Le cose migliori ci lasciano in Estate

di Danpo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Summer's gone ***
Capitolo 2: *** The smell of the rain. ***
Capitolo 3: *** The end of the summer. ***
Capitolo 4: *** Icy lake ***
Capitolo 5: *** Ice is not so cold ***
Capitolo 6: *** Seasons change ***
Capitolo 7: *** Winter is too hot. ***
Capitolo 8: *** Like a breath on the neck ***
Capitolo 9: *** White Flag ***
Capitolo 10: *** When the season ends. ***



Capitolo 1
*** Summer's gone ***


1.Summer's gone

Il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli non aiutava Robert a preparare le valigie. Ogni volta che un'onda si rompeva sulla spiaggia, la tristezza del ragazzo aumentava.

Prese tutto ciò che era sparso sul letto e lo esaminò con cura, uno alla volta: una camicia stropicciata, probabilmente usata anche più di una settimana prima, una maglia bianca che puzzava di qualcosa che Robert non rammendava in quel momento, svariti jeans attillati che aveva indossato il sabato sera e qualche felpa leggera che non aveva avuto l'occasione di indossare. Piegò tutto, anche la biancheria sporca, e la mise dentro l'enorme valigia blu che giaceva a terra. Poco prima di chiudere la cerniera, un'altra onda si infranse sullo scoglio dal quale, tre settimane prima, Robert si era tuffato in compagnia di una delle ragazze che la sera incontrava al lido. Non era un donnaiolo, era bello e le ragazze lo seguivano di loro spontanea volontà, era uno di quei ragazzi al quale non occorreva corteggiare per portarsi una ragazza a letto.

Ad ogni modo era infinitamente triste per la fine delle vacanze estive. E nonostante il cielo fosse leggermente cupo quel pomeriggio, non si rasserenava e continuava a voler rimanere al lido luna. D'altronde a scuola sarebbe stato un vero casino, e non aveva studiato assolutamente nulla per l'esame di riparazione di Italiano, ma aveva incontrato una ragazza molte sere prima che frequentava la sua stessa scuola. C'erano stati dei baci, un paio forse, ma nulla di che. Anzi, se la ricordava bruttina e priva di carattere, quindi la scuola non sarebbe cominciata nel migliore dei modi in alcun modo.

Nei tre mesi di vacanze estive, due li aveva passati insieme ai suoi amici in quella casa a mare, costata qualcosa come tremila euro al mese. La casa, nonostante la cifra, era piccola e la notte erano costretti a dormire nella stessa stanza. Per non parlare di quando Robert o, più spesso, David portavano i loro agganci a letto. Gli altri scoprivano sempre a proprie spese della persona in più e dovevano passare qualche ora in giro per la spiaggia, in attesa che la coppietta finisse. E ripensando a tutte le cazzate che avevano fatto per due mesi, Robert si accorse che il telefono stava vibrando dopo svariati minuti. Guardò lo schermo e riconobbe il numero di suo padre, che non aveva mai salvato in rubrica -Pronto?- esordì Robert, mentre aspettava la risposta di suo padre -Robert, volevo sapere a che ora arrivavi domani mattina in aeroporto!- dal tono di voce usato, l'uomo sembrava andare di fretta

-Non saprei Pà, se non ci sono ritardi alle sei!- rispose Robert

-Bene, molto bene! Ascolta, io devo lasciarti! Sono un po' occupato al momento!-

-Ho sentito! Che stai facendo?- Robert inarcò le sopraciglia

-Niente di importante, tesoro!-

-Da quando mi chiami tesoro?-

-Oh, non saprei! Da ora? Si, da ora!-

-È un po' ridicola questa conversazione, lo sai?- Robert portò indietro il collo, mentre con la mano sinistra chiudeva un cassetto

-Sapessi ciò che sto facendo adesso...- continuò suo padre

-Parla allora!-

-Beh, sono sul tetto!-

-Cosa ci f...Ascolta, non importa! Ci vediamo domani, okay?-

-Va benissimo!- l'uomo pigiò il bottone rosso e interruppe la chiamata, mentre Robert fece la faccia più strana che avesse mai fatto in segno di disapprovazione. In camera, senza nemmeno bussare, entrò David. O meglio, David ed una ragazza dai capelli rossi, leggermente in sovrappeso ma decisamente formosa che gli stava attaccata addosso, sfondarono la porta della camera da letto.

Alla vista di Robert la ragazza si staccò dal corpo di David e fissò il ragazzo a lungo, poi David si voltò -Robert! Stai facendo le valigie?- chiese indifferente e Robert, abituato a quelle situazioni, rispose con un si e scaraventò tutto ciò che era rimasto sul letto a terra, per poi precipitarsi fuori dalla stanza. In cucina, seduti attorno al tavolo, c'era il resto della comitiva -Ragazzi, mi sa che ne avranno per un po'- sentenziò Robert -Andiamo in spiaggia, è meglio- e si avviò verso la porta -Robert, come sta tua madre?- Kylie, l'unica ragazza del gruppo si avvicinò prima che il ragazzo potesse uscire, e gli sussurrò all'orecchio -Come stava prima che partissi, suppongo- rispose -Ah, scusa, ho sentito la telefonata e pensavo fosse peggiorata. Beh, meglio no?- Kylie sfoggiò il suo sorriso migliore -Decisamente- rispose Robert ricambiando il sorriso.

Quella sera i ragazzi deciso di non andare in alcun locale, ma di rimanere in casa. Mentre David ignorava le telefonate della ragazza dai capelli rossi, gli altri chiacchieravano del più e del meno. La fine imminente dell'estate era un misto tra preoccupazione e tristezza per tutti, e nessuno voleva ricominciare ad alzarsi presto la mattina.

A parte Robert, nessun altro doveva sostenere gli esami riparatori, e dovevano solo aspettare di varcare la soglia del liceo. Robert non lo aveva mai chiesto, eppure poteva giurare che tutti in quella stanza odiavano la matematica.

-Io giuro che a Settembre uccido il prof di filosofia e quel coglione di Harry!- Kylie ce l'aveva a morte con Harry, e tutti sapevano il perché. Anche se loro lo negavano, era palese che erano stati assieme per qualche mese

-È già settembre, cara!-

-No! Siamo al 31 Agosto! Sono ancora le 23.24!- la ragazza gridò e bevve un sorso di birra dal suo bicchiere, mentre i suoi capelli ricci e neri si mossero all'indietro

-Ormai siamo lì- rispose Ludwig, un nerdone patentato con la fissa per Doctor Who

-Come vuoi!- e mentre tutti discutevano riguardo a quanto fosse lontano o vicino settembre, Robert uscì fuori come un vero depresso sa fare per accendere una sigaretta. La muna non era piena, ma era comunque bellissima vista da lì. Le stelle brillavano alte nel cielo e si riflettevano nel mare piatto. La porta scorrevole si aprì di nuovo e ad uscire fu David -Questo cazzo di telefono finirà in mare a momenti!- disse mentre lo stringeva con più forza -Hai commesso l'errore più banale, amico mio!- Robert accese la sigaretta -E quale sarebbe, Rob?-

-Le hai dato il tuo numero!- rispose -Cazzo quanto hai ragione!- i due sorrisero -Ti sento, sai? Lo so che tutti pensano a te come un duro, che non prova un cazzo! Ma non è così, è solo ciò che vuoi far credere. Anche ora, mentre fumi! Vuoi farmi credere che tutto sia ok, ma non lo è! E a volte la cosa più semplice da fare è fermarsi e dire "Ehi, non sono così forte. Ho bisogno di aiuto!"- ci fu una pausa durante la quale Robert abbassò lo sguardo, mentre aspettava altre parole da David -So riconoscere quello sguardo, Rob. Ci conosciamo dall'asilo! Come sta tua madre?- David aveva inquadrato la situazione perfettamente -Sta morendo, come fa da cinque anni a questa parte! Ma sta volta sembra vero! E io mi sento un mostro!- Robert lasciò cadere la sigaretta sulla sabbia -Perché?-

-L'altro ieri ho desiderato la sua morte. Non so perché, ma l'ho fatto! Subito dopo la telefonata con mio padre, ho pensato "Spero muoia."- Rob guardò verso l'orizzionte

-Quando avevo cinque anni, mia madre venne da me e mi disse di essere incinta. Non sapevo che volesse dire, non veramente. Insomma, io sapevo che presto sarebbe arrivato questo bambino. Ma non sempre le gravidanze vanno bene. All'ottavo mese mia madre si accasciò al suolo gridando aiuto. Io non sapevo nulla, assolutamente nulla. Uscì fuori e cercai aiuto, ma nessuno mi dava retta. Così dovetti fare un numeri a caso sul telefono prima di trovare il numero di mio padre. Mio padre chiamò l'ambulanza e passarono due ore prima che mia madre arrivasse in ospedale. Mentre la facevano salire sull'ambulanza gridava, come se qualcuno la stesse pugnalando alle spalle. Era disperata. Così lo feci. Per un breve istante desiderai che il bambino morisse così che mia madre potesse sentirsi meglio- David guardò negli occhi Rob - Ora sono figlio unico, e senza madre. - A Rob scappò una lacrima – Io non voglio che mia madre muoia, Dav - i due ragazzi si abbracciarono, mentre dentro continuavano a brindare.

 

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Capitolo 2
*** The smell of the rain. ***


2.

The smell of the rain.

 

I ragazzi erano tutti in spiaggia, ognuno con la propria valigia in mano. Anche l'ultimo giorno di vacanza era finito, e da lì a poche ore tutti sarebbero stati nelle loro case, provando a studiare quel minimo che permettesse loro di eludere i controlli dei genitori. Julius era l'unico diciottenne del gruppo, ed era l'unico a non dover cominciare la scuola quell'estate. Non aveva un auto abbastanza grande da poter portare tutti cinque i ragazzi e le loro valigie, ma aveva chiamato suo padre, Jared, in soccorso. Solo pochi minuti e due auto sarebbero state lì, in cima alla strada che portava al parcheggio dedicato ai non residenti del lido luna. Robert riconobbe il clacson di Julius, e subito dopo un altro annunciava l'arrivo di Jared. Da dietro gli occhiali da sole, Ludwig distolse lo sguardo dal sedere di una ragazza in bikini, e molto prima che potesse accorgersene, Kylie gli pizzicò il braccio dicendo qualcosa che il ragazzo non riuscì a comprendere. Robert osservò la scena e si mise a ridere, mentre con la mano sinistra prese la valigia blu da terra. C'erano tutti e quattro: Kylie, Robert, David e Ludwig. Il sole splendeva alto nel cielo ed era un vero peccato abbandonare la spiaggia così ben popolata, calda e profumata, sebbene fosse il primo Settembre. Arrivati alle macchine, Robert, David e Julius andarono nella stessa macchina portando con loro quasi tutte le valigie della comitiva, mentre Kylie e Ludwig preferirono affidarsi a Jared.

Era decisamente tipico di Kylie non affidarsi ai novelli patentati. Già si fidava di Julius poco e niente quando camminava a piedi, figurarsi se si fosse affidata a lui per un viaggio di due ore verso casa.

Non era una ragazza particolarmente timorosa, anzi aveva un forte carattere e sapeva tenere a bada Ludwig, il fidanzato. Diceva sempre che la sua grande disgrazia era stata incontrare quel ragazzo, ma poi sorrideva dolcemente e Ludwig si scioglieva come un ghiacciolo al sole. Anche se lei faticava ad ammetterlo, era davvero una bella ragazza. I capelli le ricadevano sulle spalle e splendavano di un castano ambrato sotto la luce del sole. Le incorniciavano un viso asciutto ed abbronzato che contenevano due stupendi ed enormi occhi verdi che le sorridevano sempre. In quanto altezza, non era molto alta. Ma poco importava se per baciare il suo Walter doveva mettersi in punta di piedi: era comunque bella.

Abitava in una casa che, almeno esternamente, sembrava piccola, ma era comunque carina. Tutti coloro che vi passavano affianco, si fermavano almeno per un secondo ad ammirare la facciata azzurrina e il giardino ben curato dal padre. E mentre pensava a quanto non volesse ancora andare a casa, Ludwig accostò le sue labbra alle sue orecchie e sussurrò -Sei quasi arrivata!- Kylie era sorpresa! Due ore erano volate solamente pensando a casa sua e al fatto che non volesse tornarvici così presto. L'auto si fermò davanti il vialetto dell'abitazione, e Kylie uscì dalla vettura seguita da Ludwig. Presero le uniche due valigie dal cofano e le poggiarono a terra -Bene, sei arrivata- Ludwig si sforzò di fare un sorriso, era tremendamente triste a dover lasciare Kylie. Fosse stato per lui sarebbe rimasto un altro po' -Già, ho visto- disse Kylie -ascolta, tieni a portata di mano il telefono! Perché se ti invio un messaggio e tu n- Ludwig la baciò sulle labbra e poi la guardò negli occhi -Stai tranquilla- la rassicurò con voce ferma. Poi Kylie gli passò la mano tra i capelli neri -Sta attento a ciò che fai- lo baciò di nuovo e prese le valigie, dirigendosi verso l'interno.

All'ingresso non c'era nessuno, probabilmente la madre di Kylie era in cucina a preparare il pranzo. Posò la valigia nel corridoio e gridò «Sono tornata!». Dalla cucina si sentì un «Oh cielo! Tesoro, arrivo!» la madre di Kylie si tolse i guanti da cucina e corse all'ingresso per abbracciare la figlia. Era una donna bassa, magra e dai capelli neri che portava sempre raccolti. Gli occhi verdi si perdevano nella testa piccola e venivano separati da un nasino proporzionato alla testa. Abbracciò la figlia e le baciò in fronte «Se cerchi papà è in giardino, io continuo a cucinare! Preparati che voglio sapere come è andata!» la donna sparì in cucina tra i fornelli e Kylie si diresse nel retro della casa, attraversando il corridoio. Il giardino era decisamente ampio, con un roseto davvero ben curato. Il padre di Kylie era curvo su una pianta che la ragazza non seppe riconoscere. Si limitò soltanto ad attirare l'attenzione, mentre il padre le porse la guancia che fu baciata dalla figlia «Ti sei divertita?» chiese mentre continuava «Si!» rispose «Bene!» "Wow, che calore! Mi ha anche chiesto se mi sono divertita! Che bello" Kylie rientrò dentro, pensando al padre. «Mamma, io vado in camera mia! Vedo se riesco a riposare dieci minuti!» la madre non rispose ma si sentì un verso che stava ad indicare "Sì". Salì di nuovo le scale e si precipitò in camera sua: Era proprio come l'aveva lasciata. Il letto era rifatto, i due o tre peluche stavano nelle mensole a fissare il letto e il computer giaceva in un angolo, impolverato. Si gettò sul letto e guardò se aveva ricevuto qualche messaggio. Uno, di Ludwig. Lo lesse "Mi manchi amore mio." "Che megapalle, ci siamo salutati giusto tre minuti fa!" la ragazza non rispose nemmeno, posò il cellulare sul comodino e si addormentò.

Un tuono ruppe il silenzio all'interno dell'auto. Robert e David si guardarono negli occhi, sapevano quanto entrambi odiassero i temporali «Ehm, quanto manca?» David avvicinò la testa al sedile davanti a lui, sul quale era seduto Julius «Non saprei, credo una mezz'oretta buona» rispose. Il ragazzo si rassegnò e poggiò le spalle allo schienale, menre le prime gocce iniziarono a scendere sull'abitacolo. Robert chiuse gli occhi, cercando di non pensare alla pioggia. Poi prese il cellulare cercando di distrarsi un po'. Notò che gli erano arrivati tre messaggi, dallo stesso numero, poche ore prima «David, sai chi ha questo numero?» Robert mostrò il numero al ragazzo «Ossignore, e chi se lo scorda? Bloccala in qualche modo, dille di non scriverti più! Come ha fatto a trovarti?» Robert aggrottò la fronte, evidentemente inconsapevole «È la rossa Rob, la rossa!» l'espressione di Robert cambiò e senza guardare i messaggi, li cancellò. Julius aprì il finestrino, sporgendosi fuori «Jul, che cazzo fai?» il ragazzo continuò a tenere fuori la testa, nonostante la pioggia cominciasse a farsi più forte «Ascoltate ragazzi, sentite! Non è buonissimo?»

«Cosa?» Robert si avvicinò

«L'odore della pioggia!» Julius rientrò la testa tenendo gli occhi fissi sulla strada. Mancava poco e sarebbero arrivati a casa di David. Ancora poco, e l'estate sarebbe veramente finita.


L'angolo dello scrittore

Allora ragazzi, mi scuso per il tempo impiegato nell'aggiornare!
La scuola mi sta occupando troppo tempo u.u
So che questo, rispetto a quello precedente, è un capitolo molto più leggero, ma sappiate che i primi capitoli serviranno un po' ad introdurre i personaggi, a capire un po' di più su di loro, sulle loro paure! Ecco quindi perché non parto immediatamente con la narrazione! Mi scuso dunque se qualcuno di voi non apprezzerà ciò.
Detto questo, vi comunico che ho aggiornato di recente queste storie:

1. Mura di ghiaccio (Su Wattpad la troverete sotto il nome di "Pethricor")
 

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Capitolo 3
*** The end of the summer. ***


3.

The end of the summer.

 

 

L'auto si fermò dinnanzi al vialetto della casa di David. Il ragazzo da dentro la vettura scorse il giardino deserto, proprio come si aspettava. Si voltò verso Robert, con una velata espressione di malinconia «Qualsiasi cosa accada, sai che puoi chiamarmi.» Robert abbracciò l'amico. Sapeva quanto David non volesse tornare a casa, seppur non lo desse a vedere. Non che odiasse la sua famiglia, ma c'era qualcosa che lo metteva a disagio ogni volta che si trovava in mezzo a suo padre e alla sua compagna. Scesero dall'auto e si accorsero che sotto l'ombrello in due si stava scomodi. David aprì il cofano e prese l'unica valigia che si era portato. Abbracciò di nuovo Robert e salutò Julius. Sollevo la valigia pesante e si precipitò dentro. Poco prima di entrare sentì l'auto sfrecciare via. Adesso era solo in mezzo ai suoi genitori.

 

Entrò, chiudendo la porta dietro di sè. Lasciò cadere il trolley a terra ed esultò «Sono a casa!». Ma nessuno parve sentirlo: davanti a lui, la compagna di suo padre stava ascoltando la musica da un paio di cuffiete rubategli dalla sua stanza, mentre stava cucinando, il padre russava rumorosamente sopra il divano di pelle, mentre sua sorelle disegnava qualcosa senza curarsi di lui. Così provò ad alzare il tono della voce, riuscendo ad attirare l'attenzione della sorella, che si girò e gli disse «Bentornato!» gli corse contro, lo abbracciò e poi tornò a disegnare. Provò una terza volta, ma poco prima che potesse aprire la bocca, la donna si girò vedendolo fermo sull'uscio «Oh mio Dio! David! Da quanto sei arrivato? Che ci fai lì fermo?» corse ad abbracciarlò e lo baciò sulla guancia. David avanzò lunga la stanza e si sedette al tavolo, suo padre russava ancora. Ma la matrigna di David andò a punzecchiarlo invitandolo a svegliarsi. E così fece dopo una decina di minuti. Ma si limitò soltanto a farsi baciare sulla guancia da suo figlio e a chiedergli "Come è andata?". Una domanda al quale il figlio avrebbe preferito non rispondere, dato che era andata favolosamente, contrariamente ai piani dell'uomo.

Poco prima di partire suo padre gli aveva ricordato ciò che lo attendeva al ritorno. Avrebbe dovuto ripulire il giardino dalle cartacce che la sorella, avuta con la seconda moglio, avrebbe sicuramente lasciato in giro, e debellare le erbacce che di lì a poco sarebbero cresciute rigogliose sul verde prato. Ma a David questo non importava, e decise comunque di non lasciarsi intimidire e partire per qualche mese con i suoi amici. Era sbagliato ciò? Secondo il padre sì. Gli aveva anche raccomandato di prestare attenzione e di stare attento, perché le vacanze non sono come vengono dipinte da tutti, no. Sono solo un immenso spreco di denaro e di tempo, ecco come la vedeva Harry. E mentre al ragazzo tornavano in mente tutte le cose successe poco prima di partire, i suoi pensieri furono interrotti dal piatto colmo di carne e purè che gli fu posto davanti. «Grazie» e ingoiò il primo boccone. Quando ebbe finito, si alzò dal tavolo e trascinò la valigia in camera sua, desideroso di fare una doccia e lavarsi via quella malinconia.

 

Robert prese il posto accanto a quello di Julius, giusto per fargli compagnia e pochi minuti dopo aver lasciato David, arrivò a casa. La sua dimora era modesta, e si affacciava su una strada poco trafficata che il padre aveva scelto appositamente per non disturbare la madre. Le due valigiesembravano aver perso peso, e il ragazzo procedeva con aria spedita verso l'ingresso. Aprì la porta e subito fu accolto dal calore della casa, mentre il padre gli andava incontro con le braccia tese «Robert! Finalmente a casa!» esordì l'uomo, ma il ragazzo guardò l'angolo della stanza nella quale solitamente la madre alloggiava «Dov'è mamma?» quasi ignorando l'affetto del padre, cercò con lo sguardo il letto in cui la donna di solito riposava «L'ho dovuta trasferire sopra perché la luce del sole l disturbava» disse malinconico «Lei ama il sole. Ne ha bisogno altrimenti diventa pallida» Robert protestò lasciando cadere le valigie «Robert, non sempre ciò che tua madre ama le fa del bene.» gli occhi dell'uomo erano tristi ora «Tua nonna ha già preparato qualcosa da mangiare, va a salutare tua madre e dopo la nonna. Pranzeremo più tardi per oggi». E così fece. Si precipitò nella stanza della madre, correndo. Spalancò la porta e la vide lì, come sempre. Era sdraiata sul letto a baldacchino con la bocca aperta in un sorriso e gli occhi puntati sul figlio, mentre le mani reggevano un libro. L'intera stanza era stracolma di libri che la signora aveva letto. Robert rallentò la corsa per non disturbare la madre «Mamma» la donna sorrise «Vieni, Robert» con un filo di voce e le labbra secche, invitò il figlio a farsi avanti «Ti sei divertito?» Robert le prese la mano e notò che era abbastanza fredda, così cerco di riscaldarla dandole prima un bacio e poi stringendola fra le sue «Sì mamma, è stato tutto fantastico.» E fu lì, che per la prima volta in anni, Robert non si sentì il ragazzo bello e forte che girovagava in cerca di ragazze. E fu lì che Robert si sentì un uccellino che tornava al nido al quale era nato, irremidiabilmente rotto. E anche sul viso del ragazzo, l'estate terminò.
 


L'angolo dell'autore


Hola! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante sia ancora uno di quelli fatti per presentare i personaggi! Dal prossimo o comunque dai prossimi due comincerò a narrare i fatti veri e propri! Tenetevi pronti e cominciate a shippare coppie improbabili.

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Capitolo 4
*** Icy lake ***


4.

Icy lake.


 

Il primo giorno di scuola era passato abbastanza velocemente tra professori svogliati e alunni annoiati. La notte era finalmente arrivata dopo una giornata mite ed Aileen si affacciava alla finestra. Fuori la luna splendeva come in pochi giorni ed era impossibile non guardarla. Il cellulare si illuminò mostrando un messaggio: era Robert. Era passato moltissimo tempo dall'ultima volta nella quale si erano sentiti. In passato erano anche stati fidanzati, ma tutto ciò apparteneva al passato. Incuriosita dal mittente, decise di leggere il messaggio "Ti va di parlare domani all'intervallo? Ci si vede davanti alle macchinette, come ai vecchi tempi." Aileen rilesse il messaggio più volte per essere sicura di ciò che stava accadendo. "Ci ho messo mesi per dimenticarti, stronzo." tornò a fissare la luna senza sapere che fare "Ci vado" pensò «Ci vado!» infine lo disse ad alta voce per farsi coraggio.

Quando Kylie toccò il cellulare, aveva la dannata voglia di scaraventarlo al suolo. La sveglia era suonata poco prima, ma ciò che le dava fastidio erano la decina di messaggi che Ludwig le aveva inviato per darle il buongiorno. Ma quella mattina aveva deciso di trattenersi perché il primo giorno di scuola era per tutti stressante, ma per lei lo era di più. A scuola andava bene, ma detestava doversi alzare presto per qualsiasi occasione. Fece poche storie e poco prima che sua madre gridasse da dietro la porta, fu in piedi pronta per vestirsi. Si guardò velocemente allo specchio e si preparò alla lotta contro i suoi capelli arruffati. Sua madre gridò una seconda volta e questa volta bussò «Ho capito dammi un minuto!» gridò di risposta, ed infine aggiunse un «Che cazzo!» quasi sottovoce per non farsi sentire dalla madre. Come pigiama quella notte aveva indossato una vecchia maglietta a maniche corte rosa, un colore che detestava più di essere svegliata al mattino. Il leggero calore di Settembre le permetteva ancora di dormire in quel modo. Si preparò molto velocemente, indossando un paio di jeans chiari ed una maglia bianca leggermente scollata. Pettinò i capelli con cura e li legò dietro la testa in una coda. Le converse rosse ai piedi erano state messe un po' a caso, dato che le scarpe chiuse non le piacevano affatto. Prese lo zaino nel quale aveva infilato un paio di quaderni e l'astuccio giusto per iniziare bene. Aprì la porta della stanza e si precipità in sala da pranzo. Suo padre era seduto a mangiare crepes al miele mentre la madre stava friggendo qualcosa «Stammi a sentire signorina, ho concesso che tu saltassi il primo giorno di scuola perché eri appena tornata dal viggio, ma anche il secondo non va bene! È tardissimo!» senza voltarsi, la madre rimproverò Kylie che non era nemmeno entrata «Ma il bus parte tra mezz'ora!» fece scivolare lo zaino dalla spalle posandolo a terra «Si, certo! Sbrigati a mangiare e poi corri subito alla fermata!» Kylie si avvicinò al tavolo «Buongiorno anche a voi!» il padre mandò giù un ultimo pezzo di crepes e sorrise alla figlia «Buongiorno tesoro!» la ragazza prese il piatto e versò un bel po' di miele sulle crepes, visibilmente arrabbiata. L'autobus era in ritardo come sempre. Fortunatamente era una giornata ancora abbastanza calda e un ritardo si poteva sopportare. Kylie si passò una mano nei capelli per spostarli di lato, mentre con lo sguardo cercò qualcuno con cui parlare. Guardò l'orologio, nervosa, e poi vide chi meno desiderava vedere. Harry la guardava anche lui torvo dall'altro lato della strada, indeciso se attraversare o meno. Kylie si girò dal lato opposto e prese il telefono, fingendo di inviare messaggi a qualcuno «Potrei rispondere al messaggio di Ludwig!» cercò il numero di Ludwig e rispose al buongiorno ricevuto qualche ora prima «Kylie...» riconobbe la voce e le sembrò scoppiare il cuore «Harry...» si voltò verso il ragazzo cercando di rispondere col tono più freddo possibile «Beh...sai se per ca-» «No, non so nulla. Mi dispiace.» la risposta fu ancor più fredda del nome che aveva pronunciato poco prima «Non sai nemmeno cosa ti stavo per chiedere!» Harry protestò scherzosamente mentre Kylie cercava di allontanarsi «Ti conosco sin troppo bene, Harold.» col cellulare ancora in mano, Kylie attraversò la strada lasciando solo Harry.

Robert era già in attesa davanti ai distributori automatici con David poco distante. Non sapeva nemmeno perché aveva inviato quel messaggio, perché era stato così stupido. Non si aspettava nemmeno di vedere Aileen a quelle macchinette, ma attese comunque. Dopo una decina di minuti David se ne andò dicendogli di lasciare perdere. Ma lui rimase lì, in attesa. Prese diverse barrette di cioccolato al latte per passare il tempo e proprio mentre stava mangiando l'ultima, qualcuno si avvicinò e lo abbracciò all'altezza dei fianchi. Con una mano cercò quelle che lo cingevano, e le riconobbe. Erano le sue. Erano quelle di Aileen. Si voltò, trovandosi faccia a faccia con la ragazza dagli occhi verdi «Scusa, forse non avrei dovuto...» Aileen si staccò da lui, rossa in volto «Forse non avrei dovuto scriverti io. Scusami, ma mi mancavi...» Aileen rise «Robert, sai cosa dicono di te in giro? Sai come ti chiamano?» Robert aggrottò la fronte «Robert il puttaniere!» finì lei «Perché sono qui, secondo te?» Aileen prese la mano del ragazzo «Per una buona ragione» disse lui «Per noi.» e le loro mani si intrecciarono.


Buonasera!
Mi scuso enormemente per un paio di cose:
1. Non aver aggiornato la settimana scorsa. Ma vi assicuro che io non c'entro nulla u.u
2. Per non aver introdotto Aileen prima. Mi dispiace, ma io lo avevo fatto qui sul computer, ma avevo dimenticato di pubblicare il capitolo su di lei (Che andavano tra il due e il tre), quindi è successo un casino! Vi assicuro però che la sua storia con Robert verrà definita maggiormente in seguito!
Scusatemi ancora :)

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Capitolo 5
*** Ice is not so cold ***


5.

Ice is not so cold.


 

«Guarda sotto la superficie: non lasciarti sfuggire la qualità o il valore intrinseco delle cose.»

-Marco Aurelio

Robert attraversò i corridoi seguito da David, mentre il mormorio diffuso della gente copriva le loro voci stanche. Stavano per tornare a casa e, come ogni giorno di scuola, dovevano correre per riuscire a prendere il bus e tornare nelle rispettive case dove ad attenderli c'erano interminabili esercizi di matematica. A scuola non erano tanto bravi, lo erano quel tanto da arrivare alla sufficenza e soddisfare i propri genitori prendendosi qualche ramanzina di tanto in tanto, fingendo di stare ad ascoltare. I pomeriggi David li passava ad ascoltare musica pop rock e leggere qualche libro ogni tanto, mentre Robert si chiudeva in camera sua o in camera di sua madre a fare qualsiasi cosa o a parlare, poco importava se aveva un interlocutore. Oltrepassarono l'orda di primini che cercava di fuggire giù per le scale principali, dirigendosi in quelle d'emergenza per arrivare per primi al cancello primario e poi intrapendere la strada per il bus. Ma David aveva poca fretta ed una volta fuori dall'edificio allungò la mano verso il braccio di Robert, costringendolo a voltarsi «Allora? Perché non mi hai detto nulla?» per un attimo Robert non capì, poi collegò la storia di Aileen «Non c'era nulla da dire...» rispose voltandosi e continuando a camminare «Non puoi fare così! Non puoi presentarti la mattina e dirmi "Sai, ho parlato con la mia ex ragazza" di punto in bianco!» Robert continuò a camminare ed incrociò le braccia al petto visibilmente contrariato «Allora?» David si fermò in attesa di risposta «Sai cosa è successo! Ieri ho ceduto! Voglio recuperare il nostro rapporto! Mi sento solo in questi ultimi mesi, nonostante la vacanza con voi.» David sbarrò gli occhi «Mi stai dicendo di averti abbandonato? Solo per le storielle che ho avuto in estate?» anche lui incrociò le braccia «Lo stai dicendo tu...» Robert si avvicinà all'amico continuando a tenere le braccia incorciate «Non lo hai negato!» «Perché dovrei? In fondo è vero! Ero con voi, è vero, ma ho avuto i momenti per pensare a tutto ciò che ho fatto negli ultimi mesi e la rottura con Aileen era l'unica cosa che avrei cambiato.» David si tranquillizzò «Tanto lo so che ti ha lasciato lei!» i due scoppiarono a ridere «Penso proprio che starete bene insieme, Rob.» continuarono a camminare sino ad arrivare al bus, scambiandosi continuamente pareri su ciò che fare con Aileen. E Robert lo sapeva che fare, lo aveva sempre saputo.

Quella notte Aileen aveva deciso di fumare una sigaretta in camera sua, vicino alla finestra che dava sul giardino. La luna splendeva alta nel cielo, illuminando il viso pallido della ragazza. Prese il cellulare in mano e cominciò a scorrere tra i vecchi messaggi che si scambiava con Robert ai tempi del fidanzamento. Fu sorpresa quando scoprì che aveva dimenticato di eliminare i messaggi scambiati la notte in cui era successo il fattaccio. E fu anche sorpresa quando, rileggendo i messaggi, provò un senso di rammarico per ciò che era accaduto il 31 Ottobre dell'anno precedente.

La musica rendeva impossibile parlare a dieci centimetri di distanza e la sala si stava via via svuotando lasciando una decina di ragazzi e ragazze a ballare l'uno sopra l'altro. Robert ed Aileen erano vestiti di tutto punto per la festa annuale di Natale, e non avendo niente da invidiare a coloro che si definivano i più belli della scuola, sfoggiavano i loro abiti migliori mettendo in risalto la loro bellezza. Erano una bellissima coppia, ammirati da tutti o quasi e con mille amici. Di lì a poco il DJ avrebbe messo un lento e Robert ne approfittò per prendere da bere per lui ed Aileen. Si diresse verso il banco degli alcolici e chiese qualcosa di leggero dato che odiava l'alcol. Aspettò che il barman gli portasse le bibite e nel frattempo notò una ragazza visibilmente ubriaca urlare superando quasi il volume della musica. Alzava un bicchiere vuoto in aria e fissava un ragazzo che rideva a più non posso, poi d'improvviso smise. Robert si voltò dall'altra parte, cercando di sfuggire allo sguardo della ragazza, ma poco passò e si sentì sfiorare il fianco. Si voltò, e la ragazza che prima gridava in fondo alla sala, ora era davanti a lui sorridente. Provò a salutare ma lei non capì. Accostò le sue labbra a quelle di Robert e lo baciò mentre il ragazzo cercava di liberarsi. Ed Aileen avveva assistito al bacio. Senza più voler ballare con lui, si asciugò una lacrima e lasciò il locale tornando a casa a piedi.

La porta si spalancò interrompendo i pensieri di Aileen e in una mossa repentina la ragazza gettò fuori la sigaretta, spaventata. La luce del corridoio era spenta, quindi ci mise un po' a riconoscere la piccola figura che aveva aperto la porta. Il suo fratellino più piccolo irruppe nella stanza con un peluche nella mano destra e la mano sinistra ancora stretta attorno la maniglia. Indossava un pigiama azzurro leggermente più grande di lui «Allie, non riesco a dormire. Ho sognato che i robot entravano in casa nostra. Posso dormire con te?» Aileen sorrise e chiuse la finestra e si inginocchiò dinnanzi al piccolo «Certo che puoi tesoro, ma ci andremo stretti in un letto! Mettiti sotto le coperte, ti raggiungo tra un momento» gli accarezzò i capelli e si alzò, chiudendo la porta. Guardò per un'ultima volta il cellulare, sorridente. Poi anche lei si accucciò nel lettino abbracciando il piccolo fratellino e il peluche che stringeva.

 


Dopo milioni di anni ho finalmente postato questo capitolo! Non è il migliore di tutti, io stesso lo reputo il peggiore sino ad ora, ma mi serviva spiegare il rapporto David/Robert e darvi qualche informazione su Aileen prima del prossimo capitolo, quindi questo e quanto!
Se vi state chiedendo da dove viene la citazione ad inizio capitolo, viene da una "Scena tagliata" (che troverete sul gruppo facebook) che riguarda Robert e sua madre!
Dato che siamo giunti al quinto capitolo, mi sento in dovere di fare qualche ringraziamento!
Ringrazio coloro che in chat mi chiedono di aggiornare questa storia e a chi afferma che Le cose migliori ci lasciano d'estate ha conquistato un posto nel loro cuore! Ne sono davvero felice!
Inoltre dedico il capitolo a Neifele che continua a cagarmi su whats nonostante io le risponda sempre in ritardo, provocando la sua ira.
A Finna che ormai sta facendo diventare la Dinna canon, che continua a chiedermi dei capitoli, e che mi odia. (Tanto lo so che mi VTTB)
E infine ad Alessia, che oltre ad avere un nome bellissimo, è ormai lettrice fissa di questa e delle altre storie! Anche per te tanto amore u.u
 

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Capitolo 6
*** Seasons change ***


6.

Seasons change


 

La pioggia era particolarmente violenta quel giorno. Cadeva al suolo e si infrangeva sull'asfalto allegerendo le nuvole grigie e imprigionando le persone all'interno delle loro abitazioni.

Julius sedeva davanti alla TV in compagnia della madre e della sorella. Suo padre Jared era a lavoro all'interno di uno di quei tanti palazzi al centro della città; e loro, lì nella loro casa, si sentivano fuori posto. Le sirene della polizia, ogni tanto, svegliavano il quartiere in piena notte per arrestare gli spacciatori agli angoli delle strade. Le ambulanze arrivavano sempre silenziose a prelevare i cadaveri di ragazzi morti per overdose o nelle liti. Di notte Julius faceva finta di non sentire la madre snghiozzare o il padre bestemmiare per non poter dare un posto migliore in cui vivere ai figli. A scuola andava quasi ogni giorno accompagnato dal padre mentre la strada per il ritorno era quello più difficile. Lungo la via di ritorno si districavano i vari gruppetti di spacciatori e di gente "Poco raccomandabile", come sua madre li aveva chiamati, che cercavano in continuazione nuova clientela. E quindi doveva stare attento a non cedere prima alla Marjuana, poi alla cocaina o ad altre droghe. Per la sorella era tutto molto più semplice. Aveva tre anni e si poteva permettere di vivere nel mondo delle barbie e degli altri posti incantati che da bambini cerchiamo con forza. Eppure prima quei quartieri non erano così messi male e questo era un altro enorme problema. La famiglia di Julius era benestante, non ricca, ma comunque viveva bene mentre tutti in quel quartiere a malapena avevano un lavoro. Quella situazione era arrivata quasi all'improvviso, quando una fabbrica o una banca, Julius non ricordava bene, chiusero lasciando circa il novanta percento delle famiglie di quel quartiere in mezzo ad una strada, letteralmente. A vivere agiatamente erano la sua famiglia e altre cinque tra le quali una stava per trasferirsi in centro. E tutto ciò aveva aiutato le famiglie disoccupate ad odiare le altre tanto che più volte Julius era rimasto coinvolto in risse. Ma Jared e Scarlett, la madre di Julius, stavano mettendo i soldi da parte da anni per comprare o affittare una casa lontana da quel quartiere.

Di case ne avevano viste solo un paio sino a quel momento e quel giorno non era prevista alcuna consulenza con l'agente immobiliare; tutti e tre, Julius, Scarlett e la piccola Annie, guardavano una vecchia serie TV poliziesca e mangiavano patatine sul divano. La bambina stava quasi per addormentarsi mentre Scarlett moriva dalla voglia di cambiare canale, cosa che gli era resa impossibile dal telecomando troppo distante e dalla pigrizia di alzare anche solo la schiena dal divano.

Julius stava per chiudere un secondo gli occhi, ma un rumore cupo lo svegliò improvvisamente. Qualcosa era caduto nella stanza adiacente e si era rotta in tanti pezzi a giudicare dal boato. Scattò immediatamente in piedi e si diresse verso la porta che separava le stanze, mentre la madre si avvicinava alla piccola per chiederle di salire al piano superiore.

Julius impugnò il primo oggetto che trovò a tiro, lo zaino della sorella. Aprì la porta e la luce della finestra lo colpì agli occhi. Si strofinò gli occhi per riprendersi e guardò a terra: un piatto era caduto dal tavolo e sopra di esso era seduto un gatto bianco che lo fissava miagolando. Julius lasciò cadere lo zaino a terra «Ci mancavano solo i gatti a farci morire di paura!» sorrise e lasciò scappare l'animale dalla finestra dal quale era entrato, poi la chiuse. Per quella volta non era entrato nessuno.

David accostò la tazza di cioccolata ancora fumante alle labbra, soffiando prima di berne un sorso. Dicembre era ancora lontano, ma la magia del natale iniziava a diffondersi ovunque: negli spot televisivi, nelle vetrine, in strada, a scuola. Indossava un maglione verde con una renna canterina stampata sopra, decisamente imbarazzante.
Era solo in casa ed aveva dunque deciso di guardare la TV per passare il tempo, ma dopo soli pochi minuti dall'inizio di un match di boxe, qualcuno suonò il campanello. Bevve un ultimo sorso di cioccolata densa e si diresse alla porta scocciato. Suanorono di nuovo, con insistenza. «Un momento» sistemò il maglione in modo da nascondere il più possibile la renna imbarazzante ed aprì «Ciao Dav» il ragazzo sbiancò «Dobbiamo parlare» la ragazza incrociò le mani al petto e lo guardò fisso negli occhi «Roxanne!». In un attimo David ripensò a tutti i messaggi e le chiamate che aveva ignorato e rabbrividì ipotizzando una scenata da parte della ragazza «Cosa? Farai finta di non vedermi o mi lascerai entrare?» David rimase senza parole ed incassò il colpo «Ma no, entra pure!» lasciò passare Roxanne e le indicò la via per il salotto avvolto dal tepore del camino «Ho fatto della cioccolata calda, forse è tiepida, ma se vuoi la rifaccio» Roxanne restò impassibile rifiutò l'offerta «Ok. Dunque...scusa per come mi sono comportato, ma tra noi non può funzionare...tu sei una-» Roxanne lo zittì facendo cenno con la mano «C'è qualcosa che devi sapere, David.» portò le braccia al petto e fissò David sulla poltrona «Sono incinta.» David divenne pallido, quasi svenne. Solo in quel momento si accorse del pancino di Roxanne e capì tanta insistenza nel contattarlo. Bevve altra cioccolata sperando che fosse calda abbastanza da bruciarsi la lingua fino a farlo sanguinare, ma niente. «I tuoi lo sanno?» posò la tazza sopra il tavolinetto «Ovvio che sì! Ho chiesto io di non accompagnarmi, non so cosa potrebbe farti mio padre.» e David divenne ancora più bianco, riusciva a sentire il sangue scorrergli sotto la pelle «Ascoltami, non sono venuta qui per darti sensi di colpa. Sono venuta qui per darti una possibilità. Io il bambino lo tengo, tu puoi scegliere se essere presente o meno. Non mi importa avere una relazione con te, in questo momento.» Roxanne accavallò le gambe e si sporse in avanti verso David «Se mi dirai che non vorrai avere niente a che fare con nostro figlio però rassegnati a non vederlo mai.»

«Ok. Però non puoi chiedermi una risposta ora.» David cominciò a riacquistare un po' di colore «Ok, va bene. Hai ragione! Ma io al tuo posto avrei già la risposta.» la ragazza guardò dritto negli occhi David «Pensaci bene.» Roxanne stava per alzarsi, ma David l'afferrò per un braccio «Non ti lascerò scappare con mio figlio in grembo.» Roxanne gli sorrise e gli accarezzò la guancia «Sicuro?» David le sfiorò la mano «Credo di dover metabolizzare ancora la cosa. Ma credo di esserne sicuro» Roxanne si alzò definitivamente e si avvicinò alla finestra che dava su un giardino «È bello qui! È tua la casa o siete in affitto?» David si alzò a sua volta «Hai ragione...» la ragazza si voltò «Dobbiamo conoscerci meglio.» finì David.

 


Ok, ci siamo!
Finalmente cominciamo a muoverci! Mi ci è voluto del tempo per scrivere questo capitolo, soprattutto per la parte finale perché non mi convince tuttora! Credo vi piacerà leggere del rapporto tra Roxanne e David nei prossimi capitoli e di come questo cambierà molte cose all'interno della storia! (Qualcuno ha detto RobertxDavid?)
Comunque, spero il capitolo vi sia piaciuto e vi chiedo di darmi consigli su come migliorare u.u
A presto :D

P.s. per chi volesse QUESTO è il mio gruppo facebook dove posto tante belle cose e parliamo di altre belle cose :D

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Capitolo 7
*** Winter is too hot. ***



 

7.

Winter is too close.


 

Il campanello suonò due volte prima che il padre di Robert aprisse la porta. Kylie teneva in mano due libri ed aveva un'espressione sorridente, solare. L'uomo la scrutò per bene, non riconoscendola, e dopo circa tre minuti Robert sbucò da dietro la porta e si rivolse a Kylie «Che ci fai ancora lì fuori?» poi guardò l'uomo ed afferrò l'amica per il polso, spingendo di lato il padre. La condusse su per le scale, lungo il corridoio e poi si fermò proprio davanti la porta della stanza di sua madre «È lì dentro! È da tanto che non ti vede, le piacerebbe sapere come stai...» Robert sorrise e poi bussò. Senza aspettare una risposta, entrò nella stanza illuminata e piena di libri. La madre, pallida, gli sorrise pensando che fosse solo «Robert, non dovresti fare i compiti?» il figlio sorrise e si spostò di lato «Kylie!» alla donna si illuminarono gli occhi e Kylie avanzò lungo la stanza ancora più raggiante di prima «Signora Clara!» la madre di Robert fece una faccia buffa «Sai che odio quel signora!» Kylie diede i libri a Robert, che li poggiò su una mensola, e si diresse a braccia aperte verso Clara. La strinse forte e sentì il calore della donna sotto di sè, poi lasciò la prese e le due si scambiarono sorrisi «Dunque, come stai tesoro?» Kylie cambiò espressione e divenne immediatamente rigida «Bene...» Clara cercò di spostare la testa e si rivolse verso il figlio «Robert, tesoro, potresti lasciarci sole? Cose da donne...» Robert alzò gli occhi al cielo e se ne andò, chiudendo la porta dietro di lui «È a causa di Harry, di nuovo.» Clara tese la mano verso la ragazza «Che ha fatto?» Kylie prese la mano «Sai come è andata, e adesso non mi lascia in pace» «E che ne pensa Ludwig? Ha detto qualcosa?» Clara attese la risposta alla domanda, anche se ne sospettava già il responso «Ludwig non lo sa.» Kylie girò la testa per nascondere le lacrime che stavano per uscire «Lo ami?» Kylie alzo la testa «Sì.» rispose la ragazza guardando negli occhi la donna «E Ludwig? Ami anche lui?» Kylie fu presa alla sprovvista. Possibile che la signora Clara avesse ragione? Ci pensò un attimo e non riusciva comunque a rispondere «Sai che per me sei come una figlia, Kylie. Sei ancora in tempo per dirlo a Ludwig, oppure soffrirà il doppio quando verrà a sapere di Harry»

«Ma non abbiamo fatto niente!» rispose Kylie

«Non ancora, ragazza mia. Non ancora.»


 

L'auto blu sfrecciò nel vialetto della casa di David. Suo padre era tornato. Nonostante lo shock, aveva che suo padre e la sua matrigna dovevano saperlo al più presto, ma non sapeva se rivelare loro il fattaccio quello stesso giorno oppure aspettare che anche lui stesso ne prendesse coscienza. Giocherellò con il telecomando tella TiVù e si alzò dal divano andando avanti e indietro la stanza. Il tempo che il padre impiegò per scendere dalla macchina e suonare il campanello sembrò eterno e quando il suono stridulo giunse alle sue orecchie, lo svegliò dai pensieri che lo tormentavano. Si diresse verso la porta ed indugiò nel girare la mangilia «David!» David restò a fissare il padre, più alto di lui, per qualche minuto senza dire niente «Se mi lasciassi entrare te ne sarei grato, dato che qui fuori si congela» David scosse la testa eda bbassò lo sguardo «Si, certo! Entra» l'uomo richiuse la porta dietro di sè e posò a terra due enormi borse di plastica che contenevano, da quanto ne riuscì a dedurre David, varie decorazioni natalizie «Che devi farci con quelle? E dov'è lei?» guardò fuori dalla finestra aspettando che la compagna di suo padre spuntasse da un momento all'altro «Oh! No, tranquillo! È a fare shopping con amiche! Mentre con le decorazioni devo addobbare la casa, ovviamente.» il padre di David raccolse le borse e lo poggiò sopra il tavolo. Estrasse un'esagerata quantità di palle di natale più vari oggetti e luci natalizie «Dav, so quanto ci tenessi a fare l'albero insieme a me e la mamma. È da tanto che non lo facciamo noi due da soli, quindi ho chiesto ad Emma di lasciarcelo fare a noi due. Va bene per te?» David sgranò gli occhi e rimase piacevolmente colpito. Davvero suo padre aveva chiesto alla sua compagna non intromettersi nel rapporto tra lui e suo figlio? Figlio, già! Tutto quello fece pensare a David se davvero avesse voluto essere padre a quell'età e se davvero fosse pronto. Guardò ancora per qualche minuto il padre «Certo, papà! Solo che siamo ancora a Novembre e credo sia presto per l'albero...» l'entusiasmo sulla faccia dell'uomo scomparve «Owh...Hai ragione! Lo faremo al più presto però!» David sorrise «Vado in camera mia! Voglio anticiparmi i compiti per la prossima settimana» e senza aspettare che il padre rispondesse, corse a chiudersi dietro quella porta che delimitava il suo mondo. Guardò ogni singolo oggetto presente in quella stanza: dalla lampada da notte sopra il comodino che non conteneva nemmeno un paio di mutande ai vecchi peluche messi sopra la mensola vicino all'armadio. Le pareti azzurre erano come un promemoria per David e quel promemoria diceva "Sei giovane, potresti non essere pronto" prese il cellulare e digitò un numero. Dall'altro capo, una voce piuttosto confusa rispose «Pronto?»

«Robert! Dobbiamo parlare.»

«Ehm...okay! Che devi dirmi?» Robert abbassò leggermente la voce, capendo l'importanza della cosa

«Forse è meglio incontrarci da qualche parte, Rob» David ripetè la frase che aveva appena pronunciato nella sua testa, cercando di convincersi di non aver parlato con simile voce tremante

«C'è Kylie, va bene se la porto?»

«No! Dobbiamo parlare solo noi due, Rob!» rispose David

«Va bene! Dammi un attimo e vediamoci al solito posto» il suono del termine della chiamata risuonò nel timpano di David. Chiuse anche lui la chiamata e lanciò il cellulare sul suo letto, poi si diresse verso la finestra. Si chiese cosa stesse facendo Roxanne e se dovesse chiamarla per sapere il suo stato di salute, ma non lo fece. Di lì a poco avrebbe parlato finalmente con qualcuno di ciò che stava accadendo. Il prossimo passo, ovviamente, era dirlo al padre. E non si preoccupava tanto della reazione, ma più di come dirglielo. In fondo, e la scena che si era consumata al piano di sotto ne era la prova, sapeva che suo padre gli voleva bene e che prima o poi, qualora si fosse arrabbiato per la gravidanza, lo avrebbe perdonato ed aiutato. Perché suo padre era come l'inverno: può sembrare freddo, ma in realtà è la stagione che più ti fa apprezzare e ti da calore.


Angolo autore!

Probabilmente questo sarà l'ultimo aggiornamento per quest'anno, quindi mi sento in dovere di augurarvi buon Natale e buon anno!
Durante questo 2014 ho avuto l'occasione di migliorarmi molto e di confrontarmi con varie cose! Ragion per cui credo che se il 2015 sarà "Fruttoso" (?) almeno quanto il 2014, allora per il 2016 avrò acquisito capacità tali da rendere il mio stile di scrittura *Nondicol'aggettivoaltrimentiFinnamilincia*
Grazie dunque a tutti coloro che in questo 2014 mi hanno seguito, hanno cercato di migliorarmi e mi hanno lasciato recensioni costruttive.
Vi auguro anccora buona feste e spero il capitolo vi sia piaciuto. VI invito inoltre a lasciare una recensione per aiutarmi a migliorare, grazie. :)
 

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Capitolo 8
*** Like a breath on the neck ***


8.

Like a cold breath on the neck.

 

 

Camminando, David sentì il freddo autunnale congelargli le ossa. Ormai era costretto a prendere atto che l'estate era finita. Mentre percorreva la strada verso il bar, pensava alle parole da usare con Robert. Non sapeva che reazione potesse avere e ciò lo spaventava moltissimo. Nel peggiore dei casi avrebbe potuto arrabbiarsi, alzarsi dal tavolo e lasciare il conto da pagare. Ma poi pensandoci si disse che era impossibile che Robert si arrabbiasse. Svoltò l'angolo e si ritrovò davanti il bar nel quale i due si incontravano spesso anche prima del viaggio. Si chiamava "The neck" ed era lì da molti anni. La facciata era blu con ghirigori bianchi attorno alla porta di ingresso e l'insegna al neon rosso, la sera, illuminava le case di fronte. Alcuni tavoli erano ancora fuori anche se pochi temerari sfidavano il freddo sedendo a quelle sedie. Così, senza pensarci due volte e senza aspettare Robert, entrò dentro il locale. L'interno non era meno blu ed appariscente dell'esterno: tavoli con tovaglie rosse, pareti bianche che riuscivano a riflettere la poca luce del soffitto. Al bancone il proprietario aveva già messo qualche decorazione natalizia. Attraversò tutto il locale e cercò il tavolo più nascosto, in modo da non farsi sentire. Era un vecchio tavolo che alla fine si rivelò anche rotto, all'angolo vicino alle porte del bagno che, stranamente, non emanavano alcuna puzza od odore. Si sedette e prese in mano il cellulare per avvisare Robert del suo arrivo, ma poco prima che aprisse la cartella dei messaggi ricevuti, la porta si aprì ed entrò Robert con una sciarpa al collo ed un giubotto che doveva essere davvero pesante. David alzò la mano per farsi notare, mentre lo stomaco cominciava già a fargli notare l'agitazione. Robert lo vide e si incamminò verso il tavolo e l'unica cosa che potè fare quando fu troppo vicino fu pensare "Oddio...qualcuno mi aiuti". Quando fu seduto si spogliò del giubotto e restò con la sciarpa al collo «C'è troppo freddo! Sembra di stare al polo nord!» Robert si accomodò meglio sulla sedia e poi guardò sorridente David «Ordiniamo da bere?» Robert fece di sì con la testa e l'amico chiamò la cameriera al tavolo accanto. Ordinarono due birre e quando la cameriera si girò, David diede un calcio a Robert che le aveva guardato la scollatura tutto il tempo «Cosa devi dirmi, dunque?» David si irrigidì «Bene Rob...io» la cameriera tornò con la birra «Toh guarda, è arrivato da bere» tentando di cambiare discorso, David sembrò dimenticare cosa stava dicendo. In realtà lo ricordava bene e il dolore allo stomaco non glielo faceva dimenticare e peggiorava la situazione ogni secondo di più «Ebbene...?»

«Bene. Ricordi Roxanne? Rox, la rossa? In estate al lido luna...» Robert sorrise appena sorseggiando la birra

«Ovvio che sì, Dav» guardò l'amico negli occhi

«Bene. Ehm...sei il primo a cui lo dico per cui ti chiedo di non farne parola con nessuno» David abbassò lo sguardo e rimase un attimo in silenzio «Sei un brutto idiota, Dav!» Robert disse quelle parole con tale tranquillità che non sembrò un insulto. Finì di bere la birra e posò il boccale tra il suo volto e quello di David «Come?» restò interdetto per un breve minuto «Non ti sei chiesto come lei abbia avuto il tuo indirizzo?» David sgranò gli occhi «Io...io non capisco. Tu sai tutto?» Robert si sporse in avanti e cercò le mani di David «Sì.» infine rispose con tanta paura «Lei mi ha chiamato, aveva il mio numero dopo la prima sera al lido luna. Mi ha chiesto dove fossi finito e che doveva dirti una cosa molto importante. Credo di aver insistito a lungo, forse per una buona mezz'ora ed alla fine me lo ha detto. Mi ha detto che è incinta.» David si allontanò dal tavolo «E tu le hai dato il mio indirizzo?» Robert rispose con un cenno della testa «Ti odio. Non rivolgermi più la parola!» David si alzò e guardò Robert dall'alto verso il basso «Per me sei morto.» attraversò il locale verso l'uscita. Un po' era andata come aveva immaginato, ma non era lui a dover pagare il conto.

 

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Capitolo 9
*** White Flag ***


9.
White Flag.

David attraversò la strada di corsa lasciando Robert da solo nel locale. Prese il cellulare dalla tasca e cercò il numero di Roxanne per chiederle spiegazioni. Si sentiva tradito da Robert e preso in giro dalla madre del suo futuro figlio. Squillò un paio di volte, ma non ricevette risposta. D'un tratto il passo si fece sempre più spedito e veloce verso la sua abitazione.

Robert non aveva nemmeno provato a seguirlo, aveva già immaginato la reazione di David; ma dal suo punto di vista qualcuno doveva farlo. Qualcuno doveva imporre a David di prendersi le sue responsabilità e quella uscita di scena era solo la dimostrazione che non era assolutamente pronto per diventare padre. Ordinò da bere al cameriere ed aspettò al suo tavolo. Non aveva voglia di tornare a casa. Il telefono nella sua tasca vibrò, era Kylie «Si?» il respiro agitato di Kylie fu l'unica risposta che ottenne «Kylie? Tutto bene?» la ragazza scoppiò in lacrime «Robert devi venire subito a casa. Stiamo portando tua madre in ospedale. Ha avuto una crisi, fa presto...» il ragazzo non rispose nemmeno, riaggacciando. Si alzò di scatto e si precipitò fuori dal locale.

Kylie era in lacrime, mentre il padre di Robert eseguiva le istruzioni del medico che era al telefono. L'ambulanza era in cammino verso la madre di Robert. La signora Clara respirava sempre peggio, con gli occhi socchiusi. Le mani di suo marito allargarono la vestaglia per farla respirare meglio, ma lei lo fermò e lo guardò negli occhi. C'era tutto in quello sguardo. Era stanca di stare sdraiata su un letto. Quello sguardo era la sua arresa. Non voleva più vivere, aveva alzato bandiera bianca. La sirena cominciò a farsi sentire e Clara chiuse gli occhi, suo marito le stringeva la mano e Kylie era ferma sulla porta.

Robert corse fuori dal Neck. Già sentiva gli occhi bruciare e cercò di trattenere le lacrime. Dall'incrocio del Neck sbucò una macchina; l'autista, colto di sorpresa, tentò di frenare ma quando Robert si girò per guardare in faccia il guidatore, fu troppo tardi.

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Capitolo 10
*** When the season ends. ***


AttenzioneHo deciso di dividere #LCM in "Stagioni" (Se così possiamo chiamarle) per permettere a tutti di seguire la storia in maniera migliore.
Dopo il decimo capitolo metterò la storia in pausa per dedicarmi ad altro.
Diciamo che quindi sarà una sorta di "Finale di stagione".
La Seconda parte fra un paio di mesi, nel frattempo potete seguirmi sul mio gruppo.


10.

When the season ends.


 

L'ambulanza arrivò sul posto, mentre la polizia interrogava la donna che aveva investito Robert. Il ragazzo sentiva i paramedici girare attorno la barella senza apparente motivo, ed aveva un enorme desiderio di aprire gli occhi. Ma le palpebre erano pesantissime. Tentò di aprire le mani, ma riuscì a muovere a malapena l'indice. D'improvviso sentì la parella sollevarsi e venire poggiata probabilmente sopra il carrello dentro l'ambulanza. Il veicolo si mosse, dapprima lentamente, poi sempre più veloce, diretto all'ospedale. Anche i ricordi divennero sempre più nebbiosi, offuscati. E a Robert sembrò di essersi addormentato.

David entrò in casa e gettò il cellulare sul divano. Ma poco prima di sedersi sulla poltrona, quello squillò costringendolo a dare un'occhiata. Kylie, dall'altra parte del cellulare, era ancora più agitata di quando aveva chiamato Robert

«Pronto David? Devi venire immediatamente in ospedale, Robert e sua madre... loro...» Kylie pianse non riuscendo a finire la frase

«Kylie, stai calma. Che cosa succede?»

«Ero a casa di Robert, quando lui è uscito. Sono rimasta a casa con la signora Clara e ad un certo punto si è sentita male e siamo corsi in ospedale. Poi ho chiamato Robert per avvisarlo e... una macchina lo... ti prego vieni» Kylie staccò il telefono, non riusciva a continuare la conversazione. Pianse per altri venti minuti buoni, fino a quando era arrivato David ed aveva deciso di provare a fargli forza. Si abbracciarono, piangendo l'uno sulla spalla dell'altra. Nemmeno provarono a chiamare il resto del gruppo. Era uno di quei momenti in cui dovevano essere solo loro tre. Il trio perfetto. Robert, David e Kylie, quelli che se un di loro non poteva uscire il sabato sera, allora gli altri due facevano un pigiama party a casa dell'altro. I tre che anche se non si vedevano ogni giorno, si pensavano ogni sera. I tre che non importava le ragazze ed i ragazzi con cui stavano insieme, per primo c'era sempre l'altro del trio. I tre che se mai avessero fatto un incidente, ci sarebbero stati l'un per l'altro.

«Hey tesoro» il padre di Darren carezzò la testa della signora Clara «Scusa se non ho fatto abbastanza. Quando quel giorno uscimmo dall'ospedale, io ti promisi che avrei fatto qualsiasi cosa per tenere al sicuro Robert. Oggi ho fallito, ho infranto la nostra promessa.» l'uomo si fermò per asciugare una lacrima «In realtà credo di averla infranta già da tempo, pensando che fosse grande abbastanza. Lo hanno investito mentre cercava di venire da te. Però, però starà bene. Lo so. Ed anche tu starai bene. Perché ti ricordi quel vecchietto che venne a suonare al nostro matrimonio? La prima canzone che cantò, la prima di tutte, diceva "Le cose migliori ci lasciano in estate" e non è ancora estate, Clara. Voi siete le cose milgiori che io conosca e sono onorato di potervi stare accanto. Quindi, per favore, regalatemi un'altro inverno.» strinse la mano attorno a quella di sua moglie pregando che Robert, sotto ai ferri, potesse almeno restare vivo.

I can hear sirens, sirens

(S)he hit me and it felt like a kiss

I can hear violins, violins

Give me all of that Ultaviolence

-Lana Del Rey, Ultaviolence.

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