A False Replace that Pretends to Be Original

di Ortensia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Seirin; Dungeons and Dragons ***
Capitolo 2: *** Kaijou; Il cane della discordia ***
Capitolo 3: *** Shuutoku; La paura fa novanta ***
Capitolo 4: *** Touou; Cose di donna ***
Capitolo 5: *** Yousen; Vietato dare caramelle agli animali ***
Capitolo 6: *** Rakuzan; La bellezza & la Bestia ***



Capitolo 1
*** Seirin; Dungeons and Dragons ***


Autore: Neu Preussen
Titolo: A False Replace that Pretends to Be Original
Personaggi: nella raccolta sono presenti Kuroko Tetsuya; Kagami Taiga; Kiyoshi Teppei; Hyuuga Junpei; Izuki Shun; Aida Riko; Kise Ryouta; Kasamatsu Yukio; Moriyama Yoshitaka; Hayakawa Mitsuhiro; Kobori Kouji; Midorima Shintarou; Takao Kazunari; Miyaji Kiyoshi; Outsubo Taisuke; Kimura Shinsuke; Aomine Daiki; Momoi Satsuki; Imayoshi Shouichi; Wakamatsu Kousuke; Sakurai Ryou; Murasakibara Atsushi; Himuro Tatsuya; Okamura Kenichi; Fukui Kensuke; Liu Wei; Akashi Seijuurou; Mayuzumi Chihiro; Mibuchi Reo; Nebuya Eikichi; Hayama Kotarou e, per una minuscola particina, Hanamiya Makoto.
Nella one shot che segue sono presenti Kuroko Tetsuya; Kagami Taiga; Kiyoshi Teppei; Hyuuga Junpei; Izuki Shun e Aida Riko.
Pair: nella raccolta sono presenti minuscoli accenni KagaKuro, ImaMomo, ImaHana, AoMomo e MayuAka.
In questa one shot sono presenti accenni KagaKuro.
Bonus utilizzati: Mayuzumi Chihiro; Hanamiya Makoto e... non so se l'ImaMomo si possa considerare un Crack!Pair ;3;
Tipologia: rari e minuscoli accenni yaoi ed het
Generi: commedia
Avvertimenti: raccolta di one shot
Note: //
Nda: Visto che questa è la prima shot della raccolta, ne approfitto per far presente il motivo per cui è nata e il suo scopo.
Il titolo è traducibile come: "Una falsa replace che finge di essere originale", questo perché, proprio come ha fatto Fujimaki nelle sue "Replace", (che si presentano sotto forma di light novel), ho voluto descrivere alcuni episodi isolati riguardo determinati personaggi. Ho deciso di dedicare un episodio ad ogni squadra contenente uno dei Miracoli e ho scelto di presentarle nell'ordine in cui appaiono nell'anime. Lo scopo della raccolta è, inaspettatamente – visto che da me tutti si aspettano sempre sangue e lacrime (?) –, far divertire... o meglio: regalare un sorriso ai lettori, perché scatenare sane risate attraverso la scrittura è molto difficile e quindi sono certa che il massimo che riuscirò a fare sarà mettervi il buon umore (o almeno me lo auguro!).
E poi è una buona occasione per far conoscere ai lettori personaggi poco considerati (anche se alla fine quasi nessuno di loro mi vale punti bonus! La prima shot è quella dedicata al Seirin e che, in verità, è stata scritta per terza. Si presenta visivamente diversa rispetto alle altre e vi spiego subito il perché: qui si gioca a Dungeons and Dragons, e nelle parti in corsivo è come se i personaggi fossero talmente coinvolti nel gioco da immaginare davvero ciò che il Dungeon Master (la cui voce è sottolineata in grassetto) racconta loro.
Adesso vorrei chiedervi di leggere la shot e poi tornare al resto dell'nda, altrimenti vi darei troppe informazioni e il riso che desidero scatenare rischierebbe di non venire a galla per il troppo sapere.
Credo che l'idea di inserire i personaggi di Kuroko no Basket in un contesto simile sia nata da un telefilm che ho iniziato a seguire circa un anno fa, ovvero "Community", ma questo non interessa a nessuno! La cosa interessante è che io non so niente su questo gioco e prima di cominciare la shot ho passato un pomeriggio intero a documentarti, ma pur di non combinare qualche pasticcio e di non rischiare di offendere gli appassionati ho deciso che anche i membri del Seirin non vi hanno mai giocato (Hyuuga conosce solo le basi, gli altri assolutamente nulla), e ho fatto in modo che la loro inesperienza comportasse il fatto che Riko (esperta, perché io la immagino sul serio a giocare a cose simili) perdesse la situazione di mano.
Riko è il Dungeon Master e, come ho detto prima, la sua voce viene riportata in grassetto, così come quella del vecchio venditore ambulante che, essendo un personaggio "non giocante" (ovvero non rappresentato da nessuno dei giocatori; altrimenti si parla di "personaggio giocante" o "PG"), viene gestito proprio da lei in persona.
Escludendo minuscole comparse di persone a caso (?) nelle altre shot, questa è l'unica in cui sono presenti sei personaggi e non cinque (l'idea iniziale era che fossero cinque in ogni one shot, ma di conseguenza i giocatori sarebbero stati solo quattro, per cui ho deciso di chiamare in causa Riko!)
Per il resto specifico ancora due o tre cose, ovvero: i nomi (o soprannomi) a cui pensa Hyuuga appartengono tutti a samurai famosi; il kaishaku è una tecnica di decapitazione eseguita durante il seppuku, cioè un rituale di suicidio utilizzato proprio dai samurai.
Per il resto vorrei sinceramente scusarmi per le battute scadenti di Izuki!




A False Replace that Pretends to Be Original





Dungeons and Dragons





«Eccomi! Scusate per l'attesa!» Riko varcò la soglia del salotto con le labbra increspate in un sorriso affabile, ma aveva la pelle del viso tesa e le guance imporporate, probabilmente perché, nonostante il sollievo di essere finalmente riuscita a scacciare via suo padre, in lei ruggivano ancora la collera e il nervoso che aveva provato in seguito a tutte le domande del genitore che, impetuose, le avevano riempito le orecchie per almeno un buon quarto d'ora.
«Siete pronti?» teneva tre grossi libri stretti al petto, e non appena li ebbe posati al centro del tavolo dischiuse le labbra per riprendere fiato; gli altri cinque, invece, si limitarono a scambiarsi qualche occhiata confusa e sconcertata e si fissarono su quelli che, leggendo il titolo inciso lungo il bordo rigido, scoprirono essere manuali di gioco.
«Ci... ci hai portati qui per studiare?» Kagami azzardò una prima domanda.
«Certo che no, Kagami-kun!» Riko ampliò il sorriso con aria soddisfatta e occupò l'unica sedia vuota, a capotavola, di fronte a Hyuuga.
«Questi sono i manuali che consulterò per guidarvi al meglio nella vostra avventura. Certo, sarebbe meglio se anche voi li conosceste, ma non è grave: so a memoria praticamente tutte le regole, quindi non preoccupatevi.»
«Coach, ne sei proprio sicura?» chiese Kuroko a voce bassa.
«Hai preparato le schede dei personaggi?» ma la voce grave di Hyuuga sovrastò il sussurro del più piccolo, che serrò le labbra inspirando appena.
«Certo!»
«Sono un samurai, vero?!» Junpei allungò le braccia e si protese un poco, come se avesse pensato di poter arrivare ad afferrare le schede dei personaggi che, raccolte in una bassa pila di carta, erano disposte in cima ai manuali.
«Samurai?» ripeté Izuki sfregandosi il mento con aria pensierosa, per poi sollevare il dito indice con le labbra increspate in un sorriso sornione «ehi, Hyuuga, lo vuoi sapere come si chiama un samurai che si scusa sempre
«Non cominciare, Izuki.» Hyuuga ringhiò a voce bassa e Kiyoshi, che si trovava di fronte al playmaker del Seirin, si lasciò scappare una risata divertita.
«A me piacerebbe saperlo!» confessò poi, senza smettere di sorridere.
«Si chiama...» Izuki arricciò le labbra e sfoderò un sorriso «Sakurai
«Izuki! Vuoi che ti prenda a calci?!» il capitano sbottò e rivolse un'occhiata a Riko, come a volerla pregare di intervenire, ma la ragazza sembrava essere rimasta congelata dalla freddura di Izuki.
Kuroko si limitò a rivolgere un'occhiata a Kagami, seduto di fronte a lui, come a chiedergli conferma dell'idiozia appena pronunciata dal loro compagno di squadra e come in cerca di un sostegno morale nei riguardi di quella situazione – perché era paradossale che i senpai fossero così eccitati all'idea di prendere parte ad un gioco di ruolo e che loro due, invece, fossero completamente inibiti di fronte a quella situazione assurda –.
Riko sosteneva che giocare tutti insieme a Dungeons and Dragons fosse un metodo divertente per affinare lo spirito di squadra e la fiducia e il rispetto per i propri compagni: era un'idea che per lungo tempo aveva ronzato nella sua testa e finalmente, con la palestra in manutenzione e il cielo carico di nuvoloni neri e turgidi di pioggia, l'occasione di metterla in atto si era presentata.
«Ho cercato di pensare a cinque personaggi che potessero essere perfetti per voi.» Aida afferrò le schede dei personaggi e per un istante le sollevò in alto, ammirandole con un risolino soddisfatto sul volto, il quale, tornato pallido e disteso, non presentava più il rossore della rabbia sulle guance.
«Hyuuga-kun, tu sei un uomo e la tua classe è il guerriero.»
«Lo sapevo!» Hyuuga afferrò il foglio e si rilassò immediatamente contro lo schienale della sedia, per poi aggrottare la fronte ed emettere un rantolio.
«Eh? Aspetta, ma che nome sarebbe: Mr. Sakura
«Sakura... i
«Izuki!»
«Il fiore di ciliegio non era simbolo dei guerrieri?»
«Certo, ma...» Hyuuga si rese conto che era stato un illuso a fantasticare su nomi come Generale Musashi, Grande Akiyama o Ganryu, quindi sfiatò sommessamente e negò con un modesto cenno del capo.
«Mr. Sakura va benissimo.» pronunciò a denti stretti, cercando di non badare a quanto artefatto e indegno suonasse quel nome ridicolo.
«Anche tu, Teppei, sei un uomo, ma la classe che ho scelto per te è quella del chierico.»
Teppei le rivolse un sorriso e afferrò la scheda, ma appena ebbe posato gli occhi sul foglio cambiò espressione e protese le labbra in una smorfia.
«Cuore d'Acciaio non mi sembra un nome molto adatto per un chierico...»
«Quelli importanti non sono i nomi!» Aida sembrò schiaffeggiare l'aria con un gesto sprezzante della mano e lo mise a tacere; Hyuuga, dal canto suo, sorrise compiaciuto riguardo al fatto che anche a Kiyoshi fosse toccato un nome poco gradito.
«Kuroko-kun, tu sei un elfo e la tua classe è il mago. Il tuo nome è Houdini
Kuroko afferrò il foglio senza dire nulla, mentre Kagami si portò una mano davanti alla bocca per soffocare una risata.
«Kagami-kun, tu sei un mezz'elfo e come classe ho scelto quella del paladino, per questo il nome del tuo PG sarà Superman
«Cosa?!» Kagami si sentì sprofondare nell'imbarazzo e le strappò la scheda di mano, cercando di non badare al calore che, sulle sue guance, si faceva più ardente via via che le risate degli altri quattro si alzavano di tono.
«Infine, Izuki-kun, tu sarai uno gnomo e un mago come Kuroko. Il tuo nome è Copperfield.»
«Abito in un campo di rame?» Izuki la guardò con occhi sognanti e Aida riuscì a comprendere il senso di quella domanda soltanto dopo qualche istante di esitazione, tuttavia preferì ignorarlo e afferrò un foglio rigido dietro al quale conservava tutti i suoi appunti.
«Io sarò il vostro Dungeon Master, per cui narrerò parte della storia. Ognuno di voi, nel corso dell'avventura, compierà delle azioni e la loro riuscita o il loro fallimento saranno decisi da questi.» Riko si inclinò un poco, infilò la mano nella tasca dei pantaloni ed estrasse sette dadi con un numero di facce differenti, sistemandoli davanti a sé in un mucchietto disordinato, poi passò in rassegna i presenti e sorrise.
«Possiamo cominciare!»


«Avanzate fra le alte spighe di un campo di grano, siete infreddoliti e affamati e a giudicare dal manto di cupe nubi che ricopre il cielo sta per piovere.
Alla vostra sinistra, ai margini del campo di grano, c'è un sentiero sterrato al cui centro si trova un venditore ambulante, invece verso nord si trova un fitto bosco.
»
«Mi sento svenire.» Kuroko sfiatò a voce bassa.
«Ho fame.» Kagami decise di unirsi al coro di lamentele e sbottò con voce roca.

«Houdini, Superman, siate seri e prendete una decisione.»
«Sguaino la mia katana e falciando con furia le spighe di grano mi dirigo verso il bosco, in cerca di cibo e riparo!» Hyuuga si profuse a voce alta, gesticolando e sventolando in alto la katana.
«Ma... Hyuuga, perché vai nel bosco? C'è un venditore ambulante sul sentiero!» Teppei gli diede una gomitata e Hyuuga lo respinse con un rantolio nervoso.
«Zitto, chierico! Fatti gli affari tuoi!»
«Chierico?»
«Hai ragione, scusami, signor “Cuore d'Acciaio”.»
«Non chiamarmi così.» Kiyoshi sfiatò sommessamente.
«È il tuo nome.»
E non appena Junpei controbatté, Teppei schiuse le labbra per dire qualcosa, ma la voce di Aida li interruppe all'improvviso.

«Cuore d'Acciaio.»
Teppei serrò le labbra in un brontolio rassegnato non appena Riko stessa si rivolse a lui in quel modo.
«Non puoi interferire con le decisioni di Mr. Sakura.»
«Allora...» Teppei esitò, massaggiandosi il mento con le dita «attraverso il campo di grano e raggiungo il venditore ambulante.»
«Perché un campo di grano e non uno di rame?» Izuki protestò, smuovendo la terra con la punta dello stivale.

«Copperfield, fa qualcosa di utile al posto di blaterare!»
«Eseguo un incantesimo per dissipare le nuvole e far tornare il sole!»
«Emh... d'accordo.»
«Io seguo Kiyo̵‒ Cuore d'Acciaio! Non ci vedo più dalla fame!» Kagami si fece coraggio e parlò.
«Fermi tutti, ragazzi!» Izuki alzò la voce all'improvviso e gli altri quattro lo guardarono in silenzio, i piedi piantati a terra, i muscoli delle gambe tesi e il fiato trattenuto: aveva visto qualcosa? Un drago, forse?
«Penso che Kagami abbia delle fette di prosciutto sugli occhi!»

«Izuki!»
«Ho cambiato idea.» Hyuuga sollevò nuovamente la katana «taglio la testa a Copperfield!»
«Non hai il permesso di cambiare idea, Mr. Sakura. E, soprattutto, non hai il permesso di uccidere un tuo compagno.»
«Compio un incantesimo per far tacere Copperfield.» la voce atona di Kuroko, di cui gli altri quattro parevano aver completamente scordato la presenza, li fece in un primo momento sussultare, e poi esultare per l'idea geniale.
«Permesso accordato. Lancio il dado per comunicarvi l'esito delle vostre azioni.» dopo un istante di pausa, la voce di Riko rimbombò nuovamente nelle loro orecchie «le spighe di grano non riescono a respingere la lama affilata di Mr. Sakura, che si dirige a passo rapido verso il bosco.»
Hyuuga sussultò di gioia, ma gli ci volle solo qualche istante per comprendere che aveva cantato vittoria troppo presto.
«Ma Mr. Sakura si imbatte all'improvviso in un grosso serpente velenoso che spalanca le sue fauci e soffia rabbiosamente contro di lui.
Cuore d'Acciaio, invece, si dirige a passo rapido verso il sentiero sterrato, ma inciampa rovinosamente!
»
«Eh?» Kiyoshi si voltò stupefatto verso i propri compagni, per poi cadere rovinosamente fra le spighe di grano.
«Copperfield è ancora un mago mediocre, per cui fallisce l'incantesimo, mentre Superman non trova ostacoli sul proprio cammino e riesce a raggiungere il venditore ambulante.
Houdini riesce nel proprio incantesimo e cuce la bocca a Copperfield!
»
«Cosa?!»
«Zitto, Copperfield: hai la bocca cucita, niente più giochi di parole per te! Procediamo.»
«Aiuto Kiyoshi-senpai a rialzarsi.»
«Oh, grazie, Kuroko.»
«Ohi!» Hyuuga li incenerì con lo sguardo «chi sono “Kiyoshi-senpai” e “Kuroko”? Non li conosco!»
Tuttavia, quel che doveva essere un rimprovero si spense non appena il sibilo del serpente che gli stava di fronte si fece più forte, quindi Hyuuga strinse i denti e, con l'adrenalina che scorreva tumultuosa nel sangue e con i muscoli delle braccia tesi e tremanti, retrocesse di un paio di passi, imponendo la katana fra lui e il mostro.
«Colpisco il mostro alla gola! Affondo la mia spada con forza e velocità!»
«Io chiedo al viandante se ha un hamburger.» mentre Junpei dichiarava a voce alta la sua rabbia nei confronti del mostro, cercando di risultare il più intimidatorio possibile, Taiga parlò con tono piatto e vagamente disinteressato, osservando da lontano i proprio compagni – il suo nome era ridicolo, certo, ma non quanto Kuroko che cercava di aiutare Kiyoshi a rialzarsi, Izuki con la bocca cucita e Hyuuga che, ringhiando, destreggiava una katana di fronte ad un serpente gigantesco –.

«Houdini tende la mano a Cuore d'Acciaio, che si risolleva da terra, mentre Mr. Sakura ferisce il serpente ma, a sua volta, viene colpito!»
«Ragazzi, aiutatemi!» Hyuuga cadde fra le spighe e si premette lo stomaco con le mani, lì dove la coda del serpente, sinuosa come un filo d'erba e dura come pietra, lo aveva colpito con forza.
«Nel frattempo Superman riesce a parlare con il venditore ambulante.» all'improvviso Aida si sforzò di assumere una voce bassa e tremante, facendo battere il labbro superiore contro quello inferiore, come ad imitare un omino anziano «che cos'è un hamburger, figliolo?»
«Che cosa?!» Kagami guardò il vecchietto con aria trafelata, come se avesse appena bestemmiato «mi prendi in giro?! Come fai a non conoscere gli hamburger?!»
«Io, figliolo, so solo che oggi è il dodici ottobre millesettecentotredici.» Riko sottolineò l'anno con voce grave.
«Eh?» Taiga guardò esterrefatto il vecchietto, per poi portarsi le mani alla bocca, come inorridito «mi... mi stai dicendo che gli hamburger non esistono?»
L'asso del Seirin si inginocchiò di fronte al piccolo carretto, le braccia tese verso l'alto, le dita intirizzite dall'aria fredda, le labbra contratte dal dolore «allora... un cheeseburger? Sì, il cheeseburger lo conosci, vero?»

«Che cos'è un cheeseburger? Caro figliolo, ti ho detto che siamo nel millesettecentotredici.» la voce dell'anziano risuonò improvvisamente davvero molto simile a quella di Riko che, sul punto di perdere la pazienza, cominciava a riscontrare qualche difficoltà nell'imitare la tipica voce di un uomo pieno di rughe e privo di denti.
Kagami si soffermò per qualche istante sul vecchio cilindro di raso grigio dal quale fuoriuscivano ciuffi di capelli crespi e brizzolati, infine, seppur con un po' di esitazione, cercò in quell'ammasso di pelle rugosa ed olivastra il bagliore degli occhi, che scoprì essere di un azzurro così vitreo da rassomigliare al grigio plumbeo del cielo.
«Insomma...» borbottò, sfregandosi la radice del naso con l'indice e il pollice della mano sinistra «c'è qualcosa da mangiare? Oppure...»

«Scoiattoli!»
Kagami sbarrò gli occhi e si sentì scuotere da un brivido.
«Scoiattoli?» fece eco con voce tremante, grattandosi la tempia con un movimento ripetuto delle dita: gli occhi spenti del vecchio venditore ambulante lo rendevano nervoso, e il fatto che in quel pentolone fumante vi fossero scoiattoli stufati lo nauseava profondamente.

«Allora, figliolo? Lo vuoi o no, questo scoiattolo?»
Kagami cercò di ignorare il brontolio prepotente del proprio stomaco e negò con un rapido cenno del capo.
«Chiederò informazioni.» concluse con una certa risolutezza.

«Aspetta il tuo turno, Superman! Adesso dobbiamo tornare a Mr. Sakura.» Riko si schiarì la voce e riprese a parlare «allora, Mr. Sakura, come farai a sconfiggere il grande serpente che ti sbarra la strada?»
«Effettuo un kaishaku!» Hyuuga balzò in piedi, vacillando tra le spighe di grano con aria trafelata ed il fiato pesante.
«Hyuuga-kun, questo non c'è nel manuale.»
«Io lancio un incantesimo per evocare un asteroide che schiacci il serpente gigante.»
«Kuroko-kun, ma che cosa stai dicendo?»
«Io prego per la salvezza dei miei compagni.»
«Cosa? Teppei, perché preghi?!»
«Non sono un chierico?»
Riko diede una rapida occhiata alla pila di manuali e sospirò rassegnata: dopotutto che cosa poteva aspettarsi da un gruppo di principianti indisciplinati?
Quando la ragazza rivolse la propria attenzione a Izuki, questo si strinse nelle spalle come a volerle ricordare che il suo personaggio aveva la bocca cucita e che quindi non avrebbe potuto fare nulla fino alla fine del gioco, invece Hyuuga sembrava aspettare con impazienza il verdetto e Kiyoshi e Kuroko parevano così concentrati che per un istante pensò stessero davvero pregando o lanciando un incantesimo.
«E va bene.» non voleva certo impedire loro di divertirsi, quindi decise di ignorare i manuali e afferrò il dado a venti facce, rigirandoselo fra le dita con aria pensierosa e riprendendo a parlare soltanto dopo averlo lanciato.
«Il serpente gigante attacca una seconda volta, ma Mr. Sakura è un guerriero impavido e riesce a respingerlo con la sua fedele e lucente katana!»
«Beccati questa, lucertolone strisciante!» Hyuuga ringhiò a denti stretti, con le labbra arricciate in un sorrisetto sornione.
«Ma il mostro spalanca le fauci e si getta su di lui all'improvviso!»
Hyuuga si fece serio e si preparò a respingere il colpo.
«D'un tratto, però, il cielo si squarcia e si tinge di... del color del sangue!» il Dungeon Master aveva il compito di preparare una “trama a ventaglio”, ovvero una storia che si diramasse in modi diversi a seconda del possibile sviluppo degli eventi, ma di certo Aida non aveva considerato il fatto che Izuki si sarebbe ritrovato muto, Hyuuga avrebbe richiamato in suo aiuto la tecnica di decapitazione che si eseguiva durante il seppuku, Kuroko avrebbe cominciato ad “evocare asteroidi” e Kiyoshi si sarebbe messo a pregare per la salvezza dei compagni – e intanto Kagami si trovava ancora di fronte al vecchio venditore ambulante per chiedere indicazioni come un turista qualunque –.
«Un asteroide di grandi dimensioni si dirige verso di voi e punta dritto al serpente, ma rischiate di rimanere tutti coinvolti nella collisione! Nel frattempo Cuore d'Acciaio comincia a pronunciare un rito in una strana lingua antica per assicurarvi protezione e Superman chiede indicazioni al vecchio venditore ambulante.» la voce di Aida tornò tremolante e incerta «allora, figliolo, che cosa vorresti chiedermi?» «Cerchiamo un riparo, mi sapresti dire se ne esiste uno nelle vicinanze?»
«Mhn, fammi pensare... ah sì! Poco più avanti, nel bosco, dovreste trovare una grotta.»
«Una grotta?» Kagami increspò le labbra in un piccolo ghigno soddisfatto e si voltò verso il campo di grano «ragazzi, più avanti, nel bos–»
Kagami si irrigidì, e nel vedere che un asteroide gigante si stava per abbattere sui suoi compagni non riuscì più a parlare .

«Niente è quello che sembra.» Riko non trovava giusto che si divertissero soltanto loro, quindi decise di intervenire e di mettere un po' di pepe nella storia.
Kagami si irrigidì non appena sentì la voce della sua coach rimbombare nelle orecchie: che cosa significavano quelle parole?
«Il venditore ambulante estrae una mazza, colpisce in testa Superman, che cade svenuto, e lo priva della sua spada, fuggendo via a gambe levate!»
«Cosa?!» Kagami strepitò rabbiosamente.
«Avanti, Kagami-kun, io sono il Dungeon Master, non puoi opporti al mio volere!»
«È stata posseduta dal desiderio di onnipotenza.» Hyuuga sfiatò sommessamente e soffermò la propria attenzione su Kagami, riverso a terra a pochi metri dal carretto, poi seguì con lo sguardo la corsa ansante del vecchio venditore verso il bosco.
«Dobbiamo liberare il Dungeon Master dai suoi peccati!» Kiyoshi frugò nelle tasche della toga e ne estrasse un rosario, che sollevò verso il cielo rossastro con occhi commossi.

«Uh? Ma cosa state dicendo?»
«È lei il boss finale!» Hyuuga strepitò.
«Questa situazione sta prendendo una brutta piega...» Kiyoshi, dal canto suo, sussurrò a denti stretti.
«Allora...» Izuki non riuscì a resistere e, trattenendo il respiro, sollevò il capo per sfidare Aida con la sola forza dello sguardo «stiriamola!»
«Izuki!»
«Più tardi mi rifarò la bocca con un filo d'acqua, ma ora combattiamo!» quando Izuki non udì lo strepito di Hyuuga, che pareva essere sempre pronto a rimproverarlo, si voltò verso di loro con aria delusa «ma come? Non l'avete capita? Prima avevo la bocca cucita con ago e filo, e adesso che si è scucita me la rifarò con un–»
«Adesso basta, o il kaishaku lo eseguo davvero su di te!»
«Ma dai, Hyuuga, questa era carina!» Teppei accennò una risata che Izuki accolse con un sorriso a trentadue denti.
«Non mettertici anche tu, Cuore d'Acciaio!»
«Smettila di chiamarmi così, ho detto.»
«Ragazzi?» Kuroko parlò con un filo di voce, ma fu sufficiente per attirare l'attenzione degli altri tre, che smisero immediatamente di discutere «visto che Kagami-kun è svenuto, ho deciso che lo risveglierò con un bacio.»
«Eh?!» Hyuuga sobbalzò, mentre Kiyoshi e Izuki assunsero un'espressione stupita.
«Cosa?! K-Kuroko, non pensarci nemmeno!» Kagami, dal canto suo, sbottò con il viso paonazzo
e Aida si lasciò scappare un risolino soddisfatto.
«Kagami-kun, tu sei svenuto.» gli fece notare Riko «e poi non puoi interferire con le decisioni dei compagni.»
«No, aspetta!»
«Permesso accordato, Houdini.»
«Grazie.»
«Ah? Kuroko! Vuoi un pugno?! Fermo lì, g-guarda che... Kuroko, no! Non–!»

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Capitolo 2
*** Kaijou; Il cane della discordia ***


Autore: Neu Preussen
Titolo: A False Replace that Pretends to Be Original
Personaggi: nella raccolta sono presenti Kuroko Tetsuya; Kagami Taiga; Kiyoshi Teppei; Hyuuga Junpei; Izuki Shun; Aida Riko; Kise Ryouta; Kasamatsu Yukio; Moriyama Yoshitaka; Hayakawa Mitsuhiro; Kobori Kouji; Midorima Shintarou; Takao Kazunari; Miyaji Kiyoshi; Outsubo Taisuke; Kimura Shinsuke; Aomine Daiki; Momoi Satsuki; Imayoshi Shouichi; Wakamatsu Kousuke; Sakurai Ryou; Murasakibara Atsushi; Himuro Tatsuya; Okamura Kenichi; Fukui Kensuke; Liu Wei; Akashi Seijuurou; Mayuzumi Chihiro; Mibuchi Reo; Nebuya Eikichi; Hayama Kotarou e, per una minuscola particina, Hanamiya Makoto.
Nella one shot che segue, sono presenti Kise Ryouta; Kasamatsu Yukio; Moriyama Yoshitaka; Hayakawa Mitsuhiro e Kobori Kouji.
Pair: nella raccolta sono presenti minuscoli accenni KagaKuro, ImaMomo, ImaHana, AoMomo e MayuAka.
In questa one shot non è inserito alcun accenno particolare.
Bonus utilizzati: Mayuzumi Chihiro; Hanamiya Makoto e... non so se l'ImaMomo si possa considerare un Crack!Pair ;3;
Tipologia: rari e minuscoli accenni yaoi ed het
Generi: commedia
Avvertimenti: raccolta di one shot
Note: //
Nda: Fra le shot questa è la prima che ho scritto, per cui l'ho riletta un sacco di volte e ho notato che c'era sempre qualcosa da cambiare... quindi, nh, pur essendo una di quelle che mi piace di più, temo che ci possa essere qualche frase di troppo o qualche errore sfuggito ai miei occhi! Intanto volevo scusarmi per i balbettii di Hayakawa e rassicurare tutti i lettori: durante la stesura della one shot nessun Kise è stato maltratt- no, non è vero.
Il cane incriminato è un "Wolfspitz" e non è mai stato specificato se Hayakawa ha un cane o meno, l'ho inserito per esigenza. Nel Kuro Fes! viene dichiarato che Hayakawa ha un fratello maggiore, ma io ho deciso di assegnargli una sorella per... beh, ovviamente è di nuovo una questione di esigenza, altrimenti non mi sarei potuta prendere gioco di Moriyama!
La "Torre marittima" si trova a Yokohama, nella prefettura di Kanagawa, dove è situato il Liceo Kaijou.




Il cane della discordia





«Si può sapere perché ci impiega così tanto?» Kasamatsu strinse i denti e sfiatò sommessamente, rivolgendo una rapida occhiata ai propri compagni e soffermandosi, in particolare, su Moriyama «ti ha risposto?»
Moriyama negò con un rapido cenno del capo, senza scostare i propri occhi dallo schermo luminoso del cellulare.
«È molto strano: che io ricordi, Hayakawa non è mai arrivato in ritardo.» Kobori rivolse un'occhiata repentina alla sobria facciata frontale del Liceo Kaijou e tese l'orecchio al silenzio che ammantava l'edificio: grazie alle continue richieste del coach, la preside aveva concesso loro la possibilità di utilizzare la palestra ogni sera – dalle diciotto fino alle venti –, finché lo avrebbero ritenuto opportuno.
Kasamatsu estrasse il cellulare dalla tasca e diede un'occhiata allo screensaver, dondolando sul posto e sbuffando sonoramente non appena si rese conto che stavano aspettando Hayakawa già da un quarto d'ora.
«E se iniziassimo a scaldarci senza di lui?» propose Kise – evidentemente anche lui cominciava ad annoiarsi ed era impaziente di riprendere gli allenamenti interrotti nel primo pomeriggio –.
Kobori restò in silenzio e annuì appena; Kasamatsu, dal canto suo, diede le spalle al gruppo e mosse i primi passi verso l'edificio, acconsentendo silenziosamente alla proposta di Kise.
«Ehi, aspettate!» la voce di Moriyama attirò l'attenzione degli altri tre, che si soffermarono su una figura lontana e ancora confusa che stava percorrendo la lunghezza del marciapiede in tutta fretta.
Kasamatsu si augurò mentalmente che si trattasse di Hayakawa e si avvicinò al ciglio della strada, cercando di mettere a fuoco la sagoma ombrosa che, essendo in continuo movimento, presentava contorni sfumati e poco definiti.
«Hayakawa-senpai!» nonostante lo sforzo a cui Kasamatsu sottopose i propri occhi, il primo a riconoscere l'identità della figura misteriosa fu Kise, ora al fianco del capitano e con il viso leggermente proteso in avanti, come a volerlo avvicinare il più possibile alla sagoma che si muoveva concitatamente e che, di secondo in secondo, era sempre più vicina a loro.
«Raa-ragazzi! Do... dovetee aiu-ta-aiutarmi!» Hayakawa esordì in un balbettio confuso che fece storcere il naso a tutti i presenti.
«Si può sapere cosa ti è successo?» chiese preoccupato Moriyama, avvicinandosi al gruppo una volta che ebbe sistemato il cellulare nella tasca della giacca.
«Sì, si può sapere come mai sei in ritardo?» Kasamatsu fece eco, rivolgendogli un'occhiataccia indispettita.
Hayakawa spalancò la bocca per riprendere fiato, si chinò in avanti – riducendo la propria schiena ad un arco tremante a causa degli ansiti –, e indicò la strada con un rapido cenno della mano.
«L'ho pe-perso! Ho perrrs-il... il-!»
A giudicare da tutta quella concitazione, gli altri capirono immediatamente che doveva essere successo qualcosa di grave.
«Hayakawa, respira.» Kasamatsu cercò il suo sguardo nel tentativo di tranquillizzarlo, ma l'altro continuò a balbettare, a strepitare e ad indicare la strada.
«L-l'ho pe... per-so!» Mitsuhiro aveva le lacrime agli occhi, era disperato, sul punto si strapparsi i capelli.
«Perso?» Kise mormorò, cercando di ricostruire ciò che avevo detto Hayakawa con i frammenti di discorso che era riuscito a distinguere e con una buona dose di intuizione «che cosa hai perso, Hayakawa-senpai?»
«Iii– cane!»
«Il cane?» Kobori ripeté alla ricerca di una conferma, e quando Hayakawa annuì, anche Kise e Moriyama pronunciarono quella parola con notevole entusiasmo, come se avessero appena scoperto la soluzione ad un problema dato per irrisolvibile.
«Di che razza è?» Kise non aveva idea che Hayakawa avesse un cane, per cui cercò di ottenere più informazioni possibili riguardo all'animale.
Hayakawa strinse i denti e chiuse gli occhi: doveva calmarsi, altrimenti non avrebbe potuto fornire alcuna informazione precisa ai compagni e forse non sarebbero mai riusciti a ritrovare il suo cane.
«Wo- Woru... Wol—» ma pensare all'eventualità di averlo perso per sempre lo spaventava a morte, per cui non era riuscito a ritrovare neppure un briciolo di calma «pit! Pizz!»
«Cosa sta dicendo?» Moriyama spalancò gli occhi e tese appena il viso, forse per avvicinare le proprie orecchie alla bocca di Hayakawa, nella speranza di decifrare quel balbettio confuso e assordante.
«Wolpit? Wolpizz? Che cane è?» Kobori aggrottò la fronte confuso e Kasamatsu sbuffò spazientito.
«Il colore!» Kise, invece, ripiegò su una soluzione alternativa e che, senza dubbio, richiedeva una risposta più semplice «qual è il suo colore?»
«Iigio!»
«Eh?» Kise sbatté le palpebre confuso.
«-Gio!» Hayakawa strinse i denti: meno lo capivano, più lui perdeva la pazienza, e più lui perdeva la pazienza, più il balbettio diveniva confuso, impedendo agli altri di comprendere ciò che stava dicendo – era un circolo vizioso che non aveva via di uscita –.
«Grigio?» Kasamatsu azzardò e trasse un sospiro di sollievo non appena vide Hayakawa annuire energicamente.
«De-devo riitrovva-varlo! A-altrimenti-ti mi... mia sorella–»
«Hai detto sorella?» Moriyama spalancò i propri occhi e gli afferrò il braccio «andiamo!»
«Cosa?! Moriyama, dobbiamo allenarci!» Kasamatsu strepitò spazientito e Moriyama gli rivolse un'occhiata estremamente stupita, lo osservò con espressione quasi indignata, come se avesse appena bestemmiato.
«Kasamatsu, non pensi alla sorella di Hayakawa? Dobbiamo trovare il cane e portarglielo, altrimenti soffrirà!»
«Sei sempre il solito, Moriyama-senpai.» Kise forzò un sorriso e si allontanò di un paio di passi da Kasamatsu, ormai sul punto di scoppiare ad urlare in preda ad un eccesso d'ira.
«Avanti, andiamo!» Moriyama strattonò Hayakawa, che prima di seguirlo si rivolse agli altri tre e balbettò qualcosa di confuso che, tuttavia, sia Kasamatsu che Kobori capirono essere una richiesta di aiuto.
«Vado con loro.» Kobori prese una grande boccata d'aria e si soffermò solo per un istante sulle figure di Moriyama e Hayakawa, in procinto di allontanarsi a grandi passi.
Kasamatsu non riuscì neppure a fermarlo, tanto era arrabbiato: non potevano perdere due preziose ore di allenamento per uno stupido cane.
Quando anche Kobori si fu allontanato, Kise si rivolse al capitano.
«Kasamatsu-senpai, possiamo allenarci da soli, no?» Ryouta avrebbe preferito aiutare gli altri tre nella ricerca di quel cane dalla razza sconosciuta, ma non aveva voluto abbandonare Kasamatsu e aveva deciso di restare.
Yukio sbuffò e gli sferrò un pugno – decisamente indelicato – in piena fronte.
«Quello stupido cane!»
«A-ahia!» Kise si massaggiò la fronte e si lagnò «ma perché te la prendi con me?!»
«Avanti, andiamo ad aiutare quegli idioti: prima poniamo fine a questa storia, meglio è.»


Nonostante si fossero incamminati pochi istanti dopo Kobori, Moriyama e Hayakawa, Kise e Kasamatsu avevano perso le loro tracce con estrema facilità e avevano indugiato a lungo su quale fosse la strada giusta da prendere.
Kise aveva smesso di sproloquiare da almeno cinque minuti e sembrava essere completamente assorto nella ricerca del cane di Hayakawa, mentre Kasamatsu inceneriva con lo sguardo qualsiasi cosa transitasse all'interno del suo campo visivo – una foglia secca spazzata via dal vento, un ragazzo in bici, un pezzo di carta stropicciato –.
Kise credeva davvero che fosse possibile ritrovare un cane di cui non sapevano nulla? Non conoscevano né il suo nome né la sua razza – perché anche se non si poteva definire un cinofilo esperto, Kasamatsu era quasi certo che il Wolpizz non esistesse –, di conseguenza ne ignoravano anche la dimensione, la lunghezza del pelo, la forma delle orecchie e tantissimi altri aspetti che avrebbero potuto renderlo rintracciabile e riconoscibile. Sapevano soltanto che era grigio, il che, almeno secondo il suo modesto parere, non era neppure lontanamente sufficiente.
In quel momento avrebbe voluto prenderli tutti e quattro a calci nel sedere: stavano perdendo due ore di allenamento per un cane che forse non sarebbero mai riusciti a trovare.
Yukio sfiatò sommessamente e rivolse un'occhiataccia all'ombra che si era appena riversata sui suoi piedi e su parte dell'asfalto, oscurando la luce fredda del sole autunnale.
All'improvviso si irrigidì e si soffermò con più attenzione sull'ombra, seguì i bordi della sagoma vagamente deforme e poi si voltò rapidamente, richiamando Kise a sé.
«Umh?» Kise indugiò solo per un istante e si assicurò che non vi fosse nulla di particolare lungo la strada che correva davanti a loro, quindi si voltò e sussultò sorpreso non appena vide un cane piuttosto grande e dal pelo molto folto fermo ad una decina di passi da Kasamatsu.
«È... è il cane di Hayakawa-senpai?!» Ryouta si rese finalmente conto, come aveva già fatto Yukio, che oltre al colore del pelo, non sapevano assolutamente nulla sul cane smarrito.
«Forse.» Kasamatsu si avvicinò con passo calmo e si soffermò sul collare nero appena visibile a causa del pelo troppo lungo e folto, quindi cercò una targhetta – Hayakawa non aveva detto se gli era scappato per errore, magari quando aveva aperto la porta per uscire di casa, oppure se era successo quando lo aveva portato fuori a passeggio, quindi, per quanto ne sapeva, quel cane poteva appartenere a chiunque e il padrone poteva essere proprio dietro l'angolo –.
Il cane trotterellò sul posto non appena lo vide avvicinarsi e scodinzolò appena, poi lo scartò con un movimento veloce.
«Kise, non fartelo sfuggire!» Yukio era ormai deciso ad acciuffare quel cane, anche a costo di fare una figuraccia nel caso non fosse stato quello di Hayakawa.
«Eh?!» ma Ryouta aveva sottovalutato la situazione, perché la faccia simpatica del cane e il suo pelo morbido, che lo facevano somigliare ad un grosso ammasso di zucchero filato grigio, lo avevano distratto, quindi assunse una posizione completamente errata e l'animale lo travolse, facendolo cadere rovinosamente a terra.
«A-ahi...» mugugnò sommessamente, massaggiandosi la schiena.
«Sei un idiota!» Kasamatsu, invece, gli transitò accanto di corsa e si lanciò all'inseguimento del cane.
«Ka-Kasamatsu-senpai, aspetta!» Kise, dal canto suo, lo seguì con lo sguardo e tese il braccio verso l'alto, guidato dall'ingenua e infantile speranza di poter afferrare quello di Kasamatsu in modo da arrestare la sua corsa scalmanata e da costringerlo ad aspettare che si rialzasse da terra e che il suo fondo schiena si riprendesse dall'urto subito.


«Eh? Kise, va tutto bene?»
Quando le sue orecchie vennero sfiorate da una delicata voce maschile, Kise aveva ancora lo sguardo fisso sulla strada ormai vuota e osservava in silenzio quella lunga striscia di asfalto scuro che si fondeva con l'orizzonte fumoso e azzurrognolo.
«Moriyama-senpai!» voltatosi in direzione di quella voce fin troppo famigliare, si sorprese nel trovare la mano dell'altro spalancata davanti ai suoi occhi.
«Kasamatsu non era con te?»
Kise afferrò la mano di Moriyama e rispose soltanto dopo essersi sollevato da terra.
«Eravamo insieme fino a poco fa. Abbiamo trovato un cane, ma è scappato e Kasamatsu-senpai l'ha inseguito.» Kise si voltò per un istante e indicò la strada «sono andati in quella direzione.»
Ryouta vide l'altro annuire energicamente e riprese a parlare dopo qualche istante di esitazione.
«Tu, Moriyama-senpai, non eri con gli altri?»
«Sì, ma abbiamo deciso di dividerci per accelerare le ricerche.» Yoshitaka rispose con voce ferma «comunque sia, se il cane si trova nei paraggi è meglio restare uniti e, a questo proposito, ho un'idea su come attirarlo qui!»
«Eh?» Kise sbatté le palpebre un paio di volte, rivolgendogli un'occhiata stupita alla quale Moriyama rispose con un sorrisetto spavaldo.
«Aspettami qui!»


«Ma insomma, Moriyama-senpai, perché ci hai messo così tanto?!» Ryouta si lagnò sonoramente, ma non appena il più grande gli porse un sacchetto della spesa si zittì e, vittima della curiosità, afferrò i manici di plastica e protese il viso per sbirciare al suo interno.
«Perdonami, ma la cassiera era così carina!»
Kise schioccò la lingua contro il palato per esprimere il proprio disappunto.
«Moriyama-senpai, sei sempre il solito.» lo guardò di sbieco e protese appena le labbra, ma l'aria racchiusa nella bocca e che Ryouta si stava preparando a buttare fuori con uno sbuffo sembrò tornare indietro, scivolare sulla lingua, annidarsi in fondo alla gola e lì placarsi all'improvviso, questo perché aveva appena realizzato che ciò che aveva scorto all'interno del sacchetto non erano altro che due scatole di biscotti per cani.
Quando Kise gli rivolse un'occhiata interrogativa, Moriyama sorrise vagamente divertito e infilò una mano nel sacchetto, ancora sorretto dalle mani del biondo.
«Io e te spargeremo il quartiere di biscotti per cani!» Yoshitaka avvolse le spalle di Ryouta con il braccio e sollevò la scatola di cartone fin sopra le loro teste: aveva le labbra serrate con forza, gli occhi pieni di speranza e teneva l'altro legato a sé con una stretta fraterna e solidale. Era come un giovane impavido che, sguainata la spada, si preparava alla rivoluzione e ne caldeggiava spudoratamente la necessità, nella speranza di trascinare in guerra con sé anche i compagni più insicuri e deboli.
«È una magnifica idea!» non che ci fosse bisogno di tutta quella drammaticità, visto che Kise si pronunciò a favore immediatamente e con voce entusiasta.
L'asso del Kaijou si liberò dalla stretta del compagno ed estrasse la seconda scatola di biscotti per cani dal sacchetto, infine afferrò la minuscola leva di cartone e la strattonò, in modo da aprire il contenitore senza danneggiarlo.
«Cattureremo quel cane, costi quel che costi!» anche Moriyama, che sembrava intenzionato a tenere alto il morale della squadra – o meglio: del duo –, si affrettò ad aprire la scatola, per poi sfoderare un grande sorriso «quando lo troveremo, lo porterò alla sorella di Hayakawa, così per ringraziarmi mi concederà un appuntamento e... chissà? Forse un giorno mi sposerà!»
Bastava il pensiero di una donna perché Moriyama divenisse incredibilmente egoista e cominciasse a fantasticare in prima persona singolare piuttosto che plurale, – annullando, di fatto, il senso di appartenenza al duo –, tuttavia Kise non gli badò e, in completa balia dell'euforia del momento, afferrò una manciata di biscotti per cani e li gettò davanti a sé, sempre più lontani dai suoi piedi.
Quando Moriyama notò che Kise si era già messo all'opera, sembrò ritrovare la calma e la serietà di cui il pensiero di un meraviglioso corpo femminile lo aveva privato e cominciò a tappezzare il marciapiede di piccoli biscotti a forma di osso e dal colore piuttosto anemico.
Quello di Moriyama e Kise fu un lavorio costante e attento che si concluse dopo circa un quarto d'ora, quando entrambi, inserendo per l'ennesima volta la mano nella propria scatola, realizzarono di essere ormai a corto di esche.
«Vedrai che non dovremo aspettare molto! È una questione di minuti: il cane di Hayakawa verrà qui, me lo sento!» Moriyama sembrava così sicuro di sé che Kise non poté fare a meno di lasciarsi convincere e si ritrovò ad annuire energicamente, con i muscoli delle gambe tesi e i piedi ben piantati a terra, la schiena leggermente inarcata e le dita delle mani divaricate, spalancate e ferme come quelle di un rapace: era pronto per acciuffare il cane, non se lo sarebbe lasciato scappare una seconda volta!
Proprio in quel momento, a qualche metro da Kise e all'angolo di un alto muro di pietra che circondava un cortile, apparve un'ombra che Moriyama segnalò all'altro con una piccola gomitata.
Kise si voltò e si soffermò sull'ombra per qualche istante, sbattendo le palpebre un paio di volte e restando a fissare l'asfalto sul quale tremava e danzava la sagoma cupa di colui che si trovava oltre l'alto muro di pietra.
Ryouta rivolse una rapida occhiata a Yoshitaka, quindi, in seguito ad un suo rapido cenno del capo, si approcciò al muro e si avvicinò sempre di più all'ombra: era incredibile che il piano dell'altro avesse funzionato così in fretta, non avrebbe mai pensato che qualcosa di così semplice potesse essere tanto efficacie.
«Ti ho preso, cagnaccio!» Kise balzò oltre il muro con lo stesso entusiasmo di un bambino che scopre il nascondiglio dell'amico, quindi tese le braccia e si gettò sul cane con così tanta forza che entrambi si ritrovarono a terra.
Una volta steso a terra, Kise si rese conto che qualcosa non andava, che quel cane non possedeva un pelo morbido come aveva immaginato, ma che ne era addirittura privo, e che, soprattutto, non ringhiava, ma brontolava.
«Kise!» lo strepito alterato di Kasamatsu gli forò i timpani, poi sopraggiunse un forte pugno sulla testa, che lo stordì completamente.
«S-senpai!» Ryouta riuscì a trovare ancora un po' di forza per scostarsi e sfuggire all'ira del capitano, che si risollevò da terra in fretta, sfregando i pantaloni della tuta con un movimento nevrotico delle mani, nel tentativo di ripulirli dalla polvere della strada.
«Sei davvero un idiota! Ti sembro forse un cane?!» ma il pugno non era abbastanza, e Yukio gli sferrò un calcio nel sedere, tanto che Ryouta si ritrovò inginocchiato a terra e con una guancia aderente all'asfalto, rantolando il proprio dolore attraverso mugolii sommessi e piagnucolii spezzati.
«Kasamatsu!»
Il capitano del Kaijou voltò immediatamente le spalle a Kise e rivolse la propria attenzione a colui che lo aveva appena chiamato.
«Moriyama, dove sono Kobori e Hayakawa?»
«Ci siamo divisi, ma a quanto pare non è servito a nulla, visto che nessuno dei due mi ha ancora contattato. Kise mi ha detto che avete incontrato il cane...»
Kasamatsu rispose con un brontolio gutturale e sfiatò nervosamente.
«Quel maledetto cane è veloce.»
«Seeen‒pai‒» la voce lagnosa e nasale di Kise interruppe la loro conversazione e sembrò far perdere a Kasamatsu quel poco di pazienza che ancora dimostrava di possedere.
«Taci, Kise!» il capitano del Kaijou ringhiò a denti stretti e continuò a dare le spalle a Ryouta, ancora riverso sull'asfalto come uno straccetto battuto dal vento e sgualcito dalla violenza di una grandinata copiosa.
«Seeenpai!» Ryouta accentuò quella lagna ormai insopportabile alle orecchie di Kasamatsu «il cane...»
Tuttavia, quando Yukio lo sentì pronunciare quell'ultima parola e notò l'immobilità di Moriyama, che teneva lo sguardo fisso oltre le sue spalle, trattenne il fiato e si voltò lentamente.
«A quanto pare ha funzionato...» sussurrò soddisfatto Moriyama; Kasamatsu, dal canto suo, annuì appena e restò immobile, rivolgendo un'occhiataccia rabbiosa a quella nuvola di pelo grigio che fino a poco prima lo aveva seminato con tanta facilità da metterlo in imbarazzo al solo pensiero.
«State fermi, lasciate che si avvicini.» nonostante l'idea di quella sconfitta bruciante, Kasamatsu mantenne la lucidità e dettò gli ordini con voce ferma e imperturbabile.
Possibile che dopo tutta quella fatica bastasse una manciata di biscotti per farlo avvicinare? La risposta era positiva e si delineò sotto lo sguardo rabbioso – e allo stesso tempo strabiliato – del capitano del Kaijou, che si piazzò alle spalle dell'animale non appena questo gli transitò accanto e si avvicinò a Moriyama.
«Ha il collare.» fu questo l'ultimo monito di Kasamatsu che, soffermandosi solo per un istante sullo sguardo deciso di Moriyama, si rilassò improvvisamente: si fidava dei suoi compagni, confidava nelle loro capacità ed era sicuro che sarebbero riusciti ad acciuffarlo.
Il cane dalla razza sconosciuta doveva nutrire una certa simpatia nei confronti di Moriyama – sicuramente molta di più rispetto a quella che aveva per Kasamatsu –, perché non appena la guardia tiratrice del Kaijou si chinò, questo scodinzolò, gli si avvicinò e non tentò neppure di scappare quando le dita del ragazzo scivolarono fra il collare sottile ed il pelo morbido.
«Chiama Hayakawa e Kobori.» le labbra di Moriyama si incresparono in un piccolo sorriso soddisfatto e Kasamatsu affondò la mano nella tasca destra della giacca.
«Umh?» Yukio aggrottò la fronte indispettito e continuò a frugare nella tasca destra della giacca, quindi, trovandola vuota, decise di controllare la sinistra. Quando trovò vuota anche l'altra si sentì gelare il sangue nelle vene: durante la corsa sfrenata per acciuffare il cane, doveva aver perso il cellulare.
«Kise!» si trattenne dallo sferrare un altro calcio al sedere del più giovane e cercò di mantenere la calma «renditi utile: chiama gli altri.»


Kobori si era unito al gruppo nel giro di un paio di minuti, mentre Hayakawa aveva chiesto loro di raggiungerlo alla Torre marittima, dove li attendeva in compagnia della sorella.
«Ah! Eccola! Deve essere lei!» Moriyama non stava più nella pelle e aveva continuato a tenere il collare del cane stretto fra le dita, accelerando il passo quando aveva scorto una figura femminile – con il viso rivolto alla Torre marittima – ferma accanto ad Hayakawa.
Yoshitaka non sapeva dire se fosse più grande o più piccola di loro, tuttavia gli bastò osservare i lunghi e vaporosi capelli castani, il vitino da vespa e le lunghe gambe ben delineate dalle collant scure per capire che doveva essere davvero una bella ragazza.
«Ecco qui il tuo cane!» da impavido giovanotto pronto alla guerra, Moriyama sembrava essersi tramutato improvvisamente nell'eroe vittorioso che, adempiuta la missione a lui assegnata, si prepara a ricevere la ricompensa dalla bellissima donzella.
Quando la ragazza si voltò, Kasamatsu, Kobori e Kise, che erano rimasti ad un paio di metri di distanza, si ritrovarono con il respiro smorzato e le gambe improvvisamente pesanti.
Moriyama, dal canto suo, sbarrò gli occhi e deglutì a fatica, le restituì il cane e fece immediatamente marcia indietro.
«Sì, è proprio una bella ragazza‒» la voce rotta e il continuo grattarsi il mento non lo resero neppure minimamente credibile agli occhi degli altri tre, che si scambiarono occhiate di intesa.
«Bella, eh?» Kise aggrottò appena la fronte e forzò un sorriso nervoso.
«Sì, è proprio bella.» Kobori annuì con un movimento ingessato della testa.
«Però è anche vero che...» Moriyama, dal canto suo, si schiarì appena la voce «ne ho viste di più belle.» dopotutto un esperto di donne come lui era preparato all'evenienza di scoprire un viso inaspettato, alterato da qualche imperfezione, un piccolo particolare che stonasse con i lunghi capelli castani e con il fisico perfetto, ma che la sorella di Hayakawa avesse le stesse sopracciglia di quest'ultimo non si poteva certo definire piccolo particolare.

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Capitolo 3
*** Shuutoku; La paura fa novanta ***


Autore: Neu Preussen
Titolo: A False Replace that Pretends to Be Original
Personaggi: nella raccolta sono presenti Kuroko Tetsuya; Kagami Taiga; Kiyoshi Teppei; Hyuuga Junpei; Izuki Shun; Aida Riko; Kise Ryouta; Kasamatsu Yukio; Moriyama Yoshitaka; Hayakawa Mitsuhiro; Kobori Kouji; Midorima Shintarou; Takao Kazunari; Miyaji Kiyoshi; Outsubo Taisuke; Kimura Shinsuke; Aomine Daiki; Momoi Satsuki; Imayoshi Shouichi; Wakamatsu Kousuke; Sakurai Ryou; Murasakibara Atsushi; Himuro Tatsuya; Okamura Kenichi; Fukui Kensuke; Liu Wei; Akashi Seijuurou; Mayuzumi Chihiro; Mibuchi Reo; Nebuya Eikichi; Hayama Kotarou e, per una minuscola particina, Hanamiya Makoto.
Nella one shot che segue, sono presenti Midorima Shintarou; Takao Kazunari; Miyaji Kiyoshi; Outsubo Taisuke e Kimura Shinsuke.
Pair: nella raccolta sono presenti minuscoli accenni KagaKuro, ImaMomo, ImaHana, AoMomo e MayuAka.
In questa one shot non è inserito alcun accenno particolare.
Bonus utilizzati: Mayuzumi Chihiro; Hanamiya Makoto e... non so se l'ImaMomo si possa considerare un Crack!Pair ;3;
Tipologia: rari e minuscoli accenni yaoi ed het
Generi: commedia
Avvertimenti: raccolta di one shot
Note: //
Nda: Questa l'ho scritta per penultima, ma visto che la Shuutoku è la mia squadra del cuore è una delle shot che mi ha dato meno problemi e che mi sono divertita di più a realizzare~
Come al solito invito a leggere la shot e poi a tornare all'nda!
Per chiunque abbia letto Hall of Fame, la shot è una sorta di dedica al pigiama party che, esattamente come nella suddetta fanfiction, Takao decideva di organizzare a casa di Midorima (contrariamente al volere di quest'ultimo), solo che qui ci sono tutti i membri della Shuutoku (insomma, mi sembrava una cosa carina, visto che in Hall of Fame, pochi capitoli dopo il pigiama party, Miyaji tira le quoia-).
Come viene detto nella stessa shot, il cibo preferito di Midorima è la zuppa di fagioli rossi, soprattutto quella in lattina (e io mi chiedo come faccia).
Per il resto, tutto parte dall'idea di rendere alcuni personaggi, soprattutto Miyaji, che poi contagia un pochino i suoi compagni, molto suscettibili (dopotutto accade spesso di ritrovarsi inquietati da certi rumori o certe immagini dopo la visione di un film horror!)
Il tanuki è la statua che Midorima si è portato appresso come item fortunato nella prima stagione, solamente che qui l'ho reso ovviamente più terrificante. Per il film non mi sono ispirata a niente di particolare (quindi, insomma, sappiate che non esiste la storia di questa bambola perfetta di nome Madeleine, ma è solo frutto malato della mia immaginazione).




La paura fa novanta





Midorima era infuriato, e non con una persona soltanto, ma con il mondo intero. Questa spiacevole sensazione di rabbia si risvegliava in lui ogni volta che Takao organizzava contro il suo volere – o, peggio ancora, a sua insaputa – strani incontri con i membri dello Shuutoku.
In verità non c'era proprio nulla di strano in quel che facevano, anzi era perfettamente normale che alcuni componenti di una squadra di basket decidessero di andare al fast food tutti insieme o, ancora, riunirsi a casa di uno per vedere un film, tuttavia Shintarou non poteva fare a meno di definire tali quegli incontri a cui Kazunari lo costringeva a partecipare, forse semplicemente perché non era abituato a trascorrere il suo tempo con persone estranee alla Generazione dei Miracoli, tanto meno se si parlava dei suoi senpai.
Quando sentì il cellulare vibrare contro la superficie liscia della scrivania, Midorima sbuffò nervosamente e si immobilizzò, quindi serrò gli occhi e schiuse le labbra, prendendo una grande boccata d'aria: doveva calmarsi, anche se quello era il cinquantesimo sms che Takao gli aveva inviato in poco meno di un'ora e anche se era perfettamente conscio del fatto che ne sarebbero sopraggiunti altri.
Non solo il playmaker dello Shuutoku aveva deciso di organizzare una serata a casa sua e lo aveva avvertito all'ultimo minuto, costringendolo, di fatto, a rendere presentabile l'ambiente in meno di un'ora, ma aveva anche la pretesa che nel pieno delle pulizie rispondesse ai suoi sms. Shintarou non riusciva davvero a spiegarsi quale entità superiore lo stesse frenando dal chiamare Kazunari e mandarlo a quel paese.
Trascorsi appena un paio di minuti dall'ultimo sms in entrata, il suono squillante e vigoroso del campanello scosse l'etere silenzioso della casa, e Midorima fu costretto a lasciare da parte la scopa e a dirigersi in tutta fretta all'ingresso.


«Shin-chan!» Takao arricciò le labbra e sorrise divertito, varcò la soglia saltellando e quindi adagiò due grossi pacchi della spesa sul pavimento «uuh! Sono esausto!»
Midorima chiuse la porta e si voltò verso di lui, inforcò gli occhiali senza battere ciglio e sfiatò appena.
«Cosa c'è lì dentro?»
Takao, dal canto suo, se ne rimase con le ginocchia leggermente piegate e le mani aderenti alle cosce, le labbra appena dischiuse, come se stesse riprendendo fiato dopo una lunga corsa.
«Tantissime cose, Shin-chan! A pensarci bene non conosco perfettamente i gusti dei senpai, quindi ho comprato patatine, pop corn, della cioccolata... ah! Ho comprato anche il gelato!» ma benché all'apparenza sembrasse esausto, strepitò vivacemente e trovò la forza di rivolgergli un altro sorriso.
«Takao, non voglio tutto questo cibo spazzatura in casa mia, non sono mica Murasakibara.» Midorima si sistemò gli occhiali una seconda volta, con un gesto concitato della mano.
«Ho comprato anche...» ma Takao sembrò non starlo neppure a sentire e cominciò a frugare in uno dei sacchetti «questi!»
Midorima si ritrovò sotto il naso una lattina contenente la zuppa di fagioli rossi, che Takao sapeva essere la sua preferita, ma quest'ultimo non ottenne l'effetto sperato e venne incenerito dallo sguardo dell'altro.
«Pensi che sia così facile corrompermi?»
Midorima avrebbe continuato a guardarlo in cagnesco e a rimproverarlo con frasi così rapide e vibranti da sembrare schiocchi di frusta, se il suono vigoroso e prolungato del campanello non avesse colmato una seconda volta l'etere della casa, oltretutto prendendolo alla sprovvista e facendolo sobbalzare – possibile che anche uno dei senpai fosse già arrivato? –
Quando si ricordò che aveva interrotto le pulizie a metà e aveva lasciato la scopa adagiata contro lo schienale del divano, Shintarou fu tentato di mordersi le dita per reprimere un grido di esasperazione.
«Perché siete tutti in anticipo?» tuttavia si limitò a borbottare a denti stretti e aprì lentamente la porta, cercando di capire, mano a mano che il sottile spiraglio iniziale si estendeva, chi vi fosse al di là.
«Ah, ci siete tutti e due.» Outsubo fu il primo a parlare, particolarmente soddisfatto di vedere che Takao era già arrivato; Kimura, dal canto suo, lì salutò con un rapido cenno della mano, mentre Miyaji varcò immediatamente la soglia e porse un ananas a Midorima – inutile dire che quest'ultimo era rimasto pietrificato non appena si era reso conto che erano già tutti presenti e che, quindi, avrebbe dovuto lasciare le pulizie a metà –.
«Questo che cosa sarebbe...?» Midorima afferrò l'ananas osservandolo con aria sconcertata, quindi mosse la mano su e giù, quasi a volerlo soppesare.
«È il mio ringraziamento, no? Dopotutto hai messo a disposizione casa tua.»
Midorima aggrottò la fronte e si trattenne dal voltarsi verso Takao per incenerirlo con lo sguardo una seconda volta – perché lui non avrebbe messo a disposizione casa sua neppure per tutto l'oro del mondo, quindi era logico pensare che l'altro si fosse perfino permesso di spacciarlo come l'artefice di quella serata –.
«Su, Shin-chan! È solo un ananas, tu vai in giro con cose molto più strane!» Takao scoppiò a ridere alle sue spalle e Midorima sospirò pesantemente; Miyaji, dal canto suo, non poté fare altro che sorridere e dare ragione al playmaker della squadra.
«Takao.» Midorima, che non ne poteva più di ascoltare quella risata a tratti soffocata e a tratti sguaiata, lo chiamò con voce grave, facendolo sussultare «va a sistemare il gelato in freezer.»
Kazunari non poté controbattere, anzi fece esattamente ciò che gli chiese l'altro – dopotutto, da quando era arrivato lì, si era ripetuto mentalmente almeno un paio di volte che non doveva fermarsi a chiacchierare davanti alla porta d'ingresso ma, piuttosto, pensare alla condizione del gelato, e sapeva che se non lo avesse fatto di lì a qualche istante se ne sarebbe definitivamente dimenticato –.
«Allora?» una volta che Takao si diresse in cucina, Midorima si rivolse agli altri tre «chi di voi ha il film?»


Si poteva disporre delle più disparate tipologie di film, dai più classici come i thriller, i gialli e le commedie, oppure il lungometraggio di amore o di avventura, fino ai più fantasiosi, ai futuristici o, ancora, ai semplici film di animazione o ai musical: conscio di ciò, Midorima si era creato precise aspettative andate distrutte non appena gli era stata mostrata la custodia del DVD.
Miyaji aveva scelto un horror e, mentre Kimura e Outsubo rimasero estremamente tranquilli – probabilmente perché non era la prima volta che l'ala piccola dello Shuutoku optava per quel genere di film –, Takao cominciò ad entusiasmarsi e saltellò di qua e di là, strepitando qualcosa di indecifrabile; Midorima, dal canto suo, restò in silenzio e prese posto sul divano con il naso arricciato e le labbra increspate in una smorfia colma di disappunto.
Non che Shintarou disprezzasse l'horror, ma di certo non poteva definirlo il suo genere preferito e dunque tendeva ad evitarlo, ciononostante, se si trattava di film realizzati a dovere, non si sentiva certo in grado di criticarli e, talvolta, li apprezzava profondamente. Tuttavia, con la mente ancora imbevuta delle parole di Oha Asa, che quella stessa mattina aveva annunciato una nottata agitata per il Cancro, confinato in terzultima posizione, l'asso dello Shuutoku finì per credere fermamente che quello che Takao aveva appena inserito nel lettore DVD fosse uno dei soliti film commerciali e banali di cui, visti i primi dieci minuti, si poteva già indovinare il finale.
Appena Takao gli balzò accanto, sistemandosi fra lui e Miyaji, Midorima strinse al proprio petto l'orsacchiotto di pezza per cui quella stessa mattina era stato ripetutamente deriso da colui che aveva accanto e diede il permesso a Kimura, ancora in piedi, di spegnere la luce.
«Avanti, Shin-chan!» Takao dondolò sul posto come un bambino «quanto ti ci vuole?»
«Un momento.» Midorima, dal canto suo, sfiatò nervosamente e si sistemò gli occhiali con un rapido movimento della mano sinistra, mentre con la destra premette ripetutamente uno dei tasti del telecomando, nel tentativo di selezionare il comando di avvio che campeggiava al centro del televisore.
«Cosa c'è, Midorima? Sembri mio nonno! Dammi qua!» Miyaji sbottò e gli strappò il telecomando di mano, quindi premette con insistenza il tasto, ma riuscì a selezionare il comando di avvio soltanto dopo averlo scosso con forza e minacciato con tono alterato.


Esattamente come aveva pensato poco prima che Kimura spegnesse la luce, i primi dieci minuti del film rivelarono loro più di quanto fosse necessario sapere, quindi Midorima avvertì ben presto una certa pesantezza sulle palpebre e un fastidioso formicolio alle gambe, accompagnato dal forte e quasi implacabile desiderio di alzarsi da quel maledetto divano e andarsene a letto.
Vittima dei pregiudizi e del sonno nella sua fase più acuta, Shintarou riuscì a farsi solamente un'idea generale del film, – parlava di un creatore di bambole che, aspirando alla realizzazione della creatura perfetta, aveva deciso di plasmarne una con le fattezze della figlia morta, ma ovviamente il grazioso prodotto che aveva forgiato con le sue stesse mani si era ben presto rivelato vivo e perverso –, questo finché, passata circa mezz'ora dall'inizio, la storia non cominciò a farsi molto più intricata del previsto e l'atmosfera ancor più cupa, intrisa di splatter e suspense così ben realizzati e inseriti in dosi talmente precise e appropriate da poter mettere la pelle d'oca anche al più impavido fra i guerrieri.
Per tutta la durata del film, nessuno dei cinque riuscì a parlare e, a malapena, toccarono cibo; dalle labbra schiuse sfuggivano solamente respiri pesanti e singhiozzi di ansia, e spesso, nella penombra del salotto, si intravedevano le loro sagome scure sobbalzare, raccogliersi le ginocchia al petto o sprofondare terrorizzate contro gli schienali morbidi di divano e poltrone.
Dopo un finale inaspettato e cruento, giunsero i classici titoli di coda bianchi su sfondo nero, così che nel salotto l'oscurità imperversò implacabile: nessuno sembrava avere il coraggio di parlare per primo, tanto meno di alzarsi per raggiungere l'interruttore della luce o, ancora, per spegnere il lettore DVD.
Appena la nenia terrificante che faceva da accompagnamento ai titoli di coda si concluse, Miyaji sussultò e attirò l'attenzione di Takao e Midorima, seduti accanto a lui.
«Qualcosa non va?» forse senza neppure rendersene conto, Kazunari fu il primo ad interrompere quel silenzio che per quasi tre ore aveva gravato su di loro come una maledizione impossibile da spezzare.
«Non lo avete sentito anche voi?» Miyaji rivolse loro una rapida occhiata e Kimura, nel frattempo, si fece coraggio e andò ad accendere la luce.
«Cosa?» Outsubo, che era seduto sulla poltrona accanto al lato del divano dove era sistemato Miyaji, rivolse un'occhiata interrogativa all'amico.
«Ho sentito un rumore... credo provenisse dal cortile–»
«Ma no, Miyaji-san!» Takao sfoderò un sorrisetto vagamente divertito «il cortile di Shin-chan è sicuro, probabi– eh!»
Takao sobbalzò non appena udì un rumore distinto e acuto, decisamente troppo vicino al suo orecchio.
«L'ananas! Portatemi l'ananas!»
«Calmatevi.» Midorima aggrottò la fronte in un cruccio nervoso, protendendo appena le labbra e sbuffando sommessamente «è solo Kimura-san che sta sistemando il DVD nella custodia.»
«Ecco.» Kimura porse la custodia a Miyaji, che serrò le labbra con forza e la afferrò senza avere neppure il coraggio di guardarlo in faccia: come poteva, in poco meno di tre ore, essere divenuto a tal punto succube di un film?
«Ti ringrazio.»
«Sapete che vi dico? Mi è piaciuto! Era così realistico!» Takao sembrava aver riacquistato tutta l'euforia che aveva dimostrato poco prima che iniziassero la visione del film, al contrario degli altri quattro, che parevano ingessati per quanto erano immobili e, pur cercando di rivolgergli la loro attenzione, continuavano a ricordare le immagini che più li avevano impressionati e quindi si incantavano ad osservare il vuoto e perdevano ogni briciolo di luce presente nei loro occhi.
«A me non è piaciuto proprio per questo motivo...» Midorima commentò con un brontolio sommesso: non poteva certo sostenere che fosse un brutto film, anzi molto probabilmente era il miglior horror che avesse mai visto, ma le scene più cruente – ovviamente prive di qualsiasi tipo di censura – si erano defilate di fronte ai loro occhi in modo così realistico da lasciargli l'amaro in bocca e, in verità, anche un dolore acuto allo stomaco e una sensazione di pesantezza generale al petto.
«Effettivamente...» Miyaji increspò le labbra in un sorriso nervoso e si rivolse ad Outsubo, probabilmente in cerca di approvazione «forse è meglio se la prossima volta noleggio una commedia o qualcosa del genere.»
Il capitano restò in silenzio e acconsentì con un cenno deciso del capo, ma l'attenzione di Miyaji fu attirata da qualcos'altro e, più precisamente, dagli occhi tondi e neri dell'orsacchiotto di pezza che Midorima aveva appena posto sul tavolino di vetro.
«O-ohi! Midorima, tieni questo coso lontano da me o ti friggo!» Kiyoshi era perfettamente consapevole di quanto fosse innocuo quel pupazzo, eppure fu più forte di lui reagire in quel modo e se ne vergognò quasi immediatamente; Midorima, dal canto suo, afferrò l'orsacchiotto di pezza senza dire nulla e si avviò in fretta verso l'uscita del salotto.
«Takao, mostra loro la stanza degli ospiti, io vado a dormire.»
«Eh? Vai a dormire così presto, Shin-chan?» non che fosse presto, visto che era passata la mezzanotte, ma trattandosi di una serata fra amici Takao aveva pensato che Midorima si sarebbe sottoposto ad un piccolo sforzo e che sarebbe rimasto sveglio almeno fino alle due; al contrario delle sue aspettative, però, l'altro restò impassibile di fronte alla sua voce vagamente lagnosa e, senza rispondere alla sua domanda, si limitò ad augurare la buona notte a tutti, per poi lasciare il salotto.


Takao si girò sul fianco sinistro, scegliendo la stessa posizione abbandonata poco prima, in favore del fianco destro, poi, non del tutto soddisfatto, sfiatò sommessamente e si sistemò sulla schiena.
Accarezzò il tessuto morbido e spesso della coperta con le dita di entrambe le mani, lasciò che le palpebre tremassero alla tentazione di sollevarsi e infine, con le labbra increspate in una piccola smorfia, contrasse il ventre: gli scappava la pipì, ecco perché non riusciva a dormire, ma non aveva alcuna intenzione di lasciare il futon e ritrovarsi con le piante dei piedi incollate al tatami freddo e ruvido.
Le dita della mano cominciarono a battere nervosamente, le palpebre si sollevarono e gli occhi, avvolti dal buio della notte, restarono puntati verso l'alto, lì dove, con un po' di luce, avrebbe scorto un soffitto bianco e piuttosto alto: gli scappava davvero troppo, non avrebbe resistito ancora per molto!
Kazunari si mordicchiò il labbro inferiore in segno di resa, quindi sgusciò fuori dal futon con estrema lentezza, ma lasciò completamente da parte la cautela e il rispetto per i compagni addormentati nella stessa stanza non appena percepì la paglia intrecciata del tatami contro la pelle e, vittima di una reazione impulsiva e incontrollabile, saltellò fino alle porte mobili scorrevoli e poi lungo il corridoio che conduceva al bagno.
Era buio pesto, tanto che, percorsa forse la metà del corridoio, Takao sentì l'esigenza di fermarsi a riprendere fiato e a riflettere, quindi adagiò il palmo della mano destra alla parete cercando di opporsi alla propria vescica e restando per qualche attimo in ascolto di un rombo lontano, grave e continuo: un temporale? O Shin-chan che russava? Quel pensiero lo fece quasi scoppiare a ridere e gli diede la forza per andare avanti, ma a tentoni, quindi di tanto in tanto capitava che appoggiasse le mani contro la parete o il mobilio e si fermasse per qualche istante.
Takao sentiva di essere ormai vicino al bagno quando adagiò una mano sopra qualcosa di leggermente spigoloso e l'improvviso e repentino saettare di un fulmine illuminò il corridoio.
Nonostante la rapidità di quel bagliore, fu abbastanza sicuro di aver scorto due occhi infernali e una serie di denti aguzzi proprio sotto la sua mano, e, tornandogli alla mente la scena del film in cui la bambola assassinava il suo creatore in piena notte, cacciò un urlo acuto.


«Che cos'è stato?» Miyaji si mise immediatamente a sedere, mentre Outsubo, decisamente più pronto di lui, sgusciò fuori dal futon e accese la luce.
«Era Takao?» Kimura fece notare l'assenza di Takao ai compagni e Miyaji si drizzò immediatamente in piedi, riprendendo a parlare.
«Forse è meglio se ci dividiamo e andiamo a cercarlo.»
«Perché dividerci?» Outsubo aggrottò appena la fronte «è una casa di medie dimensioni, non ci metteremo molto a‒»
«Ma potrebbe essere in pericolo!»
Outsubo inarcò appena un sopracciglio, per poi rivolgere il proprio sguardo a Kimura, che senza dire nulla si strinse nelle spalle.
«Quel film deve averti dato alla testa...» commentò poi il capitano dello Shuutoku, sbuffando sommessamente in segno di resa «e va bene: dividiamoci.»


Appena si separarono, Miyaji corse verso la cucina facendosi luce con lo schermo del cellulare, infine si affrettò a recuperare l'ananas che aveva portato a Midorima per ringraziarlo dell'ospitalità e se lo strinse al petto come una madre avrebbe potuto fare con il figlio: per nulla al mondo aveva intenzione di lasciare ancora quel frutto incustodito, anzi, una volta recuperato Takao lo avrebbe portato nella stanza degli ospiti perché potesse passare la notte al sicuro con tutti loro. Sempre che Takao non fosse già stato ucciso.
Un passo titubante, eppure distinto, si fece strada fino alle orecchie di Miyaji, che si appostò dietro la porta della cucina senza fiatare e, per fare meno rumore possibile, addirittura sforzandosi di trattenere il respiro: la luce emanata dallo screensaver del suo cellulare doveva aver attirato quella maledetta creatura fino a lui.
Quando risuonarono altri passi, sempre più vicini, Miyaji sollevò le braccia e rafforzò la stretta sull'ananas, strepitando con i denti digrignati in un brontolio rabbioso.
«Non mi avrai mai, Madeleine!» quello era il nome della bambola assassina, che evidentemente era rimasta ben impressa nella testa dell'ala piccola dello Shuutoku.
Con la mente completamente annebbiata dai ricordi del film, Miyaji contrasse i muscoli delle braccia e l'ananas si schiantò verso il basso, colpendo qualcosa di estremamente duro.
«Ahia!»
Quella non era la voce di una donna, ne era certo, quindi allentò la presa sull'ananas e fece nuovamente luce con il cellulare.
«Takao!»
«Perché mi hai colpito con l'ananas?!» Kazunari piagnucolò, massaggiandosi la testa con una mano.
«Ecco, io–»
«Eccovi qui!» Outsubo diede loro una pacca amichevole sulle spalle.
«Kimura dov'è?» Miyaji, invece, proiettò la luce del cellulare altrove, in cerca dell'ultimo componente della squadra.
«Non lo so, ci siamo divisi. Si può sapere perché hai urlato in quel modo, poco fa?»
Takao ricambiò lo sguardo interrogativo di Outsubo e forzò un sorriso nervoso e vagamente imbarazzato.
«Il... il tanuki di Shin-chan.»
«Kimura, finalmente!» al sussurro sorpreso di Miyaji, la loro attenzione si soffermò sul nuovo arrivato, che si affiancò a loro senza fiatare.
«Bene, ora che ci siamo tutti possiamo tornare a dormire.» Outsubo fu il primo a parlare, e Miyaji, che schiuse le labbra per rispondere, si irrigidì non appena udì un rapido suono di passi diretto verso la cucina.
«Lo sentite anche voi?» Takao arretrò appena, tastando il tavolo alla ricerca dei sacchetti della spesa.
«Se noi siamo qui, chi altri può essere?» Miyaji cercò di mantenere il tono della propria voce il più fermo possibile e seguì l'esempio dei compagni, che si affiancarono a Takao.
«Armiamoci di tutto quello che troviamo!»


Quando la porta cigolò e il rumore di passi cessò, Takao, che aveva scosso per bene la bottiglia di aranciata, levò il tappo e lasciò che il getto appiccicoso fendesse l'aria e colpisse la figura misteriosa; Outsubo e Kimura, seppur decisamente poco convinti del loro ruolo, gettarono grosse manciate di pop corn nel buio, e Miyaji lanciò la palla da basket davanti a sé, calibrando il tiro con una certa forza.
A quel tramestio improvviso e bizzarro seguì un lungo e pesante silenzio, tanto che alcuni di loro pensarono di aver ucciso quello che poteva essere un ladro, un assassino o, magari, una bambola pazza uscita da un film di fantasia – almeno secondo i pensieri che aleggiavano attorno ai loro animi estremamente suscettibili –.
La luce si accese all'improvviso, e tutti e quattro avvertirono il sangue gelare improvvisamente, per poi scaldarsi con vigore e far tremolare le loro labbra in un risolino euforico.
«Questo si che fa paura!» commentò Takao, per poi scoppiare in una risata sguaiata.
«Non è divertente. Filate a letto.» Midorima se ne stava impalato di fronte a loro, con gli occhiali storti, i capelli spettinati e imperlati di pop corn e il pigiama grondante di aranciata, e come al solito si chiedeva che cosa avesse fatto di male nella vita per essere circondato da simili idioti.

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Capitolo 4
*** Touou; Cose di donna ***


Autore: Neu Preussen
Titolo: A False Replace that Pretends to Be Original
Personaggi: nella raccolta sono presenti Kuroko Tetsuya; Kagami Taiga; Kiyoshi Teppei; Hyuuga Junpei; Izuki Shun; Aida Riko; Kise Ryouta; Kasamatsu Yukio; Moriyama Yoshitaka; Hayakawa Mitsuhiro; Kobori Kouji; Midorima Shintarou; Takao Kazunari; Miyaji Kiyoshi; Outsubo Taisuke; Kimura Shinsuke; Aomine Daiki; Momoi Satsuki; Imayoshi Shouichi; Wakamatsu Kousuke; Sakurai Ryou; Murasakibara Atsushi; Himuro Tatsuya; Okamura Kenichi; Fukui Kensuke; Liu Wei; Akashi Seijuurou; Mayuzumi Chihiro; Mibuchi Reo; Nebuya Eikichi; Hayama Kotarou e, per una minuscola particina, Hanamiya Makoto.
Nella one shot che segue sono presenti Aomine Daiki; Momoi Satsuki; Imayoshi Shouichi; Wakamatsu Kousuke e Sakurai Ryou.
Pair: nella raccolta sono presenti minuscoli accenni KagaKuro, ImaMomo, ImaHana, AoMomo e MayuAka.
In questa one shot sono inseriti accenni ImaMomo, AoMomo e ImaHana.
Bonus utilizzati: Mayuzumi Chihiro; Hanamiya Makoto e... non so se l'ImaMomo si possa considerare un Crack!Pair ;3;
Tipologia: rari e minuscoli accenni yaoi ed het
Generi: commedia
Avvertimenti: raccolta di one shot
Note: //
Nda: Leggete la shot e poi tornate all'nda! uwu
Come viene detto all'inizio, la shot è ambientata subito dopo la fine della Winter Cup, nella prefettura di Kanagawa e, più precisamente, nella zona montuosa del distretto di Ashigarashimo (dove è situata la cittadina di Hakone).
Francamente non ho molto da dire per quanto riguarda questa shot, credo non ci sia nulla di particolare da spiegare (e niente, la conversazione in chat fra Hanamiya e Imayoshi era d'obbligo).




Cose di donna





Aomine non aveva idea del perché si trovasse in una situazione del genere, ignorava l'esatto istante in cui aveva acconsentito e ancora gli riusciva difficile pensare che fosse intrappolato in quella casetta di montagna insieme a Imayoshi, Wakamatsu, Sakurai e Momoi.
Se si trovava in quella scomoda situazione, a convivere con l'idea che sarebbe stato costretto a trascorrere una settimana intera isolato dal resto del mondo, senza basket e condividendo la stanza con Sakurai, era solo colpa della sua amica d'infanzia.
Era stata Momoi a proporre l'idea di una piccola vacanza subito dopo la fine della Winter Cup, caldeggiando la certezza che trascorrere alcuni giorni tutti insieme sarebbe stato il modo migliore per elaborare e accettare la sconfitta subita durante la competizione e rilassarsi in vista degli ultimi mesi di scuola. Aveva insistito così tanto che Aomine aveva acconsentito soltanto per farla stare zitta, per smorzare definitivamente il ronzio acuto e cristallino della sua voce nelle sue orecchie.
Imayoshi, considerando quell'occasione come un'opportunità per staccare temporaneamente la spina dallo studio intensivo a cui si stava sottoponendo per trovare posto in una delle università migliori di Tokyo, era stato il primo ad approvare la proposta di Momoi e, di conseguenza, aveva insistito perché anche gli altri si unissero al gruppo.
Sakurai aveva accettato immediatamente, mentre Wakamatsu si era pronunciato a favore dopo un paio di giorni passati a brontolare; Susa, al contrario del capitano, aveva preferito restare in città perché era convinto di essere indietro con lo studio e, pertanto, aveva ritenuto di non potersi permettere di sprecare così tanto tempo per rilassarsi e riposare.
Daiki, comunque, non riusciva a capire come fosse possibile rilassarsi in una minuscola casetta dimenticata da Dio e dove il wifi era inesistente, il suo cellulare riusciva a malapena ad inviare e ricevere messaggi e l'unico computer disponibile era sempre nelle grinfie di Imayoshi. Come se non fosse bastato, ogni volta che cercava di ammazzare il tempo dando un'occhiata alle sue adorate riviste di intimo femminile, Sakurai combinava qualche pasticcio e non smetteva più di scusarsi, domandandogli, inoltre, se non potesse aiutarlo a risolvere il problema – il primo giorno, ad esempio, aveva dovuto sistemare l'alimentatore del cellulare e quello della macchina fotografica e recuperare la mappa della cittadina di Hakone, caduta e incastratasi fra la parete della stanza e la testata del letto –.
«Aomine-san!» non appena udì la voce lagnosa di Sakurai oltre la porta chiusa, Aomine schioccò la lingua contro il palato e sollevò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente.
«Cosa c'è?» non appena la guardia tiratrice del Touou spalancò la porta, Daiki inclinò pigramente il viso e senza staccare la testa dal cuscino gli rivolse un'occhiata estremamente annoiata.
«Mo-Momoi-san‒» Sakurai si chinò in avanti e spalancò la bocca, cercando di riprendere fiato; Aomine, dal canto suo, capì che doveva trattarsi di qualcosa di estremamente grave, visto che l'altro non gli aveva ancora porto le sue scuse.
«Cosa?!» Aomine lo esortò a continuare e balzò giù dal letto in tutta fretta, raggiungendo l'altro con un paio di falcate nervose.
«Momoi-san non sta bene.» Ryou parlò con voce spezzata e ancora affannosa, deglutì a fatica e dopo essersi inumidito le labbra riprese «ha chiesto di te.»
Aomine non disse nulla, piuttosto si affrettò ad uscire dalla stanza, scontrando Sakurai, che non aveva avuto neppure il tempo di lasciargli lo spazio necessario per passare, con una spallata nervosa.
«Ahh! Scusami! Scusami!»


Quando Aomine giunse nell'unica camera singola della casa – ovvero quella che a distanza di due giorni era già stata adibita come luogo perfetto per offrire soggiorno e accoglienza al gentil sesso –, trovò Momoi distesa sul letto, con le mani premute contro la pancia e il labbro inferiore tumefatto a causa delle torture inflitte dai denti, quindi, almeno in un primo istante, provò una forte paura e soltanto qualche attimo dopo si rese conto che si trattava di un qualcosa che era già successo altre volte, uno spiacevole spettacolo a cui aveva già assistito.
«Satsuki?» ritrovata un po' della lucidità perduta, Aomine la chiamò a voce bassa e si avvicinò ai piedi del letto.
Momoi rispose con un mugolio sommesso, il labbro inferiore trafitto dagli incisivi e il capo stancamente abbandonato contro il cuscino.
«Hai preso la pastiglia?» Daiki non sapeva nulla di quelle cose, ma era capitato spesso che Momoi lamentasse forti dolori e che tornasse a sentirsi bene soltanto dopo aver ingerito pastiglie bianche e tonde della grandezza di una mentina, tuttavia, confrontando le espressioni che aveva già visto delinearsi sul suo viso in passato, fu pronto a scommettere che la sofferenza che stava patendo in quel momento fosse ben maggiore del solito.
«Dai-chan...» Momoi sollevò le palpebre, per poi serrarle immediatamente dopo, probabilmente in seguito ad una fitta lancinante che la spinse a piegare le gambe e le fece contrarre le dita dei piedi e delle mani.
«Sono in anticipo di una settimana‒» la manager del Touou riuscì ad aprire gli occhi e a tenerli fissi sulla figura alta e slanciata dell'amico di infanzia, ancora fermo ai piedi del letto e con un'espressione a dir poco trafelata stampata in viso, come se lei fosse stata sul punto di morire e non stesse solamente soffrendo per i dolori lancinanti causati dal ciclo mestruale.
«Non ho né gli assorbenti né le pastiglie...» Momoi sussurrò con voce vagamente lagnosa, per poi afferrarsi il viso fra le mani e arpionare le guance arrossate e calde con le dita.
«Cosa?» Aomine sfiatò, per poi aggrottare la fronte e sbuffare «ma come ti viene in mente di lasciare a casa quella roba? Siamo isolati dal mondo!»
«Eh? Dai-chan, non esagerare... siamo in montagna, basta prendere la funivia per scendere in città.» Momoi replicò, muovendosi con estrema lentezza per sistemarsi sul fianco.
«Rilassati, Momoi.» appena la voce di Wakamatsu risuonò alle sue spalle, Aomine sfiatò a denti stretti e contrasse le dita delle mani a causa di uno spasmo rabbioso, – dopotutto la presenza del centro del Touou era uno dei tanti fattori che contribuivano a rendere snervante quel maledetto soggiorno in montagna, e il fatto che stesse cercando di ficcare il naso in una situazione intima e privata come quella lo infastidiva ancora di più –.
«Una dormita e passa tutto.»
Aomine strinse i denti con forza, finché le sue gengive non si intorpidirono a tal punto da fargli credere di aver perso la sensibilità della bocca: non sopportava l'idea che Wakamatsu parlasse a Momoi con così tanta leggerezza, e non che lui fosse un esperto del ciclo femminile e delle sue fasi, però era consapevole che chiudere gli occhi non era una condizione sufficiente per allontanare il dolore che affliggeva alcune donne più di altre.
«Perché non te la fai tu, una dormita?!» Daiki gli strepitò contro, di fatto senza concedere a Momoi il tempo per rispondergli.
«Che hai da sbraitare, idiota?!» Wakamatsu sbottò e arricciò le labbra in un ringhio sommesso «hai forse un'idea migliore?»
«Sì: inizia con te che ti togli dai piedi!»
«Dai-chan, Wakamatsu-san, non litigate.» Momoi si mise a sedere lentamente e, in quello stesso istante, Sakurai si piazzò sulla porta della camera per interpellare i due ragazzi.
«È... è successo qualcosa di grave? Scusatemi, ho sentito urlare e–»
Sia Aomine che Wakamatsu si voltarono in fretta verso Sakurai e lo fulminarono con lo sguardo, quindi la guardia tiratrice del Touou balzò all'indietro e sollevò le mani in alto come se gli stessero puntando una pistola addosso
«Ah! Scusatemi! Mi dispiace!»
Aomine non disse più nulla e lasciò la stanza di Momoi con un sonoro sbuffo, attraversando il corridoio con passo rapido e pesante.
«Imayoshi?!» lo chiamò ancor prima di colpire la porta con un paio di pugni nervosi «ohi, Imayoshi! Mi senti?!»
Daiki attese ancora qualche istante prima di spalancare la porta e raggiungere l'altro, che come al solito si trovava davanti al computer e con le cuffiette alle orecchie.
Non appena Aomine si affiancò alla scrivania, Imayoshi gli rivolse la propria attenzione e quindi si levò le cuffiette dalle orecchie, seppur con estrema lentezza.
«Mhn? Cos'è quella faccia?»
Daiki prese un respiro profondo e spalancò la bocca, pronto a parlare, ma fu proprio in quel momento che realizzò la natura della situazione e non riuscì a proferire parola a causa dell'imbarazzo.
Imayoshi inarcò un sopracciglio e rilassò il busto contro lo schienale della sedia, senza smettere di guardarlo.
«Allora, Aomine? Immagino che tu non sia venuto qui soltanto per una visita di piacere.» Imayoshi sorrise sornione e ciò non fece altro che aumentare l'imbarazzo dell'altro, che si grattò la nuca con un rapido e nervoso movimento della mano.
«Ecco...» Daiki si inumidì le labbra e guardò altrove, cercando di ignorare il diffuso e fastidioso pizzicore che aveva cominciato a torturargli le guance «si tratta di Momoi.»
«Ti ascolto.»
«Ecco, vedi, lei... lei ha...» la voce di Aomine divenne più bassa e vagamente tremante «le sue cose
Shouichi restò in silenzio e afferrò il mouse, chiuse la finestra che occupava l'intero schermo del computer e ne aprì un'altra, digitò qualcosa con un rapido movimento delle dita e infine premette il tasto invio.
«Sta male?»
«Sì, e non ha portato né le pastiglie né gli assorbenti.»
«Bene.» Imayoshi avvicinò il viso allo schermo e selezionò il secondo risultato «ci pensiamo io e Sakurai, qui. Tu e Wakamatsu andate in città a cercare l'occorrente.»
«Ah? E perché dovrei andare con Wakamatsu?!»
Imayoshi gli rivolse nuovamente la propria attenzione e gli sorrise.
«È l'occasione giusta per mettere fine ai vostri battibecchi, la convivenza a cui ci sta costringendo questa vacanza va sfruttata fino in fondo, non trovi?»


«Io davvero non capisco perché devo farti da baby-sitter.» Wakamatsu esordì con le braccia incrociate al petto e le gambe leggermente divaricate, sfiatando appena; Aomine, del canto suo, gli restò seduto accanto senza dire nulla e, almeno per la prima parte del viaggio, trattenendo il fiato, come se temesse di respirare la sua stessa aria.
Aomine non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe ritrovato a condividere con Wakamatsu uno spazio così ristretto come quello di una funivia, e come se non fosse bastato il viaggio sarebbe durato almeno venti minuti e appena giunti in città si sarebbero ritrovati a fare shopping di assorbenti insieme!


«Sakurai?»
«Ah!» Ryou sobbalzò non appena la voce serpentina di Imayoshi gli sfiorò le orecchie, dunque cominciò a pronunciare scuse ossequiose che si esaurirono non appena l'altro riprese a parlare.
«Ascoltami: ho bisogno di una bevanda calda.» Shouichi parlò con estrema calma, il computer portatile fra le braccia, gli occhi fissi sullo schermo e i polpastrelli di indice e medio destri come pietrificati sulla superficie liscia del touchpad.
«D'accordo-» Sakurai annuì energicamente e sembrò rabbrividire quando ascoltò un'altra volta la voce del proprio capitano.
«Niente caffè. Un tè sarebbe l'ideale.»
«A-allora farò un tè!» Sakurai riprese ad annuire ancora più energicamente e gli diede le spalle, congedandosi con una scusa lagnosa.
Imayoshi restò fermo al centro del corridoio, in ascolto dei passi di Sakurai che, da colpi distinti e di cadenza regolare, si tramutarono a poco a poco in uno scalpiccio sempre più confuso e sommesso; infine, quando fu sicuro che l'altro non sarebbe tornato indietro per chiedergli ulteriori spiegazioni, si mosse in direzione della stanza di Momoi.
«Aomine e Wakamatsu stanno scendendo in città, presto avrai quello che ti serve.» Imayoshi esordì entrando in camera di Momoi e le rivolse un sorriso bonario, dunque, seguito dal suo sguardo silenzioso e vagamente vacuo, adagiò il computer portatile sulla cassapanca ai piedi del letto.
«Come ti senti?»
«Debole.» Satsuki sfiatò e l'aria calda che fuoriuscì dalle sue narici vibrò sulle sue labbra leggermente asciutte e screpolate.
«Sakurai ti sta preparando un tè, per ora non possiamo fare molto.» Shouichi abbassò lo sguardo e si soffermò sulle mani della ragazza e sulle dita attorcigliate sul ventre «la pancia ti fa tanto male?»
Momoi si limitò ad annuire, come se il dolore fosse così grande da impedirle perfino di parlare; Imayoshi, dal canto suo, inspirò appena e le si sedette accanto.
«Ho letto un paio di cosette su Internet, ma non posso assicurarti che funzioni, soprattutto perché non l'ho mai fatto.» e mai avrebbe pensato che un giorno si sarebbe ritrovato in una situazione simile.
«Che cosa intendi dire, Imayoshi-san?» la ragazza gli rivolse un'occhiata interrogativa e lui la ricambiò con un piccolo sorriso.
«Dicono che per ridurre i dolori sia molto utile massaggiare la zona interessata.»
Momoi sbatté appena le palpebre e poi spalancò la bocca in un balbettio confuso, cercando di non badare al forte pizzicore sulle gote.
«I-Imayoshi-san!»
«Non è il caso di imbarazzarsi, Momoi.» Imayoshi si stupì di quanto fosse diventata rossa e tornò a guardarle le mani salde sulla pancia «dopotutto si tratta di una zona normalissima.»
«U-umh, sì!» Satsuki annuì, ma nonostante tutto continuò a tenere le mani salde sulla pancia e non appena l'altro si mosse affondò gli incisivi nel labbro inferiore, nel tentativo di trattenere un rantolio imbarazzato o un sospiro più profondo e tremante degli altri.
«Vediamo cosa posso fare, se senti male fermami.» Imayoshi si voltò e si inginocchiò sul bordo del letto, sfregandosi le mani per scaldarle il più possibile.
Dopo qualche istante di esitazione, le dita di Momoi si snodarono e si accavallarono sulle labbra. Rabbrividì quando percepì la lana morbida del maglione scivolare sulla pelle e i polpastrelli tiepidi di Imayoshi aderire sul suo ventre, poco più sotto dell'ombelico, ma il tocco del ragazzo si rivelò estremamente delicato e attento e la mise subito a proprio agio.
Satsuki socchiuse gli occhi, con la fronte aggrottata in un piccolo cruccio e le labbra leggermente protese, quindi focalizzò la propria attenzione sul movimento lento delle dita di Imayoshi poco più sopra dell'elastico dei pantaloni e sulla pressione esercitata dalle sue mani, così delicata da essere percettibile solamente grazie al calore dei palmi lisci.
Imayoshi avvertì i muscoli tesi di Momoi ammorbidirsi sotto il tocco delle proprie mani e aumentò appena la pressione quando, sollevato il viso verso di lei, la vide con gli occhi chiusi e le labbra increspate in un piccolo sorriso.
«Va meglio?»
«Oh sì.» Momoi sembrò estasiata e il suo tono di voce ritrovò nervo; il capitano del Touou, dal canto suo, si limitò ad annuire appena e, concentrato sul massaggio, continuò ad accarezzare il ventre piatto dell'altra con movimenti circolari delle dita.
«È davvero piacevole, Imayoshi-san...»
Imayoshi non rispose e si chinò un poco di più su di lei, che ampliò il sorriso e tese il capo all'indietro.
«S-scusatemi!» Sakurai boccheggiò con un filo di voce e le guance in fiamme, tremando appena e cercando a tutti i costi di non farsi scivolare la tazza di tè bollente dalle mani.
«Eh?» Momoi sbatté le palpebre un paio di volte e gli rivolse un'occhiata confusa «perché sei tutto rosso?»
«I-io...» Sakurai fu percosso da un brivido e deglutì a fatica, senza riuscire a staccare gli occhi dalla testa di Imayoshi, ancora china sul ventre di Momoi «scusatemi! Scusatemi! Non avevo idea che... mi dispiace-!»
«Mhn?» Imayoshi sollevò il capo e guardò oltre la propria spalla, soffermandosi per un istante sul volto paonazzo di Sakurai «si può sapere che ti prende?»
«I-Imayoshi-san! M-mi dispiace di avervi disturbato! Scusatemi!»


La spedizione di Aomine e Wakamatsu non diede i risultati sperati, questo perché le uniche due farmacie della città erano chiuse e quindi erano riusciti ad acquistare solamente gli assorbenti e avevano dovuto rinunciare alle pastiglie, che avrebbero placato una volta per tutte i tormenti e la sofferenza di Momoi.
«Non ce la faccio più.» Aomine borbottò, dando una rapida occhiata allo screensaver del cellulare: erano le ventidue e Momoi era ancora distesa, cambiava posizione ogni due minuti e mugugnava sommessamente, ogni tanto allungava il braccio verso di lui, che si trovava seduto sul pavimento e con la schiena aderente al bordo del letto, e gli dava un pizzicotto leggero sulla nuca per attirare la sua attenzione; Wakamatsu, dal canto suo, non faceva altro che andare dalla camera alla cucina per portare loro qualcosa da mangiare o qualcosa di caldo da bere alla povera moribonda; Imayoshi, invece, si trovava a gambe incrociate sul tappeto e teneva il viso fisso sullo schermo del computer, con le lenti degli occhiali brillanti nella penombra della stanza, mentre Sakurai se n'era rimasto in disparte e, seduto sulla piccola cassapanca ai piedi del letto, guardava la televisione e non osava lamentarsi nonostante il volume basso e gracchiante e i pixel alterati che deformavano le immagini.
Imayoshi era consapevole che non avrebbe avuto senso trascorrere tutta la notte a massaggiarle la pancia, quindi si era messo alla ricerca di metodi più pratici e aveva deciso di tenere in considerazione soprattutto quello che richiedeva l'uso della borsa dell'acqua calda – anche se in quella casa non ne avevano –, ma più approfondiva le ricerche, più il dubbio si insinuava in lui, quindi accedette a Facebook e inviò un messaggio al primo contatto presente in chat.


Sai qualcosa sulle mestruazioni? :)




Dopo un paio di minuti, apparì un piccolo cerchio grigio chiaro con al centro una serie di puntini di sospensione color antracite, e Imayoshi storse il naso: ci stava mettendo decisamente troppo a rispondere.


Mi stai dando della donna mestruata?!




Imayoshi inarcò un sopracciglio e sorrise vagamente divertito.


No



Vai a farti fottere



Hanamiya, è una cosa seria.



Visualizzo ma non rispondo.




Imayoshi sospirò tra il divertito e il rassegnato e adagiò il computer sul tappeto, rivolgendosi ad Aomine e Wakamatsu, che aveva appena fatto ritorno in camera.
«Ragazzi, ho bisogno di una mano» se Hanamiya non voleva aiutarlo – come aveva immaginato ancor prima di scrivergli, d'altronde –, allora avrebbe costruito una borsa dell'acqua calda fai da te con l'aiuto della sua squadra.


Aomine sbuffò nervosamente, rimpiangendo le ventidue, quando Momoi mugugnava e gli pizzicava la nuca ma, almeno, non gli russava nelle orecchie.
Avevano preso il sacchetto della spesa, lo avevano riempito di acqua calda e poi avevano fissato le estremità con due o tre elastici e un nastro per capelli prestato loro da Momoi, quindi, per sicurezza, lo avevano inserito in un secondo involucro di plastica che avevano chiuso con uno spago.
Dopo una decina di minuti con quel traballante e tiepido sacchetto sulla pancia, Momoi si era rilassata e, di conseguenza, era caduta in un sonno profondo – così profondo che aveva addirittura cominciato a russare –.
Imayoshi diede una rapida occhiata allo schermo del cellulare e poi ai volti stanchi – o annoiati – degli altri tre, quindi si schiarì la voce e interruppe il silenzio.
«Ragazzi, andate a dormire. Ci penso io, qui.» dopotutto, passando quasi ogni sera al computer per risolvere giochi di puzzle online o ad infastidire Hanamiya, era abituato ad andare a letto tardi.
«Grazie.» Wakamatsu fu il primo ad alzarsi, tese le braccia e inarcò appena la schiena per sgranchirsi le ossa, quindi si congedò con un cenno della mano e lasciò la stanza, seguito a ruota da Sakurai, – che aveva spento la televisione da almeno mezz'ora, ormai –, e infine da Aomine, che rivolse un'ultima rapida occhiata a Momoi per assicurarsi che non si fosse svegliata o che la borsa dell'acqua calda fosse ancora lì, sulla sua pancia.


«Ohi?»
Sakurai sobbalzò non appena si ritrovò lo sguardo di Aomine puntato addosso.
«Si può sapere cos'è quella faccia?»
«Eh?» Sakurai si indicò e sbatté le palpebre un paio di volte «oh! Mi dispiace! È che... s-sono un po' a disagio!»
«Ah?» Daiki spalancò le labbra in uno sbadiglio e si stese sul letto, allungando la mano e tastando il pavimento in cerca di una delle sue adorate riviste.
«Sì, insomma, immagino che Imayoshi-san e Momoi-san vogliano... la loro intimità.»
«Cosa?!» Aomine spalancò gli occhi iniettati di sangue e balzò giù dal letto, quindi, senza degnarlo di uno sguardo, uscì di corsa dalla camera «Imayoshi?! Imayoshi, ti ammazzo!»
«Ahh! Mi dispiace! Mi dispiace!»

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Capitolo 5
*** Yousen; Vietato dare caramelle agli animali ***


Autore: Neu Preussen
Titolo: A False Replace that Pretends to Be Original
Personaggi: nella raccolta sono presenti Kuroko Tetsuya; Kagami Taiga; Kiyoshi Teppei; Hyuuga Junpei; Izuki Shun; Aida Riko; Kise Ryouta; Kasamatsu Yukio; Moriyama Yoshitaka; Hayakawa Mitsuhiro; Kobori Kouji; Midorima Shintarou; Takao Kazunari; Miyaji Kiyoshi; Outsubo Taisuke; Kimura Shinsuke; Aomine Daiki; Momoi Satsuki; Imayoshi Shouichi; Wakamatsu Kousuke; Sakurai Ryou; Murasakibara Atsushi; Himuro Tatsuya; Okamura Kenichi; Fukui Kensuke; Liu Wei; Akashi Seijuurou; Mayuzumi Chihiro; Mibuchi Reo; Nebuya Eikichi; Hayama Kotarou e, per una minuscola particina, Hanamiya Makoto.
Nella one shot che segue sono presenti Murasakibara Atsushi; Himuro Tatsuya; Okamura Kenichi; Fukui Kensuke e Liu Wei.
Pair: nella raccolta sono presenti minuscoli accenni KagaKuro, ImaMomo, ImaHana, AoMomo e MayuAka.
In questa one shot non è inserito alcun accenno particolare.
Bonus utilizzati: Mayuzumi Chihiro; Hanamiya Makoto e... non so se l'ImaMomo si possa considerare un Crack!Pair ;3;
Tipologia: rari e minuscoli accenni yaoi ed het
Generi: commedia
Avvertimenti: raccolta di one shot
Note: //
Nda: Ho avuto parecchi problemi a realizzare questa shot perché non avevo mai avuto nulla a che fare con questi personaggi, (a parte Himuro e Murasakibara), e se ci ho messo così tanto a realizzare questa raccolta è proprio colpa loro, perché da quel che ricordo sono rimasta bloccata per un bel po' di giorni... ma dopotutto l'obbiettivo della raccolta è anche “dare vita” a tutti quei personaggi che non vengono mai considerati!
Vi invito a leggere la shot e poi a tornare all'nda, dove vi saranno date alcune spiegazioni su quanto scritto!
Come ho già fatto per Hayakawa nella shot dedicata al Kaijou, la sorellina di Okamura è stata inserita per esigenza, perché nel Kuro Fes! è stato dichiarato che il capitano dello Yousen è figlio unico (invece le informazioni che ho fornito sui fratellini di Liu e sul fratello di Fukui sono vere); avrete notato che Liu parla in un modo piuttosto bizzarro, questo perché Fukui gli ha fatto uno scherzo e gli ha detto che è un modo molto popolare di parlare (e il poveretto, che viene dalla Cina, ci è cascato in pieno).
Piccola curiosità sulla stesura della shot: ogni volta che arrivavo al punto consultavo la cartina dello zoo (ebbene sì: ho seguito uno dei percorsi che si possono fare realmente!)




Vietato dare caramelle agli animali





Okamura era stato molto gentile ad offrire loro i biglietti per una gita allo Ueno Zoo.
Nessun componente della squadra avrebbe mai immaginato che una mattina si sarebbero incontrati all'aeroporto di Akita per salire su un volo locale e raggiungere Tokyo in poco più di un'ora; se in quel momento si trovavano nel quartiere speciale di Taitou lo dovevano – o meno, visto che alcuni di loro, come ad esempio Murasakibara, avevano continuato a pronunciarsi contrari a quella gita – alla sorellina del capitano, che una settimana prima, visitando lo zoo con la propria classe, aveva ricevuto in regalo ben dieci biglietti di ingresso.
Da quanto erano riusciti a capire, visti i singhiozzi commossi di Okamura, la sua sorellina era stata l'unica ad aver ricevuto i biglietti perché aveva ottenuto il punteggio più alto in un questionario sugli animali presenti nello zoo e, una volta tornata a casa, aveva deciso di darne la metà al suo adorato fratellone – come il capitano non aveva fatto altro che ripetere negli ultimi sette giorni –.
«Muro-chin, fra quanto entriamo?»
«Abbi ancora un po' di pazienza, Atsushi.» Himuro accennò un debole sorriso, rafforzando la stretta che le dita affusolate delle mani esercitavano attorno alle fibbie ruvide dello zaino.
«Ohi, ohi!» Fukui, dal canto suo, si voltò con le labbra increspate in un sorriso tirato, meglio traducibile come la smorfia nervosa di qualcuno che era sul punto di perdere la pazienza «sarà la quarta volta che lo chiedi!»
«Eh?» Murasakibara lo guardò senza battere ciglio, riprendendo a parlare solamente quando il playmaker dello Yousen gli diede di nuovo le spalle e avanzarono di un paio di passi «mi annoio.»
«Ah! Su, su! Vedrai che ci divertiremo!» Okamura, che si trovava in testa al gruppo, si voltò e sfoderò un grande sorriso; Murasakibara, dal canto suo, ebbe la sensazione che il capitano fosse sul punto di scavalcare Fukui per raggiungerlo e cominciare a percuoterlo con rapide pacche affettuose sulle spalle, quindi sfiatò nervosamente e arretrò di un passo.
«E poi è vietato annoiarsi!» Kenichi riprese a parlare, per poi continuare con tono più basso e vagamente tremante, come commosso «altrimenti mancheremmo di rispetto alla mia bellissima sorellina!»
Mai nulla li aveva uniti e messi tanto d'accordo quanto l'esasperazione verso la quale Okamura li induceva ogni qualvolta cominciava a parlare della sua sorellina, dopotutto era un affetto fraterno che Himuro, essendo figlio unico – perché il suo rapporto con Kagami non si poteva realmente definire fraterno –, faceva fatica a comprendere, mentre Murasakibara, vivendo in una famiglia numerosa che spesso lo costringeva a fare sacrifici, – come ad esempio condividere una torta –, lo conosceva fin troppo bene e quindi lo detestava; quanto a Liu, valeva più o meno lo stesso discorso di Murasakibara, visto che aveva quattro fratellini, i quali, a detta sua, erano sempre molto rumorosi. Fukui era, fra i quattro, il candidato migliore per la comprensione di quell'affetto spropositato che Okamura nutriva per la sorellina, questo perché aveva un fratello con cui andava molto d'accordo.
«Muro-chin, io ho fame.» Murasakibara borbottò a denti stretti, con una mano premuta sullo stomaco e gli occhi ridotti ad una fessura a causa della noia e del sonno, che ancora gravava sulle palpebre sottili.
«Atsushi, sono appena le dieci del mattino.» Tatsuya rafforzò nuovamente la stretta sulle fibbie ruvide dello zaino: ogni volta che l'asso dello Yousen chiamava il suo nome si sentiva in obbligo di aumentare l'attenzione nei confronti di quel bagaglio pieno di cibo spazzatura, era sicuro che distrarsi per un solo istante potesse significare lasciarsi derubare dal gigante goloso e perennemente affamato che gli stava accanto. Era stato Okamura ad affidargli il compito di custodire il cibo in modo da evitare che Murasakibara divorasse tutte le provviste durante il viaggio e, ovviamente, anche durante la visita allo zoo, questo perché, a detta del capitano, Himuro conosceva Murasakibara meglio di chiunque altro e, soprattutto, riusciva a placare quasi sempre i suoi capricci.
«E poi hai fatto colazione in aeroporto.» Fukui si voltò una seconda volta e Murasakibara ringhiò sommessamente, ritrovando la calma solamente quando vide Okamura impalato davanti alla biglietteria, con le labbra arricciate e i denti bianchi digrignati in un grande sorriso.
Dopo qualche istante di attesa, Fukui punzecchiò il capitano e riuscì a distoglierlo dalla sua contemplazione, quindi avanzarono e, potendo finalmente mostrare i biglietti, varcarono la larga cancellata nera dello zoo.
«Avete visto quanto era carina la ragazza della biglietteria?!» distanziato l'ingresso di poco più di un paio di metri, Okamura parlò.
«Hai bloccato la fila per una che non ti ha neanche guardato in faccia.» Fukui controbatté schiettamente e, ancor prima che il capitano potesse cominciare a lagnarsi, Liu, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, decise di dare man forte al compagno di squadra.
«Dovresti sbarazzarti di quelle basette e di quel mento da gorilla, altrimenti non avrai mai l'amore di una fanciulla.»
«Mi dite così ogni volta!» Okamura piagnucolò, prendendosi il viso fra le mani per qualche istante, come a voler nascondere il suo mento da gorilla «siete crudeli!»
Murasakibara focalizzò la propria attenzione sulla figura slanciata di Liu, su quella massiccia di Okamura e, infine, su quella di Fukui, che era il giocatore più basso della squadra, dopodiché, annoiato dal continuo piagnucolio del capitano, sfiatò sommessamente e cominciò a guardarsi intorno.
Non appena scorse una fila verticale di tetti quadrati, – probabilmente quelli di una pagoda –, al di là delle fronde scure e fitte di alti alberi, l'espressione curiosa dell'asso dello Yousen divenne quella meravigliata e vagamente eccitata di un bambino in un negozio di caramelle, e quando si ritrovarono di fronte alla prima voliera, abitata da piccioni panciuti e fagiani dal piumaggio lucido e colorato, afferrò istintivamente la manica della giacca di Himuro e la strattonò appena, come a voler attirare la sua attenzione.
Alcuni metri più avanti, i colori sgargianti di alcuni uccelli nazionali e i panda giganti meravigliarono Atsushi a tal punto da fargli dimenticare la fame, che però si ripresentò più vigorosa e prepotente non appena Fukui si fermò con la mappa dello zoo spalancata sotto il naso e cominciò a farla ondeggiare davanti ai loro occhi.
«È così grande...» Murasakibara mormorò, con gli occhi puntati sulla cartina: parevano due grossi polmoni disegnati in fretta, malamente sfaccettati e collegati da un breve ponte; in uno prevalevano il verde e un giallo pallido, nell'altro l'azzurro.
«Noi siamo qui.» Fukui indicò la testa stilizzata di un panda che campeggiava sulla mappa, nella parte colorata di verde e di giallo, quindi, guardando con ancora più attenzione, Murasakibara si rese conto che da quel punto si diramavano strade diverse, tutte collegate ma lungo le quali si trovavano pur sempre animali e servizi differenti.
«Proporrei di cominciare dalla strada più esterna.» Liu fu il primo a parlare «se visitassimo questa parte di zoo dall'interno verso l'esterno, successivamente saremmo costretti a tornare indietro, quindi perderemo tempo prezioso.»
Murasakibara passò in rassegna i vari animali stilizzati che campeggiavano sulla cartina, curioso come non mai di raggiungere le rispettive gabbie per ammirarli dal vivo, tuttavia qualcos'altro attirò immediatamente la sua attenzione, spingendolo ad indicare la strada interna e, in particolare, una zona evidenziata in arancione.
«Possiamo fermarci qui, prima?»
«Mhn?» Fukui diede un'occhiata alla mappa e gli rivolse un'occhiataccia indispettita non appena capì che si trattava di un fast food «si può sapere come fai ad avere così tanta fame alle dieci del mattino? E soprattutto dopo aver mangiato cinque cornetti in aeroporto!»
«Beh, in verità anche io ho un languorino!» Okamura si batté una mano sullo stomaco e accennò una risata.
«Guarda che mangiando così tanto piacerai ancora meno alle ragazze!» Fukui lo incalzò.
«Sei proprio un gorilla.» e Liu rincarò la dose.
Okamura, dal canto suo, borbottò qualcosa di incomprensibile, volgendo un'occhiata colma di sconforto a terra.
«Ragazzi, perché non raggiungiamo le prossime gabbie?» dopo qualche istante di esitazione, Himuro decise di intervenire con le labbra increspate in un sorrisetto affabile «più stiamo fermi a discutere, più tempo perdiamo. Appena avremo finito di visitare questa parte dello zoo, ci concederemo una pausa al fast food.»
Nonostante l'attenzione di Murasakibara fosse già rivolta in direzione del fast food, gli altri tre decisero – dopo un rapido scambio di sguardi – di raggiungere Himuro, intenzionato ad avviarsi lungo la strada opposta.
«Atsushi, andiamo?» Tatsuya gli sorrise, per poi dargli le spalle e cominciare ad incamminarsi verso la vasca delle lontre; Atsushi, dal canto suo, gonfiò le guance e se ne rimase a fissarli con il viso contratto in una smorfia amareggiata, cominciando a muoversi solamente quando anche gli altri tre gli diedero le spalle, – di fatto negandogli definitivamente la loro attenzione –.
Sorpassata la vasca delle lontre, la voliera consacrata ai gufi e quella contenente rapaci diurni come aquile e falchi, Fukui balzò in avanti e si voltò verso il gruppo con le labbra increspate in un sorrisetto entusiasta.
«Fra poco c'è la foresta delle tigri, vero?» Liu adorava le tigri, gli ricordavano la sua terra, e quindi il suo sguardo, seppur per un solo istante, parve illuminarsi.
Himuro, al quale Fukui aveva lasciato la cartina dello zoo, diede una rapida occhiata per assicurarsi che fosse così, infine annuì e, non appena Murasakibara sbuffò sonoramente, rivolse la propria attenzione alla sua sinistra.
«Le tigri, eh?»
«Sì, perché? Non ti piacciono le tigri, Atsushi?»
Murasakibara aggrottò leggermente la fronte e sfiatò rumorosamente.
«Diciamo che mi ricordano qualcuno.» poi gli porse la mano, cambiando l'oggetto del proprio discorso «Muro-chin, almeno dammi le caramelle.»
Lo sguardo di Himuro guizzò dalla sua mano al viso disteso e pallido, soffermandosi sullo scintillio flebile racchiuso fra le palpebre diafane e le ciglia sottili; Murasakibara restò in silenzio e piegò le dita delle mani, per poi distenderle in un rapido movimento che si ripeté almeno un paio di volte e con il quale non voleva fare altro che incitarlo ad aprire lo zaino e ad estrarre quanto richiesto.
Forse allarmati dall'improvviso silenzio, Fukui e Okamura si voltarono verso di loro e, incontrato lo sguardo di Himuro, non persero occasione di annuire, come a concedergli il permesso di accontentare la richiesta lagnosa dell'altro – dopotutto era molto probabile che, con la bocca piena, il centro della squadra avrebbe smesso di fare domande e di lamentarsi –.
Non appena Himuro gli porse il pacchetto di caramelle e Murasakibara ebbe strappato la carta plastificata con uno strattone concitato, ripresero a camminare e attraversarono un viale asfaltato piuttosto lungo, fermandosi solamente quando giunsero davanti a estese pareti di vetro al di là delle quali era riprodotto un ambiente molto simile ad una foresta indiana.
Restarono tutti incantati non soltanto dal corpo massiccio e dal manto lucido di una tigre che riposava su un grosso ramo che all'estremità pareva quasi ripiegarsi su se stesso e attorcigliarsi in spirali continue, ma anche da una particolare tonalità di verde che si trovava nelle fronde sottili degli alberi, nelle felci che traboccavano impetuose dalle grosse radici dischiuse e, infine, nel muschio, che attraversava i tronchi scuri e divorava le cortecce. Era un verde così brillante da apparire ai loro occhi come una grossa bolla di colore piena di luce liquida, e bastava pizzicarne la superficie perché il giallo del sole sgorgasse copioso e cospargesse l'etere biancastro di tanti piccoli frammenti di topazio e smeraldo.
La contemplazione di Himuro fu la prima ad essere interrotta, perché Murasakibara si sistemò così vicino a lui che finì per costringerlo a scansarsi di un passo, quindi la guardia tiratrice dello Yousen si voltò verso di lui e gli rivolse un sorriso. Sorriso che scomparve non appena notò la sua fronte corrugata, gli occhi assottigliati e la mandibola in continuo movimento, impegnata a dilaniare un paio di caramelle gommose.
«Atsushi?»
«Quella tigre mi guarda male.»
«Eh?» Tatsuya rivolse una rapida occhiata oltre lo spesso strato di vetro, soffermandosi per un istante sull'animale incriminato e poi tornando a rivolgere la propria attenzione ad Atsushi.
«Non mi sembra che abbia uno sguardo diverso dalle altre...»
«No, Muro-chin, ti dico che mi sta guardando male.» Murasakibara sbuffò nervosamente e cominciò a borbottare «voglio distruggerla, mi ricorda così tanto–»
«Ragazzi!» Himuro lo interruppe e gli altri tre, ancora incantati da quella miscela di colori vivaci, sobbalzarono, presi alla sprovvista dall'esclamazione improvvisa di quest'ultimo «andiamo avanti?»
«Che cosa c'è adesso?» Okamura fu il primo a scostarsi dal vetro, seguito a ruota da Fukui e Liu.
«Se non sbaglio dovrebbero esserci i gibboni.»
«Che cos'è un gibbone, Muro-chin?»
«Scimmie.»
«Oh.»


«Muro-chin, ho finito le caramelle, ma ho ancora fame.»
Tatsuya sfiatò rassegnato ed estrasse un secondo pacchetto di caramelle dallo zaino, porgendolo ad Atsushi, che lo aprì senza battere ciglio.
«Atsushi, non stare così vicino alla gabbia.»
«Mhn? Himuro ha ragione.»
Murasakibara rivolse un'occhiata silenziosa a Himuro e poi ad Okamura, ma non mosse un muscolo e infilò la mano nel pacchetto di caramelle, per poi estrarne una manciata e riempirsi la bocca.
«Perché non dovrei stare qui?» biascicò, fissando con indifferenza i due che gli avevano appena raccomandato di allontanarsi dalla rigida rete di maglie metalliche.
Himuro schiuse le labbra per parlare, ma riuscì a malapena a respirare quando vide un braccio ricoperto di pelo marroncino ed una mano dalle dita molto lunghe e affusolate strappare il pacchetto di caramelle dalle mani di Murasakibara.
«Eh?» Atsushi sbarrò gli occhi e mosse appena le dita, come se facesse fatica a credere che il pacchetto di caramelle fosse sparito all'improvviso da sotto il suo naso.
Murasakibara boccheggiò e rivolse il proprio sguardo sconsolato ad Himuro.
«Dove sono le mie caramelle?»
Quindi seguì il dito indice di Okamura e restò a fissare sbigottito – e inorridito – il gibbone che, con il suo pacchetto di caramelle stretto fra le mani, balzò su un ramo e si volse verso di loro con i denti appuntiti digrignati in una smorfia.
«Mi ha...» Murasakibara si gettò contro l'inferriata e cercò di scuoterla, seppur con scarsi risultati «mi ha rubato le caramelle!»
«Atsushi, calmati.»
«Ma... Muro-chin! Quella scimmia mi ha rubato le caramelle!»
Himuro adagiò lo zaino a terra e frugò al suo interno, mordendosi il labbro inferiore non appena si rese conto che non c'erano altri pacchetti di caramelle.
«Atsushi, ho le patatin–»
«Non voglio le patatine.» Murasakibara strinse i denti e quasi parve ringhiare «voglio solo distruggere quella scimmia!»
«Troveremo sicuramente delle caramelle qui, non preoccuparti.» Okamura cercò di placare i capricci di Murasakibara.
«Ma io voglio le mie caramelle!»
Il capitano rivolse un'ultima occhiata ad Himuro, per poi dirigersi alla ricerca di Fukui e Liu, nella speranza che uno di loro avesse delle caramelle uguali a quelle che Murasakibara si era appena lasciato rubare.
Himuro riprese a parlare solamente quando vide Okamura scomparire.
«Senti, Atsushi, perché non proviamo ad attirarla qui?»
Murasakibara annuì appena, ma restò immobile e si limitò a fissare Himuro che, dopo aver estratto un pacchetto di patatine dallo zaino, cominciò a scuoterlo ad un paio di centimetri dal metallo freddo della gabbia.
Un cigolio improvviso fece gridare la scimmia, che senza lasciare il pacchetto di caramelle balzò su un ramo più alto e sparì tra le fronde scure; Murasakibara, dal canto suo, si voltò in direzione del rumore udito in precedenza e focalizzò la propria attenzione su quello che, vestito di una tuta impermeabile di colore grigio sulla cui schiena campeggiava il logo dello zoo, doveva essere uno degli uomini che si occupavano delle pulizie delle gabbie e del nutrimento degli animali.
Dopo quasi un minuto passato a scuotere il pacchetto di patatine, Himuro sospirò e si chinò per sistemarlo all'interno dello zaino.
«Mi dispiace, Atsushi. Quando torneremo a casa ti accompagnerò a comprare tutte le caramelle che vuoi, ma... Atsushi?» Himuro smise di parlare non appena, sollevato il viso, si rese conto dell'assenza dell'altro.
Si raddrizzò in fretta e si sistemò lo zaino sulle spalle, ma non fece in tempo a mettere a fuoco i visitatori che gli stavano di fronte, perché la voce di Fukui lo deconcentrò e lo costrinse a voltarsi.
«Cosa c'è?»
«Dovresti vedere Mentorilla!» Fukui accennò una risata e gli afferrò il braccio «ha trovato i suoi simili! Andiamo!»
«Ah-! Aspetta, Atsushi–» Tatsuya non riuscì ad opporsi, e non soltanto per la stretta insistente di Fukui, ma anche a causa della folla rumorosa che li circondava.


«Siete identici.» Liu annuì appena, tenendosi ad un metro di distanza dalla spessa vetrata in modo da poter osservare meglio Okamura e il gorilla che li fissava da circa un paio di minuti.
«Non è vero!» Okamura, dal canto suo, piagnucolò e si voltò con la schiena leggermente ingobbita, le braccia penzoloni e i pugni chiusi.
«Siete proprio due gocce d'acqua!» Fukui, seguito a ruota da Himuro, li raggiunse e con le labbra increspate in un sorrisetto sornione si affiancò a Liu.
«Himuro, almeno tu!» il capitano continuò a piagnucolare «non siamo uguali, vero?!»
Nonostante fosse preoccupato per Murasakibara, Himuro si sforzò di guardare Okamura e il gorilla e si sorprese nel vedere quanto fossero simili.
«Beh, ecco...» quindi forzò un sorriso, trattenendo una risata nervosa.
«Ah! Anche tu pensi che io sia un gorilla!» ormai giunto all'esasperazione, Okamura si inginocchiò e batté i pugni per terra, sul punto di versare una cascata di lacrime amare.
«Dov'è Murasakibara?» appena Liu parlò, Himuro si mise sull'attenti e, senza badare ai singhiozzi sguaiati di Okamura, rispose.
«Eravamo ancora di fronte alla gabbia dei gibboni, mi sono distratto un momento ed è scomparso nel nulla.»
«Proprio come un bambino...» Fukui sfiatò sommessamente e si voltò verso Okamura «ehi Mentorilla, abbiamo perso Murasakibara!»
«S-smettetela di chiamarmi così!»
«Avanti, smettila di piagnucolare e rimettiti in piedi! Dobbiamo tornare indietro!»


«Non hai visto neppure in che direzione è andato?» Okamura, ormai reduce delle sevizie dei compagni, si affiancò ad Himuro e continuò a guardare da una parte all'altra, voltando il capo con movimenti rapidi e irregolari.
«No, stavo cercando di attirare la scimmia.» anche Himuro cominciava ad avvertire una certa antipatia verso quell'animaletto, ma quando transitarono di fronte alla gabbia dei gibboni non guardò neppure al suo interno, tanto era concentrato a cercare Murasakibara tra la folla.
Sembrava non ci fosse traccia del centro dello Yousen, e il che era ridicolo considerando che era un gigante con un colore di capelli decisamente discutibile.
«Ragazzi?» Fukui richiamò la loro attenzione, indicando la gabbia dei gibboni «penso di averlo trovato.»
Appena volsero la loro attenzione alla gabbia, restarono senza fiato.
«Ditemi che non è vero.» solo Himuro, dopo qualche istante di esitazione, riuscì a parlare.
«Temo che sia proprio lì dentro, invece.» Fukui increspò le labbra in un sorriso nervoso.
«Dovremo andare a riprenderlo...» Liu sfiatò, massaggiandosi la radice del naso con un movimento circolare di pollice e indice.
«Io lo lascerei lì ancora per un po', sapete?» Fukui controbatté.
«Sarà piuttosto imbarazzante, ma per il nostro asso questo ed altro, giusto?» Okamura, dal canto suo, accennò una risata e restò ad osservare Murasakibara che, seduto su uno dei rami più bassi con il pacchetto di caramelle fra le mani, si stava lasciando spidocchiare da una scimmietta appollaiata sulle sue spalle senza battere ciglio.

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Capitolo 6
*** Rakuzan; La bellezza & la Bestia ***


Autore: Neu Preussen
Titolo: A False Replace that Pretends to Be Original
Personaggi: nella raccolta sono presenti Kuroko Tetsuya; Kagami Taiga; Kiyoshi Teppei; Hyuuga Junpei; Izuki Shun; Aida Riko; Kise Ryouta; Kasamatsu Yukio; Moriyama Yoshitaka; Hayakawa Mitsuhiro; Kobori Kouji; Midorima Shintarou; Takao Kazunari; Miyaji Kiyoshi; Outsubo Taisuke; Kimura Shinsuke; Aomine Daiki; Momoi Satsuki; Imayoshi Shouichi; Wakamatsu Kousuke; Sakurai Ryou; Murasakibara Atsushi; Himuro Tatsuya; Okamura Kenichi; Fukui Kensuke; Liu Wei; Akashi Seijuurou; Mayuzumi Chihiro; Mibuchi Reo; Nebuya Eikichi; Hayama Kotarou e, per una minuscola particina, Hanamiya Makoto.
Nella one shot che segue sono presenti Akashi Seijuurou; Mayuzumi Chihiro; Mibuchi Reo; Nebuya Eikichi e Hayama Kotarou.
Pair: nella raccolta sono presenti minuscoli accenni KagaKuro, ImaMomo, ImaHana, AoMomo e MayuAka.
In questa one shot sono inseriti alcuni accenni MayuAkA.
Bonus utilizzati: Mayuzumi Chihiro; Hanamiya Makoto e... non so se l'ImaMomo si possa considerare un Crack!Pair ;3;
Tipologia: rari e minuscoli accenni yaoi ed het
Generi: commedia
Avvertimenti: raccolta di one shot
Note: //
Nda: Non voglio anticipare nulla, quindi leggete e poi tornate all'nda!
Fino ad ora non avevo mai scritto di Hayama, Mibuchi e Nebuya, ma non mi hanno spaventata come i membri dello Yousen, anzi, in verità mi sono divertita parecchio!
Innanzitutto vorrei scusarmi qualora vi fosse qualche irregolarità. Mi spiego meglio: non so quasi nulla sui centri estetici e su come funziona la ceretta (visto che ricorro a modi più “spartani” ed economici), quindi mi sono fatta spiegare alcune cose da un'amica e mi sono documentata su alcuni trattamenti, ma ovviamente non posso considerarmi un'esperta ed è molto probabile che abbia sbagliato qualcosa!
L'idea è nata perché nel Kuro Fes! è stato dichiarato che Nebuya ha un debole per le ragazze sadiche, e non che Chiyo lo sia, ma agli occhi di Eikichi appare così a causa del dolore che gli provoca la ceretta: ecco spiegato il perché della sua reazione insolita!
Nelle parti in cui mi sono concentrata su Akashi e Mayuzumi, i dialoghi di Hayama, Mibuchi e Nebuya sono stati scritti in corsivo per dare l'idea dell'“ovattato”; “Pure Heart” e “Treble Clef” (che rispettivamente significano: “Cuore puro” e “Chiave di violino” sono titoli puramente inventati); nelle righe consacrate a Mayuzumi si parla spesso di “capitoli”, questo perché ho voluto in qualche modo richiamare il suo essere scrittore in “Gli occhi del Diavolo”, la AU che ho realizzato per la prima edizione di questo contest.
Ebbene, la raccolta si conclude qui! Ringrazio di cuore tutti quelli che mi hanno seguita in questa piccola – e delirante – avventura! >u<




La bellezza & la Bestia





Mayuzumi non capiva il motivo del perché, dopo aver passato due anni a guardarlo dall'alto in basso, quei tre avessero deciso di coinvolgerlo in una vicenda che, a dover essere sinceri, gli stava anche più stretta di quanto aveva immaginato.
Mibuchi aveva confabulato con Hayama e Akashi, poi si era avvicinato a lui e aveva cominciato a parlare della cerimonia di fine anno che si sarebbe tenuta di lì ad una settimana, – non che Mayuzumi fosse riuscito a comprendere ogni parola del suo sproloquio, talmente era assorto nei propri pensieri, ma aveva intuito che forse, dopo tanto tempo passato ad escluderlo e a reputarlo inferiore a tutti loro, avevano deciso, a pochi giorni dall'addio, di essere gentili con lui, probabilmente per il mero e vigliacco desiderio di mettersi la coscienza a posto –.
Mibuchi aveva avuto la brillante – solo Hayama aveva avuto il coraggio di definirla così – idea di farsi belli per la cerimonia di fine anno, e quindi, escludendo le resistenze di Nebuya, che aveva domandato loro se al posto di recarsi in un centro estetico non sarebbe stato meglio passare una serata alla steakhouse vicino a casa sua, erano riusciti a fissare l'ora e il luogo dell'appuntamento.
Mayuzumi aveva pensato che se fra loro c'era qualcuno che doveva farsi bello, quello era proprio lui, perché dopotutto era giunto alla sua ultima settimana al Rakuzan, quindi avrebbe dovuto dire – finalmente – addio ai suoi kouhai e, certamente, non avrebbe rimesso mai più piede in quella scuola, di conseguenza era molto probabile che non si sarebbero mai più incontrati, tuttavia era stato il primo che, una volta arrivati al centro estetico, si era sistemato su una delle sedie poste in sala d'attesa e di lì non si era più mosso, come se il busto fosse divenuto un tutt'uno con lo schienale rigido e freddo.
Aveva detto di sì perché aveva colto nello sguardo di Akashi uno sconcerto ed uno scetticismo piuttosto eloquenti, il che gli aveva fatto pensare che non doveva essere il solo a non comprendere l'esigenza di passare un intero pomeriggio chiusi in un centro estetico a farsi ricoprire la faccia di creme o chissà cos'altro.
E poi aveva detto di sì perché gli era sembrata una buona occasione per passare un po' di tempo con il nuovo Akashi, quello conosciuto subito dopo la finale della Winter Cup e con cui si sentiva decisamente più a suo agio e meno arrabbiato, ma si trattava di una ragione così ovvia e naturale che in verità, almeno inizialmente, non aveva preso neppure in considerazione l'idea che accettare quella proposta gli avrebbe permesso di trascorrere qualche ora in più con il ragazzo per cui nutriva un simile interesse.
Il nuovo Akashi, dal canto suo, sembrava apprezzare molto la compagnia silenziosa di Mayuzumi e, in particolare, era infinitamente attratto dall'idea che il suo senpai non gli fosse devoto come tutti gli altri e che quindi non gli ricordasse, ogni volta che si presentava l'occasione, che fino a poco tempo prima era stato sopraffatto dalla sete di vittoria.
Con grande sorpresa di Mayuzumi, che però se ne guardò bene dal mostrare il proprio sgomento e continuò a osservare con aria disinteressata la light novel che teneva spalancata sotto il naso, Akashi prese posto accanto a lui, rivolgendo immediatamente la propria attenzione agli altri tre.
«Ma come, Sei-chan? Non vieni con noi?»
La voce di Mibuchi fu per Mayuzumi uno stridio fastidioso, tanto che per un istante contrasse le labbra in una smorfia: era ridicolo che gli avessero chiesto di unirsi a loro, soprattutto perché lo stavano ignorando un'altra volta e nessuno sembrava dispiaciuto che lui, proprio come Akashi, avesse deciso di restarsene in sala d'attesa.
«Vi raggiungerò più tardi, se non vi dispiace.» Akashi rispose educatamente, increspando le labbra in un minuscolo sorriso cortese che Mibuchi accolse con un rapido cenno di assenso.
«Beh, allora...» Nebuya spalancò la bocca ed emise un flato roco «muoviamoci.»
«Ti pare il caso?» Reo, dal canto suo, si voltò e lo fulminò con lo sguardo «ti ricordo che siamo in un centro estetico.»
«Sì, sì.» Nebuya aggrottò leggermente la fronte e gli sventolò la mano davanti al viso, quasi a volergli intimare di stare zitto, ma ciò che ottenne in cambio fu una seconda occhiataccia da parte del vice capitano del Rakuzan.
«Allora?! Che cosa facciamo, Reo-nee?» la disputa, però, fu improvvisamente interrotta dalla voce vagamente acuta di Hayama, che, rumoreggiando, si insinuò fra i due con le labbra increspate in un grande sorriso.
Reo, che ostentava ancora un'espressione sdegnosa nei confronti di Eikichi, non degnò Kotarou neppure di uno sguardo e, avanzando qualche passo verso la porta scorrevole di vetro zigrinato che si trovava alla destra del bancone di legno chiaro, dove una giovane ragazza sorridente passava gran parte del tempo al telefono per fissare gli appuntamenti o spiegare ai nuovi clienti i trattamenti proposti dal centro, chiese loro di seguirlo con la voce vagamente arrochita per il nervoso che scaturiva in lui ogniqualvolta il centro del Rakuzan dava sfoggio della propria personalità rude.


La madre di Reo era una cliente abituale di quel centro estetico da prima che lui nascesse, quindi il vice capitano del Rakuzan si era approcciato all'ambiente già tre o quattro anni prima, quando la signora Mibuchi aveva deciso di trascinarlo con sé per avere qualcuno che le tenesse compagnia durante i trattamenti più lunghi, di conseguenza conosceva quel luogo come le sue tasche e aveva molta confidenza con i ragazzi e le ragazze che vi lavoravano. In effetti fu proprio Mibuchi a dare le direttive alle due ragazze di turno, – se non ricordava male si chiamavano Nariko e Shizuka – , che misero immediatamente a disposizione dei tre la stanza per il bagno di vapore.
«Reo-nee! Dopo facciamo i massaggi?!» al contrario di Nebuya, che non sembrava affatto a suo agio in quell'ambiente e continuava a guardarsi intorno senza fiatare, Hayama non era minimamente preoccupato e, anzi, saltellò accanto a Mibuchi finché non giunsero nella stanzetta adiacente alla sauna.
«A te serve un trattamento viso.» Reo negò con un rapido cenno del capo e Kotarou increspò le labbra in una piccola smorfia, affranto da quella notizia «credo che quello per pelli sensibili andrà bene per entrambi.»
«Entrambi?» Nebuya, impegnato a sfilarsi i pantaloni, inarcò un sopracciglio e rivolse un'occhiata interrogativa a Mibuchi, che sfiatò sommessamente e gli indicò le gambe nude con un rapido cenno della mano.
«Tu hai bisogno di una ceretta, dico davvero.»
«Cosa?» Eikichi osservò le proprie gambe, per poi rivolgergli un'occhiata repentina «ma le partite ufficiali sono finite e‒»
«Non puoi andare in giro con quelle gambe da scimmione.»
Hayama scoppiò a ridere e, tra un singhiozzo e l'altro, riuscì a pronunciarsi a favore di Mibuchi.
«Parliamoci chiaro...» Nebuya riprese, avvicinandosi un poco alla guardia tiratrice del Rakuzan «le ragazze che si occupano della ceretta come sono?»
«Sono tutte molto carine.» Mibuchi protese le labbra ed emise uno sbuffo sommesso.
Nebuya si massaggiò il mento e restò in silenzio per qualche istante, per poi chiudere gli occhi ed inspirare profondamente.
«E va bene, allora vada per la ceretta.»


Hayama aveva insistito per restare nella sauna per almeno altri dieci minuti – ignorando completamente le rimostranze, le raccomandazioni e le frasi ipotetiche sortite dalla bocca di Mibuchi in proposito –, e ciò aveva sconquassato la tabella di marcia del vice capitano del Rakuzan, che quindi si era deciso per un trattamento viso idratante, a detta sua necessario anche per Nebuya.
Dopo venti minuti di trattamento, una ragazza del personale aveva condotto Mibuchi e Nebuya in una stanzetta dall'aria sterile, adiacente all'ingresso, e li aveva pregati di attendere la propria collega.
Eikichi aveva grandi aspettative nei confronti della collega che presto li avrebbe raggiunti, perciò, non appena la maniglia scattò e si abbassò, si mise sull'attenti, rigido, con gli occhi ben aperti e le labbra schiuse, contratte in un sorriso quasi impercettibile.
Hayama, con i capelli ancora arruffati per l'umidità scaturita dal vapore, un asciugamano bianco legato in vita e due fette di cetriolo sospese poco più sopra degli occhi, trattenute dalle dita delle mani, varcò la soglia e li salutò a gran voce, deludendo, di fatto, le aspettative di Nebuya, che sbuffò nervosamente e rivolse una mesta occhiata alle pantofole bianche e ingombranti che gli avevano messo ai piedi.
«Kotarou, si può sapere cosa ci fai mezzo nudo? Dovresti metterti l'accappatoio.» Reo borbottò, ma in cuor suo fu abbastanza sollevato di vedere che la pelle dell'altro non era arrossata e che, quindi, non aveva risentito dell'esposizione prolungata al vapore, tuttavia, non appena diede un'occhiata all'orologio da parete, tornò a rivolgersi a lui con tono sprezzante.
«E poi che ci fai qui? Il trattamento viso non è certo così breve!»
«Sono scappato.» Hayama rispose seriamente, facendo ondeggiare le sottili fette di cetriolo davanti ai propri occhi.
«Come sarebbe a dire ch‒»
«Mi annoiavo!» rosicchiò una delle fette di cetriolo, ma le sue labbra si contrassero in un'immediata smorfia di disgusto «tieni, Reo-nee! A me fanno schifo!»
Mibuchi si ritrovò con una fetta di cetriolo sul palmo della mano, quindi sbuffò esasperato e la gettò immediatamente nel cestino, appena pochi istanti prima dell'ingresso di una delle ragazze che conosceva meglio e che corrispondeva al nome di Chiyo.
La ragazza si profuse in un inchino silenzioso, indirizzò un saluto educato a Reo e rivolse almeno un paio di occhiate repentine a Kotarou, probabilmente chiedendosi perché vi fosse un ragazzo coperto solo da un asciugamano in quella stanza e, soprattutto, perché la stesse fissando in quel modo, con quel sorrisetto spavaldo stampato in volto.
«I signori hanno richiesto una ceretta alle gambe, vero?»
Nebuya, che sembrava essere rimasto particolarmente colpito dalla figura minuta e dalla voce serafica di Chiyo, alzò la mano e fece un passo avanti.
«Io! Devo farla io!»
Hayama, dal canto suo, balzò sul lettino opposto a quello dove Chiyo avrebbe presumibilmente fatto accomodare il centro del Rakuzan, mentre Mibuchi si limitò a farvi aderire la schiena per utilizzarlo come sostegno.
Per tutta la durata dell'operazione, Mibuchi e Hayama restarono in silenzio – in particolare quest'ultimo, contemplò la maestria che la ragazza dimostrò nello spalmare la cera tiepida lungo le gambe dell'altro e nell'applicarvi le strisce che sarebbero servite per mettere in atto la ceretta –.
Nonostante Chiyo si fosse prodigata per informare Nebuya che di lì a pochi secondi avrebbe cominciato a strappare le strisce, quando procedette con la prima il ragazzo emise un urlo così sguaiato che Mibuchi si portò le mani alle orecchie e Hayama, anche se solo per un istante, smise di sfoggiare il proprio sorrisetto sornione.
Quelli che erano singulti di dolore, però, sembrarono tramutarsi in qualcosa di molto diverso, come sommessi gemiti di goduria, tanto che Chiyo ebbe un istante di esitazione e procedette solamente quando fu proprio Nebuya a chiederle di continuare.
Al secondo strappo, divenne tutto molto più evidente.
«Ah! Sì! C-così mi piace, sì!»
Chiyo si irrigidì, Hayama si sporse in avanti e le sue labbra furono scosse da un fremito; Mibuchi aggrottò la fronte in un cruccio e si sentì scuotere da un brivido di freddo.
«Strappa con più forza!» Nebuya, dal canto suo, sembrava averci preso gusto e se ne stava disteso sul lettino, sbraitava con le labbra increspate in un piccolo sorriso e spesso le schiudeva e si lasciava scappare sospiri tremanti e vagamente accaldati.


«Così! S-sì! Ahh!»
La voce di Nebuya, nonostante suonasse ovattata a causa – ma in quel caso era meglio dire grazie – alla parete che separava l'ingresso dalle stanze dedicate ai vari trattamenti, giunse un'altra volta alle loro orecchie.
Mayuzumi si sentì avvolgere dall'ennesimo brivido e si ritrovò, seppur con grande fatica, a deglutire un paio di volte, per cercare di reprimere quello che gli parve proprio un conato di vomito.
Akashi, che come lui se n'era rimasto in silenzio per tutto il tempo e aveva colmato quella bizzarra intimità con il costante fruscio delle pagine del libro che stava leggendo, si alzò all'improvviso.
«Mayuzumi-san, ho voglia di un tè.»
Chihiro abbassò la light novel e sollevò il proprio sguardo verso il più piccolo, lo fissò in silenzio, piacevolmente sorpreso dal fatto che si fosse appena alzato e avesse pronunciato una frase simile per cercare di sfuggire all'eco della goduria di Eikichi, quindi increspò le labbra in un sorriso quasi impercettibile e, chiuso con un tonfo sordo il romanzo illustrato che stringeva fra le mani, lo raggiunse.
«Andiamo.» quindi si limitò ad acconsentire a voce bassa: dopotutto un tè caldo non era una cattiva idea, visto che Nebuya gli aveva fatto gelare il sangue.


Forse il nuovo Akashi gli sarebbe mancato per davvero, una volta concluso il capitolo che vedeva protagonista la squadra composta da tre generali senza corona, capitanata da un imperatore e all'interno della quale si poteva scorgere anche quello che era stato fatto passare per nuovo modello di uomo fantasma. Mayuzumi era quasi certo che l'aver conosciuto il nuovo Akashi solo per quel periodo di tempo estremamente limitato avrebbe lasciato in lui un rimpianto così grande da renderlo molto presto più scontroso e diffidente di quanto non fosse mai stato, ma in cuor suo sapeva quanto poco rappresentasse per il capitano della squadra, per cui non si sarebbe stupito se per caso non fosse mai più riuscito a rileggere anche solo una riga del lungo capitolo scritto al Rakuzan.
«Ah, Mayuzumi-san‒»
La voce imperturbabile e vagamente tagliente di Akashi lo riportò alla realtà, quindi Mayuzumi, seppur restando in silenzio, gli rivolse la propria attenzione.
«Ho quasi finito di leggere Pure Heart, cercherò di restituirtela in settimana.»
Mayuzumi non disse nulla e si limitò ad annuire con un rapido cenno del capo: avrebbe ricordato con piacere il fatto che lui e Akashi, seppur per poco tempo, avevano cominciato a leggere l'uno le light novel e l'uno i romanzi dell'altro, a trattarli come se fossero stati loro e a restituirli in tempi brevi e condizioni ottimali al legittimo proprietario, ovviamente scambiando opinioni sulle storie contenute in quelle pagine.
«Però ho la netta sensazione che il finale non sarà soddisfacente come quello di Treble Clef
«No, infatti.»
«La protagonista mi sembra un po'...»
«Sciatta
Akashi restò in silenzio per qualche istante, per poi increspare la labbra in un piccolo sorriso.
«Esatto.»
Mayuzumi, dal canto suo, decise di rivolgere la propria attenzione all'insegna di un locale che si trovava ad appena una quindicina di metri dal centro estetico e che, almeno esternamente, sembrava essere molto tranquillo e accogliente.
«Ci fermiamo qui?»
«Sì.»
Akashi lo seguì e riprese a parlare solamente dopo che si furono sistemati al tavolo.
«Mayuzumi-san?»
«Che c'è?»
«Avrei piacere di prestarti i miei romanzi anche dopo la cerimonia di fine anno.»
Chihiro sentì il respiro addensarsi e solidificarsi in gola, gli si incastonò nella bocca come un macigno di pietra e, per almeno qualche istante, gli impedì di parlare.
«E io... io dovrò prestarti le mie light novel?» non riuscì a dire altro, ma Akashi non sembrò considerare quella domanda rude, né reputare il suo tono di voce troppo aggressivo.
«Solo se ti va, ovviamente.»
Mayuzumi restò di nuovo in silenzio, quindi protese il capo all'indietro per un istante e schiuse le labbra, sospirando in segno di resa: continuare a prestargli le proprie light novel e a prendere in prestito i suoi romanzi significava soltanto una cosa, ovvero che sarebbero stati costretti a tenersi in contatto anche dopo la fine della sua carriera al Rakuzan.


A Chiyo non doveva mai essere capitato niente del genere, non che Mibuchi, negli scorsi anni, avesse mai sentito parlare di un uomo che reagisse alla ceretta come se stesse facendo sesso.
Anche una persona vivace ed euforica come Hayama, a dirla tutta, aveva abbandonato il riso ed assunto un'espressione angosciata, infine aveva stuzzicato Mibuchi con un paio di gomitate, come a supplicarlo di intervenire.
«Chiyo-san?» dopo aver riflettuto per qualche istante, Reo decise di intromettersi per davvero, rivolgendo un sorriso affabile alla ragazza che, visibilmente imbarazzata, aveva esitato così tanto da permettere alla cera di raffreddarsi e rapprendersi.
«Posso pensarci io, se vuoi.» dopotutto Mibuchi conosceva bene il procedimento e, proprio al centro estetico, gli avevano fatto notare molto spesso il fatto che possedesse mani delicate ed un tocco incredibilmente leggero, quindi era sicuro che nonostante fosse un giocatore di basket alto un metro e ottantotto centimetri non avrebbe avuto alcun problema a rimpiazzare una ragazza carina e minuta come Chiyo.
«Mibuchi-san...» la ragazza esitò, rivolgendo una rapida occhiata alla cera rappresa e alla gamba destra di Nebuya, ancora ricoperta di peli ispidi e ondosi: accettare che un cliente si occupasse di un altro al posto suo non sarebbe stato affatto dignitoso, ma dopotutto sapeva che non sarebbe riuscita a svolgere il proprio lavoro in modo impeccabile se quel ragazzo avesse continuato ad esternare il proprio piacere ad ogni strappo.
«Se lei fosse davvero disposto a prendere il mio posto, le sarei infinitamente grata.» Chiyo parlò tutto d'un fiato, inchinandosi in segno di gratitudine.
«Lascia fare a me, Chiyo-san.» Reo, dal canto suo, ampliò un poco il sorriso.
«Ma come? Dove va?» Nebuya, ancora steso sul lettino, protestò, quindi Chiyo accelerò il passo e lasciò immediatamente la stanzetta.
«Sei davvero imbarazzante.» Reo gli schiaffeggiò la gamba glabra e Nebuya, ancora succube del bruciore della ceretta, sobbalzò appena.
«Ti posso aiutare, Reo-nee?»
«Scalda la cera, la temperatura non deve essere troppo alta...» Mibuchi rispose distrattamente, perché Nebuya protestò di nuovo e gli parlò sopra, ma Hayama afferrò ugualmente la lattina – che, essendosi raffreddata, Chiyo aveva sorretto per qualche minuto con la mano e poi adagiato ai piedi del lettino – e dopo averla sistemata all'interno del fornello scaldacera premette un paio di tasti più e più volte, finché l'aggeggio non si accese.
«Io voglio la ragazza, non voi due!»
«La sensazione sarà identica a quella di prima.»
Nebuya grugnì sommessamente, vittima di un cattivo presagio: sarebbe davvero stata identica? Dopotutto a lui piacevano le donne sadiche, non gli uomini.
«Reo-nee! Credo sia pronta!» Hayama esordì pochi istanti dopo e spense lo scaldacera, quindi Mibuchi immerse la spatola azzurra al suo interno; Nebuya, ormai convinto che la sensazione sarebbe stata esattamente la stessa di prima, prese una grande boccata d'aria e chiuse gli occhi, ma li spalancò non appena percepì la cera rovente a contatto con la pelle.
«Toglila! Toglila!» Eikichi strepitò, con la voce alterata dal dolore «tirala via! Brucia!»


«Ma a quanti gradi hai messo il fornello?!»
«Io vi ammazzo!»
«Io volevo soltanto aiutarti, Reo-nee!»
«Vi ammazzo! Tutti e due!»
Mayuzumi e Akashi si arrestarono sulla porta del centro estetico e restarono in ascolto degli urli di Nebuya – ben diversi dai precedenti – e del dialogo concitato di Hayama e Mibuchi, per poi rivolgere un'occhiata stranita alla ragazza dietro il bancone, che rivolse loro un sorriso nervoso.
«Mayuzumi-san...»
«Prendiamo un altro tè?»
Akashi stava per chiedergli se non fosse stato meglio andare a controllare, ma non appena si voltò verso di lui, con gli strilli sguaiati di Nebuya che ancora gli tuonavano nelle orecchie, sorrise e acconsentì alla sua proposta con un rapido cenno del capo.

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