Here's to teenage memories

di Roxanne Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** And we danced all night to the best song ever ***
Capitolo 2: *** Can I call you wake you up on a Sunday? ***
Capitolo 3: *** Kiss me kiss me ***



Capitolo 1
*** And we danced all night to the best song ever ***


Michael Clifford non era mai stato un ragazzo popolare o un tipo da feste e uscite fino a tarda notte; anzi, i sabato sera li passava solitamente davanti al computer ad ascoltare musica, guardare film e mangiare schifezze, tranne quelle volte in cui Calum e Ashton riuscivano a trascinarlo da qualche parte insieme a loro.
Quella sera, per la prima volta dopo più di un mese, Calum l’aveva convinto a lasciare la sua stanza per farsi accompagnare ad una festa in una piccola discoteca della periferia di Sydney.
-Dai, Michael, ci divertiremo.- gli aveva detto, sfoderando i suoi migliori occhi da cucciolo bastonato. -L’ingresso è gratis, fanno entrare anche i minorenni, ci sarà tanta roba da bere e soprattutto ragazze. Ashton non può uscire stasera quindi posso andarci solo con te, cosa ti costa accontentarmi per una volta?
Michael era stato un po’ esitante ma aveva accettato quasi subito, più che altro perché non voleva che Calum rinunciasse a quella serata a causa sua. Così adesso si ritrovava lì, in quel locale che esplodeva di musica e luci fluorescenti; all’inizio aveva creduto che sarebbe rimasto in un angolo ad annoiarsi, ma presto si era sorpreso nello scoprire che non era affatto così. Forse perché mandavano una bella musica, piacevoli canzoni pop diverse dall’house e l’elettronica che lui si era aspettato. O forse era grazie ai drink che aveva mandato giù nel giro di pochi minuti, dando fondo a quasi tutti i soldi che aveva portato con sé.
Ora Michael era rovesciato su un divanetto, con un altro bicchiere di birra tra le mani, la testa che gli girava e l’adrenalina che gli correva nelle vene. Aveva una dannata voglia di cantare qualche canzone a squarciagola, pensò mentre si sedeva più composto sul divano e buttava giù gli ultimi sorsi di birra. Si passò una mano tra i capelli e lanciò un’occhiata a Calum che, poco lontano da lui, filtrava con una ragazza alta e bionda. Fece scorrere lo sguardo sulle gambe slanciate della ragazza, messe in mostra dai corti pantaloncini di jeans, e decise che anche lui aveva bisogno di provarci con qualcuno. Anzi, avrebbe approcciato la prima che passava, decise.
Devo essere proprio ubriaco per pensare queste cose.
Solitamente Michael era un ragazzo abbastanza timido. Non in modo eccessivo, ma non era di certo un tipo sicuro e capace di attaccare bottone con disinvoltura, specialmente con le persone che lo interessavano. Bere lo aiutava parecchio a sciogliersi, anche se di solito si limitava a qualche bottiglia che lui, Calum e Ashton riuscivano a farsi comprare dai loro amici maggiorenni o a rubare dalle scorte dei loro genitori senza destare sospetti; era la prima volta che beveva così tanto, che si sentiva così estasiato e su di giri.
Adesso basta, non m’importa. Giuro, la prima che mi passa davanti…
Fu un ragazzo a passargli davanti, proprio in quel momento. Michael strabuzzò gli occhi e per poco non spalancò la bocca. Lo fissò, mentre quello si sedeva sul divanetto davanti al suo, tirava il cellulare fuori dalla tasca dei jeans e iniziava a digitare qualcosa, e si chiese come fosse possibile che esistesse un ragazzo così bello al mondo.
I capelli biondo dorato incorniciavano un viso dai lineamenti delicati, perfetti. Pelle chiara, un piercing al labbro che lo rendeva ancora più attraente. Indossava una semplice maglietta bianca e le gambe lunghe erano fasciate da skinny jeans strappati sulle ginocchia.
Una bellezza nel complesso semplice e casuale, di quel tipo che piaceva a Michael. Avrebbe parlato con lui, decise mentre metteva via il bicchiere ormai vuoto; normalmente si sarebbe limitato a guardarlo da lontano (Provarci con le ragazze era un conto, ma i ragazzi rappresentavano un problema insormontabile se lui non aveva idea di quale fosse la loro sessualità) ma non quella sera. Quella sera Michael si sentiva pronto a fare qualsiasi cosa, senza soffermarsi a pensare alle conseguenze.
Si alzò e si avvicinò al ragazzo, con passo un po’ barcollante. Esitò appena un istante prima di uscirsene con un semplice: -Ehi.
Il ragazzo alzò lo sguardo dal cellulare; aveva occhi di un azzurro penetrante, sormontati da sottili ciglia bionde, e Michael li trovò stupendi.
-Ciao.- gli rispose, sorridendo leggermente. Sembrava tranquillo e per nulla sorpreso dal fatto di essere appena stato salutato da un perfetto sconosciuto.
In quel momento nel locale partì una canzone, una canzone che Michael adorava, una di quelle canzoni che ti fanno venire voglia di alzarti e ballare e scatenarti senza più pensieri nella testa, senza preoccuparti delle persone che hai intorno. Michael sorrise, tese la mano al ragazzo e disse: -Ho visto che sei tutto da solo, come mai? Posso farti compagnia se vuoi. Ti va di ballare? Amo questa canzone.
Si preparò ad essere mandato a quel paese. Era un modo ridicolo e assurdo di provarci con qualcuno, lo sapeva. Soprattutto con il primo ragazzo che passava e che avrebbe potuto benissimo essere etero, anzi, sicuramente lo era. Ma in quel momento Michael era abbastanza brillo da non fregarsene nulla.
Inaspettatamente, il ragazzo biondo ricambiò il sorriso, infilò il cellulare nella tasca dei jeans e afferrò la mano di Michael.
-Va bene. Andiamo.
Michael sentì il suo cuore lanciarsi in una doppia capriola. Cercò di camminare il più normalmente possibile mentre stringeva la mano del biondo e lo guidava fino all’affollata pista della discoteca. Quando iniziarono a ballare, seguendo il ritmo sfrenato e vivace della canzone, a Michael sembrò di essere finito in un sogno; la sera prima era come al solito chiuso in camera davanti al computer e adesso era lì, in una discoteca, mezzo ubriaco, a ballare con un ragazzo bellissimo che gli sorrideva, gli afferrava le mani, gli toccava le spalle, danzava con eleganti movimenti delle gambe lunghe, si spingeva contro di lui fino a far scontrare i loro bacini, per poi ritirarsi di scatto.
Michael si ritrovò presto a trattenere il fiato; raramente in vita sua era stato così fisicamente vicino a una persona, ragazzo o ragazza che fosse. E adesso, mentre le canzoni si susseguivano e mentre lui e lui e il biondo continuavano a ballare, si sentiva contorcere lo stomaco ogni volta che incontrava il suo sorriso e i suoi stupendi occhi azzurri, e i jeans farsi sempre più stretti quando si ritrovavano troppo vicini.
Le mani del ragazzo gli afferrarono i fianchi e lo tirarono a sé; Michael si ritrovò quelle labbra ad un soffio dalle sue e l’avrebbe baciato, se il ragazzo non avesse affondato il viso sulla sua spalla. La canzone sulla quale stavano ballando era appena finita e intorno a loro calò il silenzio, ma Michael a stento se ne accorse. Aveva il petto premuto contro quello del biondo e sentiva la sua bocca baciargli lievemente il collo, il freddo metallo del piercing contro la sua pelle; dovette mordersi il labbro per impedirsi di lasciarsi sfuggire un gemito. Una mano gli accarezzò il fianco, poi scese fino alla tasca dei suoi jeans e vi lasciò scivolare dentro qualcosa. Subito dopo il ragazzo si allontanò da lui; il suo calore e la pressione del suo corpo svanirono, lasciandolo di colpo vuoto e disorientato.
-Devo andare adesso.- disse; era così dannatamente bello, coi capelli biondi tutti in disordine appiccicati alla fronte sudata e le guance arrossate. – E purtroppo devo andare subito. Ma tu chiamami quando vuoi, ok?
Si voltò per allontanarsi, ma Michael gli urlò: - Aspetta, non mi hai neanche detto come ti chiami!
Il ragazzo si girò un’ultima volta e gli sorrise.
-Mi chiamo Luke.
Michael rimase fermo ad osservarlo mentre spariva in mezzo alla calca di gente che affollava la pista, probabilmente diretto all’uscita del locale. Si passò una mano tra i capelli, ancora incapace di credere a ciò che era successo; ci aveva provato con un ragazzo, avevano ballato insieme, erano stati vicini, lui gli aveva chiesto di richiamarlo e…
-Ehi, Michael, finalmente ti ho trovato.
Si voltò; Calum era appena arrivato alle sue spalle e lo stava guardando con un sorriso divertito.
-Forse sono troppo ubriaco, ma mi pare di averti visto ballare con qualcuno, poco fa.
-Sì, sì, io… ho ballato con un ragazzo ed era stupendo e non puoi capire, aveva degli occhi meravigliosi e mi è stato appiccicato tutto il tempo, capisci?
-Stai delirando.- rise Calum, ma anche lui aveva gli occhi lucidi e doveva essere abbastanza brillo.
-Devo ritrovarlo, capisci? Ma se ne è appena andato e…
Michael si portò una mano alla tasca, ricordandosi che il ragazzo di nome Luke vi aveva fatto scivolare qualcosa dentro. Tirò fuori un fogliettino di carta, sul quale era scritto un numero di telefono, e non poté impedire a un sorriso di farsi largo sulle sue labbra.
-Mi ha lasciato il suo numero, Calum!
-Ottimo, congratulazioni. Domani lo chiamerai. Ora che ne dici se ce ne andiamo?
-No, perché?- protestò Michael, la voce strascicata. –Mi sto divertendo un sacco stasera, te lo giuro, credo che dovremo uscire più spesso…
-Perché i nostri genitori ci ammazzano se non siamo a casa entro mezz’ora. Forza, la tua introduzione al mondo “sesso, droga e rock n’ roll” è andata abbastanza bene, per stasera ne hai avuto abbastanza.
Michael sospirò; anche in quel momento di scarsa lucidità, riusciva a immaginare lo sguardo furente e le urla di sua madre se lui non fosse tornato a casa per l’orario stabilito.
-Hai ragione, allora andiamo…
-A proposito, come si chiamava quel ragazzo?- gli chiese Calum, curioso, mentre i due si facevano strada lungo la pista da ballo, diretti all’angolo del locale dove avevano appeso le loro giacche.
-Luke.- disse Michael, e il ricordo di quei meravigliosi occhi azzurri gli invase la mente, facendolo sorridere di nuovo. –Si chiama Luke.

Note

Questa Muke conta quattro capitoli, sono tutti già scritti (quindi aggiornerò veloce, pigrizia permettendo) tranne l'ultimo, dove il rating cambierà e diventerà rosso. E niente, il prossimo sarà un capitolo di passaggio e forse un po' noioso, intanto spero che questo vi piaccia.:3

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Capitolo 2
*** Can I call you wake you up on a Sunday? ***


-Lo chiamo o no?
-Chiamalo, Michael. Fallo e basta.
-Chiamalo o ti giuro che non rivedrai mai più i tuoi cd degli All Time Low.
-Ma non so cosa dire.
-Te lo suggeriamo noi, cosa dire.
-E se poi ci faccio una figura? Ho già voglia di sotterrarmi…
-È stato lui a darti il suo numero, non puoi farci una figura.
-Vai tranquillo, forza.
-E se fosse etero?
-Per Dio, Michael!- sbottò Ashton, passandosi una mano tra i capelli ricci; si lasciò cadere sul letto, accanto all’amico, e lo fulminò con un’occhiata. –Io sono etero e ti assicuro che se un ragazzo cerca di abbordarmi in discoteca non mi metto a ballare con lui, non mi struscio addosso a lui e soprattutto non gli lascio il mio numero di telefono dicendogli che può richiamarmi quando vuole.
Era domenica mattina e Michael era in camera sua insieme ad Ashton e Calum, ai quali aveva appena finito di raccontare nei dettagli cosa era successo la sera prima nel locale, con il ragazzo biondo di nome Luke. Passati gli effetti del doposbronza, dopo aver scolato una bottiglia di acqua fresca per allontanare il mal di testa, Michael si era ritrovato ad arrossire nel ricordare tutto; in vita sua non ci aveva mai provato con qualcuno, tantomeno con un ragazzo.
Ti va di ballare?, aveva chiesto a Luke, e lui aveva accettato subito, avevano ballato insieme per quello che era sembrato un tempo interminabile; Luke gli aveva persino lasciato il suo numero, quindi di sicuro voleva rivederlo. Magari si sarebbero dati appuntamento, si sarebbero incontrati, avrebbero iniziato a frequentarsi e conoscersi. Pian piano si sarebbero innamorati e alla fine si sarebbero messi insieme…
-Allora, lo chiami o no?- disse Calum, risvegliandolo dalle sue fantasticherie; il ragazzo era seduto sul pavimento a gambe incrociate e lo fissava con uno sguardo impaziente.
-Io… sì, giuro che lo faccio.
Michael abbassò lo sguardo sul cellulare che teneva in mano, sulla schermata dove aveva segnato il numero di Luke. Doveva solo premere il tasto per avviare la chiamata ed era fatta, pensò.
Ricordò gli occhi azzurri del ragazzo, il suo sorriso, il piercing che gli brillava sul labbro. Ripensò a quelle mani sulle sue spalle e sui suoi fianchi e si sentì le guance andare a fuoco. Non sapeva come comportarsi, cosa dirgli. In fondo non sapeva nulla di lui, se non il suo nome. E se avesse detto qualcosa di stupido e imbarazzante?
-Hai dieci secondi prima che i tuoi cd facciano una brutta fine.- disse Ashton, incrociando le braccia al petto. Calum inarcò le sopracciglia e aggiunse: -Forza. Non pensare a quello che fai, fallo e basta, altrimenti poi ti pentirai di non averci neanche provato.
Aveva ragione. Fallo e basta, non pensare. In un scatto di coraggio, Michael premette il tasto della chiamata e si portò il cellulare all’orecchio. Prese un respiro profondo; il cuore gli batteva all’impazzata nel petto, così forte che sembrava rimbombargli nella testa insieme agli squilli del telefono.
Rispondi, ti prego, rispondi. pensò, stringendo forte la mano libera intorno a un lembo di coperta del letto. Rispondi.
Non aveva idea di cosa dire se Luke avesse risposto alla telefonata ma non importava.
Ormai era fatta.

Quella domenica Luke Hemmings si era svegliato verso le undici, con ancora tanto sonno addosso e nessuna voglia di alzarsi dal letto. Così aveva chiuso gli occhi e si era raggomitolato di nuovo tra le coperte; era rimasto così per circa un’ora, in uno stato di beata dormiveglia, finché non aveva iniziato a sentire il sonno che scivolava lentamente via.
Si rigirò su un fianco e aprì piano gli occhi; sbatté un po’ le palpebre prima di mettere a fuoco l’orologio da parete a forma di chitarra che, davanti a lui, segnava mezzogiorno e un quarto. Tra poco sua madre sarebbe arrivata ad urlargli contro che era quasi pronto il pranzo, solo per farlo alzare, come faceva ogni volta che Luke rimaneva a letto fino a mezzogiorno, e avrebbe iniziato ad aprire armadi e cassetti per tirare fuori i suoi vestiti mentre continuava a parlare, rendendogli impossibile continuare a dormire in santa pace.
Adesso mi alzo., pensò Luke, trattenendo uno sbadiglio. Chiuse gli occhi e si preparò mentalmente, ripetendosi di scostare la coperta e alzarsi prima che sua madre arrivasse spalancando la porta.
-Hard days made me, hard nights shaped me, I don’t know they somehow saved me…
Luke spalancò gli occhi e si tirò su a sedere mentre il suo telefono, poggiato sul comodino accanto al letto, iniziava a squillare; lo afferrò e si concesse qualche secondo per continuare ad ascoltare la suoneria di The Young and the Hopeless, poi lanciò un’occhiata al display; non conosceva il numero che lo stava chiamando. Chi poteva essere? Forse qualcuno della sua scuola, qualcuno che aveva sbagliato numero oppure…
Il ragazzo di ieri.
Ricordò il ragazzo che aveva incontrato la sera prima in discoteca; doveva essere stato abbastanza brillo quando si era avvicinato a lui per chiedergli di ballare, si capiva dal suo sguardo e dalla voce, ma Luke l’aveva trovato adorabile. Bello nei suoi jeans trasandati e coi capelli rosso fuoco sparati da tutte le parti. Non appena avevano iniziato a ballare, Luke aveva deciso di voler conoscere quel ragazzo. Non sapeva perché, in fondo di lui non sapeva niente, neanche il nome. Ma qualcosa gli aveva fatto venire voglia di lasciargli il suo numero di telefono e invitarlo a chiamarlo quando voleva.
Speriamo che sia lui., pensò Luke e premette il tasto per rispondere alla chiamata. Si portò il cellulare all’orecchio e, con la voce piena di aspettativa, disse: -Pronto? Chi è?

Oddio, ha risposto, ha risposto.
Michael si sentì quasi morire quando sentì la voce di Luke rispondere: -Pronto? Chi è?
Si voltò verso Ashton e Calum e li guardò ad occhi sgranati, implorando silenziosamente aiuto. Calum cercò di soffocare una risata, Ashton inarcò le sopracciglia e mormorò un: -Sii sicuro di te.
-Pronto?
Di nuovo la voce di Luke. Michael tirò un respiro profondo e decise di buttarsi; magari, se avesse fatto finta di essere una persona sicura, decisa e disinvolta e dire cose che normalmente non avrebbe detto, tutto sarebbe venuto da sé.
-Ehi.- iniziò, nel suo tono più allegro. –Sei Luke, vero? Io sono quel ragazzo che ieri in discoteca ti ha chiesto di ballare e a cui hai lasciato il tuo numero di telefono. A proposito, mi chiamo Michael.
Ashton e Calum si scambiarono un’occhiata divertita e trattennero un’altra risata. Michael, con le mani sudate e il cuore ormai a mille, si chiese come avrebbe potuto uccidere i suoi migliori amici.
-Ehi, ciao, mi ricordo di te.- fu la risposta di Luke. Michael sentì subito il cuore alleggerirsi e decise di andare dritto al punto.
-Senti, non è che in questi giorni ti andrebbe di vederci…
-Scusa, puoi… puoi aspettare un attimo? Ho mia madre alla porta che urla, non posso parlare. Ti scrivo io tra un minuto, va bene?
-Certo, va bene.- balbettò Michael.
-Ci sentiamo tra pochissimo, Michael.
Il click della chiamata che si chiudeva. Calum gli lanciò un’occhiata sconcertata e disse: -Allora? Perché ha attaccato subito?
-Mi ha detto che non poteva parlare perché c’era sua madre e che mi scrive tra un minuto.
-Ottimo.- disse allegramente Ashton, e passò un braccio intorno alle spalle di Michael. –Sono felice di vederti mentre ti frequenti con qualcuno, finalmente. Cioè, questa è la tua prima storia in quasi diciassette anni di vita…
-Non è vero, ho avuto una ragazza in quarta elementare.- rise Michael. –Comunque non è che ci stiamo frequentando, cioè, non lo conosco nemmeno…
-Ma lo farete presto.- disse Calum. –Sta per riscriverti, quindi probabilmente vi vedrete e…
Venne interrotto dallo squillo del telefono che segnava l’arrivo di un messaggio. Michael afferrò il cellulare e, col cuore in gola, si affrettò a visualizzarlo.
Ci sei oggi? Possiamo vederci davanti al bar Looken alle cinque del pomeriggio.
-Allora, cosa dice?- lo incalzò Calum, e Ashton si avvicinò di più a Michael per lanciare un’occhiata allo schermo del cellulare.
-Mi ha… chiesto di uscire. Oggi. Alle cinque. Al bar Looken.- rispose Michael, senza riuscire a nascondere il sorriso che gli affiorava sulle labbra. Digitò velocemente un “Va benissimo, allora a oggi”, inviò il messaggio e mise da parte il cellulare, sempre con il sorriso stampato in faccia.
-Secondo voi va bene se ci vado con la maglia di un teschio e gli stessi jeans di ieri?
-Beh, considerato che non hai niente di meglio nell’armadio a parte lo smoking che hai dovuto comprare per il matrimonio di tua zia…- rise Ashton.
-Allora vada per la maglia col teschio.- disse Michael. Non riusciva a smettere di tormentare nervosamente i lembi della coperta; ancora non riusciva a credere di avere un appuntamento, un vero e proprio appuntamento con qualcuno. –Tanto non credo che farà troppo caso a come sono vestito, siamo ragazzi. Però ai capelli cerco di dare un’aggiustata. E adesso che scendiamo a mangiare copritemi con mia madre, ok? Le dico che oggi pomeriggio vengo a studiare da voi per il compito di domani.

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Capitolo 3
*** Kiss me kiss me ***


Michael aveva sentito il suo nervosismo raggiungere l’apice nel momento in cui aveva visto Luke spuntare dal fondo della stradina che portava al bar Looken. Trattenne il fiato per un attimo e rimase lì, seduto sul muretto che circondava il piccolo cortile del bar, con le mani affondate nelle tasche dei jeans e gli occhi che cercavano di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse il ragazzo che si avvicinava sempre di più a lui.
Si concesse un paio di istanti per dare un’occhiata all’orologio che portava al polso, senza neanche far caso all’orario. Quando alzò lo sguardo, vide che Luke ormai era vicino, troppo vicino per poter fingere ancora di ignorarlo.
Forza, Michael, adesso buttati e basta.
Prese un ultimo respiro profondo e gli rivolse un sorriso che Luke, ormai a un passo da lui, ricambiò subito.
-Scusa se sono arrivato tardi. L’autobus che ho preso ci ha messo più del solito.- disse Luke, fermandosi davanti a lui e passandosi una mano tra i capelli biondi. Aveva al polso vari bracciali colorati con nomi di band, notò Michael, teneva una giacca legata in vita e indossava una maglia con il logo dei Blink 182. Fantastico; se quel ragazzo aveva i suoi stessi gusti musicali, conoscersi sarebbe stato più facile.
-Figurati.- gli rispose Michael. –Anche io sono arrivato da poco. Entriamo a prendere qualcosa?
Due minuti dopo erano all’interno del bar, seduti a uno dei tavolini circolari in legno accanto alla vetrata che dava sul cortile, ad aspettare che la cameriera portasse loro i caffè che avevano ordinato. Michael stava morendo d’ansia, ma cercò di non darlo a vedere mentre guardava Luke negli occhi e gli sorrideva. Sapeva cosa fare e cosa dire, più o meno; aveva discusso con Calum e Ashton per ore per farsi dare tutti i consigli possibili.
-Allora, tu sei proprio di Sydney?- chiese, e Luke annuì.
-In Stark Street, è abbastanza lontano da dove ci siamo visti ieri. Mi sono fatto riaccompagnare a casa da un amico…
A quelle parole Michael avvertì un piccolo morso di gelosia allo stomaco.
Calmati, Michael, lo conosci appena, non puoi essere geloso.
-Tu invece?- gli chiese Luke.
-Zona di periferia. Presumo che non andiamo nella stessa scuola, non ti ho mai visto. Che anno fai?
-Ho appena iniziato il terzo, ho sedici anni.
In quel momento arrivò la cameriera con i loro caffè; la giovane ragazza bionda poggiò le tazzine fumanti sul tavolino e rivolse loro un sorriso cordiale prima di allontanarsi. Michael prese appena due sorsi di caffè prima di poggiare nuovamente la tazzina.
-Io ne faccio diciassette a novembre. Comunque, mi piace la tua maglietta.
-Conosci i Blink?- sorrise Luke, gli occhi azzurri che si illuminavano.
-Certo che sì, non c’è neanche bisogno di chiedermelo.- rise Michael. -Nominami una qualsiasi band rock, metal o punk e stai sicuro che io la conoscerò. E poi è da quando avevo dieci anni che suono la chitarra…
Non sapeva come faceva a parlare con tanta scioltezza e disinvoltura, ma ci stava riuscendo.
-Anche io suono la chitarra. Sai, ho la sensazione che noi due andremo d’accordo.
Luke finì il suo caffè in pochi lunghi sorsi; mise da parte la tazzina e prese un biscotto dal piattino al centro del tavolo. Michael continuò a fissarlo, pregando di non essere arrossito troppo e di non avere l’espressione di uno stalker pronto a saltarti addosso da un momento all’altro; non riusciva a credere di essere davvero lì, seduto in quel bar, ad un appuntamento (se così si poteva definire) con un ragazzo bellissimo conosciuto la sera prima in una discoteca. Per di più si trovava bene con lui, anche se stavano parlando da poco; la sua ansia era scivolata velocemente via non appena avevano iniziato a conversare.
-I miei fratelli credono che io sia un pazzo perché suono e non mi occupo di roba noiosa come loro.- continuò Luke. –A volte stare a casa con loro è un inferno…
-Allora sono felice di essere figlio unico.- disse Michael, e il ragazzo biondo scoppiò a ridere. –In compenso ho i miei genitori che mi tormentano per i miei splendidi voti a scuola…
-Allora andiamo sempre più d’accordo.- rispose Luke. –Se hai finito di bere possiamo andare? Non mi piace stare fermo per troppo tempo. Andiamo in giro, conosco un bel po’ di posti qui intorno.
Michael annuì e mandò velocemente giù l’ultimo sorso di caffè.
-Certo. Andiamo quando vuoi.

Michael non si era neanche accorto che erano quasi arrivate le otto di sera. Lui e Luke erano stati in giro per ore a camminare per le strade di Sydney e a parlare; di scuola, delle loro famiglie, delle band che ascoltavano, di ciò che avrebbero voluto fare dopo il liceo, di qualsiasi cosa venisse loro in mente. E così Michael aveva scoperto di avere in comune con lui più di quanto si aspettasse; anche Luke era un appassionato di musica rock e pop punk, cantava, suonava la chitarra e il suo sogno era formare una band. Anche lui non riusciva a soffrire la scuola e faceva di tutto per non andarci. E anche lui non andava tanto d’accordo con la sua famiglia ma, a differenza di Michael, risolveva la situazione uscendo spesso di casa e passando fuori tutte le sere possibili.
Mi piace., si ritrovò a pensare Michael, mentre i due ragazzi camminavano lungo le strade del centro di Sydney e parlavano di vecchi concerti rock ai quali sarebbero voluti andare. Era bello trovare una persona con la quale riusciva a parlare facilmente, senza l’imbarazzo che si era aspettato di provare; una persona con i suoi stessi gusti, una persona simile a lui. Era quel tipo di ragazzo che gli sarebbe sempre piaciuto frequentare, per cui avrebbe potuto prendersi una cotta.
L’unico problema era che Luke non aveva ancora fatto nulla per provarci con lui, non l’aveva baciato né niente; stavano andando in giro e parlando come se fossero semplici amici. Ma in fondo era così che ci si comporta quando hai appena iniziato a conoscere qualcuno, no? Hai bisogno di conoscere abbastanza una persona prima di decidere se fare un passo decisivo.
È normale., si disse Michael, e per un attimo si distrasse ad osservare il viso di Luke; era bellissimo e quegli occhi azzurri gli facevano avere un tuffo al cuore ogni volta che lo fissavano con quello sguardo…
-Allora, ti va di andare a bere qualcosa?
Quella domanda lo riscosse dalle sue contemplazioni. Michael sbatté le palpebre e disse: -Cosa? Che ore sono?
-Le otto e dieci. È abbastanza presto ma insomma, giusto qualcosa di veloce prima di tornare a casa… conosco un piccolo pub qui vicino.
-Perché no.- sorrise Michael, e seguì Luke lungo una stradina stretta e più buia delle altre. Avrebbe detto ai suoi genitori che si sarebbe fermato a cena a casa di Calum e che sarebbe tornato più tardi, così non si sarebbero preoccupati di nulla.
-I tuoi cosa ti dicono dell’ora a cui torni?- gli chiese, mentre tirava fuori il cellulare per mandare un messaggio a sua madre.
-Di solito si lamentano, anche se sono abituati. Ma stasera non ci sono per fortuna… vanno da non so quali amici poco fuori Sydney, tornano domani pomeriggio. Mi hanno “affidato” ai miei fratelli ma quei due sono peggio di me.
-Comodo. E dimmi, com’è che la sera te ne vai in giro con il tuo numero di telefono scritto su un foglietto?
Luke rise.
-È nel caso incontrassi qualcuno che mi interessa e mi piace abbastanza da volermi tenere in contatto. Direi che ieri ha funzionato.- disse, e gli rivolse un’occhiata divertita nella quale c’era un pizzico di malizia.
Michael sentì il cuore accelerare i battiti mentre rispondeva: -Quindi direi che io ti piaccio. Beh, la cosa è reciproca.
Accadde subito; non appena Michael finì di parlare, Luke si fermò per voltarsi verso di lui, gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Per un attimo Michael rimase immobile, come stordito da ciò che era appena successo, poi afferrò le spalle di Luke e lo tirò di più a sé, mentre iniziava a baciarlo a sua volta. Inizialmente in modo impacciato, ma presto riuscì a lasciarsi andare mentre le loro labbra si muovevano insieme, mentre le loro lingue iniziano a incontrarsi, intrecciarsi, assaggiarsi dapprima lentamente, poi sempre con più fervore.
Luke si scostò e gli poggiò le mani sui fianchi; Michael riprese fiato, poi gli rivolse un sorriso smagliante e avvicinò di nuovo il viso al suo.
-Non avevo mai baciato qualcuno prima, sai?- mormorò sulle sue labbra.
-Davvero?- ridacchiò Luke. –Proprio mai?
-Non seriamente.
-Beh, allora sono felice di essere stato il primo per te.
Gli sorrise dolcemente e gli prese la mano, al che Michael si sentì ribollire lo stomaco, e disse: -Non dobbiamo andare a casa subito, possiamo stare in giro tutto il tempo che vuoi. Dimmi tu se vuoi rimanere.
-Certo che voglio rimanere.
Non gli importava dell’ora a cui sarebbe tornato a casa, non gli importava della scusa che avrebbe rifilato ai suoi genitori o del rischio che con una telefonata a casa di Calum scoprissero che lui non era lì. Non gli importava di passare tutta la sera fuori nonostante avesse scuola il giorno dopo, probabilmente non ci sarebbe neanche andato. In quel momento, pensò Michael mentre lui e Luke tornavano a incamminarsi lungo la strada, la mano del ragazzo ancora stretta intorno alla sua, tutto quello che gli importava era vivere qualcosa che non aveva mai avuto prima in vita sua.
Voleva seguire quel ragazzo che conosceva appena e che già iniziava a piacergli, baciarlo ancora, sentire ancora l’adrenalina nelle vene al tocco delle sue labbra. Perdersi nelle strade di quella città insieme a lui e lasciarsi alle spalle il resto del mondo. Rendere quella notte la migliore della sua vita.
Dopo diciassette anni passati a cercare una scappatoia dalla quotidianità, un modo per abbattere i muri che aveva intorno, finalmente un’occasione si era presentata.
E Michael non aveva alcuna intenzione di farsela sfuggire.

 ***

Al prossimo capitolo il rating della fanfiction cambia e diventa rosso. Insomma, capirete perché. Per questo mi ci vorrà un po' per scriverlo e postarlo, (l'ho solo iniziato per ora) voglio scriverlo e metterlo a punto per bene.
Al prossimo aggiornamento.:3

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