See who I am

di Lely1441
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Leah, imprinting e macchine in corsa ***
Capitolo 2: *** Pioggia, asfalto e attacco ***
Capitolo 3: *** Camicie da notte, Joe e destino ***



Capitolo 1
*** Leah, imprinting e macchine in corsa ***


See Who I Am

 

   «Sam, sono stufa.»

   Osservai apaticamente quella ragazza, la mia ragazza, per qualche lungo istante, senza parlare. Era così bella. Stavamo insieme da tempi immemorabili, quasi; che io avessi memoria, non avevo guardato nessun’altra che lei, fin dall’adolescenza. Prima era Leah l’amica, poi, Leah la fidanzata. Non c’era mai stato un confine netto tra noi due, solitamente lei sapeva tutto di me, o meglio quasi. Ed era quell’unica cosa che non potevo rivelarle che la faceva ribollire di rabbia.

   «Sam!»

   Perso com’ero nei miei pensieri, ci volle quel richiamo irritato per farmi svegliare dal mio torpore.

   «Che succede, Leah?»

   Fissò i suoi grandi occhi neri dentro i miei, e se non fosse stato per il fatto che la situazione era veramente grave, penso che mi sarei messo a ridere di fronte a quel suo risentimento quasi infantile.

   «Lo sai benissimo cosa succede.»

   Soffiò via quelle parole con la ferocia di un gattino arrabbiato. Di nuovo, un sorriso dovette combattere contro la ragione per riuscire ad affiorare, ma rimasi impassibile, una maschera sotto il suo sguardo furente.

   Credo che fosse quello che le dava particolarmente sui nervi.

   «So benissimo… Cosa?»

   Pensai che a quel punto sarebbe scoppiata. Si raddrizzò inferocita contro il tronco dell’albero sul quale aveva appoggiato la schiena da seduta, mentre io rimanevo a guardarla dal basso della mia postazione, disteso sull’erba accanto a lei. Sapevo che quella storia prima o poi sarebbe venuta a galla, era troppo intelligente per non accorgersi di nulla.

   «Sei davvero convinto che non sappia che ti incontri di nascosto con quei vecchi pazzi? O che tu stia fuori intere notti, per poi tornare distrutto la mattina dopo? A volte sei talmente stanco che neanche riesci a reggerti in piedi!»

   Appunto. Avevo quasi sperato che non avesse visto nulla, che non avesse notato niente di strano di quell’ultimo mese trascorso. Ma esisteva una preghiera che nel piccolo mondo di Sam Uley potesse essere mai esaudita? Rimasi in silenzio, in completa balia della tempesta, senza oppormi a quella forza, l’unica contro la quale non volevo combattere.

   «Dimmi la verità, hai un’altra?»

   Si sforzava di non guardarmi in faccia, per non farmi vedere i suoi occhi inumidirsi; però lei non sapeva che la conoscevo troppo bene per non capire quando fingeva. O forse, più semplicemente, il suo orgoglio non le permetteva di riconoscerlo.

   «No, Leah. Te lo posso giurare.»

   Le presi una mano, baciandone il palmo, continuando a fissarla in viso. Finalmente si voltò verso me, con una strana aria negli occhi. A ripensarci poi, mi si accappona la pelle al pensiero che, in qualche modo, lei già sapesse. Che lei fosse già al corrente dei fatti che avvennero in seguito, quando ancora io non potevo immaginare nulla.

   «Me lo giuri?»

   Era la sua ultima parola. Almeno per quel giorno.

   «Te lo giuro. E mai potrei pensare di stare con un’altra che non sia tu.»

   E quella sarebbe stata la mia, ne ero certo. Mentre si chinava per baciarmi, pensai a come fosse assurdo che pensasse che potessi avere una storia con qualcun’altra. Già, decisamente assurdo.

 

   «Ti prego, vieni almeno a salutarla!»

   La voce di Leah nel telefono risultava strana alle mie orecchie. C’era qualcosa in quei giorni che non stava andando bene, il mio istinto lo sentiva. Sarebbe arrivata una burrasca ben peggiore di tutte quelle che avevo potuto provare in precedenza. Sbuffai, solo apparentemente annoiato, e in realtà lo feci per nascondere uno sbadiglio. Non riuscivo ancora a controllare bene le mie reazioni da lupo, e le notti per me erano estenuanti, un vero inferno. Ma questo, Leah non poteva saperlo. Non doveva.

   «Ci proverò, tesoro.»

   Di solito certe cose funzionavano con lei. Magari rimanendo sul vago...

   «Non ci proverai un bel niente! Tu ci sarai e basta!»

   Ma non questa volta, constatai afflitto. Fissai bramosamente il divano del salotto, che riuscivo ad intravedere attraverso la porta della cucina dove mi trovavo in quel momento. Sospirai rumorosamente, e prima che potesse rimproverarmi di nuovo, emisi la mia sentenza.

   «Va bene, ci sarò.»

   «Sapevo che l’avresti detto!»

   Ridacchiai piano, domandandomi se il suo ego potesse incontrare la parola fine, un giorno o l’altro.

   «Ci vediamo dopo, allora.»

   «Va bene, a dopo.»

   Prima che riagganciassi, sussurrò nella cornetta:

   «Ti amo.»

   Sorrisi, mentre la mia angoscia veniva in parte calmata da quest’affermazione.

   «Ti amo anch’io, Leah.»

   Amavo la mia forte, determinata e bellissima Leah. Eravamo fatti per stare insieme. Come sarebbe potuto essere altrimenti?

 

   Riuscivo a sentire le risate delle due ragazze anche fuori dalla porta di casa Clearwater. Bussai alla porta, aspettando che una delle due venisse ad aprirmi. Mi passai velocemente una mano nei capelli e sul viso, sperando che le occhiaie procuratemi dalle numerose ore di sonno perse potessero svanire in quel modo, ma ne dubitavo seriamente. Licantropo sì, mago no.

   E neanche indovino, a giudicare da quel che successe dopo.

   La porta si aprì, e sorrisi calmo per salutare. Ma quello che vidi mi lasciò basito. Non ho mai creduto nel colpo di fulmine, e non ci credo neanche ora.

   Sarebbe troppo… Riduttivo. Sì, decisamente riduttivo.

   I nostri sguardi si incrociarono per un istante e mi sentii investito da una forza che mi lasciò senza respiro. La ragazza di fronte a me spalancò gli occhi e avvampò di colpo. In quel momento fu come se un qualcosa di enorme mi spostasse da terra, come se il mio centro di gravità non fosse più quello di tutto il resto degli esseri umani ed inanimati, fu come se si fosse spostato. Diventando lei.

   La guardai totalmente disorientato e mi riconobbi nella sua stessa espressione.

   Che diamine stava succedendo?

   «Emily?»

   Leah si affacciò dalla porta della cucina, e quando mi vide si illuminò.

   «Sam! Che ci fai lì impalato? Su, venite dentro, che i biscotti ormai sono pronti.»

   A quelle parole ci riscotemmo entrambi, e la ragazza davanti a me si fece improvvisamente da parte, chinando il capo confusa ed evitando accuratamente la figura della cugina che spariva di nuovo. Entrai, muovendomi cautamente, come se avessi paura che facendo un solo passo falso si sarebbe creata una voragine sotto i nostri piedi e ci avrebbe inghiottiti tutti. Raggiunsi Leah, intenta a sfornare una teglia piena di biscotti profumati, e lei si volse a guardarmi sorridente. Sentii un’ondata di nausea per quella ragazza, e ne rimasi spaventato. Mi sentivo come se stessi tradendo qualcuno, ma chi era là dentro la vera ingannata? Leah o la sconosciuta? Di una cosa sola ero certo: io ero il traditore.

   «Emily, mi faresti un piacere? Vai ad avvisare Seth che qui ho finito, e che può venire ad abbuffarsi.»

   Appena la cugina se ne fu andata, Leah si avvicinò a me e cercò di baciarmi. Voltai la testa a disagio, come se quella vicinanza non mi fosse più abituale. E in fondo, era proprio così.

   «Tutto bene?»

   Il suo sguardo penetrante mi colpì come al solito, ma quella volta mi sorpresi a non riuscire a mentire.

   «No, Leah.»

Non riuscii a dire altro, perché sentii i passi veloci di Seth sulle scale e quelli più leggeri di Emily dietro. Eludendo la morsa di Leah, mi appoggiai sul davanzale della finestra, lontano da tutta quella luce e dalla gioia festosa di Seth, spiando nel riflesso della finestra quella ragazza che tanto mi aveva sconvolto. Ammisi con me stesso che se anche il mio giudizio non fosse stato offuscato da quel qualcosa, l’avrei trovata bellissima. Potevo avvertire l’inquietudine di Leah nei suoi movimenti leggermente bruschi e nelle occhiate in tralice che mi lanciava. Aveva paura. E quello che mi faceva veramente male, è che ero più occupato a spiare la direzione degli occhi della nuova venuta rispetto ai suoi. Era accaduto qualcosa che aveva spostato il mio baricentro su quella ragazza, facendola divenire il mio unico punto di riferimento, così, senza alcun preavviso. Doveva esserci una spiegazione, doveva esserci per forza. Mi sforzai di ricordare se c’era qualcosa che conoscevo che poteva aiutarmi, perché una certa consapevolezza stava facendosi strada nella mia coscienza, anche se riuscivo ad avvertire un qualcosa che cercava disperatamente di rimandare quel momento.

   «Sam, potresti accompagnare Emily da Mandy per favore?»

   La domanda di Leah era cortese, ma riuscivo a sentire il sospetto nella sua voce. Chissà se pensava ancora che il mio strano comportamento fosse dovuto ad un’altra. Questa volta sarebbe riuscita persino ad indovinare. Mi voltai verso il tavolo, afferrai un biscotto e posai un bacio leggero sui capelli di Leah, percependo però l’irrigidirsi spontaneo di Emily. Mi maledii silenziosamente ed uscii dalla porta della cucina. Qualsiasi cosa facessi, era sempre quella sbagliata. E di nuovo, più di sentire con l’udito o vedere la ragazza che mi seguiva, che si infilava piano il giubbotto sopra al leggero maglione, riuscivo a sentirla come se fosse dentro di me, come se fosse un mio altro arto. Aprii la porta di casa e mi avviai verso la macchina parcheggiata nel vialetto, aprendo per prima la portiera del passeggero e voltandomi ad aspettare Emily. La cosa strana è che con Leah non l’avevo mai fatto, non avevo mai sentito il bisogno di certi atti di galanteria consumata e che neppure mi era propria, ma con Emily era diverso.

Lei era Emily.

   «Da Mandy, allora?»

   Emily mi guardò sospettosa.

   «Sì, mi sta aspettando.»

   Ma da Mandy, quella sera, non arrivò nessuno di noi due.

 

 

 

[To be continued…]

 

 

 

 

 

 

 

Note finali:

Ecco un mio piccolo esperimento. Credo che questa fanfic avrà al massimo un altro capitolo, se vogliamo essere proprio ottimisti. Ci metterò parecchio per aggiornare, penso, visto che per queste misere due pagine e qualcosa ci ho impiegato tipo una settimana. E tra sveglie ad orari assurdi e studio fino a tardi, non credo che cambierà molto =_=

I commenti sono sempre graditi, soprattutto nel mio stato d’umore attuale XD

Approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno commentato la mia fanfic precedente, ovvero A comfortable bed, quindi: RobyLupin, Piccola Dea, CassandraLeben, valy88, Shatzy, elyxyz, Midnight Dream, Debby Malfoy e New_Born. Grazie mille a tutte, di cuore ^^

Kissoni!

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Capitolo 2
*** Pioggia, asfalto e attacco ***


See Who I Am

[Stai con me, è presto e poi che fretta c'è
anche se fuori dall'auto già piove da un'ora
e sale piano la voglia di una casa,
una candela da accendere
e poi spegnere.

Come un'illusione dopo fiumi di rancore
tu sei dentro quella vita che vorrei.
Splendida visione in un deserto di dolore
ho già i brividi se penso che ci sei.
]

Notte di Febbraio, Nek


Guidavo, mostrando più tranquillità di quanta ne provassi in realtà dentro di me, mentre la leggera pioggia sul parabrezza si faceva più insistente e mi costringeva ad azionare i tergicristalli per migliorare la visibilità. Appoggiai un gomito contro il finestrino e abbandonai il capo contro il mio pugno chiuso, reggendo il volante con una mano sola. Osservavo Emily con la coda dell’occhio, e più di una volta la scoprii a fissarmi con una strana aria sul volto teso. Mi chiesi se le fosse capitato quello che aveva colpito me; in quel caso, era maledettamente brava a governarsi. L’unica cosa che mi tratteneva dal fermare la macchina e baciarla lì, sotto la pioggia, in una strada deserta, era il pensiero che lei, in fondo, non lo volesse. Pregai di arrivare presto a casa di Mandy, se non altro per rimanere da solo e riuscire a schiarirmi le idee; pur sapendo che una volta fatto, non avrei desiderato altro che la sua presenza.

«Tu e Leah state insieme da molto, vero?»

La guardai sorpreso, era ovvio che lo sapesse.

«Sì.»

«Bene.»

Un sorriso amaro prese forma sulle mie labbra. Cosa c’era che stesse andando bene in quella situazione? Mi venne quasi voglia di domandarle se lei e Leah fossero cugine da molto, ma mi trattenei. Mi sentivo profondamente amareggiato. Sentivo di amare Emily, e al tempo stesso mi domandavo dove fosse andato a finire quello che provavo per la mia ragazza fino a un’ora prima.

Cancellato? Distrutto? Raschiato via?

No, non era possibile. Era semplicemente eclissatosi, perché qualcosa di enormemente più grande l’aveva spodestato e si era impossessato della corona. Quello che non capivo era perché. Perché quella ragazza riusciva a sconvolgermi internamente così come nessuno era mai riuscito a fare?

«Sam…»

Chiusi appena gli occhi, assaporando il suono del mio nome pronunciato da quella voce. Dalla sua voce.

«Dimmi.»

Si mordicchiò le labbra, e io pensai che quella sua immagine, - lei con quel suo cappotto nero, lei con le sue mani che si torturavano tra loro, semplicemente lei - sarebbe rimasta impressa nella mia mente per sempre. E fu in quell’esatto momento che capii tutto.

Imprinting. (*)

Sterzai ferocemente contro il margine destro della strada, sollevando così una scia di acqua al passaggio delle ruote contro la fine dell’asfalto, e continuai a guardare terrorizzato davanti a me.

Non poteva essere. Non a me. Non così.

Non a Leah.

Ricordavo bene cosa mi avevano detto riguardo all’Imprinting. Non si può tornare indietro. Quella ragazza sarebbe diventata il mio mondo (ma già lo era) e io sarei diventato tutto per lei. Come potevo fare questo a Leah? Dio, era sua cugina! Anche prima di prendere coscienza di cosa mi era accaduto con Emily sapevo che in qualche modo avrei continuato a vivere con lei, a vivere per lei. Ma questo complicava le cose, perché era un’altra delle cose inspiegabili da non poter rivelare a Leah.

«Non piangere, non è colpa tua.»

Mi sorpresi a dirlo con una dolcezza inusuale per il mio carattere. Emily sobbalzò e cercò di farsi più piccola contro il finestrino, senza riuscire a frenare il pianto, e quasi vergognosa che io l’avessi scoperta. Non riuscii a vederla così e obbedii al mio istinto: l’abbracciai e la tenni stretta, nonostante la sua esitazione iniziale.

«Va tutto bene, non è colpa tua», le sussurrai mentre si aggrappava contro di me, non stupendosi affatto del calore eccessivo proveniente dal mio corpo, come invece aveva fatto Leah.

“L’Imprinting serve ad agevolare la vita di un licantropo, già difficile di suo. È quanto di più simile possa esserci ad un’anima gemella, ma profondamente più forte. Semplicemente, è la certezza che non vi lascerete mai, che avrai il suo appoggio perenne, in ogni caso. È estremamente importante, riesci a capire ciò che intendo?”

E ora sì che ci riuscivo veramente.

«Emily…»

Passai distrattamente le dita fra i suoi lunghi capelli neri. Il suo profumo, l’averla fra le mie braccia, il silenzio e il buio che regnavano nell’abitacolo e la pioggia che batteva al di fuori creava un ambiente talmente intimo che mi stupii di non esserne imbarazzato. La sentii sospirare piano contro il mio collo e quel leggero sbuffo d’aria contro la pelle mi fece sorridere.

Non era successo nulla, non avevamo detto nulla. Eppure, avevamo entrambi capito.

«E ora cosa faremo?»

Continuavo a carezzarle piano la testa, con gli occhi chiusi. In quel momento mi sembrava impossibile che esistesse un domani, un qualcosa di cui preoccuparsi. Pensavo che saremmo rimasti così per sempre, perché ormai non mi importava più cosa avrei fatto, o dove sarei andato. Contava solo il fatto che lei sarebbe rimasta con me.

«Non lo so. Ma sinceramente, non me ne preoccupo, ora che sei qui con me.»

Alzò il viso e passò piano un dito sui miei lineamenti, mentre io la osservavo rapito, stupito di come quel semplice contatto sembrasse rigenerarmi da dentro. Chiusi gli occhi e posai la mia fronte sulla sua, poggiando le mie labbra sulla sua bocca, lasciando accadere ciò che doveva. Quando li riaprii, pensai di avere un’allucinazione. Che ci faceva Leah in quella macchina?

Indubbiamente, era stato il mio senso di colpa a riportarla là dentro, sopra il viso della ragazza che ormai adoravo. Sconvolto, sciolsi quell’abbraccio, mentre Emily mi guardava con gli occhi sbarrati.

Gli occhi di Leah.

Il mio corpo cominciò a tremare violentemente, senza che io potessi fare nulla per fermarlo. Con un rantolio terrorizzato, aprii la portiera e mi gettai fuori, cercando un posto sicuro dove potermi trasformare. Prima di poterlo evitare, Emily mi seguì sotto la pioggia, urlando il mio nome per sovrastare il rumore dell’acqua e del vento.

«Torna dentro, torna in macchina! Scappa!»

Ma ormai era troppo tardi. Sotto il suo sguardo esterrefatto, mi trasformai con un sonoro crack, mentre i brandelli di ciò che rimaneva dei miei vestiti si spargevano sulla strada. Fu un attimo, un urlo di Leah nella mia testa, e le fui addosso.






[To be continued…]





(*) Per chi non lo sapesse, imprint significa proprio imprimere, stampare (o come sostantivo orma, segno ecc.). L’espressione “ideas imprinted on one’s mind” significa proprio “idee impresse nella mente”. Ho puntato su questo per giustificare l’epifania del termine “Imprinting” nella mente di Sam dalla parola "impresso", in inglese "imprinted". Di sicuro non potevo usare una giustificazione italiana, ma credo che la cosa sia abbastanza chiara comunque in entrambe le lingue ^^

Note finali: Che capitolo corto, lo so XD Ma tanto veniva così, che posso farci ^^ Il prossimo sarà l’ultimo, e finalmente questo piccolo esperimento avrà fine.

princess of vegeta6: Caspita, che entusiasmo XD L’aggiornamento eccolo qui, grazie mille per i complimenti ^^ Spero sia di tuo gradimento anche questo, poi fammi sapere se vuoi ^^ Kissoni!

Shatzy: Eh, sconvolta addirittura XD Non mi ero neanche accorta di aver cambiato stile X°°°D Comunque meglio meglio ^^ Grazie mille per i complimenti, mi hanno fatta felice ^^ Non sapevo amassi Sam, a me non piace neanche poi così tanto, ma sono rimasta affascinata da questa specie di triangolo non voluto, e il rapporto tra Sam ed Emily è unico. Ho cercato di far meglio che potessi XD Alla prossima, kissoni!!

valy88: Ecco il motivo per cui non sono arrivati da Mandy XD (Che tra parentesi, non so neanche chi sia ^^”) Mi trovo d’accordo sul fatto che il pairing Sam/Emily sia sottovalutato, ma che vuoi farci, i vampiri vincono sempre XD Ho aggiornato prima che ho potuto, visto che brava? XD Ancora grazie mille X3 Kissoni!!

RobyLupin: Hai perfettamente colto nel segno tutto quello che intendevo, che bellezza XD Anch’io sono contraria alla coppia Sam/Emily/Leah chi è? XD Cioè, Sam ed Emily potranno anche vivere la loro storia come vuole l’Imprinting, ma credo che un rimorso di fondo rimanga comunque. (E ci mancherebbe anche!) Sam ha rinunciato ad una ragazza, ne ha trovata un’altra. Emily ha rinunciato ad un’amica, e ha trovato l’amore della sua vita. Leah ha rinunciato a tutto, senza avere nulla in cambio. Quindi, per quanto possa starmi antipatica, non la giudico per quello che è, per quello che è diventata. La scena dove Leah praticamente costringe Sam ad andare a casa sua ha del sadico, in effetti XD Ma mi conosci, se posso rigirare il coltello nella piaga, lo faccio e basta XD Grazie mille Rob, si spera che dopo questo capitolo non mi spezzi le ossa XD Kissoni!!

Grazie anche a tutti quelli che semplicemente leggono e hanno inserito la loro storia nei preferiti. Kissoni e al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 3
*** Camicie da notte, Joe e destino ***


See Who I Am




In quel momento dimenticai come respirare, sconvolto dal sangue che sgorgava dai lunghi graffi sul viso di Emily e soprattutto all'idea che a provocarle quelle ferite fossi stato io.

«Sam...»

Fu quando vidi i suoi occhi velarsi e rovesciarsi all'indietro, che capii che dovevo darmi una mossa. La presi in braccio e la riportai sul sedile accanto al guidatore, mentre mi rimettevo al mio posto e la macchina si riavviava con un ruggito, quasi avesse capito la gravità della situazione anch'essa.

Sinceramente, non ho idea di come sia riuscito a raggiungere la casa di Joe in quelle condizioni; tra la pioggia, la strada pressoché impraticabile, il tremore di una nuova trasformazione in arrivo e l'oggetto del mio Imprinting svenuta accanto a me. Quando arrivai a destinazione, parcheggiai selvaggiamente l'auto e mi fiondai verso la porta con Emily tra le mie braccia, battendo furiosamente il pugno contro la cornice della porta.

Il vecchio aprii la porta, e sgranò gli occhi a quella vista. Poi mi fece entrare, senza dire una parola.


«Appoggiala lì.»

Il vecchio Joe era uno dei famosi anziani che mi si erano affiancati durante il mio periodo di trasformazione; fra tutti, era quello di cui avevo maggiore fiducia. Mi ero diretto a casa sua senza neanche pensarci, seguendo un impulso irrazionale. L'uomo era uno dei principali cardini della precedente generazione, e di conseguenza il più rispettato di tutti. Guardandolo trafficare intorno ad Emily e la sua sicurezza, riuscii a capire perché.

«Com'è successo? Lei...?»

Lo precedetti con un sospiro.

«Lei sa. Io ed Emily... Io ho avuto l'imprinting.»

«Con lei. E l'altra, la Clearwater? Lo sa?»

Lasciai cadere il discorso, senza avere il coraggio di rispondere. D'altronde, cosa avrei potuto dire? Se ripensavo alla scena in macchina...

«Comunque non è nulla di grave, Sam. Di certo non morirà.»

Respirai di sollievo, mentre lo aiutavo a pulire la ferita con un unguento indiano, una cosa che ormai i ragazzi Quileute sottovalutano persino troppo.

«Però io ti avviso, ragazzo mio... Rimarrà sfigurata. Per sempre.»

Le mie mani si bloccarono a metà di uno sfregio.

«No... No!»

Di colpo l'orrore di quello che avevo fatto mi assalì di nuovo, serrandomi la gola con forza e facendomi lacrimare gli occhi. Con la vista annebbiata, notai lo sguardo di compassione che Joe mi lanciò, così mi girai e sferrai un pugno contro un muro. Inutile dire che rimase il segno scolpito sulla superficie.

«Sam, calmati. Ragiona. Non è stata colpa tua, capito? Sono cose...»

«Sono cose che succedono? Stavi per dire questo? Sono cose che succedono che un ragazzo diventi un mostro per colpa di alcuni schifosi succhiasangue che neanche conosce, tradisca la sua donna e si innamori della cugina, finendo per rovinarle la vita?»

Era la prima volta che mi lasciavo andare ad uno sfogo del genere, soprattutto in presenza di terzi. Notando il mio nuovo tremolio, l'uomo mi fece cenno di sedermi, mentre lui continuava a bendare con precisione chirurgica Emily.

La mia Emily.

La stessa donna che ormai avevo perso per sempre.

«Sam, è giusto che la tua rabbia sia orientata verso... Verso i Freddi. Nessuno ha colpa per ciò che le antiche divinità ci abbiano assegnato, dico bene? Il fatto che tu riesca a trasformarti in lupo è un dono per la nostra tribù. Sei stato il primo, perché ne verranno altri, stanne certo, e come tale hai il dovere e l'onere di difenderci tutti. Emily...»

Prese fiato, cercando di trovare le parole giuste.

«Emily è stata scelta dall'Imprinting, è stata designata come tua accompagnatrice. Questo significa che era già nei piani che lei potesse correre qualche rischio. Ma che comunque non si sarebbe mai e poi mai tirata indietro.»

Fissavo quelle bende candide, chiedendomi quanto dovessi fidarmi in realtà di quel discorso, alle mie orecchie assurdo. Joe si alzò in piedi, deponendo stoffe, unguento e forbici su un tavolino vicino all'entrata.

«Sam, lei non ti può odiare. Ma non perché l'Imprinting la costringe a non farlo. Perché lei non potrebbe comunque farlo, perché capirebbe sempre le tue ragioni. Ecco il significato essenziale dell'Imprinting.»

Si diresse con passo stanco verso le scale che conducevano al piano di sopra, prima di girarsi a guardarmi:

«Avanti, prendila e aiutami a sistemarla di sopra. Sono troppo vecchio per certe cose.»

Quella notte passò così, Emily addormentata in un letto non suo, io che non smettevo di vegliarla un attimo, e il vecchio Joe che faceva la spola per controllare come stesse.


Emily riprese via via colore, e la prima cosa che fece quando mi vide lì accanto a lei fu sorridermi. Con un grosso groppo in gola, le spiegai la situazione, contorcendo nervosamente la piega del lenzuolo che spuntava da sotto le coltri.

Non avevo rovinato solo il suo bellissimo viso, le avevo maledetto l'esistenza. Alla fine fu troppo anche con me, e cominciai a singhiozzare, tenendomi il volto tra le mani, senza il coraggio di guardarla. Sapevo che lei si stava tastando il viso, alla ricerca di quelle cicatrici profonde che l'avrebbero deturpata ormai per sempre. Non riuscii a far altro che mormorare come una litania una sequela ininterrotta di scuse, quando una mano tiepida mi afferrò gentilmente il polso. La fissai esterrefatto, e di nuovo il suo sguardo valse più di mille parole, proprio come durante quella notte maledetta.


Rimanemmo rintanati in quella casa due giorni interi. I miei genitori sapevano già tutto sulla mia condizione, e furono d'accordo con me che rimanere lì fosse la scelta più saggia. Però bisognava avvertire Leah e la sua famiglia. Eravamo spariti insieme, per ben due giorni.

Ci avrebbe ammazzato.


«Puttana! Sei solo una puttana!»

«Leah, ti supplico, non è stata colpa nostra!»

«Ah no?»

Leah si girò verso Emily con uno sguardo da folle. Mi aspettavo che da un momento all’altro l’avrebbe assalita, ma in quel caso ero già pronto a difenderla.

«Leah, modera i termini.»

Sapevo che era furiosa. Era stata tradita dal suo ragazzo e da sua cugina, una delle sue amiche più care, e tutto questo in una volta sola. Non era a conoscenza dell’Imprinting, e probabilmente mai ne avrebbe saputo nulla. Provai una stretta al cuore a questo pensiero. Avrei perso l’unica giustificazione del mio comportamento ai suoi occhi.

«Leah, mi spiace veramente. Non so cosa mi sia preso, te lo giuro. Ma ti prego, lascia fuori da questa storia Emily, lei non c’entra.»

Leah ci guardò, ancora ansante per lo sforzo fatto nell’urlarci contro tutto il suo rancore. Ci guardò per degli istanti interminabili, e mi sentivo bruciare sotto quello sguardo. O era solo il senso di colpa che provavo unicamente pensando a lei?

«Andatevene al diavolo. Tutti e due, mi fate schifo.»

Se ne andò sbattendo la porta dietro di sé, voltandosi in fretta per non fare vedere le lacrime che scorrevano sul suo volto, senza alcuna possibilità di conforto, ora che era stata tradita dalle persone che amava di più. Mi chiesi come avrebbe fatto ad andare avanti ora, a chi si sarebbe rivolta per lenire il suo dolore. Ma la risposta era già lì, chiara come quelle lacrime che io avevo visto.

Non avrebbe avuto nessuno, solo sé stessa. Quanto stavamo pagando per la venuta di quei dannati vampiri?

Emily mi fissò disperata, mentre le cingevo le spalle con un braccio e le facevo poggiare la testa sul mio torace, per rassicurarla. L'improvviso rumore di qualcosa che andava inesorabilmente distrutto ci fece sobbalzare entrambi. Corsi fuori della stanza, solo per trovare il tavolino con i medicinali rovesciato a terra, i soprammobili in frantumi. E la porta aperta, che continuava a cigolare sui propri vecchi perni, quasi un simbolo di tutta quella disperazione.

Tornai da Emily, e la trovai che fissava distrattamente verso la finestra, senza vedere realmente la pioggia che cadeva sul vetro. La visione di lei, nella camicia da notte della figlia di Joe che ormai non abitava più lì, troppo grande per il suo fisico minuto, mi strinse il cuore.

«Emily...»

Poi capii perché mi stava nascondendo il volto, anche lei stava piangendo per la sorte immeritata che era capitata a Leah.

«Sono un mostro, sono un mostro

La cullai, mentre un sorriso amaro si faceva largo sulle mie labbra.

«Se tu sei un mostro, io cosa dovrei dire allora?»

Emily mi guardò, coprendosi la bocca con una mano.

«Non... Non intendevo questo! Tu non hai colpe, ma io ho fatto del male volontariamente a Leah...»

«Non dire così... L'Imprinting è un fenomeno di cui non puoi essere colpevole...»

Emily mi guardò profondamente.

«L'Imprinting non c'entra quando dico che non potrei comunque separarmi da te.»

In quel momento sentii la profonda differenza che segnava il mio rapporto con lei da quello con la cugina. Mentre la baciavo e la stringevo a me, capii.

Emily era riuscita a vedere oltre a Sam, aveva visto il licantropo.

E non ne era fuggita.

L'Imprinting non bastava a spiegare la straordinarietà di questa ragazza.










[Come into my world,
See through my eyes.
Try to understand,
Don't want to lose what we have.

See who I am,
Break through the surface.
Reach for my hand,
Let's show them that we can
Free our minds and find a way.
The world is in our hands,
This is not the end.]


[Vieni nel mio mondo,
Guarda attraverso i miei occhi.
Cerca di capire
Non voglio perdere quello che avevamo.

Guarda chi sono io,
Apri un varco attraverso la superficie.
Raggiungi la mia mano,
Facciamo vedere loro che noi possiamo
Liberare le nostre menti e trovare una via.
Il mondo è nelle nostre mani,
Questa non è la fine.]





[I'll come into your world,
See through your eyes.
I'll try to understand,
Before we lose what we have.

Verrò nel tuo mondo,
Vedo attraverso i tuoi occhi.
Cercherò di capire,
Prima di perdere quello che avevamo.]

See Who I Am, Within Temptation





[The End]




Ho inserito il tema dell’odio di Sam verso la famiglia Cullen, perché secondo me va oltre il semplice disgusto che possono provare i licantropi contro i vampiri. Se i Cullen non avessero più rimesso piede a Forks, le storie sui licantropi sarebbero rimaste, appunto, storie. Niente Imprinting, niente tradimenti... Chissà come sarebbe andata.

Ringrazio ancora tutti i commentatori, e ho una preghiera da fare a coloro che mi aggiungono ai preferiti senza nemmeno lasciare un commento: per favore, smettetela. Non mi interessa, sinceramente, finire nei preferiti di qualcuno senza sapere cosa ne pensa veramente, preferisco di gran lunga avere una vostra impressione per iscritto. Se mi volete tra i vostri preferiti per favore commentate. Altrimenti pace.

Grazie a tutti coloro che mi ascolteranno ^^

Kissoni!

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