Il passato non è mai passato.

di alessandras03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


 
Capitolo 1.
 
 
 
Maledetta auto che mi lascia in tredici in mezzo ad una strada, quando l’unica cosa che dovrebbe fare è sfrecciare senza guardare nessuno.
“No, signorina, è perfetta.”
Mi avevano garantito alla concessionaria che quell’auto fosse una delle migliori, ed invece me la ritrovo sempre con qualche problema. Una volta il motore fonde, una volta i freni non funzionano, per una cosa o per un’altra sono costretta ad imprecare di santa ragione.
Ed eccola, che mi fissa, in mezzo alla strada. Fantastico per una donna che è in preda ad una crisi isterica ed è già in ritardo a lavoro. Mi faranno una testa tanta quando si accorgeranno che ho fatto tardi. Ed in momenti come questi mi ritorna in mente l’odio profondo per le auto. Vado subito in esaurimento nervoso. I nervi si riuniscono tutti appassionatamente e cavalcano nella mia mente felici e spensierati, mentre io perdo la pazienza.
«Bene. Benissimo.» Sbatto lo sportello dell’auto e do un’occhiata in giro. Nessuno si accorge di me, sono tutti troppo impegnati alle loro cose.
Sono intenta a fissare il vuoto, cercando una soluzione, fin quando, quasi senza rendermene conto,  qualcuno mi arriva addosso. Una ruota conficcata nella gamba e un ragazzo con gli occhi sgranati cerca di giustificarsi. Per non parlare del mio dito, chiuso nella fessura della portiera e la mia espressione priva di significato, con le pupille che mi stanno quasi uscendo fuori dalle orbite.
Solo Dio sa quanto dolore sto provando in questo momento e quanto odio ribolle dentro di me verso questo stupido ragazzino. La mia mente blatera parole senza senso, impreco a bassa voce ed ho la voglia profonda di pestare quella bici sotto i piedi urlando a squarcia gola.
«Oddio, oddio. Mi dispiace.» Balbetta sistemandosi. Respiro profondamente e cerco di non sembrare una nevrotica isterica, ma in realtà è esattamente ciò che sono. Quel ragazzino mi sta facendo volare ogni nervo ancora vivo nel mio cervello. Sempre se ce ne sia ancora uno sano!
«A chi aspetti per aprire questo cazzo di sportello?» Lo guardo  e stringo i denti per il dolore.
Senza dire una parola lo apre e salta sul sellino scappando. Piccolo bastardo, se ti prendo ti finisce male! Spero vivamente non sia nulla di grave, sennò sarò costretta per il resto del giorno a mandare al diavolo chiunque mi faccia girare le scatole.
 
Fortunatamente di fronte a me, l’insegna “hospital” si fa sempre più nitida e nonostante il malumore della giornata, che è già iniziata disastrosamente, qualcosa di positivo c’è.
Attraverso la strada senza preoccuparmi dell’auto e corro dentro.
Odio gli ospedali. Li odio così tanto. Non ho mai raccontato a Noah il perché, non mi va di fare mente locale su brutti ricordi che ancora vagano nitidi nella mia mente.
«Scusi..» mi accorgo di un’infermiera che sta esattamente passando al mio fianco e porta a braccetto un’anziana signora. Se non mi degna di uno sguardo, giuro che la mando al diavolo!
«Prego, mi dica» rimango piacevolmente sorpresa. Sorrido educatamente nonostante il dolore al dito e prendo un respiro profondo per non pensarci.
«Mi sono appena chiusa il dito nella portiera.. dell’auto..» stringo i denti e mordo il labbro inferiore.
L’infermiera mi squadra dalla testa ai piedi. Che guarda questa? Non ha mai visto una donna farsi male? Cos’ha visto? Un’extraterrestre? Devo decisamente calmarmi, non è educato osservare la gente con aria così minacciosa. Mi prenderanno per pazza!
 «Mi dispiace.. ci sono pazienti più importanti. Dovrà aspettare.» Si scusa con voce flebile e con un sorrisetto talmente irritante da spaccarle la faccia. Mi chiedo da quando in qua io abbia assunto un atteggiamento così mascolino e antipatico!
Non rispondo, alzo gli occhi al cielo e mi chiedo quanto ancora devo aspettare per il mio dannato turno. Devo andare a lavoro. Ho un sacco di faccende da sbrigare, non posso certo perdere tempo in un pronto soccorso che di pronto non ha assolutamente nulla! Okay, forse sto esagerando. Ma sì, in fondo ero io con un dito viola ed una sofferenza atroce.
Rimango chiusa lì dentro per un’ora e mezza piena. Solo Dio sa quante volte ho pregato affinché qualcuno mi degnasse di uno sguardo. Fin quando quell’infermiera, tanto carina e gentile, odiosa rompiscatole, mi fa cenno di seguirla. Dio ha ascoltato le mie suppliche. C’è voluta un’ora prima che formulasse il tutto, ma alla fine ha fatto centro.
«Fortunata te, una volta ho aspettato per tre ore.» Mormora una signora al mio fianco e mi giro per osservarla. Bè, che voleva adesso? Un’ora le pareva poco?
«Gli avrei fatto causa.» Dico infine entrando in una stanza bianca con un odore di disinfettante sgradevole.
«Signorina, prego.» Una donna giovane mi sorride.
«Il mio dito.» Serro la mascella e glielo mostro con cautela.
Senza esitare lo prende fra le mani. Adesso la strozzo! Mi ha fatto un male cane. Ci vuole tanto a capire che mi duole?
«E’ gonfio. L’hai chiuso da qualche parte vero?» Assottiglia lo sguardo.
No, stavo facendo flessioni con il dito e ho deciso di farmi male da sola. Certo, cretina! «Sì.. diciamo.» Rispondo vagamente e cerco in tutti i modi di starmi zitta e non fare la maleducata.
«Faremo una lastra, ma sembra fratturato. Riesci a muoverlo?» Chiede.
Dio. Odio i medici tonti! Con il mio sguardo le lascio intendere che se entro una manciata di  secondi non si muove il dito glielo ficco su per l’ano.  
Prosegue, così, con la lastra ed io rimango altri venti minuti ad aspettare.
 
«Io devo andare a lavoro. Quanto devo aspettare?»  Osservo l’orologio al polso e chiedo con gentilezza.
«Signorina, cercheremo di fare il più presto possibile. Verrà chiamata a tempo dovuto.» Con quel faccino ingenuo vuole solo dirmi “si stia zitta e buona”. E mi urta parecchio questa situazione.
Mi risiedo nella sala d’aspetto per un’altra mezz’ora. Sono sfinita, esausta, ho fame e ho sonno. Sembro quasi una bambina capricciosa, ma tutta questa gente mi sta dando sui nervi ed è proprio la giornata sbagliata. Prendo un giornale, lo sfoglio senza far caso alle scritte e alle figure.
 
«Signorina, può entrare. Il medico l’aspetta dentro.» La dottoressa finalmente si rifà viva con quel grembiulino che le copre mezza coscia e quell’andatura così fastidiosa! Chissà quanti medici avrà soddisfatto lì dentro!
Mi alzo senza esitare e corro verso la stanza chiudendo la porta alle mie spalle. Un uomo è in piedi con il capo rivolto verso la scrivania. Quel camice gli calza a pennello, direi. Mette in mostra il suo bel di dietro e le sue possenti spalle. Se mi avessero detto prima che in un ospedale ci sono tipi talmente sexy avrei scelto medicina come facoltà all’università.  Intanto lui sta osservando le lastre silenzioso e sospira.
«Le dispiace degnarmi di uno sguardo? Sa, non sono un cesso, anzi… e vorrei svignarmela di qua il più presto possibile, se è possibile!» E nuovamente mi rivolgo maleducatamente, ma non ce la faccio più!
Il giovane si volta senza esitazioni ed alza gli occhioni blu. Come dimenticare quell’oceano splendido ed immenso in cui ci avrei rifatto il bagno altre mille volte?
Grandi come sempre, vispi e sgranati come non mai. E’ impossibile non riconoscere quei lineamenti perfetti, quegli zigomi, quel sorrisetto e quel fisico da paura.
Il mio cuore cessa di battere per una manciata di secondi ed io voglio farmi piccola piccola e scomparire.  Perché questa reazione adesso? Perché le mie gambe devono tremare e le guance arrossare?
La mia mascella sta per cadere da un momento all’altro a furia di tenere la bocca aperta, ma detto francamente, un simile spettacolo mi mancava.
«Brandon.. Felton?» Accenno una risata divertita per non apparire su di giri.
«Vedo che la barbetta e qualche anno in più non cambia il mio aspetto.» Sorride com’è solito fare e si avvicina tralasciando la mia lastra sul tavolo. Porta le mani dentro le tasche e si morde le labbra carnose. Voglio svenire all’istante. Non è un’apparizione. Pensavo che non l’avrei più rivisto dopo l’ultima volta ed invece eccolo lì, proprio di fronte a me, con tutta la sua bellezza.
«Oh. Mio. Dio.» Scandisco ogni parola. «Ma sei davvero tu? » Domanda del cazzo, Emily Stewart. Certo che è lui.
«In carne ed ossa.»  Sogghigna ed io rimango a bocca aperta.
E’ difficile nascondere il mio stupore, merda. «Ok, credo di dover prendere una boccata d’aria. Non ti vedevo da tipo.. » Balbetto e continuo a fissare i suoi enormi occhi.
Strizza un occhio e ride, «sei anni..? Sì.» Scrolla le spalle  e si sfrega i palmi delle mani. Per un attimo ho dimenticato il mio dito e tutto il casino. Brandon Felton mi lascia sempre a bocca aperta, diamine. Passano gli anni e lui rimane il figo di sempre. Pazzesco!
«Oddio, come stai?» Cerco di tornare nel pianeta Terra e mi do una scrollata veloce.
Si guarda da una parte all’altra, come se la risposta la sappia già, «bene..» alza le spalle infine.
« Sei diventato un medico.. alla fine?» Sorrido e ripenso a quella cena, a quel capodanno, ma poi sbatto le palpebre e caccio via il ricordo. Fa troppo male pensarci, ma è ammirevole ciò che ha fatto. Sono così fiera.
«Il destino ha voluto così ed io anche.» Mostra un sorriso quasi forzato. Forse sto alludendo ad un argomento che non sfiora da anni.
 Schiarisce la voce. «Allora signorina… Stewart, cos’ha combinato? Vedo che passano gli anni, ma lei è sempre più sbadata.» Mi deride con gusto ed io gli do un colpetto sul petto, sentendolo ancora sodo come un tempo.
Emily, ragiona. «Un cretino mi è arrivato addosso con la bici e il mio dito si è incastrato alla portiera dell’auto.» Arriccio il naso e mostro una smorfia di disapprovazione.
Lui ride, ma poi torna subito serio, «è fratturato.. basterà un’ingessatura.» Mi indica il lettino accanto ed io impreco a bassa voce, tornando al momento cruciale. Ci mancava solo questa, adesso! Domani che succederà? Verrò investiva da un tir?
No. Non posso pensarci proprio ora. Sono anni che non tocco l’argomento “Felton” e sono anni che non parlo con qualcuno di ciò che è accaduto ed in pochi secondi riaffiorano quei ricordi che mi fanno mancare l’aria.
Mi siedo mentre lui compie il suo lavoro attento. Continuo a fissarlo senza staccargli gli occhi di dosso e so che si è accorto dei miei sguardi, lo so dal sorriso compiaciuto che accenna sulle labbra.
«Sai.. mi ha fatto piacere rivederti.» Mi rimetto in piedi e mi sgranchisco le gambe mentre lui appoggia il sedere lentamente alla sua scrivania.
Mi scruta curioso dalla testa ai piedi. Quella punta di malizia non la cancellerà mai dal suo bel faccino. «Insomma.. tu non sei cambiata molto però.» Mi schernisce ed io lo fulmino con lo sguardo.
Incrocio le braccia al petto, «bè, sono sempre io» accenno una risata e poi per qualche strano motivo mi balena in testa una stramba idea. La mia lingua non si frena e sputo il rospo. «Ti va un aperitivo insieme?» Cosa cazzo dici, Emily? Sono anni che non vi vedete, diamine. Credi che lui voglia uscire con te? Mettiti la testa apposto e pensa a ciò che c’è a casa. Muovi il tuo bel culetto e torna fuori da quell’ospedale.
Sorride. «Per me.. va bene. Mi farebbe piacere sentire quante ne hai combinate in sei anni trascorsi.» Annuisce compiaciuto.
Ha accettato. Non ci credo. «Stasera..?» Indietreggio ed acchiappo la maniglia.
«Perfetto.. dove?» Si bagna le labbra superiori con la lingua ed io mi ricordo per un nano secondo quante volte le avevo assaporate. Emily, torna in te.
«Al bar qui sotto. L’ho visto di sfuggita, ma mi hanno detto che..» balbetto come un’adolescente che sta chiedendo ad un ragazzino più grande di uscire, ma noi non siamo più ragazzini e sono cambiate parecchie cose in sei anni, solo che la mia testa sta confondendo un po’ i ruoli.
«Ok, ci vediamo qui sotto alle otto.» Lo saluto con un cenno di mano ed esco.
Ho appena rivisto Brandon Felton. Ho rivisto la mia fiamma adolescenziale, che mi aveva smosso gli ormoni quando avevo la bellezza di diciassette anni. Mi aveva fatto provare emozioni uniche ed ero cresciuta con lui. Adesso c’è una porta che ci separa e sono sei anni che non ci parlo come si deve. Non sono sicura di poter reggere tutto ciò.
Il cellulare irrompe nei miei pensieri. Nello schermo compare il nome del mio futuro sposo ed io ritorno alla mia vita attuale, dove  ho un lavoro che adoro, un uomo magnifico ed una vita grandiosa. Brandon Felton non è uno dei personaggi, però.
«Amore, è successo qualcosa..? Tess mi ha detto che non sei stata a lavoro.» Sembra agitato dal tono di voce. Cavolo, ho dimenticato di avvertirli. Domani mi aspetta una ramanzina senza precedenti, questo sicuro.
«Ehi, è tutto ok. Mi sono solo fratturata un dito.» Cerco di calmarlo.
«Dove sei? Arrivo subito.»
«Dovresti.. l’auto non parte, per la millesima volta.» Sbotto esausta fermandomi esattamente di fronte a quel rottame.
«Di nuovo? Ok, dimmi dove sei che arrivo.»
«Davanti a quel bar che ti piace tanto e non ci siamo mai entrati, hai presente? Quello
accanto all’osp…»
«Sì, capito. Arrivo amore» attacca la chiamata ed io rimango nuovamente sola.
 
Quando la BMW nera di Noah si ferma davanti a me sospiro. Lui apre la portiera e mi viene incontro abbracciandomi.
«Mi hai fatto preoccupare» sussurra tra i miei capelli. Noah è così premuroso nei miei confronti che mi pongo spesso la domanda: cos’ho fatto per meritarlo affianco a me?
Ha tutto ciò che un uomo dovrebbe avere. Nessuna imperfezione. Bello come il sole, con i suoi capelli castano chiaro che svolazzano al vento, un fisico da ex giocatore di football ed una carriera splendida davanti a sé, insieme al padre. Non posso desiderare altro.
«Non c’era bisogno..» Gli accarezzo il volto e gli stampo un bacio sulle labbra, dimenticando completamente la visione celestiale di quale mezz’ora prima.
«Andiamo, sali in auto bambola. » Obbedisco e salgo affianco a lui.
 
«Ehi.. tesoro, ho incontrato un amico del liceo. Stasera gli ho chiesto di andar a prendere un aperitivo. Ci sarai no?» Chiedo mentre lui fissa la strada serio e canticchia Wake me up che mandano alla radio, ticchettando con le dita nello sterzo.
All’inizio sembra non aver sentito, ma poi s’incupisce e mi guarda, «stasera.. stasera.. non so se ci arrivo.» Mostra una smorfia dispiaciuta. Suo padre lo costringe sempre a lavorare fino a tardi e quando arriva a casa, il tempo di due carezze e due baci e crolla.
«Sono solo un paio d’ore. .» m’irrigidisco quando la sua mano mi sfiora una coscia scoperta. 
«Cercherò di esserci..» indugia ancora più all’interno ed io sussulto, mentre lui ride.
«Noah, guida.» Faccio severa.
Ritorna a guardarmi e non molla la presa, «piccola, è da una vita che non abbiamo un momento nostro…» si morde le labbra e mi fa andare in estasi.
«Il momento nostro non è su un auto in corsa, bensì a casa o… » mi blocco e ripenso a quando l’abbiamo fatto sul lavandino. Scoppio a ridere e lui mi segue. Forse abbiamo pensato esattamente la stessa cosa.
«Piccola ci sono tanti posti dove lo farei, fidati, ma hai ragione qui e adesso non è il caso» sorride colpevole e torna a guidare con espressione seria. Non mi sarebbe dispiaciuto poi così tanto, però.
Arrivati a casa corro su per le scale, spogliandomi nel frattempo. Lascio la mia roba in giro e mi getto sotto l’acqua bollente della doccia, lasciando la porta aperta. Ormai è diventata un abitudine. Non saprei dire se buona o cattiva.
«Ma chi è questo amico?» Lo sento entrare in bagno. Mi sciacquo il viso e sorrido. Comincia il terzo grado. E’ sempre geloso quando si parla di vecchi amici o vecchie fiamme. Peccato che lui questo non lo sappia ancora e non ho nessuna intenzione di dirgli che io e Brady eravamo molto più che intimi ai tempi del liceo.
«Un vecchio amico.» Sporgo dalla tendina e lo guardo. «Passami lo shampoo» gli faccio cenno.
Lui allunga la mano e lo porge con un espressione accigliata. E’ pensieroso.
 «E quando l’hai incontrato?»
Continuo a ridere. «In ospedale.»
«Io tra mezz’ora devo essere ad una conferenza. Forse per le otto sono a casa.» Dal suo tono di voce severo e rigido intuisco che non si fida affatto a mandarmi da sola.
«Vabbè, eventualmente sarò sola. Qual è il problema?»
Lo sento sospirare. «Vorrei conoscerlo.. se per te è stato importante.»  Cazzo se è stato importante. Avrei scavalcato muri altissimi per lui. Avrei ucciso chiunque per vederlo sorridere. L’avrei anche lasciato se fosse stato quello che desiderava.
«Sei geloso?» Esco una mano, acchiappo la tovaglia e l’avvolgo al corpo prima di uscire del tutto.
«Nah.» Abbassa lo sguardo e dal tono capisco subito quanto sia irritato. Mi viene da ridere, perché non ha nulla da preoccuparsi. Brady rimarrà il mio primo amore, con il suo fisico perfetto, con la sua bellezza assurda, ma rimarrà solo un ricordo bellissimo del passato. Il presente è adesso. Il presente è Noah.
«Come se non ti conoscessi. Tranquillo, è solo un vecchio amico.» Lo tranquillizzo scompigliandogli i capelli ed accarezzandogli una guancia. Si fa subito rigido e respira profondamente. Sono sicura che se lo vedesse, mi costringerebbe a rinchiudermi in casa come monaca di clausura.
«Ok, va bene.»  Mi posa un bacio sulle labbra e poi torna in camera. Lo osservo dallo specchio. Si spoglia lentamente della camicia azzurrina e dei pantaloni beige. Indossa una camicia classica bianca ed una giacca con un jeans Levi’s. Il mio uomo è proprio un figurino tutto in tiro.
Indosso gli slip neri di pizzo e il reggiseno abbinato. Aspetto con ansia il suo sguardo di disappunto, ma quando si gira per guardarmi e tutt’altro che infastidito. Sorride come un ebete, lancia il giubbotto sul letto e mi viene incontro poggiando le sue mani sui miei fianchi.
«Ehi» continua ad atteggiarsi in maniera sexy ed io scoppio a ridere. «Non ridere scema» si distanzia ed io continuo a ridere.
«Ti giuro, sei così patetico quando cerchi di essere sensuale» commento umidendomi le labbra.
Continua a sistemarsi senza guardarmi. «Lasciala la barbetta, mi piace» sentenziai. Per un attimo mi torna in mente Brady. “Vedo che la barbetta e qualche anno in più non cambia il mio aspetto.” Oh, no che non lo cambia, lo migliora. Cazzo, Emily, smettila!
Accantono il pensiero e torno a fissare Noah, che sta parlando di qualcosa di cui non ho sentito neanche mezza parola.
«Mi hai sentito?»  Schiocca due dita davanti alla mia faccia ed io sbatto le ciglia più volte.
«S-sì.» Rispondo frettolosamente.
«Ho detto che alle otto ci vediamo sotto, giuro che ci sarò» mi lascia una scia di baci sulla guancia e poi sul collo ed infine scappa.



POV BRANDON


Assurdo. Mi ero promesso di allontanare quella meravigliosa creatura dalla mia vita all’incirca sei anni fa e adesso me la ritrovo in carne ed ossa, bella come sempre, a New York. Ho passato l’intera ora a chiedermi se era stata una visione o era davvero lei.
Esco dall’ospedale alle sei in punto e mi dirigo a casa. E’ da circa un anno e mezzo che ci vivo da solo ed è così grande per me! Ho sempre pensato di trovarmi una ragazza degna di viverci al mio fianco, ma tutte quelle con cui sono uscito in questi anni o sono troppo per me o sono troppo poco. Non mi accontento mai. Cerco sempre qualcosa che mi lasci di stucco e di solito sono solo le tette che mi stupiscono.

Faccio la doccia veloce e dopo essermi asciugato del tutto indosso una maglia a V grigia ed un paio di jeans semplici. Devo andare da Marcus, sicuramente sarà in palestra, ancora.

Salgo in auto ed accendo il motore. Arrivo di fronte alla scuola in pochissimo tempo e la sua Land Rover è parcheggiata proprio lì di fronte.

Mi dirigo veloce dentro e lo trovo incasinato come sempre dietro quei ragazzini che avranno all’incirca sedici anni. Marcus è diventato coach qualche anno fa ed è stato assunto in quello che una volta era il nostro liceo e fa sempre un certo effetto ritrovarsi all’interno di quella palestra. Tutto è rimasto impresso, non è cambiato proprio nulla, a parte un allenatore che strilla come un forsennato ed io che mi diverto a fissarlo.

«Coach» un ragazzino si accorge di me, mi fissa e sorride.
«Stephen, se non corri ti amputo le gambe sul serio. Cazzo, prendi quella palla, lancia al canestro.. dai cazzo!» Adams con il passare degli anni non è proprio migliorato, anzi, è peggiorato di gran lunga.
«Ma.. coach» si giustifica il ragazzino. Mi fa proprio pena, ma ricordo quante volte il nostro allenatore si comportava così con me. Voleva sempre il massimo ed io l’ho sempre dato.
«Coach, ma davvero non gli da un attimo di tregua?» Avanzo verso di lui che si volta di scatto con un fischietto fra le labbra. Scoppia a ridere ed io lo abbraccio.
Non ci vediamo molto durante l’arco della giornata ed è già una settimana che siamo distanti. Il mio lavoro mi tiene impegnato molto e lui con i suoi ragazzi viaggia da una parte all’altra per le partite. MI fa piacere vederlo così impegnato. Il coglione di una volta è diventato un uomo, diciamo.
«Bro» mi da una pacca sulla schiena. «Ehi, voi. Correte. Vi ha detto qualcuno di fermarvi?» Improvvisamente si volta di scatto verso i ragazzi che si erano fermati per riprendere fiato, ma il loro momento di pace dura pochissimo.
«Sei proprio pessimo» rido, «questi diventano cannibali a furia di allenarli così» commento divertito infilando le mani nelle tasche dei jeans.
Da un’altra occhiata al campo e poi torna a fissarmi, «sono dei nullafacenti, fumano come turchi e non ce la fanno. Avranno ciò che meritano se vogliono stare in questa squadra» aggrotta la fronte e poi scoppia a ridere.
«Devo ricordarti quante volte è successo a noi? E soprattutto devo ricordarti che il nostro vizio non è passato?» Incrocio le braccia al petto e assottiglio lo sguardo.
Accenna una smorfia e poi si lascia andare in una risata. «Ma con quale onore sei qui oggi?»
Scrollo le spalle. Voglio raccontargli di Emily, ma sembra impegnatissimo.
«E’ successo qualcosa?» Inclina la testa da un lato. «Ho sentito che a scuola oggi doveva arrivare una nuova insegnante. Chissà se è bona» ride.
«Emily è a New York» respiro profondamente e cacciò via un urlo di gioia, perché è seriamente ciò che voglio fare. Marcus corruga la fronte e gratta il capo.
«Dovrei sapere chi sia? No, perché sai amico, capisco che i tempi corrono e tutto, ma io sono un po’ indietro con le tue faccende passionali.» Scherza mentre congeda i ragazzini che si nascondono nelle docce.
Sistema le palle da basket e nel frattempo mi guarda con la coda dell’occhio.
«Marcus, quante Emily conosci?» Alzo le spalle.
Lui si gira e scoppia a ridere, «una marea fidati, ho conosciuto più… Oh mio Dio.» Finalmente la smette di blaterare parole senza senso e sgrana gli occhi. «Non è possibile!» Schiocca due dita e continua a ridere come un ebete. «Ma certo, l’unica Emily che ti può far rimanere così è quella fottutissima acida della Stewart. Sono appena tornato un ragazzino che passeggia con la squadra di basket e fissa quelle ragazzine.» Sfrega le mani e mi da una pacca sulla spalla. «Santo Dio, quanto diavolo è passato?»
«Parecchio» rispondo vago «ma la Stewart è…»
«… sempre figa.» Annuisce convinto. «Caspita, pensavo che non sarebbe più tornata, sai il college, la vita privata, che cavolo ci fa qua?» Indossa la giacca e finalmente usciamo dalla palestra imboccando una stradina a piedi. Questa via mi è rimasta impressa.
Ho limonato con le ragazze più belle dell’istituto, hi riso insieme ai miei amici e ho baciato alla partita finale la ragazza che pensavo fosse stata per tutta la vita.
«Non so che ci faccia qui, ma fidati non è cambiata per niente. E’ più alta, un fisico perfetto, capelli lunghi, sorriso bestiale e nervosismo a fior di pelle» rido ricordando la mattina.
«Ma com’è che vi siete incrociati?»
«Ha rotto un dito ed è venuta in ospedale» respiro profondamente «e mi ha chiesto di prendere un aperitivo stasera» accenno una smorfia, «senza strani pensieri, aveva un anello al dito.»
Marcus scoppi a ridere, «figuriamoci se la Stewart sarebbe rimasta sola. Andiamo, già la immagino, ha tutto al suo posto, inutile dirlo… se fosse stata single mi sarei posto qualche domanda» decreta sincero. «Quindi stasera vai nella tana del lupo, mi raccomando bro, non renderti ridicolo, so quanto ti fa diventare nervoso quella ragazza… anzi… donna» si corregge guardandomi di sottecchi.
Controllo l’orologio e mi accorgo che è tardissimo. «Ho il turno di lavoro fino alle otto, ci sentiamo va bene?»
«Richiamami, sono curioso» sale nella sua auto e scompare.



POV EMILY


Sono in ritardo. Prendo la borsa, mentre Noah accende l’auto. Mi guardo un’ultima volta allo specchio prima di andare e corro giù per le scale.

«Amore, dai, sono curioso di conoscere questo tuo amichetto» sbotta dal finestrino. Quando fa il saputello lo odio! La gelosia lo rende terribilmente fastidioso.


Arriviamo al locale mezz’ora dopo e riconosco dalla targa l’auto di Brandon.
Sorrido involontariamente e Noah se ne accorge rivolgendomi una strana occhiata.
«Sorridi?»
«Santo Dio, Noah, quanto sei pesante. Ti ho già detto che è un amico di scuola, perché non puoi semplicemente accettare ciò?» Borbotto scendendo dall’auto.
Tiro giù l’abito cortissimo che indosso color blu acceso e sposto i capelli su di una spalla sorreggendo il cappotto con un’altra mano.

Sono nervosa, non so perché ma lo sono.  Sto per presentare al mio fidanzato quello che credevo sarebbe stato l’amore della mia vita, per sempre.
Da adolescenti sembra tutto così dannatamente reale, ma ti accorgi solo dopo di molte cose. Ciò che credevi in passato adesso sembra solo un ricordo sbiadito.
Rivivo nella mia mente i momenti romantici con Brady, le parole dolci, i ti amo, gli sconforti e i numerosi litigi e ricordo quella bambina che si emozionava con poco. Ricordo quella bambina che pensava di poter scavalcare tutto e tutti con quel ragazzo.
E adesso? Adesso siamo adulti  e tutto ciò che era, non lo è più.


Angolo autrice. 

 
Ma salve! Ditelo che non ve lo aspettavate così presto! Neanche io, pensavo di pubblicarlo tipo a settembre o anche più tardi, invece eccomi qui! Come avete visto sono cambiate molte cose, spero di avervi intrigato in qualche modo e spero di rileggere le vostre dolcissime recensioni e non. Baci, alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.


«Potrebbe anche abbottonarla quella camicia! Gli si vede tutto il petto.» Noah sentenzia appena entriamo. Brady è seduto ad un tavolo e quando mi nota accenna un mezzo sorriso. Quasi mi sciolgo, non mento.
«Tesoro è solo una camicia aderente, non la morte.» Commento sbuffando ed aggiustando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Mi attira a sé avvolgendomi la vita con un braccio e finalmente mi ritrovo faccia a faccia con Brady.
Noah gli stringe una mano e non parla. Si siede di fronte ed io al suo fianco.
Mi sento quasi in imbarazzo. Il locale è affollato ed un paio di donne sedute non molto distanti da noi, ci fissano, o meglio, li fissano. In effetti sono entrambi due forze della natura, ma so già che l’atteggiamento di Brady farebbe svenire ogni essere femminile mai esistito sulla faccia della Terra. Lui, insomma, ci sa fare.

«Allora… com’è che ti chiami?» Noah poggia i gomiti sul tavolo e lo fissa corrucciato.
Brady mi rivolge una brevissima occhiata, sorride abbassando la testa e poi torna a fissarci.
«Brandon» sembra molto tranquillo. Non lo era mai stato in passato.
«Brandon.. Hmm» mugugna Noah.
Gli do una gomitata, perché so già che Brady si irriterà e quest’ultimo mi fa cenno di stare tranquilla. Mi trasmette sicurezza ed è strano.
«Noto con piacere che ti stai per sposare» commenta Brady rivolgendo lo sguardo sul mio brillante al dito.
Sorrido e lo mostro disinvolta, «sì.. bè» balbetto «ci sposiamo, sì» riprendo fiato.
«Tu Brandon cosa fai nella vita?» Noah sembra ammorbidire i toni, finalmente.
«Sono un dottore»  risponde cauto. La sua tranquillità mi sorprende.
«Non l’avrei mai detto, ti facevo più un nullafacente, senza offesa eh!» Noah alza le mani in segno di difesa, ma è proprio in quell’istante che vorrei scapparmene fuori di lì, per la figuraccia che ho appena fatto.
Brady accenna un sorriso beffardo, «senza offesa Noah, ci sono tante cose che non sai di me.»
«Lo noto con piacere» risponde rilassato il mio fidanzato, «io ho un’attività edile con mio padre.»
Brady sembra infischiarsene, annuisce e non risponde. Sapevo che sarebbe andata male.

L’aria viziata di qualche minuto prima scompare quando la cameriera prende l’ordine. Scelgo un drink leggero, mentre Brady e Noah due Sex on the beach.

«Raccontatemi un po’ come vi siete conosciuti» esordisce Noah allungando una mano sulla mia coscia.
Io e Brady ci scambiamo delle occhiate colpevoli. Entrambi siamo consapevoli che tutto questo fa parte del passato.
«Eravamo amici al liceo» sorrido io.
«Molto… intimi» si schiarisce la voce Brady.
«Si, bè era il mio migliore amico» mento straordinariamente.
«Di solito due migliori amici non si separano» commenta Noah. Lo odio, in questo momento. Mi sta rendendo la serata imbarazzante e orribile. Ho solo voglia di trascorrerla tranquillamente e lui non fa altro che ribattere su ogni cosa che dico, diamine.
«Abbiamo preso strade diverse.» Spiega Brady sorseggiando il suo drink che la cameriera ha appena messo sul tavolo, in seguito a due ciotole di salatine e patatine.
Ne acchiappo una e la mordicchio evitando entrambi.
«E casualmente vi siete ritrovati, quant’è bastarda la vita, eh!» Noah accentua il tono e sembra più irritato che mai. «Oh, un collega» riconosce un amico che è appena entrato dalla porta, «arrivo subito.»

«Stewart, che problema ha il tuo fidanzato?» Bisbiglia nervoso avvicinandosi al mio viso.
Scuoto il capo paonazza, «mi dispiace, è gelosissimo.»
«Sono stato fin troppo gentile, comunque, e sai quanto mi sia costato. Mi conosci.» Sposta lo sguardo da un’altra parte e dispiaciuta mi mordo le labbra. Sono un idiota.

Di sottecchi osservo Noah che ritorna al tavolo.
«Eccomi» mi lascia un bacio sulla guancia, ma mi scanso leggermente.
 «Abbiamo parlato di tutto, ma non mi hai ancora detto come ti chiami» dice Brady.
«Noah.» L’altro accenna un sorrisetto. «Com’era Emily al liceo?»
Rivolgo un’occhiata a Brady implorandolo di andarci piano e lui rilassato risponde
Noah lo sta facendo solo apposta!
«Divertente, acida, irritante» ghigna divertito tamburellando le dita sul tavolo, «terribilmente bella, come adesso» ammette.
Noah diventa rosso dalla rabbia, attanaglia il suo bicchiere e sospira infastidito.
«Suppongo abbia avuto tanti spasimanti» aggiunge.
Mi schiarisco la voce e prego Dio affinché la smetta con queste domande, ma lui sembra divertirsi.
«In realtà no.» Risponde l’altro schietto.
«Noah, ti ho detto tante volte che sono stata con pochi ragazzi al liceo» sospiro con voce tremante.
Finalmente mi guarda. «Non mi hai mai voluto raccontare della tua storia più importante, ma io… un giorno ho trovato delle cose. Dei bigliettini, delle scritte… e non sono un idiota.»
Sta dando di matto, perché l’ho portato con me?
«Noah, Emily a liceo è stata segretamente innamorata di un ragazzo, ma non è mai successo nulla con quel tizio.» Brady interrompe la nostra discussione accesa ed io voglio scapparmene di qui all’istante.
«Oh, sì? E me lo dici tu questo?»
«Amico pensala come ti pare» Brady alza le mani in segno di resa e poggia la schiena alla sedia fissandomi. Mi ha già capito. «Ehi, quella non è la tua auto?» Chiede improvvisamente. Noah si volta e corre fuori come un furetto quando nota un carroattrezzi.

Rimango in silenzio per due minuti esatti e lui fa lo stesso.

«E’ preso da te, ma è un coglione!»
Alzo lo sguardo, «pensavo di poter passare una serata tranquilla, invece…»
«Non devi darmi spiegazioni. Chi non sarebbe geloso di te, Emily?» Strizza gli occhi e deglutisce rumorosamente.
Il cuore martella nel petto, ma io cerco di tenerlo a freno. Osservo Noah che discute con un uomo fuori e mi metto in piedi acchiappando la pochette ed il cappotto fra le mani.
«Spero di rincontrarti» sorrido.
«Mi stai dicendo di nuovo addio?» Corruga la fronte. «Emily… sappiamo entrambi che quello che è stato fa parte di un bellissimo passato. Non preoccuparti.» Sorride e tutto mi si scioglie intorno. La gente sembra sparire ed io osservo i suoi perfetti lineamenti.
«Bè…» esordisco, «allora ci rivedremo presto» sorrido un’ultima volta ed infine corro fuori.


Noah è già salito in auto e mi fa cenno di fare lo stesso. Sbatto la portiera e lui parte senza degnarmi di uno sguardo.
«Mi volevano portare via l’auto» sbotta, «ti rendi conto? E’ passato un giorno da quando sono in questa città e già ne succedono di tutti i colori» aggiunge.
Non rispondo. Continuo a guardare di fuori mentre lui sfreccia per la strada.
Non si è ancora reso conto di quanto io sia incavolata.
«Amore» mi chiama.
Abbasso la testa  e lo guardo di sottecchi.
«Non dirmi che te la sei presa per quello lì…»  quello lì?
Mi volto quasi imbestialita. «Noah sei proprio uno stronzo!» Esclamo. «Sono passati sei anni dall’ultima volta che ho visto Brady, volevo solo trascorrere una serata tranquilla in compagnia di un vecchio amico e tu l’hai completamente rovinata» sospiro urlando.
La musica di sottofondo rende tutto ancora più irritante e lui, con la sua espressione disinteressata all’argomento, mi fa venire l’estrema voglia di schiaffeggiarlo.
«Mi dispiace, non pensavo fosse così importante per te. Okay?»  Mi rivolge un breve sguardo, come se volesse tenermi a bada con un “mi dispiace”.


E’ già mattina e la mano calda di Noah mi si posa su una coscia accarezzandola. Non ho dimenticato cos’è successo la  sera prima. Non ci riesco proprio.
Fingo ancora di dormire mentre lui posa dei baci lungo il collo. Rabbrividisco.
«So che sei sveglia, mi dispiace per ciò che è successo ieri, sul serio.»
Mugolio ed apro gli occhi. «Lascia perdere.» Rispondo duramente.
«Perdonami» sussurra al mio orecchio.
«Non parliamone più.» Sentenzio. «La prossima volta che dovrò incontrare un amico di vecchia data, andrò sola, puoi contarci» mi alzo veloce dal letto ed indosso la vestaglia, mentre lui rimane sdraiato con il lenzuolo che copre solo metà coscia.
Entro in bagno e sciacquo il viso osservandomi allo specchio ed in quel preciso istante lui spunta esattamente alle mie spalle.
«Dimmi la verità» incrocia le braccia al petto, corruga la fronte e appoggia metà lato del suo corpo allo stipite della porta, «quanto è stato importante Brandon per te?»
A quella domanda il cuore comincia a battere in maniera irregolare, perdo il controllo e il respiro diventa più affannoso. Sto per mentire, ma lo devo fare, non voglio che lo capisca. Noah la prenderebbe come una sfida, ogni giorno mi ricorderà di esser stata la ragazza di Brady ed io non ho intenzione di rimembrare ciò che è un capitolo chiuso.
«E’ importante come un buon amico a cui confidi tutto, che sa tutto di te e che ha conosciuto anche la parte peggiore di te.» Lo fisso dallo specchio. La sua espressione è troppo seria.
«Emily, la verità.» Il tono di voce si fa rigido ed io vorrei scappare.
Deglutisco. «Più vero di così» sospiro alzando i capelli con una molletta.
Improvvisamente mi acchiappa un braccio e mi costringe a voltarmi. Lo guardo dritto negli occhi. E’ meraviglioso, ma è terribilmente serio e ciò mi intimorisce.
Non so come potrebbe reagire. Non ho intenzione di perderlo.
«Tu e Brandon non eravate solo grandi amici, vero?» Socchiude le palpebre e prende un lungo respiro prima di lasciarmi l’avambraccio.
Alzo gli occhi e caccio via le lacrime. Non so perché mi vien da piangere.
Scuoto il capo infine e abbasso la testa. Osservo le sue mani racchiudersi in due pugni stretti e finalmente riesco a guardarlo.
«Questo non ha alcuna importanza» sussurro.
«Avresti dovuto dirmelo.» Indietreggia. «Perché? Perché non me l’hai detto?»  Aumenta il tono di voce gradualmente. «Pensavi non lo avrei scoperto alla fine? Pensi che io sia un cretino?»
«No no no» prendo con entrambe le mani il suo volto e lo costringo a guardarmi negli occhi. Sembra non riuscirci. «Avevo paura di perderti, avevo paura che tu avresti pensato che io fossi ancora presa da Brady» spiego cauta.
«Dammi un buon motivo per non pensare esattamente questo» sbotta.
«Perché io ti amo, Noah» dico dolcemente. «Non è quell’amore adolescenziale che si confonde con una cotta, non è quell’amore pieno di se e ma. E’ quell’amore che mi fa stare affianco a te ogni giorno e che mi fa desiderare un futuro insieme.» Lo abbraccio e sento il suo corpo ammorbidirsi lentamente.
«Posso almeno sapere cos’eravate esattamente?» Si distanzia e siede sul letto.
Mi avvicino e mi appoggio fra le sue gambe avvolgendo un braccio intorno al suo collo.
«Con Brady è nato tutto per caso. Eravamo al liceo… lui era il tipico ragazzo figo, capitano della squadra di basket, con duecento ragazze dietro e degli amici esattamente come lui, al tempo.» Sorrido. «Lo odiavo, immensamente. Perché aveva la strana e cattiva abitudine di rendermi sempre ridicola, di farmi credere inferiore e di scaricare ogni colpa delle sue azioni su di me.» Ritorno indietro nel tempo ricordando i vecchi tempi con un pizzico di malinconia. «Mi sono innamorata di Brady, non te lo nego.» Sospiro ed osservo l’espressione confusa e corrucciata di Noah, che fa pressione per scrollarmi di dosso, ma io non lo farò. «Era un amore confuso, difficile, pieno di ostacoli, però io ci credevo. Ero una bambina e credevo al lieto fine.»
«Si è comportato male vero?» Porta la testa all’indietro.
Rido, «no» appoggio la testa sulla spalla, «è finita perché abbiamo preso strade diverse e non era possibile continuare. La distanza era troppa, frequentavamo due college diversi ed io non sapevo se ero in grado di farcela. Sono stata io a chiudere.» Ammetto sincera.
«Quindi doveva esser finita» Noah abbassa lo sguardo e respira profondamente.
Mi prendo una breve pausa prima di rispondere. Era finita? Cazzo, certo che sì, Emily. Svegliati.
«
Sì, è finita.» Accenno un lieve sorriso.
Poggia la sua fronte alla mia guancia, annusa il mio corpo e mi lascia un bacio sul collo.
«Devo correre a lavoro.» Mugugna.
Incontro le sue labbra per farlo smettere di parlare e mi sistemo a cavalcioni su di lui, mentre le sue mani indugiano nel mio sedere stringendolo.
«Ma posso fare tardi per una volta» sogghigna tra un bacio e l’altro.
Accarezzo il suo petto nudo e mi aggrappo alle sue spalle continuando a giocherellare con la sua lingua.
Il campanello improvvisamente suona. Sussulto e salto giù dal letto.
«E’ stato bello finché è durato.» Sorride, si mette in piedi ed acchiappa la camicia indossandola. «Mi sistemo, tu guarda chi è» mi accarezza la schiena, mentre io, in vestaglia scendo le scale ed attraverso il salotto.

Apro la porta e trovo davanti ai miei occhi mia sorella.
Ha lo zaino su di una spalla, mi guarda con la sua solita aria scazzata e mastica fastidiosamente una gomma.
«Mi fai entrare o serve l’invito come con i vampiri?» Commenta antipatica.
Incrocio le braccia al petto e la guardo curiosa e sospettosa. «Che ci fai qui? Dovresti essere a scuola!»
«Anche tu.» Sorride. «Siccome la mia sorellona non è ancora comparsa in quella cavolo di scuola, io mi rifiuto di andarci.» Borbotta. «Adesso mi fai entrare o no?»
«Io comincio domani.» Le faccio spazio e lei mette piede in casa. Puzza di fumo mischiato al suo profumo delizioso.
«Dov’è quel frocio di Noah?» Getta lo zaino a terra e si sistema comoda sulla poltrona poggiando i piedi sul tavolino di fronte.
«Grace, santo cielo!» Sbotto.
Rotea gli occhi e sbuffa, «e va bene, va bene.» Abbassa i piedi per terra e accenna un sorriso divertito. «Quindi il tuo bel maritino?»
In quel preciso istante Noah spunta dalle scale con la sua valigetta e il suo profumo di dopobarba. «Ciao anche a te, Grace» la saluta. Non sono mai andati d’accordo. Grace, in realtà, è carina con pochi. Se non le vai a genio subito, sei nella sua lista nera. Io credo di esserlo insieme a Noah. E’ difficile pensare che quella bambina dolce che giocava con le bambole e rimaneva impietrita alla vista di un’esemplare di Brandon Felton, ora sia diventata  così aggressiva e antipatica. L’amica ginecologa di mia madre dice sia un fattore di ormoni, che sta crescendo e che  sta attraversando la fase in cui odia tutto.
Secondo me, lei rimarrà per sempre acida e scontrosa.
«Dove stai andando con quella valigetta del cazzo?»
«Grace, a lavoro» risponde Noah, «vado amore» mi stampa un bacio caldo sulle labbra, «ciao Grace.» Detto ciò scompare.

Avanzo verso la cucina sotto l’occhio vigile di mia sorella e mi verso del caffè in una tazza. Lei, intanto, si è spogliata del giubbotto ed è seduta sul tavolo dietro di me.
«La mamma non sa che sono qui» ammette ridacchiando.
Mi volto scattante e la fulmino con lo sguardo «Grace, ti prego, almeno chiamala» la supplico socchiudendo le palpebre.
«No» risponde secca. «Ce l’ha con me.» Ride.
«Che hai combinato?»  Sbuffo passandomi entrambe le mani sul viso.
«Sto con un ragazzo della scuola e ho scritto nel mio diario che… bè, che avrei voluto farlo con lui. E la mamma mi ha sgamata.» Scrolla le spalle.
Sgrano gli occhi e rimango immobile. Mia sorella è così cresciuta!
«Non ti scandalizzare, non è ancora successo, ma succederà. Ho solo bisogno di te.» Sorride maliziosa sbattendo le palpebre.
«Grace tu non lo farai a quest’età con una persona che hai conosciuto… quanto? Due, tre giorni fa.» Alzo il tono di voce mentre lei mi fa la smorfia.
«Sentiamo, a che età l’hai fatto tu?» Incrocia le braccia al petto e mi guarda con una lunga attesa.
Che senso ha dirglielo? Santo Dio.
«Che importanza ha?» Alzo le mani in segno d’arresa.
«Hai visto!» Esclama ridacchiando puntandomi l’indice contro. «Anche tu l’hai fatto a quindici anni. Non negare.»
«Sedici.» La correggo.
«Ed io che pensavo l’avessi fatto solo con quel figone di Brandon» mostra un’espressione delusa, ma poi torna subito seria. Si ricorda di lui, è assurdo. Pensavo l’avesse rimosso dai suoi ricordi completamente.
«Che vuoi che faccia? Sentiamo.» Mi lascio andare, ma so già che sarà una cosa assurda.
«Devi venire con me in un posto, quindi cambiati immediatamente. » Sorride sfregandosi i palmi delle mani.

Con calma mi sistemo indossando un jeans aderente ed un maglione largo bianco panna, seguiti da un paio di stivaletti bassi. Prendo il cappotto, la borsa ed esco fuori al gelo di Febbraio.
«Cazzo che freddo.» Commenta lei alzando le spalle.
Mi tremano quasi le labbra. Si gela. «Sali in auto.»
«Sì, capo.»

Dopo varie indicazioni mi blocca davanti all’ospedale. Rimango per un attimo impietrita ed osservo l’auto di Brady, ormai facilmente conoscibile, posteggiata poco più avanti.
Mi domando cosa ci stiamo facendo qui, ma lei non vuole darmi risposte.
«Scendi e vedrai.» Ordina.
Slaccio la cintura e sospiro. Per un attimo mi balena la stramba idea di mia sorella che mi crea un appuntamento al buio con qualcuno. Quella pazza ne sarebbe davvero capace.
«Santo Dio, non voglio ammazzarti e poi farti curare. Dai scendiamo.» Commenta sarcastica.
La seguo ed attraverso la strada. Attraverso la saletta d’attesa insieme a Grace e mi guardo da una parte all’altra. Improvvisamente riconosco Brady. Sta parlando con un’infermiera. Sorride, le accarezza un braccio e si morde il labbro inferiore.
«Che guardi?» Grace sposta lo sguardo nella stessa direzione in cui sto guardando io. «Chi è quello?» Corruga la fronte.
Quando, finalmente, si volta e si accorge di me sgrana gli occhi e sorridente si avvicina.
«Mi sa di familiare.» Commenta mia sorella.
«Emily» la sua voce calda ed un po’ roca mi riscalda l’animo. Da una breve occhiata a Grace e spalanca la bocca. «Dimmi che è una fottutissima visione.»
Rido e scuoto il capo.
«Che vuole questo?» Grace si volta e mi fissa curiosa.
«Grace… non mi riconosci?» Brady le sorride e per un secondo rivedo la piccola Grace che lo fissa dal salotto. Ha gli stessi occhi, la stessa espressione di quando lo vedeva entrare dalla porta.
«Voglio morire, adesso, all’istante.» Balbetta lei.
Scoppio in una sonora risata e Brady mi segue. «Sono io. Brandon.»
«Oh sì, lo vedo.» Lo guarda da capo a piedi e sorride maliziosa. «Emily, te la fai con lui mentre stai con Noah?» Chiede. «Oddio giuro che ti stimo. Odio quel tizio, lo odio. E sapere che gli stai facendo le corna più belle di tutte mi rende felice. Dammi il cinque.» Parlotta veloce e mi porge davanti al viso la mano.
«Grace, non è come pensi. Siamo amici io e Brady. »
La sua espressione diviene seria. «Sei una pappamolle Brandon Felton.» Sogghigna. «Ma dall’abbigliamento deduco tu sia un medico!» Le luccicano quasi gli occhi.
Brady annuisce confuso ed io li osservo silenziosa.
«Bene, portami nel tuo studio.» Lo trascina per un braccio mentre lui mi fissa interrogativo proseguendo verso un lungo corridoio bianco.


«Ho bisogno della pillola» sbotta Grace.
Brady, che dapprima, stava osservando delle cartelle cliniche, alza lo sguardo pieno di panico. Io, invece, rimango immobile. Divento quasi bordeaux ed il mio corpo entra in fibrillazione. Non l’ha detto sul serio! Non è possibile.
«Tu c-cosa?» Balbetto con voce stridula.
«Calma, calma.» Brady si appoggia alla scrivania con il sedere e ci fissa. «Grace, sei troppo piccola, non sono un ginecologo e… poi… esistono i preservativi.» Ridacchia lui. Brandon, ti ammazzo. Hai segnato la tua condanna a morte, per sempre.
Lo fulmino con lo sguardo e lui si zittisce subito.  «Tu non prenderai nessuna pillola e non userai nessun preservativo!»
«Ma dai sorellona, quante volte avete scopato quando stavate insieme? Tante. Secondo me a volte anche senza precauzione, ma siete vivi, vegeti e senza figli.» Sbotta lei.
Sento il sonoro risolino di Brady e continuo a fissarlo con la coda dell’occhio.
Tutta la situazione si fa fin troppo imbarazzante.
«Che c’entra ciò che facevo io? Tu sei un’irresponsabile. Io quando lo facevo ero consapevole di ciò che facevo e con chi soprattutto.» Spiego nervosa gesticolando. Mi accorgo poi che Brady sta sorridendo per ciò che ho detto e mi mordo la lingua.
«Vuoi dirmi che eri pazzamente innamorata quando scopavi con lui?» Aggrotta la fronte. «Adesso non si fa più per amore. Si fa e basta.»
Socchiudo le palpebre e respiro profondamente. «Tu non farai nulla. Questo è tutto.» Sentenzio.
«Brandon hai fatto bene a lasciarla. Adesso è diventata una moscia rompicoglioni senza speranze come il suo ragazzo.» Commenta lei. «Quanto lo schifo, quell’altro.» Sussurra a denti stretti incrociando le braccia al petto.
«Grace!» La richiamo.
«Che vuoi? Sono sicura che una volta eri più divertente.» Sorride come un’ebete e quasi fa ridere anche me, ma devo rimanere seria.
«Grace quando io  e tua sorella… ehm, facevamo… » Brady si blocca e mi fissa.
Se dici sesso, ti ammazzo. Attento a ciò che dici, Felton.
«Facevate sesso…» dice Grace. «Non è una bestemmia.»
«No. Non facevamo sesso.» Sbotto io.
Eccolo che sorride. Proprio quello che aspettava. Stronzo.
«Se volete io esco e voi continuate a guardarvi con occhi dolci. Nessun problema.» Si lamenta mia sorella scrollando le spalle.
«Andiamo, forza.» Prendo le mie cose e la spingo fuori dalla porta.
«Vado a sgamare delle caramelle a qualche infermiera.» Detto ciò scappa e la perdo di vista.

Rimango qualche minuto fuori dallo studio. Brady mi fissa da dentro senza dire una parola.
Poi lentamente avanza e si poggia sullo stipite.
«Che ti è successo Stewart?»
Non rispondo. E’ successo che ho incontrato un uomo meraviglioso, me ne sono innamorata follemente e tu, con quegli occhioni ghiaccio stupendi, con i tuoi sorrisi mozzafiato, con la tua voce mi fai dimenticare chi sono.
«E’ successo che mia sorella è stupida.» Riesco a malapena a dire.
Abbassa lo sguardo, abbozza un sorriso e sospira, «è cresciuta.»
«Un po’ troppo velocemente» commento.
«Però sono tornato anch’io a quell’età, o qualche anno dopo.» Sussurra spostandomi una ciocca di capelli.
Non farlo. Non farlo mai più. Ti prego.
«Devo andare» deglutisco rumorosamente e lui mi saluta con un cenno di mano, mentre mi volto un paio di volte prima di uscire del tutto.


Finalmente sono a casa. E’ stata la mattina più faticosa della mia vita. Stare dietro Grace è davvero terribile. Adesso è lì, di fronte a me, con il succo alla pera fra le mani e degli occhi che conosco già. Cerco di evitarla godendomi il morbidissimo divano di pelle e socchiudo le palpebre.

«Sei un’idiota.»
«Grace, chiama la mamma e fatti venire e prendere.» Canticchio.
«No. Non ti lascerò ancora con quel troglodita. »
Apro gli occhi e mi sistemo in modo da riuscire a vederla. Lei si avvicina e si siede al mio fianco.
«Perché lo odi?» Chiedo esausta del suo comportamento di repulsione.
«Hmm.. non è un figo pazzesco, non sei più la nevrotica che urlava contro il suo ragazzo, non dici mai “lo amo punto”, non lo guardi mai con occhi a cuoricino, non sorridi ai suoi sorrisi.» Sospira.
«Grace se quello che cerchi di dirmi è che sono ancora innamorata di Brandon, dimenticatelo.» Scuoto il capo.
Lei mi fissa e non parla.
«Che ti piaccia o no, Noah diventerà tuo cognato a breve.» Sorrido mostrandogli l’anello che porto al dito.
Mostra un’espressione disgustata e si copre gli occhi. «Vomito.»
«Oggi ho letto una cosa sorella… guarda.» Esce dalla tasca dei jeans il suo cellulare e dopo aver sfogliato nella galleria mi mostra una foto. Lo prendo fra le mani ed osservo l’immagine.

“Il primo amore o te lo sposi o te lo porti dentro per tutta la vita. “

Lo leggo a bassa voce e lentamente incrocio lo sguardo di mia sorella che annuisce tranquilla mordicchiandosi le unghie.  Mordo il labbro inferiori e m’incanto a fissare il vuoto.

Sposerò Noah e porterò Brandon dentro per tutta la vita.
Questa è l’unica certezza che ho per adesso. 


 
Angolo autrice.
 
Saaalve bella gente! Con un po' di ritardo sono qui. L'estate sta finendo! D: Va bene, lasciamo perdere. Voi come state? Come avete trascorso queste vacanze? Spero bene. Comunque, eccoci con il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto e aspetto le vostre recensioni. Tantissimi baci. A prestissimo, promesso.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.


POV BRANDON

Chiudo la portiera della mia Porsche, indosso gli occhiali da sole e attanaglio bene la valigetta. Avanzo deciso verso quella casa, che da poco tempo a questa parte è diventata mia, ma ancor prima di salire lo scalino, sposto lo sguardo alla mia destra.

Tutto ciò che vedo è una piccoletta tutto pepe che corre a braccia aperte verso di me sorridente. Ha i capelli più lunghi del previsto, lungo le ciocche dei boccoli perfetti.
Mia sorella è al suo fianco. Nonostante la gravidanza, è rimasta la solita stangona snella di un tempo, con delle linee mozzafiato. Kris è diventata una vera e propria donna.

«Dottore la disturbo?» Ridacchia saltandomi in braccio.  La avvolgo a me inalando il suo profumo di cocco.
«Kris… santo cielo.» La stringo mentre Lux mette il broncio.
«Zio…» sussurra tirandomi dalla maglia.
«La mia principessa!» Esclamo portandola fra le mie braccia. Le bacio ogni singola parte del volto e lei ride senza sosta. Mi mancava questa piccola.

Una volta entrati in casa Lux corre verso il divano, Kris, invece, rimane al mio fianco.

«Il mio fratellone che non vedevo da tipo quattro mesi» mi accarezza il capo, mentre io la fisso di sbieco.
«La mia sorellina senza la quale si stava benissimo!» Faccio esasperato.
Improvvisamente osservo Kris avvicinarsi ad un mobile. Acchiappa la foto posata su di esso e con un dito la sfiora sorridendo. Siamo io e Tom all’ultima partita del terzo anno di liceo. Non è l’unica foto che abbiamo insieme, ma è una delle mie preferite.
«E’ splendida» sussurra con voce rauca.
«Sì, lui è splendido.»  Ammetto. Sono anni che non parlo con qualcuno di Tom. Sono anni che osservo le nostre foto, i nostri vecchi video, piccole registrazioni di giorni stupendi. Mi manca ancora come se mi mancasse l’aria.  «Come mai qui? Il tuo schifoso tipo?»
Si volta scattante, «l’ho lasciato.» Sospira spostando dietro l’orecchio due ciocche di capelli.
Spalanco la bocca e sorrido soddisfatto. Odio quel ragazzo. Non riesco veramente a capire come sia potuta uscire dall’unione con quel tipo terribile una meravigliosa creatura come mia nipote.
«Non chiedermi perché. Sono mesi che litighiamo. E’ uno stronzo e poi mi ha detto che non gli importa nulla di Lux, che se volevo potevo portarla pure via di lì.» Osservo sul suo volto un espressione triste e creo dentro la mia testa la situazione in cui prendo a calci in  culo quel pezzo di merda.
«Te l’ho sempre detto che quello stronzo non era fatto per te, Kris!»  Sospiro spogliandomi del giubbotto.
«Non m’importa… sul serio.» Scrolla le spalle e respira profondamente. «Lux, tesoro… non toccare.»
«Zio, ho fame» si lamenta subito dopo con quel faccino da prendere a morsi.
E’ identica a mia sorella, ma quando osservo i suoi occhi rivedo Tom. Hanno esattamente la stessa forma. Il suo sorriso invece, ha qualcosa di familiare che non riuscirò mai a comprendere.
«Fatemi fare una doccia e usciamo a mangiare fuori…» Tolgo le scarpe ed i calzini e corro su per le scale.
«Tesoro, paghi tu no?» Urla mia sorella da sotto.
«Sì!» Sbraito ridacchiando.

M’infilò sotto la doccia e sciacquo ogni parte del corpo velocemente.
In quel momento mi torna in mente Emily. Cacciala dai tuoi pensieri, diamine.
E’ così terribilmente bella. E’ così terribilmente felice con Noah.
Sono trascorsi sei lunghi anni e non ho mai dimenticato i nostri momenti insieme. Da quando quel pomeriggio estivo mi disse che voleva troncare per via della lontananza e delle strade opposte, mi è sembrato tutto surreale. Come se non sia riuscito ancora a digerire tutto ciò. Mi è rimasta in gola come il gusto di una caramella buonissima che è finita troppa in fretta per gustarmela fino alla fine.
Emily Stewart non fa solo parte dei miei ricordi. Emily Stewart ha invaso il mio presente come un fulmine a ciel sereno.

«Brady ti ho scelto cosa indossare…» Kris bussa la porta e proprio in quell’istante esco con la tovaglia avvolta alla vita. «Fai ancora palestra?» Il suo occhio cade sui miei addominali ed io rido annuendo. «E scommetto che non hai nessuna ragazza da presentarmi ancora» sbuffa sedendosi sul letto, mentre io indosso i boxer.
«Kris, lo sai che non ho intenzione di crearmi una relazione seria» indosso la polo nera ed i jeans, seguiti da un paio di Timberland.
«Sì, facciamo che la trovi a settant’anni.» Commenta antipatica con la sua solita vocina irritante.
La fulmino con lo sguardo mentre spruzzo del profumo sul collo, «le relazioni non portano a nulla.»
«Quindi continui a scoparti chi ti capita davanti?» Incrocia le braccia al petto e assottiglia lo sguardo.
La osservo ed annuisco. «Ci sono tante infermiere in ospedale e tante cameriere al bar di sotto.» Ridacchio mentre lei mi lancia addosso un cuscino. Lo schivo e finisce a terra. «Dai, andiamo.» Le faccio cenno di seguirmi.


Le porto nel ristorante in cui qualche sera prima avevo conosciuto Noah insieme ad Emily. In quel locale tutte le ragazze mi conoscono per le mie performance da superdotato.
Rido alla vista delle tipe al bancone che con un grosso sorrisone mi salutano.
Prendo posto in un tavolo a quattro e tengo ancora per mano Lux.
Quando finalmente ci sistemiamo ecco che noto una coda alta ed un profilo perfetto esattamente nel tavolo affianco al nostro. Emily è qui con una sua amica.
Si volta disinvolta senza accorgersi di me inizialmente, ma quando si rende conto spalanca gli occhi e mi nota. Sorride e saluta con la mano.
Kris sembra impazzire alla vista dell’amica e le salta addosso attirando l’attenzione di tutti i presenti. Voglio esattamente sprofondare all’istante.

«Oddio mio. Sei bellissima. Da quanto tempo!» La stringe a sé mentre Emily si avvicina al nostro tavolo. Osserva Lux e le accarezza una guancia.
«Ciao piccola!» Esclama mordendosi le labbra. Perché l’ha fatto? Non doveva, non adesso.
Passo lentamente una mano sulla barbetta e cerco di evitare la scena.
«Ehi Brady» sussurra posandomi una mano sulla spalla. Sussulto ed un brivido mi percorre la schiena, mentre incrocio il suo sguardo.
«Ehi, tutto okay?» Chiedo.
Lei annuisce, «sono qui con una collega di lavoro, vi lascio, buon appetito.» Torna a sedere e sculetta mettendo in mostra il suo bel sedere sodo come un tempo.
Non ci voleva questa. Non riuscirò neanche a cenare in santa pace adesso.

«Oh mio Dio. Quanto si è fatta bella?» Dice a denti stretti mia sorella.
Vorrei poterle rispondere che è sempre stata incantevole, ma mi limito ad annuire.
«Dai, non dirmi che ancora…» sussurra in seguito.
Scuoto il capo e schiarisco la voce, «no, io ho la mia vita e lei la sua. Si sta per sposare.» Nella mia voce intravedo un filo di malinconia ma caccio subito via il pensiero.
«Lo so, Noah è splendido. E’ un uomo perfetto. E’ tutto ciò che ha sempre desiderato.» Kris mi sta irritando, ma cerco di respirare profondamente ed evitare le sue lusinghe nei confronti di quel tipo.
Probabilmente io non sono mai stato tutto ciò che avesse sempre desiderato. Ero solo un amore adolescenziale. E’ strano pensare che la gente riesce facilmente a dimenticarsi di qualcuno che un tempo è stato importante.
«Che ordiniamo?» Chiedo rompendo il ghiaccio.
«Pasta , pasta» sorride Lux. Quasi mi sciolgo. E’ bellissima. Lei è davvero perfetta. Ed è solo mia.
Le accarezzo una guancia e le stampo un bacio, «amore tutto quello che vuoi» dico.
«Tua nipote la tratti come se fosse una principessa e la tua sorellina?» Si atteggia Kris sventolando davanti al viso una mano.
«Ti darei in pasto ai cani» sentenzio.
Kris accenna una smorfia con le labbra e fissa il menù, «spaghetti.»
«Io voglio una bistecca con insalata.» Sospiro, mentre osservo con la coda dell’occhio una bellissima donna che sorride con l’amica. Non appena si accorge di me sposta lo sguardo dall’altro lato ed io sorrido lievemente.


Rientriamo in casa un’ora dopo, Lux dorme tra le braccia di Kris. Le faccio cenno di portarla nel mio letto e rimango solo per qualche minuto in salotto.
Mi stendo sul divano ed esco il cellulare dalla tasca. Sfoglio i numeri tra la rubrica e ritrovo quello di Emily. Chi sa se l’ha cambiato.

«Ho trovato una coperta nell’armadio e gliel’ho messa addosso, fa freddo di sopra.» Kris scende lenta le scale e si posiziona al mio fianco.
Mi scruta con i suoi soliti occhi vispi ed io faccio lo stesso con lei, mentre cala un silenzio tombale.
«Ti vedo così solo…» sussurra inclinando la testa da un lato.
Socchiudo le palpebre, «anche io ti vedo così sola…» sospiro.
«Lo sono.» Mormora con voce rauca. «Mi sono sempre sentita sola, da quando sono andata via da New York. » Ammette con occhi lucidi.
Le accarezzo una guancia e la osservo con occhi dolci, come non facevo da tempo. «Non sei sola, hai Lux, hai me.»
Annuisce e non risponde. «Brady vorrei vederti felice, vorrei vederti affianco ad una donna, spensierato…» poggia il capo sulla mia spalla e mi sento quasi a casa.
«Prima o poi troverò quella donna che mi sopporti» ridacchio.
«Sai… invidio Emily…» ero certo avrebbe parlato di lei, ed eccola qui. «Lei ha un fidanzato, una casa, una famiglia dietro, presto si sposerà, ha un lavoro… insomma…»
«Insomma… ha una vita diversa dalla tua, ma non cambia nulla. Tu hai una famiglia, troverai una persona degna di starti affianco e un lavoro.» La consolo.
Alza il capo lenta e mi osserva, «Lux ha bisogno di suo padre.»
«No, Lux ha bisogno di una persona che le voglia bene sul serio.»

Parlo tutta la notte con mia sorella e mi sembra sia passata una vita da quando abbiamo chiacchierato per così tanto tempo. All’alba ci siamo addormentati ed io ho quasi dimenticato il mio lavoro.
Osservo l’orologio appeso alla parete di fronte, esattamente sopra la televisione e salto giù dal divano. Corro in stanza e mi ricordo di Lux.
E’ adagiata sul mio letto, con i capelli scompigliati ed un faccino dolcissimo. Mi avvicino e le poso un bacio sulla fronte scostandole le ciocche di capelli dagli occhi.

Dopo una doccia rilassante torno di sotto. Kris è sveglia e sta preparando la colazione.
«Visto che stai uscendo e conosci tanta gente mi troveresti un posto in cui alloggiare?» Chiede tranquilla. «Ed un lavoro.» Aggiunge.
«Non c’è bisogno che ti metti subito all’opera, lo sappiamo tutti che ti piace non fare un cazzo.» La sfotto acchiappando una ciambella dal vassoio sul tavolo. La porto in bocca addentandola ed indosso il giubbotto.
Lei rimane a fissarmi, «trova anche una baby sitter in tutto ciò.»
«Ti direi che potresti lasciare la bimba a Marcus Adams, ma non credo che tu ne sia tanto entusiasta» scoppio a ridere. In realtà non ho la più pallida idea se quei due si siano più sentiti o visti negli ultimi tempi. Era stato difficile, in passato, accettare che avessero deciso di provarci insieme ed era stato ancor più complicato osservarli litigare e lasciarsi. Tra loro era andata diversamente. Avevano deciso di continuare a vedersi anche se erano troppo distanti. Il college non sembrava un grosso problema inizialmente. I giorni, però, passavano e si vedevano sempre meno. Marcus era sempre attaccato al cellulare e non lo vedevo un attimo tranquillo. Quando sentivo mia sorella telefonicamente era sempre una guerra. Fin quando qualche mese dopo era già finita.
«Non ci penso neanche» accenna un sorriso soddisfatto e torna sui fornelli.
«Come non detto.» Alzo le mani in segno d’arresa e acchiappo la valigetta.
«Non ti scordare di cercare tutto ciò che ti ho chiesto. Grazie.» Urla prima che io chiuda la porta.



POV EMILY.


Finalmente metto piede a scuola. Non sembra cambiata poi così tanto. Gli armadietti sono sempre gli stessi ed io sono esattamente nel corridoio principale.
Rivedo ancora il gruppetto di Felton incamminarsi come se fossero i più belli dell’istituto, rivedo il mio armadietto e ritorno ai vecchi tempi, quando trascorrevamo lì davanti più tempo del previsto.

«Emily, finalmente… seguimi.» Tess mi acchiappa da un braccio e mi trascina con sé. «Ho provato a farti cambiare di classe, ma il preside ha deciso di darti la peggiore dell’istituto. Sono terribili… se conti che al suo interno c’è tutta la squadra di basket. » Accenna una smorfia. «Ci ho passato un solo mese e volevo licenziarmi.» Ma lei che ne sa? So esattamente che vuol dire trovarsi in una classe di quel genere e mi sento emozionata.
«Non è problema, portami da loro.» La campanella è già suonata e gli alunni sono scomparsi dai corridoi.
Tess mi accompagna fino alla porta, poi si allontana con un espressione quasi di pietà. Sorrido e con il cuore a palla entro. Sono tutti in piedi stranamente e mi fissano curiosi.

«Buongiorno» cerco di essere più severa che mai.
«Buongiorno.» Risponde un perfetto coro.
Poggio la borsa sulla cattedra e mi siedo facendo accomodare anche loro.
«Mi hanno detto che siete la classe peggiore della scuola. E’ così?» Li osservo uno per uno. Hanno espressioni colpevoli.
Nessuno però fiata.
«Lo prendo come un sì» rido.
«Prof, ma lei è Emily Stewart?» Chiede una ragazzina al primo banco.
La fisso corrucciata e boccheggio per qualche secondo. «Sì» balbetto.
«Lei è stata la fidanzata del grande Brandon Felton?» Parla un ragazzo dell’ultimo banco con addosso la divisa della propria squadra.
Mi sento esattamente in imbarazzo e vorrei sprofondare. «Posso sapere che ne sapete voi?»
«Il coach… ce ne ha parlato.» Scoppia a ridere un altro.
Poco dopo qualcuno bussa alla porta piombando dentro.
«Ragazzi, pomeriggio allenamento, cambio di programma.» Ha un vocione e un fisico mozzafiato. Lo osservo da capo a piedi e solo dopo mi accorgo che quel coach non è un coach qualunque, ma è Marcus Adams.
Mi metto in piedi e mi faccio notare. Lui sembra non riconoscermi.
«Marcus Adams, è modo di piombare nella mia classe durante la mia lezione?»
Lui spalanca la bocca e scoppia in una sonora risata, «Emily Stewart» urla.
«Esatto.» Mormoro. «I tuoi ragazzi parlavano proprio di te, a quanto pare hai fatto un quadro generale dei tuoi tempi…» sussurro.
«Ehm… ne parliamo più tardi, ho da fare adesso.» Sempre il solito. «Ora capisco Felton» sorride malizioso.
«Adams!» Lo richiamo mentre se la svigna.


Ritorno a sedere ed osservo i ragazzi.
«Io sarò la vostra insegnante di lettere, ragazzi. Solo professoressa Stewart.» Dico incrociando le braccia al petto.
«Devo dire che è davvero un bel bocconcino, prof.» Il simpaticone di turno espone la sua idea. Io, per evitare rimproveri, faccio finta di non sentirlo e torno a parlare del programma dell’anno cercando di conoscerli.
Mi sembra di tornare indietro nel tempo. E’ fantastico stare dall’altro lato. Osservare quei ragazzi, le loro espressioni, i battibecchi. Mi ricorda chi ero stata su quei banchi.

Le due ore volano in un batter d’occhio. Esco dall’aula e mi trovò davanti agli occhi Grace. Passeggia con delle amiche e non appena mi vede si avvicina.
«Sorellona, felice di aver trascorso le prime due ore con la classe più orribile di tutto l’istituto?» Ne parlano neanche fossero dei diavoli quei ragazzi. Attuerò le mie tattiche affinché passino da “i ragazzi peggiori” a i “ragazzi migliori”. In fondo è esattamente ciò che è accaduto a noi, sei anni prima.
«Tu piuttosto dove stai andando?» Le domando sorreggendo i libri.
Mastica una gomma in maniera fastidiosa e cerco di evitarla. «Ora abbiamo chimica. Che palle.» Sbotta. «Lo sai, ho parlato con Brandon ed è disposto a darmi la pillola se gli concedi un appuntamento.»
Spalanco la bocca e sgrano gli occhi. «Che cosa?»
Mostra un sorrisone soddisfatto e si avvia nell’aula canticchiando.

Non può essere. Brady non l’ha fatto davvero. Non ci credo.
Mi rifugio nella sala degli insegnanti con il cellulare fra le mani. Osservo i numeri in rubrica e trovo quello di Brady. Mai cancellato.
E se ha cambiato numero? Non mi importa. Se si è davvero comportato così, allora il Felton che conoscevo un tempo non è mai cresciuto.
Il telefono squilla, mentre il mio stomaco brontola. Finalmente qualcuno risponde. E’ una donna.

«Prego mi dica.»
«Sto cercando Brandon Felton» dico con voce flebile ma decisa.
«Aaah, il dottor Felton… in questo momento sta facendo una lastra, se può attendere…» riferisce la donna.
«Le dica che ho bisogno di parlargli.»
«Scusi, ma lei è…?»
«Emily… Emily Stewart» sospiro.
«Va bene, riferirò. Arrivederci.» Riattacca.
Adesso ha pure la segretaria personale. Sono sicura che se la porta a letto senza problemi. Come se non lo conoscessi.
«Ehi, ti va un caffè?» Marcus compare sulla soglia della porta in tenuta sportiva. «Hai finito il tuo turno di lavoro?»
Annuisco ed acchiappo la borsa, «portami in un bar…» dico prendendolo a braccetto.


«E così sei tornata per lavoro, giusto?» Marcus sorseggia il suo caffè di fronte a me e sembra non esser cambiato per niente. Ha un filo di barbetta in più, i capelli più corti e il corpo più muscoloso.
«Sì, mi è stato offerto il posto qui e visto che Noah aveva un ufficio con suo padre da queste parti… mi sono detta “perché non tornare a New York?”» sorrido.
«Aveva ragione Brady quando diceva che non eri cambiata molto…» sogghigna, «mi divertirò ad averti come collega di lavoro, sul serio. E’ decisamente allettante.» Dice ironico.
«Tu invece…? Che mi racconti? Sei fidanzato? Sposato?» Finisco il caffè e mi sistemo meglio sulla sedia osservandolo.
Abbassa lo sguardo e ride, so già che non è nulla di ciò che ho menzionato. «Sono single, sono il coach della squadra di basket della nostra ex scuola e nulla…» scrolla le spalle sospirando.
«Bene» annuisco mentre il mio sguardo viene attirato dal dottor Felton che in camice bianco entra nel locale con affianco una ragazza poco più piccola di lui. Ha una coda di lato, capelli color rame e fisico perfetto. «C’è Brandon» non faccio caso a come pronuncio il nome, ma io e lui dovremmo farci una bella chiacchierata.
«Oh…» Marcus agita una mano e vengono a sedersi al nostro fianco. Brady sembra stupito di vedermi con Adams.
Corrucciato continua a fissarmi. «Stewart, che ci fa qui?» Scherza.
«Sto prendendo un caffè con un vecchio amico e un collega di lavoro adesso» spiego seria.
Sgrana gli occhi e sorride, «ah, quindi tu sei la nuova insegnante a scuola» si morde le labbra e accenna uno sguardo malizioso a Marcus.
«Brandon, potremmo uscire due secondi? Avrei due parole da dirti.» Mi metto in piedi ed acchiappo il cappotto indossandolo.
Lui corruga la fronte ed assottiglia lo sguardo. Ha paura, stranamente.
Esco di fuori accompagnata dal ticchettare delle mie scarpe, mentre lui mi raggiunge.

«E’ successo qualcosa?» Infila le mani nelle tasche del camice e mi fissa.
«Hai detto a mia sorella che gli avresti dato la pillola solo se io ti avessi concesso un appuntamento?» Aumento il tono di voce gradualmente, ma quando osservo la sua  espressione confusa , comprendo subito che Grace mi ha detto una balla.
Divento paonazza e lui scoppia a ridere. Voglio nascondermi, ma questo è impossibile, ovviamente.
«Ascolta… io… non voglio un appuntamento con te, okay?» Quando pronuncia quelle parole qualcosa dentro di me si sgretola. Non riesco a capire cosa sia, ma rimango immobile a fissarlo senza dire una parola. «Tua sorella scherza.» Aggiunge.
«Mi dispiace… io…» balbetto, «non so che dire, sarà meglio che vada.» Indietreggio e raggiungo la mia auto.
«Emily, aspetta…» mi corre dietro attanagliandomi un polso, mi volto ed incrocio i suoi occhi, «c’è qualcosa che non va? Ho detto qualcosa di sbagliato?» Boccheggia.
Scuoto il capo respirando profondamente , «no, ma devo correre a casa, mi dispiace.» Monto in auto e metto in moto. Lui continua a fissarmi e con un cenno di mano mi saluta prima che io parta.

Faccio una doccia calda e rilassante, quasi un sonnifero.
Penso a come sia potuto accadere che io abbia creduto a quella stupida di Grace. Non capisco cosa intenda fare. Mi sono sentita così stupida agli occhi di Brady, quando il pensiero di lui che voleva uscire con me mi sorvolava nel cervello.
Devo finirla di comportarmi così. Devo finirla di guardarlo in quella maniera.

Quando esco dal bagno Noah è ancora in tenuta di lavoro davanti al letto. Ha fra le mani il mio cellulare ed io continuo a fissarlo senza parlare. Che diavolo sta facendo?

«Noah» lo chiamo. Lui si volta di scatto e serio mi scruta.
«Ha chiamato il tuo amico» mi porge il telefono e sospira.
Lo prendo fra le mani, «e tu hai risposto?»
«Se vuoi la verità, sì.» Risponde serio. «Ho detto che aveva sbagliato numero.»
Avanzo con i piedi ancora umidi verso di lui e corrucciata continuo a guardarlo. Perché l’ha fatto?
«Che? Perché?» Scrollo le spalle.
Sfila la giacca e la getta sul letto, poi le se mani s’insinuano fra i bottoni della camicia.
«Perché ti ha chiamata?» Alza lento lo sguardo.
«Ancora con questa storia? Vuoi continuare a litigare?» Domando con voce rauca sospirando.
Passa entrambe le mani sul volto e sospira, «andava bene fino a qualche giorno fa, adesso è arrivato questo coglione palestrato che si crede di essere il Dio dell’Universo e…» fa una pausa.
«E…?» Aggrotto la fronte incrociando le braccia al petto.
«E tu sei attratta da lui, ammettilo!» Esclama gesticolando. «Quando si parla di lui sembra che ti dia fastidio tutto.»
«E’ un mio amico, Noah. Come devo dirtelo?» Sbraito nervosa. «Ho scelto di diventare tua moglie, ho scelto di venire qui con te, ho scelto di condividere una casa con te e tu l’unica cosa che sai pensare è come guardo Brandon?» Continuo con voce stridula.
Calma, calma Emily.
«Quello ha un piano.» Mi punta l’indice contro con sguardo fisso sul mio.
Accenno una risata amara, «un piano? Non lo conosci neanche.» Agito le braccia arrabbiata.
«Che dovrei conoscere?» Domanda ridendo. «La sua vita sarà tutta piena di soldi, piena di ragazze e divertimenti. Non sa neanche cosa vuol dire la parola “sacrificio”» non doveva dirlo. Non può permettersi di parlare così di lui. Io so cos’ha attraversato negli ultimi anni della sua vita, o forse non lo so. Ma ricordo quanto abbia sofferto per il fratello e non permetterò a nessuno di infangare tutto ciò.
«Non sai proprio nulla di lui, quindi evita di sputare sentenze!» Lo guardo di sbieco.
Si mette a sedere nel letto, «adesso lo difendi anche? Ma brava.»
«Noah, vattene.» Socchiudo le palpebre e tutto si annebbia.
«C-cosa?» Balbetta confuso.
«Vattene, voglio stare sola, adesso devi andare.» Gli do le spalle.
«Oh, bene. Vaffanculo Emily.» Sento sbattere la porta della stanza e di seguito anche quella del portone di casa. Sussulto e in preda al panico scoppio a piangere.
Un pianto di liberazione, malinconia, confusione.
Forse è vero. Forse è cambiato tutto da quando ho incontrato Brady. Forse sono tornata la ragazzina liceale di un tempo. Forse ne avevo anche bisogno.
Non c’è nulla che vorrei cambiare in questo momento.
Noah non capisce. Lo odio quando giudica gli altri. Lo odio quando parla a sproposito. E’ uno dei suoi peggiori difetti, ma adesso, che lui se n’è andato mi sento come vuota.
Cos’ho fatto?


E’ tarda sera. Controllo l’orario e sono le undici. Il freddo non si fa attendere e cerco in qualche modo di coprirmi il viso con la sciarpa che ho avvolta al collo.
Brady compare qualche secondo dopo dal vialetto del parco. Ha le mani infilate nella tasca del giubbotto ed un berretto. Mi fa ridere.
Si siede al mio fianco silenzioso.

«Sei venuto alla fine» sussurro.
«Per te questo e altro» decreta  sincero. «Mi hai chiamato e sono qui.»
«Avevo bisogno di parlare con qualcuno» alzo gli occhi al cielo. E’ pieno di stelle luminose e sono così nitide.
«Non ti chiederò perché proprio io» ghigna dandomi un colpetto sul gomito.
Sorrido, «forse avevo bisogno del mio amore adolescenziale che mi conosce meglio di chiunque altro.» Sposto lo sguardo sui suoi occhioni. Mi guarda così attentamente che un brivido mi sale lungo la schiena.
«Bene» abbassa la testa, «sono qui» si bagna le labbra con la lingua, ma cerco di evitare l’intero momento per non fantasticare.
«Noah crede che io sia ancora attratta da te e…» faccio una breve pausa per riprendere fiato, « che tu abbia un piano» scoppio a ridere al solo pensiero.
«Fosse successo sette anni fa, gli avrei detto che sì… avevo un piano» risponde, «oggi, l’unico piano che ho è cercare in tutti i modi di vederti felice, perché te lo meriti più di chiunque altro» mi sorride e quasi mi sciolgo. Il Brandon Felton che conoscevo è ancora nascosto da qualche parte, ma questo, maturo, è davvero eccezionale.
«Grazie» poggio la mia mano sulla sua ed un forte calore mi percorre il petto.
Lui me la stringe senza esitare, «mi dispiace creare dei disagi nella tua vita» mormora con voce rauca.
«Non è colpa tua» sospiro.
Schiarisce la voce, «forse sì, forse no.»
«Mi manca il liceo, sai?» Ridacchio.
Lui fa lo stesso e scoppiamo a ridere insieme.
«Anche a me» ammette «mi manca vedere i miei amici anche quattro volte al giorno, mi manca insultare Hanna » ride, «o Samantha, mi manca fumare nei bagni della scuola, mi manca osservarti di nascosto in classe o durante la mensa.» Conclude.
Incrocio il suo sguardo spostando una ciocca di capelli che il vento ha adagiato sul mio occhio, «erano bei tempi.»
«Oh, sì. Lo erano e come.» Morde il labbro inferiore abbozzando un sorrisetto sghembo. «Parlerò io con Noah, gli dirò che tra di noi non c’è nient’altro che una fortissima amicizia e che non deve preoccuparsi» sorride.
«Lo faresti sul serio?» Sgrano gli occhi.
«Se per te è importante sì.» Decreta serio.
Vorrei abbracciarlo, ma non mi muovo dalla mia posizione.
«Grazie, davvero» sussurro con occhi bassi.
«Ad un costo…» punta l’indice contro, «che quando andrai a provare il vestito da sposa ci sia anche io.»  Sogghigna.
Annuisco. «Certamente.»

E’ decisamente strano passare l’intera notte con Brandon Felton in un parco a parlare.
Tutto ciò che ci siamo persi in sei anni adesso sembra non contare più.
Magari sì, sono ancora attratta da lui, ma chi non lo è? Quante donne fanno la fila per lui? Eppure eccoci qui. Ancora insieme, come due vecchi e buoni amici.
Nessuno me lo riporterà via, adesso che ho bisogno di lui. Adesso che ci siamo ritrovati, non mi allontanerò da lui.
Non sono pronta. Non lo sarò mai. 


Angolo autrice.

Pensavate fossi scomparsa? Eeeh no. Sono ancora qui, anche se con molto ritardo. Spero vi sia piaciuto il capitolo. Abbiamo rivisto il volto di Kris che sarà un personaggio fisso durante i prossimi capitoli, fino alla fine, insieme alla piccola. Aspetto le vostre recensioni e vedo che siete aumentati un sacco e tutto ciò mi fa molto piacere. Ringrazio tutti, ancora. Un bacione, a presto!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.


POV. BRANDON


Mi sono appena svegliato. Dalle tende non arriva neanche uno spiraglio di luce, probabilmente il tempo non è dei migliori.
Mi metto in piedi ed indosso il pantalone di una tuta. Scendo le scale lentamente stirando i muscoli delle braccia e sbadigliando. Kris ancora non c’è.
Preparo il caffè e lo verso in una tazza sorseggiandolo seduto al tavolo.
Quando sento i suoi passi sulle scale mi sporgo per osservarla. Sembra un’isterica evacuata da una clinica psichiatrica. Ha i capelli scompigliati e pieni di nodi, un’espressione poco convincente ed un’andatura a dir poco divertente.

«Non mi guardare così» mugola nascondendosi il volto con le mani.
Si posiziona di fronte e a me versandosi il caffè e mi fissa.
«Ho trovato il lavoro per te.» Esordisco. «La segretaria in uno studio dentistico» concludo deglutendo.
Lei accenna una smorfia e poi scrolla le spalle, «okay» sospira.
«Per la baby-sitter, ci sto lavorando…» sogghigno sistemando i capelli.
«Non deve piacere a te esteticamente, deve essere preparata su ciò che deve fare» sbotta roteando gli occhi.
Ridacchio, «deve essere almeno carina, non posso spaventarmi ogni volta che la vedo per casa. Devo essere felice di ciò che osservo» mi fulmina con lo sguardo e prende un respiro profondo. «Fidati, sarà perfetta.» Le schiaccio un occhio e mi metto in piedi.

In quel preciso istante qualcuno bussa alla porta. Kris si mette in piedi e senza esitare corre ad aprire. Nessuno parla, quasi mi preoccupo.
Mi avvicino all’entrata  e noto Marcus sbalordito e Kris immobile davanti a lui.
Ci risiamo.

«Bro» lo richiamo.
Lui sbatte le ciglia e mi fissa socchiudendo le labbra, «ciao Kris» mormora schiarendo la voce. Sembra che tutto sia scomparso.
«Ciao» aggiunge lei indietreggiando per farlo entrare.
«Ehilà, esisto anche io» agito una mano schiarendo la voce. Entrambi mi fissano silenziosi.
«Sono passato per prendere un caffè, ma… non credo sia il momento giusto» sottolinea lui imbarazzato. Scompiglia i capelli e avverto nell’aria una situazione di tensione tra i due.
Non pensavo sarebbe stato così complicato.
«Io stavo giusto andando a…» Kris balbetta indicando le scale, «a svegliare la bambina e poi… vado» aggiunge correndo su per le scale. Mi sembra di rivederla nella vecchia casa, quando era ancora una ragazzina. Rivivo quei momenti come se non siano mai trascorsi.
«Entra» dico rigido.
Marcus prende un respiro profondo, «potevi avvertirmi che c’era tua sorella in città» mugugna facendo qualche passo avanti.
«Sarebbe cambiato qualcosa?» Schiarisco la voce.
Lui sembra nuovamente in difficoltà. Fa ridere. «Sì, sarei scomparso dalla circolazione. Poi quando sarebbe tornata… bè, sarei tornato.» Sospira nascondendo le mani dentro le tasche dei jeans.
«Mi dispiace deluderti ma questa sarà casa sua per un po’ di tempo e credo anche questa città. Kris rimane qui.» Decreto con voce rauca.
Marcus impallidisce, quasi scoppio a ridere, ma cerco di trattenermi. E’ davvero patetico.
Si comporta ancora come un adolescente che cerca di scappare dalla ragazza che non vorrebbe mai incontrare.
«Visto che per ora non dispongo di una somma quota di denaro, ma ci sto lavorando…» esordisce con tono ironico, «potresti pagarmi un biglietto aereo per la parte più remota dell’Universo?» Continua grattando il capo. A quel punto non riesco a trattenere il riso. «Giuro che poi te li ridò.» Sembra serio.
Lo fisso di sottecchi. Marcus ha sempre avuto quello strano senso dell’umorismo anche nel momento peggiore della sua vita, «Marcus tu non andrai da nessuna parte e poi… la prova più imbarazzante l’hai già superata» ridacchio.
Mi guarda in cagnesco. «Merdaccia.»
«Non sai quanto ti voglio bene io, bro.» Accenno un risolino e con una pacca sulla spalla sembra tornare il sereno sul suo volto.

Trascorro la mia giornata in giro con il mio vecchio migliore amico. Abbiamo entrambi il giorno libero.
E’ decisamente complicato trovare una ragazza qualificata che riesca a tener d’occhio mia nipote. Marcus sostiene che l’abito non fa il monaco e che basterebbe anche una racchia. “Non ti basta vedere Emily?” Aveva detto.
Fin quando un annuncio a caratteri cubitali, appeso in una vetrina, dice BABY-SITTER A POCO PREZZO. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI ALLA COMMESSA.
Senza esitare entro dietro Marcus.
E’ un negozio di abbigliamento femminile. Sono esposte cose che neanche mi sarei mai sognato di vedere e i prezzi sono eclatanti.
Osservo una collana su di una mensola, accanto ad altre cianfrusaglie.
Su di essa c’è scritto Beautiful past. Ed ecco che torna in mente Emily. Mi guardo intorno e mi accorgo di Marcus che flirta con una commessa. Una buona occasione per acquistarla senza farmi accorgere. Con passo svelto mi dirigo alla cassa e pago.

«Confezione regalo» sussurro. La ragazza dietro  il bancone corruccia lo sguardo. Mi avrà preso per un pazzo, ma non importa.
«Ehi Brady» Marcus si avvicina ed io nascondo lo scatolo dietro la schiena. «Lei è la ragazza che potrebbe fare da baby- sitter.» La fisso. E’ alta circa un metro e settanta. Ha un seno enorme, delle gambe mozzafiato, un fisico scolpito ed è bionda, talmente bionda da sembrare tinta.
«Sei tinta vero?» Mi scappa involontariamente e lei arrossisce scuotendo il capo.
Marcus nasconde il viso con una mano e scuote il capo disperato.
«Perfetto comunque» continuo ad osservarla incuriosito.
«Se ti lascio il mio numero pu..»
«Sì, sì, lasciamelo.» Non la lascio finire, tiro fuori l’iPhone e lei sorridente ripete i numeri.
Una volta finito il tutto saluto ed esco dal negozio senza ricordare il pacchetto che ho tra le mani. Marcus lo fissa talmente confuso che non so cosa dire.
«E’ per Kris.» Alzo le mani in segno di resa.
Assottiglia lo sguardo e accenna una smorfia con le labbra. «Non ti credo, ma va bene. » Sale in auto.



POV EMILY


Noah è ancora arrabbiato. A malapena mi saluta la mattina. Si veste, prende il suo solito caffè e corre a lavoro. Sembra che non gli importi più nulla di me.
Eppure mia madre dice di dargli tempo. Che tempo dovrei dare alla persona che dovrebbe diventare mio marito?

Entro in classe con un malloppo di libri fra le mani. Gli alunni sono tutti sparpagliati per i banchi, ma quando si accorgono della mia presenza prendono subito posto.
Sorrido e mi appoggio alla cattedra pensierosa.

«Prof, è tutto okay?» Una ragazza prende parola.
La guardo silenziosa ed annuisco. «Prendiamo il libro a pagina 134.»

Trascorro l’ora più massacrante di tutta la mia vita. E’ difficile comportarsi da docente quando si hanno tanti pensieri per la testa.
Quando esco di lì, prendo un caffè e mi rifugio in sala insegnanti. Apro il cassetto per posare i libri, ma i miei occhi sono colpiti da uno scatolino con un bigliettino.
Li afferro e leggo ad alta voce.

 
Mi piaceva troppo, scusa, forse ho sbagliato. Ci tenevo solo a regalartelo. Prendilo come un piacevole ricordo. Niente di più… è una promessa.
Brandon

Sorrido e apro lo scatolo. Quando noto la collana sospiro e per una manciata di secondi non so cosa pensare. Sono ancora nel cuore di Brandon Felton? E’ davvero così possibile?
Inutile negare l’evidenza. Il mio cuore saltella all’impazzata dentro il petto. E’ una strana sensazione.
Quando sento arrivare qualcuno faccio scomparire tutto dentro la mia borsa e mi volto osservando l’arrivo di Tess.

«Ti giuro… che è pesante fare storia dell’arte in aula come il terzo f.» Si siede e socchiude le palpebre. «Tu tutto okay?» Quando riapre gli occhi mi fissa. So già che mi domanderà come va con Noah e so già che anche mentendole lei capirà tutto. Tess è così. Non le si può dire una bugia, che scopre la verità. Poveri alunni.
«Benissimo.» Cerco di essere più serena che mai, ma i suoi occhi mi scrutano come un cane da caccia. Forse il trucco è proprio non guardarla.
«Ciccia, so che tu e Noah ancora non vi parlate, te lo si legge negli occhi. Sono così tristi e pensierosi.»
Sbuffo e mi siedo al suo fianco.«Tess è tutto troppo complicato. »
«Prima un tipo è venuto a chiedere di te, un figo pazzesco. Ha detto che doveva lasciarti qualcosa nel cassetto. Ti giuro, ho subito pensato ad una bomba, ma erano troppo sinceri i suoi occhi.» Ridacchia. «Se hai amici come quelli, Noah fa bene a tenerti sempre come se fossi una bambola di porcellana.» Ironizza. Sicuramente era Brady.
«Sì, bè, era un amico di liceo.» Dico sincera.
Sorride compiaciuta, «un’uscita a quattro con questo tizio, no vero?» Morde le labbra.
«No.» Decreto. Mi accorgo solo dopo del modo in cui l’ho detto. Adesso comincerà il terzo grado.
«E’ stato il tuo fidanzato, merda.» Sbatte una mano sul tavolo convinta.
Sogghigno. «Potevi fare l’indovina o la psicologa!» Esclamo.
«Cazzo, sì.» Sbuffa. «Sicuramente mi avrebbero pagata di più, ma non parliamo di me…voglio sapere tutto.»
Sono stufa di dover raccontare nuovamente quella storia. Non è sempre bello.
«Io e Brandon ci siamo conosciuti al liceo. Lui era il classico bel ragazzo ed io la classica ragazza riservata. Per vari motivi i nostri cammini si sono sempre incrociati e dopo varie peripezie siamo finiti insieme… ma alcuni problemi hanno intralciato tutto e ci siamo separati.» Spiego. «Dopo sei anni l’ho rivisto ed è stato un colpo all’anima.» Ammetto.
Tess mi fissa con occhi sognanti. «Pagherei per averne uno così, ma Noah?» Ed anche lei torna alla realtà.
«Noah è geloso e litighiamo continuamente… e poi guarda…» tiro fuori la collana appena regalata da Brady e gliela mostro. La prende fra le mani con occhi luccicanti. E’ sbalordita quasi quanto me.
Scuote poi il capo. «Ma tu ami Noah, no?» Mi fissa di sottecchi.
Annuisco.
«E questo Brady Sonounfigopazzesco lo sa?»
Annuisco per la seconda volta.
«Okay.» Rimane senza parole come avevo già immaginato. «Devo correre a casa, Nicholas ha la febbre» mi lascia un bacio in guancia e scappa.

Quando accendo il cellulare ritrovo un messaggio di Noah. Senza pensarci due volte lo leggo.

Ho bisogno di parlarti…

Il mio cuore cessa di battere per un secondo. Mi sento mancare l’aria. Presa dall’agitazione esco di lì e tiro fuori il pacchetto di Marlboro da utilizzare solo in occasioni drastiche e devastanti. Accendo la sigaretta e la porto alle labbra aspirando. Mi sento quasi meglio. Sono un fascio di nervi e non ho neanche il coraggio di rispondergli.
Mi tremano le mani e mi sento talmente nervosa che vorrei urlare e piangere.

Corro a casa e lui è lì, seduto sul divano. Mi fissa serio. Mi spoglio del cappotto e alzo le maniche del maglione che indosso fino ai gomiti. Tiro sù i capelli in una coda alta e soprattutto disordinata.

«Ti amo. Non ce la faccio più. » Esordisce. Il mio cuore ricomincia a battere in modo regolare. Mi risollevo. «Ma quel Brady non riesco a farmelo piacere… so che per te è importante, che è stato importante e ancora lo sarà… e per questo cercherò di essere più gentile, comprensivo e meno geloso. Mi fido di te…» avanza verso di me attanagliandomi contro il muro. «Perché sei la donna meravigliosa di cui mi sono innamorato e non per caso voglio che tu sia la mia donna per sempre.» Aggiunge sorridendo. Ha gli occhi lucidi ed io vorrei abbracciarlo.
«Ed io voglio che tu sia il mio uomo per sempre.» Allaccio le braccia intorno al suo collo stritolandolo e mi sento di nuovo a casa. «Avevo pensato che volessi lasciarmi…» sussurrò piagnucolando.
Mi accarezza il capo, «mai, mai, mai.» Ripete sottovoce lasciandomi una scia di baci lungo il collo.

Finalmente ceniamo come due fidanzati normali. Mi sento quasi in pace con me stessa, ma il pensiero di Brady mi tartassa il cervello ogni volta che penso alla collana. E mi sento in colpa ogni qualvolta osservo gli occhi innamorati di Noah.
Non so cosa mi succede ogni volta che immagino il suo volto. Non riesco a capirlo. Eppure è così forte ed intenso.

Quando il cellulare squilla sussulto e con la paura che possa essere lui, mi allontano e rispondo senza vedere chi sia.

«Pronto.»
«Emily ho rivisto Marcus. Ho bisogno di parlarti di una cosa importantissima. Ho bisogno di dirla a te. Alla mia migliore amica. Mi sento un vero e proprio schifo.» Kris sembra che pianga. Osservo Noah che mi scruta confuso.
«Tranquilla, stai tranquilla… possiamo vederci anche subito.» Sentenzio.
«Sono al Bemelmans Bar. Ti aspetto.» Riattacca. 


Angolo autrice.

Salve belli! Scusatemi davvero tanto. Ho avuto un mare di problemi con il computer, ma sono ancora qua! Non me ne sono andata e qualunque cosa succeda continuerò a pubblicare i capitoli. State tranquilli. Ho ricevuto un miliardo di messaggi in questo mese, tutti chiedevano 'sto benedetto capitolo ed eccolo qui! Tutto per voi. Cercherò di essere più presente e di aggiornare più velocemente, anche se quest'anno,essendo all'ultimo anno di liceo, sarò un po' impegnata, ma non vi preoccupate, troverò uno spazio per aggiornare. Detto ciò, spero vi sia piaciuto anche se so che non digerite proprio Noah. Vi saluto, un grosso bacio e a presto, si spera! :) 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.


Kris è seduta ad un tavolo. Ha davanti a sé una lattina di birra e ticchetta le dita a ritmo di musica sul tavolo. Mi avvicino lenta e mi siedo esattamente accanto a lei.
Finalmente si accorge di me e sorride.

«Prendi qualcosa?» Chiede come per rompere il ghiaccio. L’atmosfera è piuttosto seria ed io mi sto preoccupando e non poco.
Sospiro e faccio di no con il capo.
Lei deglutisce e mi fissa. «Sono scappata da Carter, non perché lui non volesse Lux… o me…» sospira. Gli occhi le diventano subito lucidi.
Cerco di capire qualcosa, ma nulla.
«Ho detto lui che Lux non è sua figlia» getta la bomba e il mio cuore quasi esplode. Non riesco a credere alle mie orecchie. «Lo so, lo so… non dire nulla» si copre il viso con entrambe le mani, mentre io cerco di mantenere la calma.
«E di chi è allora?» Sussurro a denti stretti.
I suoi occhioni pieni di lacrime mi scrutano. Un pensiero mi sorvola in testa, ma cerco di cacciarlo via immediatamente, aspettando una sua risposta.
«Prima di lui io sono stata solo con un ragazzo» aggiunge.
Ho capito tutto.
«Marcus» sentenzio senza più pensarci.
Lei annuisce e scoppia a piangere. «L’ho scoperto quando ci siamo lasciati che ero incinta… ma non l’ho detto a nessuno. Ho conosciuto subito dopo Carter e sono riuscita a mentire a tutti spudoratamente. Lui è stato sempre convinto che la bambina sia nata prematura ed è ciò che gli ho fatto credere io…»  conclude.
«Hai idea di cosa succederà se Marcus… se Brandon lo venissero a sapere?» Le stringo una mano.
Lei spalanca gli occhi e scuote il capo. «Non posso dirglielo, capisci? » Continua a singhiozzare.
«Devi, Kris» dico.
«Tu non capisci. Marcus ha una vita, gliela stravolgerei completamente e Brandon non me lo perdonerebbe mai…» sospira asciugando le lacrime con una mano. «Rimarrò così per sempre, posso gestire la situazione.» Accenna un sorriso falso, la conosco troppo bene.
«Lux crescerà ed assomiglierà sempre più a suo padre. Lo sai questo no?» Cerco di farla ragionare, ma Kris è sempre stata troppo testarda. Non riesco a pensare che dovrò mantenere un segreto così brutto e grande per sempre. E’ troppo anche per me. Avrei preferito non saperlo.
«Sì, me ne rendo conto…» abbassa lo sguardo e tace per qualche minuto.
«E allora? Che idea hai? Scomparire per sempre quando sarà la fotocopia di Marcus?»
«Troverò una soluzione, per adesso nessuno capirà nulla…» annuisce, «e Carter non vuole più saperne di me, quindi…» scrolla le spalle.
«Non appoggio la tua decisione, questo sicuro, ma non ti lascerò sola… questo devi saperlo.» Prendo un lungo respiro.
Lei mi sorride. «Grazie. Davvero.»
«Marcus comunque sarebbe l’uomo più felice del mondo…» sussurro sincera.
«Non ha bisogno di altri casini» decreta presuntuosa.
Scuoto il capo. «Un figlio non è mai un casino.» L’ho sempre pensata così, sempre. Insomma chi vogliamo prendere in giro? Anche io sono nata per sbaglio. Mamma me l’ha sempre detto scherzandoci su. Diceva sempre che in quella notte di Marzo, in mezzo ad un clima troppo passionale, Dio aveva deciso di mandarle una creatura come me. Nonostante la sorpresa, non ero stata per niente un casino, ma un piacevole imprevisto. E così era per Lux.  Dovrebbe avere il meglio dalla vita, ma chi non potrebbe darglielo se non sua madre e suo padre?
Non condividerò mai il pensiero della mia migliore amica, come non le garantirò mai di riuscire a mantenere qualcosa di talmente forte dentro di me, ma sono sicura di una cosa: non lascerò sola, neanche nella più improbabile delle ipotesi. Lei ha bisogno di me. Ed io… magari, in un futuro prossimo, avrò bisogno di lei.

Accompagno Kris davanti casa e noto con piacere, dalla finestra ,  che Brady ha fra le braccia la piccola. Sorrido ed osservo la mia amica entrare in casa. Improvvisamente noto il display del cellulare illuminarsi. E’ un messaggio. Controllo subito ed osservo il nome di mio fratello.

Sono anni che non ci parliamo, so che probabilmente non sarai con il sorriso stampato in viso leggendo questo messaggio e so che ancora ce l’hai con me, ma io ed Hanna vorremmo incontrarti… Ti prego… è importante. Ti voglio bene, sempre.

Il mio cuore cessa di battere. E’ passato troppo tempo da quando la nonna è morta. L’ultima volta che ho visto quei due è stato al suo funerale, dopo di che, sono andati a vivere nella sua villa, in Florida. Abbiamo passato mesi ad odiarci, tartassandoci di messaggi cattivi. Non ci riconoscevamo più. La nonna non aveva lasciato nessun testamento e lui aveva deciso, essendo il fratello maggiore, per opera dei miei genitori, di impossessarsi di quella casa. Ero infuriata con lui e con mia madre. Non riuscivo a sopportare tutto ciò. Solo perché ero la sorella minore, ancora al college, dovevo tacere e abbassare la testa. No.
Inutile dire che per quattro anni, ci siamo sentiti pochissimo o quasi niente. Persino Hanna ho odiato. E adesso mi chiedo cosa vogliano da me. Sarebbe assurdo che mi lasciassero la casa, sarebbe surreale, ma stavolta accetterò di incontrare entrambi.
Ho deciso di abbattere un muro troppo alto. Sembra quasi che il passato non voglia liberarsi di me, in nessun modo.

Così, gli lascio un messaggio in segreteria.

«Ciao Nate. Sono passati troppi anni… dall’ultima volta che ti ho visto, che vi ho visti… ho deciso di smetterla di portare rancore e di comportarmi da persona matura. Ormai abbiamo entrambi una vita, una casa, e quasi una famiglia completa. Non so più niente di te… non so se ti sei sposato, se hai avuto un figlio, se lavori… non so niente del mio fratello maggiore e in quattro anni mi è sempre passato per la mente di chiamarti per chiederti cosa stessi facendo, se mi pensavi ancora qualche volta. In realtà… mi sono sentita così sola, che alla fine ho deciso di non fare nulla… avrei tante cose da raccontarti, che non sai di me e… mi farebbe piacere ricontrarti, abbracciarti e vedere l’uomo che sei diventato. Ammetto che mi manchi, ammetto che ti voglio un bene dell’anima…e quando vorrai tu, io ci sarò…»

Riattacco con le lacrime agli occhi. Non mi sembra ancora vero. Ho parlato di Nate solo con Noah, che tra l’altro lo detesta. Non pensavo che sarebbe arrivato così in fretta il momento in cui mi sarei trovata faccia a faccia con lui. L’idea di incontrarlo mi faceva paura, in passato. Adesso mi sento pronta e spero di non dovermi pentire di ciò che penso.


Quando rientro in casa, Noah sta dormendo sul divano. Gli accarezzo il viso, lasciandogli un bacio in guancia e salgo di sopra. Indosso il pigiama e mi infilo sotto le coperte.
Sembro un adolescente con il cellulare fra le mani e la lucetta dell’ abat-jour che illumina un piccolo spazio della stanza.
Brady mi ha appena inviato un messaggio. Lo leggo senza esitare.

A quando la prova dell’abito?

Oh menomale! Me l’ha ricordato. Proprio domani ho appuntamento.

Domani mattina,  ma probabilmente non ci potrai essere…

La sua risposta è immediata.

Lascerò il lavoro per qualche minuto, non importa… non potrei perdermi la Stewart in abito da sposa, ahahah.

Rido.

Bè, allora ci vediamo domani alle nove a casa mia. La sarta verrà lì…

Passano una manciata di minuti. Non so perché ma mi sento nervosa. Come quando hai un masso sullo stomaco così pesante che per giunta le gambe senti cedere. Brandon Felton mi rende sempre nervosa, ansiosa…

A domani allora. Buonanotte Splendido Passato.

Mi manca il respiro. Ho bisogno di un cuscino da stringere mentre urlo.
Non può fare così.  Non cederò a tutto ciò. Brandon è furbo. Sa i miei punti deboli, ma non riuscirà a corrompermi. Io so cosa voglio nella mia vita.




POV BRANDON


Sono davanti casa di Emily. Sono le nove in punto, ma io non riesco ad uscire dall’auto. Sembro un bambino di due anni che si rifiuta di andare dal dottore. Mi fa troppo male.
Già avverto la terribile fitta al petto che non mi fa respirare.
Ma devo farcela. Sono un uomo, non una pappamolle. Devo affrontare la triste realtà: Emily non è mia, indosserà un abito bianco e arriverà all’altare insieme al suo uomo.
Accettarlo o no, non concluderà nulla. La mia opinione non conta nulla. La sua vita è troppo perfetta ed io non sono nessuno per rovinarla.

Con un’andatura lenta, quasi strisciando arrivo sulla soglia della porta.
Sistemo i capelli, respiro e suono il campanello. Una donna con un viso familiare apre la porta. Charlotte! I miei occhi si illuminano. Sono passati anni, ma la signora Stewart non invecchia mai.

«Brandon, mamma mia.» Sgrana gli occhi, ma il momento è interrotto da Emily che getta un urlo dal salotto.
«Mamma! Santo Dio, sarò ingrassata! La lampo non si alza.» Dice con voce stridula.
Mi fa cenno di entrare e quando noto Emily quasi svengo. E’ bellissima. Ha una scollatura bassissima sulla schiena e l’abito le calza a pennello. Sembra una principessa.
Non appena mi vede sorride.

«Ehi, sei arrivato!» Esclama.
Sembra una riunione di famiglia. Grace è seduta sul divano, con la gamba a cavallo, le braccia incrociate al petto ed una masticante fastidiosa fra i denti.
Mi schiaccia subito un occhio e sorride maliziosa. Quella ragazzina è il demonio. Rido al solo pensiero.
«Stai benissimo» ammetto avanzando di pochi passi. «Splendida» sottolineo a bassa voce.
Solo Charlotte riesce a sentirmi. Mi da una lunga occhiata incuriosita ed io cerco di abbozzare un mezzo sorriso per spezzare l’incantesimo che si è creato. Starà pensando che voglio rovinare il matrimonio della figlia o meglio che io stia progettando di sabotare tutto. In realtà è così stupenda, che non riesco ad apparire il Satana della situazione. Sono ammaliato da Emily e pagherei miliardi per essere il suo Noah.
Grace si avvicina come una pantera, posizionandosi al mio fianco. Mi fa quasi paura. La guardo di sottecchi senza fiatare. «Brandon… cerca di frenare l’uccello che hai nelle mutande.» Pronuncia quelle parole a bassa voce con una certa enfasi.
«Grace…» sussurro pacato osservando ancora Emily.
«Muori dalla voglia di saltarle addosso, lo so» sogghigna. Adesso la uccido.
Non rispondo.
«Qualunque cosa tu voglia fare, io ti appoggio sempre. Facciamo cadere dal trono Noah Connors.» Aggiunge.
«Non faremo un bel niente.» Sbotto.
«Vuoi davvero guardarla mentre dice “sì” a quel finocchio?»
Scoppio a ridere e mi becco le occhiate omicide della sarta, della Stewart e la madre.
«Stavo solo riflettendo su una cosa, scusate» mi giustifico.
«Lo farò cadere io il trono allora… e se tu non mi darai una mano giuro su Dio che ti metto nei guai… e tu sai come.» Grace ritorna a parlare ed io vorrei scappare. Quella sa come mettermi nei casini. E’ l’adolescente con cui non si vorrebbe mai avere a che fare.

Finalmente mezz’ora dopo sono scomparsi tutti. Siamo rimasti solo io e lei. Mi sembra strano stare nella casa in cui vive con il suo futuro marito. Mi sembra strano avvertire quell’odore di colonia che mi ricorda Tom.
E’ difficile persino per questo.

«Preparo un caffè» sorride mentre io prendo posto nella sedia di fronte al tavolo giocherellando con una mela.
«Quando è previsto il matrimonio?» Domando.
«La data la sveleremo presto» sorride. Non c’è proprio un cazzo per cui sorridere, ma ricambio. Ho un fuoco che mi ribolle dentro e vorrei sbatterla contro la cucina, senza pensare più a nulla. Farei saltare in aria quella macchinetta del caffè, poserei il suo bel sedere sul tavolo, facendo scivolare a terra ogni cosa ingombrante e le bacerei ogni parte del corpo. Ma devo tornare alla realtà.
«Ho conosciuto una donna» dico quasi senza pensare. Osservo la sua reazione.
Il caffè che ha nella tazza rotola sul pavimento e lei si scansa velocemente.
Cazzo.
«Tutto okay?» Mi alzo scattante, ma lei ha già preso un panno per pulire.
«Sì.. sì tran.. quillo.» Balbetta. Allora le importa! «Comunque sono felice!» Esclama osservandomi. Sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio sospirante e sorride.
Non sorridere, ti prego.
Socchiudo le palpebre e mi metto in piedi.
«Devo andare… il lavoro chiama» interrompo il tutto e mi avvio verso l’uscita.
Lei m’insegue attanagliandomi il polso. Le pulsazioni aumentano irregolarmente e mi volto con disinvoltura per osservare i suoi occhi da cerbiatta che mi scrutano. Celano malinconia.
«Sono contenta per te, davvero.» Mi accarezza il volto ed un brivido mi percorre la schiena. «Te lo meriti, tutti meritiamo di essere felici. Tutti meritiamo un amore per cui valga la pena lottare. Tutti meritiamo un amore che ci consumi fino a raggiungere il bene più assoluto. » Quelle parole mi lacerano internamente. Forse è solo arrivato il momento di smetterla seriamente. Ma come faccio? Dovrei scappare in un altro paese e non farmi più vedere, ma non servirebbe.
«Già.» Annuisco. «Lo merito» magari il trucco è solo passare avanti, conoscere qualcuno e provare ad andare oltre il semplice sesso. «Vado…» scompaio dietro la porta, monto in auto e mi rifugio nel campetto di basket in cui andavo da bambino.

E’ così silenzioso qui. Un tempo eravamo una ventina di bambini che si scannavano per tirare a canestro una palla, adesso sono solo. Il canestro mi fissa ed io fisso lui, ma ciò di cui avrei bisogno adesso è solo mio fratello.
Rimango ancora qualche minuto seduto negli spalti, poi mi reco da lui.

Percorro un  lungo vialetto, poi lo osservo. Eccolo lì. I  fiori sono ancora intatti e profumano maledettamente.
Mi inginocchio lasciandogli un lungo bacio, spolverando la lapide.

«Ciao Tom… questa settimana passo per la terza volta.» Sorrido. «Oggi è una giornata di merda, sto saltando per giunta l’orario di lavoro e so già che il primario mi farà un culo così…» scrollo le spalle, «ma come puoi ben vedere, ciò che mi circonda mi rende la persona più fragile ed emotiva di sempre. Non so più se sia stato un bene rincontrarla, sai… me n’ero fatto una ragione, pensavo che non l’avrei più rivista… e che io sarei diventato vecchio, solo nella mia casa.» Faccio una lunga pausa. «Ma quando l’ho rivista qualcosa in me è scattato. Tutta quella repulsione, quella rabbia… quella strafottenza è scomparsa… ho provato ad immaginarmi in una casa, piena di marmocchi, con una moglie che mi aspetta dopo lavoro, con una donna da baciare, coccolare tutto il tempo, con cui farci l’amore senza preoccuparmi di essere un amante. Mi sento mancare qualcosa… ho bisogno di realizzare la mia vita anche in questo, di sentirmi amato da qualcuno, ho bisogno di qualcuno che non mi chiami alle tre di notte per una scopata e via, ma che mi dica “amore, sono le tre di notte, prendila tu la bambina che piange”.» Ridacchio. «So che puoi capirmi… » sussurro rimettendomi in piedi. Nascondo le mani nelle tasche dei jeans e continuo ad osservare quella scritta THOMAS FELTON, così terribile. «E grazie per avermi ascoltato per l’ennesima volta, mi manchi, ti voglio bene cuore…» dico mentre indietreggio di qualche passo. Mi volto, poi, e proseguo per la mia strada.

Dove mi porterà mai? 


 
Angolo autrice.

Ehilaaaa'! Buonasera. Stavolta sono stata piuttosto veloce, anche se noto che il capitolo precedente è stato apprezzato e recensito da pochi. Vi vorrei più partecipi, sennò non ho neanche la voglia di andare avanti. Sul serio. Ma va bene, spero di leggere qualcuno qui almeno. Che dire... spero vi sia piaciuto, ci sono delle importanti novità e torneranno personaggi come Nate e Hanna. 
Okay, con questo, spero di leggervi presto, baci! 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.

 
POV BRANDON.
 
Say something, I’m giving up on you
And I’m sorry that I couldn’t get to you
And anywhere, I would’ve followed you

 
 


I pazienti entrano ed escono dal mio studio ed io canticchio questa canzone da circa un’ora. Un’anziana signora con una slogatura al polso, sembrava quasi infastidita dal mio fischiettare. Non ne posso fare a meno.
Sarah del reparto ginecologia sostiene che io sia innamorato perso e continua a ripetermi che vorrebbe tanto conoscere la donna che ha rincoglionito il dottore più figo dell’ospedale. Bè, io in realtà avrei preferito non averla mai conosciuta.
Mi sarei risparmiato anni di torture trucide ed insistenti al mio cuore. Per cosa poi? Per nulla.

Io ed Emily continuiamo a parlare. A volte ci vediamo di fretta e spesso l’ho notata mentre passeggiava in centro con il suo caro fidanzato, Noah. Ancora mi fissa come se volesse investirmi con un camion a rimorchio. Io, al contrario, vorrei solo smetterla di lanciargli occhiate omicide confuse. Che cambia? Emily, la sua scelta l’ha già fatta.
Noah Connors ha vinto. Non trovo quale sia il motivo della sua insistente provocazione.

«Ehi, Brady…» Kris spunta in sala e neanche me ne accorgo. Avverto solo la sua voce squillante.
Mi volto disinvolto. «Kris…» sono sovrappensiero ancora.
«La baby-sitter è già a casa, ti prego… appena torni, non ti mettere in mutande.» Si posiziona di fronte la scrivania ed incrocia le braccia al petto. «Hai afferrato?»
Annuisco e sbuffo. Non è difficile notare quanto sia seccato.
«Che hai?» Si mette a sedere nella poltroncina e mi scruta. «Ho esattamente venti minuti, quindi muoviti a parlare» sospira.
«Okay.» Getto sulla scrivania delle cartelle cliniche e poggio le mani su di essa minaccioso. Kris quasi s’intimorisce dal mio movimento svelto. «Emily sposerà Noah. Noah sposerà Emily. Io sposerò un gatto. Okay? Voglio un gatto. Posso avere un gatto da coccolarmi?» Tutto risuona molto buffo ed ironico, ma sto realmente valutando l’idea di possedere un gatto. Un micio potrebbe darmi affetto.
Kris scoppia a ridere, ma in un nano secondo si fa seria. «Che cosa?» Mi guarda di sottecchi. «Okay che Emily e Noah si sposano… ma Brady… stai dando di matto, per caso?» Si mette in piedi e poggia le mani sui fianchi. Già la odio.
«Voglio una micia.» Accenno un sorriso disperato. «Miao!» Esclamo.
Lei continua a fissarmi sbigottita. «Ti hanno dato da bere?» Domanda guardandosi intorno. «Non dirmi che ti sei messo a bere di prima mattina, perché ti schiaffeggio.» Dice severa.
«Non sono ubriaco, ma non meravigliarti se troverai al tuo ritorno una gatta per casa.» Decreto serio.
Alza le mani in segno d’arresa ed indietreggia, «non so cosa dire, riprenditi… bevi acqua e prenditi una boccata d’aria.» Spalanca la porta ed esce senza chiudere. «E’ pazzo! E’ impazzito!» Continua a ripetere nel corridoio.
Rido come un ebete ed avanzo per chiudere la porta.

Pochi minuti dopo un’infermiera piomba in stanza. Non ho un attimo di tregua.
Cristo Santo!


«Dottore, c’è un paziente fuori… ha avuto un incidente… credo abbia una frattura al braccio» dice.
Esco fuori e mi avvio verso la sala d’aspetto.
Quello è Noah. Dentro di me rido come un pazzo. Si tiene il braccio e al suo fianco c’è Emily con un’espressione quasi disperata.
«Devi dire che dovranno aspettare e che sono impegnato per il momento.» Sussurro accennando un risolino.
L’infermiera mi scruta confusa aggrottando la fronte. «Ma dottore.. come?»
Mi volto per tornare in studio, «dì così.» Ordino.

Quando rientro mi posiziono nella mia poltrona e stendo la testa all’indietro. Fisso il soffitto e una voglia matta di ridere mi prende all’improvviso. Mi sento così eccitato.
Il momento, però, viene interrotto, nel momento in cui il cellulare squilla. Mi sporgo e lo acchiappo. E’ Marcus, ovviamente.

«Bro» rispondo.
Lo sento ridere a crepapelle, non riesce a parlare e balbetta, «non puoi neanche immaginare» dice, «ho appena tamponato il quasi marito di Emily. Mi sento una merda, ma non sono stato così soddisfatto in vita mia.» Continua a ridere.
A quel punto lo seguo senza neanche pensarci. Mi sento quasi Dio con il mio consigliere personale.
«Appena mi sono accorto che era lui, volevo morire… non so che cosa si è fatto… ma si è incastrato il braccio da qualche parte. Io non l’ho fatto apposta!» Si calma. «Credo siano da te in ospedale, io sono scappato, Emily mi avrebbe linciato.»
Non riesco proprio a pensare alla scena, quasi mi scoppiano i polmoni dalle risate.
«Sì, sono qui… ma li sto facendo attendere» proprio in quell’istante l’infermiera ritorna.
«Il paziente si sta lamentando, posso farlo entrare?»
«Bro, ti richiamo» riattacco ed annuisco.

Poco dopo Noah fa la sua entrata mitica: passo lento, sguardo assatanato, vendicativo ed estremamente corrucciato. Trattengo la risata per non far brutta figura. Sono un medico, non uno sbruffone, come lui, d’altronde.

«Emily» dico in maniera professionale osservandola. Ha un’espressione scazzata. Non riesco a capire se è infastidita dalla troppa attesa o se ha capito quale fosse il mio intento.
Con un cenno di capo saluto anche l’individuo al suo fianco e lo invito a seguirmi per delle lastre.
 
Noah per tutto il tempo borbotta ed è nervoso. Dentro di me sto ancora gioendo, ma Emily non sembra molto contenta di vedermi.

«Allora?» Il fidanzato si lamenta sulla sedia di fronte alla scrivania. Io scruto le lastre e noto la frattura. Non mi dispiace per niente, anzi sarò felice di dirgli che si è rotto un braccio. E’ tutto ciò che si merita. Almeno la smette di fissarmi come se fossi un diavolo.
Alzo lo sguardo e guardo prima uno e poi l’altro. «Dovrò ingessarlo.» Cerco di non sorridere.
Fanculo, Noah.
«Cosa cazzo dici?» Impreca lui aumentando gradualmente il tono di voce. «Non scherzare, io ho un lavoro… e non posso presentarmi con un ammasso di gesso sul braccio, chiaro?» Continua infervorendosi.
Te lo lascerei marcire in quel modo, quel braccio, ma il faccino preoccupato della Stewart, non me ne da l’opportunità.
«Senti, datti una calmata e siediti nel lettino che avrò un bel da fare e taci.» Faccio il duro. Non ho tempo da perdere con i suoi capricci. E’ pur sempre un uomo e non un poppante.
«Amore» quando Emily pronuncia quella parola mi volto di scatto e lei si accorge del mio sguardo agghiacciante. Mi ritornano in mente quei piccoli e pochi momenti in cui utilizzavo quel nomignolo, quando anche per pochi secondi glielo sentivo dire o quando, distanti, lo leggevo sul display del cellulare. Fa male risentirlo, fa male sapere che non è indirizzato a me, ma alla persona che ama davvero.
Noah ci fissa per pochi secondi, «si?» Rivolge una lunga occhiata alla fidanzata.
«Io devo andare a scuola, ho saltato la prima ora, non posso rischiare ancora…» gli accarezza il volto e gli tiene ancora la mano. Le mie budella si stanno contorcendo dal dolore, ma posso resistere. Basterà non guardarli.
E invece no. Mi volto ed intravedo un bacio passionale. Riesco persino a notare la saliva che si forma su entrambe le lingue. E’ disgustante.
Socchiudo le palpebre e sistemo tutto ciò che mi serve.
Poi Emily mi saluta con un cenno di mano ed un sorriso veloce e scappa fuori.

Adesso siamo io e lui. Due validi nemici, di cui uno è già vincitore. Rifletto ancora sulla frase del piccolo demonio Stewart.
“Faremo cadere dal trono Noah Connors.”
E’ nettamente impossibile. Rido al pensiero e lui s’irrigidisce.
«Adesso che siamo soli…» esordisce, «credi davvero che io non sappia cosa stai facendo?» Domanda nervoso.
«Ti sto ingessando il braccio» rispondo tranquillo. Non c’è un filo di rabbia nella mia voce.
Accenna una risata amara. «Quanto credi che durerà il tuo inutile corteggiamento nei confronti della mia fidanzata?»
«Senti coso, ma che vuoi?» Alzo finalmente lo sguardo. «Cerco di essere più gentile che mai, io sono qui per fare il mio lavoro e tu per esser assistito da un dottore. Potremmo intraprendere i nostri rispettivi ruoli?» Chiedo molto delicatamente.
Lui accenna un risolino che mi fa scoppiare il cervello. Sento le vene sul collo gonfiarsi dal nervosismo. Lo sbatto al muro, fra poco. «Tu non sei solo un semplice dottore, tu sei il dottore del mio coglioni e me li hai decisamente rotti!» Dal suo tono sembra che cerca sul serio di litigare, ma non ne ho voglia. Non riesco a fare scenate, non nel mio luogo di lavoro.
«Mi dispiace. » Rispondo senza provocare.
«Prova solo a toccarla e io ti ammazzo, come è morto tuo fratello, muori anche tu….» pronuncia quelle parole con talmente tanto disprezzo e disinvoltura che mi sento mancare l’aria. Le gambe cedono, vado completamente su di giri. Mollo il suo braccio e lo osservo di sottecchi. Come si è permesso? Chi gliel’ha detto?
«Come ti permetti? Che cazzo ne sai?» Serro la mascella e stringo i pugni. Devo contenermi.
«Emily ha un diario… dei tempi dell’università e c’è scritto lì. Vuoi fare la stessa fine di Thomas Felton?» Sorride divertito e sento il bisogno di deformargli quella faccia di merda che si ritrova.
Mi spingo indietro con la forza. Socchiudo le palpebre, ma non riesco a calmarmi.
Sfilo il camice e corro fuori senza neanche pensarci.

«Dottore, dottore dove va?» Un’infermiera di turno mi urla contro, ma io la evito.
Non posso prenderlo a pugni. Non posso. Ma posso andarmene e fare finta di nulla.
Non appena arrivo fuori prendo un lungo respiro riempiendo i polmoni d’aria più volte.

«Dottore il suo paziente l’aspetta…» nuovamente quell’irritante donna è dietro di me.
«Lo lasci al dottor Stevenson. Lo faccia scomparire dal mio studio.» Scandisco ogni parola e lei, quasi agitata, si reca dentro.

Dopo una manciata di minuti rientro. La stanza è vuota. Ciò che mi colpisce è la foto di Tom sulla scrivania. Strizzo gli occhi cercando di cacciar via le lacrime. Arriccio il naso e mordo le labbra. Tutti  i tentativi se ne vanno a puttane. Sbatto la porta alle mie spalle gettando un urlo e carico con forza un pugno al muro. Non riesco a non piangere. Mi sento una merda. Sto malissimo. Non ci riesco a sopravvivere così. Il mio mondo va a rotoli. Non ho creato nulla in ventisei anni. Sono solo un medico senza una vita propria. Vago per le strade, con una birra in una mano e la sigaretta nell’altra.
Nessuno mi aspetta a casa. A nessuno importa come sto. Nessuno ha mai provato a mettersi nei miei panni.
Non posso sopportare tutto. Non riesco a sopravvivere con la consapevolezza che nessuno riesca a capirmi.
E nessuno può mai toccarmi mio fratello. Almeno in paradiso, devono lasciarlo in pace.
Scarico via la tensione accumulata durante tutti questi giorni. Osservo le nocche della mia mano sanguinare e il dolore è quasi nulla in confronto a ciò che mi affligge internamente.

Quando qualcuno bussa alla porta vorrei urlare di non entrare ma asciugando le lacrime, vado ad aprire. Marcus è lì che mi fissa. Non dice una parola.
Mi avvicina a sé e mi abbraccia. Non ho mai stretto nessuno, oltre Emily, come stavo stringendo il mio migliore amico.
«Non dire nulla, non ce n’è bisogno» sussurra.
Mi lascio andare ad un pianto liberatorio e mi sento quasi uno scemo.
Non riesco neanche a capire per cosa mi stia deplorando.
Sono così tante le situazioni disastrose della mia vita che non saprei da dove cominciare.

Chi l’avrebbe mai detto?

Anche l’animo più potente, cede alle volte.




POV EMILY.


E’ tarda sera quando rientro. Sono stata un pomeriggio intero a correggere compiti. Grace, in più, aveva bisogno di ripetizioni e per due ore e mezza ho parlato a vanvera mentre lei faceva i suoi porci comodi: cellulare, computer,  gomma da masticare. Prima o poi le verrà qualche carie, così la smette di somigliare ad una capra.

Posteggio l’auto e scendo lentamente con la borsa e una serie di libri fra le mani. Quando mi accorgo che di fronte casa mia Noah è con una donna ed un uomo di spalle corrugo la fronte. Chi sono? Nuovi vicini?
Mi incammino veloce. Fortuna che ho gli stivaletti.

«Tesoro» mi sorride Noah, ma quando entrambi si voltano tutto ciò che ho fra le mani si rovescia a terra. La bocca rimane spalancata ed una fitta al petto mi blocca il respiro.
«Nate» dico balbettante con voce rauca, «Hanna» aggiungo.
Mio fratello scende gli scalini e si posiziona di fronte a me. Dopo vari sguardi mi abbraccia ed io non ho neanche il tempo di ricambiare. Sono sconvolta.
Hanna sorride alle sue spalle con occhi lucidi dall’emozione.
E’ cambiata così tanto. Ha i capelli corti alle spalle, liscissimi, trucco leggero sugli occhi ed una carnagione abbronzatissima. Noto con piacere che ha preso qualche chilo.
Nate, quando si distanzia, riesco ad osservarlo. Ha i capelli esattamente come li aveva tanto tempo prima, forse più chiari, anche lui carnagione scura e più muscoloso del solito. In forma entrambi, oserei dire.

«Appena ho ascoltato il tuo messaggio, sono salito in macchina e adesso siamo qui…» esordisce lui.
«Volevamo dirti qualcosa, ma forse è meglio entrare» Hanna sembra l’essere più tranquillo di tutto l’Universo. La Parker che ricordavo era così peperina che quasi non la riconosco più. Sembra esser cresciuta parecchio e questo mi fa piacere.

Preparo un caffè e mentre loro chiacchierano con Noah comodi sul divano, io ancora rifletto sulla situazione che si è appena creata. Sembra non sia passato chi sa quanto tempo. Invece sono quattro fottuti lunghi anni.

«Ecco a voi» mi siedo affianco di Noah e sorrido.
Entrambi si tengono la mano. «Io e Hanna volevamo dirti che… ci sposiamo ed Hanna è incinta.» Nate dice tutto d’un fiato.
Pensavo fossero già sposati e avessero già marmocchi per casa, ma poi rifletto sulla loro età e non mi sembra poi così strano che abbiano deciso il tutto adesso.
«Bene, sono contenta per voi» perché lo dite a me?
«Ti chiederai perché te lo stiamo dicendo» ride Hanna scambiandosi un’occhiata maliziosa con mio fratello.
Annuisco e non rispondo.
«Vorrei che tu fossi la mia testimone… e vorrei che ti occupassi tu, insieme ad Hanna del matrimonio, se non è un problema» ah, ho capito, vogliono ricreare il quadretto familiare.
Boccheggio per qualche secondo. «Anche io mi sposo» sospiro.
Nate quasi si sporca con il caffè ed Hanna sgrana gli occhi. «Oh, che bello!» La sua esclamazione sembra quasi “Oh, che palle!”
«Non avevamo messo in conto questo» dice Nate. Non mettete mai in conto le mie esigenze, diamine.« Ma riguardo la testimone?»
Ci penso su e so che non posso dire di no. Non ci riesco, così accetto.
«Grazie! Non sai quanto ne sia felice» mio fratello si mette in piedi e mi abbraccia.
«Riguardo l’aiuto, non preoccuparti… io volevo solo… insomma... non volevo infastidirti, ma solo passare del tempo insieme.» Hanna sembra esser delusa.
La osservo e non parlo subito. «Bè, non ho detto che non potrò aiutarti in nulla… potremmo aiutarci a vicenda, se ti va.» Sorrido ed annuisco. Sembra la situazione più finta di questo mondo. Mi sento sbagliata al momento sbagliato.
«Noi staremo qui, per una settimana, passiamo dalla mamma e spero di vederti un giorno di questi a pranzo o a cena lì. Okay?» Siamo tutti in piedi e Nate mi stringe una mano.
Lo guardo dritto negli occhi. Non sembriamo più fratello e sorella. «Sì, certamente» sospiro.
«Non vi disturbiamo, andiamo in hotel»  Hanna acchiappa la borsetta striminzita e la porta al braccio.
«Abbiamo una sala degli ospiti, c’è un letto matrimoniale, potete restare qui» Noah parla e fa crollare tutto. Persino i quadri sulle pareti si spostano di un millimetro.
Guardo in basso e deglutisco rumorosamente. Non so se gliela perdonerò mai questa.
«Sì, potete… rimanere» faccio fatica a continuare.
Nate accetta subito ed anche la mia vecchia amica

E’ mezzanotte passata, Noah sta dormendo. Volevo fargli la ramanzina, ma è crollato mentre ero nella doccia. Mi toccherà domani, ahimè.
Sono sotto le coperte e non riesco  a prender sonno. Sto ancora curiosando su Facebook. In realtà non sono sicura neanche di avere l’amicizia di Hanna.
E infatti come temevo. Osservo gli amici in comune ed ecco che becco Brandon.
Osservo Noah che sembra in coma e clicco sulla sua foto. E’ a petto nudo, e dietro di lui c’è il mare della California. Lo riconosco.
Ha le braccia alzate, un sorriso mozzafiato ed un fisico stratosferico.
Scorro sulle foto e noto quella con Lux. E’ piccolissima, avrà avuto qualche settimana e lui sorride osservandola. E’ bellissima.
Quando vado avanti mi manca l’aria. Thomas e lui sono ripresi in una foto senza precedenti. Sono su un campo pieno di fiori, sono due adolescenti e sono abbracciati.
E’ cambiato così tanto da quel 31 dicembre. Mi sembra ieri di aver festeggiato con loro l’inizio del nuovo anno. Cambio foto lentamente ed il cuore batte all’impazzata.
Siamo io e lui. Sono sulle sue spalle, sto ridendo come se quel momento durasse all’infinito e gli stringo il collo come se non volessi mai lasciarlo. Ricordo quel momento.
Eravamo così piccoli. Socchiudo le palpebre e rivedo ogni momento che riesco a ricordare con maggior chiarezza.


Quasi inconsciamente scrivo un messaggio, indirizzato proprio a lui.

Ci hai mai creduto al per sempre? Sincero.

Attendo cinque minuti esatti. Quasi me ne pento. Ma sentivo il bisogno di domandarglielo, di sentirlo, di leggerlo.
Quando sul display leggo il suo nome apro immediatamente.

Sì, al nostro per sempre.

Respiro profondamente e scrivo ciò che ho in mente prima che sia troppo tardi.

Perché mi hai lasciata andare sei anni fa, allora?


Sento gli occhi pizzicare. Mi mancano i miei diciasettenne anni.

Perché ti amavo troppo per impedirti di inseguire il tuo sogno e nel frattempo stare dietro di me… ti amavo troppo, ma non c’era posto per me nella tua vita, e non ci sarà mai.

Eccolo. Spiazzata. Tolgo il piumone dalle gambe e corro di sotto. Preparo una tazza di thè e mi distendo sul divano. Rispondo così al messaggio.

Quando ti ho lasciato, desideravo tanto un tuo messaggio, chiamata, qualcosa che mi convincesse che potevamo superare tutto insieme…

Mi sento una stupida, ma quella domanda mi affliggeva da anni. Io sarei sempre corsa da lui, perché era il ragazzo che amavo sopra ogni cosa.

Non potevo comportarmi da egoista, avevi scelto altro ed ero consapevole di ciò che sarebbe successo.

Velocemente digito i tasti sul display.

Era l’unica volta in cui dovevi esserlo…

Risponde mezz’ora dopo. Molto preoccupante, ma la cosa peggiore è: come lo guarderò negli occhi domani mattina e i giorni a venire?

Emily perché ne stiamo parlando? Ciò che conta è il presente, quello fa parte del passato… e non si cambia.

Rimango sbalordita, ma ha ragione. Scrivo l’ultimo messaggio prima di spegnere il cellulare.

Ma il passato è passato?



Angolo autrice.

Hello! Anche stavolta molto veloce, dai. Sto migliorando. Okay, che ve ne pare di questo capitolo? Spero vi sia piaciuto e aspetto, ovviamente, le vostre recensioni. Grazie a tutti, ancora. Bacioni.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.
 

Il sole è alto su New York stamane ed io mi sento in trappola, come se delle corde mi trattenessero e il respiro diminuisse passo dopo passo.
Riesco a malapena a metter piede in aula. E’ pesante tutto ciò. Vedere mio fratello e Hanna in giro per casa e avvertire quella fitta al cuore quando rileggo i messaggi di Brady, di ieri notte.
 
Le ore passano lente mentre leggo ai ragazzi una pagina di letteratura. Mi sento senza forze. Noah continua a mandarmi messaggini irritanti ed io mi innervosisco parecchio. Quando le mie orecchie avvertono il suono della campanella, le mie gambe slittano fuori dalla classe. Esco dalla scuola e mi rifugio in auto. Getto la borsa sul sedile affianco e poggio le mani sullo sterzo. Ho il fiatone, il cuore mi batte all’ impazzata e sto tremando.
Sembra un attacco di panico e non ne capisco il motivo.
Quando il cellulare vibra per l’ennesima volta, decido di prenderlo ed osservo dei messaggi da numeri sconosciuti. Ne apro uno leggendolo a bassa voce.

Ciao Emily, sono Samantha Mongomery. Ti ricordi di me?
E’ da parecchio tempo che non ci vediamo né sentiamo… ho provato a chiamarti, ma non sono riuscita a parlare con te… quindi te lo dirò qui.
Ho uno chalet in montagna e ci terrei ad invitarvi tutti… prendila come una rimpatriata tra vecchi compagni. Ho cercato di avvertire tutti… datemi una conferma. In tal caso sarebbe prevista per domani.
Mancate tantissimo.  Baci


Il mio respiro è regolare, sembra che sia riuscita a calmarmi, ma quando ripenso alle parole di Samantha, mi ritorna quel senso di prigione e trappola che avevo prima.
Rimpatriata significa ritrovarsi tutti in uno stesso punto, ricordare ciò che eravamo. Implica, quindi, la vicinanza di Brady, che peggiorerebbe le cose. Ma, non posso rifiutare.
Mi mancano i vecchi tempi e non mento nel dire che mi farebbe bene un po’ di aria di montagna insieme a dei vecchi amici. Così senza esitare do la conferma per sms.
Sono una donna adulta. Questo potrebbe servirmi a farmi riflettere su molte cose.

Trascorro l’intero pomeriggio a casa di mamma e papà, che, un tempo era anche mia.
Grace, stranamente, sta studiando ed io mangio insieme a mamma i pancake.
Mi sento al sicuro qui. Il profumo di casa mi mancava, ma soprattutto la cucina di mamma.

«Allora… stasera cenate da noi? Ci sono Nate ed Hanna.» Esordisce. Sa che non mi va molto, ma lo chiede lo stesso.
«Mamma… no stasera non me la sento. Sono stanchissima, ho dei compiti da correggere e sono molto stanca.» Cerco una miriade di scuse e alla fine lei accetta tacendo. «L’abito bisogna allargarlo a furia di mangiare così tanto» sogghigno.
Ritrovo mia madre a fissare il vuoto e mi corruccio. Che le succede?
«Emily, tesoro… non lasciare che il passato ti rovini tutto» la sua voce è flebile e la sua mano calda si posa sulla mia. Non ne posso più di sentire quella parola. Sta diventando un incubo terribile.
Sospiro profondamente. «Possiamo non aprire l’argomento?»
«Io so che per te quel ragazzo è stato importante, so quanto gli volevi bene e quanto ancora gliene vuoi… ma non rischiare di illuderlo, non lo merita.» Le sue parole sembrano perle di saggezza. Ha ragione.
Non posso fare a meno di piangere. Mi sento così colpevole.
«Mamma io l’ho amato così tanto» singhiozzo sfogandomi, mentre il suo abbraccio mi protegge, «mi sento di fronte ad un bivio» sospiro.
Mi accarezza  i capelli, «Noah è un uomo meraviglioso…» sussurra.
«Lo so, lo so… ma non riesco a dimenticare ciò che ero con Brandon. Io ero una ragazzina, stavo bene, nonostante tutto.» Scrollo le spalle.
«Eri una ragazzina, infatti…» ripete lei asciugandomi le lacrime che colano lungo le guance rosee. «Adesso sei una donna con dei principi, con delle scelte da fare, con una vita propria…» aggiunge.
Annuisco. «Forse devo solo accettare l’idea che lui sia stato una cotta passeggera» boccheggio alzando gli occhi.
«Non credo lo sia mai stato… ma questo non vuol dire che la tua vita sia legata alla sua. Si fanno delle scelte, si cambiano le strade… è la vita, è il tuo futuro.» Dice pacata.
Il presente mi spaventa a morte, il passato mi perseguita, il futuro cos’è, invece? Cosa sarò io? Come vivrò?

«Ho sentito il profumo dei pancake furbacchione» Grace scende le scale spavalda con addosso un pigiamone che era stato mio. Si siede al mio fianco e mangia l’ultimo boccone che avevo lasciato sul piatto. «Tutto okay, sorellona? Ti vedo sciupata… dovresti prenderti un pausa... vai in vacanza  per un paio di giorni
Bè, sarà proprio ciò che farò, cara sorellina.

«Hai studiato?» Chiede mamma beccandosi un’occhiataccia da Grace.
«Io devo andare…» dico osservando l’orologio appeso alla parete.
Mi metto in piedi, indosso il cappotto e la sciarpa. «Ciao mamma» le lascio un bacio in guancia.
«Ti accompagno, che ho bisogno di chiederti una cosa sulla letteratura» Grace si alza scattante e si avvicina trascinandomi fuori dal braccio. Siamo esattamente sul ciglio della porta e lei è appoggiata allo stipite. «Lo vuoi un parere?»
Corrugo la fronte e la fisso di sbieco.
«E’ inutile il tuo tentativo di dimenticare ciò che è stato importante. Il suo ricordo ti verrà a bussare ogni notte, perché è proprio in quel momento che si sentono le grandi mancanze.»
Ciò che dice mi lascia impietrita, lei chiude la porta accennando un sorriso delicato ed io rimango come una scema ancora lì piantata.
La trappola si fa ancora più enorme e sento che presto avrò un altro attacco di panico.




POV BRANDON.



Quando leggo il messaggio di Sam sorrido. So già che passerò l’intero tempo con Emily in montagna e non riesco a fare a meno di essere felice per ciò. Quando lei è intorno a me, io inevitabilmente mi sento sereno.

Sono seduto sul divano. Kris, al mio fianco, sta dormendo.

Rimango sveglio tutta la notte. Non riesco proprio a tenere gli occhi chiusi. Mi sento un bambino che aspetta sveglio l’indomani per andare in gita con i compagni.
Ed io, invece, sono un adulto che aspetta il giorno dopo per trascorrere del tempo con i miei vecchi amici.

La mattina preparo uno zaino ed intrufolo dentro il necessario.
Kris, invece, sta organizzando tutto in trousse e valige. Neanche stessimo via per un mese o due! Sistemo tutto nel bagagliaio dell’auto ed avverto Marcus, con un messaggio, che fra poco partiremo.

«Dai Kris!» Urlo da fuori.
Lux sarà tutto il tempo nelle mani della baby-sitter. Kris ha acquistato troppo fiducia in quella ragazza. Saluto, così, mia nipote riempendola di baci ed infine monto in auto.
E finalmente anche mia sorella compare, con un’altra borsa fra le mani.
«Eccomi» sbuffa, «neanche se stessimo perdendo l’aereo!» Esclama con il fiatone. «Sbaglio o ti sei spruzzato One Million?» Le sue narici inalano subito il mio profumo ed io sogghigno.
«Sì, bè?» Osservo la strada mentre guido.
«Sì, bè… un corno!» Sbotta nevrotica. «Credi che perché Noah non c’è, Emily si lascerà ammaliare da te?» La sua voce è irritante e cerco di evitarla accendendo la radio. «Che rottura che sei» sbuffa subito dopo.

Durante tutto il viaggio non fa che lamentarsi di quanto freddo faccia e cerca continuamente un modo per farmi parlare di Emily. Il suo modo di fare mi sta facendo venire il mal di testa. Non sono abituato ad una vicinanza così assidua con mia sorella.
Quando comincia a parlare non la smette più e blatera per ore.
 
Finalmente arriviamo! C’è già qualche auto posteggiata e riconosco quella di Marcus.
Samantha è fuori che ci aspetta ed è ingrassata parecchio dall’ ultima volta che ci siamo visti. E’ una donna a tutti gli effetti, la ragazzina minuta biondina si è trasformata in una biondona con delle forme strabilianti.
Piuttosto mi accorgo che il mio amico è più stupito ad osservare mia sorella. Stranamente ciò non m’infastidisce più.

«Samantha!» Esclamo abbracciandola.
«Come stai Brady?» Sussurra.
Annuisco, «bene» le lascio un bacio in guancia, mentre mia sorella fa pressione per salutarla.
A quel punto mi avvio verso Marcus che, con le braccia conserte, sta fissando ancora Kris imperterrito. Fischietto affinché mi degni di mezzo sguardo, ma niente.
«Cazzo Marcus.» Sbotto.
«Comprendimi, dovrò passare le prossime ventiquattro ore con lei intorno a me. E’ illegale.» Sospira alzando gli occhi al cielo.
Il paesaggio intorno a noi è coperto di neve, tutto è bianco, molto suggestivo, ma il freddo è terribile. Nascondo le mani nelle tasche del giubbotto e alzo le spalle per i brividi.
«Ragazzi potete entrare le vostre cose dentro… scegliete una camera.» Sam ci indica la strada ed io con tutta la forza che possiedo mi trascino dietro le cose di mia sorella, che tranquilla se la ride con l’amica. Parecchio divertente.
Entrando mi accorgo del soggiorno e di tutto il resto. E’ tutto bellissimo e si sta così caldi dentro. Mi spaparanzo sul divano e porto il capo indietro socchiudendo le palpebre. Finalmente un po’ di relax.

«Sam, mi sei mancata…» è la voce di Emily. Spalanco gli occhi e ho giusto il tempo per alzare la testa. Me la ritrovo davanti con un borsone fra le mani.
Abbassa lo sguardo e boccheggia qualche secondo. Sam osserva tutta la scena e sembra confusa.
«Ehm… spero non abbia sbagliato con gli invitati, in tal caso perdonatemi.» Si dilegua imbarazzata, mentre Emily rimane paralizzata e soprattutto in silenzio.
Rimango nella mia posizione, mentre lei avanza di qualche passo.
«Apposto?» Chiede lei.
Annuisco più volte e non parlo.
«Senti Brady…» esordisce e già mi mette panico, «voglio trascorrere quel poco tempo che c’è con i miei vecchi amici in tranquillità.» Dalle sue parole sembra che le sue intenzioni siano quelle di evitarmi, ma non riuscirei a reggerlo.
«Questo che vorrebbe dire?» Mi metto in piedi e dal mio tono si risente il fastidio che mi provoca dentro.
Sospira, «nulla, volevo solo dirtelo» annuisce.
«Emily non sono io il colpevole» sbotto.
Lei diviene paonazza e sgrana gli occhi. «Non intendevo dirti questo. Ecco… io intendevo che non avrei voluto discutere di ciò…» gesticola nervosa.
«Bene, non ne parleremo… più. Una volta per tutte.» Mi irrigidisco.
«Non volevo arrivare a litigare.» Dice cauta.
«Bè, hai fallito» scrollo le spalle e nascondo il viso con le mani. Questa ragazza mi rende particolarmente lunatico.
Alle sue spalle intravedo di colpo la figura di Hanna Parker. Quasi mi viene un collasso. «Ehi Brandon!» Esclama. Satana mi perseguita. Perché non posso stare in pace? E al suo fianco c’è anche il fratello di Emily. Direi che sono nella cacca fino al collo. Avrei solo voglia di scappare.
«Demonio» la saluto con due baci in guancia mentre lei se la ride.
«Quello eri tu, se non ricordi male» sogghigna.
Nate mi saluta con un cenno di capo ed io faccio lo stesso. Così suppongo che i due stiano insieme e spero vivamente che lui durante gli anni abbia smesso di metterle corna a non finire.
Osservo Emily indifferente di fronte alla coppietta e m’incuriosisco. Qualcosa tra loro sembra non andare.
«Emily e Brady» ripete più volte con occhi maliziosi, «Emily non stai facendo uno scherzetto a Noah vero?» Deve essere una battuta simpatica, ma detta lì, in circostante a loro sconosciute, sembra solo una cattiveria e dallo sguardo di Emily sembra che voglia sbatterle la faccia al muro. Accenna un mezzo sorriso e si rifugia nelle grinfie di Kris.
«Mancano Jenny e Daniel» dice Samantha rientrando.

Una mezz’ ora dopo i due entrano trionfanti, mano nella mano. Un altro collasso.
Rimaniamo tutti paralizzati e cala il silenzio.

«Ciao a tutti» agita una mano Jenny.
Cazzo. Mi fa male vederla con un altro che non è Tom.
A quel punto tutti si precipitano per salutare ed io rimango per ultimo, per un saluto speciale. Mi abbraccia forte e poggia il capo sulla mia spalla.
«E’ sempre con me lui, tranquillo.» Sussurra.
Mi scappa un sorriso e la stringo ancora più forte. «Lo so, lo so» farfuglio.
Si distanzia e do il benvenuto a Daniel. Ci sentivamo fino a qualche anno prima, poi ne ho perso le tracce.
«Amico» mi da il cinque e un abbraccio.

Rimango in salotto per il resto della serata, insieme ai ragazzi, mentre le donne sono in cucina a cucinare. Il telefono di Emily squilla ogni mezz’ ora e mi da ai nervi pensare che a chiamarla sia quel verme. Ascolto le vicende di Daniel e le battute di Marcus. Nathan, invece, ci guarda senza parlare. Non è il suo habitat.
«Brandon tu che ci racconti? Mi aspettavo di trovarti con una donna, cazzo!» Daniel sorride.
Anche a me sarebbe piaciuto, Daniel. «Ancora alla ricerca» ironizzo.
«Ragazzi è quasi pronto» Emily ci avverte e poi corre in un angolino con il telefono all’ orecchio. Non riesco a rimanere indifferente, così mentre gli altri avanzano nell’ altra stanza, io mi posiziono poco più distante, poggiato su uno stipite con il cellulare fra le mani. Fingo di mandare un messaggio, ma grazie al mio orecchio bionico, riesco a sentire qualcosa.

«Stiamo quasi cenando… sì… no, non è qui, cioè non con me…» sta parlando di me? «ti richiamo io, vai a dormire.. si anche io.» Riattacca ed io mi nascondo in bagno.
Attendo qualche secondo e dopo di che la seguo. Mi osserva e sembra colpita dal fatto che non ero a tavola insieme agli altri.
Mi siedo distante e cerco di guardarla il meno possibile. Dopo una cena piena di chiacchiere e risate accompagnate da un buon vino, Sam distende sul pavimento del salotto un piumone enorme, accende il camino e mette di sottofondo una musica che sembra implorarmi di seguirla in un sonno profondo.

«Visto che non parla nessuno parlo io» la voce assordante di Hanna mi risveglia. Mi posiziono sdraiato sorreggendomi da un gomito e la osservo, «io sono incinta e presto ci sposiamo» sorride stringendo il braccio del fidanzato.
«Che bello» sussurra irritata mia sorella al mio fianco. Passano gli anni, ma l’odio che le legava nell’adolescenza non è svanito.
«Mi fa piacere…» Sam sorride e abbraccia l’amica.
Daniel scoppia a ridere, «io e Jenny stiamo insieme da un anno diciamo» sospira.
«Sì, l’ho incontrato ad uno stage a Londra e abbiamo trascorso del tempo insieme… molte cose che non ci legavano in passato ci hanno legato oggi» sorride come una bambina e sono felice di vederla serena dopo anni. Non potrei mai dimenticare il suo volto al funerale. Si merita proprio tutto ciò.
«Bene, siamo in vene di verità… allora io vi dico che ho una bambina» Kris esordisce.
Qualcuno non sembra sorpreso, ma la mia attenzione si sposta su Marcus che continua a fissarla. Se Kris se ne accorgesse sfornerebbe una delle sue cattive frecciatine.
«Ah davvero?» Hanna chiede curiosa.
«Sono proprio felice… scommetto che assomiglia a Tom» mormora Jenny. Mi scappa un mezzo sorriso.
«Si… assomiglia molto a lui… ma non solo» guarda un po’ tutti.
«E tu Stewart?» Dan la fissa mentre lei giocherella silenziosa con una ciocca di capelli. «Scommetto che sei già sposata!» Sorride.
Lei alza lo sguardo, «bè… quasi» annuisce, «vi farò sapere quando esattamente» ridacchia.
Mi sento mancare l’aria. Il maglione che indosso mi sta provocando una sudorazione assurda o forse non è solo quello il problema. Cerco di calmarmi, ma quando mi accorgo di sembrare troppo evidente mi metto in piedi.
«Fumo una sigaretta» acchiappo il pacchetto con l’accendino ed esco.

Finalmente respiro. L’aria è gelida, ma il mio cuore di più.
Porto la sigaretta alle labbra e l’accendo. Mi ero promesso di esserle amico, ma è complicato. Il suo comportamento, i suoi messaggi, mi danno modo di pensare che lei non abbia dimenticato ciò che ci rendeva speciali l’uno per l’altro.

«Me ne daresti una?» Eccola. E’ la sua voce.
Senza voltarmi le porgo il pacco e l’accendino. Poi osservo il fumo che esce dalla sua bocca. Non sono neanche meravigliato.
«Quando sono nervosa anche io fumo» sussurra.
Mi volto lento e fisso il suo profilo perfetto. «Lo sei… adesso?»
A quel punto i nostri sguardi s’incrociano. «Accanto a te lo sono sempre. Se si tratta di te non ne posso fare a meno.» Ammette senza distogliere lo sguardo dal mio. Getta metà sigaretta a terra ed io faccio lo stesso calpestandola.
Ed io non riesco a starmene così distante da te, diamine.
«Non sei passato e mai passerai. Occuperai quella piccola parte della mia anima, che mi hai rubato senza preavviso. Sarai lì, accanto ad altri mille splendidi ricordi. Una parte di te rimarrà mia per sempre. Una parte di me, ti apparterrà per l'eternità. Questa è l'unica certezza che ho.» Quelle parole arrivano dritta al mio cuore che cessa di battere.
Quella strana sensazione di sentirsi fra le nuvole la sto avvertendo adesso.
Mi si mozza il fiato, avvicino il suo capo al mio con entrambe le mani e lei non fa il minimo sforzo, rimane lì, impassibile. In quel momento la sento mia come non mai.
I nostri nasi si sfiorano, il suo volto si muove lento e le sue labbra sembra cerchino le mie.
«Avrò qualcosa per cui sentirmi davvero in colpa… ma…»
Non la lascio finire. Congiungo le mie labbra alle sue in un caldo bacio. Sono anni che lo desidero, che lo attendo. Sono anni che mi chiedo se mai sarei riuscito a ridarle un ultimo bacio. Le nostre lingue si cercano e si muovono veloci. Le sue mani si insinuano fra i miei capelli, mentre io le stringo la vita.

Ecco. Questo è il mio paradiso terrestre. 


Angolo autrice.
Eccomi! Sono ancora viva, tranquilli tutti. Vabbè, BACIO FU. Avete visto? Ma attente... non date nulla per scontato ahahaha!
A presto, ve lo prometto! Lasciate il vostro parere mi raccomando, bacioni.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Capitolo 8.


Quando le sue labbra si staccano dalle mie rimango ad occhi chiusi per assaporare ancora qualche secondo quel gusto, quell’istante.
Anche se l’Universo era sulla strada giusta per mandarmi dritta all’inferno, in quel momento non lo ero affatto. Per pochissimi secondi non mi sono sentita l’adulta Emily Stewart, ma l’adolescente. Non mi sono sentita colpevole, né traditrice.
E’ questo che mi suscita Brandon?
E’ questo ciò che sono con lui?

Eppure lo so che tutto è sbagliato. Lo so. Capisco lo sbaglio, ma come faccio a stargli lontana? Anni fa imploravo Dio per averlo al mio fianco, adesso, invece?
Lo imploro per farmi stare più alla larga da lui.

«Non mi aspetto che ti butti fra le mie braccia… e non mi aspetto neanche che tu lo dica a Noah, ma ti prego non fare finta di nulla.» Il suo volto s’incurva di qualche centimetro e la sua bocca accenna un mezzo sorriso.
Soffre? Gioisce? Non capisco il suo stato d’animo.
«Io della mia vita non so nulla per adesso, se prima era tutto scontato… adesso non lo è più» annuisco sincera, «e non è solo per te… perché sono io che mi sento diversa» aggiungo.
Si scompiglia i capelli con un gesto lento e distoglie lo sguardo.
«Di una cosa io non sono certo…» balbetta. «Non sono certo che il tuo ragazzo arrivi all’altare sano e salvo.» Quelle parole rischiano di far crollare un momento perfetto, ma con lo sguardo cerco spiegazioni. «Io tutto posso tollerare, anche vederti con lui all’altare… anche se è difficile… ma nessuno ha il diritto di nominare Tom» abbassa lo sguardo, mentre io vorrei evaporizzarmi.
Cosa gli avrà detto?
«Ha letto il tuo diario, evidentemente avevi parlato di lui da qualche parte e…puoi immaginare» conclude con un sospiro.
«Cosa ti ha detto?» Gli occhi mi si riempiono di lacrime e sento scoppiare dentro.
Lui scuote il capo, «non importa… ha detto ciò che non doveva dire» nascondo il viso con entrambe le mani e respiro profondamente.
Noah mi sentirà! E’ un pezzo di merda.
«Dovremmo rientrare» mormora avvicinandosi al mio viso. Lo tira su dal mento con un dito e mi guarda dritto negli occhi. Sono così sinceri i suoi.
Quando le sue mani mi bloccano il volto, ho il timore che possa stamparmi un altro bacio ed improvvisamente ne sento quasi l’esigenza. Mi sporgo e quando cerco di sfiorare le sue labbra, lui si tira indietro scoccando la lingua contro il palato. Accenna un sorriso malizioso e sogghigna dolcemente.
«La prossima volta che ti darò un bacio, lo farò perché sei la mia donna.» Sussurra soffiandomi sulle labbra.
Rimango con l’amaro in bocca per qualche secondo, poi senza fiatare mi faccio trasportare dentro.

Percorro un lungo corridoio e noto Kris uscire dal bagno degli ospiti.
Mentre Brady continua a camminare io mi blocco accanto alla sorella.
«Quando hai intenzione di dirlo a Marcus?» Dico a denti stretti.
Lei si volta disinvolta, ma con quel pizzico di terrore che cela dietro gli occhi. «Mai.»
«Non comportarti come un’adolescente, lui ha bisogno di saperlo» dico alzando il tono di voce.
Improvvisamente avverto dei passi alle mie spalle, Kris di fronte a me spalanca gli occhi facendo di stare zitta.
«No, non mi sto zitta. Deve saperlo che Lux è sua figlia, non puoi nasconderlo per sempre e lo sai!» Esclamo.
Kris nasconde il viso con entrambe le mani e quando mi volto intravedo la figura di Marcus. Ha gli occhi sgranati, un’espressione enigmatica e spaventata. Sembra un masso congelato di fronte a noi.
Un attimo di silenzio invade quel piccolo territorio ed il mio cuore cessa di battere. Vorrei scomparire all’improvviso. Vorrei non essere qui. Una serie di sensi di colpa mi invadono l’anima.

«Marcus ti prego, posso spiegarti» Kris mi sorpassa, mentre Marcus indietreggia.
«Era uno scherzo vero? Perché se vi state prendendo gioco di me, sappiate che non è affatto divertente» dice senza trasfigurare uno stato d’animo.
«No, non è uno scherzo… ma avrei voluto parlartene tante volte, chiamarti e dirtelo, ma pensavo che ti fossi dimenticato di me, eri troppo concentrato su te stesso e non era giusto caricarti di un peso così grande.» Kris farfuglia nervosa, ha la voce rauca e tremante. Continuo a tacere, che è meglio.
Marcus avanza di qualche centimetro, «un peso? Ma che cazzo dici?» Sbraita.
So già che gli altri nell’altra stanza spunteranno tra poco sentendo delle urla.
«Mi hai fatto perdere gli anni migliori, non l’ho vista nascere, non ha detto a me “papà”, non sono mai stato qualcuno per lei e questo solo perché tu hai fatto l’egoista. Lo sei sempre stata e continui ad esserlo.» Parla come se la odiasse da anni. «Se Emily non avesse parlato a sproposito, io non avrei mai saputo nulla… non ti fai schifo da sola?» Rimane immobile mentre Kris singhiozza. Mi sento impotente davanti a ciò.
«Non puoi dirlo, volevo il meglio… Marcus cosa avresti fatto se qualche mese dopo che ci fossimo lasciati avessi scoperto che aspettavo un figlio tuo? Cosa?» Dice con voce stridula. «Saresti scappato per paura, eri un adolescente, pensavi al college e a stare con gli amici…» si avvicina a lui.
«Non  permetterti a dire che io avrei rifiutato Lux…» scuote il capo nervoso.
«Che succede?» Brady compare dall’angolo, con un’espressione corrucciata. Adesso il quadretto è completo.
Marcus con una risata amara si rivolge all’amico, «lo sapevi anche tu vero? E non mi hai detto un cazzo.»
«N-o..no» balbetta in panico Kris.
Brady alza le mani in segno di resa e mi rivolge un breve sguardo, «cosa? Cosa?»
«Non  lo sai? Lux è mia figlia!» Quando lo dice rimane interrotto per qualche secondo.
Brady sbatte più volte le ciglia e guarda entrambi, compresa me, che…ahimè, mi ritrovo coinvolta.
«Cosa vuol dire? Ma state dando di matto?» Anche lui adesso sta urlando. «Tu che c’entri?» Mi fissa. Adesso odieranno anche me.
«Io…» balbetto.
«Non c’entra nulla e tu neanche… è una questione mia e di Marcus…» sbotta la sorella. «Ho bisogno di stare sola, lasciatemi in pace!» Esce fuori e scompare.

Senza dire mezza parola mi dileguo anche io, tornando in mezzo agli altri.
Nate mi guarda di sbieco, Samantha discute animatamente con Hanna e Jenny, mentre Daniel le ascolta curioso.
Vorrei potermi aggregare a loro, ma mi sento così sconvolta da non riuscire a parlare. Mi rifugio, così, accompagnata da Sam nella mia stanza, fingendo un forte mal di testa.
Una volta lì, mi getto sul letto ed evito le continue chiamate di Noah.
Non ho tempo per lui, non adesso.

Dopo una brevissima doccia calda, indosso il pigiama di flanella rosso fuoco ed intrufolo il mio corpo sotto il piumone. Socchiudo le palpebre invocando il sonno, ma la porta del bagno si apre improvvisamente. Scattante osservo e noto Brady confuso.
«Abbiamo il bagno in comune» dice «non lo sapevo, scusa» conclude. Sta per tornare dentro, ma lo blocco.
«Brady entra un attimo…» sospiro, «siediti» gli faccio cenno di accomodarsi al mio fianco.
Potrebbe sembrare una proposta indecente, ma non lo è.
«Ho saputo di Lux da poco, non potevo dirtelo… non era giusto, la decisione migliore doveva farla Kris ed io ho rovinato tutto. Marcus non doveva saperlo così, non da me. Mi sento una merda.» Ammetto scuotendo il capo.
Mi accarezza il volto e mi rivolge occhiate dolci, non ce l’ha con me.
«Sono rimasto colpito da ciò… ma un sesto senso mi spingeva a pensarlo già da tempo. Ne ho avuto la conferma stasera, ma sono felice di ciò… mia nipote non poteva avere un padre migliore… e Marcus capirà» spiega sincero arricciando il naso, «ha bisogno di tempo per digerire la cosa e soprattutto per riguardare mia sorella come la guardava spesso.» Continua incurvando le labbra in un sorriso. Fatico a comprendere l’ultima frase.
Aggrotto la fronte, «cioè?»
«Lui ama mia sorella e l’amerà sempre, perché un tipo di amore così non muore mai.»
Sembra una frecciatina. Sembra indirizzata a qualcun altro oltre che al suo amico, ma non mi espongo, ho già fatto abbastanza stasera.
Devo imparare a tenere la bocca a bada, in tutti i sensi.  Abbasso lo sguardo e non rispondo.
«Io…dovrei fare la doccia, posso no?» Domanda sogghignando. Poi i suoi occhi sono attirati dal mio cellulare che vibra sul comodino. Sono certa che abbia letto il nome di Noah. «Non rispondi?» Mi guarda di sottecchi curioso. Mi sta mettendo alla prova?
«Sì, ora lo richiamo» annuisco, mentre lui avanza verso il bagno e si chiude dentro.



POV BRANDON.


Ho ancora il cuore che mi batte a mille. Non riesco a pensare lucidamente. Lei è dall’altra parte della porta, sola, indifesa su di un letto matrimoniale. Ed io sono qui, nudo, sotto lo getto d’acqua bollente. Non ho chiuso la porta a chiave e spero ancora che, anche sbadatamente, apra quella porta.

Ho le idee confuse, troppi pensieri mi sorvolano nel cervello e non ho neanche la concentrazione per riflettere su qualcosa. Lux è figlia di Marcus. Kris non l’aveva mai detto a nessuno, neanche a me. Questo mi ha toccato nel profondo. Pensavo che io e lei fossimo un tutt’uno ed invece mi ha tenuta nascosta una cosa così grande e bella, a mio parere. Ho paura per Marcus. Ho il timore che possa commettere lo sbaglio di scomparire dalla circolazione, comportandosi da immaturo. Dall’altro lato ho paura che Kris se ne vada, lasciandomi con un biglietto. Sono entrambi due teste calde. Non riescono mai ad agire razionalmente, ma sempre impulsivamente.

Uscendo dal bagno rimango con l’asciugamano addosso e mi distendo sul letto.
Non riesco a starmene in panciolle consapevole che lei sia di là. Non posso.
Lei mi ha baciato, lei voleva baciarmi. Qual è l’inganno allora?

Acchiappo il cellulare fra le mani e digito un messaggio.

Penserai che sia uno stupido e che potrei parlartene di persona… ma sono nudo nella stanza, quindi… non è il caso ahah
Credi di aver fatto una cosa giusta a baciarmi stasera?


Lo rileggo minimo venti volte, poi lo invio, aspettando una sua risposta.

Vieni di qua e te lo dico.

Non appena lo leggo mi sembra di essere al liceo, quando mi metteva alla prova ed io da giovane idiota ci stavo come un coglione. Mi sembra di ritornare a delle stupide sfide che poi, ahimè, uno dei due era destinato a perdere.
Ma non mi lascio scappare nulla, non ne sono nella posizione adatta. Non mi tirerò indietro. Indosso un paio di mutande e la tuta del pigiama. Passo dal bagno ed entro nella sua camera. E’ distesa sotto il piumone ed una luce soffusa le illumina il viso.
La televisione è accesa, ma il volume è al minimo.
Mi guarda e non parla. Non ho intenzione di andare a letto con lei, ma solo Dio sa quanto vorrei che fosse solo mia per tutta la notte. Solo Dio sa quanto vorrei sentire il calore del suo corpo contro il mio, entrambi sudati, all’estasi, al culmine della passione, col fiatone ed i capelli scompigliati. Con le mani che si intrecciano, le labbra che si cercano, i cuori sovrapposti e combattenti. Come se fossimo due adolescenti un po’ cresciuti.
Ho bisogno di sentirmi completamente suo.

Mi avvicino senza discutere e le sorrido. Lei ricambia e mi fa spazio accanto a lei.
Mi accuccio esattamente incollato al suo corpo e lei mi abbraccia poggiando la testa sul mio petto. Le nostre gambe s’intrecciano e già mi sento in paradiso, circondato da angeli travestiti da diavoli che mi fissano in cagnesco.

«Sai…» esordisce disegnandomi con il dito dei cerchi concentrici sul petto. Mi irrigidisco. «Non ho mai pensato di comportarmi male con Noah» sussurra, «o con qualcun altro… immaginavo la mia vita sentimentale fedele con il mio uomo, senza distrazioni di alcun genere» aggiunge. «Quando sei arrivato tu, mi sono sentita in trappola… mai nessuno, mi dicevo nel passato, riuscirà a prendere il posto di Brandon Felton.» Ridacchia. «E nessuno ci è mai riuscito» sussurra alzando lo sguardo, «lo so che è sbagliato baciarti di nuovo e non mi esporrò più, hai ragione tu… ma non credo di aver fatto una cosa sbagliata, sono andata controcorrente, sono stata impulsiva perché lo desideravo troppo e se tornassi indietro lo rifarei.» Conclude con occhi dolci e minuscoli.
Mi sciolgo. «Dio quanto vorrei baciarti» farfuglio. «Lo so che lo ami e non ho intenzione di metterti a disagio chiedendoti cosa provi per me, non voglio rovinare questa notte. Magari domani mattina te lo domanderò e vorrei mi rispondessi sincera» dico a bassa voce.
Lei annuisce e si posiziona nuovamente con il viso dritto sulla tv ed il capo contro il mio petto.
 

Il mattino dopo mi ritrovo avvinghiato contro di lei. Mi sono addormentato senza neanche accorgermene e lei è ancora al mio fianco. La osservo qualche secondo. E’ struccata, ha i capelli per aria, ma il suo volto è pulito e semplice come quello di una bambola.
Dorme così dolcemente che faccio fatica a staccarmi.
 
Poi mi dirigo a passi lenti verso la mia stanza. Prendo il telefono fra le mani ed osservo un messaggio da Madison, un’infermiera con cui sono stato qualche settimana fa ed una cara amica.
Lo apro disinvolto e leggo a bassa voce.

Sono incinta Brandon.

Spalanco la bocca e prendo un lungo respiro. Rileggo scandendo ogni parola e getto il cellulare a terra portando entrambe le mani sul capo. Sono nella merda.
Impreco ad alta voce senza preoccuparmi di chi possa sentirmi. Sfrego i palmi delle mani, ma mi sento le gambe cedere, il corpo tremante e il respiro affannato.

Crollano così i desideri sulla Stewart, crolla tutto, si sgretola in mille pezzi davanti ai miei occhi. Sono un coglione. 


 
Angolo autrice.

Buonasera bella gente, sono tornata con un altro capitolo. Dai non sono stata così ritardataria, sto cercando di migliorare ahah!
Alloooora, pensavate che tutto filasse liscio? Eh no, cari miei. Io sono cattivona. Con questo vi saluto e ci leggiamo nel prossimo capitolo. Vi farò aspettare più del solito ahahah No scherzo, però aspetto le vostre numerose recensioni! Bacioni.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Capitolo 9.

 

Sei anni prima…

«Brady… hai preso tutto?» lo osservo mentre posiziona nel cofano dell’auto le valige. Sono posizionata sul ciglio della sua casa, poggiata sullo stipite.
Marcus e Kris si stanno sbaciucchiando dentro, sul divano. Sono così belli e stupidi insieme. Mi volto a guardarli e lui le sta facendo per la millesima volta il solletico. Kris ride e non riesce a respirare e reagire. Io, invece, non riesco a deglutire se penso che Brady sta partendo per il college.
Per quanto tempo non lo vedrò? Quanto passerà prima che lo rivedrò ancora?
E’ inutile sperare. E’ inutile prospettarci nel futuro. Per noi non ci sarà mai.
Ha bisogno del suo tempo, del suo spazio… ha bisogno di essere ciò che desidera essere, ma senza di me.
Non ho il coraggio di espormi. Per lui è tutto così semplice!
«Kris, Marcus!» Esclama sfregando i palmi della mano, poi si stira le braccia mettendo in mostra i suoi muscoli scolpiti. «Stronzi, venite o no a salutarmi?» Continua.
Poi avanza verso di me e mi stringe a sé. Forse lo sa anche lui che tutto diventerà complicato. E’ da un mese circa che cerco di parlare di ciò.
Lui dice sempre “Emily c’è tempo per pensarci… quando arriverà il giorno vedremo.” Persino la sera prima non mi ha dato l’opportunità di dire ciò che penso a riguardo. Lo conosco. Non ha il coraggio di dirmi addio.
Stringo le mie braccia intorno al suo collo. I nostri corpi combaciano alla perfezione, riesco persino a sentire il suo battito accelerare gradualmente. Ha il respiro affannato e lo sento ansimare.
«Promettimi che non ti scorderai di me» sussurra fra i miei capelli.
Le lacrime mi rigano il volto, non riesco a smettere, non riesco a parlare. Così annuisco nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla e il suo collo.
La sua mano mi accarezza il capo, «piccola, non posso sentirti piangere» mormora con voce rauca. «Ti giuro che rimarrai per sempre mia, te lo giuro.» Si distanzia di qualche centimetro, mi alza il capo con entrambe le mani e mi guarda negli occhi.
Accenna un sorriso sghembo e mi asciuga le lacrime.
«Non devi, non ce n’è bisogno» aggiunge.
«Sapevi che sarebbe andata a finire così… perché non mi hai dato l’opportunità di farlo prima… ? Sarebbe stato più semplice» singhiozzo.
Mi sorregge il capo. «Perché non avevo bisogno di vivere quei giorni con angoscia e malinconia, avevo solo bisogno di te… senza interruzioni, senza nessun’altro o qualcos’altro. Sapevo che sarebbe arrivato… ed è giusto così…» sospira alzando gli occhi al cielo. «Tu seguirai la tua strada ed io la mia… se mai… un giorno saremo destinati ad incontrarci, ricordati queste parole: ti amo.» Conclude lasciandomi un bacio in fronte.
«Finiti i saluti sdolcinati?» Borbotta Marcus da dietro. Poi gli corre incontro abbracciandolo.
«Ti vengo a trovare appena posso, tanto non siamo distanti…» sogghigna l’amico.
«Certo, ci conto» sorride Brady.
Kris avanza lenta con le braccia incrociate al petto e lo fissa malinconica.
«E’ arrivato» accenna una smorfia con le labbra e abbassa lo sguardo.
Brady le va incontro abbracciandola forte e le sussurra qualcosa all’orecchio. Kris scoppia a ridere, ma poi torna seria stringendolo a sé.

Infine il caro Felton fa un passo indietro, scende gli scalini e si avvia verso l’auto. Apre lo sportello e mi fissa.
Come tutte le favole questa non può non finire con un bacio. La nostra è un po’ diversa.
Il bacio non sistemerà nulla. Il bacio mi ricorderà per sempre chi sono stata con lui.
Così corro giù per le scale, lui ride e mi fa scoppiare il cuore. Apre le braccia e mi accoglie prendendomi in braccio. Avvolgo le gambe intorno alla sua vita e congiungo la mia bocca alla sua. Dischiudo le labbra ed incontro la sua lingua. Poi mi lascio coccolare dai suoi baci leggeri sulla guancia e sul collo, ma quando mi rimette a terra, so già che è finito tutto.

Monta in auto e mette in moto osservandomi dallo specchietto. Socchiude le palpebre, prende un lungo sospiro e mi mima un ti amo con le labbra. Non ho il tempo di rispondere che lui è già partito.

Brandon Felton odia gli addii, ma io avevo bisogno di dirglielo. Avevo bisogno di dirgli “ti amo”, perché so già che non potrà ricapitare più.




POV EMILY.


Io e Noah abbiamo litigato per la millesima volta da quando sono tornata dalla breve vacanza in montagna. Lui è uscito sbattendo la porta ed io sussultando. Non ho il coraggio di dirgli del bacio con Brady e sono troppo fredda con lui. Fingo di avercela con lui per ciò che ha detto a Brady, ma in realtà quell’incazzatura viene sorpassata a gara dalla mia rabbia nei miei confronti.
Mi raggomitolo sul divano con il plaid avvolto alle gambe. E’ terribile essere indisposti durante un periodo come questo, mi rende più vulnerabile e nevrotica del solito.
Mi sono presa persino un giorno di malattia da scuola, non ce la faccio proprio. Non posso insegnare come una mummia cadaverica.

Quando sento il campanello suonare mi lamento e controvoglia vado ad aprire.
Kris è tutta inzuppata davanti alla porta con un vassoio tra le mani. Fuori diluvia e la faccio entrare subito.

«Scusa l’improvvisata, ma volevo stare con la mia migliore amica davanti ad un vassoio di dolci caldi e al calduccio» sorride.
L’abbraccio e la invito a sedersi al mio fianco porgendole l’altra copertina.
Lei si spoglia degli stivaletti con il tacco e li poggia sul tappeto di fronte a noi, per poi posizionandosi sul divano.
«Come stai? Tutto okay?» Aggrotta la fronte. «Hai una faccia» commenta stralunata.
«Tu come stai?» Controbatto.
L’indomani dell’accaduto aveva fatto finta di niente. Era salita silenziosa in auto come se non fosse accaduto nulla. Marcus, invece, sembrava così furioso da farmi paura. Era partito senza neanche salutarci. Aveva dato dei brevissimi baci in guancia a Sam, Jenny e Daniel ed era scappato. Ciò che mi consola è che almeno lei non se la sia presa con me. Non era mia intenzione.
«Ho provato a chiamarlo un centinaio di volte… ma niente» per la prima volta dice la verità senza giri di parole o senza farsi pregare. Ne avrà davvero bisogno. «Io non so che fare… vorrei solo spiegargli che mi dispiace»  apre lo scatolo e addenta un pasticcino.
«Vedrai che Marcus capirà… non c’è cosa più bella di un figlio, non importa quando arriva.»  Le sorrido dolcemente. «Lux è una bambina splendida e lui l’amerà incondizionatamente come se la conoscesse da sempre» aggiungo.
«Lo spero» sospira accennando un sorriso. «Hai sentito Brady?» Domanda qualche minuto dopo.
Scuoto il capo lentamente.
«Io l’ho visto uscire stamattina… non ha fatto colazione e andava di corsa. Sembrava strano.» Riflette.
La fisso. «Pensi qualcosa di losco?» Ridacchio.
«Non so… è da ieri notte che riceve messaggi e risponde di fretta. E’ nervoso, non parla, mangia poco…» continua Kris.
Quasi mi preoccupo, ma non riesco a trovare un motivo adatto per questo suo comportamento.
«Boh, sarà per il lavoro» accenna un mezzo sorriso, «o magari sono scappati entrambi dalla mia vista perché già non ne possono più.»
Le accarezzo una spalla trovandola in difficoltà. «Tranquilla, le cose si risolveranno.» La consolo, ma qualcuno dovrebbe fare lo stesso con me.

Improvvisamente il telefono vibra e noto che è Noah. Rispondo.

«Dimmi.»
«Mia madre ci ha invitati a pranzo da lei» dice con tono severo.
«Buon pranzo… io non ho fame» rispondo fredda.
«Possiamo smetterla di comportarci come due bambini?»
«NO» alzo il tono di voce e Kris sussulta.
«Ti aspetto da mia madre fra due ore…»
«Lo faccio solo per i tuoi genitori e per tua sorella… perché tu sei proprio uno stronzo» sbotto staccando subito la chiamata.

Kris rimane interrotta per qualche secondo, poi parla.
«Perché scarichi la tua rabbia su di lui?»
«Ha letto il mio diario, sa di Tom… e ne ha parlato male con Brady» non avrei voluto dirlo, adesso lo odierà a vita.
Sbianca subito. Non lo nomina mai. «Il mio Tom?» La sua voce vibra leggera. «Che motivo ha di nominare mio fratello?» Il suo tono è aggressivo.
«Credo che l’abbia fatto solo per attaccare la parte più intima e profonda di Brady» annuisco abbassando lo sguardo. Mi vergogno per ciò che ha fatto.
Kris tira su con il naso, ha ancora lo sguardo perso. «E’ solo per questo… quindi?» Chiede.
La fisso corrugando la fronte. «Come la prenderesti se ti dicessi che ho baciato tuo fratello?» Il cuore mi sbalza dal petto e sento il mio corpo tremare internamente.
Sgrana gli occhi e poi nasconde il viso con entrambe le mani. «Siete un disastro» mormora poi fissandomi con espressione disperata. «Sapevo che per Brady non sei semplicemente un’amica, ma ti giuro… credevo che per te, lui fosse solo tale.»
Arrotolo una ciocca di capelli con un dito e sospiro. «Lo pensavo… cioè non so più cosa pensare. Il mondo sta girando al contrario, sembra di rivivere il passato mille e mille volte… continuamente» socchiudo le palpebre.
«Non ho mai visto amare una persona come lui ama te… e non ho mai visto un legame così forte nonostante gli anni, la distanza e gli ostacoli.» Sussurra posandomi una mano sulla gamba. «Non ho intenzione di dirti ciò che è giusto o sbagliato per me, ma permettimi di dirti che i sogni vanno seguiti, gli amori vanno rincorsi e se li lasci andare una volta sei finita» annuisce. «Sta a te decidere quale amore va seguito, io non so cosa provi… non potrò mai saperlo sul serio… ma tu, qui dentro» mi posa una mano sul petto, «hai la risposta a tutte le tue domande.»
Mi sporgo con le lacrime agli occhi per abbracciarla e chiudo gli occhi godendomi un momento rilassante e rassicurante.

Quando Kris esce di casa rimango con i miei problemi, in solitudine, sul divano di casa.
Noah si aspetta che io vada a pranzo con la sua famigliola felice, ma non riesco proprio ad annuire entusiasta mentre un’occasione mi passa davanti suonando un campanellino.
Brady è ancora mio? E’ lui l’uomo che desidero per il resto della mia vita? E’ lui l’amore per cui vale la pena mollare tutto? Lui è il sogno che va seguito?

Prendo un lungo sospiro e corro in camera. Indosso un jeans aderente, un pullover bianco e un paio di stivaletti neri. Indosso il cappotto ed infilo in borsa il necessario.
Credo sia giunto il momento delle verità. Mi prenderò una pausa con Noah. Rifletterò più su ciò che me stessa desidera, su ciò che è davvero importante per me.
Dirò a Brady che non è finita, anche correndo il rischio di illuderlo. Non posso vivere di timore e rimpianti.

Monto in auto, mentre fuori sta cominciando a piovere. Mannaggia, non ho preso l’ombrello! Sbotto contro lo sterzo dell’auto e parto ugualmente, recandomi in ospedale, dove Brady, probabilmente sta lavorando.

Quando mi ritrovo di fronte, corro sotto la pioggia ed entro.
«Scusi il dottor Felton?» Chiedo ad un’infermiera.
«E’ in pausa pranzo, nel bar affianco» sorride.
Annuisco e corro nuovamente fuori, entrando nel locale.
Osservo la gente seduta ai tavoli, poi mi accorgo di lui, seduto di fronte ad una ragazza, in veste di infermiera. Mi avvicino lenta senza farmi notare.
«Brady… sarà nostro figlio, ed io lo voglio tenere.» Alza il tono di voce gradualmente. Poi, rendendosi conto di non essere l’unica e sola lì dentro, alza lo sguardo osservando i presenti. Anche Brady fa lo stesso, ha uno sguardo serio e confuso. Si accorge di me solo pochi secondi dopo e si mette in piedi.
«Emily..» dice, ma io scappo fuori e senza guardarmi da una parte all’altra attraverso la strada.
Una macchina, però, suona il clacson ed io mi ritrovo catapultata su di essa.


POV. BRANDON.


Emily è distesa su un lettino d’ospedale ed io sono al suo fianco. Ha un braccio rotto ed un trauma cerebrale. Il neurologo ci ha rassicurati che si risveglierà, ma non ha specificato bene come e quando. Noah dovrebbe arrivare a momenti, mentre la sua famiglia e Kris sono in sala d’aspetto.
La fisso già da un’ora e non riesco a smettere di piangere.
Per la seconda volta mi sento colpevole. Per la seconda volta imploro Dio di smetterla con questi giochetti. Per la seconda volta ho paura di perdere una delle persone più importanti della mia vita.
Appoggio il capo sul suo ventre e le stringo la mano.
«Brandon» una donna mi posa una mano sulla spalla. Quando alzo lo sguardo riconosco la madre di Emily, Charlotte. «Vai di là… stai con tua sorella e il tuo amico… vorrei stare io qui con lei» mormora. Ha gli occhi pieni di lacrime, rossi e gonfi. Ora che li fisso bene, mi sembra di vedere Emily.
Mi alzo dalla sedia e sospirando le lascio la mano avanzando verso la porta.

In sala d’aspetto ritrovo subito Marcus e Kris. Sono distanti l’uno dall’altro ed in silenzio.
«Aspettiamo» sussurro rimanendo in piedi.
«Si sveglierà no?» a Kris trema la voce e sta trattenendo le lacrime, «Brady io non so che cosa sia venuta a fare da te… ma le avevo detto qualcosa prima di andare via da casa sua.» Sospira. Non rispondo aspettando che lei continui. «Le avevo detto di rincorrere chi amava davvero… e di seguire il suo cuore.» Scuote il capo.
Rimango il silenzio. Serro la mascella e respiro profondamente. «E’ troppo tardi, ormai» dico mentre il cuore mi si stringe nel petto.
«Cosa?» Domanda Marcus mettendosi in piedi.
«Avrò un bambino, da una donna che non amo… ma non posso lasciarla sola.» Vorrei sbattermi la testa al muro senza fermarmi. Un bambino. Io avrò un bambino. Che ne sarà di me?
Kris quasi si mette ad urlare. «Sei un cazzone! Non cambierai mai… » mi prende a pugni sul petto ed io la lascio fare. Poi si lascia andare in un pianto liberatorio. Marcus alza gli occhi al cielo e avvolgendole le braccia alla vita la distanzia da me.
«Sssh, basta» le sussurra.
Kris smette di singhiozzare e si volta a guardarlo, per poi abbracciarlo.
Marcus mi da una lunga occhiata e non parla.

«Dov’è? Dov’è?» Noah compare furioso dal corridoio. Si guarda in giro, ma solo Nathan riesce a farlo calmare spiegandogli la situazione. Rimane impassibile, ma quando si accorge di me, avanza accanito con i pugni chiusi.
Non ho intenzione di stenderlo, non adesso.
«Perché era venuta da te?» Arriccia il naso ed ha il respiro affannato.
«Lo chiedi a me?» Domando nervoso.
«Noah» sbotta Hanna dall’altro lato.
«Sì… a chi sennò? E’ per colpa tua che lei è cambiata… ha mille problemi, è sempre nervosa… per colpa tua! Non ti accorgi che fai solo del male alla gente? Non ti fai schifo da solo?» Sbraita puntandomi un dito contro. Ha ragione. Faccio solo del male, a me, a lei, a chi mi circonda.
«Adesso basta, razza di coglione vivente!» Grace avanza in lacrime spingendolo. «Con te non era felice, lo vuoi capire o no? Non ho mai visto mia sorella più viva di quando stava al suo fianco.» Sbotta aggressiva indicandomi. «Fatti da parte, evapora dalla sua vita… l’hai fatta diventare un burattino che rispetta gli orari, le regole… che dice e fa sempre la cosa giusta.» Gesticola nervosa. «La vita si vive rischiando e tu non sai neanche cosa voglia dire, ti bastano i tuoi soldi, i tuoi affari, il tuo lavoro… per essere felice, ma nella vita esistono cose ben più importanti!» Aggiunge mentre un silenzio assordante mi mette quasi paura. «Esiste l’amore, la felicità, la famiglia, le piccole emozioni che ti rendono una giornata bellissima… ti sei mai chiesto  perché Emily sorrideva poco con te? Te lo sei mai chiesto?» Sbraita.
Noah scuote il capo senza rispondere.
«Perché tu in questi anni non ti sei mai posto il problema, ma non esiste la ragazza perfetta, la vita perfetta, la giornata perfetta… e tu non sei perfetto! Hai creato solo la donna che volevi ed io rivoglio mia sorella, la rivoglio adesso, la rivoglio per com’era senza di te.» Singhiozza ed io senza esitare corro ad abbracciarla sussurrandole un “grazie”. Non capita tutti i giorni di essere difeso, soprattutto da una ragazzina.
Noah si dilegua, silenzioso, sedendosi affianco al padre di Emily.

Trascorro tutta la notte lì, mentre mille pensieri mi balenano in testa. Cos’era venuta a dirmi? Era così sconvolta e delusa.
Il mattino dopo siamo solo io, Noah, Grace e i due genitori. Il dottor Brown non esita mai. Sono già andato tre volte e non ha intenzione di dirmi nulla, ma io l’aspetterò, anche giorni, mesi, anni. L’ho sempre aspettata.

«Brady… ma non dovresti lavorare tu?» Charlotte mi posa una mano sulla spalla.
Le do una breve occhiata, «non riuscirei a lavorare pensando che… lei è lì…» accenno un sospiro indicando la stanza. Abbasso il capo, sorreggendolo con entrambe le mani.
Osservo, con la coda dell’occhio, Noah sbuffare e borbottare. Non lascerò Emily da sola, non importa ciò che pensa lui o gli altri. Lei, sei anni fa, combatteva insieme a me. Lei, sei anni fa, non mi ha abbandonato. E potrebbe crollare persino tutta New York, io rimarrò qui fino alla fine.


Ancora un’altra giornata a vuoto. E’ già notte fonda. Noah è nella stanza, con lei. Le sta tenendo una mano, le accarezza il volto e piange. Lo odio. Lo odio perché probabilmente ciò che lei voleva dirmi era che aveva intenzione di sbarazzarsi di me una volta per tutte, di smetterla di fare gli adolescenti, perché lei avrebbe sposato l’uomo della sua vita, Noah. Scuoto il capo e torno a sedermi, aspettando il mio turno.
 
Pochi minuti dopo, finalmente, sono insieme a lei. Le stringo una mano e appoggio su di essa il capo, senza staccarmi più. Ho il respiro affannato, i battiti cardiaci accelerati e un dolore lancinante alla testa. Sento persino il sangue pompare nelle tempie.
Quando la osservo per qualche secondo mi concentro sulle sue labbra schiuse, che, lentamente, si dischiudono. Corrugo la fronte e mi metto in piedi.
Che succede?
«Emily» sussurrò.
Le palpebre si aprono lentamente e i suoi occhi mi scrutano. Sono persi.
Con un lento movimento di capo si guarda da una parte all’altra, poi, fa attenzione alla mia mano posata sulla sua e lascia la presa. Mi faccio indietro di pochi passi.
«Chi sei? Dove mi trovo?» La sua voce rauca mi mette quasi paura.
Quelle parole mi bloccano il respiro. Cosa è successo alla mia mia Emily?
«Emily… sono Brady» mi avvicino a le accarezzo il capo, ma lei sembra infastidirsi al solo tocco, così corro fuori a chiamare il dottor Brown ed entro nuovamente nella stanza, nella quale, Emily è distesa, indifesa, sul lettino.
«Signorina, si ricorda il suo nome?» Le spalanca gli occhi con una mano puntandole una lucetta contro le pupille.
Lei scuote il capo e il dottore mi rivolge uno sguardo di disapprovazione.
«Ricorda cos’è accaduto?» Chiede nuovamente.
«No» sussurra lei.
«Brandon vieni con me» mi trascina fuori da un braccio, dove anche gli altri chiedono spiegazioni. «Non ricorda nulla… non ricorda il suo nome, cosa sia accaduto. Mi dispiace.» Conclude.
Noah porta entrambe le mani al viso, consolato da Charlotte.
Grace mi fissa sorridente e mi si incolla al braccio. «Se Emily dovesse rinnamorarsi di qualcuno
, quel qualcuno sei solo tu.» 

 
Angolo autrice.
Salve gente! Dovete scusarmi per il ritardo, ma è un periodo decisamente NO. Comunque, sconvolti? Ve l'aspettavate? Hmm, spero vi sia piaciuto e soprattutto incuriosito, perchè da adesso in poi ne succederanno delle belle. Aspetto le vostre recensioni, a presto! Bacioni.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


Capitolo 10.
 
 
POV BRANDON.



Sono passati solo due giorni da quando hanno dimesso Emily dall’ospedale. Adesso vive dalla madre. I risultati dei vari esami neurologici hanno riscontrato un’ amnesia retrograda.
Il medico ha consigliato di lasciarla a riposo, di non confonderla, di non farle domande e soprattutto di non fissarla con occhi diversi. La mia Emily  è scomparsa. Ho chiesto alla madre di poterle semplicemente farle visita ed ha accettato, mentre Nathan si rifiuta di farmi avvicinare anche di mezzo centimetro.
Sono più loro a tartassarla che io. Desidero soltanto guardarla in viso, tenerle una mano e farle capire che io ci sarò quando lei ricorderà tutto. Io farò di tutto per farle riaffiorare tutti i suoi ricordi, anche i più brutti. E non ho paura di esser nuovamente accantonato, non ho paura dei sentimenti che lei prova per Noah, perché sono follemente innamorato di lei, e questo conta.

Sono esattamente fuori casa Stewart. Il cielo è nuvoloso, fra poco pioverà, ma io non ho ancora il coraggio di entrare. L’auto di Noah non è posteggiata e questo mi da sollievo.
Ho bisogno di vederla a tutti i costi.
Avanzo di pochi passi, poi salgo lentamente gli scalini e busso. Tremo internamente e quando Kris mi apre la porta ne rimango piacevolmente sorpreso. Almeno non mi sentirò solo dentro quell’enorme casa.
Charlotte mi accoglie con un abbraccio ed un sorriso quasi forzato. Grace è entusiasta di vedermi, Nathan non molto.
«Sei venuto qua per vederla? Bè, caro mio… non la vedrai.» Sbotta a denti stretti.
Cerco di evitarlo. «Brandon vieni ti faccio strada…» Charlotte mi fa cenno di seguirla su per le scale, così sorreggendomi dalla ringhiera salgo lentamente. «Sai oggi ha parlato solo con Kris e ha mangiato pochissimo. La notte fa molti incubi e mi è capitato di addormentarmi sulla poltrona al suo fianco…» si ferma di fronte alla porte angosciata, «io so che devo farmi forza e so che la mia Emily è da qualche parte dentro di lei, ma mi piange il cuore non potermi comportare come vorrei. Lei ha troppa paura di me, di suo fratello…di suo padre.» Aggiunge piagnucolando. Le porgo una spalla su cui consolarsi e lei mi abbraccia. «Rimani quanto puoi…» detto ciò giro il pomello e quando la porta si apre mi sembra di tornare qualche anno indietro. La camera di Emily non è cambiata neanche di mezzo centimetro, tutto è rimasto uguale, ma lei rannicchiata su quel letto non ha la stessa espressione di un tempo. E’ intimorita, è afflitta e confusa.

«Ehi» sussurro avanzando.
«Probabilmente sei qualcuno che conosco quindi puoi entrare» mormora quasi esausta.
Così mi avvicino e chiudo la porta alle mie spalle, posizionandomi sulla poltroncina di fronte.
«Come stai?» La fisso. E’ pallida e ha gli occhi gonfi.
Lei alza le spalle, «vivo in una casa con gente che non ricordo chi sia, altra gente viene a farmi visita e vorrebbe persino baciarmi… sto proprio bene» sbotta.
Mi scappa un risolino pensando a Noah. Sicuramente si riferisce a lui.
«Bè, se può consolarti non sono qui per baciarti» ironizzo. Invece lo farei. Lo farei eccome, se solo tu ricordassi.
Lei accenna un sorriso, ma poi torna seria. «Lo sai che non ho ancora capito chi sei?»
Incrocio le braccia al petto e la guardo dritta negli occhi, «io non voglio dirtelo.» Sorrido. Gli occhi mi pizzicano e ho un nodo alla gola, ma non piango. «Ma presto lo scoprirai… non c’è nessuna fretta.»
«Eri importante per me? Solo questo» fa un gran sorriso e mi si apre il cuore. Poi incrocia le gambe e raddrizza la schiena fissandomi. E’ curiosa e non ha paura di me.
«Suppongo di si» rido.
Alza gli occhi al soffitto e sorride, «sicuramente sei stato un mio caro amico… anche se devo esser stata proprio stupida ad esser stata solo tua amica» mi fissa con sguardo ammiccante. La Stewart è ancora lì ed io la farò emergere. «Insomma… sei un gran figo» ammette indicandomi con una mano.
«Grazie» rispondo deciso.
«Non mi ricordo il tuo nome» schiude le labbra e fissa il vuoto, ma prima che si disperi parlo io.
«Brandon» sorrido avvicinando la poltroncina al suo letto.
Lei non si scansa, ma osserva il gesto con molta accortezza. «Sono chiusa in queste quattro mura…» si guarda intorno, «e ho trovato un sacco di foto in questi giorni. Probabilmente con alcuni compagni di scuola…» mi guarda. «Mi fa rabbia non ricordare. Se ho al mio fianco tutta questa gente, vuol dire che qualcuno mi voleva bene.»
Poggio la mia mano alla sua e lei si distanzia subito. Okay, mossa sbagliata.
«Sapevi come farti volere bene, ma sapevi anche farti odiare» inclino le sopracciglia.
«Mi hai mai odiata?» Domanda curiosa.
«No» dico.
«Hmm, interessante… non ho la più pallida idea di cosa fare, di come comportarmi, non so se la memoria riaffiorerà pian piano… o se devo comportarmi in un modo diverso. Non so nulla.» Sospira e sbuffa.
«Ascolta, ascolta…» la tranquillizzo guardandola negli occhi, «ci sono io, ci sarò sempre. Qualunque cosa, basta una chiamata… ed io corro da te. In qualsiasi posto io mi trovi, io posso essere anche da te, in meno di un minuto.» Sembra stupita dalle mie parole ed arrossisce.
«Grazie» il suo tono è tranquillo e dolce.
Mi alzo in piedi e le porgo una mano, «vieni con me» sussurro. Mi guarda con espressione corrucciata e non risponde. «Fidati» aggiungo.
Appoggia il palmo della sua mano sul mio e la stringo. La invito ad alzarsi e lei così fa. La guido verso il balcone e con passi lenti finalmente ci riusciamo.
E’ già buio, ma una fioca luce illumina il mio balcone e si riesce ancora a notare la mia stanza. Quella casa è ancora la mia. Mio padre quando ha commissioni di lavoro in città pernotta lì, ma io non ci ho più messo piede dopo la partenza al college.
«Quella era la mia  stanza sei anni fa» la indico e le do una breve occhiata, ma trovandola infreddolita rientro dentro a prenderle il plaid e glielo poggio sulle spalle. Lei è compiaciuta del gesto e se lo sistema in modo da riscaldarsi. «E questa era la tua.» Continuo.
«Eravamo vicini di casa quindi» dice.
Annuisco con un suono gutturale.
«La notte prima di andare a dormire, o meglio… la notte fonda, mi affacciavo al balcone e cercavo di vedere se fossi sveglia. Alle volte dormivi, alle volte la luce era accesa, altre… anche tu eri affacciata.» Sorrido ricordando.
«Sono mai entrata in casa tua?» Domanda curiosa.
Annuisco.
«Mi ci porti?»
Mi trovo in difficoltà. Non credo che la famiglia mi consenta di farla uscire.
«Non so se loro…»
Rotea lo sguardo e sbuffa, «giusto, devo riposare» borbotta. «A che mi serve stare sdraiata ventiquattro ore su ventiquattro su quel letto e non vedere il mondo che mi circonda? Io fisicamente sto bene. Ho solo bisogno del mio passato e di ciò che era il mio presente.» Rientra in stanza e si avvicina ad uno stereo. «Ho trovato un cd e questa canzone mi è piaciuta particolarmente…» preme play.

And if you have a minute why don't we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don't we go
Somewhere only we know?
Somewhere only we know?


Non parlo e lei canticchia sottovoce. Mi fissa maliziosa e sorride dolcemente dondolandosi da una parte all’altra. Mi sta chiedendo di portarla in un posto che solo noi conosciamo ed io vorrei poterla portare dappertutto. Scapperei persino dalla mia realtà per stare al suo fianco.

«Portami in un luogo che solo noi conosciamo» sussurra.
Quando qualcuno apre la porta, Emily abbassa il volume della musica e Charlotte sorride osservandoci.
«Noah vorrebbe vederla» mi fissa quasi implorandomi di uscire, ma non voglio.
Emily boccheggia per qualche secondo, vorrebbe dire la sua a proposito.
«No.. io voglio fare un giro in città con Brandon» dice sorprendendomi.
Ed anche se so che mi beccherò un pugno dal fidanzato, non mi tirerò indietro.
«Tesoro devi riposare, il medico ha detto»
«Ha detto che prima o poi ricorderò, ma meglio prima che poi… ed io ho bisogno di ricordare chi ero.» Alza gradualmente il tono di voce. «Non potete tenermi segregata qui dentro per il resto dei miei giorni. So che ero qualcuno, probabilmente ero innamorata di qualcuno, probabilmente avevo un lavoro che mi gratificava ma come faccio a ricordare se non mi date la possibilità di farlo?»
Charlotte si trova con le mani legate e non ha nulla da obiettare. Annuisce ed esce dalla stanza lasciandoci nuovamente soli.
«Metto qualcosa addosso e ti raggiungo di sotto…» risponde decisa.
Non so ancora dove la porterò, ma la mia Emily sarà al mio fianco per un’intera sera.

Esco dalla stanza arrivando di sotto. Grace mi abbraccia.
«Conto su di te.» Sussurra al mio orecchio. «Noah però vuole ucciderti.» Mi mima distanziandosi.
Eccolo. E’ proprio di fronte a me. Mi guarda in cagnesco, ma non lo temo.
«Le hai fatto un lavaggio del cervello?» Stringe i pugni. «Non ti basta la ragazza da cui hai un figlio?» Sbotta.
Sto per controbattere, ma poi mi fermo a riflettere. Lui come fa a saperlo?
«Che cazzo ne sai?» Aggrotto la fronte serrando la mascella.
Boccheggia e si innervosisce scambiandosi una lunga occhiata con Hanna e Nathan.
Hanna scuote il capo e nasconde il viso con le mani. «Sappi che io non ero d’accordo e l’ho saputo solo pochi giorni fa. Non c’entro nulla.» Quest’ultima alza le mani in segno di resa, mentre Nathan borbotta e impreca a bassa voce.
«Sto per sbattervi la testa contro il muro ad entrambi, vi farò sanguinare fino a farvi morire e non sto scherzando.» Avverto la tensione passare in ogni parte del corpo, presto esploderò. Ho già capito tutto, ma voglio esserne certo.
«Okay, okay» esordisce Nathan. Charlotte, Grace e Kris fissano curiose di sapere silenziose.
«Okay un cazzo» sbotto avanzando verso di lui.
Lui indietreggia. «Mia sorella si stava per sposare e tu le stavi sempre intorno. Ovviamente tu sei il suo Brady e la stavi confondendo e così abbiamo preso le giuste precauzioni.» Spiega con molta tranquillità, evitando il fatto che sarebbe morto se non fosse scappato all’istante.
«Precauzioni?» Alzo il tono di voce come un forsennato.
«Sì, avresti avuto un figlio non tuo… ma almeno non avresti avuto più niente a che fare con mia sorella. Lei non può stare con te, lo capisci?»
Non ci vedo più e senza pensarci due volte sgancio un destro contro il suo naso, ed un altro contro la bocca di Noah che si muove in un sorrisetto soddisfatto.
«Che bastardi» commenta mia sorella dietro di me. Per la mia volta in tutta la mia vita mia sorella non si è tirata indietro a due cazzotti. Non ha mosso nessun arto per impedirmelo. Ha osservato la scena con piacere. Grace altrettanto. Charlotte, invece, così sconvolta rimane a bocca aperta con una mano poggiata sul petto.
«Tu non sei mio fratello, tu sei una merda!» Sbraita Grace spingendo Nathan che sorregge il suo naso. «Ammazzati e non farti vedere mai più. Uomo senza cuore. Scompari da New York che provochi solo disagi.» Infine corre per le scale e sbatte la porta della stanza.
«Nathan» sussurra con voce tremolante la madre, «Noah» fa lo stesso e li fissa. «Uscite da casa mia.»
Nathan prende il giubbotto, la fidanzata per mano ed esce senza dire una parola.
Noah invece fa resistenza, ma Charlotte non ha altro da dire e lo invita ad andare per l’ennesima volta.

Mi posiziono sul divano tenendo con entrambe le mani la testa. E’ tutto un casino.
Quella puttana di Madison mi ha mentito. Si è presa solo gioco di me, ma adesso mi sente. Sfilo il cellulare dalla tasca del giubbotto e digito i tasti senza pensarci.

“Sei una puttana. Non farti più vedere, noi due siamo solo due persone che lavorano nello stesso ospedale, per il resto non rivolgermi più la parola. Scompari!”

Pochi secondi dopo lei risponde.

“Mi hanno pagata Brandon e mi servivano quei soldi, avrei persino finto pur di avere quei soldi. Mi dispiace… sul serio… ma prima o poi te l’avrei detto. Comunque rispetto la tua decisione.”

Cancello i messaggi e il numero dalla rubrica telefonica. Non ho niente a che fare con questa gente, ma se credono sul serio che qualcosa riesca a separarmi dalla Stewart sono completamente fuori strada.
Kris mi posa una mano sulla spalla. «Emily sa in cuor suo che tu sei ciò che realmente vuole.»
Alzo gli occhi e la osservo. «Non so cosa farei senza di te» mormoro.
Non risponde, ma sorride dolcemente. «Vado a casa da Lux, la baby-sitter termina il turno tra mezz’ora e poi anche Marcus passerà stasera… ti aspetto sveglia, so già che non riuscirei a dormire.» Indossa il cappotto e dopo aver salutato la madre di Emily esce di casa.

Quando Emily scende le scale mi ritornano in mente tanti ricordi, quelli che lei purtroppo non riesce a rimembrare. E’ così bella, sensuale anche con un semplice jeans ed un pullover.
Mi sorride e dopo aver indossato una sciarpa ed un montgomery blu esce di casa al mio fianco. Quando però si trova di fronte all’auto ha come paura di entrare.
«Non potrà succederti nulla, te lo prometto, con me sei al sicuro» le apro la portiera e lei dopo un lungo incessante respiro entra e si sistema.
Salgo al suo fianco e metto in moto.
«Ho per caso sentito le urla di sotto e ho inteso che ti hanno preso in giro su qualcosa di importante… mi dispiace» incrocia le braccia al petto e mi guarda.
«Non ti ricordi proprio niente eh?»
Scuote il capo dispiaciuta.
«Rimedieremo» sorrido e parto.

Una mezz’ora dopo siamo di fronte alla scuola. Ho mandato un messaggio a Marcus chiedendogli di aprirci la palestra e lui è esattamente posteggiato lì di fronte.
Esco dall’auto seguito da Emily e mi avvicino al mio amico.

«Bella Stewart» commenta lui.
Emily saluta con un cenno di mano confusa.
«Non farò il magnanimo con te, tu non sei mai stata buona con me … quindi ricorderai con le buone o con le cattive quanto mi volevi bene sotto sotto. Ti starò dietro come un mollusco che non vuole staccarsi… perché…Emily questa è solo una fase di passaggio.» Dice Marcus sorridendogli.
«Hai sfogliato il vocabolario?» Domanda lei ironica.
Entrambi spalanchiamo la bocca e rimaniamo di stucco. Marcus mi guarda come impietrito.
«Come fai a sapere che lui è un ignorante?» Chiedo scoppiando a ridere per l’insulto gratuito.
«Intanto sei uno stronzo» mormora lui dandomi uno spintone.
«Vi state sempre a punzecchiare voi due… e poi non so…» si guarda intorno respirando profondamente, «mi sentivo di dirlo, come se lo sapessi.» Dice con nonchalance.
Il dottore ha specificato che l’amnesia poteva prolungarsi anche a giorni o anni, ma così, in tempo record ritornerà in carreggiata la mia Stewart.
«Okay, io vi apro la palestra… però…» Marcus si volta a fissarmi, «se tu non la chiudi e la lasci come la trovi ti giuro sul Signore che ti cancello dalla lista best friend forever. Chiaro?» Parla sottovoce a denti stretti, mentre Emily con espressione corrucciata cerca di capirne qualcosa.
«Sì, bro, sì.» Rido e lo seguo facendo cenno ad Emily di venire con noi.
«Lui è pazzo, dove ci sta portando?» Chiede lei.
Mi scappa un risolino e Marcus si volta antipatico sentendo l’affermazione di Emily.
Apre la porta della palestra e dopo esser entrato blocca Emily all’entrata.
«Ma non perché non ti ricordi chi sono mi devi insultare da quando mi vedi a quando scompaio dalla tua vista però!» Esclama. In tutto ciò non smetto di ridere

E’ incredibile come riesca a portare allegria alla gente. Ride di continuo e finalmente sta facendo sorridere anche Emily, nonostante il fatto che lo considera un idiota patentato.

«Non sporcate nulla… che la preside mi fa il culo così» gesticola, ma ancor prima che lui finisca io ho chiuso la porta, lasciandolo fuori. Apro le luci e prendendola per mano la faccio salire su per la gratinata. Ci sediamo esattamente dove il primo giorno di scuola del suo primo e ultimo anno qui dentro, era venuta a vedere la partita.
In realtà non era venuta per me, ma per Lucas.
«Qui eri seduta alla prima partita del campionato… ti notai subito, anche in classe, nel corridoio, eri la ragazza nuova e naturalmente… Lucas Brown ti aveva adocchiata come possibile preda…» spiego ancora infastidito al pensiero, «ti aveva invitato alla partita e tu avevi accettato. Avevi al tuo fianco Samantha ed Hanna, ma non eri al tuo agio. Ti guardavi sempre intorno, applaudivi non molto convincente e insomma… non era ancora il tuo posto questo.» Concludo sorridendo.
«Lucas Brown…. Capelli castano chiaro, occhi verdi e fisico mozzafiato. Il primo giorno di scuola mi ha scontrato e mi ha fatto cadere i libri a terra…. Come faccio a ricordarlo?» Spalanca gli occhi e mi fissa. Ne sono felice, nonostante tutto.
«E’ una cosa… positiva» balbetto.
«Ma non ricordo te…» sussurra, «raccontami il nostro incontro.»
Mi metto in piedi e la faccio alzare, indirizzandola con passo svelto verso le aule al piano di sopra. Ricordo a memoria in quale eravamo.
Entro e mi siedo al mio banco. Sorrido ed inalo l’odore del legno dei banchi, e quello di chiuso. Lei, invece, stranamente, quasi senza pensarci, prende posto in quello che era stato il suo banco per il resto dell’anno. Mi guarda e sorride.
«Prima ora, letteratura… quell’insegnante ci odiava, perché facevamo sempre baccano. Ti disse che sicuramente avresti trovato le giuste compagnie e io da qui dietro ti fissavo e pensavo “cazzo quant’è carina”. Nel frattempo punzecchiavo la prof e tu mi fissavi cosi indignata dal mio comportamento che… ero certo, non mi avresti mai ammirato davvero.» Sospiro e annuisco.
«Perché?» Chiede lei.
«Frequentavi il gruppetto che praticamente mi odiava di più. Hanna non riusciva proprio a vedermi, Samantha era neutrale invece… ma ti inculcavano in testa cose del tipo “stai alla larga da Felton, che porta guai”
Sorride e si sorregge il mento con una mano ascoltando il resto della storia. «Eri il classico cattivo ragazzo che attira tutte, sicuramente ne ero attratta anche io» ammette.
«Attratta… probabilmente sì, ma hai cominciato ad uscire e parlare con Lucas… che io giuro odiavo più di me stesso. Si sentiva il re della scuola solo per la coroncina che mettevano alla sua testa ogni anno.» Accenno una smorfia con il naso e lei scoppia a ridere.
«Però avevo buon gusto» mi schiaccia un occhio.
«Mi ricordo invece di una sera… la sera in cui ti ho parlato. Eri venuta a questa festa organizzata da lui. Io ero già brillo ad inizio serata, ma poi ti ho visto entrare… indossavi un jeans, una camicetta aderente che esaltava tutte le tue forme ed un cardigan rosso fuoco» dico pensieroso, «Mi strappasti dalle mani il bicchiere di birra ed io ne rimasi sorpreso, perché al massimo mi strappavano di dosso i vestiti, non altro. Ti risposi arrogantemente, ma tu non perdesti occasione per contrattaccare. Mi dicesti persino di evaporare» rido al solo pensiero e lei fa lo stesso. Morirei per sapere se sta ricordando. «E mi facesti capire con nonchalance che non avevo nessuna chance con te, poi… a fine serata hai assistito all’esibizionismo di un Marcus ubriaco sopra l’albero ed io giuro che ridevo al solo fatto di quanto fossi entusiasta ad osservare i miei addominali nell’alzarmi per recuperare l’imbecille.» Continuo a ridere mentre lei mi fissa imbarazzata.
«Sicuro osservassi quelli?» Chiede maliziosa.
Annuisco senza pensarci.
«Sottolineasti persino in un bar il tuo nome e cognome, perché ti denominai “La Nuova”  e questo t’infastidì. Ero eccitato all’idea di avere a che fare ogni giorno con una birbante come te, perché lo sapevo che dietro quel faccino angelico si nascondeva un’altra ragazza con capacità e potenzialità uniche.»
Lei sospira. «Insomma, per te non ero solo un’amica?»
«Non ho intenzione di raccontarti il resto della storia Emily Stewart…» mormoro mettendomi in piedi. Avanzo verso di lei e mi inginocchio prendendole entrambe le mani. Lei non si tira indietro, come se si fida di me e questo mi fa rimbalzare il cuore fuori dal petto.
«Il resto è dentro di te, il tuo cuore conosce ogni cosa. Solo tu sai come andò a finire e adesso siamo qui, dopo sette lunghi anni. Sono qui, con te, perché voglio solo che tu ricordi chi eri, chi eri con me, chi eri con lui, chi eri con loro.»
I suoi occhioni mi scrutano. Sono lucidi e vispi. Vorrei abbracciarla, ma ho paura della sua reazione.
«Cosa accadrà quando ricorderò tutto?» Lo chiede quasi intimorita.
Sospiro e mi  prendo qualche istante prima di rispondere. «Io sarò qui e qualunque cosa accadrà, io non dimentico ciò che è stato.» Mi slancio e provo ad accarezzarle il volto. Lei socchiude le palpebre al tocco lieve. Muovo lentamente la mano sulla sua guancia e le sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Oh Brady» mormora con voce cantilenante.
Mi ha chiamato Brady. Smetto di respirare. Non posso crederci.


Angolo autrice.

Ma ciao! Scusate il ritardo, perdono, perdono! Aahah, allora... eccoci con un altro capitolo. Spero vi sia piaciuto ovviamente e spero di leggervi in tanti con le vostre dolcissime recensioni. Bacioni, a presto!:* 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


Capitolo 11.
 

 POV BRANDON.

Esco di casa velocemente, salto gli scalini, visto l’enorme ritardo che farò in clinica.
Ho passato tutta la notte con Emily, in un bar fuori città e sono rientrato in mattinata.
Avrò all’incirca tre ore di sonno, ma non m’importa. Era da tanto che non trascorrevo nottate come quella, mi era mancato.
 
Emily adesso mi chiama “Brady”. Ho provato a chiederle più volte come le fosse venuto in mente, lei dice solo che è un diminutivo perfetto. Alle volte sono pessimista e mi continuo a ripetere che è tutto inutile, mi faccio prendere dallo sconforto e perdo tutta la vitalità che ho per farle riemergere i suoi ricordi; altre volte sono energico, iperattivo e riesco a pensare positivo anche quando tutto mi dice di lasciar perdere.
Emily è sempre stata una ragazza…una donna complicata e adesso lo è ancor di più. Probabilmente sta facendo emergere un altro lato sconosciuto di me stesso. Riesco a conciliare il lavoro con le uscite in sua compagnia e riesco a fare bene sia l’uno che l’altro. Ormai è da una settimana che va avanti questa storia e fortunatamente quando decido di mollare, di lasciare l’ancora, qualcosa me lo impedisce. Saranno i suoi occhi? Sarà il suo sorriso che esplode sul suo viso? Sarà la sua voce che mi risuona nell’orecchio come una dolce melodia?

Arrivato in studio, ricevo scattante tre pazienti. Oggi sono più paziente del solito. Le signore anziane che fingono di essersi fratturate un arto, non mi infastidiscono poi così tanto, anche se in realtà perdo solo tempo, ma sono così care e dolci quando mi ripetono che uomo eccezionale, carismatico e brillante io sia. Non mi capita spesso di sentirmelo dire, ma quelle giovincelle di età avanzata mi fanno sorridere ogni volta che le vedo entrare dalla mia porta. Sono piene di vita quando mi vedono e non perdono occasione per sculacciarmi o in qualche modo stritolarmi le guance.
Ah, le donne! Indomabili creature dall’animo fragile e sensibile.


«Felton, può andare prima oggi… il suo turno finisce qui» il primario mi da una pacca sulla spalla e corre in sala d’attesa.
Colgo al volo l’invito, torno in studio, sfilo il camice velocemente ed indosso il giubbotto e la sciarpa di lana nera a righe grigie. Saluto l’infermiera di turno e alcuni del personale che incontro avanzando verso l’uscita e finalmente, alla fine, mi ritrovo fuori.
Sfilo il cellulare dalla tasca del giubbotto e dalle chiamate rapide clicco subito su “Bro”.
Attendo qualche secondo poggiato ad un palo del marciapiede e alla fine si decide a rispondere.
«Chi è?»
«Il lupo mannaro» dico con sarcasmo grattandomi il capo. «Dove sei? Esci da quel letto e mangiamoci un panino al bar» ordino.
Lo sento mugugnare di sottofondo.
«Ti aspetto fra cinque minuti al solito tavolo, non tardare che non te lo offro sennò.» Scoppio a ridere.
«Sto arrivando, giuro… massimo sette minuti o otto, ma aspettami!» Dice frettolosamente.
Quando si parla di mangiare è sempre attivo e disponibile.

Mi dirigo verso l’entrata del bar e ricerco con lo sguardo il tavolo dov’è solito sederci, ma noto con disappunto che è occupato. Quando,però, riconosco la chioma piena di boccoli ondeggianti castani di Emily sorrido e mi accorgo che è in compagnia di mia sorella.  Cammino lentamente, ma con passo decido ed arrivato lì di fronte mimo a Kris di stare zitta e poggio i palmi delle mani sulle palpebre di Emily. Lei sussulta subito e comincia ad agitarsi. Con le sue mani tocca le mie delicatamente e sorride. Poi prende un lungo respiro.
«Brady» sussurra.
Lascio libero il suo viso e mi siedo al suo fianco sorridendole.
«Come mi hai riconosciuto?» Chiedo curioso e speranzoso.
Lei alza le spalle, accenna una smorfia con le labbra «il tuo profumo» dice tranquilla.
Scambio un breve sguardo con mia sorella compiaciuto e sorrido senza parlare.
«Ordini qualcosa?» La cameriera in minigonna super aderente si avvicina al tavolo mettendo in mostra le sue simmetriche e lunghe gambe bianco latte, è impossibile non guardarle e mi fissa maliziosa.
«Aspetto un amico» schiaccio un occhio e lei con un sorriso si dilegua.
Mi accorgo dello sguardo assassino di Kris e così mi volto a guardarla, mentre Emily è confusa, ma decisamente curiosa.
«Perché fai il cretino con quella gatta morta?» Chiede schifata lasciando la cannuccia con la quale sorseggiava la sua cioccolata calda.
Scoppio a ridere comprendo le labbra con una mano e con la coda dell’occhio osservo Emily.
«Sono grande e vaccinato, posso guardare e stuzzicare chi voglio» sto solo cercando di innescare una reazione in Emily che a quanto pare fa come se non avesse capito nulla. Ecco, questi sono i momenti in cui mi chiedo che cavolo io stia facendo, visto che non ho nessun risultato.
«Lei non ti piace… è ovvio… a me pare che lo fai solo apposta.» Quando sento la voce di Emily uscire dalle sue bellissime e carnose labbra mi ipnotizzo. Ha parlato!
La fisso curioso e ansioso di sapere cos’ha da dire.
«C’è qualcuno che ti piace qui dentro e stai cercando di infastidirla? Perché se così fosse, Brady… ciò che odia terribilmente una donna è un coglione che finge di provare interesse per un’altra, solo per farle un dispetto.» Il suo tono è pacato e quasi m’incanta.
La Emily di qualche mese prima mi avrebbe mangiato vivo, strappandomi la pelle dal corpo a morsi.
«Bè, potrebbe esserci una donna che qui dentro mi interessa, ma non è il caso che glielo dica» dico allusivo. Proprio in quell’istante spunta all’entrata Marcus. Quando ci nota accenna un saluto con la mano e si avvicina, lasciando una scia della sua colonia.
«Oh, l’addormentato» mormora Kris senza guardarlo.
«Il bel… addormentato» la corregge lui sedendosi di fronte a me con malizia.
«Possiamo ordinare ‘sti panini?» Domando interrompendo i loro sguardi ammiccanti.
Si risveglia subito dal sonno profondo, «certamente!» Esclama. «Paghi tu no?»
Annuisco roteando gli occhi e con un sorriso famelico richiamo la sexy cameriera.
Ordiniamo due panini farciti di hamburger, patatine e varie salse, suscitando lo sconforto di mia sorella e lo stupore di Emily.
«Quello che devi ricordare di Brady… Emily… è che è una buonissima forchetta.» Dice Kris.
Io approvo senza dire una parola.
Attendiamo una decina di minuti, fin quando i vassoi arrivano al tavolo. Divoro il panino come se fossi affamato e propongo un morso sia a mia sorella che ad Emily. Solo quest’ultima accetta e dopo svariati morsi, decido di cederlo direttamente a lei, per finirlo.  Marcus mi fissa stupito dal gesto. Fin da piccoli quei panini accompagnavano i nostri pomeriggi e non cedevamo mai nulla a nessuno, quando si trattava di cibo, al massimo dividevamo. In quel caso, invece, era Emily la diretta interessata… ma se io fossi capace di donargli completamente me stesso, come non riuscirei a cederle un panino?


Trascorriamo lì un’intera ora. Poi dopo aver pagato il tutto, mi dirigo fuori accompagnato dagli altri tre. Kris monta in auto proponendo ad Emily di farle vedere Lux, ma lei preferisce fare un salto a casa per riposare. Marcus, invece, scompare dietro ad una rossa mozzafiato a cui sta chiedendo finte indicazioni stradali. Idiota.
A quel punto rimaniamo solo io e  lei. La fisso senza dire una parola.
«Suppongo sia tu ad accompagnarmi a casa» sorride.
«Ti accompagnerei anche sulla Luna… Emily Stewart» dichiaro apertamente.
Lei diventa paonazza ed abbassa lo sguardo. Le apro la portiera dell’auto e lei si siede velocemente. Poi monto al volante e parto.
Per tutto il tragitto è la radio a tenerci compagnia con le note di  It’s My Life di Bon Jovi.
Lei canticchia ed io mi allieto con la sua voce melodica. Poi si accorge che per un secondo la sto fissando e lo fa anche lei.
«Rischi di sbandare o direttamente di investire… se non guardi la strada» sussurra.
Sono più attento a fissare le sue cosce seminude coperte da una calza color carne velata.
«Hai ragione.» Dico deglutendo rumorosamente. Mi fa andare su di giri, ma ancor di più impazzisco sapendo che non posso sfiorarla con un dito, perché mi potrebbe respingere o addirittura schiaffeggiare e… non è bella una sberla della Stewart.

Quando arriviamo di fronte casa sua, si volta a bocca aperta e mi fissa.
«Mi hai davvero portato a casa?» Sogghigna. Mi sento quasi uno stupido e cerco di capire cosa voglia fare. «Pensavo mi avessi portato a conoscere una parte del mio passato…» sussurra decisa.
Mi sento esplodere dentro e senza dire mezza parola, rimetto in moto e parto accelerando. Lei scoppia a ridere e non la smette. In quel preciso istante rivivo i momenti in cui ero al suo fianco e in cui la sentivo ridere a crepapelle. Quella sua risata che ti fa scoppiare il cuore di gioia e spensieratezza. La Mia Stewart.

Pochi isolati dopo, parcheggio. Lei si guarda in giro e nota il cancello del cimitero.
«Voglio fare una piccola e breve premessa» esordisco, «ti sto regalando un ricordo orribile della mia vita, un ricordo che farebbe male anche a te, lo so… ma ovviamente, fa parte di me, di noi, di ciò che eravamo… ed io ho bisogno che tu lo sappia, se non puoi ricordare.»
Lei sembra quasi impaurita, ma non si lascia prendere dallo sconforto ed esce dall’auto per prima. Percorre un vialetto al mio fianco ed involontariamente le nostre mani si congiungono. Le mie dita si intrecciano alle sue e il mio cuore cessa di battere per qualche secondo.
Lei si guarda un po’ in giro, poi mi guida di fronte alla lapide di Tom. I fiori sono freschi ed emanano un profumo piuttosto gradevole.
«Thomas Felton» sussurra lei, stringendomi ancora la mano. «Il tuo gemello.»
«Te lo ricordi?» Dico basito.
Lei annuisce. «Sì, ma non volevo dirtelo… è un pensiero che mi è passato per mente qualche giorno fa. Stavo guardando delle foto ed ho trovato una foto con lui e subito ho collegato… il funerale, la sua morte… ed è stato il momento più brutto che abbia mai vissuto. Ricordare, di nuovo, qualcosa che mi corrode ancora dentro.» Le sue parole sono quasi rassicuranti per me. Vuol dire che non è tutto inutile, allora.
«E’ assurdo il fatto che tu non riesca a ricordarti di me, di ciò che eravamo e di ciò che avevamo solo noi due…» mi demoralizzo per qualche secondo accovacciandomi sulla lapide. Lascio un bacio ed accarezzo le lettere del suo nome rialzate.
«Non ti ho detto neanche che mi ricordo della nostra prima volta…» sussurra. Ritorno alzato e mi posiziono di fronte a lei. «Ho trovato un post-it, conservato nel mio diario e diceva “la prima volta con Brady… credo di amarlo”.»
Rabbrividisco e non riesco più a parlare.
«Brady non so quanto ci vorrà per conoscere per filo e per segno tutta la mia, la nostra storia… e non so se ricorderò tutto, quello che so è che non finirò mai di ringraziarti per tutto quello che stai facendo adesso per me e… magari per quello che hai fatto negli ultimi anni o mesi. » Dice accarezzandomi il volto.
Socchiudo le palpebre e respiro profondamente.
Non ho intenzione di parlare. Non ci sono parole per descrivere il mio stato d’animo al momento. Come lei, mi sento quasi svuotato. Eccolo lì, uno di quei momenti in cui la mia speranza cede… ma poi le sue mani stringono le mie ed io mi sento quasi sollevato.
Emily Stewart sa annientarmi e salvarmi in pochi secondi. Stravolge la mia vita e ne fa sempre ciò che vuole. Mi sento dipendere completamente da lei e non so mai se sia una cosa positiva o negativa.

Quando la riporto a casa è quasi sera. Il sole non è tramontato del tutto ed rossore si sbiadisce con l’azzurro del cielo.
«Dovresti scendere» mormoro con voce rauca tenendo lo sguardo fisso sulla strada.
Non risponde. A quel punto mi volto a guardarla ed osservo i suoi occhi lucidi, come se stesse trattenendo le lacrime.
«Che succede? Ti senti male?» La scuoto delicatamente, ma lei non ha intenzione di guardarmi. Mi preoccupo.
Scuote il capo, «non sono sicura di continuare a vivere con la consapevolezza che la gente che mi sta intorno è gente che tenga a me ed io non riesco a provare a pieno le stesse sensazioni ed emozioni. Mi sento vuota.» Singhiozza.
Le accarezzo il capo e l’avvicino a me, facendole appoggiare il capo sul mio petto.
Il mio cuore batte all’impazzata, non perché sia spaventato o altro, ma perché mi mancava stringerla fra le mie braccia.
«Puoi farcela…» le sussurro «esiste l’Emily combattiva da qualche parte dentro di te, devi solo farla emergere… con un po’ di volontà, sono sicuro che riuscirai a ricordare» queste parole dovrebbero esser convincenti anche per me, oltre per lei.
Si alza e finalmente incrocio il suo sguardo. «Grazie» detto ciò, apre lo sportello dell’auto e dopo un ultimo sguardo s’incammina verso casa. La osservo mentre apre il portone e senza più voltarsi entra.


POV EMILY.


Sono trascorsi tre giorni. Il medico dice che ci sono dei miglioramenti. Finalmente ricordo la mia famiglia, con l’aiuto di foto, video e racconti, i ricordi anche se brevi e distaccati, stanno riaffiorando. Brady è partito due giorni fa per un convegno di lavoro ed io trascorro più tempo con Noah. La sua compagnia non mi dispiace, anche se non ho ricordato ancora molto.
Oggi mi porterà in barca, anche se io odio la pesca. Forse non gliel’avevo mai detto quando stavamo insieme.

«Sei pronta?» Chiede fissandomi sul ciglio della porta.
Mia madre lo fissa disgustata… e non capisco ancora il perché. Nathan ed Hanna non mettono piede in casa da giorni, ormai. Mi hanno invitata un paio di volte alla loro per pranzo o cena, ma non mi sono mai sbilanciata nel domandare cosa sia accaduto.
Porto in spalla una borsa con dentro telo, occhiali da sole e varie cianfrusaglie ed esco di casa. Noah mi prende dalla vita attirandomi a sé, non faccio niente per impedirglielo, probabilmente era solito farlo prima dell’incidente e non sarà facile per lui stravolgere la quotidianità.
Apre la portiera dell’auto e mi siedo. Fa un giro da dietro veloce e finalmente sale anche lui. Mi sorride, mette in moto e partiamo. Accende lo stereo e canta a squarcia gola una canzone che non avevo mai sentito prima d’ora.
Mi sento un po’ spaesata, così prendo dalla borsa l’iPhone ed inviò un messaggio a Kris.

Siamo sicuri che non è un maniaco? Dico… non è che una volta arrivati al lago, mi getta di sotto?

Ovviamente sono ironica e Kris non si risparmia.

Per qualsiasi cosa Super Kris è disponibile. Se ci sono problemi chiama, digita un messaggio, mandami una colomba con un bigliettino… sappi che arriverò in un nano secondo… anche se questa pesta oggi mi sta facendo davvero uscire pazza! Non la smette di urlare, la tata non ha intenzione di venire perché è esausta, Marcus è a scuola… io non so proprio come fare!!

Scoppio a ridere leggendo il messaggio e suscito la curiosità di Noah, che seppur guidando, si sporge per sbirciare.

«Che succede?» Chiede.
«E’ solo… Kris» mi schiarisco la voce.

Pochi minuti dopo mi trema la coscia, dove era appoggiato il telefono. Osservo il display e scopro un messaggio di Brady. Sorrido ed apro tranquillamente.

Ehi bella fanciulla… come te la passi?

Mi prendo qualche secondo prima di rispondere. Mi sento strana. Un peso sullo stomaco mi impedisce quasi di respirare perfettamente. Mi tremano le mani ed il cuore batte più veloce del solito e del dovuto.

Noah mi sta portando a pesca… tu… come stai?

Riesco a scrivere solo quelle poche parole, premo invio e aspetto una sua risposta.
Noah, nel frattempo mi fissa, si è sicuramente accorto della mia agitazione irrazionale.
«E’ tutto okay, Emily?» Assottiglia lo sguardo ed aggrotta la fronte.
Annuisco e nello stesso momento mi accorgo che Brady ha risposto.

Ah….
Io al momento sono in una stanza d’albergo…sto aspettando la colazione.


Rimango accigliata e perplessa. Mi pongo una serie di domande inspiegabili, ma rimango silenziosa ed immobile.

Suppongo ci sia con te una bella ragazza…

Risponde subito.

Sei libera di crederlo.

Ripongo il cellulare nel taschino della borsa e non rispondo.
Socchiudo le palpebre e poggio il capo sul sedile.

«Emily, Emily…» riapro gli occhi ed osservo subito l’orario, sono passate due ore. «Siamo arrivati» ghigna.

Posteggia l’auto ed io scendo. Testo il terreno umido e mi ritrovo di fronte un immenso lago. Ho quasi paura!
La mano calda di Noah mi si posa sulla schiena e mi guida silenzioso verso una barchetta a remi posta affianco ad un albero.
«Dai, salta su..» ridacchia.
Accenno una risata e prima di mettere un piede dentro, appoggio la borsa. Poi entro delicatamente e lentamente. La barca barcolla per qualche secondo e poi con la mano ferma di Noah, torna stabile.
Mi siedo ed aspetto che la spinga verso l’acqua e  che salga anche lui.
Mi passa per mente persino la stramba idea che mi lasci sola lì sopra e mi abbandoni. Morirei più di spavento, anziché di fame o di sete. Quando però lo vedo sedersi, ritorno serena.

Trascorro i primi dieci minuti osservandolo, poi mi cimento anch’io.
«Ecco… tira.. adesso tira» ride lui.
Faccio come dice, ma quando sento di aver acchiappato qualcosa me la lascio sfuggire. A quel mi rimetto a sedere sorridente e spensierata. Per pochi minuti sento solo il rumore degli alberi, le foglie che si muovono a causa del vento… respiro profondamente ed inalo il profumo della natura.
Avvicino, poi, la borsa a me e tiro fuori il cellulare. Lo accendo e trovo due messaggi di Brady.

Spero ti stia divertendo…



Torno a casa in serata, se ti liberi ti porto in un posto…


Sposto velocemente lo sguardo su Noah che, divertito ed appassionato, sta cercando di pescare un pesce e colgo l’occasione per rispondere.

Sono stanca… ma vengo!

Aspetto qualche minuto e poi arriva la sua risposta.

Ecco la Emily che conosco! Ti passo a prendere alle nove…  se puoi, evita di farmi incontrare con quel tuo… Noah.

Noah si volta per farmi notare il pesce che è riuscito a pescare ed io nascondo il cellulare fra le gambe. Gli sorrido forzatamente e furtivamente riposo l’aggeggio dentro la borsa.

Mi sento come emozionata. Non capisco bene il perché, ma dentro di me mi sento diversa, giorno per giorno. Provo qualcosa che assomiglia all’amore, qualcosa che mi spinge ad esser attratta da quell’uomo meraviglioso. Perché lo è, lo è sul serio.
Per la prima volta dopo settimane mi sto sentendo vicina a qualcosa di familiare, qualcosa che ricordo vagamente…

Cosa provavo per lui?

Il desiderio di scoprirlo è talmente forte da struggermi il fegato, ma il mio cuore forse… conosce già la risposta.


Angolo autrice.

Salve a tutti! Non aggiorno da più di due mesi, lo so... ma ho avuti problemi e di conseguenza non riuscivo proprio mentalmente a concentrarmi nella scrittura. Ogni volta che aprivo Word e mi promettevo di buttare giù due idee, non ci riuscivo.. mi bloccavo ed ero costretta a chiudere. Fortunatamente è passato, diciamo... e sono tornata. Spero di aggiornare constantemente, anche se con la scuola sono un po' incasinata. Sappiate che se non dovessi pubblicare non è perchè ho deciso di abbandonare la storia e di lasciarla incompleta... ma per qualche problema personale. 
Vi mando tanti baci e ringrazio sempre tutti! :) 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


Capitolo 12.

 

Appena arrivata a casa, cerco di togliere l’odore di pesce crudo di dosso, con una doccia rilassante. La casa è mezza vuota. Solo Grace ricopre quel suo angolino del divano, davanti ad un film d’azione. Lei e il romanticismo sono proprio a millenni di distanza. Questa è l’unica cosa certa che so. Fin quando però, dopo esser uscita dal bagno, la intravedo avanzare verso la mia stanza. Entra quasi furtiva e poi dopo essersi accorta del mio sguardo tira un sospiro e si getta a peso morto sul letto.

«Non ti tratterò mai come una minorata che ha perso la memoria… anzi… ti dirò…» fa una lunga pausa mentre sgranocchia le unghie «da una parte credo di abbia fatto bene, perché adesso hai la mente libera… sei libera di scegliere, scegliere qualunque cosa.» Dice lei allusiva.
Le sorrido e mi avvicino senza più timore, ormai, sedendomi al suo fianco. Mi sorride di rimando e non parla.
«Forse sì, forse no…» sussurro. «Non capisco cosa ti leghi così tanto a Brady , sai?» Li vedo sempre complici, quando sono insieme. Parlottano, scherzano, si divertono, come se fossero fratello e sorella. A volte presa dall’invidia cerco di immischiarmi, poi ricordo la mia posizione momentanea e mi tiro indietro.
«Quando tu hai conosciuto lui, io ero una marmocchia che girava per casa rompendo il cazzo altrui… probabilmente avrò fatto le cose più strambe ed insensate a quell’età, ma quando vidi quel ragazzo, mi fece simpatia subito. » Spiega cauta e maliziosa. «E poi diciamocela sorella… ma tu lo hai visto? Certo… che domande, lo vedi ogni fottuto giorno!» Esclama schioccando le dita e strizzando gli occhi. «Ma… pur senza ricordare, come fai a non saltargli addosso? Il suo profumo, il suo atteggiamento, il suo volto, il suo fisico… diamine è… perfetto!» Continua con una voce angelica ed incantata.
Lei ne parla sempre così bene. Eppure io so, nel mio profondo, che, un tempo, oltre ad esser completamente ammaliata da lui, ero perennemente incazzata con lui.
Incazzata, sì. Nel vero senso della parola. Me lo ricordo, come se fosse ieri.
Le sue battutacce, i suoi tentativi di rendermi ridicola… bè, forse, non sarà il massimo ricordare solo le cattive azioni, ma è già un passo avanti.
«Ti dirò la verità…» esordisco tranquilla massaggiandomi il capo umidiccio, «non ricordavo proprio di lui dopo l’incidente… ma quando lo vidi, fu come un colpo al cuore. Immensamente bello, con quel sorriso, con quegli occhioni azzurri…» mi accorgo di sembrar troppo cantilenante e sognante, così ritorno seria, «sapevo di potermi fidare dentro di me, qualcosa mi spingeva a buttarmi, a non crearmi problemi…»
«Come probabilmente ti gettasti fra le sue braccia, in poco tempo, ai tempi del liceo» suppone lei inclinando le sopracciglia.
Scrollo le spalle, mentre mi cade l’occhio sulla sveglia poggiata sul comodino.
Dannazione! E’ tardissimo! Sobbalzo e corro in bagno a vestirmi.
Grace sgrana gli occhi e mi osserva sconcertata ed impaurita, «okay che hai perso la memoria, ma non è che soffri pure di spasmi adesso… no vero?»
Sporgo il capo dalla porta del bagno e sorrido, «Brady ha detto che vuole portarmi in un posto stasera» accenno un risolino.
Anche lei si alza veloce e corre verso di me. «E cosa vuoi indossare?»
«Non so, davvero… non ne ho proprio idea!» Dico mentre infilo il reggiseno dando le spalle a mia sorella.
Lei mormora a bassa voce e voltandomi osservo il suo sguardo pensante. «No vestito, no tacchi.» Decreta. «Non ha specificato dove, quindi indossa un jeans più carino, un maglioncino ed un montgomery.» Incrocia le braccia al petto soddisfatta e poggia il sedere al lavandino ancora fissandomi.
Detto ciò torno in camera e porto fuori dall’armadio ciò che ha detto: jeans semplice, ma piuttosto carino, maglioncino nero, montgomery beige e stivaletti dello stesso colore di quest’ultimo.  Li indosso, mi osservo allo specchio e nello stesso momento mi mostro a mia sorella.
«Va bene!» Mi da l’ok schiacciandomi un occhio ed esce dalla stanza. Proprio in quell’istante, però, suonano al citofono. Sicuramente è lui!
Grace corre come una forsennata giù per le scale ed ho quasi paura che arrivi a terra.
La seguo lenta portando la borsa al braccio e mentre apre la porta mi ritrovo di fronte la perfetta sagoma di Brandon sul ciglio della porta.
Mi sembra di ritornar ragazzina, per pochissimi istanti.

«Mio cogn…» Grace si blocca, «Brady!» Lo abbraccia e gli mormora a denti stretti qualcosa all’orecchio. Lui sorride e mi fissa di sottecchi.
Cerco di apparire il più normale possibile avanzando verso la porta.
«Ehilà» dico senza pensarci.
Grace mi rivolge un’occhiata interrogativa ed accigliata. Mi mima qualcosa del tipo “che cazzo dici”, ma cerco di evitarla, concentrandomi più sull’uomo che ho di fronte.
Solito profumo, solito giubbotto scuro di pelle, jeans blu scuro e Timberland.
Nulla da ridire a riguardo. Senza parole.
«Grace… che dici, me la cedi?» Domanda sarcastico inarcando un sopracciglio.
Io fisso gli sguardi complici di entrambi, senza parlare.
«Andate, ma non fate tardi… ma tardissimo.»
Detto ciò mi spinge fuori con un sorrisetto malefico e chiude la porta alle mie spalle.
«E’ uno spasso» ridacchio, «quando c’è lei a casa, sento meno solitudine» sussurro sistemando il berretto nero in testa.
Lui mi osserva in ogni movimento. Nasconde le mani dentro le tasche dei jeans, sorride e non la smette di fissarmi. Dovrebbe saperlo che m’imbarazzano certi sguardi.
«Allora?» Chiedo spezzando quel silenzio.
A quel punto sbatte le palpebre e sfrega entrambi i palmi delle mani.
«Qualche giorno fa…» avanza verso la strada facendomi cenno di seguirlo, «avevi detto di voler entrare in casa mia» continua a camminare porgendomi la sua mano.
Lo guardo dritto negli occhi e alla fine mi lascio andare stringendogli la mano.
E’ calda, a differenza della mia gelata.
«Mi stai portando a casa tua quindi» mormoro entusiasta anche se non lo lascio a vedere.
Annuisce con un suono gutturale e silenzioso sale gli scalini. Fin quando ci troviamo di fronte al porticato. Sfila una chiave dalla tasca e la inserisce nella serratura. Dopo averla girata più volte si blocca. Prende un lungo respiro, sembra agitato.
«Se per te è difficile…» non mi lascia finire che entra.
Per un attimo mi sembra di riaffiorare tantissimi ricordi. Come se vivessi dei flashback.
Vedo Tom sul divano, di fronte alla televisione, sorride e saluta con un cenno di mano.
«Ehi Stewart»

Rimango immobilizzata. Socchiudo le palpebre e respiro profondamente. Quell’odore di bucato, di pulito lo sento ancora. Quelle urla sembra riviverle ancora.
Quando riapro gli occhi è di fronte a me. Ha lo sguardo perso sul mio. Sembra teso.
Sposto gli occhi da una parte all’altra della casa. Tutto sembra così familiare.
Noto la scala e senza pensarci due volte avanzo velocemente. Poggio un piede sul primo gradino e poi continuo, fin quando mi ritrovo al piano di sopra.
Non posso sbagliarmi, la stanza di Brady è quella in fondo, quella di Kris è a destra accanto al bagno, quella di Tom a sinistra.
Così sicura e convinta di me stessa, con passo deciso, mi incammino verso la fine del corridoio. Poso una mano sul pomello e lo giro lentamente.
Come non detto. Non ho sbagliato proprio. Quella stanza racchiude troppi momenti ed osservarla così sistemata, senza oggetti fra i piedi, senza calzini sparsi a terra, senza vestiti sul letto o sulla sedia accanto…sembra così strano, ma bello.
Non avevo mai visto la camera di Brady così in ordine.

«Suppongo ricordi» la voce di Brady risuona al mio orecchio.
Sogghigno e mi volto a guardarlo. E’ poggiato sullo stipite della porta con le braccia incrociate al petto. Ed è lì che mi sembra di riviverlo sette anni prima.
«Brady è tutto così…» non riesco a trovare le parole. Mi sento viva, adesso. Una parte di me è rinata.
Lui con passi lenti si avvicina e sfiora un mobile, probabilmente impolverato.
Poi si fissa l’indice e ci soffia di sopra.
«Mi manca tantissimo questa casa» sussurra lui con tono malinconico. «Ma più di tutto mi manca ciò che ero io qui dentro» sospira.
«I tempi cambiano, le persone anche» scrollo le spalle, «non finirò mai di ringraziarti, lo giuro.» Mi avvicino sorridendogli dolcemente. Lui non può neanche immaginare quanto gli sono grata per tutto ciò che sta facendo. Se non fosse per lui, probabilmente, adesso sarei rinchiusa in quella stanza, sdraiata sul  mio letto, sperando ancora di ritornare la Emily allegra, spensierata, con i soliti conflitti interiori.
E invece lui è qui. Lo è fin dall’inizio e mi sta guardando. Non la smette mai di fissarmi. I suoi occhi mi trasmettono tutto, anche in pochi istanti. Sembra che riesca a capirlo con così poco. Il suo sorriso mi da sicurezza, mi da la certezza che domani, l’indomani e i giorni a venire, lui ci sarà.
Le sue calde mani si insinuano fra i miei capelli, mentre stringe il mio capo.
Le sue labbra si posano sulla mia fronte e mi lasciano un bacio. Rimane così per qualche istante senza distanziarsi. Poi la sua fronte sfiora la mia, i suoi occhi si spostano sulle mie labbra, ma non si muove di mezzo centimetro.
Ho già vissuto questa emozione altre volte, questo momento non è del tutto nuovo.
Io e lui, distanti ma vicini. Io e lui, fronte contro fronte, occhi bramanti, respiri affannosi, battiti irregolari. Io e lui, tutto e niente. Io, lui, il passato ed il presente.
Diventava sempre così la vera Emily? Si trasformava in un agnello indifeso?

«Vorrei baciarti» sussurro. Avverto quel desiderio di assaporare quelle labbra. Ho il bisogno di sapere se riesco anche per pochi secondi a ricordare ciò che provavo per lui.
«Anche io, ma se mai succederà… dovrai esser consapevole di tante cose» mormora accarezzandomi il capo. «Io so cosa provo per te.» Conclude dopo lungo sospiro.
«Cosa provi per me?» Chiedo scrutando i suoi occhi.
Scuote il capo. «Non ora» decreta con tono severo.
«Non so cosa avrebbe fatto la Emily che provava qualcosa per te…» bisbiglio osservando il contorno delle sue labbra più rosse del solito, «ma se voglio fare una cosa, la faccio» detto ciò capovolgo la situazione. Avvicino il suo volto al mio mettendomi sulle punte. Gli stampo un bacio sulle labbra e quando la sua bocca si schiude, la mia pancia diviene un parco divertimenti. Le mie budella si rivoltano e non riesco più a sentirmi le gambe, che tremano impedendomi di reggermi in piedi. Mi aggrappo alle sue spalle e lui mi cinge con entrambe le braccia la vita. Poi lo sento allontanarsi lentamente, così placo la mia euforia allentando la presa. Lo stesso fa lui.
Si distacca e mi fissa. Poi passa entrambi delle mani sul suo volto, strizza gli occhi e sospira.
Sembra sfinito, ma allo stesso tempo appagato. Non riesco a decifrare il suo sguardo, perso nel vuoto.

«Perché?» Chiede qualche minuto dopo.
Balbetto ed incrociando le braccia al petto indietreggio di qualche passo.
Non voleva? Ho sbagliato? Perché ci è stato allora?
«Perché mi fai uscire fuori di testa… così?» Sembra disperato. Ha uno sguardo malinconico. Gli occhi suoi cercano i miei.
Avanza veloce verso di me e mi accarezza il capo, «io rischio di impazzire così, lo capisci? Non puoi farmi sentire in paradiso un minuto prima, ed il minuto dopo… all’inferno» balbetta bagnandosi le labbra con la lingua.
«Non devi» mormoro.
Scuote il capo e si distanzia nuovamente.
«Sono attratta da te, passano i giorni e ti penso sempre di più… mi sento un adolescente che aspetta il messaggino della buonanotte, il buongiorno… mi sento anche ridicola, perché probabilmente qualche mese prima le cose tra di noi erano diverse» dico tutto d’un fiato, «ho provato a farne a meno, ma qualcosa mi spinge a starti vicino.»
«Hai detto bene… qualcosa» borbotta, «non sai neanche tu cosa vuoi Emily, sei confusa, hai mille pensieri… » aggiunge.
«Lo so, ma…» sussurro abbassando lo sguardo, «scusa» concludo.
Non parla, lo sento sospirare. «Ti accompagno a casa… ho da fare» dice con tono agghiacciante.
Incrocio il suo sguardo e senza rispondere mi dirigo verso l’uscita. Scendo lentamente le scale davanti a lui ed arrivata di fronte alla porta, mi volto a guardare quella casa probabilmente per l’ultima volta. Esco dietro di lui lasciandomela alle spalle.
«Puoi andare, casa mia è … qui» la indico scrollando le spalle.
Lui, nel frattempo, sfila una sigaretta dal pacchetto e la porta alle labbra.
L’accende e fa un tiro veloce. «Ti prometto una cosa» sussurra con voce rauca.
«Dimmi» rispondo.
Fa uscire il fumo dalla bocca e si morde il labbro inferiore, «non ti bacerò più, quando accadrà di nuovo… sarà perché tu sarai consapevole di quello che provi, di quello che eri, di quello che eravamo insieme.» Quelle parole mi feriscono, ma nascondo la tristezza e l’imbarazzo dietro uno sguardo serio. «Non perché non voglia dartelo, perché sei la donna che amo pazzamente ed incodizionatamente e non ho più paura a dirlo… lo urlerei persino al mondo intero, ma anche se il mondo mi sentisse, io voglio che lo sappia tu, che tu lo capisca e soprattutto voglio che tu provi le stesse emozioni che io provo con te.» Abbassa lo sguardo e getta a terra la sigaretta ancora mezza intera, «se a quel punto tu non proverai niente, sarò ad andarmene, in silenzio, come ho sempre fatto.» Detto ciò apre la portiera della sua Porsche ed entra senza lasciarmi parlare. Probabilmente non vuole sentire le mie parole.
Indietreggio per farlo partire e dopo aver messo in moto, scompare.

Rientro in casa con passo felpato. Grace è seduta a tavola, ha di fronte una barretta di cioccolato e la sta sgranocchiando neanche fosse una bambina del terzo mondo.
Mi spoglio e mi siedo esattamente di fronte a lei.
«E’ tutto okay?» Chiedo quasi spaventata. Ha uno sguardo minaccioso, come se volesse uccidere qualcuno. Quella barretta sembra più una sua nemica.
«Un cazzo è okay.» Sbotta.
Come non detto.
Rimango in silenzio e so già che sarà lei a parlare.
«Aspetto un suo messaggio da tre fottute ore. Tre.» Ringhia. «E poi…? E poi mi ritrovo una foto sua con quella troia, su Facebook. E’ un pezzo di merda, lo odio, deve morire.» Quasi urla. Da un morso al cioccolato e lo ingoia quasi per intero.
Bè, posso capirla. Sono stata anche io un’adolescente. Ho passato momenti del genere anche io. Ricordo episodi del genere soprattutto a Los Angeles.
Vorrei poterla rassicurare e dirle che le cose si aggiustano nel bene o nel male, ma capisco anche, che, l’unica cosa che vorrebbe sentire adesso è “uccidiamoli”. Le consiglierei di parlarne con un’amica, ma conoscendola avrà litigato con tutte. Insomma, non è amica di tutti e non riesce a fidarsi mai di nessuno. Se ha un problema preferisce tenerlo dentro, anziché confidarlo a qualcuno. Probabilmente non considera nessuno davvero importante da comportarsi come farebbe una vera amica.
Blocco un attimo i pensieri su mia sorella e mi fermo a pensare a me.
So tutte queste cose?
Sorrido soddisfatta e mi accorgo di sentirmi più sollevata.
La sento più vicina a me ed involontariamente sono a conoscenza di cose, che, fino a qualche giorno fa, per me,  erano ignote.
«Se c’è qualcosa che ti fa sorridere… ti prego fai sorridere anche me!» Esclama con tono cantilenante.
Torno ad osservarla continuando a sorridere, «stavo pensando che… la memoria sta tornando piano piano» dico entusiasta.
«Dio fa che non si ricordi di quel troglodita spastico di Noah. Amen.» Alza gli occhi al cielo, socchiudendoli e congiunge le mani in preghiera.
«Perché ti sta così antipatico?» Domando.
Mi rivolge un’occhiataccia, «è un coglione, nel vero senso della parola. Anzi… spero che tu ti ricorderai di lui e che dirai “ma quanto cazzo sono stupida? Non posso amare un tale individuo”» accenna un risolino e poi torna seria. «Ma parliamo di altro… Brady? Come mai sei tornata così presto?» Aggrotta la fronte e mi fissa interrogativa.
«Ehm» balbetto, «mi ha portata nella casa accanto, quella sua… ed io… l’ho baciato» dico tutto d’un colpo, mentre lei sgrana gli occhi e si mette in piedi. «Lo so, ho fatto uno sbaglio micidiale, ma mi...» non mi lascia finire che si getta fra le mie braccia lasciandomi bacetti per tutto il viso. Sembra istericamente felice.
Scoppio a ridere e chiedo una spiegazione per tutto questo entusiasmo. Poi ricordo il feeling che ha con Brady e rimango zitta.
«Sbaglio? Quale sbaglio? Sei stata geniale.» Mi schiaccia un occhio. «Fra mezz’ora dovrebbero rientrare mamma e papà,  se si accorgono che ho finito due barrette di cioccolato mi urlano contro, quindi mi chiudo in stanza..» dice avanzando verso le scale, «buonanotte sorellona!»
Detto ciò rimango sola in cucina, ripulisco le briciole che ha lasciato e spengo le luci recandomi nella mia stanza. Indosso il pigiamone di pile blu elettrico e mi intrufolo sotto il piumone, lasciando accesa solo la bajour.
Proprio quando stavo per addormentarmi, tormentata da mille pensieri, sento l’iPhone, sistemato sul comodino vibrare. Mi muovo lenta, e con occhi assonnati lo prendo fra le mani.
E’ un messaggio di Brady. Spalanco gli occhi e accenno un sorriso breve.

Buonanotte!
Ti amo


Mi sento il cuore esplodere dentro il petto. Batte all’impazzata e non riesco a controllare la mia pressione, che, è subito aumentata. Le guance mi stanno bollendo ed improvvisamente un calore mi sale su per il corpo.
Tolgo le lenzuola di dosso e rimango immobile sul letto. Fisso il soffitto illuminato dalla fioca luce che proviene dal lampione di fuori.

Lui impazzisce?
Io probabilmente lo sono già e non riesco a darmi pace.
Mi sento un’anima dannata che cerca di espiare la sua colpa.
Mi sento incompleta e non capisco cosa provo.

Sarà questa la punizione per averlo allontanato dalla mia vita sette anni fa? 


Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Avete visto? Sono stata più veloce, dai. Ci sono riuscita. Spero, come sempre, vi sia piaciuto. Non ho altro da aggiungere. 
Vi ricordo che se non dovessi pubblicare entro una settimana, sarà per vari impegni, quindi... non vi allarmate che prima o poi aggiornerò.
Ovviamente spero di leggervi presto :) Bacioni.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


Capitolo 13.



Un mese è volato senza che io me ne rendessi conto. Trascorro la maggior parte del mio tempo con i medici, è un continuo andare e venire dall’ospedale. Fortuna che c’è Brady!
La mia memoria riaffiora giorno per giorno. Già, sembra incredibile.
Nessuno si sarebbe mai aspettato un miglioramento così repentino.
Ovviamente faccio ancora fatica a mettere insieme i vari ricordi, dandogli un nesso logico, ma ho fatto passi da gigante.
Mi sento più sicura di me stessa. Le persone che incontro per strada, non sono più dei perfetti sconosciuti. La mia famiglia non è un incognita per me, come non lo sono Kris, Marcus, Brady… e Noah.
Esatto, proprio lui. Noah stava per diventare mio marito e l’abito da sposa, nascosto dietro un celofan in soffitta me ne da conferma. Negli ultimi tempi sto provando a tornare a casa, quella che era mia e sua, fino a qualche tempo prima. Riesco a dormire al suo fianco, ma la mattina quando apro gli occhi mi sento ancora spaesata ed impaurita. Noah, però, non demorde. Non ha paura. Sa che posso farcela e mi consola giorno dopo giorno, porgendomi una spalla, lasciandomi un sorriso, ha persino lasciato per un po’ il lavoro pur di stare al mio fianco. Apprezzo questa sua vicinanza e avverto ancora quell’affinità che ci legava l’un con l’altro.

Io e Brady ci vediamo solo quando sono di controllo in ospedale. Mi da una mano per orientarmi ed essendo amico del neurologo è presente in ogni visita.
Non finirò mai di ringraziarlo.
Per il resto le nostre vite sembra si siano distanziate nuovamente. Ha ripreso a lavorare regolarmente, ha di nuovo la sua vita e a parte qualche messaggio o chiamata di volta in volta, non si fa più sentire. Probabilmente tutto ciò mi ha gettata nelle braccia aperte di Noah, che mi ha accolto senza indugi.

«Ho preparato delle frittelle … ti piacciono no?»
Sono sveglia da poco e quando metto piede in cucina intravedo Noah con addosso solo il pantalone del pigiama che vaga da una parte all’altra con una padella fra le mani ed un sorriso mozzafiato. Per un attimo la mia mente stravolge tutto ed il suo viso muta in quello di Brady. Rimango basita per una manciata di secondi, poi strizzo gli occhi e ritorna tutto normale. Sarà che ho dormito poco stanotte.
In tutti i casi lui è bello da far paura e non ricordo di averlo mai visto così trasandato prima d’ora. Lo ricordo con la sua solita camicia, con la giacca e la cravatta abbinata.
In un certo senso, mi sembra di rivivere i momenti da ragazzina, quando entrando in casa Felton, Brady era sembra con quell’abbigliamento o alle volte nudo. Tra l’altro per niente spiacevole.

«E’ tutto okay? Sei strana.» Mi fissa lui assottigliando lo sguardo.
Sorrido ed annuisco sedendomi. «Il profumo arriva fin da sopra…» ridacchio.
Accenna una smorfia con le labbra, «menomale, allora hai avuto un buon risveglio» dice ammiccando.

Per un attimo la mia mente vaga da una parte. Materialmente io sono in quella casa, ma con i pensieri esattamente da un’altra parte.

Apro gli occhi. Addosso ho soltanto un lenzuolo, stropicciato e avvolto fra le gambe. Mi guardo intorno e respiro quel profumo di bucato e di pulito che invade la stanza di Brady. Lui, al mio fianco, non c’è, ma la porta è per metà aperta.
Kris non è a casa, già da una settimana ed io e lui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo insieme. Vorrei che quest’estate non finisse più.
Accantono i pensieri cattivi e mi metto in piedi, sorreggendo il lenzuolo con entrambe le mani. A piedi scalzi percorro il parquet in legno ed avanzando verso le scale inalo un profumino delizioso. Rimango per un attimo estasiata, ma poi scendo lentamente, cercando di non far rumore ed arrivo nel salone. Avverto una voce maschile canticchiante ed un fischiettare piacevole. Brady si sta divertendo a cucinare, sicuramente. Sogghigno e mi avvicino alla cucina. Appoggio la spalla sullo stipite della porta e lo osservo in tutta la sua bellezza, con soltanto l’asciugamano avvolta in vita. La schiena abbronzata ed un fisico a dir poco perfetto. Lui è mio. Solo mio. E non ci posso ancora credere. Avanzo in silenzio e lui preso dai suoi giochetti con le uova e il latte neanche mi sente. Gli cingo la vita con entrambe le braccia e mi accoccolo sulla sua spalla lasciandogli un bacio. Lui sussulta, ma poi sorride.
Si volta e abbracciandomi mi bacia.
«Hmm..ma cosa stai facendo?»
Lui scoppia a ridere. «Stavo sperimentando, volevo fare qualcosa di buono… ma sono usciti solo un po’ di muffin…» dice.
Mi guardo da una parte all’altra ed il mio occhio cade sul forno, dal quale fuoriesce fumo. Ha bruciato qualcosa!
Mi stacco velocemente e corro ad aprirlo, ritrovandomi in una cappa.
Comincio a tossire e ridere allo stesso tempo, mentre lui impreca sottovoce.
«Vabbè, almeno ci hai provato» sogghigno.
Accenna una smorfia con il naso ed incrocia le braccia al petto. «I primi mi erano riusciti però.»
«Aha» annuisco ammiccante e gli deposito un bacio sul collo. Poi mi alza il capo e mi lascio andare in un bacio passionale che solo lui riesce a dare.


Ritorno alla realtà. Noah ha messo a tavola ciò che ha preparato.
«Assaggia. Devono per forza esser buoni.» Sorride. «Ho frequentato una scuola di cucina da ragazzino, quando ancora andavo al liceo. Trascorrevo i pomeriggi in cucina…» aggiunge.
Esatto contrario di Brady. La sua vita giovanile era solo fumo, alcol, ragazze. Altro che scuola di cucina!
Rido al pensiero della sostanziale differenza che li contraddistingue. Poi assaggio il muffin , che ha un sapore divino. E’ buonissimo, ma non sarà mai buono e saporito quanto quel bacio d’estate che m’illuminò il buongiorno.

Dopo colazione, Noah mi accompagna a casa dei miei, ma lui non entra.
Grace sta studiando letteratura sdraiata sul divano, probabilmente non è voluta andare a scuola. Mia madre, invece, sta pelando le patate.
«Buongiorno» sorrido spogliandomi del giubbotto e lasciando la borsa sul divano.
Lascio un bacio in guancia a mia madre e do un colpetto sul capo a mia sorella che, al suo solito, si lamenta.
«Ti ha accompagnato Noah?»
Annuisco con un suono gutturale mentre la osservo.
«Ha chiamato Brady… dice che i risultati della tac, dicono che è tutto apposto. »
Ha chiamato Brady? Perché non ha chiamato me?
«Ah si? Bene» sospiro. «Ha detto solo questo?» Chiedo incuriosita e forse speranzosa di ricevere altre sue notizie.
Mia madre mi rivolge una lunga occhiata. Mi conosce troppo bene.
«Se ti stai chiedendo se Brady ha chiesto di te e del tuo carissimo e simpaticissimo uomo di merda che hai al tuo fianco… no, non l’ha chiesto.» Grace è in cucina in un lampo e parla così veloce che riesco con fatica a capire cos’abbia detto. Quand’è nervosa sembra una macchinetta.
Aggrotto le sopracciglia, «non intendevo questo» balbetto.
«No, tesoro, non ha detto nient’altro… solo “Salve Charlotte, sono riuscito ad avere notizie sulla tac di Emily ed è tutto apposto, quando volete potete venire a ritirare il referto. Un bacio”» dice mia madre imitandolo. Fa quasi ridere.
«Bè, magari se andassi a ritirare questo dannato referto… potresti saperlo da sola come sta, cosa fa…» continua Grace aggressiva.
«Sì, ci andrò... ma»
«Ma vaffanculo» mi precede lei scomparendo dietro la porta.

Mia madre mi fissa con un sorrisetto.
«Lo sai che tua sorella è fatta così…non lo digerisce proprio Noah…» scrolla le spalle.
«Ma adora Brady» sottolineo.
«Lo conosce da quando era bambina… è anche questo il motivo» mi accarezza il capo. «Se mi dai cinque minuti, ti accompagno io in ospedale.» Sorride lei asciugandosi le mani su una tovaglietta.

Aspetto che lei termini le sue faccende e finalmente montiamo in auto. Mette in moto ed in poco tempo siamo in ospedale. Slaccio la cintura e faccio per aprire la portiera, mentre lei rimane seduta.
«Non scendi?»
Scuote il capo, «riesci anche da sola a prendere quel dannato referto» dice ammiccando.
Annuisco e scendo dall’auto correndo dentro, prima di farmi investire da qualche macchina.

L’ospedale è pieno di gente stamani, così mi rivolgo all’infermiera chiedendo del dottor Felton.
«Sì, vediamo se è libero» dice lei.
Aspetto dieci minuti immobile, in piedi di fronte ad altri pazienti. Poi quando vedo comparire nuovamente l’infermiera che mi fa cenno di seguirla, avanzo verso un lungo corridoio.
«Prego» m’invita ad entrare mentre lei rimane fuori.

Brady è seduto davanti alla scrivania, sta osservando delle lastre. E’ molto attento e serio in viso. Non distoglie subito lo sguardo dalle sue carte. Sembra quasi non importarsene del fatto che ci sia io lì dentro, insieme a lui.
«Un attimo» parla finalmente.
Poi si mette in piedi sospirando e senza dire nient’altro mi fa cenno di seguirlo fuori.
Entra nello studio del neurologo Douglas ed io lo seguo silenziosa.
«Oh signorina Stewart, buongiorno» almeno lui è accogliente!
Gli stringo la mano educatamente e lui sorride. «La tua tac non ha nulla di strano, direi che è tutto regolare e nella norma. Per la riabilitazione ti aspettiamo la prossima settimana… okay?» Mi porge la busta di carta ed io l’afferro.
«Va benissimo, grazie mille» dico. Mi avvicino alla porta, giro il pomello ed esco. Mi guardo indietro e noto Brady che parla scherzosamente con l’amico e poi mi viene dietro.
Cammino svelta e quando ci troviamo di fronte al suo studio, lui apre la porta «Ciao Emily» per poi richiuderla.
Rimango immobile lì di fronte. Non riesco a fare un passo né avanti, né indietro.
Così senza pensarci busso ed entro.
«Hai dimenticato qualcosa?» Domanda togliendosi il camice con aria severa e con modi quasi bruschi, da  non sembrare il Felton che conoscevo prima.
«No… volevo sapere… solo… come stavi» balbetto in preda al panico.
Boccheggia, «ah» indossa il giubbotto e i Ray-Ban neri, «abbastanza bene, perché?» Corruga la fronte mentre si sistema il colletto della camicia di sotto.
«No, così.. visto che…non ti ho più sentito» sono nervosa e le mie mani che si stritolano fra loro ne danno la prova.
Lui se ne accorge e le fissa. «Emily devo andare a pranzare» dice con tono freddo e distaccato. «Ci vediamo… se hai bisogno del dottor Douglas, chiama.» Mi lascia lì, da sola e scompare dietro l’angolo.

Non riesco a capire quale sia il problema. Fino a poco tempo prima aveva detto di amarmi, adesso, invece, si comporta come se tutto ciò che ha fatto non ha alcun significato. Mi fa male pensarlo. Mi sento quasi presa in giro, o forse ci siamo presi in giro a vicenda, fingendo di poter ricostruire qualcosa che è morto e sepolto da tanti anni.
Eppure qualcosa dentro di me mi spingeva a crederci ancora. A credere che quello che ci legava un tempo, fosse ancora vivo. Forse era solo un’illusione, forse era solo l’euforia di provare a ricordare, forse… forse devo smetterla di credere ancora in qualcosa.

Quando esco dall’ospedale, attraverso la strada per raggiungere l’auto di mia madre. Mi ci ficco dentro ammutolita, mentre lei mi fissa interrogativa.
In lontananza scorgo Brady. Sorride ad una donna, ha i capelli rossi corti fino a metà collo, indossa un jeans aderente, dei tacchi a spillo ed una canottierina in pizzo rosso fuoco, le spalle sono coperte da un cardigan nero. Mia madre non mette in moto, mi volto a guardarla e mi accorgo che anche lei sta osservando la stessa cosa che ho appena notato io. Così riposo lo sguardo su di loro senza fiatare.
Lei gli butta le braccia al collo e gli lascia un bacio in guancia, mentre lui si diverte e le stringe la vita con entrambe le braccia. Sono troppo coinvolti per esser soltanto amici.

La risposta a tutte le mie domande è abbastanza chiara.
Brady ha trovato una donna. Una donna che probabilmente, finalmente, riesce a dargli tutto ciò di cui ha bisogno. Una donna che lo rende felice. Una donna che non ha perso la memoria, che non è confusa, che ha la mente libera e può dedicarsi completamente al suo uomo.

Continuo ad osservarli. Sono ancora zitta, ma la mano che sorregge il mio mento è tremante.

«Sono felice per lui» sussurra mia madre, mentre mette in moto.
Annuisco deglutendo rumorosamente.
«So che avresti voluto non vederla questa scena, ma dovevi aspettartelo. Brandon è davvero un uomo meraviglioso, in tutto. Era già abbastanza strano vederlo… in quel modo… solo.» Dice. «Non siamo fatti per stare da soli» conclude e partiamo, passandogli esattamente di fronte. Lui neanche ci fa caso ed io, senza preoccuparmene, continuo a fissarli.
Strizzo gli occhi cercando di cacciare via l’immagine di quei due.

«Ti fa male?» Chiede pochi minuti dopo.
Le porgo un breve sguardo. «Non ricordo di averlo mai visto insieme ad un’altra… e mi fa strano.» Ammetto. «Ma se lui è felice, lo sono anch’io. Merita il meglio.» Quella era il meglio? Chi sono io per dirlo? Nessuno.


Finalmente arriviamo a casa. Grace è ancora su quel benedetto divano, stavolta con le cuffie alle orecchie e gli occhi chiusi. Non appena, però, mi deposito al suo fianco sprofondando, lei sussulta e spalanca gli occhi. Toglie le cuffie e sbotta al suo solito.
«Ma che modi!» Esclama. Poi si accorge della mia espressione. «Hai visto Satana?»
«Sì e pure la fidanzata.» Mormoro.
Lei non parla. Penserà che sia esaltata e sicuramente non avrà capito.
«Sei pazza?» Domanda scuotendomi un braccio.
La fisso seria e lei sembra capire al volo. Boccheggia per qualche secondo e poi scoppia a ridere.
«Godo.» Commenta battendo le mani soddisfatta. «Quell’uomo ha tutta la mia immensa stima. Lo adoro. Ti sta bene. Adesso attaccati al cazzo!» Detto ciò si mette in piedi sfoggiando uno dei suoi sorrisetti migliori che ti fanno sentire la merda più puzzolente dell’universo.

Corre su per le scale cantando, poi si blocca e si volta a guardarmi, «lo chiamerò per complimentarmi e per fargli i miei più sinceri auguri. Vuoi che le dica qualcosa da parte tua?» Sì, che sei la ragazzina più stronza dell’intero pianeta.
Le alzo il dito medio di rimando e lei sogghigna risalendo saltellante le scale.
«Grace smettila di fare la stupida con tua sorella!» Urla mia madre dalla cucina.
«Se lei è una deficiente è colpa mia?» Fa lei dai piani superiori.
Cerco di spiegare a mia madre con lo sguardo che va bene così e che non ci sono problemi, ma ciò non cambia nulla.
«Sei ancora una ragazzina e non capisci cosa voglia dire tutto ciò.» Continua lei.
«Fidati, madre… ne so molto più di te e lei. » Aggiunge mia sorella sbraitando come una forsennata.
Sembra più un manicomio, che una casa.

Trascorro tutta la giornata lì. Noah sarà a lavoro fino a tarda sera, così cenerò dai miei.
Sopportare mia sorella per altre ore è straziante.

Sono sdraiata sul letto e lei è appena uscita dalla doccia, con addosso l’accappatoio.
Il mio i-Phone vibra sul comodino. Alzo lo sguardo ed osservo il nome di Brady comparire sul display. Sobbalzo e lo prendo fra le mani rispondendo.

«Brady!» Dico entusiasta.
«No, non sono Brady… Sono Kaitlyn e probabilmente neanche mi conosci.» Ha una voce decisa.
«Direi di no» intanto Grace mi fissa interrogativa.
«Perfetto. So tutto di te e Brandon… so che siete stati insieme, che eri la donna di cui era follemente innamorato e tutte queste cazzate varie. Adesso, però… voglio dirti due cose. Cancellerò il tuo numero dalla rubrica di Brandon, lui non ha bisogno di te e tu non hai bisogno di lui. E’ un uomo splendido, ho cercato qualcuno come lui per anni… e fidati, dovesse cadere il mondo, non me lo lascerò portare via, da nessuno. Chiaro?»
Respiro irregolarmente. Vorrei piangere.
«Altro?» Tremo.
«Scordati del mio uomo. Scordati della sua esistenza. Non provare a guardarlo, a chiamarlo, a stressarlo, perché giuro che te la dovrai vedere con me. Mi terrò con le unghie e con i denti ciò che ho sempre voluto. Non importa il passato. Il presente siamo io e lui.» Facciamo entrambe una lunga pausa. «Buona vita, cara Emily.» Riattacca lasciandomi col fiato sospeso.

Sono senza parole. Basita. Stavolta non riesco a trattenere le lacrime. Il groppo in gola cede e comincio a singhiozzare, nascondendo il viso con entrambe le mani.
Sento l’abbraccio di Grace che mi ripete di calmarmi, ma io non ci riesco.
«Chi era?» Domanda più volte.
Non riesco a parlare.
Mi prende, poi, il volto fra le mani e mi costringe a guardarla.
«Kaitlyn. La ragazza di Brady.»
Rimane di stucco, «cazzo.» Sbotta. «Perché non me l’hai passata?»
«Diamine Grace, non metterti a fare dell’ironia anche adesso!» Esclamo esausta.
«Che cosa hai capito? Le avrei detto che quell’uomo che pensa solo suo, apparterà sempre a te… solo che tu non lo hai mai capito e mai lo capirai.» Scuote il capo sospirando.
«Grace non è mai stato davvero mio. Il destino ha voluto che le nostre strade si dividessero continuamente… e adesso è la fine. Ha trovato la donna della sua vita. Ha trovato una donna decisa, che riuscirà a tenerselo stretto finché potrà. Non se lo lascerà scappare, perché ha capito anche lei quanto vale, quanto sia magnifico, quanto sia speciale.» Alzo le spalle mentre le lacrime scivolano lungo le guance.
«E allora perché piangi adesso?» Dice dolcemente accarezzandomi il volto.
«Perché è l’uomo che ogni donna vorrebbe avere.» Ammetto respirando profondamente. «Perché non è il mio uomo. Perché io e lui non siamo fatti per stare insieme.» Concludo asciugandomi le lacrime.
«Voi non siete fatti per stare distanti» sbotta nervosa alzando il tono di voce. «Quando cazzo te lo ficcherai in quella testa del cavolo? Quando capirai che lui è sempre stato innamorato solo di te? Perché sei così ottusa, santo cielo!» Si mette in piedi e guarda il soffitto con le braccia aperte, come se cercasse un segnale.  «Credi che piangendoti addosso adesso tutto ritorni come prima?»
Faccio di no con la testa, mentre lei mi applaude davanti al viso.
«Forse Brady non tornerà più da te, ma tu puoi farlo.»
«No, adesso basta. Lui deve esser felice.» Mi metto in piedi. Avanzo verso la porta che affaccia sul corridoio ed esco.
«Sei una cogliona.» Sussurra alle mie spalle, pensando che io non possa sentirla.

Probabilmente lo sono, lo ero stata e lo sarò sempre. Quella donna, però, mi ha fatto capire che quando si trova qualcuno di realmente importante è una pazzia lasciarlo andare. Le cose belle si tengono strette. Le cose vere non si lasciano scappare. Le persone che ti fanno sentire bene, hanno bisogno della stessa cosa.
Forse io avrò bisogno di lui, ma lui non ha più bisogno di me.

Arriva un momento,durante il quale bisogna prendere le redini della propria vita tra le mani.
Arriva un giorno, nel quale si comprende che bisogna salvarsi.

Lui si era salvato. Senza di me.




Angolo autrice.
Ciaaaao belli! 
Non mi linciate, vi prego. Mi dispiace per tutto il tempo che impiego prima di pubblicare un capitolo, ma quest'anno sono di esami e quando ho un attimo libero, esco con i miei amici. Capitemi. Comunque, l'importante è che almeno prima o poi riuscite a leggere il nuovo capitolo. Se qualcuno si è seccato d'aspettare, mi dispiace, ma ho i miei buoni motivi. Spero che abbiate pazienza. Un bacio a tutti! 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


Capitolo 14.



POV BRANDON


Marcus mi fissa ancora interrogativo. Il suo sopracciglio alzato sta ad indicare la sua confusione. Però è simpatico quando sta in silenzio e riflette, una volta tanto. 
Sorseggio il caffè mentre Kris scende le scale velocemente attirando l’attenzione di entrambi. Marcus, adesso, non sta più pensando a ciò che gli ho appena detto, ma sta fissando le gambe di mia sorella. Osservo il tavolo, con il portafrutta ed afferro un limone con una mano per poi lanciarglielo in testa. Rimbalza mentre lui si volta scattante sorreggendosi il capo dolorante. 

«Testa di cazzo» borbotta.
«Starò fuori casa fino a stasera… » dice mia sorella mentre sistema la borsa. «Marcus mi raccomando… Lux non può mangiare porcherie per adesso, con il virus allo stomaco.» Gli raccomanda osservandolo mentre alza i lunghi capelli in una coda. 
Marcus sbuffa, per poi annuire. «Ho capito che sono cretino a volte, ma con mia figlia mai.» Per la prima volta lo vedo serio in viso e mi scappa persino un risolino che viene bloccato da un’occhiataccia di Kris.
«Appena si sveglia falle fare un giro» continua lei.
«Kris? Dove devi andare?» Aumenta gradualmente il tono di voce Marcus. 
Lei sgrana gli occhi, «a lavoro» scrolla le spalle. 
«Perfetto. Vai.» Risponde lui di rimando indicandogli l’uscita. 
«Marcus ti giuro che questo sarcasmo del cazzo te lo faccio scordare!» Sbotta nervosa. «Non capisco come faccia ad esser figlia tua quella creatura.» Continua al suo solito.
Marcus a quel punto si mette in piedi avanzando verso di lei. «Ed io non capisco come una nevrotica esaltata abbia potuto partorire mia figlia.» Sottolinea antipatico. 
Vorrei fermarli, ma è troppo divertente. 
«Marcus vai a farti fottere» Apre la porta con forza, mentre lui la segue fuori.
«Sai che fai? Dato che ci sei passa pure in farmacia a comprare dei calmanti che quella bambina mi diventa esaurita come te…» Gli urla contro. 
Mi affaccio alla porta ed osservo la scena fischiettando alle spalle di Marcus.
Kris alle sue parole fa retromarcia e gli scaraventa la borsa addosso aggressivamente. Lui si ripara con le braccia, che fanno da scudo, ma lei riesce a dargliele ugualmente di santa ragione, persino con i pugni. 
«Senti cosa!» Sbraita lui. «Sotto specie di pazza fermati!» Aggiunge accennando un mezzo sorriso, ma Kris non ride per niente. Sembra che l’abbia scambiato per un sacco da box. 
«Tu. Sei. Un. Essere. Spregevole.»  Kris scandisce ogni singola parola, accompagnandole a ritmo di pugni. 
«Tu sei una persona con un disagio mentale.» Insulta lui. 
Non ho mai riso così tanto ad osservarli litigare. Da ragazzini non se l’erano mai date così. Riuscivano a criticarsi a vicenda, ma fino a questo punto mai. 
C’è qualcosa in sospeso fra quei due e non hanno ancora capito che non saranno i calci, i pugni, gli schiaffi o gli insulti a cambiare la situazione. Si comportano ancora come due quindicenni che, invece di rivelarsi a vicenda cosa sono l’uno per l’altro, fanno a botte per poi far finta di nulla. Sono matti da legare. 
«Avete finito?» La mia voce risuona quasi come un dispiacere per entrambi che si voltano ansimanti a fissarmi. Marcus tiene ancora bloccati i polsi di Kris, mentre lei ha ancora in viso quell’espressione che la induce a non smetterla di menarlo. 
Poi, finalmente, si distanziano e si ricompongono. Kris sistema la coda ed il giubbotto rifugiandosi in auto. Marcus rientra in casa senza fiatare, per il momento.

Chiudo la porta e mi risiedo di fronte a lui, che ha entrambi i pugni chiusi sul tavolo. 
«Da ricovero.» Sussurra. 
«Perché tu no!» Commento ironico. 
Mi rivolge un’occhiata e sbuffa. «Comunque, se la Stewart era stranita dal tuo comportamento… magari ha capito che ora si attacca al cazzo.» Alza le spalle e mi fissa. 
«Io ho smesso. Ho smesso di correrle dietro come fossi un cagnolino. Non abbiamo più diciassette anni. Non siamo al liceo e non ho bisogno dei bacetti dati a sgamo o delle belle parole.» Spiego cauto. «Sono un uomo» a quelle parole Marcus accenna una smorfia ed io sorrido. «Sul serio… voglio qualcosa di serio, qualcosa che mi dia certezze. Lei non me ne ha mai date…» concludo. 
«Kaitlyn lo è, quindi» dice Marcus. 
Mi prendo qualche secondo prima di rispondergli. «Premetto che la conosco da poco, ma in questo poco tempo che abbiamo avuto per conoscerci… ho capito che è una persona decisa, che sa cosa vuole, che non si lascia abbindolare da niente e da nessuno e che se vuole qualcosa lotta pur di averla. Ha carattere. E’ tosta.» Sorrido mentre ne parlo. 
«Forse un po’ troppo Brady… o no?» Marcus inclina la testa da un lato, aggrottando le sopracciglia. 
Probabilmente rispecchia molto me stesso quella donna. Probabilmente mi piace proprio per questo. 
«Sì… è molto simile a me, per questo in certi versi ci vado molto d’accordo.» 
«Ed ora dimmi un’altra cosa… credi che possa funzionare un rapporto con una persona con la quale vai d’accordo su tutto?» Marcus sembra che mi stia inducendo a pensare ad Emily, il mio esatto contrario invece, anziché spronarmi a credere in altro. 
«Non lo so» rispondo sincero. 
«Fai pace con il cervello bro e poi ne parliamo» mi schiaccia un occhio. «Forse riuscirai a voltare pagina definitivamente con questa ragazza, ma prima fai chiarezza su alcune cose.» Si mette in piedi avanzando verso le scale che portano al piano di sopra dove dorme Lux. «Il Brady che conoscevo un tempo non ha mai amato le cose facili» mi  lascia in sospeso con queste parole che mi lasciano del tempo per riflettere.

E’ vero. Non sono mai stato il tipo che ama le cose facili. O meglio dire. Adoravo le donne sempre disposte a far di tutto per me, che rimorchiavo senza problemi, per poi lasciarle andare qualche ora dopo. 
Ma quando quella mattina vidi Emily in quella classe chiassosa mi resi conto che avrei combattuto contro tutto e tutti pur di avere la sua attenzione. Sapevo fin da quel preciso istante che non sarebbe stato facile. Il suo tono di voce, la sua andatura, il suo modo di muoversi lasciavano ad intendere che non avrebbe aperto il suo cuore facilmente, figuriamoci le sue gambe. Era una lotta che avrei combattuto da solo. Una lotta diversa da tutte le altre. Una lotta che mi avrebbe fatto guadagnare qualcosa in più. Qualcosa di sconosciuto prima di quel momento, qualcosa che avrei desiderato sempre di più, giorno dopo giorno. Emily ha sempre raffigurato per me la meta più complicata da raggiungere. Per far breccia nel suo cuore, non erano mai bastate le frasi fatte, le paroline dolci, le occhiate furtive o i litigi da bambini. Lei voleva di più. 
Forse, però, avevo combattuto a vuoto. Avevo condotto una crociata contro me stesso senza alcun risultato. Nonostante i sorrisi, i baci, gli abbracci, le parole, lei non era mai stata del tutto mia. Mia da poter dire “cazzo me la sposo”. Mia da poter far invidia a tutto il mondo, perché finalmente possedevo tutto ciò di cui avevo avuto sempre bisogno. 




POV EMILY

«Ho detto a Marcus e mio fratello che andavo a lavoro, perché se avessi detto che venivo da te si sarebbe aperto un dibattito.» Kris mastica le patatine appollaiata sul mio divano, mentre io cerco un film da mettere. «E poi mi fa piacere trascorrere la sera insieme» biascica facendomi ridere. 
Sono stranamente silenziosa e lei ancora non se n’è resa conto. Non doveva pronunciare il nome di Brady. Adesso dovrò trascorrere tutte le ore  pensare a quello.
«Ma è tutto apposto? Hai qualcosa di strano.»  Finalmente Kris!
Mi allontano dalla scatola con i dvd e mi posiziono al suo fianco, mentre lei, perspicace mette giù la patatina, per paura di affogarsi. 
«Sai com’è… con i tempi che corrono faccio meglio a salvaguardarmi.» Schiarisce la voce e sorride. 
«Ho visto Brady cambiato nei miei confronti e ho scoperto di Kaitlyn» mormoro.
«Emi, lo sai quanto ti voglio bene, lo sai che come te non c’è nessuno e che sei la mia migliore amica dai tempi dei liceo, sai anche quanto io sia sempre stata sincera nei tuoi confronti…» esordisce con un lungo monologo, «quindi non mi resta che dirti»
«Attaccati a ‘sto cazzo?» La precedo e lei scoppia a ridere quasi con le lacrime. 
Respira profondamente, «volevo essere più elegante e carina, ma hai inteso bene il concetto.» Ammette. «Non pensare che io te ne voglia male… perché lo sai che ti ho sempre appoggiato, soprattutto quando si tratta di mio fratello… ma adesso, in questo momento, non riesco proprio per nessuna ragione a dargli torto, non riesco a fargliene una colpa» alza le spalle dispiaciuta ed io la capisco. Ha ragione. Hanno tutti ragione.
«Infatti sono felice per lui» proprio quando aveva ripreso a mangiare la sua patatina, si volta a fissarmi di sottecchi restando a bocca aperta.
«Non prendiamoci per il culo, Stew!» Esclama con tono da ragazzina.
Mi fa sorridere, così abbasso lo sguardo e cerco di nascondere la verità.
«Okay, sarò pure un’egoista… ma mi manca tremendamente non parlargli, non vederlo… o meglio vederlo distante e con un’altra donna» sospiro ansimante per aver detto tutto d’un fiato. 
Per una volta il mio orgoglio è andato a farsi fottere. 
«Tu ti aspetti che io ti dica di muovere il culo ed andare da lui… e probabilmente se lo fai non so quante probabilità ci sono che lui ti rifiuti… perché diciamocela tutta tu sei Emily Stewart, la ragazza che ai tempi del liceo gli ha fatto girare la testa, rincoglionire il cervello e stravolgere l’esistenza. Non sei una semplice donna che ha conosciuto per caso…» sottolinea con nonchalance, con tono convinto ed un po’ ironico. «Ma in questo momento io voglio che lui sia felice, che si goda i suoi momenti più belli, che costruisca qualcosa di concreto e voglio che affianco a lui ci sia qualcuno che non ha mille ripensamenti, ma che sa ciò che vuole. » Gesticola molto e parla proprio come una sorella parla del fratello di cui è follemente innamorata, perché lei lo è. Ha sempre amato Brady. Nonostante le loro incomprensioni non sono mai riusciti a stare a lungo separati. Quei due, dopo aver perso l’altro pezzo del puzzle che completava il tutto, si sono uniti ancor più di prima e questi sono gli splendidi risultati. Una sorella che protegge il fratello, persino dalla migliore amica. «Adesso non credo che tu sia la persona adatta a lui. Ha provato in tutti i modi a riconquistarti, a farti capire quanto avrebbe fatto per te… Adesso deve pensare a ciò che è giusto per lui. E non dico che questa… Kaitlyn » mormora accennando una smorfia simpatica, «sia giusta per lui, ma tra tutte le decisioni che ha preso mio fratello… questa è la più giusta.» Termina il discorso con un sorriso dolce, accarezzandomi il capo. 
Lo so quanto mi voglia bene, ma so più di tutti quanto ci tenga al fratello. 

«Adesso guardiamoci un bel film, dai» sfrega i palmi delle mani e sorride. 
Avanzo verso lo scatolone ed acchiappo un dvd a caso, senza neanche leggere il titolo. Sovrappensiero mi raggomitolo sul divano, dopo aver spento la luce e mi compro con il plaid fin sul mento. Troppi pensieri per seguire un film. 

Un’ora dopo apro gli occhi sbadigliando. Kris sta dormendo sul divano e sotto il mio sedere avverto una vibrazione. Ci metto un po’ prima di comprendere che è un telefono che suona. Mi sposto e prendo in mano l’i-Phone di Kris. 

Sul display compare: Fratellone

Deglutisco più volte e ci penso un paio di secondi prima di rispondere, poi sfioro lo schermo come per accettare la chiamata e porto il telefono all’orecchio. 

«Cristo santo! Sono due ore che provo a chiamarti e non mi rispondi! Ma dove diavolo sei?» La voce di Brady sembra nervosa, ma lascia ad intendere quella preoccupazione che ha sempre nei suoi confronti.
«Veramente Kris si è addormentata sul mio divano» dico con voce tremante. 
Trascorrono dieci secondi di silenzio.
«Emily passami mia sorella» ha riconosciuto la mia voce.
«Mi dispiace svegliarla, davvero… è sempre stanca.» La osservo mentre stringe il cuscino e dorme beatamente. 
Lo sento sbuffare dall’altro lato. «Okay, perfetto» riattacca senza neanche salutare e mi si stringe lo stomaco. 
Ricomincio a respirare regolarmente e lascio il cellulare sul tavolinetto di fronte. Poggio i gomiti sulle ginocchia e mi sorreggo la testa. Vorrei farla scoppiare, magari fuoriuscirebbe qualcosa di buono.

Mi alzo avanzando verso la cucina. Preparo qualcosa di caldo da bere e dopo dieci minuti mi riposiziono sul divano a berla. Improvvisamente sento gli occhi riempirsi di lacrime. Non riesco a trattenermi, ma cerco di rimanere silenziosa e di non singhiozzare per non svegliare Kris. Non voglio che mi veda in questo stato. 
Nascondo gli occhi con una mano e cerco in qualche modo di calmarmi, ma quando sento qualcuno che bussa alla porta mi metto subito in piedi. Asciugo le lacrime, senza preoccuparmi degli occhi rossi e gonfi. Fortuna che non ho neanche un filo di trucco. 
Il mio abbigliamento sembra quello di una povera zitella, con i gatti in casa. Peccato che quelli non ci siano, mi avrebbero tenuto compagnia nei giorni cupi come questi. 

Apro la porta e Brady è esattamente di fronte a me. Si sorregge con la mano dallo stipite tenendo teso e fermo il braccio. 
Bagna con la lingua le labbra e sospira, «la svegli per favore?»
«Puoi entrare e farlo tu» gli faccio spazio per passare. 
Non sembra indugiare, così cammina al mio fianco sfiorandomi il ventre con il braccio.

Arrivato in salotto, accenna un sorriso osservando la sorella. Scosta una ciocca di capelli dal suo viso e si abbassa a sussurrarle qualcosa all’orecchio. 
Li osservo silenziosa con le braccia incrociate al petto. 
Lei spalanca gli occhi, si guarda intorno ed è spaventata. 
«Oddio…» sbadiglia. «Che ora è?» Stira le braccia.
«L’ora di andare a casa…imbrogliona.» Commenta lui. 
Kris mi rivolge un’occhiata, «sì, andiamo.» Sposta la coperta dalle gambe e si alza dal divano. Indossa il cappotto e dopo aver preso la borsa si avvia verso l’uscita seguita da Brady. Io li accompagno fino alla porta, poi dopo aver salutato Kris, rimango immobile ad osservare Brady. 

Boccheggia. Sembra che voglia dire qualcosa. Apre la portiera dell’auto mentre continua a guardarmi negli occhi. Alza la mano come per salutare e salta su. Proprio quando mette in moto  e parte scendo veloce gli scalini.
«Brady!» Esclamo, ma non faccio in tempo. La sua Porsche è già sfrecciata via. 

Arrivo sempre dopo a far qualsiasi cosa. 



Rientro in casa e piango tutte le lacrime che mi sono rimaste. 
Rimango immobile poggiata al muro e piano piano mi sento cedere, fino a scivolare a terra. 

Sento crollare tutto senza il mio Brady. 


La notte trascorre veloce. Al mio risveglio Noah è già andato via. Lascia  un biglietto sul comodino con su scritto

 
 “Ho preparato un dolce, è nel forno. A più tardi. 
Ps: quando dormi sei ancora più bella.”

Faccio colazione con una tazza di caffè. Non ho proprio voglia di mangiare. Anche il solo odore di dolce è nauseante. Ho un dolore lancinante al capo, da non riuscire a tenere gli occhi aperti. Questi mi pizzicano ancora e mi sento persino priva di forze. 
Insomma il mio aspetto esteriore ed interiore non è dei migliori. 

Prendo fra le mani il mio telefono e scorgo tra i vari messaggi quello di Grace.

“Emily ho avuto un incidente con Josh… sono in ospedale. Non dire niente alla mamma ti prego!”

Quasi cado dalla sedia a dondolo leggendo quelle parole. Corro di sopra ed indosso un jeans, un maglione ed un paio di stivaletti. Do una sciacquata al viso, ancora frastornato dalla sera prima e corro fuori casa con le chiavi dell’auto in mano. 
Non potrei guidare. I medici me l’hanno impedito, se non prima finisco la riabilitazione, ma è una questione troppo importante per lasciar correre. 

Sfreccio per strada ed arrivo in ospedale in pochissimo tempo. Le infermiere mi indicano la stanza di Emily e quando salgo in ascensore mi sento quasi morire. 
Dalla finestra di fuori intravedo Brady che le parla, mentre lei ha una gamba alzata ingessata ed il collare. Senza chiedere il permesso apro la porta ed entro. 
Brady si volta a fissarmi e sospira. 

«Non potresti entrare» dice lui scuotendo il capo. 
«Me ne infischio di ciò che è giusto o sbagliato… che cosa è successo?» Mi avvicino a Grace e le accarezzo il volto. 
«E’ tutto okay… ho solo avuto il colpo di frusta ed una gamba rotta.» Sogghigna lei. «La cosa positiva è che almeno ho baciato Josh.»
Sgrano gli occhi e avrei quasi voglia di strozzarla, «Grace hai appena avuto un incidente e pensi a questa cazzate?» 
Lei sbuffa e rotea gli occhi incrociando quelli di Brady che rimane sempre serio. 
«Per favore glielo dici anche tu che sto bene?» Gli domanda con fare antipatico, mentre lui annuisce. 
«Sta bene tutto sommato» schiarisce la voce ed incrocia le braccia al petto. «Deve rimanere qui qualche giorno, perché vogliamo esser certi che sia tutto apposto. » Spiega severo. 
Mi massaggio le tempie socchiudendo le palpebre. Quando riapro gli occhi mi gira tutto. 
Mi sorreggo dal lettino, mentre sento fischiare le orecchie, la vista si appanna, le gambe sembra vogliano cedere fin quando non vedo più niente. 

Al mio risveglio sono su un lettino d’ospedale, in una stanza isolata. Brady è di fronte a me. 
«Che cosa è successo?» Dico con voce rauca. 
Lui si distanzia e sospira, «hai avuto un calo di zuccheri. Da quanto tempo non mangi?» Con una luce mi controlla gli occhi. «Hai un aspetto orribile.» Dice sincero e non lascia trapelare neanche un filo di sensibilità. 
Mi metto a sedere sul letto e lo guardo, mentre lui mi porge un bicchiere d’acqua. 
«Devi mangiare» ribadisce. 
Poggio il bicchiere sul comodino accanto e prendo un respiro profondo. «Non ho fame ultimamente» ammetto. 
«Fattela venire allora» decreta. «Ti faccio prescrivere degli integratori, ma li devi prendere ogni giorno!» Mi punta un dito contro. 
«Okay, dottore.» Scrollo le spalle. «E’ così che devo chiamarti da ora in poi no? O sono troppo formale?»  Chiedo con un filo di voce. 
Lui incrocia le braccia al petto mettendo in mostra i suoi bicipiti. Assottiglia lo sguardo ed aggrotta la fronte. «Chiamami come ti pare.»
«Giusto…» mormoro. Mi alzo dal letto ed indosso nuovamente il cappotto. «Buona vita a te e…» faccio una pausa e caccio via le lacrime, «Kaitlyn.» 
Lui mi fissa accigliato, mentre io gli do le spalle per uscire. 
«Che ne sai di Kaitlyn?... Kris?» Sembra infastidito all’idea che io sappia qualcosa della sua vita sentimentale. 
Mi blocco. Giro il capo lentamente e lo guardo. 
«La tua ragazza ha coraggio da vendere» commento. 
Si avvicina e mi blocca il braccio con una presa decisa. «Hai parlato con lei? Perché? Che vuoi ancora dalla mia vita?» Aumenta ad ogni domanda il tono di voce. Sembra esausto. 
Scuoto il capo e continuo a guardarlo negli occhi. «E’ stata lei a chiamarmi… ma ho recepito bene il messaggio. Farò di tutto per non intralciare più la tua vita. Te lo prometto. Emily Stewart non esiste più per te.» Vorrei piangere, sfogarmi e poi abbracciarlo, perché è la cosa di cui avrei più bisogno, ma lui non fa un minimo passo per mutare la situazione. 
«Emily Stewart fa parte del mio passato.» Marca ogni parola. 
«Ricevuto» strizzo gli occhi, mentre il nodo alla gola mi impedisce di dire altro. 
Una lacrima mi scivola giù per le guance. Apro gli occhi e dopo averlo fissato per l’ultima volta, dopo aver notato il suo sguardo perso e serio, scappo via.

Emily Stewart dovrà rimettersi in piedi, cacciare via il passato, eliminare il superfluo e ricominciare da zero. 


Angolo autrice. 

Buonasera! Velocissima! Avete visto? :)
Comunque spero vi sia piaciuto e ci leggiamo prestissimo! Bacioni

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


Capitolo 15.




Sono in ospedale, insieme a mia madre che maledice mia sorella e promette di non farle mettere neanche il naso fuori casa. Non l’ho mai vista così accanita, o meglio non ricordo di averle mai dato così tanti problemi da ragazzina.

Appena mette piede in stanza, Grace sbianca, sgrana gli occhi e spalanca la bocca.
Le faccio cenno che presto riceverà davvero tante botte e lei scuote il capo intimorita. Sicuramente, alla fine, s’inventerà qualcosa per scamparsela al suo solito.

«Grace! Ti giuro che appena uscirai fuori di qui… la tua vita diventerà peggio di quella di un carcerato!» Dice a denti stretti.
In quel preciso istante la porta alle mie spalle si spalanca, quando sento il vocione di Brady non mi volto. Rimango immobile, mentre mia madre è radiosa alla sua vista.

«Charlotte…» saluta lui porgendole la mano.
Mia madre mi rivolge un’occhiata furtiva, mentre io osservo mia sorella che mima qualcosa che non riesco a decifrare.
«Brady ti prego tienimi qui dentro per l’eternità…tanto non è poi così triste se passi tu di qui ogni giorno!» Esclama mia sorella raddrizzando la schiena ed accennando un espressione dolorante.
Lui scoppia a ridere, «domani ti dimettiamo, Grace» dice tranquillo.
Mia sorella sbuffa, ma non fiata.
«Perfetto.» Decreta mia madre. Sta già preparando una punizione con i fiocchi nella sua testolina.
«Perfetto un cavolo. Tu vuoi che torni a casa solo per trucidarmi e rinchiudermi nella mia stanza.» Commenta lei di rimando.
Mia madre le fa cenno di smetterla, mentre finalmente riesco a voltarmi verso Brady. Mi sta venendo il torcicollo a tenere il capo sempre in quella posizione.
Lui non mi degna neanche di mezzo sguardo, neanche per caso.
«Gli esami sono apposto, quindi non c’è motivo per tenerti ancora qui» ribadisce con tono giocoso.
«Allora nascondi mia madre in una torre e getta la chiave!» Lo prega congiungendo entrambe le mani e a me viene da ridere.
A quel punto Brady sembra accorgersi di me. Si volta scattante, ma due secondi dopo ha di nuovo lo sguardo su mia sorella.
«Comunque tra poco passeranno con il pranzo» dice lui.
«Sai che felicità!» Esclama roteando gli occhi. «Mi unisco al digiuno di mia sorella» bastarda. L’ha fatto apposta! La conosco troppo bene, ormai.
Cerco in qualche modo di nascondere l’imbarazzo, ma solo mia madre viene attirata da quella frase.
«Cos’è ‘sta storia Emily?» Domanda preoccupata. Le rivolgo uno sguardo e non parlo. Gli occhi di Brady puntati contro di me mi rendono nervosa e non riesco a spiaccicare una parola.
«Mamma… sta scherzando» commento accennando un risolino finto.
Brady sospira. Mia madre corruccia lo sguardo.
«Dimmi la verità… da quanto tempo non tocchi cibo?» Chiede incrociando le braccia al petto. «Emily che ti succede? Non hai quindici anni, la smetti?» Mi rimprovera.
Ci manca solo la ramanzina di mia madre. Mi sento una stupida e vorrei solo dire a mia sorella che è una perfetta stronza. Vorrei scappare e mandare a fanculo tutti e tre.
«Non ho bisogno delle tue lezioni, okay? La vita è la mia. Faccio quello che voglio. Sono affari miei se mangio o meno.» Aumento gradualmente il tono di voce innervosita. «A nessuno è mai importata la mia salute fisica e mentale e adesso… invece… vi preoccupate?» Chiedo con voce stridula. Sono giorni che provo a non piangere e adesso invece crollano tutti i tentativi. Vaffanculo!
«Non è vero.» Sussurra a denti stretti Brady. Lui crede che io non abbia sentito, ma invece non è così. Non rispondo. Avanzo verso l’uscita con un’andatura veloce, apro la porta ed esco sbattendola. Tutto trema.

Corro verso l’ascensore e premo ripetutamente in maniera morbosa il pulsante.
«Apriti porca puttana!»
Continuo ad imprecare sottovoce.
Quando si apre, la rossa elegante, con un rossetto bordeaux ed un tacco dodici, m’impallidisce. Rimaniamo entrambe a guardarci.
Lei sa chi sono. Io so chi è. La sua bocca si muove delicatamente, i suoi occhi sono assottigliati contro i miei e le sue braccia si incrociano al petto.
«E così conosco personalmente la famosa Emily» sogghigna antipaticamente.
Le strappo i capelli? La prendo a calci? La chiudo in ascensore e cerco in qualche modo di bloccarlo? O semplicemente scompaio dalle scale?
Il mio corpo mi incita ad aggredirla con tutta la forza che possiedo in corpo, la mia mente mi consiglia di stare al mio posto. Complicherei solo la situazione e farei la figura della cretina. C’è da dire che è comunque una donna bellissima.
«E così tu sei la famosa Kaitlyn.» Accenno un sorriso cattivo, tornando pochi secondi dopo seria.
«Dalla tua espressione… tesoro devo dire che sei messa proprio male. Sai che esiste il fondotinta e il copri occhiaie?» La sua vocina stridula e malvagia mi irrita il sistema nervoso.
Sospiro. «Lo sai che questo è un ospedale e non una strada dove magari potrebbero pagarti pure bene?» Mi sento soddisfatta della mia cattiveria, tanto che mi verrebbe voglia di applaudirmi da sola, ma lei non si lascia abbindolare dalle accuse. Sembra non le importi e non le sfiori più di tanto il mio insulto.
Avanza e si avvicina a pochi centimetri dal mio viso. «Brandon Felton è mio, amore. Non tuo, però. Chi sta peggio?» Scoppia in una risata soddisfatta e con il ticchettio delle sue scarpe si allontana.

Salgo in ascensore e premo velocemente il pulsante del primo piano.

Esco di lì avvilita, ricordandomi che ero venuta in macchina con mia madre.
Così monto sul primo taxi ,che passa ,dirigendomi a casa Felton. Devo per forza vedere Kris.

Arrivata lì, busso alla porta ed è Marcus che mi trovo di fronte.

«Sembri una reduce di guerra» ironizza lasciandomi entrare, «sei nella tana del nemico» mormora.
«Il nemico, come lo chiami tu, non c’è…ed io ho bisogno di vedere Kris.» Sbotto nervosamente. «Ed ho urgentemente l’esigenza di fumarmi una sigaretta!» Aggiungo spogliandomi del cappotto e della sciarpa ingombrante. Sono in preda ad una crisi di panico. La riconosco.
Frugo nella borsa alla ricerca delle mie Marlboro e una volta trovate, ne porto una in bocca accendendola.
Mi accorgo dopo di come Marcus mi sta fissando, è accigliato, parecchio confuso direi, ma allo stesso tempo incuriosito dal mio atteggiamento.
«Ti dico prima che Kris è uscita a fare la spesa… » esordisce, «non sapevo che fumassi» è serio.
«Solo quando sono nervosa» spiego facendo uscire il fumo dalla bocca.
«Okay, è successo qualcosa?» Domanda continuando a guardarmi.
Mi blocco. «E’ succ… mi domandi se è successo qualcosa?» Sbotto alzando il tono di voce. «Fino a qualche mese fa la mia vita era perfetta. Avevo un lavoro che mi gratificava, un fidanzato di cui ero innamorata, stavo per costruirmi il mio futuro… quello che avevo sempre desiderato e…adesso è tutto stravolto. Non so più chi sono. Non so mai cosa voglio. Non mangio più. Non dormo più. Ho gli incubi non appena mi addormento. Piango di continuo. Vorrei spaccare la faccia a qualcuno e mi sento perennemente in ansia e tutto questo per colpa sua!» Parlo veloce e sembro quasi assatanata.
«Non dare la colpa a Brady dei tuoi problemi, delle tue insicurezze.» Decreta severamente. «Tu  non hai mai accettato il fatto che fossi ancora innamorata di lui. L’hai sempre messo in secondo piano solo perché quel Noah aveva tutti i presupposti per essere il tuo uomo ideale, ma non l’hai mai guardato come guardi Brady, non hai mai parlato di lui come parli di Brady, non hai mai fatto pazzie per lui, non ci sei mai stata male.» Gesticola e parla lentamente, inducendomi a pensare. «E poi hai dato per scontato che Brady ti capisse sempre, che ti consolasse ogni volta e che fosse presente anche quando doveva solo mandarti a fanculo con un calcio nel culo.» Sentenzia senza aver timore di pronunciare quelle parole. «Emily solo questo ti meritavi. Forse avresti capito che il casino lo stavi combinando solo tu e che lui è sempre stato se stesso, dall’inizio alla fine.» Conclude con un sospiro.
Non parlo. Abbasso lo sguardo e mordo il labbro inferiore. Le loro parole non migliorano la situazione. Se credono che mi inducano ad essere forte e coraggiosa ed ad andare a dirgli che voglio lui, si sbagliano. Quelle parole mi spingono ancora più giù. Mi fanno cadere ancora più in basso. Non mi sento meglio ad ascoltare chi mi dice che mi sta bene, che me lo merito e che la colpa è solo la mia.
«Non ti sto accusando, ma voglio farti capire che la vita è fatta di scelte… tu l’hai fatta e di conseguenza anche lui»  scrolla le spalle e mi posa una mano sulla spalla. «E te lo dico apertamente, lui ti ama ancora follemente.» Accenna un sorriso, come se fosse abituato a dirlo. «Un amore così dura per sempre.»
A quelle parole incrocio i suoi occhi. Sono sinceri.
«Credo che sia meglio…»
«Lasciare Noah, intanto» ridacchia sfregandosi i palmi delle mani e schiacciandomi un occhio con malizia.

Forse ha ragione. Forse è la cosa più giusta da fare. Forse cambierebbe la mia situazione, mi sentirei più leggera, riuscirei a gestire la mia vita con serenità e sicurezza. Riuscirei a ricominciare da sola, ma da me stessa.

Non rispondo, faccio un cenno come per salutarlo e scappo fuori. Chiamo un taxi, nuovamente, e torno a casa, dove trovo posteggiata l’auto di Noah.
Prima di entrare respiro profondamente più di una volta, poi alzo gli occhi al cielo ed entro. Lui è sul divano ed appena mi sente, si mette in piedi avanzando per abbracciarmi.
Lo lascio fare inalando il suo buon profumo.

«Sei stata da tua sorella, vero? Come sta?» E’ molto tranquillo.
«Dobbiamo parlare» quelle parole risuonano persino al mio orecchio strane.
Mi osserva sconcertato ed annuisce. Poi si accomoda sul divano ed io sulla poltrona di fronte.
Probabilmente sto sudando, ma dopo starò meglio.
«La mia vita fin ad ora è stata sempre predominata dalla ragione» esordisco, «non ho mai fatto qualcosa senza prima pensarci cento volte e per questo ho perso dei treni.» Deglutisco e faccio una breve pausa. « Quando ti ho incontrato, mi son detta che quella volta non avrei sbagliato e che eri tu quello che volevo al mio fianco, per sempre» sorrido al pensiero e lui ricambia, «mi sentivo bene, perché pensavo di aver trovato finalmente la mia felicità.» Ho lo sguardo perso nel vuoto, mi sento un groppo in gola, ma resisto. «Ma cos’è la felicità, se non la bellezza di piccoli istanti che valgono per l’eternità?» Torno a guardarlo, mentre non riesco a decifrare la sua espressione. «Ecco… ho trascorso dei momenti che mi hanno regalato emozioni stupende, fino a quel giorno» il suo sguardo si alza e sbuffa, «inutile spiegarti cosa abbia provato, come mi sia sentita… ma quella era la felicità. Dopo l’incidente la situazione è peggiorata, Noah» scuoto il capo strizzando gli occhi, mentre lui nasconde il viso con entrambe le mani. «Io sono cambiata e ho capito adesso che quello che ci legava non era amore. Mi sono bastati pochi giorni per capire che la mia vita era ancora legata a qualcun altro e che si era solo bloccata. Mi sono bastati pochi istanti per ricordarmi chi ero prima. » Non trattengo le lacrime. Non ci riesco. Mi sento svuotata. «Ma adesso non conta più nulla. Ho deciso che devo ricominciare tutto da capo, che devo farlo sola, senza coinvolgere nessun altro.  Sono un disastro…» dico alzandomi ed avvicinandomi a lui. Lo abbraccio e poggio la mia testa sulla sua spalla. «Troverai la donna che saprà apprezzarti, ne sono sicura.»
Mi rivolge un lungo sguardo. «Andrai da lui adesso?»
Vorrei rispondergli di sì, che finalmente sarei andata da lui a dirgli quello che avevo appena fatto, ma non sarebbe mai successo. Non è solo lui la causa della rottura definitiva con Noah. Non sono sicura di aver vissuto sul serio fin ad ora. Ho sempre vissuto cercando di pensare a cosa fosse giusto o sbagliando, tralasciando cosa fosse, invece, migliore per me. Cosa mi avrebbe fatto sentire viva, a tal punto da dire di riuscire a respirare regolarmente.
Scuoto così il capo e lui annuisce. «Allora ti auguro di trovare quella felicità che non ti ho potuto regalare ogni giorno» detto ciò si mette in piedi ed esce di casa.
Avverto il motore della sua auto e rimango immobile.

Alzo gli occhi al cielo e finalmente respiro.


La mattina dopo ho già fatto le valige. Tornerò per il momento a casa dei miei.
Mia madre aprendo la porta di casa e trovandomi con le varie cianfrusaglie fra le mani sembra sconvolta, ma tace.
Non appena metto piede dentro mi rifugio tra le sue braccia, lasciandomi andare.

Nessuna delle due fiata. Salgo le scale sorreggendo le valige e non appena mi ritrovo davanti mia sorella, con la stampella fra le mani mi blocco.

Non l’ho mai vista sorridere in questo modo.


«Adesso comincia a vivere» sussurra.
Annuisco ed avanzo verso quella che, da adolescente, era stata la mia camera.
Sarebbe tornata esattamente come lo era un tempo, incasinata, ma senza lo sgradevole odore di chiuso.


Dopo aver trascorso due ore intere a sistemare la mia roba nei vari cassetti ed armadi, rispondo alle continue chiamate che mi arrivano sul cellulare.
Noto solo adesso che è Kris.

«Ma sono due ore che ti chiamo!» Esclama con voce stridula.
Rido. «Scusa stavo sistemando i vestiti» spiego sedendomi sul letto. Sprofondo. Non ricordavo di aver avuto un materasso così morbido.
«Marcus mi ha detto che sei passata ieri» dice.
«Sì… ma tutto okay» mento.
«Sputa il rospo, dai.»
«Ho lasciato Noah» mi sembra strano dirlo, ma è così.
«Emily» il suo tono sorpreso, meraviglia anche me. «Non me l’aspettavo, giuro. E adesso?»
«Adesso vivo la mia vita, da sola. Almeno per il momento.»
«Adesso mio fratello impazzirà.» Borbotta.
Rimango in silenzio riflettendo sulle sue parole.
«Cosa?»
«Hai capito bene. Appena saprà che hai rotto con Noah, mi diventa un cretino.» La sento ridere. «Non voglio saperne nulla io, non mi raccontare se ti chiama o se dovesse venire da te, okay?»
Non capisco dove voglia arrivare. Mi sembra che le dispiaccia pure la cosa.
«Ci sentiamo più tardi caso mai, devo andare a lavoro… ed è arrivata la baby sitter. Un bacio» riattacca.

Rimango qualche minuto a riflettere sul comportamento della mia amica.
Vuole la felicità del fratello, ma pensa che io non sia in grado di dargliela?


POV BRANDON


Sono a pranzo con Kaitlyn. Solo lei può portarmi a mangiare giapponese.
Prendo fra le mani le due stecche e sembro un imbranato, mentre lei se la ride.
«Amore devi prenderle così» mi mostra le sue, peccato che non ci riesca.
Mi sta solo salendo il nervoso, mentre la gente mi fissa stranita. Che hanno da guardare?
Non hanno mai visto un impedito con delle bacchette?
Improvvisamente il cellulare mi vibra nella tasca dei jeans, così mollo tutto, pensando sia un’emergenza di lavoro e rispondo senza neanche osservare il display.

«Bro, dobbiamo vederci» è Marcus.
Osservo Kaitlyn che mi sorride interrogativa, «non posso, sono a pranzo con Kaitlyn» spiego.
«Al diavolo ‘sta donna, sono il tuo migliore amico. Alza il culo da quella sedia, che neanche le sai usare ste bacchette del cazzo!» A quelle parole capisco che mi sta osservando, così mi guardo intorno. Lo noto fuori, che agita una mano per farsi riconoscere.
Sbuffo e scoppio a ridere, mentre anche Kait se ne accorge.
«Quel tipo è un idiota.» Commenta infastidita.
Le rivolgo un’occhiata omicida, «è il mio migliore amico, se te ne fossi dimenticata» decreto.
«Si, ma non può semplicemente starmi antipatico?» Domanda lei accennando un sorriso.
Marcus è ancora al telefono e probabilmente ha sentito tutto.
«Le puoi dire che la cosa è reciproca e che il labbro si capisce che è rifatto?»  Marcus dall’altra parte sembra essersi innervosito.
«Marcus sto uscendo» gli dico prima di riattaccare.
«Ma mandala almeno a cagare da parte mia, la regina del silicone.» Sbotta.
Mi viene da ridere, ma mi trattengo. Poggio il telefono sul tavolo e mi metto in piedi.
«Vado un attimo fuori, tu mangia» le dico, incamminandomi. La sento borbottare, ma la evito.

Una volta esser uscito, raggiungo il mio amico che sta fumando una sigaretta poggiato sulla sua auto.
«Poco mi importa di quell’oca che hai come fidanzata, potevi trovartene una intelligente almeno…» commenta scrollando le spalle.
Evito la discussione ed incrocio le braccia al petto curioso. «Che devi dirmi?» Domando accigliato.
«Sarebbe stato più divertente dirtelo davanti ad un caffè o ad un panino… almeno ti saresti affogato» ridacchia come un bambino. Ma quando cresce?
Sospiro esausto, «parla» decreto.
«Emily ha lasciato Noah.» Butta il fumo fuori dalla bocca e mi fissa.
Cerco in tutti i modi di apparire indifferente. Non mostro nessuna espressione.
«Okay, ed ora?» Apro le braccia con fare interrogativo.
Marcus spalanca la bocca e getta la cicca a terra calpestandola. «Ti è andato di volta il cervello? Amico ti conosco da una vita e non dirmi che non te ne frega un cazzo!» Sbotta quasi sconvolto.
«Quando ti ho detto che volevo voltare pagina, quale parte della frase non hai capito?» Domando freddo e distaccato. Mi sento un ammasso, duro come una roccia da non riuscire ad abbattere.
«Lo sai che ti dico?» Mi fissa disgustato. «Che ti preferivo innamorato e rompicoglioni, adesso non ti sopporto proprio. Sembri Noah.» Quelle parole mi feriscono, ma non lo faccio trapelare, nascondendo tutto il mio stato d’animo del momento. «Quando ritrovi il mio amico mi fai uno squillo e magari si beve insieme una birra. Per il momento fai come se non esistessi.» Detto ciò non mi degna più di uno sguardo e monta in auto partendo velocemente.

Mi sento una fitta al cuore. Marcus mi ha mollato sul ciglio della strada come un coglione. Le sue parole mi hanno fatto sentire un’altra persona. Il mio amico ha fatto la predica a me, quando di solito è il contrario. Ha ragione. Mi sento diverso, ma forse perché lo sono sul serio. Osservo Kaitlyn alle prese con le bacchette e mi viene da ridere. Quella donna mi stava cambiando…ma in bene o in male?

Dov’era il solito Brady? Dov’era scappato?

Rientro nel ristorante con un espressione persa e vuota. Kaitlyn neanche se ne rende conto, è troppo impegnata a ridere sul cameriere che dice averci provato con lei. In realtà sono nel mio mondo. Vago con i pensieri e mentalmente sono da un’altra parte, anziché lì, con lei.

Il display del cellulare che si illumina cattura la mia attenzione.
E’ un messaggio di Marcus.

“Quando ti ho detto di fare pace con il cervello, intendevo che dovevi chiederti cosa fosse giusto o sbagliato per te, ma ciò di cui mi sono reso conto in questi giorni è che hai tanto criticato Emily per la sua insicurezza e per il modo che avesse diverso di comportarsi con te e con Noah… e tu adesso… stai facendo la stessa cosa. “


Slaccio la camicia che mi serra il respiro e allento la cravatta. Mi sento soffocare qui dentro, diamine.


Perché tutte le scelte che faccio mi inducono a sbagliare sempre qualcosa?
Perché non può essere facile?
Perché non posso semplicemente frequentare un’altra donna e allo stesso momento rimanere il Brandon di sempre?


Angolo autrice.
Siete sorprese, ammettetelo! Sì, lo sono anche io. Godetevi questi giorni d'ispirazione perchè potranno esser seguiti da una totale mancanza e di conseguenza non riuscirei a scrivere! Aahaha, vabbè, come sempre spero che vi abbia intrigato. La situazione con questi due è abbastanza complicata, come avete potuto notare. Sono due testoni. 
Comunque, a presto, bacioni!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


Capitolo 16.



Sono in un locale stracolmo di gente che beve, si scatena in pista e che parlotta.
Kris se la ride con il tipo del bar, mentre io sorseggio il mio Bloody Mary. Non mi sento esattamente al mio agio, anche se avrei voglia di ballare e non pensare più a nulla.
Quando un ragazzo mi si para davanti con un sorriso malizioso, mi volto da una parte all’altra, per esser sicura che stia fissando proprio me. Mi indico interrogativa e lui annuisce facendomi cenno con un dito di avvicinarmi, mentre muove il bacino in modo sensuale. Mi fa quasi venire voglia di finirlo tutto d’un sorso quel cocktail. Porto alle labbra la cannuccia e con sorsi lunghi e veloci lo bevo tutto. Poggio violentemente e con insistenza il bicchiere sul bancone ed agitando le braccia a ritmo di musica mi avvicino.
Mi prende per mano ed indietreggia mentre mi ritrovo circondata da persone sconosciute. Mi attira a se posando una mano sul mio fianco e continua a muoversi. Mi lascio andare socchiudendo le palpebre e gettando la testa all’indietro, mentre avverto il calore del suo corpo contro il mio.
«Piacere Jason.» La sua voce è talmente sensuale, da provocarmi un brivido lungo la spina dorsale.
Mi avvicino al suo orecchio e boccheggio per qualche istante, «Allison» mento.
Si distanzia e mi sorride.
In lontananza, poi, scorto Kris che abbassa il capo a ritmo, ondeggiando con il corpo.
Improvvisamente al suo fianco si posiziona Marcus.
Sgrano gli occhi e mi distacco da quel tipo. «Scusami» dico allontanandomi.

Kris non si è ancora accorta della sua presenza e continua a ballare come se nulla fosse. Fin quando lui la acchiappa da una braccio e lei si volta scattante.
Mi avvicino, ma cerco di rimanere in disparte sentendo ugualmente la discussione.

«Tua figlia è a casa e tu te ne vai a ballare?» Urla lui.
«Sto solo bevendo qualcosa con un’amica» si difende lei alzando le mani in segno di resa.
Lui sbuffa e posa un pugno sul bancone, «ne hai ancora per molto qui? O ti decidi a tornare a casa?» Sbotta.
«Ma che problemi hai?» Chiede arrogantemente lei. «Lux è con mio fratello, non capisco quale sia il problema!»
«Il problema è che non puoi sempre fare tutto quello che ti pare, okay?» Marcus continua ad alzare la voce, ma lei sembra più tranquilla del solito.
«A me sembra che ti dia fastidio il fatto che io sia qui dentro e mi stia divertendo» borbotta Kris incrociando le braccia al petto.
Lui le da un’occhiata dall’altro al basso e poi torna a guardarla in viso. «Sei vestita come una ragazzina.» Commenta.
«E quindi? Non ho mica quarant’anni che devo privarmi di una minigonna ed un paio di tacchi alti!» Incalza lei.
Marcus sembra geloso. E’ tutto ciò che riesco a notare di quella situazione.
«Potresti pure contenerti. Anche io potrei uscire, andare a bere, ubriacarmi, spogliarmi davanti a delle ragazze e fare il figo, ma non lo faccio.» Scoppio a ridere, perché non ce lo vedrei proprio in quello stato.
«Ma sei libero di farlo!» Esclama lei. «Chi te l’ha mai vietato?» Continua. «Abbiamo venticinque anni… siamo liberi di comportarci come ci pare. O sbaglio?»
«Okay, continua a fare la poco di buono.» La guarda disgustato e si distanzia.
A quel punto, per evitare una rissa, mi avvicino con passo svelto fingendo di averli appena notati.
«Ragazzi» dico entusiasta, «Marcus apposto?» Domando sorridente.
Lui sgrana gli occhi, «qua siamo tutti pazzi, adesso anche tu ti sei messa a fare la cretina in giro?» Domanda sconvolto. Non capisco quale sia il suo disagio e mi viene quasi da ridere. Sta scaricando tutta la sua rabbia e gelosia nei confronti di Kris, anche su di me.
«Grandissimo pezzo di merda, mi hai dato della poco di buono!» Lo spintona.
«Okay, risolviamo questo fuori» li spingo entrambi verso l’uscita, mentre si prendono a parole e cerco di far star buona Kris che ha appena alzato una mano, pronta a stampargliela in viso.

Quando finalmente raggiungiamo l’uscita, Kris gli carica una sberla e poi un’altra ancora, facendogli arrossire entrambe le guance.
«Sei uno stronzo» commenta.
«Ora tu sali in macchina con me e ce ne andiamo via di qui» Marcus indica la sua auto, mentre Kris scoppia in una risata isterica.
«Ma vacci pure a cagare con quella macchina, idiota» continua ad insultarlo.
Poggio entrambe le mani fra i capelli, incapace di gestire la situazione. Solo Brady avrebbe saputo calmarli. Io non so proprio che dire. Sono peggio di due bambini, quando, invece, l’unica bambina dovrebbe essere Lux, la loro figlia.
«Marcus, ma se Lux è con Brady che problema c’è?» Domando io.
Lui mi da uno sguardo e non risponde subito. «Brady non è suo padre o sua madre» dice.
«Bè, allora vacci anche tu… da lui» scrollo le spalle.
A quelle parole abbassa la testa e scompiglia i capelli.
Quell’attimo di silenzio mi fa riflettere.
«Hai litigato con mio fratello!» Esclama Kris sbuffando. «E per quale motivo adesso?» Chiede subito dopo.
Marcus guarda entrambe, «non ci ho litigato, gli ho solo fatto presente che i vecchi decrepiti sono più divertenti di lui! Tutto qui.» Spiega con calma. «Da quando frequenta la regina di silicone, si è trasformato in una sottospecie di bambolotto. E’ andato persino a mangiare giapponese….» ride sgranando gli occhi, come se fosse sorpreso, «Brady… giapponese? Ma scherziamo?» Aggiunge.
«Senti ma mio fratello dovrà pur farsela una vita propria o no?» Lo difende a spada tratta la sorella.
Io invece rimango in silenzio. A quanto pare neanche a Marcus sta molto simpatica la nuova fiamma, che in fiamme c’ha solo i capelli, che per giunta saranno pure tinti.
Meglio riderci su, insomma.
«Si e nel frattempo gli prepariamo tutto l’occorrente per diventare mio nonno, d’accordo?» Dice con sarcasmo.
Kris accenna un risolino antipatico, «sei invidioso che almeno lui sta concludendo qualcosa nella sua vita? Quando tu… invece… sei un povero illuso?» Quelle parole feriscono, quasi, anche me. Non pensavo di poterle mai sentir dire da Kris.
Siamo e sono amici da una vita e sembra troppo questo.
«Illuso di cosa…?» Chiede assottigliando lo sguardo.
«Ti illudi che la tua vita possa migliorare da un momento all’altro e non ti accorgi che, oltre al lavoro da fallito che hai, sei un fallito anche come uomo!» Esclama aggressiva.
Vorrei scomparire. Sono la persona meno adatta in quella circostanza. Anzi, tutti sarebbero inadatti ad assistere ad una scena del genere ed a quello che sarebbe venuto dopo.
«Ah si? Sono un fallito?» Alza la voce ed io sussulto. «Perché? Perché non ho una donna? Perché mi piace la vita? Perché non sto dalla mattina alla sera a piangermela addosso per qualsiasi cosa?» All’ultima domanda mi rivolge un lungo sguardo. Perfetto. Adesso ci sono anch’io nel mezzo. Come non detto, diamine! «Probabilmente la donna che voglio è una stronza che sa solo criticare la gente, che gira per i locali di notte e che non ha neanche il minimo senso di cosa voglia dire gestire la propria vita.» Sbotta nervoso. Le vene del collo si ingrossano ed il suo viso è sempre più rosso. «E non mi accontento di una donna qualsiasi. Una donna che arriva di punto in bianco. Non mi accontento della prima che passa. Anche se quella che voglio è una fottuta stronza, egoista e prepotente, non mollo!» Continua gesticolando. Mi viene quasi da piangere per ciò che ha appena detto. «Sono qui. Sono venuto a prendere questa sottospecie di stronza. Non sono da un’altra parte, con un’altra donna. Non sto cercando di cambiare vita. Perché la vita che voglio è questa e se le cose col tempo cambieranno… vaffanculo!» Getta un sospiro di sollievo .«Intanto ho sempre fatto ciò che sentivo e non ciò che era giusto o sbagliato.» Detto ciò riprende fiato e lascia di stucco entrambe.
Kris è letteralmente senza parole. Non spiaccica una parola. Ha lo sguardo perso nel vuoto. A malapena deglutisce e respira. Sembra immobilizzata e mi fa quasi paura.
«Almeno l’ho fatta stare zitta. Ci sono riuscito.» Sospira lui. Poi indietreggia e voltandosi avanza verso la sua auto. Apre la portiera ed entra. Mette in moto e parte velocemente.

Sono sconvolta per tutto quello che ha appena detto e so che non sono la sola.
Per far stare zitta Kris e per riuscire a farla rimanere di stucco, ce ne vuole e lui ci ha centrato in pieno. Tanto di cappello ad Adams.
Quello che mi fa più riflettere è il mondo in cui lui gestisce la sua vita, come si pone nei suoi confronti e come affronta le situazioni. E’ stato da sempre giudicato, fin dai tempi del liceo, come il pagliaccio della situazione, come colui che animava in maniera giocosa una momento anche inopportuno. Aveva sempre la battuta pronta e, probabilmente, a volte, faceva il cretino solo per far sorridere qualcuno. Ho sempre apprezzato il suo modo di porsi, ma questa notte, in questo parcheggio, ho visto un Marcus adulto, maturo, sicuro di ciò che vuole e fiero di ciò che è. Ha avuto, a differenza mia, il coraggio di dimostrare alla donna che ama, con modi nettamente diversi dai canoni normali, quello che realmente desidera. Vorrei solo avere un quarto della sua forza e lo invidio come non l’ho mai fatto con nessun’altro.
Marcus Adams, stanotte, ha conquistato anche me.

«L’ha detto davvero?» Kris si sveglia, finalmente. Mi osserva angosciata.
Annuisco accennando un mezzo sorriso.
«Com’è possibile?» Chiede poi.
«Cosa? Che sia innamorato di te?» Rispondo quasi con ovvietà. «Kris credo che non abbia mai smesso di pensarti in questi anni e averti rincontrato e aver scoperto che Lux è sua figlia, abbia solo alimentato il tutto.» Scrollo le spalle sorridendole.
Lei porta entrambe le mani in viso e scuote il capo, «non è possibile, non può essere innamorato di me» mormora.
«Perché?» Domando con espressione corrucciata.
«Non ci avevo mai pensato» ammette, «insomma l’hai visto anche tu come ci comportiamo» abbassa lo sguardo.
«Sì, ma lui è venuto qui… per riprendere te, poco importa come vi comportate. » Le accarezzo il capo.
«Sì… okay, ma io… non so» balbetta. Non l’ho mai vista in questo stato.
Mi sembra di rivedere me qualche tempo prima. «Fai come dice lui. Non pensare a cosa sia giusto o sbagliato, se vuoi fare una cosa, falla… senza pensare alle conseguenze» faccio tanto la morale a lei, quando io non ho mai fatto qualcosa istintivamente, ho sempre dato troppa importanza alla razionalità. Ho capito solo adesso che la vita si vive improvvisando. Nessuna regola, nessuna programmazione. Fai ciò che ti senti, falla sempre.
«E tu perché non l’hai fatto?» Cambia letteralmente discorso mettendomi in difficoltà.
Faccio fatica a rispondere prontamente.
Bagna le labbra con la lingua e assottiglia lo sguardo. «Perché non ti sei gettata fra sue braccia? Perché hai aspettato tutto questo tempo per far camminare il cervello?» La sua domanda risuona nel mio cervello come un tamburo. Sono giorni ormai che me la pongo e l’unica risposta che so darmi è: sono un’eterna insicura.
Lo sono sempre stata e probabilmente sempre lo sarò.
«Kris stiamo parlando di te, adesso» borbotto. Non mi va di immischiare, ancora una volta, la mia vita con quella degli altri. Ne ho già abbastanza di me, di Brady e di tutto il contorno sgradevole.
«La verità è che non sai neanche tu come risponderti» incalza.
Mi sta facendo innervosire e dalla mia espressione corrucciata si nota parecchio.
«Va bene, okay. Non mi sono gettata fra le sue braccia.» Sbotto. «Tu cosa avresti fatto al posto mio?» Domando accecata di rabbia. «Conosci un uomo, pensi che possa raffigurare il tuo futuro… decidi di sposarlo e boom» apro le braccia alzando gli occhi al cielo, «dal nulla compare il ragazzo che al liceo ti ha fatto girare la testa.» Aggiungo. «Avresti mollato tutto per rincorrere la fiamma adolescenziale o avresti cercato di ragionare mettendo insieme il tutto? Okay, forse avrei dovuto reagire un po’ più d’impulso, magari mi sarei dovuta mollare un po’… ma non potevo rimanere indifferente di fronte a Noah. Insomma… stava per diventare mio marito.» Aumento il tono di voce.
Si prende qualche minuto prima di rispondere, poi alza il capo ed incrocia il mio sguardo. «Non ho mai messo in dubbio il tuo amore per Noah, ma Cristo santo Emily… passano mesi, pensi a Brady, pensi a voi nel passato, ti senti ancora coinvolta da lui… cosa credi che desideri il tuo cuore? Giocarci a carte?» Ironizza lei. «Quando ami con tutta te stessa una persona, tutte le altre appaiono invisibili e lo sai anche tu. Quante volte al liceo un ragazzo carino ti fissava e tu… niente!» Esclama marcando l’ultima parola. «Evitavi tutti perché l’unica persona che desideravi ti guardasse era mio fratello. Non c’era un attimo nel quale non lo guardavi, non lo pensavi o non ci parlavi. Emily… non ci voleva una doppia laurea per capire che quello che avevate lasciato in sospeso anni prima, era ancora vivo dentro di te!» Aggiunge fissandomi dritta negli occhi. «Bastava solo guardare dentro il cuore, per capire ciò che realmente desideravi.» Conclude.

Ho smesso ormai di piangermi addosso, come dice Marcus. Ho smesso perché mi  lacera solo internamente e all’esterno non cambia nulla, a parte la mia apparenza.
Così guardo Kris immobile. Mi sono stufata di sentirmi la predica di tutti. Mi sono stancata di sentirmi il perno della situazione. E’ una situazione intollerante. Tutti che mi dicono che ho sbagliato, che è solo colpa mia, che me lo merito e che adesso dovrò prendermi le mie responsabilità.
Nessuno si è ancora fermato a dire “ma io cosa avrei fatto al suo posto?”
Tutti bravi a dire la propria, tutti bravi a giudicare e parlare a vanvera. Tutti bravi a decidere quale sia l’amore vero. Nessuno che capisca che ognuno di noi ha i suoi tempi. C’è chi arriva prima, c’è chi arriva dopo. Mi sono presa le mie responsabilità per esser arrivata tardi, quando il treno, dopo tanta attesa, era già partito.
Non ne esiste solo uno in tutta la vita, però. Forse, probabilmente, era quello giusto… ma non posso trascorrere l’intera vita a rimpiangerlo.

Se è andato, è andato.

«Facciamo che ognuno di noi risolve da solo i propri dammi sentimentali…» dico con calma, dopo essermi calmata. «Adesso ho solo bisogno di andare a casa.»
Lei annuisce ed alza i capelli in una coda. Toglie le scarpe e rimane scalza salendo in auto.

Per tutto il viaggio entrambe rimaniamo silenziose. L’atmosfera è tesa, l’aria è troppo viziata. Non volevo arrivare al punto di distanziarmi pure con lei. Mi sembra che tutto si stia stravolgendo e che la serenità sia svanita.

«Grazie per il passaggio» faccio dandole un’occhiata.
Lei ha gli occhi fissi sulla strada e non mi degna di uno sguardo. Sembra pensierosa, più che arrabbiata e questo mi consola. L’ultima cosa che volevo era uno scontro con lei.
Salto giù dal sedile e quando sto per chiudere la portiera, lei parla.
«Ehi Emi» sussurra, mi abbasso per guardarla e noto i suoi occhi lucidi, «mi dispiace per tutto. Se ho detto quelle cose è perché voglio bene ad entrambi…e perché risolvere la vostra situazione è più semplice della mia.» Ammette a testa bassa. Mette poi in moto ed io, dopo averle sorriso, chiudo lo sportello e lei parte.





POV BRANDON


Sono in auto da due ore ormai. Giro a vuoto senza una meta, con la musica che mi frastorna i timpani. Sul sedile al mio fianco c’è poggiata una bottiglia di Whisky, ancora non cominciata. La fisso ogni due minuti e combatto contro me stesso pur di non berla.
So già che se dovessi iniziare, la finirei del tutto.

Quando per sbaglio mi trovo a passare davanti casa di Emily, posteggio. Osservo la sua finestra illuminata e senza più pensarci afferro la bottiglia al mio fianco. La apro con forza e la porto alla bocca, sorseggiando velocemente. Lascio andare il capo all’indietro poggiandolo al sedile e socchiudo le palpebre, sembra come che sia un’ancora di salvezza. Continuo a berlo, ondeggiando il capo a ritmo di musica, poi senza preoccuparmi di aver lasciato tutto acceso, scendo dall’auto barcollando e percorro il vialetto che mi porta all’entrata di quella che ,un tempo, era la mia abitazione.
Nonostante l’alcol in circolo riesco perfettamente a ricordare dove abitualmente nascondevo la doppia copia delle chiavi, o meglio dire quella di Tom.

Quando metto piede lì dentro, accendo la luce e mi guardo intorno accennando una risata. Tutto troppo vuoto. C’è solo odore di chiuso.
Dei flashback invadono per pochi istanti la mia mente, come se tutto fosse reale.

«Come al tuo solito hai bevuto vero?» Tom mi fissa scuotendo il capo.
Avanzo verso di lui e gli do una pacca sulla spalla. «Nah… tutto okay» rido morbosamente.
Tom mi afferra per un braccio, portandoselo dietro il collo e con un po’ di fatica mi guida verso il divano, dove mi getta come un pesce morto. «Ma come devo fare con te?» Incrocia le braccia al petto e mi fissa dal petto. «Ogni volta che succede qualcosa ti butti sull’alcol» mi rimprovera.
«Sono fatto così, bro» ridacchio. «Insomma… Emily e Jake non è accettabile!» Esclamo prendendo a pugni il divano sotto di me.
lo sento ridere. «Vai a dirglielo, invece di fare al solito tuo il coglione» propone.
«Andrò…» sospiro. Poi mi giro di un fianco e stringo il cuscino che mi sorregge il capo con entrambe le braccia. «Ora… voglio dormire» mi lamento e poi improvvisamente mi addormento.


Salgo le scale sorreggendomi dal muro affianco, poi mi blocco per  buttare giù un altro sorso di Whisky. Arrivato al piano di sopra percorro il corridoio e quando mi ritrovo di fronte alla porta della camera di Tom, dove c’è ancora incisa una T. Ricordo quanto si arrabbiò papà, quel giorno che con un taglierino decidemmo entrambi di scrivere la nostra iniziale nelle rispettive porte. Eravamo due bambini birbanti e papà voleva suonarcele di brutto quella mattina. Ci ha rinchiusi nella stessa stanza per punizione. Per tutto quel tempo trascorso ridemmo come pazzi ripensando alla sua faccia dopo aver visto il pasticcio e già programmavamo la nuova marachella che avrebbe fatto, di sicuro, andar su di giri mio padre.

Ripasso con un dito quella lettera e sorrido. Giro il pomello con una mano ed entro.
Quella stanza era rimasta immutata. Il letto non era stato spostato di un centimetro e la poltrona di fronte altrettanto. Mi ci siedo sprofondando e continuo a bere quella bottiglia di cui ne è rimasto solo meno di metà.
«Avanti dimmelo che sono un coglione» annuisco. «Lo so che lo stai pensando, dillo» continuo. «Dove sei? Ah? Dove?» Sbraito con voce rauca guardandomi intorno. «Avresti avuto la risposta adatta, perché… tanto lo sapevi che i tuoi insulti erano come pane quotidiano per me. Non facevi altro che ripetermi quanto cazzo sbagliavo… ed ora lo so cosa pensi» borbotto, «pensi che bevendo non risolva nulla e bla bla bla» blatero accennando una risata. «Qui ti sbagli. Sto facendo time out per qualche istante. Stacco da tutti i pensieri e mi lascio andare.» Scrollo le spalle. «Domani sarà tutto apposto» annuisco con convinzione. «E so anche che Kaitlyn non ti piace per niente» indico con un dito il letto, «ma sei di parte, però, quindi non vale!» Esclamo. «Ti dico una cosa fratellino, una sola» mi metto in piedi traballando. Mi reggo dal mobile affianco e cerco di cacciare via quel senso di nausea che mi risale ogni due secondi. «Non torno più indietro… fanculo all’amore, al cuore… l’amore non è stato mai dalla mia parte» dico irruento. «Basta cazzate. Ho rincorso troppo tempo qualcosa di irreale… per cosa poi? Per niente. Ho creduto e combattuto come un idiota. Adesso il tempo delle mele è finito… i giochi sono finiti. Per sempre.» Detto ciò mi accascio a terra stendendo le gambe e poggiando la schiena contro il muro. Finisco gli ultimi sorsi di Whisky, «e questo è per te. Alla tua.» Dopo aver terminato anche l’ultimo goccio, getto violentemente la bottiglia dall’altra parte della stanza.


La mattina dopo sto dormendo in auto. Il sedile è completamente abbassato e quando alzo il capo per vedere dove mi trovi, mi accorgo di esser rimasto posteggiato allo stesso punto della sera prima. Stiro le braccia e poggio la testa, dolorante, sullo sterzo.
Scrocchio il collo e la schiena e dopo essermi un po’ ripreso metto in moto per ripartire.
Per strada, stamani, c’è un gran traffico e mi ritrovo coinvolto in una fila pazzesca. Così, ricordandomi del turno che avrei all’incirca tra venti minuti, invio velocemente un sms a Clara, l’infermiera, per avvisarla che ritarderò.
Quando avverto una donna che blatera ed urla in mezzo alla strada alzo prontamente il capo, abbassando il finestrino.
«Aiuto.. qualcuno mi aiuti. C’è un dottore?»
A quel punto scatto fuori dall’auto senza neanche pensarci. Agito una mano per farmi notare.
«Eccomi, eccomi! Sono un medico.» Urlo alla donna che non appena mi nota sembra sollevata in viso. Le corro incontro raggiungendola, «che succede?»
Mi fa cenno di seguirla e così faccio. Quando mi accorgo di un uomo a terra, non perdo neanche un attimo per soccorrerlo.

Mi inginocchio e mi avvicino al suo orecchio, «mi sente?» Chiedo, ma non ricevo nessuna risposta. «Che cos’è successo?» Domando alla signora al mio fianco, mentre controllo il respiro e il battito.
«Si è accasciato a terra improvvisamente, non ne ho idea…» balbetta spaventata.
E’ in un chiaro arresto cardiaco. «Chiama soccorsi» decreto, mentre sbottono la camicia che indossa. Poggio entrambe le mani sul torace e dopo aver preso un lungo respiro di sollievo attuo il massaggio cardiaco, alternando la respirazione bocca a bocca.
Sto sudando al solo pensiero di non riuscire a salvarlo. Ce la sto mettendo tutta. Nonostante il dolore lancinante alle tempie e i vari capogiri dopo sbornia, sto provando in tutti i modi per farlo riprendere. Non lascerò che muoia.
Sono diventato ciò che sono adesso, dopo la morte di Tom. Mi ero promesso in passato di aver aiutato chiunque si fosse trovato in una situazione del genere, a combattere contro la morte.
Ho fallito, forse, come uomo, ma non fallirò anche come medico.

Continuo a contare e a praticare il massaggio, sperando con tutto me stesso di risentire il suo respiro e il suo cuore battere. Quando il torace finalmente si alza lentamente, mi distanzio. Porto entrambe le mani sul capo esausto e prendo un lungo respiro.
«Oh mio Dio.» La donna al mio fianco singhiozza e prende per la mano l’uomo di fronte a me. «Lei è un angelo…oddio» piange abbracciandolo, mentre io accenno un sorriso.
Ce l’ho fatta.
«A breve arriveranno i soccorsi… come si sente?» Domando mentre l’uomo sembra ipnotizzato.
«Lei mi ha salvato la vita» sussurra con fatica.
«Non si affatichi, è tutto okay» mi metto nuovamente in piedi, mentre due uomini con la barella arrivano correndo. «Ho praticato il massaggio cardiaco, si è ripreso… ma portatelo immediatamente in ospedale» ordino.
Loro lo sistemano e lo caricano in ambulanza, mentre io ritorno in auto.

Finalmente il traffico si libera. Riesco a ripartire, mentre ripenso all’accaduto.
Ne rimango sorpreso e sono felice. Mi sento soddisfatto come medico.
Quando mi accorgo del display del telefono che si illumina, lo porto all’orecchio.

«Sì?» Rispondo.
«Dove sei?» E’ mia sorella. «Dove sei stato tutta la notte?» Sembra preoccupata dal tono di voce.
«Kris sto andando a lavoro, che succede?» Domando accigliato.
«Ho bisogno di parlarti… per favore.» Mi prega.
Sospiro. Per lei sempre disponibile. «Okay, chiamerò e dirò di spostarmi al turno pomeridiano. Dove sei?»
«Sono a casa, con Lux…»
«Arrivo» riattacco e accelero.


Posteggio davanti casa. La testa mi martella ancora per il forte dolore e vorrei sono dormire fino a stasera. Entro in casa trovando Kris sul divano con Lux. Stanno giocando e ridendo insieme. Bellissime le mie principesse!
«Amore mio!» Esclamo quando Lux mi nota e mi abbasso per prenderla in braccio.
Gli  lascio una serie di baci in guancia e la stringo a me.
«Zio, ma dov’eri?» La sua flebile e dolce vocina mi addolcisce.
«Sono stato fuori per lavoro» all’affermazione Kris accenna una smorfia, mentre io mi siedo al suo fianco.
«Amore gioca» la incita mia sorella accarezzandole il capo. Poi mi degna di un lungo sguardo. «Ho saputo che tu e Marcus siete… insomma non vi parlate» mormora.
Immaginavo riguardasse lui. Sospiro ed annuisco.
«Cos’è successo?» Chiede corrucciata.
«Non gli va bene più Brady…» scrollo le spalle mentre mi massaggio le tempie lentamente.
«Forse perché non sei più lo stesso» arriccia il naso, «insomma, sei strano» ammette.
«Non so cosa vediate di diverso, forse perché ho voltato pagina… ma questo non vuol dire che non sia il solito Brady» sottolineo sincero.
«Marcus ti conosce da una vita ed anche io… si vede che non sei più lo stesso. E lo so che dietro a questa maschera c’è solo Emily. Non fare il duro con me.» Mi accarezza il viso e sorride.
Sono stufo. «Basta parlare di questa Emily. Emily di qua, Emily di là.» Dico nervoso allontanandomi. «Il mondo non gira intorno a lei. Mi sono rotto i coglioni di lei, del suo mondo e di quello che mi aveva fatto diventare!» Sbotto.
Menomale che mia nipote ancora gioca. Kris mi fa cenno di smetterla con le brutte parole, ma io neanche ci avevo pensato alla bambina.
«Ascolta… hai tutte le ragioni del mondo per avercela con lei, perché ha sminuito quello che tu provavi per lei e non ti è mai venuta incontro, ma tu non eri quello a causa sua. » MI punta un dito contro. «Grazie a lei tu sei diventato un ragazzo, un uomo meraviglioso. Con dei principi, con dei valori, con l’amore che possedevi dentro di te. Grazie a lei sei cambiato… dallo stupido Felton che si aggirava fra i corridoi della scuola a quello che sei adesso.» Annuisce. «E ora non ti permetterò di sfasciare tutto. Fai puzza di alcol… sei stato fuori tutta la notte e persino Kaitlyn non sapeva dove fossi.» Sbuffa incrociando le braccia al petto.
«Kaitlyn non sa nulla di me.» Borbotto accennando un risolino.
Kris applaude convinta, «che cosa dovrebbe sapere di te? Ovvio che non sa nulla.»
«Sono solo stato nella nostra vecchia casa…e sì… ho bevuto. Mi sono ubriacato.» Rispondo senza alcun problema. La vita è la mia, mi comporto come voglio.
«Quando capirai che bevendo non si risolve nulla Brandon?» Quella domanda quasi mi ferisce. Mia sorella non mi chiama mai per il mio nome per intero, ma quando lo fa o è incazzata, o sta parlando seriamente o è stufa.
In questo caso credo siano tutte e tre le risposte.
«Allora… parliamo di tutto ciò che vuoi, ma non voglio più saperne nulla di Emily. E’ uscita dalla mia vita.» Sentenzio cercando di zittirla.
Ma lei è una Felton , non fa mai quello che le viene richiesto. Fa sempre l’opposto. Non a caso è mia sorella.
Alza le mani in segno di resa e socchiude le palpebre, «okay, se non vuoi più parlare di lei non farlo, ma ti proibisco di dire che a causa sua eri diventato una persona migliore. Lo sai anche tu che non è così. Ti stai solo autoconvincendo che lei sia una stronza, che non ti meriti e che hai bisogno d’altro.» Parlotta veloce e faccio fatica a seguirla bene. «Ovviamente decidi tu di cosa hai bisogno, ma attento a non pentirtene.»
Si mette in piedi e prende in braccio Lux, «facciamo il bagnetto» le da un bacio in guancia e mentre la piccola mi saluta mandandomi tanti bacini, Kris sale le scale.

Non reggo più la situazione. Ogni cosa mi parla di lei. Ogni volta che provo a pensare a qualcosa che non riguardi Emily, c’è subito qualcun altro che mi ricorda il suo nome.
Si sono messi tutti d’accordo?
Avevo preso la decisione di lasciarmi tutto alle spalle, di dimenticare ciò che era stato e di portare a compimento la mia vita.  Continuano tutti a giudicare, ad affermare con fermezza che io sia cambiato ed in qualche modo riescono a farmi sentire in colpa.
In fondo speravo che Emily si rendesse conto del tutto, speravo in un suo passo indietro.
Non sono mai stato preso alla sprovvista da lei. Non mi ha mai dimostrato nulla.
Sono sempre stato io il coglione che le andava dietro, anche quando dovevo semplicemente lasciarla andare, magari adesso sarebbe andata diversamente.
Ho sempre aspettato un suo passo, un qualcosa che mi inducesse a pensare che Emily ci tenesse a me sul serio e che non ci legava solo il passato, ma un sentimento reale e forte.
Invece sono sempre stato io a dimostrarle qualcosa, sempre pronto a tenderle una mano e una spalla su cui piangere. L’ho sempre consolata e ci sono sempre stato.

Ma un uomo innamorato davvero può sopportare tutto ciò?

Arriva un punto in cui bisogna depositare le armi. Arriva un punto in cui capisci che hai fatto il possibile e se non è andata, non era destino.

Arriva un punto in cui mi girano i coglioni, e vaffanculo!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


Capitolo 17.


Oggi è un giorno speciale. E’ il compleanno di Kris. Secondo lei ce ne siamo tutti dimenticati, o meglio dire, crede che io me ne sia scordata. Nonostante il mio disagio neurologico del momento, riguardando il vecchio diario, ho notato una foto che ritrae con lei qualche anno prima, con altrettanta data ed auguri.
Non sono al corrente di ciò che, probabilmente, starà organizzando il fratello, ma, nel frangente, mi cimenterò in una torta.

Sono al supermercato e passeggio avanti ed indietro con il carrello fra le mani, canticchiando una melodia di sottofondo. Acchiappo tutto l’occorrente e senza far caso a ciò che ho di fronte continuo ad avanzare. Quando urto con un altro carrello, sussulto e scattante mi volto ad osservare chi abbia investito sbadatamente.
Brady è posizionato di fronte a me, sembra seccato, sbuffa ed indietreggia, facendosi spazio per passare dall’altro lato. Degnata di mezzo sguardo, mi volto a guardarlo senza timore. Continua a camminare con la sua solita andatura, come se nulla fosse, poi si blocca e mette nel carrello una serie di pacchetti di patatine e salatini. Tutto l’occorrente per una festa di compleanno. Sospiro e scuoto il capo. torta di compleanno, così, ricordandomi di Marcus, al quale era scappato di averci litigato,sfilo il cellulare dalla borsa velocemente e dopo aver cercato il suo numero in rubrica lo chiamo. Per qualche istante squilla e poi risponde.

«Sì? Chi è morto? Polizia? Sono innocente.» Tipica risposta di un assonnato da post sbornia.
«Ho bisogno del tuo aiuto urgentemente» dico.
«Aspetta. Ma chi sei intanto?» Domanda con tono lamentoso.
Sogghigno. «Sono Emily, rincoglionito» sbuffo.
«Aah, Stewart» lo sento sbadigliare, «dimmi» aggiunge.
«Volevo chiederti» esordisco, «tu e Brady vi parlate?» So già che mi manderà a quel paese, ma almeno ci provo.
«Se credi che io possa aiutarti per incontrarlo e farci pace… così vissero felici e contenti, non mi cercare» sbotta. «Non hai bisogno di me per dichiarare la tua demenza» continua.
«Non mi interessava questo, veramente.» Dico con tono severo, mentre controllo da una parte all’altra che non ci sia Brady nei dintorni.
«Oh… allora sputa il rospo» dice.
«Ci parli o no con Brady?» Domando nuovamente accanita.
«No, Cristo Santo!» Lo sento imprecare al telefono, in seguito a vari rumori.
Ma che sta facendo?
«Okay… allora mi serviresti per organizzare la festa di compleanno a sorpresa per Kris» balbetto.
Scoppia in una risata isterica e poi si zittisce. «Mi stai chiedendo l’impossibile.»
«Ti prego, per favore» lo imploro.
«Emily Stewart, se tu non te ne fossi accorta… qualche giorno fa, come un fottuto coglione, ho dichiarato di esser innamorato di lei e la sua risposta, ancora oggi, è il silenzio.» Borbotta nervoso. «Per quale strambo motivo dovrei organizzarle una festa di compleanno?»
«Pensaci. Potrebbe esser il tentativo adatto per chiarire e sistemare la situazione.» Lo invoglio. «Dai, lo so che farebbe piacere anche a te… per una cazzo di volta, smettila di fare l’orgoglioso.» Continuo a pregarlo.
Non fiata.
«Va bene. Ad una condizione, però.»
«Sì, tutto ciò che vuoi» sorrido già soddisfatta.
«Io la smetto di fare l’orgoglioso… ma tu vai da Brady e ci parli, anche con la forza.» Il sorriso svanisce all’istante dal mio viso ed è proprio in quel momento, che riprendendo a guidare il carrello verso la cassa, scontro nuovamente Brady che sta pagando. Lo osservo in silenzio, sorreggendo ancora il telefono all’orecchio.
«Va bene. Okay…»sbuffo.
«Perfetto… allora tu compra il necessario ed io invito gente che lei conosce. Ci vediamo stasera alle otto.» Parla velocemente, ma poi si blocca. «Ma aspetta… dove?»
«Ah giusto…» rifletto. «Se affittassimo un locale?»
«Va bene, ho capito… me ne occupo io. Tu compra un po’ di roba e ci vediamo a casa pia alle sei…» riattacca ancor prima che io risponda.
Vuole sul serio fare la festa in casa sua? Mi viene da ridere solo al pensiero di come possa attirare in quella casa Kris. Non ci verrà mai.

Dopo aver acquistato il necessario, faccio rientro a casa, dove, per mia sfortuna trovo mio fratello ed Hanna in preda ad uno scontro aperto con mio sorella, che si sorregge con le stampelle. Quando entro, però, si zittiscono subito.

«Ciao» saluto.
«Ciao» rispondono all’unisono con espressioni corrucciate.
«Lo cacci fuori di casa per favore?» Grace è nervosa, ma si permette il lusso di alzare la voce, solo perché papà e mamma sono fuori casa, per un weekend in montagna.
«Perché ce l’hai così tanto con loro?» Incrocio le braccia al petto e curiosa avanzo, parandomi affianco di Hanna.
Grace guarda in cagnesco Nate, «avanti, razza di deficiente, diglielo» borbotta.
Nate sospira, «non c’è niente da dire.»
«E allora esci fuori di qui.» Lo invita indicando l’uscita.
«Grace» la richiamo severa. «Nate… che cosa è successo?» Chiedo osservandolo.
Lui abbassa lo sguardo, poi lo rialza incrociando quello di Hanna ed infine il mio.
«Quando hai avuto l’incidente… non è stato un caso» sussurra a denti stretti. Corrugo la fronte e continuo ad ascoltarlo attenta. «Stavi andando da Brady in ospedale per dirgli qualcosa di importante… e l’hai sentito parlare con un’infermiera. Gli diceva che era incinta e che il bambino era il suo» balbetta. Mi sento mancare l’aria a quelle parole. «Poi sei scappata e uscendo di lì… non hai guardato la strada, probabilmente… eri troppo nervosa…e sei stata investita da un’auto.» Dice sospirando. «Il problema è che… è colpa mia se tutto ciò è successo. Sono stato io a dire a quella donna di fingere di esser incinta, l’avrei pagata per far togliere di mezzo quell’uomo che ti accecava la vista.» Osservo i suoi occhi lucidi e per la prima volta sento che mio fratello ha un cuore, ma contrapposto al dolore mio del momento, non ha alcun significato. «Così… ho fatto e invece di rimediare ho combinato un disastro. Non ho messo in conto quanto tu fossi innamorata di lui e ho fatto un’irrimediabile cazzata…» si schiarisce la voce. «Forse… adesso… non vorrai  più vedermi e mi odierai per ciò che ho fatto. Ti giuro, però, che non avevo messo in conto tutto ciò… e mi dispiace per tutto» conclude indietreggiando di qualche passo.
Con le lacrime agli occhi, il mio sguardo è rivolto ad Hanna che, con occhi bassi, sta scrutando il pavimento. Esatto, è proprio ciò che dovrebbe fare, ma nel frattempo incamminarsi verso l’uscita e non farsi vedere mai più. Ha dimenticato ciò che un tempo eravamo. Così legate, così amiche, pronte a professarci il vero a vicenda, pur di ferirci, pronte a rischiare di tutto pur di difendere il giusto. E lei è sempre stata la prima a schierarsi per questo, come se fosse un giudice. Adesso si guarda i piedi, adesso non cammina più a testa alta.
«Voglio stare sola, ora» sussurro con un nodo alla gola. «Lasciatemi sola.» Balbetto correndo di sopra.

Hanno rovinato ciò che poteva essere una bella giornata. Tutto l’entusiasmo che avevo accumulato per la festa a sorpresa di Kris, era svanito in un batter d’occhio. Non riesco a  crederci che hanno fatto una cosa simile, non riesco a pensare che tutto ciò sia opera loro e che io probabilmente se non fosse stato per quella menzogna sarei ancora viva, con tutti i miei ricordi, con problemi minori, con il mio lavoro e forse… con chi desidero stare per tutta la vita. Invece sono qui. Sono sola. L’unica persona su cui posso contare è me stessa. L’unica che non mi tradirà mai.

Rimango per due ore rinchiusa in camera, seduta su quel letto, con la luce spenta e le finestre completamente chiuse. Sono invasa dal buio e questo non mi dispiace.
Quando avverto la suoneria chiamante del mio i-Phone, controvoglia, mi metto in piedi e avanzo verso la scrivania, dov’è poggiato. E’ Marcus.

«Ho invitato un bel po’ di gente, ma adesso arriva la domanda più bella» fa una lunga pausa, «lo devo dire a Brady?»
Sgrano gli occhi, «no!» Mi agito. «No, assolutamente.» Continuo balbettante.
«O-okay…» dice lui, «Emily che hai in mente?»
«Nulla. Ci vediamo più tardi.» Stavolta sono io a riattaccare velocemente.

Quando rimetto piede al piano di sotto, Grace sta guardando un film alla televisione. Mi da un’occhiata e non fiata. Mi dirigo verso la cucina, accantonando i brutti pensieri e cercando ispirazione su cosa possa cucinare per pranzo. Apro e chiudo il frigo più volte, fin quando sbuffando mi siedo incrociando le braccia al petto. E’ in quel preciso istante che Grace si para davanti a me, mi sorride e accenna una smorfia con la bocca.

«Se non sai cosa cucinare… stai tranquilla» annuisce, «la mamma prima di andare ha preparato una super sfoglia ripiena di tante schifezze che piacciono a noi.» Sorride sfregando i palmi delle mani. Per poco non perde l’equilibrio e cade, fratturandosi l’altra gamba.
Mi avvicino, così, al forno e aprendolo mi accorgo di quella prelibatezza squisita proprio davanti ai miei occhi. «Apparecchia» ordino a mia sorella, mentre la tiro fuori dividendola in due piatti.

Finalmente ho finito di mangiare. Non posso crederci che due persone siano riuscite a finire una sfoglia intera. Entrambe ci guardiamo devastate, spaparanzate sulle rispettive sedie, con la pancia gonfia ed un sorrisetto soddisfatto. Sono proprio questi i momenti di assoluta felicità fisica e mentale. E’ la prima volta, dopo gli ultimi giorni, che mangio così abbondantemente. L’appetito è tornato, forse perché la mia mente si è rassegnata a molte cose ultimamente.

«Come stai?» Mia sorella esordisce fissandomi.
Alzo le spalle, «sto» decreto.
«Mi dispiace per tutto il casino di prima. Nate è proprio un coglione. » Dice aggressiva stringendo i pugni.
«Per adesso non mi va di parlare di lui o di quella situazione… sai…è una bella giornata, Kris fa il compleanno e le stiamo organizzando una festa a sorpresa. Voglio solo pensare alla felicità oggi.» Spiego con tono calmo. «I problemi sono posticipati a domani» sorrido.
Grace, però, sorride inspiegabilmente come un’ebete ed… ebbene sì, posso solo immaginare cosa la sua mente stia frullando al momento. E’ sempre una buona occasione per parlare di Brady. Il suo sguardo non mente mai.
«Quindi collabori con Brady? Quindi ci hai parlato!» Dice con voce stridula spostando la sedia all’indietro e provocando un fastidioso rumore.
Strizzo gli occhi e scuoto il capo, «no, sei proprio fuori strada» mormoro. «La stiamo organizzando io e Marcus» sposto i capelli da un lato, facendoli ricadere lungo il petto e curiosa scruto il suo sguardo sconcertato.
«Fammi capire, stai organizzando una festa di compleanno a Kris… senza che Brady lo sappia?» Spalanca la bocca e apre le braccia. «Ma sei matta?»
«Non deve sempre entrarci in tutto… questo dannato Brady!» Sbotto.
La sua espressione si accentua ancor di più. Si avvicina e mi posa una mano sulla fronte. «Non hai febbre, ma tu stai male!» Esclama. «Ma che razza di stronzi siete?» Incrocia le braccia al petto. «E poi… cara mia, questo dannato Brady, lo chiami così perché ti rosica il fatto che non ti guarda neanche più?» La stronza di mia sorella esplode.
«Okay, okay. Vogliamo cominciare ad insultare?» Mi alzo nervosa e sistemo i piatti, i bicchieri e le posate nella lavastoviglie.
«No, sto solo dicendo che non ti poni neanche il problema.» Commenta.
«Quale problema?» Domando voltandomi scattante.
«Che Brady sia suo fratello e che magari ci tiene a partecipare a questa super festa!» Esclama accennando una smorfia ed un tono antipatico. «Non ti poni il problema che forse dovresti un po’ fare la donna matura, per l’età che hai… muovere quel culo e parlarci una volta per tutte.» Aggiunge. «Emily svegliati! Non hai lasciato Noah per diventare monaca di clausura.» Borbotta mettendosi in piedi e, saltellando con le stampelle, avanza verso il salone.

Mi stanno stressando con questa storia. Sono sicura che fino a quando non spiego a  Brady tutto ciò che sento, la situazione non si placherà mai. Saranno sempre tutti pronti ad intrufolarci in ogni discorso Brady, anche quando non ci potrebbe c’entrare nulla. Come se fosse il centro del mondo.

Sono davanti casa di Marcus. Busso alla porta e subito lui mi apre.
Quando alzo lo sguardo noto il festone di buon compleanno appeso ed un insieme di palloncini sparsi a terra. Sorrido entusiasta. Osservo con piacere il suo bel da fare.

«Wow» commento sorridente applaudendo.
Lui poggia entrambe le mani sui fianchi e si guarda in giro con aria soddisfatta, «sono un genio.»
«Virginia Woolf ti fa un baffo» ridacchio spogliandomi del cappotto.
Lui aggrotta la fronte e mi fissa, «chi sarebbe?»
Sospiro. «Lascia perdere.» Accenno una mezza risata. E’ senza speranze. «Bene, cosa ci resta da fare?» Domando dandomi un’occhiata in giro.
Schiocca due dita, «i cocktail» dice schiacciandomi un occhio.
Annuisco e lo seguo in cucina. «Hai preparato la torta?» Mi domanda.
Santo Dio! L’ho dimenticato. «Emm…no» mormoro.
Lui sbuffa e tirando su entrambe le maniche della maglia guarda il tavolo. «Mettiamoci all’opera.» Socchiude le palpebre e trattiene una risata.
Io, a differenza sua, scoppio a ridere e lo prendo in parola.

Dopo un’ora piena di risate, scherzi e chiacchiere la torta è pronta. La scritta “Buon compleanno nevrotica!” l’ha scelta Marcus ed ho dato l’onore a lui di inciderla con il cioccolato. Anche se un po’ sgorbia, è carina. Soddisfatti del lavoro compiuto la fissiamo dall’alto. Poi si volta sorridente e mi da il cinque.
«Potevi diventare pasticcera, invece di darti allo studio letterario» commenta sornione.
Sorrido, «sarebbe stata una buona idea…» ammetto.
«Perfetto… adesso ci restano solo i cocktail e so che tu non ne capisci un cazzo!» Nasconde il viso con entrambe le mani. «Ecco perché ho chiamato Brady» sospira come se nulla fosse.
All’affermazione avverto delle palpitazioni. La mia sudorazione aumenta  a dismisura, come i battiti cardiaci. Non ero preparata a ciò e Marcus è un vero stronzo!
«Ma.. ma… avevi detto che…» balbetto in preda ad una crisi di panico. «Ho bisogno di una sigaretta» mi distanzio e cerco invano un accendino e il pacchetto di Marlboro nella mia borsa.
«Lo so, avevo detto che io e Brady non ci parlavamo… in effetti non ci parliamo, però mi sembrava giusto dirglielo e siccome so che è il mago di queste cose ho deciso di chiamarlo.» Spiega, mentre io apro la porta di casa ed accendo la sigaretta. «Non potrai scappare all’infinito, Stewart» mi posa una mano sulla spalla come per conforto e rimane alle mie spalle.
Dopo due tiri, nonostante il mio sguardo sia perso nel vuoto, percepisco il rumore della sua auto. Giro gli occhi scattante e vedo la sua Porsche posteggiare proprio di fronte casa. Quando esce di lì, rimango incantata. Quella camicia che gli entra forzatamente, mette in risalto il suo petto. E’ sbottonata fino a metà mettendo in risalto la sua carnagione scura. Non riesco ad osservare i suoi occhi, poiché nascosti dai soliti Ray-Ban.
Sembra esattamente che io abbia visto Gesù Cristo scendere sulla Terra. Questa più che altro è la mia Apocalisse.

Avanza a passo lento, mentre io riporto la sigaretta alle labbra, per apparire più naturale possibile, poi, quando lui è esattamente di fronte a me, libero il fumo dalla bocca, lasciandolo andare ,esattamente, sul suo viso. Non si scansa di un centimetro ed io riesco ad inalare quel dannato profumo che porta sempre.
«Ho portato l’occorrente» parla e poi morde il labbro inferiore.
Marcus, nel frattempo, mi degna di uno sguardo e poi si fa spazio per rientrare.
Brady, invece, rimane qualche secondo fermo a fissare l’entrata. Sento le gambe cedere.
«In quanto medico… ho il dovere di dirti che il fumo invecchia la pelle ed una donna che fuma non sarà mai bella come una che non lo fa.» Detto ciò entra in casa senza darmi il tempo di esporre la mia idea a riguardo.
Ma quale idea Emily? Sei completamente incantata da tutto ciò che hai di fronte. Le uniche idee che possono passare per la testa sono di un altro genere e nessuna religiosa.

Getto la cicca a terra e la calpesto. Quando rientro in casa loro sono già al lavoro.
Quello che più noto, però, è la loro distanza. Sono distanti in tutto, oltre che fisicamente, anche mentalmente. Brady ordina a Marcus cosa fare e lui senza deviazioni lo fa.
Nessuna risata, nessuna battuta, nessuno sguardo malizioso dei loro. Sembrano due estranei che collaborano per un fine comune: rendere felice Kris.
E’ strano vederli così. Vorrei poter fare qualcosa, ma il Brady che ho di fronte non è più quello di qualche tempo prima. E’ scontroso, severo, ambiguo. A volte intimorisce ed io non avevo mai avuto paura di lui, anzi, era sempre una sfida aperta tra di noi, in qualsiasi occasione.

«Posso dare una mano?» La mia voce risuona come un tamburo in quella stanza silenziosa.
Brady non alza lo sguardo dal bicchiere che ha davanti, Marcus invece sì.
Mi osserva e scuoto il capo tranquillamente. Così, mi metto a sedere di fronte ad entrambi, scrutando i loro movimenti.
Improvvisamente il telefono di casa squilla e Marcus lascia tutto ciò che ha fra le mani e corre a rispondere, mentre io rimango al mio posto.

«Pensavi sul serio di potermi fottere con la festa a sorpresa?» Brady sembra arrabbiato.
«Non so di cosa stai parlando» borbotto con lo stesso tono.
Poggia le mani sul tavolo e con un brusco movimento mi guarda attentamente dritto negli occhi. «L’avevi capito che stavo organizzando qualcosa per Kris… e hai ben pensato di fare la stronza e fare lo stesso anche tu. Ho sbagliato qualche particolare, per caso?» Alza le sopracciglia e continua a fissarmi.
«Non credo sia affare tuo se io stavo pensando di organizzare qualcosa alla mia amica» rispondo tranquillamente, ma infastidita.
«Emily, attenta perché ti stai mettendo contro qualcosa che fa male.» Mi punta un dito contro, serra la mascella e mi fissa corrucciato.
«Più di  quanto male senta adesso… non ce n’è.» Sussurro.
Scrolla le spalle accennando un risolino, «problemi tuoi.» In quell’istante Marcus rientra in cucina e ci fissa entrambi, bloccando il suo sguardo su di me e cercando di capire qualcosa con espressione interrogativa.
Gli faccio cenno di evitare e lui mi da ascolto.

POV. BRANDON



Non si direbbe ma mi sento un pesce fuor d’acqua. Non mi sono mai sentito così a disagio in tutta la mia vita, come adesso. Lei non parla, lui altrettanto ed io devo fingere che non me ne importi nulla del mio migliore amico che non mi degna di mezzo sguardo.

Quando Emily si mette in piedi scattante, sbadatamente il mio occhio, come quello di Marcus, cade su di lei.

«Vado a sistemarmi, metto qualcosa addosso e prendo Kris…» dice porgendo il suo sguardo a lui.
In quell’istante mi passano per la testa tutte le volte che lei, in occasione di una festa o una ricorrenza, indossava quegli abiti cortissimi accompagnati da quei tacchi vertiginosi, ed i suoi capelli, alzati o sciolti che fossero, erano sempre in ordine.
Cancello quell’immagine di lei e torno al mio cocktail.
«Va bene, a più tardi» risponde Marcus.

Quando lei esce di casa rimango da solo con lui. Non riesco più a mantenere quel silenzio e non esser me stesso. E’ il mio migliore amico. Se non fosse per il sangue diverso, lo potrei considerare il mio terzo fratello. E’ qualcosa di indescrivibile l’amicizia che ci lega da anni e anni. Non si può spezzare per una cosa da niente. Non riesco ad evitarlo a lungo.

«Basta prenderci per il culo» sbotto lasciando perdere tutto.
Lui alza lo sguardo aggrottando la fronte e non parla.
«Sei tutto per me, bro. Io non ce la faccio più. Ci conosciamo da troppo tempo. Sei stato con me nella buona e nella cattiva sorte… sempre insieme, ricordi?» Domando sperando in un suo sorriso. «Non posso continuare ad evitarti. Non so più con chi parlare quando mi sento una fottuta merda, ho bisogno del mio amico. Quello che sapeva consigliare, sapeva mandarmi a fanculo e sapeva sempre farmi ridere.» Ammetto scuotendo il capo. «Io non sono cambiato. Non cambierò mai. Non sarà una donna a farmi diventare ciò che non avrei mai voluto diventare… non sarò mai un perfettino del cazzo.»  Accenno una risata. «Guardami.» Mi indico. «Sono sempre io… il solito rompicoglioni cazzone che sa come farti arrabbiare. E tu sei sempre tu, il mio migliore amico. Sono sempre il ragazzino del liceo, un po’ più cresciuto.» Sorrido e lui fa lo stesso.
Annuisce ed acchiappandomi da una spalla mi avvicina a se abbracciandomi. «Era ora, cazzone.»
«Okay, può bastare» rido, chiudo la mano in un pugno e l’avvicino al suo.
«Come va?» Chiede Marcus poco dopo. «In generale intendo…con questa ragazza, tipo…» dice vago.
So che in realtà la odia e lo fa solo per compiacermi al momento. Se potesse mi urlerebbe contro che la prenderebbe a calci in culo.
«C’è feeling… la sto conoscendo meglio» rispondo con tono rilassato.
Accenna un suono gutturale e poi mi fissa, «ma ti piaciucchia o ti piace?» Domanda marcando l’ultima parola.
Mi prendo qualche secondo prima di rispondere. Potrebbe piacermi sul serio.
«Potrebbe piacermi… magari più avanti» mormoro.
«Che presa per il culo» sussurra a denti stretti senza trattenere una risatina.
Gli do uno spintone e rido, «per il momento relax, potrebbe diventare più seria… fra qualche mese» ammetto. Forse mi sto solo autoconvincendo.
Mi guarda di sottecchi e sul suo viso compare una smorfia. «Dai… finiamola, se non scatta il colpo di fulmine la prima volta, non scatta niente neanche dopo.» Decreta con espressione convinta. «Con colpo di fulmine intendo… che vedendo una ragazza dici “quella mi sta sul cazzo”. Già a primo impatto c’è un colpo di fulmine… oppure quando dici “io con quella mai!”» Ad ogni parola mostra una faccia buffa e mi fa crepare dalle risate.
«Tu sei da rinchiudere» scuoto il capo sconcertato.
«Dai… è vero» batte la mani più volte ridacchiando. «Se quando la vedi dici “voglio lei”, quello è un colpo di testa.» dice sornione.
«Brutto colpo direi» scherzo insieme a lui.
Si mostra angosciato, «bruttissimo!» Copre infine il viso con le mani. «Non parliamo di queste cazzate che mi sale il porco» sentenzia stirando i muscoli delle braccia.
«Dovremmo farci una chiacchierata su mia sorella.» Annuisco incrociando le braccia al petto, curioso di sentire la sua risposta.
Mi da un breve sguardo e fa di no con la testa, senza esitare.
Rido ed accetto la sua decisione, al momento. Più avanti vorrò sapere che cosa è successo tra di loro o meglio, cosa sta succedendo.


Sono le otto in punto, ma la gente è arrivata, stranamente, in anticipo.
C’è troppo caos per una casa così minuscola, ovviamente rispetto alla mia. Quando mi avvicino alla finestra e scosto la tendina mi accorgo che l’auto di Kris ha appena posteggiato. Corro in salone ed urlo a tutti di tacere e trovare un posto in cui nascondersi all’istante, anche se non c’è vasta scelta. Spengo le luci e mi paro poco più distante dalla porta, accanto a Marcus con una bottiglia di spumante fra le mani, pronta a stapparla.
Tutti sono in silenzio, tranne Marcus che sussurra qualcosa di incomprensibile al mio orecchio.
La porta, socchiusa, si apre lentamente.

«Emily ma devi fare una rapina a casa di Marcus?» Chiede Kris spaventata.
Trattengo una risata tappandomi la bocca ed il naso e lo stesso fa Marcus.
«E’ strano che ci sia odore di deodorante, che cosa è successo in questa casa?» Rimane sull’uscio della porta mia sorella. «Emily… apri questa cazzo di luce?»
Improvvisamente le luci si accendono e Kris, di fronte a noi che le urliamo all’unisono “SORPRESA”, rimane senza parole, con la bocca spalancata, gli occhi che le luccicano sgranati ed un’espressione meravigliata.
Stappo la bottiglia e subito prendo un bicchiere fra le mani, versando lo spumante e porgendoglielo.
«Tanti auguri!» Dico posandole un bacio in guancia.
Sussurra un tenero “grazie” e beve. «Grazie a tutti, non me l’aspettavo» ride contenta e quando incrocia gli occhi di Marcus tutto si blocca, mentre qualcuno alle mie spalle accende la musica e il caos riprende nuovamente.

Mi prendo pochi attimi per concentrarmi su Emily, che, di profilo, sta sorridendo ad un tipo mai visto prima. Indossa una gonna a campana a vita alta ed una camicetta con scollo a V, lungo fin sotto il seno e le solite decolleté di camoscio nere.
Sorseggio il mio Sex on the Beach e la squadro dalla testa ai piedi, tanto so già che non mi sta notando.

La sua bellezza inconfondibile non riuscirà a dissuadermi, non mi lascerò abbindolare da tutto ciò, perché per una volta non sarò io a farle un complimento e lanciarle occhiate maliziose.

«Com’è che ti ha attirata qui?» Chiedo avvicinandomi all’orecchio di mia sorella che sorride beata ad una sua amica.
Lei si volta, «mi ha imbrogliato che saremmo passati da Marcus, visto che si era scordata una cosa oggi pomeriggio, perché era andata da lui a portarle dei documenti scolastici e poi saremmo andate insieme a ballare» spiega perfettamente scoppiando a ridere.
Guarda un po’ la Stewart. Non rispondo e mi dileguo, posizionando il mio bacino ad un mobile. Sfilo il cellulare dalla tasca dei jeans e mi accorgo dei messaggi di Kaitlyn.

Dove sei?


Fai gli auguri a tua sorella da parte mia.


Chiamami appena puoi.


Non c’è anche quella sgualdrina stasera… vero?


Vabbè, fanculo Brady.



Tutti messaggi che racchiudono la profonda stima che ha nei miei confronti.
Ahimè, mi scoccia pensare che Emily avrebbe fatto peggio a confronto. Come minimo me la sarei ritrovata alla festa. Mi accorgo sempre di più della diversità di queste due donne.

«Ti posso parlare?» Una vocina fuori campo risuona al mio orecchio e senza voltarmi so già chi sia. Inconfondibile nel suo parlare, riconosco persino il suo accento, ormai.
«Non abbiamo niente da dirci» dico severo.
«Brady… per favore» mormora.
Scuoto il capo. «Non è né il momento adatto, né il luogo adatto… né io sono più adatto ad ascoltarti» sospiro, ma continuo a rimanere con lo sguardo fisso da un’altra parte.
«Non mi dai neanche l’opportunità di parlare? Devi solo ascoltare.» Dice quasi pregandomi.
Provo in tutti i modi a lasciarmi andare, vorrei farlo, ma è esattamente questo che provavo io ogni volta che lei stava con quel Noah. Sta assaporando ogni fase della disperazione che ho sentito io, forse anche in livello minore rispetto al mio. Adesso sa anche lei cosa significa sentirsi in bilico, tra il desiderio e la realtà. Adesso sa come ci si sente da Brandon Felton.

Non gliela darò vinta, non così, non adesso. Troppo facile. Bastano quattro paroline per far tornare il sereno. No! Non bastano. Seppur guardandola negli occhi potrei cedere, seppur ascoltandola seriamente riuscirei a cedere, non è giusto. Non è giusto perché ho sprecato mesi a farle capire ciò che sentivo dentro di me, non mi sono mai tirato indietro di fronte ai pericoli e le difficoltà che mi si ponevano di fronte. Sono sempre andato avanti a testa alta, pronto a combattere in cui credevo profondamente.

Adesso voglio solo…
Voglio sentirmi amato.
Voglio sentirmi desiderato.
Voglio sentirmi capito.

Per una volta non sarò io a fare altri passi. Rimango al mio posto. Esattamente dove sono.
Immobile, ma non più in bilico. 


Angolo autrice.

Buon sabato sera a tutti quelli che mi stanno leggendo! Eccomi qui con un nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto ed aspetto i vostri pareri. 
Vi lascio dicendovi che non manca molto alla conclusione... Baci, a prestissimo!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


Capitolo 18.

 

POV BRANDON.

«Cosa devo fare per farmi almeno ascoltare?» Sbuffa esausta incrociando le braccia al petto.
E’ a quel punto che, finalmente, mi volto a guardarla. Ha gli occhi sbarrati, contornati da una perfetta linea di eyeliner. Continua a fissarmi come non l’aveva mai fatto prima d’ora, come se non avesse timore di esternare ciò che sente.
«Non devo dirtelo io cosa fare o cosa non fare» decreto con tono severo.
Lei rotea gli occhi, «non credi di esagerare?» Esagerare un gran paio di palle, Emily!
«Sei così stupida, che non ti sei neanche resa conto che ti sto dando l’opportunità di parlare. Quello che stai facendo, invece, è solo sprecare fiato inutilmente.» Spiego poggiando il bicchiere ormai vuoto su un mobile. «Evidentemente non sai neanche tu cosa dire» mi distanzio dandole un ultimo sguardo dirigendomi verso il frigo bar. Lo apro e stappo una bottiglia di whisky, la mia preferita. Marcus l’ha sempre tenuta nascosta lì dentro, per le grandi occasioni. Io ho bisogno di quella bottiglia, adesso, all’istante.
La porto alle labbra e lentamente comincio a buttarla giù. Mi faccio spazio nella folla e mi dirigo verso le scale che sembrano esser raddoppiate improvvisamente. Sorreggendomi dalla ringhiera salgo e barcollando m’intrufolo in camera di Marcus, lasciando la porta aperta. Mi spaparanzo sulla sua poltrona sbottonando la camicia. Ho estremamente caldo e la testa gira talmente forte da non riuscire a tenere gli occhi perfettamente aperti.

«Lo stronzo del villaggio!» Una voce conosciuta penetra nella mia testa, così alzando lo sguardo mi accorgo di un’Emily che a stento riesce a camminare.
Scoppia in una risata morbosa e porta alla bocca quel poco che è rimasto della bottiglia di Gin che ha in mano.
«Pensi di conoscermi bene, vero Brandon?» Morde il labbro inferiore e si avvicina, mentre sfila i decolleté. «E cosa sai di me?» Assottiglia lo sguardo con arroganza puntandomi la bottiglia vuota contro.
Mi metto in piedi e riesco per qualche istante a rimanere sobrio. «Che sei bellissima.» Ammetto.
A quelle parole una risata divertita tuona in stanza. «E tu fai schifo» sbotta. «Hai scelto la peggior ragazza dell’Universo per vendicarti di me.» Mi spintona senza però smuovermi di mezzo centimetro. Il mio corpo oscilla tra il cadere ed il rimanere fermo, tra il baciarla ed il tenere la mia bocca apposto. Sto combattendo con tutte le mie forza pur di stare esattamente come sono, ma lei… con quel sorriso, con quella voce un po’ sbronza ed esausta, con quei boccoli che ricordano tanto il suo esser ribelle da adolescente. Lei… che assomiglia tanto alla felicità. Lei che assomiglia alla ragazza che ho conosciuto anni fa. Lei che è esattamente a pochi centimetri dal mio corpo ed io che sembro un coglione davanti a lei.
«Non avevo intenzione di vendicarmi» boccheggio ondeggiando il capo di fronte al suo.
I suoi occhi si spostano sulle mie labbra e la sua bocca si schiude, «mi gira la testa» sussurra.
«Anche a me» mormoro.
«E tu domani rimarrai sempre uno stronzo» porta indietro la testa socchiudendo le palpebre, «lo stronzo che mi ha abbandonata» accenna quella risata amara.
Poggio le mie mani sui suoi fianchi incollando il suo corpo al mio. Poi avvicino le mie labbra al suo orecchio soffiandole.
«Ho bisogno che tu te ne vada immediatamente di qui.» La prego quasi.
«Cos’è Felton? Hai paura di affrontarmi?» Chiede scrutandomi gli occhi.
«No. Mai.» Ammetto.
«Sei solo un codardo… che scappa da cosa desidera davvero, che non sa affrontare le situaz..» la zittisco comprimendo le mie labbra alle sue.
Si lascia subito andare avvolgendomi il collo con le sue braccia, mentre la sua lingua si muove veloce insieme alla mia. Le sue mani che prima giocherellavano con i miei capelli, s’insinuano sotto la camicia. La sfila lentamente, mentre io l’afferro per le cosce alzandola. Le sue gambe avvolgono la mia vita ed il suo vestitino è completamente alzato. Riprendo a baciarla, mentre con un calcio chiudo la porta.
Mi inginocchio a terra, stendendola. Mi fissa seria e non parla. Poi mi sporgo e le sfilo con il suo aiuto il vestitino. Indossa un reggiseno con il merletto nero ed un tanga dello stesso colore di pizzo. Con una mano percorro il suo ventre, mentre le bacio il collo. Lei incurva la schiena e con una mano sbottona i miei jeans abbassandoli.

Per un attimo non mi rendo conto proprio di nulla, neanche ,che, probabilmente, il giorno dopo tutto tornerà esattamente come prima.  Torneremo ai nostri problemi ed io tornerò il Brady che ha bisogno di certezze, che una notte così non potrà mai darmi.
Così, riprendo coscienza di tutto ciò e mi blocco. Lei fa lo stesso.
Incrocio i suoi occhioni da cerbiatto ed avvicinandomi alla sua fronte le lascio un caldo bacio. Mi rimetto in piedi, rivestendomi velocemente, lasciando la camicia ancora al vento. Non mi volto uscendo dalla porta e probabilmente potrò sembrare un vero stronzo a lasciarla lì, ubriaca, da sola, sul pavimento. Probabilmente è proprio ciò che voglio essere al momento.

La amo. La amerò sempre, ma non è così che deve andare.

Quando torno di sotto, sono ancora tutti brilli che ballano fra di loro, mentre Kris e Marcus parlottano molto vicini. Lei è poggiata al muro e lui la blocca con entrambe le mani poggiate ai lati del suo capo.
Avanzo velocemente spostando il mio amico.
«Brady» lui sembra sorpreso. «Ma sei ubriaco?» Osserva i miei occhi più da vicino.
«Ovvio» sbuffa mia sorella. Mi acchiappa dalla mascella, girandomi il viso a destra, a sinistra ed alzandomelo dal mento. E’ matta. «Non sai comportarti normalmente, vero? Neanche alla mia festa!» Sbotta.
Alzo le mani in segno di resa. «Me ne vado, me ne vado» biascico con lo sguardo perso.
«Dove vai? Stai buono qui.» Mi blocca Marcus. «Si può sapere che hai fatto? Hai la camicia sbottonata e le scarpe al contrario!» Esclama osservandomi, per poi trattenere una risata.
Non c’è proprio un cazzo da ridere. Per la prima volta dopo anni sto per vomitare a causa di una sbronza. Così sporgendomi verso mia sorella mi lascio andare, rimettendo tutto ciò che conteneva il mio stomaco. Le sue scarpe di camoscio rosso fuoco hanno totalmente cambiato colore ed il suo urlo l’avranno persino sentito gli alieni su Marte. Piagnucola e sbatte i piedi per terra, mentre Marcus se la ride trascinandomi con forza in bagno.
«Domani ti ammazzo! Tu muori!» Urla lei da dietro accompagnandoci.

Arrivati in bagno mi siedo a terra e poggio la testa al muro osservandoli.
«Con chi sei stato?» Chiede Marcus con la fronte aggrottata e le braccia conserte.
«Dov’è Emily?» Domanda a ruota mia sorella con gli occhi sgranati.
Il mio sguardo lentamente si sposta su di lei, mentre accenno un lieve sorriso.
«No. Non me lo dire. Ti prego. Non parlare. Stai zitto.» Mi blocca allungando una mano di fronte al mio viso e socchiudendo le palpebre. «Sto per avere una crisi complessiva.» Esce dal bagno nervosissima ed io scoppio a ridere.
Marcus si inginocchia di fronte a me, «bro, non sarai stato sul serio con la Stewart!»
Scrollo le spalle senza parlare. Non ne ho la forza. Persino il singhiozzo fa la sua parte.
«Le avevo detto di parlarti, non di scopare!» Sbotta.
Scuoto il capo, «non abbiamo» balbetto, «fatto l’amore» aggiungo sospirando senza forze.
«Non so se sia stata una cosa positiva o negativa» borbotta.
«Voglio andare a casa» mugugno.
Marcus mi tira su dalle braccia e sorreggendomi mi accompagna fino a fuori. Mi carica in auto e monta anche lui.

«Non dire più niente ad Emily riguardo me» dico poggiando la testa sul sedile, mentre lui parte.
«Emily è pentita, Brady» sussurra.
«Ed io sono stufo. Non possiamo sempre fare tutto a suo piacimento.» Sbotto imprecando sottovoce.
«Ho capito cos’è che vuoi. Ho capito che ti aspetti qualcosa di clamoroso per riconquistarti... ma non fare troppo il duro. Non adesso.» Mi consiglia sospirando.
Non fiato.

Quando rimetto piede in casa, la baby-sitter sta dondolando tra le braccia la mia piccola e dolce Lux. Mi avvicino e la osservo, ha gli occhi socchiusi e sembra un angioletto. Mi abbasso e le lascio un bacio in fronte. Saluto con un cenno di mano la ragazza e ancora frastornato mi rifugio nella mia camera da letto ,chiudendo a chiave. L’ultima cosa che desidero al momento è Kris che mi piomba dentro e mi fa la solita ramanzina. Esco dalla tasca del giubbotto il regalo che avevo comprato per il suo compleanno ed esco nuovamente percorrendo il corridoio. Piombo nella sua stanza e lo deposito sul  comodino.

Finalmente posso riposare, chiudere gli occhi e provare a non pensare a nient’altro, anche se il pensiero che stavo per fare l’amore con Emily mi oscura la vista, mi rende nervoso, mi rende morboso e incazzato. E’ tutto quello che voglio e lei non l’ha mai capito.


La mattina dopo cerco in tutti i modi di scrollare di dosso il mal di testa con una doccia ghiacciata. Poi dopo essermi vestito ed aver preso una pillola scendo al piano di sotto.
Kris sta facendo colazione e nel frattempo imbocca mia nipote. Quando mi nota si mette subito in piedi avvicinandosi.

«Zio zio» sbraita con un sorrisone Lux.
Le mando un bacio mentre acchiappo la valigetta per andare in studio.
«Brady… volevo dirti che…» si blocca, «ho pianto tutta la notte per il tuo regalo. E’ la cosa più bella che potessi ricevere.» Sapevo che le sarebbe piaciuto. Poi quando lo vedo uscire dalla tasca della sua vestaglia lo osservo. E’ un orologio tascabile, con dentro due foto, una, a destra, di Tom ed un’altra, a sinistra, dove siamo tutti e tre insieme. Lo stringe forte nella mano, mentre i suoi occhi diventano sempre più lucidi. Mi salta al collo e mi sussurra un flebile “grazie” sgozzato da un pianto liberatorio. Le accarezzo il capo e l’abbraccio forte.
«Mi dispiace per quello che è successo con Emily ieri» dice distanziandosi, «e dispiace anche a lei» sussurra.
«Se vuole può dirmelo da sola, non c’è bisogno del messaggero» dico sistemando il collo della giacca. Dopo di che mi avvicino al tavolo sbaciucchiando l’amore mio e saluto mia sorella.

Forse risolvere i problemi di salute della gente, al momento, può aiutarmi a non pensare a quanto sia ostinata ed incasinata la mia mente.




POV EMILY.


Come se non bastasse ad incasinare il tutto, Hanna mi invia un messaggio con scritto:

So di aver sbagliato a non dire nulla e sono ancora più stronza a dirti tutto dietro un telefono, ma siamo tornati a casa e non ho avuto la possibilità di farlo di presenza. Emily mi dispiace di aver reso la situazione più complicata di quanto già non lo fosse, ma giuro… che ti voglio bene, sarai sempre una delle mie più care amiche. Anche se le parole contano poco, spero che mi crederai. Ti aspetto al nostro matrimonio. Lo sai quanto ci teniamo. Ed il tuo nipotino vuole farsi vedere anche da te...
Non permettiamo a tutto ciò di rovinare qualcosa di bello.
Un bacio…


Rileggo per una seconda volta, ma non lascio spazio alla mia mente di farmi intrappolare anche da questo pensiero. Per adesso Hanna e Nate occupano quella piccola parte del mio cervello, accantonata, che aspetta una risposta. Ho altro a cui pensare.
Tipo quanto sia stata stupida stanotte e quanto ancora ne sia pentita.
Ricordo vagamente il tutto, ma non potrei scordare le sue labbra contro le mie, le sue mani sul mio corpo, il suo profumo, la sua voce, il suo respiro contro il mio….ed il modo in cui mi ha lasciata a terra.  Non so più che pensare, ma da una parte sono felice del suo gesto. Cosa avremmo risolto andando a letto insieme? Un bel niente.
Avrebbe forse complicato la situazione.

Adesso, però, so che una parte di lui vuole ancora stare con me e non sono mai stata più convinta di ciò.

Mi prenderò ciò che mi spetta, a costo di dover strappare i capelli a quella bambola rifatta.
Mi prenderò ciò che è sempre stato mio, a costo di riuscire a farmi odiare.
Mi prenderò lui, il ragazzo, l’uomo, che, nonostante tutto, è sempre stato con me.


Esco di casa a testa alta per incontrare Kris al parco. Quando la noto, scoppio a ridere. Sta rincorrendo Lux che scappa sorridente con un gelato fra le mani. Mai un momento è stato talamente divertente. Non ho mai visto Kris diventare così pazza.
Velocemente sfilo il cellulare dalla borsa riprendendo il tutto. Mi copro la bocca smorzando una risata, mentre lei urla come una forsennata.

«Lux le buschi! Davvero!» Sbraita senza fiato.

Quando la bimba mi vede mi salta subito addosso. Kris si blocca e riprende a respirare affannosamente.
«Tienila ferma che gliene do una nel sedere!» Esclama avanzando con passo felpato.
La nascondo dietro di me ridendo, «dai lascia perdere» inclino la testa da un lato teneramente.
«Mi ha fatto uscire pazza, non ti fare condizionare da quel faccino…sei monella» le punta un dito contro, «Lux smettila di ridere così, veramente te le do. Anzi chiamo papà e te le faccio dare da lui» quando dice quell’ultima frase rimango basita. Si rende conto anche lei di ciò che ha appena detto e sbuffa. «Si vabbè»  mormora.
«Marcus non la toccherebbe mai con un dito. E’ innamorato perso di lei ormai.» Sorrido sincera.
Kris accenna un sorriso, «lo so. Fa tutto quello che le chiede… tutto» alza le sopracciglia e prende in braccio Kris segregandola nel passeggino. «Io e Marcus abbiamo affrontato l’argomento “noi” e… vogliamo provare a convivere…a casa sua» abbassa lo sguardo, sedendosi su di una panchina.
«Oddio, è bellissimo.» Dico entusiasta. «L’hai detto a Brady?»
Scuote il capo. «Voglio trovare il momento giusto… solo che non ho intenzione di aspettare ancora molto. Insomma, io e Marcus ci vogliamo bene… molto più che bene e sarebbe solo una cosa positiva andare a vivere insieme.» Non l’ho mai vista così felice. «Dopo la convivenza con quel tipo… so che può sembrare strano riprovarci, ma io e Marcus ci conosciamo da un sacco di tempo, io so tutto di lui e lui sa tutto di me e nonostante tutto io amo tutto di lui e lui ama tutto di me.» Le sue parole mi ricordano tanto una canzone. Vorrei abbracciarla e dirle che sono la persona più contenta del mondo e che i suoi occhi a cuoricino parlano, anche se lei non lo ammetterà mai al cento per cento. Tanta paura di affrontare qualcosa di così forte e poi scoprire che è la cosa più bella che le sia mai capitata. «So che potrà esser complicato» ridacchia scrollando le spalle come una bimba, «siamo come il cane ed il gatto e dovremmo sopportarci a vicenda giorno per giorno, dovremmo accettare ogni stranezza ed ogni litigio… ma è così che si fa giusto?»
Non parlo. Mi avvicino e la stringo fra le mie braccia, perché so che basta questo, per farle capire che la sua decisione ha tutta la mia approvazione e che è la cosa più giusta da fare.
«Mi abituerò con piacere a vedere te e Marcus come coppia» dico maliziosa.
Mette subito le mani avanti, «attenzione, al momento… siamo stati solo insieme stanotte e… è stato bello. » Subito si addolcisce.
Sgrano gli occhi e sogghigno, «è giusto rincorrerle le cose belle.» Ammetto.
«Sì, Emily.» Calca ogni singola parola. «Rincorri le cose belle.»
Cerco di sviare l’argomento e di lasciar perdere tutto. «Senti stasera perché non andiamo a mangiare qualcosa in un pub… tutti insieme?» Chiedo balbettante.
Aggrotta la fronte curiosa, «vuoi che porti anche Marcus e Brady?» Incrocia le braccia la petto.
Annuisco con un suono gutturale, mentre mi rosico le unghie per il nervosismo.
«Tranquilla Emi, proverò a convincerli… ma credo di riuscirci, lo sai che con me si ottiene tutto!» Mi schiaccia un occhio mettendosi in piedi. «Porto Lux dal pediatra, ci vediamo più tardi?»
Dico di si abbassando la testa e dopo aver salutato la piccola ed anche lei, le osservo allontanarsi.



Sono le otto in punto e dopo essermi data appuntamento con Kris in un pub in centro, ci arrivo a piedi. Nonostante i tacchi vertiginosi, che, mi ricordano ancora la terribile nottata, arrivo sana e salva. Entrando inquadro il tavolo che abbiamo prenotato, ma quando noyo un posto in più a tavola, il mio cuore cessa di battere per qualche secondo.
Solo dopo mi rendo conto del messaggio di Kris, nel quale mi avverte della straordinaria, avvincente, spettacolare compagnia di Kaitlyn che avremmo a cena.
Mi è già passata la fame e vorrei svignarmela all’istante.

Per tutto il tempo martello sul tavolo le dita a ritmo di musica. C’è il karaoke e la gente si cimenta ad esibire il loro fascino e la loro voce super stonata di fronte ad una massa di gente, che potrebbe affogarsi per ciò. Non è modo questo.
La tipa di adesso sembra stia partorendo. Per mettermi in ridicolo così dovrei avere una buona causa, altrimenti non lo farei mai.

I miei pensieri vengono stoppati dall’entrata assassina della pantera trans, che sculettando, sorreggendo la borsetta Gucci al braccio, si avvicina al tavolo. Brady è dietro di lei, assieme all’amico e alla sorella. Tutti e tre mi guardando con sguardo penetrante, come se osservassero la lepre che sta per essere divorata.
Esatto. Il momento in cui mi sentirò una fottuta merda che galleggia in mezzo a tanti piccoli diamanti che luccicano.

«Ci si rivede» la sua voce da cagna in calore mi stordisce il timpano.
Accenno un sorrisetto forzato, mentre lei prende posto esattamente di fronte a me, scrutando i miei occhi, come se da un momento all’altro sia pronta ad attaccare.
Troia.
Kris si siede al mio fianco sussurrandomi qualcosa, ma sono troppo impegnata ad osservare la scenetta romantica dei due che si scambiano bacetti di fronte a me.
Brandon me la sta facendo pagare proprio bene.
Le scaraventerei la cera bollente della candela di fronte a me in faccia, ustionandogliela. Magari a quel punto ci accorgeremmo della sua vera natura, stile la strega di Biancaneve.

Quando il cameriere accorre per ordinare, io rimango per ultima.
«Mi porti solo un Jack e cola…» la mia affermazione stupisce i presenti che mi fissano con aria sconvolta. Persino Marcus sembra sconcertato.
«Uh tesoro, non dirmi che non mangi più…» la sua vocina irritante rischia di farmi uscire di senno, ma non demordo. Rimango impassibile, con lo sguardo fisso nel vuoto, i pugni chiusi sotto il tavolo ed il tacco pronto per scavarle gli occhi.
«Emi… non mangi?» Chiede Kris a bassa voce.
«Mi è improvvisamente passata la fame» rispondo alla stessa maniera.
«Scusami… Brady ha insistito.» Continua.
Non rispondo e quando vedo arrivare il mio cocktail sorrido.
Alzo il bicchiere in aria, «alla felice vita di queste due coppie.» Guardo tutti e quattro. Kris e Marcus sorridono compiaciuti, mentre Kaitlyn sembra sorpresa e Brady rimane con lo sguardo basso. Solito codardo.
Sorseggio lentamente e cerco in tutti i modi di non ubriacarmi, anche se mi rendo conto che non sono una sostenitrice dell’alcol.

Dopo una mezz’ora abbondante arrivano i loro panini. Marcus e Kris li divorano in pochi minuti, Brady, invece, sembra non aver molta fame ed esce fuori per una sigaretta. Kaitlyn dopo venti minuti, ha ancora mezzo panino fra le mani. Che gatta morta!

«Dai! Qualcuno vuole provare ad esibirsi? Non siate timidi. Forza gente!» Il vocalist incita le persone sedute ai tavoli.
Dopo essermi guardata intorno ed aver notato con piacere che nessuno si è offerto volontario, mi alzo in piedi e raggiungo velocemente il palco.
Sussurro all’orecchio del ragazzo la canzone che vorrei intonare e dopo un lungo applauso di incoraggiamento, prendo il microfono fra le mani.
Sono brilla, rido da sola come un ebete e questa è l’unica ragione per la quale ho portato il mio culo qui sopra, stasera.


Parte la base di Without you cantata da David Guetta e la mia voce risuona strana al microfono. «I can't win, I can't wait, I will never win this game without you, without you.» Timidamente alzo lo sguardo al pubblico ed intravedo Brady che entra dalla porta.
Non appena si rende conto che sono proprio io, rimane immobile, si avvicina lentamente, incrocia le braccia al petto ed ascolta le mie parole, mentre i miei occhi si depositano solo e soltanto su di lui, come se tutti gli altri non esistessero.  
«All I need is you and I, without you.» continuo a fissarlo e lui non mostra nessun’espressione in viso. «Can't erase, so I'll take blame but I can't accept that we were strange without you, without yo.I can't quit now, this can't be right» a quel punto abbassa la testa e sembra che stia sorridendo. Poi la rialza, si massaggia il mento incuriosito e continua ad osservarmi. «Lost my heart, I lost my mind without you» con il fiatone mi becco un applauso dal pubblico, rappresentato anche da Kris e Marcus che sconvolti sbraitano. Brady applaude lentamente e fuori tempo. Non mi importa se non è stato apprezzato, ma io lì sopra mi sono divertita per pochi minuti e per la prima volta mi sono messa in gioco, in qualcosa che non avevo intenzione di fare qualche ora prima.

Quando scendo giù, osservo Brady avanzare verso di me, con le mani dentro le tasche dei jeans.

«Brava, bella canzone» ammette sincero.
«Grazie» dico con lo stesso tono distaccato. «Peccato che non sia arrivato nel cuore di chi doveva arrivare.» Scrollo le spalle.
«Forse non basta una canzone per far breccia nel cuore di questo ragazzo. Non essere ingenua Stewart. » Ritorna al tavolo e come sempre non mi lascia mai il tempo di finire di parlare.
Solo che stavolta sono io ad andargli dietro e sarò io a dire l’ultima parola. Non può sempre averla lui. «Lo sai che ti dico?» Alle mie parole si volta scattante con sguardo confuso. «Che non me ne frega di quanto io sia ingenua, perché nelle cose che faccio ci metto sempre il cuore e non un faccino pulito, nascosto dal fondotinta, dal rossetto rosso e tutte queste cagate varie.» Non risponde. Esattamente come desideravo. Scattante riprendo il mio cappottino e la borsa al tavolo. Saluto i presenti ed esco sotto gli occhi soddisfatti della pantera, nonostante la voce di Kris che chiede spiegazioni.

Non so dove mi porterà questa decisione di andare controcorrente per riprendermi Brady.
Ho, però, la consapevolezza di poter sbattere contro un vicolo cieco, contro un cuore che, forse, per me non ha più spazio. E se così sarà, vorrà dire che Brandon Felton ha rappresentato solo l’illusione di una vita felice.  


Angolo autrice.

Buonasera! Mi sono resa conto qui che non siete più presenti come una volta e mi dispiace. Comunque, ringrazio chi continua a seguire la storia nonostante le mie assenze precedenti, mi dispiace un po' per chi l'abbia abbandonata e non abbia capito che anche io ho una vita, come tutti voi. Detto ciò, vi posso dire con sicurezza che mancano due o tre capitoli alla fine. 
Un bacio a tutti, a presto

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***


Capitolo 19.

 


«Emily… è arrivato questo» mia madre, dopo essermi svegliata, con il frastornante rumore dei tuoni, mi porge una busta.
Ancora assonnata, con sguardo confuso, lo prendo fra le mani posizionandomi sul divano.
Incrocio le gambe e sposto i capelli dietro l’orecchio, mentre lei mi si posa accanto, sul bracciolo del divano.
Apro la busta e vi ritrovo dentro un invito. Lo sfilo lentamente e lo osservo. Sono disegnate delle rose bianche ed è tutto ricamato raffinatamente. So già di chi sia.

A caratteri cubitali sono incisi i loro nomi: Hanna & Nathan. Il resto poco importa.
Fra una settimana esatta i due si sposeranno ed allegato a tutto ciò c’è un bigliettino per me.

“A breve ti manderemo il tuo vestito, ti prego… pensaci bene, indossalo e corri da noi.
Vi aspettiamo. Hanna e Nate.


«Nate si sposa» mormoro alzando la testa.
«Sì» annuisce mia madre. «So cosa pensi… e fidati che anche io sono amareggiata e delusa dal suo comportamento, ma lui è mio figlio, è tuo fratello… questo è il giorno più importante per lui e noi dobbiamo esserci. Siamo la sua famiglia.» Spiega cauta.
Ha ragione. E’ tutto vero.
Ma alla mia felicità lui ci ha pensato, invece?
Lui sta per sposare la donna che ama, creeranno una meravigliosa famiglia, avranno dalla vita ciò che desiderano ed io… cos’ho adesso? Cosa avrò?
«Sì, mamma… andremo» sussurrò con voce rauca.
Lei mi accarezza il capo, «bisogna che chiariate, che non portiate rancore… nessuno può cambiare il passato e ciò che è accaduto, ma si può rimediare» continua.
Non rispondo. Fanculo a tutto.


Con questo temporale non ho proprio intenzione di metter il naso fuori casa e Grace, stamane, ha combattuto con tutte le sue forze per convincere mia madre a non mandarla a scuola, fallendo in ogni tentativo. Così sono rimasta sola.
Mia madre è uscita a far la spesa, mio padre a casa non c’è mai per lavoro ed io sono raggomitolata sul divano, con il mio piumone, ancora con il pigiama di pile. A render ancor più triste la giornata si presenta in tv “P.S I love you”, il mio film preferito per eccellenza. Passerei giornate a riguardarlo, non mi stancherei mai. Nonostante l’abbia visto più di cento volte i singhiozzi non mancano mai.

Quando qualcuno bussa alla porta, senza preoccuparmi del mio super abbigliamento all’ultima moda, corro ad aprire. Come se non bastasse Brady è davanti a me, bagnato fradicio. I suoi capelli sono gocciolanti ed i suoi vestiti altrettanto.
Mi porge una busta e si strofina gli occhi.
«Sono le lastre di tua sorella, tua madre sarebbe passata in clinica a ritirarle… ma non ci sarei stato.» Dice affannato.
Le prendo in mano ed asciugo le lacrime ancora sul mio viso. Lui le nota, ma non dice niente a riguardo. Chi sa che film si sarà fatto, adesso!
«Devo riferire qualcosa?» Chiedo senza guardarlo in faccia.
«Sì… se ha bisogno di qualcosa, può rivolgersi al dottor Stevenson.» Si sfrega le mani e prende un lungo respiro.
Sembra strano. Mi turba. «Va bene» annuisco.
Con un cenno di mano mi saluta, poi si volta, scende gli scalini velocemente, attraversa la strada correndo sotto la pioggia e raggiunge la macchina, distante da casa mia. Sembra troppo ambiguo.
Rientro e chiudo la porta, poggiando la carta sul mobiletto accanto. Poi torno sul divano, ma i pensieri sono ben altri per riuscire a concentrarmi sul film, così rimango per una mezz’ora abbondante con lo sguardo perso nel vuoto e non mi accorgo neanche che mia madre è appena rientrata.
Quasi le viene un collasso a vedermi in quello stato. Con gli occhi rossi e lo sguardo serio, sembro impossessata.

«Emily!» Esclama lei schioccandomi due dita davanti al viso.
Scuoto leggermente il capo e sospiro, «mamma quando sei arrivata?»
Subito mi posa una mano in fronte, «ma sei bollente tesoro, non avrai la febbre?» Chiede inarcando un sopracciglio.
«Brady è passato a portarti le lastre» gli indico il mobile e lei lo fissa confusa ed accigliata.
«Ma gli avevo detto che sarei passata a prenderle io… non è che è venuto qui per un altro motivo vero?» Domando sedendosi al mio fianco.
Deglutisco ed incrocio i suoi occhi, «quale altro motivo? Ha solo detto che erano per te, che lui dopo non ci sarebbe stato in clinica e che se avessi avuto bisogno avresti potuto consultare il medico Stevenson, poi… è andato via.» Scrollo le spalle.
«Quando dirai a questo ragazzo quello che provi senza timore?» Incrocia le braccia al petto e si fa dura in viso.
Aggrotto la fronte, «mamma… non ti ci mettere anche tu eh!» Mi metto in piedi.
«Emily, una volta nella tua vita… lasciati andare. Fin da ragazzina sei stata legata alle cose programmate, perfette e razionali… nell’amore non c’è niente di razionale.» Evviva le lezioni di vita delle madri. «Lo ami?» Domanda sgranando gli occhi, costringendomi a guardarla.
«Sì» decreto.
«E allora cosa diavolo aspetti ancora?»
Scuoto il capo e sposto lo sguardo da un’altra parte, «mamma Brandon è fidanzato al momento, non vuole ascoltarmi e ci ho provato a parlargli, ma non ne vuole sapere… cercherò di combattere, ma sembra una battaglia già persa in partenza.» Borbotto con le braccia conserte.
«Vuoi risolvere le cose ancora con le parole? E i fatti? I gesti dove glieli metti?» Domanda gesticolando. «Le parole se le porta via il vento… quando lo capirai?»


Quest’affermazione mi martella il cervello per ben una settimana, nel frattempo… non ho più visto Brady. Kris dice che si sia preso due giorni per andare dal padre insieme a Kaitlyn. Questo mi fa male e mi costringe ancor di più a pensare che tutto sia stato inutile e che Brady non sarà mai mio.

Sono giorni che le mie mani provano a scrivere qualcosa di sensato, un messaggio che mi  possa collegare a lui in qualche modo. Vorrei solo sapere come sta. Poi penso alle parole di mia madre… ai fatti, che fin ad ora non ho messo in conto. Forse il problema è proprio questo: la mia incapacità nel gestire situazione di questo genere, nel prendere in mano la circostanza e reagire come una vera donna. Eppure ci provo a comportarmi da tale, ma qualcosa mi blocca, probabilmente sarà la mia insicurezza che mi tiene incatenata in un mondo in cui non mi trovo neanche a mio agio.

Vorrei agire, vorrei riprendermi Brady, ma questo può avvenire solo con un segnale. Un segnale che mi dia l’input, che faccia scattare la scintilla, che mi faccia balzare come una molla.
Sono ferma. Bloccata. Ed ho paura che così rimarrà per sempre.
La mia mente mi dice di prendere il primo aereo e correre da lui, ma poi penso a come potrebbe reagire, quando piomberò nella sua vacanza, insieme al padre e alla fidanzata. Penso che potrei rovinare un bel momento, durante il quale Brady sta presentando la nuova ragazza a suo padre. Penso alla sua felicità e quella che merita di avere e si blocca tutto. I muscoli del mio corpo non reagiscono, la mia mente elabora mille monologhi ed è qui che vorrei prendermi a pugni da sola.


Sono davanti allo specchio con addosso un abito rosso fuoco a campana. Hanna ha scelto proprio un bel vestito da farmi indossare al matrimonio. I miei capelli sono alzati in una strana acconciatura elaborata proprio dalla sua parrucchiera personale ed il trucco è molto leggero, proprio come avevo chiesto.
Quando mi volto e la noto dietro di me, rimango stupefatta e per un attimo immagino la faccia di mio fratello fra qualche minuto.
E’ bellissima, soprattutto con quel pancione. Nonostante le divergenze, mi volto ed avanzo verso di lei sorridendole. Per questo giorno ho deciso di essere felice per loro e come ha detto mamma di non portare rancore, poiché non gioverà a nulla, solo a creare altri litigi. Così, senza molti giri di parole, io e Nate ci siamo scambiati un abbraccio.
Io ed Hanna, invece, ci stiamo incontrando solo adesso ed io mi sento un esserino minuscolo ed insignificante di fronte alla sua bellezza.
E’ in quell’istante che mi torna in mente la ragazzina che al liceo era peperina, con la risposta sempre pronta e con la lingua lunga, sempre la prima ad attaccare chiunque.
Noto solo adesso il suo enorme cambiamento e lo apprezzo. La donna che è diventata potrebbe far invidia a chiunque, persino a me. Mi sono resa davvero conto di quanto sia innamorata di Nate, solo quando ha tenuto nascosto quella cattiva bugia, per tenere lontano Brady da me. Nonostante io sia  sua amica, ha preferito stare dalla sua parte.
Forse è proprio così che ci rende l’amore: vulnerabili ed egoisti.

«Stai benissimo» ammetto.
Lei sorride dolcemente e si sfiora il ventre, «sono la donna più felice del mondo oggi» scoppia a ridere teneramente e noto sui suoi occhi una lacrima.
«No, non piangere… rovinerai un meraviglioso lavoro.» Dico sospirando.
Sfrega nervosamente le mani e si morde il labbro inferiore morbosamente, «ascolta io sono contentissima che tu e la tua famiglia siate qui oggi, non puoi neanche immaginare. Mi dispiace per tutto e ti prometto che da oggi in poi tutto andrà per il verso giusto…» mormora stringendomi entrambi le mani, «non voglio che tra di noi ci siano divergenze, voglio che tu sia mia amica, la zia di mio figlio e voglio che tu sia presente nelle nostre vite Emily Stewart» una lacrima le ricade sul viso, «ti prometto che tutto il buio che stai vedendo fin ora, più avanti sarà inebriato da una luce intensa… perché non meriti del male ed io so… che in qualche modo te ne ho fatto e mi scuso per questo.» Le sue parole fanno piangere anche me. Forse è proprio quello che volevo sentirmi dire, forse quest’incoraggiamento potrà servire a qualcosa.
Con cautela, sperando di non rovinarle il vestito ed i capelli, l’abbraccio stringendola forte, mentre le sussurro all’orecchio che le voglio immensamente bene e che nonostante tutto gliene vorrò sempre. E’ giusto dare una seconda possibilità a chiunque ed in quel momento io la stavo dando a lei, a loro.

Io l’avrò invece?


Mi posiziono affianco a Nate ed osservo mia sorella, che indossa un vestito lungo blu, per coprire la sua ingessatura. I miei occhi si spostano da una parte all’altra, soprattutto su mio fratello, che, ansioso si gratta i palmi delle mani, nell’attesa di veder entrare in chiesa la sua futura sposa. Improvvisamente il mio occhio viene rapito da una figura a me non nuova, che, di profilo, assomiglia proprio a Noah. Assottiglio lo sguardo e lo intravedo in solitudine poco più distante da me, come al suo solito, tutto in tiro. Non avevo messo in conto la sua presenza, ma mi fa piacere vedere che sta bene.

Quando parte la melodia nuziale, si mettono tutti in piedi e si voltano a guardare Hanna entrare a braccetto con il padre. Dietro di lei due bimbe fanno svolazzare in aria dei petali rossi.
Ripongo lo sguardo su Nate che sembra incantato.
Quando finalmente arriva all’altare, mio fratello la prende per mano e sorridendole le sussurra qualcosa, mentre lei abbassa lo sguardo emozionata.
Sorrido anche io.
La cerimonia è appena iniziata e già la mia mente vaga in un mondo completamente diverso da questo, sono in un’altra dimensione.
Poi cerco di rimanere presente ed osservo tutto come se mi trovassi al loro posto. Riesco quasi a percepire la loro felicità, anche solo osservando i loro occhi innamorati.




«Io Nathan Stewart prendo te Hanna Parker come mia sposa, per amarti e sostenerti da oggi in avanti. Prometto di esserti fedele, di custodirti e di condividere i miei pensieri, i miei sogni e le mie speranze con te. Non vedo l'ora di passare il resto della mia vita insieme a te, amore mio e di crescere i nostri figli.» Sorride ed il suo occhio cade immancabilmente sul ventre di lei, sopra il quale c’è posata la mano destra di lei. Poi nell’anulare sinistro infila la fede.
«Sei il più prezioso dei doni della mia vita, sei la mia primavera, la mia speranza e la mia gioia. Sei tutto quello che c'è di buono, di puro e di vero. » Si blocca trattenendo le lacrime. «Prometto di amarti ed onorarti per il resto dei miei giorni, di confortarti nel dolore e gioire con te nelle vittorie. Prometto di essere il tuo vero amore da questo giorno in avanti e per sempre.» Continua con voce tremante. «Si, ti sposo!» Esclama alla fine sfoggiando un sorrisone e mettendo la fede al dito di Nathan.
«Per il potere conferitomi dalla chieda vi dichiaro marito e moglie… può baciare la sposa.» Il pastore si rivolge a mio fratello, che, senza farselo dire più di una volta avvolge fra le sue braccia Hanna, lasciandosi andare in un lungo e caldo bacio.
Alla fine mi lascio andare anche io e nuovamente la mia mente si perde in altri pensieri, senza far attenzione alla fine del rituale. Mi rendo conto solo dopo che mi tocca firmare, in quanto testimone. In seguito mi accingo anche io ad uscire insieme alla folla di gente, la maggior parte sconosciuta.


Uscendo dalla chiesa, affianco a mia sorella, noto ancora una volta Noah, che accende una sigaretta allontanandosi. Non l’aveva mai fatto quando stavamo insieme, evidentemente è un vizio che si è preso da poco.
«Ti do il diritto di andare da lui… è giusto» sussurra Grace.
Rimango basita dall’ordine che mi è stato appena dettato e senza indugiare scendo gli scalini lentamente, facendo attenzione a non cadere e lo raggiungo.
Lui è di spalle, ma sente il rumore dei tacchi, così si volta.
Boccheggia e poi mi sorride. «Stai proprio bene, Emily» si gratta il capo imbarazzato.
«Anche tu» balbetto in preda al panico. Non so che dire.
«Tu…tutto okay?» Domanda indicandomi, mentre con l’altra mano porta alla bocca la sigaretta.
Annuisco. «Potrebbe andare meglio, naturalmente» abbasso lo sguardo. «Hai preso a fumare?» Domando con la stessa posizione.
«Ho scoperto che riesce a calmarmi… ho scoperto un sacco di cose Emily, in questi ultimi tempi… ho capito anche che il Noah che ero non ti piaceva» scrolla le spalle, gettando la cicca a terra e poi nasconde le mani nelle tasche dei pantaloni neri.
«Non è vero…» mormoro inclinando il capo da  un lato.
Accenna una risata amara e sospira alzando gli occhi al cielo. «Non ho mai smesso di chiedere di te, mai… e so che sei stata una merda ultimamente… mi dispiace, perché non lo meriti» avanza lentamente. «Tante volte avrei voluto chiamarti, per chiederti di fare una chiacchierata insieme… ma… poi ho pensato che l’unica persona che volevi al tuo fianco a consolarti era proprio quella che ti stava facendo soffrire» si bagna le labbra, «così sono rimasto al mio posto, ma non è ciò che avrei voluto.»
«Grazie, ma io sto bene… sul serio. Capita di dover affrontare un brutto periodo…» mento. Il brutto periodo non è ancora passato, ma sta trapassando dentro di me, tagliandomi in due.
«Quello che ti chiedo è di non cambiare mai, di rimanere l’Emily splendida che ho conosciuto io, di sorridere sempre e di pensare che c’è sempre un rimedio a tutto» sussurra prendendomi una mano e stringendomela, «se ti sentirai sola, pensa che al mondo ci sono tante persone che ti vogliono bene, che ti amano ed una di queste sono io.» Arriccia il naso e respira profondamente scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Soprattutto voglio che tu sia felice e per far ciò… devi rincorrere quel ragazzo.» Annuisce. «Mi raccomando» dice infine.
Non mi sono accorta delle lacrime che lente ricadono sulle mie guance, sbavandomi il trucco. «Grazie per tutto» sussurro.
«Vado più in là… raggiungi la tua famiglia tu» mi lascia un bacio in guancia e poi si allontana, mentre io raggiungo mia sorella.

Grace continua a guardarlo curiosa ed io rimango silenziosa per cinque minuti abbondanti.
«Se fosse stato sempre così» borbotta lei di sottofondo, «no… non mi sarebbe andato a genio ugualmente. » Ridacchia alla fine. Poi nota la mia espressione e mi accarezza un braccio. «Quando ti vedrò felice e sorridente, mi scoppierà il cuore di gioia… perché non ne posso più di questa tua espressione.» Sbuffa.
Rido. «Non preoccuparti per me.» Le scompiglio i capelli pieni di lacca, estremamente ricci.
La sua arrabbiatura non si fa attendere, tanto che sbraita e cerca immediatamente uno specchio nel quale osservare se le avessi sfasciato l’acconciatura. Da lontano mi rivolge un’occhiataccia e mi alza il dito medio, mentre io di rimando un bacio.



POV. BRANDON.



Sono giorni che impacchetto scatoloni pieni di scartoffie e cianfrusaglie varie.
Sono giorni che preparo le valige mettendo dentro tutto il necessario.
Sono giorni che penso a quel momento in cui il primario mi informava del mio trasferimento.

Inutile dire quanto sia rimasto male di fronte a ciò e quante notti in bianco ho trascorso prima di metabolizzare l’idea di dover andare via da New York. Sembra più una via di fuga. Il destino mi sta dando l’opportunità di ricominciare, di abbandonare tutto ed intraprendere una vita nuova in un’altra città, lontana da qui.
Non ho perso un attimo per accettare ed il giorno stesso ho lasciato la mia scrivania al dottor Stevenson. Ho abbandonato la clinica in cui lavoravo da un paio di anni e sono tornato a casa, con il pensiero di dover prenotare il primo biglietto disponibile per Denver.

Ho chiesto a Kris di fingere che io sia partito in vacanza. Non avevo proprio voglia di dover salutare Emily. L’ultima cosa che voglio è un addio strappalacrime, come quello di un tempo. E’ la mia possibilità di lasciarmi alle spalle il passato e andare avanti con un’altra vita e l’ho colta al volo.

Marcus e Kris non hanno ancora digerito la notizia ed io, invece, sono contento che entrambi andranno a vivere insieme. La mia nipotina avrà due genitori spettacolari, in tutti i sensi. Anche se loro mi hanno dato del coglione per il resto di questi giorni, pregandomi di restare, non riesco proprio a compiacergli. Ho bisogno di tranquillità, di relax.

Kaitlyn mi chiama da giorni, piomba in casa mia, fortunatamente, quando io non sono dentro e non ho ancora avuto il coraggio di affrontarla, per riferirle che a breve sparirò da questa dannata città e lei non verrà con me.
Mi sento un leone in gabbia, che ruggisce, che sta combattendo per fuoriuscire da lì, ma presto ci riuscirà ed il mondo fuori gli apparirà diverso, magari imperfetto, ma diverso.

«Non posso pensarci che te ne stai andando» Kris è alle mie spalle. Io sto ancora mettendo in valigia tutti i miei indumenti. «Mi lascerai sola… anche tu… e dovrò far visita da sola a Tom» singhiozza. «Non è giusto.»
A quelle parole mi volto scattante. «Io ci sono sempre Kris. Tom è sempre qui…» poso una mano sul cuore, «mi appartiene per sempre e non serve una lapide per riuscire a parlare con lui.» Dico tranquillamente. «Kris ho bisogno di lasciar andare tutto, voglio scappare via di qui… mi sta opprimendo questa città, mi manca l’aria.» Gesticolo nervoso.
«Ti prego… non lasciare il lavoro più difficile a me» scuote il capo piangendo, «non puoi lasciare a me il compito di dirle che sei andato via» sbotta stringendo i pugni.
Sta parlando di Emily. Per giorni ho scritto una lettera ed ho strappato decine di fogli con parole insensate. Non me ne andrei mai, senza dirle addio. In un modo o nell’altro l’avrei fatto. Mi avvicino, così, alla scrivania e sfilo da un cassetto una busta bianca. Socchiudo le palpebre e, finalmente, voltandomi mi decido a cederla a mia sorella.
«L’unica cosa che ti chiedo è di dargliela» lei la prende fra le mani osservandola.
Si avvinghia a me, stringendomi forte il collo. «Promettimi che se ho bisogno correrai subito qui.» Sussurra a denti stretti.
«Lo prometto» le accarezzo la schiena e sospiro.
«A che ora è il volo razza di stronzo?» La voce di Marcus rimbomba nella stanza quasi vuota. Compare dalla porta alle mie spalle e si avvicina con le braccia conserte.
Poggio le valige pronte a terra e mi avvicino al mio amico. «Tra due ore» decreto.
«Ti accompagno io all’aeroporto» dice con tono duro e severo senza riuscire a guardarmi in faccia. Sta provando a non dirmi addio. Lo conosco troppo bene.
«Okay… ma prima devo fare una cosa» indosso il giubbotto velocemente, infilo il cellulare in tasca e corro di sotto.

Apro la portiera della Porsche e metto in moto, partendo verso il negozio di abbigliamento nel quale ci lavora Kaitlyn.

Non appena mi vede entrare lascia tutto e corre da me. Ha un’espressione sconvolta e so che vorrebbe spaccarmi la faccia. Abbasso gli occhiali da sole e la guardo fisso negli occhi.
«Usciamo» le faccio cenno con la testa, «ti devo parlare» indietreggio, mentre lei con le mani sui fianchi e senza fiatare mi segue fuori.
Si posiziona di fronte a me ed aspetta una mia spiegazione. «Kaitlyn io sto per partire…» dico deciso.
Lei sgrana gli occhi e spalanca la bocca. «C-cosa?» Balbetta.
«Mi hanno trasferito a Denver e sto andando via… per sempre» scrocchio le dita delle mani e continuo a fissarla.
«Faccio la valigia e vengo con te… subito» esita frettolosamente.
«No. Vado solo a Denver.» Sentenzio con tono severo.
I suoi occhi si riempiono velocemente di lacrime. «Solo?» Singhiozza arricciando il naso. «Mi stai lasciando?»
Annuisco abbassando la testa.
«Sei un pezzo di merda» sbotta lei dandomi uno spintone, senza riuscire a smuovermi di mezzo centimetro. «Dovevo capirlo che era tutta una presa per il culo» sussurra con voce stridula. «Questa è la tua occasione per non pensare più a quella Emily! Vero?» Sbraita.
Non rispondo.
«Vero? Rispondi, cazzo!» Accenna una risata morbosa.
Respiro profondamente. «Me ne vado. E’ questo che conta. Non voglio vedere più nessuno. Me ne vado via, per sempre. Accettalo Kait, non tornerò più.» Dico nervoso aumentando gradualmente il tono di voce.
«Sei un codardo» sbotta. E siamo a due. «Non voglio vederti mai più… mi fai schifo Brandon Felton. Buona vita.» Indietreggia e corre dentro sbattendo la porta d’ingresso.
Sussulto, ma poi risalgo in macchina e nervosamente prendo a pugni lo sterzo.
Faccio retromarcia e sfreccio per ritornare a casa, avviandomi verso la strada più breve.


Quando rientro Marcus ha già messo in auto tutto, mentre Kris e la bambina giocano  nel giardinetto. Appena Lux mi nota mi salta in braccio e cinque minuti abbondanti non faccio altro che baciarle il capo e le guance, cercando di inalare il suo profumo, per ricordarmelo quando sarò già via.

«Io con piacere ti farei perdere il volo, ma dobbiamo andare» dice Marcus salendo in auto.
Do un ultimo bacio a Lux e la ripongo a terra, poi guardo Kris. «Vai… se ti abbraccio finisce che piango di nuovo.» Scoppia  a ridere.
«Brava, almeno mi ricordo di te… con il sorriso» le mando un bacio indietreggiando e mi rifugio nel sedile dell’auto, mentre Marcus parte.
Per tutto il viaggio lui non fiata. Lo so che è incazzato nero e che l’avrà a morte con me, così non mi permetto di accennare parola. L’ultima cosa che vorrei al momento è litigare con il mio migliore amico.

Arrivati in aeroporto mi aiuta con le valige e mi accompagna fino a dentro, dove già stanno annunciando il mio volo.
Sfrega i palmi delle mani e nervosamente si morde il labbro inferiore.
«Ascoltami» gli stringo con entrambe le mani le spalle mentre lo guardo dritto negli occhi, «prenditi sempre cura di Kris e Lux, non fare cazzate.» Gli raccomando.
Lui annuisce e sospira.
«Sei il mio migliore amico, mi fido di te.» Aggiungo.
«Puoi stare tranquillo» mi rassicura. I suoi occhi sono completamente lucidi e rossi.
Scoppio a ridere e dopo avergli dato una pacca sulla spalla prendo il borsone e la valigia. «Ti voglio bene» detto ciò, mi incammino verso il gate.
«BRO!»
Mi volto avvertendo un urlo e noto Marcus che sta correndo verso di me. Poi si blocca e mi abbraccia.
«Non sai quanto ti sto odiando, adesso» mormora a denti stretti.
Mi distanzio e lo guardo di sottecchi. «Sei il migliore, bro!» Gli do il cinque e finalmente posso andare. Un altro cenno e scompaio completamente.

Non so se trovandomi sopra New York avrò nostalgia di essa, ma so per certo, che, in un modo o nell’altro tutto sarà già mutato.




Angolo autrice.

Buon pomeriggio! Eccoci qui con il penultimo capitolo. I ringraziamenti sono ormai riservati alla prossima. Detto ciò spero vi sia piaciuto. A presto e fatevi sentire nelle recensioni, che ci tengo. Baci!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. ***


Capitolo 20.

 

Sono appena rientrata in casa. I miei piedi sono completamente addormentati, formicolanti e doloranti. Quelle scarpe prima o poi finiranno nell’immondizia.
Salgo le scale lentamente, sorreggendomi dalla ringhiera e finalmente mi rintano nel mio dolce bagno. Apro il getto d’acqua e dopo essermi spogliata del tutto m’infilo sotto la doccia. Rimango lì sotto per una mezz’ora abbondante, mentre la mia pelle diventa rosso fuoco a causa dell’acqua bollente.

«Emily!» Mia madre bussa forte alla porta, così le rispondo di rimando con un urlo altrettanto potente quanto il suo.
«Non funziona la doccia di Grace, esci!»
Ma tu guarda se non posso neanche lavarmi in santa pace, in questa casa.
Acchiappo l’asciugamano e l’avvolgo intorno al mio corpo. Infreddolita appoggio i piedi completamente bagnati a terra e percorro velocemente il parquet umido. Proprio quando sto per raggiungere il pomello, scivolo ed arrivo con il sedere a terra.
Rimango per cinque secondi esatti in silenzio, mentre delle lacrime mi scendono lente lungo le guance. Credo di essermi rotta gli arti inferiori e che stavolta rimango su di una sedia a rotelle per sempre.
Impreco come un maschiaccio e sbraito affinché mia madre mi soccorra.
Lei spalanca la porta e trovandomi distesa a terra sgrana gli occhi.
«Che diavolo fai a terra?» Chiede con tono sconcertato.
Le ringhio contro, «sto testando il pavimento… bello, liscio… mamma giusta scelta.» Dico a denti stretti.
Lei, rincoglionita, continua a non capirmi.
«Mamma Cristo di Dio… sono scivolata, vaffanculo!» Sembro assatanata.
S’inginocchia senza più parlare e mi aiuta a mettermi in piedi. Continuo a sostenere l’asciugamano e con fatica finalmente raggiungo il letto, dove mi distendo.
Grace spunta dalla porta ed indicandomi se la ride a crepapelle.
«Sarebbe il momento giusto per chiamare Brady! Sei pure nuda!» Ride tenendosi la pancia, piegata in due.
Le lancio la prima cosa che ho fra le mani e lei si scansa, alzandomi il dito medio, poi si chiude in bagno.
«Grace! Queste affermazioni davanti a me, mai più! Hai capito?» Urla mia madre sbattendo una mano sulla porta.
«Mamma cerca di non rompere le palle» ridacchia dietro.
«Quando esci ti gonfio!» Decreta lei di rimando.
Mentre io sono morente sul letto loro si scambiano frecciatine inutili e scontate.
Vorrei piangere per il dolore che avverto nel fondo schiena e loro pensano a tutto, purché a me.
«Chiamo qualcuno?» Domanda mia madre osservandomi con le mani appoggiate sui fianchi.
Mostro una risata antipatica, «vuoi chiamare il sindaco?»
«Okay… chiamo Brandon!» Indietreggia e scompare dietro la porta.
«No… mamma!» Non faccio in tempo a fermarla che ha già sceso le scale. «Ma vaffanculo!» Esclamo a bassa voce.

Aspetto dieci minuti abbondanti immobile su quel materasso, che, al momento appare scomodissimo. Fin quando mia madre spunta dalla porta.
«Sta arrivando Kris» mormora.
«Kris è un medico? Quando si è specializzata ?» Sgrano gli occhi e serro la mascella.
Lei abbassa lo sguardo, «stai buona qui, che sta arrivando lei e poi vediamo il da farsi» mormora balbettante.
Mi sta nascondendo qualcosa?
«Certo, quel pezzo di merda di Felton… neanche mi può vedere, giusto?» Accenno un sorrisetto malvagio e deluso allo stesso tempo.
«Emily!» Mi richiama severa. «Basta.» Gesticola e poi scompare nuovamente.
Qui sono tutti pazzi!

Poco dopo Grace fa la sua uscita travolgente, con i capelli alla rinfusa completamente bagnati ed il suo canticchiare strafottente. Quasi quasi spero che cada e si rompa l’altra gamba.
La guardo curiosa, poi si rende conto di me e si volta.
«Alza quel culo di lì… che non hai niente, marmotta!» Esclama accingendo ad uscire.
«Grace quando succederà, ti menerò. Sei una stronza!» Sbotto, ma lei è già entrata nella sua stanza.

Il mio orecchio subito dopo viene attirato dalla voce di Kris, che parlotta in maniera losca con mia madre. Poi la sento salire lentamente e finalmente piomba davanti alla porta.
Ha una strana espressione in volto, sembra frastornata ed angosciata. Socchiude la porta alle sue spalle e si avvicina.
«Ho chiamato in clinica ed il dottor Stevenson arriverà a breve…» dice lievemente, «come ti senti?» Domanda poi. Il suo tono è troppo distaccato per essere la solita Kris.
«Sai ho il sedere dolorante e penso che non riuscirò a mettermi in piedi per il resto dei miei giorni» ironizzo, «il destino gioca sempre a mio sfavore. Me ne andasse una buona!» Arriccio il naso.
Lei scoppia a ridere e si posiziona ai piedi del letto, accarezzandomi una gamba.
«Kris, che succede?» Domanda corrucciata. «E’ da quando sei entrata che sei strana… mi stai nascondendo qualcosa.» Decreto decisa.
Lei abbassa lo sguardo e tira su con il naso, poi sfila dalla borsa un foglio piegato in due  e senza dire una parola me lo porge.
Aggrotto la fronte e aspetto qualche secondo prima di prenderlo in mano.
«Vado di sotto… appena arriva il dottore risalgo»  si mette in piedi e senza aggiungere altro esce dalla stanza.

Mi sento confusa e senza rendermene conto sto tremando.
Perché qualcosa mi induce a pensare che dietro tutto questo mistero e questo foglio ci sia solo e soltanto Brady?
Le mie mani tremano e non ho il coraggio di aprire e leggere. Per un attimo il dolore che avverto alla schiena, scompare.

Mi decido e finalmente apro quel dannato foglio.

“Cara Emily,
lo so, ti sembrerà strano che io abbia scritto una lettera, ma è il minimo che possa fare… adesso. Ti sarai chiesta cosa si nasconde dietro quel faccino triste di Kris, perché lo so già che lei non è felice al momento. Ti starai chiedendo dove io sia andato a finire, e perché stai leggendo queste parole… bè, non c’è più nient’altro da dire Stewart.
Ho scelto di rincorrere un’altra vita, ho deciso di stravolgere i miei piani e di andare altrove… Le catene che mi tenevano ancorato in quella città, sono state sciolte nel momento in cui tu sei piombata nella mia vita, stravolgendo nuovamente tutto. Perché è così che fai tu… devii sempre il mio percorso.
Non starò qui a dirti cosa provo e cos’ho sempre provato… perché, ormai, sarà per sempre acqua passata, ma sono qui per dirti addio, quell’addio che, come un codardo, non sono riuscito a darti qualche giorno fa. Sono qui a scriverti queste parole per farti capire che, come me, anche tu devi ricominciare da capo…
Solo adesso ho realizzato che quel sogno che mi legava a te era solo una fottuta illusione…e che il lieto fine, come ho sempre pensato… che il per sempre, come ti dicevo in passato, è solo una presa per il culo.
E’ vero… ho creduto in noi, ci ho creduto talmente tanto da apparire un folle dietro ad una donna che stava rincorrendo l’amore della sua vita. Sono stato folle a credere che tra me e te poteva ancora esserci qualcosa.
Ci ho creduto fino alla fine… ma adesso, Emily, ho depositato le armi…non ci credo più.
Spero che tu viva il meglio della vita, spero che troverai quella persona che riesca darti tutto ciò che desideri dalla vita e spero che il mio ricordo lo porterai sempre nel tuo cuore, come lo farò io… perché nonostante tutto, ti porterò sempre dentro…
Spero che realizzerai ogni tuo desidero e spero un giorno di rincontrare questa bellissima donna con un marito che sia alla sua altezza e con i figli che ha sempre sognato.
Voglio il meglio per te Emily. Sei e sarai sempre la ragazza che mi ha fatto perdere la testa, fermare il tempo, diventare irrazionale e pazzo, che mi ha fatto perdere il controllo della mia vita. Sei e sarai sempre lei.
Forse mi odierai e probabilmente hai ragione… ma fidati, col tempo, capirai anche tu che è la cosa migliore da fare. Ti prego, non chiamarmi, se puoi cancella ogni traccia di me, non cercarmi… io non voglio. Per una volta sono io che ti chiedo un favore, sono io che ti imploro di lasciarmi perdere. Ho bisogno di trovare la serenità che non ho mai avuto. Spero che rispetterai la mia decisione.
Non ti dimenticherò mai…

Con amore Brandon.”


Per la prima volta non piango. Sono stravolta, devastata. Ho il cuore a pezzi. Sento di poter svenire da un momento all’altro. Non capisco più niente.
Si può morire di crepa cuore no? Esatto. Questo è seriamente la circostanza durante la quale il mio cuore cesserà di battere e… addio.

«Buongiorno» il dottore bussa alla porta e fa la sua entrata cautamente, testando che il territorio sia tranquillo.
Dietro di lui, a seguire, proseguono Kris e mia madre, entrambe con gli occhi bassi. Sapevano già tutto.
«Allora… cos’è successo qui?» Si avvicina a me, mentre io nascondo la lettera sotto il piumone.
Accenno un espressione dolorante, mentre invano cerco di ricompormi.
«Sono scivolata… e come nota sono nuda.» Ironizzo.
Lui ride abbassando la testa e grattandosi il capo, «okay, cosa ti senti?»
«Ho un forte dolore qui» lentamente cerco di voltarmi mostrandogli la schiena e lui annuisce.
«Dobbiamo per forza fare una lastra, quindi in qualche modo ho bisogno che tu ti cambi e vieni con me in clinica» sfrega le mani e sospira.
«Ti ha lasciato il lavoro sporco eh» ridacchio cattivamente, riferendomi a Brady, mentre mia madre mi rivolge un’occhiataccia.
Il dottor Stevenson alza le sopracciglia imbarazzato e mi fissa, «il dottor Felton è eccezionale, sicuramente verrà apprezzato anche a Denver» spiega.
Beccato! Denver, eh?
Kris spalanca gli occhi e la bocca. Poi socchiude le palpebre, incrocia le braccia al petto e sbuffa. Ovviamente io non dovevo saperlo.
«Ho detto qualcosa che non dovevo dire?» Fissa mia madre e Kris con sguardo innocente, mentre entrambe non riescono a dargli una risposta.
«Sì, io non dovevo saperlo!» Esclamo beffarda osservando entrambe di sottecchi.
Lui alza le mani ed indietreggia, «ascoltate io sono qui solo per fare il mio lavoro, il resto scusatemi…» balbetta, «ci vediamo fra poco, vi aspetto lì» esce dalla porta ed io rimango lì con entrambe che mi osservano.

Dopo una manciata di secondi in silenzio, sfilo dal piumone quella dannata lettera e gliela mostro.

«Credete davvero che con un foglio io riesca a cancellare tutto?» Sbraito con voce rauca. «Credetemi, sono in pessimo stato sia fisicamente che moralmente e questa benedetta lettera… ve la potete conficcare tutti su per il culo!» Sbotto nervosa. 
La loro risposta è ancora il silenzio. Evidentemente lo sanno anche loro che non ho alcun torto al momento.
«Anzi sapete che vi dico?» Le guardo incazzata. «Per me Brandon Felton è morto.» Sentenzio. «E adesso portatemi in questo dannato ospedale, prima che rimanga su di una sedia a rotelle…» sbotto, cercando di sistemarmi.
Kris esce dalla stanza, mentre mia madre mi aiuta a vestirmi, rimanendo in silenzio.

L’unico mio pensiero è la faccia di Brady spiaccicata in un muro. L’unico desiderio è quello di  prenderlo a pugni, a schiaffi fino a farlo sanguinare. Vorrei pestarlo come farebbe un vero uomo. Gli farei provare tutto il dolore che sto provando al momento io e poi lo prenderei a parolacce fino ad ammazzarlo dentro, fino a disintegrargli il cuore in mille pezzi, eliminandone ogni piccolo frammento.

Arrivo in ospedale piena di rabbia, frustrazione, isteria e tutto ciò che potrebbe esserci di cattivo in una persona. Mi sento impotente e allo stesso tempo piena di forza. La sua unica fortuna è quella di esser scappato via, di aver agito come un uomo senza palle, che fugge dal destino.

Dopo aver fatto la lastra aspetto una mezz’ora abbondante fuori dalla porta. Il mio fondoschiena sta implorando pietà. Questa sedia è scomodissima.
Finalmente il medico esce dallo studio invitandomi ad entrare. Io, intanto, spero che non sia nulla di grave.
«Non ha nulla di rotto, non riesce a sedersi o camminare per il trauma… e a breve ti spunterà un livido enorme… ti è andata bene» annuisce, «per il resto cerca di rimanere a riposo, di non sforzare troppo la schiena e se hai forti dolori prendi questo» prescrive in un foglio una medicina e dopo averlo strappato me lo porge.
«Dottore per il resto apposto, quindi?» Chiede mia madre.
Lui annuisce e gli stringe la mano per un saluto, «arrivederci» sorride lui.
«A mai più» mormoro io uscendo velocemente dalla porta, zoppicante.

A quel punto mia madre mi raggiunge fuori, mentre io cerco di evitarla.
Salgo in ascensore e chiudo la porta prima che lei metta piede qui dentro, con me.
Sono stufa di troppe cose, ormai. Vorrei spaccare tutto. Niente per me ha più un senso.
Raggiungo l’auto e mi posiziono affianco ad essa con le braccia incrociate al petto, mentre mia madre esce furiosa dall’ospedale.

«Emily… ma che modi sono?» Domanda nervosa. «Quel dottore non ti ha fatto proprio nulla e dovresti ringraziare il cielo che non hai nulla di rotto» aggiunge.
«Dovrei ringraziare il cielo anche per questa vita di merda?» Domando curiosa di sapere la sua risposta.
Boccheggia per qualche secondo, «i giorni brutti passano.»
Scoppio a ridere e poi torno seria, «tutto passa, bisogna vedere come» apro la portiera dell’auto e mi siedo senza far caso al dolore.
Lei mi segue e poi mette in moto. «Quello che voglio farti capire io è che come lui ha preso la decisione di ricominciare, anche tu dovresti farlo!» Esclama guardandomi, mentre il mio sguardo è perso fuori dal finestrino. «Emily, rimanere appesi al passato comporta solo delusioni ed illusioni» il suo tono adesso è più calmo.
«Vaffanculo al passato» borbotto.
«E allora mandalo sul serio a fare in culo, diamine! Ma cosa aspetti?» M’incoraggia. «Sei giovanissima, bellissima, hai tutto ciò che una donna della tua età dovrebbe avere…»
A quel punto mi volto scattante bloccandola, «no mamma, ti sbagli. Non ho il coraggio di una donna che dovrebbe avere, non ho la maturità di una donna della mia età e non ho la vita che ho sempre desiderato.» I suoi occhi sono fissi sui miei. E’ dispiaciuta ed angosciata, lo so.
Scuote il capo lentamente e sospira, «c’è sempre un modo per stravolgere la situazione, c’è sempre un modo per andare avanti e c’è sempre un modo per cambiare e maturare, ci vuole la forza di volontà» mi accarezza il capo, ma io mi scanso. Non voglio essere sfiorata.
«Mamma, parti.» Decreto con tono severo.
Lei non se lo fa dire più di una volta e finalmente scompariamo di lì.


Quando faccio ritorno a casa, mi rinchiudo in camera senza pranzare. Riprendo quella lettera fra le mani e dopo averla riletta, la getto a terra con disprezzo e cattiveria.
Poi sfilo il cellulare dalla tasca e nella rubrica cerco il suo numero. Faccio in modo che io rimanga sconosciuta e chiamo.
Attendo per qualche secondo, mentre squilla.
«Pronto?» La sua voce è tranquilla, ma sembra affaticato. Mille pensieri mi passano per la testa in quell’istante. «Chi è?» Domanda nuovamente con tono curioso. Avverto il suo respiro e socchiudo le palpebre, cacciando via le lacrime ed ingoiando per eliminare quel maledetto nodo alla gola. A quel punto sono io che attacco la chiamata.

Come ha potuto fare una cosa del genere? Meriterebbe di esser rinchiuso in una cella per sempre, senza mangiare e bere. Lo farei morire della stessa morte mia. Non merito tutto questo. Non merito un addio così scontato e screditato. Una lettera. Una fottuta lettera per dirmi che stava andando via. Quanto coraggio avrebbe dovuto avere per guardarmi dritta negli occhi e dirmi tutte quelle parole e poi scappare via?
Non ce l’avrebbe mai fatta e per questo rappresenta l’essere più viscido e schifoso dell’intero Universo. Tutto l’amore che provavo nei suoi confronti, come sperava lui, si è trasformato in un odio incontrollato e smisurato. E non riesco neanche a piangere, perché mi sembra persino sciocco buttare giù delle lacrime su di un foglio, scritto magari di fretta.
Avrei preferito schiaffeggiarlo, dirgli quanto mi faceva schifo e poi sarebbe potuto scomparire per sempre. Invece, mi ha lasciata qui, con i miei mille complessi, con il mio amore sterminato a patire questa sofferenza che non merito. Questo è decisamente il modo migliore per farmela pagare. Ed io non prenderò nessun fottuto volo e non lo raggiungerò, esattamente come ha chiesto lui, perché da questo giorno in poi, volontariamente cancellerò ogni traccia di lui, cercherò in tutti i modi di riappropriarmi della mia vita e di fare ciò che è giusto per me.

In quel momento qualcuno bussa alla porta.
«Emily, per favore, apri la porta… è importante.» Grace sembra devastata. Sicuramente è appena tornata da scuola.
Mi metto in piedi e barcollando giro la chiave e lei entra, chiudendo nuovamente la porta alle sue spalle.
«Non puoi capire, il ragazzo più figo della scuola mi ha invitata al ballo!» Esclama entusiasta.
Osservo la sua gamba ingessata e penso a come dovrebbe andarci in quello stato.
«Ma non eri fidanzata?» Chiedo corrucciata.
Ride, «non mi piaceva, l’ho lasciato» scrolla le spalle. «Comunque mi devi aiutare… devo mettere qualcosa… ma niente mi piace del mio armadio e mamma non deve sapere che ci andrò… quindi devi darmi qualcosa di tuo» sorride con faccino dolce.
«Scusa… perché non dovrebbe saperlo?» Incrocio le braccia al petto.
Rotea gli occhi, «Uhm… dopo l’incidente mi ha vietato il ballo di primavera, ma io non posso non andarci, capisci?» Sgrana gli occhi e gesticola. «E tu, da brava sorella maggiore, con un passato simile al mio… manterrai il segreto» faccio più attenzione a quella parola che mi perseguita giorno dopo giorno, ma poi senza polemizzare accetto ed apro il mio armadio.

Cerco più infondo qualcosa che avevo indossato anni prima e finalmente trovo il vestito del ballo di fine anno. Era il mio preferito e non appena Grace lo nota, me lo strappa dalle mani.
«Scordatelo! Questo non lo indosserai mai» lo riprendo con antipatia, mentre lei accenna una smorfia antipatica.
«Cos’è… per caso quella notte che l’hai indossato »
«Non nominare Brandon!» La avverto puntandole un dito contro ancor prima che parli.
Alza le mani con innocenza, «uh, l’hai nominato tu, non io» mostra un sorrisetto soddisfatto. Non capisco come faccia ad esser così malvagia con un faccino così dolce.
«Ti prometto una cosa da ora in avanti» esordisce poi con estrema serietà, tanto da farmi credere che sia impazzita da un momento all’altro. L’ascolto. «Non parlerò più di te e lui. Ho provato in tutti i modi a farvi capire che siete importanti l’uno per l’altro… ma nessuno può costringervi a fare ciò che non riuscite a fare» annuisce, «ho giocato insieme a voi questa partita, vi giuro… che non ho mai creduto in qualcosa come in voi… e siete per me… l’esempio che l’amore vero esiste, ma non sempre tutti lo riconoscono.» Sorride delicatamente. «Spero che il prossimo non te lo farai scappare…» conclude ironica.
Sono sorpresa dalle sue parole e mi vengono persino i brividi. Non riesco a pensare di esser stata l’esempio di mia sorella. Sono l’esatto contrario di ciò che dovrebbe seguire.
«Ti prometto che il prossimo lo terrò stretto» le sorrido, ma internamente sto imprecando.
«Comunque… mi piace quello» indica l’abito che indossavo il giorno di capodanno di quell’anno, in cui si è spenta la speranza di una vita meravigliosa. Tengo quel vestito come un ricordo dentro il mio armadio ed ogni volta mi sento morire dentro. Forse è la volta buona che prenda aria e che magari mi ricordi qualcosa di più bello.
Così lo sfilo dalla cruccia, lo stringo forte al petto, sotto lo sguardo confuso di mia sorella e glielo porgo.
«Promettimi che lo tratterai bene, non sai quanto ci tengo» sussurro.
Lei sorride sistemandolo addosso e guardandosi allo specchio. «Non voglio sapere in che occasione lo hai indossato, ma ti giuro che sarà come un figlio. E’ bellissimo.» Sembra elettrizzata. Saltella fino alla sua stanza e mi lascia nuovamente sola nella mia.

So che dovrei stare a riposo e non dovrei sforzare la schiena, ma so anche che non riesco proprio a rimanere chiusa qui dentro con i miei pensieri. Così senza farmi notare da mia madre, che sta facendo il bucato, esco di casa con le chiavi della sua auto ed arrivo fino a quella di Kris. Busso alla porta e mi apre Marcus, mentre mi accorgo di Kris alle sue spalle che sta facendo addormentare Lux.
«Emily.. entra» mi fa spazio.
Percorro il corridoio e raggiungo Kris, che mi fa cenno di aspettare un po’. Poi porta la bambina di sopra e riscende in salone, dove, imbarazzata per la situazione rimango in silenzio.
«Vado a scuola io» dice Marcus. Si gratta il capo e con un cenno saluta entrambe, anche se con Kris si scambiano un lungo sguardo ammiccante. Vorrebbero stritolarsi e baciarsi. Sono curiosa di sapere perché diavolo non lo fanno. Credono che possa venirmi un infarto o che potrei rimanerci male? Anzi ne sarei più che felice a vedere due mie amici felici insieme.

Rimango da sola con lei, mentre prepara del caffè.
«Sai, sembra vuota questa casa» mormora lei.
«Ti abituerai» riesco a malapena a dire.
Si volta e mi da un lungo sguardo, «mi dispiace per Brady» sussurra. «Forse te l’avrei detto dove stava andando, solo se me l’avessi chiesto» ammette.
«Brandon è morto.» Decreto con tono distaccato.
«Accetto la tua decisione di considerarlo come morto… però io so quanto sia stato difficile per mio fratello andarsene via e lasciarti con una lettera» continua.
«No Kris. E’ stato facilissimo invece.» Sbotto. «Perché  non avrebbe mai avuto le palle per venire a dirmi tutte quelle cose in faccia. Non ci sarebbe mai riuscito ed invece è scappato… perché era la cosa più semplice da fare.» Dico amareggiata.
Sospira e rimane per un po’ in silenzio. «Quindi la tua decisione è quella di far finta che non sia mai esistito?»
«E’ esattamente quello che chiede… vuole che non lo cerchi, che non gli vada incontro, vuole che io cancelli ogni parte di lui e così farò.» Serrò la mascella e chiudo gli occhi. Maledetto nodo alla gola.
«Voglio farti vedere una cosa… Brady ai tempi del liceo ha montato un video. Era una sera di sette anni fa, eravamo tutti insieme in giro e lui riprendeva con il cellulare… devo per forza fartelo vedere.» Sorride.
Accetto senza esitare. Forse mi farà sentire meglio osservare quanto eravamo felici anni fa. Mi aiuterà ad eliminare il marcio.
Ci accomodiamo così in salone e lei cerca in uno scatolone un dvd. Lo inserisce nel lettore e finalmente parte.

“Dammi questo dannato telefono!” Tom rincorre Brady, mentre si riesce a sentire la risata euforica di quest’ultimo.
“La finite di fare i bambini? Brandon posa questo coso e finiscila.”  E Kris al suo solito cerca invano di farli smettere.
Ed ecco che compaio io, cerco di nascondermi il volto, mentre Brady mi riprende. Lo insulto e lui scoppia a ridere. Gli alzo il dito medio e poi gli mostro una linguaccia.
“Stewart, sempre bellissima” è l’unica cosa che dice.
Poi riprende Hanna e Samantha che stanno parlottando tra di loro ed accorgendosi di ciò cercano in qualche modo di sfuggire dalle grinfie di Felton. Al suo solito Hanna lo riempie di cattive parole e Brady non fa altro che ripetere in maniera sarcastica ogni cosa che lei dice, fino a quando esausta lo manda a fanculo.
Rido osservando la scena e Kris accanto a me fa lo stesso.
Poi inquadra Tom che passeggia tranquillo con Jenny. “Bro, hai rotto i coglioni” gli urla contro.
Ed infine Marcus che per tutto il video non si è neanche visto. Compare da un vialetto e si sistema i jeans. “Mi stavo pisciando addosso giuro. Brady… che cazzo? Chiudi sto video… dai, smettila. Sei un coglione. Vedi che ti denuncio per stalking..” La sua espressione è sempre buffa ed è proprio in questo istante che si sentono delle sonore risate, persino la mia. Vengo inquadrata proprio nel momento in cui sono piegata in due e Brady con un piede mi stuzzica la gamba. “Brady hai rotto, adesso basta” ed ecco che la mia mano oscura l’obiettivo ed il video si blocca.
Prendo un lungo respiro ed osservo Kris che sorride come un ebete davanti alla televisione.

«Pagherei per tornare lì…in quel video, in quegli anni» il suo tono non è triste, anzi.
Quando tutto sembra concluso, ecco che compare nella televisione il viso di Brady. E’ in una stanza mai vista prima, con un letto dietro e mille indumenti gettati di sopra.
Kris sgrana gli occhi. Sicuramente è un video correlato e lei non se n’era mai accorta.
Improvvisamente comincia a parlare:

“Ciao Emily… ehm… sono in stanza, il mio compagno è andato via per le vacanze di Natale… ed io non ho intenzione di far ritorno a casa. Ho troppa paura di incontrarti e di sfasciare il mio piano. Sono mesi che penso al modo in cui ci siamo lasciati… e ti penso ogni giorno… ogni istante… Le cose vanno bene, stranamente riesco a studiare e fare meno cazzate, ma mi manchi un casino.
Ricordati che ovunque io vada, porterò sempre con me il tuo ricordo… e se per caso un giorno dovrò incontrarti, ti prego… fai di tutto per convincermi che c’è ancora una speranza per noi. Nonostante tutto, non smetterò mai di crederci…Ti amo immensamente…Fanculo”


A quel punto stacca tutto. Quel video non è mai giunto a me. In quegli anni di college non ho mai avuto sue notizie. E’ sempre stato il solito coglione codardo.
Ma “fai di tutto per convincermi che c’è ancora una speranza per noi”. Quelle parole mi martellano nel cervello per una manciata di minuti, mentre Kris mi osserva basita e senza parole.  Ci guardiamo a lungo negli occhi, entrambe sospiriamo, poi lei si morde il labbro inferiore nervosamente e scuote il capo.
«Aeroporto?» Chiede mettendosi in piedi. E’ esaltata e completamente su di giri.
Le annuisco senza neanche pensarci, scattante indossa un giubbotto ed acchiappa le chiavi dell’auto, mentre sale di sopra e sveglia la bambina portandola in braccio fino all’auto. Povera piccola.
Con me ho solo una borsa con i soldi necessari per prenotare un biglietto al momento. Non ho nulla. E questa rappresenta la pazzia più grande che abbia mai fatto.


«E se non c’è un volo?» Le chiedo mentre guida.
Si volta in preda al panico. «Aspetterai, ma ci deve per forza essere.» Lo sguardo di Kris è concentrato sulla strada e di tanto in tanto controlla Lux nei sedili posteriori.
«Mamma dove andiamo?» Chiede la bimba.
«Amore… tranquilla, è una passeggiata.» Dice nervosamente Kris osservando la figlia dallo specchietto. «Emily… tieni» esce dalla tasca del giubbotto un foglio con un indirizzo e me lo porge. «Me l’aveva lasciato sulla scrivania della mia stanza per qualunque necessità. Questa è un’estrema urgenza, invece.» Sorride.
«Me ne pentirò?» Domando mentre il mio cuore palpita nel petto e mi sento in fibrillazione.
Scuote il capo. «No. Devi andare a prenderti ciò che è sempre stato tuo.» Decreta.
Sì, ma prima lo meno.

Arrivati in aeroporto Kris prende in braccio Lux e correndo raggiungiamo l’entrata. Osserviamo nel tabellone i voli in partenza per Denver ed improvvisamente appare la scritta “Annullato”.
«Eh no! Merda!» Sbotta Kris.
«Destino» mi siedo con fatica sulla sedia e porto le mani in viso, coprendolo.
«Destino un cazzo, Emily. Svegliati.» Mi scuote costringendomi a guardarla. Poi corre da un hostess e le parla con tono acceso. E’ una pazza, folle completa. Torna da me borbottando. «Il prossimo volo è fra un’ora. Tu ora stai qui con me e…aspettiamo.» Mi ordina. «Anzi, alzati e vai a farti il biglietto.»
Sorridendole obbedisco e dopo quindici minuti di fila riesco a farcela. E’ assurdo pensare che sto prendendo un volo per Denver e non ho neanche un capo d’abbigliamento.
Qualcosa dentro di me mi dice che sto facendo la più grande cazzata del secolo, un’altra parte di me, invece, mi incita a farlo, senza timore di sbagliare, perché ho sbagliato già abbastanza.

Il mio cuore non può reggere all’infinito a questi urti. Prima o poi non ce la farà.

Per me questa è esattamente l’ora più lunga della mia vita. Mi sento completamente in un’altra dimensione. L’unica cosa che riesco a fare di razionale è scrivere un messaggio a mia madre: “mamma, sto rincorrendo l’amore della mia vita.”
La sua risposta non si fa attendere: “sono fiera di te.”

Il mio orecchio poco dopo viene attirato dall’annunciazione del volo. Mi metto subito in piedi e Kris fa lo stesso.
«Sono così fiera. Vai da lui e fallo subito. Basta scappare.» Mi attira a se e mi stritola stringendomi forte.
Le sussurro un flebile “grazie” e corro finalmente verso il gate.


M’imbarco mezz’ora dopo. L’aereo decolla sopra New York. Mi sento realizzata e sono convinta che qualunque cosa lui faccia per cacciarmi via, non sarà all’altezza per convincermi davvero. Farò di tutto per convincerlo che c’è ancora una speranza per noi. Farò esattamente come sette anni fa ha chiesto in un video, mai giunto a me.

Dopo tre ore e mezza, atterriamo. Ho provato in tutti i modi a riposarmi e soprattutto a trovare una posizione adeguata per il mio mal di schiena, ma tutte le volte che ho provato a voltarmi, ho sentito un dolore lancinante esattamente nel punto in cui sono arrivata a terra, come una papera.

Arrivata in aeroporto mi sento spaesata. Fortunatamente all’uscita trovo un taxi vuoto, gli mostro l’indirizzo e ci salgo. E’ proprio in quelle strade che mi sento mancare l’aria. Non so ancora a cosa sto andando incontro e non so che faccia farà Brady nel vedermi, ma so esattamente cosa fare non appena il suo viso sarà di fronte al mio.

«Scusi ci vuole ancora molto?» Chiedo nervosamente, mentre la mia gamba non riesce a stare ferma, le mie labbra fra poco sanguineranno per quanti morsi gli ho dato e le mie mani sono rosso fuoco per quanto le sto torturando.
«Eccoci» dice tranquillo posteggiando di fronte ad una grande villa.
Ho le palpitazioni e vorrei scoppiare a piangere. Rimango in macchina ancora per qualche istante e lui si accorge della mia incontrollata agitazione.
«Signorina… andrà tutto bene» ridacchia il vecchio signore.
«Lo spero per lei… sennò è costretto a ripassare di qui, per riportarmi in aeroporto.» Ironizzo lasciandogli i soldi.
Lui li acchiappa e si volta a sorridermi. «Spero di no e poi una bella ragazza come lei non potrà mai essere rifiutata.» Annuisce convinto.
Apro la portiera e dopo averlo ringraziato, lo lascio andare. Mi ritrovo da sola in quella strada sconosciuta e non notando nessuna auto posteggiata, suppongo che non sia in casa.

E’ quasi buio ed io sono costretta  a sedermi in quel dondolo, che mi ricorda tanto quello che mia madre aveva posizionato anni fa fuori casa. Fa uno strano rumore questo e mi aiuta a non pensare a cosa accadrà quando Brady spunterà.
Per tutto il tempo mi scambio messaggi con Kris, che, mi rassicura dicendo che è ancora a lavoro. Diamine, più tempo passa, peggio sto. La mia tensione sento che a breve sfocerà in un pianto liberatorio ed è l’ultima cosa che voglio farmi vedere fragile e vulnerabile. Non è quello che merita al momento. Non le mie lacrime.

Quando sento il rumore di un auto, mi blocco, ma rimango seduta esattamente dove sono. Si chiude lo sportello dell’auto e i miei occhi scrutano da dietro il pilastro in legno delle Lumberjack che spuntano e camminano lente, fin quando, mettendo il piede sul primo scalino, noto il suo viso, coperto sempre dai soliti occhiali da sole. Mi metto in piedi e lui non si è ancora reso conto della mia presenza. Avanzo verso di lui e quando il suo orecchio avverte dei passi, si volta scattante. I suoi occhi adesso sono nitidi, dopo aver sfilato i Ray- Ban. Ha la bocca socchiusa ed uno sguardo intimorito.
Mi avvicino e mi paro davanti al suo viso. Riconosco la sua espressione, vorrebbe fuggire. Ha la mascella serrata ed i pugni stretti.
Avevo promesso a me stessa che la prima cosa che avrei fatto non appena i suoi occhi avrebbero incontrato i miei, sarebbero stati tre lunghi e abbondanti ceffoni, che gli avrebbero fatto ricordare che Emily Stewart non è cambiata affatto.
E così faccio. Il suo volto non si smuove di mezzo centimetro ed ad ogni tocco le sue palpebre si socchiudono.
«Sei uno stronzo» scandisco ogni singola parola. «Questa, te la puoi ficcare dentro il culo» sfilo dalla borsa la lettera che avevo infilato prima di uscire di casa, casualmente. Gliela sbatto contro il petto e lui la prende fra le mani accartocciandola per bene. «Credevi sul serio che ti avrei ascoltato?» Deglutisco rumorosamente.
Accenna una risata divertita e scuote il capo abbassandolo.
«Perfetto. Perché non mi sono mai fatta mettere i piedi in testa da un ragazzo, specialmente da te!» Esclamo.
I suoi occhi scrutano di nuovo i miei. Sembra parecchio compiaciuto e questo mi fa imbestialire parecchio.
«Sono qui. Non ho un cazzo con me. Ho preso il primo volo per questa fottuta città» gesticolo nervosa. «E sono venuta qui per dirti che ti odio, mi fai schifo, sei un essere spregevole, sei un falso ed un codardo di merda, mi hai rovinato l’esistenza, continui a stravolgere giorno per giorno la mia vita, mi hai fatto passare i miei giorni peggiori, mi hai fatta piangere e soffrire come un cane… ma ti amo follemente ed incondizionatamente.» Sono esausta, ma allo stesso tempo piena di vitalità, quella che ancora mi è rimasta per continuare a schiaffeggiarlo ed insultarlo.
Mostra un sorriso sghembo, «Emily Stewart sei la mia dannazione» getta a terra la valigetta che portava alla spalla e mi prende in braccio, mentre le mie gambe si attorcigliano alla sua vita. Dopo di che le sue labbra si incollano alle mie, lasciandoci andare in un bacio aggressivo, passionale, liberatorio. Gli stringo i capelli quasi strappandoglieli e tra un bacio e l’altro gli sussurro un violento “ti odio”.
«Ti amerò per sempre» sussurra lui sulle mie labbra.
«Per sempre?» Sorrido maliziosa.
«Sì, perché adesso sei solo mia e non ti mollo più.» Dice con voce rauca, per poi spalancare la porta di casa e spingermi dentro con forza.  

Per la prima volta in tutta la mia vita mi sento realizzata. Ho inseguito il mio sogno. Ho inseguito l’uomo che amo senza limiti. Sono andata contro tutto e tutti. Nonostante i tentativi del destino di rendermi tutto più complicato, sono qui.
Adesso appartengo a lui e lui appartiene a me. Non importa quanto durerà il nostro per sempre, perché non ho intenzione di separarmene più.

Ho trovato il mio piccolo spazio di paradiso terrestre. Ho trovato il mio attimo di felicità, che spero duri a lungo. E non mi importa più di dover attraversare giorni cupi. Mi basta guardare l’uomo che ho al mio fianco per ritrovare la luce.

Mi sono ripresa il mio passato e me lo tengo stretta nel cuore.



Angolo autrice.

Eccoci qui. Con questo vi saluto, ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita fin ad oggi e vi ringrazio per tutto l'affetto che mi avete dimostrato. Grazie per esser stati sempre pazienti e per aver atteso anche mesi per un dannato capitolo, ahaha! Se questa storia è arrivata al termine è anche merito vostro e delle vostre belle parole. Spero di avervi trasmesso qualcosa e spero di poterci rileggere ancora una volta. Non voglio svelare niente qui, ma potrei pensare di fare uno spin-off riguardante la cara Grace, ma è tutto da decidere ancora. Non so se potrebbe piacere. 
In ogni caso GRAZIE, GRAZIE E ANCORA GRAZIE. 
Baci, a presto.

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