The Sound of a Dream

di Sweetie616
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 6. ***
Capitolo 8: *** 7. ***
Capitolo 9: *** 8. ***
Capitolo 10: *** 9. ***
Capitolo 11: *** 10. ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The sound of a dream

The sound of a dream

Prologo

Fare thee well, little broken heart
Downcast eyes, lifetime loneliness


Whatever walks in my heart will walk alone

Constant longing for the perfect soul
Unwashed scenery forever gone

No love left in me
No eyes to see the heaven beside me
My time is yet to come
So I'll be forever yours

Nightwish – forever yours

Helsinki, giugno 2008

“Ma cosa diav...” mormorai, mettendomi seduto sul letto. Guardai distrattamente il display del cellulare sul comodino, erano appena le cinque del mattino. Ok, Ville... sei messo male, hai decisamente bisogno di una ragazza! Mi alzai di malavoglia, dandomi una rapida occhiata intorno. Era tutto normale, attorno a me regnava il solito disordine a cui ero ormai abituato: sul pavimento erano sparsi libri, fogli e cd; la chitarra e il posacenere, che miracolosamente non si era rovesciato, erano appoggiati sul letto. Mi ero appena svegliato dal sogno più reale che io avessi mai fatto.....

Era il tramonto di una giornata d’autunno, me ne resi conto dal rumore che le foglie secche facevano sotto i miei piedi. Percorrevo il vialetto verso casa, ma non con le mani in tasca e gli occhi bassi, come al solito. Tenevo per mano una ragazza, potevo percepire chiaramente il calore e la morbidezza della sua mano nella mia. Ed ero felice, come non mi ricordavo di esserlo da tanto, tanto tempo. Aprii la porta di casa e i miei occhi incontrarono i suoi, lo sguardo più dolce e familiare che io avessi mai visto: lo sguardo dell’amore. Quando le mie labbra sfiorarono le sue, mi svegliai.

Avevo appena baciato la mia anima gemella e non volevo proprio credere che esistesse solo in un sogno. Quegli occhi... ero sicuro che non li avrei mai dimenticati, e li avrei cercati ovunque, in ogni donna che avrei incontrato.

Appena tre ore dopo, davanti a una tazza di caffè, avevo raccontato tutto a Migè, sicuro che nel mio amico avrei trovato, se non comprensione, almeno un appoggio morale. Invece era lì che mi fissava con la bocca semiaperta, come se avesse davanti un alieno. No, forse con un alieno avrebbe agito in modo diverso: conoscendo il bassista, sarebbe stato capace di avviare una discussione filosofica sulla vita su altri pianeti!

Il mio amico mi guardò con aria indagatoria.

“Ville, avrai mica ricominciato a bere?”

“No!” esclamai “Assolutamente no, Migè...non sarei sveglio a quest’ora!” ridacchiai.

“Sì, devo ammettere che hai ragione! Io l’ ho sempre saputo che tanto normale non sei, Valo...” ridacchiò “ma stavolta hai superato te stesso...”

Risi. “Sì Migè, lo so che sono pazzo!”

“Ti sei innamorato di una donna che non esiste, in che altro modo dovrei considerarti?”

“No, macchè innamorato!” protestai. Sconvolto era la parola giusta. L’amore è un’altra cosa, figuriamoci. Io lo so bene! E poi .... chi può dirlo? Magari quella ragazza, in qualche parte del mondo, esiste davvero...

Scossi la testa. Se nemmeno il mio amico filosofo mi capiva, forse ero davvero pazzo... non restava che tentare di concentrarsi sui festival estivi, forse sarei riuscito a dimenticare quello strano sogno....

She is everything to me,

The unrequited dream,

The song that no one sings,

The unattainable.

She's a myth that I have to believe in,

All I need to make it real is one more reason.

Vermilion part 2 - Slipknot

Questa è di sicuro la cosa più assurda e delirante che io abbia scritto finora, ma ho deciso di postarla lo stesso!! Perdonatemi!! XD

Dedicata alle Angels, in particolare alla K-sisko, fedele compagna di deliri, ad Earthling, Somma Sacerdotessa del Villevalesimo, a Ila e a Roby: "Ci sta guardando, ragazzeeee!!" XD Non vedo l'ora di andare a un altro concerto con tutte voi!!

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Capitolo 2
*** 1. ***


1.
Berna, 18 luglio 2008


Dimenticare è facile, almeno fino a quando non accade qualcosa che ti costringe a ricordare ciò di cui stavi tentando di sbarazzarti. Era una delle ultime date dei festival estivi, dopo saremmo tornati a casa per l’Ankkarock. Liberi di morire di noia fino all’ingresso in studio per registrare il nuovo album.
Fu durante Right here in my arms che la notai per la prima volta.
“She'll be right here in my arms...” ero voltato verso Migè, e il mio sguardo si abbassò, fino a posarsi casualmente su una ragazza in prima fila. Aveva i capelli lunghi oltre le spalle, scuri e mossi e....un sorriso che le andava da un orecchio all’altro: l’immagine della felicità perfetta. Ad una seconda occhiata mi resi conto che ...era lei! Era la stessa ragazza che avevo sognato solo un mese prima. Rabbrividii. Sicuramente era solo uno scherzo dell’immaginazione. Forse ero davvero pazzo, come i miei amici sostenevano da anni.
It’s all tears. E lei era ancora lì, con gli occhi luccicanti (non potevo vederne il colore ma sapevo di conoscerlo perfettamente) e il sorriso dolce. C’era davvero, non la stavo immaginando. Non esisteva solo nei miei sogni, allora.

“Lei è qui” dissi a Migè durante uno degli assoli di Linde, indicandogli la ragazza in prima fila.
Il mio amico mi guardò di nuovo come si guarda un povero pazzo.
“Lei chi?”
“La ragazza del sogno” precisai, mentre tornavo accanto al microfono per attaccare ‘The Funeral of Hearts’. Sapevo perfettamente, anche senza vederlo, che Migè stava scuotendo la testa.
E in quel momento, accadde qualcosa. Non sapevo neanche il motivo, ma non riuscii a staccare gli occhi da lei. Io, che di solito cantavo ad occhi chiusi per un intero concerto, non chiusi gli occhi neanche per un attimo, pur di continuare a guardarla. La vidi di nuovo sorridere, un sorriso che le arrivava agli occhi, mentre cantava, occhi fissi su di me, ogni parola della canzone. Il suo sorriso si allargò ancora di più quando, forse incredula, si accorse che stavo guardando proprio lei, e le sorrisi in risposta. Un dialogo silenzioso, fatto di sguardi e sorrisi, con una perfetta sconosciuta che mi sembrava di conoscere da sempre.


Stava ...stava davvero guardando me, sorridendo a me?? Continuai a tenere gli occhi fissi nei suoi, decisamente incredula. Il mio corpo se ne era reso conto molto prima del mio cervello: avevo lo stomaco attorcigliato, la pelle d’oca e una stranissima sensazione mai provata prima. Nonostante sapessi di essere circondata da migliaia di persone, era come se attorno a me si fosse creato il vuoto. C’era Ville, sul palco, che guardava me e sorrideva. E c’ero io, che cantavo con lui, cantavo per lui, ogni singola parola di quella canzone che amavo. Non ero riuscita a staccare lo sguardo da lui, anche se inconsciamente pregavo che fosse lui a distogliere gli occhi da me, permettendomi di tornare a respirare normalmente. Quattro minuti e trenta secondi in apnea: decisamente il mio record personale!

E il dopo concerto non andò meglio: mi dovetti appoggiare a un muro perché le gambe non mi reggevano...ma brava Viola, quando la smetterai di fare la fangirl idiota alla tua età? E’ stato un caso, solo un caso, che Ville guardasse nella tua direzione....per mezzo concerto! Ora smettila. A queste parole, dettate da quel briciolo di razionalità che ancora mi restava, si contrapponeva una vocina, che urlava nella mia testa per farsi sentire: canta sempre ad occhi chiusi! Perché stavolta? E perché guardava me? E perchè mi sorrideva in quel modo così.... dolce?
E il peggio doveva ancora arrivare: passai i giorni successivi, non so quanti, in realtà, con un sorriso idiota stampato in faccia ogni volta che (e capitava spesso) mi tornava in mente quel concerto, cercando di capire se era successo davvero o se era stato solo un’illusione, il frutto della mia mente bacata, del desiderio di essere davvero, anche solo per un attimo, parte di un sogno troppo bello perfino per essere raccontato.


Korso, 2 agosto 2008

Dimenticare, certo, ovvio. Peccato che, dal Gurten in poi, avevo passato i festival a cercarla nel pubblico mentre cantavo. L’avevo cercata a Lumnezia, inutilmente. ‘ Se è svizzera, ci sarà’ mi ero detto. Ma a quanto pare non lo era.
L’avevo cercata anche all’Ankkarock, ma dopo le prime due canzoni passate a guardare la prima fila per cercare il suo sguardo, avevo rinunciato, tornando a cantare come sempre, ad occhi chiusi, perso nei miei pensieri e nella mia musica. Forse non era nemmeno finlandese, e forse non l’avrei più rivista. Non era stato altro che un sogno, un’illusione. Lei non esisteva se non nel mio desiderio di trovare qualcuno da amare, Migè aveva ragione.


The heretic seal beyond divine
A prayer to a God who’s deaf and blind
The last rites for souls on fire
Three little words and a question: why?

HIM- The Funeral of Hearts

Grazieeee alla sisko e alla piccola Mossi per i commenti!! *____*

Moss: ah, non mi meraviglierei affatto se la mia storia continuasse come la tua....in fondo ormai sappiamo che le menti delle Angels funzionano nello stesso modo XD Me è curiosissima di leggere, comunque!!!

Siskoo: aspetto la recensione delirante allora...uhm... no, forse è meglio di no, continuiamo a delirare su msn, non voglio finirci subito nella cella imbottita XD grazie per i complimenti sigh...me si commuove ç____ç

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Capitolo 3
*** 2. ***


Nuova pagina 1

2.

Helsinki, 18 agosto 2008

Guardai il display del cellulare. Tardissimo, come immaginavo. Sbuffai, appoggiando la chitarra sul divano bianco. Mi aspettava l’ennesima intervista...come se non ne avessi fatte abbastanza durante il tour. E ogni volta mi chiedevo perché, perché la gente non avesse altro di meglio da fare che impicciarsi nella vita dei musicisti. Dovevo essere in vacanza ora, no? Libero di passare tutta la giornata in casa, buttato sul divano in boxer a comporre le canzoni del nuovo album. Ma no, a quanto pare non era proprio possibile. Sbuffai di nuovo. Ero presentabile? Pantaloni a quadri macchiati di vernice, maglietta grigia con qualche buco qua e là... forse no....ma intanto ero vestito, e quello era già qualcosa. E, del resto, del look non me ne era mai importato molto. Il giornalista, chiunque fosse, avrebbe dovuto sopportarmi vestito così.

Diedi un’ultima occhiata al foglio su cui avevo iniziato a scrivere gli accordi di... Love’s tears? Sì, forse era un titolo adatto...

Infilai il cappello e uscii, il taxi sarebbe arrivato a momenti.

Le solite domande inutili. Il giornalista parlava e io rispondevo in automatico, come un disco registrato. Una cosa vera e duecento cazzate, non appena le domande diventavano troppo personali per i miei gusti. Finchè...

“Qual è stato il momento più bello del tour estivo?”

Istintivamente ripensai a lei, al suo sguardo tra la folla, al Gurten. Abbassai lo sguardo, sorridendo. Era stato quello, il momento più bello. Ma l’avrei tenuto per me.

“Quando il nostro bassista ha avuto la diarrea e non voleva salire sul palco” dissi, con una risatina diabolica. Sì, la cazzata, stavolta, ci stava proprio bene.

Roma, 26 agosto 2008

“Cavolo, è tardissimo!! Perderemo l’aereo!” esclamò Sara, ansiosa come al solito.

“Viola!! Vuoi darti una mossa?” urlò Vanessa dal cancello.

“Eccomi!” risposi, trascinandomi dietro una valigia più grande di me.

“Finalmente!” disse Sara.

Sorrisi. “Questo viaggio è il sogno della mia vita, secondo voi potrei rischiare di perdere l’aereo? Vi ho dato appuntamento un’ora prima proprio per non correre rischi!!”

Mi guardarono perplesse. Già...stavo per rendere reale il sogno di una vacanza ad Helsinki, che avrebbe potuto trasformarsi in un periodo molto più lungo, se fosse andato bene il colloquio che dovevo fare.

Salimmo in macchina. “Ora che siete sedute, devo dirvi una cosa!” iniziai.

Mi guardarono entrambe.

“Mi ha risposto una scuola italiana di Helsinki a cui ho mandato il curriculum! Vogliono che faccia un colloquio e.... beh, se va come spero, credo che il viaggio di ritorno lo farete da sole!” sorrido.

“Ma...ma è fantastico!!” Esclamò Sara, che conosceva perfettamente la mia voglia di cambiare aria, di andarmene da un posto che mai nella mia vita avevo considerato casa.

“I tuoi lo sanno?” chiese Vanessa.

“Ehm...no” sospirai “Glielo dirò solo se va bene....meglio non farli agitare in anticipo!” Già era stato complicato organizzare questa vacanza. Troppe volte mi ero sentita chiedere: perché proprio Helsinki? Beh...perchè vostra figlia è regredita all’adolescenza, e vuole visitare la città dove è nata la sua band preferita! Come minimo mi avrebbero fatta rinchiudere!

Arrivammo in aereoporto con largo anticipo, e finalmente chiamarono il nostro volo. Mi guardai intorno incredula: avevo iniziato a sorridere come un’ebete non appena avevo visto da lontano la scritta ‘Finnair’ sull’aereo, e ora che ero seduta al mio posto, pronta a partire per Helsinki, avevo un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Sara si sedette accanto a me, prese il giornale dalla tasca sul sedile e iniziò distrattamente a sfogliarlo.

“Toh!! Viola, c’è il tuo fidanzato!!” rise.

Ah, come amavo la Finlandia: bastava aprire un normalissimo quotidiano per trovarsi davanti una foto a pagina intera dell’uomo più bello del mondo....

“Poverino...dice che è disperatamente in cerca d’amore!” esclamò Vanessa.

“Certo!! Non ha ancora incontrato la nostra Viola!” rise Sara, beccandosi in risposta una linguaccia da parte mia.

Magari fosse vero.... mi misi le cuffie dell’Ipod e mi lasciai trasportare dalla sua voce, quella voce che mi aveva completamente stregato già al primo ascolto.

Helsinki, agosto 2008

Mi innamorai follemente di Helsinki fin dal primo istante, appena appoggiai il piede a terra dalla scaletta dell’aereo, alzai lo sguardo su un cielo incredibilmente azzurro e respirai quell’aria fredda e pulita.

Passammo il primo giorno vagando senza sosta per la città, tra musei e negozi. Ultima tappa, una libreria in pieno centro.

“Viola, basta! Abbiamo camminato per tutta Helsinki, non ce la faccio più!” disse Vanessa.

“Non vi preoccupate, andate pure! Io resto ancora un po’ qui, ci vediamo in albergo” dissi, guardandomi intorno. Libri, la mia passione. Avrei passato il pomeriggio intero in mezzo ai libri.

Iniziai a vagare distrattamente tra gli scaffali, incantata da quelle copertine scritte in una lingua ancora per me sconosciuta, ma di cui amavo il suono, così dolce e musicale.

E nel tentativo di tirar fuori un libro, combinai uno dei miei soliti danni, quelli per cui ero famosa tra i miei amici...meno male che non c’era nessuno di loro con me, in quel momento.

E quel libro dalla copertina rosso scuro cadde a terra con un tonfo, a pochi centimetri dal mio piede.

Mi chinai a raccoglierlo, senza accorgermi che non ero sola. Di fianco a me, un ragazzo aveva assistito alla scena e ora eravamo entrambi chinati a terra, la mia mano sulla sua, che raccoglieva il libro.

“Scusa...” mormorai in inglese, prima di alzare lo sguardo su due occhi terribilmente verdi e terribilmente familiari....troppo familiari. Sentii uscire dalle mie labbra un “Oh...” sconclusionato, prima di rimanere completamente senza fiato. Di fronte a me c’era proprio lui: Ville Valo, uno dei principali motivi del mio sconfinato amore per la Finlandia, e io ancora tenevo la mia mano sulla sua! Deglutii rumorosamente, cercando disperatamente di mantenere attive le connessioni cerebrali, che già davano i primi, inequivocabili segni di cedimento. ‘Ricordati di respirare e andrà tutto bene, ce la puoi fare’ ricordai silenziosamente a me stessa.

Ma per qualche strano motivo, lui sembrava più perplesso di me.

“Ma....ma tu...oh cazzo” mormorò.

“Io...oh cazzo... cosa?” tentai di mormorare, cercando di non pensare all’espressione da pesce lesso che sicuramente dovevo aver stampata sul viso.

Aprii e chiusi gli occhi un paio di volte, per accertarmi che non stessi sognando ad occhi aperti come al mio solito. No, non stavo sognando: Ville continuava a guardarmi, un’espressione indescrivibile in quegli splendidi occhi verdi che riuscivano a mandarmi in confusione totale attraverso una foto, figuriamoci dal vivo e figuriamoci se erano puntati proprio nei miei!

Finalmente riuscimmo a scuoterci entrambi da quella specie di strano torpore in cui eravamo caduti.

“Questo è tuo...” mormorò Ville, restituendomi il libro che avevo fatto cadere. Libro che decisi immediatamente di acquistare, anche senza aver visto se poteva piacermi o no. “Ottima scelta, è davvero un bel libro” sorrise. Poi rimase in silenzio, un’espressione che avrei definito combattuta. “Come ti chiami?”

“V...Viola” riuscii non so come a mormorare.

“Io sono Ville” sorrise, porgendomi la mano.

“L...lo so” e di nuovo la mia voce fece un po’ di fatica ad uscire.

“Fan degli HIM?” chiese, sorridendo di nuovo.

Glielo dico o non glielo dico? Tanto l’heartagram che ho tatuato non si vede... ma alla fine decisi di essere sincera e annuii. “Ho amato la tua musica dal primo istante”.

Meglio sorvolare, però, sul fatto che lo sognavo praticamente tutte le notti e che la maggior parte dei sogni non erano esattamente raccontabili in giro...

“Se è così...” Riprese il libro che tenevo in mano, e dopo aver tirato fuori una penna dalla tasca, mi fece un sorrisino e iniziò a scrivere.

“Non sbirciare” ridacchiò “puoi leggere solo quando sarai uscita di qui”.

Mi riconsegnò il libro, e camminando di fianco a me, ci avvicinammo alla cassa e si offrì di regalarmelo.

Cercai di rifiutare, ma fu inutile.

“E’ uno dei miei libri preferiti...vorrà dire che la prossima volta che ci incontreremo, me ne regalerai uno tu” mi fece l’occhiolino, salutandomi fuori dalla libreria.

Rimasi imbambolata per qualche minuto, poi decisi di tornare in albergo. Sara e Vanessa non avrebbero creduto ad una sola parola, per fortuna avevo l’autografo a testimoniare che l’avevo incontrato sul serio.

When I see your smile

Tears run down my face

I can't replace

And now that I'm stronger I've figured out

How this world turns cold

And breaks through my soul

And I know, I'll find deep inside me

I can be the one

Red Jumpsuit Apparatus- Your guardian angel

Ultimo aggiornamento prima di partire per Helsinki *____* (dove passerò le giornate in libreria, non si sa mai ihihihi XD) Grazie a tutte per i commenti!

lithi: ma ciao cara!! me felice che ti piaccia la mia storia delirante XD

Cherasade: oooh una nuova lettrice! Benvenuta!! In teoria dovrei aggiornare in fretta, la storia è già quasi tutta scritta... manca qualche pezzettino qua e là che aggiungerò al mio ritorno!

Siskoooo: sì lo so che odi questo capitolo XD E come dicevamo ieri...al prossimo tour (no beh...diciamo già dall'Helldone) saremo le ombre basse di Ville XD

Mossi: grazie per il doppio commento *___* eh no, mi sa proprio che il povero cuoricino a forma di heartagram di Viola non avrebbe retto! Già così è stato messo a dura prova! XD

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Capitolo 4
*** 3. ***


Nuova pagina 1

3.

Camminai verso l’albergo quasi fluttuando a mezz’aria per le vie che costeggiavano il mare, senza riuscire a non pensare a quegli occhi nemmeno per un secondo.

Mi fermai un attimo a riprendere fiato, accanto alla cattedrale Uspenski, una delle cose di Helsinki che amavo di più. Mi sedetti su una panchina, guardando le nuvole che si rincorrevano veloci e assaporando il vento freddo che mi accarezzava il viso.

Era incredibile il modo in cui mi sentivo a casa, come se avessi percorso quelle stesse strade mille altre volte, come se avessi vissuto lì da sempre.

“Oh! Era ora, ti avevamo dato per dispersa!” esclamò Vanessa, vedendomi entrare in camera.

“E con l’ennesimo libro! Che hai preso stavolta?” chiese Sara.

“Non lo so” mormorai, buttandomi sul letto e riprendendo a respirare, dopo circa mezz’ora di totale apnea e black-out mentale. Dopo il Gurten mi ero chiesta se avrei mai potuto peggiorare....bene, ora sapevo che la risposta era del tutto affermativa!

“Non lo sai?” chiesero, in coro.

“Ville....” mormorai, come a volermi convincere io stessa del fatto che non avevo sognato “Ho visto Ville.”

“Cheeeee?” altro coro.

“Ora capisco questo stato catatonico! Presto, i sali!!” ridacchiò Sara “Gli hai detto qualcosa, almeno? Oddio Viola, non gli sarai svenuta davanti vero?”

Eh già... ormai tra le mie amiche mi ero guadagnata la fama di ‘quella che sviene se si trova davanti Ville Valo’....solo perché al concerto il mio cervello si era completamente disattivato appena lui era salito sul palco!

Alzai gli occhi al cielo. “Non sono svenuta. E ha parlato di più lui, veramente...e mi ha regalato il libro...e mi ha fatto l’autografo... e...oddio, quanto è bello!” feci scorrere lo sguardo tra le espressioni attonite delle mie amiche.

“Scusate, esco subito dalla modalità fangirl impazzita!” mormorai sorridendo. “Capitemi!”

Già! L’autografo! Ero talmente fuori di me che me ne ero perfino dimenticata.

Aprii il libro alla prima pagina, con Sara e Vanessa che sbirciavano da sopra la mia spalla. Non c’era scritto niente, lì!

Guardai le mie amiche e sfogliai distrattamente il libro, rendendomi finalmente conto di cosa avevo tra le mani. Le poesie di Baudelaire. Le avevo lette talmente tante volte che forse, avrei potuto anche capirle in finlandese.... beh, soprattutto perché accanto c’era la versione inglese.

Istintivamente avevo cercato una delle mie poesie preferite, quella che, da quando l’avevo letta per la prima volta, mi aveva fatto pensare a Ville.

The Living Flame

They pass before me, these Eyes full of light,

Eyes made magnetic by some angel wise;

The holy brothers pass before my sight,

And cast their diamond fires in my dim eyes.

They keep me from all sin and error grave,

They set me in the path whence Beauty came;

They are my servants, and I am their slave,

And all my soul obeys the living flame.

Beautiful Eyes that gleam with mystic light

As candles lighted at full noon; the sun

Dims not your flame phantastical and bright.

You sing the dawn; they celebrate life done;

Marching you chaunt my soul's awakening hymn,

Stars that no sun has ever made grow dim!

E proprio lì accanto, trovai la firma di Ville, con un heartagram e poche parole scritte con quella strana, ma bellissima calligrafia: Too soon morning comes and breaks the spell To the yesterday, to a dream...

“Che vuol dire questa frase?” chiese Vanessa.

“E’ un pezzo di una canzone, Just for tonight...” risposi. Ma perché mi aveva scritto proprio quella?

“E’ una delle solite stranezze del Valo, immagino!” ridacchiò Sara.

“Io...io non lo so” dissi, continuando a guardare incantata quei pochi tratti di penna.

If time is my vessel, then learning to love

Might be my way back to sea

Interpol – Public Pervert

Eccomi qua, mio malgrado, sniff :o( il mio povero cuoricino a forma di heartagram è rimasto ad Helsinki e ora vivrò in funzione di tornare a riprendermelo (e restare lì a vita, of course)

lithi: o mia collega di 'analisi delle espressioni facciali del Valo' XD grazieee^^ sì diciamo che il fondo di verità è la parte più delirante e folle della storia XD

sisko: Kiitos ^^ non potrei dirti altro, visto che sono due giorni che sopporti i miei sfoghi lacrimosi su msn XD aspetto con ansia l'Helldone (anzi no, anche senza biglietti dell'Helldone io parto lo stesso)...diciamo che aspetto con ansia di fare il prossimo biglietto aereo!

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Capitolo 5
*** 4. ***


Nuova pagina 1

4.

“Mentre tu ti riprendi un attimo, ci prepariamo per uscire! Andiamo al Loose, stasera? Abbiamo sentito Nikki, ci sarà anche lei!” disse Sara.

Nikki era l’amica finlandese di Sara, uno dei motivi per cui lei e Vanessa avevano acconsentito ad accompagnarmi in un viaggio che, ero sicura, ai loro occhi era vera e propria follia.

“Magari incontri di nuovo il Valo!” ridacchiò Vanessa.

“Sì, così è la volta buona che muoio sul serio!” sorrisi.

Ero già più che felice così, avevo parlato con il mio idolo, con colui che consideravo l’Uomo Perfetto sotto ogni punto di vista. Non mi aspettavo niente di più di questo.

Ma mi sbagliavo.

Eravamo sedute ad un tavolino appartato, intente a chiacchierare con Nikki dei posti che valeva la pena vedere ad Helsinki, e me ne stavo sprofondata nel divano più comodo del mondo ad ascoltare i Black Sabbath (ah, quanto amavo la Finlandia!) con una tazza di caffè in mano quando la vidi sbracciarsi in direzione della porta.

“Villeee!” urlò.

Il mio stomaco si attorcigliò e istintivamente guardai verso la porta, sicura che non avrebbe mai potuto essere quel Ville. In fondo era un nome molto comune, in Finlandia... D’accordo che, da quello che si diceva, era molto facile incontrarlo in giro per Helsinki, ma due volte nello stesso giorno era davvero incredibile, per me.

Sbattei le palpebre. Era davvero quel Ville. Espressione sorridente, jeans, felpa nera col cappuccio, la stessa che aveva al concerto di Berna... e l’immancabile cappellino viola. Con lui c’era Migè, motivo in più per essere sull’orlo dello svenimento. Mi sarei prostrata ai suoi piedi solo per ringraziarlo per tutte le volte in cui riusciva a far ridere il mio Unico Amore.

Stritolai la mano di Vanessa sotto il tavolo. “Ma... Nikki conosce Ville?” sussurrai.

Vanessa era sconvolta almeno quanto me. “A quanto pare sì... io non ne sapevo nulla, Viola” disse, come a volersi giustificare.

E mentre il mio cervello cercava in qualche modo di dare ai miei polmoni l’input di respirare, Ville si avvicinò al nostro tavolo.

“Ciao” salutò, sorridendo e posando lo sguardo su di me.

Non stava salutando Nikki....stava salutando me.

Ricambiai il saluto.

“Mi hai rubato il mio posto preferito” sorrise. Il sorriso di Ville... una delle cose per cui vale la pena vivere, visto a così poca distanza mi stava quasi uccidendo...

“Vi conoscete?” chiese Nikki, perplessa.

“Ci siamo incontrati oggi pomeriggio all’ Akaatemineen kirjakauppa” spiegò, senza smettere di sorridermi. Sentirgli dire quelle due parole nella sua lingua mi tolse per un attimo il fiato.

Annuii, incapace di dire anche una sola parola.

Passammo la serata tutti insieme, parlando di Helsinki, di musica, di film... e ogni volta che il mio sguardo incrociava quello di Ville, seduto accanto a me, uno dei due abbassava gli occhi.

“A cosa sono dovuti il mutismo e l’espressione ebete, Ville?” mi chiese Migè, una volta fuori dal locale. Ecco, ci stavamo di nuovo per imbarcare in uno dei soliti discorsi pseudo-filosofici...

“Tu la chiami ancora coincidenza, Migè?” chiesi, retorico, mentre camminavamo lungo Annankatu.

Mi guardò perplesso, alzando gli occhi al cielo, ma non disse nulla.

“L’ho sognata, la ritrovo al Gurten e non riesco a staccarle gli occhi di dosso, vado praticamente a sbatterle contro in libreria oggi pomeriggio e la incontro di nuovo stasera, in uno dei miei locali preferiti!”

“E’ una nostra fan, no? Ti pare che non sa che il Loose è uno dei tuoi locali preferiti?”

“Non era lì per quello...” affermai.

“Ma perché non puoi essere come la maggior parte degli uomini, eh?” ridacchiò “Viola ti piace? Portatela a letto e via! E’ pure una tua fan, figurati se ti dice di no! Ma nooo...tu e le tue assurde teorie paranormali sulle anime gemelle!”

“La fai facile, tu!” Sbuffai.

Non ero mai stato il tipo da storie di una notte...non da quando ero sobrio, almeno. E poi...e poi non era il sesso, quello che volevo. Volevo una persona da tenere per mano, una persona con cui parlare per ore fino a scoprire di essere fatti l’uno per l’altra...una persona con cui passare il resto della mia vita, che mi amasse davvero, che avesse la pazienza di sopportare anche i lati peggiori del mio carattere, senza tentare di cambiarli. E non sapevo nemmeno io il motivo, ma sentivo che quella persona poteva essere proprio lei, Viola.

E ovviamente non le avevo neanche chiesto il numero di telefono. Sorrisi immaginando la sua espressione ad una simile richiesta da parte mia: forse avrei rivisto quel sorriso che da un mese a questa parte non riuscivo a togliermi dalla mente... poi scossi la testa. Mi ero sempre rifiutato di uscire con una mia fan , e certo non avrei iniziato a 31 anni....forse. O forse il destino aveva già deciso per me, e non mi restava che seguirlo.

Il destino ha strane vie, si sa. E me ne resi conto il giorno seguente, mentre con le mie amiche ero intenta a curiosare in un negozietto di dischi accanto al Tavastia, facendo scorta di tutti i cd, introvabili in Italia, delle mie band preferite. Amavo la Finlandia ogni minuto di più!

E all’improvviso, mentre stavo decidendo quale cd dei Negative prendere, mi sentii chiamare. Una voce che, ormai, avrei riconosciuto ovunque, anche tra mille persone.

Mi voltai con estrema cautela, cercando di rimanere presente a me stessa chiunque mi fossi trovata davanti. ....Ma non ci riuscii proprio del tutto, visto che mi trovai davanti Ville.

“Ehm...ciao...” bisbigliai, sentendomi improvvisamente ridicola e inadeguata con addosso la mia maglietta con l’heartagram. Lezione numero uno: non indossare mai una maglietta con il simbolo della tua band preferita,quando sei nella città della suddetta band e hai già incontrato il frontman due volte in un giorno...

“Ci incontriamo di nuovo” sorrise.

Annuii. “Helsinki non è poi così grande...” sorrisi, in imbarazzo.

“Bella maglietta!... che significa quello strano simbolo?” mi chiese, ridacchiando con un’espressione buffissima.

Sorrisi. “Uhm...forse dovresti chiederlo a chi l’ha disegnato...” dissi maliziosa.

“A me piacerebbe sapere cosa significa per te...” disse, dolcemente.

“P---per me?”

In quel momento arrivarono Sara e Vanessa, che si bloccarono immediatamente a bocca aperta, ad osservare la buffa scenetta che si trovavano davanti: la loro amica scema, con Anorectic in una mano e War of Love nell’altra, che cercava di rimanere calma e di non svenire davanti a Ville Valo che le chiedeva cosa rappresentasse per lei l’heartagram.

Ville diede loro un’occhiata.

“Devi andare..?” disse.

No. Non ci penso nemmeno. Potrei anche mettere radici qui, se resti anche tu...

“Ehm...io...forse sì”. Maledetta boccaccia, perché non imparo a star zitta?

“Allora ci vediamo...” disse, facendo per salutarmi. Ma si bloccò quasi subito.

Migè aveva ragione, non potevo continuare ad intestardirmi su una cosa totalmente priva di senso. Viola mi piaceva, questo era chiaro.. o forse mi piaceva l’idea di lei. In ogni caso dovevo –volevo- darle una possibilità, anche se si trattava di una fan. Mi ero sempre rifiutato di uscire con una di loro, ma... Viola sembrava diversa. Era diversa...forse. Intanto non mi era saltata addosso appena si era accorta di avermi accanto, poi, cosa assolutamente non secondaria, l’avevo incontrata tra gli scaffali di una libreria, con un libro di Baudelaire in mano...beh no, quasi su un piede, a dir la verità. Terzo, non mi aveva chiesto una foto insieme, non aveva mai tentato di abbracciarmi, non si era comportata come una delle fan piattole che tanto detestavo. Era timida, a volte mi sembrava che invece di avvicinarsi a me, come avrebbe fatto qualsiasi altra ragazza, lei si allontanasse, come se volesse difendersi da qualcosa o come se avesse paura che il suo comportamento avrebbe potuto in qualche modo darmi fastidio...

E poi, c’era quel sogno, e c’era l’incontro dei nostri sguardi, a Berna. Gli occhi della ragazza del sogno erano i suoi, non avevo alcun dubbio, li avrei riconosciuti ovunque. Quindi dovevo darle...dovevo darci una possibilità, per evitare di passare il resto della mia vita ad immaginare come sarebbe stato.

Così, quasi senza pensarci, buttai là un vago invito.

“Ci sei già stata a Suomenlinna?”

I crossed the ocean

for a heart of gold

I've been in my mind,

it's such a fine line

That keeps me searching

for a heart of gold

And I'm getting old.

Neil Young- Heart of gold

Grazie a tutte per i commenti^^

Mossi: peccato che Ale non sia fortunata come Viola...non è bastato mezzo pomeriggio a vagare per l'Academic Bookstore XD grazie piccola Mossi e a presto...se msn si degna di funzionare!!!

Lithi: Angel impazzita? oddio, questa cosa mi ha fatto ricordare di una certa scena in un certo supermercato!! XDDDD

Sisko: in attesa della fuga e dell'appartamentino viola che condivideremo ad Helsinki, speriamo in dicembre u.u beh al w la marmellata di more aggiungerei anche w kahvi ja pulla!! XD

Glo: Graazie...ed eccoti accontentata!!XD

Queenrock: grazie^^ eeh sì anch'io speravo tanto di incontrare Ville ad Helsinki, purtroppo non è successo ma non mi arrendo XD

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Capitolo 6
*** 6. ***


Nuova pagina 1

5.

“Ci sei già stata a Suomenlinna?” chiese Ville, inaspettatamente.

Scossi la testa. Non capivo dove volesse arrivare....ma ovviamente non riuscii a chiederglielo. Mi limitai a guardarlo, perplessa.

“Io...beh, vorrei andarci oggi pomeriggio e ... se ti va di accompagnarmi, mi farebbe piacere” mi disse, lo sguardo basso.

Mi voltai, per accertarmi che stesse davvero parlando con me. Indubbiamente sì, non c’era nessuno alle mie spalle.

“Davvero?” chiesi, incredula.

Ville sorrise. “E’ una richiesta così strana?”

“Sì!” esclamai “Cioè... volevo dire...sì, vengo volentieri.”

Il sorriso di Ville si allargò. “Ci vediamo alle 15 al porto, allora” e mi salutò con una specie di inchino.

Mi imbambolai per una manciata di secondi a guardarlo allontanarsi...finchè Vanessa non mi passò una mano davanti agli occhi.

“Dammi un pizzico” mormorai, porgendole un braccio “ voglio essere certa che questo non sia uno scherzo della mia mente bacata!”

“Ti ha davvero chiesto di andare a Suomenlinna con lui?” ridacchiò Sara, incredula più di me.

Annuii.

Arrivai all’imbarco per Suomenlinna attraversando Kauppatori, con un libro in mano e le gambe che mi tremavano, ancora convinta, tuttavia, che tutto ciò non stesse accadendo davvero.

Ma tornai alla realtà quando vidi una figura vestita di nero appoggiata al parapetto, totalmente incurante del caos del mercato e dei turisti che affollavano la banchina.

Mi fermai in lontananza a guardarlo. Qualsiasi cosa sarebbe successa, volevo imprimermi quel momento nella memoria: Ville, in jeans, giacca nera e coppola sui capelli legati, stava fumando una sigaretta e guardando il mare, immerso nei suoi pensieri. Non riuscivo a credere che stesse davvero aspettando me.

“Ciao...” mormorai, avvicinandomi. Lui si voltò, regalandomi uno dei suoi luminosissimi sorrisi.

“Ehm...questo è per te!” dissi, porgendogli il libro che avevo comprato per lui quella mattina stessa, un’edizione speciale delle poesie di Poe. “Te l’avevo promesso...” sorrisi.

Si rigirò il libro tra le mani. “E’... è bellissimo! Dove l’hai trovato?”

Sorrisi. Avevo pensato a lui dal momento in cui avevo visto quel libro sullo scaffale...solo che non avrei mai immaginato di poterglielo regalare davvero.

“Nella piccola libreria antiquaria in Fredrinkikatu” sorrisi.

“Hagelstams” sorrise “Amo quella libreria, ma non avevo mai trovato quest’edizione di Poe...grazie”

Sorrise di nuovo, poi abbassò lo sguardo, sfogliando il libro “Manca qualcosa, però...” disse, indicandomi la prima pagina.

“Cosa?” chiesi.

“Io una dedica te l’ho fatta...” precisò.

“...e vicino alla mia poesia preferita!” ammisi.

Mi guardò dolcemente. “Ti piacciono Poe e Baudelaire...” non era una domanda, sembrava lo sapesse da sempre “E la tua poesia preferita è anche la mia...”

“Davvero?” chiesi, sorpresa.

Ripresi il libro che gli avevo appena dato e lo sfogliai, finchè non arrivai alla pagina che cercavo, dove scrissi poche parole con una calligrafia particolarmente tremolante, accanto a quella che, per me, era la poesia più bella contenuta in quel libro.

Alone

From childhood's hour I have not been

As others were; I have not seen

As others saw; I could not bring

My passions from a common spring.

From the same source I have not taken

My sorrow; I could not awaken

My heart to joy at the same tone;

And all I loved, I loved alone.

Then--in my childhood, in the dawn

Of a most stormy life--was drawn

From every depth of good and ill

The mystery which binds me still:

From the torrent, or the fountain,

From the red cliff of the mountain,

From the sun that round me rolled

In its autumn tint of gold,

From the lightning in the sky

As it passed me flying by,

From the thunder and the storm,

And the cloud that took the form

(When the rest of Heaven was blue)

Of a demon in my view.

Grazie. Per essere cio’ che sei, perche’ la tua musica mi ha reso cio’ che sono. Viola

Salimmo sul piccolo traghetto, in compagnia di pochi turisti.

“Andiamo su?” proposi. Volevo guardare il mare, una delle mie fissazioni. Ci sedemmo sul ponte all’aperto, e passai i 15 minuti del viaggio a guardare incantata alternativamente Ville e il paesaggio circostante. Forse Sara e Vanessa avevano ragione: ero davvero irrecuperabile...

Come out, come out wherever you are
So lost in your sea
Give in, give in for my touch
For my taste, for my lust .

Nightwish- Ever Dream

Grazie a tutte!!

Glo: no, non sarebbe affatto male!! quando finalmente riuscirò a trasferirmi lì, dovrò beccarlo, almeno una volta, si spera!!!

Sisko: eh sì, il Paradiso sarebbe prendere un caffè al Loose insieme al Valo *___* solo i muffinsi?? w anche i Berliinimunkki! XD

lithi: e le mortadelle, te le dimentichi? ahahah noi non siamo normali XD

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Capitolo 7
*** 6. ***


Nuova pagina 1

6.

“Allora...dove andiamo?” chiesi, appena scesi dal traghetto.

Ville ci pensò su per un attimo. “Direi di iniziare da un posto che penso potrebbe piacerti!” sorrise. Passammo davanti ad un grande edificio bianco, l’unica chiesa al mondo che era anche un faro.

“Ci fermiamo qui?” chiesi.

“Magari dopo... il posto che dico io è un po’ più lontano” spiegò.

Ci fermammo davanti ad una casetta in legno, proprio in riva al mare. Suomenlinna Lelumuseo , diceva il cartello.

“Significa museo dei giocattoli” sorrise Ville, davanti alla mia espressione perplessa.

Le si illuminarono gli occhi: sembrava una bambina in un negozio di caramelle. A quanto sembrava, avevo visto giusto. Iniziammo a camminare tra le vetrine, il pavimento di legno che scricchiolava leggermente sotto i nostri passi, mentre Viola guardava estasiata le case delle bambole, i peluche, i cavallucci a dondolo, i giocattoli di legno. Avevamo trovato un’altra passione in comune, a quanto sembrava.

“Ville, guarda qui!” mi chiamò, guardando incantata un enorme orso di peluche. “Non è stupendo?”

“Se vuoi puoi anche abbracciarlo, c’è scritto lì!” sorrisi. Viola non se lo fece ripetere due volte, e si accoccolò immediatamente tra le zampe dell’orso.

“E’ morbidissimo!” esclamò “Mi fai una foto?” chiese poi, porgendomi la sua macchinetta. Di nuovo era riuscita a sosprendermi. Non mi era mai capitato che una ragazza mi chiedesse di farle una foto, di solito era il contrario.

“Solo se mi fai un po’ di posto tra le braccia dell’orso” ridacchiai. Si spostò un po’, leggermente imbarazzata. E la foto la scattai ad entrambi, sorridenti tra le braccia di un enorme orso di peluche.

“Caffè?” chiesi, mentre uscivamo dal museo.

Annuii. Camminammo un po’, fino ad arrivare ad una casa gialla seminascosta tra gli alberi, un piccolo caffè dall’aria antica. Ci sedemmo ad un tavolino appartato, vicino alla finestra, sorseggiando i nostri caffè. Il paesaggio era bellissimo: una collina di un verde intenso, che digradava fino al mare e intorno a noi, solo il rumore delle onde e dei gabbiani.

“Credi nei sogni, Viola?” chiese Ville ad un tratto, mentre guardavamo entrambi fuori dalla finestra. Rimasi un attimo in silenzio. Non potevo non crederci, dal momento che stavo vivendo il mio.

“Credo...credo di sì...” mormorai “perché me lo chiedi?”

“Ora mi prenderai per pazzo” rise “No,anzi ...sei una mia fan, sai perfettamente che lo sono!”

“Non ho mai creduto che tu fossi pazzo” lo rassicurai, senza però riuscire a trattenermi dal ridere insieme a lui.

Alzò un sopracciglio. “Davvero?”

“Ho una mia teoria sulle cose apparentemente folli che dici!” sorrisi.

Mi guardò perplesso. “E quale sarebbe, questa teoria?”

“Prima devi spiegarmi perché ora dovrei prenderti per pazzo” ricordai.

“Giusto...” abbassò lo sguardo. “Viola, io....ti ho sognato”

“Eh?” Sbattei le palpebre. Ah, tutto qui? Se avessi dovuto considerarlo pazzo per avermi sognato una volta.... io cos’ero, visto che lo sognavo tutte le notti da circa un paio d’anni?

“No, credo di non essermi spiegato bene... io ti ho sognato un paio di mesi fa...senza averti mai vista prima. Poi ti ho vista al concerto a Berna e...poi qui...”

Spalancai gli occhi, e nemmeno a dirlo, il mio cuore andò a mille. Per un attimo fui tentata di provare a respirare in un sacchetto di carta, come fanno nei film, per vedere se il mio respiro sarebbe tornato regolare. Cercai tuttavia di mantenere sotto controllo le reazioni assurde del mio cervello....e del mio stomaco che si era di nuovo attorcigliato.

“A Berna, hai detto?” chiesi. La domanda che mi perseguitava da quella sera stava per avere risposta, forse. “Guardavi davvero me?” chiesi, quasi in un sussurro.

“Non riuscivo a staccare gli occhi da te, è diverso...e non so nemmeno io il perchè” sorrise, guardando in basso. La tipica espressione che mi faceva tremare la terra sotto i piedi ogni volta che la vedevo. E ora la stava rivolgendo a me.

“E...e cosa avresti sognato?” mormorai.

Incredibile a dirsi...Ville arrossì! “N...non credo che ti farebbe piacere saperlo”

Per tutta risposta, scoppiai a ridere.

“Siamo pari allora! Perché io non credo ti piacerebbe sapere i sogni che faccio io su di te!” dissi, arrossendo vistosamente. Perché quando sono nervosa parlo senza rendermi conto di ciò che dico?

Fece un sorrisetto compiaciuto, poi, accorgendosi del mio imbarazzo, cambiò discorso.

“Dunque, quale sarebbe la tua teoria sulla follia di Ville Valo?” mi chiese, con un’espressione buffissima.

“Vuoi davvero saperlo?” chiesi.

Ville annuì. “Mi piace sapere cosa pensano di me le fan!” rise. “Beh...alcune fan! Ad altre riesco a leggerlo in faccia, quello che pensano!”

Alzai gli occhi al cielo. In effetti sì, il pensiero principale era proprio quello.... anche se nel mio caso era un po’ diversa, la cosa. Non gliel’avrei mai detto, ovvio, ma a me Ville ispirava principalmente coccole. Era un po’ tipo l’orso di peluche, avrei passato una giornata intera ad abbracciarlo. Sorrisi. E meno male che era lui, il pazzo...

“Ok... io penso che Ville Valo sia folle solo quando qualcuno gli fa delle domande sgradite! Quando non vuoi mostrarti per quello che sei veramente, ti nascondi dietro risposte che possono sembrare totalmente assurde, prive di senso e...anche un pò irritanti, diciamolo pure!” dissi, uscendo dalla modalità pensieri strani.

Mi guardò improvviasamente negli occhi... e il mio cuore mancò un paio di battiti.

“Davvero pensi questo?” chiese.

“Sì...” mormorai.

“Comincio seriamente ad avere paura...” mormorò.

Dovevo chiederglielo, a questo punto. “Ho visto giusto?”

“Fin troppo!” ridacchiò “Questa cosa è inquietante! Prima sogno di baciarti, poi ti incontro e sembri conoscermi alla perfezione...”

Lo guardai perplessa, sbattendo le palpebre più volte, tanto che Ville non riuscì a nascondere un sorrisino imbarazzato. Ha sognato di baciare.... me?

Ecco, l’avevo detto, il danno ormai era fatto. Uscimmo dal caffè, e Viola camminava silenziosa accanto a me. Non so cosa avrei dato per sapere cosa le stava passando per la testa. Mentre camminavamo vicino a quelle che lei aveva definito ‘le case degli Hobbit’, ci sorprese un temporale... uno dei tipici acquazzoni estivi, tanto frequenti in Finlandia. Istintivamente presi Viola per mano e corremmo a ripararci sotto un arco di pietra.

“Temo che dovremo stare qui per un po’” le dissi. “Quando inizia a piovere così, non si sa mai quanto può durare”

Alzò le spalle. “Non importa, a me piace la pioggia”.

“Anche a me... quando sono a casa, all’asciutto, con un libro in mano e un bel cd in sottofondo” sorrisi.

Viola rabbrividì.

“Hai freddo?” chiesi.

“Un po’... ancora non ho capito come devo vestirmi, qui!” sorrise.

“Ti abituerai in fretta, vedrai!” sorrisi. Ma mi resi presto conto che Viola non doveva abituarsi...era qui in vacanza. Non sarebbe rimasta ad Helsinki, sarebbe tornata a casa sua, in Italia, al caldo. E tutto sarebbe rimasto solo un sogno. Sospirai. La conoscevo da così poco, eppure... perchè mi faceva così male, l’idea di vederla andare via?

“Vieni qua, ti presto un pezzetto della mia giacca!” sorrise. Era diventato improvvisamente pensieroso, ma non ne capii il motivo. Mi accoccolai accanto a lui, che subito mi avvolse braccia e giacca intorno.

“Meglio?”

Annuii, sperando che non si accorgesse di quanto batteva forte il mio cuore.

Solo un esperimento, nient’ altro: la mia teoria, contro quella di Migè....o almeno questa fu la giustificazione che diedi a me stesso quando tentai di baciarla. Avvicinai il mio viso al suo.... e lei si allontanò.

“N---no, Ville...non farlo” mormorò, confusa.

“Scusa... io...” cercai di giustificarmi. Io non devo dar retta agli amici idioti, ecco cosa!

“No, scusa tu ma...” sorrise, abbassando lo sguardo “Non voglio che vada così, Ville...”

La guardai, con un’espressione interrogativa che la fece sorridere di nuovo.

“Magari tra poco mi troverai a sbattere la testa contro il muro per questo ma…se mai deciderò di baciarti, sarà perché voglio baciare Ville...solo Ville, non il cantante della mia band preferita…”

Rimasi di nuovo piacevolmente sorpreso: Ville 10-Migè 0. Vittoria schiacciante.

Avevo visto giusto... di nuovo.

Sorrisi. “Vorrà dire che dovrò tenerti d’occhio, e far sì che tu non distrugga il muro a testate! Cosa direbbero i finlandesi? E’ sopravvissuta ai russi, non può certo essere distrutta dalle testate di una ragazza italiana che ha appena rifiutato un bacio di Ville Valo!”

Scoppiammo a ridere entrambi.

Nel frattempo, aveva anche smesso di piovere. Le presi la mano e continuammo a camminare così, le nostre dita intrecciate. Dopo tanto, troppo tempo, mi sentivo a mio agio tenendo qualcuno per mano.

It is the summer of my smiles

flee from me Keepers of the Gloom.
Speak to me only with your eyes

It is to you I give this tune.
Ain't so hard to recognize

These things are clear to all from
time to time.

Led Zeppelin- The rain song

Lithi: grazie, come sempre!!^^ questo capitolo l'hai già letto e...sì lo so, Viola è polla XD

Glo:ecco l'aggiornamento!! in realtà è pronto da una vita, ma la pigrizia ha vintoXD

Sisko: sì beh ormai c'è poco da dire XD Ti dirò comunque che preferisco il Valo ai berliinimunkki ahahaha

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Capitolo 8
*** 7. ***


Nuova pagina 1

7.

Da quel giorno a Suomenlinna, Ville diventò qualcosa di molto simile alla mia guida turistica personale ad Helsinki. Mentre Sara e Vanessa ormai si erano rassegnate all’evidenza di dover girovagare per la città da sole, io e Ville passavamo i pomeriggi a passeggiare per parchi, musei e gallerie d’arte.

Quel pomeriggio lo avevo praticamente costretto ad accompagnarmi al museo del design, e mi aggiravo per le sale quando mi imbambolai a fissare una foto. Una SUA foto, per l’esattezza. Era la perfezione assoluta: i capelli legati, quegli occhi così verdi e profondi che guardavano lontano. Distolsi lo sguardo, per quanto possibile: da un lato avevo lui, dall’altra uno schermo che proiettava un video.

“Non provare a guardare quel video, non ci pensare nemmeno!” esclamò. Lo guardai perplessa. Quel video era lo stesso su cui mi ero incantata centinaia di volte, quello in cui faceva lo scemo con la bottiglietta di Plup.

“Perché non dovrei guardarlo?” chiesi, smarrita. L’unica motivazione logica che mi veniva in mente era quella di evitare figure penose, ma ormai mi ero quasi abituata ad averlo davanti in carne ed ossa... e lui non sembrava preoccuparsi delle faccine ebeti che facevo a volte guardandolo.

“E’ orrendo, io non capisco perché la gente si ostini a farmi comparire nei video quando sono inguardabile”

Inguardabile? Santo cielo, ma quest’uomo ce l’ha uno specchio, a casa?

“Inguardabile...” ripetei, alzando un sopracciglio.

“Odio rivedermi nei video, quando sorrido quei denti larghi sono orribili”

Sbattei le palpebre. La risposta era evidente: no, non aveva uno specchio. E non si rendeva conto che il suo sorriso poteva avere effetti devastanti sulle persone. Su di me, di sicuro.

“Ville, posso assicurarti che....” e mi ammutolii. No, avrei tenuto la boccaccia chiusa, stavolta. “Niente, lascia stare”.

Mi guardò perplesso, ma evidentemente la mia espressione non lasciava spazio ad altre domande.

Camminammo fino a tardi, l’ora di cena doveva essere passata da un pezzo.

Attraversammo a piedi il Kamppi, fermandoci a prendere una cioccolata calda e un korvapuusti in un piccolo bar sulla piazza.

“Stasera ceniamo in un posto speciale” disse, sorridendo. Salimmo sul tram, per poi scendere a Senaatintori. Ci sedemmo sulla scalinata, Ville dietro di me, un gradino più in alto. Era quasi buio: nel cielo, di un blu quasi irreale, cominciavano ad accendersi le prime stelle. All’orizzonte, verso il mare, le ultime nuvole del tramonto emanavano una luce rosata, che contrastava con le luci gialle della città. C’eravamo solo noi, sulla piazza, a parte qualche raro passante che si affrettava a tornare verso casa. Non avevo mai visto niente di così bello.

“Amo Helsinki a quest’ora” sussurrò “soprattutto d’inverno, dovresti vederla quando il cielo è limpido e quei palazzi lì davanti sono addobbati per Natale. Se non rischiassi il congelamento, sarei qui tutte le sere” ridacchiò.

Ville mi aveva passato un braccio attorno alla vita, facendomi appoggiare al suo petto.

“Devo ringraziarti, lo sai?” dissi, ad un certo punto, continuando a guardare incantata verso il porto, oltre i palazzi.

“Per cosa?” chiese.

“In effetti non immagini neanche per quante cose dovrei ringraziarti” sorrisi “Ma ora mi riferisco a una cosa in particolare: se non fosse stato per la tua musica, forse non avrei mai conosciuto Helsinki e.... è la prima volta che mi capita di sentirmi a casa in una città sconosciuta”.

“Davvero?” il suo sguardo si illuminò “Cosa ti piace di Helsinki?” chiese.

Sorrisi. “Tutto! Il colore del cielo, che non ha eguali in nessun altro posto del mondo, le foreste, gli scoiattoli che ti si arrampicano addosso, l’aria fredda e profumata...e adoro questa piazza, mi manca il fiato ogni volta che la vedo, arrivando dall’Esplanadi e mi incanto a guardare le cupole azzurre della Tuomiokirkko.”

Ville sorrise a sua volta, continuando a tenermi abbracciata. Gli brillavano gli occhi, come ogni volta in cui parlava della sua città. E ora capivo il perché: non era possibile non amarla. L’idea di dover lasciare Helsinki mi stringeva il cuore in una morsa. Perché, una volta trovata la mia vera casa, avrei dovuto lasciarla?

Ma non era ancora il momento di pensarci...una briciola di speranza di restare c’era.

I giorni passarono in fretta, e arrivò anche il momento del mio colloquio alla Helsinki International School.

Arrivai con largo anticipo, accompagnata da Vanessa e Sara, al penultimo giorno di permanenza in Finlandia. Era il giorno della verità: questo colloquio mi avrebbe detto se sarei rimasta o se sarei tornata subito nel mio squallido mondo italiano. Non riuscivo a non pensare al biglietto aereo che tenevo nella borsa: sperai di doverlo usare il più tardi possibile.

“Il tuo curriculum è ottimo, Viola” mi disse la direttrice dell’istituto. “Non voglio illuderti... c’è un posto vacante, ma è solo per un mese. Non posso assicurarti che dopo questo mese continuerai a lavorare, però...”

Annuii. Un mese ad Helsinki, sempre meglio di niente. “Va bene” dissi.

“Allora?” chiesero in coro le mie amiche, anche se il sorriso che avevo stampato in viso lasciava pochi dubbi sull’esito del colloquio.

“Un mese... mi hanno assunta per un mese!” esclamai, iniziando quasi a saltellare.

“Ville, ma si può sapere a che diavolo pensi, oggi?” chiese Linde.

Stavamo provando una nuova canzone e...dovevo essermi distratto di nuovo. Guardavo ogni due secondi il display del cellulare, aspettando notizie da Viola.

“Lascialo perdere, Linssi... il nostro Don Vittu si è innamorato!” mi prese in giro Migè.

Innamorato? Beh, forse sì... quando una persona ti crea totale dipendenza, forse sei innamorato. E io non potevo pensare di dover fare a meno di Viola, delle giornate passate insieme e degli sguardi sognanti che rivolgeva a tutto ciò che la circondava. Finalmente il cellulare suonò e risposi tra le risatine dei ragazzi. Forse era il caso di uscire...

“Hei! Allora?” chiesi, cercando di non far trasparire la preoccupazione.

“Pensi di riuscire a sopportare la mia presenza ad Helsinki ancora per un mese?” disse Viola, ridendo.

Cosa? Solo per un mese? Così poco?

“Un mese? Uhm.... a pensarci bene, non so se ce la farò a sopportarti” scherzai.

“Va bene, vorrà dire che mi troverò un’altra guida turistica!” ridacchiò.

“Mi dispiace ma...pare che io sia l’unico in grado di sopportare le faccine che fai quando ti incanti a guardare qualcosa!” sorrisi. Sopportare? No, forse adorare sarebbe stato un termine più adatto...

“Ha parlato l’uomo dalle mille facce buffe!” rispose, ridendo.

Un mese. Sarebbero bastati trenta giorni per farla innamorare di me e convincerla a restare?

Upon the wings of a dream
she rides
close she comes to me
fills me with light
Serpent Ride -HIM
 
Eccomi qua!!! Ho aperto efp tutta felice, pronta a postare l'ottavo capitolo e mi sono resa conto che...ops, 
mancava il 7!! XD
Questa storia sta diventando sempre di più una dichiarazione d'amore per Helsinki, perdonatemiH !!! E come sempre 
grazie di leggere i miei deliri^^
 
Lithi: prima o poi dovrà rendersi conto di quanto è tonna...si spera XD
Sisko: oddeo il Valo che fa la spesa ...parte il flash mentale!! *____* 
Glo: sìsì ci vuole proprio taanto coraggio per rifiutare cotanto Dio Finnico XD 

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Capitolo 9
*** 8. ***


Nuova pagina 1

8.

Quel mese passò in un lampo, facendomi innamorare di Helsinki ogni giorno di più. Avevo trovato un piccolo appartamento vicino al mare, a Katajanokka, e passavo le mie giornate tra il lavoro, il corso di finlandese...e Ville, la persona che avevo sempre considerato un sogno irraggiungibile. Tutta la mia timidezza iniziale nei suoi confronti svanì, sostituita da un’empatia assoluta. Parlavamo di qualunque cosa, ridevamo come scemi scherzando sulle cose più assurde... era come se ci conoscessimo da sempre, ed ora non rischiavo più di svenire ad ogni parola che pronunciava, anche se sentire la sua voce mi provocava sempre dei piacevolissimi brividi lungo la schiena.

Ma quel mese, come tutte le cose belle, passò troppo in fretta.

“Viola, mi dispiace che tu te ne vada” mi disse la direttrice della scuola, l’ultimo giorno di lavoro.

“Anche a me...” e non era affatto una frase di circostanza. Uscii dall’istituto con le lacrime agli occhi, e dato che le disgrazie non arrivano mai da sole, trovai sul cellulare una chiamata dei miei. Puntuali come un orologio svizzero... volevano sapere quando sarei tornata a casa, avrei potuto scommetterci.

Sospirai, mi feci coraggio e richiamai.

No, per una volta mi ero sbagliata...era peggio di quello che avevo previsto. Dopo buoni dieci minuti passati a sentirmi dire quanto ero buona a nulla e quanto fossero contenti che non mi avessero riconfermato almeno così sarei tornata a casa, ecco la stoccata finale.

“Ti ho preso appuntamento per dopodomani con un mio amico che ha bisogno di una segretaria allo studio”.

Non riuscii nemmeno a replicare. I miei non avrebbero mai perso il vizio di interferire nella mia vita... a meno che per una volta non avessi tirato fuori tutta la mia scarsa forza...

L’arrivo di un messaggio sul cellulare mi distolse momentaneamente dai miei pensieri. Era Ville.

Pizza e film da me, stasera? Ti aspetto V.

Tirai fuori dalla borsa il biglietto aereo. Lo guardai per qualche secondo, seduta sulla panchina alla fermata del 4 che mi avrebbe portato a casa di Ville. Era lì da un mese, lo portavo con me ogni giorno, per scaramanzia. Speravo di doverlo usare solo al momento di tornare dai miei a prendere tutte le mie cose e portarle a casa mia, ad Helsinki....invece il sogno era davvero finito. Restavano solo le valigie da fare, e la cosa più difficile: salutare Ville.

Tirava un vento gelido, non sembrava neanche ottobre, e a guardare il cielo sembrava dovesse iniziare a nevicare da un momento all’altro.

Le luci alla torre erano spente. Suonai il campanello ma non vi fu nessuna risposta. Dove sarà finito? Pensai. Mi appoggiai distrattamente alla porta, trovandola aperta. Non riuscii a capire il motivo, ma un brivido mi attraversò la spina dorsale. “Ville..?” chiamai. Di nuovo nessuna risposta, così mi decisi ad entrare, sempre più preoccupata.

“Ville ?” urlai più forte, mentre ormai salivo le scale a due a due nell’oscurità della torre, finchè non arrivai davanti alla porta socchiusa della sua camera.

“Ville, sei qui?” dissi, cercando di nascondere il tremolio nella mia voce.

“Vattene, Viola” mi rispose, con una voce che riconobbi a stento come la sua.

“Cosa? Perché?” chiesi, smarrita. “Cosa sta succedendo?”

“Ti ho detto vattene!” urlò.

Forse cominciavo a capire cosa stava succedendo.

“No, io non me ne vado...” dissi dolcemente, cercando di avvicinarmi a lui nell’oscurità a cui i miei occhi si erano ormai quasi abituati.

“Io...io non voglio che tu mi veda in questo stato, vai via” il suo tono, prima furioso, ora era ormai rassegnato, quasi lamentoso.

Mi sedetti sul letto, accanto a lui, la mia mano che cercava la sua.

“Va tutto bene, Ville, non ti preoccupare” dissi, a voce bassissima.

“Ma cosa ne sai tu, eh? Cosa ne sai di come mi sento io?” ecco di nuovo il tono furioso.

Un attacco di panico. Potevo riconoscerlo chiaramente, visto che anch’io, fino a poco tempo prima...

“Lo so più di quanto credi...” sospirai, allungando una mano verso di lui, a sfiorare la sua guancia umida di lacrime.

“Io...io non ce la faccio..”

“Ville...” mormorai. Stavo male, stavo malissimo a vederlo così. Istintivamente mi sdraiai accanto a lui e lo abbracciai “Stai tranquillo...”

Si strinse forte a me, come se avesse paura che potessi fuggire da un momento all’altro.

“Resta qui...” mormorò a pochi centimetri dal mio orecchio, facendomi rabbrividire.

“Sono qui...non me ne vado, promesso...cerca di dormire, ora” mormorai, dandogli un leggero bacio sulla fronte e accarezzandogli i capelli finchè non si addormentò, senza però sciogliere l’abbraccio.

Non dormii molto, quella notte. Mi appisolai per qualche ora solo quando sentii il respiro di Ville farsi regolare e rilassato. Però, passare quella notte accanto a lui, guardandolo dormire accanto a me, così tenero e indifeso, così diverso dall’idea che mi ero fatta di lui, cambiò tutto...

Aprii gli occhi con i primi raggi di sole che filtravano dalla finestra e il cinguettio degli uccelli. Ville era ancora addormentato accanto a me, un braccio a cingermi la vita, la bocca leggermente aperta, un’espressione innocente e serena sul viso incorniciato dai riccioli castani. Quante volte avevo sognato di passare le dita tra i suoi capelli? Restai immobile a guardarlo dormire, accarezzandogli leggermente una guancia con le punte delle dita, come avevo fatto la sera prima.

“Che succede se mi innamoro di te, Ville? Mi spezzerai il cuore?” sussurrai a me stessa, sicura che non potesse sentirmi.

Dopo poco aprì gli occhi, regalandomi un dolcissimo sorriso appena il suo sguardo incrociò il mio.

“Buongiorno...” mormorai, sperando che non avesse sentito la mia domanda silenziosa. “Come ti senti?”

“Meglio...” sorrise. “Avevo paura che te ne fossi andata...”

Scossi la testa. “Pensi davvero che ti avrei lasciato qui da solo, in quello stato?”

Mi guardò con un’espressione indecifrabile “ci sono state persone che non si sono mai fatte problemi a farlo...” sospirò.

Appoggiai la testa sul suo petto. Potevo promettergli che sarei rimasta con lui, sapendo di dover lasciare Helsinki il giorno stesso?

“Grazie” mormorò, avvolgendo le braccia attorno a me e dandomi un leggero bacio sulla fronte. “Dormi un po’, stanotte non avrai chiuso occhio..”

Certo...come se fosse facile dormire tra le sue braccia...

Can you still see the heart of me?
All my agony fades away
when you hold me in your embrace

Don't tear me down for all I need
Make my heart a better place
Give me something I can believe
Don't tear me down
You've opened the door now, don't let it close

Within Temptation – All I need

Eccomi qua, tutta felice e con il biglietto dell'Helldone !!! *____* Grazie grazie a chi continua a leggere le mie assurdità himmiche XD

Sisko: ma questo E' un delirio, non ci sono altri modi di definirlo! E per quanto riguarda Bam, come dire...usa il 'metodo innovativo' per spedirlo ben lontano, grazie XD

Lithi: no no di Tonna ne basta una (e avanza anche XD)

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Capitolo 10
*** 9. ***


Nuova pagina 1

9.

Dovevo dirglielo. Non potevo più aspettare. Eravamo in cucina, entrambi ad occhi bassi a fissare le nostre tazze di caffè, una strana tensione nell’aria.

“Hai deciso di partire, vero?” disse.

Annuii. Era impossibile mentirgli: era come se i suoi occhi mi leggessero dentro, come se, in qualche strano modo che non riuscivo a comprendere, riuscisse a capire ogni mio sentimento, ogni cosa che mi passava per la mente.

“I miei...hanno chiamato e...” sospirai. E vogliono che io torni a casa, che sia la persona che non sarò mai.

“E vogliono che tu torni a casa....Sei davvero sicura che sia la scelta giusta?” chiese.

No, non lo ero affatto....ma ciò che volevo io, ancora una volta era stato offuscato da ciò che qualcun altro si aspettava da me.

Abbassai lo sguardo, tentando di nascondere le mille emozioni che si affollavano nei miei pensieri.

“Io...non posso fare altrimenti, Ville! Hanno ragione i miei, devo decidermi a crescere, a smetterla di credere nei sogni impossibili! So bene quello che perdo, non tornando in Italia, ma so anche che ho bisogno di un lavoro, di stabilità....di un valido motivo per restare ad Helsinki!”

Mi guardò per un attimo lunghissimo.

“No, non lo sai quello che perdi.” Disse, freddo. “Non lo sai perché hai paura di scoprire che quello che hai sempre cercato, senza mai trovarlo, è qui. Quale sarebbe il valido motivo per tornare in Italia? Quello di essere infelice per far felici i tuoi?”

Restai in silenzio. Aveva ragione. Tutte le mie paranoie, le mie inquietudini, le mie incertezze...erano improvvisamente sparite, da quando ero ad Helsinki... e da quando nella mia vita c’era lui, con il suo ruolo ancora non ben definito.

E prima che potessi ribattere, del tutto inaspettatamente Ville avvicinò il suo viso al mio, sfiorandomi le labbra con un bacio dolcissimo. Non tentai nemmeno di allontanarmi, stavolta. Era stato più rapido di qualsiasi mia reazione...o almeno questa era la scusa che inventai a totale beneficio di me stessa, per cercare di non pensare al fatto che per tutta la mia vita non avevo sognato altro che quel bacio.

Questo potrebbe essere un motivo per restare. Sta a te decidere se considerarlo valido o no.” Sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra, lasciandomi imbambolata e con uno sciame di farfalle che danzava nel mio stomaco.

“Io...io devo andare.” Mormorai, del tutto sconvolta “Ci sentiamo dopo, ok?”

Uscii da casa sua alla velocità della luce, come una perfetta cretina. Scappare era la cosa che mi era sempre riuscita meglio. Non mi seguì. Non aveva bisogno di altre parole per capire che avevo bisogno di stare sola e pensare.

Corsi via fino a svoltare l’angolo, e arrivata nel mio parco preferito mi lasciai cadere su una panchina. Sulla nostra panchina, quella sotto l’albero, sulla quale avevamo passato pomeriggi interi a chiacchierare e a leggere, con in mano una tazza di caffè bollente. Rimasi lì a lungo, ad occhi chiusi, nonostante il freddo e nonostante il parco fosse deserto. Avevo davanti la decisione più difficile della mia vita: restare ad Helsinki ad inseguire un sogno o tornare a vivere una realtà insignificante in un posto che mai ho considerato casa?

Aprii gli occhi, e mi resi conto di quanto mi sentivo a mio agio in quel piccolo parco, nascosto in uno dei quartieri più belli di Helsinki. Ogni cellula del mio corpo apparteneva a quel posto, per quanto cercassi di non pensarci, di far finta di niente. E mi chiesi se mi sarei mai abituata al colore di quel cielo, che mi toglieva il fiato ogni volta che alzavo gli occhi. Cominciavo a capire perché i finlandesi avessero tutti dei bellissimi occhi: quando per generazioni non fai altro che guardare il cielo, i tuoi occhi, per adeguarsi a tanta bellezza, devono necessariamente rubargli un po’ del suo colore, mischiandolo con quello delle foreste e dei prati...

All’improvviso iniziò a suonare il mio cellulare. Migè?

“Ciao Viola! hai....ehm, notizie di Ville?” chiese, preoccupato.

“Sì... sono appena uscita da casa sua. Perché?” chiesi, cercando di far uscire una voce normale.

“Ero preoccupato, ha il cellulare staccato da ieri sera” rimase un attimo in silenzio “Hai detto che sei appena uscita da casa sua?”

Sì, immagino che effettivamente potesse sembrare strano, alle 10 del mattino...

“Non è come pensi, Migè!” puntualizzai. O meglio.... avrebbe potuto essere ciò che pensi, se non fossi una perfetta, romantica idiota.

“Peccato...” borbottò. “Ehm, senti Viola... già che ci sei, dovrei parlarti di una cosa! Ci vediamo al Loose tra mezz’ora, ti va?”

Cosa stava succedendo?

“Ok... prendo un taxi e arrivo, ci vediamo tra mezz’ora”

“Di nuovo gli attacchi di panico” sospirò Migè, dopo aver ascoltato il mio racconto. “Ne ha sofferto dopo la fine della storia con Jonna e ogni tanto ne soffre ancora, quando è sotto stress o è dispiaciuto per qualcosa”

Un brivido mi attraversò la spina dorsale. Era colpa mia? Era stata l’idea della mia partenza a.... ?

“Non lasciarlo” mi disse, a un certo punto. “E’ tornato il vecchio Ville, ultimamente, è tornata quella luce che aveva negli occhi prima che Jonna lo riducesse l’ombra di sé stesso, ed è tornata da quando... sì, beh, dovresti saperlo! Resta con lui.”

“Io... io non posso restare, Migè...non ora” dissi, con la morte nel cuore “Non escludo di tornare, un giorno ma... il mio aereo parte alle cinque”.

Me ne stavo andando. Via dalla città che amavo, via dall’uomo che amavo. Non lo avevo neanche salutato, da brava vigliacca...per non fargli ancora più male o per non farne di più a me.

Il taxi percorreva velocemente le vie di Helsinki.... troppo velocemente. Non ero pronta ad andarmene, proprio no. Stavamo attraversando Vallila quando presi la decisione che mi avrebbe cambiato la vita. E improvvisamente capii quello che stavo cercando di nascondere anche a me stessa. Non sarei mai riuscita a lasciare né Ville nè Helsinki, perché amavo entrambi, un amore così grande che non avrei proprio potuto ignorarlo. Se me ne fossi andata, forse non sarebbe bastata un’intera vita per rimpiangerlo.

“No, aspetti un secondo!”

Il tassista mi guardò dallo specchietto, perplesso.

“Ho cambiato idea, può portarmi a Munkkiniemi, per favore?”

Quando il taxi cambiò direzione, mi sentii sollevata. Ora sì, ora stavo andando davvero a casa.

OST: Farewell - Apocalyptica

Sisko: come sempre grazie dei commenti *__* e sì... quella frase decisamente aumenta la psicolabilità XD

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Capitolo 11
*** 10. ***


10.

Il taxi mi lasciò davanti al “mio” parco. Decisi di non dargli l’indirizzo preciso, non volevo mettere in difficoltà Ville. Un solo passo falso e sicuramente qualche giornale scandalistico ci sarebbe andato a nozze. Percorsi quella via ormai familiare, fiancheggiata da alberi e case di mattoni rossi ricoperte d’edera e, trascinandomi dietro le valigie, salii le scale che portavano alla torre.

“Ciao” dissi, imbarazzata, appena Ville aprì la porta. Aveva le occhiaie, l’aria stanca. Mi si strinse il cuore: non volevo vederlo così, mai più.

Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a dimenticare il suo sapore, la bellissima sensazione delle sue labbra, così morbide e dolci sulle mie. E non riuscivo a distogliere il mio sguardo dal suo. Come avevo anche solo potuto pensare di andarmene?

“Ciao” rispose, sorridendo davanti alla mia espressione imbarazzata. “Sei gelata” disse, sfiorandomi appena la mano.

Non dissi nulla, aspettando che chiudesse la porta alle nostre spalle.

“Scusa per prima, io.... “

“Lo so... ”

Non gli diedi il tempo di dire altro. Mi gettai tra le sue braccia, come avrei voluto fare da tanto, troppo tempo. Mi strinse a sé, e restammo abbracciati per un po’, senza dire nulla.

“E’ troppo facile....” disse con un sorriso appena accennato, abbassando lo sguardo proprio mentre io alzavo il mio per guardarlo.

“Cosa?” chiesi.

“..tenerti tra le braccia” concluse, sorridendo. “E’ la cosa più naturale del mondo, è come se tu fossi nata per stare qui”.

Era vero. Non mi ero mai sentita tanto a mio agio come in quel momento, tra le sue braccia.

Provai a dire qualcosa, ma fu completamente inutile. La mia voce, semplicemente, si rifiutò di uscire. E capii che aveva ragione: appartenevo a quelle braccia, a quella città. Avevo trovato un posto da chiamare casa.

E ora, Ville non era il mio cantante preferito, non era la persona irraggiungibile con cui per anni avevo tappezzato le pareti della mia stanza. Era reale, in carne ed ossa... e io lo amavo. Amavo Ville, con tutti i suoi difetti, non ciò che aveva rappresentato per me prima di arrivare ad Helsinki.

Stavolta fui io a cercare le sue labbra. E in quel bacio, c’era tutto: dolcezza, amore, desiderio. C’erano due anni di sogni assurdi che incredibilmente e contro ogni logica erano diventati realtà. C’eravamo io e Ville, con tutti gli errori fatti e le sofferenze patite che, una dopo l’altra, ci avevano condotto inesorabilmente uno tra le braccia dell’altra, pezzi di uno stesso puzzle separati troppo a lungo.

Restammo abbracciati, senza dir niente, una mano di Ville ad accarezzarmi i capelli.

“Posso chiederti una cosa molto, molto stupida?” chiesi.

Mi guardò con aria interrogativa “Dimmi...”

“ E’ stato come.... come l’avevi sognato?”

“No” rispose, serio, per poi sorridermi dolcemente “E’ stato molto meglio. A volte la realtà può essere migliore di un sogno, non credi?” disse, sfiorandomi delicatamente una guancia con la punta del naso.

Questa realtà supera ogni sogno” ammisi.

 

Accoccolata tra le sue braccia su quel divano bianco, il mio sguardo vagò per il salotto, fino a posarsi sulla finestra. Stava nevicando.  Mi sciolsi, anche se a malincuore, dal suo abbraccio e corsi davanti alla finestra, appoggiando i palmi delle mani al vetro freddo, come una bambina.

“La....la neve!” esclamai, cercando lo sguardo di Ville.

“Non hai mai visto la neve?” sogghignò lui, alle mie spalle.

“Non così tanta tutta insieme!” sorrisi, voltandomi verso di lui. “Dalle mie parti non nevica mai... e sarà impossibile raggiungere l’aereoporto, se continua a nevicare...” mormorai, sorridendo e sbirciando la sua reazione. La decisione era presa, ormai. Al diavolo l’aereo. Sarei rimasta con lui, ad Helsinki, anche a costo di pulire i bagni del Kamppi per guadagnarmi da vivere.

Ville abbassò lo sguardo. “Il tuo aereo non partirà... o almeno...tu non partirai con lui” ridacchiò.

“Davvero?” sorrisi.

“Posso assicurarti che, a costo di attaccarmi alla coda dell’aereo, tu non ti muoverai di qui” sorrise, abbassando gli occhi.

Tornai a guardare fuori dalla finestra, il manto bianco che ricopriva le foglie cadute di un autunno finlandese troppo freddo, ma incantevole.

“E’ bellissimo...” mormorai. E quella sensazione che avevo avuto appena messo piede ad Helsinki, era più forte che mai. Sebbene qualche strano scherzo del destino mi aveva fatta nascere nel posto sbagliato, ora avevo finalmente trovato il mio posto nel mondo. E quella nevicata ad ottobre non era altro che un nuovo scherzo del destino, un modo per farmi restare, per restituirmi a quello che da sempre era stato il mio posto, accanto alla persona che da sempre era stata destinata a me...   

Ville si avvicinò ancora di più, strinse le braccia attorno alla mia vita.

“Ma se pensi ancora di non avere sufficienti buoni motivi per restare...” mi sussurrò all’orecchio, sorridendo.

Guardai di nuovo la neve, fuori, poi mi voltai verso di lui, perdendomi nei suoi occhi.

“Ho il migliore dei validi motivi che in questo momento mi sta attaccato tipo piovra” sorrisi, e lo baciai dolcemente.

Voglio credere davvero  nei sogni, per una volta....

 

I'm for you - and I'm dying for your love

I'm for you - and my heaven is wherever you are

For You – HIM

Ebbene sì, a volte tornano ad aggiornare!! XD

Sisko:  vabbè ormai gli scleri sono all'ordine del giorno! Come faremmo senza?XD  (-23 waaaaaaa *___*)
Nipotina: eeh direi che come motivo è proprio perfetto!! Ma quali complessiiiii!!! Me aspetta con ansia che tu scriva qualcosina!!
Mossi:  capitoli mandati U.U meglio tardi che mai, Ale si inginocchia sui ceci per la dimenticanza XD
Lost lady: grazieee *____*  spero che tu sia riuscita ad organizzare per l'Helldone!!

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Epilogo

Helsinki, 22 novembre 2008

“Uffa Ville, fa freddo! Ma quanto ci metti a cercare le chiavi?”

Viola saltellava sul posto, accanto a me, la sua mano come sempre nella mia e sul viso il sorriso che amavo.

Ero andato a prenderla, come tutti i pomeriggi, davanti al Museo di Storia Naturale dove ormai lavorava a tempo pieno. Quando la direttrice della scuola aveva saputo che sarebbe rimasta, aveva fatto di tutto per trovarle un posto....non ero l’unico a volere che restasse. La prima a sceglierla era stata Helsinki... era stato amore a prima vista, imprinting, come lo definiva Viola. Si erano conosciute e amate dal primo istante. E la mia città non tradisce, se ama qualcuno lo fa per sempre. Viola era destinata ad Helsinki...e a me, fin dal primo momento.

Quello che però Viola non si aspettava, era la sorpresa che le avrei fatto di lì a poco.

Era tutto come doveva essere. Era il mio compleanno, era autunno, inoltrato ma pur sempre autunno, c’erano le foglie che scricchiolavano sulle scale che arrivavano alla Torre, c’era la mia ragazza che mi teneva per mano e mi faceva sentire felice come non lo ero mai stato prima. Mancava solo una cosa, perché tutti i pezzi del puzzle tornassero davvero al loro posto.

Tirai fuori una chiave dalla tasca. Ma non era la mia solita chiave di casa, no. Era una chiave speciale. Aveva due V incise sopra, e come portachiavi un cuore e un fiocco viola. Le presi la mano e le  posai la chiave sul palmo, curioso della sua reazione.

Viola guardò la chiave, poi guardò me, smarrita.

“Ma cosa...?”

“Il mio autoregalo di compleanno” Alzai le spalle, facendole un sorrisetto malizioso. “Così la smetti di protestare se non trovo le chiavi di casa  nostra... ora le hai anche tu”

Spalancò la bocca a formare una piccola o ....adoravo l’espressione che le si dipingeva in faccia quando riuscivo a sorprenderla.

“Ma...ma....ma... casa...nostra?” 

Sorrisi di nuovo, scuotendo la testa. Stavamo insieme da quasi tre mesi e ancora mi faceva le faccine da pesce lesso quando facevo qualcosa che non si aspettava. Era irrecuperabile, ma la amavo anche per questo.

“Ti amo, mio piccolo pesciolino lesso” sussurrai, sorridendo, a un centimetro dalle sue labbra.

 

Se qualcuno mi avesse chiesto: che colore hanno i sogni? Di sicuro avrei risposto: lo stesso azzurro del cielo di Helsinki, quando le nuvole si specchiano nel mare prima di correre via trasportate dal vento artico. O i colori vivaci del porto e dell’Esplanadi in estate, quando le aiuole sono piene di fiori multicolori, o la Tuomiokirkko che si staglia candida contro un cielo nuvoloso, quando sta per arrivare un temporale. O il verde intenso delle foreste e dei prati intorno a Munkkiniemi. Quella a cui, però, non avrei saputo dare una risposta è la domanda: che suono ha un sogno?

Ora lo so, non può essere altrimenti. Un sogno ha il suono della voce di Ville, che mi sussurra dolcemente un “Ti amo”... 

 

So many nights I cried myself to sleep

Now that you love me, I love myself

I never thought I would say this

I never thought there'd be

You

Amy Lee - You

E anche questo delirio è finito (era ora XD) Grazie alla sisko, a Lithi e a chiunque abbia letto e commentato!!

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