cordiale prima
di allontanarsi. Michael prese appena due sorsi di caffè
prima di poggiare
nuovamente la tazzina.
-Io ne faccio diciassette a novembre. Comunque, mi piace la tua
maglietta.
-Conosci i Blink?- sorrise Luke, gli occhi azzurri che si illuminavano.
-Certo che sì, non c’è neanche bisogno
di chiedermelo.- rise Michael. -Nominami
una qualsiasi band rock, metal o punk e stai sicuro che io la
conoscerò. E poi
è da quando avevo dieci anni che suono la
chitarra…
Non sapeva come faceva a parlare con tanta scioltezza e disinvoltura,
ma ci
stava riuscendo.
-Anche io suono la chitarra. Sai, ho la sensazione che noi due andremo
d’accordo.
Luke finì il suo caffè in pochi lunghi sorsi;
mise da parte la tazzina e prese
un biscotto dal piattino al centro del tavolo. Michael
continuò a fissarlo,
pregando di non essere arrossito troppo e di non avere
l’espressione di uno
stalker pronto a saltarti addosso da un momento all’altro;
non riusciva a
credere di essere davvero lì, seduto in quel bar, ad un
appuntamento (se così
si poteva definire) con un ragazzo bellissimo conosciuto la sera prima
in una
discoteca. Per di più si trovava bene con lui, anche se
stavano parlando da
poco; la sua ansia era scivolata velocemente via non appena avevano
iniziato a
conversare.
-I miei fratelli credono che io sia un pazzo perché suono e
non mi occupo di
roba noiosa come loro.- continuò Luke. –A volte
stare a casa con loro è un
inferno…
-Allora sono felice di essere figlio unico.- disse Michael, e il
ragazzo biondo
scoppiò a ridere. –In compenso ho i miei genitori
che mi tormentano per i miei splendidi voti
a scuola…
-Allora andiamo sempre più d’accordo.- rispose
Luke. –Se hai finito di bere
possiamo andare? Non mi piace stare fermo per troppo tempo. Andiamo in
giro,
conosco un bel po’ di posti qui intorno.
Michael annuì e mandò velocemente giù
l’ultimo sorso di caffè.
-Certo. Andiamo quando vuoi.
Michael non si era neanche accorto che erano quasi arrivate le otto di
sera.
Lui e Luke erano stati in giro per ore a camminare per le strade di
Sydney e a
parlare; di scuola, delle loro famiglie, delle band che ascoltavano, di
ciò che
avrebbero voluto fare dopo il liceo, di qualsiasi cosa venisse loro in
mente. E
così Michael aveva scoperto di avere in comune con lui
più di quanto si
aspettasse; anche Luke era un appassionato di musica rock e pop punk,
cantava,
suonava la chitarra e il suo sogno era formare una band. Anche lui non
riusciva
a soffrire la scuola e faceva di tutto per non andarci. E anche lui non
andava
tanto d’accordo con la sua famiglia ma, a differenza di
Michael, risolveva la
situazione uscendo spesso di casa e passando fuori tutte le sere
possibili.
Mi piace., si ritrovò a
pensare
Michael, mentre i due ragazzi camminavano lungo le strade del centro di
Sydney
e parlavano di vecchi concerti rock ai quali sarebbero voluti andare.
Era bello
trovare una persona con la quale riusciva a parlare facilmente, senza
l’imbarazzo che si era aspettato di provare; una persona con
i suoi stessi gusti,
una persona simile a lui. Era quel tipo di ragazzo che gli sarebbe
sempre
piaciuto frequentare, per cui avrebbe potuto prendersi una cotta.
L’unico problema era che Luke non aveva ancora fatto nulla
per provarci con
lui, non l’aveva baciato né niente; stavano
andando in giro e parlando come se
fossero semplici amici. Ma in fondo era così che ci si
comporta quando hai
appena iniziato a conoscere qualcuno, no? Hai bisogno di conoscere
abbastanza
una persona prima di decidere se fare un passo decisivo.
È normale., si disse
Michael, e per
un attimo si distrasse ad osservare il viso di Luke; era bellissimo e
quegli
occhi azzurri gli facevano avere un tuffo al cuore ogni volta che lo
fissavano
con quello sguardo…
-Allora, ti va di andare a bere qualcosa?
Quella domanda lo riscosse dalle sue contemplazioni. Michael
sbatté le palpebre
e disse: -Cosa? Che ore sono?
-Le otto e dieci. È abbastanza presto ma insomma, giusto
qualcosa di veloce
prima di tornare a casa… conosco un piccolo pub qui vicino.
-Perché no.- sorrise Michael, e seguì Luke lungo
una stradina stretta e più
buia delle altre. Avrebbe detto ai suoi genitori che si sarebbe fermato
a cena
a casa di Calum e che sarebbe tornato più tardi,
così non si sarebbero
preoccupati di nulla.
-I tuoi cosa ti dicono dell’ora a cui torni?- gli chiese,
mentre tirava fuori
il cellulare per mandare un messaggio a sua madre.
-Di solito si lamentano, anche se sono abituati. Ma stasera non ci sono
per
fortuna… vanno da non so quali amici poco fuori Sydney,
tornano domani
pomeriggio. Mi hanno “affidato” ai miei fratelli ma
quei due sono peggio di me.
-Comodo. E dimmi, com’è che la sera te ne vai in
giro con il tuo numero di
telefono scritto su un foglietto?
Luke rise.
-È nel caso incontrassi qualcuno che mi interessa e mi piace
abbastanza da
volermi tenere in contatto. Direi che ieri ha funzionato.- disse, e gli
rivolse
un’occhiata divertita nella quale c’era un pizzico
di malizia.
Michael sentì il cuore accelerare i battiti mentre
rispondeva: -Quindi direi
che io ti piaccio. Beh, la cosa è reciproca.
Accadde subito; non appena Michael finì di parlare, Luke si
fermò per voltarsi
verso di lui, gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Per
un attimo Michael
rimase immobile, come stordito da ciò che era appena
successo, poi afferrò le
spalle di Luke e lo tirò di più a sé,
mentre iniziava a baciarlo a sua volta. Inizialmente
in modo impacciato, ma presto riuscì a lasciarsi andare
mentre le loro labbra
si muovevano insieme, mentre le loro lingue iniziano a incontrarsi,
intrecciarsi, assaggiarsi dapprima lentamente, poi sempre con
più fervore.
Luke si scostò e gli poggiò le mani sui fianchi;
Michael riprese fiato, poi gli
rivolse un sorriso smagliante e avvicinò di nuovo il viso al
suo.
-Non avevo mai baciato qualcuno prima, sai?- mormorò sulle
sue labbra.
-Davvero?- ridacchiò Luke. –Proprio mai?
-Non seriamente.
-Beh, allora sono felice di essere stato il primo per te.
Gli sorrise dolcemente e gli prese la mano, al che Michael si
sentì ribollire
lo stomaco, e disse: -Non dobbiamo andare a casa subito, possiamo stare
in giro
tutto il tempo che vuoi. Dimmi tu se vuoi rimanere.
-Certo che voglio rimanere.
Non gli importava dell’ora a cui sarebbe tornato a casa, non
gli importava
della scusa che avrebbe rifilato ai suoi genitori o del rischio che con
una
telefonata a casa di Calum scoprissero che lui non era lì.
Non gli importava di
passare tutta la sera fuori nonostante avesse scuola il giorno dopo,
probabilmente
non ci sarebbe neanche andato. In quel momento, pensò
Michael mentre lui e Luke
tornavano a incamminarsi lungo la strada, la mano del ragazzo ancora
stretta
intorno alla sua, tutto quello che gli importava era vivere qualcosa
che non
aveva mai avuto prima in vita sua.
Voleva seguire quel ragazzo che conosceva appena e che già
iniziava a
piacergli, baciarlo ancora, sentire ancora l’adrenalina nelle
vene al tocco
delle sue labbra. Perdersi nelle strade di quella città
insieme a lui e lasciarsi
alle spalle il resto del mondo. Rendere quella notte la migliore della
sua vita.
Dopo diciassette anni passati a cercare una scappatoia dalla
quotidianità, un
modo per abbattere i muri che aveva intorno, finalmente
un’occasione si era
presentata.
E Michael non aveva alcuna intenzione di farsela sfuggire.
***
Al prossimo capitolo il rating della fanfiction cambia e diventa rosso.
Insomma, capirete perché. Per questo mi ci vorrà
un po' per scriverlo e postarlo, (l'ho solo iniziato per ora) voglio
scriverlo e metterlo a punto per bene.
Al prossimo aggiornamento.:3
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