Who the fuck are you?!

di slytherin ele
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fucking gatecrasher! ***
Capitolo 2: *** Fuckin speakin russian! ***



Capitolo 1
*** Fucking gatecrasher! ***


Note di un’autrice ormai scomparsa…

Primo capitolo della ff long  “Who the fuck are you?”. Sinceramente spero interessi l’inserimento di nuovi personaggi nella vita dei Gallavich che vediamo poco interagire con altre persone. Ovviamente, verrà approfondita la psicologia del nuovo arrivato o dei… Spero che Mickey risulti IC.

Fucking Gatecasher

Quando Ian torna a casa sono ormai le tre di notte, sento la porta aprirsi e sbattere lievemente contro il muro, due voci che non conosco e poi la sua risata, uno dei due deve aver detto qualcosa di spassoso. Mi alzo stizzito, pronto alla guerra; fortuna vuole che Svetlana e Ian si siano riappacificati, tanto che Yev passi tre notti alla settimana con noi, ma non abbastanza perché lei si fidi a lasciarcelo un intero weekend. Potrò urlare, incazzarmi e sbraitare senza svegliare il bambino!

Apro la porta della camera da letto, di scatto, poco ci manca che la scardini, Ian mi sente, si gira e mi guarda sorridendo; grugnisco in risposta quasi dimentico delle lamentele. I due intrusi sono in piedi, ma non sembrano essersi accorti della mia entrata in scena, si guardano intorno. Uno lo conoscono, forse era uno dei clienti di Ian, quello che ci aveva invitato a casa sua: Roger, Ronald? No, Ryan! Il biondino non ho idea di chi sia, so solo che lo sguardo di disgusto che sta lanciando a ogni antro della mia catapecchia non mi va a genio.

“Che cazzo, Ian?” esalo dopo essermi assicurato che non cerchino di rubare le poche cose di valore. Lui mi guarda e non dice nulla, ma non sembra colpevole. E non so se fa parte della fase maniacale, se si è dimenticato le pillole oggi o non le ha prese di proposito e la cosa mi spaventa; ci abbiamo messo tre mesi a convincerlo a riiniziare la terapia, tre mesi in cui ho smesso di respirare pensando che mi avrebbe lasciato sul serio, che non sarebbe più tornato.

“Stai bene?” chiedo all’inizio apprensivo, ma Ian non mi ascolta. Si appoggia al muro e sembra sfidarmi. “Ne avevamo parlato, no?! Non voglio dei cazzo di estranei in casa! E poi chi diavolo sono: dei clienti, dei tizi che ti vogliono scop…”

Non ho il tempo di finire la frase, solo di vedere il sopracciglio sinistro di Ian alzarsi, poi qualcosa si infrange al suolo, una bottiglia di birra, lasciata in giro ormai da mesi. Indirizzo lo sguardo verso il divano da cui è caduta e li vedo: i due estranei hanno iniziato a baciarsi come se nulla fosse, il biondino è già senza camicia, mentre Ryan si sta inginocchiando tra le sue gambe.

“Hanno bisogno di un posto dove stare per qualche giorno, Mick.” Capto a stento le parole del mio ragazzo prima che si infili nella nostra camera. Lo seguo, un po’ stupito dall’accaduto, ma prima di chiudermi in stanza i miei occhi cadono ancora sulla strana coppia sul divano. Il biondo ghigna nella mia direzione, puntando il suo sguardo grigio su di me e sillaba –Ehi, Mick.-, mentre passa una mano tra i capelli bruni dell’altro tizio.

Chiudo la porta e sbatto gli occhi, mentre Ian mi si avvicina per riservarmi lo stesso trattamento del biondino.

Mentre il mio cervello si spegne, ho solo la vaga sensazione di aver appena conosciuto l’individuo più stronzo dell’intero pianeta.

****

Lo spadellare in cucina mi sveglia come ogni mattina: il fatto strano è che sento chiaramente la presenza di Ian vicino a me ed è anche piuttosto consistente. Mi giro e lo stringo, mentre ancora dorme: sembra ancora il ragazzino innocente che lavorava per Asciugami in testa quando dorme e un po’ mi rassicura vederlo così calmo.

L’ennesimo rumore dal cucinino, mi obbliga ad alzarmi, mi infilo un paio di boxer al volo e mi dirigo verso l’entrata; come immaginavo non si era trattato di un sogno, i due intrusi ci sono eccome e Ryan sta pure cucinando, mentre il Senza-nome-dai-capelli-biondi lo distrae rubando un pezzo di pan cake tra un bacio e l’altro.

“Mickey!” Ryan mi nota e cerca di scrollarsi di dosso il sessuomane, che però mi ignora e se lo rispinge contro senza mezzi termini. “Dai, smettila… devo finire di preparare…” dice il bruno poco convinto. Finalmente, il tizio si stacca e facendo finta che io non esista mi sorpassa e si siede sul divano.

Sto per dirgliene quattro, ma Ryan mi ferma prima. “Sto preparando dei pan cake, Mickey. In casa non c’era altro, mi spiace per il disturbo. Scusami” Annuisco in risposta, avvicinandomi al divano e cercando l’attenzione dell’altro. Cellulare alla mano non mi caga di striscio, mentre mi siedo, dandogli una spallata.

“Mickey, comunque.”

Non alza neanche lo sguardo dal telefono, dicendo “E a chi interessa!”

Sto per dargli una testata, ma la fortuna sembra dalla sua, perché arriva Ian che senza tanti convenevoli esige un bacio e poi mi si siede in braccio.

“Grazie, Ryan. Sei davvero gentile. Con tutte le volte che mi hai ospitato, io non ho mai preparato nulla.” Sorride sghembo e sappiamo entrambi che anche se si sta scusando, non ci crede davvero.

“Ehi, Cas! Come va?” interpella poi il biondino.

“Tutto a posto, Ian! Il divano è molto comodo.” Nel finire la rase mi lancia un’occhiata eloquente che non nasconde il suo divertimento.

“Vaffanculo” rispondo atono.

“Perché?” continua a sorridere e giuro che gli tirerei un pugno, se non fosse che non sono sicuro che Ian sia d’accordo. “Facevo un complimento alla tua bella casa.” Il sarcasmo sembra essere nato per esser messo nelle ultime tre parole e io comincio seriamente ad odiare questo figlio di puttana.

“Fanculo” esalo di nuovo, non sapendo bene che rispondere.

“Originale!” mi schernisce lui, mettendosi in piedi. Va dal suo fidanzatino e lo coinvolge in un discorso profondo tra le loro lingue, prima di rubare un  piatto e cominciare a mangiare. Ryan rimane immobile, guardandolo, i suoi occhi adoranti quasi mi spaventano: mi accorgo in quel momento di pensare che Ryan fosse una brava persona e che mi dispiace un po’ che sia andato innamorarsi di un tale stronzo.

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Capitolo 2
*** Fuckin speakin russian! ***


Noticine piccole e carine (?)

Dunque, ecco il secondo capitolo… se vi aspettate Gallavich a gogò, avrete brutte notizie, ma arriverà *parte in sottofondo la canzone dei Modà feat. Emma* Spero piaccia il piccolo approfondimento sul nuovo pg e che Mick sia realistico nel suo pov. Il prossimo sarà pov Ian e quindi ci sarà un po’ più di Gallavich, sempre approfondendo l’OC, naturalemente.

Ciao e buon capitolo.

Fuckin speakin russian!

Sono tre giorni che si sono piantati in casa mia, la poca acqua calda del mattino è già finita quando mi sveglio, i pan cake sono sempre appena fatti e Ryan è sempre più mortificato. In tutto ciò, “Cas” (che non si è ancora degnato di dirmi il suo nome per intero, anche se ormai comincio a sospettare quale sia! Cassidy, ovviamente!) è riuscito a farmi saltare i nervi diverse volte: la sua strafottenza non mi piace, è come se tutto gli fosse sempre dovuto, non fa un cazzo dalla mattina alla sera tranne consumare l’acqua calda, il mio di cibo e il mio divano. Perché se lo può scordare che lo faccia entrare nella ex camera di Mandy, loro se ne andranno, questo è quanto! E tutte le allusioni di Ian al fatto che rimarrà vuoto ancora per un po’, che quando c’è Yev non sarebbe il caso che stessero in mezzo al corridoio non serviranno a nulla. Non voglio che si metta comodo, non voglio che resti qui.

Ora penserete che con la famiglia e soprattutto il padre che ho avuto io, un nuovo stronzetto da gestire sia il meno… e vi potrei dare anche ragione, ma dopo quello che è successo ieri, compirò un omicidio a breve.

Ieri era lunedì e come al solito, Svet ha pensato di arrivare senza preavviso, senza bussare e senza la minima idea del fatto che avrebbe trovato due tizi che facevano un’ottima imitazione dei conigli in calore sul sofà. Ora, da una madre normale ti aspetteresti che esca urlando e copra gli occhi del suo tenero bambino… ma quando mai?! Lei è rimasta lì, dicendo qualcosa in russo a Yevgeny e fissandoli come se niente fosse… e sorrideva. Non è stato difficile spiegarle l’accaduto, quando Ian ed io ci siamo svegliati, complicato è risultato non ridere in faccia al povero Ryan che ha cercato di scusarsi in tutti i modi e si è offerto di andare a fare la spesa per il bambino, di cambiarlo… ci mancava poco che l’adottasse a tempo pieno pur di farci un favore. Il biondo invece ha fatto spallucce come se fosse una cosa da tutti i giorni accoppiarsi davanti a un bambino di poco più di un anno e si è limitato a chiedere se Svetlana fosse russa, a un suo cenno affermativo, ha cominciato una conversazione in cirillico compiuto, lasciando persino Ryan basito. Credo sia stato il momento in cui gli ho sentito dire più parole, anche se per come è complicato il russo, avrebbe potuto dire “ciao” usandone quaranta.

Svet è sembrata entusiasta della novità: neanche avesse trovato il suo nuovo migliore amico gay e mi ha mollato Yev in braccio, mentre si tuffava a pesce in una conversazione in lingua madre. Credo le mancasse parlare in russo, in particolare da quando Nika è sparita nel nulla e lei vive nel piccolo appartamento sopra il bar di Kevin: era ovvio che la convivenza non sarebbe durata a lungo, all’inizio poteva anche essere divertente, ma quella dei Ball-Fisher è una famiglia e la russa non centrava.

Ammetto che mi ha dato un po’ sui nervi che andassero così d’accordo, io con Svet avevo litigato, ci eravamo minacciati e avevo dovuto sbattere la verità in faccia al mio fottuto padre, prima che ci andassimo a genio, invece con quel figlio di buona donna erano rose e fiori dal primo momento; all’inizio avevo provato a convincermi che lo stesse insultando nel peggiore dei modi, ma quando i due scoppiano a ridere mi arrendo all’evidenza e inizio ad occuparmi di mio figlio.

E che sarà mai? Direte voi e avete ragione, Svet ha trovato un amico con cui parlare in russo, buon per lei!

Il peggio arriva, quando torno dal lavoro: ormai è da un po’ che sono pulito e faccio il semplice autista di un furgone per una ditta nella North Chicago e mi trovo anche bene, la paga non è granché , ma con Ian che lavora quasi a tempo pieno come barista di giorno e solo due notti alla settimana come ballerino al Fairy Tale ce la caviamo. Appurato ciò, so che qualcuno dovrà pur essere a casa con Yev mentre Svet cerca una nuova acquirente per la sforna-bambini, però incrocio le dita fino all’ultimo sperando che non sia finito nella mani del finto-russo. Ovviamente la fortuna dalla mia non è mai e quindi appena entro in casa li vedo: Yev sul seggiolone che gorgoglia qualche cosa che mi sa di russo e il biondino che parla alla velocità di una cazzo di mitragliatrice, mentre pulisce una pistola… e mi fermo, immobile in mezzo alla stanza, neanche chiudo la porta, registrando che quel tizio ha un’arma in mano e si trova a circa 20 centimetri da mio figlio. Non mi accorgo che l’antina dove tengo pistole, coltelli e tutto il resto è ancora chiusa con il lucchetto ma urlo: “Che cazzo fai, coglione?!” In due passi lo raggiungo e gli strappo dalle mani l’arma. “Mi rubi le cose e le punti addosso a mio figlio?!” Non faccio in tempo a finire la frase che mi è addosso. Mi ritrovo schiacciato tra il muro con la sua faccia a un centimetro: una mano mi chiude la gola e l’altra mi sfila l’arma. Poi la quiete, mi lascia, io ancora faccio fatica a respirare e lui ritorna, come se nulla fosse, a lucidare il cane.

Poi finalmente lo sento dire una frase intera in una lingua che capisco: “Guardati intorno, bello. Il tuo armadietto-armeria è chiuso, non che ci avrei messo molto a forzarlo, ma ho le mie.” Fa un cenno del capo al borsone nero che fino ad ora non avevo notato e che deve contenere le sue cose. “Senti un po’…” continua , sembrando in vena di parlare anche con il sottoscritto per una volta. “La pistola è scarica, solo un idiota si metterebbe a pulirla con i colpi dentro.” Mi sento insultato come ogni volta che si rivolge a me, ma non do peso alla cosa, avvicinandomi a Yev che salta contento sulla sedia. “Difficilmente, potrebbe essere una delle tue comunque… questa l’ho fatta io!” Deve intercettare il mio sguardo perplesso perché ci pensa un po’ su e poi spiega: “Io progetto armi, disegno e finanzio i prototipi,se poi funzionano come dovrebbero le vendo ai privati o anche a sotto banco ad altri paesi, mi è capitato anche all’esercito delle volte, ma quelli hanno la puzza sotto il naso e sono convinti che debba fargli un prezzo di favore per senso di patriottismo!” Ghigna e mi accorgo che forse l’ho un po’ sottovalutato, se prima mi sembrava un figlio di papà senza soldi, ora non riesco a farmi un’idea di chi sia. So solo che quando mette via la pistola e si avvicina a Yev, dicendo due parole in russo, mio figlio sembra felice di stare con lui e questo mi fa incazzare.

Forse sì! Sono geloso di mio figlio e che anche un po’ di Svet e non voglio che lui resta nelle nostre vite perché sembra essere tutto quello che non sono e non sarò mai io. Nel momento esatto in cui penso questo, entra nella stanza, mentre il tizio del meteo alla televisione ci dice che continuerà a piovere, saluta Svet, da un cinque a Ian, un buffetto a Yev e mi fa un cenno con il capo, poi dà un'occhiata veloce allo schermo del cellulare e esce di casa. E dovrei dire che abbiamo fatto dei passi avanti visto che non mi ignora più. Mi fa cambiare idea, nel momento in cui sento Svet ridere e dire qualcosa in quella lingua strana che comincio a voler bandire dalla casa. La raggiungo davanti alla finestra, seguito da Ian e lì, in mezzo alla strada, fregandosene di tutto e di tutti, Ryan e “Cas” si baciano sotto la poggia come se fossero i protagonisti di un film. La gente passa: alcuni ridono, altri li sorpassano svelti, ma loro sembrano non vederli. È quando Ian mi abbraccia da dietro e mi dà un bacio sul collo e Svet dice: “Esistono checche con palle!” che mi accorgo di vergognarmi di non aver avuto il coraggio che ha lui in questo momento, semplicemente di non aver mandato a fanculo tutti dal primo momento. E non mi importa se non so nulla della sua storia, forse non voglio neanche sapere ciò che ha passato… dopotutto finché non ti sbattono in verità in faccia puoi far finta che quelli che odi siano solo stati più fortunati di te.

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