Hai rubato il mio cuore... e non solo

di OdiTheUnicorn1975
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LA VITA MI REMA CONTRO ***
Capitolo 2: *** Barbie girl... ***
Capitolo 3: *** La ***
Capitolo 4: *** Sarò ***
Capitolo 5: *** Ci do un taglio! ***
Capitolo 6: *** Incubi... ***
Capitolo 7: *** Nuovi incontri... ***
Capitolo 8: *** Ultimo giorno... ***
Capitolo 9: *** Più niente... ***
Capitolo 10: *** Incontri piacevoli(?) ***
Capitolo 11: *** Benvenuta in America! ***
Capitolo 12: *** Lui...o quasi. ***
Capitolo 13: *** Diavolo travestito da angelo... ***
Capitolo 14: *** Matt... ***
Capitolo 15: *** Era solo la verità... ***
Capitolo 16: *** La cena ***
Capitolo 17: *** Fuga ***
Capitolo 18: *** Punizione... ***
Capitolo 19: *** Sorpresa! ***
Capitolo 20: *** Neve! ***



Capitolo 1
*** LA VITA MI REMA CONTRO ***


Quella notizia mi arrivò come una secchiata gelida.

"La ragazza ha bisogno di un trapianto di midollo osseo" il medico lo disse a mia madre, come se io non fossi nella stanza con loro. Come se quella a doversi sottoporre ad un intervento fosse lei, e non io. "ovviamente avremo bisogno di un campioncino del sangue della paziente per poterlo confrontare e trovare un donatore compatibile" continuò il dottore.
Le notizie che si susseguirono a quella della mia -possibile- morte, non erano fonte della mia attenzione perciò di quello che avrei dovuto fare non sentì una parola. Tutte le parole arrivavano ovatte al mio orecchio.

Una volta a casa mia madre avrebbe dovuto comunicare il risultato della visita a mio padre, ma essendo scossa da singhiozzi non riuscì a parlare, e così il lavoro "sporco" toccava a me. "Devo operarmi al midollo osseo altrimenti morirò. Posso ordinare la pizza mentre vedo un film?" all'esterno cercavo di non dare peso alla cosa, ma quando sai di poter morire presto, non penso tu possa pensare ad altro. Mio padre rimase con la stessa espressione -terrorizzata mista a shock- per 10 minuti buoni. Mi dileguai quando vidi mio padre riprendere coscienza. Non avevo voglio di sentire piangere anche lui, o strillare o non so quale altra reazione avrebbe potuto avere. Insomma, non tutti i giorni scopri che la tua unica figlia potrebbe morire.

Non piansi. Cercavo di non pensare a quello che il giorno prima avevo scoperto, così come tutte le mattine mi alzai feci una doccia veloce, e mi preparai per andare a scuola. Sapevo che non tutto sarebbe stato come prima, infatti mia madre era ancora nel letto -probabilmente non aveva dormito granché-, mentre mio padre era in cucina che si versava del caffè "se vuoi puoi saltare la scuola oggi. Non sei costretta ad affrontare questa pesante giornata" non mi stava guardando, ma sapevo che parlava con me, perché in casa nessun'altro era sveglio. "Sapere di dover morire non è un buon motivo per suicidarsi, papà... Se oggi saltassi la scuola tutto si aggiusterebbe? No. Perché farlo allora?"mi congedai scoccandoli un sonoro bacio sulla guancia. Presi lo zaino e mi avviai verso scuola.

Tutto quello che stava accadendo non mi rendeva certo felice, ma non per questo mi sarei depressa. Ero immersa nei miei pensieri quando un tornado dai lunghi capelli color della pece mi avvolsero in un abbraccio "Ehy rossa! Allora la visita ieri? Hai saltato scuola inutilmente, e poi un ragazzo ti ha cercato, ma come mai non sorridi? Un ragazzo. Ti. Ha. Cercata!... ridi un po'! Sembra che tu stia per morire..." stava parlando talmente veloce che le uniche parole che riuscì a distinguere furono le ultime -sembra che tu stia per morire-. Dalila non sapeva quanto fosse vero. "Potrebbe essere proprio per questo" mi uscì dalle labbra senza un vero motivo, come se il cervello e la bocca non fossero collegati.
"dai Karma, non scherzare. Ci sono persone che stanno davvero male" forse lei non capiva. "Dalila, dico sul serio... Il test è risultato positivo alla leucemia" la mia voce era glaciale, priva di emozioni. "Karma, non può essere vero. Sei la mia migliore amica" cercò di puntualizzare, come se il male lo dovesse subire lei. Dalila è la mia unica amica ma a volte non la capisco. Non era lei che sarebbe potuta morire. Non era lei che si sarebbe dovuta operare. Non avrebbe dovuto fare trasfusioni. Niente prelievi. Niente ospedale. Niente di niente. Ma lei sentiva necessario dover ricordare a tutti che lei non avrebbe voluto soffrire. "Lo so, mi dispiace." dissi. Mi dispiace. Fu l'unica cosa che riuscì a dire. Non so nemmeno io perché. Non ero io a volere la malattia, ma mi sentivo comunque in dovere di scusarmi. Certo, prima o poi me ne sarei andata, pensavo più poi che prima ma la vita è incontrollabile, e con me avrei portato tutti quelli che davvero mi volevano bene, ma non era ancora successo, quindi perché mi sentivo in debito? Non ci sarei riuscita. Mi ripetevo. Non sarei riuscita a scusarmi con tutti della mia morte , meglio iniziare prima, non si sa mai.
 
 
 
ANGOLO AUTRICE: 
Salve! Per iniziare dico che ho iniziato questa storia perché quando l'ispirazioni mi coglie non vuole andar via e quindi devo scaricarla nello scrivere(?). In questo capitolo Karma scopre di avere la leucemia e che quindi l'operazione al midollo osseo è inevitabile. Come avete notato, la protagonista è un po' scontrosa e non nutre molta fiducia in nessuno, nemmeno verso la sua migliore amica. Spesso Karma, si troverà a penare a cosa gli altri farebbero se lei morisse, perché, come anche Karma ribadisce nel capitolo, quando il tuo futuro è per il 50% la morte, non puoi non pensarci. 
Come sempre ho scritto un papiro, quindi, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto. Se qualcuno mi cerca sono a sfogare la mia fantasia
 
-Delly 
 
p.s
sarei felicissima se lasciaste un commento sul capitolo, anche piccolo, anche costruttivo, negativo, nutro, positivo... Grazie.

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Capitolo 2
*** Barbie girl... ***


La giornata trascorse normalmente. Non avevo molte persone a cui comunicare della mia prematura -possibile- morte. Non avevo molta voglia di tornare a casa. Non perché non volessi bene ai miei, ma mi avrebbero trattato come se fossi una bambina che ancora non parla, ne cammina. Così decisi di approfittare della situazione per prendermi le mie "ore di libertà" Mamma, sono con Dalila in giro. Non so a che ora torno, ma ti faccio sapere. -Karma Non so come mia madre abbia potuto prendere il messaggio perché quando tornai a casa lei dormiva. Ringraziai Dio -pur non essendo sicura ce ne fosse uno- che per quella sera la paternale non l'avessi sorbita, ma chissà quale altro diciasettenne nel mondo. Quella notte non riuscì a dormire per un forte mal di schiena, dovuto alla cattiva postura che fin da bambina avevo assunto. Pensai a quello che Dalila mi aveva detto quella stessa mattina "un ragazzo ti ha cercata". Un ragazzo. Un ragazzo mi ha cercata. E non per sapere dove fosse l'aula di biologia. Ha cercato proprio me. Solitamente se qualche ragazzo prova a instaurare una conversazione con me, reagisco in modi esagerati. Certo, è raro che un ragazzo mi cerchi. Insomma, non piaccio neanche a me, figuriamoci se un altro essere umano al mondo possa essere attratto da me. Sono discretamente alta certo, è tutto il resto che frega. Ho il naso grande, gli occhi troppo vicini tra loro e le labbra microscopiche. I miei lunghi capelli rossi coprono la schiena un po' incurvata, metto sempre felpe molto larghe, per non far notare le curve un po' troppo accentuate, e jeans che mi fasciano le gambe, queste a differenza dell'addome, sono magre. Insomma, NON la ragazza che interessa a tutti. Nonostante questo, la mia mente si fece film mentali, che anche io ritenevo strani. Speravo con tutto il cuore che il ragazzo che mi avesse cercata quel giorno fosse Daniel. Chi è Daniel? Detto in poche e semplici parole, è il ragazzo che mi piace dalla terza elementare, ma anche il ragazzo ritenuto più carino in tutto la scuola e che non mi ha mai rivolto una parola se non "no, è occupato". Purtroppo, anche se il mio cuore era irrealistico e sperava fosse lui, la mia mente più razionale del cuore, SAPEVA, che il ragazzo che quel giorno mi aveva cercato non poteva essere Daniel. Infatti Daniel, era fidanzato, da ormai 4 mesi -probabilmente neanche lui teneva il conto- con Claire, una quasi top model, altissima, bella, bionda, grandi occhi azzurri, magra da far schifo e adorata da tutti. Come avrebbe potuto, Daniel, interessarsi a me? Insomma, non ero altro che una mosca, a confronto con Claire. È anche per questo che la odio. Senza che me ne accorgessi, il sole era ancora una volta sorto per riscaldare l'intero mondo -o almeno quello che a quest'ora sarebbe dovuto essere sveglio- e come un automa inizia a prepararmi, per un'altra "meravigliosa" giornata. _______________________________________________ ANGOLO AUTRICE: salve a tutti! Mi scuso per aver aggiornato dopo tanto tempo, ma questa settimana avevo molte interrogazioni, fra cui psicologia, e per chi non la studia non penso possa capirmi. Allora (60 minuti XD), con questo capitolo avete un po' capito la situazione sentimentale di Karma (che mi rispecchia a pieno). Daniel è il tipico ragazzo carino che tutte vogliono, a cui piace la tipica Barbie senza cervello. Che altro posso dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e se siete arrivate fino qui penso che un po' vi abbia incuriosito. Se ne avete voglia recensite, a me fa sempre piacere sapere cosa ne pensate. Mi scuso ancora una volta, perché il capitolo penso sarà tutto unito, senza distacchi fra una situazione e l'altra, come il primo, ma sto aggiornando dal mio cellulare. -Delly❤

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Capitolo 3
*** La ***


Due mesi.
Due mesi sono passati dalla "grande scoperta".
Ieri hanno chiamato dall'ospedale, dicono che vogliono parlarci.
 Dal girono della notizia, ad ora, ho perso 3kg, non mi va molto di mangiare ultimamente.
Stiamo andando in ospedale con la Jeep di mio padre.
Come al solito c'è sempre una gran confusione qui, tra casi urgenti, visite, e interventi, non si capisce niente.
Cammino guardando il pavimento così rigorosamente bianco. Non ho indossato niente di elegante o sfarzoso, solo un paio di jeans, delle converse e la mia felpa preferite, che ora mi sta larga.  I miei genitori invece, sono molto eleganti quando si tratta di queste cose.
Non li capisco davvero.
Mia madre indossa un completo color cipria, che le sta d'incanto con il suo fisico asciutto, e delle scarpe alte, con la punta, anche queste color cipria.
Mio padre, invece, è vestito come un professore d'università, un completo a quadroni marroni, una camicia bianca, papillon, occhiali da vista, tondi, sempre sul naso e vans... Vans? Ma come gli è saltato in mente?  

"papà, quelle sono delle Vans?" gli chiedo indicando le scarpe che sta indossando.  
"si, il commesso del negozio mi ha detto che vanno bene per qualunque occasione e con qualunque completo. Così ho pensato di indossarle." mi risponde lui con sguardo fiero, da chi ne capisce molto di stile.  

Mentre io e mio Padre discutevamo sulle sue scarpe alla moda, siamo arrivati nella stanza, dove i dottori ci aspettavano.
Sono tutti seduti al grande tavolo, con i loro bianchissimi camici.
Alcuni prendono appunti, su non so cosa, altri stanno parlando fra loro indicando un grande telo bianco dove si stanno proiettando alcune immagini.
Ad un certo punto, il dott. Raphael, il mio pediatra, annuncia la nostra presenza agli altri medici, che molto evidentemente ci avevano ignorato fin ad ora.  

"Signor Camelot, signora Camelot, è un piacere rivedervi..." non per noi, e non penso sia un piacere neanche per le altre persone in ospedale.
 "Come va,Karma?" mi chiede con una voce più dolce, come se stesse parlando ad un bambino.  
"una meraviglia"... sto solo aspettando di potermi operare. Rispondo molto educatamente, omettendo la seconda parte della frase.
 "Bene, direi di poter iniziare la conferenza. Ho una buona notizia! Abbiamo trovato un donatore compatibile".

Non credo di essere stato più felice di così. Hanno trovato un donatore. Questo vuol dire che guarirò.  

"la brutta notizia è che..." brutta notizia? Non aveva parlato di brutte notizie. Perché c'è sempre la brutta notizia? Sei un lurido, vecchio... "è che, il donatore vive negli USA e tutte le attrezzature sono lì. Non è molto più grande di Karma, anzi si potrebbero definire coetanei."

aspettate un attimo. Ciò vuol dire che l'intervento si terrà in America? Dall'altra parte del mondo?   

"mi scusi dottore, ma perché l'intervento, non può essere trasferito qui?" l'ho chiesto senza pensarci molto.
Subito vedo il dottore aprire bocca, ma richiuderla, non sapendo cosa dire. Wow, ho zittito un dottore, dovrei vantarmene in giro?  
Un attimo dopo un suo collaboratore parla al suo posto  

"bhe, vede signorina Karma, attrezzature di questo calibro, non possono essere trasferite qui, a Liverpool, con un aereo normale."  
"quindi, l'intervento si sarebbe tenuto comunque negli USA. Perché non lo avete detto?" non sono una persona molto paziente e se non ricevo una risposta sensata subito, potrei esplodere.  
"tesoro, l'intervento si sarebbe comunque tenuto negli USA, però si tratterò solo di alcuni mesi" ora era mia madre a parlare.  
"mesi? L'intervento durerà all'incirca 5 ore, e noi dovremmo stare lì mesi? Voi siete matti? Come farò con la scuola? E Dalila?....Ho bisogno di parlare con lei tutti i giorni di cose assurdamente stupide, e di questo non potrò parlarle?" appunto.
Sono esplosa.  
"signorina Camelot, si calmi ora. L'intervento si terrà, almeno dopo 3 settimane dall'arrivo, per via degli accertamenti, e se tutto andrà bene, dopo 2 mesi sarà di nuovo nel territorio inglese. Però ora mi ascolti, se l'intervento non si terrà negli USA, la percentuale che lei si aggravi sarebbe del 20%, mentre in America le percentuali scenderebbero al 12%. Tutto quello che facciamo, lo stiamo facendo per lei".
Il dott. Raphael non ha parlato affatto, è stato il suo collaboratore. Stranamente mi ha calmato e forse, e dico FORSE, potrei cambiare idea sul viaggio.




 

:ANGOLO AUTRICE
!Hola
?Come va

.Inizio dicendo che, il capitolo precedente, non ha avuto commenti e di questo mi è dispiaciuto
.Se c'è qualcosa che non vi è piaciuto potete tranquillamente scrivermelo nei commenti, io cercherò in tutti i modi di risolverlo
.Spero che questo capitolo sia meglio dell'altro e che vi piaccia
.Vi prego, ancora, di recensire su quello che va o meno bene
.Farei di tutti per accontentare tutti, ma senza una pista mi sembra impossibile 
Vi mando un bacione 

-Delly <3


!RECENSITE
 

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Capitolo 4
*** Sarò ***


Alla fine mia madre mi ha convinto e fra 2 settimane prenderò l'aereo che mi porterà dall'altra parte del mondo, per un intervento al midollo osseo che mi donerà un emerito sconosciuto di cui conosco solo il nome.
Matthew.
Che nome.
Sembra quasi il nome di un cane.
Matthew, Metty, vieni qui a fare la pappa. Forse sua madre voleva un cane, non un bambino.
Mentre penso a questo fatidico Matthew, salgo sul pullman che mi porterà a scuola.
Mi siedo 5 file più dietro l'autista. In un posto a due, ma sola.
Dalila, non si sta facendo sentire affatto, nonostante l'abbia cercata.
Sembra sparita dalla faccia della terra.
Con un gesto meccanico, metto le mie cuffiette bianche alle orecchie e faccio partire una canzone a caso.
Choccolate, The 1975.
Non che ne sia sorpresa.
Praticamente non faccio altro che ascoltare questo gruppo.
Matthew Healy.
Matthew.
Healy.
Matthew.
Matthew, il donatore.
Chissà che Matthew il donatore, sia lo stesso Matthew del gruppo.
No.
Non può essere, Matthew Healy vive a Mancester.

Girls, The 1975.
Stesso gruppo, canzone diversa.

God help me now. Dio aiutami.
Se ce ne uno

Senza che me ne accorgessi sono arrivata alla fermata.
Non ho molta voglia di andare a scuola, anche perché il mercoledì seguo un corso con Daniel e non ho affatto voglia di vederlo. Trascino i piedi fino all'entrata.
Heart Out, The 1975.
Ancora loro.
Ancora lui.
Amo questa canzone e neanche il suono della campanella mi farà smettere di ascoltarla.
Mi siedo sul muretto senza pensarci, canticchiando la canzone in mente.
I remember when i find you, much younger the you are now...

È finita anche questa canzone.
Tolgo le cuffie perché non avrei il tempo di ascoltare, interamente, un'altra.
Sono arrivati tutti e aspettano davanti al cancello, per entrare a scuola.

Le lezioni iniziano e io non riesco a seguire nessuna di queste.
Matthew.
Ancora quel tizio.
Quando ha intenzione di sgombrare la mia mente?
Hei! Tizio di nome Matthew nella mia mente! Si, parlo con te. Ti spiacerebbe uscire e lasciarmi pensare ad altro?
Purtroppo non riesco a togliermelo dalla testa.
Inizio a pensare al suo aspetto.
Sicuramente sarà il tipico ragazzo pieno di brufoli, americano.
Me lo immagino: capelli rossi riccissimi e attaccati alla sua fronte per il terribile caldo (immagino viva in Texsas, non so il perché) occhiali quadrati rossi -per non farsi notare- brufoli abbinati agli occhiali e l'apparecchio.
Pensandoci mi viene da ridere.

Toc-Toc.
Una testa si affaccia dalla porta.

"Mi scusi prof, potrebbe uscire un minuto la signorina Camelot?" la riconosco.
È Dalila.
Bene, almeno so che non è scomparsa del tutto.
Il professore acconsente e io esco.

"Karma ho saputo del donatore" mi dice appena richiudo la porta.
"chi te lo ha detto?" credo di aver appena aggrottato le sopracciglia.
"ormai lo sanno tutti. Mi dispiace" Ormai lo sanno tutti. Lo sanno tutti. Tutti... Sono finita.
"come sarebbe a dire lo sanno tutti?"
"Karma, prima o pio, lo sarebbero venuti a sapere. Come avresti giustificato la tua assenza?"
"avrei raccontato di un viaggio!"
"un viaggio che dura mesi? Pensi davvero che qualcuno ci avrebbe creduto?"
"sarò per tutti 'quella malata  che sta per morire'! Chi è stato?"

Che sono furibonda è dire poco.
Sarò "quella che sta per morire" per tutti.
Ad un tratto, non vedo l'ora di partire per l'America.
Almeno lì se qualcuno verrà a saperlo, ci sarebbe stato Matthew il donatore a essere più ridicolo di me.
Ancora lui.
Se la sua immagine combacerà con l'idea che mi sono fatta di lui.
Probabilmente no. 







ANGOLO AUTRICE: 
Salve a tutti!
Purtroppo nenache lo scorso capitolo ha ricevuto alcuna recensione, ma non mi faccio abbattere, anzi.
Ho preparato già i capitoli seguenti quindi se vedrò miglioramenti, potrei pubblicare altri due capitoli fra oggi e domani. 
In più mi scuso per il ritardo, ma non mi ero resa conto del tempo che era passato dallo scorso capitolo. 
Vi prego recensite 

-Vostra Delly 

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Capitolo 5
*** Ci do un taglio! ***


I giorni successivi sono stati un inferno.
Tutti a scuola mi evitavano più del solito, anche Dalila.
Ora ha trovato delle nuove amiche, perché ovviamente io non ero abbastanza.
Perché io non sono mai abbastanza.
Ormai la mia vita, se così si può ancora definire, è una routine.
La mattina prendo l'autobuss, che mi portava a scuola, durante il viaggio ascolto la musica, seduta al mio solito posto a due, ma, come sempre, sola.
Arrivata a scuola, cerco di evitare il più possibile le persone e corro in classe.
A pranzo ormai non ci vado più dal giorno in cui ho parlato con Dalila.
All'uscita da scuola vado a casa, ceno e quasi tutte le settimane, vado in ospedale, per accertamenti, trasfusioni e quant'altro.
Da quando è successo quel che è successo, di uscire di casa non ne ho voglia, anche perché non saprei con chi uscire.
Ormai non ho più amiche.
Se prima non volevo andare via, ora non vedo l'ora di poter salire sull'aereo e andare via da questo schifo.
Mia madre dice che dovrei andare in qualche centro per malati e magari farmi degli amici.
Sai che felicità, avere degli amici che potrebbero morire da un momento all'altra tra le tue braccia.
Certo mamma, hai perfettamente ragione tu.

Chissà quanto manca alla partenza per l'America.

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-2 settimane.
Posso farcela.
Devo farcela.
Che vuoi che siano 2 settimane, infondo sono solo 14 giorni.
336 ore.
20160 minuti.
1209600 secondi!!
Okay, la matematica mi mette ansia, quindi cercherò di lasciarla fuori da certe questioni.
Dalila mi ha chiamato.
Voleva sapere come stavo, e io le ho detto bene, ma la verità è che mi sento uno schifo.
Lei è come se fosse morta, i miei genitori lavorano e io sto sempre a casa da sola.
Ogni tanto guardo la televisione o sto al computer, ma la maggior parte del tempo leggo.
Mi è passata la voglia di fare qualunque cosa.

È da un po' che non vedo Daniel in giro, e forse è meglio così.
Alcuni dicono che abbia litigato con la sua ragazza e che non si voglia far vedere in giro.
Altri dicono che lo abbiano sospeso per aver partecipato ad una rissa, ma non penso ne sia capace... È troppo fifone.
L'unica cosa che mi importa è che lui non sappia della "cosa".
Ormai non pronuncio più quel nome, come se fosse una parolaccia.
La più brutta.
Come se, se la pronunciassi diventasse incurabile, o non so quale altra disgrazia.
Come se, se la pronunciassi sprofondassi nell'oblio.

Non mi piace stare da sola, ma a quanto pare da un po', è come se lo fossi sempre stata.
Ormai ho preso confidenza con la mia solitudine.
Voglio andarmene via.
Via da questa città.
Via da questa vita.

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Lunedì mattina.
-5 giorni.
Solo 5 giorni e andrò via.
Via da tutto.
"Vorrei sapere dove cadono le stelle, per ritrovare tutti i miei desideri e riprendermi quelli che appartenevano a te.".
 Questa è la frase che io stessa, ho inciso nel bagno della scuola.
L'ultimo bagno a destra, corridoio buio e umido, ma non importa, quello è il mio bagno.
Certo è un posto squallido, però è mio, e nessuno ci entra da tanto tempo ormai.
Davanti a quel bagno, il primo anno incontrai Daniel, e subito incisi la scritta.
Fin dal primo momento, Daniel, mi ha colpito.
Immersa nei miei pensieri raggiungo l'aula e mi siedo al mio banco.
Sola.
Ancora una volta, sola.

Le lezioni mi risultano talmente pesanti da riuscire a seguire solo i primi 5 minuti di lezione, se tutto va bene.
Il fatto è che, prima con me c'era sempre Dalila, ora ha cambiato corso, e io sono sola.
Non ho mai legato con nessuno di questo corso, non so il perché, forse credevo che la mia amicizia con Dalila non sarebbe mai finita, forse non sentivo bisogno di altri amici, perché con me c'era sempre lei.
Ora invece, sono rimasta sola.
Ecco cosa succede a fidarsi troppo.


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Alla fine della lezione esco in corridoio per andare al bar della scuola a comprare qualcosa che mi blocchi i crampi allo stomaco per la fame.
Percorro tutto il corridoio a testa bassa, con i capelli che mi coprono la faccia, guardandomi le scarpe.
Sono sempre stata una persona pigra, ma mai ho trovato faticoso scendere le scale, ora invece mi mancano le forze perfino per camminare.
Sento di non stare bene, ma a casa non ho voglia di tornare.
La testa mi gira e lo stomaco sembra scoppiarmi.

Sono arrivata al piano terra.
Devo avere un aspetto terribile perché alcune ragazze del primo anno mi guardano schifate.

Il bar è chiuso.
Mi tocca prendere qualcosa dalle macchinette.
Mi avvicino al macchinario e guardo cosa potrei prendere.
Taralli, merendine, yogurt, il mio riflesso mi salta all'occhio.
Sono spaventosa.
Sembro morta.
Ho un colorita biancastro, anzi, sono bianchissima, le borse che ho sotto gli occhi farebbero invidia anche a Luis Vuitton, e con gli occhi rossi sembro posseduta.
Ora comprendo le due ragazze di prima.
Un ragazzo si mette in fila dietro mentre parla con una ragazza.
Senza volerlo mi urta leggermente, e io cado per terra senza forze.
Sono stesa sul pavimento con gli occhi per metà chiusi, l'unica cosa che sento prima di svenire del tutto è: "chiamate un'ambulanza Karma Camelot è svenuta!".
Il ragazzo si è abbassato per sentirmi il polso e io penso sia molto gentile da parte sua, ma infondo sta facendo solo quello che chiunque farebbe per chiunque.
Come conosce il mio nome?
Probabilmente anche lui avrà saputo della "cosa".
Mi risveglio in una sala bianca.
Da sola.
Non c'è nessuno nella stanza a parte me.
Mia madre di sicuro sarà al lavoro e mio padre anche.
Non mi scoprendo molto, infondo la loro unica figlia è solo svenuta.
Abbandono la testa sul cuscino e i capelli mi solleticano il collo.
Questi stupidi capelli.
Li odio.
Alzo la mano per scostarli ma non appena piego il braccio sento dolore sulle vene.
Una flebo.
Me lo sarei dovuta aspettare.
Chiamo l'infermiere che subito entra nella mia camera.
È molto giovane.
Ha i capelli legati e coperti da una cuffietta, ma dai ciuffi che scappano dalla stoffa deduco che sia bionda.
Ha un viso fresco, privo di trucco eccetto per un po' di mascara e un filo di blush.
Si avvicina al letto e con voce flebile mi domanda
-"ha bisogno di qualcosa?"-
Inizio a parlare ma sento la voce impastata, così me la schiarisco e riprendo.
-"scusi per il disturbo, ma non potrebbe, per caso, soffocarmi con un cuscino?"-
La donna sgrana gli occhi e subito accosta una mano alla bocca
-"mi scusi, qualcosa non va?"-
Perché si fanno tutti degli scrupoli?
Non potevo avere come infermiere uno spietato assassino?
Forse la cosa si sta facendo problematica.
Forse dovrei smetterla, davvero, di pensare a questo.
-"scusi, stavo solo scherzando."-
La vedo rilassarsi, così riprendo  parlare 
-"potrebbe farmi una coda alta ai capelli. Ho provato a farla da sola ma sa, con la flebo è doloroso."-
Senza rispondere mi prende l'elastico dalle mani e in pochi secondi riesce a farmi una coda.
-"la ringrazio."-
-"di niente. Ha davvero dei bellissimi capelli, e sono davvero molto lunghi, complimenti. Se ti annoi di averli lunghi potresti fare una donazione."-
-"che tipo di donazione?"-
-"bhe, in molti ospedali, compreso questo, spesso viene fatto volontariato. Sono delle donazioni, come quella del sangue. Non hai mai partecipato?"-
Mi chiede.
Non potrei mai donare del sangue.
Il mio è malato.
Ma da quanto ho capito non si dona solo il sangue.
-"mi scusi, ma cosa ne fate dei capelli delle persone?"-
-"delle associazioni ne fanno delle parrucche per i bambini malati di cancro che sono sottoposti alla Chemioterapia. È un atto davvero nobile."-
La chemioterapia.
Dovrò sottoporli anche io a questa terapia?
Non mi importa, se lo farò perderò tutti i capelli se non lo farò avrò un nuovo taglio.
Si, ho deciso.
-"devo farle un'altra richiesta."-
-"mi dica, purché non sia un'altra proposta d'omicidio"- sorride.
-"sa tagliare i capelli?"- le chiedo.
La vedo aprirsi in un sorriso sincero
-"non sapevo di essere così persuasiva"-.
Rido.
Rido davvero, come ormai non facevo da tanto tempo.



ANGOLO AUTRICE: 
Hola! 

Come va? 
Spero bene. 
Ecco il nuovo capitolo, forse è uscito un po' lungo ma lo avevo scritto in precedenza e mi piaceva così com'era, in più no me la sentivo di dividerlo. 
Mi scuso per averlo editato(?) poco, ma è la seconda volta che lo faccio, perché la prima vlta ho perso tutti i dati. 
Un'ultima cosa, volevo ringraziare Sev che mi sopporta sempre e che segue la mia storia, ti mando un bacione. 

Il prossimo capitolo arriverà a breve. 
Con affetto 
-vostra Delly 

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Capitolo 6
*** Incubi... ***


Sono rimasta in ospedale tutto il giorno.
Questa sera sono arrivati i miei genitori che dopo un'enorme quantità di carte da firmare mi hanno riportato a casa.
Sono furiosa con loro, così quando arrivo davanti a loro senza ascoltare le loro parole metto le mie cuffie e faccio partire la musica. Per tutto il tragitto in macchina me ne sto zitta sul sedile posteriore dell'auto, ascoltando musica.
Mi hanno lasciato in ospedale da sola.
L'unica che è rimasta con me tutto il giorno è stata Claire, l'infermiera.
Non riesco a credere a quello che è successo.
Appena sento la macchina spenta, prendo il mio zaino, che ho messo sul sedile accanto a me, e corro in casa.
Continuando a stare zitta butto il mio zaino per terra lascio il giubbotto e corro in camera mia.
Una volta al sicuro nella mia camera tolgo le cuffie e mi butto sul letto.
Non ho affatto sonno.
Eppure non vedo l'ora di poter andare a dormire.
Dopo pochi minuti sento bussare alla porta.

-"sono morta per tutti"-  dico in modo sarcastico.

Anche avendo ascoltato le mie parole, mio padre entra nella mia camera.

-"Karma, mi dispiace per oggi"-
-"non importa, ci sono abituata"-
-"a cosa?"-
-"a stare sola, negli ultimi tempi tue e mamma siete sempre al lavoro e io rimango qui a casa da sola, quindi non è cambiato niente dagli altri giorni"-
-"mi dispiace davvero tanto. Vedi, noi stiamo facendo dei turni in più, dobbiamo risparmiare per il viaggio."-

È tutta colpa mia.
I miei genitori si spaccano di lavoro e io penso solo a me stessa.
Sono una persona terribile.
Perché non ci sono arrivata prima?
Che stupida.
Come avrebbero potuto lasciarmi sola adesso.

-"scusate"-
Lo alzandomi dal letto e abbracciando mio padre che non si è mosso dalla soglia della porta.
-"non è colpa tua, tesoro"-

Mi stringe a se, e io mi sento al sicuro.
Il suo profumo mi riposta alla mente vecchi ricordi.
Noi due nel parco vicino casa che giochiamo con le foglie secche.
Le nostre battaglie di neve in cui mi lasciava perdere.
L'ultima volta che abbiamo fatto una battaglia di neve avevo 10 anni.
Chissà se lui ricorda ancora tutto...

-"papà, ricordi le battaglie di neve? O le passeggiate fra le foglie secche nel parco?"-  Senza che me ne accorgessi do voce ai miei pensieri.
-"come potrei scordarmelo?"-
Me lo sarei dovuta aspettare, infondo è il padre migliore del mondo.
La serata passa veloce, alla fine sono scesa per cenare.
Dopo cena torno subito in camera mia per dormire.
Non appena mi richiudo la porta mi arriva un messaggio.

"come stai? -Dalila"

Rispondo subito "bene.", non ho voglia di parlare, voglio solo dormire e sperare che ill viaggio arrivi subito.
Il sonno non mi arriva subito, ma dopo aver letto le notifiche su Facebook dal mio cellulare, morfeo mi accoglie fra le sue braccia. Mi tuffo nel mondo dei sogni... O meglio degli incubi.
Quella notte sognai Daniel.
Sognai Dalila.
I miei genitori.
I miei parenti.
Tutti i miei conoscenti.
Erano tutto su un prato verde, a giudicare dall'aspetto, eravamo qui, in Inghilterra.
Erano attorno a qualcosa.. O meglio qualcuno.
Mi feci largo fra la folla arrivando al centro del cerchio.
Ero io.
Sembrava che stessi dormendo, ma ero svenuta.
Già, svenuta, perché non voglio credere di aver sognato la mia morte.
Il mio funerale.

Erano tutti vestiti in nero, con una faccia tristissima, ma nessuno di loro, nessuno, versava una lacrima.

Mi sveglio con mia madre seduta sul mio letto che mi scuote e mio padre che grida il mio nome.
Sono sudata e sto piangendo.

-"hai fatto un brutto sogno?"- Mi chide mia madre, quando apro gli occhi.
-"si, niente di che. Mi dispiace avervi svegliato."- Mi scuso. -
"è tutto apposto. Torniamo a dormire"- Mia madre lo dice uscendo dalla mia stanza dopo aver spento la luce.

Mi asciugo le lacrime e mi faccio una coda di cavallo.
Mi torna in mente dell' ospedale, e mi ricordo che non ho ancora ringraziato il ragazzo a scuola e l'infermiera.
Mi viene da piangere.
I miei genitori non si sono nemmeno accorti che ho tagliato i capelli.
Sono molto più corti di prima, ma comunque non lo hanno notato.
Immersa nei miei pensieri riaprendo sonno, inconsapevole che fra 3 ore, mi sarei dovuta rimettere in piedi e andare a scuola.

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-4 giorni.
Sulla parete affiancata al mio letto ho messo un calendario, dove sto facendo il conto alla rovescia.
Mi alzo dal letto e vado in bagno.
Devo assolutamente farmi una doccia, sento il trucco che non ho tolto ieri sera, appiccicato alla faccia per via delle lacrime.
Una doccia calda dopo un incubo, è quello di cui ho bisogno, mi ripeto.
Il vapore della doccia fa appannare lo specchio, così prendo un panno pulito e asciugo l'umidità che si è formata sulla fredda lastra. Mi guarda e penso che quella nello specchio sia la mia versione da zombie, ma subito mi rendo conto dell'assurdità a cui ho pensato.
Prendo lo struccante da cassetto dietro di me, e un discetto di cotone per togliermi il trucco sciolto dalla faccia.
Struccata non ho il coraggio di farmi vedere in giro, perciò metto del correttore sulle occhiaie, un po' di matita nera sotto l'occhio e mascara per completare.
Non sono al massimo della mia forma, ma credo di essere presentabile.


A scuola mi fissano tutti, ma non capisco se è per l'aspetto da zombie o per il nuovo "taglio" di capelli.
Verso metà giornata incontro Dalila che mi chiede cosa abbia fatto ai capelli.

-"non mi piacevano lunghi, così ho fatto beneficenza"- Le rispondo senza darci molto peso.
-"come sarebbe a dire beneficenza? Sono capelli, come puoi donarli?"- Sembra più sconvolta lei che io.
-"in ospedale fanno beneficenza. Raccolgono capelli per darli ad un'associazione che ne fa parrucche per bambini malati di cancro, che sono costretti a fare la chemioterapia. Sto andando proprio ora dalla preside per chiederle se posso affliggere dei cartelloni che parlano di questo tipo di beneficenza."-
-"non sembri più tu."-

Forse lei non si è accorta che io ho cambiato solo il taglio di capelli.
Quella che è cambiata è lei, dove sono le sue promesse?
"saremo amiche per sempre", "mai nessuno ci dividerà"...
Ma preferisco così, se ci è voluta solo una stupida malattia per farci allontanare, vuol dire che niente era vero.

-"quella che è cambiata qui non sono io. Si, è vero, sono cambiata fisicamente, ma io sono sempre la stessa. Quella che non ne vuole più sapere di me, sei tu! Una stupida malattia ha fatto in modo che tu te ne andassi. Sono rimasta sola, non ho più un'amica, i miei genitori non sono mai a casa e il tempo per uscire e farmi altri amici è andato via con la mia vita sociale..."-
Apre la bocca per parlare, ma la interrompo subito, perché sono sicura che se mi interrompesse non troverei più la forza per riprendere il discorso.
-"no Dalila, ora parlo io!... Non voglio farti la paternale, ma sappi che il dolore, per questa malattia, non sei tu che lo subisci, quindi fattene una ragione, per una volta in vita tua, il mondo non gira intorno a te. Forse dovresti andare dalle tue nuove amiche"- Dietro di lei alcune ragazze ci guardavano.
Dalila gira per metà il busto, poi torna a guardarmi e prende a parlare.
-"mi dispiace di non essere stata presente questo periodo, ma ho avuto problemi..."-
-"hai avuto problemi? Dalila, questo potrebbe essere il mio ultimo giorno di vita! Stai vaneggiando. Non ti rendi conto di quello che dici. Non volevo che tu mi stessi accanto ogni minuto della mia insulsa vita, ma cosa ti costava chiamarmi una sera di queste?... Ah giusto, hai avuto problemi"-  
Senza aspettare una sua risposta, le passo accanto urtandole e sorpassandola.
Sento gli occhi bruciare e il naso pizzicarmi, ma non mi lascio abbattere.
Caccio su le lacrime ed entro nella sala d'aspetto per un colloquio con la preside.  
La segretaria mi dice che non c'è molto da aspettare, così mi siedo e metto lo zaino vicino ai miei piedi.  
I cartelloni e i volantini che sono riuscita a procurarmi basteranno, mi dico.  
Dopo poco più di 15 minuti, dall'ufficio della preside esce un ragazzo, che trovo familiare, con lei che lo segue e gli dici qualcosa che non riesco a capire.  
Quando mi vede, la preside mi invita ad entrare, così racimolo zaino, cartelloni e volantini e mi precipito nell'ufficio.  
La preside non è sposata, infatti sulla sua scrivania noto molte foto di animali, solo una ritrae una bambina, e dalla grafica della foto, e dalla cornice in stile moderno, concludo sia recente.  
La donna mi fa segno di sedermi mentre lei prende posto dall'altra parte del tavolo.  

-"allora cara, come mai sei qui? Qualcosa di grave?"-
-" oh no, è solo che, poco tempo fa ho fatto del volontariato, che mi è sembrato molto costruttivo e volevo chiederle se è possibile affliggere delle locandine e distribuire volantini all'interno dell'istituto, per favorire questo tipo di attività a noi studenti"-  
Ci pensa un po'...
Pochi secondi e le parole mi arrivano dritte alle orecchie  
-"si, puoi fare volantinaggio. Travati una squadra e fate volontariato, le locandine puoi darle ai collaboratosi scolastici che si occuperanno di attaccarli sulle lavagne di sughero nei corridoi. Per quanto riguarda il volantinaggio, come ho già detto, devi occupartene tu, ma puoi trovare qualcuno che può aiutarti."-





ANGOLO AUTRICE:
Hola! Come va? 
A me non molto bene, la scuola mi toglie energie e mi sta facendo diventare matta (più di quanto gia non lo fossi). 
So che nell'angolo autrice dello scorso capitolo avevo anticipati che avrei pubblicato in poco tempo, ma no è colpa mia questo ritardo, è sempre colpa della scuola. 
Vi prego di commentare.
Un bacione
-Delly 

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Capitolo 7
*** Nuovi incontri... ***




 
Nuove conoscenze... 






I giorni successivi mi imbatto nel campo del volantinaggio, ma come previsto non ho ricevuto grande interesse.
È mai possibile che i ragazzi di oggi pensino solo a se stessi?
È così liberatorio fare beneficenza che dopo senti il cuore più leggero.
Quando torno a distribuire quelli che prima mi sembravano volantini, ma che ora vedo solo come pezzi di carta, una gruppo di ragazzi mi si avvicina.
Li riconosco.
Sono gli ecologisti.
No, non è il loro vero nome, ma tutta la scuola li chiama così.
Il perché è semplice, sono ragazzi che "hanno donato la loro vita alla natura", come si definiscono loro, io penso che lo facciano anche per apparire.
Insomma, se "doni la tua vita alla natura" non serve che lo sappia tutta la città, basta che lo sappia la natura, giusto?
Però li rispetto.
Insomma, anche se un po' lo fanno per apparire, loro fanno un miliardo di cose per salvaguardare la terra.
Come ad esempio la raccolta indifferenziata dei rifiuti, o riducono lo spreco dell'acqua nella scuola, sono vegetariani e istigano la pace.
Will, il "capo banda" è un ragazzo molto alto e muscoloso, il tipico figo che si vede nei film, con dentatura perfetta, volto scolpito da Michelangelo in persona eccetera eccetera eccetera, solo che lui non è come gli altri.
Tutti loro hanno ai capelli almeno un dread, e spesso le ragazze hanno i i capelli colorata di colori assurdi, esattamente come me.

-"Karma giusto?"- mi chiede Will, io annuisco e lui continua a parlare -"abbiamo trovato molto nobile il tuo gesto, e sappiamo che ti sei impegnata. Abbiamo anche scoperto che hai donato i tuoi capelli, e questo ci è sembrato un segnale da non confondere, la natura ci ha dato la prova che anche tu sei un ecologista."-
Io ecologista? Ma per favore.
-"ti abbiamo osservata e abbiamo visto che non sei una consumatrice come gli altri, tu risparmi acqua, cestini i rifiuti in modo da rispettare la raccolta indifferenziata"-
Ma cosa c'entra questo?
Questi si son bevuti il cervello.
Faccio la raccolta dei rifiuti perché è buona norma rispettare la natura.
Non consumo acqua perché è un privilegio per noi, non perché sono ecologista!
Che scemenza.
Apro la bocca per ribattere ma la ragazza dietro di lui apre bocca prima di me.

-"per noi sarebbe un piacere averti nel gruppo, ci siamo solo io e Nara come ragazze, sarebbe una gioia se ci fosse un altra ragazza."-

Giggle.
Che si pronuncia Ghiggol, lo so, lo so, è strano come nome, ma a quanto si dice in giro, gli ecologisti non usano tutti i loro nomi di battesimo.
Bionda, alta, magra e un po' ingenua.
Questo è il ritratto di Giggle.
È sempre molto attiva, dolce, simpatica e con un sorriso che tutti invidiano.
Poi c'è Nara.
Lei è più un maschiaccio.
Capelli corti, marroni e con sfumature viola di qua e di la, ha sempre una fascia intorno alla testa, una di quelle che usavano gli hippie.
In effetti me li ricorda molto gli hippie.
Il resto del gruppo è formato da Fred, il bamboccione, capelli ricci crespi, intelligentone e un po' sfigato, e Leo (non lasciatevi ingannare dal nome tipicamente Italiano, si pronuncia Lio).
Leo è molto intelligente, solo che non lo lascia a vedere, lui è il più combattivo, partecipa a tutte le proteste, ovviamente stando dalla parte del bene.
Fisicamente è come, credo, tutti se lo aspettano, alto, muscoloso, occhi azzurri e capelli neri.
Ricordo che in terza elementare eravamo inseparabili, poi arrivò Dalila.
Leo vive a nel mio quartiere e ci conosciamo da sempre, ma non gli rivolgo la parola esattamente dalla terza elementare.

-"ragazzi, io non sono un'ecologista, credetemi. Non sono buona d'animo come voi..."-
-"certo che lo sei. E poi non ti stiamo dicendo di unirti a una gang, siamo brave persone e lo sei anche tu, perché non unirci? In più possiamo aiutarti con la tua attività"-
-"quale attività?"-
-"quella che stai svolgendo ora"-

Giggle mi risponde e contemporaneamente prende i foglietti colorati che sono rimasti e saltellando inizia a distribuirli.
Inizia a distribuirli a chiunque le passasse davanti, con un sorriso a 32 denti.

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Alla fine delle ora mattutine, mi ritrovo da sola con un piatto preso alla mensa scolastica, mentre lo mangio sulle scale nel corridoio.
A farmi compagnia ci sono i collaboratori e il tecnico.
Si chiama Teo.
È una ragazzo poco più grande di me, avrà al massimo 23 anni ed è sempre cordiale con tutti.
Spesso viene deriso dai miei compagni per il suo impeccabile linguaggio.
Anche i docenti hanno la loro mensa, dove anche lui può accedervi, ma a quanto ha detto preferisce evitarli quei "brutti spocchiosi", parole sue.
Ormai io e lui siamo confidenziali, diciamo che è mio amico... L'unico.
Sta tornando dalla mensa.
Aveva dimenticato la bibita ed è tornato indietro a prenderla.

-"Teo ce l'hai fatta"- Gli sorrido e lui ricambia.
Ha dei denti perfettamente bianchi e allineati.
Lui è uno di quelle persone che con il mondo che gli crolla addosso sorride.
E io ne sono contenta, è una persona splendida e merita di sorridere.
Forse esagero, ma mi sembra il tipico ragazzo da Oxford.
Credo che la sua regola principale sia "camicia e papillon sono indispensabili".
Non l'ho mai visto vestito sportivo e credo che non lo vedrò mai.
Mi viene incontro e si siede vicino a me.
Gli occhiali tondi e i capelli ricci gli danno un'aria da intelligentone.

-"allora signorina, perché non vai con i tuoi amici a mensa?"- Senza staccare gli occhi dal piatto continuo a girare l'insalata e rispondo
-"se ne avessi ci andrei."-
-"non posso credere che non hai amici. Non ci credo"-
-"non devi crederci, devi solo accettare la realtà. E poi io non ho bisogno di loro, ho te e poi sto bene da sola."-
-"sociopatica"- scherza lui.
-"quando parti per l'America?"-
Mi chiede dopo un paio di minuti di silenzio, e lo ringrazio mentalmente perché la situazione stava diventando imbarazzante. 






ANGOLO AUTRICE:
Salve! 
Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto problemi con mia sorella che ha subito un intervento e tante altre complicazioni, ma non preoccupatevi, il capitolo alla fine l'ho postato e per farmi perdonare, forse, stasera ne pubblicherò un'altro. 
Forse è uscito un po' corto, ma non importa, il prossimo sarà abbastanza lungo. 
Che dire? Spero che lo leggiate e recensiate. 
tranquille il viaggio si sta avicinando e preso la vicenda sarà ambientata prprio in America. 
Per l'incontro dei due protagonisti dovrete aspettare ancora un po', ma l'attesa ne varrà la pena. 
Detto ciò mi dilegua per finire il prossimo capitolo. 
A presto, vostra

-Delly <3 







 

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Capitolo 8
*** Ultimo giorno... ***


Ultimo giorno... 



"quando parti per l'America?"-
Mi chiede dopo un paio di minuti di silenzio, e lo ringrazio mentalmente perché la situazione stava diventando imbarazzante



-"fra meno di una settimana."- Rispondo vaga.
-"ho paura dell'intervento"- Dico di getto.
Non ci ho pensato molto, ma con Teo puoi dire tutto quello che ti passa per la mente, perché lui non ti giudicherà mai.

-"quando ero all'università un mio amico della facoltà di medicina, mi disse che il corpo umano è come un computer, con tanti cavi e dei circuiti."- Non riesco a capire il concetto.
-"quello che voglio dire è: se il corpo umano è un computer puoi stare tranquilla, perché se hanno dato una laurea in informatica a me, non dev'essere tanto difficile curare malattie se si ha studiato."-
Forse voleva fare una battuta comunque sia non percepisco l'ironia, ma sorrido in risposta, almeno lui ci ha provato a tirarmi su.
Quando torno a guardare il piatto sento il suono stridulo della campanella e mi alzo.
-"grazie Teo."-
-"corri in classe!"-
Lo dice in modo severo ma capisco che sta scherzando.


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-2 giorni.
Mi tiro in piedi per l'ultimo giorno a scuola.
Lo so che mancano 2 giorni, ma domani preferisco non andarci a scuola per finire di preparare le valige.
Raggiungo il bagno e faccio scorrere l'acqua del lavandino per aspettare che di riscaldi.
Mi lavo la faccia e mi trucco.
Torno in camera e scelgo gli abiti che indosserò.
Opto per un paio di jeans neri strappati sulle ginocchia, una maglia a maniche corte con la stampa di un concerto a cui sono stata tempo fa e una felpa nera per riparami dal freddo.
Tiro fuori le mie converse da sotto il letto e prendo dei calzini puliti dal mobile posizionato ai piedi del mio letto.
Torno in bagno e lego i capelli in una coda alta, e anche se dei ciuffi scappano dall'elastico, lascio la parte superiore senza ferretti.
Prendo il telefonino dal mio comodino e scendo correndo le scale.

In cucina ci sono i miei genitori che preparano la colazione con toast, uova e frittelle.
Prendo un toast e saluto i miei.
Prendo il mio zaino e metto il cappotto mentre sto aprendo la porta e sto uscendo.

Mi dirigo alla fermata dell'autobus e lo aspetto lì.
Dopo qualche minuto arriva e io entro.
1.
2.
3.
4 e... Quinta fila occupata.
Merda!
Si preannuncia una giornatadel cazzo, bene. 

Il mio posto è occupato.
Mi giro e noto che bella fila accanto c'è un posto.

-"posso sedermi?"-

Il ragazzo fa un gesto di consenso con la testa e io mi siedo.
Metto le cuffie nelle orecchie e faccio partire la musica.

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Arrivata a scuola corro in classe.
Le lezioni non mi sono mai sembrate più pesanti.

Alla fine delle ore mattutine vado da Teo.

-"Teo, pronto?"- gli chiedo appena lo vedo.
-"per cosa?"-
-"oggi, io e te, andremo a pranzare in mensa. Devi venire con me perché oggi è il mio ultimo giorno di scuola prima del viaggio in America e dell'intervento, quindi alza le chiappe e muoviamoci altrimenti finiranno l'insalata"-

Mi fissa con il suo sguardo shockato/sorpreso/divertito, così lo prendo dalla manica della camicia e inizio a tirarlo verso la mensa.
Appena varcata la soglia mi rendo conto dell'enorme sbaglio che ho commesso, ma senza dubitare, inizio a camminare spedita verso i vassoi.
Prendo un vassoio rosso e intimo a Teo di fare lo stesso, dopodiché inizio a riempirlo con tutto quello che non sembra spazzatura, vomito o contaminato.
Così dopo aver riempito i nostri piatti ci andiamo a sedere.
L'unico tavolo libero è quello vicino alla spazzatura, ma per oggi possiamo accontentarci così ci sediamo e iniziamo a pranzare.

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Il pomeriggio lo pass o -ovviamente- a casa, leggendo un libro.
Me lo ha comprato mia madre.
Si chiama "The Fault In Our Stars" e parla di tre ragazzi con il cancro.
Cosa c'è di meglio di leggere un libro su dei ragazzi con il cancro quando hai il cancro?
Niente ovviamente!... secondo mia madre.

Hazel Grace, Augustus o Gus e Isaac.
Hazel ha il cancro ai polmoni.
Gus ha uno osterio-qualcosa alla gamba e quindi l'ha amputata.
E Isaac che, a parer mio, è il caso peggiore: Isaac ha un cancro agli occhi e li ha asportati entrambi, così ora non è più in grado di vedere. Cosa c'è di peggio del non vedere più niente per il resto della tua vita?
Gli alberi in autunno, la neve d'inverno, il mare d'estate e i fiori in primavera.
Lo scrittore dev'essere un vero e proprio bastardo, ha lasciato un ragazzo senza vista e non ne ha nemmeno scritto un libro, che persona può essere?
Comunque sia, ho deciso che quando tornerò dall'America, farò tutto quello che ho temuto di fare prima, ad esempio andare in discoteca, guidare una macchina senza patente, infrangere la legge, fumarmi un po' di erba... Saranno anche illegali queste cosa, ma, insomma, ho il cancro, devo pur avere dei privilegi!


E COSA PIU' IMPORTANTE, HO DECISO CHE NON AVRO' PIU' PURA.











ANGOLO AUTRICE:

Ce l'ho fatta! 
Come promesso ho postato l'ottavo capitolo questa sera con solo pochi minuti di distanza dal settimo. 
Che dire, Karma non avrà più scuola per un po', e il viaggio è praticamente mminente.
Nel prossimo capitolo probabilmente parlerò un po' di quello che Karma si ritroverà a pensare durante il viaggio. 
Ultima cosa... recensite, recensite, recensite! 
Un bacion, vostra 

-Delly <3








 

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Capitolo 9
*** Più niente... ***


Più niente... 



Mancano 22 ore.
Sto finendo di riporre gli abiti che porterò con me, nella valigia.
Ho portato molti pantaloni e felpe, anche se so che passerò tutto il tempo in ospedale e per questo dovrò portare i camici sterilizzati.
Nonostante sia ormai ottobre, oggi è una giornata calda senza una nuvola in cielo e il sole splende come mai prima d'ora.
Forse sono io che guardo tutto amplificato per l'entusiasmo, ma questo mi sembra un giorno perfetto, di quelli che non vorresti passassero mai.
Mi rifaccio la coda e continuo a mettere al proprio posto gli indumenti.
Prendo i trucchi, le spazzole, phon e elastici e metto tutti in valigia.
Insieme ai trucchi porto una boccetta di profumo da viaggio e deodoranti vari.
Ad un tratto sento bussare alla porta anche se è aperta e capisco che non sono i miei genitori.
Con un segno della mano accolgo l'ospite senza neanche vedere chi sia.
-"sono venuta a salutarti"-
Come potrei scordarmi la sua voce.
È stata la mia migliore amica per così tanto che la mia mente la riconosce anche solo dal suo respiro.
-"allora ti sei ricordata che esisto"-
Mi affaccio per lanciarle la frecciatina ma torno subito con la testa in bagno, proprio come uno struzzo.
La mia voce è fredda e distaccata e sono contenta così.
-"non volevo allontanarmi da te"-
-"ma lo hai fatto"- Dico subito in risposta ad una domanda che non mi è mai stat posta.
-"già, ma non avrei voluto"-
Ribadisce lei, come se avesse ragione abbassando un impercettibilmente la testa.
-"volere è potere, Dalila. Volere è potere"-
Lo dico come un rimprovero, ma infondo io non sono nessuno per poterlo fare.
-"cosa avrei dovuto fare? Stare con te tutto il giorno, quando so che avresti il 50% di possibilità di..."-
Si blocca appena prima di pronunciare quella parola.
Morire.
Ho il 50% di possibilità di non risvegliarmi mai più, e lei è l'ultima che dovrebbe ricordarmelo.

-"morire. Dillo pure, infondo è solo la fine che farò. Dillo Dalila, dillo che hai fatto tutto questo solo per te!"-
ormai sto gridando, ma che mi importa, se devo farlo, lo farò bene.
-"tutto quello che fai lo fai solo per te stessa. Ti sei allontanata da me perché se io fossi morta tu avresti sofferto, almeno un po' avresti sofferto. Ma siccome tu sei troppo importante per poter soffrire per una come me, hai preso la via più semplice! Sai cosa? Mi fanno schifo le persone come te! E i miei cosa dovrebbero dire? Dovrebbero abbandonarmi in ospedale per caso? Lasciarmi al mio destino?"-
Tutto è muto.
Un silenzio innaturale ci avvolge e io non posso che aspettare una risposta, perché se dovessi riprendere a parlare, sputerei via tutto quello che io ho provato questo ultimo mese, e per una come lei sarebbe troppo da sopportare.
Dalila continua a tenere la testa bassa e i capelli le coprono il volto.
Dopo pochi minuti vedo delle piccole gocce salate caderle sulla gonna e sento la sua voce sussurrare un "mi dispiace, ho avuto problemi", e così non ci vedo più dalla rabbia.
Inizio a gridarle in faccia tutto il mio dolore, e il disprezzo che provo.
-"IO! Io ho avuto problemi, Dalila, seri. Io HO problemi che non so se si risolveranno nel modo migliore, ok? Quindi non uscirtene con questa scusa del cazzo, perché con me non attacca."-
Sento dei passi sempre più vicini e mia madre che apre la porta e molto educatamente fa capire a Dalila che forse è ora di andare, così con un gesto della mano mi saluta e torna a casa sua.
Quando mia madre torna in camera mia dopo aver accompagnato Dalila alla porta, si siede dove prima c'era lei e mi guarda in non so quale modo.
-"inizia con la sgridata, sono pronta."-
Dico dopo un paio di minuti che mi guarda.
-"non sono qui per sgridarti o per farti la morale, penso che tu ne abbia passate abbastanza da capire cosa è giusto e cosa no, e io penso che finire questa storia con Dalila sia stata la
scelta giusta. Per questo sono qui per parlare con te, ma di come in questo momento ti senti tu. Non è mai facile fare queste cose e so che dopo ci si sente uno schifo, quindi se vuoi parlarne.."-
-"sai che probabilmente parlerei più ad uno psicologo che a te?"-
Le chiedo anche se so già che la sua risposta sarà affermativa.
-"si, lo so... Vuoi parlare ad uno psicologo?"- Mi chiede ironicamente per sdrammatizzare la situazione.
-"non parlerò con nessuno"- Rispondo ridendo.


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-13 ore.
Le valigie sono pronte.
Il vole è previsto per le 10:00 di domani mattina e io dovrei mettermi a dormire, ma l'emozione me lo impedisce.
Sto ripensando a quello che è successo oggi con Dalila, e tutto mi sembra surreale.
Noi, che fino a qualche mese fa, eravamo inseparabili, "se fai del male a lei, lo fai anche a me", questo era il nostro motto.
E ora?
Ora non siamo più niente.
Due conoscenti che, molto educatamente, si salutano quando si incontrano, nessun dialogo, niente che non sia "ciao", "buongiorno"...
Non dovrei pensare a tutto questo altrimenti di sicuro non riuscirò a dormire, ma come se non lo avessi pensato, mi calo nel mondo dei sogni.
Niente potrebbe rovinarmi il sonno oggi, perché qualcosa di meraviglioso sta per accadere.
Tutto quello che sogno è pace e amore e nient'altro e per un momento ho immaginato che quel sogno fosse la mia vita reale, ma un tintinnio mi ha riportato alla dura realtà.



ANGOLO AUTRICE: 
Salve
Sono riuscita ad aggiornare oggi perché avevo un po' di tempo a disposizione, ma non vi assicuro niente per il prossimo capitolo, e forse riuscirò  postarlo solo la settimana prossima. 
Spero che il nono capitolo sia di vostro gradimento e vi prego di lasciarmi una piccola recensione. 
Un bacione, vostra 

-Delly<3 

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Capitolo 10
*** Incontri piacevoli(?) ***


Incontri picevoli(?)




Fra poche ore prenderò per la prima volta un aereo.
Sono così emozionata.
Quando siamo entrati abbiamo aspettato un bel po', ma dopo ci hanno chiamato per controllarci le valige e ci hanno fatto passare da un aggeggio in metallo che ogni tanto suonava.
Mio padre mi ha spiegato che serve per tutelare i voli, per evitare che pazzi suicidi, portino armi sull'aereo.
Ho indossato una delle poche felpe che avevo intenzione di lasciare a casa, perché non ho lasciato abiti fuori dalla valigia per questa mattina, e un paio di jeans neri aderenti.
Ai piedi porto le mie fidate converse nere.
Sulla spalla ho appoggiato una borsa nera che ho trovato per casa, dove dentro ho messo il cellulare, un libro e il mio portatile, in effetti mi pesa un po' ma niente di insopportabile.
Verso le 9:30 mi viene un po' fame, così chiedo dei soldi a mio padre e vado a comprare qualcosa dal bar nell'aeroporto.
Vicino al bar c'è un negozio di valige e più in fondo c'è una libreria, così lascio perdere il bar e la fame ed entro subito nella libreria.
Non appena apro la porta, l'odore di carta mi invade le narici e in quel preciso momento penso che non ci possa essere profumo migliore.
Nel negozio non ci sono molte persone ma, in compenso, scaffali altissimi e stracolmo di libri occupano tutta la stanza.
Ho abbastanza denaro per comprare un buon libro, così inizio subito a cercarne uno che mi interessi.
Durante la ricerca ne riconosco alcuni che ho già letto o di cui ho sentito parlare.
Cercando ne trovo uno che mi sembra bello così ne leggo la trama.

Un bambino vede la propria famiglia morire durante un incendio a cui solo lui riesce a fuggire.
A distanza di anni ancora non riesce a dimenticare l'accaduto e a perdonare se stesso per non essere riuscito a salvare nessuno.

Neanche il tempo di rileggere il titolo che mio padre entra nel negozio a cercarmi.
"Karma? Che stai facendo? Avanti sbrigati, dobbiamo iniziare a imbarcarci"
Accenno un si con la testa, lascio il libro che avevo in mano ed esco dal negozio con mio padre.
Appena fuori dal negozio, sento già la mancanza di quell'odore, che tanto adoro di libri.
Dopo un paio di minuti, siamo già seduti sull'aereo, che in meno di un quarto d'ora dovrebbe partire per portarci negli Stati Uniti.

L'ansia prende il sopravento su di me, e sento l'aria farsi sempre più pesante.
Non credo sia per la paura di volare, perché infondo non ho mai avuto nessun problema con l'altezza, ma sento che qualcosa non va.
Mia madre mi sente respirare a fatica così allarmata mi chiede cosa c'è che non vada. -
"non lo so. Non ne ho idea, ma sento che qualcosa non va.... Mamma dimmi la verità, questo aereo potrebbe precipitare?"-
Sento mia madre aprirsi in una risata cristallina e dopo poco mi risponde
-"ma ti pare che possa succedere una cosa del genere?"-
Mi risponde dopo essersi asciugata le lacrime per l'attacco di risa.
-"ho visto molti film in cui aerei come questo precipitavano e tutti i passeggeri morivano o finivano su un'isola deserta, e io non voglio finire su un'isola deserta!"-
Mentre lo dico alzo la voce di qualche tono, così mia madre mi tappa la bocca con una mano e riprende a ridere.
Quando vede che non mi calmo riprende a parlare.
-"anche io la prima volta che ho preso l'aereo ho avuto paura. C'erto la mia paura era più razionale visto che presi il mio primo aereo nel millenovecento-qualcosa, ma il punto è che non succederà niente. Questi aerei sono sicurissimi, delle armi da guerra e la tua paura è infondata, quindi ora respira a fondo e calmati"-
Faccio due respiri profondi e pian piano, inizio a calmarmi. I
l viaggio è lungo per questo per ogni sedile dell'aereo c'è un tablet con molti film a disposizione, così prendo il mio e inizio a guardare un film, ma senza farci molta attenzione, così dopo poco più della metà del film mi addormento.
Quello che avvenne dopo sull'aereo è a me sconosciuto.


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Mi sono svegliata con la voce di mia madre e una voce registrata di sottofondo.
Sento l'alito pesante così non parlo.
-"tesoro svegliati, dobbiamo scendere. Siamo arrivati"- dice mia madre non appena apro gli occhi.
Arrivati?
Arrivati.
"Siamo in America, gente!" mi sarebbe piaciuto gridarlo, ma dopo aver scrutato il resto dei passeggeri, faccio la scelta gusta e sto zitta.
Per scendere dall'aereo ed arrivare effettivamente nell'aeroporto ci abbiamo messo più di una mezz'oretta, e arrivati dentro siamo tutti esausti.
Ovviamente non finisce qui, dobbiamo aspettare i nostri bagagli e sono sicurissima che saranno gli ultimi a passare dall'aggeggio che gira.
Mentre i miei genitori aspettano i bagagli, io mi allontano un attimo per rilassarmi un pochino e magari riuscire a trovare una sedia vuota per sedermi un po'.
Vicino all'entrata ci sono le sedie per l'attesa d'imbarco.
Quasi tutte sono occupate, tranne alcune qua e là.
Una vicino ad un anziano rugoso che non appena mi avvicino alla sua sedia piazza una borsa sopra, un'altra sedia vuota è vicino ad un uomo vestito di bianco che tiene stretto il braccio di una ragazza, insieme ad un altro uomo vestito come lui, con una morsa ferrea.
L'ultima sedia libera nei dintorni, è quella vicino ad un ragazzo, alto, muscoloso, capelli biondi e un sorriso da ebete stampato in faccia.
Mi avvicino con il libro che stavo leggendo stretto al petto e la borsa ciondolante sulla mia spalla.
Appena sono difronte a lui gli domando
-"è libero questo posto"-, e lui con un segno della testa mi dice di si, così mi siedo e metto la borsa sulle mie gambe.
Apro il libro e inizio a leggere, neanche un attimo dopo, il ragazzo parla per la prima volta.
-"Inglese?"-
-"come?"- rispondo confusa.
-"a voi inglesi non hanno insegnato che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?"-
-"e a voi americani non hanno mai insegnato ad accogliere i turisti?"-
-"quindi sei una turista. Io sono Matt"-
Mi porge la mano, ma non gliela afferro.
Ci penso un po'.
Matt? Matthew.
E mi chiedo se possa essere lui.
-"Matt? Ti chiami Matthew per caso?"-
-"esattamente, perché?"-
-"sto aspettando una persona che si chiama come te"-
-"fidanzatino?"-
-"impiccione! E comunque no. È una specie di... Conoscente."-
-"conoscente? Blhea! Che ti ha fatto per meritarsi questo?"-
-"io non lo conosco nemmeno! Non l'ho mai visto. Diciamo che mi farà un regalo, se posso definirlo così"-
Sta zitto per qualche secondo poi ad un tratto riapre la bocca
-"raccontami"-
-"è una storia lunga"- rispondo senza darci molto peso.
-"il mio volo parte fra due ore, credimi ho tempo"-
Allora è davvero scemo!
Forse gli americani non sanno leggere fra le righe, ma lui mi sembra davvero un emerito idiota.
-"non sai che quando qualcuno ti dice "è una storia lunga" è perché non vuole raccontartela?"-
-"no, so solo che io ho tempo e tu ne stai perdendo molto, forza inizia"-
Questo ragazzo è davvero tarato, ma che mi importa?
Alla fine di tutto questo, ne dovrò parlare con qualcuno.
-"ho la leucemia, il fatidico Matthew è un mio possibile donatore di midollo osseo e io sono qui per il trapianto, perché in Inghilterra non ci sono le strutture adatte, così Matthew mi regalerà un po' del suo midollo osseo, e se tutto andrà bene, sarò ancora una diciasettenne in vita."-
-"mi avevi detto che era lunga come storia"-
Mi sarei aspettata qualunque reazione, ma non quella.
Possibile che a questo mondo nessuno ha emozioni?
Vivo in un mondo di apatici.
-"hai più tempo da passare facendo cose costruttive tipo seguire una lezione di inglese perché la tua lingua fa davvero schifo, e poi non capisco alcune parole"-
Matthew ride.
Matthew.
Possibile che questo nie sia una persecuzione per me? 




ANGOLO AUTRICE: 
Hola! 
Come va? 
Come avete passato questo Natale? 

Ho postato il capitolo per, come dire, farvi una regalo di Natale anche io. 
Sto parlando troppo di regali ultimamanete, sarà l'aria Natalizia.

Passando alle NEWS, volevo dirvi che, probabilmente, in questi giorni mi arriverà il nuovo cellulare e che quindi dovrò cambiarlo, e non ho idea se continuerò a scrivere sul mio vecchio cellulare o sul nuovo, quindi tutti i capitoli che ho scritto in precedenza, forse saranno persi, ma tranquille perché li riscrivereò tutti. 
Vi chiedo anche perdono se non riuscirò a pubblicare molto spesso, ma se scriverò sul nuovo cellulare mi dovrò abituare, e quindi mi servirà tempo, se invece continuerò a scrivere con il mio vecchio cellualre, vi chiedo comunque pazienza perché non avendo in mano niente con cui scrivere capiterà che non posterò una volta a settimana ma quando riuscirò a scrivere i capitoli. 
Detto questo, vi faccio tanti cari auguri, in particolare ad una scrittrice su questo sito: Sev_394. 
Oh-Oh-Oh Merry Christmas, con affetto 

-Delly<3






 
 

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Capitolo 11
*** Benvenuta in America! ***


Benvenuta in Amrica!














Matthew dell'aeroporto si è imbarcato da un pezzo, ma mi ha lasciato il suo numero con la scusa che gli "piacerebbe sapere come è finita la deliziosa storia di Karma e il ragazzo senza midollo".
Lo ha chiamato così quando gli ho detto che mi avrebbe donato il suo midollo osseo, e io l'ho trovato un soprannome carino.
Mi ha raccontato anche di lui.
Ha detto che lui si sta trasferendo in Inghilterra, per seguire le lezioni all'università di Oxford e che il suo sogno è diventare uno scrittore di romanzi per ragazzi.
Ci siamo salutati con un cenno della mano e piano l'ho visto scomparire dietro le grandi mura che separano l'ala d'aspetto con quella per i passeggeri dei vari voli.
Dopo quasi un'ora dall'arrivederci con Matthew, i miei genitori vengono a cercarmi con le valige.
Senza dire niente ci incamminiamo verso l'uscita dell'aeroporto.

Non credevo esistesse più rumore di quanto non ce ne fosse dentro, ma non avevo ancora fatto i conti con quello che succedeva fuori da quelle mura, mio padre chiama un taxi, e anche se è nato e cresciuto qui, in America, il suo è uno spirito inglese, e quindi si "fa mettere i piedi intesta" da un americano qualunque, che si prende il nostro taxi.
Mia madre, stanca e frustata, fa scostare mio padre dal l'uscio della strada in malo modo e portandosi due dita alla bocca emette un fischio che farebbe invidia ad un vero Newyorkese.
Carichiamo tutti i bagagli nell'auto con l'aiuto dell'autista e saliamo sul sedile posteriore della vettura gialla.

-"mamma, non per essere impicciona, ma dove ci troviamo?"- domando in modo sarcastico.
-"siamo a Chicago."-
Ecco spiegato il freddo glaciale.
-"aspetta, ma i nonno non vivono a New York?"-
Chiedo dopo essermi ricordata dei miei nonni paterni che non vedo più da qualche anno.
-"esattamente. Passeremo il natale da loro, infatti."-
Che bello, è tanto di quel tempo che non passo un po' di tempo con loro, e ora passeremo il natale insieme.
Ah il Natale.
Natale.
Aspetta un attimo.
-"come sarebbe a dire Natale? Vuoi dire che non torneremo a casa per Natale? Manca più di un mese a Natale! Quanto rimarremo qui?"-
Domando per ultimo rilassandomi un tantino.
-"all'incirca 4 o 5..."- Non la lascio finire
-"settimane, vero?"-
-"no tesoro. Resteremo qui 4 o 5 mesi, se non di più. Questo tipo di interventi sono complicati e necessitano molto tempo."-
-"mamma! Molto tempo sono 2-3 settimane al massimo. 5 mesi sono una vita!"-
-"lo so tesoro. Però siamo in America e non possiamo litigare in tutti i paesi del mondo, quindi non iniziamo."-
-"bene."-
Mi giro dalla parte del finestrino e guardo il panorama intorno a noi.
Più andiamo verso Chicago più l'aria si fa fredda, vedo persone con cappotto sciarpe d guanti ovunque e ripenso alla mia valigia.
Forse non ho portato abbastanza abiti invernali per ripararmi dal freddo.
Immersa nei miei pensieri non mi accorgo del primo tintinnio del mio cellulare, ma subito dopo me ne arriva un altro così sblocco lo schermo e vedo cos'era.

*è più bello di me?* e subito dopo un altro messaggio
*a proposito sono Matt*
Così rispondo, senza chiedere di chi parla, perché praticamente è stato il solo argomento delle nostre chiaccherate in aereoporto.
*lo so chi sei. È un principe azzurro a cavallo praticamente!
*
*come sarebbe a dire? Nessuno è più bello del sottoscritto! Era una domada retorica.*
Rido leggendo il messaggio.
*idiota! Ancora non l'ho visto e se fosse davvero un principe a cavallo lo spingo giù sperando in un trauma cranico. I cavalli sono molto alti ops.* 
*ho mio Dio! Ho una pazza omicida come prima amica inglese!*
Rido ancora così mia madre si insospettisce.
-"con chi parli tesoro? Un ragazzo?"-
-"un amico che ho conosciuto"-
Accenna un sorriso e riprende a fare quello che stava facendo un minuto fa.
*già!* rispondo solo.
*ehy ora devo andare per sapere i corsi da seguire ma dopo mi racconterai tutto sul ragazzo senza midollo!
P.s voi inglesi siete tutti razzisti contro gli Americani?*
*Siete voi gli antipatici boriosi*

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Arriviamo in città dopo alcune ore nel taxi, e il mio pensiero va al conto che il tassista chiederà per il viaggio.
Qui non sono tutti come in Inghilterra, sono tutti scontrosi e arroganti, mentre invece noi, siamo più sofisticati e pacati.
La città è proprio come me l'ero immaginata, molto caotica e, sopratutto, grande... Enorme oserei dire.
Ci sono grandi strade e un infinità di macchine che le attraversano.
Le persone non sono del tutto civili, ma credo ci si possa lavorare.
I grandi grattacieli che sovrastano l'intera città.
Non ho mai visto tanta gente nello stesso posto, e posso dire di essere spaventata da tutte queste persone.
Gente che corre in due versi opposti, persone che si scontrano e gridano, tutto questo è ansioso.

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L'albergo è enorme, anche conoscendolo a memoria ci si potrebbe perdere.
Un ragazzo che lavora li ci ha portato le valigie in camera.
All'ingresso ci sono delle ampie finestre che lasciano entrare la luce, al centro dei divanetti bianchi padroneggiano la stanza, e tra un divano e l'atro ci sono dei tavolini, anche questi rigorosamente bianchi, con sopra delle riviste.
Ai due lati opposti della stanza ci sono le reception e più distanti da esse due grandi archi, che intuisco siano le entrate al ristorante dalla musica e dal rumore ovatto di piatti che si scontrano.
Ho scoperto che l'albergo ha una piscina al chiuso riscaldata e una vasca idro-massaggio, ma la cosa migliore è che avrò una stanza tutta mia.
I miei genitori mi hanno prenotato una stanza matrimoniale solo per me, si sono giustificati dicendo che quella sarebbe stata la vacanza che ormai non avevamo da troppi anni. So che c'è qualcosa sotto, ma non mi importa in questo momento perché sono felice ma esausta dal viaggio, nello stesso modo.






ANGOLO AUTRICE:
Salve! 
Sono riuscita ad aggiornare subito, prima che mi arrivi il cellulare nuovo, così non passerà molto tempo per il prossimo capitolo. 
Allora, benvenute in America, d'ora in poi, tutto sarà ambientato a Chicago, e New York, ma darò poco conto alle giornate passate a New York, quindi possiamo dire che ormai il tutto sarà ambintato a Chicago. 
Karma imparerà ad apprezzare l'America e i suoi cittadini, ma non subito, perché si sa, l'Inghilterra e l'America anche se per alcuni aspetti sono simili, per altri sono due mondi opposti. 
Detto questo vi auguro un buon capodanno e felice anno nuovo, perché probabilmente non pubblicherò in questi giorni.
Un bacione 

.vostra Delly  

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Capitolo 12
*** Lui...o quasi. ***


Lui... o quasi. 







Finalmente dopo un tempo che mi è sembrato eterno, sono riuscita a raggiungere la mia camera.
 Insieme ai miei genitori domani andrò in ospedale, da quanto ho capito non è molto lontano, ma ci conviene prendere ugualmente un taxi.  
Chissà se incontrerò il donatore.  
Non ho ben preciso quello che dovrei fare quando lo vedo, ma penso che lo ringrazierò.
L'aria è gelata, sembra di essere al polo Nord, la città è ricoperta di neve, e sembra uno di quei pedaggi innevati dei presepi di Natale.
Prima di andare a dormire dovrei farmi una doccia, ma la stanchezza e il calore che mi donano le coperte, mi convincono a mettere una sveglie per svegliarmi presto domattina e prepararmi.
Mi addormento guardando la televisione, un programma che si intitola "David Letterman Show", sembra interessante, intervistano attori, cantanti e modelli, e a presentarlo c'è un tenerissimo anziano.  
Ma la cosa che mi ha convinto più di tutto a guardarlo, è che stavano intervistando Emma Watson, e non mi sono sentita l'unica inglese sconfinata in questo paese.  
Non che non mi piaccia l'America o Chicago, ma niente è come casa.    




Mi sveglio con un nido di rondini al posto dei capelli.  
Cerco di pettinarli in tutti i modi, ma sembra che abbiano vita propria e anche stando anni e anni, non riuscirei a metterli a posto.  
Neanche il tempo di prepararmi che mia madre mi chiama per la colazione, così le dico che non ho fame e rimango in camera a prepararmi.  
Metto un velo di trucco e poi passo al guardaroba.  
Indosso una maglia del Linkin  Park grigia e dei jeans neri con dei tagli sulle ginocchia.  
Sopra la maglia metto una felpa dello stesso colore, che tempo prima mio nonno mi ha portsto dall'Illinois State, che raffigura una specie di gallo rosso con una scritta ormai indecifrabil.

Verso le 10:00 scendo nella Hall dove i miei genitori mi aspettano seduti ai divanetti.  
Quando mi vedono si alzano e raggiungiamo in taxi che ci sta aspettando proprio fuori dall'Hotel.
Mia madre sta indossando un completo elegante, mentre mio padre indossa solo un semplice paio di blue jeans e una camicia.  
L'ospedale non è molto lontano dall'Hotel e in 10 minuti siamo lì.  

L'appuntamento con il dottore è alle 10:30 quindi siamo leggermente in anticipo.  
Non avendo fatto colazione ormai il mio stomaco si lamente, così con i pochi soldi che ho nelle tasche, lascio i miei genitori ad aspettare mentre io vado verso le macchinette.  
L'ultima volta che mi sono avvicinate alle macchinette sono svenuta, ma questa volta sto bene, e poi da quella volta in ospedale non ho più avuto collassi, perciò posso dire di stare bene.  
Non c'è molto nella macchinetta ma intravedo una bustina di M&M così opto per quella.

-"non ti consiglio quella barretta energetica"-  
Una voce infantile mi arriva forte e chiara.
Mi volto e davanti a me un'immagine da spezzare il cuore di chiunque si fa largo.  
Una bambina con una flebo attaccata al braccio, una vestaglia rosa e un sondino al naso mi guarda con occhi luccicanti.  
In testa non ha quasi più capelli e la sua carnagione è chiarissima.  
-"sei sorda? Mi dispiace ma non so parlare il linguaggio dei segni... Forse dovrei impararlo. Io-Sono-Carla"-  
Mima con la bocca l'ultima frase.  

-"no, non sono sorda. Io sono Karma, e grazie del consiglio."-  
-"di niente. Se proprio hai fame ti consiglio la caffetteria perché qualunque cosa prenderai da qui ti gratterà solo lo stomaco. Non sei di queste parti, vero? L'ho notato dal tuo accento e considerando il tuo colorito biancastro, devi essere senza dubbio inglese."-  
-"e tu devi essere molto intelligente."-  
-"i miei voti scolastici ti smentiscono"-  
-"la scuola è tutta una stronzata. Non decide se sei intelligente o meno."-

-"dovrei dirlo a mia madre. Lei pensa che se non vado bene a scuola non avrò un futuro. Come se non sapesse che comunque vada non ne avrò uno."-  
Gli occhi iniziano a bruciarmi.  
Questa bambina è consapevole di quello che accade in lei, e lo affronta ogni giorno a testa alta.  
-"perché sei qui?"-  Non sono sicura di averglielo chiesto dopo averci pensato, forse la mia bocca ha parlato da sola.  
-"volevo delle gelatine alla frutta"-  
Si apre in un sorriso dopo aver visto la mia faccia confusa.  
-"scherzo. So cosa volevi chiedermi, sono qui per un trapianto al cuore. Il mio cuore è troppo "grande" come mi hanno detto i dottori qui. In realtà pompa troppo sangue e per questo ha dei rigonfiamenti e non va bene, ma loro preferiscono nascondermi la vera regione per il trapianto, anche se alla fine l'ho scoperto. E tu? sei venuta a trovare un parente? Non sembri malaticcia"-  
Mi sorride ancora.  
Non deve avere più di 7 anni.  
Ha il sorriso "bucato", le mancano alcuni dentini.
-"e invece ti sbagli. Sono malaticcia anche io. Sto aspettando per il trapianto di midollo osseo, in pratica ho..."-  
Non mi lascia finire che termina la frase per me
-"leucemia"-.  
-"già."-  
Per un attimo abbassa lo sguardo sulle sue pantofole e solo ora mi accorgo che hanno la forma di due porcellini rosa.  
Quando rialza la testa noto un luccichio nei suoi occhi... Sembrano umidi.  
-"qualcosa non va?"-  
Tira su con il naso e risponde.  
-"assolutamente. Tutto a posto."-  
So che qualcosa c'è ma preferisco lasciar scorrere e cambiare argomento.  
-"carine le pantofole."-  
-"ti ringrazio. Me le ha comprate mia madre, io le odio. Odio il rosa."-  
-"a che lo dici. Fa così tanto finta bionda."-  
-"cavolo, è quello che dico anche io!"-  
Guardo all'orologio al mio polso e noto che sono stata più di 15 minuti a parlare con la bambina.  
-"oh no! È tardissimo. Devo andare, il donatore di midollo mi sta aspettando."-  
-"hai dimenticato le tue monetine nella macchinetta"-

-"non volevi le gelatine?"-  
Le chiedo, e le faccio capire che può prenderle con i soldi che ho inserito nella macchinetta.  
-"grazie e imbocca al lupo"-  
Si avvicina e mi abbraccia.
Sono poco più alta di lei, ma mi abbasso comunque alla sua altezza e ricambio l'abbraccio.  
-"anche a te. Spero di incontrarti ancora, Carla"-  
-"ehy! Saremo nello stesso reparto, ci incontreremo di sicuro."-  
Ci stacchiamo dall'abbraccio e corro in direzione della sala d'aspetto in cui ho lasciato i miei genitori.  

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Nella sala d'aspetto non ci sono.
Controllo il cellulare e noto 3 chiamate perse da mia madre e un messaggio di mio padre che dice *stiamo per entrare, dove sei finita?*.
Mi allarmo.
Mi avvicino alla porta in cui sarei dovuta entrare con i miei genitori e busso.
Uno, due, tre colpi e qualcuno da dentro mi invita ad entrare.  
Quando apro la porta tutto quello che vedo è il volto imbronciato di mia madre e mio padre che mi massaggia le tempie, mentre io mi siedo sulla sedia che hanno lasciato libera per me.  
Dopo aver distolto lo sguardo dal viso in collera di mia madre, mi accorgo che nella stanza altre ai miei genitori e al dottore ci sono altre due persone.  
Sono un uomo e una donna.  
Lei molto elegante e composta e lui un po' meno, ma comunque elegante.  
Il medico mi si avvicina e si presenta.  
-"io sono il dottor. Simon, sarò il tuo dottore qui."-  
Accenno un si con la testa e lui si allontana.  
A prima vista sembra molto giovane e anche carino.  
Dopo una decina di minuti si sente bussare ancora.  Il dottor. Simon sprona l'ospite ad entrare e la porta si apre.




ANGOLO AUTRICE:
Salve! 
Forse i questo momento vorrete uccidermi. 
Se state pensando a che possa essere il ragazzo dietro la porta, per le risposte non dovrete aspettre ancora molto, perché mi sto impegnando per scrivere il prossimo capitolo e credo che vi piacerà. 
Sono masochista, lo so. 
Clara è una bambina adorable non credete? 
Presto la rivedremo. 
Fatemi sapere cos ne pensate del ragazzo dietro la porta, Carla e se volete accetto tutti gli insulti che vorrete lanciarmi per avervi lasciato sulle spine in questo modo. 
A presto 

-vostra Delly 

 

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Capitolo 13
*** Diavolo travestito da angelo... ***



Diavolo vestito da angelo...







Fa il suo ingresso un ragazzo più o meno della mia età.  
Molto alto, un bel ragazzo.  
Ha degli occhiali da sole che gli coprono gli occhi, un ciuffo di capelli color della pece gli ricade sulla fronte, ai lati della testa ha i capelli rasati mentre una lunga chioma gli ricopre il centro.  
Dei jeans neri simili a quelli che indosso io, gli fasciano le gambe magre, mentre un giubbotto di pelle gli ricopre le spalle.  
Quando si siede si toglie gli occhiali e sbottona la giacca così noto la maglia che indossa.
Nulla di complicato, una semplice maglia a fantasia Kawai sempre su toni scuri come grigio.  
Ma quello che più attira la mia attenzione sono gli occhi.  
Degli occhi così ipnotici, di un colore chiarissimo, quasi bianchi, l'unica cosa che separa la pupilla dalla parte bianche intorno è una striscia nera che si sfuma man mano che arriva al centro dell'occhio, dove un pallino nero si distingue dal bianco.
Le ciglia lunghe sembra quasi che muovano l'aria e le sopracciglia completano il quadro completo di quei meravigliosi occhi.  
Le labbra sottili ma rosse si stirano in un sorriso e mostrano la sua dentatura perfettamente bianca e allineata.  
Sento le guance andare in fiamme e colorarsi di un rosso innaturale.  
Sento la sua risata e mi giro di scatto, ma comunque un pensiero va alla sua risata che mi sembra la più bella che io abbia mai sentito.  
Senza pensarci prendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni e lo guardo senza alzare il capo per paura di incrociare i suoi occhi.  
Senza mai alzare la testa noto che non distoglie lo sguardo da me e l'imbarazzo torna a imporporarmi le guance.
Avendo il cellulare in mano mi torna in mente la conversazione con Matthew dell'aeroporto, così lo contatto.  
*ehy, forse da te è un po' tardi, ma ho appena visto il ragazzo*  
Dopo un paio di minuti mi arriva la risposta
*in affetti è abbastanza tardi, ma per il ragazzo senza midollo ci sono, quindi dimmi tutto*  
Così gli descrivo fisicamente il ragazzo che mi sta difronte e che non stacca gli occhi da me.
*What a fox![1]*  
* che c'entrano ora le volpi?*

*ahahahaha no, in America lo usiamo per gratificare qualcuno*
 *e cosa c'entrano le volpi?*  
*sei un caso perso!... No way[2]!*  
*e dove dovrei andare?*  
*ma voi inglese siete sempre rigidi come te o no? No way è sempre un modo di dire, vorrebbe dire aspetta... Comunque, vuol dire Che è più bello di me?*  
*forse*  
Sorrido per un secondo, poi mi ricordo che sono ancora nella sala conferenza dell'ospedale con un ragazzo bellissimo davanti a me e io ho la testa quasi sotto il tavolo mentre messaggio e rido da sola.
Ricordandolo mi metto dritta sulla sedia e aggiusto i capelli che sono sicura -a questo punto della giornata- saranno un disastro come questa mattina.  
Vedo Matthew -il donatore- che gira la testa non appena mi metto dritta sulla sedia e per tutto il tempo mi lancia occhiate pensando di non essere visto.  
*scusa, ma è decisamente più bello di te!*
*non ci posso credere! Basta, con me hai chiuso*  
Mi scappa una risata immaginando la faccia del mio interlocutore facendo espressioni teatrali.  
*tu che mi racconti? Ha conosciuto qualcuno di interessante?*  
Dopo un paio di minuti mi arriva la risposta e capisco il perché di tanto tempo  
*vuoi la verità? Bene, qui siete dei pallidi boriosi e arroganti, ma se per "qualcuno di interessante" intendi qualcuno che mi attira, sì l'ho conosciuto. Si chiama Brian, viene al corso di spagnolo con me. Ha gli occhi più belli che io abbia mai visto e dei capelli ramati così soffici (almeno credo) è un tipo abbastanza strano. È piuttosto anti-conformista, nel tempo libero va a caccia nella Brughiera ed è una bussola in fatto d'orientamento. Solo non so se sia etero o no, un miliardo di ragazze gli corrono dietro e io muoio nel mio piccolo. Sono così sfortunato in amore*  
Forse non avevo accennato al fatto che Matthew -dell'aeroporto- è gay, l'ho scoperto qualche giorno fa guardando sul suo profilo Facebook.  
*secondo me è già follemente innamorato di te.*  
*magari*

Lo saluto e concludiamo la conversazione.  
Quello che ha detto il dottor. Simon non l'ho sentito, ma in Hotel mi farò riferire tutto da mia madre.  
Dopo altri 20 minuti di conferenza il dottor. Simon ci lascia uscire.  
Fuori dall'ospedale i signori Price, i genitori di Matthew -il donatore- ci invitano a pranzare insieme.  
-"la ringrazio, ma non avremmo idea sul come raggiungervi non avendo un'automobile"-
Si affretta a rispondere mia madre, ma la signore Price insiste così mia madre è costretta ad accettare l'offerte e a farci scortare nel ristorante da loro.  

-"ehy, mum, io vi raggiungo in moto, non ci stiamo in macchina. Ragazza inglese, vuoi venire?"-  
I miei occhi si riducono a fessure.  
-"ho un nome, ed è Karma."-  
La signore Price e mia madre ridacchiano mentre sento mia madre sussurrare all'orecchio dell'altra donna "non gliela fa passare liscia"  
-"okay Karma. Ti va di venire? Ci faresti bella figura a farti vedere con me in giro"-  
La sua stupidità è proporzionata alla sua bellezza.
-"sei un presuntuoso, stupido, viscido, bambino viziato!"-
Sto quasi per mettermi a gridare quando mia madre mi invita ad andare con lui mentre gli "adulti" -che fino ad ora non mi hanno dato prova di questo- si avviano all'auto.  
-"che c'è inglese? Hai paura?"-  
Ora ha superato il limite.  
Senza dire niente, perché le parole con lui sarebbero sprecate, gli strappo di mano il casco e mi avvicino alla sua moto.  
Non me ne intendo di moto, ma senza dubbio questa è una moto molto veloce, e un po' di paura inizia a venirmi.  
Mi siedo sul sedile posteriore e mi giro verso di lui che è rimasto impalato dove l'ho lasciato.  
-"che c'è americano? Paura?"-  
Fa un sorriso mentre abbassa la testa ma senza mai staccare gli occhi da me.  
Con due grandi falcate arriva alla moto, mette il casco e sale.  
-"pronta pallida?"-  
-"pallida a chi?"-  
Non ho nemmeno il tempo di capire cosa stia succedendo che a velocità pazzesca, parte.

Non mi accorgo che si è fermato perch<è tengo gli occhi chiusi per la paura. 
Mi stacco da lui ancora tremante, quando lo sento tossire. 
Senza nemmeno guardarlo scendo dalla moto e mi sfilo il casco. 
Non riesco a smettere di tremare per la paura e lui dev'essersene accorto, perché mi viene vicino. 

-"non stai per svenire o morire per la paura, vero?"-
Lo guardo storto e caccio su le lacrime che premevano per uscire, perché di piangere davanti alui, non ne ho davvero voglia. 
-"ci sei mai almeno salita su una moto, prima di oggi?"- 
Perché deve fare l'antipatico? 
-"per tua informazione ci sono salita su una moto prima di oggi, e tu sei un antipatico! Piantale di fare così perché mi fai saltare i nervi! Sei una cavolo di diavolo travestito da angelo!"- 
Mi pento un secondo dopo di averlo detto e mi tappo la bocca con entrambe le mani. 
-"come hai detto?"-
Mi sorride maliziosamente.  
-"niente"-  
Dico cercando di rimediare.  
-"non ci aspettano al ristorante? Dovremmo andare e poi perché siamo qui?"-  
Mi guardo intorno, dovremmo essere al ristorante e invece siamo in un parco.  
-"siamo poco distanti dal posto in cui ci aspettano. Ho bisogno di una sigaretta."-  
Estrae un pacchetto di Marlboro dalla tasca della giacca e ne mette una fra i denti.

-"ma scusa, non potevi aspettare che arrivassimo al ristorante e poi farti una sigaretta?"-  
Lo guardo mentre si tasta le tasche in cerca di qualcosa.  
-"i miei non lo sanno, e preferirei che non lo sapessero, quindi se puoi, pallida, non esplodere e confessare tutto come hai fatto poco fa."-  
Per la terza volta in una giornata arrossisco visibilmente.  
-"hai un accendino, pallida?... Hai sempre avuto le guance da Heidi?"-  
Ma perché deve fare l'arrogante in questo modo?  

-"no e no! Io non fumo e non saprei che farmene di un accendino! E poi non ho le guance da Heidi, sei tu che mi fai arrabbiare!"-  
-"inglese, la colpa è mia, ma non per la stessa ragione che hai detto tu, e lo sappiamo benissimo entrambi."-  
Si è avvicinato e mi guarda come se avesse ragione... Cioè, ha ragione, ma almeno non se ne vantasse.  
Si gira e inizia a camminare verso delle ragazze che sono nel parco.  
Quando lo noto, corro subito verso lui e lo tiro per un braccio.  

-"non lasciarmi sola, squilibrato! Non mi sembra un bel posto per una ragazza."-  
-"vuoi la mano?"-  
Sarebbe una buona idea, ma preferisco non dirglielo.
Mi tende il braccio mentre guarda dietro di me e con voce seria mi dice
-"attaccati"-
cerco di ribattere, ma mi fulmina con lo sguardo e io mi attacco come se quel braccio fosse la mia unica salvezza.  
Non mi sta guardando, ma guarda ancora dietro di me, così mi giro e noto dei ragazzi che fumano delle strane sigarette.
Quando riesco a sentire l'odore proveniente dalle sigarette, capisco perché Matthew è allarmato: non sono sigarette, ma canne.  
-"non allontanarti e non lasciarmi il braccio"-  come se volessi farlo! 
Faccio no con la testa e mi avvicino di più a lui.
 Anche lui mi stringe di più e mi prende la mano.  
Lancio un'altra occhiata ai ragazzi dietro di me mentre ci avviciniamo alla moto di Matthew, solo per controllare che non si muovano.
Noto un ragazzo che si alza e Matthew che mi stringe ancora di più la mano.


-"ehy, che c'è? So di essere bellissimo, ma se continui a guardarmi finirai per lasciare quel coso che ti porti dietro"-  

Chiede il ragazzo che si è alzato e capisco subito che sta parlando con me.
 Matthew stringe la labbra fino a farle diventare bianche e io mi attacco -se possibile- ancora di più a lui.  
Facciamo qualche altro passo e il ragazzo non parla.  
Quasi vicino alla moto sento una mano sulla mia spalla e Matthew che riduce gli occhi e si gira di scatto.  
-"baby rispondimi!"- mi fa voltare il ragazzo sconosciuto.  
Non fa in tempo a guardarmi in faccia che Matthew mi lascia la mano -e nessuna sensazione mi sembra peggiore- e gli sferra un pugno sullo zigomo destro mentre ringhia  
-"non toccarla!"-  
Il ragazzo guarda Matthew e noto del sangue sulla faccia del ragazzo e sulle nocche di Matthew.  
-"andiamo, veloce"-  
Mi ha ripreso la mano e stiamo per andare via quando il ragazzo si rialza da terra, fa girare Matthew e gli sferra un pugno sull'occhio.  
Io mi lancio sul ragazzo colpendolo al petto con dei pugni che però non lo smuovono, mentre Matthew cade per terra.  
Mi stacco dal ragazzo velocemente e vado da Matthew.  
-" Matthew!"-
-"sto bene."-  
Risponde mentre si alza in piedi e io gli do una mano a rimettersi su.  
Il ragazzo è ancora difronte a noi  
-"allora, lo hai visto quanto è debole il tuo ragazzo? Io sono un uomo, lui è solo un bamboccione"-  
Matthew stava per ripiombare sul ragazzo, ma per fortuna lo tiro per il braccio e lui si placa.  
-"toccala ancora e ti uccido"-  Dice Matthew a denti stretti.  
Senza dire altro saliamo sulla moto e ce ne andiamo da quel posto.  
Ci fermiamo ancora poco dopo.
Lui scende e mi guarda.  
-"stai bene?"-  
Mi chiede e io lo guardo sbalordito.  
-"dovrei essere io a chiederlo a te"-  
Il suo occhio è diventato cianotico e si sta gonfiando.  
Mi tolgo il casco e lo toglie anche lui.

-"il tuo occhio sta diventando viola"-  
-"lo so"-  Risponde soltanto.  
-"se non ci metti del ghiaccio si gonfierà e rimarrà viola per un bel po'"-  
-"senti, ora ti porto dai nostri genitori, digli che io sto male e sono tornato a casa. Se mi vedono così faranno domande e finirò per dire tutto"-  
-"non posso lasciarti tornare a casa da solo. Tra poco l'occhio ti farà più male e vedrai sfuocato, e non puoi guidare in queste condizioni."-  

Gli tocco l'occhio e subito si ritrae emettendo un gemito di dolore.  
-"che cosa vorresti fare?"-  
-"chiamo mia madre e le dico che abbiamo trovato traffico, così siamo tornati in albergo e pranziamo li. Così potrò medicarti anche l'occhio."-  
-"non devi"-  
-"e invece si, se non avessi guardato quei ragazzi non saresti in queste condizioni, quindi è il minimo che posso fare. In più mi hai difeso"-  
-"come si chiama il tuo Hotel?"-  
Gli dico il nome dell'Hotel e dopo aver chiamato mia madre raggiungiamo l'albergo.  

_____________________________________________________________________________________________________________________

Dopo aver avuto problemi alla Hall per riuscire ad avere la chiavi della mia camera, raggiungiamo il piano ed entriamo in camera.  
Appena entro mi accorgo di aver appena invitato un ragazzo nella mia camera e che siamo soli, ma la mia attenzione viene catturata da Matthew che si toglie la giacca di pelle.  
-"hai un fazzoletto e dell'acqua fresca?"-  
Mi chiede mentre poggia la sua giacca sulla sedia della scrivania.  
-"non puoi disinfettare così una ferita! Servono delle garze e dello spray disinfettante. Aspetta in bagno ci dovrebbe essere il Kit di primo soccorso."-  
Lo vedo roteare gli occhi, mentre io vado in bagno per prendere la valigetta con l'occorrente dentro.  
-"quindi avrò una pallida inglese come infermiera"-  
Lo guardo male uscendo dal bagno can la valigetta in mano, e lui alza le mani in segno di resa.  
Prendo delle garze che trovo nella valigetta e pulisco la ferita.  
Solo ora da vicino noto un taglietto sotto l'occhio.  
Ma dico io, perché proprio gli occhi?
Sono così belli, perché proprio loro?  
-"se non si sgonfia, mia madre non ne sarà contenta."-  Rido un po' mentre prendo del ghiaccio secco.  
-"perché questo ghiaccio è caldo?"-
 -"devi spaccarlo al centro... Così"-  
Lo prende in mano e da un botta al sacchetto, me lo riporge e noto che effettivamente ora è davvero ghiaccio.  
-"lo sapevo... Volevo vedere se ci arrivavi"-  
Mi giustifico goffamente, mentre lui ride sonoramente gettando la testa all'indietro.  
-"vuoi stare fermo? Devo metterti il ghiaccio!"-  
Molto delicatamente gli poggio il ghiaccio sull'occhio e lui sussulta per il freddo.  
La mia pancia emette un sonoro brontolio e ricordo che ho saltato la colazione e il pranzo.  
Matthew ride ancora a sentire i lamenti del mio stomaco.  
-"non ridere! Ho saltato il pranzo e la colazione, ora ho fame."-

-"io non ho intenzione di uscire da questa camera conciato in questo modo. Ho un occhio obeso!"-
 Questa volta sono io a ridere.
-"mi dispiace Matthew"-  
-"chiamami Matt."-  
-"va bene, Matt"-  
Mi guarda e sorride.  
Se non la smette di essere così bello gli do un pugno in faccia.  

________________________________________________________________________________________________________________________

Dopo quasi un'ora, ci ritroviamo sdraiati sul letto -adebita distanza- a guardare un talent show su degli illusionisti, mentre mangiamo della caramelle gommose che ci siamo fatti portare dalla cucina.  

-"ma dai quello è un incapace! Fa dei dei trucchi che anche io sarei capace di fare!"-  
-"ma che dici, pallida! È fenomenale, mozzafiato!"-  
Mi guarda e scuote la testa
-"non scuotere la testa in quel modo o ti tiro un altro pugno in faccia, è una schiappa!"-  
-"tu lo sei, scommetto che non riesci nemmeno a fare un giochetto con le carte"-  
-"perché tu sai farne?"-  
-"certamente!"-  
In quel momento qualcuno bussa alla porta.  
Ormai ho messo il pigiama da un pezzo, infatti indosso i miei pantaloncini in cotone e una vecchia maglia di un vecchio gruppo, mentre ai piedi ho solo dei calzini blu.


Apro la porta e vedo mia madre con l'orecchio verso la porta.
-"ehm... Mamma?"-  
Mi madre si ricompone subito.  
-"ciao ragazzi... Com'è andata la serata?"-  
Matt si è girato verso la porta sempre sdraiato sul letto.
-"una meraviglia signora"-  Parla lui al posto mio.  
-"Matthew che hai fatto all'occhio?"-  
Matt sposta lo sguardo da me a mia madre e poi risponde  
-"Karma mi ha lanciato un pacchetto di caramelle gommose e mi ha centrato l'occhio"-  
Mi guarda con un ghigno.  
-"Karma che modi! Dove sei cresciuta in una caverna?..."- sospira -"Matthew puoi rimanere ancora un po', dopo Karma deve andare al letto"-  -"MammaCiao!"-  
Le chiudo la porta sul naso e torno a sedermi sul letto.  
-"Karma vado un attimo in bagno, tu non perderti niente del prossimo concorrente"-  
-"va bene"-  
Lo vedo chiudersi la porta alle spalle e chiudere la porta a chiave.  
Dopo un paio di minuti esce dal bagno con una cipria in mano.  
-"ti fai di cocaina?"-
-"macché! È cipria, serve per fissare il make-up... E poi dove l'hai presa?"-
 -"l'hai lasciata sul lavandino in bagno, non è colpa mia se sei la persona più disordinata di sempre."-  
-"non sono disordinata, solo non ho avuto il tempo di mettere a posto"-  
Mi guarda ridendo e tra una risata e l'altra mi dice "sei un caso perso".  
-"non sei il primo che me lo dice"-  
Ride ancora di più.  
-"Ehy pallida, io devo andare. Ci si vede in giro."-  
-"domani non passi?"-  Mi pento subito di averlo chiesto e chiudo gli occhi e stringo i denti.  
-"la tua ossessione per me ormai è palese, ma se ci tieni passo a trovarti. Fatti trovare."-  -"NON SONO OSSESSIONATA DA TE! E poi sono in un paese che non è il mio, non conosco niente di qui e gli unici amici che mi sono fatta sono una bambina di 7 anni rinchiusa in ospedale e un egocentrico, stupido Americano... Dove potrei andare?"-
-"bastava un 'ok, a domani' e comunque non sono un egocentrico, stupido americano... Solo un po' egocentrico."-  
Gli sorrido e scendo dal letto per salutarlo.  
Ci mettiamo un po' per capire come salutarci e tra goffe strette di mano e malriusciti abbracci, mi si avvicina e mi lascia un bacio sulla guancia.  
-"ci vediamo domani, pallida"-  
Gli do uno schiaffo amichevole sul braccio e lo saluto con la mano.  
Mi chiudo la porta alle spalle e mi lascio scivolare per terra.  
-"sarà una piacevole permanenza"-  
Mi alzo e mi lascio cadere sull'enorme letto.



[1] "What a fox!" è un modo di dire tipicamente americano, consigliatomi direttamente da mia cugina che vive a Chicago. Viene usato maggiormente per gratificare le ragazze, ma in questo capitolo lo usa Matthew -dell'aereoporto- come affermazione di sorpresa per la descrizione fisica di Matt -il donatore-.
 [2] "No Way!"  è un altro modo di dire americano, li usano al posto di "Wait" che si traduce letteralmente "aspetta". 





ANGOLO AUTRICE: 
Salve bella gente! 
Come va? 
Ormai il mio unico scopo nella vita è riuscire a pubblicare capitoli di questa storia, quindi eccone un altro. 
Probabilmente domani ne pubblico uno o due, ma sicuramente pubblicherò. 
Lo scorso capitolo non ha ricevuto recensioni e quindi vi prego di recensire almeno questo. 

RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE!

Un bacione

-Delly 









 

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Capitolo 14
*** Matt... ***


Matt...






Sono le 9:40 e io sono già sveglia, non che possa dire di aver dormito... E tutto questo per colpa di quello stupido di Matt.  
Alla fine ieri siamo stati tutto il pomeriggio insieme, fino a quando non è arrivata mia madre che ha date il suo referendum e mi ha mandato a dormire.  
In un certo senso la ringrazio perché ero esausta, però sarei rimasta volentieri ancora in compagnia di Matt.  
Devo smetterla di pensare a lui!  Insomma non lo conosco, abbiamo passato un pomeriggio insieme, ma io non lo conosco.  
Non so a che scuola va o se va ancora a scuola.  
Non so che lavoro vorrebbe fare da grande.  Non so qual'è il suo colore preferito, che musica ascolta, che cosa gli piace fare nel tempo libero, se ha passioni, hobbie, passatempo... Non so niente e sto già fantasticando su noi due.  
Senza accorgermene qualcuno bussa alla porta finestra della mia camera.
Senza pensarci prendo il libro che ho sul comodino e mi avvicino piano alla porta.
La apro lentamente e la lascio socchiusa, con uno scatto fulmineo si spalanca e lascia entrare quell'idiota del protagonista dei pensieri con cui mi sono torturata tutta la mattina.
-"ma non potevi usare la porta come tutte le persone normali?"- Gli chiedo abbassando il libro.  
-"e tu credevi davvero di poterti difendere con..."- mi prende il libro e legge il titolo -"7 ragazzi per me? Ma che libro è? È per le dodicenni?"-  
-"per tua informazione è un libro molto bello e dovresti imparare ad usare le porte, idiota"-  
Prendo il libro e lo rimetto al suo posto.  
-"la ragazza all'entrata non voleva dirmi in che camera eri e mi ha bloccato quando mi ha visto entrare nell'ascensore, ha detto che le sembravo brusco e così ho fatto per conto mio."- Accenna alla finestra con la testa
-"tu sei completamente matto. Perché non me lo hai detto? Sarei scesa."-  
-"e di sua grazia come avrei dovuto fare? Non mi hai nemmeno lasciato il tuo numero"-  
Mentre lo dice si toglie la giacca e la mette sulla solita sedia.  
Io mi siedo sul letto rassegnata.
-"e ti è sembrata una buona idea cercare di ammazzarti? Siamo al terzo piano... Ricordati che dovresti donarmi qualcosa e se ti lesioni ogni parte del corpo non credo sarà possibile"-
-"molto gentile, ti preoccupi del tuo trapianto e non del tuo unico amico"-
Fa il labbruccio mentre teatralmente si gira di spalle.
-"sei un idiota"-
-"grazie per avermelo ricordato, a momenti me ne dimenticavo"-
-"non c'è di che"- Rido e lui si siede dall'altra parte del letto.
-"carino l'outifit"- Mi prende in giro.
Indosso il pigiama di ieri, solo che ho messo una maglia più pesante che raffigura uno scoiattolo con gli occhioni dolci.
-"lo so... Matt, mi hai ricordato che non hai il mio numero, se ti do il mio cellulare lo memorizzi e io memorizzo il mio sul tuo cellulare"-
-"ok, pallida"-
Prende il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni e me lo porge, e io faccio lo stesso.
Dopo qualche minuto prende a parlare
-"chi è questo Matthew?"-
Mi mostra il mio cellulare con la conversazione che ho fatto con Matthew dell'aeroporto.
-"ma che fai? Avevo detto che dovevi memorizzare il numero, non che dovevi leggere le conversazioni con i miei amici!"-
Gli prendo il cellulare dalle mani e controllo che non abbia letto i messaggi precedenti.
-"scusa, mi dispiace. Posso?"-
Mi chiede per riprendere il mio cellulare.
Glielo ridò ma mi avvicino a lui per verificare che non legga altre conversazioni.
-"mi metti ansia se mi spii"-
-"non ti sto spiando, sto verificando che tu non legga altre conversazioni, ficca naso"-
-"okay, hai ragione. Ma chi è quel Matthew?"-
Mi chiede mentre mi restituisce il cellulare.
-"geloso?"-
-"ovviamente"- Per un secondo il mio cuore fa un miliardo di capriole poi alle mie orecchie giunge la frase per intera.
-"ovviamente! Non tutti possono avere l'onore di portare il mio nome"-
-"ah"- Rispondo soltanto allontanandomi un po'.
-"e poi, chi lo sa se è abbastanza degno di averti come amica"- Alzo la testa e lo guardo
-"e chi lo è?"-
-"bhe... Che domande, ovviamente io!"-
-"quindi sono tua amica?"-
-"si... Certo"-
-"okay"- Appoggio la testa sulla sua spalla e mi guardo i piedi.
Le nostre mani si sfiorano sul letto e lui un po' esitante prende la mia.
Se esiste il paradiso, deve essere questo.
Dopo poco mi addormento.

_____________________________________________________________________________________________________________


Mi sveglio con la voce di Matt che mi chiama.
Apro piano gli occhi e lo vedo accanto al letto in ginocchio che mi tiene la mano.
Mi metto a sedere e mi stropiccio gli occhi.

-"perché sei li?"-
-"cercavo di svegliarti, pensavo non ti fossi sentita bene, mi hai spaventato."-
-"ehy, sto bene"-
Si alza e mi abbraccia mentre io sono sempre seduta sul letto.
Mi sposto più al centro e picchietto sul materasso per fargli capire che voglio che si sieda.
Si siede e io riprendo la posizione che avevo prima che mi addormentassi.
Lui appoggiato alla testiera del letto e io con la testa poggiata sulla sua spalla.
-"la prossima volta avvisami, così almeno non mi viene un infarto"-
Rido.
Sento l'alito pesante perciò evito di parlare, dopo un po' mi alzo e vado in bagno.
Mi lavo i denti e la faccia e metto solo un po' di correttore per le occhiaie e del mascara.
Rifaccio il codino ed esco dal bagno.
Lo vedo sdraiato sul letto, con la testa sul cuscino le scarpe per terra ai piedi del letto mentre guarda la Tv.
Mi correggo: qesto è il paradiso. 
-"se continui a tenere la bocca aperta ti entrano le mosche"-
Dev'essersi accorto che lo stavo fissando.
-"non ho la bocca aperta."- Ribatto mentre mi avvicino al letto e mi risiedo dov'ero prima.
-"pallida, ti va di venire con me stasera?"-
Mi alzo mantenendomi su un gomito e lo guardo
-"dove?"- -"un amico da una festa in un pub in città. In Irlanda non è abitudine andarci sempre?"-
-"si, ma io non sono irlandese."-
-"dai, vieni con me, ci divertiremo"-
Ci penso qualche secondo poi riprendo a parlare
-"ma io non conosco nessuno. E poi mi prenderanno tutti in giro per il mio accento"-
-"ci sarò io e non ti lascerò un attimo, e se qualcuno ti prende in giro, gli tiro un pugno."-
-"con i pugni dovresti chiudere... A proposito come va l'occhio?"-
Cerco di guardarglielo meglio ma lui si scosta.
-"sta bene il mio occhio. Non cambiare argomento, allora? Ci vieni?"-


_______________________________________________________________________________________________________________


Non so come mi abbia convinta, fatto sta che ora sono chiusa in bagno a cercare di truccarmi in modo decente.
Mi sono fatta una doccia non appena Matt è andato via, qualche ora fa.
Metto del fondotinta, correttore, un po' di ombretto nude, matita nera, mascara e un del rossetto color borgogna.
I capelli li lascio sciolti con solo due ferretti che tengono alto il ciuffo.
Esco dal bagno e apro il guardaroba.
Non ho portato molti vestiti, ma alla fine trovo cosa mettere.
Indosso un vestito nero a tubino con una maglia più larga sopra e le Dottor Martens.
Metto una goccia di profumo e prendo la borsa e la giacca prima di scendere nella Hall.
L'appuntamento era per le 20:30, sono le 20:35 e io sono in perfetto ritardo.
Noto Matt seduto ai divanetti.
Non ha niente di speciale, ha indossato dei jeans neri e una maglia bianca con le converse nere che completano il tutto.
Fino ad ora non l'ho visto con pantaloni diversi da jeans neri.
Quando mi vede si alza e mi saluta scoccandomi un bacio sulla guancia.
Prima di uscire dall'hotel sento mia madre chiamarmi da dietro, così mi volto e ci salutiamo.
Mi fa tutte le raccomandazioni di sempre e dopo ben 10 minuti ci lascia andare.
Non ho ricordato che non posso andare in moto con la gonna.
-"Matt, aspetta. Devo andare a cambiarmi, non posso salire sulla moto con la gonna"-
-"tranquilla, ho chiesto l'auto a mio padre, non ti avrei mai portata con questo freddo in moto"-
Gli do un bacio sulla guancia e gli lascio il segno del rossetto.
Per fortuna ho portato lo stick del rossetto in borsa.
Raggiungiamo la macchina e saliamo.
Durante il viaggio chiedo a Matt dei suoi amici e lui risponde a tutte le mie domande.
-"allora, che tipi sono i tuoi amici?"-
-"sono molto strani"-
-"sono tutti matti come te?"-
-"forse anche di più, però non tutti. Se sei fortunata puoi trovarne qualcuno normale."- Rido di cuore.
-"e ci sono ragazze alla festa?"-
-"forse ci sarà Francy, ma non so dirti se porterà altre amiche"-
-"ah"-
Questa era la risposta che non volevo ricevere.
Probabilmente Matt conosce un sacco di ragazze bellissime e Francy farà sicuramente parte di loro.
Il resto del viaggio lo passiamo in silenzio.
Il pub sembra molto caotico fin da fuori e non oso immaginare cos ci sia dentro.
Non appena scendiamo sento la pelle d'oca per via del freddo e mi stringo nelle spalle
-"hai freddo?"- Mi chiede Matt appena mi vede.
-"no, sto bene. Entriamo?"- Matt accenna un si con la testa e io lo seguo fino dentro al locale.
Come avevo immaginato, dentro il rumore è assordante e per poco non riesco a sentire nemmeno i miei pensieri.
Matt mi tiene la mano per tutto il tempo, mentre attraversiamo la pista per raggiungere i suoi amici, la presa si fa più ferrea e continua a girarsi per controllare che io ci sia ancora.
Fortunatamente riusciamo a raggiungere il tavolo con i suoi amici quasi subito e lui me li presenta, ma io ricordo solo il nome di alcuni: Ethan, Daniel, Alex, Simon e Bedo.
Da quanto ho capito Bedo è il migliore amico di Matt.
Mi siedo su una poltroncina tra Matt e una ragazza e ringrazio il cielo che non si sia voluto sedere lui vicino alla ragazza.
Dopo un poco Matthew mi presenta la ragazza seduta vicino a me e capisco che quella è Francy.
-"ciao, ho sentito parlare molto di te, io sono Francy"-
Si presenta lei. Io le sorrido e mi presento educatamente.
-"Prince, che hai fatto all'occhio?"-
chiede uno dei ragazzi di cui non ricordo il nome.
-"niente, è una storia lunga"-
Mi guarda e scoppiano a ridere insieme e sento gli sguardi dei suoi amici su di noi.
-"c'entra l'inglese? Allora ho capito di che si tratta"-
Ridono anche loro e solo dopo capisco a cosa si riferisse il ragazzo.
La serata passa veloce tra birre e battutine, mentre molte persone intorno a noi continuano a ballare.
Dopo un paio di ore e molte birre dopo, che mi hanno passato i ragazzi perché essendo minorenne non potrei averne, mi sento un po' brilla e le parole iniziano ad uscire senza il mio reale permesso.
-"Matt, andiamo a ballare! Ti prego voglio divertirmi! Vieni"-
Mi alzo e lo tiro dal collo della camicia tenendo il viso a pochi centimetri dal suo e mordendomi il labbro inferiore.
-"okay, pallida, direi che è il momento di andare"-
Prende la mia borsa e la giacca e mi tende il braccio, come ha fatto ieri.
Io mi attacco e lui mi prende la mano.
Dopo svariati miei tentativi di rimanere li e convincerlo a ballare, riesce a portarmi fuori.
-"Karma metti la giacca o ti ammalerai"-
-"non la voglio mettere"-
Mi lamento con voce da bambina staccandomi per la prima volta dal braccio.
Lui mi prende una mano a mi avvicina a se.
Mi appoggia la giacca sulle spalle e fa passare un braccio sopra questa.
Essendo molto più alto di me, non trova problemi nel farlo e a me non dispiace così lo lascio fare.

Vicino alla macchina mi apre lo sportello e cerca di farmi entrare le gambe.
-"pallida, se non metti le gambe dentro non posso chiudere"-
-"non farlo. Matt non voglio tornare a casa! Ti prego non voglio, non voglio, non voglio. Li ci sono i mostri e io non so come difendermi."-
-"se metti le gambe dentro, ti accompagno in Hotel e sconfiggo io i mostri per te, okay?"-
-"va bene, così poi sarai il mio principe azzurro e mi bacerai come nei film, vero?"-
-"non sai quanto vorrei farlo, ma non posso, perché tu sei brilla e sarebbe come approfittare dell'occasione."-
-"no, perché io lo voglio"-
-"okay, ora metti le gambe dentro altrimenti non succederà niente."-
In un attimo ritiro le gambe dentro e lo vedo fare il giro dell'auto ed entrare nel posto del guidatore, che in realtà è dall'altra parte.
-"sai che nel mio paese in questo momento io sarei il guidatore, e sarebbe un bel problema perché credo di aver bisogno degli occhiali: vedo doppio."-
-"non hai bisogno degli occhiali, hai solo bisogno di una dormita e di un bel caffè"-
-"no... Il vostro caffè fa schifo"-


Non ricordo di cosa abbiamo parlato per il resto del viaggio di ritorno o se mi sia messa a dormire.
-"pallida, dobbiamo salire in camera"-
-"tu vieni con me?"-
-"ti accompagno sopra e poi me ne torno a casa"-
-"ti prego... Rimani oppure i mostri torneranno"-
Matt guarda l'orario sul cruscotto della macchina e sobbalza...
-"è tardissimo, devi salire subito. I tuoi mi ammazzeranno."-
Mi tende la mano e io la afferro e mi attacco al braccio per non cadere per terra.
Com'è suo solito mi prende la mano e insieme saliamo.
Credo che sia stato un po' difficile per Matt riuscire ad aprire la porta visto che ogni volta che riusciva a infilare la chiave io gli tiravo il braccio.
Dopo non so quanti tentativi, finalmente lo lascio aprire la porta ed entriamo.
-"va a metterti il pigiama e vai a letto, ci vediamo domani"-
-"non rimani con me?"-
-"te l'ho già detto, non posso. Domani ho scuola e mi sembra proprio impossibile."-
-"va bene... Che scuola frequenti?"-
-"sono all'ultimo anno della Chicago High School"-
-"perché ancora all'ultimo anno?"-
Quando glielo chiedo mi sto già mettendo nel letto, senza essermi cambiata.
-"è una storia lunga, magari un altro giorno ne parliamo"-
-"va bene"-
-"buona notte, pallida"-
-"buona notte, ragazzo senza midollo"-
Per la prima volta l'ho chiamato con quel nomignolo e l'unica risposta che ho ricevuto è stata una bellissima risata cristallina, mentre si chiude la porta alla spalle.
Ora posso dire di conoscerlo meglio?




ANGOLO AUTRICE: 
Salve bella gente!
Come promesso sono riuscita ad aggiornare. 
Mia sorella continua a gridarmi dietro di aggiornare più velocemente perché vuole leggere nilo capitolo ma ha da studiare per domani. 
Proabilmente tra poco pubblico il prossimo capitolo, giusto per far impazire mia sorella. 
Vi prego recensite!
Un bacione


-Delly 





 

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Capitolo 15
*** Era solo la verità... ***




Era solo la verità... 






Ho dormito benissimo ieri notte, con la risata di Matt che mi rimbombava nella testa e il sorriso che mi alleggiava in faccia.  
In effetti sembravo scema, ma ricordando la serata di ieri non posso far altro che sorridere.  
Non ricordo tutto alla perfezione, però le cose migliori le ricordo tutte.  

Oggi Matt starà tutta la mattinata a scuola e io ne approfitto per dormire, così mi sveglio a mezzogiorno.  
Dopo un bel po', mia madre viene in camera mia, e io so già il perché.  

-"allora, com'è andata la serata?"-  
-"bene"-  
Se stessi qui a raccontarle che non sarebbe potuta andare meglio, probabilmente mi prenderebbe in giro fino alla fine dei tempi.  
-"cosa avete fatto? Hai conosciuto gente? Ti piace Matthew?"-
Perché proprio questa domanda?
Forse si vede che lo trovo carino e, forse, qualcosa di più....
-"mamma! Non credo che queste siano cose che ti riguardano, e comunque si, ho conosciuto gente e abbiamo chiacchierato un pochino, poi a mezzanotte Matt mi ha riaccompagnato in Hotel."-  

Mento sull'orario, perché quando sono rientrata era ormai notte fonda, quasi mattina e se mia madre lo scopre sono fritta.  
-"va bene"- alza me mani -"tutto questo non mi riguarda... Io vado di la, se vuoi qualcosa per pranzo, puoi fartelo portare qui. Non credo vorrai uscire con quelle occhiaie."-  
Forse ha capito qualcosa, ma non le do corda.    



All'ora di pranzo, mi arriva un messaggio da Matthew -dell'aeroporto-  
*come va con il principe  azzurro?*  
*una favola*  Rispondo un po' ironica, facendo riferimento alla domanda.

 Mi manca Matthew, so che appena tornata in Inghilterra lo vedrò, però starò più di 4 mesi senza vederlo.  
*invece con il tuo Brian?*  
*ho scoperto che non è etero, per fortuna*  
*già vi vedo insieme a guardare un film...*  
*quei puntini mi interessano*  
*non sono quello che intendi tu, depravato!*

Dopo un paio di minuti che non ricevo risposta, mi arriva una chiamata: Matthew -dell'aeroporto-, rispondo.

-"IO NON SONO UN DEPRAVATO!"-  
-"stai già iniziando a prendere l'accento inglese"-  
-"e contando che sto capendo quasi tutto quello che dici, stai diventando un'Americana perfetta!"-  
-"ma che dici? Sono qui da solo 3 giorni e sono già Americana?"-  Rido, per la cavolata che ha appena detto.  

-"certo! Sei a stretto contatto con gli Americani"-  
-"parli di voi, come un qualcosa-pologo parla della specie che sta studiando"-  
-"ma che mi importa! Ormai io sono inglese"-  Dice questa frase come se stesse recitando e poi scoppia in una risata.  

-"sai che questa chiamata ti costerà tantissimo?"-  
-"che mi importa? Chiederò a quel riccone di mio padre di ricaricarmi il cellulare... Mi invento una scusa, e anche se si arrabbia alla fine cede. Forse farà i salti di gioia a sapere che ho chiamato una ragazza... Devo andare, ho da preparare il test scritto, dimmi buona fortuna"-
-"buona fortuna"- Detto questo chiudo la chiamata.  

Forse il padre di Matthew -dell'aeroporto- non lo accetta.  
Mi chiedo, come si può non accettare un figlio per quello che è?  
Insomma è il proprio figlio, io gli vorrei bene in qualunque caso.  

Sto fissando la parete difronte a me, quando il cellulare emette uno dei tantissimi suoni che mi avvisano di una notifica.  
*buongiorno, pallida*  Un messaggio da Matt.  
*buongiorno, senza midollo*  
*ci vediamo in ospedale oggi?*  
*in ospedale?*  
*il Dottor. Simon ci ha detto che dobbiamo andarci per gli accertamenti, non te lo ricordi?*  
*lo avevo completamente dimenticato*  

In realtà non lo sapevo.  
Di tutto quello che ha detto il dottor. Simon durante la conferenza non ho ascoltato molto, perché ero concentrata a monologare su quanto Matt fosse carino, ma non posso di certo dirglielo. 



Sto iniziando ad odiare sempre di più gli ospedali.  
Tutto così bianco, quell'odore di disinfettante che ti invade le narici e ti costringe a respirarlo, dottori che girano di qua e di là...
Tutto questo mi fa venir mal di testa.  
Siamo nel reparto pediatria e molti bambini stanno giocando per i corridoio.  

Questo reparto, forse, è quello che detesto di più.  
Molto di questi bambini non cresceranno mai, non avranno la possibilità di laurearsi, di sposarsi, incontrare l'amore della loro vita, di diventare qualcuno...  

Una lacrima mi scende sulle guance mentre penso a tutto questo.
Qualcuno da dietro mi sta tirando la maglia, mi asciugo le lacrime e mi giro.  
Una bambina pallidissima su una sedia a rotelle cerca di chiamarmi.  

Mi abbasso alla sua altezza e la vedo sorridere.  
-"ciao. Sei una volontaria?"- mi chiede con un filo di voce.
-"no, però se hai bisogno di qualcosa puoi chiedermela"-  
-"mi servirebbe un'infermiera, mi si è staccata la flebo e non avevo finito l'antibiotico"-  
-"aspetta te la chiamo io"-  Mi alzo e mi avvicino al gabbiotto per parlare con un'infermiera.  

-"mi scusi, una bambina ha bisogno di un'infermiera per rimettersi la flebo"-  
Una donna sui 40 anni, si gira verso me e mi guarda male da dietro i suoi occhiali stile anni 50.  
Viene verso di me e mi fa segno di scortarla dalla bambina.  
La conduco fino a dove avevo lasciato la bambina, e la vedo sorridere non appena la vede.  

-"Zaira, quante volte devo dirti che fino a quando non finisci l'antibiotico non puoi correre?"-  
-"scusi infermiera James"- La donna scompiglia i capelli alla bambina sulla sedia a rotelle che pochi secondi dopo mi ringrazia.
Saluto entrambe e vado dai miei genitori che stanno in piedi davanti alla porta, mentre parlano con qualcuno.  

-"buongiorno signorina Camelot, come va?"- mi chiede il dottor. Simon. nonappena affianco mio padre.
 -"molto bene, e la prego, mi chiami Karma"- rispondo molto educatamente.
-"d'accordo, Karma. - si gira verso i miei genitori e riprende a parlare -se non vi dispiace, vorrei aspettare i signori Price per aggiornarvi"-  
-"mi sembra giusto."- dice mio padre.  

Senza dire altro il dottore rientra nella stanza e ci invita ad accomodarci, così ci sediamo alle sedie intorno al tavolo.  
Dopo qualche minuto che aspettiamo, arrivano anche i signori Price e Matt, che mi sorride e va a sedersi.  

-"vorrei iniziare dicendo che fra qualche minuto verranno degl'infermieri che scorteranno i ragazzi in un'altra stanza per fare i prelievi di sangue. Prima che Karma vada via, volevo aggiungere che, per essere sicuri che non le succeda niente, vorremmo tenere Karma sotto osservazione qui in ospedale"-  
Forse questi tizi non sanno cosa vuol dire "non far pesare di essere malata" ad una ragazza.  

-"non voglio. Non voglio rimanere qui! Questo posto mi mette ansia e poi vorrei poter essere libera di fare quello che voglio e se questi fossero i miei ultimi mesi di vita, vorrei come minimo poter vedere le persone che voglio."-  
-"Karma è per le osservazioni!"- ripete il dottore.
-"dottor. Simon, mi hanno costretto a venire fino qui, non mi costringerete a stare rinchiusa qua dentro!"-  
-"Karma smettila di fare la bambina, tu rimarrai in ospedale fino a quando i dottori non ti diranno che non c'è pericolo e puoi uscire, intesi?"- e come sempre mia madre da ragione agli altri.  

Non dico più niente fino a quando due infermieri non vengono e portano me e Matt in una stanza per farci un prelievo.
Ci fanno sedere su un lettino e ci fanno aspettare li.  
-"mi dispiace Karma."-  Non rispondo e continuo a guardare i miei piedi che penzolano fuori dal letto.  

-"so che forse non ti importa, però mi dispiace davvero"-  
-"non potremmo più vederci"- sussurro, tanto che non sono sicura abbia sentito.  

-"ma che dici? Verrò sempre, tutti i giorni e staremo insieme"-
-"no! Non capisci, quelli non ti faranno entrare, starò tutto il giorno attaccata a macchine che non mi daranno la possibilità di muovermi e non mi vedrai in quelle condizioni, e poi alla fine ti annoierai e userai qualunque scusa per andare via e..."-  
Scoppio a piangere all'idea che Matt non voglia più vedermi.  

Rimarrò chiusa in ospedale fino a quando i medici non mi diranno che potrò uscire.  
Si alza e mi abbraccia, così ne approfitto per nascondere la testa e lo abbraccio anche io.  
Lui posa il mento sulla mia testa.  
Sento il suo profumo di mela verde e tabacco, probabilmente ha fumato, poi si allontana per guardarmi in faccia, sempre mantenendo l'abbraccio però.  

-"ha mangiato zucchero filato?"-  Aggrotto le sopracciglia e faccio no con la testa.  
-"odori di zucchero filato"-  
-"tu di tabacco"-  Mi stringe di nuovo a se.  
-"ho fumato poco fa, non sapevo dovessero prelevarci il sangue"-  

Non appena finisce la frase, la porta si riapre ed entrano gli infermieri, così noi ci stacchiamo velocemente e torniamo a sederci.  
Gli infermieri ci attaccano un laccio al braccio e ci tirano il sangue che va a finire dentro delle fiale.  
Matt finisce con solo 3 fialette, mentre invece a me ne riempiono ben 7.  

Quando finalmente sfilano l'ago della siringa dal mio braccio, l'infermiere mi porge un pezzo di cotone con del liquido azzurro sopra e io lo metto sulla ferita.
Dopo averci messo un cerotto sulla ferita ci fanno uscire dalla stanza.  

-"andiamo in caffetteria? Sei pallida, dovresti mangiare qualcosa, ti hanno tirato molto sangue."- mi chiede Matt.  
-"no, sto bene."- rispondo mentre chiudo gli occhi per il mal di testa.  
-"Karma, sei pallida. Andiamo a prendere qualcosa e dopo torniamo"-  
-"ci stanno aspettando."-  
-"allora continueranno ad aspettarci"-  Sbuffo e lo seguo.  

Alla fine mi ha fatto bene mangiare qualcosa, anche se non ho finito tutto il mio muffin, almeno ho mangiato.
Dopo aver pagato siamo tornati nella sala d'aspetto fuori dalla stanza dove c'erano i nostri genitori.  
Ci siamo seduti su quelle scomode sedie di ferro che dovrebbero essere cancellate dalla faccia della terra.  

Matt non mi ha mai lasciato la mano da quando siamo usciti dalla caffetteria, e a me non dispiace affatto.  
Dopo un paio di minuti che cerco una posizione comoda su quella sedia -che odio più di ogni altra cosa al mondo- appoggio la testa sulla spalla di Matt e lui non si lamenta, così rimaniamo in quella posizione per un po'.  

Dopo venti minuti, i nostri genitori escono dalla stanza.  
-"Karma, andiamo?"-  

Non mi ero accorta di essere ancora con la testa sulla spalla di Matt così prima di rispondere mi siedo composta  
-"Si, andiamo."-  
-"dopo dobbiamo tornare qui. I dottori vogliono che rimani qui da oggi."-  
-"allora andiamo a prendere degli abiti e dopo torniamo"-  
-"si... - si gira verso i signori Price -allora ci vediamo mercoledì"-  

-"perché mercoledì?"-  -"oh niente cara, abbiamo invitato te e i tuoi genitori per la cena"- mi risponde la signora Price.  
-"mamma io sarò ancora qui per mercoledì"-  
-"lo so, andremo a cena dai signori Price e poi tornerai qui."-  
-"va bene."-  Non vale la pena combattere contro mia madre, perché tanto vincerebbe lei, e anche se non ho voglia di fare l'invalida, -perché so che mi tratteranno come si trattano le persone malate- ci andrò comunque sperando che Matt mi tratti come sempre e non come una malata.  

-"ehmm... Signora Camelot, signor Camelot- sento parlare Matt, ancora seduto vicino a me, così mi giro verso lui -siccome questo sarà l'ultimo pomeriggio in cui Karma potrà uscire, prima di non so quanto tempo, potrei pranzare con lei fuori?"-  
-"certo Matthew, ma falle mettere la giacca o si ammalerà"- dice mia madre.
 -"mamma"- dico a denti stretti.  
-"andate o cambio idea"- si intromette mio padre.
Ci alziamo e usciamo insieme dall'ospedale.  


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Arriviamo in un locale poco dopo a bordo delle moto di Matt.  
Quando entriamo riconosco Bedo, l'amico di Matt, che subito ci saluta e ci fa sedere ad un tavolo.  

-"allora amico, che vi porto?"-  
-"Bedo, facci pensare almeno"-  
-"scusate la mia cavernicolità"-  
Matt rotea gli occhi e Bedo si allontana dal tavolo.  

-"tu cosa prendi?"- mi domanda Matt.  
-"non ho molta fame in realtà"- rispondo.
-"Karma ti ho portato a pranzo fuori, cosa non capisci di "pranzo"? Non puoi rimanere digiuna fino a questa sera"-  

Mentre parla mi ha preso la mano da sopra il tavolo e mi guarda.  
-"va bene... Prendo quello che prendi tu"-  
-"Bedo! -lo chiama- abbiamo deciso."-  
-"dimmi tutto, amico"-  
-"prendiamo due bistecche con insalata..."-
-"no! Fermo! Non mangio carne, sono vegetariana"- dico prima che Bedo possa scrivere l'ordinazione.

Il ragazzo alza gli occhi dal foglietto e mi guarda come se fossi un alieno.  
-"vuoi dirmi che non mangi nessun tipo di carne?"- mi chiede Bedo.  
-"esatto. Ma non pretendo che tutti lo facciano, insomma questa è una mia scelta, quindi se vuoi una bistecca prendila pure, Matt"- rispondo gentilmente.
 -"okay, allora una bistecca e..."- Matt e Bedo mi guardano aspettando una risposta.  
-"gli fate gli hamburger vegetariani?"-  
-"posso chiedere"-  
-"allora, un hamburger vegetariano e insalata, grazie"-  
-"torno subito"- dice Bedo andandosene.  

Rimaniamo io e Matt da soli.  
Cala un silenzio imbarazzante tra di noi.  
Le altre volte che siamo stati insieme da soli, non mi sono mai sentita in imbarazzo, ma ora, invece, un po' lo sento.  
Per fortuna Matt lo interrompe.  
-"pallida, che ti va di fare dopo?"-
-"non lo so, e non chiamarmi pallida, non sono poi così bianca"- dico guardandomi le mani.

-"ti va di fare una passeggiata?"-  
-"sicuro! Dove?"-  
-"ti do l'opportunità di scegliere, e decidi bene"-  
-"ma come faccio a decidere se non conosco Chicago?!"- gli chiedo ridendo.  

In quel momento arriva Bedo con le nostre ordinazioni.  
-"io ti consiglio di ucciderlo prima, quella cosa sembra viva"- mi dice appoggiando il piatto con l'hamburger, davanti a me.
Rido vedendo la faccia di Bedo che dopo aver lasciato il piatto di Matt va via.  
Bedo è davvero un bel ragazzo. 
Anche facendo le faccie strane che lo caretterizzano, rimane comunque di una bellezz disarmante. 
Alto, con capelli ricci marroni che gli ricadono sulla fronte scomposte, ma in questo momento una fascia li tiene all'indietro lasciando scoperti gli occhi verde brillante. 

-"ma tu davvero lo mangi quel coso? Sembra il Grinch"-  
-"e tu preferisci mangiare un animale indifeso invece del Grinch?"-  
Lo vedo che si gratta la testa con un'espressione divertente e mi viene da ridere.  

-"di cosa sa, poi?"- mi chiede. 
-"di Grinch"-  Gli rispondo mettendomene un pezzo in bocca e gli rido in faccia.  

Dopo un'ora passata a scherzare e a mangiare, siamo già fuori dal locale.  
-"allora, pallida, dove vuoi andare?"-  
-"ti ho detto di non chiamarmi pallida!"- metto un finto broncio.  
-"e come dovrei chiamarti? Sei pallida!"-  
-"magari potresti chiamarmi Karma, sai non so dove l'ho sentito ma mi piace come nome"- scherzo.  

Lo sento ridere e lo vedo lasciar cadere la testa all'indietro.  
È una visione bellissima vederlo ridere, e ogni volta senti qualcosa nello stomaco.  
Qualcosa di caldo che mi stringe, una sensazione piacevole, per intenderci.  
Solo un'altra volta ho provato una cosa così, ed è stato quando ho parlato per la prima, e unica volta, con Daniel.  

Daniel.  

Ormai non sento più niente pensando a lui.
Devo togliermelo dalla testa, sono con un ragazzo bellissimo a Chicago e io penso a quell'idiota di Daniel?  
Sono una celebrolesa.  
Matt è molto meglio di Daniel.  

-"a che pensi, pallida?"-  
-"Daniel... Cioè, un ragazzo che conosco... Niente di che."-  
-"ah"-  Lo vedo abbassare un po' la testa e farsi serio.  
-"qualcosa non va?"- gli chiedo avvicinandomi e mettendoli una mano sul braccio.  
-"no, tutto apposto"-
Ha un tono freddo e come se non volesse che lo toccassi si sposta da vicino a me.  

-"Matt che hai?"-  
-"che ho? Io?... Niente"-  
Sembrava quasi che stesse per rispondere sinceramente, poi ha cambiato idea.

-"allora dove andiamo?"-  
-"ti riporto in Hotel così puoi andare in ospedale con i tuoi"-  
-"mi avevi detto che avremmo fatto una passeggiata!"-  
-"ho cambiato idea, Daniel non lo fa?"-  
-"ma che cavolo hai?"-  Si è seduto sulla moto e ha messo il casco pronto a partire.  

-"sali o ti lascio a terra."-  
Sono costretta a salire perché il suo tono non ammetteva repliche e in più sembrava determinato a fare quello che aveva detto.  
Metto il casco e quasi non mi lascia il tempo di attaccarmi a lui.  

Davanti all'hotel non da segni di voler scendere dalla moto.  
Mi avvicinino al suo orecchio e, ancora con il casco lo saluto.  
Scendo e gli porgo il casco che mi sono tolta.  

Salgo in camera mia e senza molta importanza mi getto sul letto.  
Metto un paio di vestiti dentro una borsa e vado nella stanza dei miei genitori.  

-"mamma, io sono pronta. Andiamo?"-  
-"Qaundo sei tornata?"-
-"poco fa. Andiamo?"-
-"si tesoro. Hai preso tutto?"- accenno un si con la testa e scendiamo.

 
Per comodità mia madre ha affittato un auto, così mi siedo sul sedile anteriore, vicino a quello del guidatore, mentre mia madre cerca di abituarsi per qualche minuto, a guidare dal lato opposto della strada.  
Mio padre ha detto che ci raggiungerà più tardi in ospedale.  
Dopo pochi minuti mia madre si decide a partire.  

Durante il viaggio parliamo un po'.  
-"com'è andato il pranzo con Matthew?"-  
-"una favola"- nella mia mente sembrava meno ironico.  
-"che è successo?"-  
-"è un idiota. Abbiamo pranzato, e poi siamo andati fuori dal locale, io stavo pensando e lui mi ha chiesto a cosa, così sinceramente gli ho risposto che pensavo ad un ragazzo che conosco a Liverpool e lui è diventato di colpo serio e antipatico."-
-"Karma! E ti sorprendi che sia diventato serio? Hai praticamente detto che pensavi ad un altro mentre eri in sua compagnia!"-  
-"ma era la verità, volevo solo essere sincera!"-  
-"potevi essere meno sincera"-  La guardo storto.  
-"siamo arrivate"- Mi dice per cambiare discorso.  
Scendo dall'auto e prendo la borsa con gli abiti.  

Appena siamo dentro incontriamo il dottor. Simon che ci affida a delle infermiere che gentilmente ci mostrano la stanza in cui starò.  
La stanza è molto grande, dentro ci sono due letti, ma uno è libero, ciò vuol dire che oltre me non ci sarà nessuno nella stanza.  

Getto la borsa sul letto e mi siedo sopra.
È stata una giornata pesante ed io ho quasi esaurito tutte le forse.  
Anche se i chiasso che i bambini fanno qui fuori è molto, io mi stendo sul letto e, dopo essermi cambiata, mi addormento.    


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La mattina dopo mi alzo verso le 6:00 e non riesco a riprendere sonno.  
Dopo essermi addormentata mia madre dev'essere tornata in hotel, perché qui non c'è e non c'è nemmeno la sua borsa.  
Vado in bagno per farmi una doccia e per sgomberare la mente da quell'idiota di Matt.  
Nonostante in questo momento non vorrei vederlo, spero che venga comunque a trovarmi.  
So che questo non ha senso, ma anche volendo non riuscirei a non pensare a lui.  

Solo quando esco noto un biglietto sull'altro letto, lo prendo e leggo cosa c'è scritto.  
*domani pomeriggio torno  -Mamma*  
Per un momento ho sperato fosse di Matt, ma poi ci ho pensato e non sarebbe mai potuto entrare ieri, ne tantomeno ora.  

La mattina i parenti possono venire a far visita ai bambini, così qui c'è un gran chiasso.  
Tra bambini felici che abbracciano i parenti e gridolini emozionati per i regali, il corridoio è diventato un asilo.

Ad un tratto la radio nel gabbiotto trasmette una delle mie canzoni preferite, che però in questo momento è l'ultima delle canzoni che vorrei ascoltare: All i Want dei Kodaline.
Sbattendo la porta mi richiudo in camera e lancio un grido strozzato, e poco dopo arrivano due infermieri preoccupati.  
Li caccio fuori e richiudo la porta, scivolando per terra, le lacrime mi bagnano il viso e in questo momento non mi importa se ho fatto una figuraccia con gli infermieri, tutti i pazienti e i visitatori, in questo momento riesco a pensare solo a Matt.  

Sono rimasta nella stessa posizione fino alla fine della canzone, poi mi sono alzata e sono andata a stendermi sul letto, mi sono rannicchiata e messa in posizione fetale e ho continuato a piangere.  
Ad un tratto il mio cellulare segna una notifica e asciugandomi le lacrime prendo il cellulare.  
Per un momento il mio cuore è andato daccordo con la mente e entrambi hanno sperato fosse Matt.

È Matthew dell'aeroporto.  
*come va con il principe?*  
Senza rispondere lo chiamo, a quest'ora dovrebbe aver finito le lezioni.  

-"pronto? Karma?"-  
-"Matthew"- rispondo singhiozzando.  
-"che hai? È successo qualcosa? È stato il ragazzo senza midollo? Devo ucciderlo?"-  
-"si"- rispondo sempre piangendo.  

-"mi dici cosa è successo?"-  
-"credo ce l'abbia con me"-  
-"perché lo credi?"-
 -"ieri abbiamo pranzato insieme e poi stavamo andando a passeggiare però lui mi ha chiesto a cosa stessi pensando e io per essere sincera gli ho detto che pensavo a Daniel però lui si è arrabbiato ma non mi ha detto il perché, solo che io voglio scusarmi ma non posso uscire da questo stupidissimo ospedale"-  
-"perché sei in ospedale?"-  
-"i medici vogliono fare gli accertamenti"-  Gli rispondo tralasciando tutta la storia omettendo alcuni dettagli.  

-"hai chiesto al ragazzo senza midollo se vuole venire in ospedale per parlarti?"-
-"no, ma ieri non voleva parlarmi e non so se oggi..."- Riprendo a piangere.  

E se si fosse arrabbiato e ora non volesse più vedermi?
 E se non volesse più donarmi il midollo osseo?
No, lui non è quel tipo di persona. 

-"Karma, prova a chiamarlo, digli che vuoi parlargli e vedrai che verrà."-  
-"hai ragione, ora provo a chiamarlo, ci sentiamo domani"-  
-"a domani"-  
Chiudo la chiamata con Matthew dell'aeroporto e subito cerco il numero di Matt.

 Provo a chiamarlo.  
Niente, ha la segreteria.
 Gli lascio un messaggio in segreteria telefonica o gli scrivo?  
Gli scrivo.  
*Matt ho bisogno di parlarti, ti prego, richiamami o vini qui.*
 Inviato.  
Rimango tutta la mattinata a rileggere il messaggio.  

La radio dell'ospedale mi tradisce ancora e trasmette Skinny Love la cover di Birdy.  
Senza pensarci due volte metto le cuffie e ascolto canzoni a caso, che in realtà non sto nemmeno ascoltando, mi servono solo per coprire quella canzone.  

Nella conversazione con Matt si aggiunge un altro messaggio: il suo
*domani ho un compito scritto di psicologia e devo studiare, ci vediamo direttamente domani sera a casa mia*  
A casa sua?  
La cena con i Price!  
Me ne ero dimenticata, domani gli parlerò e gli spiegherò tutto.  

Forse stanotte riuscirò a dormire meglio.  
All'ora di pranzo un infermiere mi porta un vassoio con del cibo dentro.  
La pasta sembra cervello, le patate vomito e l'insalata sembra sia stata sotterrata sotto metri e metri di terra.  
Guardo il vassoio un po' disgustata, poi ringrazio l'infermiere che subito dopo esce.  

Rimango ferma a guardare il vassoio fino all'arrivo di mia madre e mio padre.  
-"ciao tesoro, come va?"- mi chiede mio padre dandomi un bacio sulla fronte.
-"bene, papà"-  mento.













ANGOLO AUTRICE:
Salve! 

Scusate per l'orrendo ritardo, ma questa settiamna è stata un po' incasinata per via della scuola, sì, c'è sempre lei di mezzo. 
Per farmi perdonare stasera posterò due capitoli, questo e il prossimo che, il tempo di editarlo, e lo pubblicherò. 
Un beso 

-Delly




 

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Capitolo 16
*** La cena ***



La cena







Ieri ho passato il pomeriggio con mia madre e mio padre.  
Verso sera, sono venuti i signori Price.  
Mi hanno detto che Matt li ha obbligati a dirgli come stavo.  
Che il suo fosse solo orgoglio ieri?  
Forse non vuole parlarmi per questo... No, la verità è che probabilmente l'ho ferito.

Hanno detto anche che mi salutava, ma di questo non ne sono molto convinta.  
La notte scorsa ho dormito di più della prima passata qui.  

Questa mattina mi sono svegliata con un vassoio sul tavolo dove dentro c'erano dei toast e del succo di frutta.
Li mangio rimanendo nel letto perché di mettere un piede fuori dalle coperte non ne ho voglia.
Fuori si congela per il freddo, ha già iniziato a nevicare, però la neve non si posa per via delle strade bagnate.  
Stasera andrò con i miei genitori a casa dei Price.  



Verso l'ora di pranzo qualcuno bussa alla mia porta.  
Dopo aver invitato l'ospite, entra una ragazza alta e magrissima, con un vassoio in mano e una treccia lega i capelli lunghi biondi.  

-"ciao, ho saputo che sei nuova qui. Io sono Giò. Sono venuta a portarti il pranzo"-  
-"grazie. Sei una volontaria?"-  Per poco riesco a finire la frase che un'infermiera entra nella stanza.
-"Giò, quante volte dovrò dirti di non importunare i ragazzi?... Quello è il tuo vassoio? "- chiede indicando il vassoio che la ragazza ha poggiato sul letto libero nella stanza.  

-"no. È il vassoio di questa ragazza..."-  
-"chi vuoi prendere in giro? Torna in camera tua e mangia tutto quello che c'è nel vassoio, sto venendo a controllarti."-  
Avvisa la ragazza che sta uscendo dalla stanza, riportandosi il vassoio intero.  

La donna si avvicina a me e controlla le pulsazioni attraverso il mio polso.  
-"devi sapere, che Giò è qui per disturbi alimentari. Cercherà in tutti i modi di non magiare quello che le portiamo"-
controlla la flebo che questa mattina mi hanno attaccato al braccio
-"ma io ti chiedo, quando accadrà, di non accettare il cibo che ti porge."-  
-"non lo farò."- rispondo per farle intendere che ho capito.
Così la donna esce dalla stanza senza dire altro.


Dopo aver mangiato quello che gli infermieri mi hanno portato per pranzo -un brodino di pollo, che non ho mangiato, ho provato a spiegarli che sono vegetariana, ma non mi hanno dato corda, e delle patate- sono andata a farmi una doccia.  
Quando sono uscita nella stanza c'era mia madre che mi aspettava.  

Senza nemmeno salutarmi mi ordina:
-"Karma, stasera devi essere molto educata"-  
-"dubiti di me?"- rispondo con un sopraciglio alzato.
-"certo che no! Ma ti conosco, e so cosa è successo con Matthew, perciò ti chiedo di non essere maleducata con lui."-  

Non posso davvero credere che mia madre non si fidi di me.  
Sono sempre stata educata, non l'ho mai delusa e ora viene a farmi la paternale?  
-"sarò la figlia modello."- o almeno cercherò di esserlo.  

Prendo la mia borsa e cerco un vestito da poter indossare.  
Non ho portato tutti gli abiti, alcuni li ho lasciati in albergo, ma la maggior parte sono qui.  
Estraggo dalla borsa un vestito rosso e prendo delle ballerine nere.  

Il vestito mi arriva poco più sopra delle ginocchia, ma comunque metto dei collant nude per ripararmi dal freddo.  
Mi vesto in bagno e mi trucco.  
Non ho voglia di uscire, ma devo chiarire con Matt, quindi mi sforzo e fingo di voler andare a questa stupidissima cena.  
Metto lo stesso trucco della serata al pub, solo che tralascio il rossetto Borgogna e opto per un lucidalabbra trasparente.  

Fuori dalla stanza ad aspettare me e mia madre, c'è mio padre.  
Ha una camicia bianca e una giacca nera elegante, dei jeans dello stesso colore della giacca e la cravatta.  
Sicuramente mia madre gli avrà imposto l'abbigliamento.  
Lei indossa un semplice abito nero a tubino, che le fascia le curve in modo spettacolare, e avendo un fisico asciutto, può permettersi di mettere qualunque cosa.  
Ai piedi dei vertiginosi tacchi neri.  
A mia madre piace prendere il potere per questo mi ha imposto di portare i capelli legati in uno chignon, dice che si notano meno i capelli rossi tinti, come se i signori Price non li avessero mai visti.

In meno di venti minuti di macchina arriviamo nella residenza dei Price.  
Non credo di aver mai visto casa più bella.  
A giudicare dall'esterno, direi che la casa ha due piani.  
Un color bianco panna ricopre le pareti esterne della casa, che con il tetto rosso sembrano brillare alla luce della luna.  
Un balconcino si affaccia alla strada e dei vasi con fiori colorati dentro ricoprono le sbarre della ringhiera.  

Ci avviciniamo alla porta e suoniamo il campanello.
Sento le gambe molli, sembra che stia per cadere, ma con tutta la forza -che non mi caratterizza- mi tengo in piedi.  
Ad aprire la porta viene una bambina vestita con un abito bianco con dei fiori rosa.  
Subito dopo dietro la bambina compare l'unica ragione che mi ha spinto a venire qui stasera.  

È bellissimo, non riesco a pensare ad altro.  
Avvolto in un completo nero, con la camicia bianca che gli fascia perfettamente il petto e la cravatta nera che spicca su tutto quel bianco.  
I capelli gli ricadono scomposti sulla fronte, deve averli tagliati da poco perché ai lati si nota la rasatura, mentre al centro si fanno sempre più lunghi. 

-"buonasera signori Camelot, prego entrate."- ci invita ad entrare.  
La bambina si sposta di lato con Matt e ci lasciano passare.  

Dentro ad aspettarci ci sono i genitori del sogno che si trova ancora sulla soglia della porta.  
-"buonasera"- ci salutano.  
Poi la signora Price si avvicina a mia madre e la saluta con due baci sulla guancia e fa lo stesso con mio padre, poi ripete tutto anche il signor Price.  

Quando arriva a me io li saluto molto educatamente  -"buonasera signori Price"- la signora mi saluta e poi aggiunge
-"chiamaci pure Rose e Joe"-  
-"va bene."-  

Poi si allontana da me e si rivolge ai mie di nuovo  
-"allora Mia, come va?"- chiede a mia madre.  
-"benissimo, Karma si trova bene in ospedale"- mente.  


Come può sepre se sto bene se non me lo ha nemmeno domandato? 
 
Mentre mia madre parla con Rose, mio padre è intento a chiacchierare con Joe sul football -non c'è cosa più scontata-.  
-"Daniel hai sentito dell'ultima stagione di football?"- chiede Joe a mio padre.  
Ormai si chiamano tutti per nome.

-"io me ne vado in camera mia. Quando è pronta la cena, chiamatemi."-  Matt che finora non aveva parlato, se ne va.

 -"da un po' di giorni è scontroso. Non riesco a capire cos'abbia"- dice Rose quando vede scomparire suo figlio al piano di sopra.
-"Karma se vuoi raggiungerlo vai pure, ma tra 20 minuti iniziamo a cenare."- mi avvisa ancora Rose.  
Io accenno un si con la testa e vado nella direzione in cui è sparito Matt.

Le camere da letto sono al piano superiore, ci sono molte porta e io non quale sia la camera di Matt.  
-"è la seconda a destra"- mi giro di colpo e noto la bambina che è corsa ad aprirci la porta.  
-"grazie..."- faccio una riciesta muta, e la vedo rispondere dopo poco. 
-"sono Melanie, la sorella di quell'antipatico che si è rinchiuso nella sua stanza."-
Le sorrido e la vedo andare verso una stanza che -intuisco- sia la sua.  

Quando mi avvicino alla porta della camera di Matt, sento della leggera musica che solo dopo riconosco essere Let Her Go di Passenger.  Busso alla porta e sento Matt dire -"sto arrivando"-  
-"sono Karma, volevo parlarti."- dico sempre stando fuori dalla stanza.  
Ad un tratto la porta si spalanca e vedo Matt sull'uscio  -"io non voglio"- mi dice.  


Sta per richiudere la porta, ma la blocco con una mano  -"tu non devi parlare, ti prego, ascoltami"-  
Si allontana dalla porta e lo prendo come un consenso ad entrare.  

La stanza è tappezzata di poster e foto raffiguranti gruppi musicali.  
Oltre al letto, nella stanza c'è una scrivania, una televisione e un mobile con sopra un miliardo di album di vari artisti.  

Matt si è seduto alla sedia della scrivania e continua a picchiettare con una matita sulla superfice di legno.  
Mi avvicino a lui e inizio a parlare.  
-"Matt, non volevo infastidirti, non volevo che ti arrabbiassi, mi dispiace."- mi abbasso alla sua altezza, che da seduto non è più molto alto.  
-"ti prego guardami, non volevo ferirti."- non vuole guardarmi e sento che non vuole nemmeno ascoltarmi e per un secondo mi sento come fuori luogo.

Le lacrimo hanno iniziato a rigarmi il viso.
 In tre giorni ho pianto fino a consumare tutte le lacrime.  
-"Matt, ti prego"- non so se mi stia ascoltando, ma continuo comunque a parlargli.  

Mi sono alzata e sto per uscire dalla stanza asciugandomi le lacrime, quando mi fa una domanda che mi spiazza.  
-"perché pensavi a quel tipo... Daniel?"-  Mi spiazza perché nemmeno io ricordo perché pensavo a lui... Già.  
Perché pensavo a lui, lo paragonavo a te e constatavo che Daniel non è niente a confronto con te.  

-"a chi importa?"-  
-"a me! A me importa!"- dice alzandosi dalla sedia e finalmente guardandomi
-"perché? Perché ti importa tanto?"-  
-"è il tuo ragazzo?"-  
-"che? NO! No, è solo un ragazzo che conosco a Liverpool, niente di più"-  

Ha abbassato di nuovo lo sguardo.
Non so più cosa dire.  
Si comporta da bambino capriccioso, e non come il ragazzo che il primo giorno mi ha difesa nel parco.  
Rimane immobile.  

-"io torno di sotto, tra venti minuti iniziamo a cenare."- Mi giro e senza aggiungere altro esco dalla stanza.  
Non ne sono sicura ma mi è sembrato di aver sentito qualcosa, però di entrare di nuovo nella stanza non ne ho voglia.  

Fuori dalla porta c'è ancora Melanie.  
-"non vuole uscire, vero?"- mi chiede quando mi vede.  
Scuotendo la testa rispondo -"no, non vuole... Ti ha detto per caso perché è arrabbiato?"-  
-"sinceramente no, non mi ha detto niente... Però l'ho sentito parlare al telefono con Francy e dice che qualcuno lo ha fatto impazzire o qualcosa del genere."-  
-"ha parlato con Francy?"- le chiedo.

-"si, parlano sempre"-  
-"sai se... Sono fidanzati?"-  
-"cosa? Lui e Francy? Ahaha no, macché, si conoscono da quando sono piccoli, e poi hanno davvero troppo in comune"-  
Appunto!  Sto parlando con una bambina dei miei problemi... Sono al limite.  
-"scendiamo, ci staranno aspettando"- concludo.


Al piano terra tutto è calmo.  
I miei genitori chiacchierano con i signori Price.  
Rose e Joe. 
Mia e Daniel.
Sono un po' a disagio nel chiamare i signori Price per nome, ma me ne farò una ragione.  

-"tesoro hai pianto? Hai gli occhi lucidi"- mi chiede mia madre.  
-"no, ehm... Non mi sento molto bene"- rispondo sperando di convincerli.  
-"vuoi tornare in ospedale?"- mi chiede mio padre e vedo lanciargli un occhiataccia da parte di mia madre, probabiolmente lo trova maleducato o fuoriluogo. 
-"no, ho solo mal di testa."-  
In quel momento scende Matt, così ci spostiamo tutti in cucina.    

Gli adulti non la smettono mai di parlare, mentre noi, i ragazzi, ce ne stiamo in silenzio.  
Non ho mangiato molto, sono stata tutta la sera a rigirare il cibo nel piatto.  
Alla seconda portata, mia madre lo nota e mi istiga a mangiare, ma senza mai farsi accorgere da nessuno.  
La seconda portata è composta da un pezzo di carne e insalata.
Mangio tutta l'insalata, ma mia madre non è ancora contenta.  

-"non gradisci la cena cara?"- mi chiede Rose prima che mia madre possa esplodere.  
-"no, ora mangia tutto, Rose. Le serve solo un po' di tempo"- risponde mia madre al mio posto.  
-"no. La verità è che sono vegetariana, quindi non mangio carne. La cena è ottima e sono sicura che lo sia anche la carne, ma la mia scelta l'ho fatta più di un anno fa, e mi dispiace, ma non ho intenzione di cambiare idea."- rispondo guardando Rose, cercando di innervosire il più possibile mia madre.  
Non voglio rovinare la cena, quindi lo lascio fare a lei.

-"Karma! Mangia la carne e basta"- sento che fra poco le uscirà il fumo dalle orecchie.  
Senza dire niente allontano di poco il piatto.
-"non preoccuparti Mia, sono contenta della scelta di Karma.- dice a mia madre, poi rivolgendosi a me continua -Sai cara, anche io quando avevo la tua età ero come te. Magari mio figlio facesse la tua stessa scelta."- si volta e guarda Matt che sta ancora finendo di tagliare la carne.
 Tiene le posate come i bambini piccoli alle prime armi e si concentra tenendo fuori la lingua.
Guardandolo mi scappa una risata.  


La serata si conclude in meraviglia.  
Dopo il dessert, io, Matt e Melanie ci alziamo e torniamo in salotto mentre gli adulti rimangono in cucina per un drink.  

Nel salotto c'è un grande divano che come visuale ha un enorme televisore.  
-"Matt giochiamo alla Wii! Ti prego!"- chiede Melanie al fratello.
-"Melanie me ne voglio tornare di sopra"- le risponde.

-"paura Americano?"- lo provoco.
-"inglese lo sai che ti straccerei anche a occhi chiusi"- mi risponde girando la testa verso di me.  
-"non ne sono sicura. Provalo"-  
-"bene."- dice in tono di sfida.

 -"ti lascio scegliere il gioco perché oggi mi sento buono"- aggiunge prendendo i CD.  
Ci sono un sacco di giochi, alla fine ne scelgo uno con molte sfide.  
-"questo"- dico indicando la scatola con il CD dentro.  
-"bene, Melanie fai da giudice"- dice alla sorella, aggiungendo poi -"ricordati del tuo bellissimo fratello"-  
-"non puoi comprarti l'arbitro!"- lo rimprovero.  
-"quando l'arbitro è mia sorella, posso e so anche come"- dice facendo l'occhiolino alla sorella.  

Nel gioco ci sono molte prove.  
Alla fine della partita vinco io.
 -"hai imbrogliato! Vero Melanie?"-  
-"mi dispiace fratellone, ma Karma ha vinto lealmente, e tu sei una schiappa"- dice salendo le scale per andare in camera sua. -"buona notte"- aggiunge ormai arrivata al piano superiore.

-"lo so che hai imbrogliato e hai comprato mia sorella"- mi dice buttandosi malamente sul divano.  
-"si, certo"- mi siedo anche io, ma lontano da lui.  
-"ti ho lasciato vincere"-  
-"non mi convinci"-  

-"non pensavo di farti schifo"- dice poi.  
-"come?"- chiedo confusa.
-"ti sei messa li, da sola"- indica la parte di divano dove mi sono seduta.  
-"non pensavo che tu volessi starmi vicino"-  
-"e cosa ti fa pensare questo?"-
-"sei più lunatico di mia madre!"- gli dico avvicinandomi.

Mi mette un braccio intorno alle spalle e io mi appoggio a lui.  
-"facciamo che non ti chiedo più a cosa pensi?"-  
-"se sei ancora arrabbiato per quello che è successo l'altro giorno, Daniel è un ragazzo di Liverpool con cui avrò parlato all'incirca 3 volte. Davvero, è un idiota"-  
-"anche di me dici che sono un idiota"-  
-"ma con te è diverso. Lui è un vero idiota, tu lo sei perché lo fai"-  
Ride e sento il suo petto alzarsi e abbassarsi sotto la mia testa.  
-"perché ridi ora?"-
-"perché quello che hai detto non ha senso"-
 -"lo so"-  

Dopo un paio di secondo riprende a parlare.  
-"mi dispiace di averti fatta piangere prima"-  
-"non era la prima volta"-  
-"che piangevi o che piangevi per me?"-  
-"lo sai che non te lo dirò, probabilmente, mai?"-  
-"si, lo so, pallida."-
-"ti ho detto di non chiamarmi pallida!"- 
-"va bene... pallida"- 
finisce la frase beccandosi una gomitata nello stomaco da parte mia. 








ANGOLO AUTRICE: 
Salve bella gente!
Come anticipato nel capitoli precedente, ecco a voi il nuovo capitolo. 
Lo so che è un po' corto rispetto agli altri, però in questa settimana cercherò di aggiornare due volte, per farmi perdonare. 

Un beso

-Delly


 

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Capitolo 17
*** Fuga ***



Fuga






La serata di ieri è passata velocemente alla fine.
 Io e Matt abbiamo chiarito e per fortuna non è più arrabbiato.
 Stamattina ci sono le visite dei parenti, come tutte le mattine, così i miei genitori passano a salutarmi per poi andare via con la scusa che avevano da fare.  
A volte mi sento sola in questo ospedale.  
Mia madre ha scoperto che nell'ospedale hanno un corso di studi per non rimanere in dietro con il programma, e ovviamente mi ha costretto ad andarci.  
La mattina ci sono i corsi obbligatori, mentre il pomeriggio ci sono i corsi extra curricolari, per fortuna l'ho convinta a farmi seguire solo i corsi mattutini.  
Gli infermieri ci costringono a lasciare le porta delle stanze aperte quando non abbiamo visite, quindi la mia porta è, praticamente, sempre aperta.
 Tutti mi costringono a fare qualcosa, tutti vogliono che io sia perfetta, ma la verità è che io non sono quello che gli altri vogliono.  

Dopo il pranzo una bambina si affaccia nella mia stanza.  
Ha un viso familiare, ma qui i bambini non sono molto diversi tra loro, la sua testa è orami priva di capelli.  

La vestaglia rosa le copre parzialmente il pigiama a fiori bianco.  
Ha un sondino al naso e un peluche in mano.  
Poi riconosco le scarpe.  
Dei piccoli maialini le coprono i piedi e allora capisco.  

-"ciao Karma"- mi dice.  
-"ciao Carla... Sono felice di vederti"- le rispondo.  
-"com'è andata con il donatore?"-  

Solo ora mi rendo conto della mia fortuna.
 I miei medici hanno trovato un donatore compatibile prima del previsto, mentre questa bambina non ha la garanzia di vivere neanche fino a domani, perché questa schifosissima malattia può portarla via di qui quando vuole.  
La guardo, così piccola e indifesa.  
Non posso credere che le sia capitato questo.  
Cosa può aver fatto di così sbagliato per meritarsi questo?  

-"bene. Sai, è davvero molto carino."-  
-"davvero? Anche io troverò presto un donatore compatibile e anche lui sarà bellissimo"-

Povera bambina.
Il suo donatore non lo conoscerà mai, perché quando le donerà il cuore, sarà già passato a miglior vita.  
Senza rovinare i suoi sogni le rispondo

-"sarà sicuramente bellissimo"-.  
Una bugia a fin di bene non può rovinare tutto, no?  
-"il mio cercapersone ieri ha suonato - mi dice ad un tratto - vuol dire che lo hanno trovato"-  
Non lo dice con molto entusiasmo.  

-"e non sei felice?"- le chiedo
-"si, ovviamente. Solo che non so se l'intervento andrà bene."-  
-"pensa positivo. Hai un nuovo cuore e presto potrai uscire da questo schifo di ospedale."-  
-"già."-

 Tra noi cala il silenzio.  
Uno di quei silenzi che ti stonano, in cui pensi a tutto e a niente, in cui sei cosciente di essere al mondo, ma non riesci a percepirlo, uno di quei silenzi che un po' ti imbarazzano ma che sono essenziali in una conversazione.  
Dopo poco entra nella stanza un infermiere.

Un uomo molto alto, di pelle scura.  
Porta i capelli corti e un po' di barba gli ricopre il mento e le guance.  

-"che facciamo qui?"- chiede entrando nella stanza.
È molto giovane.
Si avvicina a me e a Carla e ci scruta, poi rivolgendosi a me continua a parlare
-"tu sei la ragazza che aspetta per il trapianto di midollo osseo?"-  

Non lo ha chiesto nel modo più carino possibile così glielo faccio notare
-"si, sono io. La ringrazio per il tatto con cui l'ha chiesto comunque."-  
Sorride e riprende a parlare.  

-"mi dispiace. Sei la ragazza di Matthew Price?"-  
-"cosa? Io? No."- le parole mi escono poco convincenti e tremanti così lo vedo ridere.  
-"ma lei come lo conosce?"- chiedo per distrarlo dal mio imbarazzo.
-"faceva volontariato qui fino a poco tempo fa. Io sono Jey comunque"-  
-"perché ha smesso?"-  Ci pensa un po'  
-"non lo so, potresti chiederlo a lui, so che siete amici"- cambia tono sulla parola amici e capisco che mi sta prendendo in giro.  

-"tu non eri suo amico?"-  
-"certo che lo sono"-  
-"e perché non sai perché ha smesso?"-
-"penso che questo debba dirtelo lui. Carla, sono arrivati i tuoi cuginetti, ti va di vederli?"-  
Chiede cambiando argomento.  
-"si. Ci vediamo in giro, Karma"- risponde la bambina prima di uscire dalla stanza accompagnata da Jay.  




______________



Verso il tardo pomeriggio sento bussare alla porta della mia stanza e dopo aver concesso l'entrata all'ospite, vedo Matt entrare.  
-"salve, pallida"- mi saluta richiudendosi la porta alle spalle.  
-"salve a te"- rispondo.  
Si avvicina al letto e si siede accanto ai miei piedi.  

-"come stai?"-  
-"abbastanza bene."-  
-"ti sei fatta nuovi amici?"-
-"ho conosciuto un ragazzo..."-
-"chi?"- mi chiede senza nemmeno farmi finire di parlare.  

-"lo conosci."-
-"lo conosco?"- alza un sopracciglio.
-"si, è Jay, il ragazzo che lavora qui."-  
Come scottato di alza dal letto.

-"cosa ti ha detto?"-  
-"niente, ha detto che ti conosceva, tutti qui. Mi ha detto che fece i volontariato, ma ora non più, perché?"-
Con non-curanza cambia argomento.  
-"non c'è un motivo. Che ne pensi di uscire?"-  
-"sei sicuro che non ci sia niente?"-  
-"certo... Allora? Usciamo?"-  
-"lo sai che sono agli arresti"-  Gli rispondo ricordandoli del ospedale.  
-"potremmo scappare..."-  

L'idea è folle.  
Non sono mai scappata prima d'ora... Non ne ho mai avuto il coraggio.
Però la verità è che con lui andrei ovunque...  
-"si potrebbe fare"-  
-"allora preparati"-  

Detto questo esce dalla stanza e ad un tratto sembra vuota, ma senza pensarci molto inizio a prepararmi.



_____________________



In lontananza noto gli amici di Matt, quelli che ho conosciuto al pub, e distinguo Bedo e Francy.  
Non mi sono mossa fino ad ora e questo non è passato inosservato al ragazzo con cui sono arrivata.  
-"Karma, hai deciso che vieni o che rimani li?"-  
-"Sto arrivando"-  Mi affretto ad affiancarlo e quando sono al suo fianco riprende a camminare.  

Quando gli amici di Matt ci notano iniziano a salutarci e a fare rumore, Francy, educatamente e non come i ragazzi, mi saluta.  
-"Allora come va, Karma?"- mi chiede Bedo, che è l'unico con cui ho più confidenza.
 -"tutto a posto se non conto che i miei mi hanno trasferito in ospedale"-  
I ragazzi sembrano sorpresi, ma non ci faccio caso e distogliendo l'attenzione dalla mia risposta domando anche io il loro stato.  
Un po' in coro rispondo "bene".  

Non dico di sentirmi a disagio, ma essendo l'unica ragazza oltre Francy che sembra essere a suo agio, un po' non so cosa dire.  
Ogni tanto qualcuno cerca di farmi rispondere rivolgendomi qualche domanda, ma con delle rapidissime risposte distolto l'attenzione da me.  
-"Karma, che c'è Matthew ti ha mangiato la lingua?"- Non li ho mai sentiti chiamare Matt per nome, di solito lo chiamano Prince facendo riferimento al cognome, e mi sembra strano, ma solo dopo realizzo la domanda.  
Francy ha già risposto al mio posto quando me ne accorgo.  

-"smettetela, cavernicoli. Karma, ti va di accompagnarmi al tabacchino? Ho finito il tabacco"- mi dice stropicciando una confezione di sigarette.  
-"si, certo"-  
Prendendomi a braccetto mi guida verso il negozio di tabacchi.  

-"non prendertela con loro, non hanno molto tatto, ma se li conosci sono davvero simpatici"- mi dici dopo un paio di minuti di silenzio.  
-"oh no. Non me la sono presa. Sono contenta che scherzino anche con me"-

-"però ora che siamo tra ragazze, mi dici una cosa?"- mi chiede ad un tratto Francy.
-"certo, spara pure!"- risposi cercando di sembrare americana il più possibile, ma dalla risata in cui si apre poco dopo mi fa capire che non sono riuscita nel mio intento.  

-"ti piace Matt?"- mi chiede con un sorriso a 32 denti.  


Già... che domanda...


Forse aveva ragione Melanie.
Forse hanno davvero troppo in comune lei e Matt per essere una coppia, ma la domanda che da quando l'ho conosciuta mi affligge, non tarda comunque ad arrivare.  
-"forse si... A te invece? Ti piace Matt?"-  
Per la seconda volta la mia interlocutrice ride.  

-"no, ma ti pare. Abbiamo troppo in comune."- il suo tono, evidenza molto la parola "troppo", così per togliermi qualunque dubbio faccio la seconda domanda.  
-"cosa intendi con troppo?"- le chiedo pesando con il tono, anche io, sulla parola "troppo".
-"diciamo che ci piacciono lo stesso tipo di ragazze"-  
-"come?"-  Ora, forse, capisco il "troppo" di cui parlava.  

-"sono lesbica. Ti da fastidio, per caso?"- mi chiede allontanandosi un po'.  
-"no! Assolutamente... Insomma..."- rispondo un po' agitata, poi calmandomi riprendo -"no, davvero. Nessun problema"-  
-"oh, bene."-  

Dentro il tabacchino non aggiunge parola, d'altronde non lo faccio neanche io.  
Dopo aver comprato il tabacco e le cartine, ne tira un po' fuori e si prepara una sigaretta.  
Mentre torniamo da ragazzi non parliamo molto.  

-"Francy ce l'hai?"- le chiede, quello che credo sia Ethan.
-"tieni, tossicodipendente"- lo prende in giro lei, lanciandoli il pacchetto di tabacco.  
Ethan lo prende al volo e subito si fa una sigaretta.
-"dovresti smetterla di fumare così tanto"- gli dice Bedo.  



____________________________



Sono passate più di due ore e, finalmente, Matt decide di riportarmi in ospedale.  
Le porte dell'ospedale ormai sono chiuse per via del coprifuoco, perché oltre ad essere rinchiusa li dentro, non posso stare in piedi o uscire fino a quando voglio.


Dalle vetrate trasparenti noto il dottor. Simon che parla con degli infermieri.
Se mi vedesse fuori capirebbe che sono scappata e chiamerebbe i miei genitori.  
Non ho paura degli infermieri o del dottor. Simon, ma di mia madre.  
Se lo venisse a sapere mi ucciderebbe.

 In ospedale non si sono accorti della mia assenza grazie a Jay che mi ha coperta.  
Mi giro di scatto verso Matt, che sta chiudendo i caschi nella moto, quando vedo il dottor. Simon girarsi verso di noi.  

-"Matt, c'è il dottor. Simon all'ingresso dell'ospedale."- lo avviso quasi a denti stretti, sussurrando.
 -"perché stai sussurrando? Non è dietro di noi"- sussurra anche lui prendendomi in giro
-"e poi non preoccuparti. Ora chiamo Jay e gli chiedo di distrarre il dottore"- mentre lo dice sta già digitando il numero sul suo cellulare.

 -"ehy amico! Senti, noi siamo giù però all'ingresso c'è il dottor. Simon e se ci vede son cavoli. Potresti venire a salvarci?"-  
Sento degli strani rumori provenire dal cellulare, e intuisco sia la voce di Jay, ma non capisco cosa dice.  
-"ma ora come facciamo?"-  
Ancora quel rumore proveniente dal telefono e poi Matt
-"va bene, ci vediamo"- chiude il cellulare e si passa una mano sulla fronte.  

-"allora? Come entriamo?"- gli chiedo.  
-"Jay sta facendo il turno nel reparto psichiatrico, domani mattina cambia e va in pediatria. Non possiamo entrare."-  
-"ma come? Se lo scopre mia madre andrò sotto i ferri prima del previsto!"- sto quasi per urlare, non so se sia il panico per la situazione di ora, o il fatto che dovrò affrontare mia madre a mani nude.  

-"entriamo e... diciamo che è mia la colpa, sono stato io a farti uscire"-  
-"ma che stai dicendo? Ora troviamo il modo e rientro senza farmi vedere... Tu distrai il dottor. Simon e io gli passo da dietro."-  
Non gli lascio nemmeno il tempo di pensarci che prendo la mia borsa dal sedile della moto e cammino a passo spedito verso l'ingresso.

Quando sono a pochi metri dall'ospedale il dottore si avvicina e cerca di guardarmi meglio così girandomi di scatto verso Matt torno indietro.  
-"hai cambiato idea, pallida?"- mi chiede Matt ridendo.  
Gli do una botta con la borsa e gli faccio il verso.  
-"piano B"- dico ad un tratto.  
-"pallida non credi sia più facile quello che ho pensato io?"-  
Mi giro e lo guardo male  

-"ma ti pare che possiamo entrare come due persone normali e chiedere una stanza come in un albergo?"-
Matt alza le spalle senza smettere suoni, così riprendo io a parlare
-"piano B! Entri nell'ospedale facendo finta che hai dimenticato qualcosa, poi scappi dal dottore e mi apri la porta posteriore io entro e..."-  
-"shhh"- mi dice lui assottigliando lo sguardo verso l'ingresso dell'ospedale.  

-"Jay!"-  Lo guardo un po' seguendo il suo sguardo capisco.  
-"Jay sta distraendo il dottore!"- esclamo.  
-"che aspetti? Devi entrare!"- mi ricorda Matt.  
Correndo raggiungo l'ingresso dell'ospedale e nascondendomi dagli infermieri arrivo nella mia stanza.  

Prima di addormentarmi mi arriva un messaggio:  *buona notte, pallida*... Matt.  
Gli rispondo anche io: *buona notte, senza midollo*






ANGOLO AUTRICE: 
Salve! 
Per iniziare, mi scuso per il terribile ritardo e promwtto che per il prossimo capitolo non aspetterete così tanto. 
Come seconda cosa, volevo dirvi che i capitoli non stanno ricevendo alcun commento, tranne per rare eccezzioni, e con questo non voglio dire che dobbiate recensire ogni singolo capitolo, o che mi aspetto miliardi di recensioni, ma, qualche volta, mi piacerebbe leggere la vostra opinione sulla storia, che sia positiva o negativa. (ricordate che accetto le critiche purché costruttive e non come "la storia fa schifo perché fa schifo")
Per finire in bellezza, vi annuncio che le cose stanno cambiando, nei prossimi capitoli ci saranno dei POVMatt, e quindi il nostro bel fusto ci delizierà con i suoi pensieri e i suoi punti di vista. 
Fatemi sapere cosa ne pensate e quando volete il prossimo capitolo, così magari cerco di accontentare tutti. 
Ve se ama 

-Delly







 

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Capitolo 18
*** Punizione... ***


Punizione...







L'intervento è stato fissato.
Il giorno 15 gennaio, sarà il giorno dell'intervento.  

Sento la pelle d'oca leggendo la data.  
Manca poco più di un mese.  
Essendo il 10 dicembre mancano precisamente 36 giorni.  
Il mio primo vero intervento.  
In realtà ci sono stati altri piccoli incidenti quando ero piccola, ma nessuno di questi ha richiesto un intervento.  
Ero una bambina molto attiva per questo ogni settimana ero in ospedale per qualcosa di leso, rotto o distrutto.  
Ricordo che una volta ho dovuto portare il gesso per un mese intero, perché ero caduta dalla mia bicicletta mentre andavo a tutta velocità.  

Nonostante le giornate passate in ospedale, la mia infanzia è stata bellissima.  
Non avrei mai immaginato che un giorno, nel tardo inverno dei miei 17 anni, la mia vita sarebbe diventata una corsa verso una sala operatoria.  
La testa mi duole e tutto intorno a me sembra girare.  
La testa è pesante e in un attimo mi ritrovo stesa per terra, e tutto sfuocato intorno a me.

Mi risveglio dopo un paio di ore nella mia stanza.
Con me c'è mio padre seduto su una poltrona vicino al mio letto.  
Sento la testa pesante e un dolore lancinante alla nuca, la prima cosa che viene in mente di fare è portare una mano sul punto più doloroso.  
Al tatto sento una stoffa, probabilmente della garza.

-"ti fa molto male la testa?"- mi chiede mio padre quando si accorge che sono sveglia.  
-"un po'"- in realtà mi fa molto male ma non voglio farlo preoccupare.
-"mamma non c'è?"- gli chiedo quando mi accorgo che non c'è nessun'altro a parte me e lui.  
-"è appena tornata in hotel per prenderti qualcosa da mettere, ha notato che nella tua borsa ci sono solo indumenti sporchi."-  
-"l'intervento è stato fissato, vero?"- chiedo cambiando di getto argomento.  
-"si, è previsto per il 15 di gennaio, fra più di un mese, quindi non hai da preoccuparti."- cerca di rassicurarmi mio padre.

Non devo pensarci, tra poco è Natale e andremo a  New York e finalmente incontrerò di nuovo i nonni.
Mi mancano, li vedo poco, una o due volte l'anno.  
Gli voglio bene, sono fantastici.
Mio nonno, John, ha quasi 70 anni, precisamente 67 ma è più vicino al 70 quindi ne ha quasi 70.

È un collezionista di francobolli, così ogni volta che ne ho l'occasione, gli invio una lettere e ogni volta scelgo un francobollo diverso, per farlo contento.  
Mia nonna si chiama Narcisa, lei ama i fiori, forse non è un caso che si chiami proprio Narcisa.  

Il suo giardino è diventato una serra e a mio nonno non piace, a lui non stanno molto a genio il polline e le api, per questo detesta stare in giardino.  
Mia nonna è una bellissima donna, non sembra invecchiare mai, e se non fosse per i capelli grigi che le arrivano quasi alle spalle, non si direbbe che abbia 65 anni.

Il nonno invece è un vecchio brontolone, con un nasone enorme e degli occhiali che lo fanno risultare sempre annoiato perché gli coprono le sopracciglia.
Sono tutti e due molto divertenti, però.
Ogni volta che vengono a trovarci mi portano un regalo.  
Una volta la nonna si dimenticò il pacchetto qui in America, e siccome voleva a tutti i costi farmi un regalo, lo fece scegliere a me, quella fu la volta che mi tinsi i capelli rossi.  

Loro non hanno niente a che fare con il papà di mia madre, nonché mio nonno, lui è sempre scontroso e burbero con tutti, perfino con me, questo da quando è morta nonna.  
Deve averla amata davvero quella donna, non passa giorno in cui non la nomina, è sempre li che dice "Jenna di qui, Jenna di li" e fino a quando non si addormenta o papà lo rimprovera dicendo "ok, Rob, abbiamo capito, ma ora smettila di ripetere le cose a macchina", lui non la smette.

Mia madre entra nella stanza e lascia cadere la borsa con le mie cose per terra.  
Si avvicina velocemente e mi controlla la fasciatura.
 
-"che ti è preso prima? Stavi poco bene? È stato per colpa di Matt che ti ha fatto uscire... Senza il mio permesso poi!"- sono scandalizzata! Come fa a saperlo? Ci avranno visto? Sono nei guai fino al collo.

-"come fai a saperlo?"- le chiede.  
-"davvero credevi che non si sarebbero accorti che non c'eri?"-

-"volevo solo uscire un po'! Questo schifo di posto mi mette i brividi e fa davvero schifo essere rinchiusa qui dentro e non poter uscire quando voglio. - ormai sto gridando senza ritegno -Ti sei mai accorta della tristezza che c'è qui dentro? No, perché te basta che non ci sia rinchiusa tu qui! Se fosse stato per me a quest'ora starei nel mio bel letto a casa! A Liverpool! - non mi importa se mezzo ospedale si è affacciato nella mia stanza e sta assistendo allo spettacolo-  E non in questo schifo di letto d'ospedale che non mi appartiene. Volevo solo sparire e non pensare che dentro di me c'è questa schifo di malattia che mi distrugge poco a poco, e sai cosa? Per tutto il tempo che sono stata fuori non ho pensato a niente, se non a Matt che mi sta salvando da una stupida, insulsa morte!"- le lacrime mi scendono capiose dal viso, mio padre si alza e chiude la porta.  

Con gli occhi ancora pieni di lacrime non vedo la mano che con poca delicatezza si scontra contro la mia guancia che si infiamma subito.  
-"non provare ancora a dire che non sto facendo tutto questo per te!"- non sta gridando, ma sento comunque le sue parole con un tono alto.  
-"oltre a me e a tuo padre non vedrai nessun'altro fino a quando rimarrai qui. Se i signori Price ti vorranno fare visita saremo lieti di accompagnarli, ma scordati Matthew."-  

Detto questo, mia madre esce come una furia fuori dalla stanza sbattendosi la porta alla spalle.  
-"non volevo darle ragione, ma sappiamo entrambi che l'ha. Se sei qui dentro è solo per il tuo bene... Ora vado, ci vediamo domani"- mi dice mio padre con dolcezza prendendo la giacca e dopo avermi dato un bacio sulla fronte esce anche lui dalla stanza, così ancora una volta, rimango sola.  

Verso sera mando un messaggio a Matt.  
*per favore, aiutami a scappare*  
Nella mia mente sembra una supplica ma forse un messaggio non rende l'idea.  

*vuoi che venga li?* forse non serve che io ci metta la mia disperazione, forse lui mi capisce e basta.  
*si, ti prego*  Spero solo che quello che abbia detto mia madre non sia vero.
Vogliono tenermi qui fino al giorno dell'intervento, e senza Matt sembrerà non trascorrere mai il tempo.  




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Matthew's POV  

Mi arriva un messaggio da Karma.
Vuole che vada da lei.
Questa ragazza mi farà impazzire.  
No ho mai pensato tanto ad una ragazza come a lei.  

Il problema rimane solo uno: Olivia.  
Che le dico quando torna?
Certo tornerà per febbraio, ma come faccio con... Tutto.  

Mentre penso a tutti i problemi che mi sono creato monto sulla moto e mi avvio verso l'ospedale.  
Possibile che non riesca a trovare una soluzione?
Che faccio?  
Che dico a Karma?

"Ciao Karma, ti trovo bellissima ma non possiamo stare insieme perché ho una relazione con una ragazza che ora non è qui, comunque ti trovo bene".

No, lei non lo merita.  
Non so che fare.
È una situazione che non mi è mai capitata prima d'ora.  
Insomma, io sono il tipico da una ragazza a sera.  
Ma con lei è diverso.  

Poi con Olivia non mi sono fatto scrupoli a tradirla.  
Non mi importa di lei, ha solo frainteso quello che volevo e ora me la ritrovo dietro come un cagnolino da passeggio. 
Ho paura di fare la stessa cosa con Karma.
Lei non merita di soffrire, ha già sofferto troppo. 
Lei è come un diamante che va trattato con delicatezza.  
Perché mi sono cacciato in questa situazione?  

Avevo detto "niente più a che fare con l'ospedale" dopo la morte di...
Non mi sono nemmeno reso conto del fatto che sono trascorsi 3 anni dalla morte di Danielle.  
Quella bambina era un uragano, e come gli uragani dopo il suo passaggio nella mia vita mi ha lasciato distrutto.  
Aveva solo 7 anni, cercava un donatore compatibile per il suo trapianto di fegato.  

Forse è grazie a lei, o forse per colpa sua, ma è lei che mi ha convinto ad aiutare gli altri.  
Per questo il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno, sono andato in ospedale e mi sono proposto come donatore di midollo osseo.  
Ricordo che mi prelevarono del sangue e dopo pochi giorni, la lettera che mi arrivò segnò la rivincita di Danielle.

Finalmente avrei aiutato gli altri.
Mi sentivo energico, poi la razionalità prese il sopravento e la paura iniziò a montare, solo non mi sono lasciato sopraffare, così eccomi qui.  
Sto andando dalla ragazza che mi ha reso pazzo, che è la stessa ragazza che mi ruberà il midollo osseo, eppure, non potrei essere più felice di cosi.  

Sono ormai giusto davanti all'ospedale e finalmente trovo dove lasciare la moto.
Entro dentro e ogni volta è come se fosse quella volta.  
La volta che mi avvisarono di Danielle.  

Non ce la fece, decedette durante la notte, la notte fra il 23 e il 24 luglio.  
Quella fu un'estate afosa, ricordo che l'ospedale era il posto più fresco che riuscì a trovare, ci passavo molto tempo, ma non per l'afa esteriore, ma per lei.
Amavo farla divertire, farla sorridere.  
Quel sorriso così luminoso che mi riscaldava il cuore, un cuore che nessuno era mai stato in gradi di sciogliere dal ghiaccio che lo aveva avvolto.  
Danielle era la bambina più bella che avessi mai visto, capelli biondi occhi verdi, ricordo di aver desiderato una figlia come lei.  

L'ospedale mi fa sempre un certo effetto e tornarci non è una sensazione che mi piace, ma per Karma farei questo e altro.  
Mi accorgo di star tardando così accelero il passo e in poco tempo sono nel reparto pediatria.  
Un'infermiera mi ferma sulla soglia della porta.  
-"dove stai andando ragazzo?"-  
Le stesse parole.  
Il panico.  
"dove stai andando ragazzo?"
"dove stai andando..."
 "dove stai..."  


Le parole e quella notte ritornano come un uragano nella mia mente.  
Danielle diafana su un letto d'ospedale, faceva invidia alle pareti bianco latte.
Aveva un sorriso increspato sulle labbra e sembrava dormire placidamente, ma io sapevo che quel sonno sarebbe durato in eterno, eppure non volevo crederci.
Non aveva famiglia, era sola.  

La madre morì durante il parto e il padre l'abbandonò subito dopo aver saputo della sua malattia.  
Che bastardo.
Come può aver lasciato una bambina in quelle condizioni sola?  
Facevo volontariato da poco quando la vidi in ospedale.  
Dopo la sua morte ho smesso.  

Tornare tutti i giorni li non avrebbe giovato alla mia salute.  
-"devo andare da Karma"- un sussurro.  
Lo dico fissando oltre la spalla dell'infermiera.  
E la vedo.  
Sulla soglia della sua stanza che si guarda attorno.  

È bellissima.  
In vestaglia, con una fasciatura sulla testa e i capelli scompigliati, è comunque la cosa più bella che io abbia mai visto.  
I suo capelli rosso fuoco svolazzano non appena gira la testa nella mia direzione.  
Mi sorride e viene verso di me.  
Sembra rilassata così mi calmo anche io.  

Porta con se la flebo dove sicuramente ci saranno gli antibiotici.  
L'infermiera la vede e mi lascia passare.  
Le vado incontro e l'abbraccio.
Tutti quei ricordi non mi hanno fatto bene, ora ne sono sicuro contando che cerco di scomparire in quell'abbraccio che mi sembra come acqua nel deserto.  

-"che hai? Perché mi hai fatto venire? Qualcosa non va?"- le faccio un milione di domande.  
Lei sorride.
Un sorriso triste, quasi nostalgico, ma le si illumina comunque il volto.  

-"mia madre mi ha vietato di vederti, non so più che fare"-  Risponde alle mie domande con una semplice frase.  
E io che pensavo non stesse bene.
Che stupido.  
L'abbraccio di nuovo e questa volta è lei a voler sprofondare.  
-"non ti preoccupare, non mi allontanerà da te"- la rassicuro cullandola lievemente.  

-"andiamo in camera mia, Nancy ci guarda male"- mi dici guardando male l'infermiera che voleva bloccarmi.
La stanza sembra cambiata, puzza di medicinali più del solito, ma dev'essere sicuramente per colpa della flebo, un letto è attaccato alla parete e l'altro è rimasto dov'era.  
Per il resto è rimasta la stessa.  

Karma va a sedersi sul letto, mentre la mia gola si fa sempre più secca.
Non mi importa cosa possa fare la signore Camelot per impedirmi di vedere Karma, riuscirò a vederla.



__________________________________________________________________________________________________________________________________


La madre di Karma continua a non farmi entrare in ospedale.  
Ogni giorno, dopo la scuola, vado li e cerco di entrare, ma puntualmente lei è li, e ogni giorno mi tocca stare fuori ad aspettare che lei vada via.  
Cambia sempre orario.  
Una volta va via verso le 3.00pm altre volte anche alle 8.00pm.  
Crede che facendo così io mi arrenda, ma non lo farò.  

E anche oggi il muretto davanti l'ospedale mi sporca i jeans neri.  
Seduti li aspetto che la signora Camelot vada via.  
Daniel, il padre di Karma, quando la madre non c'è mi fa entrare e rimaniamo a parlare un po', poi torno fuori.  
Sono le 6.30 pm e la signora Camelot non è ancora uscita.  

Vedo la figura di una donna avvicinarsi a me, e quando alzo gli occhi la riconosco: è la signora Camelot.  
-"sei ancora qui, eh?"- Mi domanda sedendosi anche lei sul muretto sporco.  
Mi stringo nelle spalle ed evito di guardarla.
È una signora cinica, e mette un po' paura.

-"proprio non vuoi ficcartelo in testa, che lei è in punizione..."-dice dopo avermi scrutato da testa a piedi.
-"Karma è una brava ragazza, non ho mai dovuto ricorrere a questo tipo di metodi per farmi ascoltare da lei.
E ora? Lo so che l'amore fa fare stronzate..."- il mio sguardo ora è su di lei e sbarro gli occhi a sentirla pronunciare una parolaccia così poco elegante.
Estrae dalla minuscola borsa beige delle Camelot e ne tiene una fra le labbra.
Ancora una volta strano gli occhi, e dopo poco me ne offre una.
Con un gesto della mano rifiuto e la lascio finire

-"ma lei è mia figlia, capisci? Certo che no! Sei solo un ragazzino.
Guardati! Sei il tipico fighetto con quell'aria un po' distaccata, sembra che non ti freghi niente di quello che accade intorno a te, con quegli scarponi e la tua aria da punk rock.-
fa un tiro dalla sigaretta e tiene il fumo nei polmoni per così tanto tempo che perdone perdo la cognizione, poi butta tutto fuori. Deve fumare da molto tempo per riuscire a trattenere così tanto tempo il fumo.

-"quello che voglio dire, è che io sto solo cercando si proteggerla.
Da te e da chiunque potrebbe ferirla. Perché lo sappiamo entrambi, tu la ferirai e quando lo farai chi dovrà aiutarla sarò io.
Sto solo cercando di salvarla e tu non mi stai aiutando.-
mentre parla fuma la sua sigaretta. Il fumo mi finisce in faccia e ora anche io sento il bisogno di fumare così istintivamente porto una mano in tasca dove tengo il pacchetto di Diana, ormai quasi vuoto.
In un attimo mi accorgo che la signora Camelot potrebbe dirlo ai mie genitori così torno con le mai unite davanti a me

-"Matthew fuma pure. Non ho bisogno di vederti fumare per capire che lo fai.- la guardo per un attimo con le sopracciglia alte e poi prendo una sigaretta e la porto fra i denti, l'accendo e faccio un tiro.  

-"lo vedi? È anche per questo che non voglio che tu veda mia figlia. Tu fumi e il fumo fa male."- butta la sigaretta per terra e la schiaccia con la punta dei suoi tacchi..  

-"solo una volta ho fumato davanti a lei. Non l'ho più fatto da quando l'ho guardata negli occhi per la prima volta. Perché in quel preciso istante ho temuto per lei, e l'istante dopo è stato l'istante in cui ho capito che una ragazza così dev'essere protetta. Mi creda se glielo sto dicendo, non farei mai del male a Karma."- ora è lei che mi guarda quasi sgranando gli occhi.  

-"se non fosse che i ragazzi come te li conosco bene, ti crederei."- dicendo questo torna in ospedale e mi lascia li, seduto sempre sul muretto.
Di nuovo sul muretto.


















ANGOLO AUTRICE:
HOLA!
Come va? 
Mi scuso se ho postato in ritardo, però ho notato che il capitolo precendente non ha ricevuto recensioni, così ho pensato non vi fosse piaciuto. 
Spero che almeno questo riceva delle recensioni. 
Da ora in avanti i capitoli si divideranno tra i pensieri di Matt e i pensieri di Karma, proprio come in questo. 
Sto cercando di scrivere il prossimo capitolo, ma mi è un po' difficile contando che la settimana che si è appena conclusa è stata piena di compiti in classe e interrogazioni per me. 
Alcuni misteri della vita di Matt sono stati svelati, per noi, ma chi sarà mai questa misteriosa Olivia? 
Non vi anticipo niente. 
Ve se ama 

-Delly 

P.S
RECENSITE, PLEASE! 















 

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Capitolo 19
*** Sorpresa! ***


SORPRESA! 






Karma's POV  


Vedo mia madre rientrare nella stanza.
L'ho vista mentre usciva, e ho visto Matt fuori dall'ospedale.
Sento la porta chiudersi e trovo quel poco di coraggio che mi rimane per affrontare mia madre.  

-"cosa hai detto a Matt?"-  
Mi guarda storto per poi mettere un finto sorriso stampato in faccia
-"niente di che, l'ho salutato e abbiamo chiacchierato"- la vedo frugare nella borsa e uscire delle chiavi.  

-"credi che sia così facile prendermi in giro? Non mi faccio raggirare da te. Dimmi cosa gli hai detto."- mi sono avvicinata e le ho bloccato la mano che continuava a cercare nella borsa.
-"non darmi ordini! Sono tua madre!"- mi urla quasi in faccia.  
-"e io non sono né stupida né il tuo cagnolino! Voglio solo vivere la mia vita!"- urlo di rimando io.  

-"vuoi sapere cosa gli ho detto? Gli ho ordinato di starti lontano perché ti farà soffrire! Sto solo cercando di proteggerti!"-  
-"mamma sto aspettando di operarmi nonostante tu mi abbia protetti per tutta la mia vita. Ti servono altre prove per farti capire che non puoi proteggermi da tutto?"- le dico a pochi centimetri di distanza a denti stretti.

Senza dire altro esce dalla stanza sbattendo la porta e va via.
Dopo pochi minuti vedo entrare Jay.  
-"Karma tua madre è andata via furente. È successo qualcosa?"- mi chiede sulla soglia della porta.
-"niente di nuovo. Ho una strega come madre."-  
-"ha parlato con gli infermieri, non vuole che ricevi visite oltre lei e tuo padre"-  

Lo sentite questo suono?
È la mia rabbia che monta, verso mai madre, verso questo ospedale, verso il mio medico, verso questa stupida malattia.  
Una volta ho sentito una canzone che diceva "perché è stupido chi pensa che non serva anche il dolore".
Spero solo che un giorno questo dolore mi sarà utile.


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È tutto vero.
Mia madre ha ordinato agli infermieri di non farmi vedere nessuno oltre lei e mio padre.
Vorrei parlare con qualcuno ma da due giorni le uniche parole che ho rivolto a qualcuno sono state agli infermieri che cercano di convincermi a mangiare carne.  

"fa bene" mi dicono "non a loro" rispondo indicando la carne che mi porgono.
Capisco che non tutti abbiano fatto la mia scelta ma non mi sembra giusto costringere qualcuno a mangiare.  

Mia madre è sempre seduta regalmente su una poltrona nella stanza, ovviamente, quella più lontana dal mio letto.  
Riusciamo a non parlarci anche per settimane, ma di solito la prima a cedere sono io.  
Non mi piace la guerra ma se c'è ne sarà bisogno io sarò il guerriero più temerario.

Di tanto in tanto mi lancia occhiatacce ma poi torna a guardare la sua rivista di moda.  
Ogni tanto esco dalla mia camera e mi faccio un giro per i corridoio,incontro bambini, ragazzi e infermieri, ma mai nessuno con cui intrattenere una conversazione.  

Senza parlare mi alzo dal letto e tenendo la mia flebo in mano, indosso una vestaglia rosa antico in seta che mia ha portato mia madre, mi faccio una coda alta ed esco.  
Mi avvicino al bancone dov'è seduto Jay e appoggio il sacchetto con il liquido trasparente dentro, sulla scrivania.
Jay non si è accorto di me, intento a mantenersi la testa sulla mano mentre guarda una ragazza bionda, alta e magra con la divisa rosa.
Mi schiarisco la voce e subito Jay mi degna del suo sguardo

-"cosa c'è?"- mi chiede con ancora la voce sognante.
-"non sopporto più mia madre, sembra che non voglia che neanche mio padre mi faccia visita e... Tu non mi stai ascoltando!"- distoglie ancora lo dalla ragazza  
-"ti sto ascoltando!"- mi risponde

-"si, certo. Allora, che guardi?"- gli chiedo facendo finta di non aver visto la ragazza bionda.  
-"Aman... Ammirando il panorama! Sto ammirando il panorama."- si corregge subito prima di dire il nome della ragazza.
Lo guardo e seguo i suoi occhi fino a posarli sulla ragazza, poi noto la targhetta sulla sua divisa, Amanda.

-"stai guardando Amanda! Ti ho beccato!"- gli dico puntandolo con l'indice della mano destra.  
-"vuoi smetterla di urlare? Potrebbe sentirti!"- mi dice abbassandomi la mano.  
-"perché non ci vai a parlare?"- gli chiedo dopo qualche minuto.  
-"e cosa le dico?"-  
-"per iniziare la saluti, e poi parlate un po', semplice."-

 
 Jay si alza dalla sedia con sguardo deciso e cammina verso la giovane infermiera.

Le si avvicina e dopo essersi accorta della sua presenza, Amanda alza la testa e gli sorride radiosa.
Iniziano a parlare e sorridere.
Stanno davvero bene insieme.

Sto per tornare nella mia stanza, ma quando mi giro vado a sbattere ad un ragazzo.  
Alto, magro, con ricci e biondi capelli che gli scendono sulla fronte e dei fogli in mano. Bello, certo! Ma niente a che fare con Matthew...

gli dico piegandomi a raccogliere i fogli.  
dice lui mentre è piegato a raccogliere gli ultimi fogli rimasti.  
Entrambi ci alziamo e ci rimettiamo inpiedi così da poter essere faccia a faccia.  

Mi guarda giusto un secondo poi fa vagare lo sguardo nella stanza.
Mi chiedo se sia timido o se sia io ad avere qualcosa sulla faccia.
Me la tocco non trovando niente di strano.

gli chiedo.
mi chiede un po' perplesso.
rispondo quasi per giustificarmi.
  mi chiede.
Rispondo accennando un si con la testa facendo un mezzo sorriso.
mi dice ad un tratto porgendomi la mano.

Lo ringrazio mentalmente per avermi distratto dai miei pensieri, ogni volta che ripenso a dove sono mi sale una forte emicrania e mi si stringe la gola, come quando sono in ascensore e ho paura che si blocchi.  
rispondo. Dalla fine del corridoio arriva la voce di una donna che richiama il biondo davanti a me.  
mi saluta prima di sparire.


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I giorni passano e il giorno dell'intervento si avvicina.  
Non sono mai stata una persona ansiosa, ma sapere di dover essere sottoposti ad un intervento, non è una delle sensazioni più belle del mondo.  
Da quando l'ho incontrato Brian mi saluta sempre.  

Più vicino dell'intervento c'è il Natale, però.
Non sono un'amante delle festività o delle cene in famiglia, ma rivedrò dopo tanto tempo i miei nonni.  

Nella stanza il silenzio padroneggia tutto.
Non che mi aspetti visite alle 6:00 della mattina, ma il silenzio mi mette sempre un po' i brividi.  
Ormai sono tre giorni che non vedo Matt e mi sembra di impazzire, mia madre mi tiene in prigione e in più devo seguire i corsi mattutini per tenermi al passo con il programma scolastico.
Bello schifo!
 Vorrei solo poter uscire di qui e non tornarci più.

*Toc toc*

sento un leggero ticchettio provenire dalla porta, guardo l'orario e mi accorgo di essere stato più di un'ora e mezza a pensare in silenzio.
Con un rapido "avanti!" lascio entrare la figura di un ragazzo alto, magro e dai capelli biondi.
Brian.
Mi vede seduta sul letto e mi sorride, io non do nessun segno e torno a guardare per un attimo il cellulare, poi rialzo lo sguardo su Brian.

mi chiede per rilassare la situazione.  
non ho molta voglia di parlare, ma non voglio nemmeno essere scortese con lui, così lascio che sia lui a condurre la conversazione.
dicendo questo mi porge degli appunti un po' disordinati, scritti con una calligrafia illeggibile, ma annuisco e ringrazio comunque il ragazzo che mi sta di fronte.
si avvicina al letto mentre lo chiede.

Lo vedo abbassare la testa e contorcersi le mani senza darli pace.
Mi dispiace declinare l'invito di Brian ma non mi piace illudere le persone, e rispondendo positivamente all'invito gli darei false speranze, perché ormai, ne sono quasi certa, credo di essere innamorata di Matt.


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Matt's POV  


Ormai tutti i giorni torno all'ospedale, tutti i giorni c'è la madre di Karma e tutti i giorni rimango fuori dall'ospedale seduto sul muretto bianco difronte all'ingresso.  
Sono quasi stanco di venire tutti i giorni, ma il fatto che ci sia una remota possibilità di entrare e stare con Karma, mi sprona a venire qui tutti i giorni e aspettare.
Mentre fumo una sigaretta -la seconda da quando sono arrivato- vedo la signora Camelot uscire dall'ospedale, mi si avvicina e con la sua borsa in spalla e un borsone fra le mini mi dice <se ti sbrighi, forse potrei far finta di non vedere> lo dice senza guardarmi, prendendo una sigaretta dalla borsa e iniziando a fumare.  

Un secondo dopo sto correndo verso l'ingresso.
Davanti alle porte scorrevoli getto la sigaretta per terra e la schiaccio con la punta delle mie Converse nere ed entro.
Ho quasi dimenticato come si arriva nella stanza di Karma.
Camminando vedo un negozio che vende regalini per i pazienti dell'ospedale.
Entrando noto subito i fiori ma li scarto subito, i peluche sono troppo infantili... Devo trovare un regalo che Karma apprezzerebbe.
Vicino alla cassa intravedo dei libri, così senza pensarci mi fiondo li.
Alla fine opto per un libro.

Quando arrivo nel reparto pediatrico entro e vado dritto verso la stanza di Karma.
La porta è semiaperta, e senza volerlo vedo un ragazzo nella stanza, vicino al letto di Karma.
Busso e dopo aver sentito un leggero assento entro.  


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Karma's POV  

Dopo aver visto quella chioma nera spuntare dalla porta, non ho potuta fare altro che alzarmi e gettarmi fra le sue braccia.
Con un braccio mi stringe a lui e con l'altro tiene un libro in mano.

Ho completamente dimenticato di Brian e non gli do importanza fino a quando non lo sento tossire falsamente, solo per attirare l'attenzione.
Mi stacco da Matt e mi giro verso lui.
dice Brian quando lo guardo di nuovo.
Dopo avermi guardato per l'ultima volta esce dalla stanza chiudendosi la porta alla spalle.


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Matt's POV  

Quasi non ci vedevo più quando ho visto quel tipo nella camera di Karma.
Forse non sarò niente per lei, ma mi da ugualmente fastidio se gli altri ragazzi le si attaccano come cozze.  
le chiedo dopo averle scocchiato un bacio sulla guancia.

Avete presente quel momento, tra l'autunno e la primavera, quando vedete un albero fiorito e vi sentite bene perché sapete che la primavera sta arrivando? Be' non c'entra molto con quello che sto provando, ma la sensazione che provo è inspiegabile.



<...ora bene...>
Questo è uno dei momenti in cui vorrei baciarla...














ANGOLO AUTRICE: 
Hola! 
Come va? 
Io sono sfinita, sono piena di compiti e interrogazioni, spero che almeno a voi vada meglio.
Mi dispiace davvero molto per aver aggiornato così in ritardo, ma non ho potuto fare altrimenti, comunque, meglio tardi che mai. 
Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione su questo capitolo, che personalmente non trovo eccezionale, ma l'ho pubblicato perché se non l'avessi fatto mia sorella mi avrebbe probabilmente azzannato. 

Vi informo che probabilmente per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po', ma mi farò perdonare, prometto. 
ve se ama

-Odi (ho cambiato il nickname perché Delly era il nomignolo di quando ero piccola, così per dimostrare la mia crescità ho deciso di cambiare il mio nickname [ovviemnte come ltro avrei potuto fare ahahaha] in Odi) 

p.s
Ho scritto il capitolo ascoltando la cnzone di Ellie Goulding "Love me like you do", che non ho scoperto grazie a 50 Sfumature di Grigio, anche perché non ho visto il film nè letto i libri, perché la fan-fiction mi è bastata... Voi cosa ne pensate? mi piacerebbe avere il vostro parere anche su questo. [ovviamente le motivazioni per cui non vedrei mai il film o vedrei il film, sono lunghe e noiose da quanto scoperto dalla mie compagne di classe, che ovvimente, amano il libro e il film] 




 

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Capitolo 20
*** Neve! ***


Tutte le bambine, sognano di trovare il principe azzurro.
Con un po' di fortuna, potremmo trovare anche donne che credono ancora nel principe azzurro.
Be' questo non è mai stato il mio sogno.
Alto, muscoloso, la pelle color caramello, biondo e bello.
Un desiderio troppo comune, no?

Nelle mai vita però, c'è un anti-principe azzurro.
Il suo nome è Matthew, e  il mio anti-principe azzurro, mi ha salvato la vita.
Perché alla fin dei conti, non serve essere speciali per riuscire a salvare qualcuno.

Statura media, magro e poco muscoloso, carnagione pallida, capelli neri e grandi occhi color del ghiaccio.
Con la descrizione potrei non fermarmi qui, potrei parlare delle sue piccole e poco visibili lentiggini, del suo naso che parte dritto e che si impenna verso la punta.
Potrei anche parlare del suo modo di stare seduto, o del modo in cui sa farti ridere.
Ma la verità è che tutto quello che ho da dire su Matt è che lui è la mia salvezza. 
°
°
°
°
°
°
°
°
°
°
Narratrice POV's 
l Natale si avvicinava e la neve aveva già iniziato a ricoprire Chicago.
Tutto ero un enorme confetto bianco e per le vacanze, l'ospedale sulla 34esima strada, avrebbe mandato i pazienti a festeggiare questa meravigliosa fasta, con le proprie famiglie. 
Il 23 Dicembre infatti, tutti i pazienti erano alle proprie case.

Karma Camelot si trovava nella sua camera d'hotel a parlare con suo padre.
Karma, era sempre stata legata a suo padre, e da quello che lei diceva, teneva a lui molto più che a sua madre.
Oltre che un padre, per lei, era anche un amico, il migliore che potesse desiderare.
L'aiutava e sosteneva sempre in tutto.

-"per il Natale andremo a New York dai tuoi nonni. Per te va bene?-" Ci aveva pensato un po' prima di rispondere a quella domanda, e magari passare il Natale lontano da Chicago e l'ospedale le avrebbe fatto bene, ma le dispiaceva non poter stare con Matthew.
-"Certo. Per me va benissimo-" Aveva risposta alla fine on un grande sorriso.

Suo padre si era alzato da letto dove era seduto e stava raggiungendo la porta, quando si girò verso la ragazza
-"so che ti dispiacerà non poter passare il Natale con Matthew, ma ti prometto che per il giorno di Santo Stefano, torneremo.-" e senza aspettare una risposta, aveva lasciato la camera della ragazza.

Senza aspettare e fare tante cerimonie, la ragazza si getto sul letto sfinita.
Aveva passato la giornata andando dall'ospedale all'hotel e portando borsoni pesantissimi.
Le piaceva l'America, in fin dei conti, non era come l'avevano descritta, era bella, certo caotica, ma bella.
Non passò molto tempo, che subito Karma si addormentò. 



l sole illuminava Chicago e nonostante la neve e il freddo pungente il cielo era limpido privo di nubi minacciose.
Karma non vedeva l'ora di uscire a fare due passi nel parco, quindi subito si alzò e si infilò i primi vestiti che trovò nell'armadio e un pesante cappotto per ripararsi dal freddo.
Scese nella reception e lasciò un messaggio che dopo qualcuno avrebbe riferito ai suoi genitori.
Uscì e non appena il suo piede solcò la soglia della porta, una folata di vento la colpì in pieno costringendola a chiudersi nel cappotto.

Il parco non era distante dall'hotel, così dopo dieci minuti, era già seduta su una panchina al centro di quell'enorme parco.
Il mattino seguente sarebbe dovuta partire per andare a New York.
Non voleva lasciare quel meraviglioso posto, ma i suoi nonni l'aspettavano e non vedeva l'ora di poterli riabbracciare.

Ad un tratto un ragazzo con un lungo cappotto nero, lasciato aperto, le si sedette accanto.
Impegnata a leggere il suo libro non si accorse che il ragazzo continuava a guardarla.
Quando lo senti dire ironicamente
-"anch'io sono felice di vederti Karma!-" si accorse che il ragazzo che le stava accanto era il suo anti-principe azzurro.

Gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò.
Il ragazzo ricambiò l'abbraccio con molto entusiasmo.
-"mi dispiace, non mi ero accorta fossi tu"- si giustifico Karma.

-"lo so. Era ovvio che mi saresti saltata addosso se ti fossi accorta che ero io"- riprese lui sempre in modo scherzoso.
Gli diede un pugno scherzoso sulla spalla che non lo mosse di un millimetro.
-"allora? Come va?"- le chiese Matt.
-"contando che domani mattina vado a New York, benissimo"- rispose lei. 
 
Matt si dipinse un'espressione fintamente offesa sul viso. -"e non volevi dirmelo?"- le chiese.
-"be' te l'ho detto"- rispose la ragazza.
-"ti ringrazio"- la prese in giro facendo un mezzo inchino.
-"volevo farti un regalo"- parlò senza rendersene conto Matt.

-"davvero? Cosa volevi regalarmi?"- 
-"è un regalo! Non posso dirtelo..."- 
-"allora tu non saprai cosa ho intenzione di regalarti io"- rispose a tono la ragazza, girandosi di spalle fingendo indifferenza.
Conoscendo il ragazzo avrebbe fatto di tutto per scoprire cosa gli avrebbe regalato.
Il problema era che nemmeno lei ci aveva pensato.
Non voleva regalarli qualcosa di scontato, non un regalo come quello che la vecchia zia di famiglia le regalava sempre. 

-"non voglio sapere cosa vuoi regalarmi, è tradizione che rimangano segreti i regali"- disse Matt stupendo la ragazza che lo guardava sbalordito. 
-"non sembri uno che rispetta le tradizioni"- gli rispose. 
-"lo so, infatti premo dalla voglio di sapere cosa vuoi regalarmi!"- fece ridere la ragazza.
-"ma non lo saprai fino al giorno di Natale"-

-"quando tornerete da New York?"- chiese Matthew tornando serio. 
-"subito dopo Natale. Mio padre dice che per il giorno di Santo Stefano torneremo qui"- 
-"va bene, pallida. Forza alzati e andiamo a fare un giro, sto congelando su questa panchina"- riprese dopo pochi secondi il ragazzo, alzandosi dalla panchina e tirando per un braccio anche la ragazza. 

-"ma tu non dovresti essere a scuola?"- si ricordò la ragazza. 
-"ti rendi conto che sta per arrivare Natale! Non c'è scuola. E tu invece? Non dovresti essere nella tua bellissima camera a dormire? Come mai sei uscita?"-
-"mi annoiavo, e poi, potevo rinunciare alla neve?"-
I due giovani presero a camminare per il parco.

Tutto ricordava il Natale.
Gli alberi spogli dalle foglie ma ricoperti di neve, le lucine che ornavano tutto il parco rendendo tutto più natalizio e infine, l'enorme albero al centro esatto del parco, pieni di decorazioni e con un'enorme stella luccicante in cima.
Sotto l'albero c'erano un mucchio di pacchi incartato, forse, solo per scena, ma che davano un senso di calore a tutto. 

Una dolce musica arrivò alle orecchie della ragazza che subito riconobbe il genere.
Le tipiche canzoni da coro natalizio.
Tutto era perfetto.
Sembrava un sogno.
La ragazza si trovava in un mondo tutto suo, tanto che non si accorse che il ragazzo che prime le era vicino, ora si era fermato a guardarla, mentre ammirava lo spettacolo che la circondava.
Con tutto l'amore del mondo in quegli occhi color del cielo dopo la pioggia, quando ancora le nuvole ne ricoprono lo strato celeste, quando guardando il cielo hai paura che il bianco che lo ricopre non possa più sparire e che il cielo blu non torni mai.
La guardava con tutto l'amore che nessuno mai gli aveva insegnato, ma che poco a poco stava imparando a provare.
Perché ora ne era certo e lo avrebbe gridato ai quattro venti, che lui l'amava. 
Perché l'anti-principe azzurro per eccellenza aveva trovato la sua anti-principessa.
Perché Karma non si poteva di certo definire come lo stereotipo di principessa delle fiabe.
Non era bionda, ma rossa.
Alta, un fisico tozzo anche se magro e la grazia non era certo quella delle principesse, ma si poteva definire più come un elefante in un negozio di cristalleria con indosso una veste da dama dell'ottocento.
Però alla fine si sa, la perfezione esiste, ma non piace mai a nessuno. 







ANGOLO AUTRICE: 
Hola! 
Mi vergogno del terribile ritardo che ho fatto, vi chiedo umilmente scusa, ma ovviamente ero piena di studio e non ho avuto il tempo nemmeno di respirare, però vi prometto che ce la metterò tutta per pubblicare prima la prossima volta.
Il ventesimo capitol, wow. Ammetto che non avevo idea che sarei arrivata fino a questo punto, ovviamente la storia non è finita ma, per me, è comunque un traguardo. 
Volevo annunciarvi che subito dopo che questa long avrà fine, ci sarà un sequel al quale sto già pensando e che non vedo l'ora di poter scrivere. Non vi anticipo niente. 
Ve se ama

-Odi


 

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