A Un Passo Da Te

di akirakirara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Un Passo Da Te - capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** A Un Passo Da Te - capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** A Un Passo Da Te - capitolo 1 ***


Sangue, sangue rosso, era ovunque. Sul marciapiede, sulle pareti luride del vicolo, sulle sue mani. Il suo respiro era affannato e gli girava la testa alla vista di tutto quel rosso. L’aria gelida lo circondava e l’istinto cercava di mandargli segnali, segnali di pericolo, di doversi sbrigare. Sapeva che si doveva muovere, che quello non era il suo sangue e che doveva fermarne la fonte se no Lui sarebbe morto e se avesse perso Lui la vita non avrebbe avuto più significato. Ma continuava a stare immobile nell’aria della notte e la sua mente era bloccata, come un computer che continuava far vedere sempre la stessa schermata nera non permettendoti di fare assolutamente niente, solo che sulla sua schermata c’era una sola frase… Non posso perderlo, non sopravviverei. Sentì solo allora un respiro ancora più affannato del suo provenire dall’angolo e si rese conto che forse Lui non era così lontano, che si poteva ancora fare qualcosa. Vide il vicolo buio avvicinarsi barcollante ma in realtà erano le sue gambe che si stavano trascinando facendolo barcollare in modo precario. Appena il muro fu a portata di mano vi si appoggiò non curandosi minimamente di quanto quella superficie fosse sporca e appiccicosa. Non appena girò l’angolo gli si gelò il sangue vedendo tutto quel rosso dappertutto. Si era bloccato di nuovo e cercava disperato di chiamarlo mentre sentiva arrivare in lontananza le sirene. Di colpo si rese conto che con era solo la sua poca stabilità emotiva a renderlo tanto barcollante sulle gambe ma che lo era anche una grossa lama conficcata nel polpaccio sinistro che a ogni suo strascicato e doloroso passo rendeva sempre più debole la stabilità del ginocchio.
Fece un altro passo ma stavolta la sua gamba non resse e finì per metà in ginocchio, facendo schizzare gocce di acqua sporca e sangue ovunque, bagnandosi i calzoni e immergendo il ginocchio nella melma. Guardando per terra prese un profondo respiro per affrontare nuovamente ciò che gli si presentava davanti. Sentì conati di vomito salirgli lungo lo stomaco diretti verso la gola e l’orribile voglio di scappare ma anche l’insensato bisogno di andare avanti e raggiungerlo e stringerlo anche a costo di strisciare lo pervadeva, mentre una voce a malapena udibile e profondamente famigliare diceva. «Non ti preoccupare, non è tutto sangue mio…» … la sveglia nell’altra stanza che suonava distolse Dick dalle immagini che lo opprimevano che pian piano cominciarono a sparire dalla sua vista sostituendo il bianco del marmo al rosso dei suoi ricordi. Si rese conto di non star respirando e prese una grande boccata d’aria inghiottendo anche non poca acqua cosa che lo indusse a tossire. Sentendosi un completo idiota spense il getto e uscì dalla doccia mettendosi un asciugamano intorno ai fianchi e subito gli venne la pelle d’oca. Era una sensazione sgradevole e di certo la tentazione di tornare indietro sotto l’acqua calda era forte ma quel freddo lo aiutava ad avere la mente lucida e, grazie al cielo, tenere lontane quelle immagini terribili dalla mente.
Vestirsi, colazione, zaino, spazzatura… Vestirsi, colazione, zaino, spazzatura continuò a ripetersi queste quattro parole come un mantra, senza mai deconcentrarsi così che, queste azioni automatiche, assorbissero la sua mente completamente.
Dick le eseguì senza davvero rendersi conto di cosa facesse ma concentrandosi solo ed esclusivamente sulle parole il che fu davvero un male perché nel momento in cui prese la spazzatura in mano con cartella sulle spalle e si rese conto che, anche se dipende dai punti di vista, non puoi davvero considerarti vestito con un misero asciugamano attorno ai fianchi.
Gettò indietro la testa chiudendo gli occhi e respirando lentamente chiedendosi se ridere o piangere e, tanto per non peggiorare la giornata, decise che un sorriso fosse la cosa migliore.
Si diresse nella sua stanza dando una sbirciata alla sveglia sul comodino mentre tirava fuori dall’armadio le prime cose che gli capitavano sotto mano. Cazzo, perdo il treno.
Mise la maglietta e i jeans senza nemmeno curarsi dei boxer, i cassetti erano troppo lontani per perdere tempo a prendere pure quelli, e corse fuori dall’appartamento come un razzo stravolgendo quasi la ragazza della porta accanto. Gridò qualche scusa distrattamente mentre macinava i gradini a una velocità impressionante che, per i rumori da rinoceronte che produceva, fece uscire la signora Sallen per cercare di capire se si trattasse realmente di un terremoto o fossero i suoi nuovi medicinali a farle quell’effetto. Resasi conto che in realtà a provocare tutto quel baccano fosse il giovane inquilino si mise a borbottare come un vecchio gatto stizzito e richiuse la porta del proprio appartamento. Dick, senza curarsi delle persone che lo guardavano stranite mentre correva verso la stazione riuscì all’ultimo a salirvi, travolgendo probabilmente un’altra dozzina di gente durante il tragitto. Quando le porte del treno si chiusero annunciando la partenza del treno cercò un posto a sedere e, buttandosi sull’ultimo posto in fondo, cominciò a rilassarsi.
La cabina in cui era seduto era come tutte le altre, un po’ pasticciata, non particolarmente pulita in generale ma sopportabile. Quel treno in particolare piaceva davvero a Dick, si vede che i costruttori avevano voluto fare qualcosa di stravagante per una volta dipingendo tutto in un marroncino chiaro, con al posto dei sedili delle panchine vere in legno con davanti tavoli dello stesso identico legno. Inoltre, stranamente, quello era l’unico treno in assoluto a non essere pieno di gente a quell’ora del mattino.
A dimostrazione che comunque fosse un treno quando Dick inspirò al posto di sentire la ricca fragranza di legno secco sentì solo una specie di mix di profumi e sudore. Che ci vuoi fare, non tutto è oro ciò che luccica.
Il treno entrò in una galleria e le strade trafficate vennero sostituite dal suo riflesso. Lui continuò a fissare un punto indefinito oltre al vetro non curandosi della propria immagine, dopotutto il suo aspetto non era importante, lui non era nato per essere attraente ma per essere forte, il suo compito era salvare le persone e il suo carattere o aspetto non avevano significato, semplicemente non importava.
La ragazza seduta due sedili più in là non sembrava però pensarla allo stesso modo e, attratta dai vivaci occhi azzurri, i capelli corvini e disordinati e pelle chiarissima, che gli davano un’aria da ragazzo cattivo e tenebroso, si alzò dal proprio posto tirandosi indietro i lunghi capelli biondi e sistemandosi la maglietta sul seno e avanzò piano verso la preda. Di certo, appena usciti dalla galleria e le sue curve esposte alla luce del sole, non passarono inosservate a molti passeggeri del vagone come anche la sua estrema difficoltà a camminare sul pavimento instabile con i tacchi rosso fuoco che si era messa.
Si avvicinò piano e con difficoltà alla sua preda ma infine ci riuscì e, senza nemmeno chiedere il permesso, come se la sua sola esistenza fosse un biglietto universale per permetterle un posto ovunque, si sedette di fronte al ragazzo. Appoggiò i gomiti sul tavolino situato tra di loro mentre con i palmi rivolti verso l’altro si sorreggeva il viso. Osservò per alcuni minuti il ragazzo notandone il semplice abbigliamento costituito da una maglietta bianca e un paio di Jeans. La maglietta la lasciò un po’ perplessa e anche il fatto che lui non l’avesse ancora notata ma decise che avrebbe che sorvolato su entrambe le cose e che il primo passo spettava a lei. Allungò la sua mano verso una delle due poggiate sul tavolo di Dick e le fece una lieve carezza. Lui spostò lo sguardo su di lei ma non cambiò la propria posizione rimanendo rivolto verso la finestra, solo gli occhi si mossero ad osservarla. Quando la ragazza gli sorrise lui ricambiò gentilmente rivolgendo finalmente tutto il proprio corpo verso di lei per non sembrare scortese ma, proprio mentre lei cercò di dire qualcosa di accattivante, il treno si fermò e lui si alzò dicendo che era la sua fermata.
Dick si rendeva conto di essere stato poco cortese ma non aveva alcun interesse nel fare conoscenza di prima mattina, ne di tradire la sua quasi-ancora ragazza.
Uscì dalla piattaforma di arrivo della stazione e poi dalla stazione stessa mentre stava seriamente considerando l’idea di tirare dritto e non voltarsi verso la confusione che si stava creando alla sua destra. Sentì urletti e gridolini di ragazze adoranti mentre una voce alta continuava a gridare il suo nome e una testa rossa saltava in mezzo alla folla sbracciandosi.
Quell’idiota poteva solo mettere grandi cartelloni pieni di lucine colorate con su scritto DICK SO CHE SEI Lì E IL MIO SCOPO NELLA VITA AL MOEMNTO è IMBARAZZARTI URLANDO E SALTANDO NELLA TUA DIREZIONE!!!! per farsi notare ancora di più.
Fortunatamente l’idea non parve venirgli in mente e Dick ringraziò mentalmente il cervello bacato di Wally per non avergli permesso di escogitare un piano del genere… oppure per non esserci ancora arrivato.
Valutò velocemente le sue possibilità di cui la prima era quella di camminare facendo finta di niente e nei peggiore dei casi di mettersi a correre ma probabilmente il suo amico non avrebbe desistito e lo avrebbe rincorso fino a quando non si fosse fermato, però nel frattempo oltre ad essere seguito Wally sarebbe stato anche inseguito da tutte le fan acclamanti di quest’ultimo, situazione che voleva ardentemente risparmiarsi.
Così optò per l’altra sua alternativa che consisteva nell’assecondare l’amico ed andargli incontro limitando di molto i danni che avrebbe potuto causare sia a se stesso che all’ordine pubblico.
«Ciao amico.»
«Ciao pagliaccio.»
«Non sei carino lo sai, ed io sono anche venuto a prenderti.»
«Si, carino come un pugno nello stomaco.»
Wally osservò per un momento l’ammasso di muscoli più basso che si trovava davanti.
«Ma ti sei messo la maglietta al contrario?»
Dick si guardò per la prima volta in quella giornata e si rese conto delle cuciture mentre il suo viso diventava caldo e probabilmente anche rosso. Abbassò le mani pronto quasi a togliersi la maglietta ma si ricordò di essere in pubblico e quindi afferrò uno dei suoi migliori amici e se lo trascinò dietro senza guardarsi intorno. Wally non oppose resistenza ma Dick non aveva la più pallida idea dell’espressione sul suo viso e si aspettava che scoppiasse a ridere senza tante cerimonie appena entrati in uno dei bagni universitari. Lo mollò in mezzo alla stanzetta andandosi a chiudere in uno dei piccoli cubicoli. Odiava il proprio pudore, era stupido e insensato, erano entrambi maschi e inoltre, senza contare che in missione rimaneva spesso a torso nudo, il suo amico lo aveva visto praticamente nudo tantissime volte.
Buttò a terra lo zaino, si tolse la maglietta e se la rimise giusta riaprendo il chiavistello della porta malconcia. Evitò deliberatamente di guardare nei grandissimi specchi appesi a una parete del bagno anche se riuscì comunque ad avere conferma del suo fantastico colorito.
Grazie maledetta vista periferica.
Evitò di penarci troppo e si fissò sul viso di Wally che intanto lo guardava con fare serio, stranamente neppure un accenno di divertimento in viso.
Non aveva idea di che cosa dire e neppure l’amico sembrava intenzionato a parlare mentre il silenzio si protraeva.
La porta del bagno si aprì e un ragazzo minuto entrò accorgendosi subito della tensione e infilandosi velocemente dietro a una delle porte. Grazie al cielo aveva interrotto il contatto visivo tra i due che in silenzio uscirono e camminarono verso la propria aula della prima ora.
«Amico, stai bene?» Una domanda improvvisa quanto anche abbastanza sottovalutata che fece riflettere Dick.
«Si, sto bene.»
Sto davvero bene?

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Capitolo 2
*** A Un Passo Da Te - capitolo 2 ***


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Se davvero pensate di esservi aggiudicati, grazie al vostro pessimo Karma, il peggiore, il più cattivo e il più infido professore di tutto l'universo allora non vi preoccupare c'è sempre di peggio. E Dick ha seriamente avuto il peggio, la Brown era un'arpia dedita a far soffrire il più possibile chiunque le si piazzasse davanti. Se qualcuno pensa che fossero solo gli studenti a sopportarla allora non poteva essere più in errore, quella donna non risparmiava neppure i bidelli, i professori, le cuoche e persino il preside, c'era da supporre che non poteva nemmeno essere una di quelle zitelle con 46 gatti a cui fare da mamma perché trattava tutti gli animali alla stregua di immondizia.
Dopo questa piacevole introduzione ne Wally ne Dick si sorpresero del silenzio depresso che trovarono in classe quando entrarono, nessuno si azzardava a fiatare perché lei poteva arrivare in ogni momento e iniziare la lezione di propria iniziativa anche prima del suono della campana. Un ticchettio risuonò in lontananza nel corridoio e nonostante il casino dei corridoi ancora pieni di persone tutti senza esclusione lo sentirono, come se improvvisamente il super udito di Superman fosse di dominio pubblico.
Gli ultimi arrivati corsero ai propri posti e si misero a sedere prima che il ticchettio entrasse in classe portando con se un intenso odore di profumo costoso e una donna alta con un viso serio e scontento.
Nessuno osò fare il minimo suono mentre lei iniziava la lezione senza nemmeno curarsi di salutare. Pensandoci bene l'unico punto a favore di quella donna era la sua capacità a spiegare Scienze Delle Finanze facendo capire almeno un poco ciò di cui si sta parlando. Altri pregi poteva trovarli solo Satana.
Dopo aver fatto l'appello e introdotto l'argomento a lezione procedette relativamente bene fino a quando la professoressa passò accanto al banco di Wally. L'idiota aveva messo a rischio la sua vita tirando fuori il cellulare e la cosa fece vacillare parecchio la fragile tranquillità mentale della Brown. Decisamente tanto.
«Ho il sentore che in questa aula stia funzionando un apparecchio elettronico che contrae diverse punizioni del regolamento.»
Dick guardava preoccupato l'amico mentre questo non pareva essersi ancora accorto delle circostanze. La donna stava guardando verso il banco pieno di libri inutilizzati dall'alto in basso con espressione severa.
«Signor West, per qualche motivo potrebbe essere correlato con l'avvenimento, sa per caso intuire a che cosa potrei starmi riferendo?»
Il cellulare sparì immediatamente dalle mani del colpevole a una velocità impressionante.
«Mi può cortesemente mostrare le mani?»
Wally con aria innocente e ignara mostrò le mani alla Brown e Dick non riuscì a trattenere un sorriso mentre alla strega che ormai stava pregustando la punizione che avrebbe inflitto si aprivano leggermente gli occhi dalla delusione.
«Che cosa succede prof?» Sorrise sardonico il rosso con nemmeno una briciola di rimorso in viso. Dick fece una lieve risata.
Gli occhi fiammeggianti si spostarono alla sorgente del suono e Dick tacque distogliendo lo sguardo. La donna indugiò sul viso colpevole ma per pietà o divertimento che sia, ridiresse la propria attenzione su Wally che le stava ancora sorridendo contento.
Lo fulminò con sguardo vendicativo e se ne andò ignorando la domanda. La lezione proseguì come se non fosse accaduto niente per il sollievo di tutta la classe, alcuni fissarono male Wally, altri gli lanciarono sguardi di ammirazione.
Dick tirò un pugno nel fianco dell'amico che ricambiò con un calcio senza girarsi.




Con gli occhi chiusi Dick ispirò l'aria fresca e pulita fuori dall'entrata della scuola, il sollievo gli fece quasi dimenticare l'incontro che doveva affrontare.
Una sensazione strana lo pervase, come se qualcuno lo stesse osservando, un brivido freddo lungo la schiena. I suoi allenamenti gli imponevano di aprire gli occhi e cercare la sorgente dello sguardo ma per qualche strano motivo non lo fece, non si sentiva in pericolo e anche se fosse stato il contrario a chi importava? Buttò la testa all'indietro respirando a pieni polmoni e rilassando le spalle mentre tutto intorno a lui gli studenti si affrettavano come formiche disordinate verso le proprie destinazioni. Lui stava tranquillo, come se si aspettasse da un momento all'altro di essere attaccato in mezzo alla strada piena di persone e non vedeva nessun motivo per cui dovesse combattere.
Una mano si posò pesantemente sulla sua spalla e lui credette quasi che gli stesse per arrivare un pugno.
«Hey, stai spaventando i passanti» la voce di Wally sussurrata piano e in modo dolce gli fece capire che era stato un codardo, che non poteva semplicemente scappare dall'incontro con Koriand'r. Aprì gli occhi e tentò di ignorare gli sguardi indagatori dei passanti e delle solite tre fan dell'amico che lo seguivano ovunque, anche a scuola. L'unico momento in cui non erano presenti forse era in classe, stranamente nessuno si sedeva accanto a Wally tranne lui.
«Devo andare.»
«Vuoi un passaggio?»
«No... Devo andare.» Senza aggiungere altro Dick proseguì lungo il marciapiede lasciando l'amico con il volto dubbioso a rispondere alle proprie domande da solo. Stava andando a rotoli tutto, non sapeva che cosa fare.
Mentre camminava lasciava dondolare la testa e i piedi gli si trascinavano come a uno zombie, non sapeva come avrebbe fatto a sopportare un'altra serata disastrosa.
Tirò fuori il telefono e selezionò il numero di Koriand'r desiderando di disdire l'appuntamento ma il suo senso del dovere e l'orgoglio di non essere un debole glielo impedirono e passò ai numeri dopo. Il contatto di Kael lo spinse a sorridere e selezionare il tasto di chiamata ma subito dopo se ne pentì, l'accademia bloccava ogni genere di segnale elettronico. Riattaccò alla voce elettronica che gli aveva risposto e continuò a far scorrere verso il basso ignorando volutamente i numeri dei suoi amici, non avevano bisogno di subirsi paranoie inutili.
Si rimise il cellulare in tasca sospirando mentre si avviava verso la serata più difficile che avesse mai affrontato.




Jessie mi sorrideva raggiante con la chioma scarmigliata e gli occhioni grandi e dolci con le sfumature dell'autunno. A Dick lei piaceva davvero, era pestifera e un'esplosione di energia, era sempre pronta allo scherzo e non si tirava mai indietro da qualunque scommessa, la sorellina che non aveva mai avuto.
Si trovavano entrambi in perlustrazione sopra al tetto di un capannone, il buio era sceso da parecchie ore e una pioggerella noiosa e insistente peggiorava ancora di più la visibilità. Dick e Jesse si erano incontrati poco prima per organizzarsi il territorio, la Titans non aveva turni precisi per le pattuglie ma accadeva spesso che i componenti si incontrassero a coppie o a gruppetti e organizzassero le zone di perlustrazione così da coprire raggi più ampi. Quella notte dovevano trovarsi in tre ma Wally non si era presentando a Jasse stava diventando impaziente, gelarsi il culo su un tetto non doveva essere il massimo divertimento per un'adolescente il venerdì sera.
Dick ignorava volutamente le sue occhiate torve guardandosi in giro nella ricerca di un costume rosso ma cedette e tirò fuori il cellulare quando si sentì arrivare un calcio sul ginocchio.
Passarono diversi squilli senza risposta sotto l'occhio attento della ragazza, Dick temeva che l'amico non avrebbe risposto e di perdere il ginocchio, le adolescenti arrabbiate cominciavano a spaventarlo, sopratutto quando ne incontrava due in una giornata sola.
Finalmente la chiamata venne presa e sentì subito il trambusto del vento dall'altra parte, probabilmente Wally stava correndo.
«Comunica a quello stronzo che appena lo becco lo stendo! Deve piantarla di tirarci il pacco.» Jesse si scostò dall'orecchio dell'amico con un sorriso colpevole. Le ragazze fanno proprio paura.
«Mi sta minacciando di stupro?» La voce ridente dall'altra parte della cornetta fece arrabbiare ancora di più la giovane che si avventò sulla mano che teneva il telefono. Dick si scostò appena in tempo e, girandole prontamente intorno la prese per la vita imprigionandola. L'amica squittì cercando di liberarsi mentre Wally rideva divertito sentendo i rumori.
Dick tirò un sospiro di sollievo per il permesso che gli aveva concesso Jassie, con la sua velocità in condizioni di combattimento lei sarebbe stata dall'altra parte della città prima ancora che lui avesse fatto anche un solo passo. Si concentrò nel parlare con il suo interlocutore rafforzando la stretta del proprio braccio.
«Dove sei amico, è da quindici minuti che ti aspettiamo, mi si sono gelate persino le mutande.»
«Perché tu le indossi?»
«Perché tu no?»
La risata dall'altra parte lo fece pentire di aver chiesto.
«Chiedi alla gallina se ha le mutande.»
L'eroe guardò l'amica ignara e divenne serio, c'era qualcosa che gli puzzava in tutta quella situazione.
«Serio, Wally, dove cavolo sei? Non è la prima volta che non vieni, è da un mese che non facciamo un'uscita regolare insieme e anche gli altri dicono di non avere fatto pattuglie con te. Hai qualche problema, sei nei guai?»
«Ma che stai dicendo? Sto perfettamente bene, e cerca di non controllarmi mammina cara. Semplicemente ho una pista.»
«È pericoloso indagare da solo, siamo una squadra e dobbiamo condividere le informazioni e i pericoli.»
«Ma quanto sei carino quando fai così. Comunque non ti preoccupare, non è una traccia pericoloso, si tratta di quei strani omicidi che stanno succedendo ultimamente. Non è comunque niente di sicuro, potrebbe essere solo un buco nell'acqua, non volevo agitarvi per qualcosa di così incerto.»
«Va bene, allora qui facciamo da soli, però se succede qualcosa e ti senti in pericolo chiamaci. Saremo là il più velocemente possibile.»
Rimettendo il telefono a posto Dick lanciò un'occhiata preoccupata all'amica che si era liberata dalla sua stretta e allontanata camminando con nervosismo. Sembrava stesse pensando a qualcosa con intensità e Dick si sorprese di trovare sul suo viso ansia e preoccupazione al posto di rabbia. Si mise davanti a lei fermando la sua marcia e posandole una mano dolcemente sulla spalla.
«Che c'è?»
Jesse scosse leggermente la testa rifiutandosi di alzarla anche quando una carezza gentile provò a sollevargliela. Prese un respiro profondo e diede indicazioni veloci a Dick sulla suddivisione del territorio prima di allontanarsi volando verso il lato est della città. Dick era confuso mentre guardava nella direzione in cui Jesse era volata, la sua espressione non aveva giustificazioni e per quanto ci pensasse il tutto gli sembrava strano.
Prese la rincorsa e protese il proprio corpo in avanti per raggiungere il tetto successivo mentre si dirigeva verso il versante ovest della città per iniziare il giro di pattuglia. Le sue gambe si muovevano e saltavano in automatico mentre la mente veniva invasa da mille pensieri in cerca di risposte che al momento nessuno sembrava essere in grado di dargli. Lui continuava a fare strani sogni di situazioni che non voleva sicuramente ricordare, non capiva il proprio stato d'animo e in aggiunta i suoi amici si comportavano in modo strano. Garth non si faceva vedere in giro da settimane, Wally andava da solo a seguire piste sospette e Jesse sembrava essere preoccupata in modo spaventoso per qualcosa.
Mentre scendeva nei vicoli calandosi giù da una scala antincendio e si guardava attorno continuando la corsa altre domande gli vennero in mente. Perchè lui non si fa sentire? Che cosa sta combinando Wally? Come mai c'è così tanto silenzio da parte dei nemici? Perchè le nostre piste sono solo un paio di piccoli serial killer? Cosa faccio con Koriand'r?
In risposta alle domande di Dick c'era solo il silenzio, non aveva più nemmeno l'inventiva di fare supposizioni, le aveva probabilmente pensate tutte e tutti quei dubbi insieme gli facevano girare la testa. Mentre si fermava a dare un'altra controllata in giro dal vicolo in cui si era fermato vide dei ragazzi che camminavano fuori dal cinema lì accanto. Sembravano così felici e spensierati con le loro ragazze a braccetto e Dick si domandò perché lui non potesse avere quella felicità, perché non poteva avere una conversazione con la sua ragazza senza che lei gli rinfacciasse di essere una macchina. Si sentiva tanto come quei mariti accusati di pensare solo al lavoro, di non riuscire ad amare veramente la moglie, ma lui stesso dubitava di riuscire davvero a essere utile a qualcosa che non fosse la sua professione da eroe. Si sentì sporco e in colpa per la sua invidia, dopotutto non riusciva a fare altro che porsi inutili domande a cui non rispondeva e pretendere troppo.
Si vergognò ancora di più per il proprio egoismo, era un uomo alto e forte, molto forte, e sapeva di essere intelligente e utile. Aveva la riconoscenza di moltissime persone a cui aveva salvato la vita nel corso delle sue missioni e amici che nonostante un po' confusi e combina guai sapeva che gli volevano bene a modo proprio. Tutto questo però sembrava non bastargli e non era sicuramente quello che gli era stato insegnato, nella sua mente comparve l'espressione di disappunto del suo mentore.
Si grattò la testa per scacciare quel vortice confuso di pensieri mentre ricominciava a muoversi tra i vicoli parlottando e insultandosi per la propria distrazione quando sentì un suono strano in lontananza. Seguì un attimo di silenzio e il forte rumore si ripeté facendo percepire quasi delle vibrazioni attraverso il terreno. Dick controllò se le persone che vedeva dal vicolo si fossero accorte di niente ma pareva non percepissero gli scoppi e le vibrazioni che ne provenivano.
Rivolto il proprio viso verso l'alto risalì con una rapida rincorsa il muro dell'edificio di fronte a lui facendosi leva sui davanzali quando stava per scivolare sulla superficie liscia senza sporgenze. Appena sopra al tetto inclinato scorse riflessi rossi nel cielo alla propria sinistra e si diresse verso essa mentre i rumori di fuoco ed esplosioni si facevano sempre più forti. Mentre avanzava una sirena passò nella strada sotto di lui, probabilmente la polizia oppure i pompieri, ancor meglio entrambe le cose anche se spesso finivano per interferire e alcuni dovevano anche essere salvati alla fine della fiera. Il giovane eroe rise piano ricordando di tutte quelle volte che aveva dovuto salvare sia pompieri che poliziotti, a volte anche civili più stupidi o coraggiosi del normale, ma li rispettava comunque per l'eroismo che dimostravano.
Si riconcentrò sul capanno in fiamme che ormai riusciva a scorgere e vedere bene. Mentre le persone si radunavano sotto l'edificio lui saltò con precisione sul tetto mezzo crollato e agilmente si introdusse dentro piazzandosi su alcune assi proprio sotto il soffitto. Osservò la scena sotto di se mentre quelli che sembravano ladri prendevano tutto quello che potevano indisturbati e Dick li avrebbe attaccati se un rantolo strozzato non lo avesse richiamato dalla direzione opposta in cui si trovava. C'era una figura nera accasciata a terra mentre uno dei due uomini che la sovrastava sollevava un tubo pesante di ferro e la abbassava violentemente sul fianco della persona all'angolo. Dick riconobbe il proprio mentore e mentre la sbarra si risollevava di nuovo per colpire ancora lui si avventò sull'aggressore facendogli colpire con la faccia violentemente il muro. Alzò il braccio per bloccare l'attacco del complice e gli restituì un potente gancio sui reni. Mentre altri accorrevano per aiutare i compagni lui vide Batman cercare di rialzarsi senza tanto successo. Avrebbe voluto chinarsi e aiutarlo, medicargli le ferite o almeno farlo star tranquillo ma non ne aveva il tempo perché lo stavano attaccando di nuovo e la faccenda si stava facendo pericolosa.

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