That's amore

di Askel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Matrimonio ***
Capitolo 3: *** Lite ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
Sono cresciuta considerando che l’apparenza fosse tutto nella vita. Non ho passato un’infanzia facile: nonostante non mi mancasse nulla, come ogni bambina desideravo correre a piedi nudi tra l’erba, fregandomene se mia madre lo considerava sconsiderato e folle, oppure mangiare un gelato sporcandomi tutta. Da quando ero piccola mia madre aveva sempre inculcato in me che l’apparenza era l’unica cosa importante nella mia vita, nascondendo sempre le mie debolezze per non mostrarle al mondo.
Mi aveva cresciuto con una frase della fiaba di Alice nel Paese delle Meraviglie: “Sii ciò che tu sembri essere” e dopo anni mi sono convinta che il sembrare è più importante dell’essere. Ma io cosa sembravo? Una ragazza bellissima con un fisico da urlo che vive da quando ne ha memoria nell’Upper East Side e figlia della più importante avvocatessa Dwyer, colei che da sola aveva fondato lo studio legale Dwyer e che aveva fruttato in pochissimo tempo milioni di dollari. Sembro solo una ragazzina viziata nonostante cercassi sempre in qualsiasi momento di comportarmi al meglio: diventando una figlia modello con il massimo dei voti, reginetta del ballo e organizzatrice dei più bei party dell’Upper East Side.
Sii ciò che tu sembri essere.
Sembro davvero la figlia che tutti i genitori bramano nella vita e in fin dei conti lo sono diventata. Tutti conoscono il mio nome e la mia “maschera” da brava ragazza ma nessuno si è mai preoccupato se ciò che mostro è la vera me oppure solo una finta faccia in questa finta società dove al minimo segno di debolezza ti cacciano via come un vecchio straccio. Tutti, perfino la mia migliore amica, invidiano il mio carattere pacifico, determinato, riflessivo ma anche forte e sicuro di me. Questo era ciò che conoscevano di me, quello che io avevo concesso loro di sapere, ma non sono perfetta, anche se tutti lo credono: sono allegra, forse anche un po’ folle, testarda, sensibile, dolce, insicura ma che riesce a chiudersi a riccio in certi momenti. Questo lato del mio carattere lo tiro fuori quando sono lontano da New York, soprattutto quando sono da mio padre a Forks. Nessuno può pretendere di conoscermi al cento per cento perché se fosse davvero così saprebbe che a volte mi piace stare a casa con una ciotola di pop corn o una tazza di cioccolata calda mentre piango o rido davanti un film, telefilm o un libro. Se mi aprissi davvero con le persone di cui mi fido, rischierei di rimanere solo delusa e ferita e io non volevo provare questo dolore. Il dolore era per i deboli e anche se in fondo io lo sono, non posso mostrarmi tale. Io sono la ragazza forte che affronta ogni ostacolo a testa alta, la ragazza forte che tutti credono. Io sono semplicemente Isabella Swan, Bella per gli amici, la ragazza che si è sempre preoccupata delle apparenze e mai di ciò che conta davvero: la fiducia, l’amicizia e soprattutto l’amore.

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Capitolo 2
*** Matrimonio ***


That's amore

Capitolo uno - Matrimonio
I raggi di un sole caldissimo mi fecero tornare bruscamente alla realtà, salutando in malo modo il mio amico Morfeo. Aprii gli occhi e quando mi accorsi che sopra il mio comodino c’era una tazza di caffè, compresi che era stata Marisa, la nostra tata, a svegliarmi. Mi misi seduta sul letto iniziando a sorseggiare la prima dose di caffeina. Non riuscivo ad andare avanti senza caffè e se non ne prendevo almeno tre al giorno stavo male. Mi godetti quel liquido nero e subito misi in moto il cervello. Oggi era uno di quei giorni dove volevo solo stare coricata, su questo morbido letto, a dormire e a leggere. Oggi era quella giornata “nera” dove mi ero semplicemente svegliata con il piede sbagliato e da un mese capitava spesso. Sapevo solo che, chiunque avesse provato a essere al settimo cielo davanti a me, sarebbe stato mandato a quel paese, almeno mentalmente. Beh, il mio pessimo umore non era a caso, ovviamente. Oggi era il fatidico giorno. Quel giorno che si progettava da mesi e che si aspettava con ansia. Ovviamente per me era un giorno da incubo visto che da domani, anzi da stasera, la mia vita avrebbe preso una svolta significativa. Non volevo che la mia vita subisse questo cambiamento, ma lo accettavo, ed ovviamente questi pessimi pensieri li tenevo per me, solo la mia migliore amica Rosalie sapeva ciò che pensavo realmente. Ero una persona abbastanza buona che, pur di non far soffrire gli altri, si sacrificava lei stessa. Da mesi ormai mi ripetevo che sarebbe andato tutto bene e che, in fondo, anche i cambiamenti posso portare a cose abbastanza buone. Era una cantilena che mi ripetevo giorno e notte e ancora non ero riuscita a convincermi del tutto ma comunque ero riuscita a mentire bene. Riuscivo a fingere con chiunque, nonostante fossi una pessima bugiarda, soprattutto con mia madre che era eccitata di questo cambiamento. Beh, in realtà tutti erano entusiasti all’idea. Ero solo io che non ci vedevo nulla di bello in tutto questo? Mi venivano continuamente questi dubbi sentendo per il corridoio di casa gente canticchiare di felicità a destra e a manca. Per non parlare di mia madre che sembrava un adolescente alla sua prima cotta talmente era contenta ed eccitata per l’imminente matrimonio. Sprizzava gioia da tutte le parti e talmente era entusiasta che riusciva a contagiare il suo umore anche alle persone che le stavano intorno, tutti tranne me, purtroppo. Io comunque rimanevo la ragazza che pur di far felice sua madre, soffriva in silenzio. Ero contenta che mia madre avesse trovato un uomo che l’amava e che la rendeva felice dopo il fallimento del matrimonio con mio padre. L’unico problema era che questo Phil, mio quasi patrigno, aveva anche una figlia, Alice, che sarebbe venuta ad abitare con noi. Questa cosa non mi rendeva euforica, anzi era proprio questa ragazza il motivo del mio pessimo umore e la disapprovazione a questo matrimonio. La mia quasi sorellastra, soprannominata “gentilmente” da me folletto, era l’opposto di me: schietta, diretta, esuberante, troppo determinata “nel senso che qualsiasi cosa lei volesse, usava qualsiasi mezzo pur di ottenerla” e soprattutto molto vendicativa. Io invece amavo la calma, la tranquillità e la monotonia che mi facevano sentire sicura e protetta. Inoltre, facendo qualche indagine nel loro vecchio quartiere sapevo che Alice non aveva una buona reputazione e la gente, almeno con quelli della sua scuola, l’aveva definita una “stronza vendicatrice”, parole loro. Per questo e altri duecento motivi non volevo Alice come sorellastra e persona con cui condividere il tetto. Ovviamente lei era entusiasta della cosa e aveva già programmato svariate giornate di shopping che io rifiutavo apertamente inventando anche qualche appuntamento inesistente. Inoltre mi ripeteva che un giorno saremo diventate ottime amiche e io le annuivo educata, non credendo alle sue parole. Io e lei amiche? Ne ora e ne mai. Avevamo due caratteri completamente diversi e vedevamo le cose da due punti di vista troppo differenti per trovare un punto d’accordo. Il cellulare iniziò a squillare e ritornai al mondo reale. Posai la tazza ormai vuota sul comodino e presi il cellulare per rispondere. Quando guardai chi era, un sorriso spuntò sulle mie labbra. Avevo proprio bisogno di lui e di un conforto e lui a modo suo sapeva darmelo. Accettai la chiamata e portai il telefono all’orecchio.
“Papà!” urlai felice.
“Ciao piccola!” disse lui ridendo “Buongiorno!”
Guardai l’orario ed essendo qui solo le otto e mezzo, ipotizzai che lì erano appena le cinque e trenta. Mi stupii non poco, mio padre che ci faceva alzato a quest’ora se di solito iniziava a lavorare alle otto?
“Che ci fai alzato a quest’ora?” chiesi io preoccupata.
“Perché? Volevo solo chiamarti!” disse lui finto tondo.
“Papà, sono le cinque e mezza lì da voi e tu non lavori prima delle otto!” dissi io “È successo qualcosa?”
“No, tranquilla. Solo che stanotte hanno stuprato una ragazza di Forks e hanno preso il colpevole ma ci devo essere io per l’interrogatorio e volevo salutarti prima di andare”
“Sta attento!” dissi semplicemente io.
Mio padre era il capo della polizia a Forks, mia città natale. Un luogo dove non capitava assolutamente nulla e questi eventi erano proprio rari, per questo motivo senza lo sceriffo non riuscivano a concludere nulla.
“Okay ma non ti ho chiamato per parlarti del mio lavoro! Come vanno le cose lì?”
Feci spallucce e solo dopo mi presi per stupida visto che lui non poteva vedermi. Sorrisi e risposi.
“Vanno!” dissi io sospirando “Doveva andare così, lo sapevamo tutti!”
“Sai che c’è sempre un posto qui per te!” disse lui “Hai una casa qui!”
Ci riflettei un attimo. La tentazione di partire e non dover sopportare tutto questo era davvero tanta ma ero legata qui, c’era la scuola, mia madre, la mia migliore amica, i miei party e anche il mio ragazzo. Non mi andava di lasciare tutto questo e soprattutto non mi andava di lasciare mia madre nelle condizioni in cui era. Mi sarei preoccupata troppo e avrei avuto la testa sempre qui a New York.
“Certo!” dissi io ridendo “Con Sue, Leah e Seth! Dalla padella alla brace!”
Anche mio padre si era risposato l’anno scorso con Sue e anche lei aveva due figli: Seth e Leah. Benché riuscissi a vederli solo poche volte durante l’anno, li adoravo e ormai li consideravo come fratelli.
“Spiritosa! Tanto lo so che vuoi bene a Sue, Leah e Seth!” disse lui ridendo.
“Certo, certo! L’unico problema sta nel fatto che loro non si fanno mai sentire!” dissi io ridendo “Dovresti rimproverarli! Non si tratta così una di famiglia!”
Chiudemmo la chiamata solamente quando sentii qualcuno bussare alla porta della mia camera da letto e dopo un mio flebile “avanti” da parte mia, entrò mia madre super raggiante. Si sedette accanto a me e strinse una mia mano tra le sue. Non diceva nulla ma si vedeva dal luccichio dei suoi occhi che era al settimo cielo. In quel momento mi sentii in colpa. Mi ero concentrata tanto ad odiare questa unione, sicuramente quella che includeva anche la mia “sorellina” Alice, che mi ero dimenticata il motivo principale per cui soffrivo in silenzio: la felicità di mia madre.
“Oggi è il gran giorno!” dissi io sorridendo “Emozionata?”
“Si, tantissimo!” disse lei “Sicuro che non sia un problema che Alice dorme da te stasera? Perché se ti dà fastidio può sempre andare in albergo ma è brutto: è la nostra prima sera come famiglia e poi per questa settimana dovete stare voi due soli quindi!”
“La stanza degli ospiti non è ancora finita?” chiesi io curiosa.
“No, dovevano finirla oggi insieme alla stanza di Ali, ma ho bloccato i lavori a causa del matrimonio” disse lei “Riprenderanno domani!”
Mia madre iniziò a parlare a raffica e io ingoiai un boccone amaro. Non solo dovevo subirla come sorella ma, purtroppo, fin quando la sua stanza non sarebbe pronta, avrebbe dormito con me. Speravo davvero che la sua stanza fosse utilizzabile domani in modo tale che, quando i nostri genitori sarebbero andati in viaggio di nozze, io e lei non ci vedessimo più di tanto. 
“No, tutto bene! Alice può dormire da me!” dissi io interrompendola.
“Sono arrivati gli abiti e sono stupendi!” disse lei mordendosi il labbro.
“Mamma!” dissi io confortandola “Sarai bellissima!”
Mi diede un bacio sulla fronte e uscii dalla stanza, non prima di avermi intimato di scendere a fare colazione poiché stavano per arrivare quelli che si dovevano occupare del trucco e dei capelli. Mi alzai dal letto infreddolita dichiarando di aver bisogno un’altra dose di caffeina e poi presi il cellulare che squillava, segno che era arrivato un messaggio, lo aprii e lessi ciò che c’era scritto:
Buongiorno vita!
Era Mike che mi mandava, come ogni giorno, il buongiorno anche se ci saremo visti tra un paio d’ore al matrimonio. Sbuffai. Non era che non mi facesse piacere, anzi. Era solo che volevo un po’ i miei spazi e non dovevo ritrovarmi sempre lui tra i piedi. Era il mio fidanzato ormai da un paio di mesi e sapevo che i sentimenti dei primi mesi, da parte mia, erano un po’ scomparsi. Lo amavo ancora, questo era chiaro, ma principalmente stavo con lui per quattro motivi: mi amava, mi rendeva felice, era un bravissimo ragazzo ed era ricco. Ora il problema era che a me non interessava il fatto che fosse ricco o meno ma a mia madre si e quindi, visto anche il mio stato confusionale, mi aveva convinto a starci insieme. Eliminai il messaggio e scesi in sala da pranzo. La tavola era imbandita da ogni genere di cose, dalle uova alle ciambelle. Presi solo dei pancake, i miei preferiti, solo per tirarmi su di morale, e un caffè e andai a sedermi nel mio posto. Non mi andava proprio di essere contenta in questo giorno ma dovevo fare finta. Dopo aver finito di mangiare, ritornai nella mia stanza. Non sapevo che fare e mi sentivo disorientata. Il matrimonio era oggi pomeriggio alle quattro ed erano presto. Il cellulare mi vibrò di nuovo e stavolta era mia madre che mi avvisava che i parrucchieri erano lì e che potevo tranquillamente fare una doccia e shampoo. Entrai nel mio bagno e mi guardai allo specchio spaventandomi: i capelli erano tutti arruffati mentre le occhiaie erano più che evidenti che facevano a pugni con la mia pelle chiara. Mi vedevo brutta, di certo non una top model, e non riuscivo ad amare a me stessa. Trovavo sempre qualsiasi difetto in me e per questo motivo ero molta insicura che nascondevo dietro un sorriso. Mi sbrigai a lavarmi anche perché se iniziavo a rilassarmi nella doccia, ero capace anche di scordarmi il matrimonio. Ero quel tipo di ragazza che quando stava sotto la doccia, ci stava per ore perdendo la concezione del tempo. Uscii di fretta e, per non rovinare i capelli nel momento in cui sarebbero stati perfetti, indossai una semplice vestaglia. Alla fine mi lavai i denti e scesi di sotto. Sapevo che sarei stata torturata per due ore buone e di certo non ero pronta per questo. Stavo per scendere le scale per arrivare nell’open space che fungeva da soggiorno e ingresso quando mi arrestai di botto nel vedere mia madre parlare con Alice Mary Brandon, soprannominata da me il “folletto”. Quest’ultima aveva la mia stessa età ma ne dimostrava molto di più grazie al suo sguardo fiero e menefreghista che teneva su sempre. Mi sorprese ritrovarmela qui in casa ma sapevo che prima o poi avrei dovuto abituarmici alla sua presenza. Feci un respiro profondo e scesi gli ultimi scalini.
“Buongiorno Bella!” urlò lei euforica “Pronta per diventare una principessa?”
Mi abbracciò fortissimo e io, con meno vigore, ricambiai. Era la sua troppa euforia che mi dava alla testa e, a causa delle sue urla da oca, mi faceva venire un’emicrania. Senza dire altro, decise di andare a posare le sue cose nella sua stanza ancora vuota e davanti a mia madre mi fece promettere che le avrei dato una mano con il trasloco. La detestavo perché non solo sembrava un’oca ma anche perché riusciva sempre a ottenere qualsiasi cosa con tutti i mezzi possibili, com’era appena successo. Non avevo intenzione di darle una mano con il trasloco ma mi aveva preso in contropiede chiedendomelo davanti a mia madre e non potevo certo rifiutare. Sospirai afflitta e a testa china seguii mia madre per dare il via ai preparativi delle nozze.
 ***
Inutile dire che per acconciarmi i capelli e fare il trucco, i professionisti ci avevano messo quasi un’ora ma il risultato era meraviglioso. Ero bellissima e non sembravo nemmeno io. Mi vestii con calma per non rovinare il viso e solo dopo che indossai le scarpe, mi guardai allo specchio. Non riuscivo a staccare gli occhi da quello splendore allo specchio. Misi gli orecchini, la collana e i bracciali che aveva regalato a me e ad Alice Phil lo scorso natale e mi riguardai allo specchio. Io e la mia nuova sorella avevamo lo stesso vestito e gli stessi gioielli poiché eravamo entrambe damigelle d’onore e saremo state tutto il tempo della cerimonia accanto a loro, in fondo si stavano riunendo due famiglie e quindi il matrimonio non era solo l’unione di Renee e Phil ma anche delle due famiglie, per questo motivo io e Alice avevamo un abito bianco. Sbuffai al solo pensiero. Dovevo farlo per mia madre, non aveva importanza quello che provavo io. La sua felicità in fondo era anche la mia. Bussarono alla porta e io feci un sorriso credendo che fosse Alice o mia madre. Quando entrò la mia migliore amica, mi rilassai.
“Scusa ho sbagliato stanza! Cercavo Isabella Marie Swan, per caso l’hai vista?” mi chiese sorridendo.
“Rosalie!” dissi abbracciandola felice di averla qui “Sei venuta!”
“Sei bellissima!” disse lei staccandosi.
Rosalie Lilian Hale era la mia migliore amica da quando mi ero trasferita qui all’età di dodici anni. Era l’unica che mi conosceva abbastanza bene da capire i miei silenzi e soprattutto a scrutarmi dentro con un solo sguardo. Sapeva tutto quello che mi passava per la testa senza che io glielo dicessi e soprattutto era l’unica, qui a New York, che sapeva del mio finto entusiasmo per questo matrimonio. La guardai meglio e le sorrisi. Ogni volta che mi soffermavo a guardarla era un incubo per la mia autostima. Lei era la classica ragazza che riusciva a mettere l’autostima sotto i piedi a qualsiasi essere umano femminile sulla terra e grazie anche alla sua bellezza e al suo modo di fare faceva qualche lavoretto come modella per chiunque la volesse e lei si divertiva nel farlo.
“Anche tu sei bellissima!” dissi io facendo un giro su se stessa “Te l’ho sempre detto che questi vestiti lunghi ti stanno davvero bene! Tu te lo puoi permettere a quanto sei alta!” finii con un pizzico d’invidia.
Lei sbuffò e poi alzò gli occhi al cielo. Odiava quando parlavo così ma sapeva benissimo che avrei fatto di tutto per avere il suo fisico. In confronto a lei, io mi sentivo bassa e grassa anche se non ero veramente così. Maledetta autostima che di fronte alla mia migliore amica vacillava.
“Jasper viene?” chiesi io.
“Non lo so, sinceramente. Quando sono uscita, aveva detto che non veniva” disse lei facendo spallucce.
Jasper era il suo fratello gemello, anch’egli invitato al matrimonio ma conoscendolo e sapendo che odiava tutte queste “robe” convenzionali, non si sarebbe fatto vivo. Era un tipo taciturno e solitario e di certo non amava questi eventi.  
“Come stai?” mi chiese interrompendo i miei pensieri.
Feci spallucce e alzai gli occhi al cielo. Lei si mise a ridere per la mia faccia e io la seguii. Con lei era così, ridevamo per una cazzata o per niente, anche se sapevo che il suo reale intento era quello di farmi stare meglio. La ringraziai per questo e dopo un abbraccio durato svari minuti, ci staccammo perché sentii la porta della mia stanza aprirsi. Entrò lei, la mia quasi sorellastra, con un sorriso a trentadue denti e sentii Rose sbuffare, seguito da una mia gomitata. Non ero cattiva quindi non mi andava di prenderla in giro o falla sentire indesiderata nonostante odiassi i suoi modi di fare.
“Sei bellissima!” mi disse sorridendomi “Stai bene anche tu, Rosalie!”
Rosalie non rispose, semplicemente prese il suo cellulare e si mise a mandare un messaggio.
“Grazie, anche tu!” risposi gentilmente.
“Volevo avvisarti che giù vi aspettano Mike e Royce, li faccio salire?” chiese.
“Stiamo scendendo, grazie!”
Lei si chiuse la porta alle spalle e io guardai in malo modo Rose che si difese solo alzando le mani e dicendo “Non è colpa mia se lei fa l’antipatica”. Scendemmo giù e quando arrivai in fondo trovai Michael Newton che mi sorrideva.  Mi morsi un labbro e mi avvicinai. Mi diede un bacio a fior di labbra e io ricambiai. Era perfetto, era il ragazzo che tutti volevano e soprattutto non solo era dolcissimo ma mi faceva sentire protetta e sicura. Poi salutai Royce King che teneva tra le braccia Rose. Lui e Royce stavano insieme da tre mesi ma si amavano alla follia e io ero felice per loro.
“Sei bellissima!” mi sussurrò all’orecchio mentre appoggiava una mano sulla mia schiena.
“Anche tu!” risposi con un filo di voce.
La mia attenzione cadde su mia madre che, nel suo giorno più importante, era davvero una favola. Mi avvicinai a lei e le indossai il girocollo di diamanti, feci molta attenzione per non rovinare niente, quando finii Alice le mise tra i capelli il diadema. Adesso era perfetta. Lei si commosse e abbracciò me e Alice, ringraziandoci per i regali che le avevamo fatto. Infatti, lei credeva di dover indossare il vecchio girocollo e diadema di sua madre e non s’immaginava minimamente che io e Alice ci eravamo messi d’accordo per farle un regalo e dovevo ammettere che era azzeccato.
“Allora!” disse non appena finii di lacrimare “Una cosa di vecchio ce l’ho!”
Sorrise e si toccò il bracciale di mia nonna che si tramandava di generazione in generazione.
“Una cosa di nuovo ce l’ho!” disse toccandosi collana e diadema.
“Una cosa di prestato ce l’ho!” disse toccandosi gli orecchini “Se non glieli restituisco, Sara mi uccide!”
“Manca una cosa di blu!” dissi io sorridendo.
“Già! Oddio!” disse lei in preda al panico.
Mi avvicinai e gli allacciai al polso il mio bracciale preferito. Era del mio colore preferito, blu, e me lo aveva regalato proprio lei quando ci eravamo trasferiti qui a New York. Mi faceva piacere che ce lo avesse lei per questo giorno così importante.
“Grazie Isabella, te lo ridarò di sicuro!”
“Ci conto” sorrisi.
Mi abbracciò e ricominciò a piangere per la gioia. Quando si calmò, ritornò di nuovo su in camera sua avvisando che si era dimenticata una cosa e che io e Alice dovevamo accompagnarla nella sua stanza da letto. Eravamo in ritardo per la chiesa e se continuava così Phil l’avrebbe aspettata ancora per un po’. Mia madre era così: un po’ svampita ma in perenne ritardo, anche al suo matrimonio.
“Renee, qualunque cosa hai dimenticato, non ha importanza!” disse Alice “Siamo già in ritardo!”
“Lo so, lo so!” disse lei sedendosi “E che abbiamo dimenticato una cosa!”
“Cosa?” chiesi io.
Lei per tutta risposta si tolse di nuovo le scarpe e ne passò una me e una ad Alice, con annesso un pennarello. Era una tradizione italiana della nostra famiglia e mia madre la voleva mantenere. Si diceva che era un buon augurio per le persone non sposate o comunque in cerca di marito e io m’imbarazzai parecchio. Di sotto c’era il mio ragazzo e non s’immaginava minimamente cosa stava accadendo qui sopra. Quando finimmo di firmare, scendemmo tutte insieme di nuovo giù e spiegai a Mike quello che avevamo fatto. Lui mi sorrise e io ricambiai, poi mi strinse la mano. Non c’era bisogno di spiegargli cosa significava la firma nella suola delle scarpe e capii del suo sguardo che prima o poi lui ci sperava che noi andassimo all’altare insieme. Non sapevo quello che vide nei miei occhi, sapevo solo che mi abbracciò fortissimo e poi raggiungemmo mano nella mano la sala dove si sarebbe tenuta la cerimonia.
***
Dal fatidico “si” che si erano scambiati i nostri genitori e quindi anche nell’aver unito la famiglia Dwyer e quella Brandon per la felicità di tutti, erano passate parecchie ore e adesso ci trovavamo tutti in un enorme sala bianca a festeggiare. Erano tutti felici e contenti, soprattutto i novelli sposi che ballavano sereni come se fossero in una loro bolla. Appena avevano detto si, l’unica cosa che avevo pensato in quel momento era stato un urlo di disapprovazione ma adesso, che li guardavo così felici, me ne pentii amaramente. In fondo stavo poco a casa a causa dei vari impegni, quindi sarei stata costretta a sopportare Alice solo alle cene di famiglia. Potevo farcela.  
“Signorina, mi concede questo ballo?” mi chiese una voce che conoscevo bene, Phil.
Seduta, mi sorprese molto della sua statura, cosa a cui ancora non ero abituata, e più un uomo sembrava proprio una montagna e in confronto a lui, anche in piedi e con dodici centimetri di tacco ero sempre una nana. Si vedeva proprio che era un giocatore di football. Accettai la mano che mi stava porgendo e iniziammo a ballare piano, facendo solo qualche passo a tempo di musica, mentre un presunto tecnico, nonché assistente del fotografo, ci stava addosso per riprendere quel fantastico momento patrigno-figlia. Noi invece di stare seri ridevamo come matti a vedere la faccia di questo tale che cerca di riprenderci da tutti i lati possibili, girandoci intorno. Mi stavo proprio divertendo con Phil e tutti, avevo ballato con mia mamma, Rose, Mike e anche con Alice, ma con quest’ultima era successo solo perché lo voleva il fotografo. Phil invece mi piaceva tantissimo: era dolce e comprensivo e fin da quando ci eravamo conosciuti mi aveva detto chiaramente che non voleva prendere il posto di mio padre ma solo voleva essere per me solo una figura paterna qui a New York. Lo apprezzavo parecchio per questo anche perché ero legata a mio padre e nulla poteva farci allontanare, neanche i chilometri di distanza.  
“Sei bellissima, Bella!” disse lui "Avete fatto un ottimo lavoro qui, è bellissimo."
“Anche tu stai bene!” dissi io ridendo “Sembri un pinguino!”
“Ehi, mio marito non sembra un pinguino!” disse mia madre dando un bacio a fior di labbra a Phil.
Li lasciai da soli a ballare mentre io mi andai a sedere al mio tavolo per un bicchiere d’acqua. Ero stremata, stamani mi ero svegliata presto e adesso erano già l’una di notte.
“Ti stai divertendo?” mi chiese un ragazzo alle mie spalle.
Posai il bicchiere e mi misi una mano sul petto. Dire che mi aveva preso un colpo era davvero poco. Ribevvi di nuovo e sembrò che il mio battito cardiaco andasse molto più piano. Mi girai verso l’interlocutore e trovai Jasper Hale che mi sorrideva raggiante. Poteva essere considerato il mio migliore amico, seppur da alcuni mesi i nostri rapporti si erano un po’ raffreddati. A Mike non piaceva come persona e pian piano anche io avevo iniziato a pensarla così, nonostante conservassi i miei sentimenti puramente fraterni in una parte del mio cuore. Era il gemello di Rosalie, ovviamente eterozigoti visto che non erano per nulla uguali.
“Scusami se ti ho fatto prendere un colpo!” disse sorridendomi.
“Tranquillo, grazie mille per essere venuto!” dissi.
“Non potevo perdermi il matrimonio più discusso dell’anno. Allora ti stai divertendo?”
Lui si sedette accanto a me e prese due bicchieri di champagne che il cameriere gli stava porgendo. Facemmo un silenzioso brindisi e poi mi lasciai andare a quelle dolci bollicine.
“Ti stai divertendo?” chiesi io rivolgendogli la sua stessa domanda.
“Non si risponde con un’altra domanda!” disse lui sorridendo.
“Mi sto divertendo!” dissi io “Tu?”
“Beh si, la compagnia è piacevole! Ho conosciuto la tua sorellastra!” disse.
Sbuffai. Non avevo proprio voglia di parlare di lei.
“Sai, è simpatica!” continuò lui sorridendomi “Rosalie mi ha detto tutto. Perché non le dai una possibilità di farsi conoscere?”
“Jazz, l’ho frequentata ogni giorno in questo mese per colpa di questo matrimonio e ti assicuro che sembra più un’oca che un essere umano!” dissi.
“Ricorda Bells: non si giudica il libro dalla copertina!” disse lui alzandosi.
Mi fece l’occhiolino e ripensai alle sue parole. Non si giudicava il libro dalla copertina ma non mi andava nemmeno di darle quella possibilità perché ero certa di non sopportare a lungo la sua voce troppo squillante oppure quegli schiamazzi fuori luogo. Mi diede un bacio sulla guancia e poi mi lasciò sola con i miei pensieri.
“Ti va di ballare?” mi chiese Mike interrompendo i miei pensieri.
Mi porse la mano che io afferrai di buon grado e iniziammo a dondolarci a tempo di musica. Era davvero bello stare così, noi due. Gli diedi un bacio sulle labbra e lui approfondii quel bacio. Mi girai e trovai Rose sorridermi e approvare il fatto che io stessi a ballare con Mike.  
“Sai amore, spero che un giorno ci sposeremo!” disse sorridendomi.
Gli sorrisi e gli diedi un altro bacio a stampo, poi mi lasciai cullare dalle sue braccia.
***
“Ti sei divertita oggi?” mi chiese.
La guardai con quel poco di luce che c’era nella stanza. Ero stanca, mi facevano male i piedi e avevo sonno e lei, invece di stare zitta e dormire, cercava di fare conversazione. Purtroppo la bellissima festa era finita molto tardi e avevo perso un’ora a togliere tutte le forcine che avevo sui capelli. Adesso finalmente ero riuscita a mettermi a letto a dormire ma a quanto pareva mi sbagliavo di grosso. Alice era al mio fianco, nel mio letto matrimoniale, cercando inutilmente di fare conversazione.
“Sai,” continuò lei che non aveva capito nulla dal mio mutismo “sono contenta che stiamo insieme. L’ho capito che non mi puoi tollerare più di tanto ma mi piacerebbe tanto fare amicizia con te, soprattutto per tua madre e mio padre!”
“Alice, io non è che non ti tollero!” mentii io “È solo che questa situazione per me è nuova. È vero mio padre si è risposato e Sue ha due figli ma li vedo praticamente una settimana all’anno. Con te è diverso, condividerai la mia casa, la mia scuola e soprattutto i miei amici. Faccio fatica ad abituarmi a tutto ciò quindi lasciami i miei spazi!”
Mi sentii in colpa, ero una bugiarda fatta e finita.  Non c’erano spiegazioni per tutto ciò ma non mi andava di farla soffrire. Tutto qui. Ero troppo buona a mio parere. Il cellulare iniziò a vibrare e mi accorsi che mi era arrivato un messaggio. Lo ignorai completamente e cercai di prendere sonno e mettere la parola fine a quella giornata stressante. Sentivo Alice scrivere dei messaggi e la lasciai stare. In fondo, dovevo essere più cordiale. Ero l’unica che conosceva qui e io la stavo lasciando sola. Mi misi nei suoi panni e mi sentii malissimo. Quando ero stata per il matrimonio di Sue e Charlie a Forks, Leah e Seth mi erano stati vicini. Perché io dovevo comportarmi da stronza?
“Ti va una giornata di shopping domani?” chiesi io “Vado insieme a Rose, ti va di unirti a noi?”
“Siiii!!” mi urlò lei emettendo un suono fastidioso.
Non riuscii nemmeno a sentirla mentre mi ringraziava poiché, finalmente, il mio migliore amico Morfeo mi stava accogliendo tra le sue braccia facendomi addormentare.
 

 

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Capitolo 3
*** Lite ***


That's amore
Capitolo due- Lite
I raggi di un sole newyorkese, troppo caldo per essere già a Settembre, mi fecero svegliare da quel torpore in cui mi trovavo. Cazzo, questo era l’ultimo giorno in cui avrei potuto godere il beneficio di dormire fino a tardi e ci si metteva il sole a infastidirmi. Beh, non potevo di certo dire di aver passato una nottata tranquilla con Alice che aveva scalciato e fatto la lotta con i cuscini per tutta la notte. Si muoveva in continuazione e a quanto avevo capito, era un terremoto anche quando era attivo solo il suo subconscio. Sinceramente, speravo che oggi le portassero la nuova stanza in modo tale da farmi dormire al meglio. Averla a casa era già una tortura e non potevo subire ancora avendola nella mia stanza. Era troppo espansiva nei miei confronti, senza peli sulla lingua e approfittatrice. Mi dava sui nervi e quando la prima e ultima volta che le feci notare che le persone non erano giocattoli da manipolare, lei mi rispose semplicemente che non le interessava poi tanto se arrivava allo scopo. Beh, da allora mi ero sempre comportata civilmente con lei ma purtroppo dovevo farla sentire un po’ a casa. Pensai alla conversazione avvenuta con lei durante la notte e ricordai di averle proposto di fare shopping durante il pomeriggio insieme a Rose. Far stare tanto tempo a contatto lei e la mia migliore amica non era una buona idea e si rischiava perfino ad arrivare a qualche lite. Beh, in qualsiasi momento potevano arrivare a una lite visto che Rose, in assenza di mia madre e Phil, si trasferiva per una settimana qui per farmi “compagnia” e “proteggermi” dalla “campionessa mondiale di urli senza alcun senso”. Mia madre e Phil sarebbero partiti per una settimana per la luna di miele nelle capitali italiane: Roma e Milano. Questo significava che rimanevamo io e Alice sole in casa e, in mio soccorso, era arrivata Super Rose, proprio come un’eroina dei fumetti. Dopo l’ennesimo calcio all’aria di Alice, manco fosse un ninja, decisi che era il momento di alzarmi. Ero stata anche troppo sul letto a rimuginare su Alice, Rose e a quello che potrebbe capitare vivendo per una settimana sotto lo stesso tetto tutti insieme. Presi il cellulare e mi andai a chiudere in bagno. Avevo proprio bisogno di qualche ora per me. Mi lavai la faccia e i denti e mi guardai i capelli. Erano peggio del solito, forse non li avevo mai visti così. Li toccai ed erano impastati a causa della lacca di ieri. Mi vibrò il cellulare e lo presi. Era un messaggio da parte di Mike ma quando stavo per aprirlo, mi cadde l’occhio sull’orario. Non svenni solo perché non avevo tempo per un mancamento. Erano già le dieci e il mio cellulare mi indicava che proprio tra dieci minuti avevo la riunione per decidere il tema del ballo di inizio anno. Ero la presidentessa del corpo studentesco e tra i miei compiti c’era l’organizzazione dei più importanti balli e party della scuola e non potevo fare tardi. L’appuntamento era tra dieci minuti al Plaza e non potevo presentarmi in queste condizioni pietose. Eravamo nell’Upper East Side e presentarsi con un capello fuori posto era considerato un delitto. Mi spogliai e mi lavai alla velocità della luce. Forse nemmeno Flash poteva superarmi. Presi un asciugamano, non trovando il mio accappatoio e andai dritta nella mia cabina armadio. Il problema era la mia sbadataggine e feci un urlo disumano quando il mio piede sbatte contro la scrivania. Purtroppo svegliai Alice che mi guardava come se fossi una pazza da rinchiudere in un manicomio. Beh, era vero. Avevo un asciugamano in testa e uno sul corpo e saltellavo in giro per la stanza a imprecare per il dolore.
-Ehi, che succede qui?- mi chiese stiracchiandosi.
-Succede che sono in ritardo per la riunione- dissi io prendendo un intimo a caso e indossandolo –Ho dieci minuti per rendermi presentabile ed essere al Plaza!-
Lei mi guardò scioccata, alzandosi dal letto e controllando l’orario sul suo iPhone.
-Vai, ci penso io. Asciugati i capelli e truccati!- disse lei –Ci penso io ai tuoi vestiti!-
Andai di là e quando finii di mettere la schiuma nei capelli, mi venne un colpo di genio. Presi il cellulare e chiamai Rose.
-Faccio tardi!- dissi io senza darle nemmeno il tempo di replicare.
-Tutto bene?- mi chiese
-Certo, ci vediamo dopo!- dissi e chiusi la telefonata.
Dovevo dirle dell’ospite durante la nostra sessione pomeridiana di shopping ma non mi andava di farlo mentre Alice ci sentiva. Le avrei parlato subito dopo la riunione. I capelli mi divennero subito pieni di boccoli, cosa di cui andavo fiera. Poi pensai al trucco, misi il fondotinta, cipria e correttore.
-Alice come sono i vestiti?- urlai io
-Bianco e blu!-
Misi un ombretto blu elettrico su tutta la palpebra e poi feci una linea di eyeliner blu. Amavo abbinare il trucco ai vestiti e se proprio non mi andava optavo per colori neutri. Uscii dal bagno dopo aver messo un lucida labbra rosso che risaltasse le labbra, mascara e phard, andai nella cabina armadio. Guardai cosa aveva in mano Alice e annuii decisa. Era un genio. Non avevo mai pensato a questo tipo di abbinamento ma mi piaceva molto e poi per una giornata afosa come quella era proprio adatto. Le diedi un bacio sulla guancia per ringraziarla e indossai tutto ciò che mi passava. Senza pensarci infilai chiavi, portafogli, cuffie, fazzoletti e trucchi in borsa. Diedi un altro bacio sulla guancia alla mia sorellastra, lasciandole il rossetto, e scesi di sotto.
-Grazie Ali, ci vediamo a pranzo al The Plaza!- le urlai io dalle scale.
Subito dopo diedi un frettoloso bacio a mia madre e a Phil che si stavano godendo una buona colazione in tranquillità, finalmente riuscii a uscire da casa. Con un gesto rapido della mano, un taxi si fermò proprio davanti a me. Entrai e dissi la via al tassista che mi guardò male. In effetti era un po’ strano chiamare un taxi visto la poca distanza ma ero davvero in ritardo e non potevo correre. Presi lo specchio e aggiustai il rossetto e il mascara e poi mi dedicai al cellulare. Solo dopo aver risposto al messaggio di Mike, pagai e scesi dall’auto. L’hotel che mi si parava davanti era maestoso e lussuoso. Era uno dei posti dove amavo ritrovarmi per parlare privatamente e poi i camerieri erano molto gentili. Spesso usavamo le loro sale da ballo per qualche party quindi questo posto, personalmente, m’ispirava molto. Solitamente per parlare dei party usavamo qualche aula libera della scuola, l’unico problema era che oggi la scuola era chiusa e quindi avevo io stesso proposto di fare la nostra riunione al bar dell’hotel. Mi diressi al bar a passo spedito e raggiunsi le mie amiche. Diedi un bacio sulla guancia a Rose e mi sedetti accanto a lei.
-Ciao ragazze!- iniziai io sorridendo–Scusate per il ritardo ma ieri notte ho dimenticato di azionare la sveglia!-
Ordinai la mia prima dose di caffeina e quando arrivò, mi sentii subito a mio agio e soprattutto sveglia. Avevo fatto tutto talmente in fretta che a casa non avevo preso niente e fin quando il mio corpo non ingeriva una dose di caffè, mi sentivo intontita.
-Tranquilla, stavamo commentando il matrimonio. Eri proprio bella e ci siamo divertiti tutti!- disse Jessica con un pizzico d’invidia -Tutti i giornali ne parlano come matrimonio del secolo!-
Le sorrisi a mo’ di ringraziamento e lei ricambiò. Quella frase non mi stupii per nulla: era un amante di gossip, sia sui giornali sia sulle persone che abitualmente frequentava. Nonostante fosse una ragazza solare e gentile, non mi fidavo tanto di lei visto il suo difetto di non riuscire a mantenere un segreto di qualsiasi tipo.
-Si, è stato bellissimo!- dissi io contenta –Sono contenta che siete venute anche se non ho avuto tantissimo tempo per stare con voi!-
-Così adesso tua madre è sposata con Phil, uno dei giocatori più ambiti da tutte le squadre USA!- disse Lauren velenosa –Come farete se lui dovesse trasferirsi in qualche altra città?-
La guardai con il suo stesso sguardo: di sfida. Beh, dire di essere amiche era proprio un’assurdità. Sapevo che non mi poteva sopportare e sapevo anche che continuava a stare con me più per popolarità che altro. Sapevo che ce l’aveva con me per il ruolo importante che avevo occupato a scuola e in città e sapevo anche che voleva rubarmelo. Il problema era che fin quando ci saremo stati io e Rose, le cose non sarebbero cambiate e lei rimaneva l’antagonista numero due, ovviamente la prima era Victoria, che ormai da anni voleva abbattermi senza mai riuscirci.
-Sai Phil ha firmato un contratto con i Jets una settimana prima di chiedere la mano di mia madre. Quindi starà qui a New York per altri due anni e poi io e Ali andremo al college e loro saranno liberi di viaggiare!- dissi io –E adesso, dopo i vari gossip, perché non pensiamo al ballo che avverrà tra due settimane?-
-Ci vuole un’idea assolutamente straordinaria!- mi sostenne Rose.
Le sorrisi, bevvi l’ultimo sorso di caffè e chiesi al cameriere di portarmene un altro. Nel nostro tavolo era sceso un silenzio di tomba, com’eravamo tutti presi a pensare a qualche idea originale per questo ballo. Presi carta e penna ed esclusi quelli tradizionali  che non dovevano essere copiati come il ballo in bianco della famiglia di Mike, il ballo in maschera per carnevale, il ballo in rosso per Natale e poi l’ultimo ma non meno importante quello dei tanti colori che cambiavano ogni anno organizzato da mia madre e da me. Questi erano solo quelli a cui io aiutavo nell’organizzazione ma all’incirca i balli e i party erano almeno una o due volte al mese senza contare le feste che organizzavamo noi ragazzi. Tutti qui volevano apparire al meglio possibile e i party privati erano diventati delle vere e proprie sfide. Odiavo questa cosa ma era così e se non ti facevi vedere a due party consecutivi, eri tagliata fuori e qualcun altro prendeva il tuo posto. Per non parlare poi dei brunch della domenica e delle cene con amici e colleghi. Ero impegnatissima al cento per cento e non mi pesava poi tanto, mi divertivo tantissimo e poi riuscivo anche a ritagliare un po’ di spazio anche per Mike e Rose.
-Bianco?- chiese Lauren.
-No, è il party dei Newton!- dissi io fredda.
Lessi tutti quelli che facevano parte dei off limits e loro si sentirono demoralizzate. Avevamo levato tutte le idee e adesso era difficile. Non sapevamo cosa inventarci per quest’anno e le idee scarseggiavano.
-Grease?- chiese Lauren.
-Banale!- rispose Jessica al posto mio –Anni venti?-
-Più banale di Grease!- disse Rose.
Passò un’altra mezz’ora senza riuscire a concepire un’idea decente e io avevo già ingurgitato tre caffè. Era davvero difficile partorire un’idea geniale. Eravamo sedute qui da mezz’ora e ci venivano in mente solo cose scontate. Dovevamo avere un’idea stupefacente, da essere ricordata per tutta la vita e soprattutto chissà se poteva diventare una vera e propria tradizione. Magari l’idea sarebbe piaciuta talmente tanto che il prossimo anno sarebbe diventata un figurone.
-Ci sono!- disse Rose sorridendo entusiasta –Ci sono!-
-Dicci!- le suggerii io.
-Disney!- disse Rose con un sorriso.
-Non abbiamo dieci anni!- disse Lauren sprezzante.
-Ne abbiamo sedici, allora?- disse Rose –Deve essere fantastico! Le ragazze dovranno essere delle vere principesse e i maschi dei veri principi! Sarà tutto molto fiabesco!-
-Mi piace!- disse Jessica.
Ci fu un accordo da tutti tranne che da Lauren che ancora non riusciva a capire il senso di questo tema. Era davvero un tema geniale ma adesso dovevamo pensare a una frase geniale che doveva rimanere in mente a tutti. Questo ballo, doveva ricordarsi come uno dei più favolosi. Doveva fare notizia e quando concordai questo pensiero con le mie amiche mi diedero ragione. Beh, la riunione era ormai conclusa anche perché erano l’una e tra un po’ avrei dovuto pranzare con la mia famiglia. Le altre andarono a causa dei vari pranzi con famiglie e fidanzati mentre io e Rose rimanemmo lì. Dovevo dirle di Alice, era questo il momento giusto per farlo.  
-Sai, ho invitato Alice a fare shopping oggi pomeriggio con noi!- dissi io mordendomi un labbro.
Lei smise di bere il suo cocktail analcolico e mi guardò scioccata. Mi guardava incredula, forse non aveva capito le mie parole oppure pensava che stessi scherzando. Annuii convinta e solo quando la mia migliore amica vide la mia faccia seria, poté ragionare sulle mie parole.
-No!- disse lei convinta –Bella, come ti è venuta in mente questa idea alquanto stupida?-
-Beh, è sola qui! Mi sono messa nei suoi panni. Ricordati che se non fosse stato per Seth e Leah anch’io l’anno scorso mi trovavo nella sua stessa situazione!-
-In pratica vuoi fare beneficenza!-
-Non si tratta di beneficenza, Rose. Lo faccio per mia madre e soprattutto anche perché ormai è la mia sorellastra, dovrò abituarmi a stare con lei più di un’ora!- dissi io sbuffando.
Odiavo questa situazione. Non potevano farsi questa cavolo di luna di miele durante la settimana dove io stavo da Charlie? No, perché la luna di miele si faceva dopo le nozze e visto che domani m’iniziava la scuola non potevo assentarmi. Odiavo questa situazione, punto.
-E va bene! Ci sarò!-
-Grazie Rose, ti voglio bene!- dissi io sorridendole.
-Andiamo va’!- disse lei dicendo al cameriere di mettere tutto sul suo conto.
La ringraziai educatamente e lei mi spinse con fare scherzoso. Non dovevo ringraziarla per così poco, come diceva lei, ma io ero troppo educata e quindi ogni volta era la stessa storia. Arrivò un taxi in tempo record e prima di salire, Rose mi diede appuntamento qui davanti tra due ore. La vidi scomparire nelle immense strade newyorkesi e poi presi il telefono, decidendo di chiamare Mike che mi rispose immediatamente.
-Ehi amore, ti stavo pensando. Hai finito?- chiese lui gentile.
-Si, sto aspettando la mia famiglia per pranzare insieme!- dissi io –Tu che fai?-
-Ho aiutato mio padre con alcuni clienti e adesso vado a casa a pranzare e poi mi devo vedere con Eric per una partita di tennis! Tu, invece?-
-Oggi vado a fare shopping con Alice e Rose!- dissi io passeggiando avanti e indietro per la strada.
Guardavo tutti i taxi che passavano alla ricerca di quello giusto per poter mettere fine a quella telefonata. Volevo un gran bene a Mike ed ero contenta per tutte le attenzioni che mi dedicava ma oltre questo non c’era niente. La mia storia con lui era sempre stata monotona ma sicura, non avevamo mai fatto una lite. Insomma era un porto sicuro per me e di questo lo ringrazierò sempre.
-Bella, ci sei?- mi chiese Mike interrompendo i miei pensieri.
-Si scusa! Dicevi?- dissi io velocemente.
-Ti va di andare in quel ristorante giapponese che ti piace tanto?- mi chiese lui.
Pensai a tutto. Domani si sarebbe trasferita Rose a casa mia quindi significava che stasera c’erano due possibilità: rimanere a casa con Alice oppure uscire con Mike.
-Certo che mi va!- dissi io felice.
-Allora prenoto!- disse lui –Comunque devo andare, ti amo!-
-Ciao, ti amo anch’io!-
Perché era vero, lo amavo anch’io ma non nel modo in cui si dovrebbe amare un fidanzato. Lo amavo per tutte le attenzioni che mi dedicava e perché mi amava. Era questo il motivo principale e poi lo amavo perché a mia madre piaceva per il partito della sua famiglia e perché era proprio un tesoro con me. Allora, la situazione era complicata, quando stavo con lui amavo la sua presenza accanto a me ma quando ero da sola la tentazione di lasciarlo non mi abbandonava. Forse era normale dopo che stai con quella persona da quattro mesi oppure ero proprio io il problema. Venni interrotta da i miei profondi pensieri quando vidi Alice, arrivare spumeggiante verso di me. Mi diede un bacio sulla guancia e io le sorrisi.
-Stasera vado con Mike al Sushi, okay?- chiesi io –E domani viene a stare da noi Rose!-
-Okay, sai mi è arrivata la nuova stanza quindi penso che inviterò anche io una mia cara amica per festeggiare la mia nuova vita!- disse lei ma capii che stava mentendo.
Le sorrisi e due secondi dopo arrivarono anche Phil e mia madre mano per mano. Li salutai con un breve bacio sulla guancia e poi entrammo dentro il ristorante.
-Grazie!- mi sussurrò mia madre all’orecchio quando ci sedemmo a tavolo.
-Per cosa?- chiesi io ancora sottovoce senza farci sentire da Phil e Alice.
-Per dare una possibilità ad Alice!- disse lei –Ti conosco e quando sei così silenziosa significa che non ti va di stare con quella persona. Nonostante ciò hai deciso di passare un pomeriggio di shopping con lei! Grazie!-
-Di nulla!- dissi sorridendo –Lo sto facendo per te e poi Phil mi piace!-
Dovevo farlo per lei. Vederla così felice e innamorata mi faceva davvero piacere e dopo il divorzio con Charlie si era chiusa in se stessa. Credeva in questa famiglia e dovevo farlo anche io, per lei. 
***
Il pranzo era andato decisamente meglio di quello che mi aspettavo. Alice era stata gentile anche se qualche volta scappava qualche urlo da ochetta che io odiavo. Per quanto riguardava Phil, non c’era assolutamente nulla da dire. L’importante era la felicità di mia madre e lui riusciva a farlo. Questo era l’essenziale. Non m’importava se dovevo stare a contatto con Alice, fin quando mia madre, dopo quello che aveva passato, era serena, lo sarei stata anch’io. Mi guardai allo specchio del bagno e mi rifeci il trucco. Dovevo stare calma. Adesso anche a me sembrava una cattiva idea quella di aver fatto venire Alice con noi. Rose mi continuava a persuadere via messaggi da questa mia pazzia ma io ero decisa più che mai. Come mi aveva detto Jasper ieri: “non si può giudicare il libro dalla copertina”. Era difficile farlo solo per il motivo che ogni volta che era contenta e doveva esprimerlo usava i suoi urletti. Presi un respiro profondo e andai di là. Alice era seduta al bancone del bar ad aspettarmi mentre girava con la cannuccia il suo bicchiere di Coca Cola annoiata. Mi andai a sedere accanto a lei e ordinai un bicchiere di Coca anch’io.
-Rose è un po’ in ritardo!- dissi io ad Alice.
-Okay!- disse lei bevendo.
Non sapevo che dirle e lei di certo non mi aiutava a fare conversazione. Stava zitta a bere la sua Coca Cola e io la imitai. Non ero un tipo da iniziare la conversazione a meno che non fossi costretta. Fortunatamente in mio soccorso arrivò Rose che appena vide Alice, le fece un’occhiataccia. Va bene che la odiava per i suoi modi di fare ma cavolo se dovevamo iniziare così non andavamo da nessuna parte. Ero proprio nervosa per questa giornata e speravo sinceramente che andasse per il verso giusto. Rose mi sorrise tranquillizzandomi. Mi conosceva troppo bene per sapere anche quello che pensavo. La ringraziai e poi uscimmo fuori, cercando un taxi per portarci sulla Fifth Avenue.
-Sai, ho deciso! Stasera farò l’amore con Royce!- disse Rose quando salimmo sul taxi.
La guardai scioccata. Perché non me lo aveva detto prima? Eravamo insieme da questa mattina e lei non si era degnata di farmelo sapere per tutto questo tempo.
-Perché non me lo hai detto?- chiesi io curiosa e arrabbiata.
-Beh, stavo tornando a casa dopo la nostra riunione e mi ha detto che stasera ha organizzato qualcosa di speciale, quindi è arrivato quel giorno!- disse lei.
-Chi è Royce?- chiese Alice interrompendo le parole di Rose.
Royce King è un ragazzo che studia al college Berkeley e stanno insieme da circa tre mesi!-
Lei annuii sorridendomi. Arrivammo alla via dello shopping più importante di New York e un sorriso s’impossessò delle mie labbra. Amavo fare shopping, mi faceva stare bene. Oltre al caffè era la mia droga. Una droga piacevole, ovviamente, che non faceva male a nessuno a parte il portafoglio. Era una piacevole sensazione che mi dava benessere. Quando entravo in un negozio era come entrare in un altro mondo dove c’ero io, solo e solamente io, che mi perdevo negli immensi scaffali magari sorseggiando champagne. La mia mente si annebbiava completamente e tutto quello che riguardava il mondo esterno era solo un ricordo sfuocato. Poteva anche scoppiare la terza guerra mondiale fuori da un centro commerciale e io potevo anche non saperlo. Era un vero piacere, era come fare sesso, anche se io non lo avevo mai fatto, o mangiare una fetta di torta al cioccolato. Una vera goduria che creava dipendenza, molta dipendenza.
***
Dovevo ammettere che non era andata male questa giornata di spese folli. Mi ero proprio divertita anche con la presenza di Alice. Non era stato male passare un pomeriggio tutte e tre insieme ma di certo non potevo dire che era stata una delle mie giornate preferite. Rose e Alice cercavano di scambiarsi la parola il minimo indispensabile e io cercavo in tutti i modi di non far succedere un putiferio. In compenso, eravamo piene di buste e avevamo comprato di tutto e di più, dall’intimo fino alle scarpe con il tacco. Potevo ritenermi abbastanza soddisfatta anche se sapevo che tra due giorni avrei costretto qualcuno ad accompagnarmi di nuovo in giro per negozi.
-Allora belle signorine- iniziò il cameriere interrompendo i miei pensieri –Cosa vi porto?-
-Per me un martini!- disse Alice sorridendogli.
Io e Rose ci scambiammo uno sguardo d’intesa e poi ordinammo anche noi la stessa cosa, ovviamente senza fare molto le gatte morte. Non ci piaceva apparire in modi così da troia. Odiavo questi atteggiamenti. Mi facevano venire l’orticaria. Mi sapeva di prostitute e, per il nostro ambiente, tutto ciò era solo una cattiva reputazione. Arrivarono i martini con qualche stuzzichino e noi iniziammo a bere in silenzio. Intorno a noi albergava un imbarazzante silenzio. Io non sapevo assolutamente che dire e Alice e Rose non ci provavano minimamente.
-Ah, Rose- dissi io con la prima cosa che mi venne in mente –Ringrazia Jasper da parte mia. È stato un vero tesoro essersi presentato al matrimonio ieri!-
-Beh, ha sorpreso anche me. Lo sai che odia tutte queste cose. L’ha fatto per te, Bells. Ti considera come una sorella, nonostante il tempo vi ha allontanato!- disse lei sorridendomi.
-Anch’io gli voglio tanto bene!- dissi io –Jasper Hale è stato il mio primo e unico migliore amico!-
-Aspettate!- disse Alice includendosi nella conversazione –Jasper Hale è tuo fratello?-
Rose mi guardò e io feci spallucce. Non aveva senso quella frase anche perché, teoricamente, Jazz e Alice non si conoscevano. Vidi Rose annuire e chiedere spiegazioni ad Alice per quella frase.
-Beh, sai ieri al matrimonio abbiamo ballato insieme ed è carino. Infatti volevo chiedere a Bella se mi dava il suo numero. Mi piacerebbe conoscerlo!- disse lei sorridendo e marcando l’ultima parola.
-Non ti devi permettere nemmeno di pensarci a una cosa del genere!- disse Rose piano in modo tale che le arrivasse il concetto.
-Che è successo?- chiese Alice sfidandola –Non posso farmi degli amici adesso?-
-Alice, per favore. Non provarci con Jasper è come un fratello per me!- dissi io quasi calma –E poi è anche fidanzato!-
-Vedi se ci metti le mani addosso..- disse Rose minacciandola senza concludere la frase –Lui è fidanzato! Povera Maria!-
-Come ho fatto ieri alla festa?- chiese lei sorridendomi –Sai, ci sa proprio fare il tuo caro fratellino!-
Rimasi scioccata a quella frase. Non riuscivo a crederci ed ero senza parole. Sorseggiava il suo martini come se nulla fosse successo. Rose però fu più pronta di me e diede un colpo al suo bicchiere così il liquido trasparente bagnò completamente il suo abbigliamento. Lei rimase a bocca aperta, scioccata. Mi alzai dalla sedia insieme a Rose e presi le buste.
-Sei solo una troia! Non ci sono spiegazioni!- disse Rose andandosene.
Rimasi da sola con Alice e la guardai negli occhi. Mi aveva proprio delusa da tutto ciò che era successo e cosa aveva fatto.
-Ho provato a fare amicizia con te e a costruire almeno una famiglia felice. Ma a questo punto, non m’interessa se ti vai a buttare da un ponte. Mi fai schifo. Ho provato a esserti amica e a illudermi che ci fosse una persona con un cervello sotto il tuo essere troia e superficiale, ma mi sbagliavo!-
Raggiunsi Rose e lasciai di stucco e da sola Alice. Abbracciai la mia migliore amica. La colpa era anche mia, anzi solo mia. Avevo creduto alle belle parole di Alice dove mi prometteva che qui voleva essere una persona diversa. Lei aveva fatto uno sbaglio bello grosso e questo non gliel’avrei perdonata. Jasper era un ragazzo fidanzato e amava la sua ragazza. Purtroppo in questo momento era in Europa per un viaggio e di certo Jazz non si poteva sognare di tradirla. La colpa era solo di Alice che lo aveva abbindolato e forse, dopo qualche bicchiere, lui aveva perso la testa. Chiamai un taxi e andammo a casa mia, chiudendoci nella mia stanza. Non volevo vederla dopo quello che era successo. Rose, in lacrime, chiamò il fratello e mise il vivavoce.
-Come hai potuto?- disse lei arrabbiata –Maria è una brava ragazza e tu l’hai tradita con una troia. Ma ti rendi conto? Per caso ieri eri fatto? Perché non si trovano spiegazioni!-
Beh, la colpa non era solo di Alice ma anche di Jazz che ci era cascato con tutte le scarpe. Maledetti uomini che quando vedono culi e tette, dopo un po’ di alcool, non capiscono più niente.
-Rose, ti prego!- disse lui agitato –Non ho capito più niente. Due ore prima avevo litigato con lei e ci ero rimasto male e quando Alice si è avvicinata non c’ho visto più!-
-Non sono scuse, Jasper!- dissi io parlando per la prima volta –Non è una scusa andare a letto con una troia solo perché hai litigato con la tua ragazza. Non ci sono scuse per ciò che hai fatto e soprattutto ci hai deluso!-
Chiudemmo la conversazione in questo modo. Rose continuava a piangere ed era molto scossa. Non potevo biasimarla, in fondo. Maria era una sua amica e col tempo si era molto affezionata a lei. Stava con Jasper da due anni. Era simpatica e dolce e poi si vedeva lontano un miglio che era innamorata cotta di Jasper. Mi dispiaceva tantissimo per lei, in fondo era una bravissima ragazza. Sentii la porta dell’altra stanza sbattere, segno che Alice era tornata a casa.
-Ehi!- dissi io abbracciando Rosalie –Vuoi che chiamo Royce per dirgli di rimandare?-
Scosse la testa e poi tirò su con il naso. Mi fece un sorriso e poi mi disse che la sua vita non doveva intralciarsi con quella stupida di suo fratello. Le diedi ragione e poi lasciai farle la doccia per prima. Io mi buttai sul letto stremata. Cazzo, ci stavamo divertendo. Avevamo fatto tanto shopping e ci era anche piaciuto ma da un minuto all’altro era successo il finimondo. Il comportamento di Jazz mi aveva deluso ma anche quello di Alice non era stato proprio da medaglia. Lei provocava e i maschi ci cascavano e a lei, di certo, non dispiaceva. Provocava e si divertiva. Era irritante vedere come trattava le persone. Le usava e quando non le servivano più, le gettava, proprio come i giocattoli. Secondo lei, tutte le persone erano burattini con cui giocare ma non sapeva che esistevano anche i sentimenti. Fortunatamente che mia madre e Phil erano via per la luna di miele, se no non sapevo quando avrei potuto sopportare di continuare a fare il teatrino della nuova famigliola felice. Avrei smaltito il tutto con calma e poi ne avrei parlato. Forse per tutto quello che era successo o forse anche perché stanotte non avevo dormito molto, mi abbandonai e iniziai a dormire anche se a breve mi sarei dovuta alzare per andarmi a preparare. Mi aspettava una serata piacevole e io non vedevo l’ora.
 

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