Sometimes monsters could be our best friends

di Britin_Kinney
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nota dell'autore:
E ritorno dopo un bel po' di tempo con questa storia originale. La pazzia mi accompagna AHAHAH e pare essermi sempre fedele(?).
Spero proprio susciti la vostra curiosità ouo *creepy face* <3 
Buona lettura! 

- Britin_Kinney

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Sometimes, monsters could be our best friends.

 
Prologo
 
Il libro più famoso del mondo, ovvero la Bibbia, narra la leggenda che Dio abbia creato gli angeli in un unico atto. Ma la sua prima creatura è stata Lucifero, portatore di luce, posto a Capo degli Angeli. Gli Angeli stessi, infatti, pur conoscendo Dio, potevano avere contatto con Lui solo per mezzo di Lucifero. Poco tempo dopo, Dio manifestò a Lucifero ed agli altri Angeli il suo progetto di creare gli uomini. Tutti ne furono immediatamente meravigliati ed entusiasti, così come lo fu Lucifero, che però chiese, quasi pretese, di essere messo lui, a capo dell’umanità. Dio, tuttavia, aveva altri piani. Rivelò così a Lucifero che il capo dell’umanità sarebbe stato un altro, cioè il Figlio di Dio che si sarebbe fatto uomo. Con questo gesto di Dio, gli uomini, benché creati inferiori agli angeli, sarebbero stati innalzati. Lucifero, seppur lievemente infastidito da questa decisione, era pronto a sottostarvi, a sottostare ai desideri di Dio. Avrebbe accettato che il Figlio di Dio, fattosi uomo, fosse più grande di lui.
Fu allora, però, che Dio rivelò di come Maria, una creatura terrena e completamente umana, sarebbe stata elevata, divenendo la Regina degli Angeli. Lucifero non poteva accettarlo. Non avrebbe mai e poi mai potuto accettare che una creatura così inferiore divenisse più importante e potente di lui. Fu allora che Lucifero proclamò il suo “Non servirò, non obbedirò”. Insieme a Lucifero anche una parte degli Angeli, da lui istigata, non volle rinunziare al posto privilegiato che era stato loro assicurato e quindi proclamarono anche loro il “Non servirò.” Dio, davanti a queste reazioni, spiazzato da questo loro improvviso cambio di “alleanza”, di fedeltà, come se avessero d’improvviso perso tutto l’amore e l’ammirazione in lui, non mancò di ammonirli: “Con questo gesto porterete la morte eterna sia a voi stessi che agli altri” provò ad avvertirli ma non servì a niente.
Essi continuarono a rispondere, con Lucifero in testa: “Non ti serviremo, noi siamo la Libertà!”. Dio lasciò loro il tempo per decidere, per valutare tutti i pro ed i contro della loro scelta ma Lucifero non lasciò loro il tempo di riflettere, conscio di dover agire subito, di dover far leva subito su quel risentimento che era nato in loro, così come in sé. “Chi come me?” A questo grido di Lucifero, infuriò la battaglia. Ma in quel momento si levò un nuovo grido proveniente da un Angelo, il più semplice, il più umile. “Dio è più grande di te! Chi come Dio?” In quel momento, gli Angeli si divisero. Chi con Lucifero, chi con Dio. Angeli che si scagliavano gli uni contro gli altri, con Lucifero che, dietro di loro, se ne rimaneva ad osservare, compiaciuto e divertito, impassibile, in attesa della discesa in campo di Dio stesso. Ma tutta l’attenzione di Dio si era spostata su quell’Angelo che aveva parlato poco prima. “Chi è che lotta contro Lucifero?” chiese Dio a Michele, il quale non si fece pregare per rispondere “Chi hai stabilito Tu, Signore!”. Dio, sorpreso da quelle parole, si volse completamente verso quel giovane Angelo, osservandolo con curiosità, gli domandò: “Chi sei tu che parli così? Da dove ti viene il coraggio e la forza di opporti al primo degli Angeli?”. Di nuovo quella voce umile e sottomessa a rispondere: “Io non sono niente, sei Tu che mi dai la forza di parlare così.” Allora Dio concluse: “Poiché ti sei considerato un niente, sarà con la mia forza che tu vincerai Lucifero, il primo degli Angeli!”. Lucifero stesso, udite queste parole, lanciò un grido di rabbia, e si scagliò verso Michele, attraverso quella lotta che infuriava. Accecato dall’Ira, vistosi superato in importanza agli occhi di Dio stesso anche da quell’Angelo ultimo arrivato, peccando di superbia, convinto di poterlo schiacciare facilmente, Lucifero combattè con rabbia ed ira, finendo annientato dopo pochi istanti. In quel momento Dio si avvicinò a lui e, guardandolo dall’alto, sospirò appena.
Concesse a Lucifero ed a tutti i suoi seguaci la vita, li risparmiò dalla morte, cacciandoli però dal paradiso. Scagliò Lucifero stesso giù dal Paradiso, con una forza inaudita, spedendolo fino al centro esatto della terra, seguito dai suoi Angeli Ribelli, ora Caduti, bandendoli tutti dal paradiso, per l’eternità, punendoli con una pena corrispondete alla colpa, creando così per loro l’inferno. Lucifero da Angelo luminosissimo divenne così Angelo delle Tenebre e, trasportato dal suo orgoglio, pensò di istituire un regno indipendente e separato da quello di Cristo e di farsi simile a Dio. Dio premiò gli Angeli fedeli confermandoli in grazia, per cui, come si esprimono i Teologi, cessava per loro lo stato di via, cioè lo stato di prova, ed entravano per l’eternità nello stato di termine, in cui è impossibile ogni mutamento sia in bene che in male: così essi divennero infallibili e impeccabili. Il loro intelletto non potrà mai aderire all’errore, e la loro volontà non potrà mai aderire al peccato. Furono elevati allo stato soprannaturale, per cui anche loro godono della Visione Beatifica di Dio. Noi uomini, per la Redenzione di Cristo, siamo loro compagni e fratelli.
Ora, quanti di voi conoscono Mosca per ciò che è? La capitale della Russia, la sede del Cremlino, noi tutti conosciamo la Mosca piena di monumenti, ed edifici storici. Chiunque possieda un computer con una connessione ad Internet, o chiunque abbia frequentato almeno le scuole di base ed abbia studiato geografia. Il punto è che, non mi riferisco affatto alla Mosca che tutti pensiamo di conoscere.
Quanti di voi conoscono Mosca per ciò che è davvero?
Vi siete mai aggirati per le strade di Mosca, prestando attenzione a ciò che avete intorno? Tutti quei simboli, quei significati nascosti, siete mai riusciti a scorgerli? Ciò che il governo tiene segreto, ciò che il popolo sussurra…
Non vogliono che si sappia troppo in giro. La pubblicità spesso non fa bene ad un paese che ha già troppi problemi. Molte guerre nella storia, troppo sangue che bagna quelle pietre su cui la città è fondata.
Perché tutto quel sangue?
Perché tutte quelle guerre?
La storia che si cela dietro quella di questa città è più complicata di quanto si può immaginare. Esoterismo, ne avete mai sentito parlare? Londra, San Francisco, Torino. Ed ancora Praga, Lione.
È facile associare queste cinque città all’esoterismo, trovare in esso una giustificazione a tutto ciò che vi è avvenuto. Mosca suscita un particolare interesse nelle file della Luce ed in quelle delle Tenebre.
Siete pronti, a conoscere la verità su questa città?
Un grande potere è celato sotto le pietre che la costruiscono. Sulle pareti, negli affreschi, nelle statue sono nascosti i simboli, indizi che aiutano a scoprire cosa è davvero,
Mosca.
Avete presente quel sottile brivido di paura che vi attraversa la schiena, insinuandosi nella pelle, quando vi ritrovate per strada, la sera, da soli? Quando il senso di pericolo e la paura vi opprimono, premendovi sul petto, e facendovi voltare indietro ad ogni singolo passo che fate?
Cosa succederebbe se assassini, rapinatori, stupratori e psicopatici vari fossero le persone migliori che potreste incontrare?
Se nell’ombra, invece di loro, stessero acquattate delle creature che non dovrebbero materializzarsi nemmeno negli incubi peggiori? 
Cosa accadrebbe, se gli uomini neri chiusi negli armadi o nascosti sotto i letti dei bambini, uscissero fuori dai loro nascondigli e si confondessero, per le strade, con i comuni mortali?
Strani omicidi stanno avvenendo a Mosca. Nel buio della notte si sussurra che Jack lo Squartatore sia tornato dal mondo dei morti.
Sussurri flebili, bassi, quasi inudibili, quasi con la paura che il solo pronunciarlo a voce più alta lo renda vero.
Pochi sanno, o vogliono credere, che in confronto a chi o a cosa sta commettendo quegli omicidi, Jack lo Squartatore fosse un Santo. In una Città dove magia bianca e nera si intrecciano,le persone vivono normalmente, inconsapevoli di cosa si agita intorno a loro. Inconsciamente, forse, alcuni lo percepiscono, percepiscono la paura che serpeggia per le strade, la tensione nell’aria, la calma prima di una tempesta.
In quel paesaggio immerso nella neve candida, con quello strato puro ma pericoloso che ricopre ogni cosa, che la congela quasi così come è, proteggendola.
E voi, potete dire di conoscere veramente questa città?
E se il vostro vicino di casa fosse un Angelo, che veglia su di voi e vi protegge?
E se la maestra di vostro figlio fosse in realtà una Strega, attirata in città dalla grande quantità di potere che sembra esservi?
E se il vostro migliore amico fosse solo un Demone interessato alla vostra anima?
Voi siete pronti a tutto questo? Qualcosa si muove.
Si percepisce nell’aria, nel vento freddo che soffia, nelle nuvole che oscurano il cielo.
Qualcosa si muove, qualcosa sta cambiando.
Qualcuno cerca con insistenza quel potere che Mosca nasconde e racchiude. File di creature Oscure ormai camminano tra di voi, confondendovi, usandovi, terrorizzandovi.
Tutto ciò che vogliono è il potere, e faranno qualsiasi cosa per riuscire ad ottenerlo. Guardatevi le spalle, nell’ombra dietro di voi potrebbe essere acquattato il demonio, oppure potreste vedere un candido angelo che vi controlla, e veglia su di voi e sulla vostra anima.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Sometimes monsters could be our best friends

Capitolo 1

Lo stesso sogno, lo stesso sogno di ogni notte. Una casa abbandonata, una ragazza. Lunghi capelli rossi che si agitano mossi da una breve brezza primaverile e poi un biglietto, un biglietto che in sé nasconde un segreto. Ma quale segreto? John si voltò dalla parte opposta alla finestra, nascondendo il volto nel cuscino e borbottando qualcosa nel sonno. Per anni, i suoi sogni erano stati popolati dai suoi genitori. Sussurri ben distinti, che si mescolavano con la sua paura più grande: la vendetta. Che fossero tornati per vendicarsi, questo John, non avrebbe saputo dirlo ma loro continuavano a tormentarlo, ogni giorno da quella fatidica notte. Ricordava ancora le lacrime di suo padre quando a voce flebile, inginocchiato sul tappeto davanti al camino gli raccontava la sua più grande colpa.
«Sono stato io.» continuava a ripetere. E se solo John, a quel tempo solo un bambino, si fosse accorto subito del significato delle parole del padre, non gli avrebbe chiesto di spiegarglielo, probabilmente il padre gli avrebbe taciuto quella verità che John, sinceramente, non avrebbe mai voluto conoscere.
«Tranquillo, papà»
Tranquillo? Ti ho appena dannato per sempre e tu mi dici di stare tranquillo?
La voglia di schiaffeggiare il bambino, era grande quasi quanto quella di volergli raccontare tutta la verità. Diversi giorni dopo la nascita di John, il padre, un appassionato di esoterismo e di paganesimo, decise di voler provare l’esistenza del demonio. La multinazionale per la quale lavorava, minacciò di cacciarlo e di licenziarlo se non avesse posto fine a quelle pratiche e se non avesse smesso di minacciare la stessa multinazionale, portando i media a credere che tra i suoi dipendenti si nascondesse un satanista.
La setta della quale faceva parte, però, voleva che almeno uno di loro continuasse la tradizione. Molti si erano rifiutati, ritirandosi da quell’incarico e lasciando così la setta.
Dunque, come persona scelta per promulgare quella tradizione, fu puntato il dito sul padre di John. All’inizio Ivan Kingsley, volle rifiutarsi, ma i membri rimasti lo costrinsero, minacciandolo di morte. L’uomo continuò ad opporsi, fin quando i membri non decisero che minacciare l’uomo fosse troppo scontato, nonché inutile e mirarono al figlio, alzando la posta in gioco. A quel punto Ivan scappò dal luogo in cui la setta si riuniva e corse a casa dal figlio, svegliandolo nel cuore della notte, per portarlo al cimitero.
«Che ci facciamo qui?» domandò perplesso John, sollevando lo sguardo sul padre che quasi tremava, con la fronte imperlata di sudore.
«D-dobbiamo fare una cosa importante, figliolo» rispose Ivan e John quasi fu tentato di chiedergli di riportarlo a casa. Non gli piaceva quel posto. Per niente. Beh, a quale bambino piacerebbe entrare in un cimitero nel cuore della notte?
«Qui, papà?» chiese John, deglutendo.
Non aveva idea di che cosa lo stesse aspettando, quella notte.
«Sì, proprio qui.» rispose Ivan e forse quelle parole dovettero sembrare un po’ troppo austere alle orecchie del figlio, poiché abbassando lo sguardo, l’uomo, vide il bambino interdetto, quasi ferito da quel tono. Dunque si accovacciò, fino ad arrivare con il volto di fronte a quello del bambino.
«Ascoltami, John. » Gli occhi di John, adesso, distribuivano attenzione. “Ti ascolto, papà”, pensò il bambino. «Stanotte ti renderò speciale.»
«Speciale?» John si guardò di nuovo attorno e deglutii rumorosamente. Che fosse il caso di scappare? Ma… da chi? Dal proprio padre? John si fidava del genitore. Era sicuro che non gli avrebbe fatto del male. Allora perché si trovavano in un cimitero nel cuore della notte e il padre professava di volerlo rendere speciale?
«Proprio così, speciale.» ribadì Ivan, sollevandosi e muovendo qualche passo per allontanarsi dal figlio.
«P-papà?» lo chiamò John, con l’impulso di volergli correre dietro. Ivan, una volta indovinate le intenzioni del figlio, fece un gesto con la mano nella sua direzione, come a volergli intimare di non muoversi da quel punto. E così John fece.
Rimase lì; piedi uniti, mani tremanti e cuore martellante, cercando di non guardarsi attorno, rivolgendo lo sguardo nel punto in cui il padre era sparito. Ivan tornò qualche istante più tardi, con una pergamena arrotolata in mano e non era nemmeno da solo. Era in compagnia di un uomo, John non seppe riconoscerlo, non credeva di averlo mai visto in casa, come ospite. Non aveva mai seduto al loro tavolo, non l’aveva mai visto girare per il quartiere. Mai. Non riusciva ad adattare quel viso a nessuno di sua conoscenza. L’uomo si fermò proprio davanti a John e si accovacciò, studiandolo come fosse un cavallo da comprare.
«È lui?» domandò l’uomo e quasi John non fece un balzo indietro per la paura. La voce di quell’uomo era cavernosa e spaventosamente roca, come se provenisse dal profondo degli inferi.
«Sì, è proprio lui. John. Mio figlio.» La voce di Ivan tremò, e a John sembrò quasi che il genitore si mettesse a piangere da un momento all’altro.
«Bene. È mio.» proferì l’uomo e poi fissò John negli occhi. Gli occhi di quell’individuo erano neri con delle sfumature cremisi, come se avesse del sangue arterioso nelle pagliuzze delle iridi.
John deglutii di nuovo e abbassò lo sguardo. L’uomo si prese la libertà di sollevargli il volto e sorridergli. «Avanti…» cominciò l’uomo in tono teatralmente dispiaciuto «non è un atteggiamento da futuro demone. Lo sai che non abbassiamo mai gli occhi, ragazzino?» lo ammonì, e Ivan si morse l’interno delle guance, per non parlare.
Sapeva che il figlio avrebbe chiesto cosa diavolo volesse quell’uomo da lui e perché si fosse messo a parlare di demoni.
«Futuro demone?» chiese John con voce incerta, sollevando lo sguardo sul padre.
«Già» rispose l’uomo, con aria divertita. «Non gli hai detto nulla, Kingsley?» domandò l’uomo, distogliendo lo sguardo da John per qualche secondo e rivolgendo un’occhiata ammonitrice al padre del bambino.
A John sembrò che il padre fosse in un mare di guai. E aveva ragione. Il modo in cui quell’uomo guardava il genitore, lo spinse ad intervenire.
«P-papà ha detto che mi renderà speciale» disse, convinto, guardando l’uomo mentre nei suoi occhi cominciava a brillare un coraggio che prima non c’era. L’uomo scoppiò a ridere, con l’intento di deridere quelle parole.
«Speciale?» gli fece eco l’uomo, continuando a ridere per poi guardare il padre di John. «Di’ un po’, non gli hai detto nulla, vero?» chiese in tono severo, guardandolo dall’alto in basso.
«È solo un bambino» sibilò Ivan tra i denti. «Cosa avrei dovuto raccontargli?» mormorò chinando il capo, e le gambe gli tremarono.
«Oh, non saprei» cominciò l’uomo con fare derisorio, rivolgendo lo sguardo sul piccolo che intanto lasciava vagare gli occhi da suo padre a quell’individuo. «Potresti dirgli… che il padre è un codardo e vile, che ha deciso di vendermi la sua anima, per rendere suo figlio un demone» guardò John per qualche istante, studiandolo con un sorriso, per poi ridere e reclinare la testa all’indietro. «Quanto mi divertite, voi umani. Sempre pronti ad amare, proteggere il prossimo, creare famiglie, fare progetti, vacanze, piani di studio. Tutto per cosa?» fece una pausa, spostando lo sguardo dal padre di John a John e viceversa. «Guardatevi attorno» Con un gesto elegante della mano, indicò tutto il cimitero attorno a loro, come fossero in gita e lui fosse la guida turistica. «è così che finirete un giorno.» proferì, infilando poi la mano in tasca.
«D’accordo, basta così.» intervenne Ivan, vedendo quanto le parole dell’uomo avessero spaventato John, il bambino adesso si guardava attorno, con occhi sgranati dal terrore.
L’uomo si chinò a prenderlo per le spalle e lo sollevò.
«Hai ragione, è durata fin troppo» ghignò, poggiando la fronte su quella del bambino. «Come ti chiami, figliolo?»
«J-John» rispose il bambino, balbettando dalla paura.
«Tanto piacere, John. Io sono Lucifero. E questa è la tua ultima notte da umano» John ricordò solo il colore degli occhi di quell’uomo che da nero sfumavano al cremisi inteso, per poi esplodere nell’oro e nel ramato, provocandogli un forte dolore alla testa e poi una risata e dei passi. E ancora buio, dolore e un calore intenso che lo avvolgeva completamente.
E poi… tutto ad un tratto, era piombato il silenzio, la quiete e John sentiva la voce del proprio padre chiamarlo preoccupato.
«John? John!»
 
John si voltò, in quella che doveva essere una casa abbandonata, e scorse una ragazza, china a prendere qualcosa. Di nuovo quei capelli rossi che ondeggiavano. La ragazza si sollevò e gli porse un biglietto. Aveva un sorriso dolce, un paio di ciglia lunghissime ed un paio di occhi verdi che sfumavano al castano a seconda della luce.
«Chi sei tu?» domandò John, inclinando il capo di lato e studiandola. La ragazza non rispose e sorrise, voltandosi. Cominciò a correre, per uscire da quella casa e John fece per correrle dietro, ma qualcosa lo teneva fermo. Fu solo abbassando lo sguardo che si accorse che ciò che lo teneva fermo, non fossero altro che mani e braccia provenienti dagli inferi.
«Aspetta!» urlò John «Torna qui!» continuò ad urlare. «HEY!»
John si alzò di scatto, sudato, respirando affannosamente, con gli occhi spalancati. Si passò una mano sulla fronte, e imprecò mentalmente contro quell’ennesimo sogno. Dannazione, pensò, scostando bruscamente le coperte e camminando a piedi nudi verso il bagno. Ruotò la manopola dell’acqua fredda e la lasciò scorrere per qualche secondo, per poi chinarsi e raccogliere l’acqua a piene mani, portandosela al volto per rinfrescarsi. Quando richiuse l’acqua, poggiò le mani sul bordo del lavandino, respirando piano, a capo chino, per poi sollevare lo sguardo e osservare la sua immagine riflessa nello specchio.
Era ridotto uno straccio, un completo relitto. Per quanto ancora sarebbe continuato quel calvario?
D’accordo, era il responsabile della morte dei suoi genitori, e allora? Loro erano responsabili della sua trasformazione in demone nero, eppure nessuno si era lamentato.
John sospirò e si passo una mano sul volto, tornando a passo lento in camera, prendendo a vestirsi. Doveva capire cosa significasse quel sogno e dove poteva trovare quella ragazza. E quel biglietto.
Oppure ne sarebbe stato ossessionato per il resto dei suoi giorni.
Scese al pian terreno e uscì fuori. L’aria gelida e secca di Mosca lo investì in pieno volto, ma non se ne preoccupò, era abituato a ben peggio.
Salì in macchina e mise in moto, guardandosi intorno man mano che la città scorreva, fuori dai finestrini.
«Casa abbandonata…» continuava a ripetere tra sé e sé «Casa… abbandonata.» nei paraggi, non se ne vedeva neppure una.
Gli sembrava quasi una follia, mettersi a cercare qualcosa che, con ogni probabilità, non esisteva neppure.
Possibile che si trattasse di una delle vecchie case del dopo guerra?
L’idea sembrava plausibile.
Così svoltò a sinistra e premette sull’acceleratore. Le strade erano deserte a quell’ora della notte.
Meglio così, si disse, almeno non avrebbe avuto la tentazione di uccidere nessuno. E comunque, non poteva perdere tempo con un sudicio umano, quando all’interno di una di quelle case che adesso si trovava di fronte, in fila, si nascondeva qualcosa di grosso e sicuramente importante.
Scese dall’auto e mise la sicura, fermandosi per qualche istante a guardare quelle case.
Che fosse uno scherzo di quei due bastardi? Per un momento, la mente fu occupata di nuovo dalle voci e dai volti dei suoi genitori.
Maledetti stronzi.
Decise che doveva andare, se non altro, per capire cosa diavolo volessero da lui. Chiunque fosse, si era deciso ad affrontarlo, per porre fine a quella storia.
Quello che John non poteva di certo immaginare, era che quella notte, la storia stesse prendendo vita.
Superò una rete metallica, passando attraverso un buco, adattato a passaggio da qualche banda di teppisti, e camminò verso quelle case, lentamente, pestò un pezzo di vetro, e lo scricchiolio rimbombò nel silenzio della notte, arrivando a rimbalzare contro le mura della casa che si trovava di fronte.
Fu un attimo. Qualcosa nella casa si mosse.
John deglutì e prese a camminare, ancora più cauto, prestando attenzione a non calpestare nulla che potesse provocare altri suoni.
Arrivò all’entrata principale, appoggiando le mani contro i bordi della porta ormai scomparsa e si sporse in avanti, per controllare che non ci fosse nessuno. Ma a quanto pare, qualcuno c’era eccome.
L’idea, gli fu confermata da una bastonata contro la testa che, non gli fece male, ma lo fece confondere.
Chi diavolo avrebbe potuto colpirlo senza nemmeno sapere chi fosse? Qualcuno che aveva paura, di sicuro.
Ma perché venire in un posto del genere se si ha paura di fare brutti incontri?
«Il piacere è tutto mio» commentò a metà tra l’irritato ed il sarcastico. Finalmente il “boia” senza volto uscì allo scoperto, puntandogli contro il pezzo di legno con cui l’aveva colpito.
«C-cosa vuoi qui? C-cosa cerchi?» domando una voce femminile e John si avvicinò a lei, lentamente, così tanto che la punta del bastone gli premeva contro lo stomaco.
«Potrei farti la stessa domanda» replicò, tranquillo, assottigliando lo sguardo per la scarsa visuale del volto della ragazza.
«Devo aiutare gli spiriti di questa casa. Sono persi e soli. E la tua scusa?»
John alzò le spalle, saccente. «Cercavo te, credo.» prese il polso della ragazza e l’avvicinò a sé, e fu allora che, sotto la luce della luna, poté finalmente vedere i suoi tratti.
Cristo.
Le lasciò il polso, come se si fosse scottato e indietreggiò di qualche passo, sotto lo sguardo confuso della ragazza.
«Chi diavolo sei?» domandò subito dopo John.
«M-mi chiamo… Autumn» rispose lei, senza lasciare il bastone che teneva tra le mani.
«Puzzi.» rispose lui, annusando l’aurea di bene e calore che l’avvolgeva. Era un angelo. Fantastico.
«Anche tu» ribatté lei, arricciando il nasino.
«Sai che non si risponde male ad un demone?» la riprese lui, inclinando la testa di lato.
«Sai che non si parla con gli angeli?» inventò lei, imitandolo. E poi John scorse un pezzetto di carta, dietro di lei.
John si avvicinò a lei, come se volesse baciarla e poi sussurrò «Ringrazia il tuo Dio che ho da fare, altrimenti sarebbero stati cavoli tuoi.» lei non lo degnò di uno sguardo e poi voltò gli occhi al cielo.
«Demoni» commentò, come fosse la peggiore menomazione del mondo e poi si voltò a guardarlo, chino su quel foglietto. «Che stai facendo?» domandò, perplessa.
«E’ tutto come l’ho sognato, incredibile. Anche tu.»
«Anche io?»
«Non potresti capire, angelo.»
«Divertente.» Autumn voltò di nuovo gli occhi al cielo e John si sollevò aprendo il foglietto accartocciato
«Cosa c’è scritto?» domandò la ragazza, avvicinandosi curiosa.
«‘Lì dove lamenti e gemiti accompagnavano le giornate, giace la via verso ciò che cercate’» lesse John, sollevando poi lo sguardo su Autumn. «Ti dice niente?» domandò, sollevando un sopracciglio e la ragazza scosse il capo. «Come pensavo…» commentò John, sospirando ironico e poi si infilò il foglietto in tasca, avviandosi verso l’uscita. «Avanti, andiamo, abbiamo molto da fare» la incitò lui, mentre scostava un pezzo di legno con il piede.
«Eh?»
«Senti, credo sia una follia, dato che non ho mai avuto bisogno di nessuno né tantomeno di…» la indicò tutta, con un gesto della mano «di un angelo» continuò, infilando la mano in tasca «ma sento di aver bisogno di te. E che tu, in questa storia, entri anche troppo.»
«Non capisco…»
«Non mi meraviglia.»
«Acido» ribatté lei, cominciando a camminare verso di lui e superandolo, come per dire che avesse accettato di seguirlo.
«Ora si comincia a ragionare» asserì John, voltandosi e seguendola, per poi passarle davanti e andare verso la sua macchina, mentre lei lo guardava male, di tanto in tanto.
Salirono in macchina e la ragazza porse una mano dal palmo aperto nella sua direzione.
«Sì?» rispose John a quel gesto, sollevando un sopracciglio.
«Il foglietto… fammi vedere» motivò lei, lasciandosi mettere il foglietto in mano. «‘Lì dove lamenti e gemiti accompagnavano le giornate, giace la via verso ciò che cercate’» rilesse attentamente, lei.
«Già» borbottò lui, voltando gli occhi al cielo.
«Pensiamoci… dov’è che ci si lamenta?»
«All’inferno»
«Sii più realistico»
«In paradiso»
«… Puoi, per favore, concentrarti?»
«Ma certo… certo che sì, chiedo perdono» rispose lui, come se si stesse scusando di chissà quale mancanza.
Autumn voltò di nuovo gli occhi al cielo. «Allora… dov’è che ci si lamenta?»
«In banca»
«Sto cominciando a rinunciarci.»
«Però, sei una che non molla, eh?» la riprese lui, sarcasticamente, e lei arrossì.
«E tu ti impegni proprio tanto, eh?» ribatté lei, e lui sorrise, divertito. «Riflettiamoci… ci si lamenta quando si sta male, no? Dove si va quando si sta male?»
«Giusto… quindi sarà… un ricovero?»
«Un ospedale!» esclamò lei, sospirando subito dopo. «Demoni» aggiunse, scuotendo il capo, mesta.
«Dillo un altro volta e vedi che ti faccio» la minacciò lui, mettendo in moto.
«Devi solo provarci… demone.»
«Ho un nome.»
«Sarebbe?»
«John» lo disse con orgoglio, mentre l’auto partiva e le ruote fischiavano sull’asfalto, lasciando che l’auto sfrecciasse verso ciò che stavano cercando.
«Piacere non mio, John.» mormorò lei, guardando fuori dal finestrino, mentre lui scuoteva il capo, divertito.
«Però, voi angeli siete sorprendenti.» commentò, mentre guidava, con una mano sul cambio e una sul volante.
«Che intendi dire?» domandò lei, voltandosi immediatamente verso di lui, con sguardo contrariato.
«Mi conosci da neppure un’ora e già sei in macchina, con me. E, stranamente, ti stai fidando di un demone. Mi chiedo cosa penserebbe il tuo capo, di te.» Autumn aggrottò le sopracciglia, a quelle parole e tornò a guardare fuori dal finestrino.
«Sembri uno che ha bisogno di aiuto»
«Io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno ma, te l’ho detto, la cosa stavolta è grossa.»
«Mh»
E la conversazione, più o meno, finì lì.
Arrivarono all’ospedale del centro, il più grande che ci fosse a Mosca. Avevano anche curato uno dei Romanov in quell’ospedale che, ovviamente, era solo un piccolo edificio in crescita a quei tempi.
Non appena se lo trovarono di fronte, sollevarono lo sguardo su tutti quei piani che si stagliavano imponenti su di loro. Autumn sollevò le sopracciglia, scettica, senza abbassare lo sguardo.
«Come… facciamo?» domandò lei, senza guardarlo. John continuava a guardare in su.
«Non ne ho idea… ci metteremo un’eternità, così.»
Autumn deglutì. Ci mancava solo questa, pensò, abbassando lo sguardo sulle porte d’entrata, quelle scorrevoli. E contro una delle due croci bianche dentro dei cerchi rossi, vide qualcosa di piccolo muoversi e tremare, mosso dalla leggera brezza primaverile.
«Ehi, guarda…» disse, indicandogli quel punto. John lo raggiunse e prese il foglietto, dispiegandolo. Autumn lo raggiunge qualche secondo più tardi, e sospirò.
«Niente male, angelo» ammise John, sollevando un angolo delle labbra. Autumn sorrise e poi abbassò lo sguardo sul foglietto.
«Allora, cosa c’è scritto stavolta?»
«‘Lì dove la perdizione riempie le menti, troverete ciò che vi porterà avanti’. Questa storia degli indovinelli in rima comincia a infastirmi.» borbottò, infilandosi il foglietto in tasca e dirigendosi alla macchina, mentre Autumn ripeteva tra sé e sé l’indizio.
«Quanti night club conosci?» domandò lei, aggrottando le sopracciglia
«Mi sorprendi sempre di più, sai, angelo?» alluse lui, riservandole uno sguardo malizioso e lei, voltò gli occhi al cielo per l’ennesima volta.
«Riflettici. La ‘Perdizione’, di cui parla l’indizio, potrebbe essere riferita ad un night club, no?» ragionò lei, guardandolo.
«Giustamente» commentò lui, salendo in macchina e lei sospirò e lo imitò, mettendo la cintura di sicurezza.
«Dove andiamo?» domandò, guardando di fronte a sé, mentre lui faceva partire l’auto.
«Pandemonium»
«Pandemonium?»
«Non ti serviva un night club, angioletto?» la riprese lui, ironicamente e lei annuì, decisa.
«Sì, credo che l’indizio parli proprio di un night club. Altrimenti cos’altro può essere?»
«L’inferno» ripose lui, semplicemente, in un’alzata di spalle.
«Siete tutti fissati» borbottò lei, volgendo lo sguardo alla strada, fuori dal finestrino, che scorreva sotto i suoi occhi.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Sometimes monsters could be our best friends

Capitolo 2


Il pandemonium era uno dei night club più esclusivi di Mosca, la facciata era piena di luci al neon, che raffiguravano donne in movimento che strizzavano l’occhio o che muovevano la bocca, in gesti equivoci.
«Ma che bel posto» commentò Autumn laconica, guardandolo.
«Ci ho passato quasi tutta la mia adolescenza, qui dentro.»
«Ora si spiega tutto» commentò lei, schioccando la lingua ed entrando. Non appena fu dentro, diversi sguardi si posarono su di lei e per la prima volta, in quella serata, ricercò la presenza di John accanto a sé.
«Non allontanarti» sussurrò lui al suo orecchio, prendendole la mano, per spegnere le speranze di diversi puttanieri che già la stavano mangiando con gli occhi. Autumn deglutì e si lasciò stringere la mano.
Avanzarono per qualche metro, attraversando tavoli vuoti e tavoli pieni. Divanetti su cui prostitute e uomini di poco conto si davano da fare, bottiglie sparse per terra, rovesciate sui tavoli, e due camerieri che sfrecciavano di qua e di là, servendo ai tavolini.
Autumn si bloccò, non appena vide uno dei due camerieri.
«Cosa c’è?» domando John, guardandola irritato. Perché si era fermata? La guardò e poi, intercettando la traiettoria del suo sguardo, vide cos’è che la turbava.
«Quello non fa parte del pacchetto, sai?» la riprese sarcasticamente lui e lei si riscosse, guardandolo e scuotendo il capo, lasciandogli la mano, indispettita e avvicinandosi al cameriere.
Il ragazzo moro, dagli occhi azzurri, stava mettendo alcune bottiglie di vodka vuote nel vassoio che reggeva in una mano, quando Autumn gli poggiò una mano sulla spalla.
«A-Alasdair?» mormorò lei, e lui, per abitudine, si voltò a guardarla.
Il ragazzo, ebbe quasi la stessa reazione di John, quando si era accorto che Autumn fosse proprio la ragazza del suo sogno.
«Io ti… conosco?» domandò, studiandola.
«Non credo… nemmeno io conosco te ma ti ho...»
«Sognato» la interruppe lui, aggrottando le sopracciglia.
«Come hai fatto a…?» domandò lei, confusa, indietreggiando di qualche passo. Nel frattempo, John si era avvicinato a loro.
«Chi è questo?» domandò il demone, guardando il cameriere dall’alto in basso.
« ‘questo’, ha un nome, sai?» ribattè Alasdair, sollevando un sopracciglio.
«E, di grazia, volete farci sapere di che nome si tratta?» rispose John, a tono, assottigliando lo sguardo.
«Strano il tipo, eh?» domandò Alasdair, guardando Autumn e indicando John. Autumn ridacchiò.
«Si chiama Alasdair» rispose Autumn per lui, guardando John. «E credo sia l’indizio.»
«Wuo, wuo, wuo… un momento» la fermò Alasdair, poggiando il vassoio sul tavolo. «Di che cavolo parlate?»
«Una caccia al tesoro. Ci divertiamo a cercare gli indizi ed ucciderli, vuoi giocare?» sibilò John, continuando a guardarlo.
«Emh… Senti, tipo strano e spalla» cominciò, spostando lo sguardo da John a Autumn «qualunque cosa stiate architettando, non mi ci voglio immischiare»
«Davvero strano… sai perché?» lo riprese John, avvicinandosi pericolosamente a lui. Autumn gli poggiò una mano sul braccio, ma lui la ignorò.
«Perché puzzi di demone, forse?» lo sfidò Alasdair, sollevando un sopracciglio.
«Un momento…» li fermò Autumn, mettendosi tra loro due e guardando Alasdair «Puoi sentire il suo odore?»
«Certo… puzza di zolfo e inferno. Mentre tu puzzi di dolciastro e paradiso. Angelo e demone, che accoppiata!» sollevò i pollici «Ora, se volete scusarmi, devo tornare a lavorare.»
«Non se ne parla. Ci servi.» disse Autumn, prendendolo per il braccio.
«Ma senti senti…» borbottò lui, voltandosi nella sua direzione. «Scusate, ma davvero, mi piacerebbe giocare alla caccia al tesoro e vincere tanti bei premi firmati Hello Kitty ma, grazie, passo.» tagliò corto, voltandosi di nuovo.
«Forse non ci siamo spiegati bene…» sibilò John, avvicinandosi ad Alasdair e premendogli la punta del coltellino tascabile contro la schiena. «ci servi. E verrai con noi, adesso.» Autumn deglutì, avvicinandosi.
«J-John… non ci serve la violenza…» disse lei, poggiando la mano su quella di John e a poco a poco si allontanò dalla schiena di Alasdair.
«Coglione» borbottò Alasdair, voltandosi verso loro due «Che diavolo volete che faccia?»
«Hai sognato qualcosa, di recente?» domandò Autumn, guardandolo tranquilla.
«Te e… lei.» mormorò, indicando l’altra cameriera.
«Lei non credo faccia parte del pacchetto…» commentò John, inclinando la testa di lato e studiandola.
Sia Autumn che Alasdair lo ignorarono e continuarono a parlare tra di loro.
«L’hai sognata prima o dopo di venire a lavorare qui?» mormorò lei, a bassa voce, guardandolo.
«Prima» rispose Alasdair, con lo stesso tono. «e perchè sussurriamo?»
John voltò gli occhi al cielo. «Ci serve anche lei» sentenziò, avvicinandosi alla ragazza.
«Salve» disse lui, mettendosi di fronte a lei e la ragazza dagli occhi azzurri e i capelli castani finse di non sentirlo. John si voltò verso Alasdair e Autumn «è anche maleducata, magnifico!» commentò sarcastico e Alasdair si schiaffò una mano contro la fronte, mentre Autumn scuotè il capo, sospirando.
«Ci penso io» mormorò lei, avvicinandosi alla ragazza e scansando John. «Hey, ciao!» disse, a voce alta, per attirare la sua attenzione. La ragazza si voltò a guardarla, mentre John affiancava Alasdair.
«Mi dispiace, amico… ma non ci sai proprio fare con le donne» commentò ironico Alasdair, scuotendo il capo.
«Potrei bruciarti vivo, se solo lo volessi e lo voglio, credimi. Ma Autumn non approverebbe e ci servi, purtroppo.»
«Anche io potrei annientarti in un soffio, se solo lo volessi, e lo voglio, credimi. Ma me ne sbatto di Autumn e tu non mi servi, quindi sta’ attento.» gli fece l’occhiolino e si diresse verso le due ragazze. John lo guardò in cagnesco e rimase dov’era.
«Victoria» mormorò con dolcezza Autumn, guardando la ragazza.
«Siete ancora alle presentazioni?» domandò fintamente stupido Alasdair e Victoria si limitò a fare una smorfia.
«Non è una che parla molto, eh?» bisbigliò Autumn all’orecchio del ragazzo e lui sorrise, divertito.
«Ci penso io» le assicurò «Torna da Mr ‘Ti-brucio-vivo’» aggiunse, voltandosi poi verso John a sorridergli angelico. John strinse i pugni e si impose di stare calmo. «Senti, Vic… ci servi» la ragazza sollevò un sopracciglio e lo guardò.
«Servo a… chi?» domandò, sollevando entrambe le sopracciglia, perplessa.
«A me, all’angelo e a Mr ‘ti-brucio-vivo’» distese le labbra in un sorrisone.
«Umh… e a cosa servo, di preciso?» domandò lei, guardando John e Autumn che nel frattempo discutevano a voce bassa, oltre la spalla di Alasdair.
«Non l’ho ancora capito.» rispose il ragazzo, grattandosi la nuca e aggrottando le sopracciglia «Ma dev’essere importante per scomodare un angelo ed un demone»
«Umh… okay» rispose lei, poco convinta e smise il grembiule, poggiandolo sul primo tavolino disponibile.
«Bene!» esclamò lui, battendo le mani una volta e sfregandole.
«Già. Lo dici tu a Nikanor?» domandò lei, andando verso John e Autumn.
«Cos-? No. Voi siete amici, parlaci tu. Sai che mi odia.» disse Alasdair, parlando con le spalle di lei.
La ragazza sbuffò impercettibilmente e annuì. «D’accordo, glielo dico io»
Quando tutti furono fuori, presero a guardarsi l’un l’altro.
«Sinceramente?» esordì Alasdair «Sembra una puntata di CSI mal girata… ma hey, nessuno è perfetto.»
«Ma… che diavolo stai dicendo?» lo smontò John.
«… si faceva per scherzare e tu, tipo strano, sei noioso.»
«Ho un nome»
«Anche io, ma hai preferito chiamarmi ‘questo’» ribattè Alasdair con un sorrisetto acido.
«Piantatela» tagliò corto Victoria, guardando entrambi.
John guardò Alasdair truce e Alasdair ricambiò con gli interessi. Autumn intanto lasciava scorrere lo sguardo sui loro volti, pensando a quanto quella situazione fosse increbile. Si ritrovava con tre sconosciuti, a notte fonda, davanti ad un night club, a cercare di risolvere un enigma più grande di loro.
«Bene… cerchiamo di capirci qualcosa…» cominciò lei, schiarendosi la voce e quando vide che tutti la fissavano, arrossì. «Alasdair, ti dispiace frugare nelle tasche?» domandò poi, guardando il cameriere.
Lui cominciò a controllarsi nelle tasche dei jeans, anteriori e posteriori, ma non trovò nulla. Autumn arricciò il naso e aggrottò le sopracciglia.
Probabilmente Alasdair era solo un… ponte? Per arrivare a Victoria?
«Controlla tu» ordinò John, guardando Victoria, anticipando Autumn nei suoi ragionamenti.
Autumn lo guardò di traverso e poi spostò lo sguardo su Victoria, lo stesso fece Alasdair e incrociò le braccia, guardando di tanto in tanto John, con la coda dell’occhio.
Dalla tasca posteriore, la ragazza tirò fuori un foglietto ripiegato. Aveva un’espressione stranita, come se non sapesse nemmeno come ci fosse finito lì.
Autumn e Alasdair erano perplessi.
«Dammi, su.» fece John sbrigativo e le strappò il foglietto di mano, senza alcuna delicatezza. Autumn lo guardò contrariata e Alasdair si morse la lingua per evitare di esordire con una delle sue battute acide.
Victoria invece si limitò a sospirare ed infilare le mani nelle tasche anteriori dei jeans.
«Cosa c’è scritto, stavolta?» domandò l’angelo, avvicinandosi per poter vedere.
«‘Il dopo risveglio, viene celebrato. Nel posto che cercate, viene pagato.’ Sto, davvero, cominciando ad odiare queste rime.» commentò di nuovo John, stizzito, riflettendo sull’indizio.
«Bene, pensiamoci. Cosa si fa dopo il risveglio?»
«Si ha un’erezione da controllare» ripose prontamente Alasdair, annuendo energicamente.
«Al…» lo riprese Victoria, guardandolo di traverso. Autumn arrossì e John trattenne una risata. «Si fa colazione» disse lei, annuendo, con le mani nelle tasche dei jeans.
«Giusto!» esclamò Autumn , entusiasta «E nel posto che cerchiamo, come dice l’indizio, viene ‘pagata’» aggiunse, guardandoli tutti.
«Si tratta di un bar» concluse Alasdair e Autumn gli sorrise.
«Esatto!»
«Okay, dov’è il mio orsacchiotto, adesso?» domandò Alasdair, e Autumn ridacchiò.
«Te lo ficco in gola, l’orsacchiotto se non ti sbrighi a portare le chiappe in macchina» lo rimproverò John, ormai in macchina.
«Come cazzo ha fatto?» domandò Alasdair, sollevando un sopracciglio, scettico.
«Velocità demoniaca» mormorò Victoria, ironica, passandogli accanto.
«Ahpperò…» commentò Alasdair, restando dov’era, guardando John con rinnovato timore.
«Avanti, andiamo» mormorò Autumn, poggiando una mano contro la schiena di Alasdair.
«Col cazzo, non ci vengo. Hai visto quello lì? Quello…» sottolineò, indicando John, in macchina, con lo sguardo. «sì, proprio quello, se non stiamo attenti, ci farà il culo a strisce»
«Oh, andiamo» scuotè il capo Autumn, andando verso la macchina e Alasdair, sbuffando la seguì e salì anche lui, occupando il sedile posteriore, accanto a Victoria.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Sometimes monsters could be our best friends.

Capitolo 3


«Hello, hello… I’m at place called Vertigo…» cominciò a canticchiare Alasdair, guardando fuori dal finestrino.
«U2? Sul serio?» domandò John, lanciandogli un’occhiata eloquente attraverso lo specchietto retrovisore.
Victoria si limitò a scuotere il capo ed accennare un sorriso, mentre Autumn continuava a guardare il biglietto dal quale sembrava poter uscire la soluzione a tutto quell’enigma pazzesco.
«Cos’hai contro gli U2 Mr ‘ti-brucio-vivo’?» domandò Alasdair, smettendo di canticchiare, senza ricambiare quello sguardo, con un sopracciglio sollevato.
«Non sembri tipo da U2, tu.» si limitò a dire John, sollevando le spalle.
«E che tipo ti sembro?» domandò Alasdair, stavolta sollevando lo sguardo su quello di John, riflesso nello specchietto retrovisore.
«Aretha Franklin, Beyoncè…» John inclinò la testa di lato, pacato.
«Ascolto anche loro, di tanto in tanto.» rispose, sulla difensiva e Victoria si girò a guardarlo, aggrottando le sopracciglia , mentre Autumn voltò il capo in direzione di John, decisa a risolvere quella faccenda il più presto possibile.
«Che bar conosci?» domandò al demone, guardando di fronte a sé.
«Mmh…» John ragionò per qualche istante e poi annuì tra sé e sé «Magiya Zvezdami Bar» disse, infine.
«E’ il più famoso che c’è?» domandò lei, aggrottando le sopracciglia.
«Chiedi al cameriere, lui se ne intende» ribatté acido John, riferendosi ad Alasdair.
«Ti ricordo, mio caro demone, che sono stato un principe, un tempo. Quindi vedi di lanciare meno frecciatine possibili, mh?» lo redarguì il moro, distendendo le labbra in un sorriso chiuso e acido.
«Principe? Ma davvero?» continuò a provocarlo John, con un sorriso divertito.
«Stammi bene a sent-»
«Insomma, volete smetterla?» li riprese Victoria, guardando prima Alasdair, e poi il sedile di fronte a sé, su cui era seduto John.
«Ha cominciato lui!» si difese subito Alasdair.
«Quanti anni hai?» domandò John, rilassato e divertito.
«Mille. E ti faccio un culo così se non la pianti.» rispose Alasdair, assottigliando lo sguardo e fissandolo.
«Hai… mille anni?» domandò la ragazza accanto a lui, sgranando gli occhi. Autumn non sembrava turbata da quella confessione, John continuava a sorridere, divertito.
«Sì, e me li porto benissimo» si vantò, abbassando poi il finestrino.
L’aria gelida vorticò in macchina, facendo rabbrividire Victoria e Autumn. John sembrava perfettamente a suo agio, mentre Alasdair continuava a spostarsi sul sedile, insofferente. Sembrava voler chiudere i conti con John. Magari dargli fuoco. Gli prudevano così tanto le mani che cominciò a sfregarsele contro i jeans.
«Nervoso, sire?» lo prese in girò John, cogliendo l’occasione.
«Sì. Ma non durerà molto. Il tempo di strapparti gli occhi e magari anche il cuore, chi lo sa!, e poi andrà tutto mooolto meglio» rispose a tono Alasdair, inclinando la testa di lato, con una faccia da schiaffi.
Victoria scosse nuovamente il capo e Autumn sospirò. John evitò di rispondergli e trattenne le risate, guardandosi attorno.
«Ci siamo» disse, indicando in un’alzata di mento l’edificio accanto a loro, fermando subito la macchina.
«Halleluja» commentò sardonico Alasdair, scendendo dall’auto appena parcheggiata. Non avrebbe retto un altro istante in macchina con quel demone.
Victoria scese e sollevò lo sguardo sull’edificio in pietra, Autumn puntò lo sguardo sull’entrata e John fece lo stesso.
«Sentite, capisco tutta questa ‘suspance cinematografica’»  mentre lo diceva, Alasdair fece il segno delle virgolette «ma se non muoviamo il culo, credo che chiuderanno» e detto questo, camminò verso la porta di ingresso, Autumn trattenne una risata e John scosse il capo, Victoria si limitò a voltare gli occhi al cielo e tutti e tre lo seguirono.
Una volta entrati, l’atmosfera calda del bar li avvolse tutti, si guardarono attorno, per qualche istante.
«Cos’è che dobbiamo cercare?» domandò Alasdair, sussurrando all’orecchio di Autumn.
«Un biglietto o una persona che abbiamo sognato, credo funzioni così» rispose John, al posto di Autumn e la ragazza lo guardò, semplicemente, annuendo. Alasdair voltò gli occhi al cielo. Non voleva che fosse John a rispondergli, ma alla fine era stato parecchio esauriente, così decise di tacere e di guardarsi attorno.
«Hey, ma…» cominciò Victoria, adocchiando una coppia di ragazzi, seduti ad un tavolo.
«Sì?» le fece eco Autumn, affiancandola. «Hai visto qualcuno che potrebbe essere familiare?» domandò, cercando di seguire lo sguardo di Victoria, incontrando i due ragazzi con il proprio.
«Sì… quella ragazza» Victoria indicò una ragazza con dei lunghi capelli mori e degli occhi azzurro cielo, si muoveva aggraziata, addentando di tanto in tanto il suo croissant, mentre il ragazzo di fronte a lei, giocava distrattamente con il tappo di una bottiglia di birra, facendolo roteare. Aveva l’aria tormentata, tipica di un…
«Demone» sentenziò Autumn, storcendo il naso. «Percepisco l’odore» sussurrò, guardando Alasdair.
Lo stregone poggiò un braccio sulle spalle di John «Sicura, Autumn, che non sia il nostro amico John a puzzare?» domandò, sorridendo angelico.
John sollevò un sopracciglio e lo guardò, tranquillo. «Togli. Subito. Quel braccio. Dalle mie spalle. O non lo rivedrai mai più» sibilò, imitando il suo sorriso.
Alasdair tolse il braccio dalle sue spalle e gli riservò uno sguardo omicida. «Prova solo a toccarmi e ti faccio il culo a quadri» lo minacciò, passandogli a pochi centimetri dal volto e andando verso i due ragazzi. «Saaalve»  li salutò, inginocchiandosi e poggiando le braccia sul tavolino. La ragazza per poco non si strozzò con il croissant che stava mangiando, e il ragazzo lo ignorò bellamente. «Chi di voi due è un demone?» continuò Alasdair, sorridente.
Il ragazzo, stavolta, sollevò lo sguardo su di lui, assottigliandolo. «Chi sei tu?» sibilò, sulla difensiva, mentre Autumn, John e Victoria, si avvicinavano al tavolo.
«Mi chiamo Alasdair, taaanto piacere. E loro sono Autumn» indicò l’angelo, con un gesto della mano, senza voltarsi «Victoria, ma puoi chiamarla Vic» fece lo stesso gesto con lei «E quell’essere inutile che vedi in mezzo a loro si chiama Mr ‘ti-brucio-vivo’»  quando finì di presentare, spostò lo sguardo sulla ragazza. «E voi chi siete?» sussurrò, riportando poi lo sguardo sul ragazzo.
«Lor---»  la ragazza ingoiò il boccone, prima di riprendere a parlare  «Lorelai, ma puoi chiamarmi Rory» si presentò, evitando di porgergli la mano.
«Sei davvero molto carina, Rory» mormorò Alasdair, ammiccando nella sua direzione.
Il ragazzo afferrò la faccia di Alasdair, con una mano, premendo su entrambe le sue guance «Hey, tizio, continua a guardarla così e ti strappo gli occhi»  sibilò minaccioso  «E io sono Xander, ‘piacere’»
«Xan…»  lo richiamò la ragazza, mettendo una mano su quella di lui, che stringeva ancora le guance di Alasdair.
«Non è necessaria la violenza»
«Ci ha provato con te, dammi una ragione per cui non dovrei bruciarlo vivo» continuò a sibilare Xander, lasciando comunque le guance di Alasdair che se le massaggiò, guardando male il nuovo demone.
«Perché potrei ridurti in cenere in un soffio e, notizia dell’ultima ora!, non ti conviene» sussurrò minaccioso Alasdair, alzandosi e guardando poi Rory.
«Scusate ma…»
«Perché vi abbiamo disturbato?» cominciò Alasdair, finendo la domanda di Rory e poi indicò Victoria, con un gesto della mano «A te la parola, piccola.»
«Non chiamarmi così» borbottò la ragazza, prima di farsi avanti «Vi ho sognato» mormorò, prima di studiare la loro reazione.
«Sognato in che senso?» domandò Xander, aggrottando le sopracciglia.
«Ma cos’è? Una cosa congenita dei demoni? Siete tutti scemi?» domandò Alasdair, guardando sia John che Xander.
«Prova a ripeterlo!» sibilò Xander, alzandosi e fronteggiandolo, minaccioso.
«No, no, no. Xan. No.» Rory si mise di fronte a lui, afferrandogli delicatamente un polso.
« Okay, facciamola finita» intervenne John, mettendosi in mezzo a loro. « Abbiamo bisogno di voi » spiegò, pratico, rivolgendo il capo all’indietro, guardando Alasdair. « Prima e ultima volta che ti salvo il culo. Segnalo sul calendario.»
Alasdair schiuse le labbra, sbalordito, e poi le sue labbra si incurvarono in un sorrisetto sornione. « D’accordo, Honey.» rispose, ammiccando nella sua direzione.
« Sei gay? » gli chiese Victoria, perplessa, sbattendo le palpebre.
« Che cazz- NO. No, assolutamente no, volevo solo… volevo solo… » cominciò ad incespicare, nelle proprie parole, vedendo che tutti, adesso, fissavano lui. « Sono etero al mille per cento, smettetela di fissarmi, scemi. E poi, vorrei ricordare che al momento abbiamo una faccenda decisamente più importante del mio orientamento sessuale, da affrontare.»
« Stai cominciando ad usare il cervello? Wow. Festeggiamo» Lo riprese John, sollevando le sopracciglia.
« AH.AH.AH. Sto ridendo così tanto che potrei morir-ma anche no.» Rory ridacchiò, seguendo il battibecco tra i due, mentre Xander continuava a guardarli, in silenzio, sollevando le sopracciglia, di tanto in tanto. Autumn voltava continuamente gli occhi al cielo, mentre Victoria dondolava su se stessa, evitando di intervenire, per la noia.
« Va bene. Va bene, basta. » intervenne Autumn « Ormai sappiamo come funziona, no? » cominciò, guardando Alasdair, John e Victoria negli occhi, che le restituirono lo sguardo, annuendo.
« Rory, puoi controllare se in tasca hai qualche biglietto o post-it? » chiese sbrigativo Alasdair, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Xander. La ragazza frugò in tutte le tasche, ma non trovò nulla.
« Fallo tu mister “ti-spacco-di schiaffi”» intervenne Alasdair, e Victoria gli diede una gomitata, lui sorrise. « Sta cominciando a diventare divertente dare nomignoli ai demoni. »
« Ti consiglierei di smetterla, se vuoi restare vivo. » lo avvertì Xander, serio, per poi prendere a frugare nelle tasche, in cerca di ciò che Autumn aveva richiesto ma anche lui, purtroppo, non trovò alcun biglietto.
« La cosa comincia a complicarsi » commentò John, accigliandosi, pensieroso.
« Ci deve pur essere un biglietto da qualche part- » cominciò Autumn, ma fu interrotta da Alasdair, che puntava un biglietto, mentre ricadeva lentamente verso il basso, dalla superficie inferiore del tavolo.  L’angelo si piegò verso il basso, prendendolo.
« Che c’è scritto, stavolta? » domandò Alasdair, arricciando il naso « “Sembra talco ma non è serve a darti l’allegria”?» ironizzò, Victoria accennò un piccolissimo sorriso e John sollevò un sopracciglio, Xander e Rory invece li guardavano perplessi.
« “C’è chi va, c’è chi viene, chi attende e chi fugge--”» cominciò a leggere Autumn e Alasdair sollevò le sopracciglia.
« Devono essere dei fanatici di “Via col vento”, questi qui. Senti che indovinello. » intervenne e ricevette soltanto sguardi perplessi. Il sorriso scomparve dalle sue labbra e si accigliò. « Andiamo… Rossella! Via col vento! No? »
« Alasdair? » lo richiamò John, con un sorriso fintamente cortese.
« Cosa? »
« Chiudi quel forno. » concluse, serio. Alasdair lo guardò male e incrociò le braccia. « Continua, Autumn.»
« “C’è chi va, c’è chi viene, chi attende e chi fugge. Chi per la pena si strugge. Nel luogo che cercate, vi son cose perse e trovate. Vi son volti smunti e stanchi e sorrisi allegri e costanti” » quando finì di leggere, sollevò lo sguardo sui presenti, in cerca di proposte o commenti.
« Che cosa poetica. Per me è la cipolla.» Disse Alasdair, alzando un mano, e John gli rifilò uno scappellotto. Lui si toccò subito la nuca, massaggiandosela.
« Fallo di nuovo e giuro che ti- »
« La metro.» disse Rory, all’improvviso, interrompendo la minaccia di Alasdair. Si voltarono tutti nella sua direzione, studiandola, e riflettendo.
« Ma certo! » intervenne Autumn, sollevando un indice e dandosi un buffetto sulla fronte « Come ho fatto a non pensarci? “C’è chi va e chi viene, chi attende e chi fugge” le persone che viaggiano, i pendolari o semplicemente chi è in ritardo. “Chi per la pena si strugge” quanto è difficile dire addio a qualcuno che sta per partire? “Nel luogo che cercate, vi son cose perse e trovate” e quanto è facile, invece, farsi derubare? Chi viene derubato perde qualcosa, chi deruba invece la trova. “Vi son volti smunti e stanchi, e sorrisi allegri e costanti”, c’è chi va a prendere non so… dei parenti alla metro, o qualcuno che non si vede da tanto ed è normale essere allegri e sorridere e poi beh… dopo una giornata di lavoro e un viaggio in metro, sfiderei chiunque a non avere un volto smunto e stanco.» Ascoltarono tutti la spiegazione di Autumn e l’unico ad intervenire fu Alasdair.
« Okay, Dexter, andiamo.» disse soltanto e cominciò a dirigersi all’uscita, seguito da Victoria e da John. Autumn fece per andar loro dietro, ma quando si accorse che Rory e Xander non li stavano seguendo, tornò indietro.
« Dovete venire anche voi » disse loro, con un sorriso implorante.
« Cosa? No, non ci immischiamo in questa stronzata, grazie. » disse Xander, con la sua solita serietà « Andiamo? » domandò a Rory, e la prese per un polso, tentando di trascinarla via.
« Ehi, aspett- ehi. Xander… aspetta » Rory si ritrasse e raggiunse nuovamente Autumn « Perché dobbiamo venire anche noi? Di cosa si tratta? » domandò, rivolgendosi direttamente all’angelo.
« Noi… » cominciò Autumn, per poi sospirare e chinare il capo « Non lo sappiamo ancora, ma deve essere importante. Insomma è… importante. John dice che è qualcosa di grosso e beh… abbiamo bisogno di voi.» Concluse, guardandola negli occhi. Rory annuì lentamente, durante il suo discorso, per poi guardare Xander.
« Siamo con voi » decretò, poi, spostando lo sguardo dal demone all’angelo. Xander non protestò più che altro per non accendere alcuna discussione con la fidanzata che, lo sapeva bene, l’avrebbe comunque avuta vinta e decise di unirsi alla ricerca.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Sometimes monsters could be our best friends.

Capitolo 4


La metro di Mosca si stendeva sotto i loro occhi, John sembrava serio, Autumn pensierosa, Xander non faceva che guardare male tutti, mentre Rory restava al suo fianco, il braccio allacciato al suo, come per infondergli tranquillità. Alasdair continuava a borbottare senza sosta e Victoria lo ascoltava voltando gli occhi al cielo ad intervalli regolari.
« Okay, fantastico. Hey Metro siaaamo qui! Aspettiamo che qualcuno ci inviti ad entrare o ci sbrighiamo? » esordii Alasdair, distraendosi dal suo borbottio e tutti si voltarono nella sua direzione, limitandosi a scuotere il capo, per poi incamminarsi in direzione dell’ingresso.
Quando entrarono, la metro era stranamente vuota, come se qualcuno sapesse per certo che loro sarebbero arrivati. John affiancò Autumn e la ragazza non ci fece troppo caso, troppo intenta a scrutare l’area, a caccia di indizi. Rory e Xander camminavano dietro di loro, incerti, mentre Victoria ed Alasdair si scambiavano continuamente occhiate cariche di significato.
« Ma che cazz—Andrea! Andrea, che ti ho detto a proposito dell’equipaggiamento?! » si sentii all’improvviso da dietro una colonna e il gruppo si fermò, ascoltando la voce femminile che rimproverava qualcuno.
« Cielo… Gret—mi dispiace, non sapevo che quelle fossero per… »
« Certo, sì, come no! Tu non sai mai niente! E finisci sempre per combinare guai! Guarda che macello! E adesso? Eh? La ricompri tu l’acqua santa? »
A quelle parole Xander e John si irrigidirono.
« Acqua santa? » ripeté John tra sé e sé e Xander gli rivolse uno sguardo interrogativo, quasi preoccupato. Rory strinse il braccio di Xander, deglutendo, mentre Alasdair voltava gli occhi al cielo.
« Bene, io vado a conoscere le due suore. Arrivo. » disse, poi, con un gran sorriso e si avviò in direzione della colonna. Una volta arrivato accanto ad essa, l’aggirò e comparve proprio accanto alle due ragazze.
« EHI EHI EHI, AMICO. ALLA LARGA. STA’ ALLA LARGA. » Gridò la ragazza che prima rimproverava la sua compagna.
« Uho uho uho, calmati, dolcezza. Voglio solo parlare. » premise Alasdair, alzando le mani come per arrendersi.
« Possiamo fidarci. » disse la seconda ragazza, annuendo una volta sola. Alasdair sollevò un sopracciglio e le squadrò, entrambe.
« Ci vedo doppio… » esordì, poi, sbattendo  le palpebre un paio di volte, mentre entrambe le ragazze incrociavano le braccia al petto.
« Siamo gemelle. Io sono Andr-- » fece per presentarsi una delle due, ma la sorella le poggiò una mano sulla bocca, zittendola.
« Non ci presentiamo finché non mi dici chi sei. O meglio cosa sei. » disse poi, in tono che non ammetteva repliche, fissando Alasdair. Lo stregone schioccò la lingua tre volte, scuotendo il capo.
« Non sei molto educata, dolcezza. Mi chiamo Alasdair, piacere non-mio. E sono uno stregone. » si presentò il ragazzo, stringendosi nelle spalle, per poi sporgersi indietro e fare cenno agli altri di restare lì.
« Sì, beh, tanto piacere. Mi chiamo Gretchen e lei si chiama Andrea. E ora dobbiamo andare.» disse sbrigativa Gretchen, cominciando a raccogliere il suo zaino e borsoni da terra.
« Aspettate, non potete andarvene. Mi servite. Cioè… servite a me e ai miei amici, abbiamo una specie di enigma contorto da risolvere. » spiegò Alasdair, guardando Andrea. La ragazza, poggiò una mano sulla spalla della sorella, come a fermarla, e annuì una sola volta in direzione di Alasdair.
« Gret, forse dobbiamo ascoltarlo.» consigliò, poi, e Gretchen gonfiò le guance, per poi sbuffare, guardandolo male.
« Senti Asdarair. » cominciò, puntandogli il dito contro e lo stregone la interruppe, sollevando un sopracciglio.
« Alasdair. » la corresse, guardandola con ben poca simpatia nello sguardo.
« Quello che è. Noi non andiamo da nessuna parte, abbiamo un lavoro da fare. » chiarì, guardando la sorella. « Non possiamo perdere tempo. »
« Che cosa andate a fare, mh? A cacciare demoni? E’ inutile. Ho due demoni, qui, proprio con me. E se non mi seguite, beh…» si fermò, lasciando la frase a metà, in modo da far comprendere ad entrambe quanto fosse importante. Gretchen non ci pensò due volte e tirò un calciò ad una gamba ad Alasdair. Lo stregone si piegò sulla parte lesa e sollevò lo sguardo sulle ragazze che già stavano scappando.
« John! » gridò, poi, mentre il demone le fermava, bloccandole tra lui ed Alasdair. Le guardò poi negli occhi, entrambe, e cominciò a soggiogarle.
« Adesso voi vi calmate, e venite con me. » disse loro, con voce pacata, quasi gentile, mentre faceva un passo indietro, indicando con la mano il gruppo di cui faceva parte. Autumn lo guardò male, incrociando le braccia e schioccò la lingua, infastidita.
« Non devi trattare gli umani così, sai che non è… » cominciò a sgridarlo e Alasdair iniziò a zoppicare nella loro direzione.
« Credo che stavolta sia stato necessario. Cazzo, quella lì ci sa fare. » commentò, massaggiandosi la gamba, mentre Xander voltava gli occhi al cielo, scettico.
Le ragazze si ritrovarono davanti al gruppo e Autumn le scrutò, dispiaciuta, mentre Rory si nascondeva dietro Xander, abbassando lo sguardo.
« Bene, adesso ascoltate Autumn. » disse John, indicando l’angelo, mentre affiancava le due ragazze. Autumn puntò lo sguardo su di lui, restia, e poi si schiarì la voce.
« Ecco, io… potreste controllare nelle vostre tasche? Dovrebbe esserci un biglietto o roba del genere. » domandò gentilmente l’angelo, guardando entrambe le ragazze.  Gretchen frugò nelle tasche e non trovò nulla, così lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, continuando a guardare di fronte a sé. Lo sguardo vitreo, perso. Andrea la imitò e dopo qualche istante il fatidico biglietto saltò fuori. Autumn lo prese delicatamente dalle mani di Andrea e poi lei e John si scambiarono uno sguardo di intesa, mentre gli altri osservavano la scena in silenzio; perfino Alasdair si era zittito.
John smise di controllare la loro mente e le ragazze sbatterono le palpebre una, due, tre volte, guardando le persone dalle quali erano circondate con sguardo smarrito, chiedendosi cosa fosse successo.
« Andrà tutto bene. » si sentì di rassicurarle Rory affiancandole con un sorriso dolce. Le gemelle annuirono, ancora lievemente scosse e non proferirono parola.
« Allora, cosa c’è scritto? » domandò Alasdair ad Autumn, accigliandosi. L’angelo arricciò il naso e poi iniziò a leggere ad alta voce.
« “Nel luogo che cercate ciò che vi è non è tutto, che è cosa invero giusta; ma la vera domanda è: cos’è che aggiusta? L’anima corrompe, il corpo tiene in pugno. Dagli uomini è lodato, e il suo potere è assicurato.” » lesse Autumn, per poi aggrottare le sopracciglia e scrutare i volti dei presenti, uno per uno.
« Riflettiamoci » esordì Xander, guardando tutti negli occhi. « “Ciò che vi è non è tutto”, potrebbe essere il denaro. “L’anima corrompe, il corpo tiene in pugno”, per denaro si fanno follie.» continuò, guardando Autumn.
L’angelo annuì e poi guardò John. Il demone le rivolse un cenno del capo, come per dire “È la banca, andiamo.”, e la ragazza annuì, cominciando ad avviarsi.
« Hey, aspettate! E loro due? » Domandò Rory, indicando Andrea e Gretchen. Autumn sospirò, annuendo.
« Vero. Beh… possono venire con noi, se se la sentono. » disse, annuendo e Rory arricciò le labbra, guardando le sorelle. Entrambe annuirono, silenziosamente e poi cominciarono a seguire il gruppo che ormai si avviava all’uscita.
« Non ho un bel presentimento.» sussurrò Alasdair a Victoria, serio, deglutendo. Ed era vero; era come se una morsa ingiustificata di inquietudine gli stringesse lo stomaco. La ragazza lo guardò, accigliandosi e poi sospirò.
« Beh, se devo proprio dirla tutta, nemmeno io.» concordò la ragazza, per poi prendergli la mano e seguire il resto del gruppo.

 

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