Una storia un pò particolare

di Tia Weasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Il mio nuovo profumo fa impazzire il preside.


Bibip. Bibip. Bibip. Bibip.
Il rumore abbastanza forte della sveglia mi destò dal sonno di soprassalto.
Bibip. Bibip. Bibip. Bibip.
Stava per iniziare un altro noiosissimo giorno di scuola e io non avevo la minima voglia di alzarmi, contando il fatto che probabilmente ero già in ritardo.
Bibip. Bibip. Bibip. Bibip.
Cominciava a darmi un rilevante fastidio quel suono, ma ero troppo pigra per spegnerlo. Mi limitai a nascondere la testa sotto il cuscino.
Bibip. Bibip. Bibip. Bibip.

-INTERROMPI QUESTO BACCANO INFERNALE!!!- Urlò mio fratello dal piano di sopra.

Anche se con una certa riluttanza allungai il braccio verso il comodino però, invece che spegnere la sveglia, la feci cadere per terra, nonostante il piccolo inconveniente quel fastidioso arnese smise di suonare. Un attimo di silenzio e già ero tornata nel mondo dei sogni.

Fui risvegliata dai piedi di mio fratello che saltarono sul mio letto, con non molta grazia, per poi dirigersi verso la porta e accendere la luce. Era quello che succedeva se si aveva un soppalco e un fratello maggiore troppo pigro per usare le scale.

Non appena mi vide si mise a battere le mani. -E sinceri complimenti a Vicky, che ha deciso di arrivare tardi anche all'ultimo giorno di scuola, poiché sono le otto meno dieci e lei dovrebbe già essere li!- Giusto il tempo per metabolizzare queste parole e mi scaraventai giù dal letto, dirigendomi a mò di valanga verso il bagno. Dannato Simon e la sua classe che entrava tutti i giorni alle nove.

Per le otto ero fuori casa e con un tost in bocca, il problema era riuscire ad arrivare a scuola entro due minuti. Sapevo che probabilmente i miei mi avrebbero fustigata quel pomeriggio stesso, ma decisi lo stesso di prendere la vespa di mamma e andare a scuola. Nonostante il caos mattutino per le strade di New York riuscì ad arrivare in orario a destinazione. Entrai di corsa nell'aula di chimica interrompendo la spiegazione di una professoressa abbastanza irritata. Mi sedetti al mio solito posto e sconnessi il cervello.

Oh, che maleducata, non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Victoria Clark, all'epoca avevo sedici anni e vivevo a New York. Soffro di iperattività, ho un disturbo dell’attenzione e sono dislessica. Ciò spiega perché non riuscivo a stare ferma su quella maledettissima sedia, trovavo distrazione in ogni cosa che mi circondasse e l'insieme di lettere e numeri di formule chimiche scritte sulla lavagna mi sembrava arabo. Insomma, ero una studentessa modello!

Ho i capelli lisci che mi ostinavo a dichiarare castani, quando era ovvio che fossero di un biondo abbastanza caldo, quasi miele. Per non parlare dei miei occhi.... Per me gli occhi sono lo specchio dell'anima, ma i miei non riflettevano per niente ciò che avevo dentro. Sono di un celeste molto chiaro, densi, senza increspature quasi opachi, come guardare una pozza di acqua cristallina in una giornata senza vento. Ispiravano serenità. Io ero il totale opposto.

A già, un'altra cosa importante: sono stata adottata. Mio fratello maggiore Simon, quando era piccolo voleva compagnia, così i miei mi hanno salvato da un terribile orfanotrofio. Francamente non ricordavo molto di quel posto. Il perché lo scoprirete in seguito.

-Stai ancora dormendo?- Mi chiese Katerina. Alzai la testa dal banco e la osservai sorridermi divertita. -Le prime due ore di chimica sono finite e ora dovremmo spostarci verso la classe di filosofia, forse ancora non lo sai, ma siamo a scuola.- Mi disse schioccandomi le dita davanti gli occhi.

Katerina, era la mia migliore amica. Ci conoscevamo sin da piccole, sua madre aveva buoni rapporti con la mia prima di… bè credo che debba essere lei a dirvelo. Kate aveva un fratello maggiore solo da parte della madre che vedeva raramente, dato il fatto che viveva in Inghilterra con il padre. Era una ragazza fin troppo alta per la sua età, bionda e perennemente abbronzata, anche di inverno ed io non ne conoscevo il motivo, a meno che non si facesse di lampade a mia insaputa. Aveva dolci occhi marroni e adorava scherzare. Se la guardavi, di primo impulso pensavi ad una ragazza timida e gentile dal rossore facile, cosa che effettivamente era, ma se la conoscevi imparavi a convivere con le sue strane fissazioni e con il carattere da genio schizzato. Grazie agli dei aveva i miei stessi problemi, però aveva un un’andatura stranamente buona a scuola, l'unico posto in cui la vedevo. Esatto, perché Katerina ogni estate scompariva nel nulla, i miei dicevano che andava in un campo estivo ma non capivo perché io non potessi seguirla.

-Filosofia, tanto interessante quanto osservare una lumaca muoversi.- Sbuffai mentre mi alzavo e prendevo la mia borsa a tracolla.

-Io la trovo interessante. Inoltre oggi il professore dovrebbe raccontarci i miti greci, ma si dia il caso che li conosca già tutti.- Disse spolverandosi una spalla con un moto di superiorità.

Purtroppo, mentre stavamo uscendo la professoressa di chimica ci fermò. -Clark, la prego di venire con me in presidenza. Il preside ha chiesto di lei.- Disse. Lo vedevo solo io che ghignava?!

-Ma professoressa! Per la prima volta che non ha fatto niente…?- Esclamò Katerina. Grazie tanto Katie.

-Silenzio Towler. Anzi per questa sua condotta sarei felice di accompagnare anche lei.- Detto questo cominciò ad avviarsi seguita da una me abbastanza stufa e una Katerina a dir poco furiosa.

Ci lasciò davanti alla porta e tornò in classe. Kate bussò ed entrò, io la seguì con una certa svogliatezza, insomma, non era la prima volta che finivo in presidenza.

-Mmm, dolci e succulenti semidei.- Sussurrò il preside.

-Come scusi?- Chiesi. A quanto pare Katerina non lo aveva sentito, ma a me inquietò non poco.

-Sapevo di non essermi sbagliato. Sei entrata in questa stanza talmente tante volte negli ultimi giorni che era quasi ovvio, il tuo odore si sentiva da kilometri.- Continuò con voce più alta. Un momento… il mio odore? Ma chi si credeva di essere quel tizio?! Ero tanto orgogliosa del mio profumo, ne avevo appena cambiato uno. Dire ad una studentessa che puzzava nella sua prima settimana di lavoro non era un gran che. Poi il fatto di assumere un nuovo preside alla fine dell’anno era già abbastanza senza senso, per di più era anche uno psicopatico!

-Perché ci ha chiamate?- Chiese Katerina, improvvisamente sull'attenti. Ma il preside continuò a guardarci con volto famelico.

-Era ovvio cosa?- Chiesi.

-Zitta petulante ragazzina!- Gridò aumentando di stazza e tornando in seguito a dimensioni normali.

Katerina spalancò gli occhi. -Vicky dobbiamo andarcene…- Mi sussurrò abbastanza spaventata.

-Guarda qui chi altro abbiamo, un’altra semidea? Il tuo odore era quasi nascosto dal potere dell’altra. Credo che mangerò prima te.- Sussurrò con voce roca il preside trasformandosi in un orribile gigante.

Io ero paralizzata dal terrore mentre il gigante scaraventava la scrivania di lato e ci si fiondò a dosso. Gesto da copione, non trovate? Prontamente Katerina mi spintonò verso un angolo della stanza, il suo anello si trasformò in un arco e dal suo zaino spuntarono delle frecce che cominciò a scagliare contro il gigante. In un battito di ciglia il mostro scomparve in una nuvola di polvere.

-O miei Dei, o miei Dei, o miei Dei!- Cominciai ad urlare in preda ad una crisi isterica.

-Dobbiamo andarcene, non sei più al sicuro qui Vicky. Potrebbero arrivarne altri.- Disse Katerina prendendomi per un braccio e trascinandomi via. Lo zaino era diventato una faretra e teneva l'arco con una mano.

-Il preside ha minacciato di mangiarti! L'arco dove l'hai tirato fuori?! Semidei! Sto impazzendo!- Continuavo a blaterare le parole dell’ex preside. CHE COSA ERA SUCCESSO?!

-Vicky, Victoria! Calmati! Non è il momento né il luogo adatto per parlarne. Quello era un Lestrigone e probabilmente ce ne sono altri a scuola, se non ce ne andiamo subito la situazione potrebbe peggiorare. Come sei venuta qui?- Lo disse con una calma quasi surreale.

-Con…con la vespa.- Balbettai.

-Prendiamola.- Circa 15 minuti dopo eravamo sotto casa. Appena il portone si aprì, una figura con il volto corrugato dalla rabbia apparve sulla soglia.

-Victoria Clark, ora noi due ci facciamo una chiacchierata.- Mia madre mi aspettava con le braccia incrociate davanti la porta di casa, aveva un aria abbastanza minacciosa. Sembrava essersi tolta di mente il fatto che in quel momento noi due dovessimo essere a scuola.

-Emily, l'hanno trovata.- Mamma parve accorgersi solo allora della presenza di Katerina, che la guardò preoccupata.

-Michael, prendi le chiavi. Andiamo al campo.- Disse mia madre mentre, insieme a Katerina, mi trascinavano verso la macchina.

-Dove stiamo andando? Katerina che cosa è successo al preside oggi, e perché ci ha chiamato 'dolci e succulenti semidei'? Che cosa è il campo?- Mi stava esplodendo la testa e nessuno si ostinava a darmi delle risposte, anzi, nessuno sembrava rendersi conto della mia presenza.

-Michael sbrigati!- Urlò esasperata mia madre. Papà arrivò di corsa con un borsone e ci catapultammo subito dentro la vecchia Polo di famiglia.

-Dove stiamo andando? E Simon? Lo abbandoniamo?- Chiesi al limite di una crisi nervosa.

-Non preoccuparti di Simon, gli ho lasciato un messaggio in segreteria che gli spiegava che staremo fuori per qualche giorno, è grande sa prendersi cura di se.- Spiegò mio padre.

C'erano decine di domande senza risposta che mi giravano in testa e questo mi innervosiva, per non parlare di quell’assurdo silenzio che si era creato. Stavo per riaprire la bocca quando Katerina mi battè sul tempo cominciando a spiegare cosa fosse successo quella mattina a scuola, utilizzando vari epiteti di cui non conoscevo il significato.

-Siamo quasi arrivati, ne riparleremo con Chirone.- Disse mio padre. Fantastico! Un altro nome da aggiungere alla lista delle cose senza senso che sentivo da quella mattina. -Victoria dentro questo borsone ci sono le tue cose.- Continuò.

Ci accostammo alla strada in mezzo al nulla. Non c'era niente. Seguì i miei genitori mentre lanciavo occhiate piene di significato a Katerina che, per i miei poveri nervi in stato confusionale, sembrava ignorare. Raggiungemmo un enorme pino e.... MA QUELLO ERA UN DRAGO VERO?! Ebbene, per evitare di correre il rischio ci girai alla larga. D’accordo che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.

-Va bene, allora Katerina tu porta a fare un giro a Victoria, mentre noi andiamo alla Casa Grande per parlare con il Signor D e Chirone... Che bello tornare dopo tanto tempo vero?- Disse mio padre riferendosi a mamma, che sospirò malinconica


ANGOLO AUTRICE
Diciamo che piuttosto che primo capitolo questo è una piccola prassi. Spero vi abbia incuriosito. Allora... non so più che dire. Probabilmente storpierò il carattere dei personaggi, ma ognuno si immagina in maniera diversa queste persone immaginarie, ma se esco totalmente fuori tema, vi scongiuro di dirmelo. In particolare con il personaggio di Nico, per quanto lo adori non riuscirò mai a capirlo a fondo. Comunque, vorrei dire tutto qui per evitare di fare altri "Angoli Autore", perché so quanto possano essere noiosi. Sono più che sicura che il racconto diventerà più interessante all'inizio dell'impresa e... niente. Se volete chiedere qualcosa fate pure nelle recensioni, per il resto vi auguro nuovamente buona lettura, sempre se vogliate continuare a leggere questa storia oppure un'altra.
Baci Catebaggins

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Mi riscopro come una vecchietta arzilla.


A quanto pare i miti greci sono reali. E’ stato piuttosto spiazzante scoprirlo, anche se continuavo a dubitarne seriamente. Insomma, dopo quasi diciassette anni di vita venire a sapere che sei figlia di un dio non è cosa da nulla. Katerina era figlia di Apollo, questo spiegava il suo arco, la sua bravura nelle arti musicali e il fatto che le sarebbe piaciuto diventare un medico, per non parlare di tante, e dico tante, altre cose.

Il Campo Mezzosangue, così Kate aveva detto di chiamarsi, era l‘unico luogo sicuro per quelli come noi, sembrava un bel posto per ciò che avevo visto. Katerina mi stava facendo fare un giro ed eravamo arrivate in un grande spiazzo contornato da diverse ville, ognuna destinata ai figli di uno specifico dio, alcune delle quali ancora in costruzione.

-Allora, Vicky per il momento tu sei indeterminata, quindi per i prossimi giorni la tua casa sarà quella di Ermes.- Disse avvicinandosi ad una casa grigia, piuttosto malridotta.

-Stoll!- Urlò Katerina.

-Mi pareva di aver sentito la tua voce soave Towler.- Canticchiò un ragazzo, con un sorriso malandrino in volto, appena uscito dalla casa di Ermes. Mi fece ridere.

-Oh guarda!- Esclamò con un simpatico fare sorpreso. -Una nuova. Determinata o indeterminata?- Chiese.

-Indeterminata.- Risposi cauta. Il ragazzo mi guardò in modo strano.

-Lo so ne riparleremo dopo, va bene?- Fece Katerina.

-Comunque io sono Travis Stoll piacere, e questo...- Disse prendendo per la maglia un ragazzo che gli stava camminando vicino. -È mio fratello Connor.- Continuò.

-Siamo i responsabili della cabina di Ermes.- Ammiccò fiero il fratello, per poi notare Kate ed aprirsi in un luminoso sorriso.

-Non ti aspettavamo prima dell'inizio del mese.- Esclamò tutto eccitato dopo averla abbracciata. Mentre Katerina spiegava il motivo del suo anticipo notai il secondo ricciolino, Connor se non sbaglio, osservando il fratello, ammiccare verso Kate.

Diedi un piccolo colpo di tosse alla fine del breve racconto, che tra l'altro non sembrò destabilizzare i due fratelli. -Sono Victoria Clark comunque.- Mi presentai.

Kate si colpì la fronte. -Oh dei che maleducata, mi dispiace non averti presentata. E' che non ci vediamo da tanto e...-

-Kate, tranquilla.- Risposi sorridendo.

Connor non mi staccava gli occhi di dosso e cominciai a sentirmi in soggezione. Iniziai a vagare con lo sguardo da lui, al fratello, ai campi, ai… Un momento. Erano identici!

-Non siamo gemelli se te lo stai chiedendo.- Mi tolse le parole di bocca Travis.

-Si si, Connor è più piccolo, ora dobbiamo andare.- Tagliò corto Katerina.

-È sempre più bello parlare con te Katie!- Le urlò divertito Travis, al che Katerina si girò e gli fece una linguaccia, non trattenendo un sorriso.

-Ti ha sul serio chiamato Katie?! E tu non ti sei arrabbiata?! O dei del cielo! Non lasci neanche me che ti chiami così…- Le sorrisi bonaria. -Che cosa ha di tanto speciale quel Travis?

-E’ un mio amico, tutto qui. Ci conosciamo da molto tempo quindi lo lascio fare insieme a suo fratello. E poi qui c’è un’altra ragazza, una figlia di Demetra, che si chiama Katie, quindi credo che Travis faccia così per farla… innervosire.- Lo pronunciò con una certa avversione. -Non che io abbia dei rancori con lei, è simpatica e abbiamo un buon rapporto, però…- Lasciò la frase in sospeso, evitai di continuare il discorso.

-Ecco perché non parlavi mai di ragazzi a scuola.- Dissi una volta che fummo arrivati vicino all'arena. -Avevi altro per la testa.- E le feci un sorriso malizioso.

-Ma fammi il favore. Travis? Sul serio?! L'unica cosa che provo guardandolo è l'istinto omicida.- Ma vidi che arrossiva.

Ci allontanammo dall’arena lasciandoci dietro alcuni ragazzi che combattevano per salvarsi la pelle, mi immaginai nei loro panni, mentre urlavo con un semidio alle calcagna. Passammo accanto all’anfiteatro, al laghetto delle canoe, alle stalle, e fatto un saluto alle naiadi del lago. In tutto questo Katerina mi presentò si e no una ventina di persone di cui già non ricordavo il nome.

-Okey abbiamo finito il giro.- Disse appena arrivati al poligono di tiro, quando una freccia vagante sfiorò il mio orecchio.

-Santi Numi! Scusami.- Urlò un ragazzo venendomi incontro. Rimasi incantata dai suoi splendidi occhi verdi e ringrazio il cielo di essere nata con le lentiggini poiché mascherarono il rossore sulle guance dovuto al tocco del ragazzo per vedere se mi avesse ferita.

-Non fa niente.- Risposi imbarazzata, allontanandolo gentilmente. Sapeva di brezza marina, adoravo da sempre quell’odore.

-Sei nuova vedo, sei stata riconosciuta?- Mi chiese.

-Non ancora, ne riparleremo con Chirone.- Rispose Katerina allo sguardo sorpreso del ragazzo.

-Comunque, io sono Victoria Clark.- Mi presentai allungando una mano, che lui strinse mandando il mio cervello in brodo di giuggiole.

-Percy Jackson piacere.- Mi sorrise.

-Noi stiamo andando alla Casa Grande, sarebbe meglio se venissi anche tu, e porta anche Annabeth. Sicuramente non le piacerà non essere messa al corrente.- Disse Katerina, al che Percy andò alla ricerca della ragazza.

-Un altro pò e ti venivano gli occhi a cuoricino.- Prorruppe sghignazzando Katerina. Le diedi una piccola spinta, ma non potei fare a meno di arrossire. -Tranquilla, dubito che vi abbia fatto caso, non è la persona più sveglia del mondo, figurati che ci ha messo tre anni per capire che la sua migliore amica era cotta di lui. E si, mi dispiace per te, ma è impegnato con la suddetta ragazza.- Annuì pensierosa e cambiai argomento.

-Mi spieghi questa faccenda del riconoscimento? Perché sono tutti sorpresi che il mio genitore divino non mi abbia ancora riconosciuta?- Chiesi incuriosita.

-Siamo qui per parlarne.- Disse Katerina. Solo quando rividi i miei genitori, mi chiesi come potessero aver superato la barriera.

Eravamo in una stanza abbastanza grande da contenere sei persone, tra cui Katerina, i miei genitori, Percy, un’altra ragazza, me e un centauro. Non mi chiesi nemmeno perché quest'ultimo indossasse una maglietta con su scritto “Il Centauro Migliore del Mondo”, da quando ero arrivata al Campo Mezzosangue avevo visto cose anche più strane. Probabilmente avevano appena finito di presentarsi.

La ragazza dagli indomabili riccioli biondi mi si avvicinò. –Mi pare che noi non ci siamo ancora presentate, io sono Annabeth Chase, figlia di Atena.- disse.

-Victoria Clark, piacere. Figlia di… bè, ignoto.- Risposi sorridendo.

-Victoria, io sono Chirone. Maestro di gran parte dei semidei che sono presenti qui al campo e anche dei più grandi eroi del passato.- Disse il centauro. A ripensarci meglio il nome ‘Chirone’ mi ricordava qualcosa. Era stato l’insegnante di Achille, Ercole, Teseo, Aiace e molti altri. Le lezioni di storia da questo punto di vista risultavano utili. Improvvisamente mi sentì insignificante di fronte a lui.

-E’ un grande piacere conoscerti. I tuoi genitori quando venivano qui, superata una certa età, parlavano di quanto gli sarebbe piaciuto avere una figlia.- Continuò con voce piu dolce. Un momento, se i miei erano venuti qui, vuol dire che…

-Siamo semidei.- Ci informò mia madre.

-Scusate se mi intrometto ma, se voi siete semidei, Victoria come può essere qui?- Domandò ingenuamente Percy.

-Sono stata adottata.- Risposi semplicemente io. Notai il ragazzo fare avanti e indietro con lo sguardo dai miei genitori a me. In effetti qualche domandina ce la si porgeva guardando i capelli quasi neri di entrambi i miei genitori e i miei castani, gli occhi verdi dell’una, marroni dell’altro e i miei azzurri.

-Se non sono indiscreta, potrei chiedervi chi sono i vostri genitori divini?- Chiese improvvisamente un’incuriosita Katerina.

-Kate, ma mi prendi in giro? Ti conosciamo da quando eri piccola.- Disse mia madre.

-Comunque io sono figlio di Morfeo.- Rispose mio padre.

-E io sono figlia di Poseidone.- Continuò mia madre, facendo sgranare gli occhi di Annabeth e Percy.

-Giusto, avrei dovuto dirlo prima,- Borbottò Chirone. -Emily, Percy Jackson è tuo fratello.- Disse. Questo voleva dire che era mio zio? Improvvisamente mi ritrovai a cercare le loro somiglianze. Lo stesso naso dritto, le stesse spalle larghe da nuotatore, gli stessi occhi verdi e lo stesso odore di sale e brezza marina.

-E’ una bella notizia, fratellino.- Disse ammiccando mia madre. -Quindi sei stato tu a compiere la Grande Profezia?- Chiese. -Io ci sono andata vicino ma, a quanto pare, non si riferiva a me. Non so se ritenermi fortunata o meno.- Continuò.

-Bè si, anche io non so se ritenermi onorato o meno di questo, sono morte molte persone.- Disse Percy abbasando lo sguardo. Si sentiva il terribile bisogno di cambiare argomento.

-In ogni caso, ci siamo riuniti per parlare del riconoscimento di Victoria.- Prese parola Chirone.

-L’anno scorso, con la fine della guerra contro i Titani, per il lavoro svolto fu proposto a Percy di diventare un dio.- Cominciò a raccontare Annabeth. Portai subito lo sguardo su Percy che sorrise imbarazzato. Era così tenero! Victoria, riprenditi. Dove eravamo rimasti? Ah, si. Alla proposta di diventare dio.

-Ma lui declinò l’offerta, preferendo come ricompensa la promessa degli dei di riconoscere i propri figli entro il loro tredicesimo compleanno.- Continuò Annabeth.

-Gli dei hanno giurato sullo Stige, ci deve essere qualcosa che non quadra. Se non avessero mantenuto la parola probabilmente lo avremmo saputo.- Disse Percy.

-Io in ogni caso aspetterei fino al falò di questa sera. Se non si otterrà niente…vedremo.- Pensò ad alta voce il centauro. -Potrei sapere di preciso come siete venuti in contatto con Victoria? Non capita spesso di incontrare semidei prima di qualche mostro.- Continuò Chirone.

-Mi hanno presa da un orfanotrofio, mio fratello voleva compagnia così mi hanno adottato.- Risposi semplicemente. Ma vidi mio padre fare una strana smorfia.

-Oh Vicky, tesoro, mi dispiace moltissimo, ma le cose non sono andate così.- Disse Emily.

-Cosa?!- Esclamai scandalizzata.

-Il tuo è stato più un ritrovamento.- Continuò Michael.

-Nel senso che mi avete trovato per strada?!- Domandai ironica. Non ci potevo credere, i miei genitori mi avevano mentito, e non su una cosa qualsiasi.

-Qualcosa del genere…- Blaterò mia madre, sgranai gli occhi. Mi avevano trovata? Quale razza di genitore abbandonerebbe un figlio per strada?! Che il genitore divino sia esonerato, ma padre o madre mortale che fosse, non aveva il diritto di abbandonarmi così. Mi vennero in mente moltissime immagini su un mio ipotetico futuro se Michael ed Emily non mi avessero trovato ed accudito.

-Quando Simon aveva più o meno cinque anni, tuo padre ed io abbiamo deciso di prenderci una vacanza.- Cominciò a raccontare mia madre.

-Abbiamo deciso di andare in crociera, lasciando Simon a mia sorella mortale.- Prese parola Michael.

-Eravamo al largo dell’atlantico quando, in memoria dei vecchi tempi, ci siamo lanciati una sfida. In particolare io dovevo toccare il fondale marino e portare qualcosa che testimoniasse che ci fossi arrivata… e tornai in superfice con te.- Disse Emily. Io faticavo a comprendere ciò appena detto da mia madre.

-In che senso?- Domandai stupidamente.

Vidi i miei genitori stringersi la mano e mia madre riprese a parlare. -Con una certa facilità arrivai sul fondale. Stavo per prendere una manciata di sabbia con qualche conchiglia quando notai un crepaccio. Sono una persona molto orgogliosa e non persi l’opportunità di andare un altro centinaio di metri più in profondità. La pressione non mi schiacciava, potevo respirare sott’acqua e nonostante il buio sapevo perfettamente dove mi trovassi e cosa avessi intorno, probabilmente Percy può capire.- Notai il ragazzo annuire. -Continuai a scendere, sembrava che quel fosso non avesse fine. I minuti passavano velocemente mentre io continuavo a scendere. Una volta che toccai il fondo sarò stata a 17 km di profondità e a quanto so, non esiste profondità marina che superava i 12 km.- Prese un respiro profondo, poi continuò. -Comunque tra le varie rocce, sentì la tua presenza Victoria. Quando ti trovai avevi più o meno quattro anni e stavi dormendo nelle profondità di quel crepaccio. Sembrava che stessi facendo il più bello dei sogni.- Le scappò un singhiozzo. -Respiravi tranquillamente, come se ti trovassi nel tuo letto. Quando tornai in superfice raccontai tutto a Michael e decidemmo di tenerti. Ma non accennavi a svegliarti. Così mio marito invocò suo padre che ci disse che eri sotto un incantesimo. Fortunatamente si era indebolito con il tuo allontanamento dall’acqua e con il passare del tempo…

-In che senso con il passare del tempo?- Chiesi, ma Emily si limitò ad annuire.

-Nonostante ciò fu molto complicato per Morfeo svegliarti, ma alla fine ci riuscì. Cominciasti a parlare in una lingua arcaica simile al greco ma indubbiamente più antica, inoltre indossavi il chitone. Così pregammo Morfeo che ti facesse sognare qualcosa che ti portasse ai giorni nostri. E così fu. Dopo il tuo secondo risveglio parlavi quasi perfettamente l’inglese, insomma come una bambina di quattro anni, e ti ricordavi che ti avessimo preso da un orfanotrofio.- Seguì un attimo di silenzio.

-Ma nostro padre non sapeva che Victoria fosse nel suo regno?- Domandò Percy.

-No, non lo speva. Fu lui a confermarmi che Vicky era una semidea e che non era sua figlia. Siamo riusciti a mascherare il suo odore, ma sta crescendo.- Spiegò mia madre.

Katerina si intromise. -Per non parlare che il Lestrigone che l’ha riconosciuta questa mattina ha detto che Victoria mi mascherava. Il suo odore era talmente potente da nascondere il mio e, insomma, Apollo non è un dio minore.

-Questo spiegherebbe perché non è stata riconosciuta, probabilmente suo padre o madre divina governava prima della ribalta di Zeus e dei suo fratelli.- Annabeth pensò ad alta voce.

-Anzi, probabilmente governava gli oceani prima della ribalta, questo spiegherebbe perché Poseidone non sapeva della sua presenza e…. Victoria stai bene?- Mi chiese Katerina. In un attimo avevo tutti gli occhi puntati addosso. Mi sentivo male, probabilmente ero impallidita e sentivo un urgente bisogno di sedermi.

–Mi… mi state dicendo che ho… che ho più di tremila anni?- Chiesi con la voce morente. Ne seguì un silenzio che poteva significare una cosa sola: si.

-Ho bisogno d’aria.- Esclamai uscendo dalla stanza. Mi diressi nell’unico posto che sapevo mi avrebbe calmato: la spiaggia.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


La prima volta che fradicio un cleptomane.

Uscì dalla Casa Grande con il fiatone, come se avessi appena finito una maratona. Sentivo una strana sensazione nel petto, come se qualcuno mi stesse annodando il cuore. Udì Katerina che mi chiamava con in sottofondo lo scalpiccio delle sue scarpe sulle scale. Mi allontanai di corsa verso la costa, avevo bisogno di riordinare i miei pensieri da sola. Senza accorgermene mi scontrai contro i fratelli Stoll.

-Victoria cercavamo proprio te. Avete risolto il pro...- Non sentì altro, mi limitai ad andare avanti senza neanche fermarmi per scusarmi.

-Victoria!- Mi richiamò preoccupato quello che inseguito capì essere Connor.

La spiaggia era terribilmente affollata, quindi decisi di allontanarmi dal campo camminando sulla sabbia. Inspirando l'odore del mare mi rilassai subito e senza quasi accorgermene mi ritrovai al limitare della foresta. Dove la sabbia si fondeva alla terra che si innalzava e si prolungava per poi ergersi sopra le onde che vi andavano a sbattere contro.

Mi tolsi le scarpe e mi sdraiai per terra, con la piacevole sensazione dell'acqua sui miei piedi, strano solo ora ci facevo caso. Con il mio genitore divino che aveva governato gli Oceani si spiegavano molte cose. La sensazione di sentirmi a casa che mi dava stare vicino al mare, o sentirne solo la presenza. Il bellissimo tepore che mi dava la spiaggia. Il fatto di essere un'ottima nuotatrice. L'avere gli occhi del colore dell'acqua, come mamma aveva gli occhi di suo padre o Annabeth di sua madre. Il fatto di non riuscire a distinguere i miei capelli dalla sabbia su cui ero sdraiata, come Katerina e Percy che avevano lo stesso colore di capelli di loro padre.

Cosa mi aspettavo? Dopotutto era un mio parente. Giusto! Non sapevo ancora se padre o madre. Troppe notizie tutte in una volta. Com'era possibile? Io ero lì, con i miei sedici anni e con il mio corpo che ne mostrava altrettanti. Sentì una lacrima scendere sulla mia guancia. La scansai con rabbia. Non potevo piangere, e sicuramente non per questa situazione. Ma il trattenere le lacrime faceva bruciare la gola e mancare il fiato.

C'era di peggio che scoprire di avere tremila anni. Come non riuscire a capire perché non fossi morta. Come sapere che hai passato tutto questo tempo dormendo nelle profondità dell'Oceano Atlantico, senza nessuno che possa spiegarne il motivo. Come avere la strana voglia di tuffarsi in mare e raggiungere il luogo dove hai dormito per tre millenni e mettere fine alla tua improvvisamente assurda vita. Sapere che mia madre o mio padre era rinchiuso chissà dove e, nonostante tutto, avere la terribile voglia di conoscerla o conoscerlo.

Quella situazione cominciava a darmi fastidio. A farmi arrabbiare. A farmi sentire inutile. A farmi sentire triste. Gettata. Abbandonata. E improvvisamente sentì un amore terribile nel confronto dei miei genitori adottivi, che nonostante tutto mi avevano cresciuta come figlia loro. Mi alzai di scatto cominciando a spolverarmi con foga come se avessi del fuoco addosso, come se volessi togliermi tutto ciò che avevo appreso, facendo diventare la mia pelle abbronzata rossa per quelli che si potevano definire schiaffi. Quasi come se fosse naturale cominciai a singhiozzare. Se vista da lontano si poteva pensare solo a due cose: a quanto quella scenetta fosse esilarante, o a provare pena per la povera ragazza che si dimenava in lotta con se stessa.

Sobbalzai quando sentì due mani stringersi sui miei polsi nello strenuo tentativo di fermarmi.

-Victoria ferma, non vedi che ti fai male?- Mi disse una voce molto preoccupata dietro di me. Non so cosa mi spinse a farlo ma mi girai e abbracciai il mio soccorritore, riprendendo a piangere bagnando la maglietta della persona che avevo di fronte. Mi calmai solo molto dopo, ascoltando il rumore dell'oceano. Quando alzai lo sguardo non mi sorpresi nell'incontrare due profondi occhi blu che sorridevano malandrini.

-Ti va di parlarne?- Mi chiese Connor. Annuì e lui si sedette invitandomi a fare altrettanto. Gli raccontai tutto, cosa ci guadagnavo a tralasciare qualcosa? Niente, esatto. Appena finito lui mi guardò pensieroso.

-Non devi essere triste ne tantomeno arrabbiata per questo Vicky. Ma hai tutto il diritto di sentirti confusa.- Disse. Wow, che perla di saggezza ragazzi. Poi Connor sorrise e ciò mi fece alzare gli angoli della bocca involontariamente.

-Qui non sei tu ad avere tremila anni.- Lo rimbrottai.

-Non per scombussolarti di più, ma tecnicamente sono quattro... di millenni.

-Grazie mille...- Risposi sarcastica.

-Ehi! Prova a vedere i lati positivi. Hai quattromila e sedici anni e sei ancora una bella ragazza che non dimentica quello che ha appena pensato! A dirti la verità sei messa molto bene per la tua età, vecchietta.- Ridendo gli diedi una divertita spinta con la spalla.

-O dei del cielo!- Esclamò buttandosi a terra. -Hai anche una certa forza, mi hai scaraventato per terra.- Urlò sbigottito massaggiandosi nel punto in cui lo avevo colpito. Scossi la testa divertita.

-Comunque per quanto riguarda tuo padre o tua madre,- Riprese a parlare. -è stato così per tutti.- Disse. Gli lanciai uno sguardo. -Va bene non proprio esattamente nella tessa maniera...- Esclamò portandosi le mani avanti come a scusarsi. -Però molti di noi hanno conosciuto il loro genitore divino dopo molto tempo che sapevamo essere semidei. Almeno tu sai che sei figlia di un antico dio del mare.- Continuò cercando di tirarmi su il morale, come se non sapesse che già c'era riuscito.

-Si crede.- Lo corressi io. -Si crede che sia figlia di un antico dio del mare.- Stranamente mi sentì come se stessi parlando con un vecchio amico.

-Bè, l'acqua è a un paio di metri da noi. Dimostra le ipotesi.- Mi spronò.

-E cosa dovrei fare?- Domandai stupidamente. Infondo questa cosa cominciava ad interessarmi, chissà quante cose potevo fare.

-Non lo so. Percy riesce a respirare sott'acqua, se si immerge non si bagna, riesce a governare le correnti, può...

-Va bene, va beno ho capito!- Esclamai sorridendo, tappandogli la bocca con una mano. -Ma giusto perché tu lo sappia, Percy ed io non siamo fratelli.- Dissi alzandomi. Misi i piedi in acqua e...niente, non sapevo davvero che fare.

Sentì Connor ridere del mio comportamento impacciato. Quanto mi sarebbe piaciuto che le situazioni si capovolgessero. Improvvisamente si creò un'onda stranamente grande per il mare calmo e si infranse sulla testa del povero ragazzo che si ritrovò bagnato fradicio. A quel punto fui io a ridere e lui a non sapere che cosa fare. Poi si sentì un suono nell'aria.

-Ora di cena.- Affermò Connor, alzandosi come nulla fosse. Non mi ero accorta che il tempo fosse andato via così velocemente, non avevo neanche pranzato!

-Victoria Clark,- Continuò. -Dopo questo tempo passato con te, posso constatare che hai la stoffa per diventare mia amica.- Affermò avviandosi verso il campo, ignorando il fatto di essere zuppo dalla testa ai piedi.

-Hai testato la nostra amicizia?- Chiesi e lo vidi annuire.

-Lo fai con tutti?

-A loro insaputa...- Alzò le spalle.

-Molto onesto da parte tua.- Continuai sorridendo. Non sapevo come, ma la sua compagnia mi faceva sorridere.

-Sono figlio di Ermes o no?- Mi rispose con fare ovvio.

-A proposito di onestà... tu il tuo test dell'amicizia non lo hai superato.- Ghignai quando lo vidi sgranare gli occhi.

-Hai una mente sadica Clark.- Rise Connor.

-Malvagia Stoll, io sono malvagia.- Dissi sfregandomi le mani.

-Mi dovrei preoccupare?

-Si!- Risposi. -Quindi siamo passati ai cognomi.- Constatai.

-Ne dovrai fare di strada prima che ti chiami per nome.- Mi rispose. Ormai ci eravamo avvicinati, si sentivano le risate e il chiecchiericcio degli altri semidei. Nel frattempo i riccioli di Connor avevano già ripreso forma.

-Ma se prima mi hai chiamato per nome!- Esclamai.

-Prima era una situazione diversa.- Disse mettendosi le mani nelle tasche bagnate, riprendendo a parlare come una presa in giro delle voci fuori campo. -Io ero l'audace cavaliere che consolava la triste contadinella.-

-Quindi sarei una contadinella?!

-Mi dispiace, ma non hai il carattere da principessa.- Sbuffai. -Non che sia una cattiva cosa!- Si apprestò ad aggiungere.

-Certo cavaliere dei miei stivali.- Dissi allungando una mano a scompigliargli i capelli scherzosamente.

-Vicky!- Urlò Katerina correndomi incontro e abbracciandomi.

-Sei sparita per quasi quattro ore, non avevamo idea di dove ti trovassi. Mi hai fatto preoccupare tantissimo! Stai bene? Connor perché sei bagnato fradicio?- Disse Kate tutto d'un fiato.

-Tranquilla sto bene, riguardo a Stoll... ha fatto una risata fuori luogo.- Risposi guardandolo, lui si limitò ad una scrollata di spalle.

-Che ci posso fare?- Si giustificò. Katerina mi puntò i suoi occhi marrone scuro addosso, una chiara dichiarazione che dopo avrebbe fatto di tutto per sapere cosa fosse successo.

-Non importa, ora andiamo a mensa. I tuoi genitori rimarranno per la notte sono al tavolo con Chirone e il Signor D. A proposito, ciascun figlio dello stesso dio deve mangiare con i suoi fratelli e sorelle, quindi tu sarai costretta a stare alla tavolata di Ermes.- Disse Katerina mentre entravamo nella sala a tetto scoperto.

-Katie la smetti di sminuirci, noi siamo molto più divertenti di voi semidei canterini.- Gridò Travis alzatosi dal tavolo per difendere la sua famiglia, ma nonostante tutto sorrise.

-Canterini?! Almeno noi siamo utili, e sai una cosa tu...- Riprese parola Katerina, improvvisamente furibonda.

-Ehi voi due, calmi!- Mi intromisi. Certo che la mia amica aveva uno strano comportamento, non l'avevo mai vista così. Chirone fece un colpo di tosse, un chiaro avvertimento che ci suggeriva di sederci. Mi avvicinai agli Stoll e mi unì ai loro fratelli e sorelle, e anche a qualche altro piccolo semidio non ancora riconosciuto, per la cena tra scherzi e risate. Come primo giorno, in fin dei conti, non era stato tanto male.

ANGOLO AUTRICE
Forse è un pò patetico il fatto che Victoria sia una figlia di un'antica divinità marina, ma non ci posso fare niente io amo l'acqua e volevo creare una storia dove non ci fosse solo Poseidone. A parte il fatto che probabilmente io sono sua figlia, ma non perchè lo è Percy, più che altro perchè l'ho sempre trovata misteriosa, con tante cose da imparare e altrettante da scoprire, la vita dei fondali è terribilmente interessante, senza contare il fatto che senza di essa non si potrebbe vivere. Mi sto facendo venire sete, va bene sto divagando. Così un giorno mi ritrovo a leggere la storia di varie divinità marine e... guarda chi trovo? Il genitore divino di Victoria. Tanti saluti, Catebaggins.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Riesco ad inquietare il re degli spettri.


-Shhh, fate silenzio.- Sussurrò una voce divertita.

-Connor ti devi avvicinare.- Mormorò qualcun altro. Si alzarono le risate.

-Sul serio, così la svegliate.- Un altro brusio.

- La Clark imparerà che se qualcuno mi bagna dalla testa ai piedi ci sono sicuramente conseguenze.- Sentì un ghigno. Un momento... cosa aveva detto? Troppo tardi. Udì uno scrosciare di acqua. Che l'Olimpo mi aiuti, non volevo bagnarmi. E... niente. Ero ancora asciutta nel mio caldo sacco a pelo. Seguirono un insieme di sussurri sorpresi. Poi qualcuno più vicino a me sbuffò.

-Avrei dovuto pensarci.- Senza farmi notare aprì un occhio e mi venne un'idea malvagia. Richiusi le palpebre e mi concentrai sull'acqua versata per terra, sentì una stretta allo stomaco seguita da qualche gridolino e imprecazione. Non potei fare a meno di sorridere.

-La nostra Clark era sveglia!- Esclamò Travis raccogliendomi da terra e issandomi sulla sua spalla come un sacco di patate.

-Stoll! Mettimi subito giù!- Urlai picchiando sulla schiena del ragazzo improvvisamente molto sveglia. Solo allora notai quello che avevo fatto: gran parte delle persone che avevo accanto avevano la faccia bagnata, qualcuno più sfortunato anche gran parte della maglietta, qualcuno tra cui...

-Connor, ora che abbiamo scoperto la sua impermeabilità come la puniamo?- Si riferì al fratello, ignorandomi totalmente mentre io continuavo a dimenarmi, inutilmente aggiungerei. Poi la faccia di Connor sbucò alla mia sinistra guardandomi divertito.

-Che ne dici di fare un giretto per il campo mentre è conciata così?- Propose non staccando i suoi occhi blu dai miei, che ora guardavo cercando di mascherare una smorfia di sfida. Detto questo Travis si avviò verso la porta.

Passammo a bussare ad ogni cabina ed io mi limitai a nascondere la faccia nel sacco a pelo che d'altronde avevo ancora a dosso. Facemmo tutto il giro con il numero di semidei al nostro seguito che aumentava pian piano, per ammirare le facce che avrebbero fatto i loro amici che non mi avevano ancora visto. Passando per le Cabine Sette e Sei si aggiunsero anche Annabeth e Katerina. La prima che cercava di convincere i fratelli Stoll a lasciarmi andare, la seconda che rideva a crepapelle indicandomi, ricevendo alcuni sorrisetti da Travis, probabilmente felice di averla fatta ridere.

Ma dopotutto cominciavo a divertirmi anche io, sostenendo che fosse tutto normale e chiedendo alle persone a cui davo il buon giorno il perché avessero quegli sguardi sorprese. L'imbarazzo venne alla fine, quando giungemmo all'ultima casa abitata: la Tre.

-Buon giorno Percy.- Esclamò Travis allegramente appena il ragazzo, assonnato, aprì la porta. Mi studiò per qualche secondo con lo sguardo ancora dormiente poi finalmente sgranò gli occhi capendo la situazione.

-Perché quella faccia Percy? Non possiamo venire a dare il buongiorno alla nostra stravagante famiglia?- Chiesi divertita, cercando di ignorare le mie guance che probabilmente mandavano fiamme.

Percy fece un sorriso sbilenco. -Scherzo dell'ultimo arrivato?- Domandò guardando i fratelli Stoll.

-A dire la verità: no.- Proclamò Connor.

-Gliel'ho fatta in beffa due volte da ieri, e non vogliono... anzi, non vuole accettare la sconfitta.- Risposi io con un ghigno di superiorità, guardando Connor sbuffare. Al suono del corno Travis mi mise giù e gran parte dei semidei che avevamo intorno si diressero verso la mensa. Solo in quel momento notavo che ero ancora in pigiama e, per la stagione molto calda, ero piuttosto scoperta. Arrossì violentemente sotto lo sguardo dei tre ragazzi, al quale gli Stoll risero indicando le mie guance mentre Percy distolse lo sguardo e sorrise imbarazzato grattandosi dietro la nuca.

-Va bene, lo scherzo è finito Stoll. Fareste meglio a prepararvi per la colazione.- Disse Annabeth prendendomi per le spalle e allontanandomi dala situazione. Cominciavo ad adorare quella ragazza, sapeva sempre che cosa fare. Katerina ci raggiunse ai bagni, supposi fosse rimasta a parlare con Percy, Travis e Connor.

Quando fui pronta con indosso la maglietta del campo, dei pantaloncini e le mie vecchie converse, Annabeth si rivolse a me. -Vicky, noi non abbiamo parlato molto e ancora non ci conosciamo bene. Ma voglio che tu sappia che sono felice che tu sia qui al campo. Mi dispiace per ciò che stai passando per via del tuo genitore divino, ma puoi contare sul mio aiuto per riuscire a scoprire chi sia.- Sorrise.

Intuì che probabilmente quella era la solita storia che rifilava ai nuovi semidei per rassicurarli ma non mancai di rispondere cortesemente. -Sono sicura che il tuo supporto sarà molto utile Annabeth, anche io sono molto felice di averti conosciuta. Credo che diventeremo ottime amiche.- Feci un sorriso smagliante. -E, bè, grazie per avermi tirato fuori da quella situazione mooolto imbarazzante.- Aggiunsi, più grata per questo che per il supporto che aveva appena promesso di darmi. 

Lei scacciò il tutto con un movimento della mano guardandomi divertita. -Non ti preoccupare, posso capire che a volte Travis e Connor fanno scherzi non molto...ehm.. adeguati?


Risi. -Comincerò a stare più attenta.- Notai Katerina mordersi il labbro, la guardai interrogativa ma non ricevetti risposta.

-Che ne dite di raggiungere gli altri in mensa?- Propose Kate. In quel momento si sentì il mio stomaco brontolare, alle altre scappò una risata mentre io sorridevo imbarazzata. Ci dirigemmo alla mensa e ognuno prese il proprio posto. Passai la mezz'ora seguente cercando di ignorare molte occhiate abbastanza ambigue da parte degli altri semidei riferite al mio "buon giorno" di qualche minuto prima.

-Siete detestabili.- Dissi a Travis e Connor mentre uscivamo dal padiglione, cercando di evitare quegli sguardi alcuni divertiti, altri persino maliziosi.

-Clark, se fradici metà della casata di Ermes non puoi credere di passarla liscia.- Si giustificò Travis. Stavo per rispondere quando Katerina si infilò tra i due fratelli poggiando le braccia sulle loro spalle e prese parola. Questo suo comportamento mi sorprese, di solito non era una ragazza molto espansiva e così svogliata, soprattutto con i ragazzi. Ma a quanto pare non era un comportamento nuovo da parte sua. Anzi, i due Stoll non fecero una piega, come fosse un fatto quotidiano. A questo punto compresi che Katerina mi aveva nascosto una parte di se e le lanciai uno sguardo per farle intendere che più tardi avrei preteso spiegazioni.

-Allora, i complimenti ve li ho fatti prima. Ma volevo ripeterli in presenza di Vicky: siete stati geniali!- Esclamò ricevendo un bacio sulla guancia contemporaneamente dagli Stoll.

-Vedi Clark, siamo molto rispettati e ben voluti.- Si vantò Connor.

-Non ti montare la testa Connor, lo dico solo perché sono vostra amica e voglio far rodere il fegato a Vicky. Però, davvero, bella pensata.- Ripetè Katerina togliendo le braccia dalle spalle dei due fratelli e sorridendo.

-Solo amici? E io che volevo farti una dolce dichiarazione d'amore.- Si lamentò Travis.

-Idiota.- Sbuffò la mia amica incrociando le braccia, cercando di nascondere il rossore sulle guance spostandosi i corti capelli biondi sul viso, mentre il ragazzo trasformò la sua smorfia triste in un ghigno divertito. Purtroppo il suo sguardo fu catturato da qualcuno che passava accanto a noi. Sfortunatamente non notai chi, al contrario di Katerina che si irrigidì immediatamente, poi forse fu solo la mia immaginazione, ma vidi Connor lanciare uno sguardo strano a suo fratello. Katerina si ricompose subito, facendomi dubitare persino di quel suo repentino cambio d'umore. Quei tre mi stavano nascondendo qualcosa.

-Vi devo rubare per un attimo Victoria. Che ne dite di andare ad allenarvi, magari evitando di far infuriare gli altri sgraffignando altra roba?- Domandò sarcasticamente fermandosi e prendendomi per un braccio. Dopo aver sventolato la mano in segno di saluto con un sorriso in volto si allontanò.

Katerina mi obbligò a seguirla verso la foresta dove, dopo esserci inoltrate per un po', salì su un albero e mi suggerì di fare altrettanto. Kate era sempre stata così, aveva quelle abitudini strane che però accostate a lei potevano risultare interessanti. Come quella, sin da piccola ogni volta che ce n'era l'opportunità saliva su un albero, trovava curioso poter osservare tutto da un altro punto di vista. -Sono venuta qui innanzi tutto per una spiegazione. Ieri te ne sei andata dalla Casa Grande sconvolta e scompari per ore. Poi torni allegra e sorridente con Connor alle calcagna, tra l'altro fradicio, e non mi hai ancora spiegato il perché. E poi... per darti io delle spiegazioni.- Iniziò.

-Sai, da quando ho scoperto di essere una semidea, molte domande hanno avuto una risposta. Con la mia situazione familiare, bè la conosci...- Si, la conoscevo. La madre di Katerina era una cantante lirica di bell'aspetto, che tra l'altro non potevo negare avesse trasmesso a sua figlia, sempre che non ci fosse lo zampino di Apollo. Dopo la sua nascita aveva perso ogni interesse per il suo lavoro e per la figlia, aveva sposato diversi uomini di carriera importante, che puntualmente la tradivano. E negli ultimi anni era Katerina a prendersi cura di lei, poiché era caduta in depressione dopo l'ultimo matrimonio fallito. Aveva un problema con l'alcool e si rifiutava di uscire di casa. Riuscivano ad andare avanti solo grazie agli alimenti dei due ex mariti di sua madre, che le mantenevano.

-...qui ho trovato una casa, con diversi fratelli e sorelle con cui parlare, come una vera famiglia. Travis e Connor sono i miei migliori amici da quando avevo nove anni. Il rapporto tra Ermes e Apollo non è ben definito. Naviga dall'odio alla gratitudine, per il fatto che il primo rubò il bestiame a mio padre che decise di abbandonare i suoi rancori in cambio della lira creata da Ermes. Quasi tutti i miei fratelli detestano gli Stoll e la restante casa di Ermes per i loro piccoli furti e i vari scherzi. Ma per me non è lo stesso, li trovo simpaticissimi. Diciamo che il nostro rapporto è abbastanza strano, non saprei descriverlo. Io figlia del dio delle arti e della musica, loro figli del dio dei ladri e dei burloni. Anche perché negli ultimi anni Travis ha cominciato a chiamarmi 'Katie' e naturalmente Connor fa lo stesso per non creare sospetti, come se non avessi capito e mi considerino una totale deficiente. Si comporta in maniera diversa, per non dire strana e questo mi manda ai nervi. Poi continua a guadare con occhi imbambolati la Gardner... la figlia di Demetra di cui ti parlavo ieri.- Rispose al mio sguardo interrogativo. -Io gli voglio davvero molto bene, come se fossero miei fratelli. Inoltre ci conosciamo molto bene, da quasi otto anni...

Ascoltai in silenzio, notando i cambiamenti di Katerina durante il suo racconto. Inizialmente malinconico al ricordo degli anni passati. Poi stranito, forse al pensiero che i suoi fratelli non sopportassero gli Stoll. In seguito avrei giurato sul fatto che fosse gelosa dei comportamenti di Travis riguardo ad una ragazza che, ovviamente, non era lei. Questo avrebbe spiegato molte cose, come il suo atteggiamento del giorno prima a cena. Non riuscì a trattenere un risolino al fatto che Katerina, la ragazza intelligente e divertente, la ragazza strana e piena di risorse, la ragazza che negli anni fosse stata immune al fascino di molti ragazzi a scuola e che avrei visto molto bene affiancata nella vita da un uomo di successo, si fosse presa una cotta per un tipico burlone. Ma dal suo sguardo, capì che lei ancora non fosse arrivata alla mia stessa conclusione.

Rimanemmo in silenzio, poi Katerina, che si era sdraiata su un ramo e guardava attenta una sottile striscia di cielo, riprese a parlare. -Ora mia cara, sei tu quella che deve parlare.- Mi disse puntandomi l'indice contro. Così le raccontai delle varie fasi seguite alla rivelazione: sorpresa, curiosità, rabbia, tristezza e sclero totale. Poi le spiegai il salvataggio di Connor e di come mi sentì di conoscerlo da anni, al che capì perché Katerina fosse così affezionata a lui e suo fratello, ma in particolare le raccontai del fatto che era accertato che fossi figlia di un antico dio del mare.

-E quando avevi intenzione di dirmelo?!- Esclamò Katerina.

-Scusami, è che mi è sfuggito di mente e..- Katerina alzò gli occhi al cielo.

-Va bene, ho capito.- Sorrise. -Dopo chiederò a Percy di farti una lezione su come si può manovrare l'acqua e annessi.- Disse. Ero elettrizzata da quell'idea, ma nello stesso tempo non mi sentivo di farlo.

-Sei sicura accetterà? Ci conosciamo a malapena e forse è abituato ad essere l'unico con quelle capacità.- Katerina sorrise.

-Stai tranquilla, sarà sicuramente molto felice. E poi, se ti può aiutare a convincerti, probabilmente lo vedrai senza maglietta.- Quel commento mi lasciò senza parole, al che la mia amica rise di cuore. Era sempre stato così, ogni situazione che mi metteva in imbarazzo la faceva sbellicare dalle risate. Poi si fermò di colpo.

-Cosa è successo?- Chiesi preoccupata, di solito continuava così per svariati minuti. Ma si limitò a tapparmi la bocca mettendosi un indice sopra la sua ad intimarmi silenzio. Poi si girò di scatto, oscurandomi la vista con i suoi corti capelli biondi. Trasformò il suo anello in un arco e solo ora lo notavo, ma non si era mai tolta la faretra dalla schiena.

I miei pensieri furono interrotti da un "crack" proveniente da un luogo non molto lontano da noi, qualcuno si stava avvicinando. Guardai Katerina che si era arrampicata quasi fin sopra la cima dell'albero per avere visuale migliore e per evitare di essere vista. Con un'agilità che credevo non possedesse, si inginocchiò contro il tronco, con entrambe le mani a tenere l'arco teso, pronto all'utilizzo, lo sguardo che vagava per il sottobosco.

Poi una figura scura apparve da dietro un cespuglio e continuò ad avvicinarsi, totalmente ignaro della nostra presenza. Mi sporsi un po' di più per riuscire a vedere chi fosse, o cosa fosse. Ma, per mia sfortuna, non ero agile come la mia amica e caddi dall'albero precipitando accanto ai piedi di quell'oscura presenza, esattamente quando Katerina scoccò la freccia.

La 'presenza' si allontanò di scatto da me con un suono di sorpresa evitando la freccia della mia amica, che in caso contrario lo avrebbe colpito in pieno.

-..Umpff..- Fu l'unico suono che uscì dalla mia bocca in risposta alle grida di Kate. Grazie agli dei ero caduta solo da un paio di metri da terra e non mi ero fatta molto male.

-Victoria!!- Urlò Katerina cominciando a scendere dall'albero. Nel frattempo un ragazzo aveva aiutato ad alzarmi.

-Grazie...

-Di niente, piuttosto come hai fatto a cadere?- Domandò con sguardo duro.

-Mi sono sporta troppo e... non fa niente, comunque mi chiamo Victoria.- Mi presentai allungando una mano, puntando il mio sguardo negli occhi neri e contornati da occhiaie molto scure del mio interlocutore.

-Nico di Angelo, piacere.- Rispose stringendomi la mano provocandomi dei tremiti lungo la schiena e no mi dispiace ma non in senso buono. Il suo sguardo penetrante metteva i brividi e la sua mano era a dir poco congelata.

-Nico!- Esclamò Katerina, saltando giù dal ramo più basso dell'albero. -Quando vaghi per la foresta potresti evitare di comportarti come un ladro in fuga e di vestirti totalmente di nero?!- Gemette esasperata, ma il ragazzo sbuffò.

-Guarda che sono seria. Se Vicky non ti fosse caduta praticamente addosso facendoti spostare ti avrei preso in pieno.- Continuò. Era molto autoritaria se si parlava di certi pericoli.

-Senti santarellina, se non riesci a distinguere un essere umano da un mostro non sono affari miei.- Disse Nico riprendendo a camminare. Questo non lo potetti sopportare, nessuno poteva trattare una mia amica così, soprattutto vedendo il volto offeso di Katerina. Così presi il ragazzo per il colletto della giacca da aviatore e lo costrinsi a guardarmi. Nonostante sembrasse più piccolo di qualche anno ed alto come me, che sicuramente non spiccavo per altezza, era indubbiamente più forte, ma fece resistenza solo per un attimo prima di osservarmi. Puntò semplicemente i suoi occhi d'ossidiana nei miei cristallini, lanciando una muta sfida ad andare avanti. Ma ancora non aveva capito che sfidarmi non fosse una buona idea.

-Di Angelo, chiedi subito scusa.- Lo pronunciai come a sgridare un bambino piccolo. Lui fece un leggerissimo sorriso, se non avesse avuto fino a quel momento lo sguardo imbronciato e duro non me ne sarei accorta. -Nico, non si trattano così le persone che ti avvertono di stare più attenti. Ed ora te lo ripeto: chiedi scusa.- Dissi sibilando le ultime parole con una strana luce negli occhi. Vidi delle figure muoversi accanto a me, ma non vi feci caso. -Non te lo dirò un'altra volta.- Lo avvertì, al che negli occhi di Nico passò un velo di stupore.

-Scusa.- Sussurrò rivolto a Katerina, poi se ne andò. Mi sentì improvvisamente stanca e priva di forze, dovetti combattere per non perdere l'equilibrio.

-Come hai fatto?- Esclamò sbigottita Katerina.

-A fare cosa?

-Lo sai benissimo.- Indicò delle figure accanto a me. Solo ora notavo che ai miei fianchi si erano formate delle statue di fango armate di lance e armatura greca che supposi fossero animate fino a qualche secondo prima.

-Non lo so.- Risposi guardando istintivamente le mie mani. Mi sentì mancare e probabilmente sarei caduta a terra se Kate non mi avesse tenuta.

-Ehi, tutto a posto?- Chiese. Annuì un poco. -Aspetta...- Con la mano libera sfilò un pacchetto di gomme da una tasca dei suoi pantaloni. -Mangia.- Disse autoritaria porgendomi una gomma da masticare.

-Sa di catrame!- Mi lamentai pronta a sputarla per terra, ma Kate me lo impedì suggerendomi di continuare a masticarla.

-Non ti lamentare, è una medicina.- Mi osservò attentamente mentre io facevo strane smorfie con la faccia. -Va bene, in marcia.- Così dicendo mi lasciò e prese a camminare verso il Campo.

-Come hai fatto a far cambiare idea a Nico?- Chiese dopo un po'. Notai che mi stava portando all'ormai familiare casa a tre piani azzurra.

-Non sono state quelle sculture arcigne?

-Nico non si sarebbe mai fatto impressionare tanto.

-Non lo so, volevo che ti desse delle scuse per il su comportamento tutto qui.

-Non è tutto qui Vicky, non avete interrotto il contatto visivo, potresti avere qualche altra abilità oltre al manovrare i fluidi. Forse qualcosa di simile alla lingua ammaliatrice di Afrodite.- Le sue parole mi fecero pensare ma le mie idee sfumarono all'arrivo dei miei genitori.

-Ottimo, ti stavamo cercando.- Incominciò mio padre.

-Vicky, sei al sicuro qui. Nonostante il tuo sia un caso particolare penso che ti troverai bene.- Disse mia madre.

-Noi stiamo tornando in città, ti verremo a prendere alla fine dell'estate. Probabilmente non riusciremo a stare qui per il tuo compleanno.- Continuò mio padre. Solo ora quelle parole mi fecero ricordare due cose. Il mio genitore divino e quindi mi tornò l'ansia, e il fatto che fra un paio di settimane avrei compiuto gli anni. Di preciso il 15 luglio.

Katerina mi lanciò uno sguardo che poteva significare solo: "Non puoi lasciarli andare ora che abbiamo scoperto queste tue nuove capacità" ma io mi limitai a sorridere.

-Mi mancherete. Se ci riesco vi farò avere notizie.- Li abbracciai, la mia amica mi guardò facendomi sentire un mostro per quello che avevo detto ma ormai era fatta. Una volta che se ne furono andati aprì la bocca per parlare ma lei mi batté sul tempo.

-Non voglio scuse.- Disse. Arrivammo da Chirone pronte a rivelargli le ultime scoperte interrompendo la sua partita a pinnacolo con  il Signor D, che sbuffò nel vederci.

-Chirone abbiamo delle notizie.- Disse Katerina e cominciò la narrazione degli avvenimenti di quella mattina e del pomeriggio precedente. Il centauro ci sembrò piuttosto pensieroso. Per non dire preoccupato.

-Per quanto ne so, esiste solo una divinità con tali poteri, ma spero solo di sbagliarmi.- Ammise. Poi si rivolse a me ignorando totalmente le lamentele di Dioniso. -Victoria, ti consiglio di partecipare ai corsi. Questa mattina già ne hai saltati due e non ho trovato necessario la tua assenza. Devi allenarti e capire al pieno le tue abilità, inoltre devi trovare un'arma...- ma gli si bloccarono le parole in bocca, con lo sguardo rivolto sopra la mia testa.

-Che cosa ho?- Domandai preoccupata sventolando le mani sopra il mio capo come a cacciare una mosca. Il Signor D rinunciò alla sua partita a carte e se ne andò borbottando, totalmente insensibile a ciò che aveva colpito il centauro. Alzai lo sguardo. Un'onda in movimento di un celeste chiaro si ergeva sopra il mio capo.

-A quanto pare sei stata riconosciuta, per quanto possa risultare impossibile, tuo padre è Taumante.

 

 

 

PICCOLA INTRODUZIONE SU TAUMANTE
Taumante (in greco Θαύμας) è nella mitologia greca una divinità marina, figlio di Ponto (il mare) e di Gea (la terra) e fratello di Nereo, Forcide, Ceto ed Euribia e quindi lo si può considerare uno tra gli dei marini primordiali. Con l'Oceanina Elettra generò le Arpie e Iride, l'arcobaleno, messaggera degli dei e in particolare di Era. Inoltre Taumante come molte altre divinità marine era in grado di predire il futuro. Essendo figlio di Gea aveva l’influenza sulla terra, anche se limitata. Come i fratelli rappresentava gran parte dei mostri marini. Era in grado di confondere i marinai a tal punto da fargli fare quello che voleva, una delle poche interpretazioni spiega che Taumante prendesse la forma di una donna mentre attirava con l'inganno i marinai in acqua per darli in pasto ai suoi mostri. 
Non vi sono miti particolari legati alla figura di Taumante. Il nome Taumante deriva dal greco antico θαῦμα, che vuol dire "meraviglia", "stupore", ma anche, "sbigottimento" e "terrore”.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Mai svegliarsi presto la mattina, ve lo consiglio.


Nel giro di qualche giorno le voci si erano sparse e ormai le notizie su di me erano sulla bocca di tutti. Cosa c'era di tanto sconcertante chiederete. Bè, a quanto pare, dopo la rivolta di Zeus e dei suoi fratelli, Poseidone aveva cacciato mio padre dai mari e lui era stranamente scomparso. Insomma, il fatto che fosse riuscito a riconoscermi non era un buon segno.

Uscirono fuori tantissime ipotesi sull'argomento una più assurda dell'altra, ma io cominciavo a supporre che quella ipotizzata da Annabeth fosse vera. Secondo lei c'era un motivo se Taumante mi avesse tenuta addormentata per tanto tempo, servivo a qualcosa e questo suo riconoscimento lo aveva dimostrato.

In questo lasso di tempo scoprì di avere un'ottima mira, con il conseguente fatto di essere molto brava nel tiro del giavellotto, un po' meno con l'arco. Inoltre mi ritrovai ad essere la più brava del mio corso nel combattimento con lancia e scudo, ma ehi! Io mi allenavo con gli undicenni. Per questo l'arma di mia celta fu, appunto, una lancia.

Aveva il manico in un legno scuro piuttosto robusto sul quale erano incisi diversi movimenti, come se fossero stati tracciati con un metallo rovente. La lama acuminata era nera. Appena entrata nell'armeria insieme ad Annabeth i miei occhi si erano posati subito su quell'arma, mi aveva incantato la sua particolarità: sembrava unica al mondo. Per il resto evitai di porre domande su certi altri armamenti, non tanto per i vari coltelli e spade più che altro per i vari bazooka e altrettanti cannoni. Quella lancia era particolare, ma la figlia i Atena si rifiutò di dirmi il metallo di cui era costituita. Sostenendo che non ne avesse idea... Stentai a crederle. Va bè, passiamo ad un altro argomento.

Una mattina Connor mi si presentò affermando di aver trovato una spada adatta a me. Non per vantarmi, ma me la cavavo abbastanza bene in quel genere di combattimento, forse anche meglio se avessi trovato una lama bilanciata e, di questo, il ragazzo doveva esserne entrato a conoscenza. Insomma, Connor era riuscito a trovarmi una spada perfettamente bilanciata. Diceva di averla rubata dall'armeria e quindi, sosteneva che non dovessi andare ad urlarlo ai quattro venti perché ne avevo già una e tante altre cose...

Stentai a credergli. Non che non mi fidassi, ma avevo imparato a conoscerlo e bè, si, non mi fidavo. Anche perché ero riuscita a capire quando mentiva: portava sempre una mano sotto l'occhio sinistro. Poteva sembrare un movimento casuale ma, a quanto pare, non lo era.

Così durante un'ispezione passai a chiedere se quella splendida spada fosse di qualcuno, venendo a scoprire da Jacke Mason che Connor gli aveva chiesto personalmente di forgiarla per me. Questa cosa mi fece davvero molto piacere. A proposito, era cominciata la costruzione di una cabina per i figli di Taumante, di cui probabilmente ero l'unica da secoli.

Percy accettò con grande piacere di farmi lezioni private sul governare l'acqua, dove scoprimmo molte diversità tra le nostre abilità, nonostante la similitudine tra i nostri genitori. Queste specie di sedute pomeridiane, naturalmente, cominciarono a piacermi. Passavo molto tempo con Percy che nonostante le apparenze era molto sveglio e si dimostrò un ottimo insegnate. Anche se tanto da imparare non avevo, più che altro cominciò ad aiutarmi nelle lezioni di scherma.

Va bene, forse provavo un certo interesse per lui, ma non intendevo fare niente che potesse in qualche modo ferire Annabeth, anche se sostenevo che qualsiasi mio tentativo sarebbe stato palesemente vano notando gli occhi imbambolati di Percy quando guardava, parlava o faceva qualunque cosa con la figlia di Atena. Ma cosa ci posso fare?! Avete visto i suoi occhi? Mi chiedo come si faccia a non rimanere incantata da quel colore verde mare così particolare. Ma riprendiamo il filo del discorso.

Durante questi giorni persi il conto delle cose di cui ero capace. Potevo governare i fluidi e respirare sott'acqua, riuscivo a far fare alle persone quello che volevo guardandole negli occhi, modellavo il terreno a mio piacimento, anche se questo risultasse molto complicato e stancante. L'insieme di tutte queste cose mi rendeva una persona abbastanza temuta. Anche perché raramente i figli di un dio ereditavano quasi tutti i suoi poteri. Esatto, quasi tutti perché non avevo ereditato la capacità di mio padre di evocare mostri marini... eh, che peccato vero?

Insomma, mi ero ambientata al campo. Quasi tutti ormai mi conoscevano, sia per i recenti avvenimenti o, in caso contrario, per la mia parlantina e del fatto che sono una persona molto eloquente ed esuberante. Strinsi amicizia anche grazie a Katerina che dopo giorni continuava a presentarmi persone. In particolare, mi trovai molto in sintonia con Josephine... scusate Jo Harvey (odia il suo nome per esteso), figlia di Ecate. Aveva una strana parentela con i fratelli Stoll, a quanto pare erano cugini o che so io da parte dei genitori mortali, naturalmente non mi spiego il fatto che abbiano cognomi diversi ma... chi sono io per porre domande? Con il casino della nostra immensa famiglia divina, questo non era niente. Jo era una ragazza alta ed esile con i boccoli castani che gli arrivavano poco sopra il mento e due occhi azzurri troppo grandi per le misure del suo volto, credo avesse un paio di anni in più di me, forse di più. Si comportava come se fosse la sorella maggiore di tutti, con un innato istinto materno.

Strinsi amicizia anche con la fatidica figlia di Demetra. Un tipetto simpatico. Era in fissa con il grano e le piaceva saltellare per i campi in stile Heidi, ma mi trovavo bene in sua compagnia. Era un poco più alta di me, vestiva sempre in modo comodo, leggermente hippie, e aveva gli occhi di una sfumatura particolarissima di verde. Sembrava lo stesso colore del prato più rigoglioso al mondo. Spero abbiate capito che avevo un debole per le persone con gli occhi verde.

Inoltre feci amicizia con due gemelli figli di Ares, Daphne e Andrew Smith. Cosa non molto accettata da Kate, non so che razza di conflitti avessero, forse se ne erano dimenticati anche loro, ma cercai di non intromettermi. Mi sarebbe piaciuto molto avere una relazione fraterna come la loro, non che con Simon mi trovassi male, anzi gli volevo davvero molto bene, ma gli Smith erano adorabili: c'erano sempre l'uno per l'altro. Anche se a vederli non si direbbe mai che Andrew e Daphne fossero gemelli e, a dirla tutta, neanche fratelli. Quando ci presentammo li considerai persino fidanzati per il loro affiatamento, al che loro mi scoppiarono a ridere in faccia, fu una situazione imbarazzante.

Daphne era una ragazza bassina e robusta con lisci capelli biondi e una carnagione chiarissima. Per descrivere il suo carattere c'era solo una parola: cocciuta. Se si metteva una cosa in testa ne in cielo ne in terra ci sarebbe stato qualcosa da distoglierla dal suo obbiettivo, contando anche il fatto che accettava raramente contraddizioni a ciò che diceva.

Andrew, al contrario, era fin troppo alto per gli standard della sua età, che si aggirava intorno ai quindici anni, con una corporatura asciutta ma muscolosa. Aveva la pelle abbronzata e i capelli marroni. Inoltre era estremamente timido con le persone che conosceva poco, ma se si faceva confidenza diventava il ragazzo competitivo e determinato tipico tra i figli di Ares. Gli occhi erano l'unica cosa che li accomunava, erano giallo con sfumature verde. In seguito scoprì, cadendo per sbaglio a dosso ad Andrew, che piccole macchioline rosse interrompevano l'ocra delle sue iridi, come anche a Daphne, dicevano che fosse il marchio della famiglia.

Questi cinque giorni passarono in allenamenti molto faticosi, in cui fui costretta ad esercitarmi con i più piccoli dato che, come loro, ero fra gli ultimi arrivati e che non ero una persona molto atletica. Katerina non faceva altro che ricordarmelo, scatenando le risate degli Stoll ogni volta che raccontava che un dodicenne mi aveva battuta al corpo a corpo. Comunque, nell'evolversi del tempo, la mia età stava spiccando, dimostrando più riflessi e talvolta maggiore forza: avrei fatto di tutto per togliermi da quella situazione imbarazzante.

****

Quella mattina mi svegliai di soprassalto, sempre a causa dello stesso incubo che mi tormentava dalla sera del mio arrivo. Il cielo era ancora scuro ma si scorgeva un lieve bagliore di luce, saranno state pressochè le cinque di mattina. Non riuscendo più a riaddormentarmi decisi di uscire a fare una passeggiata, facendo attenzione a non svegliare nessuno della cabina di Ermes.

Lentamente raggiunsi l'ormai noto posto sulla spiaggia accanto al bosco. Era diventato una specie di ritrovo tra me e Connor. Mi sdraiai sulla sabbia e chiusi gli occhi. Stranamente sentivo molto più mio il terreno su cui ero poggiata che l'acqua. Di solito mi ci dirigevo quando non sapevo che fare o, in quel caso, per starmene un po' da sola con i miei pensieri data l'assenza del ragazzo.

Tutto ciò perché in quelle notti avevo iniziato a fare sogni non molto piacevoli e, nonostante le rassicurazione dei miei amici sul fatto che fosse normale per i semidei, non mi sentivo molto tranquilla. Forse ero io, ma non ero del tutto sicura che fosse così. Sogni del genere li facevo anche prima ed era questo, il fatto, che iniziava ad angosciarmi. Prima di sapere di essere una semidea vivevo dei deja vu che collegavo in qualche modo a dei miei sogni avuti settimane, se non mesi prima. E cominciavo a sperare ardentemente che ciò che sognavo in quelle notti rimanesse solo nella mia testa.

Aprì gli occhi non appena notai una luce più forte, per ammirare la bellezza dell'alba. Francamente preferivo quest'ultima al tramonto. Innanzi tutto perché l'alba era più fredda, non solo di temperatura ma anche per i colori freddi (per lo più rispetto al tramonto) e poi perché dava l'inizio al giorno invece che terminarlo. Per non parlare che il tramonto era troppo romantico, quasi melenso ed io non ero quel genere di persona. Guardando quei colori mi persi nei miei pensieri, il più concentrati sull'ultimo incubo fatto quando una voce li interruppe violentemente.

-A cosa pensi?- Mi misi a sedere di scatto, provocandomi un giramento di testa. Ne seguì una specie di sbuffo divertito, impossibile da definire.

-Nico.- Dissi focalizzando la sua figura nell'ombra di un albero. -Mi hai spaventata.- Nico ed io non avevamo avuto molto tempo per parlare dopo il nostro primo incontro.

-Ti assicuro che, se avessi voluto spaventarti, ora staresti pregando tutti gli dei che conosci per toglierti quelle immagini dalla testa.- Replicò serissimo.

-Confortante.- Risposi sarcastica.

-Allora?- Chiese, mi alzai e mi spolverai la sabbia di dosso. In seguito lo raggiunsi e mi sedetti accanto a lui con la schiena poggiata ad un tronco. Si creò uno strano silenzio, piacevole in fin dei conti.

-I miei sogni.- Risposi dopo un po'.

-Fammi indovinare... ti spaventano?- Probabilmente era la cosa più vicina ad una presa in giro che riuscisse a fare.

Arricciai le labbra. -Si, mi spaventano.- Ancora quel silenzio. -So a cosa stai pensando. Che è normale, tutti i semidei lo fanno e che non mi devo preoccupare. Grazie, ma puoi risparmiarmi la tiritera, ci ha già pensato Kate.- Dissi incrociando il suo sguardo, in cui passò un barlume strano al suono del nome della mia migliore amica. Ma, come ho già detto, il suo sguardo era indecifrabile.

-Non stavo pensando a niente di tutto ciò.- Ammise con un alzata di spalle. -Stavo semplicemente ipotizzando cosa ti spaventasse.- Disse lanciandomi un'occhiata. -Probabilmente tu non te ne sei resa conto, ma prima avevi uno sguardo preoccupato in volto. Ripeto, stavo immaginando cosa te lo avesse procurato.- Detto questo ruppe il nostro contatto visivo. Non pensavo che Nico fosse una persona così attenta ai dettagli.

-Tanto per sapere, da quanto mi stavi guardando?- Domandai curiosa.

-Tanto per risponderti, ero qui prima che ci arrivassi tu.

-Ma tu sei sempre così?- Domandai sbuffando, anche se sorridevo, al che lui mi ignorò bellamente rimanendo in silenzio. Si creò la stessa situazione piacevole con ognuno che pensava per se, fino a quando quel silenzio non diventò troppo pesante.

-Allora...- Dissi per riaprire un discorso, stavo per prendere parola quando Nico mi battette sul tempo.

-Posso farti una domanda?

-Me la stai già facendo.- Risposi.

-Allora posso fartene un'altra?

-Me l'hai appena fatta.- Risi della sua faccia stufata.

-Ma tu sei sempre così?- Domandò con un impercettibile sorriso come avevo fatto io un paio di minuti prima, lo guardai radiosa. Lo avevo fatto sorridere.

-Dai scherzavo! Dimmi tutto.- Risposi sorridendo mettendomi a gambe incrociate, pronta ad ascoltarlo. Lui si limitò ad osservare il sottobosco con sguardo lontano.

-Come fai ad essere così allegra?- mi chiese.

-In che senso?- Non capivo. Nico prese un respiro profondo e riprese a parlare.

-Negli ultimi giorni sei venuta a conoscenza di talmente tanti fatti che avrebbero mandato chiunque in analisi per il resto della loro esistenza. Invece tu, al contrario di tutti, sei qui e ridi e scherzi. Come se la tua vita non fosse cambiata di una virgola. Victoria, non ti sei mai domandata il perché di tutto ciò? Che fine abbia fatto tuo padre? Tua madre com'era? Se hai fratelli o sorelle nella tua stessa situazione all'oscuro di tutto... o magari ancora nelle profondità marine?- Lasciò una serie di domande in sospeso. Una serie di domande che mi stavano perseguitando da cinque giorni, a cui non ero ancora riuscita a trovare una risposta.

Il fatto che non fossi stata io a dirgli tutte quelle cose su di me, mi fece pensare che il chiacchiericcio si doveva essere davvero molto esteso. Pian piano il mio sorriso si affievolì, lasciando spazio ad uno sguardo serio e seccato che raramente rivelavo. Nico se ne accorse.

-Benvenuta nel Lato Oscuro.- Disse sospirando.

-Hai ragione, venire a sapere tutte queste cose avrebbe mandato chiunque in analisi. Ma Nico, non sono l'eccezione, probabilmente ne avrei bisogno anche io. Non faccio altro che ripetermi le stesse domande di cui riceverò una risposta solo Zeus sa quando. Ma non permetto allo scorrere degli avvenimenti di cambiarmi. Io sono così, serena ed inquieta, felice e preoccupata, impacciata e relativamente idiota allo stesso tempo, e lo rimarrò anche se dovessi scoprire di dover morire domani.- Dissi, lasciai qualche secondo di silenzio poi continuai. -Certo, non posso negare che tutto ciò non mi abbia neanche sfiorata perché non sarebbe vero. Forse il fatto di sapere già in precedenza di non essere figlia di Emily e Michael mi ha in qualche modo aiutata, come anche il supporto dei miei amici. Ma anche se non lo do a vedere questa situazione mi innervosisce. Di punto in bianco non so più niente di me stessa ed essere costretta a rimanere qui senza fare niente mi fa impazzire.- Nico ascoltò in silenzio.

Queste cose non le avevo raccontate neanche a Kate e mi sentì in colpa. Di solito non le nascondevo nulla ma non volevo preoccuparla, quindi avevo messo la maschera da bambina felice e avevo continuato la mia vita come se nulla fosse.

-Perché queste domande?- Chiesi. Me ne pentì subito, il suo sguardo si indurì immediatamente, mettendo in risalto le profonde occhiaie intorno agli occhi che mi guardarono duri.

-Scusami... se non ti va di parlarne, lo capisco.- Dissi, improvvisamente a disagio. Il ragazzo sospirò.

-No, scusami tu. E' che ho una storia simile alla tua e non sono ricordi felici. Prima che tutto ciò cominciasse ero l'esatto opposto di ciò che sono ora. Mi sarebbe piaciuto avere i tuoi stessi ideali, ma ero troppo piccolo, suggestionabile...- Così Nico iniziò a raccontarmi la sua storia che, a mio parere, non era per niente simile alla mia se non per piccoli particolari. Ma lui aveva vissuto tante di quelle cose che un bambino di dieci anni non dovrebbe immaginare neanche nei suoi incubi peggiori.

Da come raccontava supposi che ne parlava raramente con qualcuno. Quando finì ebbi l'impulso di abbracciarlo. Ma lo repressi, sicuramente non gli sarebbe piaciuto.

-A dirla tutta, il Nico di adesso mi sembra molto meglio.- Confessai. Abbassò lo sguardo con un sorriso triste.

-Ehi dico davvero!- Cercai di consolarlo, limitando i contatti. -E sono sicura che anche Kate l'abbia capito, è una ragazza sveglia. Più di me sicuramente.- Alzò di scatto la testa guardandomi stralunato.

-Che c'entra lei?!- Lo guardai ovvia. -Senti, come avrai notato non tutti mi vanno a genio qui al campo e credimi se ti dico che la tua amichetta fa parte di quel circolo di persone, non dopo...- Si interruppe, come se stesse andando oltre.

-Non dopo... cosa?- Domandai. -Cosa ti ha fatto?- Continuai curiosa. Katerina non era certo il tipo di persona che si diverte nel fare del male a qualcuno, o per lo meno, che non si diverte nel far del male volontariamente, per il resto se esageravi te l'eri cercata.

-Non ho simpatia per i figli di Apollo, sono testardi e seccanti... e non intendo risponderti.- Mi disse, al che io fissai il mio sguardo sul suo pronta a riporgli la domanda. -E non ti azzardare a fare quel giochetto con gli occhi, mi è bastata una volta.- Mi avvisò, al che accantonai l'idea.

-E non credo sia tanto sveglia come dici.- Aggiunse alzandosi.

-Si?- Domandai mentre afferravo la mano di Nico.

-Si, anche se più sveglia di te lo è, dato le supposizioni che fai.- Lo guardai male, stavo per rispondergli per le rime, quando mi interruppe.

-Hai ancora della sabbia tra i capelli.- Mi avvertì prima di iniziare a camminare verso il folto della foresta. Capì che, a modo suo, mi stava chiedendo scusa.

-Ci vediamo a colazione.- Gli dissi, il ragazzo si girò e mi salutò con una mano prima di scomparire nell'Ombra. Il sole era ormai alto nel cielo. Com'era volato il tempo, saranno passate più di un paio d'ore. Tornai nelle vicinanze delle abitazioni camminando con i piedi nell'acqua. Per il momento quasi tutti erano ancora nel mondo dei sogni, si vedeva solo qualche ragazzo in giro.

-Passeggiata mattutina?- Mi chiese una voce. Probabilmente quella era la mattina "Cogli Victoria Clark alle spalle", in ogni caso, quella ragazza ci era riuscita. Sussultai. Mi girai e notai seduta su un telo una ragazza da una folta chioma di riccioli rossi.

-Si.- Feci un sospiro di sollievo. -Ciao Rachel.- La salutai. Mi sorrise sincera ma poi il suo sguardo si tramutò in puro terrore per poi diventare vacuo e assente. Dalla sua bocca uscì del fumo verde e cominciò a parlare con una voce cupa, non sua.

-Sette semidei dal campo partiranno,
ma solo cinque ritorno faranno.
Per il mezzosangue figlio del dio primordiale,
tra ricerche e viaggi, il diciassettesimo sarà fatale.
Nella profondità marina
si nascondono il mostro e l'oceanina. 
Due volte andata e ritorno ma in fine la battaglia vinta sarà
se l'eroe per mano della morte l'ultimo fiato spirerà.
 

Tutto ciò mi inquietò non poco. Insomma, la storia di Rachel e del fatto che dall'anno precedente fosse diventata il nuovo oracolo la conoscevo. Ma vederla così, attorniata da una foschia di fumo verde mentre prediceva il futuro di qualcuno con annessa la sua futura morte, il tutto contorniato dall'eco della sua voce spettrale non era una bell'esperienza.

La vidi sbattere le palpebre un paio di volte al che compresi che fosse tornata in se, mi avvicinai. Lei mi osservò confusa e notando il mio sguardo tramortito si mostrò sorpresa.

-E' successo di nuovo?- Mi chiese. Annuì e l'aiutai ad alzarsi mentre si massaggiava le tempie. -Dovremmo andare da Chirone per informarlo.- Disse.

-Ce la fai a camminare da sola?- Le chiesi.

-Certo Vicky, non è la prima volta. Solo un po' di spossatezza iniziale, ma dopo quella sto bene.- Mi spiegò. Il tragitto fino alla Casa Grande si passò fra le chiacchiere di Rachel riguardo a varie proteste contro.... non avevo capito cosa, in cui io mi limitai ad annuire in silenzio.

-Come mai tanto silenziosa?- Mi domandò ad un certo punto. Stavo per rispondere quando Percy ci passò in mezzo alla velocità della luce con al seguito un'Annabeth abbastanza intontita, forse per il fatto di essersi appena svegliata. Si limitò ad un «buon giorno» veloce prima di rincorrere il suo ragazzo, ormai arrivato all'ingresso della Casa Grande.

Li raggiungemmo e arrivate al portico trovammo il Signor D in veranda intento a gustarsi una Diet Coke, lo superammo senza troppe cerimonie. Appena entrati per trovare il centauro ci bastò seguire le urla di Percy. Lui, Chirone ed Annabeth erano in un salone, il primo intento a parlare troppo velocemente per riuscire a capirlo, il secondo che annuiva ma dava i chiari segnali di non star ascoltando il ragazzo e la terza che cercava di trattenere gli sbadigli.

-Chirone?- Li interruppe Rachel, al che i tre si girarono a guardarci.

-Ha appena fatto una profezia.- Li avvisai.

-Visto?! Cosa vi stavo dicendo?! C'è un nuovo pericolo, mi è appena stato detto in sogno.- Esclamò Percy esasperato.

-Non c'è bisogno di urlare.- Disse Chirone massaggiandosi le tempie, al che il ragazzo si ammutolì in imbarazzo.

-Innanzi tutto, Rachel che cosa hai predetto?- La ragazza fece una smorfia confusa. -Ah, giusto, mi dimentico sempre. Victoria tu l'hai sentita?- Si rivolse a me questa volta.

-Si, stavo camminando sulla spiaggia quando l'ho incontrata.- Risposi.

-La ricordi?- Chiese Annabeth improvvisamente molto sveglia.

-Uhm.... Allora mi pare cominciasse così: Sette semidei dal campo partiranno, ma solo cinque ritorno faranno.- Iniziai.

-Non molto promettente.- Disse Percy.

-Chirone, c'è la possibilità che si tratti dei sette della Grande Profezia?- Chiese Annabeth.

-In effetti sarebbe molto probabile, ma non escluderei altre possibilità.- Rispose il centauro. Questo piccolo discorso lo ascoltai assente tanto ero concentrata a ricordarmi le parole di Rachel. Quando Chirone finì di parlare e mi fece segno di continuare mi si gelò il sangue nelle vene al ricordo delle parole seguenti.

-Per il mezzosangue figlio del dio primordiale, tra ricerche e viaggi il diciassettesimo sarà fatale.- Continuai con un groppo in gola.

-Ritiro tutto, quasi sicuramente non si tratta dei semidei della Grande Profezia, sempre se Victoria non ne faccia parte.- Interruppe il silenzio Chirone.

-Quindi narra di me?- Chiesi. -Rachel ha recitato la profezia dopo avermi salutato e...

-Per ora l'unico mezzosangue figlio di un dio primordiale sei tu.- Continuò al mio posto la rossa.

-Tra ricerche e viaggi il diciassettesimo sarà fatale... secondo voi a cosa si riferisce? Il diciassettesimo viaggio è improbabile. Sarebbero troppi.- Pensò ad alta voce Annabeth.

-Qualunque cosa sia quando arriverà il diciassettesimo qualcuno ci lascerà le penne.- Molto illuminante Percy, grazie. Sarcasmo, sarcasmo che trasuda ovunque, ma evitai di esplicitarlo. -Che c'è? Perché mi guardate così?- Domandò appunto il figlio di Poseidone appena si ritrovò quattro paia di occhi a dosso.

-Niente, non importa. Comunque...- Fece sbuffando Annabeth. Non potei fare a meno di sorridere vederli comportarsi così, erano così teneri. -Possibile si tratti di un collegamento esterno? Diciassettesimo.... Potrebbe trattarsi della diciassettesima persona che si incontrerà sul cammino, o il diciassettesimo giorno di ricerche.- Continuò la figlia di Atena, mostrando uno sguardo crucciato nel non riuscire a risolvere l'arcano. Vidi Percy osservarla con un sorriso ebete in volto e non potei evitare di provare una fitta di dolore al petto.

-Che ne dite se ci torniamo dopo? Come continua la profezia?- Propose Chirone.

-Nella profondità marina
si nascondono il mostro e l'oceanina.- Recitai.

-Il mostro e l'oceanina?- Ripeté Percy interrogativo.

Annuì. -Sono abbastanza sicura di sì... Anche se non capisco il collegamento.

Annabeth e Chirone si lanciarono uno sguardo che io non scorsi.

-Finisce qui?- Domandò la figlia di Atena. Mi osservarono tutti. Abbassai lo sguardo.

-Bene, direi di andare a...

-Due volte andata e ritorno,- Interruppi il discorso di Chirone con ancora lo sguardo chino. -ma in fine la battaglia vinta sarà, se l'eroe per mano della morte l'ultimo fiato spirerà.- Alzai la testa, notando lo sguardo di quattro persone, tre delle quali mi guardavano come per farmi le condoglianze e gli occhi millenari dell'ultimo parevano urlare: "E' successo troppe volte, perchè di nuovo?!"

Si creò un silenzio che definire pesante sarebbe stato uno eufemismo.

-Percy cosa ti era stato detto? Hai raccontato di sapere del pericolo per aver sognato un avvertimento.- Cambiò argomento Rachel, non sarò mai tanto grata a quella ragazza.

-Oh si! Mio padre mi è apparso in sogno dicendomi che le acque si stanno agitando. Si sente aria... in senso metaforico ovviamente, di uno scontro che si suppone arriverà molto presto con molta potenza e devastazione. Ha tentato di avvertire i fratelli ma, riguardando solo il suo regno, naturalmente Zeus ed Ade non hanno neanche provato a farsi avanti. Quindi diciamo che mi ha chiesto indirettamente di andare sull'Olimpo per convincerli, o almeno suscitare l'interesse del Consiglio.- Disse tutto d'un fiato il ragazzo.

-Questo ovviamente è Taumante. Non dobbiamo permettere che si impossessi del regno di Poseidone. Se riacquista il potere sugli oceani, l'elemento a lui più devoto, diventerà incontrollabile.- Ammise con parole gravi il centauro. -Partirete tutti domani mattina. Percy e Annabeth insieme ad un altro intrepido volontario andranno a convincere l'Olimpo. Mentre tu Victoria, devi informare al più presto i tuoi amici della profezia e dell'impresa. Andrete a cercare di fermare Taumante, o almeno proverete a rallentarlo.- Si sentì il corno che dava inizio alla colazione. -Per il momento è meglio andare a mangiare.- Concluse il discorso Chirone.

Mi diressi alla mensa al fianco di Annabeth. -Sai già chi possano essere gli altri membri dell'impresa?- Mi chiese.

Ci pensai per qualche attimo. -Mi sono fatta un'idea.- Ammisi, confusa sull'essere sollevata o preoccupata da ciò.

 

 
Alla prossima volta, un abbraccio Catebaggins.

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Un puffo si descrive come mia matrigna.


Argo ci aveva appena lasciati in città. Annabeth e Percy erano subito partiti alla ricerca di una certa Talia Grace, per ora avevo solo capito che essendo figlia di Zeus avrebbe potuto aiutare la loro impresa provando a far ragionare il padre. Per il resto, noi ci stavamo dirigendo a casa dei miei genitori.

Dopo varie ipotesi si era giunti alla conclusione che probabilmente mio padre, il mio vero padre, si stesse nascondendo nello stesso luogo protagonista del mio lungo sonno. Per quanto l'ipotesi potesse essere sembrata assurda combaciava in parte con un verso della profezia e questo era riuscito a convincere qualche partecipante. Poiché l'appartamento di famiglia si trovava a Brooklyn decidemmo di andarci a piedi, per evitare di spendere sin da subito i pochi soldi messi a disposizione per l'impresa.

In seguito a diverse suppliche, dispendiose promesse e qualche dracma ero riuscita a mettere su il gruppo di semidei, e nel giro di una sola giornata!
Durante il breve tragitto si fece notare prepotentemente la tensione. Emanava ovunque. Andrew e Daphne stavano chiacchierando tra loro lanciando di tanto in tanto qualche sguardo scocciato a Katerina che ricambiava apertamente mentre parlava con Connor. Josephine e Travis stavano litigando per non so quale motivo ed io ero in testa mentre cercavo di dirigere e mantenere unito il gruppo.

-Di qua!- Esclamai svoltando un angolo, appena notai che tutti stavano continuando dritti.

-Per favore Jo! Ti sto supplicando.- Disse per la millesima volta il ragazzo.

-Basta! Travis già ti ho detto che non lo so, se proprio ti interessa perché non glielo vai a chiedere tu?!- Gli rispose stufa Jo.

-Ma che bell'idea Josephine, purtroppo si dia il caso che non mi parla!- Continuò ironico Travis. La ragazza lo guardò truce.

-Non chiamarmi Josephine.- Sibilò.

-Se mi dici perché si comporta così! Josephine...- Calcò l'ultima parola Travis.

-Chiamami un'altra volta così e ti ritroverai con un palo stradale attorno al collo, sei stato avvertito.- Lo ammonì Jo.

-Che ti costa dirmelo?! Almeno spiegami che cosa le ho fatto!- Tentò di nuovo il ragazzo.

-Non lo so! Già me l'hai chiesto otto volte, non è che se continui la risposta cambia. N-o-n-l-o-s-o. Se faccio così lo capisci?!- Urlò esasperata. Ormai eravamo ad un isolato da casa quando puntai i piedi per terra ed attirai la loro attenzione.

-Allora, sono una persona paziente ma posso sopportare fino ad un certo punto.- Dissi con voce calma. -Travis e Jo, smettetela di litigare.– Sbottai. -Per favore finitela di urlare. Per la sanità mentale dei vostri compagni. Per quanto sia complicato condividere un'impresa con il proprio fratello e... parenti ma...

-Questo non è vero.- Dissero insieme Daphne ed Andrew, interrompendomi.

Kate rise sarcasticamente. -Magari non tutti sono come voi, ci avete mai pensato?

-Certo! Ma solo un'inetta come te lo avrebbe esplicitato.- Le rispose Andrew.

-Come mi hai chiamata?!- Esclamò furiosa Katerina.

-Inetta Towler, non è complicato da capire.- Continuò Daphne. A quel punto Connor cercò di calmarli.

-Andrew, Daphne e Kate. Capisco i sentimenti reciproci di odio che provate gli uni per l'altra. Ma poiché siamo costretti a stare insieme vi pregherei di smetterla.- Disse mentre si massaggiava le tempie. Cominciavo ad adorare quel ragazzo.

-Tu non mi dici cosa fare Stoll, figurati se prendo ordini da un idiota come te.- Disse Daphne.

-Modera le parole ragazzina.- Si intromise Jo. Connor era pur sempre il suo cuginetto preferito... forse il secondo... forse non lo era affatto!

-Mia sorella non è una "ragazzina"! Non la chiamare così.- Si fece avanti Andrew.

-Parla il difensore di quella che ha dato dell'idiota a mio fratello. Smith, è quello che è.- Lo appellò Travis.

-Cosa intendi insinuare?- Ringhiò Andrew, non capendo quell'enorme giro di parole usato dal ragazzo.

-Che sei un controsenso vivente! Piu veloce Smith!- Sbottò la mia migliore amica.

-Grazie Katie.- Disse con un sorriso Travis, al che la ragazza lo ignorò bellamente.

-Oh oh, qualcuno l'ha fatta arrabbiare.- Rise Daphne.

-Ma lasciamo perdere è da tutta la mattinata che fa così.- Fece cadere il discorso con uno sbuffo Travis, ciò fece brillare di rabbia gli occhi della figlia di Apollo.

-Quindi sarei io?!- Esclamò Katerina.

-Si! Sei una persona terribilmente lunatica, lo sai? Prima è tutto normale e poi, per non si sa cosa, smetti di parlarmi e fai l'offesa! Non ti ho fatto niente!- Si arrabbiò il ragazzo.

-Niente?! Niente è esattamente ciò che avresti... ciò che avrebbe dovuto fare!! Per favore qualcuno dica ad un certo Travis Stoll di chiudere il becco prima che gli salti a dosso e lo sgozzi.- Continuò una furente Katerina.

-E ci risiamo. Che cosa ti ho fatto Katie?!- Chiese Travis.

-Non chiamarmi così!- Strillò Katerina fumante di rabbia più che mai. Quel grido fece zittire immediatamente anche tutti gli altri che nel frattempo avevano preso a bisticciare tra loro. Si creò una specie di bolla di silenzio che ci separava dal caos mattutino che al contrario imperniava quella strada. Connor lanciò un fischio mentre sgranava gli occhi stupito, a quanto pare Kate non si era mai lamentata del soprannome. Continua ad essere un mio ragionamento ma, il fatto che quel momento di rabbia l'avesse costretta ad ammettere di detestare l'appellativo, era stata una buona cosa. Probabilmente si era sentita addirittura più ferita che arrabbiata.

-Adesso basta e mi riferisco a tutti.- Esclamai ricevendo finalmente l'attenzione del gruppo al completo. -Allora, siamo partiti da neanche un paio d'ore e ci stiamo già scannando a vicenda!- Mi lamentai, poi presi un respiro profondo e continuai. -Ho bisogno di tutti voi per compiere quest'impresa, ma se qualcuno non se la sente lo capisco. È ancora in tempo per tornare al Campo.- Spiegai e nel non ricevere nessuna contraddizione sorrisi sollevata. -Allora, come ha già detto Connor, saremo costretti a convivere. Quindi comportatevi come se tutti i vostri precedenti al Campo non fossero mai esistiti va bene? Ne vale della salute e della funzionalità del gruppo. Adesso tutti quanti, in silenzio, mi seguite perché siamo arrivati.- Dissi tutta fomentata. A quanto pare il mio discorso funzionò poiché passammo il tempo rimanente a bocca chiusa fino alle presentazioni con la mia famiglia.

Dopo una piccola colazione offerta dai signori Clark, Katerina ed io ci appartammo con i miei genitori per spiegare la situazione, lasciando tutti gli altri nel salone con Simon. Quando tornammo, per dare ai miei genitori il tempo di metabolizzare il tutto, notai due comportamenti completamente opposti combaciare nella stessa persona.

Simon ci stava provando spudoratamente con Daphne che, al contrario, non lo calcolava di striscio mentre Andrew gli mandava occhiate di fuoco. Nello stesso tempo, il medesimo Simon, mostrava proprio quegli sguardi a Connor che mi si era avvicinato con il solito sorriso sarcastico in volto. Gli feci una linguaccia, stupido fratello impiccione.

-Vicky?- Mi richiamò mia madre tornando dalla cucina, attirando gli sguardi di tutti. -Suppongo che aiutarvi sia lecito ma, oltre a darvi le coordinate di quel luogo, non posso fare altro.- Disse Emily.

-Stai scherzando? Con le coordinate abbiamo praticamente già tutto! Non ti ringrazierò mai abbastanza mamma.- Esclamai abbracciandola.

-Non dimentichi qualcuno?- Tossicchiò mio padre.

-Ovviamente no.- Risposi dandogli un bacio sulla guancia.

-Come fai a ricordartele ancora?- Domandai una volta che mi fui allontanata.

-Bè, diciamo che lì la nostra vita è cambiata. Trovare in questa maniera una bambina che sarebbe diventata la figlia migliore di sempre ti cambia.- Rispose papà.

-Grazie per la considerazione.- Bisbigliò ironico Simon, ciò provocò un sorriso divertito a tutti.

-Allora sono più che sicura che si tratti di 28 gradi e 24 primi Nord, 78 gradi e 42 primi Ovest.- Ripetette mia madre. -Non lo scrivete?- Chiese dopo qualche secondo.

-Fatto.- Annunciò Jo.

-Ha la memoria eidetica.- Spiegò Travis.

-Questo se lo ricorda.- Sussurrò Kate.

-Basta! Non ne posso più. Mi vuoi dire che...

-Dobbiamo andare.- Interruppi Travis, non volevo far litigare i miei amici davanti ad Emily e Michael.

-Buona fortuna e state attenti, mi piacerebbe rivedervi tutti vivi e vegeti al vostro ritorno.- Disse mamma.

-Grazie, per tutto. Vi voglio bene.- Dissi. Dopo un breve saluto, che breve non fu poiché i miei mi strapazzarono per un pò, ci rimettemmo in marcia.

-Non glielo hai detto vero?- Connor mi si era avvicinato.

-Come avrei potuto?- Risposi triste.

-Ehi! Su con il morale, siamo solo al primo giorno e poi non è sicuro che si tratti di te. Non penserai mica che l'eroe debba essere per forza tu? Che egocentrica.- Disse incrociando le braccia e voltando la testa da un'altra parte.

-Che scemo che sei.- Risi mentre gli scostavo la zazzera di capelli ricci da davanti agli occhi.

-Adesso che facciamo?- Chiese Daphne una volta arrivati al porto.

-Un momento...- Li fermai, poi mi avvicinai al bordo della banchina e scesi una piccola scaletta fino ad entrare nell'acqua.

-Vicky! Ma sai quanto è sporca quell'acqua? Esci subito!- Mi sgridò Katerina.

-Si mamma, solo un attimo.- La presi in giro e ghignai nel vederla sbuffare. Chiusi gli occhi, con le gambe immerse nel liquido mi concentravo meglio.

-Jo ripetimi le coordinate.- Le chiesi.

-28,24 gradi di latitudine Nord e 78,42 gradi di longitudine Ovest.- Mi accontentò quella. Dopo qualche secondo uscì dall'acqua cone le scarpe e i pantaloni fradici fino al ginocchio.

-E' al largo della Florida.- Dissi. -In mezzo al nulla, ad un migliaio di chilometri dalla costa centro-meridionale.- I miei amici si lanciarono un'occhiata. -Che cosa c'è?- Chiesi.

-Bè...- Prese parola Daphne. -Da come lo dici sembra nel Mare dei Mostri.

-Il Mare dei Mostri?- Domandai.

-Sarebbe l'equivalente del Triangolo delle Bermuda. Un bel posticino dove gli Dei non possono esercitare alcun potere e sicuramente non scarseggia di mostri imbattibili e isole infestate.- Spiegò Andrew.

-Ah.- Mi limitai ad aggiungere, certo questa non era una bella notizia.

Katerina si fece avanti. -Questo lo vedremo in seguito. Comunque sono sicura non si trovi effettivamente nel Mare dei Mostri. Dubito sarebbe la rotta di un viaggio su una nave da crociera.- Non faceva una piega.

Gli altri la guardarono titubanti. -Allora, a questo punto bisogna capire come arrivarci.- Riaprì il discorso Jo.

-La via più economica sarebbe prendere il treno, però fino alla Florida è lunga e dubito che in quel caso sarebbe molto economico.- Disse Andrew, dopo qualche secondo.

-Prendere l'aereo non se ne parla vero?- Chiese Josephine.

-Sennò andare in pullman?- Propose Daphne.

-Si potrebbe anche fare, si corrono meno pericoli, però non ci siamo di budjet. Da qui fino in Florida ci verrebbe a costare un occhio della testa. Per ora io mi aggrego all'idea di andare in aereo.- Disse Kate. -Innanzi tutto sarebbe più veloce e il diciassettesimo della profezia si potrebbe riferire al giorno di viaggio e se noi rimanessimo bloccati a causa di un guasto o di un mostro che distrugge il treno/pullman?- Continuò.

-Sarebbe un'idea, ma ricordatevi che dobbiamo anche tornare. E sette semidei freschi di impresa che fanno su e giù per gli Stati Uniti non attireranno di certo poca attenzione e...- Travis inizò a proporre i uoi pensieri, ma venne interrotto.

-Naturalmente non dobbiamo dimenticarci che Vicky è figlia di un dio del mare, per quanto antico possa essere non credo che a Zeus farebbe piacere che scorrazzasse per i suoi cieli.- Disse Kate.

-Ti dispiace? Stavo parlando.- La rimproverò Travis ma Kate rimase in silenzio come se non avesse parlato nessuno. Presi un respiro profondo, bisognava avere pazienza, solo tanta pazienza.

-Kate, puoi anche evitare di dirci cosa sia successo, ma così non aiuti.- Ripetei.

-Comunque avete ragione tutti e due.- Jo si intromise, provando a fare da intermediario. -Per il problema del nostro numero, ci sto pensando io da quando abbiamo lasciato il Campo Mezzosangue ma per il resto, pare impensabile arrivare sin la senza prendere un aereo.- Concluse e li notai tutti annuire. Ovviamente aveva ragione, ma cosa significava che ci stava pensando lei al nostro numero?

-Jo, ci stai pensando tu a... cosa?

-Giusto, ancora non lo sai... Bè, io posso manovrare la Foschia, mia madre ne è la Signora, la conosci giusto?- Annuì, certo che conoscevo la Foschia! Me ne avevano parlato fino alla nausea.

-Naturalmente, se la sai usare bene, riesce a mascherare l'odore dei semidei. Far vedere agli altri quello che vuoi per ingannarli, un sacco di cose... Non come questi due affetti da cleptomania.- Continuò Jo indicando Travis e Connor, mentre questi ultimi annuivano. Ci misero qualche secondo a capire.

-Ehi!!- Si lamentarono, ma la cugina li guardò cercando di imitare il loro sorriso da "faccia di angioletto così non ci sgamano".

-In ogni caso,- Prese parola Daphne. -Se dobbiamo viaggiare per forza per aria, io direi di diminuire almeno il tragitto.

-Se arrivassimo fino a Washington, da lì partono aerei per ogni direzione. Naturalmente elimineremmo poco dalla tabella di marcia, però almeno qualcosa abbiamo fatto.- Propose Kate.

-D'accordo, è andata. Direi di prendere la metropolitana per arrivare in stazione, è la strada più veloce. A Washington ci arriveremo in treno.- Esplicitai, nessuno obbiettò. Eravamo circa all'altezza del 'Holland Tunnel', in tre massimo quattro fermate saremmo arrivati. Giunti in stazione andammo subito a confrontarci con l'enorme tabellone degli arrivi e delle partenze.

-Tra quanto parte il prossimo treno per Washington?- Chiese Josephine.

-Tra un'ora e un quarto. Meglio mettersi comodi.- Rispose Kate.

-Allora, che ne dite se ci diamo mezz'ora di tempo ciascuno e ci rivediamo qui allo scoccare del tempo? Io nel frattempo vado a prendere i biglietti.- Proposi.

-Andata.- Rispose Andrew per tutti. Dopo essermi fatta dare i soldi necessari da Kate e preso i biglietti approfittai del restante tempo a disposizione per andare in bagno e raccattare una mappa degli Stati Uniti per studiarmi un po' il percorso, almeno avremmo saputo dove andare.

Quando tornai trovai Travis e Jo intenti a gustarsi una ciambella a testa e Connor mentre ammirava una banconota da 50 dollari. -Ragazzi! Non si fanno certe cose, dove li avete presi?- Chiesi sospettosa, dato che i soldi erano insieme a tutte le nostre cose nello zaino magico di Katerina e questa ancora non si vedeva.

-Lavoro di squadra.- Risposero in coro i tre.

-Per il resto, li abbiamo trovati.- Sussurrò Connor.

-Siete incorreggibili.- Dissi scuotendo la testa. -Per le ciambelle ormai è troppo tardi, piuttosto quella banconota... dove l'hai presa?

-Te l'ho detto, l'ho trovata era per terra.

Sbuffai. -Connor, guardami.- Appena si voltò inchiodai il mio sguardo nel suo. -Dove hai preso quei soldi?- Chiesi, notai il suo sguardo farsi più vacuo per poi rispondere come se stesse recitando una preghiera.

-Era nel portafoglio di un signore, sporgeva dalla tasca dei pantaloni e l'ho preso, svuotato e rimesso a posto. Ho trovato 62 dollari sfusi contando la banconota che ho fra le mani, in questo momento gli spicci sono nella mia tasca destra.- Recitò lui. Contenta del risultato ottenuto interruppi il contatto visivo. -Non è giusto fare così!- Si lamentò il ragazzo mentre Jo e Travis se la ridevano bellamente.

Quando un boccone andò di traverso a Josephine, Connor non potette fare a meno di scoppiare a ridere. Andrew ci trovò così, tutti e quattro a ridere a crepapelle per non si sa quale motivo, e fu contagiato dall'atmosfera divertente. Proprio quando notammo che erano passati più di quaranta minuti e che Daphne e Kate non fossero ancora tornate si sentì una voce provenire dagli altoparlanti.

-Attenzione: allontanarsi dall'ala nord della stazione. Il negozio di 'Monster Donut' ha preso fuoco. Attenzione: allontanarsi dall'ala nord della stazione. Il negozio 'Monster Donut' ha preso fuoco...- Sull'enorme schermo che pendeva dal soffitto della stazione cominciarono a passare delle immagini di alcune telecamere di sicurezza che ritraevano due persone mentre cercavano di tenere a bada, con strani movimenti delle braccia, quello che sembrava un enorme cagnone inferocito. Sotto la didascalia riportava "Due ragazze spaventate da un cane un po' troppo vivace decidono di spaventare quest'ultimo con il fuoco: tentativo riuscito male".

Dopo ciò gli sguardi preoccupati di cinque ragazzi si incrociarono prima di dirigersi di corsa verso l'ala nord della stazione che, effettivamente, stava andando a fuoco. Poco distante, su una panchina notammo un paramedico intento a bendare la gamba di Kate, con accanto Daphne che mostrava i vestiti bruciacchiati.

-Daphne!- Esclamò Andrew prima di correrle incontro. -Cosa è successo?- Domandò.

-Ne parliamo dopo.- Rispose la ragazza, riferendosi alla presenza del paramedico. Nel frattempo ci eravamo tutti avvicinati.

-Che cosa hai fatto alla gamba?- Chiese Jo.

-Ustione di secondo grado.- Rispose il paramedico mostrandosi, per poco non mi venne un colpo. Lo conoscevo e sono sicura che anche Kate lo avesse riconosciuto. Era un ragazzo sulla ventina che aveva fatto un piccolo stage con il nostro professore di scienze, per diventare in futuro un insegnante. Non sapevo fosse anche un paramedico! Solo al ricordo che quell'inverno avessi fatto parte del gruppetto di ragazzine che gli sbavavano dietro mi venne da vomitare.

-Oh, ma noi non ci siamo già incontrati?- Chiese infatti.

-Ehm... si. Quest'anno ha fatto uno stage nella mia scuola e...

-Giusto! Ora rammento. Katerina me la ricordavo, sempre con la risposta pronta anche se poco attenta e poi... come fai a dimenticarti di lei?- Mi interruppe. Dovetti trattenermi dal ridere per la sua affermazione. Non contando il fatto che un quasi estraneo avesse chiamato Kate così amichevolmente.

-Se non sbaglio, dovresti essere Victoria. La ragazza che finiva in presidenza tre volte su due.- Connor scoppiò a ridere, gli lanciai uno sguardo di fuoco.

-In ogni caso, potrebbe dirci che cosa è successo alla mia amica?- Chiese Travis, calcando l'aggettivo. Pareva secernere odio dagli occhi mentre osservava il paramedico. Kate lanciò un'occhiataccia al figlio di Ermes e il paramedico, dovendo aver interpellato male il segnale si sistemò meglio sulla panchina accanto a Katerina.

-Ah, si. La zona colpita è molto estesa e causerà sicuramente un forte dolore per la prossima settima. Non è da ignorare. Kate, ti consiglio di passare al pronto soccorso per ricevere da un dottore cure ed informazioni più accurate.- Fece un sorriso smagliante. L'ha davvero chiamata Kate?! -Ti lascio questo campione di pomata, potrà darti un po' di sollievo quando inizierà a farti male il polpaccio.- Continuò il ragazzo porgendo un barattolino a Kate.

-Grazie mille ma sto bene così, non fa tanto male.- Rispose gentilmente, nonostante si notasse che stava trattenendo una smorfia di dolore.

-Robert! Vieni, abbiamo bisogno di una mano!- Urlò qualcuno alle nostre spalle.

-Arrivo!- Esclamò il ragazzo. -Ti lascio lo stesso la crema, probabilmente ci rivedremo Katerina, mi farebbe molto piacere rincontrarti. Arrivederci.- Ci salutò prima di raggiungere i colleghi. Sul serio? Ci aveva davvero provato con Katerina? Fantastico! Un'altra persona che si prende una sbandata per Kate, ed io?

Osservammo la bionda in cerca di risposte.

-Perché mi guardate così? Mi ha solo fasciato la gamba, è il suo lavoro e sarebbe stato scortese non rispondere gentilmente.- Sbottò scocciata Kate.

-Certo, certo. Dicono tutti così.- Ammise con fare malizioso Josephine. Al quale la ragazza scosse la testa nel tentativo di portare capelli davanti al viso per coprire il colorirsi delle guance, come faceva tempo prima, atto che ovviamente non le riuscì a causa del taglio troppo corto. Era una persona dal rossore facile, bastava una frase fuori posto ed ecco qua. Notai Travis nascondere un ringhio. Se non fosse per la situazione, avrei chiuso quei due in una stanza fin che non si fossero spiegati. Mi stavano mandando ai matti!

-Allora, di questo ne parleremo in treno. Per il momento direi di andare a fare scorta di viveri così, magari, riusciamo a stare tranquilli per un paio di giorni.- Proposi e appena ci fummo allontanati abbastanza ne approfittai per dare dell'ambrosia alla figlia di Apollo, giusto per diminuire le sue sofferenze. Neanche un giorno e qualcuno si era già fatto male, si prospettava un viaggio intenso.

Dopo aver preso svariate bottiglie di acqua e altrettanti panini li depositammo nello zaino di Kate. In seguito salimmo sul treno ed entrammo nella cabina. Poiché ogni scomparto aveva otto posti sperammo ardentemente che nessuno avesse comprato il biglietto per l' ultimo sedile libero, almeno avremmo potuto discutere in santa pace. Dopo quindici minuti dalla partenza constatammo di essere da soli, Katerina tirò fuori il cibo e facemmo un breve pranzo.

-Spiegatemi un po' la storia del 'Monster Donut'?- Chiese Connor.

-Dunque, stavo bazzicando in giro quando ho incontrato Kate. Mi piacerebbe dire diversamente ma abbiamo cominciato a litigare...- Cominciò Daphne.

-Proprio davanti al negozio! E ad un certo punto abbiamo notato il cane del proprietario che ci guardava famelico. E' stato difficile scoprirlo attraverso la foschia ma dopo una sputata di acido siamo riuscite a constatare essere un'idra.- Disse Kate.

-In effetti non è stata una mossa intelligente separarci, non ho potuto controllare la foschia in un luogo così esteso.- Ammise Jo.

-E ce lo dici ora?!- Esclamai.

-Non me l'avete chiesto!

-Non importa, ormai è fatta. Dicevate?- Mi riferì a Daphne e Kate.

-Sisi. Insomma, non ci ho pensato due volte prima di attaccarlo, ma dopo avergli tagliato due teste con la mia spada, ne spuntarono quattro!- Esclamò scandalizzata Daphne.

-Io l'avevo detto che tagliare la testa ad un'idra è una cosa da deficienti ma...- Lanciai uno sguardo ammonitorio a Kate. -...ma non ha fatto in tempo ad ascoltarmi. Così mentre indietreggiavamo, in cerca di riparo dall'acido, mi venne un'idea. Mi avvicinai ai fornelli e presi la bombola del gas.- Disse Kate. -Lo so, è una mossa da pazzi ma non c'era altra scelta, solo il fuoco sarebbe riuscito a fermarla.- Si affrettò ad aggiungere.

-Altro che pazzi! Poi uno si sorprende di cosa ti sei fatta alla gamba.- Esclamò Travis.

-Ma questo non c'entra niente con l'ustione. Sono stata io, non avevo capito l'idea di Kate e mi sono messa in mezzo. Se lei non mi avesse scansato in tempo ora lei non riporterebbe neanche un graffio, ma io sarei cenere.- Disse Daphne prendendo le difensive della ragazza. -Grazie.- Aggiunse, con difficoltà, la figlia di Ares.

-Di niente.- Rispose sincera Kate. Dopo un momento di silenzio un urlo squarciò l'aria.

-Finalmente!! Non sapete da quanto tempo aspetto questa riappacificazione! Vero Andrew?- Esclamò Connor mettendosi tra le due ragazze e abbracciandole. Vidi lo Smith annuire mentre Katerina rispondeva affettuosamente all'abbraccio, al contrario dell'altra che si scansò.

-Basta con queste cerimonie.- Disse Daphne spolverandosi la maglietta, come se il ragazzo l'avesse appena ricoperta di terra. -Siccome abbiamo altre tre ore di viaggio io direi di farci un pisolino.- Furono le sue ultime parole, prima di mettersi comoda e sprofondare nel sonno.

-Vado a farmi un giro, non mi piace rimanere fermo a far niente. Se noto qualcosa di strano vengo ad informarvi.- Si licenziò Andrew.

-Kate mi puoi dare la cartina?- Chiesi. La ragazza aprì il suo zaino tirandone fuori un libro voluminoso e la mappa che mi passò, dopo di che sfogliò il primo iniziando a leggerlo.

-Ti sei davvero portata quel coso a presso?- Domandò divertito Travis. La ragazza si limitò a stringere le dita sulla copertina del volume facendosi sbiancare le nocche.

-Zitto Travis, quel libro riporta racconti su tutta la mitologia greca. Può essere molto utile dato il fatto che Taumante è praticamente inesistente.- Disse Jo dando uno scappellotto al cugino.

-Dunque...- Iniziai. -Arrivati a Washington dovremmo riuscire a prendere un aereo che ci porterà ad Orlando. Poi bisognerà vedere... per arrivare a destinazione potremmo prendere una di quelle barche enormi da trasporto merci che va alle Bermuda. Non guardatemi male non mi ricordo come si chiamano! Per quanto riguarda dopo, mi dispiace ammetterlo ma, in tal caso, saremo costretti a rubare una barca... o una scialuppa... o qualsiasi cosa che galleggi per arrivare al luogo desiderato.- Conclusi.

-Tranquilla, ci sono due esperti in furti a disposizione.- Si vantò Connor, come se essere capaci di rubare qualcosa senza essere beccati fosse un vanto.

-Dove? Io non li vedo.- Aggiunsi mettendomi una mano sulla fronte per ispezionare il luogo.

-Questa è vecchia.- Ridacchiò Jo. Dopo circa due ore di viaggio Andrew rientrò nella cabina.

-Guarda, guarda, chi si degna di farci compagnia.- Esclamò con ironia Jo.

-Dove sei stato?- Chiesi.

-Ho fatto su e giù per il treno fino ad ora ed ho notato una cosa abbastanza strana.- Fece una smorfia.

-Direi di svegliare gli altri.- Proposi. Detto ciò, mentre Jo svegliava Kate, riportai nel mondo dei vivi Travis e Connor, il primo dei quali si avvicinò con fare sospetto a Daphne che ancora dormiva serenamente.

-Non... osare... toccarmi... Stoll.- Sibilò questa, quando Travis si avvicinò un po' troppo alla sua faccia. -Spero ci sia un motivo importante per avermi svegliata.- Disse Daphne stiracchiandosi.

-Non so se sia importante, ma ho notato che qualcuno ha cominciato a seguire il treno da quando abbiamo fatto quel paio di chilometri sulla costa, vicino a Claymont.- Spiegò Andrew andandosi a sedere.

-Non è strano che qualcuno segua il treno. Potrebbe essere chiunque, un turista disperso, qualcuno a cui non andava di fare il biglietto...- Cominciò ad elencare Connor.

-Intendevo qualcuno non umano.- Lo interruppe Andrew con fare ovvio. -Ha la forma di una donna. Volava di fianco al treno, sembrava una folata di vento con un colore fin troppo azzurro.- Continuò il figlio di Ares.

-Potrebbe essere un buon segno, se ha aggirato la mia foschia magari ha qualcosa di importante da dirci.- Suppose Jo.

-Oppure è talmente potente dal riuscirci per ammazzarci tutti.- Ipotizzò Connor. Non l'avesse mai detto. In quell'istante qualcuno ruppe il finestrino della nostra cabina che fu inondata dal vento.

-Oh, ma guarda un po' chi c'è? Kyriake quanto tempo.- Disse zuccherosa quella che sembrava un fantasma celeste. Fu perfettamente udibile nonostante il forte rumore della corrente che pareva volesse risucchiarci.

-Ma sei pazza?! Rischi di ucciderci!- Urlò Daphne cercando di sovrastare il rumore.

-Oh ma è proprio questo l'intento.- Disse con voce dolce prima di puntare i suoi occhi blu su di me. Notai Jo avvicinarsi alla porta e proprio nell'istante in cui quell'essere mi saltò a dosso tirò la manopola dei freni di emergenza.

Questo fece cadere tutti per terra, compresa la strana creatura che al contrario scomparve nel pavimento. Durante i secondi di assenza di quell'essere noi ne approfittammo per uscire dalla finestra ormai frantumata, nonostante il treno non si fosse ancora del tutto fermato. Fu un duro impatto ma questo permise di farci allontanare dallo spiritello senza che ci muovessimo, in seguito cominciammo a correre verso quello che sembrava un piccolo boschetto. Ma dopo poco Katerina cominciò a rimanere in dietro.

-Kate! Veloce!- La spronai. Ma quella dopo aver fatto un piccolo scatto si fermò con una smorfia di dolore, per poi avvicinarsi zoppicando. Connor e Travis tornarono in dietro. L'uno prendendo il suo zaino che, appena fu poggiato sulla sua mano, questa fu trascinata a terra dal peso dell'oggetto. L'altro si girò di schiena con un chiaro invito ad issarsi in spalla. Kate sembrò riluttante all'idea.

-Insomma! Non fare la preziosa!- Esclamò nervoso. La ragazza si voltò e notando la sagoma azzurrina uscire dal treno e guardarsi attorno confusa decise di accettare l'aiuto. Appena ci raggiunsero riprendemmo a correre ma quella strana creatura si avvicinava sempre di più, con noi sempre più stanchi e lei sempre più veloce. Passammo accanto ad un fiumiciattolo e con il movimento di una mano azzurra un'onda si alzò dal suo letto e si infranse su di noi, grazie agli dei avevo i riflessi pronti e impedì che tutti venissero trascinati via. Ormai non potemmo fare altro che fermarci e affrontarla.

-Chi sei?- Urlai.

-Sul serio Kyriake? Non ti ricordi di me?- Domandò con voce ondulante.

-Perché continui a chiamarla Kyriake?- Chiese questa volta Daphne.

-Perché è il suo nome.- Continuò con voce dolce adagiandosi a terra e prendendo sembianze umane. Da un puffo volante mutò nella donna più strana e stupenda che avessi mai visto. Aveva gli occhi di un blu sorprendente, così scuro da sembrare nero, una tiara di corallo tra i lunghi capelli neri con sfumature verdastre. Ma la cosa che più mi sorprese fu la pelle, di un bianco cereo. Da lontano poteva sembrare normale ma visto da vicino si potevano notare riflessi azzurri, come se dentro di lei scorresse dell'acqua.

-Io non mi chiamo Kuria... Kyra.. o come diavolo si pronuncia, sono Victoria Clark!- Esclamai. La donna mi rivolse un sorriso materno. Il solo guardarla, in quelle sembianze e con quel sorriso mi fece venire un terribile mal di testa. L'avevo già incontrata.

-Chi sei? Perché dovrei conoscerti?- Chiesi spaventata. I miei amici se ne accorsero. Quella donna dava l'idea di conoscermi, forse anche meglio di me stessa, avrebbe potuto darmi delle risposte sulla mia vita passata, sul motivo di tutto questo. Io avevo bisogno di una spiegazione, ma il fatto che lei si ricordasse di me e io non di lei mi terrorizzava. Ogni volta che la vedevo sorridermi in quel modo era come vivere un flashback, ma il minimo sforzo di memoria mi faceva venire dolorosissime fitte alla testa. Perché non potevo ricordare?

-Io sono l'Oceanina Elettra.- Si presentò. Mi bastarono quelle parole, bastarono a tutti per far capire che le intenzioni di quella divinità non erano delle migliori. Con alla memoria la profezia quel verso cominciava ad avere senso: "Nella profondità marina si nascondono il mostro e l'oceanina." Elettra collaborava con mio padre. Il flusso dei miei pensieri fu interrotto dalla voce suadente dell'oceanina. -Moglie di Taumante, sono stata mandata da lui stesso per potarti al suo cospetto.- Disse avvicinandosi, mossa avventata poiché tutti i miei compagni sfoderarono le armi. Scusate, mi tocca correggermi, Connor, Travis e Andrew impugnarono le loro armi mentre le restanti parevano ammaliate.

-Hai detto di volerci uccidere.- Esclamò sospettoso Travis.

-Devo essermi espressa male. Dovrò uccidervi solo se opporrete resistenza e con tutte quelle armi puntate contro di me direi che non è un buon inizio. Seguite l'esempio delle vostre compagne. Devo solo portare Kyriake da suo padre.- Disse con voce dolce. Improvvisamente i miei sospetti sulla donna sparirono. Non avrei mai immaginato Elettra nell'atto di uccidere qualcuno, sembrava una persona per bene, troppo dolce.

I miei amici mi guardarono, in attesa di una risposta. La profezia diceva che avevamo bisogno l'uno dell'altro e io non volevo dividere il gruppo. Ma guardare Elettra sorriderci dolcemente mi scombussolava, non volevo dirle di no, sembrava così onesta. Sarebbe stato molto utile un passaggio, anche se comprendeva solo me.

-Clark! Risvegliati! Sta cercando di dividerci!- Esclamò Connor. Lo guardai dubbiosa. Come poteva solo pensare che quella donna tanto dolce stesse cercando di separarci?! Voleva solo aiutare, come una madre farebbe con la propria figlia. Poi sospettavo che Elettra avrebbe ritirato l'offerta se qualcun altro avesse messo in dubbio la sua proposta.

-Connor non dire idiozie! Ci vuole aiutare non l'hai capito?- Disse Kate.

-Concordo, stiamo comunque andando da Taumante. Un passaggio non farebbe male.- Aggiunse Jo.

-Ma vi siete bevute il cervello?! E' un mostro! Vuole dirottarci.- Protestò Travis.

-Stoll smettila! Elettra è una donna per bene, non dovresti rivolgerti a lei in questo modo.- Lo rimproverai e fui felice dello splendido sorriso rivoltomi dall'Oceanina.

-Ma che cosa stai dicendo?! Che cosa state dicendo tutte quante?! Vi sta confondendo, per Ares! Vuole dividerci portando via Vicky! Non avete notato che ci sta anche facendo litigare?!- Si intromise Andrew.

-Che idea stupida. D'altronde non mi aspetto altro da un deficiente come te, io direi di accettare. Victoria incontrerebbe suo padre, sistemerebbe le cose e noi potremmo tornare al Campo. Semplificherebbe tutto.- Disse Daphne. La ragazza aveva assolutamente ragione, che idea stupida quella di Andr...un momento. Daphne non insulta mai il fratello, non l'avevo mai sentita offendere il gemello. Qui qualcosa non stava andando per il verso giusto.

Osservai i miei amici; Jo, Kate e Daphne sembravano sul punto di inchinarsi all'Oceanina che rivolgeva loro degli splendidi sorrisi compiaciuti, per un momento ne rimasi incantata poi scossi la testa. Osservai Travis, Andrew e Connor che la guardavano disgustati continuando a rivolgersi alle compagne nel tentativo di risvegliarle da quello che ora potevo definire un incantesimo. Spostai di nuovo il mio sguardo su Elettra e per poco non cacciai un urlo.

Non era più tanto bella: gli occhi sembravano spiritati, i capelli erano diventati definitivamente verdi mentre il corpo era acqua fluttuante. Ma la cosa più inquietante era la bocca. Occupava circa metà della faccia e non faceva altro che sorridere malignamente mostrando un'arcata di canini aguzzi. Il suo sguardo si posò su di me.

-Kyriake la mia proposta non è valida per l'eternità.- Disse lanciandomi un sorriso che metteva in risalto soltanto i suoi raccapriccianti denti. Ormai sapevo cosa fare, risponderle con un no secco. Però lei avrebbe potuto darmi delle risposte a quelle domande che mi tormentavano da giorni. Vidi le ragazze osservarmi annuendo vigorosamente al contrario dei ragazzi che negavano scuotendo le braccia in segno di protesta... dovetti reclinare l'offerta.

-Ci scusi Elettra...- Cominciai inchinandomi. -Ma non intendiamo dividerci.- Mai avessi detto quelle parole. L'Oceanina fu attorniata da un'enorme nube vorticosa che sapeva di brezza marina, nonostante il piacevole odore la vista non era altrettanto bella.

-Perché?!- Mi urlarono contro Jo, Daphne e Kate in sincronia.

-La scusi Elettra, è solo confusa. Non si azzarderebbe mai a rifiutare una sua offerta.- Disse Kate.

-Comprendo dolce Katerina, ma gli ordini sono ordini. Kyriake ha scelto la morte al contrario della salvezza e purtroppo questo sarà anche il vostro destino mie adorate bambine.- Fece un ultimo sorriso rivolto alle altre ragazze prima che la bocca scomparve all'interno del vortice.

-Che cosa hai fatto?! Ti rendi conto che... aspettate.- Jo si fermò nel bel mezzo della frase.

-Che cosa è successo?- Chiese Daphne, mentre osservava Andrew.

-Ne parliamo dopo, per il momento direi di evitare di farci ammazzare.- Esclamai. Annuimmo tutti.

-Connor! Passami lo zaino!- Urlò Kate, il ragazzo obbedì e lei iniziò a scagliare frecce a raffica ma non facevano atro che scomparire all'interno della nube. Andrew e Daphne non si posero neanche una domanda prima di assalire il vortice. Per ora Elettra si era solo difesa. Notai la sua figura all'interno della nube salmastra con due pugnali in mano, probabilmente i due figli di Ares non l'avevano notato tanto erano impegnati a colpire l'aria che l'avvolgeva.

-Daphne! Andrew! Allontanatevi!- Urlai. Il ragazzo si girò distratto.

-Perché?!- Gridò. Potrebbero esserci due tesi sull'avvenimento seguente: o gli salvai la vita oppure rischiai di fargli amputare il braccio. Sta di fatto che mentre Andrew si girava un coltello lo colpì al braccio destro, ferendolo gravemente. Il ragazzo indietreggiò reprimendo un urlo di dolore, ma velocemente si strappò una parte della maglietta per legarsela attorno all'arto ferito e tornò alla carica.

Diversi bracci si diramarono da quello che ormai si poteva definire un piccolo uragano. Uno di essi risucchiò Jo che ne uscì ricoperta di graffi e ferite sanguinanti, non riuscivo a capire che cosa ci vorticasse dentro, ma sicuramente era qualcosa di tagliente e letale.

Dopo diversi tentativi di fermare i piccoli vortici che si erano separati dalla nube che avvolgeva Elettra decidemmo di riunirci intorno quest'ultima. Mentre i miei compagni sferravano possenti colpi all'oceanina e ne subivano altrettanti sia da quest'ultima che dalle diverse cose che il vortice aveva risucchiato o conteneva di suo, io invocai l'acqua.

Sentì una dolorosa stretta allo stomaco e inseguito fui attorniata da un'immensa quantità d'acqua vorticante, presa dal fiume. Essendo all'interno di essa riuscì a far alzare il fluido con me dentro, insomma a modo mio stavo volando! Mi spinsi all'interno della nube e mi ritrovai di fronte Elettra.

-Non puoi sconfiggermi con l'elemento che mi rappresenta!- Urlò. L'acqua dolce. Com'è possibile che io riuscissi a governare sia questa che quella degli oceani? Cercai di non pormi altre domande e decisi di avvicinarmi. Sapevo che era rischioso, ma avevo bisogno di risposte.

-Perché Taumante vuole portarmi da lui?- Chiesi.

-Oh, mia dolce bambina. La curiosità ha un brutto effetto su di te, stai abbandonando i tuoi compagni per avere delle risposte che non ti porteranno da nessuna parte.- Detto ciò tentò di trafiggermi. Riuscì a deviare il colpo con la mia lancia, nonostante le sue parole decisi di riprovare.

-Come fa a sapere della nostra impresa?- Tentai un altro approccio evitando di colpirla.

-Mio marito prevede il futuro, sa molte cose.- Disse l'Oceanina scagliandosi contro di me. Parai il suo colpo e tentai di colpirla, ma la ninfa era sin troppo veloce e la mancai diverse volte. Fece una risata degna del peggior dei Supercattivi e mi attacò.

-Elettra non voglio farle del male. Mi deve solo dire perché Taumante mi ha lasciata addormentata per tutto questo tempo!- Implorai.

-Voleva potere, immagino, e gli servivi. Comunque è inutile, mi è stato ordinato di ucciderti e io non voglio deludere il mio adorato marito. Il tuo difetto fatale ti ha portato alla rovina.- Sferrava colpì a raffica e io ero troppo impreparata per controbattere, per ora avevo solo parato i colpi con la mia lancia.

Mi colpì varie volte, ma un taglio al fianco mi lasciò senza di fiato al che la ninfa ne approfittò per darmi una bella botta in testa con l'elsa. Dal suo atteggiamento supposi volesse avermi viva, ma tutto ciò non aveva senso! Ero frastornata ma tentai lo stesso un affondo con la lancia, che la trapassò lì dove ci sarebbe dovuta essere la spalla. "Wow, emozionante" Pensai con ironia. Dato il fatto che era acqua galleggiante supposi che il mio unico raggiungimento fosse stato inutile e mi ritrovai ad imprecare in una strana lingua arcaica.

A quanto pare, però, lei era di altro avviso. Fece un urlo di dolore e spaccò in due la mia splendida lancia. Mi ci ero affezionata e vederla rompersi mi distrasse per quel fatale secondo che permise ad Elettra di spingermi fuori dalla nube. Atterrai per terra in uno scrosciare d'acqua. Connor mi venne subito vicino.

-Stai bene?- Mi chiese aiutandomi ad alzarmi. Mi scostai i capelli bagnati dalla faccia ed osservai la scena. La nube di Elettra era cresciuta di diversi metri cubi durante la mia assenza. Notai che stava risucchiando l'acqua del fiume.

-Connor! Elettra è così potente perché è vicino all'acqua corrente, dobbiamo allontanarla!- Esclamai, il ragazzo annuì poi fece segno agli altri e prendendo Kate sottobraccio ci allontanammo verso la foresta.

-Non vi salverete la vita scappando semidei!- Urlò l'oceanina prima di seguirci. Ci inoltrammo verso il folto del bosco vedendo pian piano la nube di Elettra diminuire fino a scomparire, rimase solo lei. Ci lanciò un occhiata che poteva significare soltanto: "Avete allungato la vostra vita solo di qualche giorno, perché vi ritroverò e vi ucciderò". In effetti un discorso piuttosto lungo per esser stato detto con lo sguardo. Mi vennero i brividi. Decidemmo di inoltrarci ancora un po' prima di fermarci ormai esausti. Il sole era tramontato da un pezzo quindi decidemmo di accamparci vicino ad un'enorme rupe che spiccava nella foresta. Accendemmo anche un fuoco, l'idea non era geniale ma avevamo bisogno di luce e la figlia di Apollo non se la sentiva di fare la Torcia Umana. Kate si mise a sedere mentre tirava fuori dal suo zaino magico un piccolo rotolo di garza e qualche bottiglia che, di sicuro, non conteneva acqua. Quante cose si sarà portata?

-Allora, tutti qui intorno a me.- Disse autoritaria, noi seguimmo il suo ordine mettendoci in semicerchio davanti a lei. Lanciò un veloce sguardo a tutti prima di riprendere a parlare. -Andrew avvicinati, dobbiamo sistemare quel braccio.- Dopo di che mentre gli altri mangiavano la loro porzione di cibo Kate passava a curare tutti.

In un battito di ciglia la profonda ferita sul braccio di Andrew scomparve, fece fare uno strano crak al polso di Jo prima di fasciarlo, del mio taglio sul fianco rimase solo la cicatrice, fermò lo scorrere del sangue della tempia di Daphne, curò la schiena di Travis che sembrava scartavetrata per poi chiudere gli occhi e far scomparire quell'enorme striscia rossa sulla spalla di Connor.

Pensai subito che mi sarebbe piaciuto riuscire a far guarire qualcuno così, illuminando un pò le mani e chiudendo gli occhi. Non avevo mai visto un curatore in azione. Naturalmente mi smentì poco dopo, notando come Kate pian piano che passava a curare ciascuno di noi diventava sempre più pallida e traballante, ad un certo punto sembrava che stesse addirittura per svenire e accasciarsi a terra da un momento all'altro. Alla fine fummo costretti a fermarla prima che decidesse di fare un altro giro e sistemare anche i graffi più superficiali. Mi dispiace ammetterlo ma io non ero, non sono tutt'ora, una ragazza molto altruista e l'idea di spendere così tante energie per curare qualcuno non mi allettava affatto, per questo ammiravo tanto la mia amica.

Mentre mangiavamo un boccone prima di coricarci, chiacchierammo ognuno per se sull'esperienza appena vissuta. Fino a quando Andrew richiamò l'attenzione involutamente, parlando a voce più alta. -Perché non ti sistemi la gamba con il tuo trucchetto?- Notai il suo sguardo posato sulla figlia di Apollo che aveva approfittato del momento per sciogliersi le bende dalla gamba e controllare la situazione mettendosi un pò della crema datale da Robert.

-Non funziona su di me.- Rispose in un soffio dolorante. -Che fregatura vero?- Riuscì a scherzare. Guardai il suo polpaccio e per poco non mi venne da vomitare, suppongo che abbiate presente l'aspetto di un'ustione violacea con varie bolle acquose sopra, raccapricciante. Non mi stupisco del fatto che non riuscisse a correre. Appena finì prese quelle che sembravano barrette energetiche e ce ne passò un paio per dividercele.

-Dovresti riposare.- Fece Travis, porgendole il restante contenuto della sua bottiglia d'acqua che la ragazza ignorò. Il figlio di Ermes rimase qualche secondo con il braccio alzato prima di fare un respiro profondo, il comportamento di Kate stava mettendo a dura prova il suo autocontrollo.

-Scusa Andrew.- Disse Daphne dopo qualche secondo di silenzio. -Sai, per prima. Non volevo dire quelle cose.- Continuò. Il ragazzo le si avvicinò e le diede un amichevole pugno sulla spalla. -Ti perdono solo perché so che non eri in te.- Disse.

-A proposito... Qualcuno può spiegarmi che cosa è successo questa sera?- Chiese Jo.

-Era il suo sorriso, è stato quello a distrarci.- Spiegò Kate.

-Ma per quale motivo non ha funzionato su di noi?- Chiese Connor.

-Infatti, l'avevo notato anche io. Forse funziona solo con il genere femminile.- Ipotizzò Jo.

-Ma soprattutto, perché Vicky è riuscita a risvegliarsi e noi no?- Chiese incuriosita Daphne. In effetti aveva ragione. L'unico motivo della mia esitanza era il fatto di sapere di più, avere risposte che l'Oceanina avrebbe potuto ovviamente darmi. Però non riuscivo a capacitarmene, perché io si e le altre no?

-E' un sorriso particolare. Quello che mostrava Elettra è uno di quei sorrisi che una donna rivolge alla propria figlia, che le rivolge quando è fiera di lei.- Disse Kate con il tono di voce tremolante. -Per questo Vicky ne ha subito meno di tutte quante noi l'effetto. Perché ha già una persona che le rivolge quei sorrisi, una madre che lo fa sinceramente, non come Elettra che lo fa solo per avere ciò che desidera.- Si fermò per interrompere la voce rotta. -Scusate io non...- Trattenne un singhiozzo cercando di alzarsi, ma le fu impedito dalle sue condizioni. Si rimise seduta nascondendo la faccia tra e mani.

-Che cosa le è successo?- Sussurrò Daphne, ma non ricevette risposta. Io mi avvicinai alla figlia di Apollo.

-Kate è tutto a posto.- Le disse Travis cercando di avvicinarsi, ma al tocco del semidio Kate si allontanò come scottata facendo sussultare più vigorosamente il petto nel suo pianto silenzioso. Solo ora notavo che, dalla litigata di quella mattina Travis si rivolgeva a lei chiamandola semplicemente Kate. L'abbracciai.

-Ero lì come un'idiota nel tentativo di rendere fiera di me quell'Oceanina. Una ragazza normale non dovrebbe farlo, una ragazza normale lo farebbe con la propria madre.- Riuscì a dire.

-Grazie tante.- Dissero in coro Jo e Daphne, le azzittì con lo sguardo.

-Ehi! E' tutto a posto. Non sei stata l'unica. E' successo a tutte noi, e poi fidati se ti dico che tutte le donne del mondo vorrebbero averti come figlia. Sei responsabile e autoritaria, ma talmente tanto dolce e gentile che tutto ciò ti rende praticamente perfetta. Non farti problemi su questo.- La consolai e la vidi fare un piccolo sorriso incerto che sparì nel giro di un secondo sostituito da uno sguardo duro e supplicante. Si portò una mano sulla testa come a volersi strappare i capelli e l'altra chiusa a pugno su un orecchio. Questo suo atteggiamento mi spaventò. -Che ne dici di metterti a dormire? E' stata una giornata stancante.- Le dissi guardandola negli occhi.

-Si ha ragione, specialmente per te... sembri sul punto di svenire.- Disse con la sua solita delicatezza Daphne. Ma a quanto pare funzionò perché nel giro di un paio di minuti Kate era sprofondata nel mondo dei sogni.

-Che le è preso?- Chiese a bassa voce Andrew mentre io sistemavo la ragazza su alcune coperte tirate fuori da lei in precedenza.

-Ha una situazione familiare complicata.- Spegò Travis guardando la figlia di Apollo che aveva ancora le guance bagnate.

-Strano per lei. In tutti gli anni che ci conosciamo non l'avevo mai vista piangere.- Ammisi pensierosa.

-Era anche molto stanca e per di più ci ha risistemati tutti.- Fece notare Jo.

-Che ne dite di cambiare discorso?- Fece Connor, probabilmente per il bene di Kate.

-Io proporrei il fatto che quell'Elettra è una schiavetta di Taumante.- Dissi.

-Come mai?- Chiese Andrew.

-Quando le ho parlato era tutto un 'Mi è stato detto di farlo', 'gli ordini sono ordini' e 'Non voglio deludere il mio maritino'- Dissi facendo una voce acuta.

-Bè in effetti non ci dovremmo preoccupare più di tanto per lei...- Disse Andrew.

-Sapeva della nostra impresa. Mio padre sa chi siamo e che cosa faremo.- Affermai. -Abbiamo ignorato un fatto molto importante, Taumante può predire il futuro.- Continuai. Si fece silenzio.

-Ciò significa che sa già il risultato della nostra impresa?- Domandò Daphne.

-Ne dubito. Non si disturberebbe tanto se lo conoscesse già.- Fece Travis.

-Per non contare i versi della profezia.... Elettra sicuramente ha un ruolo importante in questa storia.- Ricordò Connor.

-Bha, io non mi preoccuperei più di tanto.- Replicò Jo.

-Si, hai ragione...- Pensai ad alta voce. -Ho scoperto un'altra cosa. Dubito della sua importanza ma il fatto che diventi acqua, letteralmente, non la aiuta a non subire i colpi. L'ho trapassata con la mia lancia ed ha urlato di dolore.- Dissi.

-Rassicurante.- Bofonchiò Daphne.

-Io direi di metterci a dormire. Sto crollando dalla stanchezza.- Disse sbadigliando Andrew.

-Faccio io il primo turno di guardia.- Proclamò alzandosi Connor. -Tra un po' sveglio il prossimo malcapitato, ma nel frattempo fatevi una dormita. E' stata una giornata dura.- Continuò.

-Rimango sveglia anche io, siamo in tanti una persona non basta.- Dissi. Nel giro di un paio di minuti tutti stavano ronfando.

-Allora...- Iniziò Connor sedendomi accanto. -Che te ne pare come prima giornata?- Chiese.

-Sinceramente? Un disastro.- Ammisi. -In questo momento dovevamo essere su un aereo diretto ad Orlando e non dispersi chi sa dove tra New York e Washington.- Si, mi stavo lamentando. Si creò un piacevole silenzio interrotto dal rumore della vita notturna.

-Che cosa ti è saltato in testa prima?- Domandò Connor dopo un po'.

-Cosa Stoll?- Gli chiesi interrogativa.

-Quando sei entrata nel vortice di Elettra. Hai rischiato tantissimo! Hai visto anche tu che cosa era successo a Jo prima.- Mi spiegò il ragazzo. Feci una smorfia.

-Lo so è stata un'idea suicida. Però avevo bisogno di risposte e, come vedi, sono ancora viva e vegeta.- Dissi e notai il figlio di Ermes osservarmi interrogativo.

-Promettimi di non dirlo a nessuno.- Dissi autoritaria.

-Non posso farti promesse che so di non poter mantenere.- Mi rispose Connor.

-Stoll, per favore. Giuralo.- Aggiunsi. Il ragazzo mi guardò con una smorfia di disapprovazione, ma alla fine cedette.

-Lo giuro sullo Stige.- Tirai un sospiro di sollievo. -Guai a te se la cosa si rende importante.- Mi ammonì. Scacciai quelle parole con un movimento della mano.

-L'avevo già vista, Elettra. Ma non ricordo ne dove ne quando ed ho il presentimento che sappia molto più di quanto dia a vedere sul mio incantesimo e del motivo per cui fu creato.- Sospirai. -Io odio non sapere, ho un bisogno costantemente di risposte. Per questo ho deciso di affrontarla. Le ho posto qualche domanda venendo a sapere solo che in questo momento sono qui per un desiderio egoistico di mio padre.- Feci una risata sarcastica. -Per il potere. Ancora non ci credo. Tutte le guerre sono nate per questo e al solo pensiero di tutte le persone che faranno parte di questa mi sento sprofondare. In parte è colpa mia. Tutto ciò non sarebbe dovuto succedere.- Dissi scuotendo la testa.

-Io non credo sia così.- Mi disse invece Connor. -A mio parere era scritto, tutto ciò sarebbe dovuto accadere prima o poi. Cento anni fa, ora o tra mille anni. E francamente sono felice stia accadendo ora.- Disse lanciandomi un sorrisetto. Passò qualche secondo.

-Difetto fatale. Così l'ha chiamato.- Gli dissi.

-Cosa?

-La curiosità, l'ha chiamata il mio difetto fatale. Che cosa significa?

Connor si fece pensieroso. -Ogni eroe ne ha uno. Il mio difetto fatale è l'ambizione. Tipico no? Per un figlio di Ermes.- Mi spiegò. -Significa che questo difetto, se non lo tieni sotto controllo, ti porterà alla morte.

-Tutte cosa positive insomma.

-Già.- Mi rispose.

-Sai, c'è un'altra cosa strana che ho notato nel comportamento di Elettra: non voleva uccidermi. Ha affermato di avere gli ordini di farlo ma non l'ha fatto.- Ammisi.

-Bè, se è per questo avrebbe dovuto ucciderci tutti, ma siamo ancora qui.- Disse Connor.

-No... ti assicuro. Si comportava come se volesse incutermi paura. Come se volesse capacitarmi dell'idea di essere un difficile avversario. Ma ha mancato tante di quelle possibilità... se mi avesse davvero voluta morta, in questo momento non sarei qui.- Affermai decisa.

-E' ancora troppo presto per trarre simili conclusioni.- Mi rassicurò il ragazzo, però sembrava turbato.

-Forse hai ragione... dopotutto è ancora il primo giorno.- Dissi. -E poi, ha distrutto la mia lancia.- Continuai con tono triste. Il ragazzo sorrise.

-A quanto pare adesso puoi utilizzare la spada che ti ho rubato.- Disse, come se lo ripetesse tutti i giorni.

-Più che altro, adesso sono costretta ad utilizzare la spada che mi hai regalato.- Feci il segno delle virgolette con le dita, con sguardo tramortito.

-Guarda che così mi offendi!- Esclamò incrociando le braccia Connor.

-Più che altro, l'hai portata sul serio?- Chiesi sbalordita.

-Ovviamente, se hai uno zaino magico a disposizione come puoi trattenerti. Non oso immaginare che cosa mi farebbe Kate se scoprisse tutte le cose che ci ho infilato dentro.- Mostrò il suo tipico sguardo: "Opsss, mi hanno sgamato"; prima di scoppiare a ridere. Lo zittì subito, stava facendo troppo rumore. Anche se non potetti trattenere anche io un sorriso.

Incuriosita mi avvicinai allo zaino con l'intenzione di aprirlo. –Credo dovrai aspettare domani mattina.- Mi suggerì Connor.

-Perché?- Chiesi, mentre mettevo le mani sulla zip e tiravo. -Santi Numi, perché non si apre?- Gemetti frustrata. La cerniera sembrava incastrata.

-Tranquilla eh, puoi non di ascoltarmi. D'altronde anche io ho imparato a mie spese.- Disse Connor con un accenno di sorriso.

-Ma questo non è possibile..... Stoll, smettila di ridere e vieni a darmi una mano.- Lo spronai.

-Non posso.- Si scusò.

-In che senso non puoi?- Chiesi dubbiosa, mentre cercavo di caricarmi lo zaino sulle ginocchia. Ma, per quanto lo muovessi, quello pareva essere incollato al terreno. -Santi Numi, ma che razza di peso si porta a presso Kate. Connor, una mano?

-Per quanto io mi stia divertendo, cominci a farmi pena.- Disse stufo Connor.

-Come scusa?!- Esclamai con un piccolo, davvero piccolo, ma davvero davvero molto piccolo accenno di rabbia.

-E' un regalo di Apollo.- Mi confessò. -Ti può mostrare tutto ciò che è nelle sue competenze. Da una lira ad una fiala contenente vaiolo. Un regalo assurdo a mio parere ma, per Ermes, quanto ne vorrei uno anche io.

-Questo non spiega il fatto che non riesco ad aprirlo.

-Invece si, senza la gentil concessione di Kate non puoi fare niente. E si, ti sconsiglierei di rubarlo. Ti farebbe perdere solo tempo con il risultato che Katerina ti beccherebbe. Naturalmente a me non è mai successo.- Aggiunse.

-Naturalmente...- Lo imitai.

-Contando anche che puoi metterci dentro tutto quello che ti pare ed avrà sempre lo stesso peso di qualche grammo.- Mi spiegò.

-E' qualcosa di magnifico.- Esclamai osservando lo zaino incantata. -Grazie agli dei non le ho ridato la cartina allora.- Ripresi srotolandomi una mappa che avevo in tasca.

-Allora, Capitan Esplora, dove ci troviamo?

-Dunque...- Presi parola ignorando la battuta di Connor. -Siamo andati avanti in treno per circa un paio d'ore e abbiamo superato Baltimora. Quindi dovremmo essere finiti in questa zona verde.- Affermai mostrando al ragazzo una macchiolina verdastra sulla cartina.

-E' probabile, la ferrovia ci passa accanto.- Rispose.

-Bene. Abbiamo capito dove siamo! Adesso direi di proseguire per la foresta a piedi, per evitare altri brutti incontri. Poi dovremmo sbucare in questa città... Maryland.- Conclusi leggendone il nome. -Basta saperci orientare e in una giornata dovremmo arrivarci.- Continuai.

Dopo parecchio tempo in cui avevo studiato attentamente la mappa, notai che ormai Connor non riusciva a tenere la testa dritta con le spalle poggiate alla roccia, insomma stava crollando.

-Ehi! Sveglia! Ti sei proposto di fare da guardia, ora non mi lasci da sola mentre dormi.- Dissi battendogli le mani sotto il naso. Lui ghignò.

-La piccola Clark non vuole stare da sola.- Disse guardandomi con uno strano sorriso in faccia. Capì le sue intenzioni troppo tardi, quando mi incatenò in un terribile abbraccio che di dolce aveva ben poco. Cominciò a scompigliarmi i capelli e a farmi il solletico .

-C... Connor! Smettila... Così... così svegliamo gli altri.- Cercai di sussurrare tra le risate. Il ragazzo si allontanò con lo stesso sorriso di prima.

-Ti diverti è?- Chiesi.

-Tu non immagini quanto.- Rispose lui dandomi una spallata continuando a sorridere.

-Come ti pemetti! Guarda che...- Fui interrotta. No, state tranquilli, non fu alcun genere di mostro o rumore strano, in effetti furono le labbra di Connor ma lasciatemi spiegare. Mentre parlavo mi ero avvicinata a lui per spingerlo di lato, ma lui si era girato di scatto e... ecco come creare una situazione imbarazzante tra amici. Mi scostai subito.

-Santi Numi! Scusami! Non volevo, cercavo di spingerti ma ti sei girato... che imbarazzo... scusa!- Mentre sparavo scuse a vanvera arrossendo vistosamente notai Connor trattenere le risate con smorfie buffe prima di scoppiare.

Mi zittì stizzita, ma fui contagiata dal ragazzo che ormai se ne stava a pancia all'aria dal ridere. Dopo qualche tempo Connor si rialzò con le lacrime agli occhi dalle troppe risate.

-Dovevi vedere la tua faccia! Era diventata tutta rossa peggio di un peperone.- Fu attaccato da un'altra fase di ridarella, lo guardai male. -Scusami, ma non puoi negare la comicità della scena. E poi è risaputo, faccio questo effetto alle donne.- Affermò con ancora il sorriso divertito in faccia.

-Sei uno scemo.- Ribadii. Mi sdraiai per terra, con sotto alcuni teli che ci aveva dato in precedenza Kate, la testa poggiata alla sua spalla. -Si è fatto tardi, se svegliassimo qualcuno?- Domandai sbadigliando. Connor guardò il cielo, in effetti si vedeva una luce fievole.

-Bè, è praticamente passata la notte ma un paio di ore di sonno ce le dovremmo fare.- Affermò, prima di tirare un calcio al fratello.

-Non sono stato io!- Esclamò quello mettendosi a sedere di scatto, provocandosi un giramento di testa. Ridacchiai.

-Travis, ti passiamo la palla.- Disse Connor prima di poggiarsi completamente alla roccia. Io, a suo discapito, mi sistemai meglio con la testa sul suo petto.

-Ti voglio bene.- Dissi posandogli un bacio sulla guancia.

-Anche io contadinella.- Affermò con un ghigno quello, feci uno sbuffo divertito prima di cadere nel mondo dei sogni.

 



PICCOLO APPUNTO SU ELETTRA: ho totalmente inventato le sue sembianze e i suoi poteri, ma essendo una ninfa delle acque dolci ho ‘creato’ sia gli uni che le altre.

Nella mitologia greca, le Oceanine erano figlie del titano Oceano e della titanide Teti, sorelle dei tremila fiumi-dei detti Potamoi (Ποταμοί).
Le Oceanine erano potenti dee delle acque e dei mari, personificavano le acque correnti, ossia ogni corrente marina o grande fiume.
Elettra, il cui nome indica lo zampillare dell'acqua, con Taumante, figlio di Ponto generò Iride (personificazione dell'arcobaleno) e le tre Arpie: Aello, Ocipete e Celeno. Secondo Omero Elettra e Zeus concepirono Dardano, capostipite dei re di Troia, e perciò detti Dardanidi. Elettra era una ninfa a cui era consacrato l'ambra, un materiale importante per chi viaggiasse nel mare in quell'epoca.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Connor è costretto ad improvvisarsi poeta.


Stavo facendo sempre lo stesso sogno: un battaglia, un terribile scontro. La visione era molto confusa, ricordo solo che ritraeva delle persone nel tentativo di sconfiggere un immensa figura. Quest'ultima, solo per il gusto di complicare le cose, era nettamente superiore alle forze di tutti gli eroi. Non ne riuscivo a comprendere la forma a causa di una pesante cortina di nebbia che lo circondava. I guerrieri sembravano esausti, pareva uno sforzo disumano il semplice sollevare la propria spada, scagliare una freccia, lambire una giavellotto o alzare un pugnale, ma quell'enorme essere non sembrava volergli dare un secondo di riposo.

Nella confusione del momento notai qualcuno nel tentativo di avvicinarsi a quella che doveva essere la pancia dell'enorme figura che li sovrastava, prima di urlare qualcosa ad un compagno. Questo scosse la testa più volte prima che uno sguardo supplicante e determinato lo convincesse ad assecondare la richiesta. Ciò che accadde in seguito fu troppo veloce e sfocato per comprenderlo, ma riuscì a distinguere un corpo umano cadere dalla presa del mostro ormai dissolto poi, un risata mi svegliò.

Mugugnai qualcosa prima di stringermi al cuscino. Ero stanca, quanto costava lasciarmi dormire ancora un altro paio di minuti? Sentì un altro risolino e questa volta vi nascosi la faccia, nel cuscino. Certo però che non mi ricordavo fosse così duro e che ci fosse sempre stato quello strano movimento, come se qualcuno lo stesse gonfiando. Sentì un piccolo vociare che mi permise di riconoscere le voci di Daphne e Jo.

-Che cosa c'è di tanto divertente?- Chiesi ormai sveglia. Decisi di aprire gli occhi, ma nient'altro vidi che arancione. Sbattei le palpebre più volte, con il risultato di vedere meglio l'unico colore che mi circondava: arancione. Mi scostai un po' e... sorpresa delle sorprese! Mi ritrovai talmente vicina al volto di Connor da poter contare ogni singola efelide presente su di essa. Quest'ultimo mugugnò qualcosa nel sonno e sgranai gli occhi nel sentire un peso sul mio fianco muoversi.

Effettivamente il cuscino che stavo abbracciando era il torace di Connor, mentre il mondo arancione era dovuto al fatto che avevo la faccia nascosta nella sua maglietta del campo. Al contrario il ragazzo aveva un braccio sul mio fianco e l'altro attorno al mio collo. Mi allontanai di scatto, rossa in volto. Connor si svegliò a causa di questo movimento improvviso, sbattè qualche volta le palpebre prima di stiracchiarsi.

-Questa notte è accaduto qualcosa di cui dovremmo essere informate?- Chiese maliziosamente Jo.

-Cosa?!- Esclamai, che cosa le saltava in testa! Poi il ricordo dell'incidente della sera prima mi fece ammutolire. Connor si mise seduto.

-Niente che potrebbe interessarvi.- Sbadigliò il ragazzo, poi mi fece l'occhiolino. Il che mi fece alzare gli occhi al cielo, ma sorridevo in fin dei conti.

-Che ore sono?- Chiese indifferente Connor.

-Più o meno le nove.- Rispose Daphne con una strana smorfia in volto. Mi guardai intorno. Del falò della sera prima erano rimaste solo le ceneri, mentre tutt'attorno c'erano i vari letti improvvisati vuoti, tranne quello di Kate che ancora dormiva beatamente.

-Dove sono finiti Andrew e Travis?- Chiesi.

-Sono andati ad ispezionare in giro.- Fece Jo prima di mordere una mela.

-Quella dove l'hai presa?- Chiese Daphne.

-Qui intorno. Le ultime ore di guardia le abbiamo fatte io ed Andrew e, francamente, ho preferito farmi un giretto. Però ho raccolto qualche mela.- Disse mostrando un mucchietto di frutta verde posata su una maglietta. La osservai di sottecchi, non sarò una buona osservatrice ma sono sicura che qui intorno non ci siano alberi di mele.

-Va bene! Ho preso qualche mela in treno, c'era questo strano tipo che le vendeva accanto al vagone ristorante. Certo che sei impossibile!- Esclamò ridendo, le diedi un bacio sulla guancia.

-A me non lo dai?- Chiese Connor sporgendosi verso di me. Lo spintonai di lato ma, mentre mi avvicinavo a Daphne, mi alzai un poco per potergli sussurrare all'orecchio.

-Dopo ieri sera non ne puoi fare a meno eh?- Mi allontanai con un ghigno in volto, neanche il tempo di vedere una sua reazione. I minuti seguenti li passai parlando con Daphne sull'argomento "Elettra-e-come-potremmo-sconfiggerla-per-evitare-altri-incontri-con-una-tipa-così-mentalmente-disturbata", quando notai Connor avvicinarsi di soppiatto al giaciglio di Kate. Per quanto anche io avessi voglia di assistere, provai a fermarlo.

-Stoll non credo che...

-AAAAA!!- Urlò la ragazza.

-Niente, come non detto.- Affermai.

-CONNOR METTIMI GIU'!!- Urlò Kate. Il ragazzo l'aveva sollevata da terra e ora la teneva fra le braccia mentre la mia amica si dimenava.

-Smettila di muoverti! Così mi fai perdere la presa.- L'avverti tra una risata e l'altra Connor mentre cominciava a cullare la ragazza.

-Che cosa intendi fare?!- Esclamò quella, nel mentre cercava di aggrapparsi alle spalle di Connor meglio poteva.

-Questa notte sei stata l'unica a non stare di guardia, una giusta punizione.- Si giustificò Connor chinandosi per terra e mandando Kate con le gambe all'aria.

-Ehi! Potevate svegliarmi, non l'ho chiesto io!- Strillò Kate cercando di tenersi ben salda.

-Stoll, ha ragione. Siamo stati noi a non svegliarla, si meritava una dormita.- Disse Daphne.

-Bè, in tal caso, mi parevi semplicemente una facile preda. Non posso più farti innervosire?- Continuò con un ghigno provocatorio in volto. Proprio in quel momento Andrew e Travis arrivarono di corsa.

-Cosa è successo!?- Esclamarono preoccupati, rilassandosi solo dopo aver visto la scena. Il ragazzo fece scendere Kate, ancora frastornata per quell'improvviso risveglio. La figlia di Apollo, dopo aver ripreso l'equilibrio, tirò un cazotto sulla spalla di Connor che gemette di dolore.

-Capisco che siete molto intimi ma evitate di fare certe cose in pubblico.- Ridacchiò Andrew, al che vidi i diretti interessati far l'uno finta di vomitare e l'altra ridere sguaiatamente. Li notai smettere un paio di secondi per guardarsi negli occhi, probabilmente per valutare l'idea, per poi ricominciare ciò che avevano interrotto.

-Connor che stavi facendo?- Chiese in modo strano Travis, aveva uno sguardo astruso in volto. Al metà fra "Perchè non ci ho pensato io?"e "Come ti sei permesso?".

Kate osservò di sottecchi Connor con un sorriso che non lasciava intendere nulla di buono. -E' stato uno scherzo stupido ed avventato.- Iniziò a spiegare facendo strani movimenti di sincronia con le braccia, portandosi prima le mani al petto per poi spingerle verso il cielo in spirali. -A proposito, tu lo sai che non la passerai liscia vero?- Concluse, rivolgendo poi le mani in direzione del diretto interessato.

-Ne sono sicuro, ma ciò non mi fermerà in futuro.- Rispose il ragazzo al che Kate sorrise malignamente.

-Ci sono andata piano sta volta.- Continuò la figlia di Apollo.

Connor ci osservò confusi. -Perché? Non comprendo, d'altro canto neanche mi sorprendo.- Ci volle qualche secondo di silenzio prima che qualcuno comprendesse qualcosa.

Travis scoppiò a ridere. -Oh dei! Non ci credo!- Soffiò tra una risata e l'altra. -Sei un genio!- Si rivolse a Kate che sembrava dover ricorrere a tutta la sua volontà per non rispondere al figlio di Ermes. Il nervoso che mi faceva venire!

-Va bè, programmi per la giornata? E questa volta mi farebbe piacere una risposta accurata.- Tagliò corto Connor. Si fermò qualche secondo, pensieroso, mentre noi lo osservavamo sbigottiti prima di scoppiare a ridere.

-Bella pensata! Davvero bella pensata.- Disse Jo tra le risate.

-Lo puoi davvero fare?- Chiesi divertita.

-Certo... e l'ho fatto.- Mi rispose ovvia.

-Tutto questo è ridicolo! Non voglio parlare in rima per il prossimo secolo!- Esclamò Connor, ciò ci fece cadere letteralmente a terra dalle risate.

-Per quanto rimarrà così?- Riuscì a chiedere.

-Qualche giorno.- Mi rispose divertita Kate. -O fino a quando ne avrò voglia. Però si, qualche giorno.- Continuò.

-Smith è inutile che ridete, anche voi avete sperimentato questa sua dote.- Sbuffò Connor ma, i figli di Ares, si limitarono ad indicarlo rotolandosi dalle risate. Dopo alcuni minuti in cui la situazione pareva non voler cambiare Connor sbottò. -Va bene ho capito! Il momento è gioito. Ma mentre vi godete la situazione esilarante, io riparto per l'impresa attardante.- Detto questo sbuffò e cominciò a raccattare le sue cose.

Io ero ancora scossa dalle risate e, come d'altronde anche per gli altri, le sue ultime frasi non avevano migliorato la situazione. Ma, quando ci rendemmo conto che Connor se ne stava davvero per andare, Kate fu la prima a fermarlo.

-Dai! Non fare l'offeso e aspetta.- Lo richiamò. Connor si girò e la guardò male. -Non guardarmi così. Lo sai che se qualcuno mi fa uno scherzo ci sono delle conseguenze. Quando mai non ho risposto alle tue provocazioni e a quelle di Travis?- Domandò. Il ragazzo sbuffò. -Se vuoi ti ripeto una piccola poesia che ho scritto da poco... È in rima ti potrebbe far sentire meglio.- Fece un sorriso rigirando ancora di più il coltello nella manica.

-No! Non ne posso più dei tuoi haiku per l'Olimpo! Così perdiamo solo tempo.- Rispose seccato Connor.

-Ehi! Non ti azzardare a parlarmi in quel modo!- Si accigliò Kate mentre noi altri sghignazzavano all'ennesima frase in rima di Connor. -Ed ora dammi le tue cose. Anche voi, venite a mettere tutto nel mio zaino. Connor ha ragione, si riparte.- Detto questo si voltò di nuovo verso l'amico che le rivolse un sorriso dispiaciuto. -Tranquillo. È tutto a posto, lo so che le mie poesie sono stupende.- Si vantò. -Per il resto, mi rallegra la piccola maledizione che ti ho inflitto.- Gli fece l'occhiolino.

-Kate! A proposito, Connor deve aver inserito illegalmente una spada di bronzo celeste nel tuo zaino...- Cominciai. La mia amica guardò interrogativa il ragazzo per poi sbuffare.

-Tipico!- Chiuse il suo zaino per poi riaprirlo e tirarne fuori la mia spada. –Questa?- Chiese. Tra le mani aveva uno stocco di mezzo metro, l'elsa era in parte percorsa da un disegno a aspirale, che ricordava molto i rami di un'edera, e terminava nel pomolo. La coccia sembrava un'onda, la cui punta andava a prolungarsi formando la sottile scanalatura della lama azzurrina.*

-Si, esatto.- Me la porse.

-Oh guarda, me lo stavo appunto chiedendo. C'è anche il fodero.- Disse Kate tirandolo fuori. -Credo che tu sia l'unico figlio di Ermes così maldestro. Mettere un'arma separata dal fodero qui dentro come fosse niente, se non guardavo potevo tagliarmi...- Lo rimproverò.

-Parla l'unica figlia d'Apollo che non sa cantare. Con la tua bella voce non puoi fare altro che assordare.- Connor le rispose per le rime, letteralmente. Dovetti trattenermi per non ridere.

Kate osservò il ragazzo di traverso, probabilmente non andava fiera di questa sua mancanza e vi assicuro, per quanto potesse essere brava sua madre lei era altrettanto stonata. -Programmi per la giornata?- Chiese la ragazza.

-Si! Ho passato praticamente tutta la nottata a studiarmi i nostri spostamenti.- Affermai con un battito di mani.

Jo sghignazzò. -Si certo. Tutta la nottata a studiare...- Daphne alzò gli occhi al cielo disgustata, ignorai lo sguardo interrogativo di Kate per cominciare la spiegazione. Saremo dovuti andare abbastanza piano per le condizioni della figlia di Apollo ma, nonostante questo, saremmo potuti arrivare prima di sera ai margini di quella piccola foresta. Avremo preso o un treno o un pullman o un taxi fino a Washington, tanto mancavano si e no cento chilometri. Se non avessimo incontrato intoppi la mattina seguente saremmo stati su un aereo diretti ad Orlando. Purtoppo avevo poche speranze che questo accadesse.

Appena fummo pronti, con ognuno per i fatti suoi, Travis andò a sbattere contro Kate. Non chiedetemi come, non lo so. Sarebbe potuto inciampare, come avrebbe potuto farlo a posta, sinceramente non ho prestato abbastanza attenzione per potervelo spiegare. Fatto sta che con la mia, e sottolineo mia, solita fortuna il ragazzo strusciò con la scarpa... indovinate dove? Esatto, sul polpaccio sinistro della figlia di Apollo. In ogni caso, la ragazza si morse il labbro e fece una smorfia per non urlare di dolore.

-O Dei! Scusami Kate! Mi ero totalmente dimenticato dell'ustione.- Si scusò Travis sinceramente dispiaciuto mentre tentava di avvicinarsi alla ragazza che, al contrario, si scansò impettita issandosi lo zaino sulle spalle, pronta a partire. Il figlio di Ermes sospirò per poi fare una risata palesemente finta.

-Sapete? Comincio a non sopportarla più.- Affermò il ragazzo ad alta voce. Spostai la mia visuale su Kate che si irrigidì lanciando uno sguardo ferito e allo stesso tempo ricolmo di odio a Travis che ne ricambiò solo con quest'ultimo. Mi sembrava di partecipare ad una partita di ping-pong. Prima o poi noi due avremmo fatto una bella chiacchierata. Va bene che Kate è strana di suo ma, per qualsiasi cosa dovesse avergli fatto Travis, questo comportamento così duro verso quello che dovrebbe essere uno dei suoi migliori amici supera anche la sua portata di controsenso.

-Okey. Ora che siamo pronti... qual è la direzione?- Chiese Andrew. Kate osservò la mappa, che le avevo dato in precedenza, rigirandosela fra le mani, passando lo sguardo da essa al cielo e iniziando a borbottare tra se e sé.

-Da quella parte!- Esclamò dopo, indicando con la mano dietro di sé. -C'è un edificio a metà strada, potrebbe essere un rifugio per escursionisti, arriviamo lì per lo meno. Sarà più facile dividere il viaggio in due, ci si orienta meglio.- Affermò. La guardai interrogativa.

-Sei sicura?- Chiese Daphne. Travis, Connor e Jo fecero una risata mentre si stavano già incamminando nella direzione indicata.

-Kate è una bussola vivente.- Ci tranquillizzò la figlia di Ecate.

-Sono o no figlia del dio del sole?- Fece questa prima di avvicinarsi ai compagni. Scambiai uno sguardo ai fratelli Smith, ancora fermi come me, e dopo un'alzata di spalle decidemmo di seguirli. In fondo, chi siamo noi per contraddirla?

Camminavamo da circa un'ora e mezza. In questo tempo mi sorprese il fatto che il mio sguardo si rivolgesse ogni volta alla schiena di Connor. Insomma, la sera prima ci eravamo baciati e, anche se sfiorati sarebbe il termine più adatto, mi piacerebbe dire che fosse stato solo un imbarazzante incidente, ma purtroppo non è così. I miei occhi si rivolgevano sempre a lui, che parlava allegro con fratello e cugina. Catturavano sempre ogni suo singolo movimento: una spinta a Travis, un irrigidimento apparentemente invisibile.... Che cosa mi stava prendendo?!

Connor è un mio amico e, per di più, lo conosco a malapena da una settimana per non parlare che ero sicura di essere interessata a Percy. Non va bene. Non va per niente bene. Contando anche il fatto che mi ritrovai per sino ad arrossire ad un suo sorriso dopo avermi sgamata mentre lo osservavo: momento imbarazzante. Ripeto, che mi stava accadendo?

Mi distrassi dai miei pensieri per una gomitata di Kate. In quel momento si sentiva un bel cianciare, a differenza dei minuti seguiti alla partenza. Non so di che cosa stessero parlando Travis, Connor e Andrew ma doveva essere qualcosa di davvero molto interessante e divertente dal loro comportamento. Non facevano altro che ridere pronunciando un «Davvero?!» di tanto in tanto. Daphne e Jo, la coppia impossibile, stavano chiacchierando allegramente.

Per un momento mi dimenticai addirittura dell'impresa, sembrava che stessi facendo una semplice scampagnata con gli amici. Ma poi, mi saltarono all'occhio le armi dei miei compagni, facendomi ricordare alcuni versi della profezia: La battaglia vinta sarà se l'eroe per mano della morte l'ultimo fiato spirerà. Qualcuno sarebbe morto al termine dell'impresa. Qualcuno tra i miei amici che si godeva felicemente la situazione momentaneamente calma non ci sarebbe più stato. Sarebbe toccato alla mia pazza amica d'infanzia oppure ad uno dei fratelli burloni che avevo appena conosciuto? I Gemelli si sarebbero separati oppure avremmo dovuto fare i conti con la pesante mancanza della figlia di Ecate? Non lo sapevo, non sapevo neppure se sarebbe toccato a me, cosa di cui stranamente cominciavo a sperare accadesse.

-...preso la bandiera.- Stava dicendo Jo. Daphne rise.

-Accidenti, lo ricordo come se fosse ieri. Avevi...- Mi allontanai con Kate, avevo bisogno di parlarle.

-Ehi, non ti stavi divertendo?- Chiese con un sorriso. -Sono delle belle storielle, quando torneremo ti farò...

-Ti va di parlarne?- La interruppi una volta che fummo abbastanza lontane dal resto del gruppo.

-Di cosa?- Chiese ingenuamente lei. Le scoccai un'occhiata.

-Non so... Travis... il tuo strano comportamento... ma sono solo idee eh!- Proposi in generale con un'alzata di spalle, lei si irrigidì.

-Senti Viky, sono più che sicura che tu sia venuta qui con tutte le buone intenzioni come sempre ma, ti prego, almeno per questa volta, puoi evitare di impicciarti?!- Sbottò irritata. Scosse la testa chiudendo forte gli occhi. -Tu sta zitta!- Esclamò.

Mi guardai a torno. -Ma io...

-Non mi riferivo a te.- Replicò brusca per poi raggiungere gli altri. Io rimasi ferma lì come una scema prima che Jo, notandomi, fosse tornata indietro per schioccarmi le dita davanti la faccia.

-Ehi, che ti prende?- Aveva chiesto. Mi riscossi incominciando a camminare con lei accanto.

-Niente... solo, Kate si sta comportando in maniera strana, non da lei.

-Wow, e questo deve averti traumatizzata immagino.- Disse con ironia.

-Bè si! Ho notato che da quando siamo arrivate parla da sola, inoltre mi ha appena lasciato qui appesa. Anche tu la conosci, non risponderebbe mai male a qualcuno.- Mi difesi.

-Si, è vero, la conosco. Però sono più che certa che questo non sia vero. Quando vuole sa essere un bel macigno.- Disse come se stesse parlando del tempo. -Fa un caldo atroce non trovi?- Per l'appunto.

-Tu sai perché è così?- Chiesi.

-Ah, non lo chiedere a me. A quanto pare d'estate fa caldo e d'inverno fa freddo, è il circolo della natura. Anche se, molto probabilmente, qualche dio lassù si sta divertendo nel vederci squagliare vivi.- Mi ritrovai a pensare: Che?!

-Ma no!- Risi. -Mi riferivo a Kate, sai perché si comporta così?

-No!- Disse. -No, no, no, no, ti prego anche tu no! Travis mi sta già dando il tormento, non aggiungerti anche tu.- Mi supplicò.

-Bè, se te lo chiede Travis vuol dire che lo sai, giusto? A me puoi dirlo...- Feci una faccia da cucciolo.

-Non funziona.

-A si... e così. - La guardai negli occhi. –Sai cosa è successo a Katerina?- Mi concentrai il più possibile, volevo una risposta.

-Si.- Rispose. -La prossima volta farei domande più specifiche.

-Ma come...

-E ora,- Mi interruppe. –Togliamoci di mezzo quest'impiccio.- Detto questo sollevò una mano e non vidi più niente.

-Jo! Che cosa hai fatto?!- Urlai sconcertata, ero cieca. Portai subito le mani davanti, supposi che stessi camminando come uno zombie. Provai a stropicciarmi gli occhi ma, sorpresa delle sorprese, non c'erano più!

-Sai Viky...- Mi prese sottobraccio e riprendemmo a camminare. -Mia madre è la dea della magia, li percepisco certi trucchetti.

-Che cosa hai fatto ai miei occhi?- Chiesi terrorizzata.

-Tranquilla, li ho in tasca.- Rispose, come se avere un paio di occhi umani nelle tasche dei pantaloni fosse roba da tutti i giorni.

-Li puoi rimettere a posto vero?

-Certo che si! Per chi mi hai preso?

-Ah, non so. Passa qualcuno che ti toglie gli occhi dalla faccia... tu che faresti?

-La smetterei di giocare con la magia per avere quello che si desidera.- Aveva ragione, per l'Olimpo se aveva ragione.

-D'accordo, la smetterò di farlo, a meno che non sia necessario.- Cominciai. Jo parve felice della cosa, anche se non potevo vederla. –Se...

-Lo sapevo, mai fidarsi. Ci sono sempre condizioni.- Sbuffò quella.

-Ehi! Qui sei tu che hai la mia vista in tasca.- Mi lamentai.

-Quando hai ragione, hai ragione.- Disse. Sentì un fruscio e...TAA DAA! Potevo vedere.

-Con questo hai promesso di non giocare più con la magia.- Mi avvertì.

-Si, però mi devi anche dire che cosa è successo a Kate.- Continuai, osservando il bosco che mi circondava come fosse la prima volta.

-Non ho mai detto niente al riguardo.

-Però sai che cosa ha fatto Travis, giusto?- Lei sospirò per poi fermarsi. Rimanemmo qualche secondo a guardarci negli occhi.

-Proprio non demordi, eh?

-Voglio sapere che cosa è successo alla mia amica.- Risposi decisa. Non so per quale ragione, forse perché non l'avevo ingannata di nuovo con il giochetto degli occhi (Ovvio che non ci avevo riprovato! Jo per punirmi me li aveva tolti dalla faccia! Non volevo riprovare l'esperienza), perché l'avevo asfissiata a dovere oppure perché capì la mia preoccupazione. Fatto sta, che cominciò a parlare.

-Ascoltami, non sono di sicuro una figlia di Afrodite. Non ci capisco un'emerita empusa di cuori e cuoricini e cose annesse. Ma ho buona memoria.- Cominciò a spiegare. Guardò per un momento davanti a se, ci eravamo distanziate dal gruppo, così riprendemmo a muoverci. -Ieri mattina, dopo colazione, ero andata insieme a Kate a chiamare quei cialtroni dei miei cugini. Ogni volta la stessa storia, in ogni situazione sono sempre ed inequivocabilmente in ritardo, pima o poi dovranno imparare la lezione se...

-Jo, stai andando fuori tema.

-Si, giusto. Ehm ehm, allora... Abbiamo trovato subito Connor nella Casa Grande quanto a Travis, non si vedeva in giro. Sta di fatto che lo abbiamo scovato dietro la cabina di Ermes con quella Gardner in atteggiamenti... non molto casti. Katerina è rimasta impalata per qualche istante poi se ne è andata lasciando a me il lavoro sporco. Io quei due non li capirò mai.- Scosse la testa. -Sono arrivata l'anno scorso e per me loro hanno avuto sempre una relazione piuttosto traballante, ma Connor mi ha raccontato che quando erano più piccoli erano praticamente inseparabili. Poi è successo qualcosa che a quanto pare riguarda la morte di uno dei fratelli di Kate, due anni fa mi pare, non so altro. Sono più che convinta che la reazione di Kate sia esagerata però anche Travis non scherza. Per ogni cosa che riguarda quella ragazza pare avere gli occhi foderati di prosciutto.

Kate aveva perso un fratello? Questa fu la prima cosa che ebbe impatto nel mio cervello, in seguito venni a scoprire che i figli di Apollo ad essere morti durante quegli anni erano ben tre. Chi sa cosa si prova nel perdere un fratello, speravo tanto di non dover mai vivere un'esperienza del genere. Solo dopo tutti questi dilemmi mi accorsi che dietro il mutismo di c'era la cosa più banale in assoluto, problemi di cuore. Ed era anche l'argomento che più detestavo, non ero brava in quel campo. 

-Ehi! Che ci fate voi laggiù? Siamo quasi arrivati.- Urlò Andrew.

Jo ed io ci riunimmo al gruppo senza pronunciare una singola parola. Camminammo per un altro paio di minuti poi gli alberi si diradarono fino a scomparire. Ci ritrovammo in una piccola radura con al centro quello che pareva un emporio.

-Ma dico... scherziamo?- Daphne indicò il cartello dipinto a mano sopra la porta: ALI.STAR.AR ALIMENTI & STILI ARCOBALENO.

-Sarà meglio entrare. Qualcuno sta facendo intermittenza con la Foschia e non voglio brutti incontri.- Jo salì i gradini dell'emporio.

-E se è l'emporio a fare intermittenza?- Chiese Daphne.

-Ormai ci siamo.- Le rispose Kate salendo i gradini con passo strascicato.

-Per me va bene, ho i piedi in cancrena.- Seguì il gruppo dentro.

Non appena entrati, si accesero le luci. Partì una musica di flauti, come se fossimo appena saliti su un palcoscenico. Le ampie corsie erano tappezzate di scatole di noci e frutta secca, ceste di mele e scaffali pieni di magliette hippie e abitini leggeri da fatina. Il soffitto era pieno di scacciafantasmi. Lungo le pareti, scaffalature di vetro mostravano geodi, sfere di cristallo, acchiappasogni in macramè e tanta altra roba strana. Il familiare odore di incenso della nonna mi riempì le narici, da qualche parte era stato sicuramente acceso.

-Che razza di posto è?- Chiese Travis. Ci inoltrammo nel piccolo negozio, curiosando in giro.

-Posso aiutarvi?- Una ragazza era appena comparsa dietro una fontanella con la statua di Poseidone facendomi prendere un colpo. Alle miei spalle si sentì il tipico rumore del vetro che si rompeva.

-Scusate.- Jo fece un rapido movimento con le mani riportando una lampada allo stato originale.

-Non importa.- Disse la ragazza mentre la osservava ricostruire il mobilio. -Ad essere sincera avrei preferito che rimanesse rotta, incupiva la stanza con quella luce rossastra.- La osservai, mi ricordava le escursioniste che incontravo durante le vacanze estive con la famiglia, che ricordi.

Era bassa e muscolosa, con un paio di scarponcini, i pantaloni corti e una maglietta di un giallo brillante con su scritto: ALI.ST.AR. ALIMENTI & STILI ARCOBALENO. Sembrava giovane, ma aveva i capelli bianchi e crespi. Gli occhi erano una vera distrazione. Le iridi cambiavano di continuo, dal grigio, al nero fino al bianco.

-Volevamo dare solo un'occhiata.- Disse Travis.

-Oh, lo so bene. Non c'è problema. I semidei sono i benvenuti. Non siete come quegli orrendi mostri. Volevano prendere i nostri semi! Come se gli appartenessero, questo è un negozio.

-Ci sono dei mostri qui intorno?- Chiese Andrew.

-Direi di si. Siamo in un bosco, anzi, mi chiedo come voi non abbiate....

-Fiocco? Ne avevamo già parlato. Non spaventare i clienti, su. Portali qui, per favore.- Esclamò la voce di una donna in fondo al negozio.

-Quindi ti chiami Fiocco? Come fiocco di neve?- Chiese Daphne.

-Si, proprio come la neve, anche se in realtà è...- Produsse una serie di crepitii e scoppi che mi ricordarono una tempesta in allontanamento. -Ma potete chiamarmi Fiocco, sì.

-Sei una ninfa del cielo.- Disse la figlia di Apollo con voce stanca, sembrava messa molto peggio rispetto a qualche ora prima.

-Esattamente.- Fiocco sorrise. –Misericordia... tu non stai bene, e la ferita? Dai, venite, il capo vuole vedervi. Ci penseremo noi a guarirla.

Fiocco ci guidò lungo il reparto frutta. In fondo al negozio, dietro un bancone con un vecchio registratore di cassa, c'era una donna di mezza età con la pelle olivastra, i capelli lunghi e neri e un paio di occhiali senza montatura. Al collo aveva diverse collane d'ambra, e anelli turchesi le ornavano le dita. Profumava di petali di rosa. Aveva un'aria dolce e gentile.

-Salve e benvenuti. Io sono Iride.- Puntò i suoi occhi su di me, sorrise. –Sono molto felice che siate qui, ti stavo aspettando.

I miei compagni mi osservarono. -La conosci?- Chiese Andrew.

-Dovrebbe, è sua sorella.- Kate si reggeva al balcone per tenere l'equilibrio.

-Mia sorella?

-Proprio così, non ti vedevo da millenni Kyriake, sei cresciuta.- Ed ecco un'altra persona che mi chiamava in quel modo.

-Oh bè, grazie.- Dissi.

-Non ringraziarmi, non è una buona cosa. Con il tumulto che sta facendo nostro padre...- Scosse la testa.

-Quindi lei sa che cosa sta succedendo, oppure ci sta soltanto illudendo?- Connor si fece avanti.

Iride si fece pensierosa, poi spostò lo sguardo per la stanza soffermandosi infine su Kate. -Ah, ho capito. Comprendo bene cosa si prova alla presenza di Ermes o ad un suo discendente... ti fa saltare i gangheri facilmente.- Fece un piccolo sbuffo. -Ermes prende troppo sul serio il suo lavoro. Guardate me per esempio, sto bene qui, con il mio lavoretto part-time.- Fece un'alzata di spalle.

-Quindi, potresti darci delle risposte?- Tentò Andrew.

-Potrei. Conosco bene gli ultimi avvenimenti. Come messaggera degli dei... be', vengo a conoscenza di un sacco di cose, a furia di ascoltare tutte le comunicazioni degli dei e via dicendo.- Lanciò uno sguardo ad un cestino accanto a lei. -Volete un pasticcino?- Li assaggiammo, sapevano di cartone.

-Dovreste mangiare più sano, questi fanno al caso vostro. Sono senza glutine, senza zuccheri aggiunti, arricchiti di vitamine, senza soia, a base di alghe e latte di capra.- Non mi sentì affatto meglio nel scoprirlo.

-Iride, se lei sa che cosa sta accadendo, perché non lo è andata a dire agli Olimpi?- Chiesi.

-Sono una presenza neutrale, sostenitrice accanita della non-violenza, anche con il mio lavoro di messaggera qualcuno deve porgere domande.- Sorrise.

-Perché ci stava aspettando?- Chiese Travis.

-Io, in realtà, aspettavo solo Kyriake. Fiocco? Perché non porti gli altri di là, dagli qualcosa da mangiare e... per quanto riguarda quell'ustione.- Indicò Katerina. –Usa l'ungente naturale che ci è arrivato ieri e un po' della mia polvere ufficiale numero tre, un po' di tisana per ravvivare i nervi e dovrebbe essere a posto.- Lanciò un'occhiata a Connor. -Mi piacerebbe non immischiarmi, ma sono profondamente convinta che abbia capito la lezione. Fiocco potresti usare il talismano contro maledizioni brevettato.

-Certo, Capo!- I miei amici lasciarono la stanza. Iride mi venne vicino, non potei evitare di pensare a mia nonna materna guardandola.

-Si, le assomiglio.- Iride mi sorrise. -Almeno sotto questo aspetto, un tempo avevo delle splendide ali. Credo sia per questo che Morfeo si innamorò di lei. Sai, tempo fa abbiamo avuto una relazione... - Lasciò la frase in sospeso. -Ma non è di questo che dobbiamo parlare.

-Tua madre è Elettra, giusto?- Chiesi. Non avevo idea che Iride fosse figlia di Taumante, mia sorella, ma ora quel pensiero era come impresso a fuoco nella mia mente.

-Esattamente.

-L'abbiamo incontrata ieri e... non è stato molto piacevole.

Iride mantenne acceso il suo sorriso, molto diverso da quello di Elettra. -Mia madre è molto gentile, anche se non approvo molti dei suoi comportamenti non la considero una cattiva persona, l'avrete colta in una delle sue giornate "no".- Provò a giustificarla.

-Mi dispiace davvero tanto, ma ci ha dato l'impressione sbagliata allora.- Provai a spiegare. -Ha detto chiaramente di volerci uccidere.

-Ah, sì! Sicuramente voleva farlo allora. Avolte sa essere molto vendicativa. Da piccola le predissi il futuro e, bè, lei non accettò cosa dissi.- Quelle parole mi lasciarono senza fiato...

-Le ho... predetto il futuro? Come?

-Nostro padre aveva questo potere, come i suoi fratelli. Sono più che sicura che tu lo abbia ereditato.- Mi spiegò.

-Sai dove si trova?

-Purtroppo no. Il vostro viaggio è ancora molto lungo. Ma ho il presentimento che la strada che state percorrendo sia giusta. Pasticcino?- Me ne porse un altro.

-No, grazie.- Declinai l'offerta. Poi un pensiero mi illuminò la mente. –Tu mi conoscevi? Nel senso, mi hai chiamato con il mio nome o, per lo meno, quello che credo essere il mio vero nome... Kiroche.

-Kyriake.- Mi corresse. –Si che ti conoscevo. La semidea prediletta di nostro padre. Tua madre ne rimase uccisa quando ti portò via da lei.- Ebbi un tuffo al cuore.

-Conoscevi mia madre?

-Si, facevo da messaggera tra lei e nostro padre prima della rivolta di Zeus.- Non mi disse altro.

-Che cosa dovevi dirmi?

-Giusto. Mi è saltato alle orecchie la vostra profezia e una spiegazione posso dartela.- La mia curiosità era a mille. La profezia di Rachel era rimasta un mistero per la maggior parte. -Tra ricerche e viaggi, il diciassettesimo sarà fatale.- Recitò. -Si riferisce alla tua età, ne sono sicura. Nostro padre era ossessionato dal fatto che tu crescessi, ma aveva bisogno di più tempo.

I miei compagni tornarono. Notai subito la mancanza della fasciatura di Katerina che, in quel momento, pareva fosse pronta a scalare l'Everest. Al contrario Connor si precipitò da Iride per farle i suoi più sinceri ringraziamenti, mi mancò la presenza della rima nelle sue frasi.

-Il tuo compleanno.- Mi sussurrò Iride per poi rivolgersi cordialmente al gruppo.

Quando lasciammo l'emporio di Iride portai con me una borsa a tracolla di cuoio ottima per la scuola, se mai ci fossi tornata, e una data di scadenza. Quest'ultima sarebbe terminata dieci giorni dopo e, con il verso della profezia che recitava "due volte andata e ritorno" per la mente, mi inoltrai nella boscaglia insieme ad altri sei semidei.





*Ho preso ispirazione per la spada di Viky da Pungolo, la spada di Bilbo Baggins.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Mi faccio saltare in aria.

Ero terrorizzata. Nulla avevo per la mente se non il più completo orrore. Ripensando a quel momento, tutt'ora ho ancora i brividi. Anche dopo anni da quell'impresa, nonostante tutte le esperienze con cui avrò a che fare, il ricordo di quelle poche ore può facilmente ottenere il primato dell'episodio che mi ha creato più panico nella mia intera esistenza.

Eravamo tutti e sette, insieme, e ciascuno di loro manteneva una calma quasi surreale per me che al solo pensiero di quello che sarebbe accaduto tremavano le ginocchia. Inizialmente le mie paure parevano futili, come cercava di rincuorarmi Jo. In effetti un primo movimento mi fece solo pensare ad uno di quegli orribili bus che ero costretta a prendere ogni dannatissimo giorno, con la sola differenza di essere molto più comodo, più spazioso e letale.

Fu quando prese velocità che iniziai ad agitarmi e nel momento in cui sentì la terra mancarmi sotto i piedi fui sicura che sarei morta nel giro di pochi secondi. Purtroppo la circostanza più angosciante non fu quella. Inizialmente non ci feci caso, tanto ero accecata dallo spavento, poi un piccolo ronzio intraprese il suo viaggio nella mia mente facendosi sempre più forte, tappandomi le orecchie. Le fitte erano sempre più pressanti e cominciai a temere che se avessero continuato avrei perso l'udito.

Travis mi distrasse giusto un momento dall'alone di dolore e paura che mi circondava, allungando un braccio sopra Jo per spintonarmi e aprire bocca con il suo solito tono ironico. -Non ci credo che non sei mai salita su un aereo.- Mi sbeffeggiò.

-Sta zitto!- Replicai alzando la voce e stringendo le mani sui braccioli.

-Travis lasciala stare. Dovrà rimanere così per altre quattro ore, io non infierirei.- Mi difese Jo, spintonando con irruenza Travis sul suo sedile. -Considerando che c'è di mezzo anche la tua vita faresti meglio ad evitare di deconcentrarmi.- Si riferì al lungo tragitto che avrebbe dovuto fare per mascherarmi dal radar di Zeus.

Il ragazzo sbuffò. -Non succederà nulla in questo viaggio. Vi dico io, arriveremo sani e salvi fino a Savannah.- Ammise alzando le spalle. Lo guardai con sorpresa speranza sgranando gli occhi, poi l'aereo barcollò e fui costretta a richiuderli con l'intenzione di scacciare ogni altra sensazione, senza successo.

Travis rise. -Ti ho appena detto che non morirà nessuno su questo aereo, come mai ancora tanta paura?

Si accese il segnale che ci permetteva di slacciare le cinture. -Come puoi esserne così sicuro?- Replicai non azzardandomi a sfibbiare la cintura.

Jo alzò gli occhi al cielo. -Pronto, fiorellino?- Si intromise la voce di Daphne che, con il fratello, era seduta nella fila laterale a pochi centimetri di distanza da me. -Pensavo ti fosse entrata in testa la storia dei genitori fuori dalla norma. Datti una calmata.- Ammiccò la frase con sottintesi. Forse aveva ragione, mi stavo facendo prendere un po' troppo dal panico e poi, pensandoci meglio, chi altro avrebbe potuto dirmi di stare tranquilla se non il figlio del dio protettore dei viaggiatori? Presi un respiro profondo e mi slacciai la cintura.

-Allora?- Mi domandò Kate, apparendo improvvisamente sopra di me e facendomi prendere un colpo. -Non è tanto male, giusto?

La guardai male, suggerendole di tornare a sedersi. Lei e Connor erano seduti rispettivamente dietro di me e Jo. Nel terzo posto della fila accanto al figlio di Ermes vi era una donna terribilmente in sovrappeso che pendeva pericolosamente verso Connor dandogli un rilevante fastidio.

Notandolo mi rallegrai della sua sfortuna, anche se subito dopo il mio sguardo fu catturato dal finestrino e dalla vastissima distesa azzurra. La scelta della fila centrale non mi esonerava del tutto dalla vista della quantità immensa di metri che ci separavano via via dal suolo.

Con il passare del tempo, notai i miei compagni agitarsi sempre più, tutti tranne me e Jo. Io perché ero già scossa di mio da quando avevo messo piede in quella gabbia pressurizzata e l'altra troppo concentrata nel manovrare quel tanto di Foschia.

-Connor! Smettila, mi stai innervosendo.- Disse ad un tratto Kate, con la pazienza messa già al limite dalla costrizione al sedile.

-Mi sto annoiando!- Si lamentò il ragazzo in questione che, a quanto pare, aveva cominciato a punzecchiare Katerina per occupare il tempo.

-Non me ne parlare.- Si aggiunse Travis, che aveva preso a giocare con l'elastico della fascetta per l'ossigeno, cambiando posizione ogni dieci secondi.

Passai lo sguardo sui gemelli. Andrew pareva dormire pacificamente, al contrario di Daphne. Quest'ultima aveva tirato fuori la sua spada e si era messa a lucidarla per bene, facendo movimenti troppo frettolosi per una persona come lei. Notai alcuni passeggeri osservarla con disapprovazione, chi sa cosa vedevano.

Dopo quasi quattro ore di quella tortura riuscimmo a rimettere i piedi per terra. A quanto pare quel viaggio non fu orrendamente traumatico solo per me. Più il tempo passava più i miei amici si erano sentiti irrequieti e per il personale di bordo fu complicato contenere sette ragazzi iperattivi per così tanto. Insomma, in linea d'aria non fu un pomeriggio piacevole.

Quando uscimmo dall'aeroporto il sole era propenso al tramonto che avrebbe concluso il settimo giorno di luglio. Non ero del tutto scoraggiata dal tempo messoci a disposizione, eravamo praticamente arrivati. Se i calcoli di Daphne fossero stati giusti la sera successiva saremmo stati abbastanza vicini per permettermi di trovare quella mitica voragine. Tutto ciò sperando di trovarvici mio padre, se così non fosse stato il nostro viaggio sarebbe stato inutile e non avremmo avuto tempo sufficiente per riorganizzarne un altro con destinazione da definire. Presi un respiro cacciando quei pensieri.

Avevamo deciso di fermarci a Savannah e di non continuare per Orlando per il semplice motivo della presenza di un porto nella prima città e, secondo le nostre anche se misere conoscenze, ci sarebbe dovuto pur essere qualche mercantile in partenza ogni tot di ore, quindi bastava solo trovare quello giusto ed infiltrarci. Decidemmo di proseguire a piedi, fino a raggiungere la periferia della città, luogo in cui si trovava per l'appunto il porto. Come idea non mi preoccupava più di tanto.

Durante la nostra traversata mi trovavo di fianco a Kate. Connor mi aveva scongiurato di intrattenerla per un po' così da permettergli di riavere la sua libertà, anche se per poco. La ragazza si rifiutava di parlare con Travis ed era restia nell'intraprendere una conversazione con i figli di Ares, per ciò aveva ripiegato su di lui che, per quanto potesse volerle bene, aveva cominciato a non sopportarla più.

Inizialmente parlammo dei tempi della scuola, mi ricordò delle strane visioni che avevo e del perché lei avesse il dovere di deviare la realtà delle risposte. Ridemmo per un po', fino a quando la mia dannata curiosità non mi costrinse a ripetere quella fatidica domanda. -Kate, perché continui ad evitare Travis?- Chiesi, volevo una sua spiegazione, per quanto potessi già saperne il motivo.

-Mi ha fatto arrabbiare.- Disse solo. Bè, già un passo avanti.

-Questo era più che ovvio.- Riuscì a ridere ma un'occhiataccia di Kate mi fece zittire. Mi schiarì la gola. -Come?- Chiesi.

Kate si fermò e mi osservò con sguardo perso. -Non lo so nemmeno io.- Affermò triste con un sussurro prima di ricominciare a camminare.

-Aspetta! Fammi capire. Stai facendo l'offesa con Travis e non sai neanche il perché?!- Esclamai sconcertata. Lei mi fece una pernacchia.

-Non ho detto questo. Il motivo c'è, ma è così idiota... non riesco a capire il mio comportamento. Diciamo che ne dovrei essere felice, dovrei essere contenta per lui. Invece sono arrabbiata e anche tanto.- Continuò con uno sbuffo. -Perché mi comporto così?! Non mi ha mai scalfito in questa maniera.- Esclamò guardandomi in cerca di risposte. Francamente, se Kate non ci stava capendo niente io ne intendevo ancora meno.

La mia amica si fermò di nuovo cominciando a prendere a capocciate la mia spalla. -Perché? Perché?- Continuava a ripetere mentre io le davo qualche pacca sulla schiena.

-Cerca di capirmi. Io ci sto male. Travis è il mio migliore amico e non voglio comportarmi così con lui. Ma ogni volta che lo guardo non posso fare a meno di far rimontare la rabbia.- Disse continuando a colpire con la fronte la mia spalla. Supposi fosse al limite di una crisi di nervi. -Perché non sono felice per lui? Se fosse stato Connor non avrei fatto altro che complimentarmi. Perché non è la stessa cosa?!- Continuava a ripetere. -Che poi a pensarci... simpatica, gentile, premurosa...- Supposi stesse parlando di se stessa. -...Brava con le piante!- Va bene, non stava parlando di se stessa.

-Posso chiederti cosa è successo di tanto traumatizzante?- Domandai.

Lei fece una smorfia. -Che ne dici se invece ti faccio io una domanda?- Propose, ma non aspettò risposta. -Di cosa parlavano Jo e Daphne l'altro giorno? Che cosa è successo? E... con Connor?

Avete capito la furbetta? A quel punto non riuscì a deviare di nuovo l'argomento e mi costrinse a mettere fine all'interrogatorio che stavo facendo. -Niente di speciale, la notte faceva freddo e ci siamo addormentarti vicino.- Distorsi un po' la realtà, ero ancora confusa in argomento.

La figlia di Apollo mi guardò di sottecchi. -Quindi...?- Chiese con sguardo interrogativo prima di tramutarlo in uno malizioso. A quanto pare doveva aver messo insieme tutti i pezzi. Si mise a saltellare. -Mi stai dicendo che... tu...?- Disse con il tipico sguardo di un assassino davanti alla persona che desidera uccidere da quando ne ha ricordo, strano come paragone ma credo che abbiate capito.

-E' già.- Affermai con un'alzata di spalle. Kate fece un gridolino decisamente non da lei prima di placcarmi e stringermi in un abbraccio.

-Che! Cosa! Carina!- Affermò stritolandomi mentre mi sollevava di un paio di centimetri da terra. -Sareste troppo dolci! Vi immagino già attorniati da piccoli Connor nel tentativo di rubare il ciuccio alle urlanti piccole Viky.- Iniziò a saltellarmi intorno. Mi continuerò sempre a chiedere come Kate riuscisse a cambiare così drasticamente il suo umore in un battito di ciglia. Un istante prima si stava deprimendo per non si sa di preciso cosa e un attimo dopo aveva gli occhi a cuoricino immaginando la mia vita con Connor.

-Kate, basta. E' soltanto una cosa passeggera dovuto agli avvenimenti di quella sera. Se ne andrà tra qualche tempo...- Affermai come niente fosse.

-Perché? Che cosa è successo?!- Chiese, desiderosa di risposte.

-Ci siamo scontrati e per sbaglio ehm... l'ho baciato? Nulla di eclatante, ci siamo appena sfiorati.- Non l'avessi mai detto.

-Ecco! Che idiota a non capirlo. Io già sospettavo qualcosa ad essere sinceri e fidati che lo conosco. Connor si avvicina raramente così tanto a delle ragazze in così poco tempo. E non intendo fisicamente... ma emozionalmente. Figurati che ci stavo pensando già dal primo giorno! Sareste così adorabili insieme! Voglio assolutamente essere testimone al vostro matrimonio!- Continuò peggio di una figlia di Afrodite, quasi quasi mi mettevo a ridere. Non si era mai comportata così alle mie precedenti confessioni e conseguenti relazioni. Per quanto potesse essere una ragazza restia in questo tipo di rapporti in ciò che la riguardasse, ne augurava al meglio per gli altri.

-Kate non montarti la testa, è stato solo un incidente.- Dissi.

-Esatto! Un incidente! Niente di volontario che ha scatenato queste tue emozioni verso di lui, niente nega che ha Connor non sia successo lo stesso.- Affermò.

-Cosa mi sarebbe dovuto succedere?- Domandò una voce conosciuta di fianco a me. Mi voltai giusto per notare un curioso Connor accompagnato dal fratello e da Jo, ormai dislocati dalle discussioni con i gemelli.

-Viky ha cambiato idea su certi sentimen... mhmhm.- Tappai la bocca a Kate prima che parlasse troppo. Inoltre chiamarli addirittura sentimenti era un po' troppo. Connor mi guardò confuso.

-Tranquillo. Dice cose senza senso, lo sai, è nata così. Ormai non ci si può fare più niente.- Risposi semplicemente, al che tutto il gruppetto si ritrovò ad annuire. Chi per un semplice movimento istintivo, chi per rammentarsi che la sua amica era un po' fuori di testa, chi con un sorrisetto in volto, dopotutto Kate piaceva per come era.

-Ehi! Non è vero!- Esclamò Katerina togliendosi la mia mano dalla bocca.

-Guarda Kate, questo è sicuramente l'unico fatto di cui siamo tutti sicuri.- La ragazza mi stritolò la mano, atto che fu notato da tutti, nessuno escluso.

-Sbollentiamo un po' la situazione, che ne dite?- Propose Jo, per poi prendere Kate sottobraccio e trascinarla avanti al gruppo.

-Che faccia come le pare.- Protestò Travis, allontanandosi.

Io rimasi in fondo al gruppo con Connor. -Allora...- Cominciò a dire. -Di cosa stavate parlando prima?- Mi chiese.

-Di quell'assurdo comportamento che ha Kate con Travis.- Sbuffai. -O almeno ho provato a capirne il perché.- Aggiunsi.

-Non me ne parlare! E' da giorni che mio fratello mi asfissia!- Esclamò.

Gli lanciai uno sguardo, al che Connor rispose facendo un gesto di sufficienza con la mano, come a scacciare una mosca. -Ci faccio i conti da così tanto tempo con le sue lamentele che sono felice di poter finalmente ricambiare.- Continuò.

-E chi sarebbe la fortunata protagonista dei tuoi racconti?- Chiesi con un pizzico di curiosità.

-Eh, lunga storia Clark. E poi chi ti dice che è 'la fortunata'?- Mi rispose con il solito sorrisetto in volto.

-Oh, scusi, lo davo per scontato dati i suoi vari commenti sulle ragazze al campo, di cui molti di dubbio gusto.- Feci la vaga.

-Giusto! Mi sono tradito...- Si mise a ridere. -D'altro canto, lo sai. Sono solo cinque i punti da seguire per rimorchiare qualcuno, lo ripeto continuamente ai miei fratelli.- Continuò fermandosi e tirando fuori le mani dalle tasche.
-Ti avvicini.- Iniziò ad elencare, poi mi si accostò di scatto costringendomi a fermarmi.
-Le accarezzi una guancia.- Lo fece e rabbrividì.
-Le metti le mani sui fianchi.- Si avvicinò talmente tanto da respirare la stessa aria.
-Mentre è distratta prendi tutto ciò che ha in tasca.- Ero troppo frastornata da quella vicinanza per ... un momento cosa?!
-Non baciarla nemmeno.- Esclamò allontanandosi di scatto. -Corri soltanto.- Fece qualche passetto per scansarsi. Io lo guardai tramortita mentre lui osservava il contenuto delle mie tasche in bella mostra sul palmo delle sue mani.

Mi ci volle qualche secondo prima di realizzare l'accaduto. -Sei un bastardo Stoll. L'hai davvero fatto?- Chiesi, non seppi con precisione se trovare la cosa divertente o tremendamente scorretta.

-Ovviamente, quasi tutte rimangono ammaliate dal mio fascino. Francamente non credevo ci cascassi anche tu.- Mi lanciò una piccola occhiata divertita costringendomi a distogliere lo sguardo. -Uhm... otto dracme, un elastico, una... fotografia?!- Disse guardandomi interrogativo. -Niente di che come bottino... Un momento, questa dovresti essere tu?- Rise sguaiatamente.

-Non fare il deficiente Stoll, ridammela!- Esclamai allungandomi per riprendermela.

-Non ci credo! Eri orrenda!- Riprese a ridere, alzando il braccio contenente l'immagine, rendendomi impossibile raggiungerla.

-Bè grazie tante.- Commentai.

-Su Clark, non ti demoralizzare. La bellezza la noti trovando la perfezione nelle persone imperfette.- Recitò porgendomi le mie cose a parte la foto. -O per lo meno credo che dicesse così, l'ho sentita da qualche parte questa frase.- Annuì pensieroso osservando l'immagine. -E loro chi sono?- Chiese indicandomi gli altri tre soggetti della fotografia che, tra l'altro, non avevo il minimo ricordo del perchè si trovasse nella mia tasca. Probabilmente un pensiero di Michael.

-Quello è il fratellastro di Kate, sono abbastanza sicura che questa sia una di quelle poche foto in cui vengono ritratti insieme.- Iniziai spiegare con un po di rammarico. Indicai il ragazzo biondo, sembrava una copia al maschile di Kate. Era alto, aveva gli occhi marroni, fisico snello e viso armonioso. Anche i capelli erano simili, dello stesso colore però ricci al contrario della sorella. La carnagione era diversa, il ragazzo mostrava una pelle molto più pallida in confronto alla bambina, anche alcuni lineamenti del viso erano diversi. Tutto a sottolineare l'origine ambigua di Kate, ma dopotutto non sono io quella che può criticare. Ma nonostante ciò si poteva vedere benissimo il bene che si volevano.

-Non avevo mai visto Matthew. Me l'ero immaginato in tantissimi modi ma non così.- Ammise osservando attentamente la foto. -E lei è Kate giusto? Devo ammetterlo, è sempre stata una bella ragazza.- Disse. Quell'immagine risaliva a circa sei anni prima, nell'epoca in cui portavo l'apparecchio, gli occhiali correttivi e si vedevano i primi schizzi dell'acne adolescenziale. Ero un incanto a undici anni, e naturalmente in tutto ciò Kate splendeva come un piccolo sole nella sua naturale bellezza tale della figlia del dio più egocentrico dell'Olimpo.

-E lei chi è?- Mi chiese ancora indicando la foto di un'altra ragazza mora in posa dietro di me. Osservai Connor e come ad aspettarselo stava bramando una risposta. Quella ragazza mi aveva fatto penare per tutta la settimana di soggiorno che fece con Matthew. Non le riuscivo a trovare un difetto! Era bellissima e dannatamente gentile, mostrava anche una spiccata intelligenza quindi ogni qual volta stavo con Kate mi ritrovavo a girare con un trio di fotomodelli, furono dei giorni terribili.

-Non ricordo il suo nome.- Feci la vaga rinfilando la foto dove Connor l'aveva trovata. -Sta facendo buio.- Cambiai argomento, osservando il cielo lampeggiare in diverse sfumature di rosa. -Non mi attira molto l'idea di passare in queste viuzze con il buio, meglio se acceleriamo il passo.- Dissi ad alta voce, in modo da farmi sentire da tutto il resto del gruppo.

-Ti stai rivelando più fifona di quello che pensassi.- Mi disse Connor porgendomi la foto.

-Ma sta zitto.- Replicai sorridendo, anche se non la presi troppo bene. All'epoca ero molto orgogliosa solo di due particolarità del mio carattere: del fatto che riuscissi sempre a vivacizzare una situazione... e del mio coraggio; e Connor, con quel suo commento, ovviamente scherzoso, era riuscito lo stesso ad intaccarmi. La mia non era fifa, era preoccupazione. Di sicuro non stavamo attraversando un quartiere di lusso ed ero angosciata al pensiero che qualcos'altro sarebbe andato storto. -Anzi, sai che ti dico Stoll: prova a sfidarmi.- Aggiunsi poco dopo.

-Uhuh, la situazione si fa interessante.- Si intromise Andrew che, a quanto pare, si era stancato delle chiacchiere di Jo e Daphne e aveva ascoltato il nostro precedente discorso.

-Cosa?- Chiese Travis, totalmente estraniato dalla situazione.

-L'innocente Clark mi ha proposto una sfida.- Rispose Connor.

-Io non lo farei fossi in te Vicky. Connor sa essere molto più che malvagio se ci si mette.- Mi suggerì la voce saggia di Kate.

Osservai il ragazzo in questione guardarmi provocatorio. -So esserlo anche io.- Replicai. -E fino ad ora Mister Malvagità non è riuscito a farmi ancora uno scherzo decente. Sono sicura di poter reggere.- Lo sminuì.

-Va bene allora.- Chiuse l'accordo il figlio di Ermes.

-Ragazzi... vogliamo davvero farlo? Non so voi, ma io voglio arrivare il prima possibile al porto.- Si lamentò Jo.

-Si tratterà solo di pochi minuti.- La rassicurò Connor. -Allora, prima le signore.- Mi fece, osservandomi con superiorità.

Mi guardai un po' in giro fino a trovare un edificio talmente tanto squallido da non poter contenere altro che gente poco raccomandabile. -Dovrai entrare in quell'edificio ed uscirne dalla porta sul retro.- Affermai. -Sempre se riesci a superare la guardia di quelli lì.- Aggiunsi notando un paio di ragazzotti sulla trentina seduti di fianco alla porta.

Travis e Connor mi osservarono quasi con delusione, il ghigno divertito che si era stampato sul loro volto al suono 'sfida' scomparve subito. -Mi aspettavo di più da te Vicky.- Ammise il primo.

-Non sarò altrettanto magnanimo con te Clark.- Disse Connor avviandosi.

Li osservai entrambi stranita, per poi porre la mia attenzione a Connor. Il suo avvicinamento aveva messo sull'attenti i due ragazzi, i quali si erano alzati attendendo l'arrivo del figlio di Ermes. Li notai discutere giusto un attimo prima di aprire la porta per farla varcare a Connor.

-Ma come...?- Domandai tra me e me.

-Meglio se andiamo ad aspettarlo sul retro.- Propose Jo stancamente, avviandosi verso l'altro capo del piccolo edificio.

-Ma come...?- Ripetei.

Kate mi portò una mano dietro la schiena incoraggiandomi a seguirli. -Cosa ti aspettavi? Facendogli questa proposta lo hai fatto giocare in casa. Di certo i figli di Ermes non hanno la fama di bravi ragazzi.- Commentò Kate con un sorrisetto.

-Al contrario della tua famiglia piena di Buon Samaritani.- Replicò Travis con repulsione, riferendosi a Kate. -E poi ci sei tu, la pecora nera che segue i cattivi ragazzi.- Continuò ironico.

Il sorriso di Katerina si spense in un attimo. -L'avete sentito anche voi?- Domandò. -Quel ronzio fastidioso mi segue da giorni.

Travis l'osservò con rabbia e Kate fu spintonata d'un tratto di lato da una forza invisibile. -Non avrai...- Grazie agli Dei fu interrotta dall'apparsa di Connor. Il quale aveva aperto con un gran fracasso l'anta dell'uscita di emergenza e vi si era poggiato seguito da un energumene alto più di due metri, pareva che ci stesse scherzando amichevolmente.

I due si salutarono con un'astrusa stretta di mano. -Una passeggiata.- Replicò Connor, raggiungendoci mostrando un semplice coltellino svizzero.

Daphne si liberò in uno sbuffo di sufficienza. -Conoscendoti avrei immaginato che saresti uscito con peggio.- Ammise.

Connor fece spallucce. -Ora è il tuo turno Clark.- Si riferì a me. -Dentro mi hanno parlato di quest'enorme fabbrica abbandonata, giusto qui a due passi. Ci sono leggende dietro e nessuno ha il coraggio di entrarci.- Cominciò a raccontare.

-D'accordo va bene. Però sbrighiamoci. Rischiamo di perdere il prossimo mercantile. Già non ho voglia di essere così vicino al Mare dei Mostri... evitiamo di renderlo anche più lungo del dovuto.- Precisò Jo.

-Più veloce del vento, è qui dietro.- Rispose Connor.

Effettivamente aveva ragione, neanche due minuti di cammino ed eravamo già arrivati. Quell'edificio si trovava in un'ampia zona libera che faceva risaltare le sue dimensioni. Emanava un'aria tetra, con le finestre rotte e l'interno quasi invisibile nel buio della serata. Ricapitolando: niente di che. Non sono una ragazza che si fa spaventare solo da una fabbrica abbandonata, con vecchi compagni di scuola avevamo fatto sciocchezze peggiori.

-D'accordo. Tempo due minuti e sono dall'altra parte.- Avevo replicato, per poi inoltrarmi nell'oscurità.

Nel mentre camminavo alla cieca non feci altro che pensare a quanto fosse stupida questa storia. Quasi mi pentì di aver fatto perdere a tutti tempo, pochi minuti e mi sarei ritrovata fuori, con quale risultato? Stupido orgoglio. Scossi la testa sfoderando la mia spada per illuminare, anche se poco, il pavimento sul quale stavo camminando.

Percepì un primo rumore subito dopo, sicuramente qualche topo. Mi fermai un momento per farmi luce, alla ricerca della scritta 'exit'. Ormai mi ero abituata alla luce fioca e quel poco che riusciva ad entrare dalle finestre mi fece notare lo strano posizionamento delle macchine. L'enorme sala principale era libera nel mezzo se non per un'enorme recipiente di rame, ai lati si trovavano decine di macchinari palesemente trascinati ai fianchi della stanza per fare spazio. Chi sa cosa ci fabbricavano lì dentro.

Percepì un altro rumore e nel girarmi ruppi qualcosa con il piede. Abbassai la lama giusto per scoprire di aver calpestato delle ossa di un piccolo animale, probabilmente morto lì dentro. Scansai la gamba schifata per poi riavviarmi verso l'uscita che, ormai, avevo individuato.

Purtroppo un altro rumore, stavolta più forte degli altri, mi fermò creandomi qualche titubanza. -Chi c'è?- Chiesi con fermezza, anche se un briciolo di panico cominciavo a percepirlo. Lo scacciai quasi subito, in fin dei conti mi ero allenata e la spada che avevo tra le mani la sapevo maneggiare bene, non avevo nulla di cui temere. "Nulla di mortale." Mi fece ragionare la mia coscienza, ma ignorai anche quella.

-Mostrati, non ho cattive intenzioni.- Aggiunsi.

-Oh, neanche noi.- Replicò una voce rauca.

-No, no. Solo un pasto veloce.- Disse un'altra voce, più profonda, troppo per appartenere ad un essere umano.

-Sta zitto Rotella!- Sgridò la prima voce.

Strinsi gli occhi alla ricerca di quel qualcosa che stesse parlando. -Sei con altri? Ne hai portati altri?- Chiese la prima voce. Preferì non rispondere alla domanda.

-Perché non la mangiamo subito, i bambini hanno bisogno di carne fresca.- Ribadì l'altro, a quanto pare Rotella.

-Ti ho detto che non basta...- Da qui iniziò una piccola discussione, alla quale io decisi di non unirmi. Al contrario scelsi di dileguarmi furtivamente, evitando che la paura mi assalisse. Poco distante da me si trovavano altri sei semidei addestrati per anni al fine di superare queste situazioni, dovevo solamente arrivare all'uscita.

-Dove credi di andare?- Percepì la terra tremare, segno che qualcuno di molto pesante avesse cominciato ad inseguirmi. Iniziai a correre, non riuscivo quasi a respirare, la paura mi bloccava i polmoni e la corsa frenetica non migliorava di certo la situazione. Quando intravidi la poca luce del tramonto appena concluso, ormai speranzosa della salvezza, qualcosa mi colpì alla testa e persi i sensi.

***


-Connor, sono passati più di quindici minuti. Non credi che sarebbe dovuta già uscire?- Chiese Kate, alzandosi da terra.

-Il posto è grande. Si sarà persa con la poca luce, ritroverà la strada sta tranquilla.- Replicò il ragazzo. La figlia di Apollo lo guardò incerta.

-Ehi! Venite a vedere!- Urlò d'un tratto la mia voce.

-Finalmente!- Esclamarono Jo e Daphne.

-Visto?- Fece Connor all'amica. I sei ragazzi rimasti fuori aguzzarono la vista, cercando di localizzarmi al di fuori dell'apertura sul garage.

-Non avete idea di cosa ho trovato! Venite.- Esclamò ancora la mia voce.

-Mi dispiace Clark, devi uscire da sola.- Le fece notare Travis.

-Non riesco a trasportarlo da sola!

Jo si fece avanti sbuffando. -Arrivo io!- Gridò, ma venne fermata da Connor. -Andiamo, ha attraversato la leggendaria fabbrica, vado ad aiutarla così riprendiamo a muoverci.- Detto questo si inoltrò nell'oscurità.

Ebbene, io di quella discussione compresi davvero poco. Ero in una specie di stato catatonico dovuto al colpo in testa, ma pian piano avevo cominciato a riavermi e provai più volte ad urlare per avvertire gli altri del tranello. Purtroppo dalla mia bocca usciva poco o nulla.

-Vicky? Dove sei?- Chiese la figlia di Ecate.

Quando la udì mi agitai con forza, in modo tale da scoprire di essere incatenata ed appesa chi sa dove. Notai tante piccole luci cominciare ad illuminare la stanza, ciò mi permise di scorgere Josephine nel bel mezzo della sala, mi sorpresi nello scoprire che il riverbero stesse provenendo da tante piccole fiaccole galleggianti nel vuoto. La luce sfarfallante rendeva ancora più inquietante il posto creando particolari ombre ondulanti che sembravano muoversi da sole sulle pareti.

-Vicky dove...- Le morirono le parole in bocca alla vista dei due mostri, ormai non più nascosti dalle tenebre. Uno dei quali si trovava proprio accanto a me, permettendomi di osservarlo bene. Aveva una forma quasi umana ed indossava una specie di enorme sacco di juta, da più di qualche settimana dato l'odore. Mostrava un volto brutale, con un unico occhio al centro della fronte: era un ciclope.

Cominciai a tremare, aveva visto tante cose assurde fino ad allora ma quella volta fu diverso. Ciò che avevo davanti era un vero mostro in carne ed ossa, alto quattro metri e probabilmente mi avrebbe mangiata come spuntino di mezzanotte.

-Vicky!- Mi chiamò a gran voce Jo per localizzarmi sfoderando i suoi coltelli e scagliandone uno contro l'energumeno a lei più vicino, da quello che avevo appurato era una grande tiratrice. Riuscì ad evitare la carica del ciclope approfittandone per saltare su un macchinario e sollevarsi per riprendere il coltello incastonatasi sul braccio dell'avversario e tentare di conficcarglielo nel cranio.

Il suo tentativo non funzionò, ma richiamò l'attenzione del ciclope destinato alla mia sorveglianza, di nome Lampadina, buffo vero? Ebbene, inizialmente Jo pareva cavarsela bene. Aveva smesso di attaccare, muovendosi veloce tra le macchine evitando i ciclopi, chiamandomi a gran voce.

-Rotella!- Esclamò furente Lampadina. -Prendila! Intendo mangiarla per prima! Sta facendo troppo rumore.

Jo vagò con lo sguardo prima di scivolare sotto un tavolo che fu distrutto dal passaggio di Rotella meno di un secondo dopo. Purtroppo entrai nella visuale della figlia di Ecate in quell'attimo fatale che la fece distrarre, fu agguantata da Lampadina che, tenendola saldamente, la portò vicino a me nella balconata del secondo piano.

-Lasciatemi! Appena riuscirò a liberarmi siate certi che vi manderò nel Tartaro! Fosse l'ultima cosa che faccio!- Iniziò a minacciare.

-Rotella? Come faccio a spegnerle?- Chiese la ciclope ignorando la mia amica, indicando la dozzina di fiaccole galleggianti a mezz'aria poste in cerchio nel centro della sala.

-Non lo so, scuotila un po'.- Replicò il ciclope, al che Lampadina cominciò ad agitare la mano contenente la mia amica che, scombussolata, non riuscì a mantenere abbastanza attenzione per lasciare accese le torce, le quali caddero per terra e scomparvero. Sembrò di essere immersi nelle tenebre non più abituata al buio ormai pesto della sera avanzata.

Riuscì a catturare lo sguardo di Jo, pareva ancora disorientata. Notai la ciclope metterle qualcosa in bocca per zittire future urla. -Connor e Travis...- Provai a dire con voce rauca, Josephine spalancò improvvisamente gli occhi cercando di fermarmi con qualche mugolio. Naturalmente non lo capì al volo. -E' tutta colpa loro.- Provai a scherzare.

A quanto pare gli altri un minimo di sospetto lo avevano avuto in risposta a quel casino, poiché cominciò a sentirsi un piccolo mormorio. -Travis! Aiuto!- Gridò con la mia voce Rotella, appostato dietro un'enorme apparecchiatura.

-Dove sei?- Gridò in risposta il ragazzo.

-Connor! Ti prego aiutaci!- Urlò di nuovo il ciclope, con la voce di Jo sta volta.

Si sentì lo scalpiccio delle scarpe, probabilmente Connor aveva preso a correre. -Non muovetevi, arriviamo!- Osservai la mia amica alzare gli occhi al cielo come a dire: "Non avrei mai chiesto aiuto in quella maniera, idiota! Un minimo di intelligenza no?!"

Sentì i miei compagni entrare nella fabbrica, si facevano domande a bassa voce. Udì un suono sommesso provenire da Jo, probabilmente un urlo smorzato dal pezzo di stoffa che aveva in bocca. A quel punto provai anche io a mandare un cenno del pericolo imminente, ma cosa avrei potuto fare? Non dovetti affannarmi troppo per trovare una risposta poiché ci riuscì Jo, facendo comparire un'altra torcia luminescente proprio sopra le nostre teste.

-Eccole lì!- Gridò Kate, alzando l'arco e, senza neanche osservare, lanciò una freccia dritto nell'occhio di Rotella appostato dietro di loro, passandolo da parte a parte e riducendolo in un mucchio di polvere.

-Come avete osato!- Gridò Lampadina, fiondandosi contro i semidei e lasciando cadere Josephine da parecchi metri di altezza. Il tonfo che ne seguì mise fine all'unica luce presente nella stanza, costringendo i miei amici a combattere al buio.

Mi agitai, tentando di slegarmi, sicuramente non avevo le forze per unirmi alla lotta ma avrei almeno potuto vedere in che condizione si trovasse la nostra 'torcia umana'. Mi preoccupai quando, dopo alcuni secondi, continuai a non sentire il rumore delle lame dei miei compagni scontrarsi contro le macchine alla cieca, segno che non le stavano utilizzando, ergo: la ciclope non stava attaccando.

Quel silenzio si fece sempre più pressante con il passare del tempo, abbastanza lungo da permettermi di adattarmi alla luce quasi nulla. -Kate?- Sussurrò qualcuno interrompendo il pesante silenzio.

-Che cosa vuoi?- Chiese in risposta la ragazza, era ovvio che stessero cercando di parlare con voce più bassa possibile, ma il luogo era grande e chiuso, persino il minimo soffio di vento si poteva sentire distintamente.

-Fai quella cosa, sbrigati sent....- Le restanti parole non le distinsi, ma mi ci volle poco per capire a cosa si riferisse. Qualche secondo dopo un rivolo dorato cominciò a fluttuare in aria facendo movimenti ipnotici come a seguire il corso di un fiume illuminando gran parte della fabbrica. Nel complesso fu una scena emozionante per la sua bellezza, se non fosse stato per il fatto che io fossi legata ed appesa come un salame al soffitto forse me la sarei goduta di più.

Notai subito i miei amici, schiena contro schiena al centro della sala anche grazie all'urlo di Andrew che segnalava l'avvistamento di piccole forme umanoidi convogliare verso di loro. Quando Rotella aveva proferito la parola 'bambini' non avrei mai immaginato che si riferisse a cuccioli di ciclope alti due metri.

Dopo di che abbassai lo sguardo, intravidi Jo seduta con la schiena contro il muro, sembrava in buone condizioni. Ciò che mi preoccupò fu il fatto di non riuscire a vedere la ciclope. Vagai con lo sguardo ma l'unica cosa che notavo era il piccolo scontro che si era formato nel piano sottostante.

Posi lo sguardo verso Jo, per vedere se fossi nelle stesse condizioni di prima, ma non la trovai dove l'avevo lasciata. Subito dopo percepì la sua presenza di fianco a me, nel tentativo di slegarmi, tempo qualche secondo ed avevo di nuovo i piedi a terra.

Mi tastai la cintura alla ricerca della spada che, purtroppo, non trovai. Doveva essermi caduta mentre ero priva di sensi. Mi voltai verso Jo. -Dobbiamo trovare un modo per scendere.- Affermai, cercando di superare il frastuono che si era formato nel piano sottostante.

-Non possiamo ucciderli tutti. Sono troppi e arrabbiati, se non ci inventiamo qualcosa rischiamo di morirci qui dentro.- Esclamò Jo osservando verso il basso. Al momento noi eravamo in salvo dall'attacco, ma i nostri amici erano praticamente accerchiati. L'arma di difesa di Kate era diventata inutile tant'è che l'aveva lasciata per dare posto al suo pugnale. -Devono aver scavato decine di gallerie qui sotto o non sarebbero mai riusciti a sopravvivere.- Pensò ad alta voce Jo.

-Da quanto so i ciclopi non sono esperti di architettura.- Affermai riferendomi al pian terreno.

Jo annuì. -La fabbrica non è stabile, guarda i muri portanti.- Mi indicò la facciata opposta scavata da profonde crepe. -Se riesco a raggiungere lo scantinato potrei creare una reazione a catena e far crollare tutto.- La ragazza si guardò un po' in giro, per poi sbuffare. Fece uno strano movimento con le mani assemblando un piccolo arco con qualche rottame da terra.

-E questo?- Chiesi quando me lo porse.

Jo mi lanciò uno sguardo mistico. -So fare altro oltre togliere gli occhi alle persone.- Ammiccò. -Quando vedi quella finestra laterale spaccarsi porta tutti fuori, se questo non accade hai un quarto d'ora per inventarti qualcosa e far cadere quella parete.- Detto questo saltò dal parapetto fin sopra ad un rullo trasportatore e, senza farsi vedere, scivolò verso le scale che portavano nei sotterranei.

Io rimasi ferma impalata come una scema. Avevo parecchie domande per la testa dato il caso di non aver mai vissuto uno scontro del genere e non sapevo cosa fare.

-Vicky! Una svegliata?- Mi richiamò Andrew. Scossi la testa ed osservai in basso, ormai i miei compagni erano impegnati in una battaglia corpo a corpo contro ben quattro ciclopi. Incoccai l'arco improvvisato e scagliai una prima freccia che si incagliò nella spalla di un mostro, ferendolo. Mi sorpresi della maneggiabilità dell'arma, tirai un'altra freccia che distrasse un ciclope che stava per colpire alle spalle Daphne.

-Vi copro io!- Gridai, per poi continuare a scagliare bastoncini tramutati da Jo in frecce. Salvai la vita ai miei compagni più di una volta. Stavo giusto per usare l'ultima quando un rumore alle mie spalle mi distrasse. Strinsi gli occhi nel tentativo di intercettare qualche movimento, riuscì ad individuarlo proprio nel momento in cui una massa scura mi saltò a dosso facendomi cadere dalla balconata insieme a lui.

L'atterraggio non fu sicuramente piacevole, sentivo la schiena a pezzi ed ebbi paura che nell'alzare le gambe non sarei riuscita ad ottenere nulla, incapace di muoverle. Percepì qualcuno urlare il mio nome, mi voltai di lato. Riuscivo a vedere la luce azzurrina della mia spada ad un paio di metri di distanza da me, provai a muovermi ricevendo immediatamente una terribile fitta di dolore alla spalla, fui costretta a fermarmi. Presi un respiro e provai a muovere il braccio sinistro e, nel non riuscirci, constatai di essermi probabilmente lussata la spalla.

Mi misi seduta con lentezza tentando però di fare il più velocemente possibile nonostante le mie condizioni. Percepì immediatamente una fitta atroce all'articolazione che mi costrinse a fermarmi. Diedi una veloce occhiata intorno notando il ciclope che mi aveva scaraventato dal piano superiore poco distante da me, nel tentavo di disincastrare la testa da un'enorme scatola di metallo. E con quello eravamo a cinque, ben cinque mostri grossi come un armadio da distruggere, contando che all'appello mancava ancora la ciclope di nome Lampadina.

Osservai la finestra laterale, neanche una piccola crepa. Jo ci stava mettendo troppo. Tentai di alzarmi reggendomi il braccio, fu un susseguirsi di momenti strazianti. Mentre zoppicavo verso la mia spada il ciclope riuscì a liberarsi e cominciò a correre nella mia direzione, ma a questo ero preparata. Raccattai in meno di un secondo la lama per poi tenerla ferma davanti a me e, come da copione, il ciclope ci andò a sbattere perfettamente contro, trafiggendosi da solo. L'unico mio sforzo fu quello di attutire il colpo di un essere da mezza tonnellata che mi si scagliava contro, grazie agli dei questi divenne polvere prima di procurarmi ulteriori danni.

-Dobbiamo ripiegare!- Sentì gridare Daphne. -Rischiamo di essere sopraffatti.

-Dov'è Jo?- Esclamò Kate.

-Non si è riunita a noi, non possiamo lasciarla qui!- Aggiunse Travis.

-Non possiamo fare altrimenti.- Replicò Daphne.

Osservai la finestra, ancora nessun segnale. Feci un sospiro. -Ehi!- Catturai la loro attenzione. -Copritemi! Ho un piano. Quando ve lo dico, trattenete il fiato.- Gridai.

Presi un bel respiro. Notai i miei compagni avvicinarsi lentamente a me, costringendosi schiena contro schiena cercando di allontanare gli unici tre ciclopi rimasti, ma parevano esausti, se il mio piano non avesse funzionato saremmo stati accerchiati e...

Mi concentrai su altro. Si poteva comunque dire di trovarci vicino al porto, no? Di conseguenza sotto di noi si sarebbe dovuta trovare una gran bella quantità di acqua, se pur a debita distanza. Tanta acqua, cominciavo a percepirla. Alzai lo sguardo, c'era una bella apertura sul soffitto. Ottimo, se il resto non ci fosse crollato a dosso l'avremmo potuta utilizzare come via di fuga.

Sentì una stretta allo stomaco, ancora un po' e ce l'avrei fatta. Il pensiero di riuscire a far crollare uno dei muri utilizzando la mia influenza sulla terra mi aveva sfiorato la mente, ma saremmo rimasti schiacciati. Mi concentrai, percepivo tonnellate di acqua sotto il mio controllo che prendevano velocità per salire in superficie. Il terreno cominciò a tremare.

-Vicky?- Mi richiamò preoccupata Kate.

-Sei tu a fare questo?- Domandò Travis.

Non mi presi neanche la briga di rispondere. Cominciavo a vedere tanti pallini gialli al posto dell'oscura massa confusa, la spalla pareva volessi staccarsi dal corpo tanto faceva male ma mi costrinsi ad andare avanti. Sentì qualcosa di molto pesante cadere, probabilmente una balconata.

-Vicky! Sta crollando tutto!- Gridò Andrew.

Si sentì il passo pesante di qualcuno che aveva iniziato a correre, il passo di qualcuno poderoso. -Clark...- Mi avvertì Connor.

Quando il viso di Lampadina entrò nella mia visuale ormai era troppo tardi. -Ora!- Esclamai, nell'esatto momento in cui un getto d'acqua apriva il suolo e fuoriusciva con la stessa forza di un geyser, esattamente sotto di noi. Il terreno dove posavano i restati ciclopi crollò su se stesso, trascinando con se quei pochi mostri rimasti, Jo aveva ragione.

Tutto ciò avvenne mentre noi venivamo sparati verso il soffitto dal getto d'acqua, l'enorme fabbrica collassò. E qui venne la parte che non avevo calcolato: come avremmo potuto raggiungere il suolo evitando la morte.

Avevamo iniziato a precipitare quando riuscì a racimolare l'ultimo po' di energia per richiamare a me l'acqua che ancora sprizzava dal suolo e racchiuderci in una bolla protettiva a pochi secondi dal macello. Grazie agli dei ottenni il risultato voluto, rallentammo fino a toccare il suolo con il suono scosciante della bolla d'acqua che si rompeva.

L'ultima cosa che ricordo è la sensazione di essere sdraiata su qualcosa di duro, poi svenni.



ANGOLO AUTRICE
Perdono! So di non essermi fatta sentire per molto, ma non avevo davvero nessuna idea su come continuare la storia, per di più la scuola non aiutava. Quindi non ho davvero la più pallida idea su cosa pensare di questo capitolo, spero vi piaccia.
Dovrei aggiornare presto, siccome ho già scirtto qualche spazzo di testo del prossimo capitolo.
Baci,
Catebaggins.

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