E' un gioco ma non un divertimento.

di giascali
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di tempo che passa e nuovi compagni. ***
Capitolo 2: *** Bug e nuovi giochi. ***
Capitolo 3: *** Promesse e beater. ***



Capitolo 1
*** Di tempo che passa e nuovi compagni. ***


Note: In teoria dovrei fare tutto tranne iniziare una raccolta ma l'ispirazione è venuta e non vuole andarsene, dopotutto chi sono io per rifiutare la ""benedizione"" delle Muse? Comunque, prima del capitolo lascio qualche punto per semplificarvi la comprensione, per chi non ha mai visto Sword Art Online.
  • Allora, Sword Art Online è un anime che parla appunto dei giocatori di un gioco di ruolo multigiocatore di massa i cui partecipanti scoprono troppo tardi di poter uscire o vincendo o morendo. Prima di giocare bisogna indossare un caschetto che scannerizza il volto del giocatore, così nell'universo del gioco questi ha il suo reale aspetto fisico. Ognuno controlla il proprio personaggio con la mente, quindi mentre gioca rimane immobile. Quindi è impossibile toglierselo. Dentro il caschetto c'è una sorta di sensore che, se qualcuno tenta di rimuoverlo, si attiva e provoca la morte del giocatore. Stessa storia se questi muore nel gioco.
  • Per uscire, devono superare tutti e 100 i piani del gioco, sconfiggendone i boss. Di questo si occupa un insieme di gilde.
  • Le gilde sono gruppi di giocatori che si uniscono. Ognuna ha un nome.
  • I killer sono dei giocatori che uccidono altri giocatori.
  • I dungeon sono dei luoghi in cui i giocatori possono procurarsi degli item, ovvero oggetti molto utili. Ce ne sono di tutti i tipi (resurrezione, combattimento eccetera). Qui ci si può anche guadagnare anche del denaro, per comprare da mangiare o prendere una camera in una locanda.  
  • Ho cambiato alcune cose rispetto a Sword Art Online, tipo gli avversari, l'ambientazione i vestiti e altro.
Spero che sia tutto chiaro :)
 
Tempo che scorre e nuovi compagni.
 
 
 
Prima di quel momento, Percy non aveva fatto molto caso allo scorrere del tempo. Certo, più giorni passava rinchiuso lì dentro significavano meno giornate nel mondo reale, con sua madre e il suo patrigno, con i suoi amici, di questo ne era consapevole. Ma, da quando non faceva più parte di una gilda, aveva smesso di curarsene: l’importante non era lo scorrere delle ore, dei giorni, delle settimane, dei mesi, ma sopravvivere. Fino ad ora, se la stava cavando niente male anche da solitario.
Fu  una sorpresa per lui scoprire, al suo risveglio, una collanina di cuoio con una sfera di terracotta legata al collo. Sulla sua superficie liscia c’era dipinto, su sfondo bianco, una figura antropomorfica, con la testa di un toro: il Minotauro, ovvero l’ultimo boss sconfitto da coloro che combattevano in prima linea.
Percy si concesse un lieve sorriso prima di alzarsi dal suo letto alla locanda. Il Minotauro non era stato un avversario facile, dopotutto erano al piano 42, ma, alla sua morte, gli aveva regalato un suo corno, che era se ne stava appoggiato sul tavolo della stanza.
Il ragazzo gli diede una veloce occhiata, considerando l’opzione di venderlo o tenerselo come ricordo. Non era un item, quindi era pressoché inutile, ma a Percy piaceva, era come un trofeo che dimostrava la sua bravura con la spada.
Riposò il suo sguardo sulla perla e aggrottò la fronte: come ci era finita al suo collo? Possibile che qualcuno fosse entrato nella stanza? Ma a che scopo? Nelle zone sicuro non si potevano uccidere gli altri giocatori, se non con un duello. Però era evidente che non lo avessero sfidato, approfittandosi del fatto che fosse addormentato, perché altrimenti che senso avrebbe avuto lasciargli come ricordino quella collana?
No, doveva esserci una spiegazione. E questa venne proprio qualche secondo dopo: all’improvviso ci fu un forte rumore, simile al rintocco di un orologio. Percy corse subito alla finestra, non curandosi del fatto che fosse a petto nudo. Il suono sembrava provenire da fuori. Si affacciò e vide molti altri giocatori fare come lui, alcuni erano usciti dalle loro case e si stavano dirigendo con passo urgente verso la piazza principale della città.
Il ragazzo non ci pensò un attimo, si vestì e precipitò fuori dalla stanza e dalla locanda, con altrettanta velocità, desideroso di seguire la folla. Dalle abitazioni uscivano sempre più giocatori, curiosi come lui di scoprire la causa del rumore, fino a che avanzare senza dare spallate ai propri vicini divenne abbastanza difficile. Percy si fece largo tra gli altri e, quando riuscì a “conquistare” un posto in prima fila, si stupì che nella piazza non ci fosse nulla. Si guardò in giro, cercando con lo sguardo cosa avesse provocato il rintocco ma l’unica cosa che notò furono i visi degli altri giocatori puntati verso l’alto, alcuni con espressioni di terrore, altri sorpresa e speranza. Li imitò, giusto in tempo per non perdersi lo spettacolo di una lama che squarciava il cielo, aprendo un varco lungo e stretto.
Alcuni non si preoccuparono di esprimere la loro paura con urli ed esclamazioni ma Percy non si fece caso, troppo occupato a cercar di allontanare un’orribile sensazione di deja vu: quella scena l’aveva già vista, molto tempo fa al primo piano del gioco, quando Crono, colui che aveva inventato The Titans' Revenge, aveva annunciato che l’unico modo per uscirne incolumi era vincere.
Fu proprio Crono a venire fuori dallo squarcio appena creatosi: Percy vide le sue mani, enormi, come le ricordava, allargarlo per far spazio al resto del corpo. Ne uscì con un sorriso crudele in volto, che gli fece venir voglia di sguainare Vortice e ridurlo in tanti pezzettini di pixel.
Anche quel giorno Crono indossava un’armatura di bronzo e alla mano sinistra teneva una falce. I suoi terribili occhi dorati osservarono tutti i giocatori, prima che iniziasse a parlare: - Congratulazioni a tutti coloro che sono arrivati fino a qui, al piano 42! Da oggi è esattamente un anno che siete qui, rinchiusi. – fece un sorriso crudele. Percy strinse i pugni, la mascella serrata. – In questo arco di tempo – disegnò un arco con la sua face, lasciando una scia dorata che divenne sabbia e cadde su alcuni giocatori. – sono morti tremila dei vostri amici, compagni e, perché no, tanto tutti voi conoscete l’esistenza dei killer, nemici. Ho pensato di regalarvi una collanina per tirarvi su il morale, perché da questo piano in poi le cose si complicheranno non poco. – dopo di che, come aveva fatto dodici mesi prima, alzò la falce e con la lama squarciò un altro tratto di cielo, che si richiuse subito dopo che Crono scomparve alla loro vista.
Percy strinse la collana al collo, simbolo del tempo che scorreva lontano da casa e si chiese se la perla avrebbe avuto un altro disegno, se fosse stato ancora parte della sua vecchia gilda. Sarebbe stato nello stesso piano o in uno più in alto? Scosse la testa, non aveva importanza: era impossibile ritornare indietro, lo sapeva bene. Mentre ritornava alla sua locanda, ignorò bellamente il vociare preoccupato degli altri giocatori. Un ghigno comparve sul suo volto: quella che Crono aveva appena lanciato a tutti loro era una sfida a sopravvivere e Percy era più che intenzionato a coglierla.
 
***
 
Qualche giorno dopo, si trovava in un dungeon dello stesso piano, più precisamente in una foresta. Il locandiere era stato chiaro: se non voleva dormire per strada quella notte, avrebbe dovuto pagare, poco importava che combattesse in prima linea. I suoi soldi si stavano esaurendo e non aveva intenzione di rischiare la pelle in un labirinto soltanto per guadagnarne di più.  Era proprio a causa della cupidigia che molte gilde cadevano nelle trappole di quei posti, facendosi ammazzare. Nelle taverne non era inusuale raccontare dei giocatori che morivano proprio per questo motivo o impazzivano addirittura. Quella più famosa era su una coppia che vi si era addentrata per potersi pagare i mobili della casa appena comprata e ne era uscito solo il ragazzo, con la mente a pezzi.
Una volta ci era stato e gli era bastata.
Preferiva guadagnarsi i soldi in dungeon il cui unico pericolo fossero qualche mostro di troppo, di cui si poteva liberare facilmente.
La situazione che appena creatasi, era proprio di quel genere. Era accerchiato da un gruppo di dracene particolarmente aggressive, circa sei. Ne aveva viste di peggio. Una volta, quando faceva ancora parte di una gilda, aveva combattuto con i suoi compagni contro un drago di metallo grande come uno scuolabus. Con un salto uscì dal cerchio e atterrò dietro a due dei mostri. Con un colpo di spada le colpì alla schiena ancor prima che queste potessero voltarsi per affrontarlo. Un po’ di polvere dorata gli finì negli occhi ma decise che non era il caso lamentarsene. Corse contro una terza che gli stava venendo incontro e la trafisse con Vortice, riducendola in frammenti. Evitò gli attacchi di una quarta e una quinta, respingendole a colpi di piatto e affondi, per poter avere più raggio d’azione con la spada. Con la coda dell’occhio lanciò un’occhiata alla sesta, che si stava avvicinando furtiva.
Se fosse avanzata ancora, sarebbe potuta divenire un problema serio.
Percy fece un passo avanti e disegnò un arco nell’aria con Vortice, allontanando ulteriormente le due dracene, poi saltò all’indietro, trovandosi faccia a faccia con la terza ancora in vita. Scansò la sua lancia di bronzo celeste e si spostò al suo fianco destro, per poi colpirla e disintegrarla.
 Se possibile, le altre due furono ancora più facili da sconfiggere: ormai ci aveva preso la mano.
Il ragazzo aprì il suo account e controllò i soldi, esultando quando vide la cifra, aumentata significantemente: quel giorno avrebbe mangiato da re.
Il suo stomaco sembrò approvare.
 
***
 
Stava dirigendosi verso l’uscita della foresta quando sentì le urla. Si fermò all’istante e si guardò attorno, cercandone il proprietario. Un secondo urlo gli fece capire da dove provenissero. Senza pensarci due volte, sguainò la spada e si diresse in aiuto del giocatore in pericolo. Non importava il fatto che per lui fossero degli sconosciuti o altro: non poteva permettere che dei giocatori morissero senza che lui non cercasse di salvarli, Chirone gli aveva raccomandato di salvarli, prima di chiudere per sempre gli occhi.
Il suo cervello trovò opportuno ricordargli in quel momento come l’avesse guardato mentre stava perendo, dopo essersi sacrificato per tutti, per lui. Percy scosse violentemente la testa, allontanando il ricordo del suo maestro, e si inoltrò nuovamente nella foresta. Gli alti alberi di pino sfrecciavano attorno a lui e vi dedicava solo una briciola della sua attenzione, già troppo occupata a localizzare da dove provenissero le urla e a chiedersi di cosa si trattasse. Dracene? Ciclopi? Lestrigoni?
Con un ultimo balzo, raggiunse una piccola raduna circolare, sgombra di alberi. C’erano tre ciclopi che stavano combattendo contro due giocatori, un ragazzo ed una ragazza.
Non se la stavano cavando bene. Il ragazzo era ferito, Percy poteva vedere i suoi punti hp abbassarsi troppo velocemente, ma, ciononostante, continuava a combattere con un ciclope armato di un grosso bastone. Riusciva a schivare i suoi attacchi e ogni tanto ne provava qualcuno, non ottenendo grandi risultati. La sua compagna se la stava cavando meglio: teneva a bada gli altri due mostri, schivando i loro assalti e colpendoli con veloci affondi. Era brava. Percy strinse la presa sull’elsa di Vortice e si unì alla battaglia. Prima che se ne fosse reso conto, aveva già deciso di aiutare la giocatrice, dopotutto stava affrontando pur sempre due ciclopi. Avversari non troppo veloci, certo, ma forti e violenti. Se ne avesse trascurato uno, l’avrebbe potuta uccidere senza difficoltà. Colpì la gamba destra di uno dei due, attirando l’attenzione. Saltò all’indietro quando questi decise che sarebbe stato più divertente spiaccicarlo con la sua clava e gliela tagliò a metà. Il ciclope lanciò un urlo di rabbia, facendolo sorridere: era sempre spassoso vedere le espressioni sbigottite dei suoi avversari quando rompeva i loro “giocattoli”, mostri o giocatori che fossero.
Il ciclope prese un bastone dal suo rifornimento d’armi. Tentò poi di colpirlo ma Percy già si era spostato al suo fianco. Il ciclope si stava per voltare e magari provare un altro attacco ma non in maniera abbastanza veloce, perché il ragazzo lo spolverizzò con un affondo al petto.
Un altro urlo gli impedì di potersi godere quella piccola vittoria. Il suo sguardo corse alla ragazza ma stava bene, aveva distrutto anche lei il suo avversario. Quello che aveva urlato era il ragazzo, ora a terra e su cui incombeva il terzo ciclope. Percy si scambiò un’occhiata con la giocatrice, di cui riusciva a vedere solo i capelli ricci e biondi legati in una coda, il volto coperto dall’ombra proiettata da un elmo argentato che gli ricordava la testa di un gufo o una civetta.
Non ci voleva un genio per capire che si stesse domandando da dove fosse spuntato ma parve non importarle poi così tanto in un momento come quello, dato che poi gli urlò: - Tu difendi Grover e io lo finisco! –
Percy annuì e raggiunse il mostro, si mise tra lui e il ragazzo, per poi deviare il suo bastone.
Fermò un altro suo attacco, insolitamente veloce per un avversario come lui e lanciò un’occhiata alla ragazza. – Switch! – urlò lei, prima di saltare e finirlo con una pugnalata alle spalle.
Il mostro si dissolse nella solita polvere dorata, lasciando Percy e la bionda sfiniti ed ansimanti.
Si guardarono per un attimo, poi l’attenzione della ragazza si focalizzò sul suo compagno ferito, presto imitata da quella di Percy. Si inginocchiarono a fianco del terzo giocatore. Era magro, i capelli castani e ricci. Teneva gli occhi chiusi e il volto era attraversato da un’espressione di dolore, più per abitudine che per vero e propria sofferenza, dato che nel gioco non era possibile provarne.
-Grover, resisti! – esclamò la sua amica mentre frugava nel suo account per prendere dell’ambrosia.
Ne spezzò con urgenza un pezzo e con delicatezza aprì la bocca dell’amico, posandogliela sulla lingua. Dopo qualche secondo in cui mantenne un’espressione sofferente, i suoi punti hp salirono fino a che la barra da rossa divenne di un più sano giallo, tendente al verde. Percy sbirciò il suo livello: 34. Aprì gli occhi e dopo un momento di spaesamento li puntò su Percy. Si mise a sedere e, mentre si arruffava i capelli, aggrottò le sopraciglia. – Tu chi sei? –
L’interpellato si mise in piedi e rinfoderò Vortice. – Mi chiamo Percy Jackson. – rispose, lieto che non fosse morto nessuno. Chirone sarebbe stato fiero di lui. Ripensando a lui, il suo cuore ebbe una dolorosa fitta. Nonostante fosse successo molto tempo fa, nel primo piano, era ancora una ferita fresca per lui. Charles aveva passato settimane a non fare altro che ripetergli che la sua morte non era colpa sua. Scacciò quel pensiero.
Grover sorrise grato. – Ci hai salvato, grazie. – Percy ricambiò il sorriso. – Io sono Grover Underwood e lei è Annabeth Chase. – indicò la sua compagna, che nel frattempo si era tolta l’elmo, permettendogli di poterne vedere il viso e di conseguenza gli occhi grigio tempesta che lo stavano studiando, come se la ragazza fosse sul punto di attaccarlo, anche se era ancora seduta a terra.
Percy accennò un altro sorriso nella sua direzione.
-Percy Jackson, hai detto? – domandò lei con voce seria. Annuì, incerto su dove volesse parare. – The Son of Poseidon? Il combattente solitario in prima linea? –
Annuì ancora. – Sono io. – affermò. Accanto a lui, Grover fece un’esclamazione di sorpresa.
-Oh, dei del cielo, sei tu! È da mesi che io e Annabeth sentiamo parlare di te! – disse con gli occhi castani sgranati, come se fosse incredulo che fosse proprio davanti a lui.
Percy inclinò la testa. Non credeva di essere poi così famoso. C’era anche un altro combattente solitario altrettanto valido in prima linea, non gli sembrava di essere così straordinario da essere oggetto di qualche conversazione. – Davvero? – chiese lentamente.
Annabeth fece un cenno d’assenso. – Tu e The Ghost King siete conosciuti tra la maggior parte dei giocatori, nonostante la maggior parte delle volte siano le gilde delle Amazzoni o delle Cacciatrici a sconfiggere i boss dei vari piani. –
Ah, quindi anche Nico era famoso. Percy sorrise al pensiero di come avrebbe potuto reagire il suo amico, se in quel momento fosse stato lì con lui. Sicuramente neanche lui avrebbe represso una reazione sorpresa.
-E a maggior ragione, trovo stupido andarsene in giro da soli in un posto come questo. – aggiunse la ragazza.
-Nel caso non l’avessi notato, io vi ho appena salvato. – ribatté piccato nell’orgoglio il ragazzo. – Da solo. – rincarò la dose. Non voleva essere giudicato per le sue scelte. In quell’anno aveva fatto parte solamente di una gilda e trovava che sarebbe stato irrispettoso alla memoria dei suoi amici unirsi ad un'altra solo per necessità. Il legame che lo aveva legato a Silena, Charles e Michael era stato molto più forte del mero bisogno che univa molte gilde che aveva incontrato. Si conoscevano anche nella realtà e non avevano esitato un attimo ad allearsi. Nonostante quel posto fosse un inferno, in loro compagnia aveva passato tanti bei momenti, tutti custoditi con affetto nella sua testa. Per lui, far parte della gilda non differiva molto dall’essere in un gruppo di amici, se un giorno avesse deciso di unirsi a degli altri giocatori, voleva che il rapporto che li avrebbe legati fosse quanto meno simile a quello con i suoi vecchi amici.
Annabeth alzò gli occhi al cielo e non rispose, alzandosi in piedi anche lei. Si sciolse i capelli per poi legarli in un’altra coda più ordinata. Raccolse l’elmo e se lo rinfilò. Si muoveva con velocità e sicurezza, al contrario del suo amico. Percy si chiese se quello fosse il suo primo gioco mortale o avesse un vasto curriculum alle spalle.
Grover si mise in piedi. – Grazie ancora per averci aiutato a proposito. – si aggiustò l’armatura, anche se era ridotta parecchio male. Avrebbe dovuto cambiarla presto. – Dove sei diretto? –
-A Micene. – non vedeva l’ora di chiudersi in una taverna e abbuffarsi.
Il suo sorriso si allargò. – Anche noi! Potremmo fare della strada insieme, che ne pensi? –
Percy studiò per qualche secondo il suo volto, notando che aveva un accenno di pizzetto, doveva essere più grande di lui, forse sui vent’anni. Lanciò un’occhiata ad Annabeth, che doveva avere all’incirca la sua età. Era da un sacco di tempo che non stava con ragazzi suoi coetanei, le gilde che combattevano in prima linea erano composte per lo più da giocatori sui venticinque anni. Era da un sacco di tempo che non stava in compagnia, se si escludevano i locandieri con cui era solito scambiare a mala pena qualche chiacchiera, anche perché le Cacciatrici erano ancora alla ricerca del prossimo boss da sconfiggere.
-Certo, perché no? –
-Forte! Ehi diventiamo amici, ti va? – Percy annuì e aprì il proprio account, presto imitato dagli altri due.
Insieme si avviarono verso i confini della foresta. Annabeth camminava senza guardare avanti, stava controllando il suo armamentario, ma non sbatteva mai contro niente. Percy si chiese come facesse. Mentre Grover gli raccontava una barzelletta su quanti ciclopi ci volessero per avvitare una lampadina, Percy si concesse un sorriso, nonostante già la conoscesse: la sensazione che stava provando gli ricordava una simile provata molto tempo fa.


 ultime note lo giuro: In quanto Maggio è stato inventato per torturare tutti gli studenti, non potrò aggiornare regolarmente, anche perché ho finito proprio adesso di scrivere il capitolo e non ne ho pronti di nuovi. In compenso ho in testa più o meno tutta la storia dei vari personaggi. La trama salterà da un personaggio all'altro, facevo flash back o salti temporali. Credo che la raccolta sarà lunga al massimo dieci capitoli ma non ho ancora programmato come finirà. Fatto sta che mi impegnerò per non lasciarla incompleta ^^"
p.s. Se vi potesse interessare, nel prossimo capitolo la protagonista sarà Hazel.

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Capitolo 2
*** Bug e nuovi giochi. ***


Note: Approfitto di un giorno piuttosto ""leggero"" per aggiornare la storia, dato che mi ci sto affezionando e non so quando sarò in grado di pubblicare il prossimo capitolo. Chi ne indovinerà il proprietario del POV riceverà un biscotto virtuale e, se vuole, uno spoiler. Cooomunque, lascio anche qui qualche spiegazione: 
  • Allora, forse Hazel e Nico potrebbero risultare un po' fuori dai loro personaggi, a me non sembra ma voi ditemi se è così o no, però ci tengo a dire che in questa AU non hanno passato lo stesso inferno dei libri. Nella mia storia sono ancora dei normali ragazzi, che giocano e, perché no, si prendono in giro.
  • Come sopra, ho un po' stravolto anche il carattere di Marie Levesque (anche se in pratica l'ho solo nominata), il motivo è sempre lo stesso: non è mai stata ""posseduta"" da Gea e altro. Per Maria Di Angelo invece mi è sembrato di rimanere nell'IC, è un personaggio che mi piace molto e sono strasicura che, nella realtà, avrebbe lasciato subito Ade, non appena scoperto che ha una moglie, un'altra amante e addirittura una figlia. Non so perché non se ne sia accorta prima, diciamo che aveva un lavoro che lo costringeva a viaggiare molto e dunque le assenza erano giustificate. Mi piace pensare che Maria avrebbe fatto di tutto per non far soffrire i suoi figli per l'assenza e far crescere loro facendoli incontrare il più possibile con Hazel, dato che è pur sempre loro sorella. E' una sorta di mio headcanon.
  • Il bug è un errore del sistema.
  • VRMMORPG sta per "realtà virtuale di gioco di ruolo in rete multigiocatore di massa"
  • Le skill sono le varie abilità che possono acquisire i giocatori, possono essere di tutti i tipi: cucina, combattimento, pesca... Ho scelto di aggiungere anche quella di guarigione per un CERTO biondino :3
  • Il discorso di Crono è pressocché identico a quello che fa Akihiko Kayaba il creatore di SAO nel primo episodio, a cui è ispirato questo capitolo. Il prossimo seguirà molto la trama del secondo e del terzo.
  • Ho deciso di mettere la data per essere più fedele all'anime/manga, dato che anche lì ci sono. Non ne ho messe nel capitolo precedente perché, dopotutto, Percy ha perso la cognizione del tempo, dopo la morte dei suoi amici.
Credo di aver scritto tutto, buona lettura :)



Bug e nuovi giochi.
 
 
 

La sua passione per i giochi di ruolo online non era nata in maniera genuina: erano stati Sammy e Nico ad “iniziarla” a quel mondo, mostrandole le sue bellezze e i suoi divertimenti.
Prima di cominciare a giocare, Hazel non avrebbe mai immaginato che compiere una missione sarebbe stato bello quanto leggere uno dei suoi libri preferiti o disegnare, ma non era passato molto tempo affinché si ricredesse.
In quel mondo virtuale, Hazel si sentiva invincibile: là era conosciuta come The Pluto’s Daughter, la giocatrice con alte skill nel combattimento con le spade e che era riuscita a mappare l’intero sistema di tunnel sotterranei del regno di Uralia, non come Hazel Levesque, la figlia bastarda di Marie Levesque, la medium del quartiere francese di New Orleans.
E poi quei giochi online avevano un altro vantaggio: poteva avere ancor più occasioni per stare con Nico. Nico era il suo fratellastro, da parte del padre. Avevano la stessa età e, come lei, era nato da una relazione extraconiugale che il loro genitore aveva avuto con Maria Di Angelo, la figlia di un politico a Washington. Oltre a Nico, Hazel aveva anche una sorellastra, Bianca, di due anni più grande.
Li aveva conosciuti tramite loro madre. Maria Di Angelo, dopo la fine della sua relazione con Ade, durata ben cinque anni, avvenuta proprio per la scoperta dell’esistenza di non solo una moglie ma anche di lei e sua madre, aveva insistito per far conoscere i tre fratelli.
In un qualche modo, era riuscita ad ottenere il numero di Marie Levesque ed aveva insistito per incontrarla. Probabilmente una qualsiasi altra donna lo avrebbe fatto per curiosità o desiderio di vendetta, come in quelle commedie da quattro soldi, ma quello non era il caso di Maria Di Angelo.
Nessuna delle due era la motivazione per la sua richiesta, bensì una semplice frase che le avevano ripetuto fin da piccola e in cui credeva davvero: “Una famiglia rimane sempre unita”.
Non aveva nessun legame con Marie, a parte la relazione avuta con Ade, ovviamente, ma i loro figli sì e non aveva nessuna intenzione che un uomo che le aveva nascosto di avere una moglie e un’altra amante impedisse che i tre bambini si conoscessero.
Così, le due donne, con rispettivi figli, si erano incontrate a metà strada tra New Orleans e Washington, ad Atlanta, più precisamente in un piccolo ristorante dove si scambiarono le loro storie, coi bambini attorno. Hazel aveva compiuto da poco un anno, non aveva mai visto il suo padre biologico ma, nonostante non lo sapesse ancora, due donne avevano appena deciso che avrebbero fatto di tutto per non fargliene sentire la mancanza nella sua vita.
In effetti era andata così: Hazel aveva preso il cognome di sua madre e in quel giorno di maggio ne aveva conquistata una seconda, grazie i suoi riccioli color cannella e il suo sorriso sdentato, che vedeva ogni mese, assieme ai suoi figli; la loro compagnia era di gran lunga migliore di un uomo assente, di cui non aveva mai visto il volto, che le mandava una cartolina di auguri al suo compleanno, con tanto di alimenti.
Ed era proprio con suo fratello Nico che stava parlando in quel momento.
-Credimi, Hazel, The Titans’ Revenge è il gioco del secolo: ti piacerà tantissimo. – dall’altro capo del telefono, il ragazzo tesseva le lodi dell’ultimo gioco online con cui si era fissato. Non faceva altro che parlarne da settimane e a tenerla informata su tutti i progressi che stava facendo.
Hazel posò lo sguardo sull’immagine in copertina del gioco: in alto svettava il titolo, scritto in oro, e sotto l’acropoli di Atene, senza nessun edificio in rovina, magnifica e accattivante. Al suo ingresso, stava un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Indossava un’armatura dorata e in mano teneva una spada dello stesso materiale, guardava Hazel come per sfidarla ad entrare anche lei in quella città piena di mostri, che la ragazza vedeva osservarlo minacciosi.
Aveva comprato il gioco proprio quella mattina, assieme a Sammy, dopo essere stati in fila per una notte intera. Di norma, non avrebbe fatto nulla del genere per un gioco, ma Nico aveva insistito che sarebbe andato a ruba e che, se volevano giocarci assieme, l’unico modo per ottenerlo sarebbe stato quello.
A differenza loro, Nico non aveva avuto bisogno di muoversi da casa per ottenerlo, dato che era stato scelto come beta tester.
- Dalla copertina pare interessante. – concesse lei. – Mi ricorda quel gioco con le carte con cui ti eri fissato a dieci anni, come si chiamava? –
- Mitomagia. – rispose subito lui, il tono entusiasta. – Non fare la finta-tonta che quell’estate un giorno hai pure pianto perché non riuscivi a capire le regole. –
- Per me rimane ancora incomprensibile il motivo per cui, se ho il vaso di Pandora e tre dei minori, riesco a vincere. –
- Ma se ti ho spiegato almeno una decina di volte che con il vaso di Pandora puoi sprigionare degli spiriti maligni e annientare l’esercito del tuo avversario! -
 Hazel sorrise, immaginandosi il fratello che, con il telefono incastrato tra l’orecchio e la spalla, iniziava a gesticolare furiosamente in camera sua, magari seduto a gambe incrociate sulla sedia davanti alla scrivania, non facendo attenzione al precario equilibrio che gli impediva di cadere.
Il tonfo che sentì qualche secondo dopo, le confermò che la sua non era stata solo un’immaginazione.
-Vogliamo giocare o devo continuare a sentirti cadere ancora per molto? – lo sfotté con tono di sfida, nonostante entrambi sapessero che, una volta dentro il gioco, non avrebbero esitato a formare una gilda con Bianca e Sammy.
-Abbandonerai quel tono non appena sarai dentro, Levesque. – ribatté l’altro e neanche questa volta Hazel ebbe difficoltà ad immaginare la sua espressione provocatoria.
-Ci vediamo dentro. – lo salutò, prima di chiudere la chiamata.
Posò il telefono sulla scrivania e prese il caschetto. Lo collegò al computer e si sedette sul letto, già pregustandosi l’emozione che la soprafaceva ogni volta che iniziava un nuovo gioco. Una volta distesa, cerco con le dita il pulsante di accensione. Lo premette. – Link start! –
 
***  
 
Lingua selezionata: inglese.
Sesso: femmina.
Nome: The Pluto’s daughter.
 
***
21 Dicembre 2022; 1° piano, Città d’inizio.
 
 
Non appena smaterializzatasi nella piazza principale della Città d’inizio, Hazel perse qualche istante per controllare l’aspetto del suo personaggio. Non era molto differente dal suo aspetto nella realtà, tranne per il fatto che dimostrava qualche anno in più dei suoi quattordici. Negli altri giochi a cui aveva partecipato, la ragazza aveva scoperto che un’apparente diciassettenne veniva presa più sul serio di una quattordicenne.
Non notò solo questo, bensì anche l’abbigliamento standart: consisteva in un semplice peplo bianco, che le lasciava scoperta  fin troppo la clavicola, per i suoi gusti. Arrossì furiosamente e cercò di sistemarsi la veste, senza successo, dato che finiva per ritornare alla sua posizione iniziale.
-Qualsiasi cosa proverai, credimi, non funzionerà. – le si rivolse una voce dietro le spalle. Hazel non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscerne la proprietaria ma lo fece lo stesso e la salutò con un sorriso enorme.
-Bianca! – la sorellastra accennò un lieve sorriso e scosse un poco la mano destra alzata. Dietro di lei, Sammy era ancora troppo occupato a scandagliare tutte le sezioni dell’equipaggiamento di base del loro account, per notarla. Nico era invece immerso nella completa adorazione della sua spada.
Hazel sorrise, guardandolo. Nonostante fosse cresciuto molto, nella realtà ormai la superava di circa dieci centimetri, e il suo personaggio avesse le sembianze di un aitante e giovane uomo dagli occhi e i capelli neri, in quel momento sembrava proprio il bambino che a dieci anni, durante la sua vacanza a Washington, le aveva mostrato con occhi splendenti il suo nuovo gioco con le carte.
Distolse lo sguardo, quando incontrò quello di Sammy, nonostante stessero insieme da quasi un mese e avesse una cotta per lui da circa un anno non era ancora abituata alle sue attenzioni, e lo posò sulla spada appesa ad una cintura di cuoio attorno alla sua vita. La sfoderò e contemplò lo scintillio che produceva una volta sotto il sole di pixel di quel mondo che già iniziava a piacerle.
-Allora? Vogliamo restare ad guardarle o a testarle, queste spade? –
  
***
 
Passarono il resto del pomeriggio a prendere confidenza con le loro nuove armi. Nico insegnò loro dei trucchi per rendere i loro attacchi più potenti e fecero strage di qualsiasi cane selvaggio che avesse il coraggio di minacciarli.
Fu divertente e per nulla diverso dal modo in cui trascorrevano di solito le prime ore in un qualsiasi nuovo VRMMORPG: non mancarono le volte in cui Sammy inciampò sui suoi stessi piedi, facendo ridere i tre fratelli, e in cui Hazel corresse alcuni suoi movimenti, guadagnandosi un bacio sulla guancia come ringraziamento, che non poteva far altro che farla arrossire e sentirsi a tre metri da terra, non importava che fossero in un videogioco, che Nico faceva prontamente finta di non vedere, non lo si sarebbe mai detto ma era piuttosto geloso, sia di Bianca che Hazel.
Fu quando il sole fatto di pixel cominciò a calare che tutti e quattro trovarono opportuno fare logout. Hazel trattenne uno sbadiglio e cercò di non pensare ai compiti di algebra che aveva rimandato fino all’ultimo.
Sammy fu il primo ad aprire il proprio account per uscire. Però, dopo un minuto impiegato a passare di nuovo in rassegna ogni suo “meandro”, il ragazzo non aveva ancora trovato l’opzione. Hazel si sporse dalla sua spalla destra per osservare meglio quella stranezza.
Deve essere un bug. – mormorò Nico, quando appurò che pure lui non riusciva a trovarla. Nessuno replicò, in un muto assenso alla sua presupposizione, ma Hazel percepiva salire la tensione tra di loro. Bianca stava per dire qualcosa, quando iniziò a scomparire. Con un crescente senso di terrore, la ragazza si accorse che lo stesso valeva per lei e anche Nico e Sammy: le loro gambe erano sbiadite, fino a diventare trasparenti, e anche le braccia e il resto dei loro corpi sembrava intenzionato a seguire l’esempio.
Che fosse un nuovo modo per fare logout?
Non appena si ritrovò nella piazza principale della Città d’inizio, assieme a tutti gli altri 9999 giocatori che avevano comprato il gioco quello stesso giorno, iniziò a tranquillizzarsi: probabilmente gli amministratori volevano annunciare il bug e assicurarli che sarebbe andato tutto bene. Non c’era nulla da temere. Accanto a lei, Sammy le prese la mano ed iniziò a compiere tanti cerchietti con il pollice, facendole accelerare il battito cardiaco. Ancora una volta si corresse, ricordandosi che quello era solo un gioco e non la realtà, solo un divertimento come un altro. Gli diede un’occhiata e si accorse che il suo aspetto era cambiato: ora aveva lo stesso di quello nel mondo reale ma sembrava non farci caso. Una veloce occhiata al suo corpo, le confermò che lo stesso era accaduto anche a lei. Per quale motivo?
All’improvviso, il cielo si squarciò e ne uscì una mano, un’altra e dopo un intero e gigantesco corpo maschile. L’uomo brandiva una falce dorata con cui Hazel presupponeva doveva essersi aperto il varco. La ragazza pensò che aveva un vero e proprio talento nelle entrate ad effetto, per poi osservargli il viso dai lineamenti duri, la pelle abbronzata e il sorriso crudele. Aveva gli occhi dorati ma, al contrario dei suoi, erano spaventosi e sembravano emanare luce propria. Qualche ciocca dei suoi capelli neri spuntava fuori dal suo elmo col pennacchio rosso.
Ci mise qualche secondo per riconoscerlo: era Crono, il creatore di The Titans’ Revenge.
Nonostante la sua espressione per niente rassicurante, la ragazza fu rincuorata dalla sua presenza: di certo stava per annunciar loro che il problema del bug sarebbe stato presto risolto. Accennò un sorriso speranzoso.
Crono aspettò che sulla piazza calasse il silenzio totale, prima di prendere parola e praticamente annunciare la loro condanna: - Miei cari giocatori... benvenuti nel mio mondo. Immagino che ormai avrete notato quasi tutti che l'opzione di logout è scomparsa dal main menu. Sappiate che non dipende da un errore del gioco. Ripeto, non c'è alcun bug nel sistema. Esiste un unico modo per riguadagnare la libertà: finire The Titans’ Revenge. – alcuni dei presenti lanciarono delle urla di terrore misto alla sorpresa. Hazel sperò vivamente di aver sentito male. – Vi consiglio di pregare che i vostri familiari non vi tolgano il NerveGear, è alimentato da una propria batteria e dentro c’è un sensore a microonde che provocherà la vostra morte, in tal caso. Sono già morti più di duecento giocatori per questo motivo. – Crono allargò il proprio sorriso e disegnò in aria un ampio arco con la sua falce, facendo comparire un collage composto da tante foto di ragazze e ragazzi, donne e uomini, addirittura bambini, che una volta erano stati vivi e l’unica colpa da attribuir loro era aver comprato uno stupido videogame. Con un sussulto la ragazza si rese conto che forse sarebbe diventata una di loro. Improvvisamente, sentì il cuore diventarle pesante d’angoscia. - Lo stesso succederà quando esaurirete i vostri punti hp. – Hazel ricordò con errore le risate di quel pomeriggio, che le sembrava così lontano, sebbene non fosse neanche passata un’ora, scoppiate non appena uno di loro si auto infliggeva un ferita con la propria spada. Il pensiero che sarebbero potuti morire in quel modo, senza sapere che non si sarebbero mai svegliati nel mondo reale, le diede la nausea. Al suo fianco, Sammy strinse ancor più la stretta alla sua mano. Crono riprese a parlare ma Hazel dubitava che ogni cosa che avrebbe detto da quel momento in poi potesse peggiorare la situazione. - Vi starete chiedendo perché, non è così? "Perché Crono, creatore di The Titans’ Revenge e del NerveGear, ha preso un'iniziativa simile?" Il mio obiettivo è stato raggiunto: ho programmato TTR solo per creare questo mondo e osservarlo con mia immensa soddisfazione. E così, adesso, tutto è compiuto. –
A quanto pare si era sbagliata: un uomo poteva arrivare a tanto solo per il proprio divertimento personale e un gioco poteva essere tale ma non per forza un divertimento.
Fu in questo modo che in poco meno di venti minuti, il mondo di Hazel Levesque, The Pluto’s Daughter, fu completamente stravolto e minacciato di morte da quello che era nato come un semplice hobby.


 

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Capitolo 3
*** Promesse e beater. ***


Promesse e beater.
 
 
23/01/2023 1° piano, Città d’inizio, Locanda di Ebe.
 
Durante il primo mese dentro TTR, morirono circa cinquecento giocatori e non si erano trovate tracce della stanza del boss del piano. O almeno fino a quel giorno. In quell’arco di tempo, Nico, ma così anche le sue sorelle e Sammy, si era ritrovato a dover crescere, forse troppo in fretta. TTR non era più un gioco in cui, se morivano, potevano ritornare e imparare dai loro errori. Lì, ogni errore costava caro. Nico doveva far fronte non solo con la morte, divenuta all’improvviso così vicina, possibile, non più un problema di cui avrebbe dovuto cominciare a preoccuparsi più in là, nella sua vita, ma anche con alcune differenze tra la versione beta e il gioco e i giocatori. Questi tre fattori, lo avevano reso più accorto e cauto, diffidente verso gli sconosciuti che incontrava fuori dalle arie sicure e i dungeon che sembravano troppo semplici.
A differenza di molti, però, non aveva perso la speranza e l’ottimismo: insieme sarebbero riusciti di certo a uscirne vivi, ne era certo.
Per questo nessuno di loro prendeva decisioni affrettate, prima di agire, e si consultava con gli altri tre, analizzando insieme i pro e i contro.
Proprio a causa di questa abitudine, che era diventata così naturale in davvero poco tempo, Nico aveva deciso di comunicare ai suoi tre compagni la decisione che aveva preso quel giorno.
- Cosa avresti intenzione di fare? – la voce di Bianca aveva un tono autoritario a cui il ragazzo non era abituato. Nel mondo reale sua sorella maggiore era una ragazza dolce, che si nascondeva sotto un cappello enorme ma lì dentro Nico aveva assistito alla sua crescita: in poco tempo Bianca si era assunta più responsabilità di quanto se ne rendesse effettivamente conto. Era sempre l’ultima ad addormentarsi, era sempre lei quella che interagiva con gli estranei, era sempre lei quella che li sgridava quando si allontanavano troppo. Nico si chiese se quel ruolo non le pesasse.
- Combattere. – rispose. Quella mattina, si era diffusa la notizia che una gilda formatasi da poco, gli Argonauti, aveva scoperto la stanza del boss di quel piano e che il giorno seguente si sarebbero uniti dei giocatori che avevano intenzione di finire il gioco, per la salvezza di tutti gli altri. Non appena ne era venuto a conoscenza, Nico non aveva esitato, non aveva esaminato i pro e i contro: voleva farlo anche lui. Con la coda dell’occhio vide sua sorella Hazel impallidire. Accanto a lei, Sammy posò una mano sulla sua. Distolse lo sguardo e lo ripose di nuovo su Bianca. – Io sono uno dei 1000 beta, ho già affrontato Polifemo, potrei aiutarli. –
- Nico, sono certa che ci saranno tanti altri beta che parteciperanno all’impresa… -
- E io cosa dovrei fare? Rimanere qui a guardarli mentre combattono per la nostra libertà? Far finta che questo gioco sia la realtà e imparare un mestiere? Io voglio combattere, Bianca. Io voglio uscire di qui. –
Al loro tavolo scese improvvisamente un pesante silenzio, negli altri della locanda in cui aggiornavano, invece, i giocatori non esitavano ad alzare forse un po’ troppo la voce. Si sentivano risate, discussioni e leggeri sussurri. Al ragazzo venne mal di testa al solo pensiero che ognuno di quei suoni fosse un diverso punto di vista dello stesso gioco. Nella sua esperienza da giocatore, non aveva mai fatto troppa attenzione agli altri, ora invece, sottovalutarli o non calcolarli proprio nell’equazione che era la sopravvivenza in quel posto, gli sarebbe potuto essere fatale.
Evitando lo sguardo di Bianca, Nico si chiese quanti delle persone nella stanza avrebbe rivisto il giorno dopo, all’assalto contro il boss.
-    Nico ha ragione. – affermò Hazel, attirando la sua attenzione. Per i primi secondi il ragazzo credete di esserselo immaginato. Da piccola sua sorella era sempre stata la più timida tra loro tre, quella a cui si riempivano gli occhi di lacrime, quando la gente non capiva che fossero fratelli. Però quella che stava guardando ora non era la bambina che aveva imparato a conoscere parlandoci al telefono, la sua migliore amica, sebbene si rendesse conto che avere come migliore amica la propria sorellastra potesse venir definito da sfigati, ma una ragazza fiera e determinata, pronta a combattere per la sua libertà. Nico si sentì orgoglioso di essere suo fratello. Sapeva che non aveva bisogno di dirglielo a parole per farglielo capire e così si limitò a ricambiare il suo sguardo dorato e a sorridere. – Se restiamo qui o ci proviamo, facciamo lo stesso il gioco di Crono. Tanto vale provare che arrendersi. Io voglio uscire di qui. –
Hazel si alzò dalla sua sedia e raggiunse Nico. Gli mise una mano sulla spalla e disse: - Verrò con te. –
Anche Sammy si mise in piedi. – Beh, se vai tu credo sia banale dire che combatterò anch’io. – il sorriso che gli era spuntato in volto non tradiva insicurezze, anche lui era certo che sarebbero usciti tutti e quattro di lì. A Nico si scaldò il cuore, al pensiero che non fosse l’unico a formulare certi pensieri che la gran parte delle persone in quel luogo avrebbe definito “mere utopie”.
Sammy si sgranchì le braccia, come se si stesse svegliando da un lungo sonno, e poi si voltò verso Bianca, ancora seduta.
Anche Nico ed Hazel posero la loro attenzione su di lei, in attesa di una sua reazione. La ragazza stette per un po’ di tempo ad osservarli attentamente. Al contrario di quando si trovava nella realtà, i capelli neri non le coprivano il viso lentigginoso e così Nico poteva osservare senza impedimenti i suoi lineamenti tanto familiari, parte integrante della sua infanzia e da sempre punto di riferimento, capendo anche cosa stesse pensando.
Aveva sempre pensato di conoscere bene sua sorella però in quel momento non avrebbe saputo dire cosa le stesse passando per la testa: voleva abbandonarli e non correre così rischi oppure si sarebbe unita a loro?
Non si accorse di aver trattenuto il fiato fino a che Bianca fece un piccolo cenno d’assenso. Nico si lasciò scappare un sospiro di sollievo, sebbene fosse assai fuori dal contesto: sarebbero rimasti insieme.
 
***
 
24/01/2023 1° Piano, Città d’inizio, Anfiteatro.
 
Il luogo di raduno con le altre gilde era un piccolo anfiteatro che si riempì abbastanza in fretta, nessuno dei giocatori fece un ritardo particolarmente grave.
Ai piedi delle scalinate, c’erano due giocatori: un uomo sui quarant’anni e una ragazza dai capelli neri raccolti in una treccia.
Nico non aveva idea di quale fosse il suo nome o del motivo per cui affiancasse colui che li aveva convocati ma decise che in quel momento non era importante.
Si sporse ancor di più in avanti, desideroso di non perdere nessun pezzo della tattica che avrebbero progettato da lì a pochi minuti.
Alla sua destra c’era Hazel. In quel mese era riuscita a racimolare abbastanza soldi per potersi comprare abiti più comodi ed ora sfoggiava con orgoglio un’armatura e un elmo lucenti e nuovi di zecca. Il secondo lo portava in grembo e stava giocherellando con il pennacchio rosso.
Al suo fianco, Sammy si rigirava tra le mani una dracma.
Alla sinistra di Nico invece c’era Bianca, seduta composta ed attenta, nessuna particolare espressione in viso.
- Salve! – iniziò a parlare il giocatore ai piedi delle gradinate, allargando le braccia e assumendo così un’espressione accogliente, affabile. Nico pensò subito che doveva essere una di quelle persone di cui era facile fidarsi. – Potete chiamarmi Chirone e credo che sappiate tutti perché siamo qui. – abbassò le braccia. – Due giorni fa la gilda degli Argonauti, - indicò i citati che non persero tempo a gonfiare i petti pieni d’orgoglio e a far comparire nei loro volti espressioni fiere. – hanno trovato la stanza del primo boss, Polifemo. -
Nico si ricordava di quel primo avversario. Era difficile da battere ma non impossibile. Mentre stava giocando la versione beta di TTR, era riuscito ad arrivare fino al dodicesimo piano. La frustrazione di non riuscire ad andare avanti con i livelli era stata disarmante e amara, gli aveva impedito di uscire da camera sua per un intero weekend.
Poi Hazel aveva messo fine a quella sua scenata da moccioso, chiamandolo e dicendogli con voce seria e grave: “Nico, è solo un gioco. Non morirai di certo se non lo finisci”.
Al tempo, quelle parole lo avevano aiutato a rendersi conto che TTR era solo un divertimento, un modo come un altro per passare il tempo. Era ironico pensare che adesso sarebbe morto veramente, se non avesse completato con successo un livello. Però sapere di non essere solo in quell’impresa lo rincuorava: c’erano tante altre persone che come lui volevano solo tornare a casa e continuare le loro vite. Gli venne spontaneo sorridere.
Chirone tirò fuori dalla piccola sacca appena alla cintura un piccolo libricino che Nico riconobbe subito: era la guida che alcuni beta, lui compreso, si erano assicurati di mettere in circolo. Conteneva informazioni utili sulle modalità di attacco dei vari boss, delle locazioni di alcuni item utili, tra cui tre diversi in grado di resuscitare, e avvertimenti sui posti infestati di più da mostri.
Fu felice che qualcuno la tenesse così in considerazione.
-  La guida dice che Polifemo dispone di un solo tipo di arma, un bastone che comincia ad usare quando la barra dei suoi punti hp diventa gialla. Fino a che non succede, lancia delle rocce che si trovano ai lati della caverna. Sono un numero limitato, probabilmente se e quando le finirà, ricorrerà all’uso della sua arma. - Chirone alzò lo sguardo dal libro. – Propongo innanzitutto di dividerci per bene in squadre, per chiunque ancora non faccia parte di una gilda, e poi stabilire il ruolo di ogni gruppo. –
Molti giocatori annuirono, nessuno alzò la voce per obbiettare.
L’uomo fece un lieve sorriso che fece pensare a Nico che forse aveva pensato che organizzare quasi più di cento giocatori sarebbe stato più difficile. Si diede un’occhiata attorno, tra la gilde degli Argonauti, delle Amazzoni, delle Cacciatrici e degli Olympians, dovevano essere minimo un’ottantina, senza contare almeno cinque gilde composte da meno di dieci giocatori e alcuni solitari. Ce la potevano fare.
Nico osservò un ragazzo biondo con un arco in mano e una faretra sulle spalle presentarsi a due giocatori identici. In sua compagnia c’era un altro ragazzo, dalla zazzera castana a dir poco disordinata, e una ragazza bassa che non riusciva a tener ferme le mani.
Un gradino sopra i due gemelli, c’era una brunetta con le braccia incrociate.
In pochi minuti anche gli altri giocatori rimanenti formarono delle squadre e così Chirone poté affidare ad ognuna un compito.
-     Nella caverna di Polifemo, il ciclope non è l’unica minaccia, c’è anche un piccolo gregge composto da sei pecore cannibali di grandi dimensioni. Un morso e metà dei vostri punti hp è andata, due e siete morti. Consiglio che due o più gilde minori se ne occupino, proteggendo così gli altri. Le Cacciatrici potrebbero occuparsi di rendere inoffensive le rocce lanciate da Polifemo con i loro archi. Le rimanenti squadre si divideranno in due: chi attaccherà e chi difenderà dagli attacchi. I soldi guadagnati saranno divisi in egual misura, mentre il bottino e gli item andranno a chi ucciderà effettivamente Polifemo. Obbiezioni? –
Alle sue spalle, la ragazza con la treccia annuì, per poi andare a sedersi accanto alla gilda delle Amazzoni. Era formata per lo più da giovani donne, la maggior parte sulla ventina, armate fino ai denti. Erano tutte alte e formose, dal fisico tonico e muscoloso. Sarebbero state perfette in attacco.
Tra loro, la ragazza sembrava fuori posto, ma nessuna delle giocatrici parve infastidita dalla sua presenza e, anzi, le riservarono il posto accanto al loro capo, una ragazza dalla lunga chioma corvina e l’armatura splendente, decorata con scene mitologiche. Doveva essere costata molte dracme. Quando però i loro sguardi si incontrarono, Nico sentì un brivido attraversargli la schiena ed ebbe la netta sensazione che quella ragazza non era proprio il tipo che spendeva dracme solo perché un’armatura luccicava più di un’altra.
Si sforzò di non deglutire e per un momento ebbe quasi compassione di Polifemo, che avrebbe dovuto confrontarsi con un soggetto simile. Si diede un’altra occhiata intorno, osservando le espressioni sicure e orgogliose dei giocatori che avrebbero combattuto per l’ideale più nobile di tutti, la libertà, e si corresse: che avrebbe dovuto confrontarsi con dei soggetti simili.
 
***
 
25/01/2023 1° piano, Stanza del boss.
 
L’inizio gli aveva fatto presupporre che sarebbe andato tutto bene.
 
Non appena erano entrati nella stanza del boss, una caverna enorme, l’unica entrata si era chiusa con un enorme masso.
Al suono della roccia che sbatteva con altra roccia, Nico non aveva potuto impedirsi di deglutire, sapeva bene che non si sarebbe riaperta fino a che non avrebbero vinto o fossero stati uccisi tutti.
Al lato opposto della grotta, c’era Polifemo. Era esattamente come Nico se lo ricordava: alto quasi fino al soffitto, sporco di quello che sperava fosse fango e con l’enorme occhio che lo scrutava come se si stesse chiedendo che sapore avesse.
Per un istante, anche Nico si era fatto la stessa domanda, per poi scuotere la testa e ricordarsi il suo compito: assieme alla sua gilda avrebbe dovuto occuparsi delle pecore cannibali.
Appena Polifemo si era alzato, queste si erano scagliate contro di loro.
Bianca era stata la prima tra loro quattro a correre verso una delle sei e l’aveva dirottata lontana dalla gilda delle Cacciatrici, le cui componenti avevano già scoccato una serie di frecce, frantumando le prime rocce.
Tutto andava secondo i piani.
Nico aveva distolto la sua attenzione dalle ragazze, per riporlo su sua sorella e la sentinella contro cui stava combattendo. Le aveva raggiunte, ai suoi fianchi c’erano Hazel e Sammy, che insieme ne
Avevano allontanato una seconda, dirigendola verso una squadra composta da un giocatore basso e biondo, un ragazzone dalla pelle scura e due ragazzi, una femmina e un maschio, dai capelli mori.
Tutti e quattro avevano messo alle strette la pecora, poi Nico aveva saltato, dandole il colpo finale.
Fino a quel momento, aveva pensato che sarebbe filato tutto liscio: nessuno sarebbe morto.
Non passò neanche un minuto che dovette ricredersi.
Un grido che gli fece scorrere un brivido lungo la schiena e una voce nella sua testa gli sussurrarono con fastidiosa saccenza, ricordandogli quanto fosse stupido sperare che tutti potessero uscire di lì incolumi. Il ragazzo si girò, tentando allo stesso tempo di ignorare entrambi.
Le pecore erano state eliminate tutte: bene.
Tre giocatori erano feriti e una piccola gilda gravita attorno ad un loro compagno la cui barra dei punti hp era un rosso violento e allarmante: male.
La sua mente divenne all’improvviso frenetica, come se fermarsi ad analizzare solo questa situazione fosse troppo poco per le sue capacità, e si voltò, constatando che le Cacciatrici sembravano non contare feriti e continuare a tirare frecce, la Amazzoni non smettevano di sferrare attacchi, veloci e prudenti, affiancate dagli Argonauti, più disorganizzati e avventati. Gli Olympians e qualche altra gilda minore provvedeva a deviare alcuni detriti troppo vicini delle rocce.
Le mani iniziarono a prudergli: cosa avrebbe potuto fare per dare una mano? Unirsi all’attacco o alla difesa?
I suoi pensieri vennero però interrotti da delle altra urla, questa volta appartenenti ad altri due giocatori. Rabbrividì, Polifemo stava lanciando le ultime rocce troppo velocemente  e alcune Cacciatrici non riuscivano a colpirle senza intercettare le frecce delle altre compagne e così mancare il bersaglio. Un altro urlo. Neanche dieci minuti che erano lì e già erano morti tre giocatori.
Nico cercò di scacciarsi dalla mente l’immagine dei loro corpi nel mondo reale, i familiari che scoprono che non c’erano più, per qualcosa accaduto all’interno di una realtà che non avrebbero mai potuto raggiungere.
I suoi pensieri vennero interrotti e deviati su un giocatore che, veloce come il vento, lo sorpassò e si intromise tra un detrito e due giocatori feriti che a fatica stavano cercando di rialzarsi.
Nico non ci mise molto per riconoscerlo: era Chirone. Sorrise, rassicurato dalla sicurezza che infondeva la sua sola presenza.
Brandì di nuovo la spada e corse nella sua direzione. Avrebbe fornito supporto agli Olympians, li avrebbe aiutati a salvare delle vite, però, ancora una volta, la sua attenzione venne catturata da Chirone.
Aggrottò la fronte, quando lo vide spiccare un balzo particolarmente alto, atterrando sul braccio sinistro di Polifemo e colpirlo proprio all’altezza del gomito, facendogli scendere alcuni punti hp.
Il mostro venne colpito al fianco destro da alcune frecce.
La barra diminuì ancor di più e cambiò colore: ora era ancora verde ma con una sfumatura giallastra.
Polifemo cercò di scrollarsi Chirone di dosso, invano, dato che l’uomo era saldamente aggrappato alla spada, ancora conficcata nelle sue carni. Non appena il mostro parve capire che non avrebbe ottenuto nulla continuando ad agitare convulsamente il braccio, il giocatore estrasse la sua spada e continuò a correre, avvicinandosi sempre più alla spalla.
Un membro degli Argonauti lanciò la sua ascia, colpendo Polifemo alla gamba sinistra.
Altri punti che scendevano. La barra divenne gialla e il ciclope estrasse il suo bastone.
Fu questione di un attimo, che a Nico parve durare secoli: in un momento stava guardando Chirone mirare al volto del mostro, aveva appena preso una lancia dal suo inventario, in quello dopo Polifemo aveva alzato il braccio destro, quello che brandiva la sua vera e propria arma.
Non si accorse di aver chiuso gli occhi finché non sentì un urlo di terrore, che glieli fece aprire.
Chirone giaceva disteso su un fianco, contro la parete della grotta alle spalle del boss.
I punti hp stavano diminuendo troppo in fretta.
Nico corse al suo fianco, evitando di un soffio che il ciclope lo schiacciasse ed ignorando le urla terrorizzate di Hazel che lo richiamavano a sé.
Da vicino, Chirone pareva un uomo abbastanza comune, ordinario. Era sulla quarantina, alcune ciocche dei capelli castani brizzolati uscivano dal suo elmo di bronzo celeste e aveva gli occhi castani, caldi. Il mento e la mascella erano coperti da una barba leggera, anche questa leggermente ingrigita. La pelle era abbronzata, forse nella vita reale passava molto tempo all’aperto, Nico non ne sarebbe stato sorpreso, e attorno agli occhi e alla bocca aveva le tipiche rughe di chi sorride spesso.
Ora nessun altro ne sarebbe più stato il destinatario.
-   Chirone! Resisti, posso guarirti con dell’ambrosia! – esclamò con urgenza un ragazzo accanto a Nico. Lo guardò. Era più grande di lui ma di poco, al massimo due anni. Aveva i capelli neri e occhi verdi come il mare. La mano destra gli tremava un poco, mentre quella sinistra pareva incapace di restare ferma. Che fosse iperattivo?
Chirone gli rivolse un sorriso paterno e alzò una mano, posandola su quella che il ragazzo stava usando per setacciare il suo inventario. Fece un cenno alla sua barra dei punti hp e Nico capì cosa volesse dire: “non ce n’è più bisogno”.
Poi si voltò e rivolse il suo sguardo tra lui e Nico, che intuì che ciò che stava per dire era rivolto a entrambi. – Ce… ce ne sono altri come me. – mormorò a voce bassa, coperta quasi totalmente dai rumori della battaglia che ancora imperversava. – Altri che hanno lavorato alla creazione di TTR. – precisò, notando l’espressione confusa del moro. – Non appena… non appena abbiamo scoperto il piano di Crono, abbiamo deciso di entrare, per aiutarvi. – I suoi occhi marroni si fissarono prima su Nico e poi sull’altro ragazzo. – Salvateli. - spirò prima di chiudere gli occhi e di ridursi a polvere dorata.
Il ragazzo alla sua destra soffocò un singhiozzo e si asciugò una lacrima, sembrava non essersi reso conto della presenza di Nico.
Il ragazzo decise di non darvi peso e si alzò, strinse così tanto la presa che le nocche impallidirono.
Poi, si lanciò contro Polifemo. Superò le schiere delle Cacciatrici e delle Amazzoni, non curandosi delle loro urla. Gli parve di sentire anche quelle delle sue sorelle ma non si fermò. Intercettò con la spada il bastone del mostro, con l’intento di deviarlo e magari anche fargli perdere l’equilibrio, come aveva fatto nella versione beta, ma le cose erano cambiate e il ciclope non vacillò, quando le loro armi si scontrarono. Al contrario, Nico barcollò.
-    NICO! – sentì, questa volta chiaramente, Hazel e Bianca gridare. Le Cacciatrici lanciarono altre frecce ma oltre questo, il ragazzo non ottenne altri aiuti. Emise un verso strozzato, la mente impegnata a cercare una via di fuga, quando, all’improvviso, il peso dell’arma avversaria parve alleggerirsi. Nico aprì gli occhi, non si era neanche reso conto di averli chiusi ancora, e notò che alla sua sinistra un giocatore stava trattenendo Polifemo con lui.
- Piacere, The son of Poseidon. Ma saltiamo i convenevoli, che non mi sembra il caso, eh? –
- Ghost King. Buon’idea. – rispose Nico con un ghigno non appena lo riconobbe.
- Lascia qui il lavoro a me, allora, e vendica Chirone e tutti gli altri. Questo bastardo ne ha fatti fuori fin troppi. – il ragazzo gli lanciò una breve occhiata, prima di riposare lo sguardo verde mare sul mostro.
Nico annuì e saltò all’indietro, allontanandosi dal giocatore e il braccio destro di Polifemo. Perse un attimo per elaborare una strategia abbastanza veloce per uccidere il mostro.
Nel mito, Odisseo lo aveva accecato con un palo arroventato, colpirlo allo stesso punto con una spada lo avrebbe ucciso?
Si ricordò che prima di essere colpito Chirone stava mirando al suo volto.
Sì, avrebbe funzionato.
Nico fece un balzo e atterrò sul braccio che brandiva il bastone, imitando i movimenti che fino a poco prima avevano sancito la morte di un altro giocatore. Questa volta, però, avrebbero avuto un esito diverso: non era da solo. Mentre oltrepassava il gomito del ciclope, Nico lanciò una veloce occhiata ai piedi di Polifemo e sorrise quando scorse le sue sorelle e Sammy tenere occupati l’altro braccio del mostro, assieme a qualche altra gilda minore, mentre le Amazzoni attaccavano ai fianchi e le Cacciatrici continuavano a lanciare le loro frecce.
Una giocatrice con la treccia, che riconobbe come quella che era al fianco di Chirone l’altro giorno, sferrò un colpo particolarmente forte al ventre del mostro, facendogli abbassare di molto i punti hp, senza però ucciderlo.
Pochi secondi dopo, il mostro li aveva già recuperati.
Era esattamente come pensava: se qualcuno non lo avesse colpito in un punto specifico, Polifemo non sarebbe morto così facilmente. In cima alla spalla, Nico prese una piccola rincorsa, per poi saltare ancora, senza che se ne accorgesse lanciò un grido, la spada alzata davanti a lui, in linea d’aria con l’occhio dall’iride castana del boss.
Quando la spada entrò fino all’elsa nel bulbo, Nico non lasciò la presa, aggrappandovisi per non cadere, con i piedi che scivolavano lungo la superficie vischiosa. Poi, sopra le loro teste apparve una scritta bianca e, anche senza leggerla, Nico sapeva che tutto era finito.
 
Congratulations!
The Ghost King wins!
 
Il mostro si ridusse in polvere dorata e il ragazzo cadde a terra, senza fiato. Si mise seduto.
Avevano vinto, aveva ucciso il boss del primo piano. Chirone e tutti gli altri erano stati vendicati. Non poté trattenere un sorriso.
-NICO! – spezzò il silenzio una voce a lui più che familiare. Questa volta non la ignorò e si voltò in direzione della sua proprietaria, che lo travolse con un abbraccio. Nico ricadde a terra e sbatté la testa. – Ahia. – si lamentò.
  Non ti azzardare a lamentarti, Nico, mi… ci hai fatto morire di paura! – Hazel tirò su con il naso e vedendo la sua espressione, a metà strada tra il rabbioso e il sollevato, Nico ebbe per un momento davvero paura che lo avrebbe picchiato.
Ridacchiò e le mise una ciocca di capelli castana dietro l’orecchio. – Scusa, ma sto bene, vedi? –
La ragazza annuì e si alzò, per poi porgergli una mano.
Appena fu in piedi, Bianca e Sammy gli corsero incontro. Sua sorella lo prese tra le braccia e, sebbene fosse più alta di lui e dovesse quindi chinarsi, posò il mento sulla sua spalla per sussurrargli all’orecchio: - Stupido, - era raro che parlasse in italiano, succedeva soltanto quando le emozioni la travolgevano e sconvolgevano la sua abituale calma. – Non farlo mai più, okay? –
Nico annuì e ricambiò l’abbraccio, beandosi della sensazione di calore che gli donavano le braccia di sua sorella.
Quando si staccarono, il ragazzo notò un avviso nel suo account. Non appena lo riconobbe, si lasciò sfuggire un altro sorriso, ma non fece neanche in tempo ad aprirlo che l’idillio venne interrotto da una voce leggermente stridula.
- Lo sapevi, vero?! - Nico si voltò e vide che un giocatore alto e smilzo, che doveva avere al massimo diciotto anni, stava camminando verso di lui, il volto a dir poco furioso.
- Sapevo cosa? – domandò confuso
- Che colpendolo all’occhio sarebbe morto subito! Ce lo hai tenuto nascosto per avere il bottino! – gli altri giocatori iniziarono a mormorare. Se prima Nico aveva scorto alcune occhiate piene d’ammirazione per lui, ora ne vedeva molte di più che non nascondevano sospetto e rabbia. Tutta la felicità che aveva provato fino a quel momento, si sgonfiò come un palloncino. Aveva sconfitto Polifemo, evitando che altri morissero, perché reagivano così?
- No… no-non è così! Chirone… - 
Ma l’altro non gli fece finire la frase. – Non nominarlo! Ci ha riuniti per combattere insieme! Non usarlo per proteggerti! Cheater! Devi essere anche un beta tester, non è vero? – l’espressione stupita di Nico parve bastargli come risposta. – Non sei altro che un beater. – aggiunse con sprezzo, in volto gli comparve un ghigno che rese tutto chiaro al ragazzo.
Ci sapeva fare con le parole, guardando il suo armamentario, piuttosto esiguo e inadatto al suo fisico, Nico dedusse che erano l’unica arma di cui poteva avvalersi in un posto del genere.
Strinse la mascella. Lo stava usando come capro espiatorio per tutte quelle morti non calcolate, sperando che in questo modo gli altri lo avrebbero costretto a cedere il bottino.
Sfoderò la spada e fece finta di non aver sentito quelle accuse. Aprì l’avviso e incassò parte dei soldi, per poi far uscire il resto dal suo inventario, con tanto di bottino.
Lanciò la sacca di dracme ai piedi del giocatore. – Se era questo che vuoi, non c’era bisogno di fare tante storie. – mormorò senza neanche guardarlo, troppo occupato a rivolgere la sua attenzione sulla spada che si era appena guadagnato.
Ferro dello Stige.
La maneggiò, provando qualche affondo nella direzione del biondo e sorrise quando lo vide impallidire. Era perfetta.
La scambiò con la sua vecchia spada e si voltò verso i suoi compagni. – Andiamo. –
 
***
 
Incominciò a singhiozzare quando furono abbastanza lontani affinché nessun giocatore che si trovava nella grotta lo sentisse.
Le spalle si alzavano e abbassavano, la gola gli raschiava.
Accanto a lui, Sammy gli posò una mano sulla spalla. – È tutto finito, Nico, siamo con te. Non crediamo a neanche una parola che ha detto quel farabutto.  – Nico incontrò il suo sguardo e lo vide sorridere.
Era carino quando lo faceva, gli comparivano delle fossette sulle guance e i suoi occhi scuri brillavano. Poteva capire perché Hazel avesse passato un intero anno ad annoiarlo su quanto le piacesse. Ricambiò, meno sicuro rispetto a lui. Non credeva che lo conoscesse abbastanza bene da riuscir a capire il motivo del suo turbamento. Vedere quanto un paio di frasi ben dette potessero avere quel potere, lo aveva sconvolto. Sommato poi a tutta la paura che aveva provato e alla frustrazione per non aver fatto di più, era inevitabile che stesse piangendo. Tirò su con il naso, producendo un rumore poco elegante.
Hazel e Bianca lo guardavano con fare materno, ricordandogli che era un mese che non vedeva la sua. Si lasciò scappare un altro singhiozzo.
In trenta giorni si era illuso di aver cominciato ad abituarsi a tutta quella follia ma era più che evidente che si fosse sbagliato. Aveva ancora tanta strada da fare per diventare abbastanza forte da non lasciarsi più toccare dalla crudeltà di quel mondo. Le morti e la cattiveria degli altri giocatori presto non sarebbero diventate così inusuali e doveva farci l’abitudine.
Ma non l’avrebbe fatto per poi morire lì dentro. No, Nico sarebbe uscito.
Guardò Hazel, sulla guancia aveva un taglio che prima non aveva notato, Bianca, il cui sguardo ancora non riusciva a decifrare, e Sammy, tuttora sorridente, e ritrovò la forza.
Fino a quel momento nessuno di loro lo aveva detto esplicitamente ma Nico pensò che quello fosse il momento giusto per farlo: - Usciremo di qui e tutto questo sarà solo un brutto ricordo. – promise, con voce tremante.
 
Presto avrebbe imparato ad essere avvezzo anche al dolore causato dalla morte di un suo caro ma questo non poteva ancora saperlo.
 
 
Note dell'autrice: Innanzitutto mi scuso per il silenzio di due settimane ma in questi giorni sono stata sommersa di verfiche e interrogazioni ç_ç
E non ho ancora finito... Mi viene da piangere al solo pensiero. Comunque, spero che, per i recensori che pensavano che questo sarebbe stato un capitolo dalla parte di Jason o Piper o compagnia bella non ne sia deluso. Segue molto la trama del secondo episodio dell'anime (aka: l'inizio dei feels) e proprio per questo ho fatto coincidere parecchio Nico con il personaggio del protagonista, Kirito. A proposito, la storia prenderà alcuni spunti dall'anime ma se ne distaccherà per altri, più che altro per la presenza dei fantomatici "collaboratori" di Crono... 
Un ultimo appunto per il termine che utilizza il giocatore che accusa Nico (anche se credo che sia ovvio di chi si tratta, come della ragazza con la treccia e il biondino con l'arco... :3): "beater" è usato anche nell'anime, è l'unione delle parole "beta" e "cheater", traditore.
Al prossimo aggiornamento!

 

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