Elastic Heart

di Medy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Looking for Drake ***
Capitolo 2: *** Les belles de Jour ***
Capitolo 3: *** Last Friday Night ***
Capitolo 4: *** See you again ***
Capitolo 5: *** Me and My Broken Heart ***
Capitolo 6: *** Teenage Dream ***
Capitolo 7: *** Big girls Cry ***
Capitolo 8: *** hate that i love you ***
Capitolo 9: *** "Million Miles Away" ***
Capitolo 10: *** Stitches ***



Capitolo 1
*** Looking for Drake ***


 
 
Elastic Heart
 
I°Chapter
Looking for Drake
 
 
La stazione di King's Ross poteva vantare di centinaia di pendolari che ogni giorni percorrevano le banchine in corsa per acciuffare in tempo i treni che sembravano non fermarsi mai. Era sempre un agglomerato di corridori che la mattina facevano i conti con il tempo, per non tardare nemmeno di un secondo. Folle di individui correvano nella medesima direzione, non attenti a cosa accadeva intorno a loro; non attenti nel notare come gruppi di ragazzini, trainanti carrelli che traboccavano di bauli di qualunque dimensione, sparirono all'impatto con il binario 9 e 10 senza alcuna difficoltà.
"Dove diamine è Drake?" Dakota Malfoy scrutò con il suo sguardo corrucciato l'intera banchina del binario 9e3/4, scorgendo volti nuovi e già conosciuti, ad eccezione di quello di suo cugino Drake che come ogni inizio anno faceva attendere la sua presenza, approfittando dell'assenza dei genitori, fiduciosi che avrebbero raggiunto tutti insieme il treno che li avrebbe condotti a Hogwarts.
"Mi stupisco che ogni anno stai qui a chiedere dove sia Drake. Ormai dovresti aver imparato che lui adora le entrate trionfali" Kyron Nott affiancò l'amica, non mostrando alcuna preoccupazione per quell'assenza che ormai era da tradizione. Al primo anno Drake tardò nella cerimonia di smistamento, facendo infuriare lo stesso Silente. Nessuno mai prima di lui aveva mandato il vecchio Preside in ebollizione. Al secondo anno era stato trascinato dal vecchio Gazza nella Sala Grande, interrompendo la cerimonia iniziale: era stato beccato mentre tentava di rubare le scope utilizzate per gli allenamenti di Quidditch con l'intento di entrare per una delle finestre e roteare sui tavoli salutando i presenti. Al terzo aveva cosparso lo sgabello - sul quale i nuovi studenti sarebbero stati sottoposti alla prova del Cappello Parlante per lo smistamento - con della semplice colla Babbana, provocando imbarazzo generale: il primo ragazzo della lista, Dylan Balbey (Serpeverde) fu costretto a restare seduto fin quando la Mcgranitt non comprese lo "scherzo" che costringeva il ragazzo a restare seduto e non seguire i suoi compagni al tavolo.  Nessuno mai seppe spiegare come Drake riuscì a raggiungere l'ufficio di Silente e sabotare la cerimonia di smistamento.
Solo dal quarto in poi, Drake aveva deciso di cambiare stile: se spariva o se tardava poteva essere reperibile in qualche scompartimento dell'espresso o in qualche angolo del castello; e non era mai solo.
"Spero solo che la smetta con queste solite sciocchezze. E' l'ultimo anno, magari ha acquistato un po' di cervello" Dakota lasciò perdere la ricerca di Drake e, facendo forza alle braccia, si caricò dei suoi bagagli. Rifiutò con gentilezza l'aiuto che gli elfi - incaricati di caricare i bagagli sull'espresso - vollero prestarle, tenendo fedelmente impegno alla causa della madre nata quando Hermione Jane Granger era ancora una studentessa.  Con il tempo poi sua madre aveva dato vita ad una vera e propria associazione, grazie all'incarico di Ministro per la difesa delle creature magiche acquistato molto più tardi.
Ogni tratto o particolare poteva associarla alla famiglia di suo padre, i Malfoy: Occhi chiari con una luce di saccenza e rigidità, lunghi capelli biondi, anche se quelli di Dakota cadevano in una tonalità molto più scura; ma al sole splendevano nella loro chiarezza. Portamento fiero e rigido e lingua abbastanza tagliente. Ma non c'era caratteristica tenuta ben segreta che non richiamasse le qualità della madre e lei ne andava fiera.
"Non vieni, Nott?" Kyron era rimasto fermo e guardava altrove; gli occhi, uguali a quelli di sua madre Astoria, erano velati da un espressione quasi triste. Erano fissi ad un punto preciso e Dakota si rese conto chi stesse guardando con tanta tristezza.
"Non pensarci... magari è solo una cotta passeggera. E' normale provare qualcosa per il migliore amico del proprio fratello, ma è solo una ragazzina... le passerà" La piccola Mya Zabini si teneva a debita distanza da Kyron e, quando notò che entrambi la fissavano, i grandi occhi verdi - eredità fieramente passata dalla madre, Hanne - si sgranarono in un'espressione agitata. Aveva sperato di incontrare Kyron più tardi possibile, trattenendosi all'entrata del binario, ma quell'incontro era avvenuto troppo presto e, nonostante il suo cervello le comunicò rapidamente una fuga d'emergenza, lei rimase impietrita al suo posto. Salutò appena i due, agitando la mano in modo incerto e, non appena fu raggiunta dalla sua migliore amica - Madison Diggory - ne approfittò per tiararla via. Furono le prime a salire sull'espresso.
"Lo spero Dakota. Non voglio essere ricordato come il primo stronzo che l'ha fatta soffrire. Le voglio bene, e gliene vorrò sempre. Ma..."
"Resta solo la sorellina di Drake... nulla di più" Con una pacca sulla spalla, l'amica gli fece comprendere che aveva afferrato il discorso. Dakota era cresciuta con entrambi e li conosceva bene: Kyron non aveva abbracciato del tutto gli atteggiamenti del suo migliore amico, ma questo non gli conferiva la targa di "miglior ragazzo al mondo". Era un bravo ragazzo, di questo Dakota non aveva mai avuto dubbi, sicuramente migliore di Drake che vantava di una fama che - se solo fosse arrivata alle orecchie di sua madre - Hanne avrebbe giurato che non fosse suo figlio. Suo nonno Kyron lo aveva cresciuto egregiamente, e, nonostante fosse figlio di Astoria Greengras - cosa che faceva supporre un caratterino non sopportabile - Kyron era apprezzato dalle poche persone della sua cerchia. Ma Dakota non riusciva a vederlo bene nelle vesti di "principe azzurro" o di primo amore. E Mya aveva solo 15 anni, era sensibile e romantica e Dakota avrebbe preferito che Kyron rimanesse solo una piccola cotta, piuttosto che la delusione di una vita. Aveva maturato un rapporto morboso con la piccola Zabini, cercando di tenerla il piu lontano possibile da tipi come il fratello e quindi da delusioni ovvie.
"Malfoy, tu si che capisci tutto" Kyron cercò di scrollarsi dalla testa gli avvenimenti di quell'estate. Cosa che aveva tentato di fare dall'accaduto, tenuti taciuti a Drake e confessati solo a Dakota. Non aveva avuto coraggio necessario per confessare al suo migliore amico che la sua adorata sorellina era follemente innamorata di lui.  Era accaduto durante l'ultimo giorno d'estate... Come da tradizione si erano ritrovati tutti a Roma, nella tenuta di Dana Zabini, e sotto il cielo stellato di quella calda sera Mya gli aveva confessato del suo presunto amore, lasciandolo muto e senza pensieri, che erano affiorati i giorni seguenti anche se lui aveva finto di non aver dato peso alle sue parole. Doveva cacciare dalla testa quella sera e comportarsi come aveva sempre fatto.
"Capisco solo che sei tormentato da questa cosa e la devi smettere! Mya è Mya e non puoi toccarla! Quindi qualunque pensiero ti stia passando per quella testa pazza prendilo e gettalo nel primo cassonetto" Dakota gli rifilò un leggero schiaffo dietro la nuca e si avviò verso l'espresso. Drake sarebbe apparso dal nulla prima o poi, bastava solo attendere. Kyron, a differenza di Dakota, si fece servire dagli elfi e si avviò al seguito dell'amica. Il suo ultimo anno era iniziato e non doveva trovare alcun intoppo che potesse rovinarglielo.
 
 
L'espresso per Hogwarts era pieno di studenti che si ritrovarono con i cari amici di casa e anche con i nemici. Molti rancori non erano spariti con il tempo, ma erano rimasti improntati in ognuno di loro come gli amori e le amicizie consolidatesi nel tempo.
Dakota e Kyron non ebbero il tempo di salire sul treno che furono travolti dall'abbraccio, quasi soffocante, di Kenny Montague. Nonostante il rancore che Daphne nutriva nei confronti del marito di sua sorella Astoria che l'aveva costretta - a suo dire - a rinunciare alla vita agiata e perfetta che la sua famiglia avrebbe potuto offrirle, i rispettivi primogeniti delle due sorelle, che ormai non si rivolgevano più la parola, si erano ritrovati a Hogwarts e avevano tralasciato i rancori vecchi per consolidare una forte amicizia che ormai andava avanti da sette anni.
"Brutti stronzi! Come andiamo" Kenny era piccolo e vivace e insieme a Drake e Kyron  si era costruito una fama che era tracciata su ogni pietra della vecchia scuola. Dietro i guai di Drake Zabini c'era sempre un piccolo aiuto di Kenny Montague e Kyron Nott.
"Abbastanza bene! A te come andiamo, testa pazza?" Kyron gli prese la testa tra le mani e, nello spazio angusto che il corridoio dell'espresso aveva da offrire, iniziarono una simpatica lotta di benvenuto.
"Quanto siete noiosi voi uomini" Dakota cercò di passare altrove, ma era rimasta bloccata a causa dei due che continuavano a spintonarsi.
"E tu sempre acida, Dakota" La voce di Kenny era strozzata dalla presa del braccio di Kyron ma questo non impedì a Dakota di fulminarlo con lo sguardo e scaraventare entrambi da parte per passare.
"Se mi volete, mi troverete nello scompartimento dei prefetti!" Abbandonò entrambi e si diresse, con il suo solito atteggiamento ereditato alla perfezione da suo padre Draco, lontano da loro. Avrebbe subito indossato la divisa scolastica con tanto di spilla da prefetto e avrebbe sorvegliato i corridoi dell'espresso, assicurandosi che il viaggio verso Hogwarts proseguisse senza alcun intoppo.
"Resterà sola se continua così" Kenny lo sussurrò piano, temendo di essere sentito e ricevere qualche maledizione.
"A volte ho il sospetto che sia un essere asessuato... " Kyron rispose con il medesimo tono e, quando sparì del tutto dalla loro vista, andarono alla ricerca di uno scompartimento vuoto in modo da aggiornarsi e raccontarsi degli eventi accaduti quell'estate. Kyron avrebbe omesso della confessione di Mya e avrebbe ascoltato l'onda di episodi che Kenny non smise di sputare fuori, non permettendo che  Kyron parlasse nemmeno un secondo. Ne fu sollevato e non si sentì in dovere di dover parlare troppo e dire qualcosa che doveva essere taciuta.
"E poi ho visto Bree Potter! Cavolo, Kyron... è più bella del solito! Quest'anno lo sento, lascerà quell'idiota e si accorgerà di che bel bocconcino ha rinunciato per anni" Kenny si stese completamente sui sedili dello scompartimento, poggiando la testa al finestrino e volgendo uno sguardo sognante al soffitto. Erano anni che correva dietro alla sorella di Noah, Bree, ricevendo sempre il solito rifiuto che veniva accolto come una nuova sfida.
"E' quello che dici ogni anno, Kenny.... e per ora hai solo ricevuto no ripetuti" La cotta di Kenny per Bree Potter era giunta e compresa anche ai professori ormai e, nonostante lei facesse coppia fissa con Liam Martìnez, il Serpeverde non aveva mai rinunciato alla conquista del suo cuore.
"Quest'anno sarà diverso! E' il mio ultimo anno e lei, consapevole che non mi rivedrà, più scoprirà di amarmi e a quel punto... coroneremo il nostro sogno d'amore" Sospirò come un'adolescente innamorata. Kyron scosse la testa, ormai abituato alle folli idee che coloravano la mente dell'amico.
Il treno iniziò a sbuffare e in poco tempo il paesaggio mutò: era spedito sui binari, come se anche lui fosse entusiasta di raggiungere Hogwarts. Gli alberi sfrecciavano fuori dal finestrino, lasciando spazio alla sola campagna e al cielo sereno che quel 1°settembre aveva da offrire. Si sentiva il vociare al di fuori degli scompartimenti e la voce di Funny, la signora dei dolciumi. Si affacciò e notò la presenza dei due che salutò allegramente.
"Non credo che vogliate qualche dolce" Anche la donna ormai conosceva le due canaglie e anche la terza, assente in quel momento, e sapeva che i dolci, ormai, non erano richiesti.
"Grazie Funny, ma abbiamo abbandonato gli zuccheri anni fa! Se hai qualche bottiglia di whisky incendiario la prendiamo volentieri" Kyron ammiccò sornione alla donna che rise di gusto e lanciò ad entrambi due cioccorane.
"Offre la casa" Si allontanò allegramente, pronta a servire dolciumi ai presenti sul treno.
"Almeno mangiamo gratis" Kenny divorò la sua cioccorana ancora prima che lei potesse scappare e, con la bocca piena, guardò divertito la figurina contenuta al suo interno.
"Oh guarda: Mio suocero" Sventolò la figurina che ritraeva Harry Potter: Il bambino che è sopravvissuto, salvatore del mondo magico e Ministro della magia.
" Mh, Draco Malfoy:  Unico erede della famigerata famiglia Malfoy, Capo dell'ordine dei pozionisti e Filantropo nella salvaguardia delle Creature Magiche... Non sanno che se non fosse stato per Hermione nemmeno un soldo sarebbe stato speso a favore della causa" Kyron accartocciò la sua figurina e la fece volare dal finestrino; a cosa gli serviva una figurina quando aveva "l'onore" di vedere di persona i maghi famosi che ormai apparivano ripetutamente nelle confezioni. Quando era bambino si stupiva nel vedere i volti conosciuti della sua "famiglia" apparire su delle figurine, ma crescendo aveva trovato tutto molto noioso.
La porta dello scompartimento fu aperta nuovamente e Kyron sentì lo stomaco stringersi in una morsa. Mya si fermò di botto e il sorriso che poco prima era visibile sul volto si spense di botto, lasciando solo un'espressione incerta e imbarazzata.
"Oh, scusate... pensavo che fosse vuoto... scusate" Balbettò imbarazzata, arretrando di qualche passo. Ma Madison ingenuamente cercò di spingerla all'interno dello scompartimento.
"Dai Mya voglio sedermi, non ci sono posti in nessun scompartimento e non voglio fare tutto il viaggio stando alzata" Aveva una vocina sottile e non comprese - fin quando non entrò con Mya all'interno dello scompartimento - perché la sua migliore amica titubasse tanto. Ma quando notò Kyron e Kenny stravaccati sulle poltrone del vagone, il viso pallido si colorò di forte imbarazzo e si ammutolì completamente.
"Se volete ci sono due posti... Ovviamente accanto a Kyron. Io non mi alzo" Kenny si stiracchiò nuovamente e ignorò completamente le due ragazze rimaste imbambollate tra la porta e i sedili.
"Oh, no. Noi andiamo a cercare posti altrove" Mya tentava di non guardare Kyron, che intanto aveva fatto posto ad entrambe: si era ripromesso di non cambiare atteggiamento nei confronti di Mya. Così si armò del suo solito sorriso, dandole modo di comprendere che nonostante tutto, nonostante l'imbarazzante rivelazione, lui non era stato scalfito minimamente e il loro rapporto non era stato intaccato. Per anni era stato come un secondo fratello per Mya, prendendosi cura di lei quando Drake era impegnato in altre faccende. Sempre disponibile se mai avesse chiesto aiuto o consiglio. Mya però sembrò non abbracciare lo stesso pensiero. Era imbarazzata e a disagio e Kyron notò come cercava la mano di Madison che trovò e strinse.
"No, accomodatevi. Non vorrei che poi restaste alzate per tutto il viaggio" Sperò che Mya accettasse senza timore, ma la piccola Zabini scosse il capo e il sorriso che sfoderò era un misto tra delusione e imbarazzo: aveva compreso il tentativo di indifferenza da parte di Kyron e non poteva non sentirsi delusa.
"Non fa niente, ci sarà sicuramente qualche scompartimento vuoto..." Fece per andarsene ma Kyron agì per primo.
"Andiamo via noi...  Devo incontrarmi con i prefetti e i caposcuola e sicuramente Dakota ci riserverà un posto nel vagone dei prefetti" Si alzò di scatto e guardò Kenny, sperando che facesse lo stesso.
"Ma io non voglio andarmene! E poi Dakota è una Serpe! Non mi farà mai entrare nello scompartimento dei prefetti" Quella lamentela non fu ascoltata e Kyron lo mise in piedi con la forza.
"Zitto e cammina" Lo spintonò fuori con forza, nonostante le lamentele si susseguivano noiosamente.
"Ma non voglio..."  Kenny fu spintonato fuori lo scompartimento con un solo calcio e Kyron si rivolse a Mya, rimasta ferma ad osservare imbarazzata.
"E' tutto vostro" Le sorrise dolcemente, sperando di poter riprendere a parlarle senza che tra loro si creasse quell'alone di imbarazzo che teneva le parole ferme in gola.
"Grazie..." Il lieve sorriso di Mya fu un primo segno che forse nulla era rovinato. Kyron lasciò lo scompartimento e lasciò Madison e Mya libere di parlare e liberarsi da quel senso di imbarazzo.
"Sono un'idiota, scusami Mya" Madison era davvero dispiaciuta. Avevano parlato del disastro combinato quell'estate e Maddison si era ripromessa che, una volta giunte ad Hogwarts, l'avrebbe aiutata a dimenticare l'accaduto.
"Tranquilla, Mad. Sono io l'idiota! Devo togliermi questo sguardo da ebete dal volto" Si specchiò nel finestrino e odiò notare il velo di tristezza tracciato tra i riflessi smeraldini dei suoi occhi. Si massaggiò il volto, sperando di trovare un briciolo di serenità da poter mostrare al mondo. Ma da quando aveva deciso, scioccamente, di confessare - dopo anni di silenzio - a Kyron i suoi sentimenti non riusciva a strapparlo via. Era stato presente per tutta l'estate e anche quella mattina, quando Drake era stato svegliato da Kyron e Dakota, per poi sparire, era rimasta a letto pregando di sentirli andar via. E quando aveva sentito la porta di casa chiudersi, aveva tirato un sospiro di sollievo ed era balzata dal letto, ringraziando Merlino per quel primo incontro mancato.
Madison l'aveva avvertita e anche Dakota, la fatidica sera, aveva cercato in tutti i modi di convincerla a non farlo. Ma lei non aveva ascoltato nessuno e adesso si ritrovava in quello stato di disagio. Sarebbe stato difficile gestire tutto una volta arrivati a Hogwarts: Lo avrebbe visto ogni giorno e la Sala Comune dei Serpeverde non sarebbe stato più un luogo sereno.
"Magari tra una lezione e l'altra puoi giustificarti dicendo che è semplice stanchezza..." Madison le strinse le mani, dedicandole il suo sorriso dolce. Era un'ottima amica e, nonostante fossero state smistate in due case diverse, non avevano smesso un solo minuto di volersi bene e affiancarsi fedelmente.
"E poi, se vuoi, la Sala Comune dei Tassorosso per te è sempre aperta. Quando vorrai venire, sai già come fare" Non sarebbe stata la prima volta che Mya trascorreva le notti nella Sala Comune dei Tassorosso e Madison non glielo avrebbe mai negato.
"Grazie. Ma devo gestire questo disastro! Ho capito che Kyron non prova nulla... la sua è gentilezza data dal fatto che siamo cresciuti insieme e perché sono la sorella del suo migliore amico. Quindi qualunque gesto, parola o sguardo non deve essere motivo per fantasticare!" Era capitato spesso che entrambe trascorressero le notti a fantasticare su eventi improbabili in cui Kyron si confessava innamorato e insieme finalmente coronavano il loro sogno d'amore; era stato divertente fin quando era rimasto un'enorme dubbio. Ma dopo quell'estate fantasticare non sarebbe servito: era a conoscenza della dura verità che aveva accettato con un enorme peso sul cuore.
"Tuo fratello lo sa...?" Madison arrossì lievemente, strappando un sorriso di pura tenerezza dal volto dell'amica.
"Drake non sa nulla... E se mi stai chiedendo dov'è finito, io non lo so! Come ogni anno sparisce.... mi chiedo cosa sta combinando e con chi. E' un idiota e tu non dovresti provare interesse per lui. Non è capace di apprezzare una persona come te." Madison si morse le labbra colpevole. Adorava letteralmente  Drake Zabini. Non era una semplice cotta e i suoi occhi, gli sguardi, il rossore che colorava il suo volto ogni volta che lo vedeva passare, lo manifestavano a gran voce. Non aveva mai avuto il coraggio di rivolgergli la parola, nonostante fosse la migliore amica della sorella. Mai una volta aveva avuto il coraggio di sorridergli o semplicemente salutarlo, anche quando durante le vacanze estive veniva invitata dai Zabini per i week end; nonostante con la madre avesse un ottimo rapporto e il signor Zabini l'avesse sempre trattata come una seconda figlia. Era un amore che si consumava da lontano, a debita distanza. E inoltre lo sguardo "spezza cuori" di Drake non era mai rivolto a lei, che più volte aveva sospettato - sospetto che ogni giorno si era trasformato in dura consapevolezza - che Drake non l'avesse mai notata in tutta la sua vita.
"Non corro alcun rischio... tuo fratello non sa nemmeno che esisto" Era la prima volta che manifestava a gran voce l'idea maturata con il tempo e lo sguardo di Mya fu un'ennesima conferma.
 
 
 
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"Un ballo al mese? Che stronzata è questa!" Dakota gettò il volantino - che gli era stato sventolato con orgoglio davanti agli occhi - sul volto di Noah Potter, che si accigliò indignato e riuscì in tempo a non farsi scivolare giù dal naso gli occhiali.
Tra i due si era consolidato un odio che ormai era saldo come pietra. Non c'era attimo in cui non scoppiasse una lite e, come se l'agonia non potesse aver fine, quell'anno Noah era diventato caposcuola; e questo comportava maggior tempo da passare con i prefetti e quindi con la stessa Dakota Malfoy.
"Hai sempre bocciato il ballo di fine anno! Ma questo per molti di noi è l'ultimo anno a Hogwarts ed è giusto che si faccia qualcosa per salutare i ragazzi del settimo anno" Alyson Belby, prefetto Corvonero come Dakota, prese le difese di Noah, il suo ragazzo, e questo fece infuriare maggiormente Dakota che si colorò di pura rabbia.
"Fai parlare il tuo cagnolino, Potter? Non sei in grado di far valere le tue idee? O sono le sue e tu da bravo fidanzato accetti tutte le stronzate che escono dalla sua bocca?" Alyson impallidì e cercò con lo sguardo l'aiuto del fidanzato di fronte a quell'aggressività manifestata senza scrupoli. Noah si massaggiò le tempie, ormai immune a tutta quella rabbia che, per motivi ancora a lui sconosciuti, riusciva a riversargli con tanta foga. Lo sguardo rabbioso era puntato come una spada a Noah, in attesa di una risposta.
"Semplicemente è stato messo al voto questa proposta e tutti, tranne te, hanno trovato l'idea interessante. Per una volta potresti smettere di fare il capitano! Non siamo la tua squadra a cui devi dare ordini. Siamo qui per pensare insieme!" Dakota incrociò le braccia al petto, sentendo l'agitazione prendere il sopravvento. Il suo carattere dispotico poteva andare bene quando doveva ordinare ai suoi giocatori quali schemi adottare: era il capitano della squadra di Quidditch, oltre che Prefetto, e in campo riusciva a far passare il suo caratterino come semplice grinta e leadership.
"Quindi dovremmo organizzare quattro balli? QUATTRO STUPIDI BALLI PER COSA?" Odiava quelle sciocchezze da donnetta. Era risaputo che avvenimenti del genere erano "babbanate" per accontentare qualche prima donna in cerca di complimenti e notorietà, ed Alyson Belby era una di quelle donnette bisognose di attenzione.
"Per inaugurare l'autunno, l'inverno, la primavera e la fine dell'anno..." Alyson riprese parola con un certo timore che traspariva dalla voce tremante. Dakota rimase a fissarla con un leggero ghigno dipinto sul volto, incredula delle sciocchezze che non temeva di far uscire dalla sua bocca.
"Oh Merlino! Tu sei seria! Ci credi fortemente! Quanto sei idiota, Balby" La derise davanti a tutti, ridendo a crepapelle e non riuscendo ad accettare l'idea come qualcosa di buono.
"Adesso basta, Malfoy! Sei l'unica a non essere d'accordo, quindi la tua opinione è irrilevante." Noah si alzò di scatto, notando che l'attegiamento di Dakota aveva messo in seria difficoltà Alyson, che era quasi alle lacrime. Aveva le braccia incrociate al petto con le mani che si stringevano nervosamente e gli occhi erano lucidi, quasi traboccanti di lacrime di vergogna.
"Sei tu il capo, Potter..." Alzò le mani in segno di resa e si accomodò, zittendosi ma soddisfatta del colpo inferto.
Lo scompartimento si aprì nuovamente, zittendo il tentativo di Noah di ricapitolare le varie situazioni che sarebbero state presentate ad inizio anno.
"Non potete stare cinque minuti insieme che rischiate di scannarvi. Le vostre urla si sentono per tutto il treno" Kyron si rivolse a Noah e Dakota che finsero di ignorarlo.
"E tu dovevi trovarti in questo scompartimento un ora fa! Abbiamo preso decisioni con un caposcuola in meno" Era rimasta la rabbia provocata da Dakota sul volto e gli atteggiamenti di Noah, che non notò la presenza di Kenny occupato a servirsi senza chiedere al buffet riservato ai prefetti e caposcuola. Kyron alzò le mani, accomodandosi accanto a Dakota.
"Sicuramente avrete deciso per il meglio, non voglio mettere in dubbio nulla" Lesse il volantino lasciato in terra e sorrise, comprendendo cosa avesse fatto infuriare tanto Dakota.
"I balli... ho sempre odiato i balli" Aggiunse, sapendo il perché Dakota avesse riversato tutta la sua rabbia per quella proposta. Da quando aveva messo piede a Hogwarts, la bella Malfoy aveva sempre tenuto a distanza qualunque essere di genere maschile e - con il tempo - aveva costruito intorno a sè un alone che li teneva lontani in automatico. Dispotica, rigida, con sguardo tagliente e le parole che non lasciavano dolcezza o simpatia. Come se avesse appositamente voluto creare un'immagine di sè che contrastava del tutto il suo vero modo di essere; mostrato solo a Kyron e Drake, fiduciosa che mai l'avrebbero smascherata.
"Abbiamo deciso che se ne terranno quattro... se qualcun altro ha da ridire, lo faccia adesso" Noah voleva uscire da quella stanza. La presenza di Dakota gli aveva sempre gettato un senso di disagio. Da piccoli avevano condiviso quell'odio che con il tempo si era fatto sempre più difficile da gestire. Non c'era attimo in cui Dakota non gli urlasse contro o lo agredisse in qualsiasi modo verbale le fosse permesso. Aveva mitigato la sua voglia di colpirlo, ma restava comunque quella ferocia che lo faceva rabbrividire.
"Sei tu il capo Potter" Dakota si alzò rabbiosa dalla sua postazione e uscì di scena, chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle. Noah si liberò da quella tensione che quasi lo soffocava e si diresse al buffet. Non aveva idea di come avrebbe fatto a gestire quella furia che non avrebbe smesso di attaccarlo senza sosta. Sarebbe morto prima che potesse conseguire ai M.A.G.O.
 
 
 
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Giunse la sera e il treno finalmente arrivò a destinazione. Gli studenti, con indosso le proprie divise, scesero ordinatamente e si diressero verso le carrozze trainate dal nulla. Non tutti potevano vedere i Thestral che erano alla loro guida, ma non era un mistero tra gli studenti. I nuovi arrivati, invece, furono chiamati a gran voce del buon vecchio Hagrid: il tempo aveva colpito anche lui e i filamenti argentei presenti nella barba erano un chiaro segno della sua avanzata età. Tremanti ed eccitati i nuovi giunti a Hogwarts lo seguirono senza indugiare e furono condotti al lago nero: le piccole barche sarebbero arrivate a destinazione in tempo per la cerimonia dello smistamento.
"Drake non è stato avvistato da nessuno! Anche Tyra ha giurato di non averlo visto" Kenny era preoccupato quanto Kyron. Nell'intero viaggio il volto dell'amico non era stato visto da nessuno e in nessun scompartimento; e anche la fidanzata Tyra era all'oscuro di dove si fosse cacciato.
"Quella testa di cazzo chissà cosa avrà in mente!" Temevano di ciò che aveva in mente Drake, perché la sua testa era capace di architettare qualunque ingegnoso e stupido piano, pur di onorare la tradizione annuale. Dakota li raggiunse, anche lei preoccupata.
"Ho chiesto in giro e anche Mya non ha idea di dove sia andato. Non credo che non abbia preso il treno..."
"Iniziamo ad entrare... sbucherà fuori da solo" Kyron, spazientito, prese gli amici per le spalle e insieme occuparono l'ultima carrozza rimasta ferma in attesa.
Con l'avanzare della carrozza si poteva scorgere Hogwarts  illuminata e viva: era come se li avesse attesi e adesso fosse pronta ad accogliere gli studenti con il suo caloroso bagliore e splendore.
E quando entrarono al suo interno si potè assaporare odore di casa. L'enorme scalinata che portava ai piani superiori, i fantasmi fluttuanti che salutarono con regale inchino, l'odore del buon cibo che proveniva dalle cucine nascoste agli occhi degli studenti, il cui passaggio era conosciuto solo da pochi fortunati. Il vento freddo che proveniva dalla foresta proibita che si scontrava contro la pietra antica. Il vecchio Custode che non aveva mai accolto gli studenti con la giusta gentilezza ma la cui presenza ormai era una caratteristica che non poteva mancare tra quelle mura. Era tutto perfettamente messo al giusto posto, nessuna pietra, nessun arazzo o candela aveva avuto un minimo cambiamento e gli studenti poterono respirare la solita aria familiare e accogliente.
Anche la cerimonia di smistamento fu stranamente calma e Kyron e Dakota si scambiarono occhiate preoccupate dai tavoli lontani. Drake era ancora assente anche quando Silente, nel suo aspetto ormai tracciato dal tempo ma non privo di saggezza, presentò il nuovo professore di Pozioni che aveva sostituito l'ormai vecchio Professor Piton. Quest'ultimo aveva deciso di ritirarsi a vita privata, lontano da quella scuola a cui aveva dedicato tutta la sua vita.
"Cari studenti! Come credo che sia noto a tutti voi, il rispettabile Professor Piton ha deciso di dedicare del tempo per se stesso e dopo tanti anni di fedele insegnamento ha deciso di lasciare il posto e godersi la sua vecchiaia lontano da qui..." Il professor Piton aveva fatto tremare per anni gli studenti di Hogwarts; di lui si sentiva parlare anche tra gli studenti più anziani e Kyron, come anche Dakota, aveva sempre adorato ascoltare i racconti su di lui che Blaise, Theodore e Draco non mancavano mai di tirare fuori dallo scrigno dei ricordi. I rimproveri che Hermione aveva dovuto accettare senza mai parlare, i favoritismi dedicati a Draco, Theodore e Blaise, l'odio profondo che provava nei confronti di Harry, rivelatosi poi ben altro che odio. E avevano assaporato anche loro delle piccole vittorie, non appena avevano messo piede ad Hogwarts: il loro cognome aveva fatto sì che la presenza di Piton permettesse di avere i medesimi favoritismi. Con le dimissioni di Piton era finita un'epoca.
"Ma ho il piacere di presentarvi il nuovo professore di Pozioni: Insegnava a Bauxbatons ma ha deciso di prestare, gentilmente, il suo talento e sapere  anche a Hogwarts. Accogliete il nuovo professore, Pierre Pelois!" Gli applausi incerti che si levarono tra gli studenti non misero in imbarazzo il nuovo Professore che, con un balzo, si mise in piedi e sorrise ai presenti, allargando le braccia in segno di gioia.
Il suo aspetto era bizzarro e ben presto avrebbero scoperto che quell'aspetto era la manifestazione perfetta del suo vero essere: aveva lunghi capelli striati di grigio, trattenuti da un elastico, i baffi erano rivolti all'insù e il volto era colorato da un filo di barba. Gli abiti che indossava potevano essere appartenuti ad un rocker di altri tempi: calzoni in pelle con cinturone borchiato, stivali con la punta di metallo e canotta nera. Il polso era occupato da una ventina di bracciali e all'orecchio destro pendeva una piccola croce. Qualche tatuaggio ricopriva la sua pelle ed erano ben visibili.
"Bonsoir, petites Diables" La voce rauca storpiava la morbidezza del suo accento francese ma il sorriso era una carica di positività e simpatia.
"Voglio solo rubarvi qualche secondo, prima di ingozzarci come maiali: Sappiate che vi farò innamorare della mia materia in tal modo che non avrete altro in testa. Sarò un'amante al quale non saprete dire di no, un dolce che assaggerete inebriandovi, un profumo che vi pervaderà l'animo... una canzone che ascolterete senza mai stancarvi! " Ignorò i volti spaesati e spaventati degli studenti, mentre osservavano con una certa inquetudine come quelle parole, sussurrate piano, venivano accompagnate da gesti sinuosi delle mani sul suo corpo.
"Mi amerete... e io amo voi, Petites Diables! Buon appetito" Solo Silente parve entusiasta di quella presentazione che aveva lasciato tutti senza parole e, come se nulla fosse accaduto, diede inizio al banchetto liberando tutti da quell'inquetudine.
 
Il banchetto mise in silenzio gli stomaci che brontolavano da un po' e anche l'ordine mantenuto durante il discorso fu spezzato. Dakota lasciò il tavolo dei Corvonero per mischiarsi ai Serpverde e anche Madison raggiunse Mya per consumare quel primo pasto insieme.
Improvvisamente però, tra il fermento del buon cibo e degli amici ritrovati, le porte della Sala Grande si spalancarono impetuosamente, come se una folata di vento avesse tentato di scardinarle dai bastioni. Kyron alzò le mani in segno di vittoria e Kenny si alzò sul tavolo e animatamente chiamò in sua direzione l'attenzione dell'appena giunto Drake Zabini, che ebbe la sua entrata trionfale con le attenzioni di tutta la Sala Grande puntata a lui. Non indossava la divisa scolastica, ma una t-shirt grigia aderiva al suo corpo. I Jeans a cavallo basso e gli anfibi sbottonati potevano far intendere che erano stati indossati con fretta e gli occhiali non erano intonati al contesto. Aveva una sigaretta spenta tra le belle labbra carnose e ci furono diversi sussurri eccitati che si levarono al suo passaggio: era dannatamente bello, ed era dannatamente impertinente. Silente ormai ne aveva le tasche piene e accolse il suo ingresso con un'alzata di calice e pura indifferenza: dopo tutto, era uno dei migliori studenti di Hogwarts.
"Dove diamine eri?" Dakota rimase l'unica indignata per quello scandaloso ritardo, mentre Kyron e Kenny gli fecero posto passandogli anche dei fiammiferi affinchè potesse accendere la sua sigaretta.
"Affari mia cara... affari" Le gettò del fumo sul viso e si sfilò gli occhiali, mostrando gli occhi stanchi ma felici. Erano uguali a quelli di Mya ma la traccia di innocenza era stata cancellata ormai da tempo.
"Dov'è la mia piccola sorellina" Scrutò il tavolo con lo sguardo e poi trovò la sua luce, la sua adorata Mya che lo salutò allegramente dall'altro capo del tavolo.
"Finalmente ti sei fatto trovare, fratellone" Rimproverò lei dolcemente. Madison era sprofondata alle sue spalle, rimasta del tutto imbambolata di fronte a quel suo modo di fare che aveva messo in agitazione un'intera Sala.
"Dovresti saperlo che non mi piace mischiarmi tra la folla. Voglio il mio posto da solista in questo agglomerato di gentaglia" Si versò del succo di zucca che sorseggiò in un solo fiato e non si fece sfuggire una ragazza del quinto anno, SERPEVERDE, che passò appositamente alle sue spalle: un pò tutte volevano farsi notare da Drake. Sorrise e, senza preoccuparsi della sua reazione, le diede un leggero schiaffo sul sedere.
"Non dovresti passarmi alle spalle, cara. Sono sensibile ai bei culetti" Ammiccò sornione alla ragazza che sembrò tutto al di fuori che infastidita, ma che continuò a camminare per sedersi poco lontano da lui.
"Sei il solito porco" Dakota scosse il capo indignata: per quanto gli volesse bene restava sempre disgustata da quegli atteggiamenti e anche dalle ragazze che permettevano che si comportasse da porco menefreghista con loro.
"E tu la solita zitella frigida. Ognuno ha un suo difetto, cara Dak" Quel nomignolo non l'aveva mai lasciata andare e lei lo odiava con tutta se stessa. Gli gettò un tozzo di pane sperando di colpirlo, ma lui riuscì a scansarlo.
"Siamo più incazzate del solito! Stasera vieni nei sotterranei, diamo una festa" Tutti si voltarono in sua direzione. Gli unici eccitati all'idea rimasero Kyron e Kenny che avevano gli occhi che gioivano all'idea.
"Ovviamente tu, signorina resterai nella tua stanza. Non voglio che mia sorella partecipi a certe cose" Senza guardarla indicò Mya che alzò un sopracciglio contrariato, pronta a ribattere.
"Non capisco perché questo ragionamento criptico e soprattutto maschilista tu lo faccia solo con me. Anche io ho il diritto di divertirmi"
"Certo! Ma sei mia sorella e fin quando ci sono io tu ti comporterai come dico io. Quindi zitta e mangia, nanerottola" Anche Mya tentò di colpirlo con del cibo ma lui, abituato all'essere colpito da qualsiasi cosa capitasse nelle mani della persona - quasi sempre ragazza - a cui aveva fatto saltare i nervi, riuscì a scansarlo e le puntò uno sguardo minaccioso.
"Se ti vedo mettere la testa fuori dala stanza non ti farò uscire dai sotterranei almeno per tre mesi"
"Non fa niente, passerò la notte da Madison... " Madison fu chiamata in causa ma, appena mostrò il suo volto, Drake abbassò lo sguardo.
"Passa la notte ovunque tu voglia, basta che non sia alla festa o con un ragazzo e preveda te con un pigiama e alle dieci già a dormire." Madison ritornò a nascondersi, con la speranza di essere notata nuovamente cancellata dalle sue aspettative.
"Anche io mi astengo. Voglio evitare di vedere ubriaconi per almeno altri 10 anni." Dakota alzò le mani, rifiutando l'invito "gentilmente" concessole da Drake.
"Dak, tu non puoi mancare! Stai sempre a nasconderti! Mostra il tuo bel faccino al mondo e sorridi di più" Si allungò verso Dakota e con le dita tentò di far apparire sul suo viso un sorriso, ottenendo però solo un'espressione che poteva essere accostata ad una maschera "Hannya" meno gelosa e molto più brutta.
"Drake però pensavo... perché non farlo nel week end. Stasera saranno tutti molto stanchi e domani inizieranno le lezioni. Diamo almeno modo di inziare, prima di riprendere con i tuoi famosi festini" Drake fu tirato via da Kyron che notò l'odio di Dakota passarle per le iridi chiare. Lo avrebbe ammazzato se non le avrebbe tolto le mani di dosso. Nonostante Kyron fosse eccitato all'idea di inaugurare l'inizio dell'anno con un bel festino alla Drake, sapeva anche che Drake non avrebbe dato a Dakota la possibilità di non parteciparvi. L'avrebbe tartassata fino allo stremo e fino a quando la Corvonero non si fosse chiusa in camera maledendo tutti. Voleva evitare di regalare a Dakota un primo giorno da inferno em comunicando a Kenny di smetterla di agitarsi come un bambino in festa, cercò di dissuadere Drake per almeno quel giorno. Di festini e tormenti da dare a Dakota ce ne sarebbero stati per tutto l'anno; per quella sera ne avrebbero fatto a meno.
"Pensi che stasera nessuno si presenterà?" Kyron era l'unico capace, con poche parole, di mettere dei pensieri funzionanti e razionali nella testa di Drake, che assunse una posa pensante e ascoltò con vera attenzione ciò che l'amico ebbe da dirgli.
"Penso che per evitare di attirare l'attenzione di Silente, che ha chiuso un occhio per troppo tempo, dovremmo far passare qualche giorno, in modo da allentare la pressione e poter fare quel che vogliamo senza rischiare di essere espulsi."
 Mya aveva il volto puntato al cibo, ma la sua attenzione era completamente rapita dalla voce di Kyron: era dolce mentre cercava di far comprendere a Drake, senza che lui potesse offendersi, che la sua idea di dare una festa era una vera sciocchezza. La sua voce era calma e non affrettata, era soffice e non rabbiosa. Lasciava che le persone lo ascoltassero volentieri e si lasciassero ammaliare dalle sue parole sagge e sempre giuste.
Kenny annuì, assecondando - anche se di mala voglia - l'idea di Kyron e Drake sembrò convincersi.
"Va bene. Rimandiamo il festino di benvenuto. Stasera andiamo a letto presto, come bravi bambini. "Drake sfoderò il suo sorriso sornione di finta innocenza e ritornò a dedicarsi al buon cibo che Hogwarts aveva da offrirgli.
Il nuovo anno era iniziato e tutto era perfettamente come doveva essere. Nessun cambiamento, nessuna tradizione spezzata.
Era tutto perfettamente in ordine...



 

Angolo autore: Salve a tutti, spero che molti di voi gia abbiano letto qualche mia Fan Fiction e spero che le persone che hanno seguito "Vacanze Romane" siano capitate anche qui, incuriosite di leggere  anche il sequel. Come avete notato, la New Generation non richiama alcun personaggio citato dalla cara e santissima zia Row, ma spero che comunque vi facciano appassionare. Questo è un primo capitolo di "presentazione",dove ho voluto delineare un pò i vari rapporti e storie che ovviamente avranno modo di svilupparsi e farsi comprendere con l'evoluzione della storia. Come ho fatto per gran parte di "Vacanze Romane" anche questa nuova ff è dedicata alla mia carissima amica, Meds! è nuovamente il frutto delle nostri menti che hanno creato eventi e peripezie che pian piano prenderanno forma! Detto ciò, spero di ricevere qualche recensione, anche se in un primo capitolo non si ha tanto da dire. 
A presto, e spero anche di non farvi attendere per una prossima pubblicazione, la vostra folle e sadica
Medy <3 

 
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Les belles de Jour ***





Elastic Heart

 
II°Chapter
Les belles de Jour 


"Non ce la faccio" Drake Zabini si trascinava a fatica tra i tunnel dei sotterranei. La prima lezione dell'anno sarebbe stata Pozioni e quella mattina, nei sotterranei umidi che gelavano fino all'ultimo osso del corpo, Kyron aveva utilizzato metodi brutali pur di destare l'amico dal lungo sonno. La notte brava - nonostante il festino di benvenuto rinviato - aveva lasciato sul bel volto di Drake solo stanchezza, camuffata alla perfezione dai suoi inseparabili occhiali scuri. Ma la camicia abbottonata male, il cravattino abbandonato in qualche angolo della stanza e i calzoni calanti, erano la chiara prova che quella di Drake non era stata una notte all'insegna della tranquillità.
"Se tu e Tyra vi foste dati una regolata, adesso saresti fresco come un fiore in sboccio" Gli intimò Kyron, che - come l'intera Sala Comune dei Serpeverde - aveva dovuto sottostare agli stramazzi della notte provocati da lui e Tyra Corner, fidanzata e compagna di sbronze da due anni; causa del suo malumore e del viso stanco e corrucciato. Kenny camminava silenziosamente accanto a Kyron, avvolto in un silenzio di pura stanchezza e malumore: non avevano permesso a nessuno di poter coricarsi tranquilli e la stanchezza del viaggio si era unito alla stanchezza del primo mattino. Sarebbe stata una lunga giornata per tutti e non tutti sarebbero arrivati alla fine.
"Tanto vale unirvi a me! Non avete dormito comunque" La borsa scivolò dalla spalla ma fu ripresa in tempo e un sorriso volò in direzione di un gruppetto di ragazzine del secondo anno, dirette ai piani superiori, che ridacchiarono eccitate all'idea che DRAKE ZABINI avesse sorriso proprio a loro.
"Ma NOI volevamo dormire, Drake!" Puntualizzò Kenny, per poi ritornare nel suo silenzio tombale. I suoi passi erano incerti e avrebbe preferito ritornare nella sua stanza e riprendersi quelle ore di sonno che Drake aveva "gentilmente" sottratto a tutti. Ma il professore Pelois li attendeva e per quel primo giorno la loro presentazione non sarebbe stata delle migliori.
"Che amici noiosi, dovrei iniziare a pensare di cambiare compagnie" La solita battuta che ormai Drake non tardava di sfoderare ogni volta che gli amici non assecondavano le sue azioni geniali - come amava definirle lui - ed erano passati più di sette anni che il trio verde-argento mantenava salda la propria amicizia. Parole che servivano solo a Drake a non doversi scusare e ammettere della stronzata compiuta.
"Lo dici sempre... e sono più di dieci anni che ci stai attaccato al culo!" Kyron gli saltò alle spalle, aggrappandosi e tirandolo giù con lui e serrandogli la testa intorno al braccio. Kenny sembrò destarsi dal torbido sonno che lo teneva estraneo dalla realtà e si unì a loro, gettandosi con tutto il peso del corpo su entrambi. La polvere dei sotterranei si imprignò sulle divise e fece tossire i tre ragazzi stesi sul pavimento, che intaccavano il passaggio agli studenti intenzionati a seguire la lezione del giorno.
"Nott, maledetto! Togliti di dosso" Drake tossiva e rideva, la borsa era intrecciata intorno al busto e il peso del piccolo Kenny schiacciava lui e Kyron.
"Kenny togli il tuo culo di merda! Pesi" Kyron tentò di scrollarsi Kenny da dosso, che intanto  in cima al cumulo stringeva il collo ad entrambi e intonava l'inno di Hogwarts senza un perché.
"Ehm ehm..." Il tossicchiare alle loro spalle spense il canto di Kenny e l'imprecare di Drake, rimasto quasi schiacciato sotto il peso dei due. Si voltarono all'unisono con una certa difficoltà - a causa dell'intreccio di braccia e gambe - e restarono a bocca aperta di fronte alla sinuosa figura della ragazza sconosciuta che li guardava con aria divertita.
"Togliti di dosso" Bisbigliò Drake scaraventando il povero Kenny sul pavimento in pietra e con lui Kyron, che riuscì a ricomporsi con una certa indifferenza: come se quella situazione non potesse apparire strana agli occhi di chi la guardava dall'esterno. Drake si sistemò per bene la camicia, posando gli occhiali nel taschino dei pantaloni della divisa. Si passò una mano sul volto - come  strappandosi il sorriso infantile che appariva sul suo volto solo in compagnia dei due - e sfoderò il suo mezzo sorriso che lasciava intravedere i perfetti denti bianchi. Il tentativo di apparire seducente sembrò funzionare, perché la ragazza - che non indossava la divisa scolastica - sorrise quasi imbarazzata e si lisciò i lunghi capelli biondo cenere. Portava una gonna molto stretta che lasciava allo sguardo, di chi apprezzava la sua figura, la possibilità di compiacersi per quelle curve sinuose. La camicetta azzurro cielo era sbottonata appena, non apparendo volgare ma toccava la curiosità di chi posava gli occhi sul collo sottile e candido. Le bamboline al piede erano delicate esattamente come chi le indossava, come il cerchietto in tono con la camicia.
"Ciao" La voce di Drake era calante, calda. Gli occhi erano fermi al viso e i loro occhi - entrambi verdi - si catturarono e non sembravano volersi staccare. Le labbra carnose e lucide si schiusero in un sorriso più largo e Drake rispose con un sorriso simile.
"Bonjur les gars... mi sono persa, volevo raggiungere la leçon del Professor Pelois. Ma mi sono persa. Questo castello è IMMENSE" La voce era delicata della ragazza misteriosa, che aveva attirato su di sè l'attenzione non solo di Drake, gettatosi in un approccio immediato, ma anche di Kyron e Kenny che la guardavano ammirandone la delicata presenza.  L'accento Francese, che non si univa alla perfezione con la lingua Inglese, la rendeva più appetibile agli occhi di Drake che sorrise, cogliendo al volo l'occasione per poter mettere in atto le sue doti che avevano fatto di lui il sogno di molte studentesse e non solo. Si morse il labbro, abbassando gli occhi un po' più in basso: il suo sguardo era sicuro e faceva intendere l'apprezzamento provato per le lunghe gambe sottili.
"Se mi permette, Mlle, sarò lieto di farle strada. Ma non prima di averle fatto vedere i giardini della scuola. Sono assolutamente splendidi... come lei" Nonna Dana aveva accettato il matrimonio tra Blaise e Hanne ad una sola condizione: che i suoi adorati nipoti apprendessero alla perfezione le tradizioni della famiglia Zabini e questo aveva comportato, non solo il maturare l'amore per il patrimonio Italiano, ma anche per le lingue romanze come il francese e lo spagnolo. Carta che Drake adorava utilizzare nei suoi giochi di seduzione, che non aveva mai fallito. Drake si fece avanti con passo sicuro e, non preoccupandosi della reazione della ragazza, le poggiò la mano al fianco invitandola a seguirlo.
Ma lei rimase inchiodata al pavimento in pietra e lo sguardo restava fisso sul volto di Drake, altrettanto sicuro e intenso, anche se per un attimo i suoi occhi si spostarono alle sue spalle: Kyron ricambiò lo sguardo, ma la ragazza aveva qualcosa nei suoi occhi semplici e delicati che lo mise in estremo imbarazzo. Nella loro intensità, Kyron notò una luce che lo schiaffeggiò e l'obbligò ad abbassare gli occhi e arrossire. Si sentì estraneo di quel comportamento e Kenny ridacchiò divertito, avendo notato la situazione in cui la misteriosa ragazza aveva messo il suo amico.
"Oh, no no, je ai besoin de savoir où est la classe des pozioni. Grazie, ma non posso" Scosse il capo, sorridendo gentilmente alla gentile proposta di Drake, passandogli accanto e avvicinandosi a Kenny e Kyron che si misero sull'attenti. Doveva avere più o meno la loro età e vista meglio non sembrava tanto innocente come voleva far credere con quei suoi modi stralunati di ragazza confusa. Kyron alzò lo sguardo e le sorrise con un pizzico di malizia: aveva colto qualcosa e si sarebbe divertito con Drake che ancora tentava un approccio, credendo di essere il perfetto cavaliere di cui lei aveva bisogno.
"Va bene. Noi stiamo andando proprio lì, sei fortunata." Si sentì spaesato, confuso: chi avrebbe mai rifiutato un'invito di Drake? Nessuna, a parer suo. La sua breve e intensa esperienza con le ragazze glielo aveva dimostrato svariate volte, ma quel suo primo tentativo andato male fece intensificare la curiosità di conoscerla, di sapere il suo nome e il motivo per cui era ostinata nel cercare il Professore Pelois.
"Comunque mi presento: sono Drake Zabini. E se avremo modo di conoscerci meglio, questo nome non ti suonerà sconosciuto tanto a lungo" Ritentò l'approccio, tendendole la mano e - quando lei fece lo stesso - la baciò delicatamente, mantenendo lo sguardo che molte avrebbero desiderato veder posarsi su di sè. La ragazza ridacchiò ingenuamente.
"Che gentleman. Mon nom est Ameliè Tresàl-Mauroz. J'ai le plasir" Tutta l'attenzione era posata su di lei e la ragazza si muoveva a suo agio sotto quelle occhiate apprezzanti, che nascondevano le reali intenzioni di Drake e che smuovevano il suo essere estremamente gentile.
"Andiamo?" Indicò il lungo tunnel che avrebbe condotto nei meandri freddi e umidi dei sotterranei: l'unico luogo apprezzato dal ex Professor Piton che non avrebbe più adorato l'umidità di quel luogo. Ameliè sorrise ancora e, con passo leggero, si incamminò insieme a Drake.
"Non dice mai no ad un culetto bello sodo" Kenny - rimasto indietro con Kyron - spostò di poco la testa sul lato, per apprezzare il piccolo e sodo lato B ben stretto dalla gonna. Kyron lo affiancò e godette con lui di quel panorama.
"Chi lo farebbe?" Si guardarono, concordanti per quell'osservazione.
 
 
 
Drake lasciò che la dolce Ameliè parlasse senza sosta di quanto fosse rimasta ammaliata di fronte allo splendore che animava l'antica scuola. L'entrata  che, con l'avanzare dell'autunno, regalava il panorama suggestivo, colorato da foglie cadenti e leggera brina mattutina. Lo splendido lago nero che si estendeva immenso e lasciava un filo di inquetudine sulla pelle ma era inevitabile perdersi nella sua meraviglia: cose di cui Drake non trovava interesse, ma era un bravo attore e alimentava l'interesse di Ameliè raccontando storie di cui lui non era stato protagonista, anche se la sua voce era intrisa da tanto pathos da far credere che fosse tutto reale.
"Ecco l'aula. Il professore ancora deve arrivare." Si sentiva lo scalminare degli alunni che ancora attendevano l'arrivo del nuovo professore. Corvonero e Serpeverde dividevano l'aula e solo poche persone ruppero le due fazioni per agglomerarsi con gli altri dell'altra casa: la tradizione permaneva ed era ancora forte, per alcuni di loro - soprattutto serpeverde - non intenzionati a mischiarsi con i membri di case diverse dalla propria.
"Se vuoi puoi sederti con noi" I tre occuparono senza dubbio le ultime file. La stanchezza era ancora visibile sui loro volti come l'intenzione di trascorrere l'intera lezione a sonnecchiare, nascosti codardamente alle ultime file.
Ameliè sorrise e guardò Kyron nuovamente con lo stesso sguardo che lo aveva imbarazzato e - con leggero passo - avanzò lungo l'aula, lasciando Drake impalato lì. Il suo bel sedere si muoveva con legiadro portamento e rimasero nuovamente a fissarlo come incantati.
"Zabini hai la bava alla bocca" Drake fu distratto un secondo da Tyra Corner che arrivò alle spalle dei tre. Nonostante avesse trascorso la notte fuori dal suo letto il suo viso porcellanato era intatto e i lunghi capelli scarlatti erano impeccabilmente ondeggianti. Gli occhi - marcati fortemente dal trucco - guardarono prima il suo fidanzato senza alcuna traccia di rabbia o gelosia - ma solo con una vena di paradossale divertimento - e poi caddero sulla ragazza che ad ogni passo guardava gli studenti che ancora girovagavano per l'aula liberamente, urlando e utilizzando anche un linguaggio poco consono; approfittando dell'assenza del professore Pelois si sentivano in diritto di manifestare l'essenza dei loro anni.
"Con quella è inevitabile! Ma tranquilla, anche il sottoscritto non scherza!" Rispose lui a tono, pizzicandole una guancia distrattamente, per poi ritornare a guardare Amelie, che avanzava sempre più vicino alla cattedra dove si sarebbe seduto il Professore.
"Magari vuole attenderlo ai primi banchi" Kenny iniziò a sentire una forte preoccupazione farsi strada e si aggrappò al braccio di Kyron, che iniziò a maturare un sospetto. Più avanzava alla cattedra e più quel sospetto diventava conferma; e più diventava conferma e più Kenny stringeva la presa intorno al braccio. Drake fissava imbambolato Ameliè e, quando si appoggiò alla cattedra e si voltò mutando completamente sguardo, sbiancò e Kenny gettò un urletto di terrore, imprecando a bassa voce, mentre Kayron ridacchiò per l'enorme cazzata fatta dall'amico.
"Ragazzi, ordine!" La porta dell'aula si chiuse di botto e Kenny piagnucolò pensando alle conseguenze che si sarebbero riversate sull'amico che sprofondò nel banco con Kyron che, con sguardo derisorio, gli mimò: "Ben ti sta"
La bella Ameliè sembrò essere mutata: la dolce, ingenua e ridacchiante ragazza del corridoio dallo sguardo delicato e gentile  aveva lasciato spazio ad una ragazza dallo sguardo tagliente, severo e dispotico. L'accento francese, che aveva reso appetibile la "preda" agli occhi di Drake, veniva masticato con una certa severità: la Mcgranitt al confronto sarebbe apparsa come docile e gentile.
"Silenzio adesso." Una lunga pausa accompagnò l'accomodarsi dell'intera aula, che sembrò aver perso la capacità di parola. Tutti seduti al proprio posto, spaesati ma in ordine. Drake era completamente nascosto sotto il banco, pregando Merlino e Salazar che quello scherzo di poco gusto non avrebbe trovato una "vendetta". Kyron invece era ritto e divertito e sperava che accadesse. Kenny guardava lei e poi Drake e nuovamente lei.
"Cazzo, cazzo... Drake... CAZZO" Il filo di voce sembrò un urlo nel silenzio dell'aula e attirò lo sguardo dell'arpia, appoggiata alla cattedra, che mosse le labbra carnose in un sorriso sadico.
"Tu, occhioni verdi, che ti nascondi... Passa ai primi banchi" Drake sobbalzò, essendo chiamato in causa e, dopo aver battuto con la testa sotto al banco, si alzò e si incamminò a testa bassa sotto lo sguardo dell'intera aula e le sottili imprecazioni di Kenny che sembrava perso nel panico. Ameliè fissò Drake divertita e lo invitò ad occupare i primi banchi che di solito restavano sempre vuoti.
"Ricorderò il tuo nome, come tu ricorderai il mio" Ammiccò in sua direzione e, voltandosi, si avvicinò alla lavagna sulla quale - con un gesto secco della bacchetta - apparì il suo nome per intero. Si voltò verso la classe, mantenendo il suo finto sorriso e nuovamente lo sguardo cadde su Kyron, che questa volta non si lasciò imbarazzare; anzi, ricambiò un sorriso congratulatorio per la splendida recita.
"Buongiorno a tutti. Io sono Ameliè Trèsal-Mauroz e sono l'assistente del Professor Pierre Pelois che oggi, purtroppo, non potrà tenere la lezione in quanto è impegnato altrove." Ritornò il silenzio in cui Ameliè volle accertarsi che tutti, soprattutto Drake, stessero ascoltando e rimanessero sull' attenti.
"Spero che non vi facciate ingannare dal mio aspetto. Ho conseguito da poco i M.D.O.A a Beauxbatons che coinciderebbero ai vostri M.A.G.O ma non per questo potrete rivolgervi a me come una vostra compagna o altro" Gli occhi dolci caddero nuovamente su Drake: se solo avesse saputo prima della vera identità di quella fattucchiera non si sarebbe spinto tanto. Sentiva le vene del palmo della mano pulsare violentemente. Ameliè stava facendo di tutto per metterlo in imbarazzo e fargli pagare del comportamento avuto  poco prima nei corridoi. Drake mutò espressione: cancellò l'imbarazzo, che fu sostituito con la rabbia e l'intento di farle pagare quel tentativo di ingannarlo e renderlo lo zimbello del momento. Acquistò una posa più degna di uno Zabini e il suo sguardo non si abbassò un solo momento, ma si tenne fisso a quello di Ameliè.
"Quindi avrò il medesimo ruolo del Professore e pretendo che mi sia rivolto lo stesso rispetto. Detto questo possiamo iniziare la prima lezione." Fece per voltarsi ma Drake alzò la mano, continuando a tenere lo sguardo sfidante puntato a lei. Ameliè sorrise, gustandosi il momento in cui avrebbe potuto far valere le sue parole.
"Signor Zabini, deduco che abbia qualche domanda da farmi. Prego"
Kenny sentì un brivido freddo percorrergli la schiena e guardò Kyron, che comprese la preoccupazione dell'amico. C'era da aspettarsi che Drake non sarebbe rimasto muto di fronte a quella sfida che Ameliè aveva lanciato involontariamente.
Drake si schiarì la voce e, con il suo splendido sorriso stampato sul volto, esclamò con tono impertinente la domanda che avrebbe dato avvio ad una lunga ed estenuante battaglia, nonostante l'elsa della spada la tenesse in pugno la bella assistente.
"Ha detto che da poco ha conseguito i M.A.G.O, quindi le competenze acquisite sarebbero più o meno pari alle nostre." Calò il silenzio e Kyron si gettò le mani sul volto, già conoscendo la domanda. Ameliè annuì fieramente e diede a Drake la possibilità di continuare, soddisfatto di aver incassato un colpo in risposta a quello sferrato, codardamente, da lei.
"Quindi mi spieghi, signorina Trèsal-Mauroz, con quale criterio il Professor Pelois l'ha scelta come assistente? Tralasciando che sia davvero una ragazza dall'aspetto gradevole, ma non credo che sia stato questo... o almeno spero" L'intera aula si mosse sulle proprie sedie, creando un unico rumore di imbarazzo. Kenny si gettò con il capo sul banco: ennesima cazzata di Drake, ennesimo motivo per portare l'assistente del Professore - e quindi lo stesso Professore - ad odiarlo. Con Piton era finita un'epoca e con Drake i favoritismi che i Serpeverde avevano goduto per anni grazie al Professore di Pozioni. Kyron scosse il capo, stupito dall'idiozia appena fatta: maledetta superbia che non teneva a freno quella lingua.
"Prima di tutto, la ringrazio per il gentile complimento. Voglio rispondere alla sua domanda, sperando di poter iniziare la lezione. A Beaxbatons vantiamo di un ottimo programma di Pozioni, molto più avanzato del vostro. C'è la possibilità di poter accedere a corsi formativi avanzati che permettono di acquisire competenze della materia superiore ad un qualunque studente del settimo anno. Il vostro professore non ve ne ha mai parlato perché ovviamente noi studenti diretti di Beaxbatons abbiamo la priorità e se anche facesse domanda verrete scartati a priori. Ma potreste chiedere meglio a suo zio, Draco Malfoy, che in quanto capo dell'ordine dei Pozionisti si è recato molto spesso a Beaxbatons per tener dei corsi di formazione. E se lei sta insinuando che io abbia potuto ammaliare il Professore per il ruolo, la informo - signor Zabini - che non tutti si lasciano abbindolare da un bel culetto" Drake irrigidì il volto e ingoiò amaramente quelle parole: aveva colto la sua accusa e aveva dato una risposta che lo aveva ammutolito, ritornando ad attaccarlo e colpirlo.
"Qualcuno fermi quell'idiota, perché altrimenti lo strozzo con le mie mani" Kenny aveva il viso paonazzo e si alzò di poco dalla sedia sperando di assistere alla sconfitta di Drake, che forse avrebbe accettato di essere stato ammutolito e di aver appena portato problemi a tutti quelli del suo corso; ma l'ego enorme del Serpeverde non glielo avrebbe mai fatto notare.
"Calmati tigre, che per arrivare al collo di Drake ti ci vuole una scala" Kyron si stava divertendo e aveva anche capito perché il Professor Pelois avesse scelto lei come assistente: teneva tutti a freno, compreso Drake, come solo la Mcgranitt - con una carriera alle spalle che comprendeva anche l'aver zittito lo stesso Lord Voldemort - riusciva a fare.
"Ma lo senti? IO LO AMMAZZO" Bisciò Kenny tra i denti, intento a prendere la testa dell'amico, a fine lezione, e sbatterla ripetutamente contro il muro.
"La tipa sà il fatto suo però" Tyra si allungò verso i due, gustandosi il momento: mai una donna aveva osato rispondere con tanta sicurezza a Drake.
"Ha altre domande, Signor Zabini?" Ameliè manteneva il suo sorriso ammaliatore e reggeva lo sguardo del suo interlocutore con una certa dimestichezza.
"No, Miss Trèsal-Mauroz" Drake abbassò le armi e ritornò al suo posto da studente: zitto e in attesa solo di apprendere.
"Bene... Iniziamo e voi di Serpeverde ringraziate il signor Zabini per i 50 punti in meno. E lei signor Zabini, non vada a pranzo: ci sono delle provette da pulire."
 
 
**
 
 
 
La porta dell'aula di Pozioni si aprì solo dopo due ore, in cui Ameliè aveva mostrato a tutti il perché il Professore avesse scelto proprio lei come assistente: ammetteva solo la perfezione e nonostante Drake avesse preparato un distillato della morte perfetto, lo aveva ignorato, ammirando il lavoro di Kenny e Kyron più di tutti, compreso quello di alcuni Corvonero. Il restante della classe aveva solo ottenuto un appunto sulla sua cartellina e il sorriso gentile che nascondeva ben altro.
"E' UNA STRONZA!" Drake fu uno dei primi ad uscire dall'aula e scaraventò la borsa sul pavimento con furia. Kyron, Kenny e Tyra lo seguirono restando tranquilli, con solo lo stress del duro lavoro appena svolto.
"Tu sei un idiota! Cosa ti viene in mente?" Kyron gli sferrò uno schiaffo dietro la nuca provocandogli una reazione di fastidio.
"E LEI? CHE MOTIVO AVEVA DI FARE LA CERBIATTA IN CALORE ?NESSUNO MI HA MAI FATTO PULIRE PROVETTE! QUESTO E' UN LAVORO DA ELFI!" Sferrò un calcio alla borsa che volò lungo il tunnel che portava ai piani superiori: lontano dall'umidità e dalla malefica Ameliè.
Lo spirito degli Zabini, che nonna Dana aveva accuratamente curato e coltivato, stava esplodendo da tutti i pori di Drake che scoppiava di rabbia.
"E tu la prossima volta non fai ragionare il tuo gingillo! Quello che è sempre in calore sei tu" Kenny si grattò nervosamente in testa: l'inferno che avrebbe vissuto Drake sarebbe stato vissuto anche da lui. Troppo legati, troppo coinvolti l'uno nella vita dell'altro. Tyra soffiò stancamente e si appoggiò al muro, guardando in modo disinteressato l'intera scena. Non proferì parola, fregandosene poco dei punti sottratti, dell'umore di Drake. Interessata solo ad uscire fuori dai sotterranei. Con il proseguire della giornata era spuntato un caldo sole che attendeva di essere goduto nei cortili di Hogwarts: quella poca traccia d'estate sarebbe rimasta ancora per poco.
"Drake, andiamo a fumare una sigaretta e poi andiamo a Trasfigurazione" Kyron lo cinse le spalle con il braccio e cercò di risollevarlo. Ma lui si scostò rabbiosamente, allontanandosi di poco: bruciava di rabbia pura.
"MIA MUSA, MIA DEA. BELLEZZA INFINITA CHE CAMMINI VERSO DI ME, LASCIANDOMI SENZA FIATO, TRACCIANDO IL MIO CUORE CON QUELLO SGUARDO CHE MI INCATENA" Drake - poggiato ad una colonna, con il volto al pavimento - Kyron - alle sue spalle - e Tyra alzarono all'unisono gli occhi al cielo e qualsiasi interesse di Kenny, per la situazione avvenuta fino a poco tempo prima in aula, svanì completamente: adesso i suoi occhi erano puntati in un unico punto, su un'unica persona. Bree Potter e Mya Zabini avanzavano verso l'aula con al seguito altri studenti Corvonero e Serpeverde del quinto anno.
Kyron salutò Bree con un sorriso che non svanì quando i suoi occhi si posarono su Mya, che cercò di reggere quell'incontro che aveva sperato di evitare.
"Bree... Luce divina, amore infinito, sei più bella del solito" Bree Potter alzò gli occhi azzurri e sognanti - identici a quelli di sua  madre Luna - al cielo, restando però divertita da quella teatralità a cui ormai era abituata.
"Kenny ti prego..." Tyra era disgustata da quella solita sceneggiata che ormai veniva ripetuta ogni giorno da due anni; senza sosta, senza recensioni: Kenny si prostrava a Bree e le dichiarava ogni giorno il suo amore, in modo tanto teatrale che la giovane Potter non considerava una sola parola come vera.
"Vorrei che i tuoi capelli scendessero su di me come la notte e mi accarezzassero mentre i tuoi occhi, grandi e belli come il mare, mi porterebbero lontano, su isole lontane" Bree rideva divertita. Non aveva mai disprezzato Kenny, ma non riusciva nemmeno a prendere sul serio le sue parole. Le fece scivolare la mano sul viso e poi accarezzò una ciocca di capelli scuri - neri ereditati come Noah, da suo padre - sfuggita alla presa del codino.
Drake riuscì a scrollarsi di dosso quella rabbia, gustandosi la solita scena esilarante mentre Kyron fingeva di partecipare: i suoi occhi cadevano su Mya che, alle spalle di Bree, rideva a crepapelle. Non aveva mai notato come il suo sorriso fosse coinvolgente; se Kyron stava ridendo era solo perché fissava Mya più del solito.
"Montague, la vuoi smettere? Liam potrebbe essere nei paraggi" Bree cercò di contenere il sorriso, ma non riusciva a farlo quando di fronte a lei c'era Kenny che, con il bel viso vivace, metteva in scena la solita commedia.
"DOV'E'! DIMMI DOV'E'! SFIDEREI A DUELLO CHIUNQUE SE QUESTO BASTASSE PER PORTARTI UN SOLO GIORNO AD HOGSMEADE" Kenny gonfiò il petto e si alzò sulle punte, per aumentare la sua piccola statura e tentare di apparire minaccioso e pronto a qualsiasi duello.
"Quante volte devo dirti no? No, Kenny! Niente Hogsmeade, niente appuntamento. Niente di niente." Gli altri studenti del quinto anno che avanzavano in aula buttavano un occhiata alla scena e molte ragazze ridacchiavano eccitate: anche Kenny, nonostante la sua piccola figura, era acclamato dal popolo femminile di Hogwarts. Ma lui, da quando la sua strada si era scontrata con quella di Bree, aveva perso una qualsiasi attrazione per chiunque che non fosse lei. Rifiutava ragazze da ben due anni e, nonostante lo facesse presente a Bree, lei si ostinava a non crederci.
"Dovete seguire pozioni?" Kyron era intenzionato a parlare con Mya. Non si parlavano da quella notte a Roma e non sopportava la situazione. Non si rivolse a Bree ma si fece avanti di qualche passo per attirare l'attenzione di Mya che quasi sobbalzò: era stata colta improvvisamente e il suo cuore ebbe un colpo violento. Non era sicura di poter masticare qualche parola di senso compiuto fin quando non disse un sicuro si e lasciò cadere il terrore di parlare con lui: temeva di apparire sciocca, impacciata. Ma anche lei era una Zabini e gli Zabini non lasciavano che potessero essere ammutoliti.
"Si. Il Professore sembrava simpatico ieri sera a cena, magari è molto più coinvolgente di Piton. Voi cosa dovete seguire?" Mya non notò il viso rabbioso di suo fratello che ancora rimuginava sull'accaduto di poco prima, ma la sua attenzione era completamente catturata dal volto di Kyron che sorrise, felice di notare che riusciva a parlargli tranquillamente: come se nulla fosse accaduto, come se quella sera non fosse mai esistita.
"Non c'è il Professor Pelois, ma la sua assistente TROIA" Drake intervenì interrompendo il tentativo di Kyron di recuperare il rapporto, che adorava, con Mya, e non permise alla sorella di dimostrare a Kyron che anche lei poteva fingere che mai fosse successo nulla tra di loro: orgoglio puro che l'alimentava.
"Cosa hai combinato?" Mya incrociò le braccia al petto e, nonostante fosse la copia di suo padre esattamente come Drake, per una attimo quest'ultimo ebbe un momento di familiarità: sembrava sua madre, con quegli occhi intensi e rimproveratori. Kyron quasi ebbe un colpo: Mya aveva sempre avuto occhi splendidi ma perché guardarla adesso le sembrava diverso? Perché gli sembrava di non aver a che fare con la piccola Mya che interrompeva i loro giochi, che voleva che le fosse raccontata la storia dei tre fratelli mentre si stringeva a lui per la paura? Perché guardarla adesso gli appariva tutto così estraneo?
"Io niente... è stata lei." Guardò Kyron in cerca di supporto ma lui riuscì a captare il segnale tardi, impegnato a trovare un perché che non arrivava.
"Basta ti prego. Andiamo a distrarci..." Tyra intervenne e si aggrappò alle spalle di Drake, arrivando al suo collo e baciandolo delicatamente. Era annoiata da quelle scene d'amore e famiglia. Voleva andar via dai sotterranei e fare qualcosa di più interessante. Mya storse il naso: nonostante frequentasse suo fratello, lei non aveva mai provato un approccio con la Serpeverde, riuscendo solo a notare il peggio che non aveva mai provato a nascondere, e Tyra dal canto suo non aveva mai cercato di farsi piacere. 
"Si, saltiamo Trasfigurazione. Manca poco che la Mcgranitt venga messa in una tomba, non credo che noterà la nostra assenza" Drake ignorò sua sorella - che tentò di rifilargli una nuova predica - e raccogliendo la borsa abbandonata sul pavimento prese Tyra per i fianchi e la baciò, non tralasciando il dettaglio di pizzicarle il sedere. Mya sentì il sangue salirgli alla testa e strinse i pugni; rischiava di rifilare un pugno ad entrambi: a suo fratello per la stupidità che continuava a mostrare e a lei per mille motivi che vorticavano tutti insieme nella sua testa.
Kyron la riprese con lo sguardo e, con un lieve cenno del capo, cercò di calmarla e lei trattenne l'urlo che stava per sfuggirle.
"Ci si vede, cari" Drake baciò velocemente la sua piccola Mya e poi scivolò lungo i corridoi dei sotterranei per sparire su per le scale.
"La odio" Mya strinse i pugni e i denti e fece per andarsene; ma ricordò di avere lezione e rimase ferma di fronte a Kyron, incapace di fare qualcosa: in un altra situazione l'avrebbe abracciata mentre adesso restava rigido e immobile. Allungò appena la mano e tentò di accarezzarla il viso ma, quando Mya gli rivolse lo sguardo, ritrasse la mano e ingoiò tutte le parole che avrebbe potuto dedicarle, che avrebbe potuto dedicare alla vecchia Mya; ma adesso gli sembrava di avere di fronte un'altra persona.
"Non sei l'unica e comunque Drake è grande, sà quando deve calmarsi. Non preoccuparti per lui" Dubitava anche lui delle sue stesse parole, ma voleva tranquillizzare Mya che, se avesse lasciato che la rabbia prendesse il sopravvento, quel suo primo giorno di lezione sarebbe stato un disastro e non voleva che a causa di Tyra si rovinasse la reputazione e i voti. Mya respirò profondamente, sperando di rivedere suo fratello scendere le scale dei sotterranei e urlare al mondo che aveva messo fine a quella storia. Sorrise, un sorriso tirato ancora intriso di rabbia che tentò di placare.
"Lo spero... ora vado a lezione. Se Kenny decide di lasciare stare Bree." Si voltarono entrambi verso i due che ancora si tenevano in disparte.
Nei corridoi dei sotterranei erano rimasti solo loro quattro e Kenny e Bree erano intenti a ripetersi sempre le stesse battute:
"Esci con me" Kenny la teneva bloccata al muro e la teatralità aveva lasciato il posto ad un tono serio, anche se non mancava il sorriso sul suo volto. Bree tentava di superarlo e liberarsi di quelle parole che la seguivano sempre, ogni giorno, anche quando era in compagnia di Liam: motivi di scontri ripetuti ovunque.
"Kenny, ti prego. Faccio tardi a lezione" Fece per andarsene ma lui ritornò a interporsi tra Bree e l'aula di pozioni.
"Bree, dammi una sola possibilità! Una sola giornata con me e credimi... non te ne pentirai" Sorrideva, tentava di inculcarle fiducia. Chiedeva fiducia, voleva che Bree chiudesse gli occhi e si affidasse a lui. Ma l'espressione che assunse, gli fece comprendere che per il momento doveva lasciare che andasse a lezione. Corrucciò lo sguardo e nessun sorriso trasportò Bree a fare lo stesso.
Kenny alzò le mani e la fece passare senza che lei parlasse.
"Buona lezione ragazze..." Kenny la guardò allontanarsi con malinconica resa.
"Ci vediamo..." Mya salutò appena Kyron ed entrambe entrarono in aula lasciandoli imbambolati sulla porta.
"Quella donna mi farà impazzire...." Erano rimasti fermi lì a fissare la porta ormai chiusa, ad ascoltare il silenzio. Kyron battè una pacca sulla spalla dell'amico e sospirò.
"Lo credo anche io" Ma furono parole dette per non restare zitto. Il suo pensiero era ancora a Mya e alla sua incapacità di rivedere la bambina cresciuta come una sorella.
Un cambiamento tanto radicale poteva avvenire in una notte? Un distacco da ciò che era stato poteva avvenire senza che lui potesse rendersene conto? Non ebbe tempo di rispondere, Kenny lo tirò via: la Mcgranitt li avrebbe ammazzati.
 
 
**
 
 
Dakota entrò frettolosamente in Sala Grande con lo stomaco che brontolava e il tempo che non era mai abbastanza. Non appena l'ultima lezione della giornata si era conclusa, Dakota era corsa in Sala Comune, pronta a ripartire per la seconda parte della giornata, quella che preferiva di più. Indossava la divisa di Quidditch e con scopa in spalle e capelli ben trattenuti da un elastico avanzò verso il tavolo dei Corvonero, dove ad attenderla c'era il resto della squadra, già intenti a consumare l'abbondante pranzo preparatorio per l'estenuante fase di primo allenamento dell'anno. Dakota era intenzionata a vincere quel nuovo campionato dopo che quello dell'anno precedente era stato vinto dai Serpeverde. Ovviamente i Corvonero avevano lottato con le unghie e con i denti. Era stata una delle poche partite che sarebbero state ricordate per molto tempo. Dieci ore senza sosta, un testa a testa da veri professionisti. Silente era rimastso entusiasta, il pubblico non si era stancato a sostenere le due case e i giocatori avevano forzato il proprio corpo affinchè desse il meglio. Ma l'ultimo intervento di Kenny Montague - che aveva afferrato il boccino con maestria da riconoscere con tanto di cappello - aveva decretato la vittoria ai Serpeverde e costretto Dakota a sottostare per un'intera estate alle prese in giro di Kyron, Drake, Kenny e Mya.
Era l'unica donna tra i sette giocatori, ma non c'era mai stato situazione di disagio per quel particolare che sembrava non esistere. Si sentiva a proprio agio, senza alcun favoritismo o trattamento che poteva farle pesare di essere l'unica tra quel gruppo di soli uomini.
Appartenevano tutti al settimo anno, a differenza sua e questo era stato l'unico problema che Dakota - con l'avanzare del nuovo anno - si era posta. I suoi sei ragazzi costituivano una squadra vincente, non solo in termini di tecnica, e cambiarli avrebbe comportato una grave perdita per il nome della squadra di Corvonero. Lo spirito creatosi tra loro, la complicità, l'amicizia, il conoscersi non solo all'interno del campo, aveva permesso che quando giocavano impiegassero un'unica forza per un unico obiettivo: c'era un forte spirito di squadra e Dakota come capitano permetteva che anche i disguidi più forti scivolassero via. Era severa, dispotica, pretendeva il meglio ma dava anche ai suoi giocatori il suo meglio e la possibilità di parlare se chiedevano di parlare. Ascoltava suggerimenti e permetteva anche a loro di prendere parte alle tecniche per una formazione migliore. Tutti credevano che Dakota adottasse una politica da vera tiranna, inconsapevoli del vero clima che si viveva all'interno del gruppo.
"Malfoy" il sorriso di Dakota, rivolto ai dieci componenti della sua squadra che l'acclamarono non appena la videro entrare, si spense quando la fastidiosa voce - stridula, quasi pungente - di Alyson la raggiunse alle spalle.
"Belby" Si voltò e non riuscì a non riservarle la smorfia di disgusto che appariva sul suo volto ogni volta che incrociava quel viso perfettamente levigato e curato. Come sempre indossava la divisa in modo impeccabile e i lunghi capelli neri erano in ordine: perfettamente immobili, che cadevano a cascata fino alle spalle. Quel sorriso - che non creava nemmeno un imperfezione sul volto - le fece intendere che aveva da riferirle qualcosa che la rendeva estremamente felice e le mani ben curate e smaltate sfilarono, con gesto sottile e delicato, un volantino dalla borsa: non era spiegazzano o maltrattato, era come se fosse appena stato stampato. Alyson era tutto ciò che Dakota aveva sempre odiato e ciò che lei non sarebbe mai stata. Il volantino si spiegazzò tra le sue mani e perse la bellezza accuratamente studiata. Richiamava i colori dell'autunno, con decorazioni di foglie e pigne. Dakota comprese di cosa si trattava ancora prima che Alyson iniziasse a parlare.
"Dato che abbiamo tutti accettato la questione dei balli, volevo solo informarti che siamo pronti a organizzare. Il 21 settembre ci sarà il primo ballo. Il tema ovviamente sarà l'autunno e abbiamo già pensato al titolo" Dakota lesse e non trattenne il sorriso derisorio.
"September fest... immagino che sia stata tu a scegliere il titolo" Le restituì il volantino maltrattato e incrociò le braccia al petto: chiaro segno del poco interesse che provava per quella stupida festa che le stava facendo perdere solo tempo. Aveva fame e doveva allenarsi e le parole di Alyson perdevano di interesse ad ogni sillaba e vocale pronunciata.
"Si, sono anche organizzatrice esecutiva" Lo disse come se quella festa fosse la risoluzione del male nel mondo. Dakota alzò un sopracciglio, non riuscendo a dedicarle espressioni che potessero essere accostate all'entusiasmo.
"Non ci avrei mai scommesso..." Le stava tentando tutte ma la sua testa le comunicava solo quelle risposte. Non riusciva a far scattare in lei stimoli diversi dal comportarsi con naturale saccenza. Non riusciva a fingere, voleva farlo, perché le prediche di Noah sul comportamento che aveva con Alyson non le avrebbero reso la giornata migliore.
"Noah mi ha dato massima libertà nell'organizzare ed ovviamente io ho accettato. Solo che ho bisogno anche di un aiuto. Magari tu potresti aiutarmi a distribuire i volantini e affiggere nelle bacheche delle Sale Comuni la locandina." Dalla borsa tirò fuori un formato gigante del volantino di poco prima e Dakota sentiva che se non avesse smesso l'avrebbe cruciata in quell'istante. Strinse i pugni e fece scricchiolare le nocche della mani.
"Siamo maghi, perché non chiedere a Vitious di far apparire la locandina nelle varie Sale Comuni e distribuire i volantini con lo stesso incantesimo? Non vedo motivo per cui dovrei sprecare una giornata intera solo per la distribuzione di stupidi volantini che verranno usati per alimentare il fuoco nelle Sale Comuni" Il sorriso che apparve sul volto non voleva comunicare l'eccitazione per quella proposta ma era solo un allarme: se avesse continuato a parlare sarebbe esplosa e le lacrime non sarebbero bastate per eliminare il senso di disagio che Dakota era pronta a gettarle addosso.
"Perché è tradizione babbana fare così. Mia sorella che frequenta una scuola babbana ha organizzato la stessa festa e mi piacerebbe portare le tradizioni babbane anche qui a Hogwarts. Verrà anche premiata la coppia più bella! La regina e il re dell'autunno" La borsa era un pozzo senza fondo: Alyson tirò fuori una rappresentazione sua e di Noah con indosso delle stupide corone fatte con le pigne, rami secchi e foglie morte. Dakota non sapeva se ridere a crepapelle o urlarle di smetterla con quelle stupidagini che le stava solo facendo perdere tempo e lo stomaco brontolava.
"Ascolta ALYSON! Devo andare ad allenarmi e ho una marea di compiti da fare. Non posso esserti d'aiuto..." Tentò di defilarsela per evitare di creare caos in Sala Grande e attirare su di sè le occhiatacce dell'intera scuola: Alyson a differenza sua era acclamata come Prefetto. Ligia alle regole, pronta ad aiutare il prossimo e sempre sorridente e gentile con tutti. Dakota riusciva a far piangere solo con lo sguardo. Ma non appena le voltò le spalle, Alyson fece il madornale errore di fermarla toccando la scopa che aveva in spalla: Dakota sentì la scopa staccarsi dalla schiena e la testa iniziò a ribollire, a formulare le torture peggiori per l'idiota che, con risa stridule, si scusò. Aveva gli occhi iniettati di puro odio e se non fosse intervenuto Regan Smith, portiere della squadra, Alyson avrebbe ricevuto la manifestazione dell'odio che Dakota provava da lei da sempre.
"Dakota, calmati. Non ha fatto niente alla scopa" Dakota sentiva solo la voce di Regan e la barba che le pizzicava la guancia destra; l'aveva trattenuta per le spalle e lei respirava a fatica. La rabbia era stata tale che non si era resa conto di essersi voltata, pronta ad attaccare.
"Toglimi questa di torno, altrimenti l'ammazzo" Alyson sobbalzò a quell'urlo che Dakota le gettò contro. Regan era abbastanza forte da poter trattenere la furia che Dakota sentiva smuovere il suo corpo. Nonostante fosse esile, la giovane Malfoy aveva trovato il suo ruolo da battitore nella squadra: prendersela con i bolidi era terapeutico.
"Non mi interessa del tuo ballo del cazzo, Belby! DEL TUO RE E DELLA TUA REGINA D'AUTUNNO! Togliti dalla mia vista altrimenti quei volantini te..." Regan le tappò la bocca e, sollevandola dal pavimento, la portò scalciando fuori dalla Sala Grande con gli sguardi dell'intera scuola puntati su di lei. Aveva dato altro materiale per essere dipinta come la bisbetica, nevrotica Dakota Malfoy e adornare Alyson con le vesti della povera vittima. Seguirono l'intera squadra che uno ad uno guardarono Alyson con disprezzo: uniti anche nell'odio di un'unica persona.
"Merlino! Io l'ammazzo quell'oca! IO DO FUOCO AL SUO BALLO D'AUTUNNO" Erano in cortile e Dakota aveva selciato il prato andando avanti e indietro, quasi a formare voragini. Regan era immobile a fissarla a braccia conserte come il resto della squadra che, nell'accettare Dakota come capitano, avevano accettato anche momenti di nevrosi femminile. Si sciolse i capelli per poi ritornare a legarli al centro del capo.
"Calmati e andiamo ad allenarci! E' un'idiota. E dopo gli allenamenti andrai a parlare con Noah Potter per dirgli che tu vuoi essere lasciata fuori da queste sciocchezze" Regan seguiva il movimento frenetico di Dakota che, avanzando avanti e indietro a ritmo ridondante, teneva lo sguardo fisso al prato: la tipica posa da capitano adottata quando la partita stava diventando difficile.
"Devo sabotarlo quel cazzo di ballo!" Sussurrò tra sè e sè, non riferendosi a nessuno dei presenti.
"Dakota non vaneggiare" La voce di Regan era quasi un sussurro lontano, perché in quel momento alla mente di Dakota balzò un solo nome: l'unico che avrebbe potuto aiutarla.
Non ascoltava i richiami continui di Regan, al quale si aggiunsero quelli di Alexander Frobischer il cercatore; Ian Goldestein l'altro battitore che affiancava il suo gioco, Marcus Miller, Steve Tullin e Ben Turpin, i tre cacciatori. Non stava ascoltando nessuno perché nella sua testa si alimentava solo l'ipotesi del piano che avrebbe adottato per sabotare il ballo d'autunno. Non riusciva a non odiare quella ragazza. Non riusciva ad ignorarla e non permetterle di rovinarle la giornata. Fin dal primo anno, quando con sua grande sfortuna si erano presentate al tavolo dopo lo smistamento, l'aveva guardata negli occhi e non era riuscita ad intravedere un briciolo di sincerità nei suoi modi di fare da principessa indifesa. E dal primo anno Alyson aveva cercato in tutti i modi di far apparire lei come la strega malvagia che tentava di rovinarle la vita.
Ricordava alla perfezione quando al quinto anno, l'innocente Alyson incolpò Dakota per non averla aiutata nei preparativi della festa di Natale per gli alunni che non tornavano a casa, e che tutto il duro lavoro fatto era stata causa dell'incidente che le aveva procurato il braccio rotto. La realtà dei fatti raccontava ben altro: Alyson aveva tentato di cavalcare una scopa in piena notte per dimostrare a Noah che era capace di farlo e, non essendone realmente capace, si era fratturata un braccio. Dire la verità le sarebbe costata qualche settimana a pulire i calderoni o lucidare le armature, e quelle manine delicate non avrebbero retto allo sforzo. E Dakota, sotto richiesta di Noah, aveva dovuto ammettere la falsa versione dei fatti e lei era stata quasi privata del suo titolo da prefetto, aspirato da sempre e ottenuto con grandi sforzi. Odiava Alyson dal più profondo del cuore e non riusciva a mandare giù la sua presenza. Non voleva che le parlasse: la sua voce era stridula e fastidiosa come le unghie sulla lavagna.
"Ora ti calmi e andiamo ad allenarci! Basta parlare di Alyson Belby, del ballo di autunno e dei mille e uno modi in cui vorresti torturala! Andiamo al campo" Il suo andare avanti e indietro fu frenato da Regan che, prendendola per le spalle, la costrinse a riprendere lucidità inchiodandola con gli occhi. Regan era seriamente preoccupato e Dakota si lasciò andare in un sospiro liberatorio.
"Hai ragione... Mi farà impazzire quella ragazza" Aveva quasi le lacrime agli occhi ma Regan fece in modo che le nascondesse poggiando il suo viso al petto.
"Sei una bisbetica rompi coglioni..." Le soffiò tra i capelli dolcemente. Dakota gli diede un pugno sul petto per allontanarsi da quell'abbraccio carico d'affetto.
"Malfoy, povero uomo che ti sposerà un giorno" Alexander la prese per un braccio per condurla al campo, allontanandola da Regan che seguì la squadra lungo l'immerso giardino che avrebbe condotto al campo di Quidditch che attendeva loro.
"Povera Kathrin, vorrai dire. Non riesco ad immaginare come possa sopportarti" Dakota più si avvicinava al campo più sentiva la rabbia lasciarle il corpo. I suoi sei ragazzi le camminavano accanto, come per proteggerla, e Regan era poco lontano da lei. Aveva ritrovato un briciolo di serenità e la sua preoccupazione era svanita con l'apparizione del bel sorriso che teneva nascosto troppo spesso.
"Io sono adorabile" Un coro di dissenso si levò per contrariare l'affermazione di Alexander, che sembrò rimpicciolirsi sotto le accuse della sua squadra. Dakota aveva lasciato Alyson e il ballo al castello; ora c'era solo la sua scopa, il suo campo e la sua squadra.
 
 
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La Sala Grande bisbigliava ancora di ciò che era accaduto tra Alyson e Dakota e Kyron riuscì a cogliere solo qualche parola, ma non comprese alla perfezione l'intera faccenda.
"Dakota avrà combinato una delle sue" Sospirò Kenny, preoccupato sentendo come il nome di Dakota passasse da una bocca all'altra.
"O Alyson ne ha combinata una delle sue... guarda" Kyron notò un piccolo particolare che stonava con il resto della Sala. Indicò l'enorme locandina affissa dietro al tavolo degli insegnanti, abbastanza grande da essere vista dall'intera scuola presente per il pranzo.
"Inviterò Bree..." Gli occhi di Kenny si illuminarono nel vedere l'ennesima possibilità cadergli tra le braccia.
"Tu sei testardo! Quanti altri no dovrà urlarti contro per vedere una tua resa?" Kyron si avviò al tavolo dei Serpeverde dove intravide Mya mentre parlottava con Madison e Bree nascosta alla vista di Kenny.
"Senti, io la guardo con quel Liam e non la vedo felice! Lei dovrebbe stare con me! E' una cosa che non si può spiegare, lo senti dentro... qua!" Si toccò la pancia, ma dallo sguardo di Kyron comprese di non aver comunicato bene la sensazione di vuoto allo stomaco che provava ogni volta che vedeva Liam Martinèz posare le mani su Bree.
"Io quello lo chiamo intossicazione alimentare o mal di pancia. Non ho altri significati da dare ad un qualcosa qui" Imitò il gesto di Kenny per poi ritornare a setacciare la Sala Grande. Era indeciso se mettersi insieme al gruppetto di Mya o allontanarsi e magari dare possibilità a Bree e a Mya stessa di pranzare tranquillamente. Ma Kenny ebbe la risposta ancora prima che lui potesse decidere: sgranò gli occhi e, con passo saltellante, si unì alle tre ragazze. Mya si voltò di scatto e notò la presenza di Kyron che avanzava lentamente. Le fece spallucce come a scusarsi della presenza di Kenny scivolato accanto a Bree.
"Hai mangiato, luce dei miei occhi? " Bree fece per alzarsi e andare, ma Kenny la fece sedere sulla panca supplichevole.
"Farò il bravo ma mangiamo insieme"
"Kenny se arriva Liam succedono guai! Per favore non mettermi in situazioni che non saprei gestire" Bree non riusciva a mostrarsi arrabbiata con lui, ma chiedeva - con disperato desiderio di essere capita - di non creare spiacevoli situazioni.
"Madison, ti prego, convincila tu" Madison arrossì essendo stata chiamata in causa e guardò Bree, come per chiederle consiglio sulla risposta. Bree alzò gli occhi al cielo, fingendosi infastidita; ma il sorriso che si allargava sul suo volto sottile faceva intendere altro e non aiutò Madison a comprendere cosa realmente volesse: che Kenny andasse via o che rimanesse. Quindi optò nel dire ciò che pensava realmente.
"Io credo che dovresti restare, ha solo chiesto di pranzare con te" La sua voce era sottile e incerta ma Kenny la trovò adorabile soprattutto per ciò che aveva appena detto.
"Madison Diggory, sarai la testimone del nostro matrimonio" Madison sorrise intimidita da quel contatto troppo diretto da parte di Kenny che, voltandosi verso Bree, sorrise soddisfatto.
"Anche le tue amiche vogliono che sia io a restare e non Liam... questo dovrebbe farti pensare"
"Mangiamo solo. Non ho intenzione di venire al ballo con te!" Si scostò di poco da lui ma gli permise comunque di tenere le gambe vicino alle sue e Kenny fu compiaciuto da quel lieve contatto.
"Facciamo un brindisi" Sorrise ad entrambe e, versando del succo di zucca nei tre bicchiere, alzò il calice invitando anche Madison e Bree a fare lo stesso. Madison era incerta ma partecipò comunque a quei festeggiamenti imrpovvisati.
"Ad un amore che prima o poi sboccerà" Bree quasi si strozzò nel ridere: non era solo ciù che Kenny osava dire senza mezze misure ma erano i suoi modi che mettevano in moto in lei quella parte di ilarità che scattava come una molla ogni volta che si trovava accanto a lei o nelle vicinanze. Era una piccola carica di felicità che la travolgeva totalmente. Di questo ne sentiva anche il peso, soprattutto perchè con Liam non aveva mai provato una sensazione simile: c'era altro nel migliore amico del fratello che l'aveva attratta e condotta alla storia con lui che durava da un anno, con alti e bassi che non sempre riusciva a gestire. Ma il ragazzo seduto in quel momento sulla sua destra possedeva una capacità che la metteva a disagio molte volte: la faceva sentire a suo agio, in perfetta armonia con tutto, nella totale spensieratezza.
Kyron intanto aveva preso posto accanto a Mya e continuava a cercare di spiegarsi perché quella mattina aveva provato la strana sensazione di non riconoscerla. Adesso però, standole vicino, rivedeva la piccola Mya.
"Com'è stata la lezione di Pozioni?" Dopo l'incontro nei sotterranei non avevano avuto modo di vedersi ed era interessato nel sapere cosa ne pensava dell'assistente del nuovo professore. Mya sorrise, ritrovandosi nel parlare con lui. Voleva tralasciare quello accaduto a Roma e riconquistare il suo amico Kyron. Anche se la mancata risposta rimaneva un dubbio che avrebbe voluto risanare. Anche un rifiuto le sarebbe bastato ma non il silenzio; perché quel silenzio poteva essere interpretato in una miriade di modi, tutti vorticanti nella sua testa.
"Molto competente ma per niente simpatica. Con me non ha proferito parola, con Bree invece ha rotto un po' le scatole e Maddy ha quasi pianto. I tassorosso hanno avuto la lezione dopo di noi e mi ha detto che l'ha trattata davvero male" Mya nutriva per l'ingenua Madison come un dovere di proteggerla: lei era molto più forte, lei era capace di reggere le situazioni difficili ed era suo dovere impiegare queste forze per insegnare all'amica a rafforzarsi. Non adottava un metodo di guardaspalle ma semplicemente, dopo averla tranquillizzata, cercava di farle comprendere che molte volte la paura di mostrarsi doveva essere evitata: semplicemente per non permettere di farsi divorare dai pesci grossi.
"Tuo fratello è a pulire le provette! " Kyron rideva ancora all'idea di Drake alle prese con le "pulizie da elfo". Anche Mya sorrise soddisfatta.
"Il mio fratellone a volte fa sciocchezze ed è giusto che le paghi" Brindarono sorridendo maleficamente e divertiti dall'idea di Drake che imprecava mentre sgrassava le provette da sostanze melmose.
"Se solo papà lo sapesse! Sono tentata nel dirglielo" Si versò altro succo di zucca e guardò Kyron con quell'idea che ronzava nella sua testa in attesa di un complice.
"Sei perfida Mya! Mi piaci..." Calò il silenzio ed entrambi - anche se non se lo dissero - rivissero quella sera a Roma. Era iniziata proprio così, tra risate e spensieratezza. Nello stare a suo agio, nel ridere con lui come non era capace di fare con altri, nel poter parlare sapendo di essere capita. Era stata quell'atmosfera semplice a dare a Mya la folle idea di confessare tutto; e adesso Kyron, non appositamente, aveva tirato fuori quel ricordo che aveva messo entrambi a disagio, nuovamente.
Mya si inumidì le labbra, trovandosi in forte imbarazzo. Lei gli aveva detto che lui era stato la sua prima cotta, la prima persona con la quale aveva immaginato un futuro, i primi cuori incisi su albero portavano le loro iniziali, come i primi disegni sul diario: era sempre stato lui. E Kyron adesso come allora era caduto in un silenzio tombale.
"Mya..." Voleva parlare, dirle che gli dispiaceva, ma le parole gli morirono in gola.
"Tranquillo... non è successo niente" Bevve frenetica il suo succo di zucca e sperò che finisse quella sensazione di imbarazzo che le stava accaldando il viso.
"Kyron" L'interruzione arrivò con una voce sottile dall'accento straniero: Ameliè era alle loro spalle, bella nella sua cattiveria da assistente.
Kyron si stupì che ricordasse il suo nome e in più che lo chiamasse per nome. Si voltò e con lui Mya.
"Volevo congratularmi per il lavoro fatto oggi. E volevo invitarti ad un congresso di pozionisti che si svolgerà a maggio a Beauxbatons. Ci saranno figure molto importanti, se hai interesse a venire... Puoi passare nel mio ufficio" Kyron si sentiì un attimo spaesato: il buon lavoro non era stato svolto solo da lui, ma anche Kenny aveva miscelato alla perfezione gli ingredienti e il suo distillato era superiore a quello prodotto da Kyron. Ma Ameliè aveva appena invitato solo lui, nonostante Kenny si trovasse poco lontano. Si guardarono e Ameliè ritornò a fissarlo con quell'intensità che gli gettò addosso una sensazione di disagio e compiacimento. Riuscì a tradurre quelle parole in un altro modo. Sorrise, e il suo sorriso non fu di cortesia ma fu la risposta a quell'invito criptico.
"Magari passo più tardi... mi interessa molto" Assaporò la sensazione di essere colto in flagrante in una situazione scomoda e vide Mya mutare espressione: anche lei aveva colto quello che aveva colto Kyron e aveva compreso che lui aveva accettato. Riuscì prendere la borsa di fretta e furia e, salutando appena l'assistente, scappò via dalla Sala Grande. Kyron non ebbe il coraggio di fermarla, perché farlo a cosa sarebbe servito? Lei aveva detto di provare qualcosa per lui mentre Kyron continuava a vederla semplicemente come Mya, la piccola Mya. Non poteva correrle dietro e mandarla in confusione, dirle cose non vere e darle speranza. Ameliè si allontanò innocentemente, come se quel suo comportamento non avesse causato nulla, mentre Mya - rifugiatasi nella Sala Comune - si chiuse il mondo alle spalle e il cuscino le fu amico. Maledetto Kyron, maledetto stupido che non aveva avuto l'accortenza di nasconderle quella realtà che lei aveva sperato di non vivere in quel modo: il suo silenzio quella sera era valso più di qualsiasi altra scusa o giustifica. Mya affondava il viso nel cuscino e le lacrime scendevano a fiumi. Era scappata, presa alla sprovvista; avrebbe dovuto gestire la sua reazione e non manifestare così teatralmente la delusione e il dolore che avrebbe provato, da ora in poi, ogni volta che avrebbe visto Kyron con qualcun'altra che non fosse lei. Doveva aspettarselo, doveva immaginarsi in situazioni analoghe perché ce ne sarebbero state e lei non voleva sentire quel dolore che le premeva il petto, quasi a soffocarla.
Voleva che smettesse, voleva spegnere quella sensazione che la faceva sentire una sciocca. Lei era una Zabini, i Zabini non vengono feriti. I Zabini mantengono il contegno, restano impassibili al dolore. Nonna Dana glielo aveva promesso che il dolore per loro sarebbe stato immune: erano una delle famiglie magiche più potenti al mondo da generazioni e loro non venivano feriti. Eppure non riusciva a farlo smettere. Piangeva nonostante lei volesse che le sue lacrime trovassero un freno. Si sentiva ingannata nonostante Kyron non le avesse mai promesso nulla, non le avesse mai detto nulla. Strinse le lenzuola tra le piccole mani e si addormentò.
 
 
Kyron era rimasto fermo al suo posto: non aveva tentato di rincorrere Mya ma era rimasto fermo ad osservare il suo pranzo rimasto intatto nel piatto. Bree e Madison avevano assistito all'intera scena e con loro Kenny, ma restavano muti non proferendo parola. Bree e Madison conoscevano il perché della reazione di Mya ma seppero che per il momento sarebbe stato giusto che restasse sola e trovasse la sua calma. Kenny guardava l'amico: lui non conosceva gli eventi accaduti a Roma, ma aveva osservato l'intera scena e qualcosa era balzato alla sua testa.
Drake entrò poco dopo e, per grazia di Kyron, non aveva incrociato la delusa Mya che si era rintanata nella sua stanza. Si accomodò accanto a Kyron e tirò via il suo pranzo e lo mangiò senza chiedergli se volesse finirlo.
"Cos'è questo silenzio tombale?" Guardo i due amici rimasti in silenzio, ignorando Bree Potter e Madison Diggory che, con il suo arrivo, era sprofondata con lo sguardo nel piatto. Iniziò a contare le foglie di insalata e i mais contenuti all'interno: non voleva alzare lo sguardo verso Drake e ritrovarsi a guardarlo come un'ebete.
"Niente... com'è andata la tua punizione?" Kyron scrollò via il volto di Mya che era impregnato nella sua mente e non riusciva a gettare giù il senso di colpa e la sensazione di essere stato meschino. Era pesante sulle spalle e lo stava schiacciando silenziosamente: forse doveva andare da lei e parlarle. Ma cosa dirle? Si passò una mano sul volto e guardò l'amico che fece spallucce.
"Ho convinto un ragazzo del secondo anno a fare il lavoro al posto mio. La bella Ameliè non era lì per poter controllare" Kenny si allungò verso di loro per ascoltare delle mirabilanti avventure di Drake che riusciva sempre a cavarsela ed uscirne indenne.
"Quel laboratorio di Pozioni era un macello! Piton non ci entrava da secoli" Al solo pensiero di quello che aveva trovato nel laboratorio di pozioni Drake rabbrividì. Non aveva osato mettere una sola mano su una di quelle boccette ricoperte da polvere e altre sostanze altamente disgustose e aveva costretto un malcapitato studente del secondo anno, che non era riuscito a ribellarsi a quella richiesta.
"Le tue manine non potevano sporcarsi, ovviamente!" Kenny diede nuovamente voce alla sua spensieratezza, lasciando per un po' il dramma che aveva letto negli occhi di Kyron; avrebbero avuto modo di parlare quando Drake non fosse stato presente. Aveva compreso bene che riguardasse Mya e conosceva bene il rapporto morboso che Drake avesse con sua sorella.
Non era un amico assente, coglieva piccoli dettagli e non aveva intenzione di far sentire Kyron solo: se i suoi drammi potevano trovare voce lui li avrebbe ascoltati.
"Ovvio che no! E qualla stronza avrà vita molto breve qui a Hogwarts." Drake gettò il suo sguardo oltre le spalle di Kenny e intravide la bella assistente che, con i suoi grandi occhi di finta innocenza, parlava con il preside Silente stappandogli qualche sorriso.
"Ritornerà a Beauxbatons piangendo" Sussurrò tra sè, cercando di rintracciare nella sua mente il modo migliore per poter contrattaccare l'attacco appena subito.
"Drake se posso darti un consiglio, evita di fare la guerra ad una persona che potrebbe rovinarti. Ha semplicemente fatto il suo dovere." Bree intervenne, con il suo tono gentile. Kenny si illuminò e annuì ammirandola con lo sguardo.
"Tu smettila." Gli mise una mano sul volto. Quando la guardava così la metteva in estremo imbarazzo, anche perché il suo stomaco solleticava e il rossore che le accaldava il viso era visibile: quelle reazioni non poteva averle con lui. Era fidanzata e doveva contenere quel piacere di essere corteggiata in quel modo tanto eclatante.
"Potter, quella lì è solo una sgualdrinella che fa abuso di potere! Avrei dovuto incontrarla in una situazione diversa da questa... Le avrei fatto venir voglia di chiudersi in un convento e non uscirne piu!" Drake inforcò con rabbia il pezzo di roast-beef del suo piatto, caricando tutta la rabbia che Ameliè riusciva a fargli passare nelle vene. Non aveva mai odiato una donna come odiava lei e, tutta la bellezza che Ameliè fieramente mostrava al mondo, veniva storpiata da quell'odio che Drake sentiva. La guardava e l'unica cosa che riusciva a notare più di tutte era quel sadico sorriso che si schiudeva mellifluamente sul suo volto. Non c'era nulla di attraente in lei, nulla che poteva far emergere in Drake qualche ripensamento sul suo futuro comportamento. Avrebbe trovato il modo per cacciarla via da Hogwarts ma non prima di averla sfidata costantemente.
Bree alzò le mani, accettando il rifiuto per il suo aiuto. Guardò l'orologio in cuoio che portava al polso sinistro e richiamò Madison alla realtà, schioccandole le dita davanti agli occhi.
"Ehi, piccolina! Ritorna tra noi che tra poco abbiamo Erbologia" Madison alzò lo sguardo e non riuscì a non farlo cadere su Drake che, con aria scocciata, mangiava il pranzo di Kyron.
"Si, adesso andiamo" Era evidente che Drake non aveva notato la sua presenza. Era lontana quella sua aspirazione. Non c'era nulla di Madison che Drake avrebbe potuto apprezzare: la pelle chiara, gli occhi grandi, i capelli lisci, anonimi di un colore che non saltava agli occhi; un semplice e banale rosso carota. Troppo magra, troppo bassa, troppo silenziosa. Come avrebbe potuto pretendere che notasse proprio lei con un'intera scuola di ragazze da capogiro che avrebbero fatto di tutto per farsi notare? Ma lei ci sperava. Poteva essere considerata banale, una sciocca ragazzina cotta del bello di turno: ma Drake la incantava anche con i suoi modi di fare non tanto gentili o umili.
"Comunque ho ricevuto un invito un pò strano da Ameliè" Kyron lo guardò con un cipiglio soddisfatto, sorridendo marpione e compiaciuto del fatto che, senza adottare alcuna strategia, aveva fatto evidentemente colpo. Drake gettò il piatto lontano e lo guardò incredulo.

"Non pensi di accettare vero?"
"Sarei un idiota se non lo facessi!" Non avevano mai avuto disguidi sulle ragazze da frequentare. Drake aveva sempre dato appoggio a Kyron e Kenny quando si trattava di "DONNE". Ma quella volta no! Drake avrebbe categoricamente bocciato ogni pensiero di Kyron su quella malefica donna.
"E' una STRONZA! No, Kyron, ti proibisco di andare da lei" Drake scosse il capo indignato.
"Sembri mio padre... anzi no! Mio padre mi direbbe altro! E comunque mi ha solo invitato per parlare di un certo congresso di Pozioni. Non è detto che abbiamo pensato entrambi la stessa cosa."
Ma era chiaro che le parole di Ameliè non erano state un invito di interesse accademico. Il suo volto lo aveva manifestato chiaramente quello che in realtà sarebbe accaduto se Kyron quella sera stessa si fosse recato nell'ufficio di Ameliè.
"Sappi che non avrai il mio sostegno amico! " Drake gli sventolò la forchetta davanti al naso, serio nelle sue parole.
"Non morirò" Rispose Kyron a tono, addentando un panino lasciato nel cesto. Si saziò subito: aveva lo stomaco serrato totalmente.
Drake aprì bocca per incidere ancora, per cercare di far valere l'idea che lui aveva maturato di Ameliè nel corso di quell'unica e quasi interminabile giornata, convinto che facendolo avrebbe portato dalla sua parte anche Kyron e sottrarlo dall'interesse che provava per quella bellezza fittizia che nascondeva la mostruosità che realmente era. Ma le sue intenzioni vennero zittite dall'arrivo di Aisha Pucey che, ignorando Kyron, Kenny, Madison e Bree (che titubavano ancora al tavolo, nonostante avessero lezione) si sistemò sulle sue gambe e lo baciò, tralasciando la presenza dei professori e anche di Tyra seduta in fondo al tavolo.
"Drake! Ieri non sei venuto a salutarmi! E nemmeno oggi lo avresti fatto" Aisha Pucey socchiuse le labbra carnose guardandolo con lussuria. Drake sembrò gettare il pensiero di Ameliè lontano, seppellendolo totalmente e ammirando la bellezza della Serpeverde che - accavallando le gambe - alzò un pò la gonna, intendendo perfettamente le sue intenzioni.
"Non è vero, piccola! Ho avuto altri impegni, ma lo avrei fatto... prima o poi" Le carezzò le gambe completamente scoperte, stringendole forte. Aisha finse di offendersi ma non lasciò che le mani si fermassero sulla sua pelle.
"E stasera? Perché non vieni a salutarmi? Magari nel bagno dei prefetti" Si avvicinò alle sue labbra e le morse delicatamente. Anche Drake sembrò del tutto disinteressato dal fatto che poco più in là, ad osservarli ci fosse Tyra e che comportamenti del genere avrebbero attirato su di lui l'ira dei Professori: non erano ammissibili comportamenti che potevano essere visti in un bordello, piuttosto che in una scuola. Ma la preoccupazione di tutto ciò non gli toccò minimamente la ragione.
"Vieni da sola?" Le passò una mano nei capelli scuri, per poi far scivolare le mani nella camicetta. Aisha trasalì, sorridendo lasciva a Drake che ricambiò lo sguardo carico di desiderio, intenzionato a condurla fuori dala Sala Grande e mettere in pratica quei pensieri che vorticavano veloci e chiari nelle loro menti.
"Ovvio che no. Anche Swami voleva salutarti..." Bree si alzò da tavola, infastdita dai loro atteggiamenti: mancava poco che si spogliassero e avessero dato spettacolo sul tavolo. Madison fece lo stesso, sentendo un groppo alla gola che non riusciva a mandare giù; Aisha era la persona giusta per Drake Zabini: bella, intraprendente, con tanta femminilità che poteva essere notata dal suo semplice aggiustarsi i capelli. Non poteva esserci nulla, di Madison, che Drake avrebbe potuto notare.
"Andate via?" Kenny si voltò verso Bree, disperato nel vederla già lasciare il tavolo.
"Abbiamo Erbologia. E siamo in ritardo di 20 minuti... Ci vediamo in giro ragazzi" Poggiò gentilmente una mano sulla spalla di Kenny - regalandogli la gioia del suo dolce sorriso - e con la mano salutò Kyron che ricambiò, comprendendo il fastidio provato per quella situazione. Drake era suo amico ma non per questo avrebbe accettato qualunque comportamento.
"Credo che andrò anche io. Ho una relazione di Artimanzia da fare e una ricerca di Incantesimi. Ci vediamo in Aala Comune" Anche Kyron lasciò il campo, salutando Drake ancora impegnato con Aisha, che veniva solleticata all'orecchio con parole che Kyron non avrebbe ascoltato volentieri. Kenny pensò di fare lo stesso, lasciando che Drake potesse godere della compagnia della bella Serpeverde senza i loro occhi puntati addosso. Drake avrebbe consumato il suo desiderio quella sera, ma non avrebbe rinunciato a qualche stuzzicante assaggio pre-serata.
 
 
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Drake alzò lo sguardo verso Dakota, sedutasi di fronte a lui. Era appena tornata dagli allenamenti: alcuni capelli erano incollati alla fronte sudata, e la divisa di Quidditch era sporca di terreno. Gli occhi chiari nascondevano un messaggio che fremeva nell’essere comunicato. Drake chiuse il libro di Incantesimi che stava leggendo con un certo disinteresse, ma rimase con i piedi sul tavolo, ignorando che si trovasse in biblioteca e non in una sala da tè.
“Qual buon vento conduce la mia bellissima cugina da me?” Non aveva un tono che si addiceva al luogo, ignorando del tutto la nuova bibliotecaria: l’anziana madama Piince era andata in pensione anni prima, troppo vecchia per poter tenere i suoi preziosi libri al sicuro. Ma la sua sostituta, la signorina Young – una donna sulla cinquantina, amorevole ma non tollerante - era giunta in soccorso alla scuola, portando avanti egregiamente la sorveglianza dei tomi antichi e polverosi. Ma Drake Zabini aveva calpestato le sue regole e in quel luogo si comportava secondo le sue, di regole.
Non erano bastate le punizioni, i rimproveri e i punti sottratti: lui ritornava lì ogni volta e continuava a fare secondo le sue regole, al punto che la signorina Young aveva ceduto e lasciava che Drake si trovasse a suo agio; cosa non permessa ad altri.
“Ho una richiesta da farti” Dakota depositò la scopa ai suoi piedi e congiunse le mani, segno che sarebbe rimasta lì fin quando Drake non avrebbe accettato.
Il Serpeverde si sistemò meglio sulla sedia sfoderando un sorriso, allettato all’idea che Dakota chiedeva il suo aiuto: mai accaduto in diciassette anni di vita.
“Interessante! Però tu sai che il diavolo per esaudire le richieste richiede sempre un sacrificio?” Dakota alzò un sopracciglio irritata. Quando la sua testa le aveva suggerito suo cugino Drake come risolutore dei suoi problemi, non aveva messo in conto il suo essere estremamente malvagio; soprattutto quando gli veniva chiesto aiuto. Ecco perché nella sua vita non aveva mai chiesto il suo intervento in qualunque problema; farlo avrebbe comportato un contributo.
“Cosa vuoi, Drake?” Ricevette un sorriso soddisfatto e vittorioso e Drake le strinse le mani, incoraggiandola a parlare.                                                                                                     
“Nulla, per ora. Ricorda però che hai un debito con me… adesso fammi questa tua richiesta! Ti accontenterò volentieri”
“Riguarda Alyson e la sua stupida festa di autunno!” Sfoderò uno dei miliardi di volantini che, nel giro di mezza giornata, Alyson Belby era riuscita a diffondere per il castello. Qualcuno le era anche volato sul viso durante gli allenamenti: non avevano capito ancora come fosse accaduto.
“Ah, Alyson…” Drake lo prese tra le mani, osservandolo con un sadico sorriso stampato in volto. Un sorriso che nascondeva qualche parola che avrebbe omesso per non allontanare Dakota. Se avesse puntualizzato su un piccolo dettaglio che conoscevano solo lui e Kyron, Dakota si sarebbe alzata infuriata e sarebbe uscita di scena dimenticando che aveva bisogno di lui. Quella fu una delle poche volte che Drake Zabini si morse la lingua pur di non parlare.
“Esattamente! Io non ho intenzione di partecipare ad uno stupido ballo dove verranno anche coronati il re e la regina che sicuramente già hanno deciso chi saranno. E non ho intenzione di mandare giù tutte queste sciocchezze” Drake ascoltava ma aveva gli occhi rapiti dall’elaborato volantino ridicolo quanto la persona che lo aveva pensato.
“Quindi io cosa dovrei fare?” Ritornò a fissarla dopo una pausa di qualche minuto; pausa in cui Dakota aveva atteso che parlasse e in cui Drake stava architettando già cosa fare. Ma voleva che Dakota si “sporcasse” con qualche richiesta degna solo di lui.
“Ah, non lo so. Lascio fare a te. Non ho idea di come colpire Alyson e magari sabotarle il ballo. Non sono mai stata brava nelle vendette. Ecco perché ho chiesto aiuto a te” La risposta di Dakota fu deludente ma Drake già aveva il piano perfettamente stampato in testa e sorrise soddisfatto di sé.
“Bene… Quindi mi lasci campo libero?”
Dakota rimase in silenzio, rivalutando la sua richiesta: da Drake ci si poteva aspettare tutto e lei non voleva ritrovarsi in una situazione ingestibile. Una situazione che avrebbe potuto mettere nei guai lo stesso architettore del piano. Ma ormai era seduta al suo tavolo e il dado era tratto.
“Si, ti lascio il campo libero. Sorprendimi” L’accordo si era concluso in poco tempo, estremamente breve e questo dettaglio fece preoccupare maggiormente Dakota; ma aveva già stretto la mano a Drake, quindi bisognava solo attendere la mossa accordata. Non c’era più via di fuga, l’accordo era stato concluso.
 
 
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Kyron aveva zittito Drake quando, raggiunto in biblioteca, gli aveva tartassato la testa: non voleva che andasse da Ameliè; la odiava e non avrebbe mai accettato che LUI, proprio LUI, non fosse suo complice in quell’odio e nei suoi tentativi di sabotarla. Ma Kyron aveva zittito l’amico e, lasciandolo solo lì, aveva comunicato il suo intento di raggiungerla nell’ufficio e accettare quella proposta. Non era sicuro che Ameliè avesse utilizzato la scusa del congresso per adescarlo, ma voleva togliersi quel dubbio. Lo aveva guardato per tutta la lezione con un’espressione che lasciava solo intendere ciò che aveva compreso lui e anche Mya, guardandoli per poco.
L’ufficio dell’assistente non era sepolto nell’umidità dei sotterranei, ma Ameliè aveva occupato una delle tante stanze poste nella Torre Ovest del castello. I corridoi erano completamente vuoti, a parte qualche fantasma che fluttuava indifferentemente, come la presenza di anime bloccate nel mondo dei vivi fosse normale; e lo era.
Gli studenti erano rintanati nelle proprie Sale Comuni o nelle aule studio, per completare i compiti che quella giornata erano stati assegnati e avevano occupato tutto il pomeriggio. Una volta che l’anno iniziava a Hogwarts non c’era attimo che non si trascorresse sui libri. Ecco perché tutti erano in attesa del Week End, ancora lontano.
La porta dell’ufficio era semichiusa, come se Ameliè sapesse che Kyron avrebbe accettato il suo invito e lei avesse lasciato la sicurezza che per lui l’entrata era permessa.
Entrò senza bussare e l’ufficio era completamente vuoto della presenza dell’assistente, a parte i vari scatoloni ancora depositati e non aperti, le valige che occupavano le pareti in pietra; solo qualche oggettino era stato sistemato: una foto che ritraeva Ameliè con delle ragazze in divisa, una piccola sfera di neve con parigi racchiusa al suo interno, un ferma carte e dei fascicoletti chiusi, ancora non consultati. Era arrivata da poco e ancora doveva dare una sistemata al suo nuovo ufficio, alla sua nuova casa.
Kyron si mosse tra gli scatoloni ancora imballati accuratamente e andò ad accomodarsi su una delle sedie poste di fronte alla scrivania di legno lucido: avrebbe atteso fino quando non si sarebbe annoiato.
Ma non dovette attendere molto perché la porta dell’ufficio si chiuse in un colpo secco richiamando l’attenzione di Kyron, che voltandosi la vide avanzare: indossava altri abiti, diversi da quelli indossati tutto il giorno e sul volto aveva stampato il suo meraviglioso e ammaliante sorriso che aveva ingannato lo stesso Drake.
“Perdonami, Kyron, non sapevo che saresti venuto e non mi sono fatta trovare. Spero che tu non abbia aspettato molto” Il suo accento Francese era meno rude, più morbido ed elegante e non gli staccò gli occhi di dosso, mentre girava intorno alla scrivania per accomodarsi al suo posto. Si allungò appena sulla scrivania per recuperare un fascicolo e la camicetta bianca mostrò appena i piccoli seni stretti dal reggiseno in pizzo. Kyron non fu discreto nel buttare uno sguardo e lei - accorgendosene - sorrise, non infastidita.
“No, sono appena arrivato” Alzò immediatamente lo sguardo, sorridendo innocentemente, anche se sapevano entrambi i suoi occhi dove erano scesi e a Kyron sembrò di leggere una lusinga nel modo in cui lo guardava. Nuovamente quello sguardo posato su di lui, quelle intenzioni tenute taciute ma chiare come i suoi occhi, limpide e sicure.
“Bene. Ti interessa quindi del congresso che si terrà a maggio a Beaxbatons” Dal fascicolo appena recuperato Ameliè sfilò via qualche modulo cartaceo: nessuna pergamena, nessuna boccetta e inchiostro. Era una semplice copia in carta. Si alzò e fece il giro della cattedra, posizionandosi di fronte a lui, appoggiando un fianco ad essa e tenendolo troppo vicino al suo perfetto corpo, fasciato solo dalla camicetta bianca e una gonna dello stesso colore.
“Certo, magari volevo che mi spiegasse maggiormente come funziona, quanto tempo dura e se c’è bisogno di qualche compenso” Kyron non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Era bella e in bianco, con le sue gambe scoperte senza vergogna, sarebbe apparsa appetibile a chiunque. Ma lui riusciva a mantenere la calma, il contegno e non dare spazio ai suoi pensieri che in quel momento giocavano a inventare mille modi con cui avrebbe potuto tastare le sue forme.
“Nessun compenso, ovviamente dovrai avere ottimi voti nella materia e inoltre devi essere disposto a conseguire gli studi a Beauxbatons e non qui a Hogwarts. Il congresso sarà anche un modo per continuare gli studi dopo i M.A.G.O” Kyron guardava le sue labbra muoversi e  di quello che dicevano gliene importava poco. Guardava il suo modo di gettarsi i capelli di lato, o come si accarezzava il collo e le gambe, mentre continuava a guardarlo intensamente come a dirgli “Tutto ciò che pensi fallo adesso”
“Interessante.” Riuscì a pronunciare solo quelle parole mentre si alzava dalla sedia e sovrastava Ameliè. L’assistente finse di non essere completamente attaccata al suo corpo e continuò a parlare. Spostandosi di poco e facendo aderire perfettamente i suoi fianchi a quelli di Kyron.
“Se sei interessato, puoi mandare un gufo a Beauxbatons e comunicare il tuo interessamento all’evento. Ovviamente devi sperare che non ci siano altri interessati come te, è molto difficile entrare nelle grazie dell’ordine dei pozionisti..” Kyron non si trattenne e fece scivolare la sua mano sul collo di Ameliè che si tradì trasalendo a quel tocco.
“Ho abbastanza conoscenze per farmi entrare nelle grazie di chiunque” Rispose lui, puntando ancora lo sguardo alla scollatura.
“Interessante, bene allora. Spero che valuterai la cosa…” Ameliè gli voltò le spalle e ritornò a sedersi al suo posto, dietro la scrivania e lontano da lui. Kyron era giunto lì accettando la proposta di Ameliè che, senza alcuna riservatezza,  gli aveva dato chiare indicazioni sulle sue intenzioni. Ma nulla era accaduto e lui non aveva intenzione di rischiare: tastato il terreno aveva compreso che quelle intenzioni così chiare erano state solo frutto della sua fervida immaginazione o semplicemente ad Ameliè piaceva giocare.
“Mi interessa molto. Quindi credo che manderò un gufo a Beauxbatons per fare richiesta. La ringrazio molte per aver pensato a me, Ameliè” Anche lui sapeva giocare molto bene. L’assistente aveva giocato per poco e anche bene. Il movimento sinuoso del corpo, lo sguardo: Kyron non era sciocco ma nemmeno tanto sciocco da avventarsi intraprendentemente, come avrebbe invece fatto Drake. Si allungò verso di lei per prenderle il foglio che stringeva tra le mani, non staccandole per un attimo gli occhi di dosso. Le sfiorò appena le mani, non troppo ma abbastanza da solleticarle le nocche e sorridendo si congedò.
“Ci vediamo a lezione” Disse lui, voltandole le spalle e con passo calmo si avviò all’uscita.
“Kyron aspetta un attimo” La voce sottile lo chiamò nuovamente, facendolo fermare all’uscio della porta. Si voltò e la vide avanzare con passo calmo e occhi puntati a lui. Si fermò nuovamente incollando il suo corpo a quello di Kyron e sorridendo, nella sua finta ingenuità, si alzò sulle punte per baciarlo delicatamente. Kyron tentò di toccarle i capelli ma lei si allontanò e con sorriso vittorioso concluse l’incontro.
“Ci vediamo a lezione” Sussurrò mordendosi le labbra, prima di farlo uscire di scena. Kyron rimase a fissare la porta per qualche minuto prima di sorridere di rimando. Aveva colto chiaramente il messaggio e Drake lo avrebbe divorato appena avrebbe saputo della notizia. Girò sui tacchi e si avviò in Sala Comune fischiettando.
 
 
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Alyson Belby si svegliò quella mattina molto più riposata del solito: il bagno caldo alle rose e la tisana alle more erano stati un perfetto aiuto per un riposo lungo e rinvigorente. La maschera ai cetrioli le aveva lasciato la pelle morbida e i bigodini avevano permesso che i suoi capelli scendessero morbidamente fino le spalle. Si truccò accuratamente, indossò la sua divisa con la massima calma, mentre il resto delle coinquiline della stanza dormivano ancora. Aveva i suoi rituali da rispettare non appena i suoi occhi si aprivano al nuovo giorno e doveva rispettarli con la massima calma.
Si smaltò le unghie, si spruzzò il suo solito profumo alla cannella e , girando su se stessa davanti allo specchio, valutò che era pronta ad andare. Un nuovo meraviglioso giorno.
La Sala Comune dei Corvonero non era del tutto vuota; c’era chi come lei adorava le luci di primo mattino. Erano appena le otto quando entrò Dakota Malfoy che, come Alyson, aveva i suoi rituali da rispettare: indossava una felpa dei Corvonero, quattro volte la sua taglia normale, che le scendeva fino al ginocchio. Indossava dei leggins sportivi e i capelli erano ben stretti in una coda di cavallo; era appena ritornata dalla sua consuetidinale corsa mattutina.
“Buongiorno Dakota” Alyson la salutò come se il giorno prima non fosse stata fonte della sua rabbia che l’aveva costretta quasi a saltarle addosso. Dakota accennò un saluto con la testa prima di dirigersi ai piani superiori.
“Dakota aspetta….” Fu fermata all’ultimo scalino e dovette fermarsi: non poteva fingere di non averla sentita, anche perché la sua voce era squillante ed era inevitabile non sentirla trapanare il cervello.
“Spero che quello successo ieri non vada ad incidere sulla nostra collaborazione per il ballo” Dakota strinse i pugni e pregò Merlino affinché aiutasse Drake a risolverle quella faccenda.
“Ovvio che no, Alyson. Ora scusa ma voglio farmi una doccia” Tirò un sorriso, che le venne molto male, e accettò quello di Alyson disgustosamente dolce.
“Certo, va pure. Ci vediamo a lezione” La salutò con la manina e, soddisfatta per quell’ennesimo atto di finto buonismo, uscì dalla Sala Comune diretta per la sua prima colazione. Noah come ogni mattina l’avrebbe attesa all’entrata della Sala Grande e insieme avrebbero consumato la loro colazione, fatta di caffè nero per lui e tè ai mirtilli per lei. Poi si sarebbero salutati per dividersi e seguire le rispettive lezioni. Dopo, lui avrebbe iniziato gli allenamenti e lei i preparativi per il ballo ma non prima di essersi salutati e raccontati di quelle poche, ma infinite, ore trascorse lontani.
Dopo avrebbero atteso per la cena e dopo cenato, come ogni sera, si sarebbero incontrati - con la scusante della ronda - nella Stanza delle Necessità, dove avrebbero fatto l’amore prima di salutarsi e darsi appuntamento solito per il giorno dopo: la sua tipica giornata perfetta e programmata stava iniziando e nulla avrebbe potuto rovinare il suo buon’umore. Scese le scale con la sua calma innata, sorridendo ai passanti e al sole di quella splendida mattina di Settembre. Respirò il buon profumo della colazione che dalla Sala Grande si diffondeva per tutto il castello. Aspirò a pieni polmoni il buon aroma del bacon caldo e del caffè quando qualcosa le colpì il volto, ridestandola dal suo assaporare quel nuovo giorno. Raccolse il piccolo volantino che le era volato sugli occhi e lesse, sentendo la rabbia - tenuta sempre ben nascosta nel fondo del suo animo - salire incontrollabilmente. Il volto si colorò e accaldò e strinse il volantino tra la mani, riducendolo ad un’insignificante pallina di carta. Alzò lo sguardo e quasi urlò quando vide altri volantini che scendevano a cascata dai piani superiori. La scuola stava iniziando a popolarsi - essendo l’ora per la colazione - e tutti furono inondati da questi volantini, causa della rabbia che stava avvolgendo Alyson che non riusciva a capire chi fosse la fonte di quel sabotaggio.
Deviò il suo solito percorso e ritornò a salire ai piani superiori, con ancora i volantini che le arrivavano sul volto. Gli altri studenti sembravano eccitati, nessuno era rabbioso quanto lei.
Un ennesimo volantino le finì tra i capelli e, quando giunse alla fonte, quasi urlò nuovamente nel notare Drake e Kenny che con grande entusiasmo gettavano quei volantini dall’alto delle scale.
“Zabini! Montague! Cosa state facendo?” Si avvicinò a passo rabbioso ai due che si voltarono ma non smisero di diffondere gli inviti.
“Non vedi, Belby? Inauguriamo l’autunno. Esattamente come te” Drake passò il resto dei suoi volantini a Kenny per fronteggiare la non più pacata Alyson Belby.
“Appunto! Un ballo è già stato organizzato, perché farne un altro?” Alyson cercava di mantenere la massima calma, ma tutti i suoi piani si stavano sgretolando davanti ai suoi occhi. Strinse i pugni e si ripeté più volte di non perdere il controllo. Respirava piano, respirava profondamente e ripeteva alla sua testa di non lasciarsi abbindolare da quel tentativo, da parte di Drake Zabini, di vederla scoppiare definitivamente.
“Perché il tuo ballo d’autunno è troppo per bacchettoni! Io ne ho proposto un altro molto più sobrio e soft! Ma non costringo nessuno a parteciparvi. L’ingresso è libero e può venire chi vuole. È semplice concorrenza, piccola” Drake ammiccò indifferente, come se la sua azione non fosse motivo di rabbia. Alyson distese un sorriso molto stentato. Non c’era nulla di divertente in  tutto ciò che stava succedendo quella mattina.
“Si ma non capisco perché farlo lo stesso giorno!” Non riusciva ad accettarlo. Non poteva accadere proprio a lei: aveva organizzato tutto alla perfezione e non avrebbe dato a Drake Zabini campo libero per poterle rovinare il suo meraviglioso ballo.
“Perché inizia l’autunno e se dobbiamo celebrarlo, quale giorno migliore? Quindi Belby rilassati e accetta questa simpatica sfida. Sicuramente tu avrai molto più da offrire, ma a me piacciono le sfide. Quindi: che vinca il migliore” Gli gettò un volantino sul volto e si allontanò soddisfatto per quel primo attacco sferrato. Alyson lo stringeva tra le mani, indignata e rabbiosa. Abbassò gli occhi e rilesse il volantino: era disgustosamente colorato, non c’era nulla che richiamasse l’autunno, nemmeno il nome: The Dakota’s day: free entry, free night.
Non c’era alcuna scaletta della sera o indicazione dell’abito da indossare: sarebbe stata una semplice festa con fiumi di alcol e musica che avrebbe fracassato le tempie. Sarebbe stata una tipica festa alla Drake Zabini.
Raggiunse la Sala Comune con 20minuti di ritardo: Noah non c’era ad attenderla e questo contribuì ad incrementare il suo malumore. Alyson Belby non aveva mai lasciato spazio alla rabbia come quella mattina. Scorse Dakota seduta al tavolo dei Corvonero e sentì la rabbia salire rapidamente, paralizzarle completamente il cervello e dare voce solo ai suoi istinti. Nella tranquilla mattina del 3 Settembre si sparse un grido feroce e quasi disumano.
“TU, MALFOY” Dakota alzò lo sguardo in tempo per vederla avanzare come una belva verso di lei.
“Cosa diavolo vuoi, Belby” Dakota non comprese fin quando anche sotto il suo naso non apparve il volantino e il volto di Drake divertito. Aveva sferrato un attacco nel punto più sensibile di Alyson; era stata sabotata a dovere e dal suo viso voleva prendersela con Dakota.
“SEI STATA TU” Indicò esattamente il volantino, tremante di rabbia e desiderosa solo di metterle le mani al collo. Dakota sorrise innocentemente.
“No, mi dispiace Alyson ma io non ne sapevo niente” Sapeva che chiedendo aiuto a Drake avrebbe ottenuto ciò che voleva e Alyson si stava manifestando nella sua vera natura. L’intera Sala Grande era voltata a osservare la scena, e anche ai tavoli dei Professori Silente si alzò per far sentire e vedere la sua presenza.
“SEI UNA MALEDETTA! INVIDIOSA E ANCHE... BRUTTA!” Fu l’offesa più pungente che riuscì a pronunciare in quell’urlo sottile e stizzoso. Dakota si finse indignata ma in cuor suo stava gioendo.
Silente iniziava a infastidirsi per tutto quel baccano di prima mattina e non avrebbe potuto fingere se fosse continuato. Noah Potter, assistendo a quello spettacolo non piacevole - che vedeva Alyson rapita da una crisi di nervi - la raggiunse frettolosamente e la prese tra le braccia.
“Calmati Aly… Non è detto che il tuo ballo verrà cancellato” Le soffiò delicatamente la rassicurazione tra i capelli, sperando che si calmasse e rivolse a Dakota uno sguardo rabbioso.
“Noah è stata lei, vuole sabotarmi! Mi odia” Si voltò teatralmente, Alyson, e si aggrappò al suo adorato Noah scoppiando in lacrime. Sembrò che tutta l’attenzione adesso fosse rivolta solo a Dakota e all’orribile gesto fatto nei confronti di Alyson. La guardavano tutti male, accusandola con gli sguardi, compreso Noah.
Dakota si sentì completamente schiacciare sotto quelle accuse silenziose ma non era intenzionata a mostrarsi debole di fronte ad Alyson, che fingeva ottimamente nelle vesti della povera ragazzina al quale avevano sottratto il sognato ballo. Si alzò e con sguardo corrucciato - quello indossato ormai da sempre, per poter mostrarsi forte e non colpita come invece lo era - si allontanò dalla Sala Grande.
Sentì Drake urlare qualcosa ai presenti nella Sala, difendendo la cugina che era stata appena messa in cattiva luce, ma non bastò: Dakota uscì di scena con il volto rude e il cuore che martellava di dolore e di quel pianto trattenuto con forza.

 

 

Angolo autore: Salveee! Sono ritornata ( il più velocemente possibile, record da riportare negli annali) con il secondo Capitolo! Ho voluto rendere i primi capitoli abbastanza statici in modo che siano un "terreno fertile" per poter sviluppare poi l'intera storia! Voglio gradualmente farvi conoscere tutti i personaggi, in  quanto nuovi, in modo che capiata i caratteri di ognuno di loro. Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto, e ringrazio la mia adorata Meds senza il quale non avrei il coraggio di pubblicare nemmeno uno sprazzo di fan fiction! è grazie a lei che potete non assistere agli ORRORI grammaticali! mi scuso se la fic è scritta in grassetto ma non capisco il perché, è la 300 volta che cancello e riprovo, ma niente... vuole che rimanga in grassetto. Spero di risolvere anche questo problema nel prossimo capitolo. Con la speranza che vi sia piaciuto, questo secondo capitolo, vi lascio per darvi " appuntamento" al prossimo... Un bacioneeeee a tutteeeee 
Medy <3 


 
 

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Capitolo 3
*** Last Friday Night ***






Elastic Hearth

 
III°Chapter 
 
Last Friday Night

38 pagine solo per te…. Spero che ti allieteranno! 
Semper fidelis.
 
Noah alzò gli occhi al cielo all’ennesima lamentela di Alyson. Ormai era caduta completamente in uno stato di rabbia e tristezza e lui, da buon fidanzato, doveva ascoltare come ogni giorno giungeva con un nuovo termine con cui etichettare Dakota e la sua “ festa”.
“Io sto da settimane a programmare ogni cosa! Ogni minimo particolare e lei invece no! La sua festa farà schifo” Sul tavolo dei Grifondoro non c’era spazio per il cibo ma solo per la sua scaletta ben dettagliata con tanto di posti già assegnati: sembrava che stesse architettando il suo matrimonio e non il ballo d’autunno.
“Perché prendertela tanto, Aly? Se vorranno venire alla tua festa le porte sono aperte, altrimenti andranno a quella di Dakota. Il problema qual è?” Naoh non riusciva a comprendere cosa rendesse Alyson così intrattabile: Non erano cose che suscitavano estremamente il suo interesse e molte volte fingeva di ascoltarla. Era ripetitiva con il suo sbuffare e lamentarsi. Era intrattabile quando si apriva l’argomento ma quando non lo si faceva, Noah veniva considerato insensibile. Quindi il giovane Potter camminava su un campo minato e qualunque suo movimento poteva far saltare l’irascibile “bomba Alyson”.
“Il problema è che se alla mia festa non si presenterà nessuno il mio autunno verrà rovinato” Alyson aveva quasi le lacrime agli occhi e cancellò in modo rabbioso il nome di Dakota dalla lista. Aveva atteso settimane prima di farlo, in attesa di un suo ritiro e delle sue scuse: ma non era giunto nulla di simile e lei, a pochi giorni dalla festa d’autunno e quindi alla resa dei conti, decise di bandirla completamente.
“Non verrà! NON LA VOGLIO” Il falsetto rabbioso era sintomo che Alyson avesse abboccato alla perfezione al piano che Dakota aveva architettato con l’aiuto di Drake. Erano passate settimane e Dakota sembrava essere uscita molto più forte, nonostante fosse sembrato che il giorno della comunica della festa alternativa avesse attirato su di sé l’odio di tutto il Castello. Non aveva abbassato il capo, anche se in segreto aveva confessato a Drake di volerlo fare ricevendo un secco “no”. Alyson non lo sapeva, ma Dakota per un attimo aveva pensato di lasciar perdere e di lasciare che Alyson avesse il suo stupido ballo. Drake però era stato chiaro con lei e non le aveva permesso alcuna resa. Anche con Noah aveva avuto uno scontro qualche giorno dopo l’accaduto e i due erano arrivati all’odio estremo. Noah le aveva chiesto gentilmente di lasciar perdere e lasciare che Alyson avesse il suo ballo ma Dakota aveva visto in lui più che una richiesta un ordine e aveva sorriso rifiutando l’offerta. Non erano scesi ad alcun patto e le cose erano rimaste esattamente uguali: Alyson avrebbe dato il ballo e, alla stessa ora dello stesso giorno, nella Sala Comune dei Serpeverde si sarebbe tenuto il Dakota’s Day.
“Ti prego calmati, Aly! È un ballo e tu stai rischiando un attacco di nervi! Calmati maledizione” Le strappò il materiale per il ballo dalle mani e lo mise in borsa, stanco di parlare solo di quel ballo e di quanto odiasse Dakota; stanco di sentire il nome di Dakota martellargli la testa e perseguitarlo in ogni dove. Alyson lo guardò spaesata e confusa: non reggeva a quei comportamenti aggressivi a cui Noah si lasciava andare, e quasi scoppiò in lacrime.
“Perché devi fare così? È il mio ballo e lei me l’ha rovinato” Nascose il suo viso tra le mani e singhiozzò silenziosamente. Noah non riusciva a sopportare di vederla così, non era giusto e lui non voleva essere sgarbato con Alyson. L’abbracciò e le baciò il capo dolcemente.
“Scusa Aly. Ma non voglio che per colpa di Dakota tu debba sentirti così” Omise il dettaglio che nominare ogni secondo Dakota lo faceva sentire strano: infastidito e in colpa e non riusciva a spiegare il perché. Si odiavano dagli antipodi, si odiavano da sempre, ma per molto tempo quell’odio aveva avuto un alone che poteva essere retto. Fino a quando non era entrata in gioco Alyson al quarto anno, e da lì Dakota era completamente cambiata, diventando quella di adesso.
“Voglio che quella maledetta festa venga annullata! Nessuno deve andarci, devono venire alla mia festa! Ed io devo essere la reginetta d’autunno! Avevo programmato tutto alla perfezione” Piagnucolava tra le sue braccia e non si accorse di Matt e Artuhr jr. Weasley che raggiunsero l’amico Noah. Arthur jr. guardò prima l’amico e poi Alyson e con il dito mimò quello che aveva sempre pensato di lei: era completamente fuori di testa. Noah scosse il capo, incitandolo a stare zitto e non darci un peso. Matt invece diede poca importanza a lei e puntò gli occhi altrove, a qualche tavolo più lontano dal suo.
“Adesso calmati, ok? Il tuo ballo ci sarà e tu sarai reginetta d’autunno” Arthur quasi si strozzò dal ridere e ricevette un cucchiaio in pieno volto. Era suo compito, da bravo fidanzato, essere una spalla forte su cui piangere e non aveva intenzione di mancare a quel compito; anche se il piangere di Alyson era troppo anche per lui. Non riusciva a reggere che per uno stupido ballo, Alyson dovesse ridursi in quello stato: la vedeva una cosa fin troppo futile per essere considerata fonte di malumore.
“Grazie Noah. Ti amo così tanto” Gli si gettò al collo e lo abbracciò quasi fino a soffocarlo. Arthur jr. si sbellicava in silenzio, dovendo ammettere che l’amico era incatenato alla perfezione ad una folle.
Il tavolo fu raggiunto anche da Bree e Liam Matinèz che alla vista di quella scena chiesero spiegazioni a Matt, completamente assente. Era attento a monitorare la Sala Grande in cerca di un’unica persona.
“Arthur ma cos’ha Aly?” Bree si abbassò verso il primogenito Weasley in modo che la sua domanda non fosse udibile ad Alyson che ancora restava incollata a Noah, come se intorno a lei non ci fosse nessuno. Noah puntò lo sguardo cristallino e disperato alla sorella, chiedendole aiuto.
“E' disperata per la festa di Dakota che ha sabotato il suo ballo d’autunno” Arthur jr. era divertito all’idea di vedere una “battle” tutta al femminile: se lui avesse potuto decidere si sarebbe recato alla festa di Dakota. Le feste organizzate da Drake avevano la reputazione migliore e sicuramente avrebbero bevuto e flirtato alla grande; ma per il suo migliore amico avrebbe dovuto rimandare e recarsi allo stupido ballo, novità di quell’anno che aveva sollecitato l’interesse solo delle studentesse.
“Oh Dio, ancora a parlare di questa cosa! Dacci un taglio Aly” Liam parlò per tutti, non avendo alcun problema a manifestare il suo disappunto per quella tragedia che si stava dilungando fin troppo. Bree gli scoccò un'occhiata rimproveratrice ma lui finse di non accusarne gli effetti. La prese per i fianchi e la fece accomodare sulle sue ginocchia.
“Liam sei un insensibile” Alyson finalmente si staccò dal collo di Noah, lasciandolo respirare e, asciugandosi le finte lacrime, ritornò ad organizzare il suo ballo. Ormai era tempo sprecato nel dirle di smetterla, quindi Noah si dedicò al suo pranzo.
“E tu, la smetti di sbavare dietro la piccola Zabini?” Liam riprese, con il suo tono austero e presuntuoso, Matt Weasley che abbassò gli occhi imbarazzato.
“Non stavo guardando Mya…” Si giustificò lui, essendo stato colto in flagrante.
“E tu la smetti di essere così antipatico, Liam? Sono affari suoi se vuole guardare o meno Mya!” Bree si voltò indignata verso il fidanzato, scrutandolo con sguardo feroce e rabbioso: odiava quando metteva in mostra, per pavoneggiarsi, il lato del suo carattere che Bree più odiava.

“Guapa mia, non arrabbiarti. Lo faccio per lui.” Le pizzicò il mento e la raggiunse per baciarla ma lei si scostò infastidita: avrebbe voluto che si mostrasse più spesso, di fronte agli amici, come il ragazzo che lei adorava: gentile, dolce e meno pungente. Ma quando non erano da soli Liam faceva di tutto per mostrarsi diversamente da ciò che Bree adorava: un presuntuoso e pomposo Grifondoro dall’accento spagnolo.
“Sei odioso!” Bree scivolò sul lato della panca vuota e tirò a sé il suo piatto, ponendo tra loro il suo braccio.
“E tu eres muj linda quando ti arrabbi” Noah lo fulminò con lo sguardo: erano migliori amici, ma non per questo ammetteva che si rivolgesse a sua sorella in quel modo, come se lui non ci fosse e come se le stesse proponendo una notte “caliente” di sesso magico. Bree lo allontanò da sè, avendo tentato nuovamente di baciarla, e ritornò ad interessarsi al suo pranzo.
“Bree hai già scelto il tuo abito?” Alyson sembrò essersi ripresa e sorrise all’amica, come se anche lei vivesse intorno a quel ballo. Il suo abito era stato scelto già con accuratezza e attendeva solo di essere indossato.
“No, ma credo che andrò nel week end.” Nonostante la risposta di Bree fu gentile,  fece cadere le speranze di Alyson, che ritornò ad imbronciarsi nuovamente. Noah si passò le mani sul volto: se Alyson fosse scoppiata in un ennesimo pianto nervoso lui avrebbe preso la sua scopa e sarebbe volato il più lontano possibile da quel luogo. Per fortuna non accadde e fu salvo.
Ma l’entrata di Kenny fece risollevare un ennesimo problema irrisolto. Il Serpeverde entrò e, senza preoccuparsi della presenza di Liam, guardò verso il tavolo dei Grifondoro, notando la sua adorata Bree china sul suo piatto. Prima di incontrare il suo sguardo si scontrò con quello di Liam, al quale sorrise e salutò con un’eclatante felicità. Bree sentì un brivido salirle per la schiena, come se fosse stata richiamata dagli occhi di Kenny, e sollevò l’attenzione dal piatto al vivace Serpeverde che ammiccò in sua direzione facendo animare l’orgoglio del Grifondoro.
“Quest’anno Montague andrà dritto al San Mungo se non la smette di guardarti” Liam urlò quella minaccia divertendo maggiormente Kenny, che l’assimilò più come un invitò e deviò la sua andatura: spedito verso il tavolo dei Grifondoro. Bree sentì il viso accaldarsi e temette che se si fosse seduto - cosa da aspettarsi da Kenny - quel pomeriggio si sarebbe concluso con una zuffa tra i due.
“Ma è possibile che ogni giorno vi dobbiate accanire sulle persone? Prima Dakota, adesso Kenny! Sembra che più che una scuola qui sia un campo di battaglia” Noah richiamò l’amico che sembrò non ascoltarlo ma teneva gli occhi fissi su Kenny, che senza preoccuparsi si avvicinava a loro.
“Sei tu il pacifista del gruppo, Potter. Anche se a quanto pare predichi bene e razzoli male…” Arthur jr. parlò a bocca piena e quasi si strozzò, per poi riprendere il suo profondo discorso.
“Anche tu non manchi occasione per azzuffarti con Dakota Malfoy. Soprattutto quando si avvicina il campionato.” Concluse, per poi ingurgitare un ennesimo panino al burro.
“E' semplicemente odio tra capitani. E poi è Dakota che non manca mai di aggredirmi.” Noah incrociò le braccia al petto, riconoscendo che l’amico aveva ragione. Sul campo di Quidditch Dakota era una vera furia e il suo accanimento era sempre puntato a lui, che tentava in tutti i modi di disarcionarlo dalla scopa a colpi di bolidi. Per non parlare degli scontri tra corridoi che più volte erano quasi diventate risse.
“Penso semplicemente che Dakota sia gelosa di noi. In tutti questi anni non ha mai frequentato nessun ragazzo! È molto mascolina e non ha un briciolo di eleganza o femminilità. Basta guardare come indossa quella divisa. E ho sempre pensato che tu le piaci.” Alyson ritornò a prestare attenzione al gruppo, sentendo il nome di Dakota che ormai funzionava come campanello che la metteva sull' attenti. Arthur sorrise, ma non proferì parola e Noah guardò Alyson quasi stupito dal suo modo di accanirsi in modo quasi ossessivo su un’unica persona.
“Buon pomeriggio Bree. Come sta la mia Corvonero preferita?” Kenny aveva raggiunto il tavolo ignorando del tutto Liam, che si alzò di scatto sovrastandolo dal suo metro e novanta. Bree fece lo stesso e si frappose tra i due.
“Cerchi cazzotti, Montague?” Liam fece scricchiolare le nocche ma Kenny non si lasciò intimorire. Sfoderò un sorriso derisorio.
“No, oggi no. Volevo solo sapere come aveva trascorso la giornata Bree.” Bree tentava di tenere Liam e Kenny il più lontano possibile l' uno dall' altro, ma lo spirito combattivo e l’orgoglio di Liam era in fermento e Kenny era intenzionato ad alimentarlo maggiormente.
“Per favore Kenny, va via.” Bree non voleva che Liam gli facesse del male e non voleva che Kenny desse motivi a Liam di avventarsi su di lui e mettere nei guai entrambi.
“Sentito? VATTENE!” Liam fece un passo in avanti, pronto a sferrare un pugno. Ma in aiuto di Bree intervenì anche Noah, che prese l’amico per le spalle e lo tirò via.
“Bree voglio sapere solo come hai trascorso la giornata. Non abbiamo mai modo di vederci e approfitto per chiedertelo.” Kenny era calmo mentre Noah combatteva con Liam affinché non gli sfracellasse il cranio. Bree spostava lo sguardo da lui a Kenny e da Kenny a Liam.
“Ti prego Kenny, vai via…”Gli antimò di andare ma lui restava fermo, in attesa di risposta.
“Voglio sapere come stai oggi.” Ripetè il Serpeverde, non dando alcun peso a Liam che gli urlava contro i mille modi in cui avrebbe preso la sua testa e l’avrebbe spappolata tra le mani.
“Bene! Sto bene! Ma adesso per favore, vai via” Bree gli carezzò una spalla, mantenendo la sua gentilezza anche in una situazione del genere. Kenny fece in tempo per stringergliela e divenne improvvisamente serio.
“Lui non ti merita..” Bree si paralizzò per un attimo ma le urla di Liam la riportarono immediatamente alla realtà. Kenny le baciò la mano e salutando Liam si allontanò tranquillamente, come se non avesse appena creato un pandemonio.
“Io quel nanerottolo lo schiaccio!” Urlò ancora Liam.
“Ora tu ti calmi e vieni con me.” Esclamò Noah, tirandolo con forza dalla Sala Grande. Bree non sapeva che fare: se rassicurare Liam o prendere a schiaffi Kenny. Ma decise di seguire suo fratello e lasciar perdere Kenny e la sua voglia di incitare le persone a cacciar fuori il peggio di sé.
Non c’era giorno in cui la Sala Grande non era lo scenario di qualche resa dei conti.
 
 
**
 
 
Kenny raggiunse il suo tavolo con un sorriso trionfante steso sul volto e in tempo per entrare nella conversazione animata che si teneva tra Kyron e Drake.
“Ti sei lasciato baciare da quella STREGA! Io non te lo perdono Nott.” Ciò che era accaduto settimane prima nell’ufficio di Ameliè era rimasto in quell’ufficio. Non c’era stato alcun altro contatto o tentativo dell’assistente di approcciarsi a Kyron nuovamente in quel modo. Era proseguito tutto molto normale e lei continuava a sostituire il nuovo Professore, che ancora doveva tenere una sola lezione. Era perso in qualche dove sconosciuto a cui loro non era dato saperlo.
“Drake per favore. È stato un bacio. Nulla di più” Kyron con tono noioso riprese il discorso, stanco di parlarne ogni volta che Drake lo riportava alla mente.
“Tu devi essere con me, non CONTRO di me! Avrei preferito che te la fossi scopata… UN BACIO! Ma che hai tredici anni?” Si versò del succo di zucca ma non lo bevve. Ritornò a portare all’attenzione dei presenti la questione Ameliè-Kyron.
“Capisco che è estremamente attraente! Ha un culo che parla! Ma è una vera stronza e tu hai lasciato che ti abbindolasse! Non posso accettare una cosa del genere” Drake era stato soggetto al suo nepotismo nelle successive lezioni di Pozioni. Nonostante fosse tra gli studenti migliori del suo corso, in quella materia soprattutto, Ameliè aveva sempre trovato qualche pecca che non gli aveva consentito di ricevere punti per il suo lavoro. Non mancava mai di criticare il suo operato e più volte lo aveva umiliato davanti all’intera classe, cosa che Drake stava archiviando per la sua futura vendetta.
“Drake amico, capisco l’odio che provi per Ameliè ma… è stato solo un bacio. Alla ragazza magari piace giocare ed io ho capito. Basta solo che non cada ed io non cado mai.” Kenny fischiò al seguito delle sue parole e Drake lo mandò a quel paese con un gesto della mano.
“Hai anche tu un pisello e ragioni anche tu con quello. Quindi non pavoneggiarti, che per tipe come quelle gli uomini hanno perso tutto” Drake indicò alle sue spalle la bella Ameliè, che proprio in quel momento stava facendo il suo ingresso: indossava un sottile abito a fiori con una gentile scollatura. Era inevitabile non notarla e non guardarla come un cane guarda l’osso.
“Disse l’uomo di mondo” Aggiuse Kyron che non le staccava gli occhi di dosso. Lei parve accorgersene e, voltando lo sguardo a lui, gli sorrise. Kyron giurò che in modo quasi impercettibile si passò una mano sulla scollatura: come ad invitarlo a fare lo stesso.
“Mya a ore dodici” Kenny fu scaltro nel notare la piccola Zabini avanzare verso di loro e i tre si zittirono, ammutolendosi del tutto. Drake affondò lo sguardo nel calice vuoto, Kenny guardò altrove e Kyron si rifugiò sotto il tavolo, fingendo di dover raccogliere una posata fatta cadere appositamente.
“Ho interrotto qualcosa?” Mya guardò tutti e tre con un certo sospetto, accomodandosi lentamente accanto a Kenny.
“No, sorellina. Anzi! Stavamo aspettando te” Il finto sorriso di suo fratello fece sorgere ulteriori sospetti e, voltando lo sguardo, si accorse di Ameliè e comprese. Arricciò il naso e guardò Kyron come se lo avesse appena beccato in qualche gesto immorale.
“Va bene… comunque, richiamando tema festa, avete già pensato a cosa fare?” Mya finse di essere indifferente, ma nel suo stomaco le budella si erano appena accartocciate rabbiose. Kenny guardò Drake e Kyron fece lo stesso: l’organizzatore era lui e quindi tutti pendevano dalle sue labbra.
“Alcol, musica e… Basta” Lo sguardo ovvio che Drake rivolse ai presenti fece intendere che come ogni festa organizzata da lui, ci sarebbe stato il delirio e questo avrebbe promesso un gran numero di persone presenti.
“Come facciamo entrare l’alcol?” Kyron si sporse verso di lui, sentendo ancora lo sguardo di Mya sul collo che quasi tagliava la pelle. Doveva fingere di non essere stato colto in flagrante, ma Mya non era sciocca e aveva colto ogni minimo dettaglio.
“Vecchio metodo! Noah Potter mi darà la mappa del Malandrino di suo padre, io andrò alla stamberga strillante e da lì faremo passare illegalmente il buon alcol che ci porterà il caro e vecchio Marcus Montague.” Strinse la spalla di Kenny che come sempre avrebbe chiamato suo cugino, ormai non più studente di Hogwarts, e l’alcol sarebbe passato sotto il naso di Gazza senza che lui potesse accorgersene.
“Per la musica ci penso io! Vi farò sballare” Aggiunse Kenny, eccitato all’idea di poter riprendere le consuetudinarie feste. Erano iniziate al terzo anno e da allora mai nessuno le aveva sabotate. Ovviamente Silente sapeva solo una parte di ciò che accadeva nella Sala Comune dei Serpeverde. Se avesse saputo dell’alcol che passava non avrebbe lasciato ai tre di camminare ancora a lungo per il Castello.
“Per Dakota invece abbiamo bisogno di te, adorabile sorellina” Drake si voltò verso Mya che ancora osservava Kyron. I suoi gesti erano nervosi e in tutti i modi aveva evitato di distogliere lo sguardo da Drake: sapeva che lo stava guardando e cercava di mantenere la massima calma che perdeva quando Mya lo guardava in quel modo.
“Cosa devo fare?” Mya spostò lentamente lo sguardo da Kyron a Drake e finse di essere in totale ascolto.
“Fa che non sembri un uomo dai capelli lunghi! Rendila femminile, sexy e convincila a divertirsi! Dakota sembra aver perso l’amore per se stessa” Drake aveva in mente un’eclatante festa e non solo per inaugurare, come da tradizione, l’inizio dell’anno. Aveva notato un cambiamento radicale in Dakota e aveva intenzione di regalarle una notte che non avrebbe dimenticato per il resto dell’anno. Ovviamente dei suoi veri piani non ne aveva fatto parola con nessuno: aveva una reputazione da mantenere, e mostrarsi come il cugino preoccupato e amorevole l’avrebbe sfaldata.
“Le abbiamo anche acquistato un abito! E tu dovrai assicurarti che lo indossi! Non mi interessa cosa ne pensa! Lo deve indossare” Aggiunse, sfoderando da sotto il tavolo un’enorme scatola nera che consegnò a Mya.
“Ovviamente tu dovrai vestirti più sobria. Nessun mini abito, nessun top scollato, niente trucco e niente tacchi! Altrimenti resti in camera tua. Intesi?” Mya guardò il fratello con un sopracciglio alzato. Non avrebbe assolutamente accettato le sue condizioni, ma lo avrebbe ingannato fino alla sera della festa.
“Si, padrone” Concluse lei, incantando la sua borsa per far si che entrasse l’enorme scatola destinata a Dakota.
“Altri ordini?” Replicò, con tono sarcastico.
“No, adesso vai. Noi uomini abbiamo da discutere” Drake la tirò a sé, stampandole un bacio sulla guancia per poi cacciarla via. Mya gli rispose con una linguaccia e poi si allontanò, congratulandosi con sé stessa per non aver dato a Kyron un’ultima occhiata. Doveva essere forte e orgogliosa, proprio come Dakota le aveva suggerito quando aveva saputo del sospetto che Mya nutriva per Kyron e la nuova assistente. Stavano indagando insieme per poter accertarsi che i sospetti di Mya fossero solo sospetti.
“Lasci che venga? Hai sempre proibito a Mya di partecipare alle nostre feste e adesso?” Drake non aveva fatto presente che anche Mya sarebbe giunta alla festa. Lo infastidiva pensarla in quel contesto. La immaginava ballare o parlare con qualche ragazzo e sentiva le tempie pulsare.
“Devo! Se non verrà alla nostra festa sicuramente andrà a quella della Belby e non posso vedere cosa fa, con chi è e se qualcuno tenta di adescarla. Se viene alla nostra festa potrò sorvegliarla, e inoltre tutti quelli che vi parteciperanno sanno che mia sorella non si tocca.” Drake era contrariato quanto Kyron, ma era giusto che anche Mya avesse la sua prima festa. Quello sarebbe stato il suo ultimo anno e con lui lontano comunque avrebbe partecipato ad altri eventi simili. Era giusto che prima di lasciare Hogwarts facesse comprendere a chi restava che Mya era intoccabile.
“Non sei tanto scemo però, Drake” Aggiunse Kenny dandogli una serie di pacche sulla spalla.
“Voi sarete i miei occhi, quando io sarò impegnato altrove” Kyron sentì il cuore sciogliersi completamente. Non seppe spiegarsi il perché ma sapeva che se avesse visto qualcosa che non andava, la festa di Dakota l’avrebbe rovinata.
 
 
 
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Gli ultimi giorni che dividevano la festa di Alyson e quella di Dakota furono intrisi di elettricità e rabbia che coinvolgeva le rispettive organizzatrici. Anche se Dakota non aveva concesso il suo tocco e aiuto, per orgoglio fingeva di esserne toccata e coinvolta totalmente dall'evento.
Alyson in ogni angolo del Castello aveva lasciato tracce per ricordare dell’evento che ci sarebbe stato a pochi giorni, mentre Dakota – con alle spalle Drake e i suoi consigli - restava nel suo anonimato, fingendosi fiduciosa che tutti si sarebbero recati al “Dakota’s Day”. Nessuno aveva dato disponibilità dell’assicurata presenza a nessuna delle due feste, e quindi la battaglia stava partendo ad armi pari e le ansie erano le stesse.
La peggior giornata fu il giorno fatidico: 21 Settembre e nella Sala Comune dei Corvonero si respirava solo battaglia. Alyson aveva occupato la stanza che divideva con Dakota. Non era accessibile a causa dell’ “abito sorpresa” nascosto al suo interno. Non era consentito lasciare la Sala dopo le sette, in quanto Alyson voleva che tutti - come lei - dovessero essere impegnate nei preparativi della sua festa. Sarebbe stata impeccabile e voleva che anche le sue amiche, che l’avrebbero accompagnata, lo fossero state. Dakota ritornò nella sua stanza con l'intenzione di  prepararsi per quella sera; ma ciò che vide le diede allo stomaco.
Tutte le ragazze di Corvonero, soprattutto del quarto e quinto anno che facevano parte della combriccola di Alyson, compresa Bree - che con lo sguardo si scusò - erano in tenuta pre-festa: capelli avvolti da bigodini, corsage che aumentavano il volume dei piccoli seni, trucco ovunque e vari profumi che si mischiavano nella stanza.
“Dovrei prepararmi anche io, ma a quanto pare non c’è posto per me.” Dakota non aveva ancora aperto il “generoso” dono che Drake le aveva fatto recapitare tramite Mya, e non aveva idea di cosa avrebbe indossato quella sera; sperò tanto che non l’avrebbe costretta a combinarsi come un pagliaccio. Alyson uscì dal bagno con la sua fedele maschera ai cetrioli sparsa per il viso e sorrise a Dakota.
“Oh, scusa Dakota. Credevo che non ti saresti preparata. Non lo fai mai, quindi ho detto alle ragazze di poter venire in camera.” Il suo tono era falsamente smielato e sembrò essere davvero dispiaciuta; ma entrambe sapevano che Alyson in quel momento stava assaporando la vendetta. Dakota rispose con la stessa moneta e sorridendole, sfoderò il suo abito - ancora custodito all’interno della pesante scatola - per mostrare ad Alyson che anche lei sarebbe stata in vena di festeggiamenti.
“Tranquilla, Aly. Lo farò altrove.” Sarebbe andata nel bagno dei prefetti e li avrebbe inventato qualcosa. Fece per girarsi ma Bree la fermò in tempo.
“Dakota! Aspetta! Mya ha detto di raggiungerla in Sala Comune. Te ne sei dimenticata?” Le porse un piccolo foglio di pergamena sul quale Mya aveva accuratamente scritto la parola d’ordine per permetterle di accedere alla Sala Comune. Quel piccolo dettaglio era passato dalla mente di Dakota, impegnata in altro. Mya si era offerta di aiutarla per quella festa, anche se a lei in realtà non importava.
“Grazie” Prese la piccola parte di pergamena tra le mani e uscì dalla stanza. Alyson non l’avrebbe avuta vinta. Quella sera si sarebbe divertita e avrebbe fatto in modo che anche lei lo sapesse anche se non sarebbe stata presente.
 
 
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“Quanto sono bello?” Drake si specchiò, fiero del suo vestiario casual: jeans, camicia sbottonata solo ai bottoni del colletto e maniche ben risvoltate fino al gomito. Si guardò entrambi i profili e non vide un solo difetto che si sarebbe potuto scontrare con la festa che era in fermento di iniziare. Kenny era riuscito ad evadere la sorveglianza e avevano messo le casse di alcolici ben nascoste nella loro stanza. La Sala Comune era stata sgomberata di qualsiasi ostacolo e, grazie al tocco da maestro di Kyron, era abbastanza grande da poter accogliere l’intera scuola. Non sarebbe stato come le altre volte, in cui Drake avrebbe selezionato accuratamente chi sarebbe stato partecipe: l’invito era stato spedito a tutti e tutti potevano entrare nella Sala Comune dei Serpeverde per condividere quella notte. Kyron lo affiancò e come lui guardò il suo riflesso.
“Sei il più bello!” Rispose sarcastico, abituato allo spirito vanesio dell’amico che, troppo preso da sé e dalla sua bella figura che ricambiava lo sguardo soddisfatto, tralasciò il tono usato da Kyron.
“Stasera devi tenere d’occhio Mya. Ho un impegno con Swami e Aisha.”
Kyron continuò a spalmarsi la crema nei capelli ma se Drake avesse potuto ascoltare il rumore che il suo cuore produsse, si sarebbe reso conto che quella richiesta lo aveva gettato in difficoltà. sembrò precipitare giù, in un pozzo tanto profondo che il suono che poteva produrre, una volta raggiunto il fondo, poteva essere solo un rumore sordo e pesante.
“Perché devo guardare tua sorella mentre tu ti diverti? Se volessi spassarmela anche io con qualche ragazza?” Kyron aveva uno “ stile” completamente diverso, rispetto a Drake. Era selettivo sulle sue scelte per la compagnia di una notte e, nonostante non avesse preso impegni al riguardo, voleva defilarsi da quel compito che non sapeva se avrebbe potuto gestire. Con Mya era cambiato tanto, il rapporto aveva subito degli sbalzi, dei cambiamenti che avevano condotto entrambi a comportarsi come due semplici conoscenti, nonostante Kyron né soffrisse maledettamente la mancanza.
“Kyron caro mio, sappiamo entrambi che ormai ti sei ritirato dalle scene perché reputi tutte troppo IMMATURE per un uomo della tua portata. Io invece, fin quando posso divertirmi voglio farlo fino allo stremo.” Lo spostò dallo specchio, in modo che solo il suo riflesso fosse visibile. Si accarezzò i capelli rasati, non trovando un solo dettaglio fuori posto.
“Semplicemente mi sono scocciato di avere a che fare con ragazzine che per una sola scopata pensano che voglia sposarmele, e inoltre io sono molto più selettivo nelle mie scelte.” Kyron si allontanò dalla postazione preferita di Drake ( lo specchio) e aprì la prima bottiglia di whisky incendiario. Ce ne erano abbastanza da poter dissetare tutta Hogwarts, ma le prime toccavano sempre agli organizzatori.
“La volete smettere di litigare come due suocere?” Kenny uscì dal bagno, con il vapore della doccia ancora alle spalle e solo un’ asciugamano stretta alla vita. I capelli biondi gocciolavano sulla fronte e non sarebbe stato pronto in tempo per la festa.
“Kenneth muoviti, che abbiamo bisogno di te per la musica” Finalmente Drake si staccò dal suo riflesso e prese una seconda bottiglia di Whisky che divise con Kenny.
“Stasera sono convinto che Bree verrà da me e sarà la volta buona.” Era una nenia impaziente quella di Kenny, che ogni giorno sperava che fosse la fatidica volta buona che lo avrebbe avvicinato sempre più al suo scopo: quello di conquistare il cuore di Bree Potter.
“Stasera Bree sarà alla festa di Alyson e tu dovrai accontentarti di qualcun’altra” Drake gli porse un bicchiere colmo di liquido ambrato, sperando di passargli anche la rassegnazione e la scelta di lasciar perdere Bree Potter. Ma il sorriso che si allargò sul volto di Kenny fece intendere che era solo una perdita di tempo pensare che avrebbe lasciato stare la Corvonero.
“Scommetto che questa sera Bree entrerà in questa Sala Comune. E se lo farà sono intenzionato a tenerla il più lontano possibile da Liam!” Levò in alto il suo bicchiere, in segno di vittoria. Drake e Kyron fecero lo stesso, anche se in cuor loro nutrivano scarse speranze per quella profezia.
Drake gettò la sua parte di Whisky tutto d’un fiato giù per la gola e, schioccando le labbra e assaporando il sapore forte che gli pizzicò la lingua, si apprestò a lasciare la stanza.
“Ho da fare gli ultimi accorgimenti e devo accertarmi che Dakota sia disposta ad indossare l’abito che ho comprato per lei. Ho qualche sospetto che vorrà ammazzarmi” Salutò gli amici di stanza e si chiuse la porta alle spalle, lasciandoli completamente soli.
Kyron guardava il fondo del suo bicchiere mentre Kenny era immerso nella decisione degli abiti da indossare quella sera. Era caduto un silenzio sospettosamente strano. Di solito Kenny era il guardiano del caos, ma sembrava voler tenere sigillate le labbra per permettere a Kyron di prendere parola e rendere chiari i suoi pensieri che stava facendo annegare nelle ultime tracce di Whisky.
“Stasera dovrai fare da Baby Sitter a Mya” Non fu una domanda quella di Kenny e Kyron annuì distrattamente, tenendo fermo il suo sguardo smeraldino sul fondo del bicchiere. Non lo ascoltava come doveva, era perso completamente e lasciava che passasse nella sua testa in quale mode avrebbe dovuto intrattenere Mya. Non poteva ignorare il cambiamento che il loro rapporto aveva dovuto attraversare. Non poteva ignorare che Mya lo guardava non più con occhi di bambina, che non era più. Mya era una donna ormai, una magnifica donna e lui non poteva deluderla. Avrebbe dovuto gestire la cosa e aiutarla a capire che l’interesse che nutriva per lui era semplice bene, un bene che poteva essere confuso con l’amore.
“Drake non sa nulla vero…” Kenny si voltò verso di lui, con indosso ancora l’asciugamano e un’espressione di comprensione. Kyron alzò lo sguardo rivolgendosi con forte dubbio.
“Sapere cosa?” Posò il bicchiere di Whisky sul comodino accanto al letto e si incuriosì del perché Kenny lo guardasse come se avesse a che fare con un cucciolo ferito. Dispiegò gli abiti che aveva scelto per quella sera, ponendo una pausa d’effetto che ruppe con un sorriso divertito che gli incurvò le labbra.
“Che la sua sorellina è stracotta del suo migliore amico.” Kyron sentì un  senso di colpa salirgli fino alle tempie e di scatto guardò la porta, con il timore che Drake potesse sentire e dare di matto.
“Te lo ha detto Dakota?” Non riusciva ad immaginare che Dakota avesse parlato. Avrebbe sepolto con sé la sua scopa e le confidenze di Mya, mai avrebbe divulgato quella notizia.
“No, ovvio! Quella non si lascia scappare una sola parola nemmeno sotto tortura!” Kenny mise gli abiti sul letto, esaminando quella combinazione casual: polo nera e jeans, semplice ma perfetta. Kyron attendeva risposta alla domanda del come Kenny fosse giunto a quella conclusione vera.
“L’ho capito da me… Non fare quella faccia” Nonostante fosse girato di spalle, Kenny sapeva dello sguardo stupito di Kyron a quelle parole.
“Non siete più pappa e ciccia. Lei non ti saltella più intorno e tu non l’accompagni più a lezione come una volta. Non c’è più quell’alone di fratellanza che vi ha uniti per tutta la vita. E io ho osservato TUTTO” Si voltò soddisfatto della sua acuta osservazione, sorridendo trionfante. Kyron applaudì, mantenendo uno sguardo calmo anche se in lui si muoveva un mondo in caos. Se era cosi evidente, Drake stava ignorando la cosa o semplicemente era distratto da altro? E se come Kyron fosse giunto a quella conclusione come avrebbe reagito? Kyron non sapeva se si preoccupava più della reazione di Drake verso di lui o della delusione di Mya quando avrebbe saputo che lui continuava a vedere la bambina che era cresciuta in casa sua.
“E ovviamente tu sei preoccupato perché non vuoi spezzare il piccolo e fragile cuore di Mya e non vuoi che Drake sappia che sei la prima delusione della sua adorata sorellina.” Kenny si sfilò l’asciugamano restando completamente nudo.
“Risparmiami questo schifo, Kenny! “ Kyron si coprì gli occhi ma l’amico rimase a suo agio, indifferente alla sua richiesta.
“Non è così, Nott?” Rimaneva immobile e nudo, in attesa di conferme.
“Si, si è cosi! Ma per favore vestiti, prima che mi venga un rigurgito.” Gli gettò un cuscino contro, sperando di non dover assistere a quello spettacolo disgustoso che si apriva al suo sguardo. Kenny rise soddisfatto e, dal fruscio degli abiti, Kyron comprese che si stesse rivestendo.
“Amico, se vuoi un consiglio, parla chiaramente con Mya. Le vogliamo bene entrambi e proprio per questo stronca questo suo amore prima che diventi qualcosa di ingestibile. È piccola e ancora piena di vita e non vogliamo che ti ricordi come il suo primo amore, bastardo e stronzo che le ha spezzato il cuore..” Indossò la polo e ritornò a guardare Kyron che sosteneva il suo sguardo, ma era perso altrove. Le parole di Kenny erano state perfettamente chiare: Mya aveva da vivere ancora tanto, il vero amore che non l’avrebbe delusa, i suoi ultimi anni ad Hogwarts, la sua vita fuori da essa; e lui riusciva solo a vedere se stesso e la cotta che provava per lui come un limite a tutto questo.
“Come posso parlarle chiaramente e sperare che non si senta cadere il mondo? Quest’estate, quando mi ha confessato cosa prova per me, sono rimasto zitto perché vederla piangere mi avrebbe distrutto. E sto cercando di non riaffrontare il discorso, ma lei è sempre lì a ricordarmi che è ancora in attesa di risposte. E io quelle risposte non riesco a dargliele perché se gliele dessi… la vedrei soffrire e non voglio!” Kyron si stese sul letto, rassegnato ma svuotato finalmente da quel dramma che lo stava soffocando da settimane ormai. Parlare era sempre la cosa migliore, soprattutto se c’era da risolvere un dramma come quello; ma non riusciva a trovare alcuna soluzione, perché quelle messe in conto avevano sempre un’unica conclusione: Mya avrebbe sofferto.
“Devi scegliere. O dare a Mya la tortura di sperare oppure dare a Mya una risposta decisa e secca che potrà farle del male per qualche giorno, settimana magari, ma poi… passerà” Kenny riprese il bicchiere ancora contenente il suo Whisky e lo gettò giù in un solo sorso. Kyron non aveva idea di qualche fosse la soluzione migliore, magari aspettare che lei comprendesse che non era amore e poteva essere accantonato. Sperare che si svegliasse una mattina qualsiasi e vedere Kyron semplicemente per quello che era e non quello che lei aveva deciso che fosse.
“Devo dare un’ultima occhiata alla musica, stasera voglio farvi divertire!” Kenny ammiccò a Kyron, lasciandolo annegare nelle sue torturanti domande e lasciò che rimanesse lì, disteso a letto, mentre il cervello andava in escandescenza in attesa solo della festa e della musica che avrebbe rimbombato così forte che non avrebbe sentito nulla.
 
 
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“Assolutamente NO” L’urlo di Dakota avrebbe potuto frantumare la pietra dei sotterranei e, nonostante Mya la guardasse scettica - stanca già della precedente disputa per convincerla a stirare la lunga chioma bionda e  Madison quasi adulatoria, Dakota - di fronte al suo riflesso - aveva bocciato il look proposto da Drake, che entrò esattamente in quel momento.
“Wow Dak, sei uno schianto” Si abbassò appena in tempo per scansare la spazzola che volò per la stanza e si schiantò contro la porta. Dakota era una furia omicida e avrebbe riversato tutto l’imbarazzo che provava nel guardarsi con quell’abito su Drake.
“NON MI VESTIRO' COME LE TUE PUTTANELLE” Maddy e Mya nascosero le loro risa divertite mentre Drake si asciugava il sudore freddo dalla fronte. I suoi riflessi da ottimo Cacciatore gli avevano risparmiato di ricevere una spazzola lanciata a velocità di bolide.
“Stai benissimo! Mya ti prego, dillo anche tu” Drake chiese il sostegno della sorella, che lo raggiunse e lo affiancò. Non era ancora pronta, indossava ancora la divisa perché sapeva benissimo che suo fratello Drake sarebbe entrato dalla porta dei dormitori femminili; se avesse visto l’abito scelto per quella sera l’avrebbe segregata in stanza.
“Glielo stiamo ripetendo da più di un ora, fratellino caro. Ma non è convinta” Gli poggiò il braccio sulla spalla - alzandosi sulle punte per la troppa differenza di altezza- ed entrambi la scrutarono con gli stessi occhi soddisfatti del lavoro comune.
“Non guardatemi così, non indosserò questo coso” Dakota si voltò nuovamente verso lo specchio e scrutò il mini abito con disgusto. Era troppo corto e le spalline sottili davano la bella visuale al decoltè abbondante che lei aveva sempre tenuto nascosto.
“Si invece lo indosserai” Drake si fece largo per la stanza. Madison era seduta sul letto di Mya e rimaneva muta, con lo sguardo basso. Era caduta nel suo solito imbarazzo che non le avrebbe permesso di farsi notare da Drake, che infatti non la notò.
“E tutti parleranno di questa festa, tanto che Alyson rosicherà le scarpe costose che ha comprato per questa sera.” Anche Mya adottò la stessa tecnica di sadica manipolazione ed entrambi si posizionarono ai lati della cugina, guardandola dal suo riflesso.
“Hai un fisico spettacolare, dei capelli che fanno invidia, e ti nascondi come se te ne dovessi vergognare” Drake le poggiò una mano sulla spalla e le fece notare come quell’abito le stava alla perfezione. Le lunghe gambe sottili scoperte, i tacchi che la slanciavano più del dovuto, le spalle esili del tutto scoperte e i lunghi capelli che quasi brillavano e le carezzavano la vita: perfetti e senza alcun dettaglio fuori posto. Il trucco leggero - opera di Mya - aveva dato alla sua solita aria corrucciata un tono di luce.
“E stasera tutti vedranno non la Dakota Malfoy spocchiosa e acida. Ma la Dakota Malfoy che si diverte e che organizza feste da urlo” Anche Mya aveva un tono convincente, sinuoso e convinto. La guardavano dallo specchio in attesa di una sua risposta. Dakota si morse le labbra e scrutò ancora la sua immagine. Non c’era nulla che poteva passare come spiacevole, ma non riusciva a non sentirsi tremendamente a disagio. Si sentiva quasi nuda, scoperta, strappata via dall’immagine di sé che aveva modellato attentamente per proteggersi. Ma quella era una rivincita che le veniva servita ancora calda e lei doveva accettare il boccone. Sorrise, con una vena di incertezza, e guardò i due cugini che ancora attendevano l’effetto della loro manipolazione.
“Siete due stronzi!” Si allontanò dallo specchio e si diresse verso il bagno, con andatura incerta e le mani che cercavano di allungarsi l’abito che si fermava esattamente poco prima del fondoschiena.
“Almeno l’abbiamo convinta” Mya si congratulò con suo fratello, sorridendo soddisfatta di aver finalmente convinto Dakota a smetterla di preoccuparsi troppo.
“Non voglio vederti con un vestito del genere stasera. Sei avvertita” Rispose con un cambio di tono Drake. Era diventato il severo fratello da cui Mya preferiva tenersi alla larga. Il sorriso si dissolse come le speranze di poter godersi quella sera.
Aprì bocca per ribattere ma Drake alzò un dito, zittendola ancora prima che lei potesse formulare la sua protesta.
“Che sia chiaro Mya! Non voglio vederti bere o vicino a qualche ragazzo. Se ti ho permesso di partecipare a questa festa è solo per non rischiare che qualcuno potesse invitarti alla festa di Alyson, dove io non avrei potuto tenere la questione sotto controllo.” Mentre parlava si avvicinò sempre più all’uscita della camera. Gli occhi di Mya lanciavano fiamme di odio e contrariazione ma Drake non ne ricevette alcun effetto. Si chiuse la porta alle spalle lasciando Mya nella sua rabbia pura.
“Odio mio fratello!” Lo urlò quasi, sperando che Drake potesse sentirla.
“Lo fa solo perché ha paura che qualcuno possa farti soffrire” Madison cercava di vedere nei comportamenti di Drake sempre qualche dolce motivo. Ma l’occhiata di Mya la fece zittire.
“Tuo fratello sa che ci sono troppi stronzi come lui e non vuole riservarti lo stesso trattamento che lui e i suoi amichetti riservano alle ragazze.” Dakota uscì dal bagno, intervenendo nel discorso. Mya era su di giri ma non avrebbe rinunciato a divertirsi quella sera: era la sua prima feste e lei e Maddy si sarebbero divertite come qualunque ragazza di quel Castello.
“Non è colpa mia se mio fratello si confronta con delle idiote! Ed io stasera mi divertirò esattamente come tutti! E tu Maddy lo farai con me” Madison annuì, avvolta tra felicità e timidezza. Anche lei era rimasta troppo a lungo in un guscio ancora non schiuso. Avrebbe indossato l’abito che Mya aveva scelto per lei e avrebbe trascorso quella sera con la sua migliore amica.
“Andiamo a prepararci” La prese per un braccio e la trascinò in bagno, pronte per la trasformazione di quella sera.
 
 
 
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La Sala Grande era caldamente illuminata da luci soffuse e aranciastre che riproducevano perfettamente uno scenario tipico di tramonto autunnale. Decorazioni con foglie secche, ramoscelli e pigne erano state disposte alla perfezione per tutta la Sala e i segnaposti dei tavoli erano delle piccole pigne con i nomi degli occupanti, minuziosamente riportati da una calligrafia sottile ed elegante. Il cielo era scuro e sereno e si respirava alla perfezione il richiamo all’autunno. Alyson entrò con il mento alto e il portamento fiero, orgogliosa di quello spettacolo creato con le sue mani. Si stringeva a Noah che quella sera aveva indossato l’abito scelto con cura da lei. Alyson era splendida, come solo lei era in grado di esserlo: i capelli scuri erano stati raccolti in un codino alto e il tubino color ruggine era perfettamente intonato al tema. Respirò felice l’aria autunnale che era stata in grado di riprodurre e guardò Noah con gli occhi scintillanti.
“E' tutto perfetto” Cinguettò, stringendosi ancora di più a lui che le sorrise di rimando.
“Hai visto, qualcuno si è presentato.” Noah si sforzò nel non farle notare che gli unici presenti a quel ballo erano i poveri fidanzati che si erano ritrovati davanti alla faticosa scelta tra la propria relazione o il divertimento, optando per la relazione.
“Non oso immaginare il porcile raggruppato nella Sala Comune dei Serpeverde e non mi interessa. Stasera sarà tutto perfetto” Salutò con la mano una sua compagna di Corvonero - entrambe entusiaste - e il ragazzo al suo fianco guardò Noah ed entrambi si scambiarono sguardi rassegnati. Nel porcile presente nella Sala Comune dei Serpeverde si sarebbe divertito molto di più, ma lui l’amava e doveva starle accanto comunque. Anche in situazioni del genere, dove la musica noiosa aveva condotto anche i Professori a ritirarsi nelle proprie stanze. I malcapitati rimasti a sorvegliare il tutto erano il vecchio Gazza, che si teneva in un angolo buio bisciando qualche solita bestemmia, e Hagrid già gettato a capofitto sul cibo.
“Balliamo?” Alyson lo guardò con i suoi grandi occhi e Noah non potette resisterle. Era dolce il modo in cui lo guardava e accettò senza rimando. Si trascinarono in pista sulle note di una smielata canzone babbana. Si abbracciarono e lasciarono che la musica li dondolasse caldamente…
 
 
 
Kenny si scuoteva sulle note forti dell’ennesima canzone, forte, potente, intrisa del caos che lui amava. Allargò le braccia in segno d’affetto, coinvolgendo l’intera platea di studenti accorsi nella Sala Comune dei Serpeverde che si catapultavano nella musica e nell’alcol, lasciandosi inebriare completamente il cervello, zittendo le responsabilità e le regole lasciate al di la della pietra fredda dei sotterranei. C’erano gran parte degli studenti del sesto e settimo anno, alcuni del quinto e pochi del terzo, quelli più “ribelli”, più temerari o gli stessi Serpeverde che non avrebbero comunque dormito, sapendo che a pochi passi da loro si stava tenendo la prima festa dell’anno organizzata da Drake.
Kyron era in pista con una bottiglia di Whisky incendiario stretta tra le mani e, tra un suono e l’altro, riempiva i calici di chi gli era accanto, non guardando chi fossero. Drake era a qualche passo lontano da lui, circondato da Swami e Aisha che si muovevano sinuosamente accanto a lui, lasciando che le mani si muovessero lungo il corpo di Drake e lasciando che Drake versasse il whisky direttamente dalla bottiglia alle loro labbra, per poi prenderle e baciare entrambe, nonostante poco lontano ci fosse Tyra. La loro era una relazione contorta, dove entrambi erano liberi di divertirsi per conto proprio, senza che le azioni di uno potessero infastidire l’altro.
L’intera squadra di Quidditch di Corvonero era presente; non potevano mancare alla prima festa che portava il nome del proprio capitano. Dakota gliele avrebbe fatta pagare con ore di allenamento extra e inoltre solo uno sciocco si sarebbe perso della buona musica, del buon whisky e della buona compagnia che quella festa stava offrendo a tutti…
 
 
 
L’ennesima canzone smielata e nuovamente Noah si ritrovò a ballare lentamente con Alyson strettamente incollata al suo collo. Lei lasciava che si dondolassero insieme, piano, lentamente e lui - se non fosse stato in Sala Grande - sarebbe caduto a terra completamente addormentato. Quella era la tipica festa alla Alyson: calma, elegante ed estremamente noiosa.
Bree e Liam si avvicinarono tra un passo e l’altro e Liam guardò Noah in cerca di aiuto.
“Ti prego, fa mettere qualche altra canzone” Nonostante la festa alternativa era tenuta nella Sala Comune dei Serpeverde e questo avrebbe dovuto significare scontrarsi con Kenny Montague, Liam avrebbe preferito parteciparvi piuttosto che trovarsi lì.
“Non posso” Mimò silenziosamente Noah, avendo giorni prima aiutato Alyson a delineare la scaletta musicale; le sue canzoni erano state tutte bocciate per essere sostituite da quelle che adesso circondavano la Sala, lasciando molti ragazzi in preda all’angoscia. Molti di loro si erano defilati silenziosamente fuori, diretti alla Sala Comune dei Serpeverde.
“Liam ti prego. Goditi il ballo” Richiamò Bree tirandolo via da Noah e Alyson e ritagliando un piccolo spazio per loro.
“Piccola ma è una noia mortale qui! Perché non andiamo noi da qualche parte e ci regaliamo una festa alternativa tutta nostra?” La mano scivolò lungo la schiena e le sue labbra puntarono al collo e alle spalle scoperte ed esili di Bree, che sentì il volto andare in fiamme per l’imbarazzo. Noah non li stava guardando ma se lo avesse fatto avrebbe provato solo un forte ed opprimente fastidio, che non avrebbe potuto esprimere apertamente. Bree si allontanò di poco e con lo sguardo fece intendere il fastidio che stava provando a causa dei suoi comportamenti.
“Liam per favore. Fallo per Aly” Cercò di non sentire il peso dello sguardo deluso di Liam, che non mancava mai di ricordarle che dopo un anno di relazione avrebbe desiderato spezzare quell’attesa e ritrovarsi a contornare la loro relazione con attimi di intimità. Ma sparì subito e sorrise.
“Lo faccio per te, amore. Anche se preferirei altro, mi godrò il ballo” La fece volteggiare, non al passo della musica e poi si chinò su di lei baciandola. Eccolo il Liam che Bree amava, qualche volta faceva ritorno…
 
 
Kyron ballava con ragazze diverse e l’alcol aveva iniziato a fare il suo compito e insieme ad esso anche la musica. Era un continuo rimbombare nelle orecchie e avrebbe ringraziato Kenny per quel caos che lo teneva lontano dai pensieri che sembravano ritornare con troppa frequenza, massacrandogli le tempie. Vide una ragazza volteggiargli accanto, un'altra calare le mani nei suoi pantaloni, comunicando un’intenzione che fu quasi accettata, ma che fu rimandata da un’altra ragazza che proprio in quel momento uscì dai dormitori femminili. Sembrò che la festa avesse un attimo di pausa e che la musica non suonasse più. Forse era il troppo alcol ma ciò che vide lo mandò nella rabbia totale: Mya si faceva strada tra la folla, con lo splendido sorriso rivolto a chiunque le rivolgesse lo sguardo, salutando qualche amico ed era estremamente bella. I capelli erano stati buttati sul lato e scendevano in onde sinuose. Gli occhi chiari erano stati marcati dalla matita ma non c’era nulla di volgare nel suo sguardo. Le belle labbra carnose erano colorate da un filo di rossetto scuro e l’abito nero portava uno scollo estremamente profondo alle spalle, lasciando che la schiena fosse visibile a troppi occhi. I tacchi altri slanciavano le sottili gambe e Kyron si sentì febrile di rabbia. Al suo fianco c’era Madison, ma Kyron non si concentrò su di lei. Scostò con violenza la mano della ragazza dai suoi pantaloni e si fece largo tra la folla ancora prima che Drake potesse vedere la sua piccola sorella che quella sera aveva deciso di fare l’adulta…
 
 
Noah si svincolò da Alyson solo quando la festa stava giungendo al termine. Molte persone avevano abbandonato il campo e l’allegria di Alyson di inizio serata stava scemando esattamente come la quantità di persone presenti in Sala. Noah si diresse verso il tavolo delle bibite e si slacciò la camicia, lasciando che il collo potesse respirare. Non era abituato ad indossare quegli abiti troppo stretti e rigidi e avrebbe gettato tutto all’aria se ne avesse avuto l’opportunità.
“Se ti dicessi che la festa dei Serpeverde è ancora nel pieno del divertimento, tu cosa mi risponderesti?” Liam gli apparve accanto con il suo calice di champagne.
“Ti direi beati loro” Rispose Noah versando da bere per sé e Alyson, che intanto intratteneva Bree nella sua lamentela snervante.
“E se ti dicessi che conosco la parola d’ordine per accedervi?” Liam lo guardava bramoso di ricevere il consenso che fremeva nell’ascoltare. Noah sorrise sorniose e si rivolse all’amico, quasi rassegnato.
“Non credo che Alyson ne sarà contenta se lascio la sua festa per andare a quella di Dakota Malfoy” Se lo avesse fatto Alyson lo avrebbe ammazzato e inoltre non se la sentiva di essere uno dei tanti che stava sfilando via per dirigersi altrove.
“La festa è quasi finita, Bree e Alyson potrebbero venire con noi. Consideriamolo un dopo festa” Liam sorseggiò il suo champagne trattenendo lo sguardo su Noah, che sembrò lasciarsi invadere dalla convinzione di mettere in atto quella fuga e dirigersi verso il divertimento. Noah guardò prima Liam e poi Alyson che era ad un passo da una crisi di nervi. Per convincerla avrebbe dovuto adottare le preghiere e avrebbe dovuto sfoderare le sue armi di manipolatore che non aveva. Respirò, facendosi carico di coraggio.
“Se mi ammazza verrò a perseguitarti…” Sentenziò Noah prima di dirigersi verso Alyson, con la speranza che lo champagne avrebbe addolcito la pillola…
 
 
Drake si diresse, con l’adrenalina che solleticava ogni parte del suo corpo, al tavolo degli alcolici, pronto a fornirsi di altro alcol che avrebbe consumato con Swami e Aisha nelle stanze. Ricevette molte pacche sulle spalle, congratulazioni e grazie a cui lui rispose con semplici sorrisi e accenni del capo, soddisfatto che anche quella volta avesse organizzato una perfetta festa che avrebbero ricordato tutti volentieri. Si avvicinò al tavolo e si bloccò, quasi attanagliato dalla perfezione del piccolo sedere stretto in un abito fatto esclusivamente di merletto. La ragazza, girata di spalle, si stava allungando sul tavolo, trovandosi in estrema difficoltà nel raggiungere l’ultima bottiglia di Whisky circondata da altre rimase vuote. Aveva lunghi capelli di un rosso chiaro che cadevano quasi nel biondo che le carezzavano la schiena, ma lui non riusciva a riconoscere chi fosse. Né aveva avute molte di ragazze con quei capelli, ma quel sedere gli era del tutto nuovo; non per molto. La raggiunse e toccandole la schiena le prese la bottiglia, porgendogliela con gentilezza. La ragazza sotto il suo tocco quasi sobbalzò e sembrò perdere la voce quando si ritrovò di fronte a Drake che non riconobbe lo sguardo della ragazza. Era estremamente carina e il poco trucco sul volto metteva in mostra la sua piccola età e le lentiggini sul naso.
“Grazie” La voce fu quasi inudibile a fronte di quella musica forte che quasi rompeva le mura: l’incantesimo per l’insonoro permetteva a Kenny di alzare al massimo il volume della musica.
“E' stato un piacere. Io e te non ci conosciamo, vero?” La ragazza annuì e strinse a sé la bottiglia di Whisky. Drake sorrise sghembo e le porse la mano.
“Rimediamo subito, io sono Drake Zabini” Quasi urlò il suo nome e la mano, piccola e pallida della ragazza si strinse nella sua con incertezza.
“Madison Diggory” Il nome della ragazza dal bel sedere suonò familiare alle sue orecchie, e mantenne il sorriso che mandò il cuore di Maddy in un ritmo accellerato.
“Ah, si. Sei l’amica di mia sorella” Qualche volta l’aveva vista accanto a Mya, ma non era riuscito a riconoscerla: forse il trucco, l’abito o i capelli. C’era qualcosa che l’aveva mutata completamente, rendendola bella, bella da farsi notare. Ma nonostante il trucco e l’abito estremamente provocante, su di lei restava quella traccia di timidezza che la teneva lontana dai riflettori.
“Si” Maddy non riusciva a parlare ad unire più di due parole concrete senza sentire un forte disagio. Gli occhi di Drake erano estremamente intensi e quel sorriso non spariva dal suo volto ma era rivolto a lei, solo a lei. Gli occhi di Maddy erano bassi e nervosi e il suo nervosismo fu notato da Drake, che si versò da bere nella calma assoluta, nonostante intorno a loro irrompesse il caos assoluto.
“Balliamo” Non fu una domanda, Drake sentenziò un ordine e, prima che lei potesse rispondere, le prese la mano e la trascinò in pista. Le gambe di Maddy erano cemento puro, ma si sciolsero per fare qualche passo e ritrovarsi tra la folla di corpi che si muovevano a proprio agio. Drake le era di fronte e seguiva la musica alla perfezione mentre lei non riusciva a cogliere nemmeno una nota; ciò che il suo corpo riuscì a fare fu qualche movimento sconnesso e rigido.
“Non ho avuto modo per imparare a ballare...” Maddy volle giustificare quel suo movimento rigido e sconnesso, confrontandosi con il restante delle ragazze che sembravano essere nate esclusivamente per quello. Sapevano muovere capelli, gambe e braccia, con una tale sensualità che Madison si domandò se non fosse solo un’illusione ottica. Drake sorrise e Maddy si illuse che in quel sorriso ci fosse una vena di tenerezza; ma era come aspettarsi da un Serpeverde un’opera di beneficenza.
“Possiamo risolvere la cosa. Guarda, ti insegno io” Maddy quasi ebbe un colpo al cuore quando le mani di Drake scivolarono sui suoi fianchi, e lui sentì che al suo tocco Madison sobbalzò tra un misto di imbarazzo e sorpresa. Non fece scivolare le mani più in basso ma rimasero ferme ai fianchi; non voleva gettare la ragazza in una situazione insostenibile.
 Maddy non sapeva cosa fare, se aggrapparsi a lui o restare con le mani lungo i fianchi in quella posa sciocca. Drake riuscì a cogliere l’incertezza e le prese le mani appoggiandole alle sue spalle, per poi far ritornare le sue sui fianchi.
“Muoviti piano, non devi seguire per forza la musica. Il bello è proprio qua, non ci sono regole.” Con le mani la guidava su quelle note caotiche che Kenny faceva passare senza sosta. Nonostante fosse caotica la musica, Drake e Maddy ballavano lentamente e lui aveva gli occhi puntati su di lei, che si lasciò sfuggire un sorriso, divertita da quella situazione.
“Scommetto che è a causa mia se non hai avuto modo per imparare a ballare” La fece volteggiare piano, per poi attirarla nuovamente a sé. Non c’era alcuna fretta nei suoi gesti, anche se gli occhi di Drake non lasciavano tralasciare l’interesse che stava provando sul corpo che si intravedeva alla perfezione dall’abito in merletto.
“Ogni volta che organizzi qualche festa Mya viene a dormire nella Sala Comune dei Tassorosso e guardiamo qualche film” Madison volle omettere le ore trascorse a parlare di lui e Kyron e i sogni che restavano tali e che non avrebbero confessato a nessuno.
Drake sorrise, divertito sul serio.
Aveva una vocina sottile Maddy, e parlare con lui la metteva in imbarazzo. Era stato a contatto con abbastanza ragazze da poter leggere anche i minimi gesti e Madison era incapace di nascondere ciò che provava in quel momento. Non era una novità sapere che qualcuna provasse interesse per lui ma Maddy lo dimostrava diversamente rispetto alle altre. La fece volteggiare ancora per poi tenerla di spalle e appoggiarsi a lei, avvolgendola con le mani e poggiandole il volto su una spalla. Erano estremamente vicini e Maddy sentiva il corpo di Drake aderire alla sua schiena. Il volto si colorò di imbarazzo e il cuore si lasciò andare in un battito accelerato. La musica era un rombo estremamente forte e lei stava perdendo ogni parola da riservargli. Aveva sognato quasi tutta la vita una situazione del genere, architettando minuziosamente con Mya come avrebbe reagito, fantasticando su quel bacio, sulle parole da dedicargli e sulle parole che avrebbe voluto che le rivolgesse. Ma adesso, facendo i conti con la realtà, era tutto diverso e lei era paralizzata dall’imbarazzo.
“Se indosserai altri vestiti come questo, potrei ripensarci sulla questione di tener lontano mia sorella e te dalle mie feste” Glielo sussurrò piano all’orecchio e con una mano tentò di scendere più giù per raggiungere le gambe scoperte... ma Madison non era pronta, non aveva sognato una situazione del genere. Lei non voleva cadere nella trappola di Drake come tante, lei non aveva sognato di ritrovarsi nelle sue braccia ed essere guardata solo perché aveva osato indossare un abito del genere. Un abito che se solo glielo avessero proposto qualche giorno prima si sarebbe rifiutata decisa delle sue idee.
Si scostò di impatto, balzando via dalla sua presa e gli sorrise imbarazzata e confusa.
“Oh, eh… Ho bisogno di rifarmi il trucco… vado al bagno” Si toccava la fronte incerta se restare lì e lasciare che le mani di Drake raggiungessero luoghi mai violati oppure scappare come aveva sempre fatto.
“Va bene...” Drake era caduto in una situazione inverosimile, quasi a lui sconosciuta. Mai prima di allora una ragazza aveva rifiutato quel tipo di attenzioni, mai prima di allora.
Lasciò che le scivolasse via, che si perdesse tra la folla con il passo incerto di chi non ha mai indossato tacchi vertiginosi, di chi in situazioni del genere si trova a disagio perché non le appartengono. Lasciò che quel sedere che aveva attirato la sua attenzione come nessun sedere prima di allora lo lasciasse solo in mezzo alla sala.
 
Madison Diggory si fece largo tra la folla e trovò riparo in un angolo ignorato completamente. Ottimo posto dove rifugiarsi e lasciare che il cuore si placasse. Drake Zabini l’aveva notata, sembrava quasi un sogno. Sorrideva al nulla e sentiva le guance andare in fiamme. Drake Zabini l’aveva notata, le aveva parlato, aveva poggiato le mani su di lei. Quasi non credeva a ciò che era appena accaduto in mezzo alla Sala. Voleva dirlo a Mya, voleva ritornare lì e possedere un po’ più di coraggio e lasciare che quelle mani potessero attraversare ogni centimentro del suo corpo. Perché doveva lasciarsi prendere da quelle stupide paure e non permettere che Drake conoscesse anche lei? Aveva atteso un tempo che poteva considerarsi una vita, perché attendere ancora? Respirò, respirò ancora, si passò le mani tra i capelli, si lisciò l’abito, cercò di non pensare ma le era impossibile. Voleva Mya, aveva bisogno di lei e dei suoi consigli; ma lei non c’era. Si erano divise e non si era preoccupata di cercarla a causa delle attenzioni di Drake. Doveva cavarsela da sola, era giunto il momento che le decisioni le prendesse da sola senza l’appoggio di Mya, senza che qualcuno le desse una delucidazione sulla situazione. Forse era giunto il momento di sbagliare.
Sorrise tra sé e sé e si preparò a ritornare in pista, più decisa, più convinta e sicura di sé. Respirò ancora ed uscì allo scoperto…
 
 
 
Drake si versò altro Whisky. Aveva perso il conto di quanto ne aveva ingurgitato ma sembrava che non ne fossero mai abbastanza. Aveva la testa del tutto volteggiante, andava altrove e della conversazione di poco prima ne ricordava poco. Aveva in mente solo quel sedere che lo aveva folgorato, quasi spiazzato. Le sue mani non avevano tastato quel luogo e ne sentiva la voglia. Salutò qualche sorriso familiare ma non ebbe modo di riconoscerlo; aveva la mente del tutto annebbiata dall’alcol e dalla musica che pompava nelle tempie. Stava aspettando che la proprietaria di quel bel culetto lo raggiungesse e magari lasciasse che le sue mani potessero tastarlo fin quando non si sarebbero stufate.
“Zabini, anche con le pivelle ci provi?” Tyra sbucò alle sue spalle, sorreggendo due bicchieri stracolmi. Uno dei due capitò nelle sue mani e fu svuotato in poco tempo.
“Non è male come pivella. Ha un bel culo” Non aveva bisogno dell’alcol per essere schietto, anche con lei, che tutti reputavano la sua ragazza e che lui reputava tale solo per il frequente tempo che trascorrevano tra le lenzuola.
“Ma sappiamo entrambi che tu hai bisogno di qualcuno che ti sappia tener testa” Anche il bicchiere di Tyra fu svuotato subito e le mani libere scivolarono in basso, facendo intendere chiaramente le sue intenzioni.
“Qualcuno, ad esempio tu?” Guardò Tyra con sguardo languido e si concentrò sul profondo scollo dell’abito che le fasciava il corpo come se fosse una seconda pelle. Lei sorrise di rimando e condusse la sua mano esattamente al punto dove i suoi occhi si era posati.
“Esattamente” Drake la strinse per i fianchi, senza lasciar tempo ad altre parole inutili e dimenticando del tutto del perché era rimasto lì impalato senza agire. Avanzò tra la folla con Tyra al seguito, diretto ai dormitori maschili. Passò avanti a tante persone, compresa Madison che guardò entrambi sfilare tra la folla di studenti che ancora si lasciavano guidare dalla musica.
Non le rivolse lo sguardo, nonostante fosse passato esattamente accanto a lei. L’aveva dimenticata esattamente nel momento in cui era scappata dal suo campo visivo.
Madison si sentì andare in pezzi, aveva pensato solo per mezzo secondo che Drake potesse nutrire per lei una qualche forma di interesse senza vedere la verità: era interessato solo a conquistare zone inconquistate, era solo una forma di predominio che doveva avere su qualunque essere di genere femminile. E lei era vista come tale: una terra inesplorata che avrebbe perso ogni attrattiva una volta che avrebbe piantato la bandiera di conquista. Asciugò la lacrima che era scappata al suo controllo e decise di cercare Mya; voleva andarsene da lì, era rimasta fin troppo a lungo in quel caos che la mandava solo in panico.
 
 
La trovò poco dopo, scontrandosi a metà strada ed entrambe avevano il volto che non comunicava la tipica espressione da tenere ad una festa.
“Finalmente” Maddy l’abbracciò sentendosi meno persa in quel caos di volti che non conosceva, e anche Mya la strinse a sé sperando di convincerla a tirarla via da lì.
“Voglio andarmene. C’è Kyron che mi sta seguendo da quando siamo uscite dal dormitorio. Non so cosa voglia, ma conoscendo Drake avrà detto al suo cagnolino di tenermi sotto controllo” Gli occhi di Mya si spostavano lungo la Sala, in cerca di Kyron che non le aveva tolto gli occhi - rimproveratori e critici - di dosso. Madison sorrise e la tirò lontano, nuovamente al tavolo degli alcolici.
“Devo dirti una cosa…” Nonostante la delusione di vedere Drake andare via con Tyra, Madison voleva condividere con la sua migliore amica quel piccolo momento di felicità che per un attimo l’aveva catapultata nel sogno che condivideva da sempre con Mya. Sorrideva, un misto di felicità e amara consapevolezza. 
“Ho ballato con Drake” Si strinse nelle spalle, sentendo l’eccitazione salire dalla punta dei piedi fino alla schiena e Mya sentì quell’eccitazione pervadere anche lei. Si strinsero le mani all’unisono e l’urletto di eccitazione che gettarono insieme non fu udibile per la troppa musica che si scatenava nella Sala.
“E poi?” Drake non era in grado di apprezzare Madison ma Mya in cuor suo aveva albergato la speranza che si rendesse conto del gioiello che si lasciava scivolare dalle mani ogni volta che la ignorava e avrebbe deciso di deporre la maschera di eterno spezza cuori. Ma dall’espressione rassegnata dell’amica comprese che anche quella volta era stato un idiota e aveva permesso nuovamente che le scappasse dalle mani.
“Mi sono sentita in imbarazzo per la situazione e sono andata a rinfrescarmi il volto. Quando sono ritornata lui era con Tyra e stavano andando via, in stanza.” Lasciò che Mya le riempisse il bicchiere e sorrise con un'espressione di rassegnazione. Si era lasciata bastare quel piccolo attimo di felicità, quel momento in cui il suo sogno si era concretizzato anche se per poco tempo.
“E' un’idiota! Sono tutti degli idioti! Brindiamo a quanto sono idioti e quanto noi siamo speciali” Era la prima volta che le due “osavano” riempirsi i bicchieri di whisky incendiario, non sicure che le sarebbe piaciuto: ma erano ad una festa e dovevano divertirsi. Brindarono, facendo tintinnare i piccoli bicchieri in vetro - su Dakota aveva gettato un incantesimo anti-infrangente per evitare che i partecipanti troppo ubriachi potessero romperli e creare caos - e si guardarono sorridendo a quella prima “trasgressione” che non si erano mai permesse di compiere. Ma furono interrotte e quel momento dovette aspettare.
“Due belle ragazze come voi non dovrebbero brindare da sole. Posso unirmi?” Un ragazzo dall’aspetto possente e prepotente si intromise nel loro attimo di piccola e incosciente felicità. Maddy guardò Mya che scrutava il portiere della squadra di Quidditch dei Grifondoro con aria scocciata. Dylan McLaggen puntava lo sguardo cristallino esclusivamente a Mya, sostenendo la sua aria di dissenso per quell’intromissione.
“In realtà volevamo brindare da sole. Non ci dispiace poi tanto” Mya si voltò verso Maddy, snobbandolo con eleganza. Dylan non era ben accetto da tutti, soprattutto da Drake, con il quale irrompeva una furiosa lotta da anni, dettata soprattutto dalla competizione in fatto di conquiste oltre che sul campo da gioco. Di conseguenza anche Mya aveva maturato un leggero odio nei suoi confronti, maturato poi per una serie di atteggiamenti che Dylan non mancava di riservarle. Da un anno aveva puntato la sua attenzione verso Mya e Dakota era stata molto attenta a spiegare il motivo per cui quell’interesse era nato solo allora e non prima: Dylan McLaggen adorava le ragazzine alle prime armi, indifese e facili da adescare. “Facili” prede da “marchiare”.
“Mya Zabini, è la tua prima festa! Lascia che ti offra da bere e magari ti inviti a ballare” La possente figura di Dylan si contrappose tra Mya e Maddy che fu gettata da parte, mostrando il suo disappunto solo dal volto imbronciato. Mya continuava a comunicare con lo sguardo che la sua presenza non era gradita, ma Dylan continuava a restare lì, con la presunzione di credere che potesse convincere Mya a lasciarsi abbindolare.
“Ho detto no. Puoi lasciarci sole, grazie” Mya si allungò verso Maddy per portarla via. Ma Dylan si pose da ostacolo e le strinse la mano, attirandola a sé.
“Balla con me, piccola Zabini” Mya tentò di sgusciare via e Maddy nel suo debole tentativo, cercò di aiutare l’amica; ma Dylan era forte e possente e due piccole ragazzine erano incapaci di tenergli testa. Ma un terzo aiuto arrivò in tempo e Dylan fu scaraventato contro il tavolo degli alcolici.
“Toglile le mani di dosso” Poche persone si voltarono attirati dal frastuono e Kenny – non staccando la musica - balzò via dalla postazione da Dj per raggiungere Kyron, che teneva Dylan per il collo e lo guardava con ferocia animalesca.
“Drake ha mandato il suo cagnolino per difendere la sorellina?” Dylan aveva un sorriso sadico che gli incurvava le belle labbra, e in quel momento aveva perso la prepotenza da maschio alfa dimostrata fino ad allora.
“Non dovresti nemmeno essere qui, McLaggen! Quindi esci prima che Drake ti faccia di peggio” Drake aveva manifestato poche volte la sua ira animalesca e facendolo aveva mostrato la parte che Kyron e Kenny cercavano di tenere addormentata il più accuratamente possibile. Ma non era solo quello il motivo per cui Kyron era intervenuto con tanta ferocia. Aveva osservato Mya da lontano e aveva monitorato attentamente ogni passaggio, ogni situazione che avrebbe potuto infastidirlo. E quando aveva visto McLaggen avvicinarsi a lei, la rabbia aveva fatto il suo corso. Era salita piano lungo la schiena fino a raggiungere le tempie che pulsanti gli avevano comunicato di agire immediatamente. Aveva lasciato che l’istinto, la voglia di spaccare il volto a quell’idiota corazzato, il desiderio di prendere Mya e trascinarla fuori da lì, lo avvolgesse totalmente e lo facesse agire. E aveva agito, scaraventando Dylan McLaggen lungo il tavolo con il desiderio di prendere una delle tante bottiglie e aprirgli la gola.
“Kyron lascialo” Mya piagnucolava al suo fianco ma lui sembrava non ascoltarla. Era troppo arrabbiato per lasciare che la calma lo aiutasse. Maddy era paralizzata di fronte a quella scena e, anche se la musica rimbombava feroce, l’attenzione di alcuni presenti era puntata ai due. Kenny si fece largo tra la folla e lo raggiunse, prendendo l’amico per le spalle, sperando che fosse utile a tirarlo lontano dalla gola di Dylan.
“Mya ci penso io. Tu e Maddy andate via” Kenny cercò anche di calmare Mya che aveva il volto terrorizzato e cercò Maddy con lo sguardo sperando che stesse bene.
Ma Mya restava aggrappata al braccio di Kyron e non lasciava la presa.
“La festa era aperta a tutti ed io volevo solo divertirmi” Dylan McLaggen fece l’errore di spostare lo sguardo verso Mya e sorrise beffardamente verso di lei, lasciando a Kyron la possibilità di capire le sue intenzioni. La stretta si fece più rude intorno al colletto di McLaggen e, nonostante stesse soffocando, il Grifondoro finse che non lo aveva scosso minimante. Sorrideva ancora, sperando che Kyron gli sferrasse un pugno in modo da rovinare la festa a Drake. In realtà Dylan era giunto lì con quell’unica intenzione: rovinare qualcosa a Drake era il suo compito primario dal terzo anno, ma non era mai stato capace di farlo. C’era sempre qualche amico a coprirgli le spalle e non lasciare che il suo scopo si compisse.
“McLaggen se non porti il tuo culo fuori di qui, stasera farai una bella visita a Madama Chips! QUINDI SMAMMA!” Questa volta non fu né Kyron e né Kenny a parlare ma Dakota, che si fece largo tra la folla. Nonostante gli abiti femminili che quella sera indossava alla perfezione, sfoderò il suo caratteraccio molto virile che distorse l’idea sexy di lei, che quella sera si erano fatta in molti. Spostò Kenny e Kyron gettandoli da parte e - nonostante la stazza da bestione di Dylan - riuscì a prenderlo per la camicia e lo spinse via. Se fosse stato Kenny o Kyron a farlo, Dylan avrebbe avuto motivo per iniziare una zuffa; lei poteva giocare sul fatto di essere donna e che mai - nemmeno un tipo come Dylan McLaggen - avrebbe attirato su di sé una rissa.
“Malfoy, se indossi questo abitino anche durante le partite magari potrei farti vincere” Dylan guardò Dakota, percorrendo ogni linea del corpo scoperta e Kyron sentì le tempie ribollire, la voglia di massacrarlo salirgli alla gola. Bloccare quell’ira gli toglieva il respiro ma Kenny lo stringeva per un braccio e Dakota - nonostante sentisse un forte disagio nell’essere guardata in quel modo - rispose a tono, non abbassando mai la testa.
“Magari se non te ne vai alla prossima partita non ci arrivi nemmeno” Dakota fece apparire la bacchetta tra le mani. Anche se era stato detto di non portarla alla festa lei aveva fatto in modo che ci fosse, come se sentisse che qualcosa sarebbe successo. La puntò dritto al volto di Dylan e rimase con lo sguardo truce puntato a lui, comunicando chiaramente che la sua presenza lì non era più gradita. Lui alzò le mani in segno di resa e, inchinandosi di fronte al gruppo, uscì sconfitto dalla Sala Comune, lasciando dietro di sé una scia di rabbia incontrollabile. Quando Dylan fu fuori dala Sala Comune e la sua presenza fastidiosa non era più un “pericolo” per la tranquillità della festa - ritornata alla calma e alla spensieratezza iniziale - Dakota si sciolse in un sospiro liberatorio, pronta a rimproverare Kyron. Ma nel momento in cui si voltò vide Kyron prendere Mya per il braccio rudemente e trascinarla fuori.
“Kyron dovrebbe calmarsi” Kenny non lo aveva fermato. Avrebbe condotto Kyron ad arrabbiarsi maggiormente e Dakota annuì, già a conoscenza del guaio che avrebbe combinato con Mya una volta usciti da quella Sala. Maddy era rimasta al suo posto, inconsapevole di cosa fare.
“Maddy ti faccio accompagnare in Sala Comune da Alexander, vieni con me” Dakota lasciò che le intenzioni di Kyron si compissero. Era giunto il momento - forse - che i due mettessero i punti in chiaro. Kenny lasciò che Dakota si prendesse cura della povera Madison, che nel tentativo di divertirsi quella sera si era ritrovata coinvolta in una quasi rissa.
 
 
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“Kyron lasciami” Mya aveva cercato in tutti i modi di divincolarsi dalla presa ferrea di Kyron, che con forza l’aveva trascinata fuori la festa, lontana dal caos e da quei mille occhi che non si erano staccati per un solo secondo dal suo corpo. Lui era troppo forte e Mya si rese conto di essere fuori quando la musica alle loro spalle si spense completamente. Kyron continuava a camminare, sentendo il piccolo polso di Mya stretto nelle sue mani e ignorando le sue lamentele. Camminava e sentiva la rabbia bollire alle tempie, al collo, in ogni articolazione. Non voleva voltarsi verso di lei, perché se lo avesse fatto avrebbe urlato tutto ciò che stava cuocendo nella sua testa. Non voleva che piangesse o che si sentisse ferita, e desiderava solo portarla fuori da quel caos infernale che non le apparteneva. Aveva la camicia aperta ai primi tre bottoni, il volto sudato e le mani tremanti. Stava per scoppiare, doveva calmarsi e non guardarla. Ma quando furono lontano dai sotterranei e nei corridoi la voce di Mya rimbombava ancora con le sue lamentele, Kyron si voltò rabbioso e immerso nella collera totale.
“Tu sei un idiota, Mya!” Le sue urla rimbombarono come tuoni tra i corridoi deserti e Mya quasi non lo riconobbe. Aveva gli occhi sgranati per la rabbia, il volto paonazzo e il bel viso era immerso totalmente nell’impeto. Non aveva mai provato tanta rabbia e non sentiva di essere in grado di gestirla. Era qualcosa di mai provato che gli sfuggiva dalle mani e che si impossessò di lui con voracità. Mya rimase paralizzata di fronte a quell’urlo ma poi si riprese dal suo stato di intorpidimento e anche lei lasciò che la rabbia, quelle parole lasciate sempre nascoste, il senso di disagio provato ogni volta che si trovava in sua presenza, l’assalisseeo e si animò a sua volta.
“TU SEI UN IDIOTA, KYRON NOTT” Gli punzecchiò il petto con un dito rimproveratore. Ma Kyron non si lasciò intimorire e senza forza glielo strinse, allontanandolo da lui e sovrastando Mya con la sua figura.
“COSA TI E' PASSATO PER QUELLA TESTA? VENIRE ALLA FESTA, CONCIARTI IN QUESTO MODO! SEI UN IDIOTA” Non c’era nessuno nel corridoio, ma le urla di Kyron fecero svegliare qualche quadro che brontolò infastidito; ma entrambi non ebbero rispetto per il loro sonno.
“IO FACCIO QUEL CHE MI PARE! VENGO ALLA FESTA, MI VESTO COME VOGLIO, BEVO E SE VOGLIO CONOSCO ANCHE QUALCHE RAGAZZO! TU E MIO FRATELLO LA DOVETE SMETTERE DI ASSALIRMI E STARMI CON IL FIATO SUL COLLO! NON SONO PIU' UNA BAMBINA!” Si alzò sulle punte, giostrata dalla rabbia pura. La rabbia di ritrovarsi Kyron a guardarla ancora come se di fronte a lui ci fosse la Mya di dieci anni, quella bambina intoccabile che non era ancora pronta per affrontare il mondo.
“SEI ANCORA UNA BAMBINA! SEI UNA BAMBINA STUPIDA E CAPRICCIOSA, CHE NON CAPISCE! TU IN QUESTE FESTE NON CI DEVI METTERE PIEDE” Kyron era consapevole di pronunciare solo sciocchezze. Lui non era nessuno per impedirle di frequentare feste o persone. Aveva 15 anni ed era ovvio che lo facesse. Stava vivendo la sua vita, ma l’idea di vederla da sola  a ballare o con qualcuno lo tartassava al punto da mandargli il cervello in ebollizione e la rabbia lo avvolgeva completamente, così forte quasi come una morsa che lui faticava a ragionare.
“AVEVO DIMENTICATO CHE A TIPI COME TE PIACCIONO LE RAGAZZE MATURE! COME L’ASSISTENTE DEL PROFESSORE PELOIS” Mya aveva portato a galla quel sospetto segretamente custodito nei meandri del suo cuore geloso. Aveva colto ogni sguardo e sorriso che si erano scambiati i due, aveva attivato il radar che le aveva segnalato che nulla ancora era accaduto ma che tra entrambi c’era una forte intesa sessuale che attendeva di scoccare. Kyron sbiancò totalmente e la rabbia che lo aveva animato e reso prepotente e rimproveratore calò piano, lasciandolo sbigottito.
Non sapeva cosa rispondere, aveva perduto tutte le ragioni che lo avevano condotto a comportarsi come un pazzo, come un pazzo geloso e insensato.
“Quindi Kyron lascia che io abbia la mia vita. Ti ho confessato i miei sentimenti senza avere alcuna risposta, e accetto il tuo silenzio. Tu però accetta il mio voler continuare la mia vita e viverla come è giusto. Ho 15 anni e non faccio nulla di diverso dalle ragazze della mia età. Quindi Kyron è giunto il momento che tu e mio fratello mi lasciate stare e accettiate che io sia cresciuta” Mya si sciolse completamente e lasciò che i suoi desideri fluissero fuori: era stanca di essere vista come una bambina, SOLO come una bambina incapace. Era giunto il momento che tutti accettassero che lei era cresciuta e che era giunto il momento di lasciarla andare, per una volta, lasciare che proseguisse da sola, che sbagliasse con le proprie mani, che compiesse sciocchezze o incoscienze della sua età. Aveva sperato per un attimo che Kyron finalmente le desse risposta, ma lui boccheggiò, ritrovandosi nuovamente disarmato di fronte a quella rivelazione. Non riusciva a darle risposta, rimaneva ancora con lei appesa ad un filo. Lei restava ancora nel dubbio e lui non riusciva a darle una semplice risposta giostrata dal suo volere, dai suoi sentimenti.
Qualcuno tossicchiò delicatamente interrompendo quel momento di confessione. Entrambi voltarono lo sguardo e incontrarono l’incertezza di Madison, che avanzò piano, con le mani che si stringevano l’una all’altra, imbarazzata nell’assistere a quella scena.
“Io non volevo origliare, ero diretta nel dormitorio… scusate” Incrociò lo sguardo di Mya e ne lesse il dolore, la voglia di urlare e piangere. Comprese che il suo non era stato un intervento sbagliato, ma che era giunta nel momento giusto e Mya in cuor suo urlò di gioia nel vederla. Era sembrata così sicura, così fiera, ma adesso aveva bisogno solo del caldo abbraccio dell’amica.
“Non fa niente Maddu. Non hai interrotto nulla di importante. Vengo con te” Non sarebbe ritornata nel suo dormitorio ma avrebbe passato la notte da Madison, come era da tradizione. Kyron era rimasto paralizzato, fermo al suo posto e guardò come entrambe si stringessero le mani, si sostenessero in quella notte così colma di sensazioni e delusioni. Si strinsero e si sostennero, allontanandosi senza voltarsi, lasciando Kyron nel silenzio del corridoio che sembrò divenire più buio quando Mya sparì completamente alla sua vista.
 
 
 
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“Alexander ha lasciato che Maddy andasse da sola in Sala Comune? Gli  avevo detto di accompagnarla” Erano rimasti solo Dakota e Kenny del gruppo, ed entrambi sentivano ancora la preoccupazione dell’accaduto di poco prima. Alexander Frobisher, Cercatore della sua squadra, rientrò in Sala Comune per unirsi nuovamente al suo gruppo; di Madison nessuna traccia. Kenny fece spallucce e le passò il bicchiere di whisky che Dakota lasciò intatto: a lei non piaceva bere e  nonostante ciò, fino a quando Kyron non aveva quasi spaccato il viso a Dylan, la feste l’aveva divertita. Adesso aveva solo preoccupazione che la smuoveva il corpo, e non più la musica.
“Forse ha voluto proseguire da sola. E poi sono grandi, Dak. Tra te, Drake e Kyron non so chi si comporta più da genitore.” Il suo, di bicchiere, si svuotò immediatamente per poi passarne subito ad un altro. Kenny aveva ballato, suonato e bevuto per quasi tutta la sera e gli effetti dell’alcol faticavano a farsi sentire; lo reggeva molto più degli altri.
“Forse hai ragione… Dovremmo smetterla di stare con il fiato sul collo di Mya. E Drake smetterla di comportarsi come suo padre.” Fece ruotare il calice tra le mani, pensierosa. Non poteva biasimare Drake e il suo comportamento morboso, ma era giunto anche il momento che lasciasse la presa.
“Ti ho detto che sei un vero schianto stasera?” Kenny cambiò discorso, puntando sull' esclusivo e impossibile vestiario che Dakota aveva osato quella sera. La Corvonero distese i lineamenti, sorridendo a quell’ennesimo complimento che Kenny le riservò.
“Si, una ventina di volte forse”
“Bè, allora vuol dire che hai fatto colpo con questo abito. Drake ha buon gusto” Alzò il bicchiere invitandola a brindare con lui, e Dakota accettò. Fecero tintinnare i loro bicchieri nell’attimo in cui Regan si avvicinò ad entrambi, con il sorriso di chi aveva bevuto troppo.
“Dakota. La festa è uno spasso e tu… sei wow” Kenny nascose il sorrisetto malefico dietro al bicchiere e si allontanò con passo calmo, lasciando Dakota alle prese con un Regan brillo e dalla parola semplice.
“Grazie, e tu sei un tantino ubriaco” Fece per toglierli il bicchiere da mano ma lui lo alzò troppo in alto per permetterle di raggiungerlo.
“Mi sto solo divertendo. Che male c’è” Dakota si arrese e lasciò che Regan ingurgitasse altro whisky e la fissasse con sguardo velato ed appannato.
“Nulla, domani non abbiamo gli allenamenti, altrimenti avrei proibito a te e gli altri di bere” Dakota aveva adocchiato anche gli altri membri della sua squadra con lo stesso livello di alcol nel sangue, ma aveva finto di non aver notato nulla: in fondo erano tutti alla stessa festa e l’indomani non avrebbe chiesto loro - con masochismo e tiranneria - di andare con lei a correre intorno al parco di Hogwarts. Forse sarebbe stata l’unica che l’indomani si sarebbe svegliata con ancora energia in corpo.
“Per una volta smettila di fare il capitano! A me piace molto più la Dakota Malfoy senza divisa” Regan non era mai stato tanto ubriaco, soprattutto in sua presenza. E il modo in cui la guardava e le parlava, mise in allerta Dakota che sorrise anche se nella curva del sorriso c’era tanto imbarazzo.
“E infatti stasera non la indosso” Lo disse cercando di mantenere la giusta calma, ma gli occhi di Regan la guardavano diversamente dal solito e lei non riuscì a fingere di sentirsi a proprio agio. Incrociò le braccia al petto e sperò di trovare un qualsiasi argomento che non desse motivo al suo compagno di squadra di continuare a guardarla come se apprezzasse ogni centimetro del suo corpo scoperto.
Regan si passò una mano sul volto, forse rendendosi conto di fissarla con troppa intensità e sorrise, imbarazzato e confuso.
“Perdonami, Dakota. Ma vederti così mi scombussola un po’. Sei bellissima, davvero, ed io mi sto comportando come un’idiota! Scusa, davvero” Fece per andarsene, lasciando Dakota priva di parole: era immersa nel completo imbarazzo e sperò che l’indomani guardarlo e parlargli non avrebbe trovato influenza da quella situazione. Ma Regan spezzò i passi e si voltò nuovamente verso di lei, con ancora il sorriso brillo che abbelliva il volto.
“I ragazzi mi hanno convinto a venire qua da te e chiederti di ballare ma ho dovuto bere qualche bicchiere di troppo perché… Non ne avevo il coraggio. Ma comunque, non è solo stasera che ti trovo bellissima. Quindi non voglio che tu pensi che è il mio essere ubriaco a farmi parlare. Sei il mio capitano e ho una grande stima nei tuoi confronti e inoltre….” Ma quella sua confessione, che fluiva con la stessa rapidità con cui il Whisky veniva ingurgitato, fu zittito da Alexander Frobisher che lo alzò di peso dal pavimento. Era grosso e forte, nonostante il suo ruolo richiedesse una figura sottile e minuta, ma questo non incideva sulle sue prestazioni di giocatore: avrebbe continuato la carriera di Cercatore una volta finiti gli studi a Hogwarts.
“Zitto Casanova, potresti dire qualcosa di cui ti potresti pentire” Dakota ringraziò di quell’intervento inaspettato. Aveva letto negli occhi scuri di Regan un qualcosa di non detto che avrebbe potuto cambiare tanto, e il suo angelo custode era arrivato in tempo per sventare quel malinteso.
“Grazie Alexander. E grazie anche per Madison” Nonostante non l’avesse accompagnata fino in Sala Comune sapeva che Alexander era un amico fidato e che in mani sue chiunque era al sicuro.
“Figurati, Dakota. Solo che ha insistito nel voler andare a cercare tua cugina Mya ed io l’ho lasciata fare” Informò lui, con ancora Regan sulle spalle.
“Sono sicura che sono andate dritte in Sala Comune. Per favore, portalo a dormire, ha bevuto più del dovuto” Dakota ritornò a preoccuparsi per Regan che alzò un pollice in segno di rassicurazione.
“Si, capitano. Ci vediamo domani” Le diede un leggero bacio sul capo, prima di sparire tra la folla, con un Regan completamente distrutto dal troppo Whisky. L’indomani non avrebbe ricordato nulla e di questo Dakota né fu grata.
 
 
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Alyson entrò in quella Sala Comune e il suo piccolo naso si storse, infastidita dall’odore di alcol che aleggiava nella Sala e da quella musica che quasi frantumava i timpani. Liam stringeva Bree per mano ma, non appena vide il caos tanto cercato, lasciò la presa per unirsi ai festeggiamenti. Noah si finse indifferente ma sembrò ritrovare serenità: la festa organizzata da Alyson lo aveva gettato nella tediosità e noia mortale e un po’ di frizzante allegria non sarebbe guastata.
“Non mostrarti troppo entusiasta. Aly potrebbe ucciderti” Bree aveva notato il cambiamento di umore di suo fratello Noah e ne fu contenta. La festa della Sala Grande aveva deluso tutti, e avevano bisogno di quel dopo festa che, nonostante l’ora, irrompeva come se fosse appena iniziata.
“Cercherò di mantenere il mio sguardo neutro. Promesso” Lo scambiò di sfottò tra i Potter non fu colto da Alyson ma qualcos'altro la fece voltare verso il fidanzato. Iniziò i suoi capricci, quasi imperiosi, rivolti a Noah come se lui potesse risolverli con un colpo di bacchetta.
“E' ingiusto che siano tutti qui! È un orrore questa festa e sono tutti disgustosi! Dovresti fare qualcosa, sei Caposcuola” Noah aveva sentito abbastanza lamentela per quella sera. Voleva divertirsi come tutti gli altri. Allentò la camicia e prese Alyson per i fianchi.
“Aly è una festa, divertiamoci, balliamo e magari potresti anche chiedere a Dakota di chiarire così da non creare casini inutili” La risposta fu data dall’espressione indignata di Alyson, che si allontanò da Noah come se fosse stata colpita da un fulmine. Il tono squillante fu un chiaro segno che quelle parole non erano state la cosa giusta da dirle.
“Io non ho intenzione di chiarire nulla con Dakota Malfoy! Ha fatto di tutto per rovinare la mia festa e l’ha rovinata! Tu dovresti essere dalla mia parte e non contro di me!” Aveva quasi le lacrime agli occhi, allarme che fece allontanare Bree che trovò la scusa di essere alla ricerca di Liam, intanto sparito tra la folla.
“Io voglio solo che questa sera non resti qui a lamentarti e ti goda la serata! Cosa c’è di male in questo? Hai avuto il tuo ballo e adesso ci divertiamo” Noah era esausto, completamente. Non riusciva a reggere quella voce squillante e nervosa che gli tamburellava la testa come se ogni cosa, ogni situazione sbagliata, fosse dipesa da lui. Si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, disperato nel voler convincere Alyson a lasciarsi trasportare dalla festa. Ma lei restava immobile e intenta a non farlo.
“No! Io non mi diverto qui. Volevo che il ballo terminasse con l’incoronazione del re e della reginetta d’autunno! Perché dobbiamo essere qui? Perché tutta Hogwarts è qui!” Si stava comportando come una bambina viziata o forse lo era sempre stata e Noah stava solo adesso notando quel particolare che gli pugnalava la testa.
“Ti prego Alyson! Divertiamoci! Una festa vale un’altra” Passò una canzone babbana che a lui piaceva e la voglia di raggiungere Liam e ballare era forte. Ma Alyson non demordeva, restava impalata lì, immobile e pronta con le sue lamentele lancinanti.
“Quindi la mia festa vale zero per te? L’impegno che ci ho messo, la voglia di regalarti una serata magica sono irrilevanti per te?” Stavano discutendo mentre la festa continuava, e lui non riusciva a reggere maggiormente quella voce che ad ogni parola diveniva sempre più acuta e fastidiosa. Stavano discutendo per nulla e lui non avrebbe retto ancora.
“Merlino SANTO! NO! Non sto dicendo questo, sto dicendo solo che ormai è andata così! Vuoi ritornare in Sala Comune e dormire? Ti sto chiedendo solo di divertirti con me a questa festa!” Cercò di stringerle le mani ma lei si ritrasse al suo tocco.
“Non credevo che fossi tanto insensibile, Noah” Furono abbastanza quelle parole da tramutare il pacato Noah nel più strafottente tra i fidanzati. Voleva solo ballare e bere e divertirsi con lei, ma Alyson non era intenzionata a condividere quel momento insieme. Alzò le mani in segno di resa.
“Sai che ti dico? Va bene! Resta pure qui a lamentarti, io vado a bere un po’ di whisky” Non si lasciò intenerire da Alyson, che non nascose la sorpresa di quella decisione che la lasciò lì all’ingresso. Cercò di richiamarlo, ma la musica troppo forte spense la sua voce e Noah sparì anche egli tra la folla, stanco dei capricci che Alyson ormai aveva innescato come se fosse l’unico modo per ottenere qualcosa da lui. Non poteva sopportarla ancora. Se avesse continuato così avrebbero dovuto parlare e chiarire quella faccenda. Aveva per troppo tempo eseguito gli “ordini” solo per non vederla dispiaciuta, solo per vederla felice. Ma non bastava mai e lui era privo di idee per risollevarla il morale; a quel punto la miglior cosa era non fare nulla.
 
 
 
Bree si spostava nella Sala alla ricerca del suo ragazzo sparito nel nulla. Era stato questione di pochi secondi per vederlo dissolvere come una nuvola di fumo. Non riusciva a scorgere il suo volto o il suo capo che potesse accertarle che era lì, da qualche parte. L’abito era inadatto all’occasione, ma era stato tutto improvvisato e lei doveva accontentarsi. Convincere Alyson a raggiungere la Sala Comune dei Serpeverde era stata un’impresa, e non avrebbe potuto pretendere di lasciare che ritornasse in camera per cambiarsi.
Salutò qualche volto amico visto prima al ballo completamente annoiato, per poi ritrovarlo nuovamente sorridente e felice: era semplice e povera quella festa, a differenza dall’eminenza mostrata al ballo di Alyson, ma tutti sembravano più apprezzare quell’ambiente che quello maestoso ed elegante ritrovato in Sala Grande.
“Se fossi la mia ragazza, non ti lascerei camminare da sola in giro per la Sala” Bree fu presa per un braccio e tirata fuori dalla folla di studenti persi nel brio della festa. Kenny l’aveva bloccata contro un muro, proteggendola da spintoni di amici ubriachi.
“Infatti stavo cercando Liam. Per caso lo hai visto?” Gli sorrise, non nascondendo il piacere di vederlo: non riusciva a non sentirsi in colpa ogni volta che incontrava Kenny. Sentire la piacevolezza di parlare con lui, il piacere anche del suo sorriso la faceva sentire una traditrice. Era come se ogni volta che lo incontrasse stesse tradendo Liam, anche se tra i due non era mai accaduto nulla.
“Ero più concentrato nel vedere te entrare, che notare dove fosse andato il tuo ragazzo. Quindi no, mi dispiace” Aveva smesso di bere nel momento in cui aveva visto - dall’alto della sua postazione musicale - l’entrata di Bree: splendida, bellissima e incantevole. Riusciva a folgorarlo ogni volta che riusciva ad incrociarla.
“Bella festa, comunque. E la musica è davvero meravigliosa” Nonostante Kenny fosse con lei, riusciva a controllare il passaggio delle tracce anche da lontano. Attaccò con un'altra traccia e Bree mosse appena le spalle, lasciandosi inondare dalla musica.
“Adesso che ci sei tu, è ancora più bella. Stavo per andarmene, ma appena ti ho vista entrare ci ho ripensato” Kenny notò l’imbarazzo di Bree, ma apprezzò anche il sorriso che le distese le belle labbra a cui non riusciva a non pensare.
“Kenny, ti prego. Liam è nei paraggi e non voglio che accada nulla, né a te e né a lui” Era vero. Voleva che tra i due ci fossero semplice occhiate gelide, ma non voleva che entrambi si azzuffassero. Sapeva che Kenny si comportava così solo per puro divertimento e lei non voleva che Liam abboccasse alla sua esca.
“Bree non mi interessa di Liam. Ho desiderato tanto vederti entrare da quella parete che quasi non ci speravo più. E adesso vorrei solo un ballo con te. Uno solo” Quasi si inchinò nel pregarla di accettare il suo invito. Congiunse le mani e i suoi occhi - grandi, verdi e teneri - la fissavano in attesa di un “si” che non giunse.
“Kenny, ti prego. Credo che sia durata abbastanza questa farsa. È stato divertente ma adesso puoi finirla” Lo prese per le mani, facendolo alzare e rimettere dritto sulla sua piccola postura. Il volto di Kenny mutò completamente: da sognante e felice si tramutò in duro. Aveva colpito la sua credibilità, i suoi sentimenti, reputandoli irreali.
“Credi che sia solo un gioco per me, Bree?” Si sentì la durezza nella sua voce, che di solito era una musica allegra e squillante. Bree quasi temette per quel cambio d’umore e annuì con la testa, incapace di dire schiettamente ciò che pensava: si, pensava che tutta quella teatralità fosse solo uno scherzo, che quei gesti eclatanti di amore puro fossero solo un modo per rendere le giornate scolastiche più digeribili e facili da sopportare.
“Ok. Allora ti lascio stare.” Kenny sapeva che non era cosa facile da fare, ma si sentì ferito. Aveva un modo suo per poter manifestare ciò che provava per lei da due anni. Aveva quel suo modo colorito e allegro di mettere in chiaro i suoi sentimenti, ma non gli piaceva essere messo in dubbio. Si vedeva chiaramente la delusione sul volto di Kenny e Bree si sentì invadere dai sensi di colpa.
“Kenny non sto dicendo che non sei capace di amare. Ma non posso essere io la persona verso la quale hai tanto interesse.” Sperò di recuperare lo sguardo allegro di Kenny, ma quell’affermazione lo incuriosì e lasciò che rimanesse lì, a fissarla e attendere che continuasse. Ma lei sembrò del tutto incatenata sotto il suo sguardo che non proferì parola e lasciò che Kenny parlasse per lei.
“Pensi che tu non possa piacermi davvero? Cosa te lo fa credere?” Incrociò le braccia al petto, ritrovando un piccolo sorriso da dedicarle.
“Siamo così diversi, e inoltre io sono estremamente noiosa. Non sono bellissima e…” Si zittì vedendo come Kenny avesse ritrovato il suo sorriso e si sentì colorare di vergogna.
“Quindi mi stai dicendo che tu non accetti di uscire con me solo perché credi che tu non possa piacermi? E se ti dicessi che è il tuo essere noiosa, il tuo essere completamente diversa da me mi piace e che ti trovo bellissima, accetteresti di uscire con me?”  Bree boccheggiò, ritrovandosi messa con le spalle al muro, e non solo in senso figurato. Aveva risposto senza che Liam fosse messo in conto, senza sottolineare la variante che lei era impegnata e che amava il suo ragazzo. Sorrise, completamente in imbarazzo, e non riuscì a trovare risposta.
Kenny bloccò il suo corpo con le braccia e si avvicinò pericolosamente a lei.
“Per me non è un gioco. Tu mi piaci davvero e te lo ripeterò fin quando non lascerai quell’idiota di Liam. Ma non voglio prendermi nulla senza il tuo consenso. Quindi… Liam è a bere. Puoi andare” Le sussurrò piano le sue intenzioni e non osò baciarla, anche se era estremamente vicino a lei. Bree annuì, confusa totalmente, come se il sapere dove fosse Liam non le interessasse più; ma doveva andare prima di sbagliare. Si staccò dal muro lentamente e, con sguardo basso si allontanò, lasciando Kenny a gustarsi quell’attimo di vittoria e guardare ancora la sua musa allontanarsi con passo incerto tra la folla.
 
 
 
“Quasi non ti avevo riconosciuta” La sua voce l’avrebbe riconosciuta anche in quel caos di musica. Forse quell’odio che li univa rendeva anche il più piccolo dettaglio - come il tono della voce - un particolare distintivo. Dakota si voltò verso Noah che avanzava verso di lei con un sorriso di resa. Ma la Corvonero non cambiò espressione: burbera e incazzata.
“Io avrei potuto riconoscerti tra mille e non è un complimento” Dopo che Regan era stato portato via da Alexander, era rimasta al banco degli alcolici con il suo bicchiere - durato tutta la serata - completamente pieno. Particolare che Noah notò.
“Non hai bevuto nemmeno un goccio? Complimenti” Lui era alla ricerca di qualche bottiglia piena, ma il whisky non era infinito, e quindi fu quasi un’impresa.
“Grazie, puoi prendere il mio se vuoi” Notò che le bottiglie lasciate lì erano quasi tutte svuotate e porse volentieri il suo.
“E' avvelenato?” Noah lo prese senza esitazione ma gettò una leggera frecciatina che pizzicò il sorriso di Dakota.
“Provare per credere, Potter” Rispose lei a tono, guardandolo sfidante mentre Noah beveva tutto d’un fiato il presunto ultimo bicchiere di Whisky.
“Sono ancora vivo. Posso considerarlo un attimo di tregua questo?” Dakota si appoggiò al tavolo in pietra, incrociando le braccia al petto e tenendosi estremamente lontana da lui.
“Semplicemente un favore a Bree. Non vorrei che rimanesse male per la perdita del caro fratello maggiore. Ma non c’è nessuna tregua” Lo sguardo di Dakota era volto verso la pista, mai a lui. Ma Noah si accontentò che almeno gli parlasse.

“Mi accontenterò. Dopotutto siamo i primogeniti di due avversari storici. Tra noi non potrebbe nascere alcuna alleanza” Le storie che Draco aveva raccontato a Dakota erano state le stesse che Noah aveva ascoltato da suo padre. Ma Noah non aveva lasciato che potessero influenzarlo, e nemmeno Dakota; o almeno così era stato fino al terzo anno. Era sempre stata una persona aggressiva nei suoi confronti ma, ogni volta che le loro famiglie si riunivano, lei trascorreva il suo tempo a giocare con lui. Quella pace era durata per poco e adesso i due erano legati dal risentimento.
“Come mai da queste parti?” Dakota cambiò discorso, non volendo rivivere alcun ricordo dell’infanzia che la legava a Noah.
“Volevo divertirmi ed ero curioso di vedere Dakota Malfoy ad una festa. Non hai mai amato lo stile di Drake.” Troppi particolari che Noah era riuscito a notare. Troppi particolari che mettevano Dakota completamente scoperta da qualunque arma. Si voltò verso di lui, sentendo che la stava guardando da quando avevano iniziato a parlare. Non c’era traccia di sorriso sul volto della giovane Malfoy, mentre Noah sorrideva divertito e quasi spensierato. La rabbia provata per il litigio con Alyson era sembrata svanire e la musica era piacevole come la compagnia.
“Sembri un damerino con quest’abito” Doveva attaccarlo in qualche modo, e puntò sul vestiario che Alyson aveva accuratamente scelto per lui. Noah si guardò per poi ritornare a lei.
“Tu invece sei molto carina stasera. Avrai dovuto rifiutare tanti inviti” Questa volta fu lui che abbassò lo sguardo, e intorno a loro si creò una strana elettricità, un’aria di imbarazzo che avvolse entrambi.
“No, in realtà no. E non ne sono dispiaciuta…” Dakota si strinse nelle spalle, sentendo che la rabbia che di solito li investiva ogni volta che si scontravano stava calando. Erano ritornati al secondo anno, quando la rabbia era più un modo per stare vicini che allontanarsi.
“Nemmeno a me” Dakota sentì il cuore andare in fibrillazione e la musica sembrò del tutto terminata, nonostante stesse suonando ancora a ritmi crescenti. Era stata gettata in un universo parallelo dove tra lei e Noah si teneva una normale conversazione fatta di qualche messaggio non colto abbastanza chiaramente.
“Questo whisky è davvero miracoloso. Ci fa parlare senza urla o tentativi di omicidio. Devo chiedere a Drake dove lo prende” Posò il bicchiere alle sue spalle e si avvicinò ancora di più a Dakota, allentando ancora un po’ la camicia che sembrava aderirgli addosso fastidiosamente.
“Da quando abbiamo smesso di parlare io e te?” Dakota aveva lo sguardo basso e cercava di chiudersi in se stessa; ma Noah si avvicinò abbastanza da agguantare il suo sguardo e obbligarla a guardarlo.
“Da quando sei diventato noioso.” Non riusciva a parlare, voleva che Noah si allontanasse da lei e lasciasse che la festa continuasse come era continuata fino a quando non era arrivato.
“Io non sono noioso. E comunque, è davvero un peccato” Sentì una mano scostarle una ciocca di capelli dal volto e quasi non riuscì a pensare che stesse accadendo.
“Sei ubriaco, vero Potter?” Non poteva essere reale che Noah Potter si stesse volgendo a lei con tale interesse. Non quella sera. Sperò che le rispondesse di no, ma quando annuì sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e la forte delusione prendere la solita rabbia che riversava su di lui lasciata lontano incosciamente e risvegliarla.
“Allora vai ad importunare qualcun altro” Saltò dritta in piedi e con uno schiaffo scostò la mano di Noah dal suo volto.
Era una Malfoy e non avrebbe permesso a nessuno di prenderla in giro in quel modo. Si allontanò dalla sua postazione, lasciando che Noah rimanesse lì a riflettere.
Aveva bevuto solo il bicchiere che gli era stato offerto, ma quel gesto era stato tanto inconsapevole quanto inspiegabile. Alyson era da qualche parte in Sala ad attenderlo e lui aveva agito in modo meschino. Si picchiettò la mano sul capo dandosi dello stupido, e andò alla ricerca di Alyson.
 
 

 
 


 

Angolo autore: Eccomi ritornata con il terzo capitolo del sequel di “Vacanze Romane”. Voglio ringraziare prima di tuttofred_mione98 che ha recensito rendendomi davvero felice del fatto che sia piaciuto come inizio. Spero che continuando ti appassioni ancora a questa fic.
Ovviamente il ringraziamento va anche a chi ha letto, sperando in qualche recensione in più anche perché ho davvero bisogno dei vostri consigli e pareri per far andare avanti la storia. Preferenze, qualche appunto sono sempre graditi.
Il prossimo capitolo forse tarderà ad arrivare. Mi scuso in anticipo ma sono sotto esame! È stata “un’occasione” super speciale che mi ha condotto a scrivere subito i primi capitoli ma non vi farò aspettare tanto… Cercherò di essere puntuale come un orologio Svizzero.
Detto questo, spero di leggere qualche recensione e di “incontrarvi” per il prossimo capitolo.
Un bacio.
Medy <3
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** See you again ***






Elastic Hearth

 
IV°Chapter
See you again
 

 
 
 
La festa della sera prima aveva lasciato un alone di ilarità sui partecipanti, che ancora ne parlavano con gli occhi che luminavano gioiosi. Quella sera aveva permesso a chi non era mai stato in grado di farsi avanti e strappare un appuntamento o nel rafforzare la convinzione che quegli anni erano fatti per il divertimento, e fin quando fossero rimasti tra quelle mura, potevano goderselo senza alcun problema che potesse tediare le proprie menti. Il Dakota’s day era stato l’evento di iniziazione per quel nuovo anno e molti erano convinti che ne sarebbero seguiti molti altri, altrettanto belli, altrettanto eccitanti. Alle orecchie dei professori era giunta qualche informazione ma Silente- fin quando avrebbe avuto la situazione sotto controllo, con alcun incidente irrecuperabile- era lieto di regalare ai propri studenti momenti in cui il cervello veniva spento completamente per lasciar spazio solo alla spensieratezza della loro età.
Quella mattina, di metà Settembre, era sorta con un leggero vento, freddo ma non glaciale che paralizzava i tendini: Segno che l’autunno era entrato prepotentemente in quelle giornate e che avrebbe prestato spazio a giornate più cupe e tediose, ma con la speranza di qualche filo di sole che potesse riscaldarle.
Dakota, nonostante la notte precedente era ritornata in sala Comune più tardi del solito, si era alzata alla solita ora e indossati i pantaloni aderenti da corsa e la felpa di tre taglie più grandi di lei, si era immersa nella nebbia di prima mattina che circondava il paesaggio dove era situata la vecchia scuola. Aveva legato i capelli nella solita coda  e aveva abbandonato gli abiti che la sera precedente l’avevano resa irriconoscibile agli occhi di chi la vedeva nelle solite vesti di Dakota Malfoy. Adorava correre con il silenzio che le faceva da compagnia, con il cinguettare degli uccelli che si svegliavano sempre dopo di lei. Correre l’aiutava a scaricare la tensione, la tristezza, il senso di rabbia che la sera precedente aveva trascinato con lei nel letto per ritrovarselo incollato addosso quella mattina stessa. La festa non aveva creato frastuono nella sua vita, si era divertita fin quando Noah Potter non aveva varcato la soglia della sala Comune dei Serpeverde e aveva osato trattarla come una qualunque, come una di quelle che Dakota aveva sempre odiato. Aveva cercato di riallacciare quel rapporto terminato tempo prima, ingannandola e lasciando che l’alcol parlasse per lui. E Dakota sentiva solo un senso di disgusto nel ricordare come l’aveva guardata e come aveva osato sfiorarle i capelli, senza preoccuparsi della reazione suscitata in lei, con quel gesto. Aveva fatto il giro della scuola ancora una volta, perdendo del tutto il conto di quanto tempo stesse facendo sempre lo stesso percorso. Il sole- coperto dalle nuvole- si era levato e la tranquillità della mattina stava lasciando il posto al caos dei risvegli del castello. Guardò l’orologio di cuoio che portava al polso, quello regalatogli da sua madre in nessuna occasione, e notò che in poco tempo erano arrivate le otto; la colazione l’attendeva come quella giornata appena iniziata. Rallentò la corsa, recuperando il fiato perso, godendosi l’odore dell’erba umida e del rumore del lago. Stiracchiò i muscoli, allungando la spina dorsale, e fece scricchiolare il collo. Aveva scaricato una buon parte di rabbia.
“Malfoy!” Noah Potter la raggiunse, anche egli appena tornato dalla solita corsa di primo mattino. Aveva il fiatone e i capelli scuri aderivano alla fronte perlata dal sudore dello sforzo. Ogni giorno Dakota faceva un percorso diverso da quello prestabilito insieme al suo secondo anno, quando anche lei era riuscita ad entrare nella squadra di Quidditch della sua casa. Percorso mutato con la rottura del loro rapporto.
“Potter” Non era felice di averlo incontrato e il tono fu un chiaro segno. Rimase impassibile dalla sua presenza ma la rabbia della sera precedente la invase di nuovo e le sue gambe chiesero di correre ancora. Partì spedita, ignorando lo stomaco che brontolava e l’acido lattico che faceva bruciare le gambe. Noah partì con lei affiancandola.
“Volevo chiederti scusa per ieri. Mi sono comportato da idiota” Aveva il fiatone ma stava impiegando tutte le sue forze per tenerle il passo. Dakota sembrava agguerrita nel seminarlo e iniziò a correre come una furia.
“ Tu sei sempre un idiota, non hai fatto nulla di diverso” Il petto bruciava per la troppa corsa e il fiatone era pesante. Iniziava a farsi sentire la stanchezza, ma Dakota non demordeva e correva frenetica come se volesse lasciarsi alle spalle Noah Potter che la riprendeva nonostante stesse cercando di seminarlo.
“La vuoi smettere di aggredirmi in questo modo? Ieri sono venuto in pace e anche adesso. Smettiamola” Era diventata stancante quella situazione e Noah non riusciva più a reggere né le lamentele di Alyson né l’aggressività di Dakota. Voleva ritrovare un po’ di calma, ma entrambe le ragazze sembravano non volergliela dare a nessun costo.
“Io non sto facendo nulla. Per cui tu smettila di starmi addosso” L’affiancava e Dakota si sentiva soffocare. Gli diede una spinta con una spalla ma Noah non si mosse e continuava ad affiancarla.
“Io non ti capisco Dakota! Cosa cavolo ti prende da un paio di anni? Deposita queste armi che è una guerra insensata la tua” Dakota lo fulminò con lo sguardo e nuovamente lo spintonò con forza.
“ Ma la smetti?” Noah rispose anche lui con uno spintone e Dakota rincassò il colpo. Tutta la rabbia le passava per le spalle scaraventandosi su Noah che rispondeva con la stessa caparbietà e quella corsa divenne uno spintonarsi a vicenda con rabbia e inconsapevolezza di tale rabbia.
Non voleva che rimanesse nelle vicinanze, non voleva che Noah rimanesse li a correrle accanto e disturbare la sua tanto ricercata calma. Doveva andare via e nonostante Dakota lo mostrava apertamente lui continuava ad affiancarla nella corsa.
“Vai via Potter! Non so perché mi stai incollata al culo in questo modo! Corri dalla tua Alyson, sta ancora piagnucolando?” Lo spintonò ancora e sentì la debolezza nelle gambe, debolezza che la rallentò.
“La devi smettere di accanirti in questo modo su Alyson. La dovete smettere entrambe” Noah diede la spinta finale. Ci mise troppa forza e le gambe di Dakota avevano già iniziato a protestare. Si sentì abbandonare completamente dalla sua forza e istintivamente si aggrappò all’unica persona che si trovava nelle sue vicinanze. Noah si ritrovò a rotolare, attento a non fare del male  Dakota che non lasciò la presa. Fu tutto molto confusionale, le immagini del paesaggio divennero quasi sfocate e il terreno entrò nelle narici e nei capelli. Noah sentì il corpo di Dakota sotto di lui e cercò di farla cadere su di sé. La caduta fu attenuata e Dakota si ritrovò con Noah che le stringeva le spalle e cercava con il corpo nel tenersi lontano da lei, come temendo di poterle far del male. La terra le pizzicava la nuca e Noah era estremamente vicino.
“Ti sei fatta male?” La caduta era stata semplice, con nessun rischio di frattura, ma Noah scrutò il corpo di Dakota alla ricerca di qualche ferita, come se si aspettasse di ritrovarne una quasi mortale. Dakota sentì una morsa allo stomaco nel notare quanto fosse realmente preoccupato ma non riuscì a rassicurarlo, scosse solo il capo.
“Sei un’imbranata, Malfoy! E sei incomprensibile…” Un leggero vento autunnale scosse la scena. I capelli di Dakota, quelli scappati dalla presa del codino, scivolarono sul suo viso e Noah sentì brividi salirgli lungo la spina dorsale. Sentiva il petto della Corvonero alzarsi e abbassarsi frenetico: i polmoni stavano cercando di recuperare il fiato perso e Noah sentì un senso di attrazione, quasi incontrollabile, da parte del suo sguardo che lo guardava con vacuità. Poteva notare, da quella vicinanza, il piccolo naso di Dakota e le labbra leggermente gonfie. Aveva quasi dimenticato i dettagli del suo viso e istintivamente- come la sera precedente- le carezzò il volto, suscitando in lei la medesima reazione. Dakota Malfoy sfoderò la forza irruente dettata dalla rabbia e prendendolo a schiaffi lo scaraventò via.
“Togliti di dosso, Potter!” Si mise in piedi, con il cuore che la tradiva. Voleva piangere, ancora. Mostrare quanto quella vicinanze e quei gesti la rendessero debole, la spogliassero completamente di quella maschera che con tanta fatica si era costruita. Noah le strappava via ogni tipo di controllo; era sempre stato cosi, e lui non lo aveva mai capito. Con quanta cura, Dakota, aveva custodito i suoi occhi lucidi e la sua voglia di ritornare a parlare con lui. Con quanta cura lo avevano fatto per lei, Kyron e Drake che avevano protetto quel segreto con altrettanta attenzione.
“Dakota MALEDIZIONE! Cos’è cambiato?” Noah si mise in piedi con la stessa rabbia, con l’impazienza di chi aveva lasciato troppo spesso che i dubbi e le parole restassero bloccati tra le labbra.
“Eravamo amici, Dakota! Eri mia amica, lo sei stato per tanto tempo e non ho mai trovato nulla di sbagliato nella nostra amicizia! Adesso mi odi, mi odi cosi tanto da perseguitarmi. Sono due anni che il tuo odio mi perseguita!”  Noah aveva perso la pazienza. Quell’amicizia speciale, fatta di sfida, di continui battibecchi era mutata nell’odio che distruggeva qualunque cosa. Dakota aveva deciso di perseguitarlo riversandogli addosso tutta la sua rabbia nata improvvisamente. Non riusciva a capire, non era riuscito a capire perché da un giorno all’altro Dakota aveva mutato la sua espressione, i suoi modi, le sue attenzioni verso di lui. Da un giorno all’altro Dakota era mutata in ciò che era adesso. Dura, rigida, impenetrabile e incomprensibile. Cos’era cambiato, Noah non riusciva a comprendere. Cos’era cambiato alla Dakota fastidiosa, che non lo lasciava nemmeno un secondo in pace, che era sempre lì a ricordargli che anche lei C’ERA, senza l’utilizzo di frecciatine, occhiate austere, odio manifestato con tutti i mezzi necessari.
“Perché sei diventato un idiota! ECCO PERCHé! E si, ti odio. Adesso lasciami stare” Dakota fece per voltarsi ma Noah la frenò prendendola per un polso, volendo una risposta che non fosse vaga e sputata senza senso.
“Non è una risposta! DIMMI COS’è SUCCESSO” Noah voleva capire, e non avrebbe lasciato la presa fin quando Dakota non avrebbe parlato.
“Lasciami immediatamente Potter! O ti faccio saltare in aria!” Provò a sfilare via, ma le mani di Noah stringevano con troppa forza. Dakota sentiva solo il cuore martellargli il petto con tale forza da farle male. Sentiva gli occhi pizzicare di quelle lacrime di rabbia e paura: paura di essere spogliata di ogni forza. Cercò di sfilare via dalla sua presa, ma le mani di Noah erano lì che la trattenevano con l’unica intenzione di capire e i suoi occhi glielo urlavano.
“NO! DAKOTA! SPIEGAMI PERCHé MI ODI COSI TANTO, PERCHé ODI ALYSON COSI TANTO! VOGLIO SAPERLO” Noah non aveva mai urlato in quel modo, ma ormai aveva perso la calma, aveva perso la pazienza, il ripetersi sempre “non importa”. Aveva ignorato troppo a lungo quel cambiamento, ma adesso tutto sembrava aver preso aspetti peggiori, una guerra che avrebbe portato Alyson e Dakota solo a distruggersi. Avrebbero rovinato ogni cosa, pur di prevalere sull’altra e la festa di ieri sera era stata la prima prova di quella guerra che stava mettendo radici.
 
“Se la tua unica preoccupazione è che io possa rovinare la tranquillità della tua adorata Alyson , tranquillo! Non avrò più tempo da perdere né con te e né con lei! ADESSO LASCIAMI” Lo spintonò nuovamente con tutta la forza che riuscì a gettare fuori e finalmente fu libera dalla morsa soffocante di Noah che si ritrovò barcollante a dover lasciar perdere. Non voleva parlargli, non voleva chiarire il perché dell’odio, dell’allontanamento cosi radicale. Noah dovette lasciare che Dakota scappasse via verso il castello e sperare di non ritrovarsi in un ennesimo guaio che avrebbe reso le sue giornate insostenibili.
 
 
**
 
 
Mya entrò a testa alta in Sala Grande e nonostante lo sguardo di Kyron premesse insistentemente contro di lei si ripromise di non abbassare la guardia e regalargli la minima attenzione. Non meritava nulla, non aveva meritato le incontrollabili lacrime che aveva versato per il litigio, mentre Mady era lì che la sorreggeva nonostante le sue deboli braccia. Non meritava di vederla triste, non meritava i suoi occhi cupi. Kyron era stato posto nuovamente di fronte alla scelta di dirle cosa provasse per lei e Kyron era ammutolito ancora, senza degnarla di spiegazioni, senza degnarle della facoltà di smettere di sperare, di lasciarlo andare perché da sola lei non era in grado. Camminò lungo la Sala Grande con testa alta e la mano di Maddy che si stringeva nella sua, a comunicarle che lei c’era, che quella mano non l’avrebbe lasciata scivolare. Con sorpresa anche sua, Mya riuscì a volgere lo sguardo verso il tavolo dei professori e i suoi occhi non temettero di trasmettere all’assistente di Pozioni, l’odio che provava per lei, non riuscì a controllarsi e in un attimo entrambi si ritrovarono a guardarsi con puro e logorante odio ma ciò che fece comprendere a Mya di aver perso fu il suo sorriso odiosamente dolce. Si accomodò al tavolo dei Tassorosso con il petto bruciante e la voglia di urlare.
“Mya…” La sottile voce di Maddy la richiamò con la speranza di rivedere il sorriso apparire sul suo volto, e anche se accadde, non fu il sorriso che si aspettava: era una nota amara, distorta, una nota di una canzone triste che Mya stava ascoltando da sola.
“Va tutto bene” La rassicurò lei, ma quelle parole non convinsero nessuno, nemmeno lei stessa.
Maddy abbassò il capo, ritrovandosi nella sensazione di non essere utile alla sua migliore amica. La sera precedente l’aveva vista completamente distrutta e l’unico aiuto che era stato in  grado di darle era stato un abbraccio forte, qualche carezza e il silenzio. Era rimasta zitta per permettere che la rabbia, il dolore, la paura di realizzare di aver perso Kyron, fluissero senza interruzioni. Non era stata brava a darle alcuna parola di conforto, nessun discorso in cui le avrebbe trasmesso la grinta necessaria per affrontare la situazione. Non né aveva per lei, non né avrebbe avuta nemmeno per qualcun altro. Era stata taciturna ma anche lei sentiva un dolore al petto: il dolore della consapevolezza che Drake non l’aveva riconosciuta, non aveva pensato a lei come Maddy pensava a lui, la consapevolezza che Drake sarebbe rimasto lontano anni luce e che il suo sguardo non si sarebbe mai posato su di lei. Se era accaduto la sera precedente era stato tutto merito dell’alcol.
Si strinsero le mani, consapevoli del dolore di entrambe che le teneva ancora più unite. Erano piccole e innamorate, deluse, innocentemente arrabbiate ma restavano sempre per accarezzarsi le ferite e pensare che sarebbe passato tutto.
Con Mya sarebbe passata quella sensazione di inutilità e con Maddy sarebbe passato il dolore della perdita.
 
 
 
Bree sedeva a testa bassa e le idee completamente confuse. Si era isolata dal solito gruppo semplicemente perché aveva bisogno di ascoltare i suoi pensieri, le sue incertezze che aveva tenuto in silenzio a lungo. Guardava il porridge senza alcun appetito. Lo mescolava come mescolava i suoi pensieri e i suoi
sensi di colpa. Kenny era ancora a parlarle nella sua testa, era ancora a sussurrarle le parole della sera precedente che non riusciva a scacciare via. E la sera era trascorsa con il suo viso, il suo sorriso, il profumo che le solleticava ogni parte dei sensi- ancora impregnato dentro- ben visibile, come se lui fosse stato lì. Liam era seduto con la squadra di Quidditch al tavolo dei Grifondoro e la sua voce arrivava piano in quel boato di vociferi. Riusciva a vederlo e riusciva a vedere anche il posto vuoto di Kenny che ancora doveva entrare in sala Grande, nonostante Kyron e Drake fossero seduti al solito posto.
Notava la sua assenza perché la sua presenza riusciva a fargliela notare lui. Provava fastidio quando la ignorava e quando era lì a ripeterle di voler stare con lei, riusciva a sentire brividi di pura felicità. Era semplice egoismo il suo? O qualcos’altro si nascondeva dietro la sua voglia di vederlo avvicinarsi a lei? Liam non meritava questo, non meritava di essere tradito in quel modo. Lei lo amava, lo amava davvero, ma Kenny era riuscito a invadere la sua mente cosi irruentemente che non riusciva a scacciarlo via. Scostò la scodella di Porridge da lei, con la voglia di alzarsi e andar via ma Kenny entrò in tempo, e ogni parte del suo corpo le disse di rimettersi seduta e non andare via.
Un errore che non pagò solo lei….
 
 
 
Era una semplice mattina di metà settembre e come sempre dalle finestre spalancate della sala Grande planarono una miriade di gufi e barbagianni, puntuali per la posta e per le notizie dei cari. Ma quella mattina tutti ebbero la posta, nessuno escluso. Anche chi- come Dakota- aveva fatto il suo ingresso in quell’istante si ritrovò a stringere tra le mani una rivista che fu riconosciuta da tutti. I colori vivaci che quasi accecavano la vista furono riconosciuti da tutti gli studenti, molti dei quali avevano atteso il suo “ritorno”. La rivista che aveva accompagnato tutti loro dal primo anno, che aveva lacerato amicizie, amori, aveva reso pubblico dettagli che sarebbe stato meglio nascondere, che aveva dedicato parole velenose ad ognuno di loro era ritornato, carico e pesante di notizie con la solita firma di chi non aveva un volto. Nessuno conosceva Maggie May ma aveva abbastanza nemici da motivarla a tenersi nascosta.
Il “Mogue” era stato consegnato puntuale a tutti gli studenti e con gesti sincronici ognuno di loro aprì le pagine della rivista con la curiosità che brillava nei loro occhi. Dakota fu una di loro che quasi lo strappò temendo di leggere qualcosa che riguardava lei. Anche Kenny, Kyron e Drake con lo stesso disinteresse. Mya e Maddy divisero la stessa copia come avevano sempre fatto. Bree ebbe la tentazione di ignorarlo ma aveva bisogno di spegnere ogni rumore della sua testa e lo sfogliò svogliatamente. Anche Noah- apparso alle spalle di Dakota- riuscì ad acciuffarne una copia e con lui Liam, Allyson e la miriade di studenti seduti a colazione.
E le parole che seguirono furono un terremoto per tutti.


“Buon Giorno mie cari amici. Oggi è il primo giorno d’autunno e sentiamo tutti l’aria di novità. Ho atteso troppo per far fluire la mia adorata penna ma non temete, sono ritornata carica di notizie e piccole novità che vi faranno leccare i baffi. Ovviamente non potevo non iniziare con il parlare del trambusto causato dalle feste organizzate ieri sera che hanno creato faide e fazioni che hanno decretato anche vincitori e vinti. Di cosa? Ancora non saprei dirvi, ma la festa della burbera e tanto odiata Dakota Malfoy ha attirato non solo un gran numero di persone ma anche verità scomode che io personalmente ho piacere di svelare ad ognuno di voi. La povera Alyson Balby si è ritrovata completamente sola nella sua noiosa festa da perfetta FIRST LADY quale non è. Luci, musica romantica e cavaliere non gli hanno assicurato alcun successo. Povera piccola, avrà pianto tutta la notte, soprattutto dopo che il suo adorato Noah Potter, fidanzato modello, figlio dello stimato Ministro della Magia e salvatore del Mondo Magico, partito da non lasciarsi sfuggire, l’ha completamente abbandonata per divertirsi alla festa della sua più acerrima nemica: Dakota Malfoy. La sua nemesi d’eccellenza, la nemica giurata di quasi tutta una vita. E non avrà visto il modo in cui Noah guardava Dakota. Da ammettere che ieri ha stupito tutti, finalmente ha smesso di nascondersi dietro il cumulo di capelli, l’aria perennemente arrabbiata e gli abiti che danno idea che l’assenza di un uomo per tutto quel tempo sia dato solo dalla sua preferenza per altro genere di cose. Motivo per cui ho voluto interessarmi maggiormente del perché tra le due sembra incorrere una guerra da anni ormai. Chi ha iniziato il percorso sei o sette anni fa, ricorderà benissimo come il giovane Potter e –allora adorata- Dakota fossero quasi inseparabili. Un continuo battibeccarsi con sorrisi radiosi, sfidarsi senza mai perdere il bene che li univa, e adesso invece? Sembra che i vecchi rancori familiari siano emersi e abbiano coinvolto entrambi inserendo un terzo incomodo. O forse è stato proprio quel particolare che ha portato l’attuale insopportabile Dakota ad avvelenare ogni parola e ogni gesto e attaccare la coppia felice? Sarà il cuore spezzato il motivo per cui Dakota Malfoy ha abbandonato ogni tentativo di piacere a qualcuno o altro? E Noah Potter? Ieri sembrava interessato a riallacciare i vecchi rapporti e far si che Dakota abbassasse la guardia. Forse è ritornato sui suoi passi, dato che l’adorata Alyson sta dando prova del suo verso sé: Viziata, capricciosa e petulante donnina. Attenta Belby, se continui cosi credo che Dakota non ti ruberà solo la gioia del ballo, ma ben altro.
Ovviamente il mio interesse non è caduto solo su di loro. Ieri sera c’è stato cosi tanto che questa mattina ho iniziato a scrivere e non riuscivo a fermarmi.
Restando in famiglia, ieri sera la semplice e innocente Bree Potter sembrava del tutto a suo agio tra le braccia di Kenny Montague. Come se non sapesse della cotta quasi secolare che il Serpeverde prova per lei. Potrei pensare che alla giovane Potter piace stare con due piedi in un solo stivale e che il suo “preservarsi” sia dato solo dall’indecisione a chi cedersi. Dovrà fare un qualche sorteggio o i due dovranno battersi per la tanto desiderata- da parte soprattutto di Liam Martinez- virtù che lei tiene segregata con tanta cura. Ipocrisia potrebbe essere il suo secondo nome.
E Liam? Le botte, i tentativi di rissa contro Kenny non sono bastati. Il Serpverde non demorde e lui è sicuro di voler sottostare a quello spettacolo che lacera il suo orgoglio da Grifondoro alfa? La Serpe e il Leone in una lotta alla pari, chi avrà la meglio?
Un altro particolare che ha suscitato il mio interesse riguarda il bellissimo Kyron Nott e la piccola peperina di Mya Zabini. Tutti conoscono la loro storia, la loro intramontabile amicizia, il loro senso di fratellanza e rispetto. Ma credo che ognuno di voi abbia fatto un qualche pensiero “cattivo” di fronte a quel rapporto che sembrava intaccabile e che è continuato soprattutto quest’anno. Non solo l’unica che ha notato come i due si sono completamente allontanati. Ma non temete, sono qui per dare voce ai vostri pensieri e alle vostre domande. Gli inseparabili Kyron e Mya hanno tracciato la linea da non sorpassare, la linea che li ha divisi. E ieri è stato divertente vedere come il valoroso Serpeverde ha salvato la povera Zabini dalle grinfie del famoso Dylan Mclaggen, famoso per la sua voglia di spezzare cuori. In qualunque storia un gesto del genere avrebbe fatto sciogliere i cuori di povere ragazzine in cerca dell’amore, mentre a me ha fatto sorgere solo un dubbio. Kyron e Mya siete sempre amici o c’è qualcosa – di cui Drake è completamente all’oscuro- che non volete ammettere e tenete nascosto con ammirevole talento. Chi sa cosa né penserà Drake Zabini che ieri sera ovviamente ha dato il meglio di sé. Quante di voi, sciocche ragazzine, hanno sperato di essere la fortunata di quella sera. Fortuna che ha colpito Tyra …….. lasciando molte completamente a bocca asciutta. Ma mio caro Drake, portarti a letto quasi tutta Hogwarts non fa di te un uomo. Quindi giunto a quest’ultimo anno, credo che dovresti smetterla e fare qualcosa di più sensato. La tua vita è giostrata dal sesso e tu sei cieco di fronte alle cose più importanti…come i pugnali che ti vengono conficcati alle spalle da parte di amici cari.
 
Ho scritto abbastanza per oggi, ma non perdetemi di vista anche perché io non lo farò.
Vi seguo….
M.M “
 
 
Fu una reazione concatenata non voluta. Dakota alzò lo sguardo sentendone troppi su di sé e Noah al suo fianco cercò quello di Alyson che aveva le mani tremanti e le lacrime in vista. Dakota si sentiva il petto andare quasi in pezzi, le mani tremavano e la rivista divenne pesante. Non avrebbe mai auspicato a tanto, non aveva avuto intenzione di far un male tale ad Alyson e a Noah, creare malintesi che avrebbe distrutto entrambi. Era stata messa in bella vista e con lei i suoi sentimenti e quei segreti che aveva custodito con tale gelosia da crearsi un armatura impenetrabile. Ma aveva fatto ciò per evitare che altre persone potessero essere coinvolte e non per far del male. Si voltò verso Noah strappando via il suo odio, la sua rabbia e con sguardo implorante sperò che Noah la lasciasse parlare.
“Noah, non voleva creare tale trambusto” Ma lui non l’ascoltava, guardava fisso d’avanti a sé e tremava. Si voltò senza rispondere e fu il primo a lasciare la sala. Alyson si alzò di scatto e scattò al suo inseguimento e Dakota sentì un abbandono, un vuoto all’altezza del petto che la lasciò completamente fuori da tutto.
 
Bree scattò rapida e riuscì a frenare Liam che dopo aver letto si era indirizzato verso un Kenny che senza preoccuparsi si era alzato di rimando pronto ad affrontare la furia di Liam.
“Liam stai calmo. Ci sono i professori, non rischiare una punizione” Cercava di trattenerlo ma lui si dimenava come se non si importasse di Bree. Silente si alzò pronto ad intervenire se mai ci fosse stato bisogno, ma preferiva che i suoi studenti affrontassero le questioni con il proprio intelletto. Solo in casi estremi avrebbe fatto sentire la sua autorità.
“è vero quello che dice questa stronza? Bree dimmelo” Aveva ancora il “Mogue” tra le mani e abbassò lo sguardo verso di lei con sentimenti che si scontravano in lui. Aveva voglia di spaccare la faccia a Kenny ma al contempo voleva che Bree lo rassicurasse , che gli dicesse che ogni riga fosse solo finzione, una velenosa finzione che aveva sperato in quelle reazioni. Bree aveva gli occhi immersi nella paura, nel terrore e riuscì solo a strappargli il giornale dalle mani e gettarlo a terra.
“Sono solo sciocchezze, Liam! Io amo te… guardami” Gli prese il volto tra le mani e lo volse ai suoi occhi traboccanti  di lacrime. Maggie May aveva reso pubblico al mondo il suo piccolo e intimo segreto che avrebbe preferito tenere per sé, reputandola ipocrita, mettendo a repentaglio la sua relazione. Odiava quella donna che non aveva coraggio di mostrare il suo volto, che per anni aveva solo creato trambusto. La odiava per ciò che aveva fatto a Dakota, ad Alyson e suo fratello. La odiava per quello che aveva fatto a lei, Liam e Kenny e per Mya che con la coda dell’occhio vide: guardava il “Mogue” con sguardo assente e Mady le carezzava la schiena.
“Vuole solo che noi ci mettiamo gli uni contro gli altri. Vuoi capirlo? Sono solo sciocchezze! Come può dire queste cose se non conosce nessuno di noi? Cosa ne sa lei” Lo urlava come per farsi sentire da tutti e convincere di smetterla di prendere quel giornale come se fosse un testo sacro e dogmatico.
“Bree io gli spacco la faccia a quel bastardo! Non deve avvicinarsi a te” Puntò nuovamente lo sguardo a Kenny che sorrideva ma non di gioia. Aveva sentito le parole di Bree e aveva sentito il cuore quasi spezzarsi come se poi il cuore potesse realmente spezzarsi. Ma usare quell’allegoria sembrò l’unico modo per spiegare il boato che sentì dentro di sé. Aveva sperato di sentire Bree dirgli apertamente ciò che lui – sperava- fossero i suoi sentimenti. E invece era li a far capire a tutti, compreso lui, che il suo amore era per Liam e solo per Liam.
“Andiamo via, ti prego” Bree lo prese per mano e lo tirò via con la testa bassa e i sensi di colpa che facevano a botte. Non riuscì a guardare Kenny ma sapeva che lui lo stava facendo e si sentì meschina e sentì le parole di Maggie May attaccarsi a dosso e diventare la realtà che lei tentava di non vedere. Kenny la vide allontanarsi e sentì il bisogno di correrle dietro e chiederle la verità: non la verità che mostrava ma la verità che teneva rinchiusa nel suo intimo pensiero che si vergognava di svelare. Ma la lasciò allontanarsi e lasciò che sparisse con la mano intrecciata a quella di Liam e non intorno alla sua.
 
Drake era rimasto in silenzio mentre Kyron sentiva la tensione pizzicargli il collo. Non aveva guardato Mya ma sapeva che quell’articolo aveva scosso la sua giornata, rendendola orribile. Avrebbe voluto andare da lei e rassicurarla, ma non poteva. Aveva da dare delle spiegazioni a Drake che restava in silenzio, fermentando quelle parole lette prima con forte disinteresse e poi con gli occhi spalancati e la mascella che quasi era scricchiolata per la rabbia.
“Kyron devi dirmi qualcosa?” Alzò lo sguardo- tenuto incollato fino a quel momento alla rivista- e nei suoi occhi non c’era la solita espressione. Era un Drake visto poche volte. Duro, rabbioso. Kyron si sentì un codardo. Avrebbe dovuto rovinare la loro amicizia? Dirgli di quell’estate e del male che stava facendo alla sua adorata sorella o mentire e fare del male a lui? Sentiva le responsabilità gravare come macigni, schiacciarlo, premergli il torace e impedirgli di parlare. Ma non poteva restare zitto e tenere lo sguardo colpevole ancora su di lui.
“Ieri Dylan ha tentato di abbordare Mya e mi sono sentito in dovere di proteggerla. Le voglio bene come se fosse mia sorella. E questo però ci ha fatto litigare. Perché lei vuole che noi la smettiamo di starle dietro come se fosse ancora una bambina…” Parlò rapidamente. Il suo cervello gli aveva suggerito la via più facile, mentire su tutto e mettere in mostra solo il particolare che avrebbe fatto arrabbiare meno Drake. Particolare che non fu accettato immediatamente da Drake che congiunse le mani e guardò Kyron dritto negli occhi: non voleva pensare che il suo migliore amico, suo fratello, il compagno di una vita che lo aveva affiancato in tutto, gli stesse mentendo. Non voleva sentire i suoi coltelli nella schiena. Avrebbe sopportato quelli di altri ma i suoi no.
“Devo confessarti che anche io ho notato il cambiamento nel vostro rapporto. Non sono tanto cieco. Ma ho voluto tralasciarlo, semplicemente perché ho sempre pensato che Mya avesse una piccola cotta per te. Ma voglio sapere da te, che non mi hai mai mentito, tu cosa provi per lei…” Non sapeva come avrebbe reagito se la risposta di Kyron fosse stata quella che aveva sempre sperato di non sentire. Nutriva una profonda gelosia per Mya. Temeva che lei potesse soffrire e non lo avrebbe potuto accettare. Non avrebbe retto alle lacrime di Mya, al suo dolore, a quel senso di vuoto che sapeva che avrebbe provato. Lui era l’incarnazione del dolore di ogni ragazza e per sua sorella avrebbe sempre preferito un ragazzo diverso da lui. Era consapevole dei suoi atteggiamenti meschini e senza cura, ma non aveva mai pensato a cambiare. E sapeva che Kyron era uguale a lui e sua sorella, la sua piccola Mya, non meritava delle persone come loro.
Kyron si smosse sulla sedia con incertezza e rispose velocemente per far si che Drake non destasse alcun sospetto.
“Non provo niente per lei. È mia sorella come lo sei tu e Kenny. Non provo assolutamente nulla per lei” Involontariamente spostò il suo sguardo da Drake che continuava a guardarlo con insistenza a Mya che sembrò sentire quelle parole. Forse le aveva quasi urlate involontariamente, ma la vide prendere le sue cose con sguardo basso e lasciare la sala a testa bassa con Maddison al suo fianco che le teneva la mano. Aveva sentito e il sorriso di Drake non fu un conforto. Aveva dato la risposta che Mya stava attendendo dalla sua confessione, aveva messo le carte in tavola ma non riusciva a sentirsi libero. Si sentiva meschino, nei confronti di entrambi. Si sentì tradito da sé stesso. Ma sorrise a Drake di rimando.
“Mya non merita di soffrire, lo sai. E Dylan Mclaggen si pentirà di aver posato gli occhi su di lei.” Ritornò a consumare la sua colazione ed entrambi caddero in un tombale silenzio.
 
 
**
 
 
“Noah!” La voce di Alyson lo raggiunse, strozzata dalle lacrime che non era riuscita a frenare. Si voltò, il giovane Potter, e rivide la ragazza di cui si era innamorato. Fragile, semplice e innamorata. Aveva le mani che tremavano, gli occhi gonfi e l’aria indifesa.
“Cosa vuoi Ally?” Non riusciva a fare il duro, ma doveva. Era arrabbiato, arrabbiato con sé stesso, con Alyson e Dakota. Voleva urlare e smascherare Maggie May e farle rimangiare ogni riga di ciò che aveva scritto ma mai nessuno era stato in grado di capire chi lei realemente fosse.
“è vero ciò che abbiamo letto tutti? Ti sto perdendo?” Aveva paura, reale paura. Non paura di perdere contro Dakota o di perdere l’immagine che aveva creato di sé. Aveva paura di perdere Noah e vederlo andar via con qualcun'altra. Perderlo dalla sua vita e non riuscire più a recuperarlo.
“Alyson non ho voglia di parlarne” Noah fece per voltarsi ma sentì la sua presa, non forte, ma debole e incerta, chiedergli di restare.
“Ti prego, Noah. Mi dispiace! Mi dispiace per i miei modi, per le mie paranoie e per questa lotta senza senso contro Dakota. Ma ti prego….Non lasciarmi” Le parole erano completamente rotte dalle lacrime e dal dolore. Non riusciva a pensare ad altro se non il dolore che avrebbe provato se Noah l’avesse lasciata. Non riusciva a pensare ad altro che se lo avesse fatto tutto sarebbe crollato.
“Io ti amo…” Lo disse prima di scivolare in un pianto incontrollabile e chiudersi in sé, in quel piccolo corpo che divenne ancora più piccolo e fragile. Noah sentì tutte le colpe gravargli addosso. Sentì le colpe della sera precedente nell’aver trovato Dakota bellissima, di quella mattina che mentre le era caduta addosso aveva avuto l’impellente voglia di baciarla. Si sentiva un verme, un meschino e volle rimediare, prendendo Alyson tra le braccia e stringerla forte.
“Ti amo anche io, Aly. Non ti lascerò mai…. Sono solo sciocchezze” La rassicurò con sicurezza nella voce ma non nel cuore. La strinse di più, sentendo le colpe stringere lui. Alyson al suo tocco si calmò, le lacrime smisero di scivolare giù e lei ritornò a sentirsi completa, a rimettere i pezzi caduti per un piccolo frangente.
 
Dakota li aveva seguiti, sperando di mettere le cose in chiaro e ritrovarsi di fronte a quella scena la spiazzò completamente. Si sentì una sciocca nel provare quella sensazione di vuoto e gelosia quasi divoranti. Si sentì una sciocca mentre guardava loro due e si sentiva sola, abbandonata, esattamente come due anni fa. La sua durezza, la sua forza, decaddero completamente e Dakota Malfoy si ritrovò nuovamente al terzo anno, quando vedere Noah ed Alyson camminare più spesso tra i corridoi della scuola, guardarsi con occhi che scintillavano d’amore, l’avevano resa quella che era adesso. Ritornò a quando, lei Dakota Malfoy, avrebbe dato tutta se stessa a qualcuno che riusciva a guardarla solo con occhi di un amico. Con occhi di quel bambino che era cresciuto con lei. Sentì il calore delle lacrime rigarle il volto e le toccò quasi stupita. Non piangeva da anni ormai e sentì la rigidità scivolarle , a tratti, via.
Aveva perso, aveva perso molto. E avrebbe chiesto scusa ad Alyson ma solo una volta che avrebbe ricostruito sé stessa.
 
 
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L’aula di pozioni era immersa in nuvole di fumo scuro, era calda e asfissiante e gli studenti del settimo anno erano immersi in un silenzio colmo di concentrazione e voglia solo di fare di meglio. Il professore Pelois non era presente nemmeno quel giorno, troppo impegnato per faccende più importanti, troppo fiducioso della sua assistenze Ameliè Tresàl-Mauroz che passeggiava tra i banchi con occhi vigili e attenti. Le bamboline lucide scricchiolavano sul pavimento in pietra e le braccia erano conserte in una posa di superiorità che non tutti gli avevano conferito. Drake, nonostante le dispute, l’odio che li univa, restava il migliore del suo corso e –insieme a Kyron e Kenny- stava preparando la “pozione CresciBranchia” perfetta.
“Le alghe di sirena si sono essiccate alla perfezione?” Ameliè prese tra le mani una delle branchie di sirena che aveva concesso ad ogni studente affinché preparassero in anticipo gli ingredienti per la pozione delicata e complicata. Drake non alzò lo sguardo mentre versava il sangue di Serpente Marino per far sì che diventasse bluastro e si addensasse a dovere.
“Certo, Professoressa. Tre giorni esatti” Drake tritò il corallo rosa affinché diventasse polvere e lo depose in una ciotola, pronto ad essere mischiato insieme al sangue di Serpente Marino non appena si fosse essiccato.
“Che tipo di Pozione è questa, Signor Zabini” Il tono di Ameliè restava sfidante e i suoi occhi si spostarono per qualche secondo a Kyron che ricambiò, restando impassibile di fronte alla luce di desiderio che vide accendersi negli occhi chiari.
“Fa parte della categoria delle pozioni utilizzate per modificare uno stato.” Drake rispondeva diretto, sicuro di sé, soddisfatto nel ritrovarsi preparato e attento. Non aveva alcun campo su cui attaccare la professoressa che storse di poco la bocca, in una posa di rabbia.
“Gli effetti?” L’intera aula era completamente ignorata, le uniche persone a suscitare interesse erano Kyron e Drake, per motivi completamente differenti.
“Consente di poter rimanere sott’acqua e poter respirare per tre ore consecutive. Solo con un antidoto, preventivamente preparato, si possono annullare gli effetti. A differenza di altri metodi, consentono di ricreare solo delle branchie e nient’altro. Non si deve ingurgitare più di una tazza, altrimenti gli effetti possono essere pericolosi.” Drake teneva gli occhi puntati al calderone, mentre Kenny preparava gli ultimi ingredienti e li versava all’interno.
Ameliè si morse l’interno della guancia, infastidita per quelle risposte pronte e impeccabili. Strinse le mani e con fare contrario dovette accettare la piccola sconfitta.
“10 punti a Serpeverde. Continuate” Voltò le spalle al trio e si incamminò a controllare le altre pozioni che non stavano dimostrando lo stesso aspetto e quindi la stessa efficacia.
“ Ti faccio vedere io, brutta stronza” Drake bisciò tra le labbra flebili insulti che non furono uditi mentre la pozione prese forma.
“Fa solo il suo lavoro. Smettila di vedere i suoi comportamenti come un attacco contro di te” Kyron versò la pozione, con accurata precisione, nelle piccole ampolle messe a disposizione e le sigillò perfettamente. Avevano finito prima di tutti gli altri e non c’era stato un solo errore.
“ E tu smettila di difenderla solo perché vorresti entrare nelle sue mutandide di pizzo francese” Kyron sorrise sornione; Drake aveva centrato il punto del suo atteggiamento così protettivo verso l’assistente che stava facendo tremare i banchi dell’aula di pozioni. Nessuno era rimasto soddisfatto per la sua presenza: era chiaramente una tiranna e lo dimostrava con tale fierezza da attirare su di sé maggior odio da tutti gli studenti, eccetto uno.
“Solo perché non ci sei entrato tu, vedi Ameliè come una megera da evitare” fu un colpo diretto all’orgoglio di Drake che sventolava fieramente il suo status di spezza cuori e strappa muntandine. Kenny restava silenzioso, assistendo a quel battibecco che sapeva si sarebbe voltato a sfida.
“Neanche tu ci sei entrato, Nott. Resta ancora una tua fantasia” Drake incrociò le braccia al petto e scrutò l’amico con la sua solita aria sfidante, pronto a vederla raccogliere. Ameliè circolava ancora tra i banchi riprendendo alcuni studenti di Tassorosso che avevano reso la pozione un macigno bluastro e dall’odore pungente, quindi il trio Serpeverde avevano tutta la libertà di parlare senza che lei potesse detrarre i punti ottenuti.
Kyron sorrise, accettando con sicurezza, non temendo in un rifiuto da parte di Amèlie. I suoi sguardi erano stati chiari, avevano parlato per lei e inoltre dopo la faccenda di quella mattina, Kyron non poteva rifiutarsi. Avrebbe destato troppi sospetti quel suo sentirsi completamente disinteressato nel mostrare a Drake che Amèlie non aveva attirato su di sé un interesse tale da rischiare. Ma doveva farlo, così che Drake avrebbe dimenticato del tutto l’articolo di Maggie May. Etichettò le ampolle piene della pozione per poi ritornare a guardare l’amico che lo punzecchiava con lo sguardo. Avrebbe accettato, dando conto alla piccola percentuale di ritrovarsi a pulire i sotterranei in compagnia del vecchio Gazza.
“A fine lezione ti dimostrerò che non lo sarà per molto” il dado fu tratto e Drake sorrise divertito: avevano dato a quella mattina noiosa un pizzico di novità.
 
 
A fine lezione Drake, Kyron e Kenny lasciarono che l’aula si svuotasse e l’assistente di pozioni prendesse posto dietro la scrivania, per analizzare le pozioni e valutare il lavoro degli studenti. Kyron scrutava Ameliè, architettando un modo per farla cedere totalmente e far si che i pensieri-comunicati poco- potessero concretizzarsi e dare prova a Drake che l’interesse che aveva per Kyron non era stato notato solo da lui.
“Io vi aspetto fuori, non ho intenzione di restare in quest’aula ancora per molto. Puzza come un banco dei pesci” Il primo ad abbandonare l’aula fu Kenny che sentiva quell’odore disgustoso anche sugli abiti: avere odore di pesce addosso non era una sua priorità e inoltre aveva l’umore sotterrato sotto le suole delle scarpe. Quella mattina Bree Potter gli aveva sferrato un coltello in pieno petto e non riusciva a ricucire quella ferita che bruciava fastidiosamente.
“Allora, Kyron? Devo aspettare ancora per molto” Drake era sicuro che sarebbe uscito dall’aula con la sconfitta stretta in pugno e non vedeva l’ora di assistere alla scena in cui Kyron sarebbe stato cacciato con insulti.
Kyron si sistemò la borsa in spalle e si avvicinò all’assistente con andatura sicura, pronto a mettere in mostra la sua improvvisazione.
“Professoressa Ameliè, volevo chiederle qualche chiarimento per quanto riguarda la pozione” Drake soffocò una risata ma si incamminò verso la porta, per non destare maggior sospetti in Ameliè che non appena alzò lo sguardo guardò prima lui e poi Kyron che intanto l’aveva raggiunta.
“Avete fatto un lavoro eccellente. Cosa bisogna chiarire?” Posò la penna a piuma d’oca sul foglio di pergamena e irrigidì ogni tratto del volto. Stava mostrando la sua natura tiranna e non quell’interesse notato da Kyron.
Drake lesse la vittoria sul volto della professoressa e leccando la gustosa vittoria uscì di scena, chiudendo di poco la porta. Avrebbe raccontato tutto Kyron quando sarebbe stato cacciato fuori e Drake avrebbe gustato il suo volto affranto.
Kyron si sentì maggiormente a suo agio con Drake uscito fuori di scena e ammise le sue colpe, con un delicato ma efficace sorriso sornione.
“Scusa banale, lo so. In realtà volevo parlarti” Cambiò tono e anche gergo. Si rivolse a lei come ad un’amica e questo dettaglio sembrò infastidirla.
“Di cosa, signor Nott” Restava sulla difensiva: rigida e formale, non aveva alcuna intenzione di lasciare uno spiraglio di speranza aperto per Kyron.
Il serpeverde si accomodò accanto a lei, e depositò la borsa ai suoi piedi, alleggerendosi dal carico dei libri e lasciando solo il carico del rischio a tenerlo teso. Non era la solita ragazzina con la quale era solito parlare: in quel caso sarebbe bastato solo il sorriso, qualche parola simpatica e in pochi secondi se la sarebbe ritrovata appiccicata alle gambe come un mollusco. Ameliè era fiera e tenace e forse di persone che si volgevano a lei con un certo interesse ne aveva incontrate troppe, abbastanza da poter tenergli testa.
Kyron non sapeva cosa dire, riusciva a metterlo in agitazione, ma le scommesse erano state aperte e lui doveva continuare. Azzardò, azzardò molto, e lasciò che i suoi gesti parlassero. Le poggiò una mano sulla gamba, coperta dalla sottile gonna di seta. Tratteneva lo sguardo su di lei, e con la mano che scivolò sotto la gonna, fece scivolare anche lo sguardo alle labbra. Le vide tremare leggermente quando riuscì a sfiorare gli slip in merletto, e sorrise convinto della vittoria.
“Di quello successo settimane fa. Non abbiamo avuto modo di parlare” Il bacio era stato cancellato nel giro di qualche giorno, impegnato a pensare ad altro. Ma quale scusa migliore per poter restare in quell’aula e non lasciare che Ameliè lo cacciasse fuori e magari lo mandasse dal Preside per quel gesto azzardato e irrispettoso.
Ameliè sembrava tranquilla, ma le labbra, il fiato corto, la pelle d’oca intravista sul collo scoperto , la tradì e lasciò a Kyron il permesso di azzardare ancora di più. Con un dito spostò la stoffa degli slip e accarezzò la pelle liscia.
“ Non abbiamo tanto da dirci” Anche il tono utilizzato era un chiaro segnale che Ameliè stava provando esattamente ciò che prova qualsiasi donna che fosse stata toccata esattamente nei punti giusti.
Kyron sorrise, privo di parole. Aveva avuto la sua vittoria, e sapeva che Drake li stava ascoltando e vedendo. Si staccò da lei, e sottrasse la mano dalle sue zone nascoste, pronto ad andarsene. Ma Ameliè fu veloce e non lasciò che potesse opporsi. Lo fermò per un braccio e agilmente si sedette su di lui, a gambe aperte e le loro labbra si unirono in un bacio che non aveva nulla di casto. Kyron sembrò del tutto dimenticare della scommessa e lasciò al suo corpo la libertà di esprimersi come meglio volesse. Le sue mani, fameliche, scivolarono sulla schiena per poi alzare la gonna completamente e stringerle il sedere coperto da un sottile strato di stoffa. Lasciò che Ameliè gli sbottonasse la camicia, quasi strappandola e con un leggero movimento della mano, sigillò completamente la porta, lasciando Drake con la bocca spalancata e una sconfitta che avrebbe dovuto pagare.
 
 
 
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Mya aveva trascorso gran parte del pomeriggio a scappare da qualsiasi sguardo curioso, con Maddy che nella sua fragilità aveva sferrato ad ognuno di loro sguardi di disapprovazione, comunicando che qualunque cosa si albergasse nella mente e nel cuore dell’amica non era affar loro. Ma nulla era bastato; L’articolo di Maggie May aveva attirato su ognuno di loro attenzione, esattamente come aveva auspicato l’autrice, e nessuno era in grado di scrollarselo da dosso.
“Vorrei prendere quella stupida di Maggie May e dirle quanto è stupida” Si erano rifugiate sulle sponde del lago nero, con il vento che pizzicava il volto e l’odore pungente delle alghe che inondava l’aria. Un sassolino balzò più volte sulle sponde del lago e Mya sorrise, flebile, apprezzando lo sforzo di Maddi nel rassicurarla.
“Non saresti in grado di fare del male nemmeno ad una mosca. Sei innamorata di mio fratello, che è la persona più fastidiosa di questo mondo. Non sei credibile, Diggory” Maddy arrossì essendo stata smascherata ancora una volta dalla sua migliore amica e solo da lei. Nel suo articolo Maggie May non aveva citato dell’incontro tra lei e Drake, forse perché il suo occhio vigile non aveva dato abbastanza importanza a lei, che restava nell’ombra a causa della sua estrema timidezza.
Non le dispiaceva restare nell’ombra ma vedere Mya essere messa sotto torchio in quel modo la colpiva come se fosse stata lei il soggetto di quel lungo articolo che aveva solo portato dispute.
“Maggie May è in grado di farmi provare odio, e una mosca è molto più sopportabile di lei. Sono anni che tormenta ognuno di voi e non è giusto” Lo pensava davvero. Da quando ognuno di loro aveva messo piede ad Hogwarts la rivista “Mogue” era giunta puntuale per cronometrare ogni vicenda, accanendosi maggiormente sul trio Serpeverde che per molto tempo aveva attirato l’attenzione di tutti su di sé. Ma con il passar del tempo la misteriosa Maggie May aveva deciso di non dedicare le sue giornate solo a loro e puntare altrove, esattamente come quella mattina.
“Kyron sapeva da tempo quello che provo per lui, e Drake lo ha sempre sospettato. Ma non ha voluto dargli peso…. Sono solo una ragazzina per loro.”  Sospirò, sentendo le sue parole farle solo del male. Essere considerata sempre e solo una ragazzina, da proteggere, da tenere sotto una teca di cristallo affinché il suo cuore non fosse distrutto. Lei era stanca di quella protezione che non aveva mai chiesto; Voleva rischiare, voleva inciampare tante volte e ricucire le sue ferite con le sue forze.
“Sono stanca Maddy! Voglio che mio fratello riconosca che sono cresciuta e Kyron….Che vada all’inferno!” Si alzò di scatto, spaventando la povera Maddy che quasi cadde con la schiena sui sassolini della riva. Mya aveva lasciato a Drake troppo spazio nella sua vita, spazio che aveva ridotto giorno dopo giorno, portandola a negarsi anche delle più piccole gioie. Gli voleva bene,di ciò non aveva mai avuto dubbio, ma era giunto anche il momento che suo fratello la lasciasse andare. E Kyron…. Kyron era capace di farla tremare, di farle  sentire l’adrenalina, a sentire la felicità simile a quella provata quando si assaggia un dolce appena sfornato, quando dopo giorni di pioggia arriva il sole. Ma non poteva restare lì ad attendere la sua risposta; Risposta già giunta con il suo silenzio. Mya era pronta a rinventarsi e crescere.
 
 
 
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I muscoli di Dakota erano completamente tesi, aveva trascorso gran parte del giorno con la schiena piegata e la testa completamente immersa nei libri. Aveva annullato gli allenamenti, non avendo voglia di incontrare nessuno della squadra, compreso Regan che la sera precedente aveva fatto intendere qualcosa che lei avrebbe preferito non sapere e adesso il suo corpo si ribellava a lei, chiedendole di volare almeno per cinque minuti, nient’altro, ma lei continuava ad ignorarlo. Era quasi ora di pranzo, le lezioni erano state abbastanza faticose, semplicemente perché Alyson era seduta a pochi passi da lei e l’intero Team dalla sua parte non l’aveva risparmiata. Vociferare continui, occhiate feroci e risatine di scherno avevano seguito Dakota per tutto il giorno e l’unica soluzione era stata quella di rintanarsi nel buio della biblioteca e immergersi nei libri. Alyson non aveva parlato contro di lei, restava indifferente alla sua presenza, a differenza delle amiche che conducevano il gioco sporco per lei. Ma Dakota si era ripromessa che la sua rabbia, la delusione che portava avanti da tre anni e che la logorava, l’avrebbe trattenuta anche a costo di farsi del male.
Si stiracchiò per bene, sentendo scricchiolare ogni muscolo del suo corpo. Guardò fuori dalla finestra e il cielo scuro e sereno erano una meraviglia. Un ammaliante scenario che chiedeva di essere sfiorato, di essere vissuto dall’alto e non dal basso della terra. Se Dakota avesse preso la sua “Spirit 700”, un regalo del padre che fieramente gliela aveva concessa, creata appositamente per lei, non avrebbe toccato più terra.
Si alzò, ormai stanca di quell’aria chiusa e soffocante. Avrebbe trascorso la sua serata tra il vento e le nuvole, con il silenzio a farle da compagno. Se doveva decidere di nascondersi, lo avrebbe fatto nel suo luogo d’origine: il cielo. Mise tutto nella borsa distrattamente e si incamminò verso l’uscita, ma i suoi timori affiorarono di fronte a lei. Alyson si scontrò con lo sguardo stanco di Dakota e non negò l’espressione arrabbiata che aveva nascosto tutto il giorno.
“Dakota, come mai in biblioteca?” Le labbra di Alyson si assottigliarono  alla vista di Dakota: più fastidiosa di un suono stridulo.
“Studiavo” La risposta fu secca, veloce, quasi uno strappo doloroso che sperò essere abbastanza da farle comprendere che non aveva alcuna voglia di restare lì a parlare con lei; nel ricordare ciò che aveva visto quella mattina e ciò che aveva dovuto assistere per anni. Fece per andarsene, passandole accanto con la massima fretta ma Alyson le si parò avanti, con il fuoco ardente della rabbia che quasi l’avvolgeva.
“Dobbiamo parlare” Alyson partì spedita senza preamboli inutili. La testa di Dakota divenne pesante e si sentì le colpe pesarle, una ad una. Tutta la sua giornata era stata soggetta a quella colpa, con un misto di rabbia e forte delusione che non smettevano di tamburarle la testa. Si sentiva delusa da Noah, arrabbiata con Alyson e in colpa con sé stessa e con entrambi. L’articolo di Maghi May era stato devastante e Dakota non riusciva a non sentirne il peso. Poteva mostrare il peggior lato di sé, preferiva che gli altri pensassero alla sua insensibilità, alla sua strafottenza, preferiva che gli altri conoscessero di Dakota solo quella parte e nascondeva per bene, sotto cumuli di occhiatacce e severità la dolcezza che non riusciva a mostrare con chiunque e l’unica persona che aveva, per un attimo, lieve ma intento, assistita adesso aveva tirato il suo peggio. Trattenne lo sguardo glaciale, rude, impassibili. Si rese neutrale, spense ogni espressione di tristezza che i suoi lineamenti avrebbero potuto mostrare e incrociò le braccia al petto pronta ad ascoltare la sfuriata da parte di Alyson che sembrava sul punto di esplodere. Era un accumulo di odio puro, di rabbia e gelosia che attendeva solo la scintilla per scoppiare del tutto e scaricare su di lei ogni cosa. Ma non accadde; gli occhi di Alyson divennero cupi, tristi. I lineamenti si addolcirono e le sue mani si intrecciarono a quelle di Dakota in un gesto di preghiera disperata.
“L’articolo di Maghi May ha solo portato trambusto. Sono consapevole che né tu e né Noah potreste colpirmi alle spalle. So che Noah mi ama e che voi siete stati amici, e adesso non lo siete più. E sono consapevole che ci siamo comportate da bambine capricciose ieri notte” Dakota era rigida, immobile e le mani di Alyson erano fastidiose. Tentò di trattenere la voglia di sottrassi con furia e scappare via, ma rimase lì.
“Quindi, Dakota, ti chiedo una tregua. Non ho mai avuto intenzione di colpirti e sottratti Noah. Non è stato fatto con cattiveria e ti prego di non essere arrabbiata con me per le sue scelte, e nemmeno con lui, per aver seguito il cuore” Avrebbe infilzato in bocca a quell’ipocrita una manciata di inchiostro e carta così da zittirla definitivamente. Ma lasciava che Alyson continuasse a parlare con quella dolcezza pungente, con quelle parole pronte a colpire come spade.
“Non odiarmi più…Fallo per Noah” Fu abbastanza, Dakota aveva lasciato che Alyson parlasse troppo per farla sentire uno straccio. Si slacciò dalla sua presa e forzò ogni muscolo del volto per accennare un sorriso che le fece male, male al cuore.
“Hai ragione, Alyson. L’articolo è stato scritto solo per creare trambusto. Sicuramente Maggie May aveva voglia di vedere qualche zuffa. Mi dispiace averla delusa! E hai ragione, siamo state delle sciocche. Io non ho nulla né contro di te ne contro Noah; anzi, sono davvero contenta che il vostro amore è cosi forte da non lasciarsi influenzare da sciocche dicerie. Puoi star certa che non odio né te e né Noah e che da oggi in poi non accadrà nulla più che potrebbe far credere il contrario” Dakota aveva deciso di abbassare la testa e lasciare che Alyson le si poggiasse sopra. Aveva sfoderato la bandiera bianca della resa, una resa che era stata guidata dalla delusione e consapevolezza che non sarebbe cambiato mai nulla.
“Quindi possiamo definirci amiche?” Alyson divenne radiosa, ma non per l’ipotesi che Dakota avrebbe accettato la sua amicizia; divenne radiosa per quella vittoria, per aver scorto una lieve nota di dolore.
“Si, certo” Fu difficile accettare, un boccone troppo amaro da mandare giù, un dolore troppo laucinante per essere colmato o medicato. Ma accettò e sorrise nella totale finzione.
 
 
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Maddi si guardava la punta delle scarpe con aria del tutto assente. Era preoccupata, tremendamente preoccupata per Mya. Era riuscita a starle dietro fin quando i Tassorosso e i Serpeverde avevano potuto condividere la stessa aula, ma dopo di allora l’aveva persa di vista non accertandosi come stesse. Molte lezioni di Ebologia erano tenute il pomeriggio, e i Tassorosso, più di altri, dovevano trascorrere molte ore all’interro della serra in modo che molte piante, potessero essere analizzate quando il crepuscolo donava loro riposo. E quindi i suoi doveri l’avevano tenuta lontano dal sapere come stesse la sua migliore amica. E la preoccupazione l’aveva distratta, tanto che aveva quasi distrutto un vaso con una rara pianta a cui la professoressa Sprite teneva particolarmente.
Si guardava le scarpe, in attesa di vederla arrivare e poter cenare insieme e magari parlare e rassicurarla che anche per lei la giornata era finalmente finita. Era passata senza effetti collaterali.
Gli studenti si accalcavano all’entrata della Sala Grande che emanava un dolciastro e invitante profumo di cibo e lo stomaco di Maddi iniziò a brontolare, in attesa di essere riempito con qualcosa di buono.
Maddi ticchettò distrattamente il piede sulla pietra fredda, annoiata e preoccupata della tarda venuta di Mya e scorse con lo sguardo l’agglomerato di studenti che le passavano accanto senza degnarle di attenzione: Maddi ne era abituata e non le pesava essere ignorata come se fosse un fantasma. Mirtilla Malcontenta aveva molto più notorietà di lei, ma fin quando avrebbe avuto Mya, quegli sguardi estranei che la fissavano come se fosse appena arrivata ad Hogwarts, le scivolarono addosso come acqua. Si lisciò i lunghi capelli color carota e stringendo una ciocca tra i capelli si perse in quella folla di studenti, aspettando di riconoscere lo sguardo di Mya. Ne passavano tanti, tutti diversi e lei si lasciò coccolare dalla mente che iniziò a formicolare piccoli pensieri quasi impossibili: fluirono sogni ad occhi aperti che le fecero sorridere. Ricordò ciò che era accaduto la sera prima, la lieve occasione di lasciarsi notare da Drake. Quante volte aveva sognato quel momento, in mille modi, in mille occasioni. E la festa organizzata la sera precedente era stata una lieve possibilità che le era sfuggita tra le mani; ma per un attimo era stato bellissimo. Si dondolò da un piede all’altro, sorridendo tra sé e sé, sentendo gli occhi di Drake ancora addosso. Sentì le guance arrossire e quel sogno che stava completamente conducendo Maddi al di fuori da Hogwarts sembrò materializzarsi. Lo vide, da solo, con il suo meraviglioso sorriso che gli creava le dolci fossette, che assottigliava il volto che lo rendeva splendido. Aveva la divisa messa male, come al solito e la borsa quasi traboccava dal disordine e … GUARDAVA LEI. Maddi battè più volte le palpebre, credendo di dissolvere quella visione quasi irreale, ma non accadde. Drake si avvicinava e guardava lei, sorrideva a lei, finalmente l’aveva riconosciuta. Cosa le avrebbe mai detto? Aveva un sorriso che comunicava felicità di vederla, che Maddi non riusciva a decifrare. La guardava e Maddi sentì il cuore perdersi completamente in una miriade di battitti che temette di svenire. Le gambe divennero molli e non aveva idea di cosa avrebbe detto. Che cosa le avrebbe detto? E lei come doveva rispondere? Un tono pacato, dolce, poche parole o tutto? Maddi aveva un caos nella sua testa e il cuore batteva cosi forte che temette di farlo sentire all’intera scuola. Si mise sull’attenti e quando le fu vicino sorrise e alzò la mano, decidendo che lei avrebbe salutato per primo, per comunicarle la gioia e l’attesa di quel momento. Ma Drake la superò e la sua voce non la raggiunse.
“Devo aspettare ancora molto?” La voce di Tyra era infastidita e Maddi si voltò d’istinto accettando quella realtà: Drake la stringeva tra le braccia e tentava di baciarla mentre lei fingeva dissenso per quel ritardo.
“Ho avuto un problema, ma adesso sono qui” Le parlava come non avrebbe mai parlato a lei. Maddi si sentì una stupida, arrossì per la vergogna: come aveva potuto pensare che Drake potesse riconoscerla? Come aveva pensato che tutto quello era per lei? Che stupida, pensarlo anche per pochi secondi. Che stupida nello sperare ancora. Lei era invisibile agli occhi di tutti e anche ai suoi occhi.
Si voltò di scatto temendo di incrociare lo sguardo di Tyra e dover giustificare le lacrime che salirono incontrollabili. Perché doveva avere quelle speranze tanto utopiche e rimanerci male ogni volta? Perché il suo essere indifferente ad un’intera scuola non le faceva cosi male come le faceva male l’essere ignorata solo da una persona? Che stupida…
“Diggory credevi davvero che Drake potesse posare gli occhi su di te? “ Qualcuno aveva visto tutto e Maddi saltò asciugandosi frettolosamente le lacrime.
Aisha Pucey le era di fronte e sul volto aveva scherno. Aveva assistito a tutta la scena e adesso la derideva senza scrupoli. Swami Sun l’affiancava ridendo senza rimorso, senza nascondere quanto era parsa ridicola di fronte ai loro occhi. La gola di Maddi si seccò completamente e lo stomaco si contrasse per la vergogna. Non aveva alcuna parola da usare per difendersi, aveva solo quelle stupide lacrime che riemersero.
“Guardati, tesoro. Sei uno scheletro. O meglio: un fantasma e Drake ha occhi solo su chi può farlo risplendere. Se ci fossi tu accanto a lui, lo renderesti invisibile esattamente come te” Swami le si avvicinò e le sfiorò il viso, pescando una lacrima.
“Oh guarda, Aisha! Piange” Le loro risa si mischiarono e Maddi avrebbe desiderato tanto svanire come fumo. Sparire insieme alla polvere del castello e non sentire quella vergogna spogliarla completamente. Perché era tanto stupida? Sentiva il bisogno di Mya, aveva bisogno di lei. Ma le due Serpeverdi si dileguarono troppo presto e lei fu lasciata sola. Si asciugò le lacrime frettolosamente, avendo scorto Mya e Bree farsi strada insieme agli ultimi studenti. Cercò di calmarsi e nascondersi.
“Scusami tanto Maddi. Ma ho avuto un problema con la bibliotecaria; Non voleva rilasciarmi un manuale di Trasfigurazione, che stupida” Sembrava serena Mya e Maddi non le avrebbe rovinato la giornata. Sorrise, sforzandosi nel non piangere. Bree però fu attenta.
“Ehi, tesoro, tutto bene?” Le carezzò dolcemente il volto, notando che il solito candore della pelle era leggermente striato di rosso. Maddi annuì frettolosamente ma questo destò sospetti in Mya che assottigliò lo sguardo.
“Cosa è successo Maddi?” Non avrebbe parlato, non avrebbe rovinato la giornata a Mya. Sapeva che avrebbe reagito impulsivamente e che per colpa sua avrebbe litigato con suo fratello. No, non poteva farle quello, soprattutto dopo quella giornata intensa. Sorrise, strofinandosi il volto.
“Sono stanca e ho una fame da lupi! Non è accaduto niente, davvero” Strinse le mani ad entrambe e ritornò dolce nascondendo quel segreto con cura.
“Maddi se è successo qualcosa tu devi dirmelo.” Mya insisteva, perché sentiva che la sua migliore amica, la sua dolce amica, aveva qualcosa bloccato in gola che stringeva fortemente. Maddi scosse di nuovo il capo.
“Non è nulla davvero, va tutto bene” Le strinse ancora di più le mani, sperando che lasciasse perdere. Mya la guardò ancora e Bree anche, sperando di leggere qualche altro segno; ma nulla. Mya la strinse d’istinto, sperando che quel gesto le avrebbe comunicato fiducia. Ma non accadde, Maddi rimase zitta.
“Andiamo, che ho fame” Bree spezzò il silenzio sospettoso e prima di tirarle con sé si voltò d’istinto, venendo attirata da rumori di passi provenienti  alle loro spalle: Kyron e Kenny parlavano silenziosamente, passeggiando quasi. Bree sentì un leggero pizzico all’addome e Mya divenne cupa, spegnendosi completamente. Kenny alzò lo sguardo per un attimo di fronte e il modo in cui guardò Bree non portava la sua firma. Gli occhi di Kenny erano stanchi, lo si poteva notare, magari anche la sua giornata era stata stancante, tra lezioni e compiti. Ma il modo in cui la guardò avvenne con qualche luce diversa. Sembrava dispiaciuto di vederla lì e quel sorriso leggero era immerso in dolcezza amara: come quando un evento che non puoi cambiare, sul quale non hai alcun potere ti travolge e non si può fare altro che accoglierlo con l’amaro in gola. Non le dedicò alcuna teatralità solita, la sua voce non fu squillante o allegra, i suoi occhi non furono accesi da alcuna luce: Kenny salutò Bree come se di fronte a lui ci fosse una comune amica.
 Kyron alzò appena lo sguardo su Mya che voltò di scatto lo sguardo e lui ritornò a raccontare quel che aveva da dire con tanto segreto a Kenny. Bree si sentì completamente estraniata. Le solite teatralità di Kenny si erano dissolte completamente. Era serio, troppo serio. Era stato silenzioso e impassibile e Bree ebbe un leggero crollo all’altezza del petto.
 
 
 
 
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La sua “Spirit 7000” tagliava il vento e lei conduceva le danze con tale eleganza che sembravano un tutt’uno. Perfetta, leggera, forte e veloce, la sua era una delle scope migliori che un semplice studente potesse permettersi. Il padre aveva tentato in tutti i modi di introdurre una scopa professionale, ma le regole della scuola erano state chiare con il signor Malfoy: “Il quidditch ad Hogwarts è solo un passatempo per gli studenti e deve esserci una parità, il talento è una variabile che potrebbe differenziare ognuno di loro.Quindi ognuno di loro devono avere la possibilità di utilizzare scope di secondo livello, in modo che il gioco sia equilibrato e resti semplicemente un gioco”; quelle erano state le parole del vecchio Silente, che aveva trovato il suo ex studente uguale a 17 anni prima. Nulla era cambiato e quel gene caparbio era stato trasmesso con talento a Dakota che era riuscita a conquistare la squadra e anche attirare l’attenzione di qualche club di Quidditch femminile che aveva assistito “ per caso” a qualche partita. Forse un giorno anche lei avrebbe volato negli stadi illuminati, sentendo l’acclamazione dei tifosi, sentendosi viva su quell’altura dove nessun pensiero era tanto bravo da riuscir a volare fin lassù.
Sfrecciò e tagliò con la coda della scopa nuvole e vento, ma il vento freddo che si levò e le luminose stelle le fecero notare che aveva toccato il cielo per troppe ore e sicuramente era scattato il coprifuoco e lei doveva rientrare. Rimase sospesa, immobile, con le gambe penzolanti e le mani strette saldamente al manico. Il vento di settembre portava un po’ di gelo dell’inverno che era prossimo a giungere ma il paesaggio che si apriva di fronte a lei era un particolare che non poteva tralasciare. Il lago nero che si estendeva immenso, la foresta proibita buia e silenziosa, la serra, le torri in lontananza illuminate ancora. Quella brezza sul volto. Era la sua pace, la sua parte di paradiso che la strappava via da ogni inquietudine, anche sé, ricordi la sommersero violenti senza che lei potesse controllarli.
Potter non sai nemmeno cavalcare una scopa! E vorresti entrare nella squadra? Patetico!” Dakota e Noah quella notte avevano rubato delle scope, riuscendo a eludere la sorveglianza del vecchio custode grazie all’aiuto della Mappa del Malandrino ereditata da suo padre, con tanto di Mantello dell’invisibilità che aveva coperto alla perfezione i due studenti, rendendoli invisibili agli occhi di tutti.
“Stai zitta Malfoy! Che nemmeno tu sei tanto brava! Ho saputo della lezione di volo e come hai scaraventato la scopa in testa ad Alyson Balby” Erano ancora con i piedi che toccavano il terreno del campo ma entrambi erano pronti a spiccare il volo, nonostante entrambi non potevano ancora fare richiesta nel far parte della squadra. Dakota era appena giunta ad Hogwarts e il giovane Potter stava attendendo le selezioni della squadra di Quidditch dei Grifondoro.
“Non è stata mia intenzione, era avanti a me e mi è caduta dalle mani” Dakota giustificò quel suo gesto con un alzata di spalle, sorridendo malandrina. Quella ragazza piagnucolava troppo e aveva piagnucolato ancora prima di spiccare il volo.
“Basta! Vuoi aiutarmi oppure no?” Noah cambiò subito discorso, prendendo dalla tasca il piccolo boccino, il primo acciuffato da suo padre che gli era stato dato in dono per incoraggiarlo a seguire la sua strada. Aveva chiesto aiuto a Dakota affinchè lo aiutasse ad entrare nella squadra. Conosceva la storia di suo padre e come per caso, grazie ai dispetti del padre di Dakota, era entrato a far parte della squadra di Quidditch. Harry Potter adorava raccontare quella storia ai due ragazzi,soprattutto in presenza di Draco che storceva il naso ogni volta che aggiungeva i ringraziamenti per quell’intento che era stato fatto per altro, ma non aveva ottenuto i risultati auspicati.
“Al mio tre, Potter…Uno, due e tre…” Si diedero una spinta e si levarono per qualche metro. Il boccino fu liberato ed entrambi, con l’utilizzo del loro semplice talento e poca esperienza sfrecciarono lungo il campo. Dakota odiava il ruolo da Cacciatrice , ma Noah le aveva chiesto quel piacere e lei non aveva potuto dire di no, anche se per strapparle quel piacere Noah aveva dovuto inseguirla per una settimana intera. Ma aveva sempre saputo che Dakota avrebbe accettato senza indugio.
Volavano uno affianco all’altro, spalleggiandosi, spingendosi dispettosamente ma con sempre il sorriso radiante stampato sul volto. Entrambi si sentivano vivi, entrambi sentivano il vento scorrere sulla pelle e i loro sorrisi erano identici. Dakota sfrecciava avendo perso di vista lo scopo e Noah riuscì a prendere il boccino e “vincere”.
“Sei scarsa Malfoy! Ho vinto ancora” Stringeva il boccino tra il pollice e l’indice, fiero di quell’ennesima vittoria e Dakota rispose con un’alzata di spalle.
“Io sarò un battitore, non mi interessa acciuffare quello stupido coso” Aveva assistito alle partite e il ruolo di Battitore era sempre stato il suo scopo. Lui deteneva il destino della propria squadra, proteggendo le spalle ad ogni componente, comunicando ad ognuno di loro “ Tranquilli, ci sono io”. Quello sarebbe stato il suo ruolo e lo avrebbe ottenuto con successo.
“Sei solo invidiosa, Dak! Ho vinto, ho vinto!” Noah alzò le braccia in segno di vittoria, fingendo di essere di fronte ad un pubblico di adulatori, congratulandosi con tifosi immaginari. Dakota gli volò accanto e acciuffando il boccino in un attimo di distrazione.
“Oh, guarda! A quanto pare potrei anche io fare domande per diventare cercatore. Sono sicuramente più brava di te” Se lo passò da un mano all’altra e guardava Noah con sfida. Noah sorrise con la forza e la sfida nel volto.
“Ridammelo Malfoy” Urlò, fingendosi adirato. Ma il suo sorriso lo tradiva.
“Potter, vieni a prendertelo” Dakota Strinse maggiormente la presa intorno al manico e con facilità voltò le spalle e si levò maggiormente, sempre più in alto.
“Dak non salire troppo, è pericoloso” Dimenticò il boccino ma temette per l’incolumità dell’amica che si levava sempre più in alto.
“Sei un fifone, Noah! Vuoi essere un cercatore e non riesci nemmeno a staccarti da terra?” Un’ennesima sfida gli fu lanciata e Noah, dopo qualche esitazione, la seguì, salendo sempre più in alto, lentamente, verso il manto stellato che si apriva sempre più ai suoi occhi. Salirono sempre più in alto, lasciandosi tutto alle spalle, sempre più in alto dove il vento freddo tagliava i loro volti, fino a giungere alla giusta altezza per adorare quel panorama che si estese ai loro occhi meravigliati…..
 
 
 
Dakota si asciugò le lacrime e dissolse quel ricordo come dissolse le speranze. Diede le spalle al suo panorama e ritornò verso il basso. Scorse in lontananza una figura che si faceva largo fino a giungere nel punto in cui Dakota aveva lasciato le sue cose. Per un attimo la Corvonero fu invasa dalla speranza di rivedere i colori Grifondoro, ma quando scorse il volto di Regan, fu inavasa dalla delusione.
“Sapevo di trovarti qui” L’accolse con il sorriso, mentre lei mise piede sul terreno. Gli sorrise lievemente, avendo ancora il malumore che giostrava ogni suo gesto.
“Non avevo fame, e poi è una bella serata” Dakota aveva saltato la cena e quella sera era limpida come una malinconica sera d’estate. Regan si apprestò ad aiutarla a mettere la scopa in spalla e le prese la borsa.
“Non nascondere che sei triste. Non sei mai stata brava a nascondere i tuoi sentimenti” Le rivolse un sorriso dolce e Dakota si sentì nuovamente a disagio come la sera prima. Alzò le spalle, silenziosa e fece per andarsene ma Regan la fermò prendendola per mano.
“Dak, devo parlarti” Gli occhi scuri divennero seri e rigidi e Dakota temette di ascoltarlo. Qualunque cosa le avesse detto lei non sapeva come rispondergli. Non aveva mai pensato di ritrovarsi in imbarazzo di fronte a Regan, ma quella sera sentiva il volto caldo nonostante si trovassero all’aria aperta e gli occhi di Regan erano disagianti.
“Sei nuovamente ubriaco?” Gettò dell’ilarità al momento ma Regan non riuscì a coglierla. Rimase serio e fermo con la mani che stringevano nervosamente le sue.
“Non scherzare Dak. Ieri sono stato uno stupido, ma non prendermi in giro” Rifecero ritorno alla sera prima e come in pochi minuti Regan aveva fatto comprendere a Dakota ciò che era stato in grado di nascondere per tre anni.
“No, non avevo intenzione di farlo. Solo che….” Ingoiò forzatamente. Avrebbe rovinato la squadra, avrebbe rovinato il bel rapporto che si era istaurato con ognuno di loro. Voleva che Regan non parlasse. Ma lui era deciso, forse incoraggiato dall’alcol della sera prima, dagli altri del gruppo. Incoraggiato dal fatto che quello sarebbe stato l’ultimo anno e non avrebbe avuto più un’occasione del genere.
“Regan non credo che sia un’ottima idea”Dakota non voleva che parlasse perché se lo avesse fatto avrebbe rovinato tutto. Regan però non si lasciò influire da lei, aveva intenzione di parlare, adesso, prima che si sarebbe pentito di non aver parlato, prima di sentire il rimpianto tamburellargli le tempie.
“Io credo di si invece. Mi piaci, Dakota. Mi sei sempre piaciuta, da quando hai messo piede nella squadra e hai sostituito Jared. E ho sempre cercato di tenertelo nascosto per amore della squadra. Ma adesso, che sono al mio ultimo anno, adesso che…. Tra te e Noah non è più come prima” Dakota si sottrasse dalla sua presa con rabbia. Era stanca di sentire il suo nome, di farsi associare a lui da chiunque.
“Anche tu con questo Noah. Perché mi dovete tutti associare a lui? “ La rabbia accumulata nel corso della giornata emerse, fino a colorarle il volto, fino a farla urlare.
“Dakota ascolta! Mi piaci! Mi sei sempre piaciuta, non mi interessa di Noah! Ieri sera Alexander mi ha tartassato tutta la sera e ho dovuto ubriacarmi per venirti vicino. Eri splendida come lo sei sempre stata e io prima di andarmene, prima di non poterti vedere più dovevo dirtelo. Mi piaci, mi piaci per come sei anche se tutti gli altri non fanno altro che dire che hai un carattere difficile, che sei una tiranna, che non hai cuore. Mi piaci perché tu non sei cosi, io ti conosco come ti conoscono i ragazzi della squadra e sappiamo che tu sei tutt’altro che questo ed io…dovevo dirtelo” La raggiunse nuovamente con le mani e la tirò a sé. Rimase a fissarla con il suo sguardo intenso. Serio, sentendo quelle parole vere e permettendo che Dakota si fidasse di lui.
“Sei forte, Dakota. Puoi essere severa, un vero osso duro, ma molte volte hai dimostrato a tutti quanti noi che sei un ottimo capitano e la persona più dolce che si potrebbe incontrare. Lo hai dimostrato sempre! Lo hai dimostrato a me come a tutti gli altri ed io… ti trovo perfetta. E ho aspettato troppo tempo per dirtelo. Ho avuto mille occasioni prima di ieri sera, prima di stasera, e ho sempre rimandato rischiando di perderti. Sono consapevole di ciò che provi e per chi lo provi ma…Potrei essere capace di farti cancellare questo sguardo duro, di farti cancellare la tua rabbia, se solo me lo permettessi…” Dakota sentì il suo cuore, arrugginito e ringrinzito, deluso e quasi distrutto, prendere moto. Iniziò a scalpitargli in petto e improvvisamente si ritrovò nuovamente una comune studentessa senza la maschera che aveva indossato tre anni prima. Si sentì denudare, completamente, e rimase a fissare il volto di Regan che rimaneva fisso su di lei, non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi. Dakota fu invasa dalla paura, improvvisa paura di quelle parole. Qualcun altro l’aveva vista ma lei era rimasta per troppo tempo concentrata altrove da non notarlo. Regan era bello, un ottimo amico e compagno di squadra. Era intelligente ed ironico, era allegro e nessuna ad Hogwarts non si era immaginata al suo braccio un futuro. Era l’emblema della tranquillità, della sicurezza, del romanticismo. Aveva un volto tranquillo e sereno, suscitava bene, emanava solo bene. E lei era rimasta lontana da tutto ciò solo per concentrarsi sul suo dolore. Ma non sapeva se tutto quello era abbastanza da considerare le sue parole come reciproche. Rimase in silenzio e lui comprese altro. Si sporse verso di lei, e Dakota fu invasa dal panico: stava per baciarla, il suo primo bacio, quel bacio sognato con un altro volto, con un altro profumo. Stava per dare il suo primo bacio ed ebbe paura. Si scostò, con troppa rudezza. Lo spintonò via, strappandogli la borsa dalle mani.
“Regan, no. Scusami…” Calò lo sguardo, colpevole e senza voltarsi indietro accellerò il passo, sgusciando via dal campo, lasciando Regan nello stesso punto.
Regan la vide andar via e comprese che quel gesto avrebbe cambiato tante cose, da allora in avanti.


 


 
 
 

 

Angolo autore: Salve a tutte! Sono ritornata! Mi dispiace tanto aver fatto attendere ognuno di voi per il quarto capitolo, ma duole dirmi che il tempo mi è nemico. Con l’arrivo dell’estate speravo di potermi dare alla pazza gioia scrivendo, scrivendo e scrivendo ma… le uniche cose che scrivo non portano il nome di Fan Fiction. Scusate davvero e spero che questo mio imperdonabile ritardo non vi abbia fatto perdere l’interesse per la mia fiction!
Quindi mi scuso con tutto il cuore.
I primi capitoli hanno avuto il piacere di ricevere recensioni che mi hanno davvero rallegrata! Siete state davvero adorabili, e vi ringrazio con tutto il cuore. Quando ciò che scrivo attira e piace è solo una gioia scrivere per voi.
Ringrazio con tutto il cuore la mia Meds che come sempre è pronta a correggere e darmi una bella spinta quando il mio cervellino si perde completamente e si impappina, inconsapevole di ciò che scriverà. Questa fic è nata anche grazie a lei e non posso ringraziarla di vero cuore.
 
Ringrazio fred_mione98 e mi scuso con lei per non aver continuato a leggere la sua bellissima fan fiction. Appena avrò tempo, andrò con piacere a leggere ogni riga e continua, perché sei brava, DAVVERO.
Ringrazio anche Lil01 che ha lasciato tre recensioni FANTASTICHE. Ho avuto molto piacere nel leggerle e mi scuso anche con te per aver risposto troppo tardi, spero che questo capitolo sia di tuo gradimento e che sia riuscita a farmi perdonare.
 
Detto questo, vi lascio, sperando di ritornare al più presto e con una piccola vittoria che condividerò anche con voi.
Un abbraccio!
Medy <3

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Me and My Broken Heart ***




Elastic Heart

 
V° Capitolo
 
Me and My Broken Heart

 
 
Drake Zabini era l’unico che dell’articolo di Maggie May non aveva sentito alcun colpo. Quella megera nascosta poteva riversargli contro ogni forma di odio e congiure, ma lui avrebbe incassato tutto con il suo perfetto sorriso. Erano passati giorni da quella mattina e gli effetti erano ancora freschi sui volti e sulle bocche dell’intera scolaresca. Lui aveva chiarito con Kyron e si era assicurato che nessun coltello gli era stato piantato alle spalle; aveva scorto su Mya dei lievi cambiamenti d’umore ma nulla di cui doveva farsi una colpa o un tormento. Sua sorella era piccola, forse cotta da un innocente amore adolescenziale ma, fin quando Kyron le fosse stato lontano, Drake non aveva alcun timore. Inoltre il suo caro amico era troppo impegnato con l’assistente di pozioni per preoccuparsi della sua piccola e innocente sorellina, che ormai evitava entrambi come se fossero infetti.
“Anche ieri hai fatto tardi, Nott.” Drake scrutò l’amico con sguardo sospettoso, incastrando Kyron in una discussione che avrebbe preferito tenere all’oscuro abbastanza. Ma le attenzioni dell’amico era riversate interamente su di lui, curioso di conoscere i dettagli di quella tresca clandestina ed estremamente eccitante che stava andando avanti da giorni ormai. Kyron sorrise colpevole, alzando le mani e rendendo preziose le notizie che Drake ricercava.
“Non ho intenzione di parlarne con te. E inoltre, tu non eri contrario?” I corridoi del terzo piano erano colmi di studenti. La prima lezione di Trasfigurazione aveva lasciato gli studenti del settimo anno - Serpeverde e Tassorosso - completamente sfiniti, e Kenny era la manifestazione del duro lavoro che la Mcgranitt - nonostante l’avanzata età - era ancora in grado di impartire ai suoi studenti. Camminava accanto a Drake con la stanchezza che quasi gli serrava gli occhi.
“Ero contrario perché Ameliè è un essere infimo! Ma sono fiero del mio caro amico che ha segnato un ennesimo punto sul tabellone!” Il braccio di Drake gli circondò il collo e Kyron si ritrovò a dover sorreggere il peso dell’amico che radiosamente si complimentava con lui.
“Guardi le donne come se fossero punti di una partita. Non credevo che potessi essere cosi maschilista.” Le parole uscirono strozzate a causa dell’eccitazione che Drake stava manifestando con troppa foga. Lo teneva stretto con un braccio e lo scuoteva aggressivamente.
“Ovvio amico mio e tu hai appena accumulato 500 punti. Hai quasi superato il sottoscritto! Non ho mai avuto una relazione con una docente e dubito che la Mcgranitt possa suscitare in me qualunque forma di interesse. Quindi questa volta hai vinto tu.” Lo lasciò andare per sferrargli qualche pacca sulla spalla, troppo forte per poter essere presa senza rischiare di cadere sul pavimento; ma Kyron rimase in piedi, anche se scosso.
“Non ho vinto niente, Drake. È semplicemente una…. relazione.” Quella parola stonò fortemente alle orecchie dei tre Serpeverde, che storsero all’unisono il naso in segno di disapprovazione.
“Kyron non dirmi che prima o poi la porterai in giro per Hogsmeade a prendere della burrobirra da Madama Piediburro.” Kenny fece il suo ingresso nella discussione, scrollandosi via i forti mal di testa che la lezione di Trasfigurazione gli aveva impiantato con forza.
“Ovvio che no! Per mia fortuna Ameliè non ha pretese. Siamo entrambi d’accordo nel definire questa relazione un puro e semplice divertimento tra due ragazzi coscienziosi e maturi. E quando uno dei due vorrà finirla, nulla cambierà.” Scesero le scale, diretti verso i sotterranei. L’ultima lezione della giornata sarebbe stata Pozioni e Kyron non avvertiva nessuna eccitazione nel dover vedere Ameliè. Oltre alla piacevole vista, Kyron verso la docente non provava altro.
“Questo ragazzo ha superato se stesso! Abbiamo terminato con le relazioni adolescenziali in cui rischiavi di subire stalking e adesso sei passato ad una tipica relazione mordi e fuggi! Sono orgoglioso di te!” Drake frenò il passo e, prendendo Kyron per le spalle, lo abbracciò, facendogli poggiare il capo al suo petto in una posa paterna e affettuosa. Kenny lo guardò con preoccupazione reale stampata in volto, e Kyron condivise la medesima preoccupazione.
“Drake sei davvero preoccupante.” Kyron si svincolò da quella presa e quasi scappò per le scale con Kenny al seguito.
“Sono semplicemente fiero di te. Cosa c’è di male?” Drake seguì i due tenendo ben salda la cartella, che per quanto fosse vuota rischiava di essere persa.
“Non dobbiamo parlarne troppo. Se Maggie May scrivesse una cosa del genere sul Mague sarebbero guai seri.” Anche Kyron, come gran parte degli studenti ad Hogwarts, aveva risentito troppo dell’articolo. Ne risentiva quando incontrando Mya i suoi occhi gli lanciavano frecce velenose che lo colpivano con tale ferocia da sentirne i colpi vivi sulla pelle. Ne risentiva ogni volta che guardando Mya desiderava parlare con lei, sentirla ancora ridere alle sue parole e non sentire quel disagio che lo seguiva come un gatto segue un topo. E ne risentiva quando guardando il suo migliore amico negli occhi non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di colpa, come se Maggie May avesse davvero colto qualcosa che ancora lui non riusciva a cogliere.
“Maggie May è solo una grande stronza a cui piace rendersi le giornate piacevoli. Secondo me è una sfigata che nessuno ha mai notato, bisognosa solo di scaricare le sue frustrazioni e mancanza di sesso su qualcuno, e ha scelto un’intera scuola per farlo.” Drake restava completamente distaccato dalle critiche di Maggie May, intoccabile da quella lingua melliflua e velenosa. Ma non tutti come lui avevano accolto con tale indifferenza il “Mague”.
“Ha recato abbastanza danni, e il semplice fatto che non si mostra a nessuno fa comprendere perfettamente che le sue notizie vengono rese note esclusivamente per creare disagio.” Kenny aveva letto ancora la parte che trattava Bree e ad ogni riga si era sentito un verme. A causa sua Bree era stata catalogata come ipocrita. Era stata messa in dubbio, erano stati messi in dubbio i suoi valori e i suoi sentimenti. Tutto quello a causa sua, che aveva insistito troppo e si era illuso che il sentimento che lui provava per la giovane Potter fosse reciproco.
“Il nostro Kenny sta ancora rivangando sulla giovane Potter. Arrenditi, quella sta con Martinèz e non lo lascerà mai. Sono due anni che ti neghi una qualunque sana scopata, esclusivamente perché sei in attesa che lei venga da te. Amico, fattelo dire, ti stai perdendo il meglio!” Drake attaccò nuovamente con il suo poco tatto. Anche Kyron aveva più volte incitato Kenny a lasciar perdere, ma lo aveva fatto esclusivamente per vederlo felice, mentre Drake continuava a seguire la sua filosofia che lo aveva fatto sopravvivere alle torture dell’amore. Kenny scrollò le spalle, arrendendosi a quelle critiche di cui ormai ne aveva assimilato ogni effetto, lasciandole perdere, e sorridendo ancora ammise la sua sconfitta.
“Infatti credo che il capitolo Bree Potter sia chiuso definitivamente. Bree è sprecata con Liam Martinèz, ma io non sono nessuno per dirle ciò che deve fare. Se lei è felice… cercherò di esserlo per lei.” Arrivarono all’aula di pozioni in perfetto orario. Alcuni compagni - tra cui anche Tyra - avevano appena varcato la porta di ingresso e anche il trio Serpverde mise da parte ogni minima considerazione, avuta in quei giorni, e si immersero con il gruppo Corvonero del loro anno. Drake scorse Regan che anche quella mattina aveva il volto oscurato da una luce di delusione e tristezza. Accanto a lui c’era Alexander che lo rincuorò con una pacca sulla spalla, estremamente pesante a causa della sua stazza.
“Guarda Kenny, un povero uomo dal cuore spezzato esattamente come te. La nostra Dak ha fatto il suo primo danno.” Drake indicò il povero Regan soffiando con cattiverai quelle parole, in modo da essere ascoltato solo da entrambi. Dakota la sera stessa della confessione di Regan era entrata nella Sala Comune dei Serpeverde in cerca di Drake, e aveva lasciato fluire ogni parola sull’accaduto, scoppiando in un pianto incerto e confuso. Drake aveva cercato di rassicurarla e consigliarla al meglio, ma l’unica cosa che era riuscita a procurare con i suoi consigli era stato una Dakota Malfoy più fredda del solito. Aveva rafforzato la sua corazza che l’avrebbe tenuta lontano da qualunque ragazzo. 
“Quanto sei stronzo, Drake.” Kenny lo colpì sulla testa con il libro di pozioni, frenando la sua lingua velenosa. Mague non avrebbe mai avuto effetti su Drake, fin quando non avrebbe abbandonato quel suo carattere cinico, bastardo e da perfetto menefreghista che si trascinava dietro con forte orgoglio. Si accomodarono tutti, in attesa di Ameliè che sembrava estremamente in ritardo.
C’era il solito silenzio di attesa in aula. Ameliè era riuscita a crearsi un’ottima reputazione, tale da tenere tutti abbastanza calmi, intenzionati a non attirare su di loro l’ira dell’assistente che sottraeva punti come se raccogliesse fiori di campo. Uno strappo, deciso e netto e poi ritornava al filo del discorso perso. Era una perfetta tiranna che avrebbe potuto far arricciare le labbra, piacevolmente, solo a Severus Piton che avrebbe rivisto in quella ragazza il suo vecchio se stesso.
Ma l’assistente tardava ad arrivare e Drake guardò Kyron come se lui potesse sapere del perché la giovane assistente tardava ad arrivare.
“Non guardarmi così Drake. Cosa diamine ne posso sapere io!” Kyron rispose allo sguardo insistente di Drake che sembrò schiudersi in un’espressione di eccitazione: forse era stata cacciata e lui non avrebbe dovuto più temere per la sua incolumità. Ma quella sensazione di benessere e salvezza sparì nell’attimo in cui il rumore dei piccoli tacchi, delle inconfondibili ballerine, risuonarono frenetici per i sotterranei, e Ameliè entrò in aula con il viso arrossato per la stancabile fretta.
“Buon giorno, oggi non sarò io a farvi da lezione.” Era strana, come se fosse stata colta in flagrante mentre compiva qualcosa di illegale. Kyron era innocente, non era stata sua la colpa per cui era in estremo ritardo. Drake si accasciò sul banco, sentendo le speranze dileguarsi troppo in fretta.
“Il professore Pierre Pelois ha mandato una lettera urgente in cui avvertiva del suo anticipato arrivo, quindi da quest’oggi sarà lui a insegnare. Tra poco dovrebbe arrivare.” Mentre lo diceva liberava la scrivania dai suoi effetti personali, per lasciarla completamente vuota in attesa del tanto atteso professore che aveva fatto desiderare la sua presenza. Gli studenti si guardavano sconcertati, non riuscendo a comprendere la reazione di puro terrore da parte di Amelie che, una volta sgomberata la scrivania, si sistemò i capelli e puntò lo sguardo alla porta, in attesa dell’arrivo del professor Pierre Pelois.
Ricadde il silenzio, un silenzio d’attesa e pura curiosità. Finalmente il professore eccentrico visto allo smistamento si sarebbe ripresentato. Nessuno aveva avuto il minimo contatto con quell’uomo ma la presentazione lo aveva catalogato come “professore interessante” e, tra tutti, Drake era quello che avrebbe avuto il maggior piacere nel conoscerlo.
Minuti di silenzio a cui ne seguirono altri, e intanto la lezione era giunta a metà del suo percorso. Il silenzio sciamò piano piano e, nonostante la presenza di Ameliè, gli studenti iniziarono ad ignorarla e si lasciarono perdere in discorsi personali, sempre più animati, fino alla rottura finale del silenzio d’attesa.
“Credo che l’arpia abbia il terrore del nostro caro professore...” Drake assaporò quella constatazione con gusto. Odiava Ameliè  e vederla sommersa dall’espressione di terrore, nella quale era stata gettata dalla notizia dell’arrivo del professore, aveva reso quella giornata piacevole.
“Credo che se lei lo teme dovremmo temerlo anche noi...” Kenny ricordava l’uomo con piacevolezza, ma Ameliè stava dimostrando che la sua presentazione era stata solo un esca per far credere a tutti ciò che non era. Forse avrebbero sentito la mancanza del vecchio professore, Severus Piton.
In quel silenzio, nel quale i sotterranei erano completamente immersi, si sentirono passi calmi che avvertirono dell’imminente arrivo. Ameliè guardò gli studenti con ferocia, incitandoli a prendere posto nei banchi e zittirsi; e lo fecero, anche se con una certa titubanza. I passi si fecero sempre più vicini e un leggero fischiettìo si udì tra le mura umide.
Il fischiettare divenne sempre più udibile e il volto di Ameliè si colorò sempre più. Il professore Pelois era quasi giunto in aula e la curiosità divampava  tra gli studenti.
La porta dell’aula fu spalancata in un solo colpo, e l’alta e snella figura del professore entrò alla vista di tutti. I lunghi capelli erano stati lasciati liberi, la carnagione era stata scurita dal sole e gli abiti che indossava erano simili a quelli indossati la sera dello smistamento. Entrò allargando le braccia esattamente come quella sera.
“Buon Giorno diavoli maledetti! Finalmente sono qui a rendere omaggio a tutti voi con la mia presenza.” Il suo sorriso si allargò sul volto coperto dalla folta barba scura, e ad uno ad uno gli studenti furono guardati con una certa eccitazione intrisa nelle iridi.
“Mi scuso per la mia mancanza! Ho avuti impegni altrove, ma adesso sono qui per permettere ai vostri cervellini bacati e privi di conoscenza di assimilare piacevolmente la meravigliosa arte delle pozioni.” Passò accanto a Regan ed Alexander che furono scossi da pesanti pacche sulle spalle.
“Sono sicuro che l’adorabile assistente Ameliè abbia sostituito la mia assenza nel miglior modo possibile! Ma adesso, io sono qui e nessun altro impegno mi terrà lontano dai miei adorabili e nuovi diavoletti!” La sua voce era pesante, tanto da riempire l’intera aula. Sorrideva eccitato per il suo nuovo compito.
Prese Ameliè per le spalle, facendola accomodare su una sedia fatta apparire nel momento in cui lei si piegò sulle ginocchia.
“Non voglio perdermi in presentazioni inutili. Già mi sono presentato a tutti voi e adesso ho solo voglia di insegnare. Avete tanto da imparare dal sottoscritto. Quindi prendete quei polverosi e inutili libri e gettateli. Tutto ciò che avete da imparare è racchiuso qui, nella mia testa.” Puntellò le tempie ammiccando in direzione delle studentesse, che sorrisero di rimando. Aveva nello sguardo qualcosa che Drake sentì familiare. Sorrise anche lui, eccitato nello scoprire meglio cosa aveva in mente quell’uomo che quel giorno era giunto circondato da caos e vivacità.
I libri di pozioni furono riposti nelle borse, e tutti rimasero in attesa dell’inizio della lezione. Pierre Pelois non aveva nulla che potesse accostarlo al vecchio professore o a qualunque altro professore di quel Castello. Aveva un sorriso contagioso e l’aspetto di eterno ragazzo stampato sul volto, tracciato da qualche ruga. Ma nonostante ciò, Ameliè restava impaurita dall’uomo e, con gusto, Drake, notò che le labbra che fino a quel momento avevano sputato sentenze e sottratto punti, si sigillarono completamente e per tutta la lezione la bella assistente rimase imobile al suo posto: Pierre Pelois aveva rubato la scena e l’aveva messa da parte.
 
Quella lezione di pozioni fu differente da tutte le altre frequentate fino ad allora. Il professore Pierre Pelois spiegava con precisione e ironia, lasciando che gli studenti lo seguissero alla perfezione, e anche chi prima di allora aveva affrontato la lezione con paura e terrore di far esplodere l’intera scuola, riuscì a completare la pozione di quel giorno - La pozione Mutavolupsa - senza procurare alcun danno.
Intanto Ameliè restava seduta alla sua postazione, e più volte il professore si era rivolto a lei con un cenno di rabbia e disapprovazione, criticando il lavoro fatto durante la sua assenza. Ameliè aveva appuntato tutto su un piccolo quaderno e il professore aveva trovato sciocco non permettere agli studenti di poter colmare lievi lacune dovute al terrore del professor Piton. Ameliè aveva incassato la ramanzina mentre Drake, dalla sua postazione, gustava tutto con gioia. La sua pozione fu quella che fu preparata alla perfezione, tanto da far illuminanre il volto del professore Pierre Pelois, che prese la boccetta tra le mani e la fissò in controluce con in volto l’orgoglio per quel lavoro.
“Colorazione e consistenza perfetta… Ottimo lavoro ragazzo mio. 20punti a Serpverde” Pierre si congratulò con lui scuotendogli una spalla con le grandi mani abbronzate. Drake rimase impassibile a quella valutazione; ma in cuor suo il suo enorme ego stava danzando come un ossesso e danzò maggiormente quando, alle spalle del professore, Ameliè storse il piccolo naso: forse oltre l’affronto che le aveva recato Drake con il suo tentativo di portarsela a letto, aveva visto in lui un ottimo avversario con cui se si fosse confrontata avrebbe visto che valeva meno di lui, ma molto meno.
“Dopo la lezione vorrei parlare con lei, Signor Zabini.” Il professor Pelois gli diede le spalle per depositare il lavoro insieme a quello degli altri che rimasero invalutati.
L’intera classe si voltò in direzione del Serpeverde, che iniziò a formulare nella sua mente i mille e uno motivi per cui il nuovo professore avrebbe voluto parlargli; e l’unico motivo valido fu Ameliè. La guardò con disprezzo, odiando quella donna che continuava anche nel suo silenzio a volergli rendere quell’ultimo anno complicato e colmo di ostacoli. Se avesse avuto guai, se solo il nuovo professore avesse cercato di punirlo ingiustamente, lui avrebbe utilizzato la carta di Kyron: avrebbe convinto l’amico a testimoniare un finto tentativo di avance, non accettato, che avrebbe messo Ameliè nei guai, in guai peggiori dei suoi. Lo spirito vendicativo di Drake era pronto ad esplodere e i suoi occhi puntarono a lei, sperando che comprendesse le sue intenzioni e le temesse tutte.
La campanella decretò la fine della lezione e Kenny e Kyron, dopo aver guardato Drake comunicandogli che lo avrebbero atteso fuori, uscirono insieme agli altri studenti. Anche Tyra gli passò accanto e, sfiorandogli la gamba, sussurrò leggiadramente all’orecchio.
“Dopo il colloquio ti aspetto nella Stanza delle Necessità. Mi stai un po’ trascurando...” Da qualche giorno Tyra e Drake avevano trascorso le notti in letti differenti, non insieme, e Drake aveva tralasciato del tutto l’interesse di farlo notare alla ragazza. Aveva trascorso le sue notti in compagnia di altre due ragazze della stessa portata di Tyra, quindi una ne valeva un’altra.
“Ho gli allenamenti, facciamo domani.” Al Quidditch però Drake non avrebbe mai contrapposto nessuno, nemmeno una come Tyra, che solo a guardarla la mente gettava scariche elettriche e suggerimenti di qualunque genere. La Serperverde si staccò da lui con aria offesa, e senza proferire parola si allontanò con passi affrettati che comunicarono a Drake l’offesa recata. Ma il suo interesse passò altrove quando in aula rimasero solo lui e il professore; Ameliè si era dileguata insieme ai studenti con un compito per il professore.
 
“Accomodati e buttiamo via tutti questi formalismi. Puoi chiamarmi Pierre.” Drake non mostrò alcun segno di tensione; era calmo e si accomodò come se di fronte a lui ci fosse Kyron o Kenny. Dalla tasca dei pantaloni della divisa sfoderò il pacchetto di sigarette e se ne accese una, porgendone qualcuna al professore.
“Lei fuma, Pierre?” Il professore si era posizionato di fronte a lui e con un sorriso tranquillo ne sfilò una, lasciando che Drake gliela accendesse.
“Preferisco altro a questo, ma è meglio di niente.” Ammiccò, aspirando il fumo e lasciando che per qualche minuto la stanza si riempisse di odore di tabacco. Drake aveva valutato quell’uomo in ottimo modo, e quel senso di tranquillità che riusciva a emanare con il suo sorriso da eterno ragazzo lo fece rilassare maggiormente, eliminando i mille pensieri che si erano intrufolati nella sua testa. Forse Ameliè non aveva parlato e la sua presenza lì era dovuta da altro.
“Drake ho da farti una proposta.” Il fumo quasi andò di traverso a Drake, che scrutò il professore con un certo sospetto. Dopo Ameliè non si sarebbe stupito se un altro professore tentasse approcci simili a quelli dell’assistente. Pierre sorrise, scorgendo il suo sconcerto.
“E' un progetto di cui già Ameliè avrebbe dovuto parlarvene, ma forse se ne sarà dimenticata.” Ciccò la cenere sul tavolo che sparì subito dopo.
Drake fece lo stesso e attese che il professore parlasse e desse un senso a quell’incontro.
“Ho notato che hai molto talento, e non solo in pozioni. Sono stato via per qualche settimana ma ho avuto notizie di ognuno di voi dalla mia assistente, e ho chiesto anche a Silente di farmi un riassunto sulla vita accademica di ognuno di voi. Voglio approfittare di questo tuo talento.” La sigaretta tra le dita del professore si consumò lentamente, e fu gettata nel vuoto per poi sparire anche essa. Drake restava perfettamente immobile, ma intanto il suo ego risentiva di quei complimenti. Se avesse potuto avrebbe lasciato uscire fuori la sua parte interna e lasciarla danzare e pavoneggiarsi per la stanza. Ma lui riusciva a mascherarlo, e gli occhi rimasero fissi al professore che sorrise, sporgendosi verso di lui.
“Ho pensato di fare un corso di recupero per tutti coloro che hanno qualche difficoltà in pozioni come in altre materie. Oltre te ci saranno anche altri ragazzi e ragazze del settimo anno. Però voglio che tu faccia da Toutor di pozioni. Ovviamente ci saranno punti extra a fine anno che ti permetteranno di ottenere un numero maggiore di M.A.G.O. Allora… accetti?” Gli occhi scuri del professore erano piccole pietruzze eccitate, e Drake ne scorse l’intento creduto fattibile da operare. Pierre era giunto lì solo da qualche ora ed era intento a rivoluzionare un’intera scuola.
“Dovrei chiudermi in una stanza con qualche damerino troppo stupido per capire? Non mi alletta tanto questa idea.” Pierre gli aveva dato il permesso di parlare con lui senza formalismi e sputò fuori la considerazione che aveva per quel progetto. Un altro professore si sarebbe indignato, invece Pierre scoppiò a ridere.
“Sapevo che mi avresti risposto così, Drake! Comunque si, dovrai chiuderti in una stanza con qualche damerino troppo stupido per capire ma, per quanto tu tenti di farmi credere che quei punti extra non ti interessino, sappiamo entrambi che in questo momento il tuo ego si sta crogiolando nell’eccitazione! Sei uno stronzetto, Drake, e mi ricordi tanto me alla tua età.”Drake si ritrovò spiazzato e, dopo un attimo di sorpresa, si sciolse in una risata che quasi lo piegò in due.
“Professor Pierre lei oltre ad essere molto particolare è anche tanto simpatico. Ma no, non credo che accetterò.” Si asciugò le lacrime di ilarità che gli inumidirono gli occhi, ma non aveva alcuna intenzione di demordere così facilmente. Era vero, a Drake importavano i punti extra come ottenere un ottimo punteggio ai M.A.G.O. Sua nonna Dana aveva sempre idolatrato le sue capacità, e lui non avrebbe permesso ad Ameliè o a chiunque altro di poter deludere sua nonna. Ma l’idea di restare oltre le lezioni in compagnia di qualche studente ottuso non solleticava minimante il suo interesse. Prese la borsa poggiata sul pavimento e fece intendere che la conversazione era terminata.
“Ok, allora se i punti extra non ti allettano, ti propongo altro. Dopo i M.A.G.O sarai il mio assistente per un anno. Avevo già intenzione di licenziare Ameliè, che per quanto possa essere capace non è in grado di intrattenere una platea di studenti. Troppo egocentrica e soprattutto crede di essere ancora ad Bauxbatons, quando tutti le sbavavano dietro. Quindi, se tu aiuti me io potrei, oltre farti ottenere qualche punto curriculare per un futuro, consigliarti a qualche scuola di specializzazione dei Pozionisti, nonostante tu abbia già tuo zio Draco che è validissimo nel suo ruolo.” Drake si paralizzò sul posto e il senso di vendetta iniziò a salirgli su per le gambe fino a giungere alla testa, accendendo una lieve lampadina e consapevolezza: se il professor Pelois avesse preso lui e cacciato via Ameliè avrebbe ripagato la megera di quelle settimane di vero inferno. Avrebbe ottenuto non solo una dolce vendetta, ma avrebbe visto Ameliè essere sconfitta sul suo stesso campo. Non aveva odiato nessuno come odiava in quel momento Ameliè, e aveva scoperto che il suo odio poteva essere più feroce di qualunque azione. Lasciò che il sorriso di macabra soddisfazione apparisse sul volto e si accomodò nuovamente alla postazione che stava quasi per lasciare.
“Mi basterà essere il suo assistente per un anno. Rettifico e accetto la proposta!” Allungò una mano verso di lui che fu stretta, decretando l’accordo.
“Bene! Mi serve una settimana per organizzare tutto, poi ti passerò i casi più estremi. Con una sola premessa: non provarci con le ragazzine. Di te non solo conosco la carriera scolastica, ma anche la carriera sentimentale...” Pierre lo fissò con aria divertita. Quella non sembrava una normale discussione tra professore e studente; Drake sembrò di ritrovarsi di fronte a suo padre che, ogni volta che si ritrovavano da soli, lasciava che Drake gli dicesse tutto ciò che aveva da dire sul suo mondo, sulle sue relazioni e su quell’incessante decisione - che non si lasciava estirpare - di non dar spazio a quel sentimento che se solo nominato gli procurava brividi di disgusto.
Aveva il cuore completamente ricoperto di granito, i sentimentalismi non gli appartenevano, o almeno aveva lasciato che lo affogassero al punto da sentirne solo il disgusto.
“Sono contento che si riconosca il mio fascino. Stia tranquillo Pierre, le ragazzine non hanno alcuna attrattiva su di me.” Pensò a Dylan McLaggen e a quella sua disgustosa voglia di accalappiare solo le ragazzine innocenti, solo per sentire l’ego maschile aumentare sempre più. Lui adottava le sue doti solo con chi apparentemente sembrava impossibile, ma la sua bravura rendeva tutto troppo semplice.
“Infatti. Ho saputo del tuo tentativo di ammaliare Ameliè. Ho riso tanto quando ho letto la sua lettera. Se avessi avuto un figlio, credo che sarebbe stato identico a te!” Ameliè aveva parlato, i dubbi di Drake si erano trasformati in certezza, ma vedere il professore riderci su gli fece abbandonare l’intento di smascherare la relazione clandestina con Kyron.
“Credevo che fosse una studentessa e parliamoci chiaro, Pierre: non è per niente male come ragazza, anche se una vipera sarebbe più piacevole di lei.” Drake si era completamente dimenticato di Kyron e Kenny che lo attendevano fuori l’aula, e si rilassò sulla sedia prendendo dalla tasca altre due sigarette. La proposta da parte del professore si stava trasformando in una semplice chiacchierata tra amici.
Pierre sorrise annuendo, in accordo con le parole di Drake.
“E' un miraggio. Bella ma insopportabile. Di donne del genere ne ho avute fin troppe nella mia vita, adesso vorrei solo innamorarmi e se ciò non accadesse non ho intenzione di perdere tempo con altre donnine stupide. Ovviamente tu sei ancora troppo giovane, per parlare in questo modo.” Drake annuì, impegnato ad aspirare il fumo. Il professore lo guardò ancora, come se volesse analizzare i suoi pensieri e, sporgendosi in avanti, lo analizzò più da vicino.
“Sei così identico a me che sembra di ritrovarmi con il me stesso di molti anni fa. Qualcosa è accaduto che ti ha fatto odiare ogni forma di amore possibile tra uomo e donna, ad eccezione del sesso.” Drake si sfilò la sigaretta dalle labbra lentamente, sentendosi nuovamente spiazzato dal professore che in poche ore era riuscito a instaurare un senso di fiducia tale da potergli parlare come solo Kenny e Kyron avevano osato. Lui odiava l’amore e di questo tutti ne erano consapevoli. Anche se molte si erano approcciate a lui con l’intento di divenire LA PERSONA capace di scalfire il cuore di Drake, ritornando sconfitte da quella missione. Aveva amore solo da dare a Mya, la sua adorata sorellina, manifestato con azioni di gelosia morbosa che avevano reso la vita della ragazza quasi impossibile. Amava Dakota, sentendosi in dovere di doverle stare accanto, di difenderla nonostante più volte si era dimostrata capace di riuscirci da sola. Amava i suoi due migliori amici, per i quali avrebbe venduto anche l’anima al diavolo se ce ne fosse stato il bisogno. Ma l’amore per qualcun'altra, l’amore che lo rendeva debole, sconfitto, che lo rendeva vulnerabile e spoglio, no. Quello non lo aveva mai provato, e anche quando si era avvicinato a tale aveva avuto la prova che quel sentimento gli avrebbe portato solo danni. Danni quasi irrecuperabili.
Spense la sigaretta e decise che la discussione poteva prendere una fine lì. Non aveva voglia di parlare dei suoi perché.
“Sono giovane, Pierre. Ci sarà tempo per l’amore. Non ci penso e ho intenzione solo di pensare a me. Ora, se non sono scortese, vado via. Ci sono Nott e Montague che mi aspettano per studiare.” Pierre annuì con il capo, comprendendo che forse era troppo presto per pretendere da un suo studente di vedere in lui un possibile confidente. Lui per anni aveva insegnato e per anni aveva sempre preferito creare un rapporto di fiducia con i propri studenti. Un ragazzo che si fidava era in grado di tirare fuori il meglio di sé.
“Tra una settimana ti darò il nome del tuo primo caso. Mi raccomando Drake.” Il giovane Serpverde sventolò la mano distrattamente e uscì dall’aula. Kenny e Kyron era poggiati alla parete e, quando lo videro, gli andarono in contro.
“Allora? Cosa voleva?” Kenny era preoccupato. Per tutto il tempo di attesa lui e Kyron avevano formulato le più impossibili ipotesi, temendo per la carriera dell’amico.
“Sciocchezze. Andiamo che abbiamo gli allenamenti.” Avrebbe spiegato tutto durante il tragitto. Intanto però la sua testa non riusciva a non mandargli immagini di trascorsi che avrebbe preferito dimenticare.
AMORE, solo il suono riusciva a procurargli fastidio, disgusto. Quella parola che non riusciva ad indossarla, che riusciva solo a vedere come una forma ipocrita dei suoi comportamenti ritenuti sbagliati. Guardava i suoi genitori e riusciva a vedere l’amore, guardava altre persone e riusciva a percepirlo, ma se guardava se stesso riusciva solo a vedere un ipocrisia e quindi tanto vale comportarsi come era capace di fare. Innamorarsi? MAI. Si era ripromesso dopo quell’estate che mai più avrebbe tentato di provare un briciolo di sentimento simili o uguale a quello provato in quel momento.
Il suo nome era ancora una fitta allo stomaco, come ciò che aveva osato fare alle sue spalle. Gli aveva solo dato conferma che l’amore non faceva per lui. Gli aveva dato solo conferma che lui stava bene così e che non avrebbe cambiato nulla.
Ricordava il nome di Lei, nonostante gli anni passati. Lui era ancora uno sciocco ragazzino di soli 13 anni, con gli occhi che guardavano il mondo come se portasse perennemente occhiali rosa. Era estate e Roma era sempre stata bellissima. Amava quella città considerandola sua, considerandosi padrone di quelle mura, di quelle strade. E aveva conosciuto lei. Laura, piccola, carina, dolce. L’amore dell’estate che sarebbe finito una volta ritornato a Londra, una volta ritornato alla sua adorata Hogwarts. Ma non aveva messo in conto dell’orgoglio che padroneggiava ogni sua azione, che padroneggiava la sua vita.
Si era sentito pugnalare una volta scoperto che Laura gli nascondeva la relazione con Fabrizio, un altro amico conosciuto quell’estate, considerato quasi alla pari di Kenny e Kyron nonostante fosse un Babbano. Quell’estate era stata la loro estate, fin quando non era giunta lei che gli aveva sottratto l’amico e l’orgoglio e lui si era sentito uno sciocco. Mai più sarebbe successo, mai più avrebbe permesso di sentirsi così. Kenny e Kyron avevano mantenuto quel segreto fino ad allora, e lui non avrebbe parlato mai di quella maledetta estate dove per poco non aveva tradito se stesso, dove per poco non si era tramutato in un damerino.
 
 
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“Liam, no…” Le labbra di Liam erano quasi voraci sul collo esile di Bree, che tentava di tenere le sue mani lontane dalla sua gonna. Erano nella stanza di lui, con i libri sparsi sul pavimento, e Liam dopo qualche secondo di studio aveva tentato nuovamente quell’approccio che sapeva bene che Bree non condivideva. Non era pronta e lui aveva sempre lasciato che Bree avesse piena libertà di sentirsi pronta o meno. Le aveva sempre detto che l’avrebbe attesa e lei aveva amato questa sua sensibilità. Ma quella sensibilità stava sciamando, si stava completamente perdendo con quelle sue azioni.
“Bree solo un poco, ti prometto che non ti farò male.” Tentava di farla stendere sul letto e alzarle la gonna, ma lei tentava di tenerlo lontano e, fingendo un sorriso, tentò di spiegargli che non era pronta, nonostante stessero insieme da tanto.
“No Liam. Non sono pronta, non così” Le mani di Liam scivolarono lungo le gambe e tentarono di arrivare nei luoghi inesplorati che lui desiderava ardentemente, e quel gesto la fece scattare. Lo spintonò con forza e non riuscì a fingersi indifferente da quel comportamento. Si sentiva tradita, si sentiva presa in giro. Non aveva mai osato comportarsi così. Era sempre stato comprensivo e aveva accettato quella sua scelta. Invece quel pomeriggio Liam sembrava non importarsene.
“Cosa cazzo ti prende, Bree?” Si alzò, paonazzo in volto e scosso, come se fosse stato risvegliato da un sogno.
“Cosa prende a te, Liam! Sai che io non me la sento di fare sesso. Non adesso e non così!” Urlava, terrorizzata da quell’insistenza sentita nei suoi gesti. Liam si spettinò i capelli, scuotendosi i pensieri, e iniziò a camminare per la stanza con il fiatone. Scene del genere Bree già le aveva vissute e stava temendo lo scoppio finale.
“Tu non vuoi fare sesso semplicemente perché c’è quel maledetto Montague! QUELLO CHE HA SCRITTO MAGGIE MAY E' VERO BREE?” Si fermò in un punto qualunque della stanza e tirò un pugno nella libreria che divideva con gli altri ragazzi della camera, compreso Noah, assente come gli altri. I libri caddero aprendosi sul pavimento, provocando un suono sordo. Bree sobbalzò e si chiuse in un abbraccio protettivo. Ne aveva vissuti di scatti del genere e il terrore lo sentiva sempre.
“No che non è vero…” La sua voce era sottile, flebile e impaurita. Non riusciva a guardarlo quando si lasciava inghiottire dalla rabbia. Non era il suo Liam, non era il ragazzo che l’aveva conquistata con i suoi sorrisi e con le sue premure. Non era il Liam che amava quando la rabbia fluiva nelle vene come sangue.
“Ah no? Io penso proprio di si! VUOI CHE SIA LUI A TOCCARTI?” Con pochi passi le fu vicino e, prendendola per le spalle, la scosse violentemente. Bree non riuscì a non scoppiare in lacrime. Gli occhi chiari e velati di dolcezza lasciavano cadere lacrime amare, e lei scosse il capo incapace di emettere un semplice suono. Liam era sempre stato così, lievi attimi di pura follia, di rabbia quasi incontrollabile e lei, Bree, li aveva accettati. Aveva accettato quello stato folle in cui cadeva sempre più spesso. Era una parte di sé che metteva in mostra durante le partite di Quidditch, che metteva in mostra quando tra loro accadeva un litigio, sempre inerente a Kenny. E Bree accumulava perché amava Liam, lo amava fin troppo e quel troppo le lasciava accettare quel comportamento che le trasmetteva solo paura e insicurezza. Sarebbe passata e tutto sarebbe ritornato come prima. Sarebbe passata, se lo ripeteva come una nenia noiosa, se lo ripeteva credendoci davvero e sperando che chiudendo gli occhi e riaprendoli avrebbe rivisto il SUO Liam.
“Bree guardami! “ Urlò ancora il suo nome, rabbioso, aggressivo. Come un animale infuriato e pronto ad attaccare. Bree li riaprì e si ritrovò nuovamente ad osservare il Liam che odiava.
“Non è come pensi Liam. Io amo te… Ma non sono pronta…” Le parole morirono sulle labbra come lei morì tra le sue braccia. Si lasciò cadere completamente sulle ginocchia, si appassì come un fiore in autunno. Perse la sua linfa e i suoi petali e Liam la vide sfiorire. Non era pronta, si sentiva ancora troppo piccola per approcciarsi al sesso, immaginando la sua prima volta romanticamente e non con lo sforzo. Sapeva che Liam ne soffriva, lo sapeva perché lo dichiarava silenziosamente con i suoi gesti; ma lei non riusciva a trovare quella sicurezza che la gettava in quell’esperienza importante. Lo amava ma non voleva che la sua prima volta fosse data da una costrizione. Lei non sapeva quando sarebbe arrivata quella sicurezza, ma soffriva quando Liam non mancava a prendersela con lei, facendola sentire in colpa, facendola sentire sbagliata.
Liam sentì quel corpo sottile e piccolo morirgli completamente tra le mani, sentì i suoi muscoli – poco prima rigidi per la paura - divenire molli, come se lei avesse abbandonato completamente il suo corpo. Notò che la stringeva troppo forte e sapeva di farle del male. Ma la rabbia si era impossessata così velocemente del suo cervello che non aveva pensato a quanto potesse farle del male. Odiava pensarla con qualcun altro che non fosse lui, odiava immaginare Bree felice tra le braccia di Kenny Montague; lui riusciva a farle solo del male e nonostante ne fosse consapevole non riusciva a smetterla. Stringeva ancora e l’idea che gli era stata inculcata con forza dall’articolo di Maggie May era più viva che mai. Lui era sicuro che quelle parole erano vere e non riusciva a credere alle parole di Bree.
“Guardami bene Bree.” Le prese il viso tra le mani, stringendoglielo con ferocia. Bree fu costretta a fissare quegli occhi sgranati di rabbia e odio. Non poteva distogliere lo sguardo da lui e aveva paura.
“Se vedo Kenny avvicinarsi a te o se vedo te parlare con lui, giuro su Merlino, ammazzo entrambi.” Erano minacce non gettate a caso, ma vere. Lo avrebbe fatto e Bree non poteva permettere che Liam si cacciasse in guai simili. E non voleva che Kenny a causa sua corresse un pericolo tanto serio. Liam era capace di tutto, solo lei lo sapeva. Scosse il capo, con le parole completamente incollate alla gola. Solo le lacrime erano capaci di esprimere ciò che stava provando in quel momento. Liam strinse ancora, facendole solo male. Ma la porta del dormitorio si aprì e Bree pregò Merlino che alla porta non ci fosse suo fratello Noah. Aveva tenuto segreto per tutto quel tempo il comportamento che il suo migliore amico aveva con lei perché non voleva che a causa sua Noah litigasse con lui. Aveva usato scuse di qualunque genere quando Noah aveva notato lividi sul braccio, dando la colpa alla sua goffagine, tenendo in segreto quella seconda maschera di Liam che mostrava solo a lei.
Liam volse il capo verso l’ingresso della stanza e permise a Bree di fare lo stesso. Alyson guardava entrambi con l’espressione impaurita che fece comprendere a Bree che qualcosa aveva colto.
“Cercavo Noah, Bree lo ha visto?” Ruppe il silenzio di tensione creatosi a causa della sua presenza. Liam si allontanò da lei, ritornando a percorrere la stanza con smania. La giovane Potter si asciugò frettolosamente le lacrime con la manica della camicia e sorridendo all’amica, che aveva interrotto quell’idilliaco litigio, scosse il capo.
“No, mi dispiace. Forse è in biblioteca.” Alyson annuì e poi guardo Liam, paonazzo dalla rabbia. Percepì qualcosa perché si avvicinò a lei, sorridendo preoccupata.
“Mi aiuti a cercarlo? Mi annoio ad andare in giro per il Castello a zonzo. Tuo fratello e incorreggibile.” Le prese le mani e sperò con tutto il cuore che Bree accettasse. Aveva percepito qualcosa, guardando semplicemente il volto sconvolto di Bree.
Bree guardò prima Liam che le dava le spalle e poi Alyson: non avrebbe mai ringraziato abbastanza il destino per averla fatta accorrere. Voleva scappare da quella stanza ma temeva che se lo avesse fatto l’ira di Liam si sarebbe scatenata più funesta.
“Vai… Non abbiamo più niente da dirci.” Ma Liam parlò per lei, dandole il permesso di abbandonare la stanza. Sospirò, come libera da quel peso, e stringendo le mani ad Alyson uscirono dalla stanza insieme.
Alyson scese le scale a chiocciola del dormitorio dei Grifondoro immersa nel silenzio totale. L’unico gesto che fece fu porle un fazzoletto, incitandola a ripulirsi dal gonfiore e dalle lacrime che il pianto le avevano causato. Poi, una volta uscite dalla Sala Comune che non era di loro appartenenza ma di cui conoscevano la parola d’ordine solo per raggiungere i loro fidanzati, si voltò verso di lei preoccupata seriamente.
“Cosa stava succedendo in quella stanza Bree?” Nonostante Alyson non avesse mai mostrato compassione e dolcezza per nessuno, per Bree aveva sempre dimostrato un po’ di affetto, forse spinta solo dal fatto che lei e Noah avessero lo stesso sangue. Bree scosse il capo, cercando di trovare la massima tranquillità, cercando di non scoppiare nuovamente in lacrime e smascherare Liam. Non poteva, non sarebbe stato giusto.
“Niente, Aly. Semplici litigi tra fidanzati. Quel maledetto articolo ha causato solo danni. Odio Maggie May.” Si armò di un nuovo sorriso sperando che i sospetti di Alyson si placassero. Ma lei continuava a fissarla con sospetto.
“Bree puoi parlare con me…” Alyson avrebbe ascoltato ciò che aveva da dirle, se mai si fosse decisa a parlarne, con la premessa che se le avesse rivelato che ciò che governava i suoi sospetti era vero, Noah ne sarebbe stato messo al corrente. E Bree lo sapeva, quindi rimase zitta sorridendo ancora. Ormai non gli era più difficile, perché tanto SAREBBE PASSATA.
“Andiamo a cercare Noah e poi andiamo a cena, va bene?” Volle concludere così Bree, lasciando che le attenzioni si spostassero altrove. Doveva solo attendere che Liam si calmasse e rimettere tutto a posto. Così andava, così era sempre andata.
Alyson la guardò ancora, poi accettò la sua richiesta e non insistendo ulteriormente la condusse via, in cerca di Noah nascosto chissà dove.
Quella sera a cena Bree non avrebbe guardato Kenny, e quando avrebbe potuto avrebbe messo una pietra sulla loro amicizia. Kenny avrebbe accettato e lei doveva farlo per Liam. Perché lei amava Liam. Lei voleva stare con Liam.
 
 
 
**
 
Finalmente la squadra di Serpeverde era riuscita ad ottenere il campo. Per troppe settimane il capitando dei Corvonero, Dakota Malfoy, era riuscita ad ottenere il permesso per allenarsi, lasciando tutte le altre squadre fuori. Aveva ceduto il piacere solo a Drake, permettendo alla squadra verde e argento di potersi allenare prima dell’inizio del campionato. Era stato meraviglioso ritornare a cavalcare le loro scope e gli allenamenti erano stati intensi e duri, intenti a recuperare quelle settimane di riposo. Una leggera pioggia era giunta per rendere quel primo allenamento più duro da sopportare; ma loro avevano resistito e, giunta ora di cena, erano pronti a rifocillarsi con un gustoso piatto caldo.
Entrarono nell’ingresso della scuola con ancora gli abiti zuppi e la stanchezza che si sentiva in ogni arto, in ogni muscolo. Kenny sorrideva perché finalmente era riuscito a scaricare la tensione - dovuta dalla scelta di lasciar perdere Bree Potter - fluire via, e adesso si sentiva abbastanza stanco da non pensarci troppo. Drake era sporco di fango fino alle gambe e l’unica cosa desiderata in quel momento erano le docce della sua stanza; ma era soddisfatto perché, nonostante il riposo, la sua squadra era ritornata attiva e intenta a vincere. Kyron sentiva lo stomaco brontolare, e prima della doccia avrebbe preferito riempirsi lo stomaco. Quella sera avrebbe detto ad Ameliè di non aspettarlo; l'idea di trascorrere un’altra notte con lei non lo allettava.
“Non mi siederò a tavola con il fango che mi arriva al naso. Quindi più tardi farò una visita alle cucine. Ci vediamo dopo.” Drake fu il primo a dividersi dal gruppo, intento ad immergersi nel silenzio che i sotterranei regalavano a quell’ora della giornata. Erano tutti a cena e nessuno avrebbe disturbato il suo tentativo di rilassarsi dopo un faticoso allenamento. Kenny era indeciso se seguire l’amico o restare accanto a Kyron e rimpinzarsi lo stomaco fino a scoppiare.
“Un po’ di fango non farà schifo a nessuno.” Infine decise di lasciarsi coccolare dal calore della Sala Grande e seguire Kyron che non aveva mai avuto dubbio sulla sua fame. Si unirono agli ultimi studenti ritardatari, e Kenny ebbe la solita fitta al cuore quando intravide Bree abbracciata a Liam. Sorridevano felici, si scambiavano baci dolci e lei sembrava felice. Improvvisamente la fame passò.
“Credo che andrò nei sotterranei con Drake, non ho alcuna voglia di vedere quei due.” Era quasi disgustato. La ferocia della gelosia aveva attanagliato il suo stomaco serrandolo e facendogli passare quella voglia, quasi incontrollabile, di riposare e mangiare in compagnia di Kyron.
“Kenny dovresti lasciar perdere sul serio. Lo dico non come amico, ma come persona che non sopporta vederti così. Lei ha fatto la sua scelta e tu dovresti farne una; una che non ti lasci in questo modo. Bree è una brava ragazza ma non l’unica.” Kyron non sopportava vedere suo cugino, il suo migliore amico spegnersi ogni volta che incontrava Liam Martinèz e Bree Potter. Quella visione lo stava logorando, vederli insieme felici era una dannazione, una pena che nemmeno l’inferno avrebbe imposto. Sentiva il cuore completamente stufo di battere con tale velocità quando la vedeva tra i corridoi, e sentiva lo stomaco protestare quando veniva attaccato da stritolamenti dati dalla morbosa gelosia che lo attanagliava ogni volta.
“Kyron il problema è proprio qui. È vero non sarà l’unica ma… Io la sento mia. Quella persona è mia. Potrebbe suonare maschilista e misogeno questo discorso ma io non riesco a non pensarmi con lei. E la mia decisione è stata presa con tale sforzo che non riesco ad accettarla. Come reagiresti se vedessi una persona che hai sempre considerato tua, tua perché siete così uguali, siete così perfetti insieme che è così ovvio da non rendervene conto, stare tra le braccia  di qualcun altro? È una tortura credimi…” Si passò una mano sul viso, sperando di strapparsi via quell’espressione di dolore, ma non ci riuscì. Kyron riuscì semplicemente a battere una mano sulla spalla, sperando di essere di conforto. Ma non avrebbe mai compreso il cugino, perché lui non riusciva a sentire nessuno nello stesso modo in cui Kenny sentiva Bree.
“Inizia a pensare che non è tanto tua dal momento che è felice con qualcun altro.” Il conforto migliore che Kyron riuscì a dargli fu dare voce ai suoi pensieri, a ciò che lui pensava. Kenny aveva ragione nel sentire dolore ogni volta che vedeva Bree con Liam, ma doveva smetterla di torturarsi in quel modo. Kenny scrollò le spalle e, guardando il cugino con la disperazione stampata in volto, sorrise, lasciando perdere una qualunque risposta.
“Vado in Sala Comune, ci vediamo più tardi.” Kyron lo lasciò andare. Aveva bisogno anche lui del silenzio di cui si era giovato Drake, e aveva bisogno di stare lontano da Bree e dalle sue scenette romantiche che molte volte sembravano essere fatte a posta. Avrebbe preso Bree a schiaffi pur di infilarle nella testa che Kenny era la persona giusta per lei. Non perché era suo amico e cugino, non perché erano cresciuti insieme e provava per lui un bene che andasse oltre il semplice legame familiare. Kyron sentiva che se Bree gli avesse dato una sola possibilità avrebbe toccato la felicità. Ma lui non poteva proferire parola, doveva tenersi lontano da quelle faccende di cuore e restare zitto mentre vedeva il suo amico soffrire.
Soffiò stancamente e improvvisamente quella voglia di mangiare quasi passò; ma aveva già preso la strada per la Sala Grande e avrebbe cenato da solo. Non aveva voglia di sentire nessuno riempirgli ulteriormente la testa.
Entrò in Sala Grande e, come se fosse stato richiamato, i suoi occhi caddero in un punto preciso del tavolo dei Serpeverde.
Mya era seduta sola e giocherellava con il cibo, in attesa di qualcuno. Kyron sapeva che non attendeva lui, ormai non si rivolgevano più una semplice parola da settimane, e ricordarlo gli lanciò contro un senso di malinconia quasi soffocante. Aveva sentito la mancanza di Mya ogni giorno. Loro abituati a trascorrere giornate intere a parlare, loro abituati ad augurarsi il “buon giorno”, adesso sembravano due perfetti sconosciuti. Non riusciva a sopportare quella situazione. Lo aveva fatto per troppo tempo, incapace di ritrovarsi a parlare solo con lei quando entrambi non erano afflitti da rabbia e delusione, e vide quell’occasione come segnale per poterlo fare. Prima che qualcun altro potesse prendere il posto sulla sua sinistra, le scivolò accanto, sottraendole il piatto. Gesto rituale per avvertirla della sua presenza e lei riuscì a captarlo. Alzò i grandi occhi verdi verso di lui ma, mentre le altre volte il suo sguardo era accompagnato da uno splendido sorriso, quella volta aveva l’aria contraria e scocciata.
“Quello è il posto di Maddy.” Lo disse con tono secco e distaccato, tirando dalla sua parte il piatto che le era stato sottratto. Kyron lo ritrasse nuovamente dalla sua parte e si avvicinò a lei.
“Adesso Maddy non c’è.” Controbatté Kyron, tenendo il piatto lontano da Mya che tentò di recuperarlo.
“E' stata trattenuta dal nuovo professore di Pozioni. Arriverà a momenti.” Kyron alzò il piatto sopra la sua testa impendendole di arrivare.
“Come mai?” Mya tentava di giungere alla sua cena, ma Kyron la teneva lontana, intravedendo un leggero sorriso negli angoli delle sue labbra.
“Riguardava un programma di Tutor, non ho compreso bene, perché sono andata via. Per favore dammi il mio piatto.” Kyron lo fece passare sotto il tavolo per poi frapporlo tra loro.
“Anche a Drake è stato proposto questo programma.” Informò lui, rubando delle patatine dal piatto. Mya ne prese anche lei alcune, mangiandole e sfidandolo con lo sguardo.
“Interessante. Sei venuto qui per informarmi?” Il suo tono era cinico e stizzito, dispettoso e disinteressato, ma Kyron sapeva che era dovuto solo al loro litigio.
Posò il piatto davanti a lei, permettendole di finire le ultime patatine nel piatto.
“No, sono qui perché mi manca parlare con te.” Quella notizia giunse come un boato in una stanza silenziosa. L’ultima patatina ingurgitata quasi le andò di traverso e Mya cercò di trattenere l’espressione di pura sorpresa che si era stampata in volto inconsciamente.
“E ti chiedo scusa per ciò che è successo alla festa di Dakota e per non averti dato alcuna risposta quando invece tu hai parlato chiaramente con me. Non meriti il silenzio, soprattutto per una cosa tanto importante.” Kyron aveva pensato ogni giorno a quella conversazione, cercando di essere meno rude, cercando di non prenderle il cuore tra le mani e stritolarlo senza pietà. Ma era giunto alla conclusione che parlarle chiaramente, senza alcun giro di parola, sarebbe stata la cosa migliore. Lei restava Mya, la sua Mya. E non meritava bugie, non meritava alcun inganno; anche se dirle la verità le avrebbe recato qualche delusione. Mya restava in silenzio e quasi non riusciva a credere a quelle parole. Iniziò a pensare che forse Kyron provava ciò che provava lei. Le aveva appena confessato di mancargli, esattamente come lui era mancato a lei. Odiava restare ferma su quel punto che la teneva lontana da Kyron, perché il suo unico desiderio era quello di parlare con lui, di scherzare con lui, di vederlo arrivare alle spalle e rubarle la borsa per poi accompagnarla a lezione. Le mancava il suo angelo custode che la faceva sorridere sempre, anche quando i sorrisi non erano richiesti.
Le mancava Kyron e non solo perché era innamorata di lui. Le mancava la sua presenza sotto ogni sfaccettatura, le mancava sentirsi chiamata in causa durante una qualunque conversazione, sentire Kyron rivolgersi a lei, sentire che i suoi sorrisi erano rivolti a lei. Ma restava zitta, perché voleva che le parlasse chiaramente e giungessero ad un punto definitivo che non comportasse il loro allontanamento.
“Io e Drake non vogliamo accettare l’idea che tu stia crescendo, e questo è sbagliatissimo. Perché tu stai crescendo e devi fare ciò che la tua età chiede di fare. E ti prometto che mai più mi intrometterò nelle tue cose; è giusto che tu te la veda da sola e che inizi a vivere. E per quanto riguarda quest’estate… Era qualcosa che mi sarei aspettato, perché è facile confondere il bene con l’amore. Ma tu, Mya, meriti di innamorarti davvero. Amerai qualcuno così intensamente che quando ripenserai all’estate scorsa ti verrà solo da chiederti quanto tu sia stata sciocca. Ma ti prego, smettiamola di ignorarci…” Mya aveva vissuto un leggiadro attimo di pura felicità. Aveva visto i suoi sogni realizzarsi, i suoi tormenti spegnersi e già la sua mente aveva iniziato a fare brutti scherzi immaginando lei e Kyron abbracciati e innamorati. Ma la realtà era un’altra, più amara da poter essere ingoiata tranquillamente, pesante da poter portare con sé. Kyron non era innamorata di lei, che era stata messa in dubbio. Il suo amore, i suoi sentimenti, erano stati messi in dubbio. Avrebbe voluto spaccare il piatto sulla testa di quell’idiota che aveva parlato come le avrebbe parlato suo padre. Avrebbe voluto urlargli che lui era lo sciocco, che lui era solo uno stupido tonto che non riusciva a capire che quella confessione, così difficile da rendere reale, così difficile da dire, era stata sentita. Ogni parola, ogni sorriso erano stati il frutto dell’amore che provava per lui.
Mya sapeva quanto fosse facile confondere il semplice bene con l’amicizia. Aveva ponderato a lungo, tanto da lasciar spazio a qualcun altro. Aveva baciato un ragazzo l’estate precedente convinta che ciò che provava per Kyron fosse solo un bene accresciuto e lievitato tanto da confondersi in amore. Ma quando le sue labbra si erano posate su quelle di lui, la sua mente le aveva fatto desiderare che ci fosse Kyron in quel momento. La sua mente le aveva suggerito di lasciar perdere quel ragazzo e dar voce al cuore che continuava ad urlarle il nome di Kyron. Ma urlargli contro sperando che potesse comprendere sarebbe stato solo un altro motivo di litigio, e lei non voleva litigare. Aveva sentito la mancanza di Kyron troppo a lungo da poter sopportare un altro allontanamento. Le sarebbe bastata la sola presenza, le sarebbe bastata l’averlo nella sua vita anche da semplice amico, pur di non vederlo andare via. Avrebbe sopportato tutto, ma non che Kyron uscisse dalla sua vita.
“Anche tu mi sei mancato, idiota.” Disse la verità, aggiungendo un pizzico di finta amicizia e camuffando il vero senso di quelle parole. Avrebbe sopportato altro ma non di vederlo andare via. Avrebbe sopportato di fingersi amica, di sapere che al suo posto ci sarebbe stata un’altra, magari che avrebbe accettato nella sua vita, magari alla quale sarebbe piaciuta, ricordata sempre come “Mya, la migliore amica di Kyron” o come “Mya, l’amica che considero come mia sorella”. Avrebbe sopportato tutto quel dolore ma non un addio.
Mangiarono insieme, come se nulla fosse successo, ritornando ad essere Mya e Kyron con qualche segreto che sarebbe rimasto taciuto.
 


 
 Angolo autore: Eccomi! Quinto capitolo appena sfornato. Sono stata abbastanza rapida, anche perché ho avuto una giornata di ozio totale e ho approfittato per completare il capitolo. Cosa dire…? Finalmente abbiamo avuto il “ piacere” di incontrare il professore Pelois. È stato diretto, subito ha voluto creare un rapporto di fiducia con il nostro caro Drake e finalmente qualcosa di Drake si è capito. Anche lui povero diavolo si è sentito ferito quando era piccolo e ingenuo, e come biasimarlo nei suoi comportamenti?
Bree, povera Bree… Liam potrà essere anche un guapo caliente ma comunque non ha avuto comportamenti da vero cavaliere. Io sono sempre dell’opinione che Kenny sia giusto per lei, ma io sono di parte, vorrei piu che altro sapere le vostre opinioni.
E finalmente Kyron e Mya si sono ricongiunti, secondo voi…. Ci sarà qualche risvolto positivo?
Vabbè, ringrazio come sempre la mia adorata Mads che sono sicura apprezzerà molto soprattutto l’ultima parte ovviamente Fred_Mione98  e Lil01 che  lasciano sempre delle recensioni fantastiche che mi fanno venire voglia di scrivere a più non posso. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e spero di ritornare al più presto con altre succulenti novitàààà!
Sono diventata pazza alle 00:51, cose normali, insomma!
Un bacione a tutti…
Medy <3
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Teenage Dream ***



 

Capitolo modificato. L'ho pubblicato troppo in fretta da aver dimenticato di aggiungere la foto di Madison Diggory. Ora anche lei ha un volto!! 
Buona lettura!! 

 

Elastic Heart
VI °Chapter
 Teenage Dream 
 

 
 
 
 
 
 
Dakota entrò quasi come una furia nella sala Comune dei Serpeverde.
Mya e Drake le avevano spifferato la parola d'ordine da usare solo in casi di emergenza e quello era un estremo caso di emergenza. I suoi passi quasi rimbombarono per l’ irruenza che mise ad ogni passo, e gli occhi erano spalancati e in cerca solo di un'unica persona.
"Dov'e Drake!?" Kyron lasció scivolare la rivista di Quidditch dal viso al petto e guardó l'ospite con aria stanca. Era un piacevole pomeriggio di fine corsi e si era quasi appisolato nel leggere le classifiche sportive. Kenny non alzó lo sguardo dal suo compito di Trasfigurazione, troppo impegnato a mettere insieme qualche parola sensata che potesse spiegare e definire alla perfezione l’incantesimo spiegato dalla McGranitt. Quella materia non era assolutamante adatta a lui, e la sua mente non riusciva a giungere ad una comprensione tale da potergli permettere almeno una "T".
"Buon pomeriggio Dak, quale buon vento?" Kyron si stiracchió sul divano occupato del tutto per concedersi quella pennichella ristoratrice.
"Ho bisogno di parlare con Drake e anche subito!" Dakota si lasció cadere stancamente su una delle poltrone lasciate libere e si sfiló la scopa dalle spalle, trovando conforto nell’abbraccio con un cuscino consumato e logorato dall’umidita e dal tempo.
"Problemi d'amore, Malfoy?" Kyron ammiccò in sua direzione: sapeva della situazione in cui Dakota era stata gettata senza che avesse avuto l’opportunità di chiederlo. Lei non avrebbe voluto ritrovarsi in quel perenne disagio e disperazione che la conduceva a chiedere aiuto a Drake, ma ormai ci era dentro e Drake era la voce della sua coscienza confusa e disorientata.
"Drake ha la bocca larga a quanto vedo. Comunque si, problemi d'amore! Se cosi vogliamo definirli." Lo sguardo della Corvonero mutò, diventando sottile e indispettito. Maledetto Drake e quella sua mania di parlare anche delle sue questioni. Gli avrebbe tappato la bocca con colpi di bolidi una volta risolto il problema.
"Sei sexy con la divisa! Dovresti indossarla piu spesso." Kyron aveva voglia di divertirsi, e puntó il suo sguardo ammaliante su Dakota che - a differenza di tante ragazze, compresa Mya - rimase impassibile a quel commento. Conosceva Kyron da troppo e fin troppo bene. Quel complimento era solo un tentativo per metterla a disagio e mandare i suoi nervi in escandescenza
"E a te hanno mai detto che sei uno stronzo?" Prese bene la mira e il cuscino volò alla perfezione e con la giusta forza sul viso di Kyron che rise di gusto, avendolo colpito in pieno.
"Ragazzi qualcuno qui sta cercando di studiare!" Kenny quasi gettò per aria le pergamene che non entravano nel piccolo banco posto tra una poltrona ed un altra. Il viso aveva perso colore e i capelli erano sparati in aria: tipica immagine di uno studente in crisi.
"Perdonaci Barnabas..." Solo chiamandolo con il suo secondo nome Kenny distorse l’attenzione dall’incomprensibile materia, e lo sguardo - intriso di pura pazzia e stress - divenne infuocato d’odio. I suoi genitori non solo si erano preoccupati di regalargli una vita difficile, messo sotto pressione semplicemente ogni giorno solo perché sua madre era Daphne Greengrass, ma avevano deciso anche di rovinargli la vita affibbiandogli un nome di un vecchio antenato, cosa di cui Kyron ne godeva ormai da 17 anni e non mancava mai di ricordargli di quel piccolo particolare come un’ammenda da tener presente ogni volta che la sua ira toccava picchi incontrollabili. Un segnale per tener a bada lo spirito irascibile di Kenny, che lasciava sfuggire a causa della tanto odiata Trasfigurazione.
“Ti odio.” Dakota cercò di trattenersi dal ridere e Kyron ammiccò al cugino che ormai quasi annegava tra rabbia e voglia di strappare e fare in mille pezzi le pergamene sporche di inchiostro. Anche le sue mani portavano i segni della battaglia che stava tenendo con i compiti di quel pomeriggio. Kenny ricadde nuovamente nel suo compito che avrebbe finito entro quella sera, anche perché la McGranitt non avrebbe accettato una proroga di qualche giorno; e mentre Kyron e Drake avevano concluso molto prima di lui, Kenny avrebbe passato la notte tra candele, inchiostro e pergamena accartocciate ovunque.
Avrebbe potuto copiare da Drake o Kyron stesso, ma era troppo orgoglioso per dire “grazie” alle due vipere che presto glielo avrebbero ricordato e tartassato fino al prossimo debito da ripagare.
“Comunque, io sono qui per Drake! Dove diamine è?” Dakota guardò l’orologio che portava al polso e, notando che era quasi ora per gli allenamenti, quel pizzico di ilarità che Kyron non le aveva regalato per caso svanì immediatamente. Era nervosa, le gambe che si muovevano nervosamente ne erano la prova.
“Ho sentito il mio nome pronunciato troppe volte! Eccomi, non accalcatevi” Finalmente, dopo quasi l’urlo nervoso di Dakota Drake si mostrò uscendo dalla sua stanza, intento ad abbottonarsi i pantaloni. Dietro di lui sbucò anche Tyra, intenta ad abbottonarsi la camicia e lasciare la Sala Comune senza degnare di un solo sguardo i ragazzi che occupavano l’ingresso.
Tyra e Dakota si erano sempre ignorate e lei non aveva mai provato alcun attrattiva nei suoi confronti. Non aveva mai sentito la voglia di conoscerla o provare a conoscerla, e lo stesso era valso per Tyra per sette anni.
“Finalmente! Ho assolutamente bisogno di te. E questa cosa non mi piace per niente, ma sei l’unico che puoi aiutarmi!”Dakota si alzò rapidamente dalla sua postazione di compianto e prese Drake per un gomito, accelerando i tempi. Non poteva aspettare ancora: gli allenamenti sarebbero iniziati presto e le sue paure restavano ancora vive, ancora da risolvere i dubbi e le miriadi di pensieri che vorticavano cosi velocemente da sentire la testa completamente colma d’aria. Non riusciva a comprendere quasi nulla più; le ansie erano tante da non lasciare spazio alla razionalità, alla ragione, a risposte ponderate. In quel momento solo Drake avrebbe avuto le risposte e Dakota le voleva, subito.
“Sei alquanto agitata. Sospetto che il tuo problema riguardi un certo Regan...” Drake si accomodò con la massima tranquillità accanto a Dakota, che si lasciava inghiottire dalle ansie.
“Si e tu devi aiutarmi. Lo sto evitando da quando mi ha confessato che io gli piaccio…” Dakota spostò lo sguardo su Kyron e Kenny che avevano lasciato perdere qualunque impegno che fino a poco prima li aveva tenuti disinteressati e si erano messi sull’attenti, curiosi di sentire il problema che affliggeva Dakota, tanto da costringerla a irrompere in Sala Comune e elemosinare cinque minuti di attenzione da Drake.
“E adesso che devi riprendere gli allenamenti non sai come comportarti.” Drake si allungò verso il tavolo posto al centro della Sala e si versò della burrobirra: era troppo presto per del Whisky, anche se in quel momento Dakota ne aveva un estremo bisogno. Avrebbe sciolto i nervi e magari lasciato che tutti i problemi, che la stavano sommergendo, non le paralizzassero i muscoli e le parole.
“Ho rimandato gli allenamenti per giorni e ogni volta che lo incrocio in Sala Comune o in qualunque altra parte del Castello, scappo. Sono una maledetta codarda… “ Dakota si portò le mani al volto e il nodo alla gola stringeva così forte da farle male. Si sentiva in colpa verso Regan, non riusciva a comportarsi con naturalezza, guardarlo negli occhi senza pensare che il comportamento di quella sera era stato meschino e disonesto. Si sentiva in colpa con l’intera squadra. Perché dopo tutto quel tempo, dove l’unico suo problema aveva portato un solo nome, doveva sbucarne uno nuovo? Perché dopo tutto quel tempo Regan aveva deciso di denudarsi dei suoi sentimenti e gettarla in quella situazione in cui c’era da una parte il futuro della squadra, la loro amicizia, l’integrità dei membri stessi e dall’altra l’incertezza di Dakota, la paura di perdere nuovamente un amico prezioso a causa di stupidi sentimenti che la stavano torturando così crudelmente che si sentiva stritolare, si sentiva soffocare? E gli occhi di Kyron e Kenny puntati a lei, con iridi che trasparivano solo curiosità e un pizzico di divertimento le rendevano tutto più difficile. Drake versò della burrobirra anche nel bicchiere di Dakota e glielo posizionò forzatamente tra le mani. Non riusciva a godersi nemmeno una buona bibita calda, ma Drake fu più insistente e dovette berla tutto d’un fiato.
“Cosa devo fare? Io… mi sono sentita completamente spaesata e confusa quando mi ha detto quelle cose. Cioè cosa cavolo gli è venuto in mente? Perché io? Perché a me?” Scattò in piedi e le mani intorno al bicchiere si strinsero scaricando tutta la tensione su quel povero oggetto, che se avesse potuto parlare avrebbe urlato per il dolore. Camminava avanti e indietro, incapace di formulare un giudizio sensato, di darsi una risposta. Drake ebbe uno scambio di sguardi con i suoi due amici, che come lui osservavano Dakota nel massimo della sua instabilità e insicurezza. Poche volte Dakota Malfoy mostrava i drammi della sua età e quando lo faceva si faceva inghiottire completamente. Drake si alzò per fermarla e, con la medesima forza con cui le aveva imposto di bere la burrobirra, la fece accomodare nuovamente sul divano e fissò il suo sguardo in quello della tormentata ragazza.
"Carissima Dak, il tuo problema è solo uno: NOAH POTTER. Tu ti stai lasciando condizionare da lui da ormai tutta una vita. Tu eviti Regan solo perché hai paura che possa piacerti un’altra persona; ti senti come se stessi tradendo Noah Potter.Tu stai scappando da Regan perché hai paura che lui possa piacerti e rovinare i tuoi piani che sono stati programmati alla perfezione, e hai paura che se programmi ancora rivedrai ricadere tutto.
Ormai lo sanno tutti che sei perdutamente innamorata di Noah da quando i vostri genitori vi hanno messo a mondo, ma non sempre l'amore che provi per qualcuno è corrisposto. L'unica domanda è: vale la pena aspettare e magari rinnegare un amore migliore? Se non rischi come fai a dire che Noah Potter è l'amore della tua vita? Regan non è niente male inoltre... vuoi dire che non ti piace nemmeno un pochetto?" Drake aveva lasciato che Dakota parlasse, ma la soluzione era semplice, era stata presentata con tale semplicità che non bisognava andare a scavare a fondo; era visibile nei comportamenti e sul viso di Dakota. Inoltre non aveva detto nulla che ormai lui, Kyron e Kenny già non sapevano. Erano stati presenti quando quel giorno, quel maledetto giorno che risaliva al terzo anno di Dakota, l’avevano trovata a piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Loro l’avevano risollevata, l’avevano raccolta da quel compianto e l’avevano schiaffeggiata incitandola a resistere, a non mollare, a non lasciarsi ferire così profondamente da Noah che era stato completamente cieco e restava tale dopo due anni dall’accaduto. Solo loro erano a conoscenza del dolore che Dakota aveva assaporato, della delusione di quel primo amore svanito con troppa rudezza. E adesso vedere Dakota rinnegare uno sprazzo di felicità gettava su Drake una rabbia che riusciva a mascherare alla perfezione. Ma avrebbe dovuto controllare gli eventi e permettere che Dakota si godesse ciò che non era riuscita a fare in quei due anni a causa sua. A causa di Noah Potter.
“Certo che mi piace... cioè è un bel ragazzo. E' simpatico e mi ha sempre trattata diversamente dagli altri. E' l’unico oltre voi che riesce a tenermi testa e a contrastarmi e abbiamo tante cose in comune..." Un lieve sorriso apparve sul volto di Dakota, segno che la compagnia di Regan non le dispiaceva affatto.
"Ecco, vedi? Hai la faccia di chi pensa che quel ragazzo ha mille e una qualità per entrare nelle tue mutandine.” Drake riuscì a scansare per un soffio lo schiaffo che Dakota cercò di riversare sul suo viso e rimangiò quell’intervento poco delicato, soprattutto per la situazione.
“Ok, scusa... comunque mia cara Dakota rischia! Hai 16 anni e non faresti nulla di diverso da qualunque altra ragazza della tua età. Non sto dicendo esci e scopati il primo che capita. Ti sto dicendo esci e lasciati alle spalle Noah Potter. Lui la sua scelta l'ha fatta, e non sei tu. Perché continuare a far essere lui la tua scelta?" Fu come se Drake le avesse appena gettato un secchio d’acqua gelida addosso, senza preavviso, senza che lei potesse preparare la sua mente a resistere a quel gelo. Drake non parlava mai per compiacere gli altri: era diretto, schietto, cinico. Abbastanza da dire troppa verità che non sempre aiutava a stare meglio. Gli occhi di Dakota divennero lucidi e, come capitava poche volte, Dakota Malfoy ritornò la ragazza di sedici anni fragile e triste che teneva nascosto dietro a cumuli di granito e gelidi sguardi. Divenne piccola, fragile. Le spalle si incurvarono come se volesse chiudersi a riccio e nascondersi dal mondo. Kenny quasi sentì il bisogno di abbracciarla, ma Kyron lo bloccò in tempo: Dakota non glielo avrebbe mai perdonato.
“Hai ragione. Sono una sciocca.” Si coprì il volto nuovamente e sperò che quelle stupide lacrime smettessero di percorrerle il viso con tale rapidità da non riuscire a fermarle. Ringraziò Merlino che in Sala Comune non ci fosse nessuno. Odiava farsi vedere in quello stato, odiava uscire allo scoperto. Ma era sicura con Drake, era sicura con Kyron e Kenny. Sapeva che l’indomani avrebbero fatto finta di dimenticare tutto e non l’avrebbero guardata con tenerezza o pena.
"Dak, guardami.” Drake le prese il volto tra le mani, mostrando le lacrime evase senza consenso.
“Comportati come ti viene. Vai agli allenamenti e fai la prima cosa che ti viene di fare, senza alcuna pippa mentale. E poi se tuo padre sapesse che un Potter fa star male la sua adorabile principessa ucciderebbe tutti i Potter ancora in vita. Quindi ti conviene riprenderti, che hai un viso orribile." Drake riusciva ad essere un bastardo senza alcun senso di pena verso nessuno, poteva apparire agli occhi di tutti come privo di amore se non per se stesso. Ma pochi conoscevano quella parte del Serpeverde che teneva preservato solo a chi era riuscito a dargli fiducia e di conseguenza a ricevere l’onore di poter conoscere quel Drake tenuto sempre all’oscuro, tenuto segregato profondamente.
Dakota rise, asciugandosi le lacrime lasciate scoppiare fuori per la confusione che stava vorticando in lei. Era come non avere controllo di nulla, non era più padrona della sua vita. Stava lasciando che gli eventi la mandassero fuori rotta e perdere i suoi scopi, tenuti fermi e rigidi pur di non essere intaccata sentimentalmente.
“Ora devo andare! I poveri pivellini inesperti e stupidi hanno bisogno di me.” Drake guardò l’orologio che Dakota portava al polso, e notò che era in ritardo per il suo primo compito, responsabile,  da “Tutore”. La vendetta contro Amelié non poteva aspettare e se tardava a quel primo appuntamento avrebbe dato motivi al professor Pelois di non scegliere lui come suo assistente; e quindi non avrebbe potuto far notare ad Amelié che, per quanto lei avesse tentato di abbatterlo, lui avrebbe vinto, sempre.
“Vado anche io, mi staranno aspettando.” Anche Dakota notò l’imbarazzante ritardo e, raccogliendo la scopa deposta sul pavimento, seguì Drake fuori la Sala Comune, lasciando Kyron e Kenny completamente soli.
“Ho perso tempo ad ascoltare le sciocchezze di quei due e intanto il compito di Trasfigurazione non è nemmeno a metà dal finire.” Kenny raccolse tutti gli appunti e i libri che aveva accuratamente raggruppato con la speranza di finire al più presto quel maledetto compito che lo stava mandando in escandescenza. Kyron ritornò a stendersi sul divano e coprì il volto con la rivista sportiva di cui aveva letto solo qualche pagina.
“Potresti anche aiutarmi, dato che non stai facendo nulla!” Una delle tante penne a piuma d’oca volò in sua direzione colpendogli la testa. Lui alzò appena la rivista per guardare suo cugino che aveva l’aria di chi sarebbe esploso da un momento all’altro.
“Potrei, ma non voglio… Mi diverte vederti cosi.” Nascose il sorriso beffardo nuovamente con la rivista, e tra le lamentele e le imprecazioni di Kenny, riuscì a raggiungere il tanto ricercato riposo.
 
 
**
 
 
 
 
 
Madison Diggory era la ragazza più anonima di tutta Hogwarts. Anche durante le lezioni i Professori faticavano per farla emergere tra gli animi caotici e esibizionisti degli altri studenti, e spesso veniva punita esattamente per quel suo perenne silenzio e titubanza di agire. Veniva punita con buoni scopi, ma lei incassava il colpo ed eseguiva la sua punizione senza ribattere, nonostante molte volte Mya l’avesse incitata a farlo. Ma lei era così: un animo tranquillo e pacato, che adorava il suo silenzio e la sua solitudine. Non amava mettersi a confronto con altre persone, perché puntualmente notava sempre qualcosa che non andava in lei, che riusciva a far mettere in risalto solo i suoi difetti; quei lati che la tenevano al di fuori da tutti. Solo in Mya aveva trovato un’amica alla quale aggrapparsi, perché, nonostante potessero sembrare tanto diverse, in fondo mantenevano la stessa semplicità che le accumunava e teneva legate.
Ma quel pomeriggio Mya non sarebbe stata al suo fianco, mentre lei si lasciava strigliare con ramanzina e derisioni da parte di qualche Tutore troppo annoiato e stanco da poterla realmente seguire. L’ultima lezione di Pozioni era stata tragica per Madison. La venuta del Professor Pierre Pelois aveva distrutto il suo anonimato lasciando che lui marcasse - anche se con sensibilità d’animo - la sua inefficienza per quella materia. Aveva cercato di spiegare al Professore che avrebbe potuto studiare da sola, ma le parole erano rimaste cementate in gola e aveva acconsentito senza poter ribattere in alcun modo. Stringeva i libri contro il petto e nella sua mente ripeteva le mille presentazioni che avrebbe potuto sfoggiare quando si sarebbe ritrovata di fronte al Tutore che l’avrebbe aiutata. Avrebbe dovuto sorridere per trasmettere simpatia? O bastava semplicemente un cenno del capo per dimostrate che anche lei, come l’anonimo Tutore che l’attendeva, era scocciata da quella situazione nella quale era stata immersa senza che potesse ribattere? Doveva salutarlo come si saluta un Professore oppure un semplice “ciao” poteva bastare? Le sue gambe erano rigide ad ogni passo e la discesa nei sotterranei fu come scendere all’inferno. L’atmosfera intorno a lei sembrava essere mutata di colpo. Avrebbe incrociato volti non noti, sguardi non amici, e sapeva che il suo silenzio l’avrebbe condotta solo a non comprendere nulla e continuare a far credere che fosse il contrario. Ricordava alla perfezione, come se fosse accaduto ieri, la prima lezione di Pozioni. Il Professore di allora, Severus Piton, aveva spiegato gli ingredienti basilari contenuti nella gran parte delle Pozioni semplici che avrebbero imparato quell’anno. Ogni volta che chiedeva se qualcuno non aveva compreso e voleva porre delle domande, puntava gli occhi scuri e malefici a lei, come se avesse compreso che l’unica studentessa a dover far uso di un’ulteriore spiegazione fosse lei. Lei che rimaneva zitta per vergogna, per timore di essere derisa dall’intera classe e anche dal Professore. Ma puntualmente ogni volta che avevano un compito da svolgere lei si ritrovava in difficoltà, incapace di capire da dove iniziare e dove finire. Era stata una sciocca: se solo avesse parlato, giunta al quarto anno non si sarebbe ritrovata con lacune tanto profonde che solo un giratempo avrebbe potuto risolvere. Ritornare nel passato e dire alla vecchia sé di non avere paura, di parlare, di chiedere qualche altro chiarimento. Ma forse nemmeno la sua nuova sé avrebbe potuto aiutare la Maddy di quattro anni prima.
Respirò profondamente, chiuse gli occhi e incitò se stessa a non lasciarsi inghiottire dalle ansie, amiche di tutta una vita.
Aprì la porta dell’aula dove ritrovò troppe persone già sedute in banchi diversi, con ragazzi e ragazze del settimo anno intenti a spiegare tutto con estrema calma e pazienza. Riconobbe qualcuno del suo anno ma non salutò nessuno perché nessuno sapeva chi fosse lei. Anche quando entrò in aula nessuno sguardo cadde su di lei, incuriosito nello scannerizzare la “nuova” arrivata. Nessuno le diede il minimo accenno di averla notata e di quel particolare ne fu grata. Rimase in mezzo alla sala per qualche minuto prima di comprendere chi fosse il suo Tutore, prima di incrociare quegli occhi che aveva cercato in ogni giorno di non riuscire mai ad incrociare. Deglutì con forza, facendosi male, sentì le mani sudare e i libri pesanti come macigni. Il destino era stato abbastanza ingiusto con lei, come la vita, avendole donato un aspetto fragile, un corpo gracile e un carattere serrato verso il mondo. Ma non riusciva a credere che anche adesso doveva essere così meschino. Perché proprio con LUI?Perché loro dovevano incontrarsi in quel modo?! Comprese che Drake sarebbe stato il suo tutore quando notò che il suo banco - sul quale era completamente stirato in una posa annoiata e stanca - era l’unico ancora vuoto. Non riusciva a crederci, non riusciva ad accettare che il Tutore che avrebbe scoperto la sua ignoranza della materia, che l’avrebbe rimproverata, che l’avrebbe derisa era proprio lui: Drake Zabini. Quante possibilità doveva mettere in conto che ciò potesse accadere? Perché non aveva pensato ad una possibilità tale? Stupida, stupida, stupida…
Non ebbe idea di come accadde, ma in un attimo si ritrovò catapultata sul pavimento con i libri stipati ovunque e gli occhi di gran parte dell’aula erano puntati a lei, completamente distesa sul pavimento di pietra umida. Sentì il volto infiammarsi e vide Drake avvicinarsi a lei, sobbalzato per averla vista cadere.
Si piegò verso di lei e, con un sorriso divertito che non si preoccupò di nascondere, le raccolse i libri.
“Stai attenta piccoletta, che rischi di romperti.” Madison ebbe un colpo al cuore così forte che le venne il singhiozzo. Si coprì la bocca con entrambe le mani e sentì il viso andare completamente a fuoco. Drake si perse in risa di gusto, che occuparono tutta la sala, e aiutò la malcapitata Madison ad alzarsi.
“Scommetto che sia tu la mia assistita...” Guardò i manuali di pozioni che Madison aveva avuto la preoccupazione di raggruppare e la Tassorosso - con gli abiti completamente sporchi di polvere - annuì con il capo. La sua presentazione aveva scardinato le sue aspettative. Era stata ridicola e ora Drake la guardava con il sorriso stampato in volto che, nonostante fosse bellissimo, Maddy sapeva che era di semplice derisione.
Stupida, stupida, stupida…
“Il professore Pierre Pelois mi ha dato qualche informazione su di te. A parte il nome…” Madison si era accomodata di fronte a lui pensando quanto fosse stata stupida da non dar conto al fatto che Drake le stesse chiedendo come si chiamava. Si voltò verso di lui e si fissarono per qualche secondo, in silenzio, mentre Drake la guardava con attenzione in attesa di sentire la sua voce, mentre Madisson aveva perso il filo e quindi non aveva colto la domanda. Aveva le labbra secche e serrate e la sua voce non sarebbe uscita nemmeno sotto tortura.
“Allora? Come ti chiami?” Drake riformulò la domanda, facendola sobbalzare e lei quasi ricadde dallo sgabello, ma la presa di Drake fu scaltra e la tenne in piedi.
“M-Madison Diggory...” Fu un grande sforzo per lei far fluire la sua voce senza che essa tremasse. Drake sorrise ancora, ma questa volta con una strana dolcezza. Non lo aveva mai visto sorridere in quel modo con nessuno. Per tutto il tempo trascorso a guardarlo, quel sorriso lo aveva visto solo poche volte e nuovamente il suo cuore fece i capricci. Corse veloce e il singhiozzo ritornò.
“Secondo gli appunti del Professore dobbiamo partire da zero.” Drake sfogliava con aria professionale il modulo che il Professore gli aveva fornito. Maddy notò che c’era tutto, anche il suo nome, e quello di Drake era stato solo un tentativo per rompere il ghiaccio perché aveva notato lo stato di disagio nel quale era completamente immersa.
“Si…” Non riusciva a formulare frasi complete. Risposte secche e rapide per poi ritornare taciturna nella sua postazione, in una posizione quasi fetale, che la teneva chiusa a tutti, soprattutto a Drake.
“Tranquilla, piccoletta. Con me sarai in grado di fare una Felix Felicis bendata e a testa in giù.” Riuscì a strapparle un sorriso. Madison non riusciva a credere che proprio Drake Zabini stesse parlando con lei e stesse tentando di metterla a suo agio. Non era frutto della sua fantasia, non era nessun cortometraggio mentale che le faceva credere che stesse accadendo. Stava accadendo davvero.
“Io sono Drake Zabini, comunque. Passerai molto tempo con me, quindi è giusto che almeno sappiamo i nostri nomi.” Allungò la mano e quella piccola e pallida di Maddy si strinse in quella di Drake. Madison aveva sempre sognato una situazione del genere pensando a ciò che ne sarebbe scaturito, immaginando lei più intraprendente, lui dolce esattamente come in quel momento. Ma non aveva messo in conto che lei non sarebbe stata mai intraprendente e che la dolcezza di lui era data solo dalla pena che in quel momento riusciva a suscitare anche in un tipo come Drake. Aveva i capelli che sfuggivano alla presa del codino, il volto pallido e ricoperto da lentiggini più stanco del solito, e titubò quando prese gli occhiali dalla borsa. Avrebbe riso ancora Drake, ma lei non riusciva a leggere la calligrafia dei libri scritti in modo tale che solo chi era dotato di una vista arguta avrebbe compreso qualche lettera. Inoltre lui aveva completamente dimenticato che prima di allora tra loro due c’era stato già un incontro. Ma Madison aveva completamente rimosso quell’incontro, perché Drake non ne aveva alcun ricordo.
 
Rimase ancora in silenzio, nonostante Drake le rivolgesse la parola con estrema tranquillità. Prese i tomi di Pozioni e li scaraventò per terra attirando nuovamente l’attenzione di tutti gli altri presenti in aula. Non se ne preoccupò, ma rimase a fissare Maddy che si era armata di pergamena, piuma e calamaio.
“Credimi non ti serviranno a nulla. Hai bisogno di imparare tutto in poco tempo e quei libri ti confondono solo le idee. Quindi ascolterai solo me e ciò che ho da insegnarti. Inoltre Pozioni è tutta pratica, quindi togli di mezzo quella roba e presta solo attenzione.” Madison, con l’aria da gufo spaesata, annuì e ripose tutto nella borsa e rimase rigida sul suo sgabello. Aveva la mente altrove, persa a contemplare la bellezza del viso del suo Tutore, quegli occhi che si alzavano verso di lei quando le parlava, quel sorriso che sfuggiva qualche volta quando Maddy lo informava di cose che magari il Professore Pelois non aveva inserito nel modulo. Era completamente persa, completamente innamorata di una persona che non la vedeva nemmeno, se non come la ragazzina dall’aria buffa caduta al loro primo incontro.
“Ma io ti conosco…” Sobbalzò nuovamente Madison, che si sentì colta in flagrante. Strabuzzò gli occhi e chiese a Drake di ripetere perché non aveva capito.
“Io ti ho già vista, se ci penso. Hai un viso molto familiare… Fammi pensare...” Si portò le mani al mento, in una posa pensante, e la squadrò con molta attenzione. In quel momento la mente di Madison iniziò a giocarle brutti scherzi. Forse l’aveva riconosciuta, forse stava per ripescare quell’incontro avvenuto alla festa di Dakota; forse non l’aveva riconosciuta per l’aspetto completamente diverso rispetto a quella sera. Forse avrebbe ricordato di averla invitata a ballare, di averle sorriso. Forse avrebbe ricordato che lei era la ragazza che aveva attirato l’attenzione - più di tutte - alla festa. Forse….
“Stai sempre appiccicata a mia sorella Mya! Ecco, sapevo di averti vista già da qualche parte.” Forse Maddy avrebbe dovuto smetterla di lasciare che la sua mente fin troppo fantasiosa cavalcasse in quel modo, e lasciare che rimanesse con i piedi ben impiantati alla realtà.
“Siamo migliori amiche…” Rispose lei con una certa incertezza. Lei considerava Mya come una sorella, ma la sua insicurezza la portava a pensare che non era lo stesso per Mya.
“Davvero? E perché ti conosco solo ora? Se sei la migliore amica di mia sorella avrei dovuto avere l’onore di conoscerti. Per fortuna abbiamo rimediato.” Le sorrise ancora e lei gli sorrise di rimando, trattenendo la voglia di urlargli che quello non era il loro primo incontro. Avrebbe potuto parlare dell’estati trascorse a Roma, una delle quali aveva ricevuto una pluffa in pieno viso proprio da parte sua. Oppure di quando dopo la fine del Primo anno, Mya l’aveva invitata a casa e aveva assistito alla lunga ramanzina che il Signor Zabini gli aveva scaricato addosso dopo che lui era rientrato la mattina dopo.
Avrebbe potuto raccontagli di tanti episodi in cui le loro strade si erano incrociate, ma preferì restare zitta e si preparò per la prima lezione.
I primi minuti li trascorsero con una piccola “interrogazione” per valutare che grado di preparazione avesse Madyson, e le poche volte in cui la Tassorosso parlò mostrò la sua incapacità nella materia.
Drake dopo quei minuti in cui aveva riso molto per la goffagine naturale della ragazza - anche nel tritare delle semplici radici - chiuse il modulo e, guardandola dritta negli occhi,serio e quasi disperato decretò il verdetto.
“Avremo tanto da lavorare, piccoletta.”
 
 
 
 
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Kenny aveva abbandonato ogni tentativo di perfezione e aveva scritto ciò che più sapeva sull’argomento che la McGranitt aveva spiegato quel giorno. Aveva la testa completamente fumante e non solo per quella maledetta materia che ogni anno diveniva sempre più incomprensibile. Voleva credere che quell’incapacità, maturata soprattutto nell’ultimo periodo, fosse solo una sua mancanza di attenzione; ma la piccole voce della sua coscienza continuava a ripetergli un nome che avrebbe preferito non pronunciare. Erano due anni ormai che il volto di Bree lo seguiva ovunque, e quegli occhi… Non riusciva a strapparli via dalla mente. C’era tutto da scoprire dietro a quello sguardo, e lui da due anni era curioso di trovare e mascherare ogni piccolo segreto, conoscerla così alla perfezione da poter dire di conoscerla solo lui. E invece… doveva accettare di vederla accanto ad uno stupido come Liam Martinèz. Doveva accettare di non potersi svegliare con l’idea di raggiungerla ovunque si trovasse. Non lo lasciava andare, nonostante lui avesse decretato al mondo che Bree Potter era sparita completamente dai suoi pensieri. Ma ogni giorno risentiva quella vocina e quella voglia di dirlo anche a lei che non era così, che non sarebbe stato mai così.
Passeggiava nel Castello con lo sguardo sconfitto di chi le aveva provate tutte, fallendo miserabilmente ogni volta; e non si riferiva al compito di Trasfigurazione. Aveva il capo basso e non diede alcuna attenzione a nessuno, se non ai suoi passi che non trovavano alcuna fine. Voleva camminare e lasciarsi alle spalle Bree, voleva svegliarsi e pensare che lei non fosse mai entrata nella sua vita. Riusciva a condizionare la sua vita nonostante non ne facesse parte come voleva lui. Riusciva a condizionarlo in qualunque modo nonostante lei non lo avesse mai chiesto, non avesse mai decretato che quello fosse il suo volere.
Sbuffò stancamente e scaricò tutta la sua rabbia su un muro qualsiasi. Le nocche della mano sinistra si graffiarono e iniziarono a sanguinare debolemente; un taglietto da niente a confronto a ciò che doveva sopportare ogni giorno alla vista di Bree Potter, la sua Bree Potter, con l’idiota di Liam. Sarebbe durato solo un anno e poi avrebbe lasciato tutto alle spalle, anche se la vocina della coscienza gli suggerì anche un piccolo particolare che avrebbe voluto tenere all'oscuro: Lui non voleva lasciarsi Bree Potter alle spalle, voleva che ci fosse nella sua vita, dopo tutto, sempre, anche dopo Hogwarts, durante e dopo quella spensieratezza che i 17 anni si portavano ancora addosso.
Voleva Bree, sapeva di volerla come un capitano di una squadra di Quidditch desidera la Coppa.
Sentì dei passi che con una certa fretta cambiarono direzione e istintivamente alzò lo sguardo. Bree gli dava le spalle e sembrava correre lungo il corridoio, come per scappare da lui. Fu rapido ed istintivo ciò che fece: la rincorse e la raggiunse .
“Bree, aspetta!” Bree sembrò vedere un fantasma e ritornò a camminare con passo veloce, cercando di ignorare la sua presenza. Ma Kenny non demorse e le si parò davanti, continuando a camminare perché lei non si apprestava a fermarsi. Aveva lo sguardo impiantato a terra, priva di intenzioni di avere un qualsiasi contatto con Kenny. Ma lui non demordeva, restava di fronte a lei, non lasciando perdere quell’indifferenza che lo aveva distrutto per tutti quei giorni.
“Kenny non dovresti essere qui.” Cercò di superarlo ma il Serpveverde fu più rapido, e stringendola per le spalle frenò il suo tentativo di fuga e la fermò contro la parete.
"Voglio solo parlarti e chiarire la situazione tra di noi.” La presa non era forte ma l’espressione di dolore di Bree fece arretrare Kenny, che temette di essere stato troppo brusco.
“Non c’è nessuna situazione e adesso tu devi andare via.” Bree si guardava intorno con la paura viva stampata in volto, che quella giornata sembrava più provato del solito. Era stanca, lo si poteva notare dalle leggere occhiaie che le circondavano gli occhi chiari e il sottile viso sembrava annegare in quella stanchezza tanto da essere pallido, quasi morto.
“Volevo solo dirti che non devi temermi. Non ho alcuna intenzione di disturbare la tua felicità. Se hai deciso di stare con Liam, io lo accetto e non intaccherò i vostri piani o la vostra relazione. Ma non voglio negarmi di esserti amico.” Bree fece scivolare lo sguardo su Kenny e improvvisamente i suoi grandi occhi si riempirono di lacrime, scivolando lungo la parete e chiudersi a riccio sul pavimento. Kenny si sentì improvvisamente spaesato: cosa aveva detto per provocare una reazione del genere? Perché Bree era così strana?
Si inginocchiò di fronte a lei e scostandole i capelli cercò il suo sguardo.
“Bree… cosa è successo?”
“VATTENE KENNY! DEVI ANDARTENE E NON VOGLIO PARLARE CON TE. VAI VIA, SUBITO!”Ebbe uno scatto di rabbia, i nervi le fecero alzare il volto e iniziò a tremare quasi incontrollabilmente. Kenny non sapeva cosa avesse e non aveva idea di come comportarsi. Si sentiva completamente privo di soluzioni mentre lei piangeva a singhiozzo.
“Bree ma cos’hai? Con me puoi parlare.” Aveva paura, una paura che gli gelava le ossa, gli paralizzava i tendini tanto da non lasciarlo muovere. Voleva sapere perché Bree stesse reagendo in quel modo e istintivamente la prese per le spalle, delicatamente, ma il suo tocco la fece sobbalzare come se avesse stretto troppo.
Bree iniziò a massaggiarsi il braccio come se fosse stata appena colta in flagrante, e in lui iniziò a sorgere un leggero sospetto. Lui sapeva di averla appena toccata, anche prima. Qualcosa non andava e Kenny - senza chiedere - prese il braccio di Bree, che cercò di svincolarsi dalla sua presa, e le alzò la manica della camicia per rivelare la causa del dolore.
Un enorme livido violaceo copriva il braccio, come se prima delle mani di Kenny ci fossero state altre mani che avevano stretto con troppa foga tanto da causarle quel danno.
“Bree, che diamine è questo? Chi è stato?” La rabbia salì all’apice, il viso di Kenny divenne paonazzo e iniziò a tremare, scosso solo dalla rabbia. Ebbe un unico nome che raggiunse la sua consapevolezza. Un unico nome che Bree non avrebbe mai pronunciato.
Divenne isterica, e con  lievi schiaffi lo allontanò da lei. Con rapidità si alzò dal pavimento.
“NON OSARE AVVICINARTI A ME, KENNY!” Gli urlò contro con pura rabbia e, paralizzandolo con le parole, lo lasciò lì senza una risposta, senza permettergli di capire. Scappò via e Kenny si sentì completamente privo di soluzioni, tanto da restare lì, con le gambe tremanti.
 
 
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Ameliè scivolò fuori il letto e si diresse verso lo specchio della sua stanza, pronta a rivestirsi. Era quasi ora di cena e doveva recarsi in Sala Grande prima che Kyron - che la fissava distrattamente mentre lei raccoglieva gli abiti sparsi per la stanza - si incamminasse e raggiungesse i suoi amici. Dovevano destare meno sospetti possibili, e il terrore di entrambi era che il prossimo articolo di Maggie May potesse riguardare quella relazione che avrebbe fornito ad entrambi un visto fuori da Hogwarts immediato.
Ameliè si guardava allo specchio sistemandosi alla perfezione, prima di scendere a cena, mentre Kyron la circondava con lo sguardo apprezzando le curve perfette ma non riuscendo a cogliere nessuna poesia nei suoi gesti.
Il loro era semplicemente sesso, delle voglie consumate in poco tempo, che dopo l’amplesso ritornavano ad un vuoto che non li teneva stretti tra le coperte. Kyron aveva bisogno di aria, aveva bisogno di vederla sgusciare via dal letto e avere lo spazio per sé, per stiracchiarsi e recuperare le energie perse tra quelle lenzuola; e lei doveva ritrovare la sua forma perfetta, candida, elegante e discostata dal mondo. Dovevano rivestirsi non solo degli abiti, ma anche dell’indifferenza che si sarebbero rivolti una volta fuori quella stanza.
“Kyron, volevo chiederti una cosa...” Ameliè non gli rivolgeva alcun attenzione, concentrata a rifarsi il trucco alla perfezione. Il suo accento Francese nei primi tempi era parso sexy, ma Kyron dopo troppo tempo trascorso ad ascoltarlo ne aveva fatto l’abitudine tanto da ritenerlo banale.
“Dimmi” Si stiracchiò nel letto, affondando con la testa nei cuscini e respirando un po’ di aria dolce che proveniva dalle candele quasi consumate poste per la stanza. Sentiva la stanchezza suggerirgli di dormire, ma aveva appuntamento con Drake e Kenny e non poteva restare lì. Non voleva.
“Tu e la pètite Zabini… siete ritornati intimi.” Lo sguardo di Ameliè scivolò rapido verso Kyron per individuare la sua reazione che fu sospetta: Spalancò gli occhi come fulminato da un’accusa, ma ritornò subito “normale”, chiudendo nuovamente gli occhi e fingendosi indifferente. Ameliè si voltò rapida, non riuscendo a trovare indifferente quella reazione.
“Dovrei preoccuparmi, mon cher?” Si appoggiò alla toilette dove stava sistemando la sua immagine e gli occhi chiari, intrisi di desiderio e presunzione che riusciva a nascondere dietro a maschere di finto buonismo, si assottigliarono per guardare Kyron con sospetto.
Kyron aprì l’occhio sinistro per osservare Ameliè con stampato sul volto un sorriso che sembrava più di fastidio che di una gustosa rivelazione.
“Preoccuparti di cosa, Ameliè?” Si alzò dal letto, non preoccupandosi di uscire completamente nudo. Lo aveva guardato senza alcun velo per giorni, e inoltre Ameliè non provava imbarazzo per così poco.
“Non saprei. Sai, non credo in quello stupido giornale che avete qui ad Hogwarts. Ma le voci girano e molte volte c’è sempre un pizzico di verità in quelle voci.” Kyron la guardava con aria indifferente, ma sentire il nome di Mya ormai gli procurava un certo fastidio. Doveva spiegare ad Ameliè che non c’era nulla tra loro anche se non si sentiva in dovere di farlo, perché se anche ci fosse stato qualcosa lei sarebbe stata l’ultima persona alla quale dare spiegazioni. Non doveva giustificarsi con lei, lei che non era nessuno; lo avevano stabilito una volta iniziati quegli incontri. Lo avevano decretato come un contratto che non poteva essere violato.
“Allora non ascoltarle. E poi non vedo motivo per cui dovresti preoccuparti. Anche se fosse, noi non stiamo insieme.”Kyron con tranquillità diede voce ai suoi pensieri e appoggiò le mani sulla toilette circondandola, in modo da sfiorarle il corpo di Ameliè con il suo. Ameliè respirò profondamente, sentendo il suo odore invaderla tutta. Il suo corpo ancora caldo e sudato per poco prima.
“Io odio dividere le mie cose con altri, Kyron.” Puntualizzò lei, puntando lo sguardo verso il basso e notando che Kyron non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare.
“Ma io non sono una tua cosa, Ameliè. Quindi se decidessi di finire questa cosa tra noi sarei libero di farlo tranquillamente.” Voleva gettare il discorso altrove, non gli andava di parlare di Mya con lei. Non voleva che in una situazione del genere il nome di Mya venisse pronunciato; era come infangarlo e lei non lo meritava.
Iniziò a baciarle il collo e le spalle ancora scoperte e, quando lei provò a ribattere, puntò sui seni, zittendola completamente.
“Dicevi?” Ritornò a guardarle il viso arrossato per il piacere di sentire le sue labbra sollecitarla delicatamente e lei sorrise, intenzionata a farlo continuare.
“Nulla…” Gli prese il capo tra le mani e lo avvicinò a sé, baciandolo irruentemente. I trucchi sparsi sulla toilette si frantumarono a terra mentre Kyron con poco sforzo vi adagiava Ameliè sopra. Avrebbero atteso Kenny e Drake, Kyron avrebbe tardato ancora per molto.
 
 
**
 
 
 
 
“Ottimo ragazzi. Siamo rimasti fermi per un po’ ma non abbiamo perso il ritmo.” Dakota atterrò nel campo e sorrise ai suoi giocatori con l’adrenalina che ancora fluiva nelle vene. Guardò tutti ad uno ad uno e il suo sguardo si soffermò su Regan che, a differenza degli altri, aveva lo sguardo puntato sul prato. Non l’aveva guardata per tutti gli allenamenti, era rimasto attento solo alle sue direttive, ma mai una volta le aveva sorriso o incitata come era solito fare.
Dakota ne aveva risentito, aveva sentito il vuoto che la sua indifferenza le stava procurando. Ma non aveva parlato, aveva solo impartito gli schemi che avevano studiato attentamente prima di iniziare gli allenamenti. Era stato tutto molto schematico e indifferente e Dakota aveva permesso che quell’indifferenza la influenzasse.
“Ci vediamo settimana prossima. Se andiamo avanti così quest’anno la coppa sarà nostra.” Un boato di eccitazione si levò nell’aria, facendo sentire Dakota viva come solo la sua squadra riusciva a fare. Come se le lacrime di ore prima non fossero state versate, come se Noah Potter fosse solo un ricordo lontano e indifferente. Forse Drake si era riferito esattamente a quello: comportarsi come le veniva, lasciarsi guidare dalle emozioni; e in quel momento era estremamente felice. Doveva lasciarsi guidare da quella felicità, da quell’adrenalina che saliva lungo la schiena e le solleticava il ventre.
“Ora andatevi a lavare.” Cacciò i suoi compagni con il sorriso ancora stampato in volto, la gioia che ancora fluiva ovunque, la felicità di essersi lasciata andare, di non aver lasciato che Noah Potter le recasse solo turbamento ed espressioni tristi.
“Ciao Dak!” Alexander la salutò come suo solito: Stringendola forte in un abbraccio di sudore e amore. Dakota si lasciò stritolare, non riusciva a sentire alcun fastidio quando era con loro.
Anche gli altri la salutarono calorosamente, solo Regan alzò la mano silenziosamente e si unì agli altri. In quel momento Dakota sentì le parole di Drake tamburellarle la testa. Continuava a sentire ripetersi il discorso ascoltato nella Sala Comune, continuava a rivedere Noah Potter abbracciato con Alyson, continuava a sentirsi debole e tradita e sembrò come se fosse stata mossa da qualcun altro, spinta a reagire per una volta nella sua vita.
“Regan, aspetta.” La voce si spense immediatamente, come se avesse ritrovato i motivi che la spingevano a non parlare. Ma era troppo tardi per ritornare indietro: Regan si era già voltato, e aveva perso il resto della squadra.
“Dimmi.” Era distaccato il suo tono di voce, era ferito e non riusciva a non guardarla con quell’aria dispiaciuta. Dakota si sentiva in colpa, si sentiva meschina e colpevole. Non poteva essere tanto egoista da cercare di rimediare al danno causato settimana prima. Non poteva tenere fermo Regan con la speranza che forse tra loro poteva nascere qualcosa. Si ritrovò nuovamente a vorticare in quell’oceano di insicurezze e paure. Ritornò a lasciarsi affogare da quell’incertezza che non le suggerì alcuna parola. Ma doveva parlare, perché aveva dato avvio a quella situazione e adesso doveva concluderla.
Respirò a fondo e strinse la presa intorno alla sua scopa da corsa, sperando che le inculcasse sicurezza e forza; ma il modo in cui la guardava Regan, la spiazzava.
“Io, volevo parlarti, si… Volevo parlarti di è quanto successo la settimana scorsa e…” Iniziò a grattarsi ovunque: capo, braccia; gli occhi erano piantati a terra e non riusciva a parlare. Cosa le passava per la testa? Cosa aveva da dirgli? Regan si appoggiò alla sua scopa e la fissava, adorando quel modo impacciato. Non importava cosa gli avrebbe detto, a lui bastava solo guardarla quando si smascherava di quella rigidità e diventava la ragazza timida che aveva sempre odiato di mostrare.
“Io non so cosa c’è tra noi, e cosa potrebbe esserci se… insomma… iniziassimo qualcosa. E non so come si inizia qualcosa. Non saprei come comportarmi, non sono brava e sono un disastro nelle relazioni sociali, non riesco a vedermi nemmeno in una relazione amorosa… Oddio non possiamo parlare di amore perché ancora deve accadere nulla, e non so nemmeno come chiamare questa cosa che se chiamo cosa perde di valore e non è assolutamente cosi...”
“Dak usciresti con me?” Regan sentiva il disagio di lei e non voleva assolutamente che Dakota si sentisse in quel modo con lui. Voleva che Dakota trovasse in lui un modo per comportarsi naturalmente senza dover etichettarsi, senza costrizioni. Il suo discorso nel delirio era stato chiaro e Regan puntò esattamente dove lei avrebbe voluto puntare. Dakota alzò lo sguardo arrossato di imbarazzo e, con il sorriso che le mutò completamente il volto, annuì. Sembrava una bambina, una dolce bambina che aveva appena accettato di andare alle giostre o di mangiare delle cioccorane. Regan non voleva chiarimenti del perché non avesse accettato prima, non voleva metterla in nessun modo a disagio, continuava a mantenere quell’atmosfera di tranquillità che le avrebbe regalato sempre e non solo ora. In cuor suo sentiva i fuochi d’artificio, sentiva i tamburi scuoterlo completamente, sentiva l’animo tremare. Ma si finse impassibile e, avvicinandosi, coronò quella prima prova con un leggero bacio sulla guancia.
Semplice, tenero, senza alcuna doppia intenzione.
“Ci vediamo settimana prossima, Dakota” Le carezzò il volto, nonostante il desiderio di baciarla bruciava come febbre. Ma si trattenne. Avrebbe dato a Dakota tutto il tempo di cui avrebbe avuto bisogno.
Le voltò le spalle per recarsi agli spogliatoi, e Dakota non sentì alcuna colpa. Per la prima volta in quegli anni trascorsi a compiangersi si sentì FELICE.


 
 
Angolo Autore:
Eccomi con un nuovo capitolo fresco fresco! Finalmente e anche io dico FINALMENTE, Maddy si è fatta notare – non nel migliore dei modi - ma si è fatta notare. Ho messo qualche scena “Hot” perché alla fine appunto Kyron e Ameliè non passeggiano nei prati ma fanno ben altro ed era giusto che avessero una scena tutta loro dove INTENDESSI BENE ciò che fanno nelle ore trascorse insieme.
Poi ovviamente per il resto lascio a voi i commenti.
Non finirò mai di ringraziare chi mi sta seguendo e chi recensisce con tanta foga! Vi ringrazio e spero che anche quest’ennesimo capitolo cada nelle vostre aspettative.
Non so quando ci “rivedremo” ma io spero il più presto possibile.
Un abbraccio caloroso e “azzeccuso”
Medy <3
 
 
 

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Capitolo 7
*** Big girls Cry ***


Premessa: Salve! Prima di iniziare a leggere, vorrei fare un ringraziamento speciale a tutte coloro che con pazienza e passione mi hanno recensito e seguita. Mi scuso per il mio INCRESCIOSO ritardo nel postare il capitolo, ma purtroppo i tempi sono stretti ed io devo ritagliarmi qualche secondo per dedicarlo alla fic che NON ABBANDONERò MAI. Volevo solo scusarmi per avervi fatto attendere e spero di non deludervi!
Un’ulteriore premessa riguarda la pubblicazione del prossimo capitolo: Mi ammazzerete lo so, ma ho un movente che spero sia abbastanza valido da non farmi rischiare la tomba; Non so quando potrò pubblicarlo l’ottavo capitolo. Domani parto e sarò molto impegnata con la tesi di laurea, quindi per un po’ avrò le mani occupate a scrivere altro. Spero che continuerete a seguirmi comunque, lo spero davvero. La storia ha solo bisogno di essere messa su “carta”. Io e la mia fedelissima Meds ( la mia beta di fiducia e anche AIUTANTE) abbiamo delineato tutto alla perfezione, e ho trepidazione a scrivere. Ma vi chiedo, con cortesia e speranza, che mi comprendiate e che continuerete a seguirmi.
Detto questo, vi auguro buona lettura!
Vi adoro, TUTTE.
Medy <3 














 
 Elastic Heart


VII Capitolo

Big girls Cry
 
 
 
 
 
La Sala Grande era in fermento quella mattina, un fermento di voci eccitate che si espandeva per la Sala. Nonostante fosse giunta la fine di Settembre, Ottobre non era stato malvagio con gli studenti: era giunto con il sole, che quella mattina irradiava riscaldando ovunque. Le divise erano state sostituite con abiti casual, i volti - pallidi e stanchi - erano colorati di gioia. Qualche filo di trucco per le ragazze, che avevano rivoluzionato il proprio look per quella giornata speciale che avevano atteso con trepidazione. Nessun libro ad incurvare le schiene, nessuna lezione che portava dolori alla testa e stanchezza ovunque. Erano gioiosi ed Hogsmeade sarebbe stata ripopolata dagli studenti di Hogwarts che ogni anno, per tutto l'anno, avrebbero invaso la particolare città magica.

"Buon giorno" Mya saltellò allegramente, raggiungendo il tavolo dei Serpeverde, dove ad attenderla c'era Maddy che, nonostante non appartenesse alla casa verde/argento, sapeva che l'avrebbe raggiunta.

"Buon giorno, Mya. Ho conservato due muffin: al cioccolato per te e al miele per me." Maddy, come da tradizione, come sempre, aveva conservato alla sua cara amica il dolce che preferiva di più. Nonostante non avrebbero passato quella giornata insieme, Maddy si era svegliata presto, prima di salutarla e lasciarla andare alla tradizionale uscita con suo fratello Drake. Non avrebbe invitato nessuna ragazza ad eccezione di sua sorella per quelle uscite libere.

"Sei ancora decisa a non venire con me e Drake ad Hogsmeade?" Mya addentò il suo muffin sentendo le gocce di cioccolato inebriare le papille gustative, che quasi fecero festa. Gli Elfi delle cucine si premuravano degli studenti, riempiendo le loro pance di pasti eccelsi.

"Si. Andiamo insieme la prossima volta." Le sorrise dolcemente, non provando alcuna collera nei suoi confronti. Sarebbe rimasta al Castello e avrebbe lasciato alla musica lo spazio per far passare il suo tempo. Adorava chiudersi nella Torre di Astronomia e ascoltare le sue canzoni.

"Hai ancora vergogna di lui, vero?" La spintonó con dolcezza, rimproverandola con lo sguardo. Maddy si chiuse a riccio, lasciando agio all'imbarazzo di scivolare sulle guance pallide che si colorarono appena. Annuì, con un accenno di sorriso.

"Si..." Aveva vergogna di lui, di Drake Zabini. Si sentiva estremamente condizionata dalla sua presenza. Ogni suo gesto o parole risuonava stupido e sapeva che anche lui la riteneva tale. Non riusciva a controllare i suoi gesti e le ripetizioni di Pozioni - che ormai andavano avanti da molti giorni - diventavano pericolosi tentativi di non far esplodere l'intera scuola.

"Trascorri ore intere con lui. Ormai passi più tempo con Drake che con me e ancora hai vergogna di quello stupido di mio fratello? Lo idealizzi troppo, Maddy. È più semplice di quel che credi." Nonostante i consigli di Mya - che non mancava mai di ripeterle quanto fosse stupido suo fratello - lei non riusciva a vederlo diversamente. I suoi occhi, il sorriso che non spariva mai dal volto, i suoi modi - inaspettatamente gentili - lo rendevano tanto perfetto quanto irraggiungibile, mentre lei riusciva ad essere semplicemente Madison Diggory: l'imbranata Tassorosso che riusciva solo a balbettare ed inciampare nei suoi passi. Ammirava Mya, perchè nonostante le sue insicurezze riusciva a gestire tutto con elegante calma. Ammirava Dakota che, nonostante fosse stata ferita, umiliata, presa di mira, riusciva a camminare a testa alta con fierezza e far tremare chiunque sotto il sul austero sguardo. Mentre lei teneva sempre occhi bassi, spalle incurvate, in modo da nascondersi da chiunque.

"È anche gentile con me. E paziente e si premura che io capisca quello che spiega... È diverso da come si presenta agli altri..." Quando parlava di lui Maddy mutava. Gli occhi divenivano luminosi, le labbra si incurvavano in un sorriso dolce e il tono si incrinava in una nota di strano eccitamento. Mya le strinse le mani e le bació la guancia di slancio.

"La mia Maddy è innamorata di quello stupido di mio fratello! Troppo idiota per non apprezzarti."

"A lui piacciono le ragazze belle, non le ragazze com me..." Mya aveva sempre pensato che Drake se solo avesse aperto gli occhi avrebbe visto la stessa luce che Mya riusciva a vedere quando guardava Maddy. La sua insicurezza la incupiva, ma lei la conosceva sotto ogni sfaccettatura e non riusciva a non vedere bellezza in lei.

"Tu sei bella! ANZI BELLISSIMA. E a mio fratello piacciono le stronze, come Tyra" Proprio in quel momento Tyra Corner, con al seguito Swami Sun e Aisha Pucey, fecero il loro ingresso in Sala Grande. Belle, preparate di tutto punto, con gli occhi di un intera scolaresca puntati alle loro lunghe gambe. Per quanto potessero essere definite "stronze", prive di anima, Maddy dovette ammettere che avrebbe pagato galeoni pur di essere come loro. Lei gracile, minuscola e insignificante non avrebbe mai potuto competere con le tre dee che anche nel modo di camminare, trasmettevano bellezza e incitavano gelosia.

"Sono anche squallide. Tutte e tre sono amiche e in più si dividono mio fratello. Tu non sei così, quindi Drake non potrebbe guardarti semplicemente perchè è troppo immaturo per andare oltre le apparenze." Mya e Maddy le seguirono con lo sguardo e Maddy, nonostante le parole dell'amica - che qvrebbe dovuto prendere come complimento - continuava a guardarle con tristezza. Desiderava essere come loro: disinibite, sicure, perfette.

"Non c'è bisogno che critichi tuo fratello solo per farmi sentire meglio. Ammettiamo che anche se non fosse così immaturo non mi guarderebbe. Guarda loro e guarda me." Era una realtà troppo amara da buttar giù e Maddy apprezzava ogni tentativo di Mya, ma lei aveva occhi per guardare la realtà.
Mya aprì bocca per ribattere ma proprio in quel momento giunsero Drake, Kenny e Kyron che, senza alcun dubbio, si accomodarono accanto a loro. Maddy perse la voce e gli occhi calarono al suo muffin ancora intatto, mentre Mya dovette controllare il cuore alla vista di Kyron che, sedendosi accanto a lei, le scosse i capelli come era solito fare. Sembrava essere tornato tutto perfettamente uguale, anche se i sentimenti sembravano non voler sparire. Erano più vivi di quell'estate, più vivi di quanto Mya potesse aspettarsi.

"Buon giorno Madison!" Maddy quasi ebbe un sussulto. Drake si era accorto di lei e l'aveva salutata. Quasi stentava a crederci. Non stava sognando, era reale esattamente come era reale il batticuore, il fiato corto e la paura di svenire. Adorava quando pronunciava il suo nome per intero, solo lui non utilizzava il vezzegiativo che Mya le aveva etichettato con dolcezza. Era come se Drake avesse creato tra loro qualcosa di cui gli altri non ne facevano parte. Chiamandola "Madison", Maddy si sentiva speciale.
Alzó il capo e riuscì a formulare un saluto comprensibile ai presenti. Rimase con lo sguardo incatenato a quello di Drake, che le sorrideva con dolcezza. Era perfetto anche quando mangiava: poggiava il gomito sinistro sul tavolo e con la destra impugnava la forchetta. Masticava piano, contraendo i muscoli della mascella che si stiravano e contraevano perfettamente. Le labbra chiuse e la calma di chi anche con il cibo crea un rapporto di pura estasi.

"Quello non lo mangi?" Kenny aveva cercato un muffin al miele, riuscendo a scorgere l'ultimo rimasto tra le mani di Maddy che tardava a mangiarlo, impegnata ad osservare ogni gesto di Drake. Maddy si sentì scuotere e quasi balzó sulla sedia.
Kenny indicava il suo Muffin e lei istintivamente, senza pensare al suo stomaco, glielo allungó. Era stata presa alla sprovvista e speró di non essere stata scoperta mentre guardava Drake mangiare.

"Che modi sono? Certo che lo mangia, idiota!" Drake strinse la mano di Maddy, inconsapevole dell'effetto provocato. Il calore e la forza delle sue mani le fecero balzare il cuore alla gola. Il muffin cadde e lei avrebbe voluto voltare il palmo e intrecciare le dita intorno a quelle di Drake, ma ebbe la decenza di recuperare senno e sottrasse le mani da quelle di Drake.

"Vedevo che non lo mangiava e dato che io volevo mangiarlo, ho chiesto." Kenny giustificó il suo gesto e Maddy gli sorrise, mentre nella sua testa gli diceva di non preoccuparsi.
Avrebbe anche dimenticato di respirare in presenza di Drake.

"Kenny sei irrecuperabile. Mangia qualcos altro!" Kyron intervenne, scoccando dietro alla nuca di Kenny un leggero schiaffo.
Mya e Maddy risero di gusto e il batticuore del momento fu dimenticato.

"Piccoletta mangia il tuo muffin." Drake ritornó a rivolgersi a lei, e le allungó il muffin caduto. Maddy si sentiva come immersa in una vasca piena d'acqua dove l'unico volto e l'unica voce che riusciva a percepire erano quelli di Drake.
Mya osservava tutto con certo sospetto. Drake quei comportamenti li riusciva a manifestare solo con lei e Dakota, quella sua gentilezza non era da suo fratello. In lei si insinuó un certo timore e istintivamente si avvicinó a Maddy, stringendola.
Si sentiva in dovere di proteggerla, e temeva che suo fratello Drake avesse scorto i sentimenti di Maddy e consapevolmente le inculcava imbarazzo. Se fosse stato quello il tentativo di suo fratello, non glielo avrebbe mai perdonato.
Ma furono interrotti ancora e questa volta al tavolo dei Serpeverde caló il gelo, soprattutto da parte di Drake.

"Mya, scusa se disturbo, ma volevo ridarti gli appunti di Artimanzia che mi hai prestato." Matthew Weasley, figlio di Ron Weasley, si avvicinó titubante e consegnó a Mya una serie di pergamene perfettamente in ordine. Il gene Weasley non lo aveva colpito, in quanto di suo padre aveva solo ereditato gli occhi, poi i capelli, di un leggero biondo, erano eredità della madre: Lavanda Brown.

"Potevi tenerli. Ho già fatto il compito della professoressa Third. Grazie comunque." Mya sorrise con gentilezza, riprendendo gli appunti che giorni prima aveva prestato al compagno Grifondoro.

"Dovevo immaginarlo. Sei bravissima in Artimanzia e gli appunti sono stati davvero utili." Quel ragazzo sembrava in forte imbarazzo e non solo perchè Drake lo scrutava con sospetto, con sguardo quasi omicida. Kyron guardava i due, e si concentró soprattutto su Mattehw che scrutava Mya come se stesse osservando un quadro inestimabile. Notare quel particolare lo mise a disagio, e subito calò gli occhi sulla sua colazione. Sentiva un leggero fastidio e considerava quel ragazzino insulso e sciocco, nonostante lo conoscesse poco. Vederlo accanto a Mya, sorriderle e complimentarsi con lei , gli comportava fastidio all'addome, come se un enorme male glielo stesse stringendo. Doveva ignorare quei sentimenti. Mya aveva tutto il diritto di intrattenere un qualunque rapporto con chiunque, anche con chi palesava una cotta tanto evidente. Ma non riusciva a non farsi invadere la testa da pensieri negativi e dal fastidio che quelle mani potessero allungarsi sul corpo di Mya. Era un ragazzino e sapeva perfettamente le intenzioni di quell'età. La voglia di sperimentare e conoscere. Il desiderio di esplorare zone inesplorate. Anche lui aveva avuto 15 anni non molto tempo prima, e conosceva la psicologia di un adolescente in piena tempesta ormonale. La guardava con troppa bramosia nello sguardo, allungando l'interesse alle gambe scoperte, al viso leggermente truccato, alle labbra...
Fu invaso da un gesto istintivo e fece battere una mano sul tavolo, interrompendo la conversazione - che non era riuscito a seguire - tra Mya e Matthew, che si voltarono all'unisono verso di lui. Anche Drake lo scrutò, non comprendendo il motivo del suo scatto improvviso.

"Ho dimenticato di prendere i galeoni dal cassetto. Scusate..." Kyron recuperó una scusa velocemente, non coerente con il suo gesto, e si alzó di scatto con il desiderio di accecare il Grifondoro che guardava Mya come un affamato guarda un pezzo di carne pregiata.
Stava crescendo, doveva accettare che prima o poi il momento di vederla con qualche ragazzo sarebbe giunto; ma non si sentiva pronto. La vedeva indifesa e fragile. Ancora piccola e immaginarla tra le braccia di qualcuno, con le mani di qualcuno addosso, gli stringeva le budella. Era una reazione che poteva essere fraintesa, ma lui si diede una spiegazione, che avrebbe dato a Drake quando gli avrebbe chiesto il "perchè": Aveva visto Mya crescere, aveva trascorso con lei giornate nel fango, sotto la pioggia, giornate a correre nei campi di grano della casa a Roma. Si erano arrampicati sugli alberi, trascorso le notti sulla Torre di Astronomia a raccontarsi le storie dell'orrore, mangiato alla stessa tavola Natali interi, lamentarsi dei troppi compiti, teso trappole a Drake durante la notte, preso in giro Kenny per la cotta che aveva per Bree. Consolato Dakota, consolarsi per tutto. Era la sua famiglia, sua sorella, e non avrebbe permesso ad alcun ragazzino di farle del male, farla soffrire... Anche se, ascoltando la coscienza, ascoltando la realtà, l'unico sciocco ad averla fatta soffrire era stato LUI.
Si era incamminato verso i sotterranei anche se i galeoni risuonavano allegramente nelle tasche dei jeans.
Trovò rifugio dietro una colonna e respiró, debole, tanto da non controllarsi. Gli stava accadendo qualcosa che non riusciva a spiegare; provava fastidio e gelosia, ma al contempo non riuscuva a non sentirsi sciocco, ingiusto. Lui aveva chiarito a Mya che per lei avrebbe provato solo un profondo e sincero affetto. Aveva chiarito a Drake che Mya rappresentava per lui solo una persona da proteggere e da voler bene come una sorella. Allora perchè non riusciva a chiarire a se stesso il fastidio,  l'odio nei confronti del giovane Weasley? Si passó le mani sul volto, sperando di essere stato abbastanza credibile. Aspettò qualche minuto prima di rientrare e quando vide Matthew - che si era seduto accanto a Mya - ancora presente, disse a se stesso di zittire quell' inspiegabile senso di fastidio. Ritornò a sedersi accanto a Kenny e, a testa bassa, monitorava i due.

"Con chi vai ad Hogsmeade?" A monitorare Mya non era solo Kyron, ma anche Drake che alzando il capo si allungó verso i due, afferrando il braccio di sua sorella.

"Con me." Rispose deciso, sfidandolo a ribattere se ne avesse avuto il coraggio.
Matthew non trattenne l'espressione delusa, e comprese quanto poca desiderata fosse la sua presenza.

"Oh... Allora buona giornata." Il silenzio glaciale caduto con la sua venuta, gli sguardi sospetti e minacciosi, non erano passati inosservati. Il Grifondoro aveva sperato che quell'approccio fosse sufficiente a convincere Mya ad accettare il suo invito, che fu tenuto nascosto e taciuto. Si alzó e con un sorriso salutó Mya che -non appena Mathew fu lontano - quasi pugnaló con una forchetta il braccio di suo fratello.

"Smettila di essere così maniacale! È un bravo ragazzo ed è anche simpatico! Perché devi allontanare chiunque voglia approcciarsi con me?" Odiava quando Drake si lasciava invadere da quell insensata gelosia. Lo avrebbe ammazzato volentieri.

"Quell'idiota vuole solo infilarsi nelle tue mutandine, cara sorellina!" Kyron si rilassó: aveva sperato che Drake - come lui - se ne accorgesse, e così era stato. Ringrazió Merlino per aver fatto fare il lavoro sporco a chi aveva piu diritto di lui di proferire parola.
"Non sono tutti come te, Drake!" Mya tentó nuovamente di pizzicarlo con la forchetta ma lui fu più veloce e gliela confiscó.

"Ti informo,a dorabile sorellina, che sono tutti esattamente come me! Solo che io ho la decenza di ammetterlo. Mentre quelli come Weasley fingono di essere i tipi romantici e sentimentali, semplicemente perchè non hanno le palle di dire le cose come stanno. Dovresti apprezzare la mia sincerità, invece di essere cosi acida."

"Sei odioso." Mya incroció le braccia al petto, indispettita e infuriata.

"E tu la mia adorabile sorellina. E non ho intenzione di guardare senza far nulla come ti girano intorno." La linguaccia indispettita di Mya non ebbe effetto su Drake, che ritornó a consumare la colazione soddisfatto di se stesso. Nessuno avrebbe osato toccare la sua adorata Mya, nè adesso e nè quando avrebbe lasciato Hogwarts. Avrebbe trovato il modo per non far dimenticare che c'era da vedersela con lui.
Kyron intanto restava zitto, con quelle sensazioni viscerali che non gli davano tregua. Mya lo scrutó per qualche secondo, non trovando alcun espressione che poteva comunicarle il suo pensiero; sembrava completamente indifferente, e non potè evitare di rimanerci male. Ma cosa poteva aspettarsi? Una scenata come quella di Drake? Se anche ci fosse stata sarebbe stata spinta solo da quel bene profondo che li legava e per null'altro. Sospirò rassegnata, ritornando al suo muffin sul punto di finire.
Un'ennesima incursione riuscì a spezzare i musi lunghi e il silenzio di imbarazzo che si poteva respirare al tavolo verde argento. Dakota si infiltró come una furia tra loro e chiamó l'attenzione di Drake che la scrutó soddisfatto.

"Vedo che hai seguito il mio consiglio. Sei sexy, Dak." Tutti si voltarono a contemplare la sua figura. Maddy la guardò con una luce di ammirazione ad illuminarle il volto, e Mya batté le mani soddisfatta. Dakota, ogni volta che ricordava di essere donna, stupiva tutti.

"Dove hai messo i miei vestiti?" Dakota era immersa nel totale imbarazzo. I pantaloni troppo attillati davano alle curve di Dakota la libertà di manifestarsi, i tacchi - nonostante fossero bassi, opportuni per una passeggiata ad Hogsmeade - erano insopportabili ai piedi, il top troppo scollato era scomodo: qualunque movimento sbagliato poteva creare imbarazzo. E il giubinetto di pelle era troppo corto per essere usato come copertura. Non aveva avuto scelta Dakota, Drake le aveva svuotato l'armadio lasciando solo quell'outfit.

"Dove meritavano di essere messi: nella spazzatura. Così sei dannatamente sexy. Non ringraziarmi"

"Non ti ringrazio infatti! Drake, sei l'essere più insopportabile di questa terra!" Fece battere una mano sul tavolo e i capelli, perfettamente lisci, ebbero un leggero sussulto. Aveva incantato anche la spazzola affinchè i capelli, aurei e lucidi, scendessero perfettamente fino alla vita, e qualunque movimento brusco non li avrebbe smossi.

"Mi ringrazierai quando Regan dovrà trattenersi per non sbavarti addosso! Metti in mostra la tua merce, sii piu femme fatale e meno zitella acida e sola." Kyron quasi sputó il succo di zucca, incapace di trattenersi dal ridere e Kenny fece lo stesso. Quell'umorismo maschile fu apprezzato solo da loro.

"Me la pagherai IDIOTA!" Dakota battè nuovamente una mano sul tavolo, e voltandosi come una furia uscì di scena. Inevitabilmente mosse i fianchi ad ogni passo e non passó inosservata tra i presenti. Soprattutto Noah Potter colse alla perfezione quel cambiamento radicale che non gli permise di staccarle gli occhi di dosso, fin quando non uscì dalla Sala Grande.

"Andiamo anche noi! Pronta per una giornata in compagnia del tuo meraviglioso fratello?" Drake si alzó e porse una mano a Mya, che scrutó con diffidenza.

"Ho altra scelta?" Ribattè lei stringendogliela.

"Certo! Restare a Hogwarts" Esclamó lui, convinto che Mya sarebbe rimasta tra le mura del Castello. La prima uscita ad Hogsmeade era da tradizione passarla insieme, e Mya adorava farlo. Ma quella giornata era iniziata male, e tutta la voglia di stare con suo fratello era volata via.
Anche Kyron e Kenny si alzarono, intenzionati a trascorrere una giornata tranquilla tra loro. Non avrebbero seguito Drake e Mya, e non avevano avuto alcuna intenzione di invitare qualcuna, anche se le speranze tra le studentesse divampavano sempre.

"Madison, vieni con noi?" Drake notó Maddy alzarsi silenziosamente, non comunicando i suoi piani di quella giornata. Ebbe un sussulto, nuovamente, e guardó Mya in cerca di aiuto; ma l'amica le sorrise sornione e rimase zitta: toccava a lei parlare.

"No... Resto al Castello" Aveva un tono tanto basso che Drake dovette avvicinarsi, causandole un batticuore preoccupante.

"Perché non vieni con noi? Prometto di portarvi da Mielandia e non badare a spese. Con me ci si diverte sempre." Maddy strinse i pugni, che avevano iniziato a tremare, e cercó di mimare un sorriso. Ma l'imbarazzo per quella troppa vicinanza, per il tono usato da Drake - sicuro, come se stesse comunicando altro - l'ammutolì e riuscì a scuotere il capo, mentre nella sua testa iniziava a comunicare i motivi per cui non li avrebbe seguiti.

"Maddy pensa di essere di intralcio. Le ho detto che poteva venire, ma non vuole." Mya notó la diffcoltà dell'amica nel parlare e parló per lei.
Drake sorrise e le toccó una spalla, in segno di incoraggiamento.

"Assolutamente no. Vieni, ci divertiremo." Se non avesse tolto quelle mani Maddy sarebbe morta, e Mya notó che ormai stava affogando nell'imbarazzo.

"Aveva anche da studiare, quindi non insistere Drake!" Gli prese le mani e lo trascinó lontano da lei, che sentì il rossore del volto scendere e sparire gradualmente. Mya la guardó con rimprovero: doveva smetterla di lasciare a Drake il potere di condizionarla in quel modo.

"Ti porto qualcosa di buono." La bació sulla guancia e prima di andarsene la rimproveró nuovamente con lo sguardo. Drake, Kyron e Kenny la salutarono in coro prima di allontanarsi e così Mya potè parlare tranquillamente.

"Vieni! Cosa fai da sola qui? Sai che non mi diverto senza di te."

"Mya, resterei zitta tutto il tempo. Non posso farci nulla, è più forte di me..." Era vero: non era capace di controllarsi in presenza di Drake, si sentiva completamente inibire e la sua timidezza raggiungeva livelli estremi.

"Va bene. Ci vediamo più tardi allora. Ti mando un gufo appena arrivo al Castello. E tu per qualunque cosa, mandamene uno a me." Si abbracciarono ancora, e Maddy rassicurò l'amica che avrebbe seguito le direttive se avesse avuto bisogno di lei. La vide allontanarsi con Drake, Kyron e Kenny al fianco. E, quando Drake si voltó per l'ultima volta - prima di sparire al di là della porta della Sala Grande -Maddy ebbe l'impressione che lo avesse fatto per assicurarsi di poterla vedere ancora. Le sorrise e quel sorriso le rimase stampato in mente per tutto il giorno.
 
 
 
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Dakota si sentiva a disagio in quegli abiti: scomodi, troppo stretti e i capelli erano fastidiosamente immobili; li sentiva pesanti, come se le stessero comprimendo il capo. Avrebbe ammazzato Drake una volta che quella giornata fosse finita. Aveva il cuore immerso in una bolla d’ansia, non riusciva a controllare il tremito delle mani e si dondolava da un piede all’altro – rischiando di cadere - impaziente del ritardo di Regan. Anche se il Corvonero non era effettivamente in ritardo; l’appuntamento era stato stabilito per le dieci di quel giorno e lei era in anticipo di qualche minuto. Troppo ansiosa di attendere l’arrivo dell’ora nella sua camera o in Sala Grande. Troppo a disagio per farsi vedere conciata in quel modo. Si guardò alle spalle, notando che gli studenti che lasciavano il Castello le lanciavano sguardi sorpresi. Qualche ragazzo le sorrise, particolare che la mandò su tutte le furie. Sarebbe bastato poco a Dakota per essere apprezzata; smetterla di indossare la divisa troppo grande o indossare maglioni che quasi le cascavano fino al ginocchio. Bastava ricordare a tutti che anche lei era una ragazza. Sbuffò e mandò a quel paese Dylan McLaggen che, passandole accanto, le mandò un bacio volante. Aveva sempre odiato quel troglodita e non riusciva a comprendere perché Noah insistesse nel tenerlo in squadra. Era la manifestazione terrena dell’incuria, della saccenteria. Era lo studente più odiato di tutta Hogwarts, ma riusciva comunque a far cadere ai suoi piedi qualche povera malcapitata che si lasciava abbindolare dalla sua tracotanza, confondendola con l’orgoglio del tipico Grifondoro: orgoglioso, fiero e leale. Ma nulla di quelle qualità erano racchiuse nel suo animo.
“Chi aspetti?” Dakota balzò per l’effetto sorpresa che la voce di Noah le causò. Le era spuntato accanto silenziosamente, cogliendola di sorpresa.
“Sicuramente non te. Tu chi aspetti?” Avevano sotterrato le asce di guerra, ma restava comunque il rancore che Dakota non riusciva a sotterrare. Era una pace fittizia, un quieto vivere per non attirare troppa attenzione su di sé e finire nuovamente tra le righe malliflue di Maggie May.
“Alyson. È ritornata in Sala Comune perché aveva dimenticato qualcosa. Con chi vai ad Hogsmeade?” Noah guardava davanti a sé, dondolandosi in modo incerto da un piede all’altro. Non aveva ascoltato una sola parola di Alyson mentre gli spiegava cosa la inducesse a ritornare in Sala Comune.  Voleva sapere, con insistenza, chi Dakota stesse aspettando con tale agitazione d’animo. Voleva sapere per chi Dakota si fosse preparata con tanta cura, lasciando che il suo volto - dannatamente bello - fosse valorizzato. Alyson tardava ad arrivare e lui aveva colto quell’occasione. Era meschino, ne era consapevole, ma era stato più forte della sua coscienza, della sua ragione. Era scattato in allerta quando l’aveva vista entrare e aveva colto l’occasione quando Alyson era corsa via, permettendogli di essere libero dalla sua presa.
“Potter,sei preoccupato per me? O vuoi solo ficcanasare per conoscere quel malcapitato che ha azzardato ad invitarmi” La presenza di Noah le metteva agitazione che, unendosi a quella già provata, la rendeva nervosa. Si trattenne dall’urlargli contro, dal dirgli di andare via e lasciarla in pace. Non sopportava la sua presenza, aveva accettato di placare la sua ira, di non riversare su di lui ed Alyson tutto il rancore che albergava nel suo animo. Aveva deciso di trovare la calma, la rassegnazione. Aveva accettato di vedere Noah con Alyson e vedere se stessa altrove da loro due. Ma Noah non le rendeva quel compito facile, non era d’aiuto; era lì, sempre lì, a ricordarle che in fondo lui non l’aveva mai lasciata. La bloccava in quel limbo e lei non trovava appigli per uscirne.
“No, voglio semplicemente sapere con chi vai ad Hogsmeade. Gli altri anni sei sempre rimasta al Castello” Dakota sentì la rabbia salire spedita, sentì la delusione farsi strada e rischiare di rovinarle l’umore. Noah la condizionava involontariamente, e lei si sentiva sciocca nel lasciarglielo fare. Ricordava a quante uscite ad Hogsmeade lei aveva rinunciato, rimanendo al Castello. Se non fosse stato per Drake, per Kyron, Kenny e Mya, lei sarebbe rimasta segregata all’interno delle mura del Castello a compiangersi e a compiangere che la compagnia di Noah non fosse lei. Lo avrebbe preso a pugni sul naso se solo poi non avesse dovuto giustificare quel suo gesto di pura rabbia. Strinse i pugni e gli sorrise sarcastica, trattenendo la voglia di urlargli addosso.
“Gli altri anni non ho incontrato nessuno con abbastanza coraggio da invitarmi.” Noah finalmente la guardò, come se fosse stato schiaffeggiato e colpito in pieno. Era serio, offeso, e il sorriso sarcastico di Dakota sparì dal volto. C’era la consapevolezza di entrambi che qualcosa stava cambiando. Noah stava assumendo una consapevolezza che non riusciva a comprendere, ma comprendeva che non gli piaceva, e Dakota avrebbe voluto che quello sguardo le fosse stato rivolto molto prima di allora.
“Con chi vai ad Hogsmeade?” Replicò la domanda, serio questa volta. Nessun disinteresse era percepito nel suo sguardo cristallino. Era interessato a conoscere il nome del suo accompagnatore, sperando di sentire uno dei soliti nomi che accompagnavano le giornate di Dakota, sperando che rispondesse “nessuno” e che l’indole, nascosta e temuta, lo incitasse a dirle di andare con lui. Di onorare una piccola promessa fatta anni prima, prima di tutto quell’odio.
La risposta giunse, non dalle labbra di Dakota che si schiusero intenta a rispondere.
Regan arrivò di corsa con quasi il fiato corto e, nonostante avesse visto Noah in lontananza - paralizzandolo completamente - aveva deciso di raggiungerli fingendo di non essere stato toccato da quella presenza. Non poteva rinunciare ad uscire con Dakota, aveva perso quell’occasione per troppo tempo, e adesso che finalmente poteva godere della sua compagnia - non come si era fatto bastare per quegli anni - non avrebbe dato a Noah Potter campo libero. Lui aveva perso qualsiasi occasione adesso era il SUO momento.
Dakota non si era resa conto che l’ora dell’appuntamento era passato. E fu come essere stata colta in flagrante. Arrossì, vergognandosi di ritrovarsi con Regan e Noah, entrambi a scambiarsi sguardi infuocati, camuffati in finti sorrisi.
“Scusa Dak, ma non riuscivo a trovare una cosa. Potter, buon giorno.” Dakota si ricompose, tralasciando lo sguardo deluso che mutò l’espressione di Noah, ignorando la tensione che si venne a creare, ignorando la voglia di andarsene e chiudersi in stanza. Non poteva permettere a Noah di condizionarla ancora e non poteva privarsi del suo primo appuntamento, della sua prima uscita ad Hogsmeade con Regan. Non aveva avuto alcun dubbio quando aveva accettato, non aveva sentito alcun peso; ma vedere Noah le aveva fatto mettere in dubbio tutto.
“Buon giorno a te, Smith.” Noah arretrò di qualche passo, senza staccare gli occhi da Dakota che non abbassò lo sguardo, anche se insensati sensi di colpa la invasero. Perché adesso? Il suo sguardo comunicò per un istante quel messaggio: “perché proprio adesso Noah?”
Avrebbe voluto urlarglielo, dirgli che lo aveva atteso per troppo tempo e quell’interesse non aveva alcun senso se nato adesso, quando lei aveva finalmente iniziato a camminare lontano da lui.
“Quindi andate insieme, ad Hogsmeade” Noah non riuscì a trattenere il tono irritato con il quale formulò quella considerazione quasi surreale. Dakota non poteva aver ceduto alle avance, tacite, di Regan Smith. Da quando era entrata in squadra il Corvonero aveva sempre cercato di attirare l’attenzione su di sé, ricevendo sempre indifferenza. Dakota non aveva mai dato peso a quelle attenzioni, prese sempre come semplice ammirazione. E adesso Regan era riuscito finalmente ad attirare la sua attenzione? Non riusciva a crederci, Dakota non poteva aver ceduto così facilmente. Regan irrigidì lo sguardo, cogliendo l’incredulità del Grifondoro e cogliendo la sua rabbia.
“Si. Alyson dov’è?” Sarebbe bastato ricordare a Dakota e Noah la presenza di Alyson per averla vinta. Lui riusciva a giocare sporco quanto Noah, e non avrebbe utilizzato alcuna moralità o buone maniere, soprattutto se farlo avrebbe permesso a Noah Potter di continuare a ferire Dakota.
“Sta arrivando, era ritornata in Sala Comune a prendere una cosa.” Noah rimase calmo, ma i suoi occhi si spostarono velocemente su Dakota, tanto rapidi da poter cogliere lo sguardo deluso che si abbassò momentaneamente. Noah sentì una stretta al petto e Regan mutò completamente ai suoi occhi. Divenne inaccettabile la sua presenza, divenne fastidioso quando si avvicinò più a Dakota e si rivolse a lei escludendolo completamente.
“Andiamo?” Regan incitò Dakota ad andare e tentò di trattenere il fastidio provocato dal giovane Potter. Era a conoscenza della sofferenza che le aveva provocato per tutto quel tempo, sapeva dell’effetto di Noah Potter su Dakota e si sentiva estremamente a disagio. Dakota annuì, desiderosa solo di andare via e lasciarsi alle spalle Noah. Si guardarono per l’ultima volta, prima di lasciarsi completamente. Le scelte erano state fatte, molto prima di allora, e adesso toccava a Dakota scegliere: e scelse di andarsene via.
 
 
 
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Mya e Drake passeggiavano tra le stradine proverbiali di Hogsmeade. Nonostante il progresso, la tecnologia babbana, le scoperte, il mondo magico restava ancorato alle tradizioni. Le tecnologie babbane erano viste come sciocchezze, come qualcosa di cui poter fare a meno. La magia era qualcosa di più grande, era qualcosa che permetteva molto di più. E come tale, anche i luoghi avevano lasciato che la tradizione li avvolgesse totalmente, lasciando immutate le case con il tetto spiovente, le stradine di gruccioli e pietrine, le insegne in legno e il profumo di erba e fiori che poteva essere assaggiato ad ogni passo.
“Prima tappa, Mielandia?” La tradizionale uscita con Drake era appena iniziata e la rabbia provata prima di lasciare Hogwarts era scivolata via, lasciando solo l’eccitazione provata ogni volta che trascorreva quel poco tempo con Drake.
Erano ritornati bambini, senza alcun problema o diverbio che li teneva lontani. Avevano lo stesso sangue e quel legame trascendeva da qualunque litigio e battibecco.
“Ovvio! E voglio ingozzarmi fino a svenire.” Mya lo tirò per una manica, eccitata all’idea di entrare nel magico negozio che traboccava di dolciumi e causarsi mal di stomaco che non avrebbe rimpianto.
“Non correre, sorellina. Sono vecchio ormai.” Drake si lasciò trainare con forza, ridendo e sorridendo a Mya che rideva di gusto. Adorava vederla felice e avrebbe voluto che Mya lo comprendesse, per comprendere i motivi dei suoi modi, dei suoi atteggiamenti che la mandavano su tutte le furie.
“Dimentichi che hai solo diciassette anni, Drake! Sei semplicemente NOIOSO.” Mutò il suo sguardo in una dolce smorfia e si incamminò velocemente verso Mielandia. Quando era in sua compagnia, Mya ritornava la bambina che appariva agli occhi di Kyron e Drake, e in quel momento non gliene importava. Se Kyron avesse dovuto amarla - come lei desiderava che accadesse - avrebbe dovuto amare anche quella sua dolce infantilità che sfoderava in attimi come quelli, dove ricadeva indietro nel tempo e riportava alla memoria e alla realtà giornate di spensieratezza e allegria. Drake la guardava camminare e il cuore era colmo di felicità. Poteva rifugiarsi in qualunque letto, trascorrere notti insieme a ragazze diverse, fare pazzie, ribellarsi alle normali giornate, ma non riusciva a percepire felicità pari a quando si trovava in compagnia di Mya. Era un bene che andava oltre qualunque logica, il bene per sua sorella, il bene per la ragazza che ormai era diventata, sfuggendogli tra le mani. Forse questa era la sua paura: vederla andare via da lui, vederla soffrire e sentirsi completamente impotente di fronte al suo dolore.
“Dove vai? Non puoi mangiare dolci e non pagare. Aspettami.” Cercò di intrattenerla, ma lei continuava a camminare spedita verso la sua meta.
“Dimentichi che papà mi fornisce di paghetta esattamente come te. Quindi posso comprare dolci anche senza il tuo aiuto.” Voltò appena la testa, scoccandogli un occhiata saccente, facendo risuonare la borsa che tintinnò allegramente.
“E tu dimentichi che i dolci che ti compro io sono sempre più buoni, perché non sei a pagarli tu.” Avrebbe provveduto a lei sempre. Anche per quelle sciocchezze, Drake sarebbe stato lì a renderle le giornate felici, gioiose. Lui solo era in grado di renderla felice e, fin quando sarebbe stata troppo ingenua, troppo piccola per poter valutare cosa fosse giusto per lei, Drake ci sarebbe sempre stato.
“Allora muoviti, lumacone.” Mya frenò la sua corsa e lo attese, fingendo noia.
La raggiunse e la prese sotto la sua ala, mentre accanto a loro passava un gruppo di Tassorosso del settimo anno.
“La vuoi smettere di farmi da guardaspalle. Quando capirai che non sono più una bambina?” Mya notò il modo in cui la strinse maggiormente e non potè non deriderlo per la sua mania morbosa.
“Tu per me resterai sempre una bambina, mi dispiace.” Non avrebbe mai compreso le sue ragioni, ma lui si sarebbe imposto comunque. Riusciva ad amare solo in quel modo: possessivamente, in modo quasi soffocante.
“Sembri papà! Non oso immaginare se mai un giorno dovessi innamorarti cosa dovrà patire la povera ragazza che ruberà il tuo cuore!” Mya fece scivolare via il braccio dalla sua spalla ma lo riacciuffò appoggiandosi al suo braccio. Drake doveva comprendere che prima o poi anche lei avrebbe avuto qualcuno con cui passare del tempo, con cui passeggiare sotto braccio anche in sua presenza, e avrebbe dovuto accettarlo. Non sarebbe rimasta con lui per sempre.
“Io non mi innamorerò mai, Mya. Legami, smancerie, quotidianità… Non è la vita che mi calzerebbe bene.” Camminavano più lentamente adesso, nonostante Mielandia fosse quasi vicina. Drake non avrebbe mai rigettato quella convinzione. Non avrebbe mai permesso a nessuno di prendere il suo cuore e stritolarglielo ogni giorno, legarsi a qualcuno che avrebbe potuto tradirlo, lasciarlo e far restare in lui solo vuoto. Non avrebbe mai permesso a nessuno di conoscerlo tanto in fondo da poterlo colpire nei punti deboli in modo da ferirlo realmente. Essere “solo” non gli dispiaceva, avere piccoli e pochi punti di riferimento gli bastava. Non avrebbe fatto entrare nessuno nella sua vita.
Mya sbuffò, ormai sazia di quelle solite parole. Lo ripeteva da sempre, da quando lei aveva memoria, che MAI avrebbe accettato l’amore nella sua vita.
“Anche zia Renèè diceva così, la mamma lo racconta sempre. E poi? Si ritrova sposata con due bambini. Tutti si innamorano, caro fratellone, anche il più duro di cuore come te.” Puntellò sul petto di Drake che sorrise, pensando a sua madre e a quante volte gli avesse ripetuto le medesime parole.
“Tutti si innamorano, piccolo mio, anche quando pensi che sia tardi o che quella persona non sia la persona giusta. L’amore ci alimenta ogni giorno, è il motore che ci permette di vivere…”
Come se sapesse che suo figlio negasse quel sentimento, sapendo che lo avrebbe solo reso più fragile, più vulnerabile. 
“Non credo che valga per me, adorabile sorellina! A proposito di amore… voglio approfittare di questa magnifica giornata per parlare un po’ di te.” Mya sentì il cuore divenire pesante come un sasso e seppe a cosa avrebbe dovuto rispondere. Avrebbe risposto sinceramente, rischiando di portare Drake ad una decisione drastica: allontanare Kyron da Mya forzatamente.
“Sei davvero sicura di essere innamorata di Kyron? E non stai confondendo il bene con l’amore?” Drake diventava serio in modo così convincente da mutare completamente il suo solito sguardo allegro, di solito sagace, di chi ne sapeva una più del diavolo. Si tramutava nell’uomo maturo che sarebbe potuto essere un giorno.
“Vuoi insegnare a me qualcosa sull’amore quando hai appena dichiarato che non amerai mai? Comunque tranquillo Drake, Kyron è faccenda chiusa. Abbiamo chiarito che saremo solo amici finché morte non ci separi...” Non riuscì a mascherare il dispiacere di quella rivelazione ancora troppo amara da poter essere digerita. Ma avrebbe dato alla realtà lo spazio che meritava, e Drake si sarebbe tranquillizzato.
“Non è nessun insegnamento, voglio solo che tu non soffra. Kyron è il mio migliore amico, è come un fratello per me, lo sai. Ma tu sei più importante e lo conosco… e per ora non riuscirebbe ad apprezzarti.” Sembrò una solita discussione tra Mya e Maddy, ma questa volta il soggetto da convincere a lasciar perdere era lei e comprese come si sentiva Maddy ogni volta che lei le ripeteva quelle parole: si sentiva ferita, demoralizzata e svalutata delle sue capacità e qualità. Drake non voleva dipingere Kyron in modo sbagliato, ma era la verità. Soprattutto adesso che stava frequentando Amelié. Come l’avrebbe presa Mya? Avrebbe sentito la delusione governare la sua vita e avrebbe perso speranza su ogni cosa. Lo sapeva, avrebbe reagito come aveva reagito Dakota dopo l’enorme delusione rivevuta da Noah Potter, avrebbe reagito come Kenny ogni volta che incontrava Bree e Liam. Aveva troppi esempi da poter esporre e un'altra vittima di quel sentimento che tanti rincorrevano affannosamente, non voleva vederla. Soprattutto se quella vittima era la sua Mya.
“Anche tu dovresti ascoltare questi consigli e apprezzare qualcuno di migliore rispetto ad una Tyra, Aisha o Swami.” Iniziò a riscaldarsi Mya, immaginando Maddy. Consapevole di come Drake riusciva a farla sentire ogni giorno, e la risata spassosa di Drake l’adirò maggiormente.
“Ora perché ci focalizziamo su di me?” Mya sbuffò sonoramente, cercando di trattenere la paternale che avrebbe voluto riversargli addosso senza freni, ma farlo avrebbe esposto Maddy.
“Sei stupido. Ecco perché ci focalizziamo su di te.” Ritornò ad accelerare il passo, anche se la voglia di chiedere le sue intenzioni con Maddy sembravano voler insorgere prepotentemente e farsi sentire. Avrebbe avuto motivi, motivi validi, per chiederglielo. Aveva notato un certo interesse quella mattina nei confronti dell’amica e, dopo aver confermato ancora una volta che mai avrebbe amato qualcuno, Mya doveva preoccuparsi di tenerlo alla larga da Maddy. Ma non riusciva a parlare, Drake era troppo furbo per non comprendere immediatamente che Maddy impazziva letteralmente per lui e Mya non lo era abbastanza da non farglielo comprendere.
“Parla, sorellina psicopatica! Sembra tanto che tu voglia farmi accasare. Hai qualcuno di interessante da presentarmi?” Adesso Drake riusciva a tenere il suo passo e l’affiancò senza sforzo. Le camminava accanto sorridendo, curioso di comprendere dove Mya volesse puntare. La stuzzicava a parlare, puntellandole una spalla.
“Smettila di essere così fastidioso.” Gli scostò la mano con un leggero schiaffo sul palmo e si fermarono esattamente all’entrata di Mielandia.
“Intendo sapere che intenzione hai con Maddy! La tratti in modo strano e so che trascorrete tanto tempo insieme! Bada bene fratellino, se solo osi far soffrire la mia migliore amica tralascerò il fatto che abbiamo gli stessi genitori e ti strapperò le budella.” Fu quasi urlata quella minaccia, tanto da attirare l’attenzione dei clienti che entravano ed uscivano dal mondo di dolci che li attendeva al di là di quella porta. Drake rimase imbambolato per alcuni secondi, forse per digerire bene quelle parole, assimilarle in modo da capirle e quando accadde quasi non si reggeva in piedi per le risate.
“E' ammirevole il modo in cui riesci a cambiare quando ti arrabbi! Diventi davvero brutta.” Cercò di smorzare i toni ma Mya rimase con lo sguardo corrucciato.
“Tranquilla, Mya. Madison è semplicemente una ragazza che ha bisogno del mio aiuto in Pozioni e la mia gentilezza è causata dal fatto che è la tua migliore amica. È una ragazza simpatica, quando riesce a parlare, e non ho alcuna intenzione di portarmela a letto. Non sono Dylan McLaggen." Alzò le mani in segno di resa. Non aveva mai pensato, nemmeno per un secondo trascorso insieme a Madison Diggory, di poter arrivare anche a torcerle un solo capello. Non gli dispiaceva spiegarle le fondamenta di Pozioni, non gli dispiaceva guardarla e provare tenerezza quando non ricordando un passaggio, si grattava nervosamente il capo e riportava gli occhiali sul naso, quando questi scivolavano giù. Trascorrevano pomeriggi di piacevoli battibecchi, soprattutto quando lei non riusciva a comprendere perché un ingrediente era meglio di un altro, o perché molte pozioni richiedevano un giro antiorario, ma non l’aveva mai guardata in “quel” modo. Era così piccola che molte volte temeva di farle del male con il solo sguardo e, nonostante avesse compreso che Madison provasse qualcosa nei suoi confronti, aveva sempre cercato di farla sentire a suo agio, anche se qualunque cosa lui facesse era causa del suo balbettare o arrossire vigorosamente.
“Giuro solennemente di non avere alcuna cattiva intenzione con lei. Abbiamo un semplice rapporto di lavoro e se mai nascerà qualcosa, sarà solo semplice amicizia. Stare con lei equivarrebbe a stare con te… e la cosa non mi alletta minimamente.” Portò la mano sinistra al petto, convinto delle sue parole, pronunciando quella promessa credendo fermamente in ciò che diceva. Mya sembrò tranquillizzarsi, ma ebbe un lieve flashback. Era la medesima situazione in cui si trovava lei: innamorarsi di qualcuno che guardandola riusciva a vedere solo fragilità, tenerezza. Drake come Kyron riusciva a vedere solo una ragazzina che era stata colpita da una cotta verso la persona sbagliata, che sarebbe passata con il tempo. Anche Kyron guardava Mya come Drake guardava Maddy e lei avrebbe risparmiato all’amica il dolore di conoscere quel particolare che le avrebbe distrutto i sogni.
“Ho voglia di api frizzole.” Concluse il discorso Mya, non riuscendo a sopportare quella verità che ancora una volta le era stata sparata addosso con violenza. Avrebbe voluto che passasse tutto, ma da quando aveva reso quel particolare pubblico agli occhi di tutti, compresi quelli di Kyron, si era amplificato tutto, rendendolo ancora più ingestibile.
Drake la prese nuovamente tra le braccia e annuendo la condusse nel negozio: avrebbe affogato quell’amara confessione e consapevolezza con la dolcezza che solo Mielandia riusciva ad offrire e ne avrebbe portato un po’ anche a Maddy: Ne avrebbe avuto molto bisogno.
 
 
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Alyson osservava Noah con un cipiglio sospettoso. Avevano percorso tutta Hogsmeade con una certa fretta e le parole del Grifondoro erano state vaghe, masticate appena. Guardava di fronte a sé e sul volto era apparso uno sguardo estremamente sconcertato e insoddisfatto, come se i suoi pensieri fosseroo immersi in un turbine di collera tacita, non esposta. Era inquieto e insoddisfatto, qualcosa lo rendeva tale ed Alyson non riusciva a comprendere cosa.
“Noah, tesoro, c’è qualcosa che non va?” Il suo approccio fu inutile, il Grifonodoro non mosse un solo muscolo del volto. La sua voce non l’aveva raggiunto, lui era ancora immerso nei suoi pensieri segregati nei meandri della sua mente e Alyson sentiva il disagio prendere possesso di sé.
“Noah, devi dirmi qualcosa?” Superarono i “ Tre manici di Scopa”, che solitamente ricopriva la prima tappa dell’uscita solita di ogni anno: Una buona Burrobirra in compagnia di Liam e Bree, un dolcetto preso al volo e poi pronti a proseguire per la seconda tappa : Mielandia e le sue specialità. Ma quel giorno Noah trasgredì quella regola e continuò per la sua strada con gli occhi che vorticavano incerti, in cerca di qualcosa.
“Noah, ma mi ascolti?” Stava diventando inquieta e Noah con il suo silenzio le gettava solo sconforto. Lo prese per un gomito e lo costrinse a voltarsi e puntare su di lei quell’attenzione che stava gettando altrove.
“Alyson cosa vuoi?” Noah sembrò infastidirsi per quel tocco e non riuscì a non manifestarlo chiaramente con l’espressione corrucciata che le rivolse. Si sentiva estremamente strano, infastidito e aveva scorto Dakota tra le stradine di Hogsmeade - dopo averle permesso di andarsene via con Regan - senza mai incontrarla. Ed ora quell’intera giornata sembrava voltare intorno a lei. Come lo avrebbe spiegato ad Alyson del fastidio provato quando aveva visto Dakota insieme ad un altro? Come le avrebbe spiegato che stava girando in tutta la cittadina in cerca della chioma bionda della Corvonero che sembrava essere sparita nel nulla?
Non riusciva a spiegarsi il perché ma aveva bisogno di controllare Dakota e assicurarsi che andasse tutto bene, che Regan Smith non allungasse alcuna mano su di lei. Fino ad allora non aveva provato alcun sentimento che potesse essere accostato a quella strana e insensata gelosia che stava provando, in quanto Dakota si era tenuta lontano da chiunque, ma adesso… adesso c’era qualcuno accanto a lei e Noah non riusciva a sopportarlo. Alyson lo guardava e i suoi occhi comunicavano delusione, e lui se ne sentì colpevole; la stava tradendo, non concretamente, ma lo stava facendo.
“Voglio capire perché sei silenzioso! E cosa aspetti di trovare? Stiamo camminando senza una meta da ore e non abbiamo nemmeno incontrato Bree e Liam! Spiegami cos’hai” Puntellò con il piede la stradina, manifestando quanto fosse annoiata e sospettosa.
“Ho voglia di camminare, Alyson! Mi annoia fare sempre le stesse cose! Che problema c’è?” Manifestò ancora la sua meschinità nascosta, non ammettendo cosa lo conducesse a proseguire senza una meta precisa per l’intera cittadina. Voleva sapere dove Regan avesse condotto Dakota, cosa stavano facendo, cosa li legava, cosa avesse spinto Dakota ad accettare quell’appuntamento. Non riusciva a trovare pace, non avrebbe trovato pace fin quando non avrebbe trovato loro due.
“Noah mi stai mentendo! Dimmi la verità.” Quando Alyson incrociava le braccia al petto, Noah era costretto a rispondere: sarebbe stata capace di restare in quella posizione per tutto il giorno fin quando non avrebbe avuto la risposta soddisfacente, ma Noah non avrebbe potuto ammettere la verità. Si sentiva completamente messo con le spalle al muro, non aveva alcuna via di uscita, avrebbe potuto mentire ancora e Alyson avrebbe continuato ad insistere.
Sbuffò sonoramente, sentendo le colpe premergli la nuca, sentendo il sudore freddo delle colpe. Era in cerca di Dakota per assicurarsi che andasse tutto bene, che Regan non approfittasse di lei, ma come poteva giustificare quel comportamento ad Alyson? Erano riusciti a porre una tregua, a mettere fine a litigi inutili che proseguivano da due anni senza interruzione. Spiegarle il motivo del suo estraniamento avrebbe comportato altre guerriglie e inoltre lui era incapace di spiegare.
Ma esattamente in quell’istante Noah scorse la chioma contraddistinta di Dakota, come le sue risa, che lo raggiunsero diretto colpendolo e lasciando sparire la preoccupazione di dover spiegare ad Alyson il suo comportamento. Scattò come un fulmine in allerta, puntando lo sguardo verso la strada parallela a quella percorsa da lui e Alyson, e lasciò che quel dettaglio fosse percepito.
Quasi le venne a mancare l’aria, Alyson spalancò la bocca in un’aria indignata e delusa, e con teatralità si portò le mani alla bocca, soffocando un pianto che giunse velocemente.
“Tu stai seguendo Dakota Malfoy!” Quasi lo urlò, permettendo che anche Dakota e Regan, come gran parte dei passanti, potessero sentire.
Regan si gelò completamente, temendo nella reazione di Dakota che quasi inciampò notando che poco distante da loro ci fosse Noah completamente in difficoltà. Lo guardò e si incrociarono nel medesimo sguardo quasi distrutto, dispiaciuto. Non riusciva a crederci, Dakota, che proprio adesso Noah avesse lasciato che quel briciolo di interesse, auspicato per tanto tempo, potesse essere esplicitato proprio adesso, non adesso che lei aveva deciso di proseguire senza immobilizzarsi alla sua figura.
“Alyson… no… cioè…” Cosa aveva da dirle? Lo aveva smascherato, era stato capace di lasciare che comprendesse il suo intento. Non aveva avuto alcuna furbizia nel nascondere la cosa, lo aveva esplicitato a suo danno. Si sentiva con le mani legate, incastrato in qualcosa che non aveva modo di spiegare nemmeno a se stesso. Si sentiva un’idiota: di fronte a lui c’era Alyson completamente distrutta e Dakota disgustata, reputando il suo comportamento egoistico, quale era.
Regan richiamò Dakota a sé, carezzandole il volto e lei smise di martoriarlo con quegli occhi troppo duri. Continuava a guardarla, e non riusciva a controllare il fastidio nel vederla accanto a Regan ed Alyson percepì anche quel particolare.
Quasi gli urlò contro, parole che Noah non comprese. Fu tutto così veloce che non ebbe il tempo di rimediare; ricordò solo il pianto di Alyson e la vide andarsene. Mentre cercava di riprenderla e spiegarle tutto, Dakota e Regan gia erano spariti. Aveva creato un disastro.
 
 
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Nonostante Kyron e Kenny si erano ripromessi che quella giornata sarebbe stata all’insegna del sano sgombero mentale, Kenny non riusciva a svuotare del tutto la testa e Kyron era immerso nella stessa situazione, in modo meno manifesto, in quanto il pensiero non riusciva a staccarsi dal giovane Weasley e da quella sensazione di fastidio soffocante provata quella mattina.
Passeggiavano tranquillamente, con la loro scorta di dolci, con qualche gadget acquistato ai “tiri vispi Weasley”- riuscito a espandere il proprio commercio non solo a Hogsmeade e Diagon Alley, ma anche altrove - e tra le parole, gli scherni e progetti folli, vorticavano parole tacite, pensieri opprimenti che rendevano quella giornata meno spensierata e serena. Kenny non riusciva a togliersi dalla mente lo sguardo spaesato e impaurito di Bree. Quei lividi che non trovavano spiegazione, la crisi che l’aveva avvolta rendendola quasi delirante. Non aveva dato a nessuno agio di conoscere i suoi pensieri; ma per quanto cercasse di nasconderli, Kenny non riusciva a mascherare il turbamento che martellava il suo animo.
Kyron e Drake avevano finto di non darne conto, in attesa che fosse lui a parlare e lui non era intenzionato a farlo.
Quasi furono travolti da Alyson che, a testa bassa, piagnucolava e poco dopo videro Noah, intento a rincorrerlo con il viso spettrale. Li salutò appena, ma era troppo impegnato a dover risolvere con la sua Corvonero in lacrime.
“Guai in paradiso...” Bisciò Kyron, ghignando divertito. Non riusciva a vedere in Alyson Belby nulla che potesse attrarlo e si domandava, da anni ormai, come Noah avesse preferito lei a Dakota.
“Avrà detto di no a qualche altro capriccio della Belby. Noah è un povero martire, non capisco come riesce a reggerla dopo due anni...” Non erano consapevoli della delusione che il “martire” Potter le aveva sferrato, ma i precedenti di Alyson avevano attratto su di lei una bassa considerazione da molte persone che non riuscivano a trarre dalla Corvonero alcun profitto.
“Sembriamo delle vecchie megere, zitelle e in cerca di argomenti su cui poggiare le nostre malelingue. Dovremmo darci una controllata.” Si guardarono, trovando il commento di Kyron una verità inaccettabile. Avevano programmato un’uscita per solo “uomini” ma avevano fatto cose da donnine con il cuore a pezzi; bastava guardare le buste che reggevano, colme di dolci e cose “carine”. Si erano accaniti sullo shopping in cerca di distrazioni che li tenesse lontani dai loro VERI problemi.
Kenny rabbrividì, disgustato per quella considerazione.
“Andiamo dal vecchio Alberforth, non ci negherà un bel whisky incendiario. Ho bisogno di ritrovare vigore” Cozzò la mano sulla spalla di Kyron, incoraggiandolo a fare qualcosa di illegale. Avevano optato per una giornata tranquilla e quella si era presa gioco di loro, rendendoli due ragazzi tranquilli e anonimi; molte volte l’influenza negativa di Drake era utile.
“Kenneth…” Kyron non aveva da dargli torto, ma era stato in silenzio troppo allungo mentre suo cugino si lasciava inghiottire dal silenzio tetro che lo perseguitava da giorno, e nel chiamarlo con il suo nome per intero diede a Kenny motivo di preoccupazione: lo aveva notato e gli avrebbe fatto notare che con lui non aveva scampo.
Kenny si voltò, pronto a ricevere domande scomode che avrebbe dovuto rispondere. Non farlo non avrebbe risolto nulla, anche perché quando voleva Kyron era insistente e appiccicoso come una lumaca velenosa.
“Cosa ti prende da qualche giorno? Sembri preoccupato” Lo prese sotto la sua ala, passeggiando lentamente con i piedi direzionati verso “La testa di porco”. L’idea del whisky incendiario non gli dispiaceva e non avrebbe rifiutato, ma avrebbe accostato al diletto anche il dovere di famiglia che lo conduceva a preoccuparsi per suo cugino.
Kenny divenne quasi carta sotto il suo peso e lasciò che la rigidità che fasciava i muscoli lo lasciasse andare.
Era molto più basso di Kyron e quindi fu completamente coperto dalla sua figura alta e slanciata, eredità presa dai Nott, privilegio che non aveva colpito il povero Kenny, avendo avuto la “disgrazia” di appartenere ad un padre diverso.
Avrebbe parlato, e Kyron avrebbe potuto lasciar perdere i suoi problemi.
“Rigurda Bree. Sempre Bree, lei è fonte della mia disgrazia! Cavolo Kyron, è possibile che mi senta completamente disarmato con lei? Mi sento un idiota, come se mi trovassi in una botte piena di vino, ubriaco e completamente incapace di agire.” Aveva le braccia a penzoloni, disarmato e rassegnato. Si trascinava il senso di incapacità come se su di lui ci fosse un reale macigno. Era tutto ciò che gli lasciava provare senza che lei lo volesse. Non riusciva a comprendere come agire, quando e soprattutto SE agire: lo aveva fatto, le aveva tentate tutte, e giunti al settimo anno si ritrovava con la testa vuota di idee e Bree completamente cambiata.
“Hanno fatto più danni i Potter che Lord Voldemort! Tra te e Dakota non so chi si ritrova peggio.” Ovunque si voltasse Kyron riusciva solo a scorgere le vittime del “Fascino Potter” che rendeva anche il più forte, uomo o donna - nel caso di Dakota - una marionetta inanimata.
Kenny sospirò, come sospira qualunque “essere” innamorato privo di armi da usare.
“L’altro giorno è accaduto qualcosa di strano. Ero in corridoio e mi scontro con Bree che inizia ad urlarmi contro di andar via e poi… scopro dei lividi sul braccio. Sono sicuro che sia stato Liam e se scopro che è cosi, quel bastardo non avrà vita lunga! Ma mi domando... COSA CAVOLO CI FA ANCORA CON LUI? “ Era in un tormento senza via di uscita, domande non susseguivano risposte, pensieri non trovavano calma. Bree era felice con Liam, o almeno così credevano tutti, ma lui sentiva che era solo una maschera; dietro ai suoi sorrisi si nascondeva solo dolore, angoscia e infelicità, e lui li avrebbe strappati tutti se solo gliene avesse dato modo.
Kyron guardava Kenny, leggendone il disagio, e ancora una volta optò per la sincerità. Tra loro c’era quello: la pura, anche se molte volte, dolorosa sincerità.
“Non sta a te decidere con chi deve stare Bree. E non sta a te impicciarti negli affari suoi. Tu dici di amarla, ma standole addosso le dimostri il contrario. Le dimostri semplicemente che sei un cacciatore e vuoi conquistarti la preda. Hai sempre giocato un gioco nel quale tu non avevi alcuna certezza di vincere. Bree non ha mai detto di non amare Liam o di essere intenzionata a lasciarlo, ma tu comunque hai continuato. Adesso smettila e lascia che lei decida, da sola. Senza pressioni, senza le tue solite stronzate! È una ragazza intelligente e se Liam osa metterle le mani addosso sarà lei a ribellarsi e non sarai tu a dover agire. Perché per quanto tu possa batterti per lei, difenderla, proteggere la sua virtù che ti rende molto Grifondoro e poco Serpeverde, se lei è innamorata ritornerà sempre da lui lasciando a te il titolo di ficcanaso e antagonista”
Kenny nella disperazione si portò le mani al volto, soffocando un urlo. Non si ribellò a quelle parole, non tentò di contrastarle in alcun modo; erano fastidiosamente vere ma lui continuava a non farle sue, accettarle completamente. Si sentiva in dovere di proteggerla, proteggerla anche da chi lei si ostinava a dire di amare.
“COME CAZZO E' DIFFICILE! Perché proprio lei?” Dietro la maschera da burlone Kenny nascondeva reale odio, reale rabbia. Contrasse i muscoli del volto, dettaglio che sottolineò il reale rammarico di essersi innamorata di lei e non di qualcun altro. Si era trascinato addosso problemi che ormai non riusciva a strapparsi via, lasciando che Bree Potter fosse il suo tormento più grande.
“Perché non lei? Sono domande a cui nemmeno lo stesso Silente avrebbe una risposta”
Non avrebbero mai avuto risposta domande del genere. Non si sceglieva verso chi trovare quell’asimmetria che rendeva l’altra persona indispensabile. Kyron ebbe un attimo in cui la sua mente, i suoi pensieri, concretizzarono un volto, resero definito dei lineamenti che aveva guardato da sempre, che aveva visto cambiare, trovando sempre quella traccia di familiarità che lo faceva sentire a casa: Mya, il sorriso, lo sguardo corrucciato, deluso, arrabbiato, timido e imbarazzato. Troppo in fretta si susseguirono per poi sparire e lasciargli solo un enorme dubbio che non avrebbe trovato risposta.
Perché lei?…. Chi sa se Silente, se messo sotto interrogatorio, avrebbe avuto risposta.
 
 
 
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Dakota non riusciva a parlare, si sentiva inutilmente in colpa, come se avesse appena tradito qualcuno; quel qualcuno che per due anni non aveva fatto altro che ignorarla e che solo allora stava iniziando a vederla davvero. Aveva atteso con foga quel momento, sperando che potesse arrivare prima o poi, ma era arrivato in un momento in cui lei aveva preso una decisione tanto ferrea quanto dolorosa: andare avanti, finalmente, e lasciare a Noah la libertà delle sue scelte. Ma si erano incontrati, i loro sguardi avevano trovato un punto di incontro e lei si era sentita in colpa, nonostante non ce ne fosse il motivo.
“Dak, va tutto bene?” Anche Regan aveva notato quel cambio di atmosfera che aveva sostituito le risa di poco prima, le parole completate a vicenda, la bellezza della reciproca compagnia, e con un enorme macigno al cuore era anche consapevole del motivo per cui era accaduto: Noah Potter condizionava immensamente l’intera vita di Dakota, senza una reale consapevolezza. Era così sciocco da restare cieco di fronte ad un dato così evidente, o fingeva? Bastava guardare Dakota ogni volta che c’era lui nelle vicinanze per notare il cambiamento d’umore, il sorriso dei suoi occhi svanire, il cambio di tono, la rigidità dei muscoli. Era stato accanto al suo capitano per troppo tempo e aveva imparato ad osservarla con così tanta attenzione che ne coglieva ogni minuscolo movimento.
“No, tranquillo. Mi sono solo distratta, ma va tutto bene” Sobbalzò, presa alla sprovvista. Era troppo evidente quel senso di angoscia. Doveva smettere di dare a Noah tutta quella importanza: in fondo non meritava tali attenzioni, era finito tempo prima il “tempo” in cui Noah era stato una delle persone importanti della sua vita. Aveva avuto il suo tempo, la sua occasione, le sue scelte e tutte l’avevano riportato lontano da lei. BASTA, anche lei aveva il diritto di essere felice come chiunque, anche lei voleva assaporare giornate senza rabbia, tragedie, paura di poter scoppiare a piangere incontrollabilmente alla vista di qualcuno che per anni non aveva fatto altro che calpestarle il cuore. Meritava la stessa felicità che Noah aveva assaporato con Alyson.
“Se vuoi, ritorniamo al Castello. Ci possiamo rivedere per la prossima uscita.” Regan la guardava con una certa premura. Nonostante la tristezza di Dakota fosse data da un’altra persona, lui non riusciva a provare odio verso di lei. Aveva solo il desiderio di farle aprire gli occhi e farle comprendere che tutte le lacrime versate, il dolore provato per lungo tempo, erano state solo versate invano, e adesso c’era lui. Voleva assicurarle che mai avrebbe permesso al dolore di attraversare la sua vita, se nella sua vita ci fosse stato lui. Ma era troppo presto per confessarle quel piccolo desiderio custodito gelosamente.
“No, sono curiosa di vedere la mia sorpresa! Non me ne vado fin quando non ho avuto ciò che mi spetta” Riuscì a strappare via la maschera costernata e ne indosso velocemente una nuova. Regan le aveva accennato ad una piccola sorpresa per quel loro primo appuntamento, dando a Dakota una leggera scossa al petto. Non lo aveva mai detto a nessuno, ma adorava l’eccitazione che si provava per l’ignoto. Adorava le sorprese, adorava far funzionare la sua mente in cerca di una risposta che avrebbe smascherato il segreto dalle labbra di qualcuno. Adorava essere sorpresa e Regan lo aveva percepito senza mai dover chiedere.
“Siamo impazienti! Dobbiamo andare verso la “testa di porco e aspettare qualche minuto” Tutto sembrò svanire, il sorriso di Dakota che si allargava in una pura felicità, lo stringersi le mani, segno della reale eccitazione che stava attraversando il suo corpo velocemente, i suoi occhi che finalmente ritornarono limpidi e meno cupi. Tutto fu abbastanza per spingere Regan ad ignorare dell’inconveniente di poco prima e dare a Dakota la sua giornata perfetta.
“Ma se andiamo verso la “Testa di Porco” è come se uscissimo da Hogsmeade.” Il vecchio locale, di proprietà dell’anziano fratello del preside, era situato ai confini del villaggio. Regan sorrise alla perspicacia di Dakota e annuì, prendendola per mano. Aveva le mani estremamente fredde Dakota e delicate nonostante il ruolo di battitore comportava un duro lavoro di mano e muscoli. Non c’era nulla in lei che a causa del Quidditch fosse stato modificato o storpiato. Dakota aveva talento e non per questo aveva perso la sua bellezza – tipica dei Malfoy.
“Ma noi dobbiamo uscire da Hogsmeade.” Regan ignorò il solletico provato all’addome e l’ingiustificato battito accellerato che il suo tocco gli provocò e iniziò a trascinarla con sé, con la pura soddisfazione stampata in volto; aveva organizzato tutto alla perfezione, tutto con tanta attenzione e sicurezza da essere sicuro di dare a Dakota una giornata lieta e indimenticabile.
Dakota titubò per qualche secondo. Non era mai uscita con un ragazzo e quel suo primo appuntamento l’avrebbe trascinata fuori dalle mura di Hogsmeade, lontano dal controllo scolastico, dalla Giurisdizione di Hogwarts. Lei si fidava di Regan, lo conosceva da troppo tempo per dubitare di lui, ma fu inevitabile sentire l’ansia invaderla. Puntellò i piedi sulla strada e cercò di recuperare tempo per comprendere le intenzioni di Regan.
“Non possiamo uscire da Hogsmeade, a meno che non abbiamo un permesso speciale, cosa quasi impossibile.” Silente lasciava massima libertà ai propri studenti, restando comunque in un limite stabilito da lui; una volta superato anche il suo buonismo veniva messo da parte.
“Tranquilla Dak, abbiamo il permesso di lasciare Hogsmeade e ritornare per cena in modo da non mancare alle lezioni di domani! Non ti farò fare nulla di illegale o pericoloso che possa metterti nei guai! Fidati di me.” Tese uno sguardo confortante a Dakota che sembrava scettica e presa dal terrore di seguirlo. Regan aveva un viso sereno, che emanava pura fiducia, intento a comunicarle che poteva affidarsi a lui. Dakota riusciva a dubitare di natura, scontrando successo ogni qualvolta la sua sfiducia gli mandava segnali e gli suggeriva di non stendere la mano. Ma quello sguardo, conosciuto perfettamente per anni, il sorriso dolce che Regan non aveva mai negato per nulla, le incutevano solo una paurosa fiducia.
Ritornò a stringergli la mano e si lasciò guidare ovunque avesse intenzione di condurla, per quel giorno avrebbe spento la parte odiata da tutti e aperto le porte alla Dakota nascosta gelosamente…
 
 
 
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Maddy aveva deciso, con forte convinzione, di restare al Castello con la sola compagnia degli studenti del primo e secondo anno a cui non era permesso andare ad Hogsmeade. Aveva trascorso gran parte della mattina in camera a rivedere gli appunti che Drake le aveva lasciato, in modo che, anche quando non erano insieme, la piccola Maddy avesse tempo per ripassare i suoi insegnamenti. Ma quelle pergamene avevano un odore diverso dal normale e ad ogni parola, una piccola traccia di ricordo si formava nella sua mente, trascinandola lontano, facendole perdere il filo, facendole perdere la lucidità necessaria per poter continuare a studiare.
Portò la pergamena al naso e assaporò quello che sembrava essere il suo profumo, come se la pergamene fosse stata immersa nel suo effluvio, totalmente, incitandola a ricordare ancora di lui, ancora del sorriso che le rivolgeva senza sforzo, il modo in cui la chiamava per nome non utilizzando alcun nomignolo sciocco, oltre piccoletta.
Ora comprendeva perché l’AMORTENTIA aveva profumi differenti a seconda della persona che ne poggiava l’olfatto: attraverso il profumo si rievocavano i ricordi migliori, l’olfatto aiutava la mente a navigare con lucidità nei ricordi. Il profumo coinvolgeva i sensi, causava batticuore, leggere spinte di emozioni che pressavano l’addome, e Maddy riusciva a sentire solo il profumo di Drake e non quello dell’inchiostro.
Si distese, quasi rassegnata sul letto a baldacchino, e rimase a fissare il soffitto con aria sognante, cercando di organizzare - quanto al meglio potesse - il prossimo incontro con Drake. Doveva smettere di balbettare inutilmente, rischiare di far cadere qualunque tenesse tra le mani. Soprattutto desiderava che Drake la conoscesse, che conoscesse i suoi gusti musicali, ciò che lei odiava e ciò che amava fare. Era una forma di egoismo nascosto il suo, ma desiderava che Drake la guardasse e di lei conoscesse ogni minima sfaccettatura, anche la più illogica o inammissibile.
Ma quella sua insicurezza, quasi opprimente, era solo una contrarietà che non le permetteva di agire come lei desiderava realmente. Nella sua mente si formavano le migliori argomentazioni da intrattenere con lui, le migliori risposte a sue presunte domande. Ma, ogni volta che si trovava a dover mettere in atto tutto ciò che aveva architettato con estrema precisione, sentiva mille catene intorno al corpo, al collo e lei restava zitta.
Quando avrebbe imparato? Quando avrebbe trovato quel coraggio che le mancava? Amava Drake ma non riusciva a lasciarsi andare e tentare. Poteva non essere la persona giusta per lui, poteva non essere bella come Tyra, simpatica o intelligente abbastanza da attrarlo a sé, ma se non si fosse esposta avrebbe avuto il dubbio per sempre.
Era ancora troppo presto per sperare nel rientro di Mya, aveva ancora troppo tempo da perdere e l’unica compagnia rassicurante fu il lettore musicale babbano, che iniziò ad intonare le note intriganti della prima canzone della lista: “Going down slow” degli Eletric Flag.
Maddy si perdeva tra quella malinconia che solo il Blues poteva regalarle: lo strimpellare dolce della chitarra, le voci tristi e pacate, i “diavoli blu” che si manifestavano con quelle note che accarezzavano l’animo malinconico di Maddy, che si lasciava trasportare sentendosi parte integrante di quel susseguirsi di parole e suoni.
Adorava perdersi nel mondo fantastico, venire trascinata grazie alla musica. Immaginarsi ballare con sensualità, abbracciata a Drake, mentre guardandosi negli occhi scoprivano l’amore che li legava, tenendosi stretti per non lasciarsi mai più.
Sogni inutili, sciocche immagini irreali che annegavano la sua mente.
Sospirò, nell’esatto momento in cui fu strimpellata l’ultima nota e lasciò che partisse la seconda canzone. Quel piccolo e semplice piano fu interrotto da un gufo da granaio, che trovando la finestra della stanza aperta, planò senza interruzione nella stanza, poggiandosi sul pomello del baldacchino di Maddy; guardandola con lo sguardo ambrato le comunicò che la lettera - legata alla sua zampa - era inidirizzata a lei.
Maddy ne fu alquanto sorpresa: i suoi genitori le scrivevano una volta a settimana, regolarmente, ma la lettera della sua famiglia era giunta, quindi nella sua mente non si riprodusse alcuna persona che potesse  interessarsi a scriverle. Rimase titubante mentre il gufo attendeva fieramente che le fosse sfilata e lui potesse planare via.
Maddy rimase ancora con una certa titubanza a pensare chi potesse mai avere interesse nel mandarle una lettera; ma dovette affrettarsi a prenderla: il gufo le urlò contro, impaziente, incitandola a muoversi. Maddy sobbalzò e, prima che potesse aggredirla, sfilò via con mani tremanti la lettera e permise al “messaggero” di andar via, avendo compiuto il suo compito.
 
La calligrafia che riportava il destinatario era sottile ed elegante ma non familiare, e il mittente proveniva da Hogwarts, uno studente, ma il suo nome non veniva riportato in alcun punto. Maddy se la rigirò incerta tra le mani, non sicura che realemente fosse indirizzata a lei quel messaggio. Fin quando la busta sarebbe rimasta sigillata, Maddy non avrebbe avuto alcuna certezza o risposta. Quasi la strappò, ancora confusa e incerta e iniziò a leggere la lunga lettera scritta con cura e perfetta calligrafia:
“Carissima Madison.
Sicuramente ti starai chiedendo chi io sia, ma per ora, non volermene, non me la sento di esplicitarmi. Ti conosco da tanto tempo e ho trovato un pizzico di coraggio solo ora. Sono rimasto all’oscuro, cercando di superare la timidezza che quasi mi distrugge, riuscendo solo in parte a superarla. Credo che tu possa capirmi. In fondo, ho sempre pensato che tra noi potesse esserci un certo feeling, nonostante non abbiamo mai avuto alcun contatto. Io ti osservo camminare tra i corridoi con testa bassa e so che lo fai per tenerti lontano da tutti, per paura di non essere accettata. Ti osservo nasconderti dietro la forza della tua migliore amica, credendo che solo lei possa accettarti per ciò che sei, ma lasciatelo dire, Madison: Ho sempre pensato che tu possa essere migliore di chiunque altro in questo Castello. La tua timidezza non deve fermarti, come ha fermato me per troppo tempo. Questa lettera ti sembrerà sciocca, in quanto non hai avuto alcuna notizia su di me, ma ti chiedo di attendere. Ho bisogno di trovare abbastanza coraggio per rendermi “reale” totalmente. Il forte desiderio di conoscerti è stato uno dei motivi che mi ha spinto a scriverti, oltre alla voglia di uscire da questo stato catatonico che mi porta a non interagire con il mondo. Quindi spero che mi scriverai, che mi risponderai e mi aiuterai a trovare altra sicurezza che mi permetterà di uscire allo scoperto totalmente.
Attendo una tua risposta, che potrai lasciare alla guferia. Spero rispetterai la mia decisione - momentanea - di non mostrarmi.
Con affetto,
Un anonimo.”
 Maddy rimase a fissare la lettera, con il viso che quasi stava andando a fuoco: non le era mai capitato che qualcuno, senza nome e ne identità, potesse provare un approccio anche se con una certa titubanza. Non si firmava, non chiedeva di vederla ma le chiedeva di fidarsi di lui, di accettare che in parte l’aveva compresa e di aspettare. Non sapeva chi fosse, non aveva idea chi nel Castello avesse nutrito silenziosamente un interesse per lei ma per un attimo si sentì importante e la sua speranza volò verso un’unica persona: Drake.
 
 
 
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Dakota quasi non riusciva a crederci, non riusciva ad emettere alcun suono e sentiva solo le mascelle dolere per il sorriso a 32 denti che si estendeva da un orecchio all’altro. Regan e Dakota erano al di fuori della bella cittadina magica, avevano stretto la presa intorno ad un PASSAPORTA, con il sospetto di Dakota che le rendeva ogni gesto titubante, e si erano ritrovati di fronte a quello che era conosciuto come il campo degli allenamenti di Quidditch della squadra più discussa dell’epoca: oval Quidditch Ground. Dakota li seguiva fin dalla loro nascita, era una delle squadre più giovani di Quidditch, esattamente come i suoi giocatori. Erano giovani talenti, estratti dalle migliori scuola di Magia del mondo ancora prima di concludere gli studi, e nel giro di qualche anno avevano vinto il campionato e più titoli, oltre che la considerazione di essere la squadra più compatta e cooperativa.
Dakota non riusciva a parlare, troppo eccitata nel vedere le minuscole sagome che sfrecciavano nel cielo. Erano ancora al di fuori della struttura, ma dal basso poteva essere scorto alla perfezione l'allenamento che la squadra si accingeva a svolgere. Regan aveva progettato tutto alla perfezione e vedere il sorriso di Dakota, l’eccitazione illuminarle il volto, era la ricompensa auspicata.
“Entriamo, così posso presentarti i giocatori e anche l’allenatore” Consapevole che quella notizia avrebbe reso Dakota su di giri, le strinse le mani e la incitò a seguirlo.
“Possiamo davvero? Nemmeno gli inviati  del Quotidiano del Quidditch sono riusciti ad avere un solo incontro con l’intera squadra. L’addetto stampa, Sattar Beheshti, ha più volte dichiarato che la squadra ha bisogno di tranquillità e l’accanimento dei giornalisti e fan potrebbe intaccare le loro prestazioni. Come possiamo noi incontrarli?” Esclamò tutto d’un fiato, eccitata e allo stesso timorosa che Regan stesse scherzando.
Dakota era informata alla perfezione. Ogni giorno il “Quotidiano del Quidditch” giungeva puntuale alla sua tavola e seguiva gli Oval Quidditch Ground anche su altri quotidiani stranieri. Anche suo padre, Draco Malfoy, aveva avuto molta difficoltà nell’incontrarli. L’allenatore della squadra era una donna rigida e caparbia e non si faceva abbindolare da nessuno. Restava ferrea a lasciare la squadra lontana dalle distrazioni, soprattutto in periodo di campionato.
“L’allenatore non è la madre di nessuno degli inviati.” Regan comunicò quella notizia con una certa presunzione, sfoggiando l’informazione che lasciò Dakota, ancora una volta, priva di parole.
“Non sapevo che tua madre fosse Kylianne Smith” Continuava ad essere incredula, incapace di credere alle sue parole.
“Nessuno lo sa, mia madre è esigente sul mantenere un certo anonimato. Anche perché si avrebbe da parlare se il figlio dell’allenatrice di una delle squadre migliori del mondo magico, dopo Hogwarts, riuscisse a far carriera nel Quidditch” Dakota si rese conto quanto poco conoscesse di Regan, nonostante lo conoscesse da sei anni e con lui trascorresse gran parte del suo tempo.
Non si era mai interessata realmente alle “origini” di Regan, interessandosi esclusivamente a lui come persona. Ma in quel momento, nonostante non fosse stato predeterminato, si sentiva un’approfittatrice. Non voleva che Regan pensasse che lei, dopo quella notizia - che la rendeva estremamente eccitata tanto da voler correre all’interno dello stadio - fosse più disposta ad accettare le sue avances. Non sapeva cosa dire, qualunque parola sembrava sciocca o indiscreta.
“Andiamo?” Lui spezzò quel silenzio imbarazzante che aveva strozzato ogni parola. Dakota annuì e, quando entrò nello stadio, le sembrò di varcare le porte del paradiso.
 
 
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Kenny aveva fatto ritorno ad Hogwarts prima del dovuto con Kyron al seguito, sparito in cerca di un passatempo che potesse distrarlo al non pensare a Mya, che aveva incontrato sulla strada con Drake al seguito. Avevano preso una burrobirra tutti insieme ed entrambi i serpeverde avevano trattenuto la rabbia e la frustrazione che li aveva resi apatici per quasi tutto il tempo. Kyron aveva fissato il suo bicchiere con troppa insistenza, chiedendosi ancora perché, il saggio discorso fatto a Kenny, se lo sentiva incollato addosso come una guaina soffocante. Mentre Kenny aveva cercato la massima calma mentre assisteva da lontano ad una scena alquanto patetica: Bree a testa bassa mentre Liam si divertita a parlare con altri Grifondoro, sciocchi quanto lui, che adulavano l’idiota che riusciva a sparare solo cazzate. Avrebbe preso il suo bicchiere per spaccarglielo in testa, vederlo agonizzante e ridere per la sua figura patetica distesa sul pavimento. Ma dovette trattenere quell’istinto omicida, o una cella ad Azkaban sarebbe stata allestita per lui.
Erano state le ore più intolleranti e difficili per entrambi e, quando avevano lasciato i “Tre manici di scopa”, avevano sentito l’adrenalina e la tensione scendere a livello al di sotto dello zero. Kenny aveva percepito la tensione di Kyron ma aveva preferito lasciare al cugino la possibilità di ritrovare le risposte in se stesso e non inculcargli - magari inconsapevolmente - delle false convinzioni. Gli aveva permesso di raggiungere Ameliè e magari permettergli di scaricare la tensione che era stata visibile sul suo volto con troppa insistenza. E adesso si trovava da solo, a passeggiare sulle sponde del Lago Nero, con il vento freddo che gli scompigliava i capelli ma non trascinava via l’immagine infelice di Bree Potter. Possibile che suo fratello Noah non comprendesse l’infelicità nella quale sua sorella si ostinava a restare? Possibile che non avesse notato lo sguardo spento, i lividi che ricoprivano la sua pelle candida? Aveva una tale rabbia, da dover consumare prima che essa stessa potesse consumarlo, che iniziò a gettare sassi nel Lago, disturbando la quiete delle creature che abitavano le sue profondità.
Gettò un ultimo sasso prima di riuscire a rendersi conto che non era solo. Con la coda dell’occhio scorse una figura distanziarsi da lui e, quando si rese conto che Bree era a pochi metri lontano da lui, si chiese se il destino, il Karma o la fortuna non volessero che entrambi si incontrassero. Anche lei era ritornata prima da Hogsmeade e anche lei era sola. Sedeva sulle sponde del Lago Nero con le ginocchia strette al petto e lo sguardo che volava altrove, lontano, con i pensieri che si perdevano nel turbine di vento freddo che ogni tanto investiva il volto.
Non ebbe alcun dubbio, Kenny, che la sua presenza lì era stata voluta da quel filo rosso* che li aveva sempre uniti; dal destino che si era scritto da solo. Non titubò nel raggiungerla, non lasciò alla mente di materializzare mille e uno problemi che potessero frenare i suoi passi.
Nonostante i suoi passi si udirono, scricchiolanti e goffi, Bree non si mosse e, quando Kenny prese posto accanto a lei, continuò a osservare l’immensità del Lago. Non fu avvolta dal delirio che l’aveva avvolta i giorni seguenti quando si erano incontrati nei corridoi. Non lasciò la paura che le parole di Liam le aveva inculcato. Rimase immobile e rimase a fissare un punto preciso mentre Kenny fissava lei.
“Non ti ho vista rientrare con noi. Sei qui da poco?” Per gli studenti che volevano ritornare al Castello prima del crepuscolo, Silente aveva messo a disposizione delle carrozze e Kenny salendo sulla sua, insieme a Kyron, non aveva notato Bree.
“Ero proprio dietro di te. Non mi hai visto perché eri distratto” Parlava piano, come se la voce fosse immersa in uno stato catatonico e immobile. Pensierosa e silenziosa: Liam aveva nuovamente agito male e lei teneva tutto albergato nei meandri della sua vergogna.
“Stavo pensando a te e a quell’idiota del tuo fidanzato! Vi ho visti ai “tre manici di scopa”. Non mi è piaciuto il modo in cui tu ti tenevi in silenzio accanto a lui” Kenny non conosceva le mezze misure, partiva spedito e con Bree non riusciva a fingere di non averla vista e aver notato quegli atteggiamenti che non gli erano parsi affatto “Normali”.
“Kenny, per favore, stanne fuori” Bree distolse lo sguardo e lo abbassò alle scarpe, sconfitta e stanca. Doveva comprendere, Kenny, che il suo accanirsi troppo su entrambi, lo avrebbe condotto a situazioni scomode. Ma lui rise, come se quella richiesta non potesse essere presa in considerazione per quanto fosse impossibile soddisfare.
“Non posso, Bree. Quando si parla di te, non posso starne fuori! Lo so, ho esplicitato senza ritegno il mio interesse per te, ma adesso ti chiedo di cancellare questi anni e pensare a me come Kenny, un amico, con il quale puoi parlare. Non negare che vada tutto bene. Liam è un vero stronzo e io voglio che tu lo ammetta! ” Aveva ingannato tutti Bree, manifestando quella fittizia felicità, ma Kenny aveva notato ogni minimo cambiamento che aveva attraversato Bree e Liam nel corso della loro breve storia.
Inizialmente potevano essere invidiati per la felicità che traspariva dai loro volti, ma con il tempo Bree era sfiorita, dimagrita, diventando sempre più piccola, quasi a sparire. Ma continuava ad ingannare tutti utilizzando scuse come: “ è il troppo studio”, “ mi mantengo in forma”, “mi hanno consigliato una dieta ferrea perché il medico Babbano ha detto che sono intollerante a determinati cibi”.
Tutte sciocchezze che erano riuscite ad ingannare tutti, ma non Kenny. E adesso i lividi erano stati semplicemente la prova del nove che avevano confermato le sue ipotesi. Bree era infelice con Liam.
“Ti prego Kenny, fallo per me! Ignorami, tienimi lontano dalla tua vita e guardati un po’ intorno. Non sono l’unica su questa terra. Ci sono così tante persone che potresti conoscere, con quale presunzione pensi che io sia l’unica e la sola?” La pacatezza della solitudine lasciò Bree e iniziò a sentirsi irrequeita, sentendosi estremamente pressata da quell’insistenza. Kenny si distese, tirando Bree per il colletto della camicia e la costrinse a distendersi accanto a lui.
“Io non sono presuntuoso. Semplicemente è qualcosa che sento, e non saprei nemmeno spiegarti. Ma so che nessun'altra potrebbe essere come te. Ma ti sto chiedendo di tralasciare questi particolari e guardarmi come un semplice amico. Voglio sapere cosa sta succedendo. Voglio sapere cosa diamine sta accadendo nella tua vita. Non perché andrò a spaccare il muso a Liam, non perché voglio dirlo a tuo fratello Noah, ma semplicemente perché voglio che tu non ti senta sola. Metti da parte quello che provo per te, tralascialo, non è importante. Voglio sapere qual è il motivo che ti rende infelice! “Non poteva guardarla negli occhi, distesi entrambi sulla schiena a fissare il cielo sereno che si estendeva sopra di loro. Da qualche parte aveva letto che confidarsi con qualcuno era più semplice se fatto senza essere guardati. Aveva quell’informazione stampata in mente ma non ricordava dove l’avesse letta.
Sentì Bree muoversi appena, spostare qualche ciottolo con la schiena e sospirare come se stesse trattenendo le lacrime, ma continuò a non guardarla. Si era prestato volentieri, aveva volentieri messo da parte i suoi sentimenti, sperando che Bree trovasse in lui quella spalla su cui piangere e confidarsi, ma non sarebbe stato semplice.
“Qualche volta Liam viene assalito dalla rabbia e non riesce a controllarsi. E quando accade allunga troppo le mani e mi fa del male” Per Bree fu difficile ammettere ciò che accadeva quando lei e Liam si ritrovavano a discutere da soli. La sua voce, tremante, quasi si strozzò nel comunicare quell’inconfessabile realtà che divenne ancora più reale quando fu esplicitata. Kenny rimase immobile mentre ascoltava quell’innaccettabile rivelazione e tra le mani strinse un pugno di ciottoli che quasi penetrarono nei palmi. Immaginare Liam aggredire la sua Bree lo mandò in escandescenza, ma aveva fatto una promessa a Bree;  restare immobile e fingere indifferenza però non fu facile.
Respirò a fondo, in attesa che continuasse.
“I nostri litigi vertono su due cose: Non abbiamo ancora… ehm… consumato la nostra relazione, e te. Ogni volta che ci ritroviamo soli, sul punto di… il mio non essere pronta viene associato a te ed è una catena che non trova pace. Ecco perché ti ho chiesto di non avvicinarti a me… Anche per non metterti nei guai.” Adesso sembrava più facile parlare con Kenny, sentì che era suo dovere comunicargli che ogni volta che le stava accanto rischiava di ritrovarsi un Liam addosso estremamente arrabbiato. Il confessargli della sua verginità, invece, fu imbarazzante e sperò che non chiedesse qualche dettaglio su quell’argomento.
Kenny intanto restava in silenzio, ribollendo nella sua rabbia.
“E l’articolo di Maggie May ha aggravato la situazione. Adesso è diventato più irascibile e incontrollabile. Ho avuto modo di rientrare prima ad Hogwarts perché degli amici di Liam lo hanno raggiunto e lui ha trasferito il suo interesse su di loro… è stato un vero sollievo.” Le sembrava stupido ammettere di non essere felice con lui e continuare a rimanerci insieme, ma non riusciva a ritrovare il coraggio necessario da poter mandar via Liam, anche perché quando la calma lo assaliva era il ragazzo del quale si era innamorata: dolce, romantico, divertente e con la premura di renderla felice. Il mostro nasceva con la gelosia, e lei sperava sempre di rivedere il suo Liam, nascosto dietro a quel cumulo di rabbia che lo rendeva una bestia.
“Perché continui a stare con lui?” Bree doveva immaginare che Kenny lo domandasse, chiunque lo avrebbe fatto.
“Perché lo amo e conosco Liam anche quando non è arrabbiato e lui è una persona splendida...” Fu un duro colpo per Kenny sentire quelle parole. Bree gli aveva appena strappato il cuore da petto e calpestato senza ritegno, ma lui non si mosse; in fondo si era prestato di sua spontanea volontà, consapevole dei rischi. Avrebbe sofferto se Bree avesse accettato, ma pur di starle vicino, pur di tenere tutto sotto controllo, pur di sperare di vedere Bree prendere le redini in mano e mandarlo all’aria, avrebbe sofferto volentieri.
“Per quanto può valere, posso fingere di non provare più alcun interesse per te. Ma restare tuo amico comunque.” Voltò lo sguardo verso Bree e notò in tempo le sue lacrime. Le asciugò con velocità e si voltò a guardarlo, sorridendo con tanta dolcezza.
“Saresti disposto a fare questo per me?” Bree poteva apparire agli occhi di chiunque un’approfittatrice che adorava tenere i ragazzi attaccati a lei per il collo, per poterne approfittare senza ritegno. Ma l’unica cosa che le venne in mente, con le parole di Kenny, fu l’occasione di poter vedere Kenny lontano dai guai e anche Liam. Magari non avendo il sospetto che tra lei e il Serpevrde ci fosse qualcosa, avrebbe lasciato perdere la rabbia e sarebbe ritornato il ragazzo dolce che le aveva rapito il cuore. Voleva che Kenny si rassegnasse e fosse felice, e voleva che Liam si autoconvincesse che con lei poteva dormire sogni tranquilli. Trovarsi in quella situazione la rendeva inqueita ed esasperata. Non riusciva più a dormire la notte, con le preoccupazioni di vedere Liam e Kenny azzuffarsi e rischiare di essere espulsi.
“Certo” Anche Kenny addolcì il volto, accettando con un certo masochismo.
Quanto avrebbe resistito prima di prendere Liam per il collo e buttarlo giù dalla Torre di Astronomia? Quanto avrebbe resistito prima di vedere il suo cuore sanguinare per quella scelta di restare accanto alla persona che amava, permetterle di trovare la felicità non con lui ma con qualcun altro?
La sua forza per quanto lo avrebbe sorretto e reso intoccabile?
 
 
**
 
La giornata ad Hogsmeade si era conclusa con il sole che accarezzava - apparentemente in uno spettacolo mozzafiato - la superfice del Lago Nero. Era stata una giornata pullulante di emozioni e novità, come era solito ogni volta che gli studenti oltrepassavano i cancelli della vecchia scuola per immergersi nella normalità.
Il banchetto della cena fu saltato da molti, ancora ingozzati di dolci di Mielandia o Burrobirra. La stanchezza era visibile sui volti di tutti, e come soldatini entrarono uno ad uno all’interno della scuola.
Dakota ancora non riusciva a frenare l’eccitazione di quella giornata. Aver conosciuto l’intera squadra degli “Oval Quidditch Ground”, aver volato con loro. Essere stata valutata dall’allenatrice in persona era stato abbastanza da reputare quella come la giornata più bella della sua vita. Regan l’ascoltava con gli occhi che quasi si illuminavano, attento e realemente interessato. Lei non riusciva a trovare alcun freno, sentendo ancora il vento tra i capelli e il braccio dolere per lo sforzo impiegato nel buttare i bolidi lontani, in modo da centrare il bersaglio. Era stato stancante ma allo stesso aveva appagato il malessere che in un primo momento aveva provato.
“E' stato davvero fantastico, Regan. Grazie davvero.” Erano all’entrata della scuola e il colore aranciato del tramonto batteva sul Castello, regalando benessere e ristoro ai pellegrini di ritorno.
“Ho pensato che un normale appuntamento avrebbe rovinato tutto, quindi ho pensato che essere il più normale possibile sarebbe stato l’ideale. Ho passato una bella giornata, grazie a te.” Regan sapeva che se avesse portato Dakota da Madame Piediburro avrebbe solo bruciato una qualunque speranza di poter stare con lei. Dakota odiava qualunque cosa che rientrasse nel normale, nel consueto e soprattutto nel romantico. La conosceva abbastanza bene, tanto da riuscire ad architettare un appuntamento degno di lei e vederla sorridere lo rendeva speranzoso. Era chiaro come quella luce del tramonto che Regan voleva Dakota, la voleva in altri modi dal semplice essere amici. Dakota lo sapeva, poteva leggerlo nel modo in cui la guardava, un modo che l’aveva sempre guardata ma solo adesso riusciva a leggerne il vero messaggio. Gli studenti rientravano, passavano accanto ai due, ma i loro occhi erano come incollati e i loro sorrisi asimmetrici parlavano per loro. Era stato tutto così perfetto da sembrare irreale, Dakota aveva dubitato quasi che potesse sentirsi così bene con lui, eppure era riuscito a far decadere le sue paure, le sue aspettative.
Ma non poteva esserci alcuna tranquillità in quella giornata, piccoli particolari dovevano rovinare l’atmosfera meravigliosa che li stava avvolgendo.
“Dakota” La maledetta voce, conoscibile anche se avesse parlato tra altre cento, richiamò Dakota da quel momento, e ogni armonia fu spezzata. Noah era all’ingresso e il viso era una maschera di mestizia cupa, di malumore, estenuazione. Teneva le mani in tasca, i capelli flosci come a comunicare il suo stato d’animo e la voce era rauca e atona, quasi silenziosa. Regan ebbe un sussulto di rabbia, una distruzione di ogni piano che si materializzò avanti ai suoi occhi e la voglia di prenderlo a pugni fino a far sanguinare le nocche. Aveva cercato di rovinare quella giornata e stava continuando a farlo.
“Noah…” Dakota non ebbe la forza di essere rigida nei suoi confronti, sostenne il suo sguardo nella stessa sua posa, attivando i neuroni specchio che le fecero sentire esattamente la medesima angoscia. Furono immersi nuovamente in quell’atmosfera di tensione e rabbia provata ad Hogsmeade e Regan si sentì nuovamente impotente quando notò lo sguardo che Dakota rivolgeva al Grifondoro - che privo di considerazione nei suoi confronti - si avvicinò.
“Ho bisogno di parlarti...” Lo ignorava, come se lui in quel momento non fosse lì, infastidito e arrabbiato. Dakota si ritrovò a navigare in acque sconosciute, incerte, imbarazzanti e guardò prima uno e poi l’altro, incapace di proferire parola.
“Ho davvero bisogno di parlarti...” Noah comprese dell’imbarazzo che Dakota stava provando e quasi implorò di essere ascoltato.
“Va bene, dimmi” Non avrebbe cacciato Regan per alcuna ragione, anche se Noah era stata la ragione di molte cose nella sua vita.
“Da soli, se non ti dispiace” Noah la prese per un braccio, spazientito dalla presenza di Regan che quasi reagì; ma Dakota lo intimò a star fermo e lasciare che Noah le parlasse. Fu meschino da parte sua, ne fu consapevole, ma non riuscì a opporsi e chiese a Regan altra comprensione che ricevette. Noah la stringeva con una certa foga, camminando troppo velocemente e trasmettendo una lieve rabbia in quei gesti. Dakota non mostrò alcuna parte di sé ostile o contrastante, lo lasciò fare e quando si ritrovarono quasi sulle sponde del lago nero, fu pronta ad ascoltarlo, con ancora il volto di Regan deluso e disarmato, stampato in mente.
“Cosa sta succedendo?” Noah sembrava essere immerso in un delirio senza senso. Aveva il volto completamente sciupato, pallido e gli occhi erano spalancati e confusi.
“Dovresti spiegarmelo tu, Noah. Ti stai comportando da pazzo ultimamente e io non ho capito ancora il perché.” I suoi atteggiamenti erano cambiati troppo in fretta per poter essere spiegati, e chiederle una spiagazione era come chiedere ad un cieco di descrivere di che colore fosse il tramonto. Avrebbe taciuto e riso per la sciocca domanda che gli era stata porta.
“Cosa ti ha fatto Smith?" Domanda che quasi la scosse, incredula che le avesse rivolto un tale quesito.
“Cosa mi ha fatto? Nulla… Noah ma cosa cavolo ti prende?” Dakota stava iniziando a sentire la rabbia salire fin sopra i capelli - rimasti immobili nonostante la giornata entusiasmante - e quella domanda continuava a risuonare sciocca. Noah si passò una mano sul volto, stirando il viso, soffiando con una certa incertezza. Era smanioso, incapace di parlare. Cosa doveva dirle? Come avrebbe giustificato quei comportamenti irrazionali che lo avevano avvolto come un ondata improvvisa quando aveva visto Dakota insieme ad un altro? Alyson era sola in camera e lui, nonostante la causa della tristezza di Alyson fosse Dakota, restava con lei, in cerca di risposte quasi impossibili.
“NON LO SO! OK? Dakota maledizione, sono preoccupato, geloso, nervoso! E non è normale” La sua voce si protrasse nervosa nell’aria, urlando quei sentimenti che fino ad allora non erano stati una sua preoccupazione.
“Geloso? Da quando in qua, Noah” Dakota si sentì schiaffeggiare nell’orgoglio, essere presa in giro con tale sfacciataggine e convinzione che desiderò voltargli le spalle e lasciarlo crogiolare nelle sue fandonie; ma Noah la paralizzò con lo sguardo.
“Regan, quanto lo conosci? Se la sua unica intenzione nei tuoi confronti fosse quella di mentirti? Pensavo che fossi una ragazza intelligente e invece ti lasci abbindolare come una qualsiasi ragazzina” Delirava, accusava con cattiveria e Dakota non glielo avrebbe permesso. Ritornò rigida nello sguardo, freddando le sue parole, ritornando la caparbia e rigida Malfoy che quel giorno aveva lasciato al Castello.
“Brutto idiota! PENSI CHE IO MI SIA CEDUTA AL PRIMO CHE ABBIA MOSTRATO INTERESSE NEI MIEI CONFRONTI? E INOLTRE, SE ANCHE FOSSE STATO COSI', CHI SEI TU PER VENIRMI A DIRE CHE SONO UNA STUPIDA? SONO LIBERA DI FARE CIO' CHE VOGLIO, E TU IDIOTA DI UN POTTER, QUESTO DANNATO INTERESSE DA DOVE E' NATO! QUANDO SOPRATTUTTO?” Lo spintonò ad ogni parola, caricando in ogni colpo tutta la rabbia che la sua presenza le stava iniettando. Noah indietreggiò poco, quasi inciampando in un ramo scoperto.
“PENSA ALLA TUA DANNATA ALYSON! IO FREQUENTO CHI CAVOLO VOGLIO, QUANDO VOGLIO E COME VOGLIO! HAI PERSO OGNI DIRITTO DI DARMI CONSIGLI QUANDO HAI SCELTO DI STARE CON LEI! QUINDI COME OSI DIRMI COSA DEVO FARE?” Ancora le sue mani colpirono il petto di Noah, sperando di farlo cedere nei suoi passi, ma non avvenne. Noah fu rapido e strinse i piccoli polsi tra le mani, frenando la carica della sua rabbia. Aveva la confusione che gli annebbiava la mente, la rabbia di essere stato detronato dalla vita di Dakota improvvisamente, la delusione nascosta per quei due anni per averla persa come amica, la rabbia di sentire la sua mancanza e non poterlo esplicitare come avrebbe voluto.
“Ci siamo lasciati, io ed Alyson! E io posso ancora darti consigli perché tengo ancora a te. Nonostante tutto, nonostante questi due anni, non ho smesso di volerti bene e sperare per te il meglio. Mi sei mancata ogni santissimo giorno, Dakota! DANNAZIONE” Si avvicinò a lei, continuando a tenerla per i polsi. Aveva lo sguardo immerso nella serietà e nella rabbia di chi aveva tenuto tutto dentro, troppo a lungo. Aveva sentito un senso di liberazione, quando finalmente aveva esplicitato ogni cosa, quelle sensazioni provate per due anni, quasi a soffocare.
“SEI UN BASTARDO” Dakota non poteva reggere quelle parole, restando impassibile, non provando un senso di puro odio invaderla tutta, stringerle il cuore. Perche adesso? Perché dirle tutto adesso, quando lei finalmente aveva preso la ferrea decisione di andare avanti e lasciarsi alle spalle un qualcosa che aveva creato nella sua mente? Aveva atteso quelle parole per così tanto tempo, tanto da rivivere un Flashback, tanto da pensare che quelle parole le erano state già dette, con la consapevolezza che era accaduto nei suoi sogni e nelle sue sciocche speranze. Non poteva, Noah adesso, dopo tutto, dopo l’odio che era riuscita a cementare in lei in modo da tenerlo lontano, cercare di abbattere quel muro e renderla nuovamente vulnerabile e sciocca. Si dimenò come una furia, fin quando non riuscì a sfilarsi dalla sua presa e mettere una distanza tale da poterlo disprezzare interamente.
Non doveva piangere, le ragazze forti non piangono, non doveva versare una sola lacrima per lui.
“Ti rendi conto di quanto ho aspettato per sentire queste dannate parole? TRE ANNI, MALEDIZIONE! TRE ANNI INCESSANTI AD ATTENDERE CHE TU TI RENDESSI CONTO DI ME! INVECE AVEVI OCCHI SOLO PER ALYSON BELBY! MI HAI ABBANDONATA, LASCIATA SOLA! ED IO TI HO ODIATO, E TI ODIO ANCORA, COSI' TANTO CHE AVREI VOGLIA DI STACCARTI LA TESTA E PRENDERLA A PUGNI” Non doveva piangere e urlare era un’altrettanta liberazione. Sentiva la gola raschiare e il sangue alla testa iniziò a farle dolore le tempie.
“Io non ti ho abbandonata, Dakota. Sei stata tu ad allontanarti da me. Sei sempre stata la mia migliore amica, anche quando hai deciso di non volermi parlare più. Lo sei ancora tutt’oggi. Ancora adesso desidero parlare con te, volare sul campo da Quidditch e restare lì a dire sciocchezze che per me non erano sciocchezze. Ti vedo tra i corridoi e vorrei accompagnarti a lezione solo per sapere come ti senti. Vorrei poterti guardare e non sentire quell’odio che si legge chiaramente nei tuoi occhi. Sei cambiata, sei diventata fredda, perennemente arrabbiata con il mondo. Non sei più la Dakota che ho tenuto al mio fianco per nove anni!” Non poteva provare diaspiacere per quei cambiamenti che aveva portato lui, con le sue decisioni, con la sua voglia di chiudere gli occhi di fronte alla realtà e credere che Dakota non provasse lo stesso. Sentire la sua mancanza l’aveva resa ostile, sentire la gelosia che le attanagliava lo stomaco l’aveva reso insofferente e scocciata. Non poteva, Noah, credere che qualche parola potessero curare il dolore inferto. La ferita era così grande che sanguinava ancora e lui continuava a non capire.
“Lo hai fatto, Noah! Mi hai abbandonata, e adesso qualche parolina carina non sarà abbastanza da poter rimettere tutto a posto! Sei stato così egoista da non vedere realmente le cose come stavano, sei stato così STUPIDO da pensare che io potessi bermi qualche parola sciocca! NON OSARE MAI PIU' AVVICINARTI A ME! Sei sparito dalla mia vita quando hai deciso di stare con Alyson! HAI FATTO LE TUE SCELTE, E ADESSO DEVI RACCOGLIERNE LE CONSEGUENZE. Io non sono più cosa tua, non sono più la tua migliore amica, non sono più la Dakota che conosci da quando hai memoria. Le cose cambiano Potter, ed io sono cambiata.” Avrebbe voluto dire ancora tanto, tutta la rabbia che aveva racchiuso per tre anni senza sosta poteva essere esplicitata adesso, in quel momento. Ma decise di fare altro: decise di voltare le spalle e lasciarlo completamente solo, nella sua confusione, nelle sue sciocchezze. Anche quando le prese la mano per fermarla, agì come avrebbe voluto agire per tutto quel tempo. Lo schiaffeggiò così forte che parve che lo schianto fosse stato sentito fino ad Hogsmeade, e il batticuore, la colpevolezza ma anche la decisione di farlo, potessero essere sentiti ad orecchio umano.
“VAFFANCULO, NOAH POTTER” Urlò senza ritegno quell’ultimo insulto che provenne dal più profondo del cuore ed ebbe la soddisfazione di colpirlo fino in fondo. Fu lasciata la presa e lei potè andarsene via, liberarsi da quel tormento e sofferenza.
Le ragazze forti non piangono e lei era una ragazza forte... ma le lacrime furono più forti di lei.
Le ragazze forti non piangono, ma dopo tanto tempo anche una ragazza forte come Dakota Malfoy aveva il diritto di perdersi in quella debolezza che fece sì che le lacrime trovassero strada sul suo viso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 

 

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Capitolo 8
*** hate that i love you ***






 

Elastic Heart


VIII Capitolo







Hate that i love you
 
 

 
“Buon giorno miei adorabili studenti. Anche questa settimana sembra quasi essere volata e le notizie succulente mi sono balzate sotto il naso, troppe invitanti per tralasciarle. Quindi ve ne do subito un assaggio; sperando che, come me, gusterete tutto ghiottamente. Il mio radar non ha potuto evitare di notare la solite e patetica uscita “tradizionale” degli Zabini. I due fratellini, mano nella mano, a passeggiare per le stradine della bella Hogsmeade. Drake ancora a trattare la sua piccola Mya come se fosse un cucciolo di puffola pigmea ferito, senza comprendere che per sua sorella, forse, è giunto il momento di depositare quell’aria da finta santarellina e spingersi verso altre strade; anche se quelle strade che vorrebbe percorrere la giovane Zabini sono proibite. Quanta moralità! Soprattutto da una persona come Drake, che tratta le donne come zerbini e i ragazzi come elfi domestici utili per pulirgli il pitale. Ricorda Zabini: la parabola babbana “non fare agli altri ciò che non vuoi essere fatto a te”. Anche perché tutto il male che procuri potrebbe riscuotersi contro e, quando accadrà, forse avrai idea di quanto può far male, davvero. Un'altra lieve novità sembra aver guastato la splendida storia d’amore - che sembrava intramontabile - tra Noah Potter ed Alyson Belby. Come già ipotizzato ad inizio anno, c’era qualcosa che bolliva nella testa del prefetto-caposcuola perfetto Potter che stava portando tempesta nella valle incantata di Alysonlandia, e quella tempesta porta il nome di Dakota Malfoy, vista - tra l’altro - in compagnia di Regan Smith! Una semplice rimpatriata di squadra o c’è altro dietro? Voci di corridoio sussurrano tante succulenti versioni. Molti dicono che finalmente la bella e tenebrosa Malfoy si sia lasciata alle spalle Noah Potter e si sia puntata su Regan. Altre voci, più scettiche, affermano che la loro è solo e soltanto amicizia, in quanto Dakota Malfoy preferisce altre compagnie. Altri ancora sospettano che sia una resa dei conti contro Noah Potter, che per anni ha dormito e solo ora SEMBRA essersi reso conto di lei. Non possiamo biasimarlo! È recente la vista di una Dakota più femminile, e tutto l’armamentario nascosto per anni non dispiace. Ovviamente sono commenti sentiti nei corridoi ... tranquilla Dakota, la sottoscritta non ti vede come il suo tipo. Il mio radar ha puntato anche verso un altro studente molto “famoso”, soprattutto tra le ragazze: Kyron Nott, dove sgagliattoli tutte le notti? Ho molti occhi che mi riferiscono ogni vostro movimento ... e una piccola voce è giunta dicendomi che, ogni notte, sgusci via come un ladro dalla Sala Comune dei Serpeverde e ti dirigi verso i piani alti. Forse il giovane Nott non è realmente disponibile come molte ragazze sperano. Forse Kyron ha scheletri nell’armadio che sarebbe scomodo tirar fuori, semplicemente perché potrebbe compromettere la sua carriera. Attento! Non giocare con il fuoco che una volta bruciato nessuna ferita sarà risanata!
Ordine restrittivo per la piccola e pura Bree Potter! Sembra tanto che Liam abbia vinto la lunga e faticosa battaglia contro Kenny Montague che, dopo stremanti tentativi di conquista, ha forse compreso che non ne vale la pena! Ormai non si vede più Kenny ruotare nell’orbita di Bree, e Bree si vede nei corridoi raramente: esclusivamente per raggiungere le lezioni! Liam ha adottato la tattica oppressiva, che sembra funzionare. E Noah di fronte a tutto questo? Forse Liam Martinèz è riuscito a far tacere anche lui ... dopotutto Bree è “ roba sua”. Un vero troglodita sarebbe fiero di lui.
Ultima e non meno importante notizia che credo abbiate notato tutti: momento di gloria per la patetica Maddison Diggory! La sua incapacità in Pozioni le ha permesso finalmente di essere notata, e non solo durante le lezioni del nuovo professore Pelois! Drake prolunga le lezioni anche al di fuori dell’aula di Pozioni ... È STRANO vederli insieme. Forse Zabini è solo spinto da una forte dose di pietà verso di lei, o semplicemente sua sorella Mya - unica che lo tiene serrato per i cosiddetti - lo ha indotto a mostrare pietà nei suoi confronti. Almeno una gioia nella vita è giunta anche per lei! Inoltre, avrete notato tutti un certo ALLONTANAMENTO tra le due sopracitate. Forse Madison Diggory non accetta le condizioni imposte dalla cara, ormai NON Più, amica ...
Ovviamente la mia penna non ha interesse solo verso questi individui. Arrivereste a pensare che ho delle preferenze, ma giuro che non è cosi. Notizia dell’ultima ora: Samantha, o conosciuta da tutti come Sammy, Bears è stata avvistata uscire dal bagno di Mirtilla Malcontenta intenta a rimettersi in ordine. Penserete che sia corsa in bagno per piangere a causa dei suoi voti, improvvisamente scesi a capofitto. Ma non è cosi, miei cari. La nostra Sammy ha ben altro a cui pensare, escludendo la sua carriera scolastica. E tanti di voi maschietti - che avete ricevuto il suo dono - lo sapete!
Attenta Sammy, il paparino non credo ne sarebbe contento. Sapere che la sua unica e perfetta figlia rischia di non riconoscere più con chi è andata a letto l’ultima volta, potrebbe stroncarlo!
Potrei continuare all’infinito a scrivere, ma direi cose che credo sappiate anche senza che ci sia io. Gran parte delle notizie, inoltre, riguardano la prima donna Drake Zabini, che è ovunque e lascia il segno OVUNQUE (e qui faccio riferimenti spinti a sfondo sessuale ... chi è in grado di capire BENE, altrimenti, crescete!)
Detto questo, vi lascio ad un buon inizio settimana e una buona giornata. Attendete novità che non mancheranno mai.
Vi guardo.
M.M "
 

Quanto odio riusciva a far esplodere Maggie May. Era un tornado che passava con silenzio e sconvolgeva la giornata di coloro che aveva preso di mira. Mya quasi bruciò quello stupido giornale che raggiungeva i tavoli ad un orario preciso e in giorni precisi. Un orario programmato affinché, dopo aver letto tutte le malignità sporcate su pagina, la giornata ricadeva in un turbine di catastrofici eventi. Tutto perfettamente architettato in modo che le giornate di Maggie May non fossero noiose.
Era trascorso il weekend e le lezioni erano ricominciate con la solita e perfetta noia. Tutto era ritornato apparentemente normale, anche se gli eventi citati anche sul “Mague” avevano lasciato ferite e scontri ancora freschi e aperti; e Mya ancora non riusciva a credere che quell’aria pesante e tesa avesse colpito anche lei.
Dopo la giornata ad Hogsmeade era accaduto qualcosa capace di rendere tutto ingestibile e caotico.
La lunga giornata di svago si era trasformata in pochi secondi in un disastro, e Mya non riusciva a riportare alla mente quegli eventi senza che le si stringesse la gola e lo stomaco.
Stavano accadendo cose sospette. La tranquillità vissuta sembrava essere svanita, intralciata dalla crescita. Odiava dover ammettere di sentire la mancanza di quando, ancora frequentava il primo anno, Hogwarts era il luogo più sicuro. Adesso invece lo sentiva soffocante e colmo di trappole pronte a scattare ad un minimo passo falso.
Era sola al tavolo dei Serpeverde e, dalla sua postazione, potè scorgere la piccola figura della sua migliore amica che - per la sorpresa di tutti - non raggiunse il tavolo dei Serpeverde. Maddy era seduta in disparte, non solo da Mya, ma da tutta Hogwarts e l’unico Muffin al miele rimasto non fu preso, esattamente come il muffin al cioccolato che Mya non era riuscita a consumare da sola. Aveva combinato un disastro, lasciando Maddy da sola, dandole altri motivi di sentirsi insicura. Il suo era stato un tentativo di proteggerla, ma i risultati ottenuti non erano stati quelli auspicati. Sospirò e dovette trattenere le lacrime. Si sentiva maledettamente in colpa con Maddy. Era stato un colpo basso quello che le aveva sferrato, e lei sentiva di aver perso una parte di sé, persa dall’altro capo della Sala Grande.
 
 
 
Mya era ritornata da Hogsmeade con un solo desiderio: incontrare Maddy nella Stanza delle Necessità e consumare fino a star male tutti i dolci che aveva portato con sé. Aveva preso tutto ciò che faceva gola ad entrambe, abbondando con le cioccorane di cui Maddy andava pazza. Si diresse senza esitazione al settimo piano e, dopo aver camminato avanti e indietro per tre volte pensando a Maddy, l’enorme portone nascosto si fece avanti verso di lei, spalancandosi e permettendole di entrare.
Maddy era seduta su alcuni cuscini persiani e il suo sguardo era chino verso una piccola pergamena che veniva sgualcita e poi stirata dalle sue piccole mani.
Maddy aveva atteso la venuta di Mya con una certa smania, e adesso che era lì non riusciva a parlare. Quella lettera le aveva gettato addosso un senso di timore misto ad eccitazione. Un mix micidiale per lei, che prima di allora aveva sempre navigato per le acque della timidezza.
“Maddy, cos’è quella faccia?” Mya si accomodò accanto a lei, spargendo i dolci per il pavimento. Era un momento sacro quello: dolci a volontà e confessioni che non avrebbero condiviso con nessun'altro. Un momento tutto loro, un sacramento che non avrebbero mai spezzato.
“Oggi, mentre tu eri ad Hogsmeade, mi è arrivata questa” Lo stomaco di Maddy era contratto, anche se le cioccorane invitanti sembravano voler balzare nella sua bocca e lasciarsi mangiare. Ma doveva prima chiedere consiglio alla sua migliore amica, chiedere se quella piccola speranza che albergava in lei non fosse altro che un ennesimo sogno ad occhi aperti, che sarebbe svanito una volta che qualcuno le avesse afferrato i piedi e tirata giù. Mya prese la pergamena e iniziò a leggere la calligrafia perfetta e ordinata che tracciava parole dolci, parole che non erano state mai rivolte a Maddy. Per un attimo Mya sperò nella realtà dell’accaduto, nella possibilità che finalmente qualcuno avesse aperto gli occhi e aveva notato la bellezza di Maddy. Ma quando lesse le ultime righe, il non firmarsi e la richiesta di attendere ancora, qualcosa scattò nella sua mente, rendendola diffidente e sospettosa.
“Cosa ne pensi? Chi potrebbe essere?” Maddy aveva una sciocca speranza che albergava nel suo cuore. Quella sciocca speranza che Mya non avrebbe assecondato. Era sua amica, la sua MIGLIORE AMICA, e crearle false speranza equivaleva a tradirla e tradire quel bene che le legava. Respirò a fondo, sperando che la sua sincerità non la ferisse; ma doveva parlare chiaro e lo fece.
“Maddy, credo che non dovresti prendere sul serio questa lettera. È strano che una persona, che ha aspettato così tanto per farsi avanti, ti chieda di attendere ancora. Non lo so, ma credo che non dovresti credere a queste parole. E se fosse uno scherzo?” Il volto di Maddy mutò: l’espressione di timorosa speranza si affievolì, e la tristezza la invase completamente. Sfiorì improvvisamente, divenne più piccola del solito e gli occhi si illuminarono di lacrime.
“Perché dovrebbe essere uno scherzo? Anche tu pensi che sia solo una povera sfigata che non potrebbe ricevere attenzioni di questo genere?” Le sue parole erano sottili e tristi. Un tono di voce così debole che Mya dovette faticare per poter comprendere. Le mani si strinsero intorno alla gonna, scaricando la rabbia e il dolore su di essa. I capelli davanti agli occhi le coprivano il leggero pianto, ma Mya sapeva che in quel momento deboli lacrime si facevano strada sul suo volto.
“Non penso assolutamente questo, Maddy! E tu lo sai bene. Ma diamine, è chiaro come il sole che in questa lettera ci sono tante cose che non quadrano. Ti sto solo chiedendo di fare attenzione e non affidarti totalmente. Indaghiamo! Possiamo andare a leggere i registri delle ultime lettere inviate, e vedere chi è stato a firmare. Non è così complicato. Dakota può fornirci il permesso di farlo o faremo vedere a lei.” Le doleva il cuore sapere che Maddy aveva questa considerazione di lei. Mya aveva solo timore di vederla soffrire davvero, di vederla umiliata da qualcuno che aveva deciso di rendere le proprie giornate meno noiose e accanirsi proprio su di lei. Soprattutto adesso che trascorreva tanto tempo con Drake era diventata un bersaglio facile per tutte coloro che venivano trascurate. Mya aveva timore per Maddy, timore di vederla inciampare in qualcosa di peggiore di una semplice e sciocca lettera.
“Non voglio indagare su nulla. Ha esplicitato di voler aspettare prima di farsi avanti. Perché mettergli fretta? Capisco cosa vuol dire sentirsi fuori posto, avere timore di vedersi rifiutare. Voglio aspettare che si faccia avanti” Maddy levò il volto rigato di lacrime verso Mya, e fu un colpo violento da incassare. Mya non avrebbe voluto che la sua sincerità fosse presa come un’accusa violenta, come una cattiveria gratuita. Voleva proteggerla e farle comprendere di stare attenta, abbastanza attenta da non lasciarsi ingannare da qualche parola pronunciata tanto dolcemente, quanto presumibilmente falsa.
“Va bene, ma ti chiedo di non aspettarti troppo. Se dovesse rivelarsi uno scherzo…” Mya fu fulminata dal dolore in cui i dolci occhi di Maddy furono immersi. Aveva sperato di ritrovare Mya dalla sua parte, gioire con lei, farneticare sulla possibilità che fosse Drake il mittente di quel messaggio. Ma Mya le aveva voltato le spalle e l’aveva lasciata sola in quella sciocca speranza.
“Pensi che io non sia abbastanza per tuo fratello, vero?” Diede voce a quelle sciocche speranze, non preoccupandosi di apparire delirante e sciocca nel farlo. Mya si accigliò, disorientata da quell’improvviso capovolgimento del discorso. Non aveva citato nemmeno per un secondo suo fratello Drake, non aveva insinuato nulla che potesse convincere Maddy di non essere abbastanza per Drake. Era basita e disorientata. Boccheggiò in cerca di parole poco aggressive, affinché Maddy potesse estirpare quelle sciocche credenze. Ma il restare a bocca socchiusa diede a Maddy la conferma di quella personale credenza.
“E se fosse lui il mittente di questa lettera? E se dopo tanto tempo di attesa finalmente si fosse accorto di me? Lui si comporta diversamente con me: è gentile, si preoccupa per me se capisco o meno quello che spiega. Non può essere verosimile una cosa del genere?” Inconsciamente, Maddy si era alzata di scatto e stringeva i pugni, manifestando le sue paure e rendendo reali quelle speranze che faticavano a lasciarsi credere. In fondo al suo cuore sapeva bene che le parole di Mya non erano state pronunciate con l’intento di ferirla, quanto con l’intento di non farla illudere per poi veder morire quelle illusioni. Mya era sua amica e mai avrebbe osato ferirla. Ma la rabbia che aveva dentro, il dolore di dover ammetter ogni giorno che Drake si comportava con premura con lei per la pena che suscitava, lasciavano spazio all’irrazionalità e la rabbia a divorarla.
“Madison, non è lui il mittente! Mi sono assicurata che mio fratello non ti tocchi nemmeno con lo sguardo! Non è la persona giusta per te!” Mya era scattata di risposta, raggiungendo Madison ad altezza sguardo e aveva quasi urlato la sicurezza che avrebbe fatto svegliare Maddy, anche se con violenza.
Madison sgranò i grandi occhi dolci e la bocca si incurvò in una posa incredula. Ciò che aveva confessato Mya era la manifestazione del suo incubo peggiore: Drake sapeva della secolare cotta che Madison nutriva per lui. Mya, la sua migliore amica, lo aveva dichiarato.
“Cosa hai fatto?” Tremava tra rabbia e delusione. Era stata tradita da lei, da Mya.
“Ho detto a mio fratello di lasciarti in pace, qualunque sia la sua intenzione! Non voglio vederti soffrire o essere presa in giro” Ormai il disastro era stato compiuto, negarlo non avrebbe aiutato Mya a salvare l’amicizia con Maddy. Sapeva che non avrebbe dovuto parlare con suo fratello e fargli comprendere che Maddy era stata avvolta - come gran parte delle ragazze di Hogwarts - dal fascino del Serpeverde. Mya lo aveva fatto esclusivamente per proteggerla, per accertarsi che rimanesse esclusa dai tentativi di Drake di trattare chiunque come se non valesse nulla. Lo aveva fatto per lei.
“Hai detto a tuo fratello che io provo qualcosa per lui?! Oh MERLINO, MYA!” Maddy si coprì il volto con le mani, nascondendo vergogna e lacrime. Non sarebbe riuscita più a guardarlo, non sarebbe riuscita più a seguire le lezioni di recupero. Ogni volta che Drake l’avrebbe guardata, lei avrebbe saputo che lui era a conoscenza di quello che provava. I suoi occhi l’avrebbero vista come l’ennesima mocciosa che sbavava dietro al suo cammino, che immaginava di trascorrere intere sere abbracciata a lui. L’ennesima che non riusciva a non guardarlo e sospirare scioccamente.
Era immersa nella vergogna e inibizione, e questo avrebbe influenzato ogni suo gesto. Voleva urlare ma non riusciva a trovare la forza per farlo. Era immersa nel buio della sua vergogna e non voleva guardare Mya, che provò a scusarsi inutilmente.
“Maddy io ho voluto solo accertarmi che avesse comportamenti degni di te. Mi ha assicurato che non farà nulla che possa ferirti” Mya tentò di stringerle le mani, di rassicurarla. Ma, per la prima volta, Maddy si divincolò con violenza e guardò Mya, immersa totalmente nella delusione. Non riusciva a credere che Mya lo avesse fatto davvero, tradendo la sua fiducia ed esponendola rischiosamente in quel modo.
“E se io avessi voluto? Se avessi voluto che mi ferisse? Non dovevi, Mya. Io non ho mai parlato con Kyron. Non ti ho mai incoraggiato a lasciar perdere. Abbiamo sempre fantasticato insieme!” Madison sentiva raschiare il dolore contro di lei. Non riusciva a calmare le lacrime e le parole uscivano a vanvera, senza seguire un senso logico. Era delusa e ferita, anche se una piccola voce in lei le suggeriva di calmarsi e comprendere Mya. Ma lei era stanca di restare calma e lasciare agli altri l’agio di prenderla in giro. Era stanca di quel trattamento, di quel riflettore che la categorizzava come “dolce e fragile” Madison Diggory. Mya avrebbe dovuto comprenderla più di tutti, non solo perché era la sua migliore amica, ma perchè anche lei aveva sempre odiato quel trattamento che le rendeva più fragili, più esposte, più a rischio di essere ferite.
“Maddy io voglio evitare di vederti soffrire! Fantasticare non è un reato, ma farsi avvolgere da false speranze sì! Perché non capisci” Per la prima volta in cinque anni di forte e indissolubile amicizia, Maddison Diggory e Mya Zabini stavano litigando. Urlandosi contro e provando un senso di insicurezza che fece temere ad entrambe di non ritrovare più quella fiducia che le aveva tenute legate fin a quel momento.
Mya ascoltò distrattamente le ultime parole - versate tra le lacrime - di Maddison, prima di vederla sparire dalla stanza delle Necessità e lasciarla sola. La stanza si spense piano, diventando scura e fredda…
 
 
Mya accartocciò il “Mague” tra le mani, lasciando il posto occupato in solitudine al tavolo dei Serpeverde. Maddy non aveva prestato - nemmeno per un secondo - la sua attenzione verso di Mya, che aveva cercato in tutti i modi di attirare la sua attenzione, sperando in un sorriso che ponesse fine a quella guerra fredda che durava da troppo tempo. Le mancava, Mya non avrebbe mai negato di sentire la mancanza di Maddy, e non avrebbe mai negato di aver sbagliato nei suoi confronti. Ma aveva paura: paura di essere rifiutata, di ricevere da Maddy una risposta inaccettabile, che avrebbe decretato una fine definitiva per la loro amicizia.
Percorse i corridoi di tutta fretta, ignorando gli sguardi e i bisbigli che seguivano il suo passo. Chiunque in quel posto stringeva tra le mani una copia del “Mague” e, fin quando ci sarebbe stato qualcuno interessato a leggerne le sciocchezze piazzate su pergamena, Maggie May non si sarebbe mai fermata. Tutti sciocchi e annoiati, troppo insulsi per dedicare il proprio interesse altrove. Mya aveva cercato più volte di sabotare quel giornale spazzatura e Dakota aveva cercato di proibirne la lettura con l’aiuto degli altri prefetti, ma Hogwarts incoraggiava la libera espressione e quella - anche se a danno di molti di loro - era considerata come tale. Le sue gambe la condussero verso l’aula di incantesimi, la prima lezione di quel giorno, ma il suo stomaco l’attirava nei sotterranei. Non aveva mai saltato una sola lezione, ma prima di allora aveva avuto Maddy al suo fianco. Non aveva alcuna voglia di sentirsi bisbigliare contro e, oltre alla triste solitudine lasciata da Maddy, Mya non riusciva a strappar via il pensiero che Kyron percorresse - in punta di piedi e segretamente - la scuola, a far visita alla sconosciuta che accompagnava le sue notti. Non riusciva ad immaginare Kyron in compagnia di chiunque altra, oltre lei. A sorridergli e a trascorrere intere notti; non riusciva ad accettarlo. E Maddy non c’era per farglielo accettare, per affiancarla in quell’ennesima notizia soffocante che le mandava il cervello in escandescenza. Si diresse altrove, non alle lezioni, ma dritta al settimo piano. Trovò un piccolo rifugio tra le scale nel quale riuscì a nascondersi. A nascondere il dolore della mancanza della migliore amica, e il dolore della consapevolezza che Kyron sarebbe rimasto semplicemente un sogno, troppo lontano per rendere reale, troppo impossibile da raggiungere.
Si chiuse a riccio, abbracciando se stessa, cercando di infondersi coraggio che non riuscì a percepire realmente. Voleva solo piangere e nient'altro. Piangere e sperare di risvegliarsi da un incubo che non trovava la sua alleata per poterlo oltrepassare. Sciocchezze dell'età, avrebbero potuto dire in molti, ma quelle sciocchezze la rendevano così inerme e instabile che non riusciva a pensare cosa potesse esserci di peggio. Sentì il calore delle lacrime inumidirle gli occhi, e sentì le stesse lacrime sfuggire al suo controllo. Voleva Madison. Voleva parlare con lei, assicurarsi che andasse tutto bene, che suo fratello non le gettasse addosso false speranze per poi farla precipitare in una realtà amara. Voleva conoscere il nome della ragazza misteriosa che adornava le notti di Kyron e sentirsi dire che per lui non significava nulla, che per lui esisteva solo lei. Quelle fantasticherie senza Madison sembravano solo sciocchezze. 
"Ehi, piccola Zabini" Adesso era giunta anche alle allucinazioni! Sentire la voce di Kyron ovunque la faceva sentire una sciocca. Si Derise per quel delirio e non rispose. Rimase immersa nel suo abbraccio: la voce di Kyron sarebbe svanita non appena avrebbe ritrovato la calma.
 
"Mya, non ti senti bene?" Sentì il suo tocco scuoterle le spalle, scuoterla dalla convinzione che stesse sognando. Mya fece scattare il capo, presa alla sprovvista. Aveva cercato un luogo lontano da chiunque, come poteva averla raggiunta? 
Kyron era chino verso di lei e la osservava con sguardo preoccupato. 
 
"Kyron..." Pronunció il suo nome con note tremanti, deboli. Sentiva il volto caldo e le forze mancarle del tutto. 
 
"Sei accaldata. Credo che dovremmo andare da Madama Chips prima che ti salga la febbre" Kyron le toccó la fonte notando che scottava particolarmente. Quel tocco brució più di quanto Mya avesse potuto immaginare e la gola si strinse, pronta a lasciare ad altre lacrime la libertà di scorrere senza freni. Nascose nuovamente il volto tra le braccia che stringevano le gambe, in modo da tenere il suo corpo interamente lontano dal mondo. Scosse il capo e si irrigidì totalmente, in modo che - se Kyron avesse voluto trascinarla con forza - avrebbe faticato a farlo.
 
"Okay, se non vuoi andare mi assicurerò che quando sverrai ci sia qualcuno che ti possa soccorrere" Mya speró di vederlo andar via. Era troppo debole per poterlo fronteggiare senza smascherarsi. Non avrebbe retto la maschera di indifferenza, di finta amicizia che avevano pattuito insieme. In quel momento era esposta al rischio di svelare, ancora una volta, tutto a Kyron e ritrovarsi, ANCORA, con una risposta impossibile da accettare. Ma ciò che aveva sperato non accadde: Kyron si accomodó accanto a lei, gettando la borsa ai loro piedi. Sentiva lo sguardo premere sulla nuca: la stava guardando con una certa insistenza, scrutandone il piccolo corpo che tentava di tenersi lontano da chiunque, compreso lui. 
 
"Qualcosa mi dice che c'entra l'articolo di Maggie May e del presunto litigio tra te e Madison" Perché doveva essere così trasparente ai suoi occhi? Odiava quando, guardandola, riusciva a percepirne le debolezze. Mya era un libro aperto per lui, e lei si sentiva completamente strappata di ogni forza.
Restare zitta non sarebbe servito a nulla. Cercó la forza, anche se ormai era persa. Cercó di asciugarsi le lacrime versate e ritrovare lucidità. Si schiuse e si mostró distrutta a Kyron, che continuó a guardarla - non con pena - ma intento a trasmetterle quella sicurezza che l'avrebbe indotta a parlare. 
 
"Abbiamo litigato perché sono stata un'idiota. Credo che in famiglia Drake non sia l'unico a non avere tatto" Mya sorrise amaramente. Le sue parole non erano state pronunciate con un'attenta analisi, affinché Maddy non si sentisse ferita. Erano state gettate all'aria con troppa rudezza e avevano colpito in pieno.
 
"Ti va di parlarne?" Involontariamente Kyron trasmise un messaggio sbagliato, prendendole il mento tra le mani affinché volgesse l'attenzione a lui. Involontariamente avvicinó i loro volti più del limite consentito, e sentì che Mya profumava di buono. Un odore così familiare che lo fece sentire, per un attimo, immerso nell'atmosfera di casa sua. Si scostó rapido, come impaurito da quella bellezza appena provata. Mya sentì il disagio e si scostó di poco da lui; non aveva alcuna intenzione di farlo sentire a disagio o di farlo andar via a causa di ció. Voleva che rimanesse ancora con lei, anche se con il timore di vedersi crollare. 
Mya Respiró a fondo e, con una certa difficoltà, raccontó tutto: della lettera, del litigio, del suo aver parlato troppo con Drake. 
Kyron era li ad ascoltare, senza interruzioni, senza sguardi contrariati che potessero frenare il racconto di Mya. Lei parlava, gesticolava frenetica, si copriva il volto per la vergogna. Sorrideva con amarezza al suo errore e più volte frenò le sue parole, in modo da poter frenare il tono strozzato dalle lacrime. Kyron guardava Mya diversamente: era fragile e terrificante. Una voglia - che lo impaurì - di stringerla lo invase. Voleva vederla sorridere e frenare la paura - che la tormentava - di non riavere più Madison nella sua vita. Ma rimase immobile in attese che terminasse.
Pensó a Drake, alla promessa, e si frenó nuovamente.
 
"Credo che Madison sia solo arrabbiata e, che una volta che entrambe vi sarete calmate, tra voi ritornerà tutto come prima. Il tuo è stato solo un gesto d'amore. Come lo sono la gran parte dei gesti insensati di Drake. Entrambi volete proteggere qualcuno e lo fate in modo sbagliato, anche se involontariamente. Ma tu e Madison siete come sorelle. Supererete anche questo" Le sorrise con l'intento di infonderle sicurezza, che non potè infonderle con un forte abbraccio; anche se le sue braccia, il suo corpo, lo chiedevano a gran voce. Ma non poteva. Quel gesto sarebbe stato devastante per Mya. Un gesto così puro e semplice avrebbe potuto rovinare tutto. Mya annuì non credendo realmente che sarebbe andata così. Aveva creato un caos ingestibile e non sapeva come risolverlo.
Sorrise appena, ma non con convinzione. Kyron si fece accanto a lei e con tanta - forse troppa - titubanza, le poggió un braccio sulla spalla. Ma non l'attiró a sè per stringerla: le battè qualche pacca sulla spalla per poi ritirarsi nuovamente nel suo angolo. Rimasero a fissare il pavimento, entrambi delusi per quel risvolto così impersonale. C'era ancora una forte tensione tra loro e li teneva tesi come corde di violino. 
Mya sentiva il volto accaldato e il corpo completamente indolenzito: troppo dolore stava inducendo mente e corpo a indebolirsi. Desiderava distendersi e trovare un attimo di pace, ma la temperatura elevata mandò via il suo raziocinio e la domanda che vorticava nella sua testa, tormentandola come un vecchio fantasma del passato, fu liberata senza alcuna preoccupazione. 
Si portó una mano alla fronte: la sua mente, il suo cuore volevano sapere a tutti i costi il nome della sconosciuta. Ma il suo corpo suggerì della sciocchezza appena compiuta. 
 
"Con chi ti vedi tutte le notti?" Kyron provó un senso di odio per se stesso. Non poteva dirle nulla per due motivi, dolorosi anche da accettare. Se avesse detto a Mya che ogni notte lui e l'assistente di Pozioni del professore Pelois - la bella Ameliè - erano soliti incontrarsi nelle sue stanze, avrebbe fatto crollare su Mya un intero mondo, dandole occhi nuovi che lo avrebbero guardato con disprezzo. E lui - nel suo egoismo più disgustoso - non voleva che Mya lo guardasse diversamente. Voleva che continuasse a vederlo come il Kyron che conosceva da tutto quel tempo. Inoltre se avesse parlato avrebbe rischiato di cadere nella tela di Maggie May, e la notizia avrebbe danneggiato la sua carriera scolastica. Anche se aveva sospettato - con l'articolo di quella mattina - che Maggie May avesse più informazioni di quelle che aveva dimostrato di possedere.
Mya attendeva con il cuore che tremava di terrore. Sapere il nome della sconosciuta avrebbe reso tutto reale, avrebbe dato un volto all'immagine scura che nei suoi incubi peggiori affiancava Kyron. Avrebbe dato realtà a quel terrificante giorno che pregava ogni notte che non giungesse. In lei c'era una duplice volontà che faceva a botte: da una parte era racchiusa la Mya egoista, che desiderava Kyron tutto per sè, anche senza che loro due potessero stare insieme. Dall'altra parte invece c'era la sciocca Mya, che pur di vederlo felice avrebbe accettato di conoscere la ragazza che avrebbe trascorso con lui attimi che Mya desiderava ardentemente. Voleva sapere, ma continuava a sperare che fossero solo voci. 
Kyron continuava a tenere il volto basso, incapace di guardarla dritto negli occhi. Troppo codardo per dichiarare apertamente che lui, esattamente com Drake, si lasciva andare volentieri ai piaceri della carne, dando poca importanza a qualcosa che per altri racchiudeva un'importanza sacra. 
Cosa poteva dirle? Come avrebbe trovato un movente capace di scagionarlo e dichiararlo innocente, quando la sua innocenza non c'era, non esisteva. 
Mya, la forte, testarda e piccola Mya, aveva un tale potere su di lui da fargli sentire le colpe premere violente. Aveva un potere così forte da poter condizionare la sua intera vita e lei non lo sapeva; e lui non lo avrebbe mai ammesso. 
 
"Mya, non è nulla di importante. Lei non è importante...." No, Ameliè non lo era, non era importante come lo era Mya. 
"Allora perchè continui a vederla?" Mya aveva trattenuto troppo a lungo le lacrime ma aveva esaurito le forze: non riusciva a controllarle. Erano più forti di lei, sgorgavano senza sosta e sentiva il corpo smuoversi sotto quel dolore. Perché doveva continuare a mostrarsi tanto debole ai suoi occhi? Perchè Kyron doveva continuare a denudarla in quel modo?
 
"Io...." Kyron non aveva un motivo forte e stabile che giustificasse il motivo per cui andasse ogni notte da lei, da Ameliè. Non era importante, non nutriva alcun interesse per lei. I suoi modi erano sgarbati tanto da indurlo a vestirsi frettolosamente e andare via. La sua voce era colma di saccenza, tanto da indurlo a non ascoltarla, Il suo profumo non gli restava addosso e non gli dava alcuna sensazione benevola. Eppure continuava ad andare da lei. Era così superficiale da non riuscire a dire "no" ad un paio di gambe lunghe e a quella effimera bellezza? 
 
"Voglio sapere chi è Kyron, ti prego" Mya non trattenne il disperato tormento. Se ci fosse stata Madison avrebbe lasciato che Mya scaricasse tutto su di lei, in modo che potesse essere vuota e non cadere in una scena patetica come quella che stavano vivendo. 
Kyron non riuscì a trattenersi. Ora era lui ad iniettarle dolore, era lui la causa delle sue lacrime. ANCORA. 
Lasció che il corpo lo guidasse e la prese tra le braccia, stringendola forte, senza un reale intento. Non voleva fare altro che stringerla e assicurarle che quel dolore non valeva la pena sentirlo affondare così profondamente. Voleva proteggerla dal dolore e anche da se stesso. Tenerla tra le braccia era così naturale da far sparire la tensione, il timore di sbagliare. Sentire le sue mani stringersi intorno al maglione, le lacrime scivolare per poi svanire, gli strapparono per un po' il dolore delle colpe. Istintivamente, con la voglia di assicurarsi che si fosse calmata, le scostó i capelli dal volto e si avvicinó a lei. Le carezzò le guance lisce, le asciugò gli splendidi occhi e le carezzò - con le dita umide per le lacrime di Mya - le labbra. Tremanti e belle, così morbide al suo tocco. Quasi dimenticó delle parole dette a Drake, della sua forte convinzione di considerare  Mya esclusivamente come una sorella. Trattarla come tale e proteggerla. Vide tra le sue braccia la ragazza forte, determinata, dolce e bella che era diventata. 
Mya aveva la vista annebbiata. Quelle lacrime erano state un ennesimo dolore che aveva condotto il suo corpo a dolori febbrili e, quando notó come Kyron la guardava, credette di sognare. Lo vide avvicinarsi e i suoi sogni - più impossibili - parvero sul punto di  realizzarsi. La guardava nel modo in cui Mya aveva sempre sognato che la guardasse. Sentì il suo profumo farsi strada e invaderla, e riuscì a contemplare i suoi meravigliosi occhi smeraldini. Socchiuse le labbra e chiuse gli occhi, indifferente di ciò che sarebbe accaduto dopo, indifferente se Kyron l'indomani si sarebbe pentito di tutto. Voleva sentire il suo sapore bruciare su le labbra, il suo profumo occupare la sua mente. Voleva sentire le sue mani contro il viso, sulle gambe. Ovunque. 
Ma fu l'attimo più eterno della sua vita. Non giunse mai quel momento desiderato, non giunsero mai, le loro labbra, a toccarsi. 
 
"Mya tu scotti. Ti porto in infermeria" Kyron spense quell'attimo desiderato per tutto quel tempo. Il Serpeverde le teneva la mano sulla fronte, controllando la sua pelle scottare come fuoco. E, prima che lei potesse replicare, la prese senza sforzo tra le braccia e la portó in infermeria.
Si addormentò con il cuore che per un attimo temette di veder volare via
 
 
 
**
 
 
 
Il professor Pierre Pelois aveva richiesto la presenza di Drake nel suo ufficio, nonostante quella giornata i Serpeverde del settimo anno non avessero lezioni di Pozioni. La sua entrata in ufficio fu accolta, con sommo disgusto da parte di entrambi, da Ameliè che scrutò Drake con aria di disdegno e saccenza. Drake non nascose il medesimo odio, che ormai era chiaro ed evidente a chiunque si ritrovasse tra i due sguardi decisi e infuocati. Ameliè invitò Drake ad accomodarsi e ad attendere il professore che avrebbe ritardato, come al solito.
Drake sedette in modo scomposto sulla poltrona di fronte alla cattedra, e iniziò a giocherellare con un arnese di ottone dall’aria antica. Lo teneva tra le mani, facendolo voltare su se stesso più volte, quasi rischiando di farlo cadere sul pavimento.
“Sei pregato a sederti più composto e di non allungare le mani su cose che non sono tue” Ameliè aveva finto di ignorarlo, spostando la sua attenzione su una serie di pergamene, ma era stata calamitata dall’odio che provava per lui e aveva terminato per cedere a quei comportamenti fastidiosi ed inaccettabili. Gli sottrasse l’aggeggio appartenente al professore e schiaffeggiò le gambe di Drake, incitandolo a sedersi composto.
“Anche tu sei pregata di non allungare le tue mani su cose che non sono tue. Quindi non toccarmi” Drake era immobile e deciso a restare tale. Non si lasciò intimorire dalla carica che Ameliè si ostinava ad utilizzare con prepotenza. Poteva star bene agli sciocchi primini ma non a lui. La guardò con intenso odio, sentendo la vendetta ribollire nel sangue, riportando alla mente tutti i suoi tentativi di farlo apparire sciocco. Ameliè voleva giocare con il fuoco e lui l’avrebbe bruciata volentieri.
“Non la smetti con questo tuo fare impertinente, vero?” Erano entrambi in escandescenza. Bastava poco per farli scoppiare in una guerra a suon di bacchetta; ma entrambi cercavano di trattenersi e sfoderare le armi della parola. Drake aveva tanto da dire ad Ameliè e, qualunque parola risuonata distorta, avrebbe condotto Drake a prendere parola e Ameliè si sarebbe ritrovata incastrata e priva di armi.
“Il mio fare impertinente è adorabile. Sei l’unica che lo disdegna” Drake sorrise sornione e, con la sua tanto amata impertinenza, si accese una sigaretta, indirizzando il fumo dritto sul volto di Ameliè che si infuocò di rabbia.
“Ora basta, Zabini! Potrei espellerti!” La sua carica non le permetteva di agire con misure estreme come l’espulsione e, inconsapevole che Drake sapeva bene del poco potere che esercitava, Ameliè tentò con tecniche di terrore che non ebbero alcun effetto.
“Ameliè tu vali quanto Gazza. Io, invece, potrei farti fuori mandandoti nuovamente a Parigi senza nemmeno un minimo riconoscimento.” Drake guardava l’assistente con aria divertita, trovando la poltrona maggiormente confortevole. Adorava sapere tutto alla perfezione, in modo da poter colpire con eleganza gli attacchi nemici. Aveva preso abbastanza informazione su Ameliè e aveva scoperto che la sua presenza, accanto al professor Pelois, era dovuta a suo padre, un pozionista francese abbastanza influente.
Ma non per questo Ameliè era impossibile da sostituire.
“Ora basta! Farò rapporto al Preside Silente. Non la passi liscia, Zabini” Ameliè con furia e decisione si accomodò dietro la scrivania, prendendo calamaio e pergamena. Iniziò a scrivere freneticamente sulla carta ruvida, senza guardare lo studente che intanto si divertiva a godersi lo spettacolo. Era furiosa, il volto paonazzo e la rabbia pura erano visibili attraverso le iridi chiare. La dolcezza fittizia che accompagnava spesso la superbia e la presunzione, avevano lasciato il volto di Ameliè, venendo sostituite dall’indignazione che Drake Zabini aveva provocato con le sue parole.
Drake lasciò che Ameliè terminasse di scrivere il suo lungo reclamo e, quando fu pronto per essere spedito, Ameliè fu paralizzata dal sorriso di trionfo apparso sul volto di Drake. Non aveva suscitato in lui alcun timore, e non era riuscito a far spegnere la sua sicurezza di potersi comportare senza aver un rigore morale verso chi ricopriva cariche più alte delle sue.
Sorrideva fastidiosamente.
“Lo leggi il Mague?” Ameliè abbassò la pergamena, divenendo spettrale. Conosceva il giornale appena citato da Drake, nonostante non fosse una studentessa. Le veniva recapitato con la stessa regolarità con la quale veniva recapitato agli altri studenti. Aveva chiesto ad una studentessa come poteva ricevere quelle notizie - che giungevano solo agli studenti - ed era bastato mandare una lettera ad un indirizzo sconosciuto, che cambiava ogni minuto, dove aderiva a ricevere le notizie del Mague. Notizie, soprattutto le ultime, che non le erano piaciute. Aveva parlato di Kyron e della misteriosa amante, e in quel momento Ameliè - leggendo - aveva sentito il pericolo di essere scoperta e di giocarsi così la carriera.
Aveva finto indifferenza, ma aveva scorto lo sguardo di Kyron preoccupato quanto lei. Era un gioco gustoso, senza coinvolgimento emotivo, ma il continuo uscire fuori orario di Kyron aveva destato sospetti pericolosi.
“Io ho sempre trovato il giornale alquanto idiota, anche perché parla sempre e solo di me. Rende pubblico cose ovvie che io non nascondo. Ma quello che ha scritto questa mattina è stato abbastanza interessante, tanto da farmi pensare….” Kyron aveva detto ogni cosa a Kenny e Drake, ma loro fingevano di non saperne nulla esclusivamente per proteggere l’amico da una ripercussione da parte dell’assistente del Professore Pelois. Ma Drake in quel momento sentiva solo il bisogno di prendere Ameliè per la gola e incastrarla. Doveva vincere la sfida che si era aperta tra i due nel momento in cui Ameliè aveva osato metterlo in ridicolo. Doveva vincere e doveva accattivarsi la simpatia del professor Pelois e impossessarsi del trono sul quale Ameliè si adagiava troppo spesso. Doveva vincere e avrebbe utilizzato qualunque arma.
Ameliè non riusciva a nascondere il terrore che si manifestò sul volto, e la pergamena venne stretta tra le mani, subendo la tensione che Drake le stava iniettando con pacata calma. Una calma strisciante e accusatoria.
“Io e Kyron viviamo insieme da sempre. Conosco di lui tante cose ... conosco tutte le ragazze che sono passate nella sua vita e ne abbiamo condivise tante … Quindi, Ameliè, potrai ingannare chiunque ma non me. Manda il reclamo a Silente, anche io ne ho uno” Sentì il profumo di una prima vittoria. Aveva incastrato con talento Ameliè, costringendola a inghiottire ogni parola. Sentì il rigurgito di tensione risuonare nella gola, il volto immerso nel terrore puro, il terrore di vedere la sua carriera sgretolata sotto le minacce di un ragazzino di soli 17 anni. Cercò di mimare una finta indifferenza, ma la tensione era percepibile in tutta la stanza. Drake gustava quella vittoria così dolce che assaporò il momento, trattenendo il silenzio, in attesa che Ameliè comprendesse che quello creatosi tra loro era un compromesso a cui lei avrebbe dovuto cedere forzatamente.
“Cosa vuoi, Drake?” La pergamena tra le mani di Ameliè sparì in una nuvola di fumo, che si dissolse come se non fosse mai stato scritto nulla.
“Non azzardarti mai più a tentare di farmi passare per un idiota, soprattutto di fronte al Professore.” Per il momento sarebbe stata l’unica richiesta che avrebbe estorto con la forza e le minacce ad Ameliè. Kyron avrebbe rischiato di non divertirsi più con la bella professoressa, ma intanto aveva incassato una prima vittoria.
Ameliè sospirò, con diffidenza e odio intriso nello sguardo, ma avrebbe accettato. Non poteva rischiare di essere cacciata ed umiliata. Kyron non avrebbe subito alcuna ripercussione, mentre lei sarebbe stata cacciata dal tutorato del professor Pelois. E questo avrebbe compromesso anche la sua futura carriera da Pozionista.
“Solo questo?” Teneva testa alta e finta calma, ma in lei formicolavano mille modi per trattenersi dall’urlare e attaccare la serpe che le sorrideva trionfante.
Drake si riposizionò in modo scomposto sulla poltrona e, liberando il fumo dalle labbra, sorrise  gustandosi il sapore della vittoria.
“Per ora sì” Ora toccava a lui tenere il gioco. Toccava a lui tenere le redini e far sentire Ameliè legata ad un cappio che poteva scattare in ogni momento.
Ameliè si alzò con fretta dalla poltrona e si indirizzò all’uscita, ticchettando le sue bamboline con frenetica rabbia sul pavimento umido e dando a Drake la possibilità di attendere l’arrivo del professor Pelois da solo.
Quella stanza iniziava già ad accettarlo come nuovo assistente. Era comoda e calda e Drake era deciso a continuare quella battaglia che, con sicurezza, avrebbe vinto.
 
 
**
 
 
Bree ormai era divenuta un fantasma. Si scorgeva poco tra i corridoi di Hogwarts e trascorreva poco tempo con Mya e suo fratello Noah, nonostante le innumerevoli critiche che aveva gettato sul comportamento del migliore amico; causa dell’isolamento di Bree ed ormai aveva perso la speranza di farsi ascoltare. Pochi conoscevano il ruolo di Noah che, con riservatezza, cercava di far comprendere a sua sorella di ribellarsi a quell’atteggiamento da patriarca che Liam aveva deciso di adottare. Inutili tentativi, in quanto Bree aveva zittito Noah con rabbia. La rabbia dettata dalla consapevolezza di chi non riusciva a ribellarsi a quel folle atteggiamento.
Erano settimane ormai che Bree restava rintanata nella sua stanza, in sporadici casi in cui si ricava a lezione o incontrava Liam. Per tutto il resto del giorno era prigioniera in camera sua. La gelosia di Liam aveva raggiunto apici di follia, ingiustificata follia. E Bree non riusciva a liberarsi da quelle catene che la stringevano e la soffocavano. Si sentiva oppressa, come se fosse stata privata di ossigeno; si sentiva annegare ed incatenata. Il suo corpo ne risentiva, come la sua mente. Era dimagrita più del dovuto, il viso era impallidito e i voti erano caduti a picco. Noah non poteva dirlo ai genitori, e parlare con Liam era stato inutile: Bree restava dalla sua parte, facendo passare quell’inferno come una sua decisione. Consenziente delle catene che Liam le aveva costretto ad indossare.
Quella mattina però aveva trovato un’ottima giustificazione che le aveva permesso di uscire dalla sua stanza: doveva recarsi in biblioteca per dei compiti extra che il professor Vitious le aveva assegnato in modo da poter recuperare i voti, caduti tanto in basso da farle rischiare quell’anno. Era eccezione che ad Hogwarts venissero bocciati gli studenti, ma Bree era riuscita a far decadere quell’eccezione in tutte le materie. Non riusciva a studiare con tranquillità perché la sua mente non era tranquilla. Lei non riusciva a concentrarsi serenamente, perché ormai la serenità l’aveva abbandonata, per lasciar posto all’angoscia e alla tristezza.
Aveva allontanato tutti, in modo da non mettere in mostra la sua tristezza. Anche se bastava guardarla in volto per poter leggere tutte le angosce che racchiudeva in lei.
Si trascinò con calma nei meandri della biblioteca, che quel pomeriggio era vuota. Le lezioni erano prolungate al pomeriggio, soprattutto per gli studenti del quinto e settimo anno, in modo che potessero prepararsi agli esami. La bibliotecaria accennò appena di essersi resa conto di lei e Bree potette, con calma, passare inosservata e sedersi, solitariamente, tra qualche scaffale polveroso, in modo che se anche fosse entrato qualcuno non si sarebbe preoccupato di lei. I manuali di incantesimi che il professor Vitiuos le aveva assegnato andavano cercati, e Bree sperò che l’attenzione gettata su altro l’avrebbe liberata da quel senso di angoscia. Si alzò con calma, lenta calma, e iniziò a scivolare tra gli scaffali in cerca dei tomi che le servivano. La sua mente sembrava altrove. Non riusciva a scorgere alcun libro riportato sulla lista, nonostante avesse percorso più volte la stessa pila di libri. Era immersa nell’angoscia e nella frustrazione. Era triste e sentiva una mancanza che le attanagliava lo stomaco. Poggiò il capo su uno degli scaffali e, senza trovare una spiegazione ovvia, un perché che le avesse solleticato la mente, iniziò a piangere silenziosamente. Erano incontrollabili le lacrime che sgorgavano a fiumi sul suo volto, e il corpo ne risentiva di quel pianto strozzato. Le faceva male ogni cosa, e non riusciva a sentirsi padrona del proprio corpo. Aveva messo un cappio intorno al suo collo e aveva tirato giù lo sgabello, condannandosi da sola. Liam era cambiato. Ogni giorno mostrava la freddezza e l’arroganza che aveva tenuto nascosto in modo che lei potesse fidarsi e lasciarsi abbindolare. Le faceva pesare la decisione di non avere ancora alcun rapporto con lui, criticando e mettendo in dubbio il suo amore. Non ne poteva più. Si sentiva completamente strappata dalla sua essenza, dal suo corpo, dalla sua libertà.
Non riusciva a guardare suo fratello Noah senza provare odio per se stessa. Non riusciva a confidarsi con Mya e dirle della mancanza che non smetteva di premere con insistenza. Non riusciva a guardare Liam senza sentirsi quel cappio che stringeva e soffocava.
Trovò appoggio tra gli scaffali, e lasciò che tutto il dolore sgorgasse via con quelle lacrime. Non riusciva a respirare e, involontariamente, iniziò a singhiozzare rumorosamente. Perché non trovava la forza per liberarsi da quelle catene? Perché continuava a giustificare Liam, quando il suo comportamento era al di fuori della normalità e della razionalità? Perché continuava a sentire una mancanza, come se le avessero strappato via una parte di lei, come se la sua normalità fosse stata spezzata con violenza?
“Bree….”  I suoi singhiozzi avevano attirato l’attenzione di qualcuno, e quel qualcuno era l’unica persona che Bree avrebbe preferito tenere alla larga.
Sobbalzò e ritrovò contegno e con velocità si asciugò le lacrime; Kenny non poteva vederla così. Non voleva che anche lui fosse coinvolto in quella situazione che stava contagiando tutte le persone a cui teneva. Soprattutto suo fratello, che aveva quasi spezzato un’amicizia. Bree cercò di contenersi e contenere quelle lacrime, ma i suoi occhi erano ancora umidi e il viso arrossato; non poteva nascondere il violento pianto che l’aveva travolta.
“Kenny, cosa ci fai qui?” Voleva gettare attenzione su altro, voleva nascondersi e, con gesti incerti, tirò fuori un libro dallo scaffale tirando via gli altri che si aprirono sul pavimento. I suoi gesti erano nervosi e non aveva alcun controllo. Tremava come se in lei si fosse insinuato del ghiaccio. Doveva calmarsi, altrimenti Kenny avrebbe continuato a guardarla con preoccupazione.
“Stavo studiando…” Kenny si chinò con lei e l’aiutò a raccogliere i libri. Erano settimane che Bree lo evitava, allontanandolo con una fredda indifferenza, non rivolgendogli alcuna parola. Kenny si era prodigato a starle accanto come amico, ma lei voleva tenerlo alla larga. Voleva trascinarlo fuori da quel disastro che la stava catapultando all’inferno e non dargli prova della sua tristezza che chiunque aveva notato, compreso e soprattutto Kenny. E Kenny Montague non aveva insistito. Voleva darle tempo e sicurezza di recarsi da lui quando ne avrebbe sentito il bisogno. Non avrebbe insistito, non avrebbe forzato le sue decisioni. Qualche accenno distratto del capo aveva sostituito i tentativi di convincere Bree a lasciare Liam e seguirlo. Liam aveva vinto, Kenny aveva lasciato perdere. E Bree aveva notato la mancanza di felicità che Kenny si era trascinato via. Mancanza che non avrebbe dovuto notare; eppure, quando non c’era, lei la percepiva.
“Voi del settimo anno non avete le lezioni il pomeriggio?” Bree mise i libri negli scaffali ma non seguendo l’ordine preciso che la bibliotecaria aveva stabilito. Ne mise qualcuno rivoltato male, altri furono messi senza seguire l’ordine alfabetico. Ma lei doveva rendere quell’incontro breve e non poteva perdere tempo nel notare quel disordine, che si manifestava anche al di fuori di sé.
“Si, ma preferisco studiare da solo. Non tutti hanno la mia preparazione” Le riuscì a strappare un sorriso. Quel sorriso sornione era stato fuori dalla sua vita per un tempo breve, ma percepito come infinito. La simpatica presunzione, che le aveva sempre rivolto dichiarandosi come la scelta giusta per il suo cuore, era stata lontana da lei a causa della sua decisione. Bree amava Liam e aveva deciso di lasciare a Kenny di abbandonare i suoi tentativi. Ma non riusciva a non sentirne la mancanza. Lei non era egoista, aveva ponderato tanto e aveva preso la scelta che la rendeva felice: stare con Liam era tutto ciò che voleva.
“Tu, invece?” L’aiutò a sistemare meglio l’ultimo libro, che rischiò di essere inserito con forza tra gli altri, quasi a strapparne le pagine.
“Devo recuperare Incantesimi. Ultimamente non sono nel pieno della forma e il Professor Vitious mi ha dato qualche compito extra” Bree optò per la sincerità, semplicemente perché non riusciva a creare fandonie per poter giustificare la sua presenza in biblioteca. Non riusciva a concentrarsi abbastanza da poter fingere che andasse tutto bene. Il suo corpo la tradiva, nonostante lei cercò di sorridere. Le labbra erano paralizzate e non si incurvarono. Rimasero sottili in una posa di delusione.
“Bree…. Sicura che vada tutto bene?” Kenny si era ripromesso di non insistere con Bree, di lasciarle del tempo, di lasciarle spazio. Ma vederla in quello stato, distrutta in ogni angolatura, ritrovarla in lacrime, scorgere l’infelicità nelle curve del suo corpo, divenuto più sottile, lo aveva tirato nuovamente nel mondo dove Bree era l’unica preoccupazione della sua vita. Non riusciva ad ignorarla; aveva tentato con tutto se stesso ma la teneva d’occhio ogni secondo.
“Certo… Tutto bene” Si sforzò ancora di sorridere ma inutilmente. Kenny la fissava con insistenza disarmante. Cercava di tirarle fuori la verità che insisteva a nascondere. Voleva che la smettesse di guardarla così, che ritornasse ai suoi affari e la lasciasse in pace. Voleva che la smettesse di preoccuparsi e continuasse senza di lei; lei che comportava solo rischi inutili, lei che non riusciva a difendersi dalla crudeltà che la gelosia strappava fuori da Liam. Voleva che voltasse le spalle e continuasse per gli affari suoi, lontano da lei, lontano dalle sue preoccupazioni.
Kenny socchiuse le labbra, pronto a parlarle. Aveva trattenuto per troppo tempo la domanda che lo aveva tormentato come un fantasma rabbioso. Non riusciva a non notare la sua infelicità, non riusciva a farla scorrere via, ignorandola.
Doveva assicurarsi che Liam non le facesse del male. Doveva assicurarsi che Bree riusciva a proteggersi anche da sola.
Ma quel suo tentativo di intervento fu fermato. Una terza voce si aggiunse a Bree e Kenny, rendendo Bree ancora più confusa.
Violet Ashton, settimo anno Corvonero, si sporse tra gli scaffali con il suo bel viso raggiante. I suoi capelli scarlatti sembrarono illuminare il buio che, a causa di Bree, aveva avvolto anche Kenny.
“Montague non penserai di far sgobbare solo me! Muoviti e ritorna al tuo posto” Violet Ashton era raggiante, mentre mostrava la sua autorità. Non era avvolta da alcun cupa espressione arrabbiata. Non era in collera con Kenny: era semplicemente decisa a far ritornare Kenny al suo posto e a continuare il lavoro che avevano deciso di concludere insieme quel giorno.
Bree conosceva poco Violet, intravista qualche volta in compagnia di Dakota, essendo amica di Regan e gli altri membri della casa. Una Corvonero eccellente, oltre che bella e radiosa in ogni occasione. Non era stata mai coinvolta in qualche sciocchezza che potesse rovinare la sua tranquillità. E ultimamente era troppo spesso in compagnia di Kenny, esattamente come in quell’occasione.
“Violet, mi sono assentato per cinque secondi. So che senza di me non resisti.” Il solito sarcasmo, la solita simpatica presunzione, stavolta rivolta altrove e non a lei. Bree calò lo sguardo, imbarazzata nel ritrovarsi a notare quel dettaglio che avrebbe dovuto tralasciare.
“Si, ti piacerebbe. Muoviti che le Rune Antiche non si traducono da sole” Violet avanzò verso di loro, intenta a trascinare via Kenny, e notò solo allora la presenza di Bree. Le sorrise con estrema dolcezza.
“Spero che non ti abbia disturbata. Cerco di tenere a freno la sua vivacità, ma resta sempre la stessa testa quadra” La sua voce non conteneva alcun tono spocchioso; anzi, era divertito e, nel modo in cui i loro sguardi si scontrarono, Bree notò un’affinità fastidiosa.
“Oh, no tranquilla. Io ora vado” Bree, invece, non riuscì a parlare con serenità. Aveva un tono funebre esattamente come il suo volto. Si mosse in modo disorientato, confuso, e con goffaggine uscì di scena, dando a Kenny altri motivi per preoccuparsi. Non la riconosceva. Non riusciva a vedere la sua Bree su quella maschera cenerea e spettrale. Sembrava persa in un inferno personale e Kenny, nonostante si fosse ripromesso di darle tempo, di aspettare che fosse lei a chiedere aiuto, avrebbe avuto il tormento di non averle chiesto cosa la rendeva tanto inquieta e infelice. Fece un lieve passo verso di lei, pronto a raggiungerla e chiederle di parlare con lui. Ma Violet lo richiamò con insistenza al suo lavoro. Vide Bree sparire tra gli scaffali e inghiottì le parole che avrebbe voluto rivolgerle. Lasciò perdere e non avrebbe avuto pace.
 
 
 
**
 
 
 
Madison trovò pace, dopo una lunga ed estenuante giornata, quando raggiunse il luogo dell’appuntamento stabilito da Drake. Per una lezione di Pozioni era bizzarro ed inusuale il cortile, ma dovette ammettere che la bella giornata, che il pomeriggio regalò con piacere, era quello di cui Maddy aveva bisogno. Era stata una giornata infernale. Ignorare Mya le era stato difficile, e affrontare l’articolo di Maggie May aveva peggiorato il suo umore che adesso era completamente calpestato. Era rimasta anonima per molto tempo, ma il destino era stato nefasto. Il suo desiderio di trascorrere del tempo con Drake aveva comportato un pagamento amaro. Inoltre, dopo la lettera anonima, Maddy non ne aveva ricevute altre e, pensare che per uno stupido capriccio aveva messo a repentaglio il rapporto con Mya, rendeva Maddy maggiormente triste. Il sole non era caldo, ma la brezza del vento era piacevole sulla pelle e tra i capelli. L’odore di erba rendeva l’atmosfera piacevole e armoniosa. Maddy sperò che il vento potesse trasportare via i pensieri negativi che turbinavano violenti nella sua mente. Ma non accadde. Maddy sentiva ancora la tristezza premere sul cuore.
Di Mya ne sentiva la mancanza e non solo fisica.
Sentiva la mancanza di quel supporto che solo lei era in grado di darle. L’articolo di Maggie May poteva essere tralasciato, se accanto a lei ci fosse stata la sua migliore amica. Le occhiate derisorie che l’avevano perseguitata per tutto il tempo, quella giornata, potevano essere ignorate, se a dirlo ci fosse stata Mya che con un sorriso avrebbe ritagliato un posto tutto loro, escludendo chiunque avesse tentato di invaderlo e rovinarlo. Ma lei aveva lasciato che le sue insicurezze e i suoi pensieri negativi la invadessero totalmente e le facessero mettere da parte la forte amicizia, rovinandola e cacciando via l’unica persona che rendeva la sua vita meno derisa, meno nascosta. E ad aggiungersi c’era il particolare che adesso Drake era a conoscenza dei suoi sentimenti. Dopo il litigio con Mya e l’uscita ad Hogsmeade, non avevano avuto modo di vedersi, a causa degli impegni che avevano travolto Drake tenendolo lontano dal suo lavoro di Tutor. Il Quidditch, i M.A.G.O erano stati gli unici e validi motivi che avevano ridotto le lezioni di recupero. Sporadicamente si erano incrociati tra i corridoi, scambiandosi un saluto veloce. Aveva ricevuto notizia di quell’appuntamento solo poche ore prima e adesso avrebbe affrontato la realtà.
Se Drake avesse deciso di interrompere quel rapporto, quasi obbligato, che si era creato tra loro? Se avesse smesso di trattarla con dolcezza, con pazienza e avrebbe adottato un atteggiamento distaccato? Maddy temeva che Drake avrebbe utilizzato quella notizia contro di lei, e lei non sarebbe stata in grado di reggere. Sospirò con ansia, in attesa di Drake che tardava ad arrivare. Voleva che la raggiungesse prima possibile, in modo da poter affrontare la realtà ed accettarla. Sarebbe stato meglio affrontare tutto il prima possibile. Accettare il suo tono freddo, il suo sguardo indifferente. Avrebbe accettato meglio quel cambiamento che sarebbe giunto una volta che Drake si fosse presentato.
“Madison!” L’urlo raggiante la raggiunse, strappandola dalle sue paure. Drake correva verso di lei, e nulla lasciava presagire che avesse dato peso a quello che Mya, intenta a proteggerla, si era lasciata sfuggire nei suoi riguardi. Maddy alzò la mano, ricambiando il saluto e l’imbarazzo la raggiunse inavvertitamente. Si era ripromessa di non farlo accadere, ma era stato incontrollabile. Si lasciava travolgere dagli eventi e non riusciva a nascondersi  abbastanza da far passare ogni cosa come mai accaduta.
“Ho una notizia meravigliosa! Ho avuto una lunga conversazione con il professor Pelois e mi ha detto che sei migliorata tantissimo! Sono fiero di te” Non si accomodò accanto a lei, sul prato umido, ma la tirò su stringendola quasi a stritolarla. Maddy provò odio per lo stupido cuore che iniziò a tremare di gioia. Quell’abbraccio caloroso lo aveva immaginato solo nei suoi sogni impossibili. Aveva sognato per lunghe notti di ritrovarsi tra quelle braccia forti; sentire il calore del suo petto, il profumo dolce che riusciva a sentire anche se era rimasta sempre a distanza.
“Grazie” Maddy riuscì a manifestare la sua gioia con tono piatto e un sorriso accennato. Particolari che attirarono l’attenzione di Drake che - estremamente vicino a Maddy - la scrutò con un cipiglio sospettoso. Aveva sperato di tirarle il morale a livelli accettabili, sapendo del litigio tra lei e sua sorella e prendendo in considerazione il fatidico articolo che non tutti, e soprattutto Maddy, non veniva tralasciato, ma forniva gli effetti che la misteriosa Maggie May si auspicava ogni volta che lasciava alla sua penna l’agio di scrivere senza recensioni.
“Non sei felice? Sei riuscita a recuperare Pozioni. Se andiamo di questo passo non sarai più costretta a perdere tempo con me” Maddy riuscì a sorridere appena, sentendosi maggiormente una sciocca. Stupido Drake che non si rendeva conto che il suo tempo, perso con lui, non era tempo perso. Avrebbe prolungato quelle ripetizioni fino alla fine dell’anno, avrebbe continuato a incontrarlo ovunque lui avesse deciso, avrebbe continuato a sorbirsi ore noiose di spiegazioni di intrugli ed erbe di cui ricordava appena il nome.
Non capiva che quei momenti avevano occupato la sua fantasia per anni. Non avrebbe mai compreso che ritrovarsi lì, con lui, era come aver strofinato la lampada magica ed espresso l’unico desiderio che occupava la sua mente ogni giorno.
“Finalmente…” Il suo finto entusiasmo non convinse Drake, che comprese il male che Maddy cercava di tenere nascosto. Aveva parlato con Mya, che non aveva voluto svelare del perché del litigio che aveva travolto entrambe, ma non aveva negato che era accaduto. E l’espressione di Maddy era la stessa visto sul volto della sorella. Non aveva mai notato la presenza di Maddy, ma adesso comprendeva quanto l’una era importante per l’altra.
“Non hai ancora risolto con mia sorella, vero?” Maddy parlava poco in sua presenza, ma Drake riusciva a percepirne le emozioni e i pensieri. Quando era con Maddy sembrava di rivedere sua sorella Mya e, come accadeva con  lei, anche Maddy ai suoi occhi era trasparente e limpida. Erano così simili che per la piccola Tassorosso era inevitabile provare una sottospecie di amore fraterno. Le paure di Mya non si sarebbero mai manifestate, perché approfittare di Madison avrebbe equivalso approfittare di sua sorella Mya, e lui nutriva una forte responsabilità nei suoi confronti e di conseguenza nei confronti di Madison.
“No, e non credo che accadrà.” La rassegnazione era visibile con chiarezza sul suo volto, quasi accecante. Maddy non sperava in un cambiamento positivo, non riusciva a percepire ottimismo in quella situazione creatasi a causa sua. Mya aveva avuto ragione, Mya voleva solo proteggerla ed evitare che soffrisse. Voleva che rimanessero improntati i sogni, anche se irrealizzati, e non permettere a Maddy di catapultarsi in una realtà imbarazzante. Aveva pensato a Drake, anzi aveva sperato che fosse lui il mittente di quella lettera. Ma i giorni che si erano susseguiti al ricevere della lettera, avevano fatto decadere quella speranza e avevano dato a Maddy un motivo per sentirsi sciocca. Che sciocca a credere che Drake avesse inviato quella lettera. Che sciocca solo a sperarci e che sciocca a rovinare l’amicizia con Mya.
“Non voglio essere indiscreto ma … Posso sapere perché tu e mia sorella avete litigato?” Drake era realmente interessato a comprendere cosa avesse condotto le due ragazzine ad allontanarsi. Era preoccupato per entrambe, e non negò il dispiacere provato quando aveva scoperto quella rottura.
Maddy scosse il capo. Non avrebbe raccontato a Drake della sua patetica scenata avuta a causa di una sciocca lettera. Non avrebbe scoperto di quanta insicurezza era insinuata nel suo cuore, tanto da pensare che anche la sua migliore amica la considerava patetica. Mya non lo aveva mai fatto, eppure una lieve voce nella sua mente aveva suggerito diversamente. Quell’insicurezza l’avrebbe condotta verso la strada della solitudine e del fallimento, e Drake non doveva saperlo.
“Madison… non sono solo il tuo tutor. Sono anche tuo amico e, se posso, voglio aiutarti.” Forse non era a conoscenza degli effetti che aveva su di lei ma, quando le strinse il mento  con dolcezza tra le dita per poterla guardare negli occhi, Maddy si sentì morire. Il vento le scosse i capelli, ma i brividi non furono causa della folata che li raggiunse improvvisamente. Il senso di benessere non fu dato dalla bella giornata che faceva respirare aria pulita e calda. Nulla di ciò che combatteva silenziosamente nel suo cuore era dato da altro se non da Drake Zabini, che la fissava con sguardo calmo e dolce. I suoi occhi erano limpidi, ma c’era una nota scura e intensa che li rendeva ammalianti e ipnotici. Poteva parlare con lui. Madison lo percepiva come percepiva l'erba umida sotto le mani; si sentiva al sicuro. Avrebbe ascoltato senza considerarla sciocca, patetica. Guardava i suoi occhi, Maddy, e si sentiva al sicuro, capace di potersi esprimere liberamente e confessare del suo errore, della sua folle speranza che poteva interessare a qualcuno. Avrebbe omesso le speranze che nutriva nei suoi confronti. Avrebbe omesso delle sensazioni che riusciva a donarle semplicemente guardandola in quel modo, ma aveva bisogno di ascoltare qualcuno che le dicesse che aveva sbagliato, e che doveva mettere da parte l’orgoglio e chiedere scusa  Mya.
Parlò della lettera e della speranza di essere stata scoperta finalmente da qualcuno che non vedesse solo le sue insicurezze o le sue paure. Parlò di come Mya aveva cercato di riportarla con i piedi per terra, di farla volare basso e farle usare la razionalità senza che fosse travolta da quell’eccitazione che l’avrebbe delusa. Omise le sue speranze che fosse lui il mittente, ma aggiunse di quanto fosse stata sciocca a non ascoltare Mya e aggredirla. Raccontò tutto con un tono strozzato, con un forte nodo alla gola che trattenne le lacrime. Drake non interruppe il suo racconto, la lasciò parlare con seria attenzione. Non sorrise nemmeno una volta, comprendendo del reale dispiacere che Maddy racchiudeva nello sguardo, anche se insisteva a nasconderlo. Maddy era orgogliosa come nessun Tassorosso. Non voleva mostrare le sue debolezze senza comprendere che quelle sue debolezze, il suo dispiacere e la mancanza di una persona ritenuta importante, la rendevano migliore di chiunque altro. La rendevano umana, e non c’era cosa più splendida dell’imperfetta umanità e della sofferenza che si poteva provare nello scavare nel proprio cuore. Drake sentì un forte bisogno di stringerla e dirle che avrebbe risolto, che nessuno delle due aveva sbagliato e il bene che le accomunava le avrebbe rese forti.
Ma si trattenne. Ricordò le parole di Mya e la sua richiesta di non agire in modo da rendere Madison maggiormente debole. Aveva ignorato il particolare svelato da Mya solo per assicurarsi che la sua migliore amica non fosse ingannata da lui. Aveva ignorato i sentimenti di Madison. E si trattenne. Non voleva che qualunque suo gesto potesse farla avvicinare a lui con la speranza di vedere del buono in lui. Drake era consapevole dei suoi comportamenti viscidi e subdoli, che non risparmiava verso nessuno, e non riusciva a pensare di comportarsi in quel modo con Madison.
“Risolverete, ne sono sicuro. Avete entrambe ragione per motivi diversi. Ma quando c’è un bene tanto profondo non esiste motivo per cui dovreste rompere i rapporti e distruggerli. Dovete solo aspettare un po’ che entrambe vi siate calmate e, quando sarà il momento, verrà naturale per entrambe incontrarvi e fare come se non fosse mai accaduto nulla. Anzi ci riderete su” Riusciva a trasformarsi tanto in fretta che Madison quasi ne fu incredula nel notare con quanta serietà pronunciò quelle parole. Credeva davvero in ciò che diceva e con sincerità volle rassicurarla.
“Lo credi davvero?” Madison ci sperava. Sentiva l’assenza di Mya troppo radicata nel cuore da non ritrovare alcun sorriso, spensieratezza o speranza. Drake era lì che le sorrideva con cura e annuì con vera sicurezza.
Maddy riuscì a ritrovare un lieve sorriso e notò maggiormente la bellezza di quella giornata.
“Ora però, piccoletta, dobbiamo studiare. Non voglio assolutamente che il professor Pelois si rimangi tutto quello che ha detto. Quindi iniziamo” Quella vicenda era iniziata solo per l’obiettivo di scaricare Ameliè, ma con il tempo era divenuto qualcosa di più personale. Aiutare Madison era diventato un piccolo obiettivo che lo appagava ogni giorno, facendogli dimenticare a tratti di essere lì per raggiungere la sua dolce vendetta. Maddy sembrò riacquisire colore e sorrise. Con un lieve entusiasmo sfoderò le pergamena sulla quale avrebbe riportato con precisione ogni parola di Drake che, schiarendosi la voce, iniziò con le sue solite e originali spiegazioni.
Ebbero qualche minuto di intenso studio, in cui Maddy comprese ogni cosa e tentò qualche intervento incerto che rese orgoglioso Drake per il lavoro che stava avendo risultati sorprendenti su di lei. C’era tanta sintonia tra loro, un completarsi le frasi e interventi da attirare sorrisi complici.
Ma nulla poteva andare tanto perfettamente senza intoppi fastidiosi. Drake si sentì stringere le spalle e si ritrovò Swami Sun distesa su di lui. La bellezza orientale, indiscutibile, non fu abbastanza da non rendere Drake infastidito, soprattutto per il poco rispetto che ebbe nei confronti di Madison.
“Perché non abbandoni tutto e vieni con me? Aisha ci aspetta in camera tua” Non ebbe alcuna preoccupazione nel rendere quella notizia pubblica. Maddy provò un forte imbarazzo che la costrinse ad abbassare lo sguardo e Drake, notando il senso di disagio provocato nei suoi confronti, scacciò in malo modo Swami.
“Ho da fare, Swami. Tu ed Aisha potete aspettare anche stasera. Se non vi conviene, allora puoi anche andare” Drake riprese gli appunti sparpagliati per il prato, e con sufficienza consigliò a Swami di lasciare il campo.
La Corvonero guardò prima Drake indignata, per poi osservare Maddy con intenso disprezzo.
“Preferisci trascorrere del tempo con questa perdente, piuttosto che con noi?” Non ebbe alcuna preoccupazione nel non farsi sentire da Maddy, che rimase in silenzio, mortificata insensatamente. Drake la osservò mentre cercava di puntare il suo sguardo - insicuro e imbarazzato - altrove, e provò ancora più fastidio per Swami che insisteva a restare lì. Si alzò come una furia e la prese per un gomito.
“Ho detto che ho da fare. Ora vai!” Spintonò Swami via, che non riuscì a credere a ciò che stava provando su se stessa e vedendo con i suoi occhi. Drake non aveva mai osato rifiutare una proposta tanto invitante, mentre adesso era infuriato, infastidito e l’aveva cacciata via con pura rabbia. Swami si guardò intorno, attenta ad assicurarsi di non aver attirato attenzione su di sé, e sperando che quell’avvenimento non cadesse nell’occhio di Maggie May. Si divincolò dalla sua presa, guardandolo con odio e, prima di andare, disprezzò con i suoi occhi a mandorla Maddy, che non riusciva ad alzare lo sguardo verso di lei e dirle di smetterla di guardarla in quel modo.
Si incamminò verso il Castello ancora incredula, intenzionata a dire tutto ad Aisha. Sarebbe stata incredula nel sentire come Drake Zabini l’aveva cacciata.
Drake si sedette nuovamente di fronte a lei e riprese gli appunti, come se nulla fosse accaduto.
“Riprendiamo” Ordinò con un tono calmo, e Maddy annuì senza voler proferire alcuna parola. Era stato inspiegabilmente dolce nei suoi confronti e quella dolcezza le mise paura.
 
 
 
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Dakota era appoggiata allo stipite della porta dell’infermeria a sorvegliare il sonno tranquillo di Mya. Kyron aveva avvertito Drake molto tardi dall’accaduto, per evitare preoccupazioni. Ma adesso suo fratello era seduto accanto a lei e anche Dakota si era precipitata a controllare. Madison era rimasta per poco, timorosa di essere di fastidio per  quando Mya si fosse svegliata. Madama Chips aveva rassicurato tutti, decretando la diagnosi: era febbre data da stress e si sarebbe ripresa con un riposo sereno. Drake ovviamente sarebbe rimasto al capezzale della sorella fin quando non si fosse svegliata, e l’infermiera non aveva osato ribattere. Gli eventi che si stavano scatenando su di loro li stavano portando ad ammalarsi, e Mya era stata la manifestazione della serenità che li stava abbandonando con la crescita. Anche Dakota ne risentiva, ma restava forte. Era stata una settimana intensa quella, con eventi quasi incontrollabili. Mya era stata travolta da notizie che l’avevano schiacciata: Kyron frequentava una ragazza misteriosa, ed inoltre Maddy non era accanto a lei per sorreggerla per quella notizia che aveva spezzato le sue speranze di poter, un giorno, coronare il suo sogno. Dakota più di tutti comprendeva il dolore che stava provando. Anni prima aveva sentito le stesse spine trafiggerle il cuore, quasi a romperglielo. Aveva sentito la medesima delusione, la medesima paura divenire realtà. Avrebbe parlato con Mya non appena si fosse ripresa. Adesso toccava a Drake prendersi cura di lei e assicurarsi che andasse tutto bene.
Rimase ancora per un po’, prima di lasciare l'infermeria e dirigersi verso la torre Ovest. Quell’ennesima giornata era stata una continua corsa contro il tempo, e aveva evitato nuovamente Regan. Continuare così avrebbe comportato un grave danno alla squadra, ma dopo essere ritornata da Hogsmeade le parole di Noah rimbombavano ancora nella sua mente, chiassose e fastidiose. Non poteva guardare Regan e fingere di averle ascoltate con indifferenza. Era in uno stato di caos indecifrabile ed irrisolvibile. Perché proprio adesso? Perché non riusciva a scorgere alcuna serenità nella sua vita? Voleva solo svegliarsi la mattina priva di paura, di tormenti così inutili da farla sentire sciocca. Sentiva di star facendo un doppio gioco, quando in realtà lei era limpida e cristallina. Eppure le colpe le sentiva premere come macigni. Avrebbe riposato e avrebbe ritrovato la calma necessaria per ponderare bene la sua decisione. Regan aveva bisogno di spiegazioni, e Noah doveva andarsene dalla sua vita, per sempre.
Salì le scale con calma e ascoltò il silenzio del Castello. Erano tutti riuniti in Sala Grande a consumare la cena, ma il suo stomaco era serrato da milioni di macigni da non farle risentire della morsa della fame. Avrebbe riposato, ne aveva bisogno.
“Dakota!” Pensava di essere sola, ma il richiamo di Regan le fece comprendere il contrario. La raggiunse di corsa e si fermò con il fiatone. Aveva cercato di evitarlo a lungo, ma forse lui era deciso a comprenderne il perché. Sentiva la carica di incertezza e paura prevalere e quasi divorarla. Non sapeva cosa si sarebbe aspettata da Regan, ma qualunque cosa le avesse detto lei doveva parlare chiaro.
“Regan, non sei a cena?” Nota alquanto ovvia, in quanto era lì di fronte a lei.
“Nemmeno tu ...” Regan aveva ripreso fiato e adesso era lì, di fronte a lei, ad incatenarla con lo sguardo di chi ha deciso di non perdersi in sciocche chiacchiere e giungere al punto.
“Ero da Mya che ha avuto un crollo emotivo. Adesso riposa, per fortuna” Era partita male. Aveva già mentito, non confessando del peso che la perseguitava da settimane. Regan non sembrò convinto, e con decisione fece un passo verso di lei, deciso a parlare una volta per tutte.
“Ascolta, Dakota. Io sono stato davvero bene con te ad Hogsmeade. In realtà sto bene con te da quando ti conosco. E non ho intenzione di portare avanti una fandonia ancora per molto, magari aspettando che Noah Potter si renda conto di quanto eccezionale tu sia e ti porti via. E non ho alcuna intenzione di aspettare, aspettare che tu ti renda conto di quanto è stato lui un idiota!” Volle travolgerla senza freni, senza premesse. Fu diretto e chiaro. Rabbioso e al contempo deciso di quello che stava dicendo con toni alti, tanto da attirare l’attenzione dei quadri. Qualche brusio eccitato li circondò. Forse quei quadri erano stati testimoni di tante vicende amorose, ma continuavano ad eccitarsi e a sospirare. Dakota si sentiva in estremo disagio. Cosa voleva che gli rispondesse, se le risposte non arrivavano nemmeno dalle sue innumerevoli domande? Aveva provato ad ascoltare i consigli di Drake, ma continuava a scappare.
“Io … voglio baciarti. Lo desidero da troppo tempo. Voglio baciarti anche adesso …” Il discorso che si era preparato insieme ad Alexander era stato completamente diverso. Aveva ponderato nel dargli un'altra occasione, aveva optato in un secondo appuntamento. Ma non aveva messo in conto che ritrovarsela a pochi centimentri da lui avrebbe compromesso i suoi progetti. Lo sguardo corrucciato e scuro che circondava gli splendidi occhi cristallini, il naso leggermente volto verso l’alto, le labbra che si schiusero quasi incredule, erano fatte per essere baciate ogni giorno. E lui desiderava prenderla per i fianchi, stringerla quasi a far coincidere i loro cuori e baciarla ogni sera, ogni mattina, ogni giorno. Regan si portò le mani ai ricci scuri e rise di sé stesso: lo aveva detto. Aveva confessato di quel desiderio irrefrenabile che lo aveva assalito ogni giorno.
“Regan non so cosa dire, davvero … " Dakota perdeva ogni sicurezza quando aveva a che fare con i sentimenti, soprattutto con i suoi che sembravano prendersi a cazzotti. Il desiderio di lasciarsi baciare fu steso dalla paura di non poter più sperare di sentire per la prima volta le labbra di Noah sulle sue. La voglia di accarezzare il volto di Regan si contrappose alla voglia di dire a Noah quanto lo amava, quanto lo aveva amato nonostante tutto. Il voler rischiare con Regan la faceva sentire in colpa nei confronti di Noah, che aveva aspettato, per troppo tempo, negandosi ogni cosa. Era immersa in un vortice di caos che non trovava un’uscita.
“Non dire niente, Dakota. Lascia che lo faccia… so che è il tuo primo bacio. E rispetto le tue decisioni, ma voglio stare con te. Ho aspettato così tanto tempo che adesso vederci più che amici mi sembra irreale, e non voglio che mi renda conto, in realtà, che non è altro che una mia fantasia. Voglio rendere reale il desiderio di stare con te. Dimentica Noah, dimenticalo … Ora ci sono io! Sarò io a prendermi cura di te.” Regan aveva percorso l’intero Castello alla sua ricerca. Aveva continuato a ripetersi il discorso che aveva fatto ad Alexander, ma ormai aveva dato espressione ai suoi desideri, alle sue volontà, alle sue speranze. Si sentiva sciocco scoprendosi in quel modo, rendendosi tanto vulnerabile da poter essere colpito violentemente.
Dakota sentì le paure dell’incertezza. Cosa volesse lei realmente non lo sapeva con sicurezza, ma quelle parole non erano state indifferenti per il suo cuore. Noah era sempre lì, custodito gelosamente, continuava a farle del male a coinvolgerla in tutto ciò che faceva. Ma Regan le aveva donato la felicità che le mancava da così tanto, da sentire quel sentimento quasi irreale. Sentiva l’effetto di Regan su di sé, come sentiva l’effetto di Noah. Avevano la stessa valenza, ricoprivano ruoli diversi ma con il medesimo peso emotivo. Era paralizzata dalla paura di sbagliare, di sentirsi in colpa. Regan percepì quel silenzio e non si tirò indietro. Sfoderò la bacchetta e con un colpo leggero del polso fece apparire fiori su per le scale, per il corrimano, e dal soffitto cadde una pioggia di polvere d’orata. Dakota sentì il cuore accelerare, sentì il cambiamento che stava avvenendo nel suo cuore, nella sua vita. Regan sorrise, incredulo della romanticheria che aveva prodotto. Voleva che Dakota avesse un bel ricordo di quel momento, indipendentemente della sua decisione. Fece reale quei desideri, rese reale l’immagine di Dakota incerta, timida, così leggera al suo tocco. Rese reale le sue labbra socchiuse e pronte.
Fu così incredibilmente bello. Nessuna colpa la invase, solo l'adrenalina che le solleticò il ventre. Sorrise tra le labbra, sentendo che Regan fece lo stesso. Non c’era nulla di cui aver rimorso: era perfetto, bello. Sensazioni indescrivibili si mischiarono in lei. Imbarazzo, piacere. Profumi che si mischiarono creando fragranze piacevoli. Dakota aveva cercato di privarsi di quelle sensazioni con la paura di sbagliare, ma se sbagliare era così meraviglioso, non avrebbe risentito conseguenze.
Abbracciata a Regan, inebriata di quelle sensazioni, non si rese conto di qualcosa che aveva aspettato per anni, che aveva tardato.
E quel ritardo gli era costato molto ...
Noah Potter era fermo poco lontano da loro e osservò tutto. Aveva evitato Dakota per comprendere bene cosa avesse scatenato la sua reazione, per comprendere bene perché la mancanza di Alyson non faceva male mentre la sua sì. Aveva ponderato a lungo, e quella sera, non vederla a cena, aveva fatto ipotizzare al giovane Potter che era giunto il momento di parlare e comprendere insieme cosa stesse accadendo. Ma aveva perso tempo a rinvangare troppo, a lasciarsi frenare dall’incertezza.
E adesso … adesso era tardi.
 


 

Angolo autore: E dopo tanto farmi attendere, eccomi nuovamente! Spero che abbiate passato belle vacanze! Vi siete divertite?? Lo spero tanto. 
Sono ritornata non appena ho avuto un minimo di tempo libero e il nuovo capitolo è stato postato rapidamente, perché non volevo farvi attendere ulteriormente! Cosa dire? Non c'è mai un pò di tranquillità tra le mura di Hogwarts..soprattutto quando c'è il mio zampino. Sono molto sadica lo so, ma tranquille, tartasserò ancora per molto i nostri personaggi! Spero che sia il capitolo precedente che questo vi abbia soddisfatte e spero di ricevere come sempre, qualche vostra ADORABILE recensione! 

Un ulteriore avviso: riprenderò una vecchia Fic lasciata mesi e mesi fa: -The darkness of the soul- lasciata a causa della trama alquanto impegnativa e intrecciata. Ma il tempo adesso è mio amico e quindi mi applicherò a intrecciare ancora le vite di questi poveri personaggi. Non è legata a "Vacanze romane" o ad "Elastic Hearth" ma avrà la nuova generazione- quella raccontata anche da Zia Row- come protagonista...spero che passiate anche per quel mondo e apprezziate! Ora vi lascio, augurandomi di postare al più presto!
Un abbraccio forteeeeeee
Medy <3 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 






 

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Capitolo 9
*** "Million Miles Away" ***






 
Elastic Earth 


"Million Miles Away"



Kyron saltò la lezione di Trasfigurazione fingendo un malore ben giustificato da un falso certificato ottenuto tempo prima da Madama Chips, dopo averla corrotta con qualche cassa di Whisky incendiario. La sera prima era rimasto con Drake al capezzale di Mya per assicurarsi che stesse bene, ma era ritornato in Sala Comune con ancora Mya stesa tra le coperte quasi incosciente. Quella notte era stato un incubo anche per lui. Non era riuscito a chiudere occhio, ripensando continuamente che in parte le cause del suo malore erano dipese da lui. Mya non riusciva a reggere le situazioni difficili: il litigio con Maddy, l’articolo che l’aveva vista al centro dell’attenzione di tutti, le insinuazioni - tratte da fonti vere - su Kyron e la sua tresca con la donna misteriosa. Un mix troppo amaro da buttare giú, e tutto questo si era aggiunto con l’odiata consapevolezza che i suoi sentimenti non erano ricambiati, e forse non lo sarebbero stati. Odiava ripetersi in continuazione che Mya era solo una sciocca a credere che tra loro sarebbe nato qualcosa, ma ammettere la verità lo faceva sentire meglio con se stesso. Anche se comunque si sentiva uno straccio nei confronti di Mya, cui voleva un gran bene. Era diretto in infermeria, speranzoso di vederla vigile e magari parlare, chiarire una volta per tutte che, per quanto non poteva soddisfare i suoi desideri, sarebbe stato comunque un buon amico e magari rassicurarla che tutto sarebbe andato bene, che l’articolo di Maggie May sarebbe stato dimenticato e che lei poteva continuare a vivere serenamente. Si ripetè, fino a quando non giunse all’ingresso dell’infermeria, che sarebbe stata la cosa migliore per entrambi, ma soprattutto per lei che stava vivendo il tutto con troppa sensibilità; al punto da tenerla a letto con la febbre alta e quasi incosciente.
Respirò, assimilò abbastanza coraggio, consapevole della brutta reazione che avrebbe scatenato una volta concluso il discorso ed entrò pronto ad affrontare il suo destino. Ma ciò che vide scaraventò i suoi perfetti piani in rovina, facendo strisciare in lui un altro sentimento, del tutto contrastante con le sue sicurezze:
Matthew Weasley era seduto accanto a Mya e ridevano per qualcosa detta da lui. L’unica nota positiva in quella sinfonia disastrosa che stava ascoltando la sua mente era Mya con il volto felice e sereno. Nessuna traccia di malessere era scorto nei suoi lineamenti e questo era segno che il riposo di quella notte era stato rinvigorente. 

“Kyron!” Mya si rese conto del suo arrivo e lo accolse con alcuna traccia di rancore o tristezza. Era meraviglioso poterla vedere così, ma odiò Matthew Weasley che era il motivo di tale radiositá. Lui la rendeva debole, triste, la mandava in infermeria con ferite invisibili, mentre Matthew era la cura capace di farle dimenticare tutto. Era un disastro e lo sarebbe stato da amico esattamente come da fidanzato, anche se quella parola gli giunse alla mente con incredulità. Pensare per un attimo di legarsi a qualcuno, di legarsi a lei, fu come ricevere un pugno in pieno stomaco. 

“Ti vedo molto meglio, piccola Zabini!” Ignorò la presenza di Matthew, che si spostò appena rivolgendogli un sorriso incerto, un misto tra imbarazzo e fastidio: Nott aveva rovinato la bella atmosfera creatasi tra lui e Mya. La lieve speranza di poterla invitare ad uscire si dissolse, e dovette accettare la presenza di Kyron che riuscí a metterlo in ombra solo con un sorriso.

“Ci vuole molto di piú per tenermi a letto, Nott! Madama Chips mi ha dato l’ordine di ritornare in Sala Comune stasera.” Matthew divenne invisibile e si creò un’atmosfera che coinvolse solo loro, tenendolo fuori e fuori posto. 

“Sono felice” I toni scherzosi divvenero calmi e Kyron si aprí a quella considerazione che incarnava il suo stato d’animo: era felice di vederla radiante, di vederla star bene, di vederla sorridere e sperare di poter parlare con razionalitá. Concludere quella tensione che si era creata ad inizio anno e che aveva rovinato il meraviglioso rapporto che li aveva sempre tenuti uniti.

“Spero che tu non sia venuto a mani vuote. Ho una fame da lupo mannaro” Mya avrebbe evitato sempre l’atmosfera intima e personale che, inevitabilmente, si creava tra loro, percepita da chiunque solo guardando il modo con cui si scambiavano i sorrisi e gli sguardi. Quell’atmosfera che l’aveva illusa, ingannandola sulla possibilitâ che tra loro qualcosa di piu profondo era stato instaurato con il tempo. Quel qualcosa che avrebbe dovuto accantonare e andare avanti, continuare senza di lui. 

“Mi dispiace deluderti, ma fare regali non è nel mio stile. Sono passato solo per assicurarmi che stessi bene, sperando di vederti ancora dormire. Avrei evitato di sentire la tua vocina fastidiosa” Kyron aprí le mani mostrandole vuote, e ricevette una dolce linguaccia che gli scaldò il cuore. Matthew si schiarí la voce e si alzò. Era in forte disagio, e il coraggio per parlarle scivolò nei bassi fondi della sua sicurezza. Non era un buon momento a causa della presenza di Kyron.

“Io vado, ci vediamo a lezione. Spero che gli appunti ti siano utili” La scusa degli appunti era stata perfetta, ottima per andare da lei senza insospettirla. Il suo dolce piano era andato a buon fine, fino a quando non era entrato Kyron che aveva spostato tutta l’attenzione di Mya su di sè, relegandolo in una gabbia di delusione e incertezza. Si sentì maggiormente deluso quando lei sobbalzó, come se si fosse resa conto solo adesso che minuti prima non era sola, ma c'era stato lui accanto a lei.

“Oh, certo Matt. Ci vediamo a lezione” Quel saluto distratto fu la sconfitta finale che lo fece retrocedere. Il Grifondoro salutò appena Kyron e si chiuse la porta dell’infermeria alle spalle, concludendo quel momento di disagio provato solo da lui. 

“Sbaglio o Weasley ti è incollato addosso come una cozza allo scoglio?” Avrebbe voluto evitare di notare quel particolare ed esprimersi, ma non riuscí a trattenerlo, avendo notato che da troppo tempo Matthew Weasley le ronzava intorno come un’ape golosa. Prese il suo posto e guardò Mya con una nota divertita stampata sul volto. Mya arrossí e sorrise negando l’evidenza.

“Non che a me importi, dopotutto. Potrebbe ronzarmi intorno tutta Hogwarts, ma se non sei tu a farlo non me ne importa molto.” Negare cose già note non avrebbe aiutato, ma il discorso al quale voleva giungere Mya era tutt’altro. Infatti di fronte allo sguardo sorpreso di Kyron, pronto a rispondere a tono, Mya alzò una mano in segno di aspettare e che la lasciasse continuare. 

“Ma so che aspettare non mi porterá da nessuna parte. Abbiamo discusso di questo tante volte ed io comunque non ho lasciato perdere. Però dopo ieri ho capito che posso stare solo male. Quindi accetto che non sia ricambiata e che non mi ronzerai mai intorno, o almeno come lo intendo io. Sei importante per me Kyron, ed è importante per me che tu continui a far parte della mia vita, sotto qualunque forma tu voglia.” Sorrise a malapena con un dolore all’altezza del petto simile ad un pugno, ma non poteva continuare a sperare e ritrovarsi a dover ingoiare realtá amare. Per quanto volesse che quelle speranze divenissero realtá, illudersi che sarebbe accaduto avrebbe comportato solo altro dolore, altra sofferenza ingiusta. Era ancora piccola, ancora con un vasto mondo che l’attendeva. Kyron sarebbe rimasto il suo amico, il ragazzo che avrebbe desiderato avere al suo fianco; ma non per questo si sarebbe preclusa la felicitá. 
Kyron abbassò il capo, colpevole. Si vedeva chiaramente che Mya faticava a pronunciare quelle parole, e lo sguardo radiante di poco prima era sparito di colpo. Le poteva solo infliggere dolore e si odiava per ciò che non riusciva a fare. Come poteva desiderare una persona come lui al suo fianco? Come poteva solo pensare di amarlo se ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, in attimi delicati come quelli, Mya riusciva a fargli leggere solo il dolore che era capace di farle provare? 

“Mya, sono venuto anche per mettere alcune cose in chiaro. Io nella tua vita ci sarò sempre, perchè ti voglio bene e il mio è un bene sincero. E credo che quello che provi per me sia solo un'illusione” Questa volta fu Kyron a dover fermare Mya intenta a ribattere. 

“Pensaci! È un tipico clichè credere di amare il miglior amico del fratello. Potrebbero scriverci una meravigliosa storia d’amore sopra. Ma entrambi sappiamo che io non sono giusto per te. Forse non sarò giusto per nessuna ragazza romantica e dolce, come lo sei tu. E io non riesco a pensare di poter essere diverso da quel che sono. Proprio per questo non posso pensare di poter stare con te. Sarei ingiusto, egoista, e se cambiassi sarebbe solo in relazione al fatto che io e Drake siamo come fratelli. Non ci sarebbe volontá in quel che faccio, ma solo dovere e riconoscenza, ed io non voglio che la tua prima storia inizi per obblighi. Se mai dovessi innamorarti di qualcuno, fallo di qualcuno che ti vuole senza che guardandoti veda solo la sorellina del migliore amico, la piccoletta con la quale combinava guai e a cui raccontava storie del terrore. Perchè è quello che sei per me: ti voglio bene, questo non lo metto in dubbio, ma tu hai bisogno di qualcuno che… Ti ami.” Crudele e sincero, si era prefissato quell’obbiettivo. Meglio chiarire e mettere fine a tutto piuttosto che continuare a vedere Mya soffrire per lui. Lui era un apparente “bravo ragazzo”, ma aveva un’ottima coscienza di sè e le relazioni, l’amore, erano nocive alla sua persona. Mya non meritava di essere presa in giro. 
Mya ingoiò quel boccone ingurgitabile. Aveva previsto un ennesimo discorso del genere, già affrontato. Ma, nonostante ciò, non riusciva a prevderne l’effetto che le causava: troppo violento il colpo per poterlo parare, troppo dolorosa la realtá per poterla accettare e continuare a sorridergli. Ma si sforzò, lo fece soprattutto per se stessa. Doveva smetterla di tartassarsi il cuore, doveva smetterla di autoinfliggersi colpi violenti. Era giunto il momento della svolta decisiva.
Annuí, sconfitta per l’ennesima volta. Non riusciva a guardare Kyron che le riservava uno sguardo immerso nella pena: pena per averla ferita, umiliata e delusa ancora una volta

“Che situazione di merda” Si alzò e si portò le mani al volto, vergognandosi di sè e di ciò che continuava a farle passare, nonostante le sue buone intenzioni. Quanto avrebbe dovuto farla soffrire prima di rivederla felice? Quanto dolore avrebbe dovuto inniettarle prima di ritornare sull’argomento per riderci su, come due vecchi amici? Come un tempo?

“Ascoltami! Tu non mi ami davvero! Sono uno stronzo qualunque che potresti incontrare ovunque! L’unica cosa che mi differenzia è che mi conosci da tanto di quel tempo che hai visto qualcosa di buono. Ma non saprei da dove iniziare con te” Scattò verso di lei, deciso a farle cambiare idea su di lui, deciso a trasformare l’idea romantica che aveva su di lui. 

“Non sarei in grado di portarti fuori ad un appuntamento, e l’idea di dover fare l’amore con te.. non mi sfiora minimamente. Sei intoccabile. E' come se violassi la mia morale, è come se tentassi di far sesso con… Dakota! Meriti un ragazzo che ti baci senza sentirsi in colpa, meriti qualcuno che desideri trascorrere notti intere con te. Matthew per esempio! È un bravo ragazzo e ti guarda come io non potrei mai fare. Mya, non piangere ti prego” Aveva sbagliato ancora, e starle così vicino non aiutava. Mya tentò di coprirsi il volto, per nascondere la sua ennesima umiliazione, ma lui non glielo permise. Le strinse le mani e la incastrò con lo sguardo.

“Se non riesci ad andare avanti allora… dovrò allontanarmi io.” Non riusciva a trovare una soluzione che non prevedesse lacrime e dolore. Cosa doveva fare? Aveva le mani legate di fronte a due soluzioni che non prevedevano riscontri positivi: poteva ignorare i sentimenti di Mya, continuare a ricoprire la parte di fratello maggiore e sentirsi ogni giorno in colpa vedendola nello stato in cui l’aveva vista fino ad allora. Oppure parlare una volta per tutte, vederla singhiozzare, darle dolore fino al punto dell’odio e sperare che si dimenticasse di lui. Ma in entrambi i casi Mya avrebbe sofferto ed era l’unica cosa che avrebbe voluto evitare. 

“Scusa, io... io cerco di andare avanti ed ignorare tutto... tutto questo ma… non ci riesco” Paura di perderlo, sofferenza nell’accettare che quella conversazione sarebbe stata l’ultima sull’argomento. Paura di vederlo insieme ad un’altra e non reggere il dolore, odio per le parole che non smetteva di ripeterle con irruenza. Odio per se stessa che, nonostante gli sforzi, le promesse, la decisione di andare avanti, continuava a star ferma sempre allo stesso punto ogni volta che la situazione diveniva reale e si concretizzava. Fino a quando era tutto mera forma della sua mente il dolore poteva sembrare sopportabile, ma ogni volta che si manifestava, bruciava sulla pelle al punto da non sopportarlo. 

“Smettila di piangere. Non lo sopporto Mya! Credi che mi faccia piacere che TU, PROPRIO TU DEBBA SOFFRIRE PER COLPA MIA? Perchè proprio tu… maledizione!” Si alzò dal letto e scaraventò con un calcio la sedia, facendola volare dall’altra parte della stanza. Forse Madama Chips quella mattina non era presente, perchè non ci fu nessuno che potesse fermare la sua rabbia.

“Tra tante ragazze che frequentano questa dannata scuola, proprio tu dovevi innamorarti di me? CAZZO! TRA TANTE STRONZE CHE POTEVANO CAPITARMI DEVO PORTARMI IL PESO DELLA TUA SOFFERENZA! AVREI PREFERITO VEDERTI SOFFRIRE PER UN ALTRO COSI' ALMENO AVREI AVUTO LA POSSIBILITÀ DI SPACCARGLI IL NASO! MA ADESSO DOVREI PRENDERMI A PUGNI? COSA CAZZO DEVO FARE PER NON VEDERTI COSI'? DEVO ANDARMENE? CAMBIARE STATO? COSA?” Le parole di rabbia erano rivolte piú a se stesso che direttamente a Mya. Non riusciva a trovare una soluzione che facesse uscire entrambi integri da quella battaglia. Aveva combinato un disastro inconsapevolmente. Aveva creato tutto questo per ogni sua premura, per ogni suo gesto gentile. Non aveva agito per egoismo o per fini subdoli ma, nonostante ciò, aveva portato al caos la situazione con Mya.

“Hai ragione. Perchè proprio io, la sorellina sciocca del tuo migliore amico? Perchè non un anonima poveretta di cui avresti potuto approfittare e poi scaricare come se non fosse mai accaduto niente, giusto? È cosí che ragionate tu e mio fratello! E se lo facessi con me saresti consapevole che poi ne dovresti rispondere a Drake e magari rovinare la meravigliosa alleanza di maschi alfa che condividete!” Mya non riusciva a decifrare ciò che stava provando in quel momento: odio e dolore si fondevano insieme, confondendola e facendola parlare, quasi urlare.

“Si, Mya. E' cosí che ragioniamo io e tuo fratello! Siamo semplici adolescenti che si divertono a discapito di altri! E proprio per questo che tu non puoi amarmi o provare semplice interesse! Ammetto che sono un grande stronzo e non mi dispiace esserlo. Ma con te... NO, NON CI RIESCO! Quindi, chiudiamo questa discussione una volta per tutte. È giunto il momento che tu ti svegli e che la smetta di pensare che sia una favola! Non è una favola! Io sono un bastardo che si nasconde dietro ad un viso gentile. Sono piú stronzo di tuo fratello, se ne vogliamo dire una, ed io non sono il tuo principe azzurro! Vuoi sapere cosa farei se tu non fossi Mya Zabini?” Si avvicinò come una furia, rabbioso e incontrollabile. Doveva farsi odiare per poter mettere fine a quella situazione. Doveva rivelare la parte peggiore di sè per far capire a Mya che enorme sbaglio aveva tentato di incorrere, e doveva farle capire che era stata solo una sciocca nell’aver creduto in un finale romantico. Le strinse i deboli polsi e lo sguardo che le rivolse non era quello del solito Kyron: ironico al punto da sembrare malvagio.

“Ti avrei fatto vivere la tua favola, punto per punto. Ti avrei fatto credere che fossi perdutamente innamorato di te. Ti avrei fatto credere tante cose fino ad arrivare al mio unico scopo: quello di aggiungere un ennesima tacca alla spalliera del mio letto e poi ti avrei lasciata, umiliata, spaccato il cuore in tanti piccoli pezzi che non saresti stata capace di riconoscerlo piú. Perchè io sono fatto così, quindi ringrazia che non sia accaduto!” Mya non lo riconobbe nemmeno per la voce che assunse: strisciante e melliflua. Quindi era quello il vero Kyron Nott? Tutto quello che aveva creduto di lui era solo il frutto di una fantasia infantile, cresciuta con lei per diventare solo una delusione? Kyron non era gentile, diverso? Non era il suo principe azzurro che aveva idealizzato. Kyron era anche peggio di suo fratello Drake, che riservava amore alle persone che gli erano accanto. Kyron era solo una finta maschera che lei aveva idealizzato per troppo tempo. 
Si divincolò dalla sua presa e lo schiaffeggiò, manifestandogli tutto il disgusto provato.

“Vattene immediatamente!” Kyron aveva ottenuto ciò che voleva. Finalmente aveva ricevuto l’odio auspicato: aveva salvato, a discapito di perderla, la felicitá di Mya.
Forse un giorno, con piú maturitá, lo avrebbe ringraziato. Per ora gli sarebbe bastato l’odio che provava per lui. Tenne lo schiaffo senza ribattere e, soddisfatto di averle fatto capire che tra loro non sarebbe nato mai nulla, uscí di scena. 
Un giorno, forse lontano, Mya lo avrebbe guardato con aria felice e avrebbe capito.




**




Gli allenamenti si erano conclusi con grande soddisfazione dell’intera squadra. Coesione, collaborazione e un grande spirito di squadra aveva permesso al team Corvonero di uscire dagli spogliatoi stanchi ma soddisfatti. Il capitano, Dakota, aveva afferrato il suo ruolo da leader e aveva guidato la squadra a simulare una perfetta partita, che si sarebbe tenuta nella settimana prima di Natale contro i Tassorosso. L’avevano acclamata e incoraggiata a regalare alla squadra altri allenamenti del genere, dove non si era sentito alcun peso o tensione. Il merito, forse, era dato tutto dal fatto che finalmente Dakota era serana. La sera prima Regan l’aveva baciata, facendole aprire gli occhi su di sè e la propria vita. Proibirsi la felicitá, rilegarsi nell’odio e nel dolore, non l’avrebbero condotta da nessuna parte. Aveva provato per Noah un sentimento che poteva accostarsi all’amore o forse poteva definirlo proprio in quei termini. Ma perchè, se si era presentato un rifiuto, lei doveva rifiutare l’idea di poterlo dimenticare? Nella sua vita aveva sempre avuto comportamenti che si proiettavano al futuro, analizzando le conseguenze e l’impatto che avrebbero potuto avere su altri, non pensando mai che quel comportamento poteva giovare a se stessa. Quindi aveva accettato quel bacio come una nuova possibilitá, e il ricordo di Noah sarebbe rimasto chiuso, proibito e intimo. Uscí dallo spogliatoio, con i muscoli resi quasi in brandelli ma soddisfatta del suo lavoro. Regan era lì, ad attenderla. L’imbarazzo era palpabile nell’aria ma Dakota era decisa a non farsi frenare. 

“Stavo pensando di non cenare in Sala Grande stasera” A differenza sua Regan sembrava più sicuro, come se la loro relazione fosse sempre esistita. L’ avvolse in un caloroso abbraccio e la baciò, esattamente come aveva fatto la notte scorsa.

“E dove pensi di cenare?” Erano limitati, non potevano uscire dal Castello tutte le volte che ne avevano voglia. Restavano comunque studenti minorenni che dovevano sottostare a regole rigide. 

“Al settimo piano. Se non possiamo uscire dal Castello questo non vuol dire che non possiamo desiderare di essere altrove” La stanza delle Necessitá ormai era diventata l’unica fuga dalla routine scolastica, o il luogo dove nascondersi quando la sopportazione era arrivata all’estremo. L’idea di Regan non le dispiacque, ma un pensiero intrusivo fece capo alla mente di Dakota e che la obbligò a rifiutare.

“Io non posso nemmeno cenare, adesso che ci penso. Per domani ho da consegnare un compito di Artimanzia che non ho ancora finito. Devo rifiutare” Gli allenamenti le sottraevano ore allo studio a cui teneva particolarmente. La sua carriera scolastica era una delle migliori e non avrebbe tralasciato quel compito, nemmeno per Regan.

“Oh, allora sará per la prossima volta.” Era deluso, avrebbe desiderato passare delle ore con Dakota senza che dovesse sopportare la presenza di altri, come i componenti della squadra. Ma non poteva ribattere, non poteva costringerla a tralasciare lo studio per trascorrere del tempo con lui. Tempo che avrebbe potuto recuperare l’indomani. 

“Ci vediamo in Sala Comune allora. Non stressarti troppo, che sei meravogliosa quando sei serena” La baciò ancora e ancora, rifornendosi di affetto per quelle ore che sarebbe mancata. Dakota lo vide raggiungere gli altri della squadra mentre lei prendeva un’altra direzione. A quell’ora della giornata le aule erano completamente vuote, luogo ideale per concludere il suo compito. Quella giornata era stata impegnativa e non aveva avuto modo per assicurarsi che Mya stesse bene, quindi non appena avrebbe finito si sarebbe diretta da Drake per chiedergli come stava. 
Hogwarts ai piani alti era completamente silenziosa e il tramonto filtrava tra le vetrate, regalando un gioco di luce ed ombra meraviglioso. Avrebbe preferito assistere a quello spettacolo in sella alla sua scopa, ma il dovere la chiamava a gran voce, quindi si scelse la sua aula e si apprestò a trascorrere le ultime ore della giornata ranicchiata sui libri. Le sue intenzioni però furono tralasciate dall’unico rumore di passi, oltre il suo, presente su quel piano. Noah e Dakota si ritrovarono a guardarsi e a sentire le labbra seccarsi per la sorpresa che avevano sperato di evitare. Noah aveva evitato di scontrarsi con lei tutto il giorno e Dakota ormai lo evitava da quasi due anni. Noah si tolse gli occhiali da lettura e li ripose insieme al libro, e Dakota rimase con la mano appoggiata alla porta rimasta chiusa. Aveva ripetuto a se stessa di non doversi sentire in colpa per ciò che era accaduto ieri sera, eppure si sentí come se possedesse un segreto oscuro che Noah avrebbe letto solo guardandola. Noah invece, aveva ripetuto a se stesso che ciò che aveva visto ieri sera non era affar suo ma, adesso che se la ritrovava davanti, l’unica domanda che si ripercuoteva nella sua mente era riferita all’evento della sera precedente. Erano fermi ad analizzarsi, non distogliendo lo sguardo, non tententando la fuga. Erano fermi come statue di cera, fermi a contemplare i loro pensieri. Poi Noah si avvicinò, spezzando, come era solito fare, la barriera che Dakota aveva eretto pur di tenerlo lontano.

“Ciao” La distanza si riduceva sempre più e Dakota sentí il cuore scoppiare, salire alla gola ed il fastidio di essere guardata divenne sempre piu prepotente. 

“Ciao” Dakota abbassò lo sguardo e trovò interesse nelle sue scarpe. Non si erano lasciati bene l’ultima volta e salutarsi suonò strano, quasi stonante con quella tranquillitá che vigeva su quel piano.

“Non sei a cena” Noah non doveva chiederle nulla che riguardava lei e Regan. Doveva sforzarsi nel non chiedere dopo quel bacio cosa c’era stato. Doveva zittire la vocina che gli ripeteva di chiedere e pretendere una risposta.

“No, devo finire un compito di Artimanzia. Nemmeno tu sei a cena” Si era fermato a metá strada e, nonostante questo, sentiva una maledetta tensione che la prendeva dal collo allo stomaco. 

“Anche io devo completare un saggio di Storia della Magia.” Alzò il libro, mostrando un tomo estremamente grande. Dakota non riuscí a non sorridere: conosceva bene l’avversione di Noah per Storia della Magia. Sorriso che anche lui notò e che fu la scintilla che fece scoppiare la maledetta domanda che aveva tentato di tener per sè.

“Quindi tu e Regan state insieme...?” Dakota scattò sull’attenti e sentí ogni colpa prendere il sopravvento. Colpe e rabbia nel sentirsi cosí senza una reale motivazione.
 
“E tu come lo sai?” La notizia era trapelata solo tra i membri della squadra, semplicemente per tempistica e non per altre motivazioni, e Noah era tra i primi a sapere. 

“Ieri sera stavo venendo da te e vi ho visti...” Era calmo, anche se una leggera nota di impertinenza Dakota riuscí comunque a coglierla. La sorpresa che la fece continuare a parlare non fu data dal particolare che li aveva visti. Ciò che la prese alla sprovvista fu il particolare che Noah era andato a cercarla. 

“E perchè mai stavi venendo da me?” Si scostò dalla porta ed assunse la sua solita posa dura e arrabbiata: sguardo scuro e volto corrucciato. Noah non si trattenne di sorridere e rese il tutto meno teso.

“Quando ti imponi in questa posizione so che qualunque cosa dirò sará solo motivo di rabbia e urla” Conoscerla così perfettamente non era un punto a suo favore, ma almeno dava concretezza e senso a tante domande che si erano susseguite nella sua mente e che lo avevano indotto a comportarsi in un dato modo. Noah aveva provato gelosia, rabbia, dolore. Tutto cosí in fretta che non aveva avuto modo per pensare e meditare. Ma ritrovarsi con lei era come prendere coscienza di sè.

“Quindi sai che stai per dire qualcosa di sbagliato, giusto?” Piú che rabbia, Dakota era terrorizzata. Terrorizzata dalle parole di Noah e dalla reazione che avrebbe potuto avere, rovinando quella tranquillitá trattenuta per tutto il giorno. Pregava di vederlo andar via e non ascoltare nemmeno una parola; ma Noah restava fermo lì, con uno sguardo diverso dal solito. Aveva un'aria impertinente e sicura, un sorriso divertito e non rabbioso o deluso. Non comunicava comprensione ma solo una dolce allegria, in relazione ai particolari di Dakota che conosceva perfettamente.

“Ho lasciato Alyson.” 

“Lo so, me lo hai detto.” 

“E quando ti ho vista con Regan sono ritornato da lei e abbiamo fatto pace” Quel particolare non era ancora giunto a Dakota, e la delusione non fu un sentimento nuovo. 

“C'era da aspettarselo da te, Potter!” Non nascose la rabbia provata da quella notizia.

“Per come ti infastidisci sembra che non sia molto contenta di aver baciato Regan. O sbaglio?” Quel tono impertinente era fastidioso e quelle accuse gratuite, dettate con tanta sicurezza, la mandarono su di giri. Il volto divenne paonazzo e la sua espressione si corrucciò ancora.

“Cosa vuoi, Potter?” 

“Nulla. Mi sei capitata senza che io lo volessi. Magari da me alcune cose le si aspetta, ma non da te, Malfoy.”  Stava per andarsene, ma Dakota lo afferrò per un braccio e lo costrinse a restare e continuare quel discorso mellifluo.

“Cosa stai insinuando?” Lo aveva scaraventato contro il muro e adesso tentava di guardarlo negli occhi, ma dovette aiutarsi con le punte dei piedi.

“Sei così prevedibile. Forse è perchè ti conosco molto bene. Anche meglio di Regan, eppure…” Un lieve ghigno si dipinse sul suo volto e la rabbia di Dakota si trasformò in dolore. Sì, la conosceva meglio di chiunque altro. Eppure l’aveva abbandonata due anni prima per correre dietro al culo ossuto di Alyson. La conosceva così tanto che sapeva dove colpirla e lo stava facendo volontariamente.

“Eppure sei un grande stronzo, Potter! Mi conosci così bene che mi ferisci appositamente!” Si pentí di quelle parole, ma ormai erano state liberate.

“Ferirti? E come? Tu sei intoccabile, forte, indistruttibile! Come potrei farti del male?” La stava provocando, voleva portarla all’esasperazione e farsi urlare contro cose che ormai erano ovvie come il sole. Sorrideva ancora, mostrando un'espressione che Dakota avrebbe volentierarmente preso a schiaffi; ma si trattenne per amor proprio. 

“Che gran bastardo che sei, Potter! Sì, ho baciato Regan e adesso stiamo insieme. Sto bene con lui e non sarai tu a mettermi in dubbio e mandarmi in crisi! Non piú. Ho sopportato abbastanza da te!” Mentre lei bruciava di rabbia, Noah le rideva in faccia, prendendola in giro, deridendola. Non poteva sopportarlo, non riusciva a sopportare ancora quelle prese in giro. Proprio da lui, poi. Doveva andarsene e dimenticare quell’ennesimo incontro indesiderato.

“Io ti mando in crisi?” Sembrava sorpreso e al contempo divertito.

“Adesso basta! Me ne vado!” Fregandosene di apparire una pazza psicopatica, alla pari di Alyson,  Dakota urlò quella decisione e gli voltò le spalle.

“Tu non vai da nessuna parte!” Questa volta fu Noah a prenderla per le spalle e incastrarla tra il muro e il suo corpo.

“Spiegami come ti mando in crisi! Spiegamelo.” Tutto sembrava aver preso le pieghe di un enorme presa in giro. Dakota furiosa, mentre Noah sembrava divertito. Si crogiolava in quella scenetta da teatro e lei non potè sentirsi piú umiliata.

“Potter io e te non abbiamo piú nulla da dirci. Te l’ho già detto e te lo ripeto ancora: IO E TE NON ABBIAMO PIÚ NULLA DA DIRCI. Quello che faccio non riguarda te, non sono cose che devono interessarti. Quindi adesso lasciami stare.” Cercò di scaraventarlo via, ma lui rimase impiantato lí, immobile, tenendo fermo il suo sorriso fastidioso. 

“Io e te abbiamo da dirci molte cose. Cose di due anni. Sei rimasta in silenzio per troppo tempo, credo che avrai cosí tanto da dirmi che rimarremo qui tutta la notte.” Ormai era giunta la fine dei conti. Noah era deciso a parlare limpidamente e recuperare lo sbaglio di non averla capita due anni prima. Di non aver ascoltato il silenzio che l’aveva fatta allontanare da sè. Era deciso a farle prendere coscienza che il bacio con Regan era stato solo un resoconto contro di lui. 

“Ti odio, questo ho da dirti! Mi hai fatto passare l’inferno per due maledetti anni! Adesso lasciami stare!” I tentativi di scavalcarlo e andarsene furono vani. Lei restava tra le sue braccia e lui restava sopra di lei a soggiogarla e infastidirla con quel sorriso maledetto.

“Dimmi qualcosa che non so!” 

“Cosa dovrei dirti, stronzo?” Dakota si rassegnò e rimase lì, ferma tra la sua presa mentre il buio scendeva su di loro. Il tramonto aveva lasciato spazio alla sera e anche quello spettacolo era magnifico.

“Dimmi che il bacio di ieri sera lo hai aspettato per due anni. Dimmi che avresti voluto me al posto di Regan.” Il suo sorriso la sfiorò lentamente e tutto assunse nuovamente un andamento drastico e doloroso. Noah sapeva bene dei suoi sentimenti, perchè farsi ripetere nuovamente cose che l’avrebbero ferita?

“Vuoi pompare il tuo ego fino a scoppiare Potter? Vuoi sentirti dire cose che già sai per farti credere di essere il nuovo Casanova? Non ho idea di cosa diavolo vuoi da me!” Noah respirò a fondo, puntellò lo sguardo su Dakota e assunse la sua tipica aria seria, tipica aria da Noah Potter che presagiva qualche azione stupida.

“Perchè hai aspettato che mi fidanzassi con Alyson prima di parlare chiaro con me?”
 
“Stai forse dicendo che è solo colpa mia se tu ed Alyson state insieme? Questo è un nuovo modo per scrollarsi le responsabilitá?” Dakota era incredula a quelle accuse.

“No, idiota! Ti sto dicendo che se avessi parlato, avessi messo da parte il tuo carattere di merda da schizzata psicopatica forse…” 

“Forse cosa?” Che situazione confusa... erano tanto vicini da mischiarsi in tutte le loro componenti. Noah non aveva dubbi: conosceva bene Dakota, ma non era stato abbastanza per evitare quella situazione che forse non avrebbe avuto modo di recuperare. Quindi agí di impulso: la baciò. Finalmente sentí il sapore di Dakota ed era esattamente come lo aveva immaginato. Dolce, e le sue labbra incredibilmente morbide. Aveva il profumo piú dolce che avesse mai provato e, il modo in cui lo corrispose, fu travolgente al punto da ritrovarsi a stringerla cosí forte che per un attimo ebbe paura di stritolarla. Ma la risposta successiva non era stata inserita nel programma: si ritrovò una pioggia di schiaffi che lo colpirono dalla testa al volto e allo stomaco.

“Brutto stronzo narcisista pazzo! TI ODIO NOAH.” Più lei lo colpiva e piú lui rideva. Forse l’adrenalina del momento, la felicitá provocata dal bacio non gli permettevano di smettere di ridere. 

“Se non la smetti ti bacio di nuovo” Minacciò dolcemente, mentre continuava a ricevere schiaffi ovunque e tentava invano di pararsi dai colpi. 

“Io ti CRUCIO invece!” Quel bacio Dakota lo aveva aspettato per anni e la realtá non aveva deluso le aspettative. Era stato magico, travolgente. Era stato quello il suo primo bacio e non quello scambiatosi con Regan. Ma non poteva farsi abbindolare come una sciocca per quell’unico momento perfetto. Aveva deciso di andare avanti e sarebbe andata avanti.
Noah la fermò, stringendole le mani e la baciò ancora e ancora, ignorando le urla isteriche che ogni bacio provocava. Si fermò solo quando Dakota liberò le lacrime e lo schiaffeggiò dritto sul volto.

“Non puoi essere così egoista! Perchè adesso? Perche adesso che stavo per dimenticarti?” 

“Perchè non adesso, invece?” Si calmarono entrambi e spensero quel momento di crudeltá e gioco. Si ritrovarono a fissarsi senza alcuna risposta. 

“Noah, no. Non adesso. Se non è accaduto due anni fa, non accadrá nemmeno adesso.” Dakota non aveva spiegazioni ma era giusto così. E poi adesso c’era Regan. Non poteva deluderlo adesso che era nato qualcosa. Non poteva rinvagare sul passato che l’aveva fatta soffrire per abbandonare il presente che si presentava felice. Non avrebbe permesso a Noah di rovinarle tutto. 
Lo scaraventò da parte e si incamminò velocemente lontano da lui che non la fermò, consapevole che farlo non avrebbe risolto nulla. Ma non l’avrebbe lasciata senza prima dirle un’ultima cosa.

“Non sono ritornato con Alyson. E non ho intenzione di perderti un'altra volta. Quindi accetta l’idea che cercherò di rovinare la storia tra te e Regan.” Aveva sfoderato tutto l’egoismo mitigato con il tempo. Dakota lo guardò, non credendo apertamente alle sue parole. Ma ben presto si sarebbe ricreduta.




**




Le tensioni vissute a Hogwarts non tutti riuscivano a percepirle, non essendovi immersi personalmente. Sembrava tutto tranquillo, un giorno come tanti altri: l’aria che profumava di festa per i pochi giorni che separavano gli studenti dalle tante attese feste Natalizie e le lezioni proseguivano come sempre: stancanti e noiose. Ma molti degli studenti di Hogwarts vivevano i giorni diversamente rispetto agli altri. Mya, lontana da Maddy e Kyron, si sentiva del tutto fuori dal mondo. E la presenza, quasi asfissiante, di Matthew le faceva solo ricordare lo spiacevole scontro avuto con Kyron i giorni precedenti. Dakota, dal canto suo, viveva in una situazione strana: un dondolarsi tra la paura di incontrare Noah in atteggiamenti compromettenti, in relazione a ciò che era accaduto tra loro, tenuto segretamente protetto, e la leggerezza che Regan riusciva a regalarle con la sua semplicitá nell’adorarla. Ormai la loro relazione era divenuto di dominio pubblico, facendo zittire molte malelingue e regalando ad Alyson la certezza che la decisione di Noah non era dipesa da lei: un illusione che Dakota non avrebbe spezzato. L’unico che sembrava del tutto calmo e immune da qualunque perturbazione esterna sembrava Drake. Onnipresente nella vita di Mya per assicurarsi che stesse bene, onnipresente nella vita di Kyron che pareva essere mutato, acquistando un aria più cupa, presente anche per Kenny che ormai frequentava assiduamente Violet, sorprendendo tutti e non solo gli amici piú intimi. Onnipresente anche nel tormentare Ameliè, che aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti, adulandolo quasi come un Dio di fronte al Professor Pelois, che piú volte lo aveva trattenuto in classe per essere affiancato in un progetto sperimentale finanziato dal Ministero della Magia. La sua vita, a differenza di quella di molti altri, proseguiva sempre per la via della grandezza e del successo e lui non poteva desiderare di meglio. 
Cosa che non poteva vantare Maddy, che sentiva la mancanza di Mya ogni giorno: dal mattino non augurato con i loro muffin tradizionali, fino alla sera che mancava della tipica e tradizionale conclusione di serata trascorsa nella stanza delle Necessitá al settimo piano. La mancanza della sua migliore amica accanto, però, sembrò però essere stato armortizzata dall’arrivo assiduo dei bigliettini anonimi e dallo scambio di pensieri e parole carine. Non aveva idea di chi fosse il mittente di quelle attenzioni, ma Maddy sembrò ritrovare un amico e un confidente, fidandosi imprudemente di quell’anonimo benefattore che l’aiutava a far passare piu velocemente le sue giornate quasi insostenibili. 
Quella mattina Maddy non avrebbe immaginato però che il volto dell’anonimo gentile decidesse di rivelarsi. Era diretta alla lezione di Rune Antiche con la mente rivolta altrove e non alla sua destinazione quando un fagiano - diverso ogni volta - le planò sulla testa, entrando da una delle finestre tenute aperte, depositando delicatamente ai suoi piedi un semplice foglio di pergamena. Senza doverlo aprire, era già consapevole che quello era un ennesimo messaggio da parte del suo “amico di penna”. Lo sdrotolò e, quando lesse le poche parole scritte, si sentí invadere da una strana eccitazione mista alla delusione di non poter condividere con Mya quel momenoto atteso.

“Oggi all’ora di pranzo incontriamoci nel cortile, accanto alla serra. Ho deciso che non è opportuno nascondersi come un ladro dietro a messaggi fugaci. Abbiamo costruito un rapporto cosí profondo che voglio rivelarmi e non nascondermi piú dietro la maschera della vergogna. Spero che accetterai di incontrarmi” 

Strinse la pergamena al petto, incredula che quel momento fosse finalmente giunto. Era vero: tra lei e l’anonimo mittente si era creato un rapporto profondo, di confessioni e segreti, di risa non condivise a causa del muro di vergogna che lui aveva deciso di imporsi. Ma, nonostante non lo conoscesse fisicamente, avevano dimostrato di possedere un affinitá spirituale. Maddy avrebbe contato i secondi che la dividevano da quell’incontro, non immaginando nulla di disastroso. Anche se non fosse stato Drake a rivelarsi, lei non avrebbe sentito alcuna delusione. Si diresse alla lezione quasi saltellando per la felicitá.


Le ore di lezione sembrarono cementarsi e Maddy sentiva una strana frenesia. Non riusciva a star ferma sulla sedia mentre una lezione dopo l’altra si concludeva e l’ora del pranzo si avvicinava.
Quando scattò l’ultima ora di lezione di quella giornata, Maddy fu la prima a schizzare fuori dall’aula, con il cuore che martellava quasi ostruendole il respiro. Avrebbe conosciuto il suo amico di penna, la persona che per settimane aveva rallegrato le sue giornate, che le avevano consigliato di lasciar perdere Drake Zabini e concentrarsi su altre persone, di non mostrarsi sempre triste, perchè quando sorrideva era uno splendore. Avrebbe conosciuto quell’animo gentile che aveva cercato di capirla e starle accanto. Percorse il Castello quasi correndo, con l’ansia che stava attanagliando ogni fibra del suo essere, con l’eccitazione alle stelle. Quel giorno il sole era piú caldo del solito, esattamente come lei. Pensò a Mya e optò per farglielo conoscere non appena le avrebbe rivelato la sua identitá. Avrebbe messo da parte la rabbia e il rancore. Mya doveva sapere e condividere con lei quella gioia. Percorse il cortile non guardandosi intorno e si avvicinò alla serra che quel giorno, nonostante l’ora, era estremamente affollata. Lui l’avrebbe riconosciuta tra la miriade di studenti, per lo piú Serpeverde, che affollava il luogo? Avrebbe riconosciuto il suo viso? Maddy si guardava intorno, riconoscendo solo volti nemici.
Un istinto improvviso divenne piú forte della speranza. Qualcosa nella sua coscienza, che le fece accendere una lieve consapevolezza, e improvvisamente si sentí confusa. Erano presenti quasi tutti i Serpeverde del settimo e sesto anno e alcuni di loro, vedendola, nascosero risatine melliflue. Non poteva essere, forse la sua insicurezza le stava giocando un brutto scherzo. Maddy respirò a fondo e cercò di ignorarli. Ma gli sguardi divennero insistenti e troppi. Quando Aisha Pucey e Swami Sun si fecero largo tra la folla, Maddy ebbe la certezza che stava per assaporare una realtá amara come il veleno. 

“Guardate chi abbiamo qui” Risa sinistre si levarono tra i presenti e ad aggiungersi fu Tyra Corner, che la guardò con la sua aria di suprema arroganza. 

“Madison Diggory, o meglio... Maddy.” Aisha si posizionò alle sue spalle, come se percepisse l’odore del suo dolore e la voglia di scappare. Maddy stringeva la borsa ripetendosi di non piangere. Mya... aveva bisogno di Mya. 

“Aspettavi qualcuno, Maddy?” Tyra le si avvicinò, sfoderando una serie di pergamene e Maddy prese coscienza della sua stupiditá.

“A volte credo di essere invisibile. Nessuno mi guarda quando passo e se lo fanno vedo solo derisione...”  Citò le parole che lei aveva scritto nell’intimo delle sue confessioni e altre risa si levarono intorno a lei.
Non doveva piangere. Se lo ripetè ancora, mentre le lacrime cercavano di scivolare sul volto. Non l’avrebbe data vinta a quelle Serpi.

“Drake Zabini non guarderebbe mai una come me, anche se a volte immagino che un giorno lui apra gli occhi e si renda conto di me. Desidero tanto che lo faccia, non dovrei parlarne con te ma sento che posso fidarmi. Credo di amarlo, forse da sempre e non riesco a immaginarmi insieme a qualcun altro che non sia lui...” Questa volta fu Aisha a leggere e altre risate melliflue raggiunsere l’animo di Maddy, disintegrandolo del tutto. Questa volta le lacrime ebbero la meglio e lei non trattenne i singhiozzi.

“Se immagino il primo bacio? Sì, e riesco ad immaginarlo solo con lui. Magari a fine partita,  con lui che viene verso di me e davanti a tutti mi bacia” Swami continuò a rivelare crudelmente  ogni pensiero che lei, innocentemente, aveva rivelato al suo amico di penna, che si era presentato come una persona gentile e comprensiva. In realtá dietro le parole dolci c’erano gli intenti malvagi di tre serpi che adesso ridevano a crepapelle umilandola. 

“Sei proprio una stupida ragazzina, Diggory” Tyra sfoderò un altro segreto, e un altro ancora, dando a Maddy altri motivi per piangere e voler sprofondare nella terra. Non riusciva a muoversi, riusciva solo a piangere e sentire le risate su di se, schiacciandola, distruggendo ogni fibra del suo essere. Disintegrandola con l’umiliazione. 

“Che succede qui?” Le risate si spensero e la voce di Drake le giunse alle spalle. Sperò con tutta se stessa che non avesse ascoltato una singola parola e non ebbe il coraggio di voltarsi e farsi trovare in lacrime. Si sentiva piccola e stupida, fragile, tanto da essere stata distrutta da semplici parole.

“Niente, ci divertiamo. Ci sono cose che riguardano anche te, vuoi ascoltare?” Tyra sventolò altre pergamene in direzione di Drake e la reazione fu istintiva. Maddy si avventò contro il suo braccio, cercando di sottrarle i suoi pensieri e le urlò di smetterla tra le lacrime, ma fu scaraventata a terra.

“Guardate: la piccola Diggory sta piangendo! Sei ridicola!” Tyra la derideva con una nota di fastidio nel volto, e non aveva intenzione di smetterla, trovando l’appoggio degli altri. 

“Adesso smettila, Tyra! Se la tua vita è noiosa questo non giustifica il tuo comportamento da troia infida!” Le risa si spensero con l’urlo rabbioso di Drake. Non aveva mai mostrato uno sguardo tanto duro e serio, tanto da stupire la stessa Tyra che incrociò le braccia al petto, infastidita. 

“Da quando sei diventato noioso?” Erano increduli quasi tutti di fronte a quella presa di posizione, anche Meddy che si strinse alla sua mano per rimettersi in piedi. 

“Da quando le persone come te mi fanno scoppiare le palle per quanto siano prevedibili. Occupa il tuo tempo altrove, magari qualcuno qui in mezzo vuole farsi una scopata.”
Si spensero le risa che furono sostituite da sussurri increduli e civettuoli. Anche Aisha e Swami erano ammutolite di fronte al comportamento irrispettoso che Drake stava rivolgendo alla sua ipotetica ragazza. Anche se dopo quell’episodio molti dubitavano di poterli rivedere insieme.

“Cosa c’è Drake, adesso ti metti a fare anche beneficenza?” Maddy non riuscí a reggere lo sguardo derisorio che Tyra le riservò mentre pronunciava quelle parole. 

“In realtá l’ho sempre fatta, portandomi a letto te tutto questo tempo!” Fu la frustrata finale che Drake le riservò, prima di assicurarsi che Madison stesse bene, o almeno avesse smesso di piangere.

“Andiamo” Le strinse le spalle e, ignorando i presenti, si allontanò affiancandola.

"Stai bene?" Era una domanda sciocca, dato che era in piena crisi di pianto. Singhiozzava, cercando di proteggersi il viso e non mostrargli l'effetto ottenuto dalla cattiveria sprigionata dalle tre serpi. Ma Drake sentí il dovere di chiederglielo. Sentiva il dovere di assicurarsi che poteva riprendersi da quella situazione. Madison era come sua sorella: fragile, bisognosa di protezione e lui sentiva il dovere di fornirle un appoggio o una spalla sulla quale aggrapparsi in quelle situazioni. Anche se non era stato mai un portento in quelle cose.
Camminarono in silenzio quasi per cinque minuti, incapaci di pensare cosa dire. Maddy voleva solo sparire e Drake avrebbe preferito  non  ascoltare le cose che aveva sentito metà dormitorio Serpeverde. Si fecero compagnia in silenzio, poi Drake, utilizzando i suoi buon intenti, spezzò la tensione passandole un fazzoletto. 

“E' vero quello che… hai scritto?” Maddy fu presa alla sprovvista e per evitare di rispondere si soffiò il naso, continuando a guardare il pavimento. 

“È stato questo il motivo per cui hai litigato con Mya?” Un’altra domanda a cui avrebbe preferito non rispondere. Così fece, confermando i pensieri di Drake che si sentí immergere in una situazione senza uscita. Madison era simpatica, ma non vedeva oltre il semplice involucro mingherlino e indifeso. Era estremamente fragile e lo manifestava quitidianamente. Riusciva solo a percepirla come una persona da proteggere, ma nulla di piú. Lei era dolce, forse la ragazza piú dolce che avesse mai conosiuto, ma lui era Drake Zabini e non c’era altro da aggiungere. Respirò a fondo, sperando di ricevere qualche consiglio utile dalla sua mente eccelsa. Ma in quel momento governava l’aria e l’imbarazzo.

“Putroppo, sono davvero irresistibile...” Volle tentare di spezzare l’imbarazzo di Madison ma il risultato fu uno sguardo furioso. Non l’aveva mai vista in quello stato e non riuscí a trattenere un sorriso.

“Non guardarmi così, Madison! Sei troppo buffa” Le prese le guance e tentò di farla sorridere, ma i suoi tentativi erano uno piú disastroso dell’altro.
Si grattò il capo in cerca di una soluzione a quel disastro, ma non sapeva come rivolgersi. Madison gli camminava accanto in lacrime e lui non aveva idea di cosa dirle.

“Madison... se fingessimo che io non abbia sentito nulla riguardo al bacio e la partita? Anche perchè non è una cosa che farei… insomma, io passerei subito al dopo bacio. Cioè... non con te, sia chiaro... ma immaginarmi a fare quelle cose romantiche…” Era un disastro con i discorsi, era una certezza che non avrebbe mai confutato. Ma, per quanto si sforzasse, quello fu il massimo che riuscí a dirle. Maddy si irrigidí e si impiantò come una statua al pavimento. La rabbia le salí dalla punta delle dita fino al volto, avvolgendola in un alone di calore e prossima esplosione. Se avesse detto qualcos’altro la sua natura pacata sarebbe stato solo un ricordo.

“Sembri un semaforo. Sei tutta rossa... ho detto qualcosa che non va?” Come poteva essere così stupido? Era reale quell’inconsapevolezza che dimostrava? Era reale quella stupiditá? Maddy fu trafitta dalla rabbia piú acuta e non urlò perchè voleva mantenere la sua integrirá psichica. Così battè il piede sul pavimento, scaricando tutta la tensione e la rabbia, sotterrandola nel pavimento. 

“Sei un IDIOTA!” Fu acuto e stridulo quell’insulto e, senza aggiungere altro, voltò le spalle a Drake e lo piantò lí, senza risposte e senza alcun chiarimento. 




**




Bree ormai era uno spettro, un riflesso di se stessa. Noah aveva cercato in tutti i modi di farla uscire dalla sua stanza chiedendo aiuto anche a Liam, che fingeva ogni volta che la colpa non fosse sua. Bree soffrira nel dover nascondere a suo fratello la veritá sul suo migliore amico. Ingannarlo che il suo era solo stress da studio, che quella privazione fosse di sua spontanea volontá, nascondendogli la veritá. Noah si fidava di Liam, considerandolo l’altra sua parte, l’altrea metá di sè e al quale avrebbe chiesto sempre aiuto. 
Lei non poteva essere la causa di quella separazione e non avrebbe mai detto a Noah, come a nessun altro, quanta oscuritá potesse nascondere. Ormai era rilegata, prigioniera della gelosia, e ciò che era rimasto della loro relazione era la paura, l’umiliazione e lievi attimi di calma apparente in cui Bree riusciva a vedere il vecchio Liam. Quello conosciuto durante l’estate trascorsa in casa Potter. Il dolce Liam che, prima di iniziare la storia con lei, aveva pregato Noah affinchè gli concedesse quella “grazia” data con promessa di prendersi cura di lei. Promessa non mantenuta, all’oscuro di Noah. Ma quel giorno Bree aveva deciso di scardinare le regole che Liam le aveva forzatamante imposto. Era sgaiattolata fuori dal dormitorio, approfittando degli allenamenti della squadra e, attenta a non farsi vedere da amici o conoscenti di Liam, aveva percorso quasi di corsa le scale, diretta all’aula di Astronomia. Quelle fughe erano iniziate da poco e inizialmente le erano sembrate sciocchezze. Ma le ore trascorse lí, pian piano, avevano assunto un altro viso, un altro aspetto, fino a diventare l’unico motivo che la facevano sorridere e dimenticare per un attimo quella sua situazione inverosimile. 
Entrò in aula e chiuse immediatamente la porta, con il terrore di veder giungere Liam. 

“Non è corretto farmi aspattere così a lungo, Potter.” Kenny era seduto ad uno dei banchi a rigirarsi la penna di piuma d’oca tra le dita. Chiunque avesse scoperto di quegli incontri clandestini avrebbe pensato male, inconsapevole che quegli incontri erano innocenti, senza alcun secondo fine, se non distrarre Bree da tutto quell’inferno. Kenny aveva mantenuto la parola di rispettarla e non aveva tentato, nemmeno per un secondo, un approccio malizioso. Era rimasto fedele alla promessa di non invaderla, di smetterla con i suoi approcci aggressivi e restarle accanto come un semplice amico. 

“Scusami, ho dovuto aspettare che Liam andasse agli allenamenti...” Si vergognava di dover ammettere quelle restrizioni, ma Kenny sapeva come non fargliele pesare.

“Non mi interessa, sono qui da cinque minuti e questi calderotti non si mangiano da soli.” Sorrise, sfoderando da sotto il banco una busta stracolma di calderotti pronti per essere consumati. Era una quotidianitá ritrovarsi in quell’aula per semplice studio a mangiare fino al mal di stomaco. Si sentiva una bambina che disobbediva alle cure della madre. E tutto questo era iniziato dopo l’incontro avvenuto in biblioteca. Kenny si era riavvicinato a lei e le aveva proposto un leggero distacco dalla realtá, un piccolo spazio lontano dai disastri. Non le aveva fatto domande invasive, non aveve insistito. Aveva deciso di stare li seduto a mangiare dolci e parlare del piú e del meno.

“Cosi mi vizi! E non entrerò nei jeans il prossimo mese.” Bree gli si sedette accanto e prese un calderotto: i suoi preferiti. Li mangiarono in silenzio, guardandosi masticare e sorridere. 

“Quando mastichi ti vengono occhi a palla!” Kenny mimò il modo di masticare di Bree ricevendo uno schiaffo gentile sul braccio
.
“Ma non è vero! E poi pensa a te, che sembri uno che non mangia da settimane” Si finse offesa ma il sorriso la tradí.

“Ma smettila! Io sono meravoglioso anche quando mangio. Irresistibile come questi calderotti.” Ne addentò uno voracemente facendola sorridere. Quando si trovava con lui, Bree dimenticava per un attimo l’errore che stava accettando, la paura di non riuscire a lasciar andare quella situazione spiacevole che le stava risucchiando l’anima come la pelle dalle ossa. Era scheletrica e fragile, ma quando interveniva Kenny riacquistava forza. Averlo come amico l’aveva salvata dalla sua fine e aveva fatto rinascere la speranza che Liam sarebbe ritornato quello di un tempo.

“Certo. Se continui a mangiarli diventerei esattamente un calderotto” Il tempo a loro disposizione era limitato e Bree glielo fece notare prendendo i libri di “incantesimi”, materia che Kenny avrebbe sempre faticato a comprendere. 

“Dobbiamo gia studiare? Questo libro mi deprime solo a guardarlo” Kenny fece aderire il volto con la superfice fredda del banco, rifiutandosi di guardare l’enorme tomo che Bree aprí e sfogliò.

“Tu hai chiesto il mio aiuto, quindi adesso con buona volontá cerchi di far entrare in quella testa quadra piú informazioni possibili. Su, alza questa testa!” Bree lo afferró per il bavero della camicia e lo rimise in ordine. Era divertente quando tentava in tutti i modi, anche i piú ridicoli, di farle passare il tempo non tenendola segregata in camera. Poteva chiedere aiuto a chiunque, come ad esempio Violet, che si era prestata dispnibile. Ma lui aveva deciso di chiedere aiuto a lei proprio per farle riprendere il respiro, e lei fingeva di non saperlo, anche se era evidente dato che essendo di anni differenti studiavano argomenti diversi. La banale scusa usata da Kenny era stata pessima. Dirle di studiare insieme così che in dubbio lei avrebbe potuto aiutarlo non era stata credibile, ma apprezzava tutto ciò che stava facendo.

“Aspetta…” Aveva promesso la massima distanza, ma fu istintivo pulirle l’angolo delle labbra leggermente sporche per i calderotti. Non pensò alla violazione dell’accordo e per fortuna non ebbe nessuna reazione sgradevole da parte di Bree, cosa che lo rincuorò fortemente; non l’avrebbe vista scappare in lacrime. Bree rimase ferma al suo posto, nascondendo l’imbarazzo che quell’impercettibile gesto le aveva causato. Lo ringraziò per ritornare al punto prima dell’interruzione. Finse di non aver sentito la scarica di leggera adrenalina risucchiarle lo stomaco. Finse l’indifferenza totale, mentre tentava di far capire a Kenny un incantesimo abbastanza complicato che aveva imparato, pronta per quella lezione di recupero clandestina. Parlava ma la sua mente era rimasta a quel gesto e una piccola parte di lei sperò che quei momenti potessero continuare ancora a lungo. Kenny forse non se ne rendeva conto, ma l’aveva salvata.




**




Maddy aveva faticato molto per chiedere scusa a Mya, ma tutto era avvenuto in modo così naturale che, quando Mya se la ritrovò in camera, non ebbe bisogno di mantenere il punto della questione. La portò nella stanza delle Necessitá e lì lasciò che parlasse e piangesse, lasció che tutto il dolore causato non solo dalle tre serpi ma anche da Drake scivolasse via con le lacrime. E, quando le chiese scusa, Mya le sorrise dolcemente. 

“Forse un giorno la fortuna girerá anche dalla nostra parte...” La meraviglia di quella stanza era che potevano essere ovunque, bastava solo desiderarlo. Quella sera decisero di addormentarsi sotto le stelle. Mya aveva raccontato a Maddy quello che era accaduto in infermeria e come era mutato tutto da allora. Non pianse ma non negò la presenza di dolore.

“Quando chiedo ai miei genitori com’era la loro vita a Hogwarts, loro mi rispondo sempre che adoravano questo posto. Mi chiedo cosa hanno sbagliato con me...” Maddy guardava le stelle e quella domanda, detta a voce alta, fece sorridere entrambe.

“Mio padre era come Drake. Mamma lo dice sempre... eppure lei è riuscito a cambiarlo” Mya finse di prendere una stella, tentativo invano, in quanto erano finte e pura riproduzione di un loro desiderio.

“Mio padre era Capitano della squadra, Prefetto e Campione del Tornero Tremaghi. Il gene Diggory non mi ha sfiorato minimante.” L’ironia era l’unica arma per contrastare gli spiacevoli eventi capitati quel giorno, nonostante molte volte Maddy avesse sentito la sofferenza di non incarnare alla perfezione il talento di suo padre, oppure la bellezza della madre.

“Mia madre fece innamorare mio padre nel giro di un giorno, mentre io non riuscirei a far innamorare Kyron nemmeno se ci chiudessero insieme in una stanza per dieci anni e gli farei bere l’amortentia. Ammettiamolo, Maddy, siamo delle perdenti!” Si guardarono e inevitabilmente scoppiarono a ridere, deridendosi, deridendo la loro disastrosa situazione.

“Tuo fratello Drake ha detto che con me non farebbe nemmeno l’amore... E detto da lui, che farebbe sesso anche con la McGranitt, mi fa capire quante possibilitá ho.” Risero ancora, con le lacrime agli occhi. 

“Siamo peggio di Mirtilla Malcontenta, e lei è morta!” Si piegarono in due, ormai rimaste solo con quella dose di autoironia come unica fonte di sopravvivenza a quelle veritá inconfutabili.

“Almeno non sono sola! Ho te.” Maddy si asciugò le lacrime di ilaritá e sorrise a quella costatazione.

“Non è un granchè di cosa, ma almeno anche io ho te.” Fecero apparire due flûte colmi di burrobirra e, sotto le stelle, brindarono alla loro sfortuna e al loro cuore spezzato. 


 


Angolo autore:
Ragazze! Dopo tanti mesi sono ritornata. Ricordate che avevo promesso che sarei stata piú presente? Be', mi sbagliavo. Non ho nemmeno concluso il mio percorso universitario che ne ho subito iniziato un altro e quindi sono messa peggio di prima. Però questo non mi ha impedito di ritagliarmi qualche oretta e scrivere il nono capitolo. Spero che non mi abbiate abbandonato e che il mio rientro venga accolto con gioia! 
Questo capitolo come potete notare fa parte della collezione “disastri”. Non riesco a scrivere un capitolo in cui questi poveri personaggi  trascorrono una giornata qualunque, da semplici studentelli! Ma spero e mi auguro di non avervi deluso! Non so quando scriverò il prossimo capitolo... Ho già elaborato tutto, devo solo trovare il tempo per scriverlo, quindi mi perdonerete se non aggiorno quotidianamente!
Alla prossima, sperando il più presto possibile! Un bacio 
Medy <3

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Capitolo 10
*** Stitches ***





Elastic Heart

"Stitches"


Le settimane precedenti Natale erano un scoppio di luci e festa. Le lezioni sembravano piú sopportabili, come le persone. Dakota in quelle settimane aveva aumentato gli allenamenti, ritrovandosi spesso a contrastarsi con gli altri capitani, contrari nel dover sempre sottostare alla sua precedenza. Piú volte Drake, ignorando la presenza della Squadra di Corvonero, aveva allenato i suoi giocatori minimizzando le urla di Dakota di andar via. Voleva vincere a tutti i costi e imponeva alla squadra allenamenti piu duri del normale. 
Anche quel pomeriggio era diretta al campo, con un piccolo intralcio che la fece ritardare di qualche minuto. Ormai Noah era deciso a non demordere e, ogni volta che ne aveva l’occasione, la intratteneva con sciocche proposte che ricevevano sempre la medesima risposta.

“Venire al ballo di Natale con te? Potter ti ricordo che io ho un fidanzato". Il volantino, preparato dal "Team Alyson", fu accartocciato nelle mani e gettato senza che ricevesse attenzione. Noah le camminava accanto, sorridendo a quella presa di posizione che la faceva apparire ancora piú dura del normale. Ma entrambi sapevano che era solo un modo per non rivelare la debolezza che ancora aveva nei confronti di Noah.

“Per me non hai nessun ragazzo. Anche perchè dovresti stare con me.” Aveva impiegato troppo tempo per assumere quell’aria decisa. Ma ormai Noah aveva fatto i conti con i propri sentimenti ed era giunto alla conclusione che era stato solo un idiota ad aspettare tutto quel tempo.

“Queste cose dovevi dirle due anni fa, ma adesso è tardi!” Ormai le carte erano state mostrate. Inoltre Dakota provava un certo piacere nel gettargli contro le colpe: voleva approfittare della sua posizione sopraminente. Le cose si erano capovolte e Dakota provava un piacere cattivo nel vedere Noah nella posizione che fino a poco tempo prima era stata occupata da lei.

“Ancora con questa storia? Quante volte devo ripeterti la stessa cosa?” Camminavano parallelamente per il corridoio e nessuno sembrava notare i due che - dopo due anni di silenzio - erano ritornati a parlare. Nessuno che non fosse Alyson o chiunque la conoscesse.

“E' bastata ascoltare una volta le tue sciocche scuse che non crederebbe nemmeno un Troll. Quindi risparmia fiato.” Voltarono l’angolo, con Dakota che puntava lo sguardo sul percorso mentre Noah guardava lei, divertendosi nel notare l’enorme sforzo di Dakota di apparire indifferente e cazzuta. 

“Dakota, è vero! Cioè mettiti nei miei panni. Se vedessimo la cosa come un enorme fraintendimento, potremmo viverla diversamente...” Dakota si fermò come una furia, ma la sua figura al confronto con quella di Noah non intimoriva, nonostante lo sguardo omicida che assunse.

“Quale fraintendimento, Noah? Il fatto che tu per due anni mi abbia sostituito con un'altra ragazza quando potevamo stare insieme? Oppure che io mi sia illusa che potevo piacerti e magari iniziare insieme una storia, per poi scoprire che ti piaceva Alyson? Cosa ho frainteso?” 

“Abbiamo frainteso entrambi! Io credevo di non piacerti e tu credevi la stessa cosa.” Quella storia l’aveva ripetuta così tante volte Noah che Dakota non sopportava piú di ascoltarla.

“Con la differenza che TU ti sei consolato subito, invece di provare a fare un tentativo!” Puntellò un dito sul suo petto e si imbarazzò per il lieve contatto che ebbe con i muscoli ben nascosti sotto la ligia divisa e il finto perbenismo da Prefetto.

“Anche io ero un ragazzo insicuro! Se mi avessi rifiutato? Alyson giá aveva tentato di approcciare con me e ho deciso di navigare in acque sicure. Credevo di poterti sostituire, ma vederti con Regan mi fa torcere le budella.” Tentò di stringerle le mani, ma Dakota fu piú veloce e gli sfuggí.

“Benvenuto nell’inferno nel quale sono stata per due anni!” Non avrebbe dimenticato il dolore allo stomaco che per due anni l’aveva perseguitata, il martellante pensiero di spaccare il viso di Noah Potter ogni volta che lo incrociava per i corridoi, l’odio per i suoi tentativi di comprendere perchè si fosse allontanata e non arrivando mai all’unica soluzione.

“Possiamo evitare tutto! Tu lasci Regan e, dato che io ed Alyson non stiamo piú insieme, possiamo riparare agli errori di due anni fa.” Era inverosimile il solo fatto che Dakota ancora lo ascoltasse. Proruppe in una risata ironica.

“Oh ma certo! Adesso che Noah Potter ha finalmente aperto gli occhi facciamogli trovare tutto pronto! Quanto sei egoista, Noah?” Gli voltò le spalle, non volendo ascoltare quelle stupide proposte che non avevano un senso logico o accettabile. 

“Ho detto tutto ad Alyson. Le cose che ho detto a te sono state le stesse che ho detto anche a lei. Questo dovrebbe farti pensare che non sto dicendo solo stronzate.” La scenata di pianto isterico e preghiera affinchè Noah riprendesse coscienza dei propri sentimenti, era ancora vivido, come se fosse accaduto pochi minuti prima. Si era sentito un vero mostro. Aveva cercato di calmarla ma, aver negato per troppo tempo che in realtá lui desiderava stare con Dakota, lo aveva condotto al limite dell’infelicitá. Aveva usato parole piú dolci possibili ma non erano bastate. Alyson aveva urlato come non mai, pianto incontrollabilmente ed aveva tentato di strapparsi i capelli. Ripensare a quella scena faceva ancora un brutto effetto.

“Bene! Tra poco la furia di PsychoAlyson si abbatterá su di me. Noah ascolta…” Frenò nuovamente l’infinita camminata che l’avrebbe dovuta condurre al campo e prese Noah per le spalle, o almeno tentò di arrivare alle spalle. Ma l’unico risultato fu stringergli appena le braccia. 

“Sai quanto ho desiderato vederti arrivare e rivelarmi i tuoi sentimenti? Avevo 11 anni quando ho realizzato di avere una cotta per te. E adesso a distanza di anni sono ancora qui che…” Noah sorrise alla sua ammissione che, nonostante tutto, le cose non erano cambiate.

“Volevo dire che dopo tanti anni ero ancora speranzosa!” La giustificazione non fu abbastanza.

“Hai appena ammesso che non ti sono indifferente! Lascia Regan, Dakota! Cavolo abbiamo aspettato così tanto tempo e tu continui ad intralciare tutto?” Questa volta Dakota non riuscí ad evitare la presa intorno ai polsi e in parte volle che accadesse. 

“Tu hai voluto intralciare tutto, non io!” Mantenere il punto della rabbia non sarebbe servito. Chiarirsi in toni pacati però le avrebbe solo fatto abbassare la guardia. Infatti Noah la strinse, affondando il volto nei capelli che sciolse dalla presa del codino.

“Sono stato uno stupido. Però cazzo Dakota! Non andartene un altra volta. Non sopporto vederti con quello quando sappiamo entrambi che tu dovresti stare con me!” Era maledettamente vero. Dakota aveva immaginato tutto perfettamente, e Noah era sempre stato il protagonista dei suoi viaggi mentali in cui il sogno romantico si realizzava senza intralci. Ma quella era la realtá e non uno dei suoi sogni, e nella realtá Noah le aveva spezzato il cuore e lo aveva fatto per ben due anni. Non avrebbe dimenticato, nemmeno un secondo, che Noah era stato il motivo dei suoi pianti e delle sue insicurezze, della sua chiusura al mondo, del suo sguardo truce e arrabbiato e della sua personalitá diffidente. Lui aveva creato il mostro che teneva alla larga tutti.

“Mi hai rovinato il progetto del primo amore. E non posso passare sopra ad una cosa così importante.” Lo allontanò aggressivamente, riprendendosi il codino e legando i capelli nuovamente. 

“Avevo immaginato di fare ogni cosa con te e tu mi hai rovinato tutto! Non la passerai semplicemente perchè adesso la tua stupiditá ha fatto spazio alla poca ragione che naviga nella merda del tuo cervello! Quindi, Noah, lasciami stare e lascia che Regan mi dia tutto quello che TU HAI RIFIUTATO DI TUA SPONTANEA VOLONTÁ di darmi. Adesso lasciami raggiungere la squadra.” Sfoderò la bacchetta al tentativo di Noah di fermarla ancora, e in risposta ebbe un alzata di mani, segno di resa.




**




“Da quando voi Casanova andate in giro a seminare fiori, non avete tempo per il vostro amico.” Drake si aggrappò ad entrambe le spalle di Kenny e Kyron: erano i reduci da un test di metá anno. La McGranitt non aveva risparmiato nessuno con le prove, quasi impossibili, che aveva fatto svolgere agli studenti del settimo anno Serpeverde e Tassorosso, che adesso si gettarono tra la folla, tutti con il volto della paura e stanchezza.

“La brutta vita di noi cattivi ragazzi.” Ultimamente le riunioni, le feste e altri incontri per soli uomini si erano ridotte, tenendo Kenny, Kyron e Drake lontano per la gioia dei professori e tutta Hogwarts. Il settimo anno si stava presentando impegnativo, molto piú di quanto potevano aspettarsi e le varie situazioni avevano influenzato, incosciamente, anche loro. Kenny, tra il tentativo di salvare Bree dal baratro della depressione e le varie uscite - inaspettatamente prolungate a piú di una - con Violet, stava tenendo fuori dalla propria vita i due amici. Esattamente come Drake, troppo impegnato nella disfatta di Ameliè e le ripetizioni di Madison. Kyron invece, dopo le varie vicende che avevano coinvolto anche Mya, voleva ritrovare la giusta calma per non far notare a Drake il suo cambio d’umore. Era arrabbiato con se stesso per le cose orrende che le aveva detto, e anche gli incontri con Ameliè non avevano mitigato la frustrazione.

“Ragazzi mi mancate! Vedervi solo in orari legali mi fa pensare che vogliate rompere con me.”

“Da anni sto provando a rompere con te e solo adesso te ne rendi conto?” Kyron volse un sorriso ironico all’amico e, inconsapevolmente, fece battere freneticamente il cuore di tre ragazze del secondo anno. Vederli insieme era uno spettacolo per gli occhi delle studentesse: camminavano come se avessero pieno potere sul mondo, con l’arroganza giovanile che li tutelava da qualsiasi perturbazione, illusi di non avere altro a cui pensare. Anche se ognuno di loro, vergognosamente, avevano piccole preoccupazioni che potevano turbare il loro animo quasi onnipotente. Preoccupazioni che si rivelarono sulla loro strada: Maddy, Mya e Bree erano appena uscite dalla Biblioteca e le loro strade si incrociarono. Il destino voleva prendersi gioco di loro.
Kyron sorrise tra se': almeno Mya aveva chiarito con Maddy e, fino a quando non si scontrarono, il suo viso era lucente di felicitá. Esattamente come Bree che dopo molto tempo era riuscita ad uscire e stare tra le persone, anche se non potè salutare Kenny, che finse di ignorarla. 

“Invece di andare in giro, perchè non rientrate in classe?” Drake fu l’unico a rivolgersi al trio, cercando un appriccio con Madison che, arrossendo, quasi si nascose dietro Mya. Era ancora imbarazzata per ciò che era accaduto la settimana prima, riducendo le ripetizioni con Drake ad uno scambio di mugolii di assenso. Non riusciva a parlargli liberamente, ancora offesa per ciò che le aveva detto. Era consapevole di non piacergli, ma dichiararlo apertamente aveva confermato le sue insicurezze, lasciandola senza speranze.

“Potrei fare lo stesso discorso per te, fratellino! Scrivo alla nonna se non fai il bravo.” Kyron soffocò una risata: l’unica donna che faceva tremare Drake Zabini era sua nonna, e Mya approfittava di quella debolezza ogni volta che le conveniva.

“Sei perfida!” Drake le scosse i capelli, divertito. Erano rari i momenti in cui Drake si faceva trovare in collera o rabbioso, e Maddy aveva assistito a quella trasformazione durata pochi secondi. 

“Vai a fare il bravo ragazzo, che è quasi Natale!” Mya tentata in tutti i modi di apparire “normale”, felice, dopo la brutale realtá della natura di Kyron. Ma qualcosa era visibile, abbastanza da far insospettire Drake, che guardò entrambi. Non si scambiarono un solo sguardo, Kyron e Mya, ne un semplice “ciao” provenne dalle loro bocche. 

“Sono sempre buono, non solo a Natale.” Drake finse indifferenza per quei dettagli e scoccò a sua sorella un bacio sulla guancia, prima di prendere nuovamente Kenny e Kyron sotto la propria ala ed allontanarsi con passo disinvolto. Anche il trio delle ragazze riprese a camminare con finto disinteresse, tenendo per sè i sentimenti provati nell’aver incontrato il terzetto dei Serpeverde.

“C’è qualcosa che non va tra te e mia sorella?” Quando furono abbastanza lontani, Drake manifestò le sue osservazioni, facendo irrigidire Kyron e tastando il tasto dolente che aveva voluto tener per se'. Ma Drake meritava la sua completa sinceritá, erano migliori amici e lui avrebbe consacrato il loro rapporto sempre.

“Diciamo che tra me e Mya si sono rotti i rapporti...” Drake era consapevole anche del motivo, ma lasciò che continuasse.

“Le ho detto di starmi alla larga perchè non sono l'ideale per lei. E il risultato è stata la totale indifferenza.” Kenny lo scrutò torvo. Quella genialata gli era nuova, esattamente come era nuova a Drake, che gli rivolse la medesima occhiata.

“Perchè non saresti l'ideale per lei?” Forse Kenny aveva dimenticato che c’era anche Drake. Ma anche quest'ultimo sembrò curioso di sentire la risposta dell’amico.

“Perchè non posso prenderla in giro! Perdonami Drake ma non penso a Mya in quel modo...” 

“Tu non pensi a nessuna in quel modo” Lo riprese Kenny, ignorando del tutto che era della sorella di Drake che stavano parlando.

“Prima di tutto, ricordiamo che è sempre di mia sorella che stiamo parlando. Quindi, prima di dire qualsiasi cosa, misurate bene le parole.” Si fermarono all’unisono fuori l’aula di Difesa contro le arti oscure, in attesa del resto degli studenti e del professore. Kyron si portò le mani al volto, che stava iniziando a sudare: quel discorso lo metteva in agitazione. Tutto ciò che riguardava il discorso “sentimenti di Mya” lo metteva in agitazione. Mentre Kenny, non avendone parte, era rilassato e desideroso di aprire una discussione, anche per capire cosa ne potesse pensare Drake, che da ubriaco già aveva detto la sua.

“Inoltre apprezzo tanto che tu sia stato sincero con Mya. Se hai ancora intenzione di viverti la vita io non ti permetterei di avvicinarti a lei. Solo in casi eccezionali, potrei dare il permesso a Mya di frequentare un mio amico. Ad esempio quando avrá raggiunto la maggior etá e magari io non li vedessi insieme.” Anche Drake faticava nel trattare argomenti del genere. Immaginare Mya nelle braccia di un qualunque uomo gli dava alla testa, soprattutto consapevole delle tante cose che potevano accadere tra un uomo e una donna. Scosse la testa, scrollandosi quei pensieri inaccettabili dalla mente. No! Mya non avrebbe mai avuto un fidanzato. Quella vocina insensata lo fece calmare e riacquistare la luciditá e la ragione. 

“A prescindere da Kyron, è un discorso egoistico il tuo. La povera Mya dovrebbe negarsi la normalitá solo perchè sei tarato?” Drake ricevette una sberla dritta sulla fronte. Kenny lo stava rimproverando per il suo ruolo di fratello estremamente oppressivo che svolgeva severamente. 

“Non hai una sorella per poter capire! È come sapere che tua madre se la spassa con un tuo amico!” 

“Mia madre può spassarsela con chi vuole, se vogliamo metterla su questo piano. Ti sto semplicemente dicendo che negare qualcosa a Mya non vuol dire che non la fará! È meglio che lo faccia apertamente, in modo che tu possa tenerla sotto controllo, oppure che te lo faccia sotto il naso, facendoti prendere per idiota e rischiando, oltremodo, di farle fare qualche cazzata?” Kyron si teneva fuori dal discorso filosofico di Kenny, che riuscí a mettere in dubbio Drake. Glielo si poteva leggere chiaramente in faccia che stava ascoltando interessato, riconoscendo che l'amico non stava sparando parole insensate o sciocche. 

“Non sono ancora pronto, ok? È ancora piccola e deve studiare!” Ma la piccola coscienza impersonificata in Kenny non fu abbastanza convincente. Per quanto potesse sforzarsi nel dargli ragione e prendere quelle parole come sacre, Drake avrebbe sempre faticato nel concepire sua sorella in determinati atteggiamenti. Se poi erano fatti con Kyron o chiunque lo conoscesse, l’idea diveniva maggiormente insopportabile. 

“Tu alla sua etá giá avevi scopato con mezza Hogwarts!” Forse, crescendo, le persone dimenticavano come si era da “ragazzini”, ma ci sarebbe stato sempre qualcuno a farglielo ricordare, come appunto stava facendo Kenny con Drake.

“Io sono un uomo, gli uomini  fanno queste cose per un bisogno fisiologico!” Il maschilismo ben insediato in lui scoppiò fuori prepotente e villico.

“Tua sorella ha semplicemente preso una cotta per Kyron e, se  lui la ricambia, tu non dovresti metterti in mezzo!” Quel discorso stava sfiorando corde pericolose, ma forse la forza della loro amicizia risiedeva proprio in quello: sinceritá sputata senza proibizioni, non temendo un litigio. Kyron entrò subito nel discorso, acquietando i toni e mettendo fine alla conversazione.

“Io non la ricambio. Quindi non c’è alcun rischio che tra me e Mya nasca qualcosa.” Tendeva a giustificarsi troppo con Drake, colpevole in parte di aver pensato, anche se per poco, che l’unico motivo per cui si teneva lontano da Mya era la paura della reazione di Drake, paura della sua instabilitá. Ma quel dubbio si era insediato prepotentemente e cacciato con la medesima prepotenza, senza che venisse analizzato. 

“Comunque, Kyron, mia sorella è una femmina. Anche io ho detto a Madison che non avrei mai fatto l’amore con lei, e da allora non mi parla piú.” Drake lo disse come se non avesse detto nulla di male, con tono di comprensione per l’amico che aveva rivevuto la medesima ingiustizia.
Kenny si coprí il volto con incredulitá.

“A volte mi chiedo se tu sia davvero cosí STUPIDO, oppure fai solo finta!” Kyron imitò l’amico, ed entrambi lo guardarono con il sorriso di chi aveva visto la McGranitt correre nuda per il Castello.

“Sono stato sincero! Avrebbe dovuto apprezzare, e invece si è infuriata come una bestia.” Dopotutto nel gergo di Drake il "non voler far sesso" equivaleva ad un tentativo di dimostrare rispetto e bene. Ma quel ragazzo era indecifrabile, come un antico codice compreso solo da chi lo aveva creato.

“Dire ad una ragazza che ha una cotta per te: "non farei mai l’amore con te" equivale a dirle che è tanto orrenda da non riuscire a farti rizzare l’uccello nemmeno se si facesse trovare nuda nel tuo letto e, credimi, nessuna vorrebbe sentirsi dire una cosa del genere!” Quel giorno Kenny era l’unico con sale nella zucca e luciditá. 

“Io l’ho detto perchè è vero! Non riesco ad immaginarmi con Madison. È molto piú simile a Mya che ad una Tyra!” Il professore raggiunse l’aula. Aveva il fiatone dovuto alla corsa fatta per arrivare puntuale, ma erano già stati buttati 10 minuti al vento. 

“Cazzo Drake! Sei un caso perso! Anzi lo siete entrambi.” La statura di Kenny non gli permise di prendere entrambi per il collo, ma le pacche sulle spalle furono un suo modo per rimproverarli, mentre li conduceva in aula.

“Da quando stai frequentando assiduamente Violet sei diventato piú saggio, Nanetto.” Drake gli prese la testa e gliela grattò violentemente, ricevendo un richiamo dal professore, già arrabbiato per aver perso troppo tempo nelle sue stanze a scolarsi un’intera bottiglia di Whisky incendiario, per poi ritrovarsi semi-svenuto. 

“Sono coscienzioso, come non lo siete voi!” Gli ultimi banchi erano il loro posto d’onore. Kyron lo spintonò, facendolo quasi cadere dallo sgabello.

“E cosa ci dici degli incontri segreti con Bree? Quelli non sono atti coscienziosi...” Per quanto in quelle ultime settimane avessero trascorso poco tempo insieme, Kenny aveva fatto presente ad entrambi le preoccupazioni che aveva su Bree e sul suo modo di starle vicino. Quell’argomento gli fece acquisire un’aria piú seria, rivelando un nodo scoperto. 

“Sapete la situazione, ed inoltre mi sto comportando da semplice amico. Bree è importante per me. Rispetto il fatto che non voglia stare con me o almeno provarci, ma c’è qualcosa che non va ed io voglio aiutarla ad uscirne”. 



**



Dakota fu chiamata a rapporto dal comitato organizzativo della scuola per prestare il suo aiuto ad organizzare la festa di Natale, che avrebbe richiamato il tipico tema "regina delle nevi". Aria regale e luci fredde ed eleganti avrebbero ricoperto la Sala Grande, accompagnata da musica noiosa e dalla mania di controllo di Alyson. C’era la partita a cui Dakota avrebbe preferito dedicare il suo tempo, ma anche quel dovere doveva essere rispettato.

“Ci sarò io a impartire gli ordini a quella mandria scatenata, non preoccuparti.” Regan l’aveva accompagnata quel pomeriggio al cospetto del regno di Alyson Belby, e la rassicurò che la sua assenza non avrebbe intralciato gli allenamenti e la futura partita, che si sarebbe tenuta la mattina stessa della festa.

“Non so cosa farei senza di te. Odio queste cose, eppure mi coinvolgono ogni volta che ne hanno l’occasione.” Istintivamente si appoggiò alla sua spalla, lasciando che Regan la stringesse in una presa dolce ma al contempo forte.

“Promettimi che non appena hai finito con PsychoAlyson mi raggiungi in Sala Comune. Stasera vorrei passare del tempo con te...” Erano sempre pochi i momenti da passare insieme, completamente soli, e Regan la stava pregando affinchè succedesse. Dakota fu assalite da colpe tacite pensando a Noah, unico motivo per cui mancava sempre agli appuntamenti dati da Regan. Tardava puntualmente a causa sua, per i suoi inutili tentativi di convincerla a restare con lui e dimenticare del tutto la presenza di Regan. Tentativi che venivano rifiutati ma che ottenevano l’effetto auspicato.

“Lo prometto! Adesso però, da capitano, ti chiedo di mettere sotto torchio la squadra. Abbiamo una partita da vincere!” La Sala Grande aveva le porte sbarrate agli studenti che non facessero parte del comitato, costringendo il Preside a spostare i pranzi e le cene in un altra aula, incantata affinchè tutti gli studenti e i professori potessero entrarci. 

“Si, mio capitano” Si salutarono con un dolce bacio e Regan non si voltò fin quando non la vide sparire all’interno dell’enorme Sala, che ormai era divenuta di dominio privato. Non riusciva a placare quella voglia di starle vicino piú del semplice tempo a disposizione. Sentiva una leggerezza sotto la pianta dei piedi che gli dava la sensazione di volare, la stessa emozione ed adrenalina che provava quando era a cavallo di una scopa. Ma la paura faceva capo a quella sensazione di benessere ogni volga che incrociava Noah Potter per i corridoi. Fingeva di non notare il modo in cui guardava Dakota. Lo sguardo che lo aveva sempre accompagnato in quegli anni e che Regan aveva sempre intravisto. Ma quella volta c’era una sicurezza a farne capo, e i suoi sensi erano in allerta. Non aveva mai considerato Noah una minaccia, ma qualcosa in lui gli consigliava che non doveva abbassare la guardia, c’era qualcosa di diverso adesso che lo metteva in allerta come un predatore. Si avvió al campo da Quidditch e sperò di non pensarci ulteriormente.

“Ciao Dakota” Anche Bree era stata coinvolta in quell’iniziativa, e fu l’unica del Team ad accoglierla calorosamente. Teneva tra le mani un enorme scatolone colmo di addobbi magici e qualche fata spuntò da quel cumulo di cianfrusaglie, apparentemente delicato, salutando Dakota a sua volta. 

“Ce la fai a portare tutta questa roba o hai bisogno di una mano?” Lo stato malaticcio di Bree non era passato inosservato neanche a Dakota. I capelli erano flosci sul viso e le braccia estremamente magre. Non aveva una bella cera, nonostante volesse occultare il tutto con un sorriso.

“Ce la faccio, tranquilla! Solo che ho dimenticato la bacchetta e dovresti aiutarmi a sistemarle” Dakota accettò volentieri. Era l’unica faccia amica per l’intera Sala, occupata dalle amiche e alleati di Alyson che la guardarono di traverso, ignorandola del tutto.
E inoltre voleva parlare con Bree, con la speranza di capire il motivo del suo imbruttimento. Era trascurata, anche nel modo in cui indossava la divisa - che sembrava raccattata tra quelle usate tra sorelle per risparmiare - e non si truccava piú, cosa alquanto strana in quanto Bree aveva sempre avuto una certa cura di sè.

“Da quando mio fratello ha lasciato Alyson, tutti hanno innalzato un odio nei tuoi confronti” Bree indicò con un cenno il gruppetto delle Corvonero, che al loro passaggio mormorarono qualcosa attente a non farsi sentire.

“Non che a me interessi, tranquilla. Non ho mai voluto che mi amassero. A te, invece, come vanno le cose?” Dakota stava vivendo una situazione abbastanza particolare anche tra le sue compagne di casa, che piú del solito tendevano ad isolarla e a guardarla con furia e disapprovazione. Lei non si lasciava influenzare, ma quei particolari non erano passati inosservati a Regan, che non conosceva il particolare di Noah e dei suoi tentativi di conquista. Particolari che Dakota avrebbe preferito tener all'oscuro anche Alyson e il suo gruppo di amiche. Ma Noah era stato tanto stupido da parlare chiaro, e di conseguenza lei aveva trovato un ennesimo modo per rivoltare metá casata contro Dakota. 

“Se può consolarti, io trovo tutto molto stupido.” Bree tentò di spostare l’attenzione di Dakota su altro ed evitare di rispondere. Le cose non andavano per niente bene. Aveva una gran voglia di piangere e chiedere aiuto a qualcuno ma, ogni volta che ne sentiva il bisogno, sentiva di essere in torto nei confronti di Liam. Giá il trascorrere del tempo con Kenny all’oscuro di tutti la faceva sentire un verme, denunciare Liam avrebbe confermato quei comportamenti meschini. Liam era diventato un terrore, incarnava la paura vera. Quando trascorrevano del tempo insieme, Bree temeva che qualunque parola avrebbe potuto scatenare la sua collera, e ogni volta che rifiutava di stare con lui, si sentiva demoralizzata e umiliata. Ma tutto quell’inferno tentava di tenerlo dentro di sè.

“Bree, tu come stai?” Dakota non avrebbe spostato l’attenzione su di sè, anche perche percepiva che Bree aveva bisogno di aiuto piú di quanto ne avesse bisogno l’intera scuola. Un ennesimo sorriso finto fece aumentare i sospetti di Dakota.

“Io bene! Ultimamente mi sto stancando piú del dovuto, ma per il resto va tutto bene” Posò lo scatolone ai loro piedi, massaggiandosi le ossute braccia, e finse di concentrare il suo interesse sulle direttive che Alyson aveva lasciato ad inizio incontro. L’unico motivo per cui volle abbassare lo sguardo fu che le lacrime e la voglia di parlare con qualcuno la tradirono, facendo per poco cadere l’apparenza che stava costruendo attentamente pur di non attirare l’attenzione. 

“Noah è preoccupato per te, lo sai?” Nonostante non avessero mai toccato il tasto “Bree”, Dakota sapeva che Noah stava soffrendo particolarmente per il silenzio nel quale si stava nascondendo Bree. Aveva notato, piú volte, il modo in cui raggiungeva il tavolo dei Corvonero cercando sua sorella, oppure le piccole premure che le dedicava. Come quella mattina che le aveva portato un bicchiere di succo di zucca, vedendola estremamente pallida, e le aveva carezzato il capo con amore, non nascondendo lo sguardo quasi rassegnato di fronte a quello stato di malessere. Noah non avrebbe mai parlato, ma Dakota coglieva particolari che altri non avrebbero colto. 

“Davvero, Dakota, è un periodo abbastanza stancante ma passerá, tranquilla” Bree le passò un cristallo di ghiaccio che Dakota fece levitare fino al soffitto. 

“Qualunque cosa, puoi parlare con me. Scardiniamo la credenza che tra i Potter e i Malfoy non ci possa essere un alleanza.” Bree sorrise e assunse una leggera espressione maliziosa, priva di cattiveria.

“A scardinarla ci avete pensato già tu e Noah...” Dakota quasi distrusse un addobbo, ma riprese il controllo. A tradirla fu però il volto arrossato, nonostante finse di non capire cosa volesse dire Bree.

“So che tu stai con Regan e mio fratello è stato un vero idiota, ma io ho sempre scommesso su di voi e mantengo aperta questa speranza.” Dakota socchiuse le labbra per ribattere, ma l’arrivo di Violet zittí i suoi tentativi di distruggere le sue speranze.

“Finalmente dei volti amici!” Dakota aveva avuto pochi confronti con Violet, ma erano stati abbastanza da farla apparire simpatica. Bree invece abbassò lo sguardo, colpevole del tempo che le sottraeva con Kenny, anche se lei non ne era a conoscenza.

“Alyson è una pazza! Sta costringendo metá del comitato ad andare nella foresta proibita a cercare un albero di Natale abbastanza grande da poter mettere una riproduzione del Castello in ghiaccio” Bree sorrise, ammettendo che Alyson nel suo voler tutto perfetto e impeccabile, cadeva in richieste quasi impossibili.

“Un giorno la vedremo venir trascinata via da un gruppo di curatori...” Dakota, incurante di essere ascoltata o meno, quasi urlò quella considerazione. Non sopportava gli atteggiamenti illogici che assumeva ogni volta che doveva organizzare qualcosa.

“Avrei preferito che tu e Drake aveste organizzato qualche altra festa, come quella di inizio anno. Sarebbe molto piú divertente.” In due lavorarono molto meglio, mentre Bree indivaca dove dovevano essere posti gli addobbi.

“Non credo che gioverebbe maggiormente alla mia situazione. Vorrei evitare di attirare l’ira di Alyson su di me, anche se, a quanto pare, sta già organizzando una caccia a Dakota...” Una fata tentò di volare via, ma Dakota riuscí a catturarla e le disse -in toni gentili - che doveva raggiungere le altre e restare lì finchè la festa non si fosse conclusa. 
Entrambe le ragazze sorrisero, tentando di allegerire la tensione che poteva essere captata in Sala Grande o ovunque ci fossero Alyson e Dakota. 

“Se può consolarti io non prenderei parte ad una caccia del genere. Sei troppo carina per poterti odiare, e inoltre hai dei capelli magnifici. È impossibile odiarti.” Bree dovette ammettere che Violet era molto carina, oltre che allegra e socievole. Kenny aveva tutte le ragioni del mondo per frequentarla, e lei nessuna per sentire quella morsa di gelosia che le fece cambiare subito espressione. Kenny provava cosí tanta pena per lei da essere disposto a passare piú tempo in sua compagnia che in compagnia di Violet. Doveva essere messa davvero male. 

“Alyson ha molti altri motivi per farlo. Ma grazie per il sostegno.” Dakota manteneva sempre la sua attenzione su Bree, e notò anche il cambio d’espressione che sottolineò maggiormente l’aria trasandata.

“DOVE SONO FINITE LE FATE!” Alyson poteva essere riconosciuta solo per una semplice particolaritá: la voce stridula, fastidiosa come le unghie sulla lavagna. Dakota cercò di mantenere la massima calma, respirando a fondo e sperando che qualunque cosa le fosse stata detta, non avrebbe ceduto e creare occasioni per farsi odiare. 
Bree alzò una mano, chiamandola a sè. Le erano state date da Alyson stessa, ma pensò che avesse dimenticato quel passaggio. Stava per ricordarglielo quando Alyson, vedendo Dakota con le fate, assunse un'aria furiosa. Il suo sorriso sarcastico fece presagire aria di guai.

“Hai preso le fate senza chiedermi direttive.” Dakota - che aveva finto di non notare la sua presenza - voltò il capo verso Alyson, sfoderando il suo miglior sorriso falso. 

“Pensavo che le tue direttive fossero quelle di chiedere alle fate di posizionarsi sul soffitto e creare un fiocco di neve” Non doveva cedere, qualunque cosa le avesse detto Alyson, doveva mantenere la calma. 

“Io non ho mai detto una cosa del genere” Bree stava per rispondere, ma Dakota le fece cenno di non parlare. Non voleva che Bree pagasse per il semplice fatto che le aveva rivolto la parola. Inoltre Alyson e Bree erano amiche. Anche se, da quando Noah l’aveva lasciata, anche con lei aveva assunto atteggiamenti freddi e distanti. 

“Si che lo hai detto, Alyson. Altrimenti non avrei preso le fate senza permesso.” Involontariamente Dakota le passò una palla calda, che le permise di tirar fuori il rancore cementato in lei.

“Non sarebbe la prima volta che prendi qualcosa di MIO senza chiedermi il permesso, ALLE MIE SPALLE!” La frecciatina era rivolta a Noah e Dakota doveva tralasciare il tentativo di Alyson di ricevere una sua reazione, e piangere per l’ingiustizia appena ricevuta.

“Calmati Alyson, sono solo fate.” Violet intervenne, trovando la reazione di Alyson estremamente esagerata. Inconsapevole di cosa la facesse parlare in quel modo. 

“Io non parlo solo delle fate. Parlo di tutto! Dakota ha sempre avuto la mania di rubarmi la scena. Prima con la festa, poi con Noah! Adesso che hai Noah ai tuoi piedi cosa farai? Il doppio gioco e magari porterai entrambi a letto?” Si permise di tirare in ballo anche Regan, accusandola di essere una “mangia uomini” egoista e falsa. Dakota avrebbe potuto sopportare quelle accuse, se fossero state urlate in un confronto che avrebbe coinvolto solo loro due. Ma non davanti a gran parte degli studenti Corvonero, alcuni dei quali conoscevano anche Regan. Non avrebbe petmesso ne a Noah, ne ad Alyson di rovinarle la storia con Regan. Meritava la tranquillitá, meritava la felicitá di stare con qualcuno che da sempre l’aveva ammirata e rispettata. 
Fece uno scatto in avanti, fulmineo e aggressivo, che fece ritrarre Alyson con un urlo impaurito. La volle incutere solo paura, ma non la sfiorò.

“Se osi dire un’altra cosa del genere, ti faccio inghiottire le fate e tutti i tuoi stupidi addobbi, stronza!” Non riusciva a sopportare l’idea che Alyson, spinta dal suo bisogno di vendetta, potesse continuare ad infangarla. Lo aveva fatto per anni, restando sempre impunita: era giunto il momento di strapparle quel vizio a suon di pugni. 

“Sei una selvaggia! Noah non mi avrebbe mai lasciato se tu non gli avessi promesso qualcosa!” Altre accuse giunsero ad attaccarla. Violet la fermò per un braccio, consigliandole vivamente di non darle altri motivi per frignare e far passare lei, Dakota, come meschina. 

“Noah non ti avrebbe mai lasciato se non fossi stata una psicopatica! MUORI TU E LA TUA STUPIDA FESTA!” Gettò tutto per aria e lasciò la Sala Grande piú rabbiosa che mai. Aveva tentato di non creare occasioni di scontro, ma Alyson era decisa a fargliela pagare e la colpa era tutta di una sola persona: Noah!




**




Gli ultimi giorni, prima delle vacanze di Natale, furono dedicate alla festa e alla partita Tassorosso-Corvonero, permettendo a molti studenti di trascorrere quei giorni nella pace natalizia che era visibile in ogni angolo del Castello. Gli stessi fantasmi di Hogwarts trascinavano dietro la loro aria lugubre, un richiamo alla festa piú attesa dell’anno - dopo le vacanze estive - e le lezioni furono dedicate a prove di metá anno. Kenny, nonostante avesse recuperato in molte materie, continuava a trascorrere del tempo con Bree, notando come ogni giorno perdeva tranquillitá e sicurezza. Ma si sentiva inerme e privo di risorse di fronte a quella complicata situazione: era un'intricata e complessa storia e lui non riusciva a trovare un modo per prestarla aiuto. Restavano chiusi nell’aula di Astronomia e le battute, gli scherzi e i sorrisi, si erano ridotti, trasformando tutto in silenzio e sguardi, in cerca di qualche traccia che potesse essere utile nella missione di supporto che Kenny stava tentando di portare avanti.
Drake aveva avuto modo di ritornare nell’aula circoscritta ai Tutor e, le lezioni di recupero tenute con Madison, erano silenziose e tese. Ogni volta che lui tentava un approccio simpatico, Madison gli ricordava che il senso dell’umorismo l’aveva perso a causa sua, zittendolo con un semplice sguardo, che nascondeva ancora la sua aria dolce. 
Kyron ogni volta che usciva dalla stanza di Ameliè si sentiva sempre piú vuoto. Il sesso era divenuto ripetitivo e insapore. L’eccitazione iniziale dell’illegalitá, della proibizione, aveva lasciato spazio allo squallore del semplice atto carnale che non lasciava nulla. Ameliè era presuntuosa, arrogante e, quando parlava, Kyron sentiva solo forti emicranie che passavano solo una volta uscito da quella stanza. 
Mya tentava di tenersi alla larga da Kyron, ma condividere il dormitorio non l’aiutava. Era consapevole di ogni suo movimento. Quando tornava dalle lezioni, quando usciva durante la notte e rientrava la mattina dopo. Come se il suo cuore si agganciasse ai suoi movimenti e monitorasse ogni passo. Matthew Weasley, inoltre, le stava sempre intorno: l’accompagnava a lezione e le riservava un posto quando le loro case condividevano l’aula. Era piacevole la sua compagnia, ma fu meno piacevole rifiutare il suo invito alla festa di Natale. La salvò la banale scusa di voler accompagnare Maddy che, dopo lo spiacevole evento accaduto nel cortile, aveva bisogno di sostegno. Scusa che non la salvò comunque, quando Mettew le disse che si sarebbero visti lì e le avrebbe riservato un ballo.
Dakota, dopo quanto accaduto in sala Grande, aveva preso di petto Noah con risultati insoddisfacenti: si erano ritrovati nuovamente a litigare, dirsi tutto quello che giá sapevano. Noah aveva tentato nuovamente di convincerla a lasciare Regan e come risposta aveva ricevuto un ennesimo schiaffo. Erano entrati in un girone infinito di accuse e rabbia, odio e desiderio di ricominciare. Noah aveva dato a Dakota un’ultima chance prima di dichiararle guerra, minacciandola nuovamente che non avrebbe avuto freni la prossima volta che avrebbe incontrato lei e Regan. Era tutto insensato ed egoistico, come era egoistico continuare a negare che Noah non faceva piú parte della sua vita.


Il giorno della partita era carica, colma di forza e adrenalina nonostante il freddo e la neve che aveva imbiancato il campo e gli spalti. Dakota, insieme alla sua squadra, stava ripassando gli ultimi schemi e le tattiche alternative nel caso in cui uno di loro sarebbe mancato all’appello. 

“Oggi è una giornata meravigliosa! Il rischio di congelamento è alto, ma per il Quidditch molti di noi darebbero anche un rene! Buongiorno a tutti, qui vi parla l’adorabile Kenny Montague con la meravigliosa partecipazione della professoressa Minerva McGranitt. Per chi non lo sapesse, anche lei è stata una giocatrice di Quidditch e dalla giuria mi confermano che era anche tra le piú adorabili.” La voce di Kenny avrebbe accompagnato la competizione. Frizzante, gioiosa e impertinente. La professoressa McGranitt gli sorrise, portando alla mente i giorni in cui anche lei era stata giovane e acclamata dal pubblico.

“Questo adorabile commento non ti salverá dalla valutazione per la prova della settimana scorsa.” Ma non la addolcí. Kenny sfoderò un sorriso tranquillo, ma in cuor suo aveva sperato che la sua simpatia potesse inniettare nello spirito severo della donna qualche dose di buonismo e clemenza. 

“Ecco che entrano in campo le due squadre. I capitani delle rispettive squadre si posizionano al centro per stringersi la mano, prima di dar inizio ad una competizione che perderá il senso della sportivitá.” Dakota e Brandon Challanger si strinsero la mano, per poi montare sulla propria scopa e raggiungere il resto della squadra.

“Ragazzi, lo stile di Dakota Malfoy come capitano è fuori dal comune! Adesso si capisce perchè Regan Smith sia stato cosi caparbio per tutti questi anni. Una donna del genere, amici, capita di incontrarla solo una volta nella vita.” Il commento di Kenny giunse come una frustata nella direzione di Noah Potter, che stava prendendo posto tra gli spalti. Sorrise divertito, sentendosi pienamente preso in causa.

“I bolidi sono stati liberati, così come il boccino d’oro… ecco la pluffa ed INIZIA LA PARTITA!” Un boato seguí le parole di Kenny, quasi a spaccare gli spalti e il muro del suono. 
Drake arrivò in ritardo e individuò Mya e Madison che guardavano la partita negli spalti verde-argento. Nonostante l’umiliazione ricevuta, Madison non si lasciò intimorire dalla presenza di Tyra, Swami e Aisha a pochi metri di distanza da loro. Sembrava godersi la partita e con lei anche Mya.

“Ehi piccolette! Perchè qui tutte sole?” Vederlo senza Kyron demoralizzò Mya. Sicuramente era con la ragazza misteriosa che incontrava tutte le notti e che forse avrebbe portato alla festa di quella sera. 

“Non vogliamo mischiarci alla gentaglia di questa scuola.” Mya urlò troppo, in modo che la risposta giungesse anche alle tre streghe, che finsero di non ascoltare. Ma l’arrivo di Drake aveva destato l’attenzione di molte, tra cui anche la loro.

“Oh oh, la mia sorellina è diventata anche spocchiosa. E tu, Madison, condividi le sue idee...” Voleva riapprocciare in tutti i modi con Madison che come risposta scrollò appena le spalle, lasciandolo muto e privo di risposte con le quali ribattere e continuare a conversare.

“E tu, come mai solo fratellone? Dov'è l’altro tuo compare?” Mya lasciò che la curiositá giocasse un ruolo maggiore sulla ragione e l’orgoglio. Drake, con un balzo, si posizionò tra entrambe e le prese sotto braccio.

“Arriverá tra poco. Stava ancora dormendo quando ho lasciato il dormitorio. Ieri sera abbiamo fatto un po' tardi...” Trascorrere le notti a consumare calorie con il sesso poteva stremare chiunque, compreso Kyron. Ma il particolare non fu esplicitato. Per quanto potesse odiare Ameliè e trovare quella relazione una gran perdita di tempo, Drake avrebbe coperto l’amico fino alla morte.

“Allora, Madison... ti piace il Quidditch?” Non sopportava essere ignorato in quel modo. Aveva compreso che le parole che le aveva riservato non erano state genitle - anche se sincere - ma voleva ritornare a parlarle come due amici. Maddy, dolcemente si scostò da lui e rispose, nuovamente, con una scrollata di spalle. Mya si divertiva un mondo nel vedere suo fratello in difficoltá, ma nascose il sorriso, fingendo indifferenza. 

“Cavolo ragazzi! QUEL BOLIDE STAVA PER SCARAVENTARE IL PORTIERE NELLA FORESTA PROIBITA. Malfoy e Smith battono alla grande sul campo, chi sa se nella vita di coppia...” La McGranitt sottrasse violentemente il microfono dalle mani di Kenny e lo strigliò con un bel rimprovero, sottraendo dei punti a Serpeverde per quel commento fuori luogo. 

“Ma professoressa, era una considerazione innocente...” Si sentí dire da Kenny, quando riprese il microfono dalle mani della donna, che lo pietrificò con lo sguardo.
Noah sentí le budella torcersi, provocandogli dei crampi. Aveva lo sguardo puntato su Dakota e si sentí salire la bile alla gola quando la vide ridere al commento di Kenny e scoccare a Regan un'occhiata fin troppo maliziosa. Che avessero fatto sesso e lui non ne era a conoscenza? No, Dakota glielo avrebbe detto in un impeto di rabbia. Oppure lui non voleva accettare un’idea del genere.

“Ehi amico, quella faccia non mi comunica nulla di buono...” Liam si sedette accanto a lui e lo riportò alla realtá. Noah lo salutò con una pacca sulla spalla, facendogli spazio.

“Nulla, tranquillo. Ma Bree non è venuta?” La presenza di Liam non era accompagnata come al solito da quella di Bree. 

“Non si sentiva molto bene. Ha preferito restare in camera, cosí stasera può venire alla festa.” Ormai aveva imparato a mentire perfettamente e con lui anche Bree, che aveva accettato di assecondare quella bugia. In realtá Liam le aveva proibito di andare alla partita cosí da non dover incontrare Kenny, che dagli spalti commentava la partita.

“Ancora… dovrei andare da lei...” Noah fece per alzarsi ma Liam lo fermò.

“Ha detto che voleva dormire. Non penso che disturbarla l’aiuterebbe a riprendersi.” Noah per un attimo esitò ma poi demorse. Poteva fidarsi di Liam e, se lui aveva incontrato sua sorella prima di lui e gli assicurava quella versione, doveva credergli. Si accomodò nuovamente e continuò a guardare la partita, con adesso anche una forte preoccupazione ad accompagnare la morsa di gelosia che provava ogn volta che Regan e Dakota volavano vicino e si scambiavano occhiate d’intesa.

“Ragazzi questa partita è meravigliosa! E ammettiamolo: vedere i due piccioncini collaborare in quel modo è uno spettacolo. Lo so dovrei commentare la partita ma la sinergia che trasmettono è ipnotica!” Corvonero vinceva contro Tassorosso 60 a 30 ma Kenny era attirato piú da Regan e Dakota, che sul campo si muovevano con complicitá e coesione, non intralciando mai l’operato di entrambi.
Noah si passò una mano sul volto, stirandolo quasi a graffiarsi la pelle. Era insopportabile quella partita, non riusciva a guardarla senza provare una sensazione di nausea. Perchè solo adesso quelle sensazioni fisiologiche facevano capolinea in lui e facendogli notare particolari fino ad allora non notati? Il modo in cui, anche in piena partita, Regan le parlava all’orecchio facendola sorridere. Le maledette mani che non mancavano mai di toccarle le gambe o i capelli. Maledizione, sarebbe esploso da un momento all’altro.

“Stevens ha sfiorato il boccino per poco! Grande colpo di Smith che lo ha quasi disarcionato dalla scopa!” Dakota si avvicinò a Regan e lasciò che la baciasse, velocemente, davanti ad un intera scuola e davanti ai suoi occhi. Noah si alzò come una furia: non sopportava vedere quelle scene disgustose tra i due. Liam lo guardò confuso mentre si allontanava a fatica dalla sua postazione e lo abbandova sbigottito.

“Ehi Potter, la partita non è di tuo gradimento?” Drake fu tra i pochi a notare la sua reazione, avendo gli spalti dei Grifondoro accanto. Non ricevendo attenzione da Madison si concentrò su un’altra vittima che cercò di ignorarlo ma, vedendo Mya e Maddy, approfittò per chiedere alle due di sua sorella Bree, ennesima preoccupazione.

“È alquanto insopportabile!” Rispose a tono Noah, avvicinandosi al trio. 

“Ah la nostra Dak ha trovato l’amore e il povero Potter non lo sopporta! Che giornata di merda...” Gli fece spazio con l’intento di tormentarlo. Lo sguardo omicida non ebbe l’effetto desiderato ma diede a Drake altri motivi per incidere sulla questione, fino a quando Noah lo zittí con un pugno sul braccio e si rivolse a Mya.

“Mya, per caso sai come sta Bree?” Sentendo il nome dell’amica anche Maddy si voltò verso di lui, riprendendo la parola.

“Ieri è mancata per la prova di metá anno di Trasfigurazione. Madama Chips ha comunicato alla professoressa qualcosa che l’ha esonerata dallo svolgerla. Abbiamo chiesto di vederla ma ci è stato proibito...” Anche Drake comprese la delicatezza della questione e si ammutolí di colpo. 

“Non sapete altro?” Noah si sentiva un pessimo fratello nel non sapere quei particolari, ma non gli era stato comunicato niente del genere e i suoi impegni scolastici e le sue distrazioni lo tenevano all’oscuro di molte cose.

“Credo che dovresti parlarle. È da un po' che siamo tutti preoccupati per lei...” Mya lo invogliò ad indagare di persona sui motivi di quel cambiamento repentino dell’umore - e non solo - di Bree.

“Ho provato a chiederle il perchè stia così, e le uniche risposte che sa darmi sono che è stanca e che madama Chips la tiene sotto controllo e non devo preoccuparmi” Noah aveva piú volte pensato di scrivere ai genitori, ma Bree lo aveva pregato di non farlo e gli aveva promesso che presto si sarebbe ripresa. 

“Se fossi in te andrei da lei...” Drake conosceva bene le preoccupazioni da fratello maggiore, come le distrazioni che molte volte lo tenevano lontano da Mya, facendo insediare in lui sensi di colpa. Noah annuí e, ringraziando gli amici, ritornò sui suoi passi, dritto ai dormitori dei Corvonero. Anche se Liam aveva detto che Bree aveva bisogno di dormire, lui non poteva lasciarla in un letto morente. Voleva accertarsi con i suoi occhi che stesse bene. 

“VINCE CORVONERO PER 211 A 30! GRANDE PARTITA RAGAZZI!! E CHE BACIO! DA CENSURA! VIETATO AI MINORI!” Furono le ultime parole che Noah riuscí a sentire, prima di spegnere il boato del campo. In parte ringraziò Merlino per non aver assistito.




**
 



Alyson era fiera del suo operato, tutto era perfettamente in ordine: musica giusta, luci giuste e l’abito che indossava valorizzava la sua bellezza. Era andata alla ricerca della perfezione sulle migliori pagine di moda che richiamavano il tema natalizio e, sicura di sè che quella sera Noah avrebbe rimangiato ogni parola detta e ogni decusione presa, fece il suo ingresso. L’abito in oro brillava sotto le luci tenue ed eleganti che le fate avevano ricreato con la loro magia. Il bustino incastonato di pietre preziose e la gonna in tulle la rendevano simile ad una principessa, e il diadema che indossava era il chiaro segno della sua auto-proclamazione a reginetta di quella sera. Come ogni anno era stata indetta la votazione per la coppia piú bella e, come ogni anno, la vittoria sarebbe stata sua e di Noah, anche se momentaneamente non stavano piú insieme. E a quel punto Noah avrebbe capito che era lei la sua regina e non Dakota Malfoy.
Salutò gli amici che si complimentarono con lei per la meravigliosa atmosfera ricreata e per l’abito, e si congratulò con se stessa quando vide l’enorme albero di natale con al centro la riproduzione di Hogwarts interamente in ghiaccio. Lei otteneva tutto ciò che chiedeva e quella sera avrebbe ottenuto anche Noah. 
Si mise in disparte in attesa del suo arrivo.

Drake entrò, fingendo di non notare gli sguardi di adorazione che gli vennero rivolti. L’abito grigio scuro metteva in risalto il suo fisico prestante: alto, un’intera fascia muscolare intravista dal collo della camicia sbottonato appena. Senza la divisa scolastica mostrava qualche anno in piu. Un vero fascino d’uomo dagli occhi penetranti e dal sorriso beffardo. Al suo seguito si aggiunse Kyron, che non veniva messo in ombra dalla bellezza dell’amico. L’eleganza era stata cucita perfettamente su di lui. Nell’abito nero assumeva un’aria matura, da vero uomo galante. Solo una facciata fittizia a nascondere il ragazzo disinteressato all’amore. Kenny li raggiunse poco dopo. Nonostante la sua statura non perdeva bellezza. Il nero era un perfetto accostamento con la carnagione chiara, i capelli color cenere e, il modo in cui si sistemò i polsini della camicia, fece andare in iperventilazione un gruppo di innocenti ragazzine del terzo anno, desiderose di essere invitate da almeno uno del trio dell’apocalisse a ballare. Cosa che non accadde. Drake si riforní subito di tre bicchieri di Burrobirra e, guardandosi prima intorno, corresse il tutto con del Whisky incendiario. 

“Questa festa sará un vero mortorio! Avrei dovuto convincere Dakota a organizzarne una alternativa. Alyson è troppo contenta per i miei gusti.” Erano fermi quasi al centro della sala, ad osservare il territorio in cerca di una “preda” da agguantare quella sera. 

“Potresti sempre divertirti con qualche ragazza. Nonostante tu abbia umiliato Tyra, Swami Sun ti sta mangiando con gli occhi...” Drake si voltò sulla sua destra e ricambiò, con un alzata di calice e un sorriso ammiccante, lo sguardo languido della bella Swami che si mordicchiò il labbro e mostrò la scollatura generosa dell’abito.

“Magari come Dessert. L’ho ripassata tante di quelle volte che non c’e una parte del suo corpo che non sia stata conquistata da Drake e il suo…” Non continuó la frase perchè proprio in quel momento Kenny fu raggiunto da una raggiante Violet, bellissima ed elegante. I tre soffocarono una risata e finsero di non aver ascoltato quel commento che avrebbe fatto infuriare qualsiasi donna. Kenny le cinse la vite e la baciò da bravo gentiluomo sulla guancia.

“Se ci fosse una competizione per decretare i ragazzi piú belli di Hogwarts, voterei voi tre.” Violet aveva fatto amicizia con Drake e Kyron trovandoli estremante simpatici, nonostante le brutte dicerie che gran parte delle ragazze del Castello raccontavano sul loro conto. Conosciuti al di fuori di un letto erano simpatici e di ottima compagnia, e Drake e Kyron pensavano di lei la medesima cosa.

“Anche se io vincerei tra tutti, sono un bocconcino. Non riuscivo a staccarmi gli occhi di dosso prima, in Sala Comune.” Drake aprí le braccia e girò su se stesso, accostando di poco il sedere al fianco di Kyron che lo spintonò disgustato.

“Se anche fossi gay tu saresti l’ultimo uomo con il quale passerei una notte di sesso!” Violet rise di gusto e Kenny, giocosamente, schiaffeggiò il sedere dell’amico.

“Saresti la mia troia preferita, Nott!” Aggiunse Drake, arricciando il naso. 

“Ragazzi, io vi lascio. Vado a scatenarmi un po' sulla pista da ballo.” Kenny guardò Violet che annuí all’invito tacito e, prendendolo per mano, lo trascinò in pista sulle note di “Dance,Dance” dei Fall out boy. Alyson almeno sulla musica aveva avuto la brillante idea di far passare brani allegri. Molti avevano temuto di dover danzare sulle note di un Valzer Viennese, come l’ultima volta. Forse l’esperienza le era bastata. 

“Stasera attuerai il nostro motto: gioca duro e vivi libero?” Erano rimasti solo Kyron e Drake, e la burrobirra era quasi finita. Dovevano rifornirsi al piú presto. 

“Magari piú tardi. Voglio aspettare Mya e Dakota per controllare l’una e accertarmi che l’altra abbia indossato l’abito che le ho procurato per questa sera. Voglio vedere Potter con il sangue al naso per l’eccitazione.” Sorrise mellifluo all’idea di tormentare Noah Potter quella sera. Aveva tentato di farlo alla partita, ma la questione di Bree era una questione delicata: se si fosse presentato alla festa avrebbe significato che Bree stava bene e che quindi Noah poteva essere tormentato. 

“E poi, all’ultima festa ho fatto un incontro speciale...” Kyron quasi non riuscí a credere alle sue orecchie. Si voltò con aria confusa. Drake non ricordava mai gli incontri avuti alle feste, soprattutto quelle organizzate da lui dove l’alcol scendeva a cascate e distruggeva ricordi e volti. Ma il sorriso malizioso lo rincuorò: il suo amico restava il solito stronzo.

“Il culo piú bello visto ad Hogwarts. Piccolo e sodo, da prendere a morsi. Con quel culo avrei da fare cosí tante cose! Spero di rincontrarlo, e quindi mi metto buono qui ad aspettare.” 

“Questo rimandare a dopo i piaceri carnali mi da il sospetto che tu stia abbandonando l’aria da bad boy. Devo preoccuparmi...” Drake era sensibile a insinuazioni del genere e Kyron - trovando la festa estremamente noiosa - voleva stuzzicare l’amico, che lo guardò come se avesse appena pronunciato il nome di sua madre con l’aggiunta di qualche aggettivo spiacevole.

“Mi stai sfidando, Nott?” Ingurgitò tutto d’un fiato le ultime tracce di Burrobirra e lasciò che il bicchiere fosse portato via dall’incantesimo di richiamo, che si attivava quando il contenuto nei bicchieri veniva consumato. Si posizionò di fronte all’amico, impostato all’attacco, scrutandolo con sorriso mellifluo. La festa era noiosa e lui voleva movimentare il tutto.

“Ti sfido!” Bevve anche lui l’ultimo sorso di burrobirra e, schioccando le labbra, sfregò le mani mettendo in moto il suo cervello in cerca di una sfida che potesse allietarlo. 

“Ti sfido a riconquistare tutte le ragazze a cui hai spezzato il cuore e non solo…” Risero insieme, prima di ritornare apparentemente seri e decretare le regole da rispettare nella sfida. 

“Anche quelle fidanzate...” Era malvagia come proposta, ma quando la noia prendeva il sopravvento tutto era lecito.

“Se vinco correrai nudo per Hogwarts!” Drake giá degustava la vittoria, avendo piena sicurezza che nessuna lo avrebbe respinto, anche chi lo aveva maledetto in qualunque lingua conosciuta.

“Se vinco io lo farai tu.” Kyron allungò la mano per per sigillare l’accordo, e la presa forte che ricevette fu il presagio che quella sera sarebbe stata piú divertente del previsto.

“Ah, una cosa prima di andare: Ameliè ti sta guardando da quando sei entrato. E il suo sguardo è un chiaro messaggio: strappami gli abiti di dosso e soddisfa i desideri piú contorti della tua mente...” Drake imitò la voce di Ameliè, scimmiottandola. Kyron si allungò oltre le sue spalle e notò la bella Ameliè, che controllava la Sala. Il suo sguardo però era assente; l’unico interesse si trovava dall’altra parte della Sala Grande. In risposta tuttavia ricevette un sorriso accennato e disinteressato. Era bellissima Ameliè, non poteva negarlo. Indossava un abito nero interamente in velo che strappava fantasie erotiche, coprendo solo le parti proibite. Gli occhi erano truccati pesantemente, intensificando lo sguardo e le labbra rosso fuoco erano un invito. Ma Kyron oltre la bellezza, che avrebbe notato tutti, non riusciva a vedere altro e anche la sua libido non rispondeva. 

“Mettiamo in atto la sfida e poi mi preoccuperò di Ameliè.” Forse a fine serata le avrebbe dato ciò che voleva. Ma per adesso voleva godersi il divertimento con l’amico e voleva godersi, per quanto noiosa potesse apparire, la festa senza aver alcuna proibizione. 
Ed Ameliè si imponeva come tale. 


Noah aveva deciso di partecipare alla festa dopo aver trascorso tutta la giornata con Bree, tentando in tutti i modi di farle parlare. Ma lei gli aveva assicurato che doveva tranquillizzarsi, doveva smetterla di riservarle tutte quelle premure e con un sorriso sforzato, ritrovato autoinflingendosi una tortura, lo aveva incitato a prepararsi per la festa, ricordandogli che doveva riconquistare una “certa ragazza”.
La Sala Grande richiamava il tocco di Alyson. Tutto era megalomane, pomposo ed estremo. Tutto richiamava il Natale e l’atmosfera degna di una regina delle nevi. Aveva indossato un abito blu scuro e aveva lasciato sbottonata la camicia bianca ai primi due bottoni, senza alcuna restrizione, come era solito chiedergli Alyson perchè considerato piú ordinato. Si guardava intorno, dondolandosi da un piede all’altro, teso come una corda di violino. Ora che anche Noah era uno scapolo in libertá, molti sguardi interessati si rivolsero al pacato Grifondoro, ma lui li ignorò tutti. Il suo sguardo era in cerca di un altro volto, di occhi simili ai suoi che avrebbero ricambiato il suo sguardo, sperando di ritrovare un'intesa e la fine dei conti. Sapeva di essere ingiusto ma, se Dakota fosse giunta con Regan, non sarebbe stato un motivo per fermare le sue intenzioni. 
Ma lei ancora non c’era e lui ebbe l’impeto, momentaneo, di andar via. Non c’era alcun motivo per rimanere se non c’era Dakota. Lui aveva deciso di partecipare alla festa per lei, per vederla, per parlarle ancora una volta e insistere fino a quando non avrebbe ammesso che il suo posto non era tra le braccia di Regan ma tra le sue. Si toccò il petto, sentendo un lieve colpo. Non era un infarto, ma il sintomo dei suoi sentimenti. 

“Potter! Cercavo proprio te.” L’enorme stazza di Arthur Weasley Jr. quasi lo travolse in un abbraccio fraterno. La presa del portiere Grifondoro era ferrea, quasi a soffocarlo, nonostante Noah fosse alto quanto lui.

“Arthur, non credevo di poterti mancare tanto.” Gli 80 kg di muscoli quasi lo gettarono a terra, ma sostenne quel peso, ricambiando il saluto con una pacca sulle spalle.

“Da quando finalmente ti sei tolto dalle palle Alyson mi manchi spesso! Stasera è la resa dei conti, campione?” Non riusciva a stare fermo. Non era come suo fratello Matthew, di natura pacata e gentile: Arthur Weasley era un toro scatenato e alle ragazze non riservava di certo gentilezze o sguardi timidi. 
Lo tempestò di pugni, prima di passare a Noah un bicchiere di burrobirra, rigorosamente corretto nello stile di Drake. 

“Non sará facile! Soprattutto con l’intera squdra Corvonero all’appello...” Noah accennò la presenza di Alexander e gli altri componenti con le rispettive accompagnatrici, e immaginò la rissa che una qualunque sua reazione avrebbe potuto scatenare. Regan non avrebbe ignorato il tentativo di Noah di portargli via Dakota e con lui anche i suoi amici. Bevve tutto d’un fiato la burrobirra corretta, preparandosi allo scontro decisivo. Non aveva mai ricevuto punizioni e, se Dakota lo spingeva a tanto, allora voleva dire che i suoi comportamenti non erano capricci.

“Non dirmi che hai paura di qualche Corvonero! E poi hai sempre noi a proteggerti il culo.” Ebbe un ennesimo spintone che gli fece andare di traverso la bevanda. Arthur doveva controllare quei modi di fare, o con quelle enormi mani avrebbe fracassato qualcuno. 

“Ehi, ragazzi! Iniziate a bere senza di me?” Frank Paciock quasi li travolse. Era la fotocopia del padre, anche se in versione piú magra e sicura di sè. Al suo seguito si aggiunse Daniel Thomas, cugino di Arthur da parte di madre.

“Non lo reggi l’alcol, Frank! Non vogliamo passare la notte a mantenerti la fronte.” Noah gli negò la burrobirra corretta, il secondo bicchiere che Arthur gli passó sotto banco. L’ultima volta che avevano lasciato Frank bere si erano ritrovati nei bagni dei prefetti, con lui mezzo nudo che scaricava tutto ciò che lo stomaco aveva rigurgitato. Una scena da dimenticare.

“Tu stai bevendo troppo invece! Nervoso per la serata?” Il gruppo di Noah era a conoscenza dei suoi piani, forse tra i primi. Aveva richiamato a sè il consiglio fidato composto da quelle persone apparentemente normali, ma che di normale non avevano nulla. Prima di agire aveva richiesto la loro opinione, il loro consiglio, e l’assenso generale lo aveva spinto a provarci, a rischiare, anche se tra loro spuntava l’animo anarchico che si era schierato dalla parte opposta.

“Per me dovresti ritornare con Alyson. Lei è cosí raffinata, elegante e intelligente. Dakota è un maschiaccio.” Daniel prese parte alla conversazione, accennando la figura di Alyson che si muoveva tra la folla mantenendo l’espressione allegra e cordiale da perfetta padrona di casa. I tacchi alti non erano un ostacolo al suo passo legiadro ma l’abito che indossava era estremo, troppo pomposo e regale. 

“La Malfoy ha un culo da urlo! E inoltre è davvero cazzuta! Per me Noah ha fatto bene a lasciarla, Alyson. Hai la mia approvazione fratello.” Arthur entrò subito in difesa di Noah con commenti poco regali ma ben apprezzati. 

“Sono stati insieme per due anni! Noah non puoi buttare una storia importante per un capriccio.” A Noah parve di parlare con Alyson. Anche lei aveva utilizzato quelle parole, particolare che fece accendere in lui la lampadina della ragione.

“Da quando parli con Alyson?” Nascose un sorriso beffardo sorseggiando la sua burrobirra. Doveva aspettarselo da Alyson un attacco del genere: cercare pena tra i suoi amici, passando per la vittima che era stata lasciata per una sciocchezza. Implorare affinchè qualcuno lo convincesse a ritrovare il lume della ragione e ripensarci. Daniel fu colto alla sprovvista e non riuscí a negare ciò che, a quanto pare, era evidente.

“Alyson sta davvero male! Le manchi molto e…” Frank lo privò del bicchiere, aggiungendo la sua opinione sulla questione.

“E tu dovresti farti gli affari tuoi! Noah è libero di fare quel che diamine gli pare ed io penso che tra lui e Dakota la storia doveva nascere due anni fa! Tutta Hogwarts lo pensa! Quindi, stasera Noah vai e colpisci!” Ci fu un'esaltazione generale che fece girare i molti presenti in Sala. Frank e Arthur iniziarono a tartassare Noah, sballottolandolo da una parte all’altra, urlando e saltando come se avessero vinto la coppa del Campionato di Quidditch, rischiando di versargli la burrobirra addosso e rovinargli l’impeccabile smoking indossato per quella sera. Daniel non era riuscito a far sentire la sua voce e, anche se Noah fosse stato attento, non era intenzionato a rinnegare i suoi sentimenti. Gli importava poco di Alyson, anche se con lei aveva avuto una storia di due anni questo non significava dover forzatamente continuare a stare insieme. Aveva sentito la mancanza di Dakota ogni giorno in quei due anni, sentendo spine dolorose per ogni parola detta con ira o veleno, per ogni sguardo torvo o evitato. A questo avrebbe dovuto prestare attenzione per capire fin da subito che con Alyson non era stata una storia importante. 
I festeggiamenti e le esaltazioni terminarono e Arthur fu il primo a fargli notare che il suo momento era giunto. Lo spintonò in avanti, facendogli pressione a raggiungere Dakota che, sottobraccio con Regan, entrò nella Sala Grande. Noah fu immerso in un enorme scatola compressa, sentendo la terra mancargli sotto i piedi e le budella ritornarono a fare festa in lui. Dakota era meravigliosa, accostandosi perfettamente al tema della festa. Sembrava che tutte le luci, gli addobbi e l’atmosfera fossero stati costruiti per lei. La regina delle Nevi avrebbe avuto il suo volto nell’immaginario di Noah e, dal modo in cui la guardarono, anche per gli altri. 
I lunghi capelli erano stati legati in una magnifica treccia che partiva dalla sommitá del capo, mettendo in mostra i suoi lineamenti perfetti, ereditati dall’appartenenza ai Malfoy. L’abito era in perfetto accostamento con i colori della festa: azzurro ghiaccio. Il corpetto a maniche lunghe, completamente in pizzo, lasciava intravedere poco la pelle e si fermava sotto il seno lasciando scoperto - lievemente - un filo di pancia, dove poi continuava la gonna che aderiva alla perfezione alle sue curve fino al ginocchio. Era radiante per la vittoria e per la spensieratezza che le procurava Regan e sembrò non rendersi conto che Noah la stava adulando con lo sguardo.


Mya quasi dovette trascinare Maddy alla festa, che non desiderava trascorrere quella sera a respirare la stessa aria di Drake e magari dover assistere ai suoi soliti comportamenti che avrebbero demoralizzato e buttato nel baratro della disperazione il suo umore, giá schiacciato sotto tonnellate di scarsa autostima, dovuto anche al look optato per quella sera. Aveva rifiutato gli accorgimenti di Mya e l’abito in velluto bordeux con bamboline e cerchietto abbinato la facevano assomigliare ad una bambola di ceramica. Avrebbe stonato con tutti e stonava anche con Mya, che quella sera era meravigliosa nel suo abito bianco. Le spalline drappeggiate con ornamenti in oro scavavano una scollatura profonda sul davanti e sulla schiena e l’attaccatura ad impero scendeva aderente fermandosi sui fianchi, lasciando la pelle scura scoperta e in bella vista. Drake non avrebbe approvato, ma lei aveva comunque optato quell’abito. 

“A volte ti crucerei, Madison Diggory! Potevi valorizzarti di piú e non indossare quest’abito che sembra essere uscito dal baule della nonna.” Mya era furiosa con Maddy. Odiava vederla in quello stato, soprattutto se la ragione per cui aveva deciso di imbruttirsi in quel modo era suo fratello. Aveva un viso dolce, l’animo piú buono che Mya avesse incontrato, ma tutto era rovinato da quella maledetta insicurezza. Maddy abbassò il capo, ricevendo quel rimprovero senza controbattere. Avrebbe potuto indossare un qualunque abito migliore di quello, ma era l’unico capace di nasconderla. Dopo l’evento del cortile doveva ringraziare Mya se continuava ad uscire in pubblico.

“Hai ragione. Sarebbe stato meglio se fossi rimasta in stanza...” Si guardò intorno nervosamente, notando le accortenze che le altre ragazze avevano avuto sul proprio outfit. Ma ormai era tardi: era entrata in pista e non avrebbe potuto evitare di essere vista, anche perchè da lontano scorse Tyra che quasi si strozzò con la sua burrobirra, quanso la vide. Lei era meravigliosa nel sui abito rosso, interamente in merletto, che lasciava viaggiare la mente su ogni curva del suo corpo lievemente scoperto in alcuni punti. 

“Adesso però divertiamoci! E non pensare a quelle streghe, che non hanno nulla piú di te, se non la capacitá di stressare la vita delle persone.” Ormai era slegata dal contratto di indifferenza che la univa a Tyra, dato che non era piú la ragazza di Drake. Poteva manifestarle tutto il suo disprezzo e, guidando Maddy al tavolo delle bibite, gliela manifestò alzando il dito medio nella sua direzione, concentrando tutta la frustrazione e l’odio in quell’unico gesto.

“Devi iniziare a vivere senza lasciarti condizionare dagli altri. E smetterla di crederti inferiore a qualcuno, come Tyra. Non c’è niente che non va in te. Hai bisogno solo di maggior autostima.” Mya versò della Burrobirra ad entrambe e fece tintinnare i calici, traducendo il sorriso di Maddy in un segnale positivo.
 
“E tu dovresti smetterla di guardarti intorno in cerca di Kyron. C’è Matthew Weasley che non riesce a toglierti gli occhi di dosso. Non girarti però!” Maddy la riprese in tempo, ridacchiando insieme. Mya aveva notato gli sguardi che Matthew le aveva lanciato, timidamente, dal fondo della Sala e il modo in cui gli amici lo avevano incitato a raggiungerla. Ma aveva tralasciato quelle attenzioni, perchè non erano le attenzioni che stava cercando e lui era rimasto impiantato lí, quasi a volersi nascondere. Non  riusciva a trovare il coraggio di rischiare anche perchè era consapevole, a malincuore, che lo sguardo di Mya era alla ricerca di un altro sguardo. Matthew sapeva chi stava cercando con tanto affanno, anche se tentava di nasconderlo.

“Non sto cercando nessuno.” Negare non fu sufficiente, soprattutto per il sorriso colpevole che assunse. Poteva costringere se stessa a evitarlo, a indurire lo sguardo e fingere indifferenza, ma lo avrebbe sempre cercato. Le bastava guardarlo in silenzio per sentire un lieve benessere invaderla e inniettarle dosi di tranquillitá. Voltò il capo, guardando oltre la folla e notò che anche Matthew era sparito. Si morse le labbra colpevole dei lievi tagli di delusione che infliggeva al doloce Grifondoro. Stava giocando le stesse carte che Kyron giocava con lei. Era un gioco pericoloso in cui avrebbe perso sempre qualcuno, ma non riusciva a non renderlo possibile. 

“Diamine Zabini! Se continui a dare il meglio di te alle feste, corromperò il comitato organizzativo affinchè ne diano una ogni settimana.” Maddy espresse il disgusto provato nell’avere Dylan McLaggen - a pochi metri da loro - scoccandogli il suo sguardo peggiore. Anche se piú che un’espressione di disprezzo, sembrava lo sguardo di una bambina impaurita. Mya invece era capace di manifestare appieno i propri sentimenti e assunse un’espressione inaspettata per i suoi lineamenti armoniosi, piú calzante per suo fratello Drake; ma lei riuscí ad imitarlo perfettamente.

“Sai, McLaggen, i tuoi tentativi di rimorchio sono molto tristi. Dovresti aggiornare il tuo repertorio...” Mya assunse la presuntuosa sicurezza di poter affrontare Dylan McLaggen senza attendere che Drake intervenisse e la salvasse, come era accaduto spesso. Aveva il pieno controllo, non era una sciocca ragazzina bisognosa del fratello maggiore. Poteva affrontare Dylan con la giusta dose di impertinenza, con l’approccio giusto da Serpeverde. Ma quelle convinzioni furono abbattute: Dylan assimilò quelle parole come un invito a importunarla e si fece piú avanti, invadendo lo spazio di Mya. 

“Sei sexy quando affili le unghie...” Non doveva lasciarsi intimorire da quegli atteggiamenti, assunti appositamente per metterla in imbarazzo. Ma il modo in cui la guardava le trasmetteva disagio, quasi paura. I suoi occhi correvano su tutto il suo corpo quasi a violarla. Sentí come se quelle mani la stessero toccando realmente, sentí un brivido gelido passarle lungo la schiena e automaticamente abbassò lo sguardo sconfitta. Sentirsi inerme in quel modo le faceva provare una vergogna scandalosa, il timore di non riuscire a mostrare la sua forza se si fosse trovata di fronte a Dylan da sola, senza la presenza di metá scuola che poteva denunciare la violazione della sua persona. Maddy percepí il senso di disagio provato da Mya e tentò di raggiungerla, scavalcare il muro imposto dalle spalle possenti di Dylan e sottrarla a lui. Ma Dylan glielo impedí, mettendola da parte come l’ultima volta.

“Che ne diresti di spostare il ballo in camera mia, magari senza quest’abitino. Oppure vuoi che te lo tolga io…” Mya arretrò, sentendo una presa d’aria prenderla alla bocca dello stomaco. Dylan aveva tentato di calarle una spallina dell’abito e ora rideva di fronte allo sguardo intriso di terrore che Mya assunse incosciamente. Maddy squittí, sentendo la medesima paura, volendo tirar via Mya dalle grinfie di quello spregevole che continuava a guardarla, facendo intendere cosa la sua mente stava architettando. 
Ma l’intervento giunse puntuale e Dylan si ritrovò con il braccio in una posizione innaturale. La presa di Drake e lo sguardo, una maschera di ingannevole calma, era incastonato in quello di Dylan, che sorrise mellifluamente.

“Dylan, carissimo bastardo, quante volte devo ripeterti che non devi accostarti a mia sorella per nessun motivo? Cosa aspetti per capire? Un braccio rotto, magari per un mese, ti ricorderá di stare al tuo posto?” Maddy sentí un lieve solletico allo stomaco: sembrava un adulto, vestito elegantemente e con l’aria seria che assumeva ogni volta che qualcuno lo infastidiva, e non il ragazzino sciocco che a volte tendeva a mettere in mostra più volentieri. 

“Stavamo solo scherzando, vero Mya?” Dylan strozzò il sorriso che tentò di rivolgere a Mya, e Drake si abbassò in direzione del suo orecchio.

“Ho detto che non devi avvicinarti a lei. E questo vuol dire anche non parlarle, non guardarla e - dato che ti trovi in una posizione di svantaggio - ti consiglio di evitarla anche tra i corridoi.” La Sala Grande sembrava del tutto assente da quella situazione spiacevole e fu una fortuna. Così non avrebbero attirato l’attenzione dei professori, che quella sera erano presenti in Sala. Ameliè l’avrebbe colta come una macabra e piacevole occasione per segnalare Drake. 
Mya si coprí, mortificata. Aveva voluto evitare il suo intervento e dimostrare che senza di lui era capace di risolvere i suoi problemi. Ma non era possibile; lei aveva bisogno che suo fratello Drake fosse la sua voce, le sue azioni. Era ancora una sciocca ragazzina che aveva bisogno di essere coperta da qualcuno piú forte di lei. 

“Non so cosa aspetti. Ma, credimi McLaggen, se continui di questo passo ti ritroverai al San Mungo e non saprai nemmeno come ci sei arrivato...” Drake fece piú forza in quella stretta, con il forte impulso di spezzargli realmente il braccio, come aveva gia suggerito. Ma Noah intervenne e da buon prefetto e capitano della squadra glielo impedí, evitando che la situazione potesse degenerare.

“Cosa diamine sta succedendo qui?” Non cercava reali informazioni sull’accaduto, conoscendo alla perfezione entrambi e sapendo che l’atteggiamento di Drake nei confronti di Dylan era un atteggiamento giustificato. 
Drake si sistemò i polsini della camicia e sorrise, come se non fosse accaduto nulla.

“Nulla, caro Potter. Io e il mio amico Dylan stavano contrattando su alcune cose. Ma adesso è tutto perfettamente chiaro. Vero, Dylan?” Gli cinse le spalle in una stretta mortale che lo fece mugolare dal dolore e alimentò l’odio, giá fermentato, nei suoi confronti. 
Noah guardò entrambi, scorgendo la differenza di sguardi. Drake sorrideva, anche se in quel sorriso era intriso il rancore e la voglia di prendere a pugni Dylan, mentre quest’ultimo non lo nascondeva ma restava zitto anche perchè, se avesse parlato, Noah aveva il potere di sottrargli dei punti e di cacciarlo dalla squadra. 

“McLaggen credo che sia meglio che tu te ne torni in stanza.” Noah aveva odiato da sempre la decisione di prenderlo in squadra, ma era un componente fondamentale, un ottimo giocatore. Ma la sua etica andava contro i principi di qualunque Grifondoro, e non solo. 

“Non puoi dirmi cosa fare, Potter. Posso restare qui come un qualunque studente!” Dylan si scaldò e divenne paonazzo, preso dall’indignazione di essere cacciato. Noah indurí i lineamenti calmi e pacati e si fece avanti, affrontandolo con la leadership da capitano che gli conferiva il potere di dire ai propri giocatori cosa fare. 

“Ora porti il tuo culo fuori da qui, oppure ti sogni di giocare fin quando io sarò capitano della Squadra.” I toni erano caldi e gli animi infuocati. C’era una rabbia che aleggiava in quell’atmosfera di festa che avrebbe potuto rovinare la meravigliosa coreografia in ghiaccio creata con tanta cura da Alyson. Noah aveva i nervi a fior di pelle, dovendo sopportare la visione di Dakota incollata al fianco di Regan, che si aggirava per la Sala con l’intera squadra. Sembravano quelle tipiche coppie familiari che trascorrevano i Natali insieme, lasciavano crescere i propri figli insieme. Un po' come accaduto anche a lui con Dakota. Non lo sopportava, si sentiva scoppiare. 
Dylan si scrolló di dosso anche Drake e lasciò la Sala Grande con l’orgoglio ferito e una rabbia che avrebbe trovato vendetta.
Noah si assicurò che Mya stesse bene per poi assicurarsi che Dylan fosse realmente andato via, e si allontanò lasciando a Drake il compito di rassicurare Mya. Nonostante lo sguardo impaurito e quasi di supplica che rivolse a suo fratello, quest’ultimo rimase impassibile. Era in collera, lo si poteva leggere dal modo in cui si concentrò sull’abito di lei. 

“Non azzardarti a parlare Mya! Dylan sará anche un bastardo ma questo abito va contro i miei livelli di sopportazione. Cerco di essere piú permissivo con te ma me lo rendi difficile!”
Il tono autoritario strappò via il gioioso Drake che adorava viversi la vita con spensieratezza. Non riusciva ad adottare la medesima filosofia con sua sorella. 

“Non posso sempre stare attento a quello che potrebbe accaderti! Devi imparare ad evitare situazioni spiacevoli come questa! Se adesso non ci fossi stato io? Eh? Cosa sarebbe accaduto? Dopo DOVE CAZZO AVREI DOVUTO SBATTERE LA TESTA?” La raritá delle volte in cui Drake si scaldava in quel modo faceva apparire tutto troppo serio, carico di tensione e voglia di scavalcare quell’autoritá che si imponeva, come se di fronte a lei ci fosse suo padre e non suo fratello. Drake era simile al padre, molto piú di quanto potesse immaginare.

“Dovrei mandarti in camera a cambiarti! Con quest’abito… sembri una facile!” Maddy si coprí la bocca con le mani, non lasciandosi sfuggire il gridolino indignato. Drake non si era mai rivolto a sua sorella in quel modo, utilizzando la sua autoritá così pesantemente, al punto da offenderla. Mya non riuscí a sopportare quell’ultima considerazione senza irrompere irata. In parte aveva ragione Drake: sapeva che Dylan nei suoi confronti aveva assunto nell’ultimo periodo un atteggiamento estremamente ossessivo e fastidioso, sapeva che a quella festa c’era il rischio di ripetere una scena giá vista, sapeva che quell’abito avrebbe fatto infuriare Drake. Ma sapeva anche che ci sarebbe stato Kyron e la sua stupiditá l’aveva indotta a ricercare la sua attenzione, o almeno a provarci, con risultati pessimi: Kyron non c’era e Drake aveva avuto modo per scoppiare come un vulcano, spazientito dal doverla sempre tirare fuori dai guai che creava con le sue mani. Ma non sopportò anche questa, era stufa. 

“Io mi vesto come mi pare! E se ti infastidisce tanto prendere le mie parti allora NON FARLO! NON HO BISOGNO DI TE!” Stava per piangere, delusa dal modo in cui Drake le si era rivolto. Non era mai accaduto, suo fratello aveva sempre avuto massima considerazione e rispetto di lei. Ma quel rispetto era sparito in poco, con quella sua semplice voglia di scavalcare l’autoritá del fratello. Aveva perso fiducia e stima, Mya e a sua volta anche Drake aveva perso, non avendo più lo stesso controllo su di lei. 

“Bene! Allora la prossima volta lascerò che te la cavi da sola! Non sará piú un mio problema! Fai come diamine ti pare!” Drake alzò le mani, scrollandosi ogni responsabilitá che aveva ritenuto sacra nei confronti di Mya. Si autoeliminò dal ruolo di fratello maggiore sempre pronto per sua sorella, sempre in prima fila per difenderla e stenderle una mano. Lei non voleva il suo aiuto, si sentiva troppo grande e matura per continuare a ricevere quel tipo di protezione e supporto. Bene! L’avrebbe accontentata. 

“Io non intervengo nella tua vita! Non sono venuta da te a dirti quanto sei patetico a provarci con tutte le ragazze in Sala!” Mya aveva finto di non vederlo, per amore di Maddy, ma il loro ingresso in Sala Grande non era stato dei migliori. La prima scena che avevano scorto i suoi occhi era stata quella di suo fratello Drake in compagnia di Marissa Spencer e, per il modo in cui si baciavano, sarebbe stato meglio andare direttamente nella Stanza delle Necessitá a soddisfarne una. Si erano nascosti in un angolo della Sala e Mya aveva riconosciuto la ragazza perchè, al quinto anno, aveva tentato di distruggere la scopa di Drake per essere stata lasciata dopo aver fatto sesso. Lui era ritornato a provocare una tra le tante con il cuore spezzato e lei lo aveva accolto, quasi dimenticando l’umiliazione subita. 

“Io mi faccio carico delle mie responsabilitá quando faccio qualcosa!” Era un gioco, quello che aveva dovuto interrompere per salvarla dalle grinfie di Dylan. Era un gioco tra due persone coscienziose e consenzienti. Un gioco che, però, aveva trovato divertente solo lui. Non a caso Marissa avrebbe ricevuto un’ennesima delusione l’indomani, quando sarebbe ritornata ad occupare un ruolo anonimo nella vita di Drake. Ma lui era consapevole che quei comportamenti sarebbero stati il frutto di odio e maledizioni, ma poco gli importava.

“Vaffanculo Drake!” Mya era completamente fuori controllo. Odiava suo fratello per quell’ipocrisia che penalizzava anche lei. Lo odiava perchè la faceva apparire intoccabile agli occhi di Kyron, lo odiava perchè non le permetteva di sbagliare e lasciare che la perdonasse. Odiava per come faceva sentire anche Maddy che alle sue spalle lo guardava, incredula per il comportamento che aveva assunto. Aveva creduto Drake fedele solo alla sua famiglia e alle persone che aveva a cuore. Ma, esattamente come Kyron, nascondeva una natura scissa da quelle credenze. Non voleva restare ancora in sua compagnia. Voltò i tacchi e si mischiò tra la folla. 
Drake aveva sentito il medesimo dolore di Mya. Aveva sentito le stesse perturbazioni, ma era stanco di doversi preoccupare e ricevere sempre atteggiamenti indisponenti come risposta. Mya doveva capire che lui era semplicemente un fratello e, come tale, avrebbe sempre avuto atteggiamenti rigidi nei suoi confronti. Si stiracchiò il volto, stremato dal consumo di quelle energie e fece per andarsene. Ma vide Maddy alle sue spalle e si guardarono in silenzio. Anche con lei aveva sbagliato e anche lei non aggiunse nulla a quello sguardo che aveva giá detto tutto. Lo lasciò lì, seguendo Mya.

“Problemi in paradiso?” Noah ritornò indietro, passando a Drake un calice di burrobirra rigorosamente corretto. Ne aveva bevuti abbastanza quella sera, ma sembravano non bastare mai: continuava a guardare Dakota e sentire le budella contorcersi. L’alcol non gli offuscava la vista, non gli svuotava la testa e non rendeva accettabili le ragazze che avevano tentato un approccio. Era messo male.

“Già… è dura la vita del fratello maggiore.” Drake accolse volentieri il dono di Noah, facendolo fuori tutto d’un fiato. Schioccò le labbra, assaporando quell’illegalitá che stava scorrendo tra gli studenti sotto false spoglie.

“Ti capisco. Bree mi ha ricordato che ho altro a cui pensare e non lei che sembra un fantasma. Ti denudano di ogni autoritá.” Noah fece un altro sorso e guardò in direzione della sorella, che aveva preso parte da poco ai festeggiamenti.

“Io ho anche perso una scommessa.” Drake sorrise pensando a Kyron e a quanto si sarebbe divertito quando avrebbe riscosso la sua vincita.

“Scommessa?” Noah aveva dimistichezza con le scommesse che incorrevano tra Kenny, Kyron e Drake e sapeva che non sarebbe stato nulla di consono.

“Diciamo che mostrerò il mio corpicino a tutta Hogwarts...” 

“Ma che problemi avete?” Risero insieme, ammettendo che tra quelle mura nessuno poteva considerarsi normale o tra i confini della normalitá. Anche un animo apparentemente tranquillo, come Noah, nascondeva ombre. 

“Per ora quello che ha seri problemi sei tu, amico mio. Sei stato gentile a prendere le mie parti, prima con Dylan, ma non eri costretto a farlo. Soprattutto se il motivo è che questa serata è una serata di merda. Guarda la nostra Dakota, è una meraviglia...” Drake, nonostante l’intoppo accaduto con Mya e lo sguardo di Madison che non lo aveva lasciato indifferente, non aveva dimenticato il perchè aveva dato a Dakota quell’abito: voleva vedere la faccia di Noah quando l’avrebbe vista entrare e voleva divertirsi. E il risultato fu appagante. Noah la guardò, mentre ritornava in pista con Regan e ballavano insieme ad Alexander e la sua compagna. Era felice, raggiante e mai una volta aveva guardato nella sua direzione. La guardava e Drake lesse pentimento, odio per se stesso, gelosia e un pizzico di tristezza che mosse il bene che provava anche per il giovane Potter. Voleva divertirsi ma non al punto da dover sopportare lo sguardo da cane bastonato che assunse. 

“Potter! No, ferma un attimo.” Lo afferrò per le spalle e interruppe la visione straziante che era rimasto a fissare come ipnotizzato.

“Il mio scopo non era quello di vederti così, ma farti REAGIRE!” Lo scrollò, sperando di strappargli l’espressione disperata dal volto.

“Hai combinato un pasticcio! Sei stato un vero idiota per due anni. E odio ammetterlo ma anche io speravo di vederti con Dakota, invece di Regan Smith. Ma sei stato una testa di cazzo e adesso hai due possibilitá.” Noah ascoltava attentamente. Le aveva provate di tutte, aveva perseguitato Dakota al punto da ricevere solo schiaffi, da litigare ripetutamente senza sosta, ma non aveva ottenuto ciò che voleva. Si sentiva perso, sentiva di averla persa. Ma non avrebbe demorso. Ingurgitò altra burrobirra e ascoltò attentamente Drake.

“O lasci che Dakota resti con quel perdente, oppure tu stasera tenti una carta eccezionale. La migliore del tuo mazzo! Io non credo nell’amore ma voi, amico, siete anime gemelle.” Drake aveva ascoltato ogni lamentela di Dakota, sopportando i pianti, sopportando le irragionevoli motivazioni che non avevano permesso ad entrambi di dichiararsi apertamente. Lui aveva sempre sperato di vederla felice, consapevole che Noah avrebbe potuto darle la felicitá. Ma l’aveva spinta a provare con Regan perchè ormai tutti davano per persa la storia tra un Potter e un Malfoy e perchè nella sua mente contorta, ma che vedeva al di lá della comune realtá, sapeva che facendo cosí Noah avrebbe aperto gli occhi, facendosi avanti. Ma non aveva calcolato l’orgoglio di Dakota, quella variabile gli era sfuggita.

“Devo usare la mia carta migliore...” Si ripetè Noah convinto. Prese un altro calice, questa volta però Drake lo aveva fornito della sua scorta personale di whisky incendiario, nascosto gelosamente all’interno della giacca e lo lasció bere. Noah bevve come un assetato, bevve tutto d’un fiato sentendo a malapena il bruciore che quasi mandò in tilt le sue papille gustative e la gola.

“Io conosco Dakota. Dakota ed io siamo anime gemelle. Cazzo, Drake! Sei un fottuto genio!” Ora sapeva cosa fare, conosceva Dakota da una vita, conosceva le sue passioni, le cose che odiava, cosa le piaceva fare quando era triste e cosa faceva quando era felice. Sapeva leggere la sua anima meglio di chiunque altro, meglio di Regan che si illudeva di conoscerla. Smith però non aveva mai visto Dakota a 7anni con l’apparecchio ai denti, non aveva mai visto Dakota vergognarsi di fronte ad una scena romantica in compagnia di suo padre, non aveva mai visto quanto poteva essere romantica e come poteva commuoversi di fronte ad un tramonto. Lui invece aveva visto tutto questo, aveva preso parte a tutto della vita di Dakota, e Regan poteva solo provarci ma non avrebbe mai appagato il senso di vuoto che avevano provato entrambi dividendosi. 
Noah bació Drake sulla fronte e prima di andare gli chiese un semplice piacere: “Distrai Regan”.


Tutta la sera, dal momento dedicato a prepararsi - seguendo attentamente le direttive dettate da Drake - fino all’attimo in cui aveva messo piede in Sala Grande, in cui aveva danzato, quando aveva stretto Regan, quando gli aveva sorriso, un unico e ripetitivo pensiero aveva governato la sua mente: non guardare Noah, non accennare, per un solo attimo, di aver colto il suo sguardo. E Dakota era riuscita a trattenere quell’irrefrenabile voglia di voltarsi verso di lui e sorridergli almeno un po'. Regan si era quasi prostrato ai suoi piedi quando l’aveva vista scendere le scale. Con sguardo adorante aveva seguito il suo passo, calmo e apparentemente tranquillo, inconsapevole dell’irrequetezza che quella sera le aveva iniettato in ogni muscolo. Era stata una sfida contro se stessa e continuava anche adesso mentre ballava sulle note dei Billy Talent. Aveva il volto accaldato e quel sorriso messo come scudo, pur di non notare come Noah continuava a guardarla chiedendole di lasciar perdere Regan e gettarsi tra le sue braccia. Ma Dakota non aveva risposto a quel richiamo e aveva continuato a danzare, fermandosi solo adesso per un sorso di succo di zucca fresco.

“Ne ho assolutamente bisogno!” Aveva chiesto a Regan, mentre lui continuava a farla volteggiare sulle note scatenate, impensabili per una festa organizzata da Alyson.

“Quando torno però devo parlarti.” Quella frase metteva in allerta chiunque, anche chi come Dakota non aveva nulla di cui preoccuparsi. Annuí semplicemente, lasciandogli la mano. Regan si incamminò verso il tavolo delle bibite e lei si fece da parte, lasciando la pista libera per chi ancora voleva ballare.

Drake stava cercando di escogitare un piano perfetto, che andasse oltre la sua genialità. Si guardava intorno, tenendo d’occhio Noah intento a mettere in campo la sua arma migliore. Ma nessun suggerimento provenne per aiutare l’amico ed allontanare Regan. Perchè doveva ritrovarsi in situazioni scomode? Si guardava intorno alla ricerca di Kenny o Kyron, alleati di piani malefici, ma di loro nemmeno l’ombra. 
Cadde nel panico totale e nessun idea riuscí ad accendere la lampadina delle idee. Doveva fare qualcosa, Noah era troppo brillo per dargli tempo e il suo cervello doveva essere piú veloce ed evitare che, qualunque idea avesse attraversato la mente del Grifondoro, sfociasse in rissa. Poi lo vide: Regan era da solo al tavolo interamente in ghiaccio che traboccava di bevande. Accanto esattamente al castello delle fate, abbastanza lontano dalla pista. Guardó in giro, in cerca di qualche Corvonero che avrebbe potuto intralciare i suoi piani. Alexander era sparito, forse appartatosi con la sua ragazza. Gli altri componenti della squadra erano in disparte a festeggiare la vittoria a modo loro e Alyson stava chiacchierando con alcune compagne di Casa. Altri studenti guastafeste erano intenti a pensare a sè e Regan era solo. Era il momento di agire e fare un’azione buona, che non lo avrebbe reso un santo ma che avrebbe appagato il senso di colpa provato nel vedere la disperazione di Noah. Si avvicinò con cautela, sperando di non destare alcun sospetto. Se Dakota avesse saputo dell’aiuto che stava prestando a Noah gli avrebbe dato dell’ipocrita bastardo, perchè lui, proprio lui l’aveva invogliata a cedere alle avance di Regan. Lui, Drake Zabini, che in quel momento stava per confondere Regan Smith, le aveva consigliato di dimenticare Noah Potter. 
Lo fece: usò su Regan l’incantesimo Confundus e lo condusse ancora piú lontano da dove si trovava Dakota, lasciando il resto a Noah.



Dakota si guardava le mani: doveva tenere la mente occupata mentre attendeva che Regan tornasse. Non per pensare a cosa le avrebbe detto ma per non cercare Noah con lo sguardo. Aveva notato come alcune ragazze del quinto anno avevano tentato un approccio con lui, un modo per farsi invitare a ballare, ma Noah con gentilezza ed eleganza, senza mai rivolgersi con toni bruschi o insensibili, aveva rifiutato. Noah era un vero gentiluomo e non si sarebbe mai smentito con atteggiamenti che non gli appartenevano. Sorrise, ripensando al modo in cui aveva allontanato Margareth Finnagan carezzandole una mano. La dolcezza era insita in lui come una parte integrante di sè. Noah non sarebbe mai cambiato. 
Poi sentí quelle note e il cuore perse un battito. Dolci, malinconiche, appartenenti ad un passato quasi dimenticato. Musica in contrasto con quella che aveva accompagnato la serata fino ad allora. Ma nessuno sembrò notarlo, anzi: Silente dal tavolo degli insegnanti, messo in disparte lontano dal vivere degli studenti, sembrò riconoscerla e con gioia invitò a ballare l’anziana amica di una vita, Minerva McGranitt, che accettò con gioia. Quella canzone lasciò cadere un velo di romanticismo di altri tempi, di quell’amore lasciato ormai andare. Dakota la ricordò e un nodo al cuore le fece rinascere dei ricordi dolci, ma altrettanto dolorosi per poterli sopportare. Doveva essere solo una coincidenza che quella canzone fosse stata messa, doveva essere solo una triste e cattiva coincidenza. Ma quando vide Noah farsi strada con sicurezza tra la folla, ebbe la certezza che non si trattava di quello. Era un film, un racconto romantico, quello che stava vivendo Dakota in quel momento. Voleva scappare lontano dai ricordi, lontano da Noah. Ma quando tentò di farlo lui la prese per mano e la condusse tra le sue braccia e mimò, con le labbra,  la canzone non staccandole gli occhi di dosso.
Ray Charles, con la sua voce, li condusse a danzare lentamente. Le mani intrecciate, una posata sul cuore di Noah, l’altra distesa leggermente e dondolavano lentamente, seguendo quella voce insita di dolore e malinconia per la sua Georgia. 

“Other arms reach out to me
Other eyes smile tenderly
Still in peaceful dreams I see
The road leads back to you”


“La ricordi?” Dakota non riusciva a parlare, se lo avesse fatto avrebbe pianto come una bambina. Annuí semplicemente, accennando un sorriso.
Noah la condusse al centro della pista, non stonando con la magica atmosfera che aveva creato.

“Ricordi quando quella pazza di mia madre ci costringeva a ballarla?” Risero insieme. Ricordava perfettamente i pomeriggi trascorsi a casa Potter. Luna adorava quella canzone e ogni giorno, tra le mura di casa, si sentivano risuonare quelle note e i due piccoli Dakota e Noah fingevano noia. Noia che con il tempo si trasformò in un tentativo di voler prendere in giro il momento romantico del rientro di Harry che, prendendo sua moglie tra le braccia, la salutava sulle note di quella canzone, dondolandosi nella cucina della loro dimora. E con il tempo Luna, trovando carino il modo in cui Noah e Dakota tentavano di danzare, aveva deciso di metterla per loro. Tanto da farla diventare la loro canzone.

“E ricordi cosa ti dissi, una delle milioni di volte che la danzammo?” Come poteva dimenticare Dakota? Era accaduto poco prima di scoprire che Noah aveva chiesto di uscire ad Alyson, l’ultima volta che si erano ritrovati nella Stanza delle Necessitá come loro solito, a parlare di nulla in particolare. Dakota sorrise ma quel sorriso ebbe un effetto collaterale: piccole lacrime rischiarono di rovinarle il trucco. 

“Che sarebbe stata sempre la nostra canzone e che..” Rise di gusto perchè ricordò quanto fu divertente vedere la serietá che impiegò Noah nel dirlo,  con reale convinzione.

“Non l’avresti ballata mai in pubblico! Sarebbe stato ridicolo. Ma che l’avresti ballata solo con me...” Dove erano andata tutte quelle promesse? Perchè quella sera di qualche anno prima, sulle note malinconiche di Georgia on my mind, Noah non le aveva detto cosa provava realmente? Cosa li aveva spinti a quel punto? La fece volteggiare lentamente su se stessa prima di riprenderla tra le braccia. 

“Sará stato il whisky a suggerirmelo ma non lo trovo piú così ridicolo. Penso che sia davvero la nostra canzone...” Dakota aveva notato un velo di brio nel suo sguardo, ma non aveva dato a quel particolare un peso tanto da considerarlo. Stava danzando con Noah, un segreto che aveva custodito per anni nel suo gelido e apparente cuore di pietra. Dimenticò tutto: la rabbia, il rancore, Regan. Adesso c’era solo la voce di Ray Charles, Noah e le luci soffuse. Era magico, non solo perchè fate vere volavano per la Sala o per i fiocchi di neve che scendevano dal soffitto. Era una magia mentale che aveva trasportato Dakota a due anni prima quando tutto era ancora perfetto.

“Prima che finisca la canzone e tu ritorni tra le braccia di quell’idiota di Smith, volevo chiederti scusa.” Noah aveva la voce quasi tremante. Trovare le parole giuste, che non rovinassero tutto, era difficile e il whisky gli stava suggerendo di lasciar perdere introduzioni inutili ed arrivare al sodo, giungere all’unico motivo che lo aveva spinto a ballare in pubblico, nonostante lo avesse giurato con una mano poggiata alla mappa dei malandrini di suo padre che mai lo avrebbe fatto.

“Ho aspettato che andassi via da me per farmi avanti. Sono stato un egoista schifoso, avrei dovuto essere sincero anche con me stesso. Non sei mai stata una semplice amica per me. Tu sei Dakota, la mia Dakota ed io sono Noah. Noah non può stare senza Dakota. Siamo anime gemelle.” Stava lasciando che il whisky parlasse e ripetesse frasi insensate. 
Dakota tentò di parlare, trovando insopportabile quelle parole, non perchè non fossero vere, ma perchè esplicitavano chiaramente ciò che Dakota aveva pensato ogni giorno, che aveva continuato a pensare anche quando Noah mostrava di amare Alyson. Quando lei, arrabbiata come una belva, continuava comunque a credere che loro due, le loro anime, fossero così unite da non poter trovare ostacoli che potessero spezzarle. Noah era il suo passato, presente e futuro. Il suo nome aveva assunto un significato tanto profondo che Dakota non avrebbe potuto chiamarlo diversamente. “Noah” significava parlare anche di sè, significava prendere un intera vita, i suoi 16 anni e vedere sempre lui in qualunque momento. 
Ma lui la fermò.

“Prima che la canzone finisca. Sono stato io a ferirti, testa di cazzo che sono! Ma un’altra Dakota non esiste! Lo ha detto anche Kenny oggi, durante la partita! E non voglio accontentarmi di qualcuno che non sia tu. L’ho fatto lo so, ma è stato un casino! Era come se avessi preso una parte di me e l’avessi ammazzata. Sono vuoto, e le sto tentando tutte! Anche rendendomi patetico ma non importa, non me ne frega un cazzo, perchè, Dakota, io…” Ma la musica si spense, si chiuse il sipario su di loro e ci fu un'intrusione improvvisa, come se qualcuno provasse un gusto macabro nel devastare entrambi. La musica passò come sottofondo e alcuni organizzatori della festa fecero retrocedere gli occupanti della sala da Ballo. Una del comitato organizzativo fece apparire con un colpo di bacchetta un piccolo patibolo sul quale prese posto. Dakota fece per andarsene ma Noah la trattenne, stringendole la mano. 

“Dobbiamo parlare, andiamo via da qui...” Ma Dakota non voleva seguirlo. Regan non l’aveva raggiunta ma sapeva che il ballo era stato notato da molti presenti in Sala, e il rischio che anche Regan avesse notato quella situazione fastidiosa era possibile. Scosse il capo e tentò di sottrassi, ma la presa di Noah era salda e non la lasciò andare. La ragazza del comitato si schiarí la voce e sorrise ai presenti. Era un’amica di Alyson e lo sguardo, privo della gentilezza mostrata poco prima, si fermò su Dakota. Lei aveva ancora le lacrime agli occhi e si vergognò, sentendosi un’antagonista indesiderata.

“Mi scuso per la brusca interruzione del momento romantico, ma è mezzanotte ed è il momento di proclamare la coppia piú bella della serata. Come avrete notato, ad inizio serata per la Sala sono passati dei bigliettini in oro sul quale era richiesto di votare, secondo gusto personale, chi tra le coppie conosciute fosse quella che merita di vincere il titolo di re e reginetta d’inverno. Bene! Adesso ho qui i risultati...” Noah si voltò verso Dakota, impaziente di continuare a parlarle, lasciando che la voce venisse soffocata dai rulli di tamburi. Dakota avrebbe voluto cruciare quella stupida in piedi sul palco. Sapeva che Alyson aveva ordinato di affrettare i tempi affinchè potessero essere divisi. Avrebbe voluto danzare in eterno, smetterla di far parte della realtá rovinata dagli sbagli e concedersi a quell’illusione. Ma non fu possibile. Noah le disse qualcosa ma lei non capí, glielo ridisse, ma il frastuono soffocava le sue parole. Le stava chiedendo di andare via, di lasciare tutti e continuare quel ballo che aveva riportato alla memoria eventi dolci, ma altrettanto dolorosi. Dakota scosse il capo, quasi supplicandolo di lasciarla andare. Lui non voleva perderla, non accettava l’idea di dover vivere accettando Dakota altrove. L’amica di Alyson aprí la busta, eccitata come le altre ragazze in Sala. Ma, quando lesse i risultati, il volto si incupí e guardò di getto Alyson, giá pronta a salire sul palco insieme a Noah. Quel titolo lo aveva vinto per due anni di seguito e adesso non poteva lasciare quel posto a qualcun’altro. Ma lei dovette leggere a gran voce i nomi dei nuovi re e regina di Inverno che non corrisondevano alle aspettative. Dakota si sentí chiamare, ma non rispose. Sentí ripetere il suo nome ma non volle muoversi. Il suo nome non era stato accostato a quello di Noah Potter ma a quello di Regan Smith. Noah scosse il capo, le disse di non andare ma lei doveva lasciarlo, doveva seguire le conseguenze che non erano state causate dalle sue azioni ma dalle azioni di Noah. Si allontanò, non dirigendosi però al palco. Non voleva salire al cospetto di tutti su quel patibolo. Odiava quel tipo di attenzioni, lei non era una reginetta. Era semplicemente Dakota Malfoy e non si sarebbe mischiata a quella categoria che aveva sempre odiato. Voleva abbandonare la Sala e rinnegare il titolo. Ma Regan apparve, essendosi ripreso dall’incantesimo confundus. La prese di slancio e le sorrise, felice molto piú di lei. 

“Sai che non mi piacciono queste cose.” Lo disse di getto, sperando che Regan capisse e che non fosse adirato. Ma il suo sorriso era raggiante. Forse non aveva visto cosa era accaduto poco prima, inconsapevole di quel lieve tradimento che la metteva in crisi e che la faceva annegare nelle colpe. Non voleva farlo soffrire, non lo meritava e odiava Noah che la spingeva a sbagliare. Lei non voleva sbagliare nei confronti di Regan perchè lui l’aveva risollevata quando Noah le aveva spezzato il cuore. Aveva fatto molto affinchè sorridesse. 

“È solo un gioco, Dakota! E poi non ti va di far morire Alyson nel sottrarle il titolo?” Le sussurrò piano, rassicurandola con un lieve bacio, facendole notare l’indignazione che aveva infuocato Alyson Belby, che rischiava un embolo. Dakota non lo trovò divertente perchè sapeva che non le aveva sottratto solo un titolo. Ma annuí, accettando la proposta di Regan e facendola passare per divertente.
Così insieme a Regan salí  sul palco. Si voltò verso la folla mentre veniva incoronata e vide Noah,  leggendo nei suoi occhi  la rassegnazione. Il modo in cui lui lasciò la Sala le diede la certezza che il cuore di Noah si era spezzato esattamente come il suo. 


Bree aveva trascorso tutta la sera aggrappata alla schiena di Liam. Lei a quella stupida festa avrebbe preferito non partecipare, quell’orrendo vestito blu non lo avrebbe voluto indossare, come la maschera utile a salvare le apparenze. Ma Liam glielo aveva quasi ordinato, ripetendo con toni aggressivi che mancare a quell’avvenimento avrebbe significato aumentare i sospetti. Avrebbe significato dare conferma alle sue accuse: “Se non vieni stasera, allora posso pensare che non sopporti di vedere Montague perchè potresti tradirti e rivelare quanto tu sia bugiarda...” Liam glielo aveva detto strappandole quasi i capelli e Bree, pur di frenare la sua natura aggressiva e  mostruosa, aveva accettato senza ribattere. Ma quella sera era stata un inferno. Liam l’aveva tenuta con sè in modo da poterla tenere d’occhio e aveva parlato con gli amici ignorando la sua presenza. Era lì come un trofeo da mostrare, e vergognandosi della natura che stava assumendo non era andata a salutare nessuno: nè Mya, nè Maddy, nè Dakota e nè suo fratello Noah. Aveva guardato ogni cosa posizionata su uno sfondo scisso dalla realtá, e Liam era stato l’ostacolo che l’aveva isolata da tutti. Inoltre aveva trovato insopportabile vedere Kenny e Violet divertirsi tutta la sera. Era bellissima Violet con il suo abito verde e Kenny aveva avuto occhi solo per lei. Come biasimarlo? Bree ormai era diventata un mostro, aveva perso la gioia. I suoi occhi erano completamente spenti, quasi morti. Voleva andar via e chiudersi in camera sua, coprirsi con le coperte e pensare che fosse tutto solo un incubo. E invece doveva far forza sulle gambe e sforzarsi di sorridere, di trovare divertente le battute degli amici di Liam, provare indifferenza per Kenny che piú volte le aveva sorriso, limitandosi però semplicemente a quell’unico atto gentile e di intesa. Quel modo di starle accanto che poteva limitarsi a quell’unico gesto. 
Aveva assistito alla proclamazione della coppia piú bella di Hogwarts, e aveva assistito a come Noah avesse trovato spiazzante vedere Dakota accanto a Regan, mentre venivano incoronati e si baciavano sotto il vischio. Gli si era spezzato il cuore e lei aveva potuto solo assistere senza andar in contro a suo fratello e dirgli che andava tutto bene. Arthur Weasley Jr. e Frank Paciock lo aveva fatto per lei, regalandogli un momento di spensieratezza al di fuori della sala. Lo avevano trascinato fuori dalla Sala cantando cori da stadio, facendogli ritrovare il sorriso. Almeno aveva ancora loro dalla sua parte. Lei restava impalata dietro l’ombra di Liam, che avrebbe raggiunto dopo i festeggiamenti privati. Si muoveva tra la Sala come un fantasma, nessuno sembrava ricordarsi di lei o riconoscerla e, quando la musica ritornò a pompare forte, Kenny e Violet ritornarono in pista a ballare. Violet era bellissima, raggiante, allegra. Lasciava a Kenny la possibiliá di toccarla e farla volteggiare, farla sorridere e darle gioia. Lasciava che la bellezza di Violet fiorisse come i ciliegi a primavera, mentre lei restava morta e appassita alle spalle del ragazzo che le aveva regalato le medesimi emozioni prima di trascinarla all’inferno. Forse era semplicemente colpa sua se Liam si era trasformato nel mostro che era, forse era lei la causa del suo stesso male. Sentí le forze abbandonarla e cercò attenzione da Liam che gliela concesse distrattamente.

“Ti dispiace se vado via..?” Si sentiva un peso anche per lui. Bree non era come Violet che dava gusto alla festa. Non era Violet che fioriva e rinasceva ad ogni cambio di musica. Lei era morta, dentro e fuori.

“No, amore. Sei stanca e hai bisogno di riposare. Vai pure, io resto ancora un po' prima di raggiungere Noah.” Erano in presenza di amici e lui mostrò la facciata che le aveva mostrato per un anno, lasciando che si innamorasse. Chi era il vero Liam? Chi era realmente lui? La baciò con delicatezza e lasciò che abbandonasse la Sala con nessuno che potesse aver notato la sua presenza come la sua assenza. Nessuno eccetto Kenny.
L’aveva tenuta d’occhio tutta la sera, non perdendola mai di vista, come non aveva mai perso di vista Liam che aveva assunto atteggiamenti strani. Avrebbe voluto seguirla ma se Liam si fosse reso conto che tra loro c’era ancora un legame, anche se di semplice amicizia, avrebbe rischiato di rovinare il loro rapporto e crearle altri disagi. Anche se i forti sospetti che la causa del male di Bree fosse proprio lui non volevano lasciare il suo intuito. Guardò Bree allontanarsi piano, come un'indifesa bambina che si stringeva a se stessa pur di non cadere. Avrebbe voluto prendere tra le braccia il suo corpo sottile e portarla alla Torre di Corvonero tenendola tra le sue braccia. Ma con un peso nel cuore dovette lasciarla andare da sola. 

“Ken, vado un attimo da Alma e Susan. Ho promesso un brindisi per augurarci Buon Natale.” Violet lo riportò al presente e lui annuí, ancora con il pensiero rivolto a Bree. Forse raggiungerla di soppiatto non avrebbe destato alcun sospetto. Avrebbe potuto attendere cinque minuti e poi seguirla. Se avesse corso l’avrebbe incontrata a metá strada e magari avrebbero potuto parlare. Era una decisione che tamburellò nella sua mente, al punto da smuoverlo e indurlo a rischiare. Si fece largo tra la folla, sperando di arrivare in tempo, sperando di poterla fermare e magari proporle di mangiare dei zuccotti insieme. Non le avrebbe chiesto di parlare ma solo di mangiare insieme su, nella torre di Astronomia. Era quasi giunto all’uscita della Sala Grande quando qualcos’altro attirò la sua attenzione, facendogli attivare i sensori di allerta. Fu come una visione mistica ma troppo reale.
Tyra gli era passata davanti non notandolo e lo aveva incosciamente indotto a guardarla. Kenny seguí l’andamento sensuale della Serpeverde e vide tutto: lo sguardo che lanciò a Liam prima di proseguire verso una delle sale interne della Sala Grande, quelle che conducevano ai piani inferiori del Castello. Vide la scusa banale che permise al Grifondoro di congedersi dalla conversazione con due Tassorosso e prendere la medesima direzione di Tyra. Si incontrarono a metá strada e, quando sparirono dietro le porte in legno, Kenny vide chiaramente che i due non si erano trovati allo stesso posto per caso: la mano di Liam sul fondoschiena di Tyra fu la prova lampante.



Mya guardava la neve scendere sul parco di Hogwarts. Morbida come batuffoli di cotone, fredda e intoccabile. Si stringeva nel cappotto ma il freddo lo sentiva comunque. Drake l’aveva ferita profondamente e non riusciva a rientrare in Sala e sopportare la sua presenza. Aveva esagerato, Mya, nell’ affrontare la gelosia di Drake con l’unico scopo di farsi notare da chi, quella sera, non era stato in Sala. Continuava a ricercare le sue attenzioni nonostante avesse ripetuto un’infinitá di volte che avrebbe lasciato perdere, accettando che Kyron Nott non avrebbe fatto parte della sua vita come lei desiderava. Ma non poteva farci nulla. Dirselo in continuazione non avrebbe soppiantato quella voglia di scoprire che magari si sbagliava. Ogni volta perl era cosí dura la realtá da farle commettere sciocchezze che, come quella sera, sfociavano in guai. 

“Mya! Ti ho cercata ovunque.” Maddy la raggiunse con la sua voce morbida e calda per proteggerla con un abbraccio. Ritrovava in lei la calma, la voglia di non piangere e dare al suo volto un graffio di finta serenitá.

“Non mi sono mossa da qui, infatti.” Mya trovò riparo tra le sue braccia, affondandole il volto nella spalla.

“Ti sei persa l’incoronazione del re e della reginetta d’inverno.” Maddy era stata presente e non si era trattenuta per l’eccitazione di vedere Dakota indossare la corona: le stava meglio che ad Alyson, che nei due anni consegutivi della sua incoronazione aveva mostrato finte lacrime e sorrisi di mezogna, mentre Noah assecondava quelle sciocchezze.

“Vedere di nuovo Alyson reginetta non mi entusiasma un granchè!” 

“No! Dakota è stata incoronata! Era bellissima.” Mya sentí il barlume di ilaritá immaginandosi Alyson pronta a scoppiare in una crisi di nervi.

“Alyson è scoppiata? Morta?” Ci speró nella notizia di qualche scenata tipica di Alyson, ma Maddy le distrusse le aspettative scuotendo il capo.

“E' rimasta incredibilmente calma. Noah è scappato… povero.” Maddy era realmente dispiaciuta per Noah. Forse era stata l’unica nella Sala - oltre Arthur Wealsye Jr. e Frank Paciock - a notare il suo atteggiamento deluso, e si sentiva in pena per lui.

“Dovremmo invitarlo nel club: innamorati del tuo amico e poi lascia che ti spezzi il cuore. Potremmo essere una bella squadra.” Il sarcasmo di Mya era il chiaro segno che era realmente triste. Aver litigato con suo fratello la incupiva e le cambiava la visione del mondo. Sarcastica e fredda, un macigno di ghiaccio.

“Per Noah non è andata così. Dakota ha aspettato per tanto tempo che aprisse gli occhi ed è arrivato tardi. Magari succede anche a te.” Maddy tentò di risollevarla, coccolandola con carezze leggere sul capo.

“Magari un giorno incontrerai qualcuno che non avrà bisogno di perderti prima di sapere con convinzione che tu sia la ragazza giusta. Magari un giorno Kyron rimpiangerá tante cose." Nonostante le sue parole fossero un tentativo di far apparire Kyron l’antagonista, Maddy non impiegò modi duri. Restava pacata e gentile e Kyron non meritava un trattamento del genere.

“Questo discorso dovresti farlo anche per te...” Intimò Mya, sciogliendo l’abbraccio e avviandosi verso la Sala Grande ancora in piena festa, nonostante fosse mezzanotte passata.
Maddy rispose al rimprovero sorridendo semplicemente. Non aveva voglia di iniziare un dibattito. Entrambe si trovavano incastrare nei loro sentimenti, e qualunque tentativo di razionalitá non avrebbe portato da nessuna parte.
La festa continuava come se fosse appena iniziata. L’indomani il treno avrebbe condotto tutti a casa per le vacanze di Natale e nessuno avrebbe sprecato la serata rinchiudendosi nelle proprie stanze, a meno che non avessero un valido motivo per farlo. La musica faceva scatenare gli studenti in pista e Mya scorse Dakota che danzava con Regan: rideva mentre Regan la faceva roteare su se stessa, la prendeva tra le braccia e la scuoteva in concomitanza con la musica. Era davvero bella con la corona fatta in ghiaccio, e in parte Mya la invidiò. Lei era riuscita a cancellare Noah dalla sua vita, era riuscita ad amare se stessa cercando altrove l’affetto e la sicurezza che Noah aveva rifiutato di darle. Condizionava la sua vita, maledetto Kyron. La condizionava anche quando non c’era… anche se c’era. Tutta la sera era rimasto nascosto o semplicemente era stato altrove. Ma solo adesso Mya riuscí a vederlo: l’abito era meraviglioso indossato da lui. E, dal modo in cui sorrideva con suo fratello Drake, comprese ancora una volta che l’unica idiota era e sarebbe stata lei.

“Balliamo?” Anche Maddy aveva notato la presenza di Kyron e tentò di distrarla, inutilmente. Ormai la sua presenza aveva fatto breccia in Mya. 

“Credo che andrò in Sala Comune. Non ho voglia di assistere a qualche stronzata di stampo Drake-Kyron. Ti ho giá rovinato la festa.” Era stata così presa dal voler farsi notare da Kyron da tralasciare che, nonostante tutto, quella festa avrebbe potuto trasformarmi in una bella serata, se avesse voluto far affidamento solo su Maddy. L’aveva condotta con la forza per poi regalarle una serata dedita alla ricerca di Kyron. Era stata una vera egoista.

“Mya non dirlo nemmeno per scherzo! Io non ci sarei nemmeno venuta qui. Ti seguo, ho ancora una scorta di cioccorane.” Come poteva essere così dolce nonostante tutto? Maddy non lasciava mai che le colpe di qualcuno potessero pesare, ma faceva passare anche il peggior comportamento come giustificato. Ma non voleva condizionarle la serata, non ancora. Maddy però era imperturbabile e le strinse la mano, incitandola a farle strada. Si fecero largo tra la folla, programmando il continuo della serata riprendendo le vecchie tradizioni. Ma Mya fu nuovamente messa alla prova. Vide Kyron dire qualcosa a Drake: si trovavano accanto al tavolo delle bibite e Drake si animò, adirato. Stavano discutendo e Kyron quasi lo pregava di smetterla. Si fermò a metá strada tra l’uscita della Sala Grande e la scena di Drake e Kyron, in disaccordo su qualcosa. Drake si stropicciò il volto - spazientito - e gli fece cenno di andare, come se gli avesse dato la clemenza regale di fare ciò che gli aveva chiesto. Kyron battè sulla spalla di Drake e prese la scorciatoia - alla quale si poteva accedere dalle porte laterali della sala - che permetteva di non passare per il portone d’ingresso. Un’idea intrusiva e malsana si introdusse nella mente di Mya. Si voltò verso Maddy e le chiese l’impossibile:
 
“Resta qui a sorvegliare Drake, se chiede di me sono in stanza." Maddy scosse il capo e la trattenne.

“Non andare. Andiamo in stanza a mangiare cioccorane! Ti prego...” Anche lei aveva assistito all’intera scena e aveva captato immediatamente le intenzioni di Mya. Non poteva permetterglielo, non doveva seguire Kyron.

“Forse è andato ad incontrare la ragazza con la quale si vede tutte le sere. La stessa di cui parla anche Maggie May. Devo andare! Per non essere venuto alla festa con lei significa che non vuole far sapere chi è.” Mya doveva lasciare che quel tormento si concludesse. Doveva dare un volto alla ragazza che teneva Kyron fuori tutta la notte, che lo tratteneva con sè mentre Mya soffrira la mancanza di un semplice abbraccio che Kyron non le riservava piú, terrorizzato dagli effetti che avrebbe potuto suscitare. Maddy le voleva bene e proprio per questo tentava di convincerla a non andare, ma Mya era irremovibile e, anche se lei avesse cercato di fermarla, sarebbe andata comunque.

“Qualunque cosa succeda raggiungimi in Sala Comune! Ti prego, non fare sciocchezze.” Maddy avrebbe voluto seguirla ma se fosse andata con lei non avrebbe potuto controllare Drake e impedirgli di raggiungerla. Anche se la sua presenza avrebbe destato maggior sospetti: Maddy non andava da nessuna parte senza Mya. Ma lei voleva affrontare quella situazione da sola, magari per poterlo affrontare. Mya la ringraziò con un bacio sulla guancia e decise, ancora, di lasciare a Kyron pieno spazio nella sua vita. Drake si era allontanato dalla postazione dei drink e adesso danzava con Dakota. Quindi Mya prese la medesima strada di Kyron. Chiuse la porta alle sue spalle, spegnendo la musica e lasciando che il buio la inghiottisse. 

I sotterranei erano inghiottiti dal buio. Con le sole luci delle torce Mya non riusciva a vedere quasi nulla. Quella sezione dei sotterranei portavano alla dispensa delle pozioni, alle prigioni -ormai non piú in uso da secoli - e altre aree inagibili ormai dimenticate da tutti. Era umido e l’abito che indossava non era idoneo a quel luogo: sentiva il freddo sfiorarle la pelle e piú volte rischiò di inciampare a causa dei tacchi. Mya non era piú tanto certa che Kyron si trovasse lì, anche perchè non era un buon luogo per dare appuntamento ad una ragazza. Ebbe la tentazione di tornare indietro e accettare la proposta di Maddy: immergersi sotto le coperte e mangiare, fino a scoppiare, le loro adorate cioccorane. Seguire Kyron era stata una reazione avventata e maledettamente stupida. Cosa si aspettava di vedere e quando l’avrebbe visto, cosa avrebbe fatto?
Si tolse le fastidiose scarpe e trovò appoggio al muro gelido. Si sentiva ridicola: aveva sprecato tempo per prepararsi per poi perdere altro tempo alla ricerca di Kyron. Adesso si ritrovava nei sotterranei dimenticati da Dio, rischiando di beccarsi un malanno a causa del freddo, una storta e farsi beccare magari da Kyron e non riuscire a giustificare perchè lei fosse lí.
Prese la direzione opposta a quella imboccata, decisa ad andarsene: restare lí era inutile.
Si incamminò, attenta a non scivolare sul pavimento, quando sentí le voci, la sua voce.

“Mi stavo godendo la festa, ero con i miei amici.” Si stavano avvicinando. Mya si nascose dietro ad un muro e rimase in ascolto. La voce della donna seguí quella di Kyron e le sembrò di riconoscerla.

“Sai quanto odio essere ignorata!” Mya respirava irregolarmente e il cuore le era balzato in gola. Pregó Merlino affinchè non li facesse giungere dove si trovava lei. Ma non poteva allungare lo sguardo, rischiava di essere vista.

“E tu sai quanto odio sentirmi oppresso. Non stiamo insieme.” Mya non capiva. Se non stavano insieme cosa li spingeva a nascondersi? Doveva capire chi fosse la misteriosa ragazza e dare un volto ai suoi incubi. Respirò a fondo e si affacciò appena. Era abbastanza buio dalla sua parte, cosí da lasciarsi nascondere. Ma le due figure in piedi una di fronte all’altra erano chiaramente visibili e, quando vide con chi Kyron stava avendo quel piccolo disguido, si sentí morire. Non metaforicamente ma Mya sentí un dolore che, se avesse avuto esperienza di morte, avrebbe potuto accostarlo a quello stato che stava vivendo, nascosta in un buco scuro. Strinse la presa intorno alla pietra e non sentì piú il battito del suo cuore. La professoressa Ameliè Tresal-Mauroz guardava Kyron rendendo la sua bellezza una maschera indignata, mentre il suo interlocutore restava impassibile, come se di fronte a lui ci fosse un muro. 

“Mi viene da pensare che tu non abbia piú voglia di vedermi...” La tonalitá cambiò, divenendo lasciva e sinuosa come le sue curve. 

“Ne dubito. Sei troppo sicura di te.” Anche Kyron mutò completamente atteggiamento e con una sola falcata incastrò il corpo di Ameliè tra sè e la parete. Mya desiderava scappare, ma uno spirito macabro, autolesionista, la lasciava ferma lí a guardare la scena, inammissibile per il suo cuore che sentí incrinare sempre piú, come se venisse preso a pugni. 

“Vorrei una prova...” Era un gioco, che prevedeva di scoprire chi avrebbe ceduto per primo. Un gioco a cui Mya avrebbe preferito non assistere. Mantenere il controllo non era facile: era come lasciarsi stracciare la pelle e restare impassibile al dolore. Non riusciva a respirare regolarmente, aveva la mente annebbiata. 
Kyron prese la mano di Ameliè e l’appoggiò sui calzoni, sulla pretuberanza rigida che intimidí anche Mya.

“È una prova sufficiente?” Ameliè rise di gusto, aggrappandosi al collo di Kyron e raggiungendo le sue labbra con un bacio poco casto, fatto di mani che si toccavano ovunque. Mya non sentiva più nulla, era completamente scissa dal suo corpo e la sua mente restava li a guardare mentre Kyron, appassionatamente assecondava le richieste di Ameliè. 
Poi si fermarono e Ameliè lo invitó a seguirlo nei suoi alloggi, sparendo nuovamente nel buio.
Mya era rimasta lí, paralizzata dal dolore. Cosa aveva in mente Kyron? Mettere a rischio la sua carriera scolastica, mettere a rischio il suo futuro? Non sarebbe rimasta segreta la loro tresca, Maggie May riusciva sempre a scovare la veritá. Era per questo che Kyron non la ricambiava? Era perchè la sua mente era troppo presa da relazioni come quelle, senza un significato, una base e senza amore? Era quello che voleva Kyron? Un impegno a soddisfare solo le esigenze sessuali? Non poteva stare con lei perchè l’amore non era nei suoi progetti, non faceva parte di lui. Il solo sesso lo muoveva verso le ragazze. Mya aveva mille domande nella testa, che le paralizzarono il cervello.
Non si accorse di star piangendo silenziosamente, priva di voce perchè dentro di sè aveva urlato dal dolore.




**




Maddy si guardava intorno pregando maghi e le streghe antichi di vedere Mya ritornare indietro e dirle di averci ripensato. Ma i minuti passavano e la Sala restava immobile, con le stesse persone ad occuparla. Drake era ancora in pista e aveva ballato con Dakota, Violet e Kenny. Sperò che non notasse l’assenza di Mya, contemporanea alla fuga di Kyron, ma quella sera - come ogni giorno - la fortuna non era dalla sua parte. Drake aveva notato che Maddy era sola, in un angolo della Sala, guardandosi intorno con le mani dietro la schiena in una posa pensante. Si avvicinò, con indosso solo la camicia alzata fino ai gomiti e leggermente sbottonata: aveva ballato come un folle, come se quella fosse stata la sua ultima sera. Tra tanti volti aveva riconosciuto il suo, una presenza solitaria priva della sua “gemella”.

“Ehi, Madison, come mai tutta sola?” Maddy sobbalzò e si ritrovò a combattere con il panico di rivelare a Drake dove fosse sua sorella, nonostante non glielo avesse chiesto. Non doveva necessariamente dirgli dove fosse, bastava dirgli una bugia. Fingere che Mya fosse andata via perchè non si sentiva bene. 

“Oh, eh… Mya non si sentiva bene e quindi…” Guardò le scarpe e poi la porta, poi ritornò a Drake e lasció la frase a metá percorso. Drake rimase ad attendere che continuasse ma Maddy, non afferrando al volo, sorrise incerta e cadde nuovamente nell’imbarazzo totale.

“Sei da sola, quindi...” Drake non nascose il sorriso divertito: Maddy aveva un viso carino e i suoi modi lo divertivano. Sembrava sempre persa altrove, nella sua piccola testolina incerta e timida. Lo divertiva guardarla arrossire ed era così piccola che chiunque l’avrebbe potuta scambiare per una bambina. 
Lei annuì, scuotendo la testa “su e giú” e ritornando con lo sguardo altrove, evitandolo. Drake sapeva che aveva destato la sua rabbia, ma era inconsapevole che quell’atteggiamento era solo un vano tentativo di controllare la situazione ed evitare che Drake andasse alla ricerca di Mya.

“Se non c’è Mya, posso farti compagnia io.” Voleva distruggere il muro che aveva innalzato tra loro. Non voleva che una stupida cotta determinasse il loro rapporto. Non aveva mai considerato “piacevole” parlare con qualcuno che non fossero i soliti folli del suo gruppo e, ritrovare in Madison un senso familiare, lo induceva ad insistere per risolvere il danno della sua troppa sinceritá. Ammetteva che non mostrava alcun messaggio di sensualitá o femminilitá ma poco gli importava: era sua amica, la sua piccola amica Tassorosso. 

“Bella festa...” Sciocca aggiunta a quel silenzio che fece annuire Maddy. Non parlava e lui non riusciva a indurla a farlo. Si grattò il capo in cerca di qualcosa che le facesse abbassare la maschera e ritornare a parlare con lui senza alcuna costrizione. Avrebbe preferito non sapere che anche lei, come gran parte delle ragazze di Hogwarts, sognava un suo bacio. E, pensandoci attentamente, non riusciva a trovarne un vantaggio. Approfittare di Maddy era impensabile, farci del sesso non lo sfiorava lontanamente. L’unica cosa che voleva era parlare.

“Sono stato troppo duro, con Mya...” Forse se avesse espresso il dubbio che lo aveva tormentato tutta la sera, avrebbe aiutato. Maddy si destò dallo stato intimidatorio e sognante e lo guardò, finalmente.

“Credo che tu abbia solo svolto il tuo compito da fratello. Avresti potuto usare modi diversi, ma hai solo cercato di farle capire che non tutti sono persone buone.” Drake era stato estremamente duro ma Mya aveva provocato la sua pazienza. E inoltre, se non fosse stato per lui, solo Merlino sapeva cosa sarebbe potuto accadere.

“Credi che faremo pace?” Non aveva idea di cosa sarebbe successo l’indomani. Non aveva mai affrontato un litigio tanto animato. Era legato a sua sorella, e sembrò un bambino mentre lo chiese. Forse cercava qualcuno che gli assicurasse che l’indomani sarebbe tutto passato.
Esattamente come aveva fatto Drake quando Mya e Maddy avevano litigato, anche quest’ultima cercò di essere altrettanto rassicurante. Sorrise e cercò di poggiargli una mano sulla spalla, ma la ritrasse con imbarazzo.

“Siete fratelli…” Tremò con la voce e ritornò ad ammutolirsi. C’era un tensione che la teneva immobile allo stesso punto. Tensione per avere Drake estremamente vicino e tensione per Mya che non ritornava. Forse era andata in Sala Comune in attesa che Maddy la raggiungesse, ma se lei fosse andata via di corsa, come stava escogitando con la sua mente, Drake avrebbe trovato sospetto il suo comportamento e la copertura sarebbe saltata. Doveva trovare il coraggio di parlare con naturalezza, strappando il pensiero che Drake fosse consapevole dei suoi sentimenti. Ormai il danno era fatto ma poteva alleggerire la tensione e far pensagli ad altro. Forse Drake non ci ritornava con la mente come faceva lei, ogni volta che lo incontrava. Forse Drake aveva tralasciato la questione, impegnato in altro. Forse Drake non si tormentava la vita, le giornate, come faceva Maddy.

“Ed è normale litigare. E' Natale, ritornerete a casa e magari nessuno dei due penserà a cosa è successo oggi.” Assimilò la massima incurìa, cercò di non pensare a come sarebbe apparsa agli occhi di Drake e sorrise. Si sentí un ebete ma si sarebbe sentita comunque cosí anche se avesse continuato a tremare e balbettare. Drake sembrò non notare il sorriso rivoltogli e sospirò con un lieve accenno di rassegnazione, per poi ritornare a guardarla con uno sguardo dolce... estremamente e stranamente dolce.

“A proposito di Natale. Ho una cosa per te. Volevo dartela prima ma ho sempre avuto problemi con le dimostrazioni di affetto...” Non aveva idea degli effetti che aveva su Maddy. Non era a conoscenza degli spasmi al cuore che quelle parole le provocarono. Forse aveva preso poco sul serio le rivelazioni avute grazie a Tyra, ritenendole sciocchezze dette da una delle tante ragazzine che gli correvano dietro come cagnolini affamati. Maddy cercò di mantenere la calma ma, quando Drake le mostrò il regalo, non riuscí a trattenere lo sguardo di sorpresa e il lieve accenno di emozione. La piccola catenina in oro - sottile e quasi invisibile - si sdrotolò dalle mani di Drake, venendo fermata in tempo. Il ciondolino dondolò davanti ai suoi occhi: era una piccola ampolla contenente un liquido verde smeraldino.

“E0 stata la prima pozione che abbiamo preparato e, dato che sei diventata davvero brava, ho ritenuto che sarebbe stato carino dartene un pizzico come monito, da portare con te...” La pozione "Scia" era stata la prima pozione che aveva dato a Madison la spinta per migliorare in pozioni che, grazie a Drake, era riuscita a preparare alla perfezione. Ricordava la prima lezione e i salti di gioia dopo esserci riuscita. Drake quel giorno le aveva grattato la testa affettuosamente e l’aveva incitata a continuare su quella strada. Nonostante tutto aveva dimostrato di essere diverso dal solito Drake, che Maddy era abituata a vedere quando si relazionava con gli altri. Quella parte di sè che che le mostrava ogni volta che erano insieme: un buon amico sulla quale contare.

“Ma non dovevi…” Maddy non sapeva come comportarsi. Voleva prendere il regalo e stringerlo forte a sè, ringraziare Drake per quel gesto gentile che non tutti le riservavano. Voleva abbracciarlo e ringraziarlo per il semplice fatto di aver ricordato con tanta premura un evento che l’aveva aiutata ad acquisire piu sicurezza. Allungó la mano, ma la ritrasse e rimase immobile con le mani congiunte al petto.

“Dovevo. Anche perchè sono stato sgarbato con te...” Drake la fece girare di spalle e la intimò di raccogliersi i capelli. Fu un momento imbarazzante che causò in Maddy altri sbalzi del battito cardiaco e un rossore evidente su tutto il corpo. Le mise la collana, sfiorandole la nuca e regalandole brividi impercettibili: sarebbe svenuta. 

“Quando ho detto che non avrei fatto mai sesso con te, non volevo intendere che sei cosí orrenda da non suscitarmi alcuno stimolo. Ma che…” La fece voltare nuovamente verso di sè e le sorrise senza alcuna traccia di imbarazzo. Per lui era facile parlare di quello che era accaduto settimane prima, a differenza di Maddy che abbassò lo sguardo.

“Io istauro raramente rapporti di amicizia e quando lo faccio nutro rispetto e lealtá. Pensare di fare sesso con te è come se mancassi di questi valori. Quindi, se solo pensassi a te come qualcuno con cui fare sesso, vorrebbe dire considerarti esattamente come considero tutte le ragazze con cui sono stato. Non porto rispetto per nessuna di loro e anche ferirle non mi causa alcun senso di colpa. Io non riesco a mancarti di rispetto perchè fai parte della mia cerchia… è come se fossi una parte della mia famiglia.” Non fu esattamente rassicurante quella rivelazione: considerarla come parte della sua famiglia era equiparabile a dirle che mai tra loro sarebbe potuto nascere qualcosa. Ma pensare che Drake nutriva un forte rispetto nei suoi confronti ebbe un buon effetto sul suo umore. Almeno non avrebbe fatto la fine di gran parte del castello o delle ex studentesse che lo avevano lasciato. Cuori spezzati e autostima sporcata per aver ceduto allo sguardo intenso e poco raccomandabile di Drake Zabini. 

“Quindi ti chiedo scusa per quello che ti ho detto e spero che possiamo ritornare buoni amici e che mi dia ancora la possibilità di essere il tuo tutor.” Chiedere scusa non apparteneva al vocabolario di Drake Zabini. Non aveva chiesto mai scusa nei 17 anni della sua magnifica presenza, ma aveva ponderato e Madison meritava quel gesto. Madison meritava la sua sincera amiciza, il suo rispetto e il piccolo regalo che si accostava perfettamente al colore dei suoi capelli. Maddy aveva il volto in fiamme ma la felicitá che stava provando non le dava vergogna: magari il suo sogno di baciarlo davanti un’intera scuola non si sarebbe mai avverato, ma lei ora occupava una parte importante nella sua vita e le sembrò bastare. Annuí e trovò il coraggio di ringraziarlo con un casto - e privo di malizia - bacio sulla guancia. Se doveva prendere avvio quella nuova fase della loro amicizia, Maddy doveva iniziare a pensare a Drake come un semplice amico e non come l’amore di una vita, l’amore sciocco e adolescenziale che le paralizzava le parole  oltre a ogni arto del corpo. 
L’atmosfera in Sala Grande era ancora un cumulo scatenato e l’eleganza progettata minuziosamente da Alyson aveva lasciato spazio alla casualitá. Gli studenti si erano spogliati degli abiti rigidi e adesso lasciavano che la musica babbana li proiettasse a scatenarsi e salutare, prima di partire per casa, Hogwarts. Anche alcuni professori, tra cui lo stesso Silente, avevano deciso di ritirarsi e dare libero spazio agli studenti. Anche il Professor Pelois, fino ad allora rimasto in Sala, si apprestava a lasciare la scena. Vedendo Drake si avvicinò per augurargli Buon Natale, portatore di una buona notizia. 
Si intromise tra loro e salutò entrambi con un energica pacca sulla spalla, che quasi fece perdere l’equilibrio a Maddy. Drake la sostenne per un braccio appena in tempo e rise di gusto.

“Professore deve stare attento con la sua forza. Non tutti sono resistenti come me.” Pierre Pelois si scusó di cuore con Maddy, accarezzandole le spalle con fare paterno.

“Zabini ho una cosa seria da dirti, prima di lasciare Hogwarts per le vacanze Natalizie...” Maddy non sapeva se fosse necessario restare ma Drake non le lasciava il braccio, restando incollato in quel gesto. 

“Ho ricevuto una lettera dal consiglio dei pozionisti. Hanno accettato la nostra proposta per la pozione anti-mannaro. Dopo le vacanze iniziamo.” Drake fu colpito di getto da un eccitazione involontaria che lo illuminò. Quella notizia la stava attendendo da settimane e, se il progetto fosse andato a buon fine, avrebbe avuto le porte aperte nell’ordine dei pozionisti. Era una nicchia chiusa, circoscritta solo ai migliori e, nonostante suo zio Draco ne facesse già parte, non bastava per farlo accedere. Bisognava presentare una proposta valida e concretizzarla. La pozione anti-mannaro avrebbe sostituito quella anti-lupo che calmava il soggetto in fase di trasformazione. Quella proposta invece avrebbe aiutato tutte le persone affette da quella maledizione a liberarsi del tutto. Se fosse andata a buon fine lui avrebbe potuto indossare la toga nera, simbolo dell’ordine che auspicava da quando era piccolo. Di getto guardò Madison, condividendo con lei la sua gioia e festeggiò prendendola tra le braccia, facendola volteggiare con urli di pura eccitazione.

“Quindi mi raccomando Zabini! Riposati che quando rientri ad Hogwarts ti voglio attento e carico!” Pierre indietreggiò, lasciando a Drake abbastanza spazio per esprimere la sua felicitá. 

“Certo Pierre! Non la deluderò.” Maddy aveva la testa completamente altrove. Aveva volteggiato per cinque, impercettibili secondi, tra le braccia di Drake e aveva sentito il cuore volare e i piedi galleggiare e non solo perchè era stata sollevata senza sforzi dal pavimento. 

“Signorina Diggory, anche per lei ho un’ottima notizia.” Pierre ricevette uno sguardo assente. Maddy era ancora a contare i battiti cardiaci accellerati. 

“L’ultima prova è andata benissimo! Le anticipo la notizia che lei è stata la migliore del suo corso. Gli insegnamenti del Signor Zabini hanno portato ottimi risultati.” Sarebbe stata una notizia che le avrebbe risvegliato eccitazione e contentezza ma Maddy annuí semplicemente, tralasciando del tutto la notizia. Sentiva il cuore scoppiarle e tentava di placare quel fiatone che sarebbe apparso come insensato. Aveva volteggiato tra le braccia di Drake, aveva ricevuto un regalo da lui: il suo regalo di Natale quell’anno era stato meraviglioso. 

“Non voglio vantarmi, Pierre, ma sono un ottimo insegnante!” Drake era imperturbabile, come se non avesse fatto nulla per cui restare impalati a pensare. 

“Certo, Zabini! Ti riterrò responsabile se la signorina Diggory avrá un calo...” Il rimprovero, accompagnato da un sorriso, non fu preso sul serio. 

“È impossibile!” La strinse per le spalle in modo incoraggiante e la guardò con fierezza. Maddy quella sera avrebbe rischiato un infarto, un embolo e nessuno avrebbe mai saputo il perchè. 

“Comunque vi lascio. La mia passaporta parte tra qualche minuto e Silente mi ha dato la possibilitá di usarlo ad Hogwarts. Quindi non devo approfittare oltre! Buon Natale ragazzi e lasciatevelo dire: siete una coppia meravigliosa.” L’astro orologio poggiato al polso indicava mezzanotte passata e la fretta del professor Pierre Pelois di andare via. Drake lo salutò come un vecchio amico, ricambiando gli auguri di Natale e tralasciando le ultime parole del professore, che corse fuori dala Sala Grande. Le stesse parole che si ripetevano come una nenia nella mente di Maddy. Doveva smetterla di assimilare tutto con troppa enfasi. Le parole del professore potevano essere inerenti ai risultati che quell’accoppiata aveva dato alla media scolastica di Maddy. Doveva farsi bastare solo le parole di Drake, che erano state dolci e rassicuranti. 

“Vuoi ballare?” Drake la riportò alla realtá schioccando davanti agli occhi con le dita. Ballare? Maddy ebbe un fremito, un minuto di titubanza e paura. Quella scena giá l’aveva vissuta, ma lui non ricordava di aver ballato con Maddy mesi prima. Non sapeva che lei non sapeva ballare.

“Io… non so ballare...” La scena si ripetè perfettamente uguale ma in un contesto differente. E la risposta fu la stessa. Il sorriso splendido, di chi ne sapeva una piú del diavolo, fu accompagnato dalle stesse parole che Maddy ascoltò la sera della festa di Drake nella Sala Comune dei Serpeverde.

“Ti insegno io.” Solo che adesso Drake sapeva chi era e non c’era alcuna traccia di alcol ad offuscargli la vista. Maddy poteva restare lì a pensare a cosa fare: negarsi - per paura di apparire sciocca - la gioia di ballare con Drake, con la sicurezza che l’indomani si sarebbe ricordato di quell’accaduto. Oppure accettare e scrollarsi di dosso, almeno per quella sera, la paura di sbagliare. Optò per la seconda possibilitá e si lasciò andare, dimenticando che avrebbe dovuto raggiungere Mya. Si mischiò tra la folla ancora palpitante e lasciò che la musica babbana la guidasse nei suoi gesti rigidi, mentre Drake si muoveva a ritmo. La fece volteggiare, l’affiancò con un passo stupido e mischiarono i loro sorrisi. Drake mimò una mossa da vera diva della musica e tutto divenne piú facile. Drake non permetteva che il disagio prendesse possesso di Madison e, pur di farla sentire a proprio agio, si muoveva in modo scordinato e sciocco. E le regalava solo sorrisi. 
Ma poi la musica cambiò e per un attimo si guardarono, incapaci di scegliere cosa fare.
Lo sfreno che aveva caratterizzato metá della sera diede libero spazio ad una musica calma e dolce, preludio della fine della serata. La Sala Grande era ancora ghermita di studenti ma l’indomani il treno sarebbe partito presto ed era ora di andare. Le coppie in Sala si dedicarono a quel momento di calma. Dakota concesse a Regan il ballo lento che Noah gli aveva sottratto con l’inganno. Violet e Kenny, essendo già in pista, considerarono che lasciare in quel momento la Sala sarebbe parso sciocco e rimasero anche loro come gli altri. 
Maddy non sapeva cosa fare: lasciare la pista come se non fosse accaduto nulla o sperare che Drake la prendesse e la facesse volteggiare sulle note di “love in the Dark”. Drake si passò una mano sul volto e decise per lei. Le strinse la mano e l’attirò a sè, lasciando che appoggiasse il volto sul suo petto.

“Questa canzone è bellissima...” Lo sentí dire. Drake non era un tipo da canzoni romantiche, eppure Maddy - alzando lo sguardo - vide che si dondolava a occhi chiusi, gustandosi l’intensitá di ogni parola accompagnata dalla musica. Quel momento sarebbe stato il suo momento perfetto. Si stringeva a lui, inebriandosi del suo profumo, lasciando che le sue braccia la circondassero e il suo cuore palpitasse all’altezza del suo orecchio. Non avrebbe mai saputo della gioia che le aveva regalato quella sera, anche per soli cinque minuti. La gioia di metterla al centro dei suoi interessi e premure, anche se da semplice amico. La gioia di ballare con lui e sognare per poco. Drake involontariamente le stava permettendo di vivere - anche se fittizia - la favola che aveva sempre sognato.




**




La notte era inoltrata gettando nel silenzio totale l’intera Hogwarts. I reperti della festa finita da ore sarebbero spariti l’indomani, non lasciando nulla che manifestasse l’impegno di Alyson, impiegato per quell’evento. Nessun rumore, nessuna voce molesta, ad eccezione di tre Grifondoro che - coperti da un ‘familiare’ mantello dell’invisibilitá - cercavano di raggiungere la Torre dei Grifondoro senza svegliare i superiori. Erano diventati estremamente ingombranti con l’etá e il mantello copriva appena tutti e tre. Chiunque si fosse aggirato per il Castello a quell’ora avrebbe visto sei gambe prive di busto aggirarsi, quasi inciampando nei propri passi, per il Castello. 

“Stiamo andando nella Torre dei Corvonero, idioti!” Frank - ancora abbastanza lucido da farlo notare ad Arthur e Noah - li strattonò, guidando la triade nella direzione opposta. Noah rise di gusto e Arthur intimò di fare silenzio: ma anche lui era troppo ubriaco per regolare la voce e quasi urlò il suo lungo “shhh”.

“ Se andassi da Dakota in queste condizioni non sarei responsabile delle mie azioni. Prenderei prima a pugni la faccia di Smith e poi…” Noah biascicava parole quasi indecifrabili e Arthur rise, mentre gli tappava la bocca. I tre Grifondoro avevano continuato i festeggiamenti nella Stamberga Strillante e i litri di alcol ingurgitati adesso non davano una giusta coordinazione al gruppo.

“Casanova, fa silenzio! Gazza ci butta nei sotterranei.” Frank era stato abbastanza saggio nel lasciare a Noah l’onore di bere piú di tutti e restare abbastanza sobrio da riportarli in stanza.

“Potty innamorato! Povero Potty! Hai fatto una fine penosa!” Arthur non era da meno. Aveva accompagnato le bevute di Noah, restandogli accanto in quel dolore che l’alcol aveva solo ampliato.

“Zitto scimmione! Anche tu sei innamorato.” Uscirono da sotto il mantello, lasciando Frank a proseguire da solo. Si fermò in tempo per riprendere i due amici rimasti indietro.

“E di chi?” Arthur barcollava e Noah - avendo tentato di tappargli la bocca - dovette appoggiarsi al muro.


“Di Frank!” Si guardarono come due ebeti e sorrisero allo stesso modo. 

“Frank ha qualcosa che non mi piace!” Con sacrosanta pazienza, Frank prese entrambi per le braccia - scansando il tentativo di Arthur di sparargli un pugno nei paesi bassi - e li trascinò nuovamente sotto il mantello, per poi proseguire per le scale che davano alla Torre di Grifondoro. Iniziarono a intonare l’inno della squadra ma furono nuovamente zittiti dall’unica coscienza presente. 
Finalmente arrivarono di fronte al ritratto della Signora Grassa ma ebbero un ennesimo ostacolo da affrontare. Alyson era poggiata su un fúoton e rinvení quando sentí i loro passi. Aveva aspettato dalla fine della festa l’arrivo di Noah e, essendo passate ore, si era dotata di un ambiente confortevole che fece sparire con un colpo di bacchetta.

“ Oh, oh! Potty c’è qualcuno che ha bisogno di te...” Arthur fu il primo ad uscire dal mantello dell’invisibilitá e ruttando entrò -dopo aver biascicato la parola d’ordine - nella Sala Comune. 

“Alyson non penso che possiate parlare, è ubriaco fradicio.” Frank desiderava correre in bagno e vomitare tutto ciò che aveva ingurgitato, ma doveva avvertire Alyson di andare via perchè Noah non era in condizioni adatte per parlare.

“Che amici siete? Lasciate che si ubriachi rischiando anche di essere espulsi! Siete orribili!” Alyson non sembrò dar conto all’avvertimento di Frank e lo gettò di lato con disprezzo. Il senso di vomito era sempre piú forte e Frank non aveva intenzione di vomitarsi sui piedi. La mandò al diavolo e la lasciò ad affrontare le conseguenze. Sparí anche lui oltre il dipinto e lasciò Alyson alle prese con un Noah ubriaco e schietto. 
Noah si dondolava cercando di non vomitare. Non aveva coscienza di nulla ma solo della voglia di andare da Dakota e passare la notte con lei, anche semplicemente dormendo. Ma la voce di Alyson si fece largo nella sua coscienza e la rabbia prese il sopravvento.

“Noah voglio parlare!” Era insistente come lo era sempre stata. Aveva subito le sue lamentele, i suoi pianti inutili, il suo essere viziata ad ogni costo. Ma adesso era tutto insostenibile. 

“Ho visto come ballavi con la Malfoy! Perchè mi fai questo?” Noah chiuse gli occhi e sperò di veder sparire lei e la sua voce. Ma nemmeno quel tentativo funzionò.

“Noi ci amiamo! Smettila di fare l’idiota e ritorna il Noah che io amo!” Noah sorrise a quella menzogna. Alyson non aveva mai visto il vero Noah ma aveva cercato di trasformarlo a suo piacimento, plasmando ogni cosa. Maniaca del controllo anche nelle relazioni, aveva trasformato un semplice bacio ad un fidanzamento durato due anni e lui era rimasto immobile, dandole il permesso.

“Noah, guardami” L’urlo stridulo lo risvegliò dalla speranza di vederla sparire e l’alcol presente nel suo corpo diede voce ai pensieri che avrebbe preferito tenere per sè.

“Ti guardo Alyson! E vedo solo una ragazza viziata e stupida! Vedo solo una ragazza che non è Dakota e con la quale ho sprecato due anni!” Noah aveva il disprezzo stampato in volto e Alyson sentí il fiato mancare. Si portò le mani alla bocca per soffocare il pianto, ma le parole erano arrivate al punto esatto dal quale scaturí il dolore.

“Hai sempre voluto controllare tutto ed io ho lasciato che accadesse per mia convenienza! Credevo che con Dakota non avrei mai avuto speranze e invece ho bruciato le mie possibilitá! Io non ti amo Alyson, non ti ho mai amata.” Barcollava e la testa iniziò a girare violentemente. Si infiammò di rabbia e non aveva alcuna intenzione di risparmiarsi sulle parole. Alyson non voleva credere che le taglienti parole provenivano da lui, Noah. Non lo riconosceva ma non aveva intenzione di demordere.

“Noah sei ubriaco e non hai coscienza di ciò che dici. Smettila, vai a letto e domani mattina prendiamo insieme il treno. Facciamo finta che non sia successo nulla...” Cercò un contatto, ma Noah si scostò e lo stomaco andò in subiglio. Tutti gli effetti negativi dell’alcol stavano emergendo, rendendogli lo stomaco pesante e la vista appannata. Non riusciva a tenere lo sguardo fermo ad un solo punto; le pupille saettavano da Alyson al pavimento, per poi ritornare al volto rigato di Alyson.

“Ho coscienza di ciò che dico! Non rendere tutto piú difficile. Alyson accetta che io ti abbia lasciata e creati una tua vita! Maledizione, smettila di PIANGERE!” Non accusò lo scontro del pugno contro il muro ma Alyson tremò a quel gesto di rabbia pura. Voleva trattenersi ma il cuore faceva troppo male e lo stomaco stringeva. Voleva provare a non piangere ma era incontrollabile. Noah l’aveva lasciata e lei non comprendeva perchè. Non poteva credere che amava Dakota Malfoy. Era sempre stata una sua paura ma aveva fatto ditutto pur di non permettere che si realizzasse. Aveva vinto per due anni e non si era preparata a quella sconfitta.

“Alyson, adesso vai a dormire.” Noah si trascinò per il muro e la mise da parte. Ignorò il pianto sommesso nel quale cadde Alyson e, ignorando anche lo sguardo torvo della Signora Grassa, pronunciò la parola d’ordine e sparí oltre il quadro.




**




Quella notte non sarebbe stata la notte serena prefestiva, auspicata. C’era tensione nelle ultime ore ad Hogwarst e Mya la sentiva piú di tutti. Dopo aver visto Kyron con la professoressa si era rintanata in stanza, non aspettando che Maddy la raggiungesse. Non voleva vederla, non voleva vedere nessuno. Era rimasta sola con se stessa a versare stupide lacrime e a chiedersi perchè continuava a sperare che Kyron potesse cambiare idea su di lei, su quel che c’era tra loro o su ciò che non sarebbe mai nato. Aveva pianto tutta la notte, cadendo in un sonno profondo e rinvenendo solo quando gli ultimi superstiti della festa erano rientrati. Aveva atteso che tutte le stanze fossero chiuse e, nel silenzio della tarda notte, si era diretta all’ingresso speranzosa di trovare la calma. Ma non era riuscita a calmare Il tremolio alle mani e l’umore completamente spiaccicato e distrutto. Si era preparata un infuso di erbe e cannella, sperando di ritrovare il sonno perduto. Ma nemmeno il vecchio rimedio di nonna Candice fu efficace. L’indomani il treno l’avrebbe ricondotta a casa ma, se l’aspetto che indossava quella notte sarebbe rimasto immutabile, avrebbe dovuto sottostare alle domande insistenti di sua madre. Non voleva che le festivitá venissero rovinate anche a loro solo per uno stupido capriccio. Si chiuse a riccio sulla poltrona accanto al fuoco - con l’enorme felpa di Drake che la teneva al caldo - e rimase a guardare il vuoto, mischiandosi con l’atmosfera lugubre della Sala Comune. Se avesse tenuto a freno la sua curiositá non avrebbe dovuto assistere alla terrificante scena di Kyron con Ameliè. Se avesse ascoltato Maddy il sonno l’avrebbe cullata dolcemente e avrebbe dormito con un dubbio irrisolto, con la lieve speranza che con caparbietá continuava ad infiammarle l’animo. Sentí altre lacrime rigarle il volto e si sentí maledettamente stupida. Si odiava per quel dolore, si odiava per la sua sciocca debolezza. Kyron aveva scelto altre prima di lei e avrebbe sempre scelto altre. Non sarebbe servito tormentarsi, piangere o urlare. Nulla sarebbe servito per ritrovare la felicitá che Kyron le aveva sottratto. La sua vita era perfetta ma c’era quella lieve stonatura che buttava il resto sullo sfondo, facendolo passare come irrilevabile. Si asciugò il dolore che non la smetteva di tormentarla e decise di ritornare ad affogare i suoi tormenti tra le coperte. Ma la porta in pietra si spostò e Kyron entrò in Sala, venendo folgorato dalla presenza di Mya che non aveva calcolato. Bastò guardarla per comprendere che la sua presenza non auspicava nulla di buono e gli occhi gonfi erano il chiaro avvertimento che aveva pianto, fino a poco prima. Mya aveva optato per il silenzio ma quando lo vide, con la camicia in disordine e lo sguardo tirato per aver dormito poco, si animò in lei una forza bruta, un odio che non sapeva di possedere. 

“È successo qualcosa?” Mya aveva il volto sconvolto e Kyron non potè evitare di preoccuparsi. Era mancato alla festa per ore e forse aveva evitato di essere coinvolto nell’evento che aveva sconvolto Mya. Si avvicinò con intenzioni pacifiche ma Mya fu spinta da un gesto istintivo. Il gesto che aveva trattenuto contro la sua volontá, nascosta dietro il muro dei sotterranei. Lo schiaffeggiò senza vergogna, non distogliendo lo sguardo adirato che, se ne avesse avuta la possibilitá, lo avrebbe trafitto in ogni parte per dargli la prova - appena palpabile - del dolore che lei stava provando. 

“Cosa diavolo…” Kyron non completò la frase che fu travolto da uno spintone che quasi lo fece cadere. Mya aveva una rabbia demoniaca dentro di sè che stava trovando spazio per manifestarsi e lei non aveva intenzione di tenerla a bada. 

“Sei un meschino bugiardo! Un bastardo!” Sussurrare le congiure non furono abbastanza. Voleva urlare ma la coscienza era ancora vigile e se lo avesse fatto metá della Sala Comune si sarebbe svegliata, tra cui anche Drake. E quello scontro doveva essere affrontrato solo tra loro. 

“Cosa hai in testa? Cosa ti dice la testa?” Lo coplí alle tempie e Kyron, cercando ancora di capire quale fosse il motivo della sua collera, non parò i colpi. 

“Vuoi farti espellere!? EH? VUOI RISCHIARE LA TUA CARRIERA SOLO PER PORTARTI A LETTO AMELIÈ…” Rischiò di sciogliersi in un urlo adirato ma Kyron le tappò la bocca, soffocando le sua parole. Come sapeva di Ameliè? Sentí le colpe passargli dietro la nuca, facendolo rabbrividire. Si sentiva un verme: le aveva tentate tutte pur di restare nell’anonimato e non solo per prevenire le ritorsioni che la notizia avrebbe portato con sè. Avrebbe desiderto evitare che Mya lo venisse a sapere, consapevole dei suoi sentimenti. Non riusciva a parlare, a giustificare le sue azioni, mentre Mya continuava a dimenarsi con l’intento di volergli urlare contro le peggiori parole conosciute. Ma Kyron le immobilizzava le parole e riuscí ad avvolgerla tra le braccia, fermandola del tutto.

“Ti fermi un attimo? Sveglierai tutti!” Sussurrò tra i denti Kyron, cercando la massima luciditá per formulare una scusa. Ma l’unica cosa che si ripeteva nella sua mente era scoprire come Mya fosse a conoscenza della sua relazione. Drake non aveva parlato, come anche Kenny. Gli si gelò il sangue nelle vene quando pensò di essere stato smascherato da Maggie May. Ma non dava notizie di sè da quasi un mese, quindi fu scartata anche quella possibilitá. La rinchiuse in un angolo della Sala Comune e la bloccò parandosi davanti a lei. L’avrebbe lasciata andare solo se si fosse calmata, ma Mya tentava ancora di scrollarsi di dosso la forza del corpo di Kyron. Stavano litigando come una vecchia coppia. 

“Non so come diamine tu faccia a saperlo ma Mya ti chiedo per favore di non dirlo...” Le stava chiedendo di coprirlo, consapevole che la collera che stava manifestando era la libera manifestazione di quello che provava per lui. 
Lo stava facendo senza limiti, odiandolo con tutta se stessa. 
Lo spintonò, riuscendo a liberarsi dalla sua presa.
 
“Tu mi stai chiedendo di coprirti il culo! Hai coraggio da vendere per quello che mi stai chiedendo. PERCHÈ LEI? Perchè lei e non me, Kyron?” Furono le ultime parole che la fecero sciogliere completamente. Si coprí il volto - che fu nuovamente invaso dalle lacrime - e si ranicchiò sul pavimento, singhiozzando silenziosamente. Kyron non temeva le conseguenze di quelle sue azioni, non temeva i rischi. Pur di stare con lei avrebbe messo in pericolo la sua carriera. E invece per Mya non trovava il coraggio di affrontare il rischio di provare, di tentare. Si sentiva presa in giro, ingannata e non riusciva a non piangere. Non trovava un freno per quei singhiozzi soffocati. Kyron si inginocchiò accanto a lei, incapace di rispondere. Avrebbe preferito non essere la causa di quel disastro. Tentò di carezzarle il capo, ma Mya lo allontanò con un altro schiaffo. 

“Vi ho visti! Ti ho seguito e vi ho visti…” Si rimese in piedi, cercando di rimettere in piedi anche la sua dignitá. 

“Mya, non so che dirti...” La stanchezza aveva lasciato spazio al panico. Kyron aveva le mani legate; era stato colto sul fatto e negare sarebbe stato inutile. Avrebbe desiderato sparire e lasciare che Mya potesse vivere serenamente. Ogni sua azione avrebbe avuto una reazione negativa su Mya, rendendolo l’artefice delle sue lacrime. 

“Cosa potresti dire? Niente!” C’era la tensione della fine. Mya avrebbe finalmente deciso di allontanarsi da lui. Le loro strade erano destinate a sfasciarsi sin dal momento in cui Mya gli aveva rivelato i suoi sentimenti. Fin d’allora, Kyron avrebbe dovuto capire che nulla sarebbe stato come prima. Erano cambiati, Mya era cambiata. 
Kyron cercò di parlare ma si ritirò in uno sguardo torvo e corruciato. Non doveva scusarsi, anche perchè non sarebbe servito. Non avrebbe potuto negare o pretendere che Mya promettesse il silenzio. Si stirò il volto, e l’unica alternativa utile fu di fuggire, lasciare la scena in silenzio. Mya non lo fermò: l’odio si era sedimentato in lei e il solo pensiero di doverlo guardare in volto la fece infiammare di collera. 

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