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di kibachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap 1 ***
Capitolo 2: *** cap 2 ***
Capitolo 3: *** cap 3 ***
Capitolo 4: *** cap 4 ***
Capitolo 5: *** cap 5 ***
Capitolo 6: *** cap 6 ***
Capitolo 7: *** cap 7 ***
Capitolo 8: *** cap 8 ***
Capitolo 9: *** cap 9 ***
Capitolo 10: *** cap 10 ***
Capitolo 11: *** cap 11 ***
Capitolo 12: *** cap 12 ***
Capitolo 13: *** cap 13 ***
Capitolo 14: *** cap 14 ***
Capitolo 15: *** cap 15 ***



Capitolo 1
*** cap 1 ***


~~Base segreta di Fury, reparto a lunga degenza

Braccia incrociate sul materasso, spalle curve, mento poggiato sui polsi. E sguardo fisso su di lui.
Pensieri accavallati, con il cullante sottofondo dei –bip- dei monitor.

Jemma Simmons si sentiva un’idiota. La sua mente scientifica sapeva perfettamente che stare lì a fissare Fitz, tentando di sbattere le palpebre il meno possibile, non avrebbe accelerato in qualche modo la sua ripresa. Eppure un angolino della sua mente, per cui provava un po’ di vergogna, le suggeriva che la sua presenza in qualche modo potesse giovare.

Le sue funzioni vitali erano stabili, l’embolia polmonare causata dalla rapida ascesa dagli abissi rimarginata perfettamente. Eppure Leo Fitz non aveva più riaperto gli occhi da quel giorno. Erano trascorsi già sei mesi.
All’inizio quando le sue condizioni si erano normalizzate aveva pianto dalla gioia gettando le braccia al collo di Skye e gridando “è vivo! Sta bene! Tutto il resto non conta!”
Ora per Odino che contava. I giorni si erano trasformati in settimane e le settimane in mesi, e Simmons era passata da un’eccitata attesa per il suo risveglio ad una lenta e logorante agonia.

Si riscosse dai suoi pensieri e guardò il suo amico più attentamente, studiando ogni dettaglio del suo viso da bambino, i suoi riccioli biondi che si erano allungati un bel po’, facendolo somigliare vagamente a uno degli angioletti dipinti nelle chiese dove sua nonna la trascinava da bambina, gli stava spuntando la barba, e Jemma sorrise segretamente al pensiero che normalmente era talmente ben rasato che era arrivata a credere che non gli crescesse proprio la barba.

-a volte dimentico che ha 27 anni come me, è un uomo fatto- si ritrovò a pensare. Per lei era sempre stato il piccolo Leo Fitz che aveva incontrato il primo giorno d’accademia, quando erano due mocciosi superdotati in una classe di ragazzi molto più vecchi di loro. Fitz era il suo migliore amico, suo fratello putativo, l’altra metà della sua mela. Non aveva mia pensato a lui come a nient’altro che questo.
Le capitava di dimenticarsi che era un uomo fatto, con dei sentimenti, delle pulsioni e tutto il resto.

Arrossì a questi pensieri.

Un attimo prima di premere quello stramaledetto bottone nella capsula, Fitz le aveva confessato che invece lei era qualcosa di più di un’amica per lui. Senza volerlo l’attenzione di Jemma si spostò sulla bocca del ragazzo. L’aveva baciato dappertutto tranne che lì. Era così strano pensare di baciarlo sulla bocca invece che su una guancia (magari pure con una mezza pernacchia) che il suo corpo aveva evitato quella zona in automatico. E invece probabilmente era lì che Fitz voleva essere baciato da lei.
Simmons si imbarazzò talmente tanto a questo pensiero che si drizzò a sedere dritta e si accomodò sulla sediaccia di plastica, a disagio.
Perché… era quello che intendeva Fitz quando le aveva detto che era qualcosa di più giusto? Era una dichiarazione d’amore? A pensarci più lucidamente poteva anche essere che intendesse paragonarla a una sorella. Che era pur sempre a un gradino più in alto di un amica.

-Ipotesi altamente possibile Simmons.-

Pensò avvampando dalla testa ai piedi per l’imbarazzo e schiacciandosi i palmi freddi sulle guance per far andare via il rossore.

Fitz le diceva sempre scherzando che era impossibile avere costantemente le mani ghiacciate come lei, e che la sua disfunzione circolatoria doveva essere oggetto di studio dello S.H.I.E.L.D.

Si incupì a questi ricordi e fissò i suoi occhi, schermati dalle palpebre serrate. Si concentrò sulle sue ciglia (buffo non si era mai accorta che le avesse così scure e lunghe). Sperava di cogliervi un tremito di qualche tipo. Un piccolo sussulto. Che potesse dar adito a pensare che si stesse riprendendo.
Ma niente.
I suoi occhi erano immobili.
Non vi era neanche quel leggero movimento dei bulbi oculari tipico del sonno profondo, riempito da sogni.
Simmons fece ricadere pesantemente le spalle lasciando andare un sospiro che conteneva un singhiozzo di pianto.
Non ci stava neanche pensando a svegliarsi.
Chissà se avrebbe mai avuto l’occasione di chiedergli cosa intendesse, con quella goffa e dolcissima dichiarazione che le aveva fatto, un attimo prima di salvarle la vita a costo della sua.


Base segreta di Fury, ufficio di Coulson

Il nuovo direttore del redivivo S.H.I.E.L.D. sbuffò pesantemente rigirandosi tra le mani il mare di carte che il fedelissimo Koenig gli aveva riversato sulla scrivania quella mattina. Spulciare la documentazione sull’interrogatorio di ogni singolo agentucolo dal livello matricola in su, alla ricerca degli ultimi infiltrati HYDRA, non era solo un lavoro straziante, sprofondare nella consapevolezza di quanto a fondo potesse essere penetrata la setta terroristica nelle viscere della sua amata organizzazione, ma era anche terribilmente noioso!

Tutti gli incartamenti contenevano una foto, il nome, il livello dell’agente indagato, le sue risposte alle domande dell’interrogatorio sotto elettrodi, e le conclusioni inequivocabili che Koenig aveva raggiunto.
Chiunque era stato trovato in fallo era stato senza troppi complimenti prelevato direttamente dalla sedia dell’interrogatorio, immobilizzato e gettato in una cella governativa di cui accidentalmente si era persa la chiave.
Phil lasciò andare un grosso sospiro di frustrazione trovandosi tra le mani il foglio con stampata su la foto dell’agente Ward, il test interrogatorio era stato riveduto e corretto dopo che lui era riuscito ad eluderlo con il solo ausilio di una puntina da disegno sotto l’unghia, accartocciò il foglio con stizza e lo lanciò in un angolo della stanza per evitare che il dolore per il suo tradimento tornasse a farsi sentire, non ne valeva la pena.
Il direttore si passò una mano sul viso stanco e accantonò con un braccio gli altri documenti, avrebbe ricominciato a dedicarcisi più tardi, -con una grossa dose di nutella nelle vene magari- valutò tristemente Coulson.

In quel momento sentì bussare alla porta e fece quasi un salto dalla sedia per la sorpresa, il viso amabile e paffuto dell’agente Koenig si affacciò nell’ufficio giusto un istante dopo che Coulson era riuscito a ricomporsi.
“direttore?” chiocciò gentilmente, l’uomo non aveva mai capito cosa avesse fatto di tanto meraviglioso per meritarsi tanta adorazione da lui
“ho il risultato del mio ultimo interrogatorio”
Coulson ebbe l’istinto di gettarsi contro la finestra e tentare la fuga. Poi si ricordò che era finta, solo un quadro animato, e si alzò schiarendosi la voce, cercando rapidamente un’altra via di uscita da quella situazione
“hem… lascialo qui grazie, credo gli darò un’occhiata domattina” tentò anche se sapeva di fallire, quell’ometto era più cocciuto di un mulo in salita quando voleva. Koenig sorrise di nuovo occupando col suo corpo lo spiraglio della porta per precludergli un qualsivoglia via di fuga
“oh credo proprio che questo vorrà vederlo direttore” esclamò trionfante guadagnando il centro della stanza, una volta che fu certo di avere l’attenzione del suo superiore. Coulson afferrò svogliatamente il plico di fogli (davvero erto ora che ci faceva caso) e vi gettò un’occhiata.
Il suo viso si illuminò per un istante e spalancò la bocca come per dire qualcosa che non venne fuori.
Deglutì a fondo dopo un attimo e fissò gli occhi scuri sull’agente che sembrava sul punto di mettersi a ballare per la gioia
“è vero?... insomma… possiamo fidarci?” scandì
“assolutamente signore” confermò Koenig tronfio.
Coulson abbassò di nuovo gli occhi sulla prima pagina del plico. Le parole scritte in cima in inchiostro verde gli accarezzarono lo sguardo:

Natasha Romanoff – reintegrata


nota autrice: ok, erano secoli che non scrivevo, ma questi pg mi hanno riacceso la vena, ho già pronto un'altro paio di capitoli, quindi fatemi sapere se può interessare! siate clementi T_T
 

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Capitolo 2
*** cap 2 ***


Base segreta di Fury, ufficio di Coulson

 

Natasha Romanoff si ravvivò i riccioli rosso fuoco mentre raggiungeva la porta dell’ufficio. La tuta in latex la fasciava come una seconda pelle come al solito, e lei aveva dovuto fare un grosso sforzo per non ridere davanti alla faccia inequivocabile dell’agente Koenig quando era arrivata.

Bussò brevemente ed entrò senza attendere risposta, incapace lei stessa di resistere all’urgenza di verificare quanto quell’agente grassottello le aveva detto una volta reintegrata.

Natasha rimase per un istante immobile a fissare il caldo sorriso che aveva trovato dietro la porta.

“allora è vero” disse non facendo trapelare neanche una sfumatura di eccitazione dalla sua voce “Phil Coulson è tornato dal regno dei morti.”

 

Coulson si schiarì la gola cercando di celare l’imbarazzo che quella popolarità ancora gli portava

“agente Romanoff” la salutò “sono davvero contento di vederti… e che tu sia dei nostri, ancora di più” aggiunse allungandosi per stringerle la mano.

 

Natasha lo fissò ancora per un momento trattenendogli la mano, come a volersi sincerare che fosse proprio vero, Coulson per un attimo credette che l’avrebbe afferrato e ispezionato tastandolo con le mani da cima a fondo come si fa alla dogana di frontiera, ma lei non fece nulla e ritirò il braccio.

“ti ho visto” disse invece “ti ho visto morto con i miei occhi, ne sono sicura” rincarò come a dire che lei di morti aveva una certa esperienza.

Coulson sorrise

“è così infatti… sono morto davvero… per 15 giorni… ma poi…. Sono tornato” aveva detto tutto ciò fissando un punto imprecisato della parete alla sua destra, quindi si arrischiò a gettarle un’occhiata, quella donna gli aveva sempre fatto paura

“è una lunga storia, un giorno te la racconterò” tagliò corto sorridendole, e Natasha capì subito che non era il caso di fare altre domande per il momento, avrebbe indagato a modo suo più avanti.

 

“come stanno gli altri avengers? Hai qualche notizia? Vedi qualcuno di loro?” le stava dicendo Coulson in quel momento. La ragazza lo superò e andò ad appoggiarsi alla scrivania con la base della schiena

“suvvia Phil, lo sai benissimo che non sono il tipo che esce a cena con gli amici!” lo canzonò, ma l’occhiata che l’uomo le rivolse lasciava intendere di non tentare di prendere lui per stupido invece. Sapeva che lei era quella addetta da Fury a tenerli d’occhio, e sapeva anche che Black Widow non era tipo da lasciar perdere un ordine di Fury solo perché qualcuno aveva messo in giro la voce che era passato a miglior vita.

La ragazza roteò gli occhi e iniziò a parlare: “Il dottor Banner si è trasferito alla Stark Tower come ricercatore, credo che Tony gli abbia offerto protezione dai militari. Anche se io preferirei di gran lunga rintanarmi in un buco tutte le sere con l’esercito alle calcagna piuttosto che vivere ogni giorno della mia vita con Tony Stark tra i piedi” commentò senza riuscire a trattenersi, e Coulson trattenne una risatina

“il vecchio genio playboy filantropo dal canto suo” continuò Natasha facendo le virgolette agli appellativi di Tony “sta lavorando a qualcosa di grosso, lo sai, il suo cervello non ama il riposo, credo stia progettando una nuova armatura in grado di combattere da sola, o roba del genere. Il capitano Rogers è stato inviato a tentare di recuperare alcuni centri nevralgici dello S.H.I.E.L.D. come l’HUB, ma immagino che questo tu lo sappia già” commentò alzando un sopracciglio come a dire che sapeva che ce l’aveva spedito lui “e infine Thor… bhe per quanto le mie capacità siano indiscusse non ho idea di cosa stia succedendo ad Asgard mi spiace” concluse, e tacque.

 

Coulson aveva ascoltato tutto il resoconto con attenzione e si sorprese di non sentirle nominare proprio la persona per la quale l’aveva convocata

“e l’agente Barton?” proruppe senza sapersi contenere “che ne è stato di Clint non vive con te a Brooklyn?”

 

Il viso dalla ragazza venne attraversato per un istante da una smorfia di stupore

“non lo sai? Non te l’ha detto il caro Fury prima di scaricarti questa patata bollente per le mani?” gli disse, e Coulson si sentì di colpo la bocca secca al pensiero che poteva essere morto e lui neanche l’aveva saputo. Sarebbe stato proprio da Fury tenerglielo nascosto per non farlo distrarre dai suoi impegni del momento. Natasha riprese a parlare un attimo prima che venisse travolto dalla rabbia

“ha mollato Phil. È stato giudicato psichicamente instabile dopo aver subito il controllo mentale di Loki a New York” (e dopo aver saputo che ti aveva ammazzato mentre lui era legato a un letto con gli occhi spiritati) aggiunse mentalmente.

Natasha vide Coulson incupirsi a quella rivelazione, non prima però di avergli notato un baleno di sollievo nel viso che destò la sua curiosità.

L’uomo lasciò andare un respiro e la raggiunse alla scrivania sedendosi accanto a lei

“tu che dici? È instabile secondo te? Qual è il tuo parere? Lo conosci come le tue tasche” la incalzò immediatamente.

 

Natasha parve rifletterci per un secondo, rivedendo le immagini della vita degradante che il ragazzo aveva condotto fino a quel momento da quando aveva mollato lo S.H.I.E.L.D.

“no, credo sia perfettamente in grado di riprendere il suo posto, perché?”

“perché ho bisogno che tu vada da lui e lo costringa a tornare” disse Coulson senza mezzi termini

“non te ne faccio un mistero Natasha, siamo messi male. Koenig deve ancora vagliare qualche centinaio di agenti di livello 1 ma in soldoni non siamo più di 150 agenti” la donna sgranò per un istante gli occhi senza commentare

“abbiamo bisogno di tutta la forza possibile, soprattutto di una forza di qualità come la sua. Agente Romanoff vai da Clint Barton, vedi di fargli alzare il culo e portalo qui, è un ordine” concluse.

 

Stavolta Natasha sorrise, e annuì prima di lasciare l’ufficio.

 

Brooklyn, 12 Fulton street, appartamento di destra del piano rialzato

 

Natasha lasciò andare un sospiro dopo la terza volta che bussava e si tuffò nella borsa alla ricerca delle chiavi, mentre con i denti tratteneva una busta di plastica che sarà pesata almeno 10 kg. Passare a fare la spesa prima di tornare a casa era stata una pessima idea. Ormai doveva saperlo, in quel periodo, che contare che Clint venisse ad aprire era pura follia. Certo, normalmente faceva rifornimento in degli squallidissimi combini* notturni, era raro rincasasse ad un orario adeguato ad usare negozi normali. Quel giorno, dato che la sua missione era proprio tornare a casa, si era concessa di passare al colorato e pulitissimo supermercato della sua zona, dove le cassiere erano sorridenti e con le camicie stirate, non delle tossiche col viso ingiallito e il rossetto sui denti.

Era entrata alle 10.30 e alle 12.15 ne stava uscendo con tre buste belle piene, il sole era alto e splendente nel cielo e si sentiva persino qualche uccellino. Forse era stata questa atmosfera a farla illudere che a quell’ora avrebbe trovato Clint sveglio… e sobrio.

 

Irruppe nell’ingresso barcollando, lasciando cadere la busta che ancora tratteneva tra i denti (tanto conteneva quasi esclusivamente detersivi) e si ricompose, per un attimo felice che non ci fosse nessuno a vederla. Nella casa regnava il silenzio, le tapparelle erano quasi del tutto abbassate e le finestre chiuse avevano trattenuto una “soave” aria stantia.

Natasha alzò gli occhi al cielo quando urtò col piede una lattina di birra.

“Barton!” chiamò “Barton sono io, sono Natasha” nessuna risposta “e se fossero dei malintenzionati ti avrebbero già fatto a pezzettini” continuò la ragazza, stavolta a volume appena udibile.

Lasciò il resto della spesa per terra e si fece strada in casa a passo deciso.

 

Non appena varcò la porta del soggiorno e lo vide si puntellò le mani sui fianchi in segno di disapprovazione. L’agente di livello 7 Clint Barton, membro di spicco degli Avengers che avevano salvato il culo a mezza umanità, giaceva sbracato sul divano a pancia in giù, con una gamba e un braccio penzolanti e la faccia completamente premuta contro il cuscino. Indossava un paio di jeans attillati e un’improbabile t-shirt giallo canarino a righine arancioni che lo faceva sembrare terribilmente un liceale sfigato. Intorno al grosso divano di pelle, neanche fosse stato un fossato medievale, faceva bella mostra un anello di almeno una cinquantina di lattine di birra. La ragazza pensò che se non era in come etilico doveva esserci andato vicino.

“Barton!” lo chiamò ad alta voce avvicinandosi a passo di carica, lui alzò di scatto la testa per la sorpresa e poi si portò subito una mano alla fronte, tentando di stemperare la botta di emicrania che di sicuro gli era esplosa nel cervello.

 

“Nat sei tu..” biascicò riconoscendola e rilassandosi di nuovo sdraiato “mi hai quasi fatto prendere un colpo” borbottò

“un altro?” ironizzò lei andandosi a sedere accanto alle sue gambe e poi aggiunse “Barton, è mezzogiorno, ti sei devastato al punto da non riuscire neanche a raggiungere il letto ieri notte?” Clint sprofondò la testa ancora di più nell’imbottitura e portò le braccia a fare da cuscino

“macchè… mi sono alzato poco dopo di te stamattina, e sono perfino uscito!” replicò con la bocca impastata

“vuoi dire che tutte queste le hai bevute da stamattina!!!?” proruppe Natasha scattando in piedi dall’orrore “mio dio Barton guardati! Sono appena passate le dodici e sei già ubriaco fradicio!” il ragazzo voltò la testa dall’altra parte per non sentirla

“non farmi la predica Nat…non sei mica mia madre”

“bhè devo farlo oggi… perché sono venuta a casa così presto proprio per parlare con te” replicò lei tentando di addolcire più che poteva il tono della voce. Conosceva abbastanza bene Barton da sapere che era più facile ottenere la sua attenzione se pensava non gli stessi dando degli ordini. Lui tuttavia non si mosse.

“sono stata allo S.H.I.E.L.D. stamattina, ieri mi hanno reintegrata e…”

“buon per te”

“fammi finire…mi hanno mandato a prenderti Barton, vogliono che torni ad essere dei nostri” buttò lì rimanendo volutamente sul vago su chi avesse dato l’ordine, sapeva che per Clint era meglio venire a conoscenza pian piano degli ultimi sviluppi della vita del suo redivivo AS.

Il ragazzo per un attimo non disse nulla ed era talmente immobile che per un istante Natasha credette che avesse perso conoscenza tanto era ubriaco

“non se ne parla per niente” disse secco a un certo punto facendola quasi sobbalzare, si era seduta di nuovo accanto a lui e stava quasi per sfiorargli la spalla. “ne ora ne mai. Ho chiuso con lo S.H.I.E.L.D.” rincarò.

 

La ragazza non si aspettava fosse così categorico, che non chiedesse nemmeno il perché della sua chiamata

“ma… Barton…” tentò cominciando ad irritarsi per il fatto che non la guardava in faccia “sono passati quasi due anni da New York, non credi che dovresti”

“lasciami stare, ho bisogno di dormire” la interruppe lui, anche se nella voce non sembrava proprio avesse più di un briciolo di sonno in corpo

“Barton” tentò ancora lei, ma a quel punto il ragazzo prese a simulare palesemente il rumore di un forte russare.

“oh insomma Clint fammi parlare!” urlò Natasha stizzita mollandogli un sonoro schiaffo sul sedere.

Lui si voltò di pancia con un colpo di reni insospettabile per uno in quelle condizioni e la guardò accigliato, quando Natasha iniziava a chiamarlo per nome significava o che si voleva abbandonare a un momento di tenerezza (raro.. moooolto raro) o che era incazzata nera. Si trattava certo della seconda ipotesi

“ahi..” commentò fissandola da sotto in su.

La ragazza lasciò andare un sospiro vedendolo mettersi seduto mantenendosi la testa, aveva finalmente ottenuto la sua attenzione

“Barton ascolta..” ricominciò di nuovo con voce dolce “tu non sei questo” disse accennando con le braccia alle lattine di birra e allo stato della casa “è vero, Loki ti ha soggiogato ma può capitare a tutti di fare un errore, non sei mica un dio! Anzi..” aggiunse smorzando un sorriso “ne abbiamo conosciuti un paio di recente che usano errore come secondo nome praticamente! Devi reagire!”

Lui la fissò intensamente con gli occhi blu, cerchiati dalla spossatezza, senza dire una parola. Allungò una mano e le sfiorò la guancia con due dita e lei non poté impedirsi di irrigidire davanti a quel gesto. Pur con tutto quello che di appassionato e forte c’era stato tra loro continuavano a metterla a disagio la tenerezza e l’intimità, così lui ritrasse la mano

“ho la testa che scoppia” mugolò premendosi pollice e medio della mancina sulle tempie.

Natasha si alzò in piedi afferrandogli l’altra mano

“su, ti preparo un termos di caffè, poi ti spiego bene cosa mi hanno detto” disse iniziando a trascinarlo. Clint vedeva doppio ma si lasciò tirare in piedi docilmente e guidare in cucina, per la mano, come un bambino.

 

Natasha alzò la serranda con un colpo secco. La cucina, illuminata così dal sole di mezzogiorno, e ingentilita dalla figura della ragazza di spalle in jeans e maglietta bianca che armeggiava con gli scaffali, sembrava un posto davvero accogliente nonostante l’arredamento più che essenziale. Nat non era certo tipa da barattoli di conserva sulle mensole eppure Clint notò che la concentrazione che metteva nel pigiare la polvere di caffè nella moka, con il viso incorniciato dai bei riccioli color fragola, la rendeva davvero adorabile. Peccato non riuscisse a godere a pieno della situazione dato che la luce solare stava puntando a farlo diventare occhio di talpa più che occhio di falco. La testa poi, gli faceva un male cane (non devo mai più bere così tanto, a prescindere) si ripeté mentalmente come faceva dopo ogni sbronza. Con una smorfia di dolore si avvicinò al piano da lavoro di fronte ai fornelli ai quali armeggiava la ragazza e, ignorando bellamente le 4 sedie in finto legno attorno al tavolo, si issò a sedere sul bancone, le gambe penzolanti.

Natasha fece un breve sorriso occhieggiando alle sue spalle, Clint aveva sempre disdegnato le postazioni convenzionali, amava invece appollaiarsi su qualche punto più in alto del normale, le aveva sempre ricordato un grosso gatto.

La somiglianza aumentò quando si avvicinò porgendogli la tazza colma di caffè nero e lui, afferrandola, andò a poggiargli la fronte e il naso nell’incavo del collo emettendo un verso che sembravano proprio fusa

“dobbiamo dire al proprietario che sul contratto non era previsto che la casa girasse in questa maniera su se stessa” borbottò solleticandole la pelle del collo

“avanti bevi” commentò lei dandogli delicati colpetti sulla nuca per incoraggiarlo. Lui sollevò la testa e ubbidì buttando giù una grossa sorsata.

 

Natasha attese di vedere il suo sguardo farsi lievemente più lucido man mano che si risvegliava e la caffeina entrava in circolo. Per un po’ la cucina fu piena solo del rumore delle tazze e dei respiri. Poi parlò

“Barton ascoltami ora… non mi sono mai opposta alla tua decisione, anche se trovavo lo stile di vita che avevi assunto… discutibile” disse cercando una parola che non risultasse troppo offensiva

“ma credo davvero sia ora di smettere. Ti è stata data questa possibilità, io non sprecherei un talento come il tuo” Clint fece una smorfia

“e come mai il caro Fury (si lo so benissimo che non ha tirato davvero le cuoia) si è mosso a cotanta compassione? Non mi aveva definito… che parola aveva usato? Ah già.. compromesso!”

Natasha roteò gli occhi

“sai benissimo che questo non c’entra, è stata una tua decisione andartene, non di Fury” disse glissando magnificamente sul fatto che non fosse stato Fury a dare l’ordine

“Barton, dopo la faccenda dell’HYDRA siamo rimasti in pochi, non sappiamo più di chi fidarci, abbiamo bisogno che torni, io… ho bisogno che torni” si arrischiò a dire. Clint fece scattare gli occhi su di lei e la fissò per un lungo momento fino a farla quasi sentire a disagio. Poi poggiò la tazza accanto a lui e scese di scatto dal bancone arrivandole a un soffio

“Nat…” sussurrò poggiandole una mano accanto al viso. A nessuno mai avrebbe permesso di chiamarla così, né tanto meno di toccarla così, ma da lui non si ritrasse “io ho tentato di ucciderti” continuò lui con tono grave “mai, mai nella vita ho pensato di farlo… neanche quando mi era stato ordinato e tu eri quanto di peggio potesse capitare al mondo” poi lasciò scivolare via la mano “ma quell’uomo, quel… mostro, è stato capace di farmelo fare.” Una piccola ruga di comprensione increspò il bel volto inespressivo di Natasha. “Io non posso più permettere che succeda” concluse lui voltandole le spalle e allontanandosi da lei di qualche passo. Aveva di nuovo voglia di bere. In quei due anni averla sempre sotto gli occhi, una delle poche persone a cui aveva scoperto di tenere, e sapere di aver provato a ucciderla, lo avvolgeva in un senso di colpa che solo la confusione ovattata dell’alcool riusciva a mitigare.

 

“non riuscirai mai ad uccidermi Barton” affermò lei dopo qualche istante di silenzio “sono troppo forte per te, non rischierai mai di provare un senso di colpa simile” lui si voltò a guardarla con un sorriso sornione sul volto stanco

“non ti starai sopravvalutando un po’?” scherzò lui

“affatto” rispose lei fin troppo seria, poi fece due passi verso di lui

“Barton, torna… ti prego” aggiunse. Lui spalancò gli occhi a sentirla pregarlo

“come hai detto?”

“sappi che non lo ripeterò una seconda volta” Clint sospirò pesantemente

“ammesso che accetti di provare, e non ho detto che lo farò” aggiunse non appena lei stava per lasciarsi andare in un espressione vittoriosa “dov’è che Fury vuole incontrami?”

A queste parole Natasha si irrigidì, era arrivato il momento di dirlo

“ecco, c’è una cosa che devi sapere. Fury non è più il capo dello S.H.I.E.L.D. ha lasciato tutto a un suo fidato agente di livello 8” Clint strabuzzò gli occhi afferrando di nuovo la tazza di caffè

“Fury? Lasciare? O porca vacca! E chi è lo sfortunato erede?”

“Clint… ascolta”

-di nuovo il mio nome, butta così male? Non sarà mica Rogers! Potrei vomitare**- pensò lui

Natasha sospirò e disse tutto d’un fiato “si tratta dell’agente Phil Coulson, è ancora vivo. La sua guarigione è stata secretata.”

 

Attimo di silenzio

 

“Clint! Clint maledizione aspettami!” Urlò Natasha. Clint Barton si era appena fiondato fuori di casa usando la scala antincendio.



note:
* combini: abbreviazione orientale che sta per convenient store. Negozi notturni di dubbia affidabilità che vendono un pò di tutto.
** Ho letto su Wikipedia che Occhio di Falco dei fumetti non sopporta Captain America, soprattutto il prendere ordini da lui. L'ho trovato divertente, e chissà che non ne farò uso per qualche scena XD

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Capitolo 3
*** cap 3 ***


-Base segreta di Fury, ingresso.

 

Skye camminava su e giù nel corridoio in metallo davanti alla pesante porta automatica dell’ingresso della base. Teneva in mano il laptop e lavorava freneticamente con la destra, tenendo bloccato tra il gomito e il fianco sinistro un pacchetto di Doritos alla paprika ormai semi vuoto. Due cose erano impossibili per Skye: lavorare seduta, e senza sgranocchiare ininterrottamente qualcosa, e quella dannata banca dati criptata stava mettendo a dura prova sia la suola delle sue scarpe che la sua linea invidiabile, da ben due giorni.

 

“oh maledizione… eddai!” imprecò sbattendo i tasti con ancor più vigore di prima. Affondò le dita nel pacchetto alla ricerca delle ultime briciole di paprika e se la portò alla bocca, ma si bloccò con la mano a mezz’aria un istante dopo, dei rumori ben poco rassicuranti provenivano da fuori la porta

 

“ma che diamine…” borbottò avvicinandosi allo schermò speciale che serviva da “spioncino” ipertecnologico. Con suo sommo orrore fuori dalla base un tizio armato di arco e frecce (e che le venisse un colpo se quelle erano frecce normali perché, diavolo! Non lo erano!) aveva ingaggiato una furibonda battaglia con i sistemi di difesa che li avevano simpaticamente accolti al loro arrivo.

 

Sotto lo sguardo impietrito di Skye l’arciere dallo sguardo truce abbatté una torretta con una freccia esplosiva, quasi in contemporanea si appiattì a terra come una lucertola per evitare i colpi della seconda, per poi voltarsi, fare un salto mortale all’indietro, per evitare i colpi della terza, e sparare una doppia dose di frecce ad entrambe mandandole a gambe all’aria. Quindi incoccò un’altra freccia che fece zittire immediatamente la telecamera che continuava a ripetere ossessivamente “identificarsi! Identificarsi!” e si avviò a passo di carica verso il portone d’ingresso, cioè a solo un lastrone di lamiera di distanza da lei!

Skye fece appena in tempo a vedere il tizio usare una freccia con la punta elettromagnetica come se fosse un pugnale dentro la centralina di comando delle porte, prima di spostarsi con un balzo di lato per non venir travolta dallo scatto della porta automatica.

La ragazza si rannicchiò nell’angolo stringendo al petto il suo laptop, tentando di assimilarsi alla moquette per ritardare almeno un po’ la sua triste fine per mano di un arciere pazzoide dell’HYDRA, quando questo guadagnò rapidamente l’ingresso della base. Solo allora Skye notò che era tallonato a breve distanza da nientepopodimeno che l’agente Romanoff!

 

“ok… ora non ci sto capendo davvero più niente” commentò tra se Skye sentendo la donna gridargli alle spalle

“Barton! Datti una calmata stai facendo un casino!” e lui risponderle

“dove sta?! Dimmi solo dove sta!”

 

La ragazza si rialzò in piedi tra il suono forsennato degli allarmi, un secondo dopo si ritrovò Simmons addosso

“che succede?! Ci attaccano!?” gridò

“no, non credo.. anche se sembra” rispose Skye facendo in tempo a notare che l’amica veniva ancora dall’infermeria

“che altro cazzo sta succedendo?!” urlò l’agente Tripplett sopraggiungendo alle loro spalle. Portava una canotta e una tuta grigia, l’asciugamano gettato intorno al collo confermava che provenisse dalla palestra.

“non lo so Antoine…” gli rispose Simmons senza guardarlo, troppo presa dalla comica scena dell’agente Koenig attaccato alle spalle dell’arciere nel tentativo di rallentarlo.

“venite seguiamoli!” propose Skye gettandosi all’inseguimento del gruppetto.

 

Il trio tallonò l’intruso, Koenig e la Romanoff fino all’ufficio di Coulson e quando lo videro praticamente buttare giù la porta con un calcio Tripplett dovette trattenere di peso Skye dall’intervenire in difesa del suo amato superiore.

 

Phil Coulson fece appena in tempo a sollevare gli occhi dal computer, al rumore della sua porta che veniva quasi abbattuta, che si ritrovò l’agente Barton addosso

“tu! Brutto figlio di puttana!” gridò Clint caricando un pugno che mandò letteralmente a gambe per aria il direttore

 

“Coulson!” gridò Skye, scalciando forsennatamente per liberarsi dalla presa d’acciaio di Tripplett “mettimi giù e fai qualcosa! Lo sta ammazzando!”

“stai tranquilla Skye” la ragazza si fermò sentendo la voce dell’agente May accanto a lei

“May!”

“l’agente Barton e Coulson si conoscono da molto anni, non gli farà troppo male” aggiunse la donna

Simmons e Skye le rivolsero due identici paia di occhi stupefatti

“quello che sta sbattendo AC come un tappeto è Clint -occhio di falco- Barton?!” esclamò incredula Skye. Aveva sentito dire che aveva un carattere focoso ma così si esagera!

Si voltò a guardare il ragazzo che aveva sollevato il povero Phil Coulson con il naso sanguinante e lo stava sbatacchiando avanti e indietro come un sacco

“in ogni caso, perché non lo fermi!?” replicò ancora la ragazza mentre convinceva con un’occhiata Tripplett (che evidentemente aveva riconosciuto già da prima l’agente Barton) a metterla giù.

“perché un po’ se lo merita..” rispose serafica May prima di voltarsi e allontanarsi per nascondere un sorriso.

 

Skye si voltò verso Natasha che guardava l’arciere biondo con un’espressione da “lo sapevo che finiva così” e poi di nuovo verso l’agente Barton.

 

“Go n-ithe an cat thú, is go n-ithe an diabhal an cat!*" stava urlando in faccia a Coulson

 

“credo sia Gaelico..” commentò Simmons un attimo prima di scattare in avanti e frapporsi tra il suo capo e Clint che aveva caricato un altro destro.

“Simmons!” gridò Skye spaventata per l’amica. Ma l’agente Barton bloccò il pugno a pochi centimetri dal suo viso sembrando vederla per la prima volta

“che vuoi?” le disse

“credo sia sufficiente” replicò con un sorriso la ragazza, mentre Coulson si rimetteva bene dritto tamponandosi il naso con il polsino della camicia. Skye non poté non ammirare quanto la sua amica fosse diventata coraggiosa nel corso di quel solo anno

 

“Clint…” boccheggiò Coulson “hai tutti i diritti di essere furioso.. ma… lascia solo che ti spieghi”

“non voglio sentire neanche una parola uscire dalla tua bocca, brutto stronzo, hai capito?” lo interruppe il ragazzo ancora furioso, contenendosi a stento dal picchiarlo un’altra volta. Rivolse una rapida occhiata alla ragazza una testa più in basso di lui e sospirò tentando di calmarsi, alla vista del suo labbro inferiore che tremava leggermente dalla paura. Quindi si voltò e fece per andarsene

“Barton… Clint… Aspetta…” lo richiamò Coulson

“si signore, torno con voi, è questo che volevi sentire?” lo interruppe di nuovo l’arciere “certo che torno, non posso mica lasciare questi ragazzi in mano a un bastardo come te…. signore!” aggiunse prima di ricominciare a imprecare in gaelico, e andandosene.

 

“mi dispiace” buttò lì Natasha un attimo prima di seguirlo.

“Agente Barton! Non credere di cavartela così facilmente! Devi sottoporti al mio test interrogatorio!” incalzò l’agente Koenig con un encomiabile sprezzo del pericolo.

 

“si sente bene signore?” disse Simmons voltandosi verso Coulson una volta che anche Koenig ebbe lasciato la stanza. Skye si era fatta avanti per porgergli un fazzoletto, mentre Tripplett era rimasto sulla porta.

“si Jemma sto bene…” sussurrò Phil gettando un’occhiata di ringraziamento a Skye

 

“come mai tanta furia signore?” incalzò Tripplett con le braccia incrociate al petto, ormai dopo Garreth -sospetto- era diventato il suo secondo nome.

 

Coulson sospirò, e guardò per istante Skye

“ero il suo AS, molto tempo fa…. E gli avevo promesso che non gli avrei mai mentito su niente” confessò sputando un po’ di sangue nel fazzoletto “e invece gli ho tenuto nascosto per due anni che non ero morto come credeva” l’espressione di tristezza che gli si dipinse sul viso spinse Simmons a dargli una calda stretta al braccio e un sorriso.

 

Base segreta di Fury, corridoio verso i dormitori

 

“povero Coulson… l’incontro con l’agente Barton doveva essere un momento felice e invece guarda come è andata a finire… ora capisco perché ha remore a farsi avanti con la sua violoncellista” commentò Simmons mentre camminava oziosamente sottobraccio con Skye verso i dormitori. Nell’ultimo anno erano diventate molto più che colleghe, poteva dire ufficialmente che erano amiche.

 

“povero Coulson? Povero Barton vorrai dire!” obbiettò Skye “insomma una persona di cui si fidava ciecamente, il suo AS, lo ha ingannato per due anni consecutivi! È orribile! È comprensibile che fosse furioso!”

 

“ma il povero Coulson non aveva scelta! Non sarà che ti rivedi un po’ in lui per la faccenda…. Si insomma… lo sai… di Ward” buttò li Simmons, poi sentì l’amica irrigidirsi sotto il suo braccio e desiderò non averlo detto

“non è assolutamente così” la gelò con una voce talmente fredda che ebbe il potere di spazzare via tutta la complicità di un attimo prima “Coulson gli ha mentito in questo caso è vero… ma non è assolutamente la stessa cosa. Tutti i loro trascorsi insieme, non erano una menzogna” continuò.

 

“Skye mi dispiace… io non volevo dire… quello che ha fatto Ward ci ha feriti tutti, non volevo trattarlo con leggerezza” la supplicò Simmons quasi con le lacrime agli occhi. Skye si sentì immediatamente in colpa, in fondo Simmons continuava a soffrire come un cane per colpa di Ward, dato che a causa sua Fitz giaceva in un letto da sei mesi ormai. Così tentò di alleggerire la tensione

 

“lascia perdere… è acqua passata ormai! Piuttosto tu, dimmi” esclamò con un sorriso sornione “quand’è che per te l’agente Tripplett è diventato Antonie?” chiese con tono svenevole facendola arrossire fino alla radice dei capelli.



note:
* un insulto in gaelico che significa: possa un gatto mangiarti e possa il diavolo mangiarsi il gatto


so che sono sparita, perciò per farmi perdonare aggiornerò un'altro cap direttamente oggi pomeriggio ^^ (poi però, heimè, sparirò per un'ltra settimana... ahahahah >->)

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Capitolo 4
*** cap 4 ***


~~Base segreta di Fury, infermeria, reparto a lunga degenza

Il mattino dopo la sfuriata di Clint le attività avevano ripreso il loro regolare svolgimento alla base, e Simmons era tornata alla sua principale occupazione: assistere Fitz nella speranza che aprisse gli occhi.
Stava leggendo un grosso tomo di genetica sperimentale (non aveva ancora rinunciato a capire cosa diavolo fosse successo nel corpo di Coulson e Skye dopo l’iniezione del farmaco miracoloso), quando il rumore della porta a vetri scorrevole la fece sobbalzare. Si voltò.

“Antoine!” esclamò con un sorriso vedendo l’agente Tripplett che guadagnava il centro della stanza. Quello le rivolse uno dei suoi migliori sorrisi abbaglianti da mille kW
“volevo vedere come stavi... cioè... come state” disse facendo un cenno del capo verso Fitz. Il sorriso di Simmons si spense lentamente e gli voltò le spalle cominciando ad armeggiare con il computer che controllava i parametri vitali del ragazzo.

“sto bene...passato lo spavento” disse voltandosi solo un istante per concedergli un sorriso che non raggiunse gli occhi -i livelli di dopamina sono ancora troppo bassi, appena sufficienti a regolare la pressione da sdraiato..- pensò tra sè consultando la cartella elettronica cercando di distrarsi.
Era già da parecchio che la presenza dell'agente Tripplett la metteva a disagio, quel suo modo di sorriderle accattivante e quella sua fissa per invadere continuamente il suo spazio fisico personale. Quell'estrema vicinanza, e il fatto che non potesse stare senza toccarla almeno con un dito, era decisamente imbarazzante! E il fatto che fosse bello come la versione afroamericana di un dio greco non era affatto d'aiuto!
Già da prima Jemma si era sentita strana vicino a lui, incapace di guardarlo negli occhi senza arrossire, però da quando Fitz era ridotto a quel modo stava facendo i salti mortali per tenerlo a distanza, non sapeva bene perché ma non gli sembrava corretto nei suoi confronti.

Immersa nei suoi pensieri (e solo parzialmente nei dati clinici del suo amico) non si era resa conto che l'uomo le era arrivato alle spalle.

“intendo come stai davvero Jemma” le sussurrò facendola sobbalzare, una volta che ebbe realizzato la sua posizione: le era talmente vicino che poteva percepire il calore che emanava il suo corpo dietro la schiena. La ragazza lo guardò tristemente e poi lasciò cadere la sua attenzione sul viso di Fitz
“continuo a sperare che da un momento all'altro apra gli occhi” confessò con un sospiro “e mi guardi con un sopracciglio sollevato come a dire: bhe che hai da fissarmi?” aggiunse scuotendo il capo cercando di non far scendere le lacrime che sentiva pizzicare negli occhi.

“hei!” la interruppe Antoine poggiandole entrambe le mani sulle spalle “succederà vedrai! Ne sono sicuro” eccola la... l'aveva toccata. E lei si era sentita la schiena pervasa da un'infinità di brividi. Quanto si detestava... non era giusto... maledetti ormoni estrogeni del cavolo! Si voltò con uno scatto verso di lui facendo modo da interrompere il contatto fisico quasi con violenza. Al diavolo, per un paio di braccia muscolose e due spalle larghe! Che ne era dell'evoluzione umana se il suo corpo se ne fregava bellamente di quello che voleva il suo cervello??

“sei davvero un'amica speciale Jemma, Fitz è fortunato” le disse lui ignaro di quello che stava succedendo nella sua testa. Simmons le piaceva, l'aveva sempre trovata attraente, e ora che facevano parte della stessa squadra, si era scoperto determinato a conquistare quella bella scienziata almeno per qualche notte. Non aveva idea dei sentimenti di Fitz, ne di quelli di Jemma (a dire la verità quelli erano poco chiari persino a lei) e ancor di meno sospettava la totale estraneità della ragazza alle “situazioni” in cui gli sarebbe piaciuto coinvolgerla.
Simmons si rese conto tardi che girandosi e liberandogli le mani praticamente si era buttata in trappola da sola. Tripplett la imprigionò tra il suo corpo e la scrivania a rotelle con sopra il pc, afferrandone gli angoli con entrambe le mani.
Maledizione le stava sorridendo un'altra volta!
Lo vide chinarsi su di lei e appoggiarle un bacio sulla guancia che le fece chiudere gli occhi, poi lo senti spostare il viso di fronte al suo, mantenendo una vicinanza tale tra i loro visi che poteva percepire il calore delle sue labbra. Fu solo quando avverti il suo respiro sulla bocca che finalmente il suo cervello si ricordò di essere un homo sapiens con quoziente intellettivo 190 e non una gatta nella stagione dell'accoppiamento! Con uno scatto fulmineo che la sorpresa gli sgusciò tra le braccia accovacciandosi per terra e mandandolo magnificamente a vuoto, Tripplett aprì gli occhi tra il contrariato e lo stupefatto nel vederla rannicchiata a terra che praticamente strisciava via.

“scusa!” gridò Simmons senza voltarsi, quando si alzò e scappò fuori dalla stanza di Fitz. Antoine  trattenne malamente una risata, un po' per come la ragazza era filata via, un po' per quanto doveva apparire ridicolo lui, sul punto di baciare il monitor di un computer, quella ragazzina l'aveva appena mandato in bianco?

Simmons avvampò sentendolo ridere, pochi passi fuori dall'infermeria. Ma non era il tentativo di Tripplett di baciarla che l'aveva sconvolta così tanto, quanto più la consapevolezza del pensiero che l'aveva fatta tornare in sé e scappare da quella intrigante situazione, e cioè che quel bacio sulla bocca (vergognosamente il primo) voleva conservarlo per Fitz.


Base segreta di Fury, reparto di detenzione

Skye spostava il peso da un piede all'altro in un misto di impazienza e disagio. Si era ripromessa di non avvicinarsi mai a quella zona della base se non sotto specifico ordine, e anche in quel caso sapeva avrebbe posto un bel po' di resistenza. Già normalmente detestava le prigioni (forse per il suo passato da fuorilegge?) ma ora che sapeva esserci Grant Ward dietro quella spessa porta d'acciaio, la sola vista di quel luogo le risultava vomitevole! Eppure la chiacchierata con Simmons aveva avuto lo stesso effetto di sollevare il coperchio del vaso di Pandora. Aveva voluto fingere che lui non ci fosse, lì sotto i loro piedi, ancor di più aveva voluto fingere che non gliene importasse nulla e che il saperlo marcire là dentro la rendesse addirittura felice (della serie: ben gli sta!).

Ma era inutile mentirsi da soli. Il ricordo dei momenti passati insieme, la consapevolezza che erano solo una bugia, era talmente doloroso da mozzarle il fiato ogni volta che si concedeva il lusso di pensarci; e in qualsiasi momento le venisse in mente che lui era sotto i suoi piedi, praticamente sepolto vivo sotto terra aveva l'effetto di un violento pugno nello stomaco.
Simmons aveva maledettamente ragione, aveva preso le parti dell'agente Barton perché la sua situazione le ricordava terribilmente la propria.

In quel momento il rumore metallico, accompagnato da un segnale acustico, della porta automatica che si spalancava, la fece sobbalzare. Dall'uscio emerse May, che si sorprese non poco nel vederla poggiata alla parete con un atteggiamento finto casuale.
“Skye! Che cosa ci fai qui?” esclamò non smettendo di massaggiarsi le mani
“sei stata... a fargli visita anche oggi?” ribatté la ragazza senza di fatto rispondere alla sua domanda. Il modo con cui May si torceva le mani non lasciava molto spazio all'immaginazione sulla natura della visita. Infatti l'espressione sul viso della donna si congelò.
“come ogni giorno...”

Skye inghiottì a vuoto. Quando aveva sentito Coulson dire tra i denti a Ward che l'avrebbero torturato, non immaginava facesse sul serio. Il suo AC sembrava l'uomo più compassionevole del mondo, ma evidentemente anche le persone come lui hanno un limite. Aveva sentito dire da qualche parte che le persone buone sono le ultime a stancarsi ma che quando lo fanno... non tornano indietro.
-Ward ma che hai fatto...- si ritrovò a pensare

“che sei venuta a fare? Sei qui per vederlo?” il tono di May sembrava gelido, ma Skye ormai la conosceva abbastanza da sapere che non era così. Tentava sempre di proteggerla.
La ragazza scosse la testa
“no.. non ancora... non ne ho la forza” aggiunse non senza una punta di imbarazzo. Sapeva bene che ora come ora non sarebbe stata in grado di parlargli tranquillamente, sotto sotto aveva solo una gran voglia di picchiarlo come faceva May... ma lei non voleva prendere quella strada facile e sfogarsi su di lui.

“May!” la fermò quando lei si era ormai rincamminata “per quanto ancora pensi di andare avanti?” la donna si girò a guardarla da sopra una spalla “intendo con queste... spedizioni punitive, o qualsiasi altra cosa siano. Per quanto credi che Coulson te lo chiederà?”
May distolse lo sguardo con un breve sorriso amaro
“non è stato Coulson ad ordinarmi di farlo” Skye strabuzzò gli occhi e lei continuò “è una mia decisione fargli assaggiare lei mie nocche tutti i giorni”
“ma... perché?”
“tutti i giorni” incalzò la donna “tutti finché Fitz non si riprende.” Skye sentì mancarle per un attimo la terra sotto i piedi e dovette appoggiarsi al muro con una mano
“per Fitz lo stai facendo?”
“io non perdonerò mai. Mai. E finché Fitz non mi dice con la sua voce che lo perdona io non posso smettere. Quello che ha fatto, a tutti quanti noi prima ancora che allo S.H.I.E.L.D.... è stato mostruoso.”
“e se Fitz non si riprendesse mai?” incalzò Skye senza riuscire ad impedirselo “se peggio lui....” non riuscì a terminare la frase
“allora lo ucciderò” sentenziò May voltandole di nuovo le spalle e allontanandosi.

Sky rimase ferma nel corridoio, occhieggiando la porta e mordicchiandosi l'unghia del pollice nervosamente. Per un attimo provò il forte impulso di varcare la soglia d'acciaio e andare da Ward, ma poi venne travolta di nuovo dalle immagini di lui: di lui che insofferente diceva che era l'unico in grado di proteggerli, di lui che si metteva davanti a Fitz a fargli scudo quando qualcuno lo minacciava, di lui che si gettava dall'aereo in volo per salvare la vita di Simmons, di lui che la baciava.... di lui che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non contravvenire ad un ordine di Coulson.
E le venne di nuovo l'amaro in bocca.

Era proprio per questa sua cieca dedizione agli ordini, agli ordini di un pazzo come Garreth, che li aveva traditi, che aveva mentito, che aveva fatto perdere valore a tutto quello che di buono aveva fatto. Persino salvare la vita di Simmons, anche quello appariva un gesto talmente freddo e calcolato da farlo risultare detestabile.
Così non entrò.
Si girò, voltando le spalle all'area di detenzione e allontanandosi. Detestando Ward, e detestando anche se stessa per quella piccola lacrima di tristezza che le stava rigando il viso.

 


Notte, base segreta di Fury, sala comune.

Simmons si stropicciò gli occhi lasciando l'infermeria. Aveva bisogno di un giaciglio decente almeno una notte sue tre o non sarebbe più riuscita a fare il suo lavoro. Già farlo senza Fitz era abbastanza devastante, senza che le notti abbracciate allo schienale della seggiola più scomoda del pianeta dovessero metterci il carico.

Si avviò stancamente verso la sala comune contemplando il quadrante del suo swach viola che batteva le due e un quarto (fitta al cuore – era un regalo di Fitz). Si sarebbe preparata una camomilla e poi di filato a letto a fare un buco nel materasso per qualche ora.
Si stupì non poco quando entrando nella sala non la trovò vuota come si aspettava. Sul divano giaceva Skye, abbracciata al barattolino Häagen-Dazs al triplo cioccolato e con lo sguardo fisso nel vuoto
“Skye!” esclamò facendola sussultare appena “Skye, che ci fai qui a quest'ora?” riprese a voce più bassa avvicinandosi al divano. La ragazza smorzò un sorriso facendole cenno di sedersi
“gelato?”
“bhe non è rimasto granché” Simmons trattenne malamente una risatina “e poi io preferisco il gusto ciliegia” aggiunse alzandosi e andando a rovistare nel freezer alla ricerca del barattolino giusto.

La voce di Fitz le risuonò per un attimo nella testa “la tua bocca è di quel colore perché mangi troppe ciliege?”ma lei la scacciò via agitando la mano davanti al viso. Aveva pianto anche troppo per quel giorno.

Skye la osservò mentre tornava al divano facendole un sorriso che, come ogni volta da sei mesi a quella parte, non raggiunse gli occhi.
“allora, che ti succede..” le disse aprendo il barattolo e ispezionando l'interno prima di affondarci il cucchiaio, Skye sbuffò
“oggi ho visto May uscire dalla cella di Ward” esordì senza guardarla “sapevi che va li a picchiarlo ogni giorno?” aggiunse facendo uno sbuffò di risata amara. Era una domanda retorica, e Simmons non rispose, ma il rossore sulle sue guance le fece capire che non solo lo sapeva, ma che anche se se ne vergognava non lo considerava poi così sbagliato. Voleva urlare allo scandalo ma si trattenne. Simmons era costretta a vedere la persona a cui più teneva al mondo (si perché non era certo un mistero) in un letto da sei mesi, per colpa di Ward. Non poteva certo biasimarla. Eppure lei non riusciva a non considerare sbagliato l'accanimento sul suo ex A.S. Scosse la testa, doveva piantarla di pensare a lui come qualcosa che potesse essere definito “suo”. Le dava il voltastomaco quello che  lui aveva fatto. Su questo non ci pioveva.
“che intenzioni hai con lui Skye?” le stava dicendo in quel momento la ragazza.
Bella domanda. Non lo sapeva neanche lei. Scrollò le spalle spedendo di nuovo il cucchiaio a raschiare il fondo del suo barattolino
“non è detto che farò per forza qualcosa” disse “in fondo sta bene dove sta no?” -bella vigliaccata, i miei complimenti Skye- pensò quasi contemporaneamente
“oh Skye...” gemette Simmons “Ward ha fatto del male a tutti noi, ma tu...” esitò un istante “insomma credo che abbiate molte faccende in sospeso” lo sguardo della mora si congelò per un attimo
“Simmons tutto quello che ha detto e fatto nell'ultimo hanno e mezzo era una bugia” sibilò. Lo pensava veramente in fondo... però
“oh avanti Skye!” proruppe Simmons abbandonando il suo barattolino sul divano “non dirmi che non pensi non sia giusto continuare a non parlargli!” Skye la fissò per un istante sul punto di scoppiare a ridere, Simmons era solita straparlare quando la questione l'accalorava
“ok.. ora ridillo senza la quadrupla negazione!” commentò sollevando ironicamente un sopracciglio. Finalmente riuscì a strapparle una breve risata
“devi andare a parlargli Skye” disse sospirando
“wo wo wo.. forse così è un po' troppo diretto invece!” si mise sulla difensiva tirando su le ginocchia al petto poggiando i piedi sul divano. Jemma soppresse di nuovo una risatina
“quando ti sentirai pronta ovviamente” le disse
“oh ecco così va meglio” commentò la mora rilassandosi e facendola ridere di nuovo. Lo avrebbe fatto probabilmente, forse, bho... ma non era proprio in grado di pensare in quel momento a COSA gli avrebbe effettivamente detto quando se lo fosse ritrovato davanti (considerando che le gettonate: “mi fai schifo” e “crepa” gliele aveva già dette).

“e tu come stai invece?” domandò Skye a bruciapelo dopo un po', desiderosa di dirottare la conversazione “anche tu non riesci a dormire?”

Simmons ebbe come prima reazione quella di rimettersi a parlare di Fitz, ma si morse la lingua. In verità quella notte era un altro il pensiero che la teneva sveglia
“Antoine ha cercato di baciarmi oggi” buttò lì
mancò poco che Skye non sputò il gelato dappertutto
“cosa!? Dove?! Quando?! Perché?!” Simmons arrossì fino alla radice dei capelli
“quattro eccellenti domande” commentò cercando di fare la sostenuta “Antoine Tripplett ha tentato di baciarmi, in infermeria, oggi pomeriggio, e... non lo so davvero il perché”
“in infermeria?? davanti a Fitz?? mio dio  ma è orribile!” fu l'unico commento di Skye. Jemma arrossì facendo scattare lo sguardo sull'amica, stava per chiederle perché considerava la location così orribile, e invece non le chiedeva meglio lei cosa aveva fatto, ma fu interrotta da una voce alle sue spalle
“parlate di me?” Skye si strozzò di nuovo e Simmons desiderò che un portale asgardiano si aprisse proprio sotto il suo sedere inghiottendola. Tripplett era appena entrato in sala comune.

Skye impiegò qualche secondo in meno di Simmons a rendersi conto che Tripplett aveva solo fatto una battuta e non aveva veramente sentito i loro discorsi, così sfoderò un gran sorriso allungando un braccio verso l’amica per impedirle di suicidarsi col cucchiaio del gelato in stile Didone*
“Hei Tripplett! Che ci fai qui?” esclamò, forse in tono un po’ troppo entusiasta per risultare credibile, tuttavia l’uomo parve non badarci
“ero venuto a prendermi da bere… e voi?” chiese accennando al gelato
“insonnia glicemica!” rispose Simmons riavutasi dall’infarto e sorridendo anche lei in modo eccessivo, peccato che nel guardare Tripplett la sua faccia assunse subito una calda tonalità ciliegia, piuttosto sospetta

-dio Simmons la tua faccia non mente mai- pensò Skye immaginando di schiaffarsi una mano in fronte

“ooook….” Commentò l’agente guardingo “non ho le conoscenze per negare che questa patologia esista…. Perciò…” aggiunse ridacchiando e andandosi a sistemare sulla poltrona davanti a loro.

-non vorrà mica rimanere qui spero!?- pensò Simmons sopraffatta dall’imbarazzo e valutando, tra le opzioni a sua disposizione, la più dignitosa per andarsene.

“allora Trip…” inizò Skye preoccupata dall’innaturale fissità dell’amica “come… come sono andati gli allenamenti con May? Ti ha dato una lezione he!?” tentò di sdrammatizzare, ma l’attenzione dell’agente rimase tutta per Simmons, senza che le parole di Skye riuscissero neanche a raggiungerlo. Dopo qualche istante l’uomo si sciolse in un sorriso scuotendo leggermente la testa
“Jemma riprendi a respirare te ne prego, è tutto ok” esclamò “so riconoscere un -no- quando lo vedo”

Skye soppresse una risata in un grugnito all’espressione sbalordita di Simmons che iniziava a balbettare. Tripplett rincarò la dose “e il tuo sembrava proprio il classico -no- dell’omino che cade dalla montagna: nooooooooo” recitò accompagnando le -o- al gesto con l’indice e il medio di qualcuno che precipitava,  completando con un “POF” allo spiaccicamento a terra.**
A questa visione nemmeno l’imbarazzo riuscì ad impedire a Simmons di unirsi a Skye in una sonora risata, seguite subito dopo anche da Tripplett.

“oddio, anche io stravedo per scrubs!” sospirò Skye tentando di riprendere fiato dal gran ridere
“Cox poi, è il massimo!” le fece eco Antoine
“scusate… mi fate capire?” intervenne Simmons spostando gli avambracci sulle ginocchia di modo da sporgersi verso di loro. I due le rivolsero un’identica coppia di sguardi stupefatti
“NO! Non conosci scrubs!??” gridò Tripplett allo scandalo
“dio benedetto ma dove hai vissuto fin ora figliola!” fece eco Skye prima di unirsi al’uomo nella spiegazione dei punti salienti dell’amata serie tv.


Pochi corridoi più in là Clint Barton stava armeggiando col distributore automatico di merendine, che aveva deciso di non concedergli la sua dose di coccole sotto forma di zuccheri raffinati. Il ragazzo batté appena il palmo sul vetro, fissando accigliato le sue barrette kinder incastrate di traverso nell’ordigno. Il bambino sulla scatola sorrideva, a parare di Barton, sadicamente, come a dirgli che col cavolo che li avrebbe avuti.
Il ragazzo gettò distrattamente un’occhiata a destra e a sinistra, per sincerarsi che non ci fosse nessuno, e poi scagliò un violento calcio alla fiancata del distributore, che gemette in un clangore di vetro e metallo lasciando cadere le barrette.
“umph, deve ancora nascere macchinetta che la fa a Clint Barton” sbuffò soddisfatto iniziando a scartare la sua merendina e dirigendosi verso la sala comune.
Sgranocchiando grattava via la colla degli elettrodi che ancora resisteva, sulla porzione di pelle sotto la clavicola che usciva dalla canottiera della salute.
“porco demonio, se Koenig mi si avvicina ancora con un elettrodo in mano giuro che glielo attacco dove non batte il sole!” si lamentò ad alta voce mentre varcava l’ingresso della sala comune.

“ma non dorme nessuno in questa base?” esclamò divertito Tripplett, e Barton alzò gli occhi per constatare la presenza di lui, Skye e Simmons sbracati sui divani della sala.

“hei ragazzi…” li salutò “che si dice?” Tripplett era tranquillo, conosceva Barton da secoli, anche se non intimamente, le due ragazze invece erano ammutolite nel vederlo, in fondo il loro primo incontro con lui non era stato dei migliori, dato che l’avevano visto in versione furia che violava l’ultima base segreta dello S.H.I.E.L.D. come fosse stata un fortino di bambini, e sbatacchiava il loro capo stile bambola di pezza.

-anche se…- non poté impedirsi di pensare Skye, indugiando sul suo corpo snello e tirato appena celato dalla canottiera aderente, e sugli occhi azzurri -quest’uomo è un attentato vivente alla castità femminile!-

Barton andò ad appollarsi sulla poltrona di Tripplett, incurante di mettere le scarpe sul cuscino ed usare come seduta lo schienale, si lanciò in bocca le ultime tre barrette di cioccolato e poi elargì un sorriso benevolo alle due ragazze che lo osservavano tese dall’altro lato del tavolino poggia bicchieri. In effetti ora che ci pensava doveva aver fatto proprio una bella figura da pazzoide ai loro occhi il giorno prima, soprattutto alla biondina dalla labbra roso ciliegia…. Le aveva quasi dato un pugno in faccia!
“avanti ragazze, non guardatemi così, non sono pericoloso lo giuro” disse strofinandosi una mano sul collo
“si garantisco io, è un orsacchiotto dolce la maggior parte del tempo” aggiunse Tripplett facendo sorridere Skye. Barton lo stava guardando con un sopracciglio sollevato, fintamente offeso
“non farà un tantino calare la mia virilità questo appellativo?” commentò
“no, non credo…” si lasciò sfuggire Skye, ricevendo un’occhiata sbalordita da Simmons e una risata in faccia da Tripplett.
Barton roteò gli occhi
“ok, vedo che in mia assenza la serata ha già abbandonato la fase conversazione per approdare a quella: cazzate a ruota libera” disse “tanto vale darle il colpo di grazia!” aggiunse alzandosi con un colpo di reni. Entrò nel cucinino adiacente e poco dopo ne emerse con dei bicchieri di carta in una mano e svariate lattine di birra nell’altra, dentro una busta.

Sotto gli occhi incuriositi di Simmons che cominciava a sentirsi tornata alle superiori (solo questa volta nel gruppo di quelli fighi che facevano nottata brava) Clint sistemò due triangoli di bicchieri ai due capi del tavolino e li riempì attentamente di birra fino quasi al bordo, poi pose un bicchiere voto al centro e iniziò a frugarsi nelle tasche
“Trip hai un quarto di dollaro?” chiese
“oh no, puoi scordartelo Barton, ti sarai arricchito con tutti i quarti di dollaro per questo gioco che non ho mai più rivisto!” ribatté facendo sorridere Simmons, Skye pescò nella tasca posteriore dei jeans e lanciò eccitata una moneta sul tavolo, la divertivano un sacco quei giochini.
“ragazzi cosa stiamo per fare esattamente?!” chiese la giovane scienziata in un misto di eccitazione e paura, non aveva visto spesso tutta quella birra in una volta sola.
“è semplice passerotto…” esordì Clint facendola arrossire: e ora quel soprannome da dove saltava fuori???
“è una sfida uno contro uno, fai rimbalzare il quarto di dollaro sul tavolo tentando di mandarlo nel bicchiere vuoto” continuò il ragazzo mentre lei afferrava la moneta per avere qualcosa tra le mani da tormentare “se ci riesci, ritocca a te e io devo bere un bicchiere di birra, altrimenti tocca a me e sei tu a rischiare di bere!” concluse
“ok”
“dai cominciamo io contro di te” incalzò Barton accovacciandosi seduto sui talloni dall’altro capo del tavolino
“ma io non l’ho mai fatto!” protestò Simmons
“tranquilla ci andrò piano con te passerotto” rispose lui facendo un gran sorriso, la tensione di prima era sparita, Trip e Skye si posizionarono sul divano per godersi lo spettacolo
“allora dai, comincia tu” la esortò Clint “prendi la moneta e…” non fece in tempo a finire la frase che Simmons aveva lanciato il quarto di dollaro sul tavolo, che aveva diligentemente rimbalzato ed era finito nel bicchiere
“Siii!” esultò la ragazza applaudendosi nell’incredulità del suo sfidante
“tsk… la fortuna della principiante, ovvio” commentò Clint prendendo un bicchiere. Non fece neanche a tempo a portarselo alle labbra che Simmons lanciò di nuovo la monetina mandandola esattamente nel bicchiere, per la seconda volta consecutiva.
Tripplett e Skye si stavano rotolando sul divano dal ridere
“mi piace questo gioco” commentò trionfante Simmons sotto lo sguardo sempre più stupefatto di Clint, poi riprese la monetina dal bicchiere, prese la mira e la fece rimbalzare di nuovo. Per la terza volta il quarto di dollaro si depositò sul fondo del bicchiere.
Skye rotolò giù dal divano
“HEI!” urlò Barton “dammi almeno il tempo di mettermi in pari con i bicchieri ragazzina!” la apostrofò tra lo scherzoso e l’irritato
“è davvero divertente!” commentò Simmons “è sufficiente calcolare la traiettoria in base alle dimensioni della moneta e tenere conto delle zigrinature del bordo,e poi basta un’equazione per capire quanta forza metterci! È divertente perché ti mette alla prova a me è semplice!”
Barton spalancò la bocca mentre anche Trip raggiungeva Skye sul pavimento
“così impari a metterti contro una scienziata, occhio di falco!” lo prese in giro tra una risata e l’altra.
“basta hai vinto.. tocca a voi” borbottò Clint andando a prendere altra birra dal frigo.

I quattro ebbero le ore successive per appurare, in un mare di risate, che Trip reggeva l’alcool davvero in modo pessimo (se lo ritrovarono a ballare sul tavolino dopo appena 3 bicchieri), che Skye era capace di bere  a testa in giù e che Clint era davvero uno spasso quando ci si metteva.


Base segreta di Fury, corridoio, ore 6 a.m.

“grazie per aver accettato ad allenarti con me agente Romanoff” disse May camminando accanto alla rossa nella penombra dei corridoi della base. Il computer centrale era progettato per regolare l’intensità dell’illuminazione a seconda delle ore del giorno nelle aree comuni. “i ragazzi si impegnano… ma finisco sempre per non essere nemmeno sudata alla fine” aggiunse con un sorriso complice
“è un piacere agente May… anche io non ho uno scontro competitivo da un po’” rispose con voce incolore la donna accedendo alla sala comune per prendere dell’acqua. Si bloccò non appena varcata la soglia
“che succede?” chiese Melinda affacciandosi da dietro la sua spalla. Subito represse una risatina, seguita a ruota da Natasha.
Clint, Trip, Skye e Simmons giacevano addormentati in parte sui divani in parte a terra circondati da bicchieri di carta vuoti.

“ho sentito dire che è sempre così quando c’è l’agente Barton nei paraggi” commentò a bassa voce May
“già… è fatto così…” rispose Natasha guardandolo “sul lavoro è serissimo, un vero cane da presa, ma se lo lasci libero 5 minuti… non capisco proprio come ci riesca, io non ne sarei capace” commentò infine. May la superò riprendendo a camminare verso le palestre
“mha… sai… forse è proprio perché sono diverse da noi che certe persone ci piacciono così tanto” le disse in un tono allusivo, che la Romanoff non capì.




note: * Didone alla partenza di Enea si suicidò conficcandosi un coltello tra i seni
        ** celebre battuta del Dr Cox della serie tv Scrubs

prossimo cap... il 21 agosto!

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Capitolo 5
*** cap 5 ***


~~Base segreta di Fury, infermeria, due giorni dopo


“Bene agente Tripplett, abbiamo finito, ti puoi rivestire” disse in tono professionale Simmons, voltando le spalle al lettino da visita dove Antoine stava armeggiando per rimettersi la maglietta.
La ragazza era molto fiera di sé stessa. Era quasi morta quando Coulson le aveva detto di occuparsi delle visite mediche di idoneità di tutti gli agenti (compresi gli uomini di cui in genere si occupava Fitz) ma oggi era riuscita a condurre la visita dell’agente Tripplett con un’impeccabile professionalità, senza arrossire, senza balbettare e guardandolo negli occhi quando necessario con una non-chalance che aveva sorpreso perfino lei (e dati i loro trascorsi dei giorni precedenti scusa se è poco!)

-probabilmente- pensò facendogli un cenno di saluto e un sorriso mentre usciva -non provavo davvero nulla per lui, ed è bastato calarmi nel lavoro per mandar via l’imbarazzo-

Si scostò dal carrellino con gli strumenti che aveva appena riordinato e ridiede la sua attenzione a Fitz nel letto poco distante. L’infermeria della base non era un gran che in quanto a spazi e il “reparto a lunga degenza” era semplicemente un angolo della sala visite e degenza breve, che conteneva altri due lettini (grazie al cielo al momento vuoti).
Simmons guardò il ragazzo congelato in una immobilità quasi surreale. Se non fosse stato per l’appena percepibile sollevamento del petto ad ogni respiro, Jemma avrebbe scommesso che fosse morto; neanche Skye quando era stata ad un passo dal rimettere l’anima a dio le era sembrata tanto immobile. Smorzò un piccolo sorriso nel vedere la barba sulle sue guance che cominciava ad arricciarsi, tanto era cresciuta. Da un lato la faceva ridere vederlo in questa inedita versione da Robinson Crusoe, ma dall’altro le trasmetteva un senso di inquietudine: lui non era così.
Prima che tutto accadesse aveva rimproverato Fitz per il suo continuo ripetere il desiderio infantile che tutto tornasse come prima, e ora… quanto lo voleva! Quanto desiderava disperatamente che tutto tornasse come prima!

Scacciò a forza dalla mente la sua stessa voce che le ripeteva ciò che aveva detto a Fitz tempo prima
“non essere infantile! Ormai niente sarà più come prima!” e si guardò alle spalle verso il corridoio, per controllare che non stesse già arrivando il prossimo agente per la visita. Quindi aprì il secondo cassetto del piccolo mobile accanto al letto di Fitz e ne estrasse un flacone di schiuma da barba e una lametta
“che dici Fitz? Facciamo un po’ d’ordine?” disse con un gran sorriso al ragazzo.


Un paio di corridoi più in là Tripplett incrociò Barton che veniva dal verso opposto
“Hei Clint…” lo salutò.
“hei bello!” esclamò l’altro rivolgendogli un sorriso di saluto e fermandolo con una mano sul braccio “sai dov’è l’infermeria? Questo posto è un labirinto!” gli chiese.
“aha! Koenig ti ha ritenuto idoneo? Congratulazioni!” lo schernì con un sorrisetto malefico. Aveva sperimentato sulla sua pelle quanto poteva essere…. Diciamo scrupoloso quell’agente!
“non me ne parlare… per via della faccenda del dio del perfetto swiss, quel tipo mi ha rigirato come un pedalino!” ringhiò Clint al ricordo dell’agente Koenig che gli chiedeva, sotto siero della verità, ogni dettaglio sulla natura della sua relazione con l’agente Romanoff (di metà delle domande non conosceva la risposta neanche lui!)
“tu dici??!” esplose in risposta Trip “io ero l’allievo di Garretth ti ricordi? Il mio interrogatorio è durato una settimana!” Clint alzò le mani come a dire che non era necessario che aggiungesse altro. Tutti e due scoppiarono a ridere.
“senti sto andando al poligono, mi raggiungi e facciamo una sfida proiettili contro frecce?” disse alla fine Tripplett.
“magari” sbuffò Clint “ma il capo” sputò mettendo con le dita le virgolette a quell’ultima parola “vuole che non appena finisco la visita vada con Natasha e Skye a recuperare dei file criptati alla ghiacciaia…. Non sarà una festa” commentò immaginandosi già intrattenere decine di galoppini HYDRA mentre la loro hacker formato tascabile smanettava al computer.
Antoine allora gli fece un “in bocca al lupo” per la missione, gli fornì un paio di indicazioni per trovare l’infermeria, e lo salutò.

Pochi passi dopo Clint fu in vista della grossa porta a vetri dell’infermeria, dentro la quale l’agente pettirosso era china, intenta in qualcosa.
Stava per bussare sul vetro per annunciarsi ma si bloccò con la mano chiusa, a mezz’aria. Simmons era piegata sul letto di un ragazzo in chiaro stato di incoscienza e…. gli stava facendo la barba! Barton capì che lo sfortunato doveva essere in coma, o simili, e il suo sguardo si intenerì leggermente davanti a quella scena, così non bussò. Poggiò invece il pugno ancora sollevato sullo stipite in acciaio e vi lascò andare sopra la fronte, rimanendo per qualche minuto ad osservare, con un misto di pena e ammirazione, il modo in cui la ragazza stringeva tra i denti il labbro inferiore iperconcentrata, mentre passava con mani piuttosto esperte (di chi in quei mesi l’aveva fatto decine di volte) il rasoio sotto il mento del ragazzo.
Simmons gli girò con la pressione di un dito il viso verso destra e gli posò una mano sulla fronte, come in una carezza, mentre faceva delicatamente scorrere la lama sulla sua guancia sinistra.
Clint attese pazientemente che la ragazza finisse, non osando interrompere un momento così intimo. Adesso si spiegava perché il pettirosso aveva un sorriso che non raggiungeva mai gli occhi.
Solo quando la vide drizzare la schiena e contemplare con aria soddisfatta il suo lavoro, bussò alla porta ed entrò.

Simmons sobbalzò visibilmente: da quanto tempo era lì l’agente Barton??
“sono qui per l’idoneità medica” disse lui sorridendole e facendo finta di nulla. La ragazza si rilassò
“ma certo, siediti lì” gli disse indicando il lettino da visita su cui aveva fatto scorrere un nuovo strato di carta sterile. “Spogliati per piacere” aggiunse voltandosi di spalle e fingendo di controllare che tutti gli strumenti fossero pronti. Dire quella frase, nonostante la pratica, era sempre imbarazzante!
Clint, al contrario perfettamente a suo agio, lasciò cadere i jeans per terra e si issò sul lettino con una mano, cominciando a togliersi la maglietta rossa afferrandola dalla schiena.
Quando Simmons si voltò, con lo stetoscopio al collo e brandendo una siringa e un laccio emostatico, mascherò un piccolo sussulto in un colpo di tosse, l’agente Barton era davvero messo bene sotto panni, era innegabile! Così si concentrò sul suo braccio puntando, già da due passi di distanza, la vena che vedeva gonfiarsi appena nell’incavo del gomito, e si fece avanti.

In silenzio, non sapendo esattamente cosa dire, gli passò un batuffolo di cotone imbevuto di alcool sulla vena, tenendogli il braccio sollevato con una mano, e gli legò con un rapido gesto il laccio emostatico sul bicipite.
“allora…” ruppe il ghiaccio Clint percependo il suo imbarazzo, nonostante fosse lui quello nudo come un verme sopra un tavolo “Coulson ti ha messo a fare gli straordinari” simmons gli gettò una rapidissima occhiata in viso sorridendogli
“bhè, è il mio lavoro! Sono l’ufficiale scientifico medico” rispose senza toni di vanto
“accidenti, due lauree e…. quanti… 25/27 anni?”
Veramente ho anche una laurea in fisica!” sorrise. Clint fischiò
“io con il mio diploma superiore preso allo S.H.I.E.L.D. faccio abbastanza pena allora!” Simmons arrossì contenta, iniziando a rilassarsi, mentre prendeva l’ago cannula e con mano esperta la infilava nella vena, quasi senza che l’agente se ne accorgesse
“è insolito che chi entra nello S.H.I.E.L.D. da bambino continui a studiare” commentò osservando il denso liquido rosso che andava a riempire la fiala “quindi anche il tuo è un caso notevole” lo lodò. Tuttavia lo sentì irrigidirsi sotto il suo tocco “oddio perdonami, ti ho fatto male?” gli chiese in tono apprensivo guardandolo in faccia
“no” rispose lentamente Clint “il fatto è che….è stato il mio AS a insistere che studiassi almeno fino al diploma….”
“intendi Coulson” soffiò tra i denti Simmons quasi con paura di lasciar andar via quelle parole. Clint annuì senza arrabbiarsi come la ragazza si sarebbe aspettata, era solo triste.
Voleva dirgli qualcosa, magari qualche aneddoto su quanto aveva visto Phil Coulson soffrire per questa sua condizione di fantasma, ma non sapeva se era il caso di prendersi certe confidenze, anche se due sere prima avevano fatto gazzarra tutti insieme non sapeva se lui voleva essere trattato da lei come un amico. Chiuse la fialetta e la ripose in una macchina per le analisi all’avanguardia, che le avrebbe fornito i risultati in pochi minuti, e si infilò gli auricolari dello stetoscopio per controllare il battito. Clint rabbrividì leggermente al tocco dell’acciaio sul petto.
“quello è il tuo ragazzo?” chiese a bruciapelo facendo cenno con la testa a Fitz poco lontano. Simmos ringraziò Odino che fosse lei e non Clint con lo stetoscopio a sentire il battito, altrimenti il ragazzo avrebbe sentito il suo accelerare come un aereo sulla pista di decollo
“n-no…” balbettò interrompendo l’ascolto e tentando di recuperare un po’ di dignità mentre preparava il necessario per la spirometria “è il mio collega… Leo Fitz” e aggiunse “miglior amico, praticamente un fratello…. Quasi morto per me” terminò in un singhiozzo. Lo sguardo di Clint si incupì in un misto di comprensione e tenerezza

-e tu sei innamorata persa di lui- pensò

“mi dispiace” disse invece. Simmons gli sorrise grata per quello sguardo così comprensivo e condusse il resto della visita (spirometria, controllo dei riflessi sul ginocchio e prove da sforzo) in silenzio.

“bene agente Barton, ti puoi rivestire” disse alla fine voltandogli le spalle e andando a recuperare i risultati delle analisi del sangue
“allora? Idoneo?” chiese Clint allacciandosi la cintura
“sei sano come un pesce” devi solo darci un taglio con gli alcolici” rispose lei sorridendogli da sopra la spalla
“bhè passerotto è colpa tua o sbaglio la mia ultima sbronza?” la punzecchiò
“touchè” rise Simmons. Forse dopotutto anche a lui andava bene se erano amici, anche se non aveva ancora capito perché le avesse appioppato quel soprannome da sorellina minore!

Clint si avvicinò a lei, che si era di nuovo girata verso Fitz, per osservare il ragazzo nel letto. Non sembrava neanche un po’ un agente e pareva avere 15 anni non di più, anche se chiaramente era impossibile. Sarà stato uno dei genietti della scienza di cui Coulson amava circondarsi. “arte non vi!”* andava sempre predicando quando decideva di essere noioso al quadrato.
Eppure, anche se non sembrava, doveva essere davvero coraggioso se aveva dato la sua vita per quella di Simmons.
“me lo presenterai molto presto” disse poggiando una mano sulla spalla della ragazza, che si voltò dalla sua parte sorridendogli.

In quel momento un BIP! più forte degli altri attirò l’attenzione di entrambi sul monitor di Fitz. Sotto gli occhi esterrefatti della ragazza, in un gesto che aveva una naturalezza spaventosa dopo tanta stasi, Leo Fitz voltò il viso sul cuscino da destra a sinistra.

“hai visto!!!!!” gridò la ragazza strattonando la manica dell’agente “si è mosso! Si è mosso! ha girato completamente la faccia! L’hai visto anche tu non è vero Clint!??” Insistette lei a voce ancora più alta. Il ragazzo non fece però in tempo a rispondere che lo schermo con l’elettroencefalogramma di Fitz riprese a suonare…
Bip…… bip…… bip…. Bip..bip
Sempre più veloce.
la biondina, sotto lo sguardo terrorizzato di Barton che non aveva idea di cosa stesse succedendo, spalancò gli occhi non riuscendo a credere a quello che vedeva
“oh mio dio….” Disse “il cervello…. Funziona…. manda segnali….. oh mamma si sta svegliando!!” esclamò voltandosi verso Clint come a cercare conferma di quanto dicesse, anche se il medico era lei! Iniziò come suo solito a straparlare “le pulsazioni stanno accelerando a vista d’occhio! Prima una ogni 5 secondi, ora una ogni due e mezzo! Che è la metà di 5! Quindi tra poco sarà una ogni 1, 25 secondi che è di nuovo la metà di 2 e mezzo e…” Clint si voltò verso di lei bloccandole il viso con entrambe le mani
“Simmons, fai due respiri e calmati maledizione!” scandì fissandola dritta negli occhi
“si.. si..” balbettò lei
“ora, cosa bisogna fare? concentrati!” le chiese lui lasciandola andare e scandendo bene ogni parola. Simmons si riscosse dando tutta la sua attenzione al monitor e afferrando il polso di Fitz per controllare lei stessa.
“Clint” lo chiamò con tono incredibilmente presente, contando quanto era sconvolta fino ad un istante prima “vai a chiamare Coulson” intimò continuando a dare ordini alla macchina a cui era attaccato Fitz tramite una tastiera
“cosa?? Io!?” saltò Barton “ma…”
“niente ma! muoviti, in nome di dio!” gridò questa volta. Il ragazzo indietreggiò di un paio di passi e poi si voltò iniziando a correre verso la stanza dove giorni prima aveva aggredito il suo capo. Praticamente non si erano più rivolti parola da allora.

Coulson, nello studio, fece rapidamente sparire lo screensaver del suo computer che lo ritraeva abbracciato alla macchina Lola quando sentì i passi nel corridoio, non fece in tempo a dire “avanti” che si ritrovò Clint davanti alla scrivania che era entrato modello tornado. L’uomo resistette all’impulso di indietreggiare, l’ultima volta che il ragazzo era entrato così lì dentro aveva avuto bisogno di batuffoli di cotone nel naso per due giorni!
“Clint cosa…”
“signore deve venire immediatamente all’infermeria” lo interruppe Barton “pare che quel ragazzo..” stavolta fu Phil ad interromperlo andandogli addosso e afferrandolo per il collo della maglietta
“no! Non dirmi che non…”
“al contrario signore… pare si stia svegliando” esclamò Barton capendo al volo quali fossero i timori di Coulson e prendendosi un istante per irritarsi di come ancora lo interpretasse così bene. Ma l’uomo aveva già smesso di prestargli attenzione e si era lanciato nel corridoio.

Pochi minuti dopo Coulson, Simmons Clint e May (che aveva notato il trambusto) erano addossati attorno al letto di Fitz che continuava a muovere la testa e le mani con l’elettroencefalogramma che ormai dava i numeri.
Simmons, viste lo condizioni, spense il monitor e il silenzio calò immediatamente nell’infermeria.
Poi finalmente accadde.
Leo strizzò di nuovo le palpebre, e poi lentamente, faticosamente, riaprì di nuovo, dopo bene 94 giorni di coma, i suoi occhi azzurri sul mondo.
Jemma trattenne un singhiozzo, non ricordava di aver mai visto niente di così bello come il colore degli occhi di Fitz. Il viso di May non lasciava trasparire alcuna emozione, eppure Clint notò che sotto la linea del materasso stringeva la mano di Coulson in una morsa stritolante.

Fitz all’inizio non vide nulla, tutto bianco. Batté le palpebre per mettere a fuoco in quel mondo di luce che tutto ad un tratto si ritrovò attorno.

-sono morto?- si chiese

Batté ancora le palpebre e finalmente mise a fuoco i lineamenti della persone che attorniavano il suo letto, poi l’ambiente circostante. Un’infermeria. Video gli occhi lucidi di May, Coulson e un uomo che non conosceva.

-no, non sono morto… meno male- e tirò un sospiro di sollievo nel riconoscere finalmente, più vicino a lui di tutti gli altri, il viso di Simmons, era viva anche lei, c’era riuscito! L’aveva salvata! Le sorrise.

Il cuore di Jemma perse un battito dalla felicità, l’aveva riconosciuta! La sua più grande paura, l’amnesia retrograda, era scongiurata! Non riusciva a pensare dalla gioia.

Coulson, ripresosi un po’ prima degli altri, si fece avanti e gli sorrise stringeNdogli la mano. Al ragazzo quel tocco sembrò arrivare da lontanissimo come se la mano non fosse la sua… il suo supercervello ragionò sul fatto che probabilmente era finito in coma, sentiva tutti i sintomi del risveglio di cui aveva letto.
“bentornato” gli disse Coulson “sapevo che avresti ritrovato la strada”

-non vado da nessuna parte signore- pensò di rispondergli Fitz.

 Solo in quel momento si rese conto che quelle parole non erano uscite dalla sua bocca. L’aveva aperta ma dalle sue labbra non era uscito alcun suono. Inizialmente pensò a postumi del risveglio, così guardò Simmons e immaginò di pronunciare il suo nome, la parola che più volentieri diceva da diversi anni a quella parte. Ma ancora dalle sue labbra non uscì più di un flebile verso strozzato. Allarmato si tirò su a sedere, sconvolgendo i presenti per la rapidità del recupero fisico che stava mostrando. Guardò Simmons. Glielo leggeva negli occhi che anche lei si era accorta che qualcosa non andava

“Fitz..” mormorò con la voce in falsetto “che succede?” lo vedeva agitato. Il ragazzo non sapeva che rispondere, oltretutto… non riusciva proprio a tirar fuori neanche una parola. A quella considerazione il nome di una sindrome attraversò il suo cervello come un fulmine, facendolo rabbrividire. Spalancò gli occhi e guardando la ragazza come se ci fosse soltanto lei nella stanza, gli fece cenno con le dita premute sulla gola che non riusciva a tirar fuori la voce

“oddio…non riesci a parlare?” chiese Simmons con la voce che le tremava attirando l’attenzione e le domande di tutti gli altri su di se. Domande che non ricevettero risposta. La sua attenzione era tutta per Fitz. Il ragazzo le fece cenno di allungarle il blocco di fogli che vide abbandonato sul tavolo degli strumenti da visita.
Clint fu più veloce di Simmons, che appariva di nuovo sotto shock e gli allungò il blocco e una penna.
Fitz scarabocchiò qualcosa sul foglio e poi lo voltò di modo che Simmons potesse vederlo.
Sulla pagina, scritte a caratteri enormi, c’erano tre parole soltanto:

AFASIA DI BROCA?**

 

Note dell’autore:
* arte non vi, è una frase in latino ch significa non usare la forza ma l’astuzia/intelligenza. Non so perché mi sembrava adatta a Coulson, sembra una persona colta. ^^
** l’afasia di Broca (dal greco ἀφασία mutismo) è la perdita della capacità di produrre il linguaggio, dovuta a lesioni alle aree del cervello deputate alla sua elaborazione. In pratica non si riesce a tradurre le parole pensate in parole dette. (prima che qualcuno mi uccida, è reversibile…)

 

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Capitolo 6
*** cap 6 ***


Nota importante: le parole messe tra == sono ciò che “dice” Fitz scrivendo invece di parlare 


~~Base segreta di Fury, infermeria

All’inizio Skye, quando aveva saputo del risveglio miracoloso di Fitz, si era scapicollata in infermeria gridando un: “PERCHè DIAVOLO NON ME LO AVETE DETTO SUBITO!!!” all’indirizzo dello sfortunato agente che era andato ad avvisarla. Era arrivata con il fiatone e, non appena lo aveva visto, gli si era lanciata tra le braccia direttamente sul letto, sorpresa perfino lei della incontenibile felicità che l’aveva colta alla notizia. Gli aveva urlato quanto fosse contenta che si era ripreso e un rimprovero per averci messo così tanto, ma lui non aveva detto nulla, le aveva solo accarezzato la testa in imbarazzo, mentre lei lo stritolava, e poi l’aveva guardata con un sorrisino timido, occhieggiando poi a Simmons, che non sapeva bene come introdurre l’argomento.
Allora Skye era passata dalla felicità a un atteggiamento interrogativo, e quindi all’incredulità mista allo sconforto quando Simmons le aveva spiegato, a spizzichi e bocconi, che Fitz non poteva parlare perché lo shock gli aveva causato un’ AFAqualcosa di non-si-ricordava-chi.
Il ragazzo, vedendola, si era affrettato ad agguantare il palmare che gli era stato fornito e a digitare a una velocità pazzesca un =però nel complesso sto benissimo!=
Skye gli aveva sorriso e si era allontanata un po’ per permettere anche agli altri che ancora non avevano potuto di salutarlo, e ora se ne stava appoggiata allo stipite della porta con la spalla, a osservare con la mente distante Simmons che parlava con Fitz sorridendo, sorridendo come non le vedeva fare da mesi, nonostante tutto.

“hei!” l’esclamazione di Trip che era comparso accanto a lei la fece quasi sobbalzare
“hei…” rispose sorridendogli “è un sollievo, non è vero?” aggiunse facendo cenno con la testa al ragazzo seduto sul letto che ora ridacchiava ascoltando la sua amica
“già… almeno questa si sta avviando verso un lieto fine” rispose l’uomo, e poi guardando con aria divertita il sorriso fin dietro le orecchie che ora abbelliva il viso di Simmons aggiunse “certo, ora si spiegano molte cose, non avevo idea cosa ci fosse tra loro, altrimenti non mi sarei certo fatto avanti per prendere un palo in mezzo aglio occhi!” Skye rise prima di ribattere
“a dire la verità non lo sanno neanche loro”
“cosa?!”
“cioè… Fitz credo che lo sappia, quanto gli piace Simmons, basta vedere come diventa verdino ogni volta che un altro essere con cromosoma Y le rivolge anche solo la parola!” questa volta fu Trip a scoppiare a ridere, Skye continuò “ma lei no! Lei… ancora va predicando che è come un fratello per lei! Anche se è talmente palese che se ne muore per lui da risultare ridicola…” concluse annuendo come a voler sottolineare il concetto. Tripplett tornò a guardare i due che si scambiavano sorrisi e piccole carezze fugaci come due colombi
“scommetto che dopo quanto è successo combinano.. gli do tre giorni” scherzò
“se vuoi fare la tua puntata è May che raccoglie i soldi, questa settimana che viene, è quotata 5 a 1!” l’uomo si voltò a guardarla sconvolto
“stai scherzando??”
“affatto… io ho puntato i miei soldi su sei mesi” continuò fin troppo seria per i gusti di Trip “per carità quella ragazza la adoro, ma è di un tardo per certe cose!”
“mi vuoi far credere che scommettete veramente su queste cose? Ma Coulson lo sa?”
“ha puntato 50 dollari che lui le salterà addosso entro i prossimi tre giorni, illuso!” la mandibola di Trip stava per raggiungere il pavimento e si ricompose solo quando Skye le mostrò il palmo della mano aperta con un sorrisetto diabolico da chi sapeva che avrebbe ceduto
“e va bene mi arrendo!” sbraitò “i prossimi tre giorni!” aggiunse schiaffando una banconota da 10 dollari in mano alla ragazza che cominciò a ridere, poi si incamminò verso il distributore, chissà se quel coso conteneva anche liquori, ne aveva bisogno! Skye lo seguì
“a proposito devo ancora ringraziarti! Con il tuo interrogatorio di una settimana mi hai fatto vincere 300 dollari!” gli disse per il puro piacere di vederlo scandalizzato, Trip spalancò di nuovo la bocca e poi la afferrò per un gomito
“basta questo è troppo… vieni, andiamo fuori” le disse
“vuoi fare a botte?” chiese Skye con un sopracciglio alzato facendosi trascinare con i talloni puntati a terra
“no ma dopo questa ho bisogno di un bar, dubito che il distributore della sala comune abbia qualcosa di abbastanza forte per farmi digerire questa storia!” Skye rise seguendolo più spontaneamente
“ma siamo in mezzo al bosco!”
“bhè cammineremo! Ci sarà pure una baita di cacciatori di orsi da ‘ste parti!”

 

 

Base segreta di Fury, alloggi, il giorno dopo

Barton si stava allacciando il guanto di cuoio da arciere aiutandosi a tirare le cinghie con i denti, la missione alla ghiacciaia era stata temporaneamente rimandata dato il risveglio di quel baby-scienziato, ma ora era arrivato il momento di partire. Sbuffò sentendo di nuovo il laccio di cuoio scivolargli tra i denti prima che riuscisse ad assicurarlo intorno all’avambraccio, non gli piacevano gli alloggi dello S.H.I.E.L.D., erano dei buchi e potevano ospitare una persona soltanto, e (secondo lui giusto per fargli dispetto) Natasha era stata sistemata dalla parte opposta della zona alloggi.
“maledizione questo affare è impossibile da chiudere da solo…” sbraitò stringendo di nuovo tra i denti il laccio di cuoio “ora lo butto nel cesso e faccio senza come ai vecchi tempi, maledetta attrezzatura tecnica”.
Un certo trambusto lo distrasse dalle sue imprecazioni e, rinunciando ad allacciare quel diabolico affare, si affacciò alla porta. Un bel po’ di gente si accalcava tutta nella stessa direzione. Incuriosito Clint afferrò un tipo occhialuto e spettinato, che a giudicare dal look doveva appartenere alla divisione telematica, e se lo avvicinò
“hei che cos’è questo macello?” quello si divincolò saltellando da un piede all’altro in un febbricitante stato di impazienza
“oh lo so che non dovrei lasciare la mia postazione!” esclamò “ma Il Capitano è appena arrivato in questa base! Io non l’ho mai incontrato dal vivo!” aggiunse
“Il Capitano? Vuoi dire Capitan America!?” esclamò Clint non riuscendo a credere che tutto quel trambusto fosse per l’arrivo di Capitan Fesso
“si!” trillò l’agente “sa, una volta gli ho passato una comunicazione durante una missione!” gli raccontò con aria sognante prima di rimettersi  a correre. Clint storse la bocca in una smorfia di disgusto. Già normalmente non provava molta simpatia per quello stoccafisso di Steve Rogers, era di un pomposo! (Poteva anche dimostrare poco più di 20 anni, ma era indubbiamente vecchio dentro!) ma poi da quando aveva saputo che durante la sua…. Assenza…. Nel mezzo della missione che aveva portato allo smembramento dello S.H.I.E.L.D. da parte di HYDRA, lui aveva baciato Natasha ci aveva visto davvero rosso.

Ok
Tecnicamente lo sapeva che era stata Nat a baciare lui (lei gliela aveva candidamente raccontato, ridacchiando del fatto che per Capitan Fesso era il primo bacio dal 1945).
E, sì
Tecnicamente sapeva anche che si era trattato di un’azione di copertura per riuscire a confondersi tra la folla e scappare, quando erano braccati da duemila agenti corrotti.

Eppure le sue budella da irlandese geloso non potevano che torcersi a quel pensiero, e poi diciamocelo! Capitan Fesso ci aveva di sicuro preso gusto!
Ok
Ancora più ufficialmente non aveva alcun motivo di essere geloso. Quello era solo un bacio recitato, mentre le innumerevoli notti di passione sfrenata che si erano concessi loro due mentre erano in missione nei peggiori buchi di culo del mondo, quelli erano veri.
Vero desiderio se non altro.
Perché non che non lo sapesse che Natasha non era la sua donna, e forse non lo sarebbe stata mai.

-quella è fatta così- si ritrovò a pensare -troppi orrori nella sua vita per abbandonarsi a qualcosa che poteva anche solo sfiorare la tenerezza-

Non che a lui fino a quel momento non fosse andata benissimo così. Nat era la donna più bella e più eccitante che avesse mai visto in tutta la sua vita, e anche lui aveva avuto altro a cui pensare piuttosto che all’amore (tipo salvare la pellaccia un giorno sì e l’altro pure)
E allora perché era geloso marcio di Capitan fesso?
Perché il fatto di non poter dividere l’alloggio con lei come a Brooklyn gli risultava tanto odioso?
Non era per il sesso (anche perché di quello nei suoi mesi da debosciato, con Nat non se ne era proprio parlato), era più che altro perché le piaceva vederla la mattina con i capelli arruffati e il pigiama, come una donna normale. Perché adorava il sole che si abbatteva sui suoi capelli rossi in cucina. Adorava persino lavarsi i denti insieme a lei davanti allo specchio del bagno, farle le boccacce nel riflesso e vederla quasi strozzarsi col dentifricio per non ridere.

Scosse la testa per scacciare quei pensieri da smidollato e stava per girarsi a recuperare la faretra dalla stanza quando l’ascensore davanti alla sua porta si spalancò, annunciandosi con un piccolo trillo, e l’imponente figura di Steve Rogers occupò il suo campo visivo. Quello gli sorrise amabile, nel riconoscerlo.

“capitano…” lo salutò formalmente Clint
“Occhio di Falco..” rispose lui con altrettanta formalità (non che se ne morisse per lui, l’antipatia era reciproca, Steve lo trovava persino più fastidioso di Stark, anche se lo nascondeva meglio di lui)
“come mai l’ascensore? Lo scudo pesa troppo?” lo punzecchiò Clint provando di nuovo ad allacciarsi il guanto. Il biondo fece una smorfia
“volevo evitare quella folla di gente… mi mettono imbarazzo” confessò
“perché? Ho visto tutte le tue performance anteguerra, credevo ti piacesse avere fans che urlano il tuo nome modello Kurt Cobain!” ghignò sollevando un sopracciglio
“no che non mi piace, e non ho idea di chi sia questo Kurt… come-si-chiama” esitò arrossendo
“se smettessi di vivere nel passato lo sapresti… Capitano!”
Steve cominciava ad irritarsi
“tu piuttosto” ribatté con un filo di veleno nella voce “mi fa piacere vedere che hai finalmente trovato il fondo della bottiglia e hai deciso di tornare da noi” Clint ringhiò quasi, toccare il problema che aveva avuto con l’alcool era un colpo basso!
“tu invece ancora non ne te lo sei tolto il manico di scopa dal sedere vero!?” gli andò incontro fino a portare la faccia a qualche millimetro dalla sua in segno di sfida (anche se quella di Cap s trovava diversi centimetri più in alto)

La rissa venne sventata dal provvidenziale arrivo di Natasha
“sei pronto Barton?” esclamò comparendo in corridoio da dietro l’angolo. I due si allontanarono di un passo “Ciao Steve..” aggiunse facendo un sorriso malandrino all’indirizzo del ragazzone biondo “trovato il nostro soldatino ghiacciolo?”
“purtroppo no…” rispose il Capitano osservando con aria divertita Natasha che, mentre lo ascoltava, si premurava di allacciare il guanto da arciere di Clint che la squadrava con la faccia da bimbo imbronciato. “ma Coulson mi ha richiamato, qui c’era più bisogno di me e non posso essere egoista e pensare solo ai miei problemi personali” aggiunse lanciando un’occhiata eloquente a Barton. Il ragazzo prese appunto mentale di fargliela pagare non appena ne avesse avuto l’occasione.
Finiti i convenevoli Natasha trascinò via Clint dicendo che dovevano andare, e Steve si incamminò nella direzione opposta. Doveva vedere Coulson. Ci aveva parlato via radio e via telefono, ma ancora non riusciva a capacitarsi che fosse vivo!


Base segreta di Fury, alloggio di Skye

“fatti i bagagli piccola?” esclamò Clint affacciando la testa nella stanza della ragazza senza neanche bussare “è ora di andare”
Skye era pronta da un pezzo. Afferrò la borsa col portatile e lo seguì.

Base segreta di Fury, ufficio di Coulson

“è un vero piacere averti qui Capitano” gli disse Phil facendosi avanti con la mano tesa. Steve sentì lo stomaco fare una doppia capriola, mentre rivedeva davanti agli occhi l’immagine delle figurine di Captain America sporche di sangue, che Fury gli aveva gettato davanti due anni prima.
Evitò la mano e lo abbracciò di slancio senza riflettere
“sono davvero contento di vederla Phil, è un miracolo!” esclamò
“tutt’altro ragazzo credimi… tutt’altro” rispose Coulson battendogli una mano in mezzo alle spalle.

-una volta tanto una reazione di gioia- si trovò a pensare con rammarico.


Base segreta di Fury, infermeria

Fitz se ne stava con un broncio colossale, seduto in mutande sul lettino da visita. Non appena era riuscito ad alzarsi in piedi senza barcollare (e a togliersi il catetere da solo di notte con l’orrore che volesse occuparsene Simmons), la sua adorabile collega/migliore amica/sorella/quanto vorrei che fosse di più, l’aveva molto poco delicatamente sbattuto su quel lettino intimandogli di spogliarsi per sottoporsi a un check-up completo. Fitz ignorò la vocina perversa nella sua testa che gli diceva che quella stessa frase gliel’aveva detta anche in una delle sue fantasie erotiche, stava per arrossire fino alla punta dei piedi!
Come se la situazione non fosse già imbarazzante di per sé, il caaaaro Tripplett aveva deciso di passare lì in infermeria il sabato pomeriggio e ora lo studiava ridacchiando mentre mangiava patatine fritte.
se avesse avuto ancora il dono della parola senza dubbio gli avrebbe detto che era vietato mangiare lì, ma Simmons sembrava non farci caso. (in realtà perché era troppo presa da lui per accorgersi di quello che faceva Trip, ma ovviamente questo Fitz lo ignorava).

Il ragazzo gettò un’occhiata malevola a Trip e si strinse le braccia intorno al corpo. Se solo non si fosse considerato così inadeguato fisicamente probabilmente non si sarebbe sentito tanto in imbarazzo! Già normalmente non era esattamente il fratello di mr.muscolo (era un uomo di scienza perdio!) ma dopo sei mesi di coma era talmente magro e pallido da far impietosire un ricoverato per disturbi alimentari!
Simmons gli rivolse un sorriso radioso, che ebbe il potere di calmarlo, e poi iniziò ad ispezionarlo.
“rispondi solo sì, o no Fitz” esordì andandogli alle spalle e infilando lo stetoscopio “senti male da qualche parte?” il ragazzo scosse la testa. No.. si sentiva bene “riesci a farmi un respiro profondo?” Fitz annuì e inspirò profondamente, rabbrividendo un po’ al tocco delle mani di Simmons sulla schiena, non erano fredde quanto lo stetoscopio tra le sue scapole ma ebbero il potere di fargli salire brividi di piacere dalle vertebre lombari al collo.

Simmons si concesse un secondo per intristirsi di quanto fosse sciupato e gli posò una carezza sulla nuca, fugacemente prima di andargli davanti impugnando una piccola lucetta sul retro di una penna.
Gliela piantò negli occhi e osservò la sua pupilla restringersi “segui la luce” gli intimò dolcemente tenendogli una mano sotto al meno.

Tripplett gongolava. Era andato lì per controllare lo stato del suo investimento (in fondo mancavano solo due giorni e May l’aveva informato che avrebbe potuto vincere 300 dollari se avesse indovinato!) i due ragazzi non lo stavano deludendo, Fitz l’avrebbe capito anche un cieco cosa provava e quanto alla dottoressa carina…. Tutti quei contatti fisici che procurava con il suo “paziente” erano quanto mai superflui! Ridacchiò ancora. Erroneamente Fitz pensò che ridesse di lui e arrossì di nuovo, ma perché diavolo Simmons non lo mandava via da lì???

-oddio non è che è successo qualcosa tra loro mentre dormivo e Simmons sta solo aspettando il momento di dirmelo?? Potrei anche morire a quel punto!- pensò il ragazzo cominciando ad agitarsi.

Prima che iniziasse a sudare dallo stress Trip lo distrasse
“heee Jemma Jemma… che lavoro ingrato il tuo! Ultimamente ho visto solo uomini nudi qui dentro!” la punzecchiò. Simmons rischiò di strozzarsi con la sua saliva.
Fitz le donò una magnifica occhiata perplessa che voleva dire simultaneamente: “come scusa?” e “mi sono perso qualcosa per caso?” la ragazza arrossì dandogli un leggero colpo al braccio
“oh piantala! È ovvio che in tua assenza mi sono dovuta occupare io delle visite mediche, anche degli uomini!” esclamò ignorando Trip “e non credere che mi sia divertita, anzi rimettiti presto che ce ne sono ancora parecchie da fare” aggiunse simulando non-chalance, poi gli afferrò una mano che ancora si stringeva intorno al torace aggiungendo “su fammi continuare…” lui però trattenne il braccio sgranando gli occhi come per darle della pazza “Fitz non posso ascoltare il battito se tieni le braccia così! E non provare a farmi lo sguardo da cucciolo che lo sai che con me non attacca!” aggiunse quando lui si esibì in una espressione supplichevole.

Trip pensò che fosse assolutamente splendido che tra loro due il palmare con il programma di videoscrittura fosse del tutto superfluo

Con uno sbuffo Fitz lasciò andare le braccia ai fianchi poggiandole sul bordo del lettino alle sue spalle e, con una meravigliosa espressione incacchiata lasciò che Trip potesse vedere la piccola voglia a forma di cuore che aveva sotto al capezzolo destro.
Ok
Anche l’ultimo briciolo della sua dignità era finito nel cesso, poteva anche tirare la catena. (ovviamente Simmons era già al corrente di quel particolare… non era certo lei di cui si vergognava… stranamente che lei lo vedesse così non gli procurava alcun imbarazzo… )


Ghiacciaia, sala informatica

-quanto mi secca avere sempre ragione- pensò Barton abbassandosi dietro una scrivania per evitare l’ennesima scarica di proiettili che veniva da dietro l’angolo della porta.

Esattamente come aveva ipotizzato, i rimasugli dell’HYDRA non erano per niente collaborativi a lasciargli prendere da quei computer i codici del sistema armamenti!
“ma perché cazzo poi non sapevamo che dovevamo prendere quelli” abbaiò all’indirizzo di Natasha che si era alternata a lui per sparare “se avessi saputo che l’obbiettivo era così rischioso mi sarei equipaggiato meglio!” Natasha si accovacciò dietro la scrivania separata da quella di Barton da un corridoio
“ se fossi venuto alla riunione con Coulson invece di mandare solo me l’avresti saputo!” lo rimbeccò mentre lui si alzava per sparare una freccia con sulla punta un lacrimogeno, che parve tenere impegnati per qualche secondo in più i nemici.
“non farmi la predica!” ribatté lui.

Un istante dopo una bomba abbagliante rotolò in mezzo a loro due. Natasha fece appena in tempo a gettarsi su Skye per ripararle gli occhi, prima che esplodesse. Se la ragazza andava KO potevano dire addio ai codici!
Scoppiò il pandemonio!
Più di dieci agenti HYDRA si riversarono nella stanzetta e come prima provvedimento spararono alle luci al neon facendo piombare tutto in una penombra satura di polvere.
Skye si sollevò da sotto al corpo di Natasha e lanciò un grido strozzato nel vederle la fronte aperta in due da un taglio profondo. A quanto pare per salvarla aveva picchiato pesantemente contro lo spigolo della scrivania a cui lei stava lavorando.
“Nat..” disse poggiandole una mano sulla spalla, ma la donna la interruppe schiaffeggiandole la mano
“sto bene!” le urlò “fai il tuo lavoro, io faccio il mio!” aggiunse prima di alzarsi e andare a dare manforte a Barton che stava da solo menando calci e pugni contro gli avversarsi.
Skye non perdette tempo a ricomporsi, afferrò il portatile, riattaccò il cavo usb al computer centrale e si rannicchiò dietro un tavolo dopo averlo ribaltato con un calcio, per il momento non dovevano accorgersi di lei.
“quanto ti manca, Jonathan James?!!*” urlò Clint all'indirizzo di Skye mentre con un calcio e una freccia allontanava da sé due agenti “qui siamo un tantino nella merda!”
“50 secondi, 50 secondi, 50 secondi!!” ribatté la ragazza digitando più veloce di quanto avesse mai fatto.
Un grosso tipo biondo tirò un destro al mento di Clint, che barcollò indietro, e si avventò su di lei, la afferrò per le spalle e le imprigionò collo e spalle con le braccia. Skye senza neanche riflettere scagliò la testa indietro colpendolo sul naso, poi in rapida successione lo colpì ancora con una gomitata nelle costole, un tacco della scarpa sull'alluce e un pugno in mezzo alle gambe.
Quello si accasciò su se stesso lasciandola. Skye non si soffermò neanche a controllare se tentasse di riprenderla e si riavventò sul computer, mancavano solo due cifre per scoprire la password! Prima che il tipo si riprendesse, Clint gli conficcò una freccia nelle scapole e lo allontanò dalla ragazza
“ben fatto piccola!” le gridò per sovrastare i colpa degli spari.
Natasha combatteva come un leone menando pugni, calci e gomitate, la sua pistola era volata lontano.
“finito! Finito!” sentì Skye che urlava. Si lanciò sull'avversario davanti a lei afferrandolo al collo con le cosce e rompendogli le vertebre cervicali col solo potere dei suoi quadricipiti
“Barton! Andiamocene!” gridò all'indirizzo del ragazzo che si era appena beccato una pallottola di striscio sulla coscia. Recepito il messaggio, Clint incoccò una freccia con la punta esplosiva e si rivolse alla rossa
“Nat! Prendi Jonathan James*!” gridò qualche istante prima di scoccare.
Quasi in contemporanea, vedova nera afferrò Skye che le se era avvicinata stringendo convulsamente al petto il suo laptop per non perderlo, le agganciò il moschettone che pendeva dalla sua cintura alla sua e la strinse a sé con mala grazia.
La deflagrazione nel muro avvolse i sensi di Skye in un turbinio di polvere, rumore e vetri rotti. Si sentì strattonare all'altezza dell'ombelico, con una forza che credette le avrebbe staccato le viscere dalla loro sede.
Quando un'istante dopo riaprì gli occhi, stava apparentemente precipitando dalla finestra del palazzo, stretta alla vita di Natasha. Gridò. L'avevano fatta buttare fuori dalla finestra??? ma erano pazzi!?!? ma quasi in contemporanea sia rese conto che non stava andando proprio in caduta libera. Sollevò gli occhi per vedere Barton che faceva scorrere sul cuoio del guanto un lungo e grosso cavo d'acciaio attaccato a un rampino. Evidentemente l'aveva scagliato con una delle sue frecce speciali un attimo dopo l'esplosione.
Atterrarono quasi dolcemente a terra, e Natasha la sganciò da sé, mentre Clint faceva altrettanto con lei.
“voi siete matti!!!!” strillò Skye “come facevi a sapere che saresti stato in grado di reggere il peso di tutti e tre!” aggiunse sempre gridando, rivolgendosi a Barton
“ma certo che vi reggo! Non arrivate a 100 Kg in due! Per chi mi hai preso!” le rispose lui accigliandosi
“ma!” Skye venne interrotta dallo sgommare delle ruote di un SUV davanti a loro. La portiera scorrevole si spalancò, Coulson si affacciò convulsamente facendogli energicamente cenno di avvicinarsi, al volante si scorgeva il profilo di May.
“salite! Non ci metteranno molto a raggiungerci!” ordinò l'agente. Skye non se lo fece ripetere due volte e si lanciò nel SUV.
Il delta-team si incamminò, ma dopo solo un passo Natasha si sentì mancare la forza nelle ginocchia e quasi si accasciò a terra, Clint la afferrò per la vita un attimo prima che cadesse
“hei che ti prende!” esclamò, solo in quel momento notò il grosso taglio sulla sua fronte che perdeva fiotti di sangue, era talmente tanto che le aveva inzuppato il colletto della tuta. “porca vacca!”
“sto bene...” lo gelò lei con voce secca e tranquilla “fammi solo....” stava per dire -appoggiare un attimo-, ma Clint si era già fatto passare il suo braccio intorno al collo e la stava conducendo al SUV, reggendo metà del suo peso nonostante la ferita alla gamba.
Natasha si lasciò cadere sul pavimento del retro del furgone, concedendosi di chiudere gli occhi mentre quello sgommava e ripartiva. Si sorprese a pensare che adorava il modo in cui Clint non la costringesse mai a mostrarsi debole.


Isola di Dino, da qualche parte nel mar Tirreno

Ian Quinn osservava con sguardo compiaciuto il gravitonium che si agitava nella sua custodia di sicurezza. Di quando in quando un volto umanoide con spessi occhiali sembrava affiorare sulla superficie, con i lineamenti deformati in un muto grido di rabbia.
“e quando saremo in grado di tirarlo fuori?” chiese al tizio in camice bianco alla sua destra senza riuscire a staccare gli occhi dal potentissimo liquido che gorgogliava davanti a lui
“presto signore.. le nostre stime parlano di un paio di settimane al massimo, se siamo fortunati con i prossimi test” rispose in tono tronfio ma professionale lo scienziato. Un sorriso quasi bestiale si dipinse sul volto di Quinn
“splendido...” sussurrò leccandosi le labbra.




note: * Jonathan James (nome in codice/ solito soprannome idiota che Clint deve trovare a tutti) è il primo nella lista dei black hacker della storia, a 16 anni ha crakkato i pc di nasa e tdra

domandina per i lettori: mi sta venendo una certa fantasia di shippare Skye e Trip... così dal nulla, però mi rimetto a voi.. che dite vi piace se li faccio intrallazzare un pò? (il realtà so già da me che Lilian Potter il Malfoy vorrà la mia testa XD) andrò a maggioranza quindi se vi interessa siete pregati di scrivere ^^
vi lovvo tutti a prescindere, a prestooooooo

 

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Capitolo 7
*** cap 7 ***


Base segreta di Fury, reparto di detenzione, il giorno dopo
 
Skye osservò la pesante porta automatica in acciaio di fronte a lei accigliata, quasi fosse colpa sua se lei si trovava in quella situazione del cavolo.
Era tornata là davanti prima di aver chiarito con sé stessa cosa volesse fare, maledizione! E ora se ne stava lì da un buon quarto d'ora, cominciando ad attirare sguardi curiosi dai vari agenti di passaggio. Persino il tipo delle pulizie aveva fermato il carrello per donarle un'occhiata perplessa.
Basta doveva decidersi! Stava facendo la figura dell'imbecille!
Buttò fuori aria dal naso come un toro e fece scorrere il tesserino identificativo nel lettore quasi con violenza. Al diavolo, aveva bisogno di vederlo, non pensava ad altro dalla sera prima, quando si era resa conto che senza i suoi insegnamenti probabilmente quel nerboruto biondone, che sembrava uscito dritto dritto da Rocky IV, l'avrebbe fatta a polpette.
 
-al divolo...- si ripeté mentalmente -quando me lo troverò davanti saprò cosa dire-
 
attraversò il lungo corridoio (sbaglio o le sembrava 3 volte più stretto degli altri?? cos'era? Una manovra psicologica per causare claustrofobia?), e rallentò solo impercettibilmente avvicinandosi al suo obiettivo: la stanza numero 26. Inghiottì a vuoto guardandola. Lì dietro c'era Ward. Tutto a un tratto non si sentiva più tanto sicura, ma ormai ci stava.
Perlustrò con lo sguardo la porta d'acciaio, non c'era neanche uno spioncino per guardare dentro (o fare entrare un po' di luce), era perfettamente liscia, eccezion fatta per la feritoia in basso, dove probabilmente veniva fatto scorrere il vassoio del cibo.
Skye avvicinò il suo tesserino al lettore, chiedendosi per un istante se effettivamente aveva l'autorizzazione per accedere a quella cella.
La sua mente registrò in automatico la presenza di un interruttore poco sotto il POS.
Un istante e la luce da rossa divenne verde, facendo scattare la serratura.
Il suo cuore accelerò, Coulson aveva autorizzato il suo tesserino! Si aspettava che ci sarebbe andata?
Non aspettò di rispondersi, spinse la maniglia verso il basso ed entrò.
 
Con sua somma sorpresa la stanza era immersa nella totale oscurità, solo la lama di luce che veniva dal corridoio rendeva visibili una specie di straccio macchiato di rosso, due piedi che calzavano stivali neri, il profilo di una branda.
Il suo cuore perse un battito.
La cella era completamente buia?! Era diversa da quella del BUS, illuminata e con un lucernario sull'esterno. Deglutì sentendo di colpo caviglie e polsi molto pesanti, come se stesse per perdere i sensi. Ricordava bene, a casa della sua terza famiglia adottiva, le ore chiusa nel ripostiglio delle scope quando non si comportava bene. Le sembrava di diventare pazza in quel buio! Le sembrava di non riuscire neanche più a capire dove fosse e come fosse il suo corpo. La punizione durava da una a tre ore a seconda della “gravità” della sua mancanza, e lei usciva da quella detenzione così sfibrata che dopo aveva i tremori per ore.
Come faceva Ward ad essere chiuso lì dentro da sei mesi!? E per di più con May che, puntuale come un orologio, andava a ricordargli a suon di calci perché si trovava lì!!
In quel momento si rese conto che la sua figura stagliata in controluce sulla porta, capelli lunghi, minuta e snella, poteva sembrare quella di May, così si schiarì la gola per dire qualcosa. Ward non si era mosso, e probabilmente temeva quella visita. Ma lui parlò prima che lei riuscisse ad aprire bocca
“S-Skye?” chiese. L'incertezza della voce sembrava data più dalla sorpresa che dalla debolezza.
La ragazza sentì il cuore andare a far cin-cin con le tonsille, quella voce... scosse la testa per ricordarsi perché Ward si trovasse rinchiuso, doveva tentare di tenere a mente questa cosa o avrebbe perso il controllo di quella visita.
“ciao..” disse piano, complimentandosi con sé stessa per la voce ferma, e fece un passo avanti nella stanza
“accendi la luce...” le disse lui quasi in un sussurro. Nella mente della ragazza l'immagine dell'interruttore fuori dalla porta balenò all'istante. Ma certo. I carcerieri non era necessario subissero anche loro la tortura del buio. Portò meccanicamente la mano all'interruttore e lo premette.
La piccola stanza fu immediatamente invasa da una fredda luce al neon. Skye non ebbe tempo di tirare un sospiro di sollievo per la scomparsa dell'oscurità. La vista di Ward le fece arrivare una nuova pugnalata in zona stomaco.
Aveva il volto ridotto a una maschera di lividi violacei, sangue rappreso intorno ad entrambe le narici, il labbro spaccato in due punti e quasi sicuramente un capillare rotto nell'occhio destro, a giudicare della sclera quasi completamente rossa. Doveva aver perso almeno 10 chili.
Si morse il labbro a vederlo serrare gli occhi e portarci le mani davanti, la luce lo feriva.
Si era sbagliata.
L'interruttore non era una comodità per i carcerieri, era un'ulteriore forma di tortura. Si soffermò per un istante ad ispezionarlo, mentre si avvicinava di un paio di passi.
Mio dio ma che gli aveva fatto May?? questo non era normale... era sicura che anche Simmons se lo avesse visto sarebbe stata d'accordo con lei.
Lui socchiuse gli occhi per poterla guardare, rimanendo seduto, aveva polsi e caviglie legati perciò non era prudente alzarsi, e poi era quasi certo che lei non volesse che le si avvicinasse.
L'aveva riconosciuta non appena si era aperta la porta, nonostante la luce alle spalle avrebbe riconosciuto il profilo del suo corpo e la sua postura ovunque. Solo pensare al suo viso riusciva a fargli mantenere la sanità mentale lì dentro, nonostante non riusciva quasi più a ricordarsela sorridente. Nella sua mente continuava a vederla solo con le lacrime agli occhi che gli urlava quanto le faceva schifo. Eppure era sufficiente.
“non ci credo che sei venuta” esalò. Non era riuscito ad impedirsi di farlo.
Skye era stato troppo presa a dare ordini al suo corpo su come si respirava e come si pompava il sangue nelle arterie per pensare a qualcosa da dire, fino a quel momento, così sentì la sua voce che diceva
“noto che la laringe ti è guarita, puoi di nuovo dire bugie” gelo. La sua bocca parlava da sola. Dio mio ma come si poteva essere tanto crudeli? Eppure era esattamente questa la prima cosa che gli aveva detto dopo sei mesi. Si maledisse mentalmente. Aveva fatto male a venire. Era ancora troppo arrabbiata con lui.
O forse no... a giudicare dal male che sentiva quando vide il dolore nei suoi occhi che si abbassavano. “dovevo vederti” si affrettò ad aggiungere in un sussurro.
Lui le donò un'occhiata con quell'aria da cucciolo bastonato che aveva imparato ad amare l'anno prima, come a chiederle se parlava sul serio.
Con uno sforzo mostruoso Skye andò a sedersi accanto a lui sulla branda. Il suo corpo era tutta una lotta. Si chiedeva se fosse davvero possibile sentire contemporaneamente, sedendogli accanto, l'impulso di abbracciarlo e la repulsione all'idea di sfiorarlo anche solo con un dito.
“so che... May viene qui” sussurrò indugiando con l'indice sul profilo delle sue manette, stando bene attenta ad evitare la pelle delle mani
“queste me le leva...” rispose lui facendo cenno ai suoi polsi “non è una vigliacca” era incredibile che parlasse della persona che andava a pestarlo ogni giorno. “ma io non mi difendo lo stesso....” aggiunse in un sussurro evitando il suo sguardo. Skye serrò le labbra in una linea sottile per trattenere le lacrime. Si chiese se peccati come i suoi si potessero davvero espiare, un giorno.
“come mai... sei venuta?” le chiese Ward tornando a guardarla, da un lato temeva profondamente quella domanda.
Skye distolse gli occhi dai suoi e li poggiò sulle sue scarpe per avere qualcosa da guadare
“ieri ero in missione e un grosso tipo mi ha afferrato alle spalle” buttò lì, lo sentì irrigidirsi anche se non si stavano toccando “il mio corpo si è mosso in automatico, l'ho steso.... con la combinazione di mosse che mi hai insegnato tu” aveva soffiato fuori queste ultime parole quasi provasse dolore a dirle.
Ci fu un lungo silenzio. Ward non era sicuro come fosse il caso di commentare quelle parole. Skye si alzò in piedi e si voltò a guardarlo solo dopo essersi allontanata di un passo. Lui la seguì in piedi di riflesso, barcollando per via delle manette alle caviglie. “volevo dirti...” iniziò lei “volevo solo che sapessi... che a prescindere da tutto, il Grant Ward che avevo conosciuto, anche se in realtà non esisteva, ha rappresentato una figura importante per me” tirò su col naso senza ritegno “che mi ha aiutata a crescere, che mi ha resa migliore, più forte” fece una pausa per tentare di non far tremare troppo la voce “e per questo.... ti ringrazio” gli voltò le spalle. Non voleva andarsene, voleva solo che lui non la vedesse piangere, ma Ward pensò che stesse per correre via e colmò la distanza tra loro più velocemente di quanto poté e le afferrò il polso
“aspetta!” gridò quasi. Skye sentì tutto il corpo percorso come da una scarica elettrica. Aveva temuto che, come sei mesi prima, il contatto con la sua pelle le avrebbe provocato disgusto ma non fu così.
Si voltò a guardarlo ma lui non disse nulla. E cosa avrebbe potuto dirle dopo tutto? -mi dispiace?- suonava davvero ridicolo. E lei invece era stata così brava... la lasciò andare e buttò fuori l'aria sconfitto.
“perché... perché sono due giorni che May non viene?” le chiese detestandosi per la sua vigliaccheria. Skye evitò il suo sguardo... tutto lì ciò che aveva da dirle dopo le sue parole?? ebbe quasi la tentazione di mentirgli, così giusto per fargli del male. Ma poi pensò che lei non voleva essere come lui... che mentiva, non voleva essere come May, che gli faceva del male, voleva essere sé stessa. E la Skye che voleva essere aveva smesso di tenere le cose nascoste alle persone a cui teneva.
“Fitz si è svegliato...” disse godendosi per un attimo la sua espressione di puro sollievo, che ingentilì quei lineamenti sfigurati e gli ridonò un po' della loro bellezza “da due giorni” aggiunse “non può parlare, almeno per ora... pare per lo shock” si affrettò a dire, e osservando il sorriso che si era dipinto sul viso di Ward spegnersi lentamente.
“grazie...” sillabò l'uomo quasi senza forze. Doveva, doveva dirle qualcosa “e... scusa.... scusa se ti ho fatto del male”
Skye rimase per un attimo interdetta. Scusa SE le aveva fatto del male? SE????? e poi a lei? Dopo tutto quello che aveva fatto le domandava scusa se PER CASO avesse fatto del male a lei?? l'ultima arrivata??
non che non avesse peso il suo dolore, anzi, però era assurdo! Avevo tradito! Aveva ucciso delle persone! Persone con cui aveva preso il caffè fino a poco prima uccise a sangue freddo per.... per cosa!!? Di colpo le rivenne tutta la bile su come un fiume in piena
“se mi hai fatto del male Ward?” chiese con un sibilo esterrefatto “ma cosa conta il mio dolore rispetto a tutto quello di cui ti sei macchiato??” gli vomitò addosso i suoi pensieri “di quello che hai fatto a tutti noi!?” Grant alzò gli occhi al soffitto
“è ovvio che mi riferissi a tutti voi, io....” ma lei lo interruppe
“no Ward tu non hai capito niente! Tu hai ucciso delle persone che si fidavano di te! Hai assecondato le fantasie di un pazzo, hai tradito l'organizzazione che ti aveva dato tutto! Che ti aveva reso quello che eri!” ora stava urlando. Non era perché era uscito fuori che fosse dell'HYDRA. Probabilmente le sarebbe stato più semplice perdonarlo se lui fosse stato sempre un membro di HYDRA, alla luce del sole, e le fosse capitato di incrociarlo in qualche missione. Ma il tradimento globale che aveva fatto, per metà della sua vita, con loro, che lo avevano amato come la famiglia che non aveva mai avuto... non riusciva a venirne a capo. Era mostruoso!
“è stato Garreth!” la interruppe Ward alzando anche lui la voce “lui! Non lo S.H.I.E.LD. a rendermi quello che ero! Posso pentirmi di avervi ferito, di avervi fatto del male, ma non del motivo che mi ha spinto a farlo!” trasse un sospiro, la lunga immobilità gli aveva levato le forze e per le urla il labbro aveva ripreso a sanguinare “riconoscenza....”. Adesso Skye non gli staccava gli occhi da dosso, la voglia di piangere era passata, lasciando il posto solo a una gran rabbia. Stava per vomitargli addosso che ciò che Garreth aveva fatto di lui era un uomo meschino, ma lui la precedette “troppo tardi mi sono reso conto che era completamente pazzo, che non c'era nessun fine superiore ma solo egoismo, solo paura di morire” abbassò lo sguardo sulla mano di lei, nonostante tutto non riusciva a reprimere il desiderio di avere di nuovo un contatto con lei. Era quasi comico se pensava a quanto la disprezzava e la trovava insopportabile all'inizio. “ho capito troppo tardi che non mi aveva reso un uomo” continuò “ma solo un pupazzo nelle sue mani” la guardò di nuovo in viso, ora c'era quasi supplica nei suoi occhi, e Skye si sentì morire dentro “Skye, l'ultima volta che ho visto Coulson mi ha detto di pensare a chi fossi davvero, senza Garreth.... e la verità, è che non lo so... probabilmente non sono nessuno” distolse lo sguardo di lato, vergognandosi ora “sono solo un guscio vuoto”
Skye si sentiva stordita da troppe emozioni tutte insieme. Si ritrovò a poggiare le mani sui suoi fianchi e non ricordava di aver deciso di farlo. Lui non la guardava ma lo sentì rabbrividire quando inavvertitamente il contatto fece sì che un dito scivolasse sotto la maglietta a sfiorargli la pelle
“Ward... io non mi fido di te” sussurrò “ma volendo fingere di credere a quello che hai appena detto, ecco cosa penso” lui si volto verso di lei, gli era così vicina, si sorprese quasi di quanto dovette chinare la testa per guardarla negli occhi, era così piccola, eppure.... “un guscio vuoto non prova dolore, né sollievo, né... riconoscenza” sputò fuori quest'ultima parola, dato che era un sentimento che lui aveva riservato a Garreth “quindi credo che tu debba riflettere ancora... su di te” concluse allontanandosi da lui, questa volta in modo netto.
Aveva voglia di vomitare. “ora devo andare” disse dopo qualche istante in cui attese per vedere se lui avesse qualcosa da dire. Si voltò e afferrò la maniglia per chiudersi la porta alle spalle, ben intenzionata a non salutare. Si era già esposta fin troppo, e il piccolo tarlo del risentimento, che le rodeva il cervello da sei mesi, non faceva che ripeterle quanto dovesse essere parsa ridicola se lui davvero stava mentendo poco prima.
“Skye aspetta...” la richiamò lui a voce bassa, anche se l'urgenza del tono tradiva quanto temesse fosse l'ultima occasione per parlarle. A malincuore la ragazza si voltò sulla soglia “ti prego, dì a FitzSimmons che quando ho premuto il bottone volevo salvarli, che la capsula non sarebbe dovuta affondare, è la verità! Te lo giuro... te lo giuro su...” ma si rese conto che non c'era niente su cui potesse giurare al quale lei avrebbe creduto fermamente, neanche sul suo amore per lei, non credeva neanche a quello, così si morse la lingua “fa solo questo per me, ti prego.” aggiunse. Ma Skye, colpita da un momento di cattiveria perché lui non aveva trovato neanche una cosa nel loro passato che considerasse abbastanza vera da giurarci su, chiuse la porta dietro di sé senza rispondere. Senza promettere nulla.
Il corridoio era deserto. Skye si accosciò seduta dietro la porta, e finalmente si abbandonò alle lacrime.
 
 
Base segreta di Fury, laboratori
 
Simmons chiuse con un rapido gesto della mano sul touchscreen del tablet la finestra video, proprio sulla scena di un gruppo di medici sgangherati che si dimenava al ritmo di “Bye Bye Bye” degli N' Sync*, era la terza volta che riguardava quella puntata e ancora non smetteva di ridere, quel telefilm era un vero spasso, Trip e Skye avevano ragione! Ma ora doveva lavorare.
La porta automatica del laboratorio si aprì, alla lettura del suo tesserino, e lei poté ammirare la figura di Fitz che scriveva sopra un blocco e alternatamente smanettava sull'immenso schermo tridimensionale del simulatore, aprendo in diverse sezioni il cannone al plasma con cui Coulson aveva definitivamente mandato Garreth al creatore. Quanto era meraviglioso trovarlo lì!
Lui alzò lo sguardo e le sorrise nel vederla
“ciao!” lo saluto Jemma avvicinandosi con una busta in mano “tadan!” aggiunse porgendogliela una volta che gli fu davanti. Fitz fece un'espressione curiosa e estrasse dalla busta un incarto di stagnola contenente un panino. Il suo viso si illuminò, afferrò il tablet e digitò alla velocità della luce
=prosciutto, mozzarella di bufala, pesto e salsa al prezzemolo?=
“il tuo preferito” sorrise Simmons. Fitz, non riuscendo a scrivere abbastanza velocemente quanto fosse contento di mangiare cibo decente dopo giorni di sondino naso-grastrico, le schioccò un bacio sulla guancia, sorridendo nel vederla arrossire un po'. Che si stesse muovendo qualcosa? Eppure non riusciva a togliersi la sensazione che tra lei e Tripplett fosse successo qualcosa.
“bhe mangia forza! Devi rimetterti! Quanto sei dimagrito?” lo incalzò Jemma, Fitz gli mostrò sette dita e poi addentò il panino. In effetti aveva una gran fame.
Ma si sa tra loro le pause dal lavoro erano assai brevi
“come procede?” gli chiese infatti Simmons dopo qualche secondo, guardando la grossa riproduzione in 3D davanti a lei, avevano ricevuto un quintale di materiale da Skye, proveniente dall'archivio armamenti della ghiacciaia, e mentre lei stava vagliando tutte le armi batteriologiche più raccapriccianti concepite da mente umana, che lo S.H.I.E.L.D. aveva messo sotto chiave, Fitz si stava dedicando a quelle vere e proprie. Il ragazzo riprese il tablet e digitò con una mano tenendolo in equilibrio sul ginocchio
=bene! Credo che con un po' di accorgimenti potrei farlo diventare tascabile=
“ma è straordinario!”
=e tu invece?=
“sto cercando una specie di rimedio universale per quella robaccia, sono troppi, i nostri specialisti non possono girare con un arsenale di antidoti in iniettori automatici” sospirò “ma è difficile” Fitz parve rifletterci
=potresti sintetizzare un siero che invertisse il processo di duplicazione delle cellule estranee in generale= poggiò il panino per fare prima =invece di moltiplicarsi si smonterebbero, si potrebbero usare delle nano-macchine, se vuoi posso aiutarti io= Jemma si trattenne dal saltellare per l'eccitazione
“hai ragione!” esclamò, e poi gli afferrò la testa con entrambe le mani scuotendola avanti e indietro “Oh Fitz c'è il cervello più geniale del mondo qui dentro!” questa volta fu il turno del ragazzo di arrossire.
=appena ho finito qui ci mettiamo a lavoro= scrisse
“hai provato a ridurre il peso dell'alimentatore utilizzando polimeri al plasma?” Fitz la guardò manco avesse visto la madonna e digitò zittendola con una mano
=E' vero! Sono molto più leggeri!=
“disperdono bene il calore!”
=e trattengono meglio l'azione corrosiva degli acidi! Simmons sei un  genio=
incredibile ma vero, riuscivano a concludersi le frasi a vicenda anche così.
Jemma lasciò andare un sospiro di pura gioia, a volte non le sembrava ancora vero di averlo lì con lei di nuovo
“Fitz..” lo chiamò mentre lui si era già rimesso a scrivere sul blocco, lui la guardò “mi sei mancato” sussurrò Jemma quasi avesse paura di quelle parole “mi sei mancato da morire”.
Lui sorrise senza scrivere nulla, ma lei sapeva che il suo sguardo voleva dire -tranquilla, non ti lascio più da sola-
 
 
Base segreta di Fury, alloggio di Natasha
 
La rossa si lasciò cadere sul materasso che cigolò sotto al suo peso, le girava la testa per via della perdita di sangue e faticava a stare in piedi. Barton le si avvicinò brandendo uno straccio bagnato e strizzato, aveva lasciato il rubinetto del bagno aperto per lavare lo straccio e Natasha aveva l'impressione di sentire ormai solo il rumore dell'acqua scorrere. Che stesse per svenire? Bhè c'è una prima volta per tutto...
Solo quando il ragazzo le fu seduto accanto si accorse che gli stracci erano due, Barton le afferrò entrambe i polsi tirandoli avanti e vi appoggiò sopra uno dei due, era gelato, e poi prese a tamponarle la ferita alla tempia con l'altro. Natasha si trattenne dal sospirare di piacere. Quel freddo alle tempie e ai polsi era una manna, in più le aumentavano la pressione del sangue restituendole lucidità. Clint interpretò il suo irrigidirsi come dolore e si fermò
“scusa... non ha la mano delicata” le disse
“no, non è per... ti prego non fermarti” rispose Natasha chiudendo gli occhi.  Lui le poggiò l'altra mano sotto il mento per esporre la ferita alla luce e riprese il suo lavoro. Dopo aver lavato la ferita le premette lo straccio con maggior decisione sulla fronte per cercare di fermare l'emorragia e si alzò in piedi
“reggi qui” ordinò, andando poi in bagno a chiudere il rubinetto. La rossa lo osservò armeggiare con il piccolo armadietto dietro lo specchio che, a differenza di quello di qualsiasi altra donna, invece di trucchi e creme conteneva tutto il necessario per un primo soccorso.
Natasha si curava sempre da sola. A meno che non ci fosse Barton nei paraggi, ma era un “privilegio” che aveva concesso solo a lui, e dopo parecchio tempo. Tornò quasi immediatamente da lei, aveva in mano una piccola scatola d'acciaio che conteneva del filo da sutura e un ago ricurvo, sotto il coperchio era attaccata una luce ultravioletta a batteria che tra un intervento e l'altro doveva sterilizzare l'ago.
“posso sapere com'è successo?” le chiese mentre infilava il filo nella cruna. Lei gli rivolse un'occhiata del tipo -mi sembrava che ci fossi anche tu- “oh avanti...” la incalzò lui “non dirmi che uno di quei pivelli è riuscito a far sanguinare vedova nera.” Lei distolse lo sguardo. No ovviamente. Gli unici che fossero mai riusciti a infliggerle una ferita erano Hulk e Soldato D'inverno. Oltre allo stesso Barton ovviamente... ma si trattava di una Natasha in cui quella di ora non si riconosceva più, ed era merito dell'uomo che le era seduto davanti, e che le stava delicatamente scostando la mano con lo straccio dalla ferita.
“da sola...” disse secca “ho sbattuto a una scrivania per proteggere Skye” Barton sorrise poggiandole una mano sulla fronte
“della serie: solo Natasha Romanoff può ferire Natasha Romanoff!” scherzò facendo una voce che ricordava vagamente quella di Nick Fury. La donna sorrise appena “sei stata brava” concluse lui. Poi smise di parlare e si concentrò sul suo lavoro. Infilò l'ago affilatissimo nella pelle e iniziò a ricucire la ferita, con gli occhi di Natasha piantati addosso. Ora la stanza era immersa in un silenzio quasi irreale, a Barton ricordò le notti accampati in missione di qualche anno prima, dove passavano ore silenziose a rattopparsi a vicenda.
Al terzo punto, vide Natasha serrare gli occhi, anche se non emise un solo gemito né si mosse in altro modo, Clint capì di averle fatto male
“scusami...” le disse fermandosi un attimo, lei lo rassicurò con lo sguardo che andava tutto bene “sai..” aggiunse Clint ricominciando “sono quasi sicuro che l'agente pettirosso è molto più brava di me a mettere i punti” la canzonò
“se ti sei stufato Barton, basta dirlo” ribatté lei acida. Fingeva e lui lo sapeva bene, come lei sapeva che non si era affatto stufato. “lo sai che mi fido solo di te” aggiunse a due ottave di volume più basso.
“e tu lo sai che mi prenderò cura di te per sempre no?” ribatté lui con una naturalezza disarmante. Natasha abbassò gli occhi rilassando lo sguardo, e per il resto della medicazione nessuno dei due parlò più.
 
Quando ebbe finito, Barton contemplò per un attimo il suo lavoro soddisfatto. Proprio un punto pulito, se avesse continuato a studiare, sicuro avrebbe fatto il medico al pronto-soccorso, si sentiva portato, aveva mano ferma e un gran sangue freddo. Sorrise e si alzò per andare a gettare lo straccio bagnato di sangue nel lavandino mentre Natasha si liberava anche di quello sui polsi, si sentiva davvero meglio. Osservò il ragazzo che strofinava lo straccio con la saponetta per lavare via il sangue, percorse con lo sguardo tutta la sua figura ancora fasciata nella divisa da combattimento, non era passato neanche a togliersela, l'aveva direttamente seguita nel suo alloggio per medicarla.
Indugiò sulla linea della sua schiena, che si incurvava perfetta sotto il latex della divisa, fino in fondo. Come spesso succedeva quando lo guardava troppo a lungo, e spesso e volentieri quando uscivano vivi da una missione, le venne una gran voglia di....
Clint tornò verso il letto e lei si alzò in piedi
“adesso riposa Nat, ci vediamo domani” le disse facendo per girarsi, ma lei lo afferrò per la cintura dei pantaloni e lo voltò con forza verso di sé mandando i loro bacini a sbattere uno contro l'altro e guardandolo, con il naso a un millimetro di distanza dal suo, in maniera inequivocabile.
“whoa! Nat!” disse lui bloccandola per la vita “andiamoci piano..” ghignò, l'aveva desiderata da impazzire, e ora eccola che dopo mesi (un anno?) lo voleva di nuovo (è proprio vero che il pericolo è eccitante, lo aveva avuto a disposizione in giro per casa per due anni, avrebbe potuto fotterlo quando le pareva e invece niente. E ora che fino a un minuto fa barcollava per la perdita di sangue lo guardava con una faccia da “saltami addosso!” ma in fondo lo sapeva qual'era il motivo. Ora era tornato sé stesso, quella pallida imitazione di uomo che era stato per due anni non era lui, ed era solo lui che Nat voleva.) Però lei era troppo debole, non poteva approfittarsene, stava per svenire non più di dieci minuti prima!
“Nat...” le disse “non siamo più in posti come Caracas**... possiamo aspettare che tu stia meglio”
“io non voglio aspettare” fu la secca risposta. Poi Natasha si avventò sulle sue labbra e lo coinvolse in un bacio che gli tolse la capacità di ragionare
 
-probabilmente la eccita mischiare il piacere con il dolore delle ferite- pensò Barton prima di stenderla sul letto e perdersi completamente dentro di lei.
 
 
 
 
Note dell'autrice: innanzi tutto mi scuso per la sicura sequela di idiozie scientifiche che ho scritto nella parte con FitzSimmons, poi, le note:
*celebre puntata della serie TV “Scrubs”
** Caracas è venuta fuori da una conversazione post capitolo con Elenika_MM. Un piccolo omaggio ^^
 
infine... il cap lo avevo immaginato più lungo e infatti ho già della roba scritta, ma qui non volevo togliere troppo l'attenzione dallo spezzone tra Ward e Skye al quale insospettabilmente, dato il mio astio per lo specialista, tengo molto (e so già che Lilian Potter in Malfoy questa volta mi ammazza). In particolare sono affezionata alla frase di ringraziamento che Skye dice a Ward, perché una frase che io stessa ho detto davvero a una persona a cui tenevo e che mi ha deluso, quindi fatemi sapere che ne pensate! Baci baci
 

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Capitolo 8
*** cap 8 ***


~~Base segreta di Fury, corridoio del secondo piano, il giorno dopo

“Clint ripeto, non è che non sono d’accordo” disse per la centesima volta Skye mentre se ne stava rannicchiata insieme a Barton dietro il bancone della sala comune “ma dimmi di nuovo perché se lo merita” aggiunse. Dopo la devastante gita alle celle di detenzione era stata presa da un incontenibile voglia di frivolezze, quindi dopo essersi risparata in una notte tutto il meglio delle puntate di Scrubs, aver fotografato Fitz con indosso una mantella rosa shocking mentre Simmons gli tagliava i capelli, e aver dato fondo insieme a Coulson (buffo anche lui soffriva d’insonnia ultimamente) alla riserva di biscotti oreo della base, ora le era sembrato quasi logico accettare, quando Barton le si era presentato davanti proponendole di fare uno scherzetto a Steve Rogers.
Ora che lo avevano seguito fino in sala comune dalla palestra però non ne era più tanto sicura, a giudicare dalla brutta fine che aveva fatto il sacco da boxe, quel tipo era più incazzoso di quanto sembrava!
“te l’ho già detto” sbuffò Clint a denti stretti “mi ha sfottuto per il mio problema di alcolismo!” non c’entrava nulla l’infelice battuta di Steve sulla bottiglia, e lo sapeva. Il fatto è che adorava tormentarlo punto e basta.
“ok ok… allora si è addormentato o no?” ribatté Skye arrischiandosi a sbirciare da dietro il loro nascondiglio. Steve se ne stava sbracato sul divano proprio di fronte a loro, era talmente lungo che le gambe gli penzolavano fuori oltre il bracciolo, aveva una mano abbandonata di lato che quasi sfiorava il pavimento e un'altra poggiata sul petto, che si alzava e si abbassava al ritmo lento e regolare del sonno. Come ogni volta che andava in palestra si era allenato fino a sfinirsi,  per potersi concedere qualche ora di risposo senza che Bucky/Soldato d’inverno andasse a tormentarlo in sogno tipo fantasma di Canterville.
“è completamente ko” si rispose da sola la ragazza scivolando di nuovo sui talloni, Barton ghignò
“bene ecco cosa faremo” le disse a bassa voce mentre lei gli sorrideva (tutta quella cospirazione era elettrizzante e stava cominciando a divertirsi) “so per certo che non si sveglierà se ci avviciniamo, non è il primo scherzo che gli combino e ti assicuro che dorme come un morto” premise “tu gli spruzzerai un bel po’ di questa roba nel palmo della mano” spiegò mostrandole una bottiglietta pressurizzata rosa di dubbia provenienza “un sacco, mi raccomando, poi vieni dietro la spalliera del divano vicino a me, e io gli strofino le piume della freccia sul naso finché non si schiaffa tutto in faccia, e noi scappiamo via come il vento” concluse con una serietà disarmante
“e che sarebbe questa roba di grazia? Se è corrosiva mi rifiuto” chiese Skye tremando per non ridere
“è la schiuma per schiarire i peli del viso di Maria Hill, non chiedermi come l’ho presa” rispose tranquillamente e poi leggendo dall’etichetta aggiunse “se i baffi sono il tuo problema con il nostro prodotto li rendi invisibili velocemente e rispettando la pelle!” Skye questa volta dovette infilarsi l’intero pugno in bocca per non scoppiare a ridere e rovinare tutto, quell’uomo era diabolico!
“ma..senti..” biascicò cercando di riprendersi “che facciamo se non riusciamo a svignarcela in tempo?”
“Tranquilla anche fosse non toccherebbe mai una donna, al massimo sbatterebbe me come un tappeto” rifletté Barton valutando quanti reali danni avrebbe potuto procurargli un Capitan America fuori dai gangheri
“oddio, preferirei che non succedesse!” esclamò Skye
“se un angelo a preoccuparti per me dolcezza, ma corro abbastanza veloce” concluse Barton “allora andiamo o no?”

Silenziosamente si mossero andando ad acquattarsi dietro la spalliera del divano, poi Skye, tremando per l’eccitazione e le risate trattenute, si avvicinò alla mano penzolante di Steve e dopo aver agitato la bomboletta spruzzò una generosissima porzione di schiuma sul palmo. La ragazza trattenne il fiato, ma come previsto da Clint, nonostante il rumore dello spray l’ignara vittima non fece una piega.
Una volta che Skye fu al sicuro dietro al divano Barton si sporse impugnando una delle sue frecce dal lato della punta e, leggerissimamente, cominciò ad accarezzare il profilo di Capitan America con le piume. Sulle prime quello si limitò a stropicciare il naso e ad emettere dei brontolii per il disturbo, ma poi al quarto tentativo il prurito doveva essere diventato insostenibile, perché nel dormiveglia mosse la mano piena di schiuma e andò a spalmarsela dritta in faccia come previsto!
Allo SQUOSHHH rumoroso, e alla sorpresa imprecazione di Cap che ne seguì, Barton e Skye filarono via ridendo come matti. Steve ringhiò rendendosi conto di quello che era successo e partì all’inseguimento
“MALEDIZIONE CLINT E CRESCI UN PO’!!!” gli gridò
Svoltato il primo angolo dopo la porta della sala comune Barton (visto che tirava una brutta aria dato che Steve li stava già seguendo) afferrò Skye per la vita, scoccò una freccia-rampino attorno alle travi del soffitto e fece scattare la carrucola tirando su il peso di entrambe. Quando un istante dopo Steve sfrecciò nel corridoio sotto di loro ancora con la faccia coperta di schiuma, Clint era già aggrappato alle travi con le ascelle e con le gambe, a meno di un metro dal soffitto*. Fece un maligno sorriso di vittoria a Skye seduta sulla sua pancia
“pericolo scampato” soffiò a dentro stretti
“quando lo rifacciamo?” esclamò Skye ridendo.

 

Base segreta di Fury, sala riunioni

Alcune ore dopo tutti i componenti della squadra stavano raccolti intorno al grosso proiettore 3D che dominava la sala riunioni, per il solito breefing settimanale.
“dunque… cominciamo la riunione” esordì Coulson gettando un’occhiata perplessa prima a Skye, che sembrava stesse per collassare tanto tremava per non ridere, e poi a Steve che sfoggiava, guardando dritto davanti a sé con espressione omicida, un bel paio di sopracciglia biondo platino. “il materiale recuperato alla ghiacciaia è in fase di elaborazione” continuò facendo spallucce “gli agenti Fitz e Simmons se ne stanno occupando, nel frattempo l'agente Hill si è messa in contatto con me” a sentir nominare Maria Hill Skye dovette appoggiarsi a Clint per non cadere per terra, e anche lui ebbe qualche difficoltà a rimanere serio
“piantala!” le soffiò a denti stretti.
“come dicevo” riprese Phil stavolta scoccandole un'occhiataccia “L'agente Hill è riuscita a scoprire che una piccola cellula HYDRA sta tutt'ora trattenendo, contro la propria volontà, diversi specialisti informatici in un ex struttura S.H.I.E.L.D.” a sentir nominare l'HYDRA tutti si fecero di colpo più seri, Coulson fece scorrere la mano sul palmare portando la mappa che aveva lui direttamente davanti agli occhi di tutti sul proiettore in 3D “il posto è questo” aggiunse indicando un punto incuneato tra due montagne nel fitto reticolo rosso della griglia geofisica
“non si vede alcuna struttura...” osservò May facendo scattare lo sguardo su Coulson, fu Simmons a rispondere
“la base è situata sotto il laghetto artificiale, ha un punto d'accesso molto stretto proprio dietro le rapide” disse armeggiando col suo computer. L'immagine venne zoomata e ora era ben visibile un piccolo specchio d'acqua in lieve pendenza, con una breve discesetta al centro che formava delle rapide adatte al rafting di un corso principianti “abbiamo rilevato un'intensa attività dei ripetitori wi-fi satellitari in quella zona, un po’ troppa per un'area disabitata di montagna”
=a meno che gli orsi non si siano dati al poker on-line!= stava mostrando Fitz sul suo tablet. Natasha voltò la testa di lato per non farsi vedere sorridere
“come sappiamo che quei tizi sono lì contro la loro volontà?” fu Trip a fare la domanda “potrebbero essere anche loro membri dell'HYDRA” Coulson abbassò gli occhi
“perché è stato proprio uno di quei ragazzi a inviare alla StarkTower** la richiesta di aiuto, poco dopo l'agente Hill ha ricevuto questo” rispose agitando di nuovo la mano e facendo apparire, a schermo intero, le immagini prese probabilmente dalla telecamera di un vecchio modello di cellulare.
Nel video un ragazzino di una ventina d'anni (forse) veniva trascinato al centro di una grossa sala computer e spinto a terra in ginocchio, si vedeva che il tutto veniva ripreso di nascosto perché l'inquadratura era lontana e l'audio molto disturbato, eppure si sentiva piuttosto chiaramente il tipo vestito di nero, che aveva spinto il ragazzo a terra, urlare che la sua idiozia doveva essere d'esempio per tutti e che se qualcun'altro si azzardava solo a pensare di comunicare con l'esterno gli sarebbe accaduto anche di peggio. Il colpo di pistola che seguì, dritto alla nuca del ragazzo, fece sobbalzare Skye e voltare di scatto il viso di Jemma contro la spalla di Fitz.
Il video si concludeva con un piccolo pezzo di carta che veniva portato davanti all'obbiettivo. La scritta -aiuto- in inchiostro verde rimase come fermo-immagine finché Phil non spense il proiettore.
“dobbiamo fare qualcosa” fu May a spezzare il silenzio
“anche perché quelli del dipartimento informatico li reclutano quasi tutti nei licei, sono dei bambini!” intervenne Simmons con voce apprensiva
“e lo faremo” ribatté Coulson “ma non tutti, abbiamo diverse priorità” aggiunse “il Capitano Rogers sarà il responsabile di questa missione, si è già occupato di salvataggi di massa in passato ed è il più indicato” disse rivolgendosi direttamente a Steve che annuì in maniera risoluta “Tripplett e May andrete con lui, May prendi il BUS, Fitz l'ha già reso operativo”
“cazzo, speravo che lo dicesse signore! Non vedo l'ora di piazzare una pallottola in mezzo agli occhi del bastardo che ha sparato a quel ragazzo!” esclamò Tripplett mentre May rivolgeva un segno d'assenso a Coulson e un muto sorriso di ringraziamento a Fitz, era mancato più di quanto lei fosse pronta ad ammettere!
“io e i FitzSimmons invece andremo all'HUB” riprese Phil “dobbiamo tentare di capire se Fitz riprenderà l'uso della parola prima o poi, a quanto pare per le alte sfere governative non è sufficiente che abbia rimesso in piedi un aereo cargo in 3 giorni per ritenerlo tanto indispensabile da farlo restare anche menomato” spiegò con ironica irritazione nella voce. Il ragazzo si passò una mano sul collo in difficoltà e Simmons gli strinse forte l'altra sorridendogli.
“quanto a te Skye, voglio che supervisioni da qui entrambe le missioni via web e ci procuri qualche codice d'accesso se necessario, sarai i nostri occhi” concluse il direttore. La ragazza annuì forte, sempre fiera quando Coulson le dava così tanta fiducia.
“hem scusi signore” intervenne Clint quando notò che Coulson stava apprestandosi a chiudere la riunione “e noi due?” chiese facendo cenno a Natasha e lui. Phil cominciava a detestare la formalità con la quale Barton gli si rivolgeva in pubblico per poi ignorarlo deliberatamente per il resto del tempo, ma decise di soprassedere
“tu e l'agente Romanoff resterete qui” rispose “nell'eventualità che anche questo posto venga scoperto rappresenterete l'unica difesa per tutti gli agenti non operativi che contiene, nonché per le informazioni vitali che vi sono custodite” spiegò, poi fece per andarsene
“cos.. nell'eventualità???” Clint lo bloccò trattenendolo per il braccio “signore questo posto è in mezzo al niente, ritengo molto improbabile che venga scoperto nelle prossime 24 ore, credo che la nostra presenza..”
“anche io ritenevo molto improbabile che il 70% degli agenti con cui ero solito prendere il caffè alla base centrale fossero in realtà missionari di una società filonazista che si credeva estinta” lo interruppe bruscamente Coulson “eppure” aggiunse allargando le braccia come a dire -vedi in che situazione ci troviamo-
“ma!” tentò di nuovo Clint, ma l'uomo lo interruppe di nuovo
“niente ma agente Barton, io sono il direttore, e questo è un ordine!” tagliò corto Phil strattonando via il braccio e allontanandosi. Clint ringhiò quasi, Natasha gli si avvicinò poggiandogli una mano sul braccio, lui la guardò e lei lo pilotò fuori dalla sala riunioni.

“sai bene che non ti affiderebbe una base intera se non si fidasse di te” lo apostrofò appena non furono più a portata di orecchio di nessun'altro
“lo so maledizione!” rispose lui poggiandosi con la schiena al muro sbuffando “ma detesto stare con le mani in mano! Hai visto anche tu cosa fanno lì dentro! Io sono un operativo, uno specialista, non un babysitter!” Natasha gli sorrise con un'ombra di dolcezza negli occhi
“avrai la tua occasione, specialista” lo canzonò. Clint sospirò recuperando un po’ di calma, quando gli sorrideva in quella maniera non era davvero capace di restare arrabbiato
“è solo che mi sentirei molto meglio se potessi piantare una freccia nel bulbo oculare di qualcuno di quei bastardi, non c'ero quando hanno distrutto tutto quello in cui credevamo” ammise
“lo so, Clint, lo so” il ragazzo sorrise tra sé, l'aveva chiamato per nome... ma stavolta non sembrava avercela con lui.

 


Base segreta di Fury, sala comune, notte

"ancora sveglio?" Tripplett tirò fuori la testa dal frigo e si trovò davanti Skye che sorrideva amabilmente
"non sono l'unico vedo.." commentò restituendo il sorriso mentre la ragazza si avvicinava per prendere anche lei una lattina di birra, piegando per un istante le sopracciglia in giù, in una smorfia triste. No che non era l'unico, decisamente da quando era stata a trovare Ward, anche se ostentava allegria e fancazzismo, non riusciva a chiudere gli occhi senza rivedere il suo volto tumefatto e provato.
La cosa non sfuggì a Antoine
"sei preoccupata?" tentò
"...no... no, non sono preoccupata" rispose con un piccolo sorriso "AC non metterebbe mai in pericolo Fits e Simmons, e quanto a te... bhè ci sono addirittura Capitan America e La Cavalleria a pararti il sedere!" ghignò
"ah allora sarei io quello da proteggere!" replicò lui fintamente piccato "la tua fiducia nelle mie capacità mi riempie di legittimo orgoglio!" Skye scoppiò a ridere, poi i due si guardarono per un attimo in silenzio
"comunque no..." ribadì Skye "non sono preoccupata... è solo che..." non sapeva perché ne volesse parlare proprio con Trip "sono andata.... da Ward l'altro giorno" poté quasi vedere i muscoli di Tripplett che si irrigidivano "e diciamo che non mi sono ancora ripresa" concluse.
Skye immaginò che a quel punto Tripplett si sarebbe infuriato facendole una predica su quanto gente come Ward non meritasse niente di più della sedia elettrica, e invece lui la stupì rilasciando un sospiro sconsolato e soffiar fuori un
"ti capisco" quasi sussurrato. Buttò giù una lunga sorsata di birra e continuò "e non ti invidio affatto.....mi sento davvero fortunato per il fatto che Garreth non sia più da nessuna parte ormai, se fosse ancora vivo, rinchiuso chissà dove, probabilmente anche io avrei voglia, bisogno, di vederlo... parlarci.... chiedergli -perchè- forse" Skye si scoprì a dargli una leggera stretta al braccio
"bhe comunque..." ribatté "vederlo non ha fatto che peggiorare le cose per me, che farmi soffrire ancora di più, non ti sei perso nulla giuro" bevve anche lei, a lungo, tenendo la lattina quasi in verticale sopra le labbra. Cominciava a capire perché Clint avesse cominciato la sua tormentata relazione con la bottiglia. In quel momento si sentì allontanare la lattina dalla bocca. Guardò Trip che gliel'aveva presa, con delicata fermezza
"non farlo, non ne vale la pena Skye" le disse. La ragazza fece un sorriso amaro
"sei davvero perfetto lo sai?" lo schernì, non capendo bene perché se la prendesse con lui
"no, non credo" rispose lui smettendo di guardarla "non avrei voluto essere neanche nei panni di Ward, sai?"
"ma che dici Trip, tu c'eri! Garreth era il tuo AS! Eppure tu non sei diventato di HYDRA!" esclamò Skye scandalizzata che lui lo stesse.... difendendo?
"Garreth non me ne aveva mai neanche fatto cenno.." ribatté lui "e sai perché? Perché sapeva che non avrei accettato, e sai perché lo sapeva?" la incalzò accalorandosi "perché io non ero disperato, io avevo una scelta, e un codice morale che i miei genitori mi hanno tramandato" Skye si fissò sulle sue mani intrecciate, cominciava a capire dove volesse andare a parare "Skye, te lo confesso davvero con la massima sincerità... se fossi stato anch'io come Ward, non so che avrei fatto" la ragazza lo fissò interdetta per qualche secondo, un'arringa difensiva di Ward da parte di Tripplett proprio non se l'aspettava! Doveva forse perdonarlo quindi? Ciò che era accaduto, dati i suoi tristi trascorsi poteva essere considerato perdonabile? Sbuffò mentre una nuova ondata di rabbia, insieme al ricordo dei mesi che Fitz aveva passato immobile nel letto e della tristezza sul viso di Simmons,si faceva di nuovo strada prepotentemente dentro di lei
"non penso che il triste passato sia una giustificazione" disse più a sé stessa che all'uomo accanto a lei "io anche sono cresciuta senza una famiglia, a 16 anni sono scappata e ho vissuto per strada in un furgone insieme a Miles" raccontò anche se Trip non aveva alcuna idea di chi fosse Miles Lydon "è vero ho rubato informazioni a delle multinazionali creandogli dei danni, ma quando lui mi ha proposto di fare la terrorista informatica per soldi io l'ho lasciato!" si accalorò e si voltò dalla sua parte, e poi poggiandogli entrambe le mani ai lati del collo aggiunse "si ha sempre una scelta Antoine, sempre" Tripplett la guardò serio, pensò che Coulson aveva ragione quando diceva che aveva una forza particolare, una capacità di reagire che non si trova comunemente in giro, era stato sciocco preoccuparsi per lei poco fa. Aprì la bocca per dirglielo ma la voce di Natasha lo interruppe facendo girare sia lui che Skye verso la porta
"qualcuno ha visto il....oh scusate tanto non volevo interrompere... qualsiasi cosa stesse succedendo qui" disse con voce allusiva la donna facendo un gesto della mano che indicava l'insieme dei due sul divano. Skye parve rendersi conto solo in quel momento che gli stava quasi seduta sopra e scivolò rapidamente via completamente rossa in viso
"ti sei fatta un'idea sbagliata, stavamo parlando!" esclamò
"oh certo e io nella vita faccio la maestra d'asilo!" ribatté Natasha sollevando un angolo della bocca in un sorrisino ironico. Skye stava per rispondere qualcosa di poco educato ma Trip la interruppe rivolgendosi all'altra donna in tono affabile, perfettamente a suo agio
"ti serviva qualcosa agente Romanoff?"
"in effetti si" rispose lei deponendo momentaneamente i suoi intenti di far morire di pressione alta Skye "avete visto il tesserino di Steve? Se l'è perso e c'è una mitraglietta che lo tiene sotto tiro davanti al corridoio degli alloggi"

 

Isola di Dino, da qualche parte nel mar Tirreno

Ian Quinn accelerò il passo, non riuscendo a contenere l'eccitazione dopo la telefonata del suo capo-dipartimento. Erano pronti per fare un tentativo di estrazione dal gravitonium!
Arrivato davanti alla porta dell'ascensore prese un lungo sospiro e si sistemò i capelli, per nascondere i segni di una fretta indecorosa. Premette il bottone e con un jingle le porte dell'ascensore si spalancarono.
In pochi secondi fu proiettato diversi piani sottoterra e quando le porte si spalancarono, al posto della piccola baracca che nascondeva l'ascensore si trovò davanti un grande ambiente asettico, tutto d'acciaio e acrilico bianco, dove qualche decina di persone in camice si affaccendava intorno a vari tavoli da lavoro.
Quinn attraversò tutta la stanza, fermandosi solo a dare il passo a un paio di scienziati avvolti da tute anti-contaminazione, che poco dopo sparirono dietro una porta con su scritto =pericolo agenti infettanti=
"ebbene professor Tyst...?" esordì quando fu a pochi passi da un uomo alto e allampanato, con i capelli castani e lisci tirati in una curiosa riga da un parte un po’ anni '30, il pallore della sua pelle suggeriva i lunghi mesi passati al chiuso, nell'incessante lavoro. L'uomo, ben più giovane di quanto la sua posizione lasciasse supporre, sollevò lo sguardo e sorrise compiaciuto alla vista dell'altro
"Signor Quinn, aspettavamo solo lei" lo salutò "sono certo di riuscirci"
"lo spero bene dottore..." rispose Ian in un sorriso tirato "sono mesi che non fa che ripetermi che tenterà solo quando i calcoli risulteranno esatti" sottolineò come a dire che era stufo di aspettare.
"non rimarrà deluso" lo tranquillizzò Tyst, poi si diresse verso una specie di cannone, puntato a breve distanza dall'immane contenitore in cui si agitava (simile ad acciaio fuso) il gravitonium. Quinn lo seguì impaziente
"ora..." esordì lo scienziato in tono professionale "questo è un generatore di onde elettromagnetiche di polarità inversa a quella del gravitonium" spiegò gesticolando davanti al cannone "ciò che andremo a fare sarà bombardare il gravitonium con queste onde di modo da spingerlo a..."
"con tutto il rispetto... dottore" lo interruppe bruscamente Quinn sollevando una mano verso di lui "mi risparmi la lezione di scienze e metta in funzione quest'affare, credo che sia nel suo diretto interesse che io rimanga soddisfatto, piuttosto che annoiato" la poco velata minaccia parve più che altro indispettire lo scienziato che gli rivolse un'occhiata di sdegnata superiorità, tuttavia non ribatté
"molto bene..." disse con voce incolore passando, senza ulteriori discorsi, un paio di occhiali protettivi a Quinn, che li indossò con aria tronfia, sempre contento quando gli si presentava l'occasione di esercitare il suo potere su persone ben più dotate di lui, ma che erano in sua totale balìa.
Il professor Tyst fece cenno a due suoi collaboratori che si mossero e contemporaneamente sollevarono da entrambe i lati il coperchio del contenitore del gravitonium, che per l'occasione invece che verso l'alto volgeva verso il cannone, poi si posizionò dietro il pannello di controllo del generatore e senza una parola fece cenno al Quinn di stare indietro.
Premette un bottone.
Apparentemente, a parte un lieve rumore come di un diapason, non accadde nulla. Dopo qualche minuto Quinn fu tentato da sbottare al dottore che diavolo di problema ci fosse, solo l'espressione di quest'ultimo, fissamente puntato sul gravitonium come se stesse assistendo a uno spettacolo strabiliante che a lui era precluso, lo tratteneva.
Proprio quando cominciava a perdere le speranze che qualcosa effettivamente accadesse, una luce fortissima, che fece gridare di dolore un paio di persone dal lato opposto della stanza, al momento sprovviste di occhiali protettivi, si sprigionò da gravitonium. Sotto gli occhi esterrefatti di Quinn la massa argentea si contrasse su se stessa, quasi provasse dolore, poi parve colta da spasmi, come di natura emetica, e in un batter d'occhio espulse fuori qualcosa. Una massa grigio-bluastra si abbatté sul pavimento, in pochi istanti il gravitonium tornava ad uno stato di quiete.
Per un attimo il silenzio parve irreale, l'intero laboratorio era ammutolito, Quinn sembrava impossibilitato a serrare le mascelle, era quasi paralizzato dallo stupore, anche se quanto era avvenuto era esattamente ciò che desiderava.
Un attimo ancora e un confuso vociare e scalpiccio di passi si impossessò del laboratorio, tutti i presenti si accalcarono intorno alla figura completamente nuda di un uomo, rannicchiato sul pavimento e immerso in una sorta di viscoso liquido argenteo. Tremava appena a testimoniare che era vivo.
Ma i suoi lineamenti erano l'unica cosa che ricordava un essere umano. La sua pelle era livida, più di quella di un cadavere, era di un colore indefinito tra il grigio e il blu, e per tutto il suo corpo si aprivano come delle spaccature sulla superficie, esse si allargavano di più e si richiudevano appena, all'alternarsi dei suoi respiri affannosi, lasciando intravedere a intermittenza ciò che scorreva sotto la pelle dell'uomo, qualcosa di simile a lava incandescente. Quinn ebbe proprio questa immagine nella testa mentre lo osservava, la lava che si intravede nelle spaccature della crosta terrestre durante un'eruzione.
Il dottor Tyst si fece largo tra la folla con una flemma quasi irreale, e senza la minima esitazione si chinò sulla creatura umanoide afferrandogli un braccio, Quinn trattenne il respiro aspettandosi di vederlo vaporizzare all'istante, invece il contatto non parve causare alcun danno all'eccentrico professore (anche se dopo quanto appena visto Quinn stava prendendo appunto mentale di rivedere il suo concetto di eccentricità).
A sentirsi toccare la creatura alzò la testa e piantò gli occhi in faccia al dottore, l'iride era giallo intenso, e la pupilla non c'era proprio, al suo posto una serie di sottili cerchi concentrici neri si irraggiava dal centro dell'occhio fino al bordo esterno dell'iride. Fece un rantolo come se respirasse per la prima volta. Tyst gli strinse leggermente il braccio, Quinn notò che teneva qualcosa dietro la schiena, poi parlò per la prima volta dall'inizio dell'esperimento
"dottor Franklin Hall, bentornato tra noi.." disse in tono formale come se stesse salutando un qualsiasi suo pari a una conferenza scientifica. I presenti bisbigliavano riconoscendo vagamente i lineamenti del famoso scienziato (che si credeva ormai morto) nella creatura bluastra sul pavimento.

Hall ansimando diede sentore di riconoscere il suo nome, guardò interrogativo il dotto Tyst, come a chiedere cosa intendesse con "bentornato", aggirò lo sguardo sui presenti vedendoli ritrarsi impercettibilmente quando incrociava i loro occhi. Poi tirandosi appena più dritto si guardò alle spalle notando il gravitonium che ora fluttuava placido nel suo contenitore, Quinn notò Tyst intensificare la stretta sul braccio della creatura.
Il professore emise un rantolo di terrore mentre come un fiume in piena la sua mente veniva invasa dai ricordi di quanto era accaduto: la lastra di vetro temprato, il viso di Coulson contratto in una maschera di determinato terrore, la sua caduta nel gravitonium, il dolore, e tutto quanto di indescrivibile era avvenuto al suo interno. Si alzò in piedi di scatto ansimando in preda al panico, il dottor Tyst lo seguì in piedi, continuando a rimanere ancorato al suo braccio
"Cosa è successo!?" gridò Hall ansimando ancora più forte, Quinn e gli altri presenti si sentirono schiantare a terra da una forza inaudita, come se avessero di colpo una pressa idraulica sulla schiena che li comprimeva verso terra.
Urla invasero il laboratorio.
"COSA è SUCCESSO!!?" gridò più forte Hall mentre tutta la stanza cominciava a tremare e le cose  più leggere presenti si accartocciavano su sé stesse come fogli di carta. Quinn tentò di urlare dal dolore che sentiva, con la guancia schiacciata a terra e la testa pesantissima, ma l'aria gli venne risucchiata via dai polmoni, con la cosa dell'occhio vide il soffitto che si comprimeva come se Thor in persona lo stesse prendendo a martellate dall'esterno, un istante prima che gli esplodesse il cervello vide Tyst, che inspiegabilmente sembrava non subire quanto stava accadendo a tutti gli altri, conficcare una specie di iniettore automatico nel braccio di Hall che ancora teneva stretto in una morsa. Quasi contemporaneamente la creatura si accasciò di nuovo a terra e tutti gli effetti negativi della sua furia cieca si interruppero di colpo.
I polmoni di Quinn vennero di nuovo invasi dall'aria provocandogli quasi dolore, in un attimo poté alzarsi in piedi senza alcuna fatica se non un vago dolore articolare diffuso in tutto il corpo.
Ansimò pesantemente aggrappandosi al tavolo, per avanzare verso il professor Tyst, che osservava Hall, in un'apparente stato di incoscienza sul pavimento, con una calma quasi sovraumana.
"cosa... come..." balbettò mentre anche gli altri occupanti del laboratorio iniziavano a riprendersi
"come volevo spiegarle prima che mi interrompesse" lo gelò Tyst piantandogli gli occhi in faccia con aria saccente "ciò a cui ci troviamo davanti è molto pericoloso, non è un caso se quella roba si chiama gravitonium, volevo informarla che avevo ottimi motivi per supporre, e ora ne sono straordinariamente certo, che durante la sua permanenza nella sostanza il professor Hall abbia acquisito il potere.... di dominare la gravità" sentenziò con aria solenne.

 


Isola di Dino, laboratori sotterranei, alcune ore dopo.

Ian Quinn si vergognò quasi della titubanza che mostrava nel varcare la soglia di quella stanzetta. Eppure era innegabile che la "persona" che vi era dietro fosse terrificante, e con il potere di farlo diventare un tutt'uno con il pavimento senza neanche volerlo, era sufficiente che perdesse il controllo.
Ma Tyst gli aveva garantito che ora il professor Franklin Hall era più tranquillo, che avevano parlato a lungo e che era quasi certo che fosse in grado di controllare il mostruoso potere che gli scorreva in quelle vene di magma sotto la pelle.

-è il quasi che mi preoccupa- si trovò a pensare Quinn, poi fece un forte respiro ed entrò.

Si sforzò di fare un sorriso cordiale, nonostante l'immagine del dottore fosse a dir poco agghiacciante, nonostante la felpa blu con cappuccio e i pantaloni grigi della tuta gli conferissero una curiosa aria di normalità che faceva a cazzotti con le iridi concentriche e tutto il resto.
"professor Hall..." lo salutò porgendogli la mano "è davvero un piacere incontrarla di persona finalmente" l'uomo gli strinse la mano percependone il leggero tremore e ghignò
"vuol dire che sono più carino ora di quando ero un'increspatura informe sulla superficie del gravitonium? Gentile da parte sua" lo schernì e poi con voce più dura aggiunse "non finga di non aver paura di me Ian, la sua mano trema, la sua voce trema... anch'io avrei paura di me probabilmente" Quinn deglutì. Non era rimasto granché dell'uomo mite e geniale di cui gli avevano parlato, ci mise qualche secondo per accorgersi che era rimasto impalato sulla porta e che il dottor Tyst gli stava facendo eloquenti occhiate per dirgli di mettersi seduto. Mascherando l'imbarazzo in un colpo di tosse, si sedette impacciato alla scrivania dietro la quale il dottor Hall lo stava guardando con un espressione che forse si poteva dire di scherno
"suvvia non faccia così Ian, sembra uno scolaretto all'esame di scuola media, non la bacchetterò sulle mani e nemmeno le farò arrivare tutto il sangue alle dita dei piedi in un battito di ciglia, si rilassi" lo schernì "riesco a controllarmi magnificamente ora, prima ho avuto solo un momento di.... sorpresa!" e a sostegno delle sue affermazioni indicò un bicchiere di carta pieno d'acqua sulla sua scrivania. L'acqua si sollevò da dentro il bicchiere in una piccola massa dall'aspetto gelatinoso e si diresse verso Quinn, andando poi a depositarsi dolcemente nel bicchiere vuoto davanti all'uomo, che Tyst non aveva fatto in tempo a riempire "visto?" chiese sorridendo. Quinn si rilassò visibilmente e fece scattare una volta le sopracciglia verso l'alto in un gesto d'intesa.
"allora.." riprese Hall "il dottor Tyst mi ha raccontato quanto ti sei dato pensa per tirarmi fuori dalla mia prigione, mi chiedo... come vuoi che mi sdebiti per la mia ritrovata libertà?"
"è presto detto" rispose Quinn ripresa finalmente la calma, e con essa la sua innata sfacciataggine
"so che voleva che nessuno utilizzasse il gravitonium, per le sue enormi e distruttive possibilità, e sono felice di informarla che innumerevoli menti brillanti di cui mi sono avvalso concordano sul fatto che una materia simile non può essere maneggiata, figuriamoci padroneggiata.... eccezion fatta per lei, allo stato attuale" lo blandì, rivolgendogli però un'occhiata allusiva, il professor Hall sollevò un arco sopraccigliare invitandolo ad andare avanti "quindi professore, io ho delle idee... questo è ovvio... ma dipendo totalmente da lei per realizzarle, non posso accedere ai suoi poteri, solo lei può usarli per aiutarmi a realizzare i miei scopi, che spero diverranno anche i suoi" prese una pausa per dare enfasi a quanto sarebbe seguito
"quale sarebbe il suo scopo" lo incalzò l'uomo leggermente stufo di tutti quei preamboli, e a Quinn e Tyst per un attimo parve di essere in alta montagna con l'aria rarefatta
"io voglio... una guerra.... professore" rispose Ian fissando i suoi occhi celesti sul viso sovrannaturale davanti a lui "e non una guerra qualsiasi, una guerra della quale io, noi, decideremo l'andamento" Hall gli rivolse un'occhiata interrogativa "la gente non fa che osannare la libertà ma non è veramente questo quello che vuole" spiegò Quinn tirandosi indietro a poggiarsi allo schienale della sedia "la gente, vuole essere controllata, brama di essere indirizzata nelle proprie scelte, nelle proprie vite lavorative, persino su chi amare e chi detestare!" disse quest'ultima cosa in uno sbuffo di risata "la gente crede di volere la libertà ma più di ogni altra cosa teme l'incertezza che essere liberi di scegliere genera... noi gli daremo quello che vuole anche se non sa ancora di volerlo! Noi creeremo i presupposti per controllare CHI la gente odierà, come responsabili delle loro sofferenze, poi forniremo le armi, in segreto, ad entrambe le parti, a lungo! Di modo che vedano che li stiamo aiutando, di modo che si appoggino a noi per uscire dall'incubo, li proteggeremo anche, di tanto in tanto, finché non desidereranno altro che essere sotto la nostra ala e allora...." sorrise a Hall che lo guardava con aria imperscrutabile dall'altro lato del tavolo "allora noi schiacceremo la parte che meno ci conviene, vinceremo la guerra nel modo in cui ci farà più comodo e loro ci ameranno, perché li avremo salvati dall'incubo. Allora, affinché non succeda più, si lasceranno guidare verso una forma di  governo gestita da noi, coloro che li hanno salvati, saranno loro stessi a chiederci di farlo, a limitare la loro libertà in cambio della sicurezza, e noi li accontenteremo... questo è quello che voglio..........d'altronde" aggiunse sporgendosi di nuovo verso Hall "e lei dovrebbe capirmi bene dato ciò che le si agita dentro in questo momento, la cosa che più conta è il potere giusto?"

Tyst lasciò la stanza... pervaso dalla consapevolezza che l'uomo per cui lavorava era completamente pazzo, e non osando ascoltare cosa la creatura che una volta rispondeva al nome di Franklin Hall avrebbe risposto a quella proposta.

Hall sogghignò scuotendo leggermente la testa
"tutti uguali voi omuncoli... credete che il potere politico vi darà ciò che desiderate ma non avete la minima idea di cosa sia il potere" Quinn fremette, temendo per un attimo che l'avrebbe vaporizzato, tanto fu l'astio che sentì nella voce dell'uomo, ma quello parlò ancora "in ogni caso... tu mi hai tirato fuori di lì, e senza di te non avrei avuto modo di assaporare davvero questo potere di cui tu non capisci nulla...... non ho motivo di ostacolarti" aggiunse con aria di sufficienza dopo una breve pausa "ma non mi interessa nulla di quello che vuoi offrirmi, voglio solo una cosa da te" Ian raddrizzò la schiena, sorpresa da quella affermazione
"e cosa?"
"farò ciò che vuoi... in cambio desidero solo una cosa per adesso" i suoi occhi fiammeggianti di colpo divennero glaciali come quelli di un aspide "voglio che mi trovi un uomo che si chiama Phil Coulson... perché io devo ucciderlo, distruggerlo.... lui, e qualsiasi altra persona a cui tenga su questa terra!" il viso di Quinn si deformò in un sorriso violento
"affare fatto"





note dell'autrice: lo scherzetto che subisce Cap è pari pari quello che lo stesso Chris Evans fa alla Cosa nei panni della Torcia dei fantastici 4, chi la fa l'aspetti :)
L'aspetto e il carattere del personaggio del dottor Tyst sono un omaggio al dottor Sheldon Cooper di Big Bang Teory

e ora le note:
* da bambino Clint è stato cresciuto da un circo in cui faceva il trapezzista, quindi per lui robe del genere sono una passeggiata XD
** il video di aiuto, Maria Hill lo ha ricevuto alla StarkTower perchè, come si vede in "agent of shield" lei dopo lo smembramento dell'organizzazione si è fatta assumere da Tony Stark

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Capitolo 9
*** cap 9 ***


mi scuso per l'immane ritardo, ma il lavoro mi ha travolta! cercherò di aggiornare più regolarmente che posso!!!







~~Base segreta di Fury, palestra

Il BUS era decollato da qualche minuto quando Natasha raggiunse la palestra. Era deserta, gli agenti non operativi rimasti alla base probabilmente non sapevano neanche dell’esistenza di quel posto e Barton stava ancora borbottando per la decisione di Coulson di lasciarlo a casa e, come forma di dispetto, la stava tirando per le lunghe con la colazione, tanto da sembrare che si muovesse a rallentatore. Lei l’aveva trovato piuttosto irritante e se ne era andata ad allenarsi (in effetti neanche lei sopportava la sensazione di immobilità).
La palestra era costituita da uno stanzone rettangolare, posto nel piano più sotterraneo della base. Sulla destra si trovavano delle corsie formate da lamine d’acciaio che costituivano il poligono di tiro, dei bersagli di legno, consunti da buchi di proiettili di varia natura, erano appesi a un’estremità, a quella opposta, al muro era addossato un cassettone con diversi scomparti che conteneva armi da fuoco a proiettili, e un armadietto più alto, pieno di armi da taglio e dell’attrezzatura di Barton.
La parte centrale della palestra era uno spazio aperto con il pavimento rivestito in tatami, adibito agli esercizi ginnici e agli incontri corpo a corpo; sul lato opposto alla zona poligono si trovavano ammassati attrezzi di varia natura e un grosso sacco da boxe che aveva visto giorni migliori.
L’intera stanza era sovrastata, su uno dei suoi lati lunghi, da un ballatoio rialzato, protetto da una ringhiera, dal quale si poteva accedere alla palestra in sicurezza, senza trovarsi nella traiettoria d’allenamento di nessuno, e che portava alla sala con il simulatore, per l’addestramento della gestione delle situazioni di rischio.
Natasha si diresse alla postazione computerizzata che gestiva le simulazioni. A parte qualche incontro con l’agente May, quella era la sua forma d’allenamento preferita, l’unica rimasta efficace dato che poteva settare il programma a livelli di difficoltà pressoché infiniti, le permetteva di allenare contemporaneamente tutti i suoi sensi, i riflessi e anche la destrezza e poi, cosa non trascurabile, le garantiva di farlo senza che nessuno la vedesse. Detestava dare spettacolo.
Scelse come arma una semiautomatica calibro 9 e programmò il computer perché le offrisse uno scenario urbano simile a quello di New York durante l’attacco dei chitauri. Un po’ estremo, ma lei preferiva sempre essere pronta al peggio possibile.
Schiacciò il pulsante di avvio e varcò la soglia del simulatore.

 All’interno l’ambiente era in penombra, un effetto voluto per rendere poco definiti i confini della stanza. Tutt’attorno a lei i profili stilizzati di palazzi in rovina, macchine rovesciate e cassonetti semi distrutti davano l’impressione di trovarsi all’interno di un videogame tipo Tron*.
Silenzio totale la avvolgeva.
Poi d’improvviso una figura umanoide, composta da un grosso numero di grossi pixel arancioni luminescenti, fece la sua comparsa balzando sul telaio di una macchina ribaltata, brandiva una specie di lunga spada. Fulmineamente Natasha gli puntò contrò l’arma e premette il grilletto. La figura si dissolse in una pioggia di pixel luminosi.
Un istante dopo l’intero spazio era pieno di figure simili che venivano generate direttamente dal terreno a distanze differenti, e che brandivano armi a lungo medio o corto raggio.
La donna voltandosi di continuo e muovendosi nello spazio con una serie di acrobazie, cominciò a sparare ai vari nemici che gli si presentavano a tiro, schivando, saltando o appiattendosi a terra a seconda del tipo di attacco che affrontava. Una dopo l’altra le figure si disfacevano davanti ai suoi occhi vigili, che quasi non sbattevano le palpebre. A volte si trovava sopraffatta dalle figure e doveva concentrare gli sforzi per non farsi neanche colpire di striscio (mirava al punteggio massimo), altre riusciva ad affrontare così bene l’avanzata da permettersi anche il lusso di cambiare mano alla pistola per sparare.
Doveva ormai trovarsi verso la fine della simulazione, avevo perso il conto delle figure che si erano dissolte sotto i suoi colpi. In tre la attaccarono contemporaneamente da molto vicino, una da davanti e due ai fianchi, Natasha fece un salto mortale all’indietro portandosi sopra una macchina, sparò in mezzo alle sopracciglia della prima figura, mentre le due ai lati caricavano le loro braccia di pixel per lanciare una specie di giavellotto. L’acuminato oggetto fendette l’aria con tanto di effetto sonoro per un maggior realismo. Natasha reagì al suono lasciando crollare a terra le ginocchia e scivolando con la schiena sul pavimento, in un movimento talmente fluido da ricordare una coreografia di danza. Le due lance di pixel si conficcarono l’una nel petto dell’altra figura facendole quasi esplodere.
Un segnale acustico prolungato, che riportò la luce nella stanza, annunciò la fine della simulazione.
La donna rimase per qualche istante ferma a riprendere fiato, attendendo che il suo punteggio comparisse sul soffitto, il suo petto di abbassava e si alzava a un ritmo leggermente alterato, ma non tanto da costringerla a respirare con la bocca.
Un grosso 100 apparve in rosso sopra la sua testa.
Senza dire una parola Natasha si infilò la pistola del simulatore sul retro della cintura e uscì.

-troppo facile, ancora troppo facile, devo spingere questo affare ancora più in là- pensò mentre avviava la procedura di spegnimento del computer.

Il rumore di una freccia che sibilava nell’aria la fece voltare di scatto. Corrucciò la fronte con disappunto nel notare Barton poco sotto di lei al poligono. Non essersi accorta immediatamente della sua presenza in palestra la infastidì.

Canada, Quebec, nei pressi del lago di Saint-Jean

“il posto è questo” sentenziò May all’indirizzo di Steve (che aveva insistito per stare con lei in cabina di pilotaggio). Stavano sorvolando un immenso lago allungato tra una serie di fiordi mozzafiato. Steve sicuramente si sarebbe goduto la vista come un bambino in gita scolastica se quello fosse stato un giro di piacere. Ma non lo era. Fece un cenno del capo alla donna per acconsentire all’atterraggio e raggiunse Tripplett nell’angar, che stava già indossando il giubbotto antiproiettile e armandosi di un numero considerevole di caricatori.

 


Base segreta di Fury, centro di controllo

“sì, AC, May mi ha appena chiamata, sono sul posto” disse Skye nel microfono delle cuffie. Teneva contemporaneamente aperti tutti e due i canali di comunicazione e si barcamenava tra la piantina dell'HUB e la mappa del lago canadese.
“bene, dì a Tripplett di non sparare per uccidere se non è strettamente necessario!” sentì dire alla voce di Coulson nel suo orecchio destro
“come le tre volte precedenti capo!” sospirò con voce ironica la ragazza. Sentì l'uomo fare uno sbuffo di risata, si stava rendendo conto di starsi comportando come una mamma apprensiva la prima volta che i figli escono da soli.

HUB

Coulson mise in pausa la comunicazione con Skye avvicinandosi all'ingresso del grosso edificio. Era ritornato totalmente in mani governative dopo che lo S.H.I.E.L.D. era stato dichiarato organizzazione terroristica, quindi, anche se loro erano stati giudicati puliti, non sarebbe stato facile ottenere il permesso di utilizzare le apparecchiature. Fitz e Simmons gli stavano alle costole, come sempre eccitati di entrare in quel grande laboratorio.
Le porte automatiche trasparenti si spalancarono e una ragazza leccata, dietro la scrivania, gli rivolse un fintissimo sorriso di benvenuto, tornando subito dopo a limarsi le unghie.
“salve, sono...” esordì Coulson, ma la donna lo interruppe senza guardarlo neanche in faccia
“benvenuti nella divisione ricerca e sviluppo, sono Mara Moison in cosa posso esservi utile?” snocciolò a velocità pazzesca con il tono di voce nasale di un navigatore satellitare di quart'ordine.
l'uomo rimase per attimo interdetto e si schiarì la gola prima di continuare
“sono Phil Coulson, agente di livello 8, giorni fa ho inviato una richiesta di autorizzazione all'utilizzo della strumentazione medica e...”
“non esiste più nessun livello 8 o di nessun'altro numero se non vado errato giusto?” lo interruppe nuovamente Mara, degnandosi questa volta di regalargli uno sguardo indagatore da sopra la linea degli occhiali. Phil rivolse un'occhiata complice ai due ragazzi con lui, sollevando per un attimo gli occhi al cielo, facendo mascherare a Fitz una risata in un colpo di tosse
“naturalmente signorina, però vede, se lei potesse chiedere ai suoi superiori” tentò di nuovo l'uomo ma la ragazza sembrava fare orecchie da mercante
“i miei superiori sono tutti molti impegnati signore!”
Skye, che invece non aveva chiuso il canale di ascolto e stava assistendo telematicamente al tentativo di approccio di Coulson, capì che era il caso di fare qualcosa, smanettò velocemente sulla tastiera per qualche secondo e poi aprì il canale di comunicazione con Simmons
“Jemma ascolta” le disse. La ragazza dall'altra parte della linea sobbalzò visibilmente e sbarrò gli occhi mentre l'amica le parlava, come al solito la sua capacità di fare azioni sottocopertura era pressoché nulla, infatti annuì invece di risponde a voce come se Skye potesse vederla. Fitz, capito al volo cosa stava succedendo, le si accostò all'orecchio per sentire anche lui
“avrei proposto a Coulson di sedurla, ma se lasciamo fare a lui ci vorrà tutto il giorno, perciò apri le orecchie” continuò Skye “sto vedendo sul suo profilo facebook che questa Mara è una specie di fissata delle unghie, posta solo foto delle sue manicure e... ha persino un blog dedicato! Fatti avanti e distraila parlando di questo, dille che sei una sua fan!” Fitz rivolse uno sguardo dubbioso a Simmons, confidando poco nella sua esperienza su argomenti femminili, e infatti quella ribattè tra i denti
“ma Skye, io di smalti per unghie ne so meno di Coulson!”
“improvvisa!” esclamò la mora nel suo orecchio “ricordi sul treno, quando ti fingevi la figlia di AC? Ecco, una cosa del genere!”
“ma se me l'ero persino scritta e l'avevo provata due volte con Fitz la sera prima, quella cosa!?”
“Jemma Simmons, tira fuori le palle e fa come ti ho detto, subito!” le intimò Skye alzando la voce, e poi aggiunse mentre l'amica dall'altra parte deglutiva e con un respiro profondo avanzava verso il bancone della receptionist “ce n'è una con dei draghi sopra che è stupenda, buttati su quella”

-coraggio Jemma! Ce la puoi fare!- ordinò la ragazza a sè stessa un attimo prima di spintonare, molto poco gentilmente, il suo capo da un lato

“ascolta!” trillò mandando il cervello a tremila “io.... credo di averti tra gli amici di facebook sai? Hai una pagina di nailart vero?” chiese con quanta più convinzione riuscì “sei  Mararte sulle unghie! Giusto?” aggiunse ripetendo il nome della pagina che Skye le stava soffiando nell'orecchio proprio in quel momento. Trattenne il respiro per un attimo e poi si rilassò, vendendo la ragazza che si scioglieva in un sorriso a metà tra l'imbarazzato e l'estasiato
“si.. si! Sono io!”
“oh! Io sono fan della tua pagina da molto tempo, adoro le tue creazioni!” esclamò Jemma cominciando a calarsi nella parte. Coulson rivolse un'occhiata sbigottita a Fitz che si apprestò ad afferrare il tablet per spiegare, ma l'uomo lo bloccò
“fa niente, non ha importanza” disse notando compiaciuto Simmons che si abbindolava da segretaria, che già non aveva occhi che per lei, snocciolando complimenti su un certo disegno di un drago sull'unghia del pollice
“chi è la tua hacker preferita?” Coulson sorrise sentendo nell'orecchio la voce di Skye.

“senti, il mio amico qui dietro, quello biondo” disse a un certo punto Simmons alla ragazza, interrompendo per un attimo il suo discorso tra le differenze tra lo smalto in gel e quello a vernice “dovrebbe andare in bagno... che dici puoi farlo andare? Altrimenti mi toccherà andare con loro a cercare un bar aperto!” chiese

“sei un fottuto genio!!!!” sentì Skye che quasi urlava nel suo orecchio

“ma si dai..” le stava dicendo Mara dopo un attimo di esitazione “i maschi sono così bambini, si fanno venire tutte le esigenze quando le loro donne stanno chiacchierando” aggiunse a bassa voce, come se fosse una confidenza “accontentiamoli, così possiamo chiacchierare ancora un pò” concluse, e poi rivolgendosi a Fitz e Coulson un paio di passi dietro di lei esclamò “il bagno è al primo piano in fondo al corridoio, prendete pure l'ascensore!”
Coulson si trattenne dall'andare a baciare Simmons su entrambe le guance e annuendo pilotò Fitz all'ascensore
“dunque come ti dicevo... lo smalto in gel è il segreto per una buona france manicure!” riprese Mara  ad una Jemma che sorrise forzatamente, desiderando suicidarsi.


Canada, Quebec, nei pressi del lago di Saint-Jean

May riemerse dal tuffo tirando indietro i capelli bagnati, Steve e Tripplett, stavano già sistemandosi le maschere easybreath* sul viso, pronti per immergersi. Per avvicinarsi all'ingresso della base non visti avevano dovuto prenderla molto alla larga, partendo dalla sponda del lago più lontana dalle rapide.
“se nel '45 avessimo avuto roba del genere sarebbe stato tutto più facile” commentò Steve mentre mandava forte aria fuori dal naso, e la maschera speciale si disappannava in modo straordinariamente veloce
“ti prego smettila di parlare dei 'tuoi tempi', sembri mio nonno! Mi fa senso!” lo prese in giro Antoine.
“seguitemi” sentenziò May, tuffandosi sott'acqua proprio tra loro due per porre fine alla disputa.
I tre nuotarono silenziosamente fino a scorgere la spuma delle rapide che si dimenava davanti a loro, laddove l'acqua delle cascatelle entrava nel lago. La donna indicò ai due quella direzione e accelerò le bracciate a rana. Appena oltre la cortina di schiuma il profilo di una riva di roccia le fu a portata di mano, e May la afferrò issandosi fuori dall'acqua con un movimento fluido delle braccia.
“Skye mi senti? Ci siamo” disse nell'auricolare mentre Steve e Trip si toglievano le maschere.
“bene, dimmi cosa vedi” le disse la ragazza distraendosi dall'ascolto di Mara che annoiava a morte Simmons
“c'è un portone, blindato, ma nessuna camera qui fuori, avevi ragione” le concesse May, poi sollevando il quadrante del suo orologio e premendo un piccolo tasto avviò la scansione della zona circostante. Un considerevole numero di immagini si materializzò sul computer di Skye, affianco all'icona del gps di Coulson, che lampeggiava verde (un piccolo mezzo di sua invenzione che lampeggiava rosso solo se c'erano comunicazioni, o qualcosa della strumentazione elettronica presente in loco che si comportava in maniera anomala).
“oook...” disse Skye ispezionando le immagini “la porta si apre solo con uno scan retinico, quindi a meno che non abbiate a disposizione qualche bulbo oculare non potete usare il portone blindato” disse tirando fuori la lingua in un'espressione disgustata
“e questo l'avevamo previsto” commentò Trip cominciando ad armeggiare col suo zaino
“da dentro mi arriva il segnale di diverse telecamere di sorveglianza!” Continuò Skye “May ascoltami bene posso mandare in loop la parte video ma sono dotate di rilevatori di movimento che non posso bloccare per sempre, ma solo per una manciata di secondi ciascuna, diciamo.... 45 secondi! Dovrete avvisarmi passo passo e io le escluderò una dietro l'altra mano a mano che vi muovete.... dovrete essere silenziosi e rapidi, in ogni caso non ci vorrà molto prima che si accorgano che qualcosa non va”
“questo non è un problema... 45 secondi mi bastano” rispose la donna, sicura di sè “aspetta il mio segnale” aggiunse facendo cenno a Tripplett di cominciare.
Steve osservò con curiosità l'uomo che si avvicinava alla parete di roccia accanto al portone brandendo quattro di quelli che sembravano palette da vigile urbano
“queste Capitano” spiegò Trip comprendendo il suo sguardo interrogativo “sono generatori di ultrasuoni, li ha progettati l'agente Fitz” continuò piantandoli con una piccozza nella parete, andando a formare un quadrato grande abbastanza da farci passare le possenti spalle di Rogers.
“questi giocattolini, una volta accesi, genereranno onde sonore ad una frequenza talmente alta da sbriciolare la roccia, creando un'apertura!” continuò “e la cosa divertente è che a meno che tu non sia un delfino non li avvertirai neppure!” concluse spalancando uno dei suoi sorrisi da 1000 Kw.
Indietreggiò di un paio di passi e azionò il comando a distanza dei paletti.
Steve fece correre rapidamente lo sguardo da Trip, che serrava i denti in attesa del crollo, a May che contava i secondi con le dita, poi al 7 sentì la donna ordinare nell'auricolare
“Skye, isola la prima!”
due secondi dopo la parete davanti a loro si sbriciolò letteralmente sotto i loro occhi, in un fragore assordante in quel piccolo spazio.
Steve e Trip videro May balzare dentro come un gatto e, attraverso la polvere, poterono apprezzare come la donna si fosse guadagnata il soprannome che portava, atterrando 5 uomini armati a suon di calci e pugni, in poco più di 20 secondi!
A un suo cenno i due la seguirono e si accucciarono tutti e tre nell'angolo morto della seconda telecamera, proprio dopo il corridoio iniziale.
“wow, 35 secondi May, vuoi che accorci la durata del loop per renderti le cose meno noiose?” sentirono dire a Skye nei loro auricolari
“sii seria” la rimproverò la donna con scarsa convinzione, mentre Steve si concedeva di dare un'altra occhiata al muro sbriciolato
“e io che credevo che a New York avessi visto tutto...” commentò


HUB, primo piano, laboratori medici

Coulson chiuse a chiave la porta dietro di sé. A parte stendere con l'arma della buonanotte un tipo che non ricordava di aver mai visto che si era messo a gridare “hei!! ma tu non sei Phil Coulson? Ma non eri morto??” non avevano avuto ulteriori intoppi fino alla stanza che gli interessava.
Fitz stava già accendendo una specie di grosso apparecchio per la TAC, collegato a una serie di computer. Qaundo Coulson gli si avvicinò chiedendo come poteva aiutarlo afferrò il tablet
=avrei preferito ci fosse Simmons, ma le darò istruzioni=
“oh bhe grazie tante!” commentò l'uomo inarcando per un attimo le sopracciglia.
Una volta avviato il programma il ragazzo si sedette su una sedia interamente in plastica accanto al macchinario e cominciò a calcarsi in testa quella che a Coulson sembrava proprio una cuffia da piscina color carne, fece cenno all'uomo di prendere una scatola che conteneva un numero impressionante di cavi, dal capo di ognuno pendeva un elettrode.
=ora deve attaccarli sulla calotta, ad ognuno corrisponde un numero= digitò in tutta fretta
“ok, ce la posso fare” commentò Coulson afferrando la matassa di fili “poi uno di voi cervelloni una volta mi spiega come fanno i cavi ad annodarsi da soli dentro le scatole” commentò facendo sorridere il ragazzo davanti a lui.
Quando ebbe finito Fitz assomigliava vagamente a Lady Gaga in uno dei suoi video shock
“e ora?” chiese Phil. Il ragazzo gli mostrò il tablet sul quale aveva già preparato le prossime istruzioni
=ora quando si sente pronto prema il tasto arancione sulla macchina, appariranno delle fotografie dell'interno del mio cervello in continuo movimento, ogni volta che si accende un elettrodo sulla mia testa lei deve premere il numero corrispondente sulla macchina che farà una foto, così per tutti gli elettrodi, poi li esaminerò io stesso=
“bene, cominciamo” disse Coulson sentendo le mani leggermente sudate, provando una qual dose di ammirazione per Fitz, che era pronto ad analizzarsi da solo il cervello, ed eventualmente a constatare con i suoi occhi che non avrebbe più riavuto l'uso della parola. L'uomo di avvinò al quadro comandi. Non lo aveva detto a nessuno ma quelli dei governo avevano chiaramente sentenziato che se l'esito dell'esame non fosse stato positivo Fitz avrebbe dovuto lasciare la squadra. Coulson scosse la testa per allontanare il pensiero funesto. Per ora non gli andava di immaginare di dover prendere personalmente a calci i sederi di tutti i membri del congresso per convincerli che non si sarebbe mai separato da un membro della sua famiglia quale era Fitz.
“hem... Leo?” disse osservando il quadro “ce ne sono due di bottoni arancioni, quale devo premere?” Fitz si schiaffò una mano in testa, sarebbe stata una cosa lunga, sopratutto considerando il fatto che su uno dei due bottoni di cui parlava Coulson capeggiava la scritta in nero OFF.


Canada, Quebec, nei pressi del lago di Saint-Jean

May sbirciò oltre l'angolo dietro al quale si riparavano. Tutto bene per ora, ma la porta dell'ascensore si trovava alla fine di un corridoio estremamente lungo, e c'erano ben 9 uomini armati   in mezzo!
“Skye questa volta il tempismo è fondamentale, probabilmente dovremmo anche attendere l'arrivo dell'ascensore, pronta al mio segnale” soffiò nell'auricolare “dobbiamo metterci meno tempo possibile stavolta” disse ai due uomini con lei. Steve annuì stringendo più forte la presa sullo scudo. Si chiese per un attimo quand'era di preciso che la donna avesse preso il controllo della missione.
“ora!” disse May nell'auricolare.
Contemporaneamente, mentre Skye isolava la telecamera accanto all'ascensore, saltarono fuori dall'angolo. Steve scagliò lo scudo facendolo rimbalzare sulle pareti del corridoio, andando a colpire 4 di loro, in rapida successione, proprio sotto la gola. Allo stesso tempo Trip sparò a 3 con l'arma della buonanotte dritto in faccia e May atterrò quello più vicino a se con un calcio al diaframma, e poi si lanciò con un balzo su quello che si dirigeva al bottone d'emergenza a metà corridoio, lo afferrò con le cosce costringendogli braccia e torace, poi gli tappò simultaneamente bocca e naso con le mani. Steve premette il pulsante dell'ascensore.
“34, 35, 36” contava Trip quasi saltellando sul posto mentre la donna  stritolava come un boa l'uomo che si dimenava a terra. “41!42!” urlò quasi Tripplett, finalmente l'uomo si accasciò addosso a May. Al 44° secondo l'ascensore si spalancò e i tre saltarono dentro.

“isolo quella dell'ascensore!” sentirono dire a Skye nel mentre. Non c'era tempo per riprendere fiato. Dalle piante che avevano ottenuto con lo scanner una volta entrati, l'ascensore avrebbe impiegato ben più di 45 secondi a scendere fino alla sala computer.
“questa ce l'abbiamo apposta” annunciò Antoine tirando fuori dallo zaino una piccola videocamera di tipo standard. Ne avevano soltanto una dietro, non era tempisticamente economico sostituirle tutte, e avevano unanimamente concordato per quella dell'ascensore.
Trip registrò un fotogramma dell'angolo dell'ascensore vuoto e salì sulle spalle di Steve, che lo issò senza il minimo sforzo fino al soffitto. Aprì la botola del quadro elettrico e tirò fuori un cavo. Velocissimamente scoprì i fili di rame e li torse insieme a quelli che già fuoriuscivano dalla telecamera. Con un adesivo la incollò in alto alla parete, accanto a quella vera, e contemporaneamente spense l'una e accese l'altra, che era già programmata per mandare la stessa immagine in loop.
Steve lo fece scendere. I 45 secondi erano passati e nessun allarme sembrava essere scattato.
“ottimo lavoro agente Tripplett!” gli disse Steve con un sorriso soddisfatto
“grazie, anche tu con quello scudo prima, gran gioco di sponda! Ricordarmi di non sfidarti mai a biliardo!” rispose Antoine. Entrambe ridacchiarono della battuta.
“vi prenderete una camera più tardi” sentenziò May sollevando un sopracciglio “ora concentràti, ci siamo quasi” i due la guardarono male.
“bene” stava dicendo Skye a tutti e tre nell'auricolare “via le luci tra 5..4..3..2..”


 
HUB, primo piano, laboratori medici

“no… l’ho mancata un’altra volta…” confessò in imbarazzo Phil Coulson quando per di nuovo non fu abbastanza lesto da schiacciare il numero corrispondente alla luce accesa sul curioso copricapo di Fitz. Il ragazzo chiuse gli occhi, desiderando a fasi alterne che un caritatevole infarto mettesse fine alle sue sofferenze, e che Thor in persona fulminasse il suo capo seduta stante. Aveva perso la cognizione del tempo che avevano investito in quell’impresa! Fece un profondo respiro e sollevò il tablet sotto gli occhi di Coulson, mostrandogli di nuovo la stessa frase che vi era scritta da più di mezz’ora
=non importa, provi di nuovo=
L’uomo riavviò la macchina con encomiabile self-control, anche per lui stava diventando pesante la situazione, e non che lo rendesse felice che gli venisse sbattuto in faccia quanto fosse ‘vecchio’ in materia di tecnologia!
L’imponente computer iniziò con un sibilo la scansione (Fitz cominciava a chiedersi se non gli sarebbe venuto un tumore al cervello o un terzo occhio per tutti quei raggi che si stava sparando!)
“1” disse Coulson premendo il bottone sulla tastiera, lo schermo visualizzò un’istantanea del cervello di Fitz, in pieno fermento, che veniva poi automaticamente trascinata a icona in basso a destra “2”

Dopo un po’ Fitz cominciava quasi a credere che l’uomo avesse ingranato quando lo sentì dire
“ok, 19………. O merda ho schiacciato l’8 invece del 9…”
Il ragazzo abbandonò la testa in avanti con un sonoro sbuffo

-ma che ho fatto di male?- si stava chiedendo mentre Phil si scusava, aggiungendo che questa volta ce l’avevano quasi fatta.

Proprio mentre Fitz afferrava convulsamente il tablet per scrivere qualcosa di un po’ meno gentile del precedente =non importa provi di nuovo= la porta si aprì e la testolina color mogano di Simmons si affacciò allo spiraglio
“come va qui??” chiese sussurrando e entrando in punta di piedi. Il ragazzo stava per strapparsi gli elettrodi dalla testa e correre ad abbracciarla tanto era felice di vederla
“Simmons grazie al cielo sei qui” le disse Coulson con un sospiro dando voce ai pensieri di Fitz “questa macchina mi sta facendo impazzire” l’altro gli rivolse uno sguardo assassino come a dire che semmai era lui quello che stava impazzendo, facendo ridacchiare Simmons sotto i baffi.
“adesso ci penso io” disse incedendo con passo marziale fino al computer e prendendo il posto dell’uomo. “sei pronto Fitz?” chiese un attimo prima di avviare il programma senza attendere risposta.

“come hai fatto a liberarti di quella piattola?” le chiese Coulson dopo un po’, essendosi accertato che la ragazza aveva decisamente molta più padronanza del mezzo di lui.
“oh, le ho chiesto se poteva prendermi un caffè alle macchinette, dato che io non potevo entrare, appena è entrata in ascensore ho preso le scale” rispose Simmons tutta tronfia. Coulson sorrise
“agente Simmons, ha per caso in programma di diventare un’operativa?” le chiese in tono scherzoso facendola arrossire di piacere.


Base segreta di Fury, centro di controllo

Skye stava cercando di seguire, con il solo ausilio dell’udito, l’acceso scontro che si stava consumando nelle viscere del lago Saint-Jean quando un segnale rosso luminoso, proveniente dal gps che seguiva la missione di Coulson, attirò la sua attenzione.
“ma che diav…” masticò mentre concentrava tutta la sua attenzione sul dispositivo. Gli indicatori dell’elettromagnetismo della zona intorno all’HUB (Skye li aveva programmati perché battessero un area di qualche chilometro) erano come impazziti! “oddio dimmi di no…” commentò la ragazza digitando a tutta velocità sulla tastiera per analizzare i dati che riceveva. Aveva dotato il dispositivo di un rilevatore di elettromagnetismo nel remoto caso che venissero nuovamente attaccati da Marcus Daniels, ma era stato più che altro un eccesso di zelo! Non poteva essere che quel pazzoide avesse deciso di rifarsi vivo proprio all’HUB e ,cazzo, proprio quel giorno!!

Le ci vollero pochi istanti per capire che le frequenze elettromagnetiche erano diverse, non prorompenti come quelle di Daniels, ma quasi come se fossero tenute in quiescenza, in attesa di essere scatenate. Eppure questo la preoccupò, se possibile, ancora di più: qualcuno in grado di sprigionare onde elettromagnetiche del genere, in grado di essere percepite a chilometri dal suo dispositivo, in stato di quiete, cosa sarebbe stato in grado di fare se avesse deciso di farne uso??
Decise di non attendere di constatare se appartenessero ad una forza amica o nemica. Si strappò l’auricolare dalla testa e si proiettò alla palestra, dove sapeva avrebbe trovato Natasha.

 

Canada, Quebec, nei pressi del lago di Saint-Jean

Nel buio della grande stanza i colpi di pistola balenavano come fuochi d’artificio. Avevano fatto irruzione, sfruttando l’effetto sorpresa, mettendo fuori combattimento i 6 uomini a difesa della porta e gridando agli ostaggi di gettarsi a terra. Ma il loro piano di neutralizzare le guardie tutte contemporaneamente, prima che potessero dare l’allarme, e portare via i ragazzi facendo la strada a ritroso, era andato riccamente a farsi fottere quando l’ultimo agente HYDRA era riuscito ad accasciarsi proprio sul bottone dell’allarme, posto sulla plancia di controllo principale.
In un lampo tutto era esploso in un turbinio di grida dei ragazzi, urla dei rinforzi che piombavano nella stanza da tutti i lati e spari.
Trip schiacciò contro la parete di uno schedario rovesciato i due giovani hacker che si era ritrovato accanto, carponi dietro una scrivania e con le facce terrorizzate, e che aveva deciso di prendere sotto la sua protezione. Gli poggiò l’avambraccio sulle teste, spingendoli ancora di più verso il basso quando una serie di colpi fischiò sopra di loro. Poi si alzò di scatto in piedi stendendo con un solo proiettile della buona-notte il loro assalitore. Con la coda dell’occhio vide Steve, avanzare più velocemente di quanto i suoi avversari riuscissero a sparare, e stenderne diversi a suon di calci, gomitate sui denti e colpi di scudo.
May dislocò la mascella dell’uomo con cui stava lottando con un calcio poi, sfruttando l’abbrivio per girarsi, sparò in pieno petto a 4 guardie appena arrivate con l’ascensore.
Nella base non erano in molti, forse una cinquantina, era una lotta impegnativa ma la donna non voleva considerare neanche l’idea di perdere uno degli ostaggi. Se aveva tenuto bene il conto ormai non dovevano essercene ancora molti.
-se solo Skye mi rispondesse potrebbe dirmi quanti ce ne sono ancora!! Ma dove diavolo si è cacciata? Eppure la comunicazione non è caduta!- pensò con furia.
Corse accanto a Trip ponendosi spalla contro spalla con lui in difesa dei ragazzi, entrambe spararono in rapidissima successione un intero caricatore, cambiando direzione in maniera speculare di modo da coprirsi il fianco a vicenda, e mandando a segno ogni colpo. 
Poco lontano da loro Steve impugnò lo scudo come una mazza e menò un fendente violento, che mando tre uomini a sbattere contro la parete alle loro spalle. lo attaccarono in 5, ma subito lui riuscì a disarmarne tre con dei calci sapientemente assestati, si parò il fianco dai colpi di pistola da quello di destra mentre atterrava quello alla sua sinistra con un pugno alla tempia. In contemporanea, troppo in fretta, un rumore di un colpo che va in canna proprio dietro alla sua nuca.
Troppo in fretta per muoversi. Il tempo di sgranare gli occhi e sentì uno sparo.

Quasi si sorprese di non cadere a terra o di non sentire dolore lancinante tra le scapole. Si voltò piano. Non era a lui che avevano sparato. Oltre l’agente HYDRA steso nel suo sangue, seduta a terra e tremante da capo a piedi, una ragazzina con i capelli biondi e gli occhiali teneva ancora spianata davanti a sé la pistola con cui aveva sparato. Steve occhieggiò un attimo attorno a lui, quello era l’ultimo, c’erano solo May e Trip ancora in piedi nella stanza oltre a lui. Di colpo si rese conto che era tornato il silenzio. Nelle orecchie solo il rumore dei respiri affannosi dei presenti, il lamento degli ostaggi, e l’eco dello sparo che avrebbe dovuto ucciderlo.
Abbassò gli occhi e riportò la sua attenzione sulla sua tremebonda salvatrice, che subito sgranò gli occhi rinsaldando la presa sull’arma. Steve sollevò le mani in segno di resa avvicinandosi a lei pian piano
“è tutto ok” le disse in tono rassicurante “è tutto ok è finita, puoi lasciarla ora” aggiunse dolce, facendo cenno alla pistola. La piccola fece dardeggiare gli occhi colmi di lacrime dal corpo dell’uomo a terra al viso gentile di Steve, poi in uno scatto fece scivolare la pistola lontano da sé abbracciandosi le gambe. Il ragazzo le si accucciò vicino, lei ora non riusciva a staccare lo sguardo dalla sua vittima. Steve la osservò per qualche istante: aveva una massa di capelli biondi e mossi, belle sopracciglia folte e scure, gli occhi grigi alluvionati, nascosti da una montatura turchese e una piccola bocca graziosa, a forma di cuore. Gli sembrava…… davvero giovane.
“mi hai salvato la vita… ti ringrazio” le sussurrò Steve indugiando con una mano sollevata, indeciso se carezzarle una spalla oppure no
“lui se lo meritava” rispose la ragazza senza guardarlo “aveva ucciso mio fratello”
Solo allora Steve notò il sottile braccialetto colorato della fortuna al suo polso destro. Lo stesso che aveva notato nel video fatto col cellulare, sulla mano che aveva posto il biglietto di aiuto sotto l’obiettivo. Quella che aveva davanti era la ragazza del video. E per lanciare un messaggio di aiuto aveva avuto la forza di riprendere con cellulare l’esecuzione di suo fratello. Steve sentì stringersi il cuore.
La ragazza vide una grossa mano guantata apparire davanti a lei al posto del cadavere del suo nemico, solo allora si voltò a guardare Steve che gliela porgeva
“andiamo via di qui…” le stava dicendo. Aveva un tono di voce…. Davvero rassicurante. Si asciugò la faccia con la manica sinistra, afferrò la mano del ragazzo con la destra e si lasciò guidare dove già gli altri hacker come lei erano stati radunati dai loro tre misteriosi salvatori.


Base segreta di Fury, palestra

Natasha stava osservando Clint che tirava con l’arco spalle al bersaglio (e non si sa esattamente come lo centrava sempre) quando Skye entrò come una furia nella palestra
“NATASHA! CLINT!” urlò talmente forte da far mancare il bersaglio a Barton di un paio di centimetri
“cosa succede?” le chiese prontamente la donna facendosi attenta nel vederla così agitata
“io… io non lo so come precisione ma qualcosa non va!” rispose concitata mentre Clint con un salto le raggiungeva sul ballatoio “c’è qualcuno… qualcosa… di potente… non saprei come altro dirlo… sta andando vero l’HUB, dove sono Coulson e gli altri, dovete portarli via da li!!”
“potente, che intendi per potente?” la incalzò il ragazzo afferrandole le spalle
“so solo che sprigiona onde elettromagnetiche talmente forti che il mio apparecchio lo rileva da chilometri di distanza” rispose facendo scattare lo sguardo dall’uno all’altro degli agenti.
A chiunque sarebbe parso che Natasha non si fosse neanche scomposta, Clint invece si voltò di scatto verso di lei, notando qualcosa che solo lui riusciva a vedere nella sua espressione
“Nat tu sai chi è?” le chiese
“Barton dobbiamo sbrigarci, prendiamo il jet” soffiò.
Prima che Skye potesse dire qualunque altra cosa, i due erano già schizzati via.


HUB, un ora dopo


Fuori dall’imponente edificio a vetri un uomo alto e robusto si calcò meglio sulle testa il cappuccio della felpa bianca e osservò torvo la struttura.
Un flash nella mente, delle sue urla legato ad una sedia da cinghie di cuoio, per un attimo gli martellò nelle tempie. Si accostò alla parete, e un po’ titubante allungò una mano verso l’intelaiatura in acciaio. Portava dei sottile guanti neri, ma nell’allungarsi una sottile porzione di polso sinistro si scoprì e parve rilucere come fatta d’argento. L’uomo esitò ancora un istante, poi toccò il freddo metallo.
La sua testa fu invasa da immagini e sensazioni in maniera così prorompente da dargli la nausea. Il dolore nella testa, il sapore della gomma del morso che gli avevano fatto stringere tra i denti, le cinghie intorno ai polsi che gli lacerano la carne, il viso affilato di una donna con la coda di cavallo.
L’uomo staccò la mano dall’edificio quasi con violenza, respirando affannosamente.
Non c’era dubbio, il posto in cui gli avevano fatto l’ultimo ricondizionamento era quello.

 


Base segreta di Fury, centro di controllo


“AC non avete ancora finito??” strepitò Skye nell’orecchio di Coulson via auricolare. L’uomo si allontanò la cuffia dall’orecchio con una smorfia
“quasi, Skye mantieni la calma” le disse paziente, e aggiunse “non sappiamo ancora se ci sia effettivamente un pericolo”
“mi è bastato vedere la Romanoff preoccupata per capire che c’è un pericolo!!! Sbrigatevi!” sbraitò ancora più forte, gonfiando le guance in segno di stizza “comunque stanno arrivando” disse ancora riferendosi a Clint e Natasha, che ormai avevano lasciato la base da un’ora.

 

HUB, primo piano, laboratori medici


Simmons sorrise esaminando le foto del cervello di Fitz
“ottime notizie, l’area di Broca è intatta!” esclamò rivolta a Coulson che le restituì un’occhiata interrogativa e un sopracciglio sollevato “oh! È una buona cosa!” si affrettò a spiegare mentre il ragazzo accanto a lei allungava il collo per vedere le immagini “vede quest’area?” continuò indicando una zona grigia, agli occhi di Coulson perfettamente indistinta dal resto “questa si chiama area di Broca, ed è responsabile della trasformazione del pensiero in linguaggio, vede che non presenta zone bianche, cioè lesioni?” chiese la ragazza, poi si voltò verso Fitz e gli rivolse un radioso sorriso di pura gioia che ebbe il potere di farlo arrossire completamente “significa che il blocco del linguaggio è temporaneo e reversibile” il viso di Coulson si sciolse in un sorriso di sollievo e si avvicinò per stringere una mano sulla spalla di Fitz, mentre Simmons, tornando a dedicarsi alle carte, aggiungeva “è insolito, la sequenza fotografica mostra che l’area a momenti alterni è in funzione, quindi teoricamente a momenti alterni Fitz potrebbe parlare, anzi sarebbe molto utile, allenare quella porzione di corteccia, Fitz senti mai il desiderio di dire qualcosa? Cioè… tipo come se ti sentissi venir su dal cervello di poterlo fare?”

-si, all’incirca ogni volta che ti vedo, è una cosa tipo ‘ti amo’ ma non mi esce mai poi, forse l’ho sempre avuto qualche problema all’area di Broca- si trovò a pensare il ragazzo lasciando vagare lo sguardo lontano, mentre ripensava al sé stesso in fondo all’oceano che neanche in punto di morte era stato capace, tra tonnellate di supposizioni scientifiche, di confessarle quanto l’amasse.

Simmons invece era presissima dai risultati del test e ignorando bellamente Coulson che le diceva che forse era meglio andare, si era riavvicinata a Fitz in piena modalità scienziata pazza
“devo fare degli altri test…” asserì iniziando ad armeggiare con gli elettrodi ancora attaccati sulla calotta che il ragazzo portava sulla testa, per riposizionarli a dovere.

In quell’istante un crescente rumore di passi e grida li raggiunse dal corridoio. I tre non ebbero modo di far altro se non distogliere l’attenzione da quanto stavano facendo e puntarla sulla porta, prima che questa si spalancasse.
Un uomo alto e robusto, con il viso celato parzialmente dal cappuccio di una felpa bianca comparve sulla soglia, e apparentemente si pietrificò nel vederli.

L’uomo raggelò nel vedere la scena, una donna con i capelli legati in una coda di cavallo, e un uomo (la cui immagine nella sua testa quasi si sovrappose alla propria) con dei cavi elettrici collegati alla testa.
Un ringhio gli emerse dalla gola e sotto gli occhi esterrefatti dei tre agenti si scoprì la testa con uno scatto nervoso, rivelando una massa scompigliata di capelli neri, e due occhi scuri e profondi come l’erebo
“tu..” rantolò facendo due passi verso di loro mentre alle sue spalle le grida del personale di sicurezza si facevano sempre più vicine. Ma Coulson sapeva che non sarebbero arrivati in tempo, e anche se lo avessero fatto che non sarebbero bastati a fermarlo. Aveva riconosciuto quel viso.
Si portò davanti ai due ragazzi con la pistola spianata urlando
“stai indietro o sparo!”
“Coulson chi è questo!?” gridò Simmons facendosi più piccola possibile dietro di lui insieme a Fitz che si liberava completamente dagli elettrodi. L’uomo avanzò ancora, Coulson sparò due colpi senza un briciolo di esitazione, ma quello portò il braccio sinistro davanti al busto, facendovi rimbalzare sopra i proiettili e mandandoli a schiantarsi contro la parete al suo fianco. Le immagini sugli schermi vibrarono convulsamente all’impatto. Rumore metallico si sparse nell’aria. Poi con un balzò l’uomo si avventò su Coulson e lo schiantò lontano con un manrovescio micidiale, poi spinse via con due manate prima l’apparecchiatura e poi Fitz. Simmons si sentì soffocare il grido che stava facendo in gola, quando quello la afferrò per il davanti della camicia e la sollevò all’altezza del suo viso, piantandogli in faccia i suoi occhi scuri carichi di furia cieca
“tu! Sei stata tu! Tu mi hai trasformato in un mostro!” ringhiò in faccia alla ragazza…. Un istante prima di scagliarla con tutta la forza contro la parete di vetro di fronte a loro

"JEMMA!!!!"


Simmons non ha il tempo di registrare che è stata la voce di Fitz che l’ha chiamata, né che la prima parola che ha spiccicato dopo mesi di coma e giorni di afasia…. È il suo nome
Sta già precipitando giù dalla finestra.




note dell'autrice: convinta che dopo come ho fatto finire questo capitolo non vivrò ancora a lungo passo alle note
* la maschera easybreath esiste davvero, la vendono da decathlon

 

 

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Capitolo 10
*** cap 10 ***


~~Nel capitolo precedente..

-"JEMMA!!!!"

Simmons non ha il tempo di registrare che è stata la voce di Fitz che l’ha chiamata, né che la prima parola che ha spiccicato dopo mesi di coma e giorni di afasia…. È il suo nome
Sta già precipitando giù dalla finestra.-


HUB, primo piano, laboratori medici

a Fitz sembra di vivere a rallentatore la scena del corpo di Simmons che sfonda il vetro della finestra e comincia a cadere.
Sente gridare il nome della ragazza.
Quasi non presta attenzione al fatto che è stato lui a chiamarla, al fatto che per la prima volta dopo il coma è riuscito a convertire in voce il suo pensiero, il suo unico pensiero, il pensiero più importante.
Il suo intero cervello è occupato solo a cogliere ogni frazione di secondo, dell'impatto della ragazza col vetro, del rumore dei frantumi, del suo viso, contratto in una smorfia di dolore e paura, che scompare dal suo campo visivo oltre il bordo della finestra.
Non la sente urlare mentre cade.
Sente solo il proprio sgomento.
Non ci crede per un attimo.
Simmons..... Jemma.... la sua Jemma è stata davvero buttata giù da una finestra? È successo veramente?
Quell'ammasso di muscoli, ha veramente afferrato una ragazza innocente e col visino da bimba come Jemma e l'ha scaraventata giù da una finestra?

Inutile.


L'unica parola che riesce a solcare i pensieri di Fitz in quel momento, mentre tutto sembra andare innaturalmente piano attorno a lui è.... inutile.
Lui. Il suo gesto di qualche mese fa. È stato tutto inutile. Non è riuscito a salvarla.

Un'ondata di rabbia cieca si impossessò di lui, scacciando a forza l'incredulità.
Sotto gli occhi ancora sbigottiti di Coulson, che bocconi sul pavimento stava cercando di rialzarsi, Fitz si scagliò contro l'uomo incappucciato gridando.
Quello si voltò giusto in tempo per prendere il pugno del ragazzo dritto sullo zigomo sinistro. La testa gli si voltò di scatto, sputò un grumo di saliva, mentre Fitz ritirava indietro la mano scossa da tremiti trattenendo un lamento di dolore.

L'uomo tornò a guardarlo, senza dar segno di aver avuto particolari problemi ad incassare il pugno, sembrava sorpreso però, dal suo comportamento. Fitz al contrario sentiva quasi salire le lacrime agli occhi per il male, vide un ombra violacea iniziare ad apparire sul viso di quel tipo, ma a giudicare dal dolore che sentiva, lui doveva essersi fracassato le nocche contro la sua faccia.
“perché sei arrabbiato?” gli domandò secco l'uomo spiazzandolo completamente.
Non ebbe tempo di chiedergli se fosse scemo o cosa... il rombo assordante e il vento generato dalle turbine di un velivolo si impadronirono della stanza.
Dalla finestra sfondata comparve l'immagine del jet dello S.H.I.E.L.D. custodito nella base 'provvidenza', nell'abitacolo c'erano Barton e la Romanoff e semi sdraiata sul muso dell'aereo, con un espressione di puro terrore sul viso, c'era Simmons!
Coulson e Fitz sentirono come esplodere il cuore nel petto a vederla viva e tutto sommato in buone condizioni.
Mentre il ragazzo sentiva cedere le gambe, Phil si tirò su afferrando di nuovo la pistola, si strappò dall'orecchio l'auricolare dove Skye continuava ad urlargli cosa diavolo stesse succedendo, e si avvicinò a Fitz afferrandolo per un braccio
“è viva! È viva Fitz ricomincia a respirare!” gli urlò per sovrastare il rumore del vento.
Contemporaneamente Natasha aveva premuto un bottone sulla plancia, che aveva fatto aprire la calotta dell'abitacolo, ed era balzata fuori brandendo entrambe le sue pistole contro l'uomo con la felpa bianca che ora, più disorientato che aggressivo, si riparava col braccio sinistro il viso dal vento, che gli scagliava contro frammenti di vetro.

“Soldato D'inverno...” scandì tra i denti la donna, mentre Clint si allungava sul muso dell'aereo per afferrare Simmons da sotto le braccia e trascinarsela seduta in braccio.
Poi, senza attendere un istante di più, aprì il fuoco.
Soldato si gettò d'istinto dietro l'apparecchiatura medica, mentre la donna scendeva con due balzi dall'aereo fin dentro la stanza continuando a sparare come in trance, ignorando completamente la presenza dei suoi alleati poco distanti. Due proiettili rimbalzarono sulla superficie metallica del tavolo da visita andando a conficcarsi nel muro a pochi centimetri dalle teste di Coulson e Fitz, che si accucciarono per terra di riflesso
“Fitz!!”
“NATASHA! DEVI COLPIRLO!” l'urlo di Coulson sovrastò quello spaventato di Simmons, mentre un nugolo di agenti della sicurezza dell'HUB finalmente si riversò nel laboratorio. Il loro arrivo tuttavia non fu d'aiuto, perché Soldato approfittò di un istante di sorpresa di Natasha per disarmare con un calcio e un pugno poderoso l'agente più vicino e strappargli la sua mitraglietta dalle dita. Il tempo di farla roteare nelle mani per impugnarla e fece fuoco su tutti i presenti, gli  uomini della sicurezza caddero come mosche mentre Coulson e Fitz si schiacciavano dietro un tavolo e la Romanoff con una capriola guadagnava una posizione sicura dietro l'apparecchio della TAC.
Natasha si affacciò dal suo nascondiglio e sparò due colpi quasi alla cieca nel polverone sollevato, centrando Soldato a coscia e spalla destra, l'uomo ringhiò di dolore finendo con un ginocchio a terra, proprio mentre altre guardie stavano sopraggiungendo nella stanza
“signore è meglio che ce ne andiamo!” gridò Clint all'indirizzo di Coulson, poi afferrò le mani di Simmons e gliele strinse intorno alla cloche del jet “ok passerotto, è sufficiente che lo tieni fermo” le intimò senza quasi guardarla, poi scattò in piedi, afferrò un fumogeno da un borsone dietro i sedili e saltò sul muso dell'aereo avvicinandosi al bordo della finestra fracassata. Premette il bottone del fumogeno e lo lanciò dentro, proprio tra Soldato D’inverno e le guardie dell’HUB che si dispersero al liberarsi del gas. “andiamo!” intimò facendo larghe bracciate per far segno ai due uomini di raggiungerlo. Fitz e Coulson non se lo fecero ripetere e scattarono verso l’aereo. Il vuoto tra il jet e il muro oscillava allargandosi e stringendosi come quello di una barca in rada, sotto la presa poco sicura di Simmons, così Clint dovette sporgersi e suo malgrado afferrare il suo ex AS per le braccia per aiutarlo a salire, fece lo stesso con Fitz e, premurandosi di evitare la mano rotta, mandò lo sguardo ad ispezionare la stanza immersa di grida e polvere. Lo stomaco gli fece una doppia capriola quando individuò Natasha ancora ben lungi dal raggiungere l’aereo.
“Nat!!” urlò alla donna che si stava liberando di alcuni calcinacci che le bloccavano la gamba e sembrava avere tutta l’intenzione di avanzare verso Soldato “Nat, lascia perdere!! Vieni qui!! Vieni!!”
“andate voi Barton! Non avrò mai più un’occasione simile!!” urlò la rossa alzandosi in piedi
“MA CHE ACCIDENTI DI UN CAZZO DICI!!!” imprecò Clint “IO NON SCHIODO DI UN METRO SENZA DI TE!”
Natasha valutò con un’occhiata la situazione piuttosto critica, tra la stanza ridotta a brandelli e il numero considerevole di agenti che presto si sarebbero ripresi dal gran tossire, e mordendosi a sangue l’interno della guancia per stizza, voltò le spalle a Soldato, correndo per raggiungere Clint sull’aereo, con un balzo guadagnò la plancia e senza troppe cerimonie spinse via Simmons e prese i comandi del mezzo, eseguendo una virata e dirigendo il jet lontano dall’HUB.

Soldato, ancora bocconi sul pavimento, si premette una mano sulla bocca per tentare di filtrare il gas. Sentiva spalla e coscia bruciare come il fuoco, provò a toccare la ferita alla spalla con un dito ma gli bastò sfiorarla per sentire un dolore tanto forte da fargli quasi perdere i sensi.
Non aveva messo in conto di non avere più l’armatura di kevlar come a Washington, anche se il suo braccio sinistro era d’acciaio il resto del suo corpo era di carne e sangue come quello di qualsiasi essere umano.
Tuttavia doveva andar via da lì, non poteva assolutamente finire nelle mani di quegli uomini, mai più.
Buttò forte aria fuori dal naso e stringendo i denti fino a sanguinare in bocca si alzò in piedi.
Gli uomini sono fatti di carne e sangue, ma lui non era più un uomo… era solo un desiderio di vendetta, e i desideri sono a prova di proiettile.*

 

Base segreta di Fury, angar


Skye aveva seriamente cominciato a credere che sarebbe morta di crepacuore se qualcuno non le avesse subito dato notizia della sorte dei suoi cari all’HUB (senza contare che nella frenesia si era praticamente dimenticata degli altri in Canada, e il fatto che un'ora e mezza dopo fosse stato Trip a darle comunicazione che la missione era riuscita e che stavano rientrando, non lasciava sperare niente di buono circa l’umore di May, e si sa… puoi permetterti di far incazzare chiunque sulla terra, tranne Melinda May).
Così quando Koenig venne ad avvisarla che c’erano Coulson e gli altri nell’angar, che erano appena rientrati, si era precipitata laggiù alla velocità di Flash che se la sta facendo addosso.
Le porte automatiche si spalancarono proprio quando con una sterzata in derapata Skye aveva guadagnato l’anticamera dell’angar. La ragazza sentì il macigno che gravava sul suo stomaco dissolversi in un lampo alla vista di Coulson, Fitz e Simmons
“oddio state bene” scandì lanciandosi ad abbracciare contemporaneamente sia Fitz che Simmons, il primo col braccio sinistro e la seconda con il destro. I due ricambiarono la sua stretta e rimasero per un attimo così, come ad accertarsi che effettivamente c’erano ancora tutti e tre. Coulson sollevò un sopracciglio divertito
“anche io sto bene!” disse ironico “Grazie per l’inter…” non ebbe modo di finire la frase perché ora Skye era aggrappata al suo di collo e lo stringeva con una forza tale da commuovere, non riuscendo tuttavia a dire nulla se non un lieve singhiozzo sul suo collo “è tutto apposto.. stiamo tutti bene, grazie a te stiamo tutti bene” le disse accarezzandole la testa mentre Fitz sghignazzava sotto i baffi.

“e Clint e Natasha?” chiese Skye una volta che si decise a lasciar andare Coulson
“sono andati a casa, in congedo per un po’…” rispose Phil mentre tutti e quattro si incamminavano verso l’interno della base “hanno rischiato la pelle a sufficienza per questa settimana..” aggiunse come a commento della sua decisione.

Base segreta di Fury, infermeria

“oddio Fitz quasi non ci credo che puoi parlare di nuovo! È la notizia più bella della giornata!” cinguettò Skye mettendo con mala grazia dei cerotti sul viso del suo capo
“ancora… non… tutto…voglio.. cioè, quello che voglio” balbettò il ragazzo, un po’ in imbarazzo per questo nuovo grado di assurdità che la sua situazione aveva raggiunto: adesso poteva dire qualche parola, o piccole frasi minime.. evviva! Che traguardo per uno con due lauree e tre dottorati!
“ma è già tanto Fitz!!” ribatté Simmons, quasi in tono di rimprovero, mentre gli fasciava la mano rotta, contemporaneamente lui le stava spalmando una specie di unguento, sui tagli causati dai vetri, con la sinistra.
Entrambe avevano momentaneamente accantonato la vagonata di emozioni della giornata in nome del pensiero ‘siamo vivi e per ora è abbastanza’.
“comunque risentire la tua voce è splendido!” tagliò corto Skye, sempre convinta che fosse già un’ottima notizia il fatto che articolasse qualche parola. Simmons arrossì furiosamente a quelle parole, un po’ per rabbia, un po’ per imbarazzo, alla fine… gliel’aveva detto prima Skye, quanto fosse bello risentire la sua voce. Deglutì cercando di ingoiare anche il moto di antipatia immotivata nei confronti dell’amica che aveva sentito venir su.
“Skye potresti prestare attenzione a quello che fai? Stai cercando di mettermi un cerotto in bocca..” protestò debolmente Coulson
“oh! Scusa tanto AC!”

In quel momento l’attenzione di tutti e quattro venne rapita da un minaccioso rumore di passi proveniente dal corridoio, neanche il tempo di porsi domande che un’indignatissima May piombò nell’infermeria con Tripplett praticamente attaccato alle spalle nel tentativo di calmarla
“dove sta?? Dove sta???” chiese. Il volume di voce era controllato come sempre ma il tono perentorio e gli occhi fiammeggianti tradivano quanto fosse furiosa, Coulson le si parò davanti spingendo delicatamente Skye dietro di sé, proprio mentre la donna le si avventava contro puntandole un dito in faccia dicendo
“Skye! Cosa diavolo ti salta in mente di abbandonarci così!”
“May siamo stati attaccati” la interruppe con voce calma Coulson, la donna fece scattare lo sguardo da Skye a lui “siamo stati attaccati dal Soldato D’inverno, senza alcun preavviso” gli occhi di May si dilatarono leggermente a sentire quel nome mentre l’uomo continuava “se Skye non l’avesse rilevato e non avesse abbandonato la sua postazione per mobilitare gli agenti Romanoff e Barton, saremmo tutti morti”.
May sospirò buttando forte aria fuori dal naso, poi dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Skye si voltò di scatto lasciando la stanza, Coulson fece una smorfia e la seguì, mentre Skye si abbandonava contro il lettino da visita tirando un sospiro di sollievo.
“come stai?” le chiese Trip avvicinandosi mentre anche Fitz e Simmons riprendevano fiato “credevo t’avrebbe sbranata!”
“io ho un’altra domanda” replicò Skye facendo girare lo sguardo tra gli altri tre “chi diavolo è il Soldato D’inverno?!... anzi facciamo tre domande… perché manda onde elettromagnetiche? E perché Coulson e May sembravano tanto terrorizzati da lui?” Simmons le si fece accanto
“e non solo loro… dovevi vedere la faccia dell’agente Romanoff!”
“tu non sei un hacker? Fai le tue magie col computer e tiriamo fuori il suo file dal pozzo dati dello S.H.I.E.L.D.!” esclamò Trip dando un buffetto sulla spalla a Skye per incitarla
“camera mia” intervenne Fitz
“Fitz tu parli!!” proruppe Antoine, ma lui lo frenò con un gesto, agitando le mani come a dire che ne parlavano dopo e disse
“schermatura… rilevamento.. uso internet” alzando poi gli occhi al cielo per la fatica di dire una frase. Gli altri lo guardarono per un attimo perplessi, come a chiedergli perché diavolo avesse una roba del genere e lui fece spallucce
“prototipo… per Skye” la ragazza si sciolse in un sorriso enorme e gli afferrò la testa per stampargli un bacio sulla guancia
“sei un fottuto genio!” esclamò prima di trascinarselo dietro seguita da Trip e Simmons.


Base segreta di Fury, corridoio


“Melinda mi dispiace per…”
“lascia stare Phil, capisco benissimo” lo interruppe May voltandosi a guardarlo. L’aveva seguita fuori dall’infermeria temendo si fosse arrabbiata con lui, non lo sapeva proprio fare il direttore
“non volevo intendere che la vostra vita non fosse in pericolo, o che contasse meno della nostra” insistette lui. May abbassò lo sguardo a terra e questa volta l’ombra di una sorriso comparve sul le sue labbra
“quest’idea non mi aveva neanche sfiorata, tranquillo” gli disse vedendolo rilassarsi “questa faccenda del Sodato piuttosto…” aggiunse riprendendo la sua solita espressione seria “è davvero allarmante, sicuro che fosse lui?”
“purtroppo si, protesi d’acciaio, furia omicida e tutto il resto” sospirò Coulson rincamminandosi, guidandola verso il suo ufficio
“non possiamo lasciarlo in giro in quello stato” disse May camminandogli a fianco nel corridoio
“propongo di cercarlo e eliminarlo, posso occuparmene io se vuoi” Coulson scosse la testa mentre apriva la porta dell’ufficio e si faceva da parte per far entrare prima May
“io credo che dovremmo tentare un recupero invece” replicò mentre la donna andava ad appoggiarsi alla scrivania e lo osservava, braccia incrociate sotto al seno
“tu vaneggi..” disse May, non con l’intenzione di insultarlo, ma quasi preoccupata
“no Melinda, tu non c’eri… lui… non era lì perché HYDRA l’ha mandato… era solo e…” si prese un secondo per cercare la parola più adatta “confuso”
“confuso?”
“si.. se l’è presa con Simmons perché stava analizzando il cervello di Fitz, le ha urlato ‘sei stata tu a rendermi un mostro?’ io credo sia una cane sciolto adesso… in cerca di vendetta, o di risposte” May sospirò mentre l’uomo andava a poggiarsi anche lui alla scrivania accanto a lei
“ammesso che tu abbia ragione, e non ho detto che è così!” aggiunse piantandogli gli occhi neri in faccia per spegnere un qualsivoglia cenno di vittoria “cosa ti fa credere che vorrà il nostro aiuto, confuso o no sono 70 anni che gli inculcano in testa che lo S.H.I.E.L.D. è il suo nemico!” Coulson fece un amaro sorriso
“non siamo più lo S.H.I.E.L.D. Melinda… siamo solo un gruppo di pazzi che crede di poter proteggere l’umanità.” May gli sorrise, dolcemente stavolta, poi andò a guardarsi le mani, che ora teneva incrociate sulle cosce
“il capo sei tu… faremo come vuoi” concesse. Coulson sorrise al suo profilo, poi la sua espressione divenne di nuovo tesa
“non ti ho neanche chiesto come stai” le disse con tono colpevole mentre con un dito sul mento la voltava verso di sé per ispezionarla
“bene, per chi mi hai presa?” rispose ironica la donna, un atteggiamento confidenziale che si permetteva solo con lui “vuoi un aggiornamento missione?” suggerì sollevando un sopracciglio, come a dire che forse era di quello che il direttore doveva interessarsi, piuttosto che di averla offesa o meno, come aveva fatto poco fa.
“certo! Dimmi!” esclamò Coulson raddrizzandosi e stringendo le braccia al petto per ridarsi un contegno. May sorrise prima di continuare
“l'infiltrazione ha avuto successo, siamo stati scoperti solo una volta raggiunto il luogo in cui erano rinchiusi gli ostaggi” cominciò “tuttavia nessuno di noi tre è rimasto gravemente ferito, nè si contano perdite tra gli ostaggi, la grande maggioranza degli agenti HYDRA che è intervenuta è stata resa inoffensiva con le armi della buonanotte, ci sono state solo quattro vittime tra le loro fila.” si fermò un istante per controllare che Coulson non avesse nulla da ridire, così fu. “abbiamo caricato i ragazzi sul BUS e li abbiamo scaricati via via nelle città che ci indicavano, durante il viaggio mi sono premurata personalmente di contattare in forma anonima i servizi segreti per mandarli a arrestare gli agenti HYDRA che avevamo lasciato alla base in Canada” detto questo tacque.
“bhe... che dire... ottimo lavoro agente May” commentò Coulson lentamente, la conosceva da anni e sapeva che c'era qualcos'altro che voleva dirgli “c'è altro?” la spronò davanti al suo silenzio. May rimase in silenzio ancora per un pò..
“a dire il vero si” proruppe come se non riuscisse a trattenersi “ricorda il video di aiuto che abbiamo ricevuto?”
“indimenticabile...” commentò tristemente l'uomo passandosi una mano sul viso
“ebbene la ragazza che l'ha girato, era la sorella di quello che si vede morire nel video. Lei... non sto a spiegarti come, ma ha salvato la vita del capitano Rogers laggiù, e da quel momento non gli si è più scollata da vicino, l'abbiamo portata qui, è nell'angar insieme a Steve” disse facendo cenno con il capo a un punto imprecisato della stanza, come a voler indicare l'angar
“va bene...” disse perplesso Coulson “potrà stare qui, rimanere un agente non operativo, ce ne sono tanti, perchè non...”
“non è tutto Phil..” lo interruppe May “prima di andare via la ragazza ci ha portato in una cella frigorifera che fungeva da obitorio, il ragazzo, il fratello, era morto da un giorno e in quel postaccio facevano lo smaltimento 'rifiuti' solo una volta la settimana, quindi era ancora lì. Rogers l'ha portato via”
“ha portato il cadavere di quel ragazzo qui alla base?” chiese sbigottito Coulson
“si, l'ha messo nella cella criostatica del BUS, e quel che è peggio è che ha detto alla ragazza che forse si può fare qualcosa per lui!”
“perchè l'ha fatto!” proruppe l'uomo sconvolto, afferrando le spalle di May
“dimmelo tu Phil, sei tu quello tornato dal regno dei morti.. ne hai parlato con Steve?” Coulson si staccò portandosi le mani alla faccia in segno di frustrazione
“si! Cioè... ho dovuto, dirgli qualcosa... che ero davvero morto ma mi hanno riportato indietro.. May lui c'era quando sono morto! Mi ha visto cadavere!” si giustificò, ma la donna non sembrava intenzionata a fargli sconti
“forse avresti dovuto scendere più nei dettagli... ora ti toccherà dire a lui e a quella ragazza che non si può fare niente per quel ragazzino” fredda e risoluta come un muro di cemento. Coulson fece un profondo sospiro di sconforto mandando la fronte a sbattere sulla spalla di May
“ok...” borbottò con la faccia sprofondata nella stoffa della maglia “ok, ci vado... dammi solo il tempo per riprendermi un attimo, stavano per ammazzarmi neanche due ore fa..” May, anche se l'uomo non poteva vederla in quel momento, gli concesse un sorriso e passò la mano sopra la sua testa, mimando una carezza senza tuttavia toccarlo.

 

Base segreta di Fury, angar


Steve si caricò sulle spalle le ultime cose che si era incaricato di portar giù dall'aereo e percorse la rampa per scendere, tallonato stretto dalla giovane hacker, che da quando aveva stretto la sua mano nella base in Canada non gli si era scollata di dosso neanche di un metro.
"fatto.." disse a sé stesso il ragazzo scaricando dalla spalla destra l'ultimo sacco, poi si voltò e sorrise alla biondina
"senti..." cominciò lei quando si furono seduti "tu.. come ti devo chiamare? sei Capitan America vero?" chiese indicando con un dito, che spuntava dalle maniche della felpa dello S.H.I.E.L.D. Che le avevano dato, il costume con le stelle, le strisce e tutto il resto. Steve fece una smorfia
"pietà ti prego.... sono Steve. Solo Steve ok?"
"non ti piace essere un'eroe americano? O non ti piace essere al centro dell'attenzione?" il ragazzo si guardò le mani in imbarazzo, come sempre quando si parlava di lui come un fenomeno mediatico
"il tuo secolo ha un modo davvero eccessivo di metterti al centro dell'attenzione... io sono un soldato, non una rockstar!" protestò debolmente, lei arrossì pensando di averlo fatto irritare
"mi dispiace..." replicò in tono rammaricato "non intendevo.."
"no senti" si affrettò ad interromperla lui "sono io che non intendevo... farti sentire in colpa, perdonami" poi distolse lo sguardo in imbarazzo. Era sempre stato una frana a parlare con le ragazze, e passare 70 anni ibernato non aveva certo giovato al suo savoir fare..

-Bucky era bravo...- questo pensiero gli attraversò la mente assolutamente senza il suo controllo, e gli fece talmente male che lo cacciò via scuotendo la testa

"allora..." riempì il silenzio dell'enorme angar e le sorrise dolce "il mio nome lo sai.. qual'è il tuo?" la biondina si schermì leggermente e per un attimo si adombrò, come se pensare al suo nome le evocasse qualcosa di doloroso, poi incrociò i suoi occhi e fece un timido sorriso
"mi chiamo Easter...Easter Marshall"Steve sollevò un sopracciglio
"è un nome.... singolare..." commentò dopo un attimo di silenzio, cercando di non risultare scortese, ma lei rise, abituata a una reazione simile
"non preoccuparti! Lo so che è orrendo! Sai perchè non ho voluto che mi riportaste a casa?" chiese a bruciapelo, senza attendere risposta si alzò in piedi e si avvicinò alla capsula criostatica, Steve la seguì "perchè io e mio fratello Sunday eravamo orfani" riprese, rispondendo alla sua domanda precendente "siamo scappati dall'orfanotrofio Marshall a 16 anni" proseguì guardando il viso del ragazzo, immobile dentro la capsula, attraverso il vetro "lui e lo S.H.I.E.L.D. erano la mia unica famiglia..." commentò con un filo di voce, accarezzando il vetro della capsula. Steve sentì stringersi il cuore e le si avvicinò, fermandosi alle sue spalle e osservando anche lui il ragazzo da sopra la sua testa, istintivamente le posò una mano sulla spalla stringendo appena, per tentare di consolarla. Sunday Marshall era magro e alto, con gli occhi chiusi e l'espressione rilassata, se non fosse stato per il pallore mortale del viso poteva sembrare che dormisse.
Easter strinse le labbra fino a sbiancarle per non piangere a guardare quel viso che amava così tanto ridotto in quello stato, ancora non le sembrava vero, e ogni volta che si affacciava a prendere coscienza della cosa, sentiva le budella torcersi dolorosamente e il fiato congelarsi nello sterno nel sopraggiungere di un attacco di panico, così rimuoveva  il pensiero
"vuoi vedere una sua foto?" chiese a Steve voltandosi e frapponendo il cellulare tra lei e Steve, lui annuì sorridendole mentre lei iniziava a pigiare lo schermo velocemente, voltò il telefonino mostrando l'immagine di un ragazzino sorridente con un capello da gangster che ammiccava scherzosamente alla fotocamera
"io e Sunday siamo gemelli" raccontò Easter "all'orfanotrofio si divertivano a dare il nome ai neonati che esponevano lì davanti, ispirandosi al giorno del ritrovamento, non siamo 'nati' un 12 Aprile"
"e vi hanno chiamato domenica e Pasqua?**" esclamò Steve ridacchiando "ora capisco perché siete scappati!" commentò riuscendo a strapparle un sorriso
"vallo a dire al bambino trovato il 2 Novembre che hanno chiamato Grave!" replicò ridendo
"mio dio è mostruoso.." disse Steve coprendosi gli occhi con una mano facendola ridere di nuovo, poi le prese il telefono di mano per osservare meglio la foto, aveva i capelli biondo scuro e gli occhi celesti, a mandorla, niente occhiali, sopracciglia sottili e definite.... Steve pensò che non assomigliava molto a Easter in realtà e gli venne in mente che forse non erano gemelli, forse neanche fratelli, li avevano solo trovati lo stesso giorno
"sai, Sunday era sempre molto protettivo con me" gli stava raccontando la ragazza "è stato lui che lo S.H.I.E.L.D. ha contattato, ma gli ha detto che non se non venivo anche io non se ne faceva nulla, sai una volta... quando eravamo bambini e dei ragazzi più grandi mi facevano bullismo, lui ha manomesso i loro cellulari che gli sono esplosi in mano! Poi le ha prese dalla signorina Mich, ma disse che ne era valsa la pena, perchè a me non avrebbe più dato fastidio nessuno..." sorrise perdendosi nel ricordo e Steve fece altrettanto
"era un bravo fratello.." le disse tacendo i suoi dubbi, in fondo non era importante se non era stata la stessa madre degenere a partorirli, non era il sangue a rendere due persone fratelli, e lui lo sapeva bene. Di nuovo i suoi pensieri scivolarono su Bucky, laddove il suo sorriso da ragazzo si mischiama con lo sguardo omicida del Soldato d'Inverno "anche io ho perso qualcuno" le confessò "e anche se sono figlio unico, lui era mio fratello, sono passati anni, ma per me è come se fosse successo ieri"
"mi dispiace.." sussurrò Easter, un attimo prima di sentirsi passare un braccio intorno alle spalle
"mi prenderò io cura di te adesso" disse, non senza una certa vergogna, il Capitano. La ragazza sorrise, colmando lo spazio tra loro e abbracciandolo intorno alla vita
"e io di te Steve.."
Steve rimase per un attimo interdetto, con le braccia sollevate, a guardare quella ragazzina pelle e ossa che gli prometteva di proteggerlo, era così assurdo... ma dopotutto, pensò poggiandole le mani sulle spalle in un goffo tentativo di ricambiare il suo gesto, gli aveva già salvato la vita una volta no?


Base segreta di Fury, laboratori, il giorno dopo


Fitz varcò le porte scorrevoli, che si spalancarono al suo passaggio, brandendo un blocco stracolmo di fogli pieni di dati. Era già dalla sera prima che lui e Simmons ispezionavano il materiale raccolto dai computer della base su Soldato d'Inverno, in particolar modo sulle onde elettromagnetiche emesse dal suo braccio, per tentare di comprenderne il funzionamento, e loro due non avevano avuto occasione di scambiarsi una parola di natura diversa dal lavoro.
Non che lui potesse parlare chissà quanto in realtà.
Sollevò gli occhi dai fogli e incontrò il profilo di Simmons, poggiata al bancone con i reni, e china su un tablet a studiare i risultati degli ultimi test.
Bella.
Bellissima.
Nonostante gli occhiali di plastica a schermo e il camice.
Sollevò gli occhi, che gli si illuminarono nel vederlo (come sempre, ultimamente) si trovò a pensare Fitz, senza tuttavia volersi illudere
"ciao!"
"ciao.." rispose lui con un sorriso timido, guardandola poi rimettersi a lavoro.
Per un po’ alternò un'occhiata ai fogli e una a lei. Non gli sembrava vero di vederla lì, davanti a lui, dopo aver assistito alla sua caduta dalla finestra di un grattacielo. Da un lato si sentiva talmente colmo di felicità, per quel regalo inatteso del destino, da sentirsi perfettamente a posto, da non osare desiderare nient'altro, ritenendosi già sufficientemente fortunato, a poterla ancora vedere, toccare, ascoltare parlare.
Ma dall'altro lato i suoi sentimenti ruggivano per esplodergli fuori dal petto. Si sentiva un idiota. Mesi prima le aveva confessato i suoi sentimenti solo quando sapeva di stare per morire, in fondo all'oceano. Aveva avuto un'altra occasione, era miracolosamente sopravvissuto al suo gesto disperato. Chiunque al suo posto si sarebbe buttato a capofitto, grato a qualsiasi cosa si potesse credere, per aver avuto l'opportunità di vivere quell'amore, e non doversi accontentare di averlo solo confessato.
E invece lui, nascondendosi dietro la scusa di non poter parlare, aveva lasciato che tutto mollemente tornasse come prima. Loro due amici, che lavoravano insieme, che fugacemente qualche volta si scambiavano gesti d'affetto.
Come un codardo si era accontentato, della ritrovata normalità.
Ma la vita aveva voluto dargli una sonora lezione, fortunatamente non troppo severa da essere irreversibile, mostrandogli Simmons che poteva morire, da un momento all'altro, senza preavviso, e ancora senza che lui si fosse fatto avanti.
E allora che aspettava?
Coraggio Leo! Quale momento migliore di questo? Non c'è un momento veramente giusto!! ora siete soli, è già abbastanza!
Eppure una cosa ancora lo frenava.
Lui in fondo all'oceano le aveva già detto una volta cosa provava giusto?
E allora forse non stava a lei ora dargli una risposta?
Perché non diceva niente?
Anche laggiù non aveva detto niente ora che ci pensava.
L'aveva baciato.. dappertutto, ma non sulla bocca.
Era forse questa la sua risposta? Ti voglio bene, da morire, ma non nel modo in cui me ne vuoi tu?
Buttò fuori un enorme sospiro di frustrazione, che fece sollevare gli occhi di Simmons dal lavoro per  capire quale fosse il problema, ma lui senza guardarla si allungò solo sul tavolo che c'era tra loro per afferrare una penna.


Simmons lo osservò mordersi il labbro inferiore, concentrato nello scrivere qualcosa sul blocco con la mano sinistra. Lo sguardo gli scivolò sulla destra, fasciata. Un piccolo sorriso le si affacciò all'angolo della bocca mentre si sfilava gli occhiali da lavoro. Coulson le aveva raccontato che aveva colpito in faccia Soldato d'Inverno quando l'aveva lanciata giù.
Il suo povero Fitz si era incrinato tre nocche contro la faccia di quel tipo, doveva averlo colpito con tutta la forza!
Arrossì furiosamente riportando gli occhi sul computer, non appena si rese conto di aver pensato a lui come al SUO Fitz.
Ormai i suoi sentimenti per lui, complice anche l'involontario aiuto di Tripplett, le erano diventati ben chiari, eppure non riusciva a fare un passo nella sua direzione.
Ok, una scusa era che aveva meno esperienza di una tredicenne in quelle faccende, ma cavolo! Era di Fitz che stava parlando! Si fidava ciecamente di lui, non aveva mai provato imbarazzo nei suoi confronti, si era sempre sentita a suo agio!
Il problema era un'altro.
Una domanda le affollava la mente da un sacco di tempo ormai, ci aveva pensato una volta che lo vegliava, mentre era in coma.
Lui le aveva detto che per lui era più di un'amica. Laggiù in quel container maledetto. E lei avevo creduto che fosse innamorato. La cosa l'aveva talmente spiazzata che non aveva reagito.
Ma proprio quando si era resa conto di essere innamorata a sua volta... un'altra interpretazione di quella frase si era fatta strada.

"sei più di un'amica per me" le aveva detto... cioè poteva intendere "sei una sorella!"

le si accapponò la pelle dall'orrore al solo pensiero che potesse essere quella la giusta interpretazione.
Aveva desiderato chiederglielo fin da prima che riaprisse gli occhi, ma poi lui si era svegliato con l'afasia, e di nuovo aveva dovuto rimandare le sue domande.
Non voleva doverlo leggere... voleva sentire la sua voce. Sapeva che avrebbe creduto solo alle sue parole.
Ora Fitz parlava di nuovo.
Fece un respiro profondo per darsi coraggio e appoggiò il tablet sul bancone alle sue spalle. Doveva farlo... o avrebbe smesso di dormirci la notte!
"F-Fitz.." lo chiamò. Un filo di voce tremante, se la schiarì con forza mentre lui sollevava lo sguardo

-tira fuori le palle Simmons!!- si ordinò mentalmente

"Fitz, c'è una cosa che volevo chiederti.." iniziò, lui annuì tranquillamente, ignaro di cosa lei volesse parlare “quando.. quando eravamo lì sotto, sei mesi fa e tu” deglutì a vuoto, provando ancora dolore a ricordare quei momenti “tu mi hai salvata…. Hai detto qualcosa, qualcosa vorrei mi spiegassi meglio” a quelle parole Fitz si irrigidì completamente, preso alla sprovvista.
Ok aveva appena messo in conto di parlargliene quanto prima ma.. non immaginava lei avrebbe tirato in ballo l’argomento..ORA!
Iniziò a sudare e posò i fogli per asciugarsi le mani sul maglione.
“ecco io ho detto che eri l’amico più importante che avevo e tu hai detto che io invece ero più di un’amica per te” Simmons iniziò a parlare a velocità pazzesca “perciò volevo sapere…. Inche sensointendevipiùdiun’amica?tiposorellaotipochetipiaccio?” a un certo punto parlò talmente in fretta che la frase parve un’unica lunghissima parola e Fitz, nonostante l’imbarazzo, si ritrovò a ridacchiare
“non ho capito..” disse sorridendo dolcemente a vederla prendere alcune diverse tonalità di rosso ciliegia, mentre si rendeva conto di dover ripetere lentamente quella frase che con disumano sforzo aveva prodotto
“ho detto..” riprese a voce molto più bassa, schiarendosi la voce per calmarsi “che mi hai definita più di un’amica per te… intendi che sono come una sorella?” Simmons era molto fiera di sé per averlo chiesto. Fitz invece era a dir poco sbigottito: sorella? SORELLA???  Ma stiamo scherzando?? Ma che cazzo aveva capito??
Improvvisamente voleva dirglielo, voleva spiegarglielo urlando che era una maledetta deficiente per certe cose e che lui non aveva mai provato niente di meno fraterno in vita sua… per lei

-no. Non sei una sorella! A una sorella non mi sognerei mai di sbatterla al muro e baciarla finché ho fiato tutte le volte che la vedo! Sono pazzamente innamorato di te!- pensò con forza, mentre ancora la guardava allibito.

Ma dalle labbra un discorso simile non poteva uscire, un po’ per la vergogna un po’ per i postumi dell’afasia, una frase tanto elaborata era ancora fantascienza
“Simmons… io…no.. io per te” riuscì solo ad articolare. Alzò gli occhi al cielo in segno di frustrazione, detestandosi profondamente, non riusciva a dirglielo, non riusciva ancora a dirglielo! Ma il discorso non poteva, non doveva più decadere nella maniera più assoluta!
Così fece l’unica cosa che voleva davvero fare in quel momento.
Colmò la distanza che li separava con due passi, le passò con impeto il braccio sinistro dietro la schiena, la mano ben piantata tra le scapole, schiacciandosela addosso, e si avventò sulle sue labbra senza alcuna possibilità di difesa, baciandola con tutta la passione che l’attesa di quel momento aveva maturato, la sentì irrigidirsi tra le sue braccia ma non si fermò subito, continuò ancora per qualche istante a mordere le labbra di Simmons con le sue, come a voler prendere ancora quanto poteva prima che finisse.

Simmons era rimasta completamente paralizzata dalla sorpresa, e se ne stava lì con le mani sollevate davanti al busto quasi a protezione, a farsi baciare a quel modo da…
Cavolo era proprio Leo Fitz che la stava baciando così????? Cominciava a sentirsi l’intero corpo acceso di piacere, misto a un formicolio fin dentro le dita dei piedi. Proprio quando riuscì a rilassare le spalle nella sua stretta, lui si fermò. Aveva il fiato corto, e Simmons si accorse di avercelo anche lei, nonostante ciò la guardava dritta negli occhi.
Fitz la fissò per un istante, ogni dettaglio del suo viso, un qualcosa in più lo dedico alle sue labbra rosso ciliegia, come a volersi sincerare di aver davvero fatto quel pensava di aver fatto
“spero.. sia chiaro, ora” le disse tornando a guardarla negli occhi, poi attenuò la stretta dietro la sua schiena, permettendole di allontanarsi di qualche centimetro, e finalmente si concesse di arrossire fino alla punta dei capelli.
Dio! Ma che aveva fatto??
Fu questo a far sciogliere Simmons, che gli sorrise circondandogli il viso con le mani
“ti amo anche io Fitz” disse semplicemente, prima di baciarlo, un bacio dolce, con le labbra, trattenuto solo un paio di istanti di troppo per essere innocente, e poi ancora, e ancora. Al terzo bacio Fitz le dischiuse la bocca con la sua, e entrambe mandarono i loro cervelli pluridecorati a prendersi una pausa.


Fuori dalla porta del laboratorio May fece rapidamente dietro-front alla vista della scena e sorridendo tirò fuori dalla tasca il cellulare. Aprì il gruppo di Facebook denominato ‘scommessa FitzSimmons’ e digitò =ho vinto io, affacciatevi in laboratorio per prove inconfutabili, chissà come spenderò i vostri soldi stavolta?=
Un numero non ben calcolato di imprecazioni si levò da vari angoli della base pochi istanti dopo.

 

Base segreta di Fury, ufficio di Coulson, sera


“volevi vedermi AC?” chiese Skye facendo capolino con la testa nel piccolo ufficio. Coulson si alzò andandole incontro, Skye notò che nella stanza c’era anche una ragazzina pelle e ossa con una massa considerevole di capelli biondi e gli occhiali.
“Si, Skye ti presento Easter Marshall, agente di livello 1, come te” disse l’uomo indicandole la ragazza, che le rivolse un timido gesto di saluto con la mano
“oh certo!” sorrise la mora dando un’occhiata attenta all’intera figura di Easter “benvenuta! Sei la ragazza del cuore del Capitano giusto? Ho sentito parlare di te!” chiese in tono sornione facendola arrossire furiosamente
“ma no! Io veramente…” protestò
“Skye.. per piacere..” la rimproverò con poca convinzione Coulson, domandandosi come facesse quella ragazza a non essere MAI  seria
“che c’è?? Sei una ragazza giusto? E palesemente stai a cuore a Steve, quindi sei la sua ragazza del cuore!” si giustificò ironicamente lei, che dopo aver perso una barca di soldi per colpa dei FitzSimmons aveva solo voglia di fare un po’ la carogna
“ti ho detto di piantarla…” le sibilò Coulson sospingendola per un braccio verso la scrivania, di fronte al crescente imbarazzo di Easter, poi riprendendo un tono più professionale aggiunse “dunque ti ho convocata perché Easter è un agente non operativo di tipo informatico, mi ha detto che si occupa principalmente di intercettazioni” su quest’ultima parola gettò un’occhiata alla biondina, come a chiedere se aveva capito bene, lei si schiarì la voce e precisò
“si, sia in formato software che hardware, ho progettato buona parte delle nuove microspie che davano in dotazione agli agenti operativi nelle missioni stealt”
“fico… quanti anni hai?” commentò Skye, genuinamente impressionata
“19..”
“il punto Skye” si intromise Coulson “è che vorrei vi affiancaste per ottimizzare le ricerche del Soldato d’Inverno, sono sicuro che le vostre peculiarità potrebbero compenetrarsi molto efficacemente, a questo scopo” concluse
“bene!” esultò Skye sinceramente contenta “sono davvero felice di avere finalmente qualcuno che capisce qualcosa di quello che dico” aggiunse in tono più basso, rivolta direttamente a Easter “credimi delle volte ti sembra davvero di camminare da sola nel deserto qui dentro… tutti che sanno solo fare ‘spara! Spara! Colpisci!’” rincarò, lanciandosi quindi in un’imitazione dell’agente Romanoff con il tono però dell’agente Barton. Easter, nonostante la battutaccia precedente di Skye su lei e Cap scoppiò a ridere, mentre Coulson alzava gli occhi al cielo e si impegnava per non fare altrettanto (l’imitazione della voce di Barton era davvero convincente per la miseria!)
Quando le due ragazze stavano per congedarsi Coulson però tornò serio e fermò la mora per un polso
“Skye tu aspetta un secondo.. devo dirti una cosa… in privato” aggiunse lanciando un’eloquente occhiata a Easter, che recepito il messaggio chiuse la porta dietro di sé.
L’uomo lasciò andare la mano di un’incuriosita Skye e tornò verso la sua scrivania, dove raccolse un piccolo foglio di carta piegata in quattro. Lo osservò per qualche istante, sotto lo sguardo della ragazza, come a chiedersi se faceva bene a fare ciò a cui si stava apprestando.
“AC che succede? Comincio a spaventarmi…” lo spronò Skye stringendosi le mani sui gomiti
“c’è una cosa che voglio che tu sappia” rispose l’uomo voltandosi a guardarla “dopo ti lascerò la libertà di fare ciò che vorrai, non voglio spingerti in nessuna direzione particolare” precisò, invitandola con un gesto a sedersi. Lei non si mosse e lui non insistette. “le alte sfere mi hanno contattato questa mattina” buttò lì dopo un sospiro “ritengono non sia prudente trattenere qui ulteriormente Grant Ward” Skye non seppe di preciso se le fece più male il suo nome in sé, o il sentire Coulson che non lo fregiava più del titolo di ‘agente’. L’uomo continuò “sostengono che sarebbe meglio trasferirlo in una delle prigioni di massima sicurezza dell’FBI, in attesa di processarlo per alto tradimento, davanti alla corte marziale” la ragazza annuì, anche se la parola corte marziale le faceva paura, c’era ancora la pena di morte per alto tradimento in quel particolare tribunale. Coulson le si avvicinò di più, ora le loro spalle si sfioravano, lei riusciva quasi a sentire il calore emanare dal suo corpo “Skye… non hanno chiesto il mio parere, era un ordine, vogliono che sia trasferito stasera stessa. Teoricamente l’intera faccenda dovrebbe essere top secret però..” continuò ritirando il ballo il pezzo di carta piegato in quattro e ponendolo alla vista di Skye “ho voluto dirtelo ugualmente, nel caso tu avessi ancora qualcosa che vorresti dirgli…”
“cos’è quel foglietto AC?” gli chiese lei quasi senza guardarlo. Coulson fissò il pezzo di carta con un sospiro
“stamattina quando sono andato a comunicargli il trasferimento mi ha chiesto carta e penna e ha scritto questo….. per te” aggiunse dopo una piccola pausa. Skye distolse lo sguardo quasi odiasse quel pezzo di carta, perché?? Perché scriveva a lei??? “non l’ho letto, lo giuro” aggiunse Coulson un attimo prima di porgerglielo.
“e non voglio farlo neanche io!” rispose secca Skye allontanandosi dall’uomo di un paio di passi, quasi la sua precedente posizione scottasse, e tuttavia strappando il cartiglio dalle mani di Coulson e schiaffandoselo in tasca con forza. Phil non disse nulla, limitandosi a guardarla tristemente. “tu che faresti al mio posto, AC?” si sentì chiedere a bruciapelo “andresti da lui?”
“sei sicura di volerlo sapere? Quello che penso io?” rispose con un’altra domanda Coulson, con un tono dolcissimo
“no… in effetti tanto poi farei comunque come mi pare..” osservò Skye assumendo un espressione pensierosa e facendo sorridere Coulson
“che vuoi fare allora?” la incalzò l’uomo “partirà tra un paio d’ore, non appena sarà completamente buio” la ragazza chiuse gli occhi, trattenendo per un attimo dentro di sé, insieme al respiro, tutto il turbine di emozioni contrastanti che pensare a Ward le suscitava, poi sospirò pesantemente
“non voglio vederlo… sarebbe peggio, per tutti e due, ciò che dovevo gliel’ho detto l’ultima volta che sono stata laggiù” la sua voce era quasi un sussurro mentre diceva queste parole, fissando un punto imprecisato del pavimento accanto alla scrivania.
“molto bene… è tutto allora” le disse Coulson abbozzando un sorriso e avvicinandolesi “puoi andare” aggiunse, poi dopo un attimo di esitazione allungò un braccio verso di lei e, spingendola verso di sé con la mano sulla nuca, la strinse in un rapido abbraccio “passerà Skye… un giorno passerà” la ragazza serrò un attimo occhi e labbra per non emettere neanche un fiato, poi si scostò da lui, regalandogli un largo sorriso e gli diede la buonanotte.

 

Base segreta di Fury, alloggio di Skye

Due ore e mezza. Erano passate due ore e mezza dal suo colloquio con Coulson. Aveva sentito le leggere vibrazioni delle penne sulla scrivania quando il jet aveva lasciato la base. Grant Ward se ne era andato. Probabilmente per sempre. In questo momento doveva star sorvolando l’oceano. Sospirò tentando di convincersi che era meglio così, cosa avrebbe mai potuto dirgli di così risolutivo per il loro rapporto, pochi istanti prima della sua partenza?
Era ancora immersa in questi pensieri quando la sua attenzione venne rapita dal forte trambusto di voci che rimbalzavano nei corridoi.
Cosa diavolo stava succedendo a quell’ora della notte???
Si infilò le scarpe da tennis e aprì la porta della sua stanza cacciando la testa fuori, proprio mentre l’agente Koenig correva trafelato nel corridoio
“Koenig!” lo chiamò “che sta succedendo!?”
“devo avvertire immediatamente Coulson!!” esclamò quello in preda all’agitazione “il jet! Il jet su cui Grant Ward stava venendo trasferito è stato attaccato! Il pilota mi ha dato comunicazione che una forza spaventosa stava attirando l’aereo come in un orbita!” raccontò agitandosi convulsamente in preda a una crisi di panico “poi la parte posteriore con la cella di Ward si è staccata di netto dall’aereo, un attimo dopo la comunicazione è saltata!!”
“cioè mi stai dicendo che qualcuno/qualcosa ha rapito Ward??? Cioè… era lui l’obiettivo??” lo incalzò Skye paralizzata dall’orrore
“così pare!!” strillò l’agente Koenig un attimo prima di riprendere la sua corsa vero l’alloggio di Coulson.
Skye si sentì mancare la terra sotto i piedi e si accasciò seduta a terra, non riuscendo a serrare le mascelle, da quanto era sconvolta. La sua mano corse senza il suo controllo alla tasca dei jeans e ne estrasse il biglietto di Ward. Non seppe mai perché in un momento simile provò l’impulso irrefrenabile di leggere, quali fossero state le sue ultime parole per lei.
Lo stomaco gli si accartocciò su sé stesso dal dolore, e Skye vomitò un istante dopo riuscendo a malapena a raggiungere il cestino della spazzatura.
Sul cartiglio c’era scritta una sola frase

=se c’è stato un solo momento della mia vita nel quale sono stato me stesso, è stato quando ti ho detto di essere innamorato di te=

 

Note dell’autrice:
sto notando che più di una volta ogni 15 giorni proprio non riesco ad aggiornare, abbiate pazienza! Spero il capitolo vi piaccia! Passiamo agli asterischi:
*questa frase parafrasa una delle mie preferite del film “V per vendetta”
**Sunday significa domenica, Easter pasqua (il 12 aprile spesso è la domenica di pasqua), anche dopo… il due novembre è la festa dei morti, motivo per cui il disgraziato è stato chiamato Grave, cioè tomba XD

Ps: posso chiedere un parere su Easter? È entrata nel team senza il mio permesso XD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** cap 11 ***


NB: per chi non apprezza le scene del tipo di quella che segue, sappiate che la colpa è tutta di Jeremy Renner che dice sta roba - www.badtaste.it/2012/05/02/occhio-di-falco-e-vedova-nera-nei-sequel-film-marvel/28835/

 

 

 

Brooklyn, 12 Fulton street, appartamento di destra del piano rialzato,

 

Quando, non si sa bene come, erano riusciti a infilare le chiavi nella toppa e aprire la porta si stavano già baciando forsennatamente da qualche minuto. Era stato sufficiente che in ascensore lui le avesse infilato da dietro la mano nei capelli, in un’energica carezza sulla nuca, per dare inizio alle danze. E ora c’era da ringraziare il fatto che Natasha con le mani fosse davvero abile, se non si ritrovavano a scopare lì sul pianerottolo, sullo zerbino della signora Fishflower.
Non appena dentro Clint si chiuse la porta alle spalle con un calcio, mentre la donna quasi gli strappava di dosso la giacca di pelle. Il bacio era sempre più famelico, Clint sentì dolore quando Nat gli morse il labbro inferiore così forte da farlo sanguinare, così la afferrò per le braccia strappandosela di dosso, e poi la spinse con mala grazia contro il muro dell’ingresso, facendole sbattere, anche se piano, la nuca. Si guardarono per una frazione di secondo, entrambe divorati dal desiderio, poi lui si avvicinò afferrandole i lati del viso con forza e riprendendo a baciarla con foga, le profanò la bocca con la lingua quasi con violenza, tanto la voleva.

Tra loro il sesso, e soprattutto la parte dei ‘preliminari’, era paragonabile a una battaglia, dove nessuno dei due voleva darla vinta all’altro su niente.

Natasha si impossessò del corpo di lui per un attimo, passando le mani su ogni centimetro con forza, come a rivendicarlo. Era suo, solo suo, tutto suo. Ma durò poco. Clint le afferrò entrambe i polsi e li allontanò da sé, portandole le braccia sopra la testa e imprigionandole le mani nella morsa delle sue. Sorrise bastardo contro le sue labbra
“ah ah.. non si tocca.. non ancora” le soffiò sulla bocca, gustandosi l’occhiata di fuoco di protesta che ricevette in risposta.
Adorava competere con lei per chi doveva dirigere il gioco mentre facevano sesso. Era un continuo ribaltamento di fronti, anche se alla fine la lasciava sempre vincere (anche perché per riuscire a spuntarla lui avrebbe dovuto praticamente usarle violenza, e non era certo questo che voleva).
Riprese a baciarla, con un po’ più di calma, godendosela per un attimo dibattersi per cercare di opporre una finta resistenza, la schiacciò contro il muro con il peso del suo corpo, fondendolo completamente con il suo, mentre quasi la sollevava da terra per portare la sua bocca all’altezza della sua, la sentì lasciarsi sfuggire un gemito di piacere quando iniziò a strofinare il bacino contro il suo.
Durò un istante. Appena lui allontanò una mano dai suoi polsi per esplorare il profilo del suo corpo con le dita, Natasha si liberò le mani e gli tirò con forza i capelli indietro per guardarlo in viso, beandosi nel contemplare le sue pupille dilatate dal desiderio
“grave errore Clint..” sussurrò un attimo prima di darsi la spinta con i reni e serrargli le cosce d’acciaio intorno ai fianchi “adesso ti tocca reggerci tutti e due” lui la sorresse con un braccio intorno alla vita, poggiandola di nuovo al muro
“mio dio che dispiacere..” ansimò ironico affondando la mano libera sul suo seno e spostando l’altra dalla vita alle natiche di marmo. La baciò di nuovo, mentre lei serrava la presa con le gambe intorno ai fianchi sempre di più, mirando a togliergli il respiro, e contemporaneamente strusciando il bacino contro l’eccitazione sempre più presente di Clint, provocandogli ondate di piacere via via più intense.
Clint cominciò a sentirsi cedere le gambe per lo stordimento che il piacere gli provocava, così si staccò dal muro caricandosi il peso di Nat e la portò in camera. Quando con la coda dell’occhio lei vide il letto gli permise di lasciarla cadere sul materasso, e si gustò lo spettacolo di lui che si sbottonava i pantaloni e si strattonava via la maglietta.

Clint poggiò un ginocchio sul materasso e attese ansimando piano i secondi che Natasha impiegò a liberarsi dei vestiti poi, entrambe in ginocchio sul letto si riavventarono uno contro l’altro riprendendo a baciarsi, lui affondò le mani nei suoi capelli trattenendola con forza per la nuca, mentre lei gli afferrava il sedere premendolo con forza contro di sé.
Clint provò a spingerla schiena sul letto ma lei non glielo permise, lo strinse invece sulle spalle, premendo per un attimo il corpo contro il suo, poi mentre lui le avvolgeva la schiena con le braccia, con una gamba lo fece sbilanciare, lo voltò e lo sdraiò sul materasso, montandogli a cavalcioni sull’inguine, mentre lui quasi rideva per l’abilità che dimostrava nel riuscire sempre a ‘sottometterlo’
“una volta potresti anche chiedere, lo so che ti piace stare sopra” le disse afferrandole i fianchi
“zitto” intimò lei un attimo prima di sistemarsi su di lui, lasciando che la penetrasse, e iniziando a muoversi ritmicamente su di lui.
Clint non aveva nessuna voglia di parlare. La lasciò fare, cominciando a far vagare le mani sul corpo di lei.
Quando dopo un po’ sentì di star arrivando al limite contrasse gli addominali per sedersi, fondendo i loro corpi perfettamente, facendo aderire ogni centimetro di pelle sudata tra loro, Natasha iniziò a muoversi ancor più velocemente, poggiandogli la fronte sulla spalla, non riuscendo neanche lei più ad avere il totale controllo sul suo corpo, ma lui le afferrò i capelli sulla nuca e la tirò indietro, piano, attento a non farle male, perché voleva baciarla, le massaggiò la bocca con la sua lentamente, mentre serrava la presa sulla sua schiena e la mente gli si faceva liquida, per il sopraggiungere dell’orgasmo. All’improvviso la sentì tremare forte e di nuovo affondargli i denti sulla pelle, questa volta nell’incavo del collo, mentre veniva
“Clint..” la sentì esalare, e tanto gli bastò per venire anche lui, in un ansimo liberatorio.
Rilassò la schiena e per la prima volta se la tirò dietro, sdraiata addosso. La tenne abbracciata per un attimo, mentre tutti e due riprendevano fiato in silenzio. Poi la sentì muoversi e spostò il braccio per lasciarla andare. Natasha si scostò rotolando per un momento di fianco a lui.

Il tempo di fare un grosso respiro occhi al soffitto per Clint e lei si è già alzata. Come sempre.
Ancora stordito la percepì con la coda dell’occhio che raccoglieva qualcosa per terra, poi rumore di acqua nel bagno, infine sentì cigolare la porta finestra del piccolo balcone adiacente alla stanza.
Girò la testa per poterla guardare, dalle tende leggere la intravide, con indosso la sua maglietta che gli andava lunga fino a metà cosce, che guardava il fremere della notte di Brooklin sotto di loro, appoggiata alla balaustra.
Clint sospirò un po’ amaramente. Adorava fare l’amore con lei (e non ricordava come fosse farlo con qualcun altro, di sicuro niente di che), ma Natasha era sempre così sfuggente. Ogni volta che finivano si dileguava con una velocità impressionante, quasi avesse paura di guardarlo in faccia e rendersi conto che sì, l’avevano fatto di nuovo e notiziona! Erano anni che lo faceva solo con lui! Sarà mica che significa qualcosa no?
Barton si sedette sul letto recuperando pantaloni e biancheria. Era ora che la smettesse di fare il cretino e lo ammettesse, che il tempo in cui lui e Nat scopavano e basta, senza nessuna implicazione sentimentale, era finito da un pezzo, almeno per lui.
Vivere con lei l’aveva fregato.
L’aveva sempre apprezzata, stimata… e trovata estremamente eccitante.
Ma era stato vivere insieme, vederla con i capelli arruffati la mattina, fare colazione insieme, sorprenderla a guardare un film romantico e godersela cambiare convulsamente canale dandosi un tono nel vederlo, a farlo innamorare di lei.
Così si alzò e la raggiunse sul balconcino, si infilò la canottiera e si appoggiò di schiena alla balaustra, gomiti sul cornicione, mentre già la brezza della notte contribuiva a fargli rizzare i peli delle braccia, una sensazione gradevole.
“Nat” la chiamò “cosa stiamo facendo esattamente io e te?” Natasha si voltò per regalargli un sopracciglio sollevato e un’espressione perplessa
“io ti piaccio.. e tu piaci a me..ergo..” rispose con calma, no avendo idea di dove lui volesse andare a parare
“oh si ed è fantastico… non credere che non lo pensi” la incalzò lui “ma io voglio di più Nat, non mi basta più solo questo.. io ti amo” lo disse con una semplicità disarmante, la donna all’inizio fece un piccolo sbuffo di risata, un po’ amara
“oh ti prego Barton, smettila!” sospirò guardandolo da sotto in su, ma lui le restituì uno sguardo fermo, voltandosi verso di lei completamente, senza aggiungere altro.

Cazzo, non scherzava.

Natasha sentì serpeggiare una leggera agitazione lungo la spina dorsale, che la spinse ad abbandonare la comoda posizione rilassata, poggiata alla balaustra, e drizzar bene la schiena e voltarsi per osservarlo meglio in viso.
Sbuffò ancora girando la testa di lato, una volta che fu certa che lui non stesse scherzando, e sentì un peso andarsi a depositare sul suo stomaco
“oh mai dai…” balbettò quasi “tu mi conosci, io”
“è proprio perché ti ho conosciuta, che mi sono innamorato di te” la interruppe lui “e fidati che il sesso non c’entra. Nat io voglio addormentarmi nel letto con te e trovarti ancora lì la mattina dopo, voglio portarti fuori qualche volta e fare qualcosa di cretino insieme che non comporti giocarci la buccia, e voglio spaccare il naso a qualcuno che ti guarda perché ne ho il diritto, perché sei la mia donna” aggiunse. Natasha sentì lo stomaco fare ancora più male. La colpa era sua, che si era rammollita e aveva iniziato di tanto in tanto, davanti a lui, a recitare la parte di una donna normale. Ma lei non era normale. Credeva che lui la capisse, che fossero uguali, che condividesse con lei la convinzione che persone come loro (spie, assassini..) avessero visto abbastanza schifo nel mondo da essersi inariditi completamente.

-che bugia agente Romanoff- fischiò una vocina nella sua testa -lo hai sempre saputo che Clint Barton umanamente non c’entra niente con te, che è una persona con il cuore puro, nonostante gli orrori conosciuti. D’altra parte è la persona che ha deciso arbitrariamente di dare una seconda possibilità a una come te-

“ascolta” sospirò in tono amaro “tu lo sai bene chi sono.. cosa ho passato, cosa ho fatto nella mia vita” gli piantò gli occhi in faccia per dirglielo “gli unici sentimenti positivi che sono in grado di provare sono riconoscenza.. e rispetto.. li provo entrambi per te ma…. Non posso darti quello che vuoi, non so neanche cosa vuol dire la frase che mi hai detto” e poi fu colta da un moto di rabbia nel pronunciare quelle parole “sei uno stupido Barton! Hai rovinato tutto!” sputò fuori colpendolo con la spalla contro la sua, superandolo per tornare dentro.
Clint non ebbe neanche bene il tempo di rendersi conto di essere stato rifiutato che Natasha era già sparita dalla stanza con i suoi jeans in mano.
Un secondo dopo il rumore della porta che si chiudeva sbattendo riempì l’aria. Clint chiuse gli occhi e sprofondò il viso nel palmo della mano.
Qualcuno avrebbe annoverato la sua dichiarazione di un attimo fa una delle più grandi cazzate concepite da mente umana.

 

 

 

Isola di Dino, laboratori sotterranei, tre giorni dopo

 

 

Ward aprì faticosamente gli occhi. Vedeva sbiadito da morire, così li richiuse infastidito. Sentiva la testa confusa e pesante, come se qualcuno l’avesse usata per giorni come pallone da rugby. Lentamente riprese la sensibilità del corpo, la schiena poggiava su qualcosa di freddo e scomodo, poi la terrificante sensazione di non potersi muovere lo raggiunse, facendogli spalancare gli occhi e contrarre gli addominali per tirare sul il busto, ma non ci riuscì. Si scoprì il torace, i polsi e le gambe ancorati al tavolo di metallo da cinte di cuoio. La luce sparata a meno di due metri dal suo viso lo stava facendo sudare e gli feriva gli occhi, non permettendogli di esplorare con lo sguardo la stanza.
Mentre la paura gli stritolava le budella in una morsa, si accorse dell’uomo in piedi accanto a lui, che lo fissava con un sorriso amabile, e nel riconoscere i suoi lineamenti ebbe un moto di rabbia tale da fargli gonfiare le vene del collo e dibattere nel tentativo di liberarsi, nonostante i muscoli atrofizzati dalle privazioni.
Ian Quinn ghignò divertito del suo livore
“agente Ward non si agiti in questa maniera, le cinghie che la legano sono rinforzate con una cucitura speciale, non può spezzarle!” lo blandì con voce carezzevole.
Il ragazzo si fermò, non tanto per le sue parole ma per tentare di recuperare la lucidità necessaria per agire.

Come avevano fatto a catturarlo? Ricordava una figura umanoide dai tratti impossibili.

“certo che..” stava commentando Quinn contemplando lo stato del suo corpo “noi pensavamo di torturati tenendoti legato a questo tavolo, ma a quanto pare lo S.H.I.E.L.D. è sempre un passo avanti a noi” ironizzò crudele “guarda come ti hanno ridotto, dovevano essere belli incazzati con te non è vero?” lo canzonò ridacchiando
“cosa vuoi da me” sillabò Ward non raccogliendo la sua provocazione “non sono e non sarò mai più a servizio di HYDRA” Quinn gli sorrise amabile
“oh non preoccuparti, neanche io esco più a giocare con HYDRA, mi hanno stufato, sono davvero poco razionali” spiegò “ora lavoro in proprio e ho grandi progetti sai?” chiese cominciando a girare intorno al tavolo con passo lento e cadenzato, questo permise a Ward di notare che c’era qualcun altro con lui nella stanza, un giovane alto e dinoccolato, poggiato alla parete, lo studiava con un espressione indecifrabile “mi sto facendo aiutare da un amico molto speciale” continuava Quinn “non so se hai qualche ricordo di lui, nonostante tu sia svenuto è abbastanza…” cercò per un attimo un aggettivo adatto a descrivere il dottor Hall “memorabile!” Ward fece scattare la testa di nuovo verso di lui, provocandosi una dolorosa fitta alle tempie, dove il mal di testa stava prendendo il sopravvento

Non aveva solo immaginato quella creatura allora?

“se hai lui..” biascicò strizzando gli occhi nel tentativo di far smettere alla stanza di vorticare “a maggior ragione non vedo a cosa ti servo io”
“oh bhe vedi nulla è gratis a questo mondo” rispose Quinn “e lui, come pagamento per i suoi graditi servigi, mi ha chiesto di annientare Phil Coulson e tutto quello a cui tiene” Ward lo interruppe con una risata amara
“sei un pazzo a credere che a Coulson importi qualcosa di quello che mi succederà” fu allora che Ian ghignò, di un sorriso talmente perverso da distorcergli i bei lineamenti del viso in una maschera mostruosa
“mio caro ragazzo” scandì “e chi ha detto che farò del male a te?” Ward lo fissò per un istante senza capire, prima che lui continuasse “tu sarai solo il mezzo” concluse Quinn facendo finalmente cenno al ragazzo poggiato alla parete di avvicinarsi.

Il dottor Tyst guadagnò il centro della stanza, esponendosi alla luce posta proprio sopra il tavolo dov’era legato Ward. Poté quasi percepire a pelle la paura che filtrava dagli occhi di quel giovane legato e mezzo sanguinante. Lo guardò solo per un istante, poi distolse gli occhi cominciando ad armeggiare con una piccola scatola di metallo che aveva portato con sé, per non rischiare di essere ingoiato dalla paura di quel ragazzo.

“Vedi agente Ward..” stava dicendo Quinn mentre Tyst estraeva dalla scatola una lunga siringa contenente un liquido del colore dell’acciaio cromato “a me piace fare le cose in maniera creativa, e sì forse è vero che a Coulson non importa granché se domani legge sul giornale che sei morto (anche se non ci scommetterei), ma sono sicuro che c’è una persona a cui importa vero?” sorrise di nuovo “una bella ragazza con i capelli neri e gli occhioni da cerbiatta..giusto?” Ward strattonò con forza le cinghie cercando di liberarsi, ringhiando con odio, quando capì che parlava di Skye, Quinn lo ignorò “e sai che penso?” continuò “pensò che saperti ancora un traditore, che magari tenta di farle del male, la ucciderebbe molto di più che saperti morto”
“non esiste cosa a questo mondo e in nessun altro che potrai farmi per convincermi a farle del male!” gridò Ward dibattendosi con sempre più violenza, ormai il sangue che gli colava dai polsi stava iniziando a gocciolare giù da tavolo. Quinn era solo divertito, Tyst invece, pur non mostrando alcuna espressione, stava solo desiderando che il suo capo si stancasse presto di giocare
“non sottovalutarmi” sibilò Ian, afferrando poi la mascella di Ward e sbattendogli la testa indietro sul tavolo, trattenendolo giù (la prigione l’aveva debilitato più di quanto avrebbe voluto ammettere)
“vedi quella siringa agente Ward?” gli disse “il mio amico qui, il dottor Tyst, non lo diresti ma è un vero genio, quando me ne sono andato da HYDRA ho portato via un paio di cosine, tra cui il siero neurale con il quale tenevano a bada il Soldato d’Inverno, ne avrai sentito parlare..” Ward sgranò gli occhi.. si ne aveva sentito parlare eccome “era una robetta interessante ma Tyst l’ha addirittura migliorato! Adesso non cancella semplicemente la memoria, poi ci vorrebbe troppo per riaddestrarti, no! Adesso il siero ti getta in un illusione, e tu vedi quello che IO voglio che vedi” lo lasciò andare per permettere a Tyst di avvicinarsi mentre Ward lo guardava basito, incredulo che una cosa del genere fosse possibile “te lo spiegherò in modo che anche uno scimpanzé come te possa capirlo” lo sfotté Quinn “dopo l’iniezione se io ti di dirò di sparare nella pancia alla tua fidanzata Skye, tu lo farai, senza battere ciglio, allora probabilmente Coulson ti ammazzerà e solo allora sapranno che eri controllato e non volevi farlo” nel dire questo si spostò dietro il tavolo e bloccò la testa di Ward con entrambe le mani per tenerlo fermo, Tyst con aria professionale premette leggermente lo stantuffo della siringa per togliere tutta l’aria e una piccola goccia di liquido cromato scivolò giù dalla punta dell’ago, si avvicinò e la puntò alla vena del collo del ragazzo che tentava di sottrarsi con tutte le forze.
La voce di Quinn che gli sussurrava carezzevole all’orecchio: “niente distruggerà di più Coulson di vedere la sua preziosa Skye in pezzi” fu l’ultima cosa che sentì prima del dolore al collo per l’ago che entrava, il bruciore del siero che lo invadeva fino agli occhi, e poi il buio.

 

 

Isola di Dino, angar sotterraneo

 

“gradirei scaldarmi un po’ prima di cominciare” disse serenamente il dottor Hall mentre entrava nell’angar varcando la soglia dell’ascensore, seguito a ruota da Quinn e Tyst.
Avevano lasciato Ward in una delle stanzette a riprendersi, in attesa di vedere se il siero avesse funzionato, ed erano andati ad informare Hall del buon andamento dei preparativi del piano.
Era stato allora che la creatura aveva espresso la volontà di provare i propri poteri su larga scala, prima di dare il via all’azione.
Dopo il suo primo exploit nei laboratori, al momento del suo risveglio, non aveva più applicato cambiamenti di gravità su aree più grandi di un piccolo oggetto o una singola persona (aveva più o meno accidentalmente causato una commozione cerebrale a l’inserviente che gli aveva fatto cadere il pranzo sui piedi, una settimana prima) e voleva mettersi alla prova.
Quinn non era molto entusiasta all’idea, ma nonostante non volesse ammetterlo, non se la sentiva di contraddire il rancoroso professore. Tyst invece adorava ammirare le manifestazione di potere di Hall e si era portato dietro anche una piccola telecamera per registrarlo.
“dimmi quale ti serve di meno” ordinò Hall, guadagnando il centro dell’angar, proprio dove facevano bella mostra di sé 5 aerei di varie dimensioni e potenza.
“a dire la verità sono tutti velivoli nuovi” borbottò Quinn facendo sorridere tra sé e sé il dottor Tyst “ma accomodati pure con quello alla tua sinistra” disse a voce più alta all’indirizzo di Hall.
La creatura ghignò per un attimo prima di concentrarsi sul malcapitato aereo, fece scivolare via il cappuccio della felpa dalla testa cominciando a far scricchiolare le articolazioni del collo a destra e a sinistra, le crepe che gli pervadevano il capo pulsavano ritmicamente lasciando intravedere la lava incandescente.
Tyst pensò per un attimo che era come osservare il nucleo del pianeta a lavoro.
Hall si concentrò per qualche istante ad occhi chiusi, poi posò i suoi occhi inumani sull’aereo ch prese a vibrare, prima impercettibilmente, poi sempre più forte cose se sotto di esso ci fosse un terremoto.
Sotto gli occhi via via più sbalorditi di Quinn e Tyst, il velivolo cominciò a schiacciarsi, comprimersi, l’esile carrello su cui poggiava cedette sconquassandosi in un clangore metallico, sotto il peso dell’aereo, centuplicato dalla gravità sempre crescente.
Sulle lamiere iniziarono a comparire, con dei boati, delle profonde rientranze, come se un gigante stesse prendendo il velivolo a martellate.
Quando Hall strinse la mano destra a pugno, e il centro interno dell’aereo parve risucchiare le lamiere verso di sé, Tyst lasciò cadere la telecamera a terra, incapace di mantenere salda la presa della mano.
In pochi minuti il velivolo prese le sembianze di una macchina finita in una pressa idraulica per sfasciacarrozze.
Hall abbassò la mano e il silenzio inghiottì l’intero angar. Quinn parve rendersi conto solo in quel momento del gran fragore che c’era stato fino a quel momento, tanto la sua attenzione era stata rapita dalla manifestazione di una tale potenza

-se questo è quello che è accaduto a un caccia d’acciaio rivestito.. cosa mai potrebbe succedere a un corpo umano, fatto di ossa e carne?- si trovò a pensare… provando quasi un moto di nausea

Senza dar tempo ai due spettatori di riprendere fiato, Hall ricominciò il suo lavoro di compressione, mirando probabilmente a ridurre il materiale dell'aereo al limite minimo di spazio concesso dalle sue molecole. Tyst scosse le spalle per riprendersi, chinandosi poi a recuperare la telecamera
“tutto ciò è spaventoso..” sussurrò quasi “tanto potere non dovrebbe essere a disposizione di una mente umana” Quinn colse qualche parola e si avvicinò allo scienziato, recuperata parte della sua baldanza
“suvvia dottor Tyst, il professor Hall ha una mente umana, ma incredibilmente razionale, sono sicuro che non si la lascerà sopraffare da tutto questo”
“si sbaglia” lo gelò Tyst “io ho una mente razionale, qualcun'altro si può dire che abbia autocontrollo, ma il professor Hall...” fece una pausa per gettare una preoccupata occhiata alla creatura che sorrideva soddisfatta del suo operato “è guidato solo dal suo rancore, ciò non è affatto...razionale” concluse spegnendo la telecamera con uno scatto nervoso. Quinn per una volta parve riflettere seriamente sulle parole del giovane scienziato. Cosa avrebbe fatto se Hall avesse davvero perso la testa?
Di colpo gli venne in mente l'orribile sensazione che gli aveva provocato subire l'effetto di quel potere devastante, e istintivamente portò un dito ad allargare il collo inamidato della camicia, a disagio.
Fu in quel turbine di sensazioni negative che gli tornò alla mente una scena. Tyst in piedi, mentre tutti gli altri presenti agonizzavano sotto il loro stesso peso, Tyst che fa qualcosa per la quale poi il dolore finisce.
Sgranò gli occhi ricordando l'accaduto
“già è vero...” disse rivolto al giovane, scandendo bene ogni parola “è lei quello con la mente razionale dottor Tyst...” lo scienziato si sentì a disagio per quel comportamento “tanto per curiosità” continuò Quinn abbassando il volume della voce fino a renderla appena percettibile “cosa propone nel caso in cui Hall perda il controllo? Lei lo sa non è vero? Lo ha già fatto dico bene?” lo incalzò “come c'è riuscito? Cosa ha fatto quel giorno?” Tyst spostò il peso da un piede all'altro, in imbarazzo, poi pressato dal suo sguardo rispose
“oh d'accordo..” esordì “mi ero preparato all'eventualità che non si controllasse! Sono un fisico teorico, calcolo sempre ogni variabile prima di rischiare un approccio pratico!” Quinn lo invitò a saltare i preamboli con un gesto della mano, e Tyst riprese la sua solita espressione tra il glaciale e lo scocciato, come ogni volta che lo si interrompeva in una spiegazione “innanzi tutto ho prodotto un contatto fisico con lui” riprese asettico “il suo corpo è immune ai cambiamenti gravitazionali che produce, per via di una circuito elettromagnetico interno bioalimentato, e per il principio secondo il quale i corpi umani conducono l'elettricità tramite il contatto, toccandolo sono entrato a far parte del circuito di cui sopra, dopodiché gli ho iniettato nel braccio un preparato di mia invenzione, una miscela di bario e tallio” concluse come se ciò bastasse, ma Quinn sollevò un sopracciglio e strinse le labbra fino a ridurle a una linea bianca, a far intendere che non si era spiegato affatto, Tyst roteò gli occhi “uff.. il bario e il tallio sono materiali radioattivi!In grado di creare ioni che rallentano l'azione della forza di gravità... in pratica è una specie di defibrillatore su misura, lo spegne temporaneamente” aggiunse in tono disgustato dal dover abbassare la sua brillantissima idea a una frase tanto elementare e riduttiva. Quinn ignorò il suo disappunto e annuì energicamente, distogliendo lo sguardo solo per un istante, per donare a Hall che si si era voltato a guardarlo un sorriso compiaciuto e un pollice in su in segno di approvazione.
“voglio un po' di quella roba” sibilò a bassissima voce all'indirizzo di Tyst “mi prepari una versione tascabile con 'la medicina' per quel mostro stasera stessa... voglio tenerla sempre a portata” lo superò e sparì oltre le porte dell'ascensore
“ si signore...” ringhiò quasi Tyst, che detestava prendere ordini da una persona tanto ottusa.
“lui ha avuto paura... non è vero?” chiese Hall rimettendosi il cappuccio e avvicinandosi compiaciuto allo scienziato
“più di quanto immagina professore” rispose Tyst tirando le labbra in un sorriso forzato.

 

 

Base segreta di Fury, laboratori

"novità?" chiese Coulson irrompendo nel laboratorio con un fascio di fogli in mano.
Simmons scosse la testa distogliendo lo sguardo dal computer
"non molte signore, stiamo esaminando le immagini della carcassa dell'aereo prese dai '7nani', ma non riusciamo a spiegarci come abbiano fatto strappare in quel modo in due l'aereo." gli disse mostrandogli un'immagine sul proiettore 3D. La foto ritrareva da vicino la lamiera oggetto di studio, era completamente divelta, come se una forza sovraumana avesse sradicato in un sol colpo saldature e bulloni.
"un dotato che controlla i metalli?" ipotizzò il direttore
"impossibile" gli fece eco Fitz alle sue spalle "l'unico sulla lista....sottochiave.....prigione di plastica, ho controllato, è ancora lì"

l'uso della parola era migliorato a vista d'occhio negli ultimi giorni

"e poi nella scatola nera non c'era traccia di squilibri elettromagnetici negli strumenti, al momento dell'incidente" aggiunse Simmons con un sospiro.
"potrebbe essere stato... il Soldato d'Inverno" propose Fitz, ma Coulson agitò una mano come a scacciare l'idea
"no... che motivo avrebbe per rapire Ward?" obiettò
"perchè, che motivo aveva per buttare Simmons....da un palazzo???" replicò accalorandosi e abbandonando il suo lavoro per avvicinarsi a Coulson. L'uomo si massaggiò gli occhi, recuperare il Soldato era passato in secondo piano dopo l'aggressione al jet (che aveva anche causato la morte di un pilota e due bravi agenti con famiglia), ma Coulson aveva comunque ritenuto giusto informare la squadra delle sue intenzioni.
Com'era prevedibile Fitz non l'aveva presa tanto bene.
"Fitz te l'ho già spiegato due volte..." sospirò stancamente "Simmons stava studiando il tuo cervello, probabilmente gli ha ricordato qualcosa che lui stesso ha subito, anche se folle un motivo c'era... rapire Ward non ha senso per lui.." il ragazzo buttò fuori aria dal naso, per nulla convinto all'idea di perdonare quel tipo, Simmons rivolse un piccolo sorriso al suo profilo, trattenendosi da dargli un bacio davanti a Coulson, e costringendosi invece a rimettere mano alla tastiera
"comunque, sempre a proposito della scatola nera, qualcosa di strano l'ho trovato" riprese mandando questa volta sul proiettore un grafico "in questo diagramma ho raccolto tutti i dati altimetrici, guardi qui, vede questo picco?" continuò indicando la colonnina arancione più a sinistra "il jet durante l'attacco, proprio mentre la parte con la cella veniva strappata, è salito di quota di quasi 1000 m in pochi secondi!"
"quasi come se venisse attirato su!" la interruppe Coulson strabuzzando gli occhi, i due scienziati annuironi all'unisono
"magari non vuol dire niente.." mise le mani avanti Simmons
"ma è come minimo strano" completò la frase Fitz
"sono certo che è la direzione giusta" annuì Coulson "tenetemi aggiornato..." concluse prima di salutarli e lasciare il laboratorio.
Simmons sospirò
"ci mancava pure questa.." si lamentò debolmente. Già non era sufficiente l'HYDRA insinuato fin nelle viscere dell'organizzazione, non era sufficiente essere considerati dei terroristi agli occhi del mondo, non era sufficiente un pazzoide con tendenze omicidi tali da preoccupare Vedova Nera che presto sarebbe stato ospite della loro base, ci mancava la forza sconosciuta e sovraumana che squarciava in due aerei come fossero stati tramezzini e il rapimento del loro ex-compagno. Simmons ogni tanto rimpiangeva i tempi in cui faceva parte di quell'enorme fetta di popolazione mondiale che vive serena, ignara delle forze non-umane pronte a sconvolgere il mondo di cui lo S.H.I.E.L.D. prontamente copriva le tracce.
Fitz le si avvicinò e vedendola pensierosa le posò un timido bacino su una tempia
"è tutto ok?" le chiese quando lei si voltò a guardarlo. Simmons annuì sorridendo. D'altra parte se non avesse fatto parte dello S.H.I.E.L.D. non avrebbe mai conosciuto Fitz, e la sua vita non sarebbe mai diventata veramente completa.
Senza contare che era troppo curiosa per non trovare sotto sotto intrigante tutta quella rete di cose misteriose.
"hai parlato con Skye?" la domanda di Fitz la strappò ai suoi pensieri, scosse la testa
"non ha voluto farmi entrare... dice che sta cercando di rilevare il tracciato del localizzatore GPS di Ward.. anche se si perde in mezzo all'oceano, dice che in camera si concentra meglio"
"ma... non credi, cioè, non le credi, vero?" chiese ancora lui riavviandole una ciocca dietro l'orecchio. Simmons sospirò
"io credo che stia ancora smaltendo il dolore, e non vuole farci vedere che gliene causa così tanto"

 

Base segreta di Fury, due giorni prima

Non appena Clint aveva varcato la soglia della base Provvidenza aveva subito capito che qualcosa non andava, c'era una frenesia pazzesca. Un minuto dopo un messaggio sul cellulare da Coulson in persona che recitava

-dovete rientrare immediatamente-

confermò i suoi sospetti. Si prese un istante per sospirare al pensiero che persino Phil mandava le comunicazioni a lui e Natasha dando per scontato che fossero insieme, e invece non era più così. Dopo la sua cazzata da Guinnes Nat non si era più fatta nè vedere nè sentire, e lui non eveva neanche provato a cercarla, se c'era una persona sulla terra in grado di far perdere le sue traccie quella era Natasha Romanoff.
Stava ancora valutando se fosse il caso o meno di chiamarla per dirle che erano stati richiamati quando Tripplett gli venne incontro
"hei Barton, che velocità... la notizia ha già raggiunto la costa?" gli chiese avvicinandosi per afferrargli la mano e battergli l'altra su una spalla
"in realtà è stato un caso... che diavolo succede?" chiese a sua volta Clint ricambiando la stretta, Trip fece una smorfia
"stavamo trasferendo quel rifiuto di Ward.. l'aereo è stato attaccato, lui prelevato e l'intero equipaggio salato in aria insieme all'aereo" lo aggiornò in tono grave
"alla faccia del cazzo!" imprecò Barton
"già e non sai la cosa più divertente.." incalzò Trip "il pacco è stato portato via con l'intera cella di detenzione, è stata strappata via dall'aereo"
"merda!"
"puoi dirlo forte..." concordò Trip.

"agente Barton è già qui, bene!" il sopraggiungere di Koenig distrasse i due "il direttore ha detto di mandarla immediatamente nel suo ufficio non appena arrivava" disse l'ometto tentando di dissimulare il fiatone per la corsa. Barton sospirò frustrato all'idea di dover vedere Coulson da vicino, Trippletto ghignò tra sè, conoscendo bene l'astio che ultimamente il ragazzo nutriva per il direttore
"ti vogliono nell'ufficio del preside Clint!" lo canzonò battendogli un paio di volte la mano sulla schiena, lui se lo scrollò di dosso, di umore peggiore di quello di prima se mai era possibile
"fai meno lo spiritoso.." gli ringhiò incamminandosi
"e l'agente Romanoff dov'è?" chiese Konig alla sua schiena, Barton sentì percorrere la spina dorsale da brividi di rabbia, ma perchè tutti davano per scontato che stessero insieme???
"sta cercando parcheggio!" gridò stizzito senza voltarsi
"come...?" chiese perplesso Koenig
"non lo so dov'è!" esplose Barton voltandosi "sono il suo partner sul lavoro non sua madre!" sbraitò prima di rincamminarsi sbattendo i piedi a terra ad ogni passo
"perchè si arrabbia tanto..?" chiese basito Koenig a Tripplett
"mha... lo sai che vedere Coulson lo mette di cattivo umore" rispose Trip vago.

 

Clint era ancora piuttosto di cattivo umore quando entrò nell'ufficio del direttore senza bussare, non si sorprese di trovare lì Skye, sapeva che lei e Coulson avevano legato molto (una parte del suo cervello non poteva rifiutare di ammettere che fosse facile affezionarsi a un uomo come Phil), in più gli avevano raccontato i trascorsi che la ragazza aveva avuto con quell'agente che si era rivelato dell'HYDRA, Grant Ward.
"signore.." salutò con distacco, avvicinandosi poi a Skye concedendole un sorriso e una stretta alla spalla, che lei accolse con gratitudine.
"Clint, bene sei arrivato presto...dov'è Natasha?" chiese innocentemente Coulson. Barton chiuse un istante gli occhi per tentare di rimanere calmo
"non siamo tornati insieme" ringhiò quasi.

Il prossimo che gli chiedeva dov'era Nat si sarebbe ritrovato una freccia dove non batte il sole, parola sua

Coulson intuì più di quanto non avevano fatto gli altri, conosceva bene Clint, sapeva da prima di lui cosa provava per Natasha e non volle infierire con altre domande, o evidenziando la necessità di rintracciarla

"bhe la aggiorneremo" tagliò corto "immagino che avrai saputo cosa è accaduto, l'aereo sul quale trasferivamo Grant Ward è stato attaccato e lui è stato catturato, non abbiamo idea del perchè" spiegò mostrandogli contemporaneamente sul computer un immagine della zona in cui si era perso il contatto radio con l'aereo "probabilmente la carcassa è da queste parti" spiegò indicando un'area della mappa" Skye distolse lo sguardo ricacciando indietro il magone di lacrime, alla parola 'carcassa', Clint le gettò un'occhiata annuendo. "non appena l'agente Romanoff arriverà, voglio che andiate con i FitzSimmons sul posto, cercate di scoprire quanto più possibile: sull'incidente, sui rapitori, sul mezzo che hanno usato... tutto quanto" Barton annuì di nuovo "è tutto" concluse Coulson, ma parlò di nuovo non appena i due nella stanza fecero per andarsene "Skye ci dai un minuto?" chiese alla ragazza. Lei diede una rapida occhiata a Barton e poi guadagnò l'uscita a passo svelto. Clint avrebbe voluto tanto andar via con lei. Era più forte di lui, ancora tutte le volte che si trovava Coluson davanti, con il suo modo di muoversi, parlare, sorridere, che ricordava così nitidamente dai tempi dell'addestramento, gli veniva solo una gran rabbia, e una gran voglia di prenderlo a sberle. A volte si domandava se sarebbe mai riuscito a perdonarlo, per essersi finto morto, e averlo fatto cadere in depressione per due anni.
Si voltò con riluttanza verso di lui
"che cosa vuoi" chiese in tono brusco, abbandonando l'appellativo rispettoso che usava sempre, dato che erano soli. Coulson ignorò la cosa e gli si avvicinò
"Clint, è successo qualcosa? Tu e Natasha avete.."
"senti" lo interruppe bruscamente Barton, intuendo dove lui volesse andare a parare e irritandosi solo all'idea di parlarne proprio con Coulson "fammi il piacere, fai come hai fatto negli ultimi due anni, fatti i cazzi tuoi!" sbraitò un attimo prima di girarsi e andarsene. Coulson chiuse gli occhi allo sbattere della porta. Aveva creduto che una volta sbollita la rabbia a Clint sarebbe passata. Che avrebbe capito la situazione del cavolo in cui si era trovato, e che non aveva avuto scelta.
Si era sbagliato.
Loki gli aveva levato tutto quel giorno, e anche se gli avevano restituito la vita, Audry e il suo allievo, li aveva persi per sempre.

Appena fuori dalla porta dell'ufficio Clint si sentì afferrare per la maglietta e si ritrovò con il naso a due centimetri da quello di Skye che lo fissava con aria truce. Fece scattare un sopracciglio verso l'alto e l'ombra di un sorriso spuntò all'angolo della sua bocca
"hei! Che c'è ci stai provando?" chiese con aria malandrina, ma Skye spense subito il suo scherzare spingendolo indietro e ringhiandogli
"smettila di fare lo stupido!"
"come prego?" ribattè Clint tornando serio, tuttavia più sorpreso che irritato, Skye gli si rifece sotto
"intendo di fare il prezioso con Coulson, smettila!" ribadì. Clint roteò gli occhi, aveva origliato
"senti ragazzina, tu non sai un bel niente di questa storia perciò.."
"credimi so quanto basta!" lo interruppe lei "ti rode perchè non ti ha fatto sapere che non era morto! È brutto quando le persone che amiamo ci mentono, lo so" addolcì appena il tono su queste due ultime parole, Clint rilassò le spalle e la fissò sorpreso, Skye continuò "è vero forse Coulson avrebbe potuto trovare il modo di farlo sapere almeno a te, forse si sarebbe potuto impegnare un po' di più, scusa tanto se stava cercando di venire a patti col modo in cui l'avevano riportato indietro, te ne sei interessato almeno per un attimo di questa cosa??!" stava ricominciando ad arrabbiarsi e lo colpì con una manta sulla clavicola come scuoterlo "ti sei chiesto cosa faresti se quella di poco fa fosse stata l'ultima occasione di parlarci? He??" lo colpì di nuovo e Clint gli stava venendo quasi da ridere per la furia che ci metteva "la vita è troppo breve, troppo labile, per tenere il muso per sempre alle persone a cui teniamo" soffiò Skye, ora con la voce che quasi gli si rompeva, cosa che fece immediatamente smettere a Clint di divertirsi, la ragazza abbassò gli occhi a terra e parve calmare un po' la sua rabbia, sciogliendola nella tristezza "credimi io lo so cosa provi, il mio AS non solo mi ha tenuto nascosto qualcosa, ha ingannato tutti, lavorava per il nemico, ora diceva di essersi pentito, me l'ha detto decine di volte, ieri avrei potuto avere l'occasione di incontrarlo l'ultima volta e almeno lasciarlo andar via riappacificandoci.." fece un sospiro più profondo degli altri, per ordinare alla voce di non tremare "ma non l'ho fatto" esalò, poi sollevò lo sguardo su Clint che ora la guardava con tristezza "non fare anche tu il mio stesso errore, anche perchè Coulson non se lo merita affatto, è una brava persona" concluse.
Clint stava per dire che lo sapeva... sotto sotto... ma Skye non glielo permise e indietreggiando di due passi gli intimò puntandogli un dito contro "quindi o la smetti o ti prendo a calci nel sedere personalmente capito!!?" poi si voltò e andò via a passo di carica.

Clint smorzò un sorriso.. ma guarda te che tipa... lo minacciva pure!! si ricompose all'istante quando dal fondo del corridoio vide Skye incrociare il cammino con Natasha, che invece veniva verso l'ufficio, non era proprio pronto a vedere come si sarebbe comportata!
"Nat.." disse sorpreso
"hei..." lo salutò lei "Coulson mi ha telefonato e sono venuta subito, pare che abbiamo del lavoro da fare io e te" Clint si rilassò a vederla comportarsi normalmente, d'altra parte a ben pensarci non che si aspettasse di vedere Nat comportarsi come una qualsiasi ex amante imbarazzata. No, lei non era certo il tipo da chiedere cambi di partner o roba del genere, in modo da mettere in piazza i fatti loro, era triste la consapevolezza che non ci sarebbe stato niente di più, ma era contento di non aver perso la partner di cui più si fidava al mondo. Sorrise annuendo.
Lei ricambiò il sorriso e battendogli una mano sulla spalla aggiunse "vai a prendere i tuoi giocattoli, vado a chiamare i due pappagallini e ci vediamo all'angar tra 10 minuti"

 

Base segreta di Fury, alloggio di Steve, due giorni dopo

 

Steve se ne stava seduto sulla sedia di metallo rubata in sala mensa poco prima, ad osservare con aria dubbiosa Easter che, sistemata in piedi tra le sue gambe leggermente divaricate, rimestava una sostanza cremosa in una piccola ciotola
"sei sicura che funzionerà?" chiese per circa la trentesima volta, la ragazzina sbuffò
"uffa Steve che noioso! Ti fidi di me o no? Ho fatto decine di tinture per capelli fai da te!"
"e sei certa che vada bene anche per le sopracciglia??" obbiettò ancora il Capitano, molto refrattario a farsi mettere ancora sostanze chimiche in faccia. Lei stufa gli spinse la fronte indietro con una mano fino a fargli guardare il soffitto
"bhe sempre meglio del biondo platino, non sei credibile nè minaccioso conciato in questo modo, ora zitto e resta così sennò ti cola negli occhi!" gli intimò

"va bene va bene agli ordini!" ridacchiò Steve di tanta imperiosità.
In effetti era quasi una settimana che se ne andava in giro come una parodia di Lady Gaga, era ora di fare qualcosa.
Easter si avvicinò brandendo una spatolina e comiciò a spalmare una piccola quantità di prodotto sul sopracciglio sinistro di Steve, pian piano, attenta a non sporcare la pelle circostante, il Capitano sorrise appena a vedere il suo visetto concentrato.
"come l'hai presa?" interruppe il silenzio Easter "intendo la notizia che hanno incontrato Bucky, dopo che l'hai cercato per tanto tempo".
Quando avevano saputo della comporsata del Soldato d'Inverno all'HUB, Steve era sbiancato, e quando Easter gli aveva chiesto spiegazioni lui gli aveva raccontato tutta la storia. "Sai all'inizio ci ero rimasta male, mi avevi detto di aver perso il tuo migliore amico" aggiunse la ragazza, cercando di non incrociare il suo sguardo.
"non ti ho mentito... non ho mai detto che era morto" si giustificò Steve, un po' in imbarazzo "ma mi dispiace..." aggiunse. Lei lo guardò fermandosi un attimo e gli sorrise
"non importa" disse scuotendo appena la testa
"forse avrei preferito..." confessò a bassa voce Steve dopo che Easter aveva ripreso il suo lavoro "alla morte ci si può rassegnare, ma vederlo così, completamente trasformato che non ha nemmeno idea di chi io sia e anzi cerca di uccidermi... dio questo è mostruoso"
"non dire così!" lo interruppe la ragazza fermandosi di nuovo e donandogli un'adorabile occhiataccia di rimprovero da dietro la montatura celeste "magari non sarà più il Bucky che conoscevi però, se avrai fortuna, potrai costruire un nuovo rapporto, col nuovo Bucky!" si infervorò "Sunday diceva che solo alla morte..." e nel dire questo il suo viso si intristì e la voce si affievolì fin quasi a scomparire "non c'è rimedio" terminò in un sussurro appena udibile, prima di distogliere lo sguardo e terminare il suo lavoro con la tintura. Steve si sentì male, quella ragazzina aveva il potere di fargli cambiare l'umore solo con un'occhiata
"perdonami" disse piano "e non intendo per quello che ho detto di Bucky, Coulson mi ha detto che avete parlato, e cosa ti ha detto" le poggiò una mano sul fianco in una leggera carezza di conforto e la sentì tremare appena "credevo davvero che si potesse fare qualcosa per Sunday" Easter sospirò, e avendo finito di stendere la tintura, si sedette sulla gamba destra di Steve, facendogli un piccolo sorriso e incassando la testa nelle spalle
"ti credo" disse semplicemente "in fondo forse l'ho sempre saputo" poggiò la ciotola sul tavolo alle sue spalle e si tirò le maniche della felpa fin sopra le mani "ho chiesto al direttore se posso tenerlo ancora qualche giorno lì, finchè sarò pronta a lasciarlo andar via, ha detto di sì" aggiunse sorridendo ma mordendosi poi subito dopo il labbro inferiore. Steve corrucciò le sopracciglia triste e gli fece una carezza sulla sommità della testa.
Un secondo e guardandolo Easter proruppe in uno sbuffo di risata
"certo con la faccia impiastricciata di tintura spezzi un po' la drammaticità!" esclamò ridacchiando, anche Steve rise, contento di essere riuscito (suo malgrado) a stemperare la tensione.
Era incredibile quanto velocemente si fossero affezionati l'uno all'altra, non gli era mai capitato con nessuno prima!
"quanto devo tenerla?" chiese dopo un pò
"ci siamo!" rispose Easter dopo una veloce occhiata all'orologio da polso, si alzò dalle sue gambe e corse in bagno a prendere uno straccio bagnato, quindi si riavvicinò e delicatamente pulì via la tintura, al suo posto facevano di nuovo bella mostra sul viso di Steve due sottili sopracciglia biondo scuro
"eureka!" esclamò soddisfatta Easter spostandosi per permettergli di raggiunegere il bagno e guardarsi allo specchio
"un miracolo!" concordò Steve guardandosi da diverse angolazioni per sincerarsi che non ci fosse più traccia di peli argentati.
"adesso sei pronto per chiedere all'agente Carter di uscire!" concluse annuendo energicamente Easter, Steve quasi si strozzò con la saliva e si voltò di scatto
"come hai detto???"
"oh andiamo! Sharon Carter! Lo sanno anche i muri che ti muore dietro! Scommetto che non ti è indifferente con quel bei boccoli biondi e quel fisico atletico!" lo incalzò la ragazza incrociando le braccia al petto ridacchiando, Steve divenne paonazzo e incassò la testa nelle spalle in imbarazzo
"Easter per favore non ti ci mettere anche tu!" borbottò andandosi a sedere sul letto, lei lo raggiunse sedendoglisi accanto
"perchè no scusa, te la meriti un po' di serenità.." chiese dolcemente
"non è che voglio fare il triste eroe tenebroso, è che..." era decisamente imbarazzante parlarne con una ragazzina! "già nel '45 non ero esattamente un casanova, e ora in più le donne sono molto diverse! Sono così..." si fermò per cercare la parola adatta
"mignotte?" suggerì Easter, Steve le mollò una spinta al braccio facendola andare a gambe all'aria sul materasso
"stavo per dire intraprendenti!" esclamò arrossendo paurosamente, mentre la ragazza rideva come una matta
"oh non preoccuparti! Le ragazze sono diverse col tipo che le piace, non credo siano cambiate molto dal 1945, amano ancora le romanticherie e tutto il resto" lo rassicurò una volta ripresasi dal gran ridere "e poi scusa uno come te, non sarà mica vergine no?" Steve divenne se possibile ancor più rosso tanto che la sua faccia assomigliava a una lampadina "oddio lo sei invece!" gridò allo scandalo Easter, Steve scattò in piedi allontanandosi da lei di un paio di passi e voltandosi a guardarla nel tentativo di ridarsi un contegno
"senti un pò!" l'apostrofò "ti ricordo che sono rimasto ibernato a 22 anni!* E c'era la guerra! Non è che ci fosse tutto il tempo o le occasioni per fare...quello che ci andava di fare" concluse a voce molto più bassa mentre lei ancora faticava a trattenersi dal ridere "e poi non fare la saputella, non starai messa tanto meglio di me" aggiunse
"ma io non sono vergine.." confessò candidamente Easter, Steve strabuzzò gli occhi
"ma hai 19 anni!!" gridò quasi
"appunto ho 19 anni!" ribattè lei ridendo ancora "non fare uscite da nonno!" Steve si schiaffò una mano sulla fronte
"a volte è meno stressante avere a che fare con Stark, e prendila come un'offesa" borbottò
"oh bhè non lo vedo comunque un grande problema, sei così bello che Sharon passerà sopra alla tua inesperienza" continuò imperterrita Easter, ma poi si accorse che Steve si era rabbuiato un po' e alzandosi e avvicinandosi si affrettò ad aggiungere "scusa! Ti sei offeso? Ho tirato troppo la corda? Mi dispiace!" lui scosse la testa
"no è che... scherzi a parte non è quello il problema con Sharon" rispose mestamente, lei lo guardò interrogativa "Carter! Sharon Carter! È la nipote di Peggy!" esclamò Steve "mi sembra come minimo grottesco".
Aveva raccontato tutto della sua amata Peggy a Easter giorni prima, e lei si era messa a sospirare con gli occhi a cuore che quella sì che era stata una storia d'amore da film. Steve sospirò, peccato che i film non finivano con lei che passa tutta la vita da sola in suo ricordo, e lui che rimane ibernato per 70 anni e poi si sveglia per scoprire che il mondo è invecchiato senza aspettarlo.
Easter gli stava facendo delle carezze sul braccio mentre lui si perdeva nei ricordi "io mi sento ancora legato a lei capisci? Anche se ha 90 anni e mi riconosce solo alcune volte, finchè è in vita non posso pensare di dedicarmi a qualcun'altra" la ragazzina a questo punto storse il naso
"finchè è in vita? Così sembra praticamente che stai aspettando che muore! Questo sì che è grottesco a parer mio!" esclamò
"non volevo dire questo!" si affrettò a dire Steve, lei gli fece un sorriso dolce
"io credo invece che lei si renda conto che il suo tempo con te sia passato, e se proprio deve lasciarti andar via con qualcuno, credo sarebbe felice che fosse sua nipote no?" gli disse, il Capitano sollevò le sopracciglia con aria molto dubbiosa e lei si allontanò di un paio di passi verso la porta con aria bastarda, per non essere a portato di mano quando esclamò
"forse dovremmo chiederglielo non credi?? vado a cercare i contatti!" e scappò fuori, Steve sbiancò e la inseguì nel corridoio
"nessuno ha il suo numero!" le urlò dietro
"sono un'hacker specializzata in intercettazioni! È come se già ce l'avessi il suo numero!" urlò lei di rimando accelerando la corsa verso il suo alloggio.

 

 

Base segreta di Fury, sala comune, notte fonda.

 

Skye era sgaiattolata fuori dalla sua stanza cercando di non far rumore, e si era diretta in sala comune. Con suo sommo disappunto il suo corpo non ne aveva voluto sapere di stare in lutto insieme a lei e aveva continuato imperterrito a chiederle di mangiare, almeno una volta al giorno.
Non aveva voglia di vedere i suoi amici, che sembravano avere per lei esclusivamente la domanda: come stai?" da rivolgerle.
Porca miseria! Era così lampante che ancora ci teneva a tal punto a Ward da star male come un cane per la sua scomparsa???

era indecisa se detestava di più il fatto che gli altri lo pensassero o il fatto che fosse schifosamente vero.
Così per evitare di affrontare l'argomento aveva deciso di andare a rubare qualcosa dal frigo alle 4 del mattino.
Non appena fù in vista della porta, credendo di essere ormai al riparo da occhi indiscreti, accelerò il passo e entrò dentro di fretta, non badando a sbirciare prima all'interno. Quasi si strozzò con la saliva quando si trovò a circa tre millimetri dalla faccia (o meglio dalle spalle viste le sue dimensioni da hobbit) di Phil Coulson, che invece del suo solito completo nero e cravatta stretta quasi a strozzo, sfoggiava una t-shirt bianca e pantaloni del pigiama azzurri.
"AC!" non riuscì ad impedirsi di gridare
"Skye... cosa ci fai qui a quest'ora di notte?" rispose Coulson, con tono infinitamente più pacato e tranquillo.

 

Dopo qualche minuto Skye ancora non si spiegava come la sua infiltrazione stealth in cucina, dalla quale si augurava di uscire non più di due minuti dopo, con paio di merendine incastrate in bocca e un paio di lattine di birra sotto il braccio, si era trasformata in lei seduta a uno degli sgabelli del bancone con il direttore dello S.H.I.E.L.D. che le preparava un panino al tacchino.
"come mai non sei venuta direttamente a cena? Avevi paura dell'affettuoso terzo grado dei FitzSimmons?" le chiese Coulson spalmando la maionese
"precisamente" sbuffò la ragazza.
"ancora nessuna novità sul segnale GPS?" le chiese lui, decidendo di trattare l'argomento da un punto di vista professionale. Skye lo adorò per questo e abbozzò un lieve sorriso mentre afferrava il sandwich ringraziandolo
"purtroppo no... sto cercando di risalire alle coordinate geografiche esatte in cui abbiamo perso il segnale, per tentare di ricostruire le possibili rotte di volo, ma non sapendo neanche se è con gente di questo pianeta che stiamo trattando, non è facile" spiegò iniziando poi a succhiar via la maionese che le stava colando sulle dita.
Coulson annuì inghiottendo a vuoto, andandosi a sedere sul divano mentre la ragazza mangiava. Tutte le volte che lui e Skye si trovavano a parlare di qualcosa di 'non terrestre' non poteva far a meno di scivolare con la mente alla natura del liquido misterioso che li aveva tenuti in vita entrambe.
Ripensò alle pareti della sua camera. Non ne aveva fatto parola con nessuno. E spesso si domandava se anche Skye avesse i suoi stessi sintomi, e non dicesse niente. Dopotutto non era proprio da sani di mente alzarsi da sonnambuli ogni volta che si riuscivano a chiudere gli occhi, e tappezzare le pareti di misteriosi simboli, senza avere alcuna memoria di averlo fatta la mattina seguente.
Tutti avevano dato a Garreth del pazzo, quando lo avevavo visto comportarsi così, e sinceramente non voleva dare a May delle ragioni per fargli saltare la testa (anche se dubitava che lo avrebbe fatto sul serio).
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da una sensazione di calore al lato destro del busto, e si riscosse notando che Skye aveva preso posto accanto a lui accoccolandosi contro il suo fianco, la guardò sorpreso.
"avrei dovuto... andare da lui" confessò la ragazza con un filo di voce. Non sapeva perchè ma il fatto che Coulson non le avesse fatto domande l'aveva spinta a parlare, e sentire quelle parole ad alta voce, non più solo vorticare nella sua testa, le fece salire un magone così stretto da farle dolere la gola "avrei dovuto incontrarlo e lasciare che mi dicesse di persona quello che mi ha scritto in quel foglio" singhiozzò "perchè volevo vederlo.. lo volevo vedere ancora una volta... e non l'ho fatto... sono stata un'idiota" Coulson le passò il braccio dietro le spalle stringendo un pò, non sapendo cosa dire "AC, secondo te è più da idioti non aver voluto vederlo anche se lo desideravo, o il fatto che lo desideravo? Come posso volergli ancora bene dopo quello che ha fatto?!" ormai piangeva a dirotto, e anche se si vergognava non riusciva a fermarsi.
"è proprio questo il problema di gente come te e me..." le sussurrò l'uomo, lasciandola sfogarsi "siamo degli idioti"
Coulson pensò ancora ai segni sulle pareti della sua stanza, mentre sfregava energicamente la mano sul braccio di Skye, quando le aveva rivelato la causa della sua rinescita, l'aveva fatto in nome della promessa di non tenerle più nascosto nulla, e poteva vedere con i suoi occhi quanto le menzogne di Ward le avessero fatto del male. Decise che non voleva in nessun modo rischiare di farle del male allo stesso modo.
"vieni un momento come me" le disse con voce calma, dopo qualche minuto che aveva smesso di piangere, lei si voltò a guardarlo con aria interrogativa "c'è una cosa che voglio farti vedere" aggiunse Coulson alzandosi dal divano.

 

 

 

 

Note dell'autrice: eccoci qui! Bhe che ne pensate della prima scena hot della mia carriera? Vi è piaciuta? Vi ha fatto orrore? Meglio che mi do all'ippica? Non volevo venisse volgare, spero di esserci riuscita... sob..

La faccenda del siero iniettato a Ward è ripreso da Divergent, ho detestato l'ultimo libro ma il primo è da oscar, quindi è un omaggio!

E ora le note:
* i 22 anni non sono scritti da nessuna parte nel web l'ho dedotto io ipottizzando che nel '43 quando il gracile Steve tenta di arruolarsi per la prima volta non deve avere più di 20 anni, precipita nel '45 quindi 22.. che ne dite? Plausibile? Se qualcuno ha dati più certi me lo dica e aggiusto!

 

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Capitolo 12
*** cap 12 ***


Base segreta di Fury, sala riunioni, il giorno dopo

Skye si massaggiò gli occhi, seduta a gambe incrociate sul tavolo al centro della sala, ok l’insonnia di quel periodo, ma dopo quanto aveva visto in camera di Coulson la notte precedente non era proprio riuscita a chiudere occhio, e ora il suo corpo le stava portando il conto da pagare.
Nonostante ciò tuttavia, infischiandosene dei suoi bisogni vitali, il suo cervello si era rifiutato di dormire e adesso, nonostante mancasse un po’ al breefing settimanale, invece di andarsene a letto a tentare di recuperare le forze, Skye se ne stava lì in attesa.
Ma era più forte di lei.
Se solo chiudeva gli occhi rivedeva il disturbante spettacolo delle pareti della stanza di Coulson, soffocate da migliaia di simboli incomprensibili incisi a vivo nell’intonaco, non si salvavano ormai che pochi centimetri, dietro gli arredi, e il direttore le aveva confessato, con lo sguardo sprofondato nel palmo della mano, in un moto di vergogna, che non aveva alcuna memoria di averlo fatto.
Skye scrollò le spalle per tentare di smettere di ricordare.
Oltre alla pena per il suo adorato AC, una terrificante domanda aveva contribuito a tenerla sveglia a forza.

Avrebbe cominciato anche lei a fare quella cosa prima o poi?

Il rumore delle porte scorrevoli in apertura la strappò ai suoi cupi pensieri, sorrise debolmente di rimando, al caldo sorriso di Tripplett.“sono contento di vederti” ammise guardandola scendere dal tavolo “cominciavi a mancarmi un po’” Skye gli diede piano di gomito
“tranquillo, ho finito di fare l’eroina della tragedia” si prese in giro da sola “sono pronta ad agire!”
“così ti voglio!” esclamò Antoine mollandole una pacca tra le scapole che quasi la sbilanciò in avanti
“hei vacci piano! È l’unica Skye che abbiamo!” la voce di Simmons li fece voltare entrambi, lei e Fitz erano appena entrati nella sala, entrambe col tablet sotto il braccio. La ragazza corse ad abbracciare l’amica, felice di rivederla in giro
“Skye! Come..” iniziò Fitz, ma Simmons gli rifilò una gomitata nelle costole, Coulson li aveva pregati di smetterla di chiederle come stava, il ragazzo accusò il colpo lanciando un’occhiata di comprensione a Simmons “come.. come… come è andata colazione?” concluse maldestramente. Skye sorrise dolcemente, pentendosi di averli evitati per tutto quel tempo, in fondo erano preoccupati per lei perché le volevano bene
“Fitz, tranquillo..” gli disse poggiandogli una mano sul braccio, e poi rivolgendo lo sguardo a entrambi aggiunse “ragazzi, sto bene, ve lo garantisco, grazie per esservi dati tanta pena per me, ma ora sto bene davvero, concentriamoci sul lavoro” poi abbassò la voce di modo che solo loro due potessero sentirla, anche se Tripplett era distratto a salutare Natasha e May che stavano entrando “vi anticipo che io e Easter abbiamo scoperto della roba forte, forse sappiamo…”
“bene ci siamo tutti” la voce di Coulson che entrava seguito a ruota da Steve, guardandosi attorno per fare la conta dei presenti, la interruppe, e tutti si disposero automaticamente a cerchio intorno al tavolo per dare inizio alla riunione
“non manca l’agente Barton?” chiese timidamente Simmons sollevando appena una mano
“guarda che sono qui, passerotto!” rispose in tono ironico una voce da sopra le loro teste, Clint stava seduto, con le gambe appese fuori, sopra lo schedario addossato alla parete di fondo “sono arrivato presto e mi sono allungato un attimo” spiegò
“sopra l’armadio?” chiese Fitz sollevando un sopracciglio
“più che un falco ricorda un avvoltoio” sussurrò Steve tra i denti facendo sorridere Natasha
“ma da quanto precisamente sei lì??” chiese Skye arrossendo a disagio, meno male che non si era messa come al solito a monologare ad alta voce!!
“ti ho vista entrare” le rispose Clint “nottataccia?” chiese facendo un gesto con il dito ad indicare il suo viso
“finiscila Barton” la voce di Coulson zittì tutte le altre “non siamo qui per fare conversazioni da bar!” mentre Clint gli rivolse un’occhiataccia torva, Skye lo guardò con gratitudine: aveva egregiamente spento sul nascere un imbarazzante dibattito su come lei avesse passato la notte.

“dunque, partiamo dalla questione più urgente: FitzSimmons, scoperto niente sulle dinamiche dell’attacco all’aereo di Ward?” chiese Coulson dando ufficialmente il via al breefing.
“gravità” rispose Fitz annuendo
“intendi che la situazione è grave? Grazie lo sappiamo…” intervenne Tripplett
“intende dire” ribatté Simmons armeggiando con il tablet per far comparire sul proiettore dei grafici “che abbiamo analizzato l’intera mole di dati raccolti dalla strumentazione dell’aereo al momento dell’attacco, e abbiamo concluso che ad esso è stata applicata una forza simile a quella di gravità”
“ma in senso contrario” aggiunse Fitz “in.. in…” fece un gesto con la mano dal basso verso l’alto, dato che gli sfuggivano le parole
“una forza uguale alla gravità ma esercitata in senso contrario a quella terrestre?” chiese incredula Natasha dando voce allo sconcerto generale. Coulson e May si scambiarono un’occhiata
“Phil..” disse la donna
“lo so” la interruppe Coulson incrociando le braccia al petto “dopo l’intervento di Garreth alla ghiacciaia l’HYDRA aveva trafugato quasi tutti gli artefatti bollati con codice di pericolo massimo” spiegò a chi non lo sapeva
“dopo i fatti di Washington l’HYDRA è stata decimata e dispersa, molte delle risorse recuperate” continuò May “in ogni caso è stato fatto un’immane lavoro di inventario di quegli artefatti, quasi tutti sono stati rintracciati: o sono al sicuro in depositi segreti dello S.H.I.E.L.D. o sono in mano al governo, sottochiave da qualche parte… tranne uno”
“uno?” la incalzò Clint
“sì, di uno soltanto non è stata trovata traccia neanche negli elenchi stessi dell’HYDRA di cui siamo entrati in possesso” fece eco Coulson
“oh mio dio il gravitonium!” proruppe Simmons senza riuscire a frenarsi, portando la mano davanti alla bocca. Aveva ricollegato le loro scoperte a quel discorso. Coulson annuì con aria grave
“gravitonium? Che roba è?” chiese Steve tra l’incuriosito e l’allarmato
“si tratta di un generatore di forza gravitazionale, progettato tempo fa da un genio schizzoide di nome Franklin Hall” spiegò Skye
“Hall voleva distruggerlo, sosteneva che non ci fosse qualcuno in grado di controllare un potere simile, ne di estrarlo effettivamente dal generatore” intervenne Coulson “ma mai dire mai…. Purtroppo” aggiunse con un mesto sospiro
“signore lei pensa davvero che qualcuno avverso all’umanità sia riuscito ad entrare in possesso di un potere simile?” chiese in tono preoccupato Simmons
“non possiamo escluderlo” rispose tristemente “inoltre per ora è l’unica pista che abbiamo”
“purtroppo” intervenne Natasha “temo dovremmo aspettare che si manifestino di nuovo, per saperne di più” tutti annuirono con aria grave
“e quel Ward?” fu Clint a rompere il silenzio “ammesso che abbiano accesso a un potere simile, e vorrei tanto di no, che se ne fanno di quello lì?” chiese
“magari non l’hanno realmente rapito” rispose Tripplett, poi la sua voce si fece più dura, quasi velenosa “magari hanno solo divelto l’aereo in quel punto, e il pezzo con la cella non l’abbiamo trovato perché giace in fondo all’oceano, così magari capisce cosa si prova”
“Trip!!” lo interruppe gridando Coulson. Un silenzio pesante si abbatté sulla stanza, Clint e Natasha si scambiarono un’occhiata interrogativa a vicenda, non sapendo tutti i dettagli della faccenda
“scusatemi” sussurrò Antoine, evitando lo sguardo di Skye.
Nonostante il dolore che quella frase le aveva provocato, la ragazza capiva perfettamente cosa spingesse Tripplett, aveva provato anche lei lo stesso odio.
“in conclusione, stiamo allerta per cogliere ulteriori sviluppi” riprese Coulson, parlando cautamente, per tentare di distendere almeno un minimo gli animi “nel frattempo, FitzSimmons, continuate a studiare i campioni trovati, cerchiamo prove per avvalorare quest’ipotesi del gravitonium, o meglio per confutarla….sarebbe auspicabile no?” concluse con un sorriso dolce.
I due annuirono, cercando di dissimulare il loro disagio. Simmons in passato non aveva fatto mistero del suo astio per Ward, per il tradimento. Fitz, che forse più di tutti aveva ostinatamente creduto in lui fino all’ultimo, non si era espresso sull’argomento da quando si era svegliato, tuttavia non aveva nemmeno manifestato l’intenzione di incontrare Ward, fintanto che era stato nella base.
Entrambe stavano disperatamente cercando di mettere da parte i loro sentimenti verso di lui, che gli urlavano chi glielo faceva fare di impegnarsi tanto per ritrovarlo, in nome delle professionalità, e per l’affetto che portavano a Skye.

“bene, c’è altro?” riprese a parlare Coulson aggirando lo sguardo sul gruppo. Skye si fece avanti
“in realtà si, io e Easter abbiamo delle novità sulla ricerca del Soldato d’Inverno” disse guardando i presenti, Steve si irrigidì talmente visibilmente da attirare l’attenzione di May e Tripplett che non sapevano granché dei suoi trascorsi passati con il Soldato. “se ancora è un priorità naturalmente” aggiunse Skye guardando ora solo Coulson. L’uomo annuì
“ma certo, se davvero c’è qualcuno che si sta muovendo contro di noi dobbiamo tirare dalla nostra parte quante più forze possibile” spiegò. Steve a quelle parole sentì di colpo l’amaro della bile in bocca
“lei vuole usarlo??!” proruppe sbattendo entrambe le mani sul tavolo in mezzo a loro, senza riuscire a fermarsi, attirando l’attenzione su di sé “vuole sfruttare quello in cui l’hanno trasformato!? Come un’arma!?” non sapeva perché si era infuriato in quel modo, tutto insieme, sapeva che Coulson non era come Nick Fury, ma si scaldava ogniqualvolta centrasse Bucky, Coulson lo fissò per un istante e poi mosse qualche passo ad aggirare il tavolo per avvicinarsi, Clint scattò accanto a Steve serrando la presa intorno al suo braccio, per trattenerlo preventivamente, e May si fece vicino a Coulson in due passi, ma il Capitano non sembrava intenzionato ad attaccare, anche se piantò uno sguardo gelido in quello di Coulson che si fermava davanti a lui.
L’uomo lo fronteggiò sostenendo il suo sguardo
“al contrario, Capitano” scandì “voglio fare in modo che non venga usato mai più” dopo qualche istante Clint sentì i muscoli di Steve rilassarsi sotto le mani e lo lasciò andare, capendo che si era calmato. “fidati di me” stava dicendo ancora Coulson.
Vide Steve che lentamente annuiva e lasciò andare impercettibilmente la tensione dalle spalle, glielo vedeva in faccia la determinazione che sembrava dire ‘si, ma ti tengo d’occhio’, così si rivolse a Skye senza distogliere lo sguardo dal Capitano
“ebbene Skye… dove si trova?”
La ragazza occhieggiò rapidamente Coulson e Steve, schiarendosi la voce e ricominciando a parlare con prudenza
“dunque… Easter in questi giorni mi ha aiutata a potenziare il rilevatore di elettromagnetismo che avevo sommariamente messo insieme per la missione all’HUB, ora copre un’area molto più vasta e improvvisamente stanotte” si interruppe un istante per mandare sul proiettore un reticolato geografico piuttosto vasto, sul quale lampeggiava una spia rossa “è comparso questo segnale, a circa 4 ore di volo da qui” e guardando direttamente Steve aggiunse “a meno che lì non abbiano costruito una centrale elettrica in poche ore… deve essere lui”
“ottimo lavoro Skye” commentò Trip contemplando la mappa sul proiettore
“ma… è ancora lì? Da stanotte?” intervenne Simmons, che da medico si stava ponendo immediatamente le implicazioni di tale immobilità
“è questo il punto” annuì Skye “hai colto il nocciolo della questione Jemma” poi si rivolse a Coulson che era tornato a guardarla “dall’esperienza accumulata nella sua apparizione all’HUB si deduce che Il Soldato si muove piuttosto velocemente, in condizioni normali, invece da quando è comparso nel raggio d’azione del rilevatore, diverse ore fa, non si è più mosso, l’agente Romanoff ha detto di averlo ferito giusto?” chiese rivolgendo lo sguardo a Natasha, che annuì
“due colpi, braccio e gamba sinistra, non credo in zone vitali, sarebbe già morto altrimenti” disse in tono neutro
“è questo che mi preoccupa” replicò Skye
“l’elettromagnetismo… è…” intervenne Fitz cominciando a fare ampi gesti della mano ad indicare il suo braccio destro “viene da lì”
“esatto Fitz” spiegò Skye “è la sua protesi meccanica ad emanare il campo magnetico, non la sua persona, potrebbe essere morto in effetti… sicuramente non verte in buone condizioni di salute, dato che non si muove” aggiunse rivolgendo un’occhiata, questa volta triste, a Steve
“quindi non è sicuro che sia morto!” proruppe il Capitano “potrebbe solo essere messo male! Signore dobbiamo andare a prenderlo!” esclamò rivolgendosi direttamente a Coulson. L’uomo annuì
“e lo faremo…. Ma non tu Steve” aggiunse in tono calmo, poggiandogli le mani sulle spalle
“come??!!”
“ragiona!” lo scosse appena Coulson frenando la sua protesta “dobbiamo convincerlo a venire con noi! Tu non sei più una faccia amica per lui! Mi dispiace…” aggiunse a bassa voce, capendo come quell’affermazione potesse ferirlo, poi lo lasciò andare e si allontanò da lui per riprendere una posizione centrale al gruppo, recuperando un tono più professionale e operativo per impartire gli ordini “dunque dobbiamo agire velocemente” iniziò “ è necessario che il recupero riesca al primo tentativo, se è ancora vivo lotterà fino all’ultimo respiro per non essere catturato, sarebbe quindi meglio non maldisporlo” spiegò

Steve sentì lo stomaco accartocciarsi nelle viscere, mentre Coulson parlava, l’aveva cercato per più di un anno, era l’unica cosa che rimaneva della sua vita vera, quella dove era solo Steve Rogers, non era giusto…
Clint lo guardò di sottecchi mentre poggiava la schiena al muro alle sue spalle, con sguardo a dir poco furioso.

“l’ideale è che a prenderlo vada qualcuno che non fosse presente all’HUB” disse Coulson “men che meno Vedova Nera, che è stata l’ultima a tentare di farlo fuori” aggiunse rivolgendo alla donna un piccolo sorriso “May, Tripplett.. vi incarico del recupero, Fitz vi aiuterà a montare il dispositivo di rilevamento di Skye e Easter sul BUS, pronti a partire in 20 minuti” i due annuirono e lasciarono la stanza
“AC forse potrei andare anche io con loro” propose Skye
“no, non è necessario” rispose l’uomo, e poi attirandola a sé per un braccio aggiunse a bassa voce “mi servi qui... dobbiamo cercare di decodificare quella roba” Skye sentì ghiacciare il sangue nelle vene ma annuì.

 

Base segreta di Fury, Angar

Steve Rogers guardava torvo l'agente Tripplett caricare un paio di borsoni nella stiva del BUS, a riparo dietro un'enorme cassa di legno targata 'fragile' pervenuta una paio di giorni prima dal Madagascar (e di cui ignorava felicemente il contenuto).
Si sentiva come un moccioso di 10 anni determinato ad intrufolarsi a una proiezione di film per adulti.
Era decisamente imbarazzante.
Ma non poteva permettere che, dopo che aveva passato l'ultimo anno a cercarlo, qualcun'altro andasse a recuperare James Burnes al suo posto.

-Soldato d'Inverno, Soldato d'Inverno-

si ripetè mentalmente. Doveva iniziare a convincersene o non ne sarebbe uscito sano da quella situazione, Bucky Burns non c'era più, era Soldato d'Inverno che May e Trip erano stati mandati a recupeare.
Nonostante la determinazione però, qualcosa dentro di sé lo frenava dai suoi propositi. Senso di responsabilità e sacrificio, anteporre un bene superiore ai propri desideri personali, erano sempre state le migliori (uniche) qualità che si era sempre riconosciuto, e si sentiva a disagio a contravvenire a un preciso ordine del direttore Coulson, non aveva mai ignorato deliberatamente un ordine.

-non è vero- disse una vocina nella sua testa -l'hai già fatto una volta durante la guerra, e sempre per andare a recuperare quel deficente, le più grandi cazzate l'hai sempre fatte per andare dietro a lui!-

era ancora assorto in questo dilemma etico quando una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare
"dio santo, vuoi deciderti a salire a bordo o no?!" Steve si voltò per trovarsi davanti Barton accovacciato sulle punte dei piedi che lo guardava divertito "ti fai pù seghe mentali di una quindicenne alla vigilia del ballo scolastico! 'oddio, mi inviterà o non mi inviterà? Questo vestito mi fa sembrare una che la dà via subito?' patetico..." lo prese in giro scuotendo la testa e ridacchiando. Il Capitano arrossì di rabbia per tutta la faccia, quel tipo aveva l'insano potere di fargli perdere le staffe a velocità record!
"se hai finito chiudi la bocca o mi farai scoprire!" ringhiò, Barton gli si avvicinò abbassando la voce fino a sussurrare
"se non ti sbrighi non ti scopriranno, ma partiranno senza di te" gli disse un con un sorrisino bastardo "forza non ci vuole niente, vedrai che la tua fibra morale sopravvive" aggiunse con tono più comprensivo. Steve rilassò le spalle capendo che aveva smesso di sfotterlo
"è che non so se è la cosa giusta da fare, non sono solito ignorare gli ordini di un superiore" confessò tornando a sbirciare da dietro il nascondiglio la porta del BUS
"io degli ordini dei superiori me ne fotto per hobby" replicò Clint facendo un alzata di spalle
"si ma io non sono te!" soffiò tra i denti Steve senza voltarsi, Barton sorrise
"è per questo che sono qui Capitan Fesso, per aiutarti!" Rogers si girò lentamente a guardarlo, convinto di aver capito male
"come hai detto?" chiese stupefatto. Mai, mai nella storia dell'umanità Clint Barton si era spontaneamente offerto di aiutarlo in una qualsiasi cosa!
"diciamo che devo farmi perdonare la storia delle sopracciglia" spiegò il ragazzo grattandosi la fronte e girando gli occhi di lato, Steve lo guardò scettico e Clint aggiunse "scherzi a parte, credo che se c'è qualcuno in grado di convincere quel tipo a seguirci quello sei tu, non sempre i superiori hanno ragione" spiegò.
Il Capitano annuì, grato di quanto avesse detto, poi gettò una veloce occhiata all'aereo
"ok, quindi come faccio? Una corsa appena si girano?" propose, Clint scosse il dito davanti al suo naso
"tu manchi di fantasia Capitano, stai a vedere" e detto questo estrasse dalla faretra sulle sue spalle una freccia con la punta di gomma, si spostò dietro una cassa più grande poco lontano, di modo da potersi tirar su in ginocchio, e tese l'arco verso il lato opposto dell'angar. Quasi fuori portata di occhio, nell'angolo, c'era il quadro elettrico generale.
Barton si concentrò, prese un bel respiro e poi svuotò lentamente i polmoni, percependo la pressione che la corda dell'arco faceva contro le sue labbra, fino a raggiungere l'immobilità totale. Quindi scoccò la freccia, che silenziosa attraversò l'intero angar andando ad impattare perfettamente contro l'interruttore della corrente dei locali di servizio (tra cui l'angar).
La stanza piombò all'istante nell'oscurità quasi completa, eccezion fatta per le luci di emergenza sulle porte
"oh ma dai!!" imprecò Tripplett "siamo in una super base strafiga e la corrente salta più spesso che nel mio monolocale!"
"non faccio che ripeterlo a Koenig di risparmiare l'energia dedicata a quegli stupidi quadri a ologramma" sospirò May scendendo dalla stiva del BUS "tu vai a prendere le armi in laboratorio da Fitz, io riattivo il generatore e partiamo" aggiunse incamminandosi.

Steve lanciò un eloquente occhiata a Barton, come a dire che in effetti se lo meritava il nome 'occhio di falco', quello gli fece cenno di muoversi agitando un braccio. Il Capitano non se lo fece ripetere e sgattaiolò sull'aereo, andandosi a nascondere nel vecchio laboratorio dei FitzSimmons (dove sicuro May e Trip non avrebbero avuto motivo di entrare, almeno non prima o subito dopo il decollo).
Entrato, Steve chiuse la porta alle sue spalle e andò a mettersi seduto dietro il grosso bancone in metallo al centro della stanza.

"di niente Capitan Fesso" disse divertito Barton tra sè e sè.

 

 

BUS, un'ora dopo il decollo

"la rotta sarà ancora questa fino all'arrivo, circa un paio d'ore" disse May occhieggiando la strumentazione prima di sfilarsi la cuffia auricolare "direi che possiamo sgranchirci le gambe" aggiunse guardando Trip alla sua destra che già si stava liberando della cintura di sicurezza
"caffè, agente May?" le chiese alzandosi
"detesto il caffè" rispose la donna in tono freddo, Trip non si arrese ai suoi approcci di conversazione
"allora una bi.." ma si fermò notando una spia che lampeggiava sul quadro di controllo "May" la chiamò in tono molto più serio "quella non è l'allarme di apertura porte in zona riservata?" chiese indicando il quadro. La donna si fece immediatamente attenta, constatando che in effetti lampeggiava in rosso la spia della porta del laboratorio scientifico. I due si guardarono reciprocamente per un istante, come a sincerarsi che non si sbagliavano a dire che sarebbero dovuti esserci solo loro due a bordo. Poi contemporaneamente scattarono verso l'uscita della cabina di pilotaggio, brandendo entrambe la pistola.

Arrivarono giusto in tempo per puntare contemporaneamente l'arma contro Steve, che evidentemente aveva scelto il momento sbagliato per uscire dal suo nascondiglio
"posso spiegare" esclamò alzando le mani in segno di resa. May e Trip lasciarono andare contemporaneamente un sospiro frustrato
"che accidenti ci fai qui! Ci hai fatto venire un colpo!" sbraitò Tripplett rinfoderando la pistola mentre May gli si avvicinava in due passi e gli piatava gli occhi neri in faccia, afferrandolo per il collo della maglietta
"potevo spararti!" sibilò tra i denti. Steve fece un sorrisino da cucciolo tentando di rabbonirla
"confidavo nel tuo autocontrollo agente May" le disse. La donna lo lasciò andare soffiando aria fuori dalle narici "mi dispiace... ma dovevo venire ad ogni costo" aggiunse il Capitano, con tono sinceramente rammaricato ma risoluto, rivolgendosi alla schiena di May.
"me lo immaginavo" sussurrò la donna tra sè e poi facendo cenno a Trip di lasciar perdere si diresse di nuovo verso la cabina di pilotaggio "avverto il direttore Coulson che sei qui, deve sapere quanto la sua autorità sia labile, se persino Capitan America contravviene ai suoi ordini" asserì in tono duro allontanandosi. Steve arrossì e Trip lo guardò con aria complice stringendo i denti
"l'hai fatta incazzare... peggio per te!" scherzò ridacchiando.

 

Seattle

Ian Quinn guardò l’orologio in febbricitante attesa e si accostò al vetro oscurato della sua mercedes per gettare l’ennesima occhiata al profilo dello Space Needle*
“rilassati Quinn, sembri un adolescente al primo appuntamento” la voce fredda e astiosa di Hall lo fece voltare. L’uomo si concesse di donare un’occhiata di pura antipatia al profilo bluastro della creatura, che se ne stava seduta come niente fosse accanto a lui sul sedile posteriore dell’auto, contemplando con calma irritante le crepe che pulsavano sul dorso delle sue mani.
“non posso farci niente!” protestò “ho dovuto chiudere le comunicazioni radio con la squadra in medio oriente e io detesto non avere il controllo della situazione!” confessò suo malgrado.
Hall gli scoccò un’occhiata divertita
“mio caro Quinn lei non ha il controllo della situazione neanche qui, tutto dipende da me ricorda?” lo schernì.
Ian deglutì a vuoto, era proprio questo il problema, temeva che quel mostro si facesse prendere dalle sue smanie megalomani e cominciasse a far levitare le macchine o roba del genere, la credibilità doveva essere quella di un attacco terroristico! “si rilassi…” gli disse in quel mentre Hall “farò quel che devo” aggiunse facendo scrocchiare sonoramente l’articolazione della mano destra.

 

Base segreta di Fury, centro di controllo

Martin Linch, agente non operativo di livello 3, si rincamminò alla sua postazione tenendo in equilibrio tra le dita almeno 8 caffè del distributore automatico. Lui e gli altri adibiti al monitoraggio dei fatti di cronaca avevano probabilmente il lavoro più noioso del mondo, e dire che si era unito allo S.H.I.E.L.D. perché desiderava una vita d’azione!
Peccato che all’idoneità medica la sua asma avesse avuto la meglio sulla sua buona volontà.
Il massimo brivido che era concesso a lui e ai suoi colleghi era il rischio di scottarsi col caffè bollente!
Terminato il giro di consegne dei bicchierini andò a schiantarsi di nuovo alla sua postazione. Lo schermo panografico indicava i punti nevralgici delle varie città di Washington, la sua area di competenza. Stava per prendere un sorso di caffè quando qualcosa nella cam 4 attirò la sua attenzione.
Aveva le allucinazioni o lo Space Needle stava tremando?
Si sistemò meglio gli occhiali spingendoli contro il setto nasale con l’indice e mandò la cam 4 a schermo intero.
Sotto i suoi occhi sconcertati la sottilissima torre panoramica fu attraversata da un crepa gigantesca dal vertice alla base. L’audio era muto ma da come tutti i presenti si era girati verso la torre chinandosi istintivamente a terra con le mani sulla testa, il fragore doveva essere stato assordante!
Tutto precipitò a tale velocità che Martin non ebbe modo neanche di gridare dall’orrore: nel suo punto più sottile la torre si spaccò completamente, ma invece di cadere di lato, collassò su sé stessa come un bicchierino da viaggio, in una nuvola di polvere e fuoco si potevano intravedere le fondamenta dello Space Needle sprofondare in un colpo più a fondo nel terreno, come se improvvisamente fosse pesato talmente tanto che la tensione del suolo non fosse più sufficiente a sostenerlo.
Martin si riebbe nell’istante in cui l’intero campo visivo della telecamera fu invaso dalla polvere dei detriti, facendo scomparire alla vista tutte le persone nei paraggi
“merda merda merda merda!!” si mise a gridare attirando l’attenzione dei colleghi che si precipitarono alla sua postazione. Ignorandoli abbandonò la sedia e si lanciò a schiacciare il bottone per chiamare l’allarme generale, poi si rituffò sulla sua postazione sgomitando tra le esclamazioni di orrore degli altri, afferrando l’interfono, compose un codice che sapeva a memoria ma non aveva mai premuto prima di quel giorno
“direttore Coulson! Deve venire subito in centro di controllo! A Seattle è successo un fottuto casino!”

 

Quando Coulson fece praticamente irruzione nel centro di controllo era seguito dappresso da Clint, Natasha, Skye e Easter
“che sta succedendo!?” esclamò
“l’ho chiamata io signore! Agente Linch, livello 3” si fece avanti Martin, non senza una certa emozione nel trovarsi davanti il direttore in persona e ben due vendicatori in carne ed ossa. Coulson gli fece un cenno del capo raggiungendo poi la postazione computer incriminata, come a invitarlo a spiegarsi “signore è successo tutto in pochi secondi e senza alcun preavviso” spiegò Linch “lo Space Needle di Seattle è venuto giù come un castello di carte! I telegiornali locali sono impazziti!”
“potrebbe trattarsi di un danno strutturale? Tragico ma fine a sé stesso?” chiese Phil facendo scorrere le dita sullo schermo touch per evidenziare vari dettagli delle riprese, Martin scosse la testa energicamente facendo sbattere a destra e a manca i ricci neri
“impossibile signore, quella torre è costruita per resistere a raffiche di vento fino a 320 km/h e a terremoti fino a magnitudo 9,1! Non cade giù con niente!” replicò con decisione, Coulson sollevò un sopracciglio, sorpreso da tanta dovizia di particolari “dottorato in ingegneria signore..” spiegò Martin in leggero imbarazzo e poi aggiunse “comunque non appena ha iniziato a cedere ho avviato il protocollo ‘occhi aperti’ per allacciarsi a tutte le telecamere private e pubbliche presenti in zona, abbiamo le registrazioni” il direttore annuì
“ottimo lavoro agente Linch” disse battendogli un attimo una mano sulla spalla, poi si rivolse al nutrito gruppo di non operativi della stanza
“nulla da programma di controllo dei dotati della lista?”
“nulla signore” gli fece eco una ragazza con la coda di cavallo e le lentiggini “tra l’altro nessuno dei loro gps manda segnali dalla zona di Seattle”
“qualcosa mi dice che questa faccenda c’entra con il nostro aereo fatto a pezzettini” intervenne Clint. Coulson annuì energicamente
“lo temo anch’io” disse di modo che solo i suoi accompagnatori potessero sentirlo, e poi di nuovo ad alta voce aggiunse rivolto agli agenti del centro di controllo “monitorate con maggior attenzione i monumenti di interesse pubblico, avvertitemi alla minima anomalia!” poi uscì dalla stanza seguito dagli altri.
Non appena fuori i quattro si riunirono a drappello intorno a lui, Easter batteva freneticamente sulla tastiera del suo piccolo laptop già da qualche minuto
“Clint, Natasha, andate sul posto, vedete se riuscite a scoprire qualcosa” ordinò Coulson con tono impellente “Skye tu batti tutto il materiale video del protocollo ‘occhi aperti’, cerca di capire cosa precisamente ha causato il crollo: bombe o roba simile. Tu Easter invece immettiti sui principali canali riservati governativi, vedi cosa si stanno dicendo a riguardo, voglio sapere se era un attacco annunciato”
“lo sto facendo già da 10 minuti signore” lo interruppe la ragazzina senza staccare gli occhi dallo schermo del computer
“ottimo” convenne Coulson facendo poi un cenno di concedo a Clint e Natasha. I due si erano appena incamminati quando la voce di Easter che strillava li fece voltare di nuovo
“direttore direttore guardi qui! Agente Barton, agente Romanoff aspettate!” gridò. Coulson le fu accanto immediatamente seguito a ruota da Skye “alla Casa Bianca è appena arrivata una mail criptata, legga!” ordinò voltando il portatile di modo che tutti potessero vederlo. Sullo schermo il breve messaggio fece accapponare la pelle a tutti i presenti:

=il vostro tentativo di raggiungere il cielo** è stato distrutto. Tra poche ore toccherà al palazzo della corte suprema di giustizia, per ricordarvi che solo dio è il supremo giudice.
La mano=

 

“Clint… Natasha..” sillabò Coulson con la bocca completamente arida “cambio di programma, andiamo a Washington”
“andiamo?” chiese Natasha sorpresa
“precisamente… veniamo anche a io e Skye”

 

 

 

Seattle

Al sicuro nella sua auto blindata Quinn ammirava il panorama di paura e dolore scorrere dietro i finestrini. La gente sopravvissuta al crollo della torre vagava per le strade tra lamenti di dolore per le perdite subite o lo sgomento. Nugoli di vigili del fuoco si affaccendavano intorno alle macerie. Tutto esattamente come previsto.
Hall aveva fatto bene il suo lavoro, e ora, completamente impermeabile al dolore di cui era stato viatico, se ne stava sdraiato sul sedile anteriore dell’auto completamente reclinato, a riparo da occhi indiscreti, facendo levitare pigramente una biro sopra la linea degli occhi.
Quinn lo ignorò e rilesse per la terza volta divertito la mail che Tyst aveva inviato al governo, come a far rivendicare l’atto terroristico a una qualche cellula mediorientale.
Incapace di trattenersi compose il numero sul telefono cellulare e lo chiamò
“non dovrebbe usare la linea sicura così spesso signore, o tra poco non lo sarà più” il rimproverò che il dottor Tyst utilizzò al posto del saluto dall’altro capo del telefono lo fece quasi sorridere
“oh andiamo Tyst si rilassi, solo io sono così eccitato??” replicò Quinn, euforico come un bambino a Natale “l’ho chiamata perché dovevo assolutamente congratularmi con lei per la lettera minatoria!” continuò imperterrito ignorando le sue proteste “per ricordavi che solo dio è il supremo giudice” recitò modulando la voce per farla bassa e cavernosa “lei è un vero genio Tyst, sembra proprio di leggere le parole di uno di quei fanatici religiosi! E poi l’idea di usare il nome ‘la mano’ una cellula terroristica realmente esistita, giuro sto morendo dalle risate!” aggiunse esaltato
“se devo fare una cosa preferisco farla bene.. signore” fu la laconica risposta che ricevette “ora mi scusi, ma come sa è meglio non tenere il canale aperto per più 120 secondi” aggiunse prima di riagganciare.

 

Isola di Dino

Tiberius Tyst chiuse la comunicazione senza neanche guardare il telefono. I suoi occhi era incollati allo schermo della piccola tv della saletta ricreativa. Non vi aveva mai prestato particolare attenzione, ma in quel frangente aveva DOVUTO vedere cosa il professor Hall aveva causato.
Si sentiva la bocca secca, le mani sudate, le gambe molli. Si passò le dita sulla fronte nel tentativo di stemperare la tensione. Da quello che i suoi studi gli suggerivano era in pieno attacco di panico.
Lo Space Needle era venuto giù come un castello di sabbia sulla spiaggia.
Il polverone carico di detriti che aveva invaso la folla l’aveva sconvolto. E a lui non capitava spesso.
Diciamo anche mai.

-tutta quella gente che era lì… sono morti… tutti morti?-

Avvertì un dolore lancinante allo stomaco, come se fosse sul punto di vomitare, e voltò le spalle alla televisione di scatto, serrando le dita intorno al tessuto della spalliera del vecchio divano in pelle. La consapevolezza di essere complice di tanto orrore gli levò la forza al punto da farlo crollare seduto a terra.

 

Seattle

 

“adesso l’ora non ti preoccupa più?” la voce di Hall riportò Quinn alla serietà “sbaglio o tra un’ora dobbiamo essere davanti al palazzo di giustizia?” lo incalzò.
Ian si sistemò meglio sul sedile, in evidente stato di disappunto per essere stato ripreso da quella confusa imitazione di essere umano
“naturalmente” sibilò “c’è tutto il tempo” aggiunse. Il professor Hall si chinò di lato per tirare una levetta che riportò il sedile passeggero in posizione eretta

“io dico che dobbiamo muoverci” ribatté, sempre conservando un’incredibile calma “dopo la tua sparata della lettera minatoria gli omuncoli dell’esercito si affaccenderanno come formichine per blindare il quartiere” li schernì “dobbiamo avvicinarci a piedi all’obiettivo e, anche se siamo nella città più individualista del mondo, non è facile per questa faccia passare inosservato” concluse indicandosi il viso con un ghigno che scoprì i denti, stranamente umani.
Non ha torto” concesse Quinn con un gesto della mano. Quindi si chinò verso il sedile di guida per parlare con il giovane uomo al volante “è ora di andare, al palazzo di giustizia.. agente Ward”
Il viso del ragazzo rimase impassibile, congelato nel vortice dell’illusione che imperversava nella sua mente. Un’ombra d’argento brillava nelle sue iridi.
La maggior parte della sua coscienza era convinta di star portando avanti una missione di massima segretezza per lo S.H.I.E.L.D., davanti ai suoi occhi i volti apparivano distorti, così che non riconosceva più i lineamenti di Quinn come i suoi, né la voce, l’uomo che gli parlava aveva per lui l’aspetto di un anonimo generale da cui gli era stato ordinato di prendere ordini. Solo… ogni volta che gli veniva chiesto qualcosa, e si apprestava ad ubbidire, qualcosa nella sua mente faceva irrigidire il suo corpo, come se tentasse di opporsi.
Hall lo notò, stringere il volante fino a sbiancare le nocche, per qualche istante prima di mettere in moto.
“è tenace..” commentò vagamente “non mi dà mai l’impressione di essersi piegato del tutto” Quinn fece spallucce, con aria di sufficienza
“anche se si rendesse perfettamente conto di cosa accade il suo corpo non potrebbe opporsi, siamo radicati nel suo sistema neurale, non c’è da preoccuparsi” tagliò corto, non intendendo dedicare a Grant Ward neanche un secondo in più del suo tempo.

 

Aereo cargo S.H.I.E.L.D. in volo verso Washington

 

Skye se ne stava seduta accanto a Coulson nell’area di carico. La nuca, mollemente poggiata alla parete metallica alle sue spalle, ondeggiava leggermente ai sobbalzi dell’aereo. Lo sguardo fisso, senza tuttavia vedere davvero la parete di fronte, su cui ballava l’attrezzatura di lancio.
Come se non fosse già abbastanza tutto quello di cui la sua testa era piena, ora non riusciva a togliersi da davanti agli occhi le immagini di tutte quelle vite andate in fumo in un istante, ai piedi e sulle terrazze dello Space Needle. Strinse il labbro inferiore tra i denti per calmarsi, alle morse che gli attanagliarono lo stomaco al ricordo.
Guardò per un attimo Coulson accanto a lei. Anche lui sembrava perso nei suoi pensieri, l’immancabile completo lo faceva sembrare quasi fuori posto, ma lei egoisticamente era contenta che fosse lì. Si sentiva sempre tranquilla se c’era anche lui. Ripensò suo malgrado alla loro conversazione della notte prima, cosa avrebbe fatto se lui avesse finito per perdere del tutto il senno?
Le aveva confessato di temere quest’eventualità.
Senza di lui avrebbe perso la cosa più vicina a una famiglia che avesse mai avuto.
La cosa la spaventò a tal punto che scacciò a forza il pensiero, imponendosi di guardare altrove. Posò gli occhi sulle schiene di Clint e Natasha, seduti poco distanti da loro nella cabina di pilotaggio. La rossa si era offerta di prendere i comandi dell’aereo e Barton, bhè, sembrava non essere in grado di stare troppo lontano da dove si trovava lei.
Skye li osservò per qualche istante. Natasha gli stava dicendo qualcosa che non riusciva a sentire, lui ascoltava, annuendo di tanto in tanto. Stava abbandonato sulla sua poltrona in maniera scomposta, la gamba sinistra allungata sul sedile della donna, dietro la schiena, e la destra raccolta vicino al busto col piede sul sedile. Era intento nel calibrare la corda del suo arco.
Indubbiamente aveva degli atteggiamenti molto confidenziali con Natasha, lui era così con tutti ma per quanto riguardava la Vedova Nera… Skye dubitava permettesse a chiunque di invadere in quel modo il suo spazio personale.
“che tipo di rapporto c’è tra loro?” chiese a bassa voce rivolgendosi a Coulson, che quasi sobbalzò, guardandola poi con aria interrogativa “tra Barton e l’agente Romanoff intendo” precisò Skye. Phil sollevò le spalle facendo una smorfia
“sono partners” buttò lì, Skye gli donò un’occhiata di rimprovero ridacchiando
“oh, ma che risposta diplomatica! Perché non ti dai alla politica AC?” Coulson sorrise guardandosi le mani
“davvero non so bene” si giustificò “di sicuro si farebbero ammazzare l’uno per l’altra” continuò donando un’occhiata benevola ai due inconsapevoli protagonisti dei suoi elogi “ma come sia evoluta la cosa negli ultimi due anni non saprei, Clint non mi rivolge quasi la parola” confessò senza riuscire a celare una nota di amarezza nella voce
“ancora niente he?” disse Skye scuotendo la testa in segno di disapprovazione, l’uomo fece cenno di no e poi con un sorriso triste aggiunse
“forse è giusto così”
“col cavolo che è giusto!” proruppe Skye interrompendolo “Barton ha solo la testa troppo dura! Vedrai che gli passerà prima o poi” aggiunse con decisione. A Coulson scappò da ridere
“lo conosci da poco ma l’hai inquadrato bene!” esclamò facendola ridere a sua volta.

Nell’abitacolo Clint si voltò leggermente per dare un’occhiata a Coulson e Skye
“c’è stato un attentato, ce ne sarò un altro…che avranno tanto da ridere…” commentò rigirandosi e facendo un’alzata d spalle
“perché non glielo chiedi…” buttò lì Natasha senza distogliere gli occhi dalla porzione di cielo davanti a lei. Clint sospirò
“già… dovrei…” ammise. La donna si concesse di gettargli una fugace occhiata stupita
“ti stai ammorbidendo finalmente, era ora” commentò con un mezzo sorriso tornando a guardare davanti a sé. Clint non raccolse la sottile provocazione. Sì, forse era ora di andare a parlarci.
Rivolse di nuovo lo sguardo verso Natasha, contemplando per qualche istante il suo profilo concentrato. Una ciocca di capelli di fuoco gli era scivolata davanti agli occhi ma lei era troppo concentrata per spostarla. Barton allungò una mano verso il suo viso istintivamente, ma poi la fermò a mezz’aria, lei non voleva fossero niente di più che colleghi.
Natasha vide con la coda dell’occhio la mano di Clint diventare lentamente un pugno. Poi la ritrasse e allontanando lo sguardo da lei si alzò lasciando l’abitacolo.
Lo stomaco le mandò una fitta che scelse di ignorare.

Barton guadagnò il centro dell’area di carico dell’aereo reggendosi via via a diversi sostegni. Coulson e Skye smisero di parlare non appena lo videro.
A dire la verità si sentiva un po’ idiota. Cos’è che avrebbe dovuto dire di preciso al suo ex AS? Qualcosa del tipo ‘ti perdono’? suonava davvero ridicolo, roba da ragazzini, e a dirla tutta non era neanche la verità, non l’aveva perdonato affatto. Però sapeva che era giunto il momento di finirla con quella sceneggiata.
“hei ragazzina” disse rivolto a Skye con tono più duro di quanto avrebbe voluto “aria, vai a farti un giro” Skye probabilmente gli avrebbe risposto per le rime, se non avesse colto al volo il motivo di quella richiesta, così alzò le mani in segno di resa
“ok!” rispose in un plateale tono esagerato “stai tranquillo Rambo, me ne vado a… giocare al gioco del silenzio… con l’agente Romanoff” buttò lì riuscendo a strappare un sorriso al ragazzo “è tutto tuo” aggiunse una volta che si fu alzata e superandolo gli assestò un’affettuosa pacchetta di incoraggiamento alla fine della schiena.
Con sommo stupore di Coulson, che aveva assistito allo scambio di battute tra i due con una vaga curiosità, Clint si lasciò cadere seduto accanto a lui, i gomiti sulle ginocchia, le mani appena intrecciate. Per un po’ regnò un silenzio quasi imbarazzato poi di colpo Barton disse
“ti ascolto”
“come?”
“se mi vuoi spiegare… ti ascolto” precisò Clint guardandolo finalmente in faccia. Coulson non ci credeva, che finalmente avesse deciso di seppellire l’ascia di guerra, proprio quando lui cominciava a non sperarci più! Ma non volle perdere l’occasione facendo delle domande
“sono morto davvero, due anni fa” iniziò a raccontare “non è stata una messa in scena, sono stato clinicamente morto per quasi 21 giorni” Clint strabuzzò gli occhi incredulo e Coulson rispose alla sua muta domanda “mi hanno riportato in vita con un siero particolare di origine aliena di cui ora si sono smarriti tutti i campioni, non ne conosco il funzionamento. Da allora sono vivo ma non sono più io, sono diventato un’altra persona, per così dire” confessò “mi è stato tassativamente vietato di rivelare che ero ancora vivo a chi non fosse strettamente necessario, Audry tutt’ora mi crede morto, e probabilmente sarà così per sempre” fino a quel momento la sua voce era stata sommessa e pacata, quasi incolore, ma Barton la sentì incrinarsi appena mentre aggiungeva “credimi Clint, mi dispiace” il ragazzo inghiottì a vuoto sforzandosi di guardarlo, sapeva che quella conversazione avrebbe sollevato il vaso di pandora delle emozioni devastanti che quel periodo post controllo mentale avevano portato. Respirò a fondo tentando di mantenere il controllo
“negli ultimi due anni sono letteralmente annegato nell’alcool” soffiò “tentavo di offuscare il ricordo del fatto che ero stato io, a portare sull’aereo-nave il bastardo che ti aveva ucciso” confessò. Coulson si sentì male e provò a scusarsi di nuovo, ma Clint lo interruppe con un gesto della mano “credo che ti ricordi cosa hai fatto per me, cosa hai rappresentato per me” continuò “sono venuto a dirti che me lo ricordo anch’io, e che… sono contento che tu non sia morto” concluse prima di alzarsi in piedi “il resto non importa più” aggiunse prima di voltarsi. Coulson gli sorrise, sentendo finalmente affievolirsi uno dei pesi che si portava sulle spalle
“Clint” lo chiamò, il ragazzo si girò di nuovo “per curiosità, sei venuto a chiarire con me perché pensi che moriremo?” sdrammatizzò. Barton non riuscì ad impedirsi di sorridere sotto i baffi
“no tranquillo” rispose “diciamo che la tua figlioccia mi ha fatto una lavata di capo un paio di giorni fa” Coulson sollevò le sopracciglia sorpreso “e io con i miei tempi da bradipo ora sono arrivato alla conclusione che aveva ragione” aggiunse Clint prima di lasciare l’area di carico. Coulson lo osservò mentre bisticciava con Skye per riprendersi il posto nella cabina di pilotaggio accanto a Natasha, e sorrise scuotendo un po’ la testa.
Era una famiglia ben strana la sua.

 

 

 

Washington, First Street NE n.1 , palazzo della corte suprema di giustizia

 

Coulson, a riparo del tendalino di un piccolo locale con i tavolini fuori, osservava pensieroso il grande dispiegamento di forze militari che aveva completamente blindato il palazzo della corte suprema. Origliando qua e là aveva appreso che era stato fatto evacuare completamente per prevenire le perdite umane, nel caso in cui non si riuscisse ad evitare l'attentato, e che l'edificio era stato perlustrato da cima a fondo alla ricerca di ordigni, ma senza successo.

-non ha senso- pensò sistemandosi la visiera del berretto da baseball (si era cambiato d'abito per non dare troppo nell'occhio, col suo completo scuro)
-perchè avvisare un paese come l'America dell'imminenza di un attacco terroristico, quale organizzazione dispone di mezzi tali da eludere tutto questo?-

le su elucubrazioni vennero interrotte da una voce nell'auricolare, era Skye
“AC sta arrivando un'altra camionetta di soldati armati fino ai denti” gli disse appostata sul lato est del palazzo, intenta a fingere di prendere un cappuccino da un ambulante “ho fatto il giro dell'isolato e controllato tutte le auto parcheggiate in zona, non c'è traccia di radiazioni nè di qualsiasi altra fonte di deflagrazione, non ho potuto ispezionare le vetture militari” aggiunse “lo scanner portatile ha un raggio limitato e ho paura che se tiro fuori il portatile qui, mi sparano a vista!”
“va bene così Skye, le loro vetture avranno pensato loro a controllarle, mi auguro, in ogni caso c'è Natasha lì in mezzo” la tranquillizzò il direttore prima di schiacciare un minuscono interruttore dietro l'orecchio per aggiungere la Vedova al canale di comunicazione “Natasha ci sei?”

Nel mezzo dell'area recintata dalle transenne una giovane donna in divisa militare si sistemò l'auricolare fingendo di rimboccare una ciocca di capelli rosso fuoco sotto il berretto
“ci sono” soffiò “qui sembra tutto tranquillo, Coulson, ma ci ho messo circa 30 secondi a mettere fuori combattimento il maggiore Kif e a rubarle divisa e tesserino, se queste sono le forze militari del paese mi domando perchè non sia già tutto in mano ai russi” aggiunse in tono duro
“suvvia Nat, non metterti a fare la patriottica proprio adesso” Coulson alzò gli occhi al cielo, Barton si era immesso nel canale senza autorizzazione “comunque anche da qui su tutto sotto controllo signore, se passa un piccione con l'aria sospetta lo fermo per interrogarlo”
“vedi di fare il serio Barton” sillabò Coulson alzando gli occhi verso il tetto dell'edificio di fronte al palazzo della corte suprema, Clint era lì sopra, sdraiato su una coperta di feltro e con l'occhio puntato nel mirino del suo arco.
“scusi signore ma sinceramente mi sembra un pò improbabile che qui succederà qualcosa, l'intero quartiere è blindato” ribattè il ragazzo, ascoltato anche da Natasha che intanto stava controllando una lista dei presenti per sincerarsi che oltre lei non ci fosse nessun fuori programma “mi domando se quel messaggio non sia stato mandato con il solo scopo di tenere tutti qui mentre l'attentato avviene da un'altra parte” riflettè ancora Barton. Coulson stava per rispondere che in effetti non aveva tutti i torti quando Skye si immise di nuovo nella conversazione
“AC scusa tanto ma c'è Easter dalla base che ti deve parlare, ha intercettato la linea di comunicazione del generale Brett, il tizio che comanda la baracca” spiegò prima di inoltrare la chiamata alla giovane collega
“direttore mi sente?” pigolò la ragazzina nell'orecchio di Coulson
“forte e chiaro agente Marshall, scoperto niente?” chiese Coulson spostandosi per cambiare posizione, dato che il cameriere del locale aveva cominciato a guardarlo incuriosito
“si signore, il generale Brett ha appena avuto conferma del blocco totale dell'intero spazio aereo sopra Washington, le dirò di più, ha dato preciso ordine di abbattere qualsiasi velivolo che infranga questo divieto da ora fino a nuovo ordine, faccia attenzione quando andate via da lì!” Coulson sorrise della premura della sua voce, e approfittò da questa sua naturale reazione per depistare il cameriere
“capito amore, ovvio che con questo traffico fai fatica ad avvicinarti, non preoccuparti ti aspetto qui, non mi muovo” disse a voce più alta dopo essersi accostato un cellulare all'orecchio e facendo uno sguardo d'intesa al cameriere che sorridendo si allontanò.

Base segreta di Fury, centro di controllo

Easter rimase leggermente interdetta balbettanto un
“ma che....” mentre in sottofondo sentiva Clint ridacchiare sonoramente
“Scusa Easter” sibilò Coulson nell'auricolare non appena il cameriere fu di spalle “dovevo togliermi dai piedi un cameriere curioso!”
“nessun problema...” sussurrò la ragazzina, contenta che nessuno potesse vederla arrossire.

 

Washington, First Street NE n.1 , palazzo della corte suprema di giustizia

Poco distante dalla folta coltre di persone che si era ammassata intorno alle transenne, ignara del pericolo dato che per non scatenare il panico non era stata fatta parola dell'attentato, Quinn si sistemò gli occhiali da sole mentre scriveva un messaggio con il cellulare protetto ai suoi agenti in medio oriente. Dietro di lui Ward, con l'espressione più incolore di cui un viso umano è capace, attendeva a braccia conserte direttive.
“è pronto professore?” soffiò Ian accostandosi al fianco dell'uomo accanto a lui. Il professor Hall indossava la sua solita felpa blu, jeans e scarpe da ginnastica, le mani calcate nelle tasche. Niente di più anonimo. Il cappuccio tirato fin sulla testa faceva leggermente ombra agli occhi dorati, con la pupilla inumana. In quel bailamme generale, in una città con Washington, nessuno si sofferma a guardarti in faccia, perciò nessuno sembrava aver fatto caso al grigio antracite della sua pelle. “che dice siamo abbastanza vicini al palazzo per fare le sue magie?” lo incalzò Quinn vedendo che non rispondeva.
Hall stava per sibilargli sdegnato che era sufficiente avesse un contatto visivo con l'area da 'trattare', ma qualcosa colpì la sua attenzione facendogli aprire leggermente la bocca, senza tuttavia emettere alcun suono: ad alcuni metri di distanza, vicino ad un anonimo locale, vestito in modo ancora più anonimo di lui, notò Phil Coulson. Si sentì pervadere da una tale rabbiosa euforia da non riuscire a tenersi completamente a freno, causando un leggero malessere alle persone più vicine a lui. L'uomo che tanto detestava era lì, a meno di 100 metri da lui!
“Hall” lo chiamò Quinn sentendo l'aria nei polmoni farsi più pesante, come se avesse una forte bronchite “che le prende” la voce cominciava ad incrinarglisi “mantenga il controllo”
“è qui” rispose secco “Phil Coulson è proprio qui, lo vedi idiota?” lo apostrofò con rabbia. Quinn inziava a sentirsi male, e in quel momento si ricordò cosa gli aveva detto Tyst a proposito del campo magnetico di sicurezza di cui il corpo di Hall era fornito, quindi superò il ribrezzo che sentiva montargli sempre nello stomaco all'idea di toccare quella creatura e gli afferrò il braccio.
Si sentì istantaneamente meglio e recuperò lucidità per rispondere (quella vecchia volpe di Tyst aveva ragione!)
“professore, la capisco” disse in tono pacato e tranquillizzante “ma non ora, ora... mi dia retta, gli faccia del male, gli mostri cosa può accadere, senza che lui possa avere alcun controllo” queste parole ebbero il potere di scuotere la creatura, che riprese il dominio sui suoi poteri andando a posare il suo sguardo agghiacciante su Ian “faccia come concordato, rada al suolo il palazzo” continuò Quinn sostenendo il suo sguardo per la prima volta, incoraggiato dalla nuova consapevolezza che c'era un modo per sottrarsi alla morsa del suo potere “sono sicuro che Coulson non è venuto da solo, è qui con la sua squadra, e crede di avere tutto sotto controllo, gli dimostri che non è così, e si goda il suo sconforto davanti alla distruzione di questo simbolo del potere umano” continuò facendo cenno con la testa al palazzo della corte suprema “le prometto che avrà occasione di torturarlo personalmente, ma non ora” concluse con tono risoluto.
Hall rimase immobile per alcuni istanti che a Quinn parvero decenni, dietro di loro anche Ward riprendeva fiato, poi finalmente la tensione abbandonò le sue spalle e annuì
"daccordo" disse solo prima di distogliere lo sguardo e sistemarsi meglio il cappuccio sulla testa.
Ian lasciò andare il fiato solo quando fu certo di non avere più l'attenzione della creatura su di sè, inconsciamente portò una mano a tastare il lato sinistro della giacca all'altezza del petto, la dove sapeva trovarsi, in una tasca interna, il siero inibente che Tyst aveva preparato.
Poi guardò ancora l'orologio e sussurrò, sapendo che solo Hall l'avrebbe sentito
"due minuti..."

 

 

due minuti dopo


Coulson stava ascoltando attentamente il rapporto di Natasha sulla situazione all'interno delle transenne quando un boato pazzesco investì l'intera area. Istintivamente Coulson si abbassò a terra, così come tutti gli altri presenti intorno a lui, il rumore proveniva dall'interno del palazzo. Tutti gridavano, vociavano e facevano domande ma sembrava di assistere ad un film con l'audio disturbato da una massiccia interferenza, si vedevano le bocche delle persone articolare parole ma l'unico suono a riempire il cervello del direttore era l'immane frastuno del palazzo della corte supremma di giustizia che sembrava star implodendo dall'interno.
L'imponente colonnato si spezzò in un solo colpo, l'innaturale angolo di frattura convergeva verso l'interno, come se una forza stesse attirando in quel punta l'intera struttura.
Tutto accadde nel giro di pochissimi minuti.
In un rombo pari a quello di un terremoto di forte magnitudo le scale si compressero fino a esplodere in frantumi investendo di detriti l'intera area transennata. Fu solo in quel frangente che Coulson recuperò l'uso della parola.
Senza saperlo lui e Clint, ora in piedi sul palazzo di fronte, mandarono all'aria la copertura nello stesso istante gridando
"NATASHA!!"

 

Immobili tra la folla che si disperdeva terrorizzata Quinn e Ward contemplavano il professor Hall a lavoro. Il primo con un ghigno folle a deformargli il viso, il secondo totalmente apatico, si limitava a sostenere Ian per un braccio per non farlo cadere.
Hall sentiva l'intero corpo percorso da brividi di piacere, vedere il palazzo della corte suprema di giustizia andare il polvere per mano sua, era persino più gratificante di quanto era stato ammirare lo Space Needle accartocciarsi.

 

Coulson riuscì a distogliere lo sguardo da quello che avveniva all'edificio per correre controcorrente in mezzo alla folla impazzita di civili e militari (anche loro nel panico, totalmente impreparati a gestire una cosa del genere). Quasi si scontrò con Skye che aveva avuto la stessa idea e gli stava correndo incontro dal lato opposto della strada
"Skye!" esclamò stringendole forte le mani sulle braccia quando la sentì impattare contro il suo petto
"AC stai bene???"
"vieni! Dobbiamo trovare Natasha!" esclamò lui senza risponderle tirandosela dietro per una mano.
La deflagrazione era finita e con essa il fragore del marmo che andava in frantumi venne di botto sostituita dalle grida confuse della gente che urlava, di dolore, stupore e terrore, tutto intorno a loro.

Clint imprecando a raffica, alternando inglese e gaelico, scoccò una freccia/rampino al cabinato dell'energia elettrica sul tetto dell'edificio su cui si trovava.
Il grosso stop a farfalla all'estremità della freccia si aprì arpionandosi al cemento non appena la freccia si conficcò nel muro e Barton non perse neanche tempo ad assicurarsi che tenesse, ancorò l'estremità col moschettone alla cintura e si lanciò di sotto, atterrando pochi istanti dopo sull'asfalto coperto di detriti ai piedi del palazzo, piegando le ginocchia fin quasi a terra per ammortizzare l'impatto. Individuò quasi subito Coulson e Skye
"Barton grazie al cielo stai bene!" gli urlò Skye non appena lo vide
"Natasha?" chiese senza rispondere
"era lì in mezzo al momento dell'esplosione" rispose Coulson indicando quel che restava dell'area transennata. Alle sue spalle quel che restava del palazzo era rattrappito su sè stesso come se fosse finito in una pressa idraulica gigante. Barton sentì lo stomaco accartocciarsi ma tentò di non darlo a vedere, solo il sangue che gli andava di colpo via dal viso lasciò intendere a Coulson quanto si fosse agitato alla notizia
"io da sù non ho visto un cazzo di niente! È successo tutto all'improvviso voi??" proruppe
"niente!!" esclamò Skye divorata dalla frustrazione
"cerchiamo di dare un senso alla nostra presenza qui" intervenne Coulson "dobbiamo capire come è successo ad ogni costo! Clint.."
"signore io" tentò di protestare Barton, sapeva che per lui e Nat non era mai stato previsto un piano di recupero ma stava letteralmente venendo divorato dall'ansia
"Clint vai a recuperare l'agente Romanoff e poi entrate in quel che resta dell'edificio, cercate indizi" lo spiazzò Coulson, interropendo le sue obiezioni
"sicuro signore?" non riuscì a impedirsi di chiedere. Coulson annuì energicamente
"abituati Barton, nella mia squadra è SEMPRE previsto un piano di recupero" asserì serio. Clint non se lo fece ripetere due volte e corse a scavalcare le macerie intorno alle transenne.

Correva cercando di mandar via le immagini masochiste che la sua mente continuava a proporgli, di Nat coperta di sangue, prima di sensi tra le macerie, collegò l'auricolare ma il GPS della ragazza era completamente morto. Se lo strappò dall'orecchio ricacciando indietro a forza l'acido che gli venne su dallo stomaco. Cominciando a ispezionare febbrilmente le macerie.


"Easter sei ancora lì?" chiese concitatamente Coulson nell'auricolare. Non aveva ancora lasciato andare la mano di Skye.
"porca miseria signore sì!! ma che è successo lì! Mi sono dovuta strappare il microfono dall'orecchio!!" gridò la ragazzina dall'altro capo della linea.
"qui è esploso tutto, non siamo riusciti ad evitare che accadesse "ammise mestamente il direttore facendosi largo nel mare di polvere e gente "riesci ad illuminarmi tu?" attese per qualche istante guardandosi intorno, mentre Skye l'aveva lasciato per andare ad aiutare una signora ad uscire da sotto una transenna.

 

Clint si chinò per guardare dentro l'abitacolo di una camionetta rovesciata col cuore in gola, niente. Stava per scomodare qualche santo dal paradiso per l'ennesimo buco nell'acqua quando si sentì afferrare per le spalle e si voltò di scatto
"non ci sono feriti lì dentro, ho già controllato" la voce fredda e tranquilla di Natasha gli fece tirare il più grande sospiro di sollievo della sua vita. La donna era di fronte a lui, sporca di polvere ma in perfetta forma che gli snocciolava la conta delle perdite. Si trattenne a forza dall'abbracciarla, sentendosi anche un pò idiota per essersi preoccupato tanto.
Dove aveva la testa, Nat non era certo la damigella in pericolo delle favole! Quella donna aveva la pelle più dura del kevlar, stava quasi per dimenticarsene.
"temevo..." inziò mordendosi la lingua un istante dopo
"cosa?" chiese Nat "tu stai bene?" chiese poi, come rendendosi conto in quel momento che in effetti non aveva una bella cera
"si sto bene, niente niente" si affrettò a rispondere " Coulson vuole che andiamo a ispezionare l'interno" la donna annuì e lo precedette facendosi largo tra quel che restava dell'imponente scalinata d'ingresso.

 

"signore buone notizie" trillò dopo qualche minuto Easter nell'orecchio di Coulson "ho trovato una telecamera ancora funzionante sulla porta della banca di fronte al palazzo" Phil registrò a malapena il seguito del discorso, dove Easter gli diceva che stava recuperando la registrazione e che l'avrebbe mandata ai FitzSimmons per ispezionarla, qualcosa aveva rapito interamente la sua attenzione: qualcuno immobile nel panico generale, a qualche decina di metri da lui.
Anche Skye, che gli si era affiancata di nuovo, stava guardando basita nella stessa direzione.
A Coulson parve che di colpo tutto scorresse a rallentatore. Fermo a contemplare il disastro, nell'inferno di polvere, grida e sirene delle ambulanze in avvicinamento, c'era qualcuno, o meglio qualcosa, che nella sua inumanità aveva un che di familiare.
Anche lui lo stava guardando adesso, Coulson lo vide ghignare e, tranquillo nell'agitazione generale che a tutto pensava meno che a lui, scoprirsi la testa dal cappuccio blu, per permettergli di ammirarlo meglio.
Un dotato.
In effetti non poteva esserci altra spiegazione per una cosa del genere.
Il suo aspetto era terrificante, inumano ma al contempo dai tratti stranamente noti.
Poi dietro di lui notò un'altra faccia.
Ben nota stavolta.
Gli si accapponò la pelle dall'orrore a riconoscere Ian Quinn che si allontanava dopo un ultimo sguardo fiero al suo operato, scortato dal un giovane alto e robusto vestito di nero. Vide anche la creatura che, dopo avergli fatto un cenno con la testa in una sorta di saluto, si voltava e si incamminava con gli altri due.
Ma non ebbe la forza di muovere neanche un passo per seguirli, tanto era stato lo sgomento nel riconoscere finalmente, nei lineamenti della creatura, quelli di un uomo che conosceva, e che aveva creduto morto fino a quell'istante: Franklin Hall!
Ma cosa gli era accaduto? Cosa era diventato?

Tuttavia non fu lui a riconoscere per primo il ragazzo che faceva da scorta a Ian Quinn. Fu la voce di Skye, strozzata dall'incredulità, a riportare il suo mondo a velocità normale e a focalizzare la sua attenzione su quel particolare.
La ragazza non poteva credere a quello che aveva visto.
L'uomo che stava aiutando Quinn (il suo assassino per la cronaca) ad allontanarsi dal luogo del misfatto insieme al suo mostruoso aiutante era..
"Ward....?" si sentì dire... con una voce talmente incredula da non sembrare neanche la sua.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

* lo Space Needle è la torre panoramica, concepita per l'expo, simbolo di Seattle e per diversi decenni detentrice del titolo di edificio più alto del mondo.

** il messaggio è stato concepito per imitare le motivazioni che spingono i gruppi estremisti ad avercela con l'america, cioè la presunta pretesa di mettersi in competizione con dio, lo Space Needle era quindi una sfida alla divinità, una sorta di tentata di scalata al cielo e per questo meritevole di essere distrutta, il palazzo del corte suprema invece, è spiegato, perchè solo dio è il supremo giudice. (insomma giusto per far vedere che Quinn non aveva sscelto monumenti a caso)

 

ps: vi piace il nome di Tyst? Me lo ama.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** cap 13 ***


~~Tre ore dopo l'attentato alla corte suprema di giustizia,la citta di Kandahar in Afghanistan venne semi devastata da una pioggia di bombe.
Tra i resti delle deflagrazione vennero rinvenuti dei pezzi di ordigno portanti lo stemma delle forze militari americane.
L'isteria mediatica travolse ogni angolo del mondo e nei palazzi governativi di entrambe le nazioni il caos prese a farla da padrone. In un crescendo di rabbia, frustrazione e incomprensione i rispettivi uffici per le comunicazioni estere furono presi d'assalto da centinaia di messaggi in cui da un lato L'Afghanistan disconosceva la paternità dell'attacco terroristico e dall'altra gli USA disconoscevano la paternità della successiva rappresaglia, in breve entrambe le nazioni si accusarono reciprocamente di mentire. Le emittenti televisive di mezzo mondo cominciarono già a parlare di una guerra aperta imminente.
Tutto stava andando esattamente secondo i piani di Quinn.

 

 

Cocos lake city, alcune ore prima


Cocos lake city era un piccolo centro a cavallo del confine tra Ontario e Manitoba. Un posto di cui si ignora totalmente l'esistenza finché non sei costretto a venirci per seguire il segnale elettromagnetico di un arma vivente che si sta nascondendo (cosa non troppo frequente quindi).
May, Tripplett e Steve avevano indossato abiti civili, lasciato il BUS, protetto dagli scudi riflettenti, fuori città nella boscaglia, e si erano avvicinati a piedi seguendo il segnalatore.
Si erano accordati sul ruolo di copertura da impersonare nel caso gli fossero state poste delle domande: Cocos lake city contava poche centinaia di abitanti ed era facile si incuriosissero vedendo delle facce nuove.

May studiò con un'occhiata la strada principale del paesino, domandandosi se fosse davvero possibile vivere tutta la vita in un posto così fuori dal mondo. Certo era che non rischiavi di ammalarti di stress! Steve le si avvicinò, chinandosi su di lei per parlarle all'orecchio
"May, non ci crederebbe neanche un cieco che sono tuo fratello! Non potevamo inventarci niente di meglio?" le chiese evidentemente a disagio. La donna gli rivolse uno sguardo stufo
"una donna che gira con due uomini desta troppo l'attenzione, se nessuno di loro è un suo parente, e tu non puoi sembrare nè mio padre nè mio figlio, se permetti!" lo rimbeccò fingendo di osservare una mappa turistica presa all'infopoint "e di sicuro passi più tu di mio fratello di quanto possa farlo Tripplett" aggiunse.
"esatto, io sono perfetto come marito!" intervenne Antoine passando un braccio dietro le spalle di May, che gli rivolse subito un radioso sorriso omicida. Steve mise su un piccolo broncio incrociando le braccia fino a sentir tendere la stoffa della camicia tartan di Trip, che evidentemente gli andava troppo stretta
"certo, geniale, niente passa inosservato come una coppia formata da un'asiatica e un afromericano" protestò. Trip rise
"il mondo si è evoluto da 1945, cognato caro!" lo prese in giro battendogli una mano sulla spalla
"finitela e muoviamoci, ci guardano" sibilò May tra i denti, ricambiando la stretta di Antonie con un braccio intorno alla vita e sorridendo amabilmente a una signora che la salutò uscendo da un negozio.
Non appena la donna si fu allontanata, il sorriso scomparve dal suo viso e la sua espressione tornò di nuovo gelida a fulminare i suoi due accompagnatori "vediamo di fare in fretta" sussurrò "il Soldato d'Inverno perde forza ogni minuto che passa, e io se sorrido ancora per un pò avrò i crampi alle mascelle!" Steve mise da parte all'istante le sue proteste e annuì e Antoine diede attenzione al segnalatore che teneva nascosto nel marsupio, mentre si rincamminavano.
"per di qua..il segnale porta poco fuori dal centro abitato" sussurrò
"tieni pronta l'arma della buonanotte" soffiò May
"ce l'ho" ribattè l'uomo fingendo di fare una foto al palazzo del municipio "ma Jemma mi ha detto che se è troppo debole lo shock neurale potrebbe ucciderlo"
"e poi sarebbe preferibile non spararagli, no??" intervenne Steve a denti stretti fulminando May da dietro gli occhiali finti che indossava.


Man mano che le case si diradavano il segnale si faceva sempre più vicino, fin quando non arrivarono ad un piccolo crocevia, in cui la loro posizione quasi si sovrappose alla spia rossa del segnale magnetico. Tutti e tre aggirarono contemporaneamente lo sguardo sul paesaggio circostante, non si vedeva anima viva. Nel raggio di diversi chilometri le uniche costruzioni presenti erano due casette con il giardino circondato da staccionate colorate e un grosso e malandato fienile.
"deve essere qui" disse la donna sfiorando il fianco al quale portava l'arma
"prima di iniziare il teatrino della famiglia in vacanza guardiamo nel deposito" propose Steve facendosi avanti " dubito abbia chiesto aiuto" spiegò in tono amaro, rivedendo davanti agli occhi le espressioni gelide e quasi mute, così diverse da quelle che nei suoi ricordi attraversavano il viso di James, che aveva sempre su il Soldato d'Inverno.

Steve spinse la porta del fienile col cuore in gola, domandandosi cosa avrebbe fatto se si fosse trovato faccia a faccia con un uomo che aveva il volto di James Burns, ma che desiderava solo ucciderlo. Tuttavia non riusciva a togliersi dalla testa che l'ultima volta che si erano affrontati lui gli aveva salvato la vita. Avrebbe potuto finirlo ma non l'aveva fatto, avrebbe potuto semplicemente lasciare che annegasse, ma aveva scelto invece di trascinarlo fuori dall'acqua. Anche se era andato via senza dire una parola, qualcosa dell'uomo che aveva conosciuto doveva per forza ancora esserci sotto quella maschera dai lineamenti fissi.
La porta del fienile cigolò pesantemente, e i cardini fortemente arruginiti persero qualche scaglia nel muoversi. L'interno era ora illuminato solo dalla lama di luce che proveniva dall'uscio aperto.
Quel posto doveva essere in disuso da diverso tempo, o comunque poco visitato, un posto ideale per nascondersi. Dalla moltitutine di oggetti accatastati senza alcun senno, che riempiva tutto il campo visivo, si poteva dedurre che fosse stato adibito a semplice deposito della robaccia del paese, solo un piccolo angolo dietro la porta era leggermente più pulito e tenuto sgombro. Lì, ordinatamente impilate, c'erano alcune cassette di frutta, non più di una ventina. Evidentemente il proprietario le teneva lì a portata di mano in attesa di venderle al mercato della domenica.
"occhi aperti" disse May con un filo di voce estraendo la pistola dalla vita dei jeans "è qui" aggiunse facendo cenno alle cassette, dove in maniera casuale mancava qualche frutto. Anche Trip si armò, Steve invece iniziò a procedere più velocemente all'interno, disarmato, e con lo stomaco sempre più annodato dall'impazienza. Tra poco avrebbe rivisto Bucky, sperava solo di non trovarlo morto.

Il fondo del fienile era fiocamente illuminato da un piccolo lucernario posto sulla parete di legno, e lì, seduto con la schiena abbandonata contro una pila di vecchie sedie accatastate, trovarono il Soldato d'Inverno.
L'uomo voltò gl occhi a guardarli sussultando leggermente, quando gli sopraggiunsero accanto, ma non ebbe la forza di fare molto di più. Indossava ancora gli stessi abiti del giorno dell'attacco all'HUB, l'aria era satura dell'odore pregnante del suo corpo bagnato di sudore, in preda al delirio della febbre. La felpa bianca, macchiata di sangue, era gettata poco lontano e alla sudicia maglietta che indossava erano state strappate via le maniche, trasformate nelle bende con cui aveva arrangiato una medicazione di fortuna ai due fori di proiettile che aveva in corpo.
Il suo respiro era affannoso e lento, May studiò il suo torace alzarsi e abbassarsi ritmicamente, alla ricerca d'aria. Gettò un'occhiata alle ferite senza smettere di puntargli contro la pistola, anche se apparentemente stremato era imprevedibile la quantità di forza di cui poteva ancora disporre.
Le bende erano zuppe di sangue e dai loro margini si potevano intravedere i bordi slabbrati di una ferita gravente infetta, il puzzo era così forte che Trip non potè impedirsi di portare una mano davanti al naso a fare da filtro.
Il Soldato soppesò per qualche istante l'uomo e la donna che gli puntavano contro delle armi, con gli occhi lividi e cerchiati dalla fatica e dalla febbre
"se siete qui per uccidermi almeno sbrigatevi" esalò con un filo di voce, distogliendo lo sguardo e non degnandoli più della minima attenzione. Solo a quel punto Steve riuscì a ritrovare la lucidità per vincere l'immobilità che l'aveva colto nel vederlo e avvicinarsi.
Si inginocchiò vicino a lui
"non siamo qui per ucciderti" disse con calma facendo segno col braccio agli altri due di abbassare le armi "vogliamo aiutarti" continuò poggiandogli una mano sulla spalla e una sull'addome. Il Soldato si voltò ad osservare quel tipo a cui prima non aveva prestato importanza, essendo disarmato, e i suoi occhi si dilatarono leggermente nel riconoscerlo. Aveva già visto quel ragazzo! Sull'aereo-nave che precipitava
e prima ancora per le strade di Washington
e forse ancora prima di quel momento.... gli sembrava.
Si drizzò meglio a sedere, sulle forze, non staccando gli occhi da lui
"tu.. tu sei.. l'obbiettivo!" esclamò incredulo, sollevando il braccio meccanico e allungandolo verso di lui
"fermi! Fermi è tutto ok!" intimò Steve ai suoi compagni senza neanche bisogno di voltarsi, sapeva che avevano immediatamente rimbracciato le armi.
Soldato non riusciva a credere di aver avuto l'occasione di incontrarlo prima di morire, c'era una domanda che voleva fargli, proprio a quel tipo, era il motivo per cui aveva tirato via il suo culo dall'acqua l'anno prima, solo per potergli fare quella domanda a cui nessuno voleva rispondere.
Lo afferrò per il bavero della camicia, con le ultime forze, facendo leva sul braccio ferito che riprese a sanguinare istantantanemente
"no, stai giù! Non parlare!" lo trattenne delicatamente Steve, ma quello non sembrava avere intenzione di obbedirgli e lo strattonò con forza per farsi ascoltare
"dimmelo" intimò "dimmi, chi è Bucky? Perchè lo conosco? Devi rispondermi!" Steve aprì la bocca per parlare ma nello stesso istante gli occhi del Soldato si rovesciarono all'indietro e lui perse i sensi, accasciandosi in avanti.
Steve lo guardò tristemente, povero amico... che cosa gli avevano fatto??
"sei tu Bucky.." sussurrò al suo corpo privo di sensi, inghiottendo a vuoto nella gola che gli doleva per il magone che sentiva.

Si voltò facendo segno a Trip che ora poteva avvicinarsi. L'uomo non se lo fece ripetere e, mentre May rinfoderava definitivamente la pistola, imitò Steve nel passarsi un braccio di Soldato dietro le spalle e lo sollevarono.
"portatelo nel meleto dietro il fienile, vengo con l'aereo e vi getto un'imbracatura per tirarlo su" asserì laconica la donna uscendo.

"sai Capitano avevi ragione" disse Trip sorreggendo alla meglio il peso di Soldato per la vita "era necessario venissi anche tu". Steve smorzò un sorriso prima di incamminarsi piano verso l'uscita.


BUS

Poco dopo il decollo, May si premurò di avvisare le base che il recupero era andato a buon fine. Premette un bottone sulla console e attese qualche istante
"agente May sei tu?" la timida voce di Easter gli rispose dall'altro capo della linea protetta
"agente Marshall fammi parlare con l'agente Simmons, immediatamente" ordinò la donna senza giri di parole, accostandosi appena il microfono delle cuffie alla labbra per meglio scandire il messaggio. Easter non perse neanche tempo a rispondere e rindirizzò la chiamata al laboratorio
"sono Simmons" rispose la ragazza poco dopo
"Simmons sono May, ascoltami bene" spiegò la donna "abbiamo recuperato il Soldato d'Inverno"
"ottimo!" non riuscì a impedirsi di interromperla Jemma
"si ma c'è un problema" ribattè May con voce dura, non gradendo l'interruzione "non sono un medico ma per quel poco che ne so, credo sia con un piede nella fossa!" si affrettò ad aggiungere, descrivendo poi brevemente le condizioni dell'uomo. La successiva richiesta di cosa si poteva fare nel frattempo si mischiò alla colorita esclamazione di disappunto da parte di Jemma.
"May, io preparo tutto, ma nel frattempo dovrete somministrargli degli antibiotici ad ampio spettro e qualcosa per la febbre, se è davvero così alta rischia danni neurologici!" proruppe Simmons con voce concitata "bisogna iniettargli una fiala di isionazide e una di etambutolo*, poi delle gocce di paracetamolo, se riuscite a fargliele prendere... e poi.. sulla ferita spalmate del miele! Fitz ne teneva barattoli interi nello sportello sopra la cucina!"
"miele?" la interruppe May sorpresa
"si, avrà una prima azione battericida locale" spiegò Simmons
"daccordo, ora tranquillizzati" disse calma May nel microfono "ci vediamo tra quattro ore" aggiunse prima di chiudere la comunicazione.


Base segreta di Fury, alcune ore dopo


Coulson aveva riunito tutti gli agenti operativi nella sala riunioni e li aveva messi a parte di quanto avevano purtroppo appreso a Washington. Aveva rivolto un'occhiata carica di compassione a Skye, in stato semi catatonico in un angolo, quando aveva aggiunto che potevano anche smettere di cercare Grant Ward, perchè si trovava con Quinn.
"la lettera minatoria della mano era quindi chiaramente un falso" aggiunse "e dopo gli avvenimenti di Kandahar appare abbastanza evidente il motivo della messa in scena: Quinn, non so ancora con quale folle scopo, vuole che si scateni una guerra tra gli Stati Uniti e il medio oriente, ho motivo di pensare che anche l'attacco in Afghanistan sia opera sua" concluse.
Simmons si strofinò le mani sulla faccia incredula
"signore se davvero è certo di quello che crede di aver visto significa che il professor Franklin Hall ha il controllo sulla gravità terrestre, se ne rende conto!?" esclamò
"temo sia così, Jemma" ribattè il direttore, sembrava calmo, ma era solo una facciata. Clint poteva quasi vedere l'aura di furia che lo pervadeva, se c'era una cosa che mandava proprio fuori di testa Phil Coulson erano le perdite civili, Clint era certo che ora, sotto la sua maschera di sereno autocontrollo, stava ripassando mentalmente ogni secondo degli avvenimenti delle ore precedenti alla ricerca di qualche particolare che gli avrebbe permesso di evitare la strage, bramava quasi di trovarlo, in questo modo avrebbe potuto incolpare sè stesso della faccenda, e di conseguenza dare a tutti la speranza che qualcosa si poteva fare, che non erano del tutto impotenti davanti a quella forza sconosciuta, ma il prezzo era l'autoannientamento.

"una buona notizia in tutta la faccenda c'è" gli sentì dire "pare che i due governi abbiano intenzione di organizzare un incontro tra i loro delegati esteri il mese prossimo, prima di passare a contromisure"
"sul serio?" chiese sorpresa Natasha, indossava ancora l'uniforme rubata sul posto. Coulson annuì
"pare che tutta la fermezza con cui entrambe i paesi negano la paternità degli attacchi abbia fortunatamente insospettivo qualcuno" commentò
"il problema è che la notizia è uscita sui telegiornali di mezzo mondo!" proruppe Skye, che fino a quel momento non aveva avuto la forza di partecipare alla conversazione. In due mosse sul suo laptop ripropose sul proiettore un riassunto panografico delle principali emittenti televisive mondiali che mandavano in loop lo stesso servizio =attentati del giovedì rosso, si cercherà un punto d'incontro, l'appuntamento è tra un mese in zona franca, il Belgio ha messo a disposizione la propria capitale per accogliere i delegati=
"Quinn farà di tutto per evitare che si trovi un accordo!" aggiunse Skye furiosa "e noi non abbiamo la più pallida idea di dove sia!"
"è proprio questa la prima cosa che deve cambiare!" la interruppe il direttore con voce alta ma ferma, poi le andò vicino e la afferrò delicatamente per le braccia "noi lo fermeremo Skye, è a questo che serve lo S.H.I.E.L.D. e come prima cosa dobbiamo trovare quel gran figlio di puttana di Quinn" disse con convinzione. Poi tornò a guardare il resto della squadra e aggiunse "a come affrontare Hall penseremo poi, per ora l'essenziale è trovarlo"
tutti annuirono con decisione.

Lo S.H.I.E.L.D. era lo scudo che si ergeva davanti a chi da solo non può difendersi, era questo lo spirito col quale l'organizzazione era nata, era per questo che ognuno di loro aveva deciso di entrarvi e, se necessario, era per quello che sarebbero morti.

"abbiamo un mese di tempo per prucurarci un invito a quel summit di Bruxell" riprese Coulson "il nostro lasciapassare sarà quel pazzo del vero resposanbile degli attentati accuratamente legato e imbavagliato" precisò "Skye, tu e Easter trovate Quinn, non mi interessa come farete ma riusciteci. FitzSimmons invece lavoreranno ai progetti del Gravitonium, cercate di scoprire se c'è un modo per contrastare un potere simile e trovate uno stratagemma per rinchiudere il professor Hall, una volta che l'avremo catturato. Barton e Romanoff... tenetevi pronti a partire, quando il momento arriverà andremo tutti stavolta" tutti e cinque gli agenti annuirono all'unisono, poi iniziarono a lasciare la stanza.
"mio dio non posso credere che Ward stia con Quinn" sussurrò Simmons di modo che solo Fitz che le stava accanto potesse sentirla "insomma... è l'uomo che ha sparato a Skye! Credevo che almeno di lei gli importasse davvero!" Fitz la guardò tristemente e poi rivolse una rapida occhiata all'amica prima di spingere leggermente Simmons su una spalla per guidarla fuori
"io ho smesso di stupirmi invece" disse in tono duro, stavolta senza l'ombra di esitazione nella voce.

Skye si trattenne ancora qualche attimo nella sala riunioni. Phil la osservò tristemente mentre pensierosa ricalcava col dito i motivi dell'adesivo attaccato sopra il suo laptop.
La ragazza non riusciva ancora a credere a quello che aveva visto poche ore prima. Le sembrava impossibile. Nella sua mente da allora era in corso un combattimento tra il dolore e la rabbia verso sé stessa, la rabbia per essersi resa conto che alla fine aveva finito per crederci, che Ward fosse diventato sincero. Si morse le labbra forte a questo pensiero.
Che stupida.
Mentre la sua mente diceva di no, diceva che non avrebbe mai più creduto a una sola parola che fosse uscita dalla labbra di Ward, il suo cuore aveva fatto l'esatto opposto. E gli aveva creduto quando le aveva detto che era pentito di avergli fatto del male, gli aveva creduto quando aveva letto il messaggio dove le ribadiva che era innamorato di lei.
Ma anche quella era una bugia.
Come poteva amarla se si alleava con l'uomo che l'aveva quasi uccisa?
Le venne da vomitare tanto si sentiva arrabbiata con sè stessa per avergli permesso di ingannarla, non una ma due volte!
Il tocco della mano di Coulson sulla spalla la riportò alla realtà da così tanto lontano da farla sobbalzare visibilmente. Lo guardò spostare la mano dalla sua spalla fino a stringerle il braccio
"ti prometto" le sussurrò guardandola dritta negli occhi "che non farò di nuovo l'errore di lasciarlo in vita" Skye serrò le labbra così forte da sbiancarle "stavolta lo farò fuori personalmente" aggiunse Coulson. La ragazza scosse la testa
"lo farò io invece" disse piano ma risoluta. Phil smorzò un sorriso e spostò la mano ancora, stavolta ad accarezzarle la nuca
"uccidere qualcuno non è cosa da poco Skye" le disse in tono dolce "non solo il farlo... è il dopo che è difficile, è qualcosa da cui non si torna più indietro" spiegò. Poi la avvicinò a sè, poggiandole per un attimo le labbra sulla fronte, e poi trattenendosela così vicino "non voglio che tu lo faccia" concluse, ancora dolcemente, ma più risoluto.
Poi la lasciò andare e la superò uscendo dalla sala. Skye rimase ancora qualche istante lì con gli occhi chiusi, a tentare di venire a patti con il fatto che, di nuovo, era là a raccogliere i pezzi del suo cuore per colpa di Grant Ward.


Isola di Dino

"oh ma dai!!! venduti!!" imprecò Quinn lanciando con un gesto di stizza il telecomando contro lo schermo piatto della sala ricreativa
"non la facevo un tifoso di football signore" commentò laconico Tyst che, spalle alla televisione, stava lavorando al computer. Era riuscito a riprendere l'autocontrollo prima che Ian e Hall tornassero alla base, ed era stato un bene, conosceva abbastanza quel pazzo del suo datore di lavoro per essere sicuro che lo avrebbe aiutato nella sua crisi di coscienza piantandogli una pallottola in testa.
"non prendermi per il culo Tyst sto guardando il telegiornale!" ringhiò Quinn voltandosi di lato per meglio fulminare lo scienziato. "dio santo che smidollati questi leader! Ma li senti??" continuò nonostante Tiberius non si fosse neanche degnato di girarsi "un summit per parlare dell'accaduto, tentare di evitare la guerra!!" li canzonò facendo il verso della voce al telecronista del TG "Tyst prendi nota, la prossima volta tiriamo in mezzo i giapponesi perchè loro quando dicono che faranno una guerra poi la fanno sul serio!*" sbraitò
"si signore" rispose piatto Tyst continuando tranquillamente a digitare sulla tastiera
"rilassati Quinn" la voce di Hall sull'uscio della porta ebbe il potere di fare quello che le urla di Ian non erano riuscite a fare fino a quel momento: distogliere Tiberius dal suo lavoro. La creatura se ne stava appoggiato contro lo stipite delle porta rigirandosi tra le mani una mela "la soluzione è semplice" aggiunse "tra un mese a quel summit ci saremo anche noi, e ti assicuro che dopo che uno dei due leader collasserà su sè stesso, la guerra sarà inevitabile" concluse con aria feroce, provocando persino a Quinn che sorrideva, un brivido di paura lungo la spina dorsale.


Base segreta di Fury, 4 ore dopo il recupero di Soldato d'Inverno


Alla notizia del rientro del BUS nell'angar Simmons aveva provveduto rapidamente a far portare una barella, sulla quale Steve e Trip avevano caricato Soldato e l'avevano trasferito nell'infermeria, nel frattempo May era andata nell'ufficio di Coulson a fare rapporto della missione, e ad essere allo stesso tempo messa a parte degi ultimi tragici eventi che avevano interessato lo stato di Washington.
Quando Easter raggiunse Steve lo trovò accartocciato su sè stesso su una delle sedie di plastica poggiate fuori dall'infermeria. Oltre le porte a vetri la saletta di ricovero era deserta, il Soldato era in sala operatoria con Simmons e Fitz.
Non appena gli fu accanto Easter gli assestò una sonora sberla dietro la nuca che gli fece drizzare la testa di riflesso
"ahi!" si lamentò Steve "e questo per che cos'era!?"
"per essere sparito senza dirmi niente ovviamente!" ribattè la ragazzina puntellandosi le mani sui fianchi, con su un broncio talmente adorabile che Steve, nonostante l'ansia della situazione, non potè impedirsi di sorridere
"scusami, ma non avevo tempo di avvertirti, sono partiti molto in fretta" le disse sinceramente dispiaciuto. Easter ricambiò il sorriso. Steve le ricordava molto Summer per certi versi, aveva una faccia con cui non potevi rimanere in collera per più di cinque minuti! Poi la sua espressione si fece di nuovo seria
"come stava?" gli chiese facendo cenno con il capo alla porta dell'infermeria, le era giunta voce che il Soldato d'Inverno era arrivato privo di sensi alla base. Anche Steve si incupì a questo punto
"lo stanno operando" rispose con un filo di voce "tutto dipende se gli antibiotici sono stati somministrati in tempo" aggiunse sentendo di nuovo male allo stomaco. Easter non poteva resistere a vederlo con quella espressione, gli saltò seduta sulle gambe e lo abbracciò stretto intorno al collo
"andrà tutto bene" gli sussurrò. Il ragazzo le passò un braccio intorno alla vita, grato di avere qualcuno accanto in quel momento. Si soffermò per un attimo a pensare quanto si fosse sentito solo, da quando Bucky era 'morto' molti anni prima. Non se ne era neanche reso conto fino in fondo. Quel senso vago di oppressione, che sentiva sempre dalle parti dello stomaco, e che aveva cominciato a sciogliersi di tanto in tanto solo di recente, quando aveva Easter intorno.... era solitudine?
Non si era mai soffermato a pensarci lucidamente ma in effetti lui era solo. Solo in senso profondo, non aveva più nessuno delle persone che avevano significato davvero qualcosa per lui: il suo migliore amico era morto durante la guerra, la donna che amava aveva passato l'intera vita senza di lui e ora stava vivendo i suoi ultimi giorni ricordando solo a volte il suo viso, a causa della vecchiaia e della malattia, sua madre era spirata di morte naturale, chissà quanti anni prima, credendolo un caduto della seconda guerra mondiale. Sì, forse Capitan America aveva ancora un posto in quel mondo nuovo in cui si era svegliato, ma Steve Rogers? Chi era Steve in questo nuovo mondo?
Per questo si era buttato a capofitto nella sua identità di soldato, di Vendicatore, perchè lì aveva una dimensione. Ma tolta l'armatura a stelle e strisce cosa rimaneva? Niente di quello che Steve Rogers amava esisteva ancora. E lui si era sentito, senza nemmeno accorgersene, mortalmente solo. Per questo aveva toccato il cielo con un dito quando aveva appreso che James Burns non era morto quel giorno sulla ferrovia, e che per qualche misteriosa ragione non era invecchiato neanche lui. Per questo aveva fatto i salti mortali per salvarlo, anche se non si ricordava più di lui. Perchè James Burns rappresentava l'ultimo pezzo della sua vera vita ad essere sopravvissuto.
Ma ora, stringendo quella ragazzina tra le braccia, si era accorto che non era più così. Per Easter lui era solo Steve, non Capitan America, lei si era presa la briga di conoscere Steve la persona, non il Vendicatore, e ora grazie a lei aveva riassaporato la sensazione di essere a casa.

Easter lo lasciò andare piano, poggiando poi i gomiti sulle gambe e il viso tra le mani, osservandolo sorridendo
"sai non vedo l'ora di conoscerlo" gli disse in tono allegro, sperando che potesse farlo sentire meglio parlare del Soldato d'Inverno come se fosse cosa certa che si sarebbe ripreso "me ne hai parlato talmente tanto che ormai muoio dalla curiosità!" aggiunse. Il viso di Steve invece si indurì
"no Easter io non voglio che tu lo incontri" ribattè molto serio
"cosa? Perchè??" chiese incredula la biondina drizzando la schiena. Steve le prese il viso con entrambe le mani
"Easter, lui non è più l'uomo di cui ti ho parlato... sei stata tu stessa a farmelo notare" le disse "non so cosa gli hanno fatto ma l'hanno trasformato in una macchina per uccidere! È molto pericoloso, finchè non saremo sicuri che ha abbandonato quella strada non voglio che ti avvicini a lui!" scandì
"ma, perchè dovrebbe fare qualcosa a me! Non sono nessuno io!" lo interruppe la ragazza, Steve scosse la testa
"ha gettato l'agente Simmons giù da un palazzo solo perchè gli ricordava qualcuno!" ribattè Steve "non possiamo essere certi di cosa gli passi per la mente!" Easter distolse lo sguardo da lui, che ancora la tratteneva per le guance, non molto convinta, e lui la scosse appena
"promettimelo Easter, ti prego!" insistette
"va bene" soffiò la ragazzina.

 

Base segreta di Fury, infermeria, sala operatoria


Fitz osservava Simmons lavorare con sguardo accigliato, dietro la mascherina igienica. Era una sua impressione o stavano rimettendo in sesto la più potente arma biologica a memoria d'uomo???
Oh sì perchè quel tizio ce l'avrebbe fatta! Non aveva mai saputo di nessuno, vertente in quelle condizioni, avere bisogno di così tanto anestetico per andare lungo!
"bella fine che ha fatto il mio miele millefiori superiore" borbottò contemplando la ferita al braccio del Soldato, coperta da un generoso strato di vischioso liquido ambrato. Lo sguardo che gli rivolse Jemma gli fece capire che stava sorridendo sotto la mascherina
"suvvia Fitz, probabilmente il tuo miele ha contribuito a salvargli la vita! Dovresti essere fiero di lui!" lo canzonò dolcemente mentre si dedicava alla ferita sulla gamba, infilando delicatamente una pinza e estraendo poco dopo un piccolo proiettile, che si era accartocciato nell'impatto contro il femore dell'uomo (l'osso era rotto ma non scomposto, si sarebbe rimarginato bene, anche se Simmons si stava ancora chiedendo come avesse fatto a camminarci tutto quel tempo, con una gamba in quelle condizioni!)
Fitz emise un verso di disappunto
"ti ricordo" ribattè in tono duro "che ti ha gettata fuori da una finestra! Scusa se non faccio i salti di gioia al pensiero di salvargli la pelle!" sbraitò porgendole un contenitore d'acciaio in cui la ragazza fece cadere il proiettile
"bhe guarda il lato positivo" rispose Jemma facendo spallucce "quello shock ti ha permesso di recuperare la parola no?" Fitz la guardò sollevando un sopracciglio per nulla convinto, e Simmons lo incalzò "a proposito, ti rendi conto che con me riesci a parlare normalmente? Non sarebbe il caso di lavorare su questo tuo blocco psicologico?" Fitz abbassò lo sguardo, contento che la mascherina impedisse alla ragazza di vederlo arrossire, perchè non voleva mollare il punto
"concentrati sul tuo di lavoro piuttosto, che ora è il momento di pulire la ferita e se lasci anche solo poche cellule infette siamo da capo a dodici!" ribattè in tono acido. Simmons sorrise, armandosi di bisturi mentre Fitz la raggiungeva dal suo lato del tavolo operatorio, si divertiva troppo a vincere confronti verbali con lui!
Tornando a concentrarsi al massimo, si dedicò alla ferita infetta. Aveva un aspetto davvero orribile, se non fosse stata forte di stomaco non avrebbe resistito! (Antoine infatti non ce l'aveva fatta). Lo squarcio causato dal proiettile aveva le dimensioni di una grossa noce, i bordi erano slabbrati e la carne arrossata, all'interno c'era una grande quantità di tessuto infetto di un colore giallo bile che emanava un odore insopportabile, sui bordi c'erano anche piccole parti di tessuto necrotico.

-da rimuovere istantaneamente- pensò Jemma

ripulì velocemente la ferita con il bisturi, togliendo una netta porzione di carne, per non rischiare. Adesso il perimetro del foro era più ampio ma decisamente più sano, poi ricucì con attenzione le fibre muscolari stracciate e il tendine femorale sfilacciato
"gli rimarrà una cicatrice enorme, mi dispiace" disse tra sè e sè mentre guardava Fitz tamponare delicatamente con la garza, per fermare la piccola emorragia causata dalla rimozione del tessuto infetto
"non deve mica fare il fotomodello**" borbottò il ragazzo in risposta.

 

Quando Simmons uscì dalla sala operatoria fuori c'erano Easter, Steve e Coulson, che aspettavano notizie, così sorrise immediatamente per tranquillizzare il ragazzo che aveva una faccia tesissima
"tutto bene" confermò godendosi il sospirono di sollievo di Steve e il cenno di approvazione di Coulson "quel tipo è più tenace della gramigna" scherzò facendo ridacchiare Easter.
"quando potrà parlare?" tagliò corto Coulson. La ragazza sollevò le spalle come a dire che non poteva esserne certa
"l'effetto dell'anestesia finirà tra poco" disse "ma ha ancora la febbre e non so quanto ci metterà a riprendersi, Fitz gli sta somministrando una sacca di fisiologica con altro antibiotico proprio adesso"
"sicura che non gli darà del veleno vero?" scherzò a questo punto il direttore
"mi ha promesso di no!" rise Jemma "andate, vi chiamo se cambia qualcosa" concluse avvicinandosi poi a Steve per dargli un paio di affettuose pacchette sulla spalla.
Simmons si allontanò con Coulson, e Steve e Easter dopo essersi scambiati una rapida occhiata si abbracciarono di slancio in un moto di sollievo
"tu resti qui?" gli chiese la biondina una volta che si furono separati. Il ragazzo scosse la testa
"credo che voglia parlargli prima il direttore Coulson" disse e poi abbassando un pò la voce "e non vorrei scavalcarlo un'altra volta, già ho l'impressione di essermi salvato da un provvedimento solo perchè abbiamo portato a termine il recupero velocemente e senza incidenti!" Easter trattenne uno sbuffo di risata e poi seguì Steve fuori dall'infermeria, non prima però di aver lanciato un'ultima occhiata alla porta chiusa. Nonostante la promessa, il desiderio di conoscere quell'uomo non era scomparso... anzi.


Base segreta di Fury, infermeria, due giorni dopo


La prima cosa che Soldato vide, non appena riuscì a mettere a fuoco ciò che aveva davanti, fu un asettico soffitto bianco a piastrelle.
Non ricordava di essere entrato in quel posto ma non si stupì più di tanto. La sensazione di svegliarsi senza memoria degli eventi dei giorni precedenti era una sensazione tristemente nota per lui.
Percepì come molto lontane le grida di richiamo di qualcuno. Una donna.
Voltò appena la testa ad osservare il profilo di una ragazza con i capelli color mogano/rosso che chiamava qualcuno, sembrava a gran voce, ma a lui arrivava appena un sussurro. Serrò le balpebre e le sbattè poi più volte, per tentare di riprendere lucidità. Solo quando ogni parte del suo corpo riprese sensibilità si rese conto di avere i polsi ancorati al letto da cinghie di contenimento.
La sensazione non gli piacque affatto e di colpo diede uno strattone nel tentativo di liberarsi, doveva essere uno scherzo per lui, ma stranamente il braccio destro non gli rispondeva affatto, e per quanto si sforzasse con il suo umano braccio sinistro (per di più dolorante) non riusciva proprio a forzare le cinghie.
Ciononostante vide la ragazza sobbalzare e emettere un piccolo grido di sorpresa

"oh no, per favore calmati!" lo pregò Simmons con voce dolce avvicinando le mani al suo viso e carezzandolo delicatamente sulla fronte. Quest'improvviso gesto gentile lo frenò. Per la sorpresa più che altro. Così smise di tentare di forzare le cinghe e si rimise sdraiato, nel più completo silenzio. Era impossibile liberarsi, dunque era inutile dare spettacolo dimenandosi come un pesce in una rete.
"sei al sicuro qui.. stai tranquillo non vogliamo farti del male" gli stava dicendo la ragazza.

Sbaglio o l'aveva già vista?

Jemma si morse il labbro inferiore in difficoltà, occhieggiando la porta a intervalli regolari, ma perchè cavolo era sempre sola in queste situazioni di merda?? capiva bene lo stato d'animo dell'uomo, non era facile credere che andasse tutto bene se lo tenevano legato al letto!
"c..come ti senti?" tentò smorzando un piccolo sorriso "senti ancora la febbre?" il Soldato la guardò per qualche istante senza risponderle, sembrava perfettamente tranquillo adesso, ma dubitava che lo fosse veramente, sembrava più che altro pronto a gestire qualsiasi situazione di tortura fossero pronti a infliggergli, della serie 'date pure il vostro peggio, tanto non mi piegate'
Finalmente Coulson sopraggiunse a salvarla da quella difficile situazione.
L'uomo entrò, prudente ma con lo sguardo deciso, voleva dargli un'impressione di sicurezza: quel giovane doveva essere trattato con un'animale selvaggio, che avverte la paura in qualcuno. Il Soldato lo studiò, senza ombra di curiosità negli occhi, Coulson gli vide aprire e chiudere il pugno sinistro, come se stesse valutando quanto ci avrebbe messo a toglierlo di mezzo se solo fosse riuscito a liberarsi.
"sergente Barnes" lo salutò formalmente "sono Phil Coulson, direttore dello S.H.I.E.L.D." Soldato stava per ribattere che non conosceva nessun Barnes, ma nel momento in cui Coulson pronunciò la parola S.H.I.E.L.D. percepì come una fitta al cervello, che gli impedì di aprir bocca, dopodichè l'unica sensazione che lo pervadeva fu il desiderio di uccidere quell'uomo che neanche conosceva. Chiuse gli occhi scuotendo appena la testa, aveva già avuto quella sensazione, era stato quando si era trovato tra le mani, completamente alla sua mercè, l'obbiettivo (Capitan America), e come ora aveva resistito all'impulso di ucciderlo istantaneamente, incuriosito e confuso dalle sue parole.
Coulson lo vide stringere gli occhi ed emettere una specie di grugnito per lo sforzo, mentre cercava di trattenere quel desiderio, che cominciava a rendersi conto non gli apparteneva. Scambiò un'occhiata con Simmons, che gli restituì lo stesso sguardo, annuendo.
Soldato respirò a fondo portando gli occhi al soffitto, cercando di concentrarsi su qualcos'altro, per esempio sul dolore che aveva preso a martellargli nel braccio ferito per l'eccessiva tensione che aveva messo nei muscoli.
Era per questo che non aveva potuto attendere che l'obbiettivo si svegliasse quando l'aveva tirato via dall'acqua. Se solo lo guardava veniva sopraffatto da un desiderio doloroso di ucciderlo, qualcosa gli diceva che se solo avesse messo fine alla sua vita tutto il dolore sarebbe scomparso.
Non aveva potuto farlo.
E l'unico modo per non farsi saltare il cervello era stato allontanarsi.
Tornò a guardare quell'uomo, che stava pazientemente aspettando che si riprendesse, quasi sapesse cosa stava passando.
Aveva il respiro pesante per lo sforzo ma aveva ripreso il controllo (anche se ancora nel fondo della testa continuava a sentire la voce che gli ripeteveva come un mantra: uccidi uccidi uccidi!)
"non mi chiamo Barnes" scandì a voce bassa, distogliendo poi lo sguardo dall'uomo e puntandolo sulla ragazza alla sua destra. Si mise a contargli le lentiggini per cercare di distrarsi.

Simmons arrossì senza volerlo a vedersi fissare a quel modo.

"come vuoi, Soldato d'Inverno allora" rispose accondiscendente Coulson accennando un sorriso per tantare di tranquillizzarlo, anche se sapeva che ormai la sua faccia era compromessa dalla parola S.H.I.E.L.D. che aveva pronunciato. "so che è difficile dare credito alle parole di uno sconosciuto, ma vorrei che ci credessi, quando dico.... che non vogliamo farti del male, anzi, vogliamo aiutarti" continuò. Soldato si degnò di rivolgergli un'occhiata scettica, sollevando, per quanto poteva, il braccio sinistro incatenato al letto, come a dire che era difficile credergli dato lo stato in cui si era svegliato e Coulson nicchiò con la testa "te lo concendo, le misure che abbiamo preso possono sembrare fuorvianti, ma non te ne nascondo il motivo, è per la nostra sicurezza" aggiunse "in fondo, l'ultima volta che ci siamo incontrati hai gettato l'agente Simmons giù da una finestra!" spiegò facendo un cenno del capo verso Jemma, che sorrise di nuovo, ancora in imbarazzo.
Soldato annuì voltando la testa, stavolta dal lato opposto a quella della ragazza, evidentemente battuto sulla retorica da Coulson.

Ecco dunque dove aveva già vista quella tizia.

"se sei daccordo" riprese il direttore notando che sembrava aver deposto momentaneamente l'ascia di guerra "vorrei farti qualche domanda" Soldato lo guardò con la coda dell'occhio prima di voltarsi e ostentare ora una certa determinazione
"farmi domande è inutile, non tirerà niente fuori dalla mia testa" rispose, concedendo la frase più lunga dal momento del suo risveglio
"non prenderlo come un interrogatorio, vorremmo solo..." tentò Simmons avvicinandosi un pò al suo letto
"non tirerete fuori niente perchè non c'è niente, nella mia memoria" la interruppe Soldato, con una sottilissima vena di amarezza nella voce, che non sfuggì a Coulson "i ricordi più vecchi che ho, risalgono al periodo che i telegiornali chiamano.. 'i fatti di Washington'" aggiunse. Il direttore annuì, il quadro sembrava avvicinarsi sempre di più a quello che aveva ipotizzato
"bene allora ci concentreremo solo su quest'ultimo periodo" asserì "posso procedere? Simmons è in grado di concentrarsi ancora o deve riposare?" chiese poi in rapida successione, prima a lui e poi a Jemma. La ragazza afferrò una cartellina metallica prima di rispondere
"è a posto, i suoi valori sono perfetti" rispose in tono concitato "non ho mai visto nessuno con una tempra del genere" non potè esimersi dal commentare, Coulson annuì prima di avvicinarsi

"vado subito al punto" iniziò "lavori ancora per HYDRA?" Soldato scosse la testa in segno di diniego, detestando il fatto si fosse avvicinato, la voce che pulsava la parola 'uccidi' nel suo cervello sembrava diventata più forte "da quando?" lo incalzò Coulson, attento a ogni segnale di sofferenza che mostrava, intento a voler dimostrare le ipotesi che lui e Jemma avevano formulato
"da Washington" rispose l'uomo "ho scoperto che mi hanno fatto una cosa chiamata ricondizionamento" aggiunse, spuntando fuori quella parola con tutto lo schifo che provava nei confronti di quella pratica mostruosa, ricacciando indietro i flash degli elettrodi e del dolore
"che cosa vuoi fare adesso? Cosa stavi facendo fino al momento del nostro incontro?" chiese ancora Coulson, il Soldato sollevò per un attimo le spalle
"non lo so" confessò "forse...." stava per aggiungere 'cercare di capire chi ero, prima del ricondizionamento' ma tacque. Restio a condividere con chiunque i suoi desideri, e forse stupendosi anche un pò di provarne... di desideri. Coulson non indagò oltre e, stavolta allontanandosi di due passi dal letto, chiese
"che sentimenti provi nei confronti dello S.H.I.E.L.D.?" al rinnovarsi di quella parola la mente del Soldato fu di nuovo travolta da immagini di morte, la vocina che gli sussurrava 'uccidi uccidi' divenne quasi un latrato nel suo cervello, e il dolore talmente pungente da strappargli un lamento. Strinse il pugno sinistro, l'unico che poteva muovere, fino a sbiancarsi le nocche e conficcarsi le unghie nel palmo
"signore.." chiamò Simmon con una nota di urgenza nella voce
"lo so. Avevate ragione" le rispose Coulson annuendo con decisione.
Attesero entrambe pazientemente senza più dire una parola, che il Soldato ritrovasse l'autocontrollo, Simmons si sporse in avanti di un passo quando vide un goccia di sangue stillare dalla sua narice destra e andare ad imbrattare le lenzuola immacolate, ma Coulson la trattenne mettendo un braccio a farle da muro
"no" le disse secco ma a bassa voce "potrebbe davvero ucciderti ora"

il giovane fremette per lo sforzo di resistere a quell'impulso violento che tanto passivamente e volentieri aveva assecondato in quegli anni.

-non conosco quest'uomo- si ripeteva come un mantra -perchè dovrei fargli del male? non è naturale, non è mio questo desiderio-

poi finalmente sentì la voce affievolirsi, fino a diventare un vago eco di sottofondo ai suoi veri pensieri, il dolore allentarsi.
Respirando affannosamente per lo sforzo si arrischiò a riaprire gli occhi sui suoi interlocutori: la ragazza che lo fissava con quella nota di dolce apprensione negli occhi, e l'uomo dall'aria decisa e tranquilla.
In una libreria, mesi prima, aveva sfogliato diversi tomi sulla psicologia, ne aveva trovato uno che descriveva i sintomi di una malattia chiamata schizzofrenia***. Era forse questo che lo affligeva?
"è doloroso vero?" la voce dell'uomo lo strappò ai suoi pensieri, e sconcertato lo guardò, senza tuttavia aprir bocca "May mi ha detto che hai chiamato Steve 'l'obbietivo' è associato solo alle facce o anche alle parole?" continuò davanti a un Soldato sempre più sorpreso

quell'uomo sapeva cosa gli succedeva?

"credo anche alle parole, io per l'HYDRA non ero nessuno fino a pochi mesi fa" si rispose da sola Coulson, poi nonostante le proteste di Jemma si avvicinò al ragazzo fino a sedersi sul bordo del suo letto "Soldato d'Inverno, noi crediamo di sapere cosa ti succede" aggiunse in tono pacato "perchè avverti il bisogno di uccidere alcuni obbiettivi, e dolore se non lo fai" spiegò
"come lo sa?" abbaiò quasi in risposta il giovane. Coulson rivolse un'occhiata a Simmons, che annuì andò a prendere qualcosa poco distante
"gli agenti Fitz e Simmons sono i nostri ufficiali medici" disse Phil rivolto di nuovo al Soldato "sono loro che ti hanno salvato la vita, stavi per morire di setticemia" spiegò. Il Soldato gettò un'occhiata alla ragazza che tornava con un grosso foglio nero lucido in mano, ma poi tornò subito a Coulson. Era sconcertato all'idea che quell'uomo sapesse cosa gli stesse accadendo, e sopratutto che fosse la prima persona da quanto aveva memoria pronto a spiegargli qualcosa, a rispondere alle sue domande. "l'agente Simmons ti ha fatto una lastra total-body per controllare non avessi altri proiettili in corpo, dato che eri già sotto anestesia, e ha trovato questo" continuò Coulson, afferrando poi la lastra che gli stava porgendo Jemma.
La mostrò a Soldato, indicandogli l'area delle testa "c'è un apparato meccanico nel tuo cervello, collegato al livello neuronale" spiegò "l'agente Fitz ritiene che serva sia per il ricondizionamento, sia per inviarti a livello inconscio obbiettivi e missioni, in pratica senza neanche saperlo quando ti trovi davanti un nemico dell'HYDRA, tu lo uccidi" Coulson sorrise "o quanto meno desideri farlo, ma non sei veramente tu" lo rassicurò in tono dolce.
Soldato sollevò la mano e afferrò tiubante la lastra, non ci capiva assolutamente niente di medicina ma era abbastanza sicuro che quella macchia bianca dalla forma squadrata non dovesse esserci in un cervello umano.
Che quelle persone stessero dicendo la verità?
Ma come poteva fidarsi di loro? Non le conosceva, lo tenevano legato a un letto... e quasi sicuramente avevano inibinito in qualche modo la sua protesi meccanica, non gli era mai capitano di non averne il controllo. Amesso poi che fosse vero che quell'apparecchio controllava il suo subconscio....
E se si fosse fidato delle persone sbagliate? Se una volta sotto i ferri quella gente avesse sfruttato il meccanismo a suo vantaggio come aveva fatto l'HYDRA? Avrebbero potuto semplicemente riprogrammarlo di modo da farlo diventare il LORO burattino.
E lui aveva giurato a sè stesso che non si sarebbe più fatto controllare da nessuno.

"voglio che tu ci rifletta con calma" gli disse Coulson alzandosi e lasciandogli tenere la lastra "non voglio costringerti, sappi solo che se vorrai, l'agente Simmons ti opererà per asportare il meccanismo, e nessuno potrà controllarti mai più" aggiunse
" e se mi rifiuto?" la voce del Soldato era più incerta ora, quasi come se avesse paura... per la prima volta da quando aveva memoria
"ti lascerò andare lo stesso... promesso...." rispose il direttore annuendo, facendo subito scattare gli occhi di Simmons su di lui "ma vorrei che valutassi la possibilità di restare, un uomo con le tue capacità potrebbe trovare una sua ragione d'essere qui... in ogni caso sarà una tua scelta" aggiunse un attimo prima di voltarsi e uscire dall'infermeria, lasciando il Soldato davvero senza parole.
"se hai bisogno di qualcosa puoi chiamarmi" gli disse dolcemente Simmons sorridendogli, anche se Soldato quasi non registrò le sue parole.

Jemma affrettò il passo appena fuori dalla porta per raggiungere la schiena di Coulson in fondo al corridoio
"Signore!" lo chiamò afferrandolo per la giacca "davvero lo lascerà libero se deciderà di non farsi operare!? È pericoloso! Potrebbe uccidere delle persone!" vomitò un fiume di parole concitate. Coulson le sorrise stringedole la spalla con una mano per tranquillizzarla
"ovvio che non potrei Simmons" le disse "per questo spero proprio che accetti, merita una possibilità" la ragazza annuì rinfrancata
"Steve dice sempre che era un brav'uomo, la persona migliore che abbia conosciuto" sussurrò in tono triste, a questo punto Coulson le si parò davanti e le poggiò entrambe le mani sulle spalle sorridendogli
"e io sono certo che lo è ancora, da qualche parte" le disse rassicurante, strappandole un sorriso.

 


Note dell'autrice: innanzi tutto scusate per la sparizione, problemi di salute assortiti! Questo capitolo forse non è il più avvincente che ho scritto, doveva infatti contenere molti più avvenimenti, ma poi ho deciso di lasciarlo dedicato tutto a Soldato d'Inverno ^^ che farà? Si farà operare? Ucciderà tutti con la lastra che gli ha lasciato Coulson? XD si ricorderà mai di Steve?
Vedremo... ora le note:
* la frase di Quinn è una citazione a una delle mia battute preferite del film "Lord of War"
** Fitz dice che tanto Soldato non deve fare il modello, è un mio divertimento personale dato che Sebastian Stan (quel gran gnocco che impersona the winter soldier) all'inizio della sua carriera voleva fare il modello XD
*** la schizzofrenia è una malattia per la quale senti una voce nella testa che ti ordina di fare del male a tè stesso oppure agli altri, il paziente non si rende conto che sono suoi pensieri quelli che avverte, crede che vengano da qualcuno che vive dentro di lui (per questo viene spesso confusa con la personalità multipla) e a volte la convinzione è talmente forte da portarli al suicidio nel tentativo di zittire la voce.

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Capitolo 14
*** cap 14 ***


Base segreta di Fury, infermeria

Il Soldato contemplava con una vaga curiosità il ragazzo che si affaccendava intorno al suo letto, con su un’espressione omicida peggiore della sua.Leo Fitz non era affatto contento di dover fare da infermiere al loro ‘ospite speciale’ e dopo aver piantato i piedi a terra come un somaro in salita per una buona mezz’ora, aveva accettato unicamente perché in vece sua Coulson aveva detto che se ne sarebbe occupata Simmons.
Così, torto collo, si era armato di ogni briciolo di giuramento di Ippocrate che era riuscito a racimolare dentro di sé, e era andato dal Soldato.

Non gli piaceva quel tizio e non riusciva proprio a capire cosa gliene veniva in tasca allo S.H.I.E.L.D. di aiutarlo, ed era già qualche minuto che aveva preso a manifestare i suoi sentimenti strappando via il cerotto dalle fasciature dell’uomo con quanta meno delicatezza era capace.

-peccato che questo tizio sembra fatto di legno!- pensò lanciandogli un’occhiataccia dopo l’ennesimo cerotto che aveva tirato via con uno strappo talmente sonoro che aveva fatto rizzare i peli del collo persino a lui -guardalo non sbatte neanche le palpebre!-

Solo a quel punto l’attenzione di Fitz venne catturata dalla pelle intorno alla ferita sulla spalla, laddove stava operando la sua piccola tortura personale: era arrossata e abrasa, e nonostante il Soldato non stesse facendo una piega, com’era tipico di lui si sentì in colpa e alzando gli occhi al cielo gli premette sulla parte il palmo freddo per dargli un po’ di sollievo, bofonchiando uno “scusami” tra i denti.

Il Soldato osservava il comportamento del suo carnefice di dubbia esperienza quasi divertito. Non si poteva certo dire che fosse un tipo che tentava di nascondere cosa provasse. Paradossalmente questa sua schiettezza lo tranquillizzava.
Rispetto ai sorrisi forzati della ragazza che (anche se si rifiutava di ammetterlo) gli aveva salvato la vita, e alla studiata distanza di sicurezza che quel Coulson aveva mantenuto, l’aperto astio che quel ragazzo non aveva alcun timore di mostrargli era davvero rassicurante. Pensò che di qualcosa detto da lui… si sarebbe potuto fidare, tutto sommato…
Sì… forse poteva credere alle parole di uno che, per quanto palesemente lo disprezzasse, non aveva trovato niente di più crudele da fargli che strappargli i cerotti, e poi se ne dispiaceva pure!
“bhe… che hai da guardare?” gli chiese Fitz sulla difensiva, notando che lo stava fissando e lanciando, senza volerlo, una fugace occhiata alle cinghie che assicuravano i polsi dell’uomo al letto.
“sei strano” disse il Soldato sollevando un sopracciglio. Fitz si paralizzò quasi scandalizzato da quell’affermazione, e aprì un paio di volte la bocca a vuoto prima di ribattere
“i-io?? Io… sarei strano!?” esclamò balbettando per la rabbia “quand’è l’ultima volta che sei passato… davanti…a uno specchio!?” ribatté indicando con un gesto l’imponente protesi metallica del Soldato. Quello lo ignorò
“al palazzo di vetro, tempo fa” continuò l’uomo “mi hai dato un pugno in faccia” Fitz fece spallucce dando attenzione ai punti sulla spalla sinistra dell’uomo, cercando di decidere se era il caso di rimuoverli “perché?” insistette
“come perché?!” ribatté il ragazzo interrompendo il suo lavoro e accalorandosi di nuovo “avevi appena lanciato la mia ragazza fuori dalla finestra!” e poi, di colpo in imbarazzo per aver definito Jemma la sua ragazza a voce alta, arrossì e iniziò a balbettare “cioè… non era ancora la mia ragazza quand’è successo…”

-ma perché diavolo racconto i fatti miei a ‘sto tipo???-

“lo è diventata dopo.. anche se io…oh insomma!” esplose in un eccesso di vergogna “hai capito!” tagliò corto convinto di essersi spiegato
“ho capito” disse piano il Soldato “in pratica dovresti ringraziarmi” aggiunse in un fremito di ironia lungo quanto un battito di ciglia, quell’ironia di cui il vecchio Bucky faceva il suo pane quotidiano. Fitz, che si infervorò di nuovo urlando un “ma sentitelo!!!”, non aveva idea di quanto in quel momento James Barnes si fosse sovrapposto al Soldato d’Inverno, e quanto ci fosse di miracoloso in questo.
Non durò che un istante, perché immediatamente dopo delle voci fuori dalla stanza fecero di nuovo congelare l’espressione sul viso del giovane uomo.
Fitz si voltò verso la porta a vetri giusto in tempo per vederla spalancarsi e attraversare da Steve, con Simmons praticamente aggrappata alla schiena nel misero tentativo di trattenerlo a viva forza.
“Steve ti prego!” stava urlando la ragazza
“Buck…” soffiò il ragazzo ignorandola completamente. Fitz fece in tempo a notare lo sguardo del Soldato farsi vitreo, alla vista di Steve, la pupilla ridursi a uno spillo
“l’obiettivo” disse prima di tendere ogni singolo muscolo del corpo a iniziare a dibattersi ringhiando. Fitz fece un balzo indietro e si precipitò ad aiutare Jemma nel tentativo di frenare il Capitano
“te l’ho detto!” gridava la ragazza davanti allo sgomento di Steve “te l’ho detto! Non ce la fa a vederti! Non ti avvicinare ti prego!” Soldato non sentiva un dolore alla testa tanto pungente dai fatti di Washington, cioè dall’ultima volta che si era trovato faccia a faccia con quel ragazzo, e aveva tentato di stemperare il mal di testa scaricando il pugno d’acciaio contro la sua faccia. Steve fece un passo indietro vedendo le vene sul suo braccio sinistro gonfiarsi per lo sforzo e gli addominali contratti fino al punto di sembrare di stare per strapparsi. Fitz lasciò andare il braccio del capitano e si avvicinò al Soldato tra le urla di Jemma
“non sei tu” disse con voce incredibilmente ferma afferrando la testa del Soldato per farsi guardare in faccia “ascoltami, non sei tu, è quella macchina, combattila!” le cinghie cominciarono a stridere mentre l’uomo trapassava Fitz con uno sguardo feroce
“Fitz!” gridò Jemma sempre più agitata. Finalmente le urla avevano attirato l’attenzione di qualcuno e Clint e Trip si erano precipitati nell’infermeria, andando uno a trattenere Steve e l’altro ad aiutare il giovane scienziato
“amico è meglio se te ne vai” disse secco Trip all’indirizzo del Capitano. Il ragazzo annuì debolmente, straziato dal dolore di vedere il suo amico in quelle condizioni, e fece per voltarsi, ma la voce del Soldato lo bloccò
“no!” gridò con urgenza “no aspetta!” strinse gli occhi per il male e fece un profondo respiro per calmarsi “ce la faccio… ce la faccio” aggiunse gettando una fugace occhiata a Fitz, annuendo anche se aveva gli occhi iniettati di sangue per lo sforzo. Steve si girò di nuovo verso di lui, non osando tuttavia avvicinarsi di un solo passo in più, per non aumentare ulteriormente il dolore del suo amico. Clint allentò la presa sulle spalle del giovane sentendovi diminuire la tensione. Dardeggiò lo sguardo da Steve a Fitz, chiedendo mutamente conferma se ci si potesse fidare, Fitz annuì piano.
“dimmi chi è Bucky” ansò il Soldato stringendo ancora gli occhi per contenere il forte dolore “tu lo sai chi è, dimmelo” insistette. Steve sentì stringersi il cuore in una morsa e lo stomaco andare a fargli cincin con le tonsille
“sei tu Bucky” disse a voce bassa, tanto che ormai il silenzio era infranto solo dal respiro affaticato del Soldato “il tuo nome è James Buckenain Barnes” continuò, fulminato dallo sguardo di fuoco del giovane “sono stato io a chiamarti così, quando avevo tre anni, e Buckenain era troppo difficile per me.” Raccontò.
Soldato iniziò a guardarlo stupefatto mentre lui parlava, nella sua testa il dolore si mischiava alla voce di un bambino e a un’altra… che forse poteva essere la sua

 

Bucky Bucky! Vieni qui!”
Buckenain! È un nome importante! Di mio nonno!”
Bucky!”
ti ho detto di no! Perché non mi chiami James se non sai dirlo!”
Bucky! Buuuuuckyyyyy!”
va bene.. come vuoi.. mi sta bene anche Bucky”

 

Clint lo lasciò andare del tutto e si rimise dritto osservando alternatamente Steve e il Soldato, che ora sembrava trovarsi molto lontano da lì.
“Bucky…” disse ancora Steve, sotto lo sguardo triste di Jemma, “tu non puoi ricordare ma io si… e non mi importa tutto quello che hai fatto in questi anni” Soldato strinse di nuovo gli occhi mentre il dolore e l’ordine di agire si rifaceva sotto più pressante di prima “sei il mio migliore amico, e io sarò con te fino alla fine” aggiunse sperando che quella frase avrebbe avuto effetto su di lui, così come aveva fatto a Washington. Soldato mandò la testa indietro contro il lettino, non sopportando la vista di quel giovane un istante di più, e nonostante ciò percependo ogni singola sillaba delle sue parole. Di nuovo immagini affollarono la sua mente… di lui su un aereo in fiamme e di quel ragazzo che gli dice quella frase, che anche allora lo aveva toccato. E poi qualcosa di molto più antico, la sua mente che formula quella stessa frase, e la dice a qualcuno. C’è l’odore pungente del sudore e del sangue in questo ricordo, c’è il dolore nei muscoli sfibrati per una camminata infinita, e il tocco della brezza fresca delle prime luci dell’alba. Era stanco come non era mai stato quando l’aveva pronunciata, eppure c’era così tanta convinzione nelle sua voce.

Quel ragazzo gli stava dicendo la verità, lo conosceva, loro due si conoscevano già da prima. Questa era forse l’unica cosa di cui poteva dirsi certo al momento attuale.
Sentì dire alla ragazza con la coda di cavallo che era meglio se se ne andava, per non recargli altro dolore. Sentì i suoi passi allontanarsi dalla stanza e il mal di testa volgere lentamente verso la sua fine.
“agente Fitz” chiamò voltandosi verso lo scienziato, che ancora stava vicino a lui e lo guardò, sorpreso che conoscesse il suo nome “sei tu l’agente Fitz, che ha scoperto il macchinario nel mio cervello vero?” continuò. Anche in preda al dolore lancinante aveva sentito gli altri nella stanza chiamarlo così.
Il ragazzo e Clint si lanciarono un’occhiata e poi lui annuì
“si sono io”. Soldato prese un profondo respiro avvertendo finalmente il dolore che lo abbandonava
“mi giuri sulla vita di quella ragazza, che ti sta tanto a cuore, che me la toglierete quella merda?” Fitz drizzò la schiena e annuì risoluto “e allora fatelo” disse il Soldato distogliendo lo sguardo da lui, sparita ormai ogni traccia di dubbio su quella faccenda “fatelo il prima possibile, io sono pronto”
Se c’era anche una sola possibilità per lui, di guardare in faccia quel ragazzo che tutti chiamavano Steve, e parlargli, senza desiderare di ucciderlo, doveva assolutamente coglierla.

 

 

 

Base segreta di Fury, alloggi, notte fonda

Coulson lasciò andare un sospiro mentre guadagnava con le ultime forze la porta della sua stanza. Gettò un'occhiata all'orologio mentre pescava dal fondo della tasca il budge: le 3.14. Decisamente era stata una lunga giornata.
Non era più tornato in infermeria dopo la sua visita al Soldato d'Inverno. Numero 1 perché aveva ritenuto giusto concedere all'uomo il giusto tempo per pensare alla sua offerta, e numero 2 perché Koenig l'aveva letteralmente sommerso di lavoro amministrativo/organizzativo, a parer suo era perfetto per "distrarsi" dagli ultimi tragici avvenimenti.

Mha...

sospirò facendo scorrere il tesserino magnetico nella fessura della porta e digitando il codice sul tastierino. Quanto avrebbe voluto poter sprofondare nel materasso e lasciarsi cadere in uno stato di morte apparente fino al mattino dopo!
Ma sapeva bene che non appena avesse chiuso le palpebre il suo corpo l'avrebbe condotto alla prima superficie libera (secondo i suoi calcoli c'era rimasta solo la tavoletta del water) e avrebbe trascorso le successive ore a sfiancarsi incidendo simboli incomprensibili.
Con un ennesimo sospiro di frustrazione avanzò nella stanza senza neanche accendere la luce e iniziò ad allentarsi il nodo della cravatta.
Era arrivato già al terzo bottone della camicia quando sollevò la testa e rimase piuttosto interdetto nel notare, finalmente, Skye seduta a gambe incrociate per terra e il naso rivolto in su verso la principale parete della stanza coperta di simboli. Gli dava le spalle e sembrava molto assorta. La punta dei lunghi boccoli neri sfiorava quasi il pavimento mentre contemplava le incisioni perimetrali al soffitto.
"credevo di aver protetto camera mia con una password" disse con un lieve sorriso alla sua schiena
"dovevi pensarci prima di far entrare un hacker nel tuo cerchio della fiducia*" rispose semplicemente la ragazza, senza neanche voltarsi.
"cosa fai qui?" domandò Coulson andando a sedersi accanto a lei sulla moquette verde pino. Non era disturbato nel trovarla lì, ormai si era abituato al suo totale disinteresse per le regole gerarchiche e anzi, non essere solo in quella stanza gli trasmise un'inedita sensazione di benessere.
Skye si strinse nelle spalle senza scollare gli occhi dalla parete
"Ho notato che la testa di Easter aveva iniziato a ciondolare dal sonno un paio d'ore fa..giovani d'oggi.. degli smidollati! Dopo solo 17 ore di lavoro" commentò imitando la voce di May e facendo sorridere Coulson "così l'ho mandata a letto e mi sono trovata un occupazione per il tempo libero. È piuttosto intrippante questa roba AC" concluse voltandosi per guardarlo e facendo poi un cenno col capo alla parete. Phil stava per dire qualcosa quando il gigantesco sorriso sornione e malandrino che vide comparire sul viso della sua protetta lo trattenne
"ohoh!!" proruppe lei ridacchiando
"che c'è??" chiese esasperato dal suo tono
"aloha AC!! da dove vieni tutto sexy?!?" esclamò Skye rovesciando la testa indietro per le risate. Coulson non afferrò per un istante, poi lasciando cadere lo sguardo allo stato in cui verteva la sua camicia in un lampo di comprensione, roteò gli occhi sbuffando
"oh andiamo!" protestò abbottonandosi in fretta "ma quanti anni hai 12??" Skye, che era finita sdraiata a terra, rotolò su un fianco senza smettere di ridere, era troppo divertente vederlo in imbarazzo! "ero appena rientrato in camera mia avrò pure il diritto o no di mettermi comodo?" insistette lui con un tono di rimprovero che non ebbe il potere neanche di far smettere di ridere Skye "scommetto che se mi nascondessi in camera tua, al tuo rientro anche io avrei un bello spettacolo di che ridere" la apostrofò. Skye sollevò di scatto la testa e lo guardò stupefatta, anche lui la fissò per un attimo ripetendo mentalmente quello che aveva appena detto
"AC!" esclamò fintamente scandalizzata la ragazza
"ok.. questa mi è uscita male" ammise l'uomo grattandosi un orecchio. Incrociarono solo un'altra volta lo sguardo prima che entrambe scoppiassero a ridere questa volta.

 

 

"grazie" disse Coulson dopo alcuni minuti che si erano calmati e Skye era andata a riempire in bagno il bollitore elettrico
"di cosa?" chiese sinceramente sorpresa la ragazza
"ne avevo bisogno" spiegò Coulson con un sorriso che lei ricambiò, una volta compreso che era di un pò di leggerezza che quell'uomo straordinario, al quale lei doveva tutto, anelava. Lo vide passarsi una mano sul viso stanco. Nella penombra sembravano notarsi di più le occhiaie scure che gli cerchiavano gli occhi.
Come aveva potuto non accorgersi che non stesse bene, che non dormisse bene da mesi, finché non era stato lui stesso a confessarglielo!
Era stata talmente presa dai suoi problemi, pronta a vomitarli su chiunque avesse avuto l'ardire di chiederle come stava, da non rendersi neanche conto di quanto quell'uomo così importante per lei stesse per crollare.
Lui era bravo a nascondere le sue sofferenze.
Ma lei non voleva giustificarsi dietro a questa verità.
Aveva deciso che avrebbe preso esempio da lui, per la persona che voleva essere, così come prendeva esempio da May quando pensava all'agente che voleva essere.
Avrebbe messo da parte sé stessa temporaneamente, per tentare di aiutare chi amava. E lui indubbiamente lo amava.
"sai sono diversi giorni che studio quella roba che scrivi" gli disse piano porgendogli la tazza col thè bollente "e stanotte venire qui ad osservare la parete nel suo insieme è stata una buona idea, non soltanto perché ho potuto assistere al tuo spogliarello" spiegò con un sorriso. Coulson la guardò avvicinarsi alla parete grande, e con il cuore in gola la osservò ricalcare con il dito alcuni simboli, con aria assorta. Poi si voltò a guardarlo
"Coulson... io credo di aver capito cos'è" soffiò.

 

 

Base segreta di Fury, notte fonda, infermeria

Soldato era stanco morto per i postumi dell’immane dolore provato quel pomeriggio, ma non riusciva lo stesso a prendere sonno. Felice che nessuno da quelle parti fosse in grado di leggere i pensieri, così da non doversene vergognare, era tenuto sveglio dal timore di star riponendo quel briciolo di fiducia, che neanche sapeva più di avere, nelle persone sbagliate.
In fondo, se quella dottoressa dal viso carino avesse riprogrammato il meccanismo anziché rimuoverglielo, come avrebbe mai potuto accorgersi di essere stato raggirato, e ancora una volta manipolato? L’agente Fitz, quel buffo ragazzo dall’aria così innocente, gli aveva promesso di conservarlo per mostraglielo, una volta rimosso..
Ma anche in questo caso una voce diffidente nella sua testa gli ricordava che grazie a quello stesso macchinario avrebbero potuto ‘ricondizionarlo’ e fargli dimenticare di nuovo tutto, persino di aver conosciuto quelle persone, e di aver parlato con Steve.
Il pensiero di rischiare l’ennesimo lavaggio del cervello ebbe il potere di fargli torcere le budella dall’ansia e, maledizione a tutto, era legato così strettamente da non potersi neanche muovere un po’ per scacciare lo stress.
(inoltre l’immobilità totale del suo prezioso braccio destro cominciava davvero a pesargli)
Cercò di concentrarsi sul fatto che non avrebbe avuto molto senso tentare di convincerlo a farsi operare se avessero avuto intenzioni disoneste. Immobile com’era gli sarebbe bastato iniettargli l’anestetico in endovena e sarebbe stato immediatamente nelle loro mani.
Quindi forse erano sinceri.
Ma era davvero difficile stare tranquilli quando non ci si ricorda di aver mai ricevuto gesti di altruismo nella propria vita, ma solo di essere stati meschinamente sfruttati.

Un lieve rumore di passi, quasi impercettibile, gli fece sollevare per quanto poteva il busto sul letto e mettere in allarme.
Si vergognò segretamente di desiderare che non fosse di nuovo Steve, ne aveva avuto abbastanza di emicrania per quel giorno.
Non riuscì quindi a nascondere una vena di stupore nel suo sguardo, quando vide in prossimità della porta l’esile figura di una ragazzina, una bambina quasi, che seminascosta dietro l’uscio aperto (tra l’altro in maniera piuttosto ridicola dato che l’intera zona era di vetro e quindi la parete non celava affatto il su corpo) lo osservava timorosa, indecisa se fare o meno un'altra passo, e utilizzando il vetro che li separava quasi fosse uno scudo.
Aveva i capelli biondi, occhiali con la montatura azzurra ed era inconsuetamente magra, anche se indubbiamente in salute.

 

Easter studiava rapita dalla curiosità l’aspetto del misterioso Soldato d’Inverno. Una parte del suo cervello non da poco sapeva di star risultando piuttosto idiota, lì ferma a spiarlo da dietro un vetro, eppure non riusciva a convincere le sue gambe ad avanzare.
Forse, anche se si era più volte ripetuta il contrario negli ultimi giorni, aveva un po’ paura di lui.
Inoltre vederlo l’aveva piuttosto spiazzata.
La sua giovane immaginazione aveva dipinto per lui il ritratto dell’uomo nero: un essere imponente e dallo sguardo truce, dai lineamenti talmente marcati da renderlo spaventoso a una prima occhiata, credeva che avrebbe visto la ferocia e la crudeltà, di cui i resoconti dei suoi (presunti) attacchi erano farciti, balzar fuori da ogni tratto del suo viso.
Si era decisamente fatta un film a colori.
L’unico aspetto che combaciava con l’immagine mentale che si era costruita di lui, era che senza dubbio aveva un fisico imponente.
Ma le somiglianze finivano lì.
Il ragazzo (sì, perché innanzi tutto era una ragazzo!!) che era seduto sul letto e la squadrava, probabilmente cominciando a chiedersi cos’avesse da guardare, aveva un aspetto straordinariamente normale, eccezion fatta per la protesi meccanica: era muscoloso ma non in maniera abnorme e innaturale, aveva un viso semplice, era rasato, e la mascella aveva lineamenti incredibilmente delicati, quasi femminili. Gli occhi erano scuri come pozzi, vero, ma non v’era traccia della crudeltà che aveva immaginato di scorgervi. L’unica cosa che davvero usciva dall’ordinario era la sua bocca. Non senza arrossire Easter pensò che non aveva mai visto su un uomo una bocca più bella di quella.
Nel complesso il Soldato dava l’impressione di un angelo, travestito da assassino.

“chi sei?” ruppe lui il silenzio, stanco di quell’immobile guardarsi a vicenda.
“mi chiamo Easter” rispose di getto la ragazza, quasi di riflesso alla domanda, poi rendendosi conto di aver ormai avviato la conversazione si costrinse a occupare l’uscio, smettendo di nascondersi. l’uomo sospirò, stufo delle visite per quel giorno, e senza guardarla chiese in tono duro
“dovrei conoscere già anche te?” con la coda dell’occhio le vide scuotere la testolina
“no… è la prima volta che ci incontriamo” disse piano. Questo fece impercettibilmente rilassare il Soldato, che però non disse nulla. Easter strinse le labbra, delusa dal suo silenzio. Aveva deliberatamente ignorato la promessa che aveva fatto a Steve, mossa dall’irrefrenabile curiosità di conoscerlo, e ora… non sapeva bene cosa dirgli. Eppure non era riuscita a trattenersi. Aveva pensato molto a quell’uomo, anche se non lo conosceva. Solo contro tutti, senza memoria, senza sapere chi era, né quale fosse il suo scopo, il suo posto.
Si era sentita anche lei così in passato, prima di entrare allo S.H.I.E.L.D.
Se non aveva ceduto alla depressione, nei suoi anni adolescenziali, era stato solo per merito di Sunday. Quell’uomo invece non aveva nessuno se non sé stesso.
“dicono che tu sia pericoloso” ruppe il silenzio quasi senza accorgersene, lui si girò a guardarla “dicono che dovrei stare lontana da te” aggiunse
“e allora cosa ci fai qui?” ribatté lui, lasciando andare la tensione negli addominali che fino a quel momento l’aveva tenuto semiseduto. Cominciava ad essere stanco, stanco di essere legato a quel letto, stanco di non avere più controllo sulla sua protesi, stanco di essere circondato di persone che lo studiavano. Si voltò di scatto quando avvertì un passo vicino al suo fianco, e fissò stupito la ragazza, quando se la trovò accanto al letto.

Che faceva? Diceva di dover stare lontana e invece si avvicinava?

“non penso che mi farai del male” stava rispondendo alla sua precedente domanda “volevo conoscerti… come ti chiami?” aggiunse. Poi notando che lui non le rispondeva individuò la grossa pulsantiera che manovrava il meccanismo del letto e la afferrò. La studiò per qualche istante, occhieggiando alternatamente il meccanismo e il letto, sotto lo sguardo indagatore dell’uomo, poi premette un bottone e lo schienale cominciò dolcemente a sollevarsi fino a portarlo a una comoda posizione a 50°. La ragazza sorrise trionfante, poi si morse il labbro inferiore lanciando un occhiata al collo dell’uomo, piegato leggermente indietro perché il guanciale gli era scivolato dietro le spalle, valutò un solo istante se fosse il caso o meno di farlo, poi allungò le mani e gli sistemò il cuscino dietro la testa. Sorrise nel vedere i muscoli delle sua spalle rilassarsi perché, anche se lui non disse nulla, seppe di aver fatto bene. “va meglio adesso?” chiese in tono dolce.
Lui non rispose, si stava chiedendo sospettoso se per caso non l’avesse mandata quel Coulson, quella ragazzina dolce che senza un motivo apparente si stava prendendo cura di lui.
Il sospetto ormai faceva parte della sua vita.

-ho già deciso di farmi operare- si costrinse a pensare -non c’è motivo per cui debba mandare qualcuno a rabbonirmi-

“so che ti operano tra una settimana” riprese Easter ignorando il suo silenzio “sei preoccupato?” lo sguardo del Soldato si indurì e ancora non rispose, stufo che chiunque ne sapesse più di lui sul suo conto.

-e ora che diavolo fa???- pensò esterrefatto quando la vide sedersi sul bordo del letto, accanto al suo fianco.

Istintivamente si ritrasse, per quanto le cinghie glielo permettevano, per evitare che anche solo lo sfiorasse. Non riusciva bene ad inquadrare quella ragazzina, che senza conoscerlo gli si rivolgeva in tono amichevole. Ora gli stava parlando e lui neanche la ascoltava.
“sarai stanco” le sentì dire a un certo punto “Steve mi ha raccontato quanto è stata dura per te oggi” aggiunse, facendolo di nuovo voltare a guardarla.
Soldato non voleva che lo facesse, ma era legato e non poté impedirle di allungare la mano e posargliela sull’avambraccio. Avvertì un leggero brivido lungo la schiena quando lo toccò, con quella piccola mano fresca, dicendogli “ti lascio riposare”.
Essere legato in quel modo gli suscitava ricordi spiacevoli. Erano sensazioni a pelle più che veri ricordi, ma erano tutte dolorose: un colpo, come una frustata, sul viso o sul corpo, senza una ragione apparente; il dolore lancinante alla testa durante il ricondizionamento; il sapore ferroso del sangue, e della gomma del morso che stringeva tra i denti…
Invece il tocco di quella mano era gentile, quasi piacevole, e per questo disturbante sulla sua pelle.

Easter si alzò in piedi e gli rivolse un timido sorriso, ignara di ciò che stava avvenendo nella testa dell’uomo, e si diresse alla porta. Si voltò un attimo prima di uscire e gli fece un cenno di saluto con la mano
“buonanotte” disse “tornerò anche domani va bene?” aggiunse con un sorriso prima di uscire.

-non tornerà- pensò il Soldato, quasi questo pensiero lo rassicurasse -non mi ha cavato di bocca neanche una parola, quindi non tornerà-

 

 

Base segreta di Fury, alloggi

“Skye che stai dicendo?” le aveva chiesto esterrefatto Coulson, avvicinandosi e prendendola per le spalle, quasi che toccandola potesse accertarsi se dicesse la verità “in che senso pensi di sapere cosa sia!?” la incalzò
“non ne sono certa” lo fermò la ragazza, ricambiando la stretta sulle sue braccia “ma ho fatto delle ricerche e forse ho capito cosa può essere, e perché la disegni ossessivamente” Coulson guardò in rapida successione Skye e la parete alle sue spalle, senza sapere cosa dire, improvvisamente ogni fibra di stanchezza era sparita e la sua testa (ma era davvero solo la sua?) voleva soltanto sapere… sapere la risposta al mistero dei simboli che incideva.
Skye si liberò con uno scrollone dalla stretta dell’uomo e si avvicinò di nuovo alla parete
“vedi questi piccoli cerchi?” iniziò indicandone diversi, sparpagliati apparentemente in modo casuale nell’incisione “sono luoghi, e queste linee… sono rotte!” spiegò muovendo il dito sulla parete avanti e indietro, poi si girò a guardare Coulson, che la fissava rapito “AC… io penso seriamente che questa sia una mappa” esclamò
“una mappa di cosa?” chiese l’uomo, non celando una certa nota di delusione nella voce, ci aveva pensato anche lui in passato ma… “l’ho sovrapposta a qualsiasi tipo di carta geografica esistente, e non ho trovato nessuna corrispondenza” spiegò passandosi una mano sul viso e lasciandosi poi cadere su una sedia. Ma Skye sorrise di nuovo e gli si fece incontro, accucciandosi davanti a lui e cercando il suo sguardo dal basso
“ma hai dimenticato un particolare fondamentale AC” gli disse riguadagnando la sua attenzione “il nostro amico blu non era esattamente di qui, prima ho detto che i cerchi sono luoghi, non è proprio esatto… sono stelle, e pianeti. Questa è una mappa celeste” spiegò ruotando su sé stessa per indicarla “che indica le rotte spaziali per arrivare a una certa destinazione… non saprei dirti quale ma..” aggiunse avvicinandosi di nuovo alla parete e accovacciandosi a gambe incrociate a terra, seguita subito dopo da Coulson “vedi questa parte in basso, fin qui all’altezza del comodino?” chiese “ricalca perfettamente la posizione di astri e pianeti della frontiera di spazio scoperta fin ora dall’uomo. Coulson, mi rimangio quello che ho detto, io SONO certa che questa sia una mappa del cielo”.

Coulson da in ginocchio come stava si lasciò cadere seduto, osservando a bocca semiaperta la porzione di parete, e ricalcandone con le dita le incisioni. Fu una sensazione difficile da descrivere quella che lo pervase. Era simile a quando, dopo aver tenuto a mente un numero di telefono, ripetendolo in loop per non scordarlo, finalmente trovi carta e penna e lo scrivi, e puoi rilassarti… quella, ma amplificata 100 volte. Di colpo seppe dentro di sé che la prossima volta che avrebbe chiuso gli occhi, non avrebbe più inciso quei simboli… ora sapeva cosa significavano.
“Skye è così…” sillabò non riuscendo a trattenere l’eccitazione nella voce “è proprio come dici tu”
“sembra probabile vero?” sorrise la ragazza, orgogliosa ma con una nota amara in quel sorriso.. ora che sempre di più una paura si faceva strada dentro di lei
“no, non sembra!” ribattè Coulson avvicinandosi carponi per metterle le mani sulle spalle “Skye non so spiegarlo, ma È così! Me lo sento… nelle viscere, nel sangue!” aggiunse come se fosse di colpo avesse trovato un termine più corretto. Poi sotto lo sguardo, che via via si faceva più pensieroso, di Skye, ricominciò ad osservare estasiato la parete, borbottando tra sé e sé che ora era necessario scoprire dove quella mappa portasse, e a quale scopo per quell’essere fosse importante a tal punto, da trattenerlo nella propria memoria cellulare, per trasmetterlo a chiunque fosse entrato a contatto con il suo sangue.
Fu quel ‘chiunque’ che lo scosse… non era andata così. I rapporti secretati dello S.H.I.E.L.D. che era riuscito a reperire, e lo stesso Garreth.. erano la prova che non solo lui, ma tutti quelli curati col siero G.H. erano impazziti, tracciando i simboli ovunque, persino sul loro stesso corpo a sangue.
Tutti tranne uno.
Coulson si voltò a guardare Skye, con una consapevolezza negli occhi che alla ragazza fece quasi paura. In quel momento fu certa che anche lui era arrivato al nocciolo delle sue angosce
“AC… come mai io non ho inciso neanche un simbolo?” chiese con un filo di voce, trapassandolo con gli occhioni scuri dilatati dal buio e dall’ansia. L’uomo sospirò, lasciando cadere le spalle
“non lo so…” ammise “ma meglio così non credi? Era necessario che almeno qualcuno rimanesse lucido qui dentro!” aggiunse sorridendo, tentando di sdrammatizzare qualcosa che indubbiamente invece doveva suscitare apprensione. Skye infatti scosse la testa con violenza, quasi a voler scacciare quella pavida rassegnazione
“io un’idea del perché ce l’ho” la voce era strozzata, segno di come quell’idea che si era fatta la spaventava “AC pensaci” disse spostandosi convulsamente da seduta a in ginocchio, incapace di star ferma “io sono uno 0-8-4, me l’hai detto tu! Mi hai raccontato che pur di trovarmi hanno sterminato un intero villaggio, che hanno ucciso persino i due agenti dello S.H.I.E.L.D. incaricati di portarmi via!” incalzò a voce sempre più alta. Poi si fermò per un istante, quasi avesse paura delle sue stesse parole “AC… e se fossi anche io un alieno?”
“ma tu non sei blu!” proruppe l’uomo di getto, segno che anche la sua mente aveva fatto lo stesso ragionamento poco prima ed era pronto a smentire
“potrei essere un sangue misto!” ribattè ancora lei “potrei..” ma lui la interruppe alzandosi in piedi di fretta e afferrandola per i polsi per farle fare altrettanto
“Skye no” disse con voce ferma, continuando a stringerle le mani “no. Non è possibile. Ne sono sicuro” ora la sua voce era controllata, la guardava negli occhi con quel suo sguardo rassicurante
“non puoi esserne sicuro” disse la ragazza tentando di divincolarsi debolmente “se solo permettessi a Simmons di analizzare il mio sangue, ora che ho avuto l’iniezione..”
“NO!” la bloccò ancora Coulson, ora quasi scuotendola “ascoltami bene Skye, non c’è niente di extraterrestre in te, sei assolutamente normale”
“ma”
“ci deve essere un’altra spiegazione per la faccenda dei simboli, forse l’età… sei la più giovane dei pazienti sottoposti a G.H.” buttò lì “Skye… tu sei umana. Io non permetterò a nessuno di insinuare il contrario” affermò.
Questo ebbe il potere di farla smettere di agitarsi. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime alla consapevolezza che lui non era affatto certo che non fosse aliena… ma che avrebbe fatto di tutto per impedire che lo si pensasse. Per proteggerla. Dio solo poteva sapere cosa avrebbero potuto farle, dal governo allo stesso S.H.I.E.L.D., a organizzazioni come l’HYDRA, se avessero saputo che il suo corpo poteva essere a chiave della cura di tutte le malattie, persino della vecchiaia stessa.
L’avrebbero rinchiusa, ridotta in tanti piccolissimi pezzi, pur di scoprirlo.
Coulson era lì a dirle che l’avrebbe impedito.
Si asciugò gli occhi col dorso della mano smorzando un sorriso
“ok” soffiò.. come a fargli capire che ora poteva lasciarla. Coulson le liberò i polsi e si fece un passo indietro, dopo averle dato un buffetto su una guancia con un sorriso.
“è tardi” le disse poi “dovresti andare a letto, o domani sarà Easter a tiranneggiare su di te” tentò di scherzare.
Skye non rispose, e senza alcun preavviso gli gettò le braccia al collo stringendolo con tutta la forza che aveva. Lui rimase fermo con le braccia leggermente sollevate, stupito da quello slancio improvviso. La sentì sussurrare un grazie e poi lasciarlo.
Skye lo guardò sorridendogli grata per un attimo prima di riassumere la sua solita espressione scanzonata, che ora più di qualunque altro momento appariva come una maschera.
“ah.. basta” sospirò “sei troppo sexy così, me ne vado a letto!” esclamò scherzando ancora sulla sua camicia, come se niente fosse successo.
Coulson rise, anche se un po’ forzatamente, e la accompagnò con lo sguardo finché la porta non si chiuse alle sue spalle.

 

 

Base segreta di Fury, infermeria, 6 giorni dopo

Era la vigilia dell'intervento. Abbastanza tardi perché tutte le luci fossero già spente e persino la dottoressa col sorriso dolce fosse andata via.
E Soldato sapeva che lei sarebbe venuta.
Al contrario di quanto aveva preventivato infatti, quella ragazzina era tornata. Ogni sera dal loro primo incontro, con un'ostinazione degna del più cocciuto dei muli.
Sopratutto considerato il fatto che lui, per i primi tre giorni, si era chiuso in un mutismo quasi totale.
Eppure lei non ci aveva badato. Ogni sera andava da lui e lo salutava allegramente, gli faceva domande sapendo che non avrebbe ricevuto risposta, poi si sedeva sul bordo del suo letto e gli raccontava qualsiasi cosa le passasse per la testa: cosa succedeva nella base, a che punto erano le sue ricerche, cosa faceva Steve... che da quel primo incontro non aveva più osato andarlo a trovare.
Soldato si era impegnato al massimo per essere ostile i primi giorni, per mandarla via, senza ottenere nessun successo. Così aveva smesso di provarci, arrendendosi ad ascoltarla.
Suo malgrado aveva dovuto ammettere a sé stesso che gli faceva piacere ricevere quelle visite. Per un po' non pensare al rischio a cui si stava esponendo.

Easter non sapeva nemmeno lei perchè si fosse tanto incaponita con quell'uomo così ritroso. Sapeva solo che quando la quarta sera entrando lui aveva risposto al suo saluto, per la prima volta, evitando il suo sguardo quasi in modo timido, lei si era sentita scoppiare d'orgoglio e felicità.
Da quel momento, non che si fosse sbilanciato in chiacchiere, ma avevano cominciato ad interagire. E questo aveva dato a Easter il coraggio di fare un passo in più.
Dopo un po' che era lì aveva preso l'abitudine di slacciare le cinghie che stringevano il braccio sinistro del Soldato e lasciarglielo libero per un po'.
La prima volta aveva avuto davvero un paura fottuta che strappasse via le altre e si desse alla fuga, invece lui l'aveva guardata ricolmo di sorpresa, e come primissima cosa l'avevo visto portarsi la mano a grattarsi la radice del naso. Cosa che l'aveva fatta piuttosto ridere. Poi al momento di andar via si era fatto docilmente legare di nuovo.

 

Quella sera arrivò puntuale come al solito e lo salutò dopo aver cacciato la testa nella porta a vetri con la classica aria circospetta (anche se aveva cominciato a sospettare che fossero tutti al corrente delle sue visite).
Soldato accennò un sorriso e la guardò sgattaiolare dentro e dirigersi verso il letto con qualche passo di corsa, come se una volta arrivata lì nessuno avrebbe più potuto vederla. L'uomo scostò il bacino quanto le cinghie glielo permettevano, per permetterle di accoccolarsi a gambe incrociate sul letto accanto a lui.
“allora come ti senti?” gli chiese mentre gli slacciava la cinghia del braccio sinistro e distrattamente iniziava a massaggiargli il polso “agitato?”
“sono pronto” rispose lui, anche se non era vero. Easter storse la bocca
“brr non so come fai! Io darei di matto se sapessi che domani mi dovessero aprire il cranio.. per tirar fuori... oddio bleah!” esclamò agitando le mani davanti al naso come a scacciare una mosca
“grazie tante... il tuo discorso è davvero d'aiuto” commentò lui facendola ridere.
“ve bene, va bene parliamo d'altro vuoi?” disse prima di lanciarsi nel resoconto della giornata.

 

 

“scherzi a parte” disse lei dopo un po' “lo sai che non hai ancora mai risposto alla prima domanda che ti ho fatto?”
“sarà stata una domanda stupida”
“non era affatto stupida!!” si piccò lei accigliandosi “ti avevo chiesto il nome!”
“era stupida” sentenziò lui “sapevi anche allora che mi chiamano il Soldato d'Inverno”
“ma Solato d'Inverno non è un nome!” ribattè lei ad alta voce, sbracciando per sottolineare l'ovvio “è più un titolo onorifico... o che so io, dai.... che razza di nome è Soldato d'Inverno?!” insistette facendo una caricaturale voce grossa al ripetere Soldato d'Inverno.
“perchè... che razza di nome è Pasqua**?” commentò il giovane, stavolta senza riuscire a nascondere una nota di irritazione nella voce. Easter arrossì
“touchè” disse “ma il punto non è questo!” aggiunse subito dopo agitando ancora le mani davanti al viso, a scacciare la distrazione “Soldato d'Inverno era il nome dell'arma dell'HYDRA, non di una persona.... tu sei una persona, non un'arma” concluse tornando seria.
Soldato voltò la testa dall'altra parte, nervoso come tutte le volte che la sua totale amnesia veniva sbattuta sul tavolo della conversazione
“e come vorresti chiamarmi allora?” disse in tono duro “vorresti che fossi James Barnes? Steve dice che era quello il mio nome una volta, vorresti che fossi lui?” il suo tono ora non lasciava dubbi sul fatto che fosse arrabbiato “mi dispiace, ma io non so neanche chi sia James Barnes” concluse amaramente. Di colpo non era più contento che lei fosse lì.
Easter guardò il suo profilo con tristezza, per un po' regnò il silenzio. Poi Soldato liberò la mano sinistra da quelle della ragazza in malo modo e la poggiò a favore della cinghia di cuoio.
“adesso lasciami dormire per favore” disse in tono freddo, sempre senza guardarla.
“vuoi sapere cosa penso?” disse invece lei senza accennare ad accontentarlo
“no”
“ecco cosa penso”
“ti ho detto di no sei sorda??” ribattè lui girandosi per fulminarla con lo sguardo. Easter invece gli sorrise, dolce, contenta di averlo spinto a voltarsi di nuovo
“penso che allo stesso modo in cui non sei più il Soldato d'Inverno, tu non sia più neanche James Barnes” sentenziò.
Lui la fissò, sorpreso e diffidente insieme “credo che la gente, e Steve sopratutto, dovrà venire a patti col fatto che James Barnes non c'è più, che Soldato d'Inverno non c'è più” aggiunse poggiandogli di nuovo una mano sulla sua “da domani potrai decidere tu cosa fare della tua vita, quindi pensavo.... che dovresti sceglierti un nuovo nome, da solo” concluse.
L'uomo la guardò, senza dire nulla, ma si vedeva che la rabbia aveva abbandonato i suoi occhi. La stanza fu inghiottita dal silenzio per qualche meditabondo istante
“potresti darti un nome ridicolo come il mio per farmi compagnia.... che ne so.... Christmas?” scherzò a quel punto lei, costringendolo a mascherare una risata in uno sbuffo. Il giovane sospirò scuotendo la testa
“sei una strana ragazza”
“ma almeno riesco a farti ridere ogni tanto” ghignò lei “allora ci penserai?” aggiunse poi “a come vuoi chiamarti?”
l'uomo si fece assorto per un po'. Nella sua memoria, se scartava le immagini di dolore inflitto e subìto negli ultimi tempi, non restava molto a cui aggrapparsi per costruire una nuova identità

“non devi decidere subito...” la voce di Easter giungeva periferica tra i suoi pensieri

l'unica cosa che, nel turbine di violenza che aveva in testa, si salvava era quel bambino biondo. Che forse poteva essere Steve, che lo chiamava storpiando un nome che non ricordava più. Lo chiamava.....
“Bucky” si sentì dire, ad alta voce quasi senza accorgersene
“come?” lo esortò Easter
“vorrei che mi chiamassi.... Bucky” era l'unica parte di sé, di cui avesse una qualche memoria, che non gli provocava ribrezzo.
Easter sorrise quasi commuovendosi, di come un legame come quello tra lui e Steve fosse sopravvissuto a quasi 70 anni di violenze fisiche e psichiche. Le ricordava il legame che aveva sempre sentito col suo gemello... e che sentiva forte persino ora che lui non c'era più.
“d'accordo allora...” sussurrò, esitando poi solo un attimo, prima di sfiorargli la guancia con una carezza leggera “Bucky”
Lui la guardò, con la solita espressione seria, indecifrabile, senza saper bene catalogare cosa sentisse per quella ragazza che aveva deciso di piantare le tende nella sua vita. Poi senza alcun preavviso ricambiò la carezza che lei gli aveva fatto, facendo scorrere il palmo dalla guancia ai capelli della ragazza, che avvampò, presa alla sprovvista da quell'inedito contatto affettuoso
“mi piace sentir pronunciare da te questo nome” le disse semplicemente, senza nessuna particolare intonazione.... solo con sincerità.
Easter si alzò in piedi di scatto, improvvisamente sopraffatta da un imbarazzo che la sorprese.
Ma che le prendeva?
Non era certo la prima volta in vita sua che qualcuno la accarezzava sulle guance, Steve lo faceva continuamente e non gli aveva mai fatto quell'effetto!
“bhè...” si schiarì la voce in difficoltà “ti chiamerò così d'ora in poi” sussurrò “ora è meglio che vada, è tardi” aggiunse di fretta.
Bucky lo guardò allontanarsi verso la porta e poi tornare indietro a testa bassa, borbottando sulla sua sbadataggine, per riallacciargli la cinghia intorno al polso. Sorrise appena... era davvero buffa...
Easter riguadagnò la porta e si aggrappò allo stipite con forza, per riguadagnare un minimo della risoluta dignità con cui si era comportata fino a quel momento. Fece un respiro e poi si voltò a guardarlo sorridendo, voleva salutarlo per bene.
“sarò qui quando ti sveglierai... promesso..” gli disse, prima di fargli un cenno della mano e lasciare la stanza.

 

 

Base segreta di Fury, sala operatoria, il giorno dopo

Simmons si avvicinò al lettino sul quale il Soldato d'Inverno era steso brandendo il respiratore con l'anestetico. Gli sorrise rassicurante quando incrociò il suo sguardo, anche se si sentiva tesa come una corda di violino ad solo pensiero di ciò che si apprestava a fare.

Quando era aveva iniziato la laurea in medicina lo aveva fatto pensando che sarebbe tornato utile per rattoppare agenti crivellati di proiettili, non credeva certo che avrebbe avuto a che fare con casi alla Grey's Anatomy***.

“allora...sei pronto Soldato?” gli chiese dolcemente
“Bucky” rispose lui in tono secco “il mio nome... è Bucky” Simmons si sciolse un sorriso sincero, di sollievo per Steve, senza sapere quanto anche per l'uomo che aveva di fronte fosse importate quella conquista
“ok... allora Bucky.... se tu sei pronto, andiamo a incominciare” gli disse. L'uomo annuì risoluto, e lei gli posizionò delicatamente la mascherina su naso e bocca.

 

 

 

 

 

Base segreta di Fury, palestra, due giorni dopo, sera

Steve Rogers aveva premuto distrattamente il bottone con il numero -6 nell'ascensore e ora attendeva sovrappensiero di arrivare a destinazione.
Veniva dal reparto a lunga degenza dell'infermeria dove aveva appena fatto visita a Bucky.
Non che si fossero detti granchè dato che era in coma farmacologico da due giorni.
Tutte le volte che sentiva stringersi lo stomaco si ripeteva come un mantra le parole di Simmons, che gli aveva garantito con un sorriso che era tutto normale, che l'intervento era andato benissimo, e che il coma era indotto volutamente per permettere all'ematoma cerebrale di riassorbirsi senza dover dedicare nessuna energia ad altre funzioni non necessarie (quali respirare, pensare ecc).
Sospirò.
“è tutto normale, l'intervento è andato benissimo, il coma era voluto” ripeté ancora ad alta voce per convincersene. Lo ripetè finchè il jingle dell'ascensore non lo avvisò dell'arrivo a destinazione.
Fu accolto da un forte rumore di risa che venivano dalla palestra, cosa che lo incuriosì non poco, così accelerò il passo fino alla balaustra, accanto a Natasha, sporgendosi per ammirare la scena apocalittica che si stava consumando sul tatami sottostante.

 

 

“mano destra s-s-sul giallo” tentò di scandire meglio che poteva Fitz, in difficoltà, in parte per i postumi dell'afasia, e in parte per il gran ridere.
“cosa!!!” stava urlando Jemma, in una curiosa posizione tipo ragno poggiata su un telo di plastica con disegnati dei cerchi colorati “ma l'unico libero è dalla parte opposta a dove sono io!” protestò
“sai solo lamentarti pettirosso... guarda io come sono ridotto!” le fece eco Clint, in una quanto mai contorta posizione a ponte.
“ti ci sei messo da solo in quella situazione Barton! Non rompere!” ribattè la ragazza incrociando le braccia e allungandosi più che poteva per raggiungere il disco giallo.
In effetti Clint all'inizio, quando aveva tutti e due i piedi saldamenti ancorati sul verde, aveva fatto lo spaccone, e alla comanda 'mano sinistra sul giallo' aveva sfoggiato il suo passato da artista del circo arcuando la schiena all'indietro poggiando la mano facendo il ponte da in piedi. Ma era stato punito, dato che i turni dopo gli avevano fatto spostare anche tutti e due i piedi sul giallo. Costringendolo a una posa degna di un contorsionista.
“Jemma ci sei arrivata o no? Guarda che se poggi il ginocchio a terra hai perso!” esclamò Trip, che aveva la visuale bloccata da Skye, piegata in avanti a libretto, e Easter.
Era stata di Trip l'idea di giocare a Twister per distendere un po' gli animi. Ultimamente quella base stava cominciando a sembrare un cimitero nell'orario delle visite con tutte quelle facce scure in giro, così poco prima si era presentato in sala comune a caccia di proseliti con il diabolico tappetto di plastica arrotolato sotto il braccio.
“Trip tocca... a te, pe-pensa a giocare” lo chiamò Fitz “mano destra sul rosso”
“hee??? io sotto al sedere di Barton per raggiungerlo non ci passo!” protestò alzando di scatto la testa, e ritrovandosi a circa due centimetri dal fondoschiena di Skye, che guarda caso calzava un paio di Jeans attillati rossi “bhè però potrei....” ridacchiò sollevando una mano
“TRIP SE CI TIENI AI DENTI NON PENSARCI NEANCHE!!” strillò Skye. facendo scoppiare a ridere tutti quelli a portata di orecchio. Easter in particolar modo venne colta da una ridarella isterica che le fece cedere le braccia e rovinare sul ginocchio di Clint.
“ma porc!!” imprecò lui un istante prima di accartocciarsi addosso a Skye, che per tenersi si aggrappò a Tripplett facendo inesorabilmente schiantare a terra anche lui in un gran tonfo di gambe e braccia.
“ma tu guarda, ho vinto!” trillò Simmons alzandosi in piedi e applaudendosi da sola tutta contenta
“hai rotto ragazzina!!” le gridò Clint cercando di togliersi di dosso Skye, anche lei colta da una crisi di risate “Fitz, la tua donna ha troppo una fortuna sfacciata! Portatela un po' via!!” esclamò prima di scoppiare a ridere anche lui.

 

“bhe” commentò Steve ridacchiando “se non altro il morale della truppa è alto!” disse voltandosi verso Nat e sorprendendola a nascondere un sorrisino con il pugno. “ascolta Tasha..” si schiarì poi la voce, girandosi per fissarla negli occhi con aria risoluta. La donna non si curò di nascondere uno sguardo al soffitto, che però sciolse con un sorriso. Ormai conosceva abbastanza il Capitano da capire quando entrava in modalità da predica del buon boy scout “lo so quanto hai detestato il Soldato d'Inverno per quello che ti ha fatto in Russia**** ma... vorrei chiederti di rinunciare alla vendetta contro di lui” Natasha sorrise ancora quando Steve aggiunse timidamente “fallo per me”
“per te? E cosa sei tu per me?” gli chiese in tono canzonatorio incrociando le braccia sotto al seno. Anche Steve sorrise intuendo che non fosse arrabbiata o sulla difensiva
“credevo che fossimo d'accordo sul fatto che fossimo amici” scherzò a sua volta
“Steve... tu davvero non sei tagliato per lavorare allo S.H.I.E.L.D.” sospirò in tono dolce Natasha. Cominciava a credere che non esistesse una persona più buona e dolce di lui. All'inizio, quando si era resa conto che la sua non era una maschera, ma la sua vera genuina indole, si era sentita a disagio in sua presenza. Tanta rettitudine la faceva sentire sporca, sbagliata, cattiva.

 

-non come Clint..- si trovò a pensare suo malgrado -lui, anche se è buono come un bambino, non mi ha mai fatto sentire inadeguata, anzi... mi ha sempre trattata come se fossi la cosa migliore che potesse succedere al mondo-
strinse per un impercettibile istante gli occhi, per scacciare il senso di colpa che l'aveva travolta al pensiero di come l'aveva trattato sul tetto.
“non preoccuparti Capitano” disse sforzandosi di sorridere di nuovo. Aveva imparato a capire che l'affetto che Steve gli dimostrava era sincero e che, forse non avrebbe saputo perdonarle proprio tutto, di quello che c'era di orrido nel sul passato, ma che sicuramente stimava la persona che era ora. “eliminare il Soldato d'Inverno era un ordine per me, niente di personale... davvero” mentì appena “adesso i miei ordini sono cambiati...e poi” aggiunse con un sorriso sincero stavolta “ora non esiste più un Soldato d'Inverno giusto?” Steve le sorrise con sollievo, grato di quelle sue parole e Natasha, anche se non era del tutto vero che non portasse rancore, fu fiera di sé stessa. In fondo lei era l'ultima persona al mondo a poter negare una seconda chance a qualcuno.

Quell'istante di complicità tra i due venne bruscamente interrotto da una scarpa da tennis che con molta poca grazia si schiantò sulla nuca di Steve facendogli crollare le spalle in avanti!
“Barton!! Ma porca puttana!!!” gridò il ragazzo massaggiandosi la testa e lanciando uno sguardo assassino al suo assalitore
“scusa tanto Capitano! Mi è caduta!” ironizzò lui facendo scoppiare a ridere Skye dietro di lui
“tu sei malato!!” gli stava urlando Steve, mentre lui lanciava una fugace occhiata a Natasha, che ridacchiava sotto i baffi.
Tanto per cambiare, nel vederli sorridere insieme, il suo corpo aveva agito senza prima consultare il suo cervello, e ora stava tentanto di mascherare la sua palese scenata da irlandese geloso in uno dei suoi soliti 'innocui' scherzetti ai danni del boy scout più vecchio del mondo.
“sei l'unico che riesca a far imprecare Steve” commentò Easter in tono analitico
“anni e anni di allenamento” commentò in risposta, voltando le spalle all'imbestialito Steve, che stava scendendo a passo di carica le scalette, e a Natasha che invece non staccò gli occhi da lui neanche quando non poté vedere altro che la sua schiena.

 

 

 

Coulson contemplava l'allegra scenetta dei 'suoi ragazzi' che si concedevano un po' di svago dall'angolo sinistro della palestra. Poggiato con un gomito all'armadietto delle pistole stava teoricamente facendo compagnia a May che si allenava al poligono.
Nella pratica era invece con un caffè ormai gelido in mano, immerso in elucubrazioni.
Osservava... quasi ammirava... Skye che si reggeva al braccio di Trip per non cadere a terra dal gran ridere, mentre Fitz rosso in faccia di imbarazzo si rifiutava di prendere il posto di Easter sul tappeto da twister e Steve sbatacchiava Clint per il collo della felpa.
Nonostante tutto ancora lo sorprendeva la forza d'animo di quella ragazza. La sua capacità di reagire, di trovare la forza di affrontare con sorriso le agghiaccianti notizie che in quei due anni si erano accavallate nella sua vita. Si rese conto di volerle bene. Bene più di quanto si sarebbe aspettato. Accennò un sorriso tra sé a quel pensiero.
Tutta quella faccenda della sua seconda vita gli aveva tolto un affetto importantissimo (per un certo periodo due) ma inaspettatamente gliene aveva donato uno nuovo, anche se totalmente diverso e più che imprevedibile. Se ne vergognava anche un po'... ma talvolta si sentiva il padre di quella ragazza.

In quel momento May con uno scatto si tolse le cuffie isolanti che aveva indossato per lasciare tutto quello starnazzare fuori dal suo allenamento, e riposta la pistola si avvicinò alle sue spalle.
“sai cosa è strano?” gli disse in tono confidenziale facendolo voltare “che il mondo è tenuto sotto scacco da un pazzo in grado di controllare la gravità terrestre, la sua salvezza dipende da noi, e abbiamo la più potente arma biologica concepita da mente umana nella stanza accanto........ e tu.. non avevi un aspetto così sano e rilassato... da mesi ormai!” esclamò, con quella sottile ruga di sospetto che le attraversava il bel viso quand'era preoccupata. Coulson le sorrise dolcemente, quel sorriso che riservava solo alla loro decennale confidenza. Lei aveva sempre avuto accesso alla versione più vera di lui. “di cosa non mi sono accorta in tutto questo tempo Phil?” lo incalzò la donna, aggirando il suo tentativo di sviare il discorso ancor prima che ci provasse. L'uomo smorzò il sorriso passandosi la tazza tra le mani
“tu hai avuto i tuoi segreti Melinda e io i miei.... e non è una ripicca te lo posso giurare!” si affrettò ad aggiungere quando vide un lampo di tristezza nei suoi occhi “si è trattato di qualcosa che ho DOVUTO affrontare da solo... ma sappi che è passata” concluse tornando a sorridere
“credevo sapessi che puoi fidarti di me... che tutto quello che ho fatto è sempre stato nel tuo interesse, innanzitutto” disse lei amaramente
“è così credimi” insistette Coulson voltandosi completamente verso di lei abbandonando la tazza sul mobiletto, e approfittando della generale distrazione per fargli una fugace carezza su un braccio, che lei seguì con lo sguardo quasi come se facesse male “ma ci sono fantasmi che bisogna sconfiggere in prima persona... credo tu mi possa capire meglio di chiunque altro” aggiunse. May annuì accennando un sorriso.
Capiva. Capiva benissimo.
E Coulson si sentì in colpa di averle di fatto mentito ancora. In fondo, anche se ci aveva provato ad affrontare tutto da solo, alla fine aveva mostrato la sua stanza a Skye. Ed era stata proprio lei ad aiutarlo a venir fuori da quell'incubo di linee e cerchi. Ma se si era aperto con la ragazza era stato solo per la faccenda che li accomunava del siero GH... che li aveva uniti a doppio filo, più di quanto già non fossero. Sotto sotto temeva che anche lei fosse ossessionata dai simboli come lui, e non voleva lasciarla da sola.
In quel momento però si pentì di non averne fatto parola con May. Nel suo sguardo lesse la sua profonda comprensione e il suo affetto. Aveva sbagliato a supporre che avrebbe tentato di risolvere il problema in stile 'cavalleria'... in quell'istante seppe con certezza che l'avrebbe invece aiutato, protetto perfino.
Mentre gli chiedeva se lo accompagnava a rifarsi il caffè, con la promessa di prepararle in cambio quella tisana di chiodi di garofano e ribes che amava tanto, promise a sé stesso che quella era l'ultima volta che le mentiva.

 

 

 

Note dell'autrice: Della serie a volte ritornano!!! io sono peggio dei pg Marvel, se non vedi il cadavere non puoi esser certo che sia morta!!! sono ufficialmente tornata, e tenterò di ricominciare a pubblicare con una certa regolarità quindicinale ^^ se avete ancora memoria di questa storia, vi ringrazio infinitamente.

E ora gli asterischi:
*il cerchio della fiducia è una citazione a “ti presento i miei”
** Easter, ricordo, significa Pasqua
*** in quel telefilm diabolico fare operazioni a cuore aperto in anestesia locale è ordinaria amministrazione
**** nel film Capitan America 2 Natasha racconta di aver preso un colpo di pistola da Soldato d'Inverno in una missione in Russia.

 

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Capitolo 15
*** cap 15 ***


~~Base segreta di Fury, laboratori, due giorni dopo

Simmons si rigirava tra le mani il piccolo apparecchio, osservandolo rapita. Non era più grande di una figurina dei calciatori, ed era poco più spesso. Dal suo perimetro spuntavano tanti piccoli uncini: era stato una vera spina nel fianco estrarli senza fare danni; lo facevano somigliare a una grossa zecca.
La donna rabbrividì all’appropriato paragone che le era sorto in mente.
Quella piccola placca, proprio come il disgustoso parassita, era ancorata saldamente al suo ospite, alimentato dalla carica magnetica cerebrale di modo da essere inesauribile. Se non fosse stato rimosso, avrebbe condizionato l’esistenza di quell’uomo per sempre.
“Fitz…” sussurrò, quasi avesse timore di ‘svegliare’ quella cosa diabolica che aveva in mano “vuoi darci un’occhiata? È agghiacciante ma allo stesso modo affascinante” commentò girando l’apparecchio sulla pancia per esporre le microscopiche viti che lo tenevano chiuso.
“no grazie” le rispose secco il ragazzo senza distogliere l’attenzione dal suo progetto (una miniatura di camera antigravitazionale) “non mi interessa quella roba, non l’adopererei neanche fosse l’unico modo per fermare il professor Hall” aggiunse in tono schifato, prima di calcarsi gli occhiali protettivi arancioni e imbracciare la fiamma ossidrica.
Simmons sorrise alla sua nuca concentrata. Amava ogni millimetro dell’incorruttibile moralità di quel ragazzo.

“hei bellissima!!” la voce squillante di Skye sulla porta la fece voltare con un sorriso
“che producete di bello cervelloni?” le fece eco Easter al suo fianco mentre entravano trotterellando. Simmons le osservò divertita ficcanasare un po’ dappertutto mentre si avvicinavano alla sua postazione. Quelle due avevano istituito una bella associazione a delinquere! Era indubbio!
“che fai?” le chiese Skye mentre entrambe le si facevano accanto dietro al bancone metallico.
Simmons aprì la bocca per rispondere ma fu interrotta dalla porta automatica che stridette nell’aprirsi nuovamente
“ah quanta bellezza in una volta sola!” esclamò Barton guadagnando il centro della sala mentre si strofinava energicamente un asciugamano sulla nuca, indossando null’altro che una canottiera della salute e i pantaloni del pigiama.
“si lo so, sono uno schianto” gli fece eco Fitz mentre Skye ringraziava mentalmente tutte le divinità che conosceva: doveva pur essere merito di qualcuno se quell'uomo aveva il vizio di passeggiare mentre si asciugava dalla doccia!!
“è pronta la mia attrezzatura raggio di sole?” chiese Clint mentre ricambiava i saluti delle ragazze
“dammi due minuti e te la vado…. a prendere, vo-voglio finire un attimo qui” gli rispose Fitz non staccando gli occhi dal suo progetto.
Simmons rivolse un piccolo sospiro nella sua direzione, mentre anche Barton si avvicinava al tavolo. Fitz ancora balbettava quando parlava con gli altri.
“cos’è st’affare?” la voce di Clint la riportò a dare attenzione al piccolo oggetto che aveva in mano
“Simmons, non dirmi che questo…” Easter si morse le labbra, non osando terminare la frase
“è la placca neurale che abbiamo tolto al Soldato d’Inverno” ammise la scienziata annuendo.
“incredibile” soffiò fuori Skye inclinando la testa come per osservarla meglio “un oggetto così piccolo, capace di una cosa del genere…”
“solo l’HYDRA poteva inventarsi una cosa tanto oscena” le fece eco la bionda in tono schifato
“scusa.. “ intervenne Barton poggiando gli avambracci sul tavolo per sporgersi in avanti “gliel’avete tolto… da dove precisamente?” chiese.
Non che si fosse informato più di tanto delle vicissitudini di quel tipo, aveva avuto ben altro da fare in quei giorni. Con Capitan Fesso in lutto e May e Trip impegnati a scandagliare le svariate abitazioni che aveva occupato Quinn in passato, lui e Nat avevano dovuto completare da soli tutte le missioni operative che erano saltate fuori, e dopo gli ultimi sviluppi stare da solo con lei non era esattamente piacevole con una volta.
“vedi questi uncini?” gli stava dicendo Simmons “erano infilati nel tessuto cerebrale, abbiamo dovuto aprirgli una porzione di scatola cranica, all’altezza del lobo occipitale, e scollarlo proprio dalla materia grigia” Skye e Easter storsero la bocca. L’uomo assunse un'espressione disgustata e poi occhieggiando le altre due ragazze, che avevano dipinta sul viso la sua medesima espressione, altamente in contrasto con quella entusiasta di Simmons, scoppiò a ridere lasciando cadere la testa tra le spalle, seguito a ruota dalle giovani hacker
“mio dio passerotto, è repellente!” esclamò
“tutt’altro!” esclamò la ragazza, contrariata  puntellandosi le mani sui fianchi, mentre le altre due si sbellicavano
“cosa è repellente?” chiese Fitz comparendo dietro di loro brandendo l’arco di Clint, che in mano a lui appariva quanto mai inappropriato
“il vostro lavoro splendore” rispose Barton tirandosi su e prendendo la sua roba “wow! Che ci hai fatto?? L’hai svuotato?” esclamò non appena toccò l’arco “peserà la metà!” aggiunse tendendolo immediatamente per provarlo, offrendo in questo modo alle ragazze una limpida visione della curva della sua schiena in tensione, che fece arrossire Simmons fino alla radice dei capelli.
“segreti del mio… repellente lavoro” commentò Fitz ironico, ma incrociando le braccia fiero del suo operato
“mi ero appena docciato ma questo tocca provarlo subito!” esclamò Barton “ciao!” aggiunse mollando una manata sulla spalle di Fitz prima di uscire, a mo di ringraziamento.
Fitz si diresse di nuovo alla sua postazione, resistendo alla tentazione di massaggiarsi la spalla finchè non ebbe superato le ragazze, che invece erano rimaste abbastanza basite dallo spettacolino.
“certo che” ruppe il silenzio Easter arrossendo un po’ “l’agente Barton è…”
“sexy da far schifo?” la interruppe Simmons in tono analitico
“da sbatterlo sul selciato e farselo?” le fece eco Skye facendo quasi sfuggire di mano a Fitz un becher pieno di un liquido non meglio identificato “si… abbastanza!” aggiunse la mora mentre Easter andava quasi a fuoco balbettando qualche “no… ma io.. non intendev…”
“stai tranquilla” la rassicurò ancora Skye con un fantastico tono materno “anche a me all’inizio bruciavano le ovaie tutte le volte che lo vedevo, ma dopo ci si abitua!” Fitz dietro di loro arrossì di botto e rischiò quasi di spezzare a metà la matita con cui stava scrivendo
“ci si abitua se come me non lo avete visto in mutande!” aggiunse Simmons tranquillamente
“OH INSOMMA! LA SMETTIAMO O NO!!” esplose Fitz facendole voltare tutte e tre. Easter era quasi più imbarazzata di lui.
“suvvia Fitz non fare il geloso..” disse Simmons tranquillamente “è solo un commento oggettivo! Non provo certo dei sentimenti per l’agente Barton”
“no!” gridò quasi Fitz avvicinandosi e puntandole un dito contro, per poi esplodere in un fiume di parole “la pizza è la migliore invenzione dell’umanità è un commento oggettivo, star wars la minaccia fantasma è un film orrendo è un commento oggettivo, non sbattere gente da qualche parte o… robe vostre che vanno a fuoco!” poi buttò fuori aria dal naso e con mala grazia strappò la placca dalle mani della collega “ora se non vi dispiace questa devo portarla al Soldato, gliel’avevo promesso!” sbraitò guadagnando l'uscita come una furia.
“aspetta vengo con te!” esclamò Easter correndogli dietro, incurante della sua rabbia al solo pensiero di poter vedere finalmente come stava Bucky.
Simmons e Skye erano rimaste alquanto spiazzate dalla sfuriata e li osservarono per un po’ allontanarsi oltre le porte a vetri, in silenzio. Fu Skye la prima a parlare
“ma Fitz non era rimasto balbuziente dopo il coma?” chiese

base segreta di Fury, infermeria

Easter arrancava dietro a Fitz che sbatteva i piedi ad ogni passo nel corridoio che conduceva all'infermeria. Non c'era dubbio che quando era arrabbiato quel ragazzo liberasse le sue doti da maratoneta! Vani i tentativi della piccola di parlarci o anche solo di rallentarlo.
Gli era ormai abbarbicata addosso tipo koala quando le porte automatiche a vetri si spalancarono davanti a loro e l'odore pungente del disinfettante, di cui l'infermeria era pregna, aggredì le sue narici. Lo spettacolo di Bucky seduto sul letto, che parlava con Steve dando loro le spalle, ebbe il potere di distrarre entrambe dai loro pensieri precedenti.
Easter sentì il cuore fare una doppia capriola vedendolo sveglio finalmente! E... davanti a Steve senza che stesse tentando di strappargli gli occhi per giunta! Saltò giù dalle spalle di Fitz e si precipitò verso di loro correndo. Totalmente dimentica che Steve non sapeva quanto lei e quell'uomo fossero entrati in confidenza nei giorni precedenti, dato che l'aveva fatto di nascosto, corse e gli gettò le braccia al collo per istinto, felice solo di vederlo star bene. O per lo meno quella era la sua intenzione.
Ok, forse non era stato esattamente un colpo di genio pensare di prenderlo alle spalle, ma la sua reazione fu imprevedibile e fulminea: prima ancora che potesse sfiorarlo Bucky si voltò di scatto e contemporaneamente la afferrò alla gola col braccio d'acciaio sbattendola poi schiena al materasso. Easter sbalordita dalla sorpresa e lo spavento ebbe comunque modo di rabbrividire nel vedere le decine di sottilissime placche di metallo, di cui l'arto era composto, scattare  e sovrapporsi fluidamente seguendo i movimenti delle articolazioni artificiali, facendo assomigliare quel braccio straordinario ad un serpente. Si trattò in tutto di una manciata di secondi da quando lui aveva neutralizzato il suo 'attacco' in un turbine di dolore che le era esploso nel collo, a quando vide le sue pupille scure come pozzi dilatarsi nel realizzare che era lei. Contemporaneamente le braccia di Steve erano entrate nel suo campo visivo intorno al collo di Bucky per staccarglielo di dosso. Il moro la lasciò all'istante permettendo di fatto a Steve di strapparglielo da sopra e attuare su di lui una presa di contenimento. Fitz le andò vicino e la aiutò a tirarsi su dal materasso mentre il Capitano le urlava
“scappa!! presto!!” ma si bloccò un istante dopo sorpreso, nel sentire Bucky nelle sua presa non opporre nessuna resistenza e dire invece
“Easter.. perdonami...”

-conosce il suo nome?- fu il primo pensiero che scattò nella mente di Steve.

Cautamente lo lasciò andare e quello si voltò per lanciargli un occhiata come a dire di stare tranquillo prima di colmare con due passi la distanza che lo separava dalla ragazza, ancora sotto shock. Easter sentì il cuore di Fitz battere all'impazzata dalla paura contro il suo fianco mentre se la tirava più vicino come per proteggerla
“gu-guarda che ti ho già picchiato una volta e po-posso rifarlo!”  disse ad alta voce. Bucky si fermò e sollevò le mani in segno di resa. Di nuovo Easter fu rapita dal movimento naturale delle placche del braccio destro.
“non voglio farle del male” disse piano l'uomo rivolto a Fitz “è stato un errore. Quando ho sentito una presenza dietro di me ho reagito. Non potevo immaginare fosse lei” il suo tono era chiaro e fermo, e improvvisamente Easter capì cos'era successo. La paura si sciolse all'istante e si divincolò dolcemente dalla presa di Fitz.
“è tutto a posto” gli disse girandosi a guardarlo. Fitz occhieggiò incerto prima lei e poi Bucky prima di annuire debolmente. Solo a quel punto Bucky riprese ad avvicinarsi a lei.

Steve lo guardò stupefatto portare entrambe le mani vicino alle guance di Easter e studiarla quasi con occhio clinico per controllare di non averla ferita mentre le diceva
“scusa” e lei sorridergli mentre gli rispondeva con una naturalezza disarmante
“non preoccuparti è stata colpa mia, non avrei dovuto prenderti alle spalle”.
Sbagliava o c'era una complicità snervante in quella conversazione???
Quando si rese conto di essersi schiarito rumorosamente la voce l'aveva già fatto da un pezzo a giudicare da come ora tutti e tre lo guardavano.
“che dite...” buttò lì domandandosi per quale motivo fosse in imbarazzo “fate capire qualcosa anche a me o devo fare la figura dell'imbecille ancora a lungo??” Easter strinse i denti facendo una smorfia e gli andò vicino
“hem... posso spiegarti”
“mi sembrava di averti chiesto di stare alla larga da lui” la interruppe Steve sinceramente rammaricato
“è perchè scusa?” intervenne Bucky sollevando un sopracciglio in un modo che per Steve fu quasi un pugno in piena faccia, dato lo stato totale di tabula rasa in cui aveva trovato la sua memoria
“dopo il numero di un attimo fa hai anche il coraggio di chiederlo??” lo zittì “lei non è come me o te! Potevi ucciderla!”
“ho già detto che è stato un incidente”
“un incidente che poteva ucciderla!!” insistette Steve rifacendoglisi contro. Easter si frappose mettendo le mani sul petto di Steve
“basta per favore!” strillò. Steve le piantò gli occhi azzurri in faccia e respirò forte per calmarsi. Poi dopo un ultimo sguardo a Bucky la afferrò per una mano
“parliamo un attimo per favore” le disse con un tono che non ammetteva repliche, iniziando poi a trascinarla fuori.

Fitz rivolse un sorriso tirato a Bucky quando le porte si chiusero alle loro spalle. Aveva capito bene anche lui la dinamica dell'aggressione di poco prima, eppure capiva bene anche lo spavento e la rabbia di Steve. In fondo, per la stessa impulsività nelle reazioni, Bucky  stava per far fuori Simmons poche settimane prima! Ci voleva davvero molta pazienza e self control con quell'uomo.
“bhe..” gli disse “se non altro mi sembra tu ti sia ripreso perfettamente!” tentò di stemperare “contento che ti ho riattivato il braccio durante l'operazione?” aggiunse
“è la sorella?” disse invece lui distogliendo solo in quel momento lo sguardo dalla porta
“he?...no!” si affrettò a rispondere Fitz sorpreso dalla domanda “no Steve non ha fratelli ne sorelle...” aggiunse ricordandosi che benché avesse un vago ricordo del Capitano, Bucky non aveva memoria di nient'altro della sua vita prima di essere il Soldato d'Inverno
“allora è la sua donna?” chiese di nuovo
“neanche...” scosse la testa Fitz “è un po' complicato, magari te lo fai spiegare da lei” aggiunse tagliando corto. Non chiacchierava dei suoi fatti personali figuriamoci di quelli degli altri!! Gli fece cenno di sedersi per poterlo visitare e gli si avvicinò brandendo lo stetoscopio. “ma guarda che ragazzaccio sei” scherzò tentando di stemperare la tensione che ancora aleggiava nella stanza “ti sei strappato la flebo! Quella ti serviva!” ridacchiò. L'uomo non rispose e iniziò a mordicchiarsi l'unghia del pollice della sua mano umana, mentre Fitz gli auscultava il battito.

-è un po' più lento del normale, come prima- constatò il giovane scienziato -chissà se hanno fatto su di lui interventi anche per rallentargli il ritmo biologico- si domandò levandogli con una manata la mano dalla bocca e piantandogli una torcetta negli occhi per constatare i riflessi oculari.

Mentre gli infilava l'apparecchio per la pressione sotto al braccio sinistro, si arrischiò a gettare qualche occhiata al braccio bionico. La sua mente scientifica era affascinata da quel prodigio di ingegneria. Ad ogni movimento le sottili strisce di cui era composto si riposizionavano automaticamente per seguire le curve naturali di un vero arto umano, era dotato di un apparato nervoso artificiale che lo rendeva sensibile al tatto e quindi capace anche di movimenti molto fini. In più era dotato di un energia elettromagnetica potentissima che lo rendeva anche una temibile arma da guerra. Se solo un giorno Bucky gli avesse permesso di studiarlo a fondo, anche dall'interno, avrebbe potuto donare passi da gigante alla scienza ortopedica e gli amputati sia civili che militari ne avrebbero tratto un giovamento impensabile al momento attuale.
Scosse la testa e ricominciò di nuovo la procedura per prendere la pressione dato che quelle riflessioni l'avevano distratto. Si vergognò dei suoi pensieri. E si ripeté mentalmente che quella era l'opera di maniaci pazzi assassini, gli stessi che gli avevano strappato ogni ricordo e ogni umanità e che oltre a quello si erano macchiati di migliaia di altri crimini atroci, e che quindi non meritava nessuna ammirazione da parte sua.
Eppure non riusciva ad impedirsi di esserne affascinato.
“ormai sei sano come un pesce” proruppe togliendo con un sonoro strappo la fascia della pressione “mai visto un bastardo con una tempra come la tua” commentò riuscendo a strappargli un mezzo sorriso. “oh!” esclamò ricordandosi poi della placca neurale che ancora aveva nel taschino dell'improbabile camicia a scacchi verdi e rossi “quasi dimenticavo... una promessa è una promessa” aggiunse tirando fuori il piccolo oggetto e porgendoglielo.
Gli occhi di Bucky si illuminarono di attenzione nel vederlo
“è questo?” chiese solo. Aveva già capito che la promessa era stato mantenuta, dato che non sentiva più alcuna voglia di uccidere Steve e aveva fatto con lui anche alcune prove utilizzando svariate parole tubù per entrambe le fazioni, HYDRA e S.H.I.E.L.D., ma tenere tra le mani il responsabile di tutto il dolore  e degli orribili istinti non suoi che aveva provato.... era un altra cosa.
Fitz lo guardò alzarsi in piedi tenendo la placca nel palmo della mano destra e allontanarsi da lui di qualche passo dandogli le spalle. Sorrise alla sua schiena immaginando che non volesse far vedere il mare di emozioni che gli attraversava il volto in quel momento.
Con un gesto secco, Bucky serrò il pugno bionico sulla placca sgretolandola in migliaia di frammenti, con un rumore metallico.
Fitz lo vide sollevare lo sguardo al soffitto mentre la tensione abbandonava le sue spalle, e sorridendo pensò a come doveva sentirsi bene in quel momento, ora che era ufficialmente di nuovo un uomo libero.


Base segreta di Fury, corridoi

“si può sapere cosa ti è preso??” gli disse Easter liberando la mano dalla presa e costringendolo quindi a fermarsi e voltarsi.
“no! Cosa è preso a te!” la aggredì Steve puntandole un dito contro “ti avevo detto di stare lontana da lui!” Easter si morse il labbro, in difficoltà nel sentirsi in difetto
“hai ragione, scusami” disse piano “non era previsto che legassi con lui così tanto quando l'ho incontrato la prima volta, ti giuro che era solo curiosità la mia” tentò di giustificarsi “ma avrei dovuto dirtelo quando le cose si sono fatte più serie, perdonami”
“le cose sono più serie? Avete legato tanto??” proruppe Steve con voce quasi scandalizzata. Easter lo guardò ad occhi sgranati senza capire, sinceramente pensava di conoscere abbastanza Steve da essere sicura si sarebbe calmato una volta ricevute le sue scuse, invece fumava di rabbia! “Easter non capisci!” esplose lui afferrandola per entrambe le braccia “è questo che non va bene! Non che tu mi abbia mentito! Lo hai visto anche tu poco fa! Bucky non è una persona normale, come tutte le altre, con cui puoi fare amicizia e andare a prendere da bere quando non sei in servizio!” Easter si irrigidì arrossendo di rabbia, ma come si permetteva di parlarle a quel modo! 'uscire a prendere da bere???' l'aveva presa per una stupida?? “è una macchina ormai! Fidati non c'è più niente del ragazzo di cui ti ho parlato dentro di lui! Ci sono talmente tanti orrori nella sua testa che potrebbe ucciderti senza volerlo!” continuò il giovane, addolcendo il tono della voce, ma stringendo di più la presa sulle sue braccia per costringerla a guardarlo.
“tu non capisci!” urlò Easter di rimando iniziando a divincolarsi finché lui non la lasciò andare “non sono certo stupida o sprovveduta! Credi che non lo sappia quanto sarà difficile avere a che fare con lui? Ma non mi importa! Lui ha bisogno di contatto umano e non è affatto una macchina!” Steve la guardò sorpreso da tanto ardore “il tuo problema Steve è che continui a insistere sul fatto che lui non sia più la persona che conoscevi, invece di cercare di conoscere la persona nuova che lui è ora!” il ragazzo si sentì punto sul vivo da quelle parole, forse perché in fondo erano veritiere, e senza volerlo si trovò a interromperla con tono astioso
“ciò non toglie quanto questa tua crociata sia pericolosa. Sono sicuro che anche Sunday avrebbe disapprovato!” la gelò. Si pentì un'istante dopo di averlo detto, davanti ai suoi occhi spalancati, e fece un passo indietro come se quel gesto potesse tirare indietro anche le sue parole “senti..”
“come osi” sibilò lei “come osi tirare in mezzo mio fratello! Tu non lo conoscevi! Non sai un bel niente di lui né di cosa ritenesse giusto!” la voce era andata crescendo e gli si era avventata contro “e poi tu non sei niente per me! Non puoi permetterti di dirmi cosa fare!”. Si bloccò così, mordendosi la lingua davanti al lampo di dolore che aveva visto passare negli occhi di Steve. Anche lei aveva finito per passare il limite. Quindi si voltò e corse via, incapace di trattenere ancora le lacrime, né di sostenere più il peso di quella lite.
Steve sprofondò il viso nel palmo della mano, poco dopo aver sferrato un pugno di stizza contro la parete che incurvò vistosamente le lamiere.


Base segreta di Fury, una settimana dopo

Skye investì in un volare di carta varia alcuni membri della divisione spionaggio, mentre correva a perdifiato nei corridoi della base.
Quando arrivò davanti alla porta dell'ufficio di Coulson non rallentò minimamente progettando si aprirla con una spallata. Il risultato fu che impattò contro il legno massiccio ruzzolando all'indietro di un paio di metri, senza avere prodotto sulla porta più che una bussata.

Strano, quando l'aveva visto fare a Barton era andata diversamente.

“Skye! Sei uscita di senno?” la ragazza aprì gli occhi da sdraiata sul pavimento, inquadrando sopra di lei il viso bello e severo di May che la scrutava, tra l'indignato e il preoccupato, circondata dai proverbiali uccellini che accompagnano le botte in testa.
“devo vedere AC” biascicò rotolando su un fianco per tentare di rimettersi in piedi
“sono qui, cosa c'è di tanto urgente da farti rischiare una commozione?” intervenne il direttore uscendo anche lui dall'ufficio.
“AC!” esplose Skye balzando in piedi e rassettando alla meglio la maglietta “credo di aver trovato Quinn!”

Un minuto dopo Coulson e May avevano seguito Skye fin nel lounge dove lavorava sempre con Easter e stavano chini entrambe sul computer della ragazza, che mostrava quella che aveva tutta l'aria di essere posta privata.
“non capisco” commentò la donna tirandosi nuovo dritta e ravvivandosi alcune volte i capelli, che fino a quel momento erano risultati insolitamente scomposti “questa sembra la mailing list di un'enoteca on-line”
“già..” le fece eco Coulson stringendo fin sotto la gola il nodo della cravatta che prima gli ciondolava sullo sterno “come può dirci dove si trova Ian Quinn?” chiese il direttore. Easter stava per rispondere tutta eccitata quando Skye la interruppe con una mano
“aspetta un secondo!” esclamò “che mi venga un colpo! Tu con la cravatta lenta, May con i capelli in disordine... AC ho interrotto qualcosa poco fa????” chiese con un gridolino eccitato
“Skye concentrati! È vitale questa informazione!” la rimproverò May ad alta voce, mentre invece un vago rossore sulla faccia del suo capo le rispondeva affermativamente
“oh si che lo è! Credo di aver vinto la più grande somma di denaro della mia vita!” scherzò Skye per nulla intimorita, guardando Coulson con aria sorniona. La donna l' afferrò per il bavero della maglietta piantandole uno sguardo omicida in faccia tra l'orrore sul viso di Easter e il debole “Melinda...” di Phil, che non riusciva a trovare motivi per darle torto.
“ok, ok hai ragione scusa” si affrettò a dire Skye spingendole via le mani dal collo e divincolandosi per tornare al computer. “questa enoteca è la nostra salvatrice!” riprese tornando seria “perché conserva gli indirizzi di tutte le sue spedizioni, anche le più piccole” spiegò andando ad evidenziare col cursore un ordine in particolare “ecco guardate qui, una cassa da 76 bottiglie di vino rosè 'Cerasa', il preferito di quel verme di Quinn, inviate all'ufficio postale di Praiamare”
“quell'ufficio è l'unico riferimento postale per i pochissimi abitanti dell'isola di Dino” intervenne Easter, desiderosa di parlare della sua parte della scoperta “è un grosso scoglio vicino alla costa dove vivono solo una  manciata di vecchi contadini con poco amore per la compagnia” spiegò
“cosa ci fanno 10 contadini della bassa Italia con tutto quel pregiato (ed effemminato) vino rosè?” continuò Skye ripalleggiando l'attenzione dei due su di sé “Quinn ha la sua base da qualche parte sull'isola, ne sono certa!” esclamò trionfante. Coulson sorrise della sua euforia ma le poggiò una mano sulla spalla come per riportarla con i piedi per terra
“Skye... è un po' poco per esserne sicuri, innanzi tutto come sai che è il vino preferito di Quinn quello? E poi...”
“alla sua schifosa festa a Malta, dove mi hai mandato a rimorchiarlo, si beveva solo quello” lo interruppe Skye alzandosi in piedi “ma se ancora la mia parola non dovesse bastarti, ho chiamato il tizio dell'ufficio postale fingendomi il proprietario dell'enoteca on-line” aggiunse
“è stato facile, ci ho messo circa 2 minuti a trovarle il numero della partita iva dell'impresa e a baipassare il segnale telefonico per far credere all'ufficio postale che provenisse dal numero di telefono dell'azienda” intervenne Easter.
“gli ho chiesto chi era venuto a ritirare il pacco, e lui lo sai che mi ha risposto?” riprese Skye ammiccando con un  sorriso in direzione della biondina “che l'aveva ritirato un americano con capelli neri, occhi azzurri e una gran spocchia” il viso di Coulson si illuminò di un sorriso trionfante
“bhe.. diciamo che vale la pena fare la trasferta” commentò “May, Easter radunate la squadra, si va in Italia” esclamò voltandosi verso la donna
“tutti?” chiese May mentre già la ragazza era con un piede fuori dalla porta
“tutti” annuì il direttore guardandole poi uscire.
“ottimo lavoro Skye” disse poi rivoltò alla ragazza, con un sorriso e una stretta sulla spalla “sapevo che ci saresti riuscita” aggiunse con orgoglio. La mora gli sorrise per un attimo grata, ma subito dopo le sue labbra si piegarono in un ghignetto furbo
“AC, non fare il vago,  guarda che non mi scappi... cosa è successo tra te e May??” chiese. Coulson alzò gli occhi al cielo e le voltò le spalle con un sbuffo incamminandosi “è così da sempre o è una conquista recente?” insistette Skye tallonandolo “oh dio è la cosa più figa del mondo!!” stava ancora esclamando quando uscirono nel corridoio.


Base segreta di Fury, infermeria

“Non capisco” ripetè di nuovo Bucky. Forse per la quinta volta da quando Steve aveva iniziato a tentare di convincerlo che non avevano più parenti perchè entrambe appartenevano ad un'altra epoca. Si alzò dal letto e gli diede le spalle portandosi entrambe le mani alla base del collo e tirando indietro, come per distendersi. Era tutto troppo assurdo.
“te l'ho detto” sospirò Steve “siamo nati negli anni '20.... tu un po' prima di me, siamo amici fin dall'infanzia” continuò “durante la seconda guerra mondiale, dopo che ti ho creduto morto, ho avuto un incidente che mi ha lasciato ibernato nei ghiacci artici, fino a qualche anno fa.” fece una pausa guardandosi le mani in imbarazzo. Quella storia più la diceva più in effetti sembrava ridicola. “non ho idea di come abbiano mantenuto giovane te. Fitz e Simmons dicono che a parte il braccio destro sei completamente umano.” aggiunse guardandolo da sotto in su.
“non lo so” rispose Bucky voltandosi di nuovo a guardarlo “ho subito più ricondizionamenti cerebrali di quanti riesca a ricordare... ma mi sembra così assurdo. Dovremmo avere.. 90/100 anni?” chiese con uno scettico sopracciglio sollevato “non sarà che hanno ricondizionato anche te per farti credere a questa storia? Come potrei non ricordarmi qualcosa come una guerra mondiale!” insistette. Steve sbuffò
“ma se non ricordi neanche il viso di tua madre!” esclamò stufo che continuasse a cercare di rigirare la frittata. Bucky girò il viso di lato senza ribattere e Steve si morse la lingua dandosi mentalmente dell'imbecille. Ultimamente non riusciva a frenare quella vena velenosa quando parlava e aveva combinato più di un casino “era una donna straordinaria” aggiunse in tono più dolce “ti ha cresciuto da sola facendo tre lavori in un epoca in cui poche donne lavoravano, e faceva la crostata di mirtilli più buona del mondo” aggiunse con un sorriso mentre il vecchio amico era tornato a guardarlo. Per un attimo l'ombra di un sorriso pareva voler attraversare anche il suo viso. Ma poi venne spazzata via da un espressione amara
“non mi ricordo” ammise Bucky dolorosamente “non mi ricordo nulla”. Gli era capitato, parlando con Steve, di avere dei ricordi sensoriali, legati a lui. Ma stavolta non era successo. “lasciamo perdere ora... non voglio parlarne più” disse secco. Steve annuì tristemente. Bucky voltò di nuovo le spalle al suo amico, occupando le mani nel rassettare il letto dell'infermeria in cui era stanco di soggiornare e legandosi i capelli con un laccetto che gli aveva portato Simmons. Era stufo di quella sensazione di disagio che provava a galleggiare in una memoria che doveva avere 90 anni a sentire Steve, e che invece non conteneva che pochi mesi di ricordi, quasi tutti orrendi. Si sorprese a pensare che provava calore solo nel ricordare i momenti che aveva passato con quella ragazzina, con Easter, che non gli faceva mai domande sul suo nebbioso passato, e che sembrava sempre felice di vederlo.

“scusate..” una piccola voce sottile gli fece sollevare lo sguardo, e sollevò le sopracciglia sorpreso nel trovarsi davanti proprio Easter, titubante sulla porta. Sentì anche Steve alzarsi in piedi nel vederla.
La piccola si morse le labbra in difficoltà. Era una settimana che non parlava con Steve e ora May aveva spedito proprio lei a chiamarlo! Sospettava che la maledetta lo avesse fatto apposta.
“Steve..” disse cercando di risultare tranquilla “ci sono novità su Quinn, devi venire immediatamente. Il direttore farà un breafing tra poco” si complimentò mentalmente con se stessa. Aveva mantenuto un tono freddo e distaccato.
Già. Peccato che poi aveva mandato tutto a puttane incrociando lo sguardo con quegli occhioni azzurri da cucciolo bastonato che aveva Steve quando si sentiva in colpa, e aveva sentito lo stomaco sprofondare alle caviglie al ricordo delle cose brutte che gli aveva detto!
Maledizione!
Lo vide annuire mentre Bucky le chiedeva
“io?”
“credo tu... debba rimanere ancora qui” gli rispose facendo una smorfia dispiaciuta “mi spiace!” Bucky si costrinse a trattenere un'imprecazione e farle invece un cenno di saluto.
Steve aspettò di vederla andar via prima di rivolgersi di nuovo a Bucky
“come sta?” gli chiese a bruciapelo, sapendo che la ragazza andava a trovarlo la sera (era stato un po' imbarazzante chiedere a Natasha di aiutarlo a sbirciare le registrazioni delle telecamere ma stavolta aveva voluto essere informato). L'uomo fece spallucce
“le manchi” disse solo. Non gliel'aveva detto ma era abbastanza lampante.
Steve deglutì a vuoto. Mancava anche a lui. Doveva parlarle. A costo di prendersi qualche altro insulto.
“tornerò presto” disse a Bucky in segno di saluto mentre si avviava alla porta scorrevole
“piantala. Sembri un vecchio marito che saluta la moglie prima di andare a lavoro” ribatté lui “fai uscire me da qui piuttosto, mi sono rotto”. Quell'ironia permise a Steve di lasciare l'infermeria con un sorriso sincero per una volta.


Base segreta di Fury, sala riunioni

“è presto detto” esordì sbrigativo Coulson quando vide Trip entrare di corsa in sala per il breefing. “scusate se vado direttamente al punto ma manca solo una settimana al meeting di Bruxell e ogni secondo può fare la differenza” aggiunse facendo poi un cenno a Skye che mandò sul proiettore una immagine di quello che apparentemente sembrava un grosso scoglio poco lontano da un bianco litorale.
“questa che vedete è l'isola di Dino. Si trova in Italia, costa tirrena. Coordinate 39°52′26″N 15°46′30″E  è lì che Skye e Easter ritengono si nasconda il nostro amico” spiegò il direttore
“abbiamo già realizzato un'analisi spettrometrica dell'intera isola e, a parte qualche capanno e casa di pietra, sulla superficie non c'è nulla” aggiunse May
“ma in compenso si registra un consumo elettrico che potrebbe illuminare un'intera città!” le fece eco Simmons
“quindi o le talpe in Italia organizzano dei rave party da paura..” intervenne con sarcasmo Skye
“o laggiù, sotto a una di quelle innocue baracche di pietra, c'è la base sotterranea di Quinn” concluse per lei Trip che, di ritorno da una missione stava ancora togliendosi di dosso tutto l'arsenale e depositandolo sul tavolo davanti a lui. La ragazza gli sorrise apertamente e lui fece altrettanto.
“che ci facciamo ancora qui?” chiese Clint allargando le braccia
“con calma agente Barton” lo frenò Coulson con un mezzo sorriso “è importante che definiamo COSA  andremo a fare lì, ricordatevi che ancora non sappiamo nulla di come sconfiggere il professor Hall, un attacco diretto è da escludere” spiegò “l'obiettivo, è Quinn, preso lui  sono certo che avremo più tempo di manovra”
“ritiene che scatenare una guerra non sia un obiettivo di Hall?” intervenne Natasha con una nota di scetticismo nella voce. Coulson annuì
“no agente Romanoff. Lui ce l'ha con lo S.H.I.E.L.D. di questo sono quasi sicuro”
“ce- ce l'ha con lei... più che altro” la voce timida di Fitz fece voltare tutti dalla sua parte, il ragazzo si schiarì la voce in imbarazzo “n-non è lei che l'ha fatto cadere nel gravitonium?” chiese
“grazie tante Fitz, ora si che mi sento meglio!” ironizzò Coulson facendo leggermente ridacchiare Easter e Clint. Fitz sollevò le spalle guardando in basso come a intendere che lui aveva solo fatto una constatazione. “faremo una manovra di infiltrazione quindi” continuò il direttore scuotendo leggermente la testa con un lieve sorriso “ma occorrerà la collaborazione di tutti, specialmente perchè ci troveremo dall'altra parte del mondo” gli altri annuirono tornando seri “dopo una ricognizione con base nel paese costiero, che ci permetterà di individuare l'ingresso della struttura, io, May, Skye, il Capitano, Tripplett, Barton e Romanoff andremo sul campo, Barton tu avrai il compito di stendere Quinn con una freccia icer non appena lo avrai a portata di tiro, sono solo dei prototipi ma mi fido molto del lavoro dei FitzSimmons” spiegò facendo un cenno ai due ragazzi che risposero con altrettanta determinazione
“non potrei farlo secco e basta?” chiese sbuffando Clint, ma Coulson lo ignorò
“quanto a Easter e a voi due ragazzi” disse invece rivolgendosi di nuovo ai due scienziati “ci aspetterete sul BUS pronti a darci eventuale supporto tecnico. I tre annuirono. Easter aveva il cuore che andava a mille.
“FitzSimmons, e tanto meno la ragazza, non sanno pilotare il BUS” intervenne May col suo solito tono pratico “non è meglio che io rimanga a bordo e mi tenga pronta per un eventuale recupero?” propose. Skye la guardò per un istante stupefatta al pensiero che proprio lei si fosse proposta per non partecipare, e gli altri palleggiarono lo sguardo da lei a Coulson in attesa di una risposta.
“No” disse il direttore dopo un istante di riflessione “non abbiamo idea di quante forze disponga Quinn nella base, dobbiamo presumere molte, e tu Melinda puoi fare la differenza laggiù. Ci recupereremo da soli.” concluse con un sorriso incoraggiante rivolto a tutto il gruppo. Natasha annuì tranquilla, abituata a non aver mai le spalle coperte da nessun altro eccetto Clint, mentre gli altri digerivano la notizia.
“partiremo non appena saremo pronti, quindi vi invito a sbrigarvi” aggiunse Coulson spegnendo il proiettore.
“mi scusi direttore” intervenne Steve, che fino a quel momento aveva solo ascoltato “se andiamo tutti... cosa ne sarà di Bucky? Intende lasciarlo qui alla base, da solo con i tecnici?”
“al contrario Capitano” rispose Coulson prontamente “lo porteremo con noi, non è ancora stabile, ma il BUS è il posto più sicuro per averlo sempre sotto controllo.” Steve si avvicinò per parlare a voce più bassa solo con Coulson
“direttore non ha più avuto episodi di violenza, né risposte troppo impulsive dal suo risveglio.. io credo..”
“anche io credo Capitano Rogers” lo interruppe Coulson mettendogli una mano sulla spalla “altrimenti non mi sarei preso la briga di farlo operare. Ma questa missione è troppo delicata per coinvolgere attivamente anche lui. Sta tranquillo..” concluse con un sorriso “arriverà anche il suo momento” Steve annuì. Coulson gli battè un paio di volte ancora la mano sulla possente spalla prima di rivolgersi di nuovo alla squadra che ora aveva iniziato a confabulare a gruppetti
“un'ultima cosa” disse a voce alta attirando di nuovo l'attenzione su di sé “se durante questa missione doveste incontrare Ward.... sparate a vista.” Un gelo incredibile spazzò la sala, prima che la voce di Skye si levasse sola dal gruppo
“ci può contare direttore...”

Easter accompagnò con lo sguardo i compagni che lasciavano la sala riunioni con il cuore ridotto a uno spillo. Aveva paura. Lei non sarebbe andata in prima persona, ma Steve... con cui non aveva più parlato dalla loro lite fuori dall'infermeria, e tutti gli altri a cui si era affezionata in quelle settimane. Loro si. Osservò il viso freddo e risoluto di Skye, che aveva perso la sua naturale spensieratezza al solo sentir nominare Ward. E ripensò invece all'espressione eccitata e impaziente dell'agente Barton, che gli aveva visto su prima che uscisse insieme all'agente Romanoff, e che aveva imparato a vedergli sul viso prima di ogni missione. Fu quando notò l'ultima porzione della schiena di Steve uscire dalla porta, che ripensando alle orribili parole che gli aveva rivolto, decise che non poteva assolutamente lasciare che le cose rimanessero così.
Lo seguì fuori e si mise quasi a correre per raggiungerlo quando lo vide in fondo al corridoio
“Steve!” lo chiamò quando lo vide svoltare l'angolo, per andare poi a sbattere rimbalzando contro il suo petto di pietra. Si era voltato di colpo e lei non aveva fatto in tempo a fermarsi. Sarebbe caduta se la sua mano forte non le avesse afferrato il braccio e trattenuta in piedi appena in tempo
“Easter attenta!” le disse lui, arrossendo un istante dopo nel rendersi conto che non le parlava con tanta confidenza da una settimana.. voleva dirle qualcosa ma non fece in tempo ad aprire di nuovo bocca che se la ritrovò attaccata al collo con le braccia e alla vita con le gambe che piangeva senza ritegno
“mi dispiace!” singhiozzò contro la sua spalla “mi dispiace Steve perdonami ti ho detto delle cose orribili e assolutamente false! Tu sei tutto per me Steve! Non ho nient'altro se non te!” il ragazzo sentì sciogliere il cuore a quelle parole e ricambiò l'abbraccio nascondendo quasi completamente il corpo della biondina tra sue braccia
“no scusami tu piccola” le disse poi facendo in modo che staccasse il viso dal suo collo e lo guardasse “tu hai fatto per Bucky quello che io non ho avuto il coraggio di fare, accettarlo per quello che è. Ed era giusto così” ammise “e scusami anche per aver parlato di Sunday. Avevi ragione.. io” ma la ragazza lo interruppe scuotendo la testa e tirando su col naso
“no no... avevi ragione tu” gli disse debolmente “forse è proprio per questo che mi sono arrabbiata tanto. Sunday anche si sarebbe comportato da fratellone geloso” ammise con un mezzo sorriso imbarazzato staccando una mano dalle spalle di Steve per asciugarsi gli occhi. Steve arrossì appena per il paragone e poi le sorrise, con quel suo sorriso dolce e rassicurante che l'aveva convinta a poggiare la pistola, in quella base maledetta. Easter lo abbracciò di nuovo stretto intorno al collo e sospirò serenamente quando sentì lui stringerla a sua volta.
Si convinse che Sunday da lassù non gliene avrebbe voluto, se grazie a Steve aveva ricominciato a sentirsi a casa, ancora una volta.


Bus, notte fonda

Skye si tirò su dal letto di scatto, e strozzò il grido che le si era liberato dalla gola quando si rese conto che, di nuovo, era solo un sogno. Respirò a fondo passandosi una mano esausta sulla fronte sudata. Non poteva crederci... anche quella notte.. un incubo! Ormai era diventata la prassi per lei svegliarsi in un bagno di sudore in preda ai tremori di un sogno eccessivamente realistico, il cui tema di fondo era sempre lo stesso: lei... era un alieno. Il raiting dei suoi sogni variava da temi più soft, che al risveglio la facevano quasi sorridere, come quando si era immaginata avvolta da un asciugamano bianco sulla bici di un dodicenne, a quelli più cruenti in cui un vero e proprio Alien con tanto di bava e doppie fauci le usciva dal petto squarciandogli la cassa toracica.
Ebbe un tremito al solo pensarci, e calciando via le coperte con stizza si alzò in piedi per sgranchirsi le gambe e riprendere totalmente il contatto con la realtà.

Non che fosse meno preoccupante del sogno a dire il vero.

La ragazza si piegò leggermente all'indietro con le mani sui lombi, fino a sentir scrocchiare la colonna, e si fermò a contemplare per un attimo il caos della sua stanza. Un istante e le parve di essere inghiottita dal silenzio che c'era, soffocata da tutte le sue cose.

Stavano andando dall'altra parte del mondo. Ad affrontare l'uomo che le aveva sparato, che per l'occasione si era fatto affiancare da un mostruoso dotato capace di manovrare la gravità terrestre. In più c'era anche Ward con loro.

Di colpo sentì le budella torcersi dolorosamente come se stesse per vomitare e le pareti della stanza che le si stringevano addosso. Si proiettò verso la porta e armeggiò freneticamente con la serratura fino ad aprila con uno scatto nervoso, e praticamente rovinare fuori dalla stanza.
Sospirò. Già nel corridoio andava meglio.
Niente.
Anche quella sarebbe stata una notte insonne. Decise che sicuramente una cioccolata gigante l'avrebbe aiutata a ricacciare via i suoi demoni e, senza premurarsi di rientrare a vestirsi, puntò dritta alla sala comune.

 

Bus, sala comune

Le luci erano soffuse, come voleva il computer di bordo per la notte. Ormai conosceva ogni centimetro della base di notte, ma il BUS... aveva ancora quel fascino del posto intatto, che conservava ricordi principalmente felici.
Aggirò lo sguardo tra le piccole postazioni vicino ai finestrini, e al lungo bancone in legno lucido che era stato l'orgoglio di Coulson. Il tavolino accanto alla porta della cabina di pilotaggio. Sfiorò appena la formica leggermente consumata del piano. Quello era il posto preferito di lei e Ward una volta... ci si mettevano sempre a giocare a battaglia navale e lui montava sempre un adorabile broncio da bambino tutte le volte che lei gli affondava una nave.

-chissà magari.... persino quello era una finta- il suo pensiero autolesionista venne bruscamente interrotto dal rumore della porta del frigobar che si chiudeva rumorosamente, facendola sobbalzare.
“Trip!!” esclamò a voce alta, più a se stessa che all'uomo, come a sincerarsi di aver visto bene. Quello le rimandò un sorriso, sorpreso ma contento di vederla, senza smettere di tenere stretto tra i denti un pacchetto di pistacchi salati.
La ragazza si portò istintivamente le mani a tendere verso il basso l'orlo della maglietta, decisamente corta, a coprire gli slip. Non che si vergognasse della cosa in se, aveva sempre ritenuto piuttosto ridicolo vergognarsi delle mutande e non del bikini, ma quella sera sfoggiava un bel paio di slip a fantasia di pluti felici e proprio non gli andava di condividerle con Tripplett!
“che ci fai qui?” gli chiese domandandosi come aveva fatto a non accorgersi della porta del frigo aperta quando era entrata.
“folo...” sputò il pacchetto sul tavolo “solo ansia pre missione, mi viene sempre una fame tossica!” spiegò poggiando anche il resto delle schifezze di cui aveva piene le braccia.
“noto...” ridacchio Skye sotto i baffi, avvicinandosi poi al tavolo di modo che fosse il bancone stesso a coprirle la metà inferiore del corpo.
“tu invece? Cercavi i tuoi pantaloni?” la prese in giro l'uomo sfoderando uno dei suoi bellissimi sorrisi da mille kW. Skye arrossì appena picchiandogli piano un pugno sul braccio.
“no! Non riuscivo a dormire e pensavo di essere l'unica!” replicò facendogli poi una linguaccia.

Dopo una ventina di minuti lo spazio tutto intorno al divano, dove si erano spostati, era pieno di pacchetti vuoti di cibi poco salutari che avevano spazzolato scherzando e ridendo. La metà erano di Barton, e non avrebbe gradito, Skye ne era praticamente certa. Fece un sospiro dopo una lunga risata e poggiò la testa sullo schienale sorridendo al suo compagno di scorreria. Passare il tempo con Trip era un vero tocca e sana. Tutta l'ansia era sparita!
L'uomo aprì una lattina d'aranciata e la sollevò leggermente verso di lei come per brindare
“qualcosa di gasato per mandar giù tutto questa spazzatura è quello che ci vuole!” esclamò Skye rise ancora “posso chiederti...” la interruppe Trip “cosa fai le altre notti? Quando non ci sono io?” la ragazza smise all'istante di ridere accomodandosi meglio sul divano, e prendendo istintivamente un po' di distanza da lui
“che vuoi dire?” chiese sospettosa
“voglio dire che non dormi mai Skye” rispose lui con tono calmo, e guardandola intensamente “non solo stanotte... di qualsiasi notte abbia visionato i filmati ci sei tu, che ti aggiri per la base come il fantasma di Canterville” Skye chiuse gli occhi comprendendo. Come aveva fatto a non pensare che Trip era addetto al controllo della sicurezza.. come!? “cosa succede... he?” insistette lui con tono dolce. Skye aprì di scatto gli occhi quando si sentì toccare la guancia da una mano calda, quando esattamente si era avvicinato tanto?? istintivamente sfuggì al suo tocco
“ho un po' di pensieri” confessò senza guardarlo “che mi tengono sveglia”
“a volte condividerli con un amico è il modo migliore per scacciarli via!” replicò l'uomo con un sorriso. Anche Skye si ritrovò a sorridere, suo malgrado. Nonostante la spensieratezza di un istante prima avesse di nuovo lasciato campo all'ansia, Trip la faceva comunque sentire a suo agio.
“non mi va di parlare... ero venuta qui appunto per distrarmi” rispose in tono amaro
“distrarti in una stanza buia e vuota? Bel modo!” l'affermazione di Trip questa volta cadde nel silenzio. Skye aveva di nuovo davanti agli occhi la mappa celeste incisa a vivo sul muro della stanza di Coulson, e la pelle blu del Kree* nella foto.
Poi d'un tratto si sentì afferrare per un braccio e senza avere il tempo di opporre alcuna resistenza trainare in avanti. Un attimo e Trip la stringeva tra le braccia, una mano poggiata tra i capelli come in una carezza, a tenerle il viso premuto piano contro il petto.
“se no vuoi parlare so che anche un abbraccio può fare miracoli” gli sentì dire.
“grazie...” sussurrò sentendo una piccola parte della sua ansia sciogliersi, al ritmo tranquillo del cuore del suo amico.
Si aggrappò meglio alla sua maglia, avvicinando i loro corpi ancora di più. Fu lì che distrattamente fece scorrere la mano sul suo petto, dalla pancia alla gola, e si sorprese di sentirlo rabbrividire leggermente, così come dell'inconscio pensiero di apprezzamento che le attraversò la testa, a sentire sotto le dita gli addominali tirati dell'uomo.
Aveva preso un abbaglio o gli era piaciuto che l'avesse sfiorato in quel modo?
Non seppe perchè le venne voglia di provocarlo, di vedere se succedeva di nuovo. Non che se ne facesse una vanto ma riteneva di saper capire abbastanza bene quando piacesse a un uomo.
Così, fingendo di farlo per caso, prese a far scorrere lievemente la mano sul suo petto, scoprendosi a godere anche lei segretamente di quei contatti. Niente sembrava cambiare esteriormente, ma sotto il suo orecchio il battito cardiaco di Trip era decisamente meno rilassato di prima.
Si morse le labbra, vergognandosi un po' nel rendersi conto che lo desiderava.
Non che non si fosse mai accorta di quanto fosse bello, solo non aveva mai pensato a lui come a un possibile partner. Sarà che... quando l'aveva conosciuto era completamente rincoglionita dietro a quel traditore di Ward.. e quindi.
Il solo pensare il nome del suo ex AS le fece venir voglia di concentrarsi su altro.
“Trip” soffiò piano
“mhn...”
“ti piace sempre Simmons?” gli chiese a bruciapelo. Poi non sentendolo rispondere sollevò la testa per guardarlo in viso. Lui era rimasto un po' interdetto dalla domanda e la guardò di rimando. Skye si stava assegnando mentalmente un premio per essere riuscita, per la prima volta nella storia, a lasciare Antonie Tripplett senza parole, quando quello rispose
“no. A parte che per me non era un interesse serio... ora è la ragazza di un mio caro amico, perciò a prescindere..” sciolse l'abbraccio per simulare la forma di una croce con le mani “crocione!” aggiunse. Skye sorrise scuotendo la testa mente si metteva in ginocchio vicino a lui
“dio santo Trip sei l'uomo più leale... che mi sia mai capitato di incontrare in vita mia!” esclamò
“lo dici come se ci fosse qualcosa di negativo!” esclamò lui ridacchiando.

Si in effetti dati i suoi intenti qualcosa di negativo c'era, ma Skye lo ignorò.

“e io?” gli disse a bruciapelo, troncando la conversazione di prima “io ti piaccio Trip?”
Incredibile. Ammutolito per due volte in due minuti! Era una maga! Non rispose ma i suoi occhi parlavano da soli. Skye gli fece un sorrisino malizioso, mentre con un gesto fluido si alzava e lentamente gli si sedeva sulle gambe, a cavalcioni
“Skye.. che stai facendo?” le chiese l'uomo lasciando andare la testa indietro contro lo schienale.
“avanti Trip... guardami in faccia e dimmi che non ti piaccio” lo provocò di nuovo. Lui la guardò, più serio in volto di quanto Skye l'avesse mai visto, anche se non riuscì a resistere a poggiarle le mano sui fianchi lasciati nudi dalla maglietta
“e tu? Guardami in faccia... e dimmi che lo vuoi veramente..” ribattè. Skye lo fissò per un istante in quegli occhi, dolci ma risoluti.
Aveva bisogno di annegare la sua ansia.
Era stufa di torcersi le budella pensando a Ward e a quanto l'aveva fatta soffrire, era stufa di chiedersi se da li a poco le sarebbero spuntate un paio di antenne verdi (o meglio, blu). Non provava più niente per Ward?
Non ne era sicura. Per niente. Ma era ben decisa a rifiutare quel sentimento così devastante. Non lo voleva più... quell'amore che aveva provato.
Voleva sentirsi leggera.
Voleva qualcosa di leggero e piacevole. Voleva sentirsi bene di nuovo.. ma senza investirci anche l'anima..
“lo voglio” disse solo, prima di protendersi in avanti e affondare la sua bocca in quella calda e carnosa dell'uomo, che non si fece certo pregare a ricambiare il bacio, con la stessa passione di lei.
Senza il minimo sforzo Trip si tirò in piedi dal divano con lei addosso, sorreggendo tutto il suo peso con le braccia, e in un bacio pressoché continuo la condusse nella sua cuccetta. La coricò sul letto e si tolse la maglietta prima di stendersi su di lei.
Skye chiuse gli occhi, e lasciò che il suo corpo si abbandonasse completamente alle sensazioni.


Quando finirono Skye, ancora senza fiato, si lasciò guidare stesa accanto a Trip, con la testa sul suo petto. L'uomo la avvolse con un braccio senza dire una parola, e lei ne fu felice. Non si sentiva così bene.... da mesi.
Con la mano poggiata a coppa nel punto in cui poteva sentir battere il suo cuore, a Skye scappò un mezzo sorriso nel vedere gli slip con i pluti felici abbandonati scompostamente sulla sedia accanto al letto. Poi chiuse gli occhi, e finalmente si addormentò.
 


Isola di Dino

“eccellente” disse per la terza volta consecutiva Ian Quinn nel ricevitore del telefono. Hall alzò gli occhi al cielo, pensando che se lo sentiva dire anche solo un'altra volta quella parola gli avrebbe compresso il cervello fino a farlo credere un pesce rosso!
Per la fortuna del magnate la telefonata si concluse in quel modo.
“cosa c'è da essere tanto contenti” disse in tono cupo la creatura, richiamando la sua attenzione “sto ammuffendo da tre settimane in questo buco, e ancora non c'è nessuna traccia di Coulson!” i suoi occhi a spirale brillarono ancora di più di rabbia quando si rese conto di non essere riuscito a controllare il tono della voce come avrebbe voluto. Quinn fece un sorriso tirato e toccò istintivamente la siringa automatica che teneva sempre nella tasca interna della giacca, mentre si avvicina a Hall
“pazienza professore” lo blandì poggiandogli lievemente una mano sulla spalla “ancora pochi giorni e potrà scatenare tutta la sua frustrazione finché avrà voglia, al meeting di Bruxell” Hall si scrollò di dosso la mano e afferrò Quinn per il bavero della giacca inamidata. I piedi del raffinato tavolino da thè inglese accanto a loro incrinarono lievemente il parquet allo sbalzo improvviso di gravità
“a me non interessa nulla di quell'inutile gruppo di umani e della tua guerra, feccia!” tuonò “l'unica cosa che voglio è Coulson!”
repentinamente, prima che gli venisse a mancare l'aria, Quinn poggiò le mani sui gomiti della creatura, di modo da entrare nel suo clima gravitazionale e non risentire dei suoi poteri, come gli aveva insegnato Tyst
“lo avrà!” non riuscì ad impedirsi di urlare. “ora la smetta! Ci sono 5 piani sotto di noi! Non vorrà ritrovarsi nella dispensa! Hall lo lasciò andare con una spinta, riprendendo il controllo di sé e ripristinando contemporaneamente la gravità “mi creda, conosco Coulson, non mancherà mai a un appuntamento del genere!” insistette Quinn gettando uno breve sguardo rammaricato al suo tavolino da thè “lei la veda come un esca, se le fa piacere, invece che come il mio piano” aggiunse annuendo vigorosamente per sottolineare la sua convinzione. Hall, dopo un ultimo sguardo si fuoco, gli voltò le spalle.
“una settimana Quinn” sentenziò “dopodiché... o mi prenderò la vita di Coulson... o la sua” aggiunse prima di lasciare la stanza.

Quinn lasciò andare un profondo sospiro di sollievo, dopo un'occhiataccia malevola alla porta. Doveva mettere sotto il professor Tyst affinché trovasse un modo per rimetterlo in bottiglia tipo il genio della lampada! Una volta che avesse finito di usarlo a suo piacere.
Si sistemò il nodo della cravatta e si chinò sul tavolino per premere il tasto dell'interfono che collegava i suoi alloggi ai laboratori ancor più sotterranei
“si signore?” Quinn storse la bocca, il suono arrivava gracchiante, probabilmente lo 'sbalzo d'umore' di Hall aveva danneggiato il sistema elettrico
“mandami Tyst” ordinò
“non so se può venire signore, ha appena indossato la tuta anti-radiazioni” ribattè la voce gracchiando. Quinn fece scrocchiare il collo per la rabbia
“mandalo. Subito qui.” sentenziò tra i denti “o 'non so se può venire' sarà la cosa che dirò a tua moglie per i weekend dei prossimi due anni!”
“come vuole” ribattè rapidamente la voce tagliando poi la comunicazione.
“scienziati... giuro che li ammazzo tutti non appena non avrò più bisogno di loro”

“voleva vedermi?” si annunciò Tyst entrando nel lounge dove Quinn lo aspettava, dopo circa una ventina di minuti
“alla buon ora” borbottò Ian
“mi dispiace signore ma il processo di decontaminazione due quindici minuti, non volevo rischiare un linfoma” Quinn agitò la mano come a dire che non gli interessava nulla e afferrò il portatile
“quel che conta è che sei qui, mi serve che mi appronti una videoconferenza con Assad, ieri hanno ricevuto le armi che gli ho inviato clandestinamente e voglio ragguagli.” spiegò allungandogli il portatile. Tiberius sentì le budella torcersi al solo pensiero, della quantità immane di artiglieria che quel pazzo aveva spedito in medio oriente ma, prendendo il portatile tentò di mascherare in sarcasmo il suo disgusto
“subito signore, ma attivare Skype ritengo sia una cosa assolutamente alla sua portata sa? Dovrebbe imparare” asserì
“ho sempre pagato per farlo al mio posto” ribattè tra i denti di un sorriso tirato Quinn, che stava cominciando a contare fino a 100 per non staccare la testa di netto al suo capo scienziato. Ne aveva avuto abbastanza per quel giorno.
“ecco a lei” disse Tyst porgendogli il portatile dopo 15 secondi circa di lavoro. Poi fece per andarsene
“no. Resta resta... non vuoi sentire come procede il nostro piano?” lo fermò Quinn. Il giovane si fermò per un istante sulla porta. Non voleva. Non voleva sapere più niente. Ma il suo capo aveva al fine vestito l'espressione della sua vera natura. Quel sorriso distorto dalla follia che lo faceva sembrare davvero mostruoso. Quando faceva così non si poteva far altro che assecondarlo. Annuì debolmente tornando indietro, e guardando con odio il grosso naso di Assad, il collegamento terroristico di Quinn, che si affacciava allo schermo cercando di capire perchè vedeva solo una giacca invece del viso del suo benefattore americano.
“sinior Quinn” lo salutò allegramente quando incrociò gli occhi azzurri da aspide dell'uomo, che aveva poggiato il portatile sul tavolo “finalmente!”
“Assad, caro amico, sono arrivati i miei regali?” sorrise maligno l'uomo
“arrivati arrivati! Vuole vedere? Vuole vedere risultato?” chiese eccitato quello sfoderando il suo miglior inglese
“ma certo” sibilò. Tiberius spostò il peso da un piede all'altro. Lui non voleva vedere proprio niente. Ma a dispetto del suo volere Assad caricò un video che fu costretto a guardare. Decine di uomini armati fino ai denti entrava correndo in un villaggio dove un manipolo di americani in divisa da medici aveva allestito un piccolo campo ospedale. La gente scappava in ogni direzione ma era tutto inutile. Uno dopo l'altro cadevano come mosche, sotto colpi si mitra, fucile o arma da taglio. La sabbia si tingeva di rosso sotto il sorriso sinistro di Quinn che si allargava sempre più
“si...” commentò piano quando un uomo con un camice verde da chirurgo si accasciò a terra col il petto crivellato di colpi. Neanche un'anima era stata risparmiata. Tiberius non potè impedirsi di chiudere gli occhi e girare la testa dall'altra parte davanti alla scena di un bambino massacrato a colpi di macete.
Poi il video finì, e il grosso naso di Assad si appiccicò di nuovo alla webcam
“soddisfatto?” chiese in tono neutro
“attacchi ai campi gestiti dagli americani, esattamente come volevo, perfetto Assad” commentò Quinn con una disgustosa asetticità. Poi chiuse la comunicazione chiudendo il portatile.
Quando si voltò verso il ragazzo sorrise quasi dolce del pallore sul suo viso
“oh suvvia Tyst non faccia così, non è di più di un film vietato ai minori di 14 anni, e lei li ha fatti da un pezzo credo” lo prese in giro battendogli poi un paio di incoraggianti pacche sulla spalla. Quello si lasciò sballottare appena dai colpi sul suo corpo efebico, sforzandosi di accennare un piccolo sorriso
“gli horror non hanno mai fatto per me signore” borbottò. Quinn scoppiò a ridere e gli voltò le spalle
“ora puoi tornare alle tue cose radioattive” lo congedò.
Tyst lasciò la stanza senza salutare oltre. Ignorò l'ascensore che l'avrebbe riportato ai laboratori e prese invece la via del primo bagno infilandocisi dentro. Nonostante lo shock il suo super cervello gli permise di analizzare che dovunque c'erano telecamere meno che nelle toilette, così si infilò in una di quelle prima di lasciarsi andare. Accasciò entrambe le braccia e la fronte contro un muro prima di iniziare a sbattere più forte che poteva il pugno contro la parete, cercando di reprimere le lacrime che sentiva venir su.
Basta.
Doveva fare qualcosa.
Non era più possibile per lui tacitare oltre la sua coscienza. Aveva già demolito la sua convinzione che il suo lavoro lo faceva in nome della scienza. Ora, dopo quell'ennesimo crimine mostruoso di cui si sentiva responsabile, aveva messo a tacere anche la paura di quello che avrebbe potuto fargli Quinn se l'avesse scoperto.
Aveva deciso.
Avrebbe smesso di rendersi complice di quella follia.

 


Note dell'autrice: eccomi qui. No, non sono morta. Faccio solo quello che posso. Ma tento di offrire un prodotto di qualità e quindi ci lavoro quando ho ispirazione e fino a renderlo migliore possibile ^^ (viene pistata... ai lettori non frega nulla della sua mania per la perfezione)

ora le note!
* Kree sarebbe la razza aliena a cui apparteneva il mezzo corpo da cui hanno estratto il siero GH. Skye non ha le visioni dei segni sul muro, quindi si è concluso che abbia materiale genetico in comune proprio con i Kree.

 

 

 

 

 

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