Contratto d'amore di FollediScrittura (/viewuser.php?uid=125947)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** 1 capitolo. ***
Capitolo 3: *** secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** 3.capitolo ***
Capitolo 5: *** quinto capitolo ***
Capitolo 6: *** 4 capitolo ***
Capitolo 7: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo capitolo. ***
Capitolo 9: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo. ***
Capitolo 11: *** Decimo capitolo. ***
Capitolo 12: *** Undicesimo capitolo. ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo capitolo. ***
Capitolo 1 *** prologo ***
Contratto
d'amore.
"“Qualsiasi donna intelligente che legga un contratto di
matrimonio, e poi lo sottoscriva, ne merita tutte le
conseguenze.”
Prologo.
Era l'estate del
suo quattordicesimo compleanno il momento in cui decise che mai nella
sua vita avrebbe permesso ad un uomo di incorniaciare il suo dito con
un anello.
Fu l'estate in cui
i suoi genitori si ripromisero amore eterno sotto un cielo pieno di
stelle.
Sembrava una notte
piena di speranza in cui la promessa di quell'amore così
forte e così dolce dovesse vivere per sempre.
Era il suo
compleanno.
Doveva essere un
giorno di gloria e invece cessò nel momento esatto in cui
l'incendio bruciò la sua casa insieme alla sua famiglia.
Quelle candele
accese troppo distrattamente,quel vento troppo impetuoso per essere un
giorno d'estate,quella fiamma che si estese fino al tappetto e
quell'amore che di eterno adesso,aveva solo il profumo della morte.
Era l'estate in cui
Leda decise di non innamorarsi,nella sua triste adolescenza aveva dato
la colpa della morte dei suoi genitori a quell'amore.
L'amore porta alla
morte.
E lei voleva vivere.
Senza che nessuna
fiamma uccidesse il suo spirito.
Leda era convinta
di tutto questo.
Ne era rimasta
fedele anche nella sua crescita avvenuta a casa della zia Prudence.
Ne era rimasta
attaccata fino all'estate del suo ventottesimo compleanno.
L'estate in cui il
ricco e alquanto cupo industriale Richard Crispin Armitage chiese la
sua mano.
Era il 1850,l'anno
in cui una donna senza patrimonio e non più in
età da marito non poteva rifiutare una simile offerta.
Era un giorno
d'estate in cui Leda lesse per la prima volta il contratto in cui il
suo futuro marito la richiedeva.
Era il suo
compleanno.
Erano passati 14
anni esatti dal momento in cui la morte aveva cambiato la sua vita.
Erano esattamente
14 anni in cui la promessa che si era fatta cominciò a
vacillare.
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Capitolo 2 *** 1 capitolo. ***
"
"Coltiva ogni cuore nel giardino che respira dentro di te,
loro cresceranno, e si prenderanno cura di te!"
1 capitolo.
' Richiede
che la Sig.na Leda Anthea Hughes, quale donna libera e appartenente ad
un ramo della medio borghesia,accetti, il Sig. Richard Crispin
Armitage, come suo sposo. Se avesse bisogno di ulteriori delucidazioni
sul contratto di matrimonio a lei arrivato tramite questa lettera,
sarò lieto di aiutarla aspettandola nel mio studio.
Robert Andrew Down.'
Leda
lesse e rilesse quella breve lettera più volte aspettandosi
che da un momento all'altro qualcuno venisse fuori dicendole che era
tutto uno scherzo. Non era assolutamente possibile che qualcuno
chiedesse la sua mano come una cameriera andava al mercato a chiedere
un pezzo di carne.
"Ma chi diavolo
crede di essere questo Richard Crispin Armitage, e poi
perchè diavolo vorrebbe me?Chi mai lo ha visto?" si
alzò di scatto dalla sedia ritrovandosi poi lo sguardo di
sua zia Prudence addosso. La guardava come se fosse pazza, non riusciva
a comprendere il perchè odiasse tanto quella lettera e
soprattutto il motivo per cui nella sua vita non si sarebbe mai sposata.
"Leda, per l'amore
dei cieli, vorresti usare un linguaggio più consono alla
ragazza elegante e rispettosa che con tanta fatica ho cresciuto?" Per
tutta risposta Leda le mandò un occhiataccia che la zia
Prudence parò bevendo un sorso del suo amato tè
delle cinque.
" Semmai
dovrei usare un linguaggio più consono ad una ragazza della
medio borghesia. Pomposo arrogante industrialetto da quattro soldi." E
così dicendo accartocciò la lettera per buttarla
con scarso successo verso il vaso vuoto accanto a lei.
"Leda Anthea
Hughes,ora stai proprio esagerando...." e sbattè la tazzina
sul piattino facendo ricadere l'attenzione su di lei. Leda prese un
lungo respiro e cercò di calmare i nervi spiegandole il
perchè di quella faccenda assurda.
"Zia,
perdonatemi...ma io davvero non capisco. Perchè chiede di
me?Perchè mai vorrebbe sposare una ragazza anonima e senza
patrimonio come me?"
"Questo proprio non
saprei dirtelo, ma dovresti considerare la cosa. E' un uomo potente,
rispettato e che può assicurarti stabilità e
agiatezza per tutta la vita." Leda abbassò lo sguardo come
se le parole della donna fossero state tante lame pronte a conficcarsi
nel suo cuore. Sapeva bene che ormai era diventata un peso per loro.
Mantenere una ragazza a cui i genitori non avevano lasciato nulla e
soprattutto con la mentalità di non volersi sposare
mai.....era diventato difficile.
"E poi, mia cara
cugina, sicuramente non riceverete mai e poi mai altre proposte, non
siete un uomo con la possibilità di mantenervi...a meno che
non decidiate di fare la cameriera o la governante....ma dubito che
possa fare per voi."
Elisea le sorrise
dolcemente ma Leda conosceva bene quel sorriso di scherno. Tra loro non
c'era nessun sentimento di amore. Se potevano si evitavano come la
peste.
"Prenderò
questo consiglio come vostra esperienza personale, mia cara cugina." e
fece un lieve inchino nascondendo una risatina nel vedere il bel
faccino contrariato della ragazza.
"Dunque?" riprese
la donna più anziana aspettandosi sicuramente una risposta
positiva.
"Zia Prudence, per
quanto sia consapevole che nella mia vita non riceverò e
nemmeno vorrò ricevere una proposta di matrimonio,sono
costretta nel dire di no. E con questo dichiaro concluso l'argomento."
"Cosa?" dissero
all'unisono madre e figlia.
"Ho detto che non
desidero sposarmi, è così difficile da capire?"
Leda si sarebbe
aspettata tutto nella sua vita tranne che la zia Prudence la prendesse
a schiaffi. Guardò sbalordita la faccia rossa della donna
che la osservava con rabbia.
"Folle e stupida
ragazzina, hai idea di quello che ho fatto per te in tutti questi anni?
Ti ho cresciuta come se fossi mia, con i miei soldi visto che quei due
sprovveduti di genitori che ti trovavi, hanno perso tutto in una
speculazione. Tu ti sposerai, tu me lo devi. Hai capito?" e la prese
per le spalle con forza in modo da farle capire che non avrebbe
accettato di nuovo un no come risposta.
La ragazza dal
canto suo era del tutto spaesata, era sconcertata dalla reazione della
donna e cominciò a tremare per la rabbia di quel destino che
sembrava non darle via d'uscita.
" Io mi
RIUFIUTO." le urlò scansandola da lei per poi riprendere con
veemenza.
"Non
sposerò mai un uomo che chiede di me attraverso terzi. Non
so nulla di lui, non so che faccia abbia, quanti anni ha, se
è una persona caritatevole...non so nulla. Non
fimerò un contratto di matrimonio come se fosse un contratto
di finanziamento. Sono un essere umano non un oggetto da vendere al
primo offerente."
" Se
è questo il problema, cugina, vi dirò io chi
è il vostro futuro marito." e si alzò dal divano
mettendo in mostra la sua figura alta e slanciata e riversando l'odio
che provava per lei attraverso gli occhi verdi da gatta selvatica.
"E' ricco, ha 43
anni e aggiungerei portati benissimo. E' alto, così alto che
voi quasi scomparirete al suo fianco. Ed è già
stato sposato e quindi ha quell'esperienza che qualsiasi donna
desidera. Dovreste davvero pensare alla grande fortuna che vi
è stata messa davanti." si pose davanti a lei
guardandola dall'alto verso il basso. Benchè Leda fosse
più grande di lei di 8 anni, Elisea la sovrastava sia di
altezza che in bellezza. La sovrastava in tutto e a volte Leda non
poteva fare altro che ritrarre lo sguardo davanti a quella natura
impetuosa e splendida ma fortunatamente poteva reggerle testa con le
parole.
" Bene,
cugina, sembrate davvero interessata a lui. Perchè non ve lo
prendete?"
"Perchè
ha chiesto di voi, incredibilmente." e la guardò come un
pavone guarda uno struzzo, alla ricerca di quel qualcosa che possa
attirare l'attenzione.
"E poi il
matrimonio non è poi così male, mia cara."
aggiunse la zia Prudence cercando di riprendere in mano la situazione.
"Certo, se vostro
marito muore a solo due anni di matrimonio lasciandovi un patrimonio di
tutto rispetto....non è male per niente."
"Leda!" fu l'unica
nota di rimprovero che le rivolse la donna. Leda sapeva bene che la
fortuna di sua zia derivava proprio dalla morte improvvisa del marito.
Sua madre le raccontò più di una volta che la
donna aveva sempre vissuto il matrimonio con una sorte di malessere, e
quando lo zio John morì, lei sembro rinascere come una
fenice dalla ceneri. Per quanto la riguardava sperare che suo marito
morisse nel giro di pochi mesi le sembrava quasi impossbile,
soprattutto perchè aveva già seppellito una
moglie. Cosa che poteva fare benissimo con lei. Poteva essere la
fortunata moglie morta numero due e magari poi, la sua
amatissima cugina avrebbe potuto prenderne subito il posto. E
sicuramente la sorte sarebbe stata così benevole con lei,
che avrebbe seppellito il marito prima di sei mesi.
"E' così
ingiusto il mondo con noi donne. Perchè siamo costrette a
sposarci? Perchè veniamo considerate come degli esseri
così piccoli e deboli da non poter pensare a noi
stesse?Perchè volete costringermi a fare una cosa che va
contro i miei principi?Io vi prego in ginocchio, zia. Vi prego, non
lasciatemi a quell'uomo."
"Leda,
parlerò con franchezza. Per quanto tempo ancora pensi di
voler gravare sulle mie finanze?"sgranò gli occhi per la
sorpresa di quelle parole. Benchè in cuor suo sapeva di non
essere mai stata amata dalla sorella di suo padre, benchè
quei pensieri le invadevano la testa ogni giorno, sentirselo dire era
come una spina sul fianco.
"Quindi
è questo che sono. Un peso, sono sempre stata solo un peso
per voi. " si girò dando le spalle alle due donne sentendo
già gli occhi pizzicarle. Non aveva scelto lei quella vita,
non aveva deciso lei che i suoi genitori morissero lasciandola sola per
sempre. Non aveva scelto mai nulla per lei e anche adesso non poteva
scegliere di contrastare il suo destino.
"Cugina, davvero.
Ormai siete già vecchia per non accettare un simile dono del
cielo. Accettate e sarete felice."
Leda avrebbe voluto
aggiungere che le persone davvero felice sarebbero statesolo loro ma
alla fine decise di tenere per se quel pensiero e di raggiungere lo
scrittoio dove teneva la carta da lettere.
Le due donne la
osserverano curiose di sapere cosa stesse scrivendo ma Leda non disse
nulla e con calma chiuse la lettera in una busta e con un leggero
inchino si congedò da loro.
Chiudendo la porta
alle sue spalle salutò con lo sguardo quella che era stata
la sua dimora per tutti quegli anni. Aveva deciso, sarebbe andata lei
stessa a portare la lettera a 'Mr pomposo voglio te come sposa'.
Se davvero la
voleva come sposa, avrebbe capito fin da subito di che pasta era fatta.
E così dicendo prese il mantello e uscì di casa
pronta a combattere per la sua libertà.
****
"Richard,
smettetela di vagare come un matto da una parte e l'altra della stanza,
mi state facendo venire il mal di mare. " urlò esasperato
Robert vedendo il suo amico corrodersi dall'ansia per una risposta.
"Avete ragione...ma
...questa storia,non sapete quanto è importante per me." e
si lasciò andare sul divano portandosi le mani sul viso per
nascondere quell'agitazione che tanto lo stava mandando ai matti. La
risposta, la risposta che tanto aspettava ancora non era arrivata.
Possibile che non avesse accettato? Eppure gli avevano assicurato che
quella promessa di matrimonio sarebbe stata come oro per una ragazza
senza famiglia e patrimonio. Eppure lei non aveva ancora risposto. Si
portò la mano sul mento cominciando a tormentare il labbro
inferiore come faceva sempre ogni volta che era nervoso.
"Richard.....alla
fine sapete anche voi che state sbagliando."
Lo sapeva, lo
sapeva bene. Ma era l'unica cosa da fare. Era l'unico modo possibile
per la situazione in cui versava.
Era la ragazza
giusta. Solo lei poteva aiutarlo.
"Robert, non una
sola parola di più su questa faccenda. " e di nuovo come un
pazzo si riversò alla finestra sentendo a malapena le frasi
poco garbate dell'amico.
Una carrozza
davanti al cancello della sua dimora aveva catturato
l'attenzione dei suoi occhi azzurri di ghiaccio. Vide
scendere una ragazza, minuta e vestita modestamente. Teneva i capelli
raccolti in una forzata crocchia, quasi come volesse nascondere la sua
bellezza al mondo. Vide il cancello aprirsi e la ragazza parlare con il
suo maggiordomo. Sorrise, sorrise di gioia e trasse un sospiro di
sollievo quando si girò verso il suo amico che confuso gli
chiedeva cosa fosse successo.
"E' arrivata." gli
disse come preso da un attacco di euforia.
"E' arrivata cosa?"
gli urlò mentre lo vedeva correre verso la scala.
"Richard, non devi
farlo. Richard...maledizione." imprecò Robert sapendo
già dove avrebbe portato quel contratto.
***
"Signorina, avverto
subito il padrone. Vi farò accompagnare nella sala padronale
da Maggie. " l'uomo stava per chiamare la cameriera quando venne
interrotto da una voce profonda e calda che per un attimo fece battere
più forte il cuore di Leda.
"August, non serve
assolutamente. Penserò io alla ragazza. " e così
dicendo Leda si ritrovò un bellissimo uomo alto e che la
guardava con degli splendidi occhi azzurri allegri. Era felice di
vederla. La guardava come se fosse appena arrivato il sole nella sua
vita. Leda sembrò ipnotizzata da quegli occhi e per la prima
volta fu felice che qualcuno la desiderasse tanto.
"Non volete che vi
accompagni in sala, signore?" gli chiese l'uomo confuso dal fatto che
le buone maniere non venissero messe in pratica.
"Non è
necessario. Questa sala andrà benissimo." e
congedò l'uomo con uno sguardo facendo capire a Leda che era
una persona a cui difficilmente si poteva dire di no. Si
sentì intimidita nel restare sola con lui, a sostenere
quello sguardo ora serio e in attesa che lei gli parlasse.
" E
dunque?" disse lui per poi deglutire nervoso aspettando la risposta.
"E
dunque......"riuscì a dire lei incerta non riuscendo
più e fermare il suo cuore da quanto era incantata dai suoi
occhi.
"La risposta....la
vostra padrona cosa vi ha detto?" Leda aprì la bocca per poi
richiuderla e sbattè gli occhi diverse volte nel cercare di
afferrare bene le ultime parole che aveva detto.
La sua padrona?
Che si riferisse a
sua zia?
E da quando era
diventata la schiava si sua zia?
Sentì la
rabbia farsi strada in tutto il corpo ma cercò comunque di
mantenere la calma sostenendo decisa il suo sguardo. Vide nei suoi
occhi una luce di incertezza nel vedere la sua fermezza ma mai nella
sua vita si aspettò simile parole.
"Siete molto decisa
per essere una cameriera. Nessuna mai mi guarderebbe negli occhi come
lo state facendo voi." e si avvicinò di più a lei
come catturato dalla forza che emanava e in quel momento
potè vedere la bellezza che cercava di tenere nascosta. Gli
occhi. I suoi grandi e profondi occhi neri. Sembravano dei pozzi di
petrolio. Erano intensi e quasi sconvolgenti. E soprattutto erano i
suoi pensieri ad essere sconvolgenti. Era la prima volta che in vita
sua gli capitava di provare piacere per una ragazza di umili origini.
"Una
cameriera....."disse tutto di un fiato. Si allontanò da lui
quanto le bastava per riprendere la padronanza di se stessa. Una
cameriera. Lui non sapeva nemmeno come fosse. Non sapeva nulla di lei.
Aveva chiesto la
sua mano per quale motivo?
Perchè
volere una persona che non aveva mai visto?
Una donna che non
possedeva soldi e alla fine nemmeno qualcosa che avesse catturato la
sua attenzione.
Perchè
volerla se era una perfetta sconosciuta.
Si morse un labbro
e di nuovo indirizzò il suo sguardo verso di lui. Verso la
sua alta figura e il suo elegante portamento. Verso uno sconosciuto che
vedeva nella sua futura moglie una sguattera.
"Certo, signore. Vi
ho portato la risposta. " e allungò la mano dandogli la
lettera. Richard sostenne il suo sguardo anche se dentro di se sentiva
l'adrenalina scorrere veloce. E non sapeva se era dettata dalla lettera
o di nuovo da quegli occhi appassionati. Prese la lettera
ringranziandola e Leda capì che la stava congendando.
"Se fosse
così gentile da indicarmi la porta della servitù,
io andrei. " fu l'ultima umiliazione che promise a se stessa. Nessuno
mai nella sua vita l'avrebbe più calpestata.
"Certo, vi
farò accompagnare da Maggie. " e fece tintinnare un
campanellino e nel giro di poco si affacciò una ragazza
giovane e in carne che obbedì subito alle parole dell'uomo.
"Accompagnate la
ragazza al retro della casa. "
"Si signore. Prego
da questa parte. "
Richard la
osservò ancora. Non sapeva come decifrare quella miriade di
sensazioni che sentiva dentro di se. Si chiedeva il perchè
si fosse fermata dandogli le spalle e in quel momento vide un
portamento troppo composto e gentile per essere quello di una cameriera.
"Posso dirvi un
ultima cosa, signore?" una voce troppo melodiosa e raffinita per essere
quella di una cameriera.
"Certo." fu l'unica
cosa che riuscì a dire.
Si girò
verso di lui quel tanto che le bastava per fargli vedere il sorriso di
scherno pronto a colpirlo come una tempesta in mare improvvisa.
"Lei non vi
sposerà mai. Buona giornata."
Richard
sbarrò gli occhi e nell'esatto momento in cui lei se ne
andò aprì di scatto la lettera.
Lesse quelle
parole. Lesse quello che dava conferma ai suoi dubbi.
Lesse e
capì che quella cameriera non era altro che la donna che
aveva chiesto in moglie.
Lesse e poi si mise
a ridere.
'Signore,
benchè mi aspettassi almeno la buona creanza di chiedere la
mia mano mostrandomi la vostra persona, ho deciso che la risposta ve
l'avrei portata io. Presentandomi e cercando di capire come mai vi
siate così invaghito di me. La lettera si presenta solo come
una valida risposta al contratto di mercato, ah no, vogliate perdonare,
di matrimonio che con tanta cura il vostro caro Robert ha scritto per
voi. Spero che almeno il mio futuro marito sappia scrivere e spero che
sappia anche leggere sennò vedo l'inutilità di
questa mia lettera così piena di sentimento per voi.
Vogliate comunque farvela leggere se sprovvisti della necessaria
cultura per capirla, e sperando di suscitare in voi le stesse risate
suscitate in me leggendo il contratto. Se non avesse inteso il mio
rifiuto al matrimonio di persona. Ve lo ripropongo qui. Io vi rifiuto.
Leda Anthea Hughes.'
Bene, se lei lo
rifiutava, lui la voleva.
Angolo della pazza
autrice:
Bene, era da tempo
che pensavo ad una storia con il mio amato Richard e finalmente sono
riuscita a metterla su pc. Come si è visto amo i tempi
andati e soprattutto amo Richard nelle vesti di un ricco industriale.
Ringrazio tantissimo Eruanne per la sua recensione e chi ha letto
questo mio progetto.
Grazie ancora e a
presto!!!!
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Capitolo 3 *** secondo capitolo ***
2. capitolo
'I've been believing in something so
distant as if I was human
And I've been denying this
feeling of hopelessness
In me, in me'
Lost in paradise. Evanescense
Sola.
Indesiderata.
Povera.
Piccola.
Insignificante.
Erano queste le
parole che Leda continuava a ripetersi nella mente. Era stata umiliata,
calpestata e abbandonata da quel piccolo briciolo di speranza che le
aveva attraversato il cuore appena aveva visto quell'uomo. Non era
riuscita a nascondere che quegli occhi e quello sguardo di gioia che le
aveva rivolto, le aveva scaldato l'anima. Per un attimo si era sentita
desiderata, per un attimo aveva pensato che potesse davvero essere
amata e ricambiare quel sentimento che per lungo tempo aveva cercato di
reprimere per quel dolore causatole molto tempo fa. Sembrava davvero
che la volesse e invece non sapeva nemmeno che aspetto avesse fino al
momento in cui si era presentata davanti a lui. Scambiata per una
cameriera. Desiderata da qualcuno che in realtà non la
desideravo affatto. Quell'espressione di incredulità e quasi
di disgusto nel chiamarla 'cameriera' l'aveva distrutta.
"E' stata solo
l'ennesima lezione, Leda. Credere negli altri, affidarsi a qualcuno
è solo una perdita di tempo e di felicità."
Sorrise amaramente alla parola felicità mentre si
inginocchiava davanti alla tomba dei suoi genitori. Ogni volta che si
sentiva persa andava li. Sembrava quasi che loro avessero il potere di
rigenerarla e di dirle che ogni giorno sarebbe stato meglio.
Era sempre stato
così, tranne ora. Per la prima volta sentì dentro
di se di aver perso ogni cosa. Tornare da sua zia avrebbe significato
sottostare al suo volere o andare via di casa.
Ma come poteva
accettare una simile richiesta?
Una richiesta di
cui non comprendeva il significato.
Essere la sposa di
chi ignora chi sia davvero?
Cosa c'era sotto a
quell'inaspettata proposta?
Leda si
buttò scoraggiata sulla lapide dei suoi genitori e dopo
tanto tempo iniziò a piangere disperata.
"Mamma,
papà, perchè ve ne siete andati?
Perchè mi avete lasciata sola in questo mondo troppo crudele
per me? Perchè nessuno mi ama? Vi prego, miei amati
genitori, aiutatemi. Cosa dovrei fare? Perchè non mi avete
resa libera? Perchè non sono morta io invece che voi? "
E così
dicendo si lasciò andare ad un pianto di dolore che per
lungo tempo aveva sepolto dentro di se.
***
"Non fatelo."
insistette per l'ennesima volta Robert nel far capire al suo amico
quanto fosse poco saggia la decisione che aveva preso.
"La ragazza vi ha
rifiutato. Prendetela come un segno del destino. E' sbagliato e voi lo
sapete bene. Quella ragazza ha più sale in zucca di voi e
forse avete sottovalutato la sua disperazione. " Ma Robert si accorse
che stava parlando al vento in quanto il suo amico era come preso da
una sorta di ipnosi. Se ne stava seduto sul divano con la lettera di
Leda che girava da una parte e l'altra delle sue mani. I suoi occhi
erano come imbambolati verso un punto astratto. Come se in quel punto
dipendesse la sua vita.
"Richard."
urlò esasperato riprendendo l'attenzione dell'uomo su di se
che sospirò infastidito da quel disturbo dai suoi pensieri.
"Robert, mi avete
fatto questo discorso non so quante volte. Credo di averlo persino
imparato a memoria. Pensate che questo possa essere l'ultimo?" disse
alzandosi dal divano e ponendosi davanti a lui a braccia conserte.
Robert si sentiva quasi intimidito dalla sua altezza e dallo sguardo
deciso che esercitava su di lui ma quello che faceva andava contro ogni
suo principio morale e non si fece scoraggiare dal suo atteggiamento.
"Non vi parlo da
vostro avvocato ma come vostro amico. Quello che volete fare
è ingiusto e immorale e so che il Richard che conoscevo io
sa bene che ho ragione. "
"Voi non capite,
nessuno può capire. Lei è l'unica che
può aiutarmi."
Si
accarezzò il mento lentamente pensando all'incontro che
aveva avuto con Leda meno di mezzora fa. Quella donna lo aveva stupito.
Decisa, ironica e con la sua aria di sfida. Quella donna aveva acceso
in lui la curiosità e soprattutto un attrazione che non
sentiva da tempo. Da quando era rimasto solo, non aveva più
sentito desiderio per nessuna donna.
"Infatti non
capisco. Giocare con pedine incosapevoli è disumano."
"Lo ha voluto lei.
Ha iniziato lei questo gioco." buttò tutto di un fiato
Richard sentendo già il formicolio salire fino al collo al
suono di quelle parole.
"Un gioco in cui le
conseguenze saranno disastrose solo per una persona. Dove....dove state
pensando di andare?" disse poi Robert guardando incredulo il suo amico
prendere di corsa il cappello e la giacca per uscire.
"A rifare la mia
proposta." gli disse sorridendogli quasi scoraggiato.
"Spero che vi
riufiuti di nuovo." gli rispose arrabbiato.
"Forse ...lo spero
anche io".
Anche se il cuore
perse un battito nel constatare quanto fosse crudeli per se stesso
quelle parole.
***
Era ormai quasi
l'ora del coprifuoco e Leda dovette affrettare il passo per non
imbattersi nella polizia locale che sorvegliava la città
dalle continue manifestazioni di violenza della classe operaia che si
facevano sempre più insistenti giorno dopo giorno.
Ormai era quasi
impossibile uscire la sera, anche solo per andare ad un ballo o a cena
di qualche amico. Ormai la classe più povera era sempre
più insodisfatta dalla ricchezza e l'egoismo dei
più ricchi. Volevano un sindacato, volevano i loro diritti
ma i ricchi non volevano starci e così ogni notte era una
battaglia. Bombe, pallottole, accoltellamenti ormai erano all'ordine
del giorno ed era per questo che era stato deciso il coprifuoco.
Chiunque fosse uscito dopo le 19 senza credenziali o permessi che
permettevano loro di andare dove volevano, venivano arrestati e portati
in carcere dove potevano essere sottoposti anche a svariate tecniche di
tortura. Si diceva che chiunque fosse entrato in carcere, innocente o
colpevole che sia, non fosse mai uscito.
Tirò un
sospiro di sollievo vedendo la residenza di sua zia farsi sempre
più vicina. Alla fine, stremata per le troppe lacrime
versate, si era addormentata sulla tomba dei suoi genitori e una volta
sveglia si era resa conto che era stata troppo tempo fuori. Non che
pensasse che avrebbero sentito la sua mancaza, ma aveva il terrore
della polizia locale e soprattutto delle chiacchiere di orrore che si
sentivano su di loro.
"Per fortuna sono
arrivata in tempo." e così dicendo entrò dentro
casa posando il matello sul porta abiti che si trovava all'ingresso e
si sciolse la ormai lenta acconcciatura lasciando i lunghi capelli neri
cadere fino a metà schiena. Sorrise per quel senso di
libertà e di rilassatezza che le dava ogni volta quel gesto
semplice. Stava per salire le scale e andare verso la sua camera quando
sentì dei mormorii venire dalla stanza principale che
usavano per accogliere gli ospiti.
"Che strano, non ho
visto nessuna carrozza. " e si avvicinò di più
alla stanza e alle voci che si facevano sempre più concrete.
Iniziò ad avere il respiro corto e il cuore a mille quando
sentì che la voce dell'ospite non era altro che quella di
Richard. La sua voce profonda e intensa ancora le scaldava l'anima
nell'incontro di solo poco prima.
Perchè
era lì?
Forse era venuto a
fare la proposta di matrimonio alla cugina capendo l'orribile errore
che aveva fatto?
Doveva sentirsi
sollevata per quel pensiero e invece sentì come uno spillo
perforarle il cuore nel sapere che lui avrebbe potuto preferire la
cugina a lei.
Cos'era questo
sentimento?
Cosa le aveva fatto
quell'uomo?
Cosa ne era stata
della promessa fatta a se stessa tempo fa?
Con quei pensieri
nella mente non si accorse di aver urtato il mobiletto accanto a lei
facendo cadere rovinosamente il vaso di girasoli a terra in mille pezzi.
"Chi
c'è?"
Leda si
alzò di scatto da terra ferendosi con i cocci del vaso
sentendo la voce imponente di sua zia.
"Sono io,
zia." e sentì le gambe tremare quando sua zia le
ordinò di entrare e trovandosi davanti agli occhi proprio la
figura elegante e mascolina di Richard.
"Leda, permettetemi
di presentarmi come si conviene." e si alzò sicuro di se e
soprattutto sapendo di farle un dispetto mettendo in evidenza quello
che c'era scritto sulla lettera.
"Vi siete
già presentato benissimo, non vi serve altro per quanto mi
riguarda" e Leda portò entrambe le mani dietro la schiena
impedondo all'uomo di salutarla come la buona società
esigeva.
"Leda!" la
rimproverò la zia per il suo comportamento sfacciato ma lei
non si fece intimorire. Non avrebbe permesse ne a lei ne a quell'uomo
di averla vinta.
"Per favore, non
c'è bisogno di rimproverarla. Forse quello che dovrebbe
essere rimproverato sono io." le disse senza mai smetterla di guardarla
negli occhi. Leda non aveva mai visto occhi così belli in
vita sua. Erano come uno specchio, un lago dai colori chiarissimi. Si
paragonava a Narciso, dove cercava disperato una superfice dove
specchiarsi e guardarsi. Ma a differenza sua, Leda cercava i suoi occhi
perchè mai in vita sua aveva visto occhi che potessero
incendiarla come quelli di Richard.
"Siete perdonato se
era questo che vi premeva. Ora potete tranquillamente andare a casa."
"Non sono venuto
solo per scusarmi, Leda."
E di nuovo quella
voce celestiale le fece venire la tremarella. Come poteva una voce
causarle tutto quello?
"E per cosa siete
venuto?" e deglutì quando vide il suo sguardo farsi serio
per poi posarsi verso quella di sua zia.
"Vorrei poter
parlare solo con Leda, se a voi non dispiace, Signora."
Sua zia per un
attimo inorridì per quella richiesta ma poi non riuscendo a
sostenere lo sguardo che accettava tutto tranne che uno,
acconsentì alla richiesta.
"Certo,
volentieri." ma primi di andarsene rivolse uno sguardo alla nipote che
non ammetteva repliche.
Quello sguardo Leda
sapeva benissimo cosa volesse dire.
Doveva andarsene da
quella casa e doveva andarsene con lui.
Sbattè
la porta lasciandoli completamente soli e per la prima volta in vita
sua, Leda si sentì in pericolo. Ma non in pericolo nel senso
che lui potesse farle del male ma in pericolo nel sapere che non
avrebbe avuto la forza di rifuutare di nuovo la sua offerta.
"Siete molto bella
con i capelli sciolti." e Richard lo pensò davvero vedendo
come fosse diversa dalla ragazza austera che era piombata a casa sua
con quel rifiuto.
Sembrava
più piccola degli anni che portava. Sembrava un fagottino
spaventato con quello sguardo perso che gli aveva rivolto per quelle
parole. Era tenera, dolce e indifesa e Richard pensò che
voleva tutte le sfumature che quella ragazza era capace di dare.
"Spero di sembrare
sempre una cameriera ai vostri occhi." e si spostò verso la
finestra essendo incapace di sostenere il suo sguardo.
"Ai miei occhi
siete molto di più."
"Ai vostri occhi
era una completa sconosciuta fino a poche ore fa."
Richard si
portò una mano alla bocca, quel gesto così tanto
familiare del suo nervosismo e dell'attrazione che aveva per quella
schiena messa in evidenza dal vestito blu e dal portamento elegante che
aveva la ragazza.
"Si, lo eravate." e
si avvicinò di un poco a lei vedendo come quel gesto la fece
sussulatare e sorrise nel sapere che non gli era indifferente alla fine.
"Allora
perchè?Perchè me?Cosa volete? " rimase immobile
sapendo che lui era dietro di lei. Sapendo che lui esercitava un potere
sul suo corpo che mai aveva provato in vita sua.
"Perchè
ho sentito parlare di voi ad un ballo e mi avete incuriosito. Ho
chiesto a vostra zia di voi e mi ha spiegato come non fosse attratta
dalla vita mondana della nobiltà e che eravate orfana
dall'età di 14 anni."
"E che in
realtà non vedesse l'ora di sbarazzarsi di me. In quanto le
sono di peso e non può più sostenermi." e si
girò all'improvviso sperando di vedere che reazione potesse
avere su di lui quella confessione. Ma restò a bocca aperta
quando lui le si avvicinò ancora di più per
portarle dietro l'orecchio un ciuffo di capelli. Lei per tutta risposta
si spostò e si accarezzò la parte che le aveva
toccato.
Andava a fuoco.
"Cosa volete da
me?" disse una volta per tutte portandosi dietro il divano come scudo
protettivo dalla mani grandi e calde di Richard.
"Non lo avete
ancora capito?" e come un leone pronto ad avanzare verso la sua preda
si riavvicinò a lei.
"No,non credo di
averlo capito." sussurrò quando lui la fece girare verso di
lei per poi imprigionarle tra il divano e lui. Le braccia
lunghe e muscolose di Richard la incatevano di lato e il suo viso era
così vicino che poteva sentirne l'alito caldo sulle sue
labbra.
"Vi voglio, Leda.
Come non ho mai voluto nessuna donna in vita mia."
Spazio autrice:
Okok....è
pura cattiveria farla finita così ma un pochino di suspance
ci deve essere. Questa storia sembra meno complessa di quello che
invece è in realtà. Secondo voi perchè
Richard desidera tanto Leda?E perchè Robert non vuole
assolutamente che lui compia questo gesto immorale?
Spazio alla
fantasia. Comunque ringrazio tantissimo chi mi segue,chi mi lascia una
recensione e chi ha messo la storia nei preferiti.
Grazie mille e alla
prossima :D
|
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Capitolo 4 *** 3.capitolo ***
'Ciò che c'è di pericoloso nell'amore
è il fatto che è delitto nel quale non si
può fare a meno di un complice.'
Terzo
capitolo
Leda osservava
incuriosita quella che da ora in poi sarebbe stata la sua stanza. Nel
giro di poche ore la sua vita era cambiata drasticamente. Camminava
lenta e rapita nella grande camera da letto che Richard aveva scelto
per lei. Era semplice ma arredata con gusto, le pareti erano di un
pallido azzurro cielo e i mobili bianchi e ornamentati rendevano quel
posto come un passaggio per il paradiso.
Leda si chiedeva se
quella stanza fosse appartenuta alla defunta moglie ma cercò
di scacciare quel pensiero dalla testa sperando che l'uomo non fosse
così macabro da farla dormire nella stanza di una morta. Si
lasciò andare sul suo enorme letto a baldacchino, era
così morbido e caldo che non potè trattenere un
sorriso di soddisfazione.
"Un mese, un mese in
questa casa e poi potrò essere libera." e chiuse gli occhi
tornando al momento in cui aveva ceduto alla richiesta di Richard.
***
"Vi voglio Leda, come
non ho mai voluto nessuna donna in vita mia."
Leda
spalancò gli occhi a quella dichiarazione mentre sentiva
l'aria stringersi sempre di più dentro il suo corpo per
quelle braccia che la imprigionavano e per quello sguardo
così forte e suadente che spavaldo superava tutti gli
ostacoli che aveva messo nel suo cuore per non soffrire più.
Poteva una persona distruggerne un altra solo con delle parole e con
degli occhi così belli e limpidi da non far più
ragionare?
Era questo l'amore di
cui tutti parlavano?
Di cui tutti andavano
in cerca?
Un qualcosa che ti
impediva di respirare e di ragionare?
Era questo l'amore che
tutti desiderano?
Un sentimento
paragonabile quasi alla morte?
Iniziò a
tremare mentre sentiva il respiro caldo dell'uomo su di se.
Abbassò lo sguardo, all'altezza del suo petto non avendo
più la forza di sostenere tanta passione.
"Leda, per l'amore del
cielo, dite qualcosa..." e Richard le prese il mento in modo che la
guardasse. Era un uomo ormai di una certa età, sapeva come
mascherare i turbamenti, ma quegli occhi, umidi e persi...facevano
crescere in lui una tenerezza sconosciuta. Fu proprio quello strano
sentimento che lo fece staccare da lei, come se la pelle che aveva
toccato lo avesse bruciato.
Ecco cosa gli faceva
quella donna.
Lo bruciava.
Lo infuocava.
Ardeva in lui come una
fiaccola perennemente accesa.
Deglutì per
poi prendere un profondo respiro e tornare la persona calma e pacata
per la quale era famoso. Non era tipo che si faceva trascinare dai
sentimenti.
Leda dal canto suo
interpretò quel gesto come se l'uomo si fosse svegliato da
una sorta di incantesimo e avesse di nuovo capito l'errore che aveva
fatto nel sceglierla.
"Penso che il vostro
gesto sia più chiaro di qualsiasi parola. Sono stanca e
questa storia credo sia andata avanti fin troppo. Vi prego di lasciare
questa casa e spero che troverete la donna giusta per voi." e gli fece
cenno di uscire indicandogli con la mano la porta.
"Penso che invece non
capiate nulla, mia dolce Leda." e per tutta risposta si sedette sul
divano mentre Leda rimase immobile nella stessa posizione. L'unica cosa
che cambiò fu lo sguardo, era di nuovo spaesato mentre
osservava quell'uomo che sembrava ormai pronto a vincere quella
battaglia a lei sconosciuta.
"In effetti non
capisco questa vostra testardaggine nel volermi a tutti i costi." e
allungò le mani sui fianchi costatando che lui non se ne
sarebbe andato, o meglio, che non se ne sarebbe andato senza averla.
"Potreste intanto
venire qui vicino a me e parlarne con più
comodità."
"Preferisco stare dove
sono...." e arrossì vedendo il sorriso di scherno di
Richard. Aveva capito che la sua vicinanza la turbava.
"Come preferite. Come
ho già detto in precendenza...io vi voglio."
"Questo penso di
averlo capito, signore. Ma la mia domanda è
perchè? Tra tutte le donne che potreste avere ai vostri
piedi....voi avete scelto una donna anonima e senza patrimonio come
me?Dove sta il trucco, signore?" e si avvicinò un pochino di
più presa dalla curiosità della sua domanda e in
quel momento notò come Richard la sovrastasse anche da
seduto. Aveva un portamento così alto e fiero che persino un
Re avrebbe avuto soggezione di lui.
Richard si
grattò il mento senza mai smettere di guardarla. Doveva
essere convincente per averla, doveva giocare le sue migliori carte per
fare in modo che lei gli dicesse si. Doveva essere sua ad ogni costo e
soprattutto voleva che fosse sua e di nessun altro.
"Desidero una donna
che mi rifiuti abbastanza da farmi capire che non punta al mio
patrimonio."
"Credo che le donne
non puntino solo al vostro patrimonio." Leda si stupì di se
stessa, non pensava di aver fatto parola quel pensiero.
"Sarebbe un
complimento?" disse dolcemente facendole battere il cuore.
"Suppongo di si."
rispose sentendosi umiliata con se stessa per aver lasciato che la
debolezza che suscitava in lei quell'uomo venisse fuori.
"Sposatemi." gli
ridisse e lei chiuse gli occhi in modo che quelle parole non la
scalfissero.
"Aprite gli occhi e
non scappate." e si alzò di scatto andando verso di lei e
prendendola per le spalle facendola sussultare.
"Lasciatemi..." lo
implorò spaventata mentre sentiva i loro petti scontrarsi
per quella vicinanza.
"Solo se mi direte si."
"No." e con forza lo
scansò da lei per poi scappare verso il camino. Si
portò una mano al petto cercando di calmare l'affanno che
gli aveva provocato.
"Sposate mia cugina,
è più consona alla vostra personalità
e lei non vi dirà mai di no." gli urlò disperata
sentendo ora i suoi occhi di ghiaccio farsi seri e minacciosi.
"Ho già
avuto una donna simile, non ho nessun desiderio di ripetere la cosa."
Leda non
potè non notare l'espressione di disgusto che fece nel dire
quelle parole. Un pensiero su come fosse la defunta moglie dell'uomo le
passò per la testa. Uno strano presentimento le si fece
strada.
Non riusciva a non
pensare che lui potesse avere a che fare con la sua morte ma
cercò ancora una volta di non farci caso, soprattutto
perchè non voleva assolutamente essere la possibile seconda
defunta moglie.
"Quindi è
questo che fate?testate le donne? Vedete se avete caratteri compatibili
e poi le sposate?E se non vi dovesse andare bene?Cosa farete?La..."non
riuscì a proseguire con il discorso perchè l'uomo
la fulminò con lo sguardo. Se avesse avuto poteri di far
comparire coltelli in quel momento, l'avrebbe sicuramente uccisa.
"La? Coraggio, Leda,
finite la frase. " e si riavvicinò a lei lentamente con le
braccia dietro la schiena. Sentiva le vene pulsargli sulla fronte e il
calore espandersi sul collo. Sentiva la rabbia nel suo corpo e
capì che anche Leda si era accorta del suo cambiamento da
come tremava per la paura.
"La...." e si
girò di lato non avendo il coraggio di dire altro.
"La ucciderete...." e
le portò una ciocca dei lunghi capelli scuri dietro
l'orecchio. Leda lo paragonò ad un carnefice che donava il
suo ultimo gesto di gentilezza alla vittima predestinata.
"Lo avete detto voi,
signore."
"Pensate che abbia
ucciso mia moglie?" e la prese per i fianchi in modo che si girasse di
nuovo verso di lui e lo guardasse. Voleva vedere i suoi occhi, voleva
avere la giusta distanza per bramare le sue labbra e toccare i suoi
morbidi capelli.
"Lo avete fatto?" gli
disse piano alzando lo sguardo verso di lui. Richard aprì la
bocca come per dire qualcosa ma poi, come preso da una sorta di magia,
avvicinò il viso al suo avendo così le labbra
della ragazza quasi a contatto con le sue. Poteva sentirne il respiro
caldo e immaginare quanto fossero morbide e carnose se solo si fosse
avvicinato un pochino di più.
"Datemi un mese." Leda
si risvegliò al suono di quelle parole e strabuzzando gli
occhi nel non capire cosa gli stesse dicendo.
"Un mese."
ripetè staccandosi a fatica da lei che lo lasciò
andare quasi con rammarico per quel contatto così intimo
spezzato troppo forzatamente.
"Un mese per cosa?" e
si strofinò le braccia sentendo improvvisamente freddo.
"Un mese per decidere
di sposarmi. Per tutto questo mese vivrete nella mia dimora,
così impareremo a conoscerci e deciderete." Leda lo vide
camminare nervosamente da una parte e l'altra della stanza, come se non
fosse convinto di quello che le stava proponendo.
"E se rifiuto?"si
fermò, quasi come se si aspettase una risposta del genere.
"Vostra zia ha deciso
che ve ne andrete da questa casa se non accettate la mia offerta. E'
solo un mese, e se anche passato quel tempo voi deciderete di no. Vi
lascerò andare."
Leda si morse un
labbro per impedire alle lacrime di scorrere proprio in quel momento.
Alla fine era stata venduta. Anche se per poco...sua zia l'aveva
lasciata nelle mani di Richard. Stava permettendo che la sua
reputazione venisse messa in discussione andando a vivere con lui prima
del matrimonio.
A sua zia non
importava nulla di lei.
Era finalmente
arrivato il momento in cui se ne poteva liberare.
"Quindi è
così, o accetto o verrò cacciata come fossi un
cane randagio. E' così che sperate che io vi ami? " e una
lacrima scese solitaria rigandole lentamente tutta la guancia destra.
La stavano distruggendo.
Lui l'avrebbe
distrutta.
Lui con i suoi occhi
di ghiaccio.
Con la sua voce
profonda.
Con le sue mani grandi.
Con il corpo caldo.
Si, lui era la sua
distruzione.
Ma se Leda pensava
questo i pensieri di Richard non erano da meno.
Lei era la sua
dannazione.
I suoi occhi neri
grandi.
Il suo corpo piccolo e
aggrazziato.
Il suo temperamento
vivo.
I suoi capelli morbidi
e setosi.
Si, lei era la sua
dannazione.
"No, Leda. Spero che
non sia una minaccia a portarvi ad amarmi ma più questo." e
così dicendo andò verso di lei che colta di
sorpresa si ritrovò la mano dell'uomo dietro la nuca e
l'altra sulla schiena e con una leggera pressione la spinse verso di
lui per poi appoggiare le labbra sulle sue.
Fu un bacio casto che
suggellò la promessa appena scambiata.
Si staccò
piano da lei e non smisero un secondo di guardarsi.
"Vi aspetto domani per
pranzo. Non tardate." e la lasciò prendendo
cappello e cappotto per uscire velocemente dalla stanza.
Leda non si
girò nemmeno a salutarlo, l'unica cosa che riuscì
a fare e portare una mano sulle sue labbra e sentire che ancora
scottavano per quel semplice bacio rubato.
Spazio autore:
Ebbene si, i nostri
protagonisti vivranno insieme. Dal prossimo capitolo
inizierà la convivenza tra loro. Cosa mai
succederà?Leda cosa deciderà? Basterà
un mese per innamorarsi?
Chissà.
Un grazie va a chi
commenta questa mia pazza storia, a chi legge e a chi ha messo la
storia tra i preferiti e seguiti.
Vi ringrazio ancora e
spero di aggiornare presto.
:)
|
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Capitolo 5 *** quinto capitolo ***
5. capitolo
' Chi sei?
Nemico amore tu
chi sei?
Non vedo l'odio
tra di noi
ma non lo so se
giochi o no
per gioco e non
per odio tu mi puoi
far male, tanto
male se
tu giochi con
l'amore e me
se per vendetta
tu mi fai
innamorare e poi
non sei più tu'
.Romeo&Giulietta(Riccardo
Cocciante).
"Richard, siete
stato davvero inqualificabile "gli urlò Robert non riuscendo
più a gestire gli attacchi di rabbia dell'uomo.
Già quella situazione era assurda e per di più
non rendeva nemmeno facile la vita alla ragazza. Mai nella vita gli
avrebbe permesso di fare quella sciocchezza, pregò Dio di
avere abbastana potere per fermarlo.
"Perchè
invece che blaterare non tornate al vostro lavoro? Se non sbaglio vi
pago per quello." e si risedette dietro la sua scrivania trattenendo a
stento un'imprecazione. Si allentò il cravattino, come se
quel gesto potesse dargli di nuovo l'aria necessaria per respirare.
Glielo aveva detto, glielo aveva sputato in faccia come niente fosse.
Lei pensava che
fosse un assassino.
Un uomo capace
di commettere un omicidio.
Lei lo aveva
guardato con terrore e disgusto e se ne era andata.
Se ne era andata.
Incredibilmente
quel gesto lo aveva ferito più di quelle parole infamanti.
Lo aveva lasciato solo.
Era di nuovo
solo.
Solo con la sua
vita e con i suoi sensi di colpa.
Appoggiò
i gomiti sul freddo marmo della scrivania per poi afferrarsi le tempie
con le mani.
Cosa aveva mai
fatto?
"Cosa avete
intenzione di fare?"la voce del suo avvocato lo fece tornare alla
realtà ma non sapeva dare una risposta a quella semplice
domanda.
"Richard..." gli
urlò di nuovo sbattendo poi le mani sul tavolo per
svegliarlo.
"Cosa diavolo
vuoi che faccia,eh?" esasperato si alzò di nuovo per poi
andare verso la finestra in cerca di qualcosa o di una persona.
"Cercarla?"
"E
perchè dovrei...?" e ora la sua risposta era quasi triste e
spenta.
"Perchè
ne siete responsabile e perchè le strade fuori sono
pericolose..." e ora Robert si fece più calmo notando la
lieve inclinazione che aveva preso la voce del suo amico.
"Forse sono
più pericoloso io...." disse stupendo Robert che imbarazzato
da quella confessione non riuscì ad aggiungere altro.
"Avevate
ragione, Robert. Sono un pazzo e sto facendo del male ad una persona
innocente."
"Allora se ne
siete convinto, lasciate stare l'intera questione e lasciatela
andare..."
Richard per
tutta risposta si girò verso di lui smarrito e Robert
cominciò a pensare che quell'uomo iniziava a provare un
verso sentimento per la ragazza. Ma nonostante ciò non si
fece impietosire, doveva portare avanti la sua causa.Impedire che
Richard sposasse Leda.
"Andrò
a cercarla, voi cercate di riprendervi." aggiunse guardando
poi Richard fargli un accenno flebile con la testa.
***
"Che stupida che
sei..." Leda si portò le gambe al petto per poi stringerle
mentre guardava il mondo davanti a lei andare avanti. Il loro primo
giorno di convivenza non sarebbe potuto andare peggio. E poi quel suo
sguardo, quello sguardo così sicuro di se che si perse nello
stesso istante in cui lo aveva accusato dell'omicidio della moglie. E
se fosse stato davvero l'artefice della morte della donna?
Non aveva negato.
Ma non aveva
nemmeno respinto.
Cosa si celava
davvero in quello sguardo?
E lei?
Perchè
insisteva così tanto con lei?
Si morse un
unghia sperando davvero che un miracolo potesse scioglierla da quella
situazione.
Era un mese.
Cosa era un
mese?
Sarebbe passato
in fretta e lei ne sarebbe uscita libera.
Ma quello che
Leda pensava costantemente era che ne sarebbe uscita dentro una tomba.
La
verità era che Richard la terrorizzava.
"Signorina
Hughes, ma siete qui.."
Leda si
girò verso la voce sorpresa da cui provenivano quelle parole
e per un attimo ebbe come l'impressione che quella situazione fosse
già accaduta, in un passato che lei non riusciva
più a ricordare.
Qualcuno, tanto
tempo fa, la ritrovava sempre. Ogni qualvolta che si perdeva. Sorrise
incosapevolmente al ragazzo che ancora la guardava sorpreso per poi
abbassarsi e porgerle la mano per aiutarla ad alzarsi.
"Siete
gentile.." disse guardando gli occhi dolci e affidabili dell'uomo.
"Credevo di
dovervi venire a cercare al cimitero..."
"Oh, bhe, volevo
andarci ma alla fine mi sono resa conto che da qui non ci so arrivare."
e rise mentre il ragazzo le lasciò andare piano la mano per
poi ridere insieme a lei.
"Signorina
Hughes, credo di non essermi ancora presentanto. Sono Robert Andrew
Down, l'avvocato del Signor Armitage e.."
"E l'artefice
della lettera così ricca di emozione, suppongo." e di nuovo
Leda sorrise del rossore che aveva colorato le guance del ragazzo che
imbarazzato si portò una mano dietro la nuca.
"Ebbene si, lo
ammetto. Sono colui che ha impugnato l'arma del delitto."
"Ma non siete il
cospiratore dello spregievole gesto." ma Leda dopo aver sentito quello
che aveva appena sussurrato,si portò una mano sulla bocca
come se quel gesto potesse fermare quello che aveva appena detto.
Guardò mortificata Robert, pensando che aveva appena offeso
e disprezzato una persona che a lui forse era cara.
"Mi dispiace,
credo di aver esagerato.."
"No, non deve
essere facile la vostra situazione e io non ne sono mai stato
d'accordo." rispose poi Robert osservando che aveva appena ammesso un
qualcosa che doveva tenersi per se.
"Davvero?"
chiese sopresa Leda per poi guardare lo sguardo dell'uomo posarsi sulla
finestra della sua nuova dimora. Si girò anche lei e li
potè notare due occhi di ghiaccio che li guardavano, come se
da un momento all'altro potesse fulminarli come se fossero colpevoli di
qualcosa.
"Permettetemi di
accompagnarvi al cimitero,signorina Hughes. Così potrete
imparare la strada ed è più vicino di quanto
pensiate."
"Oh no, davvero.
Non posso disturbarvi in questo modo. Avrete degli impegni e non voglio
essere la causa di un vostro possibile ritardo." ma per tutta risposta
Robert le sorrise e le porse il braccio come consenso.
"Non dovete
preoccuparvi, ho del tempo che dedico molto volentieri a voi,
signorina."
Leda prese
allegra il suo braccio e si fece condurre dolcemente dall'altra parte
della strada.
"Ad un patto,
signore."
"Quale?"
"Che voi mi
chiamate Leda." aggiunse sentendo il desiderio di girarsi, come se una
forza potente l'attraesse in quella direzione.
"Accetto, a
patto che voi mi chiamate Robert."
"Bene, Robert."
e la sua voce era dolce e amichevole.
"Bene, Leda" e
anche quella dell'uomo era amichevole e quasi affettuosa. Si strinse un
pochino di più al suo braccio, come se avesse trovato
qualcuno che potesse proteggerla.
Lo strinse
forte, sentendo ancora la schiena bruciarle.
***
Richard
scansò malamente la tenda della finestra per poi uscire
dallo studio per andare verso il piano superiore della casa. Si
portò vicino alla porta bianca incastonata di piccole parti
d'oro. Quella porta che era stata chiusa per un anno, lui, ora, sentiva
il bisogno di riaprirla. La mano gli tremò mentre
girò la maniglia e si stupì, una volta aperta,
che dentro c'era ancora il suo odore.
L'odore della
donna che era stata sua moglie per dieci anni.
Quella stanza
ancora parlava di lei.
Le tende erano
abbassate e a malapena entrava luce ma ne era abbastanza per fargli
vedere come l'eleganza di quella stanza rispecchiasse quello che
davvero era la donna. Si avvicinò all'enorme letto a
baldacchino e alle lenzuola di candida seta color porpora su cui lei
aveva dormito. Su cui loro avevano dormito per i primi anni del loro
matrimonio.
Portò
quella seta al naso e inalò ancora il profumo di rose che
tanto amava Matilde.
"Perchè?"
e strinse quella stoffa.
"Perchè..."
disse con rabbia.
"Perchè
hai dovuto rovinarmi così?" e le strappo per poi cadere sul
pavimento pensando a Leda che se ne andava felice con il suo avvocato.
***
"E'
annegata?Davvero?" Leda ascoltò la storia che Robert le
stava raccontando sulla moglie di Richard e si sentì
terribilmente in colpa di averlo accusato della morte della donna.
"Si, un anno e
mezzo fa. Matilde era una grande amante del mare e gli chiese di
regalarle un viaggio in nave. Richard l'accontentò e
partirono ma in quel viaggio successe qualcosa...." Robert si
fermò non riuscendo a trovare le parole giuste per
descrivere quel momento.
"Cosa successe?"
lo riprese prima di depositare i fiori sulla tomba dei genitori.
"Hanno litigato,
così disse lui e anche alcuni passeggeri della nave. Li
sentivano gridare molto forte tanto che alcuni si sono avvicinati..."
"E poi?"
sussurrò quelle parole per poi ingogliare il groppo che le
si era fermato in gola.
"Lei lo ha
spinto per allontarnarlo da se ma si è sbilanciata ed
è caduta in mare..." la guardò serio per poi
vedere la confusiona negli occhi della regazza. Come se si aspettasse
un altro tipo di storia.
"Davvero credete
che Richard possa essere capace di quello che voi lo accusate?"
Leda si morse un
labbro, si sentì una bambina e ferita abbassò lo
sguardo. Robert si avvicinò a lei e le prese le mani per
fare in modo che lo guardasse.
"Non lo avrebbe
mai fatto. Amava Matilde e la venerava. Non le avrebbe mai fatto del
male." E Robert notò come quelle parole l'avessero colpita,
colpita come se qualcuno le avesse infilato una lama nel fianco. Robert
si stupì di quanto in realtà Leda fosse
già presa da lui. Doveva fare qualsiasi cosa per impedirle
di avvicinarsi a lui. Qualsiasi cosa.
Richard non era
un assassino ma era tante altre cose e non gli avrebbe mai e poi mai
permesso di recidere quel fiore che era Leda.
"Capisco...."
"Leda....." e le
strinse forte le mani per osservare lo sguardo smarrito che gli rivolse.
"Promettetimi
che non vi farete coinvolgere."
"Coinvolegere in
cosa?" Leda sentì come quella stretta aumentava e come i
suoi occhi la pregavano di ascoltarlo.
"Non sposatelo,
un giorno vi spiegherò il perchè ma vi prego di
non farlo." aggiunse con enfasi per dimostrarle che quello che diceva
potesse davvero aiutarla.
"Robert, io non
so cosa vogliate dire ma io non lo sposerei comunque." allora
perchè la sua vocina interiore continuava a dirle che era
una bugiarda?
Quella parole le
fecero più male di quanto si aspettasse. Più male
di quello che nascondeva Robert.
"Sono contento."
disse Robert per poi sorridergli e riprendendo a respirare.
Leda non
potè fare altro che ricambiare quel sorriso mettendo a
tacere quello che sentiva davvero.
"Leda, dovete
scusarmi ma ho un impegno tra circa venti minuti. Fino a quando vi
tratterrete?"
"Fino alle sei
che è l'orario di chiusura."
"Bene, se
farò in tempo vorrei riaccompagnarvi a casa."
"Oh ma non
dovete farlo, vi siete già preoccupato abbastanza." E Leda
pensò alla parola casa.
Casa, la casa
dove c'era lui. Dove lui l'aspettava dopo quello che gli aveva detto.
"Non
è affatto un disturbo ma se non dovessi riuscire, vi prego
di tornare prima delle sette."
"Certo, ho
capito bene le strada." e alzò gli occhi per fargli capire
che in fin dei conti era attenta come un aquila.
"Non avevo
dubbi. Ora devo lasciarvi.." e le prese la mano per portarla alla bocca
prendendola di sorpresa.
"A dopo, DEA."e
la lasciò andare per poi girarsi e prendere la strada verso
l'uscita.
"Come mi avete
chiamata..." disse più a se stessa che a quelle spalle che
come molti anni fa, qualcuno le aveva rivolto insieme a quelle tre
parole.
***
"Leda, cara,
c'è una carrozza qui fuori che vi aspetta." il custode la
richiamò dai suo pensieri mente accarezzava dolce i nomi dei
suoi genitori.
"Oh, allora ha
mantenuto la promessa." si alzò dalla lapide e
mandò un bacio seguendo poi l'uomo verso il cancello.
Si
sentì felice di riavere Robert a sua fianco e soprattutto
voleva chiedergli il perchè l'aveva chiamata Dea, quel nome,
non sapeva il perchè, gli faceva tornare in mente un passato
che lei aveva dimenticato.
Salutò
Martin mentre pensava ancora a quel nome fino a quando non si
fermò vedendo che davanti la carrozza non c'era Robert ma
bensì Richard.
Era di nuovo
fiero, elegante e l'aspettava a braccia conserte. Come se quel suop
modo di fare le facesse intendere che era li da molto.
Lo
osservò e sentì le gambe farsi di pietra. Aveva
paura di andare verso di lui, soprattutto dopo le parole che gli aveva
urlato ingiustamente.
"Leda..."le
disse e lei chiuse gli occhi pensando a quanto il suono della sua voce
fosse così diverso da quello di Robert.
Era possessiva.
Era forte.
Era piena di
passione.
Riaprì
gli occhi e sussultò ritrovandoselo davanti che la guardava
preoccupato.
"State
male?siete pallida, avete freddo?" e si tolse la giacca per appoggiarla
sulle sue spalle.
Leda non
riuscì a dire nulla di quel gesto così dolce e
così poco consono ai modi dell'uomo.
"Sto bene,
signore. Davvero."
"Ah si?" e
l'avvicinò a se per poi circondarle la vita con le braccia
facendo accelerare il respiro della ragazza.
"Non voglio
più litigare con voi, Leda." aggiunse prima che lei potesse
dire qualcosa.
"Mai
più." sottolineò guardando i bei occhi nocciola
della ragazza che si erano fatti grandi e umidi per la sorpresa.
"Mi dispiace per
quello che vi ho detto..." e si inumidì le labbra mentre gli
occhi di Richard si calarono su quel suo semplice movimento.
"Non importa."
E davvero non
gli importò più di nulla, in quel momento l'unica
cosa importante erano le sue labbra su quella di Leda.
Le sua braccia
che la stringevano forte e le braccia di lei che si aggrappavano alle
spalle di lui per sorreggersi da quell'impatto.
Si scambiarono
il loro primo vero bacio.
Leda
pensò che mai e poi mai nella sua vita avrebbe provato
l'emozione che quella danza delle loro bocche le stava dando.
Si mise in punta
di piedi per poi accarezzare i suoi capelli e si pentì della
promessa che aveva fatto a Robert.
Richard era il
diavolo per lei.
E lei in quel
momento voleva essere incendiata da lui.
Spazio autrice:
Sono quasi
commossa per la "rapidità" nell'aggiornare xD.
Cosa ne pensate
della prima moglie di Richard?Siete contente che non sia un assassino?
Mmmmm,
chissà cosa succederà nei prossimi capitoli e se
Leda davvero non troverà in Robert l'acqua santa che lo
allontani dal diavolo tentatore di Richard.
Come sempre
ringrazio chi ha lasciato un commento per me e a chi ha letto e messo
la storia tra i preferiti.
Grazie, non
sapete quanto questo mi faccia felice :)
|
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Capitolo 6 *** 4 capitolo ***
4.capitolo
'L’amore
è una forza selvaggia.
Quando tentiamo di
controllarlo ci distrugge,
quando tentiamo di
imprigionarlo ci rende schiavi,
quando tentiamo di
capirlo ci lascia smarriti e confusi.'
Paulo Coelho, Lo Zahir
'Primo giorno nella
tana del lupo.'
Leda scrisse le prime
parole di quello che sarebbe stato il suo diario da quel giorno in poi.
Aveva deciso di annotare tutto quello che sarebbe successo nella sua
nuova casa e nella sua nuova vita. Non sapeva bene il perchè
avesse preso quella deciosione ma sentiva dentro di se il bisogno di
confidare a qualcuno quello che sentiva.
Aveva optato per il
quaderno che sua madre le aveva regalato nel giorno del suo ultimo
compleanno con loro. Diceva che lì avrebbe potuto parlare
liberamente immaginando che quelle pagine fossero una persona sulla
quale potesse sempre contare. Finalmente quel regalo poteva essere
utilizzato e Leda decise che quel quaderno avrebbe preso il
nome della sua adorata mamma.
Angelica.
'Mia cara Angelica,
oggi è il giorno in cui tutto cambia. Sono la fidanzata di
un ricco industriale. Un ricco industriale che vuole una semplice e
povera ragazza come me.
Mia dolce
Angelica,anche tu senti una sorta di inquietitudine? Come se quell'uomo
nascondesse qualcosa di terribile e quel qualcosa potesse davvero
costarmi....'
Ma Leda
preferì non finire la frase e chiudere di scatto il diario
ignorando il brivido che le aveva provocato quel pensiero. Fissava la
sua figura nello specchio della sua elegante toeletta bianca.
Tutta la sua stanza era
bianca.
Bianca come la sua
anima.
Bianca come la sua
pelle.
Bianca come la sua
verginità.
Quella stanza sembrava
quasi fatta apposta per lei. Come se quel colore indicasse che lei era
la vergine sacrificale.
Si paragonava ad un
piccolo e indifeso agnellino.
E il suo fidanzato era
il lupo che aveva deciso la sua preda.
Ecco cosa erano quei
due.
La loro storia ruotava
intorno ad una corsa.
C'era chi fuggiva e
c'era chi inseguiva.
Ma la sua domanda era...
Quanto tempo avrebbe
impiegato a scappare da lui?
O forse la domanda era
un'altra.
Quanto tempo avrebbe
impiegato il lupo a divorarla?
Si alzò di
scatto dalla sedia sbattendo le mani sul tavolino. Sbarrò
gli occhi pensando che doveva restare lì un mese. Un mese
che avrebbe potuto cambiare la sua vita. Dove poteva scegliere se
essere divorata dal lupo o saltare il recinto della sua tana per essere
finalmente liberata.
Ma era davvero la
libertà quella che l'aspettava alla fine del recinto di
spine?
Rifiutare Richard
significava sottostare di nuovo al volere della zia. Era davvero quella
la libertà che voleva?Tornare a casa avrebbe segnato la sua
fine. Sua zia non le avrebbe mai permesso di tornare rifiutando la
ricchezza che quel matrimonio poteva dare a lei e soprattutto a loro.
Ma sposarsi dal suo punto di vista aveva lo stesso valore.
"Dio mio, cosa dovrei
fare?"respirò piano in cerca della calma. Chiuse gli occhi
cercando di pensare a quando era più piccola e insieme a sua
madre faceva lunghe passeggiate a cavallo con l'aria che le faceva
volare i capelli e quel senso di libertà e leggerezza che la
faceva sentire felice come non mai. Quel pensiero un pochino la
calmò ma sapere che dopo un mese avrebbe potuto non avere
più un tetto sulla testa la inquietò.
"Un mese, un mese
esatto e tutta la tua vita potrebbe cambiare...." si portò
una mano alla bocca per poi iniziare a mordicchiarsi il dito indice.
Forse accettare la proposta di Richard ,anche subito, non sarebbe stato
poi così male. Se ripensava a quel bacio, a quel semplice
tocco di labbra...sentiva ancora le guance andarle a fuoco. Se avesse
dovuto prendere quella decisione in base ai segnali che le mandava il
suo corpo,sentiva che avrebbe potuto buttarsi tra le sua braccia solo
avendo la speranza che lui potesse darle un altro bacio. Ma Leda sapeva
benissimo che non avrebbe mai permesso che quel sentimento la
condizionasse, soprattutto perchè la sua testa le mandava
tutto un altro tipo di segnale. Quell'uomo, quella sua strana richiesta
di averla, tutta quella voglia di sposarla nascondeva qualcosa di
più profondo. Qualcosa che lui voleva tenerle nascosta con
tutte le sue forze. La sua confessione, il suo bacio, per quanto fosse
passionale e lusinghiero e in un certo momento anche reale.....dietro
avevano il sapore di qualcosa di insano e misterioso. Ed era proprio
quella sensazione che fece prendere a Leda la decisione di resistergli
e di andarsene da lui e anche da sua zia all'inseguimento della
libertà. Non voleva essere l'agnello sacrificale.
Non voleva essere la
vergine destinata a morire per non si sa quale divinità.
Non voleva essere
l'arma che avrebbe ucciso lo scopo che Richard aveva davanti.
Voleva solo essere
libera.
Voleva solo essere
semplicemente Leda.
Sorrise, quella
conversazione con se stessa sembrò darle la carica giusta
per affrontare quella convivenza forzata. Si lisciò il
semplice vestito blu che aveva decisio di indossare per il suo primo
pranzo con l'uomo e nella sua nuova casa. L'orologio segnò
la mezza e si accorse di essere già in ritardo per il
pranzo.
Era la prima volta che
arrivava in ritardo.
Era la prima volta che
mangiava in una casa diversa dalla sua.
Era la prima volta che
veniva qualificata come fidanzata di un uomo ricco.
Ed era la prima volta
che mangiava da sola con un uomo.
Chissà dove
l'avrebbero portata tutte quelle prime volte.
"Se mai scendi mai lo
saprai..."si disse mentre piano percorreva la sua stanza verso la
porta. L'aprì e timidamente mise la testa fuori sospirando
di sollievo nel vedere che non c'era nessuno. Magari per quella volta
poteva evitare di presentarsi, magari avrebbe potuto rimandare a cena o
direttamente al giorno dopo usando come scusa una forte emicrania per
via dei folli cambiamenti che avevano preso la sua vita. Magari solo
per quella volta avrebbe potuto evitare quei suoi splendidi occhi di
ghiaccio e quella bella bocca così dolce e così
accattivante che ti invitava a baciarla e baciarla ancora. Mosse la
testa velocemente come se quel gesto potesse scacciare quei pensieri
peccaminosi che non riuscivano ad abbandonarla. Quell'uomo la
destabilizzava. Voleva scappare da lui ma allo stesso tempo voleva
anche che la fermasse e la rinchiudesse nella prigione di cui erano
fatte le sue forti e possenti braccia.
"Cosa mai mi avete
fatto..."
"Questo dovrei essere
io a dirlo a voi..." Leda sussultò quando sentì
la voce di Richard arrivarle fino al cuore e soprattutto quando si
trovò l'uomo a poca distanza da lei. Sgranò gli
occhi quando si ritrovò la sua figura imponente e allo
stesso tempo rilassata che la fissava incuriosito. L'unica cosa che
riuscì a fare fu quella di abbassare lo sguardo non
riuscendo a sostenere quello sicuro di lui.
"Vi stavo aspettando
per il pranzo, non vedendovi arrivare mi sono preoccupato e vi sono
venuto a chiamare..." e così dicendo si avvicinò
un pochino di più alla ragazza, come se lei avesse il potere
di una sirena che con il suo canto attirava i marinai nel mare.
"E' gentile da parte
vostra ma potevate mandare qualcuno senza disturbarvi a venire fino a
qui...."
"Potevo ma avevo come
l'impressione che avreste rifiutato con la scusa del mal di testa..."
Leda alzò lo
sguardo verso di lui strabuzzando gli occhi per l'imbarazzo ed ebbe
l'impressione di arrossire perchè Richard aveva sfoderato un
sorriso ironico come se avesse capito di essere andato dritto al centro.
"Voi vi burlate di me,
signore." disse stringendo forte i lati del suo semplice vestito. Si
maledì per quella debolezza. Dove era finita la Leda
battagliera che fino a ieri aveva combattuto con lui per impedire
quella assurda situazione?
"Al contrario...."
rispose lui ritrovandosi il suo corpo vicino e la mano grande dell'uomo
che le alzava il mento per fissarla.
"Non vi ho ancora
salutata come si conviene..."
"Con un Buongiorno?Ma
ormai è ora di pranzo...." gli rispose con
ingenuità non riuscendo a capire perchè Richard
adesso le sorrideva tra il divertito e lo stupito e ignorando quanto
fosse caldo il mento che ancora si ritrovava imprigionato nella sua
mano.
"Leda.....sei una
creatura così rara...." e quello che fece dopo fu di
depositarle un bacio sulla guancia soffermandosi decisamente troppo su
quella pelle morbida e fresca. Si staccò a fatica
imponendosi di non proseguire nell'esplorazione della sua pelle ma
rallegrandosi che alla fin fine non era indifferente alla ragazza. Lo
si vedeva da come lo guardava sbalordita a attonita e da come aveva
appoggiato di scatto la mano sulla guancia incolpata di aver ricevuto
il suo bacio.
"Voi siete sleale...."e
quasi piagnucolò quelle parole. Come poteva resistere ad un
uomo che sconvolgeva il suo essere con un semplice bacio sulla guancia?
"Per quale
motivo?Avreste preferito che vi baciassi sulle labbra come conviene a
due promessi sposi?"e Richard sentì un brivido
attraversargli il corpo quando la ragazza si morse il labbro nervosa.
Forse conquistarla sarebbe stato più facile di quello che
credeva. Forse averla non sarebbe stato completamente sbagliato. Forse
sposarla ed essere sposato con lei gli avrebbe portato quella
felicità che aveva sempre desiderato. Lei era diversa. Lei
poteva cambiare le carte in tavola e fu proprio quel pensiero che gli
disse che poteva di nuovo avvicinarsi a lei. Fu proprio il respiro
accelerato della ragazza, il petto che si gonfiava e sgonfiava
perchè le aveva appena toccato il collo con tutte e due le
sue mani. Le sue labbra appena aperte dalle quale usciva a malapena il
respiro caldo della donna. Quelle labbra che erano così
vicine alle sue ,i loro respiri che si confondevano l'uno con l'altra.
I loro occhi che si incontravano e scontravano. I loro cuori che
battevano all'unisono e i loro corpi che si sfioravano. Mancava
così poco per suggellare il giorno con un nuovo bacio ma
così non fu.
"Vi aspetto
giù...." fu l'unica cosa che riuscì a dire
lasciandola andare e voltandogli le spalle di fretta. Era sbagliato,
era sbagliato quello che stava facendo e si buttò verso le
scale come scottato da lei. Come se lei fosse una lastra di ghiaccio.
Fredda se appena la sfioravi ma ustionante se la toccavi.
Dal canto suo Leda
dovette appoggiarsi alla porta della sua camera per non perdere i sensi
per quel contatto così intimo che aveva appena vissuto con
Richard.
Deglutì a
fatica sentendo ancora il collo contorcersi per il dolore della
mancanza delle sue mani.
Doveva scappare.
Doveva andare via il
più in fretta possibile.
Forse lui la voleva per
amarla,
Ma forse lui la voleva
più per distruggerla.......
***
Il pranzo
passò velocemente e silenziosamente,non si erano scambiati
una parola troppo presi dagli ultimi avvenimenti e soprattutto troppo
tesi per quello che era accaduto prima. Leda aveva deciso di
trascorrere il primo pomeriggio rinchiusa nella grande libreria della
casa mentre Richard era rinchiuso nel suo studio insieme al suo
avvocato. Chissà di cosa si occupava in realtà e
su quale basi era dovuta la sua ricchezza
Passò in
rassegna alcuni titoli della vasta collezione di libri che aveva ma
nessuno sembrò attirare la sua attenzione. Aveva bisogno di
uscire e prendere aria per schiarirsi le idee e decise di andare a
trovare i suoi genitori. Stava per prendere il mantello con il suo
cappellino quando la domestica della casa la fermò per
chiderle dove stesse andando.
"Sto andando al
cimitero,è un problema?"
"Certo signorina,deve
chiedere il permesso al padrone per uscire."
"State dicendo sul
serio?" chiese incredula e quasi ridendo ma la faccia seria e quasi
offesa della domestica le fece presupporre che fosse la
verità.
"Bene,chiederò
il permesso al padrone di casa." ed esasperata andò verso lo
studio di Richard e con forza bussò alla sua porta non
aspettando nemmeno che lui le desse il permesso di entrare.
"Leda...."
urlò sorpreso mentre metteva giù le carte che
Robert gli stava passando.
"E' forse successo
qualcosa? riprese alzandosi dalla sedia senza però andare
verso di lei.
"Si...è
successo che la vostra domestica mi ha detto che devo chiedervi il
permesso per uscire. Voglio davvero sperare che non sia
così,signore...." strinse le mani a pugno fino a farsi male
mentre osservava gli sguardi che Richard e il suo avvocato si
scambiavano. Come se fossero davanti alla scenata di una bambina che
era appena stata privata dalle sue gustose caramelle.
"Non si sbagliava,
siete sotto la mia responsabilità e qualsiasi cosa fate deve
essere approvata da me." Richard disse quelle parole come se stesse
firmando un contratto per qualche acquisto. Leda poteva sopportate di
vivere in quella casa, di essere destinata ad una vita senza casa e
famiglia, di essere priva di libertà ma non gli avrebbe
permesso quello. Lei poteva uscire quando e come voleva. Lo aveva
sempre fatto e non gli avrebbe dato la soddisfazione di prenderle anche
quello.
"Credevo che fossimo
d'accordo sul fatto che io non fossi la vostra serva,signore."e Richard
notò di nuovo il tono di sfida e sentì come il
suo corpo da calmo passò ad essere irritato per quel modo di
contraddirlo....soprattutto davanti a Robert che adesso li guardava
divertito appoggiato tranquillo alla sua scrivania.
"Ma siete la mia
fidanzata e ospite nella mia dimora ed è per questo che
farete come vi dico...."ignorò la vena che pulsava sulla sua
fronte e per tutta risposta riprese i documenti come se quel gesto
potesse farle capire che la conversazione era chiusa.
"Io non sono nulla di
tutto quello che avete detto..."e Leda si meravigliò di come
la sua voce invece risultasse calma.
"Cosa volete dire?" e
questa volta sbattè i documenti sul tavolo.
"Richard,per favore."
cercò di intromettersi Robert vedendo che la
situazione stava degenerando. Non aveva mai visto il suo amico
irritarsi tanto e aveva quasi paura che potesse scavalacare la
scrivania e andare addosso alla ragazza.
"Stanne fuori,Robert"
gli urlò e lui con fatica tornò al suo posto
senza però prima inviare uno sguardo di compassione alla
ragazza che per tutta risposta sorrise tranquilla stupendolo.
"Che sono un ospite
contro la mia volontà e che non ho ancora firmato nessun
contratto che possa considerarmi la vostra fidanzata. E con
questo ho finito. Scusatemi ma la passeggiata mi attende." Concluse con
un inchino e nascose un sorriso di soddisfazione per avergli tenuto
testa ma mai si aspettò che lui la seguisse per il corridoio
della casa e con forza prese il suo braccio strattonandola verso il
muro per poi imprigionarla tra lui e questo. Sbattè con
forza la mano tra la parete e il suo orecchio e lei istintivamente
chiuse gli occhi per il rumore e per la paura.
"Perchè devi
sfidarmi...."era affannato ma dentro di se cercò di nuovo la
calma vedendo il corpo della ragazza che tremava. Lei non gli rispose
quasi nascondendo il viso sul suo petto per trattenere le lacrime.
"Se lo farai di
nuovo...."
"Non sono una
prigioniera, io non sarò mai vostra...ve lo giuro." lo disse
balbettando ma istintivamente portò le mani sulla giacca
dell'uomo per aggrapparsi, come se da lui dipendesse sia la caduta che
il rialzo.
"Se lo farai di
nuovo..."insistette lui soffiando quelle parole sui capelli scuri di
lei che gli solleticavano il mento.
"Mi ucciderete....come
avete fatto con la vostra prima moglie?"e con forza Leda
portò le mani sul suo petto e lo scansò da lei
guardandolo seria. L'unica cosa che Richard riuscì a fare fu
quella di sgranare gli occhi e aprire e chiudere la bocca come in cerca
di un alibi. Lei cambiò espressione,da seria
passò al deluso e poi all'impietrito.
"Arrivederci,signore...."disse
per poi raccogliere il mantello e proseguire verso un luogo sicuro che
non era quella casa.
Spazio
autrice
Chiedo
umilmente scusa per il grande ritardo nell'aggiornare. Ma sono stata
lontana dal mondo civile....spero che questo capitolo possa farmi
perdonare!
Ringrazio
con tutto il cuore chi ha letto,chi ha commentato e chi ha messo la
storia tra i preferiti.
Spero
di poter aggiiornare presto e grazie ancora per seguire la mia storia :D
|
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Capitolo 7 *** Sesto capitolo ***
Sesto capitolo
"Si può impazzire
d'amore? Si può morire
d'amore?
"Tanto,
tanto amore, tanta tanta luce, tanto sole"
-G. Verga ,
Storia di una capinera-
'Leda, mia
amata e piccola
Leda.'
Voce triste.
Angosciata.
Quasi lontana.
'Un giorno, lo
so che un
giorno perdonerai questo misero e triste uomo che ti ha abbandonata'
Il suo cuore
aveva perso un
battito.
Si era poi
quasi fermato.
E per un
attimo, un semplice
attimo, pensò che si fosse frantumato in mille pezzi.
'Un giorno,
anche tu proverai
quel tipo di amore che ti porterà a prendere delle decisioni
a volte estreme.'
No, lei non lo
avrebbe
provato.
Non avrebbe mai
permesso che
quel dolore tornasse a riva.
'Leda, un
giorno perdonerai
questo tuo debole e sciocco padre che non è riuscito a
sopravvivere alla morte
della tua amata madre. Perdonami, Leda, perdonami.'
Leda
si
svegliò quella mattina con le lacrime che le bagnavano le
guance bianche. Erano
anni che non faceva più quel sogno. Erano anni che aveva
cercato di dimenticare
la scelta che aveva fatto suo padre.
Suicidarsi
per amore.
Lasciarla
sola perchè in quella vita non sentiva più di
appartenere a nessuno.
Nemmeno
a
sua figlia.
Leda
non
aveva mai perdonato suo padre e nessuno sapeva la verità
della sua morte. Nessuno
sapeva che lui era morto davanti ai
suoi occhi, un’ora dopo aver visto bruciare il corpo di sua
madre. Un’ora dopo
convivendo con il dramma di aver salvato solo sua figlia e non la
moglie.
Si
era
sparato.
Davanti
ai
suoi occhi. Mentre la casa era ancora in fiamme. Mentre la gente stava
arrivando per salvarli.
Lui
si era
messo davanti alla porta principale e si era sparato. Mentre le fiamme
avvolgevano il suo corpo, lui le aveva chiesto di perdonarlo.
Perdonare
quel suo sciocco e triste padre che non aveva visto in lei abbastanza
amore da
poter sopravvivere senza sua moglie.
Leda
non lo
aveva perdonato e in quel preciso istante si era promessa di non amare
nessuno.
Perchè amare significava abbandonare qualcuno che credevi
fosse importante.
E
lei
pensava di esserlo.
Pensava
di
essere abbastanza per i suoi genitori.
E
invece non
fu così.
Leda
scansò
malamente le coperte cercando di scacciare quei ricordi dalla sua
testa. Perchè
le era tornato in mente?
Si
portò una
mano sulle labbra pensando al pomeriggio di ieri quando Richard l'aveva
aspettata fuori al cimitero e le aveva dato il bacio più
bello e passionale che
mai nella vita potesse immaginare.
Si
scansò i
lunghi capelli che le erano ricaduti sulla faccia mentre si trovava
ancora
seduta sul letto in un forte stato di agitazione.
Pensava
a
quel bacio.
Ma
soprattutto pensava al sogno che aveva fatto.
Era
come se
suo padre fosse tornato da lei per dirle qualcosa.
Un
qualcosa
di spiacevole.
Le
aveva
ricordato che aveva rinunciato a lei per amore.
"No,
non puoi permetterlo. Non puoi. L'amore ti ha uccisa una volta, non
puoi
permetterlo di nuovo. " si disse mentre cercava di tornare calma e
respirare a pieni polmoni.
Si
alzò e
andò verso l'armadio per decidere quale vestito indossare
per la colazione. Si
accorse di tremare mentre apriva le ante dell'armadio.
Aveva
paura.
Ma
non
sapeva bene da cosa scaturisse quella sensazione.
Se
dal
ricordo della rinuncia di suo padre a lei.
O
della sua
rinuncia verso Richard.
"Leda,
devi avere la forza di rinunciare." e si aggrappò all'enorme
mobile di
legno pregiato per impedirsi di cadere. Sebbene fosse consapevole
dell'effetto
che aveva Richard su lei, dovette costringersi di portare avanti la sua
battaglia.
Non
doveva
cedere, non doveva più soffrire per l'amore di nessun tipo.
Si
poteva
impazzire d'amore.
Si
poteva
morire d'amore.
E
suo padre
gliela aveva dimostrato.
No,
non
avrebbe mai permesso che Richard la uccidesse per amore come aveva
fatto sua
madre con suo padre.
***
Richard
girava e rigirava tra le dita quella minuscola scatolina nera che
conteneva
l'eredità della sua famiglia.
L'anello
che
una volta apparteneva a sua madre e che le era stato donato a sua volta
da sua
nonna.
Quell'anello
che aveva vissuto sul dito di tutte le donne della casata di sua madre.
L'anello che doveva passare da madre a figlia e che si era conclusa con
la sua
nascita.
Sua
madre,
Eleonor, aveva avuto solo lui. Per tanti anni aveva provato di
allargare la
famiglia ma purtroppo la sua salute non glielo aveva permesso.
Un
giorno,
prima della sua morte, gli aveva donato quell'anello con la promessa
che
l'avrebbe dato a colei che avrebbe amato per il resto della sua vita.
Una
ragazza
da considerare a pari e se non più di sua madre.
L’anello rappresentava quello.
Era il simbolo di vero amore che si scambiavano le madri con le figlie.
Eleonor
gli aveva fatto promettere di trovare una donna che sarebbe stata in
grado di
provare quel tipo di amore. L’amore per la famiglia.
Richard
lo
aveva preso e nascosto nella sua stanza.
Non
aveva
mai trovato nessuno che potesse essere pari alla straordinaria donna
che era
stata sua madre.
Nessuno
ne
era l'altezza, non lo era stato nemmeno sua moglie.
Eppure,
in
quel momento, aveva tirato fuori l'anello dal suo nascondiglio e lo
aveva
portato alla luce. Come se in quel preciso istante avesse capito di
aver
trovato una casa.
Un
posto a
cui appartenere.
Lo scosse ancora tra le sue dita
indeciso su cosa ne
sarebbe stato di quel piccolo oggetto d’orato e con una rosa
di cristallo
purissimo incastonata in mezzo.
“Buongiorno” e
Richard venne risvegliato dalla voce che
aveva riscaldato il suo cuore dal primo momento che l’aveva
sentita parlare.
Nascose veloce la scatolina nel taschino
della giacca e
con un cenno della testa avvertì i camerieri di servire la
colazione mentre
osservava Leda sedersi davanti a lui con una strana espressione sul
viso. Si
chiese se anche lei non fosse riuscita a prendere sonno per quel bacio
che si
erano scambiati poche ore prima. Se tutta la notte avesse avuto come
unico
pensiero di ripetere quel gesto, di stare abbracciati fino a quando il
mondo
glielo avrebbe concesso. Di essere solamente loro due, loro due e
basta. Ma il
viso della ragazza era una maschera bianca, si vedeva che era agitata,
soprattutto da come aveva tremato il bicchiere di acqua che si era
portata alla
bocca.
“Vi sentite bene?”
le chiese mentre la cameriere gli
serviva la seconda tazza di caffè della sua giornata. Si
portò la tazzina alle
labbra mentre osservava gli occhi di Leda farsi sempre più
spenti.
“Si, sto bene,
signore.” E sentì lo stomaco rivoltarsi
quando le posarono il piatto con ogni ben di Dio davanti al naso.
Voleva andare via, voleva avere un paio
di ali per poter
scappare. In quel momento desiderò di avere Robert accanto a
se. Non sapeva perché,
ma con lui si sentiva come una principessa protetta dal suo miglior
cavaliere.
Con quei pensieri nella mente non si
accorse che Richard
si era alzato per sedersi poi accanto a lei. Sentì il mento
sollevarsi dalle
dita lunghe e affusolate dell’uomo e di nuovo il suo cuore la
tradì. Quel cuore
iniziò a battere come impazzito.
Maledetto cuore.
Traditore.
Egoista.
Perché non pensava a lei e a
quanto aveva sofferto a causa
sua?
Perché ancora desiderava
quell’amore che lei cercava in
tutti i modi di negargli?
Perché voleva a tutti costi
soffrire?
“Non state bene, siete pallida
e i vostri occhi mi dicono
che avete pianto.” Soffiò quelle parole come se
fosse un vento fresco e
primaverile, in grado di sciogliere il ghiaccio nascosto dentro lei.
Perché era
così sorprendentemente dolce? Perché era
così difficile portare avanti una
convinzione che le sembrava importante fino a due giorni prima?
Perché mai aveva scelto lei?
“Vi ho detto che sto bene, non
dovete preoccuparvi.” E così
dicendo scansò malamente le mani dell’uomo dal suo
viso e si alzò.
Doveva stargli lontana.
La sua vicinanza era più
pericolosa di una pistola puntata
alla tempia.
“Cosa significa?”
gli disse lui non riuscendo a capire
quella freddezza che gli riservava dopo quel profondo bacio che si
erano
scambiati. Credeva che qualcosa fosse cambiato dopo ieri e invece
sembrava
addirittura peggiorato.
Sentì i camerieri rientrati
per portare le altre portate
della colazione e con un solo semplice cenno del capo gli fece capire
di uscire
e di non disturbarli per nessun motivo al mondo.
“Leda, vi ho fatto una domanda
e gradirei una risposta da
voi.” E si alzò anche lui per raggiungere le esili
spalle della ragazza posta
davanti alla finestra.
“A che proposito?”
disse in un sussurro sentendo già la
presenza dell’uomo dietro di se.
“Mi state prendendo in
giro?”
Ora Richard era confuso e
cercò di trattenere l’irritazione
che provava per non fare lo stesso errore di ieri.
“Signore, non è
nella mia indole prendermi gioco di un
uomo rispettabile. Scusate ma vorrei andare nella mia
stanza.” e deglutì
cercando di capire come farsi strada da lui e raggiungere la porta sana
e
salva. Ma come aveva immaginato lui la bloccò con il suo
corpo appena si girò.
Non la toccò, non la fermò nemmeno con una mano.
La sua sola presenza la fece
fermare e angosciata guardò i suoi occhi azzurro color degli
abissi. E in quel
momento pensò di sprofondare.
“Perché fate
così? Perchè mai mi fate questo?” e
strinse
le mani a pugno che aveva dietro la schiena per trattenersi da
prenderla e
ricordarle il bacio che solo poche ore prima li aveva uniti.
“Pensate perché mi
sia concessa al vostro bacio…mi conceda
anche al matrimonio? Siete pazzo..”
In quel momento Leda trovò la
forza di allontanarsi da lui
e pregò con tutto il cuore che non la fermasse e che non la
trattenesse con la
forza delle sue mani.
E si sentì sollevata quando
vide la porta farsi sempre più
vicina fino a quando le parole dell’uomo non ebbero
l’effetto di frenarla per
poi guardarlo incredula.
“Siete forse una sgualdrina
che vi concedete al primo uomo
che vi mostra il proprio desiderio?”
“Come osate? Cosa ne sapete di
me per dire queste parole?
Solo perché vi rifiuto, non avete il diritto di offendermi
in questo modo.”
“E cosa dovrei pensare,
Leda?” chiese esasperato Richard
appoggiandosi al tavolo e afferrando il mobile con le mani per
mascherare la
rabbia che stava salendo sempre di più fino alla sua testa.
Cosa diavolo le era
successo? Perché al posto della docile Leda…ora
c’era una donna completamente
diversa. Una persona che avrebbe preferito buttarsi dalla finestra che
stare in
sua compagnia.
“Mi dispiace che abbiate
pensato che fossi favorevole al
matrimonio ricambiando il vostro bacio.” E
cominciò a stuzzicarsi le unghie non
sapendo cosa altro aggiungere. Si era solamente lasciata andare a quel
diavolo
tentatore. Come poteva vincere con un uomo che incantava e incatenava
il suo
cuore solo con un semplice sguardo?
“Quindi dovrei pensare che vi
piace baciare chicchessia, perdonate,
Signorina. Spero che almeno vi sia piaciuto e sia stato
all’altezza degli
altri.” e in quel momento avrebbe voluto prendere a calci
tutto e tutti
nascondendo la gelosia di pensare a lei con un altro.
“Siete meschino, signore. Non
ho mai baciato nessuno e non
ho termini di paragone. Mi dispiace che pensiate che sia una persona
così futile.”
Sentì un groppo in gola e sperò che la lasciasse
andare prima che si mettesse a
piangere.
Ai suoi occhi stava uscendo come una
sgualdrina.
Quella cosa la feriva ma se era
l’unico modo per poter
andare via, avrebbe accettato le sue parole.
“Sono meschino? E voi cosa
siete, allora? Come dovrei
sentirmi dopo tutto questo? Ieri ve ne siete andata come una furia, ho
pensato
di essere stato cattivo e di rimediare. E invece no, siete uscita con
il mio
avvocato, avete riso con lui. Avete, magari, passato del bel tempo
insieme.
Magari vi siete anche lasciata andare…” ma non
finì la frase che Leda lo aveva
raggiunto con uno schiaffo. Si portò la mano sulla parte
ferita e strinse i
denti nel vedere come il gli occhi di Leda si erano bagnati di lacrime.
Era un mostro.
Era la gelosia che lo faceva parlare.
“Robert non è
lontanamente quel tipo di persona. Lui è
stato gentile con me come non lo era mai stato nessuno. Potete
offendere me ma
non lui.” Rispose singhiozzando e in quel momento vide gli
occhi di Richard
farsi due fessure di rabbia e Leda per un attimo tremò
pensando al peggio.
“Robert?” le disse
solamente sentendo il tarlo della
gelosia riaffiorare.
Leda lo chiamava ancora signore.
Mentre il suo avvocato era
già stato premiato con il suo
nome.
“Quanta intimità
per una persona che conoscete appena…”
“E’
l’unica persona che mi ha mostrato della
gentilezza…”
Si guardarono intensamente negli occhi.
In quelli di lui c’era
frustrazione per quelle parole che
Leda rivolgeva ad un altro uomo.
In quelle di lei c’era
colpevolezza e consapevolezza di
averlo ferito.
Nell’aria c’era la
solita alchimia che li catturava e li
rendeva schiavi l’uno verso l’altra.
C’era di nuovo quella passione
che tutti e due riuscirono
a mettere da parte per gli avvenimenti appena successi.
Richard si allontanò da lei
portando una mano nella tasca
e sentendo quella scatolina fredda a contatto.
Era fredda come il suo cuore in quel
momento.
Aveva pensato davvero di donare quel
tesoro a Leda?
Un anello che mai e poi nella vita le
avrebbe visto al
dito.
Stava davvero mettendo tutta la sua
esistenza nelle mani
di quella donna?
No, non lo avrebbe fatto.
Avrebbe portato avanti la sua missione
senza pensare alle
conseguenze.
Lo voleva lei, glielo stava imponendo.
E giurò a se stesso che lei
gli avrebbe ceduto.
“Domani sera ci
sarà un ballo dal Conte Gordon. Per le 8
dovrete essere pronta.” Non disse altro raggiungendo la porta.
“Non amo i balli
,signore.”
Di nuovo la parola signore.
Leda vide le spalle dell’uomo
muoversi impercettibilmente,
come se lo avesse accoltellato solo con quella semplice parola.
“Non dovete amarli, dovete
solo eseguire il mio ordine. Se
non sarete pronta per quell’ora vi verrò a
prendere fino in camera e vi porterò
di peso fino al ballo. Anche in camicia da notte, non mi importa del
vostro
abbigliamento. Sono stato chiaro?”
Nelle sua parole non c’era un
briciolo di gentilezza Leda
notò che non era un invito ma un semplice e drastico ordine.
“Ci
sarò.” Gli disse per poi vederlo scomparire da lei.
Si sedette appena lui se ne
andò, come se tutta la forza
che aveva avuto fino ad un momento fa, l’avesse lasciata
andare.
Aveva appena messo un piede verso la
libertà.
E aveva appena perso un frammento del
suo cuore appena lui
gli aveva voltato le spalle.
***
Richard richiuse l’anello nel
cassetto dove era stato nascosto
fino adesso. Come aveva potuto pensare di lasciarsi andare con lei?
Sbattè il cassetto arrabbiato
dandosi dell’idiota. Stava
per mandare in frantumi il lavoro di così tanti mesi per un
semplice bacio.
“Non permetterò che
mi distruggiate.” E si tolse la giacca
per poi buttarla sul letto. Raggiunse la finestra accendendosi un
sigaro e per
un attimo sbarrò gli occhi.
Davanti al suo davanzale c’era
un piccolo nastrino azzurro
cielo. Allungò la mano per poi toccare incredulo quel
piccolo pezzo di stoffa.
Era forse impazzito?
Come ci era finito lì?
L’azzurro.
“E’ IL
COLORE DEI TUOI OCCHI,
AMORE. E FINO A QUANDO VEDRAI QUESTO NASTRO, SAPRAI CHE TI
APPARTENGO.”
Richard
si lasciò andare a
terra accompagnando nella caduta quel pensiero che tanto
prepotentemente gli
era tornato nella mente.
Il
suo colore preferito.
Il
colore della sua
appartenenza.
Il
colore che dava inizio a
quella tragedia di cui lo stesso era l’artefice.
Angolo autrice:
Ebbene, diciamo che da questo
capitolo in poi si inizieranno
a capire un po’ di cosine in più.
Cosa ne pensate della povera Leda?
Condividete con lei il motivo per cui
non vuole amare
nessuno?
E che ne pensate di Richard?
Sapranno amarsi o si odieranno fino
ad uccidersi?
Chissà xD
Spero che anche questo capitolo vi
sia piaciuto e ringrazio
con tutto il cuore chi mi segue e che mette la storia tra i preferiti.
Un bacio e a presto ^^
|
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Capitolo 8 *** Ottavo capitolo. ***
8.capitolo
‘“Solo un bacio e poi
Se vuoi
Le labbra mie perdonerai’
‘Solo un bacio e poi
Se vuoi
Le labbra mie ritroverai”’
.Cit. Romeo&Giulietta Ama e cambia il
mondo.
‘”Madre, perché deve andare via? Non può restare con
noi?’”
‘”Oh Leda, ricorda sempre che gli
amici
devono avere la libertà
di essere lasciati andare. Se sono veri torneranno da te. E io
credo davvero che lui non ti lascerà mai, nemmeno ora che sta salendo sulla
carrozza che lo porterà via da noi. Con il corpo
è lontano ma
i suoi occhi veglieranno sempre su di te”
Leda si strinse di più
tra le braccia della
madre mentre, ancora poco convita, vedeva la carrozza andare via.
Il suo unico amico la stava lasciando ma le
parole della madre riecheggiavano ancora nella sua testa.
Lui sarebbe tornato.
E lei si sarebbe di nuovo sentita protetta.
Eppure qualcosa era cambiato.
In un momento tutto quello che le era
intorno cambiò
Una forte nebbia aveva investito sua madre
facendo sparire il suo abbraccio caldo su di se. Da bambina si ritrovò
adulta e sola. E di
nuovo il suo cuore iniziò a battere per la paura, cercò
di chiamare la carrozza che piano piano si
allontanava da lei. Cercò di urlare ma dalla sua bocca non uscì
nemmeno un suono striminzito. Voleva correre,
urlare, piangere ma si sentiva bloccata. Avrebbe voluto che il suo
amico
scendesse da lì e le dicesse che sarebbe andato tutto bene ma
nulla di tutto ciò accadde.
Si lasciò andare a terra mentre le nubi avvolgevano il
suo
corpo stanco. Forse stava per morire anche lei, e provò
un grande senso di
smarrimento perché
in quel momento avrebbe voluto tornare, vivere, rivedere i suoi
occhi.
‘’Quali occhi?’’
Leda si girò nervosamente dalla parte in cui veniva quella
voce.
Avrebbe voluto rispondere che cercava i
suoi occhi dolci, quegli occhi che l’avevano amata
incondizionatamente. Che la
avevano espresso fedeltà e amicizia. Che sarebbero stati per
sempre con lei.
‘’Di che colore sono i suoi
occhi?’ e
quella voce ora era calda al suo orecchio,come se volesse farle capire
che in
realtà stava
cercando gli occhi sbagliati. Che in realtà la persona che cercava non era più
il suo amico ma qulcuno
che aveva preso il suo posto già da tempo.
Si portò inconsapevolmente una mano sul petto, quel
cuore
che aveva battuto fino adesso, aveva smesso di battere. Il suo corpo
piano
piano stava diventando freddo,come se il marmo stesse prendendo il
posto della
sua pelle calda e viva.
‘’Sai perché ti sta succedendo questo?’’
Leda spalancò gli occhi. La voce calda aveva preso una piega
spietata e finalmente riuscì
a dare un senso a
quell’inclinatura. SE avesse avuto ancora un corpo
avrebbe sicuramente tremato dalla paura ma ormai era diventata di
ghiaccio. Di
ghiaccio come era la misteriosa donna del ballo.
‘’Non puoi rispondere perché stai
morendo. L’usurpatrice sta morendo perchè è una
traditrice.
L’usurpatrice
verrà
decapitata per mano di chi pensava di amarla.’
“’Decapitata? Perchè? Cosa
ho fatto?’
Leda si stupì di come le uniche parti del corpo ancora vive
erano i suoi occhi e la sua bocca che chiedevano, imploravano quella
voce di
spiegarle cosa avesse fatto per meritarsi una simile morte.
‘’Lo sai, pensaci. Sai cosa hai
fatto.’
LEDA.
Ora la voce era cambiata.
LEDA.
Sentiva come una pressione sul collo mentre
il suo nome echeggiava intorno a lei.
LEDA.
SVEGLIATEVI.
Svegliarsi?
Svegliarsi da cosa?
Lei sentiva sempre di più gli occhi
farsi pesanti. Forse stava davvero morendo, era stata punita perché aveva scelto
una via che andava contro i suoi principi.
Perché aveva ceduto.
Quella voce aveva ragione.
Era un usurpatrice.
Stava vivendo la vita di qualcun altro.
LEDA.
Il freddo che sentiva stava piano piano
svanendo, la sua faccia era come smossa da una sorta di strano calore.
Come se
qualcuno avesse appiccato del fuoco sul suo viso.
LEDA PER L’AMOR DEL CIELO SVEGLIATEVI.
E di nuovo il calore divenne quasi
insopportabile. Nella sua mente tornò ai suoi 14 anni,quando le fiamme avevano
avvolto la sua casa, i
suoi mobili e il corpo di sua madre.
LEDA,TORNATE DA ME.
Non seppe se fu la voce così
dolce ma allo stesso
tempo triste che la chiamava incessantemente o la luce che vedeva
riflettersi
sulla sua vista buia che le fece aprire gli occhi di scatto per poi
trovarsi
una candela troppo vicina al suo viso.
"Noo,non vi avvicinate a me."
Leda si alzò
di scatto spingendo via la candela che Richard aveva in mano che poi andò
a finire a terra
spegnendosi per la botta ricevuta. Leda si allontanò
il più
possibile
aandanosi a rifugiare dietro la scrivania che l'uomo usava come base
per il suo
lavoro.
Richard dal canto suo si ritrovò
spiazzato dal
comportamento della ragazza. Si ritrovava ad osservarla da per terra.
Guardava
come quel corpo fosse cambiato nel giro di pochi istanti.
Erano tornati da poche ore dal ballo,
tornati dal momento in cui non avevano smesso un secondo di baciarsi e
sfiorarsi. Leda si era addormentata nella carrozza con la testa
appoggiata alla
sua spalla e con i capelli che lo inebriavano con il loro profumo.
Quella donna
lo aveva stregato. Stregato con la sua franchezza, con la timidezza e
con la
sua delicata e misteriosa bellezza. Non voleva interrompere quel
momento tra di
loro, quella tenerezza che si era creata e che chissà
fino a quanto sarebbe
durata.
L'aveva portata nel suo studio e l'aveva
appoggiata sul divano per continuare a godersi della sua presenza e del
suo
viso dolcemente addormentato. Avrebbe continuato a guardarla per sempre
fino a
quando il suo viso non aveva mutato espressione. Da serenamente
addormentata
era passata ad avere delle contrazioni facciali di grande sofferenza.
Il suo
corpo era come preso da spasmi e continuava a chiedere cosa avesse
fatto per
meritarsi di morire.
Aveva cercato di scuoterla per farla
risvegliare ma niente sembrava riportarla nel mondo reale. Aveva
iniziato a
chiamarla e in quel momento si ricordò del trucco che usava sua madre per farlo
svegliare quando era piccolo. Era solita chiamarlo dolcemente mentre
passava
una piccola candela dalla fiamma quasi spenta in modo che la luce
invadesse le
sue palpebre chiuse e chiedesse al suo corpo di risvegliarsi. Ogni
volta che lo
usava lui in automatico si svegliava e per quanto negli anni quel
trucco gli
sembrasse ridicolo,in quel momento decise di provarlo ma mai immaginò
una reazione simile
dalla ragazza.
“” Leda" riuscì
a pronunciare mentre
osservava la ragazza farsi sempre più piccola per poi vederla accasciarsi dietro la
sedia e lasciarsi
andare ad un pianto disperato. Richard si alzò
da terra buttando la candela nel camino. Si
avvicinò nel
luogo dove provenivano quegli intensi singhiozzi e la ritrovò
con la testa appoggiata
sulle ginocchia e con i capelli che le ricadevano in disordine fino
alla
schiena.
" Leda" disse questa volta dolce
mentre appoggiava la mano su quei capelli setosi. La sentì
tremare ma ringraziò Dio che non lo fece
scansare.
"Ditemi cosa è successo,ditemi cosa vi ho fatto
per farvi reagire in questo modo." Per tutta risposta ebbe i suoi occhi
rossi
e bagnati di lacrime che l’osservavano con serietà
e diffidenza. Richard si chiese cosa ci fosse nel
passato di quella donna che aveva tanto turbato la sua vita. Non sapeva
quasi
nulla di lei, soltanto che era la parente povera di una famiglia
facoltosa e
che l'aveva presa con se dopo la morte dei genitori.
Chi era davvero questa donna?
E cosa davvero gli stava facendo?
Per un secondo gli balenò
in mente di lasciar
perdere tutta la storia del matrimonio, di allontanarla da lui, di non
portare
avanti quella assurda storia.
Non poteva essere sostituita.
Non per quello che aveva in mente.
Se solo ci fosse stata un altra soluzione,
se solo avesse avuto davvero il potere di cambiare tutto.
" Non fatelo mai più,
vi prego." la voce
interrotta solo da leggeri singhiozzi lo fece ritornare nel mondo
reale. A
Richard non poteva apparire più bella di così, nella sua fragilità
ma anche nel coraggio di ammettere le
sue paure. Si sedette
meglio accanto a lei, distendendo le lunghe gambe per stare
più comodo e
distrattamente portò i suoi lunghi capelli dietro le
orecchie godendosi della
smorbidezza di quei boccoli neri.
“Aiutatemi a capire, Leda. Non so
davvero
cosa vi ha arrecato tanto dolore, volevo solo svegliarvi."
Leda sospirò per quel dolce contatto
e per
quegli occhi azzurri che la guardavano ancora preoccupato. Le sue
labbra erano
così vicine alla sua guancia che ne poteva sentire il
calore. Era così intimo
quel momento che anche nel dolore ne poteva percepire la
sensualità. Sentiva il
cuore battere forte e si avvicinò di più a lui
per poi farsi cadere sul suo
petto sentendo il tepore dell’uomo.
”Richard.””riuscì
a dire sentendo un altro
cuore batterle nell’orecchio. Richard dal canto suo era
talmente amozionato che
non riuscì a fare altro che abbracciarla sentendo i suoi
capelli accarezzargli
il collo e il mento.
“Se non volete dirmi cosa
è successo non
insisterò"”
Leda si accocolò meglio nel suo
abbraccio e
per la prima volta in vita sua sentì il bisogno di
condividere con qualcuno la
sua storia. Con qualcuno che sentiva che poteva essere un nemico, che
sentiva
come se da un momento all’altro non l’avrebbe
più stretta come stava facendo
ora.
Che l’avrebbe perso.
Ma in quel momento non gli importò.
In quel preciso istante sentì
l’impulso di
dire la verità.
“Mia madre è morta in un
incendio, Richard.
E’ morta nel giorno del mio quattordicesimo compleanno."
Chiuse gli occhi
tornando a quel giorno e soprattutto al dolore nel vedere suo padre
prendere la
decisione più orribile della sua vita. Richard rimase in
silenzio ascoltando
quello che aveva da dirle. Ora capiva il perchè si era
così spaventata nel
vederlo con la candela vicino al suo viso. Si sentì in colpa
perchè gli aveva
fatto tornare alla mente il ricordo di quando la sua vita
finì.
"Mi dispiace,Leda..io,davvero.."
“Shh, Richard, non è colpa
vostra. Mia
madre credeva ciecamente nell’amore, diceva che era
l’unica forza in grado di
sfidare qualsiasi cosa negativa fosse successa. Credeva persino che
potesse
combattere la morte,ma alla fine non la salvò dal destino
crudele che le era
toccato." Sorrise mentre sentiva la mano di Richard sulla nuca, nel
silenzio che le dava , le stava trasmettendo più calore
delle tante parole che
aveva ricevuto nel giorno dei loro funerali.
““Tutti sanno che sia mia madre che
mio
padre sono morti in quell’incendio" si scansò dal
suo petto e ingonocchiandosi
staccò la mano dell’uomo dalla sua nuca e si mise
all’altezza dei suoi occhi
che ora la guardavano incuriositi cercando di capire che cosa fosse
davvero
successo quel giorno.
““Mio padre si è ucciso
davanti ai miei
occhi. Quel giorno non era ancora rientrato a casa quando successe
tutto, mia
madre mi chiese di aiutarla ad addobbare la sala da ballo con delle
candele. Le
adorava e diceva che la loro fiamma rappresentava l’amore
eterno. Avremmo
festeggiato il mio compleanno e la loro nuova promessa
d’amore ma purtroppo non
fu così. Avevo aperto tutte le finestre della sala, il tempo
non era dei
migliori ma pensavo che con il panorama che si vedeva da
lì,sarebbe stato
ancora tutto più bello"
Leda sentì gli occhi pizzicare, quel
profondo dolore che sentiva dentro si stava piano piano diffondendo.
Si sentiva in colpa per aver causato
quell’incendio
per una stupidita. Aveva creato una corrente d’aria mortale
imprigionando lei e
sua madre nel fuoco. Richard non potè fare altro che
assistere al pianto
disperato della ragazza. Non riuscì a muoversi, si sentiva
impotente davanti
all’ammissione di colpa della ragazza. Ma che avrebbe potuto
fare? Era stato
solo uno stupido incidente, un’incidente che avava cambiato
il decorso di tutta
la sua vita.
“Leda, avete vissuto con questo senso
di
colpa per tutti questi anni…ma non è stata colpa
vostra. Eravate solo una
bambina, non potete vivere con il dolore di essere stata voi."E quando
vide il suo viso farsi scuro la tirò verso di abbracciandola
forte. Sentì le
mani della ragazza aggrapparsi alla sua camicia. Come se lui fosse la
roccia da
cui dipendeva la sua salvezza.“
“Come potete dire no, se solo non
avessi
aperto quella dannata finestra..loro sarebbero ancora qui con me." e si
ritrovò
a pensare che forse non si sarebbe ritrovata nemmeno tra le braccia
dell'uomo
se la sua vita fosse stata diversa. Se sua madre e suo padre fossero
stati
vivi,lui l'avrebbe notata? L'avrebbe scelta?
Di nuovo le domande su quella relazione le
si ripresentarono spietate nella testa.
Anche in quel momento in cui gli stava mettendo
tutta la verità davanti, si ritrovò a pensare a
quanto fosse sbagliata quell’unione.
Se fosse cresciuta nella ricchezza,se fosse
stata una ragazza frivola e mondana come sua cugina,lui avrebbe chiesto
di lei?
Magari nella nobiltà
l’avrebbe amata di
più?
Oppure l’avrebbe scansata e avrebbe
scelto
un altra ragazza nelle condizioni in cui versava lei in quel momento?
Chiuse gli occhi di scatto come se quelle
domande le avessero causato dolore.
Perchè voleva scacciare
l’egoismo che aveva
provato in quell momento.
Provare quasi sollievo per quella vita solo
perchè gli aveva messo davanti Richard e in quel momento
capì cosa le stesse
dicendo il suo cuore.
Lei amava Richard.
Lui era la sua aria.
Lui era la sua stessa vita.
Era una dannazione.
Una malattia a cui non c’era cura.
Era lo stesso fuoco di cui aveva paura ma
allo stesso tempo ne voleva essere bruciata e consumata.
“Leda, è per questo motivo che non volevate accettare
la mia proposta di
matrimonio?" come risposta ebbe le braccia della ragazza strette ancora
di
più sulla sua schiena.
“Leda, vi guiro che vi
proteggerò. Non dovete
avere paura, io non vi abbondonerò,MAI.”
“Lo giurate? Giurate che non mi
farete
soffrire? Io sono stata tradita dal mio stesso padre. Quel padre che
diceva di
amarmi e di proteggermi. Quel padre che non ha retto alla morte della
moglie e
che ha preferito lasciare me nella completa disperazione della
solitudine che
lasciare andare lei nella morte. Giurate,dunque, voi,che alla fine mi
siete
estraneo…di proteggermi per sempre?”
Richard si sentì colpito come da una
tempesta.
Leda aveva questo potere. In un momento sembrava essere la pecorella
che doveva
essere salvata dal lupo, e il momento dopo si ritrovava lui ad essere
la pecora
che desiderava essere sbranato da quel lupo misterioso e intrigante.
L’aveva di nuovo messo di fronte alla
cruda
realtà. Lui che aveva in mente un solo piano quando
l’aveva scelta, ora si
ritrovava a fare nuove promesse. Voleva davvero proteggere quella donna
dal
mondo ma il problema stave che lei dove essere protetta da lui e dai
suoi
scopi. Ora lo guardava con una tale intensità e
serietà che tutto quello che
aveva in mente stava andando in frantumi. Le prese di nuovo il viso tra
le sue
grandi e calde mani e sorrise divertito quando vide gli occhi della
ragazza
farsi grandi per la sorpresa di quel gesto.
“Sarò forse un estraneo
per il tempo ma non
sono un estraneo al Vostro cuore. Se batte come batte il mio in questo
momento..” e Leda di rimando mise una mano su quel cuore di
cui tanto decantava
e tirò un sospiro di sollievo nel sentirlo battere
all’impazzata.
“Allora anche voi sentite che siamo
più
uniti di quello che pensavamo.” E così dicendo
Richard si avvicinò piano alle
sue labbra per poi unirsi ad un bacio che stava per suggellare una vita
fatta
di nuove promesse.
***
Quando l’uomo entrò nello
studio per poco
non tirò un urlo dalla vista che gli si proponeva davanti.
Tutto era
sottosopra, le tende erano state sdradicate giù, i libri
erano da una parte e l’altra
della stanza con mezzo colui che aveva provocato tutto quell caos.
“Robert…” fu
l’unica cosa che riuscì a dire
vedendolo sdraiato a pancia in su e con il bicchiere pieno di
chissà quale
intruglio stretto in una mano. Aveva la camicia aperta fino a
metà petto e i
capelli spettinati e sparpagliati sul pavimento. Sapeva già
cosa avesse turbato
l’animo del ragazzo ma preferì non professare
parola e si mise a mettere in
ordine quell disastro.
“Sono uno sciocco, fratello. Un
grandissmo
sciocco.” E bevve quel poco che restava nel bicchiere
versandolo anche sugli
angoli della bocca.
“Pensavo che non sarebbe caduta nella
sua
trappola e invece no,lei,lei,che credevo fosse diversa…che
ho promesso di
porteggerla a costo della mia stessa vita, ha lasciato che il lupo la
divorasse.” E furioso prese il bicchiere e lo
buttò contro la parete facendolo
cadere a terra in mille pezzi.
“Robert, per l’amor del
cielo.” Gli urlò
Andrew esasperato dal comportamento del fratello degli ultimi giorni.
Lo aveva
pregato di non immischiarsi in quella faccenda, ma lui e
l’indole dell’amico fedele
aveva avuto la meglio e ora si trovava a pagare le conseguenze per
essersi
messo in mezzo in quella situazione.
“Andrew…”
piagnucolò rialzandosi e
portandosi le mani alla testa come segno della pazzia che lo stava
divorando.
“Robert, smettila,ti prego. Non
rimanere
attaccato al passato. Lei è andata Avanti,devi farlo anche
tu.” E lo prese per
le spalle per farlo ragionare ma quello che vedeva nei suoi occhi era
tutto
tranne che ragionevole.
“Come faccio,eh? Dimmi come faccio a
dimenticarla?” e lo spintonò via andando verso la
bottiglia e pregando Dio di
farlo svenire oppure di dirgli che tutto quello che aveva sentito in
quella
stanza non fosse vero.
“Come lei ha dimenticato
te,Robert.”
Lasciò cadere lento il tappo della
bottiglia esaminando come quelle parole del fratello gli facessero male.
Era vero, lui aveva fatto di tutto per
mantenere la promessa. Per farsì che un giorno si sarebbero
rincontrati,per
aiutarla in quella vita che l’aveva distrutta.
Aveva fatto di tutto.
E lei invece si era dimenticata tutto e in
questo momento amoreggiava con un uomo che detestava con tutto se
stesso.
“Quindi non esiste più
nulla che io possa
fare…” lo disse più a se stesso che al
fratello ma la risposta che ebbe lo fece
girare di scatto nella direzione in cui proveniva una voce che
conosceva bene.
“Non tutto è perduto, mio
caro Robert.”
In quel momento sentì solo la voce
di Andrew
mentre le forze lo abbandonavano e sperando che tutto quello fosse un
semplice
e distorto sogno.
Angolo autrice:
Lenta lenta e senza farsi sentire,la
sconsiderata autrice esce fuori dal suo nascondiglio e chiede mille
volte scusa
per il tremendo e sfacciato ritardo nel pubblicare il nuovo capitolo.
Dovete scusarmi ma non ho nemmeno una
valida scusa per farmi perdonare se non facendo innamorare quei due
birbanti di
Leda e Richard.
Bene,bene,bene….da adesso in poi si
capiscono più cose e spero solo che Robert domani non si
svegli in un
manicomio.
Votate per la salute del piccolo
Robert!!!!!!!!!
Spero ma non prometto di aggiornare
presto!!!!!xD
Grazie ancora per i
commenti e le
visite alla mia storia!;)
|
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Capitolo 9 *** Settimo capitolo ***
7.capitolo
“Quindi
cosa consigliate per incoraggiare l'amore? La danza. Persino se il
cavaliere è
appena passabile."
Leda si
guardò allo specchio mentre la sua cameriera personale le
aggiustava le ultime
ciocche di capelli nell’elaborata acconciatura che il ballo
richiedeva.
L’aveva
completamente trasformata. Nessuna avrebbe sospettato che sotto a quel
vestito,
sotto quel semplice trucco e quei capelli così abilmente
pettinati ci fosse
proprio lei. Una semplice ragazza che era stata scambiata per una
cameriera e
che adesso si specchiava come se fosse una regina.
“Siete così
bella, signorina.” Le disse Dorothy mentre ammirava la sua
creazione.
“E’ tutto
merito vostro e delle vostre mani, non sembro nemmeno io.”
Leda si alzò
ammirando come il vestito di seta rosso le fasciava il corpo. Era
semplice e
senza fronzoli ma era proprio quel rosso porpora che rendeva il suo
incarnato
luminoso e desiderabile. I capelli erano stati tirati su in un morbido
chignon
e dando libertà a qualche ciocca che cadesse in boccoli sul
viso.
“Non ho
fatto nulla se non mettere in evidenza la vostra bellezza.” E
con dolcezza le
stirò una piega del vestito per poi ammirarla di nuovo. Leda
non era mai stata
così felice in vita sua, anche se era agitata per
l’uscita e nell’affrontare di
nuovo Richard, per la prima volta in vita sua si vedeva bella.
Così bella da
far perdere la testa a qualcuno.
O farla
perdere a chi l’aveva fatta perdere a lei.
“Il padrone
non saprà resistervi.” Insistette la serva senza
mai smettere di guardarla.
Sorrise
amaramente ripensando alle parole dell’uomo, dei suoi occhi
che la guardavano
con disprezzo per quello che gli aveva detto. Aveva raggiunto il suo
scopo,
farsi odiare da colui che diceva di amarla. Lo aveva raggiunto eppure
lui non
aveva ancora preso la decisione di cacciarla da quella casa. Di
rimangiarsi il
suo impegno di sposarla. Di strappare il contratto che
l’avrebbe condannata a
vivere accanto a lui.
Condannata.
Ma era
davvero una condanna lasciarsi andare a lui?
O era il
gesto di suo padre a condannarla ad odiare l’amore?
“Signorina,
credo che sia ora che voi andiate.”
E come se si
fosse risvegliata da un sogno, pensò a cosa
l’aspettava giù di sotto. Era
davvero arrivato il momento in cui si sarebbero rivisti. Si erano
volutamente
ignorati tutto il giorno, ma la sera, oltre al ballo, avrebbe riportato
a galla
i loro pensieri e soprattutto i loro desideri.
“Si, è
davvero arrivato il momento che io vada.”
E con
sicurezza aprì la porta della sua stanza con la
consapevolezza che in quel
ballo qualcosa sarebbe cambiato.
***
Richard era
già al suo terzo bicchiere di whisky mentre aspettava che
Leda scendesse giù.
Credeva che gli occhi sarebbero esplosi per ogni volta che aveva
spostato lo
sguardo per osservare l’orologio.
Se non
sarebbe scesa entro le 20, sarebbe andato lui e l’avrebbe
caricata di peso e
portata via.
Con
qualsiasi cosa avesse addosso.
O senza.
Quel
pensiero lo turbò e per nascondere l’eccitamento
che gli aveva dato, buttò giù
in un colpo secco quel poco di whisky che restava nel bicchiere.
La
desiderava, anche se era sbagliato, la voleva.
Ma le sue
parole lo avevano ferito. Il suo sguardo, il suo atteggiamento quasi
ripugnante
e la difesa che aveva rivolto al suo avvocato, lo avevano profondamente
ferito
nell’animo.
Perché non
lo chiamava con la stessa intimità con cui aveva visto la
sua piccola bocca
carnosa chiamare il suo avvocato?
Perché in
quel momento aveva desiderato avere il nome Robert?
Avrebbe
rinunciato a tutto solo per vivere l’attimo nel sentire con
quanta dolcezza
quel nome veniva accarezzato dalle sue labbra.
Avrebbe dato
la sua vita solo per quell’istante.
“Che
idiozia…” si rimproverò. Da quando
conosceva Leda aveva notato una nuova
sfumatura del suo carattere sempre ben impostato e fiero. Mai nessuna
donna
aveva tirato fuori da lui tanta dolcezza e soprattutto tanto
scioglimento. Era
la prima volta che si trovava a soffrire per amore.
Era la prima
volta che doveva lottare per avere una donna.
Sorrise a
quel pensiero.
Si sentiva
vivo da quando per ottenere ciò che voleva, doveva usare
tutte le sue forze per
averla.
Quella donna
aveva il potere di dargli delle emozioni.
Quella donna
rendeva fuoco il suo carattere di ghiaccio.
Quella donna
animava il suo cuore.
Come poteva
rinunciare ad un qualcosa che lo faceva respirare?
Anche se
quel qualcosa lo aveva rifiutato.
Anche se
quel qualcosa sarebbe finito nello spegnersi.
Lui voleva
viverlo.
Voleva
viverlo fino a quando non gli avrebbe più dato aria per
respirare.
“Sarai mia,
in un modo o nell’altro lo sarai.”
Sarebbe
stata sua anche con la forza. L’avrebbe trattata male ma
sarebbe stata sua
comunque.
Ma in quel
momento i suoi occhi dal bicchiere si spostarono verso le scale e
dovette
aggrapparsi ad ogni singola forza per non permettere alla sua bocca di
spalancarsi nel vedere quanta bellezza stesse scendendo da li.
Era davvero
Leda?
Era davvero
la sua piccola e ingenua Leda quella creatura passionale e leggiadra?
Trattenne a
stento un esclamazione di sorpresa nel vedere quanto la sua pelle fosse
bianca
come la porcellana in contrasto con i capelli neri. Il vestito rosso
non faceva
altro che dire, che urlare, quanto fosse bella e desiderabile.
E in quel
momento si pentì di averle detto del ballo. Si
pentì nella consapevolezza che
tutti l’avrebbero guardata.
“Spero di
non avervi fatto attendere troppo, signore.” E rimase ferma
sulla scalinata in
attesa di una qualche risposta. Di una qualsiasi risposta che la
distogliessero
da quegli occhi che sembravano quasi spogliarla.
Richard
deglutì a fatica per poi riprendere il controllo della
situazione e non far
trasparire più del dovuto quanto quella visione lo avesse
sconvolto.
“Siete in
orario.” Fu l’unica cosa che riuscì a
dire per poi controllare l’orologio da
taschino.
“Bene,
almeno su questo non vi ho ulteriormente deluso.” E scese per
arrivare fino a
lui e trovare di nuovo il suo sguardo smarrito. In quel momento si
chiese se
avesse detto qualcosa di sbagliato. Se di nuovo avesse ferito i
sentimenti
dell’uomo.
Se almeno la
trovasse desiderabile.
“Per
deludere qualcuno, bisognerebbe che questa persone fosse importante.
Fortunatamente non è questo il caso. Andiamo, la carrozza ci
aspetta.” E senza
nemmeno degnarle di uno sguardo uscì dalla casa lasciandola
senza parole.
Non era
niente per lui.
Sarebbe
dovuta essere felice per quelle parole.
Per quelle
parole che segnavano la sua libertà.
Eppure
dentro di se si sentiva morire.
Era come se
in quel momento avesse preso la pistola di sua padre e si fosse uccisa
con le
sue stesse azioni.
***
“Dimenticavo,
questa è per voi.” Leda si fermò al
secondo scalino della carrozza mentre
osservava la mano di Richard che le tendeva una semplice maschera nera
con dei
raffinati brillanti rossi. Lo guardò confusa non riuscendo a
capire cosa
avrebbe dovuto farci.
“E’ una
festa in maschera.” Disse mentre quasi senza volerlo
l’aiutò a scendere e Leda
si accorse di quanto quei piccoli contatti tra di loro fossero come
fuoco nelle
vene.
“Oh.”
Esclamò
portandosi quel leggero accessorio sul viso per allacciarselo dietro la
nuca
senza mai smettere di osservare gli occhi di ghiaccio di Richard. Per
un attimo
vide una sfumatura di sorpresa, come se la maschera l’avesse
resa forse più
desiderabile ai suoi occhi. Come se quella maschera nascondesse la Leda
che lui
era arrivato ad odiare.
“Sto bene,
signore?”
e deglutì quando vide una mano dell’uomo toccare
la parte esterna della
maschera sfiorandole la guancia calda.
“Molto.” E
chiuse
la mano a pugno sentendo come quella pelle lo avesse bruciato fino
all’interno.
“E la vostra
maschera, signore?”
“Non indosso
maschere…” gli sussurrò abbassando poi
il viso verso le sue labbra. Quella
maschera aveva reso Leda più sensuale ai suoi occhi, come se
fosse una figura
mistica. Una Dea su cui avrebbe passato giornate intere a venerare.
“Forse perché
ne indossate già una, Signore?” e furono quelle
parole che fecero interrompere
l’incantesimo tra di loro. Richard sorrise infastidito. Leda
era una creatura
crudele. Bellissima e letale al tempo stesso.
“ Dopo di
voi, Leda” e si scansò per lasciarle lo spazio
necessario per varcare la porta
che avrebbe segnato la sua entrata come futura moglie
dell’uomo più misterioso
e intrigante che avesse mai conosciuto.
“Ah, da
questo momento in poi vi parlerò e starò con voi
solo per lo stretto
necessario.” E così dicendo la lasciò
alla soglia della sala da ballo più
immensa che avesse mai visto. Aprì la bocca come per
scongiurarlo di non
lasciarla in mezzo a quella gente che la guardava incuriosita, ma si
fece
coraggio e serrò la bocca nascondendo la paura che provava
per quella nuova
avventura che l’aspettava.
Lui l’aveva
lasciata nella gabbia dei leoni per punizione.
Lei gli
avrebbe dimostrato che aveva le carte in regola anche per addestrare i
leoni.
E con quei
pensieri nella mente percorse la sala sentendo tutti gli sguardi su di
se. Le
voci si confondevano l’una sull’altra ma
capì che tutti si domandavano se lei
era la futura moglie di Richard. Sentì se era lei la povera
ragazza di cui si
era invaghito o di altre che dicevano che lei lo aveva incastrato o che
lui
fosse il buon benefattore che l’aveva accolta nella sua casa
perché non aveva
più una famiglia.
Tutti
pensavano male di lei.
Nessuno
sapeva la sua storia.
Tutti
parlavano bene di lui.
Ma nessuno
sapeva che indossava più maschere lui che tutta quella gente.
A testa
bassa e mantenendo la stessa andatura si fece spazio tra di loro per
poi
raggiungere il balcone che avrebbe messo fine a quella spietata
presentazione.
Tirò un sospiro di sollievo quando sentì
l’aria fresca sul viso e pregò Dio che
quella serata finisse il prima possibile.
“E quindi
quella ragazza è la vostra futura moglie, non avevate detto
che era così carina.”
Leda si
avvicinò quel tanto che le bastava per sentire da dove
veniva quella voce.
Silenziosamente si mise accanto alla finestra che dava sulla sala e si
nascose
dietro la tenda che sventolava piano per il vento frizzantino che
tirava.
“Bhè ,caro
Paul, abbiamo due concetti diversi di bellezza.” Leda si
morse il labbro
inferiore riconoscendo la voce profonda di Richard.
“Questo
furfante aveva detto che era quasi pari ad una cameriera.”
“Secondo me
lo avete detto perché avevate paura che qualcuno la potesse
trovare attraente.
Ebbene ,caro Richard, nasconderla dietro ad una semplice maschera non
ha fatto
altro che menzionare le sue splendide doti.”
Leda sorrise
e dal calore che veniva dalle sue guance appurò che fosse
arrossita per quel
complimento.
“Tutte le
donne diventano belle se curate. E poi, una donna che non sa ballare,
non può
essere considerata attraente.”
Leda strinse
la tenda tra le sue mani. Per un attimo pensò che lui avesse
capito che fosse
nascosta dietro di lui e la stava punendo anche per quella forma di
maleducazione.
“Richard,
davvero non capisco se l’amate o la odiate quella
donna.”
Un silenzio
calò tra di loro e Leda sentì il cuore andare a
mille nell’attesa di saperne la
risposta ma un terzo uomo arrivò impedendo a Richard di
rispondere e agli altri
di sapere. Sentì i loro passi allontanarsi con la scusa di
andare e bere e Leda
restò ancora attaccata al muro spesso di
quell’incantevole balcone. Si tolse la
maschera sentendo che non era più una protezione ma un
impedimento e piano andò
a sedersi sulla panchina che dava la vista sul giardino.
“Una
splendida serata, non trovate?” Leda si girò verso
la persona che aveva
pronunciato quelle parole e rimase sbigottita quando si
trovò davanti una donna
dagli splendidi capelli rossi. Il corpo snello e alto era fasciato da
un
attillato vestito verde smeraldo che metteva in risalto i suoi begli
occhi
felini nascosti dall’elaborata maschera d’oro e
incastonata di diamanti.
“Si, molto.”
Non riuscì a dire altro per quanto era attratta da quella
figura che sembrava
appena uscita da un bosco di fate. Si avvicinò a lei le
chiese il permesso di
sedersi e notò come anche da seduta la sovrastasse con la
sua bellezza e
altezza.
“Quindi voi
siete la famosa futura moglie di Mr. Armitage.” La sua voce
era soave come una
melodia e Leda si chiese come si potesse rimanere indifferenti davanti
ad un
simile essere. Si chiese se Richard l’avesse vista, se la
conoscesse e se
avesse provato la stessa sensazione di ammirazione.
“Davvero non
saprei…”
“Non lo sapete?
Vivete sotto lo stesso tetto e vi ha fatto una proposta. Queste sono le
carte
per auspicare ad un buon matrimonio.”
Si portò da
un lato i lunghi capelli rossi mostrando l’eleganza del suo
collo. In quel
momento Leda si chiese se stava facendo tutto quello per farle capire
che non c’era
bellezza superiore alla sua.
“Le cose non
sempre sono come sembrano.” Disse mentre una sensazione di
ansia la percosse
vedendo il sorriso quasi diabolico che le stava dimostrando.
“Oh, mia
dolce amica, mai parole furono più vere. Permettetemi di
darvi un consiglio, da
donna sposata penso di poter avere la presunzione di poterlo
fare.”
Leda fece
cenno di si con la testa specchiandosi nei suoi occhi dalle mille
sfumature.
“Le persone
sono come dei pesci. Pensano di nuotare per sempre nel loro mare ed
essere
liberi e felici. Ma i pesci sono anche stupidi e si attaccano
all’amo di chi è
furbo. E quindi, mia cara Leda, devi decidere se nella vita vuoi essere
il
pesce, vivere nella stupidità e nella convinzione che
nessuno potrà mai
interrompere il loro viaggio. O essere l’amo. Furbo e
paziente e quando meno il
pesce se lo aspetta è già attaccato al suo
amo.”
Leda la
guardò confusa non riuscendo a ben capire cosa quella
misteriosa donna le
stesse dicendo.
“Capirai,
mia cara, capirai. E permettetemi di dirvi che siete in grado di
pescare il
pesce più affascinante di tutta la
città.” E con questo le prese la mano per
stringerla nella sua.
Era fredda
come il ghiaccio, come fredde erano state le sue parole. Come freddo
era stato
quella sorta di avvertimento che le aveva dato.
“Devo
andare.” Disse alzandosi e staccando quel contatto.
“Certo,
vostro marito vi starà sicuramente cercando.”
Ma lo
sguardo che la donna le rivolse, Leda, non riuscì a
decifrarlo. Le sue labbra
erano serrate e i suoi occhi si erano fatti grandi per lo stupore di
quelle
parole. Ma durò un attimo e poi le sorrise.
“Sicuramente,
anche se ci sono più probabilità che sia io a
trovarlo. E’ stato un piacere
conoscervi.”
“Anche per
me.” E con un leggero inchino del capo si salutarono ma Leda
non distolse mai
gli occhi da quella misteriosa figura uscita da chissà quale
mondo per venire a
scuotere i suoi pensieri.
***
Erano passati
già venti minuti da quando Leda se ne stava seduta fuori a
pensare di nuovo
alla strana conversazione avuta con quella donna.
Si chiese se
fosse con suo marito e per un momento le venne in mente
l’immagine di lei con
Richard. L’immagine di loro due ,delle loro figure slanciate
e della loro
bellezza e su come formassero un insieme perfetto.
Quell’insieme
che non riusciva a formare con lei.
Chissà, se
fosse stata la donna di Richard e fosse stata lì fuori sola.
Lui sicuro
sarebbe andata a cercarla.
Ma non
avrebbe cercato lei.
Le sue
parole erano chiare.
Sarebbero
stati dei perfetti estranei.
Fidanzati ma
estranei.
“Leda.”
E lei
sorrise riconoscendo il tono preoccupato di Robert nel trovarla.
Almeno c’era
qualcuno che teneva a lei e non poteva essere più felice che
quella persona fosse
Robert.
“Robert,
anche voi a questo ballo.” E si alzò per andargli
incontro rimanendo
impressionata da come il bel vestito da ballo gli stesse bene. Sembrava
un
principe.
“Purtroppo
si, è talmente piena di gente noiosa e spocchiosa che il
balcone è l’unico
rifugio.”
“Ebbene
abbiamo pensato la stessa cosa, mio caro amico.” E di getto
gli prese la mano
sentendosi al sicuro nel calore di quella stretta che non
tardò ad arrivare.
“Non so
perché,
ma avrei scommesso qualsiasi cosa sapendo di trovarvi qui.”
Si sorrisero
notando quanta complicità ci fosse tra di loro e in quel
momento Leda gli
chiese una cosa che mai pensava di poter dire.
“Robert, mi
fareste l’onore di invitarmi a ballare?”
“Leda, l’onore
sarebbe solamente mio.” E così dicendo mise la sua
mano sul braccio di Robert
dimenticandosi la maschera che Richard le aveva dato.
Percorsero
di nuovo la sala insieme e in quel momento, mentre si misero in
posizione per
il valzer, Leda notò come gli occhi di Richard si fecero due
fessure nel
vederla ballare con il suo avvocato.
Ballarono in
mezzo alle chiacchiere degli altri invitati e Leda sentì
sempre su di se gli
sguardi di fuoco che le mandava il suo
fidanzato. E dovette nascondere un sorriso quando sentì una
voce dire a Richard
chi fosse davvero il suo fidanzato. C’era più
complicità tra lei e Robert e
nessuno poteva negarlo vedendoli ballare.
La musica
cessò e lei e Robert risero divertiti per poi riprendere la
sua mano ed essere
trascinata da Richard e le persone che aveva accanto. Per un attimo
ebbe paura
e si chiese cosa volesse fare Robert ma poi vide rivolgerle un
occhiolino e
sicura si fece trascinare da loro.
“Richard,
con profondo rammarico vi ridò la vostra fidanzata. E
aggiungerei splendida
ballerina.” E Robert con delicatezza passò la sua
mano a quella di Richard e
Leda dovette nascondere un mugolio di dolore nel sentire da come dalla
dolcezza
si fosse passata alla rudezza. Richard le stringeva le piccole dita
nella sua
grande mano ma poi riprendendo il controllo la passò sul suo
braccio e le
sorrise. Ma più che un sorriso era un ghigno e quello non
avrebbe portato a
nulla di buono.
“Allora
siete davvero un bugiardo.” Riconobbe la voce che aveva
sentito mentre stava
sbirciando la loro conversazione. Era il ragazzo che le aveva detto che
era
bella.
Lo vide
avvicinarsi a loro per poi proseguire.
“Mia
incantevole fanciulla, il vostro fidanzato ha tentato di dissuaderci a
chiedervi un ballo dicendoci che non sapevate ballare. Quanto
è crudele il
nostro comune amico?” e buttò giù in un
sorso la restante parte di vino che
aveva nel bicchiere.
“Vi porgo le
scuse da parte di tutte e due. Il nostro comune amico deve aver
travisato le
parole di non amo i balli con non so ballare. Avrei dovuto spiegare
meglio la
situazione.” E con spavalderia indirizzò i suoi
occhi verso quelli di Richard
che notò erano furiosi anche se il suo comportamento
emetteva la più totale
tranquillità.
“Vogliate
scusarci, Leda, vi vedo piuttosto accaldata, permettetemi di portarvi
fuori a
prendere un pochino d’aria.”
E senza
aspettare di avere risposta la trascinò fuori e li Leda
notò di nuovo la donna
misteriosa che la salutò con un sorriso enigmatico.
“Cosa
diavolo credete di fare?” Richard la spintonò
lontano da se ringraziando che
nella sala era di nuovo partita la musica e nessuno potesse sentire
quello che
stava succedendo tra di loro.
“Di cosa
parlate?” rispose stizzita riprendendo l’equilibrio
che lui aveva spezzato
spingendola.
“Di cosa
parlo? Voi mi avete messo in ridicolo con tutti gli ospiti ballando con
un
altro uomo.”
“Bhè,
è
stato l’unico a voler danzare con me. Anche se a voi ha dato
più fastidio che
fossi tra le braccia di Robert, non è vero?”
Richard
spalancò gli occhi per la sorpresa di quelle parole. Leda lo
aveva colpito nel
segno e non seppe se gli avesse dato più fastidio che fosse
stata tra le sue
braccia o perché di nuovo lo avesse chiamato con
intimità.
“A me da più
fastidio che la gente pensi che ho una sgualdrina per
fidanzata.”
Leda non si
fece ferire da quelle parole e si avvicinò con discrezione a
lui come se quel
gesto potesse calmarlo.
“Allora
lasciatemi se pensate questo di me. Ci sono donne più
meritevoli di me di stare
al vostro fianco.”
E ripensò a
quella donna e alle braccia calde e muscolose di Richard che
avvolgevano il suo
corpo. E in quel momento sentì un tremolio partire dalla
spina dorsale.
“Non voglio
nessun altra.” Le disse stupendola per poi sentire le mani di
Richard sulle sue
braccia nude.
Perché?
Perché bastava
un suo tocco per farla sciogliere.?
Leda non
seppe perché ma si avvicinò di più al
suo petto per poi appoggiare la fronte.
Sentì il suo profumo invadere ogni cellula del suo corpo.
Odiava
quello che le faceva provare.
Richard per
tutta risposta l’avvolse nel suo abbraccio per poi portare
una mano sulla sua
nuca e staccare il viso dal suo petto. Si guardarono intensamente
assaporando
di nuovo quelle sensazioni di passione che si mettevano in atto con un
solo
sguardo.
E fu Leda
quella volta a prendere l’iniziativa. Si alzò in
punta di piedi per arrivare
alla sua bocca ma senza toccarla.
Deglutì e
poi lo guardò.
“Baciatemi,
Richard, per favore, baciatemi.”
E Richard
sentendo come il suo nome fosse così bello nelle parole di
lei, la baciò.
La baciò
come se non ci fosse un domani.
Si baciarono
ignari di quanto quella sera avrebbe segnato il loro destino.
Lo
so, ho
giusto giusto un leggero ritardo. Spero che mi
perdonerete…soprattutto facendo
di nuovo che quei due testardi si ri-avvicinassero.
Spero
con
tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio sempre chi
mi segue
e chi commenta.
Grazie
mille e
spero di aggiornare presto J
|
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Capitolo 10 *** Nono capitolo. ***
9. capitolo
“L'amore che dura più a
lungo è l'amore non
corrisposto.”
.William Somerset Maugham, Il taccuino
dello scrittore, 1946.
Avrebbe volute essere ovunque tranne che
li,quel giorno. Sapeva di essere ancora indisposto per
l’effetto che l’abuso di
alcool aveva avuto su di lui. Sentiva la testa farsi sempre
più pesante e
picchiettare ogni volta che Richard sfogliava un foglio oppure sbatteva
magistralmente qualcosa sulla sua scrivania da lavoro. In quel momento
provava
solo odio per quell’uomo e cercava di premere sul buon senso
che sempre lo
aveva accompagnato nel non prendere la rincorsa e ucciderlo a suon di
pugni.
Lo detestava.
Detesava tutto di lui.
Detestava le sue mani che toccavano
ciò che
lui voleva toccare.
Detestava le sue labbra che baciavano
ciò
che lui voleva baciare.
Detestava i suoi occhi perchè si
specchiavano in quelli in cui voleva specchiarsi lui.
Detestava il suo nome,perchè veniva
chiamato amore mentre il suo sarebbe rimasto quello del caro e fidato
Robert.
Si portò indietro i capelli castani
per
fermare l’impulso di mettersi a piangere proprio davanti alla
persona che gli
aveva portato via tutto.
No,non l’avrebbe avuta vinta. Leda si
sarebbe accorta di che mascalzone era, e lui ,da bravo cavalier
servente
l’avrebbe salvata e avrebbe mantenuto la promessa.
La promessa che sarebbe stata sua.
“Robert…” il
ragazzo venne riportato alla
realtà e al suo mal di testa dalla voce del suo principale,
che notò che lo
guardava con un certo sconcerto. Si alzò andando verso di
lui nel prendere i
contratti che aveva preparato e che dovevano essere firmati. Sperava
che fosse finita
li mentre li porgeva nella sua valigetta quando Richard si
accostò alla sedia
per guardalo meglio.
“Avete bisogno di altro?”
disse freddo
sperando che lo congedasse ma sapeva benissimo che i fermi occhi
azzurri erano
pronti ad una conversazione che sapeva di non poter portare a termine
in quelle
condizioni.
“Dovrei dirlo a voi,non mi sembrate
in
forma.” Richard lo guardava tra il divertito e
l’incuriosito. Non aveva mai
visto il suo avvocato preso dai postumi di una sbornia. E dalle
occhiaie nere
che aveva sotto gli occhi immaginò che fosse stata davvero
uno sbronza con i
fiocchi.
“Sto benissimo,posso andare o avete
ancora bisogno dei miei servizi?”
Richard lo guardò di nuovo e Robert
provò una scarica di adrenalina che era pronto a colpire ma
si ricordò del
patto che aveva appena stipulato e sapeva che quel sorriso cinico e da
uomo
vittorioso sarebbe durato ancora poco.
“Volevo chiedervi un ultima cosa e
poi
sarete libero di andare a casa a riposarvi…”
Robert sorrise al commento sarcastico
ma cercò di non cadere nella sua trappola e fece cenno con
la testa di dirgli
quello che doveva.
“Il patrimonio di Leda,che fine ha
fatto?” si accese un sigaro mentre guardava
l’espressione stupita che il
ragazzo gli stava rivolgendo. Ci aveva preso. Robert sapeva
più cose di quanto
pensasse e in quel momento ebbe la conferma che Robert conosceva Leda
da molto
più tempo.
“Non capisco di quale patrimonio
parliate visto che la ragazza ne è totalmente sprovvista.
Era questo che
volevate, una ragazza senza soldi e senza famiglia.”
Posò la valigetta per
terra tornando a sedersi. Sapeva che quella conversazione avrebbe
portato a
qualcosa di molto più complicato.
“Una ragazza consigliata da
voi.”
“Una ragazza richiesta da
voi.”
Insistette alzando il tono provocando un sorriso di scherno in Richard.
“Robert,non sono un ingenuo e troppe
volte vi ho visto guardare la mia fidanzata con un fare che non aveva
nulla da
avvocato o da una persona estranea ai fatti. Chi
siete,davvero?”
“La vostra fidanzata?”
sorrise mentre
si accorgeva che si stava innervosendo troppo. Stava inizando a sudare
e odiò
la figura ancora impostata e priva di ogni sentiment che Richard gli
stava
riservando. Ai suoi occhi sembrava un bambino alla prima cotta o un
bambino che
aveva rubato qualcosa e si stava subendo la ramanzina dal padre. Ma la
parola
fidanzata fu troppo per lui. Perchè giocava così
con i sentimenti di Leda?
Perchè aveva messo in atto quel piano diabolico?
Quel piano dove lui era stato il primo
complice.
“Certo,la mia Fidanzata. Leda
è la mia
fidanzata e futura sposa. Lo avete forse
dimenticato?”Poggiò i gomiti scoperti
sulla scrivania incrociando poi le mani per appoggiare il mento. Sapeva
che
quella posa avrebbe messo di più in risalto il valore della
sua frase e
soprattutto voleva sapere cosa tenesse segreto Robert.
“Richard…” e
rise divertito facendo per
un attimo vacillare la sicurezza dell’uomo.” Credo
che chi abbia dimenticato lo
scopo di questa faccenda,siete voi. Vogliamo rivedere insieme il
contratto
stipulato tra di noi e i motivi per cui Leda è stata portata
qui?Dovrei averli
proprio qui con me…” e come un bambino prese la
valige e iniziò a cercare
lentamente il fascicolo di cui parlava. Sapeva che aveva usato
l’arma giusta e
lo capì da come l’uomo si girò di
scatto verso la finestra senza dire una
parola.
“Avete fatto tutto
voi,signore.” Disse
per poi vederlo sospirare.
“Io,io…credo di
amarla.” Il suo cuore
sapeva che quella frase non predvedeva il credo ma in un certo senso
era come
una barriera,una sicurezza o un meschino indizio a ricordargli che lui
non
poteva amarla.
“Non fatemi ridere,Richard. State
davvero resentando il ridicolo.” Si alzò sapendo
di aver esagerato nel mancare
di rispetto al suo superiore ma in quel momento non riuscì a
fare altro. Non
poteva sentire un parola di più sulla questione e
soprattutto non poteva
sentire la parola amore pronunciata dalle labbra di un cinico uomo come
lo era
Richard.
“Non osate mancarmi di rispetto,vi
ricordo la vostra posizione.” Sbattè le mani sulla
poltrona facendo mostra
della rabbia che provava in quell momento. Lo aveva infastidito anche
se sapeva
bene che Robert aveva tutte le ragione per essere duro nei suoi
confronti.
“Perdonatemi ma sapete che ho
ragione.
Che cosa avete intenzione di fare se tornasse?”.Quelle parole
furono come una
secchiata di acqua ghiacciata addosso. Non ci aveva più
pensato,Leda gli aveva
fatto dimenticare il perchè stesse facendo tutto quello.
“Potrebbe non
tornare…” disse in un
filo di voce sgranando gli occhi.
“Già…potrebbe.
Vi lascio, so che voi e
la vostra fidanzata avevte il pic-nic dei ricordi da buttare. Con
permesso.” E
così dicendo prese la valigetta per poi dargli le spalle
sorridendo vincente.
***
“Siete sicuro di voler andare?Mi
sembrate turbato.” Leda si lisciò
l’elaborato vestito pomeridiano che aveva
deciso di indossare per quella occasione. Erano stati invitati al
famoso
pic-nic della Contessa Brithe in cui una volta all’anno
dedicava una giornata
in cui bruciare qualcosa che ricordasse un momento spiacevole o a cui
dire
addio. Leda non aveva fatto i salti di gioia quando Richard le aveva
proposta
quella giornata ma sapeva che certi inviti non potevano essere
rifiutati,nemmeno per la sua paura per il fuoco.
“Dolce Leda, sto bene, non vi
angustiate
per me.” Richard era seduto nel salottino del piano di sotto
in attesa che
arrivasse la carrozza per portarli all’evento del giorno.
Nemmeno la bella
visiona di Leda riusciva a distorglielo dalla conversazione che aveva
avuto con
Robert la mattina. Non faceva altro che pensare alle sue parole e a
quanto si
sentisse in colpa nell’aver coinvolto una persona innocente.
“Davvero,Signore,non riesco proprio a
non stare in pena per voi.” Richard guardò quel
visino preoccupato e allungò
una mano per farle segno di avvicinarsi. Lei,come se fosse un marinaio
incantato dal canto della sirena,si mosse senza volerlo e si
aggrappò a quella
grande e forte mano fino a quando non si sentì spingere
verso di lui e
arrossire quando lui l’abbracciò appoggiando la
testa sul suo petto. Sentì il
cuore battere forte,le sembrava un bambino indifeso che era corso da
sua madre
nel farsi consolare. Essere più alta di lui e appoggiare il
collo sulla sua
testa le era sembrata la cosa più dolce e piacevole del
mondo.
“Leda, voi curate la mia anima che
è
nera come il mare in una notte di tempesta.”
Leda al suono di quelle sofferenti
parole prese accarezzarli i capelli,come se quella fosse la cura per la
malattia insolita di cui era stato colpito.
“Sono un uomo
spregievole…” disse
ancora per poi sbuffare quando Leda allontanò il petto dal
suo viso per
guardarlo confusa per le parole che le aveva detto. Richard le prese la
bella
mano dalle lunghe dita affusolate e pensò che avesse delle
mani a cui era stato
dedicato un suono.
“Perchè dite
questo,signore?” nella sua
voce c’era un tono di rimprovero che non gli dispiacque.
“Mi avete di nuovo chiamato
Signore.”
“Perchè dite delle cose
sciocche,Signore.” E si staccò da lui come se non
fosse più meritevole della
sua presenza. Leda era confusa,non aveva mai visto Richard in quello
stato
anche se da una parte la sua strana indifesa le riempiva il cuore di
tenerezza.
Ormai si era arresa al suo amore e non vedeva l’ora di
diventare sua moglie e
di essere sua con anima e corpo.
“Non dico cose sciocche,Leda. Anche
voi
una volta avete detto che ero spregievole.” E sorrise
tristemente pensando che
Leda avesse capito come fosse già dal loro primo incontro.
“Bhe,non siete la persona migliore di
questo mondo….” Disse alzando gli occhi al cielo
facendolo ridere di gusto
sapendo che lo stava prendendo in giro.
“Ma siete la persona migliore per
me,Richard.” E smisero di ridere facendo rinascere
quell’aria piena di
trasporto e passione che li circondava quando si dichiaravano
così importanti
parole. Richard si alzò e si avvicnò a lei per
abbracciarla forte. La strinse
così tanto che Leda ebbe paura di non riuscire a
sopravvivere ma in
quell’abbraccio sentì quanto Richard soffrisse e
quanto le fosse riconoscente
per quello che gli aveva detto. Ricambiò facendogli capire
che l’amore che
provava per lui era forte e immenso.
“Perchè vi sentite
spregievole?” continuò
a dirgli mentre lui la staccava da se per poi darle un buffetto sulla
guancia.
“Perchè vi sto portando
nel fuoco.”
“Non dovete preoccuparvi per me, se
sono vicina a voi e lontana dal fuoco starò
bene.”Leda gli accarezzò una
guancia e subito dopo venne annunciato loro l’arrivo della
carrozza. Leda gli
sorrise e Richard si sentì il peggior carnefice di tutti i
tempi.
***
Robert osservava il fuoco ardere nel
grande parco della Contessa Brithe mentre il chiacchierio degli
invitati gli
invadeva fastidiosamente la testa. Non sarebbe dovuto stare li ma sua
fratello
aveva insistito che andasse al suo posto in quanto era stato preso da
un
incarico urgente. Osservava il fuoco come se fosse una
divinità a cui dare un
sacrificio.
“Robert,non siete troppo vicino al
fuoco?”
“E voi non siete troppo ardita
nell’intufolarvi qui?” cercò di lottare
contro l’impulso di prendere da bere
per via della sbronza che aveva ancora nelle vene.
“Tranquillo,sono solo di
passaggio.Giusto per dare conferma a quello che è successo
ieri.”
“Siete maleducata,non mi rimangio mai
una promessa.” Robert sobbalzò quando le si
parò davanti come un felino che
aveva appena adocchiato la sua preda.
“Robert,è questo il vostro
problema. Voi
le promesse le mantenete sempre.” E così dicendo
depositò un casto bacio sulle
sue labbra per poi osservarlo con i suoi freddi e calcolatori occhi
verdi.
Angolo autrice:
Bene,credo che già da qui si cominci
a
capire cosa sta per succedere. Il nostro Richard ha ammesso i suoi
sentimenti e
Robert,il buon Robert, sta tirando fuori la parte più
cattiva di se stesso.
Bhè,in amore si fanno cose
spregievoli.
Loro lo sanno bene.
Ringrazio di cuore a chi continua a
leggere e chi lascia un commento a questa pazza e surreale storia.
Alla
prossima :)
|
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Capitolo 11 *** Decimo capitolo. ***
10. Capitolo
‘Lei ci crede a questo? A un fuoco
inestinguibile che ti divora eternamente.’
Leda fece un profondo sospiro nel
varcare l’enorme e minaccioso cancello della Contessa Brithe,
voleva a tutti
costi far felice Richard nell’accompagnarlo a
quell’evento ma dentro di se
sentiva un profondo turbamento per quel pomeriggio. E non era dettato
solo dal
fuoco ma da qualcosa che la spingeva a credere che quella giornata
avrebbe
cambiato profondamente la sua vita. Si destò dai suoi
pensieri quando Richard
le toccò dolcemente la mano per poi portarla sotto il suo
braccio per
accompagnarla.Sorrise,pensando che quell’uomo poteva davvero
essere la sua
salvezza. Da quando era sotto la sua protezione,si sentiva viva,si
sentiva
finalmente amata.
“Continuo a pensare di avervi fatto
un
grande torto a portarvi qui,mia piccolo Leda.” Richard le
accarezzò la mano
continuando a camminare per il parco della Contessa mentre la gente li
guardava
incuriositi. Sembrava che il mondo non avesse altri occhi che per loro
e
Richard sapeva che quegli sguardi non avevano nulla di benevole.
“Non vi preoccupate per me,se mi
starete
vicino,non avrò paura di nulla.”
Ad un tratto Richard si fermò
parandosi
davanti a lei e prendendola per le spalle per poi depositarle un
semplice bacio
sulle labbre. Leda lo guardò ancora stupita quando si
staccò da lei sorridente
e divertito dalle chiacchiere delle persone che avevano vicino.
“A costo della mia vita.” E
le
accarezzò le guance lisce e colorate di rosso per il gesto
che aveva appena
compiuto. Quella ragazza gli faceva fare delle cose che mai avrebbe
pensato di
fare in vita sua. Prenderla di sorpresa e baciarla davanti ad un
pubblico
infido e chiacchierone non era esattamente nei suoi modi. Ma in quel
momento
volveva farle capire che davvero avrebbe sacrificato la sua vita per
lei. Nonostante
tutto,nonostante avesse preso Leda per altri scopi,si ritrovava ad
essere
profondamente innamortato di lei. La rimise sotto il suo braccio
pregando Dio
che il suo piano si sarebbe rilevato vano. Che il suo piano si sarebbe
fermato
li.
Pregò Dio che lei non ci avrebbe
preso
gioco.
Dal canto suo,Leda,era presa da tutti
altri pensieri mentre si sentiva spingere fino alla dimora della
Contessa. Si sentiva
felice,non si sarebbe mai aspettata un gesto così intenso da
Richard. Forse era
davvero arrivato il momento di firmare quel contratto. Il mese ormai
era quasi
arrivato alla fine e lei non era più animatada sentimenti di
odio e restrizione
della sua libertà verso di lui. Ormai lo amava e sentiva che
Richard
rappresentava la sua aria,la sua vita. Si girò verso di
lui,verso il suo
portamento fiero mentre con orgoglio la presenteva al mondo. Si sentiva
finalmente di appartenere a qualcuno. Si sentiva fiera. Ma quel
sentimento ebbe
un brusco cambiamento quando vide Robert da lontano che parlava con una
donna. Il
suo cuore accelerò senza sapere il perchè.
Stavano per entrare in casa quando
all’improvviso si bloccò e si girò
verso di loro. Vide Robert guardarla con
freddezza mentre la donna vestita di un blu gelido se ne andava a passo
svelto.
“Leda,cosa succede? Volete forse
andare
via?”
Richard la guardò preoccupato
vedendo
il suo viso essersi
fatto pallido all’improvviso.
“No,Io…no,sto bene.
Entriamo?” si sforzò
di sorridere mentre sentiva dentro di se l’angoscia prelevare
sulla felicità
provata fino a pochi istanti fa.
***
“Tesoro,forse dovresti smettere di
civettare con Lord Hermes e andare a salutare la tua futura ricca
Cugina.” La giovane
donna guardò prima sua madre e poi la direzione che puntava
il suo sguardo. Un
senso di invidia invase il suo corpo quando vide sua cugina Leda in un
maestoso
abito pomeridiano che non riuscì nemmeno a decifrarne il
costo per quanto fosse
elaborato. Nascose il suo disgusto nel vederla facendo comparire un
sorriso di
gioia e per poi andare da lei a braccia aperte per salutarla.
“Mia Dolce Leda,giuro che ho faticato
a
riconoscervi. Se non fosse stato per mamà non avrei mai
detto che quel topino
di mia cugina fosse…” Aghata non riuscì
a proferire parola nel vederla così
radiosa. Sembrava che la vita con quell’uomo
l’avesse resa bella e desiderabile
e non potè negare quanto si stesse facendo rodere dalla
fortuna che era
capiatata a sua cugina. Non solo aveva un uomo bello e ricco ma dal
modo che
avevano di guardarsi,Aghata intuì che tra di loro
c’era un grande sentimento
che li univa.
“Aghata,vi credo sulla parola e devo
dirvi che anche io vi avrei a stento riconosciuta,ma per il semplice
fatto che
il vestito non vi rende giustizia. Se non erro è lo stesso
che avete usato al
ricevimento di Lady O’donnel?” e Leda
indirizzò il suo sguardo vittorioso verso
di lei. Se c’era una cosa che amava sua cugina,era quello di
apparire sempre in
spledida forma e con un vestito diverso ogni ora. Si chiese come mai
non avesse
messo a disposizione il suo patrimonio per prendere un vestito nuovo ma
alla
fine non si pose altre domande perchè l’interesse
per la sua maligna cugina era
al pari dello zero.
“Richard,caro,vi ricordate di mia
cugina Aghata?” Gli occhi di Richard si fecero due fissure
quando la prese ad
osservare e Leda per poco non scoppiò a ridere nel vedere il
viso livido della
cugina per quella mancanza di tatto.
“Oh,certo,si. Scusatemi ma quel
giorno
avevo occhi solo per Leda e non ricordavo altre dame.” Leda
diede un pizzico
sul fianco di Richard per fargli capire che forse era meglio finirla
lì se non
volevano vedere la faccia di Aghata esplodere da un momento
all’altro. Richard si
portò le braccia dietro la schiena e rivolse uno sguardo da
finto spaesato a
Leda per poi farle l’occhiolino facendola quasi ridere.
“Ma mia cara quasi cugina,ricordo con
un certo impeto vostra madre.” Lo sguardo di Richard
cambiò subito nel vedere
la donna paffuta circondata in un pomposo abito viola che non faceva
che
rendere poco piacevole la sua già sfortunata figura.
“Se mi scusare,vado a salutarla e le
porterò
i vostri saluti.” Richard la baciò sulla fronte
impedendole così di replicare
sul perchè le avesse impedito di andare con lui a salutare
sua zia. Lo vedi
salutarla con un inchino per poi posarle una mano sul braccio per
indicarle un
posto dove seguirlo. Leda li guardò uscire dalla sala e si
chiese il perchè
Richard l’avesse abbandonata li con Aghata quando le aveva
promesso che le
sarebbe sempre stato accanto. E soprattutto perchè avesse il
bisogno di parlare
con sua zia in segreto.
“Strano,cosa vorrà mai da
mamà?”Anche
Aghata aveva fatto il suo stesso pensiero e stava quasi per seguirli
quando
dalla porta entrò Robert.
“Buonasera,signore e signori. Non
sapete che piacere è per me partecipare a questa
festa.” E detto questo si
scolò mezzo bicchiere di vino bianco che gli era stato
appena servito.
“Giusto cielo,ma che individuo
riprovevole
e per di più ubriaco ad un evento così
importante.” Aghata aprì il ventaglio e
prese a sventolarsi come se da un momento all’altro potesse
svenire per le
parole pronunciate dal ragazzo. Leda deglutì rumorasamente
quando lo vide
avvicinarsi a lei e per un attimo ebbe paura nel vedere i suoi occhi
annebbiati
da un oscurità che non riusciva a capire. Il Robert dolce e
gentile che aveva
conosciuto era sparito e in quel momento si chiese se il suo
atteggiamento era
dovuto alla donna che aveva visto con lui nei giardini.
“Miss Leda,non credevo davvero che
sareste venuta qui.” E le prese con violenza la mano per poi
portarsela alla
bocca e baciarla.
“Siete ubriaco…”
riuscì a pronunciare
con una punta di delusione nel vedere quanto fosse scialbo in quel
momento.
“E’ un Vostro amico?Dovevo
immaginarlo….”
Disse puntigliosa Aghata riparandosi il naso dall’odore poco
gradevole che
veniva dall’uomo.
“Non smettete mai di sputare
velendo,cugina?”
“Oh,Leda. Vorrei avere abbastanza
veleno per annientarvi ma non ce ne sarà
bisogno.”e con uno strano bagliore
nello sguardo si congedò da loro dicendogli che li avrebbe
aspettati per il
grande spettacolo del fuoco. Leda si chiese cosa volesse dire con
quelle parole
ma fece finta di nulla tornando a preoccuparsi per Robert che nel
mentre si era
preso un altro bicchiere di vino.
“Non pensate di aver bevuto
abbastanza?”
e con la mano cercò di prenderglielo ma lui in un colpo
secco buttò giù anche
quello per poi scoppiare a ridere.
“Siete troppo buona a preoccuparvi
per
me,davvero,non lo merito.”
“Siete mio amico,come non
potrei?”
Robert a quelle parole si sentì
ribollire il sangue. Avrebbe volute seguire l’istinto e
prenderla per
strangolarla per il dolore che sentiva. Come poteva essere
così crudele? Come
poteva recidere il suo cuore con tanta ingenuità?
Sentì la testa farsi pesante
e per poco non cadde per terra se Leda non lo avesse sostenuto per poi
aiutarlo
a camminare fino a fuori.
“Forse un pò
d’aria vi farà bene.” E con
dolcezza lo fece depositare per terra facendolo appoggiare ad una
grande
quercia. Robert si sentiva come quando saltava da un muretto
all’altro. Quel senso
di volteggiare in aria ma senza più avere la percezione di
toccare terra.
“Niente può farmi
bene…” sussurrò e
Leda potè notare quanto Robert in realtà fosse
triste e dsiperato e in quel momento
le tornò in mente l’incontro con la donna.
“Robert,io vi ho visto. Vi ho visto
con
una donna prima. E’ per caso lei la causa del Vostro
malessere?”
Leda rimase sorpresa dallo sguardo
lucido che per un attimo aveva attraversato gli occhi di Robert.
Notò la bocca
aperta come per dire qualcosa ma non riuscì a pronunciare
nulla per una paura
che lei non riusciva a capire. Gli sorrise dolce per fargli capire che
non c’era
nessun bisogno di avere.
“Robert,a me potete dirlo. Siete
innamorato
di quella donna?Vi ho visto così provato subito dopo il
Vostro incontro e
magari è per quello che siete così turbato da un
paio di giorni. A me potete
dirlo,siamo amici. Magari potrei aiutarvi se ci fosse qualche problema.
Potrei
parlarle a lei di quanto voi siete speciale, posso
farlo,davvero.” Gli prese la
mano per dare maggiore incitamento alle sue parole ma mai si sarebbe
aspettato
che Robert preso da uno scatto di ira la spingesse violentemente per
terra per
allontanarlo da lei.
“Siete la più spregievole
delle donne.
Andatevene.” Gli urlò.
“Non
capisco…volevo…vi
prego...”provò a
dire dispiaciuta non riuscendo a capire il perchè di tanta
violenza.
“ANDATE
VIA…”urlò così forte che
Leda
si alzò di scatto per correre via da lui. Corse
così tanto che non sentì le voci
eccitate intorno a lei per l’evento dell’anno. Si
fermò ancora in forte
agitazione per quanto era accaduto.
Si fermò nel momento esatto in cui
la
giornata del fuoco era stata annunciata.
Si fermò nel momento esatto in cui
sua
cugina Aghata la guardò trionfante mentre appicciava il
fuoco sul pianoforte di
quercia appartenuto a sua madre.
***
“Di cosa mi state accudando,Mr
Armitage.” La voce della donna rombò per la stanza
quando vide lo sguardo
accusatorio dell’uomo rifarle per la quinta volta la stessa
domanda.
“Vi ribadisco che non è un
accusa. Forse
vedete troppe cose nella mia semplice domanda.” E
girò il liquido scuro che
aveva nel bicchiere senza mai perdere lo sguardo della donna come se
fosse la
sua preda.
“Bene,penso che questa sciocca
conversazione
sia durata anche troppo. Con questo,vi saluto.” Si
alzò faticosamente sentendo
il bisogno di andare via dal pericolo che sentiva. A Richard bastarono
due
passi per andare verso la porta e impedire all’anziana donna
di uscire. Ogni volta
che la guardava provava ribrezzo e lo stesso sentimento era rivolto
anche alla
figlia. Quelle donne gli erano sembrate due avvoltoi,pronti a
sacrificare la
vita di Leda come se non valesse nulla. Ma ora i giochi erano
finiti,adesso c’era
lui che avrebbe preservato per sempre su di lei.
“Lasciatemi,signore o
inizierò ad
urlare.” Disse impaurita.
“Non è da signore urlare
come una
scimmia,signora.Vi faro per l’ultima volta la stessa domanda.
Cosa ne è stato
del patrimonio di Leda?”
Vide la donna irrigidirsi a quella
domanda e seppe che c’era qualcosa che non andava quando vide
delle goccioline
presentarsi sull’ampia fronte della donna.
“Ve l’ho già
spiegato, i suoi genitori
persero tutto in una speculazione. Ho cresciuta quella ragazza con i
miei
soldi.Quei due sventurati non le hanno lasciato un soldo.”
Richard si avvicinò
al viso della donna sentendo come il suo cuore aveva preso a correre
per la
paura di quella vicinanza.
“Oh,allora perchè ci sono
dei documenti
che attestano che voi eravate in banca rotta ancora prima di avere Leda
nella
vostra casa. Perchè state cercando di mentirmi?”
Stava per prendere il collo della donna
e farle sputare tutto quando sentì un servitore urlare il
suo nome. Spaventato uscì
dalla stanza dimenticandosi della donna e chiedendo il
perchè lo stavano
cercando.
“Signore,la vostra fidanzata
è come
impazzita. Si è gettata nel fuoco.”
Richard non disse una parola e corse
verso il luogo in cui stava avvenendo il fatto. Sentiva le gambe
tremare per le
parole che gli aveva detto il servitore. La sua Leda,nel
fuoco.Sentì la
disperazione farsi strada nel prendere atto che forse la sua Leda era
peduta. Che
perderla significava perdere la sua vita.
“Leda…”
urlò spintonando la folla che
guardava perplessa la scena e si chiese perchè nessuno
facesse niente e poi la
vide. Vide i capelli sciolti lasciati al vento che il fuoco aveva
provocato. Il
suo vestito farsi a brandelli e la mani nel fuoco che cercavano di
salvare
qualcosa. Nessuno si era avvicinato per salvarla. Tutti erano
terrorizzati da quel
momento e dal perchè Leda per quanto fosse nelle fiamme,non
aveva preso fuoco.
Angolo autrice:
Ta-dan.
Ok,pura cattiveria nel lasciare così
il
capitolo ma era diventato davvero troppo lungo e non volevo svelare
tutto in un
solo capitolo!!!
Ebbene,Robert ormai è nella totale
pazzia. Richard nel totale e perduto amore e Leda nel fuoco.
Come andrà tra questi tre?
Devo dire che i personaggi hanno preso
troppa libertà e sembra quasi che la vivino da soli senza
interpellarmi sul da
farsi…vabbè….momento di sclera della
scrittrice.
Spero che questo capitolo vi piaccia e
spero che continuerete a seguirmi.
Un grazie speciale a chi commenta!!! :)
Grazie e a presto.
|
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Capitolo 12 *** Undicesimo capitolo. ***
11.
capitolo
‘Quando
vuoi davvero l’amore.
Lo troverai che ti aspetta.’
‘Mia
amata Leda,la musica è lo
strumento che fa suonare l’amore.’
Il
suono del pianoforte l’avvolse come
una coperta calda in una giornata invernale. Ancora vedeva le sue mani
bianche
e dalle dita lunghe e affusolate sfiorare i tasti del piano intagliato
in legno
che le aveva regalato il nonno quando era molto piccola.
Per
Leda era come vedere una magia,a
volte pensava che sua madre fosse una fata che faceva suonare il piano
con un
semplice tocco delle sua mani. Era così
bella,così eterea,sembrava una dea
della Misericordia.
‘Mamma
è per questo motivo che ami
tanto il pianoforte?’
La
sua immagine si faceva via via più
sfocata mentre vedeva la donna alzarasi dal piano e sorriderle. Vedeva
come una
luce farsi sempre più forte mentre un vento si scatenava
aprendo le finestre
della stanza. Vide sua madre aprire un piccolo sportellino che si
trovava sul
piano. Vide la sua gioia nel prendere un qualcosa che non riusciva a
vedere.
‘Vedi,mia
piccolo Leda…’
“Leda….”
‘Qui
dentro..’ “Leda,tornate da me”
‘Il
mio tesoro’ “Leda non mi
lasciate…”
Leda
iniziò ad avere le vertigini
mentre guardava la bocca di sua madre apostrofare qualcosa e nello
stesso
momento sentire una volce virile,profonda e preoccupata chiamarla.
Di
nuovo.
Di
nuovo qualcuno implorava il suo
nome.
‘Leda
questo piano racchiude il mio
amore’ “Amore mio,tornate da me.”
Voleva
urlare,voleva urlare,rispondere
a quel grido d’amore e nello stesso tempo vedere
l’amore di cui parlava sua
madre.
Sia
sua madre che la persona che la
chiamava le parlavano di amore.
‘Leda,voglio
che anche tu usi questo
piano per racchiudere il tuo amore.’
“Leda,vi
ordino di tornare da me.”
In
quel momento,in quell’istante in cui
sua madre alzò la mano per farle vedere il suo amore,lei
chiuse gli occhi per
la luce abbagliante che avvolgeva sua madre.
Li
chiuse.
Per
poi aprirli e trovarsi il viso di
Richard a pochi centimetri dal suo.
“Oh
grazie al cielo siete tornata da
me.” Richard la teneva stretta tra le sue braccia mentre il
fischio che sentiva
alle orecchie piano piano si affievoliva lasciando spazio alle voci
delle
persone intorno a loro.Leda si sentiva stordita,come se si fosse
svegliata da
un incubo e dovesse ancora capire se fosse nella realtà o
nel mondo dei sogni.
“Cosa
è successo?” riuscì a dire mentre
cercava di alzarsi, ma quando mise una mano sul morbido manto erboso a
malapena
trattenne un verso di dolore. Le mani le bruciavano da morire e fu
proprio quel
bruciore che le ricordò quello che era successo.
Sua
Cugina che dava fuoco al pianoforte
appartenuto a sua madre.
“Il
piano,cosa è successo al piano?”
Cercò di alzarsi ma Richard la teneva così
stretta da non riuscire quasi a
respirare. Si sentì come in trappola e per un attimo volle
urlare all’uomo di
lasciarla andare e di non trattarla sempre come se fosse una sua
proprietà.
Aveva voglia di urlargli tutto contro e nell’ennesimo
tentativo di sottrarsi
dalla sua possente stretta,si ritrovò a guardarlo quasi con
rabbia.
Rabbi
ache svanì nello stesso momento
in cui incontrò i suoi occhi che da glaciali erano come
diventanti cristallini.
Era come se una pozza d’acqua gli avesse attraversato gli
occhi e in quel momento
capì che Richard aveva pianto.
Aveva
pianto per quello che aveva
fatto. Aveva pianto per la paura di non averla più nella sua
vita. Aveva pianto
per la preoccupazione e lei,per tutta risposta,stava per gridargli
contro il
suo egoismo. Aveva pensato solo a se stessa. Aveva pensato solo al suo
dolore
senza pensare che accanto a se aveva una persona. Una persona che
l’amava e che
aveva messo lei come priorità principale della sua vita.
“Richard,avete
pianto per me?” era
ancora sopra le sue gambe e istintivamente provò a muovere
una mano per
accarezzarlo ma il dolore che provava la bloccò trasformando
il suo viso in una
smorfia di dolore.
“Leda,non
vi sforzate. Vi porto da un
medico.” La voce di Richard aveva perso tutta la sua
compatezza e risolutezza.
Il suo tono aveva solo sfumature di terrore e preoccupazione.
L’aveva fatta
grossa,cose le era passato nella mente di buttarsi nel fuoco senza
pensare alle
conseguenze di quel gesto?
Ma
la cosa che la sconvolse di più era
la reazione che il suo gesto aveva provocato nell’uomo.
Sembrava come un
cagnolino che aveva perso il suo padrone,mai nella sua vita poteva
credere di
poter azzittire un uomo come Richard. Un uomo che emanava coraggio solo
nel
guardarti.
“Perdonatemi,signore.”
Per
tutta risposta Richard la sollevò
da terra come se pesasse quanto una piuma,sentiva le mani come
intorpidite ma
quello era il male minore rispetto a quello che provava per aver
inflitto una
simile pena verso la persoa che adorava.
“Richard…”
Ma
il suo silenzio si fece quasi
mortale mentre la trasportava fino alla carrozza per portarla dal
medico. Quel
silenzio la turbava soprattutto quando si girò e vide ancora
il pianoforte
bruciare. Non sapeva perchè ma quel fuoco le dava la
sensazione che qualcosa di
spiacevole stava per capitare,e sapeva che quel qualcosa era pronto a
colpire
proprio lei e Richard.
***
Le
fiamme andavano via via spegnendosi
mentre del pianoforte non rimaneva più nulla. La gente
ancora parlava
dell’assurdo gesto che aveva fatto la fidanzata del cinico
uomo d’affari
Richard Armitage. Sicuramente sarebbe stato motivo di argomento per
molti
giorni ancora.
“Tu,sciocca
ragazzina,cosa ti è venuto
in mente di far bruciare il piano di tua cugina?”
Intanto,in
disparate da tutti, due
donne discutevanono animatamente per quello che era appena
accaduto.Aghata
guardava sua madre come se non capisse il perchè le stava
dicendo di aver
appena combinato un grosso guaio. Erano state d’accordo di
voler bruciare il
ricordo più prezioso della Cugina proprio per farle un
dispetto ma ora,sua
madre,l’accusava di essere l’unica artifice di
quell’azione.
“Ma
cosa dite,Madre?Eravamo
d’accordo….non capisco perchè vi
agitate tanto. Abbiamo ottenuto quello che
volevamo,far passare Leda per una pazza da rinchiudere.”
Aghata si mise a
ridere ma quando sua madre la schiaffeggiò senza
ritegno,indietreggio di qualche
passo portando la mano sulla parte offesa e guardandola con disprezzo e
vergogna.
“Sei
una sciocca e viziata,non sai in
che guaio ci hai messe. Quell’uomo non lascerà
impunito questo gesto. Lui sa
tutto.”
Aghata
aprì la bocca come se fosse in
carenza d’aria. Quelle parole la fecero tremare di paura. Lui
sapeva tutto.
Sapeva quello che avevano fatto a Leda e ora,aveva un motivo in
più per
rovinarle sapendo di aver provocato maggior dolore con il fatto del
piano.
“Madre,ma
come potevo sapere. Cosa
faremo ora?”
Vide
la donna chiudere gli occhi come
se cercasse una via di uscita a quella situazione. Non avrebbe mai
creduto che
a distanza di anni,avrebbero pagato per il furto che avevano fatto a
Leda.
Pensavano che con il matrimonio della ragazza,tutti i loro problem si
sarebbero
risolti,si sarebbero liberate di lei e con lei sarebbe morta anche la
verità.
Ma
ora,ora erano nei guai e sapevano
che l’uomo avrebbe fatto di tutto pur di fargliela pagare.
“Dovremmo
scappare,Madre,non vedo
nessuna soluzione possibile.”
“Credo
tu abbia ragione.”
Si
presero per mano, era la prima volta
che tra di loro nasceva un simile gesto di affetto ma sapevano che in
quel
momento dovevano restare unite e solo insieme avrebbero potuto
ricominciare.
“Sapevo
che prima o poi avremmo pagato….ho
sperato che fosse diverso e invece…” La donna
parlò più a se stessa che alla
figlia sentendo una sorta di senso di colpa invaderla. Stavano per
andare via
quando un movimento da dietro gli alberi le paralizzò dalla
paura.
Erano
forse state scoperte a parlare?
“Chi
è la?” disse Aghata in un ultimo
atto di coraggio e dignità.
“Scusatemi,signore,non
volevo
impaurirvi ma vi ho viste andare via e credo che avete perso qualcosa
di
importante.”
Aghata
aguzzò lo sguardo nel vedere
quanto fosse bella la donna che le aveva appena rivolto parola. Era
molto
bella,così bella da farle suonare un campanello di pericolo.
“Non
abbiamo perso nulla,Madame.
Scusateci ma Andiamo piuttosto di fretta. Venite,madre.”
Offrì il braccio alla
donna mentre sentiva il bisogno di allontanarsi il più
possibile da quella
donna dagli occhi da predatore.
“Oh,eppure
Miss Leda è vostra cugina e
qui,nelle mie mani,ci sono delle lettere appartenute a lei e credo a
sua
madre.”
Le
due donne si girarono nello stesso
momento in cui la donna si portò quei pezzi leggermente
bruciacchiati di
lettere sulle labbra,mostrando loro lo sguardo più crudele
che avessero mai
visto. Aghata cercò di aprire la bocca e dire a sua madre di
fermarsi mentre la
vedeva avvicinarsi a quella donna e prenderle velocemente le lettere di
mano.
“Si,sono
della madre di Leda,sono le
lettere d’amore che le scriveva il marito. E
questa…”
Girò
la lettera per leggerne il
mittente ma con un no secco disse di non conoscere la persona che
avesse
scritto a Leda quando era ancora una ragazzina.
“Per
quanto mi riguarda,potete
bruciarle,non saranno delle lettere a salvarci. Con permesso.”
Fece
segno alla figlia di andare quando
le parole della donna la fermarono mostrandole la luce nel tunnel di
cui aveva
tanto bisogno.
“Invece,credo
proprio che saranno le
lettere a darvi una speranza,mie signore. Se vi fiderete di me,non
avrete
bisogno di scappare.”
La
donna si avvicinò a loro con una
tale eleganza che le ammutolì. Sembrava una donna a cui non
si riusciva a dire
di no solo guardandola. Aveva un aurea così perfetta da far
venire i brividi.
Sembrava la regina delle nevi,senza cuore ma dotata di una bellezza
tale da far
fare a tutti ciò che voleva.
“Perchè
dovremmo accettare?” chiese
Aghata non riuscendo più a sostenerne lo sguardo.
“Perchè
abbiamo un bene commune,mie
care.” E co sì dicendo le accarezzò una
guancia constatando la sua teoria che
fosse fredda come il ghiaccio.
“Distruggere
chi vuole portarci via il
nostro tesoro più prezioso.”
***
Leda
osservava Richard in silenzio,per
ogni benda che il dottore le metteva,il suo senso di colpa per aver
ferito
l’uomo,cresceva. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni.
Aveva sempre
avuto un opinione di lui di un uomo tutto di un pezzo,che per ogni
situazione
riuscisse sempre a trovare una soluzione e affrontarla nel modo
più calmo e
razionale possibile.
E
invece,quel giorno,le aveva
dimostrato di essere un normale essere umano,di spezzarsi anche lui e
di non
saper affrontare una situazione in cui c’era lei di mezzo.
Si
sentiva una stupida,si sentiva una
spietata egoista e cercava di non emttere nessuno suono di dolore
perchè sapeva
che ogni suo verso non era altro che una fonte di dispiacere e
preoccupazione
per l’uomo.
“Bene,il
mio lavoro è
finito.fortunatamente le bruciature non sono gravi,nel giro di pochi
giorni
potrete riprendere la normale funzionalità.”
“Grazie
Dottore e scusi il disturbo.
Possiamo offrirle una tazza di tè?” Leda si
alzò dalla poltrona e cercò lo
sguardo di Richard ma lui era ancora appoggiato alla finestra e del
tutto
assente. Sperò con tutto il cuore che il dottore
restasse,aveva timore di
rimanere da sola con lui,non sapeva come giustificare il suo atto e in
più
temeva una reazione esagerata di Richard. Sapeva benissimo che quando
perdeva
le staffe,era capace di tutto. Si ricordò ancora il primo
giorno che era nella
sua casa,di quando gli aveva detto che sarebbe andata al cimitero e lui
glielo
aveva proibito andando su tutte le furie. Quel giorno conobbe Robert.
Già,quell
giorno conobbe un Robert genitle e premuroso. Così diverso
da quello che aveva
visto oggi. Chissà come stava,chissà se
l’avrebbe mai perdonata.
Chissà…
“Purtroppo
devo riufiare il vostro gentile
invito ma ho un altro impegno. Riguardatevi,signora. Arrivederci Mr
Armitage.”
Fece un leggero inchino e se ne andò subito constantando che
non avrebbe avuto
risposta dall’uomo. Chiuse la porta e Leda si
preparò a quella che sarebbe
stata la battaglia più grande della sua vita.
Farsi
perdonare dalla persone che amava
di più al mondo.
“Richard….”
Inziò a dire senza
avvicnarsi. Sperava che almeno chiamandolo potesse tornare in se.
Ma
non ebbe risposta,il suo sguardo era
ancora perso in chissà quale posto. Si avvicinò e
si mise poi davanti a lui
sperando di catturare la sua attenzione.
“Richard,vi
prego,guardatemi. Non
ignoratemi in questo modo anche se lo merito.” E in quel
momento il suo sguardo
tornò vigile e i suoi occhi si riempirono di nuovo del suo
splendido azzurro
cielo.
“Sarà
sempre così?” la sua voce era
come un filo sottile,semplici parole dette con così tanta
sofferenza da lasciar
Leda senza parole.
Richard
non poteva spiegare quello che
aveva provato vedendola nel fuoco,si era sentito impotente,come un
bambino che
voleva salire su un albero ma non aveva l’appiglio necessario
per arrampicarsi.
La vedeva andare a fuoco e quella vista lo aveva paralizzato. Non era
riuscito
a fare nulla,nemmeno a buttarsi nel fuoco per salvarla.
No,aveva
solo guardato. Aveva guardato
un altro uomo fare quello che avrebbe dovuto fare lui. Aveva guardato
con
quanto coraggio e senza pensarci nemmeno un secondo,Robert,si era
buttato per
prenderla e salvarla.
In
quel momento l’aveva vista svenire
tra le sue braccia ma quello che gli aveva fatto più male
era notare quanto
quei due fossero giusti insieme. Sembravano nati per stare insieme,come
se un
filo rosso li tenesse sempre uniti. Aveva ormai capito da tempo che
Robert
nutriva dei sentimenti per Leda e sembrava conoscere cose di lei
più di quanto
dicesse.
Leda
gli chiedeva di perdonarlo per il
gesto che aveva commesso ma non sapeva che quello che non riusciva a
perdonarsi
era il fatto di non essere stato lui a salvarla.
Avrebbe
dovuto dirglielo prima che le
voci le arrivassero ma non ne aveva il coraggio. Aveva paura che si
sarebbe
allontanata da lui e che avrebbe preferito passare la sua vita con
Robert che
con un vigliacco come a lui.
Perchè
non era solo un vigliacco per
oggi ma per tutta la faccenda in cui l’aveva chiesta in
moglie.
Non
avrebbe mai pensato che si sarebbe
innamorato,non avrebbe mai sperato di tornare ad amare senza remore e
soprattutto di essere ricambiato.
Aveva
sbagliato tutto,aveva fatto i
conti solo sulla sua vendetta senza pensare che Leda gli avrebbe rubato
il
cuore e la mente.
Ora
era perduto.
Prigioniero
di Leda e vittima della sua
stessa vendetta.
“Signore,Richard,vi
chiedo solo di
poter perdonare la mia mancanza di rispetto. Mia cugina ha distrutto un
ricordo
che apparteneva a mia madre,non so cosa mi abbia
preso…”
Richard
la guardava come
impietrito,nella sua espressione non c’era nessun sentimento.
“E
per questo vi siete buttata nel
fuoco,il fuoco di cui tanto avete paura. Non vi
comprendo,Leda.davvero.”
Richard si allontanò da lei con ancora i pensieri
inquietanti che gli
ondeggiavano nella testa. Si sentiva così debole,sentiva che
l’amore che provava
per lei lo rendeva debole e irrazionale. Aveva bisogno della sua calma.
“Ho
sbagliato ma non potevo permetterle
di distruggerlo. Appartenva alla mia amatissima madre, dovevo
impedirglielo.”
“E
invece è andato bruciato lo stesso,e
avete rischiato di bruciare anche voi..pensate che questo avrebbe fatto
felice
vostra madre?Bhè,mi inchino a questo totale atto di
incoscenza.” E non contento
battè le mani in un applauso rendendola ancora
più ridicola. Leda stava notando
che stava tornando il solito Richard. Quello che non esitava parole se
doveva
far sentire qualcuno una nullità.
“Se
voi non vi fosse intromesso…”
“Se
io non mi fossi intromesso?” Ora la
sua rabbia stava esplodendo e Leda sapeva che stava per succedere il
finimondo.
“Siete
una ragazzina stupida e incoscente.
Stavate per essere bruciata e voi,dite a me,di non intromettervi. Guiro
che ve
le darei di santa ragione se non fosse già
ferita.” Sentiva le vene pulsare in
fronte mentre osservava Leda farsi bianca per le parole che aveva
appena
ricevuto. Sentiva le mani fremere nel darle una sana sculacciata e quel
pensiero gli fece pulsare istinti ancora più primordiali.
“Non
vi permetto di parlarmi così,ho
indubbiamente sbagliato ma mi sono fatta prendere dal momento e ho
agito di
conseguenza. Guiro che non ripeterei mai e poi mai un simile gesto e
soprattutto non l’ho fatto per farvi un dispetto. Non mi sono
mai sentita in
colpa così tanto di aver causato un dolore a
voi…che io amo con tutto il mio
cuore.” Leda deglutì quando vide gli occhi
dell’uomo sgranarsi per quella
dichiarazione d’amore. Avrebbe volute continuare con il
discorso di quanto si
sentisse arrabbiata per quello che gli aveva detto prima ma sentiva che
se lo
meritava e voleva a tutti i costi farsi perdonare e non perdere la
fiducia che
l’uomo aveva riposto in lei chiedendola in moglie.
“Richard,farei
qualsiasi cosa per
cancellare quello che ho fatto.” E mentre parlava camminava
verso di lui,come
se si spianasse la strada per poi essere perdonata tra le sue braccia.
Richard
dal canto suo era del tutto
spiazzato dalla sua dichiarazione. Da una parte gongolava per
quell’amore e
dall’altra si sentiva immeritevole di tale sentimenti.
“Ma
non posso,ma,voglio mostrarvi il
mio totale e incondizionato amore,accettando senza remore la vostra
proposta.
Si,Richard,vi voglio come merito e voglio firmare il contratto oggi
stesso.”
Richard
sospirò quando se la ritrovò
davanti. I suoi occhi erano i più belli e sinceri che avesse
mai visto. Aveva
vinto. L’aveva ottenuta. Lei voleva firmare il contratto. Lei
si concedeva a
lui.
“Dite
davvero?”le chiese ancora
incredulo sperando quasi che gli dicesse che aveva bisgono ancora di
tempo per
pensarci.
“Davvero.
Io voglio essere vostra
moglie…o forse avete cambiato idea?”
“Oh
no,no no no,amor mio,no.” Richard
preso da impeto l’abbracciò così forte
da farla ridere di gioia. La baciò. Le
baciò le labbra,gli occhi,il naso,la fronte. Le stava
dimostrando che per lui
non c’era regalo migliore di questo. Leda si sentì
felice,quello era il primo
passo per la loro vita insieme.
Non
sapeva che da lì in poi tutto
sarebbe cambiato in peggio.
“Appena
sarà guarita la
mano,firmerete.”
“Assolutamente
no,voglio firmare
ora,sarà proprio con questa mano che vi ha procurato dolore
a ridarvi gioia.”
Richard
sorrise,forse non era del tutto
impossibile essere felice con lei. Magari non sarebbe tornata,magari lo
avrebbe
lasciato in pace. Magari aveva visto quanto fosse felice e ci avrebbe
ripensato.
Magari.
E
fu con quello spiraglio di ottimismo
che andò verso la scrivania e prese il foglio che Robert
aveva preparato per
lei. La vide avvicinarsi decisa e prendere la penna con cui avrebbe
firmato per
la sua nuova vita.
“Non
volete leggerlo?” lei si sporse
verso di lui con la penna in mano.
“No,firmo
per amore e per la fiducia
che ho in voi.”
Firmò
ma per Richard quel nome scritto
in fondo aveva il sapore di una condanna a morte.
***
“Signora,hanno
lasciato delle lettere
per voi.”
Leda
smise di cantare e andò verso il
tavolino che la cameriera le aveva indicato. Non riusciva a capire chi
le avesse
scritto tutte quelle lettere visto che non conosceva nessuno
così tanto bene da
iniziare una corrispondenza.
Ma
quando si avvicinò per un attimo
dovette reggersi alla poltroncina vicino al tavolo. Le lettera erano
leggermente bruciacchiate e capì subito cosa erano.
Erano
le lettere nascoste nel piano di
sua madre. Le lettere che sua madre e sua padre si scambiarono durante
il loro
fidanzamento. Le prese,ignorando il dolore che sentiva sulle mani. Gli
occhi
iniziarono a inumidirsi quando riconobbe la scrittura della madre. Era
così
felice che qualcosa si era salvato.
Stava
ancora sfogliando quando dei nomi
su una lettera la catturarono. Sentì il respiro farsi
pesante quando lesse che
il destinatario era lei ma il mittente era la persona che mai si
sarebbe aspettata.
Era
una lettera d’amore.
“Oh,no.
Non ci credo. Oddio cosa ho
fatto…” Leda fece cadera a terra la lettera e
iniziò a muoversi in preda
all’angoscia. Come era possibile essere felici due secondi
prima per poi cadere
nella più totale disperazione prendendo consapevolezza di
quella scoperta.
Cosa
aveva fatto. Aveva distrutto
tutto. Aveva distrutto la persona a cui aveva fatto delle promesse.
“Non
posso,non posso avergli fatto
questo. Non può essere lui.” E così
dicendo corse via dalla stanza senza
accorgersi che Richard stava andando da lei per chiamarla.
“Leda,che
succeed,Leda?” ma la porta
della casa si chiuse di scatto e Richard stava per segurila quando la
corrente
d’aria fece volare delle lettere verso di lui. Le prese e si
accorse che molte
appartenevano alla madre di Leda. Si chiese se fossero quelle ad avere
spinto
Leda a scappare via. Stava per lasciarle quando una di queste gli cadde
all’occhio.
La
lesse.
‘Mia
amata Dea,un giorno staremo di
nuovo insieme. La promessa che ci siamo fatta da bambini non
l’ho mai
dimenticata. Un giorno tornerò da te e li staremo per sempre
insieme.
Non
mi dimenticare,
Perchè
io non potrei mai.
Il
tuo Bert.
Robert
Andrew Down.’
Richard
si lasciò andare a terra
insieme alla lettera. Il vento ancora soffiava nella stanza sperando
che si
portasse via il senso di vuoto che la lettera gli aveva lasciato.
Angolo
autrice:
Bhè,e
con questo capitolo il più è
stato svelato. Capitolo abbastanza lunghetto ma con tanto materiale che
da
molto a cui pensare.
Cosa
succederà?
Leda
dove correrà?
Richard
resterà seduto a terra senza
fare nulla?
Mimì&Cocò
alias zia e cugina si
sono alleate con il diavolo?
Tutto
questo nella prossima puntata.
Ancora
un grazie speciale a chi legge e
commenta questa mia pazza creazione.
Un
bacio e a presto!:D
|
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Capitolo 13 *** Dodicesimo capitolo. ***
12.
Capitolo
‘Tell
them I was happy
And
my heart is broken
All
my scars are open
Tell
them what I hoped would be
Impossible,
impossible
Impossible,
impossibl’
-Impossible,
James Arthur-
‘Dea,
promettiamoci che qualsiasi
evento ci capiterà,noi non dimenticheremo la nostra promessa
d’amore.’
Leda
ricordava solo ora quelle
parole,ricordava solo ora come le calde e giovani mani di Robert erano
sulle
sue mentre fiducioso e pieno d’amore le faceva promettere che
si sarebbero
ritrovati.
‘Robert,mio
dolce e caro Robert,siete
la persona più importante dopo i miei genitori. Non riesco
ad immaginare
nessuno che non siate voi accanto a me.’
Leda
correva sapendo già dove avrebbe
trovato Robert. Correva a perdi fiato mentre quei ricordi tornavano
così vividi
nella sua mente. Come aveva fatto a ricordarsi di lui solo in quel
momento e
solo grazie ad una lettera.
Ora
ricordava persino l’intrecciarsi
delle loro mani,la gioia che avevano provato in quel giuramento fatto
due
giorni prima che lui se ne andasse. Leda era poco più di una
bambina quando
giurò di unirsi in matrimonio con lui,lo giurò
come fanno i bambini quando gli
chiedono di fare i bravi in cambio di qualcosa.
Lo
giurò perchè davvero pensava che
Robert sarebbe stato la persona che l’avrebbe completata.
Lo
giurò perchè con Robert stava bene.
Lo
giurò perchè pensava che essere
migliori amici li avrebbe portati direttamente ad amrsi e ad unirsi in
un
felice matrimonio.
Lo
promise perchè sapeva che le
probabilità di rivedersi sarebbero state basse.
Lo
promise senza aver fatto i conti con
l’amore che Robert provava davvero per lei.
Lo
promise,non sapendo che nella vita
avrebbe incontrato Richard.
‘Leda,
non sai quanto mi fate felice
nel sapere che provate i miei stessi sentimenti.’
Leda
si morse un labbro a quel ricordo
e spinse con forza il cancello del cimitero rischiando di inciampare
tra gli
attrezzi che usava il custode per tenere in ordine il posto. Sapeva
benissimo
che Robert si sarebbe rifugiato lì,nel posto in cui lei ogni
giorno trovava un
fiore diverso sulla tomba dei genitori.
Si
era sempre chiesta chi fosse quella dolceanima
che lasciava un gesto così gentile ai suoi genitori. Sapere
soltanto ora, che
Robert non si era mai dimenticato di lei,la feceva stare ancora
più male.
Leda
rallentò il passo fino a quando
non si fermò e vide la schiena di Robert dritta e vigile
sulla tomba dei suoi
genitori. Si avvicinò piano sapendo che lui si era accorto
della sua presenza
ma restava fermo,come se non volesse affrontare nulla che riguardasse
lei. Come
se sapesse che gli stava per dire Addio.
Allungò
la mano per toccargli la spalla
ma le parole dell’uomo la inchiodarono e quelle dita
restarono come sospese
nell’aria insieme a tutte le parole di scusa che aveva da
dargli e insieme a
tutti i sensi di colpa che, egoisticamente sperava che Robert potesse
perdonare.
“Amarti
è stata la mia maledizione.”
Leda
abbassò la mano lentamente,come se
quelle parole avessero spento la sua linfa vitale. Sentiva il vento
freddo
penetrarle fino alle ossa e scorticarle per farle provare lo stesso
dolore che
stava provando lui in quel momento.
Non
sapeva cosa dire,non sapeva cosa
fare. Robert non le rivolgeva nemmeno lo sguardo e lei sapeva che si
meritava
qualsiasi cosa spregievole che l’uomo le avesse detto.
“Ho
sempre creduto in quella promessa,
è stata la sola cosa che mi ha tenuto vivo in quel
colleggio,che mi ha fatto
sopportare le frustate dei miei superiori,le burle di quelli che si
credevano
migliori di me,di quelli che se volevo sopravvvivere,dovevo fare quello
che mi
si chiedeva.
E
l’ho fatta,Leda. L’ho fatto. Ho sopportato
tutto questo solo perchè animato dal tuo amore, dal ricordo
del tuo sguardo e
delle tue parole. Solo per amore che credevo ricambiato.”
Robert
si abbassò e accarezzò la tomba che
portava il nome della madre della donna che aveva sempre amato. Prese
il fiore
che le aveva lasciato e lo strinse nella sua mano fino a quando ogni
singolo
petalo si staccò dal suo gambo, come il suo amore che era
stato estirpato così
drasticamente. Leda dal canto suo ascoltava scioccata il suo racconto,
non
aveva mai saputo il vero motivo per cui Robert se ne era andato,sua
madre le
aveva raccontato che dovevano andare via perchè suo padre
aveva accettato un
nuovo lavoro e Leda aveva sempre pensato che sarebbe stato felice nella
sua
nuova vita.
A
quanto pare,sua madre,le aveva
mentito per non farla preoccupare e ora,quelle confessioni furono come
il fuoco
di cui tanto aveva paura.
L’aveva
scottata con le sue parole e
non poteva trovare nessuna acqua abbastanza potente da farla spegnere.
“Robert,non
credevo ,mai….” Iniziò a
singhiozzare quando lui si girò mostrandogli lo sguardo
più triste e rassegnato
che avesse mai visto in vita sua. I suoi occhi erano rossi e gonfi e
Leda si
chiese se avesse pianto o se fosse ancora un effetto
dell’alcool su cui
ultimamente trovava la sola consolazione.
“Non
credevi cosa? Che sarei mai tornato?
Che sarei andato avanti dimenticandomi di te?E’
questo?”
Le
sue parole da angosciose erano
passate a furiose e prive di qualsiasi sentimento che avesse provato
per lei.
“Robert,
eravamo due bambini. Quella promessa,io,non
avrei mai pensato di rivederti.”
Leda
tirò su con il naso e Robert
crollò in una smorfia di pure dolore. Si portò le
mani tra i capelli mentre in
ginocchio iniziò a piangere come un bambino a cui avevano
distrutto l’illusione
di credere in qualcosa di bello.
Leda
si avvicinò a lui ma non riuscì a
toccarlo perchè lui la scansò violentemente
rialzandosi con tutta la rabbia che
aveva accumulato fino a quel momento.
“Tu,sei
solo una sgualdrina.Non sei
diversa da qualsiasi donna che ho incontrato. Hai preferito cedere alle
lusinghe di un uomo che non potrà mai darti la
felicità. Di un uomo che ti
distruggerà.”
“Capisco
la rabbia,Robert,ma non serve
offendermi per colmare il dolore che vi ho inferto.”
Per
tutta risposta lui scoppiò a ridere
mentre le lacrime uscivano ancora dai suoi occhi. Leda ebbe la conferma
che
stava parlando con un pazzo,un folle senza speranza. Di Robert,del buon
e dolce
Robert sembrava che non fosse rimasto più nulla.
E
la causa della sua distruzione era
soltanto lei.
Si
avvicinò a lei e di scatto le prese
il viso tra le mani e con i polpastrelli iniziò a
massaggiarle le guance. Sgranò
gli occhi mentre vedeva quelli privi di qualsiasi scrupolo di Robert
che la
osservavano come se da un momento all’altro volesse
ficcarglieli fino al cranio
e ucciderla.
“Robert…”
inziò a piagnucolare per il
dolore e con le mani cercava di allontanarlo da lei spingendolo dai
fianchi ma
la stretta dell’uomo era forte,forte come era la sua rabbia e
la voglia di vendicarsi.
“Mi
fate male…” lo pregò di fermare
quella tortura sul suo viso ma lui per tutta risposta le sorrise e in
quel
sorriso non c’era nulla che potesse aiutarla a fargli
cambiare idea.
“Hai
idea del dolore che mi hai
causato?Ho cercato di proteggerti,di essere il tuo angelo costude e
tu…tu
trafiggi il mio cuore innamorandoti di quella bestia.”
Alla
fine la spinse via come se fosse
una pestilenza. Leda inciampicò più volte nella
spinta ma riuscì a non perdere
l’equilibrio. Si massaggiò il viso dolorante e in
quell’attimo capì che doveva
andarsene se voleva salvarsi. Iniziò ad indietreggiare e
nella mente chiamò
Richard. Lo chiamò così disperatamente che quasi
credeva gli avesse risposto. Voleva
vederlo. Avrebbe voluto affrontare Robert con lui e dimostrargli che
quello che
aveva detto era solo falsità.
“Se
stai cercando di scappare,Dea….sei
libera di andartene quando vuoi. Se pensi che mi macchierei di un
delitto,allora,suppongo che tu non mi abbia mai conosciuto.”
Robert si asciugò
gli occhi e Leda notò che il suo sguardo era tornato
lucido,razionale ma con
quella punta di cattiveria che sembrava non volesse lasciarlo.
“Non
ho mai pensato che potessi farmi
del male.” Mentì perchè in quel momento
capì che davvero non aveva mai
conosciuto Robert. Nei suoi ricordi era un amico fedele e leale ma
erano
ricordi di una bambina di appena 11 anni di cui tutto il mondo era
buono e
piacevole.
“Sai
quale sarà la mia vittoria? Mia piccola
Leda?” mosse il viso verso sinistra come preso da un tic e
Leda l’unica cosa che
riuscì a dare come risposta e fare un cenno con il capo di
continuare il
discorso.
“Vederti
commettere l’errore più grande
della tua vita. Se sei abbastanza intelligente,non firmerai quel
contratto e te
ne andrai a testa alta oppure vedrò cadere la tua testa come
Maria Antonietta sulla
ghigliottina.”
Il
suo petto iniziò a muoversi
convulsalmente. Per la prima volta iniziò ad avere paura,ma
non per il
comportamente strano di Robert ma perchè aveva firmato il
contratto e quella
sensazione di sbagliato che l’aveva attraversata per tutto il
tempo della
convivenza,ora si faceva sempre più vivo e spietato. E a
Robert bastò vedere
come il viso di Leda cambiò quando le disse quelle parole.
Quindi
era finita così.
Lui
era impazzito.
E
lei aveva perso.
Non
sentiva nulla,era così amareggiato
e confuso dalle alte dosi di alcool che non riusciva più a
capire se avesse
ancora un sentimento di pietà per la ragazza che lo aveva
beatamente
dimenticato da tempo.
Voleva
andarsene,voleva andarsene da
quella città,da quell’impiego a cui sembrava di
aver dato una svolta alla sua
vita e al suo amore ma che in realtà non aveva fatto altro
che distruggere lui
e soprattutto avrebbe ucciso lei.
Ma
cosa gliene importava?
Lei
aveva fatto la sua scelta.
E
lui l’avrebbe odiata per il resto
della sua vita. Ogni bicchiere di alcool che avrebbe buttato
giù si sarebbe
ricordato di lei e l’avrebbe maledetta in ogni goccio della
sua vita.
“Bene,Leda.
Ti auguro di soffrire nella
stessa maniera in cui sto soffrendo io,anzi,non è un augurio
ma una certezza. Addio.”
Si
sistemò la giacca cercando di
tornare alla sua naturale compatezza. Le passò accanto senza
guardarla negli
occhi ma lasciandosi tirare dalla manica in modo che si fermasse.
“Robert,ti
prego,dimmi la verità. Perchè
Richard mi ha voluta li…” ormai non le importava
più nulla di recuperare la sua
amicizia si ritrovò a pensare Robert, ormai le importava
solo di se stessa e
della sua felicità.
L’avrebbe
maledetta due volte anche per
quello,per quella poca curanza nei suoi confronti.
E
fu per quelle parole che le volle
dare il colpo di grazia.
“Oh
ma non è stato lui a volerti li,lui
non sapeva nemmeno che esistessi,Leda. Chi credi che gli abbia parlato
di te?”
“Tu?”
chiese lei stringendo ancora di
più la sua giacca. Robert guardò quella mano
piccola, bianca e fasciata e sperò
che si spezzasse.
“Si,io.”
“Perchè?”
Il
vento si fece sempre più freddo
mentre il sole calava lasciando il giorno
all’oscurità. Che ore erano?
Quanto
tempo erano stati li a
discutere?
Quanto
tempo le sarebbe servito per
capire?
“Perchè
a lui serviva qualcuna per il suo
piano e a me serviva che tu te ne andassi da quella casa.”
La
sua voce era fredda e tagliente come
il vento che li attraversava. Sentiva il cuore farsi sempre
più pesante mentre
ricordava le parole di Richard che le chiedeva se volesse leggere il
contratto.
No,lei
aveva firmato per amore e per la
fiducia che aveva in lui.
Cosa
aveva fatto?
Solo
in quell momento si ricordò del
dolore alle mani perchè nella stretta il bruciore
iniziò a tensificarsi fino ad
arrivarle alle spalle.
“Robert,dimmi
perchè. Ho bisogno di
sapere.”
Ma
per tutta risposta Robert le tolse
la mano dalla sua giacca facendola mugolare di dolore.
“E
io ho bisogno di andarmene con le
risposte che non avrai mai.” E così dicendo
scoccarono le 7 e lui se ne andò
senza nemmeno preoccuparsi che da li sarebbero iniziati tutti i suoi
guai.
***
Gli
spari riecheggiarono spietatamente
nella notte mentre le forze dell’ordine e la folla inferocita
si combattevano
come se fosse la loro ultima notte nella vita.
Leda
era stanca,sudata e infreddolita. Era
uscita solo con il leggero abito da cerimonia per l’evento a
casa della
contessa.
Aveva
paura. Cercava di trovare un
posto dove nascondersi e non essere presa da nessuna delle due fazione.
Sapeva che
poteva essere scambiata per una ribelle e essere portata alla polizia e
accusata di qualsiasi crimine,in fondo,lei non era nessuno.
Oppure
poteva essere vittima della
folla inferocita,vittima di un colpo accidentale. Si lasciò
cadere al muro del
piccolo e stretto vicolo che aveva trovato come riparo. Avrebbe voluto
piangere,lasciarsi
andare ad un sonno profondo e senza risveglio ma il rumore di passi la
fece di
nuovo mettere in guardia.
Sentiva
urla di continuo e i passi si
facevano sempre più vicini e forti. Inziiò a
tremare e a correre per potersi
salvare.
“Hey,tu,FERMATI
SUBITO.GUARDIE,DI QUA.”
I
passi divennero più numerosi mentre
lei correva con la gonna alzata fino alle ginocchia. Sentiva
l’adrenalina
correre più delle sue gambe. Le sue orecchie pulsavano per
lo sforzo mentre il
respiro diventava sempre più affonnoso.
Rallentò
perchè le forze ormai la
stavano abbandonando mentre i passi la raggiungevano sempre di
più.
Iniziò
ad arrancare piegandosi sempre
di più. Appoggiò la mano ad un carro lasciato di
fretta per strada.
Si
girò sentendo i capelli che si abbandonarono
sulle sue esili spalle. Si erano arresi anche loro e lo stava per fare
anche
lei.
Forse
era meglio così.
Forse
era meglio essere accusata di
aver istigato la folla alla rivoluzione che cadere nella mani di
chissà quale
complotto.
“Si,doveva
andare così.” E si portò la
mano sul petto sentendo la calma farsi strada nelle vene. I passi degli
uomini
erano sempre più vicini e lei sorrise. Sorrise
perchè in quel momento sentì di
aver trovato la pace.
Chiuse
gli occhi pronta per essere presa.
Ma
mai avrebbe immaginato che la sua
bocca sarebbe stata chiusa da due mani che prendendola da dietro la
trascinarono in un luogo in cui pensò non avrebbe mai
più rivisto la luce.
Angolo
autrice:
E
vabbè, non volevo che Robert fosse così
cattivo eppure quel ragazzo ha fatto di tutto e di più per
essere spregievole. Diciamo
che Leda ha il potere di far uscire la parte peggiore di ogni uomo che
le è
accanto però qui stiamo leggermente esagerando.
Comunque,come
noterete,Richard in
questo capitolo è passato in secondo piano ma vi prometto
che tornerà in tutto
il suo splendore dal capitolo prossimo.
Sperando
che il buon Robert non ci
rimetta di nuovo lo zampino.
Un
grazie di cuore per continuare a
seguire questa storia senza arte e ne parte ma è una storia
a cui tengo tanto.
Un
bacio e alla prossima.
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