40 anni vergine

di ELE106
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 [Vergine] ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 [Ancora vergine] ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 [Vergine] ***


Disclaimer: Sherlock e John non mi appartengono (anche perché, altrimenti, ve ne accorgereste di certo), questa è una storia di fantasia, l’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.



 
40 anni vergine

 


Capitolo 1.
[Vergine]




Ci sono poche cose certe, al mondo.
Una, è che moriremo tutti (con l’unica variabile del come e quando).
L’altra, è senza dubbio la stupidità altrui.
A Sherlock è sempre piaciuto essere definito macchina, soltanto perché è oltremodo gratificante non sentirsi accomunare col resto del genere umano.
Tolto tutto quello che è il significato emotivo del termine (al quale non ha mai dato molta importanza -e si vede), essere associato ad una macchina, alle sue orecchie suona meravigliosamente come un complimento.

Splendido.

*

Se qualcuno dovesse chiedergli da dove arriva tanto disprezzo, Sherlock risponderebbe che dipende sostanzialmente dal suo Q.I. e dall’improbabilità di trovarsi di fronte qualcuno che vi si avvici anche minimamente.
Dall’età di tre anni circa, se ben ricorda, Sherlock giudica il resto dell’umanità parecchi gradini al di sotto di sé.
In generale, le persone comuni gli sono totalmente indifferenti. Con taluni di loro è costretto ad interagire quotidianamente (purtroppo), per cui ha sviluppato una sorta di apatia nei loro riguardi.
Ma deve ammettere di essersi imbattuto, nel corso della sua esistenza, in un certo qual numero di eccezioni (perlopiù in senso negativo) in merito a cui, però, il suo interesse si è esaurito in meno di 24 ore, trascorse le quali è tornato ad ignorarle.

Noiose.

*

La stupidità altrui è quindi lo scoglio, lo zoccolo duro, la bestia nera che si erge mostruosa ed inquietante tra di sé e anche solo l’idea di condividere un’ipotetica intimità con chiunque.
Perché il punto è che ci sono cose sulle quali, semplicemente, Sherlock non può passare sopra.
La futilità intrinseca in ogni argomento che gli altri giudicano importante, ad esempio.
Come si può sprecare un’esistenza intera intorno al sesso?
Questa. Questa è la vera domanda.

Ridicolo.

*

Quando Sherlock lo dice ad alta voce o anche solo lo lascia intendere, le persone lo guardano come fosse un alieno. O un essere vivente simile a loro ma mentalmente disturbato; cosa che in effetti, da un certo punto di vista, potrebbe corrispondere a verità.
È vergine. Punto.
Che mai ci sarà di tanto difficile da credere?
Sherlock non ha ancora quarant’anni ma li sente vicini. E questa... cosa del sesso non avrebbe la benché minima rilevanza, se solo la gente imparasse a farsi gli affari propri e si evitasse il disturbo di farne un problema.
Problema che, in realtà, per Sherlock non è mai stato tale.

Non si è fatto mai toccare da nessuno, né ha mai avuto il desiderio di toccare qualcuno.
E con questo?
È stato costretto, suo malgrado, ad essere abbracciato, baciato, preso per mano e quant’altro, ma non ha mai sentito il bisogno di concedere ad un... pesce rosso il permesso di possederlo. Non ne ha mai nemmeno posseduto uno e mai lo ha voluto.
Come si fa a nutrire desiderio sessuale per un pesce rosso?
Non è lui quello mentalmente disturbato, è il resto del mondo ad avere problemi gravi.

“... ma Sherlock, un uomo della tua età non può assolutamente essere vergine!”

Assurdità. E delle peggiori.
Con quale competenza si fanno affermazioni del genere?
Ci sono molti più quarantenni vergini di quanto si creda, Sherlock lo sa, riesce a dedurlo solo incrociandoli per le strade di Londra.
Se matematica e statistica non sono barzellette (e non lo sono), nel resto del mondo il numero deve variare di ben poco, rapportato a milioni di persone.
L’oltraggio vero, per lui, è che questo lo accomuni ad altri individui.
Lui, che è unico e solo e che lo è sempre stato.

Inaccettabile.

*

Comunque, se proprio deve, Sherlock ha sempre avuto la spiegazione precisa a questa sua quasi totale mancanza di interesse per l’intimità.

Il sesso lo spaventa.

Oh sì, è così! Per quanto si impegni a negarlo persino a se stesso (e che negherà fino all’ultimo respiro di fronte a suo fratello Mycroft, sia chiaro).
Il sesso lo terrorizza a morte perché comporta una dose decisamente troppo elevata di frenesia e confusione emotiva e mentale, nonché una quantità di fiducia incondizionata per un altro essere umano, che Sherlock non è mai stato in grado di concedere a nessuno.
L’intimità sessuale è una forma di abbandono, ed è proprio questo il problema. Il problema degli altri, ovviamente, perché lui non ha problemi. Proprio per niente.
È un fatto: una mente come la sua non si spegne a comando, non smette di lavorare quando è lui a deciderlo. Sherlock può fare molte cose grazie alla propria intelligenza, ma questa no, questa proprio non è mai riuscito a farla.

Mai.

*

Poi, un bel giorno: John Watson.

È un po’ misera come spiegazione ma non saprebbe come altro descrivere quanto è accaduto da quel giorno. Sospetta fortemente, infatti, che da allora (e per tutti i motivi che seguiranno) nel suo cervello sia in corso la decimazione progressiva e inarrestabile di un’allarmante quantità di neuroni attivi.
Le sue capacità cerebrali sono chiaramente in diminuzione, costantemente messe alla prova da una serie infinita di stimolazioni chimiche, che disintegrano la sua logica bombardandola di impulsi.

Impulsi sessuali.

In tutta onestà, non può dire di non averne mai avuti. Generalmente l’attività localizzata in quella particolare zona anatomica del suo corpo, è molto limitata e tende ad andare e venire senza che ci sia alcuna collaborazione pratica da parte di Sherlock.
Raramente ha dovuto partecipare alla... cosa, per intenderci.

Sherlock ha fatto ricerche in merito. Moltissime. Non esiste altro soggetto che gli provochi una tale valanga emotiva, al di fuori di John Watson.
Chimica.
Lui e John sono chimicamente compatibili, è l’unica spiegazione che, per non impazzire tra matasse indecifrabili di domande senza risposta, è riuscito a dare al suo inesorabile tracollo intellettivo.

Benedetta chimica!

Vista, tatto, olfatto.
Per 12 ore buone è rimasto catatonico di fronte allo specchio del bagno, inorridito da se stesso e dalla sconcertante verità appena palesatasi: è umano e assoggettato agli stessi primordiali istinti di ogni altra creatura (strisciante e non) del pianeta.
Quasi quarant’anni di sperimentata e accertata asessualità, disintegrati in 12 ore esatte.

Inaudito.

*

Lo shock iniziale è stato in qualche modo mitigato dalla solida e costante presenza dello stesso John Watson, con il quale si è miracolosamente instaurato (cosa che tutt’ora non smette di stupire Sherlock) un rapporto di stretta amicizia e collaborazione.
L’intimità è arrivata senza che nessuno dei due avesse fatto nulla per volerla.
C’è. La si può percepire.
Nel corso di anni (e ne sono passati tanti), Sherlock ha potuto osservare con interesse un intensificarsi progressivo delle proprie sensazioni e reazioni alla mancanza o presenza di John, al suo fianco.
La sua è una passione crescente e mai estinta.

Un caso da 10 mai risolto.

E dopo La Caduta e il Disastroso Caso Mary (come ama codificare i grandi eventi), il tutto è divenuto dolorosamente più intenso.

Qualche volta, l’odore di John (dopobarba insospettabilmente costoso per un uomo che parrebbe così poco attento a certe finezze) gli arriva talmente forte alle narici -e lui è così vicino- che Sherlock si ritrova a non comprendere come facciano le persone comuni a non saltare addosso al primo soggetto chimicamente compatibile, che capita loro a braccio.
Si controlla, per amor di Dio, Sherlock è bravo a farlo.
E prende appunti per distrarsi, appena John lascia il suo fianco, su intensità, durata e sforzo repressivo di ogni singolo impulso provocatogli dal suddetto soggetto.

Altre volte, invece, è il timbro di voce o il modo particolare in cui John inclina la testa e serra la mascella, quando Sherlock lo fa alterare.
Oh, le pagine e pagine di diagrammi e grafici che disegna dopo che il Capitano lo guarda come se volesse mettergli le mani al collo. Le curve e i picchi che raggiunge in quei momenti sono fonte di estremo stupore e curiosità da parte di Sherlock.

Affascinante.

*

Quindi può anche lui.
Certo che può. Potrebbe potenzialmente concedersi rapporti sessuali, solo ed esclusivamente con un John Watson come partner.
Non fosse altro che per provare a se stesso di essere in grado di farlo.
Lui può tutto, potrà ben comandare alla sua mente di stopparsi una quantità di tempo ragionevole e sufficiente a portare a termine un coito.

Che diamine.

Ora, bisognerebbe anche che John ricambiasse la cosa, a ben vedere.
Non è precisamente un dettaglio trascurabile, Sherlock lo sa.
A differenza sua, John ha inclinazioni ben precise e convinzioni sociali radicate e stabilizzate in anni e anni di pratiche eterosessuali (più o meno appaganti), per le quali non mostra segni di noia, né desiderio di variazioni sul tema.
Nonostante ciò, Sherlock è abbastanza certo che il buon dottore sia consapevole che la natura del loro rapporto vada ben al di là della semplice amicizia. John è sentimentalmente coinvolto da lui, non gli piace esserlo, ma è abbastanza lucido da notare i segnali.

E per Sherlock è ormai certo: lo sterminio dei suoi neuroni è ad uno stadio avanzatissimo, ecco spiegato come le emozioni e i sentimenti abbiano fatto breccia nel suo cervello.

In ogni modo.
Basterebbe pochissimo a sbriciolare le barriere di John e convincerlo a gettarsi su di lui e farne ciò che vuole. Il buon dottore lo farebbe. Lo vuole. Probabilmente lo ha sempre voluto e Sherlock lo ha sempre saputo.
Se tra loro non è mai successo niente è solo perché sono due idioti, ovviamente. E inglesi... ha importanza. E perché Sherlock non ha mai davvero dimostrato interesse per la cosa, John è un gentiluomo e non si sognerebbe mai di forzare nulla, in quel senso.
Per numerosi motivi, insomma.
Come dargli torto? Il Capitano dovrebbe darsi parecchio da fare nell’eventualità di una loro relazione sentimentale. E sessuale. Senza contare sulla collaborazione di Sherlock, perché il poveretto sarebbe troppo occupato a tramortire con un colpo secco la sua mente, tentando di non morire inghiottito dalla matassa emotiva, che tiene segregata nelle budella da quando ha l’età per ricordarsi il suo nome.

Mi farà a pezzi.

Lo pensa spesso, è sincero, quando è quasi convinto di rendere John partecipe dei pensieri che lo riguardano.
Il ché accade anche abbastanza di frequente, negli ultimi tempi. Soprattutto da quando John è tornato a Backer Street. È passato un anno, ormai... un anno, un moglie assassina, un bambino mai nato, menzogne e tradimenti e il resto del mondo che li ingoia e poi li sputa, senza pietà.
Ma loro due sono ancora insieme, come si fossero scelti senza saperlo.
Eppure, per un motivo o per un altro, Sherlock non glielo ha mai detto.

Patetico.

*

A decidere per loro è infine la noia di un pigro pomeriggio qualsiasi. È allora che Sherlock lo chiama sul serio.

“John...”

Fuori, una pioggia torrenziale e infinita sembra aver sigillato il tempo e segregato i londinesi dentro le proprie case. Il vento spazza via tutto. Forse, in qualche modo, ha spazzato via anche i dubbi.
È in piedi davanti alla finestra del soggiorno col violino in mano da circa venti minuti, ma non ha ancora suonato una nota. In testa però, le ha tutte ben chiare.
Musica.
Ha pensato di dirglielo così: suonando e sperando che capisca.
Lo fece al suo matrimonio, sembra passata un’eternità, ma lo ricorda con estrema precisione. John non aveva capito e, beh... Sherlock sapeva perfettamente che la sua dichiarazione sarebbe rimasta solo sua.

Quando la testa del dottore sbuca da dietro la porta della cucina, Sherlock gli volta le spalle.

“Ascolta soltanto. E non parlare.”

Si toglie la vestaglia perché pensa potrebbe intralciare la sua esecuzione. E perché sa di avere un bel culo, e lo sa anche John. Poi reclina la testa sullo strumento, vi appoggia la guancia e fa un bel respiro profondo.
Schiena dritta, petto in fuori, il ricordo della voce di Mycrof che lo rimprovera di continuo perché sbaglia postura, e... musica.

Sono follemente innamorato di te.

*

Quando la melodia finisce c’è uno spaventoso minuto di silenzio durante il quale Sherlock è quasi certo che il dottore abbia effettivamente capito (e sia morto di conseguenza), ma non si gira verso di lui, non può.

Mi farà a pezzi.

“Sai, per essere un sociopatico frigido e privo di emozioni, direi che hai trovato un modo molto romantico di chiedermi di scoparti.”
Oh.
Sherlock si volta di scatto, sorpreso, senza mancare di ostentare il proprio oltraggio per la scelta di parole tanto grezze. John lo sta guardando e sorride.
“Non era questo il punto, idiota!”
Sbotta sventolando l’archetto per aria un paio di volte, plateale, come sempre.
Il dottore si gratta la nuca abbassando per un attimo lo sguardo, e cammina lentamente verso di lui.

Che fa? Perché si sta avvicinando?

“A me era sembrato proprio quello...”

Ride. Sherlock vorrebbe solo ucciderlo e poi rimangiarsi gli ultimi minuti, ore, settimane, mesi, ANNI di stupide fantasie su di sé e John Watson.
Inaspettatamente, la situazione diverte il dottore -si diverte!- e la cosa lo mette, se possibile, ancora più a disagio.
Inizia a chiedersi quale livello di stupidità abbia raggiunto per aver commesso un simile errore di valutazione, per essersi esposto così, per essersi messo nelle mani di John, senza l’adeguata preparazione.

Quarant’anni di verginità andrebbero tutelati meglio.

Ma la regressione cerebrale è quasi completa, Sherlock se lo sente nelle ossa -che al momento gli sembrano fatte di gelatina- ed è questione di minuti, forse secondi, poi il suo cervello imploderà su se stesso.
Aveva previsto una sorta di disagio vagamente interessato, seguito forse da un rifiuto potenzialmente violento, seguito ancora da un più ragionato e calmo lascia che ci pensi un po’ su.
Non di certo tutto questo... entusiasmo.

John è a due passi da lui e continua a guardarlo con insistenza, il sorriso sempre più largo, le mani appoggiate ai fianchi. Sherlock non distoglie lo sguardo e si mantiene dritto per miracolo, ma la facciata regge, da fuori sembra perfettamente tranquillo. Forse.
Grazie a Dio almeno, da vicino può notare che l’imbarazzo è reciproco.

“Non voglio nemmeno chiederti come fai a sapere che lo farei.”
Dice John.
“P-perché-” Perché mi ami, mi hai sempre amato, ma la sola idea di mandare in frantumi il mio precario equilibrio emotivo (e di conseguenza anche il tuo) ti terrorizza quanto terrorizza me?
“Sta zitto. Ho detto che non voglio saperlo!”

Perfetto, meno male.

Sbuffa. Quando lo fa, a Sherlock sembra quasi un toro e non sa se sorridere o aver paura di un tale pensiero; tutto quello che sa è che non riesce ad impedire alle sue stupidissime guance di quarantenne vergine, di arrossire per l’imbarazzo.
Eccolo lì: il grande Sherlock Holmes col suo violino ancora in mano, rigido come una statua di pietra, probabilmente prossimo all’arresto respiratorio.

John fa un altro passo avanti.

“Cos-no! Fermo lì. Non voglio che lo facciamo adesso, per l’amor di Dio!”

L’espressione del dottore in questo istante lo farebbe persino ridere, se non stesse per venirgli un infarto.
John alza le sopracciglia, sorride di più e ha persino l’ardire di posare una mano appena sopra l’anca di Sherlock, che in tutta risposta strabuzza gli occhi e smette definitivamente di respirare.

“Non sono così stupido, ho capito.”

“Allora perché la tua maledetta mano sta sul mio maledetto fianco?”

Il tempo di distogliere lo sguardo per indicare il punto in cui l’epidermide di uno è in contatto con quella dell’altro, che la situazione degenera irrimediabilmente.
Il corpo di John è così vicino che la quantità di pelle a contatto è impossibile da calcolare. Non con l’infarto in corso, comunque.
La chimica vince, l’intelletto perde.

“Sta buono, è così che si deve procedere.”

Dice piano.
Gli occhi di Sherlock si alzano e incontrano un blu così profondo che è certo di annegarci dentro. Non ha mai osservato gli occhi di John così da vicino. Le pupille sono larghe, il blu è notturno e liquido, sembra quasi che l’iride sia viva e respiri.
A Sherlock manca il fiato. Ancora.

“Sei rigido come un manico di scopa. Non sto per assassinarti in uno dei 47 modi in cui stai pensando che potrei farlo.”
“Sono 72, ad essere precisi.”

Deglutisce rumorosamente mentre John lo esplora con gli occhi, la mano ben salda che si sposta dietro la schiena, appena sopra il sedere.

Contatto intimo, che denota sentimenti romantici e des-
Sta zitta, zitta, maledetta testaccia.

“Gradirei darti un bacio prima di parlare di sesso, Sherlock. Sono uno all’antica...”
“Oh...”
Per i successivi e interminabili minuti, la sua bocca manterrà questa forma.
A questo non aveva proprio pensato.
Un bacio.
La sua competenza in materia si riduce a baci castissimi a labbra serratissime, rigorosamente sotto copertura e soltanto perché utili ad un caso.
Dovrebbero baciarsi, sì. Decisamente.
John intende adesso? Perché andrebbe bene... ovvero si potrebbe procedere.

Realizza di essere rimasto imbambolato per troppo tempo, perché il dottore corruga la fronte e lui si sente avvampare di vergogna.
Ha come l’impressione di dover dire o fare qualcosa che lasci dedurre a John, che Sì, Dio sì, baciami immediatamente, fallo idiota, cosa aspetti?!
Quindi si china quasi impercettibilmente verso il basso, chiude gli occhi e aspetta.
Lo sente ridacchiare ed è indeciso se suicidarsi e mettere fine all’agonia, o ridere anche lui fino a farsi scoppiare la pancia.

“Questo vorrebbe dire che posso?”

Quando riapre gli occhi, fulmina John con tale ferocia da preoccupare entrambi, e decide che no: ucciderà lui e sarà tutto finito.
Poi sente le sue dita sulla guancia, calde, leggerissime. E una voce da un luogo lontano del suo cervello che grida come non ricorda di aver mai sentito in vita sua. Lo considera un buon inizio, se si tiene conto del fatto che si era appena rassegnato alla perdita permanente delle sue facoltà mentali.

John.

*

Quando il Capitano lo bacia è l’esplosione simultanea di ogni singolo neuro trasmettitore di piacere esistente nel suo cervello, prima dormiente e ora pulsante.
Se solo lo avesse previsto, calcolato, se solo avesse saputo che avrebbe raggiunto un tale livello di attività cerebrale, lo avrebbe baciato al “È stato straordinario...”, tanti anni fa.
No.
Se avesse saputo quale consapevolezza di se stessi e del proprio corpo, di ogni particella dentro e fuori dallo spazio e del tempo, si raggiunge quando John Watson lo bacia, lo avrebbe baciato al “Tenga, usi il mio.”

John ci mette la lingua e Sherlock si sbriciola. Letteralmente.
I suoi brillanti ragionamenti si limitano a quel singolo grido, dalle profondità più oscure della sua coscienza, emesso dal suo istinto ormai quasi atrofizzato, che sostanzialmente dice quanto la sua melodia voleva significare.

‘Strappami i vestiti, John.
Ora.
Ma quale ‘sono uno all’antica’, atterrami e fa quello che devi, soldato.
Possiedimi.
Fammi stare zitto, fai tacere ogni stupida, ridicola, inutile vocina che bisbiglia dubbi e paura.
Manda in brandelli il dannato palazzo mentale.
Fai cadere ogni mattone.
Demolisci anni di cementificata sociopatia.
Fai crollare tutto, dovrai restare solo tu, dentro e fuori.
Te lo lascerei fare.
Parla finché ricorderò solo la tua voce, John.
Assorda ogni altro suono.
Sarò sempre e solo tuo.’

Si pentirà di tutto questo. Si ricorderà ogni sillaba e negherà fino alla morte di averlo pensato.
Ma saprà, oh se lo saprà, che è accaduto davvero.

Straordinario.

*

Si stanno baciano da una quantità di tempo che, nonostante l’impossibilità di approntare statistiche sull’argomento, ritiene abbondantemente sopra la media, eppure vorrebbe non finisse mai.
Poi John si allontana, lo guarda e sembra già tutto così diverso da fargli quasi paura. Fa dannatamente paura, invece, ma è talmente bello da rimbecillire persino il cervello più brillante esistente al mondo.

Sì, mio caro Mycroft, hai capito bene.

A che diavolo serve tanto cervello, quando si ha un John Watson che afferra le melodie al volo, non si lamenta della carne umana nel congelatore, e riattiva i neuro trasmettitori di piacere ammuffiti di un quarantenne vergine, con un bacio sulla bocca?

Assolutamente fantastico.

*

“Ti rendi conto che mi stai fissando imbambolato da quasi due minuti?”

Sherlock ascolta John parlare ma ha la gola secca e gli occhi lucidi e non sa cosa rispondere; sente le labbra così gonfie che gli fanno male, ma l’impulso di farsi baciare di nuovo è più forte, e crede si tratti di una specie di miracolo.

Dovrebbe dirglielo? Non è sicuro.

“Ora ti chiederò com’è stato, Sherlock. E non mi farai sentire un idiota per averlo fatto.”

Sherlock è indeciso per un attimo sulle parole più adatte per formulare il suo pensiero.
Quando si decide, John lo sta contemporaneamente abbracciando e baciando leggero su una spalla. Ha ancora le mani strette ai suoi fianchi, è sicuro gli resteranno i segni, ma non capisce come mai la cosa lo stuzzica. Molto.
Si schiarisce la voce per richiamare l’attenzione del dottore.

“È stato... chimicamente compatibile.”
“Oh, quanto ti amo, è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto.”
Ride John.
“Sono serio.”
Sherlock si domanda se sia normale voler fare l’amore e uccidere il proprio partner, a tempi alterni così frequenti, ma accantona la questione. Per il momento.
“Hai ancora la bocca aperta, come faccio a prenderti sul serio?”
Sherlock corruga le sopracciglia e mette un broncio tale da far invidia a un moccioso.
John lo abbraccia e un improvviso slancio di coraggio lo porta a capire finalmente dove mettere le mani: le appoggia entrambe al petto del Capitano, che lo avvolge per bene, nonostante la piccola statura.
“E comunque, pensa quando faremo davvero sesso.”
John ghigna e Sherlock chiude finalmente la bocca.

Mm, forse dovrebbe preoccuparsi.
Nah... disegnerà grafici per una settimana, dopo.





Continua...








Nda: non so cosa dire X'D Prima di tutto, mi scuso se la lettura dovesse esservi sembrata una perdita di tempo (tipo: già letto, già visto, noia, noia, noia), e finisco subito ringraziando tantissimo chiunque sia giunto alla fine di questa agonia (che dovrebbe essere divertente, ma bo). Un bacione a tutti!

Nda(2): ed è diventata una mini-long. yeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee *abbattela*
Ele (@orsettobiondo)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 [Ancora vergine] ***


Capitolo 2.
[Ancora vergine]
 
 



‘E comunque, pensa quando faremo davvero sesso.’

Così gli aveva ammiccato John, tutto speranze e fantasie (alquanto spinte) finalmente libere di scorrazzare per l’appartamento e inebriarne l’aria, pervaderla di frenesia e tensione sessuale, stavolta positive, non represse, come si era abituato a subirle negli anni.

John ne ha di immaginazione, ne ha da vendere (in genere con Sherlock –nudo- come protagonista), ma mai e poi mai avrebbe potuto prevedere quello che poi è successo davvero: il caos.
E dire che, due giorni prima, pensava che il peggio fosse passato, che una volta esternati quei sentimenti che per anni aveva negato a se stesso, tutto sarebbe andato dove doveva andare, senza sforzo.

Certo. Bravo Watson, bel coglione che sei. Qualsiasi porcheria avessi in mente, hai toppato, bello mio, hai toppato alla grande.
 

*
 

Il bisbetico in vestaglia di seta è asserragliato in camera da letto (quella di John, ovviamente) e non emette un suono da quasi 12 ore.
Tutto normale quindi... oppure no?

C’è un momento preciso, proprio tra il sonno e la veglia (quando si è vulnerabili a sufficienza da riuscire a darsi da soli degli imbecilli), in cui John ripercorre con chiarezza gli avvenimenti della sera precedente. E in conclusione al velocissimo esame di coscienza pre-risveglio-semi-traumatico sul divano, l’unica cosa che riesce a fare è chiedersi perché?
Perché quell’uomo, quel... quel... permaloso, insopportabile psico-socio-disagiato è toccato proprio a lui?

Si tormenta, non si da pace: dove ha sbagliato? Che diamine è successo?

Ha per le mani questa bizzarra creatura di 40 anni quasi compiuti, vergine (vergine davvero!) fuori e dentro, che conosce da un numero considerevolmente elevato di anni, della quale potrebbe mappare i nei sulla pelle con chirurgica precisione, potrebbe smontare e rimontare Sherlock a occhi chiusi, eppure non sa che farci.
Non sa come comportarsi, John è nel pallone più totale e gli avvenimenti della sera precedente lo confondono se possibile ancora di più.

Sherlock è un uomo dotato di spaventosa forza fisica (considerandone la magrezza), non si romperà, eppure John ha paura lo stesso, e ci va coi piedi di piombo.
Ci sta andando piano, Cristo, erano due giorni che lo baciava soltanto e lui rispondeva bene, così bene, gli si aggrappava addosso e lo voleva, John poteva sentirlo fremere, poteva sentirlo tremare al minimo sfioramento.
Invece deve aver sbagliato qualcosa. Lo ha toccato nel modo sbagliato, nel posto sbagliato, Gesù non lo sa, gli sembrava tutto perfetto, finché... il disastro.

Devo usare le maniere forti?

Dio non voglia, perché c’è quel John di tanto tempo fa (quello rabbioso e rancoroso, che sceglie di studiare medicina ma, quando gli manca il brivido, si arruola e sente prudere le mani al solo pensiero di prendere qualcuno a pugni), c’è quel John lì, del quale si ricorda sin troppo bene, che ogni tanto gli molla fastidiose ginocchiate nello stomaco e sghignazza.

Piega lo spilungone su un piano qualsiasi e insegnagli a stare al suo posto, soldato.

Non può ascoltarlo, no, non è così che si procede con Sherlock. Sherlock è da maneggiare con cura, non è mica un cretino, lo sa perfettamente.
Tecnicamente, non hanno ancora fatto nulla... e nonostante questo lui è già chiuso nel suo palazzo mentale, traumatizzato da chissà quale sconvolgente rivelazione, che il povero John Watson probabilmente non capirà mai.

Non posso avergli fatto così male. Insomma, certo che un po’ di male lo avrà sentito, ma... non siamo arrivati a un cavolo di niente!

John ricorda chiaramente di aver acconsentito alle esplicite richieste di Sherlock, che ha praticamente programmato (e diagrammato) tutto quello che sarebbe stato il loro primo incontro sessuale: tempi, luoghi, posizioni e ruoli che poi avrebbero assunto a letto.
John non ha avuto voce in capitolo e non ricorda di aver imposto nulla a Sherlock, almeno di questo non deve incolparsi.

Il sesso non è così. Avrei dovuto fermarlo, forse non era pronto davvero, e lasciare che le cose andassero per loro conto.
 
Tra il sonno e la veglia, insomma, nella testa del dottore c’è già un gran casino. E non ha nemmeno bevuto alcolici.
 

*


Stanco prima ancora di iniziare la giornata, si alza molto presto. Ha dormito poco e male, sente scricchiolare le ossa e gli anni (troppi) gli piombano addosso come macigni, appena poggia un piede a terra e sente il collo emettere rumori inquietanti, mentre tenta di stiracchiarselo evitando ulteriori danni.
Fa ancora freddo per essere la fine di Marzo e John si fionda in bagno a piedi scalzi, praticamente gettandosi nella doccia e borbottando insulti all’acqua che ci mette troppo a scaldarsi.
Si sbarba, si mette un goccio di profumo e si ritrova a fissare la propria immagine allo specchio per due secondi esatti, prima di uscire dal bagno con un sospiro rassegnato.

Sono seriamente troppo vecchio.

E poco importa se l’amico, là sotto, è alquanto contrario alla cosa e si sveglia duro come granito ogni santa mattina, credendo forse di doversi preparare ad una gloriosa seconda pubertà, John si sente ridicolmente inadeguato ad affrontare tutto questo.
Accettare di amare un altro uomo è già stato traumatico. Capire addirittura di desiderarlo ha rischiato di mandare in pappa una buona parte dell’emisfero sinistro del suo cervello. Eppure ce l’ha fatta, ha superato l’ostacolo alla veneranda età di quasi 45 anni e una vita eterosessuale convinta alle spalle.

Adesso siamo addirittura regrediti!
 
John si prepara per andare a lavoro con indosso gli stessi vestiti del giorno prima, visto che non ha accesso al suo guardaroba -Che sta nella mia dannata camera!- è incazzato a mille e non sa nemmeno come possano essere arrivati a questo punto.
Sherlock lo ha praticamente cacciato dalla sua stanza. A nulla sono valse le suppliche di John che ha resistito quasi un’ora, nudo, fuori dalla porta, implorandolo di parlargli e di spiegargli cosa fosse successo.

Conclusione: John ha dormito sul divano, Sherlock non è più uscito.

Solo due giorni fa lo ha baciato per la prima volta, dopo anni e anni e -Oh mio dio, ma quanti ne sono passati?- che ci girano intorno. E ora questa specie... di Crisi Diplomatica del cazzo.
Gli viene in mente Mycroft, ma scarta subito l’ipotesi di un suo intervento. Gli vengono i brividi al solo pensarci... no, no, no. Proprio no.
 

*


Vestito e pettinato, John sale le scale e si ferma dritto di fronte all’ingresso della sua stanza, deciso ad instaurare l’ennesimo tentativo di contatto.
Un bel respiro profondo e via: in battaglia.

[Toc Toc]

Due colpetti dati con le nocche.

“Sherlock...”

Nessuna risposta. Nessun rumore proviene dall’interno.

Se è morto lì dentro, giuro che strangolo il suo cadavere.

“Sto andando in ambulatorio, pensi di tornare a comportarti da persona adulta per quando sarò di ritorno?”

Niente.

E io che mi illudo tutte le volte. Stronzo.

John fa un enorme sforzo di volontà per soffocare insulti, si mastica quasi una guancia tra i denti, ingoia l’orgoglio e prosegue.

“Magari potremmo parlarne, che ne pensi? Di quello che è successo...”

Ora: nonostante abbia la fronte e il palmo della mano bene appoggiati alla porta, non sente assolutamente nulla finché un tonfo non lo fa saltare all’indietro come una molla.

[Sbam]

“Ma che...?”

[Sbam]

Un altro ancora. John capisce immediatamente di cosa si tratta.

“Dimmi che non stai lanciando i miei libri contro la mia p-...”

[Sbam]

Altro tonfo, più violento dei precedenti.

Io lo ammazzo. Lo ammazzo!

John ringhia e sbatte la mano contro il legno a palmo aperto, vorrebbe sfondare la porta a testate, irrompere all’interno e spiegare a Sherlock come si occupavano dei bambinoni viziati e piagnucolosi, nel Quinto Fucilieri.
Si controlla.

Santo Dio, se continuo a ingoiare rospi (di quelli un po’ strambi, con le gambe lunghe e i capelli neri) morirò tra atroci sofferenze. E a breve.

“Smetti immediatamente di lanciare i miei dannati libri!”

Grida puntando il dito al nulla, contro l’ingresso eternamente chiuso.

Sto minacciando una porta! John Watson, questo bastardo ti farà diventare matto. E il tragico è che lo sapevi!

[Sbam]
[Sbam]

Perfetto, due libri alla volta; di male in peggio.

John stringe i pugni e aspetta la fine dell’ennesima sceneggiata.
Quando il Lancio al libro sembra essere terminato, il buon dottore si adopera per regolarizzare la respirazione e riportarla a livelli neutrali, si raddrizza, spunta un -Grazie tante e buona giornata!- al sapore di veleno acido, gira i tacchi ed esce imprecando, senza nemmeno ricordarsi la giacca.

Maledizione!

 
*

 
La giornata procede di merda. Neanche a dirlo.
John pensa a Sherlock praticamente tutto il tempo, gli manda sms che passano dal rabbioso al simpatico al ‘Io ti amo, Sherlock, ma devi dirmi cosa ho fatto per farti arrabbiare così’.
Ovviamente il coglione non gli risponde, quindi ripassa alle minacce di morte verbali e colorite.

A mezzogiorno è così incazzato e teso che i colleghi non gli rivolgono nemmeno più uno sguardo di striscio e i pazienti balbettano intimoriti quando gli parlano.
Vuole andare a casa all’istante e risolvere la cosa. Non riesce a pensare a altro, non si concentra sul lavoro.

A turno finito il sole è ancora alto e John si ferma da Tesco per comprare qualcosa di dolce.

Quando un uomo basso e disperato è innamorato di un uomo alto e arcigno, ma non sa più che pesci pigliare con lui, l’unica cosa che gli resta da fare è tentare col dolce.

Lo sanno tutti.
O valeva solo per le donne?

Beh, poco male. Non è che ci sia tutta questa differenza. Sherlock sa essere... altrettanto teatrale, a dirla tutta.
 
Paga il suo cheesecake ed esce dal negozio con la busta al braccio, incamminandosi con rinnovata energia positiva.
Energia positiva che si spegne non appena riconosce il rombo del motore di una famigliare macchina governativa scura che si accosta al marciapiede accanto a lui; energia positiva che muore del tutto quando avverte il lento abbassarsi del finestrino elettrico e una voce ben nota richiamare la sua attenzione.

“Una bella serata per fare due passi, John Watson.” Dice Mycroft sorridendogli. “Posso unirmi a te?”

Prima ancora che possa rispondergli -No, vattene affanculo!-, Holmes Senior e il suo dannato ombrello nero, passeggiano al suo fianco con fare meditabondo.
John abbassa gli occhi a terra, sospira e -Ok, ce la posso fare.
Dopo nemmeno 5 secondi in cui Mycroft lo fissa con ben poca discrezione, Watson è già al limite della sopportazione.

“Uhm... quindi c’è stato un tentato rapporto sessuale (fallito), che ha inceppato le funzioni cerebrali del mio caro fratellino, dico bene?”

No, rettifico: non posso assolutamente farcela.

John si volta a guardarlo sconvolto.

“Non discuterò di questo con te!”

Gli risponde, la voce un po’ troppo alta.

“Oh, ma io sono la tua unica speranza di riparare il guasto, mio buon dottore.”

“Oh Cristo, non parlare di lui come fosse una macchina, non lo è! E dovresti saperlo meglio di chiunque altro...”

A John ancora non vanno giù molti degli avvenimenti accaduti dopo la morte di Magnussen, ma questa è tutt’altra storia. Mycroft usa Sherlock per i suoi scopi e nonostante lo protegga prima, durante e dopo ogni missione, a John questo stra-potere non piace per niente.

Fanno ancora pochi passi insieme, prima che l’altro si fermi, ormai poco distanti dal 221B di Backer Street.
John si volta d’istinto e si ferma a sua volta, osservando il maggiore dei fratelli Holmes mentre lo studia dritto e lungo come un palo della luce.
Sembra davvero preoccuparsi della faccenda. Cosa che inquieta Watson a livelli umanamente inaccettabili.

Questi due hanno un legame del tutto disfunzionale. Spero che lo sappiano.

“Non posso certo obbligarti a coinvolgermi, John, quindi non insisterò oltre. Ma dammi retta: è solo un uomo di 40 anni che non si è mai lasciato andare con nessuno. Ci vuole... più pazienza del normale, ecco. Non può essere qualcosa che riguarda te o che hai sbagliato tu. È qualcosa che blocca lui, che sta cercando di capire, di superare.”

Il dottore continua a fissarlo oltraggiato dall’invadenza, ma riflette su quanto gli ha appena detto e capisce che ha senso. Che ha dannatamente senso.

“Grazie... e ora vattene.”

Un cenno di saluto con la testa e si riavvia verso casa.
 
“Il dolcetto è comunque un ottima mossa, dottore!”

Lo raggiunge la voce di Mycroft alle spalle, lui sorride, ma si guarda bene dal farsi vedere.
 
Forse la testa di cazzo non ha tutti i torti...

Forse deve solo lasciare che Sherlock arrivi alle sue conclusioni, e aspettarlo.
Lo ha aspettato per così tanti anni, che differenza può fare qualche giorno ancora?

 
*

 
Ottimismo e buoni propositi vanno direttamente a farsi fottere, quando John torna a casa e la trova vuota, silenziosa e ugualmente opprimente a quella stessa mattina; sale le scale e raggiunge per l’ennesima volta la porta della sua camera ancora chiusa a chiave, ma con un bel mucchio di vestiti appallottolati malamente per terra.

“S-Sherlock... sono i miei vestiti questi?”

Niente.
Più di 24 ore di assoluto niente.
John esplode: serra la mascella, raddrizza le spalle e stringe entrambe le mani a pugno.
Potrebbe diventare un ariete da tanto è rigido, e usare se stesso per buttare giù la stramaledetta porta.

“Esci da quella stanza, Sherlock. Ora! Ti avviso: prenderò questi vestiti e non mi vedrai mai più, lo giuro su Dio.” Si ritrova a trattenere il fiato, furioso, prima di riprendere a respirare, ma con estrema fatica. “Se è questo che vuoi, abbi le palle di dirmelo in faccia!”

Non si rende conto nemmeno di aver urlato troppo forte, sta praticamente ansimando di rabbia, finché non si accorge di una presenza alle sue spalle.

“Va tutto bene, cari?”

La Signora Hudson è in pieni proprio di fronte alle scale e lo guarda visibilmente preoccupata.

“Stavi gridando molto, John... c’è Sherlock lì dentro?”

Watson quasi soffoca. È teso allo spasmo e dalla posizione che ha assunto, poteva davvero sembrare che stesse per scardinare la porta.
Cerca di rilassare i muscoli e calmarsi, l’ultima cosa che vuole è spaventare quella povera donna, gliene hanno fatte passare già troppe. Di loro sa tutto, comunque; John sospetta che li spii di nascosto da una vita, ma la cosa lo ha sempre fatto sorridere, piuttosto che arrabbiare.

“È... sì, lui e io abbiamo avuto una discussione, ieri. A dire il vero non mi è chiaro cosa sia successo... insomma è chiuso lì da un giorno e non so che diamine gli ho fatto!”

L’uomo si agita, si gratta nervosamente la nuca e non sa come continuare, non sa davvero più dove sbattere la testa. Tutta la frustrazione accumulata alla fine lo inghiotte, e John si accorge di tremare leggermente.
La signora Hudson viene in suo soccorso e non lo lascia finire, cammina con calma verso di lui e gli poggia delicatamente una mano sulla spalla, passandogli accanto e raggiungendo la porta.
Gli sorride tranquilla.

“Da qui ci penso io, caro... va a preparare una tazza di tè.”

[toc toc]

Due colpetti, proprio come i suoi di quella mattina. La serratura scatta, la porta si schiude e John trattiene il fiato quando riesce –finalmente!- a scorgere terremoti di riccioli neri e tempeste di occhi azzurrissimi, dalla sottile striscia che si è aperta, prima che Sherlock la richiuda di scatto e torni a nascondersi.

“Che caz- Sherlock!”

Non ci può credere.

Marta Hudson non si scompone per nulla; si volta a guardare John e, con la massima dolcezza, gli indica le scale invitandolo a lasciarli soli.
Il dottore è, se possibile, ancora più sconvolto di prima. Ingoia l’ennesimo gigantesco rospo e finisce con l’obbedire rassegnato, acchiappando i suoi vestiti da terra e portandoseli via.
Scende lentamente al piano di sotto, sentendo la porta aprirsi alle sue spalle e un -“Oh povera testolina arruffata...”- sussurrato con amore dalla padrona di casa, prima che Sherlock la accolga nella sua camera.
 

*


Da solo, in cucina, John non si capacita di quello che è appena successo.
Sherlock non gli parla da un giorno intero, ignorando ogni suo tentativo fatto per riavvicinarlo... e ora questo.
Appoggia i gomiti al tavolo e si prende la testa tra le mani, mentre l’acqua del tè fischia nel bollitore alle sue spalle.

Perché deve essere così difficile? E perché mi stupisce? Stiamo parlando di Sherlock, avrei dovuto prevederlo. Cristo, ha ragione Mycroft?

Solo il giorno prima si stringevano tra le braccia nel suo letto, Sherlock era nudo e terribilmente nervoso, per quanto fingesse di avere il controllo; era in imbarazzo, completamente impreparato, ma per John non era mai stato così bello. Lo guardava, due occhi enormi, limpidi, mai così intensi, mai così arresi, John lo guardava davvero forse per la prima volta, poteva vedergli l’anima, e lo credeva un miracolo.
Lo pensa anche adesso: un miracolo tutto per lui.

Ora? Ora sembrano vivere su due pianeti completamente diversi, John sente di non aver capito proprio niente, di non averlo saputo prendere, di aver sbagliato tutto.
E per quanti sforzi faccia, proprio non arriva a capire Perché?
 
Oh, Fanculo.
 
D’improvviso, Watson districa le dita dai capelli e rialza la testa sistemandosi per bene sulla sedia. Gli occhi blu, profondi e concentrati, brillano puntando il cheesecake preparato in mezzo alla tavola.

D’accordo...

Pensa.

Basta con i piagnistei, Capitano. Le guerre e i quarantenni vergini si affrontano in un modo solo: armamenti pesanti e corteggiamento serrato.
 
Sherlock non ha scampo.
John pianta la forchetta in mezzo alla torta e si infila un bel boccone in bocca masticandolo con decisione. Gli è comparso un ghigno piuttosto ambiguo in faccia che potrebbe anche definirsi terrificante, ma che inizia quasi a somigliare al sorriso di un uomo risoluto.
E innamorato perso.
 
 



Continua...
 
 




Nda: buonsalve! Sebbene non si sentisse certamente il bisogno dell’ennesima johnlock lemon, questi due idioti ci devono dare giù. E stavolta per mano mia, CRIBBIO! Indipercui ho deciso di proseguire con quella che era la one-shot originaria (ora capitolo 1) e darle una degna (buahahahahahah sì Ele, credici) conclusione. Per il momento alzo il raiting ad arancione, visto che io e il rosso non ci vogliamo bene per niente. Ma chissà... potrebbe subire ulteriori variazioni. Concludo dicendo che ovviamente gli eventi accaduti la famosa sera in cui John e Sherlock hanno tentato, ehm... l’accoppiamento (altrimenti detti l’Incidente Diplomatico del Cazzo), saranno narrati nel prossimo (e forse ultimo) capitolo. Baci a tutti e grazie come sempre a chiunque stia leggendo ;)

Ele106 (@orsettobiondo)



Ps: ovviamente non può mancare un enorme abbraccio e ringraziamento alla mia beta, Thinias, che riesce ad aiutarmi anche nei fandom che non frequenta. Ti voglio tanto bene, amore <3

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