Chochin ni Tsurigane

di Daeva
(/viewuser.php?uid=372)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Leggenda del Mare di Seta ***
Capitolo 2: *** Omicidio nella Palude ***
Capitolo 3: *** Fantasmi in Inverno ***
Capitolo 4: *** Una Passeggiata nel Giardino ***
Capitolo 5: *** Insistenti Sussurri di Cicale ***



Capitolo 1
*** La Leggenda del Mare di Seta ***


Chochin ni Tsurigane ~ La Leggenda del Mare di Seta "Sai? Ricordo ancora la prima volta che la vidi...
E' passato molto tempo certo, ma sono cose che non si dimenticano facilmente...
Credo equivalga un pò...Al primo amore... Si dice che il primo amore non si scorda mai...
Ebbene, la vidi poggiata alla ringhiera di una nave, che dall'Europa attraccava pigramente in un porto giapponese.
Andai a vedere la nave, un pò come tutti, perchè veniva considerato come un qualche spettacolo irrinunciabile...
Devi capire, erano altri tempi...
Rimanevo lì, proprio sul bordo della banchina, a guardare le onde del mare, come platino fuso, corteggiare il duro metallo della prua.
Mi chiedevo come facesse quella sostanza gentile a sopportare il terribile peso di quella nave...Perchè non la ingoiasse.
Era strano che una nave attraccasse di tardo pomeriggio.
Ma allora non mi feci particolari domande.
Alzai il viso, e la vidi.
Non potevo non vederla, anche se era infinitamente lontana da me.
Erano i suoi capelli rossi, che splendevano ardenti nella cupa penombra pomeridiana, che la rendevano così prepotentemente visibile.
La amavo già, pur senza conoscerla.
E quei suoi splendidi occhi arroganti, di un azzurro terribile ma umido, avevano già colto la mia passione per lei.
E anche io, anche io capii che sarebbe stata una schiava perfetta."

1 ~ La Leggenda del Mare di Seta

2002, Hakone

-...Come si chiamava?- chiese il ragazzo, sdraiato sul letto sfatto, mentre osservava il caldo succo della sua vita sgorgare gentile dal suo braccio destro, macchiando irrimediabilmente le lenzuola.
Rei era di spalle, sul suo corpo nudo la sola sottoveste bianca, che quasi si confondeva col tessuto chiaro delle tende che si agitavano al vento, come fossero state vive.
La stanza che avevano occupato in quell'albergo, tinta dai colori opachi della sera, ricordò a Shinji l'interno di un edificio funebre.
Rei distolse lo sguardo dalla finestra, dimenticando le volgari insegne al neon del quartiere di Shinjuku, ritornando con gli occhi alle note scure e silenziose che prediligeva.
Lui la guardò, abbagliato dalla sua impalpabilità, come se davvero fosse stata un fantasma.
"Ayanami".
Era il suo cognome a suggerirgli quelle visioni, prima di perdere i sensi per la vista del troppo sangue.
Uno spettro di seta, vestito delle gelide onde del mare.
Un mare freddo e calmo, che era quasi sacrilego immaginare di solcare, persino con un'imbarcazione di legno fine.
-Stai perdendo del sangue...- sussurrò lei, senza staccare gli occhi dalla ferita del ragazzo.
Lui la guardò stupito. Poi sorrise, un secondo prima di chiudere gli occhi.
Prima di chiamare qualcuno dell'hotel per chiedere aiuto, Rei si avvicinò alle lenzuola già zuppe di sangue.
Sollevò delicatamente un orlo, spaventata, e lo portò vicino alle labbra.
Oh, il suo fragile corpo, scosso da dolci fremiti di languore, pena e indicibile passione.
Sì, la splendida sensazione.
Sì...
Si accasciò sul letto, strusciandosi voluttuosa tra quelle calde lenzuola umide di sangue fraterno.
Si sorprese a morderle e succhiarle.
Osservò il braccio fine del ragazzo, bramandolo.
Provò raccapriccio.
Si sollevò dalle lenzuola, il caro abito macchiato di sangue, i suoi capelli, la sua pelle chiara bagnata del pregiato vino.
Sorrise davanti la sua miseria -..Ho cancellato il suo nome dalle mie memorie...-

+ + + + + + +

Shinji aprì gli occhi, riconoscendo con fatica la casa a cui appartenevano le pareti che lo circondavano.
La porta della stanza sbattè.
Numerosi passi ne seguirono.
Solo uno, e lo ascoltò tremando, osava attraversare il corridoio che portava alla sua maledetta camera.
Il passo distinguibile, che si teme e si ascolta.
Quante volte aveva capito che ore erano, solo perchè sentiva quel passo attraversare il corridoio?
Quante volte era rimasto sveglio la sera, con le orecchie tese, per sentirlo di nuovo ripercorrere il corridoio, e far comprendere al suo cuore che, sì, poteva dormire tranquillo?
Detestò di farsi vedere così, proprio dalla persona a cui appartenevano quei passi che temeva.
La porta si aprì senza riguardo alcuno.
-Sai come sei arrivato qui?-
Tremò.
-Sei stato trovato senza sensi su una panchina nel quartiere dei divertimenti.-
Sentì il freddo della notte sul suo corpo.
-Il tuo avambraccio era tagliato. Dal polso, fin quasi al gomito.-
Percepì l'atroce tortura del taglio sottile sul suo braccio.
-Ovviamente ti hanno rubato i soldi, ma la tua carta di identità c'era ancora. Ecco come ti hanno identificato.-
Ascoltò l'umiliazione di essere rovistato da mani avide.
-...Come dovrei comportarmi con te?-
Aveva tanta voglia di piangere.
-Sinceramente, dimmi cosa dovrei fare.-
E lo fece.
Suo padre aggrottò le ciglia.
Shinji ascoltò i suoi passi avvicinarsi alla porta, allontanarsi.
Si fermò, pronto per uscire dalla stanza.
-Vigliacco.- gli disse l'uomo.
Shinji affondò le dita nelle lenzuola.
La porta si chiuse.
Shinji smise di piangere.
I passi di suo padre si allontanarono dal corridoio.
+ + + + + + +

Rei lo attendeva come ogni sera nel parco.
Si sedeva su un'altalena e iniziava a dondolarvisi di malavoglia.
Shinji arrivò nonostante tutto, e saltò sull'altalena a fianco, iniziando a spingersi con foga attraverso la brezza notturna.
Lei posò lo sguardo su di lui. Si fermò, con le dita sottili intorno alla plastica che sigillava le catene che la reggevano.
Shinji respirava affannosamente.
Il ragazzo smise di spingersi in avanti, condannando l'altalena a rallentare la sua corsa, fino a fermarsi impotente.
Rei distolse l'attenzione da lui.
-Certo, mi hai lasciato su una panchina...-
-Mh... Al momento non mi venne idea migliore.-
-Una panchina, dio...-
-Un dettaglio.-
-Non voglio morire su una panchina.-
-Ieri ci sei andato vicino...-
-Non farlo mai più.-
Rei sorrise -Hai cambiato idea?..-
Shinji saltò dall'altalena, simulando l'uscita dal salto dal cavallo che si fà durante le esercitazioni di educazione fisica.
Rei battè le mani.
-Non ho cambiato idea... Solo, non voglio morire su una panchina... Mi capisci? E' l'ultima volta che morirei, deve essere dignitoso.-
-Allora vivi e costruisci qualcosa. I funerali più belli li hanno le persone importanti.-
-Non stò parlando di funerali, ma di morte.- Shinji infilò le mani nelle tasche della felpa -E' diverso. Cogli le sfumature.-
-Mi è difficile.-
Shinji sospirò -Già...E' paradossale che ne parli proprio a te...-
-Si fa quel che si può...- Rei strinse con determinazione le catene, prese la rincorsa e iniziò a dondolarsi.
-...Ma d'altraparte, chi meglio di me può parlarti della morte, Shinchan? Io la respiro, ogni giorno che passo su questo pianeta...-
-Già-già-già... Non ti invidio affatto.-
-Neanche io mi invidio.-
-E' stata una tua scelta Rei.-
-Anche la tua è una tua scelta. Se il tuo obiettivo è solo morire, non dovrebbe importarti se lo fai tra le mie braccia o una panchina. Mentre stai morendo, tra le braccia di una persona e una panchina non c'è alcuna differenza. Non senti il calore delle persone vive, mentre muori, ma solo il tuo freddo.-
Shinji la guardò infastidito.
-No, tu non mi capisci.-
-No, non ti posso capire.- Rei si alzò dall'altalena -Poichè tu sei stupido.-
-Non sono stupido.-
-Sì che lo sei.-
-No.-
-Sì.-
-No.-
-Sì.-
-No..No...NO!-
Le mani di Shinji circondarono il collo di Rei e lo strinsero, strinsero più forte che potevano.
Shinji sentì i nervi della sua schiena concentrarsi nello sforzo. Sentì le mani come legno, impietrite dalla durezza del suo collo.
-Le persone non si strangolano in questo modo, Shinji... Così ci metti troppo tempo, e troppa fatica...- mormorò Rei con difficoltà.
Shinji abbandonò la presa e crollò ai piedi di Rei -...Scusami...Hai ragione tu. Sono uno stupido... Ammazzare un morto... Che idiota.-
Rei sorrise -Eh, eh, già... Adoro dimostrarti di avere ragione, Shinchan.-
-Scusami, davvero.-
-Figurati. Che vuoi che sia.- Rei portò le braccia dietro la schiena -Solo...-
-Mh?-
-...Non dovresti strangolare tuo padre, anche se lo vorresti tanto.-
-Eh?!-
-Mentre stringevi...Pensavi a tuo padre.-
-..Leggi anche nel pensiero?-
-..Mi piacerebbe incontrare tuo padre. Che tipo è?-
-Ehi, che ti importa adesso di mio padre?-
-Ah, ah, sei geloso!-
-A volte mi chiedo proprio come faccio a sopportarti...-
Rei si diresse verso di lui, e lo strinse in un abbraccio.
Poggiò la testa sul suo torace acerbo e sorrise -..Sono io che ti sopporto, Shinchan...-
Shinji poggiò la mano sulla sua schiena -Già, dimenticavo.-
-..Balliamo?-
-Eh?-
-Un walzer. Sai ballarlo?-
-COSA?!-
Rei afferrò le mani di Shinji, e iniziò a tirarlo nella danza.
-M...Ma che fai?-
-...E lasciati andare!-
-Ma io non ho mai fatto un ballo simile!-
-Te lo insegno io! Che ci vorrà mai! Devi solo seguirmi.-
-Adesso sì che mi sento stupido!-
-Ma no, Shinji... - rise lei -...Adesso sei bellissimo.-
+ + + + + + +

Gendo Ikari osservava stupito suo figlio ballare con quella ragazza dalla pelle della luna.
Quella sera l'aveva seguito, insospettito dalle sue uscite notturne, stranamente preoccupato per lui.
Di solito non si preoccupava del suo ragazzo.
Non perchè si fidasse di lui, semplicemente non lo capiva, e aveva del tutto rinunciato a farlo.
Specialmente da quando sua moglie era morta.
Quel flebile legame era stato tranciato di netto dai sei mesi di agonia della persona da entrambi amata allo stesso modo.
Si può fingere che ci sia ancora. Si può fingere di essere felici.
Si può fingere di andare d'accordo.
Ma gli Ikari questo non sanno proprio farlo...
Entrambi rimasti senza la loro madre, si comportarono da orfani fino a travestirsi d'indifferenza.
Fino ad odiarsi.
E fino a non capirsi più.
Perchè quella sera Gendo l'aveva seguito? Non lo sapeva.
Ma era come se qualche brandello del suo cuore di cristallo ormai infranto fosse rimasto in quel torace fasciato di lutto.
Rimase nascosto dietro un cespuglio tagliato a forma di cono, limitandosi a guardare i due.
Non riusciva a sentire cosa dicessero ma gli sembrarono in terribile confidenza.
Chi era quella ragazza?
Come aveva conosciuto suo figlio?
Cosa voleva da lui?
...Ma perchè pensava questo?
Poteva essere una compagna di classe di suo figlio.
Una ragazza di cui si era innamorato e che frequentava...
No...
Il loro modo di fare non era amichevole.
Non era d'amore.
Sembravano piuttosto i complici di un crimine, loro malgrado.
E quella ragazza, dava all'uomo una terribile sensazione di...
Mentre pensava, Rei si voltò verso di lui, come se lo avesse sentito.
L'uomo indietreggiò con terrore, nascondendosi di più verso il cespuglio, infilandovisi quasi al suo interno, mentre i rami aguzzi gli fasciavano la carne.
-Uh?..Che c'è, Rei?- chiese Shinji.
La ragazza si voltò verso di lui, sorridendo -Niente.-
+ + + + + + +

Shinji, sdraiato sul suo letto e con il suo lettore cd alle orecchie, fissava il soffitto riflettendo sulla sua situazione.
Il ragazzo alzò la sua mano destra e la fissò.
I buchi dei denti aguzzi di Rei spiccavano su di essa, tra il pollice e l'indice.
Sorrise tristemente -No, non posso confidare su di lei per morire... Lei non vuole che io muoia.-
Si voltò da una parte, raggomitolandosi -Sarà vero? Si sentirà davvero freddo mentre si stà per morire, come ha detto Rei?-
Balzò seduto -Non fa nulla. Io amo il freddo.-

+ + + + + + +

Gendo trasalì, appena intravide la sagoma della ragazza di fronte la finestra spalancata del suo studio.
-Ma cosa...-
-Shhh...- Rei posò le dita sulle labbra dell'uomo, invitandolo a tacere -Sono qui per chiederti di farmi un favore.-
-Un favore?..- ripetè stupito Gendo, senza riuscire neanche ad afferrare le sue parole.
Rei sorrise -...Sono un'orribile doppiogiochista. Spero che Shinji mi perdoni...-
-Shinji?..-
-Sì. Devo chiederti un favore riguardante tuo figlio. Sò che non ti interessi molto di lui... Sò che temi che l'amore degli altri possa ferirti...Tuttavia, un favore. Prendilo come il mio ultimo desiderio.-
-Ma di cosa stai parlando?!-
-Ferma tuo figlio. Alle ore tre di questa mattina. Ti guiderò io.- detto questo Rei si allontanò dall'uomo, tornando verso la finestra.
-Cosa? Ma si può sapere di cosa diamine stai parlando?!-
-Di un favore.- sussurrò Rei prima di sparire da dietro le tende agitate dal vento...

+ + + + + + +

-...Allora hai proprio deciso?-
Il mare si trascinava pigramente sulla riva. Al buio della notte non sembrava neanche mare ma solo un enorme pozza di inchiostro nero.
Shinji pensò che non voleva morire lì, in quel modo, pensò al suo corpo straziato dal mare e...
-...Hai cambiato idea?-
-Zitta Rei. Non ho cambiato idea.-
Si voltò verso di lei -Sò che tu non vuoi che muoia. Che ti piace bere il mio sangue e vuoi mantenermi come la tua scorta privata. Ma non mi interessa nulla di ciò. Ho deciso di morire e così farò.-
-Guarda che non voglio impedirtelo.-
-Zitta! Con quello sguardo?..-
-Cos'ha il mio sguardo?-
-E' pieno di dolore, sofferenza, tristezza!-
-Mh? E credi sia a causa tua?-
-Certo!-
-Sei troppo egocentrico, Shinchan..-
-..E non chiamarmi Shinchan! Era il nome con cui mi chiamava sempre...-
-...Tua madre, lo sò.-
Per un momento le orecchie dei due furono riempite dal solo rumore delle onde, poichè scese il silenzio.
-Basterebbe un tuo morso, Rei.-
-Non lo farei mai.-
Il ragazzo si voltò implorante verso di lei -Non ti stò chiedendo di trasformarmi in un vampiro come te, Rei, solo di morire tra le tue braccia, tra le braccia di una persona che mi ricordi...-
-...Tua madre, lo sò.-
Shinji si avvicinò a lei -Ti chiedo solo di morire. Rei, non ti stò chiedendo altro. Fammi morire, e basta. Io sparirò e tu potrai nutrirti. Saremo felici in due, ti prego!-
-Shinji, no.- il tono di voce di Rei era particolarmente duro -Non voglio ucciderti.-
-...Ma se mi immergerò in queste acque resteresti a guardarmi, no? Che cambierebbe?-
-Cambierebbe molto. Saresti tu ad ucciderti, non io.-
-Saresti comunque un mio complice.-
-La pena più grave è inflitta al mandante del reato, non al suo complice.-
-Rei, ti prego, io...-
-Mi stai dicendo che non vuoi abbandonarti alle acque? Che non hai il coraggio di farlo?... Shinji, se non hai il coraggio di farlo significa che NON VUOI farlo.-
-Zitta.-
-Io non voglio ucciderti perchè non voglio farti morire. Sì, non voglio che tu muoia.-
Shinji non si stupì più di tanto -Perchè, perchè non vuoi?! Cosa diamine ti importa di me? Che ho di speciale, io?!-
Rei sorrise comprensiva -Shinji, tu sei vivo. E anche se non te ne puoi rendere conto, forse non puoi neanche capirlo, io ti invidio terribilmente-
-Come puoi invidiare un essere inutile come me?! Come invidiare uno stupido, superficiale, insensibile come me?!-
-Io ti invidio solo perchè sei vivo. Perchè in te rivedo me, prima di diventare quella che sono. In te rivedo quella me stessa che ho ormai perduto. Shinji, mi pento di quello che ho fatto solo quando sono di fronte a te. Perchè nei tuoi occhi vedo il cielo azzurro del mattino che è precluso alla mia vista, perchè nel tuo sangue caldo sento il calore del sole mio nemico, perchè, amico mio, nella tua stupidità rivedo la mia stupidità e la stupidità della scelta che ho fatto.-
-Io farò la scelta giusta.-
-Tu sei uno stupido, conseguentemente farai solo scelte stupide.-
-Io vado.-
-Addio.-
-Spero che tu soffra mentre muoio.-
-Lo farò, stanne certo.-
Shinji si voltò verso quell'imperscrutabile massa scura, mescolata al cielo, dove neanche l'orizzonte era percepibile.
-Ok, morirò tra le acque. Morirò nel mare. Visto che tu non vuoi abbracciarmi, morirò nel suo, di abbraccio. E magari farò finta che sia tu. Farò finta che questo mare sia una donna vestita di seta, Rei. Una donna che mi ama perchè il mio sangue è caldo.-
-Sei uno stupido.-
-Non dire questo. Non voglio che siano le ultime parole che ho ascoltato prima di morire.-
-E che dovrei dirti?-
-Non sò...-
-Ok. Buona fortuna, Shinchan.-
Il ragazzo sorrise dirigendosi verso il mare -Ecco. Questo è già meglio.- e alzò il braccio accennando un saluto prima di sparire nel buio.
Il rumore delle onde.
Sicuramente sarà stato felice di essersi reso conto che l'acqua del mare di notte non è fredda, ma deliziosamente calda, proprio come un abbraccio di donna.
Rei si voltò verso la strada che aveva alle sue spalle, sperando che lui esadisse il suo desiderio.
In effetti, si teneva Shinji amico invitandolo alla morte, e allo stesso tempo, gli impediva di morire avvertendo sempre suo padre per vie anonime.
Era un gioco crudele, ma non poteva fare altro.
Ormai si era affezionata a quella famiglia divisa, e anche se le era chiaro che per lei non c'era spazio in quel luogo, nonostante tutto non si rassegnava dal voler partecipare, con la sua immutabile eternità, a tutto ciò da cui doveva rimanere esclusa.
La macchina frenò proprio vicino a Rei, tuttavia la ragazza dubitò di essere stata notata.
Lo sportello fu aperto con foga e l'uomo uscì dall'abitacolo con la furia del fuoco che cerca l'aria.
Fece pochi passi affondando le scarpe scure nella sabbia, fremendo si era già reso cono della tragedia.
L'orizzonte era troppo scuro, e niente era percepibile in quel luogo a quell'ora tarda, niente tranne il ritmico corteggiarsi delle onde.
No. Non poteva salvarlo.
-Shinji! Shinjiii!-
Rei lo guardava, quell'uomo disperato, davanti la condanna di aver perso prima una delle creature amate e poi l'altra.
Sentì molta pena nel cuore e gli si avvicinò, mentre lui cadde a terra infilando le mani nella sabbia, per disdetta e per rimpianto...
Gendo la percepì istantaneamente dietro di lui, si voltò, trovandosi di fronte la misteriosa ragazza.
-C..Chi sei tu?- le chiese finalmente.
-Sono colei che ha aiutato suo figlio a uccidersi. Gli ho suggerito io di venire a gettarsi in mare. Gli ho sempre suggerito io i modi per morire, perchè lui ha sempre avuto poca fantasia.-
Gendo non fiatò, forse perchè faceva finta di non comprendere quelle parole.
-...Ma anche lei, anche lei è colpevole quanto me. In verità suo figlio è stato aiutato ad uccidersi da tutti e due.-
L'uomo tacque.
-Si stà chiedendo perchè suo figlio abbia voluto uccidersi? Non ne ho idea. Forse perchè voleva rivedere sua madre in cielo, forse per vendicarsi di lei per averla fatta morire...Forse per mettere fine alle sue superficiali sofferenze, le sofferenze di chi non è ancora capace di reggersi in piedi sulla strada della vita, e preferisce trascinarsi piuttosto che alzarsi e camminare... Tuttavia dubito che sapesse cosa realmente stesse facendo. Ma questo è ovvio.
Di solito si pensa che il suicidio implichi coraggio, perchè si rinuncia al bene più prezioso di sè... Ma come si può dire che chi rinuncia alla cosa più preziosa di sè sia coraggioso?..Chi rinuncia alla propria vita non è coraggioso, Signor Ikari.
E' solo stupido.-
L'uomo continuava a tacere, dunque Rei continuò implacabile -Proprio come lei.-
Dopo quella parola, Gendo scattò su di Rei afferrando le sue ginocchia -Ridammi...Mio figlio!-
-Non è possibile, Ikari.-
-Ti prego...Cambierò... Lo aiuterò...-
Quante menzogne. Rei sentiva che quell'uomo, in quel momento, non viveva la scomparsa di suo figlio come una tragedia ma come una sconfitta personale.
Ma poteva essere biasimato per questo?
Misericordiosamente passò una mano sulla testa dell'uomo, accarezzandogliela -Abbi cura di te.-
Proprio allora, Rei alzò lo sguardo di fronte a sè, e notò Shinji esterrefatto, bagnato e tremante, di fronte a loro.
Anche Gendo si voltò verso suo figlio, con la stessa sua identica espressione.
Suo padre, avvinghiato alle vesti bianche di Rei, sembrò a Shinji un mendicante che chiedeva pietà alla statua di una dea.
Suo figlio, spaurito mentre abbracciava sè stesso tremando, sembrò a Gendo un naufrago  le cui preghiere venivano esaudite.
Rei ebbe la sensazione di trovarsi di fronte a uno specchio, in cui due persone fragili stringevano sè stesse nella speranza di non lasciarsi sfuggire.
-Come sospettavo, non volevi farlo.- rise Rei, forse rivolgendosi ad entrambi.
Shinji guardò stupito Rei, per poi poggiare gli occhi su suo padre.
Suo padre lasciò le gambe di Rei, per alzarsi e dirigersi verso suo figlio.
-Shinji...-
-P..Papà..-
E quando lo ebbe di fronte sferrò sul viso tremante del ragazzo un forte schiaffo, facendolo cadere a terra.
Poi si avventò su di lui con dei pugni, mentre piangendo gridava -Stupido idiota! Cosa ho fatto di male per avere un figlio così deficiente? Dimmelo, no, imbecille? Dimmelo, maledetto bastardo!-
Shinji cercava di difendersi dalle botte del padre, ora coprendosi le parti colpite, ora cercando di parare i colpi, piangendo -Scusami papà! Ti giuro che on lo farò più! Perdonami! D'ora in avanti mi comporterò bene, davvero!-
Rei osservava la scena.
Gli stava facendo venire appetito.
Ma fortunatamente un brivido sulla pelle le fece ricordare che l'alba era vicina.
Di conseguenza si allontanò dalla spiaggia alla ricerca di un riparo, magari in un tempio shintoista...
...Adesso avrebbe dovuto cercarsi un'altra scorta di sangue privata.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Omicidio nella Palude ***


Chochin ni Tsurigane ~ Omicidio nella Palude Spinse il bacino contro il lavandino della cucina.
Nell'altra stanza, suo padre dormiva su un letto sfatto, avvinghiato a quegli orribili corpi nudi.
La sera prima aveva portato a casa due prostitute.
Non aveva neanche cenato, nonostante lei fosse riuscita, con quei soldi guadagnati vendendo i suoi capelli a un negozio di parrucche, a comprare dello stufato di maiale.
Carne. Erano millenni che non ne mangiavano. Da quando la mamma fu uccisa. Da quando suo padre perse il lavoro, riducendosi a quello straccio d'essere.
Quello stesso uomo era rimasto chiuso in quella camera possedendo avidamente quelle femmine ormai straziate.
Lei era rimasta in cucina, attendendo che lo stufato si cuocesse, per poi consumare la sua parte osservando la porzione di suo padre raffreddarsi di fronte a lei.
Aveva consumato il suo pasto e infine aveva lavato il piatto, mentre dalla porta a fianco arrivavano i gemiti e le urla delle tre bestie.
Era ritornata al tavolo, risedendosi al suo posto in perfetto silenzio.
Si era addormentata così, con l'aria della tumefatta abitazione riempita dagli osceni gorgoglii.
La mattina seguente, finalmente il silenzio.
Si era sciacquata il viso con l'acqua del lavello, la stessa dove aveva pulito il suo piatto.
In quel momento, mentre ancora stringeva i bordi del mobile con rabbia, suo padre uscì dalla stanza indossando solo la camicia sbottonata e strappata.
L'uomo guardò con sfida la figlia, la sua testa dai capelli tagliati disordinatamente sopra il collo.
I capelli della vergogna, proprio come i suoi.
Con sufficienza posò gli occhi sul piatto di carne al suo posto.
-Lo stufato non và bene per colazione.- obiettò.
La figlia lo guardò in viso.
Aprì la credenza ed estrasse il barattolo con sugo di pomodoro e carne che conservava gelosamente per le grandi occasioni, poggiandolo a fianco dello stufato.
Di seguito afferrò un pezzo di pane, porgendo una metà strappata a suo padre, con l'espressione più ovvia e tranquilla che potesse fingere.
-Questa non è una colazione, è una cena.-
Poi spostò la sedia, invitando il padre a prendervi posto -Quindi siediti, e mangia.-
Lui costernato, guardò la sedia e annuì, mentre la figlia afferrava il coltello per tagliare la carne di maiale dalle stoviglie...

2 ~ Omicidio nella Palude

1897, New Orleans

New Orleans la sera dava numerose opportunità di divertimento.
Non avendo nulla da fare, quella sera, la ragazza dai capelli tagliati aveva deciso di fare un salto nella zona dei divertimenti, l'angolo più frizzante della città, frequentato costantemente da ricchi e nobili personaggi.
Ma portare i capelli tagliati in quel modo la rendeva decisamente poco affascinante e anche l'abito che indossava la domenica per andare in chiesa non migliorava la sua situazione di stracciona, prontamente schivata dai ricchi signori e le loro altere dame.
Si guardò nel riflesso di uno dei vetri del Teatro dell'Opera, e constatò che tagliare i suoi lunghi capelli rossi per pagare la cena finita in un secchio e neanche gustata era stata davvero una pessima idea.
Con le mani afferrò i pochi ciuffi rimasti, cercando di portarli dietro le orecchie e sistemarli sulla fronte.
Pessimo risultato.
-Ehi, ragazzina!- una voce dura le si rivolse.
-Dici a me?- mormorò lei irritata alla guardia che la guardava con sospetto.
-Sì, dico a te, pezzente!- e la afferrò per un braccio candido, strattonandola -Sparisci da qui, spaventi la gente per bene!-
La ragazza si liberò dalla presa e con l'astuzia di una vipera diede uno schiaffo al suo aggressore, il cui suono secco e deciso catturò l'attenzione di distinto giovane dai tratti orientali, che si dirigeva, come molti, verso l'entrata per l'inizio dello spettacolo.
-Lurida puttana io ti...-
-Lei, mi scusi..-
Mentre la ragazza si copriva già il viso con le braccia incrociate, lui afferrò il braccio dell'anonima guardia con una sua mano guantata.
-Uh?!- l'uomo si voltò irritato verso colui che cercava di impedire la sua sacrosanta vendetta.
-La signorina è con me...-
Sia la guardia che lei osservarono con lo stesso sguardo stupito l'uomo dall'atteggiamento gentile ed elegante.
-..Buonasera cara. Mi hai aspettato molto?- continuò lui.
La ragazza colse la palla al balzo, afferrando il braccio che l'uomo le porse -Ma no, certo. Solo, questo rozzo individuo mi stava infastidendo.-
-Uh? Davvero?..-
La guardia attonita non sapeva cosa dire.
-..Nel mio paese è usanza strappare l'anima della servitù inopportuna e chiuderla in un vaso di sake.-
-Oh, io..- cercò di difendersi lui.
-Avanti, chieda scusa alla signorina.-
-M..Ma..-
-Chieda scusa.-
-Sì, chiedimi scusa!-
L'uomo diede un'occhiata torva alla ragazza e annuì -Scusa.-
-Stà parlando con sua sorella? Le dia del voi.-
Lei trattenne uno sghignazzo sadico.
-S...Scusatemi.-
-Faccia un inchino, adesso.-
E l'uomo si inchinò di malavoglia davanti la ragazza.
-Bene, che non si ripeta mai più.- e se ne andò così come era apparso, con la ragazza che si fingeva altezzosa e superba come le altre dame.
Quando furono abbastanza lontani, l'uomo sbottò in una sonora risata.
-E' stato divertente vero?- disse rivolgendosi alla sua damina.
Lei sorrise -Molto appagante, anche se ha esagerato un pò!-
-Mai esagerare con chi è scortese con le belle ragazze.- la lasciò per portarsi la delicata mano della ragazza alle labbra, baciandogliela.
-Ooh..- sussurrò lei, scossa da un improvvisa serie di brividi freddi.
-Mi dica, qual'è il suo nome, o splendida fanciulla?-
Sorrise -Il mio nome è Aska, Aska Langley, o mio salvatore.-
-Aska. Che nome insolito. Che origini ha?-
-Mia madre era tedesca..-
-Oh, lo splendido sangue del Vecchio Continente... Ora capisco da dove viene tanto soave splendore.-
Aska non nascose l'imbarazzo, e strappando la sua mano dai guanti dell'uomo cercò di svignarsela per non incappare in problemi più spiacevoli dello schiaffo di un poliziotto -Beh, la ringrazio ancora, arrivederci.-
-Ma come?..- si stupì lui.
Lei lo guardò con preoccupazione.
-..Non viene con me a vedere lo spettacolo?-
Aska serrò le labbra e degluttì -D..Davvero posso?-
-Certamente. Avevamo un appuntamento, no?-
Aska avvolse dunque le mani intorno al braccio del misterioso uomo in scuro, dirigendosi verso l'entrata del Teatro.
+ + + + + + +

"Perchè mi fidai di lui così ciecamente quel giorno? Non ne ho tutt'ora idea.
Sicuramente sono quel tipo di decisioni in cui a ragione ha poco a che fare...
Non mi sono mai piaciuti gli uomini più grandi di me.
Tuttavia non potei fare a meno di avvinghiarmi fiduciosa a lui, quella sera, quel demonio dagli occhi a mandorla.
Non era istinto, perchè l'istinto non è distruttivo.
Fu una spinta atavica, ancestrale, della mia anima, del mio stesso corpo.
Furono le mie viscere a gettarmi tra le sue braccia.
Sprovveduta e già talmente devota da seguirlo fino in capo al mondo.
Disgraziatamente, ero già condannata ad essere sua."
+ + + + + + +

Seduti comodamente nei posti centrali del secondo loggione i due aspettavano l'inizio dello spettacolo.
-Cosa..Cosa l'ha spinta a invitarmi qui questa sera? Ho notato che mentre entravamo molte persone l'hanno salutata con rispetto... Alla sua immagine non nuocerà farsi vedere in mia compagnia?-
-Cara Aska, in verità la mia immagine non può che giovarsi delle tua presenza...- rispose galantemente l'uomo -...Quindi non preoccuparti del superfluo parere di costoro. Cara mia, vedi? La loro vita è tanto grigia quanto insignificante. Conseguentemente, non mi interessa molto la reale opinione che hanno di me, per me è più che sufficiente che non mi tolgano il prestigio della mia carta e la mia penna.-
-Oh, è uno scrittore?-
-Se fossi uno scrittore, dolce angelo, mi impegnerei nel dedicarti deliziosi sonetti, non starei certamente seduto qui. Il destino mi volle critico in un giornale locale.-
-Critico?-
-Sì. Suggerisco alle persone quali spettacoli e mostre che vengono presentati in città seguire.-
-Ma lei..Lei sembra venire da molto lontano... E' venuto a New Orleans per diventare questo?-
-Dolce Aska. Ho girato molto il mondo in verità. E sai cosa ho sempre cercato in tutti questi anni?-
-I soldi?-
L'uomo sorrise -Ma no, Aska...- il suo tono di voce si fece estremamente languido -Solo...Qualcosa di bello.-
Gli occhi azzurri di Aska non poterono più distaccarsi dalle labbra dell'uomo.
-Sai Aska? Fino a un secolo fa... Vedi queste tendine intorno al palchetto?..-
La ragazza annuì con la testa, come ipnotizzata.
-...Servivano a isolare quest'ambiente dal teatro, dall'ambiente circostante. Un tempo i teatri erano luoghi destinati a ben meno nobili attività, cara-
-Oh..Tipo?-
-Beh, si mangiava, si giocava d'azzardo... E nel caso specifico, nei palchetti isolati dalle tendine... Sai cosa si faceva, tesoro mio?-
Aska riuscì a riprendersi prima che l'uomo le si avvicinasse ulteriormente -Ah-ah! Menomale adesso siamo in un nuovo secolo, decisamente più calibrato!-
L'uomo si ritirò dal suo giovane corpo -Già. Decisamente.-
-E..E mi dica, cosa daranno oggi?-
-Tesoro, sarà messa in scena un'opera che mi interessa da vicino, poichè è un lavoro giapponese, del mio paese d'origine.-
-Oh!-
-Una compagnia itinerante di kabuki metterà in scena alcuni componimenti di Chikamazu.-
-Chika..?-
-Chikamazu, cara Aska. Sai, lui era scrittore di storie per burattini, ma i suoi lavori sono spesso scelti da rappresentare dalle compagnie di kabuki.-
-Burattini?-
-Sì, burattini.-
Asuka rise beffarda.
-Perchè ridi, soave fanciulla?-
-Le sue parole così dolci...Mi ubriacano. Non capisco ciò che dice, e percepisco solo le vibrazioni della sua voce nel mio cuore.- la ragazza posò una mano sul volto dell'uomo dirigendolo verso la sue labbra -...Tiri le tendine.-
L'uomo tuttavia la scostò gentilmente da sè -No Aska cara. Inizia lo spettacolo.-
+ + + + + + +

"Non tutti gli uomini sanno fare così. Quando lo fanno, non posso fare a meno di apprezzarli."
+ + + + + + +

La ragazza posò la sua chioma stracciata sulla spalla del misterioso signore, mentre la scena si riempiva di tanti piccoli bambù, che spuntavano dall'altro, dai lati, mentre altri erano trascinati come se posati sul ghiaccio da misteriose figure scure, simili a fantasmi.
E nonostante il palco fosse pieno, i mille bambù continuavano ad ammucchiarsi, metodicamente, chirurgicamente, come a riempire ogni spazio, sul palco liscio e lucido.
Quello spettacolo fu più che sufficiente ad Aska, che non seguì il racconto del narratore, spostato su un lato del palco, che introduceva la vicenda in uno stentato inglese.
Mentre le luci simulavano una perfetta tarda sera orientale, sbucò, circospetto, da dietro il semplice pannello che ignorava il sipario, un uomo vestito di un ricco abito, stringendo a sè un piccolo sacchetto sul cuore, agitando le mani intorno alla stoffa pregiata.
Un tamburo batteva ritmicamente l'atmosfera, mentre altri strumenti a fiato imitavano i ronzii delle paludi.
Ed ecco spuntare dal lato opposto un tipo poco raccomandabile dalla camminata pesante, ma estremamente poetica nonostante la rozzezza dei suoni secchi dei suoi passi sul palco.
Volti e corpi tinti di bianco, a sottolineare il trucco del viso, pavido dell'uno e ferino dell'altro, mentre gli sfarzosi costumi estraniavano quelle due figure demoniache dai mille bambù della scena.
E sembrò quasi che fossero quei bambù a spostarsi per permettere ai due il primo confronto verbale, estremamente minaccioso nonostante la sommessità ed amichevolezza dei dialoghi.
-Non è prudente avventurarsi nella palude di sera, anche se è la via più breve per giungere al villaggio.
Non è prudente avventurarvisi a mani vuote, figuriamoci con del denaro.
Onorevole amico, riposati nel mio giaciglio, mentre io da fuori farò la guardia-
Aska seguiva assonnata i movimenti dei due, la loro strana danza stilizzata in lenti e silenziosi movimenti, ascoltò le lunghe pause di silenzio, con la testa posata sul braccio del suo benefattore e un dito posato infantilmente tra le labbra.
La notte passava, scandita dalle cicale e il vento che si districava tra i bambù.
L'uomo si chinò sul viso della giovane, dandole un leggero bacio sulla fronte.
Aska alzò il volto donandogli le sue labbra, che lui accettò di buon grado, succhiandogliele.
Il mattino era vicino, e l'uomo di guardia inizia a stiracchiarsi.
Sguaina la sua lunga spada, che riflette macabramente la luce dei riflettori, facendola splendere come un astro nel firmamento.
E inizia i suoi esercizi, muovendola, corteggiandola, quasi parlandole, con l'abilità del polso e lo sguardo compiaciuto.
Aska afferrò con la mano la spalla dell'uomo tirandolo avida verso di sè.
La soave poesia delle spade messaggere di morte, la soave poesia dei fantasmi di luce tra i bambù...
Continuò a farsi corteggiare dall'uomo e le sue labbra, cercando di premersi il più possibile verso di lui, ubriaca.
E con un singolo gesto, tranquillo, spontaneo, lo spadaccino infilzò il suo ospite all'interno della capannina tra i bambù.
Silenzio.
Il vento e le cicale, il tambureggiare fiero smisero d'un tratto.
E la vita finì, poichè la vita cessò, nella palude.
Aska si bloccò un secondo, con gli occhi sulla scena, ipnotizzata dalla spada infilata discretamente nel giaciglio invisibile.
Con un piccolo strattone, l'uomo estrae la spada, la spada pulita e lucida, nonostante il crimine.
Ma il sangue? Dov'è il sangue?
Il sangue c'è, poichè il malfattore passa su un lembo del suo abito la lama, come pulendola e lucidandola.
Poi infila una mano nel buco e tira, estraendone il sacchettino.
Statuario, dà due colpettini al sacchetto facendolo balzare compiaciuto sul palmo della mano.
Aska si volta sorridente verso il suo complice sorridendogli, porgendosi ancora verso di lui -Il male ha dunque trionfato...-
Un colpo secco di fucile fece sobbalzare tutti i presenti, persino Aska che si volta di scatto verso il palcoscenico, con gli occhi fissi sul malfattore.
L'uomo immobile non cadde. Rimase in piedi, con lo sguardo spalancato, come congelato.
E sul suo volto dipinto di bianco... Dalle sue labbra ugualmente dipinte... Un sottile... Delicato... Violento... Filo di sangue scuro.
Che continuò anche sulla gamba scoperta, spostata in avanti.
Una sola solenne linea di sangue.
Fine primo atto.
-Il male non trionfa mai, piccola Aska.- le mormorò l'uomo nell'orecchio.
-Andiamocene.- rispose lei col gelo in gola.
-Cosa? Ma..Mancano due atti!-
-Non mi importa. Andiamocene.-
-E dove vorresti andare?-
Aska si voltò verso di lui, con le lacrime gli occhi -Lontano... Da qui.-
+ + + + + + +

"Così facemmo. Solo così potevamo fare. Dovevamo semplicemente fuggire, per i criminali che eravamo.
Quella sera nel mio appartamento, dove vivevo con mio padre,furono trovati tre cadaveri dal ventre cavato, tre cadaveri seduti a tavola, davanti lo stufato delle proprie viscere.
Le labbra sporche di sangue, poichè prima della loro morte, durante l'agonia, li avevo costretti a mangiarne un pò.
Che cosa crudele. Far mangiare a qualcuno l'organo stesso dove sarebbe dovuto arrivare il cibo.
Ma era ora di cena. E avevo addirittura tirato fuori il sugo delle grandi occasioni per i miei ospiti..."

+ + + + + + +

Lei lo seguiva discretamente con lo sguardo, nascosta dietro le mura fatiscenti dei magazzini del porto, la tarda sera, quando andava a caccia di belle immigrate di razza creola.
Adorava le donne giovani, adolescenti, timide e maliziose quanto basta, affascinate dai suoi abiti scuri e i suoi inoffensivi tratti orientali.
Lo guardava sempre con invidia, mentre baciava le labbra delle sue vittime fino a tingergliele di sangue.
Ma era il bacio gentile, il bacio sommesso e galante che le affascinava e le faceva cedere, il bacio per cui la morte sembrava il prezzo più consono per pagarne la dolcezza.
Non faceva mai sesso con loro, gli era indifferente.
E nonostante la corteggiasse di contino, lei, il suo piccolo Angelo, neanche con lei aveva mai fatto sesso, neanche una cosa che le somigliasse.
E a lei non aveva neanche mai strappato tutto quel sangue, solo quanto ne bastava per saziarlo durante un languorino appena sveglio.
Quando si sarebbe deciso a renderla come lui, maledetto bastardo?!
L'uomo sdraiò il corpo esanime della donna dal collo squartato sul freddo retro di un magazzino, mentre Aska, col suo nuovo abito e le sue scarpe col tacchetto si avvicinò a lui.
Adesso i capelli le sfioravano le spalle.
I capelli rossi finalmente acconciati per rendere giustizia alla poesia sfacciata del suo capo.
Si voltò verso di lei, inebriato dal suo odore -Piccola Aska?-
-Sì, sono io, Kaji.-
L'uomo si pulì le labbra con un lembo dell'abito del cadavere.
-Eh, è meraviglioso.-
-Ditemi, quando renderete anche me partecipe del dono oscuro?-
Kaji si alzò, prendendo una ciocca acconciata dei capelli di Aska, percependone a fibra tra le dita -Un altro anno, cara Aska. Un altro anno, quando i tuoi capelli saranno più lunghi e la morte ghiacciata potrà finalmente renderti splendidamente immortale.-
Aska sorrise -Lo avete promesso.-
-Mantengo sempre le mie promesse.- disse porgendole la mano.
Aska gli affidò la sua convinta.
-Non c'è niente di più bello Aska, niente di più bello di chi riesce a mantenere puro il suo aspetto nonostante l'orrore del suo animo. Ricordati Aska, tu diventerai leggenda.
E le leggende hanno sempre molte responsabilità sulle loro spalle.-
-Lo terrò a mente.-

+ + + + + + +

"In definitiva, questo è l'inizio della mia storia. La mia vita ricominciò con l'incontro di quell'uomo nobile che non esitò a diventare mio tutore, solo perchè quella sera a Teatro distinse l'odore del sangue di cui mi ero macchiata quella sera stessa.
Che mi considerava bella poichè bello era stato lo schiaffo che diedi a quel pover'uomo.
Fu di parola, perchè dopo un anno esatto, mi rese simile a lui.
Mi prese in una stanza d'albergo ad Instabul, su pavimenti di broccato circondati da lussuose stoffe orientali.
Mi afferrò il collo e sentii strapparmelo, con tutta la follia lussuriosa che aveva trattenuto per me in tutti quegli anni.
Aveva sempre ambito al mio sangue e la mia anima, e io non mi sono mai dimostrata contraria alla cosa, anzi, l'ho sempre invidiato con furia, perchè lo vedevo onnipotente, splendido ed estremamente crudele, così come pur'io volevo essere.
Il mio destino fu compiuto quella sera che odorava d'assenzio ed erbe pregiate, mentre lui accarezzava i miei lunghi capelli rossi.
Lui aveva sempre cercato qualcosa di bello.
E quando rinacqui tra quelle lenzuola, lontano dal suo abbraccio, nella stanza vuota, di nuovo sola, quando rinacqui giurai che sarei diventata la più bella, la più splendida, la migliore di tutte, per renderlo orgoglioso di me e non farlo pentire della scelta che fece...
...Dopotutto, io l'amavo."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fantasmi in Inverno ***


Chochin ni Tsurigane ~ Fantasmi in Inverno "La nostra memoria non è secolare, come tutti credono.
Non possiamo ricordare tutto quello che ci capita nella vita. Nonostante i nostri sensi siano accuìti dal dono oscuro, le nostre spoglie hanno sempre la consistenza della mortalità.
Non c'è niente di esoterico, e almeno in quello, sottostiamo ancora alle leggi della biologia.
Dicevo, non ricordiamo tutto quello che abbiamo passato nella vita.
I tempi in cui eravamo semplici esseri umani, ad esempio.
Ne abbiamo sprazzi qua e là, ricordi che non sappiamo distinguere tra realtà passata o semplici fantasie.
A volte abbiamo dei deja-vù, ma sappiamo che i deja-vù non sono affatto legati ad esperienze passate.
E' una delle tante cose strane degli uomini.
I ricordi della vita di Vampiro, anche loro sono soggetti col tempo a questa ovvia dissolvenza.
A volte ci sono cose che ancora ricordiamo dei primi tempi.
Ci sono cose che ricordiamo perchè ci fanno piacere, ad esempio. Cose che ci sforziamo di ricordare con tutti noi stessi.
Sono bei ricordi, nonostante tutto."

3 ~ Fantasmi in Inverno

1927, Tokyo

Giaceva accartocciata nel suo ormai misero kimono, vecchio ricordo di una gentile vita passata.
Nonostante avesse avvolto il corpo in vari stracci di fibre più pesanti, il freddo continuava a straziare il suo corpo.
Si chiedeva se fosse riuscita a morire, finalmente.
Morire di inedia non è il massimo che poteva desiderare, ma era l'unica cosa che poteva augurarsi.
Si rese ben presto conto che non aveva più la forza di odiare, che il freddo le era ormai penetrato anche nel cuore e nell'anima.
Lo stomaco le doleva vergognosamente, sentiva le interiora come spingersi ancora di più nell'addome, cercando riparo dal freddo e la fame.
"Fame..." pensò, quasi vergognandosene.
-Fa...Me..- mormorarono impietose le sue labbra quasi bluastre.

-Fame?- ripetè una voce gentile.

La ragazza pensò che fosse irreale.
Cercò di spostare le pupille verso quel suono.
Ebbe l'impressione di guardarsi in uno specchio.
Sì, era finalmente giunta la fine. Una creatura del gokuraku era finalmente giunta a prenderla.

-Hai detto di avere fame?- la creatura posò una sua mano sulla fronte di Rei, per toglierle la sottile patina di ghiaccio sull'epidermide.
La sua espressione fu dispiaciuta.
Rei chiuse gli occhi beata, confortata dal calore di quella mano.

+ + + + + + +

-Non devi rimanere più sotto la neve, per di più senza aver mangiato nulla. Hai rischiato di danneggiarti irrimediabilmente.-
Lei aprì gli occhi, sorpresa da quella voce di cui non riusciva ad interpretare correttamente le parole.
-C..Cosa?-
Le labbra di Rei si mossero per inerzia, degluttendo subito dopo per la fatica.
Con raccapriccio la ragazza distinse nella sua gola il sapore metallico del suo nutrimento.
Si sollevò di scatto, tossendo con forza per farlo uscire da lì.
Il suo corpo, non ancora ristorato, soffrì per quella violenza inaspettata.
-Ma che diamine fai?!-
Il ragazzo balzò su di lei, strappandole la mano dalla bocca.
Non aveva poi una così grande forza, non le fu difficile impedirle di farlo.
-Ma sei stupida?!-
Rei rabbrividì, mentre lui la teneva stretta per i polsi, sdraiata con forza sul futon arrangiato.
-Io ti salvo sacrificando un mio pasto e tu cerchi di vomitarlo? Dico, ma come può esistere al mondo un vampiro più stupido?-
-V..Vampiro?- mormorò Rei sfinita.
Era dunque quello il nome dei demoni come lei?
-..Non sai neanche come si chiama la nostra specie?-
Rei non riusciva ad afferrare il senso di quelle parole.
-Il tuo maestro non ti ha insegnato niente?-
"Maestro"? Di che stava parlando?
Il ragazzo scosse la testa.
-..Almeno cell'hai un nome?-
Rei capì quella domanda.
Sorrise rassegnata -..Nogiku.-
Il ragazzo sgranò gli occhi -Nogiku*?-
Rei annuì.
Il ragazzo le sorrise comprensivo.
-Sai, Nogiku? Io e te siamo proprio simili...-

Rei distolse lo sguardo dal ragazzo, un pò spaventata.
Già, erano molto simili.
Soprattutto fisicamente: anche lui aveva le pupille scarlatte, motivo di atroce vergogna, e i capelli innaturalmente scoloriti.
La ragazza preferiva tenerli corti, di modo che le parrucche le aderissero al capo con maggiore semplicità.
Lo sguardo basso, prerogativa del suo vecchio mestiere, le tornava utile, si vergognava di far sfavillare i suoi occhi scarlatti alla luce del sole.

Si rese conto in quel momento che il ragazzo le era sdraiato sopra e la teneva bloccata per i polsi.
Rei non trattenne un'espressione turbata.
Non era abituata a far quel genere di cose.
Il ragazzo intuì, e si scostò da lei sorridendole -Non devi più trattare il tuo corpo in questo modo.
Pur essendo immortali non siamo indistruttibili.
Se il mattino ti avrebbe colta in quella situazione sarebbe stata la fine per te.-
Rei scostò lo sguardo dal ragazzo.

Sì, sapeva benissimo il dolore che le provocava il sole.
Lo aveva provato già, risvegliandosi trafitta dal dolore dopo quella strana notte d'amore.
Aveva già provato l'incandescenza della pelle ustionata dalla luce, e il fastidio delle garze sulle ferite, che finivano per diventare un tutt'uno con la pelle liquefatta dal pus.
Lo aveva già provato.

Un giorno pensò che avrebbe potuto morire in quel modo. Sarebbe stato bello, consacrare la propria morte al sole e la luce.
Ma non c'era mai riuscita. Il dolore le era insopportabile.
Si era sempre ritratta prima che fosse troppo tardi.

-Comunque, visto che tu mi hai detto il tuo nome, ora tocca a te presentarmi: il mio nome è Kaworu, Kaworu Nagisa.-

Il suo nome le sembrò una rivelazione.
Lui sorrise -Ho intuito che Nogiku non è il tuo vero nome. Ma se non vuoi dirmelo non fa niente. Nogiku è molto bello.-
Rei annuì.
Sì, quel nome le piaceva molto.
Il vecchio nome del mestiere. Il vecchio nome che le ricordava la sua arte.

Kaworu le prese una mano, una mano screpolata, che nonostante tutto era la testimonianza preziosa della sua identità passata.
-Sì, siamo molto simili.-
Rei non capiva. Lui era un maschio. Poteva fare il suo mestiere?
O si stava semplicemente riferendo alla loro somiglianza fisica, alla loro appartenenza alla stessa specie?
-Colui che ti ha dato... Che ti ha fatto diventare così, non ti ha spiegato nulla?-
Rei scosse la testa, ammettendo la negazione.
-Davvero? Non ti ha detto cosa siamo, non ti ha detto del sole e non ti ha insegnato a procurarti il cibo?-
Rei ripetè il gesto mestamente.
Kaworu sospirò.
-Che razza di animale.-
Rei sorrise. Le piaceva l'idea che qualcun'altro potesse provare astio verso quella persona.
-Finchè ti ristabilirai mi prenderò cura io di te, ok? Ti insegnerò ciò che devi sapere.- 
Rei annuì sorridendo.
Gli era molto grata.
-Promettimi che non vomiterai più.-
Rei distolse lo sguardo rammaricata. Non poteva prometterglielo.
Kaworu scosse la testa.
-No, non è giusto che tu reagisca così. Per quanto questa condizione non ti piaccia devi pur sempre considerarla come la tua esistenza.-
Il ragazzo non ebbe risposta, mentre percepiva la mano della ragazza rabbrividire.
-Dio, sei gelida..-
Con premura la prese tra le braccia, sollevandola nelle coperte.
Avrebbe voluto impedirglielo, ma la stanchezza la fece desistere.
Il calore che provò istantaneamente su di lei la stupì.
Aprì gli occhi, di fronte a lei del fuoco.
Rei scattò spaventata, cercando di divincolarsi.
Ma l'abbraccio del ragazzo la bloccò. La tenne vicino la sorgente di calore, scaldandola e proteggendola.
-Non preoccuparti. La luce del fuoco non è come la luce del sole. Basta tenervisi un pò lontano, il calore arriva e non c'è pericolo di farsi del male.-
Rei si persuase, le parole del ragazzo la calmarono.
Si lasciò andare nel suo confortevole abbraccio.
Da quanto tempo nessuno la abbracciava più?
Chiuse gli occhi, addormentandosi col battito del suo cuore nelle orecchie.

+ + + + + + +


Appena scendeva il sole, i due cercavano un luogo in cui potersi esibire.
Kaworu portava il sacco col suo costume e lo shamisen a tracolla.
Rei lo seguiva pochi passi dietro, silenziosa come al solito, serena.
Le piacevano le cose che faceva con Kaworu.
Kaworu entrò in un ristorantino, ammiccando al proprietario.
Costui gli diede il benvenuto sorridendogli.
Tutti coloro che erano nl ristorante si rallegrarono della loro presenza.
Rei arrossì, non era abituata a tanti complimenti tutti insieme, onsiderando il suo bizzarro aspetto.
-Possiamo esibirci qui da te, Soichirosan?-
-Naturalmente Kaworusan. I vostri spetacoli sono sempre molto apprezzati dalla clientela.-
Rei guardò con devozione il suo amico.
Kaworu era magnifico. Tutti lo adoravano, e le sue splendide interpretazione stregavano tutti, persino i più scettici.
Mentre Kaworu si preparava, Rei afferrava lo shamisen, sedendosi ai margini del vuoto lasciato sul pavimento dai clienti del locale, la cui attenzione era tutta nell'attesa di veder Kaworu esibirsi.

Dopo una lunga attesa in cui Rei controllava lo strumenti tendendone i fili o improvvisando brevi melodie per allietare l'attesa, finalmente Kaworu apparve.
Era di volta in volta una sorpresa anche per Rei.
Il lungo e splendido kimono in stoffe lucenti con deliziose decorazioni dorate, la parucca scura posizionata sul capo sottile a incorniciare i dolci lineamenti che si fingevano femminili.
La premura affascinante dei suoi movimenti, mentre le lunghe spoille d'oro poste sui sui capelli corvini si riflettevano e giocavano coi riflessi della seta splendente dell'abito., corteggiato dalla luce soffusa delle candele nel ristorante.
Mordendo tristemente un lembo della manica del suo abito sfarzoso, con lo sguardo triste delle donne tradite, prezioso e smorfioso Kaworu sapeva essere la più convincente delle Agemakidayu e la più cinguettante delle Oshichi***.
Nel secondo anno del periodo Showa, Kaworu Nagisa era uno dei più splendidi onnagata****.
Che fortuna per Rei, sempre desiderosa di affinare il suo cammino interrotto: lui era la cosa più importante che gli fosse capitata.
Su Kaworu poteva contare, lui che sapeva fondere gli insegnamenti del'arte e della sopravvivenza.
Ben presto Kaworu insegnò a Rei a concepire anche la sua vita come un prolungamento del mestiere: da bravo uomo di teatro, anche la sua vita da vampiro assumeva i connotati dell'erotismo e la seduzione.
Subito dopo ogni spettacolo qualche ingenuo ragazzo o qualche bell'uomo riusciva sempre ad essere catturato dalla sua rete di premura. Sapeva fingersi frivolo e sofisticato, perfetta creatura nel limbo, e sapeva affascinare le sue vittime con la seduzione o intrattenerle con l'intelligenza.
Rei lo guardava con invidia, quell'essere perfetto più femmina di lei.
Iniziò a copiare le sue mosse, i suoi gesti, i suoi atteggiamenti per imparare anche lei a sedurre come lui, anche se non ce n'era mai bisogno, poichè Kaworu riservava un ragazzo ebbro di baci o un giovane assopito dalle carezze anche per lei.
E il tutto perdeva anche i connotati di quel volgare banchetto che altro non era, trasformandosi nelle più sublimi delle rappresentazioni della poesia, nella più ardita allegoria della vita e della morte.
Dopo aver seppellito i corpi, se l'aurora permetteva, erano già ad esibirsi in qualche altro locale, oppure sgusciavano via dalle strade come burattini del crepuscolo.
Non era una vita che avevano potuto scegliere, innebriati dai sensi e dalla voluttà, tuttavia, se proprio dovevano viverla, era meglio farlo nel più artistici dei modi.

+ + + + + + +


-Nogiku, sembri del tutto ristabilita.-
-Grazie alle sue cure, Kaworusensei.-
-Non essere così formale! Mi imbarazzi!- sorrise il ragazzo.
-E' il minimo del rispetto che posso portarle. Se non ci fosse stato lei per me sarebbe stata la fine.-
-Non è mai la fine per quelli come noi. La nostra parte umana, quella cui siamo anora legati non rinuncia mai all'autoconservazione.-
-Parlate in un modo decisamente troppo complicato per me..-

I gelidi ghiacci dell'inverno avevano iniziato a sciogliersi, lasciando il posto alle rugiade notturne della primavera.
Seppur a malincuore, Rei doveva separarsi dal suo adorato principe, così simile a lei nela forma e nello spirito.
La ragazza gli prese con fiducia e gratitudine le mani, forse ricercando quel calore amico che la salvò qualche mese fa.
-Le auguro tutta la fortuna di questo mondo, Kaworusensei.-
-Anche io auguro lo stesso a te.-
I due si abbracciarono serenamente, nel più sincero degli atti.

-Abbi cura di te.-

Rei non riuscì a trattenere le lacrime a quelle splendide parole, che le sembrarono una benedizione divina.
Da quel giorno incise quelle parole nella sua memoria, decidendo di adottarle come un'evocazione nei momeni di sconforto e di dolore.
L'avrebbe immediatamente associata alla graziosa presenza di Kaworu, ai ricordi fugaci, gelidi ma splendidi di quell'inverno del periodo Showa.
Si staccò a malincuore dal torace materno e protettivo del ragazzo, fiera del suo calore.
-Un giono ci rivedremo?- chiese speranzosa.
-Abbiamo tutti i giorni del mondo a nostra disposizione, Rei. Ci rivedremo sicuramente.-
Rei annuì, e nella tiepida serata si allontanò da lui, salutandolo da debita distanza a un flebile e aggraziato inchino, con gli occhi socchiusi dalla gratitudine.
Kaworu fece lo stesso, portandosi una manica del kimono bianco davanti alle labbra, celando il sorriso e limitandosi ad augurarle buona fortuna con lo sguardo.
Già.
Kaworu era davvero imbattibile.

_______________________

* I nogiku sono dei fiori di campagna che fioriscono, si dice in Giappone, "silenziosamente": si tratta quindi di fiori non appariscenti.
***la fruttivendola Oshichi e la geisha Agemakidayu sono due personaggi famosi del teatro kabuki: i ruoli femminili del kabuki erano sempre interpretati da uomini.
**** Attori uomini del kabuki che, appunto, prendevano il nome di "imitatori di donne", ed erano simili alle donne anche nella vita reale.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Una Passeggiata nel Giardino ***


Chochin ni Tsurigane ~ Una Passeggiata nel Giardino "Non sò perchè ritornai lì.
Tuttavia sperai di non capitare in lei.
Non avrei potuto tollerare la sua vista.
Sò che mi avrebbe distrutta.
Tornai lì perchè sentivo che lo avrei ritrovato.
Lo sapevo.
Ne ero certa.
Sesto senso, quello della nostra specie.
Intuito.
Dovrebbe servirti a salvarti il culo.
A me ha solo frantumato il cuore."

4 ~ Una Passeggiata nel Giardino

1998, Tokyo

L'aria gelida nei polmoni.
Sensazione straordinaria.
-Misato, se continui così sono sicura che ti prenderai una polmonite.- commentò itsuko, osservando l'amica rimasta sbracciata.
-Già. Tu invece per riscaldarti hai deciso di finirti il pacchetto di sigarette in neanche due ore?-
-Almeno io non mi metto in cannottiera a Novembre solo per mostrare le tette.-
Misato si morse la lingua -Ritsuko, scusami tanto, ma tu di stile non ne capisci nulla.-
-Oh, e da quando tu ne saresti diventata un'esperta?-
-Uff! Smettila di affumicarmi!-
-E tu copriti quelle tette!-
Misato incrociò le braccia.
Il suo sguardo divenne accigliato mentre guardava l'amica.
-Ritsuko.-
-Mh?-
-Non voglio scenate di gelosia.-
Ritsuko arrossì.
-Chiaro?-
-Uff. Ok.-
-Ci conosciamo da bambine. Siamo amiche da quando eravamo bambine. Non voglio distruggere questa splendida amicizia per i tuoi ormoni invertiti.-
-Che modo di esprimersi elegante...-
-Ecco, ora fai la vittima.-
-Potrei anche offendermi se mi tratti così!-
-Ma come ti stò trattando, scusa?!-
-Bah, lascia stare.-
-No, non lascio stare! Capisco che questa situazione ti faccia soffrire ma...-
-Capire? Tu? Ma cosa vuoi capire tu, di quello che provo io?!-
Le due tacquero.
Ritsuko si appoggiò ad una transenna coi gomiti.
Misato fece lo stesso.
La bionda aspirò a lungo la sigaretta, per poi gettarla sull'asfalto noncurante.
Misato si infilò il suo chiodo.
-Ecco. L'hai capito.-
-Già. Si gela.-
-Le tue grandi idee, Misato-san. "Oooh, andiamo lì qualche ora prima, magari li vediamo mentre escono dai pullman e ci facciamo fare gli autografi..."-
-Beh, che c'è di male? Ti avrebbe fatto schifo l'autografo di Lestat?-
-Misato, con tutto il rispetto verso il nostro musicista preferito: mi ci sarei pulita il culo.-
-Come sei fredda, Ritchan.-
-Sono solo razionale.-
-Ovvero fredda.-
Ritsuko sorrise.
Osservò, dall'altra parte della barricata, la portiera del tour-bus aprirsi lentamente.
Le due furoo travolte da uno sciame di ragazzine che si gettarono lungo le transenne, mentre il servizio d'ordine faticava a mantenere l'ordine e impedire che il confine fosse violato.
Lui scosse la mano salutando i suoi fans, mentre entrava nell'auditorium dalla porta sul retro.
Gli altri della band lo imitarono bonari.
Ritsuko fu assordata dai gridi terribilmnte acuti emessi dalle tipe in visibilio.
Misato la scosse in preda a delirio con le lacrime agli occhi, come per dire "Te l'avevo detto, io!".
Ritsuko scosse la testa.
-Molto meglio.-

+ + + + + + +

Kaji Ryoji osservava con sufficienza la pazzia delle ragazze innamorate delle ombre.
Era in compagnia di alcuni amici di università, desiderosi come lui di vedere il concerto, ma disgustati dagli impulsivi comportamenti femminili.
-Certo, poi si dice che le femmine sono più mature dei maschi.- commentò tale Shigeru.
-Solitamente è così.- riflettè Makoto, arrossendo perchè gli occhi gli caddero su una sedicenne che si era sollevata la maglietta per mostrare le tette al frontman del gruppo.
Ryoji gettò la sigaretta a terra.
-..Tu cosa ne pensi, Kaji?- chiese Shigeru.
Lui fece una faccia incerta -Io ho una pessima opinione dei sentimenti in generale. Tuttavia, a mio parere, i momenti in cui la gente dimostra la propria idiozia li trovo divertenti.-
-No, intendiamo, secondo te le donne sono più mature degli uomini?-
-Oh, questo è indubbio.-
-Anche se ti trovi di fronte a scene come questa?-
-Le donne sono più emotive. Noi più istitivi. E' naturale che loro siano più mature. Persino una ragazza stupida, solitamente è sempre più matura di un uomo stupido.-
-Hai capito... Kaji "Sciupafemmine" Ryoji e il suo lato femminista...-
-Femminista?- rise lui -Non essere ridicolo. Il fatto che siano più mature non vuol certo dire che siano migliori.-

+ + + + + + +

Misato e Ritsuko si incamminarono verso la fila.
-Ehi, Ritchan, dove hai messo i biglietti?-
-Li ho in tasca.-
-...Ci sono ancora?-
-Misato! Certo che ci sono!-
-Stai attenta, qualcuno potrebbe fregarteli!-
-Ecco, se poi magari non lo sbraitassi a tutti...-
Erano quasi arrivate all'entrata, quando Ritsuko, angustiata dai piagnistei decise di cacciar fuori dalla tasca i biglietti per sventolarli sotto il naso di quella rompipalle.
-Ops.-
-OPS?! COSA VUOL DIRE "Ops.", RITSUKO?!"-
-No...Aspetta, forse era l'altra tasca..-
-RITSUKO? RITSUKO AKAGI??? HAI PERSO I MIEI BIGLIETTI?!-
-..Guarda che uno era anche mio...-
Misato si mise una mano sulla fronte, come a simulare uno svenimento.
-Mi..Mi sento male...-
-Ma dai, staranno un pò infondo..Ecco..Aehm...-
-Dio. Avevo comprato questi biglietti in prevendita un mese prima.-
-Dai, forse stò guardando nel posto sbagiato... Ora controllo nello zaino...-
-Li ho tenuti sotto il cuscino una settimana intera, sognando Lestat.-
-..Non è che li ho dati a te?..-
-E adesso tu mi dici che li hai persi. Li hai persi. Me lo dici adesso, quando siamo a cinquanta centimetri dall'entrata.-
Una voce maschile si intromise -Aehm..Scusate.-
-Misato, guarda nelle tasche del tuo chiodo, ho detto.-
-Li hai persi. Adesso. Come vedi non sono arrabbiata. E neanche stupita. Lo sapevo. Sapevo che avresti fatto una tua tipica stronzata.-
-Scu..Scasatemi...-
-Non dire così Misato, sei ingiusta! Ora sembra che non mi muova senza combinare disastri.-
-Ritsuko. Devo ricordarti quando sei entrata nel sacco a pelo di quel tizio ai boy-scout, e il giorno dopo te ne sei uscita con quel "Ragazze, credo di essere incinta"?-
-Ragazze..I vostri biglietti..Aehm..-
-Veramente quella non ero io, era Maya.-
-No, eri tu, me lo ricordo benissimo.-
-S..Scusate..-
-No che non ero io, ricordi che anche io ho fatto la colletta per comprare quel test di gravidanza? E che ti ho accompagnato in farmacia? Ma se abbiamo anche la foto ricordo de "Le boy-scout in missione nella farmacia aperta 24 ore su 24"?-
-Uhm...Era Maya? Perchè io ricordo te?-
-Ragazze...-
-Forse perchè il giorno seguente avete mandato me da sola a comprare i preservativi per quella porca.-
-Ah..Eh,eh! E' vero, "La Boy-scout e la missione dei palloncini colorati"!-
-Eh, già... Che bastarde...-
-Ok ragazze, mostratemi i biglietti.-
Senza arcorgersene erano arrivate davanti la porta.
Misato era già probnta a pagare in natura quando vide da dietro la sua spalla spuntare il braccio di un ragazzo con due biglietti -Eccoli.-
Misato e Ritsuko si voltarono stupite.
Ryoji agitò la manina bonario, mentre Shigeru aveva poggiato un gomito sulla sua spalla e si teneva in una posizione accattivante da fumetto per ragazze, e Makoto abbassava lo sguardo arrossendo.
Kaji prevedette le domande delle due -Io e i miei amici stavamo camminando quando sotto i piedi ci troviamo questi due biglietti. Stavamo già pensando di rivenderli quando, mentre facevamo la fila, non abbiamo potuto fare a meno sentire la vostra discussione.-
-Oh.- commentò Ritsuko.
-Ti..TI RINGRAZIO! Credo di poter dire che tu, oggi, hai salvato la mia vita!- disse Misato con le lacrime agli occhi.
-Già. Grazie.- aggiunse Risuko, deducendo che quel "Oh." fosse insufficiente.
-Beh, per sdebitarvi potreste passare la serata con noi.-
-Oh, volent..- Misato fu interrotta da Ritsuko -No, siamo qui per vedere il concerto. Grazie ancora per i biglietti.-
Detto ciò Ritsuko afferrò Misato per il collo con un braccio ed entrò nel locale, perdendosi tra il fumo e il rumore.

+ + + + + + +

Il suo odore.
Il suo odore.
Lo sentiva. Riusciva a sentirlo.
-Signor Kaji..-
Aska guardò on le lacrime agli occhi la porta del locale nel cui era entrato il suo maestro.
Si diresse verso di essa, quando due uomini la bloccarono.
-Biglietto?-
Aska li guardò stupita.
-Biglietto? Per cosa?-
-Nel locale c'è un concerto, non lo vedi? Per entrare bisogna pagare il biglietto.-
-Quanto costerebbe?-
-1500 Yen.-
-Cosa? Ma è un furto?-
-A noi sembra un prezzo più che ragionevole..-
Aska li guardò.
Valutò la loro forza.
Anche se in due non erano in grado di competere con lei.
Osservò le loro gole.
Osservò le loro braccia.
Poi infilò una mano nella borsa e tirò fuori 2000 yen.
Non sarebbe stato prudente ammazzare quei due.
Ma appena trovato il signor Kaji lo avrebbe fatto sicuramente.

+ + + + + + +

Misato e Ritsuko, intontite dal fumo si guardarono negli occhi per poi scoppiare a ridere.
-Certo, a questo punto facciamocela anche noi una canna...-
-Tanto ormai, con tutto questo fumo passivo...-
Le due si erano sedute al bancone del bar, mentre dalla sala concerti si potevano notare grovigli umani pogare, come se fossero state spettatrici di un post-moderno combattimento di gladiatori.
-Certo che i maschi sono davvero scemi.-
-Già. Guarda come devono ridursi per mostrarsi forti e virili.-
-Ma a chi lo dimostrano? Alle donne in sala? Ai musicisti?-
-Probabilmente a loro stessi.-
-O forse agli altri uomini. Una forma di omosessualità in cui si dimostra chi è più forte tramite la sottomissione? E' una lotta. Anche un rapporto è una lotta, dopotutto.-
-Misato, dovresti posare quella birra.-
-Perchè, non trovi ci siano molte coincidenze?-
Ritsuko sbuffò -Beh, un tempo anche gli antichi romani avevano rapporti omosessuali... E questi servivano proprio ad accrescere la loro virilità.-
-Vedi? E' come dico io.-
-Misato, mica ci combattevano, coi loro giovinetti...-
-Ma il principio è lo stesso, dai... Due donne non si getterebbero mai una addosso all'altra facendosi male per divertirsi, come fanno loro.-
-Anche le femmine pogano.-
-Bah, sono delle cretine. Non è una cosa da donne.-
-Perchè dici questo?-
-Perchè le donne non ne hanno bisogno.-
-Come sei maschilista, Misato-san..-
-Maschilista? Credere che le donne siano un universo differente da quello maschile, un mondo a parte che non dovrebbe essere contaminato per rimanere orgoglioso della propria identità...Questo è maschilismo?-
-Eh, credo di sì.-
-Ma guarda... E io che credevo di ragionare come una donna fiera di esserlo...Quindi per non essere maschilista dovrei desiderare di essere un maschio..?-
-Ehilà!-
Ritsuko e Misato si voltarono con uno sguardo dubbioso verso quella voce.
Era di nuovo quel Kaji, solo che stavolta era da solo.
-Ah, ciao, ci rivediamo..-
-Di cosa parlavate? Sembrava interessante...-
-Cose da donne.- tagliò corto Ritsuko.
-...Dove sono finiti i tuoi amici?- chiese Misato.
-Loro? Ah, erano stanchi e sono tornati a casa..-
-Ah, anche io sono un pò stanca..- mormorò Ritsuko.
-Buonanotte, Ritchan!- disse Misato.
-Eh?- chiese lei.
-Non avevi detto di essere stanca?-
Ritsuko scosse la testa rassegnata.
Ryoji sorrise.

+ + + + + + +

Poteva sentirlo.
Sì, distinto e dolciastro.
Il suo odore era ormai dentro di lei, e ad ogni passo lo sentiva più vicino.
Improvvisamente, Aska sentì la sua volontà vacillare.
Provò paura, mentre si avvicinava a lui, lentamente.
Cos'era che la faceva esitare?
Cosa le faceva provare quella debolezza di nervi, quelle ossa stanche, quell'inquietudine sotto la stoffa del vestito?
Cosa?
...Cosa?
La paura che lui, il suo odore, non lo sentisse affatto.
Aska si bloccò, davanti la porta del bagno.
Brividi che diventarono scosse, scosse di repulsione.
Erano gemiti di piacere quelli, inconfondibile piacere misto a morte.
Gemiti di piacere, misti a lui.
Aska si bloccò davanti la porta, in attesa, incurante del rumore intorno a lei, come se quei sospiri leggeri e quell'odore di lui sovrastassero le urla, le voci e le chitarre elettriche.
Era un rumore davvero odioso e insopportabile.
Insopportabile, davvero, quel piacere da cui lei era esclusa.
Una lacrima bagnò il suo viso.
Poi, entrò.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Insistenti Sussurri di Cicale ***


Chochin ni Tsurigane ~ Insistenti Sussurri di Cicale Rei guardava serena, dall'alto dell'albero, la casa degli Ikari.
Da lì poteva vedere la sala da pranzo, e se andava un ramo più sopra era in grado di vedere la camera di Shinji.
Le piaceva, controllare che tutto fosse in ordine in quella casa.
Si alzò silenziosa, e il suo abito bianco svolazzò leggero alla prima brezza notturna.
Guardò ancora alla finestra, controllando che mangiassero tutto dai loro piatti.
Guardare aveva assunto per lei un significato vitale.
Guardando era come se anche lei fosse inclusa nel loro gioco e la loro vita, e questo le dava serenità.
Si illudeva che la notte potessero passarla insieme, in quel modo.
Sapeva riconoscere l'esatto loro peso quando camminavano, se chiudeva gli occhi.
Percepiva se Shinji aveva fatto una buona colazione il mattino e se Gendo avesse avuto una giornata faticosa a lavoro.
In quelle lunghe e silenziose occhiate, Rei viveva ciò che le era stato per sempre precluso.
Ritornò sul ramo più alto e vi si sdraiò, sognando di preparare la colazione per Shinji.
In quel momento la sentì.
La sentì, e si dimenticò della casa da lei protetta.

~ Insistenti Sussurri di Cicale

2003, Hakone


Era lei, lei, davvero.
Entrambe lo pensarono, guardandosi.
Lei, la dannazione e salvezza.
Lei, odiata e venerata.
Lei, umiliazione e privilegio.
Rei scivolò dall'albero, e con i piedi scalzi si posò sul muro di cinta, bianco, come lei, bianco come tutto in lei.
Nella bocca un singhiozzo soffocato.
Aska la guardò ancora, stupita.
Il suo sguardo si spense lentamente tornando duro.
Le palpebre ora erano immobili e irrisorie.
-..Sei ancora viva, quindi.-
Rei non rispose.
I suoi occhi lo fecero per lei, sfavillando rossi.

+ + + + + + +

1905, Tokyo

Scese dalla nave, sfinita.
I capelli rossi e lucidi a grandi boccoli sulla schiena corteggiavano ansiosi la scura seta blu del suo vestito.
Aska si guardò intorno nel crepuscolo, guardò con supponenza quello stupido paese di incivili.
Era abitudine diffusa che le giovani ragazze del paese andassero al molo a spiare le grandi navi che provenivano dall'America.
Erano attratte dall'altezza degli uomini, e sconvolte dalla presunzione delle donne.
Aska non ci mise molto a percepire un'aura di venerazione intorno a lei, eco di cento piccoli occhi scuri insignificanti.
Cento, duecento, trecento.
Infastidita volse lo sguardo, invitata dalla mano del suo protettore.
-Vieni piccola Aska. Sono certo che passeremo un soggiorno piacevole insieme.-
La voce mielosa di lui nascondeva lussuria e desiderio.
Aska si sorprese di tanta spudoratezza.
Gli uomini non sanno nascondere i loro desideri, ed ogni parola pronunciata da labbra perverse è decifrabile per il suo vero significato.
Aska lo sapeva e ne godeva fiera.
Era buono e saporito il sangue degli uomini eccitati, forte e gustoso.
Era denso e nero, e dopo averne bevuto molto era sempre colta da uno spasimo di ebrezza.
Asuka amava il sangue degli uomini perversi.
E amava gli uomini perversi in uguale misura, con le loro mani avide, le loro braccia nervose e le loro spinte ambigue.
Erano i preliminari per il suo gioco più desiderato, ed ogni pasto non era mai un semplice assassinio ma un glorioso banchetto.
Sì, era rosso e scuro, delizioso.
Aska si leccò le labbra eccitata.
L'uomo la baciò, leccandogliele a sua volta.

+ + + + + + +

2003, Hakone

-Sì, sono ancora viva...- rispose Rei, con un filo di voce.
Solo ora si chiedeva per quale motivo fosse scesa dall'albero.
Perchè al contrario non era fuggita terrorizzata, nauseata dal rosso della sua chioma arrogante?
Predestinata all'asservimento, si era forse lasciata andare alle sue promesse come in passato?
Certo era che nei suoi occhi non c'era affetto, e che anche questa volta l'avrebbe straziata.
Oh, sì, straziata a fondo.
Ma l'inettitudine e il silenzio a volte sono solo un muro indifferente per proteggersi.
Temere ciò che si nasconde dietro quel muro, di questo ci si dimentica spesso.
Perchè se è un muro che non fa entrare...E' anche vero che è un muro che non fa uscire.
Sarebbe pericoloso aprire uno squarcio in quel muro, per curioso vezzo di curiosità, ma soprattutto per tentare una vile umiliazione.
Oh, no.
Saresti straziata a fondo, tesoro.

+ + + + + + +

1905, Tokyo

-Una sala da tè?- chiese Asuka dietro l'azzurro torbido dei suoi occhi.
-Una vera e propria casa di geishe, tesoro.- rispose lui sorridendo.
-Quindi è una specie di casa chiusa...Un bordello, no?-
Lui rise -No, questa è un'opinione tanto diffusa quanto grossolana...-
-Davvero?-
-Non sò farti paragoni con una professione analoga occidentale... Ma certo nella loro ottica le geishe non sono semplici prostitute. Assolutamente no. Sai cosa significa la parola "geisha", Aska?-
-No.-
-Significa "Gente d'arte".-
-Gente d'arte?-
-Ma non si tratta di pittura, mio tesoro. Nel loro lungo apprendistato le geishe imparano a recitare, declamare versi, cantare e suonare strumenti tipici. Sono la quintessenza della femminilità.-
-Quintessenza della femminilità, mh?-
-Certo, nell'ottica orientale...Sai che le donne devono essere sottomesse all'uomo, no? Una concezione che certamente poco si adatta alle principessine nate libere come te, Aska.-
Lo sguardo di Aska zampillò dorato.
L'uomo si turbò di quell'improvvisa ventata di ostilità -Scusami, non intendevo offenderti...-
-Non mi hai offesa...- aggiunse Aska spegnendo il bagliore -Ma mi hai incuriosita. Vorrei visitare una di queste case.-
-Eh?-
-Credi sia possibile..?-
-Oh...Naturalmente.-

+ + + + + + +

2003, Hakone

-Mhpf...Ah,ah,ah,ah!-
La risata di Aska suonò particolarmente offensiva nel sereno silenzio notturno.
-Cosa c'è da ridere..?- chiese Rei, fredda.
-Tu non sei mai stata viva, piccola Nogiku.-
-Non mi chiamo Nogiku.-
-Oh, avresti dovuto... Piccolo fiore poco appariscente... Ti si adatta perfettamente, stupida bambola.-
Era da molto che entrambe non si vedevano.
Secoli, certamente.
Era strano come l'incontro fosse naturalmente evoluto in offesa.
Sapeva che si sarebbero rincontrate, ma certamente non avrebbe saputo descrivere cosa sarebbe esattamente accaduto, cosa si sarebbero dette, come si sarebbero guardate.
-Sei una stupida.- mormorò Rei.
-Mia piccola Nogiku.- sospirò Asuka.
Il suo viso si distese, e le labbra si sciolsero fino a formare un sorriso.
D'un tratto sembrò più luminosa.
Rei scese dal muro di cinta, come se scendesse da una scala poggiata ad un albero di ciliege.

+ + + + + + +

1905, Tokyo

Aska si accomodò vicino al suo accompagnatore.
Si guardò intorno, cercando di decifrare i visi di quelle donne.
Le più esperte erano indifferenti e silenziose.
Ciononostante, la sua presenza, presenza di donna occidentale, era comunque una fonte di silenzioso interesse.
L'impressione di Aska fu di fastidio.
Gli sguardi nascosti di quelle donne la mettevno a disagio, e trovare per un millisecondo una di quelle pupille nere su di lei la imbarazzava.
Era strano che lei riuscisse a provare sensazioni simili, finora non le era mai capitato di sentirsi in imbarazzo per gli sguardi di qualcuno.
Poi metabolizzò la situazione, e lucidamente riuscì a distinguere tra i suoi ricordi opacizzati cosa le ricordava quella scena.
Un ricordo di quando era ancora umana, ancora bambina e ingenua.
Un inverno freddo, la vetrina addobbata per Natale di un negozio di giocattoli.
Aska fissava incantata i visi di porcellana, gli sguardi lucidi di vetro.
C'era qualcosa di austero, in quelle bambole.
Qualcosa di austero e serio, nonostante fossero solo fragili pupazzi inanimati...
Una geisha cantava una nenia interminabile sui dolori della serva tradita.
In quel momendo, una delle porte scorrevoli di carta si aprì lentamente, favorendo l'ingresso della geisha che avrebbe versato il sake agli ospiti.
L'uomo si avvicinò al tavolo, mentre i lamenti venivano accompagnati da lente torture di corda.
Aska non riusciva più a togliere gli occhi dalla versatrice di sake.
Non che fosse particolarmente bella, o aggraziata, o affascinante.
Ma c'era in lei un qualcosa di attraente, come di una fragile farfalla notturna.
E Aska volle essere la lampada di quella farfalla di carta.
Mormorò poche parole all'orecchio del suo accompagnatore.
Gli chiese se gli sarebbe piaciuto appartarsi con lei e quella piccola bambola di porcellana.

+ + + + + + +

2003, Hakone

Rei si sentì travolta dalla nausea.
Non voleva stare in sua compagnia.
Non voleva parlarle o pensare anche solo ad ipotetiche parole da porgli.
D'un tratto Rei si sentì inopportuna in quella situazione.
Il silenzio che era sceso tra loro non le mandava un buon messaggio.
Poi, Aska parlò.
-Cosa ci fai davanti questa casa, Nogiku? C'è forse qualcosa a cui sei legata..?-

+ + + + + + +

1905, Tokyo

Per Nogiku, un'apprendista nelle arti dell'intrattenimento, quella era decisamente una situazione strana.
Non sapeva quale sarebbe stato il comportamento di un occidentale nei suoi confronti, e la presenza di Aska nella stanza la innervosiva.
Lo sguardo azzurro di quella donna le era famigliare, così come i suoi testardi capelli rossi.
L'aveva ammirata a lungo il giorno dello sbarco.
C'era in lei un qualcosa che invidiava.
L'uomo allungò una mano su Nogiku, sfiorandole il collo.
Lei abbassò lo sguardo, fino a chiudere gli occhi per lasciarsi a quell'uomo.
-Oh, piccola Aska...E' così calda... E tu? Tu lo sei?-
Aska fissava l'uomo, mentre iniziava a far sua la bambola di porcellana.
Il viso di Nogiku rimaneva silenzioso, immobile, seppur velato di piacere e costrizione.
Aska si innervosì, davanti la sua sfrontata placidezza.
Si innervosì, davanti la rozzezza del suo accompagnatore.
-Ah...AH! Aska...Aska...Rendimi come te...Donami la vita eterna, Aska...-
Nogiku gemeva sotto la violenta penetrazione di lui.
Era decisamente troppo violento e forte per il suo corpo leggero.
Aska lo capì. Lo capì all'istante.
Si avvicinò voluttuosa al seno di Nogiku, due morbidi e bianchi frutti chiari.
Iniziò a succhiare, golosa e premurosa, calmandola.
Poi si mise sopra di lei, iniziandola a baciare, mentre l'uomo iniziava a penetrarla da dietro.
Detestava quell'uomo.
Si alzò di scatto, afferrandogli il viso mentre continuava a ruggire violento dentro di lei.
Ci mise un secondo a spezzargli il collo.
L'uomo scivolò, e la stanza tornò silenziosa.
Un assassinio si era svolto sotto gli occhi ancora umidi di Nogiku, ma lei non sembrò spaventata.
Il suo respiro era ancora agitato, e il suo corpo caldo.
Aska provò per la prima volta un tenero e puro sentimento di amore.
Si chinò su di lei e iniziò a baciarla dolcemente.
Nogiku si frantumò sotto le sue carezze.
La prima cosa a rompersi fu il suo ricco Kimono da cerimonia, già violato dalla furia dell'uomo.
Poi la parucca, le sue decorazioni, caddero, mostrando i suoi capelli scoloriti.
Aska rimase affascinata dalla perfetta nudità di Nogiku.
Rimase sedotta dal chiarore insolito del suo aspetto, così come Nogiku rimase sedotta dal cadavere di uomo al suo fianco.
Le loro lingue si accarezzarono con complicità, mentre la bambola sprofondava nella ricca colonia della sua amante profumata.
Le mani di Aska accarezzarono a lungo il corpo di Nogiku, fino ad individuare ogni punto sensibile, là dove i gemiti diventavano più forti.
Non si dissero una parola, ma si amarono come i più vecchi degli amanti.
Poi Asuka iniziò a leccare il suo collo, mentre percepiva il corpo di lei rabbrividire dal piacere.
lo leccò dolcemente, fino a morderlo, mentre sotto i suoi denti la pelle bianca di Nogiku si strappava come fosse di carta...

+ + + + + + +

2003, Hakone

-No, non c'è niente di importante qui.- Rei strinse le labbra.
Aska percepì i suoi timori.
-Davvero? Io sò che qui vivono un uomo con suo padre. Volevi nutrirtene, Nogiku? Volevi nutrirtene da sola, piccola ragazzina egoista?-
-N..No, ti sbagli!-
-Come mi sbaglio? Non è forse così? In questa casa il tuo odore è così forte...Impregna le pareti, Nogiku. E ho sentito il tuo odore fin dalla Stazione Centrale.-
-Non voglio nutrirmene, Aska...Loro sono...-
-Cosa sono?-
-..Sono la mia famiglia.- Rei arrossì, sprofondando nella vergogna.
Le lacrime iniziarono a rigare il suo volto.
Mai avrebbe pensato di riconoscersi così tremendamente stupida.
Aska sorrise -Sei davvero una stupida, Nogiku.-
-Tu non ne hai mai avuto bisogno? Vuoi farmi credere che non hai mai rimpianto la luce del giorno? Che non hai mai maledetto la tua vita solitaria..?-
Aska prese nella mano il mento umido di Rei.
Le baciò dolcemente le labbra, tranquillizzandola.
-Mi basteresti tu, Nogiku.-
-...-
-E adesso andiamo a nutrirci di quegli stupidi esseri umani.-
-...-
-Perchè loro sono il nostro cibo, piccola mia. E la tua famiglia d'ora in poi, sarò solo ed esclusivamente io...-
-Tu non conosci, Aska...-
-...-
-Tu non conosci i bisogni di un cuore umano. E io non ti permetterò mai di fare del male alla mia famiglia.-
Aska spinse Rei verso il muro di cinta con la schiena.
Continuarono a baciarsi con odio, a lungo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=31063