Everything I did, everything that happened has led me right here. di kate95 (/viewuser.php?uid=138750)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avete preso l'uomo sbagliato ***
Capitolo 2: *** Metaumano ***
Capitolo 3: *** Evasione ***
Capitolo 4: *** Al-sah-him ***
Capitolo 5: *** Oliver Queen è morto! ***
Capitolo 6: *** Oliver Queen è vivo! ***
Capitolo 7: *** Il mio nome è Oliver Queen! ***
Capitolo 1 *** Avete preso l'uomo sbagliato ***
Note: Ciao!
Inutile dirvi che il promo degli ultimi di cinque episodi mi
ha letteralmente lasciato senza parole, aprendo mille strade per il
finale di
stagione e stimolando la mia fantasia malata xD perciò
nell'attesa del prossimo
episodio che ne dite di provare ad immaginare un finale alternativo? Se
vi va,
questo è quello che ho immaginato io!
Everything I did, everything that
happened has led me right here.
Cap.1-
Avete preso l’uomo sbagliato
Oliver
sentiva ancora la guancia bruciare per lo schiaffo che aveva appena
ricevuto
dall’uomo davanti a sé.
L’uomo
che per diversi mesi
aveva fatto
ufficiosamente parte del suo team, quello a cui consegnava i criminali
che
catturava, quello che lo aveva pubblicamente definito un eroe per poi
rimangiarsi le parole e condannarlo davanti a tutta Starling City.
L’uomo
che aveva detto che Arrow non era altro che un assassino.
Ed
erano le stesse parole che gli stava rivolgendo ora, con la differenza
che non
le stava dicendo al vigilante ma ad Oliver Queen.
Come
se non ci fosse distinzione tra i due, come se fossero esattamente la
stessa
persona.
E
forse era davvero così.
Oliver
Queen era Arrow ed Arrow era Oliver Queen.
Ma
lui non era pronto ad affrontare ciò che tutto questo
implicava.
A
volte era più facile fingere che fossero due
entità separate, due persone
sconnesse.
Oltre
al capitano Lance c’era un’altra persona che
continuava a ripetergli che quel
confine tra Arrow ed Oliver non esisteva, la stessa persona che
involontariamente lo aveva spinto in quella situazione.
Era
stato il pensiero che Felicity venisse travolta da
quell’assurda situazione,
coinvolta nelle attività illegali del vigilante, accusata
ingiustamente, a
convincerlo che c’era un solo modo per mettere fine a quella
storia.
Costituirsi.
Prendersi
tutte le colpe, consegnarsi alla polizia e passare il resto dei suoi
giorni in
carcere.
Era
l’unico modo per salvare lei e tutti i suoi amici.
John,
Roy, Laurel, Thea e tutti coloro che lo avevano aiutato in quegli anni.
Ma
non aveva pensato potesse essere così dura.
“Tommy.
Tua madre. Mia figlia. E ora sei pronto ad uccidere anche
Laurel” la voce di
Lance tornò a riempire l’abitacolo.
Sentire
i nomi di tutte le persone che aveva perso durante la sua crociata fece
stare
Oliver ancora più male.
Le
altre parole che il capitano pronunciò contro di lui
scivolarono via mentre non
riusciva a smettere di pensare a quello che aveva fatto, a quante
persone aveva
fatto involontariamente del male.
Improvvisamente
il furgoncino sobbalzò seguito dallo stridio fastidioso di
freni che riempivano
l’aria serale di Starling.
Le
sirene delle auto della polizia iniziarono a suonare mentre un gran
trambusto
colse impreparato sia Oliver che Quentin.
Le
porte del furgoncino si aprirono rivelando che cosa stesse accadendo in
strada.
Una
figura incappucciata, vestita interamente di verde, si inginocchiava
sull’asfalto dichiarandosi colpevole: “Avete preso
l’uomo sbagliato! Oliver
Queen non è Arrow! Sono io”
E
nell’istante in cui Oliver sentì quella voce il
sangue gli si gelò nelle vene
mentre il cappuccio si abbassava rivelando il viso di Roy.
I
loro sguardi si incrociarono e per un attimo Oliver pensò
che fosse un incubo,
che presto si sarebbe risvegliato da quella surreale catastrofe che era
la sua
vita negli ultimi giorni.
Ma
l’espressione stupita e arrabbiata del capitano Lance gli
fece capire che era
la realtà, che Roy si era appena consegnato alla polizia
accusandosi di crimini
che non aveva mai commesso.
E
mentre decine di poliziotti lo accerchiavano per arrestarlo, il finto
Arrow non
staccava gli occhi da quelli di Oliver, da quelli del suo mentore.
Si
sarebbe sacrificato per lui, per salvare l’eroe che aveva
protetto tutti gli
abitanti della città, per ringraziarlo di come aveva
cambiato la sua vita
dandogli uno scopo per cui valeva la pena lottare.
Roy
era orgoglioso di essere suo allievo, di essere una delle armi del suo
arsenale,
di essere la freccia scoccata dal suo arco nel centro del bersaglio,
l’arma che
lo avrebbe salvato.
Qualche
ora dopo Oliver Queen venne ufficialmente rilasciato dalla polizia di
Starling
City e venne accompagnato all’uscita della centrale, sotto lo
sguardo contrariato
del capitano.
Quentin
Lance si diresse nel suo ufficio sbattendo dietro di sé la
porta a vetri,
sedendosi alla sua scrivania.
Era
stato obbligato a liberare il signor Queen poiché Roy Harper
si era proclamato
colpevole, raccontando ogni missione di Arrow nei più
piccoli particolari.
Dettagli
che solo il vigilante poteva conoscere, o una persona strettamente
vicina a
lui.
Quentin
sapeva che il ragazzo era coinvolto: era il braccio destro del
vigilante, era
l’uomo in rosso, ma non era Arrow.
Oliver
Queen lo era.
Ma
lui non aveva alcuna prova per dimostrarlo.
Sbuffò
mentre si gettava a capofitto tra la documentazione del caso per poter
trovare
qualcosa di concreto che legasse Queen alle attività
dell’arciere.
Da
quando Ra’s al Ghul gli aveva detto chi si celasse sotto il
cappuccio verde
ogni tassello era andato al proprio posto, ogni avvenimento aveva preso
senso,
tutto combaciava perfettamente.
Poteva
finalmente arrestare quell’uomo che aveva ucciso il sindaco e
decine di persone
nelle ultime settimane, la persona che gli aveva tenuto nascosta la
verità su
Sara, l’uomo davvero colpevole della sua morte.
L’uomo che aveva spinto sua
figlia a salire sul Queen’s Gambit, allontanandola dalla sua
vita e dalla sua
famiglia, obbligandola a soffrire per mesi su un’isola
sconosciuta fino a farla
diventare membro di una pericolosa cerchia di assassini.
Si
passò le mani sul viso cercando di ingoiare quella rabbia
che lo stava
assalendo poi, di scatto, si alzò dalla sua poltrona diretto
dall’unica persona
che avrebbe potuto dargli informazioni utili.
Oliver
continuava a guardarsi intorno, preoccupato che qualcuno lo stesse
seguendo.
Aveva
paura che la polizia lo stesse ancora pedinando, nonostante le accuse
contro di
lui fossero momentaneamente cadute.
Temeva
di portare Lance dritto nel suo nascondiglio segreto.
Dopo
essersi assicurato ancora una volta di essere solo, entrò al
Verdant e
attraversò la pista da ballo deserta, per poi inserire il
codice sul tastierino
numerico e sparire dietro la pesante porta che celava
l’ingresso al covo.
Scese
velocemente le scale ma senza fare rumore, trovando Felicity e Diggle
intenti a
guardare il notiziario sugli schermi dei computer.
La
giornalista stava parlando della nuova svolta sul caso di Arrow mentre
foto di
Roy apparivano sui monitor, etichettandolo come il vero vigilante di
Starling
City.
“Che
cosa diavolo pensavate di fare?” tuonò arrabbiato,
spaventando i due amici che
non si erano accorti della sua presenza silenziosa.
“Oliver!”
la voce sorpresa di Felicity giunse alle sue orecchie mentre lei faceva
ruotare
la sua poltrona, fino ad incontrare gli occhi dell’uomo.
Si
alzò avvicinandosi a lui: “Lance ti ha rilasciato,
per fortuna”
“Per
fortuna?” chiese arrabbiato “Siete tutti impazziti
per caso?”
John
lo guardò, l’aria seria e preoccupata.
Sapeva
che Oliver si sarebbe arrabbiato una volta venuto a conoscenza del
piano di
Roy.
“Per
favore ditemi che non ne sapevate nulla” li
supplicò lui, lo sguardo stanco e
afflitto “ditemi che non avete assecondato questa
pazzia”
“È
stata un’idea di Roy” iniziò a spiegare
Dig ma venne subito interrotto.
“Un’idea
molto stupida!”
“Oliver
…” Felicity richiamò la sua attenzione
ma lui non l’ascoltò, troppo sconvolto
per quanto stava succedendo.
“Quindi
eravate a conoscenza del suo piano e glielo avete lasciato
fare?” domandò.
Gli
sguardi dei due gli bastarono per confermare la sua ipotesi.
Non
poteva crederci.
“Come
avete potuto? Come avete anche solo potuto pensare che fosse un piano
intelligente?”
“Oliver!”
la voce della donna risuonò chiara e determinata questa
volta e lui la guardò
negli occhi, mentre lei si avvicinava ancora “sarà
stata anche un’idea stupida
ma è l’unica cosa che potevamo fare”
“Quale
parte di ‘costituirmi è l’unica
soluzione’ non avete capito?”
“Oliver,
Roy si è sacrificato per te. Per l’eroe che
c’è in te, per il bene che hai
fatto e puoi ancora fare a questa città. Abbiamo cercato un
modo per prendere
tempo. Speravamo che consegnando Roy alla polizia come Arrow
rilasciassero te.
E pare abbia funzionato”
“Perché?
Questo non risolve i nostri problemi! E io non lascerò che
Roy marcisca in
prigione per dei crimini che non ha commesso!”
“Neanche
tu hai ucciso quelle persone Oliver!” lo sguardo di Felicity
lo trapassò da
parte a parte come la lama di una spada, mentre lei gesticolava
arrabbiata
“Devi smetterla di pensare che tutto ciò che
accade là fuori sia colpa tua! È
colpa della Lega, è colpa di Ra’s! Non
tua”
Oliver
fece per ribattere ma lei non lo lasciò proferir parola.
“Ora
sta’ zitto e ascoltami!” perfino lei si
stupì della convinzione con cui le
parole le uscirono dalla bocca, senza la minima esitazione
“Non sapevamo che
cosa fare perciò abbiamo lasciato che Roy si fingesse te,
perché in questo modo
avresti potuto pensare ad un piano per rimediare a questa situazione,
da uomo
libero”
“Felicity,
non c’è nessun piano! Pensi davvero che mi sarei
consegnato alla polizia se ne
avessi avuto uno? Non c’è soluzione, non possiamo
risolvere questo problema!”
“L’unica
cosa che non possiamo fare è arrenderci! Quindi ora
troveremo un modo per
uscirne e sconfiggeremo Ra’s Al Ghul, una volta per
tutte”
Lo
guardò dritto negli occhi, con tutta la
determinazione e la forza che aveva in corpo, sperando di riuscire a
convincerlo.
“E
quando lui sarà morto, tireremo Roy fuori dalla
prigione” concluse senza
staccare i loro sguardi.
“D’accordo”acconsentì
Oliver, trovandosi con le spalle al muro “ma non possiamo
lasciarlo in
prigione. Prima facciamo uscire Roy, poi pensiamo a Ra’s Al
Ghul”
Era
seduta sul divano di casa a guardare il notiziario quando
sentì bussare alla
sua porta.
Suo
padre era l’ultima persona che pensava di vedere quella notte.
“Laurel,
posso entrare? Ho bisogno di parlarti”
Lei
si scostò per farlo passare senza dire nulla.
Chiuse
la porta alle sue spalle prima di rivolgergli la parola: “Che
cosa vuoi papà?”
Il
suo tono era distaccato e gelido, più freddo di quanto Lance
si aspettasse.
“Hai
saputo quello che è successo, vero?”
“L’ho
appena scoperto dal telegiornale”
“Laurel”
la chiamò avvicinandosi a lei “sai meglio di me
che Roy non è Arrow”
Lei
non rispose, si limitò a sedersi sul divano invitando suo
padre a fare
altrettanto.
“Sappiamo
entrambi che Arrow è Oliver Queen. Ho dovuto lasciarlo
andare perché la
confessione di Roy Harper è accurata nei minimi dettagli e
perché non ci sono
abbastanza prove per condannare quel farabutto. Ma io so che quel
ragazzo è
l’uomo in rosso, quello che aiuta il vigilante nelle sue
missioni, non il vero
arciere. E lo sai anche tu”
“Che
cosa vuoi da me?”
“Devi
aiutarmi a catturare Oliver Queen” le disse cercando di
prendere le sue mani
tra le sue ma Laurel si sottrasse immediatamente a quel contatto
“devi dirmi
dove si nasconde, devi consegnare quell’assassino alla
giustizia”
“Arrow
non è un assassino. Lui è un eroe. Ed
è incredibilmente triste che tu lo stia
accusando senza prove di tutti quegli omicidi”
“Sono
stati tutti uccisi con frecce verdi, Laurel”
“Non
è stato Arrow! Non li ha uccisi lui,
papà!” ribatté lei piccata, alzandosi
dal
divano e allontanandosi da lui “E dovresti credermi”
“Non
capisci che è pericoloso?”
Anche
lui si alzò in piedi mentre tentava di far ragionare la
figlia: “Ti ha
immischiato in questa storia rendendoti una sua complice! Mette in
pericolo la
tua vita ogni giorno, così come ha fatto con tua sorella! E
io non gli
permetterò di uccidere anche te!”
“Allora
è di questo che si tratta! È di Sara che stiamo
parlando” Laurel lo guardò
negli occhi, sperando davvero che lui capisse “Arrow non ha
ucciso Sara! Lui ha
sempre cercato di proteggerla, l’ha aiutata, l’ha
sostenuta. Non è morta per
colpa sua”
Chiuse
gli occhi, tentando di non lasciar cadere le lacrime che volevano
uscire.
Ogni
volta che si parlava di Sara vedeva il suo corpo senza vita precipitare
giù dal
tetto di quel palazzo e la rabbia le ribolliva nel sangue.
“Lui
mi ha mentito! Mi ha tenuto nascosto la verità su di lei,
ogni volta che mi
consegnava criminali mi guardava negli occhi e mi imbrogliava! Per
tutto questo
tempo si è preso gioco di me, di noi!”
La
voce di Quentin s’incrinò lasciando trasparire
tutto il dolore per la perdita
di Sara.
“Sono
io quella che ti ha mentito, papà”
sussurrò, troppo scossa dal dolore per
riuscire a parlare più forte “sono io che avrei
dovuto dirti subito che Sara
era morta! Lui non doveva fare proprio nulla. Quindi se è di
questo che si
tratta, se è per vendicare Sara, se hai bisogno di incolpare
qualcuno per
affrontare il tuo dolore allora accusa me!”
“Laurel,
ti prego” la supplicò “è un
uomo pericoloso e va fermato. Dimmi dove si
nasconde, per favore”
“Mi
dispiace, papà. Non posso farlo” gli rispose,
asciugandosi le poche lacrime che
erano sfuggite al suo controllo.
Lui
la osservò senza realmente riconoscere sua figlia. Era come
se ci fosse
un’estranea al suo posto, come se stesse indossando quella
maschera nera e la
lunga parrucca bionda.
“Lascia
perdere, papà” gli consigliò
“lascia a Starling City il suo eroe, ti prego”
Lui
scosse la testa, contrariato, mentre si dirigeva verso la porta.
“Se
non me lo dirai, allora lo scoprirò da solo. E quando
avrò trovato il suo nascondiglio
farò in modo che sia l’ultimo luogo che
vedrà da uomo libero”
Sbatté
violentemente la porta dietro di sé, mentre Laurel rimase
immobile al centro
della stanza, le lacrime salate che le solcavano il viso.
“Abbiamo
un problema!” Laurel fece il suo ingresso al covo, nel suo
usuale tailleur
bordeaux, le scarpe con il tacco che risuonavano sul freddo pavimento.
Si
stupì di trovare Oliver lì insieme ai due amici.
“Ti
hanno rilasciato?” gli chiese, sollevata.
“Sì,
non hanno prove che mi riconducano ad Arrow” le rispose, le
braccia incrociate
al petto e lo sguardo pensieroso.
“Che
cos’è questa storia di Roy?”
domandò, completamente all’oscuro dei fatti.
“Una
trovata geniale per ingarbugliare ancora un po’ la
situazione” commentò lui con
evidente disappunto.
“Abbiamo
un problema più grave, ora come ora”
comunicò l’avvocato “Si tratta di mio
padre. Non è caduto nella trappola di Roy. È
fermamente convinto che Oliver sia
Arrow e farà qualunque cosa per catturarlo. Mi ha supplicato
di dirgli dove si
nasconde e purtroppo non sono riuscita a farlo desistere dalla sua
assurda
caccia all’uomo. Per ora brancola nel buio ma è
determinato più che mai e prima
o poi la verità verrà a galla. E se scopre
l’ubicazione del covo … siamo
spacciati”
Oliver
ascoltò in silenzio, camminando avanti e indietro,
nervosamente.
“Vorrei
tanto non doverlo dire ma …” Diggle ruppe il
silenzio che si era venuto a
creare “siamo attaccati su troppi fronti contemporaneamente e
non sappiamo come
gestire tutti questi problemi insieme. Dobbiamo far uscire Roy di
prigione,
tenere a distanza Ra’s Al Ghul e gli uomini della Lega,
impedire a Lance di
trovare prove contro Oliver e dio solo sa quali altri problemi ci
attendono là
fuori”
Felicity,
Laurel e Oliver lo ascoltarono attentamente mentre ognuno di loro
pensava ad un
possibile soluzione.
“Dovremmo
dividerci i compiti ma sarà molto dura essendo soltanto in
tre” concluse
sconsolato.
“Siamo
quattro, John. Ma hai ragione, siamo comunque troppo pochi”
lo corresse Oliver.
“No,
Oliver” Felicity si voltò verso di lui
“è meglio se tu non partecipi per un po’
”
“Che
cosa?” domandò lui incredulo.
“Sei
appena stato accusato di essere Arrow, è meglio se non dai
troppo nell’occhio
in questi giorni”
“No,
questo è fuori discussione. Non posso restare con le mani in
mano, non posso
nascondermi come un criminale”
“Oliver,
non puoi andare là fuori con il tuo costume e salvare la
città. Non finché Roy
sarà in cella come Arrow, non finché tutta la
polizia crede nella sua
colpevolezza. Un arciere verde che si aggira indisturbato per le strade
mentre
il presunto vigilante è in prigione scatenerebbe un altro
caos e il sacrificio
di Roy sarà stato vano”
Felicity
lo guardò, notando tutta la frustrazione e il dolore che
quella situazione
stava causando in lui.
“Devo
parlare con Roy” annunciò Oliver “devo
metterlo al corrente dei nostri piani,
devo fargli sapere che non lo abbandoneremo”
“Pensi
davvero che Lance ti lascerà parlare con lui?”
domandò John.
“Non
potrà impedirmelo quando verrà trasferito dalla
centrale alla prigione”
“D’accordo
ma dovrai essere molto prudente” gli ricordò
Felicity “non puoi esporti o
rischierai di complicare ancora di più la
situazione”
“Pensate
davvero di riuscire a liberare Roy?” chiese Laurel, piuttosto
scettica “avrà
sicuramente fornito importanti dettagli sulle missioni
affinché la sua storia
fosse credibile e prima o poi troveranno prove che lo colleghino alle
attività
del team. Sarà difficile farà cadere tutte queste
accuse”
Felicity
e Diggle si scambiarono un’occhiata, per poi guardare Oliver,
cercando le
parole giuste per dire a Laurel quali erano le loro vere intezioni.
“Io
credo che quando parliamo di liberare Roy non sia
…” Felicity esitò, giocando
con i capelli biondi raccolti nella lunga coda di cavallo
“proprio legalmente”
“Oh
…” disse stupita Laurel “quindi volete
farlo evadere? Come? Il carcere non è un
parco divertimenti dove si può comprare un biglietto e
provare tutte le giostre
a vostro piacimento. Ci sono controlli, guardie, telecamere, poliziotti
…”
“Io
posso introdurmi nella rete del carcere e …”
frenò il suo entusiasmo quando
Laurel le lanciò un’occhiata poco rassicurante
“disattivare le telecamere”
Fece
girare la poltrona per nascondersi dallo sguardo
dell’avvocato, tornando a
fissare i suoi amati computer.
“E
io posso introdurmi all’interno stendendo le guardie, senza
preoccuparmi di
essere visto e liberare Roy” disse Oliver.
“Mentre
io li aspetterò all’uscita sul solito furgoncino
nero, fingendomi l’addetto
della lavanderia per il ritiro delle lenzuola” concluse
Diggle.
“Piano
geniale ma no Oliver, tu non farai irruzione nel carcere”
controbatté Felicity
“devi evitare di cacciarti nei guai: la polizia ti sta
già abbastanza addosso
così, senza aggiungere altri reati alla tua fedina
penale”
“Ha
ragione, Felicity” convenne Laurel “posso entrare
io al tuo posto”
“Non
se ne parla” la voce di Oliver risuonò forte e
determinata “non ti lascerò
entrare là dentro”
“Perché
no? Sono migliorata molto ultimamente, sai anche tu che sarei in grado
di
portare a termine questo compito” rispose arrabbiata per la
sua mancanza di
fiducia.
“Non
è per questo che non puoi andare, Laurel” Oliver
si appoggiò al bordo del
tavolo in metallo, al centro della stanza, mentre abbassava lo sguardo
e
ripensava alle parole che Lance gli aveva detto quella sera.
“Allora
perché?”
“È
per tuo padre” le disse “se per qualche motivo
dovessero sorgere dei problemi,
se venissimo scoperti, lui sarebbe il primo a venire a conoscenza del
tentativo
di evasione e gli si spezzerà il cuore quando
capirà che sei coinvolta”
“Non
devi preoccuparti di quello che penserà mio padre:
già sa che ti aiuterò a
nasconderti dalla polizia”
“No,
non è solo questo. Ho fatto troppo male alla vostra
famiglia: a te, a Sara, a
tuo padre. E il discorso che mi ha fatto questa sera me l’ha
fatto capire, ho
realizzato quando lui abbia sofferto a causa mia”
“Questo
non ha alcun senso … tu non hai …”
Oliver
la interruppe prima che lei potesse finire di parlare: “Mi
occuperò io di
questa situazione perché è colpa mia se Roy
è stato costretto a consegnarsi
alla polizia. Inoltre se qualcosa dovesse andare storto lui
avrà bisogno di un
buon avvocato che lo tiri fuori dai guai, qualcuno che creda nella sua
innocenza. E nessuno è più adatto di te per
questo compito, ma se sarai
coinvolta nella missione per farlo evadere non sarai più
credibile e Roy
passerà il resto dei suoi giorni in una cella”
Laurel
lo guardò mentre lui si allontanava dal tavolo e si
avvicinava alla postazione
di Felicity.
“Va
bene” acconsentì lei infine “ma facciamo
in modo che Roy non abbia bisogno di
me”
“Felicity,
ho bisogno che tu tenga d’occhio i movimenti di Lance e che
mi informi di ogni
sua più piccola scoperta. Lo stesso vale per te,
Laurel” disse Oliver mentre si
voltava verso Dig “Io e te invece ci occupiamo della Lega,
dobbiamo scoprire il
responsabile della morte del sindaco e di tutti gli altri”
L’aria
pungente della notte gli solleticò il viso quando
abbassò il cappuccio grigio
della felpa che indossava.
Sapeva
che avrebbe fatto bene a nascondersi, non farsi notare in giro per la
città ma
non poteva restare seduto in panchina a guardare gli altri giocare.
Aveva
osservato a lungo quei palazzi dalla strada, che ora si trovava venti
piani
sotto di lui, in cerca di quello che godesse dalla vista migliore,
della
posizione ideale, della traiettoria più adatta.
L’edificio da cui avrebbe
potuto scoccare frecce con la maggior probabilità di
centrare il bersaglio.
Era
lì che si trovava in quel momento: sul tetto del palazzo da
cui un uomo esperto
ed allenato dalla Lega avrebbe potuto uccidere facilmente i suoi
obbiettivi.
Di
fronte a lui, dalla parte opposta della strada c’era il
palazzo dove il sindaco
era stato ucciso, nello stesso agguato in cui era stato ferito anche
Ray
Palmer.
Aveva
bisogno di immedesimarsi nell’assassino, capire come aveva
agito, quali
difficoltà aveva dovuto affrontare, con quale angolazione
aveva scoccato le
frecce, con quale forza.
Le
ricerche che avevano effettuato sulla Lega non avevano portato alcun
risultato
e dopo aver spedito Diggle e Felicity a casa, per riposare almeno un
paio d’ore
prima dell’alba, era uscito da covo per dirigersi
lì, sperando che vedere la
scena lo aiutasse a comprendere meglio quello che era successo.
Voleva
trovare il responsabile, quell’uomo che uccideva fingendosi
lui, incastrandolo
e scatenandogli addosso l’intero corpo di polizia.
Immaginò
di aver il suo arco tra le mani, di tendere la corda, la freccia in
posizione,
l’occhio fisso sul suo obbiettivo, le dita pronte e reattive
a lasciar volare
la sua arma, il battito del cuore che sentiva pulsare forte nelle
orecchie, il
respiro controllato per evitare anche la più piccola
imprecisione.
Tutti
i suoi sensi erano in allerta, capaci di percepire anche il
più debole soffio
di vento, il più sottile dei movimenti, tutti fruscii
nell’aria intorno a lui.
Fu
così che sentì qualcuno avvicinarsi, cautamente,
alle sue spalle, convinto di
non essere visto.
Oliver
continuò i movimenti con le braccia, fingendo di non essersi
accorto di quella
presenza, facendo finta di scoccare una freccia.
Poi
si voltò di scatto trovandosi di fronte ad una figura
vestita di nero, un uomo
che sapeva di conoscere.
“Maseo”
disse, stupito di trovare proprio lui, ma al tempo stesso rincuorato.
Era
l’unico membro della Lega degli Assassini con cui sapeva di
poter ragionare.
“Sarab”
lo corresse lui facendo scivolare giù il cappuccio, nero
come la notte che li
inghiottiva.
“Che
cosa ci fai qui?”
“È
strano detto da te, visto che dovresti essere in carcere” gli
rispose
avvicinandosi di qualche passo.
“Forse
non ha seguito il notiziario” gli disse Oliver
“dovresti aggiornarti”
“E
tu dovresti nasconderti dalla polizia. Non credo che il capitano Lance
sia
felice di vederti girovagare libero tra le strade della sua
città”
“Questo
non è un tuo problema”
“Ogni
cosa che ti riguarda è un mio problema. Come il fatto che tu
sia qui, sul tetto
di questo palazzo, a fissare il vuoto mentre fingi di scoccare frecce
con un
arco che non hai”
Oliver
avanzò di qualche passo verso l’uomo, senza
staccargli gli occhi di dosso: “Non
fisso il vuoto, ma sono sicuro che tu questo lo sappia già.
Sai benissimo
quello che sto facendo, non è così?”
“Cerchi
forse di farti ammazzare?” chiese con un sorriso beffardo sul
viso.
“Il
sindaco è morto. È stata assassinata da qui, con
frecce verdi che hanno fatto credere
alla città intera che Arrow fosse tornato ad uccidere. Ma
entrambi sappiamo che
è stato un uomo della Lega, una persona che eseguiva degli
ordini, qualcuno manovrato
come un burattino da Ra’s Al Ghul”
incrociò i suoi occhi scuri, nascosti in
parte da un ciuffo di capelli sfuggito al suo codino e mosso dal vento
“Ora io
voglio sapere chi sia questo burattino. Voglio consegnarlo alla
giustizia,
voglio che Ra’s Al Ghul lo veda e che capisca che nessuno
può fare del male
alla mia città senza pagarne le conseguenze”
“Allora
fallo, Oliver. Consegnami alla polizia. Ma sappi che non ti
crederà nessuno,
servirà solo a renderti ancora più ridicolo
davanti agli occhi di tutti”
“Tu?”
Oliver non poté fare a meno di essere sorpreso. Sapeva che
Maseo era cambiato dopo
Hong Kong, sapeva che era diventato un assassino, ma sperava non fosse
il
responsabile di quella strage. Credeva ancora in lui nonostante tutto,
credeva
nell’uomo che aveva conosciuto, quello che era disposto a
tutto pur di salvare
la sua famiglia, quello che voleva solo tornare a casa in Giappone,
quello che
lo aveva aiutato nei mesi dopo l’isola. L’amico che
l’aveva sostenuto nelle
folli missioni della Waller, quello che gli aveva salvato la vita dopo
il
duello contro Ra’s, quello per cui aveva messo a repentaglio
la propria vita
per salvare Tatsu e proteggere Akio.
"Perchè
l'hai fatto? Perchè hai ucciso delle persone innocenti?"
domandò
arrabbiato.
"Perché
così mi é stato detto di fare"
"Tu
sei migliore di così, Maseo. Non sei un assassino, non
uccidi innocenti solo
perché qualcuno te lo ordina!"
"Forse
non mi conosci poi così bene, Oliver"
Lui
trattenne la rabbia che provava in quel momento, cercando di restare
lucido e
carpire quante più informazioni possibili.
"Perché
proprio il sindaco? Perchè rischiare tanto quando potevate
uccidere dei
cittadini qualunque, persone più deboli ed indifese?"
"Davvero
non lo sai?" Maseo prese a camminare in tondo, mentre osservava Oliver,
immobile al centro del grande spiazzo che era quel tetto "non era lei
l'obbiettivo. L'ho uccisa per prima per sviare ogni sospetto, per far
credere a
tutti che fosse lei il bersaglio"
Oliver
si voltò guardandolo mentre continuava a camminare.
"Chi?"
chiese "Chi era il vero obbiettivo?"
"Ti
facevo più perspicace di così. Vedi Ra's ha
deciso di portarti via ogni cosa
cara che ti é rimasta, a partire dalla tua cittá.
E c'è qualcosa che ti sta
particolarmente a cuore, qualcosa che perderai presto"
Sarab
si fermò lasciando che le sue parole investissero Oliver con
il loro potente
significato.
"C'era
qualcuno che avrebbe partecipato alla riunione del sindaco, un uomo
importante.
E sapevamo che lui non si sarebbe presentato da solo" spiegò
guardando
Oliver con i suoi penetranti occhi scuri "il suo braccio destro era
l'obbiettivo, la sua adorabile assistente"
Il
cuore di Oliver iniziò a battere come un tamburo impazzito
mentre la paura si
impossessava di lui.
"Ricordo
di aver visto il suo viso spaventato attraverso la finestra, gli occhi
sorpresi
e impauriti dietro le lenti dei suoi occhiali"
Quelle
parole ebbero su Oliver un impatto devastante. Non ebbe neanche il
tempo di
percepire la rabbia che lo assaliva che giá si era scagliato
contro Sarab,
spingendolo contro il cornicione del palazzo.
I
suoi occhi erano colmi d'ira e il terrore stava prendendo il
sopravvento,
mischiato ad un irrefrenabile istinto omicida.
Bloccò
l'uomo con il peso del suo corpo, il braccio che premeva sul collo di
Maseo
stringendo la presa ogni istante di più.
"Non
osare!" urlò in preda a quella collera che non aveva
intenzione di
controllare "non provare neanche a toccarla o giuro che ..."
La
voce di Maseo risuonò strozzata dal momento che Oliver
premeva con forza sulla
sua gola: "Che cosa, Oliver? Mi ucciderai? Non sei poi così
diverso
dall'assasino che giuri di non essere"
Oliver
allentò leggermente la morsa in cui lo teneva bloccato senza
però lasciarlo
andare, mentre il pensiero di quello che sarebbe potuto succedere lo
stava
logorando.
"É
stato un peccato che Palmer si sia gettato per salvarla, prendendosi
una
freccia al suo posto" commentò il giapponese.
Oliver
non poteva credere alle sue orecchie: non c'era più un
briciolo di umanitá in
quello che un tempo era stato suo alleato.
"Dannazione,
Maseo! Perché lo hai fatto? Eri mio amico, io mi fidavo di
te!" gli urló
contro tutta la sua frustrazione, l'odio e la rabbia che provava nei
suoi
confronti in quel momento "ho sempre avuto fiducia in te, anche quando
sei
entrato a far parte di quella setta assassina! Mi hai salvato la vita
dopo il
duello contro Ra's, mi hai aiutato a fuggire dalla Lega.
Perché mi fai questo
ora?"
Lui
non rispose subito, si limitò ad osservare tutto il dolore
che stava
distruggendo Oliver Queen, quella rabbia che avrebbe sgretolato la sua
vita
frantumandola in mille pezzi.
“Perché
quando Felicity morirà, non ti rimarrà
più nulla, nulla per cui vale la pena
vivere. E allora l’unica cosa che resterà nella
tua vita sarà la sua proposta.
Diventerai l’erede del Demone”
“Non
lo farò mai!” gli sputò quelle parole
addosso, con tutta la rabbia e la
disapprovazione che provava “Potevi fare di tutto ma non
provare a fare del
male a lei! É come se io avessi tentato di uccidere Tatsu"
Il
nome della donna ebbe uno strano effetto su Maseo anche se lui
cercò di
nasconderlo.
Ma
Oliver sapeva che nonostante tutto lui teneva ancora molto a sua
moglie, sapeva
che lei rappresentava ancora una parte importante della sua vita.
“Lascia
Felicity fuori da questa storia! Non provare neanche a toccarla" Oliver
lo
strattonò nuovamente con forza, ribadendo il concetto.
“Allora
è proprio vero” commentò guardandolo
negli occhi “non ne ero così convinto
quando Ra’s me ne ha parlato”
“Convinto
di cosa?”
“Che
lei contasse davvero qualcosa per te. È molto più
importante di quando credessi”
“Ra’s
vuole me!” urlò con forza “Lei non
c’entra. Se in te è rimasto ancora un
po’
dell’uomo che ho conosciuto, se tutto quello che abbiamo
passato insieme ad
Hong Kong ha significato qualcosa, se sei mai stato davvero mio amico,
allora
lasciala in pace. È l’ultimo favore che ti
chiedo”
“Perché
dovrei?”
“Perché
la amo” sussurrò quelle parole mentre sentiva le
lacrime inumidirgli gli occhi “e
non c’è nulla che conti più di lei, al
mondo”
Non
riusciva nemmeno a spiegare quel dolore che gli straziava il cuore in
quel
momento, che esplodeva come una bomba nel petto, dilaniandolo,
distruggendo
ogni cosa che trovava sul suo cammino.
“Ti
supplico, Maseo" ricacciò indietro le lacrime mentre il
vento freddo della
sera gli sferzava il viso.
"Maseo
non esiste più! L'amico che conosci é morto tre
anni fa, in quel maledetto
giorno ad Hong Kong!" gli rispose mentre un lampo di rabbia
attraversava i
suoi occhi neri come la pece "esiste solo Sarab, adesso"
"Non
possono vivere due persone in un solo uomo. Me lo hai detto tu, Maseo"
gli
ricordò.
"Ironico
detto da te che sei contemporaneamente Oliver Queen e Arrow"
"Oliver
Queen ed Arrow sono la stessa persona" dirlo ad alta voce
stupì perfino sé
stesso ma sapeva che era la veritá.
Ci
era voluto un po’ di tempo affinché lui lo capisse
ma ora ne era consapevole:
non c'era alcuna distinzione tra lui e il vigilante.
"E
anche Maseo e Sarab sono la stessa persona, quella che ho conosciuto in
Cina,
quella disposta a tutto pur di salvare la sua famiglia. E io credo
ancora in
quell'uomo" disse liberandolo dalla sua stretta.
Si
allontanò da lui, diretto verso la scala che conduceva fin
lì.
"Te
ne vai così? Non mi uccidi, Oliver? Non mi consegni alla
giustizia?” gli
chiese, in parte stupito dal suo comportamento.
Oliver
si voltò, tornando sui suoi passi: “Ho fatto delle
ricerche prima di venire
qui. Volevo scoprire chi fosse il responsabile dell’omicidio
del sindaco e sai
che cosa ho trovato?”
Si
fermò in attesa di una risposta da parte dell’uomo
di fronte a lui ma tra loro calò
il silenzio.
“Nulla”
spiegò dopo qualche istante “credi davvero che sia
così stupido da credere di
averti trovato qui per caso? Sapevi che stavo venendo qui,
Ra’s lo sapeva, e ti
ha mandato lui da me. Quindi no Maseo, non ti ucciderò. Non
ti farò arrestare
perché sono sicuro che
questo
è ciò che vorrebbe lui e significherebbe fare il
suo gioco. E io non ho
intenzione di assecondare i suoi folli progetti”
Lo
guardò negli occhi per un istante per poi tirare su il
cappuccio della felpa e
allontanarsi da lui, sparendo giù nella tromba delle scale.
Si
ritrovò al covo meno di mezz’ora più
tardi.
Sentiva
la stanchezza impossessarsi di lui, rallentare i suoi movimenti e
affaticare i
suoi muscoli. Ma sapeva che quando avrebbe chiuso gli occhi mille
pensieri avrebbero
affollato la sua mente, decine di problemi senza soluzione lo avrebbero
tormentato impedendogli di risposare.
Si
stupì quando, entrando, notò una donna dai lunghi
capelli biondi seduta alla
sua solita postazione.
Si
accorse che erano quasi le cinque del mattino: aveva trascorso molto
più tempo
sul tetto di quel palazzo di quanto pensasse.
Ma
non riusciva comunque a spiegarsi la sua presenza lì.
“Felicity”
la chiamò mentre scendeva le scale, improvvisamente attratto
dalla sua figura
snella che si alzava dalla poltrona.
“Oliver”
la sua voce risuonò melodiosa alle orecchie
dell’uomo, come la più dolce delle
sinfonie.
E
in fondo non gli importava perché fosse lì invece
di essere a casa a riposare,
l’unica cosa che contava era che lei fosse reale, davanti ai
suoi occhi, sana e
salva.
Il
solo pensiero di quello che Maseo le avrebbe potuto fare lo uccideva,
sapere
che lei era in pericolo e lui non era lì per proteggerla lo
mandava
letteralmente fuori di testa.
Non
avrebbe mai pensato di dover ringraziare Palmer ma ora si sentiva in
debito con
lui, per quello che aveva fatto.
Scese
gli ultimi scalini di corsa avvicinandosi a Felicity a grandi passi.
Notò
l’espressione stupida della donna nel vederlo avanzare
determinato verso di lei
mentre rimaneva immobile, in attesa della sua mossa.
Incrociò
i loro sguardi e senza staccare gli occhi da quelli di lei
colmò
quell’insignificante metro che ancora li divideva.
L’accolse
con foga tra le sue braccia, cingendole la schiena.
L’abbracciò
tenendola stretta a sé, beandosi di quel contatto e
respirando a fondo il suo
profumo.
Felicity
rimase stupita da quel gesto inaspettato e le ci vollero un paio di
secondi per
riuscire a reagire e contraccambiare.
Non
sapeva che cosa stava succedendo ma il contatto con il corpo caldo di
Oliver fu
molto più piacevole di quanto potesse immaginare.
Passò
le sue braccia intorno alle spalle possenti del suo eroe, stringendolo
a sua
volta.
“Va
tutto bene, Oliver?” gli chiese mentre sentiva il suo viso
posarsi
delicatamente sulla propria spalla.
Tremò
quando il respiro di Oliver s’infranse sulla pelle sensibile
del collo, per
rispondere alla sua domanda: “Fino a quando tu sarai qui con
me, Felicity,
allora sì …. Andrà tutto
bene”
La
sua voce ridotta a poco più di un sussurro le fece venire la
pelle d’oca mentre
tentava di capire che cosa gli fosse successo di così grave
da spingerlo ad
abbracciarla stretta, aggrappandosi a lei come se fosse
l’unico appiglio per
non farsi trascinare via dalla corrente.
“Oliver”
lo chiamò ancora sciogliendo l’abbraccio per poter
vedere il suo viso “che cosa
ti è successo?”
Nello
stesso istante in cui incrociò i suoi occhi azzurri
capì che c’era qualcosa che
non andava, qualcosa che lo aveva profondamente scosso.
C’era
una grande tristezza nel suo sguardo, gli occhi umidi da quelle
sembravano
minuscole lacrime, pronte ad uscire.
Felicity
non si ricordava di aver mai visto Oliver piangere.
Nessuno
riusciva a fargli perdere il controllo sulle sue emozioni, nessuno
riusciva a
distruggere quel grande autocontrollo che lo faceva apparire forte,
imperturbabile e, alle volte, poco umano.
Lui
non rispose subito, si limitò a perdersi nei suoi occhi,
celati in parte dagli
occhiali, mentre le sfiorava il viso in una carezza impercettibile.
Fu
come il più leggero dei soffi di vento ma Felicity
tremò, la pelle rosea delle
guance scossa da un leggero brivido.
Lui
non poteva starle così vicino, accarezzarla con naturalezza
come se fosse il
più normale dei gesti, guardarla con quegli occhi azzurro
cielo e pretendere
che lei rimanesse impassibile, come se non fosse successo nulla.
Non
poteva chiederle di restare distaccata, di non provare emozioni, di
impedire al
suo cuore di iniziare a battere come un tamburo.
Sostenne
il suo sguardo e attese fino a che lui si sentisse pronto a raccontale
quanto
gli era accaduto.
Passò
qualche istante, che a Felicity parve durare
un’eternità, poi Oliver prese un
lungo respiro e parlò.
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Capitolo 2 *** Metaumano ***
boh
Everything
I did, everything that happened has led me right here.
Cap.2- Meta-umano
Passò
qualche
istante, che a Felicity parve durare un’eternità,
poi Oliver prese un lungo
respiro e parlò.
"Sono andato sul
palazzo da cui hanno saparato al
sindaco...." spiegò allontandosi da Felicity quel poco che
bastava per
guardarla negli occhi.
"Che cosa hai
fatto?" domandò lei al contempo
stupita ed arrabbiata "Oliver non puoi andare a visitare scene del
crimine
come se nulla fosse, non dopo che hanno sospettato di te proprio per
quel
crimine!"
"Lo so, hai
ragione. Ma le ricerche non hanno
portato a nulla e io non potevo restare qui a contemplare il vuoto" le
disse facendo scivolare le mani sulle braccia delicate della donna.
Lei
sbuffò in risposta, sapendo che era troppo testardo
per ascoltare i suoi consigli.
"Che cosa
é successo?" domandó invece
"qualcuno ti ha visto? Hai di nuovo la polizia alle costole?"
"No, no" si
affrettò a rassicurarla "ma
sul tetto da cui hanno scagliato le frecce é arrivato Maseo"
Esitò
prima di continuare il suo discorso: "É
stato lui. Lui ha ucciso il sindaco"
Felicity
elaborò il significato di quelle parole ma non
riuscì a capire il motivo per cui lui avrebbe dovuto essere
così scosso.
"Oliver, so che
conoscevi già Maseo e anche se non
sono a conoscenza dei dettagli sono sicura che tu ti fidassi di lui. Ma
ora
quell'uomo é entrato a far parte della Lega, sai meglio di
me che non puoi
contare su di lui ... Si é alleato con Ra's Al Ghul e anche
se posso
comprendere quanto ciò ti dispiaccia, non vedo il motivo per
esserne tanto
scosso"
"Non
é per questo, infatti" si torturò le
labbra con i denti, chiaro segno del suo nervosismo "é per
quello che mi
ha detto"
Felicity rimase
in attesa mentre le mani di lui
lasciavano le sue braccia e scendevano ad afferrare i suoi palmi.
Spostò
lo sguardo verso il basso mentre sentiva le dita
dell'uomo incrociarsi con le sue, in un contatto piacevole ma al tempo
stesso
completamente inaspettato.
Da quando lei
aveva cominciato a frequentarsi con Ray,
i rapporti tra loro si erano raffreddati e le era sembrato che lui
evitasse
ogni contatto fisico con lei, limitandosi al minimo indispensabile.
Sembrava che a
volte facesse perfino fatica a guardarla
negli occhi, ma in quel momento tutto quel gelo tra loro sembrava
essersi
sciolto come neve al sole.
"Il sindaco non
era la persona che doveva
uccidere, non era il vero bersaglio che Ra's gli aveva ordinato di
eliminare.
Era soltanto un diversivo, per farci credere che lo fosse. E io ci ho
creduto,
non mi sono assolutamente reso conto di quello che stava realmente
succedendo
...."
“Oliver
non devi colpevolizzarti per questo. Nessuno
avrebbe potuto capirlo” gli rispose stringendo la presa sulle
mani dell’uomo,
per infondergli coraggio.
“Invece
sì. Avrei dovuto capire che Ra’s avrebbe fatto
di tutto per distruggermi, che avrebbe colpito ogni cosa a me
più cara” scosse
la testa, arrabbiato con sé se stesso per aver lasciato
Felicity esposta ad un
tale pericolo.
Non riusciva a
proteggerla neanche standole lontano.
Ogni suo piano, ogni suo tentativo di tenerla al sicuro stava fallendo
miseramente.
“Oliver”
la voce di lei lo distolse da quei pensieri
“chi era il vero obbiettivo?”
Lui chiuse gli
occhi, respirando a fondo, cercando di
non dare a vedere quel dolore che lo stava distruggendo.
“Loro
sapevano che Palmer avrebbe partecipato a quella
riunione e …. ed
erano sicuri che
sarebbe stato accompagnato dalla sua assistente”
esitò mentre lei realizzava
quanto le era stato detto.
“Volevano
me?” domandò, sapendo bene quale fosse la
risposta.
“Sì”
rispose lui mentre stringeva ancora le sue mani
“perché sanno quanto tu sia importante per me,
perché vogliono togliermi tutto
fino a che accetterò la proposta di diventare il nuovo
Ra’s. E non si daranno
per vinti fino a quando non avranno ottenuto ciò che
vogliono”
Distolse lo
sguardo da lei, non sarebbe riuscito a
guardarla negli occhi ancora per molto.
“Non
pensarci neanche” la voce di Felicity era
determinata mentre le dita di lei lasciavano le mani
dell’uomo per posarsi sul
suo mento, obbligandolo a far incrociare i loro sguardi.
Lui la
guardò interrogativo, senza capire.
“Ti
conosco fin troppo bene, Oliver. E so quello che
stai pensando, so che credi che consegnarti a loro, diventare il nuovo
capo
della Lega, sia l’unico modo per mettere fine a tutto questo.
Ma non è così”
“Lo
è” sospirò lui rassegnato.
“No”
“Non
posso proteggerti, Felicity” urlò lui arrabbiato
“non posso nasconderti da loro, la Lega ti troverà
in ogni caso e io … io non posso
permettere che ti trovino”
“Allora
non nascondermi, Oliver” disse risoluta “non ho
paura di loro. E il fatto che io sia qui in questo momento, disposta ad
aiutarti in qualsiasi tua folle impresa, lo dimostra. Ho fatto la mia
scelta.
Ho deciso di aiutarti perché credo in quello che fai, credo
nell’eroe che sei!
Perché la tua battaglia è anche la mia”
Oliver la
guardò negli occhi leggendo tutta la sua
determinazione, la convinzione che la spronava a reagire, a non
arrendersi.
“E non
permetterò a nessuno di farmi cambiare idea”
concluse.
“No,
è troppo pericoloso” scosse la testa, contrario
all’idea
di lasciare che lei si esponesse tanto “Devi lasciar perdere,
devi … starmi
lontana”
“No,
non ti permetterò più di farmi allontanare da
te”
sussurrò avvicinandosi a lui “mai
più”
“Felicity,
se ti dovesse succedere qualcosa io …”
posò
le mani sul suo viso, avvicinandola ancora.
Così
vicino che poteva sentire il suo respiro fondersi
con il proprio e inalare il suo profumo a pieni polmoni.
“Tu
andresti avanti con la tua vita” disse lei al suo
posto, assottigliando la distanza tra i loro volti “se mi
succedesse qualcosa, avrai
ancora Dig, Roy, Laurel su cui poter contare, avrai ancora Thea da
proteggere,
avrai la tua città da salvare. Saresti ancora Arrow,
l’uomo generoso che
rischia la sua vita per il bene degli altri. Anche se io non ci fossi
più, tu
resteresti sempre l’Oliver che ho conosciuto, rimarrai per
sempre il mio eroe”
“No,
no. Non mi rimarrebbe più niente, nulla conterebbe
più senza di te …” le
accarezzò le guance con le dita mentre il pensiero di un
mondo senza Felicity lo faceva rabbrividire.
Ora lei gli era
così vicino da fargli battere forte il
cuore, sentire il desiderio viscerale di assaggiare le sue labbra e
baciarla
fino a perdere il fiato.
“Oliver
…” la voce le morì sulle labbra mentre
sentiva
il tocco delicato dei suoi polpastrelli sul viso.
“Nulla
è più prezioso di te, Felicity
…” sussurrò sulle
sue labbra.
E lei
percepì il suo respiro accanto al suo,
infrangersi sulla sua pelle mentre il cuore iniziava la sua folle corsa
nel
petto.
Non seppe con
precisione quello che avvenne dopo.
Credeva che
avrebbe chiuso gli occhi e che le labbra di
Oliver si sarebbero posate sulle sue, che l’avrebbe baciata e
stretta a sé come
la cosa preziosa che le diceva di essere per lui.
E forse gli
occhi lei gli chiuse davvero, ma non ci fu
nessun bacio.
Solo
l’insistente beep d’allarme proveniente dai
computer alle loro spalle.
Ritornò
con i piedi per terra e si allontanò come se
fosse rimasta scottata dalla troppa vicinanza con il corpo di Oliver.
In
realtà voleva solo nascondere il rossore che sapeva
avrebbe imporporato le
sue guance da lì
a qualche istante, così si voltò e si finse
interessata a quel fastidioso
rumore.
Fissava il
monitor senza vederlo davvero, senza capire
quello che realmente accadeva fino a quando la voce di Oliver ruppe il
silenzio: “Che cosa sta succedendo?”
Felicity
riaccese il cervello e rispose poco dopo, la
voce tornata sicura e professionale:
“C’è stato un incidente, sullo
Starling’s
Bridge”
“Non
ci possiamo occupare di incidenti stradali”
commentò lui ma venne subito interrotto.
“Forse
di questo dovremmo” ripose lei, spaventata da
quello che aveva appena scoperto.
“Per
quale motivo?”
Felicity
mostrò le immagini delle telecamere di sicurezza
sul monitor, dopo aver abilmente hackerato il sistema di sorveglianza.
Si vedeva
chiaramente un uomo, giacca lunga di panno e
felpa con cappuccio tirato sul viso, camminare tranquillamente sul
ponte in
mezzo alle corsie trafficate.
Meno di cinque
secondi più tardi due auto vennero improvvisamente
scagliate giù dal ponte mentre ancora viaggiavano a
velocità sostenuta.
“Com’è
possibile?” chiese Oliver, che guardava lo
schermo del computer da dietro la spalla della donna.
“Non
ne ho idea” rispose “provo a mandare il filmato al
rallentatore, magari riusciamo a capire qualcosa in
più”
Videro lo stesso
uomo, di spalle, camminare lentamente
sul ponte, poi le due macchine accanto a lui, come se fossero state
investite
da una forte energia si inclinarono su un fianco, appoggiando solo
più su due
ruote.
I finestrini si
frantumarono in mille pezzi, come
implosi senza un reale motivo, mentre la maggior parte delle schegge
precipitavano dentro l’abitacolo.
Un millisecondo
più tardi le auto vennero scaraventate
verso il bordo del ponte, superando le barriere protettive e finendo
ben presto
a mollo nell’acqua del fiume.
Seguirono
diversi tamponamenti dal momento che gli
autisti, ignari del pericolo, procedevano speditamente.
Felicity
iniziò a pigiare velocemente le dita sulla
tastiera mentre Oliver si stupiva di quanto aveva appena visto:
“provo a vedere
se c’è un’angolazione migliore e con un
po’ di fortuna magari riesco a
migliorare l’immagine”
Oliver attese,
le braccia incrociate al petto, mentre
alla radio, sintonizzata sulla frequenza della polizia, venivano
richiesti
rinforzi per l’incidente.
“Ci
siamo” informò Felicity quando riuscì
ad ottenere
un’inquadratura migliore e una qualità del video
decisamente più nitida.
Ingrandì
sull’uomo e ciò che videro lasciò
esterrefatti
entrambi.
Poco prima che
quel disastro avesse inizio lui agitò le
mani creando dal nulla una lingua di energia che si abbatté
violentemente sulle
macchine, fino a sbalzarle fuori.
“Non
può essere vero” commentò lui, ancora
stupito.
“Potrebbe
esserlo” disse invece lei “se solo fossimo a
Central City”
“Intendi
dire che si tratta di un meta-umano?” domandò
Oliver, incredibilmente serio.
“No,
certo che no, stavo solo scherzando” rispose ma
quando incrociò i suoi occhi realizzò che la sua
folle ipotesi non era poi così
… folle “O forse no”
“Devo
andare”
Oliver
s’incamminò deciso verso la sua teca,
ricordandosi solo dopo di non poter indossare vestire i panni di Arrow.
Si
maledì per quella forza dell’abitudine che lo
spinse fin lì, a fissare con
malinconia il manichino spoglio.
Il suo costume
verde lo aveva Roy e chissà com’era
ridotto ora, trattato come prova dalla polizia.
Felicity si
alzò dalla sua postazione, decisa a
ricordargli con forza che non poteva uscire e rischiare di farsi
nuovamente
arrestare, ma quando lo vide davanti alla teca con quello sguardo
triste e
pensieroso non riuscì a rimproverarlo.
“Oliver”
lo chiamò dolcemente, posando una mano sul suo
braccio.
Lui non disse
nulla, si limitò a guardarla mentre già sapeva
che cosa lei gli avrebbe detto.
“Chiamo
Dig e Laurel” disse invece, mentre gli voltava
le spalle per prendere il suo cellulare abbandonato sulla scrivania
“se ne
occuperanno loro”
“E noi
restiamo qui, senza fare nulla?” domandò una
volta terminata la telefonata.
“Esiste
una cosa chiamata ‘ricerca’ ” disse lei
mimando
le virgolette con le dita “quella cosa noiosa che faccio io
di solito, insieme
a quelle macchine strane chiamate computer. Ti dice qualcosa?”
Le sue parole
riuscirono a strappargli un sorriso,
nonostante la tensione di quei giorni.
“D’accordo”
acconsentì avvicinandosi a lei, senza
perdere quel sorriso “non sono un esperto in queste cose, ma
pensi che posso
darti una mano in qualche modo?”
“Speravo
tanto che ti offrissi volontario” lo prese in
giro lei, tornandosi a sedere sulla sua amata poltrona.
Era ormai le
sette del mattino quando Laurel e Diggle
fecero ingresso al covo.
Il sole era
ormai sorto e illuminava debolmente la
città con i suoi raggi tiepidi, mentre sul ponte
c’erano ancora decine di auto
bloccate.
I due, di
ritorno dalla perlustrazione della scena
dell’incidente, trovarono Oliver e Felicity seduti uno
accanto all’altro alla
postazione dell’informatica mentre conducevano ricerche.
Felicity si
tolse gli occhiali, abbandonandoli sulla
scrivania, per poi stropicciarsi gli occhi con le mani mentre non
riusciva a
trattenere un enorme sbadiglio.
Aveva bisogno di
dormire. Il suo corpo stava chiedendo
pietà ma sapeva che non poteva permettersi qualche ora di
sonno, non quando la
città era in pericolo sotto l’attacco di un
possibile meta-umano.
Si alzarono
andando incontro ai due amici: “La polizia
brancola nel buio” li informò Diggle.
“Non
riescono a capire come quelle auto siano potute finire
oltre la banchina senza un valido motivo” proseguì
Laurel “ma tutti concordano
sul fatto che c’era un uomo sul ponte, che camminava in mezzo
alle macchine. È
l’unica cosa strana che hanno notato”
“Sappiamo
già che è lui il responsabile
dell’incidente”
convenne Felicity.
Aveva
già messo a conoscenza i due membri del team
sulla possibilità che il loro uomo fosse un meta-umano ma
tutti facevano ancora
fatica a crederci.
O meglio,
speravano di sbagliarsi.
“Nessuna
traccia di lui, nessuna prova, nessun indizio
che possa aiutare le indagini” disse John “non
abbiamo idea di chi sia”
“Forse
abbiamo qualcosa, invece” lo corresse Oliver
“Felicity ha usato il programma di riconoscimento facciale a
partire dal video
delle telecamere e con un altro centinaio di cose informatiche che non
capisco,
è riuscita a trovare un nome e importanti informazioni sulla
vita di quel
tizio”
“Si
chiama Jake Simmons, trentun’anni, originario di
Starling City” spiegò lei “ma ha
studiato Fisica al college a Central City.
Nessuno ha più avuto notizie di lui dalla notte
dell’esplosione
dell’acceleratore di particelle agli Star Labs. I suoi
genitori hanno sporto
denuncia di scomparsa ma la polizia non lo ha mai trovato. Ho
controllato tutte
le possibili tracce come pagamenti con carta di credito, ospedali per
un
eventuale ricovero post esplosione, alberghi, motel e affittacamere
scadenti,
cellulari e dispositivi di ogni genere, e un sacco di altre cose che
chiaramente non vi interessano …” disse mentre si
rendeva conto di essersi
persa in chiacchiere inutili “insomma non ho trovato nulla di
nulla. È come se
si fosse volatilizzato da allora fino a ieri, quando si è
registrato in un
motel sotto finto nome, qui a Starling City. Non sembra aver contattato
la sua
famiglia quindi non è tornato per loro”
Prese fiato
mentre Diggle e Laurel acquisivano le
informazioni appena ricevute.
“Odio
doverlo dire ma …” Felicity si lasciò
cadere
sulla sua poltrona, visibilmente esausta “tutto fa pensare
che lui sia un
meta-umano con qualche incontrollabile potere”
Calò
il silenzio per qualche istante mentre ognuno
pensava ad una possibile spiegazione logica.
“Non
avrei idea di come affrontarlo” disse Dig afflitto
mentre si sedeva sul bordo del tavolo metallico al centro della stanza.
“Abbiamo
chiamato Barry” aggiunse poi lei “ma purtroppo
non conosce nessun uomo con quel nome. E non può esserci di
grande aiuto dal
momento che Central City sembra sia messa a soqquadro da decine di
meta-umani
diversi che si sono coalizzati per distruggere ogni cosa”
“Cisco
ci ha promesso che ci farà avere un paio di super
manette che ha inventato lui stesso, in grado di resistere a
meta-poteri di
qualunque genere” disse Oliver “ma temo dovremmo
catturarlo da soli”
“Rischiamo
di impazzire se andiamo avanti così”
dichiarò Laurel, prendendosi la testa fra le mani
“dobbiamo trovare il modo di
affrontare un problema alla volta”
“Questa
mattina Roy sarà trasferito in carcere, perciò
oggi pomeriggio andrò a parlare con lui per chiarire la
situazione” li informò
Oliver “Felicity seguirà le tracce di Simmons per
cercare di scoprire qualcosa
in più su di lui, dove si nasconde, se e come intende
colpire ancora la città
con i suoi poteri. Laurel tu dovrai andare a lavorare ma vedi se riesci
a
carpire qualche informazione da tuo padre, per lo meno
sul’incidente. Diggle e
io penseremo ad un piano per far evadere Roy e a come catturare il
nostro nuovo
amico”
Una volta divisi
i compiti Laurel uscì dal covo per
dirigersi in ufficio mentre Oliver osservava Felicity, assonnata e
stanca, che
si metteva di nuovo al lavoro davanti ai computer.
Guardò
sconsolata i monitor davanti a lei, senza idee
su come rintracciare Simmons. Aveva programmato il riconoscimento
facciale in
modo che analizzasse tutti i filmati delle telecamere della zona,
sperando che
prima o poi lui comparisse in almeno uno di essi.
Purtroppo
però non c’era molto altro da fare che
aspettare una sua prossima mossa.
Sbadigliò
ancora e sussultò quando sentì la mano di
Oliver posarsi delicatamente sulla sua spalla.
“Felicity”
la chiamò “da quanto non dormi?”
Lei
voltò il viso verso di lui con gli occhi stanchi,
dietro le lenti degli occhiali, che osservavano il suo amato cielo blu.
Per
tutta risposta sbadigliò ancora.
“Non
puoi fare molto ora, meglio se ti riposi almeno un
po’ ” le consigliò guardando
l’ora. Erano ormai le 7.30.
“Mi
rimane un’ora e mezza prima di dover andare in
ufficio” commentò stancamente mentre raccoglieva
le sue cose, diretta a casa.
“No”
la fermò prendendole la borsa di mano e posandola nuovamente
sulla scrivania “è meglio se rimani qui. Non
voglio che tu vada in giro sola
per la città, non quando sei l’obbiettivo della
Lega”
“Oliver,
io devo …”
“Non
si discute su questo” troncò sul nascere ogni
polemica “puoi impossessarti della mia brandina, non
è il letto più comodo del
mondo ma meglio di niente. E al lavoro ti accompagno io, o
Dig”
“Non
ho bisogno di un baby-sitter …” cercò
di
lamentarsi ma il suo sguardo serio e preoccupato la fece desistere.
Si preoccupava
per lei.
E per quanto
fosse asfissiante la maggior parte delle
volte, era consapevole che lo faceva unicamente per il suo bene.
Non aveva ancora
pienamente realizzato come fosse
essere, in prima persona, l’obbiettivo di una setta di
assassini spietati ma
poteva comprendere come lui si sentisse.
Anche lei aveva
paura di perderlo per colpa di Ra’s,
anzi era terrorizzata. Ricordava ancora bene la sensazione di vuoto e
gelo che
aveva provato durante quelle settimane in cui tutti credevano fosse
morto.
Perciò
si limitò ad annuire, dirigendosi verso quel
giaciglio di fortuna.
Si
sdraiò mentre vide Oliver avvicinarsi con un paio di
coperte: le stese sul suo corpo e le rimboccò mentre lei si
rannicchiava al
caldo e chiudeva gli occhi.
Si
addormentò immediatamente ma prima di cadere nel
sonno, giurò di aver sentito le sue dita sfiorarle il viso,
in una timida
carezza.
“Oliver”
la voce di Diggle lo riportò con i piedi per
terra, dopo che si era perso ad osservare Felicity mentre dormiva.
Si
voltò avvicinandosi all’amico.
“Che
cosa succede?” gli domandò John.
“Cosa
intendi?”
“Il
fatto che tu sia più protettivo e paranoico con
Felicity del solito, cosa che credevo praticamente
impossibile” spiegò
“perché?”
Oliver
sospirò, infilando le mani in tasca e abbassando
lo sguardo.
Non gli aveva
ancora raccontato del suo scontro con
Maseo né di quello che aveva scoperto.
“Ra’s
vuole uccidere Felicity” disse diretto.
“Che
cosa?” Dig rimase scioccato per qualche istante.
Oliver si
sedette sul bordo della brandina, accanto al
corpo della donna addormentata, per poi raccontare dettagliatamente
all’amico quello
che era successo un paio d’ore prima sul tetto di quel
palazzo.
“Lui
sa che lei è la cosa più importante che
ho” disse
mentre si prendeva la testa fra le mani, tentando di non pensare alla
rabbia e
alla paura che lo assalivano ogni volta che ci pensava.
“Oliver
so che sei preoccupato e lo capisco ma non puoi
rinchiudere Felicity qui e non lasciarle vivere la sua vita”
gli disse Dig “per
questo è necessario che tu sconfigga Ra’s una
volta per tutte. E per farlo hai
bisogno di ognuno di noi, anche di Felicity”
Oliver
annuì, consapevole che non sarebbe mai riuscito
a sconfiggere da solo il capo della Lega degli Assassini.
Erano ormai
passate le nove quando Oliver si trovò solo
al covo.
Diggle aveva
accompagnato Felicity alla Palmer
Technologies nonostante la preoccupazione di Oliver: temeva che Maseo,
o
qualche altro membro della Lega, provasse ad ucciderla e il suo posto
di lavoro
non era di certo il luogo più sicuro al mondo.
Non riusciva a
darsi pace e il silenzio assordante
dello scantinato del Verdant, insieme alla sua prigionia forzata, non
lo
aiutava di certo.
Si sedette sulla
poltrona di Felicity, controllando se
ci fossero novità su Jake Simmons. Non era di certo un mago
con la tecnologia
ma per fortuna la donna gli aveva spiegato come e cosa cercare, in caso
di
bisogno.
Non
c’era alcuna traccia del meta-umano che, per quanto
ne sapevano, poteva attaccare nuovamente da un momento
all’altro.
John
ritornò pochi minuti più tardi e lui non
esitò a
chiedergli se avesse notato qualcosa di strano o sospetto intorno
all’edificio della
sua ex-azienda.
Non ebbe neanche
il tempo di sentire la risposta che un
altro beep insistente, come quello della notte appena passata,
riecheggiò
nell’aria.
“Che
cosa succede?” domandò Dig mentre Oliver scorreva
velocemente gli occhi sul monitor.
“C’è
qualcosa di strano, al museo di botanica. Non si
conoscono ancora le dinamiche dell’accaduto ma la polizia
è già pronta ad
intervenire” rispose mentre cercava altre informazioni utili.
“Pensi
che sia stato lui?”
“Non
lo so ma …” disse mentre le immagini
dell’edificio
comparivano davanti ai loro occhi, tutte le finestre distrutte in mille
cocci
sparsi sul marciapiede e sull’asfalto “se non fosse
opera sua, sarebbe una
coincidenza piuttosto strana”
“Ci
penso io” disse Diggle mentre prendeva la sua
fidata pistola e si dirigeva verso l’uscita “tu
rimani qui, Oliver”
“D’accordo”
acconsentì rassegnato “chiamo Felicity per
sapere se ci può dare una mano con le ricerche dal suo
ufficio”
E mentre la
porta del covo si richiudeva con un tonfo
dietro le spalle dell’uomo, Oliver compose il suo numero.
Squillò
parecchie volte a vuoto e lui iniziò a
preoccuparsi: Felicity non si separava mai dal suo cellulare.
“Dannazione,
Felicity! Rispondi”
Felicity
cercò di trattenere uno sbadiglio, dovuto al
poco riposo e alla noia della riunione a cui stava partecipando, mentre
rimaneva seduta composta su una delle poltroncine in pelle della sala
conferenze.
Bevve un lungo
sorso d’acqua dalla bottiglietta di
fronte a sé, anche se non aveva ancora parlato di quella
mattina, giusto per
fare qualcosa che le impedisse di addormentarsi sull’elegante
tavolo in vetro.
Aveva perso il
filo del discorso da un paio di minuti e
non riusciva minimamente a concentrarsi su quella sfilza di numeri che
Ray
stava propinando agli azionisti, elogiando il florido rendimento
dell’azienda
da quando era diventata da Queen Consolidated a Palmer Technologies.
Il suo cervello
si riaccese quando sentì il nome
‘Queen’ ma il suo entusiasmo scemò
nuovamente dopo pochi secondi.
Il suo
smartphone s’illuminò improvvisamente e il viso
di Oliver lampeggiò sullo schermo, mentre iniziava a vibrare
insistentemente
sul piano in vetro.
Si
maledì per essersi dimenticata di staccarlo mentre
tutti i presenti si voltavano nella sua direzione, evidentemente anche
loro
molto concentrati sui bilanci aziendali.
“Scusate”
disse timidamente, cercando di non arrossire
per l’imbarazzo mentre decine di occhi la squadravano
“è urgente, devo proprio
rispondere. Chiedo scusa”
Si
congedò mentre usciva velocemente dalla stanza,
diretta verso il suo ufficio.
“Pronto”
rispose quando arrivò a destinazione, per
avere un minimo di privacy.
“Felicity”
la voce di Oliver risuonò alle sue orecchie
come un sospiro di sollievo “perché ci hai messo
tanto a rispondere? Stavo
iniziando a preoccuparmi”
“Ero
nel bel mezzo di una riunione, sono dovuta uscire
prima di poter prendere la chiamata” gli rispose.
“Non
volevo disturbarti ma è importante. Sei davanti ad
un computer?”
“Lo
sarò fra pochi secondi” gli disse mentre si sedeva
alla sua scrivania, riattivando il pc dallo standby.
“Stanno
accadendo cose strane al museo di botanica. La
polizia sta arrivando sul posto e Diggle si è precipitato a
vedere di cosa si
trattasse” spiegò velocemente “ho
bisogno che tu faccia delle ricerche, ma
credo proprio che sia opera del nostro nuovo amico”
“Aspetta
un istante” gli ordinò mentre batteva
furiosamente sulla tastiera “dallo dispiegamento di forze di
polizia dubito sia
un banale incidente” disse lei.
“Vedi
se riesci a trovare qualcosa che conduca a lui,
qualsiasi indizio, anche il più minuscolo
dettaglio”
“Sto
già cercando di carpire i video della sorveglianza
interna del museo ma ci vorrà qualche secondo prima che io
riesca ad entrare
nel sistema” posizionò il cellulare tra il mento e
la spalla, tenendolo in
equilibrio mentre le dita scorrevano veloci sui tasti
“Eccoci, sono entrata”
Scorse
velocemente i primi minuti di filmato senza trovare
nulla di utile mentre azionava l’algoritmo per il
riconoscimento facciale di
Simmons.
Poco minuti dopo
il programma trovò diverse
corrispondenze: “È lui!”
annunciò “insomma non ne sono certa ma
è entrato nel
museo alle 9:02, acquistando un normalissimo biglietto”
Si
zittì quando notò le persone in coda alla
biglietteria subito dopo di lui.
Fece una rapida
ricerca e la sua ipotesi venne
confermata.
“Oliver,
all’interno del museo c’è una classe di
bambini, sicuramente in gita scolastica” comunicò
all’uomo dall’altro capo del
telefono “e dai filmati sembra che Simmons li abbia seguiti
durante la visita.
In ogni sala del museo in cui ci sono loro, c’è
sempre anche lui”
“Dannazione,
questa non ci voleva” la voce alterata di
Oliver giunse forte e chiara alle orecchie della donna
“dobbiamo fare qualcosa”
“Oliver,
non puoi andare da nessuna parte. Intesi?” gli
ricordò con tono minaccioso “So che vorresti
salvarli e ti tufferesti a
capofitto in quel museo per farli uscire, ma non puoi. Ci
penserà la polizia a
salvarli”
Lui chiuse gli
occhi, stupendosi di quanto Felicity lo
conoscesse bene.
Avrebbe tanto
voluto uscire di lì e rendersi utile.
Lei
continuò a guardare i video fino a quando scorse
chiaramente il loro meta-umano: un secondo prima tutto appariva
tranquillo, un
secondo dopo scoppiava l’inferno.
Jake Simmons
agitava le mani, apparentemente in modo
convulso e privo di senso, ma poco dopo dai suoi palmi si scatenarono
esplosioni di energia che
spaccarono le
teche del museo e le finestre del palazzo
in un solo attimo.
La folla
iniziò a correre spaventata verso le uscite
mentre le maestre facevano accucciare i bambini per evitare che si
ferissero
con l’esplosione di schegge.
Mandò
avanti veloce mentre Jake Simmons camminava per
la stanza agitando le mani ed onde d’energia, più
piccole della prima, facevano
vibrare gli oggetti, agitandoli a tal punto da farli esplodere.
Alcune persone
erano riuscite a fuggire nel caos ma la
maggior parte dei visitatori e la scolaresca erano ancora presenti.
“Oliver
non so cosa abbia intenzione di fare ma se ha
delle richieste e se tiene in ostaggio quei bambini
…” disse lei preoccupata
“la polizia potrebbe concedergli ogni cosa”
Vide Ray
avvicinarsi alla porta a vetri del suo ufficio
e si affrettò a chiudere la chiamata mentre faceva sparire
dal monitor le sue
ricerche non lavorative: “Devo lasciarti, Oliver. Ti faccio
sapere più tardi se
scopro qualcosa”
E prima che lui
potesse ribattere riagganciò.
“Ray”
lo salutò mentre lui entrava “Che cosa ci fai
qui?” domandò nervosa “cioè
è ovvio che tu puoi stare qui, visto che
tecnicamente è la tua azienda e quindi puoi fare
praticamente tutto ciò che …”
“Felicity!”
la interruppe lui, mettendo fine al suo
monologo “La riunione è finita … volevo
sapere se andava tutto bene, visto che
sei scappata per rispondere al telefono”
“Sì
certo che sì!” rispose.
“D’accordo.
Senti volevo chiederti se in pausa pranzo
ti va di venire a mangiare un boccone con me … avrei bisogno
di parlarti”
“Ah
… in realtà ho già un
impegno” rispose titubante
“devo risolvere un paio di cose”
“Un
paio di cose?” domandò lui, per nulla convinto
della scusa che gli stava rifilando.
“Sì, ecco … mi
si è rotta la lavatrice e ha allagato mezzo bagno quindi ho
chiamato
l’idraulico e mi ha detto che sarebbe passato verso
quell’ora perciò …”
Felicity
sperò davvero che ci credesse ma non era così
convinta.
“Ok”
la sua voce piatta e inespressiva la colpì “senti
… non è che per
caso c’è qualcosa che
non va? Insomma ho fatto o detto qualcosa di sbagliato?”
“No,
no, figurati” si affrettò a dire
“assolutamente
nulla”
Sorrise
ostentando sicurezza mentre in realtà, dentro
di sé, non si era mai sentita così insicura in
vita sua.
Oliver accusato,
Roy in prigione, il meta-umano che
distruggeva la città, Lance che cercava a tutti i costi un
modo per incastrali,
Ra’s Al Ghul che la voleva morta e poi … Ray che
le aveva detto “ti amo”.
E lei che non
aveva risposto.
Era da quel
giorno in ospedale che cercava di evitare
il suo capo, nonché attuale fidanzato, perché non
sapeva che cosa dirgli.
Si vergognava
per essere scappata in quel modo orribile
senza fornirgli una spiegazione e ora non sapeva come comportarsi.
E il discorso
con sua madre non le aveva di certo
facilitato le cose.
Avrebbe dovuto
prendere una decisione e già sapeva che
cosa avrebbe scelto il suo cuore, lo aveva sempre saputo, ma il suo
cervello …
beh lui non era così d’accordo.
“Ti
lascio lavorare allora” le disse Palmer
congedandosi.
Lei gli sorrise
mentre lo guardava lasciare in suo
ufficio in silenzio.
Un poliziotto
stava scortando Roy Harper verso la
stanza interrogatori del distretto quando Laurel fece il suo ingresso
nell’ufficio del padre, trovando l’uomo indaffarato.
“Papà”
lo chiamò mentre lui usciva dalla porta senza
neanche notarla.
“Non
adesso, Laurel” fu l’unica risposta che ricevette
mentre scappava via di corsa.
Era andata alla
centrale per parlare di Roy: aveva
appena scoperto che lo avrebbero trasferito in un carcere di massima
sicurezza,
come il peggiore dei criminali.
“Sa
dov’è diretto il capitano Lance?”
domandò ad un
agente che passava di lì.
“Al
museo di botanica, come praticamente tutto il
distretto” gli rispose mentre il televisore posto in alto,
sopra le scrivanie
dei detective, trasmetteva il notiziario.
“Nuovo
incidente al museo di botanica di Starling City.
Le forze dell’ordine stanno arrivando sul luogo per cercare
di capire come
intervenire dal momento che un uomo pare essersi barricato
all’interno con
degli ostaggi. Secondo alcuni testimoni oggi era presente anche una
classe
delle elementari, in gita scolastica …”
Laurel rimase
sorpresa dalla notizia ma appena vide le
immagini capì di chi si trattasse: Jake Simmons aveva
colpito ancora.
Prese il suo
cellulare e compose quel numero che sapeva
ormai a memoria.
“Oliver,
ascoltami” gli disse appena lui ebbe risposto
“ho appena saputo dell’incidente al museo di
botanica … è lui vero?”
“Sì”
confermò l’uomo “Dig è
già là e Felicity sta
facendo delle ricerche. Non ti ho informato perché preferivo
che ti occupassi
di Roy”
“É
proprio per Roy che ti ho chiamato. Lo hanno portato
in sala interrogatori perché mio padre voleva parlargli ma
poi è scoppiato il
caos per via di Simmons ed è dovuto andare a dirigere le
operazioni” gli spiegò
mentre osservava il distretto, incredibilmente deserto a
quell’ora del mattino
“Ho scoperto che lo trasferiranno tra poco meno di due ore,
in un carcere di
massima sicurezza. Questo significa che sarà molto
sorvegliato e … pochissime
persone potranno andare a trovarlo. E temo che tu non sarai una di
quelle”
“Dannazione”
sbuffò infastidito “Ho bisogno di
parlarci”
“Io ho
un piano, ma è pericoloso” propose lei.
“Sarà
sicuramente meglio di nulla”
“Il
distretto è deserto, quasi tutti sono impegnati sul
luogo dell’incidente. Entrare sarà molto
più semplice del solito. Potrei
coprirti le spalle e farti accedere dal retro, nel frattempo io
terrò sotto
controllo i poliziotti che sono ancora qui. È rischioso
perché se ti scoprono
potrebbe essere la fine ma … temo sia l’unica
soluzione se vuoi parlare con
lui”
“D’accordo”
acconsentì dopo averci pensato qualche
istante “tanto vale provarci”
“Va
bene. Pensa a quello che devi dirgli, avrai poco
tempo” gli raccomandò “fammi sapere
quando arrivi sul retro”
Riattaccò,
sperando che tutto andasse nel verso giusto.
Poco
più di un quarto d’ora dopo Oliver Queen stava
imboccando il vicolo che dava su retro del distretto di polizia,
controllando
di non essere seguito.
Aveva molti
ricordi di quel posto: lui vestito da Arrow
che consegnava criminali ad un Lance molto più collaborativo
di quello degli
ultimi giorni, le numerose occasioni in cui intratteneva discorsi con
lui dalla
cime di quelle scale antincendio, le informazioni utili che gli passava
per
tenere al sicuro la loro città. Era triste pensare che tutto
ciò fosse finito,
che Quentin fosse cambiato e che ora lo odiasse così
profondamente.
Avvisò
Laurel mentre lanciava rapide occhiate intorno a
sé per accertarsi ancora una volta di essere solo.
Pochi istanti
dopo la porta si aprì e la donna lo
invitò a sbrigarsi ad entrare.
Si mossero con
cautela e circospezione mentre lei lo
precedeva, controllando ad ogni angolo che i corridoi fossero sgombri.
Anche il
più piccolo errore poteva comprometterli
enormemente, mandando all’aria tutti i loro piani e rendendo
vano il tentativo
di Roy di salvare Oliver.
“È
lì dentro” gli disse Laurel mentre controllava i
pochi poliziotti, tranquillamente seduti alle scrivanie a svolgere i
loro
lavori mentre in sottofondo si sentiva la voce della giornalista del
notiziario
in tv.
Oliver
sgattaiolò velocemente nella stanza, il più
silenziosamente possibile, e chiuse con cautela la porta alle sue
spalle.
Roy era seduto,
un braccio legato con le manette alla
sbarra in metallo del tavolo; indossava la tipica tuta arancione da
carcerato
mentre il suo sguardo appariva stanco ed annoiato.
“Oliver?”
si stupì quando lo vide e sul suo volto
apparve un debole sorriso, immediatamente seguito dalla preoccupazione
“Che
cosa ci fai qui? Ti hanno lasciato entrare?”
“No”
gli rispose lui mentre si accomodava sulla sedia
dall’altro lato del tavolo “sono riuscito ad
entrare di nascosto. Ho bisogno di
parlarti ma abbiamo pochissimo tempo”
“Oliver
se ti scoprono …”
“Non
succederà” lo interruppe immediatamente
“Laurel
sta tenendo alla larga i poliziotti da qui”
“Ok.
Come stai?” gli chiese Roy mentre Oliver
appoggiava le braccia sul tavolo.
“Questa
domanda dovrei fartela io!” controbatté
“Come
ti è saltato in mente di consegnarti alla polizia?”
Roy
sospirò: sapeva che lui non l’avrebbe presa bene
ma
era l’unico modo per rimetterlo in libertà.
“Ricordi
cosa ti ho detto quando ho scoperto che eri
Arrow?” gli domandò il ragazzo.
Oliver lo
ricordava molto bene, non avrebbe mai potuto
dimenticarlo.
“Mi
hai detto che ti ho salvato la vita”
“Adesso
posso salvare la tua” gli spiegò
tranquillamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Roy
non devi prenderti le responsabilità di quello che
io ho …”
“Ascoltami,
Oliver” lo guardò negli occhi, penetrandolo
con il suo sguardo “Tu sei l’unico in grado di
affrontare questa situazione:
l’unico che può uccidere Ra’s Al Ghul,
l’unico che può fronteggiare la Lega,
l’unico che può salvare tutti noi e la
città intera. Sei tu quello che può
escogitare un piano brillante per risolvere ogni cosa, tu sei
l’eroe. Ma
nonostante tu sia una persona maledettamente in gamba non puoi fare
tutte queste
cose se sei rinchiuso in una cella”
“Roy
io non ti lascerò marcire in prigione. Non ho
intenzione di vivere la mia vita sapendo che un amico ha pagato al mio
posto”
chiarì sostenendo il suo sguardo
“perciò ti farò uscire. Io, Diggle,
Felicity e
Laurel stiamo lavorando per questo, per tirarti fuori da
lì”
“Intendi
…”
Roy non era
sicuro di aver capito bene le intenzioni
dell’uomo ma aveva paura di sentire la risposta.
“Sì,
Roy. Ti faremo uscire, a qualunque costo. Abbiamo
bisogno anche di te per sconfiggere la Lega, io ho bisogno del mio
aiutante in
rosso”
“È
pericoloso” disse lui riferendosi all’evasione.
“Non
più del tuo folle gesto con la polizia”
decretò
Oliver “quindi resta vigile Roy, quando sarà il
momento te ne renderai conto”
Il ragazzo
annuì, consapevole che se Arrow aveva un
piano in mente allora sarebbe stato geniale. E soprattutto sarebbe
andato a
buon fine.
“Lance
mi sta ancora addosso per via di Arrow, non è
caduto nella tua trappola, perciò dobbiamo occuparci anche
di lui ma riusciremo
a cavarcela.
Abbiamo solo
bisogno di un po’ di tempo. Se dovesse
passare qualche giorno prima che tu riceva nostre notizie, sappi che
non ci
siamo dimenticati di te, staremo solo affrontando un centinaio di altri
problemi” sdrammatizzò.
“Non
credo riuscirò a venirti a trovare in prigione. Le
visite saranno troppo controllate e non credo mi lasceranno parlare con
te”
aggiunse poi mentre Roy continuava a sorreggere il suo sguardo.
“Prima
che a me, Oliver, pensa alla città. Pensa a
salvare le persone innocenti, pensa a sconfiggere la Lega. E quando ci
riuscirai, Arrow sarà di nuovo l’eroe in cui tutti
credevano. La polizia dovrà
lasciarti andare e allora libereranno anche me” gli disse
“Ricordati che,
qualunque cosa accada, io crederò sempre in te e
così farà Felicity. E Dig. E
Laurel. Avrai sempre il nostro appoggio”
Fu il turno di
Oliver di restare in silenzio, commosso
dal profondo affetto e dalla fiducia che Roy riponeva in lui.
“Se
dovessi tornare indietro, rifarei esattamente le
stesse cose perché non c’è nulla di cui
io vada più fiero che essere il tuo
aiutante”
Quelle parole
colpirono profondamente Oliver: Roy
riusciva sempre a stupirlo e non poteva più immaginare il
suo team senza di
lui. Era diventato parte integrante, era di fondamentale importanza
proprio
come Dig e Felicity.
“Devo
andare” disse Oliver, sapendo bene che era già
trascorso fin troppo tempo.
Ogni secondo che
si attardava rischiava di complicare
le cose e mettere Laurel in una brutta situazione.
Nel momento in
cui si alzò la porta si aprì e per una
frazione di secondo temette di vedere il viso di Quentin Lance.
“Devi
uscire subito” la voce di Laurel era concitata
“sta arrivando qualcuno”
Oliver corse
fuori dalla stanza nascondendosi nel
corridoio ancora libero.
Un agente stava
venendo proprio nella loro direzione.
“Ci
penso io” gli disse la donna mentre si avvicinava
al poliziotto con una scusa, offrendogli una via di fuga.
Si
precipitò verso la porta d’uscita, controllando
che
non ci fosse nessuno dietro l’angolo.
Dieci secondi
più tardi era di nuovo nel vicolo e con
grandi falcate si tuffò nella calca di persone che
affollavano la piazza, lì di
fronte.
Felicity
arrivò al covo in pausa pranzo trovando Oliver
e Diggle impegnati in un’accesa discussione.
“Che
cosa sta succedendo qui?” domandò senza riuscire a
capire di cosa stessero parlando.
“Oliver
è andato al distretto questa mattina, di
nascosto!” spiegò John, visibilmente contrariato.
“Che
cosa hai fatto?” chiese stupita.
“Era
importante” si giustificò lui, le braccia
incrociate al petto e lo sguardo furioso “So quello che
faccio! Laurel mi ha
dato una mano. Era l’unico modo che avevo per parlare con Roy
visto che Lance
ha deciso di spedirlo in un carcere di massima sicurezza”
Felicity si
strofinò le mani sul viso, sconsolata.
“D’accordo”
disse mentre Dig riprendeva a rimproverare
l’amico “finiamola qui! L’importante
è che sia andato tutto bene e che tu sia
tornato sano e salvo”
Il suo tono che
non ammetteva repliche placò il
diverbio tra i due e permise alla donna di raccontare il motivo per cui
era lì.
“Sono
finalmente arrivate le super manette di Cisco”
annunciò estraendo dalla borsa una piccola scatola nera che
posò sulla
scrivania.
Oliver la
aprì osservandone il contenuto.
“Siamo
sicuri che funzionino?” domandò perplesso John
“a me sembrano normalissime manette”
“Le ha
inventate Cisco, quindi …. credo proprio che
dovremmo fidarci” decretò la bionda mentre si
toglieva la giacchetta viola e la
posava sulla poltrona.
“Hai
scoperto qualcosa al museo?” chiese poi a Dig,
dopo qualche minuto di silenzio.
“Sì”
ripose “quell’uomo è un pazzo. Nessuno
è ancora
riuscito a capire cosa voglia davvero, forse vuole solo
notorietà sui giornali.
Ha tenuto in ostaggio i bambini di quella classe per circa
mezz’ora poi si è
volatilizzato. La polizia lo ha seguito ma lui ha continuato ad usare i
suoi
poteri ed ha ferito due agenti. Nulla di grave per fortuna, ma dubito
che
qualcuno riuscirà ad avvicinarsi a lui per ammanettarlo,
senza finire
bruciacchiato dalle sue sfere di energia”
“Fa
molto Dragon Ball” commentò sarcasticamente la
bionda ma dagli sguardi stupiti dei due amici dubitò che
avessero capito la sua
battuta “non ha importanza” aggiunse poi, sedendosi.
“Dobbiamo
trovare un modo per indebolire i suoi poteri,
in modo tale da poterlo avvicinare e catturare” disse Oliver.
“Sì
ma dubito che qualcuno sia in grado di farlo.
Insomma, io non saprei neanche da che parte iniziare”
sospirò John.
“Forse
un’idea io ce l’avrei”
Felicity si
trovò quattro occhi puntati addosso, cosa
che la mise leggermente in soggezione nonostante fossero gli sguardi
dei suoi
amici.
“Ci
vorrebbe una forza, una qualche specie di energia
uguale e contraria che annulli la sua e che lo lasci indifeso per
qualche
istante … giusto il tempo per catturarlo”
spiegò.
“E
quale sarebbe questa energia?” chiesero in coro i
due uomini.
Felicity sapeva
che c’era qualcuno che poteva aiutarli,
solo non sapeva se era disposto a farlo.
“Devo
prima verificare che la mia ipotesi abbia senso”
dichiarò “ci lavorerò oggi
dall’ufficio nei ritagli di tempo e stasera vi
darò
una risposta. Ora devo tornare a lavoro. Qualcuno mi deve accompagnare
o posso
fare da sola?”
“Non
saresti neanche dovuta tornare qui, da sola”
precisò Oliver mentre Dig infilava la giacca per scortare la
ragazza.
“Parla
colui che si è infiltrato di nascosto in un
distretto di polizia” gli fece eco lei mentre saliva su per
le scale.
Era ormai scesa
la sera su Starling quando Thea Queen
rientrò nel suo loft.
Posò
le chiavi di casa sul tavolino all’ingresso e
scalciò via le scarpe con il tacco che le stavano
massacrando i piedi.
Si
avviò scalza verso la cucina, grata a sé stessa
per
aver indossato un paio di jeans e una camicia a manica lunga invece dei
soliti
vestiti corti. Sentiva piccoli brividi di freddo percorrerle il corpo e
quando
vide i suoi comodi mocassini, abbandonati in una angolo della stanza,
li infilò
con grande piacere.
Si
servì un buon bicchiere di vino rosso dopo aver
stappato una bottiglia invecchiata qualche decina di anni.
Era distrutta.
Aveva soltanto voglia di sedersi sul suo
comodo divano e affogare le fatiche della giornata in quel corposo
liquido
rosso.
Ma proprio
quando afferrava il bicchiere, tenendolo
delicatamente per il gambo sottile, simile allo stelo di un fiore,
sentì un
leggero rumore alle sue spalle.
Sentì
il cuore pomparle sangue nelle vene, mentre
afferrava un grosso coltello dal ceppo sul bancone della cucina, senza
farsi
notare.
Aveva smesso di
avere paura molti mesi prima e questo
le aveva permesso di notare il più piccolo dei dettagli,
dandogli il giusto
peso.
Si
voltò rapidamente ma l’uomo che si
trovò di fronte
riuscì a farle provare un istante di puro angosciante
terrore.
La presa sul
bicchiere venne meno e il vetro sottile si
spaccò al contatto con il pavimento, mentre il liquido
scarlatto si riversava
sulle sue scarpe e mille spruzzi di vino le bagnavano la pelle scoperta
delle
caviglie.
Non aveva mai
visto quell’uomo però sapeva di
conoscerlo.
E quando i suoi
occhi penetranti incrociarono i propri
ne ebbe la conferma.
Ra’s Al Ghul.
Note:
ai lettori coraggiosi che sono arrivati sani e salvi alla fine di
questo lunghissimo capitolo ....
Volevo
ringraziarvi per le vostre recensioni e per chi segue pazientemente
questa piccola follia xD
Che
dire.... Thea è pericolo.... si salvi chi può! =D
A presto con il prossimo
capitolo ;)
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Capitolo 3 *** Evasione ***
cap3
Buonasera!
Ecco a voi il nuovo mega capitolo, giusto in tempo prima dell'episodio di questa settimana.
Penso di aver finalmente esaurito i temi che, a mio parere, verranno trattati nelle 3x19 ma chissà .... staremo a vedere!
Capitolo densissimo di avvenimenti, vi ho avvisati xD
Grazie
a tutto coloro che leggono questa storia e che mi sponano a continuare
a scrivere con le loro splendide recensioni! Grazie davvero, di cuore!
Buona notte!
P.S. Chi è eccitato di vedere la 3x19 alzi la mano! xD Io non sto più nelle pelle =D
Everything I did, everything that happened has led me right here.
Cap.3-
Evasione
Non aveva mai visto
quell’uomo però sapeva di conoscerlo.
E quando i suoi
occhi penetranti incrociarono i propri ne ebbe la conferma.
Ra’s Al Ghul.
Rimase immobile per qualche istante di fronte a quell'uomo
interamente vestito di nero, i capelli scuri pettinati all'indietro, che
lasciavano libera la fronte ampia.
"Finalmente ci conosciamo" le disse, la voce
oscura e profonda.
"Che cosa vuoi da me?" chiese mettendosi
sulla difensiva.
"Voglio semplicemente parlare un po',
chiacchierare con te" rispose.
"Io non ho niente da dirti"
"Sei proprio come tuo padre" commentò.
"Mio padre é un assassino. Io non sono affatto
come lui!" rispose con rabbia, mentre le dita fremevano per lanciare quel
coltello che ancora teneva nascosto.
Lui rise e la rabbia in lei crebbe ancora di più.
"Tu sei un'assassina. Hai giá ucciso in
passato" ribatté l'uomo "hai tolto la vita a Ta-er
al-Sahfer "
Thea si zittì, consapevole di quello che lui avrebbe
potuto farle per aver ucciso un membro della Lega.
Decise di reagire: non aveva intenzione di farsi
sopraffare da quell'uomo.
"Sì" ammise "ed é da quel giorno che mi
sono promessa di non farlo mai più, ma per te credo che farò un eccezione"
Lanciò il coltello con un movimento rapido e preciso:
la lama vibró nell'aria sibilando, diretta verso la gola di Ra's ma si fermò
prima di conficcarsi nella pelle chiara del suo collo.
Lui afferrò al volo quell'arma puntata contro di sé, la
lama ormai a pochi centimetri dall'obbiettivo.
La guardò con aria di sfida mentre abbasava il braccio,
il coltello ancora stretto in pugno.
“Mio fratello ti ucciderà”
Ogni singola parola, traboccante di veleno, uscì dalle
labbra della ragazza con tono miaccioso.
“Mi supplicherà” disse lui.
"Forse non lo conosci così bene, dopotutto"
"Io credo proprio di si" ribatté sicuro di sé
"perché so esattamente come distruggerlo, quali bersagli colpire, quali e
quanti sono i suoi punti deboli"
Thea rimase in silenzio mentre digrignava i denti e le
mani, strette a pugno, fremevano dalla rabbia.
"Tu, John Diggle, Lauren Lance, Roy Harper, ma
soprattutto .... Felicity Smoak. Questi sono i suoi punti deboli, ma tu ... tu
puoi diventare un punto di forza" spiegó "puoi finalmente redimerti
dalle tue colpe, rimediare all'assassino di Sara, evitare la condanna a morte
che pesa sulla tua testa, se solo aiuterai tuo fratello a capire qual é il suo
destino, quale posto nel mondo gli spetta"
"Lascia in pace i suoi amici" lo minacciò,
anche se sapeva che non l'avrebbe mai ascoltata.
"É molto triste, sai ..." le disse
"perché proprio in questo momento un mio leale servitore sta tenendo sotto
tiro una graziosa ragazza bionda .... ed entrambi sappiamo bene quanto Oliver
tenga a lei. Non oso nemmeno immaginare il dolore che tu proveresti nel vedere
tuo fratello, straziato dalla perdita della donna che ama" la sua voce
viscida le fece accaponare la pelle.
"Ma tu, Thea, puoi salvarla. Basta soltanto che mi
aiuti a fargli accettare la mia proposta"
"Quale proposta?" domandò, ancora all'oscuro
dell'offerta che Ra's aveva fatto ad Ollie.
"Davvero non te lo ha detto?" domandò mentre
un sorriso beffardo gli increspava le labbra "lui é destinato a diventare
qualcuno di importante, un uomo potente, un capo che tutti temeranno e rispetteranno.
Lui diventerà il nuovo me, il degno erede che cercavo ormai da anni. Oliver
Queen sarà il nuovo Ra's Al Ghul"
Quelle parole giunsero alle orecchie della ragazza con
la stessa potenza di un'onda burrascosa che la trascinava nella corrente,
impedendole di respirare e tramordendola con la sua forza impetuosa.
"Oliver non diventerà mai come te" pronunciò
con determinazione, scrutando quel pazzo dritto negli occhi.
"Allora soccomberá" le rispose "e sará
anche colpa tua"
Poi, con un movimento fulmineo, uscì sulla terrazza del
loft e saltò oltre il parapetto, mentre la notte lo inghiottì nella sua oscurità.
Il vento scompigliò i suoi capelli biondi, sciolti
sulle spalle, quando Felicity uscì dall'auto.
"Che cosa ci facciamo qui?" le chiese Oliver,
chiudendo la portiera con forza.
"Te l'ho detto" rispose lei "ho trovato
una soluzione al nostro meta problema"
"In un vicolo deserto, in piena notte?"
domandò sarcastico.
Lei non rispose, si limitò a chiudere l'auto e a
guardarlo con disapprovazione.
"É meglio non restare qui" aggiunse lui
"é troppo pericoloso, soprattutto per te"
"Potresti ascoltarmi per un minuto e smettere di
lamentarti?" chiese mentre lei si guardava in giro, attendendo una
persona.
Oliver si zittì, aspettando una sua spiegazione.
"Abbiamo sempre pensato di aver bisogno di
qualcosa per sconfiggere Simmons ma se in realtà ciò che ci servisse fosse una
persona?"
"Che cosa intendi?"
"Intendo dire ... Se non fossimo soli? E se ci
fosse qualcun altro che potrebbe aiutare?” disse mentre un uomo arrivava nel
vicolo.
Oliver si voltò, il corpo pronto a scattare in caso di
pericolo. Si tranquillizzò quando capì che non era un uomo della Lega, ma
realizzò quanto Felicity gli aveva appena detto.
Scosse la testa, altamente contrariato.
"Dagli almeno una possibilità, Oliver" gli
suggerrì mentre l'uomo li raggiungeva davanti all'auto.
"É un piacere rivederti, Oliver" lo salutò
stringendogli la mano.
"Ray" lo salutò senza riuscire ad aggiungere
altro.
Felicity guardò entrambi, spostando lo sguardo da uno
all'altro, per diverse volte.
"Ray ci può aiutare" iniziò la donna "la
tecnologia di ATOM é in grado di produrre una quantità di energia tale da
resistere a quella di Simmons e neutralizzarla"
Ray confermò quando lei aveva appena detto:
"Quando riusciremo a neutralizzare il suo potere tu potrai
catturarlo" aggiunse.
Calò il silenzio tra i tre per qualche istante fino a
che Oliver guardò la donna: "Posso parlarti un attimo? In privato"
Leì annuì mentre Palmer si appoggiava all'auto di Felicity,
attendendo un responso.
"Che cosa ti fa pensare che accetterò una proposta
simile?" domandò Oliver dopo essersi spostato di qualche metro dall'altro
uomo.
"Perché lui é l'unico che é in grado di
aiutarci" rispose con convinzione.
"Devo forse ricordarti che solo poche settimane fa
voleva vedere la mia identitá alla polizia? Non credo sia una scelta saggia.
Insomma potrebbe anche danneggiarci e la nostra situazione é già abbastanza
compromessa"
"Ha cambiato idea, ricordi?" gli rammentò.
"Sì ma ora che Lance mi ha arrestato lui si
propone di aiutarmi in azioni che potrebbero essere considerate illegali? Se
venissero a scoprire di questa collaborazione, Ray potrebbe essere a sua volta
accusato e dubito sia ciò che voglia"
"Ciò che vuole é salvare la città! Esattamente la
stessa cosa che desideri tu" gli disse mentre incrociava il suo sguardo
"Voi due siete molto più simili di quanto vogliate ammetterlo. Volete
aiutare le persone, rendere Starling un posto migliore e questa volta potete
farlo soltanto se lavorate insieme. Senza di voi Simmons vincerá"
Oliver abbassò lo sguardo, le mani infilate in tasca,
mentre rifletteva sul da farsi.
"Oliver, ti conosco! So che non vorresti mai che
la tua cittá cada nelle mani di uno squilibrato. A volte per fare del bene
bisogna scendere a compromessi. E questa é una di quelle volte"
Lui non rispose ma alzò di nuovo lo sguardo,
incrociando i suoi occhi.
"Non ti sto chiedendo di diventare il suo migliore
amico, solo di lavorarci insieme per qualche giorno" continuò lei.
"Stai iniziando a parlare come un eroe, lo
sai?" le domandò accennando un sorriso "Non é che per caso vuoi
rubarmi il lavoro?"
Lei sorrise di rimando ed Oliver non poté fare a meno
di pensare a quanto fosse bello il suo sorriso e quanto fosse orgoglioso di
lei.
Era diventata la persona saggia a cui chiedere
consigli, quella che lo spronova a dare il massimo, a continuare ad essere un
eroe per il bene della cittá.
Distolse lo sguardo dal suo viso e si avvicinò a
Palmer: "Facciamo una prova"
Ray si staccò dall'auto, felice che la sua proposta
venisse presa in considerazione.
"Ma questo non vuol dire che accetterò; voglio
prima accertarmi che possa funzionare" frenò subito l'entusiasmo
dell'uomo, per evitare successivi fraintendimenti.
Non sapeva con certezza se potesse funzionare ma almeno
quello era un piano, ed era già un passo avanti rispetto a cosa avevano loro in
mano in quel momento.
"Funzionerá, Oliver. Andiamo" disse Ray
diretto verso la Palmer Technologies.
Il grattacielo della ex-Queen Consolidated era deserto
a quell'ora tarda.
La cabina dell’ascensore dai caldi colori
giallo-arancio saliva imperterrita verso gli ultimi piani, trasportando i tre
verso l'ufficio di Palmer.
Trilló appena le porte si aprirono, lasciando uscire i
suoi silenziosi passeggieri.
Palmer fece strada e Oliver si stupì di come fosse
cambiato quello che un volta era il suo ufficio.
Ora c'erano molti più computer, il nuovo logo in
movimento che brillava sui monitor e migliaia di fogli sparsi sui tavoli.
Ray si tolse la giacca in pelle, inusuale per lui che
indossava sempre completi formali ed eleganti, e la gettó su uno dei divanetti.
A farle compagnia arrivarono anche lo spolverino viola
di Felicity e la giacca scura di Oliver mentre Palmer digitava qualcosa sulla tastiera
a folle velocità.
Sembrava quasi Felicity tanto si muoveva con agilitá,
ma le sue mani era molto meno graziose di quelle che a volte Oliver si perdeva
ad osservare al covo.
Felicity lo aiutò a programmare qualcosa su un chip e
lui li ascoltò parlare di cose di cui non capiva il significato.
Per un attimo invidiò le conoscenze di Ray e in fondo
capiva perché lei lo avesse scelto. Avevano diverse cose in comune, molte di
più di quelle che aveva lui con Felicity.
Vederli lì, uno accanto all'altro, chini sulla
scrivania a lavorare insieme, non gli fece altro che male ma cercò di reprimere
quella gelosia che veniva a galla pian piano.
"Dovrebbe funzionare così" disse Felicity per
poi voltarsi nella direzione di Oliver.
"Vado a prendere i clown" annunciò invece
Palmer, sparendo dalla loro vista.
"I clown?" domandò perplesso Oliver.
"Oh si, sono le sue cavie per sperimentare nuove
tecnologie" spiegò la donna mentre Ray tornava con tre gonfiabili rossi,
con raffigurato il viso di un pagliaccio.
"Mi facevano paura da piccolo" si giustificò lui
mentre Oliver lo guardava stranito.
Ne lasciò due in disparte mentre il terzo venne
posizionato ad un paio di metri di distanza, di fronte alla scrivania.
"Possiamo cominciare con la simulazione"
decretò l'uomo mentre indossava il guanto metallico di ATOM, settando parametri
per il chip.
"L'energia di Simmons" disse Felicity ad
Oliver "ha una potenza tale che riesce a mettere in movimento le molecole
degli oggetti e aumenta vertiginosamente le vibrazioni tra di loro"
Mentre la donna parlava Palmer azionò il dispositivo,
iraggiando il clown con un fascio di luce azzurra.
"Questo comporta un aumento della temperatura
surriscaldando il corpo solido" il viso del pagliaccio iniziò a sfumare
lentamente: i colori sulla plastica si fusero a poco a poco, miscelandosi fra
loro "fino a quando le molecole vibrano a tal punto da portare l'oggetto
sul punto di rottura causandone l'eslposione"
Come a voler confermare le sue parole il gonfiabile
esplose davanti ai loro occhi e centinaia di brandelli di plastica volarono in
aria, accompagnati dal tipico rumore di un palloncino appena bucato con uno
spillo.
"L'intesitá che ho usato su quel gonfiabile é
piuttosto bassa, per intenderci, non sarebbe mai riuscita a far esplodere tutte
quelle finestre al museo. Quindi Simmons dispone di molta più potenza e questo
lo rende enormemente pericoloso" spiegò Ray.
"Per il momento si é limitato agli oggetti ma se
iniziasse a sperimentare le sue doti sulle persone ... Inutile dire che avrebbe
effetti devastanti" osservò la donna.
"Volete usare la sua stessa energia per
sconfiggerlo?" chiese Oliver.
"Bisognerebbe poter disporre di una forza opposta
che di fatto neutralizzi l'effetto di quella del meta-umano. Quindi se lui
aumenta le vibrazioni delle molecole noi dovremmo di fatto diminuirle, in modo
che, applicando le due forze contemporaneamente, l'oggetto rimanga
inalterato" disse l'uomo "il problema sta nell'intensitá della forza:
non possiamo prevedere quanta Simmons decida di utilizzarne. E se le due
intensitá sono molto diverse l'oggetto esploderà comunque, oppure imploderà"
"D'accordo" disse Oliver tentando di capire
se quel folle piano avesse almeno un minimo di possibilità di riuscita
"ammesso che l'intensitá sia la stessa, come otteniamo la forza
opposta?"
"Io e Ray abbiamo fatto dei calcoli oggi
pomeriggio e in linea teorica dovrebbe funzionare" spiegò Felicity mentre
prendeva un altro chip e lo passava a Palmer per poterlo inserire in un secondo
apparecchio, simile ad un telecomando, abbastanza piccolo da poter stare nel
palmo di una mano.
"L'idea principale é quella di abbassare
esponenzialmente la temperatura, in un ridotto intervallo di tempo" spiegò
Palmer mentre porgeva ad Oliver l'apparecchio nero.
"Il freddo diminuisce le vibrazioni
molecolari" convenne Oliver “e questo basterà ad bloccare l’effetto dei
poteri di Simmons?”
“Non ne siamo ancora così sicuri” disse Ray “è per
questo che siamo qui. Per scoprirlo”
Felicity posizionò il secondo clown mentre Palmer
spiegava ad Oliver il funzionamento del suo apparecchio: come attivarlo, come
settare l’intensità e altri parametri.
“Al mio tre” Felcity si portò a distanza di sicurezza
mentre faceva partire il conto “Uno … due … tre”
Due fasci apparentemente uguali colpirono il gonfiabile
rosso che ondeggiò instabile sulla pedana di color nero.
I colori con cui era disegnata la faccia del pagliaccio
sbiadirono leggermente ma la plastica non si fuse mentre il raggio di Oliver
sembrò per un secondo voler ghiacciare la superficie, senza però riuscirci.
Passarono diversi minuti ma nulla accadde al clown
davanti a loro, che venne lasciato in pace dopo lo scadere dei tre minuti
dall’inizio dell’esperimento.
“Funziona!” annunciò felicemente Ray mentre Oliver
abbassava il congegno che teneva ancora in mano “Certo bisognerebbe ancora
testarlo ad intensità più elevate ma è un ottimo inizio”
Si voltò verso l’uomo a fianco a lui per raccogliere le
sue opinioni: “Se funzionerà anche ad intensità maggiori, credo che sia l’unico
modo che abbiamo per sconfiggere il nostro meta-umano”
“Quindi facciamo squadra?” domandò Ray, entusiasta di
poter finalmente rendersi utile per salvare la città “Batti il cinque!”
Oliver rimase spiazzato dalla sua reazione così gioiosa
e pimpante ma lasciò che la mano di Palmer schiacciasse con forza contro la
sua.
Felicity sorrise, contenta che Oliver avesse finalmente
accettato il suo aiuto.
“Ora dobbiamo testare come si comporta ad alta
intensità” disse Ray “ma prima devo vedere come te la cavi a prendere a pugni
qualcuno”
“Probabilmente meglio di te” gli rispose tagliente ma
accennando un sorriso quando realizzò di essere stato troppo duro con lui.
“Forse” la voce di Palmer era tranquilla, come se non
avesse colto il leggero astio nella voce dell’uomo “ma combattere a mani nude è
molto diverso che combattere con questo”
Gli mostrò un guanto metallico molto simile a quello
che lui ancora indossava, con la differenza che era completamente nero invece
che rosso.
Inserì all’interno il chip che prima alloggiava nel
piccolo telecomando e poi glielo porse.
“Provalo” gli consigliò “Ci vorrà un po’ prima che tu
riesca ad abituarti: il guanto ti farà perdere molta sensibilità, per questo è
meglio se ti alleni a prendere a pugni un sacco. Solo per entrare in confidenza
con la tua nuova mano”
Oliver lo prese e Felicity si avvicinò a lui,
aiutandolo ad indossarlo. Era molto più complicato di quanto potesse immaginare.
“Grazie” le disse con un sorriso quando ebbe finito di
sistemarlo, mentre tentava di muovere la mano. Era una sensazione piuttosto
strana sentire le dita muoversi insieme al metallo come se fossero una cosa
sola.
“Bene. Possiamo iniziare quando sei pronto” annunciò il
nuovo capo dell’azienda.
“Non mi dite che volete farlo davvero” disse la donna,
contrariata.
“Che cosa?” domandarono i due in coro.
“Prendervi a pugni”
“Io credo proprio di sì” concluse Ray mentre passava ad
Oliver un auricolare simile al suo “tienilo, così potremmo comunicare quando
usciremo in missione”
Oliver lo posizionò sul suo orecchio, sentendo forte e
chiara la voce dell’uomo che diede iniziò al loro improvvisato incontro di box.
Doveva ammettere che i primi colpi che sferrò non
andarono affatto a segno e iniziava a capire cosa intendesse Ray.
Schivò un colpo del milionario per un soffio mentre
riattaccava con un pugno che fece cilecca.
Felicity li osservò muoversi: Oliver decisamente più
impacciato di come era solito vederlo ma se la stava cavando bene.
Ad ogni colpo migliorava e i suoi pugni iniziarono
presto ad andare a segno.
Ci stavano andando leggeri perché il metallo rendeva
doloroso anche il più morbido dei colpi ma la donna non poteva fare a meno di
rabbrividire ogni volta che si scontravano, i guanti che tintinnavano, cozzando
l’uno contro l’altro.
“D’accordo” Ray mise fine allo scontro “devo ammettere
che non sei affatto male”
Oliver lo ringraziò per poi riprendere gli esperimenti,
sui più disparati oggetti, che andarono avanti per un paio d’ore.
Ogni tanto qualche oggetto esplodeva, o il freddo lo
ricopriva di migliaia di cristalli di ghiaccio, ma nella maggior parte dei casi
le loro prove andarono a buon fine.
Felicity decise di utilizzare quel tempo morto per
condurre altre ricerche su Jake Simmons, rintracciandone eventuali spostamenti
ma senza riuscire ad ottenere grandi risultati.
Cercò di carpire informazioni sul trasporto di Roy in
carcere, avvenuto in tarda serata, posticipato a causa dell’incidente al museo
di botanica.
Sì infiltrò nei database della polizia e scaricò ogni
pianta disponibile del carcere per riuscire a capire quali fossero i punti
deboli e quali quelli di forza della struttura.
Dovevano progettare l’evasione di Roy nei minimi
dettagli, diminuendo al minimo i rischi.
Quando Oliver e Ray finirono i loro esperimenti erano
ormai le passate le due di notte e la stanchezza iniziava ad appesantire le
palpebre di Felicity.
“Abbiamo finito per oggi” decretò Palmer mentre Oliver
si avvicinava alla donna, porgendole la sua giacchetta viola.
Lei staccò gli occhi dal computer e infilò il
soprabito, grata ai due uomini per aver sospeso le loro attività eroiche.
S’incamminò verso la porta a vetri mentre Oliver si
attardò: aveva bisogno di ringraziare Palmer.
“Io chiamo l’ascensore intanto” lo informò Felicity
uscendo dall’ufficio del suo capo.
“Grazie” gli disse Oliver e l’uomo rimase spiazzato.
“Non abbiamo ancora sconfitto …”
“Non per quello” lo interruppe “per aver salvato
Felicity, nell’ufficio del sindaco. Se non fosse stato per te … lei forse non
sarebbe qui ora”
“Lo avresti fatto anche tu al mio posto” gli rispose
“comunque … prego. Non c’è di che”
Oliver annuì, consapevole di quanto Ray Palmer tenesse
a lei. E anche se lui non gli piaceva, anche se l’aveva sempre detestato, non
poteva negare il fatto che lui fosse, in fondo, un brav’uomo.
E Felicity meritava di avere accanto una persona come
lui, un uomo che non mettesse la sua vita a repentaglio.
Il suo telefono suonò e il nome di Thea apparve sullo
schermo: “Scusa, devo rispondere” disse a Ray.
“Ollie, sono Thea” il suo tono di voce affannato fece
agitare Oliver “Felicity è lì con te?”
“No, lei …” il cuore iniziò a battere velocemente
mentre una strana sensazione di paura lo assalì.
“È pericolo, Oliver! Un uomo della Lega la sta
seguendo, la vogliono uccidere!”
Oliver sbiancò, colpevolizzandosi per averla lasciata
andare a chiamare l’ascensore da sola.
Palmer notò la sua espressione terrorizzata e lo seguì
di corsa quando Oliver scattò come una molla verso la porta dell’ufficio.
Svoltò l’angolo e Felicity era lì, di fronte alle porte
dall’ascensore, il piede che ticchettava nervosamente sul pavimento, in attesa
che la cabina si decidesse di arrivare al piano.
Fu in quel momento che Oliver sentì un vetro dietro di
lui andare in frantumi, proprio quando si buttava su di lei e la trascinava a
terra con il peso del suo corpo.
Caddero rovinosamente a terra mentre una freccia sopraggiungeva
veloce, ferendo di striscio il braccio di Oliver.
“Felicity” la chiamò notando che la ragazza teneva gli
occhi chiusi, schiacciata tra il pavimento e il suo corpo “Felicity, stai
bene?”
Posò una mano sulla guancia della donna, attirando il
viso vicino al suo per accertarsi delle sue condizioni.
“Sì, sì” rispose con voce tremante “sto bene”
Tirò un sospirò di sollievo mentre si alzava per non
pesarle addosso ma facendole comunque da scudo con il suo corpo.
Felicity notò la freccia accanto a loro, la punta
insanguinata che macchiava di rosso la superficie liscia del pavimento.
“Oliver, sei ferito?” domandò preoccupata, notando poi
il suo braccio da cui un rivoletto di sangue colava, impegnandogli la giacca.
“Non è niente” la rassicurò “è solo un graffio”
La voce di Ray sopraggiunse alle loro orecchie,
scoppiando quella bolla che sembrava avvolgerli, ovattando ogni rumore del
mondo esterno.
“L’ascensore!” disse indicando la cabina vuota, ormai
giunta all’ultimo piano.
Oliver aiutò la donna ad alzarsi velocemente per poi
nascondersi in quel parallelepipedo di metallo.
Palmer premette con forza il pulsante del piano terra e
l’ascensore si mise in moto, portandoli via da quell’incubo.
Osservava la città dall’alto di quel palazzo: i
lampioni che illuminavano fiocamente le strade, le mille luci dei grattacieli
che squarciavano il buio in competizione con quei brillanti puntini argentei
che decoravano il cielo.
Era sotto quella volta di stelle che Maseo tendeva il
suo arco, la freccia già in posizione sulla corda, pronta per essere scoccata.
Di fronte a lui il palazzo vetrato della Palmer
Technologies dominava la scena mentre lui osserva attentamente quelle tre
persone che erano da poco entrate nell’edificio e ora ne avevano raggiunto la
sommità.
Aveva un obbiettivo ben preciso: terminare il compito
che gli era stato affidato e che ancora rimaneva inconcluso.
Per diversi minuti aveva spiato i movimenti dei tre
nell’ufficio all’ultimo piano, con l’aiuto di un binocolo.
Ed era proprio in quel momento che i primi dubbi lo
avevano assalito, facendogli tremare le mani e corrodendo quella sicurezza di
cui, fino al giorno prima, disponeva.
Le parole di Oliver Queen continuavano a tornargli alla
mente risuonando nelle sue orecchie fino a farlo impazzire.
Le sue suppliche strazianti avevano riacceso in lui
qualcosa che non provava più da tempo: pietà.
Pietà per quell’uomo che era stato suo amico, per
quell’uomo che aveva perso praticamente tutto e che ora lo pregava di salvare
l’unica cosa preziosa che gli rimaneva.
Amore.
Era quello per cui Oliver lo implorava, per salvare
quella ragazza che era diventata il suo amore.
Perfino lui sapeva di averlo provato nei confronti di
una donna, un amore sconfinato ma che ora faceva fatica a ricordare.
Voleva cancellarlo, voleva scordare il suo nome e
dimenticare il suo viso ma non ci riusciva.
É come se io avessi
tentato di uccidere Tatsu.
Il suo nome continuava a tormentarlo come quello di
loro figlio Akio.
E nonostante cercasse di allontanare quei pensieri non
riusciva più a guardare Felicity e Oliver, in quell’ufficio, senza pensare a
quello che un tempo lui e Tatsu erano stati.
Tese la corda del suo arco cercando di ritrovare la
freddezza che gli serviva per scoccare quella freccia: aveva un compito da
portare a termine e non si sarebbe tirato indietro.
Vide la donna uscire dall’ufficio e capì che quello era
il momento giusto per agire.
Era sola, indifesa, lontana da qualunque persona che
avrebbe potuto salvarla.
Ma le dita sudate e scivolose lo tradirono, facendogli
perdere la presa sulla freccia. Abbassò l’arco e ripose l’arma nella faretra,
consapevole che non poteva uccidere quella donna.
Se lo avesse fatto Oliver non glielo avrebbe mai
perdonato, lui stesso non se lo sarebbe mai perdonato.
“Ra’s Al Ghul dubitava di te” una voce alle sue spalle
lo fece voltare di scatto “E ti sei appena rivelato per il traditore che sei”
Un altro uomo, incappucciato nel tipico completo scuro
della Lega, tese il suo arco dritto verso l’obbiettivo.
“No!” urlò Maseo gettandosi sul suo arco per evitare il
peggio ma era troppo tardi.
Vide la freccia scagliata volare nell’aria mentre le
sue braccia strappavano l’arco dalle mani di quell’uomo.
Sentì un pugno scagliarsi sulla sua mascella, che
scroccò dolorosamente.
Maseo contrattaccò innescando una lotta furiosa, che
proseguì per qualche minuto fino a quando scivolò, perdendo l’equilibrio sulla
ghiaia che ricopriva l’intera superficie del tetto. L’uomo corpulento lo
costrinse a terra, bloccandolo con il peso del suo corpo e stringendo le mani
intorno al suo collo.
Maseo si dimenò mentre sentiva la mancava d’ossigeno
farsi sempre più opprimente. Cercò di liberarsi di lui, allentando la presa di
quelle mani sulla sua gola, senza però riuscirci.
Sentiva i polmoni bruciargli per la mancanza d’aria
mentre l’uomo gli parlava, a pochi centimetri dal suo viso: “Dirò a Ra’s Al
Ghul che razza di traditore eri, Sarab”
Lui allungò un braccio, le dita che cercavano di
afferrare qualche pezzo di ghiaia.
Quando ormai pensava che avrebbe perso i sensi, trovò
la forza di reagire: lanciò quella piccola manciata di ghiaia sul suo viso,
colpendolo agli occhi.
“Il mio nome è Maseo” disse con voce strozzata.
L’uomo lasciò andare la presa sul suo collo dando il
tempo a Maseo per rialzarsi mentre tossiva per l’improvvisa quantità d’aria che
ritornò a riempire i suoi polmoni.
L'uomo tornò all'attacco spingendolo verso il
cornicione ma lui si spostò appena in tempo per evitare un pugno diretto al suo
viso. Il suo nemico perse l'equilibrio e precipitò nel vuoto sotto gli occhi
stupidi di Maseo.
Osservò il suo corpo senza vita, steso sul marcipiedie
trenta piani sotto di lui, per poi sparire nel buio.
“Restate qui” ordinò Oliver quando l’ascensore arrivò
al piano terra “Voglio controllare se c’è ancora qualcuno pronto ad ucciderci”
Uscì dalla cabina e Ray chiuse immediatamente le porte,
rimanendo solo con Felicity.
“Hey” la chiamò, posandole delicatamente una mano sul
braccio “va tutto bene? Mi sembri un po’ scossa”
“Io … “ iniziò titubante “è solo che … non avevo ancora
capito cosa volesse dire essere l’obbiettivo di qualcuno, essere seriamente in
pericolo. Se Oliver non fosse arrivato in tempo …”
“Oliver arriverà sempre in tempo per te” la interruppe
lui, mentre la guardava negli occhi.
“Che intendi dire?” domandò mentre si stringeva nella
giacca, improvvisamente infreddolita.
“Intendo dire che … lui tiene molto a te. E sarà sempre
al tuo fianco, per proteggerti”
Felicity sorresse il suo sguardo senza realmente capire
dove quel discorso li avrebbe condotti.
Non avevano più parlato seriamente di loro dopo la
permanenza dell’uomo in ospedale e ora si sentiva a disagio, non aveva idea di
come comportarsi in una situazione simile.
“Ho visto il suo viso quando ha realizzato quello che
stava succedendo, ho letto il terrore nei suoi occhi, quella paura che aveva di
perderti e che lo ha spinto a correre subito da te, come se non ci fosse nulla
che contasse di più al mondo” le disse senza mai staccare gli occhi dai suoi “e
quando ti ha chiesto se stavi bene, quello è stato il momento in cui ho capito”
“Ray …” cercò di dire qualcosa ma il suo cervello non
voleva collaborare.
“Lui ti ama, Felicity” sospirò mentre pronunciava
quelle parole, così dolorose perché maledettamente vere “E quando lui te lo
dirà, io credo che tu riuscirai a rispondergli”
“Ray, mi dispiace, io …” la sua voce fu poco più che un
sussurro, mentre si vergognava profondamente per quello che gli aveva detto
quando lui si era dichiarato.
“Non dispiacerti. Va tutto bene” provò a convincere
anche sé stesso ma non fu così semplice “In fondo l’avevo sempre temuto. Sapevo
che provavi qualcosa per lui, l’ho sempre saputo, ma oggi ho realizzato che
quello che senti è molto più di un semplice qualcosa”
Felicity non seppe cosa dire e quella cabina metallica
divenne improvvisamente troppo piccola per contenere tutto l’imbarazzo che
provava in quel momento. Desiderò tanto che Oliver tornasse in fretta e che la
tirasse fuori da quella situazione.
“Sei una donna fantastica, Felicity” le prese le mani e
le strinse delicatamente tra le sue “e meriti di essere felice. Ma non potrai
mai esserlo con me, perciò …. è giusto che tu sia libera di esserlo”
Lei lo abbracciò, seguendo l’istinto, nello stesso modo
in cui si stringe un vecchio amico che non si vede da tempo: con affetto.
“Grazie …” sussurrò al suo orecchio “per aver capito”
Lui annuì mentre scioglieva l’abbraccio e proprio in
quel momento le porte dell’ascensore si riaprirono.
“Via libera” annunciò Oliver, portando Felicity via con
sé.
Aveva appena trascorso la sua prima ora in carcere
quando la porta della sua cella si aprì.
Quentin Lance fece il suo ingresso e si sedette di
fronte a lui mentre la porta si richiudeva alle sue spalle, accompagnata dal
rumore metallico delle chiavi che giravano nella serratura.
Roy se ne stava seduto con la schiena appoggiata al
muro, osservando quella che per un po' sarebbe stata la sua casa.
"A cosa devo la sua visita?" chiese dopo
qualche attimo di silenzio.
"Voglio fare un patto con te, Roy" gli
propose il capitano "tu mi aiuti a trovare Arrow e io lascierò cadere le
accuse nei tuoi confronti, quelle relative alla tua attivitá notturna come
Arsenal"
"Credo ci sia un errore" rispose mentre
faceva girare lo sguardo sulle pareti grigie e spoglie della sua cella
"lei ha giá trovato Arrow. Ed é qui in questo momento, proprio di fronte a
lei"
"Sai bene che questo non é vero. Oliver Queen é
Arrow, e trovo alquanto
vile il suo comportamento nei tuoi confronti. Davvero
lascerebbe un suo amico in carcere a pagare per le sue colpe? Questo non é di
certo il comportamento di un eroe"
"La smetta con questa storia, capitano" gli
disse con fermezza "ha giá catturato il vero giustiziere. Si goda la sua
vittoria"
Quentin scosse la testa con evidente disappunto mentre
posava i gomiti sulle ginocchia e fletteva la schiena, protendendosi verso il
ragazzo e diminuendo la distanza fra loro.
"Dimmi dove si nasconde, Roy" la sua voce era
dura e determinata "dimmi qual é il suo luogo segreto dove si rintana ogni
sera mentre tu rimani qui, chiuso in questa cella, a marcire per causa sua"
"Io non ho nessun posto segreto dove nascondermi,
a parte il mio appartamento a The Glades. Ma penso che a quest'ora lo avrete
giá perquisito, senza trovare nulla di utile" rispose mentre anche lui
accorciava la distanza tra loro, replicando la posizione in cui il capitano era
seduto.
"Perché non vuoi capire, ragazzo? Perché ti ostini
a proteggerlo anche quando lui ti ha abbandonato in questo posto?" domandò
alterato.
Roy rimase in silenzio, impassibile.
“Sto cercando di salvarti figliolo” gli disse,
addolcendo il tono di voce.
“Non ne ho bisogno” fu la sua unica risposta prima che
Lance si alzasse e lo lasciasse nuovamente solo.
Quando Oliver e Felicity tornarono al covo trovarono
Thea ad aspettarli.
"Felicity, stai bene?" le chiese andandole
incontro per abbracciarla.
"Si, sto bene. Non mi é successo nulla"
"Ollie, devo raccontarti un paio di cose"
disse la ragazza rivolta a suo fratello.
Lui si sfilò la giacca e solo allora Thea notò che
sanguinava.
"Che cosa ti é successo?" chiese preoccupata
mentre Felicity prendeva il kit di pronto soccorso.
"Mi ha salvato la vita" spiegò la bionda
"quella freccia era destinata a me"
"Sto bene" confermò Oliver "non c'è il
caso di preoccuparsi, é solo una ferita superficiale"
"Ma che va comunque medicata" chiarì Fel
mentre lo obbligava a sedersi sulla sua poltrona in pelle.
"Ra's é venuto a farmi visita" Thea sganciò
la bomba come se nulla fosse mentre Oliver si alzò nuovamente in piedi,
impedendo alla donna di medicarlo.
"Che cosa?" chiese sconcertato "stai
bene?"
"Si, sto bene, non mi ha fatto nulla" lo
rassicurò.
"Allora perché é venuto?"
"Voleva proprormi un accordo. Se io lo avessi
aiutato a convincerti ad accettare la sua proposta lui in cambio avrebbe fatto
cadere il mandato di morte che grava sulla mia testa da quando ho ucciso
Sara" spiegò "ovviamente non ho accettato e lui mi ha detto che ti
toglierá tutto ciò che ti rimane. I tuoi amici, Felicity, me e qualunque altra
persona a cui tieni. Mi ha anche detto che un uomo stava seguendo te, Felicity,
e che ti avrebbe ..."
"Uccisa" concluse la bionda al suo posto.
"Già. Appena lui se n'è andato ho chiamato Ollie
per avvisarlo del pericolo e poi ... Credo sappiate meglio di me cosa é
successo"
Oliver ascoltò con attenzione ogni parola di Speedy ma
c'era qualcosa che non gli tornava.
"Perché avvisarti?" esternò a voce alta i
suoi pensieri e le due donne lo guardarono interrogative, senza capire.
"Perché dirti che Felicity era in pericolo proprio
in quel momento?" spiegò "perché rischiare di compromettere la
riuscita del suo piano dicendoti una cosa simile, ben sapendo che mi avresti
immediatamente avvisato?"
"Io ... Non ne ho idea" disse Thea
"forse voleva farti capire che non stava scherzando, che ha seriamente
intenzione di danneggiarti fino a che tu non farai ciò che lui vuole"
"Nessuno sottovaluta Ra's Al Ghul. Insomma, sanno
tutti che non é un uomo incline agli scherzi. C'è qualcosa di strano ... Lui
non fa nulla se non con uno scopo ben preciso e io devo scoprire qual é, per
poter anticipare le sue mosse"
"Abbiamo altre visite" annunciò Felicity
mentre Malcom Merlyn faceva il suo ingresso al covo.
"Io me ne vado" annunciò Thea "ho un
locale da gestire al piano di sopra"
Si dileguò in fretta mentre Malcon comunicò il motivo
della sua visita: "Ho bisogno di parlare con te, Oliver. In privato"
"Tolgo il disturbo" disse controvoglia la
donna mentre sentiva gli occhi di Merlyn puntati addosso.
"No, ce ne andiamo noi" intervenì Oliver
"é più sicuro se tu rimani qui"
Lui e Malcom uscirono dalla porta sul retro mentre
l'aria fredda della notte li accoglieva nella sua gelida morsa.
"Che cosa volemi dirmi?" domandò,
preparandosi al peggio. Aveva imparato a sue spese che non c'era mai un limite
quando si parvala di Malcom Merlyn.
"Pensavo fosse ovvio" rispose "non si
parla di altro sui giornali, benché la notizia dell'incidente sul ponte e al
museo ti abbia fatto perdere qualche prima pagina"
Oliver non rispose, attendendo che continuasse.
"Sappiamo bene che il vero giustiziere é ancora a
piede libero ma la città lo crede in prigione, così come la polizia.
Starling City ha smesso di credere al suo eroe
mascherato ed ora un altro psicopatico sta tentando di mettere a ferro e fuoco
la cittá ..."
"Arriva al dunque, Malcom" lo bloccò Oliver,
cercando di capire ciò che voleva da lui.
“Ci sono persone che vengono uccise" disse mentre
prendeva a calci un piccola pietruzza, abbandonata sull'asfalto del vicolo,
come se quello che stesse dicendo non gli importasse poi più di tanto "I
tuoi giorni come Arrow sono finiti. Roy Harper è in prigione. E qualcuno deve
proteggere questa città”
"Sto cercando di proteggerla" ribatté Oliver.
"Non ci stai riuscendo!" gli dissi con tono
burbero "Non puoi più proteggerla nello stesso modo in cui lo facevi fino
a poco tempo fa"
"E che cosa dovrei fare?" domandò allargando
le braccia, aspettando che lui lo illuminasse con una brillante idea.
"C'è un solo modo per salvare Starling e se tu
tieni davvero quanto dici alla tua città, allora hai una sola scelta"
spiegò mentre lo guardava dritto negli occhi "devi accettare la proposta
di Ra's Al Ghul"
"No" fu la risposta secca che ricevette.
"Non é il momento di fare i capricci, Oliver. Non puoi
più intervenire come Arrow per risolvere i problemi perché la copertura di Roy
salterebbe, conducendo nuovamente la polizia a te. E tu non vuoi trascorrere il
resto dei tuoi giorni in carcere, non é così? É per questo che lasci che Roy si
prenda la colpa, perché così puoi continuare la tua vita come uomo libero"
"Questo non è vero" rispose arrabbiato
"La scelta di Roy non é stata una mia idea"
"No, forse no. Ma in fondo é stata molto
coveniente per te. Ecco perché ora lo stai abbandonando"
"Io non lo sto abbandonando! Farò tutto il
possibile perché venga rilasciato" disse alzando la voce, arrabbiato.
"Davvero? E come pensi di fare? Tutte le prove
sono contro di lui, nessuno riuscirà a liberarlo"
“Farò evadere Roy di prigione” gli disse zittendolo.
"Questa è l'idea più stupida che io abbia mai
sentito! Non ci riuscirai mai, Oliver"
"Invece si" rispose sicuro di sé "ora se
non hai altri preziosi consigli puoi anche andartene"
Gli voltò le spalle e rientrò nel covo, sbattendo la
porta dietro di sé.
"Va tutto bene?" gli chiese Felicity quando
lo vide rientrare "che cosa voleva Merlyn?"
"Nulla di importante. Solo dire la sua sulla
questione di Roy e sulla proposta di Ra's" spiegò "dice che dovrei
accetarla per mettere fine a tutto questa situazione"
"Tu non intendi farlo, vero?" domandò lei preoccupata.
"Io .... no. Prima devo occuparmi di Simmons e far
uscire Roy di prigione, poi penserò a come eliminare Ra's Al Ghul una volta per
tutte"
"Ma ancora prima faresti bene a pensare a te
stesso" gli indicò il braccio sanguinante mentre parlava "va medicato"
Lui si sedette sullo sgabello, davanti al tavolo
metallico al centro della stanza, togliendosi il maglioncino marrone per
facilitare il lavoro alla donna.
Felicity si meravigliò ancora una volta del suo petto
muscoloso e del suo fisico statuario, nonostante fosse abituata a vederlo senza
maglietta.
"Brucerà parecchio" lo avvisò prima di
bagnare la ferita con del disinfettante.
Lo vide chiudere gli occhi ma non si lamentò neanche
una volta, nonostante la ferita pareva friggere, creando una sgradevole patina
bianca sulla pelle di Oliver.
Lavò via il sangue ormai rappreso intorno alla ferita,
per poi fasciargli il braccio con un benda.
"Fa male?" gli chiese quando ebbe finito.
"Ho visto di peggio" le rispose sorridendole.
"Grazie ... " lo guardò in quegli occhi
azzurro cielo, mentre posava la mano sulla spalla dell'uomo "per avermi
salvato"
"É il minimo che potessi fare" rispose mentre
lei lasciava scivolare le dita sulla sua pelle, per poi allontarsi e
permettergli di rivestirsi.
Un insistente beep svegliò Oliver di soprassalto.
Stropicciò gli occhi, ancora assonato, e si ricordò di
aver lasciato a Felicity la sua brandina per riposare, mentre lui si era appisolato
sulla poltrona della postazione computer.
"Felicity" la chiamò mentre leggeva le
notizie che apparivano sugli schermi.
Lei mugugnò, infastidita da quella voce che stava
disturbando il suo riposo.
La chiamò ancora e lei si svegliò, sbattendo più volte
le palpebre e sbadigliando.
"Oliver?" chiese per assicurarsi di non aver
immaginato tutto quanto.
"C'è appena stato un assalto ad un
portavalori" spiegò lui mentre la donna lo raggiungeva "é
Simmons"
"Ne sei proprio sicuro?" domandò, per poi
bloccarsi alla vista della scena sul monitor.
Chiuse gli occhi, disgustata da quella scena.
Simmons aveva utilizzato i suoi poteri sui due uomini
che guidavano il furgoncino e ora i loro corpi dilaniati dall'esplosione
molecolare giacevano sull'asfalto.
Quella scena le fece accapponare la pelle mentre Oliver
si alzava per lasciarle il posto.
"Rintraccia il furgone e non perderlo di
vista" le disse "vorrà scappare con quei soldi e sparire dalla
circolazione; con un po' di fortuna ci porterà dritti al suo nascondiglio"
Prese il telefono e compose il numero di Palmer.
Squillò diverse volte prima che l’uomo rispondesse ma
alla fine sentì la sua voce assonnata: “Pronto”
“Prepara la tuta. Simmons ha colpito di nuovo”
Oliver Queen percorreva le strade della città a cavallo
della sua fidata moto, vestito completamente di nero.
Quando era uscito dalla Palmer Technologies qualche ora
prima, per controllare che l’uomo che aveva tentato di uccidere Felicity
fosse scappato, aveva trovato un membro
della Lega, privo di vita.
Lo aveva privato della casacca nera che i membri di
quella setta erano soliti indossare, lasciandogli solo quelli civili che
indossava al di sotto.
Sapeva che prima o poi quel costume sarebbe potuto
rivelarsi utile ed aveva deciso di indossarlo per catturare Simmons, visto che
non poteva utilizzare il suo amato completo verde.
La voce di Felicity lo guidava per le strade di
Starling, seguendo il furgone a debita distanza per non insospettire il loro
uomo.
Ray Palmer aveva optato per un mezzo di trasporto meno
convenzionale del suo ed Oliver poteva vederlo volare nel cielo, seguito da un’ormai
nota scia blu.
“Credo di aver capito quale sia il suo rifugio”
annunciò Felicity ad entrambi.
Era una sensazione strana lavorare contemporaneamente
sia con Oliver che con Ray, ma cercò di non farsi distrarre da quella insolita
novità.
“Ci sono diversi edifici abbandonati nella zona della
città in cui si sta dirigendo, ma soltanto uno ha ancora un impianto di
riscaldamento funzionante. Se io fossi in lui, con questo freddo, mi
nasconderei lì”
“D’accordo” disse Oliver “di quale palazzo si tratta?”
“Della vecchia industria di scarpe di Starling City”
“So dove si trova” dissero in coro Ray ed Oliver, per
poi zittirsi, sconvolti da quella inaspettata sincronia.
Oliver rallentò quando si avvicinò all’edificio per poi
spegnere il motore a avviarsi a piedi.
“Io passo dal retro” gli disse Palmer, atterrando dall’altro
lato della struttura.
Oliver prese una freccia dalla faretra e la incoccò
sull’arco, pronta per essere scagliata.
Sapeva che non sarebbe bastata una freccia per
catturare Simmons ma stringere tra le mani quell’arco gli infondeva sicurezza,
ricordandogli come si sentiva quando Arrow non era ancora un ricercato della
polizia.
Entrò nell’edificio buio, procedendo con cautela,
cercando di far abituare i suoi occhi alla scarsa luce.
Intravide la sagoma del furgone scuro, parcheggiato in
quello che una volta era la grande sala della fabbrica.
Si appiattì lungo i fianchi metallici del mezzo mentre
si avvicinava al posto del guidatore. Tese l’arco e guardò all’interno dell’abitacolo
ma non c’era nessuno.
“Cucù” la voce di Simmons echeggiò nella grande stanza
vuota mentre Oliver si voltava verso di lui.
Un’onda di energia si abbatté contro di lui ma riuscì a
muoversi abbastanza rapidamente da evitarla.
Nel punto in cui si trovava fino ad un istante prima la
portiera del furgone era deformata e il metallo era diventato rosso intenso, segno
che la superficie era ormai incandescente.
“Non sarai così stupido da pensare di potermi fuggire”
gli disse, la voce sarcastica e incredibilmente squillante.
Indossava un lungo soprabito nero, in contrasto con la
sua pelle chiara e i capelli biondo cenere.
Oliver si nascose dietro il furgone, giusto in tempo
per evitare un'altra ondata di vibrante energia diretta verso di lui.
Ray entrò nella stanza, dalla porta sul retro,
sopraggiungendo alle spalle del meta-umano.
Ma Jake fu più veloce del previsto. Si mosse
rapidamente e lo bloccò con una lunga catena in ferro, che penzolava dal
soffitto della vecchia fabbrica.
La strinse come un cappio intorno all’armatura di ATOM,
bloccandolo e obbligandolo ad inginocchiarsi davanti a lui.
Oliver puntò il suo arco, pronto a scoccare una freccia
ma Simmons lo bloccò: “Credi davvero di potermi fare del male con una banalissima
freccia?”
Rise mentre stringeva la presa: “È meglio se abbassi
quell’arco o farò diventare il tuo amichetto di latta una grande palla
infuocata”
Oliver esitò, studiando ogni movimento dell’uomo
davanti a lui.
“Buttalo!” urlò arrabbiato “O giuro che lo uccido
subito!”
“D’accordo” acconsentì abbassandosi lentamente sulle
ginocchia per posare l’arco e la faretra a terra.
“Allontana le tue armi da te” gli ordinò.
“Oliver” la voce di Felicity arrivò forte e chiara ai
due eroi “se dovesse decidere di usare comunque i suoi poteri contro Ray … le
molecole del metallo hanno bisogno di una grande quantità d’energia per
iniziare a vibrare, perciò … io credo utilizzerà la massima potenza di cui
dispone”
Oliver settò il guanto alla massima intensità,
tenendolo nascosto dietro il lungo mantello, per evitare che Simmons si insospettisse.
“Lascialo andare” disse con tono perentorio al
meta-umano “ho fatto ciò che volevi perciò rispetta i patti”
“Io non ho mai promesso che lo avrei lasciato andare”
disse mentre un ghigno appariva sul suo viso pallido.
Posò la mano sulla spalla di Ray e una frazione di
secondo più tardi la sua devastante energia si riversava sull’uomo
inginocchiato, completamente indifeso.
Oliver reagì immediatamente lasciando fuoriuscire la
massima intensità del flusso dal guanto metallico, puntandolo dritto sull’armatura
di Pamer.
“Spero davvero che il tuo giocattolo nuovo funzioni
come si deve” disse rivolto a Ray mentre vedeva chiaramente la smorfia di
dolore contrarre il suo viso, dietro il vetro di protezione del casco.
Ray sentiva le due energie opposte investirlo con tutta
la loro potenza e per un attimo temette che quel caldo fondesse la sua armatura
fino a farlo esplodere.
Il flusso ghiacciato fu inizialmente un sollievo ma poi
divenne anch’esso una tortura.
Era come se caldo e freddo lo investissero
continuamente, alternandosi per brevissimi ma intensi periodi: lo sbalzo
termico lo stava distruggendo ed iniziò seriamente a pensare che non sarebbe sopravvissuto
a quella notte.
Poi, dopo un paio di minuti di continua lotta tra fuoco
e ghiaccio, tutto finì esattamente come era iniziato.
Sentì la presa della catena venire meno e si voltò
appena in tempo per vedere Simmons che cadeva all’indietro, sbalzato dalla
forza del getto che fuoriusciva dal guanto.
Oliver gli fu subito addosso, bloccandolo a terra con
il peso del proprio corpo.
Un rassicurante click metallico riempì l’aria e le
manette di Cisco si adattarono perfettamente ai polsi dell’uomo.
Simmons agitò le mani, cercando disperatamente di
liberarsi da quello impiccio, ma nessuna onda d’energia venne prodotta dai suoi
palmi.
“Mai dubitare delle invenzioni di Cisco Ramon” commentò
sollevata Felicity, strappando un sorriso ad Oliver.
“Ce l’abbiamo fatta” disse a Ray, complimentandosi con
lui per il suo guanto super tecnologico.
“Che cosa ne facciamo di lui?” gli chiese Palmer,
riferendosi a Jake.
“Se ne occuperanno a Central City” rispose mentre si alzava
in piedi e trascinava con sé il loro meta-prigioniero.
Meno di cinque minuti più tardi, a Central City, Cisco
Ramon osservava soddisfatto il loro nuovo ospite nelle prigioni degli Star
Labs, direttamente consegnato da Starling come un pacco inviato per posta
prioritaria.
La posta più veloce del mondo, di nome Barry Allen.
Era ormai pomeriggio quando Roy venne prelevato dalla
sua cella, dicendogli che c'erano visite per lui.
Lo scortarono fino alla sala dove si tenevano gli
incontri e quando vide la persona che lo stava aspettando non poté che esserne
felice.
Appena la porta si era aperta il suo sguardo aveva
incrociato quello di lei e un sorriso era nato sulle labbra di entrambi.
Thea lo stava aspettando, seduta su un scomodo sgabello
metallico, dall'altra parte dello spesso vetro che divideva la zona visitatori
da quella dei carcerati.
Si sedette di fronte a lei mentre afferrava la cornetta
che permetteva loro di comunicare.
“Come stai?” le chiese preoccupata.
“Va tutto bene” cercò di rassicurarla “Sto bene”
“Perché lo hai fatto, Roy?” chiese lei, gli occhi
lucidi per via delle lacrime che rischiava di versare.
“Perché dovevo, perché volevo farlo. Era l’unico modo
per salvarlo” gli rispose.
“Lui non è affatto d’accordo su questa cosa”
“Lo so, me lo ha detto personalmente” disse mentre
ricordava il discorso avuto con Oliver il giorno prima “ma non ha importanza.
Sono sicuro di aver fatto la cosa giusta e se servisse lo rifarei”
Thea annuì: sapeva quanto Roy stimasse Ollie e quanto
gli volesse bene, come un fratello.
“Che cosa succede là fuori?” le chiese curioso “Sono
fuori dal mondo da poco più di un giorno e già sembra che sia successo il
putiferio in città”
“Sì” confermò la ragazza “Ci sono stati un po’
d’incidenti in queste ultime ore. Ma per fortuna è tutto finito e l’uomo che
sprigionava energia da tutti i pori è stato catturato”
“Per fortuna” sospirò lui.
“Ra’s è venuto a trovarmi questa notte” disse.
“Cosa?” Roy rimase scioccato da quella notizia.
“Voleva che lo aiutassi a convincere Oliver a diventare
il nuovo capo della Lega. E non ha reagito molto bene quando gli ho detto di
no”
“Che cosa ha fatto? Stai bene?”
“Sì, non mi ha fatto del male. Ma ha minacciato di
distruggere Oliver, ha detto che lo avrebbe fatto soffrire, portandogli via
ogni cosa”
Roy scosse la testa. Non poteva credere che tutto
quello stesse succedendo davvero.
“Roy” lo chiamò Thea dopo qualche attimo di silenzio
“ti tireremo fuori di qui, in un modo o nell’altro”
“Non farti coinvolgere in tutto questo” le raccomandò
“apprezzo lo sforzo di Oliver ma è meglio se stai alla larga del suo piano
perché se dovesse fallire passerai anche tu il resto dei tuoi giorni in
prigione”
“Sono già coinvolta, Roy. E non ho intenzione di
tirarmi indietro” ribatté decisa.
“Promettimi che farai attenzione, Thea. Non voglio che
ti accada qualcosa per colpa mia”
“Non succederà” lo tranquillizzò “piuttosto come ti
trovi?”
“Il letto non è comodo come quello di casa mia ma non
c’è male”
Thea rise e Roy rimase incantato ad ascoltare quella
melodia, che era il suono più bello che avesse sentito negli ultimi giorni.
Tornarono seri dopo qualche istante e Roy riprese il
suo discorso: “Ho scoperto chi sono i miei vicini di cella e non è stata una
bella sorpresa”
“Che cosa intendi dire?” domandò preoccupata.
“Ci sono parecchi uomini di Brick rinchiusi qui” spiegò
“e da come bisbigliano quando mi vedono, come si comportano … loro pensano che
io sia Arrow e temo che vogliano vendicarsi dell’uomo che li ha messi in
prigione”
“Stai dicendo che …” ora sì che era preoccupata.
“Non lo so” sospirò sconsolato “forse sono solo
paranoico”
“Tieni gli occhi aperti, ok? Noi ti tireremo fuori di
qui il prima possibile e tutto questo diventerà solo un brutto ricordo”
Il loro discorso venne interrotto da una delle guardie
che si avvicinò a Roy, comunicandogli che il tempo della visita era terminato.
Ebbero a malapena il tempo di salutarsi prima che lui
sparisse nuovamente dietro la pesante porta da cui era entrato.
“Ollie” Thea scese di corsa le scale che conducevano nel
covo, chiamando a gran voce il fratello.
“Thea, va tutto bene?” gli chiese lui, preoccupato
dalla fretta con cui scendeva i gradini.
“Sono appena andata a trovare Roy in carcere” esordì
una volta raggiunto il fratello “dobbiamo farlo uscire al più presto”
“Thea, lo so che non vedi l’ora di poter liberare Roy
ma non siamo ancora pronti. Dobbiamo pianificare tutto nei minimi dettagli”
“No, non possiamo aspettare ancora. Lui mi ha detto che
ci sono parecchi uomini di Brick rinchiusi insieme a lui e teme che si vogliano
vendicare del giustiziere che ha tolto loro la libertà”
“Ne sei sicura?” gli chiese, seriamente preoccupato
“Questo potrebbe essere un grosso problema”
“So che è rischioso ma credimi, non te lo avrei chiesto
se non fosse così urgente. Aspettare ancora potrebbe voler dire condannarlo a
morte”
“Felicity” chiamò Oliver “a che punto sei con le
ricerche?”
“Ho acquisito praticamente tutte le informazioni
necessarie per poter aggirare i sistemi di sicurezza ma ci vuole tempo per
perfezionare i dettagli” rispose.
“Se veramente gli uomini di Brickwell tramano qualcosa
contro Roy, ogni ora che tardiamo potrebbe costarci molto cara” commentò
Oliver.
“Non so se stiano progettando una vendetta contro Roy
ma di sicuro sono richiusi nella stessa prigione” disse Felicity proiettando
sui monitor gli esiti della sua ricerca “e di certo non è una notizia
rassicurante”
“Dobbiamo anticipare l’evasione”
La donna si voltò verso Oliver, facendo ruotare su sé
stessa la poltrona: “Di quanto esattamente?”
“Questa sera” decretò l’uomo.
“Questa … sera?” Felicity rimase sconvolta “non
riusciremo mai a programmare tutto in così poco tempo!”
“È una follia, hai ragione, ma non possiamo correre il
rischio che Roy venga ucciso in qualche rissa tra detenuti”
“Oliver, questo è fuori perfino dalle tue capacità”
cercò di farlo ragionare “è già abbastanza difficile irrompere in un carcere
anche con un piano brillante e programmato nei minimi dettagli ma così … è come
buttare benzina sul fuoco! Ci bruceremo sicuramente”
Oliver chiuse gli occhi stanchi mentre cercava di pensare
a qualcosa che potesse aiutarli.
“Posso darvi una mano anch’io” propose Thea “una
persona in più è sempre meglio che una in meno”
“Ne abbiamo già parlato” la rimproverò lui “devi
restare fuori da questa storia”
“Tuo fratello ha ragione” convenne Felicity “se lo
facciamo questa sera il rischio di venire scoperti aumenta esponenzialmente. È
meglio che tu resti al sicuro a casa”
“D’accordo” sospirò rassegnata, per poi lasciare soli i
due.
“Avviso Dig” informò Oliver mentre la bionda si
rimetteva al lavoro sui suoi computer.
“Sono in posizione” annunciò Diggle all’auricolare,
seduto sul furgone nero fuori dall’edificio di detenzione.
“Anche io” disse Oliver “Felicity, dimmi quando sei
pronta”
La bionda digitò velocemente sulla tastiera mentre il
segnale gps di Oliver brillava sullo schermo del suo computer, indicandole dove
si trovava.
Aveva appena violato il sistema di videosorveglianza
del carcere e stava sostituendo i filmati con immagini fisse dei corridoi
vuoti, in modo tale che Oliver potesse entrare indisturbato senza essere visto.
Il rumore delle dita che picchiettavano sui tasti era
l’unico rumore che spezzava il silenzio del covo, dove solo lei era rimasta a
dirigere le operazioni.
“Sto disabilitando l’allarme della porta, preparati ad
entrare” gli disse quando fu quasi pronta.
L’uomo attese, avvolto nel completo scuro che aveva già
utilizzato per celare la sua identità durante lo scontro con Simmons.
“Via libera” gli comunicò mentre iniziava già a
lavorare sulla porta successiva.
Oliver si addentrò nei corridoi debolmente illuminati,
cercando di fare meno rumore possibile.
Si trovò ben presto davanti ad una seconda porta ed ad
un’altra ancora: attese che Felicity gli desse conferma per poi attraversarle
senza incorrere in particolari problemi.
“Ora gira a destra, sali la prima rampa di scale e poi
prendi la prima porta a sinistra. Ho appena disattivato l’allarme anche su
quella” gli diede precise istruzioni mentre continuava a lavorare per riuscire
a far avanzare Oliver nel minor tempo possibile.
“Ci siamo quasi” lo informò controllando le piante
dell’edificio di cui era entrata, illegalmente, in possesso.
Oliver camminò velocemente lungo il corridoio deserto
fino a quando svoltò a destra, controllando che non ci fosse nessuno oltre
l’angolo.
Si stava avvicinando alla porta in fondo all’angusto
passaggio quando un allarme scattò improvvisamente.
“Felicity!” la chiamò preoccupato “Che cosa sta
succedendo?”
“Non ne ho idea” rispose la donna dall’altra parte
dell’auricolare mentre cercava la causa scatenante dell’allarme.
La sala mensa era affollata e un chiacchiericcio
insistente ronzava nelle orecchie di Roy, mentre attendeva in fila il suo turno
per prendere la porzione di zuppa che gli spettava per cena.
Fece per sedersi in uno dei posti liberi ma gli altri
occupanti del tavolo lo squadrarono da testa ai piedi, e solo dopo lui si
accorse che erano due degli uomini di Brickwell.
“Vattene, uomo verde in calzamaglia” uno dei due gli
sputò addosso quelle parole, con chiaro riferimento al costume attillato di
Arrow.
Si allontanò il più possibile trovando posto di fronte
ad un uomo silenzioso, la testa china sul piatto e i lunghi capelli ricci
raccolti in una coda.
Roy appoggiò la zuppa sul tavolo soffiando poi sui
polpastrelli: il piatto bollente aveva rischiato di ustionargli le dita.
“Devi essere nuovo qui” commentò a bassa voce
quell’uomo.
“Come dici?” non era convinto che stesse realmente
parlando con lui, la voce incredibilmente bassa e flebile che per un attimo
credette di essersela immaginata.
“Qui tutti sanno che la zuppa scotta” rispose “perciò
devi essere nuovo”
“Sì, io … sono arrivato ieri sera” gli confidò.
“Sei l’uomo in verde giusto?” domandò curioso mentre
ingoiava un altro cucchiaio colmo di minestra.
“Come fai a saperlo?”
“Le voci corrono, soprattutto qui” spiegò “in molti
attendevano il tuo arrivo. Si dice che tanti criminali che sono rinchiusi qua
dentro li hai catturati tu.
Ora mi chiedo: come mai ci sei finito anche tu in
questo posto dimenticato da Dio?”
“La polizia mi ha definito un assassino. E la
popolazione di Starling ha smesso di credere in quello che facevo, perciò …
eccomi qui”
“È un peccato” commentò per poi zittirsi e tornare a
prestare attenzione alla sua cena.
Roy assaggiò quella zuppa densa e poco invitante
rischiando di bruciarsi anche la lingua.
Era disgustosa ma il buco allo stomaco che sentiva gli
avrebbe permesso di mangiare qualunque cosa.
Quando l’uomo misterioso di fronte a lui terminò la sua
porzione si alzò congedandosi: “Ci si vede, supereroe”
Il ragazzo tornò ad inghiottire cucchiaiate di quella
crema densa mentre sentiva diversi occhi puntati su di sé. Sapeva che
erano i complici di Brick, riusciva
perfino a sentire i loro mormorii contrariati.
Si alzò appena ebbe finito di mangiare con l’intenzione
di tornare nella sua cella il prima possibile.
Si avviò per il corridoio quando sentì dei passi alle
sue spalle.
Voltò di poco il capo cercando di capire chi lo stesse
seguendo.
Sentiva il cuore iniziare a battergli veloce nel petto
mentre le mani iniziarono improvvisamente a sudare.
Per un attimo la paura prese il sopravvento su di lui
ma cercò di ricacciarla indietro, respirando a fondo e tranquillizzandosi.
I tre uomini avanzavano silenziosi alle sue spalle e
uno di loro tirò fuori un coltello, tenendolo stretto nel palmo della mano
tatuata.
Roy aspettava il momento giusto per difendersi: sapeva
che prima o poi l’avrebbero attaccato.
Una manciata di secondi più tardi intravide con la coda
dell’occhio uno dei tre uomini avvicinarsi pericolosamente e fu allora che si
voltò, bloccando prontamente per il polso la mano che brandiva il coltello.
Sferrò un pugno colpendo l’uomo sul viso, mentre i suoi
complici si gettavano su di lui, trasformando l’aggressione in una rissa.
L’allarme continuava a suonare all’impazzata mentre
Oliver cercava di capire cosa stesse succedendo.
“Rissa” la voce agitata di Felicity giunse forte e
chiara nelle sue orecchie “quattro detenuti si stanno picchiando nei pressi
della cella di Roy”
“Pensi che …”
“Temo di sì” rispose lei mentre Oliver scattava di
corsa lungo il corridoio.
“Dimmi quali porte posso attraversare” le ordinò l’uomo
mentre correva.
“Vai, Oliver” gli rispose “non baderanno a te in questo
momento”
“Gira a destra” lo guidò mentre lui correva il più
velocemente possibile “Ora a sinistra”
“Questa non è la strada più veloce, Felicity!”
“Lo so! Ma quella più rapida la stanno percorrendo i poliziotti” spiegò mentre
l’ansia cresceva dentro di lei ad ogni istante.
Le dita scorrevano veloci sulla tastiera ma i
polpastrelli, improvvisamente sudati, scivolavano sui tasti rallentandola.
“Oliver, devi andare più veloce o non arriverai mai
prima delle guardie”
L’uomo aumentò l’andatura seguendo le indicazioni che
la donna gli dava mano a mano che si avvicinava all’obbiettivo.
Felicity cercò di rallentare l’andatura dei poliziotti
bloccando tutte le porte che disponevano di chiusura da remoto, per le
eventuali urgenze all’interno del carcere.
Rimosse le immagini fisse, con cui precedentemente
aveva oscurato i veri filmati delle telecamere, nei corridoi percorsi dagli
agenti.
Se non l’avesse fatto le guardie non sarebbero apparse
nelle telecamere e questo avrebbe insospettito gli addetti in sala controllo.
Seguiva il percorso di Oliver e quando lui era fuori
portata di una o dell’altra telecamera lei rimuoveva le immagini, cercando di
tenere oscurate solo quelle che avrebbero rivelato la presenza dell’uomo.
Credeva di impazzire mentre cercava di sistemare ogni
cosa e ben presto si rese conto di arrancare: non ce l’avrebbe mai fatta da
sola.
Quando Oliver arrivò a destinazione vide Roy che
incassava colpi da un uomo alto e corpulento, mentre gli altri tre lo
circondavano senza lasciargli via di fuga.
Il ragazzo reagì stendendo uno dei tre con un calcio e
proprio mentre stava per tuffarsi in mezzo allo scontro per aiutarlo la voce di
Felicity lo bloccò.
“Oliver, scappa!” urlò “devi andartene subito”
L’uomo vide gli agenti irrompere nel corridoio.
Fu una frazione di secondo ma ad Oliver parve
un’eternità: vide Roy scagliare un pugno, poi la sua espressione di dolore sul
viso. Scorse il riflesso della lama lucida di un coltello brillare sotto la
luce delle lampade poco prima che si conficcasse nel fianco destro del ragazzo.
Avrebbe voluto urlare ma sapeva di non poter fare
nulla.
“Oliver, rispondimi!” la voce della donna, che ancora
non aveva ricevuto una sua conferma, lo risvegliò da quello stato di trance “Ci
hanno scoperti! Devi andartene immediatamente o ti troveranno!”
“Roy è ferito, non posso …”
“Non puoi farci nulla, Oliver” disse anche se le pianse
il cuore quando venne a sapere che Roy era in pericolo “Corri fin che sei
tempo, ti prego!”
I suoi muscoli reagirono dopo qualche istante di
esitazione e Oliver riprese a sfrecciare in mezzo ai corridoi grigi mentre
sentiva dei passi alle sue spalle, forse poliziotti che lo stava inseguendo.
“Ti stanno alle calcagna” le confermò indirettamente
Felicity mentre gli dava indicazioni su dove andare.
Gli occhi della donna scorsero veloci sui monitor, cercando
di gestire la situazione ma ciò che vide la pietrificò.
“Merda” imprecò mentre si alzava dalla scrivania.
“Felicity che cosa succede?” le domandò Oliver ma non
ricevette mai risposta.
“Felicity!” la chiamò ancora, invano.
La donna pigiò freneticamente le dita sulla tastiera
eliminando tutti i dati sensibili che avrebbero potuto usare contro di loro,
che avrebbe collegato Oliver ad Arrow.
Osservò la barra verde scorrere verso il completamento
dell’operazione ma non era abbastanza veloce.
Raccolse le sue cose mentre correva verso
l’interruttore generale del covo e staccò la corrente, facendo spegnere
improvvisamente tutti i computer.
Si diresse il più velocemente possibile verso l’uscita
sul retro ma non fece in tempo.
La porta in cima alle scale si spalancò con un botto,
probabilmente scardinata dagli uomini che ora scendevano rapidamente sui
gradini metallici.
Aiutata dall’oscurità la ragazza si mosse senza essere
vista, cercando riparo nel buio.
Il suo cuore batteva all’impazzata mentre tentava di
regolarizzare il respiro e restare nel più totale silenzio, per evitare di
essere scoperta.
“Polizia! Mani in alto” la sua voce riecheggiò nel covo
buio e Felicity non ebbe più dubbi.
Quentin Lance aveva appena scoperto il loro
rifugio.
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Capitolo 4 *** Al-sah-him ***
cap3
Buonasera!
E finalmente sono riuscita a pubblicare anche questo capitolo!
Devo essere sincera: molti degli avvenimenti della 3x19 non li avevo previsti, come la morte di Thea.
Visto
che la trama della storia è già abbastanza ben definita
nella mia testa, ho deciso di proseguire per la mia strada
perciò
mi distaccherò un po' dagli avvenimenti dei veri episodi....
rendendo questo finale un pochino più alternativo xD
L'episodio
3x20 sarà estremamente Olicity, per quanto ne sappiamo,
perciò vi avviso che mi sono lasciata un po' trasportare da quei
due adorabili innamorati!
Per chi come me aspetta domani per vedere l'episodio .... buon infarto a tutti! xD
Buona notte!
Everything I did, everything that happened has led me right here.
Cap.4- Al-sah-him
Aiutata
dall’oscurità la ragazza si mosse senza essere vista, cercando riparo nel buio.
“Polizia! Mani in
alto” la sua voce riecheggiò nel covo e Felicity non ebbe più dubbi.
Quentin Lance aveva
appena scoperto il loro rifugio.
Sentiva il cuore batterle all’impazzata dentro il petto
mentre, accucciata nel buio, cercava di muoversi.
S’inginocchiò e si mosse gattonando verso il piccolo
ripostiglio del covo, consapevole che il rumore dei tacchi alti l’avrebbe
tradita.
Si alzò, facendo meno rumore possibile, per riuscire ad
aprire la porta ed intrufolarsi all’interno, mentre vedeva i fasci delle torce
di alcuni agenti fendere l’oscurità.
Le luci del covo si accesero illuminando l’ambiente,
segno che qualcuno aveva trovato l’interruttore generale, proprio quando la
donna richiudeva la porta alle sue spalle, bloccando la serratura.
“Perquisite ogni angolo!” la voce di Lance giunse forte
e chiara a Felicity, sovrastando il battito del suo cuore che percepiva
martellarle nelle orecchie.
Si appoggiò al muro per un istante, cercando di calmare
il respiro ansante ed irregolare.
Si sentiva braccata, come un animale in gabbia, senza
nessuna via d’uscita.
Prima o poi i poliziotti l’avrebbero trovata, era solo
questione di secondi.
Non osò accendere la piccola luce, per evitare di
attirare l’attenzione, ma i suoi occhi non riuscivano a scorgere nulla in
quella penombra.
Prese il cellulare dalla borsa e sfruttò la luminosità
dello schermo, cercando qualcosa che potesse rivelarsi utile.
Puntò l’unica fonte di luce verso il soffitto, sperando
di trovare ciò che stava cercando.
Sorrise quando si rese conto che la sua memoria non
l’aveva tradita.
Quel piccolo oggetto circolare che stava fissando
poteva essere la sua ancora di salvezza se solo avesse trovato qualcosa di
utile in mezzo a quelle cianfrusaglie, abbandonate sui ripiani dello scaffale
di fronte a lei.
Iniziò a rovistare, ma non c’era nulla che facesse al
caso suo e la scarsa illuminazione non l’aiutava di certo nella caccia al
tesoro.
I secondi passavano e mentre sentiva i passi degli
agenti avvicinarsi sempre più al suo nascondiglio, il sudore rendeva scivolose
le dita facendole perdere la presa sugli oggetti.
“Di qua!” urlava un uomo dall’altra parte della parete
e Felicity sbarrò gli occhi spaventata, mentre il cuore le saliva in gola.
Non si sarebbe lasciata sopraffare dalla paura, non
poteva. Perché se le avesse concesso il lusso di vincere gli uomini di Lance
l’avrebbero trovata e l’avrebbero arrestata, e se arrestavano lei Oliver poteva
rimanere bloccato in quel carcere ed essere a sua volta trovato dai poliziotti
che lo stavano inseguendo. E se Oliver fosse finito nuovamente in manette, Roy
avrebbe sacrificato la sua libertà invano mentre lei … lei probabilmente non
l’avrebbe mai più visto.
E questo no, non poteva permetterlo.
Frugò ancora mentre sperava disperatamente che Lance
non la trovasse, che lei fosse abbastanza rapida da mettere in atto il suo
piano.
Quando pensava ormai di arrendersi all’idea di una vita
in cella, qualcosa di ruvido le graffiò la pelle delicata delle nocche e una
nuova speranza si accese dentro di lei.
Prese quella scatolina e mentre la illuminava con lo
schermo dello smartphone sperò che fosse ciò che voleva.
Il cartoncino azzurro che componeva l’involucro la fece
gioire, così come la striscia rasposa sul fianco della confezione.
Fiammiferi.
Prese dei fogli da un giornale abbandonato e ne fece
una pallina, mentre spostava il piccolo sgabello, abbandonato a sé stesso a
fianco dello scaffale, verso il centro della stanza.
Aprì la scatola svelandone il contenuto: due solitari
cerini correvano sbatacchiando contro le pareti.
“Dannazione” si maledì mentalmente quando il primo fiammifero si
spezzò, senza accendersi.
Prese il secondo e lo strofinò contro la striscia
ruvida pregando che si accendesse. La piccola fiammella che bruciò la capocchia
rossa era l’unica cosa a cui Felicity riuscisse a pensare il quel momento,
mentre avvicinava la carta dandole fuoco.
Aveva bisogno di fumo, anche solo una piccola ed
insignificante esalazione, affinché il suo piano funzionasse.
Si alzò ancora in punta di piedi, dopo essere salita
sullo sgabello, per avvicinarsi maggiormente al rilevatore attaccato al
soffitto, sperando che facesse il suo dovere.
Sapeva a cosa andava incontro: il locale di Thea, il
covo, i suoi amati computer, tutte le sue costose apparecchiature tecnologiche,
ogni cosa sarebbe stata danneggiata dai getti d’acqua dell’impianto
anti-incendio.
Ma non aveva altra scelta.
Sentì la maniglia della porta muoversi senza però
cedere.
“Questa porta è chiusa!” la voce di uomo spezzò il
silenzio, seguita da un paio di passi e ulteriori parole.
“Sfondatela!” era la voce di Lance e Felicity non ne fu
mai così intimorita.
Vide la porta vibrare pericolosamente sotto un colpo
ponderoso e chiuse gli occhi, consapevole che Quentin sarebbe entrato da un
secondo all’altro.
Ma prima che la serratura cedesse percepì qualcosa di
freddo bagnarle la pelle.
Spalancò le palpebre, nell’esatto momento in cui un
getto d’acqua la investì in pieno, inzuppandole il vestito e appiccicando i
lunghi capelli biondi al suo viso.
Sentì voci concitate dall’altra parte mentre scendeva
dallo sgabello e attendeva, l’allarme che suonava con un fastidioso beep e
l’acqua che continuava a scendere.
Lo scroscio e tutto quel rumore le impedì di sentire
esattamente cosa dicevano quegli uomini, ma percepì chiaramente le parole
‘incendio’ e ‘tutti fuori’.
A poco a poco i rumori si attutirono mentre lei si
avvicinava alla porta per origliare.
“Capitano, dobbiamo uscire da qui” disse un uomo
giovane, rivolto a Lance, che ancora fissava la porta del piccolo ripostiglio
“potrebbe esserci un incendio”
“Voglio sapere cosa c’è dietro questa porta” rispose
lui, caparbio.
“Con tutto il rispetto, non le servirà a molto saperlo
se rischierà di rimanere bloccato in uno scantinato in fiamme”
“D’accordo” rispose dopo qualche attimo, senza però
esserne troppo convinto.
Felicity si concesse un lungo sospiro di sollievo e
quando la paura diminuì, iniziò a sentire il freddo penetrarle le ossa.
Era completamente zuppa: il vestito le si era
appiccicato alla pelle, i capelli pesanti le ricadevano sulle spalle
gocciolando, le lenti degli occhiali erano ricoperte da mille gocce
impendendole di vedere bene.
Rimase immobile ancora per qualche istante per essere
sicura che tutti se ne fossero andati, poi aprì cautamente la porta.
Controllò che il covo fosse effettivamente vuoto poi,
ricordando le parole di Lance, prese la chiave e chiuse nuovamente la
porta.
Prima o poi avrebbero scoperto che era stata bloccata
dall’esterno ma una porta aperta avrebbe sicuramente dato troppo nell’occhio,
insospettendo Lance.
Si mosse velocemente verso la porta sul retro e uscì,
ritrovandosi nel consueto vicolo dietro il Verdant, un istante prima che il
capitano scendesse nuovamente le scale in metallo ritornando sui suoi passi.
Sapeva che c’era qualcosa dietro quella porta e non
aveva intenzione di lasciarselo sfuggire.
“Felcity!”
La voce preoccupata di Oliver continuava a risuonare
dentro l’auricolare senza che nessuno gli desse risposta.
“Dannazione, Felicity! Rispondimi, ti prego!” le parole
uscirono strozzate mentre riprendeva la sua corsa, consapevole che se fosse
rimasto fermo troppo a lungo i poliziotti lo avrebbero raggiunto.
Sentiva il cuore battergli furiosamente nel petto
mentre svoltava l’angolo, cercando di ricordare la strada più veloce verso
l’uscita.
Cercava di riportare alla mente le immagini delle
piantine del carcere che aveva a lungo studiato, ma l’unica cosa a cui riusciva
a pensare era Felicity.
Non riusciva a ragionare lucidamente, non quando non
sapeva che cosa le stesse succedendo.
L’unica cosa che voleva era capire se fosse al sicuro,
ma i secondi passavano veloci e della voce dolce e armoniosa di Felicity non
c’era traccia.
Voleva correre da lei, assicurarsi che stesse bene,
perciò doveva concentrarsi sulla strada da percorrere: uscire sano e salvo da
lì era l’unico modo per poterla raggiungere al covo.
A poco a poco iniziò a ricordare e non esitò a svoltare
quando incontrò il primo incrocio. Proseguì aumentando l’andatura per
distanziare quei passi che ancora lo seguivano, rimbombando nei corridoio
vuoti.
Trovò l’uscita prima di quanto pensasse e balzò
rapidamente dentro il furgone, la portiera appena aperta da un Diggle
impaziente di partire.
Gli pneumatici stridettero rumorosamente quando l’uomo
mise in moto schiacciando con forza sull’acceleratore.
“Che diavolo è successo, Oliver?” gli domandò
preoccupato mentre l’amico abbassava il cappuccio del mantello nero.
“Accelera” fu l’unica cosa che Oliver riuscì a dire
nonostante Dig corresse già a folle velocità per le strade di Starling.
Si liberò della tunica della Lega mentre iniziava a
spiegare ciò che era successo.
“Felicity non risponde più all’auricolare” gli disse
agitato “ho paura che le sia successo qualcosa, che Ra’s o uno dei suoi uomini
l’abbia trovata e …”
La voce gli morì in gola mentre sentiva il cuore
stringersi in una morsa dolorosa e gli occhi diventare umidi.
“Cerca di calmarti, Oliver” gli raccomandò l’uomo alla
guida.
“Come posso calmarmi?” urlò “è di Felicity che stiamo
parlando! Se le fosse successo qualcosa …”
“Arriveremo in tempo, Oliver” lo rassicurò guardando il
suo viso sconvolto dalla paura.
“Che ne è stato di Roy?” chiese poco dopo.
“Lo hanno ferito” rispose devastato da tutte quelle
emozioni “se solo fossi arrivato prima … io …”
“Non devi colpevolizzarti”
“Invece sì” disse duro “avrei dovuto fare più in
fretta! Lo avrei potuto salvare, invece sono riuscito solo a farmi scoprire”
“L’importante è che tu sia riuscito a scappare, Oliver.
Non ci sono prove che ti colleghino al tentativo di evasione, la polizia non
può farti nulla per il momento”
Il furgone superò a tutta velocità l’isolato prima del
Verdant e quando Diggle fece per svoltare Oliver notò le auto della polizia
parcheggiate davanti al locale, i lampeggianti accesi.
“Lance” pronunciò Oliver a denti stretti.
Non sapeva come ma era riuscito a trovare prove che lo
conducessero al Verdant e probabilmente aveva già scoperto il covo.
Scosse la testa, realizzando quello che stava
succedendo.
Felicity era lì, sola ed indifesa, ed ora
l’imprecazione che aveva sentito nell’auricolare minuti prima acquisiva senso.
E se l’avessero trovata?
Lance l’avrebbe arrestata, ne era sicuro.
Il mondo parve crollargli addosso, la realtà lo investì
con la sua impattante verità.
Aveva fallito.
Come Arrow, come Oliver Queen, come uomo.
Nulla di quello che aveva fatto era servito a qualcosa;
non era riuscito a proteggerla e non c’era nulla che gli facesse più male.
E mentre la sua vita pareva scivolargli via tra le dita
il suo telefono squillò.
Felicity corse senza fermarsi, senza voltarsi indietro
per nessuna ragione.
Svoltò l’angolo del vicolo e continuò a procedere a
passo spedito, allontanandosi il più possibile dalle macchine della polizia
parcheggiate davanti al Verdant.
S’inoltrò nel dedalo di vicoli dietro il locale fermandosi
solo quando era abbastanza lontana. Il freddo pungente della sera le sferzava
il viso, congelandola, e il fatto che fosse fradicia dalla testa ai piedi non
faceva che peggiorare la situazione.
Prese il suo cellulare e trovò subito il suo numero tra
le chiamate rapide.
Attese sperando che Oliver fosse riuscito a scappare
dal carcere senza farsi inseguire dai poliziotti.
“Felicity!” la sua voce preoccupata risuonò forte e
chiara dall’apparecchio, infondendole sicurezza.
“Oliver, stai lontano dal covo!” lo ammonì “Lance ci ha
scoperto. Non venire per nessuna ragione al mondo”
“Sono già qui” le rispose e proprio in quel momento la
donna notò un furgone fermarsi in punta al vicolo, a qualche decina di metri da
lei.
La portiera si aprì e Oliver scese, correndole
incontro.
Uscì dal furgone appena la vide.
Era sola in quel vicolo buio e freddo mentre la luna
illuminava debolmente la sue pelle pallida.
Le corse incontro, desideroso di stringerla fra le
braccia e portarla il più lontano possibile da lì.
“Felicity, stai bene?” le chiese, prendendole il viso
tra le mani.
La pelle era fredda e i suoi capelli erano appiccati
sul viso, completamente intrisi d’acqua.
“Sì, sto bene” rispose lei.
“Sei fradicia” constatò mentre l’attirava a sé per
abbracciarla, donandole un po’ di calore.
Felicity si lasciò stringere mentre tremava come una
foglia tra le sue possenti braccia.
“Andiamo via da qui” le disse mentre scioglieva
quell’abbraccio e la prendeva per mano, conducendola verso il furgone.
Felicity tremò ma non seppe dire se fosse a causa del
freddo o di quel contatto estremamente piacevole fra le loro dita.
Salirono nei posti dietro del furgone mentre Diggle
partiva sgommando, diretto verso casa di Thea.
“Che cosa è successo?” le chiese Oliver mentre la vide
tremare, la pelle d’oca sulle braccia e i capelli gocciolanti.
Il vestito viola che portava le si era incollato alla
pelle, accentuando il suo fisico snello e attraente che Oliver si sforzò di non
guardare, per evitare di rimanerne incantato.
“Non so come ma Lance ha trovato il covo. Ho visto che
stava entrando dalle telecamere del Verdant e sono riuscita a cancellare alcuni
file dal computer, spegnere le luci, ma non sono riuscita ad uscire. Mi sono
nascosta nel ripostiglio mentre loro irrompevano e ho fatto scattare l’impianto
anti-incendio grazie al rilevatore di fumo. Per questo sono bagnata da testa ai
piedi. Ho dovuto allagare il covo perché era l’unico modo per poter scappare. I
poliziotti sono risaliti tutti al piano di sopra per controllare che cosa fosse
successo e in quel momento sono corsa fuori” spiegò la donna.
“Per fortuna sei riuscita a scappare” Oliver sospirò,
sollevato che lei stesse bene.
“Sei riuscito ad uscire dal carcere senza che la
polizia ti seguisse?” gli domandò lei, pochi istanti dopo.
“Sì, li abbiamo seminati” rispose l’uomo “ma non
abbiamo notizie su Roy e non ho idea di come …”
Si bloccò, troppo preoccupato per la salute dell’amico
per poter concludere il discorso.
“Se la caverà, vedrai” lo rassicurò Felicity
guardandolo negli occhi “Roy è molto più forte di quanto crediamo”
“No, invece” la bloccò lui “Anche se starà bene non
potremo più tirarlo fuori da lì, non dopo che hanno scoperto che qualcuno si è
introdotto all’interno del carcere. Aumenteranno le misure di sicurezza e non
sarà più possibile farlo evadere. Ho sprecato la nostra unica occasione”
“Non è colpa tua, Oliver” cercò di rincuorarlo ma John
frenò e parcheggiò un isolato prima del loft di Thea, interrompendo il loro
discorso.
“Meglio non tare troppo nell’occhio” spiegò mentre
usciva dall’abitacolo.
Oliver aprì il portellone e scese agilmente, aiutando
poi Felicity a fare lo stesso.
“John è meglio se torni a casa da Lyla e Sara,
sentiranno la tua mancanza” disse Oliver all’amico “noi staremo al sicuro
questa notte”
“D’accordo” acconsentì Dig risalendo sul furgone mentre
Oliver e Felicity s’incamminavano verso l’appartamento.
Stava canticchiando una dolce ninna nanna nella
penombra della stanza, accarezzando il pancino della piccola Sara, quando le
parve di sentire un rumore alle sue spalle.
“John? Sei tu?” domandò mentre la piccola continuava a
sorridere osservando la sua mamma.
Si voltò non ricevendo risposta, ma si tranquillizzò
quando capì che non c’era nessuno in casa.
Tornò a cantare la stessa melodia per far addormentare
la bambina senza accorgersi di quell’ombra scura che si avvicinava cautamente
alle sue spalle, nel più totale silenzio.
Poi il suo sguardo venne attirato nella direzione in
cui guardava Sara: la giostrina montata sopra il lettino ruotava placidamente,
mentre i piccoli specchietti, appesi in mezzo ai pupazzetti che la piccola
adorava, riflettevano la fioca luce della stanza sulle pareti.
Fu allora che Lyla si accorse di quello che stava
succedendo: per una frazione di secondo uno dei tanti specchi inquadrò l’uomo,
coperto da una lungo mantello nero, che si avvicinava dietro di lei.
Si voltò appena in tempo per bloccare il colpo che
stava per abbattersi sulla sua nuca.
Si difese tirando un paio di pugni che andarono a
segno, ma l’uomo di fronte a lei era decisamente troppo forte per essere
sopraffatto.
Incassò diversi colpi allo stomaco che le spezzarono il
fiato e la fecero gemere di dolore, mentre lui si scagliava nuovamente conto di
lei.
Avvertì qualcosa di pesante infrangersi sulla sua nuca
mentre la vista le si annebbiava e perdeva l’equilibrio.
Picchiò la testa sul pavimento, il colpo solo in parte
attutito dal soffice tappeto che si trovava accanto al lettino, mentre sentiva
le palpebre pesanti chiudersi.
L’uomo vestito di nero era ormai solo più una macchia
sfocata mentre si chinava e prendeva la piccola Sara tra le braccia, portandola
via da lei.
“No!” avrebbe voluto urlare ma le forze l’abbandonarono e
dalle sue labbra non uscì altro che un debole sussurro.
Quando entrarono nell’appartamento trovarono Thea
accucciata sul divano, avvolta in una coperta mentre la televisione trasmetteva
il notiziario.
“Ollie!” lo salutò la sorella, sorpreso di vederlo e
solo dopo si accorse anche della presenza della donna.
“Felicity, cosa ti è successo?” domandò preoccupata.
“Lance ha scoperto il covo” disse Oliver a denti
stretti “Felicity era lì e non è riuscita a scappare. Ha dovuto far scattare
l’impianto anti-incendio per poter uscire”
“Thea, mi dispiace di averti allagato il locale ma …”
iniziò la bionda ma vene interrotta.
“Non dirlo neanche per scherzo, l’importante è che non
ti abbiano trovata” le disse alzandosi e porgendole la coperta “è più utile a
te che a me”
Felicity la ringraziò mentre si avvolgeva nella stoffa
calda, usandola come scialle sulle spalle.
“Roy?” chiese poi la ragazza a suo fratello,
incredibilmente preoccupata.
Oliver abbassò lo sguardo, afflitto, mentre si
torturava le labbra con i denti: si sentiva in colpa per non essere riuscito a
salvarlo.
“C’è stata una rissa e lui …” gli faceva male anche
solo a pensarci, altro che dirlo a voce alta “è rimasto ferito e io non so come
stia ora”
Thea si portò le mani alla bocca, per impedirsi di
urlare, mentre i suoi occhi si facevano lucidi e le lacrime rigarono presto le
sue guancie.
“Mi dispiace così tanto, Speedy” le disse Oliver mentre
l’avvolgeva fra le braccia e la stringeva a sé “è colpa mia, non sono riuscito
a salvarlo, io …”
Thea si lasciò andare ad un pianto disperato mentre si
aggrappava alle spalle possenti del fratello, bagnandogli il maglioncino con le
lacrime.
Posò il viso sulla sua spalla mentre Oliver fissava il
vuoto, sforzandosi di rimanere lucido e di non piangere.
Felicity incrociò i suoi occhi e vide dentro
quell’azzurro tutto il dolore che provava dentro di sé, senza riuscire ad
esternarlo.
Cercò di infondergli silenziosamente un po’ di coraggio
mentre i singhiozzi di Thea diminuivano pian piano, fino a scomparire.
La ragazza sciolse l’abbraccio, asciugandosi il viso
con le dita e cercando di darsi un po’ di contegno.
“Troveremo un altro modo per farlo uscire, te lo
prometto” le disse Oliver guardandola negli occhi, anche se lui stesso non era
convinto di quelle parole.
Thea annuì, grata al fratello per tutto quello che
stava facendo per Roy.
“Non sapevamo dove altro andare visto che il covo è
fuori uso ed è meglio che Felicity non rimanga sola, visto i piani di Ra’s”
spiegò Oliver.
“Non preoccuparti, Felicity è la benvenuta qui” lo
anticipò lei, accennando un sorriso.
“Grazie” rispose la bionda mentre Thea si avvicinava a
lei e le sfiorava un braccio.
“Fai come se fossi a casa tua” le disse “ora scusatemi
ma ho bisogno di stare un po’ da sola”
Salì le scale, diretta in camera sua, lasciando i due
nell’ampio salotto.
“Hai bisogno di una doccia calda e di vestiti puliti”
decretò Oliver una volta rimasti soli, conducendola al piano di sopra.
“Puoi usufruire del bagno, io intanto ti prendo degli
asciugamani” le disse una volta entrati nella sua camera da letto.
Felicity sparì dietro la porta del bagno della stanza,
aprendo il getto d’acqua calda della doccia.
Trovò conforto sotto le mille gocce bollenti che
scivolavano sul suo corpo, scaldandola.
Aveva preso più freddo di quanto avesse immaginato e
quando uscì dalla doccia tremò.
Si asciugò velocemente i capelli ed infilò quella che
doveva essere una tuta di Thea, che Oliver gli aveva lasciato accanto alla pila
di asciugamani.
Quando fu pronta uscì dal piccolo bagno, ma il freddo
pungente era tornato a farle compagnia.
Oliver era seduto sul letto, lo sguardo che fissava il
vuoto, ma appena sentì la serratura scattare si voltò verso di lei.
Felicity indossava la tuta più pesante di cui Thea
disponesse ma si vedeva chiaramente che continuava ad avere freddo.
“Come stai?” le domandò dolcemente, avvicinandosi a
lei.
“Bene, a parte il freddo” rispose, stringendosi nella
felpa.
“Ho accesso il caminetto giù in salotto e ho preparato
due tazze di cioccolata calda” le disse “e disponiamo di un’ampia gamma di
coperte, perciò …”
“Grazie” lo interruppe, guardandolo negli occhi.
Adorava la dolcezza di quell’uomo e di come si
preoccupasse per lei in quei momenti, come se fosse la cosa più preziosa al
mondo.
“Andiamo?” Oliver mise fine a quel silenzio che era
calato tra loro, staccando il suo sguardo da quello di lei.
Felicity annuì, seguendolo giù per le scale.
Si meravigliò quando trovò due cuscini accanto al
camino e un paio di coperte, mentre due tazze fumanti sprigionavano un
invitante profumo.
Si sedettero in silenzio e Oliver l’aiutò ad avvolgersi
per bene in una coperta mentre le loro mani si sfiorarono per un istante,
generando una piccola scossa elettrica in entrambi.
Rimasero lì in silenzio, a fissarsi, ognuno perso nei
suoi pensieri fino a quando Felicity staccò lo sguardo dai suoi occhi magnetici
e prese ad osservare le fiamme che crepitavano nel camino.
Prese una delle due tazze e bevve un sorso di quel
liquido ristoratore mentre si scaldava le mani attraverso la ceramica bollente.
Sentiva gli occhi di Oliver su di sé ed era difficile
ignorarli, comportarsi come se nulla fosse.
“Oliver …” lo chiamò dopo qualche secondo di silenzio
“è adorabile il fatto che tu ti preoccupi sempre per gli altri ma tu … tu come
stai?”
Lui rimase un attimo spiazzato da quella domanda, non
sapendo cosa rispondere.
Stava davvero bene?
Roy era ferito, lui era quasi stato scoperto mentre
cercava di farlo evadere, Lance aveva trovato il covo, Felicity rischiava di
morire per colpa della Lega e lui non aveva idea di come sconfiggere Ra’s.
No, decisamente non stava bene.
“Io …” abbassò lo sguardo, incapace di guardarla negli
occhi senza soccombere a tutto quel dolore che sentiva invadergli il petto.
La mano di Felicity afferrò la sua, stringendola con
forza.
Osservò le loro dita incastrarsi perfettamente, come
due pezzi combacianti di uno stesso puzzle, mentre cercava il coraggio di
alzare lo sguardo ed incontrare il suo.
“È solo che …” incrociò i suoi occhi e improvvisamente
resistere alla tentazione che lei rappresentava diventò insopportabile.
Avrebbe voluto abbracciarla, cullarla a sé e
sussurrarle quanto l’amasse, sfiorare le sue labbra e dimenticare qualunque
cosa che non fosse lei.
Ma non poteva.
“Oliver, non devi far finta che nulla ti tocchi, che
tutto quello che succeda ti lasci indifferente” le disse lei, guardandolo negli
occhi “posso solo immaginare quello che stai passando, il dolore che provi e
che cerchi sempre di non dare a vedere”
Si avvicinò, spostando il cuscino su cui era seduta
accanto a quello di lui.
“Hai bisogno di sfogati, di esternare quel dolore che
prima o poi ti ucciderà se ti ostini a tenerlo dentro” la sua voce e il suo
guardo gli fecero battere forte il cuore mentre lei continuava ad avvicinarsi
“Lasciati andare, Oliver”
Durò solo un battito di ciglia la sua esitazione, poi
colmò quella distanza e l’abbracciò tenendola stretta a sé, come se non volesse
lasciarla andare mai più.
Felicity si abbandonò fra le sue braccia, il suo corpo
era così invitante e caldo che non avrebbe mai potuto dirgli di no.
Non c’era nulla, nemmeno il crepitio del fuoco nel
camino, che riuscisse a scaldarla come il suo abbracciò.
Lo sentì respirare affannosamente, il petto che si
alzava e si abbassava velocemente scontrando il suo, mentre tentava di parlare
e ricacciare indietro le lacrime.
“Quando hai smesso di rispondermi questa sera io …. ”
le disse mentre le prendeva il viso fra le mani e si allontanava quel
poco che bastava per guardarla “ho avuto così tanta paura che ti fosse successo
qualcosa, che Ra’s ti avesse trovata e che …”
Le sfiorò le guance in una dolce carezza, scaldandole
la pelle con le dita. Felicity vide le prime lacrime inumidirgli gli occhi
mentre si perdeva ad osservarlo. Non le era mai stato concesso il lusso di
vedere il suo viso così da vicino né mai aveva trovato tanto difficile
resistergli: i suoi occhi magnetici la stregavano, le sue labbra la attiravano
come una calamita mentre sfiorava i suoi lineamenti con le dita, avvertendo la
barba ispida sfregare sotto i polpastrelli.
“Sto bene, Oliver” gli sussurrò, cercando di
rassicurarlo.
Lui avvertì il suo respiro infrangersi sul suo viso,
mentre cercava tutto l’autocontrollo di cui disponeva per non lasciare che la
situazione degenerasse.
Lei era troppo vicina, troppo bella per potergli
resistere e lui la desiderava a tal punto da fargli male perché sapeva di non
poterla avere.
Ray.
Lui era soltanto uno degli ultimi motivi per cui non
poteva stare con lei, solo qualcosa che gli ricordava come Felicity non gli
appartenesse, qualcosa che lo frenava dall’impossessarsi della sua bocca e
baciarla fino a star male.
Lacrime calde e salate uscirono dai suoi occhi mentre
sentiva quel dolore lancinante, che tentava di nascondere, esplodergli nel
petto.
Pianse per Roy, per Thea, per la frustrazione che
provava in quel momento, per la morte di Sara, per la sconfitta contro Ra’s,
per tutto quello che non si era mai concesso di provare. Ma soprattutto pianse
per lei. Per quella donna che stringeva fra le braccia, per l’unica che avesse
mai amato così tanto senza mai poterla avere, per il dolore che lui stesso le
aveva causato, per la paura che aveva di perderla.
Felicity lo abbracciò, aspettando che quel dolore
sfumasse a poco a poco così come il pianto liberatorio a cui si era lasciato
andare.
Lui si ricompose in fretta e lei si accoccolò fra le
sue braccia, appoggiandosi al suo petto, facendogli capire che ci sarebbe
sempre stata per lui.
Non c’era bisogno di parole in quel momento, erano solo
loro due, vicini come mai lo erano stati prima d’ora.
Non seppe dire se fosse il calore del corpo o il suo
respiro regolare o il ritmo cadenzato del suo cuore o ancora il suo inebriante
profumo ma Felicity si addormentò poco dopo, al sicuro fra le sue braccia.
L’ascensore trillò, annunciandogli di essere giunto a
destinazione.
Diggle percorse velocemente il corridoio, diretto verso
il suo appartamento, impaziente di abbracciare sua moglie e la piccola Sara.
Dopo tutto quello che stava succedendo in quegli ultimi
giorni aveva proprio bisogno di un po’ di normalità e di pace.
Cercò le chiavi di casa nella tasca della giacca ma
quando arrivò di fronte alla sua porta notò qualcosa di strano.
La serratura era stata forzata e la porta non era
chiusa ma soltanto accostata.
Impugnò la sua fidata pistola cercando di restare
lucido e trovare la freddezza del soldato che era in lui.
Entrò lentamente nell’appartamento buio, l’unica luce
accesa proveniva dalla stanza della figlia.
“Lyla?” chiamò ma il silenzio che seguì alle sue parole
non lo confortò affatto “Lyla, sono tornato, dove sei?”
Perlustrò velocemente il piccolo salotto e la cucina,
accertandosi che non ci fosse nessuno, poi s’incamminò nel corridoio, l’arma
stretta in pugno e il cuore che accelerava i suoi battiti ad ogni passo.
La piccola giostra, che Sara tanto amava, continuava a
ruotare producendo una dolce melodia, in netto contrasto con quel silenzio
assordante che regnava nella casa.
Fu allora che John la vide: Lyla era distesa sul
pavimento, inerme e priva di sensi, mentre il lettino di Sara era tristemente
vuoto.
Si precipitò da lei, riponendo l’arma al suo posto e
inginocchiandosi accanto alla moglie.
“Lyla” la chiamò più volte, la voce preoccupata e la
paura che cresceva sempre di più dentro di lui “Lyla, rispondimi”
Le prese il viso tra le mani, continuando a pronunciare
il suo nome, mentre sentiva il suo polso.
Pochi secondi dopo la donna si mosse, voltando il capo
verso di lui e aprendo lentamente gli occhi.
Un fastidioso velo le impediva di vedere chiaramente,
offuscandole gli occhi, mentre sbatteva le palpebre.
“Sara!” fu la prima cosa a cui riuscì a pensare mentre
si tirava su a sedere, chiudendo poi gli occhi per cercare di ignorare quella
dolorosa fitta alla testa che avvertiva.
“Lyla, stai bene?” le chiese lui “Cosa è successo?
Dov’è Sara?”
“Io …” lo guardò dopo aver controllato la culla e
averla trovata vuota “io non lo so”
“Lyla, come è possibile che …”
Lei lo interruppe: “È entrato un uomo … mi sono difesa,
ma era troppo forte e mi ha colpita. Devo aver perso i sensi”
“Chi? Lo hai visto in faccia?”
“No, era buio. Indossava una lunga casacca nera e un
cappuccio scuro sul volto, non l’ho visto in faccia”
“Dannazione!” disse a denti stretti.
“Lo conosci, John?”
“È un uomo della Lega” spiegò “E questo significa che
c’è Ra’s Al Ghul dietro tutto questo”
“Perché?” chiese Lyla in lacrime “Perché proprio Sara?”
“Per costringere Oliver a fare ciò che lui vuole” disse
mentre realizzava quanto quell’uomo fosse disposto a tutto pur di ottenere ciò
che bramava.
Oliver non avrebbe mai lasciato che qualcuno soffrisse
a causa sua, tanto meno una bambina innocente, e se Ra’s l’avesse rapita e
portata a Nanda Parbat allora lui sarebbe tornato in quella landa desolata pur
di salvarla.
Sarebbe corso nella tana del Demone e a quel punto Ra’s
l’avrebbe avuto in pugno, lo avrebbe ricattato fino a fargli accettare la sua
proposta.
Scosse la testa, devastato, mentre sentiva le lacrime
scendere copiose dai suoi occhi.
Non poteva credere che lo avesse fatto davvero, non
voleva credere che gliela avesse portata via.
Non la sua Sara.
“È colpa mia” la voce spezzata di Lyla lo fece stare
ancora più male “non sono riuscita a proteggerla, io … me ne sarei dovuta
accorgere”
“Non colpevolizzarti, Lyla” le disse mentre l’aiutava a
mettersi in piedi “nessuno avrebbe potuto prevedere una cosa simile”
“Dobbiamo trovarla, dobbiamo fare qualcosa” si asciugò
le lacrime con il dorso della mano, reprimendo quei singhiozzi che tentavano di
uscire.
“Dobbiamo parlare con Oliver” le annunciò mentre si
dirigeva verso l’ingresso, diretto nuovamente a casa di Thea.
Il fuoco crepitava ancora nel caminetto quando Felicity
si assopì tra le sue braccia, accoccolandosi sul suo petto e cercando calore
nel suo abbraccio.
Era la prima volta che gli era permesso di osservarla
così da vicino senza aver timore di essere scoperto con le mani nel sacco.
Il suo capo posava delicatamente sulle sue costole, i
capelli lunghi e setosi che gli solleticavano la base del collo mentre il suo
respiro lento e regolare lo tranquillizzava.
Le accarezzò il viso delicatamente, le dita che
sfioravano la sua pelle vellutata, mentre i suoi occhi erano attratti dalle
labbra rosee e morbide.
Seguì i suoi lineamenti dolci con la punta delle dita
fino a raggiungere il mento, per poi scorrere verso il suo collo, lì dove si
fermò per evitare di svegliarla.
Felicity si mosse su di lui, cercando una posizione più
comoda, mentre sussurrava qualcosa che non riuscì ad afferrare.
“Ol … Oliver …” la sua voce era poco più di un sussurro
ma questa volta lui capì chiaramente quello che stava dicendo.
Sentì le braccia della donna muoversi mentre le sue
piccole mani si aggrapparono al suo maglione, catturandolo tra le dita.
“Shhhh” mormorò al suo orecchio, cercando di cullarla
ed impedire che si svegliasse del tutto mentre le accarezzava i capelli con
dolcezza.
Felicity aprì lentamente gli occhi, inquadrando a poco
a poco la situazione in cui si trovava.
Sentiva un corpo caldo e possente abbracciato al suo
mentre i suoi occhi assonnati scorsero le fiamme bruciare lentamente nel
camino.
Poi ricordò.
La doccia fredda fatta al covo, casa di Thea, la
cioccolata calda e il discorso che stava facendo poco prima con Oliver.
Oliver.
Solo allora realizzò di essere avvinghiata al suo corpo
e di essersi addormentata nel momento meno opportuno.
Alzò il viso ma si pentì immediatamente di averlo
fatto: gli occhi profondi dell’uomo la stavano osservando mentre le sue mani le
sfioravano il viso.
Si staccò da lui e la coperta adagiata sulle sue spalle
scivolò lentamente giù dal suo corpo, facendole venire i brividi.
Non era ancora riuscita a scacciarsi di dosso quel
freddo terribile che pareva penetrarle le ossa.
“Mi dispiace” disse mentre si strofinava gli occhi con
le mani “non avrei dovuto addormentarmi, io non …”
“Hai bisogno di riposare Felicity, non devi scusarti
per questo” le rispose senza staccarle gli occhi di dosso “ma visto che ti sei
svegliata direi che potresti salire al piano di sopra: un morbido letto è
sicuramente meglio di me"
“O credimi il tuo petto è un posto molto comodo e
confortevole dove dormire” parlò senza pensare, per poi realizzare quello che
aveva detto “cioè, non che … insomma …”
“Felicity, respira” la bloccò posando le mani sulle sue
spalle con fare protettivo.
“Devo seriamente imparare a starmene zitta” commentò,
più rivolta a sé stesso che ad Oliver.
“Mi piaci quando straparli” le confessò lui, per poi
abbassare lo sguardo.
Felicity rimase spiazzata da quella confessione e
arrossì per quel complimento inatteso: “Sei la prima persona che mi dice una
cosa simile. Di solito tutti lo trovano fastidioso e a volte imbarazzante …
molto spesso in realtà”
Lui sorrise mentre i loro sguardi s’incrociavano
un’altra volta.
Il suono del cellulare di Oliver destò i due da quella
surreale situazione e Felicity si allontanò da lui per lasciarlo rispondere.
“Oliver, io e Lyla stiamo arrivando a casa di Thea” gli
comunicò Diggle appena lui rispose al telefono.
“Va tutto bene, Dig?” gli chiese, insospettito dalla
sua voce preoccupata.
“No, affatto. Ti spiego tutto quando arriviamo”
riattaccò senza dare neanche il tempo ad Oliver di rispondere.
“Tutto bene?” gli domandò Felicity, seduta accanto a
lui.
“No, è successo qualcosa. Diggle e Lyla stanno venendo
qui, ma lui non mi ha voluto dire di cosa si trattasse”
Anche Oliver era piuttosto preoccupato e questo non era
certo un buon segno.
Pochi minuti dopo il campanello suonò ed Oliver si alzò
per andare ad aprire mentre Felicity lo seguiva, sperando non si trattasse di
qualcosa di grave.
John e Lyla entrarono nel loft della piccola della
famiglia Queen, l’aria triste e assente.
“Hanno rapito Sara” annunciò lui, la voce instabile per
l’emozione.
“Che cosa?” esclamò Felicity, avvicinandosi alla coppia
“Com’è potuto succedere? Chi?”
“Ra’s Al Ghul” precisò l’uomo mentre Oliver si sentiva
sprofondare.
Non poteva credere che fosse successo davvero.
“Un uomo della Lega si è introdotto in casa e ha fatto
perdere i sensi a Lyla, poi ha portata via Sara”
Lyla rimase in silenzio, troppo sconvolta per poter
dire qualcosa.
Pensava che sarebbe riuscita a reagire, che dopo
qualche minuto di disperazione sarebbe riuscita a recuperare la lucidità che la
caratterizzava, la freddezza con cui era solita lavorare all’Argus, la stessa
che pareva aver ritrovato anche John.
Ma lei non ci era riuscita.
Non faceva altro che pensare a sua figlia e a quello
che avrebbero potuto farle, alla paura che aveva di non rivederla mai più.
Felicity sembrò capire cosa la turbasse e si avvicinò a
lei abbracciandola, cercando di darle un po’ di conforto: “Mi dispiace così
tanto” le sussurrò sincera.
Oliver si passò le mani sul viso, mentre sospirava
frustrato.
“Devo andare a Nanda Parbat” decretò dopo qualche
istante di silenzio.
“Come?” Felicity non voleva credere nemmeno a quelle
parole.
“Se hanno preso Sara non è altro che colpa mia!” spiegò
Oliver “Tutto il male che Ra’s ha fatto negli ultimi mesi è causa mia”
“Oliver, così faresti solo il suo gioco” cercò di farlo
ragionare Diggle.
“John, è l’unico modo per salvare Sara!” alzò la voce,
frustrato “Perché pensi che l’abbia rapita, altrimenti? Ra’s sa benissimo che
non lascerò mai che una bambina soffra a causa mia, tantomeno se si tratta di
Sara. E se voglio riportarla a casa sana e salva io devo andare là”
“È proprio ciò su cui Ra’s conta: sfruttare la tua
umanità a suo vantaggio. E io non ho intenzione di lasciarglielo fare” ribadì
Dig “Andrò io a Nanda Parbat”
“È un suicidio. Ra’s ti ucciderà e non rilascerà Sara
finché non avrà ottenuto ciò che desidera … e ciò che vuole, sono io” ribadì
“La salverò, John, te lo prometto. Ma devi lasciar fare a me”
“Vengo con te” disse determinato “Avrai bisogno di
aiuto contro quel mostro”
“D’accordo” acconsentì lui, sfinito.
“Vengo anch’io” Felicity s’intromise nel discorso, dopo
essere rimasta in silenzio fin troppo a lungo.
“Non se ne parla” il tono di Oliver non ammetteva
repliche.
“Oliver, non ho chiesto il tuo parere” ribatté piccata
“Non posso restarmene qui con le mani in mano mentre voi rischiate la vita!”
Si avvicinò all’uomo, sorreggendo il suo sguardo.
“No, Felicity” ribadì.
“Posso esservi utile, molto più di quanto sarei d’aiuto
da qui” cercò di farlo ragionare “E comunque è una mia scelta”
“Ha ragione, Oliver” s’intromise Diggle “è grande
abbastanza da poter scegliere da sola”
Lui scosse il capo, contrariato: “Proprio non capite,
vero?”
“Che cosa dovrei capire, Oliver?” gli chiese lei,
stanca di essere messa in disparte.
Non voleva che Oliver partisse di nuovo ma non poteva
evitarlo: dovevano salvare Sara, ad ogni costo, ma questo non voleva dire che
lei gli avrebbe permesso di sacrificarsi.
Sapeva che Oliver si sarebbe piegato al volere di Ra’s
perché secondo lui era l’unica soluzione, ma lei non poteva accettare che si
arrendesse senza combattere.
Non voleva che acconsentisse a quella proposta perché
sarebbe diventato il nuovo capo della Lega e lei non l’avrebbe mai più rivisto.
E questa era la cosa che le avrebbe fatto più male e che voleva evitare con
tutte le sue forze.
“Forse è meglio se vi lasciamo discutere da soli”
propose Dig, ben sapendo quante questioni irrisolte ci fossero tra quei due.
“Io e Lyla abbiamo bisogno di dormire un po’ e devo
anche preparare i bagagli perciò … meglio se andiamo” disse mentre Lyla si avvicinava ad Oliver.
“Grazie” lo abbracciò sussurrando, mentre lui rimase un
attimo spiazzato da quel gesto.
Poi lei si allontanò e seguì suo marito verso l’uscita
dell’appartamento.
Quando la porta si richiuse alle loro spalle, un
silenzio carico di tensione calò tra Oliver e Felicity.
Lei lo guardò senza dire nulla, in attesa che lui
continuasse il discorso.
“Felicity, ti prego” la supplicò “è meglio se resti a
Starling City”
“Perché, Oliver?” gli domandò mentre incrociava le
braccia al petto, aspettando una sua spiegazione.
“Nanda Parbat è un luogo troppo pericoloso e io non ho
intenzione di mettere ulteriormente la tua vita a repentaglio”
“Basta con questa scusa della protezione, Oliver!” si
avvicinò a grandi passi mentre lui rimaneva immobile “Non voglio essere
trattata come una bambola di porcellana che rischia di rompersi da un momento
all’altro. So badare a me stessa e poi restare a Starling non sarebbe più
sicuro che venire a Nanda Parbat, visto che gli uomini della Lega tentano di
uccidermi e Lance cercherà di arrestarmi perché sono tua complice e le mie
impronte al covo gli daranno una motivazione abbastanza valida per farlo”
Oliver chiuse gli occhi, esausto.
“Felicity se vieni a Nanda Parbat, Ra’s avrà uno
strumento in più per ricattarmi. Se ci sarai anche tu non esiterà ad usarti
contro di me, perché tu sei la leva perfetta su cui fare pressione e lui lo sa”
spiegò.
“Che cosa intendi dire?”
Sospirò mentre tentava di nascondere quella paura che
gli attanagliava lo stomaco: “Tu sei la motivazione più valida che ha per farmi
fare ciò che vuole. Se ti minacciasse, se tentasse anche solo di farti del
male, allora io … io acconsentirei ad ogni sua più folle richiesta pur di
impedirglielo”
Felicity non rispose mentre gli occhi azzurri dell’uomo
si posavano sul suo viso, guardandola intensamente.
“Ho bisogno di sapere che tu starai bene, qualunque
cosa accada” aggiunse mentre posava le mani sulle spalle della donna.
“Starò bene solo se sarò con te” rispose sorreggendo il
suo sguardo “perciò se è davvero questo ciò che ti preme, fammi venire a Nanda
Parbat”
Lui respirò a fondo, cercando di non impazzire.
“Se te lo proibissi, tu mi daresti ascolto?” chiese
dopo qualche secondo.
“No” rispose determinata.
“Lo immaginavo” chiuse gli occhi mentre parlava, ben
sapendo che si sarebbe pentito della sua scelta “ok, puoi venire. Ma farai come
ti dico, non correrai pericoli inutili né farai nulla di avventato! E quando
riusciremo a liberare Sara, tornerai a casa con Diggle, qualunque cosa accada”
Le prese il viso fra le mani e la obbligò a guardarlo
negli occhi, mentre i loro nasi erano così vicini che quasi si toccavano:
“Promettimelo”
Felicity deglutì, incantata ma allo stesso tempo
impaurita da quel suo sguardo penetrante.
“Te lo prometto” sussurrò, per poi interrompere quel
contatto e allontanarsi da lui.
Non sarebbe riuscita a fingere ancora per molto, non se
continuava a guardarla in quel modo.
“È meglio se vado a dormire qualche ora” si giustificò
“sarà una giornata pesante, domani”
“Sì, dovresti” concordò mentre lei si avviava su per le
scale.
Il mattino seguente Felicity si fece scortare a casa
per preparare lo stretto indispensabile per il viaggio.
Erano tutti piuttosto tesi per quell’improvviso
soggiorno a casa di Ra’s ma tutti e tre cercavano di non darlo a vedere.
Diggle era terribilmente preoccupato per sua figlia,
Oliver temeva di mettere in pericolo la vita della donna che amava e di non
riuscire a tenere testa all’uomo che aveva distrutto la sua vita, mentre
Felicity era terrorizzata dall’idea che Oliver accettasse la proposta del capo
della Lega degli Assassini.
Quando fu il momento di partire, Laurel li accompagnò
fino alla pista di decollo del jet che li avrebbe portati a Nanda Parbat.
Sapeva di dover rimanere a Starling ma in fondo avrebbe
voluto partire anche lei, insieme a loro, per rendersi utile.
“A presto, Laurel” la salutò Felicity abbracciandola.
Se qualcuno glielo avesse detto meno di sei mesi fa non
ci avrebbe mai creduto, ma ora si era davvero affezionata a Laurel, le voleva
bene come un’amica.
“Andrà tutto bene, Diggle” Laurel tentò di rassicurare
l’uomo, in evidente preoccupazione per la figlia “Sara tornerà a casa, con quel
suo vispo sorriso, e mentre tu sarai via io cercherò di fare il possibile per
Lyla”
“Grazie” rispose, abbracciandola.
“Voi iniziate a salire” disse Oliver rivolto ai due
compagni di viaggio “io vi raggiungo subito”
Felicity annuì seguendo John che si era già incamminato
verso il loro jet.
“Laurel, ho bisogno di un favore” le disse “puoi badare
a Thea in questi giorni? Dopo quello che è successo ieri sera a Roy è rimasta
un po’ scioccata e …”
“Non ti preoccupare, Oliver. Ci penso io” lo rassicurò
“comunque ho parlato con i medici e Roy si riprenderà presto”
“Grazie” posò delicatamente una mano sul suo braccio
mentre parlava “sono contento che tu ti sia unita alla nostra squadra, penso di
non avertelo mai detto davvero e mi dispiace non averlo fatto prima. La città è
in buone mani con te”
Laurel sorrise, grata del suo apprezzamento.
“Ciao, Oliver” lo salutò quando lui si allontanò,
dandogli le spalle, mentre si avviava verso il jet portando con sé il suo
borsone.
Lei rimase a fissare l’aereo fino a che il portellone
non si chiuse, per poi decollare e volare alto nel cielo.
“Sarab” la voce di Ra’s Al Ghul risuonò forte e minacciosa
nella grande stanza spoglia “Ti stavo aspettando” gli disse mentre si voltava
verso di lui, guardandolo entrare dalla possente porta in legno.
Maseo s’inginocchiò davanti al capo della Lega: “Porto
buone notizie”
“Davvero? Come quella di non essere riuscito ad
uccidere Felicity Smoak?” domandò retorico, squadrando l’uomo davanti a sé.
“Oliver Queen è diretto a Nanda Parbat” annunciò “Il
rapimento di Sara Diggle è andato a buon fine e lui verrà qui per salvarla.
Proprio come desideravate”
Un altro uomo, alle spalle di Maseo, teneva in braccio
un piccolo fagotto vestito in una tutina rosa.
“Molto bene” rispose Ra’s quando vide la bambina
“Portatela di là e fatemi sapere quando è previsto il suo arrivo”
Il viaggio per Nanda Parbat era piuttosto lungo ed
estenuante, soprattutto se a tutte quelle ore di volo si aggiungeva lo stress e
la preoccupazione per l’incontro con Ra’s.
Da quando Diggle si era addormentato, sulla comoda
poltrona accanto al finestrino, uno strano silenzio era sceso tra i due restanti
compagni di viaggio.
Felicity aveva provato più volte a chiudere gli occhi e
cercare di rilassarsi ma proprio non riusciva ad addormentarsi.
Oliver dal canto suo non ci aveva nemmeno provato: era
troppo perso nelle sue riflessioni sulla proposta del capo della Lega per
concedersi il lusso di riposare.
“A cosa pensi?” chiese Felicity quando il silenzio tra
loro era diventato insopportabile per lei.
“A tutto quello che è successo da quando ho rifiutato
la proposta di Ra’s” le confessò.
“Non è colpa tua se Ra’s Al Ghul è un mostro” ribadì
lei, sperando che non si colpevolizzasse anche per quello.
“Ma se avessi accettato tutto questo non sarebbe
successo: Sara sarebbe al sicuro, Roy sarebbe libero, Lance non ci darebbe la
caccia e tu non avresti rischiato la vita a causa mia”
“Oliver” Felicity posò la mano sul suo braccio,
obbligandolo a guardarla “smettila di dire queste cose. Hai fatto la scelta
giusta e non puoi biasimarti per questo”
Lui la guardò, desiderando avere la sua stessa
sicurezza in quel momento.
“L’unica cosa che conta ora, è salvare Sara” gli
ricordò “è l’unico motivo per cui stai tornando a Nanda Parbat, non
dimenticarlo”
Sperava davvero che lui riuscisse a far ritornare la
piccola tra le braccia dei genitori, senza doversi sacrificare completamente.
La sola idea che lui prendesse il posto di Ra’s le
faceva accapponare la pelle.
“E se dovessi fallire?” l’insicurezza nella voce di
Oliver la spiazzò.
Di solito era lui quello che non vacillava mai, quello
che aveva tutto sotto controllo, quello che infondeva sicurezza agli altri.
“La verità è che ho paura di non farcela questa volta”
continuò “ho paura di non riuscire a salvare Sara, di non riuscire a proteggere
le persone a cui tengo. E sono terrorizzato dall’idea che Ra’s Al Ghul ti faccia
del male”
Il cuore di Felicity saltò un battito mentre gli occhi
azzurro cielo di Oliver incontravano i suoi.
Fece scivolare la mano, ancora posata sul braccio
dell’uomo, verso quella di lui e intrecciò dolcemente le loro dita.
“Andrà tutto bene, Oliver” lo tranquillizzò mentre
fissava le loro mani giunte, posate sul bracciolo che divideva i loro sedili “e
anche se non dovesse essere così non cambierà nulla per me”
Lui la guardò, senza riuscire a capire cosa intendesse.
“Resterai sempre l’uomo che mi ha salvato la vita
migliaia di volte, quello generoso che aiuta le persone, l’eroe che ha protetto
la città a costo della sua stessa vita” spiegò “resterai sempre l’Oliver che ho
incontrato il primo giorno alla Queen Consolidated, quando mi hai portato quel computer
pieno di fori di proiettili con una scusa ridicola. Quell’uomo che ancora non
conoscevo ma di cui sapevo di potermi fidare”
Lui sorrise ricordando quel momento, ma non era la
prima volta che aveva visto la sua Felicity, non era quello il giorno in cui
era rimasto affascinato da quella ragazza.
“Ti ricordi com’era l’ufficio di mio padre?” le
domandò.
“Certo che me lo ricordo. Non era poi così diverso da
quando è diventato il tuo ufficio, visto che preferivi spendere le tue giornate
come Arrow piuttosto che dedicarti all’azienda e modernizzare l’arredamento”
“C’era un portafoto sulla sua scrivania: ritraeva me e
mio padre” le disse mentre continuava a sorridere “ricordo quanto ero rimasto
male in quella fotografia, mio padre me lo diceva sempre, ma la teneva comunque
in bella vista perché ci era affezionato. Una sera, qualcuno ha detto che ero
carino”
Felicity rimase spiazzata per un lungo istante mentre
le sue guancie avvampavano per l’imbarazzo. Ricordava quella foto, ci aveva
perfino parlato insieme una volta, ma era sola.
Ed era il periodo in cui tutta Starling City credeva
che Oliver Queen fosse morto in seguito al naufragio della barca di famiglia.
“Ricordo quella ragazza come se fosse ieri: era bionda,
un paio di occhiali rettangolari sul naso e una parlantina alquanto spiccata”
continuò lui mentre osservava la reazione della donna.
“Tu questo come … non … io …”
“Ero lì, quella sera” le spiegò come se fosse la cosa
più ovvia, interrompendo il suo balbettio.
“Questo si che è imbarazzante!” si nascose il viso fra
le mani, maledicendosi per la sua maledetta abitudine di parlare da sola a voce
alta.
“Non mi sono mai scordato di quella ragazza. E quando
sono tornato mi sono ripromesso di cercarla perché volevo ringraziarla di
essere riuscita a strapparmi un sorriso, in quel periodo così buio della mia
vita”
Lei non rispose ma tornò a guardarlo negli occhi,
ascoltando le sue parole.
“Quando l’ho rincontrata non lo mai ringraziata
davvero, ma ho capito quale persona straordinaria fosse e perché non avrei mai
potuto dimenticarmi di lei”
“Perché?” lo incalzò quando lui si bloccò senza finire
il suo discorso.
“Perché, fin dal primo istante, il suo sorriso mi ha
rubato il cuore e non me lo ha mai più restituito” le disse mentre la guardava
negli occhi.
“Puoi sempre chiederle di restituirtelo” rispose lei
cercando di sdrammatizzare.
“No, sono grato che lei non me lo abbia ridato. Ovunque
lo abbia nascosto, quello è il luogo più bello in cui sia mai stato”
Felicity lo guardò mentre pronunciava quelle parole che
le spezzarono il fiato e le fecero accelerare i battiti nel petto.
Avrebbe voluto rispondergli ma Diggle in quel momento
si svegliò, attirando l’attenzione di Oliver.
“Quanto manca all’arrivo?” domandò l’uomo.
“Un paio d’ore” gli rispose Oliver, mentre Felicity si
lasciava sprofondare sul sedile in morbida pelle del jet.
Sospirò mentre Oliver tornava a guardarla, senza però
dire nulla.
“Sarebbe stato un
lungo viaggio” pensò mentre la stanchezza prendeva il sopravvento su di
lei.
S’addormentò, il capo che ciondolava in cerca di una
posizione comoda.
Si mosse sul sedile, in dormiveglia, senza capire
realmente ciò che stava facendo, fino a quando trovò qualcosa di confortevole
su cui appoggiarsi.
Non si rese conto che era la spalla di Oliver quella su
cui stava riposando né si accorse del braccio che lui passò intorno alle sue
spalle, tenendola stretta a sé.
Lui la guardò mentre dormiva, respirando il suo
profumo, beandosi di quelle ultime ore di quiete prima dell’arrivo della
tempesta.
Quando giunsero finalmente a Nanda Parbat, un manipolo
di uomini, rigorosamente vestito di nero, li stava già aspettando alle porte
del palazzo della Lega degli Assassini.
Felicity si stupì di quell'immenso edificio ricavato
nella roccia della montagna e di quei lunghi corridoi bui che ora erano
costretti a percorrere, rischiarati solo da qualche sporadica luce.
Oliver camminava in silenzio scrutando ogni cosa
intorno a sé, pronto a cogliere anche il più insignificante dei dettagli.
Diggle procedeva accanto a lui, un’espressione preoccupata
ad adornagli il viso, mentre lei cercava di respirare a fondo per scacciare
quella brutta sensazione che percepiva alla bocca dello stomaco.
Gli uomini di Ra’s li condussero davanti ad una porta
massiccia che Oliver conosceva fin troppo bene. I battenti di legno si aprirono
lentamente lasciando intravedere la grande sala del palazzo: le grandi finestre
ad arco erano state in parte oscurate da inferiate metalliche a motivi
geometrici, limitando la presenza di luce in quella stanza.
Una grande cupola troneggiava sulle loro teste mentre
dal soffitto scendevano grosse lanterne, la cui luce veniva riflessa sul
pavimento scuro e lucido.
Un uomo dava loro le spalle, avvolto in un lungo
mantello nero.
Quando si voltò verso i suoi ospiti, Felicity non ebbe
difficoltà a capire di chi si trattasse, anche se non l'aveva mai incontrato.
Indossava una leggera tunica nera sotto il mantello
mentre i capelli scuri erano tirati indietro sul capo e gli occhi scuri e
penetranti scrutavano i tre nuovi arrivati.
Oliver contrasse la mascella, mentre cercava di non
dare a vedere il suo nervosismo.
Diggle invece rimase immobile, incredibilmente vigile e
quasi indifferente a quell'uomo che ora li fissava.
"Inchinatevi davanti a Ra's Al Ghul!" la voce
di uno di degli uomini vestiti di nero spezzò il silenzio che si era venuto a
creare, ma Oliver non diede segno di volersi piegare al cospetto di
quell'assassino.
Felicity fu contenta di non doversi prostrare davanti a
quel mostro mentre la voce profonda del capo della Lega riecheggiava nella sala
spoglia.
"Saltiamo i convenevoli" disse Ra's
"sappiamo bene che Oliver Queen non é propenso ad accettare ordini né
compromessi"
Oliver non rispose ma non staccò neanche per un istante
gli occhi dalla quella figura scura che si stava avvicinando.
"É un piacere avervi di nuovo qui” annunciò “Mi
aspettavo di rivedere anche il signor Diggle ma mai avrei potuto immaginare che
una tale, incantevole creatura vi seguisse in questo posto buio e
desolato" disse avvicinandosi alla donna.
Felicity sorresse quello sguardo penetrante, per nulla
intimorita dalla sua figura possente e minacciosa.
Riusciva solo a pensare al disgusto che provava per
quell'uomo e ce n'era così tanto che il suo cuore non era abbastanza grande per
poter contenere un altro sentimento, come la paura.
"Stai lontato da lei" Oliver scattò come una
molla carica appena Ra's si avvicinò pericolosamente a Felicity.
"Oh, capisco" commentò lui "forse é
stato un bene che Sarab abbia mancato il bersaglio, in fondo questa adorabile
ragazza potrebbe essere più utile da viva che da morta"
Oliver chiuse gli occhi, sospirando.
Tutto ciò che voleva evitare stava accadendo e si pentì
immediatamente di aver concesso a Felicity di seguirlo in quella folle impresa.
"Non siamo qui per parlare di me" disse lei.
"Questo é un terribile peccato, sarebbe stato
molto più interessante conoscerti meglio, Felicity"
Il solo sentir pronunciare il suo nome da parte di quel
mostro gli mandò il sangue al cervello mentre cercava inutilmente di tenere
sotto controllo le sue emozioni.
"Smettila, Ra's!" il tono della sua voce era
più alterato di quanto credesse "Siamo venuti qui per Sara"
"Credevo lo sapessi, Oliver. Sara é morta mesi
fa" gli rispose lui.
"Sara Diggle!" intervenne John, frustrato da
quell'uomo sadico e ripugnante.
"Intendete dire quella piccola ed indifesa bambina
che non smette mai di piangere?" chiese godendo dell'espressione
preoccupata di suo padre.
Dig scattò in avanti, verso Ra's, desideroso di farlo a
pezzi con le sue stessi mani ma una presa forte e possente lo tirò indietro,
impedendogli di aggredirlo.
Era stata la mano di Oliver a fermarlo, riportandolo al
suo posto mentre si intrometteva tra i due.
"Qualcuno qui ha dei problemi a tenere sotto
controllo le sue ..."
Oliver non lo lasciò finire: "Libera Sara e
lasciali andare! Loro non c'entrano"
"E sentiamo signor Queen, io che cosa ci
guadagno?" chiese tenendo le mani giunte dietro la schiena.
"Me" rispose con determinazione.
Felicity osservò quel diverbio impietrita, sperando che
tutto quello non stesse succedendo davvero.
"Molto bene" accettò il capo della Lega
"in fondo non mi sono mai piaciuti i bambini e devo dire che sono
piuttosto stanco di sentirla piangere"
Scoccò le dita ed uno dei suoi uomini sparì dalla sala
per farvi ritorno qualche minuto dopo, tenendo in braccio la piccola.
"Sara!" il sospiro di sollievo di Diggle
quando vide sua figlia fu l'unica cosa che rallegrò Oliver in quella giornata.
John si diresse verso l'uomo che teneva in braccio la
bambina ma la voce di Ra's lo bloccò: "Non così in fretta"
"Che cos'altro vuoi ancora?" domandò Oliver.
"Una piccola garanzia. Per tutelarmi, nel caso le
cose non andassero nel verso giusto"
Oliver sospirò mentre l'uomo continuava a parlare:
"Lascerò andare il signor Diggle e sua figlia ad un'unica condizione:
voglio che la signorina Smoak rimanga a farci compagnia ancora per un po'"
si mosse verso di lei mentre parlava.
"No!” il tono irremovibile di Oliver fece tremare
Felicity ma non si certo Ra’s Al Ghul, che continuò ad avanzare verso la donna.
“Lei va via con Diggle e Sara e tu la smetterai di
darle la caccia" aggiunse subito dopo.
“Non sei nella posizione per minacciare” lo avvertì.
"Ti servo” chiarì lui “so che vuoi che io diventi
il tuo successore, so che non ti fermerai fino a che non avrai ottenuto ciò che
brami, ma se non la lasci andare io non farò mai ciò che vuoi”
“Tu farai ciò che ti dico” lo minacciò senza però
perdere quella calma inquietante che lo caratterizzava “Perché se ti ribellerai
alle mie scelte non libererò nemmeno il tuo amico e sua figlia e sarebbe molto
triste se la signora Diggle non vedesse tornare a casa il resto della sua
famiglia, non credi?
Perciò la ragazza rimane qui"
Oliver strinse i pugni, le braccia abbandonate lungo i
fianchi, mentre la rabbia prendeva il sopravvento su di lui.
"Resterò" la voce di Felicity fece voltare
tutti i presenti verso di lei.
Lo sguardo infuocato di Oliver la fece desistere per un
attimo ma non cedette: sapeva ciò che stava facendo. Doveva salvare i suoi
amici, Lyla meritava di stringere nuovamente Sara fra le braccia e riavere suo
marito per sé.
Lei non se ne sarebbe mai andata da lì senza Oliver.
Guardò Ra's negli occhi, avvicinandosi a lui a grandi
passi: "Rimarrò qui, ma solo dopo che ci saremo accertati che Sara e John
siano al sicuro, lontano da te e dalla tua setta di psicopatici"
Il capo della Lega rise e fu la prima volta che Oliver
vide un sorriso increspargli il viso.
"Ora capisco perché lei ti piaccia così
tanto" disse rivolto al suo nuovo erede "é coraggiosa quasi quanto te,
o forse é meglio dire folle"
Oliver non rispose, si limitò a guardare la sua
Felicity mentre la paura per la sua incolumità lo torturava.
“Farò accompagnare il signor Diggle e sua figlia al
loro jet e mi assicurerò che arrivino sani e salvi a Starling City. Hai la mia
parola" aggiunse poi rivolto alla donna.
"La sua parola non conta molto per me” ribatté lei
con determinazione.
“Temo che dovrai fidarti” gli disse “ora vi invito ad
accomodarvi nelle vostre stanze. Sarab vi mostrerà la strada. Il signor Diggle
è libero di andare quando vuole”
Maseo scortò i quattro fuori dalla grande sala per poi
imboccare un corridoio alla sua destra.
Indicò loro le stanze: una per Oliver, una per
Felicity, un’altra ancora per Dig e sua figlia; poi ognuno di loro sparì dietro
la propria porta.
John ripartì con il jet quella stessa sera.
Aveva cercato di convincere Oliver in tutti i modi per
farlo rimanere, per aiutarlo a sconfiggere Ra’s ma lui fu irremovibile.
“L’unica cosa che devi fare è tornare a casa da Lyla”
gli disse mentre lo abbracciava e salutava la piccola Sara.
“Non posso lasciarvi qui da soli” ribatté lui.
“Devi farlo, Diggle” gli disse Felicity “L’importante è
che Sara sia al sicuro”
“State attenti voi due. Voglio rivedere entrambi sani e
salvi, intesi?”
I due annuirono mentre la bionda lasciò un bacio sulla
guancia della bambina e abbracciava a sua volta l’amico.
Lo guardarono allontanarsi, scortato verso l’uscita
dagli uomini di Ra’s.
Sospirarono, entrambi consapevoli che avrebbero dovuto
contare unicamente sulle loro forze per sopravvivere a quella situazione.
“Felicity” la chiamò lui quando John sparì dalla loro
vista “quando sarà il momento tornerai anche tu a Starling. Non permetterò a
Ra’s di trattenerti a lungo qui”
“Oliver, io non voglio …”
“No” la interruppe “andrai presto via da qui e dovrai
farlo senza di me”
Non le diede il tempo di rispondergli che già era
sparito nella sua stanza.
Era passata poco meno di mezz’ora quando qualcuno bussò
alla porta di Felicity.
La ragazza si era accomodata sul morbido letto a
baldacchino che occupava gran parte della stanza, osservando pigramente il
mobilio in legno.
Decine di candele illuminavano fiocamente l’ambiente
che alla donna era subito apparso claustrofobico, dal momento che non vi era
alcuna finestra.
Si alzò, sperando che di trovare Oliver al di là della
porta.
Quando aprì si ritrovò di fronte uno dei tanti uomini
della Lega che le comunicò che Ra’s Al Ghul voleva vederla con urgenza.
Non sapeva cosa l’attendeva mentre ripercorreva lo
stesso corridoio, nuovamente diretta al cospetto di quell’assassino, ma riuscì
a controllare la paura che pensava avrebbe provato.
La porta del salone si chiuse alle sue spalle
lasciandola sola con Ra’s, in un silenzio carico di tensione.
“Ci sono una paio di cose di cui vorrei discutere
insieme” iniziò lui “Per prima cosa vorrei sapere se la stanza è di tuo
gradimento”
Lei sospirò, frustrata da quella finta gentilezza.
“Il cellulare non prende e manca il wi-fi, ma non credo
che sia questo il motivo per cui mi ha fatto chiamare” rispose piccata.
“Mi dispiace che Nanda Parbat non sia abbastanza
tecnologica” rispose “in ogni caso concordo con lei, il vero motivo di questa
chiacchierata è un altro”
“Di cosa si tratta?” domandò.
“Di Oliver Queen ovviamente” spiegò “Lui è destinato ad
un grande futuro, diventerà il nuovo capo della Lega degli Assassini e io lo
addestrerò personalmente affinché sia il mio degno erede”
Felicity non rispose, si limitò ad attenere che lui
continuasse quel discorso.
“Ho sempre saputo quale fosse il sentimento che vi lega
e riesco a leggerlo chiaramente negli
occhi di Oliver, nel modo in cui cerca disperatamente di proteggerti, nel modo
in cui ti guarda" le disse "ma purtroppo le vostre strade sono
destinate a dividersi e non incontrarsi mai più"
"Oliver ti sconfiggerà un giorno, é solo questione di tempo" ribatté "e
io lo aiuterò a farlo"
"Ammiro la tua intraprendenza e la tua schiettezza
ma questa volta ti stai soltanto illudendo. Lui non vincerà. É per questo che
faresti bene a seguire il mio consiglio, perché questa sará la sua ultima notte
da uomo libero.
Devi dirgli ciò che provi, Felicity.
Devi dirgli che lo ami e devi farlo adesso, prima che
sia troppo tardi"
Felicity rimase spiazzata da quelle parole: non avrebbe
mai immaginato che Ra's l'avrebbe spinta a confessare i suoi sentimenti ad
Oliver.
Sapeva che in fondo aveva ragione perché dopo quella
sera lui sarebbe entrato a far parte della Lega e lei con molta probabilitá
sarebbe tornata a Starling City.
Odiava anche solo l'idea di lasciarlo lì, in balia di
quel mostro che l'avrebbe provato a trasformarlo in un assassino, in un capo
senza pietà.
E sinceramente non sapeva quanto la grande umanità di
Oliver sarebbe sopravvissuta in in uno luogo simile.
"Domani ci sarà la cerimonia di iniziazione per
lui, il rito con cui entrerà a far parte della nostra grande famiglia"
continuò l'uomo "e da quel momento in poi lui rinuncerà ad ogni cosa della
sua vita precedente. Rinuncerà a te, Felicity. E poi diventerà come me. Un capo
forte, una guida che tutti seguiranno e temeranno"
"Su questo ti sbagli: lui non sarà mai come
te" sentiva la rabbia nei confronti di quell'uomo crescere sempre di più,
fino ad esplodere dentro di lei "Oliver Queen è, e resterà sempre, un
uomo. Non sarà mai un mostro spietato e disumano come te"
Ra's non rispose mentre si avvicinava alla ragazza,
guardandola intensamente.
"Incredibile come l'amore renda cieche anche le
persone più intelligenti" commentò qualche istante dopo.
Le porte della grande sala si aprirono e un uomo entrò
inchinandosi al cospetto di Ra's.
"Il suo ospite é arrivato" comunicò.
"Molto bene" rispose "accompagna la
signorina Smoak alla sua stanza"
"Conosco la strada" rispose lei allontanandosi
a passo spedito da quell'assassino.
Felicity si diresse a grandi passi verso la camera di
Oliver, subito dopo la fine della conversazione con Ra's.
Bussò senza in realtà aspettare una risposta da parte
dell'uomo.
Lo trovò seduto su uno dei divanetti rossi che
abbellivano la stanza, lo sguardo perso nel vuoto.
“Posso entrare?” gli chiese, attendendo sulla soglia
mentre lui volgeva il viso nella sua
direzione.
“Sì, certo” le rispose e lei lo raggiunse impaziente.
"Ho bisogno di parlarti" gli annunciò
restando in piedi davanti a lui.
"Va tutto bene?" le chiese.
"Si" si affrettò a dire " ho parlato con
Ra's"
"Cosa?" Oliver rimase spiazzato da quella
confessione inaspettata "Ti avevo detto di non fare nulla di avventato, di
evitare il più possibile ogni tipo di rischio e ora mi dici che sei andata a
parlarci?"
"Non é stata una mia idea!" si difese "è
stato lui a volermi incontrare ma non è questa la cosa importante"
"Felicity come puoi dire che non lo è?" alzò
la voce "Lui è un assassino, un manipolatore, un uomo senza scrupoli e può
farti del male!"
"Oliver non é successo nulla, sto bene!"
ribatté alzando la voce a sua volta.
"Scusami, non volevo .... é solo che ...."
esitò prima di continuare a parlare "ho paura che ti possa succedere
qualcosa per colpa mia e so che non riuscirei mai a perdonarmelo se
accaddesse"
Si guardarono negli occhi per un lungo istante, in
silenzio.
"Di cosa volevi parlarmi?" le chiese Oliver
distogliendo lo sguardo dal suo viso.
"Il discorso di Ra's mi ha aperto gli occhi su
quanto poco tempo sia rimasto prima che ... " le faceva troppo male dirlo
ad alta voce "prima che tu debba piegarti al suo volere. Ho sempre pensato
che ne saremmo usciti, che avremmo trovato una soluzione diversa. Il solo
pensiero che tu possa accettare la sua proposta mi distrugge perché significa
che rischierò di perderti per sempre, significa che non ti rivedrò per chissà
quanto tempo e fa male, molto più male di quanto potessi immaginare"
“Tutto ciò che ho fatto, tutto ciò che è successo, mi
ha condotto qui. A questo momento” le disse cercando di controllare le emozioni
contrastanti che provava in quel momento "Nemmeno io vorrei accettare la
sua proposta ma devo diventare l'allievo per sconfiggere il maestro; è l'unico
modo per sconfiggerlo e io ci riuscirò, prima o poi"
Felicity si sedette di fronte a lui, su quel piccolo
sgabello trapuntato di rosso, mentre i loro sguardi s’incrociavano.
“C'è una cosa
che non ti ho mai detto prima e che non posso più tenermi dentro" gli
confessò sincera.
Oliver puntò i suoi fari azzurri negli occhi della
donna mentre sentiva il battito del suo cuore accelerare.
Non sapeva cosa volesse dirgli davvero ma c’era
qualcosa che avrebbe voluto ardentemente, qualcosa che bramava ormai da tempo.
“Oliver, voglio solo che tu sappia che io …” lo guardò
mentre cercava di respirare e trovare il coraggio di parlare “Ti amo”
Quelle parole gli fecero esplodere il cuore mentre
respirava a fondo, cercando di calmare quel tamburo impazzito che gli batteva
nel petto.
“Felicity, io …” non trovò le parole per esprimere ciò
che sentiva mentre si sporgeva verso di lei.
Le sfilò delicatamente gli occhiali, chiudendo le
stecche e riponendoli al sicuro su quel piccolo tavolino accanto al divano.
I loro sguardi si incrociarono ancora ma fu come se si
vedessero per la prima volta mentre Oliver si avvicinava sempre di più, riducendo
la distanza fra i loro visi.
Lei rimase immobile, lo sguardo quasi impaurito da
quello che sarebbe potuto succedere da quel momento in poi.
Oliver posò le labbra sulle sue, in un tocco delicato,
mentre chiudeva gli occhi e le prendeva il viso fra le mani.
Godette di quell’attimo di pura dolcezza prima che le labbra
di lei si schiusero, rispondendo al bacio.
La tenne stretta a sé mentre la passione esplodeva fra
loro, creando scintille.
La baciò con foga, esplorando la sua bocca con irruenza
e succhiando le sue labbra con avidità.
Le mani di Felicity scesero dalle sue spalle verso il
petto, lottando contro i bottoni della sua camicia e vincendo ben presto la
sfida.
Lo liberò di quel pezzo di stoffa accarezzando il suo
petto mentre i loro corpi si muovevano all’unisono, avvicinandosi e cercandosi
con urgenza.
Oliver la spinse verso di sé mentre le sue mani s’insinuavano
sotto la maglia nera che indossava, dopo aver già lasciato cadere la giacca da
qualche parte sul pavimento.
Afferrò i lembi della stoffa e li trascinò verso l’altro,
interrompendo il bacio solo per un secondo, giusto il tempo necessario per
sfilare l’indumento e gettarlo lontano.
Sentì i loro respiri ansanti fondersi insieme mentre
faceva passare le mani sotto le cosce della donna e la sollevava, dando il via
ad un altro bacio.
Si mosse a tentoni verso il letto tenendola in braccio,
così vicina da far aderire ogni singolo centimetro della loro pelle.
Quando raggiunsero il centro della stanza lui la fece
scendere e Felicity aprì gli occhi, interrompendo quel bacio che le aveva
mozzato il respiro.
“Ti amo” le sussurrò lui con voce roca all’orecchio
mentre le baciava il collo e con le mani esplorava il suo corpo, accarezzandole
il ventre e stringendola per i fianchi.
Lei gemette in risposta quando Oliver sfiorò la sua
pelle con mille bollenti carezze.
Lo spinse verso il letto e lui si lasciò scivolare sul
materasso mentre Felicity si sedeva a cavalcioni su di lui, sentendo la sua
crescente eccitazione sotto di sé, attraverso la stoffa dei pantaloni.
Con un gesto rapido si sganciò il reggiseno nero che
andò a fare compagnia al mucchio di vestiti che già ricoprivano il pavimento.
Posò le mani sui suoi pettorali, accarezzando le
cicatrici, mentre scendeva lentamente su di lui per baciarlo.
Oliver sentì il suo petto entrare in collisione con il
proprio mentre veniva coinvolto nell’ennesimo bacio.
Ribaltò le posizioni ed esplorò il suo corpo con la
bocca, baciandole la pelle e venerandole i seni con le labbra.
Felicity credette d’impazzire quando le mani di Oliver
le sfilarono i pantaloni e la sua bocca scese a baciarle le cosce, fino a
raggiungere la sua intimità.
Gemettero entrambi quando lui entrò con decisione
dentro di lei, amandola con dolcezza.
Felicity passò le mani intorno al suo collo,
attirandolo a sé, mentre Oliver faceva incontrare ancora le loro bocche e le
sue mani accarezzavano il suo corpo con passione.
Quando entrambi giunsero al culmine si avvolsero nelle
lenzuola, restando abbracciati. Felicity posò il capo sul suo petto e l’ultima
cosa che percepì prima di addormentarsi fu il cuore di Oliver che ancora batteva
all’impazzata.
Felicity fu la prima a svegliarsi la mattina seguente e
le ci vollero un paio di secondi per realizzare ciò che era successo realmente.
Oliver dormiva beato mentre ancora la teneva stretta
come se volesse impedirle di scappare.
Osservò i suoi lineamenti rilassati e godette del suo
respiro regolare che la cullava dolcemente, mentre cercava di allontanare i
brutti pensieri sulla giornata che avrebbero dovuto affrontare.
Lo sentì muoversi sotto di lei, chiaro segno che si
stava svegliando, mentre sentiva le sue mani sfiorarle i capelli.
Lui aprì gli occhi poco dopo, lasciandole intravedere
quel cielo limpido ed azzurro che tanto amava.
“Buongiorno” la salutò sorridendo, mentre le
accarezzava il viso con la punta delle dita.
Lei si mosse, strusciandosi su di lui, per raggiungere
il suo viso e catturare le sua labbra in un dolce bacio.
Sorridevano entrambi mentre quel contatto si
approfondiva, diventando ad ogni istante più passionale, ma entrambi erano
consapevoli che quell’idillio sarebbe ben presto sfumato.
La proposta di Ra’s incombeva su di loro e Felicity
tremò all’idea di dover lasciare Oliver così presto.
Sapeva che ora dirgli addio sarebbe stato ancora più
difficile e doloroso, ma cercò di allontanare quella preoccupazione ancora per
un po’.
“Felicity” la chiamò mentre lei lo guardava negli occhi
“qualunque cosa accada, ricordarti che ti amo”
Lei cacciò indietro le lacrime che sapeva sarebbero
uscite tuffandosi in un altro bacio.
“Ti amo anch’io, Oliver”
“Oliver Queen, ti presento mia sorella” gli annunciò Ra’s
mentre una donna faceva ingresso nel grande salone, avvolta in un mantello
scuro.
Un lungo vestito nero slanciava il suo corpo esile
mentre diversi gioielli e monili riflettevano la luce.
Aveva i capelli neri, in parte coperti da un velo scuro
che portava sul capo,
mentre i lineamenti duri e spigolosi del viso
ricordavano quelli del fratello.
Oliver rimase scioccato da quella notizia: non sapeva
che Ra’s Al Ghul avesse una sorella.
“Lei presenzierà alla tua iniziazione e renderà sacro
il rituale con cui entrerai a far parte della tua nuova grande famiglia come
Al-sah-him, guerriero ed erede del Demone” spiegò mentre Oliver rimaneva immobile,
all’oscuro di come si svolgesse il rito e di cosa comportasse.
Lo avevano legato con due corde, una per polso, ad una
specie di gabbia di metallo, impedendogli di muovere le mani.
Lo avevano spogliato della camicia, lasciandolo a torso
nudo in mezzo alla stanza, mentre alla sua sinistra un braciere bruciava
riscaldando l’ambiente.
Oliver aveva visto alcuni strumenti in metallo
abbandonati nel fuoco rendendoli così incandescenti.
Temeva di dover essere marchiato per poter entrare a
far parte della Lega ma non era questo a spaventarlo davvero.
Pochissime persone erano state autorizzate a partecipare
a quel rito e Felicity non era tra quelle.
Era sollevato che non dovesse assistere a quello
spettacolo ma si stava chiedendo cosa ne sarebbe stato di lei, cosa stesse
facendo in quel momento.
La donna avvolta nel lungo mantello si avvicinò a lui
pronunciando parole incomprensibili alle orecchie di Oliver.
E quando Ra’s estrasse il tizzone ardente dal fuoco,
pronto a marchiarlo, le porte si aprirono e un’altra donna attraversò la sala
sotto gli occhi di tutti i presenti.
“No” disse con determinazione mentre Oliver la guardava
stranito, cercando di capire che cosa avesse intenzione di fare.
“Per le leggi della Lega” iniziò Felicity cercando di
mantenere la calma “so di aver diritto ad un duello contro il Demone, Ra’s Al
Ghul”
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Capitolo 5 *** Oliver Queen è morto! ***
cap5
Everything I did, everything that happened has led me right here.
Cap.5-Oliver Queen è morto!
“Per le leggi della
Lega” iniziò Felicity cercando di mantenere la calma “so di aver diritto ad un
duello contro il Demone, Ra’s Al Ghul”
Il silenzio cadde nella sala mentre le parole di
Felicity raggelarono il sangue nelle vene di Oliver.
Avrebbe voluto urlare, dimostrarle quanto fosse
contrariato all’idea ma rimase immobile, senza dire nulla, cercando di capire
che cosa stesse realmente accadendo.
Per qualche istante perfino Ra’s rimase stupito: posò
nuovamente il tizzone ardente nel fuoco, mentre si allontanava dal suo futuro
erede per avvicinarsi a lei.
Rise senza prendere realmente in considerazione la sua
proposta: “Non combatto contro una donna, tanto meno contro una che ha
chiaramente perso il senno”
“È un mio diritto!” ribatté mentre respirava a lungo,
cercando di tenere sotto controllo l’ansia e la preoccupazione che rischiavano
di assalirla ad ogni istante.
L’unica cosa a cui riusciva a pensare era Oliver ed al
piano che aveva escogitato per poterlo tirare fuori da quella situazione.
Sapeva che era una follia ma lo sarebbe stata anche la
decisione di lasciarlo lì, in balia di Ra’s, arrendendosi al triste destino che
quell’uomo aveva in serbo per lui.
Doveva salvarlo, a qualunque costo.
Era venuta a Nanda Parbat proprio per quel motivo: per
evitare che Oliver si unisse alla Lega, per impedirgli di vendere la sua anima
al demonio.
E dopo la notte trascorsa con lui, dopo avergli
finalmente confessato ciò che provava, il pensiero di perderlo per sempre la
distruggeva.
Lo guardò, consapevole di quanto disappunto avrebbe
trovato nei suoi occhi limpidi, ma nonostante tutto determinata a portare a
termine ciò che aveva iniziato.
Quando Ra’s le
fu abbastanza vicino da intimorirla con il suo sguardo gelido e minaccioso,
credé di perdere l’uso della parola e di
ogni muscolo del corpo ma ciò non avvenne.
Sostenne il suo sguardo con fermezza, lasciandosi
guidare esclusivamente da ciò che sentiva, dalle convinzioni che albergavano
dentro di lei: “Non può negarmi questo scontro”
L’uomo parve ragionarci per qualche istante, gli angoli
della bocca ancora piegati verso l’alto, in quella specie di sorriso che era
spuntato sul suo volto dopo la proposta della ragazza.
“Se desideri morire così giovane in fondo non è una mia
scelta. Ti accontenterò molto volentieri” disse mentre richiamava a sé uno dei
suoi uomini.
“No!” la voce di Oliver spezzò quell’angosciante
silenzio che era di nuovo calato nella grande sala “Non puoi farle questo! Hai
già me, lasciala stare!”
Si dimenò cercando di liberarsi da quelle corde che lo
tenevano legato, lontano dalla sua Felicity che pareva aver deciso di gettare
via la sua vita.
“Non sono io ad aver voluto tutto questo” gli rammentò
il capo della Lega mentre delegava ad uno dei suoi uomini il compito di andare
a prendere le armi per l’inaspettato duello “e come dice la tua cara Felicity,
non posso negarle un tale diritto”
Oliver si dimenò ancora ma i nodi che gli bloccavano i
polsi non avevano intenzione di cedere, mentre un senso di frustrante impotenza
bruciava dento di lui.
“Felicity …” la voce preoccupata di Oliver la fece
sentire in colpa: sapeva quanto dolore gli stava causando, ma era l’unica
possibilità che aveva.
Evitò il suo sguardo mentre sentiva le lacrime pungerle
gli occhi per voler uscire.
“Felicity, guardami” quel sussurro le straziò il cuore
mentre lui la supplicava di non sprecare così la sua vita “Ti prego … non
farlo”
Lei chiuse gli occhi, stringendo le palpebre e
trattenendo le lacrime mentre Ra’s li osservava in silenzio.
“Al-sah-him è preoccupato per te” le fece notare il
capo della Lega “forse dovresti dargli ascolto. Che cosa pensi di fare?
Battermi? Sarebbe un’idea così poco intelligente per una ragazza sveglia come
te”
Felicity aprì gli occhi tornando a guardare il demone di
fronte a lei, sentendo la rabbia crescere: “Il suo nome è Oliver Queen!” urlò,
devastata dall’idea che lui potesse diventare un’altra persona, un uomo diverso
da quello di cui si era perdutamente innamorata.
“Oliver Queen cesserà di esistere fra poco e un nuovo
uomo rinascerà dalle sue ceneri: Al-sah-him. Nascita e rinascita rafforzano le
nostre azioni e quelle che lui compierà lo renderanno una persona più forte, un
uomo temprato dalla vita, un guerriero” disse mentre il membro della Lega che
poco prima era sparito dalla sala ritornò con ciò che Ra’s aveva chiesto.
La donna osservò intimorita quel piccolo scaffale in
legno che venne aperto davanti ai suoi occhi, lasciandole intravedere una
decina di spade dalla lama lucente, tutte diverse per forma, dimensione ed
utilizzo.
La verità è che lei non aveva idea di come combattere
né aveva mai preso un’arma del genere in mano ed ora iniziava seriamente a
dubitare che il suo piano potesse funzionare.
Non si lasciò scoraggiare nonostante tutto, mentre
Oliver osservava impotente la scena e gli occhi gli si inumidivano
inevitabilmente di lacrime.
Non voleva credere a ciò che stava accadendo, non
voleva assistere alla violenza con cui Ra’s si sarebbe scagliato su di lei, non
voleva guardare morire la donna che amava. Perché nonostante Felicity fosse la
persona più intelligente che avesse mai conosciuto, non avrebbe mai avuto una
possibilità contro quell’assassino.
Ra’s Al Ghul indicò con un gesto della mano le armi che
erano appena state portate, lasciando alla ragazza la possibilità di
selezionare le spade migliori.
Felicity s’avvicinò a grandi passi ma esitò non sapendo
cosa scegliere.
Ne afferrò due mentre Maseo spogliava Ra’s della lunga
mantella nera che indossava, per poi riservare lo stesso trattamento alla camicia
leggera che portava al di sotto.
La bionda si stupì che l’uomo non si procurasse delle
armi ma il suo dubbio venne chiarito immediatamente: “Prenderò le tue armi
quando non ne avrai più bisogno”
Lei deglutì, sapendo a ciò cui andava incontro.
Il suo sfidante fece uscire tutti gli spettatori dalla
sala, rimanendo solo con lei ed Oliver.
“Non vorrei mai dover essere nei tuoi panni,
Al-sah-him” disse con una leggera sfumatura di soddisfazione nella voce “Dover
assistere alla morte della donna che si ama non è certamente un bello
spettacolo, ma sicuramente ti rafforzerà …. Considerala come la prima di una
lunga serie di prove a cui ti sottoporrò, affinché tu sia in grado di
affrontare il tuo destino come mio successore”
“Sei un maledetto farabutto!” gli sputò addosso quelle
parole, cariche di rabbia e dolore mentre continuava a dimenarsi nel mero
tentativo di liberarsi “Non toccarla o altrimenti io …”
Ra’s rise ancora, godendo di quelle minacce che Oliver
gli stava facendo: “Sei patetico, signor Queen” disse voltandosi verso di lui
“incredibile quanto ogni uomo innamorato si somigli, appiattendosi e
rammollendosi per amore di una donna che prima o poi finirà”
“Basta!” la voce di lei fece zittire entrambi. Il suo
tono era determinato, la voce sicura di sé mentre stringeva nei palmi le
impugnature delle due spade.
“Ha fegato, la ragazza” commentò Ra’s “ma purtroppo
tutto questo coraggio non ti servirà ad uscire viva da qui”
Felicity non rispose, osservando Oliver struggersi per
quella situazione su cui non poteva avere alcun tipo di controllo. E lui odiava
non avere alcun potere sugli eventi, detestava tutti gli avvenimenti che gli
sfuggivano di mano creando enormi quantità di problemi da risolvere.
Oliver alzò il capo incrociando lo sguardo della donna,
implorandola silenziosamente di tirarsi indietro.
La osservò con quei suoi occhi limpidi ed azzurri,
velati dalle lacrime, con la stessa intensità con cui l’aveva guardata per
tutta la notte, con lo stesso amore che sapeva bruciare nei cuori di entrambi.
Ra’s seguì lo sguardo della donna, ben sapendo dove lo
avrebbe condotto.
Ad Oliver Queen.
Sospirò mentre pronunciava quelle parole: “Aborro i
sentimentalismi e i saluti strappalacrime ma … credo che abbiate diritto ad un
vero addio”
Felicity osservò l’uomo vestito di nero per accertarsi
che facesse sul serio per poi avvicinarsi ad Oliver, i suoi passi che
riecheggiavano nella grande sala spoglia.
Non staccò i suoi occhi da quei fari blu che tanto
adorava, fino a quando arrivò a meno di un metro da lui.
“Felicity, non …” la voce di Oliver si spezzò sotto il
peso di quel dolore che gli stava attanagliando il cuore, mozzandogli il
respiro.
“So quello che faccio, Oliver” gli rispose mentre
abbassava lo sguardo, incapace di osservarlo ancora senza arrendersi alle lacrime.
“Fidati di me” gli sussurrò poi all’orecchio, per
evitare che Ra’s li sentisse “ti tireremo fuori di qui, te lo prometto”
Lui la guardò, cercando di capire quale piano avesse in
mente, consapevole che qualunque esso fosse sarebbe stato pura follia.
Non c’era via di fuga, non c’era modo di uscire vivi da
quella fortezza e l’idea che lei si sacrificasse per salvarlo lo distruggeva.
“Non devi farlo” le disse “Tutto questo può finire in
un solo modo: io che prendo il posto di Ra’s Al Ghul”
“Io detesto questo modo” gli fece notare lei mentre
sorreggeva determinata il suo sguardo.
Si osservarono per qualche istante in silenzio,
entrambi consapevoli che quella poteva essere la loro ultima occasione per
stare insieme.
“Felicity, promettimi che quando tornerai a Starling
vivrai la tua vita e cercherai di essere felice”
“Non potrò mai essere felice senza di te” gli confessò
mentre si avvicinava al suo viso.
Lui abbassò il capo, sconfitto da quelle parole: non
voleva che lei rovinasse la sua vita pensando a lui.
“Oliver” la sua voce arrivò come un soffio delicato
sulla sua pelle, emozionandolo come mai prima d’allora “non sono mai stata
brava a dirti addio, ma questa volta fa ancora più male”
Lui la guardò, leggendo nei suoi occhi lo stesso dolore
che anche lui provava in quel momento.
“Qualunque cosa accada, Felicity … ricordati che ti
amo” le disse mentre non riusciva a darsi pace.
Odiava il fatto di essere legato, odiava l’idea di non
poterla stringere fra le braccia per l’ultima volta, di non poterle sfiorare il
viso con le dita né accarezzarle i capelli.
“Vorrei tanto poterti abbracciare” fu solo un flebile
sussurro, smorzato dalle labbra della donna sulle sue.
Fu un bacio lento ma carico di amore, di quel
sentimento che li aveva legati e che non li avrebbe mai più divisi.
Gli schiocchi delle loro bocche che si cercavano furono
gli unici rumori che spezzarono il silenzio.
Si staccò da lui, consapevole dello sguardo di Ra’s
puntato addosso.
Lo guardò per l’ultima volta, studiando ogni più
piccola sfumatura dei suoi occhi mentre posava una mano sulla sua guancia, in
una dolce carezza.
Lui mosse il viso, strusciando la guancia contro la
mano della donna, fino a posare le labbra sul palmo e premerle a lungo sulla
sua pelle, lasciandole un bacio.
Felicity lo osservò, rapita da tanta dolcezza: i suoi
occhi si erano chiusi nell’esatto istante in cui la sua bocca aveva iniziato a
premerle sulla pelle, per poi riaprirsi poco dopo e incrociare i suoi, colmi di
lacrime e velati di tristezza.
Si allontanò facendo scivolare via la mano dal suo viso
per poi voltargli le spalle e tornare da Ra’s che ancora l’aspettava impaziente
per il loro duello.
Recuperò le due spade che aveva posato precedentemente
per salutare Oliver e si preparò a quella che sarebbe stata una totale
disfatta.
Ma in fondo il suo obbiettivo non era battere la testa
del Demone, soltanto guadagnare abbastanza tempo.
Incrociò lo sguardo di Maseo e respirò a fondo mentre
lui annuiva complice, senza farsi notare dal capo della Lega.
Felicity si fece coraggio, gettò un ultimo sguardo ad
Oliver, poi attaccò.
Era tardo pomeriggio quando lei venne a cercarlo.
Era successo poco dopo la partenza di John Diggle,
quando era appena rientrato nel palazzo dopo aver scortato quell’uomo e sua
figlia fuori da Nanda Parbat.
“Maseo” si stupì di sentirsi chiamare con il suo vero
nome: pochi lo conoscevano in quel posto.
Soltanto Oliver era solito chiamarlo ancora così.
Si voltò, trovandosi di fronte la ragazza bionda che
avrebbe dovuto uccidere per ordine di Ra’s.
“Ho bisogno di parlarti” gli disse “In un posto
sicuro”
“Non posso parlare con te” le rispose mentre le voltava
le spalle e continuava sulla sua strada.
“Me lo devi, invece” la voce determinata di Felicity lo
fece bloccare dopo pochi passi.
Maseo voltò il capo, incontrando quegli occhi chiari e
profondi che lo scrutavano.
“Perché dovrei? Non ci conosciamo nemmeno; non ti devo
nulla”
“Hai ragione: nemmeno io ti conosco, Maseo. Ma Oliver
sì. E nonostante tutto lui ha continuato a fidarsi di te, anche quando sei
entrato in questa setta di psicopatici! Almeno fino a quando non hai cercato di
uccidermi.
Lui ha sempre creduto in te e se lo ha fatto è perché
ha visto qualcosa di buono), qualcosa di umano, qualcosa che ora cerchi di
nascondere dietro il nome di Sarab”
“Tu non sai nulla di quello che mi ha portato qui! Non
conosci niente di ciò che ho dovuto sopportare in questi anni, in questo palazzo”
rispose “non riusciresti nemmeno ad immaginarlo”
“Allora non lasciare che succeda lo stesso ad Oliver”
disse con fermezza “Impediscigli di vendere la sua anima al diavolo, aiutalo ad
uscire da qui. Liberalo, Maseo!”
“Ti stai solo illudendo se credi che sia un modo per
farlo scappare”
“C’è sempre un modo: basta volerlo” lo guardò cercando
di convincerlo ad aiutarla “E lo troverò, con o senza di te”
L’uomo scosse il capo, incredulo della forza con cui
quella donna stesse lottando per salvare l’anima di Oliver.
Forse, un tempo, lo avrebbe fatto anche lui, per Tatsu.
“Che cosa vorresti fare?” le domandò dopo qualche
attimo d’esitazione.
“Voglio stringere un patto” gli rispose senza dargli
altre informazioni “Nella mia stanza, fra cinque minuti”
Lo sorpassò, senza dargli il tempo di replicare,
procedendo lungo il corridoio poco illuminato che conduceva alla sua momentanea
camera.
Lui rimase immobile per qualche istante, indeciso sul
da farsi.
Non seppe dire cosa lo spronò a muoversi: forse il
pensiero di Tatsu, forse l’amicizia che ancora lo legava ad Oliver, forse
quella donna disposta a tutto pur di salvare la persona che amava.
S’incamminò lungo lo stesso corridoio e bussò alla
porta quando arrivò, controllando che nessuno lo vedesse.
Felicity venne immediatamente ad aprire, sollevata nel
vederlo lì.
Si spostò per farlo passare e richiuse la porta dietro
di lui, per poi schiarirsi la voce: “Ho bisogno di conoscere tutte le vie
d’uscita del palazzo. Specialmente quelle meno sorvegliate”
“Nessuna fa al caso tuo. Ci sono uomini ovunque, uscire
è impossibile” gli rispose “Ci sono allae sentinelle anche all’esterno dell’edificio che vi
impediranno di lasciare Nanda Parbat così facilmente”
“Ci deve essere un modo per uscire senza essere visti!”
si torturò le mani mentre cercava di pensare ad un piano che potesse portarli
in salvo.
“Il palazzo è un labirinto. Non riusciresti a trovare
l’uscita senza l’aiuto di qualcuno all’interno”
“Per questo non c’è problema: abbiamo te”
“No, non è possibile” gli disse “Ra’s dubita della mia
lealtà, sarò controllato, non posso farlo”
“Perché dovrebbe dubitare di te?” gli domandò mentre si
aggiustava gli occhiali sul naso.
“Perché non ti ho ucciso” confessò dopo qualche istante
di silenzio “Quando vi trovavate alla Palmer Technologies, la freccia che ha
quasi rischiato di ucciderti non l’ho scagliata io”
Lei rimase in silenzio, ascoltando attentamente le sue
parole.
“Ho esitato. Non riuscivo a non pensare al discorso che
Oliver mi aveva fatto su quello tetto la sera precedente. Mi ha fatto cambiare
idea, mi ha fatto capire di essere ancora … umano. Ra’s ha mandato un altro membro della Lega
per assicurarsi che il compito venisse portato a termine: lui ha scagliato
quella freccia ed io non sono stato abbastanza veloce per riuscire a fermarlo.
L’uomo morto sul marciapiede … l’ho ucciso io”
Felicity respirò a fondo mentre Maseo abbassava il
capo, distogliendo lo sguardo dal suo.
“Questo è un motivo in più per salvare Oliver: lui ti
ha aiutato a ritrovare te stesso. Ha fatto tanto per gli altri ed ora è
arrivato il momento di fare qualcosa per lui”
“Non potete pensare di farcela da soli: avrete bisogno
di un diversivo per scappare e di aiuto” gli spiegò “la via più rapida per
uscire è dalla sala centrale. Oliver sarà condotto lì per il rito
d’iniziazione: quella è l’unica occasione che puoi sfruttare a tuo vantaggio”
“D’accordo” acconsentì “potremmo riuscire a trovare un
diversivo ma non c’è nessuno qui che ci possa aiutare”
“C’è un uomo che potrebbe fare al caso nostro” le disse
“una persona che conosce molto bene questo posto, qualcuno in grado di condurvi
all’uscita, nonché un vecchio membro della Lega: Al Sa-Her”
Il solo sentire quel nome le diede la nausea e per un
istante credé di vomitare.
Malcolm Merlyn era in assoluto l’unico uomo a cui non
si sarebbe mai rivolta. Un mostro che mai e poi mai li avrebbe aiutati senza
chiedere nulla in cambio. E qualunque cosa avesse richiesto, lei sapeva che non
sarebbe riuscita ad accontentarlo, non se voleva ancora vivere in pace con la
sua coscienza.
“No, lui è …”
“Lui è la tua unica speranza” la interruppe “Vuoi
davvero liberare Oliver? Allora hai bisogno di Malcolm”
Felicity sospirò mentre pensava ad un’altra soluzione
che non comprendesse Merlyn e i suoi malefici secondi fini.
Non la trovò e questo non fece altro che
demoralizzarla.
“Oliver ha degli amici a Starling, non è così?” chiese
Maseo “Coloro che si fanno chiamare Team Arrow. Se contatto Malcolm, lui può
comunicare con loro”
“Farli venire qui è troppo pericoloso” disse affranta.
“Se Oliver è così importante per Starling, per le
persone che lo conoscono, allora loro rischieranno per lui” le fece notare.
La bionda chiuse gli occhi mentre respirava a fondo,
consapevole che dalla sua scelta sarebbero dipese molte vite.
Le vite dei suoi amici.
Aprì gli occhi e parlò prima che potesse cambiare idea:
“Contatta Merlyn. Andiamo a salvare Oliver”
Maseo annuì mentre usciva dalla stanza lasciando la
donna sola con i suoi pensieri.
Il buio della sera avvolgeva Nanda Parbat quando un
gruppo di persone si avvicinò cautamente al palazzo.
Diversi uomini, incappucciati di nero, caddero sotto
l’attacco silenzioso di quel piccolo esercito che avanzava rapidamente verso
l’ingresso.
John Diggle si acquattò dietro un cespuglio, per
nascondersi dalle guardie che sorvegliavano il perimetro.
Le sue occhiaie erano il segno tangibile della
stanchezza accumulata negli ultimi giorni: era volato a Nanda Parbat per
salvare sua figlia, poi era tornato indietro insieme a Sara a Starling City,
infine era di nuovo tornato nel palazzo di Ra’s Al Ghul per salvare Oliver,
nonostante tutti glielo avessero sconsigliato.
Non aveva intenzione di restare con le mani in mano
mentre Oliver e Felicity rischiavano la vita; in più non si sarebbe mai fidato
completamente di Malcolm e della sua generosa partecipazione alla missione.
Non aveva chiesto nulla in cambio ed era quello che più
lo preoccupava.
“Lo faccio per
Thea, per essere un buon padre”
Quelle erano le parole che aveva detto davanti ad un
John piuttosto perplesso.
Una freccia colpì in pieno petto un uomo della Lega,
che cadde a terra senza che nessuno se ne accorgesse.
Laurel seguì al contrario la traiettoria dello strale,
anche se già sapeva chi era stato a scagliarlo.
Thea Queen era qualche metro dietro di lei: il viso
coperto da un cappuccio scuro, la faretra sulla sua schiena, l’arco teso fra le
mani esili, gli occhi verde smeraldo che fendevano l’oscurità, l’espressione
concentrata.
Oliver non avrebbe approvato la sua partecipazione ma,
dopo un’iniziale opposizione, tutti i membri della squadra avevano dovuto
accettare il suo aiuto. Avevano bisogno del contributo di tutti poiché ognuno
di loro avrebbe potuto fare la differenza, tra la vittoria e la sconfitta.
Malcolm sopraggiunse alle spalle di una guardia,
stordendola, mentre Laurel guadagnava preziosi metri di terreno, mimetizzandosi
nella notte grazie alla tuta nera di Black Canary.
Quando furono sotto le porte del palazzo la lotta
infuriò e decine di uomini li attaccarono contemporaneamente su più fronti.
Thea continuò a scoccare frecce, a debita distanza,
aiutando il resto dei compagni coinvolti in un continuo e sfiancante corpo a
corpo.
Molti dei membri della Lega soccomberono sotto i suoi
attacchi e negli scontri con il Team Arrow, ma ben presto la situazione peggiorò.
Diggle, Laurel e Malcolm iniziarono ad incassare colpi
mentre Thea si gettava nella mischia, cercando di salvarli.
E mentre cercavano di penetrare in quella fortezza,
Ra’s Al Ghul si beffava di quella donna che aveva osato sfidarlo.
Felicty si gettò a capofitto sull’uomo di fronte a lei,
cercando di colpirlo con una delle due spade che stringeva saldamente in pugno.
Si scontrò contro quello che le parve un muro di
cemento piuttosto che una persona in carne e d’ossa.
Ra’s Al Ghul aveva facilmente schivato il suo maldestro
affondo, bloccando con una mano la lama di una delle due armi.
Stringeva nel pugno la punta della spada, non curandosi
del piccolo rivolo di sangue che colava dal suo palmo, come se non sentisse
nemmeno dolore.
La donna si allontanò da lui, cercando di sfuggire alla
sua forza, ma lui riuscì agilmente a sottrarle la prima spada, lasciandola
basita e spaventata.
Sapeva quanto Ra’s fosse forte ed invincibile ma non
pensava di fallire così miseramente.
Iniziarono a muoversi in tondo, mentre lei si teneva a
distanza, studiando ognuno i movimenti dell’altro.
L’unico obbiettivo che aveva era riuscire a conservare
la sua arma abbastanza a lungo per poter attuare il suo piano.
Si mosse ancora, con lentezza, avvicinandosi al suo
vero obbiettivo.
Le posizioni si erano quasi ribaltate quando l'uomo
attaccò: ora Ra’s si trovava di fronte ad Oliver mentre Felicity era proprio
davanti a lui, dandogli però le spalle.
Sentiva chiaramente i lamenti ed i respiri affannati di
Oliver, ogni volta che Ra's rischiava di ferirla.
Felicity schivò un colpo per un pelo e Ra's rimase
stupito da quel suo improvviso scatto di agilitá, ma quella mossa la allontanò
nuovamente da Oliver.
Si mosse rapidamente prima che la testa del Demone
tornasse alla carica: corse da Oliver il più velocemente possibile, la spada
stretta nel pugno.
Con un unico movimento, la lama tagliò una delle due
corde che bloccavano le mani dell'uomo. Il braccio di Oliver cedette, non
aspettandosi di essere improvvisamente slegato.
Felcity non seppe bene che cosa avvenne in quei secondi
a seguire.
Passò la spada ad Oliver che prontamente l'afferrò, per
poi tagliare l'altra corda e liberarsi del tutto.
Vide Ra's brandire l'arma nella sua direzione e per
sfuggire al colpo si gettò di lato, perdendo l'equilibrio e precipitando
rovinosamente a terra.
Sentì i palmi bruciare per l'impatto contro il
pavimento, mentre scivolava insesorabilmente sulla superficie liscia e lucida.
Credette di percepire la lama cadere su di lei ma ciò
non accadde.
Un clangore metallico rieccheggiò nell'aria quando la
spada di Oliver bloccò quella di Ra's, impedendogli di farle del male.
Il demone fu costretto a lasciarla andare mentre parava
i colpi che Oliver stava infliggendo.
Si rialzò cercando Maseo con lo sguardo: l'uomo era
appena corso verso la porta secondaria della sala.
Quando l'aprì, il rumore della battaglia che si stava
svolgendo fuori da lì risuonò nell'ampio salone mentre Oliver e Ra's
continuavano a sfidarsi a colpi di spada.
Oliver incassò un colpo, rischiando di farsi sopraffare
dalla rapiditá del secondo attacco del suo avversario.
Si riprese rapidamente, mentre il fianco sanguinava per
il taglio appena inferto dalla lama.
Attaccò ancora mentre, con la coda dell'occhio vide
diversi uomini della Lega irrompere nella sala.
"Ci stanno attaccando!" urlavano mentre
cercavano di ripararsi dalle frecce che li colpivano senza pietá.
Sia Oliver che Ra's rimasero sorpresi da quanto stava
accadendo, rallentando il ritmo del loro scontro.
Oliver ne approfittò per colpirlo ma il capo della Lega
bloccò ancora il suo attacco.
Scintille parvero espoldere nell'aria quando le due
spade s'incrociarono mentre Ra's guardava negli occhi il suo sfidante:
"Dovremmo parlare presto della tua lealtà nei miei confronti,
Al-sah-him"
"Io non sono Al-sah-him" rispose lui
stringendo i denti mentre spingeva, con tutta la forza di cui era capace, la
sua spada contro quella di lui.
Cercò di disarmarlo ma non ci riuscì mentre Diggle fece
ingresso nella sala, seguito a ruota da Malcolm, Laurel e Thea.
L'allargato team Arrow colpì gli uomini della Lega
presenti nella stanza, stendendoli rapidamente.
Purtroppo però altri incapucciati continuavano a
giungere numerosi nella stanza, mettendoli in difficoltá.
Fu la frazione di un attimo e Ra's colpì Oliver con un
pugno allo sterno, mozzandogli il
respiro.
Oliver pensò di essere nuovamente trafitto dalla sua
spada ma Ra's si allontanò rapidamente da lui: non aveva intenzione di uccidere
il suo futuro erede.
Nessuno a parte Oliver capì quello che stava
succedendo: nel furore dei colpi e della battaglia lui guardò verso di lei,
l'unica davvero indifesa in mezzo a quegli assassini.
Avrebbe voluto urlare ma la voce gli morì in gola
mentre si rimetteva in piedi, scattando verso Felicity.
Ra's la bloccò, catturandola fra le braccia e puntando
la spada contro il suo collo.
Felcity cerco di divincolarsi senza riuscirci: la presa
intorno a lei si strinse maggiormente, immobilizzandola.
"Fermi!" la voce di Ra's risuonó nella sala
mentre Laurel stendeva uno degli ultimi uomini ancora presenti in sala.
"Di’ a tuoi uomini di deporre le armi o potrai
dire addio alla tua adorata Felicity!" lo minacciò Ra's mentre la lama
premeva sulla pelle pallida della donna.
"Lasciala andare" rispose a denti stretti, lo
sguardo che si muoveva ripetutamente da Ra's a Felicity e da Felicity a Ra's,
cercando di studiare ogni singolo dettaglio che avrebbe potuto sfruttare a
proprio vantaggio.
"Prima manda via loro, poi ne parleremo" gli
disse mentre stringeva la donna contro di sé, senza alcuna intenzione di
lasciarla andare.
"Dirò loro di arrendersi solo se li lascerai
andare via da qui, sani e salvi" ribatté "e Felicity con loro"
Lei alzò lo sguardo, incrociando gli occhi azzurri di
Oliver mentre la punta della spada pareva bruciare sulla sua pelle,
graffiandola ad ogni respiro.
Cercò di allentare la presa su di sé ma l'unica cosa
che ottenne fu un’ulteriore dolorosa stretta intorno alle spalle, mentre la
lama le feriva superificialmente il collo.
Chiuse gli occhi cercando di non esternare quel dolore
che provava, mentre sentiva la frustrazione crescere in lei: non era così che
aveva immaginato di salvare Oliver.
Ora era lui a doverla salvare e sapeva che avrebbe
fatto qualunque cosa pur di proteggerla, perfino sacrificare la sua stessa vita
e vendere l’anima alla testa del Demone.
Il piccolo rivolo di sangue scarlatto che le macchiò la
pelle, colando dalla ferita sul collo, fece scattare Oliver come una molla.
“Lasciala!” disse alzando la voce “Io resto qui. Farò
ciò che vuoi, mi unirò alla Lega, diventerò il tuo erede ma tu … devi lasciarla
andare, adesso!”
“No, Oliver non …” la voce disperata di Felicity si
spezzò sotto il peso delle lacrime.
Non voleva che lui s’immolasse per lei, non doveva
buttare via la sua vita così.
“Zitta!” le ordinò Ra’s, premendo maggiormente la spada
sulla gola “Voglio i tuoi amici fuori da qui o lei non va da nessuna parte”
concluse rivolto ad Oliver.
Lui si voltò, osservando impotente tutti coloro che
avevano rischiato la vita per venire a salvarlo.
Il suo sguardo si posò su Diggle, il suo più fedele
alleato, colui che avrebbe sempre desiderato come fratello; poi Thea che aveva
indossato un cappuccio simile a quello di Arrow per l’occasione; Malcolm;
Laurel, che aveva dimostrato una gran coraggio negli ultimi mesi ed infine
Felicity.
Colei che sicuramente aveva ideato il piano per
salvarlo, che aveva trovato un modo per mettersi in contatto con il resto del
Team.
Quella donna che ora stava guardando negli occhi,
cercando silenziosamente di convincerla che sarebbe andato tutto bene, pur non
essendone convinto.
“Grazie, per quello che avete fatto” disse dopo qualche
attimo “ma il mio destino è quello di rimanere qui, per diventare la nuova
testa del Demone e capitanare la Lega degli Assassini”
Nessuno di loro avrebbe mai voluto arrendersi e
lasciare Oliver a Nanda Parbat ma tutti capirono il vero motivo per cui l’aveva
fatto.
Per Oliver, vivere una vita senza Felicity, senza i
suoi amici, era peggio che trascorrerla lì, in quella fortezza arroccata che
sarebbe diventata la sua prigione.
Ra’s Al Ghul osservò Al-sah-him prima di mollare la
presa intorno al collo della donna e spingerla, facendole perdere l’equilibrio.
Felicity cadde a terra, picchiando le ginocchia sul
pavimento gelido, il corpo che le doleva per quella forte stretta e il cuore
che sanguinava dal dolore.
Oliver si buttò a capofitto su di lei, inginocchiandosi
al suo fianco e prendendole il viso fra le mani.
Le accarezzò le guance, passando le dita fra i capelli
biondi e setosi.
Lei alzò lo sguardo incrociando quello di lui, mentre
si aggrappava al suo braccio, cercando di ricacciare indietro le lacrime che le
bagnavano il viso.
“Mi dispiace” sussurrò mentre non riusciva a reprimere
un singhiozzo.
“Shhh” le passò le mani dietro la nuca, avvicinandole il
viso al suo “va tutto bene”
“Ho fallito …”
“Ci hai provato e ti amo ancora di più per questo” le
confessò.
Mentre i due restavano abbracciati sul pavimento in
centro alla sala, Ra’s si allontanò da loro prendendo il tizzone ardente dal
fuoco, per poi tornare velocemente dal suo nuovo erede.
Nessuno fece in tempo a fermarlo: marchiò a fuoco la
sua schiena, bruciandogli la pelle sopra le scapole.
“Oliver!” Felicity lo chiamò preoccupata quando lui
cadde a terra, scivolando prono sulla superficie liscia mentre stringeva i
denti, lottando contro il dolore.
Gemette dolorosamente mentre sentiva la pelle della
schiena andare a fuoco.
Sospirò quando Ra’s allontanò quel metallo ardente dal
suo corpo, lasciando un indelebile segno sulla schiena.
“Al-sah-him, benvenuto nella tua nuova famiglia” gli
comunicò con voce solenne “Ora sei un membro ufficiale della nostra amata Lega”
Felicity venne presa di peso e trascinata a forza
lontano da lui, da due possenti braccia che non riconobbe subito.
Si dimenò mentre le lacrime cadevano copiose sul suo
viso, lo sguardo fisso su Oliver, ancora disteso sul pavimento.
Il blu dei suoi occhi fu l’ultima cosa che vide prima
di venire spinta velocemente fuori dalla fortezza.
Quando aprì gli occhi si ritrovò a bordo del jet di Palmer.
Si voltò verso il sedile al suo fianco, sperando di
trovare Oliver, assorto nei suoi pensieri. Ma non fu affatto così.
Al suo fianco vi era seduto Dig, che la guardò con aria
preoccupata, mentre i primi ricordi della sera appena trascorsa riaffioravano
alla sua mente.
La crudele realtà le mozzò il fiato, il ricordo di
Oliver steso sul pavimento della grande sala del palazzo la devastò, mentre
riprovava la stessa disperazione che aveva sentito quando John l’aveva
trascinata a forza lontano da lui.
Aveva pianto, aveva alzato la voce, si era dimenata per
liberarsi e tornare da lui, dal suo Oliver.
Ma la presa dell’amico non le aveva lasciato scampo,
fino a quando lei e tutto il resto del team erano nuovamente saliti sull’aereo
che li avrebbe condotti a Starling.
“No! Ti prego! Non
possiamo lasciarlo, non posso … non voglio tornare a casa senza di lui!”
Ricordava perfino le parole che aveva urlato tra le
lacrime, sconvolta da quel dolore che ancora le opprimeva il cuore.
“Dig” lo chiamò mentre i suoi occhi diventavano lucidi,
la voce rotta dall’emozione.
“Lo so, Felicity” le rispose lui comprensivo,
consapevole di quello che stesse provando.
“Io non …” non riuscì a finire la frase mentre le
lacrime le rigavano le guance.
Ne sentì il sapore salato sulle labbra mentre Diggle
l’avvolgeva in un abbraccio, facendole posare il capo sulla propria spalla.
Lei pianse, senza vergognarsi di mostrare il suo
momento di debolezza davanti ai suoi amici.
Ognuno di loro era distrutto per la perdita che avevano
subito e Felicity lo sapeva bene. Non poteva invece garantire per Malcolm, dato
che se ne stava in disparte senza dire nulla.
Felicity lo aveva sempre disprezzato ma mai l'aveva
odiato come in quel momento: era colpa sua se la Lega aveva messo nel mirino Oliver
e Thea ed il suo comportamento da buon padre, come spesso si definiva, era
ripugnante.
Felicity chiuse gli occhi, cercando per un attimo di
dimenticare la sua faccia e di regolarizzare il respiro.
Non seppe quanto tempo passò prima che la stanchezza
prendesse il sopravvento su di lei e la facesse cadere fra le braccia di
Morfeo.
Sognò: immaginò che Oliver fosse ancora con lei, che
Ra's non esistesse, che fossero solo loro e l'amore che li legava.
Quando il jet riatterò a Starling City l'angosciante
realtà frastornò ognuno di loro: Oliver se n'era andato, la città viveva nel
caos senza il suo eroe, Roy era ancora in ospedale per l'aggressione subita, la
polizia continuava a credere che lui fosse il vero Arrow, Lance non avrebbe mai
smesso di perseguitare Oliver, il covo era ormai un posto inutilizzabile e
presto tutti sarebbero finiti nei guai con la giustizia.
"Non può andare peggio di così" disse
Felicity, esternando i pensieri di tutti i presenti.
Ma ancora non sapeva quanto si sbagliasse.
Aveva ormai perso il conto dei giorni, quando qualcuno
tentò di svegliarlo.
Oliver Queen era disteso sul freddo pavimento di una
cella, incatenato come un animale pericoloso.
I primi giorni trascorsi a Nanda Parbat, dopo la sua
ufficiale iniziazione a membro della Lega, erano stati dolorosi ma di certo non
i più duri.
Aveva ancora speranza, voglia di combattere, credeva
ancora nei valori che lo avevano guidato fino ad allora, tutte qualità che in
quel momento aveva perso.
Ra's Al Ghul trascorreva moltissime ore insieme ad
Oliver, insegnandogli nuove tecniche di combattimento, parlando dei progetti
che aveva in serbo per lui.
La testa gli scoppiava mentre cercava di ricordare
tutto quello che era successo in quel periodo trascorso nel palazzo: gli
allenamenti, le torture a cui era stato sottoposto, le vessazioni che aveva
dovuto sopportare.
"Ogni guerriero deve imparare la semplice verità,
che il dolore è inevitabile ma la sofferenza è facoltativa" gli dicevano
mentre versavano acqua bollente sulle sue mani, per temprarlo.
Le stesse parole ripetute più e più volte fino a
convicerlo che fossero vere, mentre un uomo della Lega spingeva il suo capo in
un catino di acqua e ghiaccio e lo tratteneva con forza giù, anche quando gli
mancava il fiato.
I polmoni bruciavano a causa dell'acqua gelida mentre
Ra's continuava a ripetergli come un mantra il suo nuovo nome: Al-sah-him.
Era abituato al dolore fisico, avezzo alle cicatrici,
ai tagli, ad ogni tipo di ferita, ma non a quella cantilena che continuavano a
somministragli a piccole dosi ogni giorno, facendolo impazzire a poco a poco.
"Oliver Queen é morto" questa era la frase
che sentiva ogni volta che si svegliava al mattino e prima di addormentarsi la
sera.
Nelle poche ore della giornata che non passava in
compagnia della testa del Demone, veniva affidato a Sarab che avrebbe dovuto
continuare il lavoro iniziato dal suo maestro.
Ma erano quelli i momenti in cui Al-sah-him si sentiva
più confuso.
Quell'uomo dai tratti asiatici e i capelli sempre
raccolti in un codino, lo spronava a non dimenticare.
Gli ricordava chi fosse davvero, quale vita avesse
vissuto prima di finire nelle grinfie di Ra's, quali speranze aveva, quali
desideri avrebbe ancora voluto realizzare. Lo incitava a non mollare, a non
vendere la sua anima al Demone, a non commettere lo stesso errore che lui
stesso aveva commesso.
"Come ti chiami?" gli chiese Maseo, dopo
averlo svegliato dal lungo sonno in cui era caduto.
"Il mio nome é Al-sah-him" rispose lui con
voce atona, gli occhi che gli si chiudevano per la stanchezza mentre i muscoli
gli dolevano per i troppi sforzi fisici a cui era sottoposto.
"No!" il giapponese alzò la voce con lui
"sto perdendo tempo con te, maledizione! Il tuo nome é Oliver Queen"
"Oliver Queen é morto" ripetè come un automa,
programmato per dire sempre le stesse cose.
"Oliver Queen é vivo!" lo obbligò a guardarlo
negli occhi, sperando che ciò bastasse a fargli ricordare qualcosa "Oliver
Queen é un eroe, si é sacrificato per salvare i suoi amici, ma soprattutto per
la donna che ama! Per questo si trova ingiustamente qui"
Al-sah-him lo guardò senza capire mentre Sarab
continuava a parlargli: "Oliver Queen ama ed é amato, incondizionatamente.
Lei ti aspetta, attende il tuo ritorno a casa per poterti abbaracciare di
nuovo"
Maseo non seppe dire se Oliver avesse capito le sue
parole ma il guizzo rapido e momentaneo che attraversò i suoi occhi lo fece ben
sperare.
"Lei come si chiama?" ritentò, sperando che
andasse meglio questa volta "La donna che ami, voglio sapere il suo
nome"
Lui abbassò il capo mentre pensava a come rispondere.
Non ricordava nessun nome, nessuna donna: non c'era
nient'altro nella sua vita se non Ra's Al Ghul e la Lega.
"Lei crede in te, Oliver. Non deluderla" la
voce dell'uomo parve risvegliare in lui ricordi sopiti da tempo.
Vedeva qualcosa, forse un viso, ma era così confuso,
così sfocato da non riuscire ad inquadralo nitidamente.
Quel pensiero scivolò via, come acqua tra le dita ma
poi, quando credeva che tutto fosse perduto, mise a fuoco la figura di una
ragazza dai lunghi capelli biondi, raccolti in una coda di cavallo.
Fu la frazione di un secondo ma gli bastò per portare a
galla qualcosa, che ora percepiva nel petto.
Era diversa da tutte le altre emozioni che ricordava di
aver provato ed era anche la più bella. Gli faceva battere forte il cuore, ma
non era dolorosa come la paura che i primi giorni aveva provato. Era una bella
sensazione, qualcosa che gli scaldava il petto e gli infondeva un senso di pace
e serenità.
Le sue labbra si mossero da sole, senza che lui
riuscisse a controllarle.
Il suo nome morì sulla sua bocca, insicuro e tremante
come un soffio di vento.
"Felicity ...." sussurrò più sè stesso che
all'uomo di fronte a lui.
"Sì!" Maseo esultò entusiasta per il
risultato ottenuto "aggrappati a lei, Oliver. Tieni stretto il tuo ricordo
di Felicity e non permettere a nessuno di portartelo via"
Per un attimo l'umanità di Oliver era di nuovo lì,
tangibile nel suo sguardo, poi esplose come una bolla di sapone appena la porta
si aprì.
Ra's Al Ghul fece ingresso nella cella, stupendosi di
trovare Sarab insieme al loro ospite.
"Che cosa ci fai qui, Sarab?" domandò, la
voce burberba e minacciosa come sempre.
"Ero venuto a svegliare Al-sah-him e prepararlo
per i suoi allenamenti" rispose mentre guardava ancora Oliver, seduto sul
pavimento.
"Puoi andare, Sarab" lo congedò
frettolosamente mentre si avvicinava a lui.
"Possiamo cominciare" annunciò
inginocchiandosi davanti al suo eredr "per prima cosa, dimmi il tuo
nome"
La tentazione di pronunciare il suo vero nome fu tanta,
la voglia di riscatto che pensava aver perso per sempre pareva essere tornata
al suo posto.
"Al-sah-him" disse invece, consapevole che
mostrarsi debole davanti ai suoi occhi sarebbe stata un'ottima idea.
Non si spiegò il perché di quello schiaffo che atterrò
sul suo viso con forza, non nell'immediato almeno.
"Hai esitato!" la voce alterata di Ra's lo
intimorì "Sei più difficile da persuadere di quanto pensassi"
Lo spinse a terra, facendogli perdere l'equilibrio, e
Oliver batté la schiena sul pavimento duro e gelido.
Pensò che la scapola gli avrebbe fatto male, visto che
la pelle era ancora ipersensibile dopo il marchio a fuoco che gli era stato
impresso, ma ciò non avvenne.
Le lezioni di Ra's stavano dando i loro frutti, in
fondo.
La testa del Demone si abbassò su di lui e con un
movimento brusco gli bloccò il braccio dietro la schiena.
Oliver sentì una fitta di dolore invadergli il braccio,
accuito dal dolore al polso che le catene gli inflaggevano, ma cercò di non
esternare la sua sofferenza.
"Oliver Queen é morto"
Non seppe quante volte gli venne ripetuto nelle
orecchie quella mattina, ma ognuna di esse era accompagnata da qualche dolore
che Ra's gli infliggeva volontariamente, in qualunque parte del corpo.
Non seppe dire chi fosse davvero quando cedette sotto
le torture di Ra's, arrendendosi al dolore che gli sconquassava il corpo ad
ogni respiro.
Si ritrovò disteso per terra, tossendo e cercando di
respirare regolarmente, fino a quando gli occhi si chiusero e perse i sensi.
“Come è andata
là fuori stasera?” domandò Felicity a Diggle, mentre lui era intento a stappare
una bottiglia di vino rosso.
Lei e Thea erano state invitate a casa di John, per una
cena che Lyla aveva definito ‘di famiglia’.
“L’informazione era esatta” le rispose “Messaggio in
codice per i Halcones, al porto, per scaricare una spedizione di M16”
“Beh … sono particolarmente fiera che non ti sei fatto
ammazzare” commentò Lyla, sospirando.
“Quella è stata anche la mia parte preferita” le disse,
avvicinandosi al viso della moglie e lasciandole un bacio a stampo sulle
labbra.
Felicity chiuse gli occhi per un breve istante: quel
piccolo, tenero gesto le faceva venire in mente Oliver e le ricordava tutto
quello che lei non avrebbe mai potuto avere.
Normalità.
“Se continuerai ad andare in missione dovremmo davvero
idearti una specie di …” disse, cercando di accantonare il pensiero di Oliver.
Diggle la interruppe immediatamente, intuendo di cosa
stesse parlando la bionda: “Non … dire costume”
Bevve un sorso di vino mentre osservava la piccola
Sara, seduta sul seggiolone accanto a lui.
“Ok. Identità nascosta” Felicity gesticolò nervosamente
continuando il suo discorso “Senti …
alla fine dovremmo trovarti un nuovo status quo o lavorare ad uno ora
che …”
Si fermò, rendendosi conto di quello che stava per
dire.
“Ollie non c’è più” concluse Thea al suo posto, con lo
sguardo basso e afflitto, la voce triste e malinconica.
Felicity asciugò quel principio di lacrime dai suoi
occhi, strofinando le palpebre con le dita al di sotto delle lenti degli occhiali.
Il silenzio calò fra loro prima che Diggle riprendesse
a parlare: “Come stai?”
“Beh .. non so che cosa si provi ad indossare un
costume, uscire in missione e vincere visto che non l’ho mai fatto prima”
rispose Thea.
“Voglio dire riguardo ad Oliver. Che è via”
“Non lo so” disse sincera “Le mattine sono le peggiori.
Non posso … lasciare il loft quindi …” si fermò, respirando a fondo per
trattenere le lacrime e il dolore che provava “È bello poter venire qui”
“Sei sempre la benvenuta a casa nostra” la rincuorò
Lyla, posando una mano sul suo braccio.
Lei annuì, grata per quel sostegno che le stavano
fornendo.
“Il fatto è che è colpa mia” disse “se non mi fossi
fidata di Malcolm, lui non ci avrebbe fatto diventare un bersaglio per la Lega
ed Oliver non avrebbe dovuto sacrificarsi per salvarmi”
“Lui non vorrebbe che ti sentissi in colpa” la bloccò
Felicity, consapevole che l’unica colpa andava attribuita a Merlyn.
“Nell’esercito, hanno un detto …” disse Diggle mentre
alzava il bicchiere di vino “per un soldato che compie il sommo sacrificio.
Andato … ma mai dimenticato”
Tutti lo seguirono, alzando a loro volta i bicchieri e
ripetendo quelle parole.
Era pomeriggio quando Al-sah-him si svegliò a poco a
poco, le palpebre pesanti che tribolavano ad aprirsi, i muscoli che gli
dolevano ed un’incredibile emicrania che gli martellava la testa.
Si mosse troppo bruscamente e il suo corpo reagì
provocandogli fitte di dolore in ogni dove.
Cercò di tirarsi a sedere ma non ci riuscì, mentre
intrappolava tra le labbra un gemito di dolore che avrebbe voluto uscire.
Sbatté le palpebre più volte prima di abituarsi alla
luce e rendersi conto che non era solo in quella cella.
Ra’s Al Ghul era inginocchiato accanto a lui,
fissandolo con i suoi occhi scuri, simili a pozze di petrolio.
Ricordò le sofferenze e le percosse a cui la testa del
Demone lo aveva sottoposto qualche ora prima, ma non ricordava che cosa avesse
fatto di male per meritarsele.
“Qual è il tuo nome?” gli domandò l’uomo di fronte a
lui.
Oliver non dovette nemmeno pensarci: sapeva esattamente
come si chiamava.
“Al-sah-him, guerriero del Demone ed erede di Ra’s Al
Ghul”
“Molto bene, ragazzo” commentò lui mentre gli offriva
la mano per tirarsi su a sedere “sei finalmente pronto ad affrontare il mondo”
L’uomo, ancora seduto a terra, lo guardò vedendo in lui
l’illustre maestro che gli aveva insegnato ogni cosa, l’unica guida da seguire.
Accettò l’aiuto che gli stava offrendo, aggrappandosi
alla sua mano e facendo affidamento su di lui per mettersi in piedi.
I muscoli gli facevano male ma non si lamentò: aveva
imparato che il dolore era inevitabile ma la sofferenza … quella era solo
un’opzione per i più deboli.
“Ho due compiti molto importanti da affidarti” gli
disse “Confido molto nelle tue straordinarie capacità”
“Non la deluderò, maestro” disse lui, onorato di essere
scelto per una missione così importante.
“Prima di dirti in cosa consiste la tua missione però
c’è ancora una cosa che devi fare: provare a battermi”
Ra’s si voltò, facendo svolazzare il suo lungo mantello
nero, per poi incamminarsi verso l’uscita.
“Sarab” chiamò il Demone “Slegalo e preparalo per il
duello”
Maseo annuì, entrando nella cella e liberando Oliver da
quelle catene che gli bloccavano i polsi.
Rimase a guardarlo, cercando di capire cosa gli stesse
succedendo.
I suoi occhi erano vacui e privi di speranza, il petto
cosparso di tagli, lividi e ferite recenti.
Sapeva che cosa significava tutto ciò: Oliver si era
arreso e Ra’s aveva vinto, ancora.
“Oliver” lo chiamò dopo essersi assicurato che fossero
soli “Che cosa è successo”
“Oliver?” domandò lui, perplesso “Quell’uomo è morto,
non esiste più ormai. Sono Al-sah-him”
La convinzione con cui pronunciò quelle parole gli fece
capire che non stava mentendo: credeva davvero ciò che diceva.
Il Demone gli aveva fatto il lavaggio del cervello ed
ci era riuscito anche piuttosto bene. Non c’era più nulla di Oliver Queen in
quel corpo provato dalla sofferenza e dalla stanchezza, nessuna delle sue
qualità erano rimaste intatte dentro di lui, niente era sopravissuto dopo il
saccheggio di Ra’s alla sua anima.
Sospirò sconfitto, mentre quell’involucro di carne ed
ossa si avviava verso l’uscita, come un automa progettato con un unico scopo:
uccidere.
Maseo pensò a quella donna che, solo due settimane
prima, aveva fatto di tutto pur di salvare Oliver, senza riuscirci.
Credé di vedere il suo viso, distrutto dalla
consapevolezza di aver perso per sempre l’uomo che amava con tutta sé stessa e
questo gli straziò il cuore.
Sembrava incredibile come il sacrificio di Oliver
avesse salvato ognuno di loro, compreso lui.
Il suo gesto, insieme al coraggio di Felicity, aveva
risvegliato in lui quell’umanità che credeva di aver perso, facendogli capire
che Maseo era ancora lì, nascosto da qualche parte dentro di lui.
Seguì Al-sah-him, conducendolo verso la sala dove si
sarebbe disputato il duello e fu allora che capì che l’avrebbe salvato, a
qualunque costo.
Era la sua possibilità di riscatto, la sua redenzione
da un vita di crimini e omicidi, la sua salvezza.
Avevano da poco finito di cenare quando Felicity si
avvicinò alla finestra, tenendo in braccio la piccola Sara, che sorrideva
divertita.
Le luci dei palazzi rischiaravano in parte la notte di
Starling City, mentre la donna osservava il cielo, scrutando le poche stelle che
brillavano sopra di lei.
Un'ombra scura catturò la sua attenzione: credé di aver
visto qualcuno spostarsi rapidamente sul tetto dell'edificio di fronte, ma un
attimo dopo nulla pareva muoversi nella notte.
"Va tutto bene?" la voce di Diggle la destò
dai suoi pensieri, facendola sussultare dalla sorpresa.
"Sì, tutto bene .... É solo che..." esitò
mentre tentava di scrollarsi di dosso quella assurda ipotesi. Per un attimo si
era trovata a pensare, e sperare, che potesse trattarsi di Oliver.
"Che cosa?" domandò John, preoccupato.
"Nulla" lo rassicurò sorridendogli "Devi
riprenderti questo adorabile fagottino?" gli chiese mentre accarezzava le
guanciotte di Sara, facendola ridere.
"Questo fagotto deve andare a nanna" disse
lui, prendendola fra le braccia.
La piccola allungò le manine, sorridendo felice,
accoccolandosi subito sulla spalla del suo papà.
Felicity rimase a guardarla mentre John la portava
nella sua camera per metterla a letto, poi voltò lo sguardo e i suoi occhi
caddero su un portafoto, appoggiato su un mobiletto in legno.
Si avvicinò, sfiorando la cornice con mani tremanti,
per poi accarezzare il punto in cui la foto raffigurava il suo viso.
Ricordava quella foto perché l’aveva scattata lei
stessa: ritraeva Dig ed Oliver vestiti nei loro eleganti smoking scuri, con un
fiore bianco che spuntava dal taschino, nel giorno del matrimonio di John e
Lyla.
Quel sorriso che increspava le sue labbra le scaldò il
cuore ma al tempo stesso riuscì a farla piangere.
Non ricordava un Oliver così felice da quel giorno in
poi: la sua vita era crollata d’improvviso, pezzo dopo pezzo, distruggendo
tutto quel che di buono aveva faticosamente costruito.
Tirò sul con il naso, cercando di non far notare ai
suoi amici le lacrime che caddero sulla sua pelle, nascoste in parte dagli
occhiali.
Le spade si scontravano ripetutamente l’una contro
l’altra in un tripudio di scintille mentre i due combattevano senza sosta,
cercando il punto debole dell’avversario da sfruttare a proprio vantaggio.
Al-sah-him scattò all’indietro, evitando agilmente un
affondo di Ra’s alle gambe mentre iniziava a sentire la fatica accumularsi nei
suoi muscoli già stanchi e provati.
Attaccò con tutta la forza di cui era capace e per un
attimo pensò di riuscire a disarmare il suo maestro, ma ciò non accadde.
La testa del Demone pose la lama tra il suo corpo e la
spada nemica, riuscendo a neutralizzare il colpo del suo erede.
Continuavano a combattere, senza mai giungere ad una
svolta, come se entrambi conoscessero esattamente tutte le mosse dell’altro in
anticipo.
Sarab rimase ad osservare il duello, in disparte in un
angolo della sala.
Aveva già assistito a molti altri combattimenti tra il
capo della Lega e quelli che sarebbero potuti entrare a farne parte come
membri, ma mai nessuno era riuscito a resistere tanto contro Ra’s.
Nessuno aveva le abilità di Oliver: il suo coraggio, la
sua intraprendenza, la lucidità con cui affrontava i problemi trovando sempre
una soluzione.
Questo era ciò che lo differenziava da tutti gli altri,
ciò che lo rendeva speciale, a tal punto da meritare l’onore più grande, quello
di diventare il nuovo Ra’s.
“Basta così” annunciò il maestro, mettendo fine a
quello scontro “Hai fatto grandi progressi, Al-sah-him. Non potrei essere più
fiero di te”
Il futuro capo sorrise compiaciuto, come se quella
fosse la notizia migliore che avesse mai ricevuto in vita sua.
“Sei finalmente pronto per affrontare le insidie del
mondo ed operare in nome della Lega degli Assassini”
“Ne sono onorato” rispose l’altro, mentre s’inchinava di
fronte a Ra’s “Che cosa volete che io faccia, maestro?”
“Devi tornare a Starling City” disse mentre posava
l’arma con cui aveva combattuto fino a pochi istanti prima “C’è un uomo che va
eliminato, la cui morte sarà la prova tangibile della tua più totale lealtà
verso di me e la Lega”
“Ditemi il suo nome” parlò, impaziente di rendere
orgoglioso l’uomo di fronte a lui.
“John Diggle”
Quando Felicity uscì da casa di John, il vento freddo
le scompigliò i capelli e la fece rabbrividire.
Si strinse nel cappotto, cercando conforto nella calda
stoffa beige che l’avvolgeva.
Alzò istintivamente lo sguardo, senza realmente sapere
il perché lo aveva fatto: forse sperava di scorgere qualcosa, per convincersi
di non essersi immaginata quell’ombra poco prima.
Non notò nulla di strano ma l’impressione di essere
osservata non la lasciò fino a che salì in auto, chiudendo immediatamente le
porte.
Aveva paura, neanche lei sapeva di cosa, ma quella
strana sensazione che percepiva alla bocca dello stomaco non le lasciava
tregua, rendendola paranoica.
Mise in moto e fu allora che lo notò: qualcuno aveva
appena scoccato una freccia, creando un collegamento tra due palazzi per mezzo
di una fune.
Vide una figura scura, quasi completamente mimetizzata
nel buio, utilizzare la corda come funivia per raggiungere l’altra sponda,
sfondando una delle finestre dell’edificio.
Scese dall’auto, correndo verso l’entrata del palazzo
da cui era appena uscita, il cuore che le batteva in gola.
Osservò quei cocci di vetro, ora sparsi sull’asfalto
del marciapiede, consapevole a quale finestra appartenessero: la cameretta di
Sara.
Un rumore improvviso di vetri frantumati riecheggiò
nella casa, interrompendo il discorso tra Diggle e Lyla.
Si alzarono dal divano su cui erano seduti e corsero verso
la stanza di Sara, allarmati dal suo pianto spaventato.
Mille schegge di vetro ricoprivano il pavimento mentre
la bambina strillava agitandosi nel lettino.
Un uomo incappucciato di nero stava al centro della
stanza, immobile e silenzioso.
Lyla si gettò verso il lettino, prendendo in braccio la
figlia, dopo aver riconosciuto la tipica divisa nera della Lega degli
Assassini.
Diggle alzò la pistola, minacciando l’uomo quando
quest’ultimo abbassò il cappuccio, rivelando la sua vera identità.
“Oliver!” sospirò sollevato quando riconobbe l’amico
“Come stai?”
Abbassò l’arma, avvicinandosi a lui.
Lyla prese a respirare normalmente mentre tentava di
calmare il pianto di Sara.
“Non c’è tempo per questo. Mi dispiace avervi
spaventato” disse “ma ho bisogno del vostro aiuto, per una questione molto
importante”
Felicity premette ripetutamente il pulsante
dell’ascensore, nella speranza che arrivasse il più velocemente possibile, ma
la cabina stava salendo tra il decimo e l’undicesimo piano, lasciandola a
piedi.
Prese le scale e fece i gradini di corsa, cercando di
aumentare il passo ma i tacchi la rallentavano parecchio, rischiando di farla
scivolare sulla superficie liscia.
Quando giunse al settimo piano, i muscoli delle gambe
la stavano per lasciare e si maledì mentalmente per non impegnarsi mai quando
andava in palestra.
Le mancavano soltanto due rampe di scale prima di
arrivare a destinazione e, con le ultime forze che le erano rimaste, scattò
rapida sugli ultimi scalini.
Il cuore le batteva all’impazzata nel petto quando
giunse davanti alla porta dell’appartamento, cercando la copia della chiave che
Dig le aveva fornito, per ogni evenienza.
Frugò nella borsa e afferrò il mazzo, infilando il
pezzo di metallo nella serratura che scattò dopo un giro completo.
“Dig, Lyla!” li chiamò a gran voce mentre respirava a
fatica, i polmoni che pensava sarebbero esplosi da un momento all’altro per lo
sforzo appena fatto.
Sorpassò velocemente l’ingresso e il salotto,
percorrendo il corridoio, diretta nella stanza di Sara.
La scena che le apparve davanti agli occhi la spiazzò,
mentre il cuore aumentava ancora i suoi battiti, questa volta per la felicità
di vederlo lì più che per lo sforzo fisico.
La borsa le scivolò di mano, così come le chiavi,
atterrando sul parquet con un tonfo sordo.
“Oliver” lo chiamò incredula, mentre sentiva le lacrime
affacciarsi ai suoi occhi.
Gli corse incontro, tuffandosi nel suo abbraccio,
facendo passare le braccia intorno alla sua nuca, incurante del fatto che tutti
la stessero fissando.
Percepì il suo profumo inconfondibile e quel senso di
pace e serenità che provava solo tra le sue braccia.
Si dispiacque per quel taglio di capelli così corto,
facendogli sentire la mancanza della sensazione delle sue dita tra quelle
ciocche bionde e morbide.
Sentì le braccia di Oliver stringerla lievemente ma
senza quel trasporto che si aspettava, ma non ci fece troppo caso.
Si allontanò quel poco che bastava per guardarlo negli
occhi, perdendosi in quel mare blu senza fine.
“Va tutto bene, Oliver?” domandò Dig, stranito dalla
suo comportamento eccessivamente silenzioso e distaccato.
“In realtà no” confessò mentre Felicity scioglieva
l’abbraccio per prestare attenzione alle sue parole “Ra’s mi ha mandato qui con
un compito ben preciso: riportare Nyssa a Nanda Parbat. Vuole prendersi la sua
vendetta sulla figlia ma io non posso permettere che accada: sarebbe in grado
di ucciderla per il suo tradimento nei confronti della Lega”
“La proteggeremo se sarà necessario” propose John “ma tu
come giustificherai il fallimento della tua missione?”
“Prenderò tempo, gli farò credere che non si trova più
a Starling City” rispose “troverò un modo per farlo, ma ho bisogno che voi mi
aiutiate a tenerla al sicuro”
“Avviso Laurel. Ultimamente passano molto tempo
insieme” spiegò Dig mentre prendeva il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
“Dobbiamo studiare un piano” li informò Oliver “ma non
ho molto tempo e non possiamo farlo qui. Gli altri uomini della Lega che sono
venuti con me potrebbero insospettirsi”
“D’accordo” acconsentì Felicity “Il covo è
inutilizzabile ma possiamo …”
Lui la interruppe: “Ho già trovato un posto: è
abbastanza sicuro ed isolato, non dovrebbero esserci problemi”
“Meglio se andiamo” convenne Dig mentre salutava Lyla
ed afferrava la giacca per poter uscire.
Felicity lo seguì a ruota mentre Oliver diede loro
appuntamento sul retro dell’edificio. Non poteva usare l’ingresso principale
del palazzo o avrebbe rischiato di atterrare l’attenzione su di sé.
Quando i due uscirono trovarono già Oliver ad
aspettarli, che li condusse nel luogo destinato all’incontro.
Quando giunsero a destinazione, Diggle iniziò a
sospettare qualcosa: era tutto troppo silenzioso, tutto troppo strano, tutto
così estremamente semplice.
Nessuna complicazione, nessun intoppo lungo il
percorso.
Chiunque conoscesse anche solo un minimo l’efferatezza
e il controllo ossessivo della Lega sui suoi membri, avrebbe capito che c’era
qualcosa di sbagliato in tutto questo.
Scambiò un’occhiata preoccupata con Felicity, capendo
che anche lei stava iniziando a nutrire gli stessi dubbi.
“Oliver, dove stiamo andando di preciso?” gli chiese
John.
“Siamo quasi arrivati” fu la sua unica risposta
evasiva.
Il grande e deserto spiazzo su cui giunsero non era decisamente
il luogo adatto per progettare un piano e questo non fece che insospettire
ancora più i due.
Felicity scacciò quella brutta sensazione che sentiva
crescere dentro di lei ad ogni istante, cercando di convincersi che non c’era
nulla di strano in quella situazione, ma non ci riuscì realmente.
Fu un attimo ed una decina di uomini incappucciati come
Oliver li circondò senza lasciargli via di scampo.
“Oliver!” gridò Felicity, spaventata “Che cosa hai
fatto?”
Lui si voltò verso la donna e lei per la prima volta
ebbe paura di lui.
I suoi occhi erano spenti e vuoti, l’azzurro
cristallino che li caratterizzava sembrava essere sparito, lasciando spazio a
sfumature scure e minacciose.
“Oliver Queen è morto!” rispose lui con ferocia “Io
sono Al-sah-him, guerriero del Demone ed erede di Ra’s Al Ghul”
Il mondo parve caderle addosso, schiacciandola con
tutto il suo peso mentre due uomini immobilizzarono Diggle, facendolo
inginocchiare di fronte ad Oliver.
Al-sah-him estrasse la spada, posandola sulla gola di
John mentre lo guardava con superiorità.
“Oliver, non lo fare” lo supplicò mentre cercava
disperatamente un modo per uscire da quella situazione.
Affondò le mani nelle tasche del capotto, senza farsi
notare, andando in cerca del cellulare.
Non poteva fare molto ma avrebbe pur sempre potuto
chiamare l’ultima persona che aveva contattato.
Cercò di rimanere concentrata, senza farsi scoprire,
mentre il primo squillo suonava silenziosamente all’interno della tasca.
Thea rispose al terzo squillo: “Pronto. Felicity sei lì?
Ci sei?”
Iniziò a preoccuparsi quando la donna non le
rispondeva, poi sentì dei rumori in sottofondo.
“Quella persona non sei tu, Oliver!” Felicity quasi
urlava ora, disperata per quell’uomo che amava incondizionatamente, ma che in
quel momento non riconosceva più “Ra’s ti ha cambiato, ti ha fatto diventare il
suo burattino, ti ha trasformato nelle persona che voleva che fossi, ma tu sei
meglio di così! Oliver tu sei … sei generoso e buono, aiuti gli altri e non
tradiresti mai un amico”
“Oliver non c’è più!” scandì bene le parole mentre
osservava quella ragazza tenace che lo stava mettendo a dura prova.
Bastarono quelle parole per far capire a Thea che
doveva aiutarli, fare qualunque cosa per salvare i suoi amici.
“Al-sah-him invece non ci sarà mai” ribatté determinata
la bionda.
Sorresse quello sguardo cupo e penetrante mentre lui
premeva con più forza la lama contro il collo di John.
“Lascialo, Oliver” disse mentre le lacrime le rigavano
le guance “Dig è come un fratello per te, non puoi fargli del male”
“Lui è l’uomo che devo uccidere”
La freddezza con cui pronunciò quelle parole la
terrorizzò: non c’era più nulla dell’Oliver che conosceva in quell’uomo che
stava di fronte a lei.
“Così proverò la mia lealtà al maestro” aggiunse mentre
tornava a fissare il suo obbiettivo.
“Lascialo, immediatamente!”
Una voce risuonò nell’aria, facendo voltare tutti i
presenti nella sua direzione.
Thea era a qualche decina di metri da loro, l’arco teso
e una freccia pronta per essere scoccata.
Oliver rise, beffandosi delle minacce di quella
ragazza.
La prima freccia giunse dritta all’obbiettivo, colpendo
un membro della Lega sul collo, uccidendolo. La seconda arrivò vicino ad
Al-sah-him, distraendolo per una frazione di secondo.
Diggle si liberò dalla presa di Oliver, riuscendo a
mettersi in salvo.
Felicity non seppe dire con precisione quello che
avvenne mentre decine di frecce venivano scagliate a raffica, centrando i loro
bersagli e obbligando gli altri alla fuga.
Vide Oliver correre per mettersi al sicuro mentre altri
uomini cadevano a terra, colpiti o da una freccia o dai proiettili di John.
Rimase immobile fino a quando tutti i nemici si
dileguarono, lasciando i tre in compagnia di numerosi cadaveri.
Felicity sospirò mentre le lacrime raddoppiarono,
bagnandole il viso e scuotendole il corpo con diversi singhiozzi.
Sentì le braccia protettive di Dig stringerla a sé
mentre lasciava che tutto il dolore che provava venisse a galla.
Rimasero in silenzio, mentre ognuno affrontava il
dolore a modo suo.
L’Oliver che credevano di conoscere era morto per
sempre e non c’era nulla che potessero fare per salvarlo.
La notte era scesa già da diverse ore quando Nyssa si
presentò a casa di Laurel, spaventata.
“Nyssa, che succede?” le chiese, a sua volta
preoccupata.
“Oliver è diventato il nuovo erede del Demone”
“Cosa? Che stai dicendo?”
“Lui è qui, mi sta cercando” le spiegò “Mio padre vuole
la sua vendetta perché ho infranto le regole della Lega e ora ha mandato Oliver
a Starling City. Verrà a prendermi”
Laurel cercò di farla ragionare ma un boato riecheggiò
nella stanza, spaventandola.
La porta del suo appartamento cedette sotto i colpi di
alcuni uomini, interamente vestiti di nero.
Vide Oliver, un attimo prima che qualcosa la colpisse
sulla testa facendole perdere i sensi.
Al-sah-him entrò nella grande sala del palazzo,
inginocchiandosi di fronte a Ra’s Al Ghul, mentre due uomini alle sue spalle lo
seguivano con la nuova prigioniera.
Nyssa giunse di fronte a suo padre, i polsi legati e il
viso segnato dalla stanchezza.
Aveva combattuto strenuamente prima di cadere nella
mani di Al-sah-him, l’unico che era stato in grado di batterla in uno scontro
corpo a corpo.
Lo sguardo di suo padre si posò su di lei, squadrandola
da capo a piedi.
“Tu hai tradito la tua famiglia” le disse con tono
minaccioso mentre porgeva ad Oliver la sua spada “E per questo pagherai con la
tua vita”
“Uccidila!” ordinò, prima di voltarle le spalle ed
uscire dalla grande sala.
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Capitolo 6 *** Oliver Queen è vivo! ***
Cap6
Everything I did, everything that happened has led me right here.
Cap.6- Oliver Queen è vivo!
“Tu hai tradito la
tua famiglia” le disse con tono minaccioso mentre porgeva ad Oliver la sua
spada “E per questo pagherai con la tua vita”
“Uccidila!” ordinò, prima di voltarle
le spalle ed dirigersi verso l’uscita della grande sala.
Al-sah-him rimase immobile davanti a
Nyssa, la spada che Ra’s gli aveva dato ancora stretta nel pugno mentre il suo
maestro s’incamminava verso l’uscita.
Alzò l’arma, deciso ad uccidere la sua
rivale, l’unica persona che avrebbe potuto ostacolarlo nella sua ascesa al
titolo di nuovo Ra’s Al Ghul, ma poi si fermò.
“Non è così che deve andare” disse,
facendo bloccare il capo della Lega mentre usciva dalla stanza.
“Come?” domandò voltandosi verso di
lui, gli occhi penetranti che lo fissavano severamente.
“Volete che vostra figlia paghi per il
suo tradimento” disse Al-sah-him mentre abbassava l’arma e si allontanava di un
passo dalla donna, ancora inginocchiata davanti a lui “ma la morte non è la
punizione adatta. Per lei sarebbe la via più semplice, la soluzione a quella
sofferenza che prova quando è costretta a seguire i vostri ordini, imprigionata
nelle regole della Lega”
Nyssa alzò il capo verso l’uomo,
dapprima sollevata poi amareggiata: avrebbe sicuramente preferito la morte che
una vita sotto il controllo di suo padre. E questo Oliver pareva averlo capito
piuttosto bene.
“Molto bene, ti ascolto” decretò Ra’s
“che cosa avresti intenzione di fare?”
“Tenerla qui, farle pagare il suo
debito. Ripagare la Lega per quello che ha fatto” propose lui, mentre Sarab lo
fissava dal fondo della stanza.
Non sapeva che cosa stesse passando
per la mente di Oliver: in un primo momento Maseo aveva creduto che la sua
umanità si fosse risvegliata in lui, che non volesse uccidere una persona
innocente, ma la lealtà che dimostrava verso Ra’s era totale ed incondizionata, così profonda e
tangibile che non poteva credere fosse tutta finzione.
“Non ho paura di te” la voce di Nyssa
riecheggiò nella sala silenziosa “non ne ho mai avuta neanche quando eri Oliver
Queen, quando eri l’eroe incappucciato che salvava la città; di certo non
inizierò a temerti ora che sei diventato un ridicolo pupazzo nel mani di un
burattinaio come mio padre”
Lo schiaffo che ricevette sulla
guancia le fece voltare il viso, mentre la pelle bruciava sotto quel colpo
doloroso.
“Non osare parlare ma più così al
nuovo capo della Lega” la voce di Ra’s Al Ghul
era dura e tagliente.
Guardò la figlia dall’alto verso il
basso, per poi tornare a concentrarsi su Al-sah-him: “Nyssa avrà bisogno di un
nuovo posto nella Lega, un posto di rispetto. Una posizione che non può
rifiutare e che la legherà alla sua vecchia vita, quando era ancora la mia
figlia prediletta, la legittima erede”
Nyssa lo guardò senza capire,
esattamente come Al-sah-him, attendendo una sua spiegazione che non tardò ad
arrivare.
“Magari... il suo sangue potrebbe
avere un altro scopo. Potrebbe essere un mezzo per unire le nostre famiglie. Tu
come marito...” disse Ra’s mentre faceva
vagare ripetutamente lo sguardo dall’uomo a sua figlia
“e tu come moglie”
Al-sah-him rimase impassibile, in
piedi accanto a Nyssa mentre la donna si alzava e fissava suo padre con sguardo
furioso.
“Preferirei morire piuttosto che diventare
la sua sposa!”
“Ebbene, i tuoi desideri non mi
interessano più dal momento in cui mi hai tradito” ribadì duro “Quindi sposerai
Al Sah-him. E diventerai la sposa del Demone”
“No!” cercò di ribellarsi a suo padre
ma non c’era molto che potesse fare.
Il suo sguardo tagliente e penetrante
la inchiodò sul posto, obbligandola a tacere.
Al-sah-him non parlò ma c’era qualcosa
dentro di lui che si oppose a quella decisione.
Sposare Nyssa non era certamente
quello che si sarebbe aspettato ed ora sentiva che c’era qualcosa di sbagliato
in tutto questo, qualcosa che lo tratteneva, come se stesse commettendo un
terribile errore.
Ma non era sicuro di cosa si
trattasse.
Ra’s Al Ghul lo guardò, richiamando la
sua attenzione: “Quando mia figlia ha lasciato Nanda Parbat, è fuggita con
qualcosa di fondamentale per il futuro di entrambi”
Prese la spada della figlia, contro il
suo volere, svitò l’impugnatura trovando esattamente quello che cercava.
Ne estrasse una fiala, contenente un
liquido, che parve famigliare agli occhi di Al-sah-him.
"Ti ricordi del villaggio che ti
ho mostrato?" gli chiese Ra's "Quello dove erano rimasti solo i
cadaveri"
"Era la tua casa" rispose
lui prontamente.
"Fui obbligato a dispensare la
morte su di esso. E' stato così
sin da quando c'è stato un Ra's”
spiegò mentre teneva fra le mani quel piccolo cilindro di vetro “Vedi, è l'atto
finale dell'ascensione, la trasformazione nella Testa del Demone. La
cancellazione del proprio passato, della vecchia casa. Ora... il mio
predecessore spazzò via Alessandria, in Egitto, con il colera, nel 1609. Oggi
tu farai lo stesso”
Al-sah-him parve non capire subito ciò
che intendeva. O forse non voleva farlo.
“Lo riconosci?” la voce di Ra’s lo
destò da quel brutto presentimento che albergava in lui.
Forse Al-sah-him no, ma Oliver di
certo non si sarebbe mai scordato di quella piccola fiala.
“L'arma biologica Alpha & Omega”
rispose senza lasciar trapelare alcuna emozione, nonostante dentro di sé ci
fosse un turbinio di sensazioni devastanti.
Cercò Sarab tra i presenti e lo vide
in mezzo ad altri membri della Lega, il capo basso e l’aria afflitta.
Quando incrociò i suoi occhi vide
tutto il dolore che ancora provava, mentre il suo corpo s’irrigidiva
improvvisamente, e il suo sguardo parlava per lui. Sembrava gridare il suo
nome, esattamente come aveva fatto poco prima che lui morisse.
Akio!
Al-sah-him ricordava quel dolore
straziante che aveva torturato l’uomo per mesi e mesi, fino a condannarlo ad
una vita al servizio di Ra’s.
Conosceva quegli occhi, quelli del suo
amico di Hong Kong.
Non Sarab.
Maseo.
Ma Al-sah-him non era mai stato amico
di nessuno, tantomeno di Maseo.
Oliver lo era stato.
“L'inizio e la fine” confermò Ra’s Al
Ghul mentre guardava il suo erede negli occhi: “Nyssa l'ha rubata per evitare
che il mio erede facesse ciò che tu farai oggi. Rilascerai questa su Starling
City”
Si guardò intorno, mentre
il rumore dei suoi tacchi risuonava nella stanza silenziosa. Abbandonò la borsa
su quella poltrona su cui sedeva di solito, mentre si stringeva nel cappotto
beige che indossava.
Non aveva mai provato così tanto
freddo in quel luogo come in quel momento.
Era buio e polveroso, come se fosse
abbandonato da anni, mentre ancora si potevano vedere le tracce che l'acqua
aveva lasciato dietro di sé, nonostante la stanza fosse ormai completamente
asciutta.
I suoi amati computer erano spenti da
giorni ormai, abbandonati a sé stessi su quei tavoli metallici.
Si avvicinò a quella che un tempo era
stata la sua scrivania e lasciò che le sue dita scivolassero pigramente sulla
superficie fredda e liscia, mentre i pensieri scorrevano senza sosta.
Miliardi di ricordi le affollavano la
mente, ogni piccola cosa di quel luogo le parlava, le raccontava un pezzo della
sua storia, della sua vita insieme ad Oliver.
Fece vagare lo sguardo e notò
immediatamente la mancanza di qualcosa: la piccola pianta che aveva portato
tempo prima, quella felce che per mesi aveva trovato posto sul tavolo accanto
ai suoi computer, per rallegrare il covo, era sparita.
Distolse lo sguardo perché sentiva gli
occhi diventarle umidi a quei ricordi e non avrebbe dovuto farsi vedere così
dall'uomo che stava aspettando.
Ma ciò che vide dopo fu perfino
peggio: la salmon ladder stava di fronte a lei, inutilizzata da settimane, ed
inevitabilmente fece correre la mente di Felicity a lui, a quante volte era
rimasta imbambolata a fissare quel corpo splendido, a quante volte aveva
desiderato di poter avere di più di quella semplice ed ammaliante visione.
Le sensazioni di quella notte
tornarono a farle visita, le emozioni proruppero nel suo petto, facendole
battere forte il cuore e le lacrime iniziarono a bagnarle il viso.
Cercò istintivamente la poltrona,
consapevole che le sue gambe avrebbero potuto abbandonarla da un momento
all'altro mentre chiudeva gli occhi per fermare quel pianto che stava inondando
i suoi occhi.
Si era ritrovata a pensare che avrebbe
preferito non aver trascorso quella splendida notte insieme a lui, se questo
avesse potuto evitare quanto successo dopo.
Non riusciva a non
sentirsi in colpa per aver fallito, per non aver fatto abbastanza per salvarlo.
Sfilò gli occhiali per poter asciugare
le lacrime mentre nascondeva il viso fra le mani.
"Non te la passi così
bene"
La sua voce la fece trasalire e di
scatto ruotò la sedia, trovandosi faccia a faccia con la persona a cui aveva
dato appuntamento.
"Non l'ho sentita entrare"
si giustificò mentre finiva di ripulirsi il viso dalle tracce delle lacrime.
"Giá" rispose lui infilando
le mani nelle tasche del suo completo scuro "abilità da poliziotto. Che
cosa voleva da me, signorina Smoak? E se non sono troppo invadente, perché
darmi appuntamento qui?"
Felicity prese un lungo respiro,
consapevole che da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato, ancora una
volta.
Ne aveva discusso a lungo con Dig e
nonostante la decisione fosse stata incredibilmente sofferta, alla fine avevano
scelto la cosa giusta da fare, quella che anche Oliver avrebbe approvato.
"Perché questo é un
luogo incredibilmente simbolico" disse guardando il capitano Lance negli
occhi.
"Ho chiesto di incontrarla perché
devo farle una proposta" aggiunse dopo qualche minuto di silenzio
"per salvare un amico"
"Non farò favori al signor Queen
né alla sua combriccola di deliquenti" rispose mettendo le mani in avanti
“E questo posto è ancora sotto sequestro: non dovrebbe assolutamente trovarsi
qui, quindi ringrazi che non l’ho ancora arrestata invece che chiedere favori
alla polizia da parte di un criminale”
Felicity ignorò la provocazione,
continuando il suo discorso: "C'è qualcosa che
pensa di sapere ma di cui ancora non ha conferma" disse mentre si alzava
dalla poltrona e camminava lentamente verso di lui "Oliver Queen é
Arrow"
Quella confessione le costò molto più
di quanto avesse immaginato e il suo cuore palpitò alla sola pronuncia di quel
nome.
Quentin rise amaramente,
mentre osservava la ragazza: "Lo sapevo giá"
"Sì, ma non ha le
prove" gli ricordò "e non le avrà mai se non fa quello che le
dico"
"Mi sta per caso ricattando
signorina Smoak?"
"Lo chiami come vuole, Capitano.
Ricatto, accordo, scambio, truffa, il nome non ha poi così importanza. Ciò che
voglio che lei faccia é il suo lavoro. E tenere un innocente in carcere non fa
parte delle sue mansioni"
"Volete dirmi che
state vendendo Oliver Queen per liberare Roy Harper?"
"Lui é innocente"
gli disse con fermezza.
"Questo non ha senso"
"Ci sono molte cose che non lo
hanno, nel mondo. Soprattutto in questo periodo"
"Dov'è il signor
Queen?" chiese Lance “Se volete che liberi Harper ho bisogno di lui o non
se ne fa nulla”
Felcity non rispose,
sapendo che non sarebbe stato facile convincere quell’uomo. Non senza Oliver da
offrire come merce di scambio.
"É morto?"
domandò lui, non sapendo che cosa pensare.
"No” rispose, la voce rotta
dall’emozione “ma é come se lo fosse"
Trattenne le lacrime mentre le
immagini di Oliver, incappucciato di nero che rinnegava ogni azione della sua
vita precedente, tornavano a farle visita.
“Che cosa vorrebbe dire?” chiese
Quentin senza capire.
“Che l’Oliver Queen che tutti
conoscono non esiste più. Lui è diventato qualcun altro … qualcos’altro” disse
mentre sorreggeva lo sguardo dell’uomo “e probabilmente non tornerà mai
indietro, non sarà mai più sé stesso”
“Quindi mi state offrendo un uomo che
in realtà non esiste più?” domandò Lance guardandola come se fosse pazza “E
credete davvero che farei un accetterei un accordo simile?”
“Le stiamo offrendo la possibilità di
fare giustizia!” ribadì con fermezza “Faccia decadere le accuse contro Roy e io
le fornirò tutte le prove che collegano Oliver Queen alle azioni del vigilante,
le darò tutte le informazioni di cui ha bisogno. Otterrà giustizia e la sua
personale vendetta contro di lui, facendo sapere al mondo intero che lei è
riuscito a capire la verità su Arrow”
“Senza riuscire ad arrestarlo? No, non
è questo ciò che voglio!” si avvicinò a Felicity mentre parlava guardandola
negli occhi “Ciò che voglio è vederlo per il resto dei suoi giorni dietro alle
sbarre, leggere la paura nei suoi occhi, vedere ogni singolo pezzo della sua
vita sgretolarsi, voglio portargli via tutto quello che ha, vederlo soffrire
così come hanno fatto tutti coloro che ha giurato di proteggere!”
"Guardi questo posto,
guardi come lei lo ha ridotto!" gli ordinò arrabbiata, mentre Lance
rimaneva colpito da una tale irruenza.
Si guardò intorno, ben sapendo in
realtá in quale stato versasse il nascondiglio di Arrow.
Il covo era letteralmente distrutto:
apparecchiature danneggiate, sedie ribaltate, scrivanie nel più totale
disordine, qualunque cosa era stata messa a soqquadro, senza alcun ritegno.
"Sono stati i miei uomini"
rispose Lance, come per giustificarsi del devasto di quella stanza "Hanno
perquisito questo posto centimetro per centimetro, con ottimi risultati"
"No, é stato lei" Felcity
s'avvicinò ancora, mentre puntava il dito contro di lui, gli occhi chiari che
fissavano quelli di Quentin "lei ha fatto tutto questo, con la sua
ossessione verso Oliver, lei e la sua cieca voglia di vendetta"
Lance la guardò senza dare peso alle
sue parole, distogliendo lo sguardo da quella donna determinata di fronte a
lui.
"Lo guardi!" alzò la voce,
sorprendendo perfino sé stessa di tanta grinta, mentre indicava il devasto
intorno a sé "questa é la situazione in cui versa la vita di Oliver Queen.
Devastata, distrutta, fatta a pezzi e strappata a brandelli senza alcuna pietà.
E l'arteficie di tutto questo é soltanto lei"
"É incredibile quanto tu difenda
ancora quel criminale, quell'uomo testardo e pieno di sé che ..."
"Oliver non é un criminale, é un
eroe!" ribadì convinta "Ha salvato così tante vite, hai aiutato gli
abitanti di questa cittá nei momenti più bui, anche quando la polizia aveva
gettato la spugna. Ha fatto tanto per Starling e non c'è niente di più triste
di un uomo accecato dalla rabbia, convinto che Oliver sia la causa di tutti i
mali della sua vita”
Lance sospirò, mentre scuoteva la
testa contrariato.
“Non puoi capire” disse rassegnato
“esattamente come Laurel. Neanche lei capiva quanto male Oliver avrebbe potuto
arrecarle, almeno fino a quando Sara non è morta la prima volta. Ma poi c’è
ricaduta: si è fidata ancora di lui e non ha ottenuto che dolore e morte! Non
ha ricevuto altro che una tuta nera e il rischio di morire ogni notte la fuori,
senza nemmeno più una sorella su cui contare”
Felicity fece per controbattere ma
venne interrotta: “Nei tuoi occhi, Felicity, vedo il suo stesso sguardo. Quello
che aveva Laurel quando era innamorata di quell’uomo, quello che le impediva di
vedere oltre la superficie, di capire chi davvero fosse Oliver Queen. Solo che
nel tuo caso è molto più inteso, profondo, quasi viscerale, come se non ci
fosse posto per nient’altro.
Lascialo andare Felicity, allontanalo
da te prima che rovini anche la tua vita, a meno che non l’abbia già fatto”
Lei abbassò lo sguardo, gli occhi
colmi di lacrime mentre il suo cuore sanguinava per quel dolore che provava nel
petto.
Lance si voltò per uscire ma lei lo
fermò: “Il nostro accordo?”
“Non c’è nessun accordo” rispose “Le
accuse contro Roy Harper non cadranno mai, non senza il signor Queen come
sostituto di Arrow in carcere"
"Non può lasciare in carcere un
innocente!" urlò frustrata, mentre sentiva un senso d'impotenza
pervaderla.
"Allora di' ad Oliver Queen di
tornare qui da dovunque lui si trovi ed io rilascerò il vostro amico dopo una
confessione scritta"
"Lui non può tornare!" la
rabbia esplose, lasciandola esposta davanti a Lance, con tutti i suoi
sentimenti in vista e le lacrime che le bagnavano gli occhi: "Ra's Al Ghul lo ha minacciato, ha ucciso persone
innocenti spacciandosi per Arrow, lo ha obbligato a cedere alle sue folli
proproste o avrebbe distrutto la sua vita, fatto del male a tutte le persone a
lui care. Gli ha portato via ogni cosa, perfino quella minuscola briciola di
felicità che Oliver si concedeva il lusso di provare.
Lo ha cambiato, l'ha messo contro i
suoi stessi amici, lo ha reso una potente arma nelle sue mani. Oliver sapeva a
ciò che andava incontro, era consapevole che avrebbe venduto la sua anima al
demonio, ma per salvare la vita dei suoi amici, per proteggere la sua città,
lui ci ha rinunciato. Alla sua vita, alla sua anima, alla sua felicità"
Piangeva senza più
riuscire a smettere ma non avrebbe lasciato che le lacrime le impedissero di
finire il suo discorso.
"Perciò non mi venga a dire che
Oliver non é un eroe!" scandì le parole con determinazione mentre respirava
affannosamente, le lenti degli occhiali appannate dal pianto disperato.
Lo guardò negli occhi mentre si
avvicinava a grandi passi: "I cordardi, i vili, sono coloro che lasciano
marcire un innocente in prigione, piuttosto che ammettere di non essere riusciti
a catturare un eroe"
Lo superò a grandi passi e salì di
corsa le scale metalliche che l'avrebbero condotta lontana da lì, mentre si
lasciava andare ad un pianto disperato.
Quando Thea andò ad aprire la porta
d'ingresso non si sarebbe mai aspettata di trovarsi di fronte quel ragazzo, che
ora stava fissando rimanendo immobile sulla soglia di casa.
"Posso entrare?"
le chiese mentre faceva il primo passo verso il loft.
Thea richiuse la porta alle sue spalle
e poi, come se si fosse risvegliata da un lungo torpore, gettò le braccia
intorno al collo di lui e lo abbracciò tenendolo stretto a sé.
"Roy!" la sua voce risuonò
dolce e melodiosa alle orecchie del ragazzo: certamente era la cosa più bella
che avesse sentito nell'ultimo periodo trascorso in carcere.
"Ti hanno lasciato
andare?" domandò speranzosa "sei finalmente libero?"
"Sono libero ma
..." la guardò negli occhi dopo aver sciolto il loro abbraccio "non
legalmente"
"Intendi dire che ..." la
voce di Thea si spezzò sotto il peso della delusione.
Sperava davvero che i suoi
problemi con la giustizia si fossero risolti, così che potesse godere di nuovo
della sua compagnia.
"Sono scappato" spiegò lui
"ero in ospedale quando il capitano Lance é entrato nella mia stanza e mi
ha detto che dovevo fuggire"
"Lance?" domandò lei
incredula.
"É parso strano anche a me, ma
lui mi ha detto che un'amica gli aveva fatto capire che cosa significa davvero
essere un eroe. Non poteva far cadere le accuse su di me visto che non c'erano
prove che qualcun altro fosse il vero Arrow, ma non mi avrebbe lasciato marcire
in cella per dei reati che non ho commesso" disse mentre la ragazza
ascoltava rapita le sue parole "mi ha coperto con la guardia che
sorvegliava la mia camera e mi ha aiutato ad uscire"
Thea sospirò mentre dentro
di lei sentimenti contrastanti la logoravano: era felice che Roy fosse libero
ma non ad un così caro prezzo.
Non avrebbe più potuto vivere la sua
vita, non sarebbe mai stato davvero libero se l'intero corpo di polizia lo
avrebbe ritenuto un fuggitivo.
"Volevo salutarti prima di
partire. Ho poco tempo ma ci tenevo. Non potevo andarmene senza dirti
nulla" la guardò negli occhi e giurò di aver visto una lacrima voler
uscire.
Malcolm le aveva insegnato
ad essere forte, a non farsi sopraffare dagli eventi, a non mostrare la propria
sofferenza ma nemmeno lui avrebbe potuto insegnarle a non essere più umana.
"Roy, io non
..."
"Shh" la interuppe lui,
posando l'indice sulle sue labbra "non voglio sprecare minuti preziosi e
discutere inutilmente"
La baciò, con irruenza e
trasporto, come se non ci fosse un domani. Ed, almeno per lui, era
effettivamente così.
Non sapeva che cosa lo
avrebbe atteso il giorno seguente né quello dopo ancora.
L'unica cosa di cui era sicuro in quel
momento era Thea e quel sentimento che non aveva mai smesso di provare nei suoi
confronti.
"Non andartene,
Roy" lo supplicò lei nel bacio, il fiato corto e il cuore che batteva
forte dentro il petto.
"Vorrei tanto poter restare"
rispose "non immagini quanto. Ma non posso"
Thea lo sapeva ma non poteva non
sperare almeno per un attimo che lui avesse una possibilità, una soluzione a
quel problema che gli avrebbe permesso di restare a Starling.
"Devo inziare una nuova vita, in
un'altra città, con un nuovo nome" le disse mentre la tristezza di Thea si
stava impossessando anche di lui "ma questo non significa che non ti
penserò o che non ti cercherò. Tornerò da te quando tutta questa storia finirà,
quando Oliver ucciderà Ra's ed Arrow sarà di nuovo riconosciuto come l'eroe di
cui Starling ha tanto bisogno"
Lei annuì, cercando di
convincersi di quelle parole dolci che lui le aveva appena detto.
Chiuse gli occhi mentre lui riprendeva
il contatto fra le loro bocche, esattamente da dove si erano interrotti e il
suo cervello smise di pensare lucidamente quando le mani di lui accarezzarono
il suo corpo, eccitandola.
Si lasciò andare sul
divano, tirando Roy con sé, liberandolo di quegli inutili strati di stoffa che
ancora coprivano il suo corpo.
Si amarono con tutta la forza e la
passione di cui erano capaci, mentre le stelle brillavano nel cielo sopra di
loro.
Non poteva credere a
quelle parole.
Avrebbe dovuto radere al suolo la sua
città, uccidere gli abitanti di Starling con quell'arma biologica di cui già
conosceva i devastanti effetti.
Ricordava la terribile
morte di Akio e quella scena gli era bastata a fargli capire che avrebbe fatto
qualunque cosa pur di non assistere mai più ad una situazione simile.
Era strano come ora iniziava a
riflettere sugli ordini di Ra's invece di eseguirli alla lettera senza fermarsi
a ragionare.
"Oliver"
Era solo nella sua stanza
quando si sentì chiamare con quel nome.
Istintivamente si voltó
verso quell'uomo che lo chiamava e vide Maseo, con un insolito sorriso dipinto
sul viso.
"Maseo" lo
chiamò lui a sua volta, stupito di vederlo lì.
"Per fortuna non mi
hai aggredito dicendomi di chiamarti Al-sah-him"
"E tu non ti sei
lamentato quando non ti ho chiamato Sarab" gli disse facendolo riflettere.
Poi, dopo qualche istante di
esitazione, riprese a parlare: "Mi sento diverso oggi. Da quando sono
tornato da Starling City, qualcosa é cambiato in me. Come se ...."
"Come se iniziassi a
ricordare la tua vecchia vita?" gli chiese Maseo, ben sapendo quale fosse
la risposta "come se improvvisamente riaffiorassero vecchi ricordi, rivedessi
persone che conoscevi? Come se la tua mente fosse estremamente più lucida,
senza quella confusione che ha governato la tua testa in queste
settimane?"
"Sì" rispose Oliver,
stupendosi di come lui sapesse così bene quello che stava provando
"L'effetto delle erbe sta svanendo"
"Erbe?" chiese
perplesso.
"Ra's Al Ghul
somministra ad ogni nuovo membro alcune erbe che ti rendono incredibilmente
docile ed obbediente. Cancellano la tua forza di volontá, ti impediscono di
riflettere lucidamene proprio nel momento in cui ne avresti più bisogno. La
maggior parte delle volte, quando l'effetto svanisce, si é già completamente
fedeli alla Lega e devoti a Ra's"
Oliver non rispose subito ma la
notizia non lo sorprese così tanto: sapeva che Ra’s avrebbe fatto di tutto per
ottenere i suoi scopi, utilizzando qualunque mezzo.
“Questa tradizione di distruggere il
proprio passato” Oliver guardò l’amico negli occhi, cercando aiuto “Distruggere
Starling City con l’Alpha & Omega … io non …”
"Non
penso che sia qualcosa dalla quale tu puoi scappare” gli disse sinceramente
“non hai scelta”
“Non posso ….” Si bloccò, pensando
alla sua casa, a quelle persone a cui voleva bene “non posso uccidere le
persone a cui tengo! Ho già fatto loro troppo male come Oliver; non voglio
farlo anche come Al-sah-him. Ho bisogno di aiuto”
“Non credo ci sia qualcuno che
potrebbe aiutarti tanto”
“Potresti iniziare tu” gli suggerì.
“È impressionante quanto ti somigli in
questo” commentò Maseo, mentre si sedeva di fronte ad Oliver.
“Somigli? Di che cosa stai parlando?”
Oliver parve non capire e una ruga gli solcò la fronte mentre cercava un
possibile significato per quelle parole.
“Felicity” sussurrò il suo nome e la
reazione di Oliver a quel suono fu evidente “quando era qui con te a Nanda
Parbat è venuta a cercarmi, supplicandomi di aiutarla. Aveva la tua stessa
determinazione, la tua stessa grinta, quella voglia di non arrendersi mai e di
combattere fino all’ultimo per le persone amate”
“Intendi dire che …”
“Il suo tentativo di farti scappare?”
domandò senza dargli il tempo di rispondere “Sì, è stata una sua idea e io l’ho
aiutata. Ho contattato Malcom Merlyn e lui ha fatto il resto, conducendo tutti
i tuoi amici qui”
“Oliver, ti ricordi di lei, vero?” gli
chiese dopo qualche minuto di inaspettato silenzio.
Credeva che quella rivelazione
suscitasse in lui molte più emozioni di quante pareva provarne in quel momento.
“Io …” esitò ripensando a quella
ragazza bionda con gli occhiali che era corsa ad abbracciarlo quando aveva
fatto irruzione in casa di Diggle “sì, mi ricordo di lei: ci hai pensato tu a
non farmela dimenticare. È solo che …”
“Solo che?” lo spronò a continuare.
“È tutto così confuso” disse mentre si
prendeva il viso fra le mani e abbassava lo sguardo “Non so che cosa realmente
lei significhi per me. Quando sento il suo nome sembra ci sia una parte di me
che riprenda a vivere: il cuore inizia a battere forte e mi manca il fiato
pensando a lei; ma c’è un’altra parte di me che invece allontana il suo
pensiero, cercando di distruggerlo.
Oliver … la ama” la dolcezza con cui
disse quelle ultime parole sorprese perfino sé stesso “Ma Al-sah-him no: lui la
odia! La odia perché gli ricorda di essere umano, di essere fragile. Felicity è
sempre stata il mio punto debole, quel tallone d’Achille che prima o poi mi
porterà alla rovina, quella leva su cui fare pressione per ottenere da Oliver
ogni cosa. E questo mi rende debole, mi rende un guerriero destinato a fallire”
“Non è così” gli disse Sarab “Essere
umani non rende deboli, essere umani ti rende una persona migliore, un uomo
buono. E questo Al-sah-him non lo sarà mai”
Lui annuì, grato per quelle parole che
gli stavano donando conforto.
“Ti aiuterò, Oliver” gli annunciò il
giapponese poco dopo “Farò il possibile per evitare che Starling City cada
sotto l’attacco di un arma letale come l’Alpha & Omega ma non posso
garantirti nulla. Ancora non ho idea di come poter agire per fermare questa
impresa folle”
“Credo che l’unica strada sia battere
Ra’s Al Ghul al suo stesso gioco” propose Oliver “Facendogli credere di avere
tutto perfettamente sotto controllo”
“D’accordo. Penserò a qualcosa che
faccia al caso nostro” rispose Maseo
“Ora però devo darti un’importante
notizia, che è il motivo per cui sono venuto qui nella tua stanza. Ra’s Al Ghul
vuole cenare con te e la tua promessa sposa questa sera, per rendere ufficiale
il vostro matrimonio”
La sola parole matrimonio gli fece accapponare la pelle.
Non voleva sposare Nyssa.
Non aveva mai immaginato il suo
matrimonio, forse perché era troppo impegnato a salvare la città per farlo, ma
era sicuro che non fosse così che lo desiderava.
Chiuse gli occhi e si concentrò sul
suo respiro, sui battiti del suo cuore, cercando di mettere da parte quella
terribile confusione che invadeva la sua testa. Avrebbe voluto ascoltare solo
le sensazioni di Oliver, percepire solo i suoi pensieri ed accantonare quelli
di Al-sah-him.
Non avrebbe saputo dire cosa volesse
davvero per il suo matrimonio ma dentro di sé sapeva che quella parola avrebbe
dovuto significare felicità.
E se pensava alla felicità, c’era una
cosa sola che gli veniva in mente.
Felicity.
C’era qualcosa di dannatamente
sbagliato in tutto questo.
In quel banchetto sfarzoso, in quelle
portate luculliane che venivano servite davanti ai loro occhi, in quei sorrisi
falsi che si costringeva ad elargire senza ottenere grandi risultati.
Nyssa era seduta al suo fianco, lo
sguardo gelido, mentre le poche parole che aveva pronunciato erano state
taglienti come le lame delle spade con sui Al-sah-him era solito allenarsi.
Di fronte a loro, dalla parta opposta
del tavolo, sedeva Ra’s Al Ghul che continuava a fissare la giovane coppia che
presto sarebbe stata unita in matrimonio.
Preferirei
morire piuttosto che diventare la sua sposa!
Questo era stata la prima reazione che
la donna aveva auto davanti alla proposta obbligata di matrimonio ed Oliver,
nonostante fosse rimasto in silenzio e tacesse tutt’ora, non poteva che esserne
d’accordo.
Sposare la figlia del Demone era
un’idea peggiore che prendere il posto del Demone stesso.
“È un peccato che siate così
silenziosi questa sera” la voce di Ra’s distolse entrambi dai loro pensieri,
attirando l’attenzione “è un’occasione speciale e come tale va trattata, perciò
ho qualche piccola sorpresa in serbo per voi”
Nyssa fissò suo padre mentre abbandonava
la forchetta nel piatto, chiaro segno del suo scarso appetito.
“Nyssa, vai nelle tue stanze” le disse
“Io ti raggiungerò fra poco per la tua sorpresa, dopo aver parlato con
Al-sah-him di una questione importante”
Oliver rimase immobile, sperando che
Ra’s non si fosse accorto della sua recitazione.
Aveva deciso di assecondarlo in ogni
cosa, facendogli credere di essere un suo devoto servitore mentre di nascosto
preparava un piano per poter salvare Starling City e battere Ra’s una volta per
tutte.
“Seguimi” gli disse mentre si alzava
dal tavolo ancora imbandito.
Al-sah-him s’incamminò dietro di lui
fino a che giunsero nella grande sala del palazzo.
Appena le possenti porte in legno si
aprirono Oliver si ritrovò a sperare di vivere un incubo.
Un lungo tappeto rosso era stato
srotolato al centro della stanza, conducendo fino a due scranni che apparivano
simili ai troni dei castelli medievali.
Tutta la stanza era stata addobbata
per l’occasione che si sarebbe svolta il giorno seguente ed Oliver non poté far
altro che rassegnarsi all’idea di dover sposare Nyssa.
“Domani è il grande giorno” annunciò
gioiosamente Ra’s mentre schioccava le dita, richiamando a sé i suoi uomini.
Sarab fece il suo ingresso con una
scatola metallica fra le mani che porse al capo della Lega.
Ra’s l’aprì, mostrandone il contenuto:
la fiala dell’Alpha & Omega era riposta con cura nell’imbottitura della
scatola, per evitare che il vetro si rompesse.
L’uomo prese la fiala fra le mani,
rimirandola e facendola vedere ad Al-sha-him, mentre il liquido si muoveva tra
le pareti trasparenti.
“Non potrò mai dimenticare il giorno
in cui ricevetti quest’arma biologica” disse Ra’s dopo aver rimesso al suo
posto la delicata boccetta, per poi camminare verso Sarab che era rimasto in
disparte alle spalle di Oliver “quel giorno in cui Maseo Yamashiro si è
presentato alla mia porta, con il coraggio di chiedermi un’udienza. Tutti
coloro che venivano per parlare con me, erano soliti portare denaro e beni
preziosi per ripagarmi del favore che avrei fatto loro ascoltandoli, ma lui no
… lui mi ha dato l’Alpha & Omega”
All’udire quelle parole Oliver trasalì
mentre sentiva l’agitazione crescere in lui.
Dopo tutto quello che era successo ad
Hong Kong, dopo la morte di Akio, dopo quell’insopportabile dolore, lui aveva
donato all’uomo più spietato sulla faccia della terra quella devastante arma
biologica?
Non voleva credere che lo avesse fatto
davvero.
“Hai preparato tutto il necessario per
la distruzione di Starling?” chiese Ra’s.
“Sì, maestro” rispose Sarab guardandolo
negli occhi “Sarà tutto pronto per domani, esattamente come avete ordinato”
“Molto bene” si voltò nuovamente verso
Oliver, ancora scioccato per quello che aveva appena scoperto “Sposerai mia
figlia e poi volerai a Starling City, portando la morte stessa”
Al-sah-him annuì con il capo,
consapevole di non poter fare altro che assecondare quella pazzia.
Quando Ra’s Al Ghul si spostò, Oliver
incrociò gli occhi di Maseo e non poté fare a meno di pensare a quale disastro
quell’uomo avesse condannato un’intera città.
“Noto con piacere che la combriccola è
al completo, evaso a parte” la voce di Merlyn rimbombò nella grande stanza
buia, facendo voltare verso di lui tutti i presenti.
Felicity, Diggle e Laurel stavano
discutendo su quanto era successo la sera precendente.
Roy era riuscito a scappare dalla
stanza di ospedale dove scontava i suoi ultimi giorni di degenza, prima di
tornare in carcere.
Lui stesso li aveva informati quella
mattina, raccontando nei minimi particolari come il capitano Lance lo avesse
aiutato nell’impresa, dopo che il discorso di Felicity era riuscito nel suo
intento.
Non era così che la bionda si
aspettava andassero le cose ma era pur sempre meglio di niente.
Avevano dovuto dire addio al loro
grande amico e questo aveva lasciato l’amaro in bocca ad ognuno di loro, ma in
fondo erano sollevati che lui non fosse più trattenuto ingiustamente in cella.
L’allarme dell’evasione del presunto
Arrow era trapelata nei notiziari poche ore dopo la partenza di Roy ed era
stato piuttosto contenuto, chiaro segno che Lance aveva tenuto la stampa il più
possibile all’oscuro sugli avvenimenti di quella notte.
“Di cosa si tratta, Malcolm?” domandò
Dig seccato dalle sue visite improvvise e decisamente non gradite.
Malcolm si avvicinò di qualche passo, le
mani in tasca e lo sguardo che vagava per la stanza.
“Questo non sarà facile per voi da
credere” disse con tranquillità, alzando per un secondo lo sguardo verso John.
“Solo perché sei un sociopatico ed un
bugiardo” rispose Felicity, avvicinandosi a sua volta a quell’uomo spregevole.
“Credevo di meritare un minimo di
rispetto e riconoscimento da parte vostra, dopo quello che ho fatto” commentò
guardando la ragazza di fronte a lui.
“Non finché non scoprirò quale sarà il
tuo prezzo per le tue buone azioni”
Felicity calcò la voce sulla parola buone mettendo in luce tutte le sue
perplessità a riguardo.
“Pensavo di essere stato chiaro: l’ho
fatto per amore di mia figlia, perché vederla soffrire a causa della situazione
in cui si trovava Oliver mi spezzava il cuore”
“Tu non sai nemmeno che cosa
significhi il termine amore, perciò
perdonami, ma non ti credo”
La voce tagliente e decisa della
donna, insieme allo sguardo furioso stava rivolgendo a Merlyn, spinse Diggle ad
intervenire.
“Per oggi è abbastanza” decretò
mettendosi in mezzo ai due, interrompendo il loro reciproco sguardo di odio e
disapprovazione.
“Che cosa sei venuto a dirci?” chiese
Laurel, che fino a quel momento aveva assistito in silenzio.
“Maseo mi ha contattato di nuovo”
annunciò Merlyn dopo qualche istante “E mi ha raccontato un paio di notizie
interessanti sulle vicende che si susseguono a Nanda Parbat”
“Vieni al dunque, Malcolm” gli ordinò
John, detestando quella spiccata ed inopportuna parlantina.
“A quanto pare Oliver Queen è pronto
per fare il grande passo” rispose mentre osservava i tre di fronte a lui.
Nessuno di loro capì il vero
significato delle sue parole, tutti troppo concentrati sul pensiero che il
grande passo di Oliver fosse quello di diventare il nuovo Ra’s.
“Sinceramente sono molto deluso che
non ci abbia invitato al giorno più bello della sua vita, mi aspettavo delle
magnifiche partecipazioni da un milionario del suo calibro” continuò con
tranquillità mentre attendeva una reazione dal suo pubblico “Dev’essere una
cerimonia privata, riservata solo ai più cari e fedeli membri della Lega degli
Assassini”
“Che cosa …?” John rimase senza
parole, sperando di aver frainteso.
“Ha capito bene, signor Diggle”
confermò Malcolm “Oliver Queen si sposa”
Il silenzio che seguì quelle parole
fece gelare il sangue nelle vene, mentre ognuno di loro realizzava quanto stava
accadendo.
Felicity sentì mancarle il respiro
mentre il suo cuore iniziava a battere all’impazzata per il terrore che quella
notizia aveva suscitato in lei.
Rimase immobile, impassibile, come una
statua priva di emozioni mentre cercava l’aria necessaria per riuscire a
parlare.
“Chi?” la sua voce fu poco più di un
sussurro, ma in quel silenzio surreale risuonò forte e chiara come se avesse
urlato “Chi è la sposa?”
Deglutì mentre attendeva una risposta,
le braccia abbandonate lungo i fianchi e le dita che torturavano la stoffa del
vestito, tradendo il suo nervosismo.
“Nyssa”
Quel nome fu peggio di un pugno nello
stomaco per Felicity: fu come se tutto l’ossigeno della stanza venisse improvvisamente
risucchiato e lei fosse costretta a trattenere il fiato mentre il dolore
s’insinuava sotto la sua pelle, correndo come un veleno in tutto il suo corpo.
“Questo non ha alcun senso” Laurel
protestò mentre John si voltò verso la bionda, che rimaneva imperturbabile a
quella notizia.
Avrebbe preferito vederla soccombere,
urlare disperata e scoppiare in lacrime piuttosto che vedere quel gelo nei suoi
occhi e quella innaturale freddezza sul suo viso.
Sapeva che stava trattenendo tutto il
dolore dentro di sé, senza lasciare che gli altri lo notassero, come se la cosa
non la toccasse minimamente.
Ma in realtà la devastante portata di
quel dolore l’avrebbe fatta implodere, prima o poi.
“Invece ne ha” rispose Malcolm “è la
cosa più sensata che Ra’s Al Ghul abbia mai fatto negli ultimi anni. Quando
Nyssa diventerà la moglie del nuovo erede, lei otterrà parte di quella eredità
che le era stata ingiustamente sottratta e lui potrà continuare ad esercitare
potere sulla Lega, influenzando la figlia e di conseguenza Oliver”
“Oliver non farebbe mai una cosa
simile” disse Felicity, rifiutando di credere ad una tale follia.
“È qui che ti sbagli. Lo farebbe, se
solo Ra’s glielo chiedesse” ribatté lui “Oliver è diventato il suo burattino,
il suo fantoccio preferito, e Ra’s è molto dotato quando si tratta di tirare i
fili”
Lei non rispose mentre sentiva il
mondo crollarle addosso e non c’era niente che potesse fare per arrestare
quella caduta libera.
“Mi dispiace, so quanto dolore tu
possa provare nel …”
“Tu non sai nulla!” questa volta
Felicity urlò davvero, anche se era convinta di aver solo sussurrato quelle
parole.
Mandò giù quel groppo in gola che le
impediva di parlare mentre chiudeva gli occhi e tentava di respirare.
“Al-sah-him si sposa. Non Oliver” decretò mentre
sentiva le lacrime premevano per uscire “Ho bisogno di un po’ d’aria”
“Felicity …” John la chiamò, cercando
di trattenerla.
“Sto bene!” gli rispose, più dura di
quanto avesse voluto, mentre si avviava verso l’uscita “ho soltanto bisogno di
una boccata d’aria”
Odiava quella situazione.
Odiava quella stupida tunica verde
smeraldo che suo padre le aveva imposto di indossare per la cena, odiava il
modo in cui le aveva ordinato di andare nella sua camera ed aspettarlo per la
sua sorpresa.
Sbuffò frustrata mentre il pensiero di
dover sposare Oliver Queen le dava il voltastomaco.
Si voltò di scatto quando sentì
aprirsi la porta alle sue spalle e suo padre entrò nella camera guardandola
negli occhi.
“Posso finalmente mostrati la mia
sorpresa” disse avvicinandosi a lei “Ti piacerà moltissimo”
“Se la tua sorpresa per me è liberarmi
da questa assurda proposta di matrimonio allora sì, mi piacerà” rispose dura
“altrimenti temo che resterai deluso”
“Non essere così dura, Nyssa. In fondo
ti sto facendo un favore” ribatté l’uomo.
“L’unica cosa che stai facendo è
rovinarmi la vita!” alzò la voce, osservandolo con aria di sfida.
“Basta con queste lamentele!” Ra’s le
prese il viso con una mano, stringendo la presa delle dita appena sotto il
mento, obbligandola a guardarlo “Sposerai Al-sah-him perché così è stato deciso
e perché è la miglior cosa per te”
“Che cosa ne sai di cosa è meglio per
me? Non ti è mai interessato ciò che avrei voluto per la mia vita, non mi hai
mai lasciato scegliere!”
“Ascoltami, Nyssa. Tu comanderai la
Lega accanto a tuo marito: potrai fare le tue scelte, decidere ciò che vorrai
ma lo farai guidando i tuoi sudditi verso il trionfo”
“Io avrei dovuto ricoprire quel posto,
non un estraneo qualunque! Non lo condividerò mai e poi mai con mio marito!” si
dimenò per liberarsi della stretta del padre “Ma adesso non voglio più far
parte di questa setta di assassini. Né ora né mai”
“Non costringermi ad obbligarti” la
minacciò, lo sguardo furioso che pareva trapassarla da parte a parte.
“Lo hai già fatto” gli fece notare.
“Al-sah-him mostra più riconoscenza di
te, per l’occasione che gli sto offrendo! È più leale e devoto di mia figlia”
“Lo hai drogato, padre” replicò lei
“chiunque ti sarebbe devoto sotto l’effetto delle erbe che gli hai
somministrato! Ma quando l’effetto svanirà, quando tornerà ad essere Oliver
Queen, allora ti renderai conto di aver fatto il più grande errore della tua
vita!”
“Mi sono già assicurato che l’effetto
non svanisse, questa sera a cena” spiegò mentre qualcuno bussava alla porta
della stanza.
“Ecco la tua sorpresa” annunciò Ra’s
mentre faceva entrare uno dei tanti membri della Lega.
Due grandi scatole vennero adagiate sullo
sfarzoso letto al centro della stanza, mentre l’uomo usciva nuovamente in
silenzio.
“Apri” le disse, indicando le due
confezioni.
Nyssa le guardò ma non si mosse di un
solo centimetro: non voleva i regali di suo padre.
Ra’s prese per lei la scatola più
piccola: era una custodia sottile e metallica, dello spessore di qualche
centimetro.
Fece scattare la chiusura posta sul
lato e le mostrò la scatola aperta, in modo che vedesse la scintillante parure
che vi era contenuta.
“Sono per il matrimonio di domani”
specificò mentre Nyssa rimaneva a guardare quei gioielli, senza sapere come
comportarsi.
“Sono molto belli” ammise infine,
accarezzando la collana con la punta della dita.
“Questo invece” disse prendendo la
scatola più grande e porgendogliela “è stato fatto su misura per te dai più
abili sarti di Nanda Parbat”
Nyssa già sapeva che cosa avrebbe
trovato all’interno di quella confezione: un lungo abito nero, riccamente
decorato, era adagio sul fondo della scatola; sopra di esso vi era invece un
leggero e delicato velo, con motivi color smeraldo ed oro.
“Sarai la sposa più bella di tutta
Nanda Parbat” le disse suo padre, mentre le lasciava un bacio sulla fronte.
Nyssa s’irrigidì a quel contatto
inaspettato ma non si allontanò, lasciando che suo padre concludesse il suo
discorso: “Desidero solo il meglio per te, Nyssa. E nonostante tu non lo
capisca, ti voglio bene”
Sorrise allontanandosi da lei e prima
che la donna potesse dire qualcosa saprì oltre la porta.
Felicity camminò il più in fretta
possibile, maledicendo i tacchi che rallentavano la sua andatura.
Voleva soltanto uscire da quella
stanza, dove non c’era più abbastanza ossigeno per lei.
Arrivò in strada, dove la luce dei
lampioni si rifletteva nelle pozzanghere.
Aveva piovuto quella sera.
Le sembrò la cosa più importante, per
un momento. Quella a cui aggrapparsi per non precipitare nell’oblio che la
stava richiamando a sé.
Le lacrime che pensava sarebbero scese
copiose da sui occhi non caddero, lasciandola senza fiato.
Inspirò ed espirò più volte ma l’aria
parve non entrare nei suoi polmoni.
Era lì, immobile contro la parete
dell’edificio, mentre il dolore le attanagliava lo stomaco in una morsa e il
cuore pareva esploderle dentro il petto.
Solo un rantolo uscì dalle sue labbra
prima che i singhiozzi iniziassero a scuoterla e le lacrime appannassero le
lenti dei suoi occhiali.
Più respirava e più l’ossigeno
sembrava mancarle, tanto che i suoi singhiozzi si strozzarono nella sua gola
senza produrre alcun rumore.
Sentiva le lacrime calde scivolare
sulla pelle e percepiva il loro retrogusto salato nella sua bocca, mentre le
sue gambe cedevano, senza riuscire a sorreggere il suo corpo.
Si ritrovò con la schiena appoggiata
al muro, gli occhiali stretti in una mano, il capo posato sulle sue ginocchia
mentre continuava a piangere senza riuscire a fermarsi.
Non riconosceva più la sua vita da
quando Oliver era andato a Nanda Parbat per diventare il nuovo Ra’s Al Ghul.
E quando lui era tornato a Starling il
giorno prima non lo aveva più riconosciuto.
Tutto ciò che temeva era accaduto:
Ra’s lo aveva cambiato, lo aveva privato di quella umanità che lo
caratterizzava, lo aveva trasformato in uno spietato assassino.
L’eroe che era un tempo, l’uomo
generoso ed altruista di cui lei si era innamorata pareva non esistere più,
ucciso da quella nuova persona che abitava in lui: Al-sah-him.
La notizia del matrimonio era stata
solo l’ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso, lasciandola priva di
difese contro quel dolore insopportabile.
Sapeva da tempo ormai che una relazione
tra lei ed Oliver era un lusso che non avrebbe mai avuto la possibilità di
vivere ma dopo quella notte a Nanda Parbat qualcosa era cambiata.
Aveva intravisto uno spiraglio di
luce, una, seppur minima, speranza.
Lo amava, con tutta sé stessa nonostante
non fosse più l’uomo che aveva conosciuto. Non c’era nulla che potesse fare per
impedirselo: non avrebbe potuto smettere di provare quel sentimento da un
momento all’altro, né lo voleva.
Sapeva che il matrimonio con Nyssa era
sicuramente un’imposizione da parte di Ra’s Al Ghul, ma questo non lo rendeva
meno doloroso.
E mentre Felicity cercava di
regolarizzare il respiro e smettere di piangere una donna si avvicinò a lei,
silenziosamente.
Camminava lentamente, avvicinandosi
alla sua meta, senza farsi notare.
Era brava in questo, quasi quanto con
la spada.
Vide quella donna
disperarsi e la riconobbe immediatamente, sebbene non l'avesse mai vista prima
di allora.
"Tu devi essere Felicity, non é
così?"
La ragazza sussultò all'udire quella
voce: non si era accorta di avere compagnia.
"Tu chi sei?" chiese sulla
difensiva mentre si rimetteva in piedi ed asciugava le lacrime con il dorso
della mano.
"Mi dispiace averti spaventato e
mi rammarica anche il tuo dolore" le disse con voce gentile "Il mio
nome é Tatsu"
Le porse la mano, coperta da un guanto
grigio a manopola che lasciava scoperte le dita.
Felicity la strinse controvoglia: non
era di certo il periodo giusto per conoscere nuove persone. Non quando la Lega
vuole ucciderti e l'uomo che ami si é appena unito a quella setta di
psicopatici vendendo la sua anima al diavolo.
"Felicity" disse
semplicemente, confermando l'ipotesi che quella donna aveva formulato poco
prima.
"Io sono, o meglio ero, la moglie
di Maseo" le spiegò accennandole un sorriso "o Sarab. A seconda del
periodo in cui lo hai conosciuto"
Felicity rimase sopresa da quella
presentazione: non era di certo ciò che si aspettava.
"Sai, sei esattamente come mi
aspettavo che fossi" le disse.
"Come?" domandò scettica
l'informatica "Come potevi sapere che ..."
"Oliver mi ha parlato tanto di
te. Non volontariamente forse, ma ho scoperto un sacco di cose sul tuo conto
" spiegò Tatsu "Quando Oliver ha sfidato Ra's Al Ghul la prima volta,
Maseo ha recuperato il suo corpo in fondo al crepaccio. Era praticamente morto
quando lo ha portato da me. L'ho curato e mentre delirava in preda alla febbre,
o mentre riposava tranquillamente, ripeteva sempre il tuo nome. Raccontava di
te, delle tue capacità, di quanto fossi importante per lui"
“Lui … tu …” Felicity ci mise qualche
istante a realizzare quello che Tatsu le stava dicendo “Che cosa ci fai qui?”
chiese infine, non riuscendo a formulare altre frasi di senso compiuto.
La donna sorrise gentilmente mentre
spiegava il motivo della sua visita: “Maseo mi ha contattata dicendomi che
Oliver aveva bisogno del mio aiuto. Mi ha pregato di venire qui a Starling City
e trovare i suoi amici, in particolare te”
“Me?” Felicity rimase sorpresa da
tanto interessamento nei suoi confronti.
“Ha detto che tu saresti stata
disposta a tutto pur di salvare Oliver e che saresti riuscita a convincere gli
altri, se avessero avuto dei dubbi”
“Non so se ci sia ancora un Oliver da
salvare” si stupì quando disse quelle parole: stava gettando la spugna, si
stava arrendendo all’idea che l’uomo che amava non esistesse più, che solo
Al-sah-him fosse ancora vivo.
“Non devi farti ingannare dalle
apparenze, Felicity. Oliver è molto più forte di quanto tu credi”
“Forse è meglio se entriamo” le
suggerì la bionda “Così potrai parlare anche con il resto della squadra”
Tatsu la seguì all’interno
dell’edificio, fino a giungere nella stanza in cui erano presenti tutti i
componenti rimasti del Team Arrow.
“Lei è Tastu, la moglie di Maseo” la
presentò Felicity quando tutti la guardarono interrogativi vedendola arrivare
con una donna misteriosa “è dei nostri” si affrettò a dire “o almeno così
credo. Non sono più sicura di niente in questo periodo”
Sorpassò Merlyn e si avvicinò a
Diggle, attendendo una qualche reazione da parte dei compagni.
“Non sapevo che Malcolm Merlyn fosse
una membro della vostra squadra” commentò Tastu, sorpresa di vederlo lì.
“Non lo è, infatti” specificò
immediatamente Felicity “È solo venuto a dirci che Al-sah-him si sposerà”
“C’è qualcosa in realtà che ancora non
vi ho detto” ribatté l’uomo “E penso sia la stessa cosa per cui Tastu si è
scomodata a venire fino a qui”
“L’alpha & Omega” disse i due in
coro mentre i tre amici di Oliver rimasero sopresi.
“Di cosa state parlando?” domandò
John, sorpreso.
“Non lo sapete?” Tatsu parve alquanto
stupita che quei tre fossero all’oscuro di tutto “Quando Oliver Queen ha
passato parte del suo tempo ad Hong Kong, una donna di nome Chien Na Wei ha
cercato di diffondere un’arma biologica dagli effetti devastanti, la cosiddetta
Alpha & Omega”
“E ci è riuscita?” chiese Laurel.
“No, per fortuna. Ci sono state un
paio di vittime ma … “ la sua voce esitò per un istante, prima di continuare
“io, Maseo ed Oliver siamo riusciti ad evitare il peggio, almeno fino ad ora”
Cercò di non pensare a suo figlio e al
giorno in cui la sua vita si era trasformata in un incubo senza fine, rimanendo
sola al mondo con quell’insopportabile dolore dentro al petto.
Maseo si era unito alla Lega, incapace
di gestire tutta quella sofferenza che lo avrebbe sicuramente fatto impazzire.
Ra’s Al Ghul gli aveva offerto una via
d’uscita, promettendogli una vita senza dolore.
Da quel momento Tastu aveva perso per
sempre suo marito e tuttora non lo aveva ancora ritrovato.
Quando aveva ricevuto il suo
messaggio, la richiesta d’aiuto per salvare Oliver da un destino troppo simile
al suo, in lei si era riaccesa una piccola speranza.
Forse anche Sarab si stava rendendo
conto di aver venduto la sua anima per vivere una vita da assassino spietato e
brutale, una vita caratterizzata da distruzione e morte, una vita che non
avrebbe mai voluto davvero.
“Che cosa ha a che fare un’arma
biologica di diversi anni fa con Oliver in questo momento?” la voce di Dig
palesò il dubbio che tutti loro avevano in quel momento.
“Pensavamo di aver distrutto
quell’arma, invece ne è rimasta una fiala. Non so come sia potuto succedere,
nessuno di noi si è reso conto che una dose di quel liquido era ancora in
circolazione.
Ra’s Al Ghul ne è venuto in possesso.
Ed ora vuole usarla per i suoi scopi”
Feicity trattenne il fiato, non sapendo
che cosa provare in quel momento.
Il dolore per la notizia precedente
gli appesantiva ancora il cuore mentre quella nuova scoperta aumentava la paura
e il disgusto verso quell’uomo.
“È tradizione della Lega che il nuovo
Ra’s, per diventare effettivamente il capo, dimentichi il suo passato.
Nulla della sua vita precedente deve
vivere ancora in lui: non deve provare nessuna emozione ripensando alla sua
casa, alla sua vecchia esistenza, alle persone a cui aveva voluto bene.
E per farlo c’è un solo modo:
distruggere la propria casa, la propria città”
Le espressioni di terrore sul viso dei
tre fecero capire a Tastu che stavano realizzando ciò che rischiava di
succedere.
“Ra’s vuole che Oliver porti la morte a Starling City,
usando l’Alpha & Omega, per diventare Al-sah-him” disse “La vostra città è
in grave pericolo”
Felicity chiuse gli occhi e li riaprì
qualche secondo dopo sperando di svegliarsi da quell’incubo che era la sua
vita.
Oliver non avrebbe mai ucciso persone
innocenti, soprattutto non quelle per cui si era prodigato per anni, come
Arrow.
Lui voleva salvare Starling City, non
distruggerla.
“Questa è una follia” disse mentre
osservava Tastu e Merlyn, di fronte a loro “So che Al-sah-him ha preso il
sopravvento su Oliver ma …” ricacciò indietro le lacrime, obbligandosi ad
apparire forte davanti agli altri “lui non avrebbe mai permesso una cosa
simile”
“Maseo mi ha chiesto aiuto ma non è
stata una sua idea” spiegò Tatsu “è stato Al-sah-him a farlo. Dopo l’ordine di
Ra’s, dopo la proposta di matrimonio imposta, dopo il suo ritorno dal breve
soggiorno a Starling City, qualcosa è cambiato in lui. Oliver è ancora lì, da
qualche parte dentro di lui e sta tornando a galla, pian piano”
“Stai dicendo che …” Dig venne
interrotto prima che potesse finire la frase.
“Sì. Oliver Queen non è morto, non del
tutto perlomeno. E vuole opporsi a questa follia. Non metterebbe mai a
repentaglio la vita degli abitanti di Starling, per questo dobbiamo fare
qualcosa per aiutarlo”
“Perché abbiamo parcheggiato così
distante?” domandò Ray mentre continuava a camminare sotto il sole cocente di
mezzogiorno, avvolto nella sua tuta metallica che alzava la temperatura di
almeno un paio di gradi.
Si maledì per non aver pensato di
inserire un qualche tipo di sistema di areazione e raffreddamento nella tuta e
si appuntò mentalmente di farlo, una volta tornati a Starling City. Sempre se
sarebbe tornato.
“Perché un jet non è esattamente il
mezzo di trasporto che possa passare inosservato” rispose Laurel, seccata dalle
continue lamentele del signor Palmer “Avrebbe attirato l’attenzione, che è
precisamente quello che non vogliamo fare”
“Avremmo potuto prendere un altro
mezzo di trasporto per raggiungere il palazzo, magari uno dotato di aria
condizionata, invece di farcela a piedi din qui”
“Pensi che noleggino
cavalli qui?” chiese Diggle sarcasticamente.
“Beh forse cavalli no ma …”
“Ricordatemi perché lo abbiamo portato con noi”
disse John guardando Felicity, qualche passo dietro di lui.
“Perché voleva salvare la città” rispose “ed era l’unico
che disponeva di un jet”
“È carino sapere che mi avete fatto partecipare
solo perché vi serviva il mio aereo” ribatté lui, senza però offendersi
realmente.
Il gruppo si zittì, cercando di trovare le forze
per andare avanti in quella calura insopportabile che li stava mettendo a dura
prova.
Nanda Parbat era decisamente un posto troppo caldo
per i gusti di Felicity.
Si passò le mani sul viso, asciugando quel sudore
che le bagnava la pelle e le appiccicava i capelli dietro la nuca.
Mai e poi avrebbe pensato di ritrovarsi ancora una
volta lì, a cercare di salvare l’anima di Oliver, e soprattutto non in
compagnia del suo capo.
Da quando lui l’aveva lasciata, quella
sera, in ascensore, i loro rapporti si erano raffreddati e fatti più radi visto
l’enorme quantità di problemi ed avvenimenti che erano intercorsi in quelle
settimane.
Faceva fatica a credere che Ray avesse
insistito tanto per venire fin lì, rischiando di rimanere ucciso per salvare la
persona che lei aveva preferito a lui.
Quando aveva sentito Felicity, Laurel
e Diggle parlare dell’imminente pericolo che si sarebbe potuto abbattere su
Starling, Palmer aveva deciso che sarebbe partito con loro, per rendersi utile
come Atom e come eroe cittadino.
A nulla erano serviti i tentativi di
dissuasione.
I suoi pensieri vennero interrotti
dalla voce di Malcolm: “Siamo quasi arrivati”
All’orizzonte si delineava quel
palazzo ormai tristemente noto al team Arrow.
“È la quarta volta che vengo a Nanda
Parbat” disse John, seccato, mentre caricava l’arma e toglieva la sicura “Spero
che sia l’ultima”
“Non fermatevi” Tastu sorpassò i
quattro compagni di viaggio, spronandoli a continuare il loro cammino “Prima
giungiamo a destinazione, maggiori sono le probabilità di salvare Oliver e la
vostra città”
Felicity riprese il cammino
sospirando, mentre sentiva la paura e l’agitazione impossessarsi di lei.
Temeva l’incontro con Al-sah-him
perché la sola idea di vedere di nuovo l’assassino che era diventato le faceva
piangere il cuore.
Se invece avesse rivisto Oliver sapeva
che, nel caso qualcosa fosse andato storto, non sarebbe mai riuscita a dirgli
addio un’altra volta.
Diggle sembrò accorgersi del suo
tormento interiore: “Va tutto bene?”
Lei scosse la testa, un improvviso
groppo in gola le impedì di parlare, mentre sentiva tutta l’ansia trasformarsi
in lacrime nei suoi occhi.
Respirò a fondo e si fece coraggio,
accucciandosi dietro un cespuglio, prima che le sentinelle di guardia la
scoprissero.
“Sto bene” sussurrò infine per
tranquillizzare l’amico.
Ma entrambi sapevano che era un bugia.
Malcolm scagliò la prima freccia
uccidendo una delle guardie nel più totale silenzio.
“Nanda Parbat non è il luogo più
facile in cui infiltrarsi” commentò Ray, accucciato accanto a Felicity “o
almeno così mi è parso di capire. Quante possibilità ci sono di entrare senza
essere visti ed uscirne vivi?”
“Praticamente nessuna” gli rispose
sinceramente “ma John è andato e tornato tre volte quindi non bisogna perdere
la speranza”
“Incoraggiante” commentò mentre le
frecce continuava a danzare nell’aria.
Passò meno di un paio di minuti prima
che venissero scoperti.
Fu allora che Felicity si alzò in
piedi, tenendo stretta fra le mani un bastone simile a quello di Laurel. Diggle
le aveva dato anche una pistola, caso mai ne avesse avuto bisogno, ma preferì
lasciarla al suo posto per il momento.
Ray iniziò a sparare raggi dalla sua
tuta, colpendo diversi uomini che si stavano avvicinando.
Tatsu, che per l’occasione aveva
indossato una grande maschera bianca sul viso e un singolare costume, diede
prova delle sue incredibili abilità con la spada mentre John sparava a raffica
con la sua fidata glock.
Laurel innescò un violento corpo a
corpo con due uomini e quando iniziò ad incassare colpi Felicity corse ad
aiutarla, picchiando con il bastone come meglio riusciva.
Avrebbe dovuto farsi addestrare meglio
ed ascoltare di più i consigli che Dig le aveva elargito nei pochi allenamenti
che aveva fatto.
Si promise che avrebbe preso qualche
lezione di difesa personale, se fosse tornata a casa sana e salva.
Fece perdere l’equilibrio ad un uomo,
mettendogli il bastone tra i piedi a mo’ di sgambetto, e lasciando che Laurel
si occupasse del resto per metterlo ko.
Guadagnava metri di terreno a poco a
poco, sotto l’aria afosa di Nanda Parbat, ma le porte del palazzo erano ancora
decisamente troppo lontane.
Altri uomini della Lega continuava a
giungere a fiotti, bloccando loro la strada ma fu con l’arrivo di Sarab che le
cose presero una brutta cosa.
Nella calca nessuno si rese conto che
Ra’s Al Ghul in persona stava giungendo a grandi passi sul campo di battaglia,
affiancato dal suo fedele ed inseparabile Al-sah-him.
Maseo si gettò in mezzo alla folla,
facendosi largo fra i cadaveri e duellando agilmente con la spada.
Fu quando le loro s’incontrarono che
tutto cambiò: Maseo e Tatsu, uno contro l’altro.
Il clangore delle loro lame
riecheggiava nell’aria, mescolandosi agli altri rumori dello scontro, ma c’era
qualcosa in quel modo di combattere che incollò lo sguardo di Felicity su di
loro.
Per un attimo le sembrò di vedere lei
ed Oliver al loro posto: Tastu lottava per Maseo, per quell’uomo così diverso
ma al tempo stesso così simile a Sarab, esattamente come Felicity stringeva i
denti e cercava di riportare indietro il suo Oliver.
“Arrendetevi … o morirete!”
Non importava se cambiasse nome o
colore del cappuccio, se si trovasse a Starling City o a Nanda Parbat: Felicity
avrebbe sempre e comunque riconosciuto la sua voce.
Si voltò ed incrociò i suoi occhi.
Durò un solo istante, ma quel contatto
fra i loro sguardi fu uno dei più profondi di sempre.
“Mai!” urlò, con una grinta che
pensava di aver ormai perso.
“Mi parli come se fossi un mostro”
disse Maseo, mentre osservava Oliver di fronte a sé.
“Come hai potuto fare una cosa del
genere?” domandò Oliver incredulo “Dopo tutto quello che abbiamo fatto per
distruggere l’Alpha & Omega, dopo tutto il dolore che quella storia ha
causato alla tua famiglia, dopo la morte di Akio …” si fermò, vedendo la
reazione sul volto dell’uomo.
“Mi dispiace … ma davvero non riesco a
capire come tu possa aver donato a Ra’s Al Ghul un arma così pericolosa”
“Era l’unica cosa che avevo da
offrigli in cambio di una possibilità per entrare nella Lega” si difese “ed ero
troppo distrutto dalla morte di mio figlio per poter pensare alle conseguenze
del mio gesto. So di aver sbagliato ma non posso rimediare al mio sbaglio. Sono
vincolato alla Lega degli Assassini ed una volta che entri a farne parte
uscirne è impossibile. Non da vivo, perlomeno”
“Quando sarò Ra's, potrò liberarti dal
tuo giuramento” lo rassicurò “farò in modo che tu sia di nuovo un uomo libero”
“Perché lo fai? Dopo tutto quello che
ho fatto ..”
“Tu sei un mio amico” lo interruppe
posando una mano sulla spalla di Maseo “ci sarò sempre per te. E se uscire
dalla Lega sarà la cosa giusta da fare per te, sarai libero di andare”
“Grazie”
Oliver sospirò mentre sentiva la testa
scoppiargli.
Si porto le mani alle tempie,
massaggiandole per cercare di diminuire quel dolore.
“Che cosa ti succede?” domandò Maseo
preoccupato.
“Non lo so. È da questa mattina che la
testa mi scoppia e mi sembra di non riuscire a ragionare” rispose mentre
un'altra fitta lo colpiva.
“Oliver, temo che Ra’s ti abbia
drogato, ancora”
“Che cosa?” domandò scioccato.
“Forse temeva che tu ti ribellassi o
peggio ha capito che c’era qualcosa che non andava in te.” ipotizzò “Devi fare
estrema attenzione, non puoi cedere proprio adesso. La cosa più importante è
che tu non ti lasci condizione da quello che lui ti dirà, per nessuna ragione
al mondo”
Oliver annuì.
“Fra non molto i tuoi amici dovrebbero
essere qui” gli annunciò.
“Come?” rimase sorpreso da quella
notizia improvvisa.
“Ho contattato Tastu. E Malcolm
Merlyn” spiegò “Ti daranno una mano per salvare Starling City”
“Loro sono qui?”
“Lo saranno presto, insieme al resto
del team Arrow”
“No, questa è una follia! Hanno già
provato a liberarmi una volta e si è rivelato un totale disastro. Non posso
permettere che accada di nuovo”
“Questa volta andrà bene. Te lo
prometto”
Fu in quel momento che sentirono i
primi rumori della battaglia provenire dall’esterno.
Si precipitarono fuori per vedere
quello che stava accadendo ed Oliver rivisse quanto era accaduto poco più di
due settimane prima.
Sperò con tutto sé stesso che la
storia non si ripetesse proprio quando la voce di Ra’s Al Ghul risuonò nel
corridoi buio e spoglio: “Interveniamo, ora!”
La risposta di Felicity sorprese un
po’ tutti ma non se lo fecero ripetere due volte.
Continuarono a combattere, con più
forza e convinzione di prima, stendendo tutti quegli uomini che si gettavano su
di loro per attaccarli.
Felicity si mosse rapidamente,
aiutando chi ne aveva più bisogno.
L’adrenalina che scorreva nel suo
corpo le impedì di percepire quella paura che in altre situazioni l’avrebbe
paralizzata.
Al-sah-him si fece largo tra la folla,
cercando la ragazza bionda in mezzo agli altri combattenti.
La individuò pochi metri più avanti e
scattò rapidamente nella sua direzione, imprigionandola fra le sue braccia.
Lei si dimenò senza capire chi
l’avesse catturata poi, quando realizzò di chi si trattasse s’immobilizzò per
un attimo, per poi riprendere a divincolarsi con più foga.
Mentre la battaglia infuriava nessuno
prestò attenzione ad Oliver, che poté agire indisturbato.
Aumentò la presa ma abbassò il volto,
fino ad arrivare all’altezza dell’orecchio della donna.
“Felicity, sono io” le sussurrò
dolcemente “Oliver”
Cercò di farle capire che non stava
mentendo, che era diverso da quel pazzo assassino che li aveva ingannati solo
pochi giorni prima a Starling City.
“Tu non sei, Oliver!” ribatté “Non sei
più l’uomo che ho conosciuto. Ra’s Al Ghul ti ha cambiato. Non ha lasciato
niente di lui”
“Felicity, ascoltami” la supplicò
mentre controllava di non essere visto dal capo della Lega “Ho bisogno che tu
ti fidi di me”
La donna sospirò senza sapere che cosa
fare.
La sua voce sembrava sincera, la
stessa voce che tanto amava ma non poteva esserne così sicura.
Era convinta che fosse rimasto sé
stesso anche quando era tornato a casa, invece si era rilevato essere un uomo
spietato.
“Che cosa hai intenzione di fare?” gli
domandò.
“È meglio se non lo sai” rispose
mentre la sua presa teneva la donna incollata al suo corpo.
Felicity si sarebbe emozionata per una
tale vicinanza se solo fosse stata un’altra situazione, ma ora non poteva far
altro che chiudere gli occhi e dare una risposta.
Una risposta che avrebbe potuto
cambiare irrimediabilmente le loro vite.
Respirò a fondo mentre pronunciava
quella sillaba.
“Sì” disse “sì, mi fido di te Oliver”
“Mi dispiace Felicity, per tutto” le
sussurrò prima di puntarle la spada alla gola.
“Fermi!” urlò, attirando l’attenzione
degli altri combattenti “O le farò del male”
“Portali via” ordinò Ra’s ad
Al-sah-him.
Tutti i suoi amici era in fila, uno
accanto all’altro, i polsi legati da rudimentali manette metalliche.
Oliver portò via le loro armi e privò
Ray del chip che permetteva il funzionamento di ATOM.
“Dannazione!” si lamentò mentre vedeva
il suo amato chip distrutto sotto la suola della scarpa di Oliver “Hai idea di
quanto mi ci è voluto per programmare quel chip e …”
“L'hai fatto volare, cosa vuoi
ancora?” domandò Al-sah-him con sfacciataggine, zittendo l’uomo.
“Da questa parte” disse poi
obbligandoli a muoversi, diretti verso quella che sarebbe stata la loro cella.
Felicity rimase in
silenzio, osservando Oliver camminare di fronte e sé, cercando di capire cosa
di lui era riuscito a convincerla a dire sì.
Ra's Al Ghul chiudeva la fila,
osservando i suoi nuovi prigionieri: era fiero del lavoro che Al-sah-him aveva
fatto, dimostrando la sua più totale lealtà.
Neanche i suoi più cari amici erano
riusciti a farlo tornare sulla vecchia strada, a far riaffiorare Oliver Queen.
"Entrate" ordinò a ciascuno
di loro, per poi richiudere la pesante grata metallica della cella.
Felicity cercò il suo sguardo ma non
riuscì a leggere quegli occhi azzurri: le sembravano sinceri, come se le
stessero chiedendo scusa per quello che aveva fatto ma non poteva fidarsi di
quello che sentiva.
Aveva fallito.
I sentimenti che provava per Oliver
l’avevano condizionata a tal punto da rendere inaffidabile il suo giudizio.
Se avesse detto di no, forse ora non
si sarebbe trovati rinchiusi in quella prigione.
C’era solo Al-sah-him ormai ed ora che
iniziasse ad accettare quella triste realtà.
Sentì le lacrime bagnarle gli occhi
mentre una cieca disperazione si impossessava di lei: aveva fatto di tutto per
lui, aveva messo a repentaglio la sua vita, aveva convinto il resto del team a
partire ancora una volta per Nanda Parbat, per salvare il loro amico senza
ottenere altro che bugie.
Scattò in avanti verso di lui, poco
prima che la cella si chiudesse, urlandogli in faccia tutta la rabbia che
provava: “Hai chiesto di fidarci di te, e noi lo abbiamo fatto! Hai tradito la
nostra fiducia Oliver! E io non ti perdonerò mai per questo”
Oliver sentì il cuore esplodere in
mille pezzi mentre le lacrime bagnavano le guance di Felicity: avrebbe voluto
dirle che stava fingendo, che era l’unico modo per tenerli al sicuro, per
evitare che Ra’s scoprisse il suo piano ma non poteva.
E rimanere a guardarla mentre lei si
disperava per il dolore che le stava causando era la peggiore delle torture.
“Mai, Oliver!” ripeté lei con maggior
convinzione, fissandolo negli occhi.
Ti
amo, Felicity.
Fu l’unica cosa a cui riuscì a pensare
mentre la ragazza era a pochi centimetri da lui, soltanto la grata a dividerli.
“Oliver Queen è morto!” disse con voce
dura e tagliente, allontanandosi da lì il più velocemente possibile.
Indossava ormai il completo nero, con
una fascia nera e dorata sulla spalla, quando tornò silenziosamente davanti al
cella dove i suoi amici erano rinchiusi.
Li osservò per qualche istante prima
che loro si accorgessero della sua presenza.
Felicity era seduta per terra con la
schiena appoggiata alla parte in pietra, le lunghe catene che la bloccavano al
pavimento, impedendole di muoversi liberamente.
Aveva gli occhi gonfi ed arrossati,
dietro le lenti degli occhiali, segno tangibile che aveva pianto.
Oliver si odiò per essere riuscito a
farle del male, di nuovo.
Ray Palmer, se ne stava in piedi
accanto a lei, lo sguardo basso mentre Diggle e Laurel camminavano nervosamente
per la stanza, percorrendo quello scarso metro che la catena concedeva loro.
Tastu invece era seduta in un angolo,
in disparte, in religioso silenzio.
“Non dovrei essere qui” esordì aprendo
la cella, attirando l’attenzione su di sé “Se qualcuno di voi parla, moriremo
tutti”
Felicity si alzò in piedi mentre Dig e
Laurel si avvicinarono a lui, lo sguardo carico di rabbia e delusione.
“Maseo sta facendo la guardia, per
evitare che Ra’s ci scopra” spiegò.
“A che gioco stai giocando, Oliver?”
John arrivò a mezzo metro da lui, fino a che la catena lo costrinse a fermarsi.
La strattonò ma ovviamente non
cedette, facendolo solo arrabbiare di più.
“Non posso dirvi nulla. Sappiate solo
che sto tentando di salvare Starling City, con ogni mezzo a mia disposizione”
Chiuse gli occhi e sospirò quando
Laurel iniziò a scaricare la sua rabbia su di lui.
Oliver parve non ascoltarla: “Ra’s Al
Ghul verrà qui fra poco” disse “vuole che assistiate al matrimonio tra me e
Nyssa”
“Io non verrò”
La voce di Felicity riecheggiò nella
cella, sicura e determinata, nonostante il grande dolore che stava provando.
Oliver la guardò e fu allora che il
mondo gli crollò addosso: i suoi occhi erano spenti, rassegnati, privi di
quella luce che era solita brillare nelle sue iridi chiare.
“Non mi sposerei se non fosse
necessario” le disse, cercando di farle capire quanto fosse contrario a
quell’idea.
“Non è questo che ho detto” rispose
dura “Non so chi o che cosa controlli la tua mente in questo momento, né voglio
saperlo. Solo non ti sorprendere quando non mi vedrai alla cerimonia”
“Non credere di poter avere scelta con
Ra’s. Lui vuole che tutti voi siate presenti e non accetterà un no come
risposta”
Felicity scosse la testa, contrariata.
“Mi dispiace” disse rivolto a tutti ma
senza staccare lo sguardo da lei.
Si avvicinò al suo viso e le sussurrò
qualcosa all’orecchio, in modo che solo lei sentisse.
“Ti amerò sempre” le confessò “Non è
così che immaginavo il mio matrimonio perché non è Nyssa la donna che voglio
sposare. Ma non ho altra scelta”
Si allontanò per guardarla negli
occhi, sperando che capisse.
La voce di Maseo spezzò quel momento
tra loro: “Oliver, devi andartene. Ra’s sta arrivando!”
Come Oliver aveva previsto Ra’s Al
Ghul aveva obbligato ognuno di loro a partecipare a quella cerimonia.
Erano in fondo alla sala ora, uno
accanto all’altro, in silenzio.
Felicity non aveva più aperto bocca da
quando Oliver le aveva sussurrato quelle parole all’orecchio, quelle che ancora
rimbombavano nella sua testa.
Non sapeva più a chi credere, a quale
convinzione aggrapparsi, ma c’era qualcosa in quello sguardo che l’aveva spinta
a fidarsi di lui, un’altra volta.
Al-sah-him non le avrebbe mai detto
quelle parole: era il suo Oliver ad averlo fatto.
I suoi pensieri vennero interrotti
quando lui fece ingresso nella grande sala, dirigendosi a grandi passi verso
quell’altare improvvisato.
La stanza era stata abbellita per
l’occasione: drappeggi scarlatti e dorati scendevano dolcemente lungo le
colonne, un lungo tappeto rosso copriva il freddo pavimento lucido mentre
migliaia di candele illuminavano soffusamente l’ambiente.
Felicity fissò i suoi occhi sulla sua
figura alta e possente mentre Ra’s gli diceva qualcosa a bassa voce che lei non
riuscì a sentire.
Sentiva il cuore martellarle nel petto
quando alcuni i membri della Lega, disposti in fila ai bordi del tappeto rosso,
sguainarono le spade e le intrecciarono fino a formare un piccolo corridoio con
la volta metallica.
Nyssa, avvolta in un lungo abito nero
e oro, passò sotto quelle spade avvicinandosi lentamente al suo sposo.
Felicity poté notare lo sguardo spento
e contrariato della donna, così simile a quello di Oliver.
Quando Nyssa giunse a destinazione
fissò il suo futuro marito, poi rivolse lo sguardo verso suo padre: “Preferirei
morire che sposare questo impostore”
Quelle parole colpirono tutti i
presenti ma in realtà non stupirono nessuno.
Felicity strinse i pugni mentre
fremeva dalla voglia di staccarsi dal gruppo ed urlare il suo dissenso davanti
a Ra’s Al Ghul, ma obbligò il suo corpo a rimanere immobile.
Cercò di non dare peso a quel dolore
che sentiva nel petto, sempre più forte ad ogni istante, sempre più
insopportabile ad ogni respiro.
Non era così che doveva finire.
Ti
amerò sempre.
Le sue parole, la sua voce, i suoi
occhi, i suoi abbracci, le sue carezze sul suo corpo, i suoi baci sulla pelle.
Ogni istante di quella notte di due
settimane fa, in quello stesso palazzo, tornò a farle visita nei suoi pensieri,
facendola impazzire.
Il suo cuore batteva forte per
quell’uomo che, nonostante tutto, non aveva mai smesso di amare.
Non avrebbe lasciato che un pazzo
rovinasse le loro vite, non avrebbe permesso a Ra’s Al Ghul di portarle via l’unica
cosa che le era rimasta: il suo amore per lui.
E mentre il rito era già iniziato,
mentre parole sconosciute ed antiche riecheggiavano nell’aria, Felicity si
allontanò dai suoi amici, schizzando come una molla verso i due sposi.
“No!” urlò mentre i membri della Lega
la bloccavano, accerchiandola e minacciandola con le loro spade.
Diggle, Ray, Laurel, Malcolm e Tatsu
rimasero sorpresi dall’inaspettato gesto di Felicity, senza riuscire a
fermarla.
Ra’s Al Ghul la guardò mentre il
silenzio calava nella grande stanza.
Oliver la guardò con occhi sbarrati,
terrorizzato da quello che le sarebbe potuto accadere.
“Oliver …” lo chiamò, la voce rotta
dall’emozione “Anch’io”
Nessuno capì le sue parole, tranne
lui.
La sua risposta a quel ti amerò per sempre, l’unica risposta
che avrebbe mai voluto dargli.
“Lui è Al-sah-him!” disse Ra’s
tagliente “Oliver Queen è morto!”
“Oliver Queen è vivo” rispose lei,
guardando il capo della Lega negli occhi “è sempre stato lì, sepolto da qualche
parte. E nemmeno le tue torture e i tuoi giochetti psicologi riusciranno mai ad
uccidere l’eroe che è in lui”
“È incredibile quanto l’amore faccia
fare cose incredibilmente stupide, perfino alle persone più intelligenti” Disse
mentre si avvicinava alla donna “Pensavo ti fosse bastata la lezione dell’altra
volta. A quanto pare mi sbagliavo”
“Maestro” la voce di Oliver fece
voltare Ra’s “Perdonate la sua ingenuità”
“Lo farò, se ti occuperai
personalmente di lei, Al-sah-him” disse “liberati di lei, una volta per tutte”
Oliver chiuse gli occhi mentre sentiva
il mondo crollare a pezzi, ancora una volta.
Si incamminò verso Felicity, un passo
alla volta, fino a giungere di fronte a lei, la spada stretta nel pugno.
Lei respirò profondamente, incontrando
i suoi occhi azzurri come il mare.
Era lui: il suo Oliver, l’uomo che le
aveva detto di amarla, l’eroe di Starling, la persona buona ed altruista di cui
si era innamorata.
Non c’era traccia di Al-sah-him.
Ma sapeva che lui avrebbe finto, per
convincere Ra’s, per non farsi scoprire.
Almeno fino a quando il suo piano non
venisse messo in pratica.
“L’Oliver che conosco non farebbe mai
una cosa simile” disse senza mai staccare gli occhi da quelli dell’uomo,
cercando di fargli capire che aveva un piano “Lui non venderebbe la sua anima
al diavolo, lui non tradirebbe i suoi amici né si arrenderebbe davanti alle
difficoltà. Lui combatterebbe per la giustizia, troverebbe il modo di fare la
cosa giusta, di salvare le persone a cui tiene”
“Mi dispiace deluderti” Al-sah-him
alzò la spada verso di lei, puntandola contro la pelle della sua gola “Non sono
io quella persona”
“Lui salverebbe la sua città a
qualunque costo! Mai e poi mai farebbe del male alle persone che vi ci abitano,
perché l’uomo che conosco è un eroe” insisté mentre una lacrima scappò al suo
controllo.
Anche gli occhi di Oliver erano lucidi
mentre la guardava, trasmettendole tutto l’amore di cui era capace.
Staccò lo sguardo da quello di lei per
un solo istante, osservando i suoi amici in fondo alla stanza.
Vide Ray annuire impercettibilmente e
fu allora che capì.
Comprese che qualunque cosa Felicity
avesse ideato, questa volta avrebbe funzionato.
“Mi hai fatto venire voglia di essere
l'uomo che ho visto attraverso i tuoi occhi” disse ritornando a prestare
attenzione alla ragazza di fronte a lui.
“Non è troppo tardi per tornare da me”
la voce di Felicity gli scaldò il cuore, consapevole che lei era ancora lì,
pronta ad aspettarlo nonostante tutto.
Ra’s Al Ghul trasalì a quelle parole
ma fu solo un attimo prima che tutto esplodesse intorno a lui.
Oliver attaccò gli uomini accanto a
sé, proteggendo Felicity, Nyssa si gettò nella calca per aiutarlo così come
Maseo che si ribellò contro i suoi stessi compagni.
Malcolm, Laurel, Tastu, Diggle e Ray,
ormai liberi dalle manette, attaccarono a loro volta, disarmando un paio di
uomini e rubando così le loro spade.
“Come hai fatto?” domandò Oliver a
Felicity mentre respingeva l’attacco di uno degli uomini della Lega.
“Il chip, ricordi?” disse senza dargli
tempo di rispondere “Ray ne aveva uno di scorta, programmato da me, per le
emergenze. Neanche lui sapeva di averlo, l’ho inserito io stessa
nell’imbottitura della tuta. E questo mio scrupolo mi ha permesso di rimettere
in funzione ATOM e le sue meravigliose armi tecnologiche. Abbiamo indebolito le
manette, quel tanto che bastava per potercene liberare al momento giusto”
“Questa è l’idea più geniale che tu
abbia mai avuto” disse mentre stendeva uno dei suoi avversari.
Ra’s Al Ghul si scagliò contro di
Oliver innescando l’ennesimo duello fra loro: “Pagherai per il tuo tradimento,
Al-sah-him” lo minacciò mentre faceva scontrare le loro spade.
Altri membri della Lega attaccarono
Oliver su più fronti mettendolo in difficoltà: parò diversi attacchi ma non
sarebbe riuscito ad affrontare tutti quegli uomini da soli.
Si voltò di scatto, appena in tempo
per schivare un affondo diretto alla sua schiena.
La spada colpì in pieno petto
l’avversario ma proprio quando credeva di aver sistemato la situazione sentì la
voce di Maseo risuonargli nelle orecchie: “Oliver, attento!”
Non fu abbastanza veloce per rendersi
conto che Ra’s stava per trapassarlo nuovamente con la sua lama; quando si
voltò vide soltanto un uomo che correva verso di lui placcandolo e spingendolo
a terra con il suo peso.
Cadde rovinosamente sul pavimento e
Maseo atterrò su di lui, salvandogli la vita.
Fu quando cercò di alzarsi che capì
che c’era qualcosa che non andava.
Le sue mani erano macchiate di sangue
ma lui non era ferito.
Incrociò gli occhi di Sarab e in quel
momento realizzò che la lama di Ra’s lo aveva trafitto all'addome.
"No" la sua voce
spaventata arrivò alle orecchie di Felicity che si voltò nella sua direzione.
Oliver si alzò spostando
Maseo con sé e adagiando il suo corpo sulla supericie liscia del pavimento.
Rimase accucciato al suo
fianco mentre le lacrime gli offuscavano la vista.
Premette suula ferita per
limitare la fuoriuscita di sangue ma c'era ben poco che potesse fare.
Il sangue inzzuppava la
tunica scura che Maseo indossava, allargandosi poi in una pozza scarlatta sul
pavimento.
"Oli ... Oliver"
parlò a fatica, respirando a fondo per trovare quelle poche energie che gli
erano rimaste "mi dispiace ... per tutto quello che ho fatto"
"No, Maseo! Non dirlo
neanche per scherzo" gli rispose "andrà tutto bene ..."
"Sono le stesse
parole che io dissi ad Akio, quel giorno ..." la sua voce si spezzò in un
rantolo mentre il respiro dell'uomo si faceva sempre più lento e rado
"sappiamo entrambi che é una bugia"
Oliver pianse e le sue
lacrime scivolarono calde sul suo viso mentre la vita negli occhi di Maseo si
spegneva.
"Di' a Tastu che la
amo" disse con le sue ultime forze "diglielo, Oliver"
Lui annuì mentre i
singhiozzi lo scuotevano senza dargli tregua e Maseo lasciava il suo mondo, una
volta per tutte.
Non c'era altro che vuoto
in quei suoi occhi vitrei, ancora spalancati verso l'alto, nient'altro che
sangue sulle mani di Oliver, nulla più che dolore nel suo petto.
Fu allora che Tastu vide
suo marito, steso sul quel pavimento.
"Maseo!" la sua
voce era un grido di dolore mentre stendeva l'uomo contro cui stava combattendo
per poi correre verso di lui.
E in quel attimo Felicity
capì quello che stava accadendo: Ra's Al Ghul stava in piedi di fronte ad
Oliver, la spada grondante sangue, pronta a colpire ancora.
Afferrò la spada del
cadavere più vicino a lei mentre gridava il suo nome: "Oliver!"
Si scagliò verso Ra's,
l'arma stretta nel palmo, spinta da un improvviso ed incontrollabile scatto di
rabbia.
Lo sguardo di Oliver fu l'ultima cosa
che vide, poi il buio.
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Capitolo 7 *** Il mio nome è Oliver Queen! ***
cap7
Everything I did, everything that happened has led me right here.
Cap.1- Il mio nome è Oliver Queen!
Afferrò la spada del cadavere più vicino a lei mentre gridava il
suo nome: "Oliver!"
Si scagliò verso Ra's, l'arma stretta nel palmo, spinta da un
improvviso ed incontrollabile scatto di rabbia.
Lo
sguardo di Oliver fu l'ultima cosa che vide, poi il buio.
Pensò che ce l’avrebbe fatta, che
questa volta la lama avrebbe trafitto il petto di Ra’s mettendo fine a tutta
quella assurda storia.
Non seppe dire cosa avvenne in quei
pochi secondi: un attimo prima stava correndo verso il suo bersaglio, quello
dopo era stesa a terra con un dolore lancinante alla testa.
La vista le si era annebbiata e
rimanere in piedi le parve impossibile: le gambe le cedettero e cadde sbattendo
le ginocchia per terra.
La stretta delle dita sull’elsa della
spada si affievolì e l’arma le scivolò di mano, vibrando rumorosamente sulla
superficie fredda del pavimento.
Oliver alzò lo sguardo verso Felicity,
terrorizzato per quello che stava succedendo: la vide afflosciarsi su sé
stessa, i suoi occhi chiari che si chiudevano mentre perdeva i sensi, il suo
corpo che impattava contro il pavimento lucido.
Nyssa, in piedi dietro di lei, fissava
suo padre con sguardo infuocato, mentre abbassava il bastone con cui l’aveva
colpita sulla nuca.
“Ho salvato la tua vita, padre” disse
con determinazione senza staccare lo sguardo.
Oliver avrebbe voluto urlare il suo
disgusto e la sua rabbia ma l’unica cosa che uscì dalle sue labbra fu il suo
nome, in un debole sussurro.
Si precipitò da lei, allontanandosi dal
corpo senza vita di Maseo, per stringerla fra le sue braccia.
“Felicity” sussurrò al suo orecchio
“Felicity, mi senti?”
Sfiorò le sue guance con la punta
delle dita, spostando le ciocche di capelli che erano ricadute sul suo viso.
Rimase inginocchiato accanto a lei,
sorreggendo il suo corpo contro il proprio petto, la testa ciondolante che
posava sulla sua spalla.
Mentre il profumo di lei gli invadeva le
narici, Oliver cercava di capire quello che stava accadendo: non aveva idea di
cosa Nyssa avesse intenzione di fare, ma era quasi certo che il suo intervento
non sarebbe stato a suo favore.
Ra’s rimase in silenzio davanti
all’affermazione della figlia, lo sguardo imperscrutabile e distaccato.
“Chi ti dice che mi hai salvato?”
domandò infine, con voce profonda e controllata.
“Ho visto l’incertezza nei tuoi occhi”
rispose lei “Sono pur sempre la figlia della testa del Demone e come tale so
riconoscere le debolezze che perfino Ra’s Al Ghul possiede”
“Pensavo mi volessi morto, dopo averti
data in sposa ad Al-sah-him” disse lui, muovendosi di un passo verso di lei.
“È così” confermò lei “ma preferirei
ucciderti di persona, piuttosto che rimanere a guardare qualcun altro farlo al
posto mio”
“Per questo mi hai salvato?”
“No, non ti ucciderò questa volta”
Oliver rimase in silenzio mentre
ascoltava quel discorso che non sapeva che cosa avrebbe comportato per lui e i
suoi amici.
“Voglio qualcosa in cambio, per questa
mia gentilezza”
Ra’s la guardò senza proferire parola,
in attesa che la figlia proseguisse.
“Voglio la mia libertà: dalla Lega,
dalla promessa di matrimonio, da te”
“Sai che tutto questo non è possibile,
Nyssa”
“Se non posso avere la libertà allora
esigo ciò che mi spetta di diritto: il mio posto come unica erede della testa
del Demone, come capo indiscusso della Lega degli Assassini”
“Quel posto spetta ad Al-sah-him”
ribadì con fermezza.
“Ad un uomo che ha tradito la tua
fiducia?” Nyssa alzò la voce, fin quasi ad urlare.
Oliver fece correre lo sguardo da Ra’s
a sua figlia e viceversa, attendendo una reazione da parte dell’uomo.
Sapeva che la sua copertura era
compromessa e di certo non credeva di avere ancora la fiducia di Ra’s.
“Questo non ti riguarda”
“Io credo di sì” svitò il bastone con
cui aveva colpito Felicity che cedette aprendosi a metà.
All’interno vi era nascosta una
piccola fiala, dall’aspetto fin troppo noto.
“Penso di avere qualcosa che ti
appartiene” disse lasciando cadere l’arma e tenendo stretta fra le dita il
piccolo cilindro di vetro “L’ho sottratta poco prima dell’inizio della cerimonia
come garanzia, nel caso le cose avessero preso una brutta piega”
Guardò suo padre negli occhi, sperando
di leggere disperazione e sconfitta ma nessuna emozione brillò nelle sue iridi
scure.
“Questa è l’ultima fiala di Alpha
& Omega. E tutti noi sappiamo quanto tu ne abbia bisogno: senza questa non
puoi distruggere Starling City, senza di lei Oliver Queen non sarà Al-sah-him e
di conseguenza Al-sah-him non diventerà mai il nuovo Ra’s Al Ghul. E questo ti
porterà a rivolgerti all’unica persona in grado di prendere il tuo posto: me”
spiegò “Perciò puoi scegliere quale strada percorrere, ma sappi che il
risultato sarà sempre lo stesso”
Il silenzio cadde nella grande sala:
John, Laurel, Ray e Malcolm rimasero immobili, cercando di capire che cosa
sarebbe successo, mentre Oliver era ancora inginocchiato al centro della sala
con Felicity priva di sensi tra le braccia.
Tatsu stava accanto a Maseo, dilaniata
dal dolore per quella perdita mentre ascoltava il dibattito tra padre e figlio.
Nyssa e Ra’s continuavano a guardarsi
in silenzio, poi l’uomo si mosse avvicinandosi alla figlia.
Batté le mani in un breve e sarcastico
applauso mentre la sua voce rompeva la tensione palpabile che aleggiava nella
stanza: “Saresti disposta a tutto per distruggere l’ultima fiala di Alpha &
Omega, non è così?”
“Morirei piuttosto che vederlo nelle
tua mani” le parole di Nyssa traboccavano veleno ed odio nei confronti
dell’uomo che stava di fronte a lei “sarei disposta ad avvelenare ogni uomo
presente in questa stanza, compresa me stessa”
“Allora fallo, Nyssa” la spronò lui,
senza staccare gli occhi da quelli di lei.
Lei esitò, indecisa sul da farsi,
vacillando per un solo istante.
“Lo vedi? Non saresti in grado di prendere il mio
posto” le fece notare, voltandole le spalle “Il tuo tentennamento è il chiaro
segno della tua debolezza, della tua inadeguatezza per diventare il nuovo capo
della Lega”
“Questo non è vero!” ribadì mentre le dita della sua
mano si aprivano e la fiala scivolava inesorabilmente verso il basso.
Nel momento in cui il vetro s’infranse a contatto con
il pavimento, il tempo parve fermarsi.
Oliver deglutì a fatica mentre guardava la boccetta
creparsi ed esplodere in una polvere di migliaia di schegge.
Il tintinnio dei cocci rimbombò nelle sue orecchie,
amplificandosi a dismisura, mentre l’Alpha & Omega si allargava in una
piccola pozza trasparente sulla superficie scura.
Le immagini degli uomini colpiti dall’arma biologica ad
Hong Kong gli offuscarono la vista, prendendo possesso della sua mente, fino ad
invadere il suo cuore di paura.
Felicity si mosse, riprendendo conoscenza, infastidita
da quell’odore acre e pungente che si era rapidamente diffuso nell’aria.
Rimase stordita, senza capire quello che stava
accadendo intorno a loro, ritrovandosi fra le braccia di Oliver.
Lui la strinse a sé come a volerla proteggere,
ricordando perfettamente quell’intenso e ripugnante odore che caratterizzava
l’Alpha & Omega.
Vide gli occhi di Tatsu, sbarrati dalla paura e dal
dolore, consapevoli di quello a cui andavano incontro.
Nyssa fissò la fiala distrutta ai suoi piedi mentre
Ra’s si voltava di nuovo, attirato dal quel rumore di vetro infranto.
“Tutti i tuoi sforzi per trovare il nuovo erede sono
stati vani, padre” disse con un sorriso compiaciuto “Ora lui morirà con te”
“Mi sottovaluti a tal punto, Nyssa?” domandò lui, le
braccia dietro la schiena e una calma invidiabile a distendere i lineamenti del
suo volto “Credi davvero che io abbia lasciato incustodita un’arma così
potente?”
Nyssa non rispose e suo padre continuò il suo discorso:
“La fiala che hai appena rotto non è altro che banalissima acqua con lo stesso
nauseante profumo”
Nyssa deglutì vistosamente, indecisa se credere o meno
quelle parole.
“Menti!”disse infuriata, avvicinandosi all’uomo.
“Il vero Alpha & Omega è in un posto sicuro,
lontano da qui.” spiegò “Temevo una possibile rimpatriata degli amici
dell’ormai defunto Oliver Queen, perciò ho deciso di portarmi avanti con il
piano, nel caso qualcosa andasse storto. E devo dire che ho fatto bene”
“Che cosa hai fatto?” Oliver si alzò in piedi,
lasciando Felicity seduta sul pavimento, incredulo alle sue orecchie.
“L’arma biologica si trova già da qualche ora a
Starling City” disse mentre si voltava in direzione di Al-sah-him “e i miei
uomini non esiteranno a liberarla sulla città, distruggendo la tua vecchia e
amata casa. E non ci sarà nulla che tu o i tuoi amici possiate fare per
salvarla. Nessuno di loro è così veloce da poter scovare e fermare tutti e
quattro i punti di diffusione dell’Alpha & Omega, non prima che l’intera
popolazione venga contaminata ed annientata”
Oliver si gettò su di lui, la spada in pugno mentre la
rabbia s’impossessava del suo corpo.
“Ti avevo promesso che me l’avresti pagata per il tuo
tradimento” gli ricordò mentre parava abilmente il suo attacco.
“Scappate!” urlò Oliver ai suoi amici, proprio mentre Felicity
riusciva a stento a rialzarsi.
La testa le girava e le gambe parevano troppo deboli
per sorreggerla ma nonostante ciò riuscì a rimanere in piedi.
La battaglia tra gli uomini della Lega e i suoi
compagni di squadra era di nuovo scoppiata nella grande sala, in un turbinio di
movimenti e suoni che misero a dura
prova la sua testa già frastornata.
John, Ray, Malcolm e Ray iniziarono a muoversi verso
l’uscita, creandosi un varco fra gli uomini incappucciati.
Lei si mosse verso Oliver, impegnato a fronteggiare
l’attacco della Testa del Demone e di alcuni suoi seguaci.
“Felicity, vattene!” le disse quando la vide
avvicinarsi.
“Devi venire anche tu” ribatté mentre si difendeva da
un uomo che voleva attaccarla “Non puoi più restare qui!”
“Felicity, va’ via!” la supplicò mentre il rumore delle
spade che si scontravano risuonava nell’aria.
“Non senza di
te!”
Non gli avrebbe permesso di sacrificarsi ancora, non
quando Ra’s era a conoscenza del suo tradimento.
Non poteva nemmeno pensare a quello che gli avrebbe
fatto se fosse rimasto prigioniero a Nanda Parbat.
“Vai!” la voce di Nyssa stupì entrambi mentre si
frapponeva con il corpo fra Oliver e Ra’s “Qui ci penso io”
Oliver le rivolse per un solo attimo uno sguardo di
riconoscenza mentre lei iniziava a combattere contro suo padre, per lasciargli
il tempo di scappare.
Prese la mano di Felicity mentre con l’altra stringeva
ancora la spada, pronto a difendere entrambi lungo il cammino verso l’uscita.
Parò diversi attacchi mentre correvano uno accanto
all’altro senza fermarsi.
Si aprirono un varco fino alla porta della sala, per
poi imboccare quel dedalo di corridoi che li avrebbe portati verso l’ingresso
del palazzo.
Sentivano i passi degli uomini della Lega rincorrerli
mentre i muscoli di Felicity gemevano per lo sforzo e il cuore le batteva forte
nel petto.
Si staccarono quando Oliver dovette fronteggiare
l’ennesimo nemico che stava alle loro calcagna mentre lei riprendeva fiato e
cercava di ritrovare le forze che pareva aver perso.
La testa le scoppiava per via del forte colpo alla nuca
che Nyssa le aveva inferto: le tempie le pulsavano dolorosamente e il cuore non
voleva saperne di rallentare la sua corsa.
Quando Oliver stese quell’uomo ripresero a correre,
raggiungendo il resto del team che li precedeva di qualche metro.
Il vento della sera sferzò piacevolmente i loro visi
con tutto il suo profumo che sapeva di libertà, mentre la luna illuminava
placidamente il cielo scuro della notte.
La numerosa presenza di guardie sul perimetro del
palazzo li obbligò a cambiare strada, percorrendo uno dei scoscesi versanti
della collina.
Le pietre rotolavano sotto i loro piedi sollevando
nuvole di sabbia, che ricadevano a terra poco dopo in polverosi sbuffi e
centinaia di granelli.
Felicity rischiò di perdere l’equilibrio ma non
rallentò la sua andatura, consapevole che Oliver manteneva il suo passo dietro
di lei per proteggerla, anche se avrebbe tranquillamente potuto superarla.
Se si fosse fermata gli uomini di Ra’s che continuavano
ad inseguirli li avrebbero raggiunti e il primo a pagarne le conseguenze
sarebbe stato Oliver.
Ray la precedeva di un paio di metri mentre il resto
del gruppo li aveva distaccati, andando in avanscoperta.
Dovevano raggiungere il jet prima che fosse troppo tardi
ma un dardo infuocato vibrò nell’aria, per poi infilzarsi nel terreno morbido,
ad un passo da Felicity.
Si spaventò e perse l’equilibrio, ruzzolando a terra
con poca grazia.
Sentì un paio di braccia possenti stringerla per la
vita, cercando di rallentare la sua caduta.
Invece di trovarsi completamente sdraiata sul terreno,
Felicity constatò di essere riuscita a mantenere in parte l’equilibrio grazie
all’aiuto di Oliver, affondando nella sabbia soltanto con le ginocchia.
Ma lui non ebbe la sua stessa fortuna.
Lo vide stringere i denti quando prese una brutta
storta alla caviglia che lo costrinse a terra per qualche istante.
Lei si tirò immediatamente in piedi, fornendo ad Oliver
l’aiuto per rialzarsi a sua volta.
Le pianse il cuore quando vide che zoppicava, scendendo
a fatica per il pendio ripido ed insidioso.
Gli uomini dietro di loro continuavano a guadagnare metri
fino a quando Oliver fu costretto a sguainare nuovamente la spada e
fronteggiarli, per evitare di venire catturati.
Ma più uomini sconfiggeva più ne arrivavano, mentre una
pioggia di frecce dalla punta infuocata si scagliava contro di loro.
“Felicity, corri!” la spronò a continuare a muoversi
quando notò che lei si era fermata accanto a lui.
“Oliver, devi venire anche tu”
“Vi rallenterei soltanto” le disse mentre si reggeva a
fatica sulla caviglia slogata “devi andartene via subito, io mi occupo di loro”
“Non ti lascerò qui da solo” la voce determinata di
Felicity arrivò forte e chiara alle sue orecchie “Non di nuovo”
“Felicity, per una volta, ascoltami” la supplicò,
consapevole che la situazione non avrebbe fatto altro che peggiorare di minuto
in minuto.
“Non me ne vado senza di te!”
La lama di Oliver ferì l’uomo incappucciato di fronte a
lui mentre lei si accucciava per evitare l’ennesima freccia.
“Va’ via da qui!”
“Ho detto che non ti lascio!”
Gli occhi di Felicity erano ormai lucidi a causa delle
lacrime, mentre cercava di trovare una soluzione a quel problema.
“Ray!” Oliver urlò il suo nome e l’uomo, avvolto nella
sua tuta ATOM, si voltò nella loro direzione.
Si precipitò verso i due, per fornir loro aiuto.
“Portala via da qui” disse con fermezza guardandolo un solo
istante negli occhi “portala in salvo. Adesso!”
Ray prese Felicity in braccio mentre lei si opponeva a
quella stretta intorno al suo corpo.
“No!” la sua voce disperata straziò il cuore di Oliver,
così come lo sguardo arrabbiato e deluso che gli rivolse, un attimo prima di
sparire fra le braccia di Palmer.
“Lasciami!” protestò ma un singhiozzo le impedì di
parlare, facendola deglutire.
Le prime lacrime caddero dai suoi occhi bagnandole il
viso mentre Ray azionava la sua tuta con il chip di riserva, sperando che
reggesse la funzione di volo di ATOM.
Si librò nell’aria, grazie alla propulsione della sua
tuta, tenendo la bionda stretta fra le sue braccia.
Quando atterrò accanto al resto del gruppo, Felicity
guardava ancora verso Oliver, lontano ormai centinaia di metri nella notte
scura.
“Non possiamo abbandonarlo così!” urlò frustrata
guardando Ray negli occhi.
“È troppo tardi, Felicity” le disse amareggiato mentre
in lontananza scorsero due uomini catturare Oliver e portarlo con sé su per la
collina “mi dispiace tanto”
Felicity avrebbe voluto urlare ma l’unica cosa che uscì
dalla sua bocca fu un rantolo, prima che le lacrime bagnassero ancora il suo
viso.
Quando si risvegliò si stupì di essere ancora vivo.
Si mise a sedere, sentendo i muscoli fargli male per lo
sforzo.
La donna accanto a lui si svegliò a sua volta,
sbattendo più volte le palpebre, incredula di quanto era successo.
La sera prima, dopo che Ray era riuscito a portare in
salvo Felicity, due uomini della Lega lo avevano catturato, riportandolo nel
palazzo.
Nyssa aveva perso il duello contro suo padre ma lui
l’aveva graziata, evitandole la morte, ma obbligandola a sposare Al-sah-him.
Il rito nuziale era stato ripreso esattamente da dove
si era interrotto, unendo Nyssa ed Oliver nel sacro vincolo del matrimonio.
Erano stati legati loro i polsi, per evitare che
potessero ribellarsi ancora, poi Ra’s li aveva rinchiusi in una delle tante
celle del palazzo.
Oliver credeva che la furia della testa del Demone si
sarebbe riversata su di lui dopo la scoperta del suo tradimento, invece nulla
di tutto ciò era successo.
Ricordava ancora lo sguardo che Ra’s gli aveva rivolto
subito dopo il matrimonio: era lo stesso dei giorni precedenti, quello verso il
suo amato erede Al-sah-him.
E questo spaventata Oliver perfino più delle punizioni
fisiche che si aspettava di ricevere: sapeva che Ra’s Al Ghul si sarebbe
vendicato, distruggendo la sua vita, annientandolo, colpendo la sua città.
Il pensiero dei cittadini innocenti che sarebbero morti
a causa dell’Alpha & Omega lo mandava fuori di testa, quasi quanto il
ricordo dello sguardo di Felicity quando Ray l’aveva trascinata a forza lontano
da lui.
Anche lei era in pericolo.
Così come tutti i componenti del team, sua sorella,
tutte le persone a cui voleva bene e che in quel momento si trovavano a
Starling City.
Sperava di poter fare qualcosa, qualunque cosa per
salvare quelle vite ma doveva prima scappare da Nanda Parbat e non ci sarebbe
mai riuscito da solo.
Strattonò con rabbia la catena che lo legava al
pavimento, ottenendo come risultato soltanto un lancinante dolore ai polsi,
stretti dalle manette metalliche.
“Per quanto vorrei liberarmi anch’io di queste
maledette catene, non credo che così tu possa risolvere qualcosa in questo
modo, marito” commentò Nyssa, calcando la parola marito con particolare disappunto.
“Hai forse un’idea migliore?” chiese seccato.
“Pensavo mi avresti chiamato moglie”
“Perdonami, ma tu non sei decisamente la moglie che
avrei voluto” disse mentre cercava un punto debole della catena, senza
trovarlo.
“Non dirlo a me. Avrei decisamente preferito una moglie
invece che un marito” rispose mentre osservava l’uomo alzarsi e percorrere quella
poca distanza che la catena gli permetteva.
“Dobbiamo trovare un modo per uscire da qui” disse dopo
qualche attimo di silenzio.
“Non c’è modo di uscirne, a parte la porta, che
sfortunatamente è chiusa. Cosa abbastanza consueta se si parla di una prigione”
“Perché sei così scontrosa e inutilmente sarcastica?”
le chiese mentre respirava a fondo, cercando di riflettere lucidamente.
“Obbligarmi a sposare qualcuno controvoglia mi rende
particolarmente acida” rispose alzandosi in piedi ed avvicinandosi ad Oliver.
“Non posso permettere che tuo padre distrugga Starling
City”
“Per quanto mi riguarda non è neanche più mio padre. Da
parecchio tempo, in realtà”
“Ho bisogno di tutto l’aiuto possibile, Nyssa” la
supplicò “se hai anche solo una minima idea di come uscire da questo palazzo
allora ti chiedo di darmi una mano a fuggire. Per il bene di tutta la città”
“Per quanto ne so, Ra’s non condonerà mai il tuo
tradimento. Se sei ancora vivo è perché sta progettando un metodo peggiore
della morte per farti soffrire” spiegò “e farti assistere alla distruzione
della tua stessa città, senza che tu possa fare qualcosa per salvarla, sarebbe
una punizione esemplare.
Forse non avrai bisogno di scappare da Nanda Parbat
perché lui stesso ti farà uscire da qui. Potresti sfruttare questa occasione a
tuo vantaggio”
“Potresti aver ragione” concordò Oliver “ma se ciò
accadesse devo potermi mettere in contatto con i miei amici per avere anche la
più piccola speranza di salvare la città. E non ho idea di come farò”
“C’è una cosa che puoi fare, Oliver” Nyssa lo guardò
negli occhi, cercando di fargli capire quanto importante fosse quello che stava
per dire “Devi batterlo a duello. Devi uccidere mio padre”
Oliver la guardò e nei suoi occhi non vide altro che
determinazione e spietata lucidità.
“È l’unico modo per mettere fine a questa storia”
aggiunse poi “Promettimi che lo farai, Oliver”
Lui annuì mentre dei passi risuonavano in lontananza
per i corridoi bui ed umidi delle segrete del palazzo.
Pochi istanti dopo Ra’s Al Ghul giunse davanti alla loro
cella, trovando i due seduti sul pavimento lastricato.
“Buongiorno, sposi” li salutò con un irritante sorriso
sul volto “Spero abbiate trascorso una favolosa notte di nozze”
Nyssa alzò lo sguardo, trattenendo a stento la sua
rabbia.
“È arrivato il tuo momento, Al-sah-him” gli comunicò
“Andremo a Starling City, quest’oggi”
Aprì la cella e liberò Oliver dalle catene che lo
costringevano a terra.
“Non c’è liberazione maggiore di quella che stai per
compiere” gli ricordò “L’annientamento della propria casa”
Oliver rimase piuttosto sorpreso da quel comportamento
ma decise di stare al gioco: “È necessario per completare la mia ascesa”
“Io sarò lì a darti la mano quando sarà il momento”
“Apprezzo il tuo supporto” mentì guardandolo dritto
negli occhi.
“Presto indosserai questo” indicò una specie di anello
che ricopriva interamente il suo indice, l’oro lavorato a formare decine di
squame simili a quelle di un pesce “E allora comanderai una moltitudine di
uomini ed io ti chiamerò Ra’s”
Al-sah-him annuì, sottomettendosi al volere del capo
della Lega degli Assassini.
“Tua moglie verrà con noi” annunciò Ra’s stupendo
entrambi “Potete andare a cambiarvi d’abito”
Nyssa venne liberata a sua volta dalle catene mentre Ra’s
continuava a parlare: “Lui vi accompagnerà alla stanza matrimoniale che ho
fatto preparare per voi”
Indicò un uomo della Lega, appena giunto nella cella,
che scortò i due prigionieri per i corridoi bui, diretti alla loro camera.
Starling City si preparava ad un’altra frenetica
giornata quando Felicity, Laurel, Diggle, Ray e Malcolm tornarono a casa.
Era stato un viaggio devastante per ognuno di loro, con
la consapevolezza di quello che li aspettava.
L’Alpha & Omega sarebbe stata rilasciata sulla
città e loro non avevano idea di come fermare quella assurda situazione.
Ra’s aveva detto loro che aveva piazzato l’arma
biologica in diversi punti della città, rendendo impossibile il loro
ritrovamento.
Felicity
si era già messa alla ricerca di possibili piste da seguire,
nella speranza che gli uomini di Ra’s avessero lasciato
delle tracce, ma purtroppo non era riuscita a scoprire nulla.
Era già pomeriggio e le ore scorrevano rapide, molto
più velocemente di quanto Felicity avrebbe voluto.
Le fiale con quell’arma devastante potevano essere
ovunque ed una volta dispersa la sostanza nell’aria, fermare la sua
propagazione era impossibile.
“A che punto siamo con le ricerche?” chiese Diggle ad
un’esausta Felicity, seduta alla scrivania del suo ufficio alla Palmer
Technologies.
“Non sono riuscita a trovare assolutamente nulla:
nessun indizio, nessuna prova, nessuna pista” rispose sconsolata sfilando gli
occhiali e massaggiandosi le tempie con le mani “Chiunque abbia posizionato l’Alpha
& Omega l’ha fatto molto bene, senza lasciare traccia”
“Questo significa che lasceremo Starling City in
preda ad una violenta contaminazione?” domandò seccato “Che non c’è nulla che
possiamo fare per evitare la morte di centinaia di innocenti?”
“Significa che se c’è un modo per salvare la città, io non
ho idea di quale sia” disse lei “quindi sì, non c’è nulla che possiamo fare!
Nulla che riporti indietro Oliver, nulla che possiamo sfruttare a nostro
vantaggio contro quel farabutto di Ra’s”
Sospirò, ricacciando indietro le lacrime.
Laurel sospirò frustrata mentre Ray faceva ingresso
nell’ufficio di Felicity: “Nessuna buona notizia, purtroppo” disse “Ho
sorvolato la città ma non ho visto nulla di sospetto o insolito”
Si sfilò il casco della tuta di ATOM, mentre osservava
il resto del team.
“Immagino che le ricerche di Felicity non abbiano dato
i risultati sperati” commentò.
“Non posso credere che ci arrenderemo così” la voce di
Laurel destò i presenti dai loro pensieri “Oliver non sarebbe d’accordo”
“Oliver non è qui!” Felicity si alzò dalla sua
poltrona, la voce rotta dal dolore “E probabilmente non tornerà mai più,
ammesso che sia ancora vivo. Quindi dobbiamo smettere di tirarlo in ballo nelle
nostre discussioni, come se fosse colpa sua non essere qui. Siamo stati noi ad
abbandonarlo a Nanda Parbat e ora che avremmo bisogno di lui e delle sue capacità,
paghiamo le conseguenze delle scelte che abbiamo fatto!”
Respirò a fatica mentre pronunciava quelle parole ed il
dolore che sentiva nel petto cresceva ad ogni istante.
Laurel rimase in silenzio mentre la bionda fissava Ray, con
rabbia.
Se non l’avesse trascinata via a forza da lui, se
avesse aiutato Oliver a scappare forse non si sarebbero trovati in quella
situazione.
“Felicity, smettila con questa storia” la voce di
Palmer la rimproverò “Ho fatto soltanto ciò che lui mi ha chiesto”
“Lo so” rispose amareggiata.
“Io torno là fuori, forse sarò più fortunato con una
seconda esplorazione” comunicò Palmer.
“Non c’è abbastanza tempo per controllare ogni parte
della città, non potremmo mai farcela nemmeno se avessimo una settimana a
disposizione. Non saremo mai abbastanza veloci” disse Diggle.
“Ma certo!” la voce di Felicity risuonò come un’eco di
speranza nell’orecchie dei suoi amici “Come ho potuto non pensarci prima”
Si mosse rapidamente, afferrando il suo cellulare abbandonato
sulla scrivania.
“Rispondi, ti prego. Rispondi!” disse mentre camminava
avanti ed indietro per l’ufficio.
“Barry!” esultò entusiasta quando l’uomo rispose dall’altro
capo “Abbiamo bisogno del tuo aiuto”
Il viaggio verso Starling City fu lungo e silenzioso.
Al-sah-him sedeva a fianco di Ra’s Al Ghul mentre Nyssa
era stata legata al sedile, per evitare ritorsioni, sul lato opposto di quello
strano aereo militare che la Lega usava per i lunghi trasferimenti.
Oliver non riusciva a spiegarsi come Ra’s pareva ancora
fidarsi di lui, dopo quello che era successo la sera precedente.
Quando giunsero a destinazione era ormai pomeriggio
inoltrato e il sole era già basso all’orizzonte, scomparendo dietro ai palazzi
della città.
Ra’s li condusse sul tetto di uno dei grattacieli più
alti di Starling, per godere dell’immenso spettacolo che si sarebbe scatenato
da lì a poco.
Oliver fremeva, incapace di stare a guardare mentre la
sua città veniva distrutta sotto i suoi occhi.
Ra’s Al Ghul stava sul cornicione del tetto, lo sguardo
rivolto verso le strade trafficate di auto e affollate di gente lungo i marciapiedi.
Al-sah-him stava accanto a lui, cercando di scoprire
dove erano state nascoste le fiale dell’arma biologica.
Nyssa, alle sue spalle, aggredì uno dei due uomini della
Lega che li avevano scortati fin lì, rubando la sua spada.
Fu la questione di un attimo e mentre Ra’s si voltava,
insospettito dai rumori dietro di lui, un auto parcheggiata nella strada decine
di piani sotto di loro esplodeva attirando l’attenzione dei passanti.
Oliver si mosse rapidamente aggredendo il secondo uomo
ed appropriandosi della sua spada.
Sia lui che Nyssa si scagliarono contro Ra’s Al Ghul, il quale
era già pronto a difendersi con la sua arma stretta in pugno.
“Dove hai nascosto l’Alpha & Omega?” gli domandò
Oliver mentre Ra’s rimaneva bloccato fra loro, le spade puntate contro di
lui.
“Credete davvero che ve lo dirò?” domandò ridendo “Forse
non avete capito con chi avete a che fare” disse mentre con un movimento rapido
dava inizio all’ennesimo duello.
Quando Barry giunse con la sua scia nell’edificio della
Palmer Tecnhologies, un’auto in strada esplose e la sua onda d’urto fece
vibrare i vetri dell’ufficio.
Felicity e John accorsero alle finestre per capire
quello che stesse succedendo.
Un gruppo di persone si era radunato intorno alla
macchina in fiamme, cercando di spegnere l’incendio che avviluppava la
carrozzeria.
Fu la questione di un attimo prima che una donna cadesse
a terra, perdendo i sensi.
Non potevano sentire l’odore acre e pungente che si
stava diffondendo velocemente nell’aria ma lo sguardo terrorizzato che si
scambiarono bastò a far capire loro che stavano pensando tutti alla stessa
cosa.
La prima dose di Alpha & Omega era appena stata
rilasciata nell’aria.
Il rumore proveniente dalla strada sovrastava il
clangore metallico delle spade che si scontravano rapidamente l’una contro l’altra,
in una vorticosa danza.
Ra’s Al Ghul fronteggiava Nyssa ed Oliver insieme senza
troppa fatica: parava ogni colpo ed attaccava con sempre più ferocia.
Oliver rischiò di farsi ferire un paio di volte, ma per
fortuna riuscì ad evitare la lama con un movimento fulmineo.
Nyssa colpiva con rabbia ma i suoi affondi non andavano
a segno la maggior parte delle volte: l’unica cosa che riuscì ad infierire fu
un taglio sul braccio del padre, che sanguinò copiosamente senza che lui se ne
curasse.
Poco dopo la donna venne disarmata e la sua arma cadde
a terra, lontana da lei.
Oliver si abbatté su Ra’s ma lui afferrò la lama con la
una mano, poco prima che questa tagliasse la sua gola.
Proprio come nel loro primo scontro, la testa del
Demone scattò verso di lui, mirando al collo di Al-sah-him con un pugno.
Oliver precedette la sua mossa, allontanandosi
abbastanza da schivare il suo colpo ma perse la spada, che Ra’s stringeva
ancora nel palmo.
Arretrò ma c’era solo il vuoto dietro di lui: se avesse
fatto ancora un passo sarebbe precipitato di sotto, in mezzo alla folla
urlante.
Il capo della Lega puntò le due spade contro di loro:
una verso la gola di Nyssa, l’altra verso quella di Oliver, facendo correre
velocemente lo sguardo da un avversario all’altro.
“Forse ti ho sopravvalutato, Al-sah-him” disse mentre
lo guardava negli occhi “Non sei così abile come avevo pensato”
“Non mi importa del tuo giudizio” ribatté lui con fermezza
“L’unica cosa che voglio è salvare la mia città!”
“La tua città verrà distrutta, perché solo così potrai
finalmente diventare il nuovo Ra’s Al Ghul”
“Io non diventerò mai come te, né prenderò il tuo posto
a capo di un gruppo di assassini spietati!” disse scandendo ogni parola con
determinazione.
“La profezia ti ha destinato a questa vita” gli
ricordò “L’uomo che non morirà per mano della spada di Ra’s Al Ghul sarà
destinato a diventare il nuovo Ra’s Al Ghul!”
“L’uomo che non muore per mano della spada di Ra’s Al
Ghul sarà destinato ad uccidere Ra’s Al Ghul” rispose “Questa è l’unica
profezia che si avverrà!”
“Se non accetterai di diventare il nuovo capo della
Lega allora io ti ucciderò! E l’ultima cosa che vedrai sarà la tua città
soccombere a malattia … e morte”
“Questo non accadrà mai!”
“Sta già accadendo!” aumentò la pressione della punta
della spada sul suo collo, costringendo Oliver a retrocedere di mezzo passo “Guarda
la tua città, Al-sah-him! Osserva il panico negli occhi della gente, guardali
soccombere e morire fra atroci sofferenze e sappi che nessuno potrà mai
salvarli!”
Oliver guardò verso il basso e quello che scorse tra
quella calca di persone fu una scia, che serpeggiò veloce come un lampo.
Più rapida di un flash.
Poi tutto tornò alla normalità e il caos e la paura che
serpeggiava fra le persone gli strinse il cuore in una morsa.
Uomini e donne cadevano a terra, svenendo, mentre un
rivolo di sangue colava dalle loro bocche.
I loro occhi si chiudevano per l’ultima volta mentre le
loro deboli voci gridavano aiuto, senza riceverne.
Vide una ragazza bionda correre per la strada e la
riconobbe immediatamente: Felicity Smoak stava soccorrendo le persone, cercando
di dare loro aiuto come poteva.
Il dolore che si diffuse in ogni cellula del suo corpo
lo devastò, mentre sentiva le lacrime voler scendere dai suoi occhi.
Il solo pensiero che lei si trovasse lì, rischiando di
essere contaminata dall’Alpha & Omega lo riempì di rabbia, facendolo
scattare come una molla contro Ra’s.
Non gli importava cosa sarebbe successo, che cosa
sarebbe rimasto di lui dopo quello scontro.
L’unica cosa di cui era sicuro era che non sarebbe
rimasto nulla di Oliver Queen se Felicity fosse uscita dalla sua vita.
Una seconda esplosione rimbombò nell’aria, proveniente
da sud e fu allora che capì che un’altra zona di Starling
sarebbe caduta sotto l’Alpha & Omega.
L’unico compito che gli restava da portare a termine
era uccidere Ra’s, a qualunque costo.
“Non vincerai, Ra’s” gli disse “Non questa volta”
“Sei così ingenuo, Al-sah-him”
“Non chiamarmi così!” disse con rabbia.
“Il tuo nome è Al-sah-him!”
“Il mio nome … è Oliver Queen!” urlò con tutta la forza
di cui era capace.
Barry corse fuori dall’edificio cercando di fare il
possibile per trovare gli altri punti della città in cui sarebbe esplosa la
contaminazione dell’Alpha & Omega, mentre Felicity, John, Laurel e Malcolm
lo seguivano per prestare soccorso a coloro che si trovavano in strada.
La scena che si presentò davanti ai loro occhi li
paralizzò: la gente urlava impazzita, mentre scappava da coloro che cadevano a
terra, con il sangue che colava dalle loro labbra.
Ovunque Felicity guardasse vedeva solo morte e
distruzione, solo panico e disperazione.
Voleva urlare a coloro che erano lontani dall’auto di
scappare, di mettersi in salvo, ma la voce le morì in gola.
Ordinò ai suoi muscoli di muoversi, di reagire a quella
paralisi che sembrava averli colti.
Vide un bambino con lo sguardo perso e le lacrime agli
occhi, a pochi metri da lei.
Corse verso di lui, prendendolo fra le braccia e
portandolo al sicuro, lontano da quell’apocalisse che si abbatteva su Starling,
senza alcuna pietà.
Notò Diggle correre a perdifiato verso la piazza,
cercando anche lui di rendersi utile, mentre le persone continuava a cadere a
terra, prive di sensi.
Decine e decine di uomini stesi sull’asfalto furono la
prova tangibile del loro fallimento, della sconfitta che Ra’s stava infliggendo
loro.
Odiava quell’uomo e odiava sé stessa per non essere
riuscita a fermare quella catastrofe.
Vide una saetta passare al suo fianco, più rapida di un
battito di ciglia e per un attimo si aggrappò a quella speranza che albergava
nel fondo del suo cuore: Barry Allen.
Lui era l’ultima possibilità che avevano per contenere
quella dilagante epidemia.
Alzò lo sguardo al cielo quando un rumore attirò la sua
attenzione: Ray, avvolto nella sua tuta ATOM stava sorvolando la città,
cercando di capire dove fosse più necessario il suo aiuto.
Fu quando lo vide indugiare sopra un palazzo in fondo
alla strada che vide quello che stava succedendo.
Strizzò gli occhi, cercando di vedere meglio fin
laggiù: tre figure indistinte si muovevano rapidamente, come se stessero
combattendo l’una contro l’altra.
Non poteva sapere di chi si trattasse ma il suo cuore
fece una capriola nel petto, suggerendole che lassù poteva esserci il suo Oliver
Queen, impegnato a battersi per la salvezza della loro città.
“No, no, no, no,
no, no!” la voce terrorizzata di Diggle attirò la sua attenzione.
Lo
guardò e fu allora che capì che cosa lo avesse spaventato
a tal punto: un uomo vestito di scuro, a pochi passi da lei,
lasciò cadere quello che stava tenendo stretto in pugno.
Una piccola fiala, simile a quella che Ra’s aveva
mostrato loro a Nanda Parbat, scivolò dalle sue dita precipitando inesorabilmente
verso il basso.
Lei rimase pietrificata mentre teneva lo sguardo
incollato a quella piccola boccetta che cadeva tintinnando sui gradini in
pietra, quelli della scalinata che dividevano la parte bassa della piazza dalla
zona alta.
La fiala rotolò verso di lei e Felicity giurò di averla
vista infrangersi ai suoi piedi, un millisecondo prima di incrociare lo sguardo
terrorizzato di Dig.
Lo vide muoversi al rallentatore, correndo verso di
lei, nel disperato tentativo di salvarla da quei vapori che si stavano levando
nell’aria, fino a raggiungere le sue narici.
L’odore pungente dell’Alpha & Omega la investì con
tutta la sua rivoltante intensità mentre chiudeva gli occhi e il cuore batteva
come un tamburo contro le sue costole, come a volerle uscire dal petto.
Sentì una folata di vento e una frazione di secondo più
tardi riaprì gli occhi, trovandosi ad un centinaio di metri dalla piazza.
Riconobbe l’abbraccio protettivo di Barry e la
consistenza del suo costume rosso sotto i polpastrelli. Si rese conto di
essersi aggrappata a lui e di aver trattenuto il respiro, mentre il suo cuore
non accennava a rallentare la sua folle corsa.
“Grazie” sospirò, prima che Barry ripartisse come un
fulmine tra le vie di Starling.
Il mio nome è
Oliver Queen!
La sua voce rimbombava ancora nell’aria intorno a loro
e quelle parole riecheggiavano nelle orecchie dell’uomo che le aveva appena
pronunciate.
In quello stesso istante un raggio di luce azzurra
colpì la mano di Ra’s Al Ghul che teneva stretta la spada di Oliver.
Ray Palmer volava sopra di loro, dando libero sfogo
alle armi tecnologiche della sua super tuta.
La presa della testa del Demone venne meno, mentre il
dolore s’irradiava nelle sue dita, e la spada scivolò velocemente verso il
basso.
Oliver l’afferrò al volo, impugnando con forza l’elsa.
Colpì con rabbia, cogliendo il suo avversario alla
sprovvista.
Ra’s riuscì a parare per un soffio il colpo con l’altra
spada ma presto cedette sotto i continui affondi di Oliver.
Arretrò fino a raggiungere l’altro cornicione del
tetto, muovendosi rapidamente per non perdere l’equilibrio e cadere nel vuoto.
Il clangore delle spade che si scontravano riempì l’aria,
mentre scintille scaturivano dallo scontro delle loro lame.
I loro sguardi s’incatenarono mentre i loro corpi erano
separati solo dall’intreccio delle loro armi, all’altezza del viso.
Ra’s spinse con forza contro di lui, aiutandosi con il
peso del suo corpo per sbilanciare all’indietro il suo avversario.
Oliver perse l’equilibrio rischiando di cadere.
Scattò per evitare l’affondo del Demone diretto all’addome
e si allontanò da lui con una capriola.
Si rialzò in piedi, abbastanza velocemente da imprimere
tutta la forza necessaria per far volare in aria la spada di Ra's.
E
nell’istante in cui vide l’espressione
stupita dipingere il volto del suo avversario, Oliver
affondò con decisione la lama nel suo petto, all’altezza
del cuore.
Il sangue di Ra’s macchiò l’impugnatura dell’arma e
tinse di scarlatto le dita di Oliver, mentre cadeva in ginocchio di
fronte a lui.
Oliver estrasse la spada con un unico fluido movimento mentre
la vita abbandonava il corpo di Ra’s, rendendo vitrei i suoi occhi.
Nyssa corse verso di loro, mentre il cuore bruciava nel
petto come una ferita cosparsa di sale.
Deglutì, ricacciando indietro quel dolore che non
pensava avrebbe potuto provare.
Suo padre era un mostro e la sua morte avrebbe
migliorato la vita di ogni uomo sulla faccia della terra, ma in quel momento
lei non riusciva ad impedire al suo cuore di sanguinare.
Gli occhi le si fecero lucidi ma nessuna lacrima solcò
il suo viso.
E quando la vita di Ra’s Al Ghul terminò con un
rantolo, il dolore di Nyssa vibrò nell’aria, come il suono metallico della spada di
Oliver che cadeva sul cemento, per poi spegnersi nel buio della sera.
Barry tornò dai suoi amici sfrecciando, portando buone
notizie.
Aveva rintracciato e reso inoffensive le altre dosi di
Alpha & Omega in giro per la città, limitando i danni dell’arma biologica.
Felicity sospirò di sollievo mentre si guardava
intorno, cercando di stimare quante persone innocenti avessero pagato il prezzo
più alto.
John le si avvicinò abbracciandola, ringraziando poi
Barry per aver salvato Felicity da quella dose di Alpha & Omega che l’avrebbe
sicuramente uccisa.
Ray Palmer atterrò accanto a loro, sorridendo.
“Felicity” la chiamò, sapendo che quello che stava per
dirle l’avrebbe resa felice.
Quando lei si voltò a guardarlo lui continuò a
sorridere, avvicinandosi a lei e abbracciandola: “C’è una cosa che devi vedere”
Non le diede il tempo di rispondere che partì come un
razzo, volando alto nel cielo.
Felicity rimase frastornata da quel passaggio
inaspettato.
Palmer atterrò sul tetto di quel palazzo in fondo
alla strada, per poi sparire di nuovo, lasciandola sola.
Per un attimo credé di sognare: Oliver Queen stava di
fronte a lei, guardandola negli occhi.
Steso a terra c’erano tre cadaveri: due uomini della
Lega e Ra’s Al Ghul.
Cercò di non vomitare davanti a quello scempio, mentre
sentiva lo stomaco contorcersi.
Si concentrò sul viso dell’uomo di fronte a sé, ancora
incredula.
Chiuse gli occhi, sperando di vederlo ancora lì, una
volta riaperti.
“Oliver …” il suo sussurro dolce giunse all’orecchie di
Oliver, leggero come un soffio di vento.
Corse verso di lui, come spinta da una forza invisibile
e si tuffò tra le sue braccia, pronte ad accoglierla in un abbraccio.
“Felicity” lui la strinse a sé, lasciando un bacio sui
suoi capelli, mentre il cuore batteva forte dentro il suo petto.
“Sei davvero qui?” chiese mentre le lacrime bagnavano
il suo viso “Credevo che non ti avrei più rivisto”
“Sono qui, Felicity” la rassicurò guardandola negli
occhi e accarezzando il suo viso “È tutto finito, ormai”
Lo abbracciò ancora, lasciandosi cullare dalle sue
carezze e dai movimenti dolci e rassicuranti delle sue mani sulla sua schiena.
Nyssa sorrise, guardando intenerita quella scena, prima
di imboccare le scale che conducevano nel sottotetto.
Erano tornati nell’edificio della Palmer Technologies
quando ormai la sera aveva ceduto il posto alla notte fonda.
Ognuno aveva riaccolto Oliver a modo suo, ma tutti
furono felici di sapere che Ra’s Al Ghul era definitivamente un capitolo chiuso
della loro vita.
Oliver raccontò loro quanto era successo ma la notizia
del matrimonio tra lui e Nyssa non fu ben accolta, soprattutto da Felicity.
Quando tutti andarono a casa a riposare dopo quella
estenuante giornata, solo Oliver e Felicity rimasero nell’ufficio, illuminato
debolmente dalla luce della luna che filtrava dalle grandi vetrate.
“Nyssa sembra felice” disse lei a bassa voce, rompendo quel
silenzio imbarazzante che si era venuto a creare, mentre gesticolava
nervosamente con le mani “Siete in luna di miele?”
Oliver deglutì mentre cercava il suo sguardo per
incatenarlo al proprio.
Si sentiva così in colpa per quanto era successo che
quando vide i suoi occhi lucidi credé di impazzire.
Felicity attese mentre il cuore le batteva nel petto,
facendo male ad ogni respiro. Il solo pensiero di Oliver sposato con un’altra
donna le annodava lo stomaco e le faceva venir voglia di piangere.
“Felicity …” la sua voce dolce, ridotta a poco più di
un sussurro, richiamò la sua attenzione “Ti ricordi quello che ti ho detto,
nella cella, vero?”
“Mi hai detto così tante cose che non so a cosa ti
riferisci. E non so nemmeno quante di quelle fossero vere, visto che hai mentito
a tutti quanti pur di farci credere che ti fossi alleato con Ra’s Al Ghul”
disse dura, sostenendo il suo sguardo.
“Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto, Felicity” si
scusò mortificato “Se ci fosse stato un altro modo, se avessi potuto percorrere
un’altra strada senza mettervi in pericolo lo avrei fatto. Non c’è mai stato
nulla di più doloroso per me che mentirti in questo ultimo mese, ma ho dovuto
farlo”
Lei incrociò le braccia al petto
mentre ripensava a tutte quelle bugie che lui le aveva detto pur di salvare la
copertura con Ra’s.
In fondo sapeva che non c’erano molte
possibilità di scelta quando si parlava della testa del Demone ma quelle
menzogne facevano ugualmente male, come un pugno nello stomaco.
“Tutto quello che ti ho detto in
quella cella, è vero” puntualizzò.
Lo vide avvicinarsi a lei, senza
staccare gli occhi dai suoi, fino a che le sue labbra sfiorarono il lobo del
suo orecchio, facendola tremare.
“Non ho mai voluto sposare Nyssa
perché già so chi vorrei davvero, per il resto della vita” sussurrò al suo
orecchio “voglio quella ragazza che sa emozionarmi con un solo sorriso, quella
ragazza il cui nome stesso significa felicità, l’unica che è davvero capace di farmi
sentire a casa”
Il cuore di
Felicity perse un battito mentre il suo cervello elaborava quelle parole
sussurrate al suo orecchio e un brivido percorreva la sua schiena.
Quando lui si
allontanò da lei per guardarla negli occhi, Felicity pensò di sognare: presto
si sarebbe risvegliata ed avrebbe realizzato che Oliver era ancora a Nanda
Parbat, non lì davanti a lei con quel meraviglioso sorriso che le faceva
battere forte il cuore.
“Voglio farti una
proposta, ora che è tutto finito” le annunciò senza staccare lo sguardo dal
viso della donna “Vorrei vivere davvero la mia luna di miele, ma non con la
donna che sono stato obbligato a sposare. Voglio passare un po’ di tempo con
te, lontano da Starling City, dai problemi della Lega, dalla questione di Arrow
… per una volta voglio essere semplicemente Oliver e concedermi un po’ di
quella felicità che per tanto mi sono negato. E se tu sarai con me allora io …
io sarò l’uomo più fortunato del mondo per i prossimi giorni”
Felicity rimase
spiazzata da quella richiesta e per un attimo non seppe che cosa dire.
“Mi stai chiedendo
di …”
“Ti sto chiedendo
di andare ovunque tu voglia, per un paio di giorni, io e te insieme” disse al
posto suo “soltanto noi due”
Lo vide torturarsi
il labbro inferiore con i denti mentre i suoi occhi azzurri brillavano di
speranza e aspettativa.
Non avrebbe mai
voluto essere motivo di delusione per quello sguardo.
“Ovunque io
voglia?” domandò.
Lui annuì
sorridendo, mentre Felicity si alzava in punta di piedi per raggiungere il suo
orecchio.
“Non dovresti fare
certe proposte visto che sei un uomo sposato ma …” bisbigliò al suo orecchio,
sottolineando la parola sposato “…
accetto molto volentieri”
Si allontanò da lui
superandolo e dirigendosi verso la porta a vetri dell'ufficio, quando la voce di Oliver la
richiamò.
“Dove vorresti
andare?” chiese, felice che lei avesse accettato.
“Stupiscimi” gli
rispose mentre i suoi occhi brillavano d’entusiasmo, per poi sparire verso
l’uscita.
Il mattino seguente
qualcuno bussò alla sua porta.
Felicity, già
pronta per partire, corse ad aprire trovandosi di fronte l’unica persona che
avrebbe voluto vedere per un paio di giorni.
“Entra pure” gli
disse facendolo accomodare “prendo le mie cose e sono pronta”
Si voltò, diretta
nella sua camera per prendere la valigia che aveva preparato con cura quella
stessa mattina ma venne trattenuta.
Oliver la bloccò
per il polso attirandola gentilmente a sé.
“Che cosa …” non
fece in tempo ad esprimere la sua perplessità che si trovò il viso dell’uomo ad
un soffio dal suo e quella vicinanza le fece morire la voce in gola.
“Ieri sera te ne
sei andata prima che potessi fare ciò che volevo” le disse, a pochi centimetri
dalle sue labbra.
Non le diede
nemmeno il tempo di replicare: fece incontrare le loro labbra dando vita ad un
lungo ed intenso bacio.
“Mi era mancato
così tanto” sussurrò mentre sfiorava ancora la sua bocca con gentilezza, senza
stancarsi del sapore che avevano le sue labbra.
Felicity sorrise
nel bacio mentre allacciava le sue braccia intorno al suo collo, approfondendo
il contatto e stringendo fra le dita i suoi corti e soffici capelli.
Quello che era
iniziato come un semplice ed innocente contatto si trasformò in un bacio
infuocato, a cui nessuno dei due riusciva a mettere fine.
Felicity gemette
quando sentì la bocca di Oliver abbandonare la sua per scendere sul suo collo,
stuzzicando la sua pelle sensibile con lingua e denti.
Le sue mani calde
scesero dal suo viso, percorrendo il suo corpo ed indugiando sui fianchi per un
lungo istante.
“Se continuiamo
così …” la sua voce era poco più che un flebile sussurro, incrinata dal piacere
che si diffondeva a poco a poco nel suo corpo “… faremo tardi”
“Non so te, ma io
non ho alcuna fretta” le rispose mordendo dolcemente il lobo del suo orecchio,
mentre la voce calda s’infrangeva sul suo collo.
Questa volta fu lei
a catturare le sue labbra per un altro bacio mentre Oliver afferrava il bordo
della maglietta che indossava e lo sollevava lentamente.
Infilò le mani al
di sotto della stoffa e accarezzò il suo ventre con le mani calde, per poi
liberarsi completamente di quella t-shirt.
Non passò molto
tempo prima che anche lui si trovasse a torso nudo, mentre si muovevano
lentamente verso la camera da letto.
I loro movimenti
erano piuttosto impacciati visto che erano troppo presi l’uno dal corpo
dell’altro per prestare attenzione a dove stavano andando.
Sbatterono contro
lo stipite della porta ma nessuno dei due si lamentò per la botta, ancora
decisamente impegnati a spogliarsi a vicenda.
Quando non rimase
più molta stoffa a coprire i loro corpi si staccarono, giusto il tempo
necessario per liberare il letto dalla valigia di Felicity, abbandonata sul
materasso.
Felicity si lasciò
cadere all’indietro mentre Oliver si posizionava sopra di ei, intrappolandola
nel suo abbraccio.
Quando chinò il
capo verso il viso di lei, la bocca di Felicity era già pronta ad accogliere la
sua lingua che la esplorò con irruenza e devozione.
Si aggrappò alle
sue spalle mentre lui scendeva con la bocca sul suo petto, giocando con i suoi
seni e facendola eccitare ad ogni bacio.
Oliver poteva
sentire il battito accelerato di Felicity proprio sotto le sue labbra: la baciò
sul seno sinistro, nell’esatto punto in cui sentiva più forte il suo battito
attraverso la pelle morbida e liscia.
Felicity lo accolse
dentro di sé con un gemito, mentre chiudeva gli occhi e godeva di quella
meravigliosa sensazione che era sentirsi uniti come una cosa sola.
Non seppe quanto
tempo rimasero tra quelle lenzuola, a coccolarsi a vicenda come una coppia
qualunque, con dolcezza.
Si addormentarono
abbracciati e si risvegliarono qualche ora dopo, ancora stretti l’uno all’atro.
Quando si
rivestirono e partirono finalmente per la loro vacanza era già pomeriggio.
“Da quando possiedi
una Porsche?” domandò stupita Felicity, nel vedere la costosa auto sportiva
parcheggiata sotto casa sua.
“Da un po’, in
realtà” le confessò mentre caricava il bagaglio della donna “Era di mio padre e
quando anche mia madre è morta l’ho ereditata. Né io né Thea l’abbiamo usata
per tutto questo tempo e ieri mi sono detto che forse era il momento giusto per
tirarla fuori dal garage”
Felicity lo guardò,
sperando che la sua domanda non l’avesse incupito facendogli pensare ai suoi
genitori.
Il sorriso che
trovò sul suo viso le fece capire che era felice, nonostante quel velo di
malinconia che era sempre presente nei suoi occhi quando parlava dei suoi
genitori.
“Allora dove mi
porti?” domandò quando salirono in auto.
“È una sorpresa” le
rispose sorridendo.
Erano in viaggio da
un po’ di ore ormai ed il giorno si stava preparando a lasciare il suo posto
alla notte.
Oliver si voltò a
guardare Felicity che da qualche minuto era silenziosa, lo sguardo perso ad
osservare il cielo.
Accostò in un
piccolo spiazzo a lato della strada panoramica che stavano percorrendo e la
ragazza parve destarsi dai suoi pensieri.
“Perché ci
fermiamo?” chiese.
“C’è una cosa che
devo fare” le disse scendendo dall’auto e sfilandosi gli occhiali da sole che
indossava.
Le aprì la portiera
e la fece scendere a sua volta, per poi prenderla per mano ed avvicinarsi al
guard-rail che delimitava lo spiazzo.
Il tramonto del
sole all’orizzonte tingeva il cielo d’arancio con sprazzi di rosso porpora e
riflessi dorati, proprio davanti ai loro occhi.
“È bellissimo”
commentò lei estasiata “ma ancora non capisco perché ci siamo fermati”
“Per vedere il
tramonto” le disse, abbassando lo sguardo poco dopo.
“So riconoscere
quando dici una bugia” gli rispose sicura di sé, per poi correggersi “O almeno
credo, a parte la storia di Ra’s e …”
“Shh” la zittì,
posandole un dito sulle labbra “Hai ragione: non è per questo che ci siamo
fermati. C’è una cosa che devo dirti”
Il suo sguardo
improvvisamente serio e profondo la fece preoccupare.
“Che cosa succede?”
domandò, impaurita da quello che avrebbe potuto dirle “Non dirmi che c’è
un’altra minaccia di morte che pende sulle nostre teste, per favore. Non
sopporterei tutta questa situazione un’altra volta né potrei …”
“No, nulla di tutto
ciò” la rassicurò interrompendola, prima che la sua parlantina fluente ed
inarrestabile prendesse il sopravvento.
“Per fortuna” si
tranquillizzò “Allora per quale motivo sei così serio ed agitato?”
“Non sono agitato”
disse ma lo sguardo di Felicity lo obbligò ad arrendersi di fronte alla realtà.
“D’accordo, sono un
po’ nervoso” ammise “È solo che … ho paura di quale potrebbe essere la tua
reazione”
“Davvero?”
Ora sì che Felicity
era curiosa di sapere di cosa si trattasse.
“Sai che non sono
esattamente il tipo di persona che parla apertamente dei sentimenti che prova e
…” si fermò, cercando di raccogliere le idee “questa cosa che voglio dirti
forse ti sembrerà avventata, forse è una delle pazzie che più grandi che io
abbia mai fatto e sicuramente è troppo presto ma … con la vita che faccio, con
la vita che conduciamo, temo che non ci sarà mai un momento adatto, perciò tanto
vale farlo adesso”
“Oliver, che cosa
stai cercando di dirmi?” domandò a metà tra l’agitato e il divertito.
“Quello che voglio
dirti è che sono cambiato. Le parole che ho pronunciato quel giorno in ospedale, dopo
il nostro unico appuntamento, non valgono più.
La questione di
Ra’s, le vicende legate alla Lega, mi hanno fatto capire che voglio di più dalla
vita, voglio essere Oliver Queen e non solo Arrow. Ed Oliver Queen ha sempre e
solo desiderato una cosa dalla vita: essere felice, al tuo fianco” la guardò
negli occhi, cercando di capire cosa lei stesse pensando in quel momento
“Voglio impegnarmi, voglio far funzionare questa storia, voglio potermi
addormentare accanto a te tutte le notti e svegliarmi al tuo fianco ogni
mattina. Voglio che tu sappia che puoi contare su di me, che farò qualunque
cosa per proteggerti e per avere un futuro insieme. E questo …” tirò fuori una
piccola scatola dalla tasca dei pantaloni, rigirandola nervosamente tra le dita
“… questo vuole essere la prova evidente e tangibile che mi sto impegnando per
noi due, voglio che sia ciò che ti ricordi che ti amo più di ogni altra cosa,
anche quando perderò il senno e la mia testardaggine mi farà fare qualcosa di
incredibilmente stupido”
Felicity prese un
lungo respiro mentre guardava Oliver negli occhi, incredula per quelle parole
che le stava dicendo.
“Non devi
rispondermi subito. Avremo parecchio tempo per capire se tutto questo potrà mai
funzionare, nel nostro mondo fatto di criminali e notti insonni, ma non potevo
aspettare oltre a chiedertelo. Quindi” si inginocchiò di fronte a lei, sulla
ghiaia che ricopriva lo spiazzo e che ora gli pungeva fastidiosamente il
ginocchio, attraverso la stoffa dei pantaloni “Felicity Megan Smoak, in un
futuro più o meno lontano, vorrai mai sposarmi?”
Lei guardò quell’anello
che teneva stretto tra le dita, luccicante sotto i riflessi del sole al
tramonto, mentre sentiva le lacrime invaderle gli occhi.
Si abbassò a sua
volta e lo abbracciò, le braccia strette intorno al suo collo, mentre posava la
testa sulla sua spalla e lasciava che le lacrime cadessero copiose dai suoi
occhi.
Pianse.
Pianse per averlo
perso e poi ritrovato, pianse per aver creduto che Ra’s lo avesse trasformato
in un altro uomo per poi accorgersi che in realtà lui non l’aveva mai
abbandonata.
Pianse per quelle
parole che le avevano fatto battere forte il cuore e per quell’amore che
esplodeva nel suo petto, per l’occasione di felicità che Oliver aveva deciso di
vivere insieme a lei.
Oliver la tenne
stretta a sé senza sapere che cosa dire.
Le accarezzò i
capelli mentre respirava il suo profumo ed attendeva una qualunque risposta.
Quando il suo
pianto si calmò, Felicity sciolse il loro abbraccio e sorrise, incrociando
quegli occhi limpidi come il mare.
Annuì poiché la
voce sembrava non voler uscire dalla sua gola, non prima di un paio di profondi
respiri.
“Sì” riuscì
finalmente a dire, con gioia ed entusiasmo “Sì, voglio sposarti, in un futuro non
troppo lontano”
Il viso di Oliver
si distese in un sorriso sincero mentre asciugava con i polpastrelli le lacrime
sulle guance della donna.
Cercò la sua mano e
le infilò l’anello al dito, per poi stringerla forte fra le sue.
“Ti amo” le disse,
e lei non ebbe bisogno di sapere nient’altro.
Note: E siamo giunti alla conclusione anche di questa storia!
Volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito pazientemente ogni capitolo: grazie davvero, di cuore!
Spero che questa fine sia di vostro gradimento ;)
Buon season finale a tutti quanti! A presto!
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