Kyuubi Strikes Back di KyubiKonanOfAkatsuki (/viewuser.php?uid=34050)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
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Hinata si era
svegliata di soprassalto, quella mattina. Suo padre adottivo era corso di gran
carriera in cucina, cercando di accendere la nuova TV in bianco e nero che un
solo canale prendeva: quello che permetteva loro di tenersi in contatto con il
resto del mondo…
Tutto come al
solito, ma nell’aria si avvertiva una nota di tensione in più. La porta
scorrevole che portava ai giardini era aperta, mentre dal kiseru* dell’uomo
finemente ornato di complessi ghirigori dorati uscivano nuvolette di fumo che
andavano a perdersi fuori.
Hinata: -Papi… Che
succede…?-
Sojobo: -Ssshh,
piccola mia! Sto cercando di sentire la TV!-
Sojobo Uchiha era il
padre adottivo di Hinata. Hiashi Hyuga, il vero genitore di lei, era caduto in
guerra. La madre, invece, si era suicidata.
Ora la piccola
Hyuga, dodicenne, conviveva con Sojobo e i suoi due figli, Madara e
Sasuke.
L’uomo, che di anni
non poteva averne che trentacinque, ne dimostrava circa una ventina, tanto che
in molti faticavano a distinguerlo dal figlio Madara.
Sojobo: -Questi
giornalisti… Non posso credere che sia vero…-
Hinata: -Cosa
succede?-
Sojobo: -Sapessi…
Raccontano di una creatura simile a una volpe a nove code, solo umana! Insomma,
che usando l’ingegneria genetica degli scienziati stiano tentando di creare
delle forme di vita leggendarie… Per usarle come armi-
Hinata:
-Assurdo…-
Sojobo: -Infatti…
Come si può pensare di creare… La vita? Quelle persone si credono un Dio… Ma non
sono altro che pazzi… Ma non penso che siano argomenti per te, Hinata. Sveglia i
tuoi fratelli, ora-
Lei obbedì. Andò con
calma nella stanza di Sasuke, che aveva più o meno la sua stessa età, poi da
Madara, che invece aveva diciassette anni. Entrambi poi la seguirono fino alla
cucina, poi la
Hyuga si vestì con il suo kimono, rosso, indossò i geta e
chiese al padre il permesso per uscire. Lui acconsentì, a patto che lei non si
allontanasse troppo.
Mentre Sojobo
sorseggiava il suo caffèlatte, già vestito con un nero tailleur, insieme a
Madara, Sasuke si accontentò di vedere nella dispensa. Erano tempi duri, anche
se la famiglia, si raccontava, fosse ricca ai pari dell’Imperatore. Tanto è
vero, che molti raccontavano anche, forse sarcastici o forse no, che Sojobo
fosse un tengu, e anche un re, sotto mentite spoglie.
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Kyuubi sentì
Freddo.
Kyuubi vide
Buio.
Kyuubi inspirò
Fumo..
La creatura,
raggomitolata su se stessa, aveva ancora gli occhi serrati. Poteva sentire delle
voci… Che provenivano come da un altro mondo. Un mondo devastato dove la guerra
infuria, gli innocenti vengono trascinati via dalle loro abitazioni, uccise nei
campi di concentramento.
Allungò un braccio
verso il vetro, dischiuse la mano e la poggiò su di esso. Che strana sensazione,
qualcosa di duro, liscio, si avvertivano leggerissime vibrazioni, che non era
altro che lo sparlare degli scienziati, che si dimostrarono interessati da quel
gesto. La creatura si rilassò, stirandosi, sgranchendosi. Poi aprì gli occhi, di
un bel colore ambrato, circuiti di una strana colorazione nera. Con una mano,
afferrò la sua coda rossa e morbida, stringendola a sé.
“E’ possibile che
sia stato… Solamente un sogno?”
Il liquido in cui
era immerso non gli impediva di distinguere le voci degli uomini fuori. E tutte
suonavano tremendamente familiari. Affondò subito le mani artigliate tra i
capelli anch’essi rossi, dietro le lunghe orecchie volpine. Le pupille divennero
oblique in un momento, le labbra cineree rivelarono i denti canini e il vetro
scoppiò.
Un rumore
assordante, l’acqua si disperse sul pavimento mentre le schegge aguzze volavano
in tutte le direzioni.
Quell’atmosfera
aveva un ché di surreale: un ragazzino sui diciassette anni, fradicio,
mingherlino, dai capelli rossi e la coda alzata come un pennacchio, le gambe
incrociate, seduto alla base del contenitore, in un laboratorio sotterraneo,
mentre gli scienziati erano ancora nascosti dietro i macchinari.
Kyuubi: -Chi siete
voi?-
Nessuna risposta.
Probabilmente in preda ad un attacco di rabbia, Kyuubi concentrò i suoi poteri.
Da dietro uno dei marchingegni, spuntò uno degli uomini, Itachi, che venne
sbatacchiato varie volte contro le pareti. Stufo di quel gioco crudele, il
ragazzino lo sbatté con violenza contro i frammenti di vetro per terra, in una
pozza di sangue.
Kyuubi: -Ripeto… Chi
siete?!-
???: -Piuttosto…
Interessante…-
Quella voce l’aveva
già sentita: era Pain, il capo delle ricerche.
Kyuubi:
-Cosa?-
Pain: -I tuoi
poteri!-
Kyuubi:
-Poteri?-
Pain: -Sì! Erano
anni che cercavamo di ricreare i Bijuu, e tu sei il più potente di tutti, nonché
l’unico che è sopravvissuto-
L’uomo si voltò
verso un quadro attaccato a una parete, sembrava antico. Raffigurava una volpe a
nove code.
Pain: -Quello è
Kyuubi. Partendo da un suo campione di DNA, abbiamo creato te… Kyuubi
Due-
Kyuubi: -Allora io…
Non sono che una copia, un’ombra di quel che era un demone?!-
Pain: -Ma tu sei
MIGLIORE di Kyuubi! Un demonio in un corpo umano, eppur capace di incanalare
tanta energia da distruggere intere città…-
Kyuubi: -Allora non
sono che il prodotto di un vostro esperimento! Cosa sarà di me ora che esso è
concluso?-
Un lungo silenzio.
Alla fine, Kyuubi sospirò, deluso…
Kyuubi: -A voi non
importa nulla di me. Il mio destino è dunque quello di essere una cavia da
laboratorio? Un’arma vivente?! No, non può essere!-
Attorno al ‘Bijuu’
si formò una sfera, barriera violacea, sulla cui superficie scorrevano scariche
elettriche. Minuti dopo, che sembrarono secondi, questa esplose. Il laboratorio
andò in fiamme, che avvolgevano tutto quello che capitava loro.
Kyuubi: -Mi avete
fatto venire al mondo solo con l’intenzione di rendermi schiavo… Ma ora, esso
sarà MIO!-
Disse Kyuubi, prima
di uscire da quel luogo. Nessuna pietà per gli umani.
DISCLAIMER: Gli OC, la storia e le idee appartengono a ME, i rispettivi non OC sono di Masashi Kishimoto. Copiatemi ANCORA e provvederò a segnalarvi.
*Kiseru: Una pipa
giapponese usata anche come arma, in bambù con rifiniture in metallo.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
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Una delle poche
giornate in cui ci si poteva rilassare.
Hinata si godeva
quella bella giornata di sole. Attorno a casa c’era un giardino perfettamente
curato e delle casette per uccelli costruite da Sojobo, che spesso osservava il
viavai dei passerotti. In effetti, era molto rilassante osservare gli
spensierati animali che non potevano essere coscienti della situazione che si
stava vivendo in quegli anni.
La Hyuga sospirò. Probabilmente,
alla fine, anche il padre sarebbe stato chiamato alle armi.
Hinata: -Buongiorno,
Daigorou san-
Daigorou:
-Buongiorno, Hinata-
Hinata si aggiustò
meglio l’obi dorato.
L’uomo che aveva
appena salutato le aveva sempre fatto timore. Poteva avere la stessa età di
Sojobo, forse cinque anni di più, ma non li dimostrava, decisamente no: i
lineamenti del viso, tanto per cominciare, erano addolciti, quasi femminei. La
pelle attorno agli occhi era inscurita, quasi non avesse mai dormito, e gli
occhi erano più che a mandorla, verdi, e uno di essi (il sinistro) aveva una
cicatrice che gli tagliava in due il sopracciglio. E poi aveva dei capelli
lunghi e disordinati arancioni.
Meglio salutarlo,
non si sa mai come avrebbe potuto reagire. In quel momento sembrava inoffensivo,
stava semplicemente lucidando una delle due statue vicino alla porta di ingresso
di casa sua, due Komainu di pietra.
Hinata: -Lei ha
davvero una casa molto curata-
Daigorou: -Mhm. In
effetti, ci ho lavorato molto-
Hinata: -Ecco… Mmmm…
Meglio che vada-
Daigorou: -Ma no,
fermati da me, è quasi pronto il tè verde-
Hinata: -No, guardi…
E’ molto gentile, ma proprio non posso…-
Daigorou osservò
critico Hinata, borbottò qualcosa sorridendole malevolo e tornò a lucidare le
statue. Lei, da parte sua, accennò un inchino e si affrettò ad allontanarsi, per
quanto il kimono glielo consentisse.
Quell’uomo era
infido, proprio una delle persone da cui Hinata era stata messa in guardia da
Sojobo.
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Kyuubi corse
disperatamente fuori. Prima di fare qualunque altra cosa, voleva saggiare l’aria
al di fuori del laboratorio. Superò agilmente i corridoi, incurante degli
scienziati. Procedeva a quattro zampe, come un animale.
Si bloccò, sentì
come qualcosa pizzicare sulla sua pelle.
Kyuubi:
-Cos’è?-
Si girò, vedendo
qualcosa sulla schiena: era un fiocco di neve, che si era sciolto all’istante al
contatto. Un altro. Un altro ancora. Stava nevicando.
Kyuubi: -Sento… Una
strana sensazione…-
Prese la sua coda,
avvolgendosela attorno.
Kyuubi: -Non so…
Cosa potrebbe essere…?-
Intanto, batteva i
denti, tremando. Doveva trovarsi un riparo, e alla svelta, se non voleva morire
congelato. Nessuno avrebbe mai offerto rifugio… A lui.
Alzò la mano al
cielo, muovendola apparentemente a casaccio. Il cielo, dapprima oscurato, si
dissipò, ed il sole tornò a splendere. Kyuubi avvertì una nuova sensazione, più
piacevole.
Kyuubi: -Caldo…-
Poi
aggiunse…
Kyuubi: -Se posso
fare questo… Allora…-
Continuò a manovrare
le nubi, che si accalcarono, diventando temporalesche. Poi, le diresse verso la
città, la più vicina, Kyoto. Poi, si sarebbe diretto verso la
periferia.
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Hinata: -Accidenti,
che nuvole…-
Hinata aveva visto
le nuvole accalcarsi verso la città. Presto si sarebbe scatenato un diluvio con
i fiocchi. Quella che era una bella giornata si era trasformata in una grigia
giornata di pioggia. E in più, il vento stava cominciando a soffiare sempre più
forte.
Hinata: -Uffa… Devo
tornare a casa… Facile a dirsi-
Cominciò ad avviarsi
il più velocemente possibile per la strada di casa, prima che fosse stata
inagibile.
???: -Ciao Hinata.
Dove vai con tanta fretta?-
Hinata: -Buongiorno,
Masamune san. Sto tornando a casa, vede che tempo?-
Sulla strada vi era
il negozietto di un fabbro, Minato Namikaze, che però veniva chiamato Masamune
per le sue katane, perfette e letali. Lui stesso era un samurai che, dato il
trionfo delle armi con polvere da sparo, non prestava più servizio. Era un buon
amico di Sojobo.
Masamune: -Se vuoi,
puoi fermarti da me. Chiamerò Sojobo dal telefono di casa per avvertirlo. Sei
lontana, non arriverai in tempo-
Hinata: -Lei è molto
gentile-
Dentro in negozio si
avvertiva un forte odore di metallo, e in più c’era molto caldo. Sul retro,
infatti, si lavoravano le katane.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
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L'atmosfera era molto accogliente. L'odore del ferro appena battuto era
gradevole sia per Hinata che per Masamune. Fuori la pioggia batteva forte.
Masamune: -Pronto, Sojobo? Sì… Hinata è con me. Appena passerà questo
tempaccio, l’accompagnerò io da te… Sì… Dimmi…-
La Hyuga si guardava in giro curiosa,
osservando le lame appese alle pareti, una più bella dell’altra, i prezzi così
proibitivi. Dal retrobottega sbucò un ragazzo sui ventisei anni, i capelli a mo
di criniera, rossi come il fuoco su cui veniva battuto il ferro. Era paonazzo,
dai bei occhi azzurri, alle mani dei robusti guanti in cuoio.
???: -Masamune san! Il Daisho* è pronto!!!-
Masamune: -Molto bene, Tokimasa. Riposati pure qui. Nel frattempo puoi
parlare con Hinata. Anche lei aspetta la fine della pioggia prima di tornare a
casa-
Tokimasa, se possibile, diventò ancora più rosso, inchinandosi alla
Hyuga.
Tokimasa: -Sc… Scusami se… Se mi presento così… Sai… Ho appena finito di
lavorare…-
Hinata: -No… Non si pre… Preoccupi! Aspetta anche lei qui…?-
Tokimasa: -Già…-
Lui si portò una mano dietro la nuca, imbarazzato.
Tokimasa: -Mi chiamo Hojo Tokimasa… Strano, vero*?-
Hinata: -Sì… Cioè… No! Il suo nome è molto importante!-
Tokimasa: -Tu dici?-
Hinata: -Sì! Io invece sono Hyuga Hinata. Ma mio padre è un
Uchiha-
Tokimasa: -Sei stata adottata da Sojobo sama?-
Hinata: -Sì… Lo conosce?-
Tokimasa: -Beh… Lui… Lui è molto famoso… Pensa, si dice che sia un
tengu…-
Hinata: -Come…?-
Tokimasa: -Niente, niente. Dovrebbe suggerirtelo il nome
stesso…-
Hinata: -Oh, sì… So di che cosa parli-
Tokimasa: -Non avevo dubbi… Principessa-
Hinata: -Ma davvero… Shogun?-
Entrambi risero. Poi, un tuono.
Masamune: -Vado a preparare del thè verde. E’ proprio quello che ci vuole
in una giornata come questa. Intanto vado a chiamare Naruto. Deve essere rimasto
vicino alle braci per scaldarsi-
Naruto era il figlio di Masamune. Spesso lo aiutava nella fabbricazione
delle katane, sognando, un giorno, di diventare un bravo samurai o, in
alternativa, un fabbro.
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Kyuubi: -Il mio potere… Va oltre l’umana concezione… Ma perché non mi
sento ancora felice?-
Il demone smise di agitar la mano in aria. In questo momento, non sentiva
più freddo. I suoi poteri erano in grado di controllare il clima… Ma non il gelo
che aveva nel cuore.
Kyuubi: -Ho bisogno di cibo. Ho tanta fame…-
Con sola la forza del ‘pensiero’, fluttuò da terra. Si alzò verso il
cielo e, quando giunse abbastanza in alto, contemplò quel paesaggio: infondo
c’era una città.
Kyuubi: -Cibo… Gli umani sono cibo… Anche per un’arma come me-
*Daisho: Il set composto dalle due spade di ogni samurai, la wakizashi(la
spada usata per i suicidi) e la
katana.
*Il gioco di parole Hojo Tokimasa: Hojo Tokimasa era uno Shogun (la più
alta carica militare) del 1138. Fu un alleato del clan Minamoto (un clan di
samurai fra cui figura Yoshitsune, un samurai-generale sempre in guerra,
addestrato, secondo la leggenda, dal Re Tengu).
xSonny: Ciao! Guarda, non disturbi affatto, anzi, penso sarai l’unica a
recensire la fic, quindi non mi dispiace ç__ç Il pairing sarà solo uno:
NaruHina.
Mi fa piacere che la fic ti sia piaciuta! =D
Salutini bella gente!
KyubiKonanOfAkatsuki.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Dopo qualche minuto Masamune tornò con il the, accompagnato da Naruto.
Hinata arrossì, coprendosi appena il volto con un lembo di kimono, mentre
Tokimasa gli poggiò una mano tra i capelli biondi.
Tokimasa: -Bella vita, vero?! Tu non devi certo stare in una fornace a
maneggiare ferro ardente!-
Naruto: -E invece no! Io aiuto un sacco papà! Vero?-
Masamune: -Eheh, certo. Ora aiutami e servi un po’ di the ai nostri
ospiti-
Naruto: -Hey, ciao Hinata!-
Hinata: -C… Ciao… Naruto kun…-
Hinata prese una delle delicate e splendide tazzine di porcellana, mentre
Naruto versava il liquido bollente in essa. Si misero a parlare dei più svariati
argomenti, dalla politica ai vicini di casa…
Hinata: -Io ho come vicino Daigorou san…-
Naruto: -Il pazzo?!-
Masamune: -Naruto!-
Hinata: -Però è vero… Appena gli passi davanti comincia a sghignazzare e
ad aggiustarsi i capelli… Mamma mia…-
Naruto: -Io lo chiamo ‘il geisho’, quello…-
Masamune non riuscì a trattenere un sorriso, che scomparì subito,
comunque. Sia mai che uno stoico samurai come lui si lasciasse trasportare!
Masamune: -Naruto… Non dire così…-
Naruto: -Ma papà…-
Masamune: -… Anche se è vero-
I quattro risero.
Hinata: -Secondo me, se ne avesse la possibilità, credo che farebbe
proprio la geisha…-
Naruto: -Sì… Mi dà i brividi quel tipo… Magari è anche…-
Masamune: -Non magari. E’-
NarutoHinata&Tokimasa: -E’ cosa?-
Masamune: -Lasciate stare-
In un baleno la tempesta passò, per spostarsi verso la città. Ignari di
tutto, ignari del demone assassino che volava da quelle parti,
uscirono.
Masamune: -Bene. Ha smesso di piovere. Tokimasa, torna pure a casa.
Naruto, vieni, accompagniamo Hinata a casa-
Naruto: -Agli ordini!-
Il giovane aspirante samurai afferrò d’un tratto la mano della Hyuga, che
arrossì violentemente.
Masamune: -Sii più delicato. E’ una ragazza, sai?-
Hinata: -Non fa niente, Masamune san… Non… Non si preoccupi…-
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Kyoto. Le strade erano piene di cadaveri
smembrati. La gente uccisa, la pelle strappata pezzo per pezzo, i corpi semi
divorati giacevano nel mezzo della città. Il sangue defluiva nelle fogne, ma
nell’aria continuava a respirarsi l’odore di morte.
Kyuubi era nascosto in un cantuccio, un vicolo buio e angusto.
Raggomitolato su sé stesso, si teneva la testa.
Vedeva per le strade bambini che piangevano disperati di fronte al corpo
dei genitori dilaniati, non sapevano più che fare, impazzivano di dolore.
Kyuubi uscì pian piano allo scoperto, guardando dritto negli occhi di una
bimba che poteva avere otto anni. Vide le lacrime segnarle il volto
congestionato.
‘Quelle sono lacrime, Kyuubi. Vengono quando sei triste’
Quella voce… Quelle parole… Non poteva essere lei.
Il ragazzo-volpe abbassò le lunghe orecchie rosse. Ricordava troppo bene
quel dolore.
Kyuubi: -Io… Mi…-
Bambina: -TU SEI UN MOSTRO! VATTENE VIA! VAI VIA!!!-
La piccola prese la prima pietra che trovò e la lanciò in testa al Bijuu,
che non fece nulla per evitarla, e accusò il colpo. Ma continuava a restare
immobile, fissando a occhi spalancati il vuoto. Sentì la bambina allontanarsi di
corsa, sempre piangendo.
Kyuubi: -Però… Non mi sento meglio… Perché…?-
Senza che lui facesse nulla, cominciò a piovere…
Kyuubi: -Anche il cielo piange… E’ triste… A causa mia-
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Sojobo aspettava la figlia sull’uscio di casa, non senza l’immancabile
kiseru tra le labbra. Sembrava preoccupato, mentre con gli occhi scrutava come
un’aquila l’orizzonte, in attesa. Finalmente, ecco Masamune con Hinata e Naruto.
Con aria di superiorità, si fermò, lasciando che Hinata gli passasse davanti.
Poi si inchinò.
Masamune: -Ecco, Sojobo. Le auguro una buona giornata-
Sojobo: -Perché tutta questa formalità? Entra pure, c’è anche il nostro
vicino di casa-
Naruto cominciò a ridacchiare, trattenendosi a stento. La Hyuga arrossì, guardandolo,
abbassò la testa. Il samurai invece deglutì.
Masamune: -Va bene-
I tre si tolsero le scarpe prima di entrare, ovviamente. L’Uzumaki
dovette, in più, sorbirsi un intero monologo di regole comportamentali da suo
padre.
Eccolo, era lì. Inginocchiato su un cuscino davanti al tavolino,
sorseggiava una tazza di tè. I tre appena arrivati non poterono fare a meno di
notare che l’uomo si era fatto dei boccoli ai lunghi capelli arancioni. Gli
occhi verdi si puntarono immediatamente su Masamune, che rabbrividì. Poi l’altro
sorrise, portandosi la mano alle labbra in un gesto molto effeminato, e
disse:
Daigorou: -Mi fa piacere che siate venuti anche voi-
La voce era roca. Una voce da uomo in un viso quasi da donna. Era una
scena abbastanza grottesca.
Sojobo fece accomodare tutti al tavolino, facendosi aiutare da Madara e
Sasuke per portare altri cuscini. Poi, alla fine, si poterono sedere.
Daigorou: -Bella giornata, vero?-
Sojobo: -Ehm… Sì…-
Daigorou: -Avete sentito…?-
Masamune: -…Della creatura?-
Daigorou: -A lei… Non le sfugge proprio niente…-
Masamune: -Non sono solo io a saperlo, ma tutto il Giappone! Questi sono…
Quelli che si possono chiamare…-
Sojobo: -… Segreti di Stato. Se si venisse a sapere negli altri Paesi…
Sarebbe un disastro-
Hinata: -Solo che… Non è giusto… Che si crei la vita artificiale. Non è
che un insulto alla vita stessa, quelle persone si credono un dio… Questo non è
giusto-
Sojobo: -Quel che dici è vero… Ma non ci possiamo fare niente. Al mondo
ci sono sia persone buone che cattive, piccola mia. Sono responsabili di questa
guerra, queste atrocità, che mai avranno fine, se non quando l’uomo non imparerà
a convivere pacificamente e a risolvere i problemi senza ricorrere alla
violenza. E questo, purtroppo, non accadrà mai…-
Nella stanza calò il silenzio, in cui c’era un aria molto tesa, che ben
presto si dissipò.
Masamune: -Beh… Non è detta l’ultima speranza. Vedrai che presto finirà
tutto. La guerra ormai dura da almeno due anni…-
Sojobo: -… E ancora non si è risolta-
Daigorou: -Non essere così negativo… Ma probabilmente è meglio… Non si sa
mai che potrebbe succedere, vero? Quando arriveranno a bombardarci anche qui e
le nostre case andranno tutte distrutte… Saremo costretti a combattere e morire
per la patria…-
Continuò Daigorou, con la voce melliflua.
Daigorou: -Bella la vita, vero?-
Concluse, sarcastico. Questa volta si avvertì una punta di rabbia nelle
sue parole.
Il resto del tempo lo trascorsero nel silenzio più totale, e ognuno
guardava con la coda di paglia Daigorou, che sembrava non accorgersi di niente,
dato che continuava a sorseggiare tè, anche se ogni tanto lanciava occhiate di
odio a Hinata e Sojobo. Poi si alzò.
Daigorou: -Bene, è ora che vada, si sta facendo tardi! Buona notte e
sogni d’oro!-
Avviandosi verso la porta di casa, prese le sue scarpe, uscì, non senza
prima sussurrare…
Daigorou: -… State attenti che la notte non arrivino dei soldati a
tagliarvi la gola mentre dormite!-
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Lavorare come avvocato richiedeva tanta, tanta pazienza.
Una donna sui venticinque, parecchio alta e magra, camminava frettolosa
ed, evidentemente, arrabbiata. I capelli erano bianchi tinti e praticamente
spettinati, legati in nove lunghe trecce, molto inusuale. Da una tasca del
tailleur nero estrasse distrattamente una sigaretta, accendendola in tutta
fretta.
???: -JUUGO! SUIGETSU! Tule
tänne*!!!-
Suigetsu: -Capo… Lo sa che non capiamo
quando parla in finlandese!-
Juugo: -Non ribattere, potrebbe arrabbiarsi
ancora di più…-
???:
-ALLORA?!-
Juugo: -Si calmi signorina… Non urli così in
mezzo alla strada!-
???: -IO URLO QUANTO E DOVE MI
PARE!-
Suigetsu: -E dai Ziretta, non ti alterare
così!-
La donna sembrava sul punto di una crisi
isterica, ma inspirò profondamente per calmarsi, e
continuò…
Zira: -Mi chiamo Zira. Zira Leijona, per tua
informazione! E ci tengo a precisare che sono il tuo capo,
idiota!-
Juugo: -Sì,
signorina…-
Zira: -Davvero?! Vedi di spiegarlo anche al
tuo compagno-
Zira Leijona era una finlandese partita in
cerca di fortuna in Giappone. Aveva un fisico muscoloso, il volto di
un’indemoniata, tanto da sembrare una volpe. Aveva studiato parecchie lingue, e
lavorava come avvocata per un tale di nome Kakuzu, di cui era praticamente
persa. Di recente si era messa in affari anche con Daigorou…
Sbuffando loro il fumo della sigaretta in
faccia, riprese…
Zira: -Interessante la faccenda di quel
piccolo demonio scappato da un laboratorio…-
Juugo: -Il Kyuubi,
signorina?-
Zira: -Esatto. Pensa… Se cadesse in mani
sbagliate… Le nostre, ovviamente…-
Suigetsu: -Già, pensa che
succ…-
Ignorando totalmente Suigetsu, continuò a
parlare, ispirata…
Zira: -Pensa! Avremmo noi il controllo
dell’intero Giappone… E se poi lo consegnassi a Kakuzu… Ehehe, quanto sarà
contento! E magari…-
Suigetsu: -Guardala… Si fa tante di quelle
illusioni che…-
Juugo: -Shh! Lo sai cosa ti succede se ti
sente?! Quella è una leonessa, altro che…-
Suigetsu: -L’avevo capito già dal suo
cognome, sai?-
* Tule tänne: ‘Venite qui!’ in finlandese.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
_
Hinata trascorse la sera
piuttosto tranquillamente. La pioggia sembrava non voler proprio smettere, e lei
sobbalzava a ogni tuono. Non che ne avesse paura, certo, ma le parole di
Daigorou la facevano riflettere: quella… Quella creatura. Era a piede libero.
Dove poteva essere in questo momento?
Così si era alzata ed era andata
quatta quatta nella stanza da letto di Sojobo, che nel suo grande futon aveva
sempre un posto vuoto. Il posto occupato da sua moglie, quando era ancora in
vita.
Sasuke l’avrebbe presa in giro
per tutto il tempo se l’avesse saputo.
Ma a lei non importava.
Stretto tra le braccia il suo
pupazzo preferito (una volpe con cucite delle ali nere sulla schiena), con una
manina smosse leggermente Sojobo da una spalla, che stava dormendo della
grossa.
Hinata: -Papi…-
Sojobo: -Mhm…-
Hinata: -… Posso dormire con
te?-
Lui grugnì, spostandosi più in
là. La Hyuga si infilò con calma tra le
lenzuola, tirando un sospiro e chiudendo gli occhi. Ma qualcosa la fece
sobbalzare di nuovo: dei rumori. In giardino. Qualcosa aveva urtato e buttato
qualche oggetto.
Lei si alzò piano, per non
disturbare suo padre, e uscì dalla camera da letto. I piedi nudi non facevano
alcun rumore sul tatami, consentendole di muoversi silenziosa come un felino.
Arrivata al salottino, dove vi
era una grande finestra-porta scorrevole ben chiusa dall’interno, si fermò.
Aguzzò la vista, in modo da vedere al meglio ciò che la circondava. Regnava il
più totale silenzio, interrotto solo dal russare di Madara nella sua camera.
Da fuori, vide una cosa pelosa e
lunga sparire tra i cespugli.
‘Sarà solo un gatto’
Pensò Hinata. Ma voleva
accertarsene.
Acquistata un po’ più di
sicurezza, si avvicinò alla porta che conduceva in giardino, la sbloccò e la
aprì molto prudentemente. Poi, si avvicinò all’erba, quando qualcosa le saltò
addosso, buttandola a terra e affrettandosi a coprirle la bocca con la mano
artigliata.
La Hyuga si dimenava nel tentativo di
liberarsi, inutilmente.
???: -Shhh!!! Non voglio farti
nulla!-
Si sentì sussurrare.
???: -Ti prego… Parla con me-
Che strana richiesta. Ma se
questo avrebbe fatto la sua libertà, avrebbe parlato volentieri.
Quando si fu calmata, poté
osservare meglio l’ex-assalitore: al buio, rischiarato dalla luce di qualche
lampione, c’era un ragazzino sedicenne con le lunghe orecchie di volpe e i
capelli rossi, anneriti dall’oscurità. Aveva dei baffetti disegnati sulle
guance, e gli occhi rilucevano nel buio di un giallo dorato. Era nudo, se non
coperto dalla lunga e folta coda.
Hinata: -Tu…-
???: -Sono Kyuubi-
Kyuubi. L’esperimento genetico
fuggito da quel laboratorio.
Hinata: -Kyuubi…?-
Kyuubi: -Sono l’essere nato per
uccidere-
Hinata: -Non essere così duro con
te stesso-
Kyuubi: -E perché non
dovrei?-
Hinata: -Perché non è vero.
Uccidere è male. E tu non mi sembri poi cattivo…-
Gli passò una mano tra i capelli,
senza timore, mandandogli indietro i capelli dalla fronte.
Kyuubi: -… I miei creatori…-
Hinata: -Ecco, quella è gente
cattiva-
Kyuubi: -Perché?-
Hinata: -Perché non è giusto
creare la vita. Non ci si può sostituire agli Dei. E questo è uno dei motivi per
cui è sbagliato uccidere-
Il kitsune deglutì,
rabbrividendo. Lui aveva ucciso.
Hinata: -Nessuno merita di
morire…-
Kyuubi: -Nemmeno io?-
Hinata: -No…-
Kyuubi: -Io ho già ucciso tante
volte-
Hinata: -Sono sicura… Beh… Che
non l’hai fatto apposta-
Kyuubi avvertì che lei non era
tanto sicura di queste sue ultime parole…
Kyuubi: -In un certo senso… Mi
sono lasciato prendere dalla rabbia e…-
Hinata: -Non sei stato tu-
Kyuubi: -Ma…-
Hinata: -Sei stato creato con
l’istinto di Kyuubi in parte. Quello era un demonio sanguinario che uccideva per
divertimento-
Kyuubi: -Davvero?-
Hinata: -Sì… Tutti però possono
cambiare. Scommetto che puoi farlo anche tu!-
Kyuubi: -Io veramente non
credo…-
Hinata: -Come fai a dirlo se non
ci provi?-
Gli sorrise dolcemente, e lui si
sentì rassicurato.
Hinata: -Solo che non è prudente
se stai ancora qui, qualcuno potrebbe svegliarsi-
Kyuubi: -Dove dovrei andare?-
Hinata: -C’è un cimitero di
rottami vicino alla città. Nasconditi lì… Ora non mi viene proprio nulla…-
Kyuubi: -Non ti preoccupare. Se
vuoi che ti venga a prendere, chiamami. Io comunico con il pensiero, anche a
grandi distanze-
Hinata: -Va bene-
Senza neanche pensarci, lo
abbracciò. Lui rimase attonito per un po’, fin quando non le chiese:
Kyuubi: -Che cosa hai fatto?-
Hinata: -Ti ho abbracciato-
Kyuubi: -Che cos’è un
abbraccio?-
Hinata: -Lo dai a una persona
quando vuoi sentirla più vicina a te. O quando devi salutarla e sai che non la
vedrai per un po’-
Kyuubi, allora, ricambiò. Una
lacrima gli scivolò dagli occhi, ma lui si affrettò a cancellarla. Poi si alzò
in volo, sfrecciando via. Hinata lo guardò fino a ché non sparì all’orizzonte.
Poi tornò velocemente a casa, ancora in fibrillazione, si infilò tra le coperte,
abbracciando Sojobo, che rabbrividì.
Sojobo: -Mhhmm… Piccola… Ma sei
gelata…-
Hinata: -Avevo un po’ di sete e
così…-
Sojobo: -… Capito. Ma ora non ti
alzare più-
La Hyuga si addormentò in un istante.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
_
Nell’oscurità, dietro una
finestra, degli ammalianti occhi verdi avevano osservato tutto, il resto del
corpo ben celato dietro le tende.
Con uno scatto nervoso e torcia
in mano, si avviò verso il lucido telefono nero e cominciò a comporre il numero
appena sfiorando la cornetta con le lunghe unghie smaltate di nero.
Ben presto si udì una voce roca,
femminile…
???: -Zira… Zira!!!-
Zira: -Sei tu, Daigorou?-
Daigorou: -Sì, Leijona! Ho appena
sentito… Mhmhm…-
L’uomo ghignò soddisfatto.
Zira: -… Cosa!? Cosa?!-
Daigorou: -… La Hyuga parlare con
quell’abominio! Il piccolo demonio!-
Dall’altro lato della cornetta si
sentirono delle probabili imprecazioni in finlandese e dei rumori di sedie che
cadevano, mentre una voce maschile decisamente preoccupata esclamava ‘Si calmi
signorina! Si calmi!’.
Zira: -Mi dica… Mi dica!-
Daigorou: -Sembra proprio una
piccola bestia… Dai capelli ispidi, del mio stesso colore…-
Zira: -Capelli ispidi…
Arancioni…-
La donna stava segnando tutto su
un block notes.
Daigorou: -… Coda folta, orecchie
volpine e sguardo selvatico, gli occhi giallo dorati-
Zira: -Ho segnato tutto!-
Daigorou: -Yosh yosh!* Mi auguro
che lei sia in grado di catturare quella bestia…-
Poi cominciò, in una fastidiosa
imitazione di una ragazza, a piagnucolare…
Daigorou: -… Perché se succedesse
qualcosa a quella piccola, dolce Hinata, non potrei perdonarmelo!-
Questa volta fu Zira a
sogghignare maligna, replicando, anche lei in tono falsamente mieloso…
Zira: -Non si preoccupi!
Dopotutto, lei lo sa che mi sta a cuore l’incolumità dei cittadini…-
Infine, si salutarono. Daigorou
lanciò un’ultima occhiata alla casa di Hinata, sorrise perfido e andò a dormire.
Il giorno dopo, la Hyuga fu la prima ad alzarsi.
Preparò la colazione, Asa bento*, e la portò in un vassoio a Sojobo appena lui
si svegliò. Doveva assolutamente fargli conoscere Kyuubi, avere il suo consenso
per tenerlo in casa e ripararlo da occhi indiscreti.
Sojobo: -Hinata… Ti vedo molto
felice oggi…-
Disse lui, ingoiandosi l’ultimo
boccone di riso dell’Asa bento.
Sojobo: -… Ho come l’impressione
che tu voglia chiedermi qualcosa-
Hinata: -Eeehh… Sì…-
Sojobo: -Spara pure-
Hinata: -Ecco… Volevo chiederti
se…-
Sojobo: -… Se?-
Hinata: -E’ un po’ difficile da
dire…-
Per prendere tempo, lei prese il
vassoio e le ciotole, portandole in cucina per lavarle in seguito. Poi prese il
kiseru del padre e glielo portò.
Sojobo: -… Deve essere
importante, eh?-
Hinata: -PARECCHIO importante…
Ecco… E’ una domanda ipotetica… MOLTO ipotetica…-
L’uomo socchiuse gli occhi,
sornione e saggio allo stesso tempo, e aspettò.
Hinata: -Una ragazza ha trovato
il Kyuubi… Ecco, scopre che magari non è poi così cattivo…-
Sojobo: -… Ti sei già affezionata
a lui, vero?-
Hinata: -…-
Sojobo: -Sarò più vecchio di te,
ma non più sciocco!-
Hinata era rimasta ammutolita:
alle volte, pareva che Sojobo sapesse leggere nella mente.
Hinata: -Ecco…-
Sojobo: -Non credi che dovresti
presentarmelo, eh?-
Hinata: -Sì!-
Dopotutto, pensò, sembrava averla
presa bene. Ora, non avrebbe dovuto far altro che dirlo anche a Naruto.
Non poteva andare meglio… Anche
se non poteva sapeva che si stava ordendo un complotto alle sue spalle….
*Yosh: ‘Bene’ in Giapponese. Non
è altro che l’intercalare di Daigorou.
*Asa bento: La classica colazione
giapponese a base di riso bollito. Si serve anche con polpo e sottaceti.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
_
Hinata corse subito da Naruto.
Non aveva il kimono, ma una maglietta e una gonna con le calze in lana, per
tenersi calda. In pochi minuti arrivò a destinazione, bussò alla porta del
negozio di katane di Minato ‘Masamune’ ed entrò.
Hinata: -Naruto kun! Naruto
kun!-
Naruto: -Ehilà Hinata!-
Lei arrossì vistosamente, ma il
ragazzo non vi fece caso.
Naruto: -Che succede?-
Hinata: -Oggi andiamo in un posto
speciale e…!-
Masamune: -… E dove sarebbe
questo ‘posto speciale’?-
Aggiunse l’uomo, in una nota
divertita nella voce.
Hinata: -Vicino al cimitero di
rottami!-
Naruto: -Ma Hinata! Che cosa c’è
di speciale al cimitero di rottami…?-
Hinata: -… Te lo mostrerò quando
ci arriveremo!-
Naruto: -Papà, posso andare con
Hinata?-
Minato: -Per me va bene…-
Mentre Naruto e Hinata già
esultavano, il samurai aggiunse…
Minato: -… Basta che con voi ci
sia Tokimasa!-
Naruto: -Ooohh non
Tokimasa!!!-
Minato: -Rimanete nei pressi, lui
arriverà appena finirà con il lavoro-
I due uscirono in fretta, nella
speranza di eludere il loro sorvegliante, che sarebbe arrivato di lì a poco, non
accorgendosi che qualcuno gli si era parato davanti e… Urtarono.
Daigorou li guardava perfido, gli
occhi lividi e l’inquietante cicatrice. Portava un bastone in legno senza manico
ed era pieno di spine, i capelli arancio erano macchiati di olio nero... Olio di
macchina.
Daigorou: -…-
Hinata: -La prego… Ci scusi…-
Naruto: -… N… Non volevamo, siamo
usciti di fretta e…-
Daigorou: -Mhmhm, non fa nulla,
cari bambini!-
Disse lui, con finta bonarietà,
carezzando il viso della Hyuga, che ebbe una sgradevole sensazione.
Daigorou: -Solo, cercate di stare
più attenti eh? Lo sapete che si sta parlando di soldati che sparano la gente a
vista?-
Naruto: -Cos… Cosa vuole
dire?-
Daigorou: -Dico, mio caro…-
Si inginocchiò per essere
all’altezza dell’Uzumaki…
Daigorou: -Che pare ci siano
degli infiltrati. Soldati che uccidono indistintamente nemici e civili. E
personalmente, non penso che i vostri paparini ci siano sempre a salvarvi…-
Gli occhi verdi si spostarono
immediatamente su Hinata, come se quelle parole fossero state solo per lei.
Infine si alzò, spolverandosi la terra dalle ginocchia, e girò i tacchi.
Naruto: -Inquietante…-
Hinata: -A chi lo dici…-
Ancora spaventati, si avviarono
per la loro strada.
Il perfido uomo si assicurò che
nessuno fosse in ascolto, mentre da dietro una casa spuntò Zira, il block notes
e la sigaretta perennemente accesa…
Daigorou: -Seguili-
Zira: -Sarà fatto-
Daigorou: -Stai attenta… E’ pieno
di olio alla discarica… Non lasciarti dietro tracce che potrebbero tradirti-
------------------------------------------------------------------
Arrivati al cimitero dei rottami,
Hinata chiamò Kyuubi, che uscì cauto da sotto una macchina. Sorpreso di vedere
Naruto, gli si avvicinò, a quattro zampe, fino a essergli tanto vicino che
volendo il biondo gli avrebbe potuto toccare una delle lunghe orecchie di volpe.
Hinata: -Questo è Naruto… E’…
E’…-
Naruto: -Sono un suo amico! Il
suo MIGLIORE amico!-
Il piccolo kitsune si voltò da
Hinata, chiedendole…
Kyuubi: -Che cos’è un amico?-
Hinata: -Un amico… E’ qualcuno
che ti piace e di cui ti fidi-
Kyuubi sembrò entrare in trance
per qualche minuto, pensava e pensava.
Kyuubi: -Yugito… Hinata e Naruto
amici di Kyuubi-
Li abbracciò entrambi, alla
ricerca di un contatto umano. Il secondo abbraccio della sua vita.
Naruto: -Grazie!-
Hinata: -Allora…-
Kyuubi: -Io avevo un’amica. Si
chiamava Yugito. Lei era un Bijuu come me, ma era mezza gatta… Non voglio
neanche pensare a quel che facevano… In quel laboratorio…-
Hinata: -Che cosa… Ti prego,
Kyuubi! Raccontaci!-
Kyuubi: -Facevano… Esperimenti
non solo su noi Bijuu… Incrociavano
il DNA di persone ed animali… Era spaventoso sentire le loro discussioni…
Sentirono qualcosa cadere con un
tonfo metallico, ma non vi fecero caso.
Kyuubi: -Io… Io sono dotato dei
poteri del demone a nove code… Ma qualunque cosa voi facciate…-
Naruto: -Cosa non dobbiamo
fare…?-
Kyuubi: -Non mostratemi mai
un’arma, o simili… Io sono molto instabile… Mi hanno programmato il cervello in
modo da reagire e… Non vorrei uccidervi-
Hinata: -Non ti preoccupare, ti
riabiliteremo noi!-
Questa volta, Kyuubi lasciò che
le lacrime gli pulissero il viso.
Ma non per la tristezza.
Finalmente, quel piccolo calore mai provato in vita sua… L’affetto.
--------------------------------------------------------------
Zira: -Mi sono quasi fatta
scoprire! Devo stare più attenta!-
La donna correva veloce come una
lepre, gli appunti stretti al petto. Aveva ascoltato ogni singola parola, forse,
però, tralasciando qualcosa di importante…
Daigorou era seduto a un cafè,
sorseggiando un caffé caldo appena fatto. Quando arrivò Zira, le fece posto al
suo tavolo…
Daigorou: -Allora…?-
Chiese, sussurrando
impercettibilmente…
Zira: -Guardi… Vedrà che rimarrà
soddisfatto!-
L’uomo prese gli appunti,
leggendo avidamente la chiara scrittura kanji della donna…
Daigorou: -Esperimenti umani… Mi
interessa…-
Lei finì la sigaretta che fumava
da circa una mezz’oretta per poi agguantarne un’altra, accendendola
soddisfatta.
Zira: -Lo sapevo-
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
_
L’edificio dove un tempo si
conducevano esperimenti illegali era ormai in rovina: era stato bruciato, come
per cancellare le tracce della sua esistenza…
Ma ancora, nei sotterranei,
provenivano strani rumori. In una stanza simile di più a un mattatoio che uno
studio professionale, continuavano gli incroci di DNA per creare quelle antiche
creature note come Bijuu… Daigorou e Zira lo sapevano. Proprio per questo si
erano avventurati per i corridoio neri, tra pareti cadenti e il pavimento
polveroso di cenere. Si fermarono non appena intravidero una porta con un
‘Vietato l’accesso. Solo personale autorizzato’, che aprirono, venendo subito
investiti da un tanfo di chiuso… Gli schermi dei computer rilucevano, come gli
occhi dell’uomo dai capelli arancioni, simili a quelli di Daigorou. Si girò
verso di loro, trafficando con strane cose che dovevano essere parti di animali.
I suoi assistenti erano rimasti pietrificati dallo spiraglio di luce filtrato
dalla porta.
Daigorou: -Ho sentito che fate
esperimenti sulle persone… E sono parecchio interessato-
Zira: -Io sono una collega di
quest’uomo. Abbiamo anche sentito dire che siete un tantino a corto di
cavie…-
Pain: -Es… Esatto!!!-
Disse nervoso lo scienziato,
osservandoli con molto interesse.
Pain: -Accomodatevi…
Accomodatevi-
Zira chiuse la porta con un
tonfo. Ora le uniche fonti di luce erano gli schermi dei computer.
Pain: -Cominciamo pure…-
-------------------------------------------------------------------
Quando Hinata tornò a casa, trovò
Sojobo parecchio preoccupato.
Fumava il suo kiseru
nervosamente, davanti alla televisione accesa, in mano un orologio da tasca in
oro, sembrava attendere qualcosa di molto importante.
Hinata: -Papà…?-
Sojobo: -Aspetta… Ora!-
Giornalista: -… Confermiamo le
voci riguardo ad un esperimento fuggito da un laboratorio. Le zone sospette sono
il cimitero di rottami, il boschetto vicino a…-
Sojobo: -Sei… Sei sporca,
Hinata?-
Hinata: -Ecco… Solo un po’
d’olio…-
Giornalista: -… Dei soldati del
commando speciale passeranno alla perquisizione di ogni casa, e chiunque verrà
scoperto ad avere legami con l’esperimento sarà portato via sottoscorta,
interrogato e, se non disposto a collaborare, fucilato. Non esitate a
contattarci se conoscete qualcuno che ha dei rapporti con il Kyuubi.
Contribuirete alla salvaguardia del nostro Paese…-
Sojobo: -Vai a lavarti nella
doccia. Ai vestiti ci penso io-
La Hyuga obbedì, correndo in bagno, i
vestiti sporchi sistemati in lavatrice. In una mezz’ora uscì, ancora con
l’asciugamano a coprirla, che sentì voci estranee nell’ingresso…
Sojobo: -… In questa casa non c’è
nulla che vi interessi. Andate via-
Soldato: -Subito signore, appena
avremo perquisito tutto-
Sojobo: -Fate pure-
Lei li sentì muoversi verso il
bagno, uno di loro poggiò la mano sulla porta…
Sojobo: -Fermi! Non potete
entrare mentre mia figlia si sta facendo la doccia-
Soldato: -Abbiamo l’ordine di
perquisire tutto…-
Sojobo: -Sì, ma questa è
violazione di privacy, non perquisizione-
L’Uchiha era irremovibile.
La lavatrice si trovava proprio
nel bagno, e da poco aveva finito di pulire i vestiti, che Hinata prese e
asciugò con in phon in quanto meno tempo poté. Se avessero visto macchie
sospette, avrebbero capito che lei ci era stata, al cimitero dei rottami…
------------------------------------------------------------------
Naruto: -Eccomi papà…-
Naruto invece non ebbe nemmeno il
tempo di entrare che Minato lo acchiappò e lo buttò in una tinozza piena d’acqua
bollente, cominciando a strigliarlo con un panno.
Naruto: -PAPA’!!! E’
ROVENTE!!!-
Minato: -Smettila di urlare, se
arrivano i soldati non potremo far finta di nulla-
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
_
Hinata sistemò alla svelta i suoi
vestiti, si asciugò i capelli e uscì dal bagno, accolta da dei soldati che la
scansarono in tutta fretta ed entrarono subito a controllare.
Nel frattempo, Naruto era uscito
dalla tinozza e spostato nella fornace, dove Tokimasa rifiniva le katane. Minato
era evidentemente seccato che il figlio gli avesse disobbedito, così non gli
disse nulla, ma si limitò a fargli un cenno per fargli capire di rimanere fermo
lì.
Il caldo avrebbe fatto asciugare
i vestiti in un nonnulla…
Passato l’allarme,
la Hyuga poté
trarre un respiro di sollievo.
Doveva comunicare a Kyuubi che
non sarebbero potuti venire a trovarlo per un po’. Ma non rispondeva ai richiami
mentali che lei si sforzava di mandargli, non si sa come.
In quel momento, qualcuno bussò
alla porta. Era Minato.
Minato: -Abbiamo appena sentito
degli spari in lontananza! Forse è meglio andare a controllare Sojobo! Erano dal
cimitero dei rottami!-
Sojobo: -Prendo il fucile-
Hinata vide suo padre
estremamente serio e, una volta imbracciata l’arma, si apprestò a uscire, ma
la Hyuga afferrò
un lembo del suo vestito, trattenendolo.
Hinata: -E’… Pericoloso… Non andare papà! O almeno,
fammi venire con te!-
Sojobo: -Non se ne parla piccola!
E’ troppo rischioso, e non voglio perderti… Come ho perduto mia moglie-
Hinata: -Ma Kyuubi… Potrebbe
pensare male di te… Lui reagisce male alle armi… E poi, vedendovi, potrebbe
attaccarvi perché non vi conosce!-
Sojobo: -Avrai anche ragione, ma
non sono convinto… Se proprio devi venire, dovrai stare tra me e Minato, in modo
da proteggerti da eventuali spari-
Detto questo, i tre uscirono,
veloci. Non potevano rischiare che Kyuubi venisse scoperto, perché se l’avessero
preso sarebbe sicuramente stato soppresso…
Finalmente, dopo aver superato un
boschetto, arrivarono in una prateria, dopo di essa il cimitero dei rottami.
Hinata aveva una strana, orribile sensazione… Di lì a poco, sarebbe successa
qualcosa…
Sojobo: -Minato, vai indietro e
assicurati che non ci abbiano seguiti… Hinata, con me… Fai silenzio…-
Cercò di camminare il più a
rasoterra possibile nell’erba ingiallita, ma i suoi capelli nerissimi lo
tradivano. Poi aggiunse, sottovoce…
Sojobo: -… Stai bassa Hinata… La
prateria non è come una foresta o un bosco, non ci sono alberi o cespugli nei
quali nascondersi… Qui è campo aperto-
Lui si muoveva con la massima
cautela, pronto all’attacco, sperando che Minato si facesse presto vivo… Forse
aveva incontrato difficoltà…
Un grido fece sobbalzare Hinata:
Sojobo aveva pestato una tagliola per animali, il ferro arrugginito che pian
piano si conficcava nella carne.
Sojobo: -Hinata scappa!-
Hinata: -NO!-
Sojobo: -SCAPPA!-
Continuava a dimenarsi, la
trappola coperta ormai di sangue e la pelle nella gamba dell’uomo ridotta a
brandelli. La
Hyuga allora si lanciò su di essa, tentando di aprire con le
sue stesse mani l’aggeggio infernale. Sojobo la sospinse via con il gomito,
mandandola via. Si udì uno sparo che però non proveniva dal fucile dell’uomo.
Eppure nulla si intravedeva all’orizzonte… Hinata era corsa nella foresta, aveva
gridato, vedendo uno zampillo rosso uscire dal petto di suo padre: l’avevano
preso. Lui si trascinò via con tutta la tagliola, continuando a sanguinare. La
bambina gli corse incontro, cercò di sostenerlo, mentre entrambi fuggivano nel
boschetto. Sojobo si tirò su, spingendola via…
Sojobo: -Hinata… Scappa!-
Lei non voleva saperne, ma ecco
un altro sparo…
Corse via, controllando che suo
padre le stesse dietro, anche se ormai era coperto di sangue, ma ancora uno
sparo. Nella fretta, non se ne accorse, e continuò a muoversi velocemente tra
gli alberi, anche se la fatica cominciava a sentirsi… Quando si girò, Sojobo non
c’era più.
Hinata: -PAPA’!!!-
Ma non ricevette alcuna risposta.
Sentì dei fruscii dietro di sé, ma si trattava solo di Minato, che era
immediatamente accorso.
Minato: -Hinata…! Ci stavano
seguendo! Presto, andiamo!-
Hinata: -PAPA’ E’ RIMASTO
INDIETRO!-
Minato: -No, Hinata…-
Hinata: -LASCIAMI! IO NON ME NE
VADO!-
Gridava lei, le guance arrossate
e gli occhi lucidi. Il samurai la stava trattenendo da un braccio per non farla
muovere, ma si agitò tanto che fu costretto a mollare la presa. Tentò di
riacciuffare Hinata che era già corsa via, ma era troppo tardi: pietrificata,
immobile davanti al corpo del padre morto in una pozzanghera insanguinata.
Dietro la testa, tra i capelli color pece, fluiva ancora il sangue caldo. Era
disteso a terra, tra il fango, stringendosi ancora la mano al cuore.
Hinata: -Papà…?-
Minato: -Hinata…-
Hinata: -Papi… Dai… Alzati!-
Minato: -…-
Hinata: -… Alzati!-
Minato la guardava con una certa
fissità, cercando le parole giuste da dirle. Lei aveva già cominciato a
piangere, abbracciandosi a Sojobo, macchiandosi del suo sangue.
Minato: -Hinata, Sojobo non si
alzerà-
Hinata: -Ma… Lui deve farlo…!
Dobbiamo andare a casa…!-
Minato: -No, Hinata. Sojobo è
morto. Non tornerà mai più-
Hinata: -…-
Minato: -Vieni. Torniamo a
casa-
Hinata non voleva muoversi. Il
samurai le assicurò che avrebbe chiamato qualcuno a prendere il corpo per la
sepoltura.
Minato: -Ohhh, Hinata… I primi
contatti con la morte…-
Hinata: -…-
Minato: -… Sono i più
difficili-
Così la Hyuga, la mano in quella del Namikaze,
si avviò per la strada di casa, non senza singhiozzi e pianti di
lutto.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
_
Hinata si strinse forte al
braccio del samurai, bagnandolo delle sue lacrime e sporcandolo del sangue di
Sojobo. Se solo si fosse stata ferma, se non avesse insistito tanto, non avrebbe
fatto quella macabra scoperta.
Minato: -Su, non piangere. In
guerra accade questo ed altro. Sojobo lo sapeva a cosa andava incontro…-
Hinata: -Ma perché… Perché l’uomo
deve sempre risolvere le cose con la violenza?!-
Minato: -Perché Hinata… Questa è
una bella domanda. Perché l’uomo spesso e volentieri VUOLE la guerra. Perché non
riesce a discutere dei problemi pacificamente e non si trova mai d’accordo con
gli altri. Fin quando esso non capirà che morti e distruzioni non sono la
soluzione adatta, la guerra continuerà…-
Hinata: -… Cioè non finirà
mai-
Disse Hinata cupa, Minato annuì.
----------------------------------------------------------------------------------
Daigorou: -Insomma Namikaze, ti
dico che è così!-
Minato: -Beh… Se è proprio la
versione reale dei fatti…-
Una volta giunti a casa, erano
venuti a sapere che Sasuke e Madara non c’erano più. Erano spariti senza alcuna
traccia.
Daigorou era andato ad avvertirli
quando li aveva incontrati lungo la via che portava verso il conglomerato di
case, tra cui anche la loro. E allora aveva fatto una proposta che aveva
lasciato attonito Minato ‘Masamune’ e ancor di più Hinata: lui si sarebbe
occupato di Hinata mentre i fratelli mancavano.
Daigorou: -Vieni piccolina… Su,
ci penserò io a te! Così non darai noie al signor Namikaze…-
Minato: -Komainu Daigorou, ti
avverto… Se vengo a sapere che la figlia del mio migliore amico, ovvero Hinata,
non viene trattata bene, ti assicuro che non te la caverai tanto
semplicemente…-
Daigorou: -Ma Namikaze… Mi spezza
il cuore con queste parole…-
Con una voce forse anche troppo
mielosa, prese la Hyuga, abbracciandola paterno.
Daigorou: -La tratterò come una
principessa… Come può pensare che non verrà trattata bene…?-
Minato: -Io ti ho avvertito,
Komainu. Hinata… Se hai problemi, vieni pure da me-
Lei avrebbe tanto voluto
seguirlo, venire da lui, ma le pareva brutto piantare il signor Daigorou in quel
modo. Anche se era antipatico e parecchio strano, era pur sempre il loro vicino
di casa.
Una volta arrivati nel semplice
appartamento, Hinata si assicurò di restare sempre in un angolino, possibilmente
vicino ai muri o a qualunque cosa potesse costituire un buono scudo, come se
temesse di venire picchiata.
Daigorou: -Non essere sciocca
cara! Accomodati su! Io vado nella mia stanza, se hai bisogno di qualcosa…-
Hinata: -No… Va tutto bene…
Grazie-
Lui se ne andò. La Hyuga non era per niente a
suo agio, e così andò da Komainu.
Hinata: -Daigorou…-
Daigorou: -Sì, Hinata cara…-
Lui era seduto davanti a una
toeletta, in mano un tampone, si toglieva l’eyeliner.
Hinata: -Se i miei fratelli non
tornano… Io, dove andrò?-
Daigorou: -Piccola… Non ti piace
stare con me?!-
Hinata: -No, no… E’ che loro sono
la mia famiglia…-
Daigorou: -… Resterai qui. Vuoi
che ti mandi in un orfanotrofio? Rifletti tesoro… Chi mai vorrebbe una bambina
brutta come te?-
Lei, che era ancora sulla soglia
della porta, lasciò cadere una lacrima sul tatami, indietreggiando in silenzio.
Hinata: -Nessuno…-
Daigorou: -E allora perché mi fai
domande? Vai a preparare la cena, vai…-
Hinata: -Va bene…-
Tirò su col naso. Forse cucinare
l’avrebbe aiutata a distrarsi.
In ogni caso, nel corso della
serata, era rimasta interdetta dai comportamenti di Daigorou. Era strano… O
almeno, più del solito: lei aveva cucinato del ramen, e lui, prima di
assaggiarne anche solo un boccone, si mise ad annusare la ciotola per due minuti
buoni. Poi le sue unghie smaltate di nero erano stranamente affilate, e quando
Hinata gli rivolgeva la parola era sicura di sentire un ringhio sommesso…
Stava succedendo
qualcosa.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
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La Hyuga mangiò la sua cena in silenzio e
calma, cercando di essere più discreta possibile. Daigorou invece, dopo aver
annusato il suo cibo, ingurgitò tutto come un’animale…
Daigorou: -Sai, piccola, avevo
una fame da… Da leone!-
Hinata: -So… Sono felice che… Che
abbia gradito la mia cucina-
Mentre si alzavano, però, l’uomo
si bloccò, cadendo in ginocchio a terra. Hinata stava ferma in un angolo, non
sapendo più che fare…
Daigorou: -Quell’idiota… Non mi
aveva detto… Che c’erano effetti collaterali!-
Hinata: -S… Signor Daigorou!-
Ma lui non sembrava ascoltarla:
era scosso da dei forti fremiti, gli occhi spalancati. La pelle sul viso si
copriva di pelo marrone, che andava ad assottigliarsi poco più in là delle
guance, sotto il mento una barbetta che a Hinata ricordò quella di un caprone,
mentre la sua faccia si allungava, diventando sempre più simile al muso di un
leone, un leone dal volto tirato e le orecchie appuntite. I capelli diventavano
più lunghi e spessi, fino a coprirgli tutto il collo come una criniera. Il
tailleur nero diventava sempre più stretto e si rompeva alla massa di muscoli
che andava formandosi, mentre una lunga coda canina batteva sul pavimento. Le
mani e i piedi diventarono misti tra quelli di un felino e un canide, mentre
Daigorou si rialzava dal pavimento: era diventato un guhin*.
La Hyuga era rimasta paralizzata lì, il
cuore a mille, davanti alla grossa cosa che un tempo era suo vicino di casa,
ridotto a una mezza bestia.
Daigorou: -Hai visto, piccola
ingrata?!-
Disse lui, ringhiante, dalla
bocca piene di zanne colava della saliva.
Daigorou: -… Ti pareva che non
sapessi che nascondevi quel mostriciattolo?! Ho ascoltato quel che vi siete
detti alla discarica… E così, sono andato a controllare di persona… Ed è questo
il risultato! Chissà… Se anche a quella Zira è successo qualcosa?!-
Rise, una risata roca e
sarcastica.
Daigorou: -Ti vedo sconvolta. Ora
andrai a spifferare tutto in giro, eh…?-
Con un balzo… Felino, la
raggiunse, sussurrandole…
Daigorou: -… Non credo
proprio!-
Ma prima che Daigorou potesse
affondare i denti nella carne di lei, qualcosa passò dalla finestra, mandandola
in mille pezzi. Un luccichio e lui si allontanò come se l’avesse morso un ragno
velenoso, tenendosi una zampa sul muso, su cui era inciso un profondo
graffio.
Daigorou: -Chi osa…! Mi avrà
lasciato una seconda cicatrice…-
???: -No, ma posso rimediare
all’istante, Komainu!-
Minato, coperto di pezzi di vetro
e sanguinante, si era messo tra Hinata e Daigorou, la katana sguainata.
Daigorou: -… Il samurai!-
Il guhin si aggirò cauto per
arrivare vicino alla porta che andava al salotto, per poi correre via.
La Hyuga era ancora scossa.
Minato: -Non mi importa come la
pensa lui o come la pensi tu, ora vieni con me-
Lei obbedì. Finalmente sarebbe
potuta stare con Naruto e suo padre, che l’avrebbero trattata certamente
meglio.
*Guhin: Dovreste saperlo che vuol
dire se avete letto le precedenti fic con Daicchan! (Daigorou)
Non è che un riferimento alle
scorse fanfic.
Il Komainu invece è semplicemente
un animale mitologico giapponese-cinese, ovvero un cane-leone.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
_
Zira si sentiva come
stordita.
Anche lei, come Daigorou, ora non
era che un mostro della genetica.
I capelli bianchi andavano ben
oltre la fronte, oscurandole gli occhi, ma tra i ciuffi della frangia si
intravedevano chiaramente bagliori scarlatti, intermittenti.
In corrispondenza delle orecchie
due voragini grondanti di sangue, appena più su due grandi orecchie volpine.
Tentò a fatica di alzarsi. Era
stata scaricata proprio come la pattumiera, in un vicolo cieco, tra casse di
legno e bidoni strapieni. Il tailleur era strappato in più punti, sotto la gonna
nera non c’era più nulla di umano: le aderenti calze retate comprimevano a
stento le muscolose, animalesche gambe della donna, coperte di una pelliccia
ispida e bianca. Non aveva più i
piedi, ma due zoccoli caprini, oltre che un serpente come lunga coda verde.
Alzando lentamente le braccia
alla testa, tastando con le mani le orecchie volpine, urtò contro qualcosa di
duro: aveva anche due lunghe corna.
Svelta, osservò il suo riflesso
in uno specchio rotto: non aveva certo un aspetto rassicurante, anzi, sembrava
molto il demonio.
Zira: -…-
Ancora una volta, provò ad
alzarsi, riuscendoci. Gli zoccoli facevano rumore a contatto con le dure
mattonelle della strada. Recuperò il suo block-notes, poco distante dai bidoni,
e accese una delle immancabili sigarette, stranamente calma.
Anzi, si avviò sicura fuori dal
vicolo, restando comunque nell’ombra, anche se un occhio attento l’avrebbe
comunque potuta vedere…
Vide una ragazzina camminare
tranquilla, una ragazzina dai capelli rosa come i petali del ciliegio d’estate e
il kimono rosso come le ciliegie.
Zira: -… Hey, piccolina…-
La giovane si guardò intorno, ma
nessuno sembrava essere rivolto a lei. Quando, all’improvviso, vide i due occhi
rossi brillare nell’ombra.
Dapprima si spaventò, arretrando,
ma la voce di Zira era tanto suadente e amichevole che alla fine le si
avvicinò.
Zira: -Facciamo… Un patto?-
???: -…-
Zira: -… Che sgarbata che sono!
Non mi sono nemmeno presentata! Io sono Zira. Tu…?-
???: -Sakura. Sakura Haruno,
signora-
Zira: -Bene, Sakura. Dammi la tua
mano-
Sakura le tese la mano, la
perfida donna, con una delle affilate unghie, le incise il palmo. La ragazza
gridò, ma non un suono uscì dalla sua gola, si divincolò, ma era tutto inutile:
impresso nella pelle, un marchio di sangue dalla forma simile a una testa di
volpe.
Infine, Zira si mostrò in quel
che era diventata. L’Haruno, sconvolta, pietrificata, tentò ancora di dimenarsi
e scappare, urlando per la bestia che l’aveva appena ingannata, ma fu tutto
inutile.
Zira: -Mi dispiace, carina…-
Sakura: -… LASCIAMI!-
Zira: -… Ma hai fatto un patto
con me!-
Rise orribilmente, sparendo in un
vortice di fiamme verdi.
A quanto pare, questo cambiamento
non la turbava molto. Ora doveva recuperare i suoi due assistenti, Juugo e
Suigetsu.
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Hinata osservava con disinteresse
la fabbricazione di katane al negozio di Minato.
Tokimasa aveva più volte cercato
di capire cosa avesse, così come Naruto, ma il samurai spiegò che probabilmente
era ancora scossa per gli ultimi avvenimenti. Non c’era niente che avrebbero
potuto fare, se non sperare che il trauma non fosse stato tanto forte da
segnarla a vita.
Ovviamente, il giovane Uzumaki
non aveva ascoltato le parole dei ‘grandi’ ed aveva provato a rallegrare Hinata
di suo, con scarsi risultati…
Naruto: -Errr…Fai finta che quelle pallottole
siano state… Semi di anguria!-
Hinata: -… Sai che cosa ci faccio
con i tuoi semi d’anguria?!-
Rispose sarcastica lei,
pentendosene poco dopo: anche se in maniera molto particolare, Naruto stava solo
cercando di farla stare meglio.
Ad un certo punto, Tokimasa fece
il suo ingresso nel retrobottega.
Tokimasa: -Posso fare
qualcosa…?-
Hinata: -… Solo se potessi
cambiare il passato-
Tokimasa: -Hinata… Lascia che ti
dica una cosa… Le cose brutte accadono, e tu non puoi farci nulla! E’ inutile
rimuginare sul passato, è passato!-
Hinata: -… Anche se il passato di
perseguita…?-
Tokimasa: -Hinata… Io conoscevo
tuo padre. Ti posso dire tranquillamente che è morto contento, poiché è riuscito
a salvarti, non desiderava altro…-
Hinata: -Basta…-
Tokimasa: -…?-
Hinata: -Non voglio più… Stare a
sentirti!-
Conteneva a stento le lacrime.
Era rossa in viso, e tentava di asciugarsi con un lembo della manica della
maglietta.
Poi corse via, uscì con
l’intenzione di allontanarsi il più possibile. Voleva restare da sola.
La sera era arrivata in fretta,
quel giorno.
Si era seduta a spalle contro una
roccia, sulla riva del lago dove Sojobo era solita portarla, poiché si potevano
ammirare delle grandi e splendide carpe.
Si raggomitolò, stringendosi al
petto le gambe, senza tentare in alcun modo di trattenersi.
Per quanto avrebbe dovuto
soffrire, ancora…?
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