Sarai per me il mio amore unico.

di Waterwall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Segreto. ***
Capitolo 3: *** Non esisterà << addio >> ***
Capitolo 4: *** Insonnia. ***
Capitolo 5: *** 14 luglio 1789 ***
Capitolo 6: *** Riapri gli occhi. ( Ricordati ) ***
Capitolo 7: *** Ritorno ad Arras. ***
Capitolo 8: *** La ricerca e la nuova vita (si ricomincia da due) ***
Capitolo 9: *** Alain: il seme più bello si raccoglie al volo ***
Capitolo 10: *** Quando si scrive delle donne bisogna intingere la penna nell'arcobaleno e asciugare la pagina con la polvere delle ali delle farfalle. ***
Capitolo 11: *** Paternità. ***
Capitolo 12: *** Bonnes personnes ***
Capitolo 13: *** Incontri vecchi e nuovi. ***
Capitolo 14: *** Litigi. ***
Capitolo 15: *** Chi l'ha detto che abbracciarsi fa male? ***
Capitolo 16: *** Non più sola. ***
Capitolo 17: *** Non eri calcolato. ***
Capitolo 18: *** Fiamme. ***
Capitolo 19: *** Cenere. ***
Capitolo 20: *** Progetti. ***
Capitolo 21: *** Preparativi. ***
Capitolo 22: *** Dream ***
Capitolo 23: *** Cold and Alcohol ***
Capitolo 24: *** Un joyeux Noël et anniversaire...pas si parfait. ***
Capitolo 25: *** La verità. ***
Capitolo 26: *** La Borbone. ***
Capitolo 27: *** Red. ***
Capitolo 28: *** Sorprese. ***
Capitolo 29: *** Notre Rêve. ***
Capitolo 30: *** Blanc et Noir. ***
Capitolo 31: *** Tourment. ***
Capitolo 32: *** Ancolie. ***
Capitolo 33: *** (I)(f). ***
Capitolo 34: *** Between perfection and destruction. ***
Capitolo 35: *** Happy Birthday. extra ***
Capitolo 36: *** Spring. ***
Capitolo 37: *** Coming to me. ***
Capitolo 38: *** From White With Love. ***
Capitolo 39: *** Blacks Swans. ***
Capitolo 40: *** Origins. ***
Capitolo 41: *** One day we will can be happy, right? ***
Capitolo 42: *** Under the masks. ***
Capitolo 43: *** Au-delà des Alpes. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Quella notte, finalmente, i loro sogni si avverarono.
Lì non c’erano più la comandante e il sottoposto, non c’erano più la nobile e l’attendente, no, c’erano semplicemente Oscar e Andrè.
Avevano appena passato una notte di fuoco e di ghiaccio, notte di stelle e meteore, notte d’un amore titano.
<< Andrè. >> lo chiamò Oscar con un sorriso, un sorriso così dolce che Andrè non aveva mai visto.
<< Sì? >> rispose lui con altrettanta dolcezza senza “ma” e senza menzogne.
Lei gli accarezzò i capelli << Ti amo. >>
Ad Andrè scese una lacrima, di quelle bollenti, era così meraviglioso sentirselo dire dalla persona che amava di più al mondo: sembrava un’utopia.
<< Anche io Oscar, con tutto il mio cuore. >>
Oscar sorrise e alzò lo sguardo e il suo volto venne illuminato da quell’infinità di stelle.
Quei riccioli d’oro ne erano diventati un tutt’uno con quelle code di fantastica meraviglia.
Andrè la guardò, lei stessa era una stelle, quella più luminosa di tutte, la più importante di tutte, la sua Stella Polare.
Oscar rimaneva lì al guardare il cielo con i suoi occhi pieni meraviglia; cominciarono a scivolarle lacrime dopo lacrime e a sorridere cercando di riempire i polmoni il più possibile di quella magia.
Andrè, ormai quasi del tutto cieco, fece per guardare le stelle ma, purtroppo, tutto ciò che riusciva a vedere erano delle semplici macchie di colore fatto di mistero.
<< Oscar- le disse guardandola- vorrei vivere come una stella. >> lei lo guardò interrogativa.
<< Sì, Oscar, non potrei mai finire di brillare e quindi di vederti, di vederti sorridere, di vederti felice. >>
Lei lo abbracciò: << Almeno non mi vedrai piena di rughe e nei tuoi ricordi sarò sempre giovane e bella. >>
<< Ma per me lo sarai sempre: sarai sempre la mia stella che illuminerà sempre il mio cammino. >>
A Oscar scese una lacrima e gli diede un bacio: << E’ il momento di andare, la rivoluzione è alle porte. >>
<< Hai ragione. >> Andrè però lo disse come se stesse prendendo una medicina amara, a quanto para non gli andava a genio , ma Oscar era il capitano e questo era il suo destino, l’unico momento quando si sentiva la scintilla nel buoio, la roccia che tiene sollevato tutto.
Partirono a cavallo: Oscar avanti Andrè, come sempre.
Oscar però aveva qualcosa di diverso, era più felice del solito:
Forse … forse non aspettavo altro. E forse c’è qualcosa in più di ciò che di questa semplice sensazione.


 

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Capitolo 2
*** Segreto. ***


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Arrivarono a Parigi e i primi ad andarli in contro furono Rosalie e Bernard.
Oscar salutò al suo solito modo però si vedeva che lei era più felice del solito, con quella luce di stelle negli occhi e Rosalie se n’era accorta, se n’era accorta davvero bene.
<< Oscar, scusami, puoi venire un secondo? >>
Oscar accennò con il capo un “sì” e Rosalie la portò in disparte, lontana da Andrè e Bernard: << Si può sapere cos’hai? >> disse Rosalie mezza sorridente e mezza preoccupata. Non le negava la felicità ma era troppo strano vedere Oscar così gioiosa.
Oscar le raccontò ciò che era successo a Rosalie e lei, come sempre, scoppiò a piangere dalla commozione << Oh Oscar, è una cosa meravigliosa! >> e l’abbracciò forte.
Dopo pochissimo Oscar la scostò, come se non avesse finito di raccontarle tutto.
Oscar abbassò lo sguardo e sfoderò uno dei suoi sorrisi più dolci e si mise una mano sul ventre: << Sai Rosalie, credo che … >>
Rosalie la guardava semplicemente, aveva smesso di pensare, qualcosa glielo impediva, come se volesse direttamente sentirlo dalla sua più cara amica.
<< … credo che io stia aspettando una creatura da Andrè. >>
Il cuore di Rosalie si fermò un istante e si mise una mano sulla bocca: << Dici sul serio? >>
<< Credo proprio di sì. >>
Oscar era leggermente rossa sulle guancie ma, era normale, era stata cresciuta come un uomo e ora si ritrovava così; era il sogno che non avrebbe mai venduto.
<< Rosalie, voglio vivere la mia vita, la voglio vivere perché ora sono finalmente sono felice. >>
Le due donne si abbracciarono forte e tornarono dai loro uomini:
<< Finalmente! Che fine avevate fatto? - disse Bernard - i soldati stanno aspettando i vostri ordini comandante. >>
E come se fosse stato un richiamo, spuntò Alain dalle spalle di Andrè, con tutti gli altri pronti ad eseguire ordini dal loro comandante biondo.
Oscar sorrise, con uno dei suoi sorrisi decisi, quelli che mettono sicurezza, prese la spada e l’alzò: << Uomini, siete tutti con me? >> un unisono grido di “sì” fece eco e Oscar si rimise a cavallo pronta alla battaglia ; si mise una mano sul grembo: Combatterò anche per te, mia piccola creatura.

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Capitolo 3
*** Non esisterà << addio >> ***


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Tu-tum, tu-tum.
Oscar respirava profondamente, non era mai stata così nervosa per una battaglia: aveva appena trovato l’amore e ora, molto probabilmente, stava aspettando anche una creatura.
Un altro respiro profondo ad occhi chiusi.
Tu-tum ,tu-tum.
Espirò.
Tu-tum, tu-tum.
Gli occhi continuavano a rimanere chiusi e nella mente si cominciò a formare prima un’ombra e dopo una persona: suo padre.
Padre … E’ vero, non sarai fiero di me, ma io sono fiera di me.
Tu-tum, tu-tum.

Un’altra ombra: Nanny.
Sarai fiera di noi, nonna? Io e il tuo Andrè, i tuoi bambini, stiamo insieme e avremo una famiglia. Sarai fiera di noi, nonna?
Una lacrima e un altro respiro.
Ad un tratto più di un volto si formulò nella sua mente: sua madre, la regina, Fersen, Girodelle, Rosalie, Bernard e anche Alain.
Tu-tum, tu-tum.
Stavolta il buoio.
Tu-tum, tu-tum.
Un rumore di fondo.
Tu-tum, tu-tum.
Le campane di Notre Dame.
Tu-tum, tu-tum.
La rivoluzione era alle porte.
Tum.
Aprì gli occhi.
Guardò i suoi soldati, e vide della speranza nei loro occhi. Quello era il segnale: << Forza! >> urlò agitando la spada in alto.
Un urlo unisono dei soldati e poi la guerra.
Soldati contro soldati,nobili contro poveri; il popolo si ribellava.
Oscar non perdeva mai di vista Andrè, lo avrebbe protetto a qualunque costo.

Si inoltrò il pomeriggio, il cielo si dipingeva di rosso carminio.
Oh, amore mio. Anche questa battaglia è superata, manca poco e avremo la felicità completa.
Il più presto possibile andrò dal dottore e mi farò visitare, promesso.
Guarirò dalla tisi e accudirò il nostro bimbo, promesso amore mio.

Ma in quel momento i pensieri di Oscar si interruperò vedendo un soldato nemico puntarle il fucile: due spari, entrambi andati a segno, solo che uno ne aveva preso un altro di bersaglio.
Oscar sbarrò gli occhi.
Tu-tum-tu-tum-tu-tum.
Il cuore di Oscar batteva a mille: << ANDRE’ ! >>
<< O-Oscar … >> disse a lui con un filo di voce.
A Oscar scesero delle lacrime: << Noooo! >>
Oscar fu velocissima, lo portò dove c’erano Bernard e Rosalie e cercarono un dottore che non fece tardi ad arrivare.
Lo controllarono: << Capitano, il ragazzo vivrà, fortunatamente la pallottola gli ha semplicemente sfiorato il cuore. >>
A Oscar si tinse un sorriso sul volto, le lacrime agli occhi.
<< Andrè! Oh, Andrè, hai sentito? Guarirai! >>
Andrè sorrise voltandosi verso di lei: << Come avrei potuto lasciarti? La nostra felicità è appena iniziata. >>
Oscar gli accarezzò il volto, continuando a sorridere.
Poi si mise una mano sul ventre: forse in realtà tu, piccolo mio, non ci sei ma, è come se ti sentissi dentro di me. Forse, in realtà sei vivo e sono io che non riesco a crederci che è evidente.
Oh piccolo mio, hai visto? Tuo padre è vivo, tuo padre è salvo.

A Oscar scese un’altra lacrima, non aveva mai pianto così tanto in un giorno.
<< Andrè… >> gli sussurrò.
<< Sì, Oscar? >>
Sfoderando uno dei suoi più dolci sorrisi gli prese la mano e la partò sulla sua pancia.
<< Ci hai fatto prendere un colpo. >>
Andrè un secondo sgranò gli occhi << CI? >>
Oscar fece una piccola risata: << Hey, sei tu che hai voluto passare una notte con me, ora ne paghi le conseguenze! >> disse lei ancora fra le risa e Andrè che non smetteva di fissarla con la bocca aperta.
Alain,con il suo orecchio sopraffine sentì tutto: << Ragazzi, notizie dall’interno! Il comandante aspetta un bambino da Andrè! >>
All’inizio ci fu un attimo di stupore e poi tutti ad applaudire: << Bella, Andrè! >>
Quante risate in un momento così buoio, la speranza che il comandante portava in grembo aveva illuminato di nuovo i cuori di tutti i presenti.

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Capitolo 4
*** Insonnia. ***


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Fu una sera lieta quella del 13 luglio.
Alain non faceva altro che bere vino brindando ai “colpi di cuore” che faceva prendere il comandante al povero Andrè: << Certo che , comandante, lei è proprio una brava attrice! Quasi, quasi ci credevo anche io che lei aspettava un figlio da Andrè! >>
Non faceva altro che ridere, non faceva altro di credere che fosse stata tutta scena però, Oscar aveva quel senso di protezione profondo e ciò la tormentava: è o non è? Verità o falsità? Immaginazione o realtà?
Queste erano le domande che la tormentavano e non faceva altro che guardare Andrè che rideva insieme ad Alain, anche lui non credente.
Oscar però aveva il cuore tormentato e non riusciva a rilassarsi, si sentiva come in un vortice dove tutto o era nero o tutto era bianco, un vortice dove i mezzi toni non esistevano ovvero la sua tranquillità.
Decise: << Scusate signori, vorrei stare un po’ da sola. >> disse con voce leggera, quasi spezzata.
Andrè la guardò sorpreso, avevano rischiato di perdersi per sempre e ora se ne va, perché? Perché mia piccola Oscar? Son stato forse io a procurarti dolore? Dimmi Oscar, io non riesco più a mantenere l’attesa.
<< Oscar, dove vai? >> ma Oscar si limitò a guardarlo, come se gli stesse dicendo “dove tu non mi seguirai”.
Ad Andrè venne un nodo alla gola e tutti i suoi pensieri si ributtarono nello stomaco provocando dolore. Forse mi ha mentito? Forse lei è ancora innamorata di Fersen e io sono stato il suo giocattolo?
No!
Non può essere … Oscar è buona, lei non è un mostro.

Ma lo pensava con una nota dolorante in mezzo.
Oscar, intanto, se n’era  già andata, se n’era corsa via con Cesar verso un luogo che, il povero Andrè, non riusciva a comprendere.
                                                             
                                                          ΘΘΘ
 
Oscar bussò più volte alla porta, era già notte inoltrata, ma quel pensiero la inquietava troppo.
Vi prego …
A un tratto la porta si aprì leggermente facendo qualche scricchiolio  che, a Oscar, sembrò quasi di morte.
Oscar aveva il cuore a mille, batteva forte, a momenti le sarebbe uscito dal torace ma, il comportamente freddo e distaccato da comandante l’aiutò a non farlo notare all’esterno.
<< Madamigella Oscar, che ci fate qui a quest’ora di notte? >> disse il medico sorpreso.
<< Vi prego, dottore Léonard … visitatemi… ho mille domande da farvi … >>
Il dottore, stupito, la fece entrare.
Il dottore la vistò e fece un respiro profondo: << Madamigella Oscar, purtroppo le devo dare due notizie, una bella e una cattiva … >>

                                                          ΘΘΘ
Andrè era preoccupato, non faceva che passeggire a vanti e indietro per la stradina con mille pensieri in mente.
Alain lo raggiunse ancora sonnacchiante: << Hey! Amico, che hai? Non riuscivo a dormire con te che facevi tutto il tempo avanti e insietro. >> ma Andrè non rispondeva, era così assorto nei suoi pensieri.
Oscar, dove sei amore mio?
Alain si stropicciò gli occhi e, guardando il suo amico che ancora si tormentava senza rispondegli, lo prese per un braccio: << Si può sapere che hai?! >>
Andrè guardò per un secondo gli occhi infuriati di Alain, ormai del tutto spazientito.
<< La mia Oscar non torna più … sono passete già due ore e lei non c’è.. >>
<< Amico, facciamoci una passeggiata, forse riusciamo ad incontrarla. >>

                                                        ΘΘΘ


<< Cosa?! >> Oscar si mise una mano sul cuore.
<< Sì, madamigella Oscar. Quindi, per come già le avevo detto lei si deve affaticare il meno possibile. >>
<< Sì, capisco dottore. Grazie, buona notte. >>

Oscar, appena si ritrovò con la porta chiusa alle sue spalle, non riuscì a far altro che piangere.
Allora era vero! Tu esiste tesoro mio! Tu esisti!
Oscar piangeva e si accarezzava il ventre sorridendo.
<< Madamigella, lei è incinta molto probabilmente ma, se lei non si impegnerà a seguire una giusta alimentazione e ad avere un riposo assoluto allora … beh … allora sia lei che il bambino morirete … >>
Oscar alzò gli occhi al cielo.
Piccolo mio, l’ultima battaglia e ti prometto che mi prenderò completamente cura di te.
E pensando a questo si incamminò verso l’accampamento dei suoi soldati.
 
Era passato un po’ che Oscar camminava, teneva le redini di Cesar con una mano e con l’altra non faceva altro che accarezzarsi il ventre, non era mai stata così felice.
Alzò lo sguardo e davanti a lei si ritrovò Alain e Andrè, uno appoggiato sulla spalla dell’altro che camminavano, stanchi e sconsolati.
<< Che ci fate qui voi due? >> disse Oscar mostrando il lato del comandante.
<< E tu dov’eri finita? >> disse Andrè un po’ su di giri.
Oscar solbalzò: << Io … ero andata dal medico … >> disse abbassando lo sguardo
I due amici si guardarono con un cenno di stupore e curiosità: << Forza, raccontaci tutto. >>
 
Il volto di Andrè non aveva quasi espressione, era forse un miscuglio di troppe espressioni. Alain, ormai lui era rimasto imbambolato a bocca aperta a fissarla dalla parola “incinta”.
A Oscar scese una lacrima: << Ragazzi, vi prego, non ditelo a nessuno. >>
I due l’abbracciarono forte: << Fidati. >>
E tornarono all’accampamento.

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Capitolo 5
*** 14 luglio 1789 ***


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Oscar guardava il cielo, mano nella mano con Andrè.
Stavano tornando al campo e davanti a loro Alain fischiettava come se fosse stata l’ultima sua canzone: era così malinconica quella melodia.
<< Oscar, è una bugia? >>
<< Cosa, Andrè? >>
<< Che tu sei incinta. >> Andrè abbassò lo sguardo.
<< Perché ti avrei mai dovuto dire una bugia? >> Oscar si stava scaldando.
<< Non so’ … forse per giustificare la tua assenza notturna… >>
Oscar lo guardò seria: << Non dire sciocchezze, Andrè. >>
Sul volto del ragazzo si tinse prima un sorriso e dopo una lacrima: << Diventerò padre e mia moglie sarai tu, Oscar! Era il sogno di una vita intera. >> e alzò gli occhi al cielo.
Oscar sorrise:
<< E’ l’alba, Andrè. >>
Fece per mettere a fuoco ma non ci riuscì: << E’ bella, Oscar? >>
Lo guardò un’istante e poi ritornò al cielo: << No, se tu non puoi vederla. >>
<< Sei così gentile con me, Oscar. >> disse Andrè con una nota di dolcezza in gola.
E fu lì che il momento romantico fu sbriciolato in mille pezzi:
<< Hey! Ditemi che ho bevuto troppo! >> Alain si era fermato con gli occhi sgranati, sembrava terrorizzato, Oscar non lo aveva mai visto così.
<< Alain, che succede? >> disse Andrè accorrendo verso di lui.
<< E’ più terribile del previsto. >>
La piazza difronte la Bastiglia era piena: piena di urla, piena di spari, piena di cadaveri e piena di voglia di buttarsi giù a vicenda.
Alain si ricompose e si voltò verso Oscar volgendole il saluto: << Ai vostri ordini, comandante! >>
E fu in quel momento che la parte del comandante di Oscar si impadronì del suo corpo; il suo sguardo era di quelli decisi: << Combattiamo. >>

<< Fuoco! >> era da un po’ che Oscar era lì, a guidare i cannoni, in prima linea.
Il sangue negli occhi, la rabbia nelle vene, la battaglia nella gola.
Andrè era stato messo dai compagni il più lontano possibile dalla prima linea, aveva lottato tanto per far in modo che gli altri accettassero la sua decisione di combattere.
Altri boati di cannone.
Poi, a un tratto, il silenzio.
Nessuno sparo, semplicemente il cuore di Oscar che rimbombava dentro di lei come un frastuono.
Spezava il silenzio forse troppe volte.
Alcuni soldati si erano ritirati in un vicolo, era il tempo di riprendersi ma, lei no.
Lei rimaneva in prima fila ad osservare il cielo.
Finchè non si senti tirare da una mano forte, poi del sangue e del dolore al braccio destro e un tonfo per la caduta in avanti.
Alain respirava affannosamente, la guardò un secondo, la fece rialzare e corsero via nella viuzza.
<< Io… io avevo tutto sotto controllo! >> disse Oscar arrabbiata stringendo il braccio destro d acui, ormai, colava sangue.
Alain aveva sia un’espressione arrabbiata che spaventata: << Non dica sciocchezze, comandante! Se non fossi arrivato io l’avrebbero uccisa! >>
Oscar sbarrò gli occhi e respirò profondamente: << Hai ragione, Alain. Grazie. >> e abbassò lo sguardo.
Rosalie corse verso di lei: << Oscar! Oscar! >>
Oscar si voltò verso di lei e le sorrise:<< Rosalie! >>
<< Oh, Oscar! Ma che ti hanno fatto? >>
Oscar guardò per un secondo la ferita sul braccio: << Non è niente, sto bene. >>
Ma Rosalie non ne volle sapere, fece arrivare un medico, seguito da Andrè e la medicò.
<< Mia piccola Oscar, che combini? >> Andrè le stava accarezzando il viso e lei sorrise.
I soldati rimasero quasi allibiti a vedere la scena e Oscar se ne accorse: << Non sento i cannoni , forza! Continuate a sparare! >> e dicendo questo tutti quanti corsero alle armi.

Andrè non smetteva di coccolarla, la stringeva forte a lei e la riempiva di baci: << Non puoi capire quanto mi hai fatto preoccupare. Sei la solita bimba viziata! >>
Oscar si limitò a sorridere e si accarezzò il ventre: Siamo tutti insieme piccolo mio, ti prometto che mi prenderò, da ora in poi, cura di te.
Poi i cannoni finirono. Le persone urlavano e cominciavano a farsi largo nella Bastiglia: la rivoluzione era avvenuta.

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Capitolo 6
*** Riapri gli occhi. ( Ricordati ) ***


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Che rumore sofferente e vivo di fondo: la rivoluzione divampava e distruggeva tutto ciò che era davanti a essa.
Andrè teneva Oscar fra le braccia, coccolandola ma, Oscar sentiva qualcosa di diverso, molto diverso.
La ferita bruciava, bruciava da morire e Oscar stringeva i denti.
Che schifo che fai. Il comandante soffre per delle stupide ferite che a neanche a una bambina avrebbero fatto così male.
Come ti sei ridotta.
Sei un’autentica merda.
Oscar aprì gli occhi di botto: Sto diventando debole.
Tutto questo non le andva, proprio no. Tutte quelle lacrime e quei atteggiamenti da femminuccia viziata proprio non le calavano.
Fece una smorfia di disgusto e si slacciò dalla presa di Andrè: << Andrè, ti prego, lasciami sola. >>
Andrè la guardò sorpreso, aveva quella voce abbastanza fredda e distaccata, quella del comandante che da un paio di giorni era sparito; forse aveva ragione, doveva mettersi in pace con se stessa.
Andrè si alzò e le fece il saluto militare accennando un piccolo sorriso: Sei la solita Oscar, quella che combinava monellerie e poi non aveva paura di affrontare le conseguenze. E se ne andò.
Oscar rimase sola, con quella ferita che bruciava come il fuoco.
Chiuse gli occhi e respirò.
Dove sei finita? Sembri caduta in un burrone.
Espirò.
Forse sei proprio caduta in basso. Troppe emozioni? Forse, ma non è una giusta scusante capitano.
Respirò.
Dove sei finita? Dove?
Espirò.
Dov’è finita la tua forza? Dov’è finito il tuo coraggio?
Respirò.
Merda, Oscar … Svegliati …
Trattenne il respiro.
Svegliati!
E in quell’istante la ferita smise di bruciare,  ritornò quella sua educazione maschile a pussarle nelle vene.
Aprì gli occhi. Era determinata.
Sorrise, di un sorriso deciso, pronto a qualsiasi cosa.
Non è il momento di fermarsi, ti sei presa una pausa troppo lunga.
Le forze si ripredevano il suo corpo di comandante riuscendola a far sì che si alzasse in piedi.
Andrè la sentiva da dietro un muro, capiva che lei era tornata: rieccola la mia guerriera.
Oscar guardò la fascia sulla ferita e con un sonoro << Tsk, sono più dura di quanto potete credere. >> prese la spada e combattè anche lei mentre Andrè seguiva da lontano il battito del suo cuore: Rieccola la mia Oscar.

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Capitolo 7
*** Ritorno ad Arras. ***


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Era tutto finito. La rivoluzione andava sul concludersi del tutto.
Oscar tornò da Andrè con tutti ( o quasi ) i suoi uomini.
Andrè riconosceva i passi di Oscar, il suo respiro. Tutti quegli anni passati insieme non fecero far altro che far sì che lui ricordasse, a memoria, ogni minima cosa di Oscar.
<< Andrè! Come stai amico? >> disse Alain stringendo una ferita al braccio; non si riusciva mai a capire perché fosse sempre così sorridente.
<< Alain! Io sto bene. >> rispose sorridente Andrè.
<< Soldato! >> disse Oscar rivolgendosi ad Andrè, anche se negli ultimi giorni non sembrava proprio che ci fossero tutte quelle distanze continuava a preferire che durante il comando ai soldati lui fosse trattato come gli altri.
<< Sì, comandante? >>
Oscar sorrise: << E’ tutto finito. >>
Tutti urlarono insieme “ evviva “ e Oscar, di nascosto, abbracciò Andrè. Voleva sentire che era tutto reale, che non era un sogno.
<< Comandante! >> la chiamò Alain.
<< Dimmi, Alain. >> Oscar aveva in viso un’espressione rilassta, quel suo sorriso che ha ogni volta che è tranquilla.
Alain si mise la mano dietro la testa, come al suo solito, e guardandoli disse: << E’ il momento che vi allontanate da qua, non è più il vostro posto. >>
Oscar ci pensò un secondo, ma forse era meglio così, alla fine doveva curarsi dalla tisi e quella sera dal dottore, ad Andrè e Alain, aveva semplicemente detto che forse era incinta.
<< Ha ragione, Oscar. >> Andrè spalleggiò l’amico.
Alain per un secondo rise: << Forse non hai capito che tu devi andare con lei! >>
Andrè lo guardò sorpreso e Alain continuò: << E’ il momento che vivete la vostra vita ragazzi. >> e dicendo questo fece portare i cavalli di Oscar e Andrè da un altro soldato: Lasòn.
<< Ecco comandante, voi avete fatto molto per me e quindi questo credo sia il minimo per poterla ripagare. >> e le diede in mano le redini di Cesar.
Tutti i soldati li guardarono, c’era stima nei confronti di Oscar.
Un altro soldato si avvicinò: << Buona fortuna, comandante. >> e dietro di lui più di un soldato si fece strada per portarle un fodero di spada con tutti i loro nomi incisi: << Questo è per far sì che lei non si scordi mai di noi. >>
Oscar era così, sorpresa: << Non vi scorderò mai di voi, di nessuno di voi e tranquilli che ritornerò a prendere il vostro comando. Ora, però, è meglio che voi andiate pure dalle vostre famiglie. >>
I soldati le fecero il saluto e lei rispose.
Oscar e Andrè montarono a cavallo e lì Alain si avvicinò: << Buona fortuna, spero che finalmente possiate vivere in pace il vostro amore. >> e dicendo questo, partirono al galoppo.

Fuori da Parigi, Andrè e Oscar si fermarono:<< E ora, Oscar, dove andiamo? >>
Oscar ci pensò su per un pochino e poi le venne in mente: << Ad Arras! Dove ci sono i ricordi migliori della nostra infanzia. >>
Andrè accennò un “sì” e ripresero il cammino.
Arrivati Arras, Oscar andò nella villa di famiglia, dove i servi corsero increduli a vederli, erano tutti così felici.
Ma Oscar non voleva quella casa sfarzosa, tutt’altro.
<< Vorrei trovare una piccola casa, sapete dove trovarla? >>
I servi si guardavano stupefatti , ma le dissero che ce n’era una vicina al lago e fu lì che Oscar e Andrè decisero ricominciare a vivere.





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Salve! Questo capitolo (molto diverso dagli altri) è un capitolo di "passaggio" per far capire che cos'è successo dopo la presa alla Bastiglia ad Andrè e Oscar ma, tranquilli che già sto lavorando all'altro che (spero) mi venga più lungo ;)

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Capitolo 8
*** La ricerca e la nuova vita (si ricomincia da due) ***


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Il generale Jarjayes faceva aventi e indietro nel suo studio, con espressione arrabbiata e allo stesso tempo preoccupata in viso.
Oscar, perché hai guidato gli scontri? E ora? Sei viva? Sarai andata a fara la sgualdrina con il tuo attendente?
Appena finí di formulare l'ultima domanda diventò incandescente e sbattè un pugno sulla scrivania: << Perché figlia mia?! Cosa ri ha spinto a stare con quel.. quel.. >> il generale però si tratteneva, non riusciva a dirli cose troppo brutte ad André, da un lato era come se fosse stato anche lui suo figlio, il figlio maschio mai avuto ma, purtroppo non essendo nobile, mai leggittimo.
<< Ragazzi miei, perché? Eppure me lo dovevo aspettare ... Oscar era pur sempre una donna ... >>
Il generale si mise a sedere dietro la scrivania sulla sedia mettendosi una mano sul viso, chiudendo gli occhi.
Dalla porta qualcuno bussò:<< Signore. >> la voce era di Nanny, gli avrà portato sicuramente il thé caldo.
<< Avanti. >> la sua voce era roca, spezzata dal pianto, era entrato in conflitto con se stesso.
<< Signore, cos'ha? >> gli chiese Nanny preoccupata appoggiando il vassoio con il thé.
<< Come ho potuto fare questo a Oscar? Dovevo pensarci prima che,se l'avessi messa insieme ad un attendente uomo, sarebbe finita così... >>
Nanny gli porse un fazzoletto:<< Però ora, si ricordi, che sono liberi di amarsi, signore. >>
Il generale la guardó un attimo, cercando spiegazioni.
<< Signore, la rivoluzione ha portato al crollo della diviaione tra classi sociali, Oscar e Andrè possono stare insieme. >>
Il generale si ricompose: << Devo trovare Oscar, devo vedere se è viva, devo vedere se sta bene. >>
Nanny gli sorriso accennando un "Sí" con la testa.
<< Nanny, tu dovrai venire con me! -disse il generale guardandola sorridente- Alla fine vuoi ritrovare anche tuo nipote. >>
Nanny si stupí:<< Grazie, signore. >>

℘ ℘ ℘

Oscar era affacciata alla finestra della piccola casa, il fruscio del vento estivo tra le fronde degli alberi la faceva rilassare.
Chiuse gli occhi e respiró profondamente:
Ora staremo insieme per sempre, Andrè.
Aprí gli occhi,  davanti a lei si poteva vedere un lago che rifletteva la luna incorniciato da qualche fiore e lucciola.
André la cinse da dietro: << Oscar, lo sai che sei bellissima? >>
Lei sorrise: << Davvero?  >>
Lui rise: << Oscar che si preoccupa della sua bellezza! >>
Oscar divenne un po' rossa, però era una vergogna unita alla rabbia: << Te lo stavo chiedendo per capire se mi stavi prendendo in giro o meno! >> e si buttó sul letto, abbracciando il cuscino.
André le levò gli stivali:<< Quante volte ti devo dire che se hai gli stivali le lenzuola si sporcano? >> ma Oscar si mise a faccia in giù, non curante.
André si tolse gli stivali e si sdraió accanto a lei. Oscar si voltò per guardarlo: "Oh André, sono così felice di averti accanto"
Oscar sorrise: era soddisfatta di tutto ciò che aveva fatto.
Un bacio, leggero e fresco.
Un'altro.
Un'altro ancora.
Di colpo i vestiti a terra.
Lui sopra di lei.
<< A-Andrè ... >> disse un po' ... spaventata?
<< Dimmi Oscar. >>
<< Ho paura.  >>
Lui le sorrise dolcemente:<< Sssh, fidati di me. >>
E ci fu un'unione passionale e piena di sentimento.

℘ ℘ ℘

Il generale si faceva preparare le valige velocemnete.
Girovagava come un'anima in pena per tutta la villa.
Nanny lo guardava:<< Signore, si calmi! >>
Ma lui voleva rivedere la sua Oscar.

Finalmente le valige erano pronte, era il momento di partire. Per Nanny fu strano salire nella carrozza insieme al generale e a sua moglie, non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe successo.
<< Signore, ma ora dove andremo a cercarli? >>
<< Dalle guardie che comandava Oscar. >>

Arrivarono, ma l'unica cosa che sapevano è che se n'erano andati da Parigi.
Arrivò Alain: << Signore, perché questa domanda? >>
<< Sono il padre del vostro ex comandante. >>
<< Oh che bello, Andrè aspetta il suocerino! >> disse Alain ridendo.
Il generale  divenne rosso come un pomodoro e se ne andò indispettito.

℘ ℘ ℘

Passó una settimana e il dottore venne a visitare Oscar e Andrè.
<< Oscar, la tisi sta cominciando a  passare, davvero molto bene! >>
Oscar lo guardó un secondo:<< E ... dottore, allora  io sono incinta? >>
Il dottore si bloccó un attimo: << In quest' ultima settimana ha nausee e giramenti di testa? >>
<< Abbastanza... >>
<< Mi dica madamigella, ha dei ritardi? >>
Nelle guancie di Oscar si posò un velo di rossa vergogna:<< S-sí, cinque giorni... >>
Il dottore sorrise:<< Allora credo che ci sia una grossa probabilità. >>
Oscar lo sperava, lo sperava veramente in cuor suo.





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Hey!! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto anche se è un'altro capitolo di passaggio! :) Spero che commentati in tanti, vorrei saperecome è per voi la storia c.c

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Capitolo 9
*** Alain: il seme più bello si raccoglie al volo ***


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Alain camminava con il sacco in spalla e la divisa dei soldati della guardia per proteggersi dal freddo.
Il vento soffiava forte e Alain doveva tenere gli occhi socchiusi e il suo fazzoletto rosso con una mano.
Dopo tutto ciò che era accaduto nell'ultimo periodo, Alain, era andato via da Parigi dirigendosi verso i Pirenei, dove si sarebbe scordato dell'amore malato per Oscar, dove solo un baciò riuscì a strapparle. Nei Pirenei avrebbe cercato avventura e pace, non guerra; magari sarebbe stato il posto giusto: verso la Spagna.
Alain continuava a camminare, contro vento,mentre la figura di Oscar e Andrè si faceva spazio nella sua mente:<< E bravo l'attendente! >>
Voleva fin troppo bene ad Andrè e quell'immagine nel pensiero lo fece sorridere:<< Chissà, forse mi ritroverò zio al ritorno! >> rideva, rideva per farsi coraggio, per continuare avanti ... ma aveva quello strano senso di tornare indietro come se stesse sbagliando tutto.

Passavano le ore, Alain ormai era sfinito ma, a un passo dalla Spagna. Un solo ponte e sarebbe arrivato.
Forza! Non vorrai fare il nonnetto adesso!
Il vento, fortunatamente, era cessato e camminare era meno faticoso. Alain si asciugava il sudore dalla fronte e cercava di togliersi quel maledetto fiatone.
Eccolo lì, il ponte.
Un passo.
Un altro.
E poi si schiarì una figura al lato: una donna dai capelli nero corvo e occhi di zaffiro splendente, quel viso chiaro e le labbra rossastre.
Alain la guardava: forse è la mia immaginazione, una donna così bella non può essere là, intenta a buttarsi.
Ma più si avvicinava, più lei diventava vera.
Le passò vicino, soffermandosi un attimo a guardarla ma, lei si gettò: << No! Ferma! >>
La prese a volo, stringendole un braccio.
La ragazza lo guardò con quei occhi di acqua marina: << ¡¿Qué està haciendo usted?! >>
Alain sgranò un secondo gli occhi: non aveva capito proprio niente.
La tirò su:<< Che stavate facendo? >>
La ragazza alzò gli occhi al cielo:<< ¡Oh, bueno! ¡Ahora me guarda también un francès! ¿Qué me puede pasar a mí peor? >>
Alain la guardava ancora abbastanza stranito:<< Sà parlare francese? >>
La ragazza sbuffò:<< Sì, purtroppo. >>
Ad Alain venne da ridere, ma si trattenne:<< Perchè si stava lacciando nel vuoto? >>
La ragazza abbassò lo sguardo: << Il mio fidanzato mi ha lasciato... domani ci saremmo dovuti sposare... >>
Ad Alain venne un tonfo al cuore: sua sorella, sua sorella si era uccisa per questo.
<< Non ci provare mai più! >> la guardò severo ma, una lacrima gli stava per solcare il volto.
Lei se ne accorse, forse era meglio "cambiare discorso".
<< Come si chiama? >> la ragazza si strinse le spalle, era un po' intimorita da quell'omone.
<< Alain, signorina. E lei? >> le rispose con un dolce sorriso.
<< Esperanza, señor. >> gli sorrise.
Alain, dopo quel sorriso, si sentì una fitta al cuore. Cosa stava accadendo dentro di lui?
Esperanza riprese:<< Cosa stavate facendo da queste parti, caminante? >>
Lui si mise una mano dietro la testa, sorridendo sfidante:<< Alla ricerca di un'avventura. >>
E lei sorrise compiaciuta:<< Allora che fai? Non ho nessuno, mi porti con te, loco? >>
Lui rise:<< E va bene! >>
E si incamminarono dall'altra parte del ponte.

- Nel frattempo nella casa di Arras -

Andrè stava alla finestra, la mano appoggiata sul davanzale.
Oscar lo guardava, un po' perplessa appoggiata alla porta: << Andrè, qualcosa ti turba? >>
<< Chissà che fine ha fatto Alain, nessuno sa' dove sia. >>
Oscar si avvicinò e lo abbarcciò da dietro: << Stai tranquillo, Andrè. Lo sai, Alain non è uno di quelli che si fa sconfiggere tanto facilmnete. >>
Andrè sospirò:<< Hai ragione. >> e le diede un dolce bacio accarezzandole i capelli.

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Capitolo 10
*** Quando si scrive delle donne bisogna intingere la penna nell'arcobaleno e asciugare la pagina con la polvere delle ali delle farfalle. ***


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Erano passati due giorni dall'incontro con la famiglia e Oscar.
Il generale, madame e Nanny avevano insistito per stare qualche giorno da loro, gli erano mancati troppo.
C'era aria fresca, leggera, felice in quella casa come mai ce n'era stata.
Oscar sembrava una bimba spenzierata, si sentiva finalmente libera, senza manette di alcun genere, lonatana da quella orribile rivoluzione che stava facendo in modo che il suo Andrè e lei se ne andassero da questa terra per sempre.
Andrè non la lasciava un secondo da sola, era come sempre la sua ombra.
Madame e Nanny cercavano di spiegare a Oscar, quasi inutilmente, tutto ciò che doveva imparare per attraversare questo periodo tranquilla e per saper fare la mamma ... ma Oscar in questo periodo era una testa dura, dove solo lei poteva decidere se ascoltare o meno.
Il generale, dal canto suo, rimaneva ad osservare da lontano sua figlia e il suo ex attendente essere liberi, felici e che fra poco avrebbero avuto un pargoletto fra le braccia.
Il cuore del generale si riempiva di gioia ogni volta che li vedeva insime, sorridenti.
Già ... li amava troppo quei due ragazzi.

<< Forza Andrè! Non fare il pigrone! >> Oscar stava trascinando fuori Andrè da un braccio.
<< Tu e la tua forza brutale! Pensavo che siccome stai per diventare mamma saresti stata più dolce! >> Andrè non riusciva a farcela più, il suo unico problema che non poteva prendersi qualche giorno di permesso come nei soldati della guardia: purtroppo questa era sua moglie e non esistevano vacanze!
<< Andrè voglio solo farmi una passeggiata! >> Oscar era indignata.
<< Ma se a momenti piove! >> Andrè cercava di puntare i piedi per frenarla ma, lei era troppo cocciuta e forte.
Andrè sospirò un secondo:<< Oscar, aspetta. >> disse con voce tenue.
Oscar smise di tirare e si voltò con tranquillità:<< Dimmi Andrè. >>
Andrè la strinse e le diede un bacio sulla fronte.
Oscar era leggermente rossa sulle guancie, era felicità la sua.
<< Non dovresti uscire con questo brutto tempo, potrebbe fare male al bambino. >>
Oscar si morse il labbro inferiore: Andrè aveva ragione.
Rimase lì,stretta, tra le braccia del suo adorato Andrè che la stringeva con tanto amore.
Oscar si stava per mettere a ridere: "Come s'erano incontrati? Per caso, come tutti. Come si chiamavano? E che importanza ha?" dice Diderot e lei continuava "Sapevano solo che, l'ironia della sorte gli aveva fatti innamorare per far in modo che stessero insieme per sempre."
Andrè tuffò il viso nei suoi capelli biondi: facevano profumo di perfezione.
Ah l'amore! Gli aveva fatto perdere la testa ad entrambi.

"L'amore toglie acutezza di spirito a chi ne ha e ne da a chi non la possiede."

<< Andrè. >> lo chiamò delicatamente Oscar.
<< Sì? >>
<< Tu mi amerai per sempre? Non sei stato con me tanto per piacere, vero? >> Andrè la guardò un secondo, era sorpreso da una domanda del genere; le prese il volto fra le mani:<< Oscar ricoradti questo: I piaceri sensuali passano e svaniscono in un batter d'occhio, ma l'amicizia tra noi, la reciproca confidenza, le delizie del cuore, l'incantesimo dell'anima, queste cose non periscono, non possono essere distrutte. Ti amerò fino alla morte amore mio.[1] >>
Una lacrima le rigò il volto candido:<< Sono diventata una femminuccia, Andrè ... >> e si nascose il viso nel petto di lui.
<< Non è vero, è solo che la gravidanza ha fatto uscire quella parte femminile quasi inesistente in te. >> Andrè ridacchiò e Oscar lo guardò malissimo.
Forse ho sbagliato ...
Andrè deglutii.
Oscar sorrise e gli caricò un pugno nello stomaco facendolo cadere a terra.
Sì, avevo proprio sbagliato ...
E vide Oscar allontanarsi idignata  verso il corridoio.

***

<< Esperanza! Insomma, vuoi stare attenta?! >> Alain la tirò da un barcciò prima che arrivasse a terra.
<< Scusa Alain, non volevo ... >> disse lei quasi tristemente; era dispiaciuta.
Alain sospirò:<< Insomma, si può sapere cos'hai? Sei per caso arrabbiata con me? Ti sei pentita dell'altra notte? Puoi dirmelo, ti capirò benissimo. Alla fine sono semplicemente un uomo rozzo e antipatico. >>
Esperanza strinse le spalle:<< No, non è questo e poi, incaso, te lo avrei detto almeno 10 giorni fa! >>
Alain le cinse le spalle:<< E allora? >>
Esperanza divenne un po' rossa:<< Tranquillo, ho solo la testa fra le nuvole. Sai, noi che ci siamo messi insime, la nostra notte ... sembra una favola per me e poi ... io ho paura ... >>
Alain la guardò interrogativo:<< Di cosa? >>
<< Alain, ti ricordi come ci siamo incontrati? >>
Alain abbassò lo sguardo e la strinse forte:<< Piccola birbante, non potrei mai farti questo! >>
Esperanza si riempì i polmoni di quel profumo:<< Te quiero mucho, Alain. >> disse dolcemente.
<< Anche io, amore mio. >>
Si scambiarono un dolce bacio e poi Alain la guardò sfidante:<< Forza birbante! E' il momento di tornare! >>
Esperanza gli sorrise:<< Hai proprio ragione! Così,finalmente, mi farai conoscere questa famosa Oscar e il tuo caro amico Andrè! >>
E così, mano nella mano si incamminarono verso l'altra parte dei Pirenei, verso la Francia.







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[1] Frase di Voltaire.

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Capitolo 11
*** Paternità. ***


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Erano passati tre mesi e la gravidanza di Oscar era ormai evidente.

Era una tranquilla mattinata di ottobre: il cielo era azzurro con un velo spento di sopra, un paio di nuvole non troppo bianche passavano insieme a un venticello frizzante, le foglie si erano ingiallite e molte ne erano cadute anche se, ad Arras, molti alberi ancora erano pieni.
Oscar era in giardino.
Aveva i capelli sciolti e un cappotto verde bosco che le arrivava fino a metà coscia,le mani le teneva in tasca.
Era appoggiata alla ringhiera di legno del piccolo ponte che attraversava il laghetto da una sponda all'altra.
Guardava l'acqua  e le foglie che cadevano sulla sua superfice, così leggiadre e belle anche se ormai appassite.
Si specchiò:  Oscar, ti saresti mai immaginata tutto questo? Ti saresti mai immaginata che saresti diventata mamma? No, assolutamente no... però non ti sei mai sentita più viva di così.
Come si sentiva felice finalmente.
<< Oscar! >> una voce in lontananza: Andrè.
<< Dimmi Andrè. >> lei si voltò mentre Andrè arrivò tutto trafelato.
Lui la guardò un secondo:<< Ma sei pazza? Sei incinta e prendi tutto sto freddo? Guardati! Hai gli zigomi e il naso rossi di freddo! >> Andrè fece come se avesse l'aria arrabbiata ma, come poteva esserlo con lei?
Oscar, per un secondo lo guardò arrabbiata:<< Guarda che essere incinta non vuol dire che non riesco a prendermi cura di me! Sei venuto fin qua per dirmi questo?! >>
Andrè indietreggiò un secondo, poi si fece avanti:<< Oscar, tuo padre è qui ... >> lui abbassò la testa.
A Oscar le si mozzò il fiato: non poteva essere vero.
<< E che cosa vuole? >> le uscì con un filo di voce.
<< Non lo so ... >> Andrè sembrava come impotente.
Oscar respirò forte: << Andiamo. >>


Arrivarono difronte alla loro casetta e lì davanti trovarono anche il generale de Jarjayes.
Oscar perse un respiro, non era pronta ma, il suo insegnamento maschile la fece mostrare a testa alta difronte al padre rinnegato.
<< Oscar! Figlia mia! >> Augustin corse ad abbracciare la figlia, aveva le lacrime agli occhi.
Oscar era scossa: suo padre non si era mai comportato così con lei.
Era un sogno?
No, la stretta era troppo forte per esserlo.
<< Oscar, come stai? Ti ho cercata ovunque! >>
Oscar gli sorrise:<< Sto bene padre. >>
Augustin continuava a sorridere, era così felice. Poi guardò Andrè:<< Andrè, vedo che alla fine sei riuscito a far avverare le tue parole. >>
Andrè non sapeva cosa dire: il generale era contento di questo?
Forse si sentiva troppo in colpa per aver cresciuto come un uomo Oscar.
<< Scusateci! Ci siamo anche noi! >> e dalla carrozza uscirono anche Margueritte e Nanny.
I due giovani corsero ad abbracciarle.
Quel giorno era davvero speciale.
<< Entrate dentro, vi offro qualcosa di caldo. >> disse Oscar facendoli accomodare.

Parlarono di più e del meno, finchè ...

<< Bambina mia! Sei ... sei incinta?! >> Nanny aveva le lacrime agli occhi, madame era nello stesso stato di Nanny e  ... beh ... il generale era quesi del tutto sconcertato.
<< Sì nonna, io e Andrè avremo un figlio. >> entrambi sorridevano.
<< Oscar ... >> disse quasi con filo di voce il generale.
<< Non sono stato mai così felice nella mia vita. >> il generale corse dalla figlia abbracciandola.
Alla fine era l'unica che si era sempre preoccupata di lui.
Oscar ci pensò un secondo, ma poi ricambiò quell'abbraccio che nel suo cuore aveva tanto sognato.










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Capitolo 12
*** Bonnes personnes ***


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Il vento soffiava forte nei Pirenei, i colli sembravano che si contorcessero.
Esperanza si stringeva le spalle, infreddolita, mentre i suoi boccoli corvini andavano indietro con forza e i suoi occhi color acquamarina si erano ridotti a una fessura dove ne uscivano lacrime ghiacciate e salate.
Alain, dal canto suo, con la sua divisa blu se la rideva sotto i baffi mentre vedeva Esperanza: le sue forme perfette erano incorniciate da un corsetto bordeaux rigido con le maniche lunghe e nere quasi del tutto trasparenti, da dei pantaloni neri e attillati con una striscia rossa laterale sui lati e da degli stivali neri, in pelle, in stile pirata.
<< Què idiota que soy! >> Esperanza se ne diceva di tutti i colori da sola.
Alain faceva finta di essere serio, anche se non ci riusciva molto bene.
A un certo punto, però Esperanza cadde a terra, accucciata al suolo senza riuscire a far suono se non quello dei suoi denti tremolanti.
<< Esperanza! >> Alain si tolse immediatamente la giacca mettendogliela addosso.
<< A-Alain .. >> disse con un fil di voce.
<< Amore mio, mia piccola Esperanza, non ti lascerò qui morente dal freddo. >>
Esperanza si riprese un po' :<< Ma ... Alain così tu ti prenderai di freddo ... >> lei lo guardava con occhi da bambina a cui le avevano appena detto che le era scappato il cane.
<< Hey! Io sono forte! E poi mi interessa che sia tu quella che stai bene, intesi? >>
Esperanza stava per accennare un "sì" con la testa ma, perse i sensi, lasciandosi cadere su quella distesa di terra e pietroline.
Alain la prese velocemente, la strinse un secondo e la prese in baraccio:<< Non preoccuparti, ci penso io a te. >>
Alain la stringeva il più forte possibile al suo petto, cercando di farla riscaldare ma lei non dava segni di ripresa ... Alain era così spaventato ed Esperanza così gelida ...
<< Esperanza, ti prego, resisti ... >> aveva l'amaro in bocca e non si fermava neanche un secondo a riposarsi: doveva trovare un riparo per farla riprendere, non poteva perderla.
Il vento graffiava Alain e il viso di Esperanza dove quel dolce nasino con qualche piccola "lenticchia" e le sue gauncie erano leggermente rossastre, ovviamente dal gelo.
Alain si sentiva quasi lui stesso un pezzo di ghiaccio, stava anche lui cominciando a soffrirne ma, non poteva cedere ora, con la sua Esperanza fra le braccia:<< Forza Alain! Non è il momento di fare il debole! >>
Camminava trascinando i piedi, su quelle odiose pietroline del sentiero di montagna dove, ormai, stava cominciando a calare la sera.
Fu in quel momento che una piccola luce, in lontananza, si fece largo.
Ad Alain si illuminò la speranza negli occhi:<< Piccola mia, forse ce l'abbiamo fatta! >>
Quasi,quasi cominciò a correre ma, aveva Esperanza fra le sue braccia ... pesante, fredda, delicata: una bambola di porcellana.
Alain bussò ferocemente alla porta:<< S'il vous plaît, ouvrez! >>
Un povero contadino aprì leggermente la porta:<< Uoi? >>
meno male, era francese!
Alain mostrò leggermente la ragazza fra le sue braccia:<< Siamo in viaggio, purtroppo si è alzato il vento e ora mia moglie- ormai è così che la fa conoscere agli altri- è svenuta ... vi prego ... vi chiedo di ospitarci semplicemente per questa notte, non saremo di impiccio, cerco semplicemente un posto abbastanza caldo per lei ... >> Alain aveva le lacrime agl'occhi.
Il contadino, a cui i due poveri ragazzi avevano fatto pena, gli fece accomodare e facendoli mettere vicino al fuoco.
<< Poveri ragazzi, una giovane coppia come voi morente di freddo ...  Aspettate, vi preparo qualcosa di caldo. >> disse l'uomo dolcemente e Alain rispose sorridendo:<< Grazie, siete molto gentile buon uomo. >>
L'uomo sparì nell'altra stanza e il povero Alain cercava di far riprendere la sua adorata Esperanza.
La casa dell'uomo era carina, calda e accogliente. Era fatta di legno con qualche pelliccia di lana sulle piccole poltrone, aveva due piccole finestrelle che davano una sulla strada e una su un cortile interno.
A un certo punto una donna sulla mezza età arrivò tutta trafelata con due tazze fatte il legno da dove usciva del fumo:<< Oh! Per l'amor del cielo! Che cos'ha questa povera ragazza? >>
Alain si voltò: era donna con dei capelli color paglia legati a chignon, degli occhi verdi e delle lentigini sul viso.
<< Lei è mia maglie, mentre stavamo camminando è svenuta per il troppo freddo ... >>
La donna le accarezzò prima i capelli a lei e poi il viso a lui:<< Meno male che siete arrivati qui, ci penserò io a voi. >>
Dicendo questo si girò ferso l'altra stanza:<< Christophe! >>
Il pover uomo dalla barba nera e dal viso stanco si affacciò dalla porta:<< Sì,Séline? >>
La donna si alzò arrabbiata:<< Perchè non mi hai detto prima che questa poverina stava male?! Che devo fare con te?! >> e se ne riandò dentro l'altra stanza con una delle due tazze di acqua bollente.
Alain non sapeva se ridere o se piangere, erano una coppia di pazzi!
Dopo un po' Séline ritornò:<< Ecco! >> e versandone un po' in un piccolo cucchiaio di legno, glielo versò nella piccola bocca di Esperanza che, dopo poco, aprì i suoi occhi azzurri e meravigliosi: << Alain ... >> disse con un fil di voce dorridendo.
<< Esperanza! >> e l'abbracciò forte.
<< Ti sei svegliata tesoro mio! >>
<< Sì, amore mio. >> e gli sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori.
<< Séline, cosa c'era in quell'infuso? >>
Séline sorrise:<< Delle erbe di montagna che servono a far riprendere i sensi. >>
<< Grazie Séline, grazie! >>
E lei sorrise.

Quella sera mangiarono tutti insieme, conoscendosi e ridendo insime, finchè non fu arrivato il momento di andare a dormire e Alain ed Esperanza dormirono uno attaccato all'altra vicino al fuoco.


Il giorno dopò arrivò il momento di salutarsi:<< Grazie di tutto, non ci scorderemo mai di quello che avete fatto per noi! >> disse Alain stringendo la mano a Christophe e a Séline.
<< Oh ragazzi, eravate in cerca di un riparo e facevate pena, non ci dovreste dire grazie, era dovere! >>
Christophe continuò:<< Quando passerete dinuovo di qui, un giorno, vi prego, non fate complimenti e tornate a farci visita. Saremo lieti di ospitarvi di nuovo, siete dei ragazzi per bene! >>
<< Grazie di tutto! >> e dicendo questo Alain ed Esperanza si incamminarono di nuovo:<< Forza, mia piccola Esperanza, domani dovremmo essere già a Parigi! >>

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Capitolo 13
*** Incontri vecchi e nuovi. ***


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Oscar era seduta al tavolino, guardando fuori dalla finestra dove dal freddo vetro si potevano notare le infinite gocce di pioggia.
Oscar si accarezzava il ventre leggermente gonfio e rotondo; lei ne era proprio innamorata di quella pancia, così candida e piena di speranza e felicità.
Andrè la cinse da dietro, dandole un bacio sulla dolce e candida guancia mentre si  riempiva i polmoni di lei, del suo profumo di rose.
<< Eccola qui madame Grandier! >> disse ironico.
<< Oh! Signor Grandier! Perché mi cercavate? >> disse lei ridendo.
Lui le diede un altro bacio:<< Volevo vedere la mia donna con il nostro bimbo in grembo ... >>
Lui la fece voltare verso di lui, entrambi sorridevano, e lui le accarezzò il volto.
Quante volte l'aveva sognato, quante volte aveva sognato di toccarla, di sfiorarle il volto con i polpastrelli delle dita e quante volte aveva sognato che lei diventasse sua e poterla baciare.
<< Ti amo Andrè. >> disse Oscar sussurrandoglielo all'orecchio.
Lui la strinse:<< Anche io, Oscar. >>
La guardò un secondo, immergendosi in quegli occhi fatti del cielo più limpido e poi la baciò, travolgendola in un bacio prima dolce e tenero e dopo passionale, pieno di sentimento.
Lei lo guardò, in quei suoi profondi occhi di smeraldo:<< Andrè, il mio Andrè. >> gli prese il viso fra le sue mani sottili e gli strappò un altro  bacio.
In quell'istante entrò Nanny: << Oscar! Osc ... >> ma restò immobile a vedere quella scena dove i suoi due "bambini" si stavano baciando abbastanza appassionatamente.
Andrè guardò un secondo la nonna e poi si staccò da Oscar:<< Attenta Oscar, mia nonna ci sta guardando. >> disse quasi ironico.
Nanny si ricompose e guardò Andrè minacciosa:<< Senti Andrè, io sono felice che voi siete insieme ma, non provare a fare questi atti da cattivo ragazzo per far vergognare Oscar davanti a qualcun'altro! La mia povera bambina che viene inportunata da un ragazzaccio! >>
Oscar cominciò a ridere:<< Nonna, Andrè non mi stava importunando! >>
Ad Andrè si illuminò il volto:<< Sentito nonna? >>
Nanny stava per dargli un colpo ma, si trattenne:<< Oscar, volevo dirti che ci sono degli ospiti. >>
Oscar la guardò un secondo incuriosita:<< Chi è? >>
<< Sorpresa! >> e dicendo questo se ne andò.
Andrè e Oscar si guardarono un secondo incuriositi:<< Oscar, vado io, non mi fido molto. >>
Oscar annuì:<< Va bene, Andrè. >>


♅ Un'ora prima ♅


Alain teneva Esperanza per mano ... o meglio, era lei che lo teneva:<< Forza Alain, non fare il pigrone! >>
<< Calma, calma! Ora mi rimetto in sesto! >>
Esperanza non faceva altro che trascinarlo: lei aveva i suoi trent'anni ma, sembrava una bimba di 6!
<< Insomma, muoviti! >> fece per tirarlo ma lui si era fermato del tutto:<< Esperanza, aspetta. Devo entrare qui. >>
Esperanza guardò dal lato in cui indicava Alain: era la caserma dei soldati della guardia.


♅♅♅


Andrè scese le scale, dicendo a Oscar di aspettarlo all'inizio della scalinata per sicurezza: dal pianerottolo di sotto si sentivano un sacco di voci, specialmente maschili, solo una sembrava fin troppo delicata.
Cominciò a vedere un gruppo di uomini in divisa blu che chiaccheravano animatamente tra di loro:<< Chissà come sarà il comandante con il pancione! Sono proprio curioso! >> disse uno di loro.
<< Andrè è stato davvero fortunato a fare scintille con una donna così! >> rispose un'altro.
Andrè li riconobbe: erano i suoi ex compagni di armi.
<< Ragazzi, cosa fate qui? >> disse sorpreso.
Tutti si voltarono con dei sorrisi smaglianti:<< Andrè! >>
Poi tra di loro si fece avanti una figura che Andrè conosceva molto bene: Alain.
<< Andrè, vecchio amico! Come stai? Sò che fra un po' diventerai papà, eh! Vecchio volpone! >> Alain rideva e Andrè lo abbracciò: glie era molto mancato.
<< Eh già, Alain! Il nostro bel comandante biondo aspetta un bel bambino! >>
Alain sorrise:<< Oh, Andrè, dammi un secondo: devo farti conoscere una persona. >>
<< Oh, e chi sarebbe? >>
Alain si voltò, fece per prendere una mano e presentò davanti ad Andrè una bellissima fanciulla dai capelli corvini e gli occhi di ghiaccio: Esperanza.
Andrè un secondo rimase a guardarla: il suo amico non gli aveva mai presentato ragazze.
<< Piacere, madame, io sono Andrè Grandier. >> disse facendo un inchino.
<< Esperanza Cortés. >> disse lei con un accento timido.
Alain le cinse le spalle con un braccio:<< Spero che voi due andiate proprio d'accordo. >>
Andrè sorrise:<< Chi è? Una tua parente? >>
Alain rise un istante:<< No, lei è la mia ragazza! >> e scoppiò a ridere.
Andrè rimase un secondo immobile e incredulo: lui era riuscito a trovare finalmente una fidanzata? Era riuscito a trovare una ragazza così carina? Ma specialmente ... Alain si è innamorato?!
Un soldato lo distolse da quei pensieri:<< Andrè, ma dov'è il comandante? Siamo tutti curiosi di vederla! >>
Andrè si riprese del tutto:<< Ah, sì! Avete ragione ragazzi! Aspettate che la vado a chiamare. >> e dicendo questo si diresse verso le scale chiamandola.
Tutti erano impazienti:<< Chissà come sarà il nostro freddo e distaccato comandante con il pancione! Forse sembrerà più isterica che mai! >> disse Alain e a Esperanza venne un risolino, subito soffocato dal rumore di passi che scendevano lentamente le scale.
Andrè guardava in alto, sorridendo dolcemente.
Tutti i soldati trattenevano il respiro, ormai non riuscivano più a mantenere l'attesa ma, essendo al cospetto del loro ex comandante non si mossero.
Poi eccola là: ancora vestita da uomo ma, con un volto non più freddo, ma rilassato; aveva una camicia bianca dove si poteva vedere la sua pancia, prima sottile, ora gonfia.
Era radiosa e aveva un sorriso dolce in volto.
Sembra un angelo, pensò Esperanza.
Ad Alain uscí un dolce sorriso, un sorriso pieno di ricordi e di tenerezza.
Andrè era riuscito a far avverare il suo più grande sogno.
Oscar si voltò verso tutti i suoi ex soldati che l'accolsero sorridenti: erano tutti estasiati.
<< Che piacere rivedervi, ragazzi! >> poi Oscar fece caso ad Alain e alla ragazza che teneva sotto braccio.
<< Ciao Alain, vedo che stai bene. >> poi si voltò verso Esperanza, togliendole il fiato di tale bellezza e dolcezza.
<< E questa ragazza chi è Alain? >> 
<< Lei è la mia fidanzata. >> Esperanza avvampò.
<< Oh che bello! E come si chiama? >> Esperanza "riprese conoscienza".
<< M-mi chiamo Esperanza Cortés. >> era troppo estasiata da tale bellezza.
<< Piacere di conoscerti Esperanza, io sono Oscar François Grandier. >> 
Che era bello presentarsi con quel cognome. Quel cognome tanto amato.
Esperanza fece un piccolo inchino e Oscar fece una dolce e piccola risata:<< Non c'è bisogno di fare tutte questi complimenti con me. >> e le prese il mento con le dita.
Esperanza trattenne il respiro:<< Sei davvero molto bella, Alain è davvero molto fortunato. >>
Alain sorrise:<< Grazie comandante. >>
Oscar rispose con un sorriso.
<< Oh! Che sbadata! Accomodatevi e se volete rimanete per cena, sarete miei ospiti! >>

E quella sera tutti, di nuovo, sorrisero come non facevano da tempo, estasiati dal loro favoloso ex comandante che ora aspettava un bambino.

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Capitolo 14
*** Litigi. ***


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Scusatemi per la lunga assenza ma ho avuto dei problemi sia sentimentali che scolastici (oggi ho finito gli esami) quindi vi lascio questo piccolo capitolo per rinizziare!
Spero vi piaccia!

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Oscar si alzò e lo guardò con quei suoi occhi azzurri fatti di fuoco:<< Non faccio una rissa solo per il bambino! >> e se ne andò nell'altra stanza a vestirsi.
Andrè sospirò:<< E' sempre la solita! >> e sorrise.
Già, anche se Oscar si comportava così con lui era felice, felice perchè era sua, felice perchè quella dolce creatura stava attendendo il frutto del loro amore, quella donna forte e coraggiosa avrebbe illuminato le sue giornate con il loro bambino.
***
Esperanza scese le scale sbadigliando e con le occhiaie.
Non aveva chiuso occhio quella notte, al contrario di Alain, che aveva dormito come un pashà! 
Esperanza sbuffò: Alain già canticchiava di primo mattino!
Arrivata in sala da pranzo vide che già erano tutti a tavola: Oscar, Andrè, il generale, madame e anche Nanny!
Oh no! Siamo arrivati in ritardo!
<< Siamo mortificati! Non pensavamo di alzarci così tardi! >>
Oscar un secondo rise:<< A dir la verità è molto presto, siamo noi che ci siamo alzati prima! >>
Esperanza fece un respiro di sollievo e si mise a sedere: da un lato aveva Oscar e dall'altro Alain.
Le faceva quasi venire i brividi di avere quella creatura a qualche centimetro di distanza che la guardava con quegli occhi penetranti e le parlava con quella voce così fresca, limpida.
Alain, Andrè e Oscar parlavano da buon vecchi amici ma, a Esperanza le si stringeva il cuore ogni volta che gli sguardi di Oscar e Alain si incrociavano: Alain la guardava con una certa luce negli occhi e lei aveva uno sguardo da farti sciogliere.
Andrè, però, sembrava che non ci facesse caso,anzi! Era molto tranquillo.
<< Esperanza, allora tu sai cavalcare! >>
Esperanza si distolse di botto da quei pensieri facendo volare la fetta di pane piena di marmellata alle more addosso ad Alain:<< La mia camicia nuova! >>
Nanny lo guardò:<< Tranquillo ragazzo! Te ne procurerò una nuova. >>
<< Molte grazie signora Grandier! >>
<< Allora? >> riprese Oscar.
<< Ehm ... sì, so anche usare la spada. >> Oscar era felice, finalmente un'altra donna che sapesse combattere!
<< Mi piacerebbe davvero molto battermi con te,sai? Solo che non posso ... >>per la prima volta, Esperanza vide Oscar con un espressione un po' triste in viso.
<< Però può battersi con me! >> disse Andrè facendo capolino nella discussione.
Alain lo guardò un secondo fingendo uno sguardo lanciante un ultimatum:<< Appena le fai male te la dovrei vedere con me, Andrè! >> e cominciò a ridere, sapeva benissimo che Andrè sarebbe riuscito a non farle del male.
Esperanza rimase un secondo immobile, abbassò lo sguardo un secondo e le lacrime cominciarono a rigarle il viso. Oscar lo vide e le mise una mano sulle spalle:<< Esperanza? C'è qualcosa che non va? >>
Il contatto e la voce così delicata e allo stesso tempo un po' preoccupata di Oscar la fecero sussultare un secondo, tirò su col naso e si alzò di scatto:<< No, grazie. Scusatemi, devo andare. >> e corse fuori.
Alain rimase immobile, non capiva affatto quello che era successo.
Oscar si alzò dietro di lei, voleva inseguirla, ma non poteva correre:<< Alain! Insomma! Che cosa aspetti? Vai immediatamente da lei! >> disse con tono arrabbiato Oscar.
Alain fece cenno di "sì" e le corse dietro.
***
Esperanza era seduta sotto un albero in riva al lago, stava piangendo:<< Oh, come ho potuto dubitare di Alain? Come?! >>
In quel momento sentì una foce ferma ma, allo stesso tempo rassicurante chiamarla; lei si voltò: era Alain.
<< Esperanza, si può sapere che ti è preso? >> disse avvicinandosi a lei.
<< Oh Alain, mi sento così stupida ... >> si rannicchiò su se stessa.
<< Perchè amore mio? >> lui le cinse le spalle.
<< Ho pensato per un secondo che tu ... insomma, per come la guardavi ... che tu ti eri innamorato di lei ... >>
Alain in quell'istante si arrabbiò, sbarrò gli occhi e si alzò:<< MA DICO! SEI IMPAZZITA? SI PUO' SAPERE COSA TI SALTA IN MENTE?! >>
Esperanza si fece piccola piccola, non avrebbe mai pensato a una reazione di questo genere:<< Ma, Alain ... perchè fai così? >> disse con voce tremante.
<< FACCIO COSI' PERCHE' SEI PROPRIO UNA STUPIDA! >> e si voltò tornando indietro con le sue mani in tasca, indignato.
Esperanza scoppiò di nuovo a piangere, non si era mai sentita così.
"Mi sono distrutta con le mie mani, se solo non mi fossi comportata in quel modo ... "
***
Oscar e Andrè aspettavano il ritorno dei due amici ma, quando Oscar vide spuntare solo Alain si preoccupò un secondo:<< Alain, dov'è Esperanza? >>
<< E' rimasta piangere come una stupida sotto l'albero. >> Alain lo disse con un tono talmente menefreghista che Oscar non ci vide più e lo prese dal bavero della camicia:<< MA SI PUO' SAPERE DA DOVE TI E' VENUTO IN MENTE DI LASCIARLA IN QUEL MODO? NON MI ASPETTAVO UN COMPORTAMENTO COSI' INMATURO DA PARTE TUA, ALAIN! >>
In quell'istante intevenne Andrè cercando di farle lasciare la presa:<< Oscar, ti prego calmati! >>
<< NO! E' UNO STUPIDO! >>
<< OSCAR, TI PREGO! >> e dandole uno strattone più forte riuscì a staccarla.
Alain era rimasto impassibile, pieno della sua convinzione.
Oscar lo continuò a guardare minacciosa:<< Sei veramente un idiota. >>
E dicendo questo cominciò a camminare dove si sarebbe dovuta trovare Esperanza.
In quel momento Andrè guardò l'amico:<< Sta volta ha proprio ragione. >> e la seguì mentre Alain si morse le labbra.

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Capitolo 15
*** Chi l'ha detto che abbracciarsi fa male? ***


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Oscar camminava a passo veloce, voleva arrivare il prima possibile da Esperanza, ma non poteva correre.
Andrè era un poco più distante da lei, aveva capito che non voleva essere disturbata mentre parlava con la ragazza.
Esperanza era sempre sotto l'albero, la testa era appoggiata alle ginocchia e aveva i pugni serrati.
Oscar si fermò un secondo: Esperanza stava piangendo.
Oscar le si avvicinò con passo leggero e si inginocchiò posandole le mani sulle spalle. A quel tocco Esperanza alzò di scatto la testa: il suo viso era rigato di lacrime, gli occhi rossi e le labbra ricurve in una smorfia dolorante.
<< Esperanza, dimmi, cos'è successo tra te e Alain? >> la voce di Oscar era calda, ferma e così amichevole che riuscì a farla calmare un pò.
Esperanza tirò su col naso e le spiegò tutto.
Oscar, quando Esperanza finì, rimase molto sorpresa: perchè quella reazione?
Esperanza abbassò lo sguardo e Oscar le accarezzò la testa:<< Non riesco proprio a capire perchè di questa reazione, ma tranquilla, so' come fare. Ora dimmi, c'è qualcosa che posso fare per te? >> 
Esperanza rimase. Nessuno si era mai comportato così lei.
Oscar aveva quell'istinto ... materno.
<< No madamigella, se mi potesse aiutare a riprendermi però non sarebbe male. >> e fece una piccola risata, amara.
Oscar era tranquilla, le sorrise dolcemente:<< Vieni qua. >> e aprì le braccia facendole capire che la voleva abbracciare.
Esperanza rimase ferma:<< No, potrebbe farmi male,magari ritornerei a  piangere, sarebbe come fermarmi e non combattere ... >>
Oscar continuò a sorriderle:<< Chi l'ha detto che abbracciarsi fa male, che fermarsi non è continuare?* >>
Esperanza la guardò stupita, non aveva mai incontrato persone come lei.
Per la prima e vera volta, Esperanza si sentì a casa.
<< Allora? - continuò Oscar - lo vuoi o no questo abbraccio? >> ed Esperanza,  guardando quella donna col suo dolce sorriso, fece un leggero segno con la testa e si lasciò cullare come una figlia dalla madre.

***
Andrè era rimasto a guardarle da lontano, sorrideva, era felice e quelle due le facevano tenerezza:<< Sì, Oscar: tu sarai una splendida madre. >>
Ma ora toccava a lui, doveva scoprire il perché della reazione di Alain.
Fece dietro-front e si incamminò verso casa, lì trovò Alain.
Era seduto su una pietra, il viso tra le mani che abbassa voce diceva:<< Come? Come ho potuto trattarla in questo modo, sono uno stupido! >>
Andrè si fermò un secondo:"Allora che cosa ti ha spinto a farlo?"
Andrè si avvicinò cautamente:<< Alain. >> lo chiamò con delicatezza, senza farlo spaventare.
Alain alzò lo sguardo, era in lacrime.
Andrè rimase, era la prima volta che lo vedeva piangere.
<< Andrè, ho combinato un casino, sono un disastro di compagno... >>
Alain che faceva così?! Doveva tenerci proprio tanto a lei.
<< Amico, vuoi parlare? >> disse Andrè sedendosi vicino all'ex compagno d'armi.

***

Esperanza e Oscar stavano facendo una passeggiata in riva al lago, Esperanza aveva ricominciato a sorridere e Oscar si sentiva felice.
Parlarono chi erano e di chi sono adesso e delle cose che hanno segnato la loro vita, avevano imparato a conoscersi e a riconoscersi.
Esperanza, a un certo punto si fermò:<< Com'è aspettare un bambino? >>
Oscar arrossì leggermente, che effetto strano le faceva.
Stava cercando una risposta, ma Esperanza le fece un'altra domanda, aveva capito che non era il caso.
<< Posso? >> disse a Oscar con un dolce sorriso.
Oscar fece il cenno di "sì" con la testa e così Esperanza poggiò la sua mano candida sul ventre gonfio di Oscar.
Già, proprio uno strano effetto.
Esperanza accarezzò il ventre:<< Ti piacerebbe un maschio o una femmina? >>
oscar ci pensò un secondo:<< Un maschio. >>
<< Come mai? >> continuò Esperanza mentre continuava ad accarezzarle la pancia.
<< Mi piacerebbe molto avere un'altro Andrè in casa e mi piacerebbe crescerlo insegnandogli che non deve mai maltrattare una donna ... >>
Esperanza sorrise:<< Mi dispiace per te. >>
Oscar la guardò un secondo ed Esperanza continuò:<< Secondo me è una femminuccia. >>
<< E come puoi saperlo? >>
Esperanza smise di accarezzarla e guardò Oscar dritta negli occhi:<< Istinto. >> e camminò in avanti.
<< Hey! Aspettami! Non lasciarmi sola! >> disse Oscar ma, Esperanza era già lontana.
Oscar abbassò lo sguardo e si accarezzò il ventre:<< Una femmina? - sorrise - se tu, amor mio, sarai una femmina sono convinta che sarai la donna più forte di tutte, anche di me. >>

***

<< Insomma, da un lato mi sono stancato. Te l'ho detto, è da un mese che non fa altro che avere questi sbalzi d'umore. Non ne ho potuto più e mi sono arrabbiato ... ora però ho i rimorsi ... >> disse Alain mentre camminava con Andrè.
<< Sbalzi d'umore dici? >> disse Andrè mettendosi a ridere.
Alain si arrabbiò:<< Che hai da ridere? >>
<< Sai, anche Oscar ha degli sbalzi d'umore, ma specialmente nel primo mese di gravidanza non faceva altro che cambiare umore con uno schiocco di dita! >> e si rimise a ridere finchè non pensò un secondo a quello che aveva detto. Guardò Alain e capì che anche lui ci stava pensando:<< Alain, tu ed Esperanza avete? ... sì, insomma hai capito no? >> disse Andrè un po' rosso ma allo stesso tempo preoccupato.
Alain avvampò:<< S-sì. >>
<< Oh merda ... >>
Alain stava per svenire e Andrè cercò di farlo riprendere:<< F-forza Alain! N-non è ancora s-sicuro! >>
<< Voglio morire! >>





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*Pezzo preso da "Sei sola" di Tiziano Ferro e Baby K

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Capitolo 16
*** Non più sola. ***


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Alain corse da Esperanza, preoccupato, spaventato, pieno di rimorso.
<< Alain aspettami! >> Andrè gli gridava da dietro, Alain era troppo veloce.
Esperanza e Oscar erano sulla via del ritorno, erano tranquille, chiaccheravano fresche e limpide.
Alain continuava a correre.
Appena Esperanza vide Alain correre in quel modo si sentì invadere di gioia: forse era tornato a scusarsi.
<< Alain, come mai così di fretta? >> disse Esperanza con un piccolo e dolce sorriso.
Lui si fermò, riprese fiato. La guardò preoccupato, quasi impaurito e la strinse a con foga,ma senza farle male.
Esperanza si lasciò avvolgere e affondo il suo viso nel petto del suo amato.
<< Amore mio, mia piccola Esperanza ... ti prego, perdonami. Non avrei dovuto ... >> Alain era quasi in lacrime, il suo viso era annegato nei capelli corvini di lei, cercava di sentire il suo profumo, il suo contatto.
<< Tranquillo Alain, va tutto bene. Può capitare - Esperanza alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise - l'importante che tutti i sogni che abbiamo condiviso non finiscano. >>
Alain la guardò un secondo, come sorpreso da quella affermazione:<< La mia piccola birbante! >> e la prese in braccio facendo fare una piccola giravolta.
Oscar e Andrè si abbracciarono:<< Ce l'abbiamo fatta Oscar, ce l'abbiamo fatta. >> e le diede un bacio dolce e tenero.
Erano tutti tornati a sorridere.
<< Esperanza, però ora ti devo chiedere un favore. >> disse Alain un  po' più serio accarezzandole il viso.
Esperanza lo guardò interrogativa:<< Dimmi. >>
Alain prese un respiro profondo:<< Fatti controllare da un medico, ti scongiuro. >>
Esperanza rimase un secondo a fissarlo:<< Perchè? >>
Alain la guardò un po' più dolcemente:<< Sai sono preoccupato: in questo periodo hai molti sbalzi d'umore e ti viene spesso da vomitare. Ti prego, non farmi stare troppo in pensiero. >>
Sentendo Alain, a Oscar le si mozzò il respiro: aveva capito bene?
<< O-oscar, vieni con me, andiamo a chiamare il dottore! >> fece Andrè trascinandola via.
<< Andrè sappi che mi devi spiegare molte cose tu! >> disse Oscar accigliata.
<< Tranquilla amore! >> Andrè era un po' nervoso dall'aria che tirava.

***

Passò qualche ora e arrivò il dottore a casa.
Nanny faceva avanti e indietro:<< Ma cosa può avere quella povera ragazza? >> come al suo solito era preoccupata.
Il generale guardava incuriosito la vecchia governante:<< Si può sapere che sta succedendo in questa casa? >>
<< Oh caro- iniziò Margueritte- a quanto pare Esperanza non sta molto bene e quindi hanno chiamato il dottore per una visita. >>
Nel volto di Augustin si formò un'espressione interrogativa mista alla domanda "E perchè state facendo così?" guardando Nanny che continuava ad agitarsi:<< Che cos'avrà quella povera bambina? >>
Era inutile, poteva perdere le speranze, finchè non avrebbe detto qualcosa il dottore non si sarebbe mai calmata.

[Nel frattempo nell'altra stranza]
Alain vide uscire il dottore dalla stanza dove stava visitando Esperanza:<< Allora? Che cos'ha? >> Alain era preoccupato.
Il dottore gli sorrise e gli mise una mano sulla spalla:<< Niente di così grave, è semplicemente incinta. >> 
A quelle parole per poco ad Alain non venne un infarto:<< C-cosa?! -Alain era diventato color della neve- e da quanto? >>
<< All'incirca due mesi- il dottore gli strinse la mano- congratulazioni! >> e se ne andò.
Alain, a quel punto, fece irruzione nella stanza:<< Esperanza! >>
Esperanza aveva le lacrime agli occhi ma, sorrideva, non faceva che accarezzarsi la pancia dicendo con un fil di voce:<< Il mio bambino ... >>
Alain si avvicinò con passo veloce e si sedette al capezzale di lei.
<< E-esperanza - Alain era ancora incredulo - allora tu sei ... >> non riusciva a finire la frase, era così incredulo e allo stesso tempo felice della notizia.
Esperanza lo guardò con una dolcezza infinita:<< Sì amore mio, sono incinta - gli accarezzò il viso - avremmo presto un bambino! >>
Alain la abbracciò forte ed Esperanza cominciò a piangere, erano così felici.
A quel punto si sentì qualcuno piangere:era Nanny.
<< Oh piccola! E' incinta! >>
Tutti quanti scoppiarono a ridere.
Poi Oscar e Andrè entrarono:<< Congratulazione vecchio furfante! >> disse Andrè ridendo, dando una pacca sulla spalla ad Alain.
Oscar invece fece come al suo solito: occhi limpidi, sorriso dolce e parole pronunciate con dolcezza e tranquillità calda del deserto.
Alain guardò Oscar:<< Madamigella, ora non siete più sola! >> 
Oscar lo stava per fulminare con lo sguardo ma, alla fine, Alain aveva ragione e scoppiarono tutti a ridere.

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Capitolo 17
*** Non eri calcolato. ***


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Passò un mese e la vita nella casa di Arras procedeva "tranquillamente".
Oscar ed Esperanza erano spesso soggette a sbalzi d'umore e a colate di vomito o abbuffamenti sul cibo.
Nanny e Margueritte erano molto attente a loro, a come e cosa dovevano mangiare e le preparavano al futuro.
Andrè e Alain erano disperati, sempre in balia di qualche vaso o piatto "volante".
Augustin, dal canto suo, cercava di rassicurare i due poveri ragazzi che presto sarebbero diventati genitori.
In quel mese erano venuti a trovarli anche Rosalie e Bernard, felici e incantati da quei dolci gonfiori.

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

Era una tranquilla giornata di dicembre quella; Augustin stava fumando la sua pipa nel salone col caminetto acceso.
Indossava una giacca rossa sopra una camicia bianca e se ne stava seduto là, su quella poltrona a fumarsi la sua pipa dove il suo odore si mescolava a quello dei biscotti appena sfornati di Nanny.
Augustin contemplava il paesaggio bianco che si  estendeva fuori dalla finestra piena di brina; rimuginava su tutto ciò che era stato, facendo un confronto con il presente: decisamente, il presente, era molto meglio.
Augustin respirava profondamente: l'aria era impregnata di biscotti, arance e amore ... che fragranza di casa!
<< Buon giorno ... >> dietro di lui si fece strada una voce ancora impastata dal sonno: era Oscar, stava scendendo le scale.
Augustin si voltò sorridente verso la figlia tanto amata:<< Buon giorno Oscar. >>
Si fermò un secondo a guardarla: aveva una lunga vestaglia bianca che le arrivava quasi ai piedi nudi e si poteva vedere il ventre gonfio, i capelli dorati erano spettinati, tutti fuori posto.
Era bellissima.
<< Oscar, aspettami! >> Andrè arrivò veloce dietro di lei.
<< Mi potresti anche aspettare! >> 
Andrè era preoccupato,si era vestito il più veloce possibile per starle accanto: i capelli bruni erano spettinati, la camicia era fuori dai pantaloni e in mano teneva uno dei due stivali neri.
<< Insomma Andrè, mi fai sentire come se avessi chissà quale problema! Sto benissimo, aspetto semplicemente un bambino! >> 
Oscar si stava scaldando, non ne poteva più di tutte quelle attenzioni.
<< Appunto! Se  inciampi, per lo meno, ci sono io a tenerti! >>
Ad Augustin venne da ridere: finalmente si sentiva veramente felice.
<<  Oh insomma! Con voi non si può proprio dormire! >> 
Alain si era svegliato insieme ad Esperanza che gli teneva la mano, sembrava una bambina.
Ma, a quanto pare, i due non davano retta a nessuno: rimanevano lì, sulle scale, a litigare.
A quel punto uscì dalla cucina Nanny:<< Insomma! Sembra che siate tornati dei bambini! >> 
Nanny ritornò in cucina e dopo poco tornò con un vassoio pieno di biscotti .
Oscar e Andrè lo guardarono un secondo e poi si scambiarono un'occhiataccia:
<< E' mio! >> disse Oscar facendo per scendere gli scalini ma, Andrè la fermò:<< No, tu sei stata cattiva, quindi sono miei! >>
<< Lo vedremo! >>
I due corsero giù, ma quando stavano per arrivarci Nanny si spostò:<< Se li volete dovete smettere di litigare. >>
Oscar e Andrè sbuffarono, ma si incrociarono i mignoli in segno di pace.
Alain guardava la scena divertito:<< Sono dei matti! >>  e scoppiò in una fragorosa risata che contaggiò tutti.

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

Si inoltrò il pomeriggio, tutti erano nel salotto a chiaccherare animatamente davanti al camino sorseggiando una cioccolata calda preparata da Nanny.
<< Oscar? >>
<< Sì, Esperanza? >>
Lei prese un po' di coraggio e si fece avanti:<< Voi avete già scelto il nome per il bambino? >>
Andrè e Oscar diventarono un po' rossi:<< N-no, v-voi? >>
Esperanza e Alain scossero la testa, poi Alain iniziò:<< Però un nome lo avrei! >>
Esperanza lo guardò incuriosita:<< Davvero? >>
<< Sì, per entrambi! >>
Andrè ed Oscar si sporsero in avanti:<< E quale sarebbe? >>
<< Alain e Andrè junior! >>
Andrè si mise a ridere:<< Bella trovata! >>
Oscar ed Esperanza gli fulminarono con lo sguardo.
<< He-hey! scherzavamo! >> i due ragazzi stavano cominciando a spaventarsi ma, qualcuno bussò alla porta.
Tutti guardarono in direzione del rumore: chi poteva essere?
Nanny andò ad aprire.
Appena la porta fu abbastanza aperta, un uomo incappiucciato e ricoperto di neve cadde a terra tossendo:<< V-vi prego, chiedo ospitalità solo per una notte, poi me ne andrò via. Fupri c'è molto freddo ... vi prego ... >>
<< Oh pover uomo, su, si alzi. >> Nanny era come sempre di buon cuore.
Oscar si avvicinò:<< Vi prego, si accomodi qui al caldo in tanto. >>
L'uomo si tolse il cappuccio e alzò il volto:<< Gra ... >>
I due sguardi si incrociarono, ad Oscar le si fermò il respiro: era Girodelle.

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Capitolo 18
*** Fiamme. ***


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Oscar era rimasta pietrificata: fissava quegli occhi verdi che la scutavano, sgranati, in cerca di risposte.
<< Ma-madamigella Oscar? >>Girodelle era confuso, pensava che lei era morta durante la rivoluzione.
Fece un passo verso di lei:<< Dio sia lodato!- l'abbracciò forte- è viva, è viva! >> lo ripetva, gridando, fra le lacrime.
Girodelle la strinse un po' di più a se e quello fu il momento cruciale: tra lui e la "sua amata" c'era qualcosa.
Oscar, in preda al panico , si divincolò dall'abbraccio.
Lui la guardò un secondo: era in abiti femminili. Poi spostò il suo sguardo dove fino a qualche momento fa  sentiva quella "cosa".
Ed eccolo lì: un pancione fasciato da un vestito rosso sangue.
In quel preciso istante entrò Andrè:<< Oscar, chi è? >>
Guardò la sua amata che era immobile e solo a quel momento si voltò verso l'uomo che le stava difronte.
Mise bene a fuoco la figura e appena capì chi fosse fu invaso dalla rabbia:<< Cosa ci fai qui? >> Andrè era accigliato.
Victor lo guardò sorpreso:<< Andrè?  Ci sei anche tu? >> 
Andrè si avvicinò minaccioso:<< Vattene. >>
Victor rimase interdetto:<< C-cosa? >>
<< Hai capito benissimo. >> sembrava che Andrè stava ringhiando di quanto stava ribollendo.
Victor si voltò verso Oscar:<< Non può buttarmi fuori!  E' solo un servo! >>
Oscar, a udire quelle parole, si scaldò:<< Invece può! Non è SOLO un servo! Lui è mio marito! >>
Victor era sotto shock, poi ritornò a quel ventre gonfio:<< Non mi dirai che voi ... che voi siete incinta di questo plebeo ... >>
Andrè ruppe il contatto visivo fra i due:<< Sì e ora sparisci! >>
Girodelle era su di giri: non riusciva a crederci che la "sua" bellissima Oscar fosse rimasta incinta di uno come Andrè, di un inutile servo.
In quel momento entrarono Alain ed Augustin, preoccupati per le voci minacciose che si sentivano fino all'altra stanza.
<< Si può sapere cosa sta accadendo qui? >> il generale guardò interrogativo la figura che stava davanti ai due ragazzi.
Victor si voltò:<< Generale? Ma voi ... >>
Il generale lo guardò per bene:<< Victor? Cosa ci fai qui? >>
<< La domanda giusta e cosa ci fate VOI qui. >>
<< Sono con la mia famiglia in casa mia, mi sembra ovvio. >>
Victor si indispettì:<< E voi permettete a vostra figlia di stare con questo essere di basso rango e di concedergli un erede? >>
Alain divenne rosso di rabbia:<< Senti, non sò chi sei, ma prova a dire semplicemente qualcos'altro a loro che io ti strappo la bella parrucca che hai in testa, chiaro? >>
Victor, vedendo quel gigante minaccioso, si rimpicciolì e indietreggiò.
Il generale si fece avanti:<< Conte Girodelle non tornate mai più qui, la vostra presenza non è ben accetta. >>
Victor si ricompese:<< Va bene generale ma, permettetemi di dire a vostra figlia che non avrei mai potuto pensare che fosse una sgualdrina. >>
In quel momento Andrè e Alain persero il controllo e lo assalirino lasciandolo moribondo a terra e facendolo per buttarlo fuori ma, la voce ferma e leggermente dolce di Oscar li fermò:<< Ragazzi, non possiamo lasciarlo così. >>
I due la guardarono interrogativi:<< Ma cosa state dicendo comandante? >> Alain era del tutto rimasto di stucco.
<< Dico che anche se lui non è una persona buona non vuol dire che anche noi dobbiamo comportarci da animali. >> si sentiva la voce fiera del comandante farsi strada .
Andrè fece un sorrisino, Oscar era sempre la stessa, la Oscar di vero animo nobile e gentile.
<< Va bene Oscar, hai ragione. >> Andrè posò Girodelle a terra.
Alain lo guardò di stucco:<< M- ma cosa stai dicendo? Vi siete giocati il cervello?! >>
Esperanza fece capolino nella discussione:<< Alain vergognati! E' pur sempre un uomo mezzo morto! Oscar haragione. >>
Quanto la odiava, Alain, quando faceva così:<< Uff, e va bene. >> e lo lasciò cadere sul parquet.

***

Girodelle si svegliò in un letto caldo, gli faceva male la testa.
Si voltò verso sinistra e vide Oscar. Andrè e Alain.
<< Finalmente il parruccone si è svegliato! >> disse Alain incrociando le braccia al petto.
Oscar lo fulminò con lo sguardo e poi si voltò verso Victor:<< Come state? >>
Victor abbozzò un sorriso:<< Abbastanza frastornato, sicuramente non mi sento alla grande. >>
Oscar gli sorrise.
Raccolse un po' di forze e tentò mettersi a sedere con l'aiuto di Andrè.
Victor guardò Andrè: non si era mai sentito così verme.
<< Madamigella, Andrè se ... se poetete perdonatemi ... >> entrambi lo guardarono interrogativi.
<< Non dovevo comportarmi in quel modo, sono un verme. >> i due sorrisero:<< Sei perdonato. >>
Victor accennò un sorriso e poi guardò il ventre di Oscar:<< E bene, vedo che avete un bel pancione gonfio. >>
Oscar abbassò lo sguardo lusingata.
Victor allungò leggermente la mano, incerto:<< P-posso? >>
Lei lo guardò un attimo e poi fece cenno di "sì" con la testa.
A quel punto Victor sentì sotto le sue dita quel meraviglioso gonfiore: si innamorò.
<< E' meraviglioso mad... >> si bloccò un secondo per guardare Andrè e poi ritornò su di lei:<< Madam Grandier. >>
Oscar sobbalzò un secondo ma, poi sorrise:<< Lo so'. >>

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Capitolo 19
*** Cenere. ***


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Angolo autrice:
Volevo ringraziare di cuore tutti quelli che seguono questa storia, chi scrivendomi e chi invece lo fa silenziosamente.
Un grazie speciale a Tetide e a Pamina71 che recensiscono tutti i capitoli aiutandomi a migliorare. :)
Spero che il capitolo vi piaccia! Fatemi sapere!
Un abbraccio,

Vostra Waterwall <3
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Passò qualche giorno e Girodelle si riprese del tutto dalla rissa coi due.

<< Quindi avete deciso di andare, Girodelle? >> Oscar era sulla soglia della  porta con un abito azzurro ghiaccio che le lasciava il petto scoperto che faceva risaltare un diamantino.
Girodelle lasciò cadere le ultime bende sul letto e chiuse il sacco con qualche provvista dentro:<< Sì madamig... volevo dire madam Grandier. >>
Quanto gli faceva male chiamarla ìn quel modo, con il cognome che non era il suo ma, almeno, ora, era felice.
Si avvicinò alla finestra per guardare il tempo fuori.
<< Questa mattina non nevica e c'è il sole, la neve sarà quasi del tutto sciolta. >> Oscar gli si era avvicinata.
Lui si voltò lentamente, le era mancata molto, pensava che fosse morta invece era viva. E di lui non aveva bisogno.
<< Madam ... mi mancherete sà? >>disse Victor in punto di piangere.
Il sole abbagliò la camera e anche il volto di Oscar che accennò un sorriso, era un sorriso dolce e candido come la neve: sembrava un angelo.
<< Anche voi mi mancherete ma, ci potremmo rincontrare un giorno. >>
Victor fece un sorriso amaro e scosse la testa:<< Mi dispiace ma, credo di no. >>
Oscar corrugò la fronte in fare interrogativo:<< Perchè dite così? >>
Girodelle la guardò negli occhi, mentre i suoi si riempivano di gocce amare:<< Madam ormai non possiamo più essere amici. E' tutto finito ... >>
Oscar abbassò la testa e respirò:<< Avete ragione. >>
Girodelle cominciò a piangere e l'abbraccio forte:<< Sarete sempre e per sempre nel mio cuore, sappiatelo! >>
Lei ricambiò la braccio anche se non con la stessa foga:<< Non vi scorderò mai, siete stato un buon amico. >>
Girodelle sorrise amaramente: già, un amico.
L'abbraccio si sciolse e scesero sotto.
All'ingresso gli stavano aspettando tutti.
Victor fece un respiro profondo e cominciò i saluti: il primo fu il generale e Margueritte.
<< Addio generale, spero che finalmente troviate la pace qui. >> 
Il generale sorrise:<< Grazie Girodelle. >>
Poi toccò a Esperanza:<< Madam vi ringrazio con tutto il cuore per avermi medicato le ferite. >>in quel momento Girodelle si inchinò ed Esperanza arrossì leggermente:<< D-di nulla. >>
Toccò ad Alain che già lo stava guardando in cagnesco per la reverenza fatta alla moglie:<< Addio Alain, è stato bello conoscerti; Oscar e Andrè hanno davvero un buon amico al loro fianco. >>
Alain continuò a farsi vedere arrabbiato anche se, sotto i baffi, si celava un sorriso.
E per ultimo toccò ad Andrè.
Lì, Girodelle respirò rumorosamente e buttò l'aria dalla bocca come se stesse per vomitare:<< Andrè, ti scongiuro, perdonami se ti ho sempre trattato male ma, il fatto era che non accettavo che tu potessi stare con Oscar e io no ... Andrè, spero che voi siate felici davvero. - lo guardò sorridendo - giuro che se scopro che la fai star male ti uccido con le mie mani! >> e per la prima volta, dopo che lo aveva conosciuto, finalmente Andrè gli sorrise.
Poi si avvicinò alla porta e guardò per l'ultima volta il suo ex comandante:<< Addio ma...- si bloccò un secondo e poi decise di chiamarla nella maniera che gli piaceva di più- addio Oscar! >> e si chiuse la porta alle spalle.
 
*** Quella sera ***


Oscar ed Esperanza erano davanti al caminetto mentre Andrè ed Alain erano in sala da pranzo a bere un bicchiere di vino con il generale.
<< Senti Esperanza- cominciò Oscar- come hai fatto a sentire, tempo fa, che la creatura che porto in grembo è una femmina? >>
Esperanza la guardò e rimase in silenzio per un secondo:<< Possiamo dire che sono un po' ... sensitiva. >> disse lei ritornando a guardare il caminetto.
<< Sensitiva? >>
<< Sì, sento le cose che possono accadere e devo dire che... ecco ... lascia stare ... >> Esperanza sembrava un po' nervosa ma anche intristita.
Oscar corrugò la fronte:<< Forza Esperanza, dimmi; non sopporto le persone che mi nascondono le cose. >>
Esperanza si morse le labbra e cominciò a torturarsi le mani:<< Vedi ... ho come la sensazione che la creatura femminile non sia questa che porti in grembo ... >> a Esperanza sembrava che a Oscar sarebbe potuto bastare ma, a quanto pare, si vedeva di lontano un miglio che nascondeva qualcosa.
<< Continua, non lasciare le cose a metà. >> la freddezza del comandante stava tornando in Oscar.
Esperanza sospirò:<< Ho come la senzazione che ... insomma che ... >> stava cominciando a  balbettare e Oscar stava si stava cominciando a scaldare:<< Che? >>
<< Che questo bambino non vivrà! >> Esperanza lo disse tutto di un fiato, quasi vomitando le parole.
Oscar era sconvolta:<< Cosa?.. >> 
<< S-scusami Oscar ... >>
<< N-non può essere ... >>
Esperanza la guardò e le strinse una mano ma, Oscar stava cominciando a piangere:<< Vuoi dirmi che non diventerò madre?.. >>
Oscar si stava sentendo crollare il mondo sotto ai piedi.
<< N-non esattamente ... Sento come se la creatura che deve nascere e stare fra le vostre braccia non sia quella che porti ora in grembo ma, sento che tu diventerai madre. >>
Oscar ricorse al temperamento freddo del comandante:<< Quante cose sai esattamente? >>
Esperanza deglutii, non le piaceva dire tutto ciò che sentiva ma, Oscar sembrava alquanto minacciosa:<< Ecco, sento che questa creatura morrà all'egual tempo della sua nascita ma, non crucciarti perchè la vita dentro te tornerà e un vero guerriero sarà. >>
Oscar si alzò, senza dire una parola e salì nella camera da letto, chiuse la porta e cominciò a piangere accarezzandosi il ventre:<< Amore mio, tu devi vivere ... non puoi morire ancor prima di aprire gli occhi ... >> e si addormentò così, in balia delle lacrime.


Oscar stava camminando, attorno a lei tutto era buio ma, non aveva paura.
Da lontano scorse una luce e si avvicinò.
Quando fu abbastanza vicine cominciò a sentire la voce di un bambino:" Ciao mamma, sono io, il tuo bambino. In questo momento sono dentro la tua pancia. "
Udendo queste parole, Oscar, cominciò a piangere:<< Oh amore mio, che bella che è la tua voce! Ma perchè mi parli? >>
" Volevo dirti che ciò che ti ha detto zia Esperanza è vero ... non ti vedrò mai mamma, o perlomeno TU non mi vedrai mai. "
Sul volto di Oscar si tinse un'espressione interrogativa:<< In che senso? >>
" Non sono fatto per vivere qui ma, quando ci sarà bisogno di me ci sarò. "
<< Ma io e tuo padre abbiamo bisogno di te! >>
Si sentì una tenera risata:" No mamma, voi avete bisogno del guerriero. " le ultime due parole furono scandite molto bene.
<< Del guerriero? >>
" Sì, io non sono altro che un involucro con dentro una SUA parte di anima che a tempo debito tornerà da LEI. "
<< Non capisco, ti prego cerca di spiegarti meglio. >>
" Ti voglio bene mamma, addio. "



Oscar si svegliò di soprassalto, era notte fonda e Andrè era accanto a lei che dormiva beatamente.
Oscar sospirò e si lasciò cadere sul cuscino, si accarezzò il ventre:<< Allora sei della cenere dopo il fuoco ... ma chi è IL fuoco? >>

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Capitolo 20
*** Progetti. ***


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Andrè si svegliò infastidito dai raggi del sole che filtravano dalle tende della finestra.
Aprì il suo occhio verde e girò leggermente il volto dove si trovava il comodino con sopra un piccolo orologio: erano le sette del mattino.
Sbuffò facendo alzare il ciuffetto che gli stava cadendo sopra l'occhio e si lasciò cadere con la faccia nel cuscino; era a pancia in giù.
Si stiracchiò e si voltò dall'altro lato dove vide un bellissimo angelo dai boccoli dorati che teneva gli occhi chiusi e una mano sul ventre gonfio: sembrava talmente tranquilla e beata.
Andrè sorrise e le si avvicinò: gli piaceva molto vederla dormire.
Le diede un bacio sulla fronte, cercando di non svegliarla. Lei mugugnò e si voltò dal suo lato mentre le sue mani si misero sotto la testa: ora sì che sembrava un vero angelo.
Andrè soffocò una risata e le diede un altro bacio, questa volta sulle labbra; a quel tocco Oscar aprì gli occhi, ancora impastati dal sonno.
<< Buon giorno amore mio. >> le disse dolce Andrè.
Oscar si stropicciò gli occhi e con voce ancor fatta di sonno e sogno disse:<< Buon giorno anche a te, Andrè. >>
Le sorrise e le accarezzò quella pozza d'oro scintillante; a Oscar piaceva molto quel gesto e ,quindi, chiuse gli occhi per assaporare meglio le dita di Andrè che si andavano ad intrecciare con i suoi boccoli lucenti.
<< Forza dormigliona, dobbiamo alzarci. >> fece Andrè  accarezzandole la guancia.
Oscar mugugnò e si voltò dall'altro lato:<< Ma è ancora presto ... >>
Andrè l'abbracciò da dietro :<< Per un nobile sì, non per un povero plebeo come me. Anzi, è abbastanza tardi! >>
Oscar si voltò per guardarlo e sbuffò:<< Va bene, va bene. Mi alzo. >> e sorridendogli gli diede un bacio.
Dopo che si sciacquarono il viso e si misero i vestiti scesero in sala da pranzo dove tutti li stavano aspettando.
La nonna aveva preparato i suoi buoni biscotti e la cioccolata che Oscar tanto adorava.
Già, la nonna non faceva altro che viziare sia lei che Esperanza.
<< Finalmente i due ribelli si sono svegliati! >> disse Alain ridendo, mentre vedeva Oscar e Andè scendere dalle scale.
Andrè ridacchiò:<< Buon giorno anche a te, Alain. >>
Si accomodarono e cominciarono a fare colazione.
Oscar ed Esperanza, per tutto il tempo che erano in sala da pranzo, non riuscirono a guardarsi negli occhi, tanto meno a parlare.
Esperanza si stringeva le spalle, quanto si sentiva in colpa per l'accaduto del giorno prima.
Vide Oscar alzarsi:<< Scusatemi, vado in salotto a leggere qualche libro. >> e dicendo questo si congedò.
Esperanza si morse le labbra e decise di seguirla.
Alain e Andrè si guardarono interrogativi mentre il generale accendeva la sua pipa.

***

Oscar prese un libro dalla piccola biblioteca a muro. Era un libro pieno di polvere, in uno degli scaffali più in alto dietro a due file di libri, insomma, un libro del tutto dimenticato.
Soffiò sopra la copertina usurata dal tempo del colore della carta grezza  che teneva chiuso il libro da un fiocco di rafia.
Sopra c'era scritto in stile gotico a mano: " Magie, rêves et destin. "
Era molto strano trovare un libro simile nella piccola parte della libreria della famiglia Jarjayes, ma non impossibile. Infatti essendo l'anno dell'alchimia era molto semplice trovarne in giro.
Tirò leggermente un finale del fiocco di rafia e aprì il libro.
Le pagine giallastre erano piene di scritte fatte a mano e di disegni: sembrava un libro di magia oscura.
Esperanza vide Oscar che si andava a sedere sul divanetto davanti al camino.
Esperanza prese un respiro profondo e con tono che sembrava dispiaciuto le disse:<< Cosa cerchi in quel libro? Non pensavo che potesse essere uno appartenente ai tuoi generi. >>
Oscar alzò di scatto la testa, non se ne era accorta della sua presenza.
<< Che ci fai qui? >> cercò di fuggire dalla domanda fattele da Esperanza.
<< Ero venuta a scusarmi, sono stata troppo fredda e irriguardosa nei tuoi confronti ... >> Esperanza chinò la testa e con una mano si strinse un gomito.
Oscar sospirò:<< Forza, vieni qui e siediti accanto a me. >> le sorrise.
Esperanza rimase di sasso, pensava a una sfuriata.
Appena le si sedette accanto Oscar l'abbracciò:<< Non è fin dei conti colpa tua. Mi hai semplicemente detto quello che senti. >>
Esperanza ricambiò l'abbraccio e, appena si staccò, le sorrise:<< Ancora non hai risposto alla mia domanda, però. >>
Oscar riprese il libro:<< Stavo cercando delle risposte ... Sai ho fatto un sogno in cui ...- si bloccò un secondo, non poteva dire tutto a Esperanza- in cui mi dicevano le stesse cose che mi hai detto tu. >>
Esperanza guardò il libro:<< E qual'è la tua domanda? >>
Oscar sentì la pioggia cadere fuori dalla finestra e questo, non si sa' il perchè, la fece rassicurare:<< Se si possono cambiare le cose ... >>
Esperanza accennò un amaro sorriso:<< Oscar, non mi giudicare come guasta feste ma ... sai... il destino non si può cambiare. E' già tutto scritto ed evidentemente il tuo bambino ha un progetto molto grande davanti a lui. >>
Oscar la guardò interrogativa:<< Ma se non vivrà. >>
<< Non per forza l'anima vive solo se si respira. >> e la guardò negli occhi.
Oscar si sentì a disagio ed Esperanza lo capì:<< Scusami di nuovo ... non volevo darti fastidio ... >> e si alzò per andarsene ma, Oscar la trattenne da una manica del vestito.
<< Non scusarti, hai ragione ... alla fine ci sono mille cose più grandi di noi. >>
Le due si sorrisero.

***

Era il primo pomeriggio e tutti quanti erano in salotto a conversare, eccetto Oscar che era in camera, stanca.
A un certo punto Alain guardò Andrè:<< Senti amico ma,oggi che giorno è? >>
Già, ormai si era perso il conto dei giorni.
Andrè si mise il mento fra l'indice e il pollice e ci pensò un secondo:<< Oggi è il 19, il 19 dicembre. >>
Esperanza sorrise:<< Che bello fra 5 giorni c'è la vigilia di Natale! >>
Alain rise, Esperanza era una bambina.
Andrè sorrise:<< Già, e anche il compleanno di Oscar. >>
Esperanza e Alain lo guardarono:<< Davvero? >>
<< Eh già! >>
Ad Esperanza le si illuminò il viso:<< Mi è venuta un'idea! >>
Anche il generale si mise in ascolto:<< E ci dica madam de Soissons, quale sarebbe? >>
<< Potremo organizzare una piccola festa a Oscar, credo che ne sarebbe felice. >>
Andrè sorrise pensando a tutti i compleanni di Oscar: neanche una volta aveva ricevuto una torta o un vero e proprio augurio. Era come se tutti lo scordassero.
<< Sì, lo credo anche io. >> aggiunse.
Esperanza decise compiaciuta:<< E che festa a sorpresa sia! >>

***

Oscar si era addormentata, cercando di riprendere il sonno perso nella notte precedente.

Stava di nuovo sognando.
Questa volta era in una piazza di Parigi e accanto a lei stavano due bambini, un maschio e una femmina, ma di nessuno dei due riusciva a distinguere i tratti.
La piazza era affollata e al centro qualcuno che parlava ma, l'unica cosa che riuscì a capire di tutto il discorso fu "Robespierre".
Oscar guardò di nuovo i bambini, ma non c'erano.
La folla le arrivò addosso e, solo quando si dissolse, vide difronte a lei di nuovo i due bambini: la bambina era sdraiata, priva di vita e il bambino, che la teneva tra le sue braccia, in ginocchio a terra, non faceva altro che piangere.
<< No! Perchè sei andata lì in mezzo?! >>


Oscar si svegliò di botto, ansimante.
Un altro, maledettissimo, incubo.

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Capitolo 21
*** Preparativi. ***


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Era mattina.
Una candida mattina di dicembre dove il sole faceva risplendere la neve sotto i suoi raggi, facendola sembrare un tappeto di diamanti.
Quella mattina, Oscar, aveva mal di testa: troppe notti insonni.
Andrè si svegliò e le diede un bacio sulla guancia:<< Buon giorno madam Grandier. >> disse sorridendole.
Oscar era troppo giù di morale:<< Buon giorno ... >> si sentiva fiacca, senza forze.
Andrè si preoccupò:<< Cos'hai? Non ti senti bene? >>
Oscar fece un mezzo sorriso:<< Tranquillo Andrè, ho un po' di mal di testa. Niente di grave. >>
<< Insonnia? >> le chiese mentre accarezzava i suoi capelli dorati che cadevano lungo le spalle.
<< Già, questa notte è stata bianca. >> Oscar si stropicciò gli occhi.
Andrè le diede un bacio sulla fronte:<< Aspettami qui. >>
Oscar fece cenno di "sì" con la testa e vide scomparire dalla porta il suo amato.
In quel momento si rigirò mettendosi ad osservare il soffitto di legno della loro camera.
Sbuffò, ripensando all'ultimo sogno che l'aveva tormentata e un brivido lungo la schiena la graffiò.
Era da giorni che quegli incubi la perseguitavano portandola a non dormire la notte.
Perchè? Perchè non la lasciavano in pace? Non riusciva a darsi una spiegazione lecita o quantomeno verosimile. Sapeva solo che significavano qualcosa.
La porta si riaprì e spuntò Andrè: aveva un vassoio in mano con una tazza di cioccolata calda e dei biscotti fatti da Nanny.
Quanto adorava quei biscotti.
Oscar si mise a sedere, a gambe incrociate, sul letto mentre Andrè poggiava il vassoio sulle lenzuola.
Lei lo guardò dolcemente: << Andrè, non dov… >>
Lui premette leggermente il suo indice contro le labbra della sua amata:<< Dovevo. Sei stanca e hai bisogno di riprenderti. >>
Oscar sbuffò:<< Ma.. >>
Andrè la interruppe un’altra volta:<< Non voglio sentire scuse, ricordati che anche il nostro bimbo ha bisogno di cure e quindi tu starai a letto oggi. >>
Senza darle il tempo di rispondere le diede un bacio ed uscì dalla camera.
Oscar rimase un secondo a guardare la porta.
Aveva gl’occhi spalancati per la sorpresa, i capelli biondi gonfi e arruffati e la camicia, bianca, da notte le nascondeva le mani dentro le maniche: sembrava una bambina.
Fece roteare gli occhi, scocciata.
<< Si preoccupa troppo. >>
Poi guardò in basso, ammirando il suo ventre gonfio e pensando che quel bambino non avrebbe mai visto la luce del sole.
Le scese una lacrima.
<< Ti amo tesoro mio, anche se i nostri visi non si incroceranno mai … >>
Le scese un’altra lacrima.
Guardò un po’ più avanti, ricordandosi del vassoio portato da Andrè: accanto alla tazza c’era una stella di Natale rossa come il sangue.
Oscar la prese e accarezzo quei petali vellutati, sorrise al pensiero che, almeno, con lei c’era Andrè.
Andrè …
Lui c’era sempre stato. In ogni momento della sua vita e ora, anche nella sua gravidanza.
Prese, tra le sue dita affusolate, la tazza di cioccolata. Scottava leggermente ma, forse un po’ di dolore le mancava.
Il dolore della battaglia, delle ferite, della sua vecchia vita. Sarebbe cambiato tutto.
Masochista.
Ma il tutto è così lontano da lei.
E la regina? Come starà in questo momento? Dopotutto era sua amica, una sua grande amica.
Si portò la tazza alle labbra e vi soffiò facendo andare il vapore caldo dalla parte opposta. Bevve un piccolo sorso e si morse le labbra che bruciavano per il calore.
Guardò fuori dalla finestra: era tutto così puro e bianco.
Si mise su una sponda del letto, vicino alla finestra c’era un manichino su cui stava la sua uniforme blu.
A fatica si alzò e andò verso di essa.
La guardò attentamente mentre passava i polpastrelli sul tessuto.
Se la mise addosso e andò alla finestra dove la brina incorniciava i vetri.
Ebbe come una scossa quando appoggiò la sua mano, ancora calda dalla tazza, nel vetro.
Guardò oltre quella piccola chiazza di alberi e riuscì a intravedere il laghetto in cui lei e Andrè stavano per affogare quando erano piccoli; era ghiacciato.
Oscar sorrise a quel tenero ricordo rievocato nella sua mente. Sorrise felice, piena di gioia.
Ricordò ogni secondo: Andrè era onnipresente nella sua vita. Non esisteva attimo, non esisteva ricordo senza Andrè.
Aprì leggermente la finestra, quel poco che serviva per far passare l’aria fredda che le graffiava il viso.
Era da un po’ che non usciva.
Respirò profondamente quell’aria fatta di cristalli e rimase a guardare fuori finchè “Jack Frost non le morse il naso”.


***



Alain guardò Andrè scendere di nuovo le scale di legno:<< Come sta il comandante, Andrè?  >>disse con fare ironico.
Andrè sorrise:<< Le ho detto che oggi starà tutto il giorno a letto, si deve riposare. >>
Alain fece un risolino:<< Paterno sì, ma così apprensivo non pensavo! >>
Andrè lo guardò un po’ di traverso e prima che potesse rispondergli, spuntò Esperanza con molte casse dall’altra stanza. Stava faticando parecchio e Alain si precipitò immediatamente a prenderle:<< Esperanza, sei pazza?! Sei incinta e fai certe cose?! >>
Esperanza abbassò lo sguardo:<< Scusami Alain … >>
Lui sospirò e Andrè fece capolino nella discussione:<< Quindi … Chi era quello apprensivo? >> aveva un tocco di malizia nella voce e lo sguardo era beffardo.
Alain fece girare gli occhi:<< Amico, sei proprio antipatico sai? >>
Esperanza rise:<< Siete proprio due bambini voi due! >>
E cominciarono a ridere dietro lei.
Alain posò le scatole sul tavolo:<< Si può sapere cosa c’è qui dentro? Sono molto pesanti. >>
Esperanza ne aprì una mostrando una miriade di addobbi natalizi:<< Nell’altra stanza ce ne sono altri, il generale è riuscito a portarli da casa Jarjayes. >>
Alain rimase a fissare gli scatoli: al contrario di Andrè, lui non ne aveva mai visti degl’addobbi natalizi.
I suoi occhi si riempiro di meraviglia e stupore tanto da quasi luccicare insieme a quelle campanelle colorate.
Esperanza, invece, sembrava molto pratica; come se le aveva sempre viste, ma Alain non badò più di tanto a ciò.
Andrè cominciò ad uscire fuori delle scatoline di varie dimensioni e forme: alcune erano rotonde, altre rettangolari, altre ancora quadrate e tutte di vari colori. Poi ne uscì una bianca avvolta da un fiocco azzurro ghiaccio. La rigirò tra le dita e, mentre la guardava, non faceva altro che sorridere con un tocco di malinconia nel suo sguardo smeraldo.
<< Cos’è Andrè? >> chiese Esperanza con un filo di voce, come se fosse spaventata di rompere il momento.
<< Il nostro addobbo natalizio. >> disse senza alzar lo sguardo da quella scatolina che sembrava piuttosto vecchia.
<< Il vostro addobbo? >> fece eco Alain.
Andrè annuì:<< Quando eravamo più piccoli, io e Oscar, adoravamo esplorare la residenza Jarjayes e ci inoltravamo nell’ale più remote della residenza. Un giorno, mentre giocavamo a fare gli avventurieri, salimmo in soffitta con le nostre spade in mano. La soffitta era quasi tutta in penombra e quindi era uno scenario perfetto per la nostra avventura. Cominciammo a giocare finchè non sbattemmo contro delle casse sormontate da teli bianchi e impolverati. Eravamo dei bambini molto curiosi, quindi aprimmo le casse pensando che lì dentro poteva esserci un tesoro nascosto. Erano piene di scatolette fatte di tessuto e nastri. Decidemmo di prenderne una e vedere ciò che conteneva e ne uscì un addobbo natalizio. A entrambi si illuminarono gli occhi … >>

<< Andrè guarda che bello! >> Oscar alzò l’addobbo di vetro cercandolo di mettere contro la luce.
Andrè lo guardava estasiato:<< Hai proprio ragione, Oscar! E’ bellissimo! >>
Oscar si voltò verso di lui sorridendo e lo tirò leggermente da una manica della giacca marrone invitandolo a sedere accanto a lei.
<< Cosa c’è Oscar? >>
Lei lo avvicinò al volto di lui:<< Noi lo abbiamo trovato insieme- cominciò a dire mentre continuava a sorridere piena di felicità- e quindi da ora in poi sarà nostro! >>
Andrè rimase stupito, ma felice allo stesso tempo:<< Nostro? Dici sul serio, Oscar? >>
Lei agitò la testa:<< Certo! Sarà il nostro grande tesoro! >>
Andrè sorrise allegramente:<< Che bello! >>
Oscar abbassò l’addobbo ma, non smise di guardare Andrè negl’occhi:<< Questo sarà il segno della nostra fedeltà. >>
Andrè la guardò inclinando da un lato la testa:<< Cosa vorresti dire? >>
<< Che noi due saremo fedeli uno all’altro per sempre. >>
Andrè sorrise:<< Certamente. >>
Oscar gli fece un dolce sorriso:<< Noi due saremo amici per sempre. >>

 
Ad Alain e ad Esperanza si tinse un’espressione dolce sul viso, mentre Andrè rimaneva ancora a rimuginare su quel ricordo.
Alain ruppe il silenzio:<< Non ti va di aprirlo? >>
Andrè lo guardò ancora sognante:<< Magari sì … Chissà se si è rotto dopo così tanto tempo lì dentro. >>
Sfilò il nastrino di raso e aprì la scatola guardando al suo interno: il loro tesoro era ancora tutto intero e splendente come una volta.
Andrè sorrise e lo riposò mettendolo di lato:<< Allora? Iniziamo? >>
Esperanza cominciò a saltellare per la felicità, sembrava così piccola e innocente in confronto a loro.
Alain cercò di arrestare quella serie di saltelli:<< Esperanza non muoverti così! Potrebbe fare male al bambino … >>
Esperanza gli sorrise dolcemente e gli fece una carezza sulla guancia:<< Quanto eres cariñoso mì amor. >>
In quel momento entrò il generale che per far finire le smancerie fece due colpi di tosse.
I tre si misero quasi sull’attenti:<< S-signore! >>
Il generale sorrise divertito:<< State iniziando i preparativi? >>
<< Ehm- iniziò Andrè- sì. Volevamo farli mentre Oscar era a letto, così non si sarebbe affaticata. >>
<< Capisco. Dovrete comprare molte cose allora. >>
Alain, che quella festa non aveva mai festeggiato se non che con una preghierina, lo guardò da un lato:<< Comprare? >>
<< Ma certo! O comunque sia dovreste andare un abete, il vischio e il muschio. >>
<< Ah. >> fece Alain sapendo già a chi sarebbe toccato andare a prendere l’albero.
Poi fecero capolino Madam e Nanny che prese subito la discussione:<< Forza voi due, mettetevi qualcosa di caldo e andate a prendere tutto ciò che occorre! Esperanza rimarrà con noi a sistemare il presepe.  >>

***

Oscar sentì aprire la porta della stanza.
Si voltò e guardò con aria sollevata il ragazzo moro:<< Andrè, pensavo che mi avresti lasciato sola tutto il tempo. >>
Andrè le sorrise e l’abbracciò:<< Come potrei mai lasciarti sola? Tu sei tutto ciò di cui io ho bisogno per vivere e ne morirei se tu non fossi qui, al mio fianco, adesso. >>
Oscar lo baciò dolcemente:<< Ti amo Andrè. >>
<< Anche io Oscar. >>
Le diede un altro bacio e poi si abbassò sul pancione ricomprendono di piccoli baci:<< Ciao amore di papà, comportati bene con la mamma oggi, intesi? >>
Oscar rise e gli accarezzò i capelli, poi lui la guardò:<< Tu cosa ci fai difronte alla finestra? Ti ho detto che devi rimanere a letto a riposare! >>
Oscar buffò scocciata:<< Ma non posso! Non ci riesco! >>
<< Sì invece! >> e la trascinò fino a sotto le coperte dove lei mise il broncio.
Andrè prese il giubbotto e la sciarpa e dandole un alto bacio le disse:<< Comportati bene almeno fino al mio ritorno. >>
Oscar lo guardò:<< Dove vai? >>
<< Devo aiutare Alain. >>
Oscar era curiosa ma non volle intromettersi più di tanto:<< Va bene… >>
Andrè le sorrise:<< A dopo madam Grandier. >>
Lei ricambiò il sorriso:<< A dopo amore mio. >>
La porta si chiuse e lei si sdraiò sul letto provando a dormire.

***

<< Amico, certo che fa proprio freddo! >>
Alain stava congelando e Andrè non era da meno.
<< Forza, tu ora tagli quell’abete e io nel frattempo cerco del vischio e del muschio. >>
<< Va bene. >>
Alain sospirò e andò verso l’alberello insieme alla sua ascia:<< Meglio sbrigarci. >>
Diede il primo colpo di ascia.
Bianco.
La sua visuale si era ricoperta di neve. Se la scrollò un po’ di dosso e ricominciò.
Di nuovo bianco e una scollata.
Un altro colpo, altra neve, un’altra scrollata.
Alain sbuffò e, seccato, cominciò a dare colpi uno dietro l’altro riuscendo a svegliare un picchio.
Fu un secondo e fu come se entrambi si fulminarono con lo sguardo.
Il picchiò lo assaltò facendo cadere Alain per terra. Lui urlò di rabbia cercando di costarlo il più possibile.
Sbattè due volte contro il tronco che cominciò a oscillare sempre di più finchè, appoggiatosi Alain, non cadde all’indietro facendo arrivare Alain tra la neve candida.
<< Stupido uccello! >>
In quel momento arrivò Andrè pieno di vischio, muschio, stelle di Natale e pungitopo tra le braccia:<< Alain, ricordati che hai trent’anni! Smettila di giocare con la neve, sei ridicolo. >>
Alain perse le speranze e affondò il viso in quel freddo candore.

***

La porta bussò e Margueritte si affretto ad aprire ai due ragazzi.
Il presepe era già stato fatto e sul tavolo gli attendeva una bella tazza di cioccolata calda.
Alain mollò l’albero in salotto ed Esperanza corse ad abbracciarlo:<< Vieni tesoro, ti prendo la tazza di cioccolata così ti riscaldi. >> e prendendo anche Andrè per il braccio. Lo trascinò con se.
Bevvero con tranquillità la cioccolata e poi Andrè si alzò:<< Io vado a vedere come sta Oscar, nel frattempo voi cominciate a sistemare. >>
E salì le scale.
Entrò in camera dove trovò il suo dolce angelo assopito tra le calde coperte.
Gli uscì un dolce sorriso e rimase per svariati minuti a contemplare la bellezza di sua moglie.
Era meravigliosa e quel pancione la rendeva ancora più bella.
Si avvicinò a lei: sembrava una bambina.
Le accarezzò le guance e passò le dita fra i suoi meravigliosi capelli biondi:<< Sei perfetta. La creatura più bella del mondo. >> e le diede un leggero bacio sulla fronte che la fece mugugnare.
Lui continuò a sorridere, avvicinandosi alla porta.
Le diede un ultimo sguardo e  scese.

***

Oscar venne svegliata dal rumore della porta che si apriva e vide Andrè che le sorrideva.
Gl’occhi azzurri di lei si incrociarono con quelli verdi di lui:<< Avete dormito bene? >>
Oscar si stropicciò gli occhi e rispose accarezzandosi il ventre gonfio:<< Sì. >>
Andrè l’aiutò ad alzarsi e la baciò:<< Forza bella addormentata, sotto c’è una sorpresa che ti attende. >>
Lei lo guardò con una espressione interrogativa e si lasciò trascinare giù dove tutti l’aspettavano.
Andrè la fece fermare di fronte  all’albero e poi prese la scatoletta del loro piccolo tesoro.
Oscar rimase a bocca aperta spalancando i suoi due zaffiri:<< Dove l’avete trovata? >>
<< In una cassa. >>
Prese la scatolina e cominciò a sorridere finché Andrè non le disse:<< Manca solo il nostro tocco e sarà tutto perfetto. >>
Oscar annuì col capo e mise su una fronda dell’abete il loro piccolo tesoro.
Il loro piccolo, ma grande, fiocco di neve di vetro.









Scusate l'immenso ritardo >.< Spero che mi possiate perdonare :(
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento :)
Un abbraccio,

Waterwall

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Capitolo 22
*** Dream ***


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La bufera divampava tra gli alberi, ormai pieni di neve.
Il vento soffiava forte e non c'era altro colore oltre al bianco che annegava il tutto.
Oscar camminava a fatica, mettendo di peso un piede davanti all'altro. Respirava affannosamente mentre, il suo mantello nero, si riempiva di brina e di candidi fiocchi.
I capelli dorati le coprivano quasi del tutto il volto e gli occhi cerulei si stringevano in due piccole fessure.
Cadde tra la neve, dove le sue gambe non riuscirono a sostenerla più.
"Ma..."
Una voce lontana disse una parola che rimase a mezz'aria. Sembrava la voce di un bambino.
Il vento si faceva più forte, l'aria stava diventando inrespirabile ma, Oscar sollevò leggermente il viso alla ricerca di un orizzonte.
Dopo un arco di tempo dove parvero passare millenni, Oscar riuscì a distinguere una luce un po' più calda, proprio davanti a lei ma, allo stesso tempo, così lontana.
Le forze stavano cominciando ad abbandonarla. Si dava della stupida; una stupida in mezzo a una tormenta.
<< Oscar, sbrigati! >> la voce cristallina di Andrè la fece sobbalzare.
Le parole le uscirono con fatica dalle labbra violacee:<< A-Andrè ... N-non ce la f-fa ... >>
Il suo volto riaffondò nella neve gelida. Stava pensando di morire. Era stremata e sudava per la fatica.
Poi delle risate limpide come un ruscelli di montagna le accarezzarono le orecchie:<< Guarda che ti prendo! >>
Non riconobbe le voci, sembravano quelle di due bambini.
Provò a riguardare in avanti, la luce sembrò più vicina e l'aria più calda; tentò di andare avanti.
Oscar si fece guidare da quelle splendide voci e, quando fu abbastanza vicina, la luce la inghiottì, facendo sparire tutto quel manto candido.
Si guardò in giro: la circondava un giardino di piante selvatiche e vari cespugli dove, dietro una vasta zona di alberi, si poteva scorgere una montagna. Il sole splendeva alto nel cielo e non c'era caldo, ma non di quelli afosi, di quelli che ti lasciavano entrare un tepore fino a dentro le ossa.
Poi le risate ritornarono e vide, tra l'erba alta e bruciata dal sole, muoversi qualcosa velocemente.
Le risate erano molto vicine:<< Questa volta ti prendo! >>
La chiassosa risata di una bambina:<< Non credo proprio! >>
L'erba continuò ad agitarsi sotto gli occhi di Oscar che era un poco più distante.
Ad un certo punto, due bambini di non più di 5 anni, ne uscirono correndo, guardandosi uno negli occhi dell'altro.
Erano un bambino dai capelli corvini e una bambina dai vestiti da uomo che giocavano beatamente.
Ad Oscar nacque un sorriso dalle labbra e li guardò dolcemente.
La bambina, però, frenò la sua frenetica corsa contro le lunghe gambe di lei, cadendo all'indietro.
Oscar si abbassò subito:<< Piccolina, va tutto bene? >>
La bambina si alzò un po' scossa:<< Sì, non ti preoccupare. >> e le fece un dolcissimo sorriso.
Il bambino si avvicinò velocemente e le strinse la mano:<< Sei proprio una pasticciona! Devi stare più attenta! >>
Oscar fece una piccola risata me, cercandoli di mettere a fuoco, si accorse che non riusciva a distinguere i loro tratti somatici... Come se non le fosse concesso.
Si accorse semplicemente che stavano sorridendo.
<< Bambini, come vi chi... >> ma i bambini ricominciarono a correre, questa volta verso i boschi.
Oscar ebbe l'istinto di seguirli ma, appena entrata nel bosco, li perse di vista.
Girovagò con calma tra la boscaglia, poi di nuovo le risa.
Cercò di inseguirle e più si avvicinava, più sentiva che non erano più quelle di due bambini.
Difronte a lei si mostrarono due ragazzi, uguali a quei due bambini, che giocavano di nuovo, nello stesso identico modo.
Oscar rimase a guardarli finchè il tutto non si frantumò di botto.
***
 
<< Oscar, non fare la dormigliona! >> Esperanza la stava agitando da un braccio.
Oscar mugugnò:<< Esperanza? Ma perchè mi svegli? >>
Esperanza cercò, inutilmente, di fare una faccia severa:<< Sono le dieci del mattino ed è da non so quanto che ti chiamo! >>
Oscar sbuffò, si stropicciò gli occhi e si mise a sedere sul letto:<< Allora ... Come mai mi stavi chiamando? >>
Esperanza espirò rumorosamente e le porse una lettera:<< Viene da Parigi. >>
Oscar sbarrò gli occhi e gliela strappò quasi dalle mani.
La guardò bene, sopra c'era il sigillo reale.
Prese un respiro profondo e l'aprì:
" Mia cara Oscar,
sono ormai mesi che non vi vedo più, dopo quel doloroso addio.
Da quel giorno non è stato più lo stesso, per la prima volta ho avuto paura. Paura dei cambiamenti.
Mi sono accorta che siamo cambiate entrambe dalla prima volta che vi ho incontrato, anni fa e non posso far a meno di notare che ora siete diventata una vera donna.
Una donna per l'eleganza, per la bellezza e per la purezza pari a quella di una rosa bianca. Ma una vera donna perchè avete avuto molto coraggio, audacia e determinazione che in voi mai avrei pensato di vedere.
Come credo che ben sapete, la Francia sta cambiando e io non sto più appartenendo ad essa pian piano.
Il popolo, ormai, per la famiglia reale non può sembrar altro che le fiamme dell'inferno, pronte a divorarci.
Ho paura, ma non per me, ma per i miei figli.
Mia cara, mia carissima Oscar di cui ho avuto la piacevole notizia che voi siete felice e state bene da un ex soldato.
Ho saputo che con voi c'è anche il vostro Andrè ... ma vorrei sapere molto di più di voi, perchè è l'unica cosa che mi fa nascere un sorriso, ormai. Sapete, mentre il conte de Girodelle me ne parlava aveva come un nodo alla gola, come se non poteva dirmi tutto ...
Madamigella Oscar, vi conservo nel mio cuore come uno dei gioielli più preziosi che io abbia.
Vi penso spesso,
Mariantonietta"
 
 
Oscar si strinse la lettera al petto e per poco non si mise a piangere.
Esperanza se ne accorse, l'aria era diventata pesante:<< Oscar ... lo so' che non sono di molto aiuto ma, se hai bisogno io sono qui. >> e le fece un dolce sorriso.
Oscar la guardò con gli occhi lucidi per poi stringerla in un forte abbraccio.
Esperanza le accarezzò i capelli:<< Mi dispiace se non riesco a consolarti, se non riesco a dire niente ... Purtroppo ho ancora, troppa poca esperienza della vita. >>
Oscar riflettè un attimo sulle parole di Esperanza, ma non le diede molta importanza.
<< Oscar, potresti però rispondere alla lettera.>>
Oscar la guardò un secondo, alla fine non aveva tutti i torti. Solo che non sapeva cosa scriverle, c'erano così tante cose da dirle.
<< Appena mi verrà qualcosa in mente, risponderò. >>
Si scambiarono dei sorrisi e Oscar conservò la lettera dentro un cassetto del comodino.
<< Esperanza senti, tu sai interpretare i sogni? >> disse pensierosa Oscar, anche se era molto scettica sull'argomento.
Esperanza scosse il capo:<< Lo siento, no puedo dejarte. Perchè me lo chiedi? >>
Oscar cominciò a stropicciare nervosamente la camicia da notte:<< In questo periodo faccio sogni molto strani ... >>
Esperanza si sporse verso Oscar:<< Forza, racconta. >>
Oscar cercò di far mente locale e le raccontò il tutto.
Finito di raccontare, Esperanza ci pensò un po' su, alzando gli occhi finendo per sentenziare:<< Sai, anche io ho fatto un sogno molto simile al tuo ultimo. Anche io ho visto i due bambini che poi diventavano ragazzi ... >>
Oscar s'incuriosì:<< Allora cosa ne pensi? >>
<< Sembrano dei sogni premonitori. >>
Oscar la guardò di traverso:<< Ovvero? >>
Esperanza roteò gli occhi:<< Sogni che ti mostrano una parte del probabile futuro. >>
<< Dici? >>
<< Credo proprio di sì, mujer. Ma ovviamente, dovremmo solo aspettare per avere conferme.>>
Oscar annuì col capo.
<< Siamo tornati! >> le voci di Andrè e Alain dal piano inferiore.
Esperanza si mise all'inpiedi goffamente, seguita da Oscar con dei movimenti più aggrazziati, scesero giù.
<< Oscar! -Andrè corse a baciarla- come ti senti? >> Oscar gli sorrise un po' amaramente:<< Mi è arrivata una lettera dalla regina ... >>
Andrè sgranò gli occhi:<< Dici sul serio? >>
<< Sì ... >>
Andrè guardò con attenzione la sua amata e tenendole il mento fra l'indice e il pollice le chiese:<< Cosa c'è Oscar? >>
Oscar teneva lo sguardo basso, cercando di non incrociarlo con quello di Andrè:<< Vorrei rivederla ... >>
Andrè sospirò:<< Ma è pericoloso. >>
Lei strinse i pugni:<< Solo per poco ... >>
Andrè l'abbracciò con forza:<< In questo caso permettimi di starti accanto tutto il tempo, non voglio che ti accada qualcosa. >>
Oscar sorrise:<< Grazie Andrè. >>
Nel frattempo Esperanza non faceva altro che abbracciare Alain con forza, sembrava una bambina con la sua bambola preferita. Alain rideva fragorosamente mentre le accarezzava con dolcezza i capelli.
Ad Oscar le venne in mente la frase che poco prima, Esperanza, le aveva detto:<< Esperanza, ora che mi viene in mente, tu non ci hai mai parlato delle tue origini. >>
Esperanza sgranò gli occhi, sembrò come se qualcuno l'avesse pugnalata in pieno petto e cercò di evitare il discorso:<< Non è importante ... >>
Alain però sembrò non essere della stessa opinione:<< Ma Esperanza, io non so' niente del tuo passato. >>
Lei cominciò a giocare nervosamente con le mani:<< Non mi va di parlarne, prometto che appena sarà il momento ve lo racconterò ... >>
Alain stava per insistere ma Oscar riuscì a frenarlo:<< Va bene, rispetteremo la tua decisione. >>
Esperanza sembrò come ringraziare Oscar con lo sguardo.
Poi Andrè posò dei fogli sul tavolo e disse ad Oscar di salire con lui.
<< Andrè ma che fai? >> disse Oscar un po' stranita mentre lui la spingeva verso le scale.

<< Dai, Oscar! Che ti costa a farmi compagnia? E poi anche loro due vorrebbero stare un po’ da soli. >>

Alain sembrò ridere sotto i baffi mentre Esperanza gli guardava con un sorriso strano.
La visione, per Oscar, fu alquanto inquietante:<< Mah! Siete strani! >> e scomparve insieme ad Andrè, su per le scale.

Sentendo la porta della camera da letto chiudersi, Esperanza tirò con forza Alain verso il tavolo.
<< Muoviti Alain, abbiamo poco tempo. >>

Alain annuì e lasciò cadere la camicia sulla sedia.

***

Andrè chiuse velocemente la porta della camera da letto
<< Andrè, si può sapere che succede? >> Oscar lo guardò di sottecchi.
<< Te l’ho detto, a volte anche loro dovrebbero rimanere un po’ soli. >> sembrava quasi sudare freddo.
Oscar fece spallucce:<< Sarà! E ora dimmi: cosa vorresti fare? >>
Andrè si stiracchio:<< Devo dire che non mi dispiacerebbe riposarmi un po’. >> e fece cadere la camicia sullo schienale della sedia.

Oscar lo guardò quasi con imbarazzo: era da così tanto tempo che non vedeva il suo uomo, quasi presa da altro.
Le si tinsero le guance di rosa e non smise di fissarlo.
<< Oscar, va tutto bene? >> lo sguardo di smeraldo di Andrè incrociò il suo.
Lei rispose quasi balbettando:<< S-sì! >>
Lui le sorrise, uno dei suoi soliti sorrisi dolci e pieni di tenerezza che solo lui riusciva a farle, e con le braccia aperte la invitò a sdraiarsi al suo fianco.
Lei lo fece, la vestaglia le lasciava una spalla scoperta.

Andrè le diede un tenero bacio sulla fronte e l’accarezzò il volto:<< Sei sempre più bella, ogni mese che passa, ogni anno, sempre più bella dalla prima volta che ti ho visto. >>
Oscar lo guardò con dolcezza e si scambiarono un tenero bacio.
Si staccarono, un secondo per vedere uno gli occhi dell’altro.
Si diedero un altro bacio, questa volta più intenso.
Di nuovo un distacco, questa volta gli sguardi non si incrociarono.
L’atmosfera sembrava colma di elettricità, i cuori di entrambi battevanoo con ferocia.
Andrè cercava di resistere alla tentazione, quella maledetta senzazione.
“ E’ incinta, potresti farle solo del male… “ se lo ripetava in continuazione, cercando anche di trattenere il respiro per non cedere. Ma Oscar gli prese una mano e gliela lasciò scivolare su quella spalla scoperta.
Andrè stava per morire, cercava di combattere, ma lo sguardo di Oscar che si posava sul suo gli fece perdere la testa.
Sembrò quasi che le si aggrappasse addosso, con vigore cominciò a baciarla, a nutrirsi delle sue rosee labbra e cercò con ferocia di levarle quell’abito ormai di troppo.
Oscar ansimò e Andrè si fermò di botto:
<< Oscar, ti ho fatto male? >>
<< No Andrè, tranquillo. >>
Lui abbassò lo sguardo:<< Oscar, ti prego, perdonami. Non sono riuscito a controllarmi … >> e fece per togliersi.
Oscar gli prese il volto fra le mani:<< Andrè, io ho paura che possiamo fare male al bambino … ma sai, io mi fido di te. >>
Gli donò uno dei suoi sorrisi più dolci e lui lo ricambiò.
Ripresero a baciarsi con piena passione, spogliandosi di tutto ciò che avevano e si unirono nuovamente su quel letto.

***
<< Allora è deciso. >> Alain guardò Esperanza.
Lei annuì con la testa.
<< Manca solo il consenso di Andrè e siamo apposto. >>
Esperanza fece per andare di sopra:<< Vado a chiamarlo. >>
Alain la fermò velocemente:<< Ma che fai, stupidina? >> rise.
Lei lo guardò di traverso:<< Perché? >>
Lui continuò a ridere:<< Non rovinargli questo momento con la persona che ama. >>
Esperanza abbassò lo sguardo:<< Hai ragione … >>
Alain le prese il volto fra le mani facendola arrossire:<< Sei così ingenua mia piccola Esperanza. >>
Esperanza gli sorrise e gli diede un bacio, lui l’attirò a se.
Si scambiarono effusioni per poi guardarsi negli occhi, lui non si era mai perso in occhi come quelli della sua donna: talmente azzurri e penetranti che sembrava che ti potessero leggere l’anima.
<< Ti amo tanto Alain. >>
<< Anche io Esperanza. >>
Ricominciarono a baciarsi e a stringrsi sempre di più, si erano anche scordati da quanto tempo non erano rimasti così soli.
Lui la prese in braccio e la portò con se in camera.
Lui la spogliò con lentezza e sensualità facendole venire i brividi e la lasciò stendere.
Lui cominciò a spogliarsi a sua volta.
<< A-Alain, ma se succede qualcosa al bambino? >> Esperanza era preoccupata.
Lui le sorrise e si mise a cavalcioni su di lei:<< Non gli succederà niente, ti fidi di me? >>
Esperanza lo guardò con tenerezza:<< Sempre. >>
E cominciarono ad amarsi anche loro.

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Capitolo 23
*** Cold and Alcohol ***


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Freddo.
Il gelo dell’inverno inebbriava la stanza di Oscar in una notte quieta e silente.
Lei era lì, alla finestra aperta col lume spento, mentre Andrè rimaneva assopito sotto le tiepide coperte.
Lei era lì, alla finestra aperta col lume spento, a mirare l’etra con lo sguardo impigliato fra le stelle.
Il respiro tiepido creava condenza candida al tocco del mondo esterno , ma lei rimaneva lì ad ammirare, a pensare.
Tutte quelle persone che aveva lasciato lì a Parigi, quale sarebbe stata la loro sorte? O già era giunta?
Si alzò un po’ di più l’albo scialle che le proteggeva la nivea pelle di porcellana delle spalle e del collo.
Il freddo era come se la chiamava, invitandola a chiudere prontamente le finestre, ma la sua psiche era decisa a continuare e ad andare oltre quella coltre di stelle, in un altro pezzo cielo.
E così, col cuore e con la mente, andò a Parigi, sfidando la razionalità e l’impossibile.
Così cominciò ad incedere come una regina sui vicoli di Parigi, percorrendoli a pura memoria finchè, a uno di essi, non si arrestò.
Era un vicolo come tanti, cupo, con una rampa di scalinate che lo intrecciava ad un altro.
Solo che per lei, quel vicoletto, era molto importante nei suoi più remoti ricordi.
Era il vicoletto di quella notte dove l’etere si riempiva di fuoco di fiaccole e piante che pestavano il suolo aguerrite. Quella era stata la prima volta che aveva pensato di poterlo perdere; che lui, il suo Eterno, sarebbe per sempre scomparso dai suoi occhi.
E lì riaffiorì il ricordo di quella estrema figura che le aveva strappato il cuore e il sonno per diverso tempo della sua giovane età: Fersen.
Quel giovane svedese, innamorato follemente della regina.
Oscar rise al sol pensiero di quanto fosse stata “minus habens”  ma, lo stesso si chiese come stesse in quel momento, per poi tornare con gli occhi alla sua parte di cielo.



 
❄╰☆╮❄
 
Da un altro pezzo di quell’etere zaffiro, un altro uomo sedeva sul canale della Senna bevendo con irruenza.
I suoi capelli écru scendevano scompigliati sulle spalle incurvate e dalla sua bocca ne uscivano risa ubriache.
A quel pover uomo era l’ultima cosa che rimaneva: l’alcohol.
Beveva per non meditare sulla Francia rivoluzionaria che gli cresceva attorno e che, più presto che tardi, gli avrebbe portato via la sua amata.
Beveva senza sosta quel pover uomo, per annebbiare il tutto e non provare dolore, finchè non si sgolò anche l’ultima bottiglia che cadeva nel fiume.
Si alzò quasi inciampando nei suoi stessi piedi e a tentoni montò in sella a un cavallo cinereo.
Puzzava, puzzava maledettamente di spirito e rideva immotivatamente:<< Ma chi se ne frega di – hic! – sta Francia che cade in pezzi!- hic! – E altrettanto di quella che non sa fare nemmeno la regina!- hic!- >>
Era talmente ebbro che non riusciva a capire neanche le sue stesse parole e talmente si sbilanciava da un lato all’altro finchè non cadde di schiena e il cavallo lo lasciò lì, tra i ciottoli della strada.
Fersen rimaneva confuso, si guardava in giro come perso nel vuoto più assoluto. Su di lui una miriade di ombre nere giravano facendolo sentire sempre più male.
Poi un’ombra blu di un vestito.
Lui cercò di mettere a fuoco ma, ubriaco com’era, riuscì a distinguere l’elegante figura di una donna sull’uscio di un albergo.
Lei sembrò dire qualcosa e accorrere verso di lui.
Fersen rimaneva lì, con la testa che gli doleva e tutto ciò che lo circondava nebuloso.
Forse, per poco, perse i sensi perché si ritrvò tutto d’un tratto in un letto.
Ora la vista era pù nitida ma la testa era più confusa, come in pieno attacco di follia. Si accorse che accanto a lui stava la ragazza di prima.
Riuscì a distinguere dei capelli lunghi, del colore simile ai suoi, e due occhi azzurri dai riflessi viola.
<< C… Sente? >> le parole gli arrivarono a fremmenti alle orecchie.
<< Mi sente? >> questa volta si fece più chiaro e lui accennò un sì con la testa.
La donna sembrò tranquillizzarsi:<< Menomale- sorrise- io mi chiamo Isabell Lockwood. >>
Prese un respiro profondo:<< Hans Axel … von Fersen. >>
Lei sembrò quasi ridere:<< Ho sentito molto parlare di voi e del vostro immenso amore verso la regina. >>
Fersen, sentendo questa frase, volle affondare.
Isabell continuò a parlere, mentre lui continuava ad affondare sempre di più nella sua follia dell’alcohol.
Lei lo guardò, bloccandosi aal’improvviso. Lo vide avvicinarsi tremendamente e con irruenza:<< C-conte, cosa fate? >> era spaventata.
Lui la prese per i polsi e Isabell ebbe un secondo per vedere era talmente ubriaco che i suoi occhi erano vuoti.
La buttò sul letto e le serrò le labbra con una mano prima che gridasse:<< Fersen! Ma cosa fate?! >> cercava di fare l’arrabbiata anche se era del tutto terrorizzata.
<< Non abbiate paura, tutte le dame amano il conte di Fersen. >>
<< Ma cos..? >>
La candela si spense e un urlo fu soffocato.



 
❄╰☆╮❄
 
<< Oscar, cosa fai alla finestra? >>
Lei venne interrotta bruscamente dai suoi pensieri:<< Oh, Andre! – si voltò con un espressione dolce in viso- niente, non ti preoccupare. >>
Lui le cinse le spalle e la portò verso il candido letto:<< Forza vieni a dormire, non voglio che tu ti prenda un malanno. >>
Oscar buffò e si fece coccolare da quel calore mentre Andrè chiudeva la finestra e chiudeva le tende, impedendo la vista dell’etere.

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Capitolo 24
*** Un joyeux Noël et anniversaire...pas si parfait. ***


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Era mattina presto, fuori la neve imbiancava il paesaggio e il sole, pallido, la faceva brillare sotto i suoi raggi.
Quella, però non era una mattina come tante, essa era speciale. La stessa Oscar se ne accorse.
Quella mattina si destò con magnifica tranquillità, piena di energie, perché quella notte, dopo molto tempo, era la prima notte che non veniva tormentata dai suoi terribili sogni.
Si voltò verso Andrè che era ancora assopito, gli scostò un ciuffetto dal viso e gli diede un candido bacio sulla fronte. I loro sguardi si incrociarono.
<< Buon giorno amore mio. >>
Lui le sorrise amabilmente:<< Buon giorno Madam Grandier. >>
Si diedero un bacio e si alzarono dal letto.
Si sciaquarono il viso mentre, dall’altro lato della finestra si potevano sentire i canti della gente.
Andrè si affacciò dalla finestra:<< Oscar, oggi sai che giorno è? >>
Lei si asciugò il viso:<< Non saprei, perché? >>
<< Ma come?! Vieni qui, sciocchina! >> e, prendendola per mano, la portò alla finestra.
Tutta la gente era fuori, cantava, gioiva, i bambini giocavano fra la neve e danzavano.
<< Ora hai capito che giorno è oggi? >>
Lei finalmente sorrise e annuì con la testa:<< La vigilia di Natale. >>
Lui le cinse le spalle:<< Lo so che qui è tutto diverso. A palazzo Jajayes si poteva notare l’allegria, l’albero di Natale e le serve che facevano avanti e indietro ma, qui c’è vera gioia. E anche se son mezzo cieco, riesco a sentire tutta questa felicità che ci può avvolgere. Non sei contenta che il nostro bambino potrà nascere in un posto così magnifico? >>
All’ultima frase ad Oscar si mozzò il fiato:<< G-già… >>
<< Oscar tutto bene? >> lui le prese il mento fra l’indice e il pollice costringendola a guardarlo, anche se lei cercò sempre di evitare quello sguardo verde.
<< Osc… >>
La porta bussò ferocemente:<< Ragazzi, su con la vita! Oggi è la vigilia di Natale, non vorrete rimanere tutto il tempo a letto! >> la voce dirrompente di Alain gli’interruppe.
<< Arriviamo Alain! – disse Andrè – e con te faccio i conti dopo. >>
Oscar tirò un sospiro di sollievo e si andò a cambiare.
Indossò un abito azzurro acqua, dove la base più chiara ricamata veniva avvolta da un velo più scuro che finiva in delle spalline. Da sotto il seno partivano dei ricami di pizzo dorato che le risaltavano il seno e al collo si mise una collanina con una croce che fece cadere sul petto nudo.
Andrè, invece, ripescò nel baule la sua vecchia tenuta da servo che, mentre indossava, non potè fare a meno di sorridere.
Scesero a fare colazione.
L’odore dei biscotti appena sfornati enebriò l’aria e i polmoni dei presenti.
<< Ecco qui! Caldi caldi! >> Nanny li mise sul tavolo.
<< Grazie Marron Glacé. >> il generale ne prese uno con delicatezza, mostrando il comportamento da nobile.
Dall’altro lato se ne stavano Alain, Esperanza, Oscar e Andrè che guardarono la scena.
Oscar sembrò rimproverarlo con lo sguardo perché non era giusto nei confronti dei loro coinquilini; Andrè le strinse una mano per calmarla e Alain provò goffamente ad imitarlo.
Quella presa così delicata e quel movimento così elegante gli vennero quasi difficili.
Esperanza guardò entrambi ma, lo sguardo che serbò per Alain era uno sguardo quasi intimorito. Si drizzò sulla sedia, e con la delicatezza e l’eleganza da nobildonna se lo portò alle labbra.
I movimenti affusolati li notarono per bene tutti.
<< Esperanza. >>
<< Sì, Oscar? >> per come l’aveva chiamata le si gelò il sangue nelle vene.
<< Dopo colazione possiamo parlare un momento? >>
<< S-sì, certo. >>
Mangiato l’ultimo boccone Oscar ed Esperanza andarono nel salotto dove si sedettero sul divano.
<< Dimmi Oscar, ho fatto qualcosa che non dovevo? >> disse Esperanza stringendosi nelle spalle.
<< In realtà è per come hai fatto. >> la voce di Oscar era severa.
<< Non pensavo di essere stata sgarbata in qualche modo… >>  Oscar vide benissimo che Esperanza faceva la finta tonta.
<< Esperanza, dove hai imparato le tue buone maniere? >>
<< Buone maniere? – Esperanza fece un risolino nervoso – Non so’ di cosa stia parlando, sono una donna plebea come tutte le altre. >>
La voce del comandante divenne quasi minacciosa:<< Esperanza, non dire stupidaggini. Le donne del popolo … Voi due smettete di origliare! >>
Oscar si girò minacciosa verso il marito e l’ex soldato che balbettarono qualcosa e se ne scapparono nell’altra stanza.
<< Scusa per l’interruzione. Dicevo! Le donne de popolo, anche se più agraziate degl’uomini, non hanno una certa eleganza nei comportamenti; cosa che tu hai del tutto. >>
L’altra degluttì e la bionda continuò:<< Cos’è che ci nascondi, Madam Soisson? >>
Esperanza trattenne il respiro, si sentì alle strette.
<< Ecco… io … in realtà … >>
***

<< Andrè secondo te di cosa staranno parlando? >>
<< Sinceramente non ho molte idee Alain. >> grande bugia per non far allarmare l’amico.
Stavano facendo avanti e indietro davanti alle porte chiuse del salone.
<< Voi due invece di ciarlarvi perché non venite a darmi una mano? >> era giunta Nanny seguita da Madam.
<< Arriviamo nonna. >>
<< Cosa dovremmo fare? >> Alain la trovò come una salvezza per distrarsi un po’.
<< Mi aiuterete a pulire e sistemare le camere da letto e la stanza da pranzo e poi metterete nei vasi tutte quelle Stelle di Natale laggiù. >> e indicò dei mazzi enormi di fiori.
I due poveretti sospirarono e si misero subito a lavoro.

***

Esperanza finì il racconto e scoppiò a piangere tra le braccia di Oscar che era tra lo sconvolto e il sorpreso ma, era come se una parte di lei riuscisse a comprenderla.
<< Oscar, mi sento uno schifo! Sono una persona terribile! Perché tutto questo, chi sono io veramente, non riesco a dirlo a mio marito … Sono un mostro! >>
Oscar la strinse forte:<< Non sei un mostro, hai solo paura.- le asciugò le lacrime e le alzò il viso – Facciamo così: questa sera, dopo la cena di Natale dirai tutto. >>
<< M-ma io non so’ se riuscirò a farlo … >>
Oscar sorrise dolcemente:<< Ci sarò io al tuo fianco. >>
Esperanza ricambiò ricambiò il sorriso e l’abbracciò forte.

***

Nel pomeriggio e, nella nuova dimora “Grandier”, erano tutti a lavorare.
Le donne in cucina per fare i vari manicaretti per il cenone e gli uomini messi a sistemare gli ultimi regali sotto l’albero.
Giunta la sera, tutti si misero a tavola e mangiarono fino a quasi sentirsi male aspettando che scoccasse la mezza notte.
<< Auguri di Buon Natale! >> dissero brindando tutti insieme e cominciando a prendere i regali.
<< E buon compleanno a mia moglie. >> disse sorridendole Andrè, mentre lei arrossiva.
Aprirono i regali, ovviamente tutti comprati dal generale.
Ad Esperanza venne regalato un nuovo vestito color bordeaux e pizzo nero; ad Alain venne regalato un nuovo cappotto blu ; ad Andrè una nuova sella e, invece, ad Oscar diede una lettera che le raccomandò di leggerla semplicemente prima di andare a letto.
Poi arrivò il momento dello scambio di regali tra coniugi.
Esperanza diede ad Alain una sciarpa rossa fatta da lei con le loro iniziali ad un estremo, Oscar diede ad Andrè una collanina d’oro: la sua croce che portava al collo.
<< Così saprai che sarò sempre con te. >>
Lui le sorrise:<< Non avrò mai dubbi. >>
Si abbracciarono forte e poi Andrè e Alain si scambiarono uno sguardo:<< Mi dispiace per voi due: i nostri regali sono uguali ma, li vedrete solo in camera! >> e scoppiarono a ridere.
Le due ragazze , invece, sbuffarono sonoramente.
Poi Alain guardò Oscar:<< E quindi, comandante, quanti anni fate? >>
Esperanza gli pestò un piede:<< Alain! E’ maleducazione! >>
La bionda rise:<< Tranquilla Esperanza! Ne faccio trentaquattro. >>
Alain fischiò:<< Li portate bene! E mi raccomando, voglio che il mio nipotino cresca bene! >>
Oscar e Andrè risero, poi Andrè continuò:<< E tu, Esperanza? Quanti anni farai? >>
Lei degluttì, il respiro mozzato.
Alain continuò:<< Esperanza, alla fine non sappiamo niente di te, neanche io che sono tuo marito. Cogli questa occasione per parlarci anche del tuo passato. >>
Lei cominciò a guardare in giro alla ricerca di aiuto.
Oscar le si avvicinò e le presa la mano:<< Andrà tutto bene, tranquilla. >>
<< Va bene … >>
Tutti i presenti si sedettero al tavolo ed Esperanza cominciò:
<< Io, come voi ben sapete, sono di origine spagnola. La mia famiglia è composta da i miei genitori e quattordici fratelli e sorelle, compresa io. Il mio cognome però non è Cortés … >>
Alain si mise più retto sulla sedia:<< Esperanza? >>
<< Il mio cognome è di Borbone … >>

***

Nel palazzo di Versailles, quella sera, Maria Antonietta guardava il cielo mentre cullava sua figlia tra le braccia:<< Buon Natale, amica mia. >>






E con questo capitolo, a voi che seguite questa fanfiction, vi auguro un meraviglioso Natale. <3
Un grazie speciale a quelli che per tutti i capitoli recensiscono la storia e per chi la segue silenziosamente.
Fatemi sapere come vi sembra!
Un grosso abbraccio.
Vostra, Waterwall

 

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Capitolo 25
*** La verità. ***


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Tutti rimasero sconvolti, tranne Alain ed Oscar.
<< B-Borbone?! >> il generale balbettò.
Alain si guardò in giro:<< Scusate, potreste spiegarmi meglio? >>
Andrè, senza smettere si fissare sconvolto Esperanza, disse:<< I Borbone sono la famiglia reale spagnola … >>
Ad Alain venne un accidente:<< C-cosa?! – si voltò verso sua moglie – E-Esperanza ma che stai dicendo? >>
Lei fece finta di non ascoltare e, mentre le lacrime cominciavano a solcarle il viso, continuò:
<< Si dice che il re attualmente al trono sia il secondogenito e che il primogenito non sia potuto salire al trono perché mentalmente ritardato ed epilettico … In realtà non fu così. La primogenita, in realtà, sarei io che però, dire alla corte spagnola che il primo figlio fosse una femmina, sarebbe stato un affronto e quindi si decise di dire questo a corte e le mie stanze sarebbero state riservate solo a un pubblico molto ristretto. Quando mio padre morì venni giudicata troppo piccola, come il resto dei miei fratelli, e si decise di far salire al trono uno dei fratelli di mio padre, di cui non si era mai parlato perché non si pensa legittimo, facendo finta di essere il secondo genito della mia famiglia … >>
Esperanza raccontava tutto velocemente sotto gli sguardi persi delle persone presenti.
Alain la guardò di traverso:<< E-Esperanza, quanti anni hai, scusami? Mi sembra strano che ti abbiano reputato  troppo piccola … >>
Lei tenne lo sguardo abbassato e si morse il labbro inferiore:<< Sedici… >>
In quel preciso istante Andrè ed Alain caddero dalla sedia, Nanny fece cadere il vassoio che aveva tra le mani, Madam si portò le mani alla bocca per non far uscire un urlo di sconvolta sorpresa e il generale sgranò gli occhi.
L’unica che rimase quieta fu Oscar che con tranquillità si alzò dalla sedia e andò verso Esperanza piangente.
Oscar la strinse a sé con forza:<< Va tutto bene, non preoccuparti. >>
In quel momento Alain si alzò dalla sedia:<< Perché non me l’hai mai detto? Perché?! >> era su tutte le furie.
Esperanza si fece ancora più piccola fra le braccia di Oscar che la facevano sentire protetta ma, a posto della risposta di Esperanza, si levò quella di Oscar:<< Alain! E’ terrorizzara già di suo, tu non farla spaventare ancora di più! Ricordati che troppo stress potrebbe portare danni anche al bambino! >>
<< Comandante, cosa fareste voi se vostro marito vi avesse tenuto questi grandi segreti?! Io sto avendo un figlio da una nobile che magari voleva semplicemente avventurarsi con un povero plebeo che magari poi avrebbe tolto tutto, anche l’amore! >>
<< Alain smettila! >>
Oscar sentì, tra le sue braccia, un peso morto e guardò Esperanza: era svenuta.
<< Oh mio Dio! – diede uno sguardo assassino ad Alain per poi voltarsi verso Andrè – Ti prego chiama un dottore! >>
<< Sì, Oscar! >> e prendendo il mantello corse subito fuori.
Dopo un po’ Andrè fece ritorno con il dottore che si mise subito a visitare Esperanza.
Alain era fuori dalla stanza, sudava freddo e faceva avanti e indietro per il corridoio. Avevo lo sguardo perso nel vuoto aspettando qualche segno dall’altro lato dell’adito.
Oscar e Nanny erano lì dentro, mentre Margueritte restava al fianco del marito aspettando, come tutti quanti, la sentenza.
D’un tratto la porta si aprì e fece capolino il dottore che chiamò Alain:<< Siete voi il marito, giusto? >>
Lui accorse subito:<< Sì dottore, mi dica tutto. >>
<< Vostra moglie ha avuto una mancanza a causa di un eccesso di nervosismo. Lei sta ancora dormendo e il bambino sembra in buono stato ma si deve stare alquanto cauti. >>
Alain strinse un pugno e abbassò lo sguardo:<< Certo dottore, ora cosa dovremmo fare? >>
<< Dovete semplicemente farla stare tranquilla e farla riposare il più possibile e dovrebbe andare tutto bene. >>
<< Grazie dottore, ora potrei entrare? >>
<< Certamente. >>
Alain non se lo fece ripetere un’altra volta e attraversò la soglia mentre Oscar e Nanny stavano per uscire.
La vide lì, bianca come la neve, assopita con la sua treccia a spiga sciolta, sotto le candide coperte.
Si avvicinò silenziosamente a lei, come se avesse avuto paura di svegliarla, e si mise in ginocchio stringendole delicatamente una mano.
<< Mi dispiace tanto Esperanza, è tutta colpa mia, come sempre … riuscirai mai a perdonarmi? Sono solo uno stupido … >>

*** Nel frattempo a Cherbourg ***

<< Lady Isabell, siete ponta a salpare? >>
Era un uomo tipico della corte inglese, con un abito sfarzoso in verde e degli eleganti baffi bianchi.
La donna dai capelli écru alzò il suo sguardo dai riflessi viola:<< Sì, non preoccuparti Archibad. >>
Lui le tese la mano per farla salire sul veliero:<< Lady Isabell, in questi giorni non vi vedo in gra forma. Qualcosa non va’? >>
Lei si strinse nelle spalle:<< Ma che dici Archy? Sto benissimo! >> e fece un risolino.
Il maggiordomo sbuffò leggermente:<< Se lo dite voi Milady. >> e si allontanò.
Lei buttò un respiro di sollievo e andò verso la poppa a guardare il mare. Quella nave, presto, l’avrebbe riportata a casa: nella sua Inghilterra.
Finalmente si sarebbe allontanata da quella terra che non aveva fatto altro che raccapricciarla, specialmente quando quel conte svedese la violentò.
Ormai era segnata ma, specialmente, spaventata.

***

Ormai il mattino era giunto e le luci tenue del sole si inoltrarono oltre le tende della camera di Esperanza.
Alain era lì, a guardarla, ad aspettare un piccolo segno che lei stesse bene. Aveva gli occhi lucidi, segnati dalle lacrime e dal sonno, si sentiva uno stupido, un insensibile. Era tutta colpa sua se Esperanza si era sentita male e più guardava la pelle nivea di porcellana, più gli si stringeva il cuore. Tra le dita giocava con una scatoletta: “Niente in confronto a ciò che le avrebbero potuto dare.” pensò, e si morse le labbra.
Sentì mugognare e il suo sguardo si incrociò con quello della donna che amava.
<< Ciao Alain. >> la voce di Esperanza era flebbile ma piena di dolcezza.
Lui quasi riscoppiò a piangere:<< Esperanza! Amore mio! >>
La strinse a se con tutta la forza che aveva:<< Ti prego Esperanza, perdonami se puoi! Sono solo uno stupido ipocrita … >>
Lei gli accarezzò il viso:<< Tranquillo Alain, ora va tutto bene. >>
Lui le baciò la mano e l’aiuto a farla sedere sul letto.
<< Esperanza, posso darti il regalo che ti ho comprato per Natale? >>
Lei sgranò gli occhi:<< Ma Alain, come hai fatto? >>
Lui le fece vedere le mani ferite:<< Sai, in questo periodo io e Andrè non uscivamo per fare semplici passeggiate … Andavamo a lavorare e con i nostri stipendi e un po’ di aiuto da parte del generale siamo riusciti a farvi il regalo. >>
Esperanza stava per ribattere ma, Alain fu più veloce e si mise in ginocchio al capezzale del letto.
<< Esperanza Borbone, mi vorresti sposare? >>
Le mani di Esperanza si posarono sulla bocca che stava per emettere un grido di gioia, cominciò a piangere:<< Certo Alain! Con tutto il cuore! >>
E si baciarono con tutto l’amore che avevano.


*** Nell’altra stanza, mentre tutti erano ancora ignari che Esperanza si fosse svegliata ***

<< Sono molto preoccupata per Esperanza … >>
<< Anche io Oscar, ancora non abbiamo nessuna notizia di lei … >>
Andrè e Oscar erano seduti in camera loro.
Andrè abbracciò forte Oscar:<< Andrà tutto bene, stai tranquilla. >>
<< Sì, hai ragione Andrè. >>
Lui la guardò un secondo:<< Oscar, lo so’ che magari questo non è il momento più adatto ma … posso darti il mio regalo di Natale? >>
Lei si slacciò dall’abbraccio:<< Sì Andrè, in questo momento un po’ di gioia è l’unica cosa che ci vuole. >>
Lui le sorrise dolcemente e dalla tasca uscì una piccola scatolina dipinta in blu e si mise in ginocchio davanti allo sguardo sempre più sorpreso di lei.
<< Oh mio Dio … Andrè che stai facendo? >>
Lui strozzò una risata:<< Oscar Françoise, vorresti continuare a vivere tutti i giorni della tua vita, come hai fatto fino ad ora, al mio fianco e diventando mia moglie? >>
Ad Oscar scivolò una lacrima sulla guancia e l’abbracciò forte:<< Ma certo che voglio, amore mio! >>

In quel momento entrò Nanny:<< Esperanza si è sv… ehmm, ho disturbato? >>
I ragazzi scoppiarono a ridere:<< No nonna, tranquilla. >> e scesero a trovarla.

***

La trovarono tra le braccia di Alain che fece l’occhiolino ad Andrè, segno che anche lui aveva fatto la mervigliosa proposta.
Oscar si avvicinò ai due ed Esperanza le diede una connalina con un ciondolo molto particolare.
<< Oscar, questo è un Indalo, è il simbolo spagnolo della buona fortuna. Spero ti piaccia. >>
La bionda sorrise allegramente:<< Grazie, Esperanza! >> e l’abbracciò forte.




http://www.indaloart.com/images/40_Charm_Stone_Peace_design.jpg (Indalo)

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Capitolo 26
*** La Borbone. ***


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Esperanza si era un po' ripresa da quel litigio con Alain. Il tutto era normale, era tranquillo. Per ora il tempo sembrava essersi fermato tra la neve bianca e il freddo gelo e gli interni caldi delle case col caminetto addobbate di rosso e di verde.
I giorni tranquilli passavano con un piacevole via vai nella casa che era allegra e felice come non lo era mai stata. 
Andrè seguiva Oscar ovunque andasse, senza lasciarla un secondo; Nanny sbrigava le solite faccende di casa e insieme a Margueritte tenevano sottocontrollo le due donnine in dolce attesa; il generale, dal canto suo, rimaneva nella sua piccola stanza che gli era stata concessa, dove si chiudeva e non faceva altro che scrivere e leggere uscendo solo quando la candela finiva di bruciare e la cera di sciogliersi.
Poi c'era Alain.
Lui stava accanto alla sua amata, controllava come stava e le portava il mangiare, la coccolava e le accarezzava il volto candido di porcellana.
Nei suoi occhi scuri si vedeva il pentimento di ciò che aveva fatto mentre si lasciava sopraffare dallo sguardo magnetico di sua moglie che doveva stare a letto tutto il tempo.
Esperanza, come aveva detto il dottore, doveva riposarsi il più possibile e doveva provare poche emozioni o quanto meno non troppo forti.
Ma lei come poteva? Lei era fatta per sentire le vibrazioni che ogni cosa le dava, anche la più insignificante.
Non poteva non provare niente quando Nanny le apriva leggermente la finestra per far cambiare l'aria della notte: il vento l'accarezzava e la chiamava.
E neanche quando lei chiudeva gli occhi e le sue dita scivolavano sul legno scuro: i ricordi la riportavano dove passava la maggior parte del tempo quando era piccola.
Esperanza era sempre stata abituata a sentire la natura che le cantava intorno, che le parlava e che le dava immensi doni.
Ma questo, forse, era meglio che rimanesse un segreto.
Anche se lei lo sapeva bene cosa si diceva dei Borbone di Spagna. Lo sapeva bene che anche a Versailles erano visti come persone temute e pericolose.
Lei oramai era abituata a gli sguardi spauriti e le lingue taglienti che si dilaniavano dall'altro lato dei ventagli colorati e ricchi di piume delle dame.
Era stata sempre un abitudine.
Fin da quando le avevano dato il permesso di uscire una volta al mese dalle sue camere per andare in giro per la corte fingendosi la sorella minore del principe ereditiero. 
Ma l'abitudine di Esperanza non si fermava lì.
Andava oltre.
Risiedeva fino ai suoi ricordi più lontani, dove la notte le faceva da cornice in una stanza dei sotterranei grigi e umidi insieme alla sua mamma.
E si ricordava di luci colorate che a volte facevano del bene e altre volte del male.
Si ricordava anche di quei bicchieri pieni di liquidi strani e, a volte, anche puzzolenti.
Era stata sempre un abitudine ascoltare le male lingue delle altre corti europee che tagliavano e ferivano chiamandogli "stregoni" o "figli del demonio".
Ma era stata, anche, un abitudine saper negare il tutto ... anche se era nettamente vero.

La notte soccombé ed Esperanza era rimasta sola nel letto.
Non era preoccupata dove fosse Alain. Era tranquilla. Lui non prendeva sonno da un paio di notti e per non disturbarla si rifugiava nel salotto guardando fuori dalla finestra fino a che la stanchezza non lo facesse quasi svenire. Solo allora sarebbe tornato per poi crollare sul materasso, accanto a lei, ancora vestito.
Lei sapeva anche quando tornava, ovvero, qualche minuto prima che sorgesse l'alba, la porta cigolava silenziosamente per poi richiudersi alle spalle di una figura semi morente.
In tutto quell'arco di tempo, Esperanza, poteva tranquillamente rimanere sveglia e godersi l'energia che la circondava fino ad affondare nelle sue memorie di palazzo.
Quella notte fu uguale.
Lo sguardo di lei rimaneva a fissare un punto nel vuoto verso il soffitto mentre pensava alla brutta nomina che la Corte le dava e quanta fortuna le fosse capitata che la sua nuova famiglia non ne fosse a conoscenza.
La famiglia Borbone di Spagna era conosciuta per essere a stretto contatto con la magia.
Esperanza sbuffò, si stropicciò gli occhi e cercò di mettersi a sedere.
Guardò il grembo gonfio e sorrise teneramente.
Suo figlio era destinato a un duro futuro, lo sapeva.
Perché anche lui, in Spagna, lo avrebbero dispreggiato, ne era alquanto sicura.
E come mai? Perché un bambino, se è un figlio di Borbone di Spagna, non riesce a controllarsi del tutto. 
Accarezzò dolcemente il ventre per poi guardarsi attorno.
Da quanto tempo era che non si alzava dal letto? A momenti, forse, le gambe le sarebbero andate in cancrena.
Spostò leggermente le coperte e con altrettanta delicatezza scivolò giù dal materasso tenendosi a uno stipite del letto.
Si sgranchí leggermente le gambe per poi provare a fare qualche passo.
Piano piano,mettendo un piede davanti a un altro, riuscì a superare il letto per arrivare allo specchio.
Di lei e del suo corpo ne si poteva vedere solo metà, illuminata dalla fioca luce della luna.
Pressò leggermente la sua mano sinistra sul vetro freddo che subito creò condenza intorno.
Il volto di Esperanza era impassibile, serio e fisso su ciò che aveva davanti.
Il respiro era calmo, leggermente profondo e il battito perfettamente regolare.
Esperanza socchiuse le labbra e parlò non troppo sottovoce:
<< Speculum, mostra. >>
Sul vetro sembrò cadere una leggera pioggia di brillantini dorati che aprirono come un varco al centro.
Un'immagine attraversò lo specchio:
l'interno di una dimora reale, dove un re appena salito al trono sedeva su una poltrona rossa mentre ascoltava un ragazzino che sembrava un po' più piccolo di Esperanza. 
《 Carlo, ti prego,zio mio, non fate del male a mia sorella maggiore ... 》
《 Per l'amor di Dio, Filippo! Non solo ti ritrovi ritardato ma ora anche parli di certe cose! 》
Esperanza si mise a guardare Filippo, il suo povero fratellino ritardato che le voleva tanto bene. Lo vedeva, si stava sforzando a parlare ma non demordeva. 
《 Ma è pur sempre mia sorella, ti prego zio Carlo ... 》
《 Suvvia, Filippo! Hai un altro fratello e un'altra sorella. Che sarà mai una in meno? 》
Esperanza deglutii. 
《 Perchè volete farle male? 》 gli occhi del ragazzino cominciavano a brillare di lacrime.
《 Lei è un gran pericolo per noi! Non solo si scoprirebbe che in realtà è lei la primogenita ma, pensa se fosse già incinta! 》
Nella stanza entrò un bambino un po' più piccolo di Filippo.
《 Zio ma che dite! E poi potremmo solo esserne felici per nostra sorella! 》
Carlo sbatté un pugno sul tavolo:
《 No, perché potrebbe riprendersi il trono! 》
《 Ma non sarebbe più in linea di successione. 》
《 Non se ... 》

Tutti rimasero intensione ma, non arrivò mai un continuo.

《 Ferdinando, Filippo, lasciate stare. Ora basta, andatevene. E lasciatemi continuare la mia ricerca. 》
I due degluttirono e andarono nell'altra stanza piangendo.

《 La troverò e la uccideró, sia l'ultima cosa che faccio! 》

Esperanza fece scivolare a peso morto la mano facendo chiudere la scena.
Tutto le si stava ricontorcendo contro.
Strisciò silenziosamente i piedi per poi rimettersi sotto le coperte facendosi scivolare delle lacrime fino al cuscino.
Giusto in tempo che la porta si aprisse.

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Capitolo 27
*** Red. ***


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Era mattina.
Mattina del 30 dicembre 1789.
Lady Isabell e il suo maggiordomo erano nella carrozza che li avrebbe portati nella dimora di famiglia.
《 Milady, vi sentite bene? 》
Lei distolse lo sguardo dal paesaggio esterno:《 Sì, Archy. Sarà la decima volta che me lo chiedi! 》
Il maggiordomo sospirò:《 Milady, non vorrei darle fastidio ma la vedo molto pallida e sulla nave stavate quasi per rimettere più volte. E lo sappiamo entrambi che lei non soffre il mal di mare. 》
Isabell roteò i suoi luminosi occhi viola dove solo vicino alla pupilla si poteva notare qualche sfumatura azzurra:《 Sarà che sono stanca. La Francia non mi è piaciuta affatto, un posto troppo pieno di scompiglio e ... 》
Si bloccò un secondo ripensando alla notte in cui era stata violentata.
Si ricordava ancora il nome di quel bell'uomo che, purtroppo, non aveva affatto le migliori intensioni: Fersen.
Qualche volta a Corte ne aveva sentito parlare: il nobile svedese amante della regina Maria Antonietta.
Dopo questa cosa le sarebbe potuto accadere di peggio? 
Assolutamente nulla. Solamente ritrovarselo davanti.
《 Lady Isabell? 》
Lei scosse la testa per ritornare al presente: 《 Sì, Archibald? 》
Lui sorrise:《 Guardate che qui siamo in territorio inglese, si può togliere quella parrucca. 》
Le alzò lo sguardo come per guardare quel ciuffetto castano chiaro che le arrivava fin sopra il naso:《 Finalmente! 》
E con fare frettoloso si fece cadere quell'ammasso di capelli finti lasciando vedere una chioma tenuta a chignon e una frangetta appuntita di un colore tra il rosso Borgogna e rosso Granata luminoso.
Archibald sorrise e lei ricambió sollevata: 《 Quanto sono mediocri con la convinzione che la gente dai capelli rossi sia servitrice del diavolo! 》
***
A Versailles sembrava una mattina come le altre: la neve che cadeva lentamente sui giardini reali e il ghiaccio ricopriva le fontane maestose.
La regina stava alla finestra, le mani posate sulle cosce fasciate dal vestito viola mentre sedeva sul divanetto rosso.
Ormai era tutto ciò che le rimaneva da fare. 
La Corte stava cadendo, lo sapeva bene, e con essa sarebbe caduta anche lei. Quindi era meglio godersi i suoi ultimi splendori e i suoi ultimi momenti.
Fersen era uno dei pochi nobili rimastole fedele mentre vedeva gli altri, pian piano, andarsene uno a uno come foglie in autunno.
Ormai erano passati così tanti anni dalla prima volta che lo aveva incontrato che sapeva tutto di lui, ne riconosceva anche il fresco profumo.
E riconobbe anche i suoi passi che si avvicinavano sempre di più dall'altro lato della porta.
《 Avanti. 》
La porta si aprì lentamente.
《 Vostra maestà, come state oggi? 》
Fersen fece un inchino elegante e lei sorrise, stanca:
《 Come sempre, ormai, mio caro Fersen. Sento le mie ore passare e la fine avvicinarsi sempre di più. Mi fa tutto un po' paura e sento che ho fatto mille errori... 》
《 Mia regina, ma cosa dite? 》
Lei lo guardò con quegli occhi spenti:《 Non fate lo sciocco Fersen, ormai lo sapete anche voi che è la verità. 》
Lui abbassò lo sguardo e cadde in ginocchio mentre Maria Antonietta non si mosse di un millimetro.
《 M-mia regina... io ... ho fatto un peccato... 》
《 Siete andato con un altra donna? 》
Fersen sobbalzò e lei si trattenne un risolino:《 Quella notte non eravate nel mio letto. 》
Lui si sentì sprofondare e gli scivolò una lacrima:《 Ve ne prego, perdonatemi mia regina. 》
Lei gli si avvicinò:《 State tranquillo Fersen, vi perdono e non posso far altro che capirvi. Anche a uomini come voi stare accanto a una donna come me può far del male. 》
Lui la guardò mentre gli sorrideva:《 Fersen, ve ne prego, andate da lei. Sarete più felice. 》
《 Ma cosa dite vostra maestà?! Io amo solo voi! 》
Lei sorrise dolcemente:《 Anche io Fersen, anche io. Ma prima o poi le rose devono appassire per far spazio ai nuovi boccioli che saranno sempre più belli. 》
***
Tre rose rosse.
Tre rose rosse erano sulla tavola della nuova dimora Jarjayes.
Margueritte si era affrettata a metterle nel vaso appena le aveva viste davanti casa: sembravano così speciali, senza esser colpite dal freddo di fuori, che non riuscì a trattenersi.
Oscar, fra i suoi ribelli boccoli dorati, ne accarezzava i petali vellutati:《 Sembra così strano. 》
Erano tutti a tavola tra candele e cioccolata calda.
Margueritte guardò la figlia:《 Esatto, infatti non sono riuscita a trattenermi. Il miracolo della natura. 》
Oscar sorrise:《 Eh già. 》
Quel giorno c'era particolarmente silenzio fra di loro, non se ne sapeva il motivo, ma al generale pesava parecchio e per questo espose il primo argomento che gli si formuló in testa:
《 Ragazzi, parliamo di cose un po' più serie. 》
I presenti si misero composti ad ascoltarlo, abituati ai drastici discorsi del generale.
Lui li guardò per bene per poi sentenziare lasciando di stucco i ragazzi: 《 Avete deciso i nomi per questi bambini che nasceranno? 》
Si misero a ridere ma poi Andrè parlò :《 In realtà no, non abbiamo neanche un'idea. 》
Oscar accennò un "sì ".
Augustin li guardò:《 E che cosa state aspettando? Forza, almeno provate delle idee! 》
I due fecero per pensarci e iniziò Andrè : 《 Andrè junior. 》
I presenti lo guardarono in malo modo.
《 Andrè, per l'amor del cielo! 》
Lui si mise a ridere:《 Tranquillo Alain, non ero serio. 》
《 Menomale! 》 e Alain sospirò. 
《 Comunque se fosse un maschio lo chiamerei Reynier. 》
Il generale si rizzò sulla sedia:《 A-Andrè... 》
Oscar lo guardò, anch'ella stupita.
Lui continuò :《 Sì, insomma. Anche se una volta il generale ha cercato di ucciderci ed è sempre stato contrario al fatto che io e Oscar stessimo insieme... 》 Si bloccò di botto.
Tutte le parole mai dette in trent'anni ora stavano per prendere il sopravvento.
Era sicuro di poterle dire?
O forse era meglio tenersi i sentimentalismi per sé? 
No, forse è proprio meglio buttarsi.
Vide il generale sporgersi di più verso di lui:《 Sento che c'è un "ma". Forza ragazzo, parla. 》 e seguì un tenero sorriso.
Andrè si fece un po' di forza, era rimasto sempre il solito bambino di un tempo dove ci voleva del coraggio per dire le cose belle.
《 Ma, alla fine, per me è stato come un padre. Quel padre che non ho mai avuto. Mi ha dato una casa, un tetto, un letto caldo, dei vestiti non fatti di pezze e rintoppati, mi ha permesso di imparare a tirar di scherma e a cavalcare, mi ha permesso d'imparare a leggere e scrivere potendo assistere alle lezioni con il maestro insieme alla cosa più grande che mi ha dato: lei. 》 e sorrise verso Oscar a cui le guancie si erano tinte di porpora.
Il generale si ricompose, sul volto un bellissimo sorriso e, nascosta da una mano appoggiata alla guancia, una lacrima di felicità. 
《 Che parole meravigliose Andrè. 》 disse dolcemente Esperanza.
《 Grazie. 》 rispose ancora sorridente.
Poi fece capolino Nanny che, ancora, si stava asciugano le lacrime col suo fazzoletto bianco:《 E se fosse femmina? 》
I due si fermarono un secondo a guardarla, era come se nulla lo venisse in mente.
Oscar si concentró insieme ad Andrè: sentì una voce.
Sembrava quella del suo bambino.
Sentì un nome formularsi nella sua mente: Alexian
A sentir quel nome non si tirò indietro per alcun motivo e, come di tutta fretta, lo pronunciò:《 Alexian. 》
Andrè la guardò:《 Come mai questo nome? 》
Lei si sentì per un attimo alle strette: non poteva dire che gliel'aveva detto il suo bambino, l'avrebbero semplicemente presa per pazza.
《 Ehm... mi piace. 》
Margueritte sorrise:《 Concordo con mia figlia, questo nome ha anche un bellissimo significato. 》
Andrè si incuriosì:《 Quale? 》
《 Alexian vuol dire "colei che protegge". 》
Alain fischió:《 Ma che gran nome! Sicuramente degno della figlia del miglior comandante mai avuto e nipote del miglior generale di tutta Francia! 》
Si misero a ridere per poi passare a guardare tutti Esperanza ed Alain.
《 E voi ragazzi? 》
Alain si grattò la nuca:《 Non saprei ... 》
Esperanza esitò un secondo ma poi parlò: 《 Se fosse maschio lo vorrei chiamare Joseph Fernando Filippo. 》
Alain la guardò:《 Tutti questi nomi? 》 fece con fare beffardo.
Lei lo guardò leggermente accigliata:《 Perlomeno ne ho messi pochi, in Spagna se ne usano molti. 》
《 E come mai proprio questi? 》
Lei sorrise dolcemente:《 Joseph è un nome che mi piace, invece, gli altri due sono i nomi dei miei fratelli minori. 》
Alain le sorrise teneramente accarezzandole il viso.
《 E se fosse femmina, Alain? Come la chiameresti? 》
Lui si fermò di botto, lo stomaco si contorse, ma alla fine lo aveva deciso fin da subito:《 Dianne. 》
Le persone presenti rimasero in silenzio: non c'era bisogno di spiegazioni per quel nome. 
Esperanza lo abbracciò forte:《 Per me va bene. È un nome bellissimo. 》
Il generale fece un finto colpo di tosse:《 Si è fatto tardi, sarebbe meglio andare a letto. 》
Tutti annuirono e si andarono a preparare per la notte.

Oscar e Andrè si misero a letto, si baciarono e si scambiarono un tenero sguardo: 《 Buona notte amore. 》
《 Buona notte Madam Grandier. 》
E chiusero gli occhi per un sonno profondo.

Era da molto che Oscar non sognava, le sembrava quasi strano.
All'improvviso si ritrovò davanti a suo figlio, quel bambino non poteva avere più di 6-7 anni.
<< Bambino mio. >>
Lui le sorrise dolcemente:<< Ciao mamma. >>
Lei ricambió il sorriso:<< Sei stato tu a dirmi il nome per tua sorella, vero? >>
Lui fece un piccolo risolino:<< Esatto. >>
<< Proprio un bel nome. >>
Il bambino portò in avanti qualcosa che teneva dietro la schiena: una rosa rossa.
Oscar la guardò: era di un rosso Borgogna splendente.
<< Vedi mamma, questa è una semplice rosa rossa ma, se la guardi bene è speciale. >>
Gliela porse e Oscar sorrise: tra le mani aveva qualcosa del suo bambino.
<< Abbine cura. >>
E tutto si rifece buio.


Oscar si svegliò dalla luce che arrivava dalla finestra.
Fece per stringere i pugni, ma sentì qualcosa fra le dita e il palmo.
Guardò in quella direzione: era la rosa che le aveva dato suo figlio.
Rimase sorpresa, sorrise dolcemente.
《 Grazie. 》
E la portò al petto mentre richiudeva gli occhi sorridendo teneramente.

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Capitolo 28
*** Sorprese. ***


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Le luci del sole penetrarono dalla finestra illuminando la stanza.
Andrè sentì Oscar muoversi fra le coperte sussurrando qualcosa per poi accovacciarsi su se stessa.
Andrè la guardò qualche istante: i boccoli biondi erano ovunque in quel letto e la camicia da notte,piena di pieghe, le lasciava una spalla scoperta.
Con attenzione si avvicinò a lei fino a toccare il suo corpo col suo e portando il suo braccio ad abbracciare il pancione.
La sentì abbassare lentamente la mano fino ad intrecciarla con la sua.
《 Buon giorno Andrè. 》La voce di lei ancora impastata dal sonno non gli poté sembrare più dolce.
《 Buon giorno comandante. 》La sentì ridere per poi girarsi verso di lui.
I loro occhi si incrociarono e lui si sentì sciogliere:
《 Soldato. 》ecco iniziata la piccola commedia mattutina.
《 Mi dica comandante. 》Stava per sbuffare a ridere.
《 Cosa ci fate qui nel mio letto? Potrei farvi un rapporto e farvi giudicare dal Tribunale Militare. 》
Lui le salì di sopra cercando di non far male al pancione:《 Perdonatemi comandante, è che non riesco a trattenere la voglia di farla mia. 》disse sorridendole. 
Lei sembrò fare la seria, con quel tono che aveva sempre usato con i suoi sottoposti:《 Soldato Andrè Grandier! 》 lo richiamò.
Lui rise:《 Ai vostri ordine comandante! 》 e alzò la mano come per fare il saluto.
《 L'ordine che vi do da svolgere subito è - si guardarono dritti negli occhi, lasciandosi un momento sospeso - di farmi immediatamente sua. 》
I due risero, poi Andrè cominciò a baciarle il collo come se la stesse divorando per poi abbassare sempre di più la camicia da notte fino a scoprirle il seno.
Lei era immobile, sorrideva, aspettando un movimento del suo amato Andrè che era rimasto a contemplare quei seni sodi e candidi.
Per lui era una dea, una dea scesa in Terra. Una di quelle dee greche meravigliose che al sol vederle rimani ammaliato.
O forse, Oscar, era un demone.
Un demone vestito da anglo per portarlo nella parte più dolorosa dell'inferno dannandolo per sempre.
Era meravigliosa, era perfetta.
Ricominciò a baciarle il collo scendendo, pian piano, verso il petto accarezzandole i capezzoli. 
Oscar si morse il labbro inferiore mentre accarezzò i capelli mori del suo amato.
Andrè si fermò davanti ai suoi seni che cominciò a mordicchiare divertito mentre Oscar cominciò ad ansimare. 
Giocherellò con essi per un po' finchè non riuscì più a trattenersi e le levò la camicia.
Si sorrisero e si baciarono con immensa passione mentre lui penetrò in lei facendole levare un gemito di piacere che si affrettò a soffocare con un altro bacio.
《 Attento Soldato, non dobbiamo farci scoprire. 》
Lui sorrise maliziosamente :《 Stia tranquilla Comandante, sarò silenzioso come un gatto. 》
E cominciarono a fare l'amore.
***
La mattina sorse splendida anche nella reggia di Versailles di cui, di splendido, non aveva nient'altro che i dipinti e gli oggetti regali.
La regina passeggiava nei giardini, non aveva nessuno al suo fianco perché i nobili erano spaventati e la maggior parte andavano via.
Si sentiva stupida, per tutte le sue fantasie e finte certezze.
Tutto quello sfarzo che prima la faceva sentire al sicuro non era altro che una grande prigione dorata.
Si diede della stupida per i troppi sperperi causati dal quel vuoto interiore causato da un amore impossibile, della stupida per aver pensato solo a se stessa e ai nobili che la circondavano e non al suo popolo.
Davvero tanto stupida, ignobile e irresponsabile. Solo ora si rendeva conto di quanto era stata immatura.
Ma lo aveva compreso troppo tardi.
Si sedette su una di quelle sedie sepolte sotto la neve, una di quelle dimenticate nel giardino dalla primavera, una di quelle che era stata uscita mentre il tutto era ancora una favola.
Il suo sguardo si perse nel vuoto totale, tra la neve e l'infinito biancore. Troppi avvenimenti.
Anche la notizia di Fersen era andato a letto con un'altra e anche che quest'ultimo si dovesse sposare con una donna inglese scelta dai suoi genitori.
Ma alla fine se lo doveva aspettare, lui non era suo e lei non era sua.
Si voltò verso le finestre piene di brina e vide passare quella figura che passeggiava stanca lungo il corridoio degli specchi.
《 Oscar... quanto avrei bisogno di te... 》
***
Fersen era dall'intera mattinata che faceva avanti e indietro per la reggia: era maledettamente nervoso.
Quella mattina aveva ricevuto l'ennesima lettera dai suoi genitori dove lo incitavano a sposarsi con quella donna che neanche il nome sapeva.
Non ci riusciva: avrebbe detto addio alla sua regina e avrebbe dovuto una donna che non aveva mai visto.
Anche a questa lettera non avrebbe risposto, rinviando il momento decisivo della sua vita.
Attraversando il corridoio degli specchi guardò attraverso le finestre: dall'altro lato c'era la regina tra la coltre di neve.
Uscì velocemente per ragiungerla: lo sguardo impassibile perso in quel niveo paesaggio.
《 Vostra maestà, rientrate. Prenderete un malanno. 》
Lei si girò verso di lui:《 Ormai un po' di freddo non mi ferirà più di tanto. 》E fece un risolino beffardo.
Ci fu un momento di silenzio assoluto poi rotto dalla regina:
《 Ho saputo che vi dovreste sposare. 》
Fersen perse un battito.
《 Come..? 》
《 Le voci sono ancora esistenti anche se i nobili diminuiscono giorno dopo giorno. 》
Lui abbassò lo sguardo.
《 Ve ne prego, andatevene da lei. Conoscetela, per favore. 》
Fersen fece per ribattere ma venne interrotto:《 È un ordine della vostra regina, dovete ascoltarlo. 》
《 Ma... 》
Dietro di lui arrivò un servo trafelato che sventolava una lettera:《 Vostra Maestà, una lettera d'Arras! 》
La regina si alzò di scatto, era felice, sapeva di chi era:《 Che cosa dice? 》
《 Madamigella Oscar annuncia la sua visita questo pomeriggio dicendo che la sorprenderà. 》
Per la prima volta, dopo tempo, Maria Antonietta sorrise veramente felice e cominciò a fare piroette fra quello strato di bianco.
***
Lady Isabell si fece preparare un bagno caldo:finalmente era a casa.
Tutto però le sembrava diverso: dentro di lei qualcosa non andava, molto probabilmente era a causa dell'esperienza negativa vissuta in Francia, invece, attorno a lei tutto era festoso in quella casa.
Sembravano tutti così felici, anche Archibald.
Chissà cosa avevano.
Guardò i petali violacei delle rose che galleggiavano sull'acqua calda emanando profumo.
C'era troppa pace nella sua vita, da un lato, anche se era stato qualcosa di brutto, le era piaciuto il fatto di essere violentata.
Insomma, era stato qualcosa d'improvviso, che nessuno le aveva dato il preavviso: finalmente qualcosa era andata fuori dalle righe.
Si ricordò quando una volta sognava mille avventure mentre fingeva di essere un pirata dei Sette Mari.
Quelli erano bei tempi.
Ora sono passati vent'anni ed era tutto più brutto di prima.
D'un tratto qualcuno venne a bussare alla porta: 《 Sono Roxanne. Devo parlarle per un messaggio dei vostri genitori. 》
《 Entra. 》
***
Oscar sistemò l'abito bordeaux sotto il mantello con cappuccio nero, i capelli lasciati cadere in avanti erano sciolti.
《 Noi torneremo questa sera. 》avvertì Andrè agli altri.
《 Va bene amico, basta che state attenti: in questo periodo la corte di Versailles non sarebbe il massimo. 》
Oscar sorrise:《 Tranquillo Alain, sappiamo cavarcela benissimo. 》E salirono nella semplice carrozza che aveva accompagnato fin lì il generale, molto tempo fa.
Erano diretti a Versailles dove, molto probabilmente, la regina gli attendeva.
Oscar era davvero felice, alla fine era una sua vecchia amica ed era da molto che non la vedeva.
Chissà come avrebbe reagito vedendola in abiti femminili e per di più incinta del suo attendente ...
Ma ormai era inutile preoccuparsi, si era lanciata.
Arrivarono dopo non molto e Oscar si fece annunciare lasciando Andrè alla carrozza, chiedendogli di poterla incontrare da sola.
《 Vostra Maestà, è arrivata Madamigella Oscar. 》
《 Fatela entrare immediatamente! 》 non ci stava più nella pelle. Era così felice di poterla rivedere.
La porta si aprì e le si mostrò davanti Oscar con un mantello col cappuccio tenuto sul viso.
《 Oscar! 》
《 Mia Regina! 》
Maria Antonietta corse ad abbracciarla mentre Oscar levò il cappuccio.
《 Mi siete mancata così tanto amica mia. 》 disse la regina tra le lacrime.
《 Anche voi. 》 rispose Oscar accarezzandole i capelli.
《 Accomodatevi, ve ne prego. 》disse invitandola a sedersi sui divanetti con lei.
《 Molto volentieri. 》
Mentre la regina si sedette osservò Oscar: 《 Madamigella, scusate l'osservazione ma... sembrate ingrassata. 》 disse per poi mettersi a ridere come se fosse stato un scherzo.
Però lei non lo preso allo stesso modo:《 Già... 》
La regina si bloccò subito:《 Qualcosa non va, Oscar? 》
Lei scosse la testa:《 Assolutamente no. 》
《 Almeno levatevi il mantello, qui si sta bene. 》
Oscar stava sudando freddo.
Maria Antonietta la squadrò dalla testa ai piedi accorgendosi del finale della gonna sotto la mantella:《 Quello è un abito femminile? Oscar, mi state nascondendo qualcosa? 》
Si sentì morire mentre la regina si alzò m:《 Toglietevi subito la mantella, è un ordine. 》
Oscar buttò fuori un sospiro e alzandosi sciolse in nodo del mantello che scivolò sul pavimento.
La regina rimase stupita: Madamigella Oscar era lì, difronte a lei in abiti femminili e per di più era... incinta?!
《 O - Oscar?! 》
《 Lo so che tutto le sembrerà strano ... 》
《 Pretendo delle spiegazioni, immediatamente. 》
Le due donne si sedettero una vicina all'altra e, quando Oscar stava per cominciare a raccontare, vennero interrotte dall'entrata di Fersen.
《 Madamigella Oscar? 》 Lui rimase sorpreso dalla visita ma, specialmente, dal suo nuovo aspetto. 
Stava per diventare madre.
《 Non riesco a crederci. 》 disse lui sullo sconvolto, ma andò ad abbracciarla facendole i più sinceri auguri per poi unirsi al racconto insieme alla regina.
Quando Oscar finì erano a bocca aperta, presi di sprovvista da tutto.
《 Non riesco a crederci ... 》 disse Fersen.
La regina continuò a guardarla sbalordita finchè non urlò di felicità e la strinse forte:《 Non sarei mai potuta essere così felice per voi, anche se state con un plebeo ... ma è pur sempre il nostro caro Andrè. 》
《 Già - continuò Fersen - non avrei potuto avere una notizia migliore. 》
Oscar sorrise felice ai suoi vecchi amici:《 Grazie, grazie di tutto. Sono così felice di rivedervi e sapere che voi stiate bene. 》
La regina sorrise:《 Non per molto Oscar, ma ora ve ne prego, andate. Non dovete rimanere qui, è pericoloso. 》
Maria Antonietta l'accompagnò fino all'uscita di Versailles:《 Vi auguro tutta la felicità che vi meritate e spero di vivere abbastanza da poter vedere il vostro meraviglioso bambino. 》
A entrambe scesero delle lacrime calde e si abbracciarono forte.
《 Addio amica mia... 》
《 Addio ... Maria Antonietta. 》
E Andrè fece partire i cavalli.

《 Oscar? 》
《 Sì Andrè? 》
《 Stiamo passando dentro Parigi, che ne dici di andare a trovare Rosalie e Bernard? 》
《 Va bene! 》
Andrè percorse le strade e i vari vicoli a memoria, fino a fermare la carrozza davanti la casa dei loro amici.
Bussarono e quando venne ad aprirli Rosalie fu subito invasa dalla gioia e tra le lacrime disse:《 Che gioia vedervi! Bernard, vieni a vedere chi è venuto a trovarci! 》
Dall'altro lato della casa si sentì la voce calma di un uomo quasi ridente:《 Arrivo, arrivo! 》
Rosalie fece accomodare i ragazzi al tavolo mentre aspettavano che Bernard si sistemasse. 
《 Amici! Vi trovo bene! 》
I ragazzi si salutarono amichevolmente:《 Ti troviamo bene anche noi! 》
In quell'arco di tempo parlarono del più e del meno: di come stavano andando le cose a Parigi, di come procedeva la loro vita e della bellezza della gravidanza di Oscar.
Andrè guardò fuori dalla finestra: era tutto buio.
《 Oscar, è meglio che andiamo. La strada è lunga. 》
Lei si alzò un po ' a fatica:《 Sì Andrè, hai ragione. 》
I ragazzi si salutarono ma, quando Oscar fece per salutare Rosalie, si dovette fermare e strizzare gli occhi:《 Ahi! 》
Andrè andò subito da lei che si accarezzò il ventre:《 Tutto apposto? 》
《 Sì Andrè, il nostro piccolo ha dato solo un piccolo calcetto. 》
Sul volto di lui si tinse un sorriso di gioia:《 Davvero?! Sono così contento! 》e la baciò dolcemente sulle labbra.
***
Isabell era sdraiata sul suo letto a guardare il tetto.
Quel messaggio da parte dei suoi genitori, Roxanne, non era riuscito a dirglielo perché stavano per prendere a fuoco le cucine a causa di una distrazione da parte di un cuoco.
Ora Isabell rimaneva lì, nervosa, con mille domande.
La porta si aprì:《 Lady Isabell, scusatemi se non sono riuscita a dirvi il messaggio. 》
Lei rimase impassibile sdraiata sul letto:《 Tranquilla Roxanne, ora dimmi. 》
《 I vostri genitori vi hanno convolato a nozze con un conte. 》
A Isabell sussultó :《 Come?! E chi sarebbe?! 》
《 Il suo nome è Hans Axel Von Fersen. 》
Isabell si alzò bruscamente dal letto: 《 Non può essere. 》
***
Esperanza e Alain corsero alla porta:《 Finalmente! Dove eravate finiti?! 》
Andrè e Oscar entrarono ricoperti di neve:《 Scusateci, siamo passati da Rosalie e Bernard e abbiamo perso tempo. 》
Nanny arrivò tutta trafelata abbracciandoli:《 Grazie a Dio! 》
《 Nonna, stai tranquilla. 》
Nanny guardò minacciosa Andrè :《 Screanzato di un nipote! Portare Oscar, incinta, di notte per Parigi! 》 e cominciò a inseguirlo col mestolo mentre tutti quanti ridevano.
《 Cos'è questo baccano?! 》disse grave il generale scendendo le scale.
Tutto si fermò alla sua venuta e avendo capito tutto fece una piccola risata.
Augustin guardò l'orologio: le 12 in punto.
《 Appena in tempo per il capodanno. 》

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Capitolo 29
*** Notre Rêve. ***


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Il nuovo anno era entrato da un po'.
Fin a quel momento non sembrava procedere così male: la loro meravigliosa vita in famiglia procedeva a gonfie vele e tutti erano felici.
La neve non smetteva mai di cadere ed incorniciava tutti i giorni del tenero quadretto famgliare.
Ma in una tenuta in Inghilterra non era lo stesso. Lady Isabell stava sempre più male.
Il suo umore era sempre "sotto le scarpe" ed era davvero molto nervosa; le mani le tremavano in continuazione facendo sì che le scivolassero le cose al suolo frantumandosi in mille pezzi; andava spesso a vomitare perché lo stomaco non reggeva e così anche le sue braccia: sempre rigate dalle sue stesse unghie affilate che le perforavano la carne nel sonno.
Al mattino si svegliava con il letto macchiato di sangue e le braccia perfettamente ferite come da coltelli.
E ovviamente, per ciliegina sulla torta, non mangiava quasi più e sveniva spesso.
Sognava di poter scappare via, lontano da tutto. Che il suo destino non era quello, ma un altro. Via da quel Paese, lontano da tutto ciò che conosceva e da Fersen.
Lui che, ormai, era diventato il punto fisso dei suoi pensieri e dei suoi più oscuri incubi.
Era stata troppo segnata, come se le avessero fatto un marchio col ferro rovente. Ecco, lui era stato questo.
Anche quel giorno, al posto di Oscar e della sua famiglia che sorseggiava cioccolata calda, era sul letto con una camicia bianca maschile a pensare.

Fersen. 
Perché tutto questo? Io me lo merito? Ho fatto qualcosa di sbagliato per avere questo terribile destino?
Non voglio sposarlo, o quanto meno dopo quello che mi ha fatto. Mi sento distrutta, lacerata dentro, una di quelle farfalle a cui si toglie quella polvere e ne rimane solo la bellezza delle ali che non potranno mai più spiccare il volo.
Lo so, è un bell'uomo, non posso negarlo e forse se le cose fossero andate diversamente non mi sarei comportata così... ma purtroppo è la verità. Tutto va male.
E anche se tutto potrebbe passare... chi toglierebbe il fatto che lui non potrebbe mai amarmi?
Ho paura. Paura di diventare cattiva, non voglio, non voglio creare guai e dolore.
Ma a volte il destino è beffardo.


Sentì qualcuno bussare per poi udire la voce di Roxanne:《 L'hanno convocato. 》
Era il momento di morire.

***

Un servo arrivò con passo spedito fino al conte Hans consegnandogli una lettera: l'aprì e ne lesse il contenuto.
Era dei suoi genitori: era il momento di conoscere di persona la sua "fidanzata" e dire "addio" alla sua amata regina.

Bussò alla porta di Maria Antonietta e cercò di chiamarla senza avere neanche una risposta.
Dall'altro lato una donna piangeva asciugandosi le lacrime con un fazzoletto di seta.
Lei voleva che lui se ne andasse, che se ne andasse per sempre. Doveva finire tutto.
Ma tutto torna, e le sarebbe arrivata la piaga nel petto.

***
Esperanza non ne poteva più era tutto così uguale a tutti gli altri giorni che sarebbe voluta soffocare.
I giorni erano tutti gli stessi, tremendamente gli stessi.
Cominciò a muovere velocemente le gambe avanti e indietro facendo avvolte alzare la gonna del vestito color castagna mentre sbuffava sonoramente. Da dietro le mise le mani sulle spalle Alain:
《 Qualcosa non va, Esperanza? 》
Lei mise una mano sulla sua:《 Tutti i giorni sembrano uguali, non accade niente e siamo rinchiusi in questa casa a fare sempre le stesse cose! Ne ho parlato anche con Oscar ieri, mi ha risposto la stessa cosa! 》
Lui fece una smorfia divertita:《 Oh beh, sai che le cose migliori avvengono quando meno te lo aspetti? 》
Lei si voltò verso di lui: 《 Cosa vorresti dire? 》
Alain si allontanò:《 Niente niente, tranquilla. 》
Ma prima di andarsene, Esperanza, lo fermò:《 Amore, almeno potresti farmi fare una passeggiata fuori? 》
Lui si sembrò intenerirsi e si mise in ginocchio mentre le accarezzava il volto:《 È meglio di no, Esperanza. 》
Lei abbassò lo sguardo:《 Sei preoccupato per il fatto che io sia incinta..? 》
Alain le fece alzare lo sguardo prendendole il mento fra le dita:《 No.- disse sorridendo- Ma per il semplice fatto è che sarei io quello a badare a due bambini. 》e scoppiò a ridere.
Lo sguardo di Esperanza si fece terribilmente arrabbiato e gli lasciò un brutto segno "a fuoco" sulla guancia.

Andrè guardava Oscar di traverso mentre lei ricambiava lo sguardo:
《 Ma si può sapere cos'hai? 》
《 Mi spieghi da dove è spuntata quella rosa? 》
《 Quante volte te lo dovrei dire?! L'ho trovata fuori e l'ho raccolta. 》
《 Allora toglimi un'altra curiosità. 》
Oscar roteò gli occhi:《 Dimmi Andrè. 》
《 Quando l'hai trovata visto che tu non sei mai uscita, oltre il giorno in cui siamo andati dalla regina? 》
Le si mozzó il fiato: 《 Ehm... ecco, io ... 》
《 Oscar, dimmi la verità. Chi te l'ha data quella rosa? 》
Oscar rimase a fissarlo con gli occhi sbarrati senza dire una parola. 
Andrè si morse le labbra strinse i pugni e si alzò dal letto:《 Allora era giusto quello che pensavo: tu hai un altro! 》
Lei rimase più sconvolta di prima:《 Un altro? Ma cosa vai blaterando?! 》
《 Dovevo aspettarmelo. In realtà non dovresti essere neanche incinta. Io ti servivo solo per scappare di casa e a dare uno sfogo ai tuoi istinti più bassi: ti sei approfittata di me! 》
《 Sei pazzo ... 》
Andrè la guardò accigliato e prese il mantello per uscire.
Oscar cercò di fermarlo:《 Andrè ma dove vai?! 》
Lui non si voltò nemmeno:《 Lontano da te e da quel figlio di puttana! 》e si lasciò chiudere la porta alle spalle.
Oscar rimase un attimo interdetta, sconvolta: la luce dei suoi occhi le aveva dato della "puttana" .
Si lasciò cadere a terra, cominciando a piangere compulsivamente e così sonoramente che tutta la famiglia la sentí e accorse da lei.
《 Mio nipote è pazzo! 》 sentenziò immediatamente Nanny, dopo che Oscar finì di raccontare tutto.
《 Come si permette di dire certe cose a mia figlia?! 》fece eco il generale. 
Oscar non proferiva parola, rimaneva lì a piangere, con le mani premute sul viso arrossato e gli occhi gonfi.
Esperanza l'abbracciò calorosamente mentre Alain le mise una mano sulla spalla:《 Comandante, non si preoccupi. Parlerò io con Andrè. 》
Lei alzò pian piano il volto, arrivando a incrociare lo sguardo con quello dell'ex soldato, e gli sussurrò un leggero "grazie" mentre ancora le lacrime le solcavano il viso quasi graffiandolo.

Andrè entrò nella locanda del loro vecchio amico.
《 Andrè! Che bella sorpresa! Ma come mai senza Madamigella Oscar? 》
Andrè si limitò ad abbassare lo sguardo e il locandiere ammutolí:《 Che ti porto? 》
Lo sguardo verde era spento:《 Una bottiglia di vino. 》e si sedette al bancone. 
Lui gli portò il bicchiere e la bottiglia:
《 Problemi di cuore, Andrè? 》
Sospirò:《 Esatto... 》
《 Parlami di questa donna. 》
Ad Andrè cominciarono a scivolare delle calde lacrime sul viso:《 Da dove potrei cominciare? Lei... lei è perfetta, sotto ogni punto di vista. È meraviglioso il suo viso con i suoi occhi azzurri e quelle meravigliose labbra; sono meravigliosi i suoi capelli fatti di boccoli dorati; è meraviglioso il suo corpo fatto di porcellana e forme perfette, specialmente ora con il suo ventre gonfio di vita. Ma ora non so se dirti se è davvero così perfetta... perché dell'amor suo nei miei confronti non ho più certezza. 》
《 Giuro che se non mi avessi detto quest'ultima frase avrei messo la mano sul fuoco che la donna di cui stai parlando è Madamigella Oscar. 》
Ad Andrè si formò un nodo in gola e si versò il vino nel bicchiere facendolo scivolare in gola velocemente.
Ad un tratto la porta si aprì e una figura sotto un mantello si fece avanti nella locanda.
《 Buonjour messieur. Desidera? 》
La figura si tolse il cappuccio davanti al viso mostrando i due occhi accattivanti color nocciola di Alain.
《 Oh niente signore, mi dividerò il vino con il mio amico Andrè. 》
Sentendo il suo nome si voltò di scatto e il cuore gli sussultó trovandosi davanti il suo amico che si stava sedendo accanto a lui.
《 Cosa ci fai qui, Alain? Preferirei rimanere da solo. 》
《 Amico, andiamo! Dopotutto, prima o poi, dovresti affrontare il discorso. 》
Andrè sospirò:《 Andiamo Alain, si capisce benissimo che si sta facendo fare gli occhi dolci da qualcuno e io non sono altro che un passatempo. 》
Alain batté un rumoroso colpo sul tavolo:《 Insomma Andrè, ma sei proprio scemo! Secondo te il comandante farebbe mai una cosa del genere? 》
Gli sguardi dei due si incrociarono:《 Allora dammi tu una spiegazione di quella rosa immacolata e tenuta tanto cara! 》
Alain si alzò di scatto.
Lui sapeva tutto, glielo aveva detto Esperanza. Prima che lui uscisse di casa Oscar si era sfogata con Esperanza che era l'unica che in quella casa le avesse potuto credere. Non seppe per quale motivo, ma lui credette a sua volta.
《 È vero Andrè, Oscar ti ha mentito. Non l'ha colta lei ma è stato vostro figlio a dargliela. 》
Si alzò di scatto:《 Alain ma stai delirando? È impossibile! 》
《 Non è detto. 》
E mentre nella dimora, Oscar, invocava l'aiuto di suo figlio, Andrè svenì.

Camminava su uno sfondo violaceo verso una luce all'orizzonte che lo orientava. 
Andrè si guardava intorno:<< Ma dove sono? >>
Ad un tratto si ritrovò davanti a un bambino dai capelli dorati e gli occhi azzurri.
Rimase a guardarlo per un istante per poi parlare:<< Chi sei? >>
Il bambino gli sorrise:<< Sono tuo figlio! >>
Andrè rise:<< Non dire sciocchezze, è impossibile. Non sei neanche nato. >>
Vide il volto del bambino rattristirsi:<< Qualcosa non va? >>
<< Io non dico le bugie... >>
Andrè sentì in cuor suo che ciò che gli stava dicendo era vero e lo abbracciò forte. 
<< Scusami bambino mio ... >> era come se davvero, in quel momento fosse padre.
Il bambino lo guardò negli occhi:<< Papà, ascoltami: non dubitare della mamma e delle parole che sono state riferite a zio Alain. Sono tutte vere. La mamma ti ama tanto e quella rosa gliel'ho davvero data io. >>
Andrè gli sorrise:<< Se me lo dici tu allora ti credo. >>
Il piccolo ricambió il sorriso e gli porse un lillà:<< Grazie. >>


Andrè si svegliò sul suo cavallo.
Erano quasi arrivati a casa.
《 Buon giorno, amico. 》la voce di Alain gli arrivò pungente fino alle orecchie.
《 Non puoi capire cosa ho sognato ... 》
《 Tranquillo, me lo immagino. 》
Entrambi scesero da cavallo ed entrarono in casa.
Alain gli diede una pacca sulla spalla:《 Muoviti. 》
Andrè accennò un "sì" con la testa e salì le scale entrando nella camera.
Oscar si era voltata verso di lui, seduta alla finestra con gli occhi gonfi e le guance arrossate. 
Lui si morse le labbra e si avvicinò a lei.
Non ci furono parole.
Lui le mostrò il lillà e le sorrise per poi baciarsi dolcemente.



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Mi scuso già da ora per i terribili errori di qualunque genere ... purtroppo sto davvero male e faccio fatica anche a leggere ma, quando si ha l'ispirazione non si può far altro che scrivere. Se ci sono cose che non vanno scrivetemele in maniera da poterle sistemare il prima possibile.
Grazie, lasciate un commentino anche su come vi sembra <3

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Capitolo 30
*** Blanc et Noir. ***


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《 Esperanza? 》
《 Sì, Alain? 》
《 Quando tu mi hai detto "sì" ... lo dicevi sul serio? 》
《 Ma certo Alain. 》
Era una mattina di inizio febbraio e Alain ed Esperanza erano abbracciati l'un l'altro sotto le coperte che gli arrivavano ai fianchi mostrando il corpo fasciato dalla camicia da notte di Esperanza e il torso nudo di Alain.
Lei lo guardò dritto negli occhi:《 Perchè me l' hai chiesto? 》
Alain abbassò lo sguardo:《 Pensavo che tu avessi paura. 》
《 Paura? 》
《 Sì. Alla fine il nostro incontro è stato causato per un matrimonio finito a male... 》
Esperanza guardò in basso:《 Lo so' Alain, però ...》 
《 Però? 》
《 Io mi fido di te, e questa volta credo di non sbagliarmi. 》 e gli accarezzò il viso che lui ricambió con uno splendido sorriso.
《 Allora- riprese Alain - ti andrebbe di sposarmi tra due settimane? 》
Esperanza sgranò gli occhi sorpresa, piena di felicità. 
Già, la felicità le invadeva i polmoni, gli occhi, il cuore.
《 Oh Alain, certo che ti voglio sposare! Voglio essere tua moglie e rimanere accanto a te per sempre. 》e delle tenere lacrime le scivolarono sulle guancie.
Lui le sorrise:《 Ti amo tanto mia piccola principessa. 》
E si baciarono teneramente.

Oscar e Andrè scesero le scale, quella mattina tutte e due le giovani donne di casa avevano avuto la richiesta di matrimonio rinnovata ed entrambe avevano risposto,ovviamente, in maniera positiva.
A tavola ne parlarono: avevano a disposizione due settimane di tempo per entrambi.
《 Però- iniziò il generale- vorrei che vi faceste una visita dal medico prima. Entrambe. Ricordatevi che siete in dolce attesa entrambe ed è meglio prima essere tranquilli. 》
Oscar guardò prima Esperanza poi lui:《 Va bene padre, alla fine non c'è nulla di male. 》
Augustin sorrise:《 Grazie. 》
***
Il dottore sarebbe arrivato a momenti seguito da Alain ed Andrè che erano andati a chiamarlo per la visita.
Esperanza e Oscar erano sedute sul divanetto del salone: entrambe leggevano con tranquillità un libro presi dagli scaffali.
Oscar aveva il cuore in pace, sicuramente non poteva andare in maniera migliore: la tisi stava passando, ne era certa. La sua dieta ormai si era molto equilibrata e la tosse rossa non le mordeva i polmoni da molti mesi ormai.

Poi la porta che dava sul salone si aprì e due figure si mostrarono:
《 Il dottore è arrivato. 》
《 Sono contento di vedervi. 》
E dopo essersi salutati salirono nelle rispettive camere da letto per la visita.
***
Andrè e Alain aspettavano dietro la porta:
《 Quanto tempo per due visite! 》 
Andrè sospirò: 《 Mi sembra ovvio! Sono due. E poi non è passata neanche un'ora.》 
《 Se lo dici tu amico. 》

Il dottore finì di visitare entrambe le donne:
《 Madame du Soisson, la gravidanza va molto bene e potete stare tranquilla. L'unico consiglio che vi posso dare e quello di non affaticarvi troppo.- sul viso di Esperanza si tinse un meraviglioso sorriso pieno di gioia, poi, però, il dottore continuò- ma ora, ve ne prego ... vorrei parlare in privato con Madame Grandier. 》
Le due donne si guardarono un secondo, nei loro volti la preoccupazione si era dilaniata e l'unica cosa che potè fare Esperanza fu quella di annuire ed uscire dalla porta.
Il cuore di Oscar palpitava forte, dall'altra stanza sentiva le voci dei suoi famigliari che chiedevano di lei e perchè non fosse uscita. Il suo sguardo si unì a quello del dottore che prese un respiro profondo e cominciò a parlare:
《 Ecco, vede Madame ... ho trovato dei riscontri nella vostra gravidanza ... 》

Andrè aspettava che la porta bruna si aprisse, lasciando che il suo angelo ne uscisse insieme al medico.

L'attesa sembrava infinita, un nodo alla gola: cosa stava cadendo lì dentro?
Si avvicinò all'adito per provare a sentire, a scorgere un segnale qualunque e fu in quel momento che sentì la voce di Oscar congedare il dottore mentre tratteneva un ... pianto?
Il dottore aprì l'uscio e con aria rammaricata guardò Andrè:《 Devi starle molto vicino ... 》
Lui lo prese per le spalle:《 Dottore, vi prego di dirmi che cosa sta succedendo! 》
Abbassò lo sguardo:《 Ecco vedete, Oscar sta molto meglio: non c'è dubbio, la tisi è quasi del tutto passata. Il problema è che... 》
Andrè cominciò a scaldarsi:《 Che? 》 quasi urlò. 
Il dottore degluttì:《 Che quando Madame è rimasta incinta, invece, era molto malata e ... e il feto è debole... 》
Lo sguardo di smeraldo cercò una risposta in quello moro di lui:《 Andrè - continuò il dottore appoggiandogli una mano sulla spalla con tristezza - forse non ce la farà... 》
Il fiato si mozzó a tutti che cominciarono a piangere.
Andrè entrò di corsa nella camera: vide Oscar distesa nel letto, girata su un fianco con lo sguardo perso nel vuoto.
Lui le si avvicinò, soffocando il senso di pianto che aveva dentro e si sedette accanto a lei: 《 Oscar ... 》 cercò di chiamarla ma lei non rispondeva, non riusciva; era diventata una rosa a cui le si avevano strappati i propri petali.
Lui cercò di metterla a sedere sul letto provando a farla, almeno, reagire.
《 Oscar, ti prego ... 》 Lui cercò di far incrociare i loro sguardi sollevandole il mento con l'indice e il pollice.
Passò un momento, Oscar sembrava non respirare e Andrè non sapeva come comportarsi. 
Rimasero lì a guardarsi dritti negli occhi spenti, per un attimo che sembrò infinito, per poi vedere quello sguardo color oceano farsi sfuggire delle calde lacrime intrise di pura tristezza.
Oscar lo abbracciò con forza e sembrò quasi urlare:
《 Stringimi, 
stringimi forte amor mio
perché mi sento lacerata nel mio più profondo io.
Il destino lo sento, che si è fatto beffe di me e mi lascia fredda,
come morta.
Stringimi, ti prego.
Che tutto va male e tutto diventa rosso:
Perché tutto dal bianco diventa nero. 》
Andrè la strinse di più a se, quasi nascondendola e permettendo così alle loro guancie di toccarsi e alle lacrime di ferire entrambi i volti:
《 Oh guerriera color cielo notturno.
Rimembra le parole ch'io ti comando:
Non aver paura,
tu che hai combattuto nelle prime linee.
La felicità irradierà i tuoi petali bianchi.
Oh mia pura rosa d'inverno,
Non temere le nuvole, perché dietro di esse ci son sempre le stelle. 》
Si riguardarono negl'occhi: sguardi intrisi di dolore.
Si baciarono come per sostenersi l'un l'altro sotto gli sguardi addolorati di tutti.

Dopo che Oscar si fu calmata si addormentò come svenuta, Andrè al suo fianco era come per proteggerla.
La nonna era in cucina, bevendo vino e piangendo disperatamente; Madame era in camera, alla finestra mentre le lacrime le solcavano lentamente il volto maturo; Alain ed Esperanza sedevano sul loro letto, anche loro piangenti mentre il generale, anche lui in lacrime, a grandi passi si dirigeva in camera della figlia.
Entrò pian piano e si accorse che entrambi i coniugi dormivano beatamente.
Augustin si inginocchiò allo stipite del letto per poi stringere con delicatezza la mano delicata di lei accarezzandogliela con dolcezza.
Si avvicinò leggermente al suo orecchio per poi sussurrarle ciò che gli comandava il cuore:
《 Oscar, lo so che stai dormendo ma spero che le sentirai comunque queste parole. Fin da quando eri piccolissima ti ho sempre cresciuta come un soldato valoroso, combattivo e coraggioso. Lo so, figlia mia, che questo momento è molto triste ma, dobbiamo ricordarci che non è detta l'ultima parola: può essere che il dottore si sbagliava. Dobbiamo solo essere positivi. Ma, comunque, in tutto questo - continuò portando la mano di lei sul suo viso - ricordati che accanto a te ci sarà sempre tuo padre. 》 e le diede un leggero bacio sulla fronte per poi sparire nel corridoio.
Oscar aprì gli occhi, aveva fatto finta di dormire, e le venne spontaneo quel piccolo sorrisino di commozione. 



 

 

---- Angolo Autrice ----
Mi scuso se questo capitolo sarà abbastanza corto ma dovevo farlo.
Spero che vi sia piaciuto, un abbraccio ❤

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Capitolo 31
*** Tourment. ***


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 《 Oscar ... 》la voce flebile di Esperanza arrivò nella stanza quasi come un rumore sordo in tutto quel silenzio.
La ragazza dai capelli corvini attraversò quasi con indecisione la porta in legno, ritrovandosi in una stanza in penombra dove l'odore pungente di chiuso invadeva le narici.
Ormai Andrè e tutti gli altri erano disperati: Oscar l'aveva presa malissimo anche se non era del tutto sicuro ed era solo una supposizione.
S'accorse di lei tra le lenzuola e i riccioli biondi.
Con far intimorito si fece largo verso il letto tra i cocci dei vasi scaraventati al suolo umido e intriso dal secco e aspro odore delle rose appassite.
《 Oscar ... 》provò a chiamarla di nuovo arrivando allo stipite del letto.
Quella stanza era chiusa da due giorni ormai: neanche Andrè poteva entrare, Oscar aveva cacciato tutti.
Andrè aveva passato le ultime notti, che non iniziavano che nelle prime ore del mattino, sul divano per poi svegliarsi, non prima dell'ora di pranzo, con il torcicollo e tutto dolorante per poi riscomparire quando il buio calava sul paese.
Esperanza osservò l'amica: gli occhi ridotti a due fessure ed umidi, le guancie arrossate, i boccoli annodati e le mani che stringevano con fermezza il cuscino da cui scivolavano alcune piume.
《 Posso sedermi accanto a te? 》azzardò con fare gentile. 
《 Hai avuto coraggio. 》rispose alterata. 
Esperanza sospirò e cercò di instaurare un dialogo quantomeno umano:《 Come ti senti? 》
Oscar prese un tono beffardo:《 Oh benissimo! Non vedi come sono felice? 》e mentre lo diceva alzava le braccia al cielo.
La corvina si spazientì:《 Smettila di parlare così! Sembri una bambina. 》
Oscar la guardò un attimo interdetta per poi ridurre gli occhi a due fessure quasi assassine e con tono grave rispose:《 Allora vattene. 》
Esperanza la guardò sconvolta:《 Non ti riconosco più... dov'è finita quella donna che ha comandato e guidato quei soldati che hanno conquistato la Bastiglia? Quella donna per cui mio marito aveva perso la testa per il suo essere unica? Quella donna per cui provavo un'immensa stima? Perché mi manca quella donna ... 》e con passo incisivo si avviò verso l'uscio.
Prima di svanire nel corridoio si girò un'ultima volta:《 Ero venuta qui per dirti che io e Alain non ci volevamo più sposare per te e per rispettare il tuo dolore ... ma non credo che possa essere importante per te. 》

Esperanza scese con lentezza gli scalini.
Alain alzò lo sguardo verso di lei:《 Allora? 》
Sul volto della donna si formuló uno sguardo abbattuto:《 Mi ha respinta ... 》
《 Che cosa?! 》Alain stava cominciando a scaldarsi.
Esperanza rimase rattristita:《 E Andrè come sta reagendo? 》
《 L'idiota è uscito un'altra volta: è distrutto.- Alain cominciò a salire le scale sorpassando Esperanza - E non posso permettere che continui a distruggersi così! 》
La corvina tentó di trattenerlo ma con un movimento netto si dimenò e percorse il corridoio fino alla camera di Oscar.
Entrò come una furia nell'ambiente:《 Comandante! 》
Oscar lo guardò con quel suo modo freddo e distaccato:《 Non c'è bisogno che urli, Alain. Ti sento benissimo. 》
Il sangue gli pulsava negli occhi:《 Invece ne ho tutti i diritti! 》
Lui si avvicinò pericolosamente al letto:《 Mi permetto di darle del tu. - Oscar si limitò a osservarlo, ancora in quella posizione che aveva assunto da quando era entrata Esperanza - Ti volevo far sapere, comandante, che ti stai comportando da bambina viziata, anche se forse è quello che sei, essendo un nobile. A te non interessa l'amicizia che ti stiamo offrendo rimandando l'inizio della felicità tra me e mia moglie; non ti interessa il dolore che provano i tuoi cari a vederti così e la loro tristezza per ciò che è successo. Non ti interessa niente, capitano. Perché tu sei come tutte le altre donne nobili francesi: viziata ed egoista! 》
Furioso, la guardava con repulsione mentre, ella, rimaneva immobile come una cariatide.
《 Vedo che ho proprio ragione. Povero Andrè, mi fa tenerezza quel pover uomo che ormai avete distrutto. 》disse lui come per affondare uno stilo in pieno petto che fece centro; in un attimo Oscar si mise a sedere.
《 Cos'ha Andrè? 》
Lui la guardò come se non lo avesse detto di proposito:《 È entrato in depressione. La notte sta fuori, a bere come una spugna, e sta tornando nelle mattinate. 》
La ferita del pugnale si stava allargando:《 E adesso dov'è? 》
《 Fuori. 》e chiuse la porta alle sue spalle.

***

La carrozza andava veloce verso Calais, trainata da due cavalli dal manto roano.
Su di essa viaggiava il conte Hans Axel von Fersen, diretto dalla sua promessa sposa.
Addio mia adorata regina... ormai il destino è stato segnato: non staremo mai più  insieme.
Ora andrò da quella donna di cui non ho mai visto il volto e la dovrò sposare. Ma riuscirò a farlo?
O mia adorata regina, non sapete quanto già mi mancate. E la vostra immagine, nelle vostre chete stanze, mi divorerà i sogni per il resto dei miei giorni.
Il cocchiere si fermò :《 Signore, ci siamo a fermati a Fiennes. Faremo riposare i cavalli e questo pomeriggio riprenderemo il viaggio. 》
Fersen sospirò:《 Va bene. 》
E si lasciò scivolare sul divanetto per poi guardare il cielo all'esterno:《 Oscar... datemi un po' del vostro coraggio ... 》e il cocchiere aprì lo sportello.
***
《 Lady Isabell, ve ne prego, uscite! Mi state facendo preoccupare. 》
Roxanne, la governante di casa Lockwood, bussava interrottamente sul legno pregiato e decorato della porta del bagno.
Lady Isabell si era rinchiusa lì ormai da un quarto d'ora sensa più dare un segno di vita.
Roxanne sbatté più forte:《 Lady Isabell! 》
《 Roxanne ... 》 la voce flebile della ragazza dall'altro lato dell'uscio. 
《 Milady, vi sentite bene? Aprite. 》
《 Mi sento bene Roxanne, ho semplicemente bisogno di rimanere un po' da sola... 》
《 Siete sicura? 》
《 Sì Roxanne, puoi andare. 》
La governante fece per ribattere ma finì per ritornare alle faccende domestiche che l'attendevano fuori da quel corridoio.
Isabell sospirò, mentre scivolava a spalle al muro al suolo. Il pavimento freddo le donò piccoli brividi ai glutei e alla parte più bassa della schiena a causa della sottigliezza della camicia da notte.
Respirava affannosamente; si sfiorò delicatamente la fronte sudata con le dita, spostando la frangetta del rosso più scuro. 
Si accinse a guardare i suoi bracci, dove la camicia era ritirata, e vide tutte quelle ferite  di linee perfette e rossastre.
《 È il mio tormento... mi ha distrutta. 》
Poi sentì una morsa allo stomaco e, alzandosi di scatto, rigurgitò appena in tempo nel secchio.
Era da quando si era chiusa in bagno che non faceva che vomitare. Quante volte sarà successo? Cinque volte in quindici minuti?
Sicuramente il nervoso la stava uccidendo. Quando si era svegliata aveva lasciato il letto macchiato di sangue e le braccia erano ancora bagnate da quel liquido viscido. Si era diretta in bagno con passo leggero e attento dove già le serve avevano sicuramente riempito qualche secchio. Si era lavata con attenzione, facendo in modo che sulla sua pelle bianca non ci fossero neanche gli aloni per poi asciugarsi tanponandosi le braccia.
Poi le venne in mente Fersen, e da lì il panico più totale.
Cercò di rialzarsi e di mettersi davanti allo specchio guardandosi con attenzione, scostò la frangetta per avere piena visione sul suo viso dal colore cadaverico per poi asciugarsi le ultime lacrime nere che si erano stanziate sotto le ciglia scure di trucco.
Questa volta si sciaquò il viso e poi con velocità uscì dal bagno fino alla sua camera dove si svestì lasciando cadera la camicia a terra e chiamando una cameriera per prepararla.
Manca solo qualche giorno e sicuramente morirò. 
***
Oscar finalmente si era alzata dal letto, si era fatto tardo pomeriggio e il buio penetrava dentro la stanza.
Lei si era messa alla finestra, a guardare se sulla strada sarebbe riuscita a distinguere la sagoma cupa e ricurva di Andrè, anche se non riusciva.
Rimurginò su tutto: i suoi amici avevano ragione, era una stolta. 
Si mosse con lentezza e riuscì a distinguere il suo riflesso sul vetro freddo; non riuscì a vedersi molto, ma quel tanto da farle capire che era malconcia. 
Si avvicinò alla brocca che stava sul mobile difronte il letto e si portò più di una volta l'acqua al viso per poi asciugarsi con la tovaglia che le era stata messa lì accanto. 
Doveva capire.
Doveva capire che a volte si devono aprire le mani e chiedere scusa.
Capire che tutti meritano la felicità e tutti prima o poi la otterranno.
Non si cambiò, rimase con quello strato sottile di tessuto stropicciato.
Estrema e silente girò il pomello della porta arrivando al corridoio: ebbe una scossa, l'aria era fresca e sapeva di pulito.
Con il passo leggero come piuma si avviò alle scale e li vide i suoi amici e i suoi famigliari, al tavolo che sospiravano, molto probabilmente in cerca di qualche soluzione.
Oscar rimase immobile, per qualche secondo che a lei parvero secoli, su uno degli scalini finchè Esperanza non la notò e socchiuse le labbra leggermente per poi rimanere immobile; Alain aveva seguito il suo sguardo e si precipitò subito da lei quando aveva ingranare che non era il suo fantasma e neanche un'allucinazione; il generale e le altre due donne lo seguirono velocemente.
Alain si fermò davanti alle scale, al lato del muro:《 Comandante ... 》 la chiamò flebile.
《 Alian - ricambió con sguardo colpevole - ho riflettuto molto. 》
Rimasero in silenzio, a guardarla, con l'unico movimento stentato di Alain che piegò leggermente la testa per darle il cenno di continuare.
《 Ho ripensato alle parole che mi avevate detto e alle vostre decisioni. È vero, sono stata meschina e crudele con voi, non avrei dovuto; voi siete stati così gentili con me anche se vi avevo respinto, siete arrivati anche a dirmi che non vi vorreste più sposare per me. Ma ora, vi prego, ascoltatemi. Io non voglio essere cattiva, o quantomeno sembrarlo ai vostri occhi, quindi voglio che voi, almeno, siate felici. Sposatevi, ne sarei molto contenta. E spero che voi possiate perdonarmi. 》
A Nanny scese una lacrima:《 Oh bambina ... 》Esperanza la seguì catturandosi con il polpastrello quella piccola goccia.
Alain le sorrise, per la prima volta, in maniera davvero dolce e sentimentale.
Non disse niente. 
Ma non ci fu bisogno.
Si limitò a porle una mano come per aiutarla a scendere gli ultimi scalini.
Lei lo fece,  gliela strinse sorridente, lo abbracciò per poi guardarlo mortificata:《 Ma ora, Alain, dov'è mio marito? 》aveva un nodo alla gola.
Alain abbassò la testa:《 Molto probabilmente sarà andato a sbronzarsi. Tornerà alle prime luci del mattino. 》
Oscar si morse il labbro inferiore e si andò a sedere nella sedia della cucina.
Augustin andò a cingerle le spalle:《 Andrè sarà contento quando ti vedrà così. 》
Lei tenne lo sguardo abbassato.
E se fosse con un' altra donna? Il mio tormento. 
Margueritte fece un finto colpo di tosse per richiamare l'attenzione:《 Alain, ascoltami - disse a voce bassa - vai a chiamare Andrè, credo che sia meglio per tutti quanti. 》
L'uomo fece un segno d'approvazione e, mettendosi un mantello, andò a sellare uno dei cavalli che aveva fatto parte della carrozza del trasferimento dei Jarjayes.



 

Chiedo umilmente perdono se aggiorno in maniera molto lenta, ma pultroppo molte cose non mi consentono di anticipare.
Detto questo, spero che vi sia piaciuto. ❤🌹
Vostra, Waterwall 🌊 🌌 ❄ 💧

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Capitolo 32
*** Ancolie. ***


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Era da un paio di giorni che gli stavo accanto.
Era un uomo dai meravigliosi capelli castani e con lo sguardo di un verde magnetico.
Di solito mi avvicinavo agl'uomini per lavoro: un po' di belle parole, qualche carezza e parola di conforto per far colmare il dolore dei litigi con la moglie e poi la parte essenziale del lavoro sarebbe arrivata in qualche minuto.
Ma lui, dopo che mi avvicinai, rimasi come tramortita. 
Lui era diverso e questa volta anche quella... moglie? Se si può chiamare così un essere che porta un nome da uomo.
Si era un po' aperto con me (anche se ho dovuto fargli bere molti bicchieri di vino), ma non sono riuscita lo stesso ad ottenere abbastanza e a portarlo nelle stanze di sopra.
Io, la migliore tra tutte, colei che riesce a conquistare tutti gli uomini.
Io, Ancolie. 
Chiamata in questo modo per il significato dell'omonimo fiore che significa "tradimento".
Ma io riuscirò a conquistarlo, in un modo o nell'altro.
E questa sera è di nuovo lì, al solito angolo della locanda.
***

Alain scese con decisione dalla sella di cuoio.
Sicuramente, Andrè, non sarebbe andato troppo lontano; magari nella classica locanda da lui frequentata ad Arras.
Quella notte c'era movimento: le voci provenivano sorde e fastidiose dalla porta che non faceva altro che aprirsi e chiudersi facendo uscire, od entrare, svariate coppie lussuriose e infuocate.
Alain attraversò la porta e si ritrovò davanti vari strati di folla, era come se tutti fossero uno sopra l'altro.
Cercò di crearsi un varco mentre vagava con lo sguardo in cerca dell'amico.
Un attimo venne fermato da una ragazza di un biondo quasi albino e due occhi azzurri che potevano semplicemente invidiare quelli di sua moglie.
《 Salve, omaccione. 》fece languida, vogliosa. 
Se fosse stato fino a qualche mese fa, magari avrebbe anche accettato una bella seratina con lei, a tingere di rosso l'aria di una delle camere dell'ostello, ma ora no. Non più. Perché lui amava quella ragazza dai capelli neri e dagli occhi cerulei che gli mangiavano l'anima ogni volta che incrociava quello splendido sguardo.
La guardò con ribrezzo e con fare scorbutico la scostò provocando il disappunto della ragazza che andò verso l'altro lato della stanza.
Riuscì a scorgere Andrè in un tavolo ad angolo, con lo sguardo assorto nel boccale svuotato a metà della birra. 
Si avvicinò di più e, solo in quel momento, si accorse che accanto a lui si stagliava una figura femminile con portamento e vestiti immorali che gli cingeva un braccio.
《 Oh, insomma, Andrè. Smettila di parlare di quella donna. Che poi, donna ... per modo di dire. 》 e si fece scivolare una stridula risata dalle labbra.
Vide l'amico non dire niente, solo una lacrima.
Era palese. Andrè non avrebbe mai tradito Oscar, ma era ferito, distrutto. Frammenti di cristallo infranti sul pavimento.
Alain si posizionò proprio difronte ai due:《 Hey, amico. 》lo chiamò vedendo che alzò lo sguardo.
《 Cosa ci fai qui, Alain? 》 
《 Sono qui per darti la bella notizia che la rosa che tu tanto ami e curi ha deciso di continuare a combattere. 》
Andrè fece per sorridere. Come non poteva essere felice? Amava troppo la sua rosa bianca.
Ma ecco sopraggiungere quella donna di facili costumi nella discussione:《 Andrè, non vorrai mica ritornare da quel... quell'essere. 》
Negli occhi dei due uomini si levò il sangue.
Andrè la bruciò con lo sguardo:《 Non osare dire cose del genere a mia moglie. 》
Ancolie, rimasta di stucco, sgranò gli occhi portandosi il dorso della mano a fior di labbra.
Non era mai stata rifiutata in questo modo.
Lo vide alzarsi con l'intenzione di uscire da quella locanda, ma lei tentó una seconda volta di fermarlo.
Lo sguardo smeraldino di lui si incrociò con quello castano scuro di lei.
Due sguardi che esprimevano la stessa emozione: rabbia.
Ancolie non voleva che lui andasse via, si era messa in testa che lui avrebbe ceduto; Andrè, per il canto suo, stava semplicemente provando repulsione.
《 Lasciami. 》digrignò tra i denti, come se stesse per morderla. 
《 Perchè? Perché, Andrè? Cosa vi spinge a tornare da lei se io potrei darti tutte le gioie che potresti desiderare nel letto? Lei ormai è incinta, con me potresti divertirti e fare quel che ti pare! Non ho forse dei lunghi e vaporosi capelli castani? E degli occhi profondi da poterti immergere dentro? Non ho la pelle bianca e perfetta? Non sono una donna perfetta anche di carattere? Io ti farei fare tutto quello che vorrai, ti farei divertire e apprezzerei tutto quello che faresti. Non sono forse perfetta in confronto a lei? 》
Alain si stava per intromettere ma, Andrè gli fece cenno di fermarsi e, ricomponendosi, la guardò dritto negli occhi.
《 Ancolie, è vero. Tu sei una bella giovane donna con anche un carattere perfetto. Oscar è una donna che si arrabbia spesso, che fa di testa sua, è testarda, a volte anche saputella e permalosa. Ma tu, Ancolie, hai un solo grande difetto. 》
Ancolie cercò la risposta perdendosi negl'occhi dell'uomo.
《 Tu non sei Oscar. 》
A quel punto la donna mollò la presa e cadde a terra: aveva perso.
Lo vide sparire tra la folla per poi sentire il frastuono della porta che si chiudeva.

***
Esperanza e Oscar erano sedute sul divanetto del salone insieme al resto della famiglia.
Sentirono bussare e Nanny andò ad aprire.
《 Scusate il ritardo, abbiamo avuto un fastidioso contrattempo. 》fece Alain mentre si toglieva il mantello.
Nanny gli fece accomodare: 《 Non preoccupatevi ragazzi, per ora andate in salone dove ci sono le vostre mogli. 》

Oscar strinse la mano al tessuto della camicia da notte appena sentì i passi dirigersi verso la stanza dov'erano tutti.
Appena la porta si aprì vide Alain che chiamò tutti facendoli uscire: era il momento di farli stare un po' da soli.
Oscar sentiva il cuore batterle in maniera disumana finchè la figura di Andrè non si fece avanti sul tappeto.
In quel momento sentì i battiti cessare.
Forse era morta senza neanche saperlo.
《 Piccola mia ... 》la chiamò lui con la voce spezzata dal pianto imminente.
《 Oh André... 》 rispose lei cercando di alzarsi.
《 No, rimani seduta, non preoccuparti. 》e si avvicinò lentamente.
Si guardavano negl'occhi, incapaci di dire qualcosa.
Andrè le si sedette vicino.
Un altro attimo a guardarsi silenti per poi scoppiare a piangere abbracciandosi e ricoprendosi di baci.
《 Perdonami Andrè, ti prego. Perdonami, ho fatto un disastro. 》
Lui le accarezzava i capelli:《 Non dire così, è anche colpa mia. Invece di lottare e cercare di rimanerti accanto non ho fatto altro che peggiorare la situazione. 》
Oscar, ancora piangente, gli prese il viso solcato dalle gocce di pioggia dell'anima tra le mani: 《 Ti amo amore mio... 》
《 Anche io mia principessa guerriera. 》
E si baciarono con foga.
Dopo poco Oscar si staccò:《 Andrè... 》
Lui la guardò con l'occhio arrossato:《 Dimmi amore mio. 》
《 Tu... - le si formò un nodo alla gola - tu... insomma... sei stato con un'altra donna? 》
Andrè sgranò gli occhi:《 Oscar non pensare minimamente a queste cose! - l'abbracciò - tu sei l'unica che vorrei al mio fianco durante il giorno e durante la notte; l'unica che vorrei vedere quando chiudo gli occhi alla sera e l'unica di quando li riapro all'alba. 》
Si sorrisero e si baciarono un'altra volta, teneramente, mentre Andrè accarezzava col dorso della mano il ventre gonfio di lei.
Perché questa era la felicità per lui.
Una donna testarda, una donna con cui combattere. Una donna con cui fare la guerra e con cui fare l'amore. Una donna con cui vivere le migliori avventure. Una donna che gli sta per dare un figlio.

***
Nel ventre della locanda, ormai nel buio silente, l'anima di Ancolie bruciava accesa dall'ira. 
Non può. Non può essere riuscita a farlo tornare con se. No, assolutamente no. Io devo averlo. Già, tutto per me.
Si diresse verso la finestra. 
Io lo conquisterò, qualunque sia il modo.









Finalmente dopo un secolo aggiorno.
Scusate il fatto di far passare molto tempo ma sono sommersa dallo studio.
Con questo capitolo vi auguro buona Pasqua e vi ringrazio dal profondo del cuore per seguirla.
Quest'ultimo ringraziamento lo dedico specialmente a Tetide, Pamina71 e  onrny81 per la dolcezza e la pazienza che mi dedicano a farmi crescere.
Un forte abbraccio.
Vostra, Waterwall.

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Capitolo 33
*** (I)(f). ***


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Il giorno tanto temuto era arrivato.
Lady Isabell fu svegliata all'improvviso dai raggi del sole che penetravano nell'ambiente lasciati passare dalle tende appena aperte da Roxanne. 
Gli occhi morati di Isabell si dischiusero appena, tanto da far illuminare il suo sguardo circondato dai capelli rossi. Vide la sagoma formosa della sua governante in controluce che le stava difronte, invogliandola ad alzarsi.
Lady Isabell si alzò, svogliata, dal morbido letto della sua camera per poi seguire la donna al centro della stanza dove l'avrebbe sciacquata e poi vestita.
La contessa, ormai coscente che la sua vita sarebbe cambiata da quel giorno, si mise ad osservare gli ultimi momenti che avrebbe passato in quel modo con la sua governante.
Roxanne era una donna sulla trentina d'anni, formosa e di bell'aspetto. I suoi capelli erano castani con tendenze al rossiccio e i suoi occhi erano azzurri con dei riflessi grigi. Si mise ad osservarla meglio mentre le fasciava il busto con il corsetto; lo specchio che si trovava in camera di Isabell era molto grande.
In quello specchio si vide addosso il suo nuovo vestito nero comprato per l'arrivo del suo futuro marito. 
Era un bell'abito: il corpetto con un disegno medievale di colore dorato le scopriva il petto e le maniche finivano larghe lungo le braccia; la gonna era semplicemente nera e a palloncino, degna del 700.
《 Talmente bello che per un'occasione del genere è sprecato. 》 Si ritrovò a farfugliare.
Per ultimo, Roxanne, le intrecciò i capelli nel suo tanto adorato chignon tenuto fermo da una treccia.
《 Lady Isabell, ora è il momento del trucco. 》fece per invitarla a sedere nella toilette. 
Lei le sorrise gentilmente:《 Vai Roxanne, mi truccherò io stessa oggi. 》
La governante fece un inchino e si congedò.
Quando la porta si chiuse, la contessa non riuscì a far altro che lasciarsi cadere sulla poltroncina della toilette. Prese un respiro profondo e cominciò con la cipria. Quando ebbe finito con quest'ultima si sentì come un cadavere talmente era il biancore, anche se pensò che se lo fosse stato veramente non sarebbe stato affatto male.
Prese il suo adorato rossetto rosso che passò con attenzione sulle sue labbra e per ultimo fece per prendere il blush, ma si disse che era molto più bello sembrare un vampiro che uno di quei pagliacci da circo delle dame di Francia.
A questo pensiero rise per poi uscire dalla stanza riflettendo come, il conte di Fersen, potesse mai essersi innamorato di una donna di quel genere.

***

Hans era arrivato alla dimora Lockwood in tarda mattinata, accolto da Roxanne e il padrone.
《 Benvenuto conte di Fersen. 》
Il conte Lockwood era uomo alto e muscoloso, anche se aveva una certa età che si faceva ben vedere dalle rughe del sorriso e i capelli bianchi tenuti in una coda da un nastro blu talmente scuro da sembrare nero.
《 Grazie signor conte. 》e mentre avanzava con i primi passi nella magione stile medievale, due delle serve cominciarono a prendere i suoi bagagli.
《 Conte di Fersen, permettetemi di farle fare una visita nel mio palazzo: avrete modo di conoscere tutte le stanze e potremmo conoscerci meglio. 》
Fersen accennò un sorriso:《 Ma certamente. 》

La visita della magione durò un paio di ore, bastanti per conoscere tutte le stanze, per parlare con il padrone della dimora e per far vedere anche la prima parte della tenuta.
Anche se Fersen, in cuor suo, non poteva far altro che sentirsi distrutto per la lontananza dalla sua regina, non potè far a meno di gradire la compagnia del conte Lockwood.
Un uomo tutto d'un pezzo, gentile, cordiale, pieno di idee, quasi sognatore e molto studioso.
Fersen, per la prima volta, non poté far altro che osservare con ammirazione degl'occhi che non erano della sua amata Maria Antonietta. Gli occhi del conte erano di un azzurro cristallino e quando lo vedeva parlare non poteva non notare che brillavano ad ogni parola.
Poi, ad un tratto, arrivò Roxanne:
《 Padrone, volevo avvisarvi che il pranzo è servito. 》
La voce profonda del conte risuonò fin dentro al corpo del giovane con una grossa risata:《 Bene, bene. Signor conte Hans Axel von Fersen, vi invito a pranzare con noi. Così finalmente potrete incontrare la vostra futura moglie. 》
Hans abbassò lo sguardo, abbozzó un sorriso e fece cenno di consenso. 
Gli occhi intelligenti di Lockwood lo scrutarono e gli diede una pacca sulla spalla:《 Qualcosa non va, ragazzo? 》
《 N-no. Assolutamente signor conte. 》Fersen cercò di uscire dalla situazione che, ai suoi occhi, sembrò imbarazzante.
Il più anziano rispose con un'altra sua risata:《 Siete sicuramente nervoso per il fatto di incontrare mia figlia. Dopotutto non potrei darvi torto, non la conoscete nemmeno. Ma non vi preoccupate, sarà sicuramente un buon partito per voi. È una ragazza intelligente e le piace molto leggere. Non vi preoccupate. 》

Lady Isabell fece un respiro profondo, l'ultima rampa di scale e sarebbe andata incontro alla sua morte.
Strinse le dita attorno allo scorrimano della scala, indecisa sul da farsi.
Chiuse gli occhi un secondo, il tempo di convincersi psicologicamente che non avrebbe potuto rimanere lì per sempre; poteva anche sentire suo padre che conversava allegramente, molto probabilmente con il suo futuro marito.
Aprì gli occhi, lo sguardo di Isabell si fece quasi crudele e sorrise convinta di ciò che stava per accadere.
Se devo morire tra le fiamme ... essia
Toccò il parquet di legno con i suoi tacchi facendo vibrare il suono nella stanza e si avvicinò sempre di più alla porta della sala da pranzo.
Quando si ritrovò davanti ai legni intagliati dell'uscio si convinse di far la sua entrata a testa alta e bussò con sicurezza.
《 Avanti. 》 La voce del padre risuonò forte e allegra fino alle orecchie della figlia che girò con finta tranquillità il pomello.
Fece qualche passo in avanti, solo lo sguardo era tenuto basso.
《 Vi presento mia figlia signor conte: Lady Isabell Lockwood. 》
Si trovarono uno difronte all'altro e quando i loro sguardi, da prima tenuti sul pavimento, si incrociarono, nel petto di entrambi avvenne una morsa.
《 Piacere di conoscerla conte di Fersen. 》 Isabell riuscì a trattenere con maestria la maschera di ferro che si era creata poco prima di entrare.
《 Incantato di fare la vostra conoscenza. 》 fece di risposta inchinandosi e baciandole la mano.
Si accomodarono e trascorsero il pranzo in silenzio, finchè il conte Lockwood non li invitò a fare un giro da soli per potersi parlare.
Cosa che fu accetta di mala voglia da entrambi.

Giunti fuori, Isabell e Fersen, rimasero in silenzio a testa bassa fino alla radura che si estendeva a perdita d'occhio alle spalle del palazzo.
《 Mio padre vi ha mostrato la tenuta? 》
《 Solo una parte. 》
Freddo. Era questo ciò che c'era fra di loro ma, in un modo o nell'altro dovevano farlo sparire.
Isabell non disse niente ma, fece intendere di seguirla lungo il sentiero che si trovava all'estrema destra tra gli alberi.
Per metà del tragitto continuarono a rimanere in silenzio finchè, questa volta, non fu Fersen a interrompere quell'atmosfera congelante:《 Lady Isabell ... 》provò a chiamarla con il risultato di uno sguardo assassino posato sul suo.
《 Sì, conte? 》
Lui degluttì《 Eravate voi ... quella sera? 》
E fu qui che la maschera di Isabell si ruppe, in mille pezzi, per il dolore e il peso della sua ferita.
Lo sguardo di lei si fece umano e cominciò a intingersi di lacrime calde.
《 Sì... 》
Nel cuore di Fersen si fecero largo due sentimenti: la tenerezza e la rabbia.
La vide lì, in un mare di lacrime che non le permettevano, a momenti, neanche di parlare.
Quanto poteva essere stato crudele e meschino nei confronti di quella giovane donna che non poteva avere più di 28 anni?
La fece fermare e si mise in ginocchio prendendo una mano fra le sue:
《 Lady Isabell, lo so che è difficile ma... vi prego di perdonarmi, quella notte non ero in me. Perdonatemi ve ne prego. Vi ho fatto del male, me ne rendo conto e... e ora farò di tutto per rimediare. 》
Il cuore di Isabell sobbalzò.
Perché sento il mio cuore farmi così male? Mi sto forse innamorando della persona che mi ha distrutto la vita?
Non riuscì a frenare le parole:《 Ormai è successo e da un lato ringrazio il cielo che siate voi il mio futuro sposo. 》
Nel volto di Fersen si formuló un'espressione interrogativa:《 Perdonatemi, ma non ne comprendo il motivo. 》
《 Siete stato sempre voi che mi avete strappato il filo della purezza... Se fosse stato qualcun'altro, la prima notte di nozze, mi avrebbe sicuramente ripudiata. 》
Fersen si alzò e senza pensarci si lasciò andare a un movimento spontaneo: l'abbracciò e lei non riuscì a far altro che ricambiarlo. 
Dopo che si staccarono non poterono far altro che cominciare a parlare uno dell'altro.
Perché, alla fine, sarebbe dovuto accadere.
Parlarono di libri, di musica, di poesia, di natura e anche di vini.
Fersen si sentì come a casa.
Isabell era una donna affascinante con cui si poteva parlare di ciò che si voleva, era bello godere della sua compagnia.
Poi arrivò la fine del sentiero che si lasciava sovrastare dall'erba congelata sotto la neve.
《 Lady Isabell, ora dovremmo tornare indietro. 》
Lei lo guardò:《 Perchè? 》
《 Non vedete? Il sentiero è finito. 》
E chissà per quale motivo lei cominciò a ridere, lo prese per mano e lo portò tra la neve bianca.
《 Ma che fate Lady Isabell? 》
Lei continuò a ridere:《 Avete paura della neve, conte? 》
Lui, allora, sorrise:《 Affatto. 》
E gli arrivò una palla di neve sulla spalla.
Rimase un attimo sbalordito per il comportamento di Isabell.
In Francia non era abituato a provare gioia.

***
Ritornarono al tramonto, infreddoliti e bagnati, ma stavano bene.
Isabell ancora non riusciva a crederci.
Aveva giocato in casa col suo nemico.
Dopo tutto ciò che aveva passato.
Il destino è proprio strano a volte.
E poi, quando fece per salire le scale, si sentì bloccare da un richiamo: 《 Buona notte Lady Isabell. 》 Vide sul suo volto un dolce sorriso.
《 Buona notte Fersen. 》
Ma quando si chiuse nella sua camera ebbe la sensazione di sprofondare.
E se era tutta finzione dipinta su cieli di carta?

 

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Capitolo 34
*** Between perfection and destruction. ***


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《 Lady Isabell... 》 
Una voce lontana.
《 Lady Isabell ... 》 sembrava quella di Roxanne.
Aprì con lentezza i suoi occhi, si sentiva frastornata. 
《 Grazie a Dio! Vi siete svegliata! 》
Roxanne aveva le lacrime agl'occhi e le stringeva forte la mano:《 Signore, si è svegliata! 》
Vide suo padre entrare come un tornado nella camera:《 Gloria a Dio! 》
Isabell tentó di mettersi a sedere, le girava la testa con tutto quello schiamazzo, non riusciva a capire cosa stesse accadendo.
Il conte Lockwood abbracciò con forza la figlia:《 Stai bene Isabell, non puoi capire quanto ci hai fatto preoccupare! 》Stava piangendo anche lui.
Isabell li guardò entrambi:《 Non riesco a capire ... cos'è accaduto? 》
Roxanne si portò una mano alla bocca:《 Non si ricorda niente Lady Isabell? 》
《 Devo dire di no. O, almeno, ho la mente molto annebbiata... 》
Il conte si sedette sul letto della ragazza:《 Mia piccola Isabell, mentre passeggiavi insieme al conte ad un tratto hai avuto un malore e sei svenuta. Ti ha portato d'urgenza qui al castello e non riuscivi a riprendere conoscenza. 》
Roxanne l'abbracciò forte:《 È da ieri che non facevamo altro che pregare. 》
《 Ieri?! 》 Isabell era sconvolta.
Allora tutto quello che era successo col conte era solo un sogno e, quando aveva avuto quella fitta al cuore, in realtà, era svenuta...
Già, sarebbe stato da folli innamorarsi della persona che le ha distrutto la vita.
Anche se lei stava cominciando a dubitare del fatto di essere sana di mente.
Il conte Lockwood si alzò:《 Bene! Ora manderò a chiamare il conte, era veramente preoccupato. 》
Un'altra fitta al cuore:《 No, ve ne prego padre - cercò di inventarsi una scusa plausibile - non voglio che il mio futuro marito mi veda in queste condizioni. 》 azzardò nella speranza di salvarsi almeno quel giorno.
Il signore rise:《 E va bene, ma appena starai meglio fallo venire da te. 》
《 Certamente. Grazie, padre. 》
E lasciò che le due figure, prima vicino a lei, scomparissero oltre la soglia.
Si lasciò cadere sul cuscino di piume d'oca e cercò di rimettere in ordine la sua mente.
Si alzò e si diresse alla toilette dove si specchiò con attenzione: 
Isabell, è questa la realtà. Quello era solo un patetico sogno, un tuo desiderio che non si può avverare.
Questa è la realtà: è l'ennesimo, maledettissimo,  inferno.
Si sentì scivolare qualcosa lungo i bracci, scostò la camicia da notte: era il sangue che fluiva dalle ferite che, con molta probabilità, si era fatta quella notte.

***

Giuro di amarti, di rimanerti sempre accanto. Tu, l'unica donna che mi abbia potuto rubare il cuore.
Non avrei mai pensato che una ragazza incontrata per sbaglio mi potesse colpire in pieno petto come te, mia piccola furfanteAnche se, per dirla tutta, non avrei mai pensato che IO, un uomo che non credeva all'amore, a cui la vita non sembrava altro che un intruglio di tristezza e monotonia, potesse mai innamorarsi e che questo amore potesse mai essere ricambiato. Specialmente da te
Da la mia piccola rosa blu.
A volte, mentre ti guardo in questo letto accanto a me, non faccio altre a pensare a come puoi ricambiare un tale amore; l'amore di un uomo rozzo, più grande di te, ignorante.
Mia piccola furfante, io non ho niente da darti... eppure tu sei felice e stai aspettando un figlio da me
È così strano ... ma per la prima volta mi sento davvero felice.

Alain accarezzò il volto di Esperanza che aprì con dolcezza i suoi occhi di ghiaccio.
Gli sorrise e, come se gli avesse letto nella mente, gli sussurrò:《 Ti amo tanto, non dubitarne mai. 》
Lui, un po' sorpreso le rispose:《 Ma continuo a chiedermi perché. 》
Esperanza gli si avvicinò:《 Perchè dietro la maschera che tu porti c'è un ragazzo pieno di amore e gentilezza. 》
E si baciarono.
《 Furfante ... 》 la chiamò lui.
《 Sì? 》
《 Dobbiamo cominciare a preparare le cose. 》 Le sorrise.
Lei sbuffò:《 Hai ragione. 》e si alzarono dal morbido letto.

***
L'ecclesia mattutina che tenevano nella loro piccola agorà avvenne come ogni mattina.
《 Quindi - iniziò il generale - siete sicuri? 》 disse guardando Esparanza e Alain con espressione seria.
I due annuirono. 
《 Bene. 》
Oscar si alzò dal tavolo nell'angolo dove poté stringere le spalle del suo ex soldato e di suo padre:《 Allora diamo inizio alla battaglia. 》 ironizó con un dolce sorriso.
Augustin sorrise:《 Sì, ed è meglio che prepariamo l'artiglieria pesante. 》
Andrè si alzò:《 Io sarò il testimone di Alain insieme ad Oscar. 》
Lei rise per poi indicare con lo sguardo il generale e Margueritte:《 E loro saranno quelli di Esperanza. 》 
I due si guardarono un secondo per poi abbassare lo sguardo presi alla sprovvista.
Fu però Marie a togliere quell'attimo fucsia con la preoccupazione:《 Ragazzi, devo dire che sono molto spaventata ... 》
《 Perchè nonna? 》 chiese Andrè. 
《 Esperanza e Oscar sono incinta ... noi siamo molto contenti, ma per la Chiesa è peccato. 》
《 Cosa? E perché mai? 》 fece Alain alquanto stupito.
《 Aspettiamo un bambino al di fuori del matrimonio... 》 rispose Esperanza con dispiacere.
《 Ragazzi, troveremo una soluzione. Non preoccupatevi. 》 Oscar era decisa. 
Quei due ragazzi si meritavano la felicità e dovevano fare in modo di riuscire a conquistarla, come la presa alla Bastiglia.
Già, qual così lontano ma, allo stesso tempo, così vicino 14 luglio che rimarrà per sempre nei suoi ricordi.
Andrè si alzò dalla sedia e azzardò:《 Potremmo far finta che io e Oscar siamo sposati  e che Esperanza aspetta il figlio di un altro uomo che però è morto e quindi ora si sta sposando con te, Alain. 》
Oscar rise:《 Quanti romanzi hai letto? 》
《 Non puoi neanche immaginare. 》 disse ricambiando la risata.
《 E se non ci crederebbero? 》continuò Alain.
《 Possiamo dire che veniamo da un paese di matti e il parroco è stato portato in isolamento lo stesso giorno del matrimonio e noi, presi dallo sconforto, abbiamo bevuto e abbiamo fatto il guaio. 》 Un'altra risata di Oscar.
《 Che famiglia di pazzi. 》 Si ritrovò a commentare il generale per poi seguire la figlia nel momento ameno con tutti gli altri.
Ma aldilà della finestra, nascosta dal buio della sera, una figura guardava verso l'interno della casa.
Ancolie teneva il cappuccio del mantello quasi sugl'occhi mentre stava inginocchiata sfiorando l'erba con le gambe nude.
Finalmente ti ho trovato.
Sai, per ogni favola che si rispetti il principe e la principessa all'inizio sono ostacolati e non posso stare insieme.
Ma stai tranquillo, ti ricondurrò a me e staremo insieme per sempre.





 

Chiedo scusa per il capitolo corto e non fatto bene come gli altri, ma ormai lo sapete: i capitoli di passaggio non sono il mio forte.
Sarei molto felice se lasciaste un commentino 🌹

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Capitolo 35
*** Happy Birthday. extra ***


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Chiedo venia per tutti quelli che per un attimo hanno sperato che fosse un aggiornamento decente.
E invece no Hahaha
Oggi, sono davvero felice.
Come avete potuto leggere dal capitolo qui si tratta di un compleanno, ma non il mio.
Ma di questa fanfiction, creata il 20 Aprile 2015 e che in questo intero anno non ha fatto altro riempirmi di soddisfazioni.
Mi ricordo ancora il giorno in cui decisi di scrivere questa storia per poi pubblicarla la sera stessa. Ero terrorizzata, incerta su tutto; pensavo che non sarebbe mai piaciuta a nessuno che sarebbe stata un disastro.
Ancora avevo 13 anni e quello è stato un anno davvero terrificante.
E da questa storia ho ricominciato a vivere; con LEI sono cresciuta, vi ho raccontato di me e fatto vibrare l'anima come corde di cetra; vi ho fatto sorridere, piangere e arrabbiare, a volte anche stufare.
Ma cosa potrei mai farci? 
Questa fanfiction, non è, ai miei occhi, una semplice fanfiction.
È una parte di me, una parte della mia anima ... ed è per questo che spesso vi faccio aspettare molto, non vorrei mai sembrare troppo banale.
Sono davvero contenta che la mia piccola gioia, oggi, abbia fatto un anno, perché equivale a un mio anno di felicità. 
Grazie a lei che mi ha dato tante soddisfazioni per non essere letta semplicemente qui in Italia ma, anche in Grecia e USA.
Ma un grazie speciale anche a voi, che pian piano raccogliete una parte di me e la tenete in custodia.
GRAZIE.
E un buon compleanno a lei.❤

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Capitolo 36
*** Spring. ***


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Ancolie si adagió sotto la quercia dall'altro lato del laghetto che la divideva dalla casa adocchiata. 
Le fronde sempreverdi la tenevo celata nell'ombra.
Ancolie cercò di osservare oltre le finestre lontane: sembrava esserci movimento.

Marie strinse il nastrino rosso con forza.
《 Che dolore! Non respiro! 》Si ritrovò a gridare Esperanza mentre rimaneva al centro della stanza fissando quel maledetto nastrino che le stava sotto i seni fasciati di seta.
《 Suvvia, sei esagerata. 》Nanny legò un fiocco perfetto sulla schiena della ragazza.
《 Nonna, ma Esperanza è pur sempre incinta: è più delicata. 》 commentò Oscar mentre teneva uno strascico puro tra le braccia.
《 Chi bella vuole apparire deve soffrire. Ricordiamoci che siamo in procinto di matrimonio in questa casa e, finchè io sono viva, nessuna sposa si azzarderà ad uscire da qui con un vestito non ben fatto! 》disse Nanny indispettita. 
Oscar rise:《 Va bene nonna. 》
Esperanza emise un altro gemito di dolore.
《 Pour l'amour de Dieu, cosa è successo questa volta? 》
《 Lo spillo; mi ha punto! 》 alla corvina scese una piccola lacrima mentre continuava a lamentarsi.
Marie sospirò:《 Mon Dieu! Neanche la principessa sul pisello ha fatto così quella notte! 》
All'ultimo commento di Nanny le donne si misero a ridere lasciandosi travolgere dall'aria leggera che si poteva respirare nella stanza.

《 Non preoccuparti Alain, penserò io a parlare con il parroco. 》
Alain si grattò il capo;《 Amico sei sicuro? 》
Andrè fece un risolino:《 No, ma sicuramente sono più bravo di te in certe cose. 》
Gli fece una finta risata di risposta:《 Spiritoso. 》
《 Alain, non mi dirai che te la sei presa. 》
《 No, comunque preferisco accompagnarti... ormai sei quasi del tutto cieco, amico mio. 》
Andrè si sentì una fitta al cuore e una lacrima sul procinto di cadere:《 Va bene ... 》
Il moro si avvicinò all'appendi abiti dove vi era stata lasciata cadere, in mal modo, la sua giacca color nocciola.
Passando da sotto le scale urlò un saluto e, seguito da Alain, si chiuse per bene la porta alle sue spalle della sua dimora.
Si diressero verso i cavalli con Andrè che sorrideva soddisfatto di quella sua piccola "magione".
Era grande solo di due piani con cinque camere da letto un po' piccole, un bagno, una cucina con il tavolo per pranzare, un salottino ben addobbato dai mobili portati dai Jarjayes e, attaccata sull'ala ovest della casa, un piccolo ripostiglio dove si potevano mettere quelle cianfrusaglie che la nonna si era portata con sé.
Per essere una casa popolana era davvero fantastica: molto probabilmente, una volta, vi abitavano due famiglie che condividevano alcuni ambienti per poi lasciare alcuni mobili quando si dovettero trasferire.
Andrè si complimentó da solo per il gran bel lavoro che era riuscito a fare: era come se avesse ristretto, ai suoi occhi, la dimora Jarjayes per poi riorganizzarla in uno spazio nettamente più piccolo, ma più accogliente.
Slegò le redini del suo stallone baio scuro, Alexander, rimurginando di dovergli costruire una stalla per il prossimo inverno.
I due si misero in cammino sul sentiero di ciottoli chiari che portavano al centro del paese.
Alain lo eccedette di un passo:《 Preferisco stare io avanti. Sai ... 》 cercò di giustificarsi ma, Andrè gli rispose velocemente:《 Ho capito Alain, non preoccuparti. 》
L'amico accennò un "sì" con la testa e ritornò a guardare il sentiero che divideva i due lembi di prato verde.
La primavera era arrivata da una settimana ormai e alcuni alberi erano già in fiorescenza; ora capì il motivo per cui il Generale in quest'ultimo periodo teneva le finestre sempre chiuse: gli dava fastidio il polline.
《 Allora, che hai intenzione di dirgli? 》 chiese ad un tratto ad Andrè voltando leggermente il capo.
《 La verità. 》 disse con nonchalance il moro stiracchiandosi le braccia in alto, respirando a pieni polmoni l'aria frizzantina di quel mattino col cielo terso.
《 La verità? Sarebbe questa la tua brillante idea? Ma guarda qua con chi mi sono ritrovato a parlare! 》
Andrè rise:《 Sai, a volte, le cose cambiano la visione di loro stesse per il semplice modo in cui sono dette, caro Alain. 》
Gli occhi castani di lui lo scrutarono interrogativi per poi essere disturbati da qualcosa che si mosse velocemente dietro di loro, ora molto probabilmente nascosta dietro ad un albero o un cespuglio.
Alain tirò leggermente le redini facendo rallentare il destriero fino ad essere alla pari di Andrè; si sporse verso di lui e gli sussurrò scandendo bene le parole:《 Amico, sembra che qualcuno ci stia seguendo. 》
《 Sei sicuro di quello che dici? 》
Alain mugugnò qualcosa che avrebbe dovuto avere il significato di approvazione e poi ritornò a sussurrargli:《 Cerca di starmi dietro, farò galoppare il cavallo cercando di seminarlo. 》
《 Va bene. 》
Alain spronò ferocemente il cavallo partendo al galoppo e Andrè lo seguì con velocità e con il suono che producevano gli zoccoli sulle pietroline.

Ancolie si diede un pugno da sola, colpendosi il ginocchio, mentre era accovacciata dietro il cespuglio molto probabilmente di Pungitopo.
Era riuscita a farsi scoprire come nulla fosse.
Si diede dell'imbecille per l'accaduto, ma anche della fortunata per non essere stata del tutto scoperta.
Se Andrè l'avesse vista... forse l'avrebbe odiata ancora di più, cosa che non sarebbe dovuta accadere.
Si alzò con uno scatto, traballando un secondo per un odioso formicolio sulla caviglia destra dove aveva esercitato quasi del tutto il suo peso in quei momenti.
Riflettè un secondo sul da farsi per poi pensare che, comunque, era riuscita a comprendere che stavano andando in chiesa a parlare col parroco.
Chissà ... forse qualcosa la potrò fare.
E cominciò a correre.

***
《 Lady Isabell? 》Fersen aprì leggermente la porta intagliata con mestria della camera di lei, lasciando la mano stretta al pomello di ferro.
《 Chi è? 》 la voce della donna era tremendamente grave, si potrebbe dire adirata, segno che non era molto in vena di visite.
Fersen non si scompose, continuó con dolcezza a parlarle senza invadere troppo il suo spazio vitale:《 Sono Hans. 》
Ci fu un secondo di silenzio per poi risentire quella voce tremendamente tagliente:《 Cosa volete? 》
《 Mi sarebbe piaciuto sapere come state. Siete la mia consorte e poi siete svenuta dav... 》 fu bruscamente interrotto.
《 Sto bene, anzi, se vi liquidaste starei anche meglio. 》
Fersen inghiottì un nodo amaro, si sentì ferito.
Come quella volta che disse "addio" ad Oscar, la sua migliore amica, avendo saputo che lei lo amava.
Già... Oscar.
Quanto avrebbe voluto averla al suo fianco in quel momento, guardare i suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondi donandogli così coraggio e calma per affrontare la situazione.
Ma lei, anche se non la prima, ma una delle donne più importanti della sua vita, era maledettamente lontana.
Si sentì ad un tratto solo.
E capì quanto era veramente importante per lui quella donna che vestiva da uomo, ma che celava in lei una bellezza di una dea greca, come quella sera che la vide vestita da donna e la confuse con un angelo.
Gli scivolò una lacrima.
Guardò la margherita di campo bianca che era nata nella tenuta e aveva raccolto per Isabell.
Assaporò per un secondo il suo odore per poi lasciarla delicatamente sul pavimento di legno nella camera della giovane, chiudendo la porta.
《 Perdonatemi, se potete. 》
Isabell si voltò di scatto dalla toilette, ma la porta era già chiusa.
Si avvicinò alla macchia bianca sul pavimento, la raccolse e lo portò con se alla stazione di prima.
Si guardò un attimo allo specchio, sospirando rumorosamente.
Esisterà mai qualcuno che mi possa comprendere?
Poi si ricordò di un frammento di memoria quasi perso nella sua mente: una bambina corvina che le sorrideva sempre, l'unica che la capiva anche se molto più piccola e l'unica sua amica.
Chissà come sarà diventata adesso.

***

Alain frenò il cavallo: dovevano essere vicini al centro della cittadina.
《 Bene, ora dove dovremmo andare? 》
Andrè cercò con la mano dentro la tasca del cappotto per poi estrarne un biglietto.
《 Qui c'è scritto che la chiesa si trova in Rue Wacquez Glasson. 
《 E noi dove siamo? 》
Andrè si guardò intorno alla ricerca di qualche scritta o cartello sul muro, finchè non ne scrutó uno a cui si avvicinò:《 Rue Emile Lagrelle. Siamo vicini al tribunale. 》
Alain degluttì sonorosamente:《 Allora muoviamoci! Da che lato dobbiamo andare? 》
《 Dovremmo continuare dritto fino a Rue du Saumon e lì poi girare a sinistra. 》
《 D'accordo. 》
Alain fece trottare il cavallo seguendo le indicazioni di Andrè.
Quando entrarono in Rue Wacquez Glasson se la ritrovarono davanti, che segnava l'angolo in cui continuava la strada.
Si avvicinarono guardandola nel suo antico splendore neogotico. 
Smontarono dalle selle e salirono i pochi scalini che facevano arrivare al grande arco che finiva in due grandi portoni in legno.
《 Vai avanti tu. 》 disse al moro.
Lui rise:《 Qualcosa non va? Alain de Soisson ha paura delle chiese? 》
《 Affatto. 》fece indispettito.
Solo che non si ricordava l'ultima volta che era entrato in una chiesa o se comunque ci fosse mai entrato.
Forse l'unica sua volta fu il suo battesimo ... perso nella memoria.
Neanche per i funerali di Dianne e di sua madre era entrato: non ne aveva avuto il coraggio. 
Andrè spinse uno dei due portoni e vi entrò seguito dall'amico.
Appena furono dentro, i loro polmoni furono invasi dall'odore dell'incenso e della cera sciolta delle candele dei fedeli.
Fecero qualche passo in avanti verso l'altare su cui stava un Cristo niveo con le braccia aperte come se volesse abbracciare le anime perdute nell'oblio del peccato.
Andando avanti si ritrovarono fra due file di sedie e colonne grigiastre; quando furono al centro si guardarono in torno alla ricerca di una figura o di una stanza.
《 Dividiamoci nei due lati, saremmo più veloci a cercare. 》 disse Andrè.
Alain annuì con la testa anche se si sentì perso quasi subito dopo che vide l'altro lasciarlo da solo.

Alain cominciò il suo giro di perlustrazione tra le cappelle, decidendo di partire da nord.
Le osservò tutte, non riconoscendo neanche uno di quei personaggi col volto triste o solenne.
Si disse quanto potesse essere stupida la gente che gli pregava, alla fine che cosa avevano fatto di così speciale quelle persone?
Senza farci neanche caso si ritrovò nell'ala sud e, leggermente illuminato da alcune candele e dalla luce che filtrava oltre i vetri colorati, riuscì a distinguere l'esile figura di un uomo in un sacco marrone che pregava silenziosamente con zelo.
Alain si avvicinò con insicurezza a quella figura stava in ginocchio davanti a una cappella color bianca dove si poteva notare un figura di un uomo dai vestimenti antichi e poveri.
《 Buon giorno. 》 disse a fil di voce Alain.
L'altro alzò la testa con tranquillità e si voltò, alzandosi, verso di lui:《 Buon giorno figliolo. 》il prete gli sorrise.
Il corvino per un secondo si scordó ciò per cui era venuto fin lì:《 Chi è? 》disse rivolgendo lo sguardo alla statua pura.
《 Non sei praticante, vero figliolo? 》gli disse il prete con estrema dolcezza.
Alain scosse la testa.
L'altro gli mise una mano sulla spalla:《 Lui è Saint Joseph. 》
Il cuore dell'ex soldato vibró per un secondo: quello era il nome che sua moglie aveva scelto per il loro bambino se fosse stato un maschio. 
《 Perchè è Santo? Dovrebbe proteggere qualcosa? 》continuò curioso.
Il prete rise dolcemente:《 Vorresti dire "qualcuno" figliolo. 》
Alain lo guardò un secondo:《 Ebbene sì, Saint Joseph è il protettore dei padri, dei carpentieri, dei lavoratori. 》
Il cuore del corvino sussultó un'altra volta.
"Protettore dei padri."
Guardò un secondo la statua.
"È un segno?"
《 Figliolo- lo richiamò il prete - per cosa sei venuto a cercarmi? 》
Alain lo scrutó un secondo: come faceva a saperlo?
《 Io ... be' ... ecco... 》balbettò per poi essere raggiunto da Andrè. 
《 Oh, Alain, allora hai trovato il prete. 》disse per poi stringere la mano alla figura barbuta. 
《 Quindi? 》 rifece la domanda.
Alain cercò l'aiuto di Andrè con lo sguardo che, per fortuna, non tardò ad arrivare.
《 Il mio amico si vorrebbe sposare. 》
L'uomo anziano sorrise pieno di gioia:《 Che bella notizia in questo periodo così nero! 》
《 Però ci sarebbe un problema ... 》Andrè cercò di trovare le parole giuste.
《 Suvvia figlioli, i problemi non esistono: siamo noi a crearli. 》
Andrè prese un respiro profondo:《 Lui é un figlio del popolo mentre la sua donna è nobile ed è incinta di suo figlio. 》 la frase fu detta tutta d'un fiato.
Il prete rimase un attimo con la bocca aperta come se stesse pensando a ciò che dire:《 Questo sì che è un problema. 》
Alain riflettè un secondo su ciò che aveva detto il prete ma, prima che potesse ribadire alcunché, l'esile figura li portò a sedere su alcune sedie e a raccontargli meglio la situazione.

Dopo un quarto d'ora Andrè e Alain riuscirono ad uscire, soddisfatti, dalla chiesa.
《 Avevi proprio ragione amico: le cose cambiano la visione di loro stesse per il semplice modo in cui sono dette. 》
Andrè sorrise:《 Forza, torniamo a casa. Ho una fame tremenda e se non ci sbrighiamo potremmo scordarci il pranzo! 》
《 Parli per me, ma tu sei proprio un pozzo senza fondo! 》
E galopparono verso casa.
Ancolie li vide allontanarsi, sorridendo malevolmente.
Si decise che avrebbe cominciato a distruggergli i sogni proprio dal matrimonio.
Entrò velocemente nella chiesa e, altrettanto velocemente, ne uscì. 
《 Ancolie, quante volte te lo dovrò dire? Una figlia del demonio come te non la voglio nella mia chiesa! Sparisci! 》urlò il prete spingendo verso gli scalini.
Ad Ancolie le si girò la caviglia e scivolò sulla strada procurandosi dei graffi sulle braccia.
Cercò di rimettersi in piedi cercando di richiamare a sé tutta la forza che le era rimasta.
Si sistemò la gonna color pesca sperando di non averla rovinata del tutto per poi lasciarsi andare ad un urlo di rabbia che squarciò la tranquillità dei passanti.
Troverò un modo per averti; lo troverò!

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Capitolo 37
*** Coming to me. ***


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Isabelle abbassò con cautela la maniglia di ferro della porta. Quando si sentì lo scatto, il suo respiro rimase a mezz'aria: doveva uscire da lì dentro; prima o poi lo avrebbe dovuto fare.
Prima di avanzare di passo guardò dalla piccola fessura che aveva creato, per vedere se qualcuno passasse in quell'istante; non sentì e non vide alcuna cosa.
Lentamente aprì quasi del tutto la porta e uscì, purtroppo, dalla sua camera.
Il suono di una voce che la chiamò dalla parte invisibile dall'interno, nell'angolo che veniva nascosto dal legno, la fece sobbalzare. Per un attimo pensò che fosse Fersen, ma la voce era troppo cupa e anziana per essere lui.
Isabelle si girò lentamente e il suo sguardo si incrociò con quello occhialuto di Archibald. 
《 Mi hai fatto spaventare! 》 disse lei ricominciando a respirare e portandosi una mano al petto.
《 Mi dispiace Lady Isabelle, non era mia intenzione. - chiuse completamente la porta - Finalmente è uscita. 》
Lei abbassò lo sguardo, non seppe che dire.
Archibald le sorrise:《 Non si preoccupi del tempo, ha fatto la cosa giusta ora. E ora suo padre sarà più tranquillo. 》
Isabelle si fece scendere alcune lacrime:《 Dovrò rivedere il conte, non è vero? 》
Lui, rattristito, annuì col capo.
La dama si buttò fra le braccia del suo maggiordomo personale che l'aveva cresciuta come una figlia:《 Ho paura Archy... ne ho abbastanza... 》
Lui la strinse di più a sé:《 Oh, Lady Isabelle. Ci sarò io accanto a lei. 》
E porgendole il braccio scesero le scale verso le voci del conte Lockwood e di Hans.

***
《 Forza fatemi due belli autografi. 》
Andrè era sceso dalla camera di sopra per arrivare nel salotto dove si erano stanziati Alain ed Esperanza.
Alain guardò un secondo i fogli: 《 Che cosa sono? 》
《 Lettere. 》 rispose Andrè in maniera piatta.
Alain le riguardò cercandone di capire il senso ma, prima di poter dire altro, Esperanza si agregó alla conversazione:《 Ho pensato di invitare Rosalie e Bernard ... 》disse a fil di voce.
Lui la guardò:《 Ma sono sposati, abitano nello stesso appartamento. Che senso hanno due lettere? 》
Andrè si slanciò una mano verso il viso provocando rumore:《 A volte sembri proprio idiota. 》
Alain si alzò di scatto dal divanetto arrivando a prendere Andrè dalla camicia; intervenì sua moglie:《 Alain relájate, por el amor del cielo! Non voleva offenderti. Comunque l'altra è indirizzata ai soldati della guardia metropolitana; pensavo ti avrebbe fatto felice. 》
Lui spostó lo sguardo prima sui fogli e poi su di lei:《 Spero che tu stia scherzando. 》
Esperanza guardò l'espressione quasi sconvolta di lui, cercando di comprenderne il messaggio criptato che le voleva mandare:《 Non capisco cosa ci sia di male, alla fine sono vostri amici. 》
L'ex soldato degluttì.
Era vero.
Quelli erano stati suoi amici, dei ragazzi buoni che lo avevano accolto come una seconda famiglia per poi farlo "capo" del gruppo.
Ma dopo quella reputazione, come lo avrebbero visto lì, in piedi all'altare, mentre aspettava la sua sposa?
Si fece mille complessi finchè la mano di Esperanza non prese la sua che strinse con dolcezza:《 Alain, andrà tutto alla meraviglia; non preoccuparti per loro, credo che saranno molto comprensivi. 》
Lo fece convinto e si sorrisero:《 Allora? Firmi? 》 
《 Va bene... 》 
E intingendo la penna nell'inchiostro che aveva portato l'amico firmò insieme a lei.
Poi un ticchettìo sul braccio.
Guardò Andrè:《 Che c'è? 》
《 Mi potresti anche lasciare adesso. 》
Alain lo scrutó un secondo: lo teneva ancora levitante dalla camicia bianca.
《 Oh sì, certo. Scusami, me ne ero scordato. 》
E lo lasciò con i piedi per terra.
Andrè si ricompose e risalì le scale per andare a prendere le buste dove mettere le lettere.

***
Archibald guardò con amore paterno "la sua bambina" cercando di dirle che non l'avrebbe mai lasciata per un minimo secondo nella sua vita.
Da sempre accanto a lei, a proteggerla, a crescerla fin dalla tenera età di quattro anni.
Lui e Roxanne furono come genitori per lei visto che la contessa morì dopo un anno dalla sua nascita e il conte era troppo impegnato nei suoi affari per stare tutto il tempo dietro la figlia.
Archibald la rimembró ancora un secondo, quando la teneva in braccio durante i temporali perché lei ne aveva paura; e per un secondo gli parve di sentire un pianto sommesso di Isabelle che gli gridasse proprio questo.

La dama entrò nella camera con un rumore sordo che procurava lo strascico del vestito, rompendo il pesante silenzio che si era andato a creare.
Archibald stava a un passo dietro di lei, sul lato sinistro, fingendo di osservare ben poco la scena. Ma lo vedeva bene lo sguardo benevolo finto del conte Lockwood, adirato con la figlia per essere scomparsa da giorni nella sua camera.
《 Lady Isabelle. 》 Il giovane conte che da qualche settimana si era trasferito nella loro dimora l'aveva chiamata dolcemente.
Archibald lo scrutó silenziosamente insieme ad Isabelle, anche se non riusciva a capire cosa avesse di così irritante per lei.
Lo vide ancora, dolce e preoccupato per la salute della sua futura consorte, avvicinarsi a lei e stringerle una mano.
Isabelle gli sorrise debolmente: l'aria stava diventando pesante.
Il conte Lockwood, che Archibald mai vide in quel modo, si alzò serio dalla sedia di legno intagliata e dal cuscino rosso rubino.
《 Isabelle, lo sai che ti dovresti scusare con il conte, non è vero? 》
Lei schiuse le labbra, stava cercando di trovare una frase adatta nel rispondere ma, Fersen, la precedette:《 Conte Lockwood, non si preoccupi. Non ho bisogno di queste cose. È normale che tra me e sua figlia non ci sia ancora molta confidenza, ma stia tranquillo che l'andremmo a creare- Isabelle lo guardò in cerca del colpo che voleva andare a parare- Anzi, vostra figlia mi ha dato il tempo di formulare una splendida idea per poter far sciogliere il ghiaccio che c'è tra di noi. 》
Ora anche Archibald e il conte Lockwood lo guardavano pensierosi. 
Fersen le strinse una mano:《 Avevo pensato di portarla in Francia per un periodo di due settimane, per farle vedere dei posti meravigliosi e così poterci conoscere meglio. 》
Un rumore sordo di un vassoio che cade con sopra delle tazze invase l'ambiente: Roxanne era appena entrata per portare il thé.
Dal viso dell'omone si inarcò uno splendido sorriso che lo fece avvicinare ai due giovani, non curante dei ciottoli della porcellana di Copenaghen che si trovavano a terra.
《 Ma che meravigliosa idea! E quando avevate pensato di partire? 》
《 Se lo permette, anche domani. 》
Nella gola di Isabelle si formò un nodo.
《 Ma certamente! Sì, sei proprio un meraviglioso ragazzo. 》
In quel momento si maledisse per non essere rimasta ancora chiusa in quella camera.

*** 
 Sur le pont d'Avignon,
On y danse, on y danse, 
Sur le pont d'Avignon, 
On y danse tous en rond. - Ancolie sedeva sotto le fronde del suo solito albero, ormai divenuto la sua postazione fissa di ogni sera. - Les belles dames font comme-ça
Et puis encore comme ça... - Canticchiava una filastrocca che l'era stata insegnata da piccola mentre si pettinava i lunghi capelli - Sur le pont d'Avignon,
On y danse, on y danse, 
Sur le pont d'Avignon, 
On y danse tous en rond.- Quella filastrocca la sentiva forte e chiara in cuor suo.- Les beaux messieurs font comme ça
Et puis encore comme ça... - immaginandosi lei e il suo amato danzare. - Sur le pont d'Avignon,
On y danse, on y danse, 
Sur le pont d'Avignon, 
On y danse tous en rond.- pensó a quanto potesse essere bello con l'uniforme militare mentre le stringeva il fianco per danzare in mille piroette- Les militaires font comme ça
Et puis encore comme ça... - Lo sapeva che sarebbe successo. Lui avrebbe ceduto alla sua bellezza, lasciando quell'ibrido da solo, com'era giusto essere.- Sur le pont d'Avignon,
On y danse, on y danse, 
Sur le pont d'Avignon, 
On y danse tous en rond.- Così lei e il suo amato Andrè avrebbero potuto danzare per sempre sulle note che suonavano per loro i musici della Francia, innamorati del loro amore-Les musiciens font comme ça
Et puis encore comme ça...- Un meraviglioso groviglio di danze e musiche solo per loro due - Sur le pont d'Avignon,
On y danse, on y danse, 
Sur le pont d'Avignon, 
On y danse tous en rond. 
Le luci della casa si spensero e Ancolie si alzò nel buio della notte, rivolgendo il suo sguardo alla finestra della casa dove doveva esserci la stanza dell'uomo che amava.
《 Tu verrai a me, un giorno. 》e andò verso la stradina di pietre bianche che riportavano al centro della cittadina.








Ed eccoci a un nuovo capitolo. Spero che sia venuto bene e un grazie immenso a chi mi segue! <3
Fatemi un po' sapere come vi sembrano le varie parti della storia specialmente le ultime due!
Un abbraccio, vostra Waterwall <3

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Capitolo 38
*** From White With Love. ***


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Erano passati i giorni ed il matrimonio era ormai imminente.

《 Su, voi due, salutatevi per bene che domani non vi vedrete per tutto il giorno. 》Andrè spinse dalla spalla Alain, che si ritrovò a un millimetro di distanza dalla sua futura sposa.
Lui la guardò:《 Spero che tu starai bene lì ... e se avete dei problemi non esitate a chiamarci. 》
Esperanza divenne leggermente rossa, ma sorrise:《 Grazie Alain, ma non ti devi preoccupare per noi ... e della tua assenza, stai tranquillo, che non ne morirò - rise un attimo vedendo il suo amato guardarla con uno sguardo indecifrabile - Siamo stati una vita lontani e per un giorno non avrà molta importanza, visto che dopo sarà per sempre. 》
I due si sorrisero dolcemente e si baciarono.
Poi lo sguardo di Alain passò su quello dell'amico:《 Hey, Andrè! Guarda che anche tu dovresti salutare la tua dolce metà visto che per questa sera e domani sarà con la mia! 》 strizzò l'occhio mentre Andrè si mise una mano dietro la testa.
Alain aveva ragione: anche lei se ne sarebbe andata, insieme a Margueritte e Marie.
Le donne di casa si sarebbero trasferite per quei giorni alla tenuta estiva dei Jarjayes per aiutare la sposa e seguire la tradizione.
Con qualche falcata sul prato verde smeraldo, Andrè raggiunse Oscar e i suoi nivei vestimenti leggeri che accarezzavano il suolo ringiovanito dopo un lungo inverno.
Andrè la strinse forte:《 Lo so che saranno solo un paio di giorni ma, sono preoccupato ... 》 
Oscar fece un risolino mentre si scioglieva lentamente dalla presa decisa di lui:《 E di cosa, esattamente? 》
《 Oscar- iniziò - stai per entrare al nono mese di gravidanza e tutto ti sta diventando più difficile da svolgere... E se ti accadesse qualcosa? O accadesse al bambino? Io... 》
Stava per continuare, quando Oscar gli sfiorò le labbra con un dito:《 Non preoccuparti, sono sicura che non accadrà nulla. 》
Andrè fece spallucce:《 Mi fiderò. 》e le diede un tenero bacio sulle labbra.
Finiti tutti i saluti, le donne salirono nella carrozza, chiamata dal generale, della residenza estiva e sparirono dopo qualche curva sui ciottoli.
Augustin e Alain entrarono in casa, pensierosi di come avrebbero dovuto occuparsi della casa essendo che ora non c'era neanche una donna. 
Si guardarono intorno:《 Hey Andrè, spero che tu sappia cucinare essendo che è il tramonto e io sto morendo di fame! 》 Alain rise spostando il capo verso il suo lato destro, ma sia lui che il generale videro che non c'era.
Andrè rimase un attimo immobile, a un metro dalla porta.
Dal giorno in cui erano andati in chiesa non era riuscito a levarsi quel senso di sentirsi osservato.
Addosso si ritrovò un senso di essere seguito da uno sguardo non troppo lontano da lui. Si voltò verso il laghetto scintillante di raggi riflessi, fino allo scorgere un lesto movimento tra i cespugli che echeggiarono un rumore che giunse alle sue orecchie.
Andrè cercò di mettere a fuoco il più possibile quel frammento di paesaggio che si stagliava davanti a lui e con cautela avanzò di qualche passo, accorciando sempre di più la distanza che lo divideva dalla presunta siepe.
《 Andrè! 》 la voce del generale lo aveva richiamato dagli interni della magione e lui, anche se libero, non riuscì a far a meno di reprimere il senso di andare verso il vecchio e caro padrone.
Quando si sentì chiudere la porta, Ancolie lasciò andare un sospiro: questa volta c'era mancato davvero poco.

***

La prima a scendere fu Marie, con la sua solita cuffietta sul capo, seguita da tutte le altre.
Davanti a loro si mostrava la grande tenuta Jarjayes avvolta dal buio e dal suono delle onde del mare.
Il buio che l'avvolgeva era come un quadro che rappresentava l'infinito prima di arrivare alle grinfie del Diavolo. Infatti, essa era cupa e talmente alta che sembrò non avesse fine verso il cielo; le poche luci che provenivano dall'interno giungevano tremolanti e fatue; i cancelli alle spalle delle donne erano alti con aguzze lance verso l'etere nero e segnavano l'inizio di un boschetto di pini e querce.
Esperanza si ritrovò a stringere, incoscientemente, la mano di Oscar che le dava estremamente sicurezza e la invitava ad entrare. Con una mano si strinse al pugno il vestito rosso dai rifinimenti neri e le vennero i brividi lungo la schiena al sentir chiudere in mal modo la porta strillante ed i propri passi scricchiolanti lungo il parquet lucido.
Poi una luce veniva velocemente verso di loro dal piano superiore; Esperanza strinse ancora di più la mano intorno a quella dell'amica e trattenne il fiato.
I passi veloci risuonavano sordi in quel pesante silenzio lugubre di una notte nera di giugno.
《 Chi va là? 》 la voce roca e incerta di un ragazzo si fece strada fino alle loro orecchie, prima di presentare un volto chiaro e leggermente arrossato sulle gote.
《 Sono la padrona di casa, Xavier. 》 Margueritte fece qualche passo in avanti, verso la luce della candela, arrivando al primo gradino della scalinata.
Xavier scese le scale velocemente facendo ondeggiare i riccioli castani tendenti al rosso.
《 Perdonatemi Madam, non vi aspettavamo ... 》 fece un inchino garbato per poi salutare adeguatamente le altre donne.
Quando Oscar incrociò il suo sguardo nocciola gli sorrise:《 È davvero un piacere rivederti. 》
Xavier sorrise a sua volta quasi non riconoscendola:《 Madamigella Oscar ma ... siete voi! 》 sembrò quasi che la volesse abbracciare.
Oscar e lui si erano rivisti in più possibilità, essendo che la residenza era più sfruttata da lei e Andrè che dai padroni, e Oscar lo vide crescere; prima bambino ora ragazzo.
Poi gli venne presentata Esperanza e spiegato il motivo della loro permanenza.
Xavier chiamò alcune delle domestiche che, scesero con vestaglie allacciate alla cintola, che gioirono nel vedere "i miglior padroni che potessero capitare".
Poi, dopo che le camere furono pronte, il ragazzo le fece salire lungo il corridoio del piano superiore mostrando i vari dormitori.
Dopo che fu accompagnata Oscar, sopraggiunse il turno di Esperanza che si raccolse tremolante tra le spalle: la dimora le metteva i brividi, le ricordava una di quelle immagini che aveva visto in un suo libro dove raccontava la storia di un principe trasformato in bestia da una fata.
Oscar rimase un secondo ad osservarla dallo stipite della porta per poi avvicinarsi velocemente al suo lato sinistro:《 Non ti preoccupare Esperanza, ti farò compagnia io. Ormai non sarai più sola. 》
La corvina le sorrise grata ed insieme seguirono Xavier fino alla stanza successiva.
Il ragazzo le lasciò davanti alla porta, dopo esser entrato per accendere qualche lume e fare luce nella stanza, poi si congedò ansioso nel vedere la sua prossima a spegnersi.
Oscar entrò con Esperanza ed entrambe si cominciarono a guardare intorno facendo varie e lente piroette creando dei suoni allo strofinare dei lunghi vestiti.
La camera degli ospiti era accanto a quella di Oscar, quasi come se fosse un onore per chi venisse a soggiornare nella casa del più grande generale e del più grande comandante di tutta Francia. Le pareti erano rosse, ornate da foglie dorate mosse dal vento che partivano dal tetto, come una trasformazione di tessuto di quelle di legno dorato che le univano al soffitto di noce scuro; al centro vi stava il lampadario, non troppo grande ma neanche troppo piccolo, abbastanza elegante per far risaltare il tetto sobrio; nella stanza, poi, risiedevano un letto matrimoniale a baldacchino dai toni del rosso di noce scuro, un armadio ben lavorato alla sua sinistra e di fronte dei cassettoni del medesimo legno a cui, accanto, vi stava un separé con fantasie naturali; per ultimo, il pavimento di parquet era ricoperto da un unico e grande tappeto persiano.
Esperanza andò a sedersi ai piedi del letto continuando a guardarsi intorno: non era così terrificante come ciò che aveva visto fin'ora.
Poi qualcuno bussò alla porta: Xavier aveva portato i bagagli.
Prima di congedarsi con un semplice inchino si rivolse alla padrona:《 Le salgo immediatamente i bagagli Madamigella. 》
La bionda annuì e quando il ragazzo scomparve nuovamente, lei si girò verso l'amica:《 Spero che questa camera sia di tuo gradimento. 》
《 Immensamente Oscar ... 》
La bionda la guardò interrogativa:《 Qualcosa non va? 》
Esperanza si morse le labbra e guardò in basso, mentre Oscar si avvicinava lentamente a lei.
《 Con me puoi parlare. 》 Oscar le mostrò uno dei suoi più dolci sorrisi mentre le prendeva il mento tra l'indice e il pollice, costringendola a farsi guardare.
Le guance della corvina si tinsero di rosso:《 Io... 》
《 Sì? 》
《 Ecco... vedi ... io... ho paura ... 》
Oscar la guardò tra il divertito e l'addolcito: alla fine, Esperanza era pur sempre una ragazzina di quasi diciassette anni.
《 Ti prego... non prenderti gioco di me ... 》
Oscar fece un piccolo risolino:《 Non mi prenderò gioco di te, stai tranquilla. 》
Poi Xavier bussò nuovamente alla porta:《 Madamigella, le ho lasciato i bagagli in camera sua. 》
Oscar lo guardò un secondo per poi accennare un sorriso:《 Oh, per favore Xavier, potresti portarmeli qui? Passerò la notte in questa camera. 》 e il ragazzo eseguì gli ordini sotto gli occhi sorpresi di Esperanza.
《 Ma non ve ne era bisogno ... 》
La bionda l'abbracciò più che poté per poi aggiungere divertita:《 Non è da me lasciare damigelle in difficoltà. 》 ed entrambe si misero a ridere.

Dopo che, con molta difficoltà, si prepararono per la notte, si ritrovarono sotto le coperte: Oscar al lato sinistro, verso la porta, ed Esperanza al lato destro, dal lato della finestra verso il balcone.
《 Devo dire che, dopo tutti questi anni passati a far ingelosire le dame di corte, non mi era mai capitato di dormire con una. - poi fece un sorrisino beffardo - Come dice Andrè "C'è sempre una prima volta." 》 e scoppiò a ridere seguita da Esperanza.
Oscar la osservò un secondo: gli occhi di ghiaccio della ragazza erano come due frammenti di vetro che risplendevano alla luce della luna; i capelli neri e ricci erano sciolti e sembravano dei rovi di un roseto pronto a catturarti dentro anche se lucidi e soffici; la pelle bianca la faceva sembrare quasi evanescente come se fosse un angelo. Alain era davvero fortunato ad averla con sé.
《 Grazie, Oscar. 》 Esperanza le sorrise dolcemente.
《 Di cosa? 》 le sorrise a sua volta.
《 Di tutto. 》
Oscar non seppe cosa dire, ma rimase a sorridere.
《 Buona notte, Esperanza. 》
Esperanza sbadigliò un secondo per poi chiudere gli occhi e posare la mano su quella di Oscar che cadeva sul cuscino:《 Buona notte mamma. 》 
Oscar rimase un secondo a guardarla, ma poi sorrise accarezzandole una guancia.

***

Alain ed Andrè si guardarono un secondo, entrambi a torso nudo e uno di fronte all'altro seduti a tavola.
Era mezzanotte passata e loro non riuscivano a prender sonno.
《 Neanche tu riesci a dormire? 》
《 No, amico. Anche se credo sia abbastanza strano per me. 》
Andrè si resse la testa appoggiando il mento sul palmo della mano, sbuffò:《 Non pensavo che saremmo potuti essere così fragili senza di loro. 》
Alain annuì scocciato, mettendosi a fissare le venature del tavolo:《 Non so tu, ma io mi sento un immenso vuoto dentro ... come se mi mancasse qualcosa ... 》
Andrè sospirò nuovamente:《 Dai, saranno solo due notti ... anche se devo ammettere che sono davvero preoccupato. 》
Alain continuò a seguire una delle venature sul tavolo di legno:《 A chi lo dici, amico. Ho paura che le potrebbe succedere qualcosa, anche se sta per entrare solo all'ottavo mese di gravidanza. 》
L'altro fischiettò:《 Ma guarda, Alain de Soisson che tiene i conti. 》
Il corvino lo guardò di sottecchi:《 Non credo che il soldato Andrè Grandier faccia di meno, visto che anche lui sta per diventare papà. 》
Si guardarono un secondo in cagnesco per poi sospirare entrambi:《 Di questo passo domani mattina saremo davvero stanchi. 》
《 Quanto vorrei un tè preparato da tua nonna ... quello che ti fa dormire per tutta la notte. 》
Andrè lo guardò un secondo:《 Mi dispiace, non lo so fare. Però so un altro rimedio della mia cara nonnina. 》
Alain si sporse un secondo verso di lui:《 E quale sarebbe? 》
《 Una mestolata in testa e ti scordi anche come ti chiami! 》 e si mise a ridere.
Alain roteò gli occhi e si lasciò cadere sulla sedia incrociando le braccia:《 Idiota io che mi metto anche ad ascoltarti. 》
Andrè gli sorrise divertito:《 Suvvia, Alain. Te la dovresti fare anche tu una risata. Dov'è finito il mio compagno di bevute nelle locande? 》
Alain sorrise e si grattò la fronte con il pollice, un gesto che era solito fare:《 Per ora è sparito amico, visto che sono nettamente nervoso e sto cercando di capire se sto facendo la cosa giusta o meno. 》
Andrè lo guardò interrogativo:《 Non la vuoi più sposare? Non l'ami più? 》
《 Non dire baggianate! - Alain si raddrizzò sulla sedia cominciando ad alzare la voce, quasi urlandogli contro - Ovvio che l'amo! È la cosa più bella che mi sia potuta capitare nella mia vita! È finalmente la luce che è venuta a salvarmi dopo quell'incubo nero che mi perseguita da quando sono nato e ... 》
《 E? 》 fece eco Andrè per scavare nei suoi più interni sentimenti.
《 Ed è per questo che sto riflettendo sul fatto di sposarla o meno ... - Alain abbassò nuovamente lo sguardo insieme alla voce - Non voglio che soffra accanto a uno come. Lei è una principessa, una ragazza che potrebbe scegliere altre mille bravi ragazzi nobili ... E non uno rozzo, vecchio e fallito come me. 》
Andrè lo guardò un secondo:《 Alain non esagerare. Se lei ti ha scelto è perché fra quei mille ragazzi nobili ha trovato proprio in te qualcosa in più. Non sei rozzo, vecchio e fallito. Un po' rozzo sì, vecchio bisogna vedere da che prospettiva ma, sicuramente non sei un fallito. Anche se sei nobile non vivi agevolato e hai sempre lavorato sodo per portare il pane a casa e questo già ti dovrebbe riempire d'onore, perché non hai mai vacillato per questo. E poi, sei sempre stato tu a mettere in salvo la vita del tuo comandante e poi guidare i cannoni per prendere la Bastiglia. Alain, secondo te queste cose sono cose da fallito? 》
Alain sorrise:《 No ... Grazie amico. 》 e gli diede una pacca sulla spalla.
《 Su, ora andiamo a dormire che domani avremmo molte cose da fare. 》
Il corvino annuì:《 Hai ragione, buona notte Andrè. 》
《 Buona notte. 》
I due salirono nelle rispettive camere, così vuote che non poterono far a meno di continuare a guardare le rispettive parti vuote del letto.

Dopo poco che Andrè si addormentò, sentì come un mal essere al petto e qualcosa che gli impedì di aprire gli occhi.
Poi due mani femminili gli accarezzarono le spalle e quasi impercettibile fu la voce di donna che sentì sussurrargli all'orecchio sinistro:《 Non ti preoccupare amore mio, presto staremo insieme per sempre. 》
Poi un brivido lungo la schiena e si mise velocemente a sedere sul materasso. 
Guardò un secondo le finestre: erano completamente aperte.
Si alzò per andarle a chiudere.
Maledetta Ancolie.

***

La mattina era giunta, aveva oltrepassato le tende della dimora Jarjayes illuminando la tenera camera di Esperanza e Oscar che ancora dormivano abbracciate l'una all'altra con le lenzuola che erano aggrovigliate alle loro caviglie, lasciando i loro ventri gonfi scoperti.
Illuminò anche la camera di Rosalie e Bernard che si accingevano a svegliare il piccolo François, il loro unico figlio nato poco prima della presa alla Bastiglia.
Illuminò quella dei vecchi compagni di camerata di Alain e Andrè che si cominciarono a sistemare le uniformi e partire in viaggio verso Arras.
E illuminò anche la camera d'albergo di Fersen e Lady Isabelle già svegli da ore visto che lei non fece altro che vomitare per tutta la notte.
《 Lady Isabelle, penso che sia meglio chiamare un dottore. È da quando siamo partiti che non fate altro che vomitare; sulla nave stavate anche per svenire! Non vorrei che vi siate presa qualche brutto malanno. 》 Fersen le cinse le spalle mentre sedeva accanto a lei su una sponda del letto.
Per la prima volta, la rossa, non riuscì a comprendere il vero senso di quel malessere: si stava abituando all'idea di Fersen accanto a sé, non le faceva mancare nulla ed era anche molto gentile e cordiale.
L'unica cosa che riuscì a fare fu appoggiarsi al petto del futuro marito e stringergli una mano che teneva ancora sulla spalla:《 Mi farò controllare ... Ma ti prego, prima portami a destinazione. Non vorrei rovinarti il viaggio. 》
L'uomo si sentiva così impotente e intenerito nei confronti di quella ragazza rossa, entrata nella sua vita come un lampo che attraversa le nuvole.
《 Va bene. Ma spero che non sia nulla di grave. Ora è meglio ripartire, così potremmo arrivare in serata ad Arras. 》
Lei sorrise un secondo:《 Sono curiosa di conoscere la tua migliore amica. Anche nella corte inglese se ne parlava molto di questa donna che comandava le guardie. 》
Lui sorrise a sua volta:《 Sicuramente non ne rimarrai delusa. 》

Oscar ed Esperanza fecero una colazione sostanziosa sotto i voleri di Marie. Quando si erano alzate, saranno state le dieci del mattino, un po' tardi rispetto al solito. In realtà era stata Oscar a svegliare Esperanza, le aveva dato un bacio sulla fronte e piano l'aveva chiamata sussurrandole all'orecchio.
Durante la mattinata non era successo granché, l'unica cosa che accadde fu ritrovarsi Andrè che era venuto a trovarle per sapere se stessero bene per poi andarsene verso l'ora di pranzo portandosi del cibo preparato dalla nonna per tutti e tre.
Più movimentato fu il pomeriggio, in entrambe le dimore.
Alla dimora "Grandier" ci fu un assalto di soldati che corsero ad abbracciare i loro vecchi compagni e a congratularsi con loro; anche se per un attimo nascosto, sia Andrè che Alain piansero silenziosamente per la mancanza dei cari Jean e François.
Alla residenza "Jarjayes" invece, arrivarono Rosalie, Bernard ed il loro piccolo François che ormai si accingeva a fare un anno.
Oscar lo prese in braccio porto da Rosalie.
La scena fu di una totale tenerezza: in quel momento fu come vedere, per la prima volta, Oscar madre essendo che il piccolo Chatelet era una sua piccola fotocopia e non accaso portava il suo secondo nome.
Dopo una lunga chiacchierata con la sposa ed aver informato Oscar sulla situazione a Parigi, Esperanza propose di fare una passeggiata all'aria aperta. 
Bernard non si unì all'uscita e disse di preferire rimanere a casa col bambino. Alla fine, non aveva tutti i torti.
Rosalie, Esperanza e Oscar passeggiavano sulla spiaggia bagnandosi i piedi con le onde del mare.
《 Sicure di non essere stanche? 》 Rosalie era preoccupata.
Le due sorrisero e quasi all'unisono dissero:《 Non preoccuparti. 》
Rosalie sorrise per poi far scivolare lo sguardo lungo la spiaggia e il mare:《 È rimasto uguale come quell'anno in cui venni con voi in vacanza. 》
Oscar la guardò con dolcezza:《 È vero. Mi ricordo che in quella passeggiata a cavallo incontrammo tua sorella. 》
Rosalie sospirò:《 Già, me lo ricordo come fosse ieri ... 》
Oscar stava per rispondere qualcosa, ma fu fermata nell'accorgimento di un particolare che non ci sarebbe dovuto essere in quel paesaggio: una carrozza con uno stemma inglese.
Cominciò a scrutarla, cercando di capire chi stesse per scendere e quasi le si mozzò il fiato a vedere Fersen accompagnato da una dama.
Il tempo fu gelato quando i loro sguardi si incrociarono.
Fersen fu come se lo avesse colpito un fulmine e lei lo stesso, solo con motivi differenti.
Lei era sorpresa di rivederlo, ancor di più, non poteva certamente pensare di vederlo con una dama e poi come avrebbe reagito suo marito alla notizia che si fossero incontrati, anche se puramente per caso?
Lui, dal canto suo, era rimasto impressionato nel vederla così ... bella e femminile?
Non l'aveva mai immaginata con un pancione così grande e così bella per com'era: indossava un abito bianco e sobrio ed i suoi capelli erano legati come quella sera in cui danzarono insieme; ne rimase totalmente estasiato.
Poi Oscar guardò la dama accanto a lui: non l'aveva mai vista ma, quando passò con lo sguardo ad Esperanza, capì che invece lei la conosceva benissimo considerando che si stavano fissando a vicenda e avevano delle espressioni sorprese.
《 Madamigella- la chiamò lui - Finalmente ci rincontriamo. 》 nel volto di Fersen si tinse un sorriso che esprimeva pura gioia.
《 C-conte! Ma che sorpresa. 》 Oscar si sentì come nel bel mezzo di una burrasca in alto mare.
《 Vi trovo bene. 》 lui si avvicinò a lei seguito dalla "dama rossa" per come l'aveva soprannominata Oscar in quegli ultimi secondi dopo averla vista.
《 Mi permetto di presentarle Lady Isabelle Lockwood, mia futura moglie. 》
Oscar vide la ragazza esibirsi in un rigoroso inchino pieno di eleganza.
《 Lieta di fare la vostra conoscenza, Fersen mi ha parlato molte volte di voi. 》
Lei inchinò la testa:《 Il piacere è tutto mio. Io mi permetto di presentarle mia cognata Esperanza de Soisson. Invece credo che conosciate benissimo la mia parente Rosalie Lamorlière. 》
Il conte si inchinò e fece il baciamano a le altre due donne presenti.
Poi ci fu il turno di Lady Isabelle che prima si inchinò a Rosalie, poi rimase a guardare Esperanza.
Il tempo rimase come congelato per svariati secondi per entrambe sotto gli occhi incuriositi dei presenti.
Poi Esperanza proferì parola:《 Quell'Agosto tu ti nascondesti con me dalle guardie che ci cercavano per i nostri genitori. Non avevamo paura dei topi e ci nascondemmo in cantina; parlammo di tutto e - un attimo di stasi per parlare insieme - Tu fosti la mia unica amica. 》
Sugli occhi di entrambe cominciarono a scendere lacrime calde e si abbracciarono forte.
《 Non puoi capire quanto mi sei mancata e quanto ti abbia cercata dopo tutto questo tempo, dopo quello che è successo... 》 Isabelle si sentì sollevata, finalmente in quella caverna buia aveva trovato una via d'uscita:la sua amica.
《 Anche tu mi sei mancata molto Isabelle ... 》
E tornarono a casa dando mille spiegazioni.

Dopo un po' che furono rientrati, Andrè fece capolino nell'abitazione e quasi non gli venne un infarto vedendo Fersen che conversava allegramente con la sua Oscar.
《 Oh, ma ci sei anche tu Andrè! - Il conte si alzò dal tavolino andando a stringergli la mano - Sono davvero felice di vederti: finalmente posso farti gli auguri per star diventando padre. 》
Lui sorrise mettendosi una maschera, dentro di sé non avrebbe voluto altro che affogarlo nel mare:《 Grazie conte. 》
Poi il nobile lo fece avvicinare al tavolino dove poté salutare Bernard, Rosalie e il piccolo François e conoscere Lady Isabelle.
Quando sentì che lei era la sua promessa sposa si sentì come se gli avessero tolto cento galloni d'acqua dall'anima, ma non poté far a meno di chiedere un piccolo permesso per avere spiegazioni ad Oscar in privato.
《 Si può sapere cosa ci fa qui? 》
《 L'abbiamo incontrato in riva al mare e lo abbiamo ospitato perché Isabelle è una vecchia amica di Esperanza. 》
Andrè sospirò abbracciandola e inalando il suo profumo di rose:《 Lo so che non dovrei, ma ho paura che tu ti possa innamorare nuovamente di lui e ti possa portare via da me. 》
Ad Oscar, per un istante le si spezzò il cuore e gli prese il viso fra le mani:《 Andrè ricordati che non ci possono separare, mai. Perché noi siamo legati da sempre e il nostro destino è quello di rimanere per sempre insieme. Lui è stata una maledetta infatuazione, ma tu, tu Andrè, sei stato e sarai sempre molto di più. Perché tu sei nei miei momenti migliori e in quelli peggiori; sei stato nei momenti in cui mi sentivo viva e in quelli dove mi sentivo come morta e neanche una volta mi hai lasciata da sola. Quindi Andrè, quando avrai di questi pensieri, pensa sempre che solo uno sciocco può sognare qualcosa del genere perché noi siamo un'unica cosa: come Catore e Polluce. 》
Lui sorrise amabilmente:《 Ti amo, Oscar. 》
《 Anche io, Andrè. 》 e si baciarono.
Poi la guardò un secondo mentre le accarezzava il viso:《 Ora devo andare, i ragazzi mi aspettano per l'addio al celibato di Alain. 》
Lo sguardo di Oscar fu indecifrabile: un misto di curioso e stizzito con il naso arricciato sul lato sinistro.
Andrè rise un secondo:《 Non vi preoccupate comandante, andremmo solo a bere una birra alla locanda in cui piaceva andare anche a voi. 》
Lei sospirò:《 Va bene ma, fate attenzione. - Poi fu come se rifletté un istante - E mio padre? 》
Andrè ridacchiò nuovamente:《 Oh comandante,neanche di questo si deve preoccupare - Oscar lo seguì con lo sguardo mentre si accingeva ad aprire la porta - Lo stiamo portando con noi! 》
La donna aprì la bocca come per urlargli contro qualche brutta sentenza di carcerazione e di buttarlo al tribunale militare, ma Andrè se l'era già svignata.

"L'addio al nubilato" di Esperanza fu solo lunghe chiacchierate e grasse risate davanti a una buona cena, decidendo che anche Lady Isabelle essendo l'unica amica di Esperanza dovesse prendere parte al matrimonio, e un caminetto spento per poi uscire a guardare le stelle.
L'addio al celibato di Alain fu, invece, abbastanza divertente: fu come una sera di paga che si era solita festeggiare quando si stava nei soldati della guardia, solo che in più c'era il buon vecchio generale che, stranamente, si unì allegramente a loro. Augustin bevve qualche sorso di birra insieme al suo Andrè e a tutti gli altri, rinfrescando la così lontana giovinezza. Ma non esagerò più di tanto essendo che tutta la combriccola rifletté sulla sua età un po' avanzata e al presunto rischio d'infarto se si fosse ubriacato.
Andrè, con felicità, fece un sospiro di sollievo quando si accorse che attorno a loro non ci fosse neanche l'ombra di Ancolie quella sera.
Azione sbagliatissima.
Perché lei stava riducendo in polvere una gran porzione di prezzemolo.(1)

***

Il nuovo mattino ebbe inizio.
Oscar ed Esperanza avevano dormito nuovamente insieme per il nervosismo pre-matrimoniale della corvina.
Dopo che fecero una veloce colazione dovettero correre immediatamente a prepararsi.
La bionda fu abbastanza veloce: non si truccò minimamente il viso, non era da lei, i capelli erano stati raccolti come il giorno precedente con dei nastrini che richiamavano il colore del suo vestito blu scuro brillante con la stoffa che ornava i bottoni sul petto bianca e rossa, quasi fosse una divisa militare che finiva come se avesse un sott'abito bianco; glielo aveva cucito la nonna per l'occasione.
La sposa invece fu più lenta.
Esperanza fu truccata da Isabelle che le truccò gli occhi con del khôl per farglieli risaltare, poi le vide uscire del rossetto.
《 Ma Isabelle! Il rossetto è vietato! 》
L'amica le fece un occhiolino:《 Non preoccuparti, se te lo passo con il dito non se ne accorgeranno e poi è roseo. Voglio mettertelo solo per farti spiccare le labbra. 》
Esperanza sospirò:《 Mi fiderò. 》
Poi i suoi capelli furono abbelliti un intreccio di fiori di diamanti che si unirono alla sua solita treccia a spiga, gentilmente prestato da Madam che l'aveva ritrovato in uno dei suoi cofanetti nella magione estiva.
Poi venne il momento dell'abito.
Quello di Esperanza era bianco puro, stile impero, con una fascia che le si allacciava sotto il seno; il tulle le avvolgeva le spalle per ricadere morbido sul bianco e poi andando a creare la coda; per ultimo ci fu il velo bianco che le ricadeva sul viso e il bouquet di margherite nivee.

Alle dieci meno un quarto, Alain e gli altri erano tutti già in chiesa.
Alain sembrava quasi fuori controllo, faceva avanti e indietro per tutta Rue Wacquez Glasson guardando a terra. Indossava la divisa militare ben pulita e sistemata, essendo che non si poteva e non si voleva permettere altro che quella.
《 Ansioso, figliolo? 》 il caro prete gli sorrise venendogli incontro.
Alain sembrò dirgli di "no" ma, con quello non si poteva far a meno di dire la verità:《 Sì, padre. 》
Il parroco gli mise una mano sulla spalla:《 Andrà tutto bene, vedrai. Ora è meglio entrare, così la potrai aspettare con calma all'altare, com'è tradizione. 》
Il corvino annuì, giocando con le mani per il nervosismo.

Quando la carrozza di Esperanza, Oscar, Marie e Madam si ritrovò a passare per Rue Emile Lagrelle, sorpassata da quella della famiglia Chatelet e dai promessi sposi, Esperanza si ritrovò ad agitarsi più di quel che era già.
Oscar le prese le mani fra le sue:《 Esperanza, non preoccuparti. Come abbiamo già detto, andrà tutto bene. 》
《 Sono preoccupata per un'altra cosa ... 》
Marie si sporse verso di lei:《 Ovvero, bambina? 》
Esperanza si morse le labbra:《 Io non ho un padre che mi accompagna all'altare ... 》
Le donne accanto a lei si misero col pensiero a cercare una soluzione finche la bionda la guardò:《 Non avrai un padre, ma una madre ad accompagnarti! 》
Lo sguardo delle donne nella carrozza fu alquanto interrogativo.

Nel momento in cui Esperanza e Oscar giunsero alle porte della chiesa, tutti erano dentro comprese Margueritte e Marie.
Lo stupore dei presenti fu immenso: due donne bellissime stavano varcando la navata fino all'altare e una di quelle era il comandante Oscar che stava accompagnando la sposa all'altare.
Giunte davanti allo sposo, Alain prese per mano la sua consorte e con una lacrima che gli scendeva dall'emozione sussurrò un dolce "grazie" ad Oscar che si posizionò accanto ad Andrè che facevano da testimoni al loro caro amico; mentre per Esperanza vi stavano Isabelle e Fersen.
la cerimonia non fu molto lunga e finalmente si arrivò al così desiderato momento.
《 Vuoi tu, Alain de Soisson, prendere come tua legittima sposa Esperanza de Borbón? 》
Alain sospirò e si voltò a guardare gli occhi color azzurro anice della ragazza con uno sguardo dispiaciuto sul volto:《 Io ... 》
I presenti smisero di respirare per un secondo: possibile che Alain non la volesse più sposare? 
Lei lo scrutò in cerca di un segno che le dicesse che non la stava lasciando all'altare come le era già successo perché quella volta si sarebbe uccisa sul serio. Per lei, Alain, era tutto il suo mondo, tutta la sua vita.
《 Esperanza, io sono sicuro di volerti sposare ma ... - la guardò come se da un momento all'altro iniziasse a piangere - Tu sei sicura di voler sposare me? Tu sei nobile e potresti trovare di molto meglio, non un nobile caduto in miseria come me. 》
Lei si sentì da un lato sollevata, non la stava lasciando. 
La mano delicata di Esperanza si poggiò sul viso di lui:《 Alain, sei uno stupido. Ovvio che ne sono sicura. E non importa se tu non sei ricco, sicuramente sei più nobile di molti altri che ho conosciuto. E poi ... 》
Alain rimase un secondo col fiato sospeso.
《 Come potrei non amare l'uomo che, in un solo istante, mi ha salvato mille volte e sta diventando il padre di mio figlio? 》
I due si sorrisero dolcemente e il parroco fece spallucce:《 Questo vuol dire che volete entrambi? 》
Parlarono all'unisono:《 Sì! 》
Il prete sorrise tutto contento mentre gli altri levavano sospiri di liberazione e Marie si lamentava che certe cose non le facessero bene alla sua età:《 Allora vi dichiaro marito e moglie! Alain, puoi baciare la sposa! 》
Alain, che non si smentì neanche questa volta, prese Esperanza per farle fare un caschè e baciarla con tutto l'amore che aveva seguito dagli applausi dei presenti.

Il pranzo fu semplice essendo che non fu festeggiato, al contrario della cena che era stata accuratamente preparata e servita nella residenza estiva dei Jarjayes.
Tutti erano seduti in un grande tavolo che chiacchieravano e festeggiavano allegramente, ignari che tra la servitù ci fosse qualcuno che non avrebbe dovuto far parte.
Oscar chiese un bicchiere di vino rosso, ciò che aveva sempre adorato vedendo la cameriera che velocemente correva verso le cucine.
Quando ella presa il bicchiere, un'altra fece capolino accanto a lei: i vestiti erano da serva e portava una cuffietta che faceva uscire alcuni ciuffetti biondo cenere e i suoi occhi castani la scrutavano dolcemente.
《 Oh cara, non preoccuparti, tu vai a sistemare il resto; porterò io il vino a Madamigella Oscar. 》
La ragazza sorrise e la ringraziò andando ad occuparsi delle altre faccende, così, Ancolie, uscì da una tasca una boccetta che conteneva la polverina verde che versò tutta nel bicchiere dove la fece amalgamare con liquido scuro.

Fu il tempo di qualche secondo.
Continuando a fingere di essere una serva, la prostituta portò il vino ad Oscar che ringraziò educatamente.
Ma sbagliò quando, per sbaglio, incrociò lo sguardo di Andrè che si velocizzò a prendere il bicchiere e scaraventarlo al suolo mentre si alzava dal tavolo:《 Ancolie, cosa ci fai qui? 》 era fuori di sé.
Oscar non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo ma, prima che potesse chiedere spiegazioni, fu allontana da Alain che le spiegò la situazione.
《 I-io ... 》 Ancolie cominciò a balbettare mentre si ritrovava a indietreggiare.
《 Tu. 》 Andrè la prese dall'avambraccio sinistro cominciandola a portare verso l'uscita.
《 Devi stare lontana da me e dalla mia famiglia, chiaro? 》
Andrè stava aprendo la porta quando sentì due grida provenire da dietro di lui che si voltò terrorizzato mentre Ancolie si liberava dalla presa per correre via: ad Oscar ed Esperanza si erano rotte le acque.

 




+++++++++++++++++




(1)Ho letto che assumere molto prezzemolo in gravidanza può fare abortire e quindi ho pensato che Ancolie decidesse di usarlo per far un torto ad Oscar. 

 

E dopo tanto tempo aggiorno!!! Scusate il ritardo ma è comunque stata una faticaccia!
Spero che vi sia piaciuto... Fatemi sapere!
Un abbraccio.
Vostra,
Waterwall

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Capitolo 39
*** Blacks Swans. ***


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Andrè corse verso Oscar che si reggeva malamente al tavolo pur di star in piedi mentre Esperanza faceva lo stesso aggrappata ad Alain.
Avevano urlato al medesimo secondo, non c'era dubbio, quasi fossero stati due gemelli.
Andrè corse a sorreggerla e a prenderla tra le braccia per correre verso le stanze di sopra della residenza estiva.
Quando arrivò al piano superiore ringraziò il cielo che si ricordasse tutto a memoria, anche se aveva rischiato di cadere per l'ultimo scalino.
Ormai le ombre lo stavano prendendo sempre di più. 
La bionda fu portata in quella che sarebbe dovuta essere la sua camera mentre Esperanza in quella dove fino alla sera precedente avevano dormito con la sua cara amica.
In un attimo di quiete dal dolore, Oscar ascoltò i rumori che provenivano da sotto: gli ospiti erano in fermento e solo le poche donne salirono per andarle ad assistere.
Marie e Margueritte si catapultarono nella camera della loro "bambina" con delle tovaglie, dicendo che, a momenti, delle serve avrebbero portato una bacinella con acqua calda. Invece, con la stessa avvisaglia, Rosalie e Isabelle corsero ad assistere Esperanza.
Le due ex nobili erano lontane l'una dall'altra, ma erano così vicine dentro di loro.
Entrambe erano terrorizzate: i dolori non cessavano, la paura di quei movimenti veloci e dell'agitazione che dilagava tra le persone intorno a loro.
Oscar guardò il suo amato; l'aveva detto già una volta "Sono un'incapace, da sola non riesco a fare nulla."
E lei aveva bisogno di lui al suo fianco perché da sola non ce l'avrebbe fatta. 
Non parlò, con la mano avanzò nel vuoto verso la parte migliore di lei.
Essa gliela strinse, terrorizzata forse più di lei nel vederla star male e non poterla aiutare.
Lui le avrebbe tenuto la mano fino a quando tutto non sarebbe cessato e l'avrebbe abbracciata con loro figlio tra le braccia.
Andrè la vide cominciare a respirare affannosamente per poi accorgersi che sul volto della sua dea ci fossero delle lacrime fatte di lame e dai suoi occhi traspariva il terrore di chi ha l'oblio davanti a sé. 
《 Oscar... perché piangi? - le chiese a fil di voce - Andrà tutto bene, vedrai. 》
Ma Oscar strinse le palpebre e le labbra ferocemente come per ricacciare dentro qualcosa di più di semplici lacrime.
Andrè si sentì una brutta sensazione all'altezza del cuore come se in un attimo glielo avessero stretto in una morsa.
Poi la nonna le fece piegare le ginocchia e alzare la veste preparandosi una tovaglia di quelle portate prima, mentre una serva portava dell'acqua.
Il volto di Marie proponeva un'espressione seria: 《 Ora respira profondamente, Oscar. E appena cominci a sentire le contrazioni devi iniziare a spingere. 》

***

Alain si inginocchiò accanto al letto ove vi stava sua moglie. 
Le stringeva forte la mano mentre le riempiva di baci la fronte. 
Il volto della sua piccola Esperanza era invaso dal terrore e dalle lacrime: era così piccola e sola per affrontare tutto questo.
Anche ad Alain scese una lacrima: si sentiva un mostro.
《 Perdonami Alain... 》la voce di lei fu un tenero sussurro invaso dal pianto.
《 Di cosa, amore mio? 》lui cercò di negare le altrettante lacrime. 
《 Questa sarebbe dovuta essere la nostra notte di nozze e invece... 》non riuscì a completare la frase che un urlo le attraversò le labbra.
Alain si avvicinò al suo orecchio:《 Non ti devi preoccupare di questo. Mi stai per dare qualcosa di molto più prezioso e poi, ormai abbiamo l'eterno davanti a noi. 》
Isabelle le asciugò la fronte con un fazzoletto, poi Rosalie la guardò:《 Madame de Soisson, ora deve cominciare a spingere. 》

*** ( Per queste due parti a seguire consiglierei l'ascolto della canzone "Human" di Oscar Zia. ) ***

Il generale era in corridoio, di fronte alla stanza di sua figlia.
Non dell'ibrido che aveva creato, ma del suo più grande capolavoro.
Del suo unico e vero angelo che aveva combattuto per ciò che era giusto.
Della sua bambina.
Stava seduto fra tutti quei soldati che guardavano con preoccupazione le due porte di legno dipinte troppo elegantemente per loro.
Il conte di Fersen era uscito sul balcone alla fine del corridoio, ma Augustin non ne capì bene il motivo.
Si portò il volto tra le mani cercando di calmare tutti quei sentimenti che gli vorticavano dentro.
《 Perdonami Oscar, perdonami. 》 
Poi dagli scalini spuntarono Bernard e il dottore.
Il generale si alzò di scatto andando a stringere la mano a quest'ultimo. 
《 Salve dottore, spero che ci possa aiutare. 》
《 Farò tutto quello che posso, ma prima vorrei vedere entrambe le pazienti per vedere chi ha bisogno di maggiore aiuto. 》 
《 Certamente dottore, prego. 》e si scostò vedendolo entrare in entrambe le stanze delle donne.

Esperanza sentì la porta aprirsi, ma non badò molto alla figura paffuta e occhialuta che le si stava avvicinando: era presa dal mettere tutta la forza che aveva pur di far cessare il prima possibile quei dolori lancinanti.
Alain le stringeva la mano, anche se non si sapeva se la stretta era più forte da parte sua o di lei.
Si accorse che il dottore le prese per un momento il polso, molto probabilmente per controllarle i battiti, poi sentì le sue scarpe battere per un altro po' il suolo della stanza finché non si fu avvicinato nuovamente alla porta per ritornare lungo il corridoio.
Esperanza si sentiva diversa, quasi moribonda, non perché si sentisse morire nel senso corporale della parola, ma perché ciò che era stata fino ad allora stava scomparendo ad ogni spinta.
Lo sapeva bene che per quelli attorno al suo letto lei superava leggermente la parola "bambina" ma, ora, lei stava diventando donna.
Stava diventando più forte dentro, una combattente che brandisce la sua arma attraverso un mondo fatto di pregiudizi e modelli da non seguire se si ha quel poco di cervello che basta ad essere intelligenti.
Si sentiva come in mezzo al fuoco dei cannoni; la paura faceva parte della vita e quasi completamente di quella sua.
Ma questa volta anche lei si sarebbe sentita un po' umana come gli altri e non una bestia come la trattavano solitamente in Spagna.
Dentro di lei si sentiva finalmente forte, pronta a giocare col fuoco incandescente che l'aveva da sempre circondata.
Cominciò a capire cosa volesse dire essere donna, non un essere immondo; qualcuno d'amare, qualcuno che avrebbe potuto cambiare il suo mondo e non solo continuare a seguire il ruscello fino alla cascata che lo avrebbe fatto rovinare dandogli la morte.
Esperanza urlava e più urlava più lo faceva, più si sentiva viva dentro di lei.
Come se stesse affrontando una guerra e lei la stesse vincendo per ottenere la forza di avere coraggio non solo alcune volte nella vita, come fino ad adesso avesse fatto, ma sempre.
La voce di Isabelle era lontana:《 ... la testa! 》
La corvina prese un respiro profondo pronta alla prossima contrazione mentre la rossa le ripeté forte:《 Esperanza, gli ultimi sforzi! Si vede già la testa! Sei bravissima! 》
Per risposta ella le sorrise mentre raccolse le forze per gli ultimi sforzi, prendendo in mano il suo destino.

***

Oscar sudava maledettamente, non si era mai sentita così debole nella sua vita.
Non avrebbe mai pensato che partorire sarebbe stato così doloroso; che le donne sopportassero tutto questo.
Non era passato che un anno da quando aveva creato il pensiero di vivere come un uomo, significato di vivere senza appoggiarsi mai a qualcuno; e ora si trovava in questa situazione in cui tutto ciò che aveva ideato si era frantumato in mille pezzi.
Si ritrovò come in mezzo ai cannoni di quel lontano 14 luglio dove la battaglia, il fuoco e la gloria le pulsavano nelle vene, ma a differenza di allora si sentiva maledettamente debole; come se la sua spada le fosse stata tolta e il mondo le si stesse rivoltando contro per tutte quelle volte che gli fosse andato contro: i pregiudizi a cui non aveva mai dato peso; le mode che no aveva mai seguito; il suo essere diversa.
Tutto la stava divorando tragicamente. 
Oscar cominciò a capire cosa volesse davvero dire "essere donna". Non un essere debole e frivolo, ma qualcosa di molto più forte e combattivo.
E lei non lo era davvero, forse era incapace di cambiare il suo destino e rimanere sospesa fra quei due mondi.
Aveva sempre pensato di aver coraggio e forza da uomo ma, di questi ne aveva solo la loro ombra e la paura.
Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi così.
La porta si aprì e sentì provenire dei passi che si avvicinavano sempre di più a lei: era il dottore, ne era certa, quei passi non li conosceva a memoria come quelli dei suoi famigliari ma, ne ricordava come qualche nota che aveva sentito un centinaio di volte nella sua vita.
Non lo guardò, non lo degnò neanche di un singolo sguardo essendo che il suo era impegnato a perdersi nel vuoto.
Nel frattempo che tentava di farsi forza per un'altra spinta, il dottore le prese il polso per controllarle i battiti e farfugliò qualcosa che giunse incomprensibile alle orecchie di Oscar.
Lo sentì continuare a camminare nella stanza; non le interessò cosa stesse controllando, ma sicuramente il suo cuore perse un battito quando il rumore delle scarpe del dottore si arrestò e non andò più verso la porta e i dolori aumentarono così tanto che non riuscì neanche a urlare perché le mancava l'aria nei polmoni segnati dalla tubercolosi.
Poi il nero e il cervello che volteggiava sulla domanda "sono umana?" per farla vacillare drasticamente tra questo mondo e uno dallo sfondo violaceo.

***

《 L'ultimo sforzo Esperanza! 》 le disse ad alta voce Rosalie mentre lei ansimava e Alain sembrava nel panico più assoluto.
《 Prendi un bel respiro e spingi con tutta la forza che hai! 》 le fece eco Isabelle.
Esperanza annuì leggermente col capo per poi lanciare uno sguardo e un sorriso colmi d'amore a suo marito, che ricambiò dolcemente, per tornare a fissare il baldacchino del letto in cui aveva dormito con Oscar fino alla sera prima.
Era giunto il momento.
Il momento in cui la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
Il momento in cui la leonessa che era celata in lei avrebbe cominciato a ruggire.
Respirò profondamente e aspettò l'ultima contrazione che non tardò ad arrivare. 
Fu netta e dolorosa, ma Esperanza da quando aveva incrociato la sua vita con quella di Alain e della sua nuova famiglia aveva imparato a non intimorirsi mai.
E fu ciò che fece.
Urlò mentre fece l'ultimo sforzo con tutta se stessa e poi si lasciò cadere sui cuscini del letto di piume.
Per un attimo chiuse gli occhi prendendo fiato e ritrovò il braccio di suo marito che le cingeva le spalle, mentre con l'altro le stringeva la mano.
《 Sei stata bravissima. Oggi la mia piccola, grande, birbante è diventata mamma. 》lui le sussurrò all'orecchio mentre la riempì di baci colmi d'amore.
Poi l'urlo di un neonato attraversò la stanza arrivando fino al corridoio.
Erano polmoni forti quelli, quelli di un piccolo guerriero.
Esperanza sorrise, mentre Alain alzò lo sguardo titubante e allo stesso tempo eccitato. 
Isabelle porse ad Esperanza un piccolo fagotto fasciato da una tovaglia bianca:《 Congratulazioni, è un bellissimo maschietto! 》
I due neoconiugi cominciarono a piangere, stringendo il loro bimbo che quasi subito cominciò a cercare qualcosa da mangiare.
《 Sapevo che saresti nato tu, mia piccola canaglia. 》 disse Alain così felice di essere venuto al mondo.
Poi Rosalie e Isabelle si congedarono:《 Togliamo immediatamente il disturbo, andiamo a vedere come sta Madamigella Oscar. 》
Esperanza sorrise leggermente, stanca e piena di vita:《 Va bene, ma vi prego, cercate di dirmi il prima possibile come sta. 》
《 Certamente. 》 e andarono in corridoio dando la notizia della nascita del piccolo De Soisson.

***

Mamma...
La voce del bambino arrivava da lontano, dalla parte dove si vedeva la luce.
Oscar corse verso quella direzione: Reynier, bambino mio, dove sei?
Segui la mia voce.
Lei lo assecondò e dopo poco lo ritrovò davanti a sé: era lui che sprigionava quella luce splendente, ma non abbagliante.
Lo guardò e quasi si innamorò del suo stesso figlio per quanto fosse bello: i suoi occhi erano blu con delle screziature di verde e i suoi capelli erano ricci e di un biondo dorato come i suoi. Ma dura fu la morsa che ebbe al petto quando quegli occhi che facevano innamorare si velarono di lacrime.
Piccolo mio, perché piangi?  Oscar si inginocchiò e gliele asciugò con i pollici mentre gli teneva il viso tra le mani. 
Perdonami mammina mia se ti ho fatto soffrire e continuerò a farti soffrire così tanto... - Reynier singhiozzava convulsamente e il mondo viola che prima li circondava divenne pian piano sempre più nero- ... Ti sto uccidendo...
Lei lo abbracciò forte: Non ti preoccupare Reynier, se è per far nascere te allora morirò volentieri.
Il mondo divenne rosso sangue.
Ma che cosa stai dicendo? - Reynier era adirato - Perché sei così stupida?
Il cuore di Oscar sobbalzò; quelle parole furono lampi a ciel sereno.

《 Oscar, ti prego, rispondimi! 》 Andrè urlava disperato mentre cercava di scuotere la sua amata da quello stato come di dormiveglia.
Era tutto rimasto fermo in quel modo: l'aveva sentita urlare e come entrare in quel limbo, il dottore che la visitava preoccupato accorgendosi che il bambino non riusciva ad uscir fuori perché gli si era legato il cordone ombelicale attorno.
Era scoppiato il panico in un attimo.
Le due donne erano spaventate, non sapevano che fare e il generale era dall'altra parte del letto che piangeva sommessamente da quando aveva sentito le parole del medico mentre aveva leggermente aperto la porta per vedere come stesse andando.
Dopo che Isabelle e Rosalie entrarono entusiaste dalla nascita di Joseph e dando la meravigliosa notizia, si sentirono morire quando capirono cosa stesse accadendo in quella stanza.
Rosalie rimase lì, pietrificata, incapace di dire e di fare alcunché oltre a piangere.
Isabelle, invece, corse nuovamente nella stanza di Esperanza.
I coniugi si spaventarono quando la rossa fece irruzione nella camera:《 Isabelle, si può sapere che succede? 》
Lei ansimò un momento:《 Oscar, sta male... è come se fosse entrata in uno stato di trans e il bambino ha il cordone ombelicale attorno e non riesce ad uscire! 》
I due si ritrovarono sconvolti in quel momento di felicità frantumato in un attimo.
《 E ora cosa stanno facendo? 》Esperanza era così spaventata, sapeva che se non si sarebbe fatto in tempo avrebbe perso la sua adorata Oscar.
《 Siamo disperati... Stiamo cercando di rianimarla, ma nulla. 》
《 No... 》 questa volta a parlare fu Alain, con le lacrime agli occhi e un cruccio nel cuore al sol sentire quelle parole.
Aveva perso le persone più care al mondo, non poteva permettersi di perdere anche lei; quel comandante prima odiato e poi talmente amato che era diventato una parte importante della sua vita.
Esperanza gli rivolse lo sguardo per poi passarlo a quello del suo piccolo Joseph.
《 Alain... - lo chiamò lei- Ho bisogno che tu tenga Joseph per un po'. 》 
Lui scrutò lo sguardo serio di lei cercando di capire cosa volesse fare.
Prese il piccolo tra le braccia e poi vide sua moglie che quasi priva di forze scostò la coperta stropicciata e fece scivolare le gambe dall'estremità opposta del letto.
Alain era sorpreso e preoccupato allo stesso tempo:《 Esperanza si può sapere cosa stai facendo? Sei priva di forze, dovresti stare a letto! 》
Lei si aggrappò alla colonna del baldacchino, stringendo i denti:《 D-devo... s-salvarla... 》
L'uomo si alzò e la raggiunse velocemente:《 Che testaccia dura! - disse sorreggendola e accompagnandola verso il corridoio mentre sbuffava sonoramente- Ho capito; attaccati a me visto che cercare di convincerti di rimanere qui sarebbe del tutto inutile. 》
Lei gli sorrise dolcemente ed arrivarono in corridoio tra i complimenti dei soldati.

Perché sei così stupida?
Di colpo Oscar sentì una fitta lancinante nel cuore e gli occhi si riempirono di lacrime.
Perché mi dici questo bambino mio?  
Il volto del bambino era livido di rabbia: Non pensi alle persone che ti stanno circondando in questo momento? Le persone che ti vogliono bene?
Oscar si morse un attimo le labbra: era vero, ma per qualche motivo, se lui non gliele avesse detto, lei non se ne sarebbe rammentata. 
Non pensi a Rosalie? A nonna Marie? A nonna Margueritte e agli zii Alain ed Esperanza?
Alain ed Esperanza? Sarebbero dovuti essere nella loro camera.

《 Mon Dieu! Esperanza cosa stai facendo qui? 》Nanny osservò sorpresa la coppia insieme a Rosalie e Madam.
Ad Alain si fermò il cuore in gola quando vide la scena: le donne in lacrime vicino la porta, il dottore sembrava rabbrividito mentre controllava i battiti dal polso del suo comandante che sembrava aver già spirato con accanto il padre piangente e Andrè nell'oblio totale.
《 A-aiutami ad avvicinarmi ... 》 sussurrò Esperanza e lui accennò un "sì" con la testa.

Non pensi al nonno?
Oscar fu più sorpresa di prima: Mio padre? Che ci fa lì?
Reynier strinse i pugni: È corso immediatamente al tuo fianco quando hanno visto che sei entrata in questo stato: ha perso tua madre di cui era follemente innamorato, non vuole perdere anche te!
Lei abbassò lo sguardo e per la prima volta capì quanto veramente fosse importante per suo padre.

《 Oscar, ti prego, non lasciarmi! 》 Andrè urlava disperatamente tra le lacrime infinite, stringendo con forza la mano della sua amata.
《 Andrè... - lo chiamò piano il generale mentre lo seguiva in quel pianto ininterrotto- Giuro che sto pregando Dio non solo di non perdere mia figlia, ma anche che tu non provi mai ciò che ho provato io quando è nata lei... 》
Il moro alzò silenziosamente lo sguardo per un secondo e poi tornò su di lei, baciandole la fronte per poi scivolare al suo orecchio tra i singhiozzi:《 Non lasciarmi, Oscar... Io ho bisogno di te ... 》

" Non lasciarmi, Oscar... Io ho bisogno di te... "
Quelle parole riecheggiarono in quel luogo ancora tinto di rosso.
Oscar si guardò intorno come per cercare di capire da dove provenisse, nel frattempo Reynier continuava imperterrito: Non pensi a papà? Al tuo Andrè?
Il petto di lei fu come colpito da un proiettile. Una fitta forte e dolorosa.
Allora questa... Era lui che mi chiamava.
Sì, senza di te papà morirebbe all'istante!
Oscar cominciò a piangere silenziosamente: Il mio Andrè ...
Perché non dai tanto peso alla tua vita? Se tu morissi saresti la causa della morte di papà, perché lui non riesce a vivere senza te. Mamma, il tuo Andrè è in pericolo! Lo stai uccidendo!
Il mio Andrè... è... in pericolo...

Esperanza era arrivata; di fronte Oscar immobile.
Quando lasciò Alain, quasi cadde per lo sforzo che stava facendo.
Si inginocchiò e le divaricò le gambe che erano crollate sul materasso.
Prese un respiro profondo; era nervosa per ciò che stava per fare, ma per salvarle la vita era disposta a far molto di più. 
《 Esperanza...- su di lei, oltre a gli sguardi indagatori dei presenti, c'era quello speranzoso e spaventato di Andrè - ... Ti prego, salvala. 》
Lei annuì con decisione e poi avvicinò le sue dita sottili e affusolate fino ad entrare in lei.

Hai ragione bambino mio, il mio Andrè è in pericolo. E questa volta lo devo salvare io, non qualcun'altro.
Reynier le sorrise dolcemente e il mondo divenne roseo.
Finalmente hai capito.

***

Fersen guardava il cielo stellato, tenendo le mani strette allo corrimano del balcone:《 Signore, vi prego... Aiutate Oscar, lei che nella sua vita ha sofferto così tanto... Concedetele la felicità. 》 
《 Fersen? 》 il conte si girò di scatto incrociando il volto della sua consorte.
《 Lady Isabelle, cosa state facendo qui fuori? 》disse appoggiandosi alla ringhiera con la schiena.
Lei si avvicinò senza dire nulla, ad occhi bassi, stringendosi i bracci con i palmi della mani; quando fu a qualche centimetro da lui incrociò nuovamente il suo sguardo:《 Stavi pregando per Oscar, non è vero? 》
Lui fece scivolare la sua vista al pavimento:《 Sì, è così.  》
Lei si morse le labbra seguendolo nella stessa azione:《 È brutto dirlo ma, fate bene... 》
Fersen la guardò di traverso:《 Lady Isabelle, cosa vorreste dire? 》
La rossa non mosse un muscolo:《 Ci sono complicazioni ... 》
Il conte le strinse le braccia e la scosse leggermente costringendola a guardarlo:《 Spiegatemi bene Isabelle, ve ne prego! 》
Dopo un attimo di silenzio gli occhi di Isabelle si velarono di lacrime:《 Stiamo perdendo sia il bambino che lei. 》
Nel volto di Fersen si tinse un'espressione indecifrabile, come se fosse stato congelato in un attimo.
《 C-cosa? 》
《 Dispiace anche a me... 》
Lui ritornò a voltarsi verso il paesaggio scuro della notte:《 Oscar... lei non può morire... - disse quasi delirante, in un momento di caos interiore - Lei è il mio migliore amico ... la donna che se avessi conosciuto per ciò che è realmente, per la sua vera bellezza, avrei sicuramente amato al posto della Reine de France... 》
Isabelle sospirò con lo sguardo al suolo e rientrò senza aggiungere più nulla.
Fersen guardò il cielo:《 Ve ne prego Signore, salvatela! 》

***

Reynier guardò in giro: Ti stanno salvando.
Oscar lo guardò interrogativa.
Lui le sorrise: Ti voglio bene mamma e sappi che questo è solo un arrivederci.

Esperanza cercava di far girare il filo in modo di slegarlo dal collo del bambino.
Se non fosse per la paura che stava provando avrebbe già rivoltato l'intero apparato digerente.
Alain non guardava, avrebbe rimesso anche gli occhi.
La corvina si accorse che mancava l'ultimo giro e poi sarebbe riuscita a tirarlo fuori: mancava poco.

Oscar e Reynier erano legati in un tenero abbraccio.
Mi mancherai amore mio ... le lacrime le scivolavano copiose.
Ci rivedremo prima di quanto tu possa credere.
Poi il mondo cominciò a incrinarsi come vetro.
Reynier rimase abbracciato a lei intrecciando le sue piccole dita tra quei lunghi boccoli dorati.
Questa notte sarà la notte dei cigni neri.
Oscar lo guardò negli occhi: Cosa vuoi dire?
Due bambini belli come cigni; uno nero come la bellezza misteriosa che lo circonda, l'altro nero come la morte.
Gli occhi della donna si sbarrarono. 
Poi una luce intensa.

Esperanza lo stava tirando fuori, mancava solo la testa.
Respirò profondamente per poi riuscire in un attimo nel suo intento.
Andrè guardò Oscar che si sollevò di scatto prendendo un respiro profondo.
《 Oscar!- urlò stringendola forte- Grazie a Dio, sei viva! 》
Il generale la guardò tra le lacrime e le strinse forte la mano:《 Lode a Dio, sei viva! La mia bambina è viva! 》
Madam, Marie e Rosalie si avvicinarono velocemente al letto sorridendo per la gioia mentre il dottore le ricontrollava il polso con un'espressione alquanto incredula sul volto.
Alain, sorridente, si avvicinò alla moglie che sorreggeva il neonato.
Oscar dopo un attimo di stordimento si guardò attorno:《 Andrè dov'è il bambino? 》 non sembrava molto contenta pensò lui, ma decise di non dargli troppo peso.
《 Oscar... - la chiamò Esperanza -
... È un maschio! 》
I presenti sorrisero.
《 Oh, un erede alla famiglia Grandier! 》rise Alain seguito dagli altri. 
Oscar fece un sorrisino ma il suo stomaco e il suo cuore erano in subbuglio.
Il dottore si avvicinò al neonato.
Dopo che lo tastò in alcuni punti e cercò di fare alcune manovre rimase in silenzio.
Tutti lo guardarono perplessi tranne Oscar ed Esperanza, i loro volti emanavano solo tristezza.
《 Non c'è battito cardiaco ... 》 disse in un soffio.
Oscar sembrò rimanere immobile come una statua, sul volto scendevano solo lacrime e le sue labbra si erano inclinate in una smorfia di tristezza. 
《 Oh mio Dio ... 》 aggiunsero Alain e Marie all'unisono.
Il generale scrutò la scena ad occhi sbarrati mentre Andrè ricominciò a piangere disperatamente insieme alla sua donna, stringendosi in un abbraccio.
Alain fece alzare sua moglie che teneva ancora il bambino in braccio; in entrambi gli occhi c'erano lacrime.
Esperanza avanzò con le braccia verso i due, porgendo loro il neonato.
Loro lo presero, stringendolo al petto.
《 Perdonami Andrè, ti prego di perdonarmi... forse è tutta colpa mia... 》
Lui la guardò mentre li stringeva entrambi al suo corpo:《 No Oscar, non pensare così... Non.. non pensa... 》ma crollò in un nuovo singhiozzo prima di finire la frase.
Il generale girò dall'altro versante del letto e cinse le spalle ad entrambi.
Andrè si voltò di scatto verso di lui, sorpreso da ciò che era accaduto:《 S-signore... 》
Augustin abbassò lo sguardo verso quella famiglia spezzata:《 Voi siete i miei figli, Andrè... Anche se tu non sei veramente un mio erede, io ti ho visto sempre come quel figlio maschio che non ho mai avuto e ... - si rigettò indietro le lacrime, almeno lui si doveva far vedere forte - ... Ed è dovere di un padre e di miglior amico essere accanto ai propri figli quando non riescono a sorreggersi da soli. 》
Esperanza si strinse ad Alain che le baciava il capo come per rassicurarla, poi fu un attimo e Joseph pianse.
L'ex soldato cercò di cullarlo, ma non si accingeva a smettere; Oscar allora alzò lo sguardo, come se una flebile luce l'avesse raggiunta.
《 Alain ... - lo chiamò piano lei- ... Posso vederlo? 》
《 Certamente comandante. 》 e si sedette con la moglie sul materasso, inclinandolo un po' verso il viso sudato di lei.
Il piccolo smise di piangere e mugugnò.
Oscar sorrise leggermente guardando quel neonato dalla pelle di porcellana, gli occhi ancora indecifrabili e la peluria del colore dei corvi sulla testolina.
《 È un meraviglioso cigno nero. 》

***

Fersen era tornato in corridoio tra i soldati, sulla soglia della camera di Madamigella vi stava Isabelle che molto probabilmente aveva seguito da lontano la scena.
《 Allora? - disse a un certo punto - È nato? E Oscar come sta? 》
Uno dei soldati si alzò velocemente e lo prese dal bavero della camicia:《 Hey, quando si parla del capitano devi nominarla in maniera rispettosa. 》
Fersen lo guardò un secondo in maniera spaventata: era un bestione e se gli avrebbe alzato anche un solo dito non era certo di uscirne sano.
《  Máxim,  per favore lascialo, quello è un conte. 》
Il soldato lo guardò con disgusto per poi mollare la presa.
《 Hans... - Isabelle gli arrivò vicino - ... Oscar si è svegliata ... 》
Il conte sorrise vedendo la gioia anche dei soldati della guardia:《 Che bella notizia! 》 
Tutti si erano raggruppati attorno a lei chiedendo svariate cose, come ad esempio se fosse un maschio o una femmina o a chi somigliasse.
Isabelle guardò il parquet di legno:《 Il bambino ... Il bambino ... 》
La scrutarono in cerca di risposte che non tardarono a venire:《 Il bambino non ce l'ha fatta... È nato morto ... 》
《 Non può essere... 》 commentò Bernard.
Nel corridoio si alzò un mormorio tra i soldati che iniziarono a piangere, compresi il giornalista e il conte.
Fersen si ritrovò ad abbracciare Isabelle:《 N-non è giusto... Lei non lo merita... 》

Quando il dottore aprì la porta per uscire, fu quasi investito da un orda di militari e un giornalista che invasero la camera e circondarono il letto.
《 Oh capitano, ci dispiace così tanto ... 》Gérard fu il primo a parlare tra gli altri che cercavano di fermare le lacrime.
《 Comandante, Andrè... voi non ve lo meritate! 》fece Jérôme. 
I due sorrisero amaramente:《 Grazie ragazzi... voi ci siete sempre... 》
Poi l'orologio suonò le quattro del mattino del diciassette aprile 1790, all'incirca una mezz'ora dopo la nascita di Joseph.

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Capitolo 40
*** Origins. ***


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Il mattino seguente di quella tragica notte fu uggioso e maleodorante di pioggia.
La mattina era fredda per essere Aprile, l'umidità attraversava la pelle per riempire polmoni ed ossa.
Quelle dure e pesanti ore le avevano passate a palazzo Jarjayes con nessuno che chiudesse occhio: dalle due coppie più segnate, ai poveri soldati della guardia che avevano dovuto assistere a quella tragedia.

Oscar durante quei momenti infiniti non aveva fatto altro che piangere insieme al suo Andrè che stringeva al suo petto quelle due creature.
L'unica cosa che riuscirono a fare fu cambiarsi d'abito per togliersi i vestiti scomodi che avevano indossato per il matrimonio.
Chiusero gli occhi fradici, abbracciati in quel modo, solo verso le cinque del mattino; svenuti per la stanchezza e le forti emozioni.
Si svegliarono per il vento freddo che entrava dalla finestra aperta e gli graffiava le gote.
L'orologio segnava le sette.
Andrè si alzò per primo, con poca voglia e molta stanchezza che gli ricadeva sulle spalle incurvate e andò a chiudere i vetri inumiditi e freddi.
Umidi come la pelle nostra pensò Andrè che, da sdraiati, le lacrime dalle guance erano arrivate a solcare il collo.
Lui tornò a letto; non era per dormire, sicuramente no, non ne aveva la minima voglia di farlo e non si sentiva in grado di far qualunque cosa. A momenti anche respirare stava diventando pesante e pensò che Oscar, che stava con gli occhi aperti e vuoti sul loro bambino, faticasse anche a vivere in quei pesanti secondi di silenzio.
Le accarezzò i capelli spettinati e annodati.
Le bocche erano asciutte e non si mossero da quella cucitura creata da ore finché non sentirono dei movimenti giungere dalla stanza di Alain ed Esperanza che cercavano di calmare Joseph.
Ecco.
Joseph.
Lui era l'unica luce in quel momento non solo nella casa, ma anche nei loro cuori.
Erano diventati zii; almeno il loro cuore poteva riprendere a battere per un dolce motivo.
《 Credo che sia il momento di alzarsi - iniziò Andrè - Oggi, anche se sarà in parte triste, sarà anche un giorno felice. 》
Oscar fece un sorrisetto falso, sembrò più che si tirasse le labbra per il semplice sfizio di muoverle.
Lei si mise a sedere in silenzio lasciando il fagotto sul letto mentre Andrè l'aiutò a svestirsi di quella camicia da notte.
Ora era totalmente nuda di fronte a lui, sia nello spirito che nel corpo e non poté far a meno di lasciarsi andare a un pianto sfrenato nel petto del suo amato.
Andrè l'abbracciò forte e le baciò la fronte:《 Oscar, lo so che fa male. Io provo le tue stesse emozioni, credimi; ma non possiamo continuare così: è inutile piangere. Purtroppo il destino ha voluto questo per noi. 》
Lei non riuscì a proferir parola, continuava a singhiozzare con quegli occhi rossi che bruciavano.
Poi la porta si aprì lasciando intravedere il volto anziano della nonna che divenne paonazza alla vista della scena.
Andrè in un attimo la coprì con il suo corpo stesso:《 Potevi bussare! 》 disse scocciato.
《 S-scusatemi ragazzi ... Non avrei immaginato di creare disturbo... 》
Oscar affacciò il viso da dietro il bicipite di Andrè:《 Non preoccuparti nonna. Cos'eri venuta a dirci? 》
La signora si ricompose:《 Alain ed Esperanza chiedevano di scendere per parlare del battesimo del bambino. 》
I due si guardarono un attimo e Oscar rispose:《 Ci prepariamo immediatamente. 》

***

《 Esperanza sei sicura? Non sarebbe meglio rinviare il battesimo o lasciarli un po' da soli? Io non vorrei ... 》
Lei non lo fece nemmeno finire:《 Alain, ascoltami. Lo so che stanno male, ma non possiamo permetterci che ricadano in depressione come la scorsa volta. E poi quel bambino non può rimanere con loro. 》
L'uomo sospirò:《 Anche questa volta hai ragione. 》
Dalle larghe scale si sentirono i rumori di passi lenti e profondi di due persone.
Oscar e Andrè erano alla fine degli scalini, entrambi con abbigliamenti maschili, che tenevano il loro bambino in braccio.
Esperanza si morse le labbra e si avvicinò a loro seguita da suo marito:《 B-buon giorno... 》 la voce della corvina fu flebile e incerta.
Oscar fece un sorriso sforzato, ma a rispondere fu la voce cupa e mascherata di tranquillità di Andrè:《 Buon giorno. Allora? Vi sentite pronti per il battesimo? 》
I due accennarono un "sì" attraverso un soffio che uscì dalle labbra quasi morse.
Alain si avvicinò all'amico appoggiandoli una mano sulla spalla che faceva troppo male per non aver fatto nulla; ma tutto fa male quando si cade dentro.
《 In qualunque momento ricordati che ci sarò sempre per te, per voi. Siete la mia famiglia, i miei migliori amici e come ci siamo sostenuti prima di tutta questa storia lo faremo anche ora. 》
Gli sguardi dei due ex commilitoni si incrociarono per un attimo e non avevano un singolo significato dentro:《 Ricordalo sempre Andrè. 》
Si sorrisero e guardarono le loro mogli che parlavano sussurrando molto probabilmente parole simili a quelle loro.
Così si avviarono verso il salone per arrivare alla grande sala da pranzo dove seduti e appoggiati ai vari corredi di legno lucido e ceramica c'erano i soldati della guardia in procinto di svegliarsi; quell'oggi c'era poco da parlare essendo che quel silenzio era migliore di mille sillabe pronunciate. Alcuni, visti i quattro, sussurrarono un leggero "giorno" e altri si limitarono a fare un cenno con la testa.
Le risposte furono dei sorrisi appena accennati seguiti da occhi stanchi.
Si sedettero al lungo tavolo di legno di ebano intagliato.
Nanny si affacciò dalla porta della cucina insieme a Rosalie e Bernard che tenevano tra le braccia il piccolo François:《 I miei bambini ... - disse avvilita la donna anziana portandosi una mano al cuore - Bernard, Rosalie. Per favore andate un po' da loro, ne hanno bisogno. 》
Bernard si sistemò il piccolo tra le braccia e prendendo un forte respiro si avvicinò alla tavolata seguendo la moglie.
《 Madamigella Oscar. 》 Rosalie cinse le spalle della sua adorata amica che non riuscì a risponderle. La guardò con gli occhi rossi che bruciavano di lacrime salate.
L'amica non seppe cosa fare, si ritirò con amarezza verso la sua famiglia e si lasciò abbracciare da Bernard che le fece nascondere il viso su cui stavano cominciando a solcare lacrime.
Le due famiglie, quella de Soisson e quella Grandier, consumarono il pasto silenziosamente; neanche Joseph si fece sentire.
Quando finirono Marron-Glacé si avvicinò a loro, aiutata da Xavier, per portar via i piatti trovando una scusa per confortare i suoi bambini.
Appoggiò le sue piccole e paffute mani sulle spalle dei due come per stringerli un po' a sé, li guardò con tristezza e amore specialmente ad Oscar che teneva ancora quella creatura bianca e inerme fra le sue braccia:《 Mi dispiace tanto ... Posso capire il vostro dolore. So cosa vuol dire perdere un figlio... 》
Andrè si sentì stringere in una morsa il cuore: come un lampo, gli attraversò la mente il ricordo di suo padre morto su quel povero letto dopo mesi di agonia causati da una malattia che non ricordava nemmeno.
Si rimise a piangere come un bambino, questa volta più di sua moglie che era ritornata a stringere al petto il loro bambino; impulsivamente le strinse entrambe, era lui che doveva essere forte in quel momento; ma come poteva?
Perdere i genitori fa male, ti fa sentire solo; ma perdere un figlio ti fa sentire così inutile e rotto.
Senza proferir parola Alain ed Esperanza cominciarono ad allontanarsi dal tavolo, si sentivano di troppo e si dovevano preparare per andare in chiesa.
Oscar alzò lo sguardo e con voce tremolante disse:《 Non vi preoccupate, andiamo a prepararci anche noi. 》
La corvina si voltò verso di loro con le labbra leggermente dischiuse e gli occhi che vibravano per le lacrime da trattenere; accennò un "sì" con il capo e andò verso le scale insieme al padre di suo figlio.
Oscar si slacciò dall'abbraccio e si alzò poi rivolgendo le spalle al resto delle persone che erano nella grande sala da pranzo:《 Vado a prepararmi. Vi prego di sbrigarvi... Sapete che odio fare tardi. 》disse in maniera gelida: l'unico modo in cui sapeva reagire.
Teneva lo sguardo a terra e perso nel vuoto, quasi strisciando i piedi mentre si avvicinava sempre di più agli scalini in legno.
Aveva sofferto nella sua vita, ma nulla era paragonabile al dolore che provava adesso.
Si sentiva maledettamente fragile.
Ci fu un rumore di passi che accennavano una leggera corsa proveniente dal corridoio frontale; alzando lo sguardo si ritrovò Fersen che cercava di trattenerla un secondo.
《 Madamigella- cercò di dire riprendendo un po' di fiato - Io... 》
《 Vorreste dirmi che vi dispiace. - Rispose lei come se avesse dell'amaro in bocca - Lo so, vi ringrazio. 》 fece per andarsene via posando il palmo sul corrimano delle scale.
《 Aspettate!- la rifermò lui - Io volevo dirvi che voi non lo meritate ... 》
Oscar si fermò a scrutarlo con lo sguardo.
Fersen pensò che non l'avesse mai avuto così gelido.
《 Voi non meritate tutto questo, neanche Andrè. Siete le persone migliori che abbia conosciuto nella mia vita e vorrei che sapeste che ci sarò sempre per voi, come voi siete sempre stati con me e non riuscirò mai a dirvi "grazie" abbastanza per esprimere la mia gratitudine. 》
Lei accennò un sorriso e ritornò a salire lentamente le scale.
Non ebbe risposta sonora, ma a Fersen quel sorriso bastava.

Oscar lasciò Reynier poggiandolo lentamente sul letto mentre lo guardava ancora a un passo dal piangere; gli accarezzò il volto e subito dopo la stessa mano la strinse in un terribile pugno.
Si chiedeva il perché di tanta e tale sofferenza, di questo cuore che desiderava tanto fermarsi per sempre.
"Perché non dai tanto peso alla tua vita? Se tu morissi saresti la causa della morte di papà, perché lui non riesce a vivere senza te."
Quelle parole riecheggiarono nella sua mente per un secondo: lei non poteva morire, avrebbe ucciso anche il suo Andrè facendolo. Non poteva permetterlo, lui era il suo mondo e lei non aveva il diritto di distruggere qualcosa che la natura aveva creato per riscaldare i cuori della gente.
Si morse le labbra e si sistemò la camicia dentro i pantaloni; andò verso l'armadio di noce e girò la chiave in ottone per aprirlo cercando tra gli abiti appesi un gilet marroncino e una giacca rosso scuro.
Avrebbe preferito indossare tonalità più scure: oggi avrebbe detto totalmente addio a suo figlio, ma era anche il battesimo del suo nipotino e almeno Alain ed Esperanza dovevano essere felici.
Passò un momento davanti allo specchio della toilette guardandosi il viso: si intravedevano delle occhiaie sotto gli occhi, ridotti a due fessure, di una tonalità scura.
Sospirò stanca, forse di tutto, ma questa giornata doveva andare avanti in un modo o nell'altro e si sistemò il bavero della camicia.
Si riavvicinò al letto e prese con delicatezza il bambino, così fragile che sentiva di poterlo rompere con un semplice tocco. Uscì in corridoio e si chiuse la porta alle spalle; si girò verso le altre camere e intravide la sagoma paterna che la guardava immobile e in silenzio.
Finse una maschera di tranquillità come l'era solito fare quando si sentiva sottopressione per i suoi incarichi più complessi e non voleva darlo a vedere:《 Padre, mi avete sorpresa eravate così in silenzio che... 》
《 Oscar. - la voce roca, ma non arrabbiata; forse anche quella era stanca- Mi dispiace tanto figlia mia; non puoi sapere quanto mi dispiace ... 》
Si avvicinò a lei con occhi lucidi:《 Oh padre, so' cosa provate... 》 cercò di rispondere lei mentre suo padre iniziò a stringerla fra le sue braccia:《 No Oscar, tu non puoi capire. Non ancora ... 》
Lei respinse la presa del padre lentamente guardandolo stranita, quelle parole appena dette le avevano fatto venire ancor più pensieri di prima: cosa stava dicendo? Non era il generale a cui era abituata.
C'era nascosto qualcosa dietro quelle parole, ma cosa?
Guardò l'orologio: segnava le otto e mezza; riflettendo sul fatto che si dovesse sbrigare tralasciò quei pensieri e andò al pian terreno velocemente dove Andrè l'attendeva con la sua vecchia giacca marrone.

***

Tre carrozze sostavano in Rue Wacquez Glasson: quella della famiglia Jarjayes, quella dei Soisson-Grandier e quella dei Fersen-Lockwood; poi si vedevano vari cavalli fermi lì accanto.
C'era un miscuglio di sentimenti contrastanti in quella chiesa dove a svolgere le due funzioni era padre Lucien, che sapendo ciò che era accaduto la notte precedente gli si spezzò il cuore e andò ad abbracciare quel ragazzo moro privo di un occhio a cui si era affezionato dalla prima volta che era spuntato nella sua parrocchia insieme a quell'altro ragazzo a cui si era legato come un padre.
Prima di iniziare la messa per il battesimo di Joseph si guardò intorno: il colore dominante di quel giorno era il rosso scuro e il marrone, tralasciando i soldati della guardia che avevano le loro uniformi.
Dei colori non troppo tristi e nemmeno troppo "felici".
Stava per cominciare il tutto ed Esperanza strinse al petto il suo bambino tanto amato, stava avendo dei sensi di colpa nei confronti di Oscar e Andrè: non si sentiva di essere felice quando quei due non lo erano, quando c'era quella donna che la faceva sentire a casa sempre che non stava bene dentro.
Una mano sulla spalla la distolse da quei pensieri; si voltò nella direzione della persona che l'aveva chiamata silenziosamente: incrociò il leggero sorriso di Oscar.
《 Posso fare io la madrina di Joseph come avevamo pensato prima di tutto questo? 》 la sua voce era dolce.
《 Ma Oscar, sei sicura? Io non vorrei disturbarti ... 》 Esperanza sembrava che scoppiasse a piangere da un momento all'altro.
Lei sorrise nuovamente:《 Non ti preoccupare, ho lasciato Reynier a mio padre e ... - ricacciò indietro le lacrime - ... Joseph è l'unica cosa felice che abbiamo avuto in tutto questo. Non ho nulla da obiettare se hai cambiato idea ma, io e Andrè ne saremo onorati. 》
Esperanza guardò suo marito che discuteva con Andrè molto probabilmente per la stessa questione, poi guardò il generale col volto rattristito mentre stringeva Reynier e per ultimo guardò suo figlio che sembrava che le sorridesse.
Sorrise anche lei e guardò Oscar:《 Va bene amica mia, ci tengo molto al fatto che siate voi due. 》
Le due donne si abbracciarono teneramente e poi ebbe inizio la prima funzione.
Andò bene: Oscar e Andrè riuscirono a calmarsi un po' ed accennare un sorriso quando ebbero Joseph tra le braccia ed Esperanza ed Alain erano davvero emozionati.
Entrambi non si aspettavano di poter essere così felici nella loro vita che per tutto quel tempo era stata così difficile.
Chi avrebbe mai detto che due persone così lontane e coi differenti potevano alla fine essere così uguali e vicine.
Poi avvenne la seconda funzione: il funerale di un bambino che non ha neanche potuto assaporare il mondo.
Tutta la vita che si era potuta assaporare come quando hai fame e riesci a portare nel palato una mollica di pane che riesci a trovare da un fazzoletto richiuso in tasca crollò come se nulla fosse.
Non si capì davvero come andò: si era troppo impegnati a star male per saper davvero cosa stesse accadendo.
Sembrò sentirsi un rumore sordo provenire dal petto dell'ex comandante quando posò delicatamente suo figlio nel feretro e poi sembrò il nulla.
Un orologio fermo aveva fermato le menti dei presenti che si diedero verso solo in alcuni momenti come quando due soldati salirono per dire qualche parola di conforto alla famiglia distrutta.
Poi nessun'altro riuscì.
Lo stesso generale rimase ad occhi chiusi, le mani giunte e il capo abbassato.
Finendo l'ultima funzione furono Alain ed Andrè a portare la piccola bara verso il cimitero retrostante.
Oscar si mise a guardare il tutto con uno sguardo perso nel vuoto.
Joseph cominciò a piangere sonoramente e solo quando fu posata la tomba nella fossa finì.
Fersen la guardò con la coda dell'occhio e pensò di non averla mai vista più triste e sola. Si allontanò da Isabell silenziosamente e le arrivò vicino guardandola in maniera distrutta; con un braccio le cinse le spalle incurvate e con l'altra mano le offrì un fazzoletto di seta per asciugare le lacrime che rigavano da ore il suo viso che sembrava bruciasse.
《 Grazie ... 》 disse lei a fil di voce.
Lui le sorrise in maniera amarognola:《 È questo che fanno gli amici ... - lei alzò lo sguardo verso di lui senza proferire parola e lui le sorrise, questa volta, in maniera gentile - ... Me l'avete insegnato voi. 》
Andrè guardò di sottecchi la scena ingoiando un nodo amaro silenziosamente e Oscar se ne accorse, ma non riuscì a far in tempo per liberarsi dalla presa che sentì i suoi polmoni bruciare.
Tossì fortemente come se stesse per far uscire anche la sua anima portandosi il fazzoletto alle labbra; Fersen la strinse a sé velocemente quando sentì le gambe di lei cedere mentre continuava a tossire gravemente. I presenti la circondarono e Andrè accorse da lei prendendola fra le sue braccia.
《 Oscar cos'hai? 》 gridò.
Gli occhi della sua amata lo guardarono come se gli stessero dicendo "grazie" e poi svenì.
Alain accorse da loro cercando di capire cosa stesse accadendo seguito da i famigliare del suo ex comandante; Nanny la scrutò mentre suo nipote la scuoteva come per farle riprendere i sensi.
《 Si sarà affaticata molto ... 》 suggerì Rosalie.
《 No ... 》 il generale prese il fazzoletto che era scivolato dalla mano della figlia.
Andrè, Marron-Glacé e il generale si guardarono un secondo, guardando anche il rivolo di sangue che scivolava da un angolo della bocca della donna.
《 È la tubercolosi. 》

***

《 Andrè? 》 Oscar lo chiamò piano cercandolo ciecamente con la mano a tentoni.
Aprì lentamente gli occhi e si guardò intorno: erano nella camera da letto della loro piccola casa. Si sentì rincuorata e poi sentì la porta aprirsi.
《 Mi raccomando, appena si sveglia falle mangiare tutto: si deve rimettere in forze. E avvertimi che dobbiamo informare tutti: ormai gli ospiti se ne sono andati. 》
L'uomo aprì un po' di più la porta spingendola con la spalla:《 Certamente, nonna. 》 Quando si voltò incontrò lo sguardo della sua amata e la vide sorridere leggermente.
《 Andrè ... 》 lo chiamò lei dolcemente.
Lui posò velocemente il vassoio di legno sul mobile e andò verso di lei abbracciandola:《 Grazie al cielo, ti sei svegliata! Mi ero preoccupato così tanto. 》
Lei si accoccolò sul suo petto e le sue braccia:《 Cos'è accaduto? 》
Andrè prese un respiro profondo:《 Hai avuto una ricaduta ... La tubercolosi si è intensificata ... - Oscar lo guardò sconvolta, incredula mentre lui continuò con un tono prossimo al pianto – Il dottore dice che è a causa della gravidanza, ma specialmente del parto, che ti sei indebolita nuovamente. 》
Oscar abbassò lo sguardo, non pianse ma, si sentì gelida: ancora una volta le parole di Reynier le risuonarono nella mente e le fecero venire i brividi.
《 Oscar – la chiamò lui stringendole le braccia – Vedrai che guarirai, te lo posso giurare. Non permetterò che ti accada qualcosa; noi saremo felici. Ora siamo a casa, nella nostra casa e saremo felici; ci sposeremo presto e magari avremo un altro figlio e saremo le persone più felici del mondo in questa casa che abbiamo sistemato con tutto l'amore che avevamo, dove abbiamo ricominciato a vivere. 》
Lei rimase immobile a guardare in basso:《 Ho paura ... Ho tanta paura di morire, di non riuscire ad essere felice. E ho paura a diventare madre nuovamente: se andasse nuovamente male? Se non riuscirei a crescere un ... 》
Andrè la interrupe ferocemente:《 Oscar non provare mai più a dire certe cose! Tu vivrai e non dovrai avere paura di diventare madre perché io lo so che sarai fantastica. 》
Lei gli sorrise e lui l'abbracciò un attimo per prendere il vassoio con le cose, fortunatamente, abbastanza calde:《 Ora mangia, la nonna ti ha preparato queste cose e vuole che non lasci nemmeno una mollica; chiaro? 》
Oscar sorrise:《 Va bene, ho capito l'antifona! Non ho bisogno di mestolate in testa. 》 e risero entrambi.
Ma prima che potesse portare il cucchiaio alle labbra lo guardò di sottecchi:《 Vorrei chiederti una cosa, Andrè. 》
《 Certo, dimmi. 》
《 Chi era quella donna che si era vestita da cameriera? 》
L'uomo sospirò amareggiato:《 Si chiama Ancolie. È una prostituta di Arras; quando avesti quel periodo buio, quando cacciavi tutti, io mi rifugiai nell'alcool e ogni notte andavo a bere. Ero così disperato ... 》
Lei cercò di ributtarsi indietro delle lacrime e un nodo amaro:《 Non vorrai dirmi che ... 》
Andrè la frenò velocemente:《 No Oscar, non è accaduto nulla fra me e lei. Quando andavo nella locanda mi sedevo in un angolo in solitudine e si avvicinò lei. Si presentò, all'inizio sembrava gentile e si mise a farmi compagnia e io riuscì a trovare qualcuno con cui sfogarmi ... Ma non avrei mai pensato che si potesse innamorare di me. 》
Oscar lo guardò acida:《 Che cosa? 》
《 L'ho sempre cacciata e, fortunatamente, sono riuscito anche a salvarti da un suo attacco di follia. 》
Oscar riprese il cucchiaio in mano:《 Va bene, ma promettimi che non mi tradirai mai. 》 e gli fece un sorriso.
Lui fece un risolino:《 Dovresti saperlo che ho occhi solo per te. 》

***

Passò una settimana di "tranquillità".
Andrè e Oscar si erano un po' ripresi dal trauma e quest'ultima si era anche un po' ripresa dalla nuova ricaduta della malattia; la nonna e il generale la tenevano a letto all'assoluto riposo e la riempivano di cibo. Quando Marron-Glacé e Andrè scendevano in città per fare spese per la casa, Oscar era accompagnata da Margueritte ed Esperanza con Joseph.
Oh, Alain ed Esperanza: erano meravigliosi e allo stesso tempo così divertenti.
Si arrabbiavano l'uno con l'altro per vari motivi e come i bambini tornavano a far pace mentre imparavano a fare i genitori al principe di casa.
Fu una settimana abbastanza "felice" dopotutto.
La successiva iniziò altrettanto meglio: Oscar si poté alzare dal letto e la tosse si era calmata: ora non le faceva perdere più le forze.

《 Su Joseph, ora andiamo a riposare. 》 Esperanza mise il piccolo nella culla e lo vide sbadigliare teneramente.
Non era un bambino capriccioso, ma se aveva davvero bisogno di qualcosa si sentiva terribilmente il suo pianto.
Lei non riusciva a far meno di sorridere guardando la piccola creatura che aveva concepito con quell'uomo che amava terribilmente. Sicuramente suo fratello Ferdinando lo avrebbe amato.
Suo fratello ... chissà cosa stava accadendo in Spagna mentre lei era felice.
Guardò un secondo dalla finestra e vide Alain ed Andrè a cavallo che si dirigevano verso la città: era un momento buono per agire.
Si mise di fronte allo specchio della loro camera, prese un respiro profondo e si mise la mano sul vetro freddo:《 Speculum, mostra. 》
Si aprì una scena ambientata nel palazzo reale: Ferdinando era sul letto che piangeva.
《 Oh sorellina, spero che riesci a essere più veloce di zio Carlo ... Signore vi prego salvatela e se potete avvertitela che è andato a cercarla! 》
Esperanza perse un battito e si concentrò per spostare la scena sullo zio: era a cavallo seguito da alcuni suoi uomini. Ne vide uno prendere una mappa e avvicinarsi al re:《 Domani sera dovremmo essere ad Arras. 》
Il sorriso malvagio del re folgorò il cuore della ragazza:《 Magnifico. 》 e vide che stava girando tra le dita un ciondolo dorato. Lo guardò bene e si accorse che era il ciondolo che aveva dato a Filippo per trovarla nel lontano giorno delle nozze andate a male. Si staccò velocemente dallo specchio e andò a cercare qualcosa dentro a uno dei cassetti finché non trovò il gemello dell'oggetto che aveva lo zio.
Indagatorhominum.
Questo era il nome di quell'oggetto che l'ha fatta ritrovare in trappola.
Lo prese con se e andò velocemente in camera di Oscar: lei avrebbe capito tutto.

***

Tutti le guardavano sconvolte: dal generale alla povera Marron-Glacé.
《 Insomma smettetela di guardarci così. - urlò Oscar - Per quante altre volte ve lo dovremmo ripetere? 》
Andrè si avvicinò ad Oscar con un passo:《 Ma sei sicura che non ti sia salita la febbre? È impossibile, la magia non esiste. Sicuramente siete stanche. 》 suggerì lui.
《 M-ma certo! 》 fece Alain che stava riflettendo su una spiegazione ovvia a quel racconto bizzarro su sua moglie che con uno specchio scopre che suo zio, che tra l'altro la vuole uccidere, la sia venuta a cercare l'abbia "trovata" grazie a un oggetto con un nome strano che aveva dato a suo fratello.
Oscar sospirò:《 Avete ragione; neanche le ho creduto all'inizio...- Lei prese per mano Esperanza e la portò vicino allo specchio che si trovava nel salottino- ... Ma poi ho visto questo. 》
Tutti gli occhi furono sulla più piccola della magione e sembrò che stesse per entrare in panico osservando quelle espressioni sbigottite.
Oscar le mise una mano sulla spalle e le sorrise dolcemente:《 Non devi avere paura, abbiamo affrontato di peggio insieme. 》
Esperanza annuì con la testa, porse Joseph alla donna e posò la sua mano sul vetro.
Speculum, mostra.
Lo fece davanti a tutti per la prima volta con il cuore in gola; attorno alla mano si disegnò del dorato che portò alla visione del re seduto su un letto mentre rigirava tra le mani il mistico oggetto che, fino a poco prima, aveva descritto alla famiglia.
I presenti erano più sconvolti di prima specialmente Marie, che si sentì svenire e fu presa da Augustin appena in tempo, e Alain che stava per cadere a sua volta, ma fu sorretto da Andrè.
《 N-non ci credo... 》 farfugliò l'ex militare.
《 Ora ci credete? 》 disse Esperanza guardandoli seriamente.
Dopo uno scambio di sguardi cercarono in vari modi di dire "sì" poi Alain si ricompose e si avvicinò pericolosamente a sua moglie prendendola dalle braccia; lei aveva paura lo si vedeva negli occhi.
《 Perché? 》 urlò Alain.
《 Alain non fare così la spav... 》 Oscar cercò di frenarlo ma lui era talmente in collera che sembrò non farci minimamente caso:《 Lo voglio sapere! Perché, Esperanza? Perché? 》
Joseph cominciò a piangere tra le braccia dell'ex comandante che cercò di calmarlo cullandolo pian piano.
Esperanza lo scrutò con lo sguardo spaventato:《 C-cosa? 》
Per un attimo sembrò che Alain stesse per piangere:《 Perché non me l'hai detto? Perché non parli con me? Perché devo scoprire in tutti questi casi le cose? - la scuotè - Perché non mi hai detto che ti vogliono uccidere? Perché non mi hai detto che sei capace di fare certe cose? 》
《 Alain non fare così; è già abbastanza spaventata. 》 disse Andrè provando a calmarlo.
《 No Andrè - disse con voce flebile Esperanza - Alain ha ragione. 》
Alain la vide abbassare lo sguardo e stringere le mani intorno alle sue:《 Non te l'ho detto perché ho avuto paura... Non è mai stato semplice per me vivere con tutto ciò. In Spagna mi odiavano quasi tutti per questo è non ti volevo perdere... Poi non pensavo che mio zio sarebbe arrivato fino a questo punto... Volevo solo proteggervi... Ho perso delle persone importanti nella mia vita, non volevo perdere anche voi... 》
Il volto di lei cominciò a rigarsi di lacrime e Alain mollò la presa e silenziosamente l'abbracciò.
《 Ti prego di parlare sempre con me: sono tuo marito e ho il diritto di sapere certe cose. E poi non potrei mai ripudiarti perché ti amo e tu e Joseph siete l'unica cosa bella che io abbia mai avuto. Chiaro? 》
Esperanza affondò il viso nel petto di lui per nascondere le lacrime; Oscar si avvicinò a loro sorridendo dolcemente e porse ad Alain il loro bambino.
《 Quindi che si fa ora? 》 chiese il generale per trovare una soluzione alla situazione.
Esperanza si ricompose e si misero tutti a cerchio:《 Dobbiamo andare via di qui il più presto possibile, tutti quanti: questo non è posto sicuro e siamo tutti in pericolo. 》
《 Ma dove andremo? 》chiese Andrè guardando i presenti ad uno ad uno.
Ci fu un attimo di silenzio, poi il generale fece un fievole risolino:《 Ci sarebbe un posto dove potreste andare. 》e diede uno sguardo alla vecchia governante che, dopo un momento di riflessione, annuì col capo.
《 E sarebbe? 》 chiese Oscar.
《 In un villaggio alle falde dell'Etna. 》
Un attimo di confusione:《 Cosa? 》I presenti erano esterrefatti.
《 Padre da dove proviene questo vostro suggerimento? 》
Lui fece un sorriso amaro:《 Da una promessa mia cara Oscar. 》
Ci fu un altro scambio di sguardi e poi il generale cominciò a parlare rivolgendo ad Andrè:《 Andrè, ricordi tuo padre? 》 il sorriso perso nei ricordi del generale fece sussultare per un momento l'uomo.
《 Sì, mi ricordo come si comportava e me lo ricordo vagamente in viso... è passato molto tempo da quando è morto. Ma perché questa domanda, signore? 》
Augustin si lasciò cadere sul divanetto del salotto e gettò la testa indietro a guardare il soffitto:《 Perché lui era il mio migliore amico. 》
Andrè e Oscar si sentirono mancare per un momento: non avrebbero mai pensato a una cosa del genere.
Sul volto del generale si fece strada una lacrima solitaria:《 Noi eravamo inseparabili, lui era il mio attendente quando non ero ancora divenuto generale: era il mio compagno di giochi quando eravamo piccoli, la mia mano destra, la persona su cui potevo sempre contare. Ero una persona diversa. - sorrise amaramente - Chissà cosa stia pensando di me adesso e per tutto ciò che ho fatto... - I presenti lo guardavano silenziosamente interessati al racconto che aveva tenuto segretamente per molti lunghi anni - Non ricordo quanti anni avessimo precisamente ... Forse diciotto o giù di lì, ma eravamo partiti insieme alla mia famiglia per un viaggio per allontanarci per un periodo da Versailles. Chiesi a mio padre se insieme a Marie potesse venire anche lui: Armand.
I miei genitori decisero di andare in Sicilia per poter vedere le bellezze arabe, normanne, greche e romane che riempiono l'isola. Verso le ultime tappe del viaggio decidemmo di visitare il bosco che andava verso il vulcano e per me e Armand era una scusa per divertirsi e magari vivere qualche avventura alla scoperta del mistero lungo quel villaggio di contadini e monaci. Si stava bene lì anche se quasi completamente privo di comodità. Dopo poco che fummo arrivati andammo subito a questa ambita esplorazione. Salendo lungo i pendii arrivammo in una parte dove c'erano alcune persone che raccoglievano frutti, bacche e anche legna: lì incontrammo tua madre, Andrè. Era una ragazza della nostra età dagli occhi verdi e i cappelli biondo cenere e riuscimmo immediatamente a far amicizia con lei. Era una ragazza buona, gentile e riusciva a farti stare a proprio agio anche lì. Lei non era del tutto siciliana, suo padre era un uomo francese e sua madre faceva parte della popolazione di origine normanna. Non servì molto e tuo padre si innamorò perdutamente di lei. Così dopo i vari giorni che passammo lì Armand, sotto mio consiglio, le chiese di venire con noi in Francia e magari poter stare insieme; e lei e suo padre furono contenti... Sua madre però si sentì come tradita e cercò di convincerla a lasciar perdere, ma erano già innamorati l'uno dell'altro che lei non volle sentire ragioni. Per un po' di tempo lei abitò a palazzo Jarjayes e divenne una mia cara amica finché, quando divenni generale, decisero di trasferirsi e mettere su famiglia. Da lì cominciai a cambiare, ma non per gelosia, ma perché cominciava a mancarmi qualcosa. Fortunatamente ci tenevamo spesso in contatto e a volte andavamo con Marie a trovarli senza dire mai cosa stavo diventando ogni anno che passava. Così conobbi te, mio caro Andrè: il figlio del mio migliore amico. Eri così piccolo. L'ultima volta che vidi tuo padre fu quando mi confessò della sua malattia ... Mi sentì perso in un attimo e gli urlai che avremmo trovato una soluzione, avrei pagato i migliori medici di tutta Europa pur di salvarlo... Ma lui mi disse che non ve ne era bisogno, che ormai se ne stava andando piano, piano. Era anche preoccupato per tua madre: lei era cagionevole di salute. Così mi fece promettere una cosa: in nome della nostra amicizia, se tu saresti diventato orfano io ti avrei portato a casa mia crescendoti come un figlio. E così, per il mio migliore amico, lo feci dandoti delle libertà che un normale servo non poteva avere, vedendoti come il figlio maschio mai avuto. Il resto lo sappiamo tutti. 》
Andrè stava piangendo guardando il generale e Oscar guardava stupita ancora il padre: ora tutti i tasselli andavano al proprio posto.
《 I-io - iniziò Andrè - Non so quanto la possa ringraziare... E mi dispiace tanto... Per tutto... Non so che dire oltre a questo ... 》
Il generale si rimise a sedere correttamente e si sistemò il cappotto:《 A volte le parole non servono... Ora vi conviene sbrigarvi. Marie sa dove andare. 》e fece per andare nell'altra stanza.
《 Ma signore io dovrei venire con voi... 》 disse l'anziana.
Lui sorrise sornione:《 Servi più a loro che a un uomo che ha finito la sua vita. Io tornerò al palazzo Jarjayes e ritornerò al fianco delle sue Maestà insieme a Margueritte. Voi andate lontano in quel paese e cercate di essere felici. 》
Oscar si alzò velocemente e andò da suo padre mentre stava per cominciare a piangere:《 Padre no, io vi voglio con noi. 》
Il generale abbracciò sua figlia:《 Io sarò sempre con voi e ci potremmo scrivere lettere. Tu sai dove saremo. Ora prepariamoci tutti quanti, prima che sia troppo tardi. 》

***

Arrivò la mattina del giorno seguente e sulle due carrozze era pronto tutto il necessario per affrontare il lungo e faticoso viaggio. Il generale diede anche abbastanza monete per poter arrivare alla destinazione abbastanza tranquillamente.
Esperanza e Alain furono i primi a salutare:《 Signor Generale, Madam Margueritte vi ringraziamo per tutti questi mesi in cui ci avete accolto. 》
I due sorrisero:《 Dovreste ringraziare i nostri ragazzi. 》
Alain ricambiò il sorriso:《 Sono felice di avervi incontrato: siete un persona d'ammirare. 》
Arrivò il momento di salutare Oscar e Andrè.
Sul primo momento non riuscirono a proferir parola, ma come aveva detto il generale "a volte le parole non servono".
I volti di tutti e quattro furono inondati di lacrime e si abbracciarono per secondi che sembrarono infiniti; poi il generale provò a proferir parola tra i suoi singhiozzi e quelli degli altri:《 Oscar, Andrè perdonatemi se in tutti questi anni vi ho fatto del male e scusatemi se sarò prepotente ma... vi prego di non scordare un povero vecchio che in realtà vi ha sempre voluto bene più di qualsiasi cosa al mondo... 》
Oscar cercò di rispondere:《 Non dite così padre, noi non potremmo mai scordarci di voi. 》
Tra le lacrime si lasciarono e prima che Oscar chiudesse la porta disse:《 Oscar, Andrè! Ricordatevi che vi vorrò per sempre bene e che sono davvero orgoglioso di voi ... figli miei! 》
Si guardarono un ultima volta e si sorrisero:《 Ci rincontreremo, ne sono certa padre. 》
L'ultima a salutare fu Marie.
I pianti non smisero.
《 Per noi è diverso, vero Marie? 》 disse con una tristezza che non si sarebbe mai potuta vedere nel generale de Jarjayes.
La donna si asciugò con il fazzoletto le troppe lacrime:《 Avete ragione ... 》
Si abbracciarono anche loro, fortemente.
《 Addio balia ... Sarete sempre nei miei ricordi migliori... 》
Lei gli diede la sua collana:《 Addio Augustin ... 》 e mentre se ne andava gli fece un sorriso dolce:《 E ricordati di fare il bravo bambino. 》
Lui sorrise amaramente voltandosi e continuando a piangere portando Margueritte verso la dimora Jarjayes da dove erano partite le carrozze.
Si lasciò invadere dal ricordo di quella volta, quando aveva sette anni, dove si era sbucciato il ginocchio e lei glielo aveva amorevolmente fasciato.

***

Ancolie rimase seduta a guardare il bicchiere pieno di wisky su quel tavolo all'angolo nella locanda.
Era sera ed erano passati un paio di giorni dall'ultima volta che aveva tentato di prendersi Andrè con la forza.
Si faceva schifo: non era riuscita nel suo intento e per di più ora era scomparso.
Quel pomeriggio era passata vicino alla casa dove abitava e non vi era nulla, neanche un singolo movimento; per di più la porta d'entrata era stata sbarrata da due travi.
Doveva aspettarselo: aveva combinato un casino e lui aveva deciso di scapparsene, aveva ragione.
Bevve metà del bicchiere tutto d'un fiato e si accorse che un uomo incappucciato da un mantello nero stava venendo verso di lei.
Avvertì un senso di paura dentro di lei ma, come aveva imparato in tutti quegli anni da sola, non doveva farlo vedere e rimase semplicemente ad osservarli con la coda dell'occhio.
La figura le fu di fronte:《 Buona sera signorina. 》 la sua voce era cupa e le sembrò che stesse cercando di parlare abbastanza piano per non farsi sentire dall'altra gente.
《 Buona sera. 》 rispose lei un po' secca; non sentiva che si potesse fidare di quell'uomo.
《 Posso sedermi? 》
《 Prego. 》
Nei suoi gesti era molto elegante: sembrava un nobile.
《 Ho saputo dal locandiere tutto quello che è successo in questo periodo qui ad Arras. Ho saputo che in tutto questo c'entrate voi e il vostro povero cuoricino infranto per un amore quasi impossibile ... per via di una donna molto particolare di quel che ho saputo. 》
Ad Ancolie non piacevano quei giri di parole, le davano i nervi:《 Arrivate al dunque. 》
La figura rise rocamente:《 Bene, le vorrei fare un'offerta mademoiselle. 》
La ragazza si raddrizzò sulla sedia:《 Parlate. 》
《 Vi voglio proporre di unirmi a me: in quella famiglia abbiamo entrambi qualcosa da prendere. E sapete come si dice: L'unione fa la forza. 》
La figura allungò una mano verso di lei che la guardò tentennate.
《 Allora? Che ne pensate? Accettate? 》
Ancolie rimase un attimo a riflettere.
Sarebbe stato un bene?
Dov'era la fregatura?
Ma alla fine cosa aveva da perdere?
《 Accetto. 》 e gli strinse la mano.





Finalmente riesco a partorire questo capitolo.
Sono stata spesso titubante e insicura specialmente all'inizio; nella magia di
Esperanza e All'ultimo nelle confessioni del generale.
Come vi sono sembrate queste parti?
E il loro addio? Io quando Marie e il generale si sono salutati mi sono messa a piangere... anche se sono stata io stessa a scriverlo... voi cosa avete provato?
Ultimamente sono molto nervosa per questa storia...
Vorrei trasmettere qualcosa... chissà, anche qualche "insegnamento" anche se piccolo.
Fatemi sapere!
E un fortissimo abbraccio a tutti voi!

 

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Capitolo 41
*** One day we will can be happy, right? ***


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Due carrozze prive di stemma si fermarono sul ciottolato dei giardini, davanti alla residenza nobile e priva di padroni.
《 Siamo arrivati. 》 disse Andrè ad alta voce lasciando le redini dei due cavalli e scendendo con un salto dal sedile del cocchiere.
《 Ho notato. 》 rispose asciutto Alain mentre faceva lo stesso.
Andrè aprì la portiera aiutando prima a far scendere sua nonna e poi Oscar.
Gli sembrò una bambina dentro un libro delle fiabe con quell'espressione mista a dello stupore e alla felicità mentre rimaneva ferma con un piede sullo scalino di legno e una mano che stringeva quella di Andrè che la sosteneva.
《 Ben tornata a casa, Oscar. 》disse Andrè con un tocco di felicità. 
Lei gli sorrise:《 Ben tornato a casa, Andrè. 》
Entrambi chiusero per un momento gli occhi e respirarono con forza l'aria che gli circondava: sapeva d'infanzia, ricordi, felicità e del loro piccolo grande mondo; sapeva d'estate, sapeva d'inverno, sapeva di primavera e sapeva di autunno; sapeva di rose, sapeva di lillà, sapeva di limoni verdi e sapeva di biscotti alla cannella e cioccolata calda.
Esperanza posò delicatamente una mano sulla spalla di Oscar:《 Avete dei ricordi meravigliosi qui. 》
Oscar la guardò di traverso:《 Riesci a vedere anche queste cose? 》
L'altra rise di gusto:《 No Oscar, non ne sono ancora capace. Ma comunque questa dimora ne è circondata e anche io, che non li conosco, li sento nell'aria. 》
Oscar sorrise:《 Su coraggio, entriamo. O tutte le dimore della famiglia Jarjayes ti mettono i brividi? 》questa volta fu lei a ridere mentre Esperanza sbuffava sonoramente.
《 Anche questa è inquietante ma, non ho paura! 》
I due uomini guardavano la piccola scena divertiti dalla spontaneità delle loro amanti: col tempo erano riuscite ad acquisire una complicità che, col passare dei giorni, sembrava divenisse sempre più indissolubile.
Andrè si avvicinò a Oscar e le porse la mano portandola in cima alle scale, ad un passo ad aprire la maestosa porta; Oscar se n'era quasi dimenticata di quanto fosse grande, ormai abituata a quella della loro umile casa di Arras.
Oddio, quanto già le mancava quel posto; era lì che aveva cominciato la sua nuova vita con Andrè e dove erano successe cose che mai avrebbe pensato di poter vivere. Sentì una fitta al cuore, molto probabilmente a causa della malinconia che fu subito tolta da una seconda: la loro casa di sempre era di fronte a loro, anche se avessero pensato di non rivederla mai più. 
Oscar accennò un "sì" con la testa e Andrè, sorridente, spinse l'anta per entrare nell'atrio dove si mostravano le scale intrise di mille cadute e mille ceffoni che portavano al piano superiore.
Forse in quel periodo, per la prima volta, Oscar e Andrè furono davvero felici: era qualcosa di cui avevano bisogno quella di ritornare alle origini.
Marie si avvicinò a loro sorridendo in maniera dolce sistemandosi lo scialle viola sulle spalle ricurve:《 Ragazzi andate! A far visitare la dimora e a sistemare le valige qui nell'atrio ci penseremo io e gli altri servi. 》
I due stavano per ribattere, ma per una volta pensarono a sé stessi e a quello che urlavano i loro cuori.
Corsero verso l'ala destra del palazzo, lungo i corridoi che portavano alla sala da pranzo e alla cucina per rivedere quelle teglie dove erano soliti rubare i biscotti alla cannella della nonna. Sembrava tutto congelato così come l'avevano lasciato loro, era solo tutto più silenzioso e un po' più impolverato, molto probabilmente parte della servitù se ne era andata.
Poi andarono nella direzione dell'ala opposta, mano per mano lungo i corridoi una volta cerati. 
Arrivarono davanti a una grande porta in legno dipinto dove alla serratura vi stava una chiave dorata leggermente arrugginita: era da immaginarselo che da quando i padroni non sarebbero più venuti alla dimora per un tempo indeterminato, quelle stanze sarebbero rimaste chiuse; forse meno intoccabili di quelle che stavano al piano superiore, tralasciando quella degli ospiti.
Andrè posò la mano sulla chiave e con Oscar si scambiarono uno sguardo che significasse tutto fuorché indugio.
Con l'ultimo occhio che gli rimaneva Andrè ritornò alla chiave e, con un movimento veloce, fece scattare la serratura.
Entrambi poggiarono i loro palmi sulle due ante della porta e la spinsero per far aprire davanti a loro uno scenario ancora celato dal buio. A tentoni si diressero nella parte opposta dove vi stavano le tende pesanti.
Le strinsero tra le dita e i palmi, avvolgendo quelle delle finestre centrali. Tirarono le tende con forza lasciando che i raggi della luna illuminassero tenuamente la zona centrale della sala da ballo che sembrava di aver dimenticato il suo antico splendore.
Così Oscar passò alla finestra di sinistra mentre Andrè andò a quella di destra; tirarono nuovamente i tendaggi alzando la polvere che vi si era poggiata sopra e si era liberata nell'aria.
Oscar tossì un momento portandosi il fazzoletto alla bocca, lo guardò un secondo con il sangue fresco che si lasciava asciugare sulla seta bianca e sentì il cuore perdere un battito.
《 Tutto bene? 》
Lei alzò lo sguardo velocemente affrettandosi di rimettere l'oggetto nella tasca:《 Certamente. - se il discorso avrebbe continuato ad avere quella piega sarebbe diventato pesante da gestire- Sembra passato un secolo. 》improvvisò guardando la sala dai colori marmorei per poi salire con lo sguardo al grande lampadario di cristallo.
《 È vero, sembra una casa abbandonata. A momenti mi aspetto dei fantasmi che compaiono dalle pareti! 》 Andrè rise mentre Oscar lo guardava divertita e allo stesso tempo incredula:《 Si può sapere quanti, ma specialmente quali misteriosi romanzi ti sei letto in quest'ultimo periodo? 》
Lui sbuffò nel tentativo di trattenere le risate:《 Non saprei. Sai il tuo cosiddetto "ultimo periodo" ricade dagli anni in cui ho imparato a leggere ed ero insonne ad ora. 》
Rise lievemente anche lei, cercando di non farsi sentire troppo; poi si guardò nuovamente attorno nella grande sala e fu attratta da un console su cui vi stavano alcuni oggetti d'arredamento e un vassoio con alcuni bicchieri e una bottiglia di vino: sicuramente erano stati dimenticati lì dopo l'ultimo ballo che era avvenuto.
Si avvicinò facendosi riflettere dallo specchio che vi stava di fronte, mentre i suoi tacchi risuonavano nella grande stanza silenziosa. Sentì dentro di lei un senso di nostalgia e nella sua mente si formò il ricordo di uno di quei balli lontani, dove le sue gambe sfioravano le sfarzose gonne delle dame e il suo respiro si avvelenava per i troppi profumi nell'aria; si sentì come se da un momento ad un altro al centro della pista avrebbero cominciato a ballare un minuetto o un valzer viennese che la sua regina amava tanto. Le sue orecchie si riempirono di musica inesistente, molto probabilmente Mozart, e sembrò che stesse cominciando a muovere i piedi come se stesse danzando ma, fortunatamente, a parer suo, arrivò alla console.
Guardò i calici di cristallo che si erano impolverati e la bottiglia di vino non ancora stappata segnante l'anno 1786. Raggirò tra le dita i tre oggetti per poi posare la bottiglia e mettersi a pulire i due bicchieri con le mani.
Andrè, con quel poco che poté, la guardò alle spalle, cercando di capire cosa stesse facendo dal riflesso scuro dello specchio; così le si avvicinò con calma a passo leggero fino a metterle una mano sulla spalla. In quel momento lei si girò sorridendogli dolcemente e vide porgergli un bicchiere:《 Dammi un secondo. 》 disse lei voltandosi nuovamente verso il vassoio.
Andrè rimase a guardarla perplesso finché non sentì il rumore, che sordamente riempì la stanza quieta, di una bottiglia stappata.
Con quest'ultima nella mano destra, vide Oscar sorridergli e versagli un liquido scuro nel calice poco prima porso per poi fare lo stesso con il suo.
Oscar alzò leggermente il braccio inclinando su un lato le sue labbra in un sorriso leggermente complice.
《 A cosa vuoi brindare Andrè? 》
Lui sbuffò divertito:《 In quest'ultimo periodo, in realtà non ci sarebbe molto da brindare. 》
Lei sospirò:《 Lo so' Andrè, ma cadere in depressione nuovamente non è quello che voglio. 》
L'uomo le accarezzò la guancia con il dorso della mano:《 Hai ragione Oscar, l'unica cosa che ci rimane da fare è essere felici almeno un po'. - Si rimise un secondo a ridere - Mi sa che abbiamo invertito i ruoli: non sarei dovuto essere io quello che guarda sempre il lato positivo? 》
Oscar gli strinse leggermente la mano che le sfiorava ancora il viso con movimenti circolari:《 A volte fa bene cambiare i ruoli. 》
Andrè non riuscì a trattenersi nel baciarla con tutto l'amore che poteva avere: quanto l'amava! Nei suoi pregi e specialmente nei suoi difetti.
Così lui alzò il calice a sua volta:《 Allora brindiamo al giorno in cui saremo felici. 》
Oscar annuì sorridente:《 Al giorno in cui saremo felici! 》
E si portarono i cristalli alle labbra.
Finito di bere li riposarono sul vassoio e Oscar guardò l'orologio d'oro che stava sulla console in stile Rococò.
《 Sono le dieci e mezza. 》disse lei.
Andrè la guardò nuovamente perplesso:《 E con questo?》
Oscar gli prese una mano e lo portò dove il pavimento disegnava un grande cerchio marmoreo decorativo; Si mise in posizione portando una mano di Andrè sul suo fianco:《 È il momento in cui si danza. 》
Andrè sorrise con dolcezza e iniziarono a trascinarsi l'un l'altro su delle note silenziose.
Mentre la musica silente suonava leggiadra nelle orecchie della loro memoria, i candelabri cominciarono ad accendersi, il lampadario ad illuminarsi, le dame fecero nuovamente ondeggiare le loro lunghe gonne, i monsieur a girare con loro e sorseggiare del buon vino e la servitù cominciò a portare vivande. Anche i due sembrarono cambiare: i capelli di Oscar si legarono e il suo corpo fu fasciato dall'antico vestito bianco  del famoso ballo, mentre Andrè fu vestito di abiti semplici ma signorili.
Danzarono, danzarono e ancora danzarono per recuperare tutti quegli anni in cui non poterono. La magia aveva preso il controllo di loro.
《 Si può sapere cosa state combinando voi due? 》
Il buio e la normalità ritornarono nella sala, facendo saltare indietro di un passo i due:《 Alain! 》
L'uomo rimase a ridere della scena dall'uscio appena aperto dove sbirciava:《 Volevo solo farvi sapere che madame Marie ha preparato la cena. Vi stiamo aspettando in sala da pranzo. 》
Oscar si ricompose stirando la giacca rossa:《 Veniamo immediatamente. 》
Alain rise e si chiuse la porta alle spalle fischiettando divertito.
I due si guardarono negli occhi di sottecchi, arrossando leggermente le gote per la figura che avevano appena fatto davanti al loro vecchio amico. 
《 Allora credo sia meglio uscire. 》 disse Andrè.
《 Lo credo anche io. Poi, una cena sostanziosa ci farà a tutti bene. Precedimi, io voglio vedere una cosa. 》
《 Va bene Oscar, ci vediamo a tavola. 》così Andrè abbandonò velocemente la stanza. 
Lei si voltò verso le grandi finestre e si avvicinò a quella centrale: guardò fuori alla ricerca di un punto preciso sul terreno sotto a un albero.
Sorrise tra sé e sé per essere andata a guardare uno dei posti più importanti dell'infanzia di lei e Andrè; così uscì anche lei dalla stanza e chiuse con attenzione la porta. Rimase a guardare il pavimento senza un preciso motivo finché, dopo qualche passo, non avvertì la presenza di qualcuno davanti a sé. 
Alzò il capo lentamente e i suoi occhi si incrociarono a quelli azzurro anice di Esperanza che la guardava con un sorriso come compiaciuto.
《 Stavo venendo a cenare, non c'era bisogno che mi venissi a cercare. 》disse Oscar cercando di dire qualcosa per togliersi quella situazione di dosso. 
《 Tranquilla Oscar - disse Esperanza voltandosi per ritornare in sala- Mi era piaciuto vedere una cosa. 》
La bionda la guardò di sottecchi mentre l'altra disse:《 Vedi, la magia è dentro di noi. Basta solo lasciarla liberare. 》
Oscar sbarrò gli occhi dalla sorpresa, ma non disse nulla: Esperanza aveva ragione.
《 Mi sembra così strano il fatto di sedermi in questo tavolo. 》 sentenziò Andrè. 
《 Ma come? - gli disse Alain sorpreso - Tu non ti sedevi qui? E allora dove mangiavi?  》
Andrè rise divertito:《 Qui mangiavano i padroni, io e nonna andavamo in cucina insieme agli altri servi dove c'è un piccolo tavolo di legno e qualche sedia. 》
Alain rimase sorpreso:《 Pensavo che facessi una vita più agiata essendo l'attendente del comandante Oscar. 》
L'amico fece per rispondere ma fu preceduto dal tono stizzito della nonna che disse:《 Infatti è così! Gli ho sempre detto che avrebbe dovuto tenere le distanze essendo che fosse solo un servo, ma non mi ha mai ascoltata! Che nipote screanzato che ho avuto! 》
Scoppiarono tutti in una fragorosa risata:《 Suvvia nonna, ora è inutile che rimproveri il povero Andrè, alla fine diciamo che è diventato mio marito. 》
《 Vedi nonna? - si affrettò a dire il moro - Ormai non devo più tenere le distanze, anche Oscar lo dice. 》
Marie lo guardò di traverso:《 Ma se la sentirò solo un momento lamentare giuro che assaggerai il mio mestolo! 》
《 V-va bene nonna- Andrè alzò le mani come in segno di resa- Ma ora calmati, alla tua età non ti fa bene. 》
La donna anziana si alzò dal tavolo e andò minacciosamente verso il nipote:《 Te la faccio vedere io l'età, nipote screanzato!  》e uscì il mestolo dalla grande ciotola di terra cotta smaltata di bianco che si trovava sul tavolo.
Andrè si alzò velocemente dal tavolo e cominciò a correre verso le cucine:《 Nonna ti prego, questa volta non ho fatto nulla! 》
Oscar si mise a ridere di gusto, tutti i suoi ricordi salivano in superficie sempre di più. 
Alain ed Esperanza li guardavano sparire e riapparire dalle varie stanze finché l'ex soldato non si sporse verso la donna bionda:《 Ma è normale? 》
Lei non riusciva più a trattenere le risate:《 Sì tranquillo, lo facevano sempre una volta. 》
Tutti e quattro salirono le scale dell'atrio che portavano alle stanze di sopra.
《 Come ti senti Andrè? 》 chiese Esperanza guardando l'uomo che si teneva ad Oscar e che con una mano si massaggiava la testa.
Alain sistemò Joseph tra le braccia:《 Come vuoi che stia una persona che ha preso una mestolata in testa? 》
Esperanza lo guardò severa:《 Cercavo solo di essere gentile. 》
Andrè mugugnò un attimo:《 Diciamo che sono stato sia meglio, ma anche peggio. 》
Oscar gli sorrise mettendo una mano su quella di lui che le si teneva a braccetto:《 Anche questo è vero. 》
Arrivarono all'ultimo scalino dove Esperanza fece luce più avanti con il candeliere dorato:《 Dove dobbiamo andare? 》 chiese rimanendo a guardare il corridoio scuro su cui cadeva un lungo tappeto rosso ai cui lati vi erano porte e mobili d'arredamento in legni pregiati e le basi, su cui stavano i preziosi oggetti, erano in marmi o vetri colorati.
《 Io e Andrè dormiremo nella mia vecchia camera,  in fondo a sinistra, mentre voi avrete la stanza degli ospiti: la seconda porta a destra. Mi dispiace se ci sarà della polvere, ma oltre alle poche stanze di uso comune sono state tutte tralasciate. I servi ormai sono pochi quindi spero che non vi dispiaccia. 》
Alain sorrise con dolcezza:《 Sicuramente saranno letti più puliti e caldi di quelli della mia umile casa di Parigi. Vi ringrazio. 》
Oscar sorrise a sua volta per risposta e augurò loro una buona nottata.
Portò in avanti il loro candeliere e proseguì, con un brivido lungo la schiena, lungo il corridoio che portava fino allo studio del padre.
《 Vedremo la tua stanza. 》 disse sottovoce Andrè. 
《 Sì, è stato così tanto tempo fa l'ultima volta. 》
Lui le sorrise e le baciò la fronte:《 Sembrerà fare un tuffo nel passato. 》
Lei strinse la chiave della porta e la fece girare lentamente per poi spingere.
L'aria era asfissiante per il lungo tempo che era rimasta chiusa, sapeva di polvere. Entrarono lentamente nella camera come se stessero rivivendo totalmente i loro mille ricordi.
Oscar si avvicinò al tavolino vicino la porta e vide un candelabro con ancora delle candele in buono stato, lo accese per fare più luce.
I colori chiari della stanza sembravano essere gelati per il lungo periodo rimasti al buio.
Andrè si avviò velocemente alla finestra per aprirla: l'aria era irrespirabile. Mosse le coperte per togliere uno strato di polvere e sistemò meglio i cuscini.
Oscar invece si mise a guardare gli oggetti dell'altro lato.
Si avvicinò alla toilette dove vi era solo una spazzola dove si intrecciavano ancora dei fili dei suoi capelli dorati.
La prese tra le dita poggiando il candeliere sulla base in legno; la portò sotto il naso e respirò lentamente l'odore di rose con cui solitamente faceva il bagno lì a palazzo Jarjayes. La strinse al petto ricordandosi quando Rosalie le spazzolava i capelli, forse aveva poco più di vent'anni.
Passa troppo in fretta il tempo.
Solitamente ti inganna facendoti pensare che qualche giorno prima avevi eri appena iniziato una splendida carriera con il tuo migliore e amico e il giorno dopo ti svegli e ti ritrovi che l'hai abbandonata e lui è diventato tuo marito.
Prende per i fondelli.
Estremamente. 
Oscar si trattenne una risata e passò in avanti arrivando al comodino dove posò la spazzola, come una bambina posa la sua bambola per dormire.
Si adagiò sul materasso da cui aveva spostato le coperte, si levò con lentezza la giacca e il gilet che gli lanciò sulla sedia della toilette.
Iniziò a sbottonarsi la camicia immersa nei meandri della sua mente, ma sobbalzò al tocco delle mani di Andrè sulle sue spalle.
Andrè. 
La sua camera.
Sera.
Un viaggio stancante.
I ricordi riaffiorivano come se nulla fosse, era una situazione più volte vissuta in precedenza; loro ogni sera erano lì a chiacchierare dopo le giornate stressanti quando lavorava a Versailles, quando era piena di nervi per vari impegni o casi di ladri, quando suonava quelle melodie difficili al suo pianoforte e lui rimaneva a fare lo spettatore silenzioso al suo finto concerto portandole il tè che le preparava la nonna.
E quanto era diventata pesante l'aria quando lui era andato in caserma, era talmente pesante per una persona.
Quella era la solitudine.
Ora lui era lì, invece, quando pensava che non lo sarebbe mai più potuto essere; era lì che respirava il suo odore a pieni polmoni e le baciava il collo.
Oscar si voltò con tranquillità verso di lui e gli diede un bacio leggero, dolce.
Con lentezza passionale si spogliarono a vicenda fino a mostrarsi nudi l'uno all'altra.
Andrè la fece sdraiare sotto di sé al centro del letto baciandola con gentilezza:《 Ti prometto che un giorno saremo felici, Oscar. 》
Lei sorrise teneramente:《 Ci sei tu: io sono già felice. 》
***
Se solo sapessi come andrà potrei davvero decidere di scappare o no, questo sarebbe un momento perfetto: nessuno mi vedrebbe.
Eppure perché sono qui immobile in questo letto freddo della locanda?
Forse è l'alba; da degli spifferi delle tende pesanti si fanno pian piano avanti dei timidi raggi del sole.
La stanza è così buia comunque.
Sì, sicuramente è l'alba, anche se non riesco a scorgere nulla dell'ambiente che mi circonda.
Mi sento fiacca, priva di forze.
Sto facendo la cosa giusta?
No, sicuramente no.
Ma parlando francamente non ho mai fatto nulla di giusto.

Ancolie si alzò lentamente dal materasso che quel giorno sembrava più gelido del solito; si stirò con forza le braccia verso l'alto più per farsi male che per altro.
Il suo letto era proprio sotto la finestra e allungando la mano cercò di tirare un po' le tende intrise di polvere.
Il suo volto divenne rossastro quando incontrò i raggi del sole che era appena apparso oltre il campanile della chiesa facendo sì che con la croce di metallo diventassero un'unica ombra.
Si sentiva come dentro un vortice e ciò le portava calore, come una febbre terribile da cui non se ne può uscire. Sciolse i lacci che le poggiavano sul petto, quelli di quella larga camicia da notte che un tempo sarebbe dovuta essere di un bianco immacolato, ma ora si riduceva al del giallognolo sporco e consumato; così con la mano delicata arrivò alla maniglia cremonese che stava sull'anta sinistra. L'aria che entrò fu frizzantina e Ancolie la respirò a pieni polmoni come per togliersi un peso in meno da dentro.
Sarebbe dovuta scappare in quell'istante: dalle stanze si sentiva solo gente col respiro pesante e neanche il più singolo movimento.
Sarebbe dovuta scappare.
Si poteva veramente fidare di quell'uomo incappucciato? Non sapeva chi era né cosa volesse veramente; non che lei non fosse abituata a essere usata, sia ovvio, per una come lei sarebbe tutto nella norma.
Ma allora cos'è quel peso al cuore?
Un'avvisaglia?
Senso di colpa?
Optò più per la seconda ipotesi portandosi una mano ad accarezzarsi l'avambraccio sinistro che quella sera l'uomo che amava le aveva stretto; se avesse premuto un po' più forte avrebbe sentito anche il dolore di quella presa dura e ferrea, come una morsa.
Fece un sorriso sornione, così, per schernirsi da sola.
Forse era quella stessa presa che la fece abbandonare quella casa e a farla rimanere lì: in quella fredda e ancora buia stanza della locanda.
Mi farò ammazzare continuando così. Pensò un attimo.
Ma alla fine, tralasciando la sua vita, aveva già perso tutto. Non c'era nulla da rischiare.
Patetico: aveva solo ventisei anni in fondo e aveva già perso ogni cosa.
Se lo sarebbe dovuto aspettare già quando scoprì che il compleanno della sottoscritta Ancolie Reneé Laroche era il trentuno ottobre.
Quando fu, molto probabilmente, aveva quattro anni e abitava in quella casetta piena di spifferi subito fuori Arras, dove suo padre svolgeva il lavoro di contadino; in fin dei conti erano felici anche se ci fosse solo lei come bambina in quella famiglia perché sua madre non riusciva più ad avere figli. 
Tutto poi degenerò quando ebbe l'età di dodici anni.
Fu quell'anno quando cominciò a ridursi così.
Lo ricorda ancora quando suo padre cadde a terra, sul pavimento in legno della loro umile casa, privo di forze e tossendo rosso e nel giro di qualche mese se ne andò lasciando sole e nella totale miseria lei e sua madre.
Così dovettero andare a cercare un lavoro che potesse bastare per sfamare entrambe e l'unico fu quello che tutt'ora faceva: la prostituta.
Per qualche anno riuscirono a stare davvero bene, così da permettere loro di pagare un vecchio maestro in pensione che insegnò ad Ancolie a leggere, scrivere e fare qualche conto basilare. Lo fece per tre anni.
Era così felice ogni volta che tornava a casa piena di cose nuove e con le dita un po' sporche di inchiostro nero, sperando di raccontare a sua madre che cosa avesse fatto ... Solo che lei non glielo permetteva mai in realtà ... Non sprecava nemmeno una singola moneta per lei e quindi Ancolie pur di fare quelle lezioni salvava una monetina in uno dei taschini del grembiule senza farlo notare alla mamma.
L'unica sua consolazione erano quei quattro giorni in primavera e quei quattro in autunno dove venivano a trovarla Véronique e Margot le sue due uniche parenti; anche se a dirla tutta aspettava solo Véronique: lei la comprendeva sempre.
Dopo quei tre anni anche sua madre l'abbandonò per la sifilide.
Aveva solo quattordici anni.
Tentò di essere felice: un ragazzo le aveva offerto il suo amore più puro, ma all'ultimo lei non si sentì capace di poterlo ricambiare come sarebbe dovuto essere e quindi lo lasciò andare.
Da allora in poi sempre la solita vita fra quel terribile lavoro e gli stenti; finché non arrivò Andrè e accaddero così tante cose una dopo l'altra che si sentì frastornata.
E ora quell'uomo incappucciato di nero.
Sentì bussare alla porta. 
Si girò verso di essa e rimase rigidamente in ascolto, aveva una strana sensazione di paura all'altezza del petto che a momenti le troncava il respiro. 
Bussarono nuovamente, più forte.
Cercò come di farsi indietro sbattendo la schiena al davanzale della finestra.
《 Sono io- disse una voce roca: era quella dell'uomo incappucciato- Apri. 》
Ora era troppo tardi per scappare eppure lo desiderava più di prima, ma ormai era in catene.
《 Arrivo. 》disse velocemente e con cautela si avvicinò alla porta. Quando ebbe fra le dita il pomello e la chiave deglutì per far tornare dentro la paura e aprì la porta.
L'uomo incappucciato entrò velocemente nella sua camera farfugliando qualcosa, che a lei non sembrava assolutamente qualcosa di piacevole, arrivando vicino al suo letto. 
《 Sai dove abitano? 》 la domanda fu netta e veloce, Ancolie dovette prendere un secondo per rispondere:《 Sì, certamente. 》
《 Bene, preparati. Tu ci porterai da loro. Hai solo dieci minuti contati sulle lancette dell'orologio. 》e talmente veloce era entrato che tanto velocemente uscì dalla camera senza darle il tempo di pronunciare alcunché per spiegare che la casa era totalmente abbandonata.
Sospirò e chiuse la porta; si avvicinò alla sedia e prese i suoi vestiti che mise con velocità e mano esperta sistemandosi, con altrettante doti, i capelli biondi.
***
Che bruciore al petto.
Forse erano i polmoni.
Non era giusto, no. Voleva solo riposarsi eppure facevano maledettamente male.
Un respiro che sembrava troppo pesante le salì dalla gabbia toracica e la costrinse ad alzarsi velocemente dalla posizione comoda che aveva trovato e farle prendere il fazzoletto che era sul comodino affianco.
Tossì rumorosamente imbrattando il pezzo di stoffa dalla tosse rossa.
Si sentì per un momento priva di forze e si lasciò andare all'indietro sul cuscino, mentre lasciava cadere sul pavimento il fazzoletto sporco.
Non ci voleva la tubercolosi, non nuovamente. Era riuscita a farcela prima, perché avrebbe dovuto avere quella ricaduta? 
Si voltò alla sua destra e vide il suo amato Andrè girato verso di lei che dormiva beatamente; fortunatamente non l'aveva sentita tossire.
Si accoccolò al suo petto mentre con un gesto non conscio lui portò il suo braccio sopra le sue costole e passando a toccare il materasso con le dita.
Alla fine era felice.
Alla fine il comandante Oscar Françoise de Jarjayes era felice, perché lui era accanto a lei.
Non avrebbe mai negato il dolore che ancora provava pensando che se fosse andato tutto bene fra loro due ci sarebbe stata una piccola creatura che gli avrebbe resi felici.
Ma insieme era più semplice da trattenere. Con lui sapeva che sarebbe andato tutto bene, ed era questa l'unica cosa che importava.
Vide lo sguardo di smeraldo che le scivolò addosso guarnito da un sorriso leggero:《 Ti senti bene? 》 
Oscar si sentì pesante dentro di lei: in realtà aveva sentito tutto.
《 Sì Andrè, non preoccuparti. 》
《 Se vuoi andiamo dal dottore, magari potrebbe aiutarci. 》
Lei agitò la testa:《 Non preoccuparti, quest'ultimo attacco mi ha fatto sentire leggermente stanca, ma sarà stato per il fatto che fosse mattina presto. Sto bene, davvero. 》 
Andrè le diede un bacio sulla fronte:《 Va bene Oscar, ma se ricomincia a farti sentire fiacca ti raccomando di dirmelo. 》
La donna sorrise leggermente:《 Va bene, ma ti prego vorrei riposare un'altro po'; sono davvero stanca. 》
Andrè rise:《 Hai ragione questa notte l'abbiamo passata abbastanza in bianco! 》
Oscar rise a sua volta e gli diede un leggero schiaffo per gioco:《 Guarda che pervertito. Da quando sei diventato così? O lo celavi già da tempo? 》
Lui continuò divertito:《 Oh no, ero un santo: è colpa tua, Oscar. 》
Sgranò leggermente gli occhi con un fare di finta sorpresa:《 Colpa mia? E cosa avrei fatto? 》
《 La notte ti trasformi e io con te. 》disse ridendo un'altra volta.
Oscar lo guardò con una vena di passione che le attraversava lo sguardo mentre lui ritornava sopra di lei:《 Oh, ma allora ho un principe azzurro anche io. 》 
《 Al capitano Oscar Françoise de Jarjayes sorprende? 》disse lui abbassando sempre di più la voce. 
《 Da quando ho veramente capito chi siamo, no. 》
Ritornarono a baciarsi con sempre più ferocia, tirandosi le labbra l'una con l'altro mentre Andrè stava per ritornare a insinuarsi tra le sue gambe.
La lucidità mentale li stava per abbandonare nuovamente.
《 Oh santo cielo! 》 urlò qualcuno che probabilmente era appena entrato dalla porta che stava di fronte al letto a baldacchino.
I due si votarono ritornando ai loro posti, letteralmente spaventati: 《 N-nonna! - urlò Andrè - Ma cosa stai facendo? 》
La signora anziana, del tutto sconcertata dalla situazione che aveva appena visto e stroncato si ritrovava a tenersi allo stipite della porta con una mano sul petto:《 Vi stavo venendo a svegliare per dirvi che avevo preparato la colazione ... 》
Oscar si mise a sedere portandosi il lenzuolo all'altezza delle clavicole:《 Ora scendiamo, non preoccuparti nonna. 》
《 Ehm, sì certo. 》disse abbassando lo sguardo e richiudendosi la porta alle spalle sussurrando "nipote screanzato".
Alain guardava Esperanza che dormiva beatamente accanto a lei.
Avevano passato una notte in bianco, ma no nel modo a cui lui era abituato: Joseph aveva pianto per tutta la notte per un motivo o per un altro.
Sapeva che essere genitori non era un gioco da ragazzi, però non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto essere così stressante. Poi per lui era anche più stressante: era abituato a una vita piena di divertimento con donne, birra, amici con cui gironzolare la notte per le locande.
Non era certamente abituato a un bambino, a una moglie e a fuggire per salvarsi la vita; una posizione scomoda, non c'è che dire.
Avrebbe potuto mollare tutto, l'avrebbe potuto fare da un bel pezzo.
Ma non l'ha fatto e non lo farebbe mai.
Perché lei l'aveva legato senza volerlo a sentimenti talmente forti che, molto probabilmente, tutti insieme si potevano chiamare "felicità".
Lei era diventata la sua felicità, un suo bisogno, una sua necessità in tutto; anche se erano terribilmente diversi, terribilmente opposti e, a vederli da fuori, terribilmente lontani.
La non troppo lontana notte precedente al loro matrimonio però, gli aveva fatto aprire gli occhi e lo fece sentire perso; aveva capito forse fin troppo: Alain de Soisson era dipendente da una ragazzina che gli aveva letteralmente rubato il cuore. Era riuscito a farselo rubare da una ragazzina di soli sedici anni.
Lui.
Un grosso e rozzo militare della guardia metropolitana di Parigi.
Un uomo di ventisette anni. O almeno all'incirca, visto che ormai del suo compleanno ricordava solo la data.
La sua mano grande sfiorò il viso delicato e niveo di sua moglie.
Oltre a muovere su e giù il torace per il respiro, non mosse neanche un singolo muscolo: era crollata.
Era talmente pesante per lei badare a loro figlio: era così piccola.
Si sentì come uno che avesse sporcato uno degli esseri più puri che esistessero su quel pianeta.
Ultimamente se lo ripeteva in continuazione in quella testaccia.
Con la mano che poggiava sulla guancia di lei, scivolò lungo il collo fino al punto in cui la spalla rimaneva scoperta. La camicia da notte di Esperanza non era totalmente chiusa: sicuramente si era scordata di chiudere alcuni dei bottoncini per via della stanchezza dell'ultima poppata notturna.
Con il tocco dei polpastrelli scese leggero fino a dove il seno di lei gli vietava di toccare la zona dello sterno.
Da quanto tempo non la toccava?
Non le sfiorava i lineamenti perfetti della pancia piatta, dei fianchi e delle cosce?
Talmente tanto tempo che quasi se l'era scordato.
Ma no, che scemenza.
Con lei non si era scordato neanche una volta in cui le aveva fatto perdere il controllo del suo corpo insieme a lui, neanche una volta quando insieme erano sprofondati nel piacere, nella follia più pura e più comune a questo mondo.
Al contrario di Esperanza, per Alain non fu la prima volta a cadere su un letto con qualcuno per farlo, ma per Alain fu la prima volta in cui lo fece ridendo prima per prendersi in giro entrambi, fu la prima volta in cui si sentì un tutt’uno davvero con qualcuno.
Gli mancava talmente tanto poterla avere tutta per sé, gli sarebbe bastata anche un'ora solamente pur di poter sentire il suo sapore e il suo profumo di cannella; poterla toccare alla fine e sentire che aveva il suo stesso odore talmente erano rimasti uniti.
Dio, quanto l'amava.
Sentì nella culla accanto al loro letto Joseph che aveva cominciato a piangere, molto probabilmente si era svegliato e vedendo che nessuno era vicino a lui si stava cominciando a lamentare.
Suo figlio non sopportava la solitudine a quanto pareva.
Alain si alzò a torso nudo facendo in modo di non infastidire sua moglie che continuava a dormire beatamente e a passi felpati fece il giro del letto per arrivare alla culla prestata dai Jarjayes; secondo Marie era quella di Oscar.
《 Hey ... - lo chiamò a bassa voce mentre si sorgeva su di lui - Ti sei sentito solo, mio piccolo Joseph? 》
Il bambino sembrò calmarsi, ma continuava a farsi scendere dei lacrimoni. Lui lo prese cercando di essere più delicato possibile, aveva terribilmente paura di fargli male. Suo figlio gli ricordava Esperanza: era la sua versione al maschile e sembrava delicato quanto lei.
《 Sssh... 》continuò lui portandoselo al petto e dondolandolo pian piano.
Il bambino aveva cominciato a mugugnare, lui si calmava sempre quando c'era suo padre.
《 Non ti preoccupare Joseph, non permetterò mai che tu sia solo; non accadrà mai. Io sarò sempre con te in ogni istante della mia vita e anche dopo. Ora calmati e tranquillizzati, va tutti bene adesso. 》Alain lo cullò un'altro po' e lo portò a letto insieme a lui ed Esperanza. 
Per essere tutti insieme e felici.
《 Come mai i ragazzi non scendono? 》Marie portò un vassoio con dei biscotti e l'aveva adagiato sulla tavola della sala da pranzo.
《 Sicuramente stanno dormendo- iniziò Andrè prendendone uno- Joseph ha pianto per tutta la notte, si è calmato solamente nelle mattinate. 》
Marie sedette a tavola:《 Oh ... ma noi fra poco dovremmo partire, sono già le sette e mezza  e il viaggio è lungo, non dobbiamo perdere tempo. Per un viaggio del genere è meglio sprecare meno tempo possibile. 》
Oscar mangiò un secondo biscotto e disse:《 Magari gli vado a svegliare un attimo io. 》
Marron-Glacé pensò alla scena accaduta qualche minuto prima nella stanza di Oscar e tutta rossa la fermò dicendole:《 N-non è il caso, bambina ... Magari li disturbi. 》
《 Come hai fatto prima con noi due, nonna? 》 disse Andrè trastullato.
La nonna gli lanciò uno sguardo omicida:《 Che nipote screanzato che ho tirato su! Che sfrutta la mia Oscar! 》
Lui la guardò di sottecchi:《 Questa è nuova. Da quando in qua la sfrutterei? 》
Marie stava per rispondergli, ma Oscar la fermò dicendole:《 Sto salendo e stai tranquilla che non accadrà nulla. 》
Marie la guardò:《 Va bene Oscar, se proprio lo vuoi. 》
E la bionda non se lo fece ripetere due volte.
Salì velocemente le scale arrivando alla seconda porta a destra nel corridoio del piano superiore.
Bussò con moderazione e quasi immediatamente la porta le fu aperta da Alain che la guardava come se avesse fatto la ronda notturna:《 Buon giorno comandante. 》
Oscar cercò all'inizio di dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola quando si accorse che il suo ex sottoposto era totalmente a torso nudo davanti a lei.
La donna si girò di scatto:《 Per l'amor del cielo, Alain! Mettiti qualcosa! 》
Un secondo lui non capì ma quando scese lo sguardo sul suo petto privo di qualsiasi tessuto al di sopra si affrettò a dirle:《 Mi scusi comandante! Mi dia un secondo! 》
Socchiuse la porta e dopo poco ritornò all'uscio con una camicia lasciata pendente:《 Mi dispiace per prima ... Stavate dicendo? 》
Oscar si voltò verso di lui assicurandosi che si fosse conciato decentemente questa volta:《 Scusami se vi ho disturbato, ma dovremmo metterci presto in cammino. Quindi potreste raggiungerci in sala da pranzo per fare colazione? 》
Alain sembrò riprendersi un po' dal sonno pesante:《 Oh, certamente comandante. Vado immediatamente a svegliare Esperanza. Ci vediamo giù. 》e chiuse velocemente la porta.
Oscar sorrise e ritornò giù da Marie e ... dov'era Andrè? 
Vide la vecchia balia roteare il suo mestolo verso l'alto nei pressi di una credenza:《 Ma cosa sta accadendo qui? 》chiese Oscar guardandola perplessa.
L'anziana sembrò non farci minimamente caso e continuò a urlare:《 Scendi da lì, immediatamente! 》
Oscar, ancora più perplessa, alzò lo sguardo sopra la credenza di legno e vi ritrovò Andrè che sembrava nascondersi dalla nonna.
《 Andrè! - iniziò lei - Ma si può sapere che stai facendo lì sopra? 》 
Andrè la guardò:《 Secondo te? Mia nonna vorrebbe riempirmi di mestolate come una volta. 》
Oscar  sospirò e si mise a ridere:《 Vi prego ora calmatevi entrambi e ti prego di scendere. 》
Andrè caricò la valigia nel retro della carrozza:《 Oscar, siamo pronti a partire. 》la chiamò, ma la vide rimanere immobile a fissare un punto sotto gli alberi sul lato destro della dimora. Lei l'aveva osservato anche la scorsa serata dalla sala da ballo.
Lui le si avvicinò con cautela:《 Tutto apposto? 》e le cinse le spalle.
Lei si riprese dai suoi pensieri:《 Ti ricordi il mio tesoro? 》 
Andrè rifletté un secondo su dove volesse andare a parare:《 Intendi la trottola e il coltello dal manico rosso? 》disse con un tono leggero.
《 Sì, Andrè. - disse facendo un passo in avanti - Vorrei tanto riprenderlo per portare qualcosa della nostra infanzia con me ... 》
Lui le cinse le spalle:《 Non farlo Oscar, ho come la sensazione che un giorno ci servirà. Lì, proprio in quel punto. 》
Si voltò verso di lui:《 Pensi che un giorno torneremo? 》
Andrè le sorrise:《 L'abbiamo già fatto una volta, lo rifaremo nuovamente un giorno. 》
Si abbracciarono forte premendo i cappotti contro la pelle, poi Andrè si divincolò gentilmente dalla stretta e le porse un oggetto tra le mani:《 Ora sali, prima che si faccia troppo tardi. 》
Oscar abbassò lo sguardo e vide la sua spazzola che sarebbe dovuta essere sulla toilette.
***
Ho paura.
Credo sia normale.
Non mi ha fatto proferir parola per tutto il tragitto; volevo solo avvertirlo che la casa ormai è disabitata.
Andrè è fuggito via da me.
Ormai siamo quasi arrivati e ho sempre più paura di cosa mi possa fare. Non ci sono volti familiari che mi circondano,  anzi, di volti in realtà non ne vedo neanche uno.
L'uomo incappucciato è appena sceso da cavallo, mi guarda, ho i brividi.

《 È quella la casa? 》ha una voce bassa, roca.
《 Sì, ma ... 》
《 Silenzio! Devi stare zitta! 》

Si avvicina a essa con altri due uomini, toglie il legno che sprangava la porta.
Vorrei correre via, ma devo farmi vedere forte e menefreghista come ho fatto sempre: è l'unico modo per farmi vedere calma.
Sparisce lì dentro, sento dei rumori sordi che vengono da dentro: staranno buttando tutto all'aria.
Un attimo di tregua e il mio respiro lo sento pesante, quasi mi brucia ogni volta che respiro.
Penso che stiano per ritornare a lanciare i mobili e i cassetti delle stanze di sopra, ma non accade. 
Risento quella voce che urla, grida, quasi bestemmia.
Il cavallo su cui mi avevano fatto montare diventa irrequieto per un attimo e seguo l'istinto di tirare le redini.
Stanno scendendo le scale, i loro passi sono tonfi e sembrano che a ognuno di essi si avvicini l'entrata dell'inferno. L'uomo incappucciato esce come una furia dalla porta d'entrata, continua ad urlare, ma ormai non lo sento più. 
Ho talmente tanta paura che sbarro gli occhi mentre si avvicina a me e al resto della sua scorta agitando due ciondoli dorati gemelli tra loro. Hanno il legame con la collana che iniziano a sfera per poi stringersi e avere una forma a cristallo.
Urla ancora e si avvicina paurosamente a me.
Ho il cuore in gola.
Stringe fra le dita la mia gonna color pesca e mi tira giù dalla sella.
Comincio ad ansimare, non riesco nemmeno ad urlare; ogni parola possibile mi muore in gola.

《 Maledetta falsa puttana - continua a urlare - Hai mentito! 》
《 No, ve lo giuro. Ho provato ad avvisarvi, ma voi non mi avete dato il consenso per farlo. 》

Stringe la zona alta del mio corsetto provando ad alzarmi lui stesso con una forza piena di rabbia.
Sembra indeciso.
Mi lascia cadere a terra per darmi un ceffone subito dopo.
Vorrei piangere, urlare, scappare.
Ma non posso farlo, è troppo tardi.

《 Dammi un buon motivo per non ucciderti ora. 》dice cupo estraendo una spada dal fianco.
《 So che con loro c'era una donna di origine nobile e molto famosa qui in Francia, dovrebbe avere altre due dimore secondo quello che mi ha raccontato suo marito ... Forse potremmo scoprire qualcosa chiedendo ai servi. 》

Lo dissi in ginocchio portando le mani in alto e facendomi sfuggire una lacrima.
Mi era rimasta solo la mia vita, non avevo nient'altro. 
Un momento di silenzio, non voglio nemmeno guardare. Spero solo che la guancia che mi sta bruciando maledettamente ora, diventi meno dolorosa di una lama che mi attraversi il corpo.
Sto trattenendo il respiro, sono nel puro panico.
Poi la spada risuona chiusa nel suo fodero e io cerco di alzare lo sguardo, lo faccio con cautela.
Dice qualcosa agli altri ma, io non lo capisco; credo sia spagnolo.
L'uomo incappucciato mi strattona da un braccio per farmi mettere all'in piedi.

《 Sali immediatamente. - dice indicando il cavallo- E spero che tu abbia avuto un'idea abbastanza intelligente da permetterti di vivere. 》

Continuo a guardarla spaventata e salgo a cavallo prima che mi colpisca nuovamente.
Ho paura, ancor più di prima.
Vorrei scappare 
Vorrei solo essere felice.
Ma ormai sono in trappola.

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Capitolo 42
*** Under the masks. ***


Victor era appoggiato con la schiena su quella parete da minimo due ore, con la divisa cerulea senza la minima piega, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo perso nel vuoto.
Ormai da mesi pensava di lasciare quel suo incarico tanto ambito da quando aveva quindici anni.
Versailles era diventata pericolosa, Parigi lo era diventata, l'intera Francia lo era.
Ormai era anche ammalato di sifilide.
Maledetto quel giorno in cui Madamigella Oscar, ora Madam Grandier, l'aveva lasciato in mezzo a quel campo rossastro nella loro silenziosa passeggiata a cavallo. Maledetto in realtà ciò che aveva fatto lui subito dopo: uno del suo livello che se n'era andato a bere fino allo svenimento facendo anche un giro in un bordello.
Ma come aveva potuto?
Maledizione a lui stesso.
Almeno ora, per l'amor del cielo, avrebbe dovuto fare qualcosa di decente per sé stesso. Non avrebbe più dovuto mettere neanche un singolo piede in quel posto.
Sentì dei passi provenire lungo la Sala degli Specchi e si ricompose immediatamente, se qualcuno l'avrebbe visto in quel modo non sarebbe di certo stato un granché.
Si voltò a vedere di chi fossero e con sorpresa, davanti a lui vide il generale de Jarjayes venirgli pian piano incontro.
《 Generale! 》Victor fece il saluto militare.
Il vecchio uomo sorrise in un modo in cui, il soldato, non avrebbe mai pensato di poter vedere in vita sua.
《 Riposo, Girodelle. Non servono più questi atteggiamenti verso uno come me. 》
Il volto dell'uomo era stanco, le rughe erano molte e inchinò per un momento il capo come in cenno di saluto per continuare il suo cammino al di là della stanza.
《 Generale, come sta Madamigella Oscar? 》chiese in un attimo il giovane uomo.
Augustin si morse leggermente le labbra:《 Sta male conte ... Ed è anche in pericolo ... 》
Il militare sobbalzò: un ambo terribile aveva circondato Oscar.
Ma almeno doveva essere un po' felice, quando le aveva detto addio l'ultima volta ad Arras aveva un bellissimo pancione che la rendeva ancora più bella. Ora sarebbe stata sicuramente con quella creatura tra le braccia.
Già la immaginava, seduta su una delle poltrone di casa sua mentre allattava il suo bambino: lo immaginava uguale a lei.
《 Ma ha partorito? Il bambino come sta? 》
Gli sembrò che il generale quasi si sarebbe messo a singhiozzare per come disse con voce tremante:《 Non ce l'ha fatta ... È nato morto ... 》
Victor si sentì stringere il cuore in una terribile morsa.
Non sarebbe dovuto accadere, non a lei che era l'unica donna che amava.
Non sarebbe dovuta accadere a una creatura innocente come quella: un neonato.
Non un bambino, ma un neonato così fragile e puro.
《 M-mi dispiace ... Io ... 》
Augustin alzò una mano nel senso di tacere:《 Non occorre, ma se tu potessi fare la minima cosa almeno per salvarla sarei davvero felice. 》
Gli parlava con il cuore in mano.
Il vecchio uomo sapeva perfettamente che riuscivano a proteggersi egregiamente i suoi ragazzi, ma l'aveva capito da come aveva parlato Esperanza: non erano uomini qualunque quelli che erano sulle sue tracce.
Se avesse potuto muoversi in qualche modo avrebbe tentato di fare qualunque cosa pur di salvarla, ma era già con le mani legate.
Girodelle si avvicinò al generale facendo risuonare i tacchi sul parquet lucido della sala:《 Generale, spiegatemi la situazione. Cercherò di fare quel che posso. 》

***

Girodelle e Augustin erano lungo la via di casa Jarjayes, il primo in sella al suo destriero dun scuro mentre il secondo sedeva comodo al finestrino della carrozza spoglia di stemmi, per il pericolo delle strade in cui si passava.
Non erano riusciti a parlare di ciò che stesse accadendo alla nuova famiglia di Madamigella Oscar; il generale era stato chiamato da un pagio per andare a conversare con i sovrani di tutto ciò che era accaduto fino all'ultimo incontro con Oscar e Maria Antonietta.
《 Cosa cercavate di dirmi Generale? Ora dovremmo essere tranquilli. 》
Il generale si schiarì la voce e si sporse al finestrino spostando la tendina bordeaux con una mano:《 Capitano Girodelle, vedete, dopo quell'incontro acceso di molto tempo fa che abbiamo avuto, Oscar e tutta la famiglia è stata molto male. Oltre ai semplici battibecchi che si hanno normalmente, sono sopraggiunti vari problemi: Oscar e Andrè hanno perso loro figlio, il mio nipotino troppo piccolo per essere strappato alla vita e il caso ha voluto così che mia figlia si ammalasse nuovamente di tubercolosi; oltre a questo, sono sopraggiunti degli uomini che abbiamo scoperto che sono sulle traccia della madamigella che viveva con noi: Esperanza ... 》
Lo sguardo tra l'ardesia e il gridellino di Victor lo scrutò davvero preoccupato. Sperò con tutto il suo cuore che ciò che stesse per dire il generale non sarebbe equivalso alla possibile perdita di Madamigella Oscar in maniera permanente.
《 Conte ... forse io non dovrei raccontarvi tutto ciò. È pur sempre la donna che vi ha disonorato, che non vi ha accettato e, al suo posto, ha sposato un plebeo. Io medesimo vi ho cacciato dalla mia casa e ... 》
《 Non si preoccupi, generale - lo fermò Girodelle - Ho sempre molta stima nei suoi confronti e di sua figlia. 》
Augusti si sentì sollevato: odiava avere nemici, specialmente di quel genere.
Il capitano era un vero e proprio nobile francese a tutti gli effetti, fino a uno dei ricami della sua divisa: perfetto, certo, ma talmente nobile da poter essere malvagio.
Augustin era un bravo osservatore, dopo tutti quegli anni a Versailles era riuscito a comprendere "l'anima" delle persone con un semplice sguardo agli occhi; e quei occhi ardesia lo dicevano precisamente che tutto ciò che il facesse, avrebbe avuto sempre un secondo fine.
Il generale, chiedendo aiuto a lui, stava rischiando di rovinare gli equilibri che vi erano nella sua famiglia; ma un padre che aveva solo da recuperare l'amore non dato, cosa avrebbe mai potuto fare? L'unica cosa che era rimastogli era agire nell'ombra per essere la stessa ombra dei suoi figli.
Questa volta non avrebbe più agito tardi, lo avrebbe direttamente prevenuto.
Sapeva perfettamente che Oscar rischiava maggiormente sotto l'attacco degli uomini di cui parlava Esperanza che sotto le grinfie di Girodelle: sicuramente suo genero sarebbe stato in grado di far filare dritto uno come lui, senza scordare del commilitone Alain, che di umano aveva solo le sembianze, il resto era un intruglio tra un armadio a due ante e qualcos'altro di altrettanto grosso.
《 Siete preoccupato che la possano uccidere, non è vero? 》 l'uomo che aveva preso il posto di Oscar alla reggia di Versailles spezzò il fiume di pensieri che aleggiavano nella mente del generale.
《 Come avete detto? 》disse guardandolo Augustin, dopo aver leggermente scosso la testa.
《 Avete che madamigella Oscar venga uccisa insieme alla sua famiglia da quegli uomini. 》 disse nuovamente Girodelle mentre guardava la via di ciottoli che portavano alla magione de Jarjayes e il vento cominciava a portare indietro i suoi capelli castani.
Augustin si sistemò sul sedile della carrozza e rassegnato disse un roco "sì".
Victor piegò il lato destro delle sue labbra verso sinistra, in un piccolo risolino:《 Non vi preoccupate signor generale - iniziò mentre i cancelli del casato si cominciavano a intravedere come una minuscola chiazza stonata nella natura che gli accerchiava - Conoscendola sarà sicuramente in grado di cavarsela. 》
Augustin sospirò dandosi quasi dello stupido per tutto quello che aveva pensato:《 Avete ragione capitano Girodelle: ho cresciuto Oscar come un vero soldato, non mi dovrei preoccupare di una cosa simile. 》
《 Signor generale? 》 lo chiamò piano il giovane.
《 Sì, conte de Girodelle? 》
《 Aspettavate ospiti? 》
Il generale lo guardò interrogativo:《 Perché mi chiedete codesta cosa? 》
Girodelle:《 Dai cancelli stanno uscendo delle persone incappucciate. 》
Il tono sommesso e la dichiarazione di Girodelle gli fece perdere un battito e si affacciò dal finestrino abbastanza da poter vedere i cancelli.
Saranno stati sette, massimo dieci, e sicuramente erano quei uomini incappucciati che inseguivano la principessa Esperanza.
All'inizio sembrò che non facessero caso alla vicinanza sempre più minimizzata con la carrozza dove viaggiava il padrone di casa e sembrò che stessero decidendo sul da farsi, ma qualcuno che non era affatto incappucciato, piuttosto era vestito con un vestito alquanto chiaro, indicò terrorizzato le persone in avvicinamento e si videro correre via verso il lato sinistro del prato.
《 Vado a inseguirli. 》 sentenziò Victor pronto a spronare il cavallo.
《 Fermatevi. 》 lo richiamò il generale.
Girodelle lo guardò come sconcertato:《 Ma ... 》
《 Nessun "ma" conte; prima voglio vedere cosa vi facevano in casa mia. Ormai voglio essere sicuro prima di muovermi a sproposito. 》

***

《 Grazie al cielo, signore siete venuto! 》 Karine, una delle poche domestiche rimaste al servizio del casato, quasi si mise a piangere alla vista del padrone che fece accomodare velocemente insieme all'uomo che lo seguiva.
《 Dimmi, cos'è accaduto? 》 disse con fermezza il generale.
La donna sulla quarantina tirò su col naso:《 Oh signore, son venuti! Son venuti dei strani tizi con un cappuccio che gli copriva la faccia, tranne a una che a me, onestamente, pareva una signorina. 》
Augustin e Victor si scambiarono uno sguardo, dimostrando che il loro presentimento era vero:《 E dimmi - continuò il generale - cos'hanno fatto? 》
《 Oh signore - ricominciò lei tirando nuovamente su col naso - Hanno chiesto della cara madamigella Oscar, Andrè e degli altri che si erano fermati per la notte ... Io non volevo parlare, gli dissi semplicemente che se n'erano andati da giorni ormai ... 》
Il generale serrò gli occhi mentre Victor si avvicinò pericolosamente alla donna:《 E non hai proferito più parola, non è vero? 》
Karine abbassò lo sguardo verso il pavimento facendo notare dei fili bianchi e biondi che scivolavano dalla cuffietta bianca e cadevano sulle sue palpebre, non proferiva parola.
Girodelle le prese con forza le braccia:《 Parlate! Cosa avete detto? 》
《 Ecco ... 》 cercò di dire lei bloccandosi immediatamente dopo e inghiottendo un nodo amare.
Victor la scuotè deciso:《 Sto cominciando a perdere la pazienza! 》come se, in realtà, non l'avesse già persa.
《 Io ho - ricominciò Karine cercando di far tremare il meno possibile la voce - Ho detto che sapevo solo che stavano andando verso le Alpi... 》
《 Cosa? 》 disse con tono grave Augustin, precedendo Girodelle che aveva lasciato pesantemente la presa.
Il generale cercò in tutti i modi di non scomporsi più del dovuto: da quando con lui non c'era più Marie non era più tranquillo come prima; si sentiva sempre più solo e questo vuoto veniva ingrandito anche dalla lontananza della sua figlia più amata. E le persone che sono sole non devono far altro che cercare di creare un muro tra loro e il resto del mondo così nessuno si accorgerà del loro dolore e saranno finti invincibili.
Karine cominciò a piangere fortemente facendosi cadere a terra lasciando che il grembiule bianco sul vestito blu polvere si slacciasse al piccolo strattone del ginocchio sulla mattonella:《 Mi hanno minacciata, mi scusiate!Un coltello! Un coltello al petto mi hanno puntato e il core mi è arrivato su nella gola! 》
《 Quindi sono arrivati fin a questo punto ... - rifletté ad alta voce Augustin portandosi in principio il pollice e l'indice al mento per poi rendere un sospiro profondo, sistemarsi la giacca di seta bordeaux e dirigersi verso la porta a passo veloce - Karine, quando Madam Margueritte rientrerà da Versailles ditele che non so se riederò a casa. 》e prese tra le dita la maniglia dorata dell'uscio che portava alla piccola scalinata esterna di marmo bianco.
La domestica si alzò velocemente da terra, stringendosi il grembiule tra i palmi delle due mani e lo sguardo visibilmente preoccupato. Voleva proferire parola, ma Victor fu più veloce e quasi gli corse dietro:《 Generale de Jarjayes, cosa vorreste fare? 》
Lui lo guardò di sottecchi:《 Ripagare ciò che ho tralasciato per tutto questo tempo, accecato dal mio egoismo e dai miei sporchi desideri. 》
Girodelle non si diede per vinto e con la sua uniforme cerulea si avvicinò ancor di più all'uomo ormai anziano:《 Ma signore, è pericoloso! 》
Il generale sorrise amaramente:《 Non c'è da preoccuparsi per me: la mia vita è quasi giunta alla fine. Meglio morire per chi si ama che rimanere in vita e vedere chi si ama morire. 》
In quel momento gli occhi ardesia del capitano si abbassarono sul pavimento e cominciarono a cercare un appiglio, un aiuto: magari se fosse andato lui, Oscar sarebbe stata capace di amarlo più di Andrè. Le avrebbe potuto salvare la vita e sarebbe andato come i piani che erano stati annullati quasi un anno fa. Era uno stolto, ma non importava. Doveva giocare per bene le sue carte, quelle poche che gli rimanevano, e doveva solo pregare che l'amore l'avrebbe baciato una volta per tutte insieme alla fortuna ... anche se quest'ultima era più difficile trovarla.
《 Vado io - disse d'un fiato Victor e cercando dentro di sé una valida scusante - Voi siete troppo importante per Madamigella Oscar e se decidesse di tornare da chi potrebbe andare se non da voi, generale? 》
L'uomo si girò per metà verso di lui, facendo che i suoi occhi azzurri sfiorassero quelli del giovane; non proferì parola, aspettò delle altre da parte di Girodelle che cercò di manovrare ancora una volta la mente dell'altro:《 Lasciate che vada io, magari riuscirò a fare di più essendo che sono il capitano delle guardie reali e potrei reclutare alcuni soldati da portare con me. 》
Augustin sbuffò un attimo nel tentativo di bloccare una risata:《 Girodelle, siamo in rivoluzione! Come potete pensare di prendere degli uomini e, ancor di più, allontanarvi da Versailles talmente tanto da arrivare al confine con le Alpi? 》
Victor sogghignò:《 Non c'è da preoccuparsi per questo: esistono le scusanti. 》

***

《 Ci fermiamo qui. È già giunta la sera, faremo riposare i cavalli. Laggiù c'è una locanda. 》 disse Alain a gran voce verso la carrozza dietro la sua guidata da Andrè.
L'uomo dall'occhio verde cercò di mettere a fuoco una figura alquanto sfocata:《 Va bene. Fai strada tu. 》
L'omone annuì dando un colpo secco con le redini dei due cavalli portandoli sul vicolo sterrato che si divideva in due rami: uno che portava nella locanda e l'altro che portava alle scuderie.
Era il tramonto e l'erba sembrava infuocata mentre le nuvole sembravano batuffoli di cotone colorato di rosa insieme al cielo.
Oscar si affacciò dal finestrino della carrozza spostando una tendina, il vetro era stato distrutto dalla delicatezza di Alain nell'appoggiarsi con tutto il suo, non trascurabile, peso proprio lì; proprio nella pausa pranzo di qualche ora addietro.
Il ciuffo di Oscar che toccava l'aria dell'esterno divenne dorato mentre i suoi occhi divennero impossibili da descrivere tale era il colore che li avvolgeva.
Era stanca del viaggio, le gambe le dolevano insieme a tutto il resto del corpo e l'aria frizzantina che riusciva a respirare la faceva sentire meglio: i suoi polmoni quasi sembravano liberati da tutto, anche se sapeva perfettamente che era semplicemente una sensazione. I suoi occhi lapislazzulo era leggermente lucidi dalla stanchezza, ma rimaneva a guardare il paesaggio che si muoveva intorno a lei: la piccola parte di valle era circondata da alberi e colline, in lontananza si poteva sentire anche lo scorrere dell'Isère. Erano a La Tronche nel cantone di Meylan creato il 4 marzo di quell'anno; quella mattina erano partiti molto presto, appena fuori Lione: non volevano fermarsi dentro le città: meno occhi gli vedevano, più era meglio.
Ormai erano giorni che viaggiavano e dopo oltre cinque giorni di viaggio erano finalmente arrivati a quel punto.
Il viaggio era così lungo e più i giorni passavano, più Oscar aveva paura di non farcela: dal giorno della sua ricaduta non era difficile riposarsi, ma lo stress lo sentiva perfettamente.
Chiaro e lucido come una lama che trapassa le carni.
Aveva paura di non farcela fino alla Sicilia.
Ma fortunatamente c'era Andrè con lei che la rassicurava sempre, ogni giorno, anche se in realtà, dentro, aveva un grande peso. Lo vedeva fin troppo bene anche se lui diceva di non esser vero, lo vedeva perfettamente lei: il suo sguardo che era a pochi passi dall'essere totalmente spento lo gridava rumorosamente. Anche lui aveva perso un figlio, anche lui stava male, anche lui stava soffrendo, anche lui non avrebbe voluto far altro che piangere mentre l'abbracciava, malata per com'era.
Lo ammirava così tanto: con la forza di un leone affrontava silenziosamente quel forte dolore che distrugge anche le persone più insensibili.
Andrè, ogni notte, le ripeteva che sarebbe andato tutto a meraviglia, che per il suo compleanno sarebbero riusciti a festeggiare nella loro nuova dimora con una nuova parte della famiglia che sembrava allargarsi a macchia d'olio; Oscar sorrideva per rispondergli e non farlo allarmare, ma dentro sentiva sempre più vicino il freddo della morte che si dilaniava nella sua bocca con il sapore metallico del sangue.
Oscar si voltò nella direzione presa dalle carrozze potendo così scorgere la locanda e la stalla, almeno all'esterno.
La locanda era un grande chalet con una scritta ben dipinta sul muro bianco che alternava il legno sulla parte inferiore e la pietra sulla parte superiore; c'erano alcune luci provenienti dalle finestre che erano abbellite da qualche fiore; molte di più erano le luci che provenivano dall'entrata: molto probabilmente quella era una delle locande che servivano i passanti più lussuosi.
Meglio per loro, o almeno per lei ed Andrè che erano felicemente abituati a dei bagni caldi qualunque volta servissero.
La stalla era d'un'altra avvisaglia: era costituita da un legno talmente marcio e putrido che, ad Oscar, sembrava fosse un miracolo il fatto che riuscisse a non cedere; era aperta solo nel versante dell'entrata dove, a frenare la qualunque via di fuga delle bestie, vi erano dei blocchi a recinto; l'odore che "animava" la stalla sapeva prevalentemente di melma, polvere e muffa, solo in secondo luogo sopraggiungeva un lieve odore di fieno e mangime.
Oscar si rimise a sedere precipitosamente sul sedile, spostando la tendina e tappandosi il naso con il fazzoletto che teneva nella tasca della giacca bordeaux.
《 Dovrete cominciare ad abituarvi. 》 sussurrò piano Marie sistemandosi lo scialle viola dopo un lungo sonno.
La donna bionda la guardò un po' di traverso: perché? André non era un plebeo come tutti gli altri; come lei amava il profumo che si può sentire negli ambienti ed è sempre stato abituato quanto lei a delle stalle decenti e non putride come quella.
Marie la guardò con gli occhi leggermente gonfi dal sonno oltre le lenti, conosceva quello sguardo. Sapeva che non era uno sguardo cattivo, sul disgusto e il sorpreso.
Se fossero rimasti ad Arras non avrebbe osato dire certe parole, ma attraverso i racconti della madre di Andrè era riuscita ad immaginare un po' la terra che li avrebbe accolti ... e per Oscar poteva non essere di pieno gradimento.
《 Mi sono potuta immaginare il paesino dove ci stiamo dirigendo attraverso i racconti di mia nuora. Sono persone molto aperte e molto ospitali, ma il luogo sarà molto ... non abituale per voi madamigella Oscar, ecco. 》
Oscar abbassò il fazzoletto di seta bianca in modo da poter parlare cordialmente:《 Quindi è questa la vita che mi aspetta? 》
Lei abbassò lo sguardo fino al pezzo di seta che stringeva fortemente in un pugno.
Era abituata a un mondo pulito, luminoso, sgargiante, pieno di profumi e delicatezza, dove non c'era il pericolo di povertà e di poter pagare un medico quando si stava male. Neanche nella loro casa di Arras.
Andrè faceva un lavoretto nella casa del falegname che gli permetteva di essere abbastanza presente; poi era giunto suo padre e il generale non faceva mancare mai nulla.
Stava per iniziare una vita completamente differente ed ebbe paura a non riuscire a fare tutto ciò.
Qualcuno le avrebbe potuto suggerire di scappare: non era troppo tardi, non era nemmeno sposata.
Ma amava Andrè e questa era la cosa che le avrebbe fatto superare qualunque cosa.
《 Forse. 》rispose Marie.
Oscar sorrise leggermente:《 Cercherò di abituarmi al più presto. 》

La carrozza si fermò in un angolino buio.
Si sentirono i tonfi dei piedi dei due uomini che scendevano dalle carrozze per andare ad aprire gli sportelli.
《 Siamo arrivati! 》 il gran vocione di Alain si fece sentire perfettamente mentre apriva la portiera ad Esperanza gli diede un pugno in testa: 《 Alain! - cercò di sgridarlo a bassa voce - Non gridare che svegli il bambino! 》
L'uomo roteò gli occhi:《 Ma se Joseph sembra ogni volta che vada in letargo! 》
Mentre la portiera di Oscar veniva gentilmente aperta dal suo Andrè, non poté far a meno di ridere sotto i baffi.
《 Hai viaggiato bene? 》 chiese Andrè con amore, con la sua voce calda che le avrebbe dato il sapore di casa ovunque lei andasse e il suo, ormai unico, occhio verde smeraldo che con dolce affetto la invitava a prendergli il palmo arrossato e sudato dalle ore in cui stringeva le redini saldamente.
《 Sì Andrè, grazie. 》 rispose lei con la sua voce calma, quella tranquilla che si poteva sentire quando parlavano semplicemente fra di loro e non dovevano mostrarsi a terze persone.
Marie guardò silenziosamente la scena, sorridendo a cuore caldo.
Com'erano belli i suoi bambini.
Facevano i grandi, gli adulti.
Ma, in fondo, erano rimasti piccoli e pieni d'amore.
Le stava per sfuggire una lacrima, rimanendo al ricordo di quelle piccole pesti che correvano per tutto il palazzo Jarjayes e ridevano forte. Li ricorda ancora quando quelle risate arrivavano fino alla cucina e, anche se li sgridava, non poteva far a meno di sorridere. Sorrideva di gioia perché loro erano gioia e il padrone, questo, non lo vedeva. Se solo ora se ne accorgessero che sono rimasti tale cosa bella, Marie sarebbe sicura che si sentirebbero molto meglio.
Marie lo sa bene, loro sono ciechi, ma sa bene che sarebbero capaci di far cambiare il mondo.
《 Nonna - la chiamò Andrè - Vieni, dammi la mano che ti aiuto a scendere. 》
Com'era bello suo nipote, lo maltrattava senza volerlo, forse per abitudine, ma era cresciuto facendola essere fiera di lui. Se solo suo figlio avesse potuto vedere com'è diventato ora ...
Se solo sua madre sarebbe riuscita a vederlo ...
Come le mancavano ...
《 Nonna? 》 la chiamò Andrè.
Lei si riprese un attimo dai ricordi:《 Oh scusami Andrè: è la stanchezza. 》
Lui le sorrise con gentilezza:《 Non ti preoccupare: è comprensibile. 》

Uscirono dalle stalle putride e si avviarono verso il giardino verde ormai baciato dai raggi della luna argentata. Ognuno portava con sé una valigia con l'essenziale e con le monete che servivano per il viaggio.
Alain aprì la porta di legno della grande locanda con la spalla facendo sì che si mostrasse un'ampia sala con qualche persona seduta ai tavolini.
La sala era composta da un parquet sicuramente non lucido, ma non sporco; le pareti erano color panna con dei disegni di uomini e donne al lavoro che il tempo aveva leggermente sgretolato; la luce era abbastanza diffusa in tutta sala, dalla zona sulla sinistra dove si trovavano le scale che portavano ai piani superiori e dove al lato si trovava un bancone, fino alla zona sulla destra dove si trovavano dei tavoli e un altro bancone dove poter ordinare da bere.
Il gruppo entrò guardandosi attorno, accorgendosi che quello era il posto più decente in cui potessero dormire dopo aver lasciato il palazzo Jarjayes.
Andrè si avvicinò al bancone che si trovava accanto alle scale, posando la valigia al suolo e guardando in giro se ci fosse una macchia sfocata che potesse essere una persona.
《 C'è qualcuno che ci può aiutare? 》fece a bassa voce, quasi spaventato che i suoi compagni lo prendessero in giro se loro avessero visto una qualche figura che si trovava di fronte a lui.
Dall'altra parte una donna robusta sbucò da sotto la penisola, tutta affaticata col volto paonazzo e degli occhi castani e piccoli che lo scrutarono un attimo:《 Salve! Mi possiate scusare è che qui ci sono così tante cose che se, di tanto in tanto, non dessi una sistemata non so cosa potrebbe accadere! 》
Si ricompose un attimo sistemandosi la crocchia nera che, ammosciata, le tratteneva i capelli:《 Desiderate? 》
《 Vorremmo tre camere per una sola notte. 》
I piccoli e neri occhi della donna si sbarrarono un istante e le sue mani si misero a giocare con il grembiule che portava legato sui fianchi larghi:《 Oddio, non credo di avere tre camere, ma lasciatemi controllare. 》
La signora sparì nuovamente verso giù, nascosta dal bancone, seguita da un incessante rumore metallico e cartaceo.
Come era sparita riapparve, di nuovo paonazza come il fazzoletto rosso di Alain:《 Mi dispiace ne ho solo due a disposizione ... L'unico modo sarebbe che almeno tre persone dormano nella stessa camera. 》
L'occhio smeraldino incrociò lo sguardo blu di Oscar, mostrando la loro rassegnazione a un ennesimo giorno con la nonna che dormiva con loro; non che non volesse sua nonna, che se ne riguardasse, ma lui avrebbe voluto un momento per stare un po' da solo con sua moglie.
Oscar sospirò leggermente, ma si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla e sorridendogli amorevolmente:《 Non fa niente Andrè, vuol dire che avremmo più tempo per noi quando arriveremo nella nuova casa. 》
Lui, ora leggermente più tranquillo ma, con un nodo al cuore si lasciò rassegnato ad accennare un "sì" con la testa.
Andrè si girò verso la donna al di là del bancone polveroso di legno:《 Va bene, grazie. Mi può dare le chiavi. 》
La signora mise sulla mensola le due chiavi che già teneva in mano.
Senza dire nulla Andrè le prese porgendone una ad Alain a cui notò uno strano sguardo che concedeva al vuoto.
Così riprese la valigia che aveva posato al suolo e si avviò verso le scale seguito dal gruppo.
《 Le ultime due, vicino la finestra del primo piano! 》 disse a gran voce la donna prima che sparissero al piano superiore.
Lasciate le scale appiccicose, di cui Oscar ed Esperanza non avrebbero minimamente voluto sapere il motivo e da quanto non venivano almeno spazzate, arrivarono in corridoio spoglio con l'unico addobbo erano le porte che fredde celavano gli spazi notturni.
Fecero qualche passo in avanti verso la fine del corridoio dove vi era una finestra che dava sull'inizio della boscaglia, oltre le stalle costeggiate dal sentiero da dov'erano venuti.
Si sentì un tonfo rompere il silenzio gelante della sera.
Oscar e Andrè si girarono verso il resto del gruppo vedendo che Alain aveva, per sbaglio, urtato la valigia di Marron-Glacé facendogliela cadere sul pavimento.
Joseph aveva cominciato a piangere ed Esperanza cercò di cullarlo per farlo calmare e fare silenzio.
《 Scusate, colpa mia. 》 si affrettò a dire Alain mentre la raccoglieva da terra per risorgerla alla sua padrona.
Senza dire nulla la coppia ritornò sui suoi passi dove l'uomo quasi fu infastidito dal rumorio di alcuni bisbigli al loro retro.
In alcuni passi scricchiolanti arrivarono davanti agli usci cupi delle loro camere.
Andrè prese la chiave dalla tasca della giacca marrone e la fece scattare con un colpo secco nella serratura. Con una mano aprì completamente facendo spazio Oscar che attraversò la soglia per poi girarsi verso Marie.
《 Nonna - disse Andrè con la sua voce stanca - Vieni, così possiamo riposare tranquillamente. 》 ma la vide entrare nella stanza di Alain ed Esperanza.
《 Nonna, che stai facendo? 》 disse il nipote che non riusciva a trovare a una qualche spiegazione all'accaduto.
I tre sorrisero:《 Questa notte dormirò con loro. Anche voi avete bisogno di un po' di tranquillità. 》
Oscar e Andrè rimasero per un secondo immobili, a guardarli ad occhi sgranati ed increduli.
Quella notte loro sarebbero davvero rimasti da soli?
No, stavano facendo sicuramente uno scherzo di pessimo gusto per far sì che si potessero prendere gioco di loro.
《 Siete sicura? 》 riformulò Oscar cercando di sgamare l'intrigo.
《 Sicurissima, alla fine facciamo parte tutti di una stessa famiglia. 》
Erano entrambi esterrefatti, ma mai così felici.
Una notte.
Una notte sola dove uno poteva amare l'altro senza paura.
Una notte.
Una notte sola dove si potevano mostrare nudi davanti all'altro senza vergogna.
Sarebbe bastata.
Andrè cercò di trattenere il filo di gioia che gli percorreva la schiena facendogliela rabbrividire:《 V-Va bene, se per te va bene così. 》
Alain ed Esperanza entrarono nella camera:《 A domani ragazzi, buona notte. 》
《 Buona notte a voi. 》 disse con dolcezza Oscar.
Nanny salutò con amore la sua bambina dandole un bacio sulla fronte, poi si avvicinò ad Andrè a cui accarezzò con delicatezza il volto e cercò di sussurrargli all'orecchio:《 Mi raccomando di non fare le ore troppo piccole che domani, alle sette, dovremmo già essere in marcia. Se no assaggerete entrambi il mio mestolo. Chiaro, nipote screanzato? 》
Lui la guardò un attimo alquanto incredulo ma poi annuì con la testa cercando di trattenersi una risata mordendosi le labbra.
Così le porte si chiusero, facendo rimanere finalmente da soli i due compagni di vita.
La stanza era essenziale per ciò che serviva: un letto matrimoniale con una coperta nell'angolo destro della camera; di fronte esso, al muro sulla destra della porta vi era un armadio; avanti la porta, che era ad angolo retto, si trovava una sedia e un tavolino a cui accanto vi era un catino da camera di ferro battuto e la ciotola in rame. Così, a chiudere il giro, più avanti del catino c'era una grande finestra che dava sul bosco scuro e la pace assoluta.
Oscar e Andrè posarono le loro valigie sul tavolino per poi dirigersi verso la finestra per aprirla leggermente e far arieggiare lo spazio.
Senza dire una parola si tolsero le giacche per lasciarle sullo schienale della sedia.
Sembravano ritornati all'inizio, alla loro prima volta quando erano ignoranti l'uno del corpo dell'altra.
E così rimaneva il silenzio, gelato e metallico, al senso di gola secca.
Oscar era rimasta a sfiorare i cappotti disegnando cerchi invisibili sul tessuto, Andrè rimaneva a guardarla ai piedi del letto.
《 Abbiamo sperato tanto in un momento come questo - iniziò lei - E ora ci comportiamo come se tutto non fosse mai accaduto. 》 era un pensiero a voce alta, nulla di più.
《 È vero ... - disse Andrè abbassando lo sguardo al pavimento - Solo che a volte è come se avessi paura di poterti fare del male. 》
La donna non si voltò, non facendo vedere che aveva aggrottato le sopracciglia e con voce ferma continuò:《 Del male? Andrè perché pensi a una cosa simile? 》
Sentì il respirò del suo uomo lasciarsi andare per un istante:《 Non ricordi cosa stavo per farti quando mi dicesti che non ti sarebbe più servito il mio aiuto? 》
Oscar girò gli occhi:《 Ma Andrè ... 》
《 No Oscar, non era diverso. Io stavo per farti ancora più male di quel che già ti avevo fatto. 》 il tono di lui era più grave.
《 Bene, ma allora spiegami cosa c'entra tutto ciò con ora. 》
Andrè stava per rispondere qualcosa, ma rimase un attimo a riflettere capendo da solo che stava facendo lo stupido, che lo stress del viaggio si stava intromettendo fra lui e la sua amata.
Pian piano si avvicinò a lei per poi avvolgere la sua pancia con i suoi avambracci e affondare il volto tra il collo, la spalla e i boccoli di lei.
《 Scusami Oscar, è che siamo stanco. Non è da me comportarmi così. 》
Lei rilassò il volto in un sorriso e si girò verso di lui prendendogli il viso tra le mani che con le dita gli accarezzavano dolcemente le guancie:《 Non preoccuparti Andrè, nessuno di noi è in ottima forma. 》
《 Oscar - la chiamò lui piano, mostrando il suo occhio verde che brillava di lacrime che cercava di trattenere - Non è da me: ho voglia di piangere. 》
Lei sbarrò gli occhi:《 Perché, amore mio? Cosa succede? 》
《 Oh Oscar, vorrei che noi fossimo felici. Ma da quando io sono con te non più da semplice attendente sembra che tutto vada storto: forse è tutta colpa mia. 》lui riaffondò il viso tra la spalla e il collo di lei che si affrettò a stringerlo in un forte abbraccio:《 Non è vero Andrè, non è nulla colpa tua. Al contrario sembra che giri tutto per il verso giusto. 》
Quanto le faceva male vedere il suo compagno in quel modo, aveva sempre odiato vederlo piangere e aveva sempre cercato di fargli tornare il sorriso il prima possibile; ma quella volta era meglio lasciarlo piangere, lasciarlo sfogare. Lui le aveva sempre concesso di farlo: era ora di restituirgli il favore.
《 Non è vero Oscar, non dire certe menzogne. Non puoi dire che tutto va per il verso giusto. Oscar: noi abbiamo perso nostro figlio! Il segno che quella notte di luglio è esistita veramente, il segno del nostro amore. Non sai quanto lo desideravo quel bambino, quanto desideravo essere padre e ancor più essere il padre di tuo figlio. 》
Lei lo strinse ancora più forte, pregando nella sua mente che il nodo nella sua gola non sarebbe riuscito ad uscire.
Doveva essere forte per una volta, una volta sola.
《 Andrè ... - cercò di dire - Noi ... 》 sentì i singhiozzi di Andrè farsi sempre più forti e che ogni lacrima che scendeva le trafiggeva il cuore come una lama affilata.
Oscar respirò affannosamente per un attimo, guardando disperatamente la stanza buia alla ricerca di qualche soluzione finché come se si riprendesse in un momento. Così riprese con forza e determinazione il volto di lui tra le mani facendo sì che la guardasse fissa negli occhi:《 Andrè, basta! Ascoltami bene - la voce un po' più alta di quella che aveva tenuto fino ad allora e severa, quella del comandante - Noi saremo felici, ce la caveremo come abbiamo sempre fatto. Andrè: noi possiamo. 》
Lui non disse nulla, ma annuì velocemente col capo riuscendo a calmarsi sempre di più e riprendere lucidità.
《 Amore mio, siamo insieme: cosa può importarci di più? 》 gli accarezzò il viso passandogli le dita da sotto gli occhi sino al mento, asciugandogli le lacrime.
《 Sì, hai ragione. 》 disse lui facendo un piccolo sorriso.
Contenta del fatto di essere riuscita a rassicurarlo, Oscar gli strinse le mani e lo fece accomodare sulla sedia di legno.
Andrè sembrava un bambino che era appena stato sgridato: gli occhi gonfi e rossicci gli asciugava prepotentemente tamponandoli con il polsino della camicia mentre tirava sul col naso.
In quel momento, in quella serata, il bambino che avevano perso non li avrebbe dovuto attraversare più la mente. In quel momento il bambino da accudire con zelo e amore era il suo uomo, colui che amava tanto, colui che avrebbe amato per altri mille anni e anche di più se il tempo le avrebbe concesso di vivere talmente allungo.
Con sicurezza e affetto, Oscar aprì la spilla sul foulard bianco per posarla sul tavolo. Andrè, così la guardava con l'occhio rosso dalle lacrime seguendo ogni suo movimento come se fosse un bambino.
Che tenerezza le faceva il suo Andrè, ma non sarebbe mai stato solo: lei si sarebbe presa cura di lui.
Oscar sciolse il foulard e lo raggomitolò leggermente in un mano, così lo bagnò nella ciotola del catino e con mano gentile lo portò sulle gote di lui.
Lavò con zelo il volto del suo amato, rinfrescandolo e togliendogli la secca scia delle gocce. Passò un po' più forte, dopo l'ennesima volta di averlo bagnato, il foulard sotto gli occhi di lui costringendolo a stringerli un poco; poi, mentre il cuore di Andrè si scaldava teneramente, fece scivolare la stoffa bagnata lungo la guancia fino ad arrivare alla punta delle labbra: gli fece il solletico per sbaglio.
Lo sentì sbuffare un secondo per la sensazione e Oscar si sentì più sollevata, dopo aver leggermente allontanato il fazzoletto dal viso di lui. Così ritornò alla punta laterale premendola delicatamente, ma abbastanza da potergliela tirare un po' verso sopra.
Fu lì che Andrè sorrise.
Gli ricordava la loro infanzia, dove la sua amata odiava le lacrime e tirava spesso i lembi delle labbra per far sorridere lei e a volte anche la nonna.
Andrè fece caso al rompersi di mille maschere tra di loro che il tempo, assai antipatico e forgiatore, li aveva costruito ferramente.
La sua Oscar, al contrario di quel che voleva apparire, non era altro che una donna piena d'amore da dare e piena di gioia.
Sarebbe stata una madre fantastica, una perfetta nella sua imperfezione: poteva dare tutto l'amore che un bambino avesse avuto bisogno, un amore dolce ma giusto.
E lui, al contrario di quel che voleva apparire, non era altro che un ragazzo che cercava amore e qualcuno con cui condividere il tutto.
Non gli piaceva pensar di poter essere solo: lui odiava la solitudine.
Tornò a guardare il volto di Oscar, che in realtà non si vedeva visto che la luce lunare che filtrava dalla finestra le colpiva le spalle.
《 Oscar. 》 piano, caldo, gentile il richiamo verso di lei.
Lei si fermò un attimo, con la stoffa bagnata a mezz'aria:《 Sì, Andrè? 》
《 Grazie. 》così dolce la sua voce e il suo sorriso.
Oscar sorrise a sua volta e non rispose, si lasciò cadere il foulard sul parquet e con lentezza si avvicinò alle sue labbra fino a baciarlo con uno di quei baci docili, di freschi amanti che si conoscono la prima volta.
Andrè si alzò dalla sedia, continuando il tenero bacio tramutandolo in uno più deciso, più esperto. Quello di chi ama da sempre e non riesce più a tener dentro ciò che prova.
Così, con il piede in avanti, fece peso sul corpo di Oscar in modo da farla indietreggiare fino ai piedi del letto per poi farla cadere su di esso. Continuarono il loro incontro senza parole, non sarebbero servite a nulla; esistono dei momenti in cui il corpo può parlare di più della lingua ed esprimere maggiormente il sentimento che ti avvolge.
La mano di lui quasi tremava talmente era forte quell'emozione, cruenta, di quanto bramasse il suo corpo. Le accarezzò il viso di porcellana; sembrava come tirato o innervosito: anche lei forse aveva delle emozioni forti. Potevano essere le stesse sue?
André rimase a baciarle le labbra che stavano diventando roventi, roventi di tutto ciò che i loro corpi e i loro spiriti stavano urlando. Fece scivolare per della mano destra su tutta la curva del lato destro del corpo della sua amata fio ad arrivare allo stivale che levò dopo un paio di strattoni, così fece la stessa cosa dall'altro lato.
Oscar.
Lei era così diversa quando surriscaldava i suoi bassi istinti sotto il suo Andrè; nuda si mostrava pur avendo i tessuti che diventavano sempre più trasparenti avvolgerle l'esule corpo niveo, ma non più puro.
La si vedeva fare respiri profondi, qualcuno nervoso, alternando i baci ai morsi sulle labbra carnose e arrossate dell'altro, assaggiandosi a vicenda. La si vedeva mentre le sue guancie si arrossavano di porpora e i suoi occhi blu sembravano perdersi sempre di più nell'unico occhio smeraldo di Andrè che, ad ogni bacio datole, le rompeva un anello di quella catena che aveva avvolto il suo essere da anni.

Così il comandante Oscar si lasciava andare nell'abisso contorto che faceva riaffiorare dalle profondità il suo vero essere che urlava, strepitava cercando la libertà che solo ora poteva conquistare in una battaglia all'ultimo sangue con i lucchetti che le si erano stati messi da un educazione ferrea e imprescindibile.
Aveva tremato un attimo, disabituata, quando la mano calda di Andrè aveva sfiorato le sue costole nel toglierle la camicia di seta che non faceva altro che dare impaccio nel momento perfetto.
Lei fece la medesima cosa con la camicia di Andrè che, ormai da troppo tempo, copriva il petto di lui; la gettò sul pavimento appena finì di scompigliare i capelli mori, come in preda alla rabbia.
Andrè sembrava ad un passo dall'ansimare rumorosamente: il piacere, l'attesa, la rabbia, l'ardore, l'amore che gli circolavano nel sangue lo strano facendo sempre di più arrivare al punto di non ritorno alla follia; quella pura, quella la mattina seguente ti fa svegliare con il mal di testa e ti sembra di aver semplicemente fatto un sogno alquanto irrequieto.
Le passò le mani lungo la zona dorsale della schiena toccando i polpastrelli le bende che le serravano il seno in un nascondiglio perfetto; così mosse con zelo le dita in modo tale da lasciarlo allargare fino a cadere al suolo.
Finalmente Andrè poteva riassaporare l'irresistibile opportunità di toccare il corpo di Oscar senza dover indossare terribili maschere, pesanti e fastidiose. Ormai le stavano indossando da troppo tempo e non potevano posarle solo un minuto e questo perché non erano un momento soli.
La cosa esilarante era che erano scappati per rimanere uniti e, invece, si stavano dividendo sempre di più.
Andrè si stava per rimettere a pensare a quel fastidioso intruglio di vari pensieri, ma Oscar riuscì a riportarlo al presente intensificando un bacio passionale che li aveva salutati da tempo.
Così lo fece riperdere.
No nella passione, quella era solo una cornice a tutto.
Lo fece riperdere nell'amore, nel cuore che batteva forte e al profumo di dolcezza che gli aveva abbracciati come nella loro prima volta la scorsa estate.
Erano così sciocchi loro due, due bambini eterni che non avrebbero fatto altro che giocare per tutta la loro vita ad amarsi senza far caso che il mondo attorno era un brutto posto.
Loro aveva trent'anni passati ormai da molto tempo eppure sembravano due amanti alle prime armi presi da quell'amore fresco, frizzante come il vento che solitamente provano i ragazzini che sono appena entrati a far parte di quel mondo tutto distorto dove nulla ha senso.
Ad un tratto uno dei due spinse l'altro o forse furono entrambi, non si sa perché gli occhi di entrambi erano chiusi e caddero sul letto piegando le dure lenzuola e non ricordavo affatto quelle del palazzo Jarjayes.
E così tra il buio di una notte stellata e una candela spenta che creava ancora il fumo si amarono, dopo tanto tempo dicendo le più belle promesse d'amore mai sentite per poi dormire abbracciati come bambini.




 

Miei cari lettori,
Spero che mi possiate perdonare.
E' passato molto tempo dall'ultima volta, anche troppo ma la scuola, le cose che accadono il tempo spesso non sono a proprio favore.
Molti capiranno, altri no. Altri saranno messi a leggere queste righe che vi dedico a braccia conserte con una smorfia arrabiata sul volto a non capir nulla perchè sono troppo presi da loro per far caso a queste parole.
Ed è proprio questo il punto.
E' stato lungo il tempo, corto il capitolo che non è neanche uno dei migliori che ho potuto pubblicare forse è stato uno dei miei peggiori non c'è dubbio.
ma ho deciso di pubblicare non per il passatempo, ma perchè mi mancava da morire scrivere.
Spesso e volentieri speravo di tornare a casa, accendere il pc e dedicare anche solo un'ora a tutto questo. Ma c'era sempre lo studio dietro l'angolo che non mi permetteva neanche di leggere una pagina di un libro o ascoltare una canzone che mi piacesse.
Stavo male per questo perchè io adoro scrivere e ancor di più mi piace leggere le vostre recensioni. Non quelle "Bellissimo capitolooo, bravissimaa" ma quelle che arrivano e dicono che hanno provato qualcosa mentre leggevano o si sentivano loro perchè il contesto era simile a ciò che stavano vivendo.
Ed è questo il bello di scrivere su certi social.
Impari a far star bene le persone.
E a me mancava.
Scusatemi ancora.
Vi abbraccio forte ognuno di voi.
Vostra,

Alessia

P.S. Scusate se non ho nemmeno corretto gli errori.

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Capitolo 43
*** Au-delà des Alpes. ***


Il cielo era azzurro e il prato smeraldino sembrava essere fatto di diamanti per via della rugiada.
Le due famiglie avevano fermato le carrozze e pranzavano sul verde accanto ad un falò improvvisato; erano seduti in cerchio, uno vicino all'altro, passandosi le ciotole in legno con dentro della zuppa di verdure abbastanza calda.
Oscar si guardava in giro per ammirare lo scenario montanaro che li aveva accolti quella domenica: non avrebbe mai pensato di poter vivere un momento in famiglia di quel genere mentre, a valle, divampava la guerra. Non rientrava né nella sua educazione, né nel suo carattere ma, da quel ormai lontano 14 Luglio, tutta la sua vita era cambiata. Come se fosse morta sotto i colpi delle baionette e rinata immediatamente dopo; come se avesse vissuto tutti quegli anni in un mondo d'odio e fosse ritornata in vita in un mondo d'amore.
Già, il 1789 era stato un anno rivoluzionario in tutti i sensi, anche nel momento in cui si erano presentati dei terribili demoni alla porta. Ma in quel momento non le importava; in quell'angolo tra le montagne tutto era lontano, fuorché l'amore - che abbiamo sempre vicino anche quando è lontano. Il dolce cantar degli uccelli fungeva da ghirigori nell'atmosfera e la quiete regalava alla malattia un momento di serenità. 
Poi, una catastrofe.
Un frastuono di stoviglie che sbattevano l'una contro l'altra si vibrò nell'aria seguito da due respiri trattenuti, di quelli rumorosi, che cercano di tamponare dell'esclamazioni quali grida o parole poco eleganti.
Oscar si girò alla sua sinistra e vide André e Alain con le braccia poste a mezz'aria e gli occhi rivolti verso i pantaloni, mentre vicino alle due figure si trovava Marron-Glacé immobile con il mestolo in procinto di versare il liquido. Sembrava che i tre fossero stati tramutati in statue di ghiaccio, immobili per com'erano, finché il volto dell'anziana donna parve diventar paonazzo. Gli occhi piccoli e vispi si assottigliarono e la si sentì strillare in preda ad una crisi di nervi: « Ma voi due non riuscite, per una santissima volta, a non fare i bambini? Siete grandi e svezzati- tra l'altro uno dei due è anche diventato genitore! » stringeva il mestolo con forza, portandosi i pugni vicino al viso minacciosi di dare un pugno al primo che le fosse capitato sotto tiro.
« N-nonna, ci dispiace! » 
« S-sì, signora Grandier- non era nostra intenzione recarle fastidio! » 
I due uomini avevano le voci tremolanti, la schiena talmente diritta che parevano corde ben tese di violino e li si vedeva indietreggiare, a passo felpato, sempre più lontani dalla vecchia governante come due prede davanti ad un leone.
« Mannaggia a voi! Mi avete fatto cadere l'ultima parte di zuppa ... - si chinò sul prato con un po' di fatica a causa delle ginocchia ormai irrigidite- Cielo, tutte le nostre stoviglie ... A terra, per colpa vostra! » 
Tale fu l'occhiataccia glaciale che gli diede che i due, in procinto di avvicinarsi per aiutarla, cedettero alla paura e si allontanarono verso la discesa del monte.
Oscar si alzò sospirando e, nascondendo un leggero sorriso divertito, andò a passo leggero verso la nonna, indecisa se raccogliere i legni intagliati o inseguire quei mascalzoni. La splendida donna posò una mano candida su quella schiena leggermente incurvata dagli anni e con l'altra mano si assicurò di farne leggermente leva per poterla far rimettere perfettamente dritta: « Ci penso io qui, non preoccuparti: hai già fatto abbastanza. » le sorrise con dolcezza e Nanny non poté far a meno di perdersi negli occhi azzurri di quella che da più di trent'anni era divenuta la sua nipotina. 
Seppur gli occhi fossero stanchi e leggermente contornati da qualche occhiaia, l'azzurro che li dominava rimaneva limpido: segnava che Oscar era nuovamente alla ricerca di sé stessa, aveva congelato in un limbo l'esperienza traumatica che aveva passato da poco e cercava (questa volta) di spegnere il fuoco di dolore che le invadeva le vene. 
« Va bene cara, l'importante è che non ti affatichi. » le rispose abbassando lo sguardo, con voce calda e amorevole mentre asciugava le mani paffute e grinze dagli schizzi del cibo.
Così la bionda si chinò a riprendere tutte le stoviglie e si avviò verso il piccolo ruscello, dove si erano poco prima spostati Esperanza e il piccolo Joseph, anche lui vittima delle pietanze rovesciate.
Oscar guardò la madre di fronte a lei mentre giocava con le manine del piccolo che cercava di tirarle le ciocche corvine; avvertì un senso di invidia dentro di lei - non pericolosa bensì malinconica. Se fino a poco tempo prima, quando si sentiva triste o al contrario molto felice, poteva portarsi la mano ad un ventre gonfio pieno di vita, adesso si sentiva fredda anzi, esattamente glaciale. Quel freddo che era riuscita a vivere sono in uno dei suoi strani sogni nella lontana tenuta di Arras, che le tormentavano il sonno e la mente, ma che a suo malgrado erano diventati i contorni spinosi delle sue giornate. Cercò di scacciare quei pensieri che l'assillavano: era il suo nuovo proposito quello di non pensarci troppo, di evitare di pensare a quel dolore lancinante per un po' così da poter affrontare il viaggio con più tranquillità.
« Si è sporcata anche lei, madamigella? » gli occhi di ghiaccio della ragazza guardavano la sua figura alla ricerca di qualche stonatura sulla camicia o sulla culottes.
L'ex comandante con ironia rispose: « Prova ad indovinare, non è difficile. E voi? » 
Esperanza portò gli occhi al cielo in maniera esasperata: « Fortunatamente no, ma sono venuta per sciacquare le stoviglie. Ovviamente quei due non riescono a non combinare qualche pasticcio per un giorno! » 
Oscar rise pensando che, in fin dei conti, erano la parte più divertente delle loro giornate: davano quel senso di spensieratezza che ormai avevano perso da un po' e che li aveva accompagnati durante tutto quel periodo di villeggiatura ad Arras, lontani dalla rivoluzione. Sentì la sua risata essere accompagnata da quella di Esperanza, limpida e serena, tipica di una ragazza giovane della sua età: pensò a quanto fosse stata fortunata ad essere sopravvissuta al 14 Luglio, a quanto Dio le avesse concesso una seconda possibilità di ritrovare la felicità ed a quanto fosse stata fortunata a vedere tutta la sua famiglia insieme come un tempo. Dunque, anche se la perdita di suo figlio l'avesse distrutta più delle baionette che le spararono davanti la Bastiglia, era comunque "contenta". Era un mantra che si ripeteva in continuazione, si doveva ricordare la felicità raggiunta per non crollare e che finché avesse continuato a ripeterselo in continuazione, tutto sarebbe filato liscio.
Ma ecco la tosse rossa risalirle dai bronchi. Un attimo di vuoto e dolore.
Cominciò a tossire compulsivamente, le stava mancando il respiro e dovette abbandonare immediatamente le ciotole alla cieca.
« Oscar! » la ragazza fece per avvicinarsi a lei sperando di poterla aiutare.
La donna, per quanto rannicchiata a terra, allungò prontamente il braccio alzando la mano: « No, Esperanza! Sta lontana! » non voleva assolutamente che si avvicinasse, specialmente col bambino.
Stava continuando a tossire, non riusciva a smettere, la sua fronte premeva sui ciottoli umidi e freddi che le davano un senso di sollievo alla fronte bruciante per lo sforzo; fu allora che sentì delle mani tirarla per le spalle cercando di farla sedere e permettere alla gabbia toracica di adempiere al suo dovere. Così si palesò davanti ai suoi, l'occhio verde di André:
« Oscar, concentrati - la voce di André arrivava quieta alle sue orecchie- Guardami e concentrati sul mio sguardo. » 
La donna sentiva il panico avvolgerla sempre di più ma comunque decise di tentare di superare il muro che le si era costruito nella testa tra l'oblio e la lucidità: cercò di strizzare i suoi occhi sbarrati dalla confusione e da un respiro anormale che continuava a farle sussultare ad ogni colpo. Al che provò a focalizzarsi sulla pupilla di André sperando che fissare un punto esatto potesse essere terapeutico.
« Cerca di concentrarti come hai sempre fatto in ogni singolo duello, in ogni singola battaglia. » 
Tentò faticosamente di trovare la stessa energia del tempo, ora mai passato, che l'aveva sempre accompagnata: quella luce che l'aveva sempre irrorata della bellezza aurea che l'accostava costantemente a Minerva- dea della saggezza militare. Non era mai stato così pesante per lei uno sforzo mentale, neanche durante il periodo dell'apertura degli Stati Generali quando i suoi uomini furono incarcerati e quasi sentenziati; non pensava di poter essere così debole, non aveva mai avuto nemmeno il tempo di pensare effettivamente che anche lei potesse essere debole: anche al tempo in cui era innamorata di Fersen ed era andata al ballo tutta imbellettata. Si era sentita stupida e in qualche modo infantile ma non debole come in quell'esatto momento in cui i polmoni sembravano essere due fornaci per come stavano bruciando. Sentiva le voci di Marron-Glacé e di Alain preoccupate, poteva capirne il motivo ma non riusciva a scandire il significato di ognuna: il suono le appariva lontano ed ovattato e, concentrata sullo sguardo di André, sembravano quasi appartenere a un mondo onirico che le rimbombava nella testa; le sembrava che tutto quel rumore appartenesse solo a lei e non al mondo circostante che le pareva quieto e calmo. Effettivamente le parve di scrutare l'erba della montagna nell'occhio del suo amato e qualche traccia di azzurro del cielo si affacciava su di esso.
Percepì la tosse calmarsi pian piano sempre di più e il petto smettere di sobbalzare: l'attacco era in procinto di abbandonarla ma la sua mente si era rivolta al fatto che era totalmente imbrattata del suo stesso sangue dal viso alla camicia bianca.
« Ti senti meglio? » 
La voce di suo marito era calda, tranquilla, come una cioccolata calda davanti al camino mentre fuori divampa una tempesta; voleva rispondergli di sì, che per quanto bruciasse tutto in ogni caso stesse meglio, ma non ci riusciva: ovunque nel suo campo visivo si erano messi come dei luccichii continui che la disturbavano sempre di più.
« Oscar, mi riesci a sentire? » 
La voce di André era più ovattata di prima, ora le arrivava storpiata e più grave.
« Alain, tieni il bambino! Oscar, in questo momento, deve prendere molta acqua! » 
E poi il buio.

Vide una rosa rossa davanti a sé, in un paesaggio ultraterreno prevalentemente fatto di luce tenue che si estendeva senza fine dinnanzi alla sua vista: le ricordava i suoi vecchi sogni, quelli che le permettevano di poter, solo per qualche istante, parlare con suo figlio. Ma questa volta Reynier non poteva esserci: era nato morto e la sua anima era sparita come quei meravigliosi sogni, per quanto quella rosa le ricordasse quella che le aveva donato tempo addietro.
Si fece coraggio e si avvicinò con cautela al fiore; si guardò intorno per vedere se qualcuno stesse arrivando, ma nulla.
« C'è qualcuno? » non lo disse a gran voce, quel silenzio sembrava essere ancora più assordante di una cavalleria.
L'alcuna traccia di movimento le fece prendere un po' più di coraggio, tanto da allungare un dito verso i petali sospesi nel vuoto.
« Non avere paura. » 
Oscar si girò di scatto per vedere se vi fosse qualcuno, spaventata dalla rottura del silenzio: « Chi c'è? » sentì le palpitazioni aumentare. Si girò a destra e a sinistra, poi alle sue spalle e di nuovo verso il fiore, ma non vi era traccia di nessuna figura.
« Ancora non puoi vedermi, non ci è concesso. » la voce era calma, giovane e placida. La donna si accorse che proveniva dalla rosa, ma non riuscì a far altro che ripetere la stessa domanda di prima in maniera un po' più mirata per farla seguire da un classico "sono morta?".
La voce si mise a ridere mentre i petali rossi sembrarono accendersi di luce: «No, sciocca. Sei solo in un altro posto, sarebbe meglio definirla dimensione, ma chiamala come preferisci. Volevo solo incontrarti un po' prima del previsto e dirti che andrà tutto bene. » 
« Tutto bene? Ma mi vedi? Fra un po' non riuscirò nemmeno a reggermi più in piedi e chissà - sentì delle lacrime cominciare a scivolare lungo le gote rosee- magari lascerò solo il mio povero André. » strinse i pugni e i denti nel pensare a quanto potesse essere ingiusta la vita con lei.
La rosa rise nuovamente.
« Perché ridi delle mie disgrazie? Non chiedo di compiangermi, ma neanche di prenderti gioco di me! Sarai un fiore giovane e civettuolo come saranno state tutte le altre rose rosse di Versailles adorate dalle donne di corte. » 
Così la rosa si zittì un momento e, sentitasi comparata ad uno di quei fiori, allungò il suo stelo e mostrò le sue spine aguzze come fossero zanne: « Sciocca nuovamente! Sono un'anima più antica di quel che tu possa pensare e fino ad ora sono stata sempre molto felice di sapere che il mio destino fosse incrociato al tuo. Non mi ci far ripensare! » 
Oscar divenne pensierosa, dentro di lei si dilagarono così tanti sentimenti e domande che sentì centinaia di voci nella sua testa: « Quindi ci incontreremo presto? » 
« Non esattamente, ma fa ora attenzione alle mie parole dato che il percorso non sarà semplice e il tempo è poco. » 
Oscar risentì quella sensazione di agitazione e speranza che provava in ogni suo sogno con Reynier, solo che non sapeva se questa volta sarebbe stata positiva o meno- o semplicemente una vera e propria fantasia della sua mente.
« In questo ultimo periodo dovrai affrontare gli ultimi sforzi, ma per quanto il viaggio ti porrà davanti diversi momenti bui e difficili, ricordati che la sua conclusione sarà lieta. Dal canto tuo però dovrai eliminare ogni lucchetto che ferma la tua anima in un limbo continuo da quando avevi quattordici anni: quella che stai per affrontare è una nuova possibilità e dovrai prepararti per bene ad affrontarla! Quando sarai pronta, allora ci rincontreremo. » 
Oscar si accorse che la visione stava cominciando a farsi leggermente fioca, era il segno che si stava risvegliando.
« Ma come farò a riconoscerti? » 
Tutto si stava facendo sempre più lontano e all'improvviso si levò un vento così forte che la costringeva ad indietreggiare, così tentò con tutta la forza che si trovava nelle sue gambe per cercare di correre ancora verso il fiore, ma qualunque sforzo le sembrava impossibile.
La voce rise per una terza volta: « Non potrai far a meno di riconoscermi. Ma adesso dovete sbrigarvi, delle persone crudeli sono sulle vostre tracce! » 
Continuando a rincorrere quel suono sempre più flebile, la donna vide diverse scene scorrerle a fianco come per racchiuderla in un tunnel: vedeva lo stesso gruppo di uomini incappucciati che avevano tentato di uccidere Esperanza, marciando sui loro cavalli lungo un sentiero di montagna che loro stessi avevano superato da non molto tempo. Cercò di guardare il più possibile la scena per individuarli al meglio, ma si accorse che accanto a colui che capitanava lo squadrone vi erano due figure colorate ... Girodelle ed Ancolie?! 
Voltandosi verso l'altro lato del tunnel vide suo padre, inginocchiato nella cappella di famiglia con accanto Victor: sicuramente era un avvenimento antecedente. Sentii suo padre chiedere al conte di proteggerla, di far questo favore in nome della vecchia amicizia che li univa. Pensò di potersi sentire sollevata, che magari Victor lo stesse facendo per essere sotto copertura, ma quando lo vide chiudere la porta della cappella, un esatto momento prima che tutto sparisse, lo sentì grugnire che non avrebbe mai protetto né André né quegli "orrori".


Gli occhi dell'ex comandante si aprirono alla luce fioca di un focolare, in una stanza prettamente in penombra, mentre il resto del corpo si trovava adagiato piacevolmente sotto delle coperte abbastanza pulite. L'immagine che le arrivava si stabilizzò lentamente, mentre sentiva in lontananza chiamare il suo nome più e più volte tra un lieve scoppiettio dei tronchi ardenti.
André, senza giacca e con le maniche della camicia arrotolate quasi fino al gomito, aveva appena aperto la porta e tirò un respiro di sollievo: mise immediatamente la bacinella con acqua e pezza sul mobile vicino la porta d'ingresso della stanza e affrontò lo spazio dallo stipite della porta al letto in sole due falcate per inginocchiarsi proprio accanto al suo amore per tenerle la mano: « Finalmente ti sei svegliata! » 
Le sue mani erano inumidite così tanto da avere i polpastrelli raggrinziti, ma l'attenzione di Oscar si dirigeva verso il suo sguardo traboccante di lacrime sentendo il tremolio dei muscoli arrivare anche alle sue falangi.
« Scusami ancora una volta, André, per averti fatto preoccupare. » pensò nella sua testa che il tono della sua voce fosse uscito flebile come quello della rosa da poco salutata: avrebbe voluto raccontare a suo marito cosa le fosse capitato, un nuovo sogno che le si fosse palesato per dirle come sarebbe andata la sua vita e il suo chiedersi perché proprio a lei ... ma evitò, guardando quell'uomo stremato e spaventato da una vita per la sua sorte. Forse l'avrebbe solo fatto spaventare di più, sarebbe stato meglio aspettare di poter parlarne ad Esperanza come "ai vecchi tempi".
« Ma cosa dici, Oscar? Non è colpa tua, l'importante è che ti sia svegliata. » 
Lei accennò un sorriso e fece scivolare la mano in una carezza sulla guancia di lui. Al che si guardò in giro notando la camera ornata di camino e pochi mobili austeri alquanto vecchi e rovinati: avevano cercato di portarla in una camera di una qualche locanda e questo voleva dire che avevano speso altri soldi, altro tempo, altre fatiche nuovamente ed unicamente per lei. Si risentì un peso e rifletté che forse, la scelta di amare André - per quanto fosse assolutamente stupendo - fosse una delle scelte più nocive che avesse mai potuto prendere, ma non per lei, bensì per loro.
« Quindi sono stata nuovamente un peso. Sono stata nuovamente pari ad una bambina da accudire, perché non riesco a fare più qualcosa da sola. » vi era sconforto nella sua voce, da quando erano partiti oscillava sempre tra dei momenti di estrema positività, ad altri di assoluta agonia dove tutta la sua esistenza era vista negativamente.
« Sciocca! - il timbro di André divenne severo, grave e ad Oscar ricordò il tono di quella rosa del suo sogno- Non sopporto il tuo sminuire costantemente te stessa, come se tu non fossi altro che una di quei damerini o di quelle civette di corte! Oscar François de Jarjayes non è questo: è una delle donne migliori del mondo poiché è la più umana di tutte, la più vera e reale e dunque perfetta. Ora è semplicemente malata e, dopo una vita dedita al prossimo e alla giustizia, non riesce a sentirsi a proprio agio nel rovesciamento di questi ruoli. » aveva la fronte piena di grinze, le sopracciglia aggrottate, lo sguardo scolpito dalle saette e piccolissime goccioline di sudore che gli scendevano lungo tutto il corpo coi muscoli tesi come se fossero stati i crini di un violino.
Oscar non replicò, preferì rimanere in silenzio per una volta ed imparare ad ascoltare, non ad ubbidire. Al ché vide suo marito sciogliere ogni tensione, prendere un respiro profondo e baciarle la fronte con estrema delicatezza, come se le avessero appena poggiato sulla pelle il petalo di un fiore: « Ti amo, Oscar. Mi ero spaventato. Siamo arrivati fino alla frontiera per trovare un posto caldo dove farti riposare e poterti offrire anche assistenza medica: avevi perso molto sangue e non riuscivamo a farti svegliare: hai dormito per sette, lunghissime, ore. Ma ora tutto questo non importa, ora basta che tu ti senta bene e che rimanga buona a letto. » 
Si scambiarono nuovamente dei sorrisi e si strinsero forte le mani per sentirne il calore, i calli, le cicatrici e ricordassi che fossero lì, insieme e vivi.
« Rimani qua, dirò a tutti che ora stai bene ma non ti agitare: non li farò entrare così che tu possa avere il tuo spazio. Riposati, amore mio. » ritornò verso la porta lentamente e con estremo silenzio l'attraversò e la richiuse dandole il senso di essere per un momento tornata nella sua vecchia casa, nel vecchio palazzo Jarjayes dove poteva rimanere con sé stessa per tutto il tempo che desiderasse. Ma subito dopo aver chiuso gli occhi si ritrovò a spalancarli: si ricordò della scena che aveva visto nel suo sogno e fece i conti che se lei avesse dormito per sette ore, avrebbe voluto dire che Girodelle ed Ancolie erano davvero troppo vicini.
Quando la mattina seguente Alain portò un tè caldo a sua moglie nella grande sala della taverna con ancora dei cocci di vetro sparsi per il pavimento, la vide tamburellare con il piede con fare nervoso mentre stringeva il loro pargolo tra le braccia. Esperanza era un libro aperto per quanto riguardava i sentimenti: non c'era giorno o momento in cui non fossero cristallini, anche se questo non voleva dire che fosse chiaro cosa le passasse per la testa, anzi, dopo tutto quel tempo di convivenza Alain aveva compreso che i suoi pensieri erano solo maledettamente complicati. Con lei aveva capito che vi era una sostanziale differenza tra il mondo interiore di ogni persona e quello esteriore che andava cambiando dipendentemente da chi circonda il soggetto.
La moglie guardò con distrazione la tazza fumante farfugliando svelta una parola cortese nei confronti dell'attenzione appena ricevuta; Alain alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto: « Sai che ti fa bene prendere qualcosa, specialmente con le temperature che ci sono lì fuori. Non vorrai mica ammalarti. » 
« Sai che non è mia intenzione, ma non riesco a prendere qualcosa in questo momento. » Esperanza poggiò il mento sul palmo della mano, posizionando il gomito sul tavolo in maniera sgraziata.
« Vuoi che ti imbocchi? » ecco, quando Alain le faceva queste domande non sapeva se arrabbiarsi, ignorarlo o rispondergli cordialmente ... altre volte la risposta era un miscuglio strano di tutte e tre le opzioni: « Ma capisci i modi di dire? Insomma, intendo che ho ben altro per la testa! » 
« Mon Dieu! Sei isterica questa mattina! » 
« Isterica? - dagli occhi azzurri e sbarrati di Esperanza sembrarono partire delle saette- Essere nervosa perché preoccupata vuol dire essere isterica? » 
E proprio quando stava per scoppiare la guerra tra i due coniugi, André scese le scale. Nanny, che fin a quel momento si trovava dall'altro lato del tavolo a bere del succo di mela caldo, si precipitò all'inizio degli scalini pregando che la sua bambina stesse bene. André aveva preferito che per le ultime ore sua nonna riposasse data la sua anziana età, ma adesso non resisteva più, voleva delle notizie sulla sua piccola Oscar che aveva cresciuto con tanto amore, mentre al suo seguito si presentarono i due sposi.
« Quindi, André? Ci sono dei cambiamenti? » la nonna aveva gli occhi lucidi, circondati dalle rughe e da profondi cerchi neri e i capelli fuoriuscivano da sotto la cuffietta scompigliati. Il nipote le prese le mani calde e le sorrise dolcemente: « Va tutto bene, Oscar si è svegliata ma vorrebbe rimanere da sola. » 
Sentì gli anziani muscoli della parente irrigidirsi, un tremolio alle mani, ma prima che avesse potuto accennare alcunché André si ritrovò i coniugi Soissons pronti a tartassarlo di mille domande: le loro frasi erano talmente articolate e riprodotte ad una cotale velocità che alle sue orecchie giungevano come fossero un brusio eguagliabile a quello della tavernetta nei pressi della loro vecchia casa di Arras, dove aveva incontrato Ancolie.
Un brivido gli corse lungo la schiena.
Forse è la paura o l'ansia che quella donna aveva procurato a lui e alla sua famiglia? O forse erano semplicemente i ricordi di un tempo passato che ormai pareva una vita a parte?
Non era molto sicuro, ma il pensiero di Ancolie gliene fece balenare altre mille per la testa come se ci dovesse essere qualcosa da tenere in considerazione ma che adesso gli stesse sfuggendo. Era una sensazione fastidiosa, quasi come se fosse un ronzio di una zanzara nella notte estiva e placida quando vorresti solo dormire beato. Però qualcosa non tornava, lo sentiva dalle mani sudate, il suo sguardo che non faceva altro che perdersi nel vuoto per quanto cercasse di bloccarsi nel presente. Ma cosa diamine era?
E poi tra tutti i ronzii e i brividi, Esperanza lo chiamò in maniera diretta e precisa, all'improvviso decisa di non chiedere più di Oscar ma di altro. Gli teneva il polso con presa ferrea ed immobilizzante con gli occhi di ghiaccio che lo guardavano in maniera quasi spiritata: « André- la voce di Esperanza arrivava come un soffio, come a frammenti, ricca di dubbi e perplessità- Cosa sta accadendo? » lo aveva zittito sia all'esterno che all'interno.; quella ragazzina aveva usato ancora le sue strane doti, non poteva essere altro, e gli aveva letto il cervello: probabilmente aveva pensato che fosse impazzito o avesse preso dell'arsenico. Ma ancor più strano è che André avrebbe giurato di aver sentito i suoi stessi brividi sulla schiena di lei, come se fossero capaci di produrre suoni e rumori. Eppure, un suono l'aveva sentito e avrebbe giurato che fossero stati i nervi di Esperanza saltare come una camera dei bottoni.
C'era qualcosa che decisamente non tornava.
« Ragazzi, mi fate impressione... » Alain aveva incaricato un sopracciglio, li scrutava dalla testa ai piedi giudicandoli in silenzio e classificandoli come due matti da internare: « Smettetela di avere quegli occhi così spalancati, sembrate due gufi allucinati. Che avete? » ora il suo tono era proprio di disgusto, specialmente quando i due cognati direzionarono contemporaneamente lo sguardo verso di lui in maniera terribilmente lenta e quasi inquietante. 
« Insomma, aprite quella bocca? » fu la nonna a stizzirsi, l'aria nella stanza era diventata pesante quanto un masso e il suo povero cuore non l'avrebbe retta ancora per molto.
Fu in quel momento che fece capolino Oscar, quasi zoppicante, aggrappata al corrimano nel tentativo di farsi forza ed urlare: « Dobbiamo muoverci immediatamente! Dobbiamo scappare! Loro ... » 
E si aprì la porta con un rumore sordo, calciata da degli stivali neri e lucidi di ottima fattura: un ghigno di rabbia e un'uniforme cerulea inconfondibile si fecero spazio nella locanda mirando dritti verso André: « Ciao, Grandier. » 
L'uomo trattenne per un secondo il respiro, tutto quello che aveva in testa si era placato rimanendo concentrato solo sul capitano: « Conte de Girodelle. » 
L'aria era ferma, l'orologio sembrava immobile e la tensione era alta; tutti sapevano che non avrebbe portato buone notizie la sua visita, né che fosse venuto per aiutarli. Preoccupato per ciò che potesse accadere, Alain cercò di portare il più lentamente possibile la mano alla pistola ma Victor se ne accorse, così estrasse immediatamente la sua puntandola alla testa di Esperanza: « Non convincermi a premere il grilletto, feccia. » 
Quella voce era lugubre, lo sguardo algido traditore di tutti quegli anni di amicizia avuti con Oscar; fu lei a cercare di intervenire avvicinandosi agli scalini di legno a fatica: « Cosa vuoi, Victor? Abbi pietà di loro e dicci chiaramente cosa sei venuto a cercare qui. » sentiva il respiro sempre più affannoso, che non trovava tregua tra la morsa della malattia e l'ansia che cresceva ogni secondo in più che l'arma si ergeva imponente sulla vita della giovane madre. Ma Victor sorrise prendendosi beffa di tutti i presenti, sicuro ormai di averli in pugno e di essere capace di mettere fine a questa sciocca storia che durava, ormai, da troppo tempo: una donna così nobile, così elevata e così pura non poteva continuare a vivere nella miseria in compagnia di luridi plebei solo per un momentaneo ed effimero sospiro di femminilità repressa. L'aveva sempre detto, le donne sono troppo sensibili alle passioni e ai sentimenti travolgenti: non sono forti abbastanza per poter ragionare lucidamente sulle già poche scelte di vita che hanno. Poveri esseri nati sotto il dominio terribile della Luna.
« Comandante Oscar François de Jarjayes, sono venuto qui per allontanarla da quella che per lei par la scelta più giusta e logica ma che, in realtà, non è altro che una lunga caduta da un precipizio. Comandante, la prego gentilmente di venire con me e riprendere una vita dignitosa, consona al suo grado sociale. » 
Oscar alzò un sopracciglio e, ormai priva di qualunque tipo di speranza nei confronti di quel misogino e fedifrago aristocratico – così distante dalla sua persona – disse: « Dovreste smetterla coi giri di parole, ormai le mie radici si sono estirpate da quel mondo che voi chiamate "consono" e dunque "civile". Ditelo apertamente perché niente deve essere ora un lurido ed inutile tabou: voi non mi volete trarre in salvo da una vita difforme da quella attribuitami alla nascita, voi volete unicamente sposarmi e avermi così, finalmente, in pugno! » la mano guantata di bianco che adagiava il proprio indice su un grilletto argenteo sembrò tremare a tale affermazione, tant'è che l'uomo cercò di farfugliare qualche possibile risposta, però la donna cerco di rincarare la dose: « Voi non avete mai avuto intenzione di sposarmi per vero e puro amore, ma per puro e sanguineo desiderio umano di conquistare territori altrui solo per il gusto sfrenato di possedere. Non mi vedete come una donna, bensì come prossima terra di conquiste abbastanza florida e ricca da poter sperare di costruirvi un impero. Questa è la verità, lurido verme! » 
E fu così che quegli occhi verde gridellino s'infuocarono: « Come osate? Sto cercando di salvarvi la vita se non vi è chiaro! Sono stato più di una volta a colloquio con vostro padre per poter capire come meglio agire pur di salvarvi da quegli uomini che v'inseguono e tra di loro ho messo dei miei uomini così da aiutarmi. Non vi siete chiesti come mai io sia qui con un largo anticipo rispetto a loro? » 
La donna rimase immobile a fissarlo, sorpresa della pericolosità del gesto e confusa dalle azioni fatte dall'uomo che si trovava in fondo alle scale; fu André a rompere il silenzio, speranzoso di poter scappare con tutta la famiglia lontano da quella locanda: « Conte, vi prego di ascoltarmi ... Fateci andare, so che dentro di voi ... »
 « Insomma, basta! » Victor urlò quasi delirante, non riusciva più ad ascoltare la voce di André mentre l'unica donna al mondo che pensava di amare gli aveva appena detto che aveva una scarsa opinione nei suoi confronti; non riusciva a tollerarne neanche più il semplice respiro e si rimproverava di essere stato sempre troppo condiscendente con lui che non si meritava tutto questo. L'ira lo stava mangiando da dentro, facendolo tremare di rabbia cieca e repressa da fin troppo tempo dentro di sé; non era servito a niente salire di grado, evitare qualunque contatto (anche minimo) con ogni fanciulla di Versailles e la sua impeccabile bravura ad eseguire gli ordini del capitano de Jarjayes durante tutti quegli anni di servizio. Così implose e la rabbia portò a cambiare la mira verso la fronte dell'uomo così tanto amato dal suo biondo comandante: « Devi morire, André! » urlò premendo il grilletto. Fu lì che però, quello che era stato un diavolo si trasformò in un angelo: Ancolie era sopraggiunta sulla scena saltando addosso a Girodelle facendo in modo che il proiettile trafiggesse il legno di un gradino invece che il suo tanto adorato uomo.
Ci fu sorpresa negli occhi di tutti che non si aspettavano sicuramente una scena di cotale intensità, ma quello più sorpreso fu proprio André che incrociò il suo sguardo con quello nocciola di Ancolie: i suoi occhi erano così tristi e malinconici, lo osservava con pietà mentre atterrava sul corpo dell'uomo aristocratico.
« A-Ancolie ... » si mosse verso di lei cercando, goffamente di provare ad aiutarla in un gesto involontario, ma vide le sue labbra rosee accennare un docile sorriso mentre sulle gote le scivolavano delle lacrime: « Ti prego, amore mio, scappa. » 
E scese una lacrima anche ad André, stranamente ebbe paura. Mentre vedeva il suo vestito giallo agitarsi per quanto si dimenava Girodelle sotto di lei, gli si parò davanti la scena raccapricciante del corpo della giovane privo di vita.
Dunque, così ama una prostituta? Sfidando con ogni mezzo la furia degli uomini?
Sentì all'improvviso stringersi il braccio con forza: Oscar era riuscita a scendere i restanti scalini: « Forza, André! Dobbiamo andare! » lui non riuscì a dire nulla e cercò di tirare con sé anche la nonna.
La famiglia si recò presso la porta sul retro cercando di correre il più possibile anche se gli unici due veramente capaci erano solamente i due uomini. Sarebbero riusciti a sopravvivere anche quest'oggi?
Andarono per girare l'angolo e dirigersi verso le carrozze ma davanti a loro si presentò un muro scuro: anche gli uomini spagnoli li avevano ormai raggiunti e con loro anche la morte. Sentivano la fine di tutto vicina, la vita trascorre davanti a loro e non poterla afferrare e, per placare questa sensazione, Oscar e André si ritrovarono a stringersi forte le mani mentre la nonna si portava le mani al petto come per nascondersi e la povera Esperanza, trovatasi difronte all'incubo di una vita cominciò a strillare in preda all'angoscia stringendosi il suo povero piccolo a sé mentre Alain provava a farle scudo col suo corpo. Significava dunque questo essere vinti? Quelli erano i secondi cruciali per decidersi sul da farsi, per decidere di vivere o morire.
Alain schioccò la lingua per cercare di attirare l'attenzione dell'amico su di sé che non tardò ad arrivare; si guardarono profondamente e sembrò che stessero parlando in una lingua invisibile agli altri, quella che la loro profonda amicizia era riuscita a creare. Tutte le notti passate a fare da guardia in caserma ed altre a ridere tra gli altri commilitoni, tutte quelle volte che avevano cercato di salvarsi a vicenda la pelle e tutte le volte in questi anni che si erano detti silenziosamente che si volevano bene ... Era una morte dolce quella che li avrebbe sopraggiunti in quel momento, quella di chiudere gli occhi per salvarne altri affiancati dal proprio migliore amico. Sembrò quasi che si stessero stringendo la mano su un piano incorporeo.
« Ti amo tanto, Esperanza. » 
« Mi mancherai tanto, Oscar. » 
I ragazzi interruppero il silenzio con queste veloci frasi che alle donne arrivarono con la stessa potenza di un macigno sui loro cuori, gli uomini oscuri sembrarono dissolversi come ombre e il vento freddo non sembrò più tale. Tutte e tre li guardarono per un tempo che sembrò infinito, eppure fu solo questione di qualche secondo che si trovarono sospinte dalle loro braccia possenti verso l'entrata della stalla. Non riuscirono ad emettere alcun suono, il loro cuore batteva troppo veloce e la tensione era tale che fece solo versare delle lacrime mentre tutto attorno a loro era veloce.
« Andate e non voltatevi mai! » urlò nuovamente Alain avvicinandosi sempre di più ad André.
Quella che riuscì a prendere il prima possibile lucidità fu Oscar che cercò di scattare in piedi con fatica e tirò per le braccia le altre due: « Forza, non gli saremo d'aiuto da morte! » 

Appena si allontanarono abbastanza, i due commilitoni si lanciarono acquattati contro le gambe degli spagnoli in modo tale da farli cadere e far guadagnare tempo al gruppo per poter fuggire lontano da tutto, oltre le Alpi. Alain e André si scambiarono uno sguardo veloce, impregnato di angoscia ma egualmente di serenità come se le loro anime fossero legate da un nastro; la fine di tutto era vicina, lo sapevano bene, dopotutto la tensione del momento gli scorreva lungo le braccia come delle scosse – quel mondo li aveva portati così tante volte vicino alla conclusione che si sarebbero dovuti abituare, eppure il saper di star respirando l’ultima volta l’aria delle montagne senza aver detto felicemente “addio” alle piccole grandi cose che fanno aggiungere l’aggettivo “magnifica” accanto alla parola “vita” faceva così tanto male. « Alain – disse in un soffio il moro – Sono felice di averti incontrato. » e sul suo volto, come un piccolo frammento di vetro, si liberò il riflesso di una lacrima.
Effettivamente era vero, tutto aveva cominciato a prendere colore solo quando nella vita di Alain era apparso André e quando nella vita di André era apparso Alain: « Idem. » purtroppo non vi era tempo per poter dire effettivamente ciò che i due volevano veramente esprimere, ma bastò per far comprendere entrambi che quella che Dio gli aveva donato era una delle opportunità più belle che un uomo potesse provare: l’amore in una delle sue più grandi declinazioni. Dunque, beffardamente, il destino aveva scelto per loro che la scoperta più grande di una vita l’avrebbero dovuta fare quando non avrebbero più potuto viverla consciamente ma solo come un lungo senso di luce che avvolgeva i loro ricordi più belli. Quindi era anche questo l’amore? Non vi era bisogno di inseguirlo disperatamente?
« T’amo come si aman le gioie della vita, quelle che provocano gioia come i bicchieri di vino la sera dopo una lunga giornata di lavoro e come si amano le risate. Sei tu questa forza della mia vita, che non mi eleva verso il cielo come la donna che amo, ma che mi sorregge il braccio lungo il cammino su questa terra piena di verde e di arsura. » 
Se lo sarebbero voluto dire, l’uno guardando l’altro negli occhi per un’ultima singola volta. Ma il tempo era scaduto anche per loro su questo pianeta fatto di male e di bene.
Alzarono le loro strisce e si gettarono suicidi contro quegli uomini incappucciati, almeno le loro adorate donne sarebbero finalmente state libera da tutto e avrebbero potuto continuare un’esistenza felice senza dover più fuggire.

Arrivate davanti alle due carrozze, Esperanza decise di dare il bambino alle cure della vecchia governante – sicuramente sarebbe stata lei quella più agile nel manovrare una carrozza. « Forza, saliamo sulle berline! » disse Oscar già pronta a slacciare le redini dei cavalli e così, finalmente, portare tutti in salvo. Era giunto il momento di chiudere questo libro, il momento di aprirne un altro con una nuova avventura, coscienti che si trovasse davanti ai loro occhi, oltre le Alpi ed oltre tutto quello che ormai la Francia stava diventando – la quale si nutriva del sangue di persone a cui avevano voluto bene o per cui avevano quasi perso la vita il 14 luglio del 1789. Tutto sarebbe stato lontano e avrebbe preso i colori di un lungo sogno ormai sbiadito per il passare del tempo; avrebbero creato qualcosa di nuovo che le avrebbe fatte rifiorire come le rose in primavera dopo il gelido inverno.
«  Siamo pronte, Oscar. »  disse Esperanza, già ben posizionata sulla poltroncina del cocchiere con lo sguardo di ghiaccio che puntava, austero, l’uscita delle scuderie: quel mondo luminoso che entrava in contrasto con l’oscurità dove si trovavano. « Andiamo! » comandò la donna bionda e lanciarono i cavalli in un galoppo sfrenato, sembrava quasi che i loro zoccoli non toccassero terra ma volassero. Forse, allora, era questa la sensazione che si prova quando si è liberi? Questo è ciò che si prova quando non ci sono più corde che ti legano o demoni che ti perseguitano ovunque tu vada? 
Entrambe le donne sentivano il cuore battere forte mentre davanti a loro si stagliava un cielo terso, contornato da prati smeraldini e una mulattiera che faceva perdere la sua fine oltre le montagne imbiancate e splendenti: quel paesaggio sembrava così onirico che nell’intimo si chiesero se fosse effettivamente reale, se quello spirito di luce che le stava chiamando oltre le cime non fosse altro che finzione. Solo il vento, così frizzante e forte, le teneva ancorate al mondo fenomenico in quel momento – per quanto anch’esso sembrasse sospingerle lungo un percorso appena foggiato su misura per quella corsa. Esperanza si sentiva in qualche modo rigenerata, già con un peso in meno sul petto; finalmente avrebbe assaporato la gioia di essere libera proprio come quel vento che scompigliava i capelli di Oscar di fianco a lei sull’altra carrozza.
Così si guardarono l’una con l’altra e pensarono dentro di loro a quanto, per tutto il tempo, non avevano aspettato altro che questo: il brivido della vita, la sensazione vitale dell’essere qui ed ora – un piccolo e fugace momento di coscienza che però permette di sentirti al di sopra di qualunque dolore. Dunque, era questa la pulsazione vitale? Quella spinta dal basso verso l’alto che eleva spirito e mente sentendo le vibrazioni della natura circostante? Era questa la sensazione che si avvertiva nel momento in cui si viene al mondo? 
Nel momento in cui i loro occhi si trovarono reciprocamente immersi nel blu l’uno dell’altro, una sorta di risolino sfuggì ad entrambe: non era né gioia né paura, ma un urlo che solo un’estasi illuminata può provocare. Scoprirono che era così bello essere in vita, più di quello che avessero mai pensato, perché per un attimo provarono il gusto di vivere solo per sé stesse; un momento soltanto per avere qualcosa che quella società non le aveva mai insegnato e mai dato.
« Dunque, è questo che vuol dire essere un uomo – pensò finalmente Oscar, dopo anni di sofferenze – Amarsi ed amare la vita naturale che gli è stata concessa, perché si è finalmente e semplicemente liberi, privi di barriere davanti a sé. » 
Ma ecco, provenire dalla profondità del loro cuore quella sensazione femminile dell’amore totale verso la propria famiglia che penetra fin dentro le viscere – sentirono il rimorso e la paura di perdere parti di loro stesse per sempre. Alain era stato molto chiaro: non avrebbero dovuto mai guardare alle loro spalle, sapeva bene che si sarebbero fermate e sarebbero tornate indietro rischiando la vita per quella loro; era il loro desiderio più grande finalmente vederle felici ad ali spiegate. Ciononostante, il destino aveva intrecciato una cotta di maglia fra i vari membri, impossibile da sciogliere e che aveva da sempre reso la loro famiglia una delle più unite che in quel tempo storico si potessero incontrare. E questo le donne dagli occhi di cielo e di mare lo sapevano bene. Fu così che, in quell’interminabile sguardo, Oscar finalmente, cosciente di chi fosse e di cosa fosse l’amore vero e puro che avvolge e fa andare avanti il mondo, prese la decisione di seguire il suo vento: « Esperanza! – disse a gran voce, ormai priva di timore e implorante di seguire il suo destino finalmente chiaro, il destino della libertà – Io torno indietro ad aiutarli, tu non voltarti! Vai sempre avanti finché non arriverai a destinazione! » 
La donna dai capelli corvini sbarrò gli occhi e senza accorgersene le scivolarono delle lacrime che si persero nell’aria: « Oscar, ma cosa dite? Voi dovete venire con me, voi più di me meritate di ricominciare a vivere! Cosa servirebbe allora il martirio degli uomini che amiamo? Così diventerebbe una morte futile! » 
« Non se voi continuerete a vivere. Addio, mia adorata famiglia! E sappiate che non ho mai avuto bene più grande – abbiate cura di voi! » disse queste ultime parole sorridendo finalmente felice dopo trent’anni di sofferenza e cacciò il cavallo verso la locanda mentre la povera nonna urlava il suo nome affacciata dalla finestrella della carrozza. Ma ormai Oscar stava seguendo la strada del vento, oltre la catena montuosa che aveva costeggiato la sua vita; ormai era lei stessa il vento: libero, sfuggente e grandioso.
Esperanza, invece, aveva chinato il capo mordendosi il labbro inferiore: piangeva a dirotto e non riusciva a capacitarsi che la sua adorata famiglia avrebbe finito così il suo percorso. Era questo il prezzo da pagare per essere finalmente sé stessa? Non era possibile.

Gli uomini incappucciati li avevano ormai messi alle strette; per quanti di loro fossero senza vita a terra, altrettanti si ergevano vampireschi sopra le loro teste. André e Alain si trovavano a terra cercando di recuperare le ultime forze rimastagli anche se non erano affatto messi bene: il primo era l’unico che ancora riusciva bene a brandire la spada al contrario dell’altro che cercava di stringersi per bene il suo fazzoletto rosso alla mano: « Come stai? » chiese André che cercava di fargli da scudo.
« Come dovrei stare dopo che un pugnale mi ha attraversato da lato a lato il palmo? Dimmi un po’. » 
« Mi chiedo ancora come tu possa rimanere ironico anche in punto di morte. » 
Ma Alain a questo non rispose, la sua ironia non era la solita, era un’ironia scolpita dalla paura e dall’ansia – avrebbe desiderato durare un po’ di più in quel massacro, quel che bastasse a far sì che le loro amate scomparissero al di là della frontiera dove sarebbe stato più difficile raggiungerle. Eppure, i loro volti tumefatti e le loro ferite infettate dalla terra e dalla polvere parlavano chiaro: potevano quasi sentire i rintocchi del loro orologio personale divenire di volta in volta più gravi e lenti, sempre meno ricolmi di vita.
Era questa, dunque, la fine dei due commilitoni.
« André … » lo chiamò a bassa voce.
« Sì? » cercò di rispondergli mentre agitava la spada cercando di stoccare i fendenti nemici.
« Corri via, ti prego. » continuò solenne.
L’amico sgranò l’occhio verde, scioccato dalla sentenza che aveva appena sentito.
«  Tu hai ancora una possibilità, finirò io qua. Mettiti in salvo, ti supplico; ho perso tutta la mia famiglia, non posso perdere anche te, fratello mio. » 
Il moro ebbe una fitta allo stomaco, gli venne da piangere ma ricacciò le lacrime dentro di sé perché non poteva permetterselo. Anche per lui era un fratello, una figura che non aveva mai avuto nella sua vita ma che aveva scoperto conoscendolo.
« No, Alain. Non ti posso lasciare; ce ne andremo insieme. » sorrise sereno mentre le parole uscivano calde dalle sue labbra; sembrava in pace con tutto il mondo: era pronto alla morte. Alain cercò di ribattere, però l’altro lo zittì immediatamente in un suono secco, simile al rumore della polvere che si era alzata intorno a loro mentre laceravano carne e terreno con le loro armi ferree. Così André si accostò al suo caro amico e gli prese la mano: « Ti ho voluto davvero tanto bene, fratello. » 
Ora anche l’altro provò una sensazione di benessere provenire dalla sua anima, come se tutto fosse esattamente dove avrebbe dovuto essere: lì e in quel momento. Sorrise sereno, guardandolo intensamente e gli strinse forte la mano pensando dentro di sé a quanto fosse stato fortunato, a quanto in realtà la vita gli avesse sorriso permettendogli di avere un’altra famiglia così bella: « Anch’io ti ho voluto bene, non sai nemmeno quanto, fratello mio. » 
Chiusero gli occhi vedendo come ultima cosa lo zio di Esperanza alzare la spada bastarda, pronto a recidere la gola di entrambi in un sol fendente. Faceva paura ma così, mano per mano, sembrava tutto più semplice e meno terribile: morivano per e con l’amore mentre potevano ascoltare il fruscio forte del vento e ricongiungersi in conclusione con la natura.
Solo che i loro pensieri di riposo eterno furono disturbati dal rumore di un vento più forte e dissonante, un vento pesante e allo stesso tempo con la potenza di almeno 50 nodi. Aprirono gli occhi e si accorsero che, saettante come ai vecchi tempi, Oscar dirigeva la carrozza ad una folle velocità proprio in direzione del gruppo di rapaci predatori davanti a loro. In meno di un secondo, annunciando il suo arrivo solenne da un urlo di battaglia, li stirò tutti sotto le sue ruote. L’unico uomo che si accorse del suo arrivo appena in tempo per scostarsi, fu lo zio. Sembrò come se una voce gli avesse sussurrato all’orecchio che stesse arrivando una valchiria e, in fretta e furia, decise di fare un balzo indietro permettendogli di non essere preso così né dagli zoccoli né dalle ruote. Ora però era lui a trovarsi a terra, inciampato sul suo stesso lungo mantello.
« Che aspettate? Montate su! » dalla prospettiva dei due commilitoni, Oscar sembrava avere una aureola grazie ai raggi del sole che le passavano tra i capelli come lunghe dita di Dio che aveva deciso di salvarli. Era giunta la redenzione anche per le loro anime disperate, erano stati graziati sicuramente e quella visione del loro comandante biondo ne era sicuramente una prova simbolica. Al ché André annui e cercò di portare il braccio di Alain sulle sue spalle per aiutarlo ad entrare nella vettura. Purtroppo per l’uomo dagli occhi castani non sembrò molto semplice alzarsi, era stato anche ferito alla gamba: non sembrava un taglio mortale o troppo profondo ma ormai gli provocava molto dolore – di questo, però, se ne accorse anche Carlo che cercò immediatamente di fare il giro della carrozza. Lo spagnolo così tese la sua lama sopra la testa e a grandi falcate andò per gettarsi sui due uomini feriti che lo guardavano arrivare senza riuscire a muoversi, totalmente immobilizzati; Oscar, presa alla sprovvista, cercò disperatamente la sua pistola, ma si accorse che probabilmente si trovava all’interno di una delle carrozze – si maledisse e, disperata, cercò di saltare giù dal posto del conducente nella vana speranza che almeno il suo corpo malato avrebbe permesso di salvarli. Gridò in preda all’adrenalina e al terrore, arrivando a stendere le braccia e a chiudere gli occhi giusto in tempo per vedere il fendente appropinquarsi alla sua fronte, pronta a morire.
Ma non sentì niente.
« Che … che cosa? » l’uomo davanti a lei era sconcertato e fluttuava, immobile, a mezz’aria da loro. Erano tutti scandalizzati dalla scena che gli si mostrava.
« Oscar, stai bene? » chiese André preoccupato, senza comunque riuscire a distogliere lo sguardo dalla spada immobile giusto sopra la testa dell’amata. Sembrava che il tempo si fosse fermato per tutti, immobili, nell’ osservare quel fenomeno sovrannaturale.
« Sì, sto bene – rispose a fil di voce – ma io non capisco … » 
Così Alain, che percepì un’energia personalmente familiare, volse il suo viso verso le Alpi, incontrando lo sguardo di sua moglie: Esperanza stava a pochi metri da loro con uno sguardo fisso sullo zio, l’espressione corrucciata sotto sforzo e col braccio allungato in avanti. 
Era stata lei.
Non aveva mai visto niente del genere e credette che neanche lei sapesse di esserne capace. Voleva ringraziarla, dirle che fosse stata bravissima, ma non riusciva quasi ad emettere suoni dalla bocca: aveva perso sangue e forza; era stanco e voleva solo ricominciare con una nuova ed umile vita insieme a sua moglie e al suo piccolo principe – si sentiva così fortunato a poter amare di nuovo.
Nel frattempo l’altra coppia aveva compreso che il grande potere venisse proprio dalla donna corvina: « Vi prego di sbrigarvi. » cercò di digrignare tra i denti, cominciando a tremare per lo sforzo mentre, dall’altro lato, tentava di farsi spazio dalle prese di Ancolie anche Girodelle. Così i due coniugi cercarono di adagiare il corpo di Alain, privo di forze, su uno dei sofà della carrozza con André accanto intento a prestargli soccorso; nel frattempo Oscar tornò alle redini facendo galoppare il cavallo lontano dalla locanda. A quel punto anche Ancolie mollò il collo del conte, al quale si era aggrappata come una scimmia pur di fermarlo ed evitare che sferrasse un colpo fatale al suo amato, che con gli occhi di fuoco aveva cominciato a inveire contro tutti. Ancolie sorrideva felice vedendo la carrozza allontanarsi: era salvo, era sopravvissuto e non l’avevano preso – come non poteva essere così felice? Quasi rideva per la felicità. Dello stesso avviso non erano le bestemmie del conte che, purtroppo per lei, era infuocato da una rabbia troppo grande per essere contenuta: un gesto così puro ed allegro, ai suoi occhi iniettati di sangue, non poteva rimanere impunito – la riempì di botte. Le diede una decina di ceffoni dritti sul viso delicato e roseo o dove prima gli capitava a tiro, fino a lasciarla stramazzare a terra col fiatone e le guance gonfie e violacee, senza pietà o pentimento come se stesse macellando un povero agnellino. Eppure, di lei non se ne curò nessuno, neanche quella ragazza dai poteri magici a pochi metri di distanza: era la cattiva, se lo meritava e nessuno si sarebbe mai sacrificato per lei. Ancolie lo sapeva bene che la sua, per quanto avrebbe sempre cercato di rimediare e di migliorare, sarebbe sempre rimasta una vita infelice e priva di amore.
« Come ci sei riuscita? Maledetta strega! »  Carlo cercava di divincolarsi dallo stato di stallo in cui si ritrovava.
« Stai lontano da noi, per sempre. » la voce di Esperanza arrivava fredda e tagliante, effettivamente non sapeva neanche lei in quale modo fosse stata capace di una cosa del genere: era piena di domande e di dubbi ma doveva ricacciarli indietro prima che perdesse la concentrazione.
« Non ci giurerei troppo, nipote mia: ti ricordo che ho i tuoi fratelli in pugno e so quanto siano importanti per te! » disse a gran voce sogghignando.
A quel punto, tale fu il fuoco che arse dentro di lei al sol pensiero dei suoi adorati fratelli, succubi delle sue angherie, che raccolse tutte le sue forze e sembrò dare una spinta in direzione dello zio: volò via andando a colpire anche Girodelle che stava ancora lì a malmenare la povera ragazza bionda.
« Non osare. » Esperanza era furiosa, voleva farlo fuori. Era pronta a scendere dalla vettura pur di non rivederlo mai più e far sì che la sua vita finisse una volta per tutte … ma una voce si insinuò dentro di lei, ricordandole quando da piccola sua madre le ripeteva continuamente che quando si arreca del dolore a chi te lo arreca, non sei migliore di loro.
A salvare suo zio, dunque, fu un ricordo – il ricordo di una persona che lui aveva ucciso spietatamente ed in silenzio.
Sentì un rivolo di sangue scenderle giù dal naso riportarla alla realtà:« Addio. » disse apatica e si asciugò con la manica della sua camicia nera per poi fare retro front lasciando così, alle sue spalle, quelle persone che tanto avevano fatto soffrire le persone che amava. Ritornò, quindi, a percorrere la strada acciottolata, il sentiero della libertà dove un poco più distante l’attendeva la carrozza col resto del gruppo: il sole sembrava più caldo di prima e l’aria più tersa mentre, con la sua treccia al vento, correva verso Oscar sorridente che agitava il braccio sopra la sua testa come in segno di vittoria. Al ché anche Alain e André riuscirono ad affacciarsi dalle finestrelle della carrozza: « Aspettiamo solo te, amore mio! »  urlò allegro suo marito che sembrava già star lievemente meglio.
Così le due vetture si affiancarono e Oscar, sbocciata quell’oggi come una rosa dei venti, strinse bene le redini tra le mani: « Allora? Sei pronta? » 
Esperanza rispose con grinta: « Mai stata più pronta. » 
All’improvviso però fece capolino André: « Prima di iniziare il viaggio vorrei dirti una cosa, Oscar. »  
Stranita, la donna rimase in ascolto aspettandosi una qualche richiesta di aiuto per i medicamenti che si sarebbero dovuti fare.
« Voglio semplicemente che tu sappia, visto che stavo per perderti per sempre un’altra volta, che per me sempre sarai il mio amore unico. » 
Oscar si sentì lusingata e le sue guance si tinsero leggermente di porpora: « Anche per me lo sarai per sempre, mio adorato André. » 
« Ovviamente anch’io penso le stesse cose nei tuoi confronti! » disse ad un tratto Alain nei confronti della moglie, con una voce un po’ biascicante a causa della battaglia e del dolore. Esperanza si mise a ridere: « Lo so amore mio, e voglio che tu sappia che lo stesso vale per me. » 
Lanciarono i cavalli al galoppo, per l’ultima volta in Francia, verso la frontiera. Stavano andando finalmente verso un nuovo periodo della loro vita, oltre il dolore, oltre la guerra, oltre tutto ciò che li aveva fatto del male: oltre le Alpi.



Miei cari lettori,
Finalmente dopo 5 anni di silenzio sono riuscita ad aggiornare questa rocambolesca storia. Mi dispiace se sono stata così tanto assente, ammetto io stessa che spesso ho perso la speranza di riaggiornare … eppure, eccoci qui!
 Questo capitolo, conclusivo almeno di questo volume, lo dedico unicamente ed esclusivamente a voi che nonostante tutto avete continuato ad amare e apprezzare la mia storia coi suoi personaggi e non avete fatto altro che darmi costantemente supporto, anche quando tutto sembrava finito. Vi ringrazio per esserci stati tutti questi anni, a seguirla con passione e con le vostre bellissime ed uniche emozioni che mi hanno accompagnato dall'età di 13 Anni fino ad oggi che ne ho quasi 21. Tutto ciò, per me è una grandissima emozione perché si chiude un grande libro della mia vita.
 Con questo spero che vi sia piaciuto il capitolo e l'intera storia, con esso vi auguro di non smettere mai di sognare e d isperare, ricordarvi che c'è sempre il sole oltre le nuvole.
 Un abbraccio forte.
 sempre vostra,
 la vostra amichevole Waterwall di quartiere.

 

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