Everything I did, everything that happened has led me right here.

di kate95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avete preso l'uomo sbagliato ***
Capitolo 2: *** Metaumano ***
Capitolo 3: *** Evasione ***
Capitolo 4: *** Al-sah-him ***
Capitolo 5: *** Oliver Queen è morto! ***
Capitolo 6: *** Oliver Queen è vivo! ***
Capitolo 7: *** Il mio nome è Oliver Queen! ***



Capitolo 1
*** Avete preso l'uomo sbagliato ***


Note: Ciao! Inutile dirvi che il promo degli ultimi di cinque episodi mi ha letteralmente lasciato senza parole, aprendo mille strade per il finale di stagione e stimolando la mia fantasia malata xD perciò nell'attesa del prossimo episodio che ne dite di provare ad immaginare un finale alternativo? Se vi va, questo è quello che ho immaginato io!

Everything I did, everything that happened has led me right here.

 

Cap.1- Avete preso l’uomo sbagliato

Oliver sentiva ancora la guancia bruciare per lo schiaffo che aveva appena ricevuto dall’uomo davanti a sé.

L’uomo che per diversi  mesi aveva fatto ufficiosamente parte del suo team, quello a cui consegnava i criminali che catturava, quello che lo aveva pubblicamente definito un eroe per poi rimangiarsi le parole e condannarlo davanti a tutta Starling City.

L’uomo che aveva detto che Arrow non era altro che un assassino.

Ed erano le stesse parole che gli stava rivolgendo ora, con la differenza che non le stava dicendo al vigilante ma ad Oliver Queen.

Come se non ci fosse distinzione tra i due, come se fossero esattamente la stessa persona.

E forse era davvero così.

Oliver Queen era Arrow ed Arrow era Oliver Queen.

Ma lui non era pronto ad affrontare ciò che tutto questo implicava.

A volte era più facile fingere che fossero due entità separate, due persone sconnesse.

Oltre al capitano Lance c’era un’altra persona che continuava a ripetergli che quel confine tra Arrow ed Oliver non esisteva, la stessa persona che involontariamente lo aveva spinto in quella situazione.

Era stato il pensiero che Felicity venisse travolta da quell’assurda situazione, coinvolta nelle attività illegali del vigilante, accusata ingiustamente, a convincerlo che c’era un solo modo per mettere fine a quella storia.

Costituirsi.

Prendersi tutte le colpe, consegnarsi alla polizia e passare il resto dei suoi giorni in carcere.

Era l’unico modo per salvare lei e tutti i suoi amici.

John, Roy, Laurel, Thea e tutti coloro che lo avevano aiutato in quegli anni.

Ma non aveva pensato potesse essere così dura.

“Tommy. Tua madre. Mia figlia. E ora sei pronto ad uccidere anche Laurel” la voce di Lance tornò a riempire l’abitacolo.

Sentire i nomi di tutte le persone che aveva perso durante la sua crociata fece stare Oliver ancora più male.

Le altre parole che il capitano pronunciò contro di lui scivolarono via mentre non riusciva a smettere di pensare a quello che aveva fatto, a quante persone aveva fatto involontariamente del male.

Improvvisamente il furgoncino sobbalzò seguito dallo stridio fastidioso di freni che riempivano l’aria serale di Starling.

Le sirene delle auto della polizia iniziarono a suonare mentre un gran trambusto colse impreparato sia Oliver che Quentin.

Le porte del furgoncino si aprirono rivelando che cosa stesse accadendo in strada.

Una figura incappucciata, vestita interamente di verde, si inginocchiava sull’asfalto dichiarandosi colpevole: “Avete preso l’uomo sbagliato! Oliver Queen non è Arrow! Sono io”

E nell’istante in cui Oliver sentì quella voce il sangue gli si gelò nelle vene mentre il cappuccio si abbassava rivelando il viso di Roy.

I loro sguardi si incrociarono e per un attimo Oliver pensò che fosse un incubo, che presto si sarebbe risvegliato da quella surreale catastrofe che era la sua vita negli ultimi giorni.

Ma l’espressione stupita e arrabbiata del capitano Lance gli fece capire che era la realtà, che Roy si era appena consegnato alla polizia accusandosi di crimini che non aveva mai commesso.

E mentre decine di poliziotti lo accerchiavano per arrestarlo, il finto Arrow non staccava gli occhi da quelli di Oliver, da quelli del suo mentore.

Si sarebbe sacrificato per lui, per salvare l’eroe che aveva protetto tutti gli abitanti della città, per ringraziarlo di come aveva cambiato la sua vita dandogli uno scopo per cui valeva la pena lottare.

Roy era orgoglioso di essere suo allievo, di essere una delle armi del suo arsenale, di essere la freccia scoccata dal suo arco nel centro del bersaglio, l’arma che lo avrebbe salvato.

 

 

 

Qualche ora dopo Oliver Queen venne ufficialmente rilasciato dalla polizia di Starling City e venne accompagnato all’uscita della centrale, sotto lo sguardo contrariato del capitano.

Quentin Lance si diresse nel suo ufficio sbattendo dietro di sé la porta a vetri, sedendosi alla sua scrivania.

Era stato obbligato a liberare il signor Queen poiché Roy Harper si era proclamato colpevole, raccontando ogni missione di Arrow nei più piccoli particolari.

Dettagli che solo il vigilante poteva conoscere, o una persona strettamente vicina a lui.

Quentin sapeva che il ragazzo era coinvolto: era il braccio destro del vigilante, era l’uomo in rosso, ma non era Arrow.

Oliver Queen lo era.

Ma lui non aveva alcuna prova per dimostrarlo.

Sbuffò mentre si gettava a capofitto tra la documentazione del caso per poter trovare qualcosa di concreto che legasse Queen alle attività dell’arciere.

Da quando Ra’s al Ghul gli aveva detto chi si celasse sotto il cappuccio verde ogni tassello era andato al proprio posto, ogni avvenimento aveva preso senso, tutto combaciava perfettamente.

Poteva finalmente arrestare quell’uomo che aveva ucciso il sindaco e decine di persone nelle ultime settimane, la persona che gli aveva tenuto nascosta la verità su Sara, l’uomo davvero colpevole della sua morte. L’uomo che aveva spinto sua figlia a salire sul Queen’s Gambit, allontanandola dalla sua vita e dalla sua famiglia, obbligandola a soffrire per mesi su un’isola sconosciuta fino a farla diventare membro di una pericolosa cerchia di assassini.

Si passò le mani sul viso cercando di ingoiare quella rabbia che lo stava assalendo poi, di scatto, si alzò dalla sua poltrona diretto dall’unica persona che avrebbe potuto dargli informazioni utili.

 

 

 

 

Oliver continuava a guardarsi intorno, preoccupato che qualcuno lo stesse seguendo.

Aveva paura che la polizia lo stesse ancora pedinando, nonostante le accuse contro di lui fossero momentaneamente cadute.

Temeva di portare Lance dritto nel suo nascondiglio segreto.

Dopo essersi assicurato ancora una volta di essere solo, entrò al Verdant e attraversò la pista da ballo deserta, per poi inserire il codice sul tastierino numerico e sparire dietro la pesante porta che celava l’ingresso al covo.

Scese velocemente le scale ma senza fare rumore, trovando Felicity e Diggle intenti a guardare il notiziario sugli schermi dei computer.

La giornalista stava parlando della nuova svolta sul caso di Arrow mentre foto di Roy apparivano sui monitor, etichettandolo come il vero vigilante di Starling City.

“Che cosa diavolo pensavate di fare?” tuonò arrabbiato, spaventando i due amici che non si erano accorti della sua presenza silenziosa.

“Oliver!” la voce sorpresa di Felicity giunse alle sue orecchie mentre lei faceva ruotare la sua poltrona, fino ad incontrare gli occhi dell’uomo.

Si alzò avvicinandosi a lui: “Lance ti ha rilasciato, per fortuna”

“Per fortuna?” chiese arrabbiato “Siete tutti impazziti per caso?”

John lo guardò, l’aria seria e preoccupata.

Sapeva che Oliver si sarebbe arrabbiato una volta venuto a conoscenza del piano di Roy.

“Per favore ditemi che non ne sapevate nulla” li supplicò lui, lo sguardo stanco e afflitto “ditemi che non avete assecondato questa pazzia”

“È stata un’idea di Roy” iniziò a spiegare Dig ma venne subito interrotto.

“Un’idea molto stupida!”

“Oliver …” Felicity richiamò la sua attenzione ma lui non l’ascoltò, troppo sconvolto per quanto stava succedendo.

“Quindi eravate a conoscenza del suo piano e glielo avete lasciato fare?” domandò.

Gli sguardi dei due gli bastarono per confermare la sua ipotesi.

Non poteva crederci.

“Come avete potuto? Come avete anche solo potuto pensare che fosse un piano intelligente?”

“Oliver!” la voce della donna risuonò chiara e determinata questa volta e lui la guardò negli occhi, mentre lei si avvicinava ancora “sarà stata anche un’idea stupida ma è l’unica cosa che potevamo fare”

“Quale parte di ‘costituirmi è l’unica soluzione’ non avete capito?”

“Oliver, Roy si è sacrificato per te. Per l’eroe che c’è in te, per il bene che hai fatto e puoi ancora fare a questa città. Abbiamo cercato un modo per prendere tempo. Speravamo che consegnando Roy alla polizia come Arrow rilasciassero te. E pare abbia funzionato”

“Perché? Questo non risolve i nostri problemi! E io non lascerò che Roy marcisca in prigione per dei crimini che non ha commesso!”

“Neanche tu hai ucciso quelle persone Oliver!” lo sguardo di Felicity lo trapassò da parte a parte come la lama di una spada, mentre lei gesticolava arrabbiata “Devi smetterla di pensare che tutto ciò che accade là fuori sia colpa tua! È colpa della Lega, è colpa di Ra’s! Non tua”

Oliver fece per ribattere ma lei non lo lasciò proferir parola.

“Ora sta’ zitto e ascoltami!” perfino lei si stupì della convinzione con cui le parole le uscirono dalla bocca, senza la minima esitazione “Non sapevamo che cosa fare perciò abbiamo lasciato che Roy si fingesse te, perché in questo modo avresti potuto pensare ad un piano per rimediare a questa situazione, da uomo libero”

“Felicity, non c’è nessun piano! Pensi davvero che mi sarei consegnato alla polizia se ne avessi avuto uno? Non c’è soluzione, non possiamo risolvere questo problema!”

“L’unica cosa che non possiamo fare è arrenderci! Quindi ora troveremo un modo per uscirne e sconfiggeremo Ra’s Al Ghul, una volta per tutte”

 Lo guardò dritto negli occhi, con tutta la determinazione e la forza che aveva in corpo, sperando di riuscire a convincerlo.

“E quando lui sarà morto, tireremo Roy fuori dalla prigione” concluse senza staccare i loro sguardi.

“D’accordo”acconsentì Oliver, trovandosi con le spalle al muro “ma non possiamo lasciarlo in prigione. Prima facciamo uscire Roy, poi pensiamo a Ra’s Al Ghul”

 

 

 

 

Era seduta sul divano di casa a guardare il notiziario quando sentì bussare alla sua porta.

Suo padre era l’ultima persona che pensava di vedere quella notte.

“Laurel, posso entrare? Ho bisogno di parlarti”

Lei si scostò per farlo passare senza dire nulla.

Chiuse la porta alle sue spalle prima di rivolgergli la parola: “Che cosa vuoi papà?”

Il suo tono era distaccato e gelido, più freddo di quanto Lance si aspettasse.

“Hai saputo quello che è successo, vero?”

“L’ho appena scoperto dal telegiornale”

“Laurel” la chiamò avvicinandosi a lei “sai meglio di me che Roy non è Arrow”

Lei non rispose, si limitò a sedersi sul divano invitando suo padre a fare altrettanto.

“Sappiamo entrambi che Arrow è Oliver Queen. Ho dovuto lasciarlo andare perché la confessione di Roy Harper è accurata nei minimi dettagli e perché non ci sono abbastanza prove per condannare quel farabutto. Ma io so che quel ragazzo è l’uomo in rosso, quello che aiuta il vigilante nelle sue missioni, non il vero arciere. E lo sai anche tu”

“Che cosa vuoi da me?”

“Devi aiutarmi a catturare Oliver Queen” le disse cercando di prendere le sue mani tra le sue ma Laurel si sottrasse immediatamente a quel contatto “devi dirmi dove si nasconde, devi consegnare quell’assassino alla giustizia”

“Arrow non è un assassino. Lui è un eroe. Ed è incredibilmente triste che tu lo stia accusando senza prove di tutti quegli omicidi”

“Sono stati tutti uccisi con frecce verdi, Laurel”

“Non è stato Arrow! Non li ha uccisi lui, papà!” ribatté lei piccata, alzandosi dal divano e allontanandosi da lui “E dovresti credermi”

“Non capisci che è pericoloso?”

Anche lui si alzò in piedi mentre tentava di far ragionare la figlia: “Ti ha immischiato in questa storia rendendoti una sua complice! Mette in pericolo la tua vita ogni giorno, così come ha fatto con tua sorella! E io non gli permetterò di uccidere anche te!”

“Allora è di questo che si tratta! È di Sara che stiamo parlando” Laurel lo guardò negli occhi, sperando davvero che lui capisse “Arrow non ha ucciso Sara! Lui ha sempre cercato di proteggerla, l’ha aiutata, l’ha sostenuta. Non è morta per colpa sua”

Chiuse gli occhi, tentando di non lasciar cadere le lacrime che volevano uscire.

Ogni volta che si parlava di Sara vedeva il suo corpo senza vita precipitare giù dal tetto di quel palazzo e la rabbia le ribolliva nel sangue.

“Lui mi ha mentito! Mi ha tenuto nascosto la verità su di lei, ogni volta che mi consegnava criminali mi guardava negli occhi e mi imbrogliava! Per tutto questo tempo si è preso gioco di me, di noi!”

La voce di Quentin s’incrinò lasciando trasparire tutto il dolore per la perdita di Sara.

“Sono io quella che ti ha mentito, papà” sussurrò, troppo scossa dal dolore per riuscire a parlare più forte “sono io che avrei dovuto dirti subito che Sara era morta! Lui non doveva fare proprio nulla. Quindi se è di questo che si tratta, se è per vendicare Sara, se hai bisogno di incolpare qualcuno per affrontare il tuo dolore allora accusa me!”

“Laurel, ti prego” la supplicò “è un uomo pericoloso e va fermato. Dimmi dove si nasconde, per favore”

“Mi dispiace, papà. Non posso farlo” gli rispose, asciugandosi le poche lacrime che erano sfuggite al suo controllo.

Lui la osservò senza realmente riconoscere sua figlia. Era come se ci fosse un’estranea al suo posto, come se stesse indossando quella maschera nera e la lunga parrucca bionda.

“Lascia perdere, papà” gli consigliò “lascia a Starling City il suo eroe, ti prego”

Lui scosse la testa, contrariato, mentre si dirigeva verso la porta.

“Se non me lo dirai, allora lo scoprirò da solo. E quando avrò trovato il suo nascondiglio farò in modo che sia l’ultimo luogo che vedrà da uomo libero”

Sbatté violentemente la porta dietro di sé, mentre Laurel rimase immobile al centro della stanza, le lacrime salate che le solcavano il viso.

 

 

 

“Abbiamo un problema!” Laurel fece il suo ingresso al covo, nel suo usuale tailleur bordeaux, le scarpe con il tacco che risuonavano sul freddo pavimento.

Si stupì di trovare Oliver lì insieme ai due amici.

“Ti hanno rilasciato?” gli chiese, sollevata.

“Sì, non hanno prove che mi riconducano ad Arrow” le rispose, le braccia incrociate al petto e lo sguardo pensieroso.

“Che cos’è questa storia di Roy?” domandò, completamente all’oscuro dei fatti.

“Una trovata geniale per ingarbugliare ancora un po’ la situazione” commentò lui con evidente disappunto.

“Abbiamo un problema più grave, ora come ora” comunicò l’avvocato “Si tratta di mio padre. Non è caduto nella trappola di Roy. È fermamente convinto che Oliver sia Arrow e farà qualunque cosa per catturarlo. Mi ha supplicato di dirgli dove si nasconde e purtroppo non sono riuscita a farlo desistere dalla sua assurda caccia all’uomo. Per ora brancola nel buio ma è determinato più che mai e prima o poi la verità verrà a galla. E se scopre l’ubicazione del covo … siamo spacciati”

Oliver ascoltò in silenzio, camminando avanti e indietro, nervosamente.

“Vorrei tanto non doverlo dire ma …” Diggle ruppe il silenzio che si era venuto a creare “siamo attaccati su troppi fronti contemporaneamente e non sappiamo come gestire tutti questi problemi insieme. Dobbiamo far uscire Roy di prigione, tenere a distanza Ra’s Al Ghul e gli uomini della Lega, impedire a Lance di trovare prove contro Oliver e dio solo sa quali altri problemi ci attendono là fuori”

Felicity, Laurel e Oliver lo ascoltarono attentamente mentre ognuno di loro pensava ad un possibile soluzione.

“Dovremmo dividerci i compiti ma sarà molto dura essendo soltanto in tre” concluse sconsolato.

“Siamo quattro, John. Ma hai ragione, siamo comunque troppo pochi” lo corresse Oliver.

“No, Oliver” Felicity si voltò verso di lui “è meglio se tu non partecipi per un po’ ”

“Che cosa?” domandò lui incredulo.

“Sei appena stato accusato di essere Arrow, è meglio se non dai troppo nell’occhio in questi giorni”

“No, questo è fuori discussione. Non posso restare con le mani in mano, non posso nascondermi come un criminale”

“Oliver, non puoi andare là fuori con il tuo costume e salvare la città. Non finché Roy sarà in cella come Arrow, non finché tutta la polizia crede nella sua colpevolezza. Un arciere verde che si aggira indisturbato per le strade mentre il presunto vigilante è in prigione scatenerebbe un altro caos e il sacrificio di Roy sarà stato vano”

Felicity lo guardò, notando tutta la frustrazione e il dolore che quella situazione stava causando in lui.

“Devo parlare con Roy” annunciò Oliver “devo metterlo al corrente dei nostri piani, devo fargli sapere che non lo abbandoneremo”

“Pensi davvero che Lance ti lascerà parlare con lui?” domandò John.

“Non potrà impedirmelo quando verrà trasferito dalla centrale alla prigione”

“D’accordo ma dovrai essere molto prudente” gli ricordò Felicity “non puoi esporti o rischierai di complicare ancora di più la situazione”

“Pensate davvero di riuscire a liberare Roy?” chiese Laurel, piuttosto scettica “avrà sicuramente fornito importanti dettagli sulle missioni affinché la sua storia fosse credibile e prima o poi troveranno prove che lo colleghino alle attività del team. Sarà difficile farà cadere tutte queste accuse”

Felicity e Diggle si scambiarono un’occhiata, per poi guardare Oliver, cercando le parole giuste per dire a Laurel quali erano le loro vere intezioni.

“Io credo che quando parliamo di liberare Roy non sia …” Felicity esitò, giocando con i capelli biondi raccolti nella lunga coda di cavallo “proprio legalmente”

“Oh …” disse stupita Laurel “quindi volete farlo evadere? Come? Il carcere non è un parco divertimenti dove si può comprare un biglietto e provare tutte le giostre a vostro piacimento. Ci sono controlli, guardie, telecamere, poliziotti …”

“Io posso introdurmi nella rete del carcere e …” frenò il suo entusiasmo quando Laurel le lanciò un’occhiata poco rassicurante “disattivare le telecamere”

Fece girare la poltrona per nascondersi dallo sguardo dell’avvocato, tornando a fissare i suoi amati computer.

“E io posso introdurmi all’interno stendendo le guardie, senza preoccuparmi di essere visto e liberare Roy” disse Oliver.

“Mentre io li aspetterò all’uscita sul solito furgoncino nero, fingendomi l’addetto della lavanderia per il ritiro delle lenzuola” concluse Diggle.

“Piano geniale ma no Oliver, tu non farai irruzione nel carcere” controbatté Felicity “devi evitare di cacciarti nei guai: la polizia ti sta già abbastanza addosso così, senza aggiungere altri reati alla tua fedina penale”

“Ha ragione, Felicity” convenne Laurel “posso entrare io al tuo posto”

“Non se ne parla” la voce di Oliver risuonò forte e determinata “non ti lascerò entrare là dentro”

“Perché no? Sono migliorata molto ultimamente, sai anche tu che sarei in grado di portare a termine questo compito” rispose arrabbiata per la sua mancanza di fiducia.

“Non è per questo che non puoi andare, Laurel” Oliver si appoggiò al bordo del tavolo in metallo, al centro della stanza, mentre abbassava lo sguardo e ripensava alle parole che Lance gli aveva detto quella sera.

“Allora perché?”

“È per tuo padre” le disse “se per qualche motivo dovessero sorgere dei problemi, se venissimo scoperti, lui sarebbe il primo a venire a conoscenza del tentativo di evasione e gli si spezzerà il cuore quando capirà che sei coinvolta”

“Non devi preoccuparti di quello che penserà mio padre: già sa che ti aiuterò a nasconderti dalla polizia”

“No, non è solo questo. Ho fatto troppo male alla vostra famiglia: a te, a Sara, a tuo padre. E il discorso che mi ha fatto questa sera me l’ha fatto capire, ho realizzato quando lui abbia sofferto a causa mia”

“Questo non ha alcun senso … tu non hai …”

Oliver la interruppe prima che lei potesse finire di parlare: “Mi occuperò io di questa situazione perché è colpa mia se Roy è stato costretto a consegnarsi alla polizia. Inoltre se qualcosa dovesse andare storto lui avrà bisogno di un buon avvocato che lo tiri fuori dai guai, qualcuno che creda nella sua innocenza. E nessuno è più adatto di te per questo compito, ma se sarai coinvolta nella missione per farlo evadere non sarai più credibile e Roy passerà il resto dei suoi giorni in una cella” 

Laurel lo guardò mentre lui si allontanava dal tavolo e si avvicinava alla postazione di Felicity.

“Va bene” acconsentì lei infine “ma facciamo in modo che Roy non abbia bisogno di me”

“Felicity, ho bisogno che tu tenga d’occhio i movimenti di Lance e che mi informi di ogni sua più piccola scoperta. Lo stesso vale per te, Laurel” disse Oliver mentre si voltava verso Dig “Io e te invece ci occupiamo della Lega, dobbiamo scoprire il responsabile della morte del sindaco e di tutti gli altri”

 

 

 

L’aria pungente della notte gli solleticò il viso quando abbassò il cappuccio grigio della felpa che indossava.

Sapeva che avrebbe fatto bene a nascondersi, non farsi notare in giro per la città ma non poteva restare seduto in panchina a guardare gli altri giocare.

Aveva osservato a lungo quei palazzi dalla strada, che ora si trovava venti piani sotto di lui, in cerca di quello che godesse dalla vista migliore, della posizione ideale, della traiettoria più adatta. L’edificio da cui avrebbe potuto scoccare frecce con la maggior probabilità di centrare il bersaglio.

Era lì che si trovava in quel momento: sul tetto del palazzo da cui un uomo esperto ed allenato dalla Lega avrebbe potuto uccidere facilmente i suoi obbiettivi.

Di fronte a lui, dalla parte opposta della strada c’era il palazzo dove il sindaco era stato ucciso, nello stesso agguato in cui era stato ferito anche Ray Palmer.

Aveva bisogno di immedesimarsi nell’assassino, capire come aveva agito, quali difficoltà aveva dovuto affrontare, con quale angolazione aveva scoccato le frecce, con quale forza.

Le ricerche che avevano effettuato sulla Lega non avevano portato alcun risultato e dopo aver spedito Diggle e Felicity a casa, per riposare almeno un paio d’ore prima dell’alba, era uscito da covo per dirigersi lì, sperando che vedere la scena lo aiutasse a comprendere meglio quello che era successo.

Voleva trovare il responsabile, quell’uomo che uccideva fingendosi lui, incastrandolo e scatenandogli addosso l’intero corpo di polizia.

Immaginò di aver il suo arco tra le mani, di tendere la corda, la freccia in posizione, l’occhio fisso sul suo obbiettivo, le dita pronte e reattive a lasciar volare la sua arma, il battito del cuore che sentiva pulsare forte nelle orecchie, il respiro controllato per evitare anche la più piccola imprecisione.

Tutti i suoi sensi erano in allerta, capaci di percepire anche il più debole soffio di vento, il più sottile dei movimenti, tutti fruscii nell’aria intorno a lui.

Fu così che sentì qualcuno avvicinarsi, cautamente, alle sue spalle, convinto di non essere visto.

Oliver continuò i movimenti con le braccia, fingendo di non essersi accorto di quella presenza, facendo finta di scoccare una freccia.

Poi si voltò di scatto trovandosi di fronte ad una figura vestita di nero, un uomo che sapeva di conoscere.

“Maseo” disse, stupito di trovare proprio lui, ma al tempo stesso rincuorato.

Era l’unico membro della Lega degli Assassini con cui sapeva di poter ragionare.

“Sarab” lo corresse lui facendo scivolare giù il cappuccio, nero come la notte che li inghiottiva.

“Che cosa ci fai qui?”

“È strano detto da te, visto che dovresti essere in carcere” gli rispose avvicinandosi di qualche passo.

“Forse non ha seguito il notiziario” gli disse Oliver “dovresti aggiornarti”

“E tu dovresti nasconderti dalla polizia. Non credo che il capitano Lance sia felice di vederti girovagare libero tra le strade della sua città”

“Questo non è un tuo problema”

“Ogni cosa che ti riguarda è un mio problema. Come il fatto che tu sia qui, sul tetto di questo palazzo, a fissare il vuoto mentre fingi di scoccare frecce con un arco che non hai”

Oliver avanzò di qualche passo verso l’uomo, senza staccargli gli occhi di dosso: “Non fisso il vuoto, ma sono sicuro che tu questo lo sappia già. Sai benissimo quello che sto facendo, non è così?”

“Cerchi forse di farti ammazzare?” chiese con un sorriso beffardo sul viso.

“Il sindaco è morto. È stata assassinata da qui, con frecce verdi che hanno fatto credere alla città intera che Arrow fosse tornato ad uccidere. Ma entrambi sappiamo che è stato un uomo della Lega, una persona che eseguiva degli ordini, qualcuno manovrato come un burattino da Ra’s Al Ghul” incrociò i suoi occhi scuri, nascosti in parte da un ciuffo di capelli sfuggito al suo codino e mosso dal vento “Ora io voglio sapere chi sia questo burattino. Voglio consegnarlo alla giustizia, voglio che Ra’s Al Ghul lo veda e che capisca che nessuno può fare del male alla mia città senza pagarne le conseguenze”

“Allora fallo, Oliver. Consegnami alla polizia. Ma sappi che non ti crederà nessuno, servirà solo a renderti ancora più ridicolo davanti agli occhi di tutti”

“Tu?” Oliver non poté fare a meno di essere sorpreso. Sapeva che Maseo era cambiato dopo Hong Kong, sapeva che era diventato un assassino, ma sperava non fosse il responsabile di quella strage. Credeva ancora in lui nonostante tutto, credeva nell’uomo che aveva conosciuto, quello che era disposto a tutto pur di salvare la sua famiglia, quello che voleva solo tornare a casa in Giappone, quello che lo aveva aiutato nei mesi dopo l’isola. L’amico che l’aveva sostenuto nelle folli missioni della Waller, quello che gli aveva salvato la vita dopo il duello contro Ra’s, quello per cui aveva messo a repentaglio la propria vita per salvare Tatsu e proteggere Akio. 

"Perchè l'hai fatto? Perchè hai ucciso delle persone innocenti?" domandò arrabbiato.

"Perché così mi é stato detto di fare"

"Tu sei migliore di così, Maseo. Non sei un assassino, non uccidi innocenti solo perché qualcuno te lo ordina!"

"Forse non mi conosci poi così bene, Oliver"

Lui trattenne la rabbia che provava in quel momento, cercando di restare lucido e carpire quante più informazioni possibili.

"Perché proprio il sindaco? Perchè rischiare tanto quando potevate uccidere dei cittadini qualunque, persone più deboli ed indifese?" 

"Davvero non lo sai?" Maseo prese a camminare in tondo, mentre osservava Oliver, immobile al centro del grande spiazzo che era quel tetto "non era lei l'obbiettivo. L'ho uccisa per prima per sviare ogni sospetto, per far credere a tutti che fosse lei il bersaglio"

Oliver si voltò guardandolo mentre continuava a camminare.

"Chi?" chiese "Chi era il vero obbiettivo?"

"Ti facevo più perspicace di così. Vedi Ra's ha deciso di portarti via ogni cosa cara che ti é rimasta, a partire dalla tua cittá. E c'è qualcosa che ti sta particolarmente a cuore, qualcosa che perderai presto"

Sarab si fermò lasciando che le sue parole investissero Oliver con il loro potente significato.

"C'era qualcuno che avrebbe partecipato alla riunione del sindaco, un uomo importante. E sapevamo che lui non si sarebbe presentato da solo" spiegò guardando Oliver con i suoi penetranti occhi scuri "il suo braccio destro era l'obbiettivo, la sua adorabile assistente"

Il cuore di Oliver iniziò a battere come un tamburo impazzito mentre la paura si impossessava di lui.

"Ricordo di aver visto il suo viso spaventato attraverso la finestra, gli occhi sorpresi e impauriti dietro le lenti dei suoi occhiali"

Quelle parole ebbero su Oliver un impatto devastante. Non ebbe neanche il tempo di percepire la rabbia che lo assaliva che giá si era scagliato contro Sarab, spingendolo contro il cornicione del palazzo.

I suoi occhi erano colmi d'ira e il terrore stava prendendo il sopravvento, mischiato ad un irrefrenabile istinto omicida.

Bloccò l'uomo con il peso del suo corpo, il braccio che premeva sul collo di Maseo stringendo la presa ogni istante di più.

"Non osare!" urlò in preda a quella collera che non aveva intenzione di controllare "non provare neanche a toccarla o giuro che ..."

La voce di Maseo risuonò strozzata dal momento che Oliver premeva con forza sulla sua gola: "Che cosa, Oliver? Mi ucciderai? Non sei poi così diverso dall'assasino che giuri di non essere"

Oliver allentò leggermente la morsa in cui lo teneva bloccato senza però lasciarlo andare, mentre il pensiero di quello che sarebbe potuto succedere lo stava logorando.

"É stato un peccato che Palmer si sia gettato per salvarla, prendendosi una freccia al suo posto" commentò il giapponese.

Oliver non poteva credere alle sue orecchie: non c'era più un briciolo di umanitá in quello che un tempo era stato suo alleato.

"Dannazione, Maseo! Perché lo hai fatto? Eri mio amico, io mi fidavo di te!" gli urló contro tutta la sua frustrazione, l'odio e la rabbia che provava nei suoi confronti in quel momento "ho sempre avuto fiducia in te, anche quando sei entrato a far parte di quella setta assassina! Mi hai salvato la vita dopo il duello contro Ra's, mi hai aiutato a fuggire dalla Lega. Perché mi fai questo ora?"

Lui non rispose subito, si limitò ad osservare tutto il dolore che stava distruggendo Oliver Queen, quella rabbia che avrebbe sgretolato la sua vita frantumandola in mille pezzi.

“Perché quando Felicity morirà, non ti rimarrà più nulla, nulla per cui vale la pena vivere. E allora l’unica cosa che resterà nella tua vita sarà la sua proposta. Diventerai l’erede del Demone”

“Non lo farò mai!” gli sputò quelle parole addosso, con tutta la rabbia e la disapprovazione che provava “Potevi fare di tutto ma non provare a fare del male a lei! É come se io avessi tentato di uccidere Tatsu"

Il nome della donna ebbe uno strano effetto su Maseo anche se lui cercò di nasconderlo.

Ma Oliver sapeva che nonostante tutto lui teneva ancora molto a sua moglie, sapeva che lei rappresentava ancora una parte importante della sua vita.

“Lascia Felicity fuori da questa storia! Non provare neanche a toccarla" Oliver lo strattonò nuovamente con forza, ribadendo il concetto.

“Allora è proprio vero” commentò guardandolo negli occhi “non ne ero così convinto quando Ra’s me ne ha parlato”

“Convinto di cosa?”

“Che lei contasse davvero qualcosa per te. È molto più importante di quando credessi”

“Ra’s vuole me!” urlò con forza “Lei non c’entra. Se in te è rimasto ancora un po’ dell’uomo che ho conosciuto, se tutto quello che abbiamo passato insieme ad Hong Kong ha significato qualcosa, se sei mai stato davvero mio amico, allora lasciala in pace. È l’ultimo favore che ti chiedo”

“Perché dovrei?”

“Perché la amo” sussurrò quelle parole mentre sentiva le lacrime inumidirgli gli occhi “e non c’è nulla che conti più di lei, al mondo”

Non riusciva nemmeno a spiegare quel dolore che gli straziava il cuore in quel momento, che esplodeva come una bomba nel petto, dilaniandolo, distruggendo ogni cosa che trovava sul suo cammino.

“Ti supplico, Maseo" ricacciò indietro le lacrime mentre il vento freddo della sera gli sferzava il viso.

"Maseo non esiste più! L'amico che conosci é morto tre anni fa, in quel maledetto giorno ad Hong Kong!" gli rispose mentre un lampo di rabbia attraversava i suoi occhi neri come la pece "esiste solo Sarab, adesso"

"Non possono vivere due persone in un solo uomo. Me lo hai detto tu, Maseo" gli ricordò.

"Ironico detto da te che sei contemporaneamente Oliver Queen e Arrow"

"Oliver Queen ed Arrow sono la stessa persona" dirlo ad alta voce stupì perfino sé stesso ma sapeva che era la veritá.

Ci era voluto un po’ di tempo affinché lui lo capisse ma ora ne era consapevole: non c'era alcuna distinzione tra lui e il vigilante.

"E anche Maseo e Sarab sono la stessa persona, quella che ho conosciuto in Cina, quella disposta a tutto pur di salvare la sua famiglia. E io credo ancora in quell'uomo" disse liberandolo dalla sua stretta.

Si allontanò da lui, diretto verso la scala che conduceva fin lì.

"Te ne vai così? Non mi uccidi, Oliver? Non mi consegni alla giustizia?” gli chiese, in parte stupito dal suo comportamento.

Oliver si voltò, tornando sui suoi passi: “Ho fatto delle ricerche prima di venire qui. Volevo scoprire chi fosse il responsabile dell’omicidio del sindaco e sai che cosa ho trovato?”

Si fermò in attesa di una risposta da parte dell’uomo di fronte a lui ma tra loro calò il silenzio.

“Nulla” spiegò dopo qualche istante “credi davvero che sia così stupido da credere di averti trovato qui per caso? Sapevi che stavo venendo qui, Ra’s lo sapeva, e ti ha mandato lui da me. Quindi no Maseo, non ti ucciderò. Non ti farò arrestare perché sono sicuro che

questo è ciò che vorrebbe lui e significherebbe fare il suo gioco. E io non ho intenzione di assecondare i suoi folli progetti”

Lo guardò negli occhi per un istante per poi tirare su il cappuccio della felpa e allontanarsi da lui, sparendo giù nella tromba delle scale.

 

 

 

Si ritrovò al covo meno di mezz’ora più tardi.

Sentiva la stanchezza impossessarsi di lui, rallentare i suoi movimenti e affaticare i suoi muscoli. Ma sapeva che quando avrebbe chiuso gli occhi mille pensieri avrebbero affollato la sua mente, decine di problemi senza soluzione lo avrebbero tormentato impedendogli di risposare.

Si stupì quando, entrando, notò una donna dai lunghi capelli biondi seduta alla sua solita postazione.

Si accorse che erano quasi le cinque del mattino: aveva trascorso molto più tempo sul tetto di quel palazzo di quanto pensasse.

Ma non riusciva comunque a spiegarsi la sua presenza lì.

“Felicity” la chiamò mentre scendeva le scale, improvvisamente attratto dalla sua figura snella che si alzava dalla poltrona.

“Oliver” la sua voce risuonò melodiosa alle orecchie dell’uomo, come la più dolce delle sinfonie.

E in fondo non gli importava perché fosse lì invece di essere a casa a riposare, l’unica cosa che contava era che lei fosse reale, davanti ai suoi occhi, sana e salva.

Il solo pensiero di quello che Maseo le avrebbe potuto fare lo uccideva, sapere che lei era in pericolo e lui non era lì per proteggerla lo mandava letteralmente fuori di testa.

Non avrebbe mai pensato di dover ringraziare Palmer ma ora si sentiva in debito con lui, per quello che aveva fatto.

Scese gli ultimi scalini di corsa avvicinandosi a Felicity a grandi passi.

Notò l’espressione stupida della donna nel vederlo avanzare determinato verso di lei mentre rimaneva immobile, in attesa della sua mossa.

Incrociò i loro sguardi e senza staccare gli occhi da quelli di lei colmò quell’insignificante metro che ancora li divideva.

L’accolse con foga tra le sue braccia, cingendole la schiena.

L’abbracciò tenendola stretta a sé, beandosi di quel contatto e respirando a fondo il suo profumo.

Felicity rimase stupita da quel gesto inaspettato e le ci vollero un paio di secondi per riuscire a reagire e contraccambiare.

Non sapeva che cosa stava succedendo ma il contatto con il corpo caldo di Oliver fu molto più piacevole di quanto potesse immaginare.

Passò le sue braccia intorno alle spalle possenti del suo eroe, stringendolo a sua volta.

“Va tutto bene, Oliver?” gli chiese mentre sentiva il suo viso posarsi delicatamente sulla propria spalla.

Tremò quando il respiro di Oliver s’infranse sulla pelle sensibile del collo, per rispondere alla sua domanda: “Fino a quando tu sarai qui con me, Felicity, allora sì …. Andrà tutto bene”

La sua voce ridotta a poco più di un sussurro le fece venire la pelle d’oca mentre tentava di capire che cosa gli fosse successo di così grave da spingerlo ad abbracciarla stretta, aggrappandosi a lei come se fosse l’unico appiglio per non farsi trascinare via dalla corrente.

“Oliver” lo chiamò ancora sciogliendo l’abbraccio per poter vedere il suo viso “che cosa ti è successo?”

Nello stesso istante in cui incrociò i suoi occhi azzurri capì che c’era qualcosa che non andava, qualcosa che lo aveva profondamente scosso.

C’era una grande tristezza nel suo sguardo, gli occhi umidi da quelle sembravano minuscole lacrime, pronte ad uscire.

Felicity non si ricordava di aver mai visto Oliver piangere.

Nessuno riusciva a fargli perdere il controllo sulle sue emozioni, nessuno riusciva a distruggere quel grande autocontrollo che lo faceva apparire forte, imperturbabile e, alle volte, poco umano.

Lui non rispose subito, si limitò a perdersi nei suoi occhi, celati in parte dagli occhiali, mentre le sfiorava il viso in una carezza impercettibile.

Fu come il più leggero dei soffi di vento ma Felicity tremò, la pelle rosea delle guance scossa da un leggero brivido.

Lui non poteva starle così vicino, accarezzarla con naturalezza come se fosse il più normale dei gesti, guardarla con quegli occhi azzurro cielo e pretendere che lei rimanesse impassibile, come se non fosse successo nulla.

Non poteva chiederle di restare distaccata, di non provare emozioni, di impedire al suo cuore di iniziare a battere come un tamburo.

Sostenne il suo sguardo e attese fino a che lui si sentisse pronto a raccontale quanto gli era accaduto.

Passò qualche istante, che a Felicity parve durare un’eternità, poi Oliver prese un lungo respiro e parlò.

 

 

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Capitolo 2
*** Metaumano ***


boh

Everything I did, everything that happened has led me right here.

 

Cap.2- Meta-umano

Passò qualche istante, che a Felicity parve durare un’eternità, poi Oliver prese un lungo respiro e parlò.

 

"Sono andato sul palazzo da cui hanno saparato al sindaco...." spiegò allontandosi da Felicity quel poco che bastava per guardarla negli occhi.

"Che cosa hai fatto?" domandò lei al contempo stupita ed arrabbiata "Oliver non puoi andare a visitare scene del crimine come se nulla fosse, non dopo che hanno sospettato di te proprio per quel crimine!"

"Lo so, hai ragione. Ma le ricerche non hanno portato a nulla e io non potevo restare qui a contemplare il vuoto" le disse facendo scivolare le mani sulle braccia delicate della donna.

Lei sbuffò in risposta, sapendo che era troppo testardo per ascoltare i suoi consigli.

"Che cosa é successo?" domandó invece "qualcuno ti ha visto? Hai di nuovo la polizia alle costole?"

"No, no" si affrettò a rassicurarla "ma sul tetto da cui hanno scagliato le frecce é arrivato Maseo"

Esitò prima di continuare il suo discorso: "É stato lui. Lui ha ucciso il sindaco"

Felicity elaborò il significato di quelle parole ma non riuscì a capire il motivo per cui lui avrebbe dovuto essere così scosso.

"Oliver, so che conoscevi già Maseo e anche se non sono a conoscenza dei dettagli sono sicura che tu ti fidassi di lui. Ma ora quell'uomo é entrato a far parte della Lega, sai meglio di me che non puoi contare su di lui ... Si é alleato con Ra's Al Ghul e anche se posso comprendere quanto ciò ti dispiaccia, non vedo il motivo per esserne tanto scosso"

"Non é per questo, infatti" si torturò le labbra con i denti, chiaro segno del suo nervosismo "é per quello che mi ha detto"

Felicity rimase in attesa mentre le mani di lui lasciavano le sue braccia e scendevano ad afferrare i suoi palmi.

Spostò lo sguardo verso il basso mentre sentiva le dita dell'uomo incrociarsi con le sue, in un contatto piacevole ma al tempo stesso completamente inaspettato.

Da quando lei aveva cominciato a frequentarsi con Ray, i rapporti tra loro si erano raffreddati e le era sembrato che lui evitasse ogni contatto fisico con lei, limitandosi al minimo indispensabile.

Sembrava che a volte facesse perfino fatica a guardarla negli occhi, ma in quel momento tutto quel gelo tra loro sembrava essersi sciolto come neve al sole.

"Il sindaco non era la persona che doveva uccidere, non era il vero bersaglio che Ra's gli aveva ordinato di eliminare. Era soltanto un diversivo, per farci credere che lo fosse. E io ci ho creduto, non mi sono assolutamente reso conto di quello che stava realmente succedendo ...."

“Oliver non devi colpevolizzarti per questo. Nessuno avrebbe potuto capirlo” gli rispose stringendo la presa sulle mani dell’uomo, per infondergli coraggio.

“Invece sì. Avrei dovuto capire che Ra’s avrebbe fatto di tutto per distruggermi, che avrebbe colpito ogni cosa a me più cara” scosse la testa, arrabbiato con sé se stesso per aver lasciato Felicity esposta ad un tale pericolo.

Non riusciva a proteggerla neanche standole lontano. Ogni suo piano, ogni suo tentativo di tenerla al sicuro stava fallendo miseramente.

“Oliver” la voce di lei lo distolse da quei pensieri “chi era il vero obbiettivo?”

Lui chiuse gli occhi, respirando a fondo, cercando di non dare a vedere quel dolore che lo stava distruggendo.

“Loro sapevano che Palmer avrebbe partecipato a quella riunione e ….  ed erano sicuri che sarebbe stato accompagnato dalla sua assistente” esitò mentre lei realizzava quanto le era stato detto.

“Volevano me?” domandò, sapendo bene quale fosse la risposta.

“Sì” rispose lui mentre stringeva ancora le sue mani “perché sanno quanto tu sia importante per me, perché vogliono togliermi tutto fino a che accetterò la proposta di diventare il nuovo Ra’s. E non si daranno per vinti fino a quando non avranno ottenuto ciò che vogliono”

Distolse lo sguardo da lei, non sarebbe riuscito a guardarla negli occhi ancora per molto.

“Non pensarci neanche” la voce di Felicity era determinata mentre le dita di lei lasciavano le mani dell’uomo per posarsi sul suo mento, obbligandolo a far incrociare i loro sguardi.

Lui la guardò interrogativo, senza capire.

“Ti conosco fin troppo bene, Oliver. E so quello che stai pensando, so che credi che consegnarti a loro, diventare il nuovo capo della Lega, sia l’unico modo per mettere fine a tutto questo. Ma non è così”

“Lo è” sospirò lui rassegnato.

“No”

“Non posso proteggerti, Felicity” urlò lui arrabbiato “non posso nasconderti da loro, la Lega ti troverà in ogni caso e io … io non posso permettere che ti trovino”

“Allora non nascondermi, Oliver” disse risoluta “non ho paura di loro. E il fatto che io sia qui in questo momento, disposta ad aiutarti in qualsiasi tua folle impresa, lo dimostra. Ho fatto la mia scelta. Ho deciso di aiutarti perché credo in quello che fai, credo nell’eroe che sei! Perché la tua battaglia è anche la mia”

Oliver la guardò negli occhi leggendo tutta la sua determinazione, la convinzione che la spronava a reagire, a non arrendersi.

“E non permetterò a nessuno di farmi cambiare idea” concluse.

“No, è troppo pericoloso” scosse la testa, contrario all’idea di lasciare che lei si esponesse tanto “Devi lasciar perdere, devi … starmi lontana”

“No, non ti permetterò più di farmi allontanare da te” sussurrò avvicinandosi a lui “mai più”

“Felicity, se ti dovesse succedere qualcosa io …” posò le mani sul suo viso, avvicinandola ancora.

Così vicino che poteva sentire il suo respiro fondersi con il proprio e inalare il suo profumo a pieni polmoni.

“Tu andresti avanti con la tua vita” disse lei al suo posto, assottigliando la distanza tra i loro volti “se mi succedesse qualcosa, avrai ancora Dig, Roy, Laurel su cui poter contare, avrai ancora Thea da proteggere, avrai la tua città da salvare. Saresti ancora Arrow, l’uomo generoso che rischia la sua vita per il bene degli altri. Anche se io non ci fossi più, tu resteresti sempre l’Oliver che ho conosciuto, rimarrai per sempre il mio eroe”

“No, no. Non mi rimarrebbe più niente, nulla conterebbe più senza di te …” le accarezzò le guance con le dita mentre il pensiero di un mondo senza Felicity lo faceva rabbrividire.

Ora lei gli era così vicino da fargli battere forte il cuore, sentire il desiderio viscerale di assaggiare le sue labbra e baciarla fino a perdere il fiato.

“Oliver …” la voce le morì sulle labbra mentre sentiva il tocco delicato dei suoi polpastrelli sul viso.

“Nulla è più prezioso di te, Felicity …” sussurrò sulle sue labbra.

E lei percepì il suo respiro accanto al suo, infrangersi sulla sua pelle mentre il cuore iniziava la sua folle corsa nel petto.

Non seppe con precisione quello che avvenne dopo.

Credeva che avrebbe chiuso gli occhi e che le labbra di Oliver si sarebbero posate sulle sue, che l’avrebbe baciata e stretta a sé come la cosa preziosa che le diceva di essere per lui.

E forse gli occhi lei gli chiuse davvero, ma non ci fu nessun bacio.

Solo l’insistente beep d’allarme proveniente dai computer alle loro spalle.

Ritornò con i piedi per terra e si allontanò come se fosse rimasta scottata dalla troppa vicinanza con il corpo di Oliver.

In realtà voleva solo nascondere il rossore che sapeva avrebbe imporporato   le sue guance da lì a qualche istante, così si voltò e si finse interessata a quel fastidioso rumore.

Fissava il monitor senza vederlo davvero, senza capire quello che realmente accadeva fino a quando la voce di Oliver ruppe il silenzio: “Che cosa sta succedendo?”

Felicity riaccese il cervello e rispose poco dopo, la voce tornata sicura e professionale: “C’è stato un incidente, sullo Starling’s Bridge”

“Non ci possiamo occupare di incidenti stradali” commentò lui ma venne subito interrotto.

“Forse di questo dovremmo” ripose lei, spaventata da quello che aveva appena scoperto.

“Per quale motivo?”

Felicity mostrò le immagini delle telecamere di sicurezza sul monitor, dopo aver abilmente hackerato il sistema di sorveglianza.

Si vedeva chiaramente un uomo, giacca lunga di panno e felpa con cappuccio tirato sul viso, camminare tranquillamente sul ponte in mezzo alle corsie trafficate.

Meno di cinque secondi più tardi due auto vennero improvvisamente scagliate giù dal ponte mentre ancora viaggiavano a velocità sostenuta.

“Com’è possibile?” chiese Oliver, che guardava lo schermo del computer da dietro la spalla della donna.

“Non ne ho idea” rispose “provo a mandare il filmato al rallentatore, magari riusciamo a capire qualcosa in più”

Videro lo stesso uomo, di spalle, camminare lentamente sul ponte, poi le due macchine accanto a lui, come se fossero state investite da una forte energia si inclinarono su un fianco, appoggiando solo più su due ruote.

I finestrini si frantumarono in mille pezzi, come implosi senza un reale motivo, mentre la maggior parte delle schegge precipitavano dentro l’abitacolo.

Un millisecondo più tardi le auto vennero scaraventate verso il bordo del ponte, superando le barriere protettive e finendo ben presto a mollo nell’acqua del fiume.

Seguirono diversi tamponamenti dal momento che gli autisti, ignari del pericolo, procedevano speditamente.

Felicity iniziò a pigiare velocemente le dita sulla tastiera mentre Oliver si stupiva di quanto aveva appena visto: “provo a vedere se c’è un’angolazione migliore e con un po’ di fortuna magari riesco a migliorare l’immagine”

Oliver attese, le braccia incrociate al petto, mentre alla radio, sintonizzata sulla frequenza della polizia, venivano richiesti rinforzi per l’incidente.

“Ci siamo” informò Felicity quando riuscì ad ottenere un’inquadratura migliore e una qualità del video decisamente più nitida.

Ingrandì sull’uomo e ciò che videro lasciò esterrefatti entrambi. 

Poco prima che quel disastro avesse inizio lui agitò le mani creando dal nulla una lingua di energia che si abbatté violentemente sulle macchine, fino a sbalzarle fuori.

“Non può essere vero” commentò lui, ancora stupito.

“Potrebbe esserlo” disse invece lei “se solo fossimo a Central City”

“Intendi dire che si tratta di un meta-umano?” domandò Oliver, incredibilmente serio.

“No, certo che no, stavo solo scherzando” rispose ma quando incrociò i suoi occhi realizzò che la sua folle ipotesi non era poi così … folle “O forse no”

“Devo andare”

Oliver s’incamminò deciso verso la sua teca, ricordandosi solo dopo di non poter indossare vestire i panni di Arrow. Si maledì per quella forza dell’abitudine che lo spinse fin lì, a fissare con malinconia il manichino spoglio.

Il suo costume verde lo aveva Roy e chissà com’era ridotto ora, trattato come prova dalla polizia.

Felicity si alzò dalla sua postazione, decisa a ricordargli con forza che non poteva uscire e rischiare di farsi nuovamente arrestare, ma quando lo vide davanti alla teca con quello sguardo triste e pensieroso non riuscì a rimproverarlo.

“Oliver” lo chiamò dolcemente, posando una mano sul suo braccio.

Lui non disse nulla, si limitò a guardarla mentre già sapeva che cosa lei gli avrebbe detto.

“Chiamo Dig e Laurel” disse invece, mentre gli voltava le spalle per prendere il suo cellulare abbandonato sulla scrivania “se ne occuperanno loro”

“E noi restiamo qui, senza fare nulla?” domandò una volta terminata la telefonata.

“Esiste una cosa chiamata ‘ricerca’ ” disse lei mimando le virgolette con le dita “quella cosa noiosa che faccio io di solito, insieme a quelle macchine strane chiamate computer. Ti dice qualcosa?”

Le sue parole riuscirono a strappargli un sorriso, nonostante la tensione di quei giorni.

“D’accordo” acconsentì avvicinandosi a lei, senza perdere quel sorriso “non sono un esperto in queste cose, ma pensi che posso darti una mano in qualche modo?”

“Speravo tanto che ti offrissi volontario” lo prese in giro lei, tornandosi a sedere sulla sua amata poltrona.

 

 

 

 

Era ormai le sette del mattino quando Laurel e Diggle fecero ingresso al covo.

Il sole era ormai sorto e illuminava debolmente la città con i suoi raggi tiepidi, mentre sul ponte c’erano ancora decine di auto bloccate.

I due, di ritorno dalla perlustrazione della scena dell’incidente, trovarono Oliver e Felicity seduti uno accanto all’altro alla postazione dell’informatica mentre conducevano ricerche.

Felicity si tolse gli occhiali, abbandonandoli sulla scrivania, per poi stropicciarsi gli occhi con le mani mentre non riusciva a trattenere un enorme sbadiglio.

Aveva bisogno di dormire. Il suo corpo stava chiedendo pietà ma sapeva che non poteva permettersi qualche ora di sonno, non quando la città era in pericolo sotto l’attacco di un possibile meta-umano.

Si alzarono andando incontro ai due amici: “La polizia brancola nel buio” li informò Diggle.

“Non riescono a capire come quelle auto siano potute finire oltre la banchina senza un valido motivo” proseguì Laurel “ma tutti concordano sul fatto che c’era un uomo sul ponte, che camminava in mezzo alle macchine. È l’unica cosa strana che hanno notato”

“Sappiamo già che è lui il responsabile dell’incidente” convenne Felicity.

Aveva già messo a conoscenza i due membri del team sulla possibilità che il loro uomo fosse un meta-umano ma tutti facevano ancora fatica a crederci.

O meglio, speravano di sbagliarsi.

“Nessuna traccia di lui, nessuna prova, nessun indizio che possa aiutare le indagini” disse John “non abbiamo idea di chi sia”

“Forse abbiamo qualcosa, invece” lo corresse Oliver “Felicity ha usato il programma di riconoscimento facciale a partire dal video delle telecamere e con un altro centinaio di cose informatiche che non capisco, è riuscita a trovare un nome e importanti informazioni sulla vita di quel tizio”

“Si chiama Jake Simmons, trentun’anni, originario di Starling City” spiegò lei “ma ha studiato Fisica al college a Central City. Nessuno ha più avuto notizie di lui dalla notte dell’esplosione dell’acceleratore di particelle agli Star Labs. I suoi genitori hanno sporto denuncia di scomparsa ma la polizia non lo ha mai trovato. Ho controllato tutte le possibili tracce come pagamenti con carta di credito, ospedali per un eventuale ricovero post esplosione, alberghi, motel e affittacamere scadenti, cellulari e dispositivi di ogni genere, e un sacco di altre cose che chiaramente non vi interessano …” disse mentre si rendeva conto di essersi persa in chiacchiere inutili “insomma non ho trovato nulla di nulla. È come se si fosse volatilizzato da allora fino a ieri, quando si è registrato in un motel sotto finto nome, qui a Starling City. Non sembra aver contattato la sua famiglia quindi non è tornato per loro”

Prese fiato mentre Diggle e Laurel acquisivano le informazioni appena ricevute.

“Odio doverlo dire ma …” Felicity si lasciò cadere sulla sua poltrona, visibilmente esausta “tutto fa pensare che lui sia un meta-umano con qualche incontrollabile potere”

Calò il silenzio per qualche istante mentre ognuno pensava ad una possibile spiegazione logica.

“Non avrei idea di come affrontarlo” disse Dig afflitto mentre si sedeva sul bordo del tavolo metallico al centro della stanza.

“Abbiamo chiamato Barry” aggiunse poi lei “ma purtroppo non conosce nessun uomo con quel nome. E non può esserci di grande aiuto dal momento che Central City sembra sia messa a soqquadro da decine di meta-umani diversi che si sono coalizzati per distruggere ogni cosa”

“Cisco ci ha promesso che ci farà avere un paio di super manette che ha inventato lui stesso, in grado di resistere a meta-poteri di qualunque genere” disse Oliver “ma temo dovremmo catturarlo da soli”

“Rischiamo di impazzire se andiamo avanti così” dichiarò Laurel, prendendosi la testa fra le mani “dobbiamo trovare il modo di affrontare un problema alla volta”

“Questa mattina Roy sarà trasferito in carcere, perciò oggi pomeriggio andrò a parlare con lui per chiarire la situazione” li informò Oliver “Felicity seguirà le tracce di Simmons per cercare di scoprire qualcosa in più su di lui, dove si nasconde, se e come intende colpire ancora la città con i suoi poteri. Laurel tu dovrai andare a lavorare ma vedi se riesci a carpire qualche informazione da tuo padre, per lo meno sul’incidente. Diggle e io penseremo ad un piano per far evadere Roy e a come catturare il nostro nuovo amico”

Una volta divisi i compiti Laurel uscì dal covo per dirigersi in ufficio mentre Oliver osservava Felicity, assonnata e stanca, che si metteva di nuovo al lavoro davanti ai computer.

Guardò sconsolata i monitor davanti a lei, senza idee su come rintracciare Simmons. Aveva programmato il riconoscimento facciale in modo che analizzasse tutti i filmati delle telecamere della zona, sperando che prima o poi lui comparisse in almeno uno di essi.

Purtroppo però non c’era molto altro da fare che aspettare una sua prossima mossa.

Sbadigliò ancora e sussultò quando sentì la mano di Oliver posarsi delicatamente sulla sua spalla.

“Felicity” la chiamò “da quanto non dormi?”

Lei voltò il viso verso di lui con gli occhi stanchi, dietro le lenti degli occhiali, che osservavano il suo amato cielo blu. Per tutta risposta sbadigliò ancora.

“Non puoi fare molto ora, meglio se ti riposi almeno un po’ ” le consigliò guardando l’ora. Erano ormai le 7.30.

“Mi rimane un’ora e mezza prima di dover andare in ufficio” commentò stancamente mentre raccoglieva le sue cose, diretta a casa.

“No” la fermò prendendole la borsa di mano e posandola nuovamente sulla scrivania “è meglio se rimani qui. Non voglio che tu vada in giro sola per la città, non quando sei l’obbiettivo della Lega”

“Oliver, io devo …”

“Non si discute su questo” troncò sul nascere ogni polemica “puoi impossessarti della mia brandina, non è il letto più comodo del mondo ma meglio di niente. E al lavoro ti accompagno io, o Dig”

“Non ho bisogno di un baby-sitter …” cercò di lamentarsi ma il suo sguardo serio e preoccupato la fece desistere.

Si preoccupava per lei.

E per quanto fosse asfissiante la maggior parte delle volte, era consapevole che lo faceva unicamente per il suo bene.

Non aveva ancora pienamente realizzato come fosse essere, in prima persona, l’obbiettivo di una setta di assassini spietati ma poteva comprendere come lui si sentisse.

Anche lei aveva paura di perderlo per colpa di Ra’s, anzi era terrorizzata. Ricordava ancora bene la sensazione di vuoto e gelo che aveva provato durante quelle settimane in cui tutti credevano fosse morto.

Perciò si limitò ad annuire, dirigendosi verso quel giaciglio di fortuna.

Si sdraiò mentre vide Oliver avvicinarsi con un paio di coperte: le stese sul suo corpo e le rimboccò mentre lei si rannicchiava al caldo e chiudeva gli occhi.

Si addormentò immediatamente ma prima di cadere nel sonno, giurò di aver sentito le sue dita sfiorarle il viso, in una timida carezza.

 

 

 

“Oliver” la voce di Diggle lo riportò con i piedi per terra, dopo che si era perso ad osservare Felicity mentre dormiva.

Si voltò avvicinandosi all’amico.

“Che cosa succede?” gli domandò John.

“Cosa intendi?”

“Il fatto che tu sia più protettivo e paranoico con Felicity del solito, cosa che credevo praticamente impossibile” spiegò “perché?”

Oliver sospirò, infilando le mani in tasca e abbassando lo sguardo.

Non gli aveva ancora raccontato del suo scontro con Maseo né di quello che aveva scoperto.

“Ra’s vuole uccidere Felicity” disse diretto.

“Che cosa?” Dig rimase scioccato per qualche istante.

Oliver si sedette sul bordo della brandina, accanto al corpo della donna addormentata, per poi raccontare dettagliatamente all’amico quello che era successo un paio d’ore prima sul tetto di quel palazzo.

“Lui sa che lei è la cosa più importante che ho” disse mentre si prendeva la testa fra le mani, tentando di non pensare alla rabbia e alla paura che lo assalivano ogni volta che ci pensava.

“Oliver so che sei preoccupato e lo capisco ma non puoi rinchiudere Felicity qui e non lasciarle vivere la sua vita” gli disse Dig “per questo è necessario che tu sconfigga Ra’s una volta per tutte. E per farlo hai bisogno di ognuno di noi, anche di Felicity”

Oliver annuì, consapevole che non sarebbe mai riuscito a sconfiggere da solo il capo della Lega degli Assassini.

 

 

 

Erano ormai passate le nove quando Oliver si trovò solo al covo.

Diggle aveva accompagnato Felicity alla Palmer Technologies nonostante la preoccupazione di Oliver: temeva che Maseo, o qualche altro membro della Lega, provasse ad ucciderla e il suo posto di lavoro non era di certo il luogo più sicuro al mondo.

Non riusciva a darsi pace e il silenzio assordante dello scantinato del Verdant, insieme alla sua prigionia forzata, non lo aiutava di certo.

Si sedette sulla poltrona di Felicity, controllando se ci fossero novità su Jake Simmons. Non era di certo un mago con la tecnologia ma per fortuna la donna gli aveva spiegato come e cosa cercare, in caso di bisogno.

Non c’era alcuna traccia del meta-umano che, per quanto ne sapevano, poteva attaccare nuovamente da un momento all’altro.

John ritornò pochi minuti più tardi e lui non esitò a chiedergli se avesse notato qualcosa di strano o sospetto intorno all’edificio della sua ex-azienda.

Non ebbe neanche il tempo di sentire la risposta che un altro beep insistente, come quello della notte appena passata, riecheggiò nell’aria.

“Che cosa succede?” domandò Dig mentre Oliver scorreva velocemente gli occhi sul monitor.

“C’è qualcosa di strano, al museo di botanica. Non si conoscono ancora le dinamiche dell’accaduto ma la polizia è già pronta ad intervenire” rispose mentre cercava altre informazioni utili.

“Pensi che sia stato lui?”

“Non lo so ma …” disse mentre le immagini dell’edificio comparivano davanti ai loro occhi, tutte le finestre distrutte in mille cocci sparsi sul marciapiede e sull’asfalto “se non fosse opera sua, sarebbe una coincidenza piuttosto strana”

“Ci penso io” disse Diggle mentre prendeva la sua fidata pistola e si dirigeva verso l’uscita “tu rimani qui, Oliver”

“D’accordo” acconsentì rassegnato “chiamo Felicity per sapere se ci può dare una mano con le ricerche dal suo ufficio”

E mentre la porta del covo si richiudeva con un tonfo dietro le spalle dell’uomo, Oliver compose il suo numero.

Squillò parecchie volte a vuoto e lui iniziò a preoccuparsi: Felicity non si separava mai dal suo cellulare.

“Dannazione, Felicity! Rispondi”

 

 

 

Felicity cercò di trattenere uno sbadiglio, dovuto al poco riposo e alla noia della riunione a cui stava partecipando, mentre rimaneva seduta composta su una delle poltroncine in pelle della sala conferenze.

Bevve un lungo sorso d’acqua dalla bottiglietta di fronte a sé, anche se non aveva ancora parlato di quella mattina, giusto per fare qualcosa che le impedisse di addormentarsi sull’elegante tavolo in vetro.

Aveva perso il filo del discorso da un paio di minuti e non riusciva minimamente a concentrarsi su quella sfilza di numeri che Ray stava propinando agli azionisti, elogiando il florido rendimento dell’azienda da quando era diventata da Queen Consolidated a Palmer Technologies.

Il suo cervello si riaccese quando sentì il nome ‘Queen’ ma il suo entusiasmo scemò nuovamente dopo pochi secondi.

Il suo smartphone s’illuminò improvvisamente e il viso di Oliver lampeggiò sullo schermo, mentre iniziava a vibrare insistentemente sul piano in vetro.

Si maledì per essersi dimenticata di staccarlo mentre tutti i presenti si voltavano nella sua direzione, evidentemente anche loro molto concentrati sui bilanci aziendali.

“Scusate” disse timidamente, cercando di non arrossire per l’imbarazzo mentre decine di occhi la squadravano “è urgente, devo proprio rispondere. Chiedo scusa”

Si congedò mentre usciva velocemente dalla stanza, diretta verso il suo ufficio.

“Pronto” rispose quando arrivò a destinazione, per avere un minimo di privacy.

“Felicity” la voce di Oliver risuonò alle sue orecchie come un sospiro di sollievo “perché ci hai messo tanto a rispondere? Stavo iniziando a preoccuparmi”

“Ero nel bel mezzo di una riunione, sono dovuta uscire prima di poter prendere la chiamata” gli rispose.

“Non volevo disturbarti ma è importante. Sei davanti ad un computer?”

“Lo sarò fra pochi secondi” gli disse mentre si sedeva alla sua scrivania, riattivando il pc dallo standby.

“Stanno accadendo cose strane al museo di botanica. La polizia sta arrivando sul posto e Diggle si è precipitato a vedere di cosa si trattasse” spiegò velocemente “ho bisogno che tu faccia delle ricerche, ma credo proprio che sia opera del nostro nuovo amico”

“Aspetta un istante” gli ordinò mentre batteva furiosamente sulla tastiera “dallo dispiegamento di forze di polizia dubito sia un banale incidente” disse lei.

“Vedi se riesci a trovare qualcosa che conduca a lui, qualsiasi indizio, anche il più minuscolo dettaglio”

“Sto già cercando di carpire i video della sorveglianza interna del museo ma ci vorrà qualche secondo prima che io riesca ad entrare nel sistema” posizionò il cellulare tra il mento e la spalla, tenendolo in equilibrio mentre le dita scorrevano veloci sui tasti “Eccoci, sono entrata”

Scorse velocemente i primi minuti di filmato senza trovare nulla di utile mentre azionava l’algoritmo per il riconoscimento facciale di Simmons.

Poco minuti dopo il programma trovò diverse corrispondenze: “È lui!” annunciò “insomma non ne sono certa ma è entrato nel museo alle 9:02, acquistando un normalissimo biglietto”

Si zittì quando notò le persone in coda alla biglietteria subito dopo di lui.

Fece una rapida ricerca e la sua ipotesi venne confermata.  

“Oliver, all’interno del museo c’è una classe di bambini, sicuramente in gita scolastica” comunicò all’uomo dall’altro capo del telefono “e dai filmati sembra che Simmons li abbia seguiti durante la visita. In ogni sala del museo in cui ci sono loro, c’è sempre anche lui”

“Dannazione, questa non ci voleva” la voce alterata di Oliver giunse forte e chiara alle orecchie della donna “dobbiamo fare qualcosa”

“Oliver, non puoi andare da nessuna parte. Intesi?” gli ricordò con tono minaccioso “So che vorresti salvarli e ti tufferesti a capofitto in quel museo per farli uscire, ma non puoi. Ci penserà la polizia a salvarli”

Lui chiuse gli occhi, stupendosi di quanto Felicity lo conoscesse bene.

Avrebbe tanto voluto uscire di lì e rendersi utile.

Lei continuò a guardare i video fino a quando scorse chiaramente il loro meta-umano: un secondo prima tutto appariva tranquillo, un secondo dopo scoppiava l’inferno.

Jake Simmons agitava le mani, apparentemente in modo convulso e privo di senso, ma poco dopo dai suoi palmi si scatenarono esplosioni di energia che 

spaccarono le teche del museo e le finestre del palazzo in un solo attimo.

La folla iniziò a correre spaventata verso le uscite mentre le maestre facevano accucciare i bambini per evitare che si ferissero con l’esplosione di schegge.

Mandò avanti veloce mentre Jake Simmons camminava per la stanza agitando le mani ed onde d’energia, più piccole della prima, facevano vibrare gli oggetti, agitandoli a tal punto da farli esplodere.

Alcune persone erano riuscite a fuggire nel caos ma la maggior parte dei visitatori e la scolaresca erano ancora presenti.

“Oliver non so cosa abbia intenzione di fare ma se ha delle richieste e se tiene in ostaggio quei bambini …” disse lei preoccupata “la polizia potrebbe concedergli ogni cosa”

Vide Ray avvicinarsi alla porta a vetri del suo ufficio e si affrettò a chiudere la chiamata mentre faceva sparire dal monitor le sue ricerche non lavorative: “Devo lasciarti, Oliver. Ti faccio sapere più tardi se scopro qualcosa”

E prima che lui potesse ribattere riagganciò.

“Ray” lo salutò mentre lui entrava “Che cosa ci fai qui?” domandò nervosa “cioè è ovvio che tu puoi stare qui, visto che tecnicamente è la tua azienda e quindi puoi fare praticamente tutto ciò che …”

“Felicity!” la interruppe lui, mettendo fine al suo monologo “La riunione è finita … volevo sapere se andava tutto bene, visto che sei scappata per rispondere al telefono”

“Sì certo che sì!” rispose.

“D’accordo. Senti volevo chiederti se in pausa pranzo ti va di venire a mangiare un boccone con me … avrei bisogno di parlarti”

“Ah … in realtà ho già un impegno” rispose titubante “devo risolvere un paio di cose”

“Un paio di cose?” domandò lui, per nulla convinto della scusa che gli stava rifilando.

“Sì,  ecco … mi si è rotta la lavatrice e ha allagato mezzo bagno quindi ho chiamato l’idraulico e mi ha detto che sarebbe passato verso quell’ora perciò …”

Felicity sperò davvero che ci credesse ma non era così convinta.

“Ok” la sua voce piatta e inespressiva la colpì “senti … non è che per  caso c’è qualcosa che non va? Insomma ho fatto o detto qualcosa di sbagliato?”

“No, no, figurati” si affrettò a dire “assolutamente nulla”

Sorrise ostentando sicurezza mentre in realtà, dentro di sé, non si era mai sentita così insicura in vita sua.

Oliver accusato, Roy in prigione, il meta-umano che distruggeva la città, Lance che cercava a tutti i costi un modo per incastrali, Ra’s Al Ghul che la voleva morta e poi … Ray che le aveva detto “ti amo”.

E lei che non aveva risposto.

Era da quel giorno in ospedale che cercava di evitare il suo capo, nonché attuale fidanzato, perché non sapeva che cosa dirgli.

Si vergognava per essere scappata in quel modo orribile senza fornirgli una spiegazione e ora non sapeva come comportarsi.

E il discorso con sua madre non le aveva di certo facilitato le cose.

Avrebbe dovuto prendere una decisione e già sapeva che cosa avrebbe scelto il suo cuore, lo aveva sempre saputo, ma il suo cervello … beh lui non era così d’accordo.

“Ti lascio lavorare allora” le disse Palmer congedandosi.

Lei gli sorrise mentre lo guardava lasciare in suo ufficio in silenzio.

 

 

 

Un poliziotto stava scortando Roy Harper verso la stanza interrogatori del distretto quando Laurel fece il suo ingresso nell’ufficio del padre, trovando l’uomo indaffarato.

“Papà” lo chiamò mentre lui usciva dalla porta senza neanche notarla.

“Non adesso, Laurel” fu l’unica risposta che ricevette mentre scappava via di corsa.

Era andata alla centrale per parlare di Roy: aveva appena scoperto che lo avrebbero trasferito in un carcere di massima sicurezza, come il peggiore dei criminali.

“Sa dov’è diretto il capitano Lance?” domandò ad un agente che passava di lì.

“Al museo di botanica, come praticamente tutto il distretto” gli rispose mentre il televisore posto in alto, sopra le scrivanie dei detective, trasmetteva il notiziario.

“Nuovo incidente al museo di botanica di Starling City. Le forze dell’ordine stanno arrivando sul luogo per cercare di capire come intervenire dal momento che un uomo pare essersi barricato all’interno con degli ostaggi. Secondo alcuni testimoni oggi era presente anche una classe delle elementari, in gita scolastica …”

Laurel rimase sorpresa dalla notizia ma appena vide le immagini capì di chi si trattasse: Jake Simmons aveva colpito ancora.

Prese il suo cellulare e compose quel numero che sapeva ormai a memoria.

“Oliver, ascoltami” gli disse appena lui ebbe risposto “ho appena saputo dell’incidente al museo di botanica … è lui vero?”

“Sì” confermò l’uomo “Dig è già là e Felicity sta facendo delle ricerche. Non ti ho informato perché preferivo che ti occupassi di Roy”

“É proprio per Roy che ti ho chiamato. Lo hanno portato in sala interrogatori perché mio padre voleva parlargli ma poi è scoppiato il caos per via di Simmons ed è dovuto andare a dirigere le operazioni” gli spiegò mentre osservava il distretto, incredibilmente deserto a quell’ora del mattino “Ho scoperto che lo trasferiranno tra poco meno di due ore, in un carcere di massima sicurezza. Questo significa che sarà molto sorvegliato e … pochissime persone potranno andare a trovarlo. E temo che tu non sarai una di quelle”

“Dannazione” sbuffò infastidito “Ho bisogno di parlarci”

“Io ho un piano, ma è pericoloso” propose lei.

“Sarà sicuramente meglio di nulla”

“Il distretto è deserto, quasi tutti sono impegnati sul luogo dell’incidente. Entrare sarà molto più semplice del solito. Potrei coprirti le spalle e farti accedere dal retro, nel frattempo io terrò sotto controllo i poliziotti che sono ancora qui. È rischioso perché se ti scoprono potrebbe essere la fine ma … temo sia l’unica soluzione se vuoi parlare con lui”

“D’accordo” acconsentì dopo averci pensato qualche istante “tanto vale provarci”

“Va bene. Pensa a quello che devi dirgli, avrai poco tempo” gli raccomandò “fammi sapere quando arrivi sul retro”

Riattaccò, sperando che tutto andasse nel verso giusto.

 

 

 

Poco più di un quarto d’ora dopo Oliver Queen stava imboccando il vicolo che dava su retro del distretto di polizia, controllando di non essere seguito.

Aveva molti ricordi di quel posto: lui vestito da Arrow che consegnava criminali ad un Lance molto più collaborativo di quello degli ultimi giorni, le numerose occasioni in cui intratteneva discorsi con lui dalla cime di quelle scale antincendio, le informazioni utili che gli passava per tenere al sicuro la loro città. Era triste pensare che tutto ciò fosse finito, che Quentin fosse cambiato e che ora lo odiasse così profondamente.

Avvisò Laurel mentre lanciava rapide occhiate intorno a sé per accertarsi ancora una volta di essere solo.

Pochi istanti dopo la porta si aprì e la donna lo invitò a sbrigarsi ad entrare.

Si mossero con cautela e circospezione mentre lei lo precedeva, controllando ad ogni angolo che i corridoi fossero sgombri.

Anche il più piccolo errore poteva comprometterli enormemente, mandando all’aria tutti i loro piani e rendendo vano il tentativo di Roy di salvare Oliver.

“È lì dentro” gli disse Laurel mentre controllava i pochi poliziotti, tranquillamente seduti alle scrivanie a svolgere i loro lavori mentre in sottofondo si sentiva la voce della giornalista del notiziario in tv.  

Oliver sgattaiolò velocemente nella stanza, il più silenziosamente possibile, e chiuse con cautela la porta alle sue spalle.

Roy era seduto, un braccio legato con le manette alla sbarra in metallo del tavolo; indossava la tipica tuta arancione da carcerato mentre il suo sguardo appariva stanco ed annoiato.

“Oliver?” si stupì quando lo vide e sul suo volto apparve un debole sorriso, immediatamente seguito dalla preoccupazione “Che cosa ci fai qui? Ti hanno lasciato entrare?”

“No” gli rispose lui mentre si accomodava sulla sedia dall’altro lato del tavolo “sono riuscito ad entrare di nascosto. Ho bisogno di parlarti ma abbiamo pochissimo tempo”

“Oliver se ti scoprono …”

“Non succederà” lo interruppe immediatamente “Laurel sta tenendo alla larga i poliziotti da qui”

“Ok. Come stai?” gli chiese Roy mentre Oliver appoggiava le braccia sul tavolo.

“Questa domanda dovrei fartela io!” controbatté “Come ti è saltato in mente di consegnarti alla polizia?”

Roy sospirò: sapeva che lui non l’avrebbe presa bene ma era l’unico modo per rimetterlo in libertà.

“Ricordi cosa ti ho detto quando ho scoperto che eri Arrow?” gli domandò il ragazzo.

Oliver lo ricordava molto bene, non avrebbe mai potuto dimenticarlo.

“Mi hai detto che ti ho salvato la vita”

“Adesso posso salvare la tua” gli spiegò tranquillamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Roy non devi prenderti le responsabilità di quello che io ho …”

“Ascoltami, Oliver” lo guardò negli occhi, penetrandolo con il suo sguardo “Tu sei l’unico in grado di affrontare questa situazione: l’unico che può uccidere Ra’s Al Ghul, l’unico che può fronteggiare la Lega, l’unico che può salvare tutti noi e la città intera. Sei tu quello che può escogitare un piano brillante per risolvere ogni cosa, tu sei l’eroe. Ma nonostante tu sia una persona maledettamente in gamba non puoi fare tutte queste cose se sei rinchiuso in una cella”

“Roy io non ti lascerò marcire in prigione. Non ho intenzione di vivere la mia vita sapendo che un amico ha pagato al mio posto” chiarì sostenendo il suo sguardo “perciò ti farò uscire. Io, Diggle, Felicity e Laurel stiamo lavorando per questo, per tirarti fuori da lì”

“Intendi …”

Roy non era sicuro di aver capito bene le intenzioni dell’uomo ma aveva paura di sentire la risposta.

“Sì, Roy. Ti faremo uscire, a qualunque costo. Abbiamo bisogno anche di te per sconfiggere la Lega, io ho bisogno del mio aiutante in rosso”

“È pericoloso” disse lui riferendosi all’evasione.

“Non più del tuo folle gesto con la polizia” decretò Oliver “quindi resta vigile Roy, quando sarà il momento te ne renderai conto”

Il ragazzo annuì, consapevole che se Arrow aveva un piano in mente allora sarebbe stato geniale. E soprattutto sarebbe andato a buon fine.

“Lance mi sta ancora addosso per via di Arrow, non è caduto nella tua trappola, perciò dobbiamo occuparci anche di lui ma riusciremo a cavarcela.

Abbiamo solo bisogno di un po’ di tempo. Se dovesse passare qualche giorno prima che tu riceva nostre notizie, sappi che non ci siamo dimenticati di te, staremo solo affrontando un centinaio di altri problemi” sdrammatizzò.

“Non credo riuscirò a venirti a trovare in prigione. Le visite saranno troppo controllate e non credo mi lasceranno parlare con te” aggiunse poi mentre Roy continuava a sorreggere il suo sguardo.

“Prima che a me, Oliver, pensa alla città. Pensa a salvare le persone innocenti, pensa a sconfiggere la Lega. E quando ci riuscirai, Arrow sarà di nuovo l’eroe in cui tutti credevano. La polizia dovrà lasciarti andare e allora libereranno anche me” gli disse “Ricordati che, qualunque cosa accada, io crederò sempre in te e così farà Felicity. E Dig. E Laurel. Avrai sempre il nostro appoggio”

Fu il turno di Oliver di restare in silenzio, commosso dal profondo affetto e dalla fiducia che Roy riponeva in lui.

“Se dovessi tornare indietro, rifarei esattamente le stesse cose perché non c’è nulla di cui io vada più fiero che essere il tuo aiutante”

Quelle parole colpirono profondamente Oliver: Roy riusciva sempre a stupirlo e non poteva più immaginare il suo team senza di lui. Era diventato parte integrante, era di fondamentale importanza proprio come Dig e Felicity.

“Devo andare” disse Oliver, sapendo bene che era già trascorso fin troppo tempo.

Ogni secondo che si attardava rischiava di complicare le cose e mettere Laurel in una brutta situazione.

Nel momento in cui si alzò la porta si aprì e per una frazione di secondo temette di vedere il viso di Quentin Lance.

“Devi uscire subito” la voce di Laurel era concitata “sta arrivando qualcuno”

Oliver corse fuori dalla stanza nascondendosi nel corridoio ancora libero.

Un agente stava venendo proprio nella loro direzione.

“Ci penso io” gli disse la donna mentre si avvicinava al poliziotto con una scusa, offrendogli una via di fuga.

Si precipitò verso la porta d’uscita, controllando che non ci fosse nessuno dietro l’angolo.

Dieci secondi più tardi era di nuovo nel vicolo e con grandi falcate si tuffò nella calca di persone che affollavano la piazza, lì di fronte.

 

 

 

 

Felicity arrivò al covo in pausa pranzo trovando Oliver e Diggle impegnati in un’accesa discussione.

“Che cosa sta succedendo qui?” domandò senza riuscire a capire di cosa stessero parlando.

“Oliver è andato al distretto questa mattina, di nascosto!” spiegò John, visibilmente contrariato.

“Che cosa hai fatto?” chiese stupita.

“Era importante” si giustificò lui, le braccia incrociate al petto e lo sguardo furioso “So quello che faccio! Laurel mi ha dato una mano. Era l’unico modo che avevo per parlare con Roy visto che Lance ha deciso di spedirlo in un carcere di massima sicurezza”

Felicity si strofinò le mani sul viso, sconsolata.

“D’accordo” disse mentre Dig riprendeva a rimproverare l’amico “finiamola qui! L’importante è che sia andato tutto bene e che tu sia tornato sano e salvo”

Il suo tono che non ammetteva repliche placò il diverbio tra i due e permise alla donna di raccontare il motivo per cui era lì.

“Sono finalmente arrivate le super manette di Cisco” annunciò estraendo dalla borsa una piccola scatola nera che posò sulla scrivania.

Oliver la aprì osservandone il contenuto.

“Siamo sicuri che funzionino?” domandò perplesso John “a me sembrano normalissime manette”

“Le ha inventate Cisco, quindi …. credo proprio che dovremmo fidarci” decretò la bionda mentre si toglieva la giacchetta viola e la posava sulla poltrona.

“Hai scoperto qualcosa al museo?” chiese poi a Dig, dopo qualche minuto di silenzio.

“Sì” ripose “quell’uomo è un pazzo. Nessuno è ancora riuscito a capire cosa voglia davvero, forse vuole solo notorietà sui giornali. Ha tenuto in ostaggio i bambini di quella classe per circa mezz’ora poi si è volatilizzato. La polizia lo ha seguito ma lui ha continuato ad usare i suoi poteri ed ha ferito due agenti. Nulla di grave per fortuna, ma dubito che qualcuno riuscirà ad avvicinarsi a lui per ammanettarlo, senza finire bruciacchiato dalle sue sfere di energia”

“Fa molto Dragon Ball” commentò sarcasticamente la bionda ma dagli sguardi stupiti dei due amici dubitò che avessero capito la sua battuta “non ha importanza” aggiunse poi, sedendosi.

“Dobbiamo trovare un modo per indebolire i suoi poteri, in modo tale da poterlo avvicinare e catturare” disse Oliver.

“Sì ma dubito che qualcuno sia in grado di farlo. Insomma, io non saprei neanche da che parte iniziare” sospirò John.

“Forse un’idea io ce l’avrei”

Felicity si trovò quattro occhi puntati addosso, cosa che la mise leggermente in soggezione nonostante fossero gli sguardi dei suoi amici.

“Ci vorrebbe una forza, una qualche specie di energia uguale e contraria che annulli la sua e che lo lasci indifeso per qualche istante … giusto il tempo per catturarlo” spiegò.

“E quale sarebbe questa energia?” chiesero in coro i due uomini.

Felicity sapeva che c’era qualcuno che poteva aiutarli, solo non sapeva se era disposto a farlo.

“Devo prima verificare che la mia ipotesi abbia senso” dichiarò “ci lavorerò oggi dall’ufficio nei ritagli di tempo e stasera vi darò una risposta. Ora devo tornare a lavoro. Qualcuno mi deve accompagnare o posso fare da sola?”

“Non saresti neanche dovuta tornare qui, da sola” precisò Oliver mentre Dig infilava la giacca per scortare la ragazza.

“Parla colui che si è infiltrato di nascosto in un distretto di polizia” gli fece eco lei mentre saliva su per le scale.

 

 

Era ormai scesa la sera su Starling quando Thea Queen rientrò nel suo loft.

Posò le chiavi di casa sul tavolino all’ingresso e scalciò via le scarpe con il tacco che le stavano massacrando i piedi.

Si avviò scalza verso la cucina, grata a sé stessa per aver indossato un paio di jeans e una camicia a manica lunga invece dei soliti vestiti corti. Sentiva piccoli brividi di freddo percorrerle il corpo e quando vide i suoi comodi mocassini, abbandonati in una angolo della stanza, li infilò con grande piacere.

Si servì un buon bicchiere di vino rosso dopo aver stappato una bottiglia invecchiata qualche decina di anni.

Era distrutta. Aveva soltanto voglia di sedersi sul suo comodo divano e affogare le fatiche della giornata in quel corposo liquido rosso.

Ma proprio quando afferrava il bicchiere, tenendolo delicatamente per il gambo sottile, simile allo stelo di un fiore, sentì un leggero rumore alle sue spalle.

Sentì il cuore pomparle sangue nelle vene, mentre afferrava un grosso coltello dal ceppo sul bancone della cucina, senza farsi notare.

Aveva smesso di avere paura molti mesi prima e questo le aveva permesso di notare il più piccolo dei dettagli, dandogli il giusto peso.

Si voltò rapidamente ma l’uomo che si trovò di fronte riuscì a farle provare un istante di puro angosciante terrore.

La presa sul bicchiere venne meno e il vetro sottile si spaccò al contatto con il pavimento, mentre il liquido scarlatto si riversava sulle sue scarpe e mille spruzzi di vino le bagnavano la pelle scoperta delle caviglie.

Non aveva mai visto quell’uomo però sapeva di conoscerlo.

E quando i suoi occhi penetranti incrociarono i propri ne ebbe la conferma.

Ra’s Al Ghul.

Note: ai lettori coraggiosi che sono arrivati sani e salvi alla fine di questo lunghissimo capitolo ....

Volevo ringraziarvi per le vostre recensioni e per chi segue pazientemente questa piccola follia xD

Che dire.... Thea è pericolo.... si salvi chi può! =D

A presto con il prossimo capitolo ;)

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Capitolo 3
*** Evasione ***


cap3

Buonasera! 

Ecco a voi il nuovo mega capitolo, giusto in tempo prima dell'episodio di questa settimana.

Penso di aver finalmente esaurito i temi che, a mio parere, verranno trattati nelle 3x19 ma chissà .... staremo a vedere!

Capitolo densissimo di avvenimenti, vi ho avvisati xD

Grazie a tutto coloro che leggono questa storia e che mi sponano a continuare a scrivere con le loro splendide recensioni! Grazie davvero, di cuore!

Buona notte!

P.S. Chi è eccitato di vedere la 3x19 alzi la mano! xD Io non sto più nelle pelle =D

Everything I did, everything that happened has led me right here.

Cap.3- Evasione

Non aveva mai visto quell’uomo però sapeva di conoscerlo.

E quando i suoi occhi penetranti incrociarono i propri ne ebbe la conferma.

Ra’s Al Ghul.

 


Rimase immobile per qualche istante di fronte a quell'uomo interamente vestito di nero, i capelli scuri pettinati all'indietro, che lasciavano libera la fronte ampia.

"Finalmente ci conosciamo" le disse, la voce oscura e profonda.

"Che cosa vuoi da me?" chiese mettendosi sulla difensiva.

"Voglio semplicemente parlare un po', chiacchierare con te" rispose.

"Io non ho niente da dirti"

"Sei proprio come tuo padre" commentò.

"Mio padre é un assassino. Io non sono affatto come lui!" rispose con rabbia, mentre le dita fremevano per lanciare quel coltello che ancora teneva nascosto.

Lui rise e la rabbia in lei crebbe ancora di più.

"Tu sei un'assassina. Hai giá ucciso in passato" ribatté l'uomo "hai tolto la vita a Ta-er al-Sahfer "

Thea si zittì, consapevole di quello che lui avrebbe potuto farle per aver ucciso un membro della Lega.

Decise di reagire: non aveva intenzione di farsi sopraffare da quell'uomo.

"Sì" ammise "ed é da quel giorno che mi sono promessa di non farlo mai più, ma per te credo che farò un eccezione"

Lanciò il coltello con un movimento rapido e preciso: la lama vibró nell'aria sibilando, diretta verso la gola di Ra's ma si fermò prima di conficcarsi nella pelle chiara del suo collo.

Lui afferrò al volo quell'arma puntata contro di sé, la lama ormai a pochi centimetri dall'obbiettivo.

La guardò con aria di sfida mentre abbasava il braccio, il coltello ancora stretto in pugno.

“Mio fratello ti ucciderà”

Ogni singola parola, traboccante di veleno, uscì dalle labbra della ragazza con tono miaccioso.

“Mi supplicherà” disse lui.

"Forse non lo conosci così bene, dopotutto"

"Io credo proprio di si" ribatté sicuro di sé "perché so esattamente come distruggerlo, quali bersagli colpire, quali e quanti sono i suoi punti deboli"

Thea rimase in silenzio mentre digrignava i denti e le mani, strette a pugno, fremevano dalla rabbia.

"Tu, John Diggle, Lauren Lance, Roy Harper, ma soprattutto .... Felicity Smoak. Questi sono i suoi punti deboli, ma tu ... tu puoi diventare un punto di forza" spiegó "puoi finalmente redimerti dalle tue colpe, rimediare all'assassino di Sara, evitare la condanna a morte che pesa sulla tua testa, se solo aiuterai tuo fratello a capire qual é il suo destino, quale posto nel mondo gli spetta"

"Lascia in pace i suoi amici" lo minacciò, anche se sapeva che non l'avrebbe mai ascoltata.

"É molto triste, sai ..." le disse "perché proprio in questo momento un mio leale servitore sta tenendo sotto tiro una graziosa ragazza bionda .... ed entrambi sappiamo bene quanto Oliver tenga a lei. Non oso nemmeno immaginare il dolore che tu proveresti nel vedere tuo fratello, straziato dalla perdita della donna che ama" la sua voce viscida le fece accaponare la pelle.

"Ma tu, Thea, puoi salvarla. Basta soltanto che mi aiuti a fargli accettare la mia proposta"

"Quale proposta?" domandò, ancora all'oscuro dell'offerta che Ra's aveva fatto ad Ollie.

"Davvero non te lo ha detto?" domandò mentre un sorriso beffardo gli increspava le labbra "lui é destinato a diventare qualcuno di importante, un uomo potente, un capo che tutti temeranno e rispetteranno. Lui diventerà il nuovo me, il degno erede che cercavo ormai da anni. Oliver Queen sarà il nuovo Ra's Al Ghul"

Quelle parole giunsero alle orecchie della ragazza con la stessa potenza di un'onda burrascosa che la trascinava nella corrente, impedendole di respirare e tramordendola con la sua forza impetuosa.

"Oliver non diventerà mai come te" pronunciò con determinazione, scrutando quel pazzo dritto negli occhi.

"Allora soccomberá" le rispose "e sará anche colpa tua"

Poi, con un movimento fulmineo, uscì sulla terrazza del loft e saltò oltre il parapetto, mentre la notte lo inghiottì nella sua oscurità.

 

 

Il vento scompigliò i suoi capelli biondi, sciolti sulle spalle, quando Felicity uscì dall'auto.

"Che cosa ci facciamo qui?" le chiese Oliver, chiudendo la portiera con forza.

"Te l'ho detto" rispose lei "ho trovato una soluzione al nostro meta problema"

"In un vicolo deserto, in piena notte?" domandò sarcastico.

Lei non rispose, si limitò a chiudere l'auto e a guardarlo con disapprovazione.

"É meglio non restare qui" aggiunse lui "é troppo pericoloso, soprattutto per te"

"Potresti ascoltarmi per un minuto e smettere di lamentarti?" chiese mentre lei si guardava in giro, attendendo una persona.

Oliver si zittì, aspettando una sua spiegazione.

"Abbiamo sempre pensato di aver bisogno di qualcosa per sconfiggere Simmons ma se in realtà ciò che ci servisse fosse una persona?"

"Che cosa intendi?"

"Intendo dire ... Se non fossimo soli? E se ci fosse qualcun altro che potrebbe aiutare?” disse mentre un uomo arrivava nel vicolo.

Oliver si voltò, il corpo pronto a scattare in caso di pericolo. Si tranquillizzò quando capì che non era un uomo della Lega, ma realizzò quanto Felicity gli aveva appena detto.

Scosse la testa, altamente contrariato.

"Dagli almeno una possibilità, Oliver" gli suggerrì mentre l'uomo li raggiungeva davanti all'auto.

"É un piacere rivederti, Oliver" lo salutò stringendogli la mano.

"Ray" lo salutò senza riuscire ad aggiungere altro.

Felicity guardò entrambi, spostando lo sguardo da uno all'altro, per diverse volte.

"Ray ci può aiutare" iniziò la donna "la tecnologia di ATOM é in grado di produrre una quantità di energia tale da resistere a quella di Simmons e neutralizzarla"

Ray confermò quando lei aveva appena detto: "Quando riusciremo a neutralizzare il suo potere tu potrai catturarlo" aggiunse.

Calò il silenzio tra i tre per qualche istante fino a che Oliver guardò la donna: "Posso parlarti un attimo? In privato"

Leì annuì mentre Palmer si appoggiava all'auto di Felicity, attendendo un responso.

"Che cosa ti fa pensare che accetterò una proposta simile?" domandò Oliver dopo essersi spostato di qualche metro dall'altro uomo.

"Perché lui é l'unico che é in grado di aiutarci" rispose con convinzione.

"Devo forse ricordarti che solo poche settimane fa voleva vedere la mia identitá alla polizia? Non credo sia una scelta saggia. Insomma potrebbe anche danneggiarci e la nostra situazione é già abbastanza compromessa"

"Ha cambiato idea, ricordi?" gli rammentò.

"Sì ma ora che Lance mi ha arrestato lui si propone di aiutarmi in azioni che potrebbero essere considerate illegali? Se venissero a scoprire di questa collaborazione, Ray potrebbe essere a sua volta accusato e dubito sia ciò che voglia"

"Ciò che vuole é salvare la città! Esattamente la stessa cosa che desideri tu" gli disse mentre incrociava il suo sguardo "Voi due siete molto più simili di quanto vogliate ammetterlo. Volete aiutare le persone, rendere Starling un posto migliore e questa volta potete farlo soltanto se lavorate insieme. Senza di voi Simmons vincerá"

Oliver abbassò lo sguardo, le mani infilate in tasca, mentre rifletteva sul da farsi.

"Oliver, ti conosco! So che non vorresti mai che la tua cittá cada nelle mani di uno squilibrato. A volte per fare del bene bisogna scendere a compromessi. E questa é una di quelle volte"

Lui non rispose ma alzò di nuovo lo sguardo, incrociando i suoi occhi.

"Non ti sto chiedendo di diventare il suo migliore amico, solo di lavorarci insieme per qualche giorno" continuò lei.

"Stai iniziando a parlare come un eroe, lo sai?" le domandò accennando un sorriso "Non é che per caso vuoi rubarmi il lavoro?"

Lei sorrise di rimando ed Oliver non poté fare a meno di pensare a quanto fosse bello il suo sorriso e quanto fosse orgoglioso di lei.

Era diventata la persona saggia a cui chiedere consigli, quella che lo spronova a dare il massimo, a continuare ad essere un eroe per il bene della cittá.

Distolse lo sguardo dal suo viso e si avvicinò a Palmer: "Facciamo una prova"

Ray si staccò dall'auto, felice che la sua proposta venisse presa in considerazione.

"Ma questo non vuol dire che accetterò; voglio prima accertarmi che possa funzionare" frenò subito l'entusiasmo dell'uomo, per evitare successivi fraintendimenti.

Non sapeva con certezza se potesse funzionare ma almeno quello era un piano, ed era già un passo avanti rispetto a cosa avevano loro in mano in quel momento.

"Funzionerá, Oliver. Andiamo" disse Ray diretto verso la Palmer Technologies.

 

 

Il grattacielo della ex-Queen Consolidated era deserto a quell'ora tarda.

La cabina dell’ascensore dai caldi colori giallo-arancio saliva imperterrita verso gli ultimi piani, trasportando i tre verso l'ufficio di Palmer.

Trilló appena le porte si aprirono, lasciando uscire i suoi silenziosi passeggieri.

Palmer fece strada e Oliver si stupì di come fosse cambiato quello che un volta era il suo ufficio.

Ora c'erano molti più computer, il nuovo logo in movimento che brillava sui monitor e migliaia di fogli sparsi sui tavoli.

Ray si tolse la giacca in pelle, inusuale per lui che indossava sempre completi formali ed eleganti, e la gettó su uno dei divanetti.

A farle compagnia arrivarono anche lo spolverino viola di Felicity e la giacca scura di Oliver mentre Palmer digitava qualcosa sulla tastiera a folle velocità.

Sembrava quasi Felicity tanto si muoveva con agilitá, ma le sue mani era molto meno graziose di quelle che a volte Oliver si perdeva ad osservare al covo.

Felicity lo aiutò a programmare qualcosa su un chip e lui li ascoltò parlare di cose di cui non capiva il significato.

Per un attimo invidiò le conoscenze di Ray e in fondo capiva perché lei lo avesse scelto. Avevano diverse cose in comune, molte di più di quelle che aveva lui con Felicity.

Vederli lì, uno accanto all'altro, chini sulla scrivania a lavorare insieme, non gli fece altro che male ma cercò di reprimere quella gelosia che veniva a galla pian piano.

"Dovrebbe funzionare così" disse Felicity per poi voltarsi nella direzione di Oliver.

"Vado a prendere i clown" annunciò invece Palmer, sparendo dalla loro vista.

"I clown?" domandò perplesso Oliver.

"Oh si, sono le sue cavie per sperimentare nuove tecnologie" spiegò la donna mentre Ray tornava con tre gonfiabili rossi, con raffigurato il viso di un pagliaccio.

"Mi facevano paura da piccolo" si giustificò lui mentre Oliver lo guardava stranito.

Ne lasciò due in disparte mentre il terzo venne posizionato ad un paio di metri di distanza, di fronte alla scrivania.

"Possiamo cominciare con la simulazione" decretò l'uomo mentre indossava il guanto metallico di ATOM, settando parametri per il chip.

"L'energia di Simmons" disse Felicity ad Oliver "ha una potenza tale che riesce a mettere in movimento le molecole degli oggetti e aumenta vertiginosamente le vibrazioni tra di loro"

Mentre la donna parlava Palmer azionò il dispositivo, iraggiando il clown con un fascio di luce azzurra.

"Questo comporta un aumento della temperatura surriscaldando il corpo solido" il viso del pagliaccio iniziò a sfumare lentamente: i colori sulla plastica si fusero a poco a poco, miscelandosi fra loro "fino a quando le molecole vibrano a tal punto da portare l'oggetto sul punto di rottura causandone l'eslposione"

Come a voler confermare le sue parole il gonfiabile esplose davanti ai loro occhi e centinaia di brandelli di plastica volarono in aria, accompagnati dal tipico rumore di un palloncino appena bucato con uno spillo.

"L'intesitá che ho usato su quel gonfiabile é piuttosto bassa, per intenderci, non sarebbe mai riuscita a far esplodere tutte quelle finestre al museo. Quindi Simmons dispone di molta più potenza e questo lo rende enormemente pericoloso" spiegò Ray.

"Per il momento si é limitato agli oggetti ma se iniziasse a sperimentare le sue doti sulle persone ... Inutile dire che avrebbe effetti devastanti" osservò la donna.

"Volete usare la sua stessa energia per sconfiggerlo?" chiese Oliver.

"Bisognerebbe poter disporre di una forza opposta che di fatto neutralizzi l'effetto di quella del meta-umano. Quindi se lui aumenta le vibrazioni delle molecole noi dovremmo di fatto diminuirle, in modo che, applicando le due forze contemporaneamente, l'oggetto rimanga inalterato" disse l'uomo "il problema sta nell'intensitá della forza: non possiamo prevedere quanta Simmons decida di utilizzarne. E se le due intensitá sono molto diverse l'oggetto esploderà comunque, oppure imploderà"

"D'accordo" disse Oliver tentando di capire se quel folle piano avesse almeno un minimo di possibilità di riuscita "ammesso che l'intensitá sia la stessa, come otteniamo la forza opposta?"

"Io e Ray abbiamo fatto dei calcoli oggi pomeriggio e in linea teorica dovrebbe funzionare" spiegò Felicity mentre prendeva un altro chip e lo passava a Palmer per poterlo inserire in un secondo apparecchio, simile ad un telecomando, abbastanza piccolo da poter stare nel palmo di una mano.

"L'idea principale é quella di abbassare esponenzialmente la temperatura, in un ridotto intervallo di tempo" spiegò Palmer mentre porgeva ad Oliver l'apparecchio nero.

"Il freddo diminuisce le vibrazioni molecolari" convenne Oliver “e questo basterà ad bloccare l’effetto dei poteri di Simmons?”

“Non ne siamo ancora così sicuri” disse Ray “è per questo che siamo qui. Per scoprirlo”

Felicity posizionò il secondo clown mentre Palmer spiegava ad Oliver il funzionamento del suo apparecchio: come attivarlo, come settare l’intensità e altri parametri.

“Al mio tre” Felcity si portò a distanza di sicurezza mentre faceva partire il conto “Uno … due … tre”

Due fasci apparentemente uguali colpirono il gonfiabile rosso che ondeggiò instabile sulla pedana di color nero.

I colori con cui era disegnata la faccia del pagliaccio sbiadirono leggermente ma la plastica non si fuse mentre il raggio di Oliver sembrò per un secondo voler ghiacciare la superficie, senza però riuscirci.

Passarono diversi minuti ma nulla accadde al clown davanti a loro, che venne lasciato in pace dopo lo scadere dei tre minuti dall’inizio dell’esperimento.

“Funziona!” annunciò felicemente Ray mentre Oliver abbassava il congegno che teneva ancora in mano “Certo bisognerebbe ancora testarlo ad intensità più elevate ma è un ottimo inizio”

Si voltò verso l’uomo a fianco a lui per raccogliere le sue opinioni: “Se funzionerà anche ad intensità maggiori, credo che sia l’unico modo che abbiamo per sconfiggere il nostro meta-umano”

“Quindi facciamo squadra?” domandò Ray, entusiasta di poter finalmente rendersi utile per salvare la città “Batti il cinque!”

Oliver rimase spiazzato dalla sua reazione così gioiosa e pimpante ma lasciò che la mano di Palmer schiacciasse con forza contro la sua.

Felicity sorrise, contenta che Oliver avesse finalmente accettato il suo aiuto.

“Ora dobbiamo testare come si comporta ad alta intensità” disse Ray “ma prima devo vedere come te la cavi a prendere a pugni qualcuno”

“Probabilmente meglio di te” gli rispose tagliente ma accennando un sorriso quando realizzò di essere stato troppo duro con lui.

“Forse” la voce di Palmer era tranquilla, come se non avesse colto il leggero astio nella voce dell’uomo “ma combattere a mani nude è molto diverso che combattere con questo”

Gli mostrò un guanto metallico molto simile a quello che lui ancora indossava, con la differenza che era completamente nero invece che rosso.

Inserì all’interno il chip che prima alloggiava nel piccolo telecomando e poi glielo porse.

“Provalo” gli consigliò “Ci vorrà un po’ prima che tu riesca ad abituarti: il guanto ti farà perdere molta sensibilità, per questo è meglio se ti alleni a prendere a pugni un sacco. Solo per entrare in confidenza con la tua nuova mano”

Oliver lo prese e Felicity si avvicinò a lui, aiutandolo ad indossarlo. Era molto più complicato di quanto potesse immaginare.

“Grazie” le disse con un sorriso quando ebbe finito di sistemarlo, mentre tentava di muovere la mano. Era una sensazione piuttosto strana sentire le dita muoversi insieme al metallo come se fossero una cosa sola.

“Bene. Possiamo iniziare quando sei pronto” annunciò il nuovo capo dell’azienda.

“Non mi dite che volete farlo davvero” disse la donna, contrariata.

“Che cosa?” domandarono i due in coro.

“Prendervi a pugni”

“Io credo proprio di sì” concluse Ray mentre passava ad Oliver un auricolare simile al suo “tienilo, così potremmo comunicare quando usciremo in missione”

Oliver lo posizionò sul suo orecchio, sentendo forte e chiara la voce dell’uomo che diede iniziò al loro improvvisato incontro di box.

Doveva ammettere che i primi colpi che sferrò non andarono affatto a segno e iniziava a capire cosa intendesse Ray.

Schivò un colpo del milionario per un soffio mentre riattaccava con un pugno che fece cilecca.

Felicity li osservò muoversi: Oliver decisamente più impacciato di come era solito vederlo ma se la stava cavando bene.

Ad ogni colpo migliorava e i suoi pugni iniziarono presto ad andare a segno.

Ci stavano andando leggeri perché il metallo rendeva doloroso anche il più morbido dei colpi ma la donna non poteva fare a meno di rabbrividire ogni volta che si scontravano, i guanti che tintinnavano, cozzando l’uno contro l’altro.

“D’accordo” Ray mise fine allo scontro “devo ammettere che non sei affatto male”

Oliver lo ringraziò per poi riprendere gli esperimenti, sui più disparati oggetti, che andarono avanti per un paio d’ore.

Ogni tanto qualche oggetto esplodeva, o il freddo lo ricopriva di migliaia di cristalli di ghiaccio, ma nella maggior parte dei casi le loro prove andarono a buon fine.

Felicity decise di utilizzare quel tempo morto per condurre altre ricerche su Jake Simmons, rintracciandone eventuali spostamenti ma senza riuscire ad ottenere grandi risultati.

Cercò di carpire informazioni sul trasporto di Roy in carcere, avvenuto in tarda serata, posticipato a causa dell’incidente al museo di botanica.

Sì infiltrò nei database della polizia e scaricò ogni pianta disponibile del carcere per riuscire a capire quali fossero i punti deboli e quali quelli di forza della struttura.

Dovevano progettare l’evasione di Roy nei minimi dettagli, diminuendo al minimo i rischi.

Quando Oliver e Ray finirono i loro esperimenti erano ormai le passate le due di notte e la stanchezza iniziava ad appesantire le palpebre di Felicity.

“Abbiamo finito per oggi” decretò Palmer mentre Oliver si avvicinava alla donna, porgendole la sua giacchetta viola.

Lei staccò gli occhi dal computer e infilò il soprabito, grata ai due uomini per aver sospeso le loro attività eroiche.

S’incamminò verso la porta a vetri mentre Oliver si attardò: aveva bisogno di ringraziare Palmer.

“Io chiamo l’ascensore intanto” lo informò Felicity uscendo dall’ufficio del suo capo.

“Grazie” gli disse Oliver e l’uomo rimase spiazzato.

“Non abbiamo ancora sconfitto …”

“Non per quello” lo interruppe “per aver salvato Felicity, nell’ufficio del sindaco. Se non fosse stato per te … lei forse non sarebbe qui ora”

“Lo avresti fatto anche tu al mio posto” gli rispose “comunque … prego. Non c’è di che”

Oliver annuì, consapevole di quanto Ray Palmer tenesse a lei. E anche se lui non gli piaceva, anche se l’aveva sempre detestato, non poteva negare il fatto che lui fosse, in fondo, un brav’uomo.

E Felicity meritava di avere accanto una persona come lui, un uomo che non mettesse la sua vita a repentaglio.

Il suo telefono suonò e il nome di Thea apparve sullo schermo: “Scusa, devo rispondere” disse a Ray.

“Ollie, sono Thea” il suo tono di voce affannato fece agitare Oliver “Felicity è lì con te?”

“No, lei …” il cuore iniziò a battere velocemente mentre una strana sensazione di paura lo assalì.

“È pericolo, Oliver! Un uomo della Lega la sta seguendo, la vogliono uccidere!”

Oliver sbiancò, colpevolizzandosi per averla lasciata andare a chiamare l’ascensore da sola.

Palmer notò la sua espressione terrorizzata e lo seguì di corsa quando Oliver scattò come una molla verso la porta dell’ufficio.

Svoltò l’angolo e Felicity era lì, di fronte alle porte dall’ascensore, il piede che ticchettava nervosamente sul pavimento, in attesa che la cabina si decidesse di arrivare al piano.

Fu in quel momento che Oliver sentì un vetro dietro di lui andare in frantumi, proprio quando si buttava su di lei e la trascinava a terra con il peso del suo corpo.

Caddero rovinosamente a terra mentre una freccia sopraggiungeva veloce, ferendo di striscio il braccio di Oliver.

“Felicity” la chiamò notando che la ragazza teneva gli occhi chiusi, schiacciata tra il pavimento e il suo corpo “Felicity, stai bene?”

Posò una mano sulla guancia della donna, attirando il viso vicino al suo per accertarsi delle sue condizioni.

“Sì, sì” rispose con voce tremante “sto bene”

Tirò un sospirò di sollievo mentre si alzava per non pesarle addosso ma facendole comunque da scudo con il suo corpo.

Felicity notò la freccia accanto a loro, la punta insanguinata che macchiava di rosso la superficie liscia del pavimento.

“Oliver, sei ferito?” domandò preoccupata, notando poi il suo braccio da cui un rivoletto di sangue colava, impegnandogli la giacca.

“Non è niente” la rassicurò “è solo un graffio”

La voce di Ray sopraggiunse alle loro orecchie, scoppiando quella bolla che sembrava avvolgerli, ovattando ogni rumore del mondo esterno.

“L’ascensore!” disse indicando la cabina vuota, ormai giunta all’ultimo piano.

Oliver aiutò la donna ad alzarsi velocemente per poi nascondersi in quel parallelepipedo di metallo.

Palmer premette con forza il pulsante del piano terra e l’ascensore si mise in moto, portandoli via da quell’incubo.

 

 

 

Osservava la città dall’alto di quel palazzo: i lampioni che illuminavano fiocamente le strade, le mille luci dei grattacieli che squarciavano il buio in competizione con quei brillanti puntini argentei che decoravano il cielo.

Era sotto quella volta di stelle che Maseo tendeva il suo arco, la freccia già in posizione sulla corda, pronta per essere scoccata.

Di fronte a lui il palazzo vetrato della Palmer Technologies dominava la scena mentre lui osserva attentamente quelle tre persone che erano da poco entrate nell’edificio e ora ne avevano raggiunto la sommità.

Aveva un obbiettivo ben preciso: terminare il compito che gli era stato affidato e che ancora rimaneva inconcluso.

Per diversi minuti aveva spiato i movimenti dei tre nell’ufficio all’ultimo piano, con l’aiuto di un binocolo.

Ed era proprio in quel momento che i primi dubbi lo avevano assalito, facendogli tremare le mani e corrodendo quella sicurezza di cui, fino al giorno prima, disponeva.

Le parole di Oliver Queen continuavano a tornargli alla mente risuonando nelle sue orecchie fino a farlo impazzire.

Le sue suppliche strazianti avevano riacceso in lui qualcosa che non provava più da tempo: pietà.

Pietà per quell’uomo che era stato suo amico, per quell’uomo che aveva perso praticamente tutto e che ora lo pregava di salvare l’unica cosa preziosa che gli rimaneva.

Amore.

Era quello per cui Oliver lo implorava, per salvare quella ragazza che era diventata il suo amore.

Perfino lui sapeva di averlo provato nei confronti di una donna, un amore sconfinato ma che ora faceva fatica a ricordare.

Voleva cancellarlo, voleva scordare il suo nome e dimenticare il suo viso ma non ci riusciva.

É come se io avessi tentato di uccidere Tatsu.

Il suo nome continuava a tormentarlo come quello di loro figlio Akio.

E nonostante cercasse di allontanare quei pensieri non riusciva più a guardare Felicity e Oliver, in quell’ufficio, senza pensare a quello che un tempo lui e Tatsu erano stati.

Tese la corda del suo arco cercando di ritrovare la freddezza che gli serviva per scoccare quella freccia: aveva un compito da portare a termine e non si sarebbe tirato indietro.

Vide la donna uscire dall’ufficio e capì che quello era il momento giusto per agire.

Era sola, indifesa, lontana da qualunque persona che avrebbe potuto salvarla.

Ma le dita sudate e scivolose lo tradirono, facendogli perdere la presa sulla freccia. Abbassò l’arco e ripose l’arma nella faretra, consapevole che non poteva uccidere quella donna.

Se lo avesse fatto Oliver non glielo avrebbe mai perdonato, lui stesso non se lo sarebbe mai perdonato.

“Ra’s Al Ghul dubitava di te” una voce alle sue spalle lo fece voltare di scatto “E ti sei appena rivelato per il traditore che sei”

Un altro uomo, incappucciato nel tipico completo scuro della Lega, tese il suo arco dritto verso l’obbiettivo.

“No!” urlò Maseo gettandosi sul suo arco per evitare il peggio ma era troppo tardi.

Vide la freccia scagliata volare nell’aria mentre le sue braccia strappavano l’arco dalle mani di quell’uomo.

Sentì un pugno scagliarsi sulla sua mascella, che scroccò dolorosamente.

Maseo contrattaccò innescando una lotta furiosa, che proseguì per qualche minuto fino a quando scivolò, perdendo l’equilibrio sulla ghiaia che ricopriva l’intera superficie del tetto. L’uomo corpulento lo costrinse a terra, bloccandolo con il peso del suo corpo e stringendo le mani intorno al suo collo.

Maseo si dimenò mentre sentiva la mancava d’ossigeno farsi sempre più opprimente. Cercò di liberarsi di lui, allentando la presa di quelle mani sulla sua gola, senza però riuscirci.

Sentiva i polmoni bruciargli per la mancanza d’aria mentre l’uomo gli parlava, a pochi centimetri dal suo viso: “Dirò a Ra’s Al Ghul che razza di traditore eri, Sarab”

Lui allungò un braccio, le dita che cercavano di afferrare qualche pezzo di ghiaia.   

Quando ormai pensava che avrebbe perso i sensi, trovò la forza di reagire: lanciò quella piccola manciata di ghiaia sul suo viso, colpendolo agli occhi.

“Il mio nome è Maseo” disse con voce strozzata.

L’uomo lasciò andare la presa sul suo collo dando il tempo a Maseo per rialzarsi mentre tossiva per l’improvvisa quantità d’aria che ritornò a riempire i suoi polmoni.

L'uomo tornò all'attacco spingendolo verso il cornicione ma lui si spostò appena in tempo per evitare un pugno diretto al suo viso. Il suo nemico perse l'equilibrio e precipitò nel vuoto sotto gli occhi stupidi di Maseo.

Osservò il suo corpo senza vita, steso sul marcipiedie trenta piani sotto di lui, per poi sparire nel buio.

 

 

 

“Restate qui” ordinò Oliver quando l’ascensore arrivò al piano terra “Voglio controllare se c’è ancora qualcuno pronto ad ucciderci”

Uscì dalla cabina e Ray chiuse immediatamente le porte, rimanendo solo con Felicity.

“Hey” la chiamò, posandole delicatamente una mano sul braccio “va tutto bene? Mi sembri un po’ scossa”

“Io … “ iniziò titubante “è solo che … non avevo ancora capito cosa volesse dire essere l’obbiettivo di qualcuno, essere seriamente in pericolo. Se Oliver non fosse arrivato in tempo …”

“Oliver arriverà sempre in tempo per te” la interruppe lui, mentre la guardava negli occhi.

“Che intendi dire?” domandò mentre si stringeva nella giacca, improvvisamente infreddolita.

“Intendo dire che … lui tiene molto a te. E sarà sempre al tuo fianco, per proteggerti”

Felicity sorresse il suo sguardo senza realmente capire dove quel discorso li avrebbe condotti.

Non avevano più parlato seriamente di loro dopo la permanenza dell’uomo in ospedale e ora si sentiva a disagio, non aveva idea di come comportarsi in una situazione simile.

“Ho visto il suo viso quando ha realizzato quello che stava succedendo, ho letto il terrore nei suoi occhi, quella paura che aveva di perderti e che lo ha spinto a correre subito da te, come se non ci fosse nulla che contasse di più al mondo” le disse senza mai staccare gli occhi dai suoi “e quando ti ha chiesto se stavi bene, quello è stato il momento in cui ho capito”

“Ray …” cercò di dire qualcosa ma il suo cervello non voleva collaborare.

“Lui ti ama, Felicity” sospirò mentre pronunciava quelle parole, così dolorose perché maledettamente vere “E quando lui te lo dirà, io credo che tu riuscirai a rispondergli”

“Ray, mi dispiace, io …” la sua voce fu poco più che un sussurro, mentre si vergognava profondamente per quello che gli aveva detto quando lui si era dichiarato.

“Non dispiacerti. Va tutto bene” provò a convincere anche sé stesso ma non fu così semplice “In fondo l’avevo sempre temuto. Sapevo che provavi qualcosa per lui, l’ho sempre saputo, ma oggi ho realizzato che quello che senti è molto più di un semplice qualcosa”

Felicity non seppe cosa dire e quella cabina metallica divenne improvvisamente troppo piccola per contenere tutto l’imbarazzo che provava in quel momento. Desiderò tanto che Oliver tornasse in fretta e che la tirasse fuori da quella situazione.

“Sei una donna fantastica, Felicity” le prese le mani e le strinse delicatamente tra le sue “e meriti di essere felice. Ma non potrai mai esserlo con me, perciò …. è giusto che tu sia libera di esserlo”

Lei lo abbracciò, seguendo l’istinto, nello stesso modo in cui si stringe un vecchio amico che non si vede da tempo: con affetto.

“Grazie …” sussurrò al suo orecchio “per aver capito”

Lui annuì mentre scioglieva l’abbraccio e proprio in quel momento le porte dell’ascensore si riaprirono.

“Via libera” annunciò Oliver, portando Felicity via con sé.

 

 

 

Aveva appena trascorso la sua prima ora in carcere quando la porta della sua cella si aprì.

Quentin Lance fece il suo ingresso e si sedette di fronte a lui mentre la porta si richiudeva alle sue spalle, accompagnata dal rumore metallico delle chiavi che giravano nella serratura.

Roy se ne stava seduto con la schiena appoggiata al muro, osservando quella che per un po' sarebbe stata la sua casa.

"A cosa devo la sua visita?" chiese dopo qualche attimo di silenzio.

"Voglio fare un patto con te, Roy" gli propose il capitano "tu mi aiuti a trovare Arrow e io lascierò cadere le accuse nei tuoi confronti, quelle relative alla tua attivitá notturna come Arsenal"

"Credo ci sia un errore" rispose mentre faceva girare lo sguardo sulle pareti grigie e spoglie della sua cella "lei ha giá trovato Arrow. Ed é qui in questo momento, proprio di fronte a lei"

"Sai bene che questo non é vero. Oliver Queen é Arrow, e trovo alquanto

vile il suo comportamento nei tuoi confronti. Davvero lascerebbe un suo amico in carcere a pagare per le sue colpe? Questo non é di certo il comportamento di un eroe"

"La smetta con questa storia, capitano" gli disse con fermezza "ha giá catturato il vero giustiziere. Si goda la sua vittoria"

Quentin scosse la testa con evidente disappunto mentre posava i gomiti sulle ginocchia e fletteva la schiena, protendendosi verso il ragazzo e diminuendo la distanza fra loro.

"Dimmi dove si nasconde, Roy" la sua voce era dura e determinata "dimmi qual é il suo luogo segreto dove si rintana ogni sera mentre tu rimani qui, chiuso in questa cella, a marcire per causa sua"

"Io non ho nessun posto segreto dove nascondermi, a parte il mio appartamento a The Glades. Ma penso che a quest'ora lo avrete giá perquisito, senza trovare nulla di utile" rispose mentre anche lui accorciava la distanza tra loro, replicando la posizione in cui il capitano era seduto.

"Perché non vuoi capire, ragazzo? Perché ti ostini a proteggerlo anche quando lui ti ha abbandonato in questo posto?" domandò alterato.

Roy rimase in silenzio, impassibile.

“Sto cercando di salvarti figliolo” gli disse, addolcendo il tono di voce.

“Non ne ho bisogno” fu la sua unica risposta prima che Lance si alzasse e lo lasciasse nuovamente solo.

 

 

 

Quando Oliver e Felicity tornarono al covo trovarono Thea ad aspettarli.

"Felicity, stai bene?" le chiese andandole incontro per abbracciarla.

"Si, sto bene. Non mi é successo nulla"

"Ollie, devo raccontarti un paio di cose" disse la ragazza rivolta a suo fratello.

Lui si sfilò la giacca e solo allora Thea notò che sanguinava.

"Che cosa ti é successo?" chiese preoccupata mentre Felicity prendeva il kit di pronto soccorso.

"Mi ha salvato la vita" spiegò la bionda "quella freccia era destinata a me"

"Sto bene" confermò Oliver "non c'è il caso di preoccuparsi, é solo una ferita superficiale"

"Ma che va comunque medicata" chiarì Fel mentre lo obbligava a sedersi sulla sua poltrona in pelle.

"Ra's é venuto a farmi visita" Thea sganciò la bomba come se nulla fosse mentre Oliver si alzò nuovamente in piedi, impedendo alla donna di medicarlo.

"Che cosa?" chiese sconcertato "stai bene?"

"Si, sto bene, non mi ha fatto nulla" lo rassicurò.

"Allora perché é venuto?"

"Voleva proprormi un accordo. Se io lo avessi aiutato a convincerti ad accettare la sua proposta lui in cambio avrebbe fatto cadere il mandato di morte che grava sulla mia testa da quando ho ucciso Sara" spiegò "ovviamente non ho accettato e lui mi ha detto che ti toglierá tutto ciò che ti rimane. I tuoi amici, Felicity, me e qualunque altra persona a cui tieni. Mi ha anche detto che un uomo stava seguendo te, Felicity, e che ti avrebbe ..."

"Uccisa" concluse la bionda al suo posto.

"Già. Appena lui se n'è andato ho chiamato Ollie per avvisarlo del pericolo e poi ... Credo sappiate meglio di me cosa é successo"

Oliver ascoltò con attenzione ogni parola di Speedy ma c'era qualcosa che non gli tornava.

"Perché avvisarti?" esternò a voce alta i suoi pensieri e le due donne lo guardarono interrogative, senza capire.

"Perché dirti che Felicity era in pericolo proprio in quel momento?" spiegò "perché rischiare di compromettere la riuscita del suo piano dicendoti una cosa simile, ben sapendo che mi avresti immediatamente avvisato?"

"Io ... Non ne ho idea" disse Thea "forse voleva farti capire che non stava scherzando, che ha seriamente intenzione di danneggiarti fino a che tu non farai ciò che lui vuole"

"Nessuno sottovaluta Ra's Al Ghul. Insomma, sanno tutti che non é un uomo incline agli scherzi. C'è qualcosa di strano ... Lui non fa nulla se non con uno scopo ben preciso e io devo scoprire qual é, per poter anticipare le sue mosse"

"Abbiamo altre visite" annunciò Felicity mentre Malcom Merlyn faceva il suo ingresso al covo.

"Io me ne vado" annunciò Thea "ho un locale da gestire al piano di sopra"

Si dileguò in fretta mentre Malcon comunicò il motivo della sua visita: "Ho bisogno di parlare con te, Oliver. In privato"

"Tolgo il disturbo" disse controvoglia la donna mentre sentiva gli occhi di Merlyn puntati addosso.

"No, ce ne andiamo noi" intervenì Oliver "é più sicuro se tu rimani qui"

Lui e Malcom uscirono dalla porta sul retro mentre l'aria fredda della notte li accoglieva nella sua gelida morsa.

"Che cosa volemi dirmi?" domandò, preparandosi al peggio. Aveva imparato a sue spese che non c'era mai un limite quando si parvala di Malcom Merlyn.

"Pensavo fosse ovvio" rispose "non si parla di altro sui giornali, benché la notizia dell'incidente sul ponte e al museo ti abbia fatto perdere qualche prima pagina"

Oliver non rispose, attendendo che continuasse.

"Sappiamo bene che il vero giustiziere é ancora a piede libero ma la città lo crede in prigione, così come la polizia.

Starling City ha smesso di credere al suo eroe mascherato ed ora un altro psicopatico sta tentando di mettere a ferro e fuoco la cittá ..."

"Arriva al dunque, Malcom" lo bloccò Oliver, cercando di capire ciò che voleva da lui.

“Ci sono persone che vengono uccise" disse mentre prendeva a calci un piccola pietruzza, abbandonata sull'asfalto del vicolo, come se quello che stesse dicendo non gli importasse poi più di tanto "I tuoi giorni come Arrow sono finiti. Roy Harper è in prigione. E qualcuno deve proteggere questa città”

"Sto cercando di proteggerla" ribatté Oliver.

"Non ci stai riuscendo!" gli dissi con tono burbero "Non puoi più proteggerla nello stesso modo in cui lo facevi fino a poco tempo fa"

"E che cosa dovrei fare?" domandò allargando le braccia, aspettando che lui lo illuminasse con una brillante idea.

"C'è un solo modo per salvare Starling e se tu tieni davvero quanto dici alla tua città, allora hai una sola scelta" spiegò mentre lo guardava dritto negli occhi "devi accettare la proposta di Ra's Al Ghul"

"No" fu la risposta secca che ricevette.

"Non é il momento di fare i capricci, Oliver. Non puoi più intervenire come Arrow per risolvere i problemi perché la copertura di Roy salterebbe, conducendo nuovamente la polizia a te. E tu non vuoi trascorrere il resto dei tuoi giorni in carcere, non é così? É per questo che lasci che Roy si prenda la colpa, perché così puoi continuare la tua vita come uomo libero"

"Questo non è vero" rispose arrabbiato "La scelta di Roy non é stata una mia idea"

"No, forse no. Ma in fondo é stata molto coveniente per te. Ecco perché ora lo stai abbandonando"

"Io non lo sto abbandonando! Farò tutto il possibile perché venga rilasciato" disse alzando la voce, arrabbiato.

"Davvero? E come pensi di fare? Tutte le prove sono contro di lui, nessuno riuscirà a liberarlo"

“Farò evadere Roy di prigione” gli disse zittendolo.

"Questa è l'idea più stupida che io abbia mai sentito! Non ci riuscirai mai, Oliver"

"Invece si" rispose sicuro di sé "ora se non hai altri preziosi consigli puoi anche andartene"

Gli voltò le spalle e rientrò nel covo, sbattendo la porta dietro di sé.

"Va tutto bene?" gli chiese Felicity quando lo vide rientrare "che cosa voleva Merlyn?"

"Nulla di importante. Solo dire la sua sulla questione di Roy e sulla proposta di Ra's" spiegò "dice che dovrei accetarla per mettere fine a tutto questa situazione"

"Tu non intendi farlo, vero?" domandò lei preoccupata.

"Io .... no. Prima devo occuparmi di Simmons e far uscire Roy di prigione, poi penserò a come eliminare Ra's Al Ghul una volta per tutte"

"Ma ancora prima faresti bene a pensare a te stesso" gli indicò il braccio sanguinante mentre parlava "va medicato"

Lui si sedette sullo sgabello, davanti al tavolo metallico al centro della stanza, togliendosi il maglioncino marrone per facilitare il lavoro alla donna.

Felicity si meravigliò ancora una volta del suo petto muscoloso e del suo fisico statuario, nonostante fosse abituata a vederlo senza maglietta.

"Brucerà parecchio" lo avvisò prima di bagnare la ferita con del disinfettante.

Lo vide chiudere gli occhi ma non si lamentò neanche una volta, nonostante la ferita pareva friggere, creando una sgradevole patina bianca sulla pelle di Oliver.

Lavò via il sangue ormai rappreso intorno alla ferita, per poi fasciargli il braccio con un benda.

"Fa male?" gli chiese quando ebbe finito.

"Ho visto di peggio" le rispose sorridendole.

"Grazie ... " lo guardò in quegli occhi azzurro cielo, mentre posava la mano sulla spalla dell'uomo "per avermi salvato"

"É il minimo che potessi fare" rispose mentre lei lasciava scivolare le dita sulla sua pelle, per poi allontarsi e permettergli di rivestirsi.

 

 

 

Un insistente beep svegliò Oliver di soprassalto.

Stropicciò gli occhi, ancora assonato, e si ricordò di aver lasciato a Felicity la sua brandina per riposare, mentre lui si era appisolato sulla poltrona della postazione computer.

"Felicity" la chiamò mentre leggeva le notizie che apparivano sugli schermi.

Lei mugugnò, infastidita da quella voce che stava disturbando il suo riposo.

La chiamò ancora e lei si svegliò, sbattendo più volte le palpebre e sbadigliando.

"Oliver?" chiese per assicurarsi di non aver immaginato tutto quanto.

"C'è appena stato un assalto ad un portavalori" spiegò lui mentre la donna lo raggiungeva "é Simmons"

"Ne sei proprio sicuro?" domandò, per poi bloccarsi alla vista della scena sul monitor.

Chiuse gli occhi, disgustata da quella scena.

Simmons aveva utilizzato i suoi poteri sui due uomini che guidavano il furgoncino e ora i loro corpi dilaniati dall'esplosione molecolare giacevano sull'asfalto.

Quella scena le fece accapponare la pelle mentre Oliver si alzava per lasciarle il posto.

"Rintraccia il furgone e non perderlo di vista" le disse "vorrà scappare con quei soldi e sparire dalla circolazione; con un po' di fortuna ci porterà dritti al suo nascondiglio"

Prese il telefono e compose il numero di Palmer.

Squillò diverse volte prima che l’uomo rispondesse ma alla fine sentì la sua voce assonnata: “Pronto”

“Prepara la tuta. Simmons ha colpito di nuovo”

 

 

Oliver Queen percorreva le strade della città a cavallo della sua fidata moto, vestito completamente di nero.

Quando era uscito dalla Palmer Technologies qualche ora prima, per controllare che l’uomo che aveva tentato di uccidere Felicity fosse  scappato, aveva trovato un membro della Lega, privo di vita.

Lo aveva privato della casacca nera che i membri di quella setta erano soliti indossare, lasciandogli solo quelli civili che indossava al di sotto.

Sapeva che prima o poi quel costume sarebbe potuto rivelarsi utile ed aveva deciso di indossarlo per catturare Simmons, visto che non poteva utilizzare il suo amato completo verde.

La voce di Felicity lo guidava per le strade di Starling, seguendo il furgone a debita distanza per non insospettire il loro uomo.

Ray Palmer aveva optato per un mezzo di trasporto meno convenzionale del suo ed Oliver poteva vederlo volare nel cielo, seguito da un’ormai nota scia blu.

“Credo di aver capito quale sia il suo rifugio” annunciò Felicity ad entrambi.

Era una sensazione strana lavorare contemporaneamente sia con Oliver che con Ray, ma cercò di non farsi distrarre da quella insolita novità.   

“Ci sono diversi edifici abbandonati nella zona della città in cui si sta dirigendo, ma soltanto uno ha ancora un impianto di riscaldamento funzionante. Se io fossi in lui, con questo freddo, mi nasconderei lì”

“D’accordo” disse Oliver “di quale palazzo si tratta?”

“Della vecchia industria di scarpe di Starling City”

“So dove si trova” dissero in coro Ray ed Oliver, per poi zittirsi, sconvolti da quella inaspettata sincronia.

Oliver rallentò quando si avvicinò all’edificio per poi spegnere il motore a avviarsi a piedi.

“Io passo dal retro” gli disse Palmer, atterrando dall’altro lato della struttura.

Oliver prese una freccia dalla faretra e la incoccò sull’arco, pronta per essere scagliata.

Sapeva che non sarebbe bastata una freccia per catturare Simmons ma stringere tra le mani quell’arco gli infondeva sicurezza, ricordandogli come si sentiva quando Arrow non era ancora un ricercato della polizia.

Entrò nell’edificio buio, procedendo con cautela, cercando di far abituare i suoi occhi alla scarsa luce.

Intravide la sagoma del furgone scuro, parcheggiato in quello che una volta era la grande sala della fabbrica.

Si appiattì lungo i fianchi metallici del mezzo mentre si avvicinava al posto del guidatore. Tese l’arco e guardò all’interno dell’abitacolo ma non c’era nessuno.

“Cucù” la voce di Simmons echeggiò nella grande stanza vuota mentre Oliver si voltava verso di lui.

Un’onda di energia si abbatté contro di lui ma riuscì a muoversi abbastanza rapidamente da evitarla.

Nel punto in cui si trovava fino ad un istante prima la portiera del furgone era deformata e il metallo era diventato rosso intenso, segno che la superficie era ormai incandescente.

“Non sarai così stupido da pensare di potermi fuggire” gli disse, la voce sarcastica e incredibilmente squillante.

Indossava un lungo soprabito nero, in contrasto con la sua pelle chiara e i capelli biondo cenere.

Oliver si nascose dietro il furgone, giusto in tempo per evitare un'altra ondata di vibrante energia diretta verso di lui.

Ray entrò nella stanza, dalla porta sul retro, sopraggiungendo alle spalle del meta-umano.

Ma Jake fu più veloce del previsto. Si mosse rapidamente e lo bloccò con una lunga catena in ferro, che penzolava dal soffitto della vecchia fabbrica.

La strinse come un cappio intorno all’armatura di ATOM, bloccandolo e obbligandolo ad inginocchiarsi davanti a lui.

Oliver puntò il suo arco, pronto a scoccare una freccia ma Simmons lo bloccò: “Credi davvero di potermi fare del male con una banalissima freccia?”

Rise mentre stringeva la presa: “È meglio se abbassi quell’arco o farò diventare il tuo amichetto di latta una grande palla infuocata”

Oliver esitò, studiando ogni movimento dell’uomo davanti a lui.

“Buttalo!” urlò arrabbiato “O giuro che lo uccido subito!”

“D’accordo” acconsentì abbassandosi lentamente sulle ginocchia per posare l’arco e la faretra a terra.

“Allontana le tue armi da te” gli ordinò.

“Oliver” la voce di Felicity arrivò forte e chiara ai due eroi “se dovesse decidere di usare comunque i suoi poteri contro Ray … le molecole del metallo hanno bisogno di una grande quantità d’energia per iniziare a vibrare, perciò … io credo utilizzerà la massima potenza di cui dispone”

Oliver settò il guanto alla massima intensità, tenendolo nascosto dietro il lungo mantello, per evitare che Simmons si insospettisse.

“Lascialo andare” disse con tono perentorio al meta-umano “ho fatto ciò che volevi perciò rispetta i patti”

“Io non ho mai promesso che lo avrei lasciato andare” disse mentre un ghigno appariva sul suo viso pallido.

Posò la mano sulla spalla di Ray e una frazione di secondo più tardi la sua devastante energia si riversava sull’uomo inginocchiato, completamente indifeso.

Oliver reagì immediatamente lasciando fuoriuscire la massima intensità del flusso dal guanto metallico, puntandolo dritto sull’armatura di Pamer.

“Spero davvero che il tuo giocattolo nuovo funzioni come si deve” disse rivolto a Ray mentre vedeva chiaramente la smorfia di dolore contrarre il suo viso, dietro il vetro di protezione del casco.

Ray sentiva le due energie opposte investirlo con tutta la loro potenza e per un attimo temette che quel caldo fondesse la sua armatura fino a farlo esplodere.

Il flusso ghiacciato fu inizialmente un sollievo ma poi divenne anch’esso una tortura.

Era come se caldo e freddo lo investissero continuamente, alternandosi per brevissimi ma intensi periodi: lo sbalzo termico lo stava distruggendo ed iniziò seriamente a pensare che non sarebbe sopravvissuto a quella notte.

Poi, dopo un paio di minuti di continua lotta tra fuoco e ghiaccio, tutto finì esattamente come era iniziato.

Sentì la presa della catena venire meno e si voltò appena in tempo per vedere Simmons che cadeva all’indietro, sbalzato dalla forza del getto che fuoriusciva dal guanto.

Oliver gli fu subito addosso, bloccandolo a terra con il peso del proprio corpo.

Un rassicurante click metallico riempì l’aria e le manette di Cisco si adattarono perfettamente ai polsi dell’uomo.

Simmons agitò le mani, cercando disperatamente di liberarsi da quello impiccio, ma nessuna onda d’energia venne prodotta dai suoi palmi.

“Mai dubitare delle invenzioni di Cisco Ramon” commentò sollevata Felicity, strappando un sorriso ad Oliver.

“Ce l’abbiamo fatta” disse a Ray, complimentandosi con lui per il suo guanto super tecnologico.

“Che cosa ne facciamo di lui?” gli chiese Palmer, riferendosi a Jake.

“Se ne occuperanno a Central City” rispose mentre si alzava in piedi e trascinava con sé il loro meta-prigioniero.

Meno di cinque minuti più tardi, a Central City, Cisco Ramon osservava soddisfatto il loro nuovo ospite nelle prigioni degli Star Labs, direttamente consegnato da Starling come un pacco inviato per posta prioritaria.

La posta più veloce del mondo, di nome Barry Allen.

 

 

Era ormai pomeriggio quando Roy venne prelevato dalla sua cella, dicendogli che c'erano visite per lui.

Lo scortarono fino alla sala dove si tenevano gli incontri e quando vide la persona che lo stava aspettando non poté che esserne felice.

Appena la porta si era aperta il suo sguardo aveva incrociato quello di lei e un sorriso era nato sulle labbra di entrambi.

Thea lo stava aspettando, seduta su un scomodo sgabello metallico, dall'altra parte dello spesso vetro che divideva la zona visitatori da quella dei carcerati.

Si sedette di fronte a lei mentre afferrava la cornetta che permetteva loro di comunicare.

“Come stai?” le chiese preoccupata.

“Va tutto bene” cercò di rassicurarla “Sto bene”

“Perché lo hai fatto, Roy?” chiese lei, gli occhi lucidi per via delle lacrime che rischiava di versare.

“Perché dovevo, perché volevo farlo. Era l’unico modo per salvarlo” gli rispose.

“Lui non è affatto d’accordo su questa cosa”

“Lo so, me lo ha detto personalmente” disse mentre ricordava il discorso avuto con Oliver il giorno prima “ma non ha importanza. Sono sicuro di aver fatto la cosa giusta e se servisse lo rifarei”

Thea annuì: sapeva quanto Roy stimasse Ollie e quanto gli volesse bene, come un fratello.

“Che cosa succede là fuori?” le chiese curioso “Sono fuori dal mondo da poco più di un giorno e già sembra che sia successo il putiferio in città”

“Sì” confermò la ragazza “Ci sono stati un po’ d’incidenti in queste ultime ore. Ma per fortuna è tutto finito e l’uomo che sprigionava energia da tutti i pori è stato catturato”

“Per fortuna” sospirò lui.

“Ra’s è venuto a trovarmi questa notte” disse.

“Cosa?” Roy rimase scioccato da quella notizia.

“Voleva che lo aiutassi a convincere Oliver a diventare il nuovo capo della Lega. E non ha reagito molto bene quando gli ho detto di no”

“Che cosa ha fatto? Stai bene?”

“Sì, non mi ha fatto del male. Ma ha minacciato di distruggere Oliver, ha detto che lo avrebbe fatto soffrire, portandogli via ogni cosa”

Roy scosse la testa. Non poteva credere che tutto quello stesse succedendo davvero.

“Roy” lo chiamò Thea dopo qualche attimo di silenzio “ti tireremo fuori di qui, in un modo o nell’altro”

“Non farti coinvolgere in tutto questo” le raccomandò “apprezzo lo sforzo di Oliver ma è meglio se stai alla larga del suo piano perché se dovesse fallire passerai anche tu il resto dei tuoi giorni in prigione”

“Sono già coinvolta, Roy. E non ho intenzione di tirarmi indietro” ribatté decisa.

“Promettimi che farai attenzione, Thea. Non voglio che ti accada qualcosa per colpa mia”

“Non succederà” lo tranquillizzò “piuttosto come ti trovi?”

“Il letto non è comodo come quello di casa mia ma non c’è male”

Thea rise e Roy rimase incantato ad ascoltare quella melodia, che era il suono più bello che avesse sentito negli ultimi giorni.

Tornarono seri dopo qualche istante e Roy riprese il suo discorso: “Ho scoperto chi sono i miei vicini di cella e non è stata una bella sorpresa”

“Che cosa intendi dire?” domandò preoccupata.

“Ci sono parecchi uomini di Brick rinchiusi qui” spiegò “e da come bisbigliano quando mi vedono, come si comportano … loro pensano che io sia Arrow e temo che vogliano vendicarsi dell’uomo che li ha messi in prigione”

“Stai dicendo che …” ora sì che era preoccupata.

“Non lo so” sospirò sconsolato “forse sono solo paranoico”

“Tieni gli occhi aperti, ok? Noi ti tireremo fuori di qui il prima possibile e tutto questo diventerà solo un brutto ricordo”

Il loro discorso venne interrotto da una delle guardie che si avvicinò a Roy, comunicandogli che il tempo della visita era terminato.

Ebbero a malapena il tempo di salutarsi prima che lui sparisse nuovamente dietro la pesante porta da cui era entrato.

 

 

 

“Ollie” Thea scese di corsa le scale che conducevano nel covo, chiamando a gran voce il fratello.

“Thea, va tutto bene?” gli chiese lui, preoccupato dalla fretta con cui scendeva i gradini.

“Sono appena andata a trovare Roy in carcere” esordì una volta raggiunto il fratello “dobbiamo farlo uscire al più presto”

“Thea, lo so che non vedi l’ora di poter liberare Roy ma non siamo ancora pronti. Dobbiamo pianificare tutto nei minimi dettagli”

“No, non possiamo aspettare ancora. Lui mi ha detto che ci sono parecchi uomini di Brick rinchiusi insieme a lui e teme che si vogliano vendicare del giustiziere che ha tolto loro la libertà”

“Ne sei sicura?” gli chiese, seriamente preoccupato “Questo potrebbe essere un grosso problema”

“So che è rischioso ma credimi, non te lo avrei chiesto se non fosse così urgente. Aspettare ancora potrebbe voler dire condannarlo a morte”

“Felicity” chiamò Oliver “a che punto sei con le ricerche?”

“Ho acquisito praticamente tutte le informazioni necessarie per poter aggirare i sistemi di sicurezza ma ci vuole tempo per perfezionare i dettagli” rispose.

“Se veramente gli uomini di Brickwell tramano qualcosa contro Roy, ogni ora che tardiamo potrebbe costarci molto cara” commentò Oliver.

“Non so se stiano progettando una vendetta contro Roy ma di sicuro sono richiusi nella stessa prigione” disse Felicity proiettando sui monitor gli esiti della sua ricerca “e di certo non è una notizia rassicurante”

“Dobbiamo anticipare l’evasione”

La donna si voltò verso Oliver, facendo ruotare su sé stessa la poltrona: “Di quanto esattamente?”

“Questa sera” decretò l’uomo.

“Questa … sera?” Felicity rimase sconvolta “non riusciremo mai a programmare tutto in così poco tempo!”

“È una follia, hai ragione, ma non possiamo correre il rischio che Roy venga ucciso in qualche rissa tra detenuti”

“Oliver, questo è fuori perfino dalle tue capacità” cercò di farlo ragionare “è già abbastanza difficile irrompere in un carcere anche con un piano brillante e programmato nei minimi dettagli ma così … è come buttare benzina sul fuoco! Ci bruceremo sicuramente”

Oliver chiuse gli occhi stanchi mentre cercava di pensare a qualcosa che potesse aiutarli.

“Posso darvi una mano anch’io” propose Thea “una persona in più è sempre meglio che una in meno”

“Ne abbiamo già parlato” la rimproverò lui “devi restare fuori da questa storia”

“Tuo fratello ha ragione” convenne Felicity “se lo facciamo questa sera il rischio di venire scoperti aumenta esponenzialmente. È meglio che tu resti al sicuro a casa”

“D’accordo” sospirò rassegnata, per poi lasciare soli i due.

“Avviso Dig” informò Oliver mentre la bionda si rimetteva al lavoro sui suoi computer.

 

 

 

 

“Sono in posizione” annunciò Diggle all’auricolare, seduto sul furgone nero fuori dall’edificio di detenzione.

“Anche io” disse Oliver “Felicity, dimmi quando sei pronta”

La bionda digitò velocemente sulla tastiera mentre il segnale gps di Oliver brillava sullo schermo del suo computer, indicandole dove si trovava.

Aveva appena violato il sistema di videosorveglianza del carcere e stava sostituendo i filmati con immagini fisse dei corridoi vuoti, in modo tale che Oliver potesse entrare indisturbato senza essere visto.

Il rumore delle dita che picchiettavano sui tasti era l’unico rumore che spezzava il silenzio del covo, dove solo lei era rimasta a dirigere le operazioni.

“Sto disabilitando l’allarme della porta, preparati ad entrare” gli disse quando fu quasi pronta.

L’uomo attese, avvolto nel completo scuro che aveva già utilizzato per celare la sua identità durante lo scontro con Simmons.

“Via libera” gli comunicò mentre iniziava già a lavorare sulla porta successiva.

Oliver si addentrò nei corridoi debolmente illuminati, cercando di fare meno rumore possibile.

Si trovò ben presto davanti ad una seconda porta ed ad un’altra ancora: attese che Felicity gli desse conferma per poi attraversarle senza incorrere in particolari problemi.

“Ora gira a destra, sali la prima rampa di scale e poi prendi la prima porta a sinistra. Ho appena disattivato l’allarme anche su quella” gli diede precise istruzioni mentre continuava a lavorare per riuscire a far avanzare Oliver nel minor tempo possibile.

“Ci siamo quasi” lo informò controllando le piante dell’edificio di cui era entrata, illegalmente, in possesso.

Oliver camminò velocemente lungo il corridoio deserto fino a quando svoltò a destra, controllando che non ci fosse nessuno oltre l’angolo.

Si stava avvicinando alla porta in fondo all’angusto passaggio quando un allarme scattò improvvisamente.

“Felicity!” la chiamò preoccupato “Che cosa sta succedendo?”

“Non ne ho idea” rispose la donna dall’altra parte dell’auricolare mentre cercava la causa scatenante dell’allarme.

 

 

 

 

 

La sala mensa era affollata e un chiacchiericcio insistente ronzava nelle orecchie di Roy, mentre attendeva in fila il suo turno per prendere la porzione di zuppa che gli spettava per cena.

Fece per sedersi in uno dei posti liberi ma gli altri occupanti del tavolo lo squadrarono da testa ai piedi, e solo dopo lui si accorse che erano due degli uomini di Brickwell.

“Vattene, uomo verde in calzamaglia” uno dei due gli sputò addosso quelle parole, con chiaro riferimento al costume attillato di Arrow.

Si allontanò il più possibile trovando posto di fronte ad un uomo silenzioso, la testa china sul piatto e i lunghi capelli ricci raccolti in una coda.

Roy appoggiò la zuppa sul tavolo soffiando poi sui polpastrelli: il piatto bollente aveva rischiato di ustionargli le dita.

“Devi essere nuovo qui” commentò a bassa voce quell’uomo.

“Come dici?” non era convinto che stesse realmente parlando con lui, la voce incredibilmente bassa e flebile che per un attimo credette di essersela immaginata.

“Qui tutti sanno che la zuppa scotta” rispose “perciò devi essere nuovo”

“Sì, io … sono arrivato ieri sera” gli confidò.

“Sei l’uomo in verde giusto?” domandò curioso mentre ingoiava un altro cucchiaio colmo di minestra.

“Come fai a saperlo?”

“Le voci corrono, soprattutto qui” spiegò “in molti attendevano il tuo arrivo. Si dice che tanti criminali che sono rinchiusi qua dentro li hai catturati tu.

Ora mi chiedo: come mai ci sei finito anche tu in questo posto dimenticato da Dio?”

“La polizia mi ha definito un assassino. E la popolazione di Starling ha smesso di credere in quello che facevo, perciò … eccomi qui”

“È un peccato” commentò per poi zittirsi e tornare a prestare attenzione alla sua cena.

Roy assaggiò quella zuppa densa e poco invitante rischiando di bruciarsi anche la lingua.

Era disgustosa ma il buco allo stomaco che sentiva gli avrebbe permesso di mangiare qualunque cosa.

Quando l’uomo misterioso di fronte a lui terminò la sua porzione si alzò congedandosi: “Ci si vede, supereroe”

Il ragazzo tornò ad inghiottire cucchiaiate di quella crema densa mentre sentiva diversi occhi puntati su di sé. Sapeva che erano  i complici di Brick, riusciva perfino a sentire i loro mormorii contrariati.

Si alzò appena ebbe finito di mangiare con l’intenzione di tornare nella sua cella il prima possibile.

Si avviò per il corridoio quando sentì dei passi alle sue spalle.

Voltò di poco il capo cercando di capire chi lo stesse seguendo.

Sentiva il cuore iniziare a battergli veloce nel petto mentre le mani iniziarono improvvisamente a sudare.

Per un attimo la paura prese il sopravvento su di lui ma cercò di ricacciarla indietro, respirando a fondo e tranquillizzandosi.

I tre uomini avanzavano silenziosi alle sue spalle e uno di loro tirò fuori un coltello, tenendolo stretto nel palmo della mano tatuata.

Roy aspettava il momento giusto per difendersi: sapeva che prima o poi l’avrebbero attaccato.

Una manciata di secondi più tardi intravide con la coda dell’occhio uno dei tre uomini avvicinarsi pericolosamente e fu allora che si voltò, bloccando prontamente per il polso la mano che brandiva il coltello.

Sferrò un pugno colpendo l’uomo sul viso, mentre i suoi complici si gettavano su di lui, trasformando l’aggressione in una rissa.

 

 

 

L’allarme continuava a suonare all’impazzata mentre Oliver cercava di capire cosa stesse succedendo.

“Rissa” la voce agitata di Felicity giunse forte e chiara nelle sue orecchie “quattro detenuti si stanno picchiando nei pressi della cella di Roy”

“Pensi che …”

“Temo di sì” rispose lei mentre Oliver scattava di corsa lungo il corridoio.

“Dimmi quali porte posso attraversare” le ordinò l’uomo mentre correva.

“Vai, Oliver” gli rispose “non baderanno a te in questo momento”

“Gira a destra” lo guidò mentre lui correva il più velocemente possibile “Ora a sinistra”

“Questa non è la strada più veloce, Felicity!”
“Lo so! Ma quella più rapida la stanno percorrendo i poliziotti” spiegò mentre l’ansia cresceva dentro di lei ad ogni istante.

Le dita scorrevano veloci sulla tastiera ma i polpastrelli, improvvisamente sudati, scivolavano sui tasti rallentandola.

“Oliver, devi andare più veloce o non arriverai mai prima delle guardie”

L’uomo aumentò l’andatura seguendo le indicazioni che la donna gli dava mano a mano che si avvicinava all’obbiettivo.

Felicity cercò di rallentare l’andatura dei poliziotti bloccando tutte le porte che disponevano di chiusura da remoto, per le eventuali urgenze all’interno del carcere.

Rimosse le immagini fisse, con cui precedentemente aveva oscurato i veri filmati delle telecamere, nei corridoi percorsi dagli agenti.

Se non l’avesse fatto le guardie non sarebbero apparse nelle telecamere e questo avrebbe insospettito gli addetti in sala controllo.

Seguiva il percorso di Oliver e quando lui era fuori portata di una o dell’altra telecamera lei rimuoveva le immagini, cercando di tenere oscurate solo quelle che avrebbero rivelato la presenza dell’uomo. 

Credeva di impazzire mentre cercava di sistemare ogni cosa e ben presto si rese conto di arrancare: non ce l’avrebbe mai fatta da sola.

Quando Oliver arrivò a destinazione vide Roy che incassava colpi da un uomo alto e corpulento, mentre gli altri tre lo circondavano senza lasciargli via di fuga.

Il ragazzo reagì stendendo uno dei tre con un calcio e proprio mentre stava per tuffarsi in mezzo allo scontro per aiutarlo la voce di Felicity lo bloccò.

“Oliver, scappa!” urlò “devi andartene subito”

L’uomo vide gli agenti irrompere nel corridoio.

Fu una frazione di secondo ma ad Oliver parve un’eternità: vide Roy scagliare un pugno, poi la sua espressione di dolore sul viso. Scorse il riflesso della lama lucida di un coltello brillare sotto la luce delle lampade poco prima che si conficcasse nel fianco destro del ragazzo.

Avrebbe voluto urlare ma sapeva di non poter fare nulla.

“Oliver, rispondimi!” la voce della donna, che ancora non aveva ricevuto una sua conferma, lo risvegliò da quello stato di trance “Ci hanno scoperti! Devi andartene immediatamente o ti troveranno!”

“Roy è ferito, non posso …”

“Non puoi farci nulla, Oliver” disse anche se le pianse il cuore quando venne a sapere che Roy era in pericolo “Corri fin che sei tempo, ti prego!”

I suoi muscoli reagirono dopo qualche istante di esitazione e Oliver riprese a sfrecciare in mezzo ai corridoi grigi mentre sentiva dei passi alle sue spalle, forse poliziotti che lo stava inseguendo.

“Ti stanno alle calcagna” le confermò indirettamente Felicity mentre gli dava indicazioni su dove andare.

Gli occhi della donna scorsero veloci sui monitor, cercando di gestire la situazione ma ciò che vide la pietrificò.

“Merda” imprecò mentre si alzava dalla scrivania.

“Felicity che cosa succede?” le domandò Oliver ma non ricevette mai risposta.

“Felicity!” la chiamò ancora, invano.

La donna pigiò freneticamente le dita sulla tastiera eliminando tutti i dati sensibili che avrebbero potuto usare contro di loro, che avrebbe collegato Oliver ad Arrow.

Osservò la barra verde scorrere verso il completamento dell’operazione ma non era abbastanza veloce.

Raccolse le sue cose mentre correva verso l’interruttore generale del covo e staccò la corrente, facendo spegnere improvvisamente tutti i computer.

Si diresse il più velocemente possibile verso l’uscita sul retro ma non fece in tempo.

La porta in cima alle scale si spalancò con un botto, probabilmente scardinata dagli uomini che ora scendevano rapidamente sui gradini metallici.

Aiutata dall’oscurità la ragazza si mosse senza essere vista, cercando riparo nel buio.

Il suo cuore batteva all’impazzata mentre tentava di regolarizzare il respiro e restare nel più totale silenzio, per evitare di essere scoperta.

“Polizia! Mani in alto” la sua voce riecheggiò nel covo buio e Felicity non ebbe più dubbi.

Quentin Lance aveva appena scoperto il loro rifugio. 

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Capitolo 4
*** Al-sah-him ***


cap3

Buonasera! 

E finalmente sono riuscita a pubblicare anche questo capitolo!

Devo essere sincera: molti degli avvenimenti della 3x19 non li avevo previsti, come la morte di Thea.

Visto che la trama della storia è già abbastanza ben definita nella mia testa, ho deciso di proseguire per la mia strada perciò 
mi distaccherò un po' dagli avvenimenti dei veri episodi.... rendendo questo finale un pochino più alternativo xD 

L'episodio 3x20 sarà estremamente Olicity, per quanto ne sappiamo, perciò vi avviso che mi sono lasciata un po' trasportare da quei due adorabili innamorati!  

Per chi come me aspetta domani per vedere l'episodio .... buon infarto a tutti! xD

Buona notte!


Everything I did, everything that happened has led me right here.

Cap.4- Al-sah-him

 

 

Aiutata dall’oscurità la ragazza si mosse senza essere vista, cercando riparo nel buio.

“Polizia! Mani in alto” la sua voce riecheggiò nel covo e Felicity non ebbe più dubbi.

Quentin Lance aveva appena scoperto il loro rifugio. 

 

 

Sentiva il cuore batterle all’impazzata dentro il petto mentre, accucciata nel buio, cercava di muoversi.

S’inginocchiò e si mosse gattonando verso il piccolo ripostiglio del covo, consapevole che il rumore dei tacchi alti l’avrebbe tradita.

Si alzò, facendo meno rumore possibile, per riuscire ad aprire la porta ed intrufolarsi all’interno, mentre vedeva i fasci delle torce di alcuni agenti fendere l’oscurità.

Le luci del covo si accesero illuminando l’ambiente, segno che qualcuno aveva trovato l’interruttore generale, proprio quando la donna richiudeva la porta alle sue spalle, bloccando la serratura.

“Perquisite ogni angolo!” la voce di Lance giunse forte e chiara a Felicity, sovrastando il battito del suo cuore che percepiva martellarle nelle orecchie.

Si appoggiò al muro per un istante, cercando di calmare il respiro ansante ed irregolare.

Si sentiva braccata, come un animale in gabbia, senza nessuna via d’uscita.

Prima o poi i poliziotti l’avrebbero trovata, era solo questione di secondi.

Non osò accendere la piccola luce, per evitare di attirare l’attenzione, ma i suoi occhi non riuscivano a scorgere nulla in quella penombra.

Prese il cellulare dalla borsa e sfruttò la luminosità dello schermo, cercando qualcosa che potesse rivelarsi utile.

Puntò l’unica fonte di luce verso il soffitto, sperando di trovare ciò che stava cercando.

Sorrise quando si rese conto che la sua memoria non l’aveva tradita.

Quel piccolo oggetto circolare che stava fissando poteva essere la sua ancora di salvezza se solo avesse trovato qualcosa di utile in mezzo a quelle cianfrusaglie, abbandonate sui ripiani dello scaffale di fronte a lei.

Iniziò a rovistare, ma non c’era nulla che facesse al caso suo e la scarsa illuminazione non l’aiutava di certo nella caccia al tesoro.

I secondi passavano e mentre sentiva i passi degli agenti avvicinarsi sempre più al suo nascondiglio, il sudore rendeva scivolose le dita facendole perdere la presa sugli oggetti.

“Di qua!” urlava un uomo dall’altra parte della parete e Felicity sbarrò gli occhi spaventata, mentre il cuore le saliva in gola.

Non si sarebbe lasciata sopraffare dalla paura, non poteva. Perché se le avesse concesso il lusso di vincere gli uomini di Lance l’avrebbero trovata e l’avrebbero arrestata, e se arrestavano lei Oliver poteva rimanere bloccato in quel carcere ed essere a sua volta trovato dai poliziotti che lo stavano inseguendo. E se Oliver fosse finito nuovamente in manette, Roy avrebbe sacrificato la sua libertà invano mentre lei … lei probabilmente non l’avrebbe mai più visto.

E questo no, non poteva permetterlo.

Frugò ancora mentre sperava disperatamente che Lance non la trovasse, che lei fosse abbastanza rapida da mettere in atto il suo piano.

Quando pensava ormai di arrendersi all’idea di una vita in cella, qualcosa di ruvido le graffiò la pelle delicata delle nocche e una nuova speranza si accese dentro di lei.

Prese quella scatolina e mentre la illuminava con lo schermo dello smartphone sperò che fosse ciò che voleva.

Il cartoncino azzurro che componeva l’involucro la fece gioire, così come la striscia rasposa sul fianco della confezione.

Fiammiferi.

Prese dei fogli da un giornale abbandonato e ne fece una pallina, mentre spostava il piccolo sgabello, abbandonato a sé stesso a fianco dello scaffale, verso il centro della stanza.

Aprì la scatola svelandone il contenuto: due solitari cerini correvano sbatacchiando contro le pareti.

“Dannazione” si maledì mentalmente quando il primo fiammifero si spezzò, senza accendersi.

Prese il secondo e lo strofinò contro la striscia ruvida pregando che si accendesse. La piccola fiammella che bruciò la capocchia rossa era l’unica cosa a cui Felicity riuscisse a pensare il quel momento, mentre avvicinava la carta dandole fuoco.

Aveva bisogno di fumo, anche solo una piccola ed insignificante esalazione, affinché il suo piano funzionasse.

Si alzò ancora in punta di piedi, dopo essere salita sullo sgabello, per avvicinarsi maggiormente al rilevatore attaccato al soffitto, sperando che facesse il suo dovere.

Sapeva a cosa andava incontro: il locale di Thea, il covo, i suoi amati computer, tutte le sue costose apparecchiature tecnologiche, ogni cosa sarebbe stata danneggiata dai getti d’acqua dell’impianto anti-incendio.

Ma non aveva altra scelta.

Sentì la maniglia della porta muoversi senza però cedere.

“Questa porta è chiusa!” la voce di uomo spezzò il silenzio, seguita da un paio di passi e ulteriori parole.

“Sfondatela!” era la voce di Lance e Felicity non ne fu mai così intimorita.

Vide la porta vibrare pericolosamente sotto un colpo ponderoso e chiuse gli occhi, consapevole che Quentin sarebbe entrato da un secondo all’altro.

Ma prima che la serratura cedesse percepì qualcosa di freddo bagnarle la pelle.

Spalancò le palpebre, nell’esatto momento in cui un getto d’acqua la investì in pieno, inzuppandole il vestito e appiccicando i lunghi capelli biondi al suo viso.

Sentì voci concitate dall’altra parte mentre scendeva dallo sgabello e attendeva, l’allarme che suonava con un fastidioso beep e l’acqua che continuava a scendere.

Lo scroscio e tutto quel rumore le impedì di sentire esattamente cosa dicevano quegli uomini, ma percepì chiaramente le parole ‘incendio’ e ‘tutti fuori’.

A poco a poco i rumori si attutirono mentre lei si avvicinava alla porta per origliare.

“Capitano, dobbiamo uscire da qui” disse un uomo giovane, rivolto a Lance, che ancora fissava la porta del piccolo ripostiglio “potrebbe esserci un incendio”

“Voglio sapere cosa c’è dietro questa porta” rispose lui, caparbio.

“Con tutto il rispetto, non le servirà a molto saperlo se rischierà di rimanere bloccato in uno scantinato in fiamme”

“D’accordo” rispose dopo qualche attimo, senza però esserne troppo convinto.

Felicity si concesse un lungo sospiro di sollievo e quando la paura diminuì, iniziò a sentire il freddo penetrarle le ossa.

Era completamente zuppa: il vestito le si era appiccicato alla pelle, i capelli pesanti le ricadevano sulle spalle gocciolando, le lenti degli occhiali erano ricoperte da mille gocce impendendole di vedere bene.

Rimase immobile ancora per qualche istante per essere sicura che tutti se ne fossero andati, poi aprì cautamente la porta.

Controllò che il covo fosse effettivamente vuoto poi, ricordando le parole di Lance, prese la chiave e chiuse nuovamente la porta.  

Prima o poi avrebbero scoperto che era stata bloccata dall’esterno ma una porta aperta avrebbe sicuramente dato troppo nell’occhio, insospettendo Lance.

Si mosse velocemente verso la porta sul retro e uscì, ritrovandosi nel consueto vicolo dietro il Verdant, un istante prima che il capitano scendesse nuovamente le scale in metallo ritornando sui suoi passi.

Sapeva che c’era qualcosa dietro quella porta e non aveva intenzione di lasciarselo sfuggire.

 

 

 

 

“Felcity!”

La voce preoccupata di Oliver continuava a risuonare dentro l’auricolare senza che nessuno gli desse risposta.

“Dannazione, Felicity! Rispondimi, ti prego!” le parole uscirono strozzate mentre riprendeva la sua corsa, consapevole che se fosse rimasto fermo troppo a lungo i poliziotti lo avrebbero raggiunto.

Sentiva il cuore battergli furiosamente nel petto mentre svoltava l’angolo, cercando di ricordare la strada più veloce verso l’uscita.

Cercava di riportare alla mente le immagini delle piantine del carcere che aveva a lungo studiato, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era Felicity.

Non riusciva a ragionare lucidamente, non quando non sapeva che cosa le stesse succedendo.

L’unica cosa che voleva era capire se fosse al sicuro, ma i secondi passavano veloci e della voce dolce e armoniosa di Felicity non c’era traccia.

Voleva correre da lei, assicurarsi che stesse bene, perciò doveva concentrarsi sulla strada da percorrere: uscire sano e salvo da lì era l’unico modo per poterla raggiungere al covo.

A poco a poco iniziò a ricordare e non esitò a svoltare quando incontrò il primo incrocio. Proseguì aumentando l’andatura per distanziare quei passi che ancora lo seguivano, rimbombando nei corridoio vuoti.

Trovò l’uscita prima di quanto pensasse e balzò rapidamente dentro il furgone, la portiera appena aperta da un Diggle impaziente di partire.

Gli pneumatici stridettero rumorosamente quando l’uomo mise in moto schiacciando con forza sull’acceleratore.

“Che diavolo è successo, Oliver?” gli domandò preoccupato mentre l’amico abbassava il cappuccio del mantello nero.

“Accelera” fu l’unica cosa che Oliver riuscì a dire nonostante Dig corresse già a folle velocità per le strade di Starling.

Si liberò della tunica della Lega mentre iniziava a spiegare ciò che era successo.

“Felicity non risponde più all’auricolare” gli disse agitato “ho paura che le sia successo qualcosa, che Ra’s o uno dei suoi uomini l’abbia trovata e …”

La voce gli morì in gola mentre sentiva il cuore stringersi in una morsa dolorosa e gli occhi diventare umidi.

“Cerca di calmarti, Oliver” gli raccomandò l’uomo alla guida.

“Come posso calmarmi?” urlò “è di Felicity che stiamo parlando! Se le fosse successo qualcosa …”

“Arriveremo in tempo, Oliver” lo rassicurò guardando il suo viso sconvolto dalla paura.

“Che ne è stato di Roy?” chiese poco dopo.

“Lo hanno ferito” rispose devastato da tutte quelle emozioni “se solo fossi arrivato prima … io …”

“Non devi colpevolizzarti”

“Invece sì” disse duro “avrei dovuto fare più in fretta! Lo avrei potuto salvare, invece sono riuscito solo a farmi scoprire”

“L’importante è che tu sia riuscito a scappare, Oliver. Non ci sono prove che ti colleghino al tentativo di evasione, la polizia non può farti nulla per il momento”

Il furgone superò a tutta velocità l’isolato prima del Verdant e quando Diggle fece per svoltare Oliver notò le auto della polizia parcheggiate davanti al locale, i lampeggianti accesi.

“Lance” pronunciò Oliver a denti stretti.

Non sapeva come ma era riuscito a trovare prove che lo conducessero al Verdant e probabilmente aveva già scoperto il covo.

Scosse la testa, realizzando quello che stava succedendo.

Felicity era lì, sola ed indifesa, ed ora l’imprecazione che aveva sentito nell’auricolare minuti prima acquisiva senso.

E se l’avessero trovata?

Lance l’avrebbe arrestata, ne era sicuro.

Il mondo parve crollargli addosso, la realtà lo investì con la sua impattante verità.

Aveva fallito.

Come Arrow, come Oliver Queen, come uomo.

Nulla di quello che aveva fatto era servito a qualcosa; non era riuscito a proteggerla e non c’era nulla che gli facesse più male.

E mentre la sua vita pareva scivolargli via tra le dita il suo telefono squillò.

 

 

 

Felicity corse senza fermarsi, senza voltarsi indietro per nessuna ragione.

Svoltò l’angolo del vicolo e continuò a procedere a passo spedito, allontanandosi il più possibile dalle macchine della polizia parcheggiate davanti al Verdant.

S’inoltrò nel dedalo di vicoli dietro il locale fermandosi solo quando era abbastanza lontana. Il freddo pungente della sera le sferzava il viso, congelandola, e il fatto che fosse fradicia dalla testa ai piedi non faceva che peggiorare la situazione.

Prese il suo cellulare e trovò subito il suo numero tra le chiamate rapide.

Attese sperando che Oliver fosse riuscito a scappare dal carcere senza farsi inseguire dai poliziotti.

“Felicity!” la sua voce preoccupata risuonò forte e chiara dall’apparecchio, infondendole sicurezza.

“Oliver, stai lontano dal covo!” lo ammonì “Lance ci ha scoperto. Non venire per nessuna ragione al mondo”

“Sono già qui” le rispose e proprio in quel momento la donna notò un furgone fermarsi in punta al vicolo, a qualche decina di metri da lei.

La portiera si aprì e Oliver scese, correndole incontro.

 

 

 

Uscì dal furgone appena la vide.

Era sola in quel vicolo buio e freddo mentre la luna illuminava debolmente la sue pelle pallida.

Le corse incontro, desideroso di stringerla fra le braccia e portarla il più lontano possibile da lì.

“Felicity, stai bene?” le chiese, prendendole il viso tra le mani.

La pelle era fredda e i suoi capelli erano appiccati sul viso, completamente intrisi d’acqua.

“Sì, sto bene” rispose lei.

“Sei fradicia” constatò mentre l’attirava a sé per abbracciarla, donandole un po’ di calore.

Felicity si lasciò stringere mentre tremava come una foglia tra le sue possenti braccia.

“Andiamo via da qui” le disse mentre scioglieva quell’abbraccio e la prendeva per mano, conducendola verso il furgone.

Felicity tremò ma non seppe dire se fosse a causa del freddo o di quel contatto estremamente piacevole fra le loro dita.

Salirono nei posti dietro del furgone mentre Diggle partiva sgommando, diretto verso casa di Thea.

“Che cosa è successo?” le chiese Oliver mentre la vide tremare, la pelle d’oca sulle braccia e i capelli gocciolanti.

Il vestito viola che portava le si era incollato alla pelle, accentuando il suo fisico snello e attraente che Oliver si sforzò di non guardare, per evitare di rimanerne incantato.

“Non so come ma Lance ha trovato il covo. Ho visto che stava entrando dalle telecamere del Verdant e sono riuscita a cancellare alcuni file dal computer, spegnere le luci, ma non sono riuscita ad uscire. Mi sono nascosta nel ripostiglio mentre loro irrompevano e ho fatto scattare l’impianto anti-incendio grazie al rilevatore di fumo. Per questo sono bagnata da testa ai piedi. Ho dovuto allagare il covo perché era l’unico modo per poter scappare. I poliziotti sono risaliti tutti al piano di sopra per controllare che cosa fosse successo e in quel momento sono corsa fuori” spiegò la donna.

“Per fortuna sei riuscita a scappare” Oliver sospirò, sollevato che lei stesse bene.

“Sei riuscito ad uscire dal carcere senza che la polizia ti seguisse?” gli domandò lei, pochi istanti dopo.

“Sì, li abbiamo seminati” rispose l’uomo “ma non abbiamo notizie su Roy e non ho idea di come …”

Si bloccò, troppo preoccupato per la salute dell’amico per poter concludere il discorso.

“Se la caverà, vedrai” lo rassicurò Felicity guardandolo negli occhi “Roy è molto più forte di quanto crediamo”

“No, invece” la bloccò lui “Anche se starà bene non potremo più tirarlo fuori da lì, non dopo che hanno scoperto che qualcuno si è introdotto all’interno del carcere. Aumenteranno le misure di sicurezza e non sarà più possibile farlo evadere. Ho sprecato la nostra unica occasione”

“Non è colpa tua, Oliver” cercò di rincuorarlo ma John frenò e parcheggiò un isolato prima del loft di Thea, interrompendo il loro discorso.

“Meglio non tare troppo nell’occhio” spiegò mentre usciva dall’abitacolo.

Oliver aprì il portellone e scese agilmente, aiutando poi Felicity a fare lo stesso.

“John è meglio se torni a casa da Lyla e Sara, sentiranno la tua mancanza” disse Oliver all’amico “noi staremo al sicuro questa notte”

“D’accordo” acconsentì Dig risalendo sul furgone mentre Oliver e Felicity s’incamminavano verso l’appartamento.

 

 

 

 

Stava canticchiando una dolce ninna nanna nella penombra della stanza, accarezzando il pancino della piccola Sara, quando le parve di sentire un rumore alle sue spalle.

“John? Sei tu?” domandò mentre la piccola continuava a sorridere osservando la sua mamma.

Si voltò non ricevendo risposta, ma si tranquillizzò quando capì che non c’era nessuno in casa.

Tornò a cantare la stessa melodia per far addormentare la bambina senza accorgersi di quell’ombra scura che si avvicinava cautamente alle sue spalle, nel più totale silenzio.

Poi il suo sguardo venne attirato nella direzione in cui guardava Sara: la giostrina montata sopra il lettino ruotava placidamente, mentre i piccoli specchietti, appesi in mezzo ai pupazzetti che la piccola adorava, riflettevano la fioca luce della stanza sulle pareti.

Fu allora che Lyla si accorse di quello che stava succedendo: per una frazione di secondo uno dei tanti specchi inquadrò l’uomo, coperto da una lungo mantello nero, che si avvicinava dietro di lei.

Si voltò appena in tempo per bloccare il colpo che stava per abbattersi sulla sua nuca.

Si difese tirando un paio di pugni che andarono a segno, ma l’uomo di fronte a lei era decisamente troppo forte per essere sopraffatto.

Incassò diversi colpi allo stomaco che le spezzarono il fiato e la fecero gemere di dolore, mentre lui si scagliava nuovamente conto di lei.

Avvertì qualcosa di pesante infrangersi sulla sua nuca mentre la vista le si annebbiava e perdeva l’equilibrio.

Picchiò la testa sul pavimento, il colpo solo in parte attutito dal soffice tappeto che si trovava accanto al lettino, mentre sentiva le palpebre pesanti chiudersi.

L’uomo vestito di nero era ormai solo più una macchia sfocata mentre si chinava e prendeva la piccola Sara tra le braccia, portandola via da lei.

“No!” avrebbe voluto urlare ma le forze l’abbandonarono e dalle sue labbra non uscì altro che un debole sussurro.

 

 

 

Quando entrarono nell’appartamento trovarono Thea accucciata sul divano, avvolta in una coperta mentre la televisione trasmetteva il notiziario.

“Ollie!” lo salutò la sorella, sorpreso di vederlo e solo dopo si accorse anche della presenza della donna.

“Felicity, cosa ti è successo?” domandò preoccupata.

“Lance ha scoperto il covo” disse Oliver a denti stretti “Felicity era lì e non è riuscita a scappare. Ha dovuto far scattare l’impianto anti-incendio per poter uscire”

“Thea, mi dispiace di averti allagato il locale ma …” iniziò la bionda ma vene interrotta.

“Non dirlo neanche per scherzo, l’importante è che non ti abbiano trovata” le disse alzandosi e porgendole la coperta “è più utile a te che a me”

Felicity la ringraziò mentre si avvolgeva nella stoffa calda, usandola come scialle sulle spalle.

“Roy?” chiese poi la ragazza a suo fratello, incredibilmente preoccupata.

Oliver abbassò lo sguardo, afflitto, mentre si torturava le labbra con i denti: si sentiva in colpa per non essere riuscito a salvarlo.

“C’è stata una rissa e lui …” gli faceva male anche solo a pensarci, altro che dirlo a voce alta “è rimasto ferito e io non so come stia ora”

Thea si portò le mani alla bocca, per impedirsi di urlare, mentre i suoi occhi si facevano lucidi e le lacrime rigarono presto le sue guancie.

“Mi dispiace così tanto, Speedy” le disse Oliver mentre l’avvolgeva fra le braccia e la stringeva a sé “è colpa mia, non sono riuscito a salvarlo, io …”

Thea si lasciò andare ad un pianto disperato mentre si aggrappava alle spalle possenti del fratello, bagnandogli il maglioncino con le lacrime.

Posò il viso sulla sua spalla mentre Oliver fissava il vuoto, sforzandosi di rimanere lucido e di non piangere.

Felicity incrociò i suoi occhi e vide dentro quell’azzurro tutto il dolore che provava dentro di sé, senza riuscire ad esternarlo.

Cercò di infondergli silenziosamente un po’ di coraggio mentre i singhiozzi di Thea diminuivano pian piano, fino a scomparire.

La ragazza sciolse l’abbraccio, asciugandosi il viso con le dita e cercando di darsi un po’ di contegno.

“Troveremo un altro modo per farlo uscire, te lo prometto” le disse Oliver guardandola negli occhi, anche se lui stesso non era convinto di quelle parole.

Thea annuì, grata al fratello per tutto quello che stava facendo per Roy.

“Non sapevamo dove altro andare visto che il covo è fuori uso ed è meglio che Felicity non rimanga sola, visto i piani di Ra’s” spiegò Oliver.

“Non preoccuparti, Felicity è la benvenuta qui” lo anticipò lei, accennando un sorriso.

“Grazie” rispose la bionda mentre Thea si avvicinava a lei e le sfiorava un braccio.

“Fai come se fossi a casa tua” le disse “ora scusatemi ma ho bisogno di stare un po’ da sola”

Salì le scale, diretta in camera sua, lasciando i due nell’ampio salotto.

“Hai bisogno di una doccia calda e di vestiti puliti” decretò Oliver una volta rimasti soli, conducendola al piano di sopra.

“Puoi usufruire del bagno, io intanto ti prendo degli asciugamani” le disse una volta entrati nella sua camera da letto.

Felicity sparì dietro la porta del bagno della stanza, aprendo il getto d’acqua calda della doccia.

Trovò conforto sotto le mille gocce bollenti che scivolavano sul suo corpo, scaldandola.

Aveva preso più freddo di quanto avesse immaginato e quando uscì dalla doccia tremò.

Si asciugò velocemente i capelli ed infilò quella che doveva essere una tuta di Thea, che Oliver gli aveva lasciato accanto alla pila di asciugamani.

Quando fu pronta uscì dal piccolo bagno, ma il freddo pungente era tornato a farle compagnia.

Oliver era seduto sul letto, lo sguardo che fissava il vuoto, ma appena sentì la serratura scattare si voltò verso di lei.

Felicity indossava la tuta più pesante di cui Thea disponesse ma si vedeva chiaramente che continuava ad avere freddo.

“Come stai?” le domandò dolcemente, avvicinandosi a lei.

“Bene, a parte il freddo” rispose, stringendosi nella felpa.

“Ho accesso il caminetto giù in salotto e ho preparato due tazze di cioccolata calda” le disse “e disponiamo di un’ampia gamma di coperte, perciò …”

“Grazie” lo interruppe, guardandolo negli occhi.

Adorava la dolcezza di quell’uomo e di come si preoccupasse per lei in quei momenti, come se fosse la cosa più preziosa al mondo.

“Andiamo?” Oliver mise fine a quel silenzio che era calato tra loro, staccando il suo sguardo da quello di lei.

Felicity annuì, seguendolo giù per le scale.

Si meravigliò quando trovò due cuscini accanto al camino e un paio di coperte, mentre due tazze fumanti sprigionavano un invitante profumo.

Si sedettero in silenzio e Oliver l’aiutò ad avvolgersi per bene in una coperta mentre le loro mani si sfiorarono per un istante, generando una piccola scossa elettrica in entrambi.

Rimasero lì in silenzio, a fissarsi, ognuno perso nei suoi pensieri fino a quando Felicity staccò lo sguardo dai suoi occhi magnetici e prese ad osservare le fiamme che crepitavano nel camino.

Prese una delle due tazze e bevve un sorso di quel liquido ristoratore mentre si scaldava le mani attraverso la ceramica bollente.

Sentiva gli occhi di Oliver su di sé ed era difficile ignorarli, comportarsi come se nulla fosse.

“Oliver …” lo chiamò dopo qualche secondo di silenzio “è adorabile il fatto che tu ti preoccupi sempre per gli altri ma tu … tu come stai?”

Lui rimase un attimo spiazzato da quella domanda, non sapendo cosa rispondere.

Stava davvero bene?

Roy era ferito, lui era quasi stato scoperto mentre cercava di farlo evadere, Lance aveva trovato il covo, Felicity rischiava di morire per colpa della Lega e lui non aveva idea di come sconfiggere Ra’s.

No, decisamente non stava bene.

“Io …” abbassò lo sguardo, incapace di guardarla negli occhi senza soccombere a tutto quel dolore che sentiva invadergli il petto.

La mano di Felicity afferrò la sua, stringendola con forza.

Osservò le loro dita incastrarsi perfettamente, come due pezzi combacianti di uno stesso puzzle, mentre cercava il coraggio di alzare lo sguardo ed incontrare il suo.

“È solo che …” incrociò i suoi occhi e improvvisamente resistere alla tentazione che lei rappresentava diventò insopportabile.

Avrebbe voluto abbracciarla, cullarla a sé e sussurrarle quanto l’amasse, sfiorare le sue labbra e dimenticare qualunque cosa che non fosse lei.

Ma non poteva.

“Oliver, non devi far finta che nulla ti tocchi, che tutto quello che succeda ti lasci indifferente” le disse lei, guardandolo negli occhi “posso solo immaginare quello che stai passando, il dolore che provi e che cerchi sempre di non dare a vedere”

Si avvicinò, spostando il cuscino su cui era seduta accanto a quello di lui.

“Hai bisogno di sfogati, di esternare quel dolore che prima o poi ti ucciderà se ti ostini a tenerlo dentro” la sua voce e il suo guardo gli fecero battere forte il cuore mentre lei continuava ad avvicinarsi “Lasciati andare, Oliver”

Durò solo un battito di ciglia la sua esitazione, poi colmò quella distanza e l’abbracciò tenendola stretta a sé, come se non volesse lasciarla andare mai più.

Felicity si abbandonò fra le sue braccia, il suo corpo era così invitante e caldo che non avrebbe mai potuto dirgli di no.

Non c’era nulla, nemmeno il crepitio del fuoco nel camino, che riuscisse a scaldarla come il suo abbracciò.

Lo sentì respirare affannosamente, il petto che si alzava e si abbassava velocemente scontrando il suo, mentre tentava di parlare e ricacciare indietro le lacrime.

“Quando hai smesso di rispondermi questa sera  io …. ”  le disse mentre le prendeva il viso fra le mani e si allontanava quel poco che bastava per guardarla “ho avuto così tanta paura che ti fosse successo qualcosa, che Ra’s ti avesse trovata e che …”

Le sfiorò le guance in una dolce carezza, scaldandole la pelle con le dita. Felicity vide le prime lacrime inumidirgli gli occhi mentre si perdeva ad osservarlo. Non le era mai stato concesso il lusso di vedere il suo viso così da vicino né mai aveva trovato tanto difficile resistergli: i suoi occhi magnetici la stregavano, le sue labbra la attiravano come una calamita mentre sfiorava i suoi lineamenti con le dita, avvertendo la barba ispida sfregare sotto i polpastrelli.

“Sto bene, Oliver” gli sussurrò, cercando di rassicurarlo.

Lui avvertì il suo respiro infrangersi sul suo viso, mentre cercava tutto l’autocontrollo di cui disponeva per non lasciare che la situazione degenerasse.

Lei era troppo vicina, troppo bella per potergli resistere e lui la desiderava a tal punto da fargli male perché sapeva di non poterla avere.

Ray.

Lui era soltanto uno degli ultimi motivi per cui non poteva stare con lei, solo qualcosa che gli ricordava come Felicity non gli appartenesse, qualcosa che lo frenava dall’impossessarsi della sua bocca e baciarla fino a star male.

Lacrime calde e salate uscirono dai suoi occhi mentre sentiva quel dolore lancinante, che tentava di nascondere, esplodergli nel petto.

Pianse per Roy, per Thea, per la frustrazione che provava in quel momento, per la morte di Sara, per la sconfitta contro Ra’s, per tutto quello che non si era mai concesso di provare. Ma soprattutto pianse per lei. Per quella donna che stringeva fra le braccia, per l’unica che avesse mai amato così tanto senza mai poterla avere, per il dolore che lui stesso le aveva causato, per la paura che aveva di perderla.

Felicity lo abbracciò, aspettando che quel dolore sfumasse a poco a poco così come il pianto liberatorio a cui si era lasciato andare.

Lui si ricompose in fretta e lei si accoccolò fra le sue braccia, appoggiandosi al suo petto, facendogli capire che ci sarebbe sempre stata per lui.

Non c’era bisogno di parole in quel momento, erano solo loro due, vicini come mai lo erano stati prima d’ora.

Non seppe dire se fosse il calore del corpo o il suo respiro regolare o il ritmo cadenzato del suo cuore o ancora il suo inebriante profumo ma Felicity si addormentò poco dopo, al sicuro fra le sue braccia.

 

 

 

L’ascensore trillò, annunciandogli di essere giunto a destinazione.

Diggle percorse velocemente il corridoio, diretto verso il suo appartamento, impaziente di abbracciare sua moglie e la piccola Sara.

Dopo tutto quello che stava succedendo in quegli ultimi giorni aveva proprio bisogno di un po’ di normalità e di pace.

Cercò le chiavi di casa nella tasca della giacca ma quando arrivò di fronte alla sua porta notò qualcosa di strano.

La serratura era stata forzata e la porta non era chiusa ma soltanto accostata.

Impugnò la sua fidata pistola cercando di restare lucido e trovare la freddezza del soldato che era in lui.

Entrò lentamente nell’appartamento buio, l’unica luce accesa proveniva dalla stanza della figlia.

“Lyla?” chiamò ma il silenzio che seguì alle sue parole non lo confortò affatto “Lyla, sono tornato, dove sei?”

Perlustrò velocemente il piccolo salotto e la cucina, accertandosi che non ci fosse nessuno, poi s’incamminò nel corridoio, l’arma stretta in pugno e il cuore che accelerava i suoi battiti ad ogni passo.

La piccola giostra, che Sara tanto amava, continuava a ruotare producendo una dolce melodia, in netto contrasto con quel silenzio assordante che regnava nella casa.

Fu allora che John la vide: Lyla era distesa sul pavimento, inerme e priva di sensi, mentre il lettino di Sara era tristemente vuoto.

Si precipitò da lei, riponendo l’arma al suo posto e inginocchiandosi accanto alla moglie.

“Lyla” la chiamò più volte, la voce preoccupata e la paura che cresceva sempre di più dentro di lui “Lyla, rispondimi”

Le prese il viso tra le mani, continuando a pronunciare il suo nome, mentre sentiva il suo polso.

Pochi secondi dopo la donna si mosse, voltando il capo verso di lui e aprendo lentamente gli occhi.

Un fastidioso velo le impediva di vedere chiaramente, offuscandole gli occhi, mentre sbatteva le palpebre.

“Sara!” fu la prima cosa a cui riuscì a pensare mentre si tirava su a sedere, chiudendo poi gli occhi per cercare di ignorare quella dolorosa fitta alla testa che avvertiva.

“Lyla, stai bene?” le chiese lui “Cosa è successo? Dov’è Sara?”

“Io …” lo guardò dopo aver controllato la culla e averla trovata vuota “io non lo so”

“Lyla, come è possibile che …”

Lei lo interruppe: “È entrato un uomo … mi sono difesa, ma era troppo forte e mi ha colpita. Devo aver perso i sensi”

“Chi? Lo hai visto in faccia?”

“No, era buio. Indossava una lunga casacca nera e un cappuccio scuro sul volto, non l’ho visto in faccia”

“Dannazione!” disse a denti stretti.

“Lo conosci, John?”

“È un uomo della Lega” spiegò “E questo significa che c’è Ra’s Al Ghul dietro tutto questo”

“Perché?” chiese Lyla in lacrime “Perché proprio Sara?”

“Per costringere Oliver a fare ciò che lui vuole” disse mentre realizzava quanto quell’uomo fosse disposto a tutto pur di ottenere ciò che bramava.

Oliver non avrebbe mai lasciato che qualcuno soffrisse a causa sua, tanto meno una bambina innocente, e se Ra’s l’avesse rapita e portata a Nanda Parbat allora lui sarebbe tornato in quella landa desolata pur di salvarla.

Sarebbe corso nella tana del Demone e a quel punto Ra’s l’avrebbe avuto in pugno, lo avrebbe ricattato fino a fargli accettare la sua proposta.

Scosse la testa, devastato, mentre sentiva le lacrime scendere copiose dai suoi occhi.

Non poteva credere che lo avesse fatto davvero, non voleva credere che gliela avesse portata via.

Non la sua Sara.

“È colpa mia” la voce spezzata di Lyla lo fece stare ancora più male “non sono riuscita a proteggerla, io … me ne sarei dovuta accorgere”

“Non colpevolizzarti, Lyla” le disse mentre l’aiutava a mettersi in piedi “nessuno avrebbe potuto prevedere una cosa simile”

“Dobbiamo trovarla, dobbiamo fare qualcosa” si asciugò le lacrime con il dorso della mano, reprimendo quei singhiozzi che tentavano di uscire.

“Dobbiamo parlare con Oliver” le annunciò mentre si dirigeva verso l’ingresso, diretto nuovamente a casa di Thea.

 

 

 

Il fuoco crepitava ancora nel caminetto quando Felicity si assopì tra le sue braccia, accoccolandosi sul suo petto e cercando calore nel suo abbraccio.

Era la prima volta che gli era permesso di osservarla così da vicino senza aver timore di essere scoperto con le mani nel sacco.

Il suo capo posava delicatamente sulle sue costole, i capelli lunghi e setosi che gli solleticavano la base del collo mentre il suo respiro lento e regolare lo tranquillizzava.

Le accarezzò il viso delicatamente, le dita che sfioravano la sua pelle vellutata, mentre i suoi occhi erano attratti dalle labbra rosee e morbide.

Seguì i suoi lineamenti dolci con la punta delle dita fino a raggiungere il mento, per poi scorrere verso il suo collo, lì dove si fermò per evitare di svegliarla.

Felicity si mosse su di lui, cercando una posizione più comoda, mentre sussurrava qualcosa che non riuscì ad afferrare.

“Ol … Oliver …” la sua voce era poco più di un sussurro ma questa volta lui capì chiaramente quello che stava dicendo.

Sentì le braccia della donna muoversi mentre le sue piccole mani si aggrapparono al suo maglione, catturandolo tra le dita.

“Shhhh” mormorò al suo orecchio, cercando di cullarla ed impedire che si svegliasse del tutto mentre le accarezzava i capelli con dolcezza.

Felicity aprì lentamente gli occhi, inquadrando a poco a poco la situazione in cui si trovava.

Sentiva un corpo caldo e possente abbracciato al suo mentre i suoi occhi assonnati scorsero le fiamme bruciare lentamente nel camino.

Poi ricordò.

La doccia fredda fatta al covo, casa di Thea, la cioccolata calda e il discorso che stava facendo poco prima con Oliver.

Oliver.

Solo allora realizzò di essere avvinghiata al suo corpo e di essersi addormentata nel momento meno opportuno.

Alzò il viso ma si pentì immediatamente di averlo fatto: gli occhi profondi dell’uomo la stavano osservando mentre le sue mani le sfioravano il viso.

Si staccò da lui e la coperta adagiata sulle sue spalle scivolò lentamente giù dal suo corpo, facendole venire i brividi.

Non era ancora riuscita a scacciarsi di dosso quel freddo terribile che pareva penetrarle le ossa.

“Mi dispiace” disse mentre si strofinava gli occhi con le mani “non avrei dovuto addormentarmi, io non …”

“Hai bisogno di riposare Felicity, non devi scusarti per questo” le rispose senza staccarle gli occhi di dosso “ma visto che ti sei svegliata direi che potresti salire al piano di sopra: un morbido letto è sicuramente meglio di me"

“O credimi il tuo petto è un posto molto comodo e confortevole dove dormire” parlò senza pensare, per poi realizzare quello che aveva detto “cioè, non che … insomma …”

“Felicity, respira” la bloccò posando le mani sulle sue spalle con fare protettivo.

“Devo seriamente imparare a starmene zitta” commentò, più rivolta a sé stesso che ad Oliver.

“Mi piaci quando straparli” le confessò lui, per poi abbassare lo sguardo.

Felicity rimase spiazzata da quella confessione e arrossì per quel complimento inatteso: “Sei la prima persona che mi dice una cosa simile. Di solito tutti lo trovano fastidioso e a volte imbarazzante … molto spesso in realtà”

Lui sorrise mentre i loro sguardi s’incrociavano un’altra volta.

Il suono del cellulare di Oliver destò i due da quella surreale situazione e Felicity si allontanò da lui per lasciarlo rispondere.

“Oliver, io e Lyla stiamo arrivando a casa di Thea” gli comunicò Diggle appena lui rispose al telefono.

“Va tutto bene, Dig?” gli chiese, insospettito dalla sua voce preoccupata.

“No, affatto. Ti spiego tutto quando arriviamo” riattaccò senza dare neanche il tempo ad Oliver di rispondere.

“Tutto bene?” gli domandò Felicity, seduta accanto a lui.

“No, è successo qualcosa. Diggle e Lyla stanno venendo qui, ma lui non mi ha voluto dire di cosa si trattasse”

Anche Oliver era piuttosto preoccupato e questo non era certo un buon segno.

Pochi minuti dopo il campanello suonò ed Oliver si alzò per andare ad aprire mentre Felicity lo seguiva, sperando non si trattasse di qualcosa di grave.

John e Lyla entrarono nel loft della piccola della famiglia Queen, l’aria triste e assente.

“Hanno rapito Sara” annunciò lui, la voce instabile per l’emozione.

“Che cosa?” esclamò Felicity, avvicinandosi alla coppia “Com’è potuto succedere? Chi?”

“Ra’s Al Ghul” precisò l’uomo mentre Oliver si sentiva sprofondare.

Non poteva credere che fosse successo davvero.

“Un uomo della Lega si è introdotto in casa e ha fatto perdere i sensi a Lyla, poi ha portata via Sara”

Lyla rimase in silenzio, troppo sconvolta per poter dire qualcosa.

Pensava che sarebbe riuscita a reagire, che dopo qualche minuto di disperazione sarebbe riuscita a recuperare la lucidità che la caratterizzava, la freddezza con cui era solita lavorare all’Argus, la stessa che pareva aver ritrovato anche John.

Ma lei non ci era riuscita.

Non faceva altro che pensare a sua figlia e a quello che avrebbero potuto farle, alla paura che aveva di non rivederla mai più.

Felicity sembrò capire cosa la turbasse e si avvicinò a lei abbracciandola, cercando di darle un po’ di conforto: “Mi dispiace così tanto” le sussurrò sincera.

Oliver si passò le mani sul viso, mentre sospirava frustrato.

“Devo andare a Nanda Parbat” decretò dopo qualche istante di silenzio.

“Come?” Felicity non voleva credere nemmeno a quelle parole.

“Se hanno preso Sara non è altro che colpa mia!” spiegò Oliver “Tutto il male che Ra’s ha fatto negli ultimi mesi è causa mia”

“Oliver, così faresti solo il suo gioco” cercò di farlo ragionare Diggle.

“John, è l’unico modo per salvare Sara!” alzò la voce, frustrato “Perché pensi che l’abbia rapita, altrimenti? Ra’s sa benissimo che non lascerò mai che una bambina soffra a causa mia, tantomeno se si tratta di Sara. E se voglio riportarla a casa sana e salva io devo andare là”

“È proprio ciò su cui Ra’s conta: sfruttare la tua umanità a suo vantaggio. E io non ho intenzione di lasciarglielo fare” ribadì Dig “Andrò io a Nanda Parbat”

“È un suicidio. Ra’s ti ucciderà e non rilascerà Sara finché non avrà ottenuto ciò che desidera … e ciò che vuole, sono io” ribadì “La salverò, John, te lo prometto. Ma devi lasciar fare a me”

“Vengo con te” disse determinato “Avrai bisogno di aiuto contro quel mostro”

“D’accordo” acconsentì lui, sfinito.

“Vengo anch’io” Felicity s’intromise nel discorso, dopo essere rimasta in silenzio fin troppo a lungo.

“Non se ne parla” il tono di Oliver non ammetteva repliche.

“Oliver, non ho chiesto il tuo parere” ribatté piccata “Non posso restarmene qui con le mani in mano mentre voi rischiate la vita!”

Si avvicinò all’uomo, sorreggendo il suo sguardo.

“No, Felicity” ribadì.

“Posso esservi utile, molto più di quanto sarei d’aiuto da qui” cercò di farlo ragionare “E comunque è una mia scelta”

“Ha ragione, Oliver” s’intromise Diggle “è grande abbastanza da poter scegliere da sola”

Lui scosse il capo, contrariato: “Proprio non capite, vero?”

“Che cosa dovrei capire, Oliver?” gli chiese lei, stanca di essere messa in disparte.

Non voleva che Oliver partisse di nuovo ma non poteva evitarlo: dovevano salvare Sara, ad ogni costo, ma questo non voleva dire che lei gli avrebbe permesso di sacrificarsi.

Sapeva che Oliver si sarebbe piegato al volere di Ra’s perché secondo lui era l’unica soluzione, ma lei non poteva accettare che si arrendesse senza combattere.

Non voleva che acconsentisse a quella proposta perché sarebbe diventato il nuovo capo della Lega e lei non l’avrebbe mai più rivisto. E questa era la cosa che le avrebbe fatto più male e che voleva evitare con tutte le sue forze.

“Forse è meglio se vi lasciamo discutere da soli” propose Dig, ben sapendo quante questioni irrisolte ci fossero tra quei due.

“Io e Lyla abbiamo bisogno di dormire un po’ e devo anche preparare i bagagli perciò … meglio se andiamo”  disse mentre Lyla si avvicinava ad Oliver.

“Grazie” lo abbracciò sussurrando, mentre lui rimase un attimo spiazzato da quel gesto.

Poi lei si allontanò e seguì suo marito verso l’uscita dell’appartamento.

Quando la porta si richiuse alle loro spalle, un silenzio carico di tensione calò tra Oliver e Felicity.

Lei lo guardò senza dire nulla, in attesa che lui continuasse il discorso.

“Felicity, ti prego” la supplicò “è meglio se resti a Starling City”

“Perché, Oliver?” gli domandò mentre incrociava le braccia al petto, aspettando una sua spiegazione.

“Nanda Parbat è un luogo troppo pericoloso e io non ho intenzione di mettere ulteriormente la tua vita a repentaglio”

“Basta con questa scusa della protezione, Oliver!” si avvicinò a grandi passi mentre lui rimaneva immobile “Non voglio essere trattata come una bambola di porcellana che rischia di rompersi da un momento all’altro. So badare a me stessa e poi restare a Starling non sarebbe più sicuro che venire a Nanda Parbat, visto che gli uomini della Lega tentano di uccidermi e Lance cercherà di arrestarmi perché sono tua complice e le mie impronte al covo gli daranno una motivazione abbastanza valida per farlo”

Oliver chiuse gli occhi, esausto.

“Felicity se vieni a Nanda Parbat, Ra’s avrà uno strumento in più per ricattarmi. Se ci sarai anche tu non esiterà ad usarti contro di me, perché tu sei la leva perfetta su cui fare pressione e lui lo sa” spiegò.

“Che cosa intendi dire?”

Sospirò mentre tentava di nascondere quella paura che gli attanagliava lo stomaco: “Tu sei la motivazione più valida che ha per farmi fare ciò che vuole. Se ti minacciasse, se tentasse anche solo di farti del male, allora io … io acconsentirei ad ogni sua più folle richiesta pur di impedirglielo”

Felicity non rispose mentre gli occhi azzurri dell’uomo si posavano sul suo viso, guardandola intensamente.

“Ho bisogno di sapere che tu starai bene, qualunque cosa accada” aggiunse mentre posava le mani sulle spalle della donna.

“Starò bene solo se sarò con te” rispose sorreggendo il suo sguardo “perciò se è davvero questo ciò che ti preme, fammi venire a Nanda Parbat”

Lui respirò a fondo, cercando di non impazzire.

“Se te lo proibissi, tu mi daresti ascolto?” chiese dopo qualche secondo.

“No” rispose determinata.

“Lo immaginavo” chiuse gli occhi mentre parlava, ben sapendo che si sarebbe pentito della sua scelta “ok, puoi venire. Ma farai come ti dico, non correrai pericoli inutili né farai nulla di avventato! E quando riusciremo a liberare Sara, tornerai a casa con Diggle, qualunque cosa accada”

Le prese il viso fra le mani e la obbligò a guardarlo negli occhi, mentre i loro nasi erano così vicini che quasi si toccavano: “Promettimelo”

Felicity deglutì, incantata ma allo stesso tempo impaurita da quel suo sguardo penetrante.

“Te lo prometto” sussurrò, per poi interrompere quel contatto e allontanarsi da lui.

Non sarebbe riuscita a fingere ancora per molto, non se continuava a guardarla in quel modo.

“È meglio se vado a dormire qualche ora” si giustificò “sarà una giornata pesante, domani”

“Sì, dovresti” concordò mentre lei si avviava su per le scale.

 

 

 

 

Il mattino seguente Felicity si fece scortare a casa per preparare lo stretto indispensabile per il viaggio.

Erano tutti piuttosto tesi per quell’improvviso soggiorno a casa di Ra’s ma tutti e tre cercavano di non darlo a vedere.

Diggle era terribilmente preoccupato per sua figlia, Oliver temeva di mettere in pericolo la vita della donna che amava e di non riuscire a tenere testa all’uomo che aveva distrutto la sua vita, mentre Felicity era terrorizzata dall’idea che Oliver accettasse la proposta del capo della Lega degli Assassini.

Quando fu il momento di partire, Laurel li accompagnò fino alla pista di decollo del jet che li avrebbe portati a Nanda Parbat.

Sapeva di dover rimanere a Starling ma in fondo avrebbe voluto partire anche lei, insieme a loro, per rendersi utile.

“A presto, Laurel” la salutò Felicity abbracciandola.

Se qualcuno glielo avesse detto meno di sei mesi fa non ci avrebbe mai creduto, ma ora si era davvero affezionata a Laurel, le voleva bene come un’amica.

“Andrà tutto bene, Diggle” Laurel tentò di rassicurare l’uomo, in evidente preoccupazione per la figlia “Sara tornerà a casa, con quel suo vispo sorriso, e mentre tu sarai via io cercherò di fare il possibile per Lyla”

“Grazie” rispose, abbracciandola.

“Voi iniziate a salire” disse Oliver rivolto ai due compagni di viaggio “io vi raggiungo subito”

Felicity annuì seguendo John che si era già incamminato verso il loro jet.

“Laurel, ho bisogno di un favore” le disse “puoi badare a Thea in questi giorni? Dopo quello che è successo ieri sera a Roy è rimasta un po’ scioccata e …”

“Non ti preoccupare, Oliver. Ci penso io” lo rassicurò “comunque ho parlato con i medici e Roy si riprenderà presto”

“Grazie” posò delicatamente una mano sul suo braccio mentre parlava “sono contento che tu ti sia unita alla nostra squadra, penso di non avertelo mai detto davvero e mi dispiace non averlo fatto prima. La città è in buone mani con te”

Laurel sorrise, grata del suo apprezzamento.

“Ciao, Oliver” lo salutò quando lui si allontanò, dandogli le spalle, mentre si avviava verso il jet portando con sé il suo borsone.

Lei rimase a fissare l’aereo fino a che il portellone non si chiuse, per poi decollare e volare alto nel cielo.

 

 

 

“Sarab” la voce di Ra’s Al Ghul risuonò forte e minacciosa nella grande stanza spoglia “Ti stavo aspettando” gli disse mentre si voltava verso di lui, guardandolo entrare dalla possente porta in legno.

Maseo s’inginocchiò davanti al capo della Lega: “Porto buone notizie”

“Davvero? Come quella di non essere riuscito ad uccidere Felicity Smoak?” domandò retorico, squadrando l’uomo davanti a sé.

“Oliver Queen è diretto a Nanda Parbat” annunciò “Il rapimento di Sara Diggle è andato a buon fine e lui verrà qui per salvarla. Proprio come desideravate”

Un altro uomo, alle spalle di Maseo, teneva in braccio un piccolo fagotto vestito in una tutina rosa.

“Molto bene” rispose Ra’s quando vide la bambina “Portatela di là e fatemi sapere quando è previsto il suo arrivo”

 

 

Il viaggio per Nanda Parbat era piuttosto lungo ed estenuante, soprattutto se a tutte quelle ore di volo si aggiungeva lo stress e la preoccupazione per l’incontro con Ra’s.

Da quando Diggle si era addormentato, sulla comoda poltrona accanto al finestrino, uno strano silenzio era sceso tra i due restanti compagni di viaggio.

Felicity aveva provato più volte a chiudere gli occhi e cercare di rilassarsi ma proprio non riusciva ad addormentarsi.

Oliver dal canto suo non ci aveva nemmeno provato: era troppo perso nelle sue riflessioni sulla proposta del capo della Lega per concedersi il lusso di riposare.

“A cosa pensi?” chiese Felicity quando il silenzio tra loro era diventato insopportabile per lei.

“A tutto quello che è successo da quando ho rifiutato la proposta di Ra’s” le confessò.

“Non è colpa tua se Ra’s Al Ghul è un mostro” ribadì lei, sperando che non si colpevolizzasse anche per quello.

“Ma se avessi accettato tutto questo non sarebbe successo: Sara sarebbe al sicuro, Roy sarebbe libero, Lance non ci darebbe la caccia e tu non avresti rischiato la vita a causa mia”

“Oliver” Felicity posò la mano sul suo braccio, obbligandolo a guardarla “smettila di dire queste cose. Hai fatto la scelta giusta e non puoi biasimarti per questo”

Lui la guardò, desiderando avere la sua stessa sicurezza in quel momento.

“L’unica cosa che conta ora, è salvare Sara” gli ricordò “è l’unico motivo per cui stai tornando a Nanda Parbat, non dimenticarlo”

Sperava davvero che lui riuscisse a far ritornare la piccola tra le braccia dei genitori, senza doversi sacrificare completamente.

La sola idea che lui prendesse il posto di Ra’s le faceva accapponare la pelle. 

“E se dovessi fallire?” l’insicurezza nella voce di Oliver la spiazzò.

Di solito era lui quello che non vacillava mai, quello che aveva tutto sotto controllo, quello che infondeva sicurezza agli altri.

“La verità è che ho paura di non farcela questa volta” continuò “ho paura di non riuscire a salvare Sara, di non riuscire a proteggere le persone a cui tengo. E sono terrorizzato dall’idea che Ra’s Al Ghul ti faccia del male”

Il cuore di Felicity saltò un battito mentre gli occhi azzurro cielo di Oliver incontravano i suoi.

Fece scivolare la mano, ancora posata sul braccio dell’uomo, verso quella di lui e intrecciò dolcemente le loro dita.

“Andrà tutto bene, Oliver” lo tranquillizzò mentre fissava le loro mani giunte, posate sul bracciolo che divideva i loro sedili “e anche se non dovesse essere così non cambierà nulla per me”

Lui la guardò, senza riuscire a capire cosa intendesse.

“Resterai sempre l’uomo che mi ha salvato la vita migliaia di volte, quello generoso che aiuta le persone, l’eroe che ha protetto la città a costo della sua stessa vita” spiegò “resterai sempre l’Oliver che ho incontrato il primo giorno alla Queen Consolidated, quando mi hai portato quel computer pieno di fori di proiettili con una scusa ridicola. Quell’uomo che ancora non conoscevo ma di cui sapevo di potermi fidare”

Lui sorrise ricordando quel momento, ma non era la prima volta che aveva visto la sua Felicity, non era quello il giorno in cui era rimasto affascinato da quella ragazza.

“Ti ricordi com’era l’ufficio di mio padre?” le domandò.

“Certo che me lo ricordo. Non era poi così diverso da quando è diventato il tuo ufficio, visto che preferivi spendere le tue giornate come Arrow piuttosto che dedicarti all’azienda e modernizzare l’arredamento”

“C’era un portafoto sulla sua scrivania: ritraeva me e mio padre” le disse mentre continuava a sorridere “ricordo quanto ero rimasto male in quella fotografia, mio padre me lo diceva sempre, ma la teneva comunque in bella vista perché ci era affezionato. Una sera, qualcuno ha detto che ero carino”

Felicity rimase spiazzata per un lungo istante mentre le sue guancie avvampavano per l’imbarazzo. Ricordava quella foto, ci aveva perfino parlato insieme una volta, ma era sola.

Ed era il periodo in cui tutta Starling City credeva che Oliver Queen fosse morto in seguito al naufragio della barca di famiglia.

“Ricordo quella ragazza come se fosse ieri: era bionda, un paio di occhiali rettangolari sul naso e una parlantina alquanto spiccata” continuò lui mentre osservava la reazione della donna.

“Tu questo come … non … io …”

“Ero lì, quella sera” le spiegò come se fosse la cosa più ovvia, interrompendo il suo balbettio.

“Questo si che è imbarazzante!” si nascose il viso fra le mani, maledicendosi per la sua maledetta abitudine di parlare da sola a voce alta.

“Non mi sono mai scordato di quella ragazza. E quando sono tornato mi sono ripromesso di cercarla perché volevo ringraziarla di essere riuscita a strapparmi un sorriso, in quel periodo così buio della mia vita”

Lei non rispose ma tornò a guardarlo negli occhi, ascoltando le sue parole.

“Quando l’ho rincontrata non lo mai ringraziata davvero, ma ho capito quale persona straordinaria fosse e perché non avrei mai potuto dimenticarmi di lei”

“Perché?” lo incalzò quando lui si bloccò senza finire il suo discorso.

“Perché, fin dal primo istante, il suo sorriso mi ha rubato il cuore e non me lo ha mai più restituito” le disse mentre la guardava negli occhi.

“Puoi sempre chiederle di restituirtelo” rispose lei cercando di sdrammatizzare.

“No, sono grato che lei non me lo abbia ridato. Ovunque lo abbia nascosto, quello è il luogo più bello in cui sia mai stato”

Felicity lo guardò mentre pronunciava quelle parole che le spezzarono il fiato e le fecero accelerare i battiti nel petto.

Avrebbe voluto rispondergli ma Diggle in quel momento si svegliò, attirando l’attenzione di Oliver.

“Quanto manca all’arrivo?” domandò l’uomo.

“Un paio d’ore” gli rispose Oliver, mentre Felicity si lasciava sprofondare sul sedile in morbida pelle del jet.

Sospirò mentre Oliver tornava a guardarla, senza però dire nulla.

Sarebbe stato un lungo viaggio” pensò mentre la stanchezza prendeva il sopravvento su di lei.

S’addormentò, il capo che ciondolava in cerca di una posizione comoda.

Si mosse sul sedile, in dormiveglia, senza capire realmente ciò che stava facendo, fino a quando trovò qualcosa di confortevole su cui appoggiarsi.

Non si rese conto che era la spalla di Oliver quella su cui stava riposando né si accorse del braccio che lui passò intorno alle sue spalle, tenendola stretta a sé.

Lui la guardò mentre dormiva, respirando il suo profumo, beandosi di quelle ultime ore di quiete prima dell’arrivo della tempesta.

 

 

Quando giunsero finalmente a Nanda Parbat, un manipolo di uomini, rigorosamente vestito di nero, li stava già aspettando alle porte del palazzo della Lega degli Assassini.

Felicity si stupì di quell'immenso edificio ricavato nella roccia della montagna e di quei lunghi corridoi bui che ora erano costretti a percorrere, rischiarati solo da qualche sporadica luce.

Oliver camminava in silenzio scrutando ogni cosa intorno a sé, pronto a cogliere anche il più insignificante dei dettagli.

Diggle procedeva accanto a lui, un’espressione preoccupata ad adornagli il viso, mentre lei cercava di respirare a fondo per scacciare quella brutta sensazione che percepiva alla bocca dello stomaco.

Gli uomini di Ra’s li condussero davanti ad una porta massiccia che Oliver conosceva fin troppo bene. I battenti di legno si aprirono lentamente lasciando intravedere la grande sala del palazzo: le grandi finestre ad arco erano state in parte oscurate da inferiate metalliche a motivi geometrici, limitando la presenza di luce in quella stanza.

Una grande cupola troneggiava sulle loro teste mentre dal soffitto scendevano grosse lanterne, la cui luce veniva riflessa sul pavimento scuro e lucido.

Un uomo dava loro le spalle, avvolto in un lungo mantello nero.

Quando si voltò verso i suoi ospiti, Felicity non ebbe difficoltà a capire di chi si trattasse, anche se non l'aveva mai incontrato.

Indossava una leggera tunica nera sotto il mantello mentre i capelli scuri erano tirati indietro sul capo e gli occhi scuri e penetranti scrutavano i tre nuovi arrivati.

Oliver contrasse la mascella, mentre cercava di non dare a vedere il suo nervosismo.

Diggle invece rimase immobile, incredibilmente vigile e quasi indifferente a quell'uomo che ora li fissava.

"Inchinatevi davanti a Ra's Al Ghul!" la voce di uno di degli uomini vestiti di nero spezzò il silenzio che si era venuto a creare, ma Oliver non diede segno di volersi piegare al cospetto di quell'assassino.

Felicity fu contenta di non doversi prostrare davanti a quel mostro mentre la voce profonda del capo della Lega riecheggiava nella sala spoglia.

"Saltiamo i convenevoli" disse Ra's "sappiamo bene che Oliver Queen non é propenso ad accettare ordini né compromessi"

Oliver non rispose ma non staccò neanche per un istante gli occhi dalla quella figura scura che si stava avvicinando.

"É un piacere avervi di nuovo qui” annunciò “Mi aspettavo di rivedere anche il signor Diggle ma mai avrei potuto immaginare che una tale, incantevole creatura vi seguisse in questo posto buio e desolato" disse avvicinandosi alla donna.

Felicity sorresse quello sguardo penetrante, per nulla intimorita dalla sua figura possente e minacciosa.

Riusciva solo a pensare al disgusto che provava per quell'uomo e ce n'era così tanto che il suo cuore non era abbastanza grande per poter contenere un altro sentimento, come la paura.

"Stai lontato da lei" Oliver scattò come una molla carica appena Ra's si avvicinò pericolosamente a Felicity.

"Oh, capisco" commentò lui "forse é stato un bene che Sarab abbia mancato il bersaglio, in fondo questa adorabile ragazza potrebbe essere più utile da viva che da morta"

Oliver chiuse gli occhi, sospirando.

Tutto ciò che voleva evitare stava accadendo e si pentì immediatamente di aver concesso a Felicity di seguirlo in quella folle impresa.

"Non siamo qui per parlare di me" disse lei.

"Questo é un terribile peccato, sarebbe stato molto più interessante conoscerti meglio, Felicity"

Il solo sentir pronunciare il suo nome da parte di quel mostro gli mandò il sangue al cervello mentre cercava inutilmente di tenere sotto controllo le sue emozioni.

"Smettila, Ra's!" il tono della sua voce era più alterato di quanto credesse "Siamo venuti qui per Sara"

"Credevo lo sapessi, Oliver. Sara é morta mesi fa" gli rispose lui.

"Sara Diggle!" intervenne John, frustrato da quell'uomo sadico e ripugnante.

"Intendete dire quella piccola ed indifesa bambina che non smette mai di piangere?" chiese godendo dell'espressione preoccupata di suo padre.

Dig scattò in avanti, verso Ra's, desideroso di farlo a pezzi con le sue stessi mani ma una presa forte e possente lo tirò indietro, impedendogli di aggredirlo.

Era stata la mano di Oliver a fermarlo, riportandolo al suo posto mentre si intrometteva tra i due.

"Qualcuno qui ha dei problemi a tenere sotto controllo le sue ..."

Oliver non lo lasciò finire: "Libera Sara e lasciali andare! Loro non c'entrano"

"E sentiamo signor Queen, io che cosa ci guadagno?" chiese tenendo le mani giunte dietro la schiena.

"Me" rispose con determinazione.

Felicity osservò quel diverbio impietrita, sperando che tutto quello non stesse succedendo davvero.

"Molto bene" accettò il capo della Lega "in fondo non mi sono mai piaciuti i bambini e devo dire che sono piuttosto stanco di sentirla piangere"

Scoccò le dita ed uno dei suoi uomini sparì dalla sala per farvi ritorno qualche minuto dopo, tenendo in braccio la piccola.

"Sara!" il sospiro di sollievo di Diggle quando vide sua figlia fu l'unica cosa che rallegrò Oliver in quella giornata.

John si diresse verso l'uomo che teneva in braccio la bambina ma la voce di Ra's lo bloccò: "Non così in fretta"

"Che cos'altro vuoi ancora?" domandò Oliver.

"Una piccola garanzia. Per tutelarmi, nel caso le cose non andassero nel verso giusto"

Oliver sospirò mentre l'uomo continuava a parlare: "Lascerò andare il signor Diggle e sua figlia ad un'unica condizione: voglio che la signorina Smoak rimanga a farci compagnia ancora per un po'" si mosse verso di lei mentre parlava.

"No!” il tono irremovibile di Oliver fece tremare Felicity ma non si certo Ra’s Al Ghul, che continuò ad avanzare verso la donna.

“Lei va via con Diggle e Sara e tu la smetterai di darle la caccia" aggiunse subito dopo.

“Non sei nella posizione per minacciare” lo avvertì.

"Ti servo” chiarì lui “so che vuoi che io diventi il tuo successore, so che non ti fermerai fino a che non avrai ottenuto ciò che brami, ma se non la lasci andare io non farò mai ciò che vuoi”

“Tu farai ciò che ti dico” lo minacciò senza però perdere quella calma inquietante che lo caratterizzava “Perché se ti ribellerai alle mie scelte non libererò nemmeno il tuo amico e sua figlia e sarebbe molto triste se la signora Diggle non vedesse tornare a casa il resto della sua famiglia, non credi?

Perciò la ragazza rimane qui"

Oliver strinse i pugni, le braccia abbandonate lungo i fianchi, mentre la rabbia prendeva il sopravvento su di lui.

"Resterò" la voce di Felicity fece voltare tutti i presenti verso di lei.

Lo sguardo infuocato di Oliver la fece desistere per un attimo ma non cedette: sapeva ciò che stava facendo. Doveva salvare i suoi amici, Lyla meritava di stringere nuovamente Sara fra le braccia e riavere suo marito per sé.

Lei non se ne sarebbe mai andata da lì senza Oliver.

Guardò Ra's negli occhi, avvicinandosi a lui a grandi passi: "Rimarrò qui, ma solo dopo che ci saremo accertati che Sara e John siano al sicuro, lontano da te e dalla tua setta di psicopatici"

Il capo della Lega rise e fu la prima volta che Oliver vide un sorriso increspargli il viso.

"Ora capisco perché lei ti piaccia così tanto" disse rivolto al suo nuovo erede "é coraggiosa quasi quanto te, o forse é meglio dire folle"

Oliver non rispose, si limitò a guardare la sua Felicity mentre la paura per la sua incolumità lo torturava.

“Farò accompagnare il signor Diggle e sua figlia al loro jet e mi assicurerò che arrivino sani e salvi a Starling City. Hai la mia parola" aggiunse poi rivolto alla donna.

"La sua parola non conta molto per me” ribatté lei con determinazione.

“Temo che dovrai fidarti” gli disse “ora vi invito ad accomodarvi nelle vostre stanze. Sarab vi mostrerà la strada. Il signor Diggle è libero di andare quando vuole”

Maseo scortò i quattro fuori dalla grande sala per poi imboccare un corridoio alla sua destra.

Indicò loro le stanze: una per Oliver, una per Felicity, un’altra ancora per Dig e sua figlia; poi ognuno di loro sparì dietro la propria porta.

 

 

 

John ripartì con il jet quella stessa sera.

Aveva cercato di convincere Oliver in tutti i modi per farlo rimanere, per aiutarlo a sconfiggere Ra’s ma lui fu irremovibile.

“L’unica cosa che devi fare è tornare a casa da Lyla” gli disse mentre lo abbracciava e salutava la piccola Sara.

“Non posso lasciarvi qui da soli” ribatté lui.

“Devi farlo, Diggle” gli disse Felicity “L’importante è che Sara sia al sicuro”

“State attenti voi due. Voglio rivedere entrambi sani e salvi, intesi?”

I due annuirono mentre la bionda lasciò un bacio sulla guancia della bambina e abbracciava a sua volta l’amico.

Lo guardarono allontanarsi, scortato verso l’uscita dagli uomini di Ra’s.

Sospirarono, entrambi consapevoli che avrebbero dovuto contare unicamente sulle loro forze per sopravvivere a quella situazione.

“Felicity” la chiamò lui quando John sparì dalla loro vista “quando sarà il momento tornerai anche tu a Starling. Non permetterò a Ra’s di trattenerti a lungo qui”

“Oliver, io non voglio …”

“No” la interruppe “andrai presto via da qui e dovrai farlo senza di me”

Non le diede il tempo di rispondergli che già era sparito nella sua stanza.

 

 

 

Era passata poco meno di mezz’ora quando qualcuno bussò alla porta di Felicity.

La ragazza si era accomodata sul morbido letto a baldacchino che occupava gran parte della stanza, osservando pigramente il mobilio in legno.

Decine di candele illuminavano fiocamente l’ambiente che alla donna era subito apparso claustrofobico, dal momento che non vi era alcuna finestra.

Si alzò, sperando che di trovare Oliver al di là della porta.

Quando aprì si ritrovò di fronte uno dei tanti uomini della Lega che le comunicò che Ra’s Al Ghul voleva vederla con urgenza.

Non sapeva cosa l’attendeva mentre ripercorreva lo stesso corridoio, nuovamente diretta al cospetto di quell’assassino, ma riuscì a controllare la paura che pensava avrebbe provato.

La porta del salone si chiuse alle sue spalle lasciandola sola con Ra’s, in un silenzio carico di tensione.

“Ci sono una paio di cose di cui vorrei discutere insieme” iniziò lui “Per prima cosa vorrei sapere se la stanza è di tuo gradimento”

Lei sospirò, frustrata da quella finta gentilezza.

“Il cellulare non prende e manca il wi-fi, ma non credo che sia questo il motivo per cui mi ha fatto chiamare” rispose piccata.

“Mi dispiace che Nanda Parbat non sia abbastanza tecnologica” rispose “in ogni caso concordo con lei, il vero motivo di questa chiacchierata è un altro”

“Di cosa si tratta?” domandò.

“Di Oliver Queen ovviamente” spiegò “Lui è destinato ad un grande futuro, diventerà il nuovo capo della Lega degli Assassini e io lo addestrerò personalmente affinché sia il mio degno erede”

Felicity non rispose, si limitò ad attenere che lui continuasse quel discorso.

“Ho sempre saputo quale fosse il sentimento che vi lega e riesco a  leggerlo chiaramente negli occhi di Oliver, nel modo in cui cerca disperatamente di proteggerti, nel modo in cui ti guarda" le disse "ma purtroppo le vostre strade sono destinate a dividersi e non incontrarsi mai più"

"Oliver ti sconfiggerà un giorno, é  solo questione di tempo" ribatté "e io lo aiuterò a farlo"

"Ammiro la tua intraprendenza e la tua schiettezza ma questa volta ti stai soltanto illudendo. Lui non vincerà. É per questo che faresti bene a seguire il mio consiglio, perché questa sará la sua ultima notte da uomo libero.

Devi dirgli ciò che provi, Felicity.

Devi dirgli che lo ami e devi farlo adesso, prima che sia troppo tardi"

Felicity rimase spiazzata da quelle parole: non avrebbe mai immaginato che Ra's l'avrebbe spinta a confessare i suoi sentimenti ad Oliver.

Sapeva che in fondo aveva ragione perché dopo quella sera lui sarebbe entrato a far parte della Lega e lei con molta probabilitá sarebbe tornata a Starling City.

Odiava anche solo l'idea di lasciarlo lì, in balia di quel mostro che l'avrebbe provato a trasformarlo in un assassino, in un capo senza pietà.

E sinceramente non sapeva quanto la grande umanità di Oliver sarebbe sopravvissuta in in uno luogo simile.

"Domani ci sarà la cerimonia di iniziazione per lui, il rito con cui entrerà a far parte della nostra grande famiglia" continuò l'uomo "e da quel momento in poi lui rinuncerà ad ogni cosa della sua vita precedente. Rinuncerà a te, Felicity. E poi diventerà come me. Un capo forte, una guida che tutti seguiranno e temeranno"

"Su questo ti sbagli: lui non sarà mai come te" sentiva la rabbia nei confronti di quell'uomo crescere sempre di più, fino ad esplodere dentro di lei "Oliver Queen è, e resterà sempre, un uomo. Non sarà mai un mostro spietato e disumano come te"

Ra's non rispose mentre si avvicinava alla ragazza, guardandola intensamente.

"Incredibile come l'amore renda cieche anche le persone più intelligenti" commentò qualche istante dopo.

Le porte della grande sala si aprirono e un uomo entrò inchinandosi al cospetto di Ra's.

"Il suo ospite é arrivato" comunicò.

"Molto bene" rispose "accompagna la signorina Smoak alla sua stanza"

"Conosco la strada" rispose lei allontanandosi a passo spedito da quell'assassino.

 

 

 

 

 

 

Felicity si diresse a grandi passi verso la camera di Oliver, subito dopo la fine della conversazione con Ra's.

Bussò senza in realtà aspettare una risposta da parte dell'uomo.

Lo trovò seduto su uno dei divanetti rossi che abbellivano la stanza, lo sguardo perso nel vuoto.

“Posso entrare?” gli chiese, attendendo sulla soglia mentre lui  volgeva il viso nella sua direzione.

“Sì, certo” le rispose e lei lo raggiunse impaziente.

"Ho bisogno di parlarti" gli annunciò restando in piedi davanti a lui.

"Va tutto bene?" le chiese.

"Si" si affrettò a dire " ho parlato con Ra's"

"Cosa?" Oliver rimase spiazzato da quella confessione inaspettata "Ti avevo detto di non fare nulla di avventato, di evitare il più possibile ogni tipo di rischio e ora mi dici che sei andata a parlarci?"

"Non é stata una mia idea!" si difese "è stato lui a volermi incontrare ma non è questa la cosa importante"

"Felicity come puoi dire che non lo è?" alzò la voce "Lui è un assassino, un manipolatore, un uomo senza scrupoli e può farti del male!"

"Oliver non é successo nulla, sto bene!" ribatté alzando la voce a sua volta.

"Scusami, non volevo .... é solo che ...." esitò prima di continuare a parlare "ho paura che ti possa succedere qualcosa per colpa mia e so che non riuscirei mai a perdonarmelo se accaddesse"

Si guardarono negli occhi per un lungo istante, in silenzio.

"Di cosa volevi parlarmi?" le chiese Oliver distogliendo lo sguardo dal suo viso.

"Il discorso di Ra's mi ha aperto gli occhi su quanto poco tempo sia rimasto prima che ... " le faceva troppo male dirlo ad alta voce "prima che tu debba piegarti al suo volere. Ho sempre pensato che ne saremmo usciti, che avremmo trovato una soluzione diversa. Il solo pensiero che tu possa accettare la sua proposta mi distrugge perché significa che rischierò di perderti per sempre, significa che non ti rivedrò per chissà quanto tempo e fa male, molto più male di quanto potessi immaginare"

“Tutto ciò che ho fatto, tutto ciò che è successo, mi ha condotto qui. A questo momento” le disse cercando di controllare le emozioni contrastanti che provava in quel momento "Nemmeno io vorrei accettare la sua proposta ma devo diventare l'allievo per sconfiggere il maestro; è l'unico modo per sconfiggerlo e io ci riuscirò, prima o poi"

Felicity si sedette di fronte a lui, su quel piccolo sgabello trapuntato di rosso, mentre i loro sguardi s’incrociavano.

 “C'è una cosa che non ti ho mai detto prima e che non posso più tenermi dentro" gli confessò sincera.

Oliver puntò i suoi fari azzurri negli occhi della donna mentre sentiva il battito del suo cuore accelerare.

Non sapeva cosa volesse dirgli davvero ma c’era qualcosa che avrebbe voluto ardentemente, qualcosa che bramava ormai da tempo.

“Oliver, voglio solo che tu sappia che io …” lo guardò mentre cercava di respirare e trovare il coraggio di parlare “Ti amo”

Quelle parole gli fecero esplodere il cuore mentre respirava a fondo, cercando di calmare quel tamburo impazzito che gli batteva nel petto.

“Felicity, io …” non trovò le parole per esprimere ciò che sentiva mentre si sporgeva verso di lei.

Le sfilò delicatamente gli occhiali, chiudendo le stecche e riponendoli al sicuro su quel piccolo tavolino accanto al divano.

I loro sguardi si incrociarono ancora ma fu come se si vedessero per la prima volta mentre Oliver si avvicinava sempre di più, riducendo la distanza fra i loro visi.

Lei rimase immobile, lo sguardo quasi impaurito da quello che sarebbe potuto succedere da quel momento in poi.

Oliver posò le labbra sulle sue, in un tocco delicato, mentre chiudeva gli occhi e le prendeva il viso fra le mani.

Godette di quell’attimo di pura dolcezza prima che le labbra di lei si schiusero, rispondendo al bacio.

La tenne stretta a sé mentre la passione esplodeva fra loro, creando scintille.

La baciò con foga, esplorando la sua bocca con irruenza e succhiando le sue labbra con avidità.

Le mani di Felicity scesero dalle sue spalle verso il petto, lottando contro i bottoni della sua camicia e vincendo ben presto la sfida.

Lo liberò di quel pezzo di stoffa accarezzando il suo petto mentre i loro corpi si muovevano all’unisono, avvicinandosi e cercandosi con urgenza.

Oliver la spinse verso di sé mentre le sue mani s’insinuavano sotto la maglia nera che indossava, dopo aver già lasciato cadere la giacca da qualche parte sul pavimento.

Afferrò i lembi della stoffa e li trascinò verso l’altro, interrompendo il bacio solo per un secondo, giusto il tempo necessario per sfilare l’indumento e gettarlo lontano.

Sentì i loro respiri ansanti fondersi insieme mentre faceva passare le mani sotto le cosce della donna e la sollevava, dando il via ad un altro bacio.

Si mosse a tentoni verso il letto tenendola in braccio, così vicina da far aderire ogni singolo centimetro della loro pelle.

Quando raggiunsero il centro della stanza lui la fece scendere e Felicity aprì gli occhi, interrompendo quel bacio che le aveva mozzato il respiro.

“Ti amo” le sussurrò lui con voce roca all’orecchio mentre le baciava il collo e con le mani esplorava il suo corpo, accarezzandole il ventre e stringendola per i fianchi.

Lei gemette in risposta quando Oliver sfiorò la sua pelle con mille bollenti carezze.

Lo spinse verso il letto e lui si lasciò scivolare sul materasso mentre Felicity si sedeva a cavalcioni su di lui, sentendo la sua crescente eccitazione sotto di sé, attraverso la stoffa dei pantaloni.

Con un gesto rapido si sganciò il reggiseno nero che andò a fare compagnia al mucchio di vestiti che già ricoprivano il pavimento.

Posò le mani sui suoi pettorali, accarezzando le cicatrici, mentre scendeva lentamente su di lui per baciarlo.

Oliver sentì il suo petto entrare in collisione con il proprio mentre veniva coinvolto nell’ennesimo bacio.

Ribaltò le posizioni ed esplorò il suo corpo con la bocca, baciandole la pelle e venerandole i seni con le labbra.

Felicity credette d’impazzire quando le mani di Oliver le sfilarono i pantaloni e la sua bocca scese a baciarle le cosce, fino a raggiungere la sua intimità.

Gemettero entrambi quando lui entrò con decisione dentro di lei, amandola con dolcezza.

Felicity passò le mani intorno al suo collo, attirandolo a sé, mentre Oliver faceva incontrare ancora le loro bocche e le sue mani accarezzavano il suo corpo con passione.  

Quando entrambi giunsero al culmine si avvolsero nelle lenzuola, restando abbracciati. Felicity posò il capo sul suo petto e l’ultima cosa che percepì prima di addormentarsi fu il cuore di Oliver che ancora batteva all’impazzata.

 

 

 

Felicity fu la prima a svegliarsi la mattina seguente e le ci vollero un paio di secondi per realizzare ciò che era successo realmente.

Oliver dormiva beato mentre ancora la teneva stretta come se volesse impedirle di scappare.

Osservò i suoi lineamenti rilassati e godette del suo respiro regolare che la cullava dolcemente, mentre cercava di allontanare i brutti pensieri sulla giornata che avrebbero dovuto affrontare.

Lo sentì muoversi sotto di lei, chiaro segno che si stava svegliando, mentre sentiva le sue mani sfiorarle i capelli.

Lui aprì gli occhi poco dopo, lasciandole intravedere quel cielo limpido ed azzurro che tanto amava.

“Buongiorno” la salutò sorridendo, mentre le accarezzava il viso con la punta delle dita.

Lei si mosse, strusciandosi su di lui, per raggiungere il suo viso e catturare le sua labbra in un dolce bacio.

Sorridevano entrambi mentre quel contatto si approfondiva, diventando ad ogni istante più passionale, ma entrambi erano consapevoli che quell’idillio sarebbe ben presto sfumato.

La proposta di Ra’s incombeva su di loro e Felicity tremò all’idea di dover lasciare Oliver così presto.

Sapeva che ora dirgli addio sarebbe stato ancora più difficile e doloroso, ma cercò di allontanare quella preoccupazione ancora per un po’.

“Felicity” la chiamò mentre lei lo guardava negli occhi “qualunque cosa accada, ricordarti che ti amo”

Lei cacciò indietro le lacrime che sapeva sarebbero uscite tuffandosi in un altro bacio.

“Ti amo anch’io, Oliver”

 

 

 

 

“Oliver Queen, ti presento mia sorella” gli annunciò Ra’s mentre una donna faceva ingresso nel grande salone, avvolta in un mantello scuro.

Un lungo vestito nero slanciava il suo corpo esile mentre diversi gioielli e monili riflettevano la luce.

Aveva i capelli neri, in parte coperti da un velo scuro che portava sul capo,

mentre i lineamenti duri e spigolosi del viso ricordavano quelli del fratello.

Oliver rimase scioccato da quella notizia: non sapeva che Ra’s Al Ghul avesse una sorella.

“Lei presenzierà alla tua iniziazione e renderà sacro il rituale con cui entrerai a far parte della tua nuova grande famiglia come Al-sah-him, guerriero ed erede del Demone” spiegò mentre Oliver rimaneva immobile, all’oscuro di come si svolgesse il rito e di cosa comportasse.

Lo avevano legato con due corde, una per polso, ad una specie di gabbia di metallo, impedendogli di muovere le mani.

Lo avevano spogliato della camicia, lasciandolo a torso nudo in mezzo alla stanza, mentre alla sua sinistra un braciere bruciava riscaldando l’ambiente.

Oliver aveva visto alcuni strumenti in metallo abbandonati nel fuoco rendendoli così incandescenti.

Temeva di dover essere marchiato per poter entrare a far parte della Lega ma non era questo a spaventarlo davvero.

Pochissime persone erano state autorizzate a partecipare a quel rito e Felicity non era tra quelle.

Era sollevato che non dovesse assistere a quello spettacolo ma si stava chiedendo cosa ne sarebbe stato di lei, cosa stesse facendo in quel momento.

La donna avvolta nel lungo mantello si avvicinò a lui pronunciando parole incomprensibili alle orecchie di Oliver.

E quando Ra’s estrasse il tizzone ardente dal fuoco, pronto a marchiarlo, le porte si aprirono e un’altra donna attraversò la sala sotto gli occhi di tutti i presenti.

“No” disse con determinazione mentre Oliver la guardava stranito, cercando di capire che cosa avesse intenzione di fare.

“Per le leggi della Lega” iniziò Felicity cercando di mantenere la calma “so di aver diritto ad un duello contro il Demone, Ra’s Al Ghul”

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Capitolo 5
*** Oliver Queen è morto! ***


cap5

Everything I did, everything that happened has led me right here.

 

Cap.5-Oliver Queen è morto!

 

“Per le leggi della Lega” iniziò Felicity cercando di mantenere la calma “so di aver diritto ad un duello contro il Demone, Ra’s Al Ghul”

 
 

 

Il silenzio cadde nella sala mentre le parole di Felicity raggelarono il sangue nelle vene di Oliver.

Avrebbe voluto urlare, dimostrarle quanto fosse contrariato all’idea ma rimase immobile, senza dire nulla, cercando di capire che cosa stesse realmente accadendo.

Per qualche istante perfino Ra’s rimase stupito: posò nuovamente il tizzone ardente nel fuoco, mentre si allontanava dal suo futuro erede per avvicinarsi a lei.

Rise senza prendere realmente in considerazione la sua proposta: “Non combatto contro una donna, tanto meno contro una che ha chiaramente perso il senno”

“È un mio diritto!” ribatté mentre respirava a lungo, cercando di tenere sotto controllo l’ansia e la preoccupazione che rischiavano di assalirla ad ogni istante.

L’unica cosa a cui riusciva a pensare era Oliver ed al piano che aveva escogitato per poterlo tirare fuori da quella situazione.

Sapeva che era una follia ma lo sarebbe stata anche la decisione di lasciarlo lì, in balia di Ra’s, arrendendosi al triste destino che quell’uomo aveva in serbo per lui.

Doveva salvarlo, a qualunque costo.

Era venuta a Nanda Parbat proprio per quel motivo: per evitare che Oliver si unisse alla Lega, per impedirgli di vendere la sua anima al demonio.

E dopo la notte trascorsa con lui, dopo avergli finalmente confessato ciò che provava, il pensiero di perderlo per sempre la distruggeva.

Lo guardò, consapevole di quanto disappunto avrebbe trovato nei suoi occhi limpidi, ma nonostante tutto determinata a portare a termine ciò che aveva iniziato.

 Quando Ra’s le fu abbastanza vicino da intimorirla con il suo sguardo gelido e minaccioso, credé  di perdere l’uso della parola e di ogni muscolo del corpo ma ciò non avvenne.

Sostenne il suo sguardo con fermezza, lasciandosi guidare esclusivamente da ciò che sentiva, dalle convinzioni che albergavano dentro di lei: “Non può negarmi questo scontro”

L’uomo parve ragionarci per qualche istante, gli angoli della bocca ancora piegati verso l’alto, in quella specie di sorriso che era spuntato sul suo volto dopo la proposta della ragazza.

“Se desideri morire così giovane in fondo non è una mia scelta. Ti accontenterò molto volentieri” disse mentre richiamava a sé uno dei suoi uomini.

“No!” la voce di Oliver spezzò quell’angosciante silenzio che era di nuovo calato nella grande sala “Non puoi farle questo! Hai già me, lasciala stare!”

Si dimenò cercando di liberarsi da quelle corde che lo tenevano legato, lontano dalla sua Felicity che pareva aver deciso di gettare via la sua vita.

“Non sono io ad aver voluto tutto questo” gli rammentò il capo della Lega mentre delegava ad uno dei suoi uomini il compito di andare a prendere le armi per l’inaspettato duello “e come dice la tua cara Felicity, non posso negarle un tale diritto”

Oliver si dimenò ancora ma i nodi che gli bloccavano i polsi non avevano intenzione di cedere, mentre un senso di frustrante impotenza bruciava dento di lui.

“Felicity …” la voce preoccupata di Oliver la fece sentire in colpa: sapeva quanto dolore gli stava causando, ma era l’unica possibilità che aveva.

Evitò il suo sguardo mentre sentiva le lacrime pungerle gli occhi per voler uscire.

“Felicity, guardami” quel sussurro le straziò il cuore mentre lui la supplicava di non sprecare così la sua vita “Ti prego … non farlo”

Lei chiuse gli occhi, stringendo le palpebre e trattenendo le lacrime mentre Ra’s li osservava in silenzio.

“Al-sah-him è preoccupato per te” le fece notare il capo della Lega “forse dovresti dargli ascolto. Che cosa pensi di fare? Battermi? Sarebbe un’idea così poco intelligente per una ragazza sveglia come te”

Felicity aprì gli occhi tornando a guardare il demone di fronte a lei, sentendo la rabbia crescere: “Il suo nome è Oliver Queen!” urlò, devastata dall’idea che lui potesse diventare un’altra persona, un uomo diverso da quello di cui si era perdutamente innamorata.

“Oliver Queen cesserà di esistere fra poco e un nuovo uomo rinascerà dalle sue ceneri: Al-sah-him. Nascita e rinascita rafforzano le nostre azioni e quelle che lui compierà lo renderanno una persona più forte, un uomo temprato dalla vita, un guerriero” disse mentre il membro della Lega che poco prima era sparito dalla sala ritornò con ciò che Ra’s aveva chiesto.

La donna osservò intimorita quel piccolo scaffale in legno che venne aperto davanti ai suoi occhi, lasciandole intravedere una decina di spade dalla lama lucente, tutte diverse per forma, dimensione ed utilizzo.

La verità è che lei non aveva idea di come combattere né aveva mai preso un’arma del genere in mano ed ora iniziava seriamente a dubitare che il suo piano potesse funzionare.

Non si lasciò scoraggiare nonostante tutto, mentre Oliver osservava impotente la scena e gli occhi gli si inumidivano inevitabilmente di lacrime.

Non voleva credere a ciò che stava accadendo, non voleva assistere alla violenza con cui Ra’s si sarebbe scagliato su di lei, non voleva guardare morire la donna che amava. Perché nonostante Felicity fosse la persona più intelligente che avesse mai conosciuto, non avrebbe mai avuto una possibilità contro quell’assassino.

Ra’s Al Ghul indicò con un gesto della mano le armi che erano appena state portate, lasciando alla ragazza la possibilità di selezionare le spade migliori.

Felicity s’avvicinò a grandi passi ma esitò non sapendo cosa scegliere.

Ne afferrò due mentre Maseo spogliava Ra’s della lunga mantella nera che indossava, per poi riservare lo stesso trattamento alla camicia leggera che portava al di sotto.

La bionda si stupì che l’uomo non si procurasse delle armi ma il suo dubbio venne chiarito immediatamente: “Prenderò le tue armi quando non ne avrai più bisogno”

Lei deglutì, sapendo a ciò cui andava incontro.

Il suo sfidante fece uscire tutti gli spettatori dalla sala, rimanendo solo con lei ed Oliver.

“Non vorrei mai dover essere nei tuoi panni, Al-sah-him” disse con una leggera sfumatura di soddisfazione nella voce “Dover assistere alla morte della donna che si ama non è certamente un bello spettacolo, ma sicuramente ti rafforzerà …. Considerala come la prima di una lunga serie di prove a cui ti sottoporrò, affinché tu sia in grado di affrontare il tuo destino come mio successore”

“Sei un maledetto farabutto!” gli sputò addosso quelle parole, cariche di rabbia e dolore mentre continuava a dimenarsi nel mero tentativo di liberarsi “Non toccarla o altrimenti io …”

Ra’s rise ancora, godendo di quelle minacce che Oliver gli stava facendo: “Sei patetico, signor Queen” disse voltandosi verso di lui “incredibile quanto ogni uomo innamorato si somigli, appiattendosi e rammollendosi per amore di una donna che prima o poi finirà”    

“Basta!” la voce di lei fece zittire entrambi. Il suo tono era determinato, la voce sicura di sé mentre stringeva nei palmi le impugnature delle due spade.

“Ha fegato, la ragazza” commentò Ra’s “ma purtroppo tutto questo coraggio non ti servirà ad uscire viva da qui”

Felicity non rispose, osservando Oliver struggersi per quella situazione su cui non poteva avere alcun tipo di controllo. E lui odiava non avere alcun potere sugli eventi, detestava tutti gli avvenimenti che gli sfuggivano di mano creando enormi quantità di problemi da risolvere.

Oliver alzò il capo incrociando lo sguardo della donna, implorandola silenziosamente di tirarsi indietro.

La osservò con quei suoi occhi limpidi ed azzurri, velati dalle lacrime, con la stessa intensità con cui l’aveva guardata per tutta la notte, con lo stesso amore che sapeva bruciare nei cuori di entrambi.

Ra’s seguì lo sguardo della donna, ben sapendo dove lo avrebbe condotto.

Ad Oliver Queen.

Sospirò mentre pronunciava quelle parole: “Aborro i sentimentalismi e i saluti strappalacrime ma … credo che abbiate diritto ad un vero addio”

Felicity osservò l’uomo vestito di nero per accertarsi che facesse sul serio per poi avvicinarsi ad Oliver, i suoi passi che riecheggiavano nella grande sala spoglia.

Non staccò i suoi occhi da quei fari blu che tanto adorava, fino a quando arrivò a meno di un metro da lui.

“Felicity, non …” la voce di Oliver si spezzò sotto il peso di quel dolore che gli stava attanagliando il cuore, mozzandogli il respiro.

“So quello che faccio, Oliver” gli rispose mentre abbassava lo sguardo, incapace di osservarlo ancora senza arrendersi alle lacrime.

“Fidati di me” gli sussurrò poi all’orecchio, per evitare che Ra’s li sentisse “ti tireremo fuori di qui, te lo prometto”

Lui la guardò, cercando di capire quale piano avesse in mente, consapevole che qualunque esso fosse sarebbe stato pura follia.

Non c’era via di fuga, non c’era modo di uscire vivi da quella fortezza e l’idea che lei si sacrificasse per salvarlo lo distruggeva.

“Non devi farlo” le disse “Tutto questo può finire in un solo modo: io che prendo il posto di Ra’s Al Ghul” 

“Io detesto questo modo” gli fece notare lei mentre sorreggeva determinata il suo sguardo.

Si osservarono per qualche istante in silenzio, entrambi consapevoli che quella poteva essere la loro ultima occasione per stare insieme.

“Felicity, promettimi che quando tornerai a Starling vivrai la tua vita e cercherai di essere felice”

“Non potrò mai essere felice senza di te” gli confessò mentre si avvicinava al suo viso.

Lui abbassò il capo, sconfitto da quelle parole: non voleva che lei rovinasse la sua vita pensando a lui.

“Oliver” la sua voce arrivò come un soffio delicato sulla sua pelle, emozionandolo come mai prima d’allora “non sono mai stata brava a dirti addio, ma questa volta fa ancora più male”

Lui la guardò, leggendo nei suoi occhi lo stesso dolore che anche lui provava in quel momento.

“Qualunque cosa accada, Felicity … ricordati che ti amo” le disse mentre non riusciva a darsi pace.

Odiava il fatto di essere legato, odiava l’idea di non poterla stringere fra le braccia per l’ultima volta, di non poterle sfiorare il viso con le dita né accarezzarle i capelli. 

“Vorrei tanto poterti abbracciare” fu solo un flebile sussurro, smorzato dalle labbra della donna sulle sue.

Fu un bacio lento ma carico di amore, di quel sentimento che li aveva legati e che non li avrebbe mai più divisi.

Gli schiocchi delle loro bocche che si cercavano furono gli unici rumori che spezzarono il silenzio.

Si staccò da lui, consapevole dello sguardo di Ra’s puntato addosso.

Lo guardò per l’ultima volta, studiando ogni più piccola sfumatura dei suoi occhi mentre posava una mano sulla sua guancia, in una dolce carezza.

Lui mosse il viso, strusciando la guancia contro la mano della donna, fino a posare le labbra sul palmo e premerle a lungo sulla sua pelle, lasciandole un bacio.

Felicity lo osservò, rapita da tanta dolcezza: i suoi occhi si erano chiusi nell’esatto istante in cui la sua bocca aveva iniziato a premerle sulla pelle, per poi riaprirsi poco dopo e incrociare i suoi, colmi di lacrime e  velati di tristezza.

Si allontanò facendo scivolare via la mano dal suo viso per poi voltargli le spalle e tornare da Ra’s che ancora l’aspettava impaziente per il loro duello.

Recuperò le due spade che aveva posato precedentemente per salutare Oliver e si preparò a quella che sarebbe stata una totale disfatta.

Ma in fondo il suo obbiettivo non era battere la testa del Demone, soltanto guadagnare abbastanza tempo.

Incrociò lo sguardo di Maseo e respirò a fondo mentre lui annuiva complice, senza farsi notare dal capo della Lega.

Felicity si fece coraggio, gettò un ultimo sguardo ad Oliver, poi attaccò.

 

 

 

Era tardo pomeriggio quando lei venne a cercarlo.

Era successo poco dopo la partenza di John Diggle, quando era appena rientrato nel palazzo dopo aver scortato quell’uomo e sua figlia fuori da Nanda Parbat.

“Maseo” si stupì di sentirsi chiamare con il suo vero nome: pochi lo conoscevano in quel posto.

Soltanto Oliver era solito chiamarlo ancora così.

Si voltò, trovandosi di fronte la ragazza bionda che avrebbe dovuto uccidere per ordine di Ra’s.

“Ho bisogno di parlarti” gli disse “In un posto sicuro” 

“Non posso parlare con te” le rispose mentre le voltava le spalle e continuava sulla sua strada.

“Me lo devi, invece” la voce determinata di Felicity lo fece bloccare dopo pochi passi.

Maseo voltò il capo, incontrando quegli occhi chiari e profondi che lo scrutavano.

“Perché dovrei? Non ci conosciamo nemmeno; non ti devo nulla”

“Hai ragione: nemmeno io ti conosco, Maseo. Ma Oliver sì. E nonostante tutto lui ha continuato a fidarsi di te, anche quando sei entrato in questa setta di psicopatici! Almeno fino a quando non hai cercato di uccidermi.

Lui ha sempre creduto in te e se lo ha fatto è perché ha visto qualcosa di buono), qualcosa di umano, qualcosa che ora cerchi di nascondere dietro il nome di Sarab”

“Tu non sai nulla di quello che mi ha portato qui! Non conosci niente di ciò che ho dovuto sopportare in questi anni, in questo palazzo” rispose “non riusciresti nemmeno ad immaginarlo”

“Allora non lasciare che succeda lo stesso ad Oliver” disse con fermezza “Impediscigli di vendere la sua anima al diavolo, aiutalo ad uscire da qui. Liberalo, Maseo!”

“Ti stai solo illudendo se credi che sia un modo per farlo scappare”

“C’è sempre un modo: basta volerlo” lo guardò cercando di convincerlo ad aiutarla “E lo troverò, con o senza di te”

L’uomo scosse il capo, incredulo della forza con cui quella donna stesse lottando per salvare l’anima di Oliver.

Forse, un tempo, lo avrebbe fatto anche lui, per Tatsu.

“Che cosa vorresti fare?” le domandò dopo qualche attimo d’esitazione.

“Voglio stringere un patto” gli rispose senza dargli altre informazioni “Nella mia stanza, fra cinque minuti”

Lo sorpassò, senza dargli il tempo di replicare, procedendo lungo il corridoio poco illuminato che conduceva alla sua momentanea camera.

Lui rimase immobile per qualche istante, indeciso sul da farsi.

Non seppe dire cosa lo spronò a muoversi: forse il pensiero di Tatsu, forse l’amicizia che ancora lo legava ad Oliver, forse quella donna disposta a tutto pur di salvare la persona che amava.

S’incamminò lungo lo stesso corridoio e bussò alla porta quando arrivò, controllando che nessuno lo vedesse.

Felicity venne immediatamente ad aprire, sollevata nel vederlo lì.

Si spostò per farlo passare e richiuse la porta dietro di lui, per poi schiarirsi la voce: “Ho bisogno di conoscere tutte le vie d’uscita del palazzo. Specialmente quelle meno sorvegliate”

“Nessuna fa al caso tuo. Ci sono uomini ovunque, uscire è impossibile” gli rispose “Ci sono allae sentinelle  anche all’esterno dell’edificio che vi impediranno di lasciare Nanda Parbat così facilmente”

“Ci deve essere un modo per uscire senza essere visti!” si torturò le mani mentre cercava di pensare ad un piano che potesse portarli in salvo.

“Il palazzo è un labirinto. Non riusciresti a trovare l’uscita senza l’aiuto di qualcuno all’interno”

“Per questo non c’è problema: abbiamo te”

“No, non è possibile” gli disse “Ra’s dubita della mia lealtà, sarò controllato, non posso farlo”

“Perché dovrebbe dubitare di te?” gli domandò mentre si aggiustava gli occhiali sul naso.

“Perché non ti ho ucciso” confessò dopo qualche istante di silenzio “Quando vi trovavate alla Palmer Technologies, la freccia che ha quasi rischiato di ucciderti non l’ho scagliata io”

Lei rimase in silenzio, ascoltando attentamente le sue parole.

“Ho esitato. Non riuscivo a non pensare al discorso che Oliver mi aveva fatto su quello tetto la sera precedente. Mi ha fatto cambiare idea, mi ha fatto capire di essere ancora … umano.  Ra’s ha mandato un altro membro della Lega per assicurarsi che il compito venisse portato a termine: lui ha scagliato quella freccia ed io non sono stato abbastanza veloce per riuscire a fermarlo. L’uomo morto sul marciapiede … l’ho ucciso io”

Felicity respirò a fondo mentre Maseo abbassava il capo, distogliendo lo sguardo dal suo.

“Questo è un motivo in più per salvare Oliver: lui ti ha aiutato a ritrovare te stesso. Ha fatto tanto per gli altri ed ora è arrivato il momento di fare qualcosa per lui”

“Non potete pensare di farcela da soli: avrete bisogno di un diversivo per scappare e di aiuto” gli spiegò “la via più rapida per uscire è dalla sala centrale. Oliver sarà condotto lì per il rito d’iniziazione: quella è l’unica occasione che puoi sfruttare a tuo vantaggio”

“D’accordo” acconsentì “potremmo riuscire a trovare un diversivo ma non c’è nessuno qui che ci possa aiutare”

“C’è un uomo che potrebbe fare al caso nostro” le disse “una persona che conosce molto bene questo posto, qualcuno in grado di condurvi all’uscita, nonché un vecchio membro della Lega: Al Sa-Her”

Il solo sentire quel nome le diede la nausea e per un istante credé di vomitare.

Malcolm Merlyn era in assoluto l’unico uomo a cui non si sarebbe mai rivolta. Un mostro che mai e poi mai li avrebbe aiutati senza chiedere nulla in cambio. E qualunque cosa avesse richiesto, lei sapeva che non sarebbe riuscita ad accontentarlo, non se voleva ancora vivere in pace con la sua coscienza.

“No, lui è …”

“Lui è la tua unica speranza” la interruppe “Vuoi davvero liberare Oliver? Allora hai bisogno di Malcolm” 

Felicity sospirò mentre pensava ad un’altra soluzione che non comprendesse Merlyn e i suoi malefici secondi fini.

Non la trovò e questo non fece altro che demoralizzarla.

“Oliver ha degli amici a Starling, non è così?” chiese Maseo “Coloro che si fanno chiamare Team Arrow. Se contatto Malcolm, lui può comunicare con loro”

“Farli venire qui è troppo pericoloso” disse affranta.

“Se Oliver è così importante per Starling, per le persone che lo conoscono, allora loro rischieranno per lui” le fece notare.

La bionda chiuse gli occhi mentre respirava a fondo, consapevole che dalla sua scelta sarebbero dipese molte vite.

Le vite dei suoi amici.

Aprì gli occhi e parlò prima che potesse cambiare idea: “Contatta Merlyn. Andiamo a salvare Oliver”

Maseo annuì mentre usciva dalla stanza lasciando la donna sola con i suoi pensieri.

 

 

Il buio della sera avvolgeva Nanda Parbat quando un gruppo di persone si avvicinò cautamente al palazzo.

Diversi uomini, incappucciati di nero, caddero sotto l’attacco silenzioso di quel piccolo esercito che avanzava rapidamente verso l’ingresso.

John Diggle si acquattò dietro un cespuglio, per nascondersi dalle guardie che sorvegliavano il perimetro.

Le sue occhiaie erano il segno tangibile della stanchezza accumulata negli ultimi giorni: era volato a Nanda Parbat per salvare sua figlia, poi era tornato indietro insieme a Sara a Starling City, infine era di nuovo tornato nel palazzo di Ra’s Al Ghul per salvare Oliver, nonostante tutti glielo avessero sconsigliato.

Non aveva intenzione di restare con le mani in mano mentre Oliver e Felicity rischiavano la vita; in più non si sarebbe mai fidato completamente di Malcolm e della sua generosa partecipazione alla missione.

Non aveva chiesto nulla in cambio ed era quello che più lo preoccupava.

“Lo faccio per Thea, per essere un buon padre” 

Quelle erano le parole che aveva detto davanti ad un John piuttosto perplesso.

Una freccia colpì in pieno petto un uomo della Lega, che cadde a terra senza che nessuno se ne accorgesse.

Laurel seguì al contrario la traiettoria dello strale, anche se già sapeva chi era stato a scagliarlo.

Thea Queen era qualche metro dietro di lei: il viso coperto da un cappuccio scuro, la faretra sulla sua schiena, l’arco teso fra le mani esili, gli occhi verde smeraldo che fendevano l’oscurità, l’espressione concentrata.

Oliver non avrebbe approvato la sua partecipazione ma, dopo un’iniziale opposizione, tutti i membri della squadra avevano dovuto accettare il suo aiuto. Avevano bisogno del contributo di tutti poiché ognuno di loro avrebbe potuto fare la differenza, tra la vittoria e la sconfitta.

Malcolm sopraggiunse alle spalle di una guardia, stordendola, mentre Laurel guadagnava preziosi metri di terreno, mimetizzandosi nella notte grazie alla tuta nera di Black Canary.

Quando furono sotto le porte del palazzo la lotta infuriò e decine di uomini li attaccarono contemporaneamente su più fronti.

Thea continuò a scoccare frecce, a debita distanza, aiutando il resto dei compagni coinvolti in un continuo e sfiancante corpo a corpo.

Molti dei membri della Lega soccomberono sotto i suoi attacchi e negli scontri con il Team Arrow, ma ben presto la situazione peggiorò.

Diggle, Laurel e Malcolm iniziarono ad incassare colpi mentre Thea si gettava nella mischia, cercando di salvarli.

E mentre cercavano di penetrare in quella fortezza, Ra’s Al Ghul si beffava di quella donna che aveva osato sfidarlo.

 

 

 

Felicty si gettò a capofitto sull’uomo di fronte a lei, cercando di colpirlo con una delle due spade che stringeva saldamente in pugno.

Si scontrò contro quello che le parve un muro di cemento piuttosto che una persona in carne e d’ossa.

Ra’s Al Ghul aveva facilmente schivato il suo maldestro affondo, bloccando con una mano la lama di una delle due armi.

Stringeva nel pugno la punta della spada, non curandosi del piccolo rivolo di sangue che colava dal suo palmo, come se non sentisse nemmeno dolore.

La donna si allontanò da lui, cercando di sfuggire alla sua forza, ma lui riuscì agilmente a sottrarle la prima spada, lasciandola basita e spaventata.

Sapeva quanto Ra’s fosse forte ed invincibile ma non pensava di fallire così miseramente.

Iniziarono a muoversi in tondo, mentre lei si teneva a distanza, studiando ognuno i movimenti dell’altro.

L’unico obbiettivo che aveva era riuscire a conservare la sua arma abbastanza a lungo per poter attuare il suo piano.

Si mosse ancora, con lentezza, avvicinandosi al suo vero obbiettivo.

Le posizioni si erano quasi ribaltate quando l'uomo attaccò: ora Ra’s si trovava di fronte ad Oliver mentre Felicity era proprio davanti a lui, dandogli però le spalle.

Sentiva chiaramente i lamenti ed i respiri affannati di Oliver, ogni volta che Ra's rischiava di ferirla.

Felicity schivò un colpo per un pelo e Ra's rimase stupito da quel suo improvviso scatto di agilitá, ma quella mossa la allontanò nuovamente da Oliver.

Si mosse rapidamente prima che la testa del Demone tornasse alla carica: corse da Oliver il più velocemente possibile, la spada stretta nel pugno.

Con un unico movimento, la lama tagliò una delle due corde che bloccavano le mani dell'uomo. Il braccio di Oliver cedette, non aspettandosi di essere improvvisamente slegato.

Felcity non seppe bene che cosa avvenne in quei secondi a seguire.

Passò la spada ad Oliver che prontamente l'afferrò, per poi tagliare l'altra corda e liberarsi del tutto.

Vide Ra's brandire l'arma nella sua direzione e per sfuggire al colpo si gettò di lato, perdendo l'equilibrio e precipitando rovinosamente a terra.

Sentì i palmi bruciare per l'impatto contro il pavimento, mentre scivolava insesorabilmente sulla superficie liscia e lucida.

Credette di percepire la lama cadere su di lei ma ciò non accadde.

Un clangore metallico rieccheggiò nell'aria quando la spada di Oliver bloccò quella di Ra's, impedendogli di farle del male.

Il demone fu costretto a lasciarla andare mentre parava i colpi che Oliver stava infliggendo.

Si rialzò cercando Maseo con lo sguardo: l'uomo era appena corso verso la porta secondaria della sala.

Quando l'aprì, il rumore della battaglia che si stava svolgendo fuori da lì risuonò nell'ampio salone mentre Oliver e Ra's continuavano a sfidarsi a colpi di spada.

Oliver incassò un colpo, rischiando di farsi sopraffare dalla rapiditá del secondo attacco del suo avversario.

Si riprese rapidamente, mentre il fianco sanguinava per il taglio appena inferto dalla lama.

Attaccò ancora mentre, con la coda dell'occhio vide diversi uomini della Lega irrompere nella sala.

"Ci stanno attaccando!" urlavano mentre cercavano di ripararsi dalle frecce che li colpivano senza pietá.

Sia Oliver che Ra's rimasero sorpresi da quanto stava accadendo, rallentando il ritmo del loro scontro.

Oliver ne approfittò per colpirlo ma il capo della Lega bloccò ancora il suo attacco.

Scintille parvero espoldere nell'aria quando le due spade s'incrociarono mentre Ra's guardava negli occhi il suo sfidante: "Dovremmo parlare presto della tua lealtà nei miei confronti, Al-sah-him"

"Io non sono Al-sah-him" rispose lui stringendo i denti mentre spingeva, con tutta la forza di cui era capace, la sua spada contro quella di lui.

Cercò di disarmarlo ma non ci riuscì mentre Diggle fece ingresso nella sala, seguito a ruota da Malcolm, Laurel e Thea.

L'allargato team Arrow colpì gli uomini della Lega presenti nella stanza, stendendoli rapidamente.

Purtroppo però altri incapucciati continuavano a giungere numerosi nella stanza, mettendoli in difficoltá.

Fu la frazione di un attimo e Ra's colpì Oliver con un pugno allo sterno, mozzandogli  il respiro.

Oliver pensò di essere nuovamente trafitto dalla sua spada ma Ra's si allontanò rapidamente da lui: non aveva intenzione di uccidere il suo futuro erede.

Nessuno a parte Oliver capì quello che stava succedendo: nel furore dei colpi e della battaglia lui guardò verso di lei, l'unica davvero indifesa in mezzo a quegli assassini.

Avrebbe voluto urlare ma la voce gli morì in gola mentre si rimetteva in piedi, scattando verso Felicity.

Ra's la bloccò, catturandola fra le braccia e puntando la spada contro il suo collo.

Felcity cerco di divincolarsi senza riuscirci: la presa intorno a lei si strinse maggiormente, immobilizzandola.

"Fermi!" la voce di Ra's risuonó nella sala mentre Laurel stendeva uno degli ultimi uomini ancora presenti in sala.

"Di’ a tuoi uomini di deporre le armi o potrai dire addio alla tua adorata Felicity!" lo minacciò Ra's mentre la lama premeva sulla pelle pallida della donna.

"Lasciala andare" rispose a denti stretti, lo sguardo che si muoveva ripetutamente da Ra's a Felicity e da Felicity a Ra's, cercando di studiare ogni singolo dettaglio che avrebbe potuto sfruttare a proprio vantaggio.

"Prima manda via loro, poi ne parleremo" gli disse mentre stringeva la donna contro di sé, senza alcuna intenzione di lasciarla andare.

"Dirò loro di arrendersi solo se li lascerai andare via da qui, sani e salvi" ribatté "e Felicity con loro"

Lei alzò lo sguardo, incrociando gli occhi azzurri di Oliver mentre la punta della spada pareva bruciare sulla sua pelle, graffiandola ad ogni respiro.

Cercò di allentare la presa su di sé ma l'unica cosa che ottenne fu un’ulteriore dolorosa stretta intorno alle spalle, mentre la lama le feriva superificialmente il collo.

Chiuse gli occhi cercando di non esternare quel dolore che provava, mentre sentiva la frustrazione crescere in lei: non era così che aveva immaginato di salvare Oliver.

Ora era lui a doverla salvare e sapeva che avrebbe fatto qualunque cosa pur di proteggerla, perfino sacrificare la sua stessa vita e vendere l’anima alla testa del Demone.

Il piccolo rivolo di sangue scarlatto che le macchiò la pelle, colando dalla ferita sul collo, fece scattare Oliver come una molla.

“Lasciala!” disse alzando la voce “Io resto qui. Farò ciò che vuoi, mi unirò alla Lega, diventerò il tuo erede ma tu … devi lasciarla andare, adesso!”

“No, Oliver non …” la voce disperata di Felicity si spezzò sotto il peso delle lacrime.

Non voleva che lui s’immolasse per lei, non doveva buttare via la sua vita così.

“Zitta!” le ordinò Ra’s, premendo maggiormente la spada sulla gola “Voglio i tuoi amici fuori da qui o lei non va da nessuna parte” concluse rivolto ad Oliver.

Lui si voltò, osservando impotente tutti coloro che avevano rischiato la vita per venire a salvarlo.

Il suo sguardo si posò su Diggle, il suo più fedele alleato, colui che avrebbe sempre desiderato come fratello; poi Thea che aveva indossato un cappuccio simile a quello di Arrow per l’occasione; Malcolm; Laurel, che aveva dimostrato una gran coraggio negli ultimi mesi ed infine Felicity.

Colei che sicuramente aveva ideato il piano per salvarlo, che aveva trovato un modo per mettersi in contatto con il resto del Team.

Quella donna che ora stava guardando negli occhi, cercando silenziosamente di convincerla che sarebbe andato tutto bene, pur non essendone convinto.

“Grazie, per quello che avete fatto” disse dopo qualche attimo “ma il mio destino è quello di rimanere qui, per diventare la nuova testa del Demone e capitanare la Lega degli Assassini”

Nessuno di loro avrebbe mai voluto arrendersi e lasciare Oliver a Nanda Parbat ma tutti capirono il vero motivo per cui l’aveva fatto.

Per Oliver, vivere una vita senza Felicity, senza i suoi amici, era peggio che trascorrerla lì, in quella fortezza arroccata che sarebbe diventata la sua prigione.

Ra’s Al Ghul osservò Al-sah-him prima di mollare la presa intorno al collo della donna e spingerla, facendole perdere l’equilibrio.

Felicity cadde a terra, picchiando le ginocchia sul pavimento gelido, il corpo che le doleva per quella forte stretta e il cuore che sanguinava dal dolore.

Oliver si buttò a capofitto su di lei, inginocchiandosi al suo fianco e prendendole il viso fra le mani.

Le accarezzò le guance, passando le dita fra i capelli biondi e setosi.

Lei alzò lo sguardo incrociando quello di lui, mentre si aggrappava al suo braccio, cercando di ricacciare indietro le lacrime che le bagnavano il viso.

“Mi dispiace” sussurrò mentre non riusciva a reprimere un singhiozzo.

“Shhh” le passò le mani dietro la nuca, avvicinandole il viso al suo “va tutto bene”

“Ho fallito …”

“Ci hai provato e ti amo ancora di più per questo” le confessò.

Mentre i due restavano abbracciati sul pavimento in centro alla sala, Ra’s si allontanò da loro prendendo il tizzone ardente dal fuoco, per poi tornare velocemente dal suo nuovo erede.

Nessuno fece in tempo a fermarlo: marchiò a fuoco la sua schiena, bruciandogli la pelle sopra le scapole.

“Oliver!” Felicity lo chiamò preoccupata quando lui cadde a terra, scivolando prono sulla superficie liscia mentre stringeva i denti, lottando contro il dolore.

Gemette dolorosamente mentre sentiva la pelle della schiena andare a fuoco.

Sospirò quando Ra’s allontanò quel metallo ardente dal suo corpo, lasciando un indelebile segno sulla schiena.

“Al-sah-him, benvenuto nella tua nuova famiglia” gli comunicò con voce solenne “Ora sei un membro ufficiale della nostra amata Lega”

Felicity venne presa di peso e trascinata a forza lontano da lui, da due possenti braccia che non riconobbe subito.

Si dimenò mentre le lacrime cadevano copiose sul suo viso, lo sguardo fisso su Oliver, ancora disteso sul pavimento.

Il blu dei suoi occhi fu l’ultima cosa che vide prima di venire spinta velocemente fuori dalla fortezza.

 

 

 

Quando aprì gli occhi si ritrovò a bordo del jet di Palmer.

Si voltò verso il sedile al suo fianco, sperando di trovare Oliver, assorto nei suoi pensieri. Ma non fu affatto così.

Al suo fianco vi era seduto Dig, che la guardò con aria preoccupata, mentre i primi ricordi della sera appena trascorsa riaffioravano alla sua mente.

La crudele realtà le mozzò il fiato, il ricordo di Oliver steso sul pavimento della grande sala del palazzo la devastò, mentre riprovava la stessa disperazione che aveva sentito quando John l’aveva trascinata a forza lontano da lui.

Aveva pianto, aveva alzato la voce, si era dimenata per liberarsi e tornare da lui, dal suo Oliver.

Ma la presa dell’amico non le aveva lasciato scampo, fino a quando lei e tutto il resto del team erano nuovamente saliti sull’aereo che li avrebbe condotti a Starling.

“No! Ti prego! Non possiamo lasciarlo, non posso … non voglio tornare a casa senza di lui!”    

Ricordava perfino le parole che aveva urlato tra le lacrime, sconvolta da quel dolore che ancora le opprimeva il cuore.

“Dig” lo chiamò mentre i suoi occhi diventavano lucidi, la voce rotta dall’emozione.

“Lo so, Felicity” le rispose lui comprensivo, consapevole di quello che stesse provando.

“Io non …” non riuscì a finire la frase mentre le lacrime le rigavano le guance.

Ne sentì il sapore salato sulle labbra mentre Diggle l’avvolgeva in un abbraccio, facendole posare il capo sulla propria spalla.

Lei pianse, senza vergognarsi di mostrare il suo momento di debolezza davanti ai suoi amici.

Ognuno di loro era distrutto per la perdita che avevano subito e Felicity lo sapeva bene. Non poteva invece garantire per Malcolm, dato che se ne stava in disparte senza dire nulla.

Felicity lo aveva sempre disprezzato ma mai l'aveva odiato come in quel momento: era colpa sua se la Lega aveva messo nel mirino Oliver e Thea ed il suo comportamento da buon padre, come spesso si definiva, era ripugnante.

Felicity chiuse gli occhi, cercando per un attimo di dimenticare la sua faccia e di regolarizzare il respiro.

Non seppe quanto tempo passò prima che la stanchezza prendesse il sopravvento su di lei e la facesse cadere fra le braccia di Morfeo.

Sognò: immaginò che Oliver fosse ancora con lei, che Ra's non esistesse, che fossero solo loro e l'amore che li legava.

Quando il jet riatterò a Starling City l'angosciante realtà frastornò ognuno di loro: Oliver se n'era andato, la città viveva nel caos senza il suo eroe, Roy era ancora in ospedale per l'aggressione subita, la polizia continuava a credere che lui fosse il vero Arrow, Lance non avrebbe mai smesso di perseguitare Oliver, il covo era ormai un posto inutilizzabile e presto tutti sarebbero finiti nei guai con la giustizia.

"Non può andare peggio di così" disse Felicity, esternando i pensieri di tutti i presenti.

Ma ancora non sapeva quanto si sbagliasse.

 

 

Aveva ormai perso il conto dei giorni, quando qualcuno tentò di svegliarlo.

Oliver Queen era disteso sul freddo pavimento di una cella, incatenato come un animale pericoloso.

I primi giorni trascorsi a Nanda Parbat, dopo la sua ufficiale iniziazione a membro della Lega, erano stati dolorosi ma di certo non i più duri.

Aveva ancora speranza, voglia di combattere, credeva ancora nei valori che lo avevano guidato fino ad allora, tutte qualità che in quel momento aveva perso.

Ra's Al Ghul trascorreva moltissime ore insieme ad Oliver, insegnandogli nuove tecniche di combattimento, parlando dei progetti che aveva in serbo per lui.

La testa gli scoppiava mentre cercava di ricordare tutto quello che era successo in quel periodo trascorso nel palazzo: gli allenamenti, le torture a cui era stato sottoposto, le vessazioni che aveva dovuto sopportare.

"Ogni guerriero deve imparare la semplice verità, che il dolore è inevitabile ma la sofferenza è facoltativa" gli dicevano mentre versavano acqua bollente sulle sue mani, per temprarlo.

Le stesse parole ripetute più e più volte fino a convicerlo che fossero vere, mentre un uomo della Lega spingeva il suo capo in un catino di acqua e ghiaccio e lo tratteneva con forza giù, anche quando gli mancava il fiato.

I polmoni bruciavano a causa dell'acqua gelida mentre Ra's continuava a ripetergli come un mantra il suo nuovo nome: Al-sah-him.

Era abituato al dolore fisico, avezzo alle cicatrici, ai tagli, ad ogni tipo di ferita, ma non a quella cantilena che continuavano a somministragli a piccole dosi ogni giorno, facendolo impazzire a poco a poco.

"Oliver Queen é morto" questa era la frase che sentiva ogni volta che si svegliava al mattino e prima di addormentarsi la sera.

Nelle poche ore della giornata che non passava in compagnia della testa del Demone, veniva affidato a Sarab che avrebbe dovuto continuare il lavoro iniziato dal suo maestro.

Ma erano quelli i momenti in cui Al-sah-him si sentiva più confuso.

Quell'uomo dai tratti asiatici e i capelli sempre raccolti in un codino, lo spronava a non dimenticare.

Gli ricordava chi fosse davvero, quale vita avesse vissuto prima di finire nelle grinfie di Ra's, quali speranze aveva, quali desideri avrebbe ancora voluto realizzare. Lo incitava a non mollare, a non vendere la sua anima al Demone, a non commettere lo stesso errore che lui stesso aveva commesso.

"Come ti chiami?" gli chiese Maseo, dopo averlo svegliato dal lungo sonno in cui era caduto.

"Il mio nome é Al-sah-him" rispose lui con voce atona, gli occhi che gli si chiudevano per la stanchezza mentre i muscoli gli dolevano per i troppi sforzi fisici a cui era sottoposto.

"No!" il giapponese alzò la voce con lui "sto perdendo tempo con te, maledizione! Il tuo nome é Oliver Queen"

"Oliver Queen é morto" ripetè come un automa, programmato per dire sempre le stesse cose.

"Oliver Queen é vivo!" lo obbligò a guardarlo negli occhi, sperando che ciò bastasse a fargli ricordare qualcosa "Oliver Queen é un eroe, si é sacrificato per salvare i suoi amici, ma soprattutto per la donna che ama! Per questo si trova ingiustamente qui"

Al-sah-him lo guardò senza capire mentre Sarab continuava a parlargli: "Oliver Queen ama ed é amato, incondizionatamente. Lei ti aspetta, attende il tuo ritorno a casa per poterti abbaracciare di nuovo"

Maseo non seppe dire se Oliver avesse capito le sue parole ma il guizzo rapido e momentaneo che attraversò i suoi occhi lo fece ben sperare.

"Lei come si chiama?" ritentò, sperando che andasse meglio questa volta "La donna che ami, voglio sapere il suo nome"

Lui abbassò il capo mentre pensava a come rispondere.

Non ricordava nessun nome, nessuna donna: non c'era nient'altro nella sua vita se non Ra's Al Ghul e la Lega.

"Lei crede in te, Oliver. Non deluderla" la voce dell'uomo parve risvegliare in lui ricordi sopiti da tempo.

Vedeva qualcosa, forse un viso, ma era così confuso, così sfocato da non riuscire ad inquadralo nitidamente.

Quel pensiero scivolò via, come acqua tra le dita ma poi, quando credeva che tutto fosse perduto, mise a fuoco la figura di una ragazza dai lunghi capelli biondi, raccolti in una coda di cavallo.

Fu la frazione di un secondo ma gli bastò per portare a galla qualcosa, che ora percepiva nel petto.

Era diversa da tutte le altre emozioni che ricordava di aver provato ed era anche la più bella. Gli faceva battere forte il cuore, ma non era dolorosa come la paura che i primi giorni aveva provato. Era una bella sensazione, qualcosa che gli scaldava il petto e gli infondeva un senso di pace e serenità.

Le sue labbra si mossero da sole, senza che lui riuscisse a controllarle.

Il suo nome morì sulla sua bocca, insicuro e tremante come un soffio di vento.

"Felicity ...." sussurrò più sè stesso che all'uomo di fronte a lui.

"Sì!" Maseo esultò entusiasta per il risultato ottenuto "aggrappati a lei, Oliver. Tieni stretto il tuo ricordo di Felicity e non permettere a nessuno di portartelo via"

Per un attimo l'umanità di Oliver era di nuovo lì, tangibile nel suo sguardo, poi esplose come una bolla di sapone appena la porta si aprì.

Ra's Al Ghul fece ingresso nella cella, stupendosi di trovare Sarab insieme al loro ospite.

"Che cosa ci fai qui, Sarab?" domandò, la voce burberba e minacciosa come sempre.

"Ero venuto a svegliare Al-sah-him e prepararlo per i suoi allenamenti" rispose mentre guardava ancora Oliver, seduto sul pavimento.

"Puoi andare, Sarab" lo congedò frettolosamente mentre si avvicinava a lui.

"Possiamo cominciare" annunciò inginocchiandosi davanti al suo eredr "per prima cosa, dimmi il tuo nome"

La tentazione di pronunciare il suo vero nome fu tanta, la voglia di riscatto che pensava aver perso per sempre pareva essere tornata al suo posto.

"Al-sah-him" disse invece, consapevole che mostrarsi debole davanti ai suoi occhi sarebbe stata un'ottima idea.

Non si spiegò il perché di quello schiaffo che atterrò sul suo viso con forza, non nell'immediato almeno.

"Hai esitato!" la voce alterata di Ra's lo intimorì "Sei più difficile da persuadere di quanto pensassi"

Lo spinse a terra, facendogli perdere l'equilibrio, e Oliver batté la schiena sul pavimento duro e gelido.

Pensò che la scapola gli avrebbe fatto male, visto che la pelle era ancora ipersensibile dopo il marchio a fuoco che gli era stato impresso, ma ciò non avvenne.

Le lezioni di Ra's stavano dando i loro frutti, in fondo.

La testa del Demone si abbassò su di lui e con un movimento brusco gli bloccò il braccio dietro la schiena.

Oliver sentì una fitta di dolore invadergli il braccio, accuito dal dolore al polso che le catene gli inflaggevano, ma cercò di non esternare la sua sofferenza.

"Oliver Queen é morto"

Non seppe quante volte gli venne ripetuto nelle orecchie quella mattina, ma ognuna di esse era accompagnata da qualche dolore che Ra's gli infliggeva volontariamente, in qualunque parte del corpo.

Non seppe dire chi fosse davvero quando cedette sotto le torture di Ra's, arrendendosi al dolore che gli sconquassava il corpo ad ogni respiro.

Si ritrovò disteso per terra, tossendo e cercando di respirare regolarmente, fino a quando gli occhi si chiusero e perse i sensi.

 

 

 

 “Come è andata là fuori stasera?” domandò Felicity a Diggle, mentre lui era intento a stappare una bottiglia di vino rosso.

Lei e Thea erano state invitate a casa di John, per una cena che Lyla aveva definito ‘di famiglia’.

“L’informazione era esatta” le rispose “Messaggio in codice per i Halcones, al porto, per scaricare una spedizione di M16”

“Beh … sono particolarmente fiera che non ti sei fatto ammazzare” commentò Lyla, sospirando.

“Quella è stata anche la mia parte preferita” le disse, avvicinandosi al viso della moglie e lasciandole un bacio a stampo sulle labbra.

Felicity chiuse gli occhi per un breve istante: quel piccolo, tenero gesto le faceva venire in mente Oliver e le ricordava tutto quello che lei non avrebbe mai potuto avere.

Normalità.

“Se continuerai ad andare in missione dovremmo davvero idearti una specie di …” disse, cercando di accantonare il pensiero di Oliver.

Diggle la interruppe immediatamente, intuendo di cosa stesse parlando la bionda: “Non … dire costume”

Bevve un sorso di vino mentre osservava la piccola Sara, seduta sul seggiolone accanto a lui.

“Ok. Identità nascosta” Felicity gesticolò nervosamente continuando il suo discorso “Senti …  alla fine dovremmo trovarti un nuovo status quo o lavorare ad uno ora che …”

Si fermò, rendendosi conto di quello che stava per dire.

“Ollie non c’è più” concluse Thea al suo posto, con lo sguardo basso e afflitto, la voce triste e malinconica.

Felicity asciugò quel principio di lacrime dai suoi occhi, strofinando le palpebre con le dita al di sotto delle lenti degli occhiali.

Il silenzio calò fra loro prima che Diggle riprendesse a parlare: “Come stai?”

“Beh .. non so che cosa si provi ad indossare un costume, uscire in missione e vincere visto che non l’ho mai fatto prima” rispose Thea.

“Voglio dire riguardo ad Oliver. Che è via”

“Non lo so” disse sincera “Le mattine sono le peggiori. Non posso … lasciare il loft quindi …” si fermò, respirando a fondo per trattenere le lacrime e il dolore che provava “È bello poter venire qui”

“Sei sempre la benvenuta a casa nostra” la rincuorò Lyla, posando una mano sul suo braccio.

Lei annuì, grata per quel sostegno che le stavano fornendo.

“Il fatto è che è colpa mia” disse “se non mi fossi fidata di Malcolm, lui non ci avrebbe fatto diventare un bersaglio per la Lega ed Oliver non avrebbe dovuto sacrificarsi per salvarmi”

“Lui non vorrebbe che ti sentissi in colpa” la bloccò Felicity, consapevole che l’unica colpa andava attribuita a Merlyn.

“Nell’esercito, hanno un detto …” disse Diggle mentre alzava il bicchiere di vino “per un soldato che compie il sommo sacrificio. Andato … ma mai dimenticato”

Tutti lo seguirono, alzando a loro volta i bicchieri e ripetendo quelle parole.

 

 

 

Era pomeriggio quando Al-sah-him si svegliò a poco a poco, le palpebre pesanti che tribolavano ad aprirsi, i muscoli che gli dolevano ed un’incredibile emicrania che gli martellava la testa.

Si mosse troppo bruscamente e il suo corpo reagì provocandogli fitte di dolore in ogni dove.

Cercò di tirarsi a sedere ma non ci riuscì, mentre intrappolava tra le labbra un gemito di dolore che avrebbe voluto uscire.

Sbatté le palpebre più volte prima di abituarsi alla luce e rendersi conto che non era solo in quella cella.

Ra’s Al Ghul era inginocchiato accanto a lui, fissandolo con i suoi occhi scuri, simili a pozze di petrolio.

Ricordò le sofferenze e le percosse a cui la testa del Demone lo aveva sottoposto qualche ora prima, ma non ricordava che cosa avesse fatto di male per meritarsele.

“Qual è il tuo nome?” gli domandò l’uomo di fronte a lui.

Oliver non dovette nemmeno pensarci: sapeva esattamente come si chiamava.

“Al-sah-him, guerriero del Demone ed erede di Ra’s Al Ghul”

“Molto bene, ragazzo” commentò lui mentre gli offriva la mano per tirarsi su a sedere “sei finalmente pronto ad affrontare il mondo”

L’uomo, ancora seduto a terra, lo guardò vedendo in lui l’illustre maestro che gli aveva insegnato ogni cosa, l’unica guida da seguire.

Accettò l’aiuto che gli stava offrendo, aggrappandosi alla sua mano e facendo affidamento su di lui per mettersi in piedi.

I muscoli gli facevano male ma non si lamentò: aveva imparato che il dolore era inevitabile ma la sofferenza … quella era solo un’opzione per i più deboli.  

“Ho due compiti molto importanti da affidarti” gli disse “Confido molto nelle tue straordinarie capacità”

“Non la deluderò, maestro” disse lui, onorato di essere scelto per una missione così importante.

“Prima di dirti in cosa consiste la tua missione però c’è ancora una cosa che devi fare: provare a battermi”

Ra’s si voltò, facendo svolazzare il suo lungo mantello nero, per poi incamminarsi verso l’uscita.

“Sarab” chiamò il Demone “Slegalo e preparalo per il duello”

Maseo annuì, entrando nella cella e liberando Oliver da quelle catene che gli bloccavano i polsi.

Rimase a guardarlo, cercando di capire cosa gli stesse succedendo.

I suoi occhi erano vacui e privi di speranza, il petto cosparso di tagli, lividi e ferite recenti.

Sapeva che cosa significava tutto ciò: Oliver si era arreso e Ra’s aveva vinto, ancora.

“Oliver” lo chiamò dopo essersi assicurato che fossero soli “Che cosa è successo”

“Oliver?” domandò lui, perplesso “Quell’uomo è morto, non esiste più ormai. Sono Al-sah-him”

La convinzione con cui pronunciò quelle parole gli fece capire che non stava mentendo: credeva davvero ciò che diceva.

Il Demone gli aveva fatto il lavaggio del cervello ed ci era riuscito anche piuttosto bene. Non c’era più nulla di Oliver Queen in quel corpo provato dalla sofferenza e dalla stanchezza, nessuna delle sue qualità erano rimaste intatte dentro di lui, niente era sopravissuto dopo il saccheggio di Ra’s alla sua anima.

Sospirò sconfitto, mentre quell’involucro di carne ed ossa si avviava verso l’uscita, come un automa progettato con un unico scopo: uccidere.

Maseo pensò a quella donna che, solo due settimane prima, aveva fatto di tutto pur di salvare Oliver, senza riuscirci.

Credé di vedere il suo viso, distrutto dalla consapevolezza di aver perso per sempre l’uomo che amava con tutta sé stessa e questo gli straziò il cuore.

Sembrava incredibile come il sacrificio di Oliver avesse salvato ognuno di loro, compreso lui.

Il suo gesto, insieme al coraggio di Felicity, aveva risvegliato in lui quell’umanità che credeva di aver perso, facendogli capire che Maseo era ancora lì, nascosto da qualche parte dentro di lui.

Seguì Al-sah-him, conducendolo verso la sala dove si sarebbe disputato il duello e fu allora che capì che l’avrebbe salvato, a qualunque costo.

Era la sua possibilità di riscatto, la sua redenzione da un vita di crimini e omicidi, la sua salvezza.

 

 

Avevano da poco finito di cenare quando Felicity si avvicinò alla finestra, tenendo in braccio la piccola Sara, che sorrideva divertita.

Le luci dei palazzi rischiaravano in parte la notte di Starling City, mentre la donna osservava il cielo, scrutando le poche stelle che brillavano sopra di lei.

Un'ombra scura catturò la sua attenzione: credé di aver visto qualcuno spostarsi rapidamente sul tetto dell'edificio di fronte, ma un attimo dopo nulla pareva muoversi nella notte.

"Va tutto bene?" la voce di Diggle la destò dai suoi pensieri, facendola sussultare dalla sorpresa.

"Sì, tutto bene .... É solo che..." esitò mentre tentava di scrollarsi di dosso quella assurda ipotesi. Per un attimo si era trovata a pensare, e sperare, che potesse trattarsi di Oliver.

"Che cosa?" domandò John, preoccupato.

"Nulla" lo rassicurò sorridendogli "Devi riprenderti questo adorabile fagottino?" gli chiese mentre accarezzava le guanciotte di Sara, facendola ridere.

"Questo fagotto deve andare a nanna" disse lui, prendendola fra le braccia.

La piccola allungò le manine, sorridendo felice, accoccolandosi subito sulla spalla del suo papà.

Felicity rimase a guardarla mentre John la portava nella sua camera per metterla a letto, poi voltò lo sguardo e i suoi occhi caddero su un portafoto, appoggiato su un mobiletto in legno.

Si avvicinò, sfiorando la cornice con mani tremanti, per poi accarezzare il punto in cui la foto raffigurava il suo viso.

Ricordava quella foto perché l’aveva scattata lei stessa: ritraeva Dig ed Oliver vestiti nei loro eleganti smoking scuri, con un fiore bianco che spuntava dal taschino, nel giorno del matrimonio di John e Lyla.

Quel sorriso che increspava le sue labbra le scaldò il cuore ma al tempo stesso riuscì a farla piangere.

Non ricordava un Oliver così felice da quel giorno in poi: la sua vita era crollata d’improvviso, pezzo dopo pezzo, distruggendo tutto quel che di buono aveva faticosamente costruito.

Tirò sul con il naso, cercando di non far notare ai suoi amici le lacrime che caddero sulla sua pelle, nascoste in parte dagli occhiali.

 

 

 

Le spade si scontravano ripetutamente l’una contro l’altra in un tripudio di scintille mentre i due combattevano senza sosta, cercando il punto debole dell’avversario da sfruttare a proprio vantaggio.

Al-sah-him scattò all’indietro, evitando agilmente un affondo di Ra’s alle gambe mentre iniziava a sentire la fatica accumularsi nei suoi muscoli già stanchi e provati.

Attaccò con tutta la forza di cui era capace e per un attimo pensò di riuscire a disarmare il suo maestro, ma ciò non accadde.

La testa del Demone pose la lama tra il suo corpo e la spada nemica, riuscendo a neutralizzare il colpo del suo erede.

Continuavano a combattere, senza mai giungere ad una svolta, come se entrambi conoscessero esattamente tutte le mosse dell’altro in anticipo.

Sarab rimase ad osservare il duello, in disparte in un angolo della sala.

Aveva già assistito a molti altri combattimenti tra il capo della Lega e quelli che sarebbero potuti entrare a farne parte come membri, ma mai nessuno era riuscito a resistere tanto contro Ra’s.

Nessuno aveva le abilità di Oliver: il suo coraggio, la sua intraprendenza, la lucidità con cui affrontava i problemi trovando sempre una soluzione.

Questo era ciò che lo differenziava da tutti gli altri, ciò che lo rendeva speciale, a tal punto da meritare l’onore più grande, quello di diventare il nuovo Ra’s.

“Basta così” annunciò il maestro, mettendo fine a quello scontro “Hai fatto grandi progressi, Al-sah-him. Non potrei essere più fiero di te”

Il futuro capo sorrise compiaciuto, come se quella fosse la notizia migliore che avesse mai ricevuto in vita sua.

“Sei finalmente pronto per affrontare le insidie del mondo ed operare in nome della Lega degli Assassini”

“Ne sono onorato” rispose l’altro, mentre s’inchinava di fronte a Ra’s “Che cosa volete che io faccia, maestro?”

“Devi tornare a Starling City” disse mentre posava l’arma con cui aveva combattuto fino a pochi istanti prima “C’è un uomo che va eliminato, la cui morte sarà la prova tangibile della tua più totale lealtà verso di me e la Lega”

“Ditemi il suo nome” parlò, impaziente di rendere orgoglioso l’uomo di fronte a lui.

“John Diggle”

 

Quando Felicity uscì da casa di John, il vento freddo le scompigliò i capelli e la fece rabbrividire.

Si strinse nel cappotto, cercando conforto nella calda stoffa beige che l’avvolgeva.

Alzò istintivamente lo sguardo, senza realmente sapere il perché lo aveva fatto: forse sperava di scorgere qualcosa, per convincersi di non essersi immaginata quell’ombra poco prima.

Non notò nulla di strano ma l’impressione di essere osservata non la lasciò fino a che salì in auto, chiudendo immediatamente le porte.

Aveva paura, neanche lei sapeva di cosa, ma quella strana sensazione che percepiva alla bocca dello stomaco non le lasciava tregua, rendendola paranoica.

Mise in moto e fu allora che lo notò: qualcuno aveva appena scoccato una freccia, creando un collegamento tra due palazzi per mezzo di una fune.

Vide una figura scura, quasi completamente mimetizzata nel buio, utilizzare la corda come funivia per raggiungere l’altra sponda, sfondando una delle finestre dell’edificio.

Scese dall’auto, correndo verso l’entrata del palazzo da cui era appena uscita, il cuore che le batteva in gola.

Osservò quei cocci di vetro, ora sparsi sull’asfalto del marciapiede, consapevole a quale finestra appartenessero: la cameretta di Sara.

 

 

 

 

 

Un rumore improvviso di vetri frantumati riecheggiò nella casa, interrompendo il discorso tra Diggle e Lyla.

Si alzarono dal divano su cui erano seduti e corsero verso la stanza di Sara, allarmati dal suo pianto spaventato.

Mille schegge di vetro ricoprivano il pavimento mentre la bambina strillava agitandosi nel lettino.

Un uomo incappucciato di nero stava al centro della stanza, immobile e silenzioso.

Lyla si gettò verso il lettino, prendendo in braccio la figlia, dopo aver riconosciuto la tipica divisa nera della Lega degli Assassini.

Diggle alzò la pistola, minacciando l’uomo quando quest’ultimo abbassò il cappuccio, rivelando la sua vera identità.

“Oliver!” sospirò sollevato quando riconobbe l’amico “Come stai?”

Abbassò l’arma, avvicinandosi a lui.

Lyla prese a respirare normalmente mentre tentava di calmare il pianto di Sara.

“Non c’è tempo per questo. Mi dispiace avervi spaventato” disse “ma ho bisogno del vostro aiuto, per una questione molto importante” 

 

 

 

Felicity premette ripetutamente il pulsante dell’ascensore, nella speranza che arrivasse il più velocemente possibile, ma la cabina stava salendo tra il decimo e l’undicesimo piano, lasciandola a piedi.

Prese le scale e fece i gradini di corsa, cercando di aumentare il passo ma i tacchi la rallentavano parecchio, rischiando di farla scivolare sulla superficie liscia.

Quando giunse al settimo piano, i muscoli delle gambe la stavano per lasciare e si maledì mentalmente per non impegnarsi mai quando andava in palestra.

Le mancavano soltanto due rampe di scale prima di arrivare a destinazione e, con le ultime forze che le erano rimaste, scattò rapida sugli ultimi scalini.

Il cuore le batteva all’impazzata nel petto quando giunse davanti alla porta dell’appartamento, cercando la copia della chiave che Dig le aveva fornito, per ogni evenienza.

Frugò nella borsa e afferrò il mazzo, infilando il pezzo di metallo nella serratura che scattò dopo un giro completo.

“Dig, Lyla!” li chiamò a gran voce mentre respirava a fatica, i polmoni che pensava sarebbero esplosi da un momento all’altro per lo sforzo appena fatto.

Sorpassò velocemente l’ingresso e il salotto, percorrendo il corridoio, diretta nella stanza di Sara.

La scena che le apparve davanti agli occhi la spiazzò, mentre il cuore aumentava ancora i suoi battiti, questa volta per la felicità di vederlo lì più che per lo sforzo fisico.

La borsa le scivolò di mano, così come le chiavi, atterrando sul parquet con un tonfo sordo.

“Oliver” lo chiamò incredula, mentre sentiva le lacrime affacciarsi ai suoi occhi.

Gli corse incontro, tuffandosi nel suo abbraccio, facendo passare le braccia intorno alla sua nuca, incurante del fatto che tutti la stessero fissando.

Percepì il suo profumo inconfondibile e quel senso di pace e serenità che provava solo tra le sue braccia.

Si dispiacque per quel taglio di capelli così corto, facendogli sentire la mancanza della sensazione delle sue dita tra quelle ciocche bionde e morbide.

Sentì le braccia di Oliver stringerla lievemente ma senza quel trasporto che si aspettava, ma non ci fece troppo caso.

Si allontanò quel poco che bastava per guardarlo negli occhi, perdendosi in quel mare blu senza fine.

“Va tutto bene, Oliver?” domandò Dig, stranito dalla suo comportamento eccessivamente silenzioso e distaccato.

“In realtà no” confessò mentre Felicity scioglieva l’abbraccio per prestare attenzione alle sue parole “Ra’s mi ha mandato qui con un compito ben preciso: riportare Nyssa a Nanda Parbat. Vuole prendersi la sua vendetta sulla figlia ma io non posso permettere che accada: sarebbe in grado di ucciderla per il suo tradimento nei confronti della Lega”

“La proteggeremo se sarà necessario” propose John “ma tu come giustificherai il fallimento della tua missione?”

“Prenderò tempo, gli farò credere che non si trova più a Starling City” rispose “troverò un modo per farlo, ma ho bisogno che voi mi aiutiate a tenerla al sicuro”

“Avviso Laurel. Ultimamente passano molto tempo insieme” spiegò Dig mentre prendeva il cellulare dalla tasca dei pantaloni.

“Dobbiamo studiare un piano” li informò Oliver “ma non ho molto tempo e non possiamo farlo qui. Gli altri uomini della Lega che sono venuti con me potrebbero insospettirsi”

“D’accordo” acconsentì Felicity “Il covo è inutilizzabile ma possiamo …”

Lui la interruppe: “Ho già trovato un posto: è abbastanza sicuro ed isolato, non dovrebbero esserci problemi”

“Meglio se andiamo” convenne Dig mentre salutava Lyla ed afferrava la giacca per poter uscire.

Felicity lo seguì a ruota mentre Oliver diede loro appuntamento sul retro dell’edificio. Non poteva usare l’ingresso principale del palazzo o avrebbe rischiato di atterrare l’attenzione su di sé.

Quando i due uscirono trovarono già Oliver ad aspettarli, che li condusse nel luogo destinato all’incontro.

Quando giunsero a destinazione, Diggle iniziò a sospettare qualcosa: era tutto troppo silenzioso, tutto troppo strano, tutto così estremamente semplice.

Nessuna complicazione, nessun intoppo lungo il percorso.

Chiunque conoscesse anche solo un minimo l’efferatezza e il controllo ossessivo della Lega sui suoi membri, avrebbe capito che c’era qualcosa di sbagliato in tutto questo.

Scambiò un’occhiata preoccupata con Felicity, capendo che anche lei stava iniziando a nutrire gli stessi dubbi.

“Oliver, dove stiamo andando di preciso?” gli chiese John.

“Siamo quasi arrivati” fu la sua unica risposta evasiva.

Il grande e deserto spiazzo su cui giunsero non era decisamente il luogo adatto per progettare un piano e questo non fece che insospettire ancora più i due.

Felicity scacciò quella brutta sensazione che sentiva crescere dentro di lei ad ogni istante, cercando di convincersi che non c’era nulla di strano in quella situazione, ma non ci riuscì realmente.

Fu un attimo ed una decina di uomini incappucciati come Oliver li circondò senza lasciargli via di scampo.

“Oliver!” gridò Felicity, spaventata “Che cosa hai fatto?”

Lui si voltò verso la donna e lei per la prima volta ebbe paura di lui.

I suoi occhi erano spenti e vuoti, l’azzurro cristallino che li caratterizzava sembrava essere sparito, lasciando spazio a sfumature scure e minacciose.

“Oliver Queen è morto!” rispose lui con ferocia “Io sono Al-sah-him, guerriero del Demone ed erede di Ra’s Al Ghul”

Il mondo parve caderle addosso, schiacciandola con tutto il suo peso mentre due uomini immobilizzarono Diggle, facendolo inginocchiare di fronte ad Oliver.

Al-sah-him estrasse la spada, posandola sulla gola di John mentre lo guardava con superiorità.

“Oliver, non lo fare” lo supplicò mentre cercava disperatamente un modo per uscire da quella situazione.

Affondò le mani nelle tasche del capotto, senza farsi notare, andando in cerca del cellulare.

Non poteva fare molto ma avrebbe pur sempre potuto chiamare l’ultima persona che aveva contattato.

Cercò di rimanere concentrata, senza farsi scoprire, mentre il primo squillo suonava silenziosamente all’interno della tasca.

Thea rispose al terzo squillo: “Pronto. Felicity sei lì? Ci sei?”

Iniziò a preoccuparsi quando la donna non le rispondeva, poi sentì dei rumori in sottofondo.

“Quella persona non sei tu, Oliver!” Felicity quasi urlava ora, disperata per quell’uomo che amava incondizionatamente, ma che in quel momento non riconosceva più “Ra’s ti ha cambiato, ti ha fatto diventare il suo burattino, ti ha trasformato nelle persona che voleva che fossi, ma tu sei meglio di così! Oliver tu sei … sei generoso e buono, aiuti gli altri e non tradiresti mai un amico”

“Oliver non c’è più!” scandì bene le parole mentre osservava quella ragazza tenace che lo stava mettendo a dura prova.

Bastarono quelle parole per far capire a Thea che doveva aiutarli, fare qualunque cosa per salvare i suoi amici.

“Al-sah-him invece non ci sarà mai” ribatté determinata la bionda.

Sorresse quello sguardo cupo e penetrante mentre lui premeva con più forza la lama contro il collo di John.

“Lascialo, Oliver” disse mentre le lacrime le rigavano le guance “Dig è come un fratello per te, non puoi fargli del male”

“Lui è l’uomo che devo uccidere”

La freddezza con cui pronunciò quelle parole la terrorizzò: non c’era più nulla dell’Oliver che conosceva in quell’uomo che stava di fronte a lei.

“Così proverò la mia lealtà al maestro” aggiunse mentre tornava a fissare il suo obbiettivo.

“Lascialo, immediatamente!”

Una voce risuonò nell’aria, facendo voltare tutti i presenti nella sua direzione.

Thea era a qualche decina di metri da loro, l’arco teso e una freccia pronta per essere scoccata.

Oliver rise, beffandosi delle minacce di quella ragazza.

La prima freccia giunse dritta all’obbiettivo, colpendo un membro della Lega sul collo, uccidendolo. La seconda arrivò vicino ad Al-sah-him, distraendolo per una frazione di secondo.

Diggle si liberò dalla presa di Oliver, riuscendo a mettersi in salvo.

Felicity non seppe dire con precisione quello che avvenne mentre decine di frecce venivano scagliate a raffica, centrando i loro bersagli e obbligando gli altri alla fuga.

Vide Oliver correre per mettersi al sicuro mentre altri uomini cadevano a terra, colpiti o da una freccia o dai proiettili di John.

Rimase immobile fino a quando tutti i nemici si dileguarono, lasciando i tre in compagnia di numerosi cadaveri.

Felicity sospirò mentre le lacrime raddoppiarono, bagnandole il viso e scuotendole il corpo con diversi singhiozzi.

Sentì le braccia protettive di Dig stringerla a sé mentre lasciava che tutto il dolore che provava venisse a galla.

Rimasero in silenzio, mentre ognuno affrontava il dolore a modo suo.

L’Oliver che credevano di conoscere era morto per sempre e non c’era nulla che potessero fare per salvarlo.

 

 

 

 

La notte era scesa già da diverse ore quando Nyssa si presentò a casa di Laurel, spaventata.

“Nyssa, che succede?” le chiese, a sua volta preoccupata.

“Oliver è diventato il nuovo erede del Demone”

“Cosa? Che stai dicendo?”

“Lui è qui, mi sta cercando” le spiegò “Mio padre vuole la sua vendetta perché ho infranto le regole della Lega e ora ha mandato Oliver a Starling City. Verrà a prendermi”

Laurel cercò di farla ragionare ma un boato riecheggiò nella stanza, spaventandola.

La porta del suo appartamento cedette sotto i colpi di alcuni uomini, interamente vestiti di nero.

Vide Oliver, un attimo prima che qualcosa la colpisse sulla testa facendole perdere i sensi.

 

 

 

Al-sah-him entrò nella grande sala del palazzo, inginocchiandosi di fronte a Ra’s Al Ghul, mentre due uomini alle sue spalle lo seguivano con la nuova prigioniera.

Nyssa giunse di fronte a suo padre, i polsi legati e il viso segnato dalla stanchezza.

Aveva combattuto strenuamente prima di cadere nella mani di Al-sah-him, l’unico che era stato in grado di batterla in uno scontro corpo a corpo.

Lo sguardo di suo padre si posò su di lei, squadrandola da capo a piedi.

“Tu hai tradito la tua famiglia” le disse con tono minaccioso mentre porgeva ad Oliver la sua spada “E per questo pagherai con la tua vita”

“Uccidila!” ordinò, prima di voltarle le spalle ed uscire dalla grande sala.

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Capitolo 6
*** Oliver Queen è vivo! ***


Cap6

Everything I did, everything that happened has led me right here.

 

Cap.6- Oliver Queen è vivo!

“Tu hai tradito la tua famiglia” le disse con tono minaccioso mentre porgeva ad Oliver la sua spada “E per questo pagherai con la tua vita”

“Uccidila!” ordinò, prima di voltarle le spalle ed dirigersi verso l’uscita della grande sala.

 

Al-sah-him rimase immobile davanti a Nyssa, la spada che Ra’s gli aveva dato ancora stretta nel pugno mentre il suo maestro s’incamminava verso l’uscita.

Alzò l’arma, deciso ad uccidere la sua rivale, l’unica persona che avrebbe potuto ostacolarlo nella sua ascesa al titolo di nuovo Ra’s Al Ghul, ma poi si fermò.

“Non è così che deve andare” disse, facendo bloccare il capo della Lega mentre usciva dalla stanza.

“Come?” domandò voltandosi verso di lui, gli occhi penetranti che lo fissavano severamente.

“Volete che vostra figlia paghi per il suo tradimento” disse Al-sah-him mentre abbassava l’arma e si allontanava di un passo dalla donna, ancora inginocchiata davanti a lui “ma la morte non è la punizione adatta. Per lei sarebbe la via più semplice, la soluzione a quella sofferenza che prova quando è costretta a seguire i vostri ordini, imprigionata nelle regole della Lega”

Nyssa alzò il capo verso l’uomo, dapprima sollevata poi amareggiata: avrebbe sicuramente preferito la morte che una vita sotto il controllo di suo padre. E questo Oliver pareva averlo capito piuttosto bene.

“Molto bene, ti ascolto” decretò Ra’s “che cosa avresti intenzione di fare?”

“Tenerla qui, farle pagare il suo debito. Ripagare la Lega per quello che ha fatto” propose lui, mentre Sarab lo fissava dal fondo della stanza.

Non sapeva che cosa stesse passando per la mente di Oliver: in un primo momento Maseo aveva creduto che la sua umanità si fosse risvegliata in lui, che non volesse uccidere una persona innocente, ma la lealtà che dimostrava verso Ra’s  era totale ed incondizionata, così profonda e tangibile che non poteva credere fosse tutta finzione.

“Non ho paura di te” la voce di Nyssa riecheggiò nella sala silenziosa “non ne ho mai avuta neanche quando eri Oliver Queen, quando eri l’eroe incappucciato che salvava la città; di certo non inizierò a temerti ora che sei diventato un ridicolo pupazzo nel mani di un burattinaio come mio padre”

Lo schiaffo che ricevette sulla guancia le fece voltare il viso, mentre la pelle bruciava sotto quel colpo doloroso.

“Non osare parlare ma più così al nuovo capo della Lega” la voce di Ra’s Al Ghul  era dura e tagliente.

Guardò la figlia dall’alto verso il basso, per poi tornare a concentrarsi su Al-sah-him: “Nyssa avrà bisogno di un nuovo posto nella Lega, un posto di rispetto. Una posizione che non può rifiutare e che la legherà alla sua vecchia vita, quando era ancora la mia figlia prediletta, la legittima erede”

Nyssa lo guardò senza capire, esattamente come Al-sah-him, attendendo una sua spiegazione che non tardò ad arrivare.

“Magari... il suo sangue potrebbe avere un altro scopo. Potrebbe essere un mezzo per unire le nostre famiglie. Tu come marito...”  disse Ra’s mentre faceva vagare ripetutamente lo sguardo dall’uomo a sua figlia

“e tu come moglie”

Al-sah-him rimase impassibile, in piedi accanto a Nyssa mentre la donna si alzava e fissava suo padre con sguardo furioso.

“Preferirei morire piuttosto che diventare la sua sposa!”

“Ebbene, i tuoi desideri non mi interessano più dal momento in cui mi hai tradito” ribadì duro “Quindi sposerai Al Sah-him. E diventerai la sposa del Demone”

“No!” cercò di ribellarsi a suo padre ma non c’era molto che potesse fare.

Il suo sguardo tagliente e penetrante la inchiodò sul posto, obbligandola a tacere.

Al-sah-him non parlò ma c’era qualcosa dentro di lui che si oppose a quella decisione.

Sposare Nyssa non era certamente quello che si sarebbe aspettato ed ora sentiva che c’era qualcosa di sbagliato in tutto questo, qualcosa che lo tratteneva, come se stesse commettendo un terribile errore.

Ma non era sicuro di cosa si trattasse.

Ra’s Al Ghul lo guardò, richiamando la sua attenzione: “Quando mia figlia ha lasciato Nanda Parbat, è fuggita con qualcosa di fondamentale per il futuro di entrambi”

Prese la spada della figlia, contro il suo volere, svitò l’impugnatura trovando esattamente quello che cercava.

Ne estrasse una fiala, contenente un liquido, che parve famigliare agli occhi di Al-sah-him.

"Ti ricordi del villaggio che ti ho mostrato?" gli chiese Ra's "Quello dove erano rimasti solo i cadaveri"

"Era la tua casa" rispose lui prontamente.

"Fui obbligato a dispensare la morte su di esso. E' stato così

sin da quando c'è stato un Ra's” spiegò mentre teneva fra le mani quel piccolo cilindro di vetro “Vedi, è l'atto finale dell'ascensione, la trasformazione nella Testa del Demone. La cancellazione del proprio passato, della vecchia casa. Ora... il mio predecessore spazzò via Alessandria, in Egitto, con il colera, nel 1609. Oggi tu farai lo stesso”

Al-sah-him parve non capire subito ciò che intendeva. O forse non voleva farlo.

“Lo riconosci?” la voce di Ra’s lo destò da quel brutto presentimento che albergava in lui.

Forse Al-sah-him no, ma Oliver di certo non si sarebbe mai scordato di quella piccola fiala.

“L'arma biologica Alpha & Omega” rispose senza lasciar trapelare alcuna emozione, nonostante dentro di sé ci fosse un turbinio di sensazioni devastanti.

Cercò Sarab tra i presenti e lo vide in mezzo ad altri membri della Lega, il capo basso e l’aria afflitta.

Quando incrociò i suoi occhi vide tutto il dolore che ancora provava, mentre il suo corpo s’irrigidiva improvvisamente, e il suo sguardo parlava per lui. Sembrava gridare il suo nome, esattamente come aveva fatto poco prima che lui morisse.

Akio!

Al-sah-him ricordava quel dolore straziante che aveva torturato l’uomo per mesi e mesi, fino a condannarlo ad una vita al servizio di Ra’s.

Conosceva quegli occhi, quelli del suo amico di Hong Kong.

Non Sarab.

Maseo.

Ma Al-sah-him non era mai stato amico di nessuno, tantomeno di Maseo.

Oliver lo era stato.

“L'inizio e la fine” confermò Ra’s Al Ghul mentre guardava il suo erede negli occhi: “Nyssa l'ha rubata per evitare che il mio erede facesse ciò che tu farai oggi. Rilascerai questa su Starling City” 

 

 

Si guardò intorno, mentre il rumore dei suoi tacchi risuonava nella stanza silenziosa. Abbandonò la borsa su quella poltrona su cui sedeva di solito, mentre si stringeva nel cappotto beige che indossava.

Non aveva mai provato così tanto freddo in quel luogo come in quel momento.

Era buio e polveroso, come se fosse abbandonato da anni, mentre ancora si potevano vedere le tracce che l'acqua aveva lasciato dietro di sé, nonostante la stanza fosse ormai completamente asciutta.

I suoi amati computer erano spenti da giorni ormai, abbandonati a sé stessi su quei tavoli metallici.

Si avvicinò a quella che un tempo era stata la sua scrivania e lasciò che le sue dita scivolassero pigramente sulla superficie fredda e liscia, mentre i pensieri scorrevano senza sosta.

Miliardi di ricordi le affollavano la mente, ogni piccola cosa di quel luogo le parlava, le raccontava un pezzo della sua storia, della sua vita insieme ad Oliver.

Fece vagare lo sguardo e notò immediatamente la mancanza di qualcosa: la piccola pianta che aveva portato tempo prima, quella felce che per mesi aveva trovato posto sul tavolo accanto ai suoi computer, per rallegrare il covo, era sparita.

Distolse lo sguardo perché sentiva gli occhi diventarle umidi a quei ricordi e non avrebbe dovuto farsi vedere così dall'uomo che stava aspettando.

Ma ciò che vide dopo fu perfino peggio: la salmon ladder stava di fronte a lei, inutilizzata da settimane, ed inevitabilmente fece correre la mente di Felicity a lui, a quante volte era rimasta imbambolata a fissare quel corpo splendido, a quante volte aveva desiderato di poter avere di più di quella semplice ed ammaliante visione.

Le sensazioni di quella notte tornarono a farle visita, le emozioni proruppero nel suo petto, facendole battere forte il cuore e le lacrime iniziarono a bagnarle il viso.

Cercò istintivamente la poltrona, consapevole che le sue gambe avrebbero potuto abbandonarla da un momento all'altro mentre chiudeva gli occhi per fermare quel pianto che stava inondando i suoi occhi.

Si era ritrovata a pensare che avrebbe preferito non aver trascorso quella splendida notte insieme a lui, se questo avesse potuto evitare quanto successo dopo.

Non riusciva a non sentirsi in colpa per aver fallito, per non aver fatto abbastanza per salvarlo.

Sfilò gli occhiali per poter asciugare le lacrime mentre nascondeva il viso fra le mani.

"Non te la passi così bene"

La sua voce la fece trasalire e di scatto ruotò la sedia, trovandosi faccia a faccia con la persona a cui aveva dato appuntamento.

"Non l'ho sentita entrare" si giustificò mentre finiva di ripulirsi il viso dalle tracce delle lacrime.

"Giá" rispose lui infilando le mani nelle tasche del suo completo scuro "abilità da poliziotto. Che cosa voleva da me, signorina Smoak? E se non sono troppo invadente, perché darmi appuntamento qui?"

Felicity prese un lungo respiro, consapevole che da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato, ancora una volta.

Ne aveva discusso a lungo con Dig e nonostante la decisione fosse stata incredibilmente sofferta, alla fine avevano scelto la cosa giusta da fare, quella che anche Oliver avrebbe approvato.

"Perché questo é un luogo incredibilmente simbolico" disse guardando il capitano Lance negli occhi.

"Ho chiesto di incontrarla perché devo farle una proposta" aggiunse dopo qualche minuto di silenzio "per salvare un amico"

"Non farò favori al signor Queen né alla sua combriccola di deliquenti" rispose mettendo le mani in avanti “E questo posto è ancora sotto sequestro: non dovrebbe assolutamente trovarsi qui, quindi ringrazi che non l’ho ancora arrestata invece che chiedere favori alla polizia da parte di un criminale”

Felicity ignorò la provocazione, continuando il suo discorso: "C'è qualcosa che pensa di sapere ma di cui ancora non ha conferma" disse mentre si alzava dalla poltrona e camminava lentamente verso di lui "Oliver Queen é Arrow"

Quella confessione le costò molto più di quanto avesse immaginato e il suo cuore palpitò alla sola pronuncia di quel nome.

Quentin rise amaramente, mentre osservava la ragazza: "Lo sapevo giá"

"Sì, ma non ha le prove" gli ricordò "e non le avrà mai se non fa quello che le dico"

"Mi sta per caso ricattando signorina Smoak?"

"Lo chiami come vuole, Capitano. Ricatto, accordo, scambio, truffa, il nome non ha poi così importanza. Ciò che voglio che lei faccia é il suo lavoro. E tenere un innocente in carcere non fa parte delle sue mansioni"

"Volete dirmi che state vendendo Oliver Queen per liberare Roy Harper?"

"Lui é innocente" gli disse con fermezza.

"Questo non ha senso"

"Ci sono molte cose che non lo hanno, nel mondo. Soprattutto in questo periodo"

"Dov'è il signor Queen?" chiese Lance “Se volete che liberi Harper ho bisogno di lui o non se ne fa nulla”

Felcity non rispose, sapendo che non sarebbe stato facile convincere quell’uomo. Non senza Oliver da offrire come merce di scambio.

"É morto?" domandò lui, non sapendo che cosa pensare.

"No” rispose, la voce rotta dall’emozione “ma é come se lo fosse"

Trattenne le lacrime mentre le immagini di Oliver, incappucciato di nero che rinnegava ogni azione della sua vita precedente, tornavano a farle visita.

“Che cosa vorrebbe dire?” chiese Quentin senza capire.

“Che l’Oliver Queen che tutti conoscono non esiste più. Lui è diventato qualcun altro … qualcos’altro” disse mentre sorreggeva lo sguardo dell’uomo “e probabilmente non tornerà mai indietro, non sarà mai più sé stesso”

“Quindi mi state offrendo un uomo che in realtà non esiste più?” domandò Lance guardandola come se fosse pazza “E credete davvero che farei un accetterei un accordo simile?”

“Le stiamo offrendo la possibilità di fare giustizia!” ribadì con fermezza “Faccia decadere le accuse contro Roy e io le fornirò tutte le prove che collegano Oliver Queen alle azioni del vigilante, le darò tutte le informazioni di cui ha bisogno. Otterrà giustizia e la sua personale vendetta contro di lui, facendo sapere al mondo intero che lei è riuscito a capire la verità su Arrow”

“Senza riuscire ad arrestarlo? No, non è questo ciò che voglio!” si avvicinò a Felicity mentre parlava guardandola negli occhi “Ciò che voglio è vederlo per il resto dei suoi giorni dietro alle sbarre, leggere la paura nei suoi occhi, vedere ogni singolo pezzo della sua vita sgretolarsi, voglio portargli via tutto quello che ha, vederlo soffrire così come hanno fatto tutti coloro che ha giurato di proteggere!”

"Guardi questo posto, guardi come lei lo ha ridotto!" gli ordinò arrabbiata, mentre Lance rimaneva colpito da una tale irruenza.

Si guardò intorno, ben sapendo in realtá in quale stato versasse il nascondiglio di Arrow.

Il covo era letteralmente distrutto: apparecchiature danneggiate, sedie ribaltate, scrivanie nel più totale disordine, qualunque cosa era stata messa a soqquadro, senza alcun ritegno.

"Sono stati i miei uomini" rispose Lance, come per giustificarsi del devasto di quella stanza "Hanno perquisito questo posto centimetro per centimetro, con ottimi risultati"

"No, é stato lei" Felcity s'avvicinò ancora, mentre puntava il dito contro di lui, gli occhi chiari che fissavano quelli di Quentin "lei ha fatto tutto questo, con la sua ossessione verso Oliver, lei e la sua cieca voglia di vendetta"

Lance la guardò senza dare peso alle sue parole, distogliendo lo sguardo da quella donna determinata di fronte a lui.

"Lo guardi!" alzò la voce, sorprendendo perfino sé stessa di tanta grinta, mentre indicava il devasto intorno a sé "questa é la situazione in cui versa la vita di Oliver Queen. Devastata, distrutta, fatta a pezzi e strappata a brandelli senza alcuna pietà. E l'arteficie di tutto questo é soltanto lei"

"É incredibile quanto tu difenda ancora quel criminale, quell'uomo testardo e pieno di sé che ..."

"Oliver non é un criminale, é un eroe!" ribadì convinta "Ha salvato così tante vite, hai aiutato gli abitanti di questa cittá nei momenti più bui, anche quando la polizia aveva gettato la spugna. Ha fatto tanto per Starling e non c'è niente di più triste di un uomo accecato dalla rabbia, convinto che Oliver sia la causa di tutti i mali della sua vita”

Lance sospirò, mentre scuoteva la testa contrariato.

“Non puoi capire” disse rassegnato “esattamente come Laurel. Neanche lei capiva quanto male Oliver avrebbe potuto arrecarle, almeno fino a quando Sara non è morta la prima volta. Ma poi c’è ricaduta: si è fidata ancora di lui e non ha ottenuto che dolore e morte! Non ha ricevuto altro che una tuta nera e il rischio di morire ogni notte la fuori, senza nemmeno più una sorella su cui contare”

Felicity fece per controbattere ma venne interrotta: “Nei tuoi occhi, Felicity, vedo il suo stesso sguardo. Quello che aveva Laurel quando era innamorata di quell’uomo, quello che le impediva di vedere oltre la superficie, di capire chi davvero fosse Oliver Queen. Solo che nel tuo caso è molto più inteso, profondo, quasi viscerale, come se non ci fosse posto per nient’altro.

Lascialo andare Felicity, allontanalo da te prima che rovini anche la tua vita, a meno che non l’abbia già fatto”

Lei abbassò lo sguardo, gli occhi colmi di lacrime mentre il suo cuore sanguinava per quel dolore che provava nel petto.

Lance si voltò per uscire ma lei lo fermò: “Il nostro accordo?”

“Non c’è nessun accordo” rispose “Le accuse contro Roy Harper non cadranno mai, non senza il signor Queen come sostituto di Arrow in carcere"

"Non può lasciare in carcere un innocente!" urlò frustrata, mentre sentiva un senso d'impotenza pervaderla.

"Allora di' ad Oliver Queen di tornare qui da dovunque lui si trovi ed io rilascerò il vostro amico dopo una confessione scritta"

"Lui non può tornare!" la rabbia esplose, lasciandola esposta davanti a Lance, con tutti i suoi sentimenti in vista e le lacrime che le bagnavano gli occhi: "Ra's Al Ghul lo ha minacciato, ha ucciso persone innocenti spacciandosi per Arrow, lo ha obbligato a cedere alle sue folli proproste o avrebbe distrutto la sua vita, fatto del male a tutte le persone a lui care. Gli ha portato via ogni cosa, perfino quella minuscola briciola di felicità che Oliver si concedeva il lusso di provare.

Lo ha cambiato, l'ha messo contro i suoi stessi amici, lo ha reso una potente arma nelle sue mani. Oliver sapeva a ciò che andava incontro, era consapevole che avrebbe venduto la sua anima al demonio, ma per salvare la vita dei suoi amici, per proteggere la sua città, lui ci ha rinunciato. Alla sua vita, alla sua anima, alla sua felicità"

Piangeva senza più riuscire a smettere ma non avrebbe lasciato che le lacrime le impedissero di finire il suo discorso.

"Perciò non mi venga a dire che Oliver non é un eroe!" scandì le parole con determinazione mentre respirava affannosamente, le lenti degli occhiali appannate dal pianto disperato.

Lo guardò negli occhi mentre si avvicinava a grandi passi: "I cordardi, i vili, sono coloro che lasciano marcire un innocente in prigione, piuttosto che ammettere di non essere riusciti a catturare un eroe"

Lo superò a grandi passi e salì di corsa le scale metalliche che l'avrebbero condotta lontana da lì, mentre si lasciava andare ad un pianto disperato.

 

 

Quando Thea andò ad aprire la porta d'ingresso non si sarebbe mai aspettata di trovarsi di fronte quel ragazzo, che ora stava fissando rimanendo immobile sulla soglia di casa.

"Posso entrare?" le chiese mentre faceva il primo passo verso il loft.

Thea richiuse la porta alle sue spalle e poi, come se si fosse risvegliata da un lungo torpore, gettò le braccia intorno al collo di lui e lo abbracciò tenendolo stretto a sé.

"Roy!" la sua voce risuonò dolce e melodiosa alle orecchie del ragazzo: certamente era la cosa più bella che avesse sentito nell'ultimo periodo trascorso in carcere.

"Ti hanno lasciato andare?" domandò speranzosa "sei finalmente libero?"

"Sono libero ma ..." la guardò negli occhi dopo aver sciolto il loro abbraccio "non legalmente"

"Intendi dire che ..." la voce di Thea si spezzò sotto il peso della delusione.

Sperava davvero che i suoi problemi con la giustizia si fossero risolti, così che potesse godere di nuovo della sua compagnia.

"Sono scappato" spiegò lui "ero in ospedale quando il capitano Lance é entrato nella mia stanza e mi ha detto che dovevo fuggire"

"Lance?" domandò lei incredula.

"É parso strano anche a me, ma lui mi ha detto che un'amica gli aveva fatto capire che cosa significa davvero essere un eroe. Non poteva far cadere le accuse su di me visto che non c'erano prove che qualcun altro fosse il vero Arrow, ma non mi avrebbe lasciato marcire in cella per dei reati che non ho commesso" disse mentre la ragazza ascoltava rapita le sue parole "mi ha coperto con la guardia che sorvegliava la mia camera e mi ha aiutato ad uscire"

Thea sospirò mentre dentro di lei sentimenti contrastanti la logoravano: era felice che Roy fosse libero ma non ad un così caro prezzo.

Non avrebbe più potuto vivere la sua vita, non sarebbe mai stato davvero libero se l'intero corpo di polizia lo avrebbe ritenuto un fuggitivo.

"Volevo salutarti prima di partire. Ho poco tempo ma ci tenevo. Non potevo andarmene senza dirti nulla" la guardò negli occhi e giurò di aver visto una lacrima voler uscire.

Malcolm le aveva insegnato ad essere forte, a non farsi sopraffare dagli eventi, a non mostrare la propria sofferenza ma nemmeno lui avrebbe potuto insegnarle a non essere più umana.

"Roy, io non ..."

"Shh" la interuppe lui, posando l'indice sulle sue labbra "non voglio sprecare minuti preziosi e discutere inutilmente"

La baciò, con irruenza e trasporto, come se non ci fosse un domani. Ed, almeno per lui, era effettivamente così.

Non sapeva che cosa lo avrebbe atteso il giorno seguente né quello dopo ancora.

L'unica cosa di cui era sicuro in quel momento era Thea e quel sentimento che non aveva mai smesso di provare nei suoi confronti.

"Non andartene, Roy" lo supplicò lei nel bacio, il fiato corto e il cuore che batteva forte dentro il petto.

"Vorrei tanto poter restare" rispose "non immagini quanto. Ma non posso"

Thea lo sapeva ma non poteva non sperare almeno per un attimo che lui avesse una possibilità, una soluzione a quel problema che gli avrebbe permesso di restare a Starling.

"Devo inziare una nuova vita, in un'altra città, con un nuovo nome" le disse mentre la tristezza di Thea si stava impossessando anche di lui "ma questo non significa che non ti penserò o che non ti cercherò. Tornerò da te quando tutta questa storia finirà, quando Oliver ucciderà Ra's ed Arrow sarà di nuovo riconosciuto come l'eroe di cui Starling ha tanto bisogno"

Lei annuì, cercando di convincersi di quelle parole dolci che lui le aveva appena detto.

Chiuse gli occhi mentre lui riprendeva il contatto fra le loro bocche, esattamente da dove si erano interrotti e il suo cervello smise di pensare lucidamente quando le mani di lui accarezzarono il suo corpo, eccitandola.

Si lasciò andare sul divano, tirando Roy con sé, liberandolo di quegli inutili strati di stoffa che ancora coprivano il suo corpo.

Si amarono con tutta la forza e la passione di cui erano capaci, mentre le stelle brillavano nel cielo sopra di loro.

 

Non poteva credere a quelle parole.

Avrebbe dovuto radere al suolo la sua città, uccidere gli abitanti di Starling con quell'arma biologica di cui già conosceva i devastanti effetti.

Ricordava la terribile morte di Akio e quella scena gli era bastata a fargli capire che avrebbe fatto qualunque cosa pur di non assistere mai più ad una situazione simile.

Era strano come ora iniziava a riflettere sugli ordini di Ra's invece di eseguirli alla lettera senza fermarsi a ragionare.

"Oliver"

Era solo nella sua stanza quando si sentì chiamare con quel nome.

Istintivamente si voltó verso quell'uomo che lo chiamava e vide Maseo, con un insolito sorriso dipinto sul viso.

"Maseo" lo chiamò lui a sua volta, stupito di vederlo lì.

"Per fortuna non mi hai aggredito dicendomi di chiamarti Al-sah-him"

"E tu non ti sei lamentato quando non ti ho chiamato Sarab" gli disse facendolo riflettere.

Poi, dopo qualche istante di esitazione, riprese a parlare: "Mi sento diverso oggi. Da quando sono tornato da Starling City, qualcosa é cambiato in me. Come se ...."

"Come se iniziassi a ricordare la tua vecchia vita?" gli chiese Maseo, ben sapendo quale fosse la risposta "come se improvvisamente riaffiorassero vecchi ricordi, rivedessi persone che conoscevi? Come se la tua mente fosse estremamente più lucida, senza quella confusione che ha governato la tua testa in queste settimane?"

"Sì" rispose Oliver, stupendosi di come lui sapesse così bene quello che stava provando "L'effetto delle erbe sta svanendo"

"Erbe?" chiese perplesso.

"Ra's Al Ghul somministra ad ogni nuovo membro alcune erbe che ti rendono incredibilmente docile ed obbediente. Cancellano la tua forza di volontá, ti impediscono di riflettere lucidamene proprio nel momento in cui ne avresti più bisogno. La maggior parte delle volte, quando l'effetto svanisce, si é già completamente fedeli alla Lega e devoti a Ra's"

Oliver non rispose subito ma la notizia non lo sorprese così tanto: sapeva che Ra’s avrebbe fatto di tutto per ottenere i suoi scopi, utilizzando qualunque mezzo.

“Questa tradizione di distruggere il proprio passato” Oliver guardò l’amico negli occhi, cercando aiuto “Distruggere Starling City con l’Alpha & Omega … io non …”

"Non penso che sia qualcosa dalla quale tu puoi scappare” gli disse sinceramente “non hai scelta”

“Non posso ….” Si bloccò, pensando alla sua casa, a quelle persone a cui voleva bene “non posso uccidere le persone a cui tengo! Ho già fatto loro troppo male come Oliver; non voglio farlo anche come Al-sah-him. Ho bisogno di aiuto”

“Non credo ci sia qualcuno che potrebbe aiutarti tanto”

“Potresti iniziare tu” gli suggerì.

“È impressionante quanto ti somigli in questo” commentò Maseo, mentre si sedeva di fronte ad Oliver.

“Somigli? Di che cosa stai parlando?” Oliver parve non capire e una ruga gli solcò la fronte mentre cercava un possibile significato per quelle parole.

“Felicity” sussurrò il suo nome e la reazione di Oliver a quel suono fu evidente “quando era qui con te a Nanda Parbat è venuta a cercarmi, supplicandomi di aiutarla. Aveva la tua stessa determinazione, la tua stessa grinta, quella voglia di non arrendersi mai e di combattere fino all’ultimo per le persone amate”

“Intendi dire che …”

“Il suo tentativo di farti scappare?” domandò senza dargli il tempo di rispondere “Sì, è stata una sua idea e io l’ho aiutata. Ho contattato Malcom Merlyn e lui ha fatto il resto, conducendo tutti i tuoi amici qui”

“Oliver, ti ricordi di lei, vero?” gli chiese dopo qualche minuto di inaspettato silenzio.

Credeva che quella rivelazione suscitasse in lui molte più emozioni di quante pareva provarne in quel momento.

“Io …” esitò ripensando a quella ragazza bionda con gli occhiali che era corsa ad abbracciarlo quando aveva fatto irruzione in casa di Diggle “sì, mi ricordo di lei: ci hai pensato tu a non farmela dimenticare. È solo che …”

“Solo che?” lo spronò a continuare.

“È tutto così confuso” disse mentre si prendeva il viso fra le mani e abbassava lo sguardo “Non so che cosa realmente lei significhi per me. Quando sento il suo nome sembra ci sia una parte di me che riprenda a vivere: il cuore inizia a battere forte e mi manca il fiato pensando a lei; ma c’è un’altra parte di me che invece allontana il suo pensiero, cercando di distruggerlo.

Oliver … la ama” la dolcezza con cui disse quelle ultime parole sorprese perfino sé stesso “Ma Al-sah-him no: lui la odia! La odia perché gli ricorda di essere umano, di essere fragile. Felicity è sempre stata il mio punto debole, quel tallone d’Achille che prima o poi mi porterà alla rovina, quella leva su cui fare pressione per ottenere da Oliver ogni cosa. E questo mi rende debole, mi rende un guerriero destinato a fallire”

“Non è così” gli disse Sarab “Essere umani non rende deboli, essere umani ti rende una persona migliore, un uomo buono. E questo Al-sah-him non lo sarà mai”

Lui annuì, grato per quelle parole che gli stavano donando conforto.

“Ti aiuterò, Oliver” gli annunciò il giapponese poco dopo “Farò il possibile per evitare che Starling City cada sotto l’attacco di un arma letale come l’Alpha & Omega ma non posso garantirti nulla. Ancora non ho idea di come poter agire per fermare questa impresa folle”

“Credo che l’unica strada sia battere Ra’s Al Ghul al suo stesso gioco” propose Oliver “Facendogli credere di avere tutto perfettamente sotto controllo”

“D’accordo. Penserò a qualcosa che faccia al caso nostro” rispose Maseo

“Ora però devo darti un’importante notizia, che è il motivo per cui sono venuto qui nella tua stanza. Ra’s Al Ghul vuole cenare con te e la tua promessa sposa questa sera, per rendere ufficiale il vostro matrimonio”

La sola parole matrimonio gli fece accapponare la pelle.

Non voleva sposare Nyssa.

Non aveva mai immaginato il suo matrimonio, forse perché era troppo impegnato a salvare la città per farlo, ma era sicuro che non fosse così che lo desiderava.

Chiuse gli occhi e si concentrò sul suo respiro, sui battiti del suo cuore, cercando di mettere da parte quella terribile confusione che invadeva la sua testa. Avrebbe voluto ascoltare solo le sensazioni di Oliver, percepire solo i suoi pensieri ed accantonare quelli di Al-sah-him.

Non avrebbe saputo dire cosa volesse davvero per il suo matrimonio ma dentro di sé sapeva che quella parola avrebbe dovuto significare felicità.

E se pensava alla felicità, c’era una cosa sola che gli veniva in mente.

Felicity.

 

 

C’era qualcosa di dannatamente sbagliato in tutto questo.

In quel banchetto sfarzoso, in quelle portate luculliane che venivano servite davanti ai loro occhi, in quei sorrisi falsi che si costringeva ad elargire senza ottenere grandi risultati.

Nyssa era seduta al suo fianco, lo sguardo gelido, mentre le poche parole che aveva pronunciato erano state taglienti come le lame delle spade con sui Al-sah-him era solito allenarsi.

Di fronte a loro, dalla parta opposta del tavolo, sedeva Ra’s Al Ghul che continuava a fissare la giovane coppia che presto sarebbe stata unita in matrimonio.

Preferirei morire piuttosto che diventare la sua sposa!

Questo era stata la prima reazione che la donna aveva auto davanti alla proposta obbligata di matrimonio ed Oliver, nonostante fosse rimasto in silenzio e tacesse tutt’ora, non poteva che esserne d’accordo.

Sposare la figlia del Demone era un’idea peggiore che prendere il posto del Demone stesso.

“È un peccato che siate così silenziosi questa sera” la voce di Ra’s distolse entrambi dai loro pensieri, attirando l’attenzione “è un’occasione speciale e come tale va trattata, perciò ho qualche piccola sorpresa in serbo per voi”

Nyssa fissò suo padre mentre abbandonava la forchetta nel piatto, chiaro segno del suo scarso appetito.

“Nyssa, vai nelle tue stanze” le disse “Io ti raggiungerò fra poco per la tua sorpresa, dopo aver parlato con Al-sah-him di una questione importante”

Oliver rimase immobile, sperando che Ra’s non si fosse accorto della sua recitazione.

Aveva deciso di assecondarlo in ogni cosa, facendogli credere di essere un suo devoto servitore mentre di nascosto preparava un piano per poter salvare Starling City e battere Ra’s una volta per tutte.

“Seguimi” gli disse mentre si alzava dal tavolo ancora imbandito.

Al-sah-him s’incamminò dietro di lui fino a che giunsero nella grande sala del palazzo.

Appena le possenti porte in legno si aprirono Oliver si ritrovò a sperare di vivere un incubo.

Un lungo tappeto rosso era stato srotolato al centro della stanza, conducendo fino a due scranni che apparivano simili ai troni dei castelli medievali.

Tutta la stanza era stata addobbata per l’occasione che si sarebbe svolta il giorno seguente ed Oliver non poté far altro che rassegnarsi all’idea di dover sposare Nyssa.

“Domani è il grande giorno” annunciò gioiosamente Ra’s mentre schioccava le dita, richiamando a sé i suoi uomini.

Sarab fece il suo ingresso con una scatola metallica fra le mani che porse al capo della Lega.

Ra’s l’aprì, mostrandone il contenuto: la fiala dell’Alpha & Omega era riposta con cura nell’imbottitura della scatola, per evitare che il vetro si rompesse.

L’uomo prese la fiala fra le mani, rimirandola e facendola vedere ad Al-sha-him, mentre il liquido si muoveva tra le pareti trasparenti.

“Non potrò mai dimenticare il giorno in cui ricevetti quest’arma biologica” disse Ra’s dopo aver rimesso al suo posto la delicata boccetta, per poi camminare verso Sarab che era rimasto in disparte alle spalle di Oliver “quel giorno in cui Maseo Yamashiro si è presentato alla mia porta, con il coraggio di chiedermi un’udienza. Tutti coloro che venivano per parlare con me, erano soliti portare denaro e beni preziosi per ripagarmi del favore che avrei fatto loro ascoltandoli, ma lui no … lui mi ha dato l’Alpha & Omega”

All’udire quelle parole Oliver trasalì mentre sentiva l’agitazione crescere in lui.

Dopo tutto quello che era successo ad Hong Kong, dopo la morte di Akio, dopo quell’insopportabile dolore, lui aveva donato all’uomo più spietato sulla faccia della terra quella devastante arma biologica?

Non voleva credere che lo avesse fatto davvero.

“Hai preparato tutto il necessario per la distruzione di Starling?” chiese Ra’s.

“Sì, maestro” rispose Sarab guardandolo negli occhi “Sarà tutto pronto per domani, esattamente come avete ordinato”

“Molto bene” si voltò nuovamente verso Oliver, ancora scioccato per quello che aveva appena scoperto “Sposerai mia figlia e poi volerai a Starling City, portando la morte stessa”

Al-sah-him annuì con il capo, consapevole di non poter fare altro che assecondare quella pazzia.

Quando Ra’s Al Ghul si spostò, Oliver incrociò gli occhi di Maseo e non poté fare a meno di pensare a quale disastro quell’uomo avesse condannato un’intera città.

 

“Noto con piacere che la combriccola è al completo, evaso a parte” la voce di Merlyn rimbombò nella grande stanza buia, facendo voltare verso di lui tutti i presenti.

Felicity, Diggle e Laurel stavano discutendo su quanto era successo la sera precendente.

Roy era riuscito a scappare dalla stanza di ospedale dove scontava i suoi ultimi giorni di degenza, prima di tornare in carcere.

Lui stesso li aveva informati quella mattina, raccontando nei minimi particolari come il capitano Lance lo avesse aiutato nell’impresa, dopo che il discorso di Felicity era riuscito nel suo intento.

Non era così che la bionda si aspettava andassero le cose ma era pur sempre meglio di niente.

Avevano dovuto dire addio al loro grande amico e questo aveva lasciato l’amaro in bocca ad ognuno di loro, ma in fondo erano sollevati che lui non fosse più trattenuto ingiustamente in cella.

L’allarme dell’evasione del presunto Arrow era trapelata nei notiziari poche ore dopo la partenza di Roy ed era stato piuttosto contenuto, chiaro segno che Lance aveva tenuto la stampa il più possibile all’oscuro sugli avvenimenti di quella notte.

“Di cosa si tratta, Malcolm?” domandò Dig seccato dalle sue visite improvvise e decisamente non gradite.

Malcolm si avvicinò di qualche passo, le mani in tasca e lo sguardo che vagava per la stanza.

“Questo non sarà facile per voi da credere” disse con tranquillità, alzando per un secondo lo sguardo verso John.

“Solo perché sei un sociopatico ed un bugiardo” rispose Felicity, avvicinandosi a sua volta a quell’uomo spregevole.

“Credevo di meritare un minimo di rispetto e riconoscimento da parte vostra, dopo quello che ho fatto” commentò guardando la ragazza di fronte a lui.

“Non finché non scoprirò quale sarà il tuo prezzo per le tue buone azioni”

Felicity calcò la voce sulla parola buone mettendo in luce tutte le sue perplessità a riguardo.

“Pensavo di essere stato chiaro: l’ho fatto per amore di mia figlia, perché vederla soffrire a causa della situazione in cui si trovava Oliver mi spezzava il cuore”

“Tu non sai nemmeno che cosa significhi il termine amore, perciò perdonami, ma non ti credo”

La voce tagliente e decisa della donna, insieme allo sguardo furioso stava rivolgendo a Merlyn, spinse Diggle ad intervenire.

“Per oggi è abbastanza” decretò mettendosi in mezzo ai due, interrompendo il loro reciproco sguardo di odio e disapprovazione.

“Che cosa sei venuto a dirci?” chiese Laurel, che fino a quel momento aveva assistito in silenzio.

“Maseo mi ha contattato di nuovo” annunciò Merlyn dopo qualche istante “E mi ha raccontato un paio di notizie interessanti sulle vicende che si susseguono a Nanda Parbat”

“Vieni al dunque, Malcolm” gli ordinò John, detestando quella spiccata ed inopportuna parlantina.

“A quanto pare Oliver Queen è pronto per fare il grande passo” rispose mentre osservava i tre di fronte a lui.

Nessuno di loro capì il vero significato delle sue parole, tutti troppo concentrati sul pensiero che il grande passo di Oliver fosse quello di diventare il nuovo Ra’s.

“Sinceramente sono molto deluso che non ci abbia invitato al giorno più bello della sua vita, mi aspettavo delle magnifiche partecipazioni da un milionario del suo calibro” continuò con tranquillità mentre attendeva una reazione dal suo pubblico “Dev’essere una cerimonia privata, riservata solo ai più cari e fedeli membri della Lega degli Assassini”

“Che cosa …?” John rimase senza parole, sperando di aver frainteso.

“Ha capito bene, signor Diggle” confermò Malcolm “Oliver Queen si sposa”

Il silenzio che seguì quelle parole fece gelare il sangue nelle vene, mentre ognuno di loro realizzava quanto stava accadendo.

Felicity sentì mancarle il respiro mentre il suo cuore iniziava a battere all’impazzata per il terrore che quella notizia aveva suscitato in lei.

Rimase immobile, impassibile, come una statua priva di emozioni mentre cercava l’aria necessaria per riuscire a parlare.

“Chi?” la sua voce fu poco più di un sussurro, ma in quel silenzio surreale risuonò forte e chiara come se avesse urlato “Chi è la sposa?”

Deglutì mentre attendeva una risposta, le braccia abbandonate lungo i fianchi e le dita che torturavano la stoffa del vestito, tradendo il suo nervosismo.

“Nyssa”

Quel nome fu peggio di un pugno nello stomaco per Felicity: fu come se tutto l’ossigeno della stanza venisse improvvisamente risucchiato e lei fosse costretta a trattenere il fiato mentre il dolore s’insinuava sotto la sua pelle, correndo come un veleno in tutto il suo corpo.

“Questo non ha alcun senso” Laurel protestò mentre John si voltò verso la bionda, che rimaneva imperturbabile a quella notizia.

Avrebbe preferito vederla soccombere, urlare disperata e scoppiare in lacrime piuttosto che vedere quel gelo nei suoi occhi e quella innaturale freddezza sul suo viso.

Sapeva che stava trattenendo tutto il dolore dentro di sé, senza lasciare che gli altri lo notassero, come se la cosa non la toccasse minimamente.

Ma in realtà la devastante portata di quel dolore l’avrebbe fatta implodere, prima o poi.

“Invece ne ha” rispose Malcolm “è la cosa più sensata che Ra’s Al Ghul abbia mai fatto negli ultimi anni. Quando Nyssa diventerà la moglie del nuovo erede, lei otterrà parte di quella eredità che le era stata ingiustamente sottratta e lui potrà continuare ad esercitare potere sulla Lega, influenzando la figlia e di conseguenza Oliver”

“Oliver non farebbe mai una cosa simile” disse Felicity, rifiutando di credere ad una tale follia.

“È qui che ti sbagli. Lo farebbe, se solo Ra’s glielo chiedesse” ribatté lui “Oliver è diventato il suo burattino, il suo fantoccio preferito, e Ra’s è molto dotato quando si tratta di tirare i fili”

Lei non rispose mentre sentiva il mondo crollarle addosso e non c’era niente che potesse fare per arrestare quella caduta libera.

“Mi dispiace, so quanto dolore tu possa provare nel …”

“Tu non sai nulla!” questa volta Felicity urlò davvero, anche se era convinta di aver solo sussurrato quelle parole.

Mandò giù quel groppo in gola che le impediva di parlare mentre chiudeva gli occhi e tentava di respirare.

 “Al-sah-him si sposa. Non Oliver” decretò mentre sentiva le lacrime premevano per uscire “Ho bisogno di un po’ d’aria”

“Felicity …” John la chiamò, cercando di trattenerla.

“Sto bene!” gli rispose, più dura di quanto avesse voluto, mentre si avviava verso l’uscita “ho soltanto bisogno di una boccata d’aria”

 

 

Odiava quella situazione.

Odiava quella stupida tunica verde smeraldo che suo padre le aveva imposto di indossare per la cena, odiava il modo in cui le aveva ordinato di andare nella sua camera ed aspettarlo per la sua sorpresa.

Sbuffò frustrata mentre il pensiero di dover sposare Oliver Queen le dava il voltastomaco.

Si voltò di scatto quando sentì aprirsi la porta alle sue spalle e suo padre entrò nella camera guardandola negli occhi.

“Posso finalmente mostrati la mia sorpresa” disse avvicinandosi a lei “Ti piacerà moltissimo”

“Se la tua sorpresa per me è liberarmi da questa assurda proposta di matrimonio allora sì, mi piacerà” rispose dura “altrimenti temo che resterai deluso”

“Non essere così dura, Nyssa. In fondo ti sto facendo un favore” ribatté l’uomo.

“L’unica cosa che stai facendo è rovinarmi la vita!” alzò la voce, osservandolo con aria di sfida.

“Basta con queste lamentele!” Ra’s le prese il viso con una mano, stringendo la presa delle dita appena sotto il mento, obbligandola a guardarlo “Sposerai Al-sah-him perché così è stato deciso e perché è la miglior cosa per te”

“Che cosa ne sai di cosa è meglio per me? Non ti è mai interessato ciò che avrei voluto per la mia vita, non mi hai mai lasciato scegliere!”

“Ascoltami, Nyssa. Tu comanderai la Lega accanto a tuo marito: potrai fare le tue scelte, decidere ciò che vorrai ma lo farai guidando i tuoi sudditi verso il trionfo”

“Io avrei dovuto ricoprire quel posto, non un estraneo qualunque! Non lo condividerò mai e poi mai con mio marito!” si dimenò per liberarsi della stretta del padre “Ma adesso non voglio più far parte di questa setta di assassini. Né ora né mai”

“Non costringermi ad obbligarti” la minacciò, lo sguardo furioso che pareva trapassarla da parte a parte.

“Lo hai già fatto” gli fece notare.

“Al-sah-him mostra più riconoscenza di te, per l’occasione che gli sto offrendo! È più leale e devoto di mia figlia”

“Lo hai drogato, padre” replicò lei “chiunque ti sarebbe devoto sotto l’effetto delle erbe che gli hai somministrato! Ma quando l’effetto svanirà, quando tornerà ad essere Oliver Queen, allora ti renderai conto di aver fatto il più grande errore della tua vita!”

“Mi sono già assicurato che l’effetto non svanisse, questa sera a cena” spiegò mentre qualcuno bussava alla porta della stanza.

“Ecco la tua sorpresa” annunciò Ra’s mentre faceva entrare uno dei tanti membri della Lega.

Due grandi scatole vennero adagiate sullo sfarzoso letto al centro della stanza, mentre l’uomo usciva nuovamente in silenzio.

“Apri” le disse, indicando le due confezioni.

Nyssa le guardò ma non si mosse di un solo centimetro: non voleva i regali di suo padre.

Ra’s prese per lei la scatola più piccola: era una custodia sottile e metallica, dello spessore di qualche centimetro.

Fece scattare la chiusura posta sul lato e le mostrò la scatola aperta, in modo che vedesse la scintillante parure che vi era contenuta.

“Sono per il matrimonio di domani” specificò mentre Nyssa rimaneva a guardare quei gioielli, senza sapere come comportarsi.

“Sono molto belli” ammise infine, accarezzando la collana con la punta della dita.

“Questo invece” disse prendendo la scatola più grande e porgendogliela “è stato fatto su misura per te dai più abili sarti di Nanda Parbat”

Nyssa già sapeva che cosa avrebbe trovato all’interno di quella confezione: un lungo abito nero, riccamente decorato, era adagio sul fondo della scatola; sopra di esso vi era invece un leggero e delicato velo, con motivi color smeraldo ed oro.

“Sarai la sposa più bella di tutta Nanda Parbat” le disse suo padre, mentre le lasciava un bacio sulla fronte.

Nyssa s’irrigidì a quel contatto inaspettato ma non si allontanò, lasciando che suo padre concludesse il suo discorso: “Desidero solo il meglio per te, Nyssa. E nonostante tu non lo capisca, ti voglio bene”

Sorrise allontanandosi da lei e prima che la donna potesse dire qualcosa saprì oltre la porta.

 

Felicity camminò il più in fretta possibile, maledicendo i tacchi che rallentavano la sua andatura.

Voleva soltanto uscire da quella stanza, dove non c’era più abbastanza ossigeno per lei.

Arrivò in strada, dove la luce dei lampioni si rifletteva nelle pozzanghere.

Aveva piovuto quella sera.

Le sembrò la cosa più importante, per un momento. Quella a cui aggrapparsi per non precipitare nell’oblio che la stava richiamando a sé.

Le lacrime che pensava sarebbero scese copiose da sui occhi non caddero, lasciandola senza fiato.

Inspirò ed espirò più volte ma l’aria parve non entrare nei suoi polmoni.

Era lì, immobile contro la parete dell’edificio, mentre il dolore le attanagliava lo stomaco in una morsa e il cuore pareva esploderle dentro il petto.

Solo un rantolo uscì dalle sue labbra prima che i singhiozzi iniziassero a scuoterla e le lacrime appannassero le lenti dei suoi occhiali.

Più respirava e più l’ossigeno sembrava mancarle, tanto che i suoi singhiozzi si strozzarono nella sua gola senza produrre alcun rumore.

Sentiva le lacrime calde scivolare sulla pelle e percepiva il loro retrogusto salato nella sua bocca, mentre le sue gambe cedevano, senza riuscire a sorreggere il suo corpo.

Si ritrovò con la schiena appoggiata al muro, gli occhiali stretti in una mano, il capo posato sulle sue ginocchia mentre continuava a piangere senza riuscire a fermarsi.

Non riconosceva più la sua vita da quando Oliver era andato a Nanda Parbat per diventare il nuovo Ra’s Al Ghul.

E quando lui era tornato a Starling il giorno prima non lo aveva più riconosciuto.

Tutto ciò che temeva era accaduto: Ra’s lo aveva cambiato, lo aveva privato di quella umanità che lo caratterizzava, lo aveva trasformato in uno spietato assassino.

L’eroe che era un tempo, l’uomo generoso ed altruista di cui lei si era innamorata pareva non esistere più, ucciso da quella nuova persona che abitava in lui: Al-sah-him.

La notizia del matrimonio era stata solo l’ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso, lasciandola priva di difese contro quel dolore insopportabile.

Sapeva da tempo ormai che una relazione tra lei ed Oliver era un lusso che non avrebbe mai avuto la possibilità di vivere ma dopo quella notte a Nanda Parbat qualcosa era cambiata.

Aveva intravisto uno spiraglio di luce, una, seppur minima, speranza.

Lo amava, con tutta sé stessa nonostante non fosse più l’uomo che aveva conosciuto. Non c’era nulla che potesse fare per impedirselo: non avrebbe potuto smettere di provare quel sentimento da un momento all’altro, né lo voleva.

Sapeva che il matrimonio con Nyssa era sicuramente un’imposizione da parte di Ra’s Al Ghul, ma questo non lo rendeva meno doloroso.

E mentre Felicity cercava di regolarizzare il respiro e smettere di piangere una donna si avvicinò a lei, silenziosamente.

Camminava lentamente, avvicinandosi alla sua meta, senza farsi notare.

Era brava in questo, quasi quanto con la spada.

Vide quella donna disperarsi e la riconobbe immediatamente, sebbene non l'avesse mai vista prima di allora.

"Tu devi essere Felicity, non é così?"

La ragazza sussultò all'udire quella voce: non si era accorta di avere compagnia.

"Tu chi sei?" chiese sulla difensiva mentre si rimetteva in piedi ed asciugava le lacrime con il dorso della mano.

"Mi dispiace averti spaventato e mi rammarica anche il tuo dolore" le disse con voce gentile "Il mio nome é Tatsu"

Le porse la mano, coperta da un guanto grigio a manopola che lasciava scoperte le dita.

Felicity la strinse controvoglia: non era di certo il periodo giusto per conoscere nuove persone. Non quando la Lega vuole ucciderti e l'uomo che ami si é appena unito a quella setta di psicopatici vendendo la sua anima al diavolo.

"Felicity" disse semplicemente, confermando l'ipotesi che quella donna aveva formulato poco prima.

"Io sono, o meglio ero, la moglie di Maseo" le spiegò accennandole un sorriso "o Sarab. A seconda del periodo in cui lo hai conosciuto"

Felicity rimase sopresa da quella presentazione: non era di certo ciò che si aspettava.

"Sai, sei esattamente come mi aspettavo che fossi" le disse.

"Come?" domandò scettica l'informatica "Come potevi sapere che ..."

"Oliver mi ha parlato tanto di te. Non volontariamente forse, ma ho scoperto un sacco di cose sul tuo conto " spiegò Tatsu "Quando Oliver ha sfidato Ra's Al Ghul la prima volta, Maseo ha recuperato il suo corpo in fondo al crepaccio. Era praticamente morto quando lo ha portato da me. L'ho curato e mentre delirava in preda alla febbre, o mentre riposava tranquillamente, ripeteva sempre il tuo nome. Raccontava di te, delle tue capacità, di quanto fossi importante per lui"

“Lui … tu …” Felicity ci mise qualche istante a realizzare quello che Tatsu le stava dicendo “Che cosa ci fai qui?” chiese infine, non riuscendo a formulare altre frasi di senso compiuto.

La donna sorrise gentilmente mentre spiegava il motivo della sua visita: “Maseo mi ha contattata dicendomi che Oliver aveva bisogno del mio aiuto. Mi ha pregato di venire qui a Starling City e trovare i suoi amici, in particolare te”

“Me?” Felicity rimase sorpresa da tanto interessamento nei suoi confronti.

“Ha detto che tu saresti stata disposta a tutto pur di salvare Oliver e che saresti riuscita a convincere gli altri, se avessero avuto dei dubbi”

“Non so se ci sia ancora un Oliver da salvare” si stupì quando disse quelle parole: stava gettando la spugna, si stava arrendendo all’idea che l’uomo che amava non esistesse più, che solo Al-sah-him fosse ancora vivo.

“Non devi farti ingannare dalle apparenze, Felicity. Oliver è molto più forte di quanto tu credi”

“Forse è meglio se entriamo” le suggerì la bionda “Così potrai parlare anche con il resto della squadra”

Tatsu la seguì all’interno dell’edificio, fino a giungere nella stanza in cui erano presenti tutti i componenti rimasti del Team Arrow.

“Lei è Tastu, la moglie di Maseo” la presentò Felicity quando tutti la guardarono interrogativi vedendola arrivare con una donna misteriosa “è dei nostri” si affrettò a dire “o almeno così credo. Non sono più sicura di niente in questo periodo”

Sorpassò Merlyn e si avvicinò a Diggle, attendendo una qualche reazione da parte dei compagni.

“Non sapevo che Malcolm Merlyn fosse una membro della vostra squadra” commentò Tastu, sorpresa di vederlo lì.

“Non lo è, infatti” specificò immediatamente Felicity “È solo venuto a dirci che Al-sah-him si sposerà”

“C’è qualcosa in realtà che ancora non vi ho detto” ribatté l’uomo “E penso sia la stessa cosa per cui Tastu si è scomodata a venire fino a qui”

“L’alpha & Omega” disse i due in coro mentre i tre amici di Oliver rimasero sopresi.

“Di cosa state parlando?” domandò John, sorpreso.

“Non lo sapete?” Tatsu parve alquanto stupita che quei tre fossero all’oscuro di tutto “Quando Oliver Queen ha passato parte del suo tempo ad Hong Kong, una donna di nome Chien Na Wei ha cercato di diffondere un’arma biologica dagli effetti devastanti, la cosiddetta Alpha & Omega”

“E ci è riuscita?” chiese Laurel.

“No, per fortuna. Ci sono state un paio di vittime ma … “ la sua voce esitò per un istante, prima di continuare “io, Maseo ed Oliver siamo riusciti ad evitare il peggio, almeno fino ad ora”

Cercò di non pensare a suo figlio e al giorno in cui la sua vita si era trasformata in un incubo senza fine, rimanendo sola al mondo con quell’insopportabile dolore dentro al petto.

Maseo si era unito alla Lega, incapace di gestire tutta quella sofferenza che lo avrebbe sicuramente fatto impazzire.

Ra’s Al Ghul gli aveva offerto una via d’uscita, promettendogli una vita senza dolore.

Da quel momento Tastu aveva perso per sempre suo marito e tuttora non lo aveva ancora ritrovato.

Quando aveva ricevuto il suo messaggio, la richiesta d’aiuto per salvare Oliver da un destino troppo simile al suo, in lei si era riaccesa una piccola speranza.

Forse anche Sarab si stava rendendo conto di aver venduto la sua anima per vivere una vita da assassino spietato e brutale, una vita caratterizzata da distruzione e morte, una vita che non avrebbe mai voluto davvero.

“Che cosa ha a che fare un’arma biologica di diversi anni fa con Oliver in questo momento?” la voce di Dig palesò il dubbio che tutti loro avevano in quel momento.

“Pensavamo di aver distrutto quell’arma, invece ne è rimasta una fiala. Non so come sia potuto succedere, nessuno di noi si è reso conto che una dose di quel liquido era ancora in circolazione.

Ra’s Al Ghul ne è venuto in possesso. Ed ora vuole usarla per i suoi scopi”

Feicity trattenne il fiato, non sapendo che cosa provare in quel momento.

Il dolore per la notizia precedente gli appesantiva ancora il cuore mentre quella nuova scoperta aumentava la paura e il disgusto verso quell’uomo.

“È tradizione della Lega che il nuovo Ra’s, per diventare effettivamente il capo, dimentichi il suo passato.

Nulla della sua vita precedente deve vivere ancora in lui: non deve provare nessuna emozione ripensando alla sua casa, alla sua vecchia esistenza, alle persone a cui aveva voluto bene.

E per farlo c’è un solo modo: distruggere la propria casa, la propria città”

Le espressioni di terrore sul viso dei tre fecero capire a Tastu che stavano realizzando ciò che rischiava di succedere.

“Ra’s vuole che Oliver porti la morte a Starling City, usando l’Alpha & Omega, per diventare Al-sah-him” disse “La vostra città è in grave pericolo”

Felicity chiuse gli occhi e li riaprì qualche secondo dopo sperando di svegliarsi da quell’incubo che era la sua vita.

Oliver non avrebbe mai ucciso persone innocenti, soprattutto non quelle per cui si era prodigato per anni, come Arrow.

Lui voleva salvare Starling City, non distruggerla.

“Questa è una follia” disse mentre osservava Tastu e Merlyn, di fronte a loro “So che Al-sah-him ha preso il sopravvento su Oliver ma …” ricacciò indietro le lacrime, obbligandosi ad apparire forte davanti agli altri “lui non avrebbe mai permesso una cosa simile”

“Maseo mi ha chiesto aiuto ma non è stata una sua idea” spiegò Tatsu “è stato Al-sah-him a farlo. Dopo l’ordine di Ra’s, dopo la proposta di matrimonio imposta, dopo il suo ritorno dal breve soggiorno a Starling City, qualcosa è cambiato in lui. Oliver è ancora lì, da qualche parte dentro di lui e sta tornando a galla, pian piano”

“Stai dicendo che …” Dig venne interrotto prima che potesse finire la frase.

“Sì. Oliver Queen non è morto, non del tutto perlomeno. E vuole opporsi a questa follia. Non metterebbe mai a repentaglio la vita degli abitanti di Starling, per questo dobbiamo fare qualcosa per aiutarlo”

 

 

 

 

“Perché abbiamo parcheggiato così distante?” domandò Ray mentre continuava a camminare sotto il sole cocente di mezzogiorno, avvolto nella sua tuta metallica che alzava la temperatura di almeno un paio di gradi.

Si maledì per non aver pensato di inserire un qualche tipo di sistema di areazione e raffreddamento nella tuta e si appuntò mentalmente di farlo, una volta tornati a Starling City. Sempre se sarebbe tornato.

“Perché un jet non è esattamente il mezzo di trasporto che possa passare inosservato” rispose Laurel, seccata dalle continue lamentele del signor Palmer “Avrebbe attirato l’attenzione, che è precisamente quello che non vogliamo fare”

“Avremmo potuto prendere un altro mezzo di trasporto per raggiungere il palazzo, magari uno dotato di aria condizionata, invece di farcela a piedi din qui”

Pensi che noleggino cavalli qui?” chiese Diggle sarcasticamente.

“Beh forse cavalli no ma …”

“Ricordatemi perché lo abbiamo portato con noi” disse John guardando Felicity, qualche passo dietro di lui.

“Perché voleva salvare la città” rispose “ed era l’unico che disponeva di un jet”

“È carino sapere che mi avete fatto partecipare solo perché vi serviva il mio aereo” ribatté lui, senza però offendersi realmente.

Il gruppo si zittì, cercando di trovare le forze per andare avanti in quella calura insopportabile che li stava mettendo a dura prova.

Nanda Parbat era decisamente un posto troppo caldo per i gusti di Felicity.

Si passò le mani sul viso, asciugando quel sudore che le bagnava la pelle e le appiccicava i capelli dietro la nuca.

Mai e poi avrebbe pensato di ritrovarsi ancora una volta lì, a cercare di salvare l’anima di Oliver, e soprattutto non in compagnia del suo capo.

Da quando lui l’aveva lasciata, quella sera, in ascensore, i loro rapporti si erano raffreddati e fatti più radi visto l’enorme quantità di problemi ed avvenimenti che erano intercorsi in quelle settimane.

Faceva fatica a credere che Ray avesse insistito tanto per venire fin lì, rischiando di rimanere ucciso per salvare la persona che lei aveva preferito a lui.

Quando aveva sentito Felicity, Laurel e Diggle parlare dell’imminente pericolo che si sarebbe potuto abbattere su Starling, Palmer aveva deciso che sarebbe partito con loro, per rendersi utile come Atom e come eroe cittadino.

A nulla erano serviti i tentativi di dissuasione.

I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce di Malcolm: “Siamo quasi arrivati”

All’orizzonte si delineava quel palazzo ormai tristemente noto al team Arrow.

“È la quarta volta che vengo a Nanda Parbat” disse John, seccato, mentre caricava l’arma e toglieva la sicura “Spero che sia l’ultima”

“Non fermatevi” Tastu sorpassò i quattro compagni di viaggio, spronandoli a continuare il loro cammino “Prima giungiamo a destinazione, maggiori sono le probabilità di salvare Oliver e la vostra città”

Felicity riprese il cammino sospirando, mentre sentiva la paura e l’agitazione impossessarsi di lei.

Temeva l’incontro con Al-sah-him perché la sola idea di vedere di nuovo l’assassino che era diventato le faceva piangere il cuore.

Se invece avesse rivisto Oliver sapeva che, nel caso qualcosa fosse andato storto, non sarebbe mai riuscita a dirgli addio un’altra volta.

Diggle sembrò accorgersi del suo tormento interiore: “Va tutto bene?”

Lei scosse la testa, un improvviso groppo in gola le impedì di parlare, mentre sentiva tutta l’ansia trasformarsi in lacrime nei suoi occhi.

Respirò a fondo e si fece coraggio, accucciandosi dietro un cespuglio, prima che le sentinelle di guardia la scoprissero.

“Sto bene” sussurrò infine per tranquillizzare l’amico.

Ma entrambi sapevano che era un bugia.

Malcolm scagliò la prima freccia uccidendo una delle guardie nel più totale silenzio.

“Nanda Parbat non è il luogo più facile in cui infiltrarsi” commentò Ray, accucciato accanto a Felicity “o almeno così mi è parso di capire. Quante possibilità ci sono di entrare senza essere visti ed uscirne vivi?”

“Praticamente nessuna” gli rispose sinceramente “ma John è andato e tornato tre volte quindi non bisogna perdere la speranza”

“Incoraggiante” commentò mentre le frecce continuava a danzare nell’aria.

Passò meno di un paio di minuti prima che venissero scoperti.

Fu allora che Felicity si alzò in piedi, tenendo stretta fra le mani un bastone simile a quello di Laurel. Diggle le aveva dato anche una pistola, caso mai ne avesse avuto bisogno, ma preferì lasciarla al suo posto per il momento.

Ray iniziò a sparare raggi dalla sua tuta, colpendo diversi uomini che si stavano avvicinando.

Tatsu, che per l’occasione aveva indossato una grande maschera bianca sul viso e un singolare costume, diede prova delle sue incredibili abilità con la spada mentre John sparava a raffica con la sua fidata glock.

Laurel innescò un violento corpo a corpo con due uomini e quando iniziò ad incassare colpi Felicity corse ad aiutarla, picchiando con il bastone come meglio riusciva.

Avrebbe dovuto farsi addestrare meglio ed ascoltare di più i consigli che Dig le aveva elargito nei pochi allenamenti che aveva fatto.

Si promise che avrebbe preso qualche lezione di difesa personale, se fosse tornata a casa sana e salva. 

Fece perdere l’equilibrio ad un uomo, mettendogli il bastone tra i piedi a mo’ di sgambetto, e lasciando che Laurel si occupasse del resto per metterlo ko.

Guadagnava metri di terreno a poco a poco, sotto l’aria afosa di Nanda Parbat, ma le porte del palazzo erano ancora decisamente troppo lontane.

Altri uomini della Lega continuava a giungere a fiotti, bloccando loro la strada ma fu con l’arrivo di Sarab che le cose presero una brutta cosa.

Nella calca nessuno si rese conto che Ra’s Al Ghul in persona stava giungendo a grandi passi sul campo di battaglia, affiancato dal suo fedele ed inseparabile Al-sah-him.

Maseo si gettò in mezzo alla folla, facendosi largo fra i cadaveri e duellando agilmente con la spada.

Fu quando le loro s’incontrarono che tutto cambiò: Maseo e Tatsu, uno contro l’altro.

Il clangore delle loro lame riecheggiava nell’aria, mescolandosi agli altri rumori dello scontro, ma c’era qualcosa in quel modo di combattere che incollò lo sguardo di Felicity su di loro.

Per un attimo le sembrò di vedere lei ed Oliver al loro posto: Tastu lottava per Maseo, per quell’uomo così diverso ma al tempo stesso così simile a Sarab, esattamente come Felicity stringeva i denti e cercava di riportare indietro il suo Oliver.

“Arrendetevi … o morirete!”   

Non importava se cambiasse nome o colore del cappuccio, se si trovasse a Starling City o a Nanda Parbat: Felicity avrebbe sempre e comunque riconosciuto la sua voce.

Si voltò ed incrociò i suoi occhi.

Durò un solo istante, ma quel contatto fra i loro sguardi fu uno dei più profondi di sempre.

“Mai!” urlò, con una grinta che pensava di aver ormai perso.

 

“Mi parli come se fossi un mostro” disse Maseo, mentre osservava Oliver di fronte a sé.

“Come hai potuto fare una cosa del genere?” domandò Oliver incredulo “Dopo tutto quello che abbiamo fatto per distruggere l’Alpha & Omega, dopo tutto il dolore che quella storia ha causato alla tua famiglia, dopo la morte di Akio …” si fermò, vedendo la reazione sul volto dell’uomo.

“Mi dispiace … ma davvero non riesco a capire come tu possa aver donato a Ra’s Al Ghul un arma così pericolosa”

“Era l’unica cosa che avevo da offrigli in cambio di una possibilità per entrare nella Lega” si difese “ed ero troppo distrutto dalla morte di mio figlio per poter pensare alle conseguenze del mio gesto. So di aver sbagliato ma non posso rimediare al mio sbaglio. Sono vincolato alla Lega degli Assassini ed una volta che entri a farne parte uscirne è impossibile. Non da vivo, perlomeno”

“Quando sarò Ra's, potrò liberarti dal tuo giuramento” lo rassicurò “farò in modo che tu sia di nuovo un uomo libero”

“Perché lo fai? Dopo tutto quello che ho fatto ..”

“Tu sei un mio amico” lo interruppe posando una mano sulla spalla di Maseo “ci sarò sempre per te. E se uscire dalla Lega sarà la cosa giusta da fare per te, sarai libero di andare”

“Grazie”

Oliver sospirò mentre sentiva la testa scoppiargli.

Si porto le mani alle tempie, massaggiandole per cercare di diminuire quel dolore.

“Che cosa ti succede?” domandò Maseo preoccupato.

“Non lo so. È da questa mattina che la testa mi scoppia e mi sembra di non riuscire a ragionare” rispose mentre un'altra fitta lo colpiva.

“Oliver, temo che Ra’s ti abbia drogato, ancora”

“Che cosa?” domandò scioccato.

“Forse temeva che tu ti ribellassi o peggio ha capito che c’era qualcosa che non andava in te.” ipotizzò “Devi fare estrema attenzione, non puoi cedere proprio adesso. La cosa più importante è che tu non ti lasci condizione da quello che lui ti dirà, per nessuna ragione al mondo”

Oliver annuì.

“Fra non molto i tuoi amici dovrebbero essere qui” gli annunciò.

“Come?” rimase sorpreso da quella notizia improvvisa.

“Ho contattato Tastu. E Malcolm Merlyn” spiegò “Ti daranno una mano per salvare Starling City”

“Loro sono qui?”

“Lo saranno presto, insieme al resto del team Arrow”

“No, questa è una follia! Hanno già provato a liberarmi una volta e si è rivelato un totale disastro. Non posso permettere che accada di nuovo”

“Questa volta andrà bene. Te lo prometto”

Fu in quel momento che sentirono i primi rumori della battaglia provenire dall’esterno.

Si precipitarono fuori per vedere quello che stava accadendo ed Oliver rivisse quanto era accaduto poco più di due settimane prima.

Sperò con tutto sé stesso che la storia non si ripetesse proprio quando la voce di Ra’s Al Ghul risuonò nel corridoi buio e spoglio: “Interveniamo, ora!”

 

 

 

La risposta di Felicity sorprese un po’ tutti ma non se lo fecero ripetere due volte.

Continuarono a combattere, con più forza e convinzione di prima, stendendo tutti quegli uomini che si gettavano su di loro per attaccarli.

Felicity si mosse rapidamente, aiutando chi ne aveva più bisogno.

L’adrenalina che scorreva nel suo corpo le impedì di percepire quella paura che in altre situazioni l’avrebbe paralizzata.

Al-sah-him si fece largo tra la folla, cercando la ragazza bionda in mezzo agli altri combattenti.

La individuò pochi metri più avanti e scattò rapidamente nella sua direzione, imprigionandola fra le sue braccia.

Lei si dimenò senza capire chi l’avesse catturata poi, quando realizzò di chi si trattasse s’immobilizzò per un attimo, per poi riprendere a divincolarsi con più foga.

Mentre la battaglia infuriava nessuno prestò attenzione ad Oliver, che poté agire indisturbato.

Aumentò la presa ma abbassò il volto, fino ad arrivare all’altezza dell’orecchio della donna.

“Felicity, sono io” le sussurrò dolcemente “Oliver”

Cercò di farle capire che non stava mentendo, che era diverso da quel pazzo assassino che li aveva ingannati solo pochi giorni prima a Starling City.

“Tu non sei, Oliver!” ribatté “Non sei più l’uomo che ho conosciuto. Ra’s Al Ghul ti ha cambiato. Non ha lasciato niente di lui”

“Felicity, ascoltami” la supplicò mentre controllava di non essere visto dal capo della Lega “Ho bisogno che tu ti fidi di me”

La donna sospirò senza sapere che cosa fare.

La sua voce sembrava sincera, la stessa voce che tanto amava ma non poteva esserne così sicura.

Era convinta che fosse rimasto sé stesso anche quando era tornato a casa, invece si era rilevato essere un uomo spietato.

“Che cosa hai intenzione di fare?” gli domandò.

“È meglio se non lo sai” rispose mentre la sua presa teneva la donna incollata al suo corpo.

Felicity si sarebbe emozionata per una tale vicinanza se solo fosse stata un’altra situazione, ma ora non poteva far altro che chiudere gli occhi e dare una risposta.

Una risposta che avrebbe potuto cambiare irrimediabilmente le loro vite.

Respirò a fondo mentre pronunciava quella sillaba.

“Sì” disse “sì, mi fido di te Oliver”

“Mi dispiace Felicity, per tutto” le sussurrò prima di puntarle la spada alla gola.

“Fermi!” urlò, attirando l’attenzione degli altri combattenti “O le farò del male”

 

 

 

“Portali via” ordinò Ra’s ad Al-sah-him.

Tutti i suoi amici era in fila, uno accanto all’altro, i polsi legati da rudimentali manette metalliche.

Oliver portò via le loro armi e privò Ray del chip che permetteva il funzionamento di ATOM.

“Dannazione!” si lamentò mentre vedeva il suo amato chip distrutto sotto la suola della scarpa di Oliver “Hai idea di quanto mi ci è voluto per programmare quel chip e …”

“L'hai fatto volare, cosa vuoi ancora?” domandò Al-sah-him con sfacciataggine, zittendo l’uomo.

“Da questa parte” disse poi obbligandoli a muoversi, diretti verso quella che sarebbe stata la loro cella.

Felicity rimase in silenzio, osservando Oliver camminare di fronte e sé, cercando di capire cosa di lui era riuscito a convincerla a dire sì.

Ra's Al Ghul chiudeva la fila, osservando i suoi nuovi prigionieri: era fiero del lavoro che Al-sah-him aveva fatto, dimostrando la sua più totale lealtà.

Neanche i suoi più cari amici erano riusciti a farlo tornare sulla vecchia strada, a far riaffiorare Oliver Queen.

"Entrate" ordinò a ciascuno di loro, per poi richiudere la pesante grata metallica della cella.

Felicity cercò il suo sguardo ma non riuscì a leggere quegli occhi azzurri: le sembravano sinceri, come se le stessero chiedendo scusa per quello che aveva fatto ma non poteva fidarsi di quello che sentiva.

Aveva fallito.

I sentimenti che provava per Oliver l’avevano condizionata a tal punto da rendere inaffidabile il suo giudizio.

Se avesse detto di no, forse ora non si sarebbe trovati rinchiusi in quella prigione.

C’era solo Al-sah-him ormai ed ora che iniziasse ad accettare quella triste realtà.

Sentì le lacrime bagnarle gli occhi mentre una cieca disperazione si impossessava di lei: aveva fatto di tutto per lui, aveva messo a repentaglio la sua vita, aveva convinto il resto del team a partire ancora una volta per Nanda Parbat, per salvare il loro amico senza ottenere altro che bugie.

Scattò in avanti verso di lui, poco prima che la cella si chiudesse, urlandogli in faccia tutta la rabbia che provava: “Hai chiesto di fidarci di te, e noi lo abbiamo fatto! Hai tradito la nostra fiducia Oliver! E io non ti perdonerò mai per questo”

Oliver sentì il cuore esplodere in mille pezzi mentre le lacrime bagnavano le guance di Felicity: avrebbe voluto dirle che stava fingendo, che era l’unico modo per tenerli al sicuro, per evitare che Ra’s scoprisse il suo piano ma non poteva.

E rimanere a guardarla mentre lei si disperava per il dolore che le stava causando era la peggiore delle torture.

“Mai, Oliver!” ripeté lei con maggior convinzione, fissandolo negli occhi.

Ti amo, Felicity.

Fu l’unica cosa a cui riuscì a pensare mentre la ragazza era a pochi centimetri da lui, soltanto la grata a dividerli.

“Oliver Queen è morto!” disse con voce dura e tagliente, allontanandosi da lì il più velocemente possibile.

 

 

Indossava ormai il completo nero, con una fascia nera e dorata sulla spalla, quando tornò silenziosamente davanti al cella dove i suoi amici erano rinchiusi.

Li osservò per qualche istante prima che loro si accorgessero della sua presenza.

Felicity era seduta per terra con la schiena appoggiata alla parte in pietra, le lunghe catene che la bloccavano al pavimento, impedendole di muoversi liberamente.

Aveva gli occhi gonfi ed arrossati, dietro le lenti degli occhiali, segno tangibile che aveva pianto.

Oliver si odiò per essere riuscito a farle del male, di nuovo.

Ray Palmer, se ne stava in piedi accanto a lei, lo sguardo basso mentre Diggle e Laurel camminavano nervosamente per la stanza, percorrendo quello scarso metro che la catena concedeva loro.

Tastu invece era seduta in un angolo, in disparte, in religioso silenzio.

“Non dovrei essere qui” esordì aprendo la cella, attirando l’attenzione su di sé “Se qualcuno di voi parla, moriremo tutti”

Felicity si alzò in piedi mentre Dig e Laurel si avvicinarono a lui, lo sguardo carico di rabbia e delusione.

“Maseo sta facendo la guardia, per evitare che Ra’s ci scopra” spiegò.

“A che gioco stai giocando, Oliver?” John arrivò a mezzo metro da lui, fino a che la catena lo costrinse a fermarsi.

La strattonò ma ovviamente non cedette, facendolo solo arrabbiare di più.

“Non posso dirvi nulla. Sappiate solo che sto tentando di salvare Starling City, con ogni mezzo a mia disposizione”

Chiuse gli occhi e sospirò quando Laurel iniziò a scaricare la sua rabbia su di lui.

Oliver parve non ascoltarla: “Ra’s Al Ghul verrà qui fra poco” disse “vuole che assistiate al matrimonio tra me e Nyssa”

“Io non verrò”

La voce di Felicity riecheggiò nella cella, sicura e determinata, nonostante il grande dolore che stava provando.

Oliver la guardò e fu allora che il mondo gli crollò addosso: i suoi occhi erano spenti, rassegnati, privi di quella luce che era solita brillare nelle sue iridi chiare.

“Non mi sposerei se non fosse necessario” le disse, cercando di farle capire quanto fosse contrario a quell’idea.

“Non è questo che ho detto” rispose dura “Non so chi o che cosa controlli la tua mente in questo momento, né voglio saperlo. Solo non ti sorprendere quando non mi vedrai alla cerimonia”

“Non credere di poter avere scelta con Ra’s. Lui vuole che tutti voi siate presenti e non accetterà un no come risposta”

Felicity scosse la testa, contrariata.

“Mi dispiace” disse rivolto a tutti ma senza staccare lo sguardo da lei.

Si avvicinò al suo viso e le sussurrò qualcosa all’orecchio, in modo che solo lei sentisse.

“Ti amerò sempre” le confessò “Non è così che immaginavo il mio matrimonio perché non è Nyssa la donna che voglio sposare. Ma non ho altra scelta”

Si allontanò per guardarla negli occhi, sperando che capisse.

La voce di Maseo spezzò quel momento tra loro: “Oliver, devi andartene. Ra’s sta arrivando!”

 

Come Oliver aveva previsto Ra’s Al Ghul aveva obbligato ognuno di loro a partecipare a quella cerimonia.

Erano in fondo alla sala ora, uno accanto all’altro, in silenzio.

Felicity non aveva più aperto bocca da quando Oliver le aveva sussurrato quelle parole all’orecchio, quelle che ancora rimbombavano nella sua testa.

Non sapeva più a chi credere, a quale convinzione aggrapparsi, ma c’era qualcosa in quello sguardo che l’aveva spinta a fidarsi di lui, un’altra volta.

Al-sah-him non le avrebbe mai detto quelle parole: era il suo Oliver ad averlo fatto.

I suoi pensieri vennero interrotti quando lui fece ingresso nella grande sala, dirigendosi a grandi passi verso quell’altare improvvisato.

La stanza era stata abbellita per l’occasione: drappeggi scarlatti e dorati scendevano dolcemente lungo le colonne, un lungo tappeto rosso copriva il freddo pavimento lucido mentre migliaia di candele illuminavano soffusamente l’ambiente.

Felicity fissò i suoi occhi sulla sua figura alta e possente mentre Ra’s gli diceva qualcosa a bassa voce che lei non riuscì a sentire.

Sentiva il cuore martellarle nel petto quando alcuni i membri della Lega, disposti in fila ai bordi del tappeto rosso, sguainarono le spade e le intrecciarono fino a formare un piccolo corridoio con la volta metallica.

Nyssa, avvolta in un lungo abito nero e oro, passò sotto quelle spade avvicinandosi lentamente al suo sposo.

Felicity poté notare lo sguardo spento e contrariato della donna, così simile a quello di Oliver.

Quando Nyssa giunse a destinazione fissò il suo futuro marito, poi rivolse lo sguardo verso suo padre: “Preferirei morire che sposare questo impostore”

Quelle parole colpirono tutti i presenti ma in realtà non stupirono nessuno.

Felicity strinse i pugni mentre fremeva dalla voglia di staccarsi dal gruppo ed urlare il suo dissenso davanti a Ra’s Al Ghul, ma obbligò il suo corpo a rimanere immobile.

Cercò di non dare peso a quel dolore che sentiva nel petto, sempre più forte ad ogni istante, sempre più insopportabile ad ogni respiro.

Non era così che doveva finire.

Ti amerò sempre.

Le sue parole, la sua voce, i suoi occhi, i suoi abbracci, le sue carezze sul suo corpo, i suoi baci sulla pelle.

Ogni istante di quella notte di due settimane fa, in quello stesso palazzo, tornò a farle visita nei suoi pensieri, facendola impazzire.

Il suo cuore batteva forte per quell’uomo che, nonostante tutto, non aveva mai smesso di amare.

Non avrebbe lasciato che un pazzo rovinasse le loro vite, non avrebbe permesso a Ra’s Al Ghul di portarle via l’unica cosa che le era rimasta: il suo amore per lui.

E mentre il rito era già iniziato, mentre parole sconosciute ed antiche riecheggiavano nell’aria, Felicity si allontanò dai suoi amici, schizzando come una molla verso i due sposi.

“No!” urlò mentre i membri della Lega la bloccavano, accerchiandola e minacciandola con le loro spade.

Diggle, Ray, Laurel, Malcolm e Tatsu rimasero sorpresi dall’inaspettato gesto di Felicity, senza riuscire a fermarla.

Ra’s Al Ghul la guardò mentre il silenzio calava nella grande stanza.

Oliver la guardò con occhi sbarrati, terrorizzato da quello che le sarebbe potuto accadere.

“Oliver …” lo chiamò, la voce rotta dall’emozione “Anch’io”

Nessuno capì le sue parole, tranne lui.

La sua risposta a quel ti amerò per sempre, l’unica risposta che avrebbe mai voluto dargli.

“Lui è Al-sah-him!” disse Ra’s tagliente “Oliver Queen è morto!”

“Oliver Queen è vivo” rispose lei, guardando il capo della Lega negli occhi “è sempre stato lì, sepolto da qualche parte. E nemmeno le tue torture e i tuoi giochetti psicologi riusciranno mai ad uccidere l’eroe che è in lui”

“È incredibile quanto l’amore faccia fare cose incredibilmente stupide, perfino alle persone più intelligenti” Disse mentre si avvicinava alla donna “Pensavo ti fosse bastata la lezione dell’altra volta. A quanto pare mi sbagliavo”

“Maestro” la voce di Oliver fece voltare Ra’s “Perdonate la sua ingenuità”

“Lo farò, se ti occuperai personalmente di lei, Al-sah-him” disse “liberati di lei, una volta per tutte”

Oliver chiuse gli occhi mentre sentiva il mondo crollare a pezzi, ancora una volta.

Si incamminò verso Felicity, un passo alla volta, fino a giungere di fronte a lei, la spada stretta nel pugno.

Lei respirò profondamente, incontrando i suoi occhi azzurri come il mare.

Era lui: il suo Oliver, l’uomo che le aveva detto di amarla, l’eroe di Starling, la persona buona ed altruista di cui si era innamorata.

Non c’era traccia di Al-sah-him.

Ma sapeva che lui avrebbe finto, per convincere Ra’s, per non farsi scoprire.

Almeno fino a quando il suo piano non venisse messo in pratica.

“L’Oliver che conosco non farebbe mai una cosa simile” disse senza mai staccare gli occhi da quelli dell’uomo, cercando di fargli capire che aveva un piano “Lui non venderebbe la sua anima al diavolo, lui non tradirebbe i suoi amici né si arrenderebbe davanti alle difficoltà. Lui combatterebbe per la giustizia, troverebbe il modo di fare la cosa giusta, di salvare le persone a cui tiene”

“Mi dispiace deluderti” Al-sah-him alzò la spada verso di lei, puntandola contro la pelle della sua gola “Non sono io quella persona”

“Lui salverebbe la sua città a qualunque costo! Mai e poi mai farebbe del male alle persone che vi ci abitano, perché l’uomo che conosco è un eroe” insisté mentre una lacrima scappò al suo controllo.

Anche gli occhi di Oliver erano lucidi mentre la guardava, trasmettendole tutto l’amore di cui era capace.

Staccò lo sguardo da quello di lei per un solo istante, osservando i suoi amici in fondo alla stanza.

Vide Ray annuire impercettibilmente e fu allora che capì.

Comprese che qualunque cosa Felicity avesse ideato, questa volta avrebbe funzionato.

“Mi hai fatto venire voglia di essere l'uomo che ho visto attraverso i tuoi occhi” disse ritornando a prestare attenzione alla ragazza di fronte a lui.

“Non è troppo tardi per tornare da me” la voce di Felicity gli scaldò il cuore, consapevole che lei era ancora lì, pronta ad aspettarlo nonostante tutto.

Ra’s Al Ghul trasalì a quelle parole ma fu solo un attimo prima che tutto esplodesse intorno a lui.

Oliver attaccò gli uomini accanto a sé, proteggendo Felicity, Nyssa si gettò nella calca per aiutarlo così come Maseo che si ribellò contro i suoi stessi compagni.

Malcolm, Laurel, Tastu, Diggle e Ray, ormai liberi dalle manette, attaccarono a loro volta, disarmando un paio di uomini e rubando così le loro spade.

“Come hai fatto?” domandò Oliver a Felicity mentre respingeva l’attacco di uno degli uomini della Lega.

“Il chip, ricordi?” disse senza dargli tempo di rispondere “Ray ne aveva uno di scorta, programmato da me, per le emergenze. Neanche lui sapeva di averlo, l’ho inserito io stessa nell’imbottitura della tuta. E questo mio scrupolo mi ha permesso di rimettere in funzione ATOM e le sue meravigliose armi tecnologiche. Abbiamo indebolito le manette, quel tanto che bastava per potercene liberare al momento giusto”

“Questa è l’idea più geniale che tu abbia mai avuto” disse mentre stendeva uno dei suoi avversari.

Ra’s Al Ghul si scagliò contro di Oliver innescando l’ennesimo duello fra loro: “Pagherai per il tuo tradimento, Al-sah-him” lo minacciò mentre faceva scontrare le loro spade.

Altri membri della Lega attaccarono Oliver su più fronti mettendolo in difficoltà: parò diversi attacchi ma non sarebbe riuscito ad affrontare tutti quegli uomini da soli.

Si voltò di scatto, appena in tempo per schivare un affondo diretto alla sua schiena.

La spada colpì in pieno petto l’avversario ma proprio quando credeva di aver sistemato la situazione sentì la voce di Maseo risuonargli nelle orecchie: “Oliver, attento!”

Non fu abbastanza veloce per rendersi conto che Ra’s stava per trapassarlo nuovamente con la sua lama; quando si voltò vide soltanto un uomo che correva verso di lui placcandolo e spingendolo a terra con il suo peso.

Cadde rovinosamente sul pavimento e Maseo atterrò su di lui, salvandogli la vita.

Fu quando cercò di alzarsi che capì che c’era qualcosa che non andava.

Le sue mani erano macchiate di sangue ma lui non era ferito.

Incrociò gli occhi di Sarab e in quel momento realizzò che la lama di Ra’s lo aveva trafitto all'addome.

"No" la sua voce spaventata arrivò alle orecchie di Felicity che si voltò nella sua direzione.

Oliver si alzò spostando Maseo con sé e adagiando il suo corpo sulla supericie liscia del pavimento.

Rimase accucciato al suo fianco mentre le lacrime gli offuscavano la vista.

Premette suula ferita per limitare la fuoriuscita di sangue ma c'era ben poco che potesse fare.

Il sangue inzzuppava la tunica scura che Maseo indossava, allargandosi poi in una pozza scarlatta sul pavimento.

"Oli ... Oliver" parlò a fatica, respirando a fondo per trovare quelle poche energie che gli erano rimaste "mi dispiace ... per tutto quello che ho fatto"

"No, Maseo! Non dirlo neanche per scherzo" gli rispose "andrà tutto bene ..."

"Sono le stesse parole che io dissi ad Akio, quel giorno ..." la sua voce si spezzò in un rantolo mentre il respiro dell'uomo si faceva sempre più lento e rado "sappiamo entrambi che é una bugia"

Oliver pianse e le sue lacrime scivolarono calde sul suo viso mentre la vita negli occhi di Maseo si spegneva.

"Di' a Tastu che la amo" disse con le sue ultime forze "diglielo, Oliver"

Lui annuì mentre i singhiozzi lo scuotevano senza dargli tregua e Maseo lasciava il suo mondo, una volta per tutte.

Non c'era altro che vuoto in quei suoi occhi vitrei, ancora spalancati verso l'alto, nient'altro che sangue sulle mani di Oliver, nulla più che dolore nel suo petto.

Fu allora che Tastu vide suo marito, steso sul quel pavimento.

"Maseo!" la sua voce era un grido di dolore mentre stendeva l'uomo contro cui stava combattendo per poi correre verso di lui.

E in quel attimo Felicity capì quello che stava accadendo: Ra's Al Ghul stava in piedi di fronte ad Oliver, la spada grondante sangue, pronta a colpire ancora.

Afferrò la spada del cadavere più vicino a lei mentre gridava il suo nome: "Oliver!"

Si scagliò verso Ra's, l'arma stretta nel palmo, spinta da un improvviso ed incontrollabile scatto di rabbia.

Lo sguardo di Oliver fu l'ultima cosa che vide, poi il buio.

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Capitolo 7
*** Il mio nome è Oliver Queen! ***


cap7

Everything I did, everything that happened has led me right here.

 

Cap.1- Il mio nome è Oliver Queen!

Afferrò la spada del cadavere più vicino a lei mentre gridava il suo nome: "Oliver!"

Si scagliò verso Ra's, l'arma stretta nel palmo, spinta da un improvviso ed incontrollabile scatto di rabbia.

Lo sguardo di Oliver fu l'ultima cosa che vide, poi il buio.

 

Pensò che ce l’avrebbe fatta, che questa volta la lama avrebbe trafitto il petto di Ra’s mettendo fine a tutta quella assurda storia.

Non seppe dire cosa avvenne in quei pochi secondi: un attimo prima stava correndo verso il suo bersaglio, quello dopo era stesa a terra con un dolore lancinante alla testa.

La vista le si era annebbiata e rimanere in piedi le parve impossibile: le gambe le cedettero e cadde sbattendo le ginocchia per terra.

La stretta delle dita sull’elsa della spada si affievolì e l’arma le scivolò di mano, vibrando rumorosamente sulla superficie fredda del pavimento.

Oliver alzò lo sguardo verso Felicity, terrorizzato per quello che stava succedendo: la vide afflosciarsi su sé stessa, i suoi occhi chiari che si chiudevano mentre perdeva i sensi, il suo corpo che impattava contro il pavimento lucido.

Nyssa, in piedi dietro di lei, fissava suo padre con sguardo infuocato, mentre abbassava il bastone con cui l’aveva colpita sulla nuca.

“Ho salvato la tua vita, padre” disse con determinazione senza staccare lo sguardo.

Oliver avrebbe voluto urlare il suo disgusto e la sua rabbia ma l’unica cosa che uscì dalle sue labbra fu il suo nome, in un debole sussurro.

Si precipitò da lei, allontanandosi dal corpo senza vita di Maseo, per stringerla fra le sue braccia.

“Felicity” sussurrò al suo orecchio “Felicity, mi senti?”

Sfiorò le sue guance con la punta delle dita, spostando le ciocche di capelli che erano ricadute sul suo viso.

Rimase inginocchiato accanto a lei, sorreggendo il suo corpo contro il proprio petto, la testa ciondolante che posava sulla sua spalla.

Mentre il profumo di lei gli invadeva le narici, Oliver cercava di capire quello che stava accadendo: non aveva idea di cosa Nyssa avesse intenzione di fare, ma era quasi certo che il suo intervento non sarebbe stato a suo favore.

Ra’s rimase in silenzio davanti all’affermazione della figlia, lo sguardo imperscrutabile e distaccato.

“Chi ti dice che mi hai salvato?” domandò infine, con voce profonda e controllata.

“Ho visto l’incertezza nei tuoi occhi” rispose lei “Sono pur sempre la figlia della testa del Demone e come tale so riconoscere le debolezze che perfino Ra’s Al Ghul possiede”

“Pensavo mi volessi morto, dopo averti data in sposa ad Al-sah-him” disse lui, muovendosi di un passo verso di lei.

“È così” confermò lei “ma preferirei ucciderti di persona, piuttosto che rimanere a guardare qualcun altro farlo al posto mio”

“Per questo mi hai salvato?”

“No, non ti ucciderò questa volta”

Oliver rimase in silenzio mentre ascoltava quel discorso che non sapeva che cosa avrebbe comportato per lui e i suoi amici.

“Voglio qualcosa in cambio, per questa mia gentilezza”

Ra’s la guardò senza proferire parola, in attesa che la figlia proseguisse.

“Voglio la mia libertà: dalla Lega, dalla promessa di matrimonio, da te”

“Sai che tutto questo non è possibile, Nyssa”

“Se non posso avere la libertà allora esigo ciò che mi spetta di diritto: il mio posto come unica erede della testa del Demone, come capo indiscusso della Lega degli Assassini”

“Quel posto spetta ad Al-sah-him” ribadì con fermezza.

“Ad un uomo che ha tradito la tua fiducia?” Nyssa alzò la voce, fin quasi ad urlare.

Oliver fece correre lo sguardo da Ra’s a sua figlia e viceversa, attendendo una reazione da parte dell’uomo.

Sapeva che la sua copertura era compromessa e di certo non credeva di avere ancora la fiducia di Ra’s.

“Questo non ti riguarda”

“Io credo di sì” svitò il bastone con cui aveva colpito Felicity che cedette aprendosi a metà.

All’interno vi era nascosta una piccola fiala, dall’aspetto fin troppo noto.

“Penso di avere qualcosa che ti appartiene” disse lasciando cadere l’arma e tenendo stretta fra le dita il piccolo cilindro di vetro “L’ho sottratta poco prima dell’inizio della cerimonia come garanzia, nel caso le cose avessero preso una brutta piega”

Guardò suo padre negli occhi, sperando di leggere disperazione e sconfitta ma nessuna emozione brillò nelle sue iridi scure.

“Questa è l’ultima fiala di Alpha & Omega. E tutti noi sappiamo quanto tu ne abbia bisogno: senza questa non puoi distruggere Starling City, senza di lei Oliver Queen non sarà Al-sah-him e di conseguenza Al-sah-him non diventerà mai il nuovo Ra’s Al Ghul. E questo ti porterà a rivolgerti all’unica persona in grado di prendere il tuo posto: me” spiegò “Perciò puoi scegliere quale strada percorrere, ma sappi che il risultato sarà sempre lo stesso”

Il silenzio cadde nella grande sala: John, Laurel, Ray e Malcolm rimasero immobili, cercando di capire che cosa sarebbe successo, mentre Oliver era ancora inginocchiato al centro della sala con Felicity priva di sensi tra le braccia.

Tatsu stava accanto a Maseo, dilaniata dal dolore per quella perdita mentre ascoltava il dibattito tra padre e figlio.

Nyssa e Ra’s continuavano a guardarsi in silenzio, poi l’uomo si mosse avvicinandosi alla figlia.

Batté le mani in un breve e sarcastico applauso mentre la sua voce rompeva la tensione palpabile che aleggiava nella stanza: “Saresti disposta a tutto per distruggere l’ultima fiala di Alpha & Omega, non è così?”

“Morirei piuttosto che vederlo nelle tua mani” le parole di Nyssa traboccavano veleno ed odio nei confronti dell’uomo che stava di fronte a lei “sarei disposta ad avvelenare ogni uomo presente in questa stanza, compresa me stessa”

“Allora fallo, Nyssa” la spronò lui, senza staccare gli occhi da quelli di lei.

Lei esitò, indecisa sul da farsi, vacillando per un solo istante.    

“Lo vedi? Non saresti in grado di prendere il mio posto” le fece notare, voltandole le spalle “Il tuo tentennamento è il chiaro segno della tua debolezza, della tua inadeguatezza per diventare il nuovo capo della Lega”

“Questo non è vero!” ribadì mentre le dita della sua mano si aprivano e la fiala scivolava inesorabilmente verso il basso.

Nel momento in cui il vetro s’infranse a contatto con il pavimento, il tempo parve fermarsi.

Oliver deglutì a fatica mentre guardava la boccetta creparsi ed esplodere in una polvere di migliaia di schegge.

Il tintinnio dei cocci rimbombò nelle sue orecchie, amplificandosi a dismisura, mentre l’Alpha & Omega si allargava in una piccola pozza trasparente sulla superficie scura.

Le immagini degli uomini colpiti dall’arma biologica ad Hong Kong gli offuscarono la vista, prendendo possesso della sua mente, fino ad invadere il suo cuore di paura.

Felicity si mosse, riprendendo conoscenza, infastidita da quell’odore acre e pungente che si era rapidamente diffuso nell’aria.

Rimase stordita, senza capire quello che stava accadendo intorno a loro, ritrovandosi fra le braccia di Oliver.

Lui la strinse a sé come a volerla proteggere, ricordando perfettamente quell’intenso e ripugnante odore che caratterizzava l’Alpha & Omega.

Vide gli occhi di Tatsu, sbarrati dalla paura e dal dolore, consapevoli di quello a cui andavano incontro.

Nyssa fissò la fiala distrutta ai suoi piedi mentre Ra’s si voltava di nuovo, attirato dal quel rumore di vetro infranto.

“Tutti i tuoi sforzi per trovare il nuovo erede sono stati vani, padre” disse con un sorriso compiaciuto “Ora lui morirà con te”

“Mi sottovaluti a tal punto, Nyssa?” domandò lui, le braccia dietro la schiena e una calma invidiabile a distendere i lineamenti del suo volto “Credi davvero che io abbia lasciato incustodita un’arma così potente?”

Nyssa non rispose e suo padre continuò il suo discorso: “La fiala che hai appena rotto non è altro che banalissima acqua con lo stesso nauseante profumo”

Nyssa deglutì vistosamente, indecisa se credere o meno quelle parole.

“Menti!”disse infuriata, avvicinandosi all’uomo.

“Il vero Alpha & Omega è in un posto sicuro, lontano da qui.” spiegò “Temevo una possibile rimpatriata degli amici dell’ormai defunto Oliver Queen, perciò ho deciso di portarmi avanti con il piano, nel caso qualcosa andasse storto. E devo dire che ho fatto bene”

“Che cosa hai fatto?” Oliver si alzò in piedi, lasciando Felicity seduta sul pavimento, incredulo alle sue orecchie.

“L’arma biologica si trova già da qualche ora a Starling City” disse mentre si voltava in direzione di Al-sah-him “e i miei uomini non esiteranno a liberarla sulla città, distruggendo la tua vecchia e amata casa. E non ci sarà nulla che tu o i tuoi amici possiate fare per salvarla. Nessuno di loro è così veloce da poter scovare e fermare tutti e quattro i punti di diffusione dell’Alpha & Omega, non prima che l’intera popolazione venga contaminata ed annientata”

Oliver si gettò su di lui, la spada in pugno mentre la rabbia s’impossessava del suo corpo.

“Ti avevo promesso che me l’avresti pagata per il tuo tradimento” gli ricordò mentre parava abilmente il suo attacco.

“Scappate!” urlò Oliver ai suoi amici, proprio mentre Felicity riusciva a stento a rialzarsi.

La testa le girava e le gambe parevano troppo deboli per sorreggerla ma nonostante ciò riuscì a rimanere in piedi.

La battaglia tra gli uomini della Lega e i suoi compagni di squadra era di nuovo scoppiata nella grande sala, in un turbinio di movimenti  e suoni che misero a dura prova la sua testa già frastornata.

John, Ray, Malcolm e Ray iniziarono a muoversi verso l’uscita, creandosi un varco fra gli uomini incappucciati.

Lei si mosse verso Oliver, impegnato a fronteggiare l’attacco della Testa del Demone e di alcuni suoi seguaci.

“Felicity, vattene!” le disse quando la vide avvicinarsi.

“Devi venire anche tu” ribatté mentre si difendeva da un uomo che voleva attaccarla “Non puoi più restare qui!”

“Felicity, va’ via!” la supplicò mentre il rumore delle spade che si scontravano risuonava nell’aria.

 “Non senza di te!”

Non gli avrebbe permesso di sacrificarsi ancora, non quando Ra’s era a conoscenza del suo tradimento.

Non poteva nemmeno pensare a quello che gli avrebbe fatto se fosse rimasto prigioniero a Nanda Parbat.

“Vai!” la voce di Nyssa stupì entrambi mentre si frapponeva con il corpo fra Oliver e Ra’s “Qui ci penso io”

Oliver le rivolse per un solo attimo uno sguardo di riconoscenza mentre lei iniziava a combattere contro suo padre, per lasciargli il tempo di scappare.

Prese la mano di Felicity mentre con l’altra stringeva ancora la spada, pronto a difendere entrambi lungo il cammino verso l’uscita.

Parò diversi attacchi mentre correvano uno accanto all’altro senza fermarsi.

Si aprirono un varco fino alla porta della sala, per poi imboccare quel dedalo di corridoi che li avrebbe portati verso l’ingresso del palazzo.

Sentivano i passi degli uomini della Lega rincorrerli mentre i muscoli di Felicity gemevano per lo sforzo e il cuore le batteva forte nel petto.

Si staccarono quando Oliver dovette fronteggiare l’ennesimo nemico che stava alle loro calcagna mentre lei riprendeva fiato e cercava di ritrovare le forze che pareva aver perso.

La testa le scoppiava per via del forte colpo alla nuca che Nyssa le aveva inferto: le tempie le pulsavano dolorosamente e il cuore non voleva saperne di rallentare la sua corsa.

Quando Oliver stese quell’uomo ripresero a correre, raggiungendo il resto del team che li precedeva di qualche metro.

Il vento della sera sferzò piacevolmente i loro visi con tutto il suo profumo che sapeva di libertà, mentre la luna illuminava placidamente il cielo scuro della notte.

La numerosa presenza di guardie sul perimetro del palazzo li obbligò a cambiare strada, percorrendo uno dei scoscesi versanti della collina.

Le pietre rotolavano sotto i loro piedi sollevando nuvole di sabbia, che ricadevano a terra poco dopo in polverosi sbuffi e centinaia di granelli. 

Felicity rischiò di perdere l’equilibrio ma non rallentò la sua andatura, consapevole che Oliver manteneva il suo passo dietro di lei per proteggerla, anche se avrebbe tranquillamente potuto superarla.

Se si fosse fermata gli uomini di Ra’s che continuavano ad inseguirli li avrebbero raggiunti e il primo a pagarne le conseguenze sarebbe stato Oliver.

Ray la precedeva di un paio di metri mentre il resto del gruppo li aveva distaccati, andando in avanscoperta.

Dovevano raggiungere il jet prima che fosse troppo tardi ma un dardo infuocato vibrò nell’aria, per poi infilzarsi nel terreno morbido, ad un passo da Felicity.

Si spaventò e perse l’equilibrio, ruzzolando a terra con poca grazia.

Sentì un paio di braccia possenti stringerla per la vita, cercando di rallentare la sua caduta.

Invece di trovarsi completamente sdraiata sul terreno, Felicity constatò di essere riuscita a mantenere in parte l’equilibrio grazie all’aiuto di Oliver, affondando nella sabbia soltanto con le ginocchia.

Ma lui non ebbe la sua stessa fortuna.

Lo vide stringere i denti quando prese una brutta storta alla caviglia che lo costrinse a terra per qualche istante.

Lei si tirò immediatamente in piedi, fornendo ad Oliver l’aiuto per rialzarsi a sua volta.

Le pianse il cuore quando vide che zoppicava, scendendo a fatica per il pendio ripido ed insidioso.

Gli uomini dietro di loro continuavano a guadagnare metri fino a quando Oliver fu costretto a sguainare nuovamente la spada e fronteggiarli, per evitare di venire catturati.

Ma più uomini sconfiggeva più ne arrivavano, mentre una pioggia di frecce dalla punta infuocata si scagliava contro di loro.

“Felicity, corri!” la spronò a continuare a muoversi quando notò che lei si era fermata accanto a lui.

“Oliver, devi venire anche tu”

“Vi rallenterei soltanto” le disse mentre si reggeva a fatica sulla caviglia slogata “devi andartene via subito, io mi occupo di loro”

“Non ti lascerò qui da solo” la voce determinata di Felicity arrivò forte e chiara alle sue orecchie “Non di nuovo”

“Felicity, per una volta, ascoltami” la supplicò, consapevole che la situazione non avrebbe fatto altro che peggiorare di minuto in minuto.

“Non me ne vado senza di te!”

La lama di Oliver ferì l’uomo incappucciato di fronte a lui mentre lei si accucciava per evitare l’ennesima freccia.

“Va’ via da qui!”

“Ho detto che non ti lascio!”

Gli occhi di Felicity erano ormai lucidi a causa delle lacrime, mentre cercava di trovare una soluzione a quel problema.

“Ray!” Oliver urlò il suo nome e l’uomo, avvolto nella sua tuta ATOM, si voltò nella loro direzione.

Si precipitò verso i due, per fornir loro aiuto.

“Portala via da qui” disse con fermezza guardandolo un solo istante negli occhi “portala in salvo. Adesso!”

Ray prese Felicity in braccio mentre lei si opponeva a quella stretta intorno al suo corpo.

“No!” la sua voce disperata straziò il cuore di Oliver, così come lo sguardo arrabbiato e deluso che gli rivolse, un attimo prima di sparire fra le braccia di Palmer.

“Lasciami!” protestò ma un singhiozzo le impedì di parlare, facendola deglutire.

Le prime lacrime caddero dai suoi occhi bagnandole il viso mentre Ray azionava la sua tuta con il chip di riserva, sperando che reggesse la funzione di volo di ATOM.

Si librò nell’aria, grazie alla propulsione della sua tuta, tenendo la bionda stretta fra le sue braccia.

Quando atterrò accanto al resto del gruppo, Felicity guardava ancora verso Oliver, lontano ormai centinaia di metri nella notte scura.

“Non possiamo abbandonarlo così!” urlò frustrata guardando Ray negli occhi.

“È troppo tardi, Felicity” le disse amareggiato mentre in lontananza scorsero due uomini catturare Oliver e portarlo con sé su per la collina “mi dispiace tanto”

Felicity avrebbe voluto urlare ma l’unica cosa che uscì dalla sua bocca fu un rantolo, prima che le lacrime bagnassero ancora il suo viso.

 

 

 

Quando si risvegliò si stupì di essere ancora vivo.

Si mise a sedere, sentendo i muscoli fargli male per lo sforzo.

La donna accanto a lui si svegliò a sua volta, sbattendo più volte le palpebre, incredula di quanto era successo.

La sera prima, dopo che Ray era riuscito a portare in salvo Felicity, due uomini della Lega lo avevano catturato, riportandolo nel palazzo.

Nyssa aveva perso il duello contro suo padre ma lui l’aveva graziata, evitandole la morte, ma obbligandola a sposare Al-sah-him.

Il rito nuziale era stato ripreso esattamente da dove si era interrotto, unendo Nyssa ed Oliver nel sacro vincolo del matrimonio.

Erano stati legati loro i polsi, per evitare che potessero ribellarsi ancora, poi Ra’s li aveva rinchiusi in una delle tante celle del palazzo.

Oliver credeva che la furia della testa del Demone si sarebbe riversata su di lui dopo la scoperta del suo tradimento, invece nulla di tutto ciò era successo.

Ricordava ancora lo sguardo che Ra’s gli aveva rivolto subito dopo il matrimonio: era lo stesso dei giorni precedenti, quello verso il suo amato erede Al-sah-him.

E questo spaventata Oliver perfino più delle punizioni fisiche che si aspettava di ricevere: sapeva che Ra’s Al Ghul si sarebbe vendicato, distruggendo la sua vita, annientandolo, colpendo la sua città.

Il pensiero dei cittadini innocenti che sarebbero morti a causa dell’Alpha & Omega lo mandava fuori di testa, quasi quanto il ricordo dello sguardo di Felicity quando Ray l’aveva trascinata a forza lontano da lui.

Anche lei era in pericolo.

Così come tutti i componenti del team, sua sorella, tutte le persone a cui voleva bene e che in quel momento si trovavano a Starling City.

Sperava di poter fare qualcosa, qualunque cosa per salvare quelle vite ma doveva prima scappare da Nanda Parbat e non ci sarebbe mai riuscito da solo.

Strattonò con rabbia la catena che lo legava al pavimento, ottenendo come risultato soltanto un lancinante dolore ai polsi, stretti dalle manette metalliche.

“Per quanto vorrei liberarmi anch’io di queste maledette catene, non credo che così tu possa risolvere qualcosa in questo modo, marito” commentò Nyssa, calcando la parola marito con particolare disappunto.

“Hai forse un’idea migliore?” chiese seccato.

“Pensavo mi avresti chiamato moglie”

“Perdonami, ma tu non sei decisamente la moglie che avrei voluto” disse mentre cercava un punto debole della catena, senza trovarlo.

“Non dirlo a me. Avrei decisamente preferito una moglie invece che un marito” rispose mentre osservava l’uomo alzarsi e percorrere quella poca distanza che la catena gli permetteva.

“Dobbiamo trovare un modo per uscire da qui” disse dopo qualche attimo di silenzio.

“Non c’è modo di uscirne, a parte la porta, che sfortunatamente è chiusa. Cosa abbastanza consueta se si parla di una prigione”

“Perché sei così scontrosa e inutilmente sarcastica?” le chiese mentre respirava a fondo, cercando di riflettere lucidamente.

“Obbligarmi a sposare qualcuno controvoglia mi rende particolarmente acida” rispose alzandosi in piedi ed avvicinandosi ad Oliver.

“Non posso permettere che tuo padre distrugga Starling City”

“Per quanto mi riguarda non è neanche più mio padre. Da parecchio tempo, in realtà”

“Ho bisogno di tutto l’aiuto possibile, Nyssa” la supplicò “se hai anche solo una minima idea di come uscire da questo palazzo allora ti chiedo di darmi una mano a fuggire. Per il bene di tutta la città”

“Per quanto ne so, Ra’s non condonerà mai il tuo tradimento. Se sei ancora vivo è perché sta progettando un metodo peggiore della morte per farti soffrire” spiegò “e farti assistere alla distruzione della tua stessa città, senza che tu possa fare qualcosa per salvarla, sarebbe una punizione esemplare.

Forse non avrai bisogno di scappare da Nanda Parbat perché lui stesso ti farà uscire da qui. Potresti sfruttare questa occasione a tuo vantaggio”

“Potresti aver ragione” concordò Oliver “ma se ciò accadesse devo potermi mettere in contatto con i miei amici per avere anche la più piccola speranza di salvare la città. E non ho idea di come farò”

“C’è una cosa che puoi fare, Oliver” Nyssa lo guardò negli occhi, cercando di fargli capire quanto importante fosse quello che stava per dire “Devi batterlo a duello. Devi uccidere mio padre”

Oliver la guardò e nei suoi occhi non vide altro che determinazione e spietata lucidità.

“È l’unico modo per mettere fine a questa storia” aggiunse poi “Promettimi che lo farai, Oliver”

Lui annuì mentre dei passi risuonavano in lontananza per i corridoi bui ed umidi delle segrete del palazzo.

Pochi istanti dopo Ra’s Al Ghul giunse davanti alla loro cella, trovando i due seduti sul pavimento lastricato.

“Buongiorno, sposi” li salutò con un irritante sorriso sul volto “Spero abbiate trascorso una favolosa notte di nozze”

Nyssa alzò lo sguardo, trattenendo a stento la sua rabbia.

“È arrivato il tuo momento, Al-sah-him” gli comunicò “Andremo a Starling City, quest’oggi”

Aprì la cella e liberò Oliver dalle catene che lo costringevano a terra.

“Non c’è liberazione maggiore di quella che stai per compiere” gli ricordò “L’annientamento della propria casa”

Oliver rimase piuttosto sorpreso da quel comportamento ma decise di stare al gioco: “È necessario per completare la mia ascesa”

“Io sarò lì a darti la mano quando sarà il momento”

“Apprezzo il tuo supporto” mentì guardandolo dritto negli occhi.

“Presto indosserai questo” indicò una specie di anello che ricopriva interamente il suo indice, l’oro lavorato a formare decine di squame simili a quelle di un pesce “E allora comanderai una moltitudine di uomini ed io ti chiamerò Ra’s”

Al-sah-him annuì, sottomettendosi al volere del capo della Lega degli Assassini.

“Tua moglie verrà con noi” annunciò Ra’s stupendo entrambi “Potete andare a cambiarvi d’abito”

Nyssa venne liberata a sua volta dalle catene mentre Ra’s continuava a parlare: “Lui vi accompagnerà alla stanza matrimoniale che ho fatto preparare per voi”

Indicò un uomo della Lega, appena giunto nella cella, che scortò i due prigionieri per i corridoi bui, diretti alla loro camera.

 

 

 

 

Starling City si preparava ad un’altra frenetica giornata quando Felicity, Laurel, Diggle, Ray e Malcolm tornarono a casa.

Era stato un viaggio devastante per ognuno di loro, con la consapevolezza di quello che li aspettava.

L’Alpha & Omega sarebbe stata rilasciata sulla città e loro non avevano idea di come fermare quella assurda situazione.

Ra’s aveva detto loro che aveva piazzato l’arma biologica in diversi punti della città, rendendo impossibile il loro ritrovamento.

Felicity si era già messa alla ricerca di possibili piste da seguire, nella speranza che gli uomini di Ra’s avessero lasciato delle tracce, ma purtroppo non era riuscita a scoprire nulla.

Era già pomeriggio e le ore scorrevano rapide, molto più velocemente di quanto Felicity avrebbe voluto.

Le fiale con quell’arma devastante potevano essere ovunque ed una volta dispersa la sostanza nell’aria, fermare la sua propagazione era impossibile.

“A che punto siamo con le ricerche?” chiese Diggle ad un’esausta Felicity, seduta alla scrivania del suo ufficio alla Palmer Technologies.

“Non sono riuscita a trovare assolutamente nulla: nessun indizio, nessuna prova, nessuna pista” rispose sconsolata sfilando gli occhiali e massaggiandosi le tempie con le mani “Chiunque abbia posizionato l’Alpha & Omega l’ha fatto molto bene, senza lasciare traccia”

“Questo significa che lasceremo Starling City in preda ad una violenta contaminazione?” domandò seccato “Che non c’è nulla che possiamo fare per evitare la morte di centinaia di innocenti?”

“Significa che se c’è un modo per salvare la città, io non ho idea di quale sia” disse lei “quindi sì, non c’è nulla che possiamo fare! Nulla che riporti indietro Oliver, nulla che possiamo sfruttare a nostro vantaggio contro quel farabutto di Ra’s”

Sospirò, ricacciando indietro le lacrime.

Laurel sospirò frustrata mentre Ray faceva ingresso nell’ufficio di Felicity: “Nessuna buona notizia, purtroppo” disse “Ho sorvolato la città ma non ho visto nulla di sospetto o insolito”

Si sfilò il casco della tuta di ATOM, mentre osservava il resto del team.

“Immagino che le ricerche di Felicity non abbiano dato i risultati sperati” commentò.

“Non posso credere che ci arrenderemo così” la voce di Laurel destò i presenti dai loro pensieri “Oliver non sarebbe d’accordo”

“Oliver non è qui!” Felicity si alzò dalla sua poltrona, la voce rotta dal dolore “E probabilmente non tornerà mai più, ammesso che sia ancora vivo. Quindi dobbiamo smettere di tirarlo in ballo nelle nostre discussioni, come se fosse colpa sua non essere qui. Siamo stati noi ad abbandonarlo a Nanda Parbat e ora che avremmo bisogno di lui e delle sue capacità, paghiamo le conseguenze delle scelte che abbiamo fatto!”

Respirò a fatica mentre pronunciava quelle parole ed il dolore che sentiva nel petto cresceva ad ogni istante.

Laurel rimase in silenzio mentre la bionda fissava Ray, con rabbia.

Se non l’avesse trascinata via a forza da lui, se avesse aiutato Oliver a scappare forse non si sarebbero trovati in quella situazione.

“Felicity, smettila con questa storia” la voce di Palmer la rimproverò “Ho fatto soltanto ciò che lui mi ha chiesto”

“Lo so” rispose amareggiata.

“Io torno là fuori, forse sarò più fortunato con una seconda esplorazione” comunicò Palmer.

“Non c’è abbastanza tempo per controllare ogni parte della città, non potremmo mai farcela nemmeno se avessimo una settimana a disposizione. Non saremo mai abbastanza veloci” disse Diggle.

“Ma certo!” la voce di Felicity risuonò come un’eco di speranza nell’orecchie dei suoi amici “Come ho potuto non pensarci prima”

Si mosse rapidamente, afferrando il suo cellulare abbandonato sulla scrivania.

“Rispondi, ti prego. Rispondi!” disse mentre camminava avanti ed indietro per l’ufficio.

“Barry!” esultò entusiasta quando l’uomo rispose dall’altro capo “Abbiamo bisogno del tuo aiuto”

 

 

 

Il viaggio verso Starling City fu lungo e silenzioso.

Al-sah-him sedeva a fianco di Ra’s Al Ghul mentre Nyssa era stata legata al sedile, per evitare ritorsioni, sul lato opposto di quello strano aereo militare che la Lega usava per i lunghi trasferimenti.

Oliver non riusciva a spiegarsi come Ra’s pareva ancora fidarsi di lui, dopo quello che era successo la sera precedente.

Quando giunsero a destinazione era ormai pomeriggio inoltrato e il sole era già basso all’orizzonte, scomparendo dietro ai palazzi della città.

Ra’s li condusse sul tetto di uno dei grattacieli più alti di Starling, per godere dell’immenso spettacolo che si sarebbe scatenato da lì a poco.

Oliver fremeva, incapace di stare a guardare mentre la sua città veniva distrutta sotto i suoi occhi.

Ra’s Al Ghul stava sul cornicione del tetto, lo sguardo rivolto verso le strade trafficate di auto e affollate di gente lungo i marciapiedi.

Al-sah-him stava accanto a lui, cercando di scoprire dove erano state nascoste le fiale dell’arma biologica.

Nyssa, alle sue spalle, aggredì uno dei due uomini della Lega che li avevano scortati fin lì, rubando la sua spada.

Fu la questione di un attimo e mentre Ra’s si voltava, insospettito dai rumori dietro di lui, un auto parcheggiata nella strada decine di piani sotto di loro esplodeva attirando l’attenzione dei passanti.

Oliver si mosse rapidamente aggredendo il secondo uomo ed appropriandosi della sua spada.  

Sia lui che Nyssa si scagliarono contro Ra’s Al Ghul, il quale era già pronto a difendersi con la sua arma stretta in pugno.

“Dove hai nascosto l’Alpha & Omega?” gli domandò Oliver mentre Ra’s rimaneva bloccato fra loro, le spade puntate contro di lui.

“Credete davvero che ve lo dirò?” domandò ridendo “Forse non avete capito con chi avete a che fare” disse mentre con un movimento rapido dava inizio all’ennesimo duello.

 

 

Quando Barry giunse con la sua scia nell’edificio della Palmer Tecnhologies, un’auto in strada esplose e la sua onda d’urto fece vibrare i vetri dell’ufficio.

Felicity e John accorsero alle finestre per capire quello che stesse succedendo.

Un gruppo di persone si era radunato intorno alla macchina in fiamme, cercando di spegnere l’incendio che avviluppava la carrozzeria.

Fu la questione di un attimo prima che una donna cadesse a terra, perdendo i sensi.

Non potevano sentire l’odore acre e pungente che si stava diffondendo velocemente nell’aria ma lo sguardo terrorizzato che si scambiarono bastò a far capire loro che stavano pensando tutti alla stessa cosa.

La prima dose di Alpha & Omega era appena stata rilasciata nell’aria.

 

Il rumore proveniente dalla strada sovrastava il clangore metallico delle spade che si scontravano rapidamente l’una contro l’altra, in una vorticosa danza.

Ra’s Al Ghul fronteggiava Nyssa ed Oliver insieme senza troppa fatica: parava ogni colpo ed attaccava con sempre più ferocia.

Oliver rischiò di farsi ferire un paio di volte, ma per fortuna riuscì ad evitare la lama con un movimento fulmineo.

Nyssa colpiva con rabbia ma i suoi affondi non andavano a segno la maggior parte delle volte: l’unica cosa che riuscì ad infierire fu un taglio sul braccio del padre, che sanguinò copiosamente senza che lui se ne curasse.

Poco dopo la donna venne disarmata e la sua arma cadde a terra, lontana da lei.

Oliver si abbatté su Ra’s ma lui afferrò la lama con la una mano, poco prima che questa tagliasse la sua gola.

Proprio come nel loro primo scontro, la testa del Demone scattò verso di lui, mirando al collo di Al-sah-him con un pugno.

Oliver precedette la sua mossa, allontanandosi abbastanza da schivare il suo colpo ma perse la spada, che Ra’s stringeva ancora nel palmo.

Arretrò ma c’era solo il vuoto dietro di lui: se avesse fatto ancora un passo sarebbe precipitato di sotto, in mezzo alla folla urlante.

Il capo della Lega puntò le due spade contro di loro: una verso la gola di Nyssa, l’altra verso quella di Oliver, facendo correre velocemente lo sguardo da un avversario all’altro.

“Forse ti ho sopravvalutato, Al-sah-him” disse mentre lo guardava negli occhi “Non sei così abile come avevo pensato”

“Non mi importa del tuo giudizio” ribatté lui con fermezza “L’unica cosa che voglio è salvare la mia città!”

“La tua città verrà distrutta, perché solo così potrai finalmente diventare il nuovo Ra’s Al Ghul”

“Io non diventerò mai come te, né prenderò il tuo posto a capo di un gruppo di assassini spietati!” disse scandendo ogni parola con determinazione.

“La profezia ti ha destinato a questa vita” gli ricordò “L’uomo che non morirà per mano della spada di Ra’s Al Ghul sarà destinato a diventare il nuovo Ra’s Al Ghul!”

“L’uomo che non muore per mano della spada di Ra’s Al Ghul sarà destinato ad uccidere Ra’s Al Ghul” rispose “Questa è l’unica profezia che si avverrà!”

“Se non accetterai di diventare il nuovo capo della Lega allora io ti ucciderò! E l’ultima cosa che vedrai sarà la tua città soccombere a malattia … e morte”

“Questo non accadrà mai!”

“Sta già accadendo!” aumentò la pressione della punta della spada sul suo collo, costringendo Oliver a retrocedere di mezzo passo “Guarda la tua città, Al-sah-him! Osserva il panico negli occhi della gente, guardali soccombere e morire fra atroci sofferenze e sappi che nessuno potrà mai salvarli!”

Oliver guardò verso il basso e quello che scorse tra quella calca di persone fu una scia, che serpeggiò veloce come un lampo.

Più rapida di un flash.

Poi tutto tornò alla normalità e il caos e la paura che serpeggiava fra le persone gli strinse il cuore in una morsa.

Uomini e donne cadevano a terra, svenendo, mentre un rivolo di sangue colava dalle loro bocche.

I loro occhi si chiudevano per l’ultima volta mentre le loro deboli voci gridavano aiuto, senza riceverne.

Vide una ragazza bionda correre per la strada e la riconobbe immediatamente: Felicity Smoak stava soccorrendo le persone, cercando di dare loro aiuto come poteva.

Il dolore che si diffuse in ogni cellula del suo corpo lo devastò, mentre sentiva le lacrime voler scendere dai suoi occhi.

Il solo pensiero che lei si trovasse lì, rischiando di essere contaminata dall’Alpha & Omega lo riempì di rabbia, facendolo scattare come una molla contro Ra’s.

Non gli importava cosa sarebbe successo, che cosa sarebbe rimasto di lui dopo quello scontro.

L’unica cosa di cui era sicuro era che non sarebbe rimasto nulla di Oliver Queen se Felicity fosse uscita dalla sua vita.

Una seconda esplosione rimbombò nell’aria, proveniente da sud e fu allora che capì che un’altra zona di Starling sarebbe caduta sotto l’Alpha & Omega.

L’unico compito che gli restava da portare a termine era uccidere Ra’s, a qualunque costo.

“Non vincerai, Ra’s” gli disse “Non questa volta”

“Sei così ingenuo, Al-sah-him”

“Non chiamarmi così!” disse con rabbia.

“Il tuo nome è Al-sah-him!”

“Il mio nome … è Oliver Queen!” urlò con tutta la forza di cui era capace.

 

 

 

Barry corse fuori dall’edificio cercando di fare il possibile per trovare gli altri punti della città in cui sarebbe esplosa la contaminazione dell’Alpha & Omega, mentre Felicity, John, Laurel e Malcolm lo seguivano per prestare soccorso a coloro che si trovavano in strada.

La scena che si presentò davanti ai loro occhi li paralizzò: la gente urlava impazzita, mentre scappava da coloro che cadevano a terra, con il sangue che colava dalle loro labbra.

Ovunque Felicity guardasse vedeva solo morte e distruzione, solo panico e disperazione.

Voleva urlare a coloro che erano lontani dall’auto di scappare, di mettersi in salvo, ma la voce le morì in gola.

Ordinò ai suoi muscoli di muoversi, di reagire a quella paralisi che sembrava averli colti.

Vide un bambino con lo sguardo perso e le lacrime agli occhi, a pochi metri da lei.

Corse verso di lui, prendendolo fra le braccia e portandolo al sicuro, lontano da quell’apocalisse che si abbatteva su Starling, senza alcuna pietà.

Notò Diggle correre a perdifiato verso la piazza, cercando anche lui di rendersi utile, mentre le persone continuava a cadere a terra, prive di sensi.

Decine e decine di uomini stesi sull’asfalto furono la prova tangibile del loro fallimento, della sconfitta che Ra’s stava infliggendo loro.

Odiava quell’uomo e odiava sé stessa per non essere riuscita a fermare quella catastrofe.

Vide una saetta passare al suo fianco, più rapida di un battito di ciglia e per un attimo si aggrappò a quella speranza che albergava nel fondo del suo cuore: Barry Allen.

Lui era l’ultima possibilità che avevano per contenere quella dilagante epidemia.

Alzò lo sguardo al cielo quando un rumore attirò la sua attenzione: Ray, avvolto nella sua tuta ATOM stava sorvolando la città, cercando di capire dove fosse più necessario il suo aiuto.

Fu quando lo vide indugiare sopra un palazzo in fondo alla strada che vide quello che stava succedendo.

Strizzò gli occhi, cercando di vedere meglio fin laggiù: tre figure indistinte si muovevano rapidamente, come se stessero combattendo l’una contro l’altra.

Non poteva sapere di chi si trattasse ma il suo cuore fece una capriola nel petto, suggerendole che lassù poteva esserci il suo Oliver Queen, impegnato a battersi per la salvezza della loro città.

 “No, no, no, no, no, no!” la voce terrorizzata di Diggle attirò la sua attenzione.

Lo guardò e fu allora che capì che cosa lo avesse spaventato a tal punto: un uomo vestito di scuro, a pochi passi da lei, lasciò cadere quello che stava tenendo stretto in pugno.

Una piccola fiala, simile a quella che Ra’s aveva mostrato loro a Nanda Parbat, scivolò dalle sue dita precipitando inesorabilmente verso il basso.

Lei rimase pietrificata mentre teneva lo sguardo incollato a quella piccola boccetta che cadeva tintinnando sui gradini in pietra, quelli della scalinata che dividevano la parte bassa della piazza dalla zona alta.

La fiala rotolò verso di lei e Felicity giurò di averla vista infrangersi ai suoi piedi, un millisecondo prima di incrociare lo sguardo terrorizzato di Dig.

Lo vide muoversi al rallentatore, correndo verso di lei, nel disperato tentativo di salvarla da quei vapori che si stavano levando nell’aria, fino a raggiungere le sue narici.

L’odore pungente dell’Alpha & Omega la investì con tutta la sua rivoltante intensità mentre chiudeva gli occhi e il cuore batteva come un tamburo contro le sue costole, come a volerle uscire dal petto.

Sentì una folata di vento e una frazione di secondo più tardi riaprì gli occhi, trovandosi ad un centinaio di metri dalla piazza.

Riconobbe l’abbraccio protettivo di Barry e la consistenza del suo costume rosso sotto i polpastrelli. Si rese conto di essersi aggrappata a lui e di aver trattenuto il respiro, mentre il suo cuore non accennava a rallentare la sua folle corsa.

“Grazie” sospirò, prima che Barry ripartisse come un fulmine tra le vie di Starling.

 

 

Il mio nome è Oliver Queen!

La sua voce rimbombava ancora nell’aria intorno a loro e quelle parole riecheggiavano nelle orecchie dell’uomo che le aveva appena pronunciate.

In quello stesso istante un raggio di luce azzurra colpì la mano di Ra’s Al Ghul che teneva stretta la spada di Oliver.

Ray Palmer volava sopra di loro, dando libero sfogo alle armi tecnologiche della sua super tuta.

La presa della testa del Demone venne meno, mentre il dolore s’irradiava nelle sue dita, e la spada scivolò velocemente verso il basso.

Oliver l’afferrò al volo, impugnando con forza l’elsa.

Colpì con rabbia, cogliendo il suo avversario alla sprovvista.

Ra’s riuscì a parare per un soffio il colpo con l’altra spada ma presto cedette sotto i continui affondi di Oliver.

Arretrò fino a raggiungere l’altro cornicione del tetto, muovendosi rapidamente per non perdere l’equilibrio e cadere nel vuoto.

Il clangore delle spade che si scontravano riempì l’aria, mentre scintille scaturivano dallo scontro delle loro lame.

I loro sguardi s’incatenarono mentre i loro corpi erano separati solo dall’intreccio delle loro armi, all’altezza del viso.

Ra’s spinse con forza contro di lui, aiutandosi con il peso del suo corpo per sbilanciare all’indietro il suo avversario.

Oliver perse l’equilibrio rischiando di cadere.

Scattò per evitare l’affondo del Demone diretto all’addome e si allontanò da lui con una capriola.

Si rialzò in piedi, abbastanza velocemente da imprimere tutta la forza necessaria per far volare in aria la spada di Ra's.

E nell’istante in cui vide l’espressione stupita dipingere il volto del suo avversario, Oliver affondò con decisione la lama nel suo petto, all’altezza del cuore.

Il sangue di Ra’s macchiò l’impugnatura dell’arma e tinse di scarlatto le dita di Oliver, mentre cadeva in ginocchio di fronte a lui.

Oliver estrasse la spada con un unico fluido movimento mentre la vita abbandonava il corpo di Ra’s, rendendo vitrei i suoi occhi.

Nyssa corse verso di loro, mentre il cuore bruciava nel petto come una ferita cosparsa di sale.

Deglutì, ricacciando indietro quel dolore che non pensava avrebbe potuto provare.

Suo padre era un mostro e la sua morte avrebbe migliorato la vita di ogni uomo sulla faccia della terra, ma in quel momento lei non riusciva ad impedire al suo cuore di sanguinare.

Gli occhi le si fecero lucidi ma nessuna lacrima solcò il suo viso.

E quando la vita di Ra’s Al Ghul terminò con un rantolo, il dolore di Nyssa vibrò nell’aria, come il suono metallico della spada di Oliver che cadeva sul cemento, per poi spegnersi nel buio della sera.

 

 

Barry tornò dai suoi amici sfrecciando, portando buone notizie.

Aveva rintracciato e reso inoffensive le altre dosi di Alpha & Omega in giro per la città, limitando i danni dell’arma biologica.

Felicity sospirò di sollievo mentre si guardava intorno, cercando di stimare quante persone innocenti avessero pagato il prezzo più alto.

John le si avvicinò abbracciandola, ringraziando poi Barry per aver salvato Felicity da quella dose di Alpha & Omega che l’avrebbe sicuramente uccisa.

Ray Palmer atterrò accanto a loro, sorridendo.

“Felicity” la chiamò, sapendo che quello che stava per dirle l’avrebbe resa felice.

Quando lei si voltò a guardarlo lui continuò a sorridere, avvicinandosi a lei e abbracciandola: “C’è una cosa che devi vedere”

Non le diede il tempo di rispondere che partì come un razzo, volando alto nel cielo.

Felicity rimase frastornata da quel passaggio inaspettato.

Palmer atterrò sul tetto di quel palazzo in fondo alla strada, per poi sparire di nuovo, lasciandola sola.

Per un attimo credé di sognare: Oliver Queen stava di fronte a lei, guardandola negli occhi.

Steso a terra c’erano tre cadaveri: due uomini della Lega e Ra’s Al Ghul.

Cercò di non vomitare davanti a quello scempio, mentre sentiva lo stomaco contorcersi.

Si concentrò sul viso dell’uomo di fronte a sé, ancora incredula.

Chiuse gli occhi, sperando di vederlo ancora lì, una volta riaperti.

“Oliver …” il suo sussurro dolce giunse all’orecchie di Oliver, leggero come un soffio di vento.

Corse verso di lui, come spinta da una forza invisibile e si tuffò tra le sue braccia, pronte ad accoglierla in un abbraccio.

“Felicity” lui la strinse a sé, lasciando un bacio sui suoi capelli, mentre il cuore batteva forte dentro il suo petto.

“Sei davvero qui?” chiese mentre le lacrime bagnavano il suo viso “Credevo che non ti avrei più rivisto”

“Sono qui, Felicity” la rassicurò guardandola negli occhi e accarezzando il suo viso “È tutto finito, ormai”

Lo abbracciò ancora, lasciandosi cullare dalle sue carezze e dai movimenti dolci e rassicuranti delle sue mani sulla sua schiena.

Nyssa sorrise, guardando intenerita quella scena, prima di imboccare le scale che conducevano nel sottotetto.

 

 

 

Erano tornati nell’edificio della Palmer Technologies quando ormai la sera aveva ceduto il posto alla notte fonda.

Ognuno aveva riaccolto Oliver a modo suo, ma tutti furono felici di sapere che Ra’s Al Ghul era definitivamente un capitolo chiuso della loro vita.

Oliver raccontò loro quanto era successo ma la notizia del matrimonio tra lui e Nyssa non fu ben accolta, soprattutto da Felicity.

Quando tutti andarono a casa a riposare dopo quella estenuante giornata, solo Oliver e Felicity rimasero nell’ufficio, illuminato debolmente dalla luce della luna che filtrava dalle grandi vetrate.

“Nyssa sembra felice” disse lei a bassa voce, rompendo quel silenzio imbarazzante che si era venuto a creare, mentre gesticolava nervosamente con le mani “Siete in luna di miele?”

Oliver deglutì mentre cercava il suo sguardo per incatenarlo al proprio.

Si sentiva così in colpa per quanto era successo che quando vide i suoi occhi lucidi credé di impazzire.

Felicity attese mentre il cuore le batteva nel petto, facendo male ad ogni respiro. Il solo pensiero di Oliver sposato con un’altra donna le annodava lo stomaco e le faceva venir voglia di piangere.

“Felicity …” la sua voce dolce, ridotta a poco più di un sussurro, richiamò la sua attenzione “Ti ricordi quello che ti ho detto, nella cella, vero?”

“Mi hai detto così tante cose che non so a cosa ti riferisci. E non so nemmeno quante di quelle fossero vere, visto che hai mentito a tutti quanti pur di farci credere che ti fossi alleato con Ra’s Al Ghul” disse dura, sostenendo il suo sguardo.

“Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto, Felicity” si scusò mortificato “Se ci fosse stato un altro modo, se avessi potuto percorrere un’altra strada senza mettervi in pericolo lo avrei fatto. Non c’è mai stato nulla di più doloroso per me che mentirti in questo ultimo mese, ma ho dovuto farlo”

Lei incrociò le braccia al petto mentre ripensava a tutte quelle bugie che lui le aveva detto pur di salvare la copertura con Ra’s.

In fondo sapeva che non c’erano molte possibilità di scelta quando si parlava della testa del Demone ma quelle menzogne facevano ugualmente male, come un pugno nello stomaco.

“Tutto quello che ti ho detto in quella cella, è vero” puntualizzò.

Lo vide avvicinarsi a lei, senza staccare gli occhi dai suoi, fino a che le sue labbra sfiorarono il lobo del suo orecchio, facendola tremare.

“Non ho mai voluto sposare Nyssa perché già so chi vorrei davvero, per il resto della vita” sussurrò al suo orecchio “voglio quella ragazza che sa emozionarmi con un solo sorriso, quella ragazza il cui nome stesso significa felicità, l’unica che è davvero capace di farmi sentire a casa”

Il cuore di Felicity perse un battito mentre il suo cervello elaborava quelle parole sussurrate al suo orecchio e un brivido percorreva la sua schiena.

Quando lui si allontanò da lei per guardarla negli occhi, Felicity pensò di sognare: presto si sarebbe risvegliata ed avrebbe realizzato che Oliver era ancora a Nanda Parbat, non lì davanti a lei con quel meraviglioso sorriso che le faceva battere forte il cuore.

“Voglio farti una proposta, ora che è tutto finito” le annunciò senza staccare lo sguardo dal viso della donna “Vorrei vivere davvero la mia luna di miele, ma non con la donna che sono stato obbligato a sposare. Voglio passare un po’ di tempo con te, lontano da Starling City, dai problemi della Lega, dalla questione di Arrow … per una volta voglio essere semplicemente Oliver e concedermi un po’ di quella felicità che per tanto mi sono negato. E se tu sarai con me allora io … io sarò l’uomo più fortunato del mondo per i prossimi giorni”

Felicity rimase spiazzata da quella richiesta e per un attimo non seppe che cosa dire.

“Mi stai chiedendo di …”

“Ti sto chiedendo di andare ovunque tu voglia, per un paio di giorni, io e te insieme” disse al posto suo “soltanto noi due”

Lo vide torturarsi il labbro inferiore con i denti mentre i suoi occhi azzurri brillavano di speranza e aspettativa.

Non avrebbe mai voluto essere motivo di delusione per quello sguardo.

“Ovunque io voglia?” domandò.

Lui annuì sorridendo, mentre Felicity si alzava in punta di piedi per raggiungere il suo orecchio.

“Non dovresti fare certe proposte visto che sei un uomo sposato ma …” bisbigliò al suo orecchio, sottolineando la parola sposato “… accetto molto volentieri”

Si allontanò da lui superandolo e dirigendosi verso la porta a vetri dell'ufficio, quando la voce di Oliver la richiamò.

“Dove vorresti andare?” chiese, felice che lei avesse accettato.

“Stupiscimi” gli rispose mentre i suoi occhi brillavano d’entusiasmo, per poi sparire verso l’uscita.

 

 

Il mattino seguente qualcuno bussò alla sua porta.

Felicity, già pronta per partire, corse ad aprire trovandosi di fronte l’unica persona che avrebbe voluto vedere per un paio di giorni.

“Entra pure” gli disse facendolo accomodare “prendo le mie cose e sono pronta”

Si voltò, diretta nella sua camera per prendere la valigia che aveva preparato con cura quella stessa mattina ma venne trattenuta.

Oliver la bloccò per il polso attirandola gentilmente a sé.

“Che cosa …” non fece in tempo ad esprimere la sua perplessità che si trovò il viso dell’uomo ad un soffio dal suo e quella vicinanza le fece morire la voce in gola.

“Ieri sera te ne sei andata prima che potessi fare ciò che volevo” le disse, a pochi centimetri dalle sue labbra.

Non le diede nemmeno il tempo di replicare: fece incontrare le loro labbra dando vita ad un lungo ed intenso bacio.

“Mi era mancato così tanto” sussurrò mentre sfiorava ancora la sua bocca con gentilezza, senza stancarsi del sapore che avevano le sue labbra.

Felicity sorrise nel bacio mentre allacciava le sue braccia intorno al suo collo, approfondendo il contatto e stringendo fra le dita i suoi corti e soffici capelli.

Quello che era iniziato come un semplice ed innocente contatto si trasformò in un bacio infuocato, a cui nessuno dei due riusciva a mettere fine.

Felicity gemette quando sentì la bocca di Oliver abbandonare la sua per scendere sul suo collo, stuzzicando la sua pelle sensibile con lingua e denti.

Le sue mani calde scesero dal suo viso, percorrendo il suo corpo ed indugiando sui fianchi per un lungo istante.

“Se continuiamo così …” la sua voce era poco più che un flebile sussurro, incrinata dal piacere che si diffondeva a poco a poco nel suo corpo “… faremo tardi”

“Non so te, ma io non ho alcuna fretta” le rispose mordendo dolcemente il lobo del suo orecchio, mentre la voce calda s’infrangeva sul suo collo.

Questa volta fu lei a catturare le sue labbra per un altro bacio mentre Oliver afferrava il bordo della maglietta che indossava e lo sollevava lentamente.

Infilò le mani al di sotto della stoffa e accarezzò il suo ventre con le mani calde, per poi liberarsi completamente di quella t-shirt.

Non passò molto tempo prima che anche lui si trovasse a torso nudo, mentre si muovevano lentamente verso la camera da letto.

I loro movimenti erano piuttosto impacciati visto che erano troppo presi l’uno dal corpo dell’altro per prestare attenzione a dove stavano andando.

Sbatterono contro lo stipite della porta ma nessuno dei due si lamentò per la botta, ancora decisamente impegnati a spogliarsi a vicenda.

Quando non rimase più molta stoffa a coprire i loro corpi si staccarono, giusto il tempo necessario per liberare il letto dalla valigia di Felicity, abbandonata sul materasso.

Felicity si lasciò cadere all’indietro mentre Oliver si posizionava sopra di ei, intrappolandola nel suo abbraccio.

Quando chinò il capo verso il viso di lei, la bocca di Felicity era già pronta ad accogliere la sua lingua che la esplorò con irruenza e devozione.

Si aggrappò alle sue spalle mentre lui scendeva con la bocca sul suo petto, giocando con i suoi seni e facendola eccitare ad ogni bacio.

Oliver poteva sentire il battito accelerato di Felicity proprio sotto le sue labbra: la baciò sul seno sinistro, nell’esatto punto in cui sentiva più forte il suo battito attraverso la pelle morbida e liscia.

Felicity lo accolse dentro di sé con un gemito, mentre chiudeva gli occhi e godeva di quella meravigliosa sensazione che era sentirsi uniti come una cosa sola.

Non seppe quanto tempo rimasero tra quelle lenzuola, a coccolarsi a vicenda come una coppia qualunque, con dolcezza.

Si addormentarono abbracciati e si risvegliarono qualche ora dopo, ancora stretti l’uno all’atro.

Quando si rivestirono e partirono finalmente per la loro vacanza era già pomeriggio.

“Da quando possiedi una Porsche?” domandò stupita Felicity, nel vedere la costosa auto sportiva parcheggiata sotto casa sua.

“Da un po’, in realtà” le confessò mentre caricava il bagaglio della donna “Era di mio padre e quando anche mia madre è morta l’ho ereditata. Né io né Thea l’abbiamo usata per tutto questo tempo e ieri mi sono detto che forse era il momento giusto per tirarla fuori dal garage”

Felicity lo guardò, sperando che la sua domanda non l’avesse incupito facendogli pensare ai suoi genitori.

Il sorriso che trovò sul suo viso le fece capire che era felice, nonostante quel velo di malinconia che era sempre presente nei suoi occhi quando parlava dei suoi genitori.

“Allora dove mi porti?” domandò quando salirono in auto.

“È una sorpresa” le rispose sorridendo.

 

 

Erano in viaggio da un po’ di ore ormai ed il giorno si stava preparando a lasciare il suo posto alla notte.

Oliver si voltò a guardare Felicity che da qualche minuto era silenziosa, lo sguardo perso ad osservare il cielo.

Accostò in un piccolo spiazzo a lato della strada panoramica che stavano percorrendo e la ragazza parve destarsi dai suoi pensieri.

“Perché ci fermiamo?” chiese.

“C’è una cosa che devo fare” le disse scendendo dall’auto e sfilandosi gli occhiali da sole che indossava.

Le aprì la portiera e la fece scendere a sua volta, per poi prenderla per mano ed avvicinarsi al guard-rail che delimitava lo spiazzo.

Il tramonto del sole all’orizzonte tingeva il cielo d’arancio con sprazzi di rosso porpora e riflessi dorati, proprio davanti ai loro occhi.

“È bellissimo” commentò lei estasiata “ma ancora non capisco perché ci siamo fermati”

“Per vedere il tramonto” le disse, abbassando lo sguardo poco dopo.

“So riconoscere quando dici una bugia” gli rispose sicura di sé, per poi correggersi “O almeno credo, a parte la storia di Ra’s e …”

“Shh” la zittì, posandole un dito sulle labbra “Hai ragione: non è per questo che ci siamo fermati. C’è una cosa che devo dirti”

Il suo sguardo improvvisamente serio e profondo la fece preoccupare.

“Che cosa succede?” domandò, impaurita da quello che avrebbe potuto dirle “Non dirmi che c’è un’altra minaccia di morte che pende sulle nostre teste, per favore. Non sopporterei tutta questa situazione un’altra volta né potrei …”

“No, nulla di tutto ciò” la rassicurò interrompendola, prima che la sua parlantina fluente ed inarrestabile prendesse il sopravvento.

“Per fortuna” si tranquillizzò “Allora per quale motivo sei così serio ed agitato?”

“Non sono agitato” disse ma lo sguardo di Felicity lo obbligò ad arrendersi di fronte alla realtà.

“D’accordo, sono un po’ nervoso” ammise “È solo che … ho paura di quale potrebbe essere la tua reazione”

“Davvero?”

Ora sì che Felicity era curiosa di sapere di cosa si trattasse.

“Sai che non sono esattamente il tipo di persona che parla apertamente dei sentimenti che prova e …” si fermò, cercando di raccogliere le idee “questa cosa che voglio dirti forse ti sembrerà avventata, forse è una delle pazzie che più grandi che io abbia mai fatto e sicuramente è troppo presto ma … con la vita che faccio, con la vita che conduciamo, temo che non ci sarà mai un momento adatto, perciò tanto vale farlo adesso”

“Oliver, che cosa stai cercando di dirmi?” domandò a metà tra l’agitato e il divertito.

“Quello che voglio dirti è che sono cambiato. Le parole che ho pronunciato quel giorno in ospedale, dopo il nostro unico appuntamento, non valgono più.

La questione di Ra’s, le vicende legate alla Lega, mi hanno fatto capire che voglio di più dalla vita, voglio essere Oliver Queen e non solo Arrow. Ed Oliver Queen ha sempre e solo desiderato una cosa dalla vita: essere felice, al tuo fianco” la guardò negli occhi, cercando di capire cosa lei stesse pensando in quel momento “Voglio impegnarmi, voglio far funzionare questa storia, voglio potermi addormentare accanto a te tutte le notti e svegliarmi al tuo fianco ogni mattina. Voglio che tu sappia che puoi contare su di me, che farò qualunque cosa per proteggerti e per avere un futuro insieme. E questo …” tirò fuori una piccola scatola dalla tasca dei pantaloni, rigirandola nervosamente tra le dita “… questo vuole essere la prova evidente e tangibile che mi sto impegnando per noi due, voglio che sia ciò che ti ricordi che ti amo più di ogni altra cosa, anche quando perderò il senno e la mia testardaggine mi farà fare qualcosa di incredibilmente stupido”

Felicity prese un lungo respiro mentre guardava Oliver negli occhi, incredula per quelle parole che le stava dicendo.

“Non devi rispondermi subito. Avremo parecchio tempo per capire se tutto questo potrà mai funzionare, nel nostro mondo fatto di criminali e notti insonni, ma non potevo aspettare oltre a chiedertelo. Quindi” si inginocchiò di fronte a lei, sulla ghiaia che ricopriva lo spiazzo e che ora gli pungeva fastidiosamente il ginocchio, attraverso la stoffa dei pantaloni “Felicity Megan Smoak, in un futuro più o meno lontano, vorrai mai sposarmi?”

Lei guardò quell’anello che teneva stretto tra le dita, luccicante sotto i riflessi del sole al tramonto, mentre sentiva le lacrime invaderle gli occhi.

Si abbassò a sua volta e lo abbracciò, le braccia strette intorno al suo collo, mentre posava la testa sulla sua spalla e lasciava che le lacrime cadessero copiose dai suoi occhi.

Pianse.

Pianse per averlo perso e poi ritrovato, pianse per aver creduto che Ra’s lo avesse trasformato in un altro uomo per poi accorgersi che in realtà lui non l’aveva mai abbandonata.

Pianse per quelle parole che le avevano fatto battere forte il cuore e per quell’amore che esplodeva nel suo petto, per l’occasione di felicità che Oliver aveva deciso di vivere insieme a lei.

Oliver la tenne stretta a sé senza sapere che cosa dire.

Le accarezzò i capelli mentre respirava il suo profumo ed attendeva una qualunque risposta.

Quando il suo pianto si calmò, Felicity sciolse il loro abbraccio e sorrise, incrociando quegli occhi limpidi come il mare.

Annuì poiché la voce sembrava non voler uscire dalla sua gola, non prima di un paio di profondi respiri.

“Sì” riuscì finalmente a dire, con gioia ed entusiasmo “Sì, voglio sposarti, in un futuro non troppo lontano”

Il viso di Oliver si distese in un sorriso sincero mentre asciugava con i polpastrelli le lacrime sulle guance della donna.

Cercò la sua mano e le infilò l’anello al dito, per poi stringerla forte fra le sue.

“Ti amo” le disse, e lei non ebbe bisogno di sapere nient’altro.

Note: E siamo giunti alla conclusione anche di questa storia!

Volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito pazientemente ogni capitolo: grazie davvero, di cuore!

Spero che questa fine sia di vostro gradimento ;)

Buon season finale a tutti quanti! A presto!

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