Violet Burns.

di K anonima
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mi piace la pioggia.

Qui piove sempre e io sono sempre allegra.

Guardo la figura riflessa nello specchio, è sorridente in quel vestito vintage a fiori. Pensare che questa ragazza sono io, non l'avrei mai detto.

"Violet Madison in una versione tutta nuova". Mi lego i capelli biondi in una treccia e esco dalla camera.

«Buongiorno mamma» bacio quella splendida donna su una guancia e rubo un biscotto al cioccolato.

«Buongiorno Lily, dormito bene?» chiede vedendomi sorridere. "Lily, perchè?". Nessuno aveva mai voluto spiegarmi che cosa significasse questo soprannome, ma io non l'avevo mai chiesto.

«Certo, mamma, come al solito» squittisco cercando il latte nel frigo. «Oggi rimango a scuola per il gruppo di studio» continuo scrutando le bottiglie, ma nessuna sembra contenere del latte.

«Ok, ti aspetto a cena. Chiudilo o si scioglie il cibo» mia madre scoppia a ridere, osservandomi.

Alzo le spalle e torno in camera mia per recuperare la borsa.

Raccolgo l'ombrello dal pavimento e saluto chiunque ci sia in casa. Esco e la pioggia attenua ogni colore.

«Buongiorno Irlanda» saluto quel piccolo angolo di mondo, il mio giardino. Apro l'ombrello e mi incammino verso la scuola.

Come ogni mattina, ho la possibilità di riflettere sulla vita nei due chilometri che mi dividono dal college e oggi, grazie alla pioggerellina che si imbatte nel mio ombrello, sono particolarmente filosofa.

Trasferirsi a Dublino è stato il migliore cambiamento della mia vita. Il sole della Florida non faceva per la mia pelle troppo pallida e il caldo era insopportabile.

La mia vita è perfetta, non dico tutta rose e fiori e non tutto oro ciò che luccica, ma non posso lamentarmi. Ho solo la piccola mania di usare troppi proverbi, ma per il resto sono una ragazza normale.

Ed ecco il mio ragazzo, rilassato e appoggiato alla ringhiera del Trinity College, come ogni mattina. Mi aspetta e fuma, forse troppo.

Ho incontrato Ryder durante il quarto anno della scuola superiore. Mi era sembrato il ragazzo più bello al mondo e lo penso ancora.

Si ravviva la chioma bionda con una mano, butta il mozzicone di sigaretta a terra e si incammina verso di me su Dame Street.

Mi trattengo sempre su questa via e lui lo sa.

«Ti ho preso il caffè da Starbucks» dice porgendomi il bicchiere di carta coperto dal coperchio.

«Grazie amore» gli stampo un bacio sulle labbra e lo prendo per mano.

«Caffè americano e tre cucchiaini di zucchero, come sempre» mi sorride gentilmente.

«Premuroso come sempre» saltello nell'attraversare la cancellata del college.

Non mi sono ancora abituata alla grandezza di questa scuola e rimango affascinata ogni volta. Mi manca il fiato.

«Vado a Storia medievale. Ci vediamo dopo piccola» mi bacia su una guancia, solleticandomi con il solito accenno di barba bionda. Faccio una smorfia e saluto a mia volta. Frequenta la facoltà di storia dell'arte e pare che gli piaccia e la cosa mi rende felice.

Adesso sono sola nel cortile in mezzo ad altre decine e decine di studenti e turisti.

Vedo in lontananza i miei amici seduti su una panchina. Ha smesso di piovere e posso richiudere l'ombrello, lo scuoto e lo infilo nella borsa.

«Ciao ragazzi» saluto sfoderando i miei soliti sorrisi affettuosi.

«Ciao bellissima» ricambia Grania, la mia migliore amica. Con lei mi sento bene, siamo come lo Yin e lo Yang.

Io sono bianca come il latte, magrolina, alta, con i capelli biondi e gli occhi verdi. Lei, invece, è una ragazza dai capelli neri e gli occhi scuri, la pelle ambrata e forme pronunciate, irresistibili per qualunque ragazzo.

«Ciao scricciolo» mi sorride Neale, il ragazzo più grande al mondo, o almeno lo è secondo me. Un ragazzone di due metri e qualche centimetro in più, magro e rossiccio. I suoi occhi verdi sprizzano sempre una gioia infinita ed è questo che mi piace di lui.

«Ciao Giant-Neale» il soprannome che gli avevo accollato durante l'ultimo anno di superiori gli calza a pennello.

Rimaniamo seduti ad aggiornarci sui nostri noiosissimi weekend passati a studiare per gli esami, ma solo per qualche minuto prima che arrivi il momento di andare a lezione.

«Vado o la professoressa di Francese mi boccia al prossimo esame» Grania si alza e corre via, salutando con la mano.

«Mi avvio anche io, filosofia non si studia da sola» esclama Neale grattandosi la testa. Lo saluto con un bacio sulla guancia e mi incammino verso l'aula dove seguo le lezioni di composizione.

Fin da piccola avevo sempre amato la musica e finalmente, dopo anni e anni di scuola, posso esprimere me stessa al meglio.

Ho deciso di seguire anche i corsi di letteratura inglese, ma per quella mancano ancora tre ore.

Il professor Murphy è una specie di genio, ha composto colonne sonore per dei film e circa un'ottantina di brani per orchestra d'archi.

Ha solo la brutta mania di arrivare tardi a lezione con la camicia stropicciata e il maglione abbottonato al bottone sbagliato. Per il resto è un uomo affascinante e profondo, lo ammiro molto.

L'ora passa velocemente e fortunatamente sono portata per la materia, ho sempre sognato di poter scrivere brani. Lo faccio da molti anni, ma non sono mai abbastanza soddisfatta del prodotto finito.

Esco prima di incontrare lo sguardo insistente di Murphy e mi dirigo verso l'aula di piano.

«Scusami. Ehi scusami, sai dov'è la biblioteca degli studenti?» un ragazzo corre verso di me sul prato. Lo guardo perplessa, ma rispondo alla sua domanda «Certo, vedi quella statua di Arnaldo Pomodoro? Ecco proprio là, non sei lontano».

«Oh grazie, nessuno voleva rispondermi» gesticola davanti alla mia faccia, cercando di piegare quella che sembra una cartina degli edifici del Trinity.

«Sei nuovo?» chiedo notando che non deve avere così tanta fretta.

«Sì, frequento il dipartimento di Musica» mi sorrise debolmente continuando ad armeggiare con la cartina. Appena finisce di piegare quel grande foglio noto il suo viso.

É alto, ma questo l'avevo già intuito. Ha degli occhi grandissimi e di un azzurro ipnotico, zigomi pronunciati, pelle chiara, mascella squadrata e capelli castani lunghi fino alle spalle. Indossa un cappello che gli sta benissimo, un maglione blu e dei jeans scuri.

Mi sorride e io ricambio.

«E tu?» chiede prendendomi alla sprovvista. Sta parlando con me?

«Cosa?» replicò un po' confusa. «Che facoltà frequenti» mormora sorridendomi ancora.

«Musica» mi stringo nelle spalle.

«Allora ci vedremo a lezione» esclama entusiasta. «Certo, buona fortuna con l'orientamento. Vedrai che ti abituerai» lo lascio con questa frase per raggiungere Ryder che lo guarda con la fronte corrucciata.

«Chi è quello?» chiede fissandolo ancora. «Un tizio che si era perso» alzo le spalle con indifferenza.

«Va bene. Che vuoi fare oggi?» sussurra finchè mi bacia la fronte.

Indosso gli occhiali da sole e mi viene un'idea «Phoenix Park, ci andiamo? Chiedo anche a Grania e Neale».

«Perfetto piccola» mi prende per mano e ci avviamo verso l'uscita. Mi fermo davanti alla bacheca e noto che al mio annuncio riguardo le ripetizioni di composizione, qualcuno ha staccato un bigliettino con il numero di telefono. Sono entusiasta, finalmente potrò raccogliere qualche soldo extra.

Chiamo sia Grania che Neale e accettano il mio invito a passare il pomeriggio a Phoenix Park.

Io e Ryder andiamo a pranzare in un bel locale italiano. Ci piace molto il posto, è accogliente e riservato. I camerieri hanno un accetto davvero buffo e mi sento come a casa.

Prendiamo l'autobus e arriviamo all'entrata del parco. «Fortuna che c'è il sole» mormora Ryder facendo un respiro di sollievo. Io alzo le spalle. "A me piace la pioggia".

Mi siedo su una panchina di pietra e aspetto che gli altri arrivino.

Grania arriva dopo dieci minuti e Neale dopo altri venti. «Ciao bellissima, hai visto il tipo carino che è arrivato oggi?» esordisce la mia migliore amica nel suo solito entusiasmo.

«Chi?» chiedo alzando un sopracciglio, non capisco.

«Non so come si chiama, ma è davvero carino». Oh lei e i suoi colpi di fulmine, corre troppo.

«Vai piano, non sai nemmeno chi è» mormoro cercando di placare la sua euforia.

Alza le spalle come se la cosa non le interessasse.

Neale scoppia a ridere, fino a cadere dalla panchina. Ridiamo tutti di quella figuraccia.

 

Torno a casa per le sette di sera. Mia madre prepara la cena a base di verdura e ci sediamo intorno al tavolo.

«Ciao fratellino» esclamò quando Josh entra nella sala da pranzo «Come è andata la giornata?» aggiungo.

Mio padre entra subito dopo di lui con un espressione rabbiosa. «Il signorino si è fatto sospendere, di nuovo» mormora con tono di disapprovazione, del tutto giustificato. Scuotò la testa e continuo a girare il cucchiaio nella zuppa.

«Come è andata a te Lily?» chiede mio padre sorridendomi come se la rabbia fosse svanita. Il suo comportamento mi sorprende.

«Bene, il professor Murphy è arrivato in ritardo come al solito. La professoressa O'Ryan è sempre contenta dei miei progressi e il college è ordinato come sempre» riepilogo quella giornata, uguale a tutte le altre.

Alla fine della cena saluto tutta la famiglia e mi chiudo in camera mia. Scrivo la buonanotte al mio Ryder e spengo il telefono.

Mi faccio una doccia, indosso il pigiama e mi rannicchio sotto il piumone.

Mi piace la mia vita, non cambierei nulla.

Mi addormento con la convinzione che nulla cambierà mai.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il sole splende su Dublino e asciuga gli alberi dalla pioggia del giorno prima.

Svegliarsi con le prime luci dell'alba mi piace, mi fa sentire viva. Fisso attentamente l'interno del mio armadio ed infine indosso un vestito vintage rosso con il colletto bianco, le maniche a tre quarti e la gonna lunga quasi fino al ginocchio. Mi da un'aria da studentessa modello.

«Buongiorno Lily» saluta mia madre stampandomi un bacio sulla guancia.

«Ciao mamma» ricambio «Papà» saluto con un cenno della testa. Lui sta leggendo il giornale sportivo e per poco non lo intinge nel caffè.

«Comportati bene Josh» raccomando a mio fratello dandogli un bacio sulla fronte. Rubo una fetta di pane dal cestino sul tavolo ed esco per iniziare un'altra monotona e felice giornata.

Amo abitare nel centro della città, ho solo tre metri quadrati di giardino, ma non importa. Posso raggiungere a piedi ogni posto ed è uno dei motivi per cui amo Dublino.

«Buongiorno piccola» mi sorprende Ryder alle spalle. Sfodera uno dei suoi soliti sorrisi mozzafiato e si ravviva la chioma da ragazzo ribelle. Gli ho sempre detto di tagliarli o quanto meno di lasciarli crescere per mettere un po' di ordine su quella testa, ma non mi da mai retta.

«I tuoi capelli sono invadenti» mormoro prima di baciarlo, una delle sue ciocche mi fa il solletico sul naso.

«Mi piacciono così» cerca di fare la persona offesa, ma con me non ci riesce. Se c'è una cosa che mi piace più della città con il sole è il Trinity College in una giornata di sole.

I raggi filtrano tra i rami degli alberi e il vento è piacevolmente fresco.

«V dobbiamo parlare, adesso» Grania viene verso di me senza neanche salutare «Riunione tra ragazze» aggiunge.

Io mi limito a guardare Ryder, che ricambia il mio sguardo con uno altrettanto perplesso.

«Tu no, non hai le tette» lei lancia un'occhiataccia al mio ragazzo che si dilegua, salutandomi da lontano.

«Cosa ti rende così nervosa da non poter salutare?» chiedo con la mia solita vena polemica.

«Vuoi dirmi che non lo sai? Il tipo nuovo frequenta i corsi di musica» esclama lei per poi guardarsi intorno con fare circospetto.

Faccio un sorriso compassionevole. "Ah me l'ha detto".

«E cosa vuoi che faccia?» ogni volta che Grania convoca una delle sue riunioni straordinarie tra donne raggiunge sempre la conclusione che io abbia qualche compito.

«Presentamelo» replica secca.

«Non lo conosco nemmeno» abbasso la testa per nascondere il rossore sulle mie guance. Ricordo i suoi occhi nei miei e le mie guance vanno letteralmente a fuoco.

«Fallo per me, ti prego. Non capita spesso che ci siano ragazzi così carini» mormora alzando le spalle «E disponibili» il suo sguardo è quasi complevole. So a cosa si sta riferendo. Lei era perdutamente cotta di Ryder quando ci siamo conosciute, ma non lo sapevo allora.

Le lancio un'occhiata di ammonimento e mi rassegno «Va bene, ma solo perchè sei la mia migliore amica e ti voglio troppo bene» la abbraccio velocemente e la lascio a fantasticare sugli occhi di ghiaccio del nuovo arrivato. Per un attimo mi immergo in quella fantasia anche io, ma poi torno in me.

«Buongiorno ragazzi, aprite il libro a pagina 432. Oggi parleremo di madrigale» la lezione di storia della musica comincia in anticipo, il professore non ha intenzione di perdere un secondo, come al solito.

Appena il professor Louis apre il suo soliloquio, il ragazzo nuovo fa la sua rovinosa entrata. Aprendo la porta, inciampa sui suoi stessi piedi e cade a terra.

Tutti ridono, ma non la trovo una cosa divertente, è solo imbarazzante.

«Bervenuto, quando avrà finito di fare il buffone potrà accomodarsi» ovviamente il signor Louis ha frainteso la situazione.

Palese è l'imbarazzo negli occhi di quel ragazzo quando si rialza e si porta una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio.

I nostri sguardi si incontrano e magicamente, tra tutti i posti liberi, lui decide di sedersi su quello vicino a me.

Gli sorrido debolmente mentre si avvicina e buttò la testa nel libro di testo.

«Ci siamo visti ieri?» sussurra lui porgendomi la mano. «Credo di sì» sorrido nuovamente e allungo la mano per stringere la sua.

«Sono Keeran».

«Violet».

Parlami, voglio sapere di più. Perchè sei qui? Suoni degli strumenti? Di dove sei?

Durante la lezione giro la testa per guardarlo almeno una decina di volte, ma lui è concentrato sulla spiegazione.

«Potete andare, ricordate che fra quattro settimane inizieranno le sessioni d'esame. Vi conviene iniziare a studiare già adesso» raccomanda Mr. Louis passandosi le dita sui baffi grigi.

Infilo i libri nella borsa e cerco di uscire incolume dal mio stesso imbarazzo.

«Aspetta» sento alle mie spalle.

Keeran mi raggiunge «Dove è l'aula del professor Murphy? Non so come arrivarci» chiede quasi intimorito dalla grandezza della scuola e imbarazzato dal suo scarso senso dell'orientamento.

«Anche io ho lezione, se vuoi ci andiamo insieme» arrossisco leggermente, non so perchè.

Finalmente abbiamo l'occasione di parlare.

«Sono di Bristol, ma sognavo di frequentare quest'università da sempre» afferma con tono moderatamente entusiasta.

Credo di aver capito che Keeran sia tutto un "moderatamente". Non eccede mai in nulla, nè nel poco nè nel troppo.

«Ho iniziato a suonare la chitarra all'età di quattro anni. Non so perchè, forse per far contenti i miei. Quando ho iniziato a scrivere canzoni, lì è stata la svolta. Credo sia questo che voglio fare nella vita. E tu?» mi piace ascoltarlo parlare. Ha una voce calda e scura, è pacato e mi fa ridere.

«Ho visto un pianoforte per la prima volta quando avevo sei anni. Mi intimoriva, ma ero curiosa di sapere cosa fosse. Da quel momento non ho più pensato ad altro. Ho studiato canto per anni prima di esibirmi in pubblico. Quella sera ho capito cosa volevo nel mio futuro» sussurrai ogni singola parola. Per la prima volta da quando ho imparato a parlare, sento di stare aprendo il mio cuore, ad uno sconosciuto per di più.

«Ti prego continua, mi piace ascoltarti parlare» mormora, gli occhi di Keeran hanno qualcosa di ipnotico, non riesco a sostenere il suo sguardo. Arrossisco e chino il capo cosicchè la frangetta copra gli occhi.

«Ehm... siamo in ritardo» abbiamo chiaccherato fin troppo.

Anticipiamo l'entrata di Mr. Murphy di qualche secondo. La lezione per fortuna va a gonfie vele, Keeran è troppo concentrato e ammaliato dalle parole di quel professore geniale.

"Ti prego continua, mi piace ascoltarti parlare". Questa frase mi ronza in testa per tutta la durata della spiegazione e non capisco nemmeno di che argomento si tratti.

«Dovrai darmi ripetizioni, non ci capisco nulla» bisbiglia Keeran continuando a fissare il signor Murphy.

Che strano, un compositore che ha bisogno di ripetizioni di composizione. Mi ricordo in un nano secondo del biglietto mancante sul mio annuncio. "Sei tu".

«Andate. Sarò sincero con voi, l'esame non sarà semplice. Aiutatevi se necessario, non voglio vedervi in questo corso anche l'anno prossimo» Mr. Murphy e il suo solito tono saccente non mi infastidiscono oggi.

Voglio sapere di più.

«Keeran aspetta» questa volta sono io a rincorrerlo.

«Che succede?» chiede come se non non ci fossimo mai parlati, mi lancia uno sguardo come se non ci fossimo mai visti, quasi mi spaventa.

Esito, ma poi prendo coraggio e chiedo «Vuoi venire a pranzo con noi? Almeno non vagherai per il college senza metà» mi stringo nelle spalle.

«Grazie dell'invito» sembra sorpreso e penso che rifiuterà «Va bene. Noi?» aggiunge facendomi tirare un respiro di sollievo. Se avesse rifiutato, avrei fatto la figura dell'idiota.

«Sì, io e i miei amici andiamo a pranzo insieme il martedì, è un rito» tento di spiegare. "Avrò l'occasione di presentarlo a Grania". Una parte di me sa che non è questa la ragione del mio invito, io voglio sapere di più.

Finchè raggiungiamo il gruppo, ne approfitto per spiegare a Keeran come sono disposti gli edifici e come orientarsi all'interno della struttura, ma probabilmente lo confondo solamente.

«Ragazzi, lui è Keeran» mormoro timidamente. Grania, come mi aspettavo, mi guarda entusiasta per aver portato a termine la missione.

Ryder chiude gli occhi in una fessura e mi scruta severo.

Gli lancio un'occhiata che dice che-hai-da-guardarmi-in-quel-modo, scuotendo leggermente la testa.

Neale non si scompone e stringe la mano al nuovo arrivato con disinvoltura.

Vedo Grania arrossire e balbettare per la prima volta «P-piacere, sono G-grania» poi sbatte le palpebre con il suo solito fare civettuolo che fa colpo su tutti. Un po' mi infastidisce come riesca a farlo, ma riesco a pensare una cosa sola "Lui non è come gli altri".

Keeran la guarda e le mormora un "ciao" del tutto glaciale.

Infine, Ryder gli stringe la mano, forse troppo forte. "Quanto sei geloso".

«Piccola, vieni a salutare il tuo ragazzo» esclama spalancando le braccia per accogliermi. Faccio quello che mi dice, lo abbraccio e gli poso un bacio casto sulle labbra.

Sono abituata al suo essere protettivo, ma non capisco. Non ha nulla da temere, eppure dubita di chiunque. Mi fa arrabbiare che non si fidi di me.

Il pranzo trascorre senza troppo imbarazzo, solo qualche odiosa occhiataccia di Ryder e alcuni monologhi troppo lunghi da parte di Grania. Vedo che Keeran si annoia nel sentirla parlare per quasi quindici minuti di moda, lo capisco.

Neale, fortunatamente, interviene facendo le classiche domande di routine. La situazione finalmente si alleggerisce. Ryder smette di stringere così forte la mia mano e Grania prende fiato per un secondo.

«Quindi sei inglese?» domanda Neale, quasi sorpreso. «Tu è Violet siete gli unici a venire da un altro stato» constata poi.

Alzo le spalle con fare accondiscendente. Non vedo l'ora di andarmene.

 

Accompagno Keeran alla fermata del bus. Ryder ovviamente non lo sa, o non l'avrebbe permesso. Alzo gli occhi al cielo, esasperata dalla sua mania di controllo.

«Scusali, a volte non riescono a fermarsi» mormoro fissando l'asfalto.

«Sono diversi da te» afferma lui.

«Non ci avevo mai pensato, forse è vero» replico. Effettivamente non ci ho mai riflettuto a fondo.

«Tu sei più posata, è una caratteristica che mi piace nelle persone» afferma impassibile.

«Sì, credo. Quando sono arrivata non ero un granchè nel fare nuove amicizie e loro... beh non è stato difficile per loro parlare con me» sorrido debolmente.

«Posso farti una domanda?» chiede, alzando il dito per prendere la parola, come a scuola.

«Dimmi».

«Questa mattina mi hai parlato di futuro. Non hai menzionato i tuoi amici, perchè?». "Ti piace mettere in difficoltà la gente, eh?".

«Non devi rispondermi adesso, è arrivato il autobus. Ci vediamo domani» mormora impacciato, non sa se darmi un bacio o stringermi la mano.

Annuisco e gli stampo un bacio sulla guancia, facendolo arrossire.

Lo guardo salire sul bus e poi mi avvio verso casa.

Perchè non ci ho pensato? Davvero non lo so.

Grania e Neale non si erano mai interessati delle mie lezioni o ai miei progressi.

Nemmeno Ryder mi aveva mai sentito suonare, non che potesse interessargli la musica Indie.

Apparteniamo a mondi diversi, forse.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Oggi piove, sai che novità.

C'è qualcosa di diverso, non sono felice di vedere i colori smorzati dalla pioggia.

Esco di casa con le cuffiette e la musica a volume alto.

Il maglione viola a trecce e i jeans sono il rimedio migliore per un giorno malinconico.

«Dov'è finita la mia Violet con i vestitini? Il caffè» domanda Ryder porgendomi il bicchiere di starbucks.

«Ti piaccio per come mi vesto?» chiedo sorprendendo anche me stessa. Lui mi guarda confuso per la mia domanda schietta.

«No, mi piaci per come sei» mi abbraccia in modo freddo, nel suo solito modo freddo. So che sta alzando gli occhi al cielo, di solito non ci faccio caso, ma oggi gli mollerei uno schiaffo volentieri.

Lo spingo ad un metro da me «E non sai nemmeno qual è la mia canzone preferita» mormoro.

«Certo che la so. Ora non mi ricordo il titolo» replica con tono colpevole. "Non sai niente di me".

Eppure io so tutto di lui. La sua canzone preferita è Vermillion degli Slipknot, gli piace il cioccolato fondente, adora i libri horror e il suo colore preferito è il blu.

Lui no, non presta attenzione. Non vede i dettagli.

A me nemmeno piace il caffè americano, con lo zucchero poi mi fa proprio schifo.

Perchè l'ho bevuto per un anno, ogni mattina, quando me lo portava? Perchè è l'unico gesto affetuoso che si ricorda di fare.

Non ho mai avuto nulla da contestare in questo metodo, per me l'importante era che lui fosse con me. Oggi però non riesco a sopportarlo.

«Che hai stamattina? Brutto weekend?» chiede stupito dalla severità.

«Nulla, andiamo» mi pento di quello che ho detto, prendersela con lui per una giornata no non vale la pena.

Brutto weekend? Sì. Avevo passato tutto il tempo a riflettere sulle parole di Keeran, ma non avevo ancora trovato una risposta certa.

Ci sono troppi forse da valutare, poche certezze.

Decido di archiviare questo argomento per tutta la mattinata.

Saluto di sfuggita Neale e Grania e mi avvio verso l'aula di composizione.

La mia migliore amica, dopo essere stata aggiornata sulla mia reazione antipatica con Ryder, mi corre dietro.

«Che succede? Con me puoi parlare» esclama tentando ci farmi rallentare il passo.

«Nulla, tutto ok» non riesco ad essere più convincente di così, oggi tutto mi infastidisce.

«Tu è Ryder avete litigato? Sai che non resisto senza sapere queste cose» mi afferra un polso e mi costringe a fermarmi nel corridoio.

«No, non preoccuparti. Com'è andata con Keeran?» cerco di cambiare discorso. «Non lo so, l'ultima volta che l'ho visto è andato via con te, ma è talmente carino che non so come fai a stargli vicino» lei abbocca e inizia a parlare senza freno di quanto sia affascinante e di come la ascoltava parlare affascinato quel giorno.

Io avevo visto Keeran affascinato da un discorso e quella espressione che aveva stampata sul viso con Grania ne era lontana anni luce.

«Continua così» mormoro prima di entrare in aula.

Mr. Murphy, stranamente, è già lì. «Ragazzi, questa settimana faremo qualcosa di diverso. Comprendo che il medioevo non sia il vostro periodo storico preferito, quindi oggi affronteremo la composizione moderna. Vi dividerete in gruppi e mi porterete un lavoro entro due settimane. State attenti a quello che dico» esclama con un luccichio nuovo negli occhi.

Anche io faccio fatica a trattenere la gioia, ma cerco disperatamente di darmi un contegno. Vedo Keeran con la coda dell'occhio, ha un sorriso entusiasta stampato sul viso e giocherella con la penna, pronto a prendere appunti.

«Allora vediamo» il professore scorre la lista di nomi per dividerci. Mi si stringe un nodo in gola.

«Madison, Burke, Malley, O'Neill e Butler» Mr. Murphy mi sorride appena nota l'espressione sul mio viso.

"Ammettiamolo, poteva andare peggio" penso guardandomi intorno per riconoscere i componenti del mio gruppo.

Enya Burke: una ragazza dai capelli rossicci, occhi verdi e labbra eccessivamente grandi. Suona il clarinetto se non ricordo male.

Tomas Malley: ragazzone dalle mille qualità, suona circa nove strumenti ed è un genio in composizione contrappuntistica. Occhi azzurri, capelli castani, un sorriso arrogante che spero di vedere il meno possibile.

Tara O'Neill: ragazza molto simpatica, abbiamo chiaccherato una volta all'inizio dell'anno e ho un buon ricordo. La trovo bellissima, bionda, occhi grandi e azzurri, sorriso smagliante e forme perfette.

Butler. Chi è? Mi guardo intorno, ma nessuno ha questo cognome dai miei ricordi.

«Madison sei tu?» Keeran mi prende alla sprovvista.

«Sì, perchè?» nella mia testa si accende una lampadina.

«Lavoreremo insieme» afferma lui facendo un debole sorriso che non coinvolge gli occhi. Ha l'abitudine di farlo, sorride come se nulla gli importasse, come se qualcosa lo infastidisse.

Keeran Butler, devo ricordarmelo. "Grania magari lo aggiunge agli amici di facebook".

Gli sorrido a mia volta e sussurro «Dovrai combattere. Scegliere il genere in cui comporre sarà una guerra». Lo metto in guardia, ma non sembra turbato. Sembra avere tutto sotto controllo.

«Me la caverò» il suo tono è caldo e affettuoso, ma la sua espressione è estremamente seria.

La lezione finisce in quella che mi sembra un'eternità. Mr. Murphy non aggiunge niente al mio bagaglio di conoscenza, quindi esco dall'aula leggermente delusa.

«Perchè mi metti in guardia su tutto?» chiede Keeran alle mie spalle.

«Cerco di aiutarti, non è facile come sembra qui» mormoro come sintetica spiegazione.

«Secondo te farò fatica a cavarmela?» domanda con un tono indecifrabile, non dice niente sul suo stato d'animo e mi intimorisce.

«Io... Io non lo so. Spero di non averti offeso» ho la bocca secca, non so perchè.

«No, certo che no. Piuttosto mi chiedevo... hai parlato del genere musicale prima. Il tuo preferito qual è? Ho tentato di fare un ipotesi, ma non riesco a capirti» asserisce con mal celata insicurezza.

«Non c'è niente da capire. Adoro l'Indie, ma non credo sia un vero e proprio genere». A cosa gli serve questa informazione? Sono confusa.

«Ti si addice, spero di sentire qualcosa di Indie prima o poi, sono curioso di sapere cosa ti piace» parla calmo e mi sorride, facendomi arrossire. Fa qualche passo indietro e si allontana per lasciarmi nel mio imbarazzo.

Deglutisco. «Keeran» lo chiamo tra la marea di studenti che attraversa il corridoio e lui si gira per ascoltarmi.

«Senti, se vuoi ho due biglietti per un concerto questo weekend. Potrai sentire tutta la musica che vorrai. Non c'è nessuno che voglia accompagnarmi...» non faccio a tempo finire la frase, «Ci sto» esclama allegramente.

Cerco di trattenere una risata «Grazie, il mio ragazzo non...» mormoro. Perchè glielo sto dicendo? Non gli interessano queste cose.

«Capisco, non è il suo genere. Posso essere sincero con te, accetti un parere da amico?» abbassa sempre di più la voce, avvicinandosi.

Mi sfiora il braccio con le nocche, mi guarda intensamente, ma non riesco a sostenere il suo sguardo e guardo ovunque tranne che il suo viso.

Annuisco. «A volte ci accontentiamo di vivere una vita sempre uguale per paura di tentare di essere felici» bisbiglia vicino al mio orecchio. Deglutisco di nuovo cercando di non svenire. "Troppo vicino. Ryder si infurierà".

Lo guardo allontanarsi nuovamente.

E se Keeran avesse ragione? Mi sto accontentando di tutto questo o lo voglio davvero? La verità è che voglio raggiungere i miei obiettivi, realizzare i miei sogni, ma sono incastrata in una realtà che non mi piace.

 

Verso le due del pomeriggio raggiungo Ryder, Grania e Neale a Temple Bar.

«Ciao ragazzi» dico mentre mi siedo sulla panca del pub.

«Ciao» rispondono tutti e tre in coro.

«L'università mi porta via tempo stare con te» sussurra Ryder prendendomi la mano e strofinandomi il naso tra i capelli. «Hai un bel profumo» aggiunge.

Mi divincolo cercando di liberarmi dalla sua morsa.

Grania nota la mia espressione disgustata e viene in mio aiuto «Dai ragazzone, vai ad aiutare Giant-Neale con le birre» esclama.

Ryder si alza tirando sù il naso e obbedisce.

«C'è qualcosa che non va, lo vedo» sussurra tentando di intercettare informazioni nei miei occhi, dato il suo sguardo spiritato.

«Sto bene Gran. Non ho voglia del suo affetto» dico disillusa dalla mia stessa vita.

«Credi sia finita?» chiede, sempre affamata di gossip.

«Non lo so, forse» non ci ho riflettuto, dirlo ad alta voce sembra strano. "Sì, è finita".

«Dovreste parlarne» il miglior consiglio che potesse darmi.

Annuisco e mi alzo dalla panca. "Se sa rispondere alla mia domanda, allora è il ragazzo che fa per me".

Brutto metodo, basare tutto su un'unica domanda, ma ormai non è rimasto molto su cui si fonda questa relazione, se non un caffè troppo dolce e annacquato.

«Posso farti una domanda?» chiedo appoggiandomi al bancone, dove Ryder sta aspettando di essere servito.

«Dimmi» mormora con un sorriso forzato.

«Se dovessi, paradossalmente» perchè in effetti si tratta di qualcosa di irrealizzabile «Organizzare qualcosa di romantico per me, cosa faresti?» domando, pronta a qualsiasi risposta. Una parte di me spera nella frase giusta, l'altra sa cosa succederà e già piange.

«Vuoi che io sia romantico? Violet, ne abbiamo già parlato» comincia lui, ma io so che lo fa per cambiare discorso.

«Rispondi e basta» lo ammonisco puntandogli il dito contro.

Ryder si ravviva la chioma castana con una mano e fa un respiro profondo, è infastidito «Probabilmente ti porterei a mangiare giapponese. Poi, dopo la cena, andremmo a casa e metterei della musica. Accenderei lo stereo con Vermillion, la canzone che adoriamo, e berremmo un bicchiere di vino» sussurra, sa anche lui di aver toppato.

"Risposta errata".

  1. Detesto il cibo giapponese.

  2. Non "adoriamo", ma adora quella canzone.

  3. Il vino mi fa venire la nausea.

Me la sono cercata, sapevo come sarebbe andata a finire.

Faccio un respiro profondo e dico l'unica cosa che riesco a far uscire «Ci vediamo, Ryder» un saluto malinconico a tutte le nuove esperienze che ho fatto con lui, un saluto definitivo.

Più volte mi ero stancata di lui, ma non riuscivo ad ammetterlo.

Mi allontano facendo un cenno a Grania che, con gli occhi spalancati, mi guarda andare via. Deve aver sentito tutto, ma di sicuro domani vorrà parlarne.

Per me è la fine di un capitolo e mi balenano in mente le parole di Keeran. "A volte ci accontentiamo di vivere una vita sempre uguale per paura di tentare di essere felici".

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