“M’ammalian da sempre le tenebre.
Al desinare l’ora in cui ognun s’assopisce e quieto sogna, l’ora in cui si viaggia per
lievi e fantasiosi mondi, in cui rifugge l’immensa ombra, io mi immergo nella
caligine scura.
Solo, attorniato dal nulla, mi lascio accarezzare dal
fresco vento nel mentre in cui la beltà di questi luoghi m’ammanta.
Come può l’umana gente avvertire in sé timore innanzi a
questi luoghi, si insidiosi, ma colmi d’incanto?
Questa selva non è mai stata così magica come in questa
notte di quiete e mistero.
Là i commilitoni banchettano
lieti per sfuggire al nulla mentre io, ivi, segno su questi fogli gli
accadimenti d’addì”
-Oliver…Oliver…siete qui? Vi ho cercato a lungo…per quale motivo vi
siete appartato? Non gradite il banchetto?-
-No Patricia, non penate per me. Necessitavo di un attimo di ritiro per meditare. Andate pure…vi
raggiungerò tra poco.-
-Siete inquieto per domani? Non siate in apprensione, riavrete il vostro
regno-
-Non ci resta che metterci nelle mani di Dio-
-Ho fede in voi, tenetelo bene a mente-
-Vi sono grato-
-Vi attendo al banchetto, Oliver-
“Lady Patricia è un angelo! Sir Thomas è nel giusto…io
l’amo, l’amo su ogni altra cosa. Come potrei immaginare la mia vita senza il
suo splendido sorriso?
Ella m’illumina, come la terra è illuminata dal sole.
Si come Camelot è rischiarata dal suo splendido astro,
ella mi schiarisce il cammino.
È l’unica speranza mia e, nonostante la disfatta sembri
ormai alle porte, se lei sarà al mio fianco il trionfo m’apparirà possibile.
È l’unica forza che mi sostiene, è la mia Excalibur.
È il mio cuore.
Eppure è si breve questa serenità che m’appaga i sensi,
perché presto l’ansietà verso il domani m’attanaglierà a nuovo.
La gioia sul volto dei commilitoni, che in questo momento
banchettano, sarà spazzata via, e chissà che la loro presenza non venga a
mancare.
Domani è il giorno.
Il giorno della verità, il giorno in cui si scopriranno
gli altarini.
Il giorno in cui mi si presenterà la possibilità di far
tornare le cose come un tempo.
Il giorno della battaglia.”
-Patty! Ti ho trovata finalmente! È da un’ora che ti cerco,
ma sei sempre qui?! –
-Arielle! Che ci posso fare…questo posto è…così
affascinante! –
-E’ solo un mucchio di rovine! Ufffff! Non riesco proprio a
capire cosa ci trovi di tanto interessante nell’archeologia! –
-Il passato! Sapere cosa è accaduto, rivivere antichi amori,
svelare misteri nascosti…guarda qui, l’abbiamo trovato poco fa tra gli oggetti
personali di Re Oliver. Il professor Kaster mi ha detto che posso tenerlo per
un po’ per studiarlo, mi interessa particolarmente! –
-E’ solo un vecchio diario, che cosa pensi di trovarci
scritto?! Sai com’era noiosa la vita allora? Non ci troverai nulla di
interessante. Sarà solo un’altra delle tue perdite di tempo-
-Io non ne sarei così convinta! Ho letto qualche pagina
verso la fine, in questo periodo della sua vita era ancora un semplice
cavaliere. Parla del suo amore per una donna, ma è strano, non è la donna che
ha sposato. Si tratta di una certa Patricia…dovrò indagare su di lei, voglio
saperne di più! Il matrimonio tra Re Oliver e la Regina Amelia è sempre stato
dipinto come il più bello e ricco d’amore di tutti i tempi, su di loro sono
state scritte romanticissime storie…si narra, infatti, che i due, grazie alla
forza del loro amore, siano riusciti a riconquistare e ricostruire il loro
regno, rinato proprio grazie a quel profondo sentimento che li ha uniti e che
continua ad assisterli tutt’ora. –
-E allora, cosa vuoi scoprire tu? Quella del diario potrebbe
anche essere una semplice cotta giovanile, l’hai detto tu stessa che quando ha
scritto quelle righe non era ancora Re, no?! –
-E’ probabile, ma non credo che sia così…c’è qualcosa che
non mi convince, le parole con cui descrive i suoi sentimenti sono troppo
profondi per essere dettate da una semplice infatuazione. E poi, il modo in cui
parla di lei…-
-Sarà, ma non capisco perché ti faccia così tanti problemi.
Invece di vivere delle storie degli altri dovresti vivere la tua! Lantis (Laanttisss!!! Ho la bava alla bocca… sto per avere un
attacco di cuore … chiamate i soccorsi…anzi no chiamate Lantis che mi fa la
respirazione bocca a bocca … Laaaaannnntttiiisss!!!!) è un ragazzo meraviglioso che ti adora
letteralmente…e tu, invece, preferisci passare il tuo tempo tra delle vecchie
rovine, mummie, ossa e un diario vecchi di secoli piuttosto che con il tuo
ragazzo!?! Per me sei pazza! –
-Forse hai ragione, lo sto trascurando un po’ troppo… -
SAN SALVADOR!
TARATATATTATATATATTA! SAN SALVADOR! TARATATATTATATATATTA! SAN SALVADOR!
TARATATATTATATATATTA!
[SAN SALVADOR!
TARATATATTATATATATTA! SAN SALVADOR! TARATATATTATATATATTA!
Alex si materializza nella
stanza come venuto dal nulla… ballando… SAN
SALVADOR! TARATATATTATATATATTA! SAN SALVADOR! TARATATATTATATATATTA!
“-____--“--____-- KAMI SAMA KAMI SAMA KAMI
SAMA……………………………………...
AAAAAAALLLLLLLEEEEEEEEEEEEEEXXXXXXXXXX!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
PIANTALA DI
INTERRRRRRRROMMMMMMPERRRRRCCCCCCCIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!
NOI STIAMO
LAVORANDO…..CAPPPPIIIITTTTTOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!
Ma se stavate ballando!
Mei estrae dalla tasca un
martellone di 5oo kg e si appresta ad usarlo, mentre Eva raccoglie le
scommesse.
VAI-VAI-VAI-VAI-VAI-VAI!
N.d. Tutti
Alex, che intuisce il
pericolo, tenta la fuga…ma…
DOVE CREDI DI ANDARE….CODARDO!!!
Mei attacca con il martello e lo colpisce nei punti vitali (
come è logico non è la testa il punto vitale di un uomo, per noi ominide, ma è
la terza gamba di cui sono dotati), Alex tenta di riprendersi ma Mei si siede
su di lui, con il suo dolce peso, e gli rifila una scarica di ceffoni, lo alza
da terra come un lenzuolo. A questo punto Mei ed Eva attuano la loro mossa segreta ( antica scuola del Genio delle
tartarughe Eh eh, nessuno lo sa, ma in
realtà…Goku…è mio fratello!!!) e lo
spediscono in orbita
E NON FARTI VEDERE MAI PIUUUUUUUU’!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Mei ed Eva, soddisfatte,
decidono di tornare, finalmente, alla storia…
SAN SALVADOR!
TARATATATTATATATATTA! MEEEEEEEIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!]
-…scusa un attimo Arielle. Pronto… -
# Ciao amore! Dove sei? #
-Lantis, ciao, sono agli scavi… -
# Come immaginavo! #
-Ti prego, non farmi la predica anche tu, ci ha già pensato
Arielle! –
# Ok, non ti preoccupare. Comunque preparati, ti vengo a
prendere. Stasera ti porto fuori a cena e poi andiamo da Jimmy, dà una festa a
casa sua. #
-Beh, credo di dovertelo, ti sto trascurando un po’ troppo…-
# Già, non puoi dirmi di no, assolutamente! Sto arrivando,
fatti trovare pronta e, per favore, evita di portarti qualche souvenir! #
-Ok, ti aspetto, a dopo…Lantis, scusa, mi farò perdonare, lo
prometto. –
# Ci conto, ciao! #
-Ciao –
Patricia Gatsby chiuse la chiamata e sospirò profondamente.
Difficile da credersi per una ragazza della sua età, ma la sua passione per
l’archeologia era talmente forte da farle sembrare noioso e frustrante tutto il
resto. Le piaceva scavare nel passato alla scoperta di nuovi avvenimenti,
intrecci, imbrogli…tutto ciò l’affascinava. Sembrava come alla costante ricerca
di qualche cosa, era come se credesse che in quelle rovine potesse finalmente ritrovare
se stessa.
New Camelot era una ridente cittadina della Bretagna, il suo
carattere solare e misterioso avevano sempre attratto numerosi turisti
affascinati dai racconti e dalle leggende riguardo il glorioso regno di Re Artù
e i Cavalieri della Tavola Rotonda. Gli archeologi sostenevano che la
collocazione in cui era stata edificata la cittadina era in realtà l’antico
luogo in cui sorgeva la lucente Camelot, ecco il perché del nome attribuitole.
Infatti in quel luogo venivano riportati alla luce ogni giorno sempre nuovi
reperti riconducibili proprio alla vecchia leggenda e, ogni giorno, sempre
nuovi misteri si aggiungevano ai precedenti. Ma gli unici ad affascinarsene
erano, oltre agli archeologi, i turisti, denotando al contrario nella
popolazione locale un’indifferenza disarmante. Ma in fondo è un comportamento
abbastanza normale: non ci si accorge mai di quello che già si ha, si vede solo
quello che non si possiede. Gli abitanti di New Camelot sembravano però esserne
affetti in maniera particolare e tanto più radicale. Solo Patricia sembrava
essere esente da questa indifferenza. Lei era diversa da tutti gli altri, e
chiunque se ne sarebbe accorto. Era come pervasa, impregnata di tutta quella
energia,di quella magia, di tutto il mistero che la circondava. La sua passione
e le sue continue ricerche però la rendevano sempre più strana agli occhi degli
altri cittadini, tanto che molti, soprattutto i più anziani, cominciavano ad
essere prevenuti nei suoi confronti. In effetti tutta quell’indifferenza era generata
da una paura profonda, non si sapeva bene per cosa, ma da secoli era nata una
leggenda che parlava di una maledizione, una maledizione che avrebbe colpito
chiunque avesse osato spingere oltre la propria curiosità, una maledizione
scritta evidentemente per tenere lontano i ficcanaso da chissà quale antico
imbroglio. In realtà nessuno sapeva esattamente qual’era l’oggetto tabù, né
cosa avrebbe comportato la violazione del seguente avvertimento. Tutti quanti
erano troppo impauriti per tentare di scoprirlo. Il loro era un timore ormai a
carattere ereditario, divenuto un elemento proprio caratteristico, radicato
grazie all’influsso di secoli di tramandazione. Così essi preferivano rimanere
nella loro ignorante indifferenza, fregandosene letteralmente di ciò che era la
storia e denotando un carattere assai superficiale.
Patricia guardava il tramonto all’orizzonte: le era sempre
piaciuto guardare il cielo nel punto in cui s’incontra con la terra,
soprattutto nel momento in cui i loro colori si avvicinavano fino a mischiarsi,
diventando poi di un profondo blu notte. L’affascinava assistere a quel
meraviglioso processo che mutava i colori del cielo da luminosi a tenebrosi. Le
piaceva osservare il buio della notte poi…quella vista le dava i brividi: si
sentiva sprofondare, annegare in tanta bellezza, le faceva paura tutto ciò, ma,
allo stesso tempo, l’affascinava dandole un profondo senso di conforto. Era
come se sentisse che da qualche parte nel mondo qualcun altro, una persona a
lei molto cara, il suo futuro amore forse, fosse impegnato anch’egli in quella
contemplazione. Era come se ciò le ricordasse qualcosa di vissuto, e quella
sensazione le riempiva ogni volta il cuore di felicità e serenità.
Lantis era un ragazzo bellissimo, molto premuroso nei suoi
confronti, sempre disponibile con tutti. Stavano insieme da ormai tre anni e
lui era letteralmente cotto di lei. Patty, invece, non riusciva a coinvolgersi
più di tanto. Era la ragazza più invidiata, ma forse anche l’unica che avrebbe
fatto volentieri a meno di stare con Lantis. Lei non lo amava e, in cuor suo,
sapeva che non l’avrebbe mai amato. Non era lui la sua anima gemella, se lo
sentiva, sapeva che il destino aveva altri progetti per lei, il suo vero amore
era lì da qualche parte, doveva solo aspettarlo. Ma nel frattempo non poteva
fare a meno di ascoltare quella vocina dentro di lei che la spingeva verso il
passato, e allo stesso tempo era incuriosita da un’altra voce, questa volta
proveniente da un tempo lontano. Ormai tutte le notti faceva lo stesso sogno:
era in un prato enorme e indossava abiti medioevali, vicino a lei vi erano due
cavalli e un uomo anch’egli vestito anticamente. Doveva essere un cavaliere e,
in sua compagnia, Patty sembrava divertirsi moltissimo, provava una strana
sensazione, un calore che l’avvolgeva completamente e che le arrivava dritta al
cuore. Ma non era mai riuscita a vederlo in faccia, o meglio i lineamenti del
suo volto erano sempre sfuocati e irriconoscibili. Questo sogno ricorrente era
sempre nei pensieri della ragazza: era sicura che in esso avrebbe trovato la
chiave che le avrebbe finalmente fatto ritrovare se stessa, ed era certa anche
che quel cavaliere fosse la sua anima gemella, il suo grande amore! Le
sensazioni che aveva provato durante quelle notti di sonno felice erano
talmente belle…il calore che aveva sentito nemmeno Lantis con il suo amore gli
e lo aveva mai trasmesso. Non si era mai sentita così bene! E notte dopo notte
stava sempre meglio, come se un sentimento antico si stesse riscoprendo piano
piano, diventando sempre più grande. Patty non amava Lantis, ma era troppo
buona per lasciarlo, non voleva farlo soffrire. Per Patty uscire quella sera
con Lantis sarebbe stato solo un dovere.
Entrando a Pizza Hut, era come se si entrasse in un altro
mondo.
Anche se faceva parte di una catena di pizzerie molto
famosa, la piccola filiale di New Camelot non aveva a che fare con lo stile
tipico dei fast food. Almeno non del tutto. In fondo vendeva pizza a domicilio.
Il locale principale non aveva alcuno stile.
Era una tremenda accozzaglia di stili totalmente diversi fra
loro, ma così diversi che non si sarebbe riusciti a creare la stessa cosa
neanche a farlo apposta.
Il bancone era quello tipico dei fastfood delle grandi
città, in quella plastica colorata che sembra fatta per i bambini, con
incollati i diversi poster delle offerte del mese.
Accanto al bancone da fast food ne stava uno da bar, che se
fosse arrivato direttamente da un pub irlandese nessuno si sarebbe stupito. Ne
aveva l'aspetto e sicuramente l'età.
Sulle pareti di un aranciato antico stavano appesi trofei
marinareschi come nelle più antiche taverne della costa: ancore, pesci
imbalsamati, nodi marinari, quadri che rappresentavano le navi più famose,
addirittura ex voto.
La luce nel locale era talmente bassa nella zona antica dove
si trovavano i tavoli che raramente potevi vedere quello che stavi mangiando e
bevendo.
In contrasto la zona
per così dire moderna era sovrailluminata da luci al neon di pessima
marca e tremendamente fastidiose.
Tutto in quel locale era una mescolanza di stili, di modi
d'essere, di persone, di odori.
Odore di pizza e patatine fritte, di birra inglese
d'oltremanica, di aglio e vino francesi, di crauti tedeschi, di paesi lontani,
di mondi passati e sconosciuti.
Anche la gente che passava di lì era fatta a modo suo.
Turisti di ogni dove che trovavano nel locale qualcosa di
familiare nell' omologata tipologia del fast food, cittadini che si ritrovano
per la birra con gli amici, marinai e uomini d'affari di passaggio, studiosi
che si occupavano di ricerche nella zona archeologica.
In realtà, nonostante tutta quella mescolanza, c'era una
sorta di armonia in tutto quello.
Una sorta di familiarità, di calore indefinito, di strana
dolcezza che al solo entrare in quel luogo l'unica sensazione che ti sovveniva
era quella di essere a casa.
Una casa per chi camminava nel freddo vento della Bretagna,
una casa per i disperati che si aggrappavano fortemente a quel bancone antico,
una casa per chi era rimasto senza famiglia.
Una casa per Oliver.
-…una pizza ai funghi doppio pomodoro e una ai
carciofi…si…in meno di mezz’ora saranno da lei, arrivederci!-
DRRRIIIIIINNNNNNNNNNN
-Pizza Hut, in cosa posso servirla? Oh, Signora Palma, buona
sera…aspetti solo un secondo _
Tom, ci sono le acciughe?//Certo Bob!_ certamente signora,
una pizza alle acciughe pronta a casa sua tra venti minuti, grazie e
arrivederci!-
DRRRIIIIIINNNNNNNNNNN
-Pizza Hut, in cosa posso servirla?…………………-
TRIN TRON TRAN
(suono che accompagna la porta all’apertura)
-Eccomi!-
-Oliver, dov’eri finito, l’orario d’apertura è già passato
da un bel pezzo, potevi almeno avvertire!-
-Mi scusi Mr Hut, ma ho avuto qualche problema…le spiegherò
tutto più tardi-
-Ok giovanotto. Ecco, questo è il tuo ordine…devi portare
queste pizze a casa Mcfaste. Mi raccomando, fai in fretta…si tratta di una
delle famiglie più ricche della città: la merce deve arrivare nelle condizioni
migliori, intesi?!-
-Signorsì!-
-E sbrigati anche a tornare: stasera qui è un casino, c’è
bisogno di te, assolutamente, ho un altro ordine tra poco più di trenta minuti.
Con Alfred e Richard malati siete rimasti solo tu e Andrè a consegnare le
pizze. Per stasera Tom resta in pizzeria, darà una mano a Antoin. Vai, presto!-
-Ci vediamo dopo Mr Hut…Tom, passami le pizze-
Oliver Hutton prese il pacco, lo caricò sulla motocicletta
di proprietà del locale e partì a tutto gas: direzione…quartiere Stilton, il
più IN in assoluto e frequentato solo da gente piena di soldi. Odiava quel
posto, odiava l’idea di doverci mettere piede, lo considerava il luogo dello
spreco e dell’ipocrisia assoluta. Era come se in quel quartiere fosse
concentrata tutta la vanità dei cittadini di New Camelot, talmente ricco e
sfarzoso da far venire la nausea…per lo meno ad uno come Oliver che aveva
sempre vissuto contando solo sulle proprie forze e capacità. La gente che
viveva in quelle enormi ville era talmente odiosa e così piena di sé, non
faceva altro che, volgarmente parlando, tirarsela dalla mattina alla sera, si
dava talmente tante arie da essere ormai gonfia come una mongolfiera. E per
cosa poi? Per avere un mucchio di ricchezze ottenute grazie alle loro grandi,
per non dire immense, doti di ruffiani leccaculo? Oppure si sentivano talmente
importanti a causa della loro capacità di farsi una vita a spese della felicità
di altri? Erano bigotti, spocchiosi ed egoisti, tutti quanti, nessuno escluso,
ed Oliver poteva ben dirlo perché li conosceva tutti. erano poche famiglie
quelle, ma si sentivano e si comportavano come fossero i padroni del mondo…a
cominciare da quel Price. Oliver era diverso, il suo mondo era diverso…non
avrebbe mai potuto sopportare una vita tanto falsa e meschina. Era cresciuto in
una situazione difficile, troppo difficile per un bambino della sua età: aveva
solo cinque anni quando suo padre se ne andò di casa, lasciandolo solo con la
madre. Le difficoltà erano sempre state molte…non era facile mantenere e
curarsi di un bimbo e allo stesso tempo lavorare, soprattutto visto e
considerato il fatto che non potevano contare sull’aiuto di nessuno: i nonni
paterni erano praticamente scomparsi, mentre quelli materni non avevano neanche
voluto riconoscere come tale il nipote, considerata la giovane età della figlia
al momento della gravidanza. Purtroppo la situazione peggiorava sempre più: sua
madre aveva perso il lavoro e tutti si rifiutavano di offrirgliene uno. Le cose
si complicarono ulteriormente quando, all’età di dodici anni, Oliver vide la
madre ammalarsi gravemente di un tumore e, nel giro di breve tempo, morire. A
questo punto i nonni non potevano fare altro che accettare la custodia del
ragazzino, ma il loro rapporto fu sempre molto duro: lui era visto come uno
sbaglio, simbolo dell’irresponsabilità di una ragazza che ormai avevano smesso
di considerare una figlia. Così, finiti gli studi medi, abbandonò la scuola e
iniziò a compiere qualche lavoretto part time. All’età di diciotto anni prese
coraggio e se ne andò, vivendo alla giornata e lavorando dove gli capitava.
Andò avanti per più di cinque anni a viaggiare per l’Inghilterra e la Francia,
fino a quando non giunse in Britannia, a New Camelot. In questo luogo risiedeva
ormai da poco più di tre mesi, forse il periodo più lungo che aveva trascorso
nello stesso luogo da quando se ne era andato via da “casa”. Qui aveva
conosciuto un componente della sua famiglia che nemmeno sapeva di avere: suo
cugino Tom, figlio della zia paterna che non aveva mai conosciuto. Seppe di suo
padre, che era scappato con una donna, la sua segretaria precisamente, ma a
quanto pare i due avevano fatto una brutta fine. Incappati in un brutto affare,
più grande dei loro mezzi e necessità, erano stati…eliminati. Ad Oliver
dispiacque, non poteva negarlo, dopotutto era pur sempre suo padre, ma quello
che riuscì a provare fu solo quel dispiacere comune che si può provare verso un
lontano conoscente. Non l’aveva mai perdonato per averli abbandonati: allora
era piccolo per capire appieno la situazione, ma man mano che cresceva aveva
preso sempre più coscienza di quanto era accaduto e allora……….aveva cominciato
ad odiarlo! Ora aveva deciso di cominciare una nuova vita, ed era certo che ci
sarebbe riuscito, lì, a New Camelot, con la sua nuova vera famiglia…ora
finalmente anche lui avrebbe avuto l’occasione di essere felice!
La strada era parecchio tranquilla quella sera, per forza,
tutti preferivano starsene in casa e farsi portare la cena a domicilio…che
pigrizia! E si che faceva anche abbastanza caldino! Oliver notò la presenza di
un cartello, uno identico a quelli stradali che ti indicano che stai per
entrare nel territorio di quella città…solo che quello portava scritto
QUARTIERE STILTON Il ragazzo sorrise amaramente, quasi divertito dalla vista di
quella buffonaggine…raggiunse l’abitazione a cui avrebbe dovuto consegnare le
pizze, parcheggiò la motocicletta, prese il carico e si avviò lungo il vialetto
verso la porta d’ingresso. Dall’interno proveniva una musica altissima e
fastidiosissima accompagnata da urla e schiamazzi. “Ecco, ci risiamo…l’ennesima
festa!” Era già la terza quella settimana, ed era solo giovedì! Oliver fece un
grosso sospiro e si preparò ad affrontare uno di quegli odiosi esseri. Cercò il
campanello e lo suonò.
-S-si, in cosa posso esserle utile?-
Oliver era rimasto completamente spiazzato, senza parole…ad
aprire era stata una meravigliosa ragazza dai capelli color dell’ebano,
lucenti, e due occhi intensi ed espressivi, dolci e ammalianti come quelli
di una cerbiatta. La sua pelle, di una
carnagione chiara, rendeva la sua immagine ancora più idilliaca. La sua
reazione, ad occhi esterni, poteva sembrare esagerata, dopotutto quel posto era
pieno di magnifiche ragazze! Ma c’era qualcosa di strano il lei…quando i loro
sguardi si erano incontrati fu come se il mondo accanto a loro si fermasse. Un
brivido li attraversò e per un breve ma lunghissimo istante tutto intorno ogni
cosa scomparve, lasciando posto solo a loro due. Oliver si riscosse da quello
strano stato di torpore, doveva riprendere il controllo di sé!
-H-ho portato le pizze-
-Oh, certo… Arielle, aiutami a portarle dentro…quanto ti
devo?-
-Beh, solitamente il proprietario lascia segnato il
pagamento sul conto, gli dia questa ricevuta, può passare domani a pagare-
-Ok, grazie…buona serata!-
-Anche a lei!-
Oliver tornò alla sua motocicletta, ancora un po’
frastornato…non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di quella
ragazza…gli sembrava così diversa da tutti gli altri…un pesce fuor d’acqua!
Scrollò la testa per cercare di pensare ad altro, ma senza risultato…aveva come
l’impressione che quell’incontro avrebbe portato significativi cambiamenti
nella sua vita.
Dal canto suo anche Patty era rimasta…senza parole! Aveva
aperto alla porta, felice di poter evadere per qualche istante da quella
situazione tanto odiosa, e si era ritrovata innanzi la figura di un bellissimo
ragazzo, dai capelli corvini e sistemati in uno studiato disordine (o forse
no?!), con occhi così scuri e profondi da sembrare di potercisi immergere e
perdere…erano così simili alla notte che tanto adorava! Aveva provato delle
sensazioni mai conosciute prima, si sentiva emozionata, trepidante…il suo cuore
batteva a mille. Le sembrava di conoscerlo, si, aveva come la sensazione di
essere in qualche modo legata a quello “sconosciuto”! la voce di lui, poi, gli
era così familiare…dolce e confortante, sensuale! Aveva chiuso quella porta a
malincuore, non avrebbe mai voluto lasciarlo andare via…ma qualcosa le diceva
che l’avrebbe sicuramente rivisto. E allora…chissà…
(NON PUOI LASCIARMI QUI COSI’ CON
LA STORIA IN SOSPESO!!!!!!!!!!!! °___°
MEI! Anche tu sei l’autrice…..SAI
COME VA A FINIRE!!!! --___--‘
AH, già…eeeeeeè vvvvvvero!!!
^__________^)
E il primo capitolo…è andato! Si, ma che fatica!!! Ci ho messo più tempo a inserire
quest’interventi insieme a te….CHE A SCRIVERE TUTTO IL CAPITOLO!!! MA, DICO IO,
LA TASTIERA…LA SAI USARE????!!!!!!!!!!!!
SAN SALVADOR! TARATATATTATATATATTA!
--___--………non mi ascolta nemmeno…adesso so come si sente
Luna quando sgrida Bunny…e si che di solito Bunny sono io!!!
Dai Eva, vieni anche tu a ballare!
SAN SALVADOR! TARATATATTATATATATTA!
Beh, sapete come si dice…se non puoi sconfiggerlo……..unisciti
al nemico! MEI, ASSSPETTTAMIIII…
SAN SALVADOR!
TARATATATTATATATATTA! SAN SALVADOR! TARATATATTATATATATTA! SAN SALVADOR!
TARATATATTATATATATTA!
SAN SALVADOR! TARATATATTATATATATTA! SAN SALVADOR!
TARATATATTATATATATTA!
Fine primo capitolo!^^
^^